Storia notturna. Una decifrazione del sabba 8806148907, 9788806148904

Per più di tre secoli donne e uomini accusati di stregoneria raccontarono di essersi recati al sabba: il raduno notturno

195 93 8MB

Italian Pages 363 [391] Year 1996

Report DMCA / Copyright

DOWNLOAD PDF FILE

Recommend Papers

Storia notturna. Una decifrazione del sabba
 8806148907, 9788806148904

  • 0 0 0
  • Like this paper and download? You can publish your own PDF file online for free in a few minutes! Sign Up
File loading please wait...
Citation preview

Carlo Ginzburg

Storia notturna Una decifrazione del sabba

BIBLIOTECA EINAUDI

BIBLIOTECA EINAUDI

Per più di tre secoli, da un capo all’altro d’Europa, donne e uomini accusati di stregoneria raccontarono di essersi recati al sabba: il raduno notturno in cui, alla presenza del diavolo, si celebravano banchetti, orge sessuali, cerimonie antropofagiche, profanazioni di riti cristiani. In queste descrizioni, spesso estor­ te con la tortura, oggi si tende a riconoscere il frutto delle ossessioni di inqui­ sitori e giudici. Questo libro, attraverso l’analisi di processi, trattati di demono­ logia, prediche, documenti iconografici, materiale folklorico, propone un’inter­ pretazione diversa. In essa eventi e strutture, storia e morfologia si susseguono, si contrappongono, si intrecciano. Dietro l’immagine enigmatica del sabba vediamo affiorare a poco a poco uno strato antichissimo, con ogni probabilità più che millenario, di miti e riti eurasiatici a sfondo sciamanico. Una storia notturna, sconosciuta. Essa ha imposto una riflessione sulle possi­ bilità e i limiti del mestiere dello storico - e più in generale, sulle radici antro­ pologiche del raccontare. Sommario: Introduzione. - Parte prima: I . Lebbrosi,ebrei, musulmani, i l Ebrei, eretici, stre­ ghe. - Parte seconda: i. A l seguito della dea. n. Anomalie, m. Combattere in esta­ si. iv. Mascherarsi da animali. - Parte terza: i. Congetture eurasiatiche, i l Ossa e pelli. - Conclusione. Carlo Ginzburg, nato a Torino nel 19 3 9 , insegna all’Università di California (Los Angeles). H a pubblicato presso Einaudi Ibenandanti (1966); Ilnìcodemismo (19 70 ); Giochi di pazienza ( 19 7 5, con Adriano Prosperi); Il formaggio e i vermi (19 76 ); Inda­ gini su Piero ( 19 8 1); Miti emblemi spie (1986); Il giudice e lo storico. Considerazioni in margine al processo Sofri (19 9 1). Presso Feltrinelli Occhiacci di legno. Nove riflessioni sulla distanza (1998).

ISBN 88-06-14890-7

38 000 19,63

Lire €

9 788 806 148904

© 19 8 9 , 19 9 5 e *99^ G iu lio E in a u d i ed itore s.p .a ., T orin o is b n

8 8 -0 6 -14 8 9 0 -7

Carlo Ginzburg Storia notturna Una decifrazione del sabba

Einaudi

Indice

p. XIII

5 36

65

99 13 0 16 1

18 7 206 276

299 3i5

Introduzione

Storia notturna Parte prima i. Lebbrosi, ebrei, musulmani il. Ebrei, eretici, streghe Parte seconda i. il. ni. iv.

Al seguito della dea Anomalie Combattere in estasi Mascherarsi da animali

Parte terza i. Congetture eurasiatiche il. Ossa e pelli Conclusione Indice dei nomi ìndice dei luoghi

Illustrazioni

Tra le pp. 13 0 -3 1: 1. Tegola proveniente da Roussas nel Delfinato raffigurante la dea Era, fine iv secolo - inizio v secolo d. C. Da F. Benoît, L ’héroïsation équestre, Gap 1954 , tav. I, 2.

2. Bassorilievo raffigurante la dea celtica Epona. Parigi. Louvre.

3. Bassorilievo raffigurante le Matres celtiche. Bonn, Rheinisches Landesmuseum. (Foto Rheinisches Landesmuseum, Bonn).

4. Re Artu. Particolare del mosaico pavimentale della Cattedrale di Otranto, 116 3-6 5. (Foto Archivio Scala, Firenze).

5-6. Proclama dell’inquisitore Camillo Campeggi, datato 2 gennaio 1564, e parti­ colare. Modena. A rchivio di Stato. S. Uffizio, b. 1. (Foto Archivio di Stato, Modena).

7. Bassorilievo proveniente da Camaro (Messina), raffigurante forse le dee Madri di Engyon. Siracusa. (Foto Soprintendenza ai Beni Culturali e Ambientali, Siracusa).

8. Gruppo votivo in bronzo raffigurante la dea Artio, ii-m secolo d. C. Berna, Historisches Muséum. (Foto Historisches Muséum, Berna).

9-10. Busto femminile (Dama de Elcbe), v-iv secolo a. C. M adrid, Museo Arqueologico.

1 1 . Scultura lignea proveniente da C h ’angsha (Cina),

iv -iii

secolo a. C.

Londra, British Muséum.

1 2. Sciamani lapponi in estasi. Da Olaus Magnus, Historia degentibus septentrionalibus, Romae 15 5 5 .

13. Pettine d’oro proveniente dal tumulo di Solocha, Melitopol' (Ucraina), risa­ lente probabilmente al iv secolo a. C. Leningrado, Museo deirHerm itage.

14. Fibule visigotiche rinvenute a Badajoz (Spagna), 550-600 d. C. Baltimora, Joh n W alters Muséum.

15. Fibula scita, vm-vii secolo a. C. Los Angeles, Los Angeles County Muséum. (Foto Los Angeles County Muséum).

x

Illustrazioni

16 -17 . Statua di giovane iniziando ai culti di Eieusi, 1 secolo d. C. (copia romana di un originale greco del v secolo a. C.), e particolare. Roma, Palazzo dei Conservatori. (Foto Vasari, Roma).

18. Particolare dell’affresco della Villa dei Misteri di Pompei, 1 secolo a. C. (Foto Archivio Fabbri, Milano).

19. Urs Graf, Diavolo zoppo, incisione, 1 5 1 2 . Basilea, Kunstsammlung.

Cartine. p. 12

1. 1 3 2 1 : il complotto dei lebbrosi e degli ebrei.

39 2. 134 8 : l’identificazione dei presunti responsabili della Peste Nera. 74 3. Culti, miti, riti a sfondo sciamanico in Europa. 226 4. Cenerentola', versioni in cui l’aiutante magico risorge dopo aver fatto raccogliere le proprie ossa.

alla memoria di mio padre a mia madre

Introduzione

i. Streghe e stregoni si radunavano di notte, generalmente in luoghi solitari, nei campi o sui monti. Talvolta arrivavano volando, dopo essersi spalmato il corpo di unguenti, a cavallo di bastoni o di manici di scopa; tal­ volta invece in groppa ad animali, o trasformati in animali essi stessi. Co­ loro che venivano ai raduni per la prima volta dovevano rinunciare alla fe­ de cristiana, profanare i sacramenti e prestare omaggio al diavolo, presente in forma umana oppure (più spesso) in forma animale o semi-animale. Se­ guivano banchetti, danze, orgie sessuali. Prima di tornare alle proprie case streghe e stregoni ricevevano unguenti malefici, confezionati con grasso di bambino e altri ingredienti. Sono questi gli elementi fondamentali che ricorrono nella maggior par­ te delle descrizioni del sabba. Le varianti locali - soprattutto del nome con cui venivano designati i raduni - erano frequentissime. Accanto al termine «sabbat», di oscura etimologia e di tardiva diffusione, troviamo espressioni dotte come sagarum synagoga o strigiarum conventus, che tradu­ cevano una miriade di epiteti popolari come striaz, barlòtt, akelarre e cosi via1. Ma a questa varietà terminologica si contrappone la straordinaria uniformità delle confessioni dei partecipanti ai convegni notturni. Dai pro­ cessi di stregoneria celebrati tra il principio del ’400 e la fine del ’600 da un capo all’altro d’Europa, cosi come dai trattati di demonologia che su quei processi si basavano direttamente o indirettamente, emerge un’imma­ gine del sabba sostanzialmente analoga a quella che abbiamo sommaria­ mente descritto. Essa suggeriva ai contemporanei l’esistenza di una vera e propria setta di streghe e stregoni, ben più pericolosa delle figure isolate, note da secoli, delle malefiche o degli incantatori. L ’uniformità delle con­ fessioni veniva assunta come una prova che i seguaci di questa setta erano diffusi dappertutto, e dappertutto praticavano gli stessi riti orrendi2. Era lo stereotipo del sabba, dunque, a suggerire ai giudici la possibilità di strap­ pare agli imputati, per mezzo di pressioni fisiche e psicologiche, denuncie a catena che a loro volta innescavano vere e proprie ondate di caccia alle streghe3.

xiv

Introduzione

Come e perché si cristallizzò l’immagine del sabba? Che cosa si nascon­ deva dietro ad essa? Da queste due domande (che mi hanno condotto, co­ me si vedrà, in direzioni del tutto impreviste) è nata la mia indagine. Vo­ levo ricostruire da un lato, i meccanismi ideologici che agevolarono la per­ secuzione della stregoneria in Europa; dall’altro, le credenze delle donne e degli uomini accusati di stregoneria. I due temi sono strettamente intrec­ ciati. Ma è il secondo a porre questo libro, come già I benandanti (1966) di cui è uno sviluppo e un approfondimento, in una posizione marginale ri­ spetto alla fitta discussione sulla stregoneria in corso tra gli storici ormai da più di ventanni. Nelle pagine che seguono cerco di spiegare perché. 2. Quello che ancora nel 1967 K. Thomas poteva a buon diritto defi­ nire «un argomento che la maggior parte degli storici considera periferico, per non dire bizzarro»4, è diventato, nel frattempo, un tema storiografico più che rispettabile, coltivato anche da studiosi poco amanti delle eccen­ tricità. Quali sono le ragioni di quest’improvvisa fortuna? La prima impressione è che si tratti di ragioni sia scientifiche sia extra­ scientifiche. Da un lato, la tendenza sempre più diffusa a indagare com­ portamenti e atteggiamenti di gruppi subalterni o comunque non privile­ giati, come i contadini e le donne5, ha indotto gli storici a incontrarsi con i temi (e talvolta anche con i metodi e le categorie interpretative) degli an­ tropologo E nella ricerca antropologica britannica (ma non soltanto britan­ nica) la magia e la stregoneria, notava Thomas nel saggio già ricordato, hanno per tradizione un posto centrale. Dall’altro, gli ultimi due decenni hanno visto emergere non solo il movimento delle donne, ma anche una crescente insofferenza per i costi e i rischi legati al progresso tecnologico. Rinnovamento storiografico, femminismo, riscoperta di culture travolte dal capitalismo, hanno contribuito - a vari livelli e in misura diversa - al­ la fortuna, se si vuole alla moda degli studi di storia della stregoneria. Quando, tuttavia, si esaminano più da vicino le ricerche apparse in questi anni, il nesso or ora accennato appare molto più tenue. Colpisce so­ prattutto il fatto che, tranne pochissime eccezioni, esse hanno continuato come in passato a concentrarsi in maniera quasi esclusiva sulla persecuzio­ ne, prestando un’attenzione minore o nulla agli atteggiamenti e ai compor­ tamenti dei perseguitati. 3. La giustificazione più esplicita di questa scelta interpretativa è stata data, in un saggio molto noto, da H. R. Trevor-Roper. Com’è possibile, egli si è chiesto, che una società colta e progredita come quella europea ab­ bia scatenato, proprio, nell’età della cosiddetta rivoluzione scientifica, una persecuzione basata su una delirante nozione di stregoneria {witch-crazé),

Introduzione

xv

frutto della rielaborazione sistematica, compiuta dai chierici del tardo Me­ dioevo, di una serie di credenze popolari? Queste ultime sono state liqui­ date da Trevor-Roper con parole sprezzanti: «bizzarrie e superstizioni», «disturbi di natura psicopatica», «fantasticherie dei montanari», «idee as­ surde, nate dalla credulità contadina e dall’isteria femminile». A chi lo rimproverava per non aver indagato con maggior adesione la mentalità contadina, Trevor-Roper obiettò, nel ristampare il proprio saggio, di non aver preso in esame «le credenze nella stregoneria {witch-beliefs) che sono universali, ma la delirante teoria della stregoneria (;witch-craze) che è limi­ tata nello spazio e nel tempo». La seconda, osservava, è diversa dalla pri­ ma, cosi come «il mito dei Savi Anziani di Sion è diverso dalla pura e sem­ plice ostilità verso gli ebrei - che a sua volta, certo, può essere indagata con adesione (sympathetically) da quanti ritengono che un errore, purché condiviso dalle classi inferiori, sia innocente e degno di rispetto»6. In precedenza Trevor-Roper aveva proposto di vedere nelle streghe e negli ebrei i capri espiatori di tensioni sociali diffuse (un’ipotesi su cui tor­ neremo). Ma è evidente che l’ostilità contadina verso le streghe può essere analizzata dall’interno - non diversamente dall’antisemitismo popolare senza che ciò implichi necessariamente un’adesione ideologica o morale ai suoi presupposti. Più significativo è il fatto che Trevor-Roper abbia igno­ rato gli atteggiamenti degli individui accusati di stregoneria - paragona­ bili, entro l’analogia da lui proposta, a quelli degli ebrei perseguitati. Le credenze nei raduni notturni, facilmente riconoscibili nelle «allucinazioni» e nelle «idee assurde, nate dalla credulità contadina e dall’isteria femmi­ nile», diventano oggetto legittimo di indagine storiografica solo a partire dal momento in cui «uomini colti» come inquisitori e demonologi seppero trasformare in un «bizzarro, ma coerente sistema intellettuale», l’informe, «disorganizzata credulità contadina»7. 4. Il saggio di Trevor-Roper, apparso nel 1967, è, oltre che discutibi­ le8, estraneo - almeno apparentemente - all’impostazione delle ricerche sulla stregoneria apparse nel ventennio successivo. Si tratta di una presen­ tazione di carattere generale, che cerca di tracciare le linee fondamentali della persecuzione della stregoneria in ambito europeo, scartando sdegno­ samente la possibilità di utilizzare il contributo degli antropologi. Limita­ zione del campo d’indagine e richiamo alle scienze sociali caratterizzano invece ricerche più recenti, come quella di A. Macfariane sulla stregoneria nell’Essex {Witchcraft in Tudor and Stuart England, 1970), presentata da E. E. Evans-Pritchard. Richiamandosi al celebre libro di quest’ultimo sulla stregoneria tra gli Azande, Macfarlane dichiarava di non essersi chiesto «perché la gente credeva alla stregoneria?», bensì «in che modo la strego-

xvi

Introduzione

neria funzionava y in una situazione caratterizzata da determinati atteggia­ menti di fondo sulla natura del male, sui tipi di causalità, e sulle origini del “ potere” soprannaturale». L ’analisi verteva dunque, in sostanza, sui mec­ canismi che alimentavano le accuse di stregoneria alPinterno della comu­ nità, anche se Macfarlane non escludeva (rinviando al libro, allora immi­ nente, di K. Thomas) la legittimità di «un’indagine sulle basi filosofiche delle credenze nella stregoneria e sul loro rapporto con le idee religiose e scientifiche del tempo»9. In realtà, Macfarlane esaminava l’età e il sesso degli imputati di stregoneria, i motivi dell’accusa, i loro rapporti con i vi­ cini e la comunità in generale: ma su ciò che quegli uomini e quelle donne credevano, o asserivano di credere, egli quasi non si soffermava. Neppure il contatto con l’antropologia induceva ad analizzare dall’interno le creden­ ze delle vittime della persecuzione. Questa sostanziale mancanza d’inte­ resse emerge in maniera clamorosa a proposito dei processi, ricchi di de­ scrizioni del sabba, celebrati nell’Essex nel 1645. Nel suo notissimo libro The Witch-Cultin Western Europe (1921) M. Murray aveva sostenuto, ba­ sandosi largamente su questi processi, che il sabba (ritual witchcraft), di­ stinto dai malefizi comuni (operative witchcraft), era la cerimonia centrale di un culto organizzato, connesso a una religione precristiana di fertilità diffusa in tutta Europa. Macfarlane obiettava: 1) che la Murray aveva let­ to erroneamente le confessioni degli imputati nei processi di stregoneria come resoconti di eventi reali, anziché di credenze; 2) che la documenta­ zione dell’Essex non fornisce alcuna prova dell’esistenza di un culto orga­ nizzato come quello descritto dalla Murray. In generale, concludeva Mac­ farlane, «il quadro del culto stregonesco» tracciato dalla Murray «appare eccessivamente raffinato e consapevole (sophisticated and articulate) per la società di cui ci stiamo occupando»10. Quest’ultima affermazione riecheggiava in maniera più sfumata la su­ periorità culturale nei confronti degli imputati di stregoneria espressa da Trevor-Roper. La prima (e giusta) obiezione rivolta alla Murray avrebbe pur sempre consentito a Macfarlane di decifrare, nelle descrizioni del sab­ ba fatte dagli imputati nei processi del 1645, un documento di credenze complesse, inserite in un contesto simbolico da ricostruire. Credenze - di chi? Degli imputati? Dei giudici? Di entrambi? E impossibile dare una ri­ sposta a priori: gli imputati non furono torturati, ma certo subirono una forte pressione culturale e psicologica da parte dei giudici. Secondo Mac­ farlane, questi processi furono «eccezionali», «anormali», pieni di elemenj ti «strani», «bizzarri», riconducibili all’«influsso [sui giudici, evidente} mente] di idee provenienti dal Continente»11. E un’ipotesi più che vero­ simile, data la rarità di testimonianze sul sabba in Inghilterra - anche se da ciò non consegue necessariamente che tutti i particolari riferiti dagli im­

Introduzione

x vn

putati fossero stati suggeriti dai giudici. In ogni caso, in un libro che fin dal sottotitolo si presenta come ricerca «regionale e comparata», ci aspette­ remmo a questo punto un confronto analitico tra le descrizioni del sabba ricorrenti in questi processi dell’Essex e quelle contenute nei trattati di de­ monologia e nei processi dell’Europa continentale. Ma la comparazione, a cui Macfarlane dedicava un’intera sezione del suo libro, era condotta sol­ tanto con dati extraeuropei, soprattutto africani. Non è chiaro come un confronto con la stregoneria degli Azande, per esempio, potesse in questo caso sostituire un confronto con quella europea: dopo tutto, il presunto in­ flusso delle dottrine demonologiche continentali coincise, come mostra­ va lo stesso Macfarlane, con una brusca impennata dei processi e delle con­ danne per stregoneria nell’Essex12. In ogni caso, i particolari «strani» o «bizzarri» riferiti dagli imputati nei processi del 1645 erano considerati «anomalie», curiosità trascurabili per chi si ponesse in una prospettiva au­ tenticamente scientifica. 5. L ’orientamento, e i limiti, della ricerca di Macfarlane sono tipici di una storiografia fortemente influenzata dal funzionalismo antropologico, e perciò sostanzialmente non interessata - fino a tempi recentissimi - alla dimensione simbolica delle credenze13. Anche l’imponente ricerca di K. Thomas, Religion and thè Decline o f Magic (1971), non si discosta, in fon­ do, da questa tendenza. La discussione, o la mancata discussione, di deter­ minati aspetti della stregoneria - in primo luogo il sabba - risultano anco­ ra una volta rivelatrici. Sulla credenza nella stregoneria in Inghilterra nel ’500 e nel ’600 Tho­ mas ha raccolto, come sugli altri fenomeni da lui indagati, una documen­ tazione vastissima. L ’ha esaminata da tre punti di vista: a) psicologico («spiegazione... dei moventi dei partecipanti al dramma delle accuse della , stregoneria»); b) sociologico («analisi... della situazione in cui per lo più le accuse venivano mosse»); c) intellettuale («spiegazione... delle concezioni che le rendevano plausibili»)14. Manca in quest’elenco, come si vede, un esame del significato che le credenze nella stregoneria avevano non per le vittime dei malefizi, per gli accusatori e per i giudici, ma per gli accusati. Nelle loro confessioni (quando confessavano, s’intende) c’imbattiamo spesso in una ricchezza simbolica che non sembra riducibile ai bisogni psi­ cologici di rassicurazione, alle tensioni di vicinato o alle idee generali sulla causalità diffuse nell’Inghilterra di allora. Certo, quanto più le confessioni coincidevano con le dottrine dei demonologi del Continente, tanto più è probabile (osserva Thomas) che esse fossero state sollecitate dai giudici. Ma subito dopo egli stesso riconosce che talvolta s’incontrano nei processi elementi troppo stravaganti {unconventional) per essere attribuiti alla sug­

xviii

Introduzione

gestione15. Un’analisi sistematica di questi elementi non avrebbe potuto gettare qualche luce sulle credenze nella stregoneria da parte delle streghe e degli stregoni (veri o presunti)? Una critica serrata al riduzionismo psicologico e al funzionalismo so­ ciologico di Religión and thè Decline o f Magic è stata formulata da H. Geertz16. Nella sua risposta Thomas ha ammesso di essere stato meno sensibile del dovuto «ai significati simbolici e poetici dei riti magici» (un’o­ biezione per certi versi analoga gli era stata rivolta anche da E. P. Thomp­ son17) osservando, a propria parziale scusante, che gli storici hanno una certa familiarità con la nozione di «strutture sociali profonde», ma sono molto meno abituati a indagare le «strutture mentali invisibili, soprattutto se riferite a sistemi di pensiero rudimentali, mal documentati, espressi sol­ tanto in maniera frammentaria». E ha aggiunto: «A un livello meno inac­ cessibile, tuttavia, riconosco che bisogna rendere maggior giustizia al sim­ bolismo della magia popolare. La mitologia della stregoneria - il volo not­ turno, l’oscurità, la metamorfosi in animali, la sessualità femminile - ci dice qualcosa sui criteri di valore delle società che credevano in essa, sui li­ miti che si volevano mantenere, sul comportamento istintuale che si pen­ sava di dover reprimere... »18. Con queste parole Thomas ha indicato, sotto l’impulso delle critiche della Geertz, una via per superare l’immagine troppo rigidamente funzionalista della stregoneria proposta in Religión and thè Decline o f Magic19. Che la sua scelta sia caduta sul sabba è certo significativo. Altrettanto si­ gnificativo il fatto che la possibilità di attingere, almeno parzialmente, at­ traverso il sabba le «strutture mentali invisibili» della magia popolare sia stata tacitamente scartata. Il sabba è, si, rivelatore - ma di uno strato cul­ turale «meno inaccessibile»: quello della società circostante. Attraverso il simbolismo del sabba essa formulava i propri valori in negativo. L ’oscurità che avvolgeva i convegni delle streghe e degli stregoni esprimeva un’esal­ tazione della luce; l’esplosione della sessualità femminile nelle orgie diabo­ liche, un’esortazione alla castità; le metamorfosi animalesche, un confine fermamente tracciato tra il ferino e l’umano. Quest’interpretazione del sabba in termini di rovesciamento simbolico è certo plausibile20: tuttavia, per ammissione dello stesso Thomas, essa si ferma a un livello relativamente superficiale. E facile, ma un po’ apriori­ stico, sostenere che la visione del mondo espressa dalla magia popolare era imparagonabile, per coerenza, a quella dei teologi21: in realtà il fondo delle confessioni delle streghe e degli stregoni rimane avvolto nel buio. 6. Come si è visto, tutti questi studi partono da una constatazione or­ mai scontata: e cioè che nelle testimonianze sulla stregoneria europea si so­

Introduzione

xix

vrapponessero strati culturali eterogenei, dotti e popolari. Un tentativo di distinguere analiticamente gli uni dagli altri è stato fatto da R. Kieckhefer (.European Witcb-Trials, Their Foundations in Popular and Leamed Culture, ijo o -ijo o , 1976). Egli ha classificato la documentazione anteriore al 1500 a seconda del suo (chiamiamolo cosi) tasso di inquinamento dotto: massi­ mo nei trattati di demonologia e nei processi inquisitoriali; minimo nei processi condotti da giudici laici, soprattutto in Inghilterra, dove la coer­ cizione era meno forte; pressoché nullo, infine, nelle testimonianze degli accusatori e nei processi per diffamazione intentati da persone che si rite­ nevano accusate a torto di stregoneria22. Ha ignorato, invece, la documen­ tazione posteriore al 1500, affermando che in essa gli elementi dotti e quelli popolari erano ormai inestricabilmente fusi. Tutto ciò lo ha portato a concludere che, a differenza del maleficio e dell’invocazione al demonio, il sabba (