Storia della profezia in Israele
 8839920226, 9788839920225

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L'opera offre una prospettiva,

Apparendo dopo due secoli di

di cui si avvertiva la necessità, sul

intenso esame critico dei testi bibli­

fenomeno della profezia, così co­

ci e profetici, questa Storia della

me è esistito lungo la storia di

profezia in Israele è un libro aggior­

Israele e nel giudaismo primitivo.

nato, sintetico, che ha già avuto va­

Evitando presupposti filosofici e

sta diffusione nel mondo di lingua

teologici, che hanno dominato lar­

inglese e francese.

gamente il secolo XIX e gli inizi del XX secolo, l'Autore - tra i più

.

Invece che offrire semplicemen­

Christopher R. Seitz, docente di

te profili bio-bibliografici dei vari

Antico Testamento alla Yale Univer­

profeti, Blenkinsopp esplora l'inte­

sity Divinity School.

ra tradizione profetica e, all'interno di essa, colloca e studia le singole fi­

«Una risorsa senza confronti per

gure profetiche. Viene studiata la

l'insegnamento, per la ricerca e per

collocazione dei materiali profetici

la lettura, dotata inoltre di una ec­

nella Bibbia ebraica; l'origine e il

cellente bibliografia».

primo sviluppo della profezia israe­ litica nel più ampio contesto, politico e culturale, del Vicino Oriente; le differenti linee di sviluppo du­

Davzd L. Petersen, docente di An­ ·

tico Testamento alla Iliff School o/ Theology.

rante il periodo critico dell'egemo­ nia assira e babilonese; la situazione cruciale creatasi per la profezia a

JOSEPH BLENKINSOPP è professore

di studi biblici all'università cattolica di

causa dei disastri politici del VI se­

Notre Dame, Indiana, U.S.A.; ha vinto il

colo a.C.; i vari tentativi di assicura­

premio nazionale per i libri religiosi ed è

re un nuovo fondamento per la co­

stato presidente della Associazione Bibli­

munità restaurata dopo l'esilio. Infi­

ca Cattolica (Catholic Biblica! Associa­

ne, si studia il periodo del secondo

tion). In traduzione italiana ha già pub­

Tempio, generalmente trascurato

blicato Il Pentateuco. Introduzione ai pri­

nella maggior parte degli studi sulla

mi cinque libri della Bibbia (Queriniana,

profezia.

1996).

In copertina: MICHELANGELO BUONARROTI,

Ilprofeta Isaia, Cappella Sistina, Vaticano

Joseph Blenkinsopp

STORIA DELLA PROFEZIA IN ISRAELE

Editrice Queriniana

Titolo originale

A History of Prophecy in lsrael Westminster John Knox Press, Louisville, Kentucky

© 1983, 19962 (riveduta e aumentata) © 1997 ISBN

by Joseph B1enkinsopp by Editrice Queriniana, Brescia via Ferri, 75-25123 Brescia

88-399-2022-6

Traduzione dall'inglese-americano dalla seconda edizione riveduta e aumentata di LUCA DE SANCTIS Edizione italiana a cura di MAURO GIORDANO e FLAVIO DALLA VECCHIA Stampato dalla Tipolitografia Queriniana, Brescia

(1996)

PREFAZIONE ALL'EDIZIONE RIVEDUTA

(1996)

Una seconda edizione di Una storia della profezia in Israele, a soli dodici anni dalla precedente, può avere qualche plausibile giustificazione se intesa come un tributo alla quantità e qualità di commentari e di analisi di testi pro­ fetici pubblicati in quest' arco di tempo. Anche se non sono apparsi molti dati nuovi, conclusioni che sembravano essere sicuramente stabilite sono state messe in discussione e sono state prese nuove direzioni di ricerca, mol­ te delle quali influenzate dalla teoria letteraria contemporanea. Per quanto abbia tenuto debitamente conto di questi recenti sviluppi, specialmente della diffusa predilezione per le letture sincroniche dei libri profetici (soprattutto di Isaia), nessuno degli scritti più recenti mi ha dato una ragione per abban­ donare i più tradizionali metodi dell' analisi redazionale. Continuo a credere che sincronia e diacronia possono e debbano coesistere. Chiunque legga opere storiche con dati che si riferiscono ad argomenti più recenti - per esempio, un villaggio medievale cataro o la stregoneria in Auvergne del diciottesimo secolo, oppure i movimenti apocalittici del Medio Evo, portati alla luce da Norman Cohn - potrebbe facilmente dispe­ rare di scrivere una storia della profezia, o di qualunque altra cosa, in Israele nell' età del ferro. Le vicissitudini politiche e militari a cui quella parte del mondo è sempre stata soggetta, insieme al clima palestinese, hanno fatto sì che, per questi storici, non sia sopravvissuto praticamente alcun dato utiliz­ zabile proveniente da quel periodo. Ero consapevole di questo dodici anni fa, e la consapevolezza è cresciuta nel frattempo e sarà evidente in diversi punti in ciò che segue. Comunque, continuo a ritenere che sia possibile, e perciò necessario, conseguire i migliori risultati con ciò che abbiamo, conti­ nuare a provare a rendere serie probabilità le elevate possibilità, e scoprire alcuni barlumi delle personalità, delle realtà politiche e delle idee di quei tempi, usando i testi e i manufatti, spesso di non facile interpretazione, a nostra disposizione.

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Prefazione ali' edizione riveduta

Insieme ai cambi di stile e di sostanza che sembravano richiesti risiste­ mando, qua e là, l' ordine della trattazione (specialmente su Isaia) e aggior­ nando le bibliografie, ho eliminato alcune espressioni infelici ed errori materiali o tipografici che avevo notato io stesso insieme a quelli segnalati­ mi da colleghi, studenti e recensori. I miei ringraziamenti a loro, all ' assi­ stente Shaun Longstreet, per il considerevole aiuto con le bibliografie, le questioni relative al computer e gli indici, e al personale della John Knox Press di Westminster, per l' inesauribile cortesia e per la cooperazione.

Dicembre 1995

INTRODUZIONE

Durante gli ultimi duemila anni l ' interpretazione dei testi profeti ci ha descritto un arco estremamente ampio. È sufficiente confrontare le interpre­ tazioni millenaristiche e apocalittiche con la prospettiva rabbinica - che mirava ad attutire l' effetto dirompente e destabilizzante della profezia - per vedere come differenti situazioni, con le loro proprie domande e forzature, possono produrre letture fondamentalmente diverse. La ricerca critica moderna, il cui sviluppo lungo l' ultimo secolo e mezzo è brevemente pre­ sentato nel capitolo I, ha rotto decisamente con le posizioni tradizionali nel cristianesimo e nel giudaismo. Nonostante significativi progressi, tuttavia, c ' è ancora abbastanza strada da fare per raggiungere un consenso su alcune questioni cruciali, come le connessioni e le collocazioni istituzionali e socia­ li dei differenti tipi di profezia, la relazione tra esperienza profetica e tradi­ zione e la storia editoriale dei libri profetici. Aggiungiamo che, solo recente­ mente, lo studio della profezia ha cominciato a liberarsi da teorie di svilup­ po ispirate da rigidi presupposti filosofici e confessionali, che hanno domi­ nato molti degli scritti sulla profezia nel XIX e all ' inizio del xx secolo. Il solo modo di evitare i peggiori eccessi derivanti da presupposti di carattere teologico o filosofico è procedere rivolgendosi al fenomeno storico della profezia in Israele, il che implica il tentativo di rendere conto del suo sviluppo nel corso di una lunga storia, parti della quale sono assai scarsa­ mente documentate. Sarebbe molto più facile, e certamente molto più sicuro per la propria reputazione, astenersi dal tentativo e continuare con il lavoro di dettaglio su testi e problemi specifici, i cui risultati sono molto più agevolmente apprezzabili. Di tanto in tanto, comunque, chiunque sia impe­ gnato in questo lavoro deve sentire il bisogno di fermarsi e fare il punto o, per usare una metafora forse più appropriata, di recuperare la prospettiva sul fenomeno della profezia come un tutto. La giustificazione più semplice per aggiungere qualcosa alla montagna bibliografica esistente sulla profezia

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Introduzione

sarebbe dire che il presente lavoro intende essere un provvisorio "inventa­ rio". Inoltre, mentre si possono trovare molti studi tematici e teologici sulla profezia, ci sono poche storie critiche, e quelle che sono disponibili rara­ mente tentano di coprire l' intero arco del periodo biblico. Nella maggioran­ za dei casi, l' attenzione è quasi esclusivamente concentrata sul periodo della profezia "classica", i due secoli da Amos al Deutero-Isaia dell' esilio babilo­ nese. Eppure, i più antichi di questi profeti "clas sici", Amos ed Osea, potrebbero riferirsi ad una precedente tradizione profetica, che si estendeva per oltre _tre secoli e che aveva già raggiunto un maturo stadio di consolida­ mento. Ignorare o passare rapidamente su questi sviluppi ci espone al rischio di misconoscere alcuni aspetti cruciali dell' attività profetica durante il periodo molto meglio conosciuto dell' egemonia assira e babilonese. Ancora più dannosa, comunque, è la tendenza delle indagini storiche generali sulla profezia ad esaurirsi lentamente o a raggiungere un gran finale con l' esilio babilonese del VI secolo a.C. L' effetto, se non l ' intenzione, è di perpetuare l' idea, diffusa nell' ultimo secolo, che gli sviluppi successivi, con le loro forme abbastanza differenti di espressione religiosa, rappresentino un declino dall ' alto livello della religione profetica, una resa alla paralisi istitu­ zionale. Questo ci dispensa pure dal compito di esaminare le trasformazioni di grandissimo interesse che la profezia subì nel periodo del secondo Tem­ pio, un' epoca che fu testimone non solo della ripresa e del consolidamento del giudaismo in patria e nella diaspora, ma anche dell' emergere del cristia­ nesimo con le sue forme proprie di attività profetica. Io ho, dunque, puntato ad un panorama storico che considera con scettici­ smo le distinzioni tra' profezia "primitiva" e "classica" e le asserzioni circa !"'inaridimento" dell' ispirazione profetica dopo il collasso dello stato giu­ daico. Sarebbe stato opportuno, ed infatti era nelle intenzioni originarie, prolungare l' indagine sino alla fine del periodo del secondo Tempio. Consi­ derazioni di spazio, come pure di senso comune (considerati i formidabili problemi implicati), hanno imposto un orientamento diverso, e questa parte del compito è lasciata ad altri 1• Se una storia della profezia non deve essere semplicemente una serie di profili di figure profetiche individuali, devono essere identificate e seguite le linee di continuità lungo la storia. Nessuno suppone che tutti i paralleli terminologici e tematici tra le differenti collezioni profetiche possano esse­ re spiegati riferendosi al processo mediante il quale i detti venivano tra1 DAVID E. AUNE, Prophecy in Early Christianity and the Ancient Mediterranean World, Eerd­ mans, Grand Rapids 1983, contiene un eccellente panorama della profezia nel mondo greco-roma­ no, nel cristianesimo primitivo e nel primo giudaismo.

Introduzione

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smessi. Mentre, il nostro compito sarebbe stato reso più facile se i profeti avessero esplicitamente riconosciuto quei predecessori ai cui detti hanno attinto, non può esserci dubbio che è abbastanza legittimo parlare di una tradizione profetica. Il lamento di Geremia che i profeti suoi contemporanei si rubavano i detti l ' uno all ' altro ( Ger 23, 30) può essere considerato un' indicazione in quella direzione, ed abbiamo appena visto che Amos e Osea si allineano ad una consolidata tradizione di protesta profetica. Una lettura accurata di Osea suggerisce che egli aveva familiarità con l ' attività pubblica di Amos; Isaia, ad uno stadio della sua carriera, sembra applicare a Giuda il messaggio di Amos; il debito di Geremia nei confronti di Osea, specialmente nel primo stadio della sua carriera, è facilmente verificabile; Ezechiele prende a prestito dal suo più anziano contemporaneo Geremia, e così via. Un' ulteriore questione si pone quando questo processo cumulativo di appropriazione, assimilazione e adattamento viene sottoposto a trasfor­ mazione in un tipo di attività piuttosto differente, cioè un' esegesi sempre più formalizzata dei primitivi detti profetici, in collezioni databili dal secondo Tempio. Questa esegesi biblica interna offre un' apprezzabile indi­ cazione delle mutazioni nella comprensione della profezia stessa e ci con­ duce al punto in cui i libri profetici, avendo raggiunto lo stato canonico, generano i loro stessi diversi commentari. Mentre affermiamo l ' esistenza di una tradizione profetica, dovremmo essere preparati a scoprire che questa tradizione segue differenti traiettorie, entrando in contatto con differenti tipi di individui e funzioni profetici. In questa materia, dobbiamo tener presente che abbiamo a nostra disposizione solo poche fonti selezionate secondo criteri molto specifici. Una conseguen­ za è che quelli ai quali ci riferiamo come i profeti costituivano solo una pic­ cola, e per molti versi anomala, minoranza dei profeti in Israele in un perio­ do determinato. Se con "la religione di Israele" intendiamo riferirei alle con­ vinzioni ed alle attività della massa della popolazione, dovremmo conclude­ re che i profeti, i cui detti sono sopravvissuti, erano più spesso che no in contrasto con essa; o, in altri termini, che più spesso che no essi hanno gio­ cato un ruolo destabilizzante più che convalidante nella vita religiosa dei loro contemporanei. C ' erano anche, comunque, profeti che rimanevano più strettamente legati alle istituzioni ufficiali, specialmente al culto, ed è possi­ bile che i loro detti, come quelli di figure simili presenti altrove nel Vicino Oriente, fossero conservati e trasmessi da queste istituzioni. Questi costitui­ rebbero allora una classe distinta, benché vedremo che il compito di decide­ re chi vi appartenga non è per niente semplice. Un altro approccio alle molteplici tradizioni profetiche segue le linee di demarcazione geografica. Considerevole attenzione è stata data nella recen-

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Introduzione

te ricerca di lingua inglese (specialmente da A.W. Jenks e R.R. Wilson 2) alla profezia efraimita come un tipo caratteristico che ha preservato peculiarità estremamente distintive lungo parecchi secoli . Secondo questo punto di vista, la linea corre dalla sponda elohista nel Pentateuco, attraverso gruppi profetici e levitici che contrastarono la monarchia nel regno del Nord, giun­ gendo quindi ad Osea, a Geremia e al programma deuteronomico come con­ globante elementi di ciò che potrebbe essere chiamata una teologia profetica efraimita. Del tutto contraria a questa tradizione è quella della profezia giu­ dea, attestata inizialmente durante il regno di Davide nelle persone di Gad e Natan, poi continuata da Amos, Isaia e le altre figure preesiliche, esiliche e postesiliche negli ultimi profeti, con l' eccezione di Osea e Geremia. La tra­ dizione efraimita, si sostiene, ha sue proprie forme di discorso, un suo modo proprio di descrivere il processo di mediazione profetica e dà un posto d' onore a Mosè come prototipo del mediatore profetico. Sebbene sia del tutto plausibile che la profezia tra i clan delle regioni montuose centrali del paese rispecchiasse condizioni culturali e religiose presenti là, e si differenziasse perciò in aspetti significativi dalla profezia in Gerusalemme, la distinzione è stata, a mio parere, grandemente esagerata. Anche se concediamo che lo sfuggente Elohista (E) costituisca una fonte genuinamente indipendente, la sua provenienza "settentrionale" è semplice­ mente supposta, piuttosto che dimostrata. È degno di nota, per esempio, che le tre narrazioni presentate da Jenks come prova principale per un' indipen­ dente linea E (Gen 20, 1 - 1 7 ; 2 1 ,8-2 1 . 22-34) sono tutte ambientate nel Negheb, e la linea Ruben-Madianita, nella storia di Giuseppe, pure ritenuta di provenienza elohista , orienta nella stessa direzione generale. L' ipotesi di un asse profetico-levitico tra le tribù di Giuseppe pure è senza il sostegno di prove e oscurata da supposizioni anacronistiche derivanti dalle Cronache. Ci sono certamente legami tra Osea e il Deuteronomio, ma ancora spesso sfug­ ge che il programma sociale ed umanitario del Deuteronomio non deve nul­ la ad Osea e, come sarà dimostrato a tempo debito, moltissimo alla profezia giudea. Non si vuole negare l ' esistenza di una tradizione profetica efraimita, ma la sua singolarità e la sua influenza non dovrebbero essere esagerate. Ai momenti appropriati, nel corso del panorama storico, sarà suggerito che la distinzione tra profezia gerosolimitana e giudea o, se si preferisce, tra profezia metropolitana e provinciale, può indicare tradizioni profetiche significativamente differenti. La critica più dura, radicale e dettagliata della

2 A. W. JENKS, The Elohist and North /sraelite Traditions, Scholars Press, Missoula/Mont. 1 977; R. R . WrLSON, Prophecy and Society in Ancient lsrael, Fortress Press, Philadelphia 1 980, 1 35-252.

Introduzione

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società contemporanea, ·e specialmente della burocrazia statale, si trova in Amos e Michea, entrambi originari della campagna giudaica. Si potrà anche sostenere che Michea e la sua "scuola" rappresentino il carattere e gli inte­ ressi della classe conosciuta come "il popolo della terra" e che il loro inse­ gnamento abbia notevolmente influenzato il programma sociale esposto nel testo giuridico deuteronomico. È stato detto abbastanza in ogni caso, perché sia il tempo di fissare il punto che la profezia si è sviluppata in diverse dire­ zioni e con differenti accentuazioni, attingendo a tradizioni religiose che spesso durante il processo di sviluppo venivano radicalmente reinterpretate3 • La protesta a favore dei poveri e degli svantaggiati, vittime di un ordine sociale e politico sfruttatore, è una delle linee più forti nella tradizione della predicazione profetica. Cominciando da Amos, la protesta è assunta in diffe­ renti modi, da Isaia e Michea, ulteriormente sviluppata dai discepoli o edito­ ri di quest' ultimo ed anche, in misura minore, da Sofonia, durante l' ultimo secolo dell' indipendenza della Giudea. Essa non è affatto così rilevante in Osea e Geremia, i cui interessi si concentrano maggiormente sui culti sin­ cretisti e sulle macchinazioni politiche del re e della corte. Legato a questo è il fondamentale interesse profetico per la comunità. A questo riguardo, la differenza tra profezia ottimistica e critica consiste nel fatto che quest' ulti­ ma, diversamente dalla prima, rifiuta di conferire validità assoluta al sistema istituzionale contemporaneo, assunto dalla comunità che chiama se stessa Israele. Quando il profeta critico parla del "resto", implica che ci sarà real­ mente un futuro per quella comunità, anche se la sua attuale personificazio­ ne istituzionale, cioè lo Stato, sarà spazzata via nel corso distruttivo degli eventi storici. Secondo questa predominante tradizione profetica giudea, la ragione fondamentale è il disprezzo della giustizia e del diritto (Am 5,7.24; 6, 12; /s 5,7; ecc.). Questi concetti gemellati (mispiif, �edaqiih) connotano il mantenimento di un giusto ordine, di strutture sociali e di procedure giudi­ ziali che rispettano i diritti di tutte le classi. Una società che non rispetta quest' ordine, anche una in cui fiorisce la pratica della religione (cfr. Am 5,2 1 -24; Is 1 , 1 2- 1 7), non merita di sopravvivere. Sebbene non sappiamo nulla di un gruppo di discepoli riunito intorno ad Amos, le vittime dell' ingiustizia, in soccorso delle quali egli parlava, devo­ no, presumibilmente, essere stati i più ricettivi verso il suo messaggio. La circostanza che siano anche descritti come "giusti" (Am 2,6; 5, 12; cfr. Is 5,23) può forse essere ritenuto un passo verso l ' idea che il nucleo della 3 Sulle tradizioni profetiche, cfr. più recentemente il mio Sage, Priest, Prophet, Religious and lntellectual Leadership in Ancient /srael, Westrninster/John Knox Press, Louisville/Ky. 1 995, 1 1 1 5 . 1 48- 1 5 7 o

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Introduzione

comunità nuova o rinnovata si trova tra coloro che aderiscono all ' insegna­ mento del profeta e si sforzano di incarnare nella loro vita la visione alterna­ tiva. Sorge, allora, la questione, ed è ancora di cruciale importanza, se que­ sta visione possa trovare realizzazione al centro della società, anche della comunità ecclesiastica, o soltanto alla periferia. Il nostro studio suggerisce che non c ' è una risposta netta a questa domanda. Da una parte, la protesta profetica contro l' ingiustizia e lo sfruttamento aveva ricevuto riconoscimen­ to ed espressione "ufficiali" nel Deuteronomio e, da allora in poi, aveva continuato ad essere una forza potente di rinnovamento sociale nella corren­ te principale del giudaismo e del cristianesimo. Dall ' altra parte, tuttavia, dobbiamo considerare già nel periodo esilico la formazione di gruppi profe­ tici intorno ad una figura carismatica o al suo insegnamento, che tradiscono alcune delle caratteristiche delle sette di un periodo più recente. Per questa ragione, ho considerato i passi relativi al Servo di YHWH nel Deutero-Isaia e ai servi di YHWH nel Trito-Isaia, come quelli che segnano un punto cru­ ciale nella storia del movimento profetico. Una valutazione teologica della profezia non ci richiede di seguire la gui­ da di quei pionieri del diciannovesimo secolo, i quali mettevano sfavorevol­ mente in contrasto con essa altre forme di vita religiosa. La profezia è solo una di queste molte forme e sembra che il suo destino sia quello di essere sempre necessaria, ma mai autosufficiente. Concludere lo studio con Giona, che contiene una profonda critica teologica della profezia, vuol suggerire precisamente questo e richiamare gli irrisolti e probabilmente insolubili pro­ blemi strutturali della profezia, notati in diversi punti lungo la storia. D' altro canto, nessun altro testo nella Scrittura più di questi ci mette così diretta­ mente a confronto con la realtà di Dio, o ci costringe così inevitabilmente a mettere in questione le pèrcezioni mondane e anche religiose che tendono a controllare le nostre vite. Per concludere con una nota pratica, può essere necessario avvertire alcu­ ni lettori che nello studio critico sulla profezia ci sono veramente pochi «risultati della moderna ricerca che sono certi». Ne consegue, dunque, che poche delle soluzioni agli insoluti problemi o interpretazioni di testi, offerte in questo libro, passeranno senza contestazione. Mentre ovvie limitazioni di spazio non mi hanno consentito di presentare tutte le alternative meritevoli di seria attenzione, ho almeno riconosciuto la loro esistenza, presentando i miei punti di vista nella maniera più chiara possibile. Le bibliografie inten­ dono aiutare il lettore a collocare queste conclusioni nel contesto della discussione scientifica contemporanea cui appartengono. Qui, ancora, è sta­ to necessario operare delle scelte, ed è sembrato utile dare la preferenza, quando è stato possibile, a studi recenti disponibili in inglese. Se, con il loro

Introduzione

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aiuto, chi legge sarà in condizione di trarre conclusioni proprie, anche se differenti da quelle proposte nel libro, sarà stato raggiunto lo scopo per il quale l'ho scritto.

Capitolo primo

PROLEGOMENA: DEFINIZIONE DELL'OGGETTO DI STUDIO

l. Fonti per lo studio della profezia in Israele

J. BARR, Holy Scripture: Canon, Authority, Criticism, Westminster Press, Phila­ delphia 1 9 8 3 ; J. BARTON, Oracles of God: Perceptions of Ancient Prophecy in Israel after the Exile, Oxford University Press, Oxford 1 986; C.T. BEGG, The 'Clas­ sica[ Prophets ' in Josephus ' Antiquities, in Louvain Studies 1 3 ( 1 988) 34 1 -357; J. BLENKINSOPP, Prophecy and Canon, University of Notre Dame Press, Notre Dame 1 97 7 ; M. C. B RETT, Biblica[ Criticism in Crisis ? The Impact of the Canonica/ Approach on Old Testament Studies, Cambridge University Press, Cambridge 199 1 ; H. VON CAMPENHAUSEN, The Formation of the Christian Bible, Fortress Press, Phi­ ladelphia 1 972; B . S . Cmws, The Canonica/ Shape of the Prophetic Literature, in Int 32 ( 1 978) 46-55 ; Introduction to the Old Testament as Scripture, Fortress Press, Philadelphia 1 979; G.W. CoATS - B .O. LoNG (edd.), Canon and Authority, Fortress Press, Philadelphia 1977; O. EISSFELDT, The Old Testament: An Introduction, Har­ per & Row, New York 1 965, 562-57 1 [trad. it. , Introduzione all 'Antico Testamento, 4 voll., Paideia, Brescia 1 970- 1 984] ; D.N. FREEDMAN, The Law and the Prophets, in SVT 9 ( 1 963) 250-265 ; Son of Man, Can These Bones Live ?, in Int 29 ( 1 975) 1 7 1 1 86; S .Z. LEIMAN (ed.), The Canonization of Hebrew Scripture, Archon Books, Hamden, Conn. 1 976; R.H. PFEIFFER, Canon of the Old Testament, in IDB I ( 1 962) 498-520; G. VON RAD, Old Testament Theology, Harper & Row, New York 1 965, 2:3-5.38 8-409 [trad. it. , Teologia dell 'Antico Testamento 2, Paideia, Brescia 1 974] ; R. RENDTORFF, Canon and Theology, Fortress Press, Minneapolis 1 993 ; J.A. SAN­ DERS, Torah and Canon, Fortress Press, Philadelphia 1 972; A.C. SuNDBERG, JR., The Old Testament of the Christian Church, Harvard University Press, Cambridge, Mass. 1 964; G.M. TUCKER - D.L. PETERSEN - R.R. WILSON (edd.), Canon, Theo­ logy and Old Testament Interpretation, Fortress Press, Philadelphia 1988; J. WEL­ LHAUSEN, Prolegomena to the History of Ancient Israel, Meridian Books, New York 1957; W. ZIMMERLI, The Law and the Prophets, Basil Blackwell, Oxford 1965 .

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Capitolo primo

Se si eccettuano i testi biblici, l' unico riferimento diretto, peraltro molto scarno, alla profezia israelitica si trova sui frammenti di vasellame ( 6straka) scoperti durante lo scavo di Tell ed-Duweir (Lachish), cominciato nel 1 930. Questi frammenti furono scritti durante la campagna babilonese che terminò con la distruzione di Gerusalemme, nel 586 a.C. Uno di essi (# 3), una lette­ ra scritta da un certo Hoshaiah (Osea), fa riferimento ad una precedente let­ tera contenente uno spaventoso avvertimento mandato da un ufficiale regale ad un altro mediante un profeta (nabf'), e un altro (# 1 6) menziona un profe­ ta, non necessariamente lo stesso, del cui nome, sfortunatamente, rimane solo l' ultima parte, che è identica all ' ultima parte del nome di Geremia (in ebraico: Yirmeyahu). Un terzo frammento (# 6) parla di qualcuno (questo punto è lacunoso) le cui parole demoralizzano il popolo ; alcuni studiosi leg­ gono la parola "profeta" (nabf') e la riferiscono a Geremia, dal momento che la medesima accusa, nello stesso linguaggio, è rivolta contro di lui durante l' assedio babilonese di Gerusalemme (Ger 38,4). Ciò è possibile, ma incerto ; tutto ciò che abbiamo è la conferma di un coinvolgimento politi­ co a qualche livello dei profeti contemporanei come Geremia e come altri i cui nomi ci sono noti dai libri che portano il loro nome (Ger 26,20-23 ; 28, 1 1 7 ; 29,2 1 -23.3 1 ) 1 • Queste lettere ed elenchi erano scritti su pezzi di stoviglie rotte, ma testi di una certa lunghezza potrebbero essere stati scritti su papiro e il clima palestinese, con i suoi inverni umidi, ha fatto sì che solo un papiro del tem­ po dei re sia giunto fino a noi. L' unico altro testo non biblico che tratta direttamente del nostro oggetto è un' iscrizione in inchiostro su intonaco, scoperta a est del Giordano, a Deir 'Alla nel 1 967, che parla del veggente Balaam (cfr. Nm 22-24). Poiché Balaam è un veggente straniero, rimandia­ mo il commento a questo testo ad un momento più appropriato, nel capitolo seguente. Fonti postbibliche che rinarrano la storia biblica, specialmente le Antichità di Flavio Giuseppe, raramente, se mai, contengono informazioni storiche indipendenti al riguardo. Gli approcci comparativi alla profezia israelitica hanno fatto ricorso a una varietà di fenomeni, ruoli sociali e personalità in un' ampia gamma di culture

1 Per una traduzione e un breve commento degli 6straka di Lachish, cfr. J.C.L. GIBSON, Text­ book of Syrian Semitic lnscriptions, vol. l, Hebrew and Moabite lnscriptions, Clarendon Press, Oxford 1 97 1 , 32-49, e K.A.D. SMELIK, Writings from Ancient lsrael, T. & T. Clark, Edinburgh 1 99 1 , 1 1 6- 1 3 1 ; un resoconto più completo in A. LEMAIRE, /nscriptions Hébraiques, Tomo l, Les Ostraca, Les Éditions du Cerf, Paris 1 977, 85- 1 43 ; S.B. PARKER, The Lachish Letters and Official Reactions to Prophecies, in L.M. HoPFE (ed.), Uncovering Ancient Stones: Essays in Memory of H. Neil Richardson, Eisenbrauns, Winona Lake 1 994, 65-78.

Prolegomena: definizione dell'oggetto di studio

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dai Nuer del Sudan del sud agli Indiani delle Praterie2 • Questi studi compa­ rativi possono portare ad utili generalizzazioni riguardanti gli intermediari religiosi e stimolano nuove considerazioni su figure bibliche familiari, ma le differenze sono spesso più nette che non le somiglianze. Sollevano anche la questione circa la reale possibilità di comparare l' antico Israele con società tradizionali sopravvissute nel mondo moderno. Per queste ragioni, e per esi­ genze pratiche di spazio e di tempo, ci limiteremo - nella sezione seguente ai fenomeni "profetici" nelle società dell' antico Vicino Oriente e del Levan­ te. Questo ci porta alle fonti bibliche. Per il lettore della Bibbia, "profezia" connota i quindici libri attribuiti ad autori profetici, nella sezione centrale della Bibbia ebraica. Eppure, questi libri in nessun modo esauriscono il fenomeno della profezia in Israele. Secondo un detto rabbinico (b. Meg. 14a), ci furono quarantotto profeti e sette profetesse in Israele, una conclu­ sione senza dubbio basata su di un calcolo che copre l' intera Bibbia ebraica. Nessuno dei libri accettati come canonici è attribuito ad un profeta vissuto prima dell' viii secolo a.C . , eppure i più antichi di questi profeti canonici, Amos ed Osea, non solo conobbero predecessori profetici, ma si posero, abbastanza consapevolmente, entro una tradizione profetica (Am 2, 1 1 - 1 2; Os 6,5; 9,7-8 ; 12, 1 0. 1 3 ). _9ià nell ' viii secolo, infatti, la profezia d' Israele aveva alle spalle una storia di circa tre secoli. È pure da notare il fatto che i profeti canonici si riferiscono spesso, e qua­ si sempre in modo denigratorio, ad una categoria di persone che essi chia­ mavano "profeti" (nebf'fm), !asciandoci con l' interrogativo se essi avessero voluto essere conosciuti con questo titolo. Uno di essi, Amos, sembra rinne­ garlo, benché il passo in questione sia stato diversamente interpretato (Am 7 , 1 4). Una spiegazione sta nel fatto che la profezia, in Israele come altrove, corrispondeva ad un'istituzione riconosciuta ed era una di quelle che svolge­ va la sua funzione sia nella corte regale che nel Tempio. Di qui il problema, che attende ancora una soluzione soddisfacente, della relazione dei profeti canonici, come Amos e Michea, con le istituzioni di Israele. Dobbiamo tener presente, in ogni caso, che le persone che chiamiamo i profeti costitui­ vano solo una piccola minoranza della categoria, in ogni determinato perio­ do. Inoltre, il materiale profetico contenuto nella Bibbia ebraica è stato sele­ zionato ed edito secondo specifici criteri ideologici. Gli editori finali non 2 D.H. JoHNSON, Nuer Prophets: A History of Prophecy from the Upper Nile in the Nineteenth and Twentieth Centuries, Clarendon Press, Oxford 1 995; T.W. OVERHOLT, Prophecy in Cross-Cui­ turai Perspective, Scholars Press, Atlanta 1 986, 23- 1 48; Channels of Prophecy: The Social Dyna­ mics of Prophetic Activity, Fortress Press, Minneapolis 1 989.

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Capitolo primo

furono più preoccupati di preservare i detti di coloro che non rispondevano a questi criteri, quelli che consideravano falsi profeti, di quanto lo furono i primi scrittori ecclesiastici con gli scritti di quelli che consideravano eretici . Questa circostanza, del tutto ovvia, deve essere impressa nella mente di chiunque voglia usare la Bibbia come una fonte storica per la profezia, o per qualunque altra cosa. Una delle più notevoli e, per alcuni, fastidiose tendenze nella recente ricerca veterotestamentaria è quella di scegliere per testi biblici datazioni basse o recenti. Un aspetto di questa tendenza, rilevante per il presente stu­ dio, è l ' asserzione che i libri profetici sono essenzialmente, o anche intera­ mente, composizioni postesiliche3 • Pochi critici dubitano che, nella loro for­ ma finale, molti dei libri profetici (per es., Amos, Isaia, Geremia) datino dal periodo persiano o dopo. Nessuno potrebbe sottovalutare la difficoltà di identificare un nucleo originario di materiale nei singoli libri. Ma il materia­ le comparativo disponibile, per quanto esiguo sia, dà almeno un credito ini­ ziale all ' esistenza di fenomeni simili e alla produzione di testi simili in Israele durante il tempo dei re, anche se la designazione profetica fu aggiun­ ta in un tempo successivo. Un parallelo istruttivo potrebb è essere costituito dai passi in versi, attribuiti a Solone, che predicono un disastro come conse­ guenza dell' ingiustizia sociale. Questi giungono a noi da autori (Demostene e Diodoro Siculo) posteriori a Solone (inizi del VI secolo a.C.); possono essere stati editati ed ampliati ma, per quanto ne sappia, nessuno dubita che sostanzialmente l' autore sia Solone4 • Prima di considerare più da vicino le fonti bibliche per la profezia israeli­ tica, può essere utile una breve nota sulla formazione della Bibbia ebraico­ aramaica. La prima sezione del canone ebraico tripartito, i "cinque quinti della legge", o 'torah, contiene una narrazione di eventi fondanti, dalla crea­ zione alla morte di Mosè, unitamente ad una grande quantità di materiale legale. Secondo la concezione tradizionale, il Pentateuco fu scritto da Mosè e promulgato da Esdra e da un organismo istruito, noto nella tradizione giu­ daica come la Grande Assemblea. Si è pensato che questo organismo fosse composto dallo stesso Esdra, da Neemia, dagli ultimi tre profeti (Aggeo, Zaccaria, Malachia) e da altri notabili, centoventi persone in tutto. La secon­ da sezione, i Profeti (Nebf'im), comprende i libri storici da Giosuè ai libri dei Re e i quindici libri attribuiti ad autori profetici. Questi sono conosciuti

3 Vedi i contributi al dibattito sull ' edizione dei libri profetici e sul titolo ndbi' di Auld, Carroll ed altri, in JSOT 27 ( 1 983). 4 Vedi il mio Sage, Priest, Prophet, 1 6 1 -163 .

Prole gomena: definizione dell 'oggetto di studio

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rispettivamente come Profeti Anteriori e Profeti Posteriori, una distinzione sconosciuta al giudaismo del periodo biblico. I Profeti Posteriori compren­ dono i tre lunghi rotoli di Isaia, Geremia ed Ezechiele, ed una collezione, su un rotolo separato di lunghezza equivalente, di dodici libri più brevi. L'ulte­ riore distinzione tra Profeti Maggiori e Minori è ancora posteriore, indica la lunghezza più che la relativa importanza e può essere tranquillamente igno­ rata. La terza sezione, gli Scritti (Ketubfm), comprende tutti i restanti libri della Bibbia ebraica e un numero ancora maggiore nell' antica traduzione greca, conosciuta come i Settanta (LXX) . Gli ultimi decenni sono stati testimoni di un risveglio di interesse per il canone, specialmente per il processo che ha condotto alla sua definizione finale, per il modo in cui è strutturato e per la natura delle asserzioni sottin­ tese alla formazione della tradizione negli stadi finali del suo sviluppo (Blenkinsopp, Childs, Rendtorff) . Per quanto molto sia problematico nei recenti saggi di "critica canonica", anche per l' insofferenza di alcuni che la praticano nei confronti degli approcci storico-critici ai testi biblici, essi han­ no contribuito a mostrare come il proèesso che portò a una collezione cano­ nica corrisponda ad uno sforzo cumulativo per dare figura e forma significa­ tiva ad una tradizione comune. Ma il processo formativo di tale tradizione comportò la conciliazione, o semplicemente la giustapposizione di interpre­ tazioni e punti di vista abbastanza differenti e talvolta mutuamente esclusivi. L' attenzione critica alla formazione della tradizione, dunque, ha sollevato la questione di una pluralità di interpretazioni e il bisogno di risolvere o mediare pretese autoritarie in conflitto nella sfera religiosa. Date le pretese perentorie e nettamente disgreganti avanzate dai profeti, o da altri per conto loro, la profezia era obbligata a giocare un ruolo decisivo in questo processo evolutivo. Uno degli stadi principali nella formazione di un canone della Torah fu la promulgazione di un libro della legge, presumibilmente ritrovato durante i lavori di restauro del tempio in Gerusalemme, durante il regno di Giosia (640-609 a.C., passim), come si descrive in 2 Re 22. La ricerca moderna è concorde nell' identificare questo libro con il Deuteronomio, benché forse non esattamente nella forma in cui lo abbiamo oggi. Per la prima volta; il Deuteronomio usa il termine tora nel senso di un codice comprensivo di legge ed istruzione. Si presenta come un documento pubblico ufficiale, che non deve essere manomesso (Dt 4,2; 1 2,32) e rappresenta il primo tentativo di imporre una religione di stato ufficiale, un' ortodossia. Circa due secoli più tardi, il sacerdote-scriba Esdra fu inviato in missione ufficiale a Gerusa­ lemme da Artaserse I Longimano, o da Artaserse II Mnemone, con il compi­ to di verificare che «la legge del Dio del cielo» fosse rispettata tra gli Ebrei

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nella satrapia Trans-eufratica dell ' impero persiano (Esd 7). Anche se questa legge non può essere semplicemente identificata con il nostro Pentateuco, ci offre una delle tante indicazioni che il periodo persiano fu decisivo per la formazione della tradizione legale nella sua forma scritta finale. I tentativi di imporre un' ortodossia e di far osservare una legislazione non sono, comunque, invariabilmente destinati al successo. Non dovremmo sor­ prenderei, dunque, di trovare nel periodo greco-romano una varietà di approcci differenti alla tradizione legale, per esempio nei Giubilei e nel Rotolo del Tempio. Fu, probabilmente, nello stesso periodo che il Pentateuco fu diviso in cinque libri, dal momento che la divisione viene esplicitamente attestata per la prima volta in uno scritto di Giuseppe alla fine del I secolo d.C. («Cinque sono i libri di Mosè, che comprendono le leggi e la storia tra­ dizionale dalla nascita dell' uomo fino alla morte del legislatore», Contro Apione l ,39). La frase «la Legge e i Profeti», familiare ai lettori del Nuovo Testamento, ricorre per la prima ·volta in scritti del n secolo a.C. (Prologo a Sir; 2 Mac 1 5 ,9), ma senza la distinzione tra Profeti Anteriori e Posteriori, cioè, tra i libri storici e i libri profetici propriamente detti. Scrivendo verso il 1 80 a.C., Gesù ben Sira tracciava il percorso della profezia da Giosuè, «il successore di Mosè nel profetizzare» (Sir 46, 1), a Isaia, Geremia, Ezechiele e ai Dodici Profeti, comprendendo ancora sia i libri storici che quelli profetici, senza distinzione. Così, i libri storici e i libri profetici furono sempre strettamente associati. Il consenso attuale è che i libri storici da Giosuè a 2 Re formino una storia continua, scritta secondo l' ideologia del Deuteronomio e, perciò, conosciuta, abbastanza inelegantemente , come storia deuteronomistica (Dtr) . C ' è un ampio accordo nel ritenere che questa storia sia stata composta verso la fine della monarchia e sia stata rivista ed ampliata durante il perio­ do esilico, intorno alla metà del VI secolo a.C. Benché debba aver goduto di grande autorità dal momento della sua comparsa, a causa delle sue connes­ sioni con il codice deuteronomico, essa dovette sopravvivere alla sfida di ulteriori tentativi storiografici, inclusi i due libri delle Cronache composti circa due secoli più tardi. Il testo rabbinico che si occupa dell' ordine e dell' autenticità dei libri biblici (b. B. Bat. 1 4b- 1 5a) attribuisce il libro di Giosuè a Giosuè; Giudici, Rut e Samuele a Samuele; e Re a Geremia. Così, la designazione "Profeti Anteriori" era dovuta non al contenuto, ma alla tradizione dell' autorità pro­ fetica. Anche Giuseppe (Contro Apione 1 ,37) considerava la scrittura della storia sacra come una prerogativa profetica, il che aveva il vantaggio di reclamizzare la sua carriera di storico e la sua pretesa di possedere doni pro­ fetici provvidenzialmente scoperti o attivati quando aspettava la cattura e la

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probabile esecuzione nella grotta di Jotapata5 • Oltre quattro secoli prima, l' autore delle Cronache nominò tanti veggenti e profeti tra le sue fonti da lasciare pochi dubbi che anche allora l' idea dello storico profetico fosse ben stabilita. Questa trasformazione del profeta nello storico è solo un aspetto di una graduale espansione semantica nell' uso del termine niibf', al punto che praticamente ogni figura significativa nella tradizione storica (p. es. , Abra­ mo, Mosè) potrebbe essere descritta come profetica (Barton). I Profeti Anteriori (Dtr) delineano la storia della profezia da Mosè, profe­ ta per eccellenza, a Giosuè, che ricevette una partecipazione al suo carisma (Nm 27 , 1 8-23 ; Dt 34,9), e da lui attraverso una serie di successori profetici, menzionati come «i suoi (di Dio) servi, i profeti», fino al disastro finale pre­ detto da questi servi come conseguenza per aver trascurato la legge (deute­ ronomica). Gli autori del Deuteronomio avevano una propria teoria circa la profezia, la quale determinò il ruolo che il Dtr assegnò ai profeti nella storia. In Dt 1 8 , 1 5- 1 9, il passo sul «profeta come Mosè», la profezia è in effetti ridefinita come la continuazione dell ' opera di Mosè lungo la storia; è perciò compresa in termini di esigente osservanza della legge e trasmissione dello stesso messaggio alla posterità. Questo ruolo profetico ridefinito sarà sco­ perto nel commento dello storico alla conquista di Samaria da parte degli Assiri (722 a.C.). YHWH aveva ordinato a Israele (e Giuda) per mezzo di vari profeti e veggen­ ti: convertitevi dalle vostre vie malvage e osservate i comandamenti e i decreti come si trovano in tutta la legge che io ho prescritto ai vostri padri e che vi ho mandato per mezzo dei miei servi i profeti (2 Re 1 7 , 1 3).

La visione è retrospettiva e perciò insinua che la profezia, o almeno que­ sto tipo di profezia, è considerata una realtà appartenente essenzialmente al passato. Non sorprende che molti, compreso lo storico, conservassero una tale visione negli ultimi decenni dell' indipendenza di Giuda, in considera­ zione della crisi di fiducia nella profezia attestata per quel tempo dalle fonti bibliche (vedi parti 4 e 5). Un aspetto inusuale del Dtr è che menziona parecchi profeti e di alcuni di loro parla lungamente (p. es., Samuele, Elia, Eliseo), mentre non ha pratica­ mente nulla da dire dei profeti canonici, cioè, dei profeti ai quali sono attri­ buiti dei libri. 2 Re 1 8 , 1 3-20, 1 9 contiene una narrazione per lo più leggen­ daria su Isaia nei suoi rapporti con il re Ezechia, che è stata copiata nel libro

5 J.

BLENKINSOPP, Prophecy and Priesthood in Josephus, in JJS 25 ( 1 974) 239-262.

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di Isaia (cc. 3 6-3 9 ) , ma questo Isaia è una figura del tutto differente dall' autore dei detti in Is 1-39. L' anomalo Giona è l' unico altro Profeta Posteriore citato nel Dtr. A lui è attribuito un ruolo di sostegno a Geroboa­ mo II di Israele (2 Re 14,25), mentre Amos, attivo durante lo stesso regno, è passato sotto silenzio 6 . Poiché è inverosimile che lo storico non avesse fami­ liarità con quelli che non sono nominati - Amos, Osea, Michea e gli altri sembra che l' omissione sia stata deliberata, probabilmente perché conside­ rava il loro messaggio, condannatorio com' era, non appropriato ai bisogni dei suoi contemporanei. Una spiegazione alternativa presentata per giustificare la mancata men­ zione da parte dello storico delle maggiori figure profetiche preesiliche, è che il nucleo dei Profeti Posteriori fu raccolto da aderenti alla scuola deute­ ronomistica come un supplemento alla storia, durante l ' esilio babilonese (Freedman). I deuteronomisti possono dunque aver pensato nei termini di una successione profetica da Mosè, il proto-profeta (Dt 1 8, 1 5- 1 8 ; 34, 1 0), a Geremia, ultimo dei « suoi servi, i profeti» . La vocazione di Mosè (Es 3 , 1 -4, 1 7) ha molto in comune con quella di Geremia (Ger 1 ,4- 1 9), e i qua­ ranta anni di attività profetica editorialmente assegnati a Geremia (Ger 1 ,2-3 corrisponde al periodo 627-587 a.C.) orientano alla stessa conclusione. Saremo in condizione di valutare meglio quest' ipotesi dopo il nostro studio di Geremia, nella parte quarta. Questo ci introduce alla questione di come i libri profetici siano stati rac­ colti. È ragionevole concludere che piccole collezioni di detti furono com­ poste durante la vita del profeta, dal profeta o da discepoli, come sembra sia accaduto nell ' Assiria di quel tempo. Quando questi detti giunsero all ' atten­ zione delle autorità civili o religiose dovevano essere stati ampiamente dif­ fusi. Amasia, sacerdote in carica a Betel, poté citare un detto di Amos come motivo per allontanarlo (Am 7, 1 1 ), e al suo processo per sedizione, nel 609 a.C . , Geremia fu salvato da morte quando qualcuno citò un oracolo di Michea pronunciato un secolo prima (Ger 26, 17- 1 9 ; Mi 3 , 1 2). Uno scriba fissò per iscritto i detti di Geremia nel 605 a.C., li lesse in pubblico e li riscrisse sotto dettatura quando la prima copia fu distrutta (Ger 36). In alcu-

6 2 Re 1 4,27, > in Ancient Judaism, . 41 (MAx WEBER, The Sociology of Religion 46 [trad. it. , Sociologia delle religioni, UTET, Torino 1 9882]).

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profeta come "genio religioso", e in realtà può essere stata da essa influen­ zata, poiché egli ha letto la letteratura specializzata, bisognerebbe notare che parecchi critici non sono rimasti soddisfatti di quella che considerano un' eccessiva enfasi su individualità eccezionali, nel lavoro di Weber, né dell' impressione che dà che il carisma sia essenzialmente un fenomeno socialmente marginale42 . Anche se c ' è qualche giustificazione per queste critiche, bisogna dire che Weber ammetteva una successione carismatica ed un certo grado di incarnazione del · carisma in istituzioni. Di grandissima importanza è il fatto che questa parte del suo lavoro ha offerto un contesto teorico per comprendere il conflitto di autorità nella sfera religiosa affrettato dall ' attività profeti ca. La definizione di Weber del profeta in termini di carisma, lo metteva in condizione di distinguere questa categoria di homo religiosus da altre come il sacerdote, l' indovino, il legislatore, il maestro etico, il filosofo e il misti­ co. L' ulteriore distinzione tra profezia esemplare ed etica o emissaria, la pri­ ma caratteristica dell' India e l' ultima dell ' antico Vicino Oriente, pure è utile come guida rudimentale, benché entrambi i tipi ricorrano nella storia di Israele. Altri sociologi e storici della religione hanno proposto tipologie abbastanza differenti (per es. , Van der Leeuw, Wach) . La comparazione tra le differenti forme di profezia israelita e differenti tipi di mediazione di spe­ cialisti religiosi in società tradizionali ha fatto emergere, nell ' epoca moder­ na, alcune interessanti questioni che richiedono ulteriore studio e discussio­ ne. Esse includono la natura e l'estensione del supporto sociale necessario per mediazioni di questo tipo, le circostanze (pressione sociale, crisi politi­ che, anomie) in cui determinati tipi di attività "profetica" tendono ad emer­ gere e il ruolo della società, o di un limitato segmento della società, nel pro­ cesso per cui un individuo assume la funzione di intermediario43 • Anche se è ancora troppo presto per valutare l' impatto degli studi circa il "mondo sociale" sulla nostra comprensione della profezia in generale, un aspetto in cui c ' è stato un progresso è la chiarificazione delle determinanti sociali di ciò che spesso si indica come "la coscienza profetica". Il dibattito sull ' importanza relativa dell'estasi (cioè, stati di coscienza e modelli di comportamento straordinari) nella storia della profezia israelita è stato, natu­ ralmente, ben in moto molto prima che i risultati delle ricerche antropologi-

42 Cfr. BERGER, 948-949 ; EMMETT, 1 3-23 ; D. LITTLE, Max Weber and the Comparative Study of Religious Ethics, in JRE 2 ( 1 974) 5-40; D.L. PETERSON, Max Weber and the Sociological Study of Ancient lsrael, in H.M. JoHNSON (ed.), Religious Change and Continuity, Jossey-Bass, San Franci­ sco 1 979, 1 1 7- 1 49. 43 Cfr. nota 2.

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che fossero disponibili a scopi comparativi. Era diventato quasi un assioma della ricerca veterotestamentaria che tali condizioni, mentre sono chiara­ mente attestate nel primo periodo della storia d' Israele, non sono in alcun modo caratteristiche della profezia "classica". Il fatto che, con l' eccezione di Ezechiele, questi profeti "classici" parlano poco dello spirito e dell' atti­ vità dello spirito era anche un argomento spesso citato a sostegno di questa visione. Date queste considerazioni, è ancora importante chiedersi se lo sta­ to straordinario di coscienza e il tipo di comportamento conosciuti, in man­ canza di un termine migliore, come estasi siano l' essenza della profezia, o se siano caratteristici solo di un tipo o di una fase di sviluppo. La questione ha implicazioni tanto teologiche quanto storiche, poiché include l' importan­ te aspetto della legittimazione e dell' autorità del profeta. Per quanto impreciso ed insoddisfacente, il termine "estasi" sembra inevi­ tabile. Gli antropologi tendono a restringerlo allo studio di fenomeni religio­ si, ritenendo che si tratti di una variazione della condizione fisiologica e comportamentale, conosciuta come trance. È importante notare che non è usato per descrivere i mezzi con cui un individuo ottiene, o si crede che ottenga, una comunicazione dal mondo divino o dal mondo degli spiriti. Per quest' ultimo caso, espressioni come possessione, o perdita dell ' anima, o altre correnti nelle società in cui i fenomeni sono attestati, sono ritenute più appropriate. La distinzione non è meramente formale, poiché ci mette in allarme circa la possibilità che un profeta possa sperimentare una possessio­ ne spirituale e, perciò, ricevere una comunicazione da quell' altro mondo, senza manifestare cambiamenti fisiologici o comportamentali. Eppure gene­ ralmente esiste la prospettiva, in Israele come in altre società, che un tale comportamento straordinario può indicare possessione e, conseguentemente, la garanzia di parlare ed essere ascoltati. La questione importante, poi, è se la società, o qualche segmento di es sa, accetta quest' interpretazione dei fenomeni, poiché è chiaro che l' intermediario estatico non può funzionare senza qualche grado di supporto sociale. Basta dire poco sulle varie forme che la condizione di estasi o di trance può assumere. C ' è accordo sul fatto che può manifestarsi in stati violenti e orgiastici, o letargici e catatonici, che può interessare individui o gruppi (per es., i cenobi estatici conosciuti come «i figli dei profeti»), che può verificar­ si spontaneamente, o essere indotta da tecniche appropriate (musica, percus­ sione, autolacerazione, droghe, ecc.). Benché alcune di queste manifestazio­ ni rientrino nella sfera della patologia clinica - per es., afasia, catatonia - è meno importante, per il nostro scopo, investigare la "psicologia profetica" di quanto non sia comprendere come tali condizioni erano interpretate nei con­ testi sociali in cui si presentavano.

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Anche se si deve sottolineare che lo studio delle determinanti sociali dei fenomeni estatici è ancora nella sua infanzia, si possono fare alcune osserva­ zioni provvisorie. Sembra, per esempio, che questi fenomeni siano attestati spesso tra gruppi socialmente periferici, emarginati o deprivati, che si riuni­ scono per prendere parte a riti estatici, parlare in lingue, ecc., come una spe­ cie di ribellione ritualizzata contro le strutture di potere della società. Tali pratiche hanno la funzione di far crescere l' autostima e talvolta lo status del gruppo, o almeno di renderlo visibile a coloro che sono costituiti al potere. Sembra pure esserci una correlazione tra l' incidenza di estasi di gruppo e situazioni di pressione sociale o politica, per es., l ' invasione o l' occupazione da parte di una potenza straniera. Perciò non è sorprendente che tanta parte dell' attività profetica sia attestata in Israele durante le guerre con i Filistei nei secoli XI e x, durante la guerra a intermittenza con Damasco nel IX seco­ lo, e durante i periodi più critici dell ' egemonia assira e babilonese dall' viii al VI secolo. L' estasi, quindi, è caratteristica di gruppi periferici, servendo a promuo­ vere i loro interessi e il loro status nella società a cui appartengono. Può anche servire, in tali gruppi, a legittimare il comando. Eliseo, per esempio, dovette convalidare la sua posizione come successore di Elia di fronte a tali gruppi con azioni di potenza simili a quelle del suo maestro. Il suo primo atto, quindi, fu quello di dividere le acque del Giordano usando il mantello di Elia (2 Re 2, 1 3- 14; cfr. v. 9). Meno frequentemente, può anche servire a rinforzare l' autorità di capi politici o religiosi espressione del potere centra­ le, come ha mostrato Weber. Più comunemente, comunque, la leadership religiosa, una volta stabilitasi saldamente, scoraggia i fenomeni estatici come potenziale fonte di destabilizzazione sociale e di eterodossia. Come indica I.M. Lewis: Più l' autorità religiosa diventa saldamente fondata e trincerata, più è ostile all ' ispirazione casuale. Nuove fedi possono annunciare il loro avvento con una fioritura di rivelazioni estatiche, ma una volta che siano saldamente stabi­ lite mostrano poca attenzione o tolleranza per l' entusiasmo. Infatti, l ' entusia­ sta religioso, con la sua pretesa alla diretta conoscenza divina, è sempre una minaccia per l' ordine costituito44 .

Dovremmo, probabilmente, riconoscere che questa tendenza è stata ampiamente illustrata nella storia del cristianesimo e, in misura minore, in quella del giudaismo. 44 I.M. LEWIS, Ecstatic Religion, 29.

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La stretta affinità tra fenomeni estatici e credenze millenariste ha suggeri­ to ad alcuni studiosi, in anni recenti, che i risultati della ricerca sui culti mil­ lenaristi (per es., i culti melanesiani del carico della merce e la cosiddetta "danza degli spiriti" degli Indiani delle pianure) possono avere un rapporto con la nostra comprensione della profezia israelitica45 • Questo, a sua volta, mette in gioco la lunga ed affascinante sequenza di movimenti millenaristi lungo la storia ebraica e cristiana46 • Tali confronti, tuttavia, possono essere molto fuorvianti. Al livello più ovvio, c ' è una differenza abissale tra il modo in cui queste credenze si sono formate e si sono conservate nelle società "primitive" e il contesto sociale della profezia israelita e della prima apoca­ littica ebraica. Bisogna anche tenere a mente che i movimenti millenaristi lungo la storia del cristianesimo (per es., Anabattisti, Milleriti [n. d. t. : segua­ ci del predicatore americano W. Miller, t 1 849]) e del giudaismo (per es., Sabbatismo) sono essi stessi profondamente indebitati con la profezia bibli­ ca e con l' apocalittica. La comparazione è forse molto più appropriata in connessione con il nascere di sette apocalittiche durante il periodo del secondo Tempio. In queste, per esempio, come in parecchi dei culti docu­ mentati dagli antropologi, vediamo una ridefinizione e una ristrutturazione del processo redentivo da parte di gruppi che non dispongono di potere nella società a cui appartengono. Si devono pure menzionare i tentativi di elaborare le implicazioni della profezia incompiuta, con riferimento alla teoria della dissonanza cognitiva, un termine introdotto nella psicologia sociale un quarto di secolo fa. La dissonanza cognitiva si occupa degli stratagemmi grazie ai quali un indivi­ duo o un gruppo tenta di ridurre la contraddizione creata dalla sconfessione di credenze e di convinzioni ben stabilite. La sua applicazione alla predizio­ ne incompiuta è ovvia. La profezia predittiva, specialmente del tipo a breve termine, è sempre un affare rischioso, poiché è soggetta a falsificazione (cfr. Dt 1 8,2 1-22, che afferma questo come un criterio per distinguere la falsa profezia dalla vera) . Si è notato che l' effetto della sconfessione non è, come si potrebbe aspettare, il collasso del sistema di fede che dava origine alla predizione, ma spiegazioni, talvolta molto ingegnose, del non compimento, riformulazione del l ' evento predetto e una più intensa c ampagna per persuadere se stessi e gli altri della verità della predizione originale (Festin-

45 In aggiunta a R.P. CARROL - R.R. WILSON, cfr. T.W. OvERHOLT, The Ghost Dance of 1890 and the Nature of the Prophetic Process, in Ethnohistory 21 ( 1 974) 37-63. 46 NORMAN COHN, The Pursuit of the Millennium, Oxford University Press, New York 1 9702 [ 1 957] ; Cosmos, Chaos and the World to Come: The Ancient Roots of Apocalyptic Faith, Ya1e University Press, New Haven/Conn. 1993.

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Capitolo primo

ger, Carroll). Anche a questo riguardo, la teoria sembrerebbe applicarsi più appropriatamente all' apocalittica ebraica e alla prima apocalittica cristiana che non alla profezia correttamente intesa. Nonostante il criterio di falsifica­ zione del Deuteronomio, sembra che una predizione incompiuta (per es. , Am 7, 1 1 ; Mi 3 , 1 2 ) non sfociasse necessariamente nella perdita delle credenziali profetiche né conducesse alle razionalizzazioni e agli altri effetti postulati dalla teoria. E, cosa più importante, predire eventi futuri non costituì uno dei maggiori interessi dei profeti canonici. Va da sé che si deve anche spiegare l' insegnamento etico dei profeti con riferimento agli specifici contesti sociali in cui il messaggio fu dapprincipio proclamato e udito. Tenteremo di far questo, tracciando la storia della profe­ zia israelita nei capitoli che seguono.

Capitolo secondo

DALLE ORIGINI AD AMOS

5. La profezia del Vicino Oriente e il problema delle origini

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Capitolo secondo

Mari and the Bible, in SVT 1 5 ( 1 966) 207-227 ; Mari, in BA 34 ( 1 97 1 ) 2-22; Mari and the Early lsraelite Experience, Oxford University Press, Oxford 1 989; New Light from Mari (ARM 26) on Biblica! Prophecy, in D. GARRONE - F. ISRAEL (edd.), Storia e Tradizione di Israele: Scritti in onore di J. Alberto Soggin, Paideia, Brescia 1 99 1 , 1 86- 1 90; W.L. MoRAN, New Evidence from Mari on the History of Prophecy, in Bib 50 ( 1 969) 1 5-56; S . B . PARKER, Official Attitudes towards Prophecy at Mari and in lsrael, in VT 43 ( 1 993) 50-68 ; J.R. PORTER, The Origins of Prophecy in lsrael, in R. COGGINS (ed.), lsrael 's Prophetic Tradition, 1 2-3 1 ; H . RINGGREN, Prophecy in the Ancient Near East, in R. COGGINS (ed.), lsrael 's Prophetic Tradi­ tion, 1 - 1 1 ; J.F. Ross , Prophecy in Hamath, lsrael and Mari, in HTR 63 ( 1 970) 1 2 8 ; N . SHUPAK, Egyptian 'Prophetic ' Writings and Biblica/ Wisdom Literature, in BN 54 ( 1 990) 8 1 - 1 02; I. STARR, Queries to the Sun God: Divination and Politics in Sargonid Assyria, Helsinki University Press, Helsinki 1990; M. WEIPPERT, Assyri­ sche Prophetien der Zeit Asarhaddons und Assurbanipals, in F.M. FALES (ed.), Assyrian Royal lnscriptions: New Horizons, Biblica} Institute Press, Roma 1 98 1 , 7 1 - 1 1 3 ; R.R. WILSON, Early lsraelite Prophecy, in Int 3 2 ( 1 978) 3- 1 6.

La stessa Bibbia ebraica attesta che la profezia non era confinata in Israe­ le. Geremia (27, 1 - 1 5) si riferisce a profeti e ad altri specialisti religiosi nei paesi vicini di Edom, Moab, Ammon e nelle città fenice, i quali, come i loro equivalenti in Israele, ma diversamente dallo stesso Geremia, sostenevano progetti per una ribellione contro Nabucodonosor, nel 594 a.C. Questo fatto pone interessanti questioni. La profezia israelita era una delle tante più o meno simili varietà nazionali di un fenomeno presente in quell' area? Se fos­ se sopravvissuto un corpo di testi religiosi, per dire, da Edom, in tutto para­ gonabile a quello che abbiamo da Israele, in che cosa l' uno sarebbe stato di verso dall' altro? Quali fattori hanno dettato la direzione particolare in cui si è sviluppata la profezia in Israele? Sfortunatamente, da questi paesi vicini non abbiamo praticamente alcun dato che potrebbe metterei in condizione di rispondere a queste domande. Possiamo congetturare che gli ordini dati dal dio Chemosh al re moabita Mesha di attaccare le città israelite, riportati sulla stele di Moab, provenisse­ ro da profeti estatici in servizio a corte o nel culto. Questo, comunque, non è affermato esplicitamente e ci sono altre possibilità 1 • Da un campo abbastan­ za più lontano, la città-stato di Hamat del Nord della Siria abbiamo un' iscri­ zione fatta fare da Zakir, il suo re, che data dall ' viii secolo e, dunque, non è 1 Per il testo della stele di Mesha e un breve commentario, cfr. J.C.L. GrBSON, Textbook of Syrian Semitic lnscriptions, I. Hebrew and Moabite Inscriptions, 7 1 -83; C.A.D. SMELIK, Writings from Ancient Israel, 29-50.

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molto distante dal tempo di Amos. Essa dice come, durante l' assedio di una città dipendente, Zakir pregava il B aal locale e riceveva assicurazione di assistenza divina mediante veggenti ed altri individui ispirati. Il messaggio è formulato nella prima persona divina, come sono quelli dei profeti israeliti, ed è un messaggio di assicurazione: «Non temere, poiché Io ti ho costituito re e starò accanto a te e ti libererò» 2 • Ancora in Siria, ma circa un millennio prima, un funzionario del culto del santuario del dio Adad, in o presso Alep­ po, aveva un messaggio divino per Zimrilim, ultimo re di Mari, che conte­ neva una promessa condizionata ed una minaccia per alcuni aspetti parago­ nabili all ' oracolo dinastico di Natan (2 Sam 7) 3 • Le leggende di Elia ed Eliseo, che saranno discusse più avanti in questo capitolo, attestano l ' importazione della profezia estatica dalle città fenice nel Regno del Nord, come conseguenza del matrimonio di Acab con Geza­ bele (l Re 1 8, 1 9.26-29; 2 Re 10, 1 9). C ' era probabilmente poco per distin­ guere i quattrocentocinquanta profeti del Baal fenicio sul monte Carmelo, i quali eseguirono la loro danza saltellante, si ferirono con coltelli e gridarono estaticamente al loro dio, dai "figli dei profeti" associati a Samuele, Elia ed Eliseo. Circa due secoli e mezzo prima un testo egiziano racconta la storia di un funzionario del tempio, di nome Wen-Amon, che visitò Biblos per acquistare legname e fu ricevuto male dal principe di quella città. Proprio quando sembrava che dovesse tornare a mani vuote, un giovane, presumibil­ mente a corte, cadde in trance durante dei riti sacrificali e rivelò al gover­ nante della città che il visitatore era stato mandato dal dio Amon (ANET,

26). La situazione è abbastanza differente in Egitto, specialmente a causa della supremazia delle classi sacerdotale e scribale e per la colta tradizione di cui essi erano i custodi. La discussione ha teso a convergere su di una narrazio­ ne stabilizzata durante l' Antico Regno, al tempo in cui venivano costruite le piramidi. Un esperto oratore, un tale Neferti, sacerdote-scriba della dea Bastet, è introdotto alla presenza del Faraone Snefru, della quarta dinastia, e pronuncia una profezia su una situazione di caos sociale e politico a venire che sarà portata a termine da un re che verrà dal Sud, distruggerà i nemici dell ' Egitto e restaurerà giustizia e ordine nel paese (ANET, 444-446). La predizione di un disastro seguito da un' era di benessere inaugurata da un re 2 ANET, 501 -502; F. ROSENTHAL (ed.), An Aramaic Handbook, vol. l , n. l (Otto Harrassowitz, Wiesbaden 1 967) 1-2 (testo originale). 3 Cfr. A. MALAMAT, A Mari Prophecy and Nathan 's Dynastic Oracle, in J.A. EMERTON (ed.), Prophecy: Essays Presented to Georg Fohrer on His Sixty-fifth Birthday, Walter de Gruyter, Ber­ lin 1 980. 68-82.

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richiama senza dubbio alla mente certe profezie "messianiche" contenute nella Bibbia ebraica. La "profezia di Neferti" è, tuttavia, un vaticinium ex eventu dal momento che data dal regno di Amen-em-het, primo governante della dodicesima dinastia (circa 1 990- 1 785 a. C.), che pose fine al caos poli­ tico e sociale del Primo Periodo Intermedio ed è «il re che viene dal Sud» a cui allude la "profezia". Più importante ai nostri fini è il fatto che l' autore della predizione non è estatico né carismatico, ma è introdotto nella narrazione come uno scriba e un retore. Con quella competenza, egli può ben aver attinto ad una tradizio­ ne letteraria efficacemente stabilita che parlava di una futura età dell' oro. Più tardi, nel periodo Tolemaico, la Cronaca Demotica e il cosiddetto Ora­ colo di Potter predicono la distruzione di governanti stranieri, l' avvento di un te- salvatore e l ' inaugurazione di una nuova età di benessere4 • Ma è discretamente chiaro che quali che siano i legami storici individuabili tra profezia israelita e tipi di mediazione presenti nei grandi centri urbani del Vicino Oriente, questi vanno cercati con Siria e Mesopotamia, piuttosto che con l' Egitto. D' altra parte, è del tutto possibile, e anche probabile, che l' insegnamento etico contenuto nelle ammonizioni e nelle istruzioni egizia­ ne, di cui molte sono sopravvissute, abbia influenzato la protesta profetica contro l' ingiustizia sociale durante i periodi assiro e babilonese5 • Anche tra gli Hittiti, in Asia Minore, il sacerdozio statale esercitava il controllo sulle varie forme di divinazione ed interpretazione dei sogni, per mezzo dei quali venivano ricevuti messaggi dagli dei. Un testo, tuttavia - la preghiera di Mursilis II per la piaga, del XIV secolo a.C. - ingiunge il ricorso ad un estatico "uomo di dio", in aggiunta agli auspici, ai sogni e all ' incuba­ zione, per scoprire la causa di una piaga che stava devastando il regno (ANET, 394-396). In questo ambito, come in altri, gli Hittiti dipendevano dalle tradizioni e dalle pratiche religiose della Mesopotamia, dove l' estasi era stata sempre una forma riconosciuta di possessione e di comunicazione con gli dei . Se, come sembra probabile, la patria di B alaam era in Alta Mesopotamia (Nm 22,5 ; 23,7), avremmo nella stessa Bibbia ebraica un esempio del veggente estatico mesopotamico. Infatti, benché il ciclo di Balaam (Nm 22-24) sia stato costruito per servire alla propaganda politica e religiosa, durante il periodo della prima monarchia, si possono ancora

4 1 85.

Discusso da M. HENGEL, Judaism and Hellenism, Fortress Press, Philadelphia 1 974, I, 1 84-

5 Questo suggerimento di Herrmann richiede un' approfondita comparazione tra l' insegnamento sociale dei saggi di Israele, con il suo innegabile contatto con la sapienza egiziana (per es., Pr 22, 1 4-24,22), e la richiesta profetica di giustizia sociale.

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discernere i lineamenti del veggente estatico, «rapito in estasi e con gli occhi svelati». I più interessanti ed impressionanti paralleli con alcune forme di profezia israelitica sono venuti alla luce tra gli archivi reali del regno Amorrita di Mari, in Alta Mesopotamia (Tell Hariri, .proprio internamente al confine del­ la Siria con l' Iraq) . Si tratta di lettere che riportano comunicazioni di diverse divinità (Dagan, Adad, le dee Annutinum e Diritum) a Zimrilim, ultimo re della città ( 1 730- 1 697 a.C. circa) (ANET, 623-632). In alcuni casi, l' inter­ mediario, maschio o femmina, sembra essere un privato, senza il carico di un ufficio. In altri , il messaggio era consegnato mediante un estatico (mu !JlJ um, fem. mu �!J utum), o un datore di oracoli (apilum, aplum, fem. apiltum), impiegato in un tempio, specialmente quello di Dagan, divinità principale dell ' area, nella città di Terqa, presso Mari. In questi casi, il mes­ saggio era comunicato nel tempio ed era spesso accompagnato da riti sacri­ ficali. Uno dei testi parla di uno specialista oracolare che custodiva una ten­ da-santuario, qualcosa che richiama alla mente Giosuè nella tenda dell' ora­ colo, nel deserto 6 • Non è sempre chiaro se un messaggio particolare fosse sollecitato (per es. , con l' incubazione) o arrivasse spontaneamente e senza preavviso. Parecchie comunicazioni erano ricevute in sogno, una forma di rivelazio­ ne non inequivocabilmente approvata nella Bibbia ebraica. Dubbi sull' origi­ ne divina di tali comunicazioni potevano essere messi da parte quando il sogno si ripeteva il giorno seguente o dopo un lungo periodo di tempo. Altre comunicazioni arrivavano in visioni, altre ancora in uno stato di trance, sen­ za dubbio indotto da tecniche appropriate da estatici del tempio. Ci sono indicazioni che a Mari, come altrove, questi ultimi erano sotto la giurisdi­ zione del sacerdozio del tempio (cfr. Ger 29,26-27). Le lettere mostrano un evidente interesse ad autenticare il messaggio, specialmente cercando una conferma indipendente, per es. , la consultazione degli auspici. L'identità del mediatore spesso richiedeva un' autenticazione, spedendo una ciocca di capelli e una frangia di un vestito al ricevente. Poiché i messaggi sono generalmente parte di rapporti di pubblici ufficia­ li al palazzo, le effettive parole di mandato da parte del dio non sono sempre riferite. Possiamo, ciò nonostante, trovare formule simili a quelle utilizzate dai profeti israeliti, per es., «Dagan mi ha mandato», «Così parla Annuti­ num». Meno frequentemente , le parole del dio sono riferite in discorso diretto, come nel mandato di un certo Malik-Dagan da parte del dio Dagan :

6 ANET, 625, e la nota relativa a ma!kanum; cfr. l'ebraico miSkiin , "tenda-santuario".

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«Ora va' , io ti mando. Così parlerai a Zimrilim, dicendo: 'Mandami i tuoi messaggeri ed esponi tutto quello che hai da dire davanti a me . . . ' » . Le lette­ re, tuttavia, non chiariscono il processo mediante il quale un uomo o una donna venivano accettati e riconosciuti come un intermediaro . Più importante della forma è, naturalmente, il contenuto dé�mess �ggi consegnati al re. La maggior parte di essi trattano di affari militari - avverti­ menti riguardo una rivolta e la possibilità di un assassinio, ingiunzioni con­ tro la possibilità di intraprendere certe spedizioni o di entrare in certe allean­ ze. In alcuni casi, gli avvertimenti - per es ., circa la fortificazione di una porta o la non ricostruzione di una casa - sono accompagnati da minacce di spiacevoli conseguenze. Altri trattano materie cultuali, come l ' osservanza di riti sacrificali per i morti o la costruzione di un tempio ad una divinità che sente di essere stata trascurata dal re. Ci sono lamenti più o meno espliciti come, per esempio, quando la dea Annutinum si rivolge al re: «0 Zimrilim, anche se tu da parte tua mi hai respinto, io da parte mia ti abbraccerò» (ANET, 630). Il dio Adad di Aleppo, dove Zimrilim aveva trovato rifugio prima di tornare a ristabilire il regno di suo padre in Mari, gli dette un ora­ colo dinastico non dissimile da quello di Natan a Davide (2 Sam 7): Non sono io Adad il signore di Kallassu che l ' ho sollevato tra le mie cosce e l ' ho ristabilito sul trono della casa di suo padre? Dopo averlo ristabilito sul trono della casa di suo padre, gli ho dato ancora un luogo dove abitare. Ora, poiché io l'ho ristabilito sul trono della casa di suo padre, dovrò ricevere da lui una proprietà ereditaria [per un tempio] . Se egli non la darà, io sono il padrone del trono, del territorio e della città, e ciò che ho dato toglierò. Se, invece, soddisferà la mia richiesta, io gli darò trono su trono, casa su casa, ter­ ritorio su territorio, città su città; anche la terra da Est ad Ovest gli darò (ANET, 625).

In generale, tuttavia, i messaggi sono di sostegno al re e ai suoi obiettivi politici e militari. Si dovrebbe notare che due, forse tre, di essi sono diretti contro Hammurabi il re babilonese e i suoi alleati, predicendo la loro disfat­ ta per mano di Zimrilim. Poiché fu Hammurabi a conquistare e distruggere Mari, segnando così la fine del regno di Zimrilim, abbiamo una situazione notevolmente simile a quella degli ultimi giorni di Giuda, più di un millen­ nio dopo, quando profeti di salvezza come Anania predicevano la disfatta di Nabucodonosor, re della stessa città (per es. , Ger 28,2-4). Ci sono sufficienti indicazioni, provenienti da altri siti in Siria e Mesopo­ tamia, per suggerire che, a questo riguardo, la situazione a Mari era abba­ stanza tipica dell ' intera area. E anche se non siamo in condizione di traccia­ re la storia della "profezia" mesopotamica, il personale, le pratiche e i tipi di

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oracolo sembrano rimanere abbastanza costanti per un periodo di tempo molto lungo. Dal periodo della supremazia assira, nei secoli VIII e vn a.C. il periodo d' oro dell ' attività profetica in Israele - abbiamo collezioni di ora­ coli consegnati da "proclamatori" e "rivelatori" nel nome del dio nazionale Assur, a Ninive, della dea Ishtar, nel suo tempio di Arbela, e di altre divi­ nità. Anche qui, le persone ispirate, uomini e donne, danno direttive su que­ stioni politiche e militari - per es. , la scoperta di traditori -, assicurano il re del successo nelle sue imprese e si abbandonano, occasionalmente, a miti rimproveri. Da una collezione di oracoli indirizzati o riferiti ad Assarhadon (680-669 a. C.) è pure evidente che tali oracoli furono messi in iscritto poco tempo dopo essere stati pronunciati oralmente e organizzati in collezioni, tenendo conto della divinità da cui avevano avuto origine o del "profeta" che li aveva pronunciati (ANET, 449-450). Abbiamo, dunque, un processo paragonabile, per alcuni aspetti, alla compilazione di libri profetici in Israe­ le, in quel tempo e successivamente. Anche l' Assiria ebbe i suoi "falsi" profeti, cioè persone ispirate che pro­ nunciavano oracoli contro il sovrano e la sua corte. Sennacherib (705-68 1 a.C.) ricevette una lettera che riportava parola per parola un oracolo di una schiava della regione di Harran : «Questa è la parola di [del dio] . Nusku: 'Il potere regale è per Sasi ! Io distruggerò il nome e il seme di Sennacherib ! ' »7• (In realtà, Sennacherib morì per mano di un assassino). Poiché questi oraco­ li potrebbero essere stati distrutti, come il re Joiakim distrusse il rotolo di Geremia (Ger 36,20-26), o almeno non conservati negli archivi, non possia­ mo dire quanto possa essere stata diffusa in terra di Assiria l' opposizione profetica8 • Il materiale che abbiamo brevemente esaminato non ci consente di risol­ vere il problema delle origini della profezia israelitica. Al massimo, ci aiuta a pori o in modo più soddisfacente e a proporre un' ipotesi di lavoro che può essere verificata procedendo nel nostro studio. Sarà evidente, per comincia­ re, che un' origine cananea, come è proposta da Hi:ilscher, Jepsen ed altri, è troppo semplicistica. Inutile dirlo, non sappiamo nulla circa tali fenomeni prima dell ' insediamento israelitico e non scorgiamo alcuna indicazione di un ' influenza cananeo-fenicia prima della dinastia di Omri, nel IX secolo a.C. Il presente stato della nostra conoscenza, o piuttosto della nostra ignoranza,

7 Sono debitore di questa citazione ad uno scritto presentato dal Dr. Martti Nissinen al Quindi­ cesimo Congresso della Intemational Society for the Old Testament Study, luglio 1 955, con il tito­ lo References to Prophecy in Neo-Assyrian Sources. 8 Sulla profezia neo-assira, vedi de Jong Ellis e Weippert (bibliografia); anche H.B. HUFFMON, Ancient Near Eastern Prophecy, in ABD 5:477-482.

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circa le origini di Israele esclude pure le coordinate di una profezia sedenta­ ria in contrasto con una nomadica, come una volta si proponeva con sicurez­ za9 . Max Weber, sospettiamo, coglieva meglio nel segno parlando dei primi tipi di profezia, specialmente del tipo comunitario, come prodotto di crisi sociale e militare 10 • Se è così, i più antichi nebf'fm sarebbero ideologicamen­ te e fenomenologicamente abbastanza vicini ad elementi estremisti come i Nazirei e i Recabiti, con il loro fanatico attaccamento alla guerra sotto la bandiera di YHWH. È stato detto abbastanza sui resoconti di Mari che trattano di intermediari estatici, per indicare ciò che deve essere stato un modello stereotipo nei cen­ tri urbani della Mesopotamia del Nord e della Siria, con cui Israele ha avuto stretti legami fin dai primi giorni. Questi intermediari erano generalmente, ma non invariabilmente, associati a santuari dove pronunciavano oracoli accompagnati da riti sacrificati. Le loro rivelazioni erano generalmente, ma non invariabilmente, sostenitrici del governante e delle sue imprese politi­ che e militari. Una delle loro principali funzioni era quella di favorire queste imprese, pronunciando la maledizione sui nemici stranieri. Nonostante i set­ te secoli che separano il regno di Zimrilim da quello di Davide, non sembra esserci ragione per negare che Israele avesse familiarità con lo stesso modello. Le domande importanti, comunque, non hanno a che fare con le origini ma con lo sviluppo e specialmente con l ' emergere del tipo di profe­ zia rappresentato da Amos, Isaia, Geremia e gli altri profeti canonici. Non bisogna trascurare che una riflessione sulle origini della profezia è sorta, nel corso del tempo, ali' interno stesso di Israele. Secondo un punto di vista, la profezia era la risposta di Dio alla richiesta di una mediazione fatta dal popolo al Monte Sinai (Dt 1 8 , 1 5- 1 8 ; cfr. Es 20, 1 8-20). Il «profeta come Mosè», di cui parla questo testo molto citato, arrivò ad essere interpretato in termini escatologici come una figura individuale, ma generalmente , e correttamente, viene compreso come un riferimento alla successione profeti­ ca nel suo complesso 1 1 • Esso presuppone che la profezia abbia avuto origine con Mosè, e sia paradigmaticamente incarnata in lui, e che la sua funzione, nel corso della storia, sia di essere al servizio dell' alleanza. Un altro passo (Nm 1 1 , 10-30) tratta della creazione, durante la peregrina-

9 Cfr. LINDBLOM, Prophecy in Ancient lsrael, 8-12 e G. FOHRER, History of lsraelite Religion, Abingdon Press, Nashville 1 972, 223-229 [trad. it., Storia della religione israelitica, Paideia, Bre­ scia 1 985, 255-26 1 ] che fa una netta distinzione tra veggenza nomadica e profezia estatica. 10 M. WEBER, Ancient Judaism, 90- 1 1 7 . 11 H.M. BARSTAD, The Understanding of the Prophets in Deuteronomy, in SJOT 8.2 ( 1 994) 23625 1 identifica il "profeta come Mosè" con Giosuè.

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zione nel deserto, di un nuovo ufficio, il cui scopo era di assistere Mosè nel governo del popolo. Gli fu indicato di scegliere settanta persone tra gli anziani e i capi della comunità e di presentarli alla tenda del convegno. Quando lo fece, YHWH scese nella nube, prese parte dello spirito che era su Mosè e lo pose sui settanta, con il risultato che essi «agirono come profeti» per quella volta soltanto (Nm 1 1 ,25) 12 • Due di loro, tuttavia, non furono pre­ senti alla tenda eppure manifestarono gli stessi sintomi. Giosuè obiettò a tale proposito, ma Mosè rifiutò di impedirli, con le parole: «Fossero tutti profeti nel popolo di YHWH; volesse YHWH dare loro il suo spirito ! » . Questa è una delle tante tradizioni riguardanti il periodo del deserto, che trattano differenti aspetti della vita istituzionale di Israele e che sono state sottoposte ad un lavoro editoriale piuttosto consistente. Così com' è, non può essere interpretato semplicemente come legittimazione del "presbitera­ to" israelita, dal momento che la narrazione ritiene che quest' ufficio già esistesse. Sembra proprio intenzionata a legittimare la profezia estatica facendola derivare dallo spirito di Mosè, che è indiscutibilmente di origine divina. In tal caso, i due - Eldad e Medad - che non furono "ordinati" e che pure profetizzarono rappresenterebbero naturalmente quei profeti che sta­ vano fuori del quadro istituzionale, che di fatto coincideva con il culto . Ricordiamo, una volta ancora, che i profeti canonici costituirono, in ogni punto della storia, solo una piccola ed anomala minoranza tra i profeti di Israele. Una tradizione abbastanza differente insinua che la chiamata di Samuele a Silo (l Sam 3 , 1 -4, 1) segnò l' inizio, o almeno un nuovo inizio, dell ' attività profetica. Prima di allora rivelazioni e visioni erano rare, ma la situazione cambiò notevolmente dopo la chiamata di Samuele (l Sam 3, 1 .2 1 ; 4, 1). A questo punto siamo su un terreno storico più solido, poiché la profezia ven­ ne sempre intimamente associata alla monarchia, a partire da Saul, della cui rovina, secondo la tradizione, una delle principali ragioni fu la perdita del sostegno profetico. È anche ben attestato che tempi di crisi politica, come quello che si verificava allora a causa della guerra contro i Filistei, facevano emergere il tipo di attività profetica di cui stiamo parlando. Vedremo, proce­ dendo, che durante l "'età eroica" di Israele e durante la prima monarchia, la profezia era intimamente associata alla guerra. Conseguentemente, quali che fossero i suoi legami con la cultura indigena e i culti di Canaan, la profezia israelita nelle sue prime manifestazioni aveva un carattere proprio, determi-

12 L' ultima frase, wezo ' ydsdpu, può essere intesa come il riconoscimento che gli anziani, suc­ cessivamente, non erano noti per il loro agire estatico.

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nato dalla situazione unica - la battaglia per la sopravvivenza e l' emergere della monarchia - in cui Israele era allora impegnato.

6. I profeti di guerra e i profeti "primitivi" nel periodo delle origini

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Abbiamo notato, all 'inizio, che la profezia è generalmente definita con riferimento ai Profeti posteriori. Variamente descritto come profezia "cano­ nica" , "scritta" o "classica" - termini nessuno dei quali è completamente

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soddisfacente - questo materiale corrisponde ad una fase nello sviluppo sto­ rico della profezia, a partire dalla grande espansione assira nell ' viii secolo. I più antichi di questi profeti - Amos ed Osea nel regno del Nord e Michea e Isaia nel regno del Sud - rappresentano un punto critico nella storia della profezia e nella storia di Israele in generale; tanto che siamo inclini a sotto­ stimare le linee di continuità con il passato che sono essenziali per compren­ dere il significato di questa epoca assiale per l' attività profetica 13 • È stato anche notato che questi profeti "classici" sono consapevoli di una tradizione profetica già ben stabilita e si riferiscono esplicitamente a prede­ cessori profetici. Il confronto tra Amos e Amasia (Am 7, l 0- 1 7) mostra, per esempio, che nebf'fm erano impiegati in santuari statali sotto la giurisdizione regale esercitata mediante il sacerdozio. Un altro passo (Am 2, 1 1 - 1 2) parla di profeti e nazirei che incontrano opposizione anche prima del tempo della monarchia14 • I supporti che uniscono profeti e nazirei - un ordine sul tipo dei Dervisci, dedicato alla difesa militante ed alla propagazione del culto di YHWH - pure accentua la connessione tra profezia e guerra, che è stata di importanza decisiva nel periodo primitivo. Il coinvolgimento di gruppi pro­ fetici e di singoli profeti nella vita politica del paese comportava inevitabil­ mente opposizione. La profezia è stata, in ogni caso, un fenomeno ambiguo fin dalla sua prima apparizione. Il comportamento fuori dell ' ordinario dei profeti estatici poteva sempre essere interpretato come malattia o pazzia (per es., 2 Re 9 , 1 1 ; Os 9 , 7 ; Ger 29,26), a cui dovrebbero essere aggiunte accuse di venalità (per es. , Mi 3,5- 1 2) e di portare il popolo fuori strada (per es ., Os 4,5 ; 9,7-9). Eppure, nonostante queste ambiguità, Amos, Osea e i loro suc­ cessori facevano appello ad una tradizione profetica con cui si potevano identificare, una tradizione che Osea non esita a far risalire fino allo stesso Mosè (Os 1 2, 1 3). La nostra conoscenza della profezia durante il primo periodo dipende principalmente dalla storia deuteronomista (da Giosuè fino a Re), con mino­ ri contributi provenienti dal Pentateuco e dalla storia del Cronista. In consi­ derazione degli scopi teologici che hanno determinato la selezione e la pre­ sentazione di eventi in questi scritti, i nostri dati saranno inevitabilmente 13 Sul concetto di epoca assiale - proprio di Karl Jasper - nel primo millennio a.C., cfr. S .N. EISENSTADT (ed.), The Origins and Diversity of Axial Age Civilizations, State University of New York Press, Albany 1 986, specialmente la II parte su Israele. 14 Il passo in questione (Am 2, 1 1 - 1 2) è talvolta considerato un' inserzione posteriore, forse pro­ veniente da una fonte deuteronomista, ma gli argomenti non sembrano essere decisivi; vedi W. SCHMIDT, Die deuteronomistische Redaktion des Amosbuches, in Z4 W 77 ( 1 965) 178- 1 83 ; H.W. WOLFF, Joel, Amos, Neukirchener Verlag, Neukirchen-V1uyn 1 967, 1 37- 1 3 8; 204-207 ( Joel and Amos, Fortress Press, Philadelphia 1 977, 1 70- 1 7 1 ). =

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irregolari e incompleti. Abramo è descritto come un profeta in un passo generalmente attribuito alla fonte Elohista (E) del Pentateuco (Gen 20,7). Mentre questa notizia riflette l' importanza della preghiera intercessoria come un' attività profetica caratteristica - a cui possiamo aggiungere la pero­ razione di Abramo per la condannata città di Sodoma (Gen 1 8,22-33) -, non può essere usata come prova dell ' esistenza di un certo tipo di profezia durante il tempo dei patriarchi. Tutto quello che ci dice è che la fonte Elohi­ sta, per quanto possiamo ricostruirla, sembra essere stata profondamente influenzata dal movimento profeti co. L' attribuzione di oracoli a padri fonda­ tori come Giacobbe (Gen 49) e Mosè (Dt 33) deve essere compresa lungo le stesse linee, benché i singoli detti tribali siano indubbiamente antichi. Osea sembra essere stato il primo a descrivere Mosè come un profeta: Per mezzo di un profeta YHWH fece uscire Israele dall' Egitto, e per mezzo di un profeta lo custodì (Os 1 2, 1 3).

Questa caratterizzazione è stata accolta e sviluppata dalla scuola deutero­ nomista (Dt 1 8, 1 5- 1 8 ; 34, 1 0). Ma il Deuteronomio e la storia deuteronomi­ sta sono interessati a presentare la profezia secondo la propria comprensione della storia di Israele e delle sue istituzioni. Questo li ha portati ad accentua­ re il carattere "mosaico" della profezia, nel senso che la profezia era intesa come ciò che poteva rendere disponibile lungo la storia una mediazione paragonabile a quella di Mosè. Alla fine, l' intero Pentateuco venne attribui­ to a Mosè come una specie di legato profetico, affidato ad Israele subito pri­ ma della sua morte 15 • A quel punto Mosè emerse come il profeta, in un modo simile a quello in cui il termine è applicato a Maometto nell' Islam. Se avessimo la pos sibilità di dipanare tutte le tradizioni concernenti Mosè, risalendo i differenti fili fino alle loro origini, potremmo ben trovare che questa visione di Mosè è storicamente ben fondata. Kaufmann e Buber, in particolare, hanno sostenuto che, insieme con Miriam ed Aronne, Mosè apparteneva ad una famiglia di veggenti paragonabile ai kiihin arabi 16 • Le più antiche tradizioni riguardanti la tenda del convegno ( 'ohel mo 'écl) o ten­ da dell' oracolo, fissata fuori dell' accampamento nel deserto, sarebbero cer15 La data all' inizio ( 1 ,3) e il racconto della morte di Mosè alla fine (34, 1 .7-9) del Deuterono­ mio, entrambi attribuiti a P, riflettono il processo mediante il quale questo libro fu incorporato nel­ la narrazione degli eventi fondanti edita da P. 16 Y. KAUFMANN, The Religion of lsraelfrom lts Beginnings to the Babylonian Exile, traduzione e riduzione di Moshe Greenberg, Schocken Books, New York 1 972, 227-228; M. BUBER, Moses: The Revelation and the Covenant, Harper & Brothers, New York 1 958, 1 62- 1 7 1 [trad. it., Mosè, Marietti, Genova 1 983].

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tamente congruenti con quest' ipotesi, poiché era là che Mosè riceveva comunicazioni divine a vantaggio del gruppo (Es 33,5- 1 1). La tenda costituì pure la scena dell ' esercizio profeti co estatico degli anziani (Nm 1 1 , 1 617.24-30) e della rivendicazione della condizione unica di Mosè come pro­ feta (Nm 12, 1 -8). Si dovrebbe notare, tuttavia, che era Giosuè e non Mosè ad essere presentato, in una tradizione di uguale antichità, come il ministro permanente della divinità oracolare nella tenda (Es 33, 1 1 ) ; a questo riguardo egli svolgeva una funzione simile a quella di Samuele nel santuario di Silo 17 • Abbiamo qui, ad ogni modo, una tradizione meritevole della più grande considerazione che fa risalire le origini della profezia in Israele a radici nati­ ve nel remoto periodo precedente l' insediamento nella terra 18 • Una tradizione circa una profezia femminile che dà l' impressione di esse­ re antica è rappresentata dalle figure di Miriam e Debora, entrambe associa­ te alla guerra. Secondo questa tradizione, Miriam è una Levita, sorella di Mosè e di Aronne, e dopo una vittoria, guida le donne in un canto celebrati­ vo e probabilmente estatico e in una danza accompagnata da musica e per­ cussione, alla maniera della veggente o kdhina degli Arabi pre-islamici (Es 1 5,20-2 1 ). Fu anche coinvolta, con Aronne, in una protesta profetica contro l' esclusivo controllo della mediazione da parte di Mosè, con la conseguenza di una punizione e di una temporanea esclusione inflitte a lei ma non ad Aronne (Nm 1 2). L'incidente è, senza dubbio, paradigmatico e ammonitorio, il riflesso di una lotta per il controllo religioso ad un certo punto della storia, ma la situazione che lo provocò non può più essere recuperata. Possiamo sospettare che rifletta ostilità alle profetesse del tipo che appare occasionai­ mente nella letteratura (per es., Ez 1 3 , 1 7-23). Debora, profetessa e giudice, sembra aver giocato un ruolo più importan­ te (Gdc 4-5). È una donna sposata, è presentata come «una madre in Israe-

17 Sul carattere oracolare di questa tenda, vedi M. HARAN, From Early to Classica! Prophecy: Continuity and Change, in VT 27 ( 1 977) 385-397. Egli considera l Sam 2,22b, che si riferisce ai figli di Eli, i quali giacevano con le donne che servivano all' ingresso della tenda del convegno (a Silo !), un' aggiunta editoriale di P. Si dovrebbe notare che il termine m•saret, "ministro", è usato per Giosuè (Es 33, 1 1 ) e per Samuele (l Sam 2, 1 1 ) . Non può essere una mera coincidenza che entrambi siano anche descritti come na 'a r. Questo termine, in aggiunta al normale significato "giovane", può essere stato utilizzato per "discepolo profetico"; vedi la curiosa ripetizione whan­ na 'ar nd 'ar (l Sam 1 ,24) in riferimento a Sarnuele, e wayyelek hanna 'ar hanna 'ar hannabf' (2 Re 9,4) in riferimento ad uno dei "figli dei profeti", incaricato da Eliseo di ungere Ieu. L' ultimo può contenere un lemma e una glossa per spiegare l'uso inconsueto; cfr. l' ugaritico n 'rm, con il signifi­ cato "membri di un' associazione", C.H. GORDON, Ugaritic Manual, Pontificai Biblica! Institute, Roma 1 9552, 297. 18 Mosè è menzionato per nome solo in due testi profetici, che possono a rigore essere definiti preesilici, cioè Mi 6,4 e Ger 1 5, l .

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le» (Gdc 5,7) impegnata nella soluzione di dispute, nel corso delle quali riceveva e trasmetteva messaggi profetici riguardanti l' attività militare alla maniera dei "profeti" donna di Mari. Diversamente da queste, comunque, accompagnava anche in battaglia la leva tribale, dando istruzioni sul quando e sul come attaccare e celebrando con canti e musiche. Sembra verosimile che lo storico abbia ampli ato le allusioni a Debora nel cantico (Gdc 5,7. 1 2. 1 5) allo scopo di farla rientrare nella serie di capi carismatici militari e giudiziari (''giudici") di cui si occupa questa parte della storia. La storia deuteronomista fu scritta per spiegare i disastri che avevano sconvolto entrambi i regni, come conseguenza della mancata attenzione agli avvertimenti profetici. Il fatto che non siano menzionati profeti durante il periodo precedente la monarchia (cioè, in Giosuè e Giudici) deve essere spiegato con le idee, chiaramente strutturate, dell ' autore circa la successione carismatica 19 : Giosuè fu stabilito come mediatore carismatico per il periodo della conquista (Nm 27, 1 5-23 ; Dt 34,9; Gs 1 , 1 -9) e dopo la sua morte furono «suscitati giudici» , l ' ultimo dei quali fu S amuele (Gdc 2, 1 6-23 ; l Sam 1 2, 1 1). Per questa fonte c ' è uno stretto legame tra profeta e re. Dalla morte di Salomone alla caduta di Gerusalemme, i profeti appaiono frequentemente per predire la caduta di re e dinastie, a causa della mancata osservanza della legge di Mosè. Perciò il modello del compimento della profezia è struttural­ mente decisivo, offrendo la chiave per l' interpretazione della storia e non lasciando dubbi su chi fosse responsabile dei disastri che avevano colpito i contemporanei dello scrittore. Abbiamo già indicato i problemi implicati nel lavorare risalendo dai gran­ di complessi narrativi a dati storicamente attendibili sulla primitiva profezia in Israele. Il fatto che dei patriarchi si tramanda che hanno avuto visioni ed altre esperienze fuori della norma (per es., Gen 1 5), o che hanno dato oraco­ li (per es. , Gen 49), o che dopo la morte sono stati onorati con il titolo di profeta ( Gen 20, 7), non ci autorizza a riclassificarli come veggenti al modo di Balaam o del kdhin arabo. Un possibile approccio consiste nel raggiunge­ re, attraverso il Deuteronomio ed Osea, le tradizioni efraimite preservate nel Pentateuco, una delle quali offre affascinanti, anche se oscuri, barlumi sulla tenda dell ' oracolo e sul suo veggente residente. Miriam, sorella di Mosè e membro del clan di Levi, è chiamata una profetessa (nebf'dh, Es 15,20), e in virtù di questa qualità ha offerto incoraggiamento in battaglia col canto, la danza e la musica. Durante la conquista un' altra profetessa, Debora, fatta la

19 Gdc 6,7- 1 0 profeta.

rivela un breve sermone nello stile deuteronomico pronunciato da un anonimo

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chiamata alle armi, accompagnava la leva tribale nella battaglia, dava istru­ zioni sul momento dell' attacco e prendeva parte al canto e al suono di stru­ menti musicali (Gdc 4-5). In entrambi i casi, il parallelo più vicino è la don­ na veggente (kdhina), che si trova fra le tribù pre-islamiche della penisola arabica. Il veggente straniero Balaam, di cui si è parlato brevemente in pre­ cedenza, pure è impiegato in guerra, benché sembri avere connessioni con la Mesopotamia, piuttosto che con l' Arabia (Nm 22-24). Abbiamo visto che, nello schema della storia deuteronomista, la profezia in senso stretto comincia con Samuele. Prima della sua vocazione, la parola di YHWH era rara; successivamente, diventarono frequenti le rivelazioni divine (l Sam 3, 1 ; 3 , 1 9-4, 1). La stessa vocazione, che ebbe luogo nel san­ tuario di Silo, forse durante un rituale di incubazione (3,2- 1 8), non compor­ tava alcun mandato a parlare o ad agire (cfr. fs 6), ma piuttosto l' autentica­ zione di Samuele come profeta per tutto Israele e il riconoscimento da parte del popolo della sua nuova condizione (l Sam 3,20). Possiamo notare, anco­ ra, in quest' intero passo, l' intima connessione tra profezia e culto . Lo stesso storico introduce un anonimo «uomo di Dio», che condanna la corruzione del culto a Silo ed il clero di Eli responsabile di essa (2,27-36). Lo stesso messaggio è consegnato a Samuele (3, 1 1 - 14) ed ancora, dopo la sua voca­ zione, Silo rimane il luogo designato per le comunicazioni divine (3,2 1 ) . Samuele, similmente, è un profeta cultuale, nel senso che prestava servizio nel santuario e là riceveva le rivelazioni divine. Questo, comunque, non gli impedì di condannare il culto e il personale ad esso addetto e certamente non gli impedì di operare fuori del santuario. A dir poco, dunque, la narra­ zione di Silo riflette idee sulla profezia correnti in diversi tempi nel corso della storia: il processo mediante il quale il profeta era incaricato del suo mandato e, conseguentemente, riconosciuto come tale dal suo pubblico, e la relazione tra il profeta e le istituzioni cultuali di Israele, specialmente il rituale dei sacrifici. In questi ed in altri aspetti simili, le narrazioni riguardanti Samuele sono sicuramente state influenzate da sviluppi successivi nella storia della profe­ zia. Queste narrazioni, infatti, sono così sovraccariche di interpretazione teologica che ora è praticamente impossibile dire qualcosa di certo su Samuele come figura storica. È presentato come giudice, sia in senso milita­ re (l Sam 1 1 , 1 1 ), sia in senso giudiziale (7, 1 5 - 1 7), come veggente (9, 1 1 . 1 9), sacerdote addetto al sacrificio (7, 1 0; 1 3 ,8- 1 5), uomo di Dio (9,3- 1 0) ed esempio paradigmatico di opposizione profetica alla regalità ( 1 3,8- 1 5 ; 1 5 , 1 3 1 ) ; ed in quest' ultima veste pronuncia un messaggio indistinguibile da quello di profeti successivi (l Sam 1 5,22-23 ; cfr. Os 6,6). Un' ulteriore com­ plicazione è che la storia della nascita implica chiaramente che egli deve

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essere un nazireo, un' implicazione che diventa esplicita in uno dei fram­ menti di Samuele provenienti da Qumran (4QSama): «Lo offrirò come nazi­ reo per sempre, per tutti i giorni della sua vita», corrispondente a l Sam l ,22. L' etimologia del nome, comunque, si riferirebbe più naturalmente a Saul che a Samuele ( 1 ,20); ed è da notare quanto spesso il verbo s 'l ricorra nella storia della nascita, compresa la forma passiva sii 'ul ( 1 ,28). È S aul, inoltre, e non Samuele, che assume il ruolo del nazireo con la sua partecipa­ zione violenta e guidata dallo spirito alla guerra santa di Israele. Sembra, quindi, ragionevole concludere che una storia di concepimento e nascita di un tipo familiare, che originariamente si riferiva a Saul, sia stata trasferita a Samuele e sia stata fusa con una narrazione di mandato profetico che, per lo storico deuteronomista, segnava l' inizio della storia della profezia sotto la monarchia. Una pericope in l Samuele che tratta principalmente di Saul ma raffigura Samuele, offre, per questa ragione, un indizio più sicuro per l' identità di quest' ultimo. Fuggiasco tra gli uomini di S aul, Davide trovò rifugio in un cenobio estatico diretto da Samuele in Rama (l Sam 1 9, 1 8-24). Dopo che i soldati mandati da S aul per arrestare Davide furono afferrati dall ' estasi comune, arrivò lo stesso Saul, fu afferrato alla stessa maniera e finì per spo­ gliarsi dei suoi abiti restando a terra nudo in uno stato catatonico un giorno e una notte interi. Secondo questa tradizione, dunque, Samuele era il capo o il "padre" di una fraternità estatica, non dissimile dallo sceicco che presiede, in un' epoca successiva, la comunità dei dervisci Sufi. Esiste un' altra tradi­ zione circa la designazione di Saul come supremo capo militare da parte di Samuele (l Sam 9, 1-10, 1 6). Poiché le fraternità estatiche erano attive in guerra e poiché abbiamo diversi casi di nebf 'im che designano o ungono capi e re (Gdc 4,6-9; l Re 1 1 ,29-40; 1 6,2; 2 Re 9,4- 10), queste due tradizio­ ni non si escludono reciprocamente. Ancora, un' attenta lettura della storia delle asine smarrite di Kis porta alla probabile conclusione che essa trattasse originalmente di un anonimo «uomo di Dio» o chiaroveggente, che solo in uno stadio editoriale successivo fu identificato con Samuele il creatore di re20 • Veggenti di questo tipo dovrebbero essere distinti dai Dervisci estatici presieduti da S amuele e non sembra vero simile che egli abbia svolto entrambi questi ruoli. La condizione di trance o dissociazione mentale così frequentemente 20 l Sam 9, 1 - 1 0 parla solamente di un «uomo di Dio>>, un termine che non è usato nel resto della narrazione, che parla di un veggente (ro ' e h) e lo identifica con Samuele. La glossa esplicativa al v. 9, che seguirebbe in maniera più naturale il v. 1 1 , è destinata ad assicurare la condizione profetica (ndbf') di Samuele.

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attestata in questo periodo arcaico è fatta derivare dallo spirito di YHWH (per es. , l Sam 1 0,6. 10; 1 9,20.23 ; l Re 22,2 1 -23). Quali che siano le conno­ tazioni arcaiche, magiche, di ruPJ:t - una parola che può anche significare vento o alito -, in queste narrazioni il termine si riferisce ad una forza pro­ veniente da YHWH e che conduce colui che è ispirato ad un determinato iti­ nerario di azione. Il caso di Saul, la cui associazione con le fraternità estati­ che è menzionata più di una volta (l Sam 1 0, 1 1 ; 1 8, 10; 1 9,24), serve ad illu­ strare una delle ambiguità da cui la profezia è raramente libera. Infatti, si trattava di un uomo che appare essere stato psicologicamente predisposto ad "essere fuori di sé", come si può vedere nel modo in cui convocò le tribù a combattere in sostegno di Galaad (l Sam 1 1 ,6-7) e nell' episodio della lancia scagliata ( 1 8, 1 0- 1 1 ; 1 9,9- 1 0). Quanto al modo della sua designazione come capo tribale, egli si imbatté in una banda profetica e immediatamente, come dice l ' efficace frase usata in quel punto, «divenne un altro uomo» (l Sam 10,5-6). Un comportamento violento di questo tipo potrebbe dar luogo, ai nostri giorni, ad una diagnosi di mania depressiva o demenza precoce ed anche n eU ' antico Israele poteva essere interpretato come una forma di malattia o di pazzia (cfr. 2 Re 9,1 1 ; Os 9,7; Ger 29,26). Un tale comporta­ mento straordinario era, quindi, suscettibile di più di una interpretazione. Dal momento che la profezia non potrebbe funzionare senza un certo grado di accettazione sociale, doveva esserci un "discernimento di spiriti" da parte della società o di quel segmento di essa a cui il profeta si rivolgeva. Qualunque opinione ci si faccia della narrazione della conquista in Gio­ suè e del processo di insediamento nella terra, sembra chiaro che Israele si sia forgiata come nazione nel crogiuolo della guerra. Come ha affermato Wellhausen, la guerra è stata la culla della nazione. Abbiamo notato, prece­ dentemente, che il deuteronomista vedeva i profeti come successori dei "giudici", con Samuele come figura di transizione. Ci sono, di fatto, ovvie somiglianze, ma le differenze non possono essere trascurate. Una delle tra­ dizioni maggiormente degna di fede sotto il profilo storico riguardante Samuele lo presenta come capo di una banda di profeti estatici, e non può esserci dubbio che l' uno e gli altri fossero implicati negli eventi politici e militari di quel periodo critico per il consolidamento delle tribù. Le connes­ sioni di Saul con profeti estatici sono state già segnalate ed è particolarmente significativo che la sua carriera come condottiero militare carismatico fece seguito allo spettacolare incontro con un gruppo estatico ( f:z ebel nebf'fm), presso una città occupata da una guarnigione filistea21 • È pure chiaro, dal

21

La frase «Fai tutto quello che la tua mano troverà da fare» (l Sam 10,7) connoterebbe, natu-

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seguito della narrazione, che il suo fallimento politico fu dovuto, in misura considerevole, alla sua perdita del sostegno profetico (l Sam 1 3,8- 1 5 ; 1 5 , 1 -

3 5 ; 28,6). Con la costituzione di una dinastia da parte di Davide, la creazione di un esercito professionale in luogo della leva tribale e la sottomissione delle strutture tribali ad un complesso sistema statale22 , queste vecchie forme di profezia furono costrette a subire dei cambiamenti . La secessione delle tribù settentrionali e centrali, dopo la morte di Salomone, benché giudicata nega­ tivamente nella tradizione giudea dominante, fu, in realtà, una protesta con­ tro queste innovazioni ed una riaffermazione del modello arcaico. È per questa ragione che la profezia estatica di guerra continuò a prosperare nel Regno del Nord, mentre non è attestata in Giuda, almeno fino a quando la rinascita dell' Assiria pose una diretta minaccia alla sua esistenza nell 'VIII secolo. Sotto la monarchia unita in Giuda troviamo, ciò nonostante, un tipo di profezia di corte simile, per certi aspetti, a quella dei "profeti" di Mari, discussi precedentemente. Volendo costruire un tempio a YHWH in Gerusa­ lemme, Davide consultò Natan, il suo veggente di corte, il quale dapprima dette una risposta favorevole, ma poi, dopo una visione notturna, gli proibì di farlo (2 Sam 7 ,4- 1 7). Coerentemente con un' avversione conservatrice nei confronti dei luoghi di culto cananei, la forma originale di questo oracolo contrastava la costruzione di un tempio senza riserve. Nel regno seguente, tuttavia, un editore aggiunse una riserva - «egli (cioè, Salomone) costruirà una casa per il mio nome» (v. 1 3) - prendendo atto del fatto che il Tempio era di fatto costruito. La questione è segnata da un gioco sulla parola bayit (casa), che può significare "tempio" o "dinastia": Davide non mi costruirà una casa (tempio); Io gli costruirò una casa (dinastia). Giustamente, dunque, fu Natan che nominò l' erede di Davide da Betsabea (2 Sam 1 2,25) e lo tro­ viamo all ' opera al suo fianco negli intrighi di palazzo che portarono all ' estromissione del pretendente Adonia (l Re 1 ) . Un altro veggente di cor­ te, Gad, fu associato a Davide anche prima della sua intronizzazione (l Sam

ralmente, un'impresa militare, specialmente in ragione della missione di Saul data da Samuele ( 1 0, 1 ). La sua prima impresa militare sembra essere stata contro gli Ammoniti, piuttosto che con­ tro i Filistei ( 1 1 , 1 - 1 1 ) La connessione potrebbe essere, comunque, con l' attacco alla guarnigione filistea (o con l' assassinio di un capo filisteo) a Geba, 1 3,4 (cfr. Gibeah, 10,5 . 1 0), con il rapimento estatico che costituisce una tradizione parallela allo squartamento dei buoi e all' invio delle parti a tutte le tribù in 1 1 ,6-7. 22 Le tradizioni bibliche hanno senza dubbio esagerato gli avvenimenti della monarchia unita, che non ha lasciato in pratica alcuna traccia nei reperti archeologici, ma si possono almeno ritrova­ re a quel tempo gli inizi di un sistema statuale (burocrazia, tassazione, lavoro forzato, ecc.). .

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22,3-5) e continuò a giocare un ruolo importante, in seguito, guidandolo in decisioni cruciali come la scelta del sito del futuro santuario (2 Sam 24, 1 81 9 ; l Cr 22, l ). Altri oracoli profeti ci che predicevano l ' espansione del regno di Davide (2 Sam 3,9- 10; 5,2; Gen 49,8- 12; Nm 24, 1 5- 1 9) proveniva­ no probabilmente dal circolo dei profeti di corte, di cui Davide si circonda­ va.

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in lnt 32 ( 1 978) 3 - 1 6 ; E. WORTHWEIN, Zur Komposition von l Reg 22:1 -38, in Das Ferne und Nahe Wort, A. Topelmann, B erlin 1 967, 245-254 ; Elijah at Horeb: Reflections on l Kings 19:9-18, in J. DURHAM - J.R. PORTER (edd.), Proclamation and Presence: Old Testament Essays in Honour of Gwynne Henton Davies, SCM Press, London 1 970, 1 5 2- 1 66; Die Erziihlung vom Gottesmann aus Juda in Bethel, in H. GESE - H.P. ROGER (edd.), Wort und Geschichte. Festschrift for Karl Elliger zum 70. Geburtstag, B atzon & Bercker, Kevelaer 1 973.

Durante i due secoli dalla morte di Salomone (925 circa) alla caduta di Samaria (722 a. C.) i riferimenti ai profeti e alla profezia, nella storia, sono limitati esclusivamente al Regno del Nord. La nostra prima reazione sarebbe di spiegare questa circostanza in termini di scopo perseguito dallo storico, vale a dire, applicare a Giuda la lezione del destino di Samaria: se ignorate i vostri profeti, come essi hanno ignorato i loro, vi capiterà la stessa cosa (2 Re 17,7- 1 8). Bisognerebbe notare, tuttavia, che l' idea di una guida carisma­ tica, che rimaneva forte nel territorio del Regno del Nord, agì come una for­ za contraria alla regalità ereditaria. Questo lasciava più spazio al coinvolgi­ mento dei profeti negli affari pubblici e li troveremo a giocare un ruolo importante nell ' istituire e nel destituire i governanti, specialmente nel mez­ zo secolo precedente lo stabilirsi della dinastia Omride. Può essere utile, innanzi tutto , uno sguardo all a situazione politica. L' unificazione delle tribù, realizzata grazie al genio politico di Davide, durò soltanto il tempo della vita di S alomone, suo successore. La base per il governo di Davide sulle tribù dell ' altopiano centrale e del Nord fu un accordo o un' alleanza tra lui e i loro anziani (2 Sam 5 , 1 -3). Malgrado l' opposizione e i tentativi sporadici di ripudiare quest' accordo - per esem­ pio, da parte del Beniaminita Sheba ben-Bikri (2 Sam 20) - esso resistette durante il suo regno e dovette essere rinnovato ali ' intronizzazione di Salo­ mone. Dopo la morte di quest' ultimo, il suo successore Roboamo si recò debitamente a Sichem, l' antico santuario delle tribù di Giuseppe, per cerca­ re di rinnovare l' accordo. Questa volta, però, i capi tribali non si contenta­ rono più di continuare con una ratifica puramente formale, ma posero delle condizioni che Roboamo dissennatamente respinse del tutto (l Re 1 2, 1 - 1 5). I l risultato fu l' intronizzazione di Geroboamo, uno degli ufficiali di Salo­ mone, come governante di un Regno separato al Nord. La rivolta contro S alomone era, in effetti, una riaffermazione del modello tradizionale del separatismo tribale, contrario all ' innovazione rappresentata da una monar­ chia ereditaria e dinastica. La conseguenza fu che, mentre la dinastia davi­ dica durò oltre tre secoli in Giuda, il Regno del Nord sperimentò l' ascesa e

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la caduta rapide di insignificanti dinasti, con l'esercito in grado di giocare un ruolo dominante come accade oggi in alcuni paesi dell ' America Latina. In questa situazione, la vecchia profezia di guerra continuava a fiorire, mentre in Giuda si era, di fatto, "smilitarizzata" e trovata costretta a pren­ dere differenti direzioni. Descrivendo l' ascesa al potere dell' Efraimita Geroboamo ben-Nebat, lo storico attribuì un ruolo della massima importanza ad un profeta di Silo, di nome Achia, che, seguendo l' esempio di Samuele, designò Geroboamo re delle dieci tribù (l Re 1 1 ,29-39). Dopo aver goduto del sostegno profetico, forse anche di Giuda ( 1 2,22-24), fu condannato da Achia, il quale predisse pure la morte di suo figlio che era malato ( 1 4, 1 - 1 6). Lo stesso modello con­ tinuò con il profeta Ieu ben-Hanani, il quale dapprima sostenne e poi con­ dannò la dinastia di Baasa, anch' essa di vita breve ( 1 6, 1 -4.7. 1 2- 1 3). Elia, Eliseo, Michea ed altri furono, in modi differenti e in diverso grado, in con­ flitto con gli Omridi. Essi predissero la loro caduta e furono anche implicati nel colpo di mano che pose fine alla loro dinastia e portò Ieu al trono (l Re 20,33-43 ; 2 1 , 19.2 1 -24; 22,28; 2 Re 1 ,6; 9, 1 - 10). La storia del coinvolgimen­ to profetico continua, poi, con Amos ed Osea, che condannarono la dinastia di Ieu e predissero la sua caduta (Am 7,9. 1 1 ; Os 1 ,4-5). B enché ci siano chiare indicazioni che lo storico deuteronomista ha editato sostanzialmente questi rapporti - per es. , estendendo le predizioni profetiche fino a coprire la caduta del Regno del Nord ed enfatizzando l' opposizione profetica al culto di Betel e di Dan - non può esserci dubbio che i circoli profetici abbiano giocato un ruolo di primo piano come agenti del potere politico nel Regno del Nord. Con la riuscita del colpo di mano di Omri, comandante dell ' esercito (876 circa), fu inaugurata un' era di relativa stabilità per la prima volta in mezzo secolo. Una delle prime mosse di Omri fu la fondazione di una nuova capi­ tale, Samaria, per quanto anche la città di Izreel ai piedi del monte Gelboe, servisse come residenza regale. Relazioni pacifiche con Giuda permisero agli Omridi di perseguire una vigorosa politica di espansione a Nord e ad Est, una politica che prevedeva alleanze commerciali con le prospere città fenice. Per conseguire questi scopi, Omri combinò un matrimonio tra suo figlio Acab e Gezabele, figlia di lttobaal, re di Tiro. Un tipico marriage de convenance di questo genere difficilmente avrebbe meritato commenti, se Gezabele non fosse diventata una zelante devota di B aal di Tiro. Sfruttando la sua posizione preminente, ella promosse attivamente il culto di B aal durante il regno di suo marito e dei loro due figli, Acazia e Ioram, che gli succedettero. La sua influenza si estese fino a Giuda, dove sua figlia Atalia organizzò un colpo di palazzo e spese i cinque anni del suo regno nel tenta-

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tivo di imporre a Giuda una nuova direzione politica e religiosa, un tentativo che fu contrastato dal sacerdozio del Tempio. Il punto di vista partigiano dello storico ci rende difficile ricostruire un quadro corretto della situazione religiosa in Israele durante il regno di Acab (869-850 circa) . Egli dette ai suoi figli nomi yahwi sti, sostenne profeti yahwisti (l Re 22,5- 1 2) e, almeno inizialmente, mostrò rispetto per i costu­ mi tradizionali israeliti (2 1 , 1 -4) . Però costruì in Samaria santuari per Baal di Tiro e per Asera, la dea madre cananea, provvisti di centinaia di estatici, maschi e femmine. Egli sembra aver lasciato mano libera a sua moglie, poi­ ché sentiamo che profeti di YHWH soffrirono la persecuzione e altari di YHWH furono demoliti ( 1 8,4.22.30; 1 9, 10. 14). Anche il maggiordomo di corte dovette agire segretamente per salvare dalla morte profeti di YHWH

( 1 8,3-4). Lo storico deuteronomista presenta i «vitelli d' oro» innalzati a Betel e a Dan come veri oggetti di culto, la cui adorazione implicava il rigetto del culto di YHWH (l Re 1 2,28-30; cfr. Es 32, 1 -6). Più probabilmente, comun­ que, l' immagine del toro serviva come piedestallo per YHWH, e la sua scelta fu dettata dal desiderio di riconciliare alla dinastia le enclave cana­ nee che sopravvivevano. È anche verosimile che al tempo di Acab gran parte della popolazione del regno avesse adattato il culto di YHWH a quel­ lo delle divinità della vegetazione. Dei nomi personali sugli 6straka rinve­ nuti nella regione di S amaria, risalenti alla fine del IX secolo o agli inizi dell ' viii, undici contengono l' elemento YW (forma abbreviata di YHWH) e otto sono formati con il nome BaaF3 • È all ' incirca dello stesso tempo una giara di Kuntillet ' Ajrud nel Negheb su cui è scritto : «Ti benedico per YHWH di Samaria e la sua Asera», intendendo la divinità o l' oggetto del culto ad essa dedicato24• L' arrivo di Gezabele, una personalità certamente eccezionale, provocò ben presto una violenta battaglia tra conservatori baa­ listi ed elementi yahwisti, che si opponevano su posizioni estreme. È in questo contesto che bisogna leggere e comprendere le narrazioni riguardan­ ti Elia. L' introduzione ex abrupto di Elia nelle cronache dei regni (l Re 17, l ) suggerisce che lo storico ha tratto storie e leggende relative a questa figura potente da un ampio deposito di materiale agiografico in circolazione. Il 23 Sugli 6straka samaritani, cfr. J.C.L. GIBSON, Textbook of Syrian Semitic Inscriptions l : 5-20, 7 1 -83; A. LEMAIRE, lnscriptions Hébrai"q ues, vol. l, Les Ostraca, Éditions du Cerf, Paris 1 977, 238 1 , 245-250. 24 Sui graffiti di Kuntillet 'Ajrud, cfr. Z. MESHEL, in ABD 4: 1 03- 1 09.

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riferimento casuale a «Bersabea che appartiene a Giuda» ( 1 9,3) suggerisce pure che molta parte di questo materiale fu scritta prima della caduta di Samaria. Lo storico ha inserito nella sua cronaca dei re quanto assecondava il suo scopo, solo aggiungendo qua e là commenti per allinearlo alla sua interpretazione della storia25• Il ruolo di Elia come mediatore dell ' alleanza è, dunque, accentuato, in accordo con le vedute deuteronomiche sulla profezia e i profeti di Baal sono messi a morte, in accordo con la legge deuteronomi­ ca (Dt 1 8,20). Come le Leggende dei Santi, una buona parte del materiale concernente Elia appartiene al genere agiografico. Analogamente ad altri esempi del gene­ re (per es., Antonio l' eremita, Hanina ben-Dosa, Apollonio di Tyana) certi motivi tendono ad essere ricorrenti: il santo è miracolosamente nutrito da uccelli (l Re 1 7 ,2-7) o da angeli ( 1 9,5-8), ha il controllo degli elementi clima­ tici (17, 1 ), moltiplica il cibo (17,8- 1 6); riporta in vita un morto ( 1 7 , 1 7-24), è capace di levitare ( 1 8 , 1 2; 2 Re 2, 1 - 1 2 . 1 6) e compie azioni preternaturali di resistenza (l Re 1 8,46; 19,8). Elementi leggendari hanno certamente giocato una parte importante nello sviluppo di questa tradizione, e tuttavia, attraver­ so le leggende, un' impressione di enorme potere spirituale giunge ancora fino a noi da quel remoto tempo del passato. Il racconto comincia con Elia che provoca, con la sua maledizione, la sic­ cità nel paese e, poi, si rifugia fuori della giurisdizione di Acab. Anche se la sua azione era destinata ad enfatizzare una questione religiosa centrale, vale a dire il controllo della pioggia e, per ciò, della base della vita economica, essa avrebbe provocato anche una crisi politica, dal momento che un disa­ stro di tali dimensioni avrebbe suscitato discussioni circa la legittimità della dinastia (cfr. i tre anni di siccità all ' inizio del regno di Davide, 2 Sam 2 1 , 1 14). L' epilogo, con il confronto sul Carmelo ( l Re 1 8,20-40), ha subito con­ siderevoli ritocchi editoriali. Il luogo, uno dei centri principali di culto alme­ no dal secondo millennio, può aver cambiato proprietario in seguito ai trat­ tati tra Israele e le città fenice. In ogni caso, la demolizione e la ricostruzio­ ne dell' altare a YHWH (l Re 1 8,30) suggerisce una disputa sulla proprietà di questo appezzamento di terreno, dal momento che l' erezione di un altare era un mezzo convenzionale per sostenere una rivendicazione su un territo­ rio disputato. Lo storico deuteronomista ha amplificato l' episodio, renden­ dolo una convocazione pan-israelita intorno ad un altare costruito con dodici pietre. L' occasione è stata anche sfruttata per una piccola satira ai danni del­ la divinità fenicia e la preghiera sobria di Elia è contrapposta al delirio

25 l Re

1 8, 1 8. 3 1 -32.36-37; 2 1 ,20-26; 22,37-5 3 ; 2 Re 1 , 1 7 - 1 8 .

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orgiastico dei profeti di Baal con la loro danza zoppicante e l' auto-lacerazio­ ne26 . L' episodio termina, trucemente, in un bagno di sangue e con, a tempo debito, la prima pioggia dopo tre anni. Di fronte a questo piuttosto completo trionfo, restiamo sorpresi trovando Elia che successivamente per salvare la sua vita deve fuggire nel Negheb, da dove fece un pellegrinaggio di quaranta giorni verso l' Horeb (l Re 1 9, 1 - 1 8). Questa giustapposizione inattesa può esser dovuta al modo in cui narrazioni originariamente indipendenti sono state armonizzate, o può insinuare che il trionfo di Elia fosse, in realtà, meno completo di quanto lo storico vuol farci credere. Profeti di Baal, infatti, continuarono a prosperare (2 Re l O, 1 9) e toccò a Ieu sterminare il culto di Baal in un bagno di sangue senza prece­ denti, poco dopo la sua ascesa al potere (845 a.C. circa). È anche possibile che la visita all ' Horeb servisse in origine come vocazione e missione di Elia e che il racconto della siccità e della sua fine provenisse da una fonte abba­ stanza differente e che fosse collocato prima per conseguire un effetto dram­ matico. Le espansioni editoriali alle quali l' episodio dell ' Horeb è stato assogget­ tato aiuteranno a spiegare la stupefacente varietà di interpretazioni che si trovano nei commentari. Il problema principale è conciliare la «tranquilla, piccola voce» (NEB : «A low murmuring sound») con l' affidamento di una missione che avrebbe comportato spargimento di sangue e distruzione. Il contrasto tra vento, terremoto e fuoco, da una parte, e la voce o il suono tranquillo, dall' altra, ha prodotto anche numerose variazioni omiletiche sul tema, alcune delle quali decisamente bizzarre. Una delle spiegazioni propo­ ste si riferi sce al contrasto tra l ' estasi orgiastica e l ' estasi letargica27 . Un' altra considererebbe la teofania (l Re 1 9, 1 1 - 1 3a) come un' inserzione, il cui scopo è far contrasto con la teofania primordiale al Sinai (Es 1 9, 1 6- 1 9), mediante una rivelazione indiretta rivolta all ' orecchio interiore del profeta28 . Se si mette tra parentesi quest' interpol-azione, abbiamo Elia che descrive una situazione di apostasia pressoché totale e YHWH che, in risposta, ordi­ na la distruzione di Israele infedele mediante Cazael re di Damasco, Ieu il fanatico comandante dell ' esercito ed Eliseo, tutti e tre unti da Elia. Solo un resto di settemila persone sopravviverà come nucleo di una comunità nuova e fedele. Abbiamo già qui, essenzialmente, il messaggio dei grandi profeti 26 Per l a visione secondo cui il sarcasmo è diretto specificamente al Baal fenicio, vedere R. DE VAUX, Les Livres des Rois, Éditions du Cerf, Paris 1 958, 1 3 - 1 6, e The Bible and the Ancient Near East, 238-25 1 . 27 J . LINDBLOM, Prophecy in Ancient lsrael, 49. 28 E. WORTHWEIN, Proclamation and Presence, 1 5 2- 1 66.

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dei secoli VIII e vn, che pronunciarono la sentenza di morte sui loro contem­ poranei. Altre tradizioni alquanto differenti su Elia, lo mettono in opposizione alla dinastia Omride, come Samuele era in opposizione a Saul. Il tentativo di Acab di ottenere la vendita forzata di una vigna presso il palazzo reale di Izreel fu vanificato dall ' appello del proprietario all ' antica tradizione legale di Israele, che proibiva l' alienazione perpetua di una proprietà familiare (l Re 2 1 , 1 - 1 9). Benché ovviamente dispiaciuto, Acab, e questo va a suo meri­ to, non insistette. Gezabele, però, istigò due canaglie a portare accuse capi­ tali contro Nabot, il proprietario della vigna, in conseguenza delle quali fu giustiziato e la sua proprietà confiscata dalla corona. In maniera tipica, la condanna di Acab da parte di Elia è stata amplificata, per includere la caduta della dinastia, il cui verificarsi è accuratamente notato al punto opportuno (2 Re l O, l 0. 1 7). Il figlio di Acab e suo successore, Acazia, pure si scontrò con Elia, facendosi condannare per aver fatto ricorso a dei stranieri dopo un incidente sofferto a Palazzo. Anche la sua morte fu interpretata come conse­ guenza della maledizione del profeta (2 Re l ,2- 1 7). Queste tradizioni di diverso valore storico, religioso ed etico tendono a dare l' impressione di un personaggio che emerge improvvisamente senza provenire da alcun luogo in particolare e che, dopo una carriera tempestosa, scompare in cielo su un carro di fuoco. Abbiamo, soprattutto, l' impressione di un personaggio solitario. Quest' impressione può essere, tuttavia, fuor­ viante. Sia Elia, sia il suo discepolo Eliseo, sono chiamati "padre" (2 Re 2, 1 2 ; 1 3 , 1 4) e il titolo implica la leadership sul cenobio profetico che sem­ bra aver visitato per l' ultima volta immediatamente prima della sua miste­ riosa scomparsa dalla scena (2,2- 1 2) . Sotto questo riguardo, ci ricorda Samuele che presiedeva un gruppo estatico a Rama (l Sam 1 9, 1 8-24), una funzione che non escludeva un' ampia gamma di altre attività. Le cronache delle guerre contro la Siria sostenute dagli Omridi testimoniano i ruoli poli­ tici e militari dei profeti estatici, che operavano individualmente o colletti­ vamente. La maggioranza, se non tutti, non esclusi Elia ed Eli seo, avevano, probabilmente, familiarità diretta con la vita cenobitica di piccole comunità profetiche, che si dedicavano ad esercizi estatici ed economicamente condu­ cevano un' esistenza altamente ascetica. Come alcuni gruppi periferici nella nostra cultura, essi esprimevano il loro rigetto della cultura urbana dominan­ te, pesantemente segnata dai costumi cananei, con uno stile distintivo (cfr. 2 Re 1 , 8), un' alimentazione semplice e una segregazione fisica dai diverti­ menti della vita cittadina. Mentre i Nazirei, strettamente apparentati ai nebf'im, si astenevano dalle bevande alcoliche e lasciavano crescere i loro

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capelli (Gdc 1 3- 1 6f9 , i Recabiti, guidati da Jonadab, sostenitore dell' azione di Jehu e della successiva epurazione, vivevano in tende, non esercitavano l' agricoltura e si astenevano dalle bevande inebrianti 30• Essi ci rammentano che la profezia può consistere non solo in una missione a parlare, ma nell' adozione di un determinato stile di vita che drammatizza il rigetto di ciò che viene considerato essere la realtà nel sistema sociale3 1 • Una caratteristica costante della profezia, durante questo periodo, è il col­ legamento con la guerra e le crociate religiose. Ad un certo punto delle guerre contro la Siria, Eliseo vide, e fece vedere al suo discepolo, la monta­ gna piena di cavalli e di carri di fuoco (2 Re 6, 1 7). Quando fu sul punto di morire, lo stesso profeta fu visitato dal re Ioas, che gridò «Padre mio, padre mio ! I cocchi di Israele e sua cavalleria ! » ( 1 3 , 1 4), richiamando la visione di Eliseo quando il suo maestro fu rapito in alto (2, l l � 1 2) . Un antico poema descrive YHWH come «auriga sulle nubi» (Sal 68,5, rokeb bii 'ariipot, testo emendato), un titolo attribuito a B aal nei testi ugaritici. La connotazione è quella di un guerriero celeste, un capo di cavalleria (cfr. Sal 68, 1 8), in con­ sonanza con il titolo «YHWH degli eserciti», che apparve, inizialmente, durante le guerre contro i Filistei. Questi "primitivi" del IX secolo a.C. agi­ vano sotto gli ordini di YHWH, il dio guerriero. Nella sua crociata contro Baal, Ieu fu aiutato da un certo Ionadab ben-Rechab, fondatore dei Recabiti (2 Re 1 0, 1 5- 1 6). Distinti da un radicale rigetto della cultura e del culto dei Cananei, essi vivevano sotto le tende, rifiutavano di dedicarsi all ' agricoltura e si astenevano dal vino. Due secoli e mezzo più tardi, Geremia li racco­ mandava ai suoi compatrioti come modelli di fedeltà religiosa, durante gli ultimi giorni dell' indipendenza di Giuda ( Ger 35 ,2- 1 9). Il termine "Recabi­ ta" ha qualche relazione con "auriga" e può significare «devoto del dio del cocchio» (cfr. la divinità siriana Rakkab-el o Rakkub-el). È difficile allonta­ nare il sospetto che i legami tra Elia, Eliseo e i Recabiti possano essere stati

29 Poco si sa dell' ordine dei Nazirei a parte la saga di Sansone (Gdc 1 3- 1 6) e le ultime regole in Nm 6, 1 -2 1 . Se perii 'IJt in Gdc 5,2 (canto di Debora) si riferiscono alla lunga chioma (cfr. Nm 6,5), allora può esserci qui un' allusione indiretta ai Nazirei. 30 Il modo in cui i Recabiti sono elogiati per la loro fedeltà alle tradizioni in Geremia 35 non si riconcilia facilmente con la presentazione diversa secondo cui essi costituivano una corporazione di lavoratori del metallo, come è sostenuto da S.F. FRICK, Rechab, Rechabite, in ABD 5, 630-632. 31 Tra parentesi, la profezia comunitaria di questo primo periodo ha fornito un modello per alcu­ ne sette del periodo del tardo secondo Tempio, che si consideravano eredi della tradizione profeti­ ca; un modello che può aiutare a spiegare alcuni degli elementi maggiormente encratici ed entusia­ stici nel cristianesimo primitivo. L' ideale di una comunità profetica, che tiene vivo l' impulso cari­ smatico degli inizi, emerge continuamente lungo la storia cristiana, talvolta assumendo forme tanto strane e sconcertanti quanto quelle dei "primitivi" che guardavano ad Elia ed Eliseo per una guida.

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più stretti di quanto appare . Anche quest' ultimo era conosciuto come "padre" (Ger 35 ,6) e tutti e tre erano yahwisti fanatici, votati alla distruzione del culto di Baal . Il fatto che Elia abbia cominciato e terminato la sua vita nella regione transgiordana di Galaad, può anche essere un elemento si gnifi­ cativo per "localizzarlo", ma, se è così, non abbiamo i mezzi per accertarlo. Le "gesta" di altre figure profetiche del IX secolo potevano essere in cir­ colazione, ma l' unico che conosciamo per nome, oltre Elia ed· Eliseo, è Michea ben-Imla. Il suo confronto con gli indovini della corte di Acab, gui­ dati da un certo Sedecia (l Re 22, 1 -36), è un esempio classico di conflitto tra profeti . I governanti dei due regni concordarono una campagna per riprendere dalla Siria Ramoth di Galaad, ma prima era necessario avere una conferma da un oracolo profetico. Data la redazione giudea della narrazione, non è sorprendente che fo sse il re di Giuda a suggerire di interrogare YHWH e poi a manifestare insoddisfazione per l' approvazione entusiastica dei profeti di corte. Sotto la direzione di Sedecia, i profeti di corte diedero luogo ad una scena estatica - l' analogia con un vivace raduno è accattivan­ te, ma ingannevole - davanti ai due re nella piazza presso la porta della città. Lo stesso Sedecia rappresentò proletticamente la vittoria promessa, portando coma di ferro e pronunciando un oracolo di assicurazione, intro­ dotto dalla formula di rito «Così dice YHWH». Anche Michea previde il successo della campagna militare, ma continuò ad esporre due visioni in cui vide il popolo senza capo sulle colline e fu ammesso alla corte celeste, con YHWH sul suo trono e gli eserciti intorno. Alla richiesta di YHWH uno dei suoi attendenti, chiamato semplicemente "lo Spirito", si offrì di ingannare il re d'Israele per fargli prendere la cattiva decisione, diventando uno spirito menzognero sulla bocca dei suoi profeti; e così accadde. Quest' incidente è particolarmente significativo per comprendere come venivano trattati in Israele gli aspetti problematici della profezia. La que­ stione cruciale consi steva nel ri sol vere rivendicazioni di ri velazione contraddittorie. Come distinguere tra vere e false rivendicazioni profetiche? Questo caso esemplare giustappone due tipi di profezia abbastanza differen­ ti. Teologicamente, solo il profeta che è stato ammesso alla presenza divina può pretendere l' ascolto. Ma, poiché questa rivendicazione è ovviamente non verificabile, erano necessari altri criteri. Non è sufficiente parlare in nome di YHWH, usando forme familiari di indirizzo, perché anche Sedecia fece questo. È implicito, benché non espressamente affermato, che visioni e discorso razionale sono espressioni più autentiche rispetto al comportamen­ to estatico e alla indulgente magia dei profeti di corte. Anche le predizioni sono importanti diagnosticamente , specialmente quando possono essere verificate o fal sificate (cioè, provate vere o false) poco tempo dopo essere

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state pronunciate. Ma c ' è anche la sensazione che l' onere della prova tocchi al . profeta che rassicura, piuttosto che a quello il cui messaggio contraddice le aspettative degli ascoltatori. Vedremo più avanti come questo problema del discernimento, il tallone d' Achille della profezia, diventi capitale durante gli ultimi giorni della monarchia. La metafora di paternità e filiazione, corrente nei gruppi profetici, sta die­ tro il conferimento di due terzi dello spirito di Elia ad Eliseo (2 Re 2,9- 1 0), poiché, secondo la legge, il primogenito riceveva due terzi del patrimonio in virtù della primogenitura (Dt 2 1 , 1 7). Perseverando nella sua vocazione al discepolato (l Re 19, 1 9-2 1 ) Eliseo fu, dunque, designato come successore di Elia a capo delle comunità profetiche, una posizione che fu autenticata in loro presenza mediante miracoli (2 Re 2, 1 3- 1 4; ecc.). La vocazione di Eliseo doveva diventare come un paradigma per la successione carismatica, poiché essa sembra essere soggiacente alla missione dei settanta anziani (Nm 1 1 ) e alla successione di Giosuè a Mosè (Nm 27 , 1 5-23 ; Dt 34,9). Essa serviva pure come modello per il discepolato nel cristianesimo primitivo32 • Per il resto, la tradizione narrativa su Eliseo ha avuto una storia lunga e complessa ed è particolarmente problematica la sua interazione con la tradi­ zione di Elia. È possibile, per esempio, che alcuni dei miracoli di Eliseo sia­ no stati attribuiti ad Elia, e che le rivoluzioni fomentate da Eliseo in Samaria e Damasco (2 Re 8,7- 1 5 ; 9, 1 - 1 3) ricevessero una migliore legittimazione facendole risalire ad un personaggio più prestigioso (l Re 1 9, 1 5- 1 6). Eliseo, di Abel-Mecola nell à valle del Giordano, è più strettamente collegato alle comunità estatiche, parecchie delle quali erano residenti in quella regione. Egli è, sotto ogni riguardo, un personaggio più "primitivo", il quale incarna le forze più distruttrici che possano concentrarsi in questo tipo di persona­ lità. Fu lui che, mediante un delegato profetico, mise in moto la rivoluzione di Ieu con i massacri, senza parallelo nella storia d'Israele, che ne consegui­ rono: la stessa rivoluzione che sarebbe stata condannata più tardi da Amos ed Osea. In maniera tipica, egli concluse la sua vita spingendo il re ad un' altra campagna contro la Siria e scaricando la sua ira contro ciò che con­ siderava una mancanza rispetto alla totale dedizione nel portarla a termine (2 Re 1 3 , 1 4- 1 9). A parte il coinvolgimento diretto di Eliseo nelle guerre contro la Siria, la ·

32 Per es., Le 9,57-62 e At 1 ,6- 1 1 , dove l' ascensione di Gesù e il dono dello Spirito sono model­ lati sulla narrazione di Elia (ricorre lo stesso vocabolario della versione dei LXX dei Re). I disce­ poli devono essere rivestiti di potere ed operare miracoli, reminiscenza del mantello miracoloso di Elia, e viene enfatizzato il fatto che vedono Gesù ascendere al cielo, come Eliseo deve vedere il suo maestro, per ricevere lo Spirito.

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tradizione di Eliseo si è concentrata sul suo ruolo di carismatico operatore di prodigi. Il nucleo della narrazione è una catena di miracoli che evidenzia il potere trasferitogli al momento della sua vocazione. Alcuni sono fatti di guarigione e risuscitamento (2 Re 4,8-37 ; 5, 1 - 1 9), uno dei quali postumo ( 1 3 ,20-2 1 ) . Altri dimostrano il controllo sulle forze della natura (2, 1 214. 1 9-22 ; 4,38-4 1 ; 6, 1 -7), includendo la moltiplicazione del cibo (4, 1 -7 .4244). Altri ancora sarebbero classificati, oggi, come esempi di chiaroveggen­ za e percezione extrasensoriale (6,8- 10. 1 2. 1 7). Ci sono, infine, quelli che potremmo chiamare miracoli punitivi, del tipo che si incontra nei vangeli apocrifi (6, 1 8 ; 2,23-25). Una comparazione con miracoli attribuiti ad altri santi - compresi i miracoli dei vangeli - rivelerebbe certi aspetti strutturali comuni, che ci fornirebbero valide indicazioni sulla funzione e l' intenzione del genere. Approfondire questi suggerimenti, tuttavia, ci porterebbe fuori dalla nostra linea principale di indagine. Eliseo morì nei primi anni dell ' viii secolo, durante il regno di Ioas (80 1 786 a.C. circa) . Geroboamo Il, il figlio di Ioas, gli succedette e condusse Israele ad un alto livello di successo politico e prosperità economica, situa­ zione che si trova riflessa nel libro di Amos. Questo profeta, che nacque probabilmente mentre Eliseo era ancora in vita, doveva pronunciare un giu­ dizio sul penultimo rappresentante della dinastia stabilita con il sostegno di Eliseo. A questo punto dobbiamo interrompere la storia, per riprenderla nel capitolo seguente.

Capitolo terzo

IL PERIODO DELL'ESPANSIONE ASSIRA

8. La situazione internazionale

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Durante il periodo considerato nel precedente capitolo, il IX secolo a.C., il contesto internazionale degli avvenimenti in Israele e Giuda era in gran parte limitato agli altri Stati di grandezza comparabile nel corridoio siro-palestine­ se, e tra essi, in particolare, Damasco. Gli Assiri avevano cominciato ad intro­ mettersi in quell' area sotto Assurbanipal II (884-859) e Salmanassar III (858824), ma il loro movimento espansionistico era stato fermato da una insolita coalizione di questi stati aramei, compreso Israele, alla battaglia di Karkar sull' Oronte (853 a.C.). Con l' ascesa di Tiglat-Pileser III, nel 745 , tuttavia, un secolo di prolungata espansione imperiale degli Assiri si concluse con la sot­ tomissione dell' intera area ed anche, per un certo periodo, con l' occupazione dell' Egitto. Questo fatto creò per i regni di Israele e di Giuda una situazione completamente nuova, che era destinata a lasciare un segno indelebile sulle loro tradizionali credenze religiose e sul culto. Era il segnale dell' inizio dei grandi imperi mondiali, l' ascesa e la caduta dei quali sono descritte, con un simbolismo impressionante, dagli scrittori apocalitticF . Anche se non si affer­ ravano immediatamente le implicazioni, venivano messi in questione tutti i culti nazionali e le divinità locali, forzandoli ad adattarsi ad una situazione completamente nuova, per evitare il rischio di scomparire dalla scena. Il periodo da discutere comincia pochi decenni prima dell ' ascesa di Tiglat-Pileser e termina con la morte di Assurbanipal intorno al 627 a. C., data a partire dalla quale ci fu il rapido declino dell ' impero assiro. Per quan­ to riguarda i due regni, corrisponde al periodo che inizia negli ultimi anni della dinastia di Ieu nel regno di Samaria e va fino alle riforme religiose di Giosia in Giuda. Se ne parliamo come l ' epoca della profezia "classica", dobbiamo aver presenti le linee di continuità con il passato a cui si è fatto riferimento precedentemente. Per essere più specifici, il primo degli oracoli contro le nazioni straniere in Amos riguarda Damasco e il suo re Cazael (Am 1 ,3-5), che fu designato da Eliseo (2 Re 8,7- 1 5). Di più, l' oracolo con­ danna Damasco per il suo barbaro trattamento di Galaad, senza dubbio durante le campagne riportate nella storia (2 Re 1 0,32-33). La distinzione convenzionale tra profezia "primitiva" e "classica" dovrebbe, quindi, solle­ vare alcune questioni da esaminare. Fino a qual punto le differenze sono dovute alla nuova situazione c o n la quale i due regni si tro vano a confrontarsi, più o meno a partire dalla metà dell ' viii secolo? Queste diffe­ renze sono sostanziali o sono dovute, piuttosto, all ' adozione di differenti espressioni letterarie e di un differente modo di trasmissione? Più specifica-

1 N. GoTIWALD, Al! the Kingdoms of the Earth, 94, ha anche fatto riferimento a Tiglat-Pileser come al «padre dell ' escatologia israelita>>.

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mente, perché cominciando, più o meno, in questo periodo abbiamo colle­ zioni di materiale profetico, piuttosto che narrazioni biografiche ed agiogra­ fiche riguardanti personaggi profetici? Prima di tentare di rispondere a queste domande, dobbiamo, in maniera previa, esporre brevemente il corso degli avvenimenti durante questo perio­ do fatale dell ' viii secolo e dell ' inizio del vn. Qualunque cosa si pensi dell ' affermazione di Max Weber, secondo la quale l' interesse primario dei profeti era la politica estera, nel senso che gli affari internazionali costitui­ vano il teatro dell ' attività del loro dio, è quanto meno chiaro che essi non possono essere compresi prescindendo da questi avvenimenti. In ciò che segue, ci limiteremo a quei movimenti e a quegli avvenimenti che ebbero effetti, più o meno direttamente, sui regni di Israele e Giuda. Dopo una breve ondata in avanti nel IX secolo, gli Assiri . sperimentarono un mezzo secolo di declino, durante il quale gli Stati siro-palestinesi furono in condizione di perseguire indisturbati le loro politiche. La dinastia fondata da Ieu ebbe, dunque, la possibilità di consolidarsi, raggiungendo un culmine di successo politico e di espansione economica sotto Geroboamo II (786746). In Giuda si verificò più o meno la stessa situazione, durante il lungo regno di Ozia (7 83-742) 2 • L' assassinio del figlio e successore di Geroboa­ mo, Zaccaria, dopo meno di un anno di regno, coincise con l' ascesa di Tiglat-Pileser, e può esserci stata qualche connessione tra i due fatti. Così, la dinastia giunse al termine e seguì allora, nel Regno del Nord, un periodo di caos (745-722) durante il quale ascesero al trono cinque re, di cui tre furono assassinati e un altro, l' ultimo, fu deportato dagli Assiri. L' ascesa dell' usurpatore Tiglat-Pileser III inaugurò un secolo di imprese che portarono l' Assiria all ' apogeo del suo potere. Il successo assiro fu costruito sulla base di un esercito permanente altamente organizzato che, diversamente dalle forze messe in campo dai poteri più piccoli, non doveva tornare a casa, ad intervalli regolari, per la semina e per la raccolta. Gli Assiri non sono famosi per il loro contributo alla letteratura e alle arti. Come ha sottolineato uno studioso, essi hanno lasciato testi notevoli per la loro difficoltà linguistica e per la povertà intellettuale3 • Nell ' arte della guerra,

2 Mentre le date relative ai governanti assiri avranno, generalmente, un margine d'errore di non più di uno o due anni, la cronologia dei re di Israele e di Giuda è ancora soggetta a dibattito e le date devono essere considerate approssimative; vedere le opzioni elencate in J.H. HAYES - J.M. MILLER, lsraelite and Judaean History, 682-683; J.H. HAYES - P.K. HOOKER, A New Chronology for the Kings of Israel and Judah, John Knox Press, Atlanta 1 988. 3 MORTON S MITH, in J.A. GARRATY - F'ETER GAY (edd.), The Columbia History of the World, Harper & Row, New York 1 972, 1 5 3 .

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però, erano tecnologicamente molto superiori a tutti quelli che li avevano preceduti e specialmente nell' arte della guerra d' assedio. Essi furono anche i primi, per quanto ne sappiamo, a commettere atrocità contro la popolazio­ ne civile come intenzionale strumento di politica e, in caso di rivolta, a pra­ ticare la deportazione in massa. Più importante è il fatto che, per la prima volta nella storia, Tiglat-Pileser organizzò un' amministrazione imperiale comprendente province governate da ufficiali assiri e, specialmente in peri­ feria, stati vassalli legati da trattati, alcuni dei quali ci sono pervenuti. Con questi mezzi, l'Assiria gestì, durante il secolo seguente, l ' estensione del suo dominio dal Caucaso al Golfo Persico e dal Tigri al Mediterraneo. Il "re del mondo", come Tiglat-Pileser chiamava modestamente se stesso, cominciò nel 738 una campagna nel Nord della Siria, occupando Hamat e riducendo al vassallaggio Damasco e Israele. Gli annali assiri registrano che i re di questi due stati, rispettivamente R�unnu (Rezin, fs 7, 1 ) e Menachem, furono obbligati a pagare un tributo (cfr. 2 Re 1 5 , 1 9-20). Quattro anni più tardi era di ritorno per una campagna contro le città filistee, occupò Gaza, il cui re, Hanno, fuggì in Egitto, e raggiunse perfino il Wadi el- 'Arish, il confi­ ne tradizionale con l' Egitto. Durante questa campagna, o subito dopo, pro­ babilmente nell' estate del 734, Damasco ed Israele, quest' ultimo governato ora dall' usurpatore Pekach (737-732), tentarono di forzare Acaz di Giuda ad entrare in un' alleanza anti-assira. Quando questi, molto comprensibilmente, obiettò, gli alleati del Nord invasero Giuda con l' intenzione di rimpiazzare Acaz con un loro fantoccio (2 Re 1 6,5 ; fs 7 , 1 -8, 1 5 ; 1 7, 1 -6; Os 5,8-14; 8,71 0). Contro l' avvertimento profetico, Acaz fece appello agli Assiri per esse­ re aiutato, una mossa fatale che doveva inaugurare un lungo periodo di vas­ sallaggio. L' anno seguente Tiglat-Pileser fece l' annessione della Galilea e della regione settentrionale della Transgiordania, ritagliando da queste regioni rispettivamente le province di Megiddo e Galaad. Ci furono le abi­ tuali deportazioni e tutto quello che restò fu l ' insignificante stato intorno alla città di Samaria, nella regione montuosa centrale. Pekach fu assassinato e Osea, l' ultimo re di Israele, ascese al trono come vassallo dell' Assiria. In questo stesso periodo, anche Damasco subiva l' incorporazione nel sistema imperiale assiro. Qualche tempo dopo l' ascesa di Salmanassar V, Osea rup­ pe il suo giuramento di obbedienza cospirando con una delle dinastie che in quel tempo rivaleggiavano in Egitto. L' esito di quest' azione sconsiderata fu l' assedio e la distruzione di Samaria, la deportazione di oltre 27000 persone e la creazione di ancora un' altra provincia assira, quella di Samerina (722). Vi furono condotti gruppi stranieri - e continuarono ad esservi condotti ad intervalli successivi (Esd 4,2. 10; fs 7,8b) - per prendere il posto dei deporta­ ti e, a tutti gli effetti pratici, le dieci tribù scomparvero dalla storia.

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Come è stato appena notato, l' esito dell' appello di Acaz a Tiglat-Pileser fu che per qualcosa più di un secolo, fino alla morte di Assurbanipal (627), Giuda restò, di diritto e di fatto, un vassallo assiro. Anche se non è sempre possibile precisare i dettagli, l' impatto di questa situazione sulle forme tradizionali della vita religiosa non poteva essere stato positivo. I Giudei e, più tardi, gli ebrei non furono i soli a scoprire che la soggezione a un grande impero raramente lascia immodificati i culti locali. Le cronache assire e i trattati di vassallaggio assegnano un posto di primo piano ad Assur, divinità principale del pantheon imperiale, nel cui nome erano state intraprese le vaste conquiste nell ' area del Vicino Oriente. Era il «signore di tutte le ter­ re» ; i trattati di vassallaggio, come quello che legava Giuda alla corte impe­ riale, erano conclusi in suo nome, il vassallo prendeva su di sé «il giogo di Assur». La politica imperiale assira rispetto ai culti locali non sembra essere stata del tutto coerente. Ci sono casi di tali culti smantellati ma anche, più raramente, restaurati. Lo storico israelita, per esempio, registra che dopo la caduta di Samaria l' amministrazione locale richiese un sacerdote di YHWH, per insegnare ai coloni la legge del paese (2 Re 1 7,24-28), proprio come i Persiani mandarono Esdra ad insegnare «la legge del Dio del cielo» nella provincia Trans-eufratica del loro impero (Esd 7). Ci furono anche casi in cui il culto imperiale assiro fu imposto, benché tale pratica non sembri esse­ re stata quella normale. Tutti i vassalli, comunque, dovevano sostenere que­ sto culto con un tributo annuale. Da parte degli Israeliti, a molti dovette sembrare che YHWH fosse stato sconfitto da Assur e che i disastri fossero dovuti all' abbandono delle nati­ ve divinità della vegetazione, una situazione che è esplicitamente attestata per il periodo successivo alla caduta di Gerusalemme ( Ge r 44, 1 5 - 1 9) . Come minimo, l a tendenza al sincretismo, già ben sviluppata, dovrebbe essersi rinforzata; e questo è esattamente ciò che vedremo verificarsi. Per converso, i periodici tentativi di purificare il culto di YHWH e di ripristi­ nare la tradizione, attestati lungo questo secolo, erano inevitabilmente connessi ai tentativi di spezzare il giogo dell' oppressore e del suo dio on­ nipresente. Salmanassar V, conquistatore di Samaria, morì subito dopo la caduta di quella città, ma la medesima politica espansionista fu proseguita dal suo successore, Sargon II (722-705). Poco dopo la sua ascesa al potere, dovette soffocare a Gaza una ribellione fomentata dagli Egiziani, e otto anni più tar­ di fu il turno di Asdod, un' altra città filistea. Gli annali del suo regno ci informano che Giuda, ora sotto il governo di Ezechia (7 1 5-689), prese parte a questa rivolta, ma non ci viene detto con quali conseguenze. Lo storico biblico pure suggerisce che fu coinvolto in una ribellione con il re babilone-

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se Marduk-apla-iddin (Merodak-Baladan, 2 Re 20, 1 2- 1 9), una mossa che fu sostenuta anche da Elamiti ed Arabi. L' ascesa di Sennacherib nel 705 , accompagnata da prolungati disordini interni, fu il segnale per ulteriori sollevazioni nell' impero. La purificazione del culto operata da Ezechia nel Tempio di Gerusalemme e per tutto il paese (2 Re 1 8, 1 -4; 2 Cr 30, 14; 3 1 , 1 ), come pure la fortificazione della capitale e la messa al sicuro della sua riserva d' acqua (2 Re 20,20; 2 Cr 32,5 .30; Is 22,9- 1 1 )\ furono compiute quasi certamente, nella prospettiva di approfitta­ re di questa situazione. Sennacherib, tuttavia, riprese in mano la situazione e dal 70 l aveva riaffermato la sua influenza sulle città fenice e filistee, che ancora· una volta erano state sostenute dall' Egitto e, dopo aver distrutto le città di Giuda che si trovavano sulla sua strada, investì Gerusalemme. Su questo punto gli annali assiri sono abbastanza chiari. Imprigionato in Gerusalemme, come un uccello in gabbia, con il resto del paese devastato, Ezechia dovette sottomettersi e pagare un tributo ancora più pesante. La nar­ razione biblica, tuttavia, sembra aver fuso due versioni dell ' accaduto. Una di queste è essenzialmente concorde con i rapporti assiri (2 Re 1 8 , 1 3 - 1 6), mentre l' altra sembra essere un racconto piuttosto leggendario dell' annichi­ lamento dell ' esercito assiro che accerchiava la città, seguito subito dopo dalla morte del tiranno ( 1 9,35-37). Quest' ultimo, immortalato nel poema di Byron che descrive gli Assiri piombare come un lupo sul gregge, continua ad essere oggetto di un dibattito senza fine tra gli studiosi biblici. L' esito, tuttavia, è sufficientemente chiaro: Giuda non fu, per qualche ragione, incor­ porato nell ' impero assiro e questo fatto, in se stesso, può aver originato la tradizione di una miracolosa liberazione. Giuda continuò ad essere uno stato vassallo e, malgrado parecchi tentativi, non riuscì mai a riguadagnare una piena indipendenza. Sennacherib perse la vita in una rivolta di palazzo, non, come suggerisce la storia biblica (2 Re 1 9,37), subito dopo la campagna del 70 1 , ma dopo una ventina di anni. Gli successe Assarhadon (680-669), che non solo man­ tenne, nonostante la ribellione occasionale, il territorio siro-palestinese, stra­ tegicamente decisivo per la sua funzione di ponte, ma avanzò pure alla con­ quista dell ' Egitto nel 67 1 . Relativamente alla sopravvivenza dello stato vas­ sallo di Giuda, conosciamo poco da quel tempo (70 1 ) fino all ' ascesa di Gio­ sia (640) . Tra i re vassalli dell ' Ovest, menzionati negli annali di Assarha­ don, c ' è Manasse, il cui lungo regno (689-642) seguì quello di suo padre

4 Vedere ANET, 32 1 , per l ' iscrizione di Siloe, incisa dopo che gli ingegneri di Ezechia ebbero completato il tunnel che portava l' acqua dalla sorgente di Gihon alla piscina di Siloe.

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Ezechia. Lo storico deuteronomista non ha assolutamente niente di buono da dire riguardo a lui (2 Re 2 1 , 1 - 1 8). Per il disfacimento dell' opera del suo predecessore, la reintroduzione dei culti alle divinità sotterranee, nonché l' erezione di altari per l'esercito del cielo nel recinto del Tempio, fu ritenuto responsabile dell 'esilio e della deportazione che Giuda dovette patire meno di mezzo secolo dopo la sua morte. È del tutto verosimile, come si è già suggerito, che ci fosse una recrudescenza della religione cananea durante questo periodo di vassallaggio, ed è anche possibile, addirittura probabile, che culti assiri fossero introdotti nel paese se non c' erano già. Ma non è una coincidenza che la nostra fonte principale faccia le lodi di Ezechia e Giosia, che resistettero attivamente alla sovranità assira, e denunci Manasse che non fece altrettanto. Il Cronista, comunque, generalmente non considerato fonte storica attendibile quando diverge dai libri dei Re, riporta che Manasse fu deportato a Babilonia e poi, dopo essersi pentito, ebbe il permesso di tornare a casa (2 Cr 33, 1 0- 1 3). Ci informa pure che Manasse rinforzò le difese della sua capitale ed avviò una riforma del culto (33 , 1 4- 1 7) . Queste notizie spesso sono interpretate come il modo usato dal Cronista per spiegare perché Manasse diresse il regno tanto a lungo in apparente sfida alla giustizia retri­ butiva divina, mentre Giosia, ovviamente un buon re, patì una fine prematu­ ra e violenta. Ma la notizia della deportazione e della fortificazione della città non sembra un' invenzione, cosicché si deve lasciare aperta la possibi­ lità che Manasse si sia effettivamente ribellato, forse a sostegno di Shama­ sh-shum-ukin, fratello di Assurbanipal (669-627), che rivendicò il trono di Babilonia nel 652. Di Amon, figlio di Manasse, che regnò per due anni o meno (642-640), sappiamo solo che fu assassinato, in conseguenza di una cospirazione di palazzo e che i suoi assassini furono subito dopo eliminati da un gruppo conosciuto come «il popolo del paese», che insediò sul trono il figlio di Amon, Giosia, che aveva otto anni (2 Re 2 1 , 1 9-26). Possiamo solo indovi­ nare cosa abbia provocato questi torbidi. Non è inverosimile che durante il breve regno di Amon, come durante quello di suo padre (2 Re 2 1 , 1 6), esplo­ desse la violenza tra quanti erano favorevoli ad accontentarsi dello status quo e quanti erano per la ribellione. Il successo degli Assiri nel soffocare la rivolta in Babilonia e nel conquistare Elam due anni più tardi (646) suggeri­ sce che la scelta prudente era quella della acquiescenza. Un' opportunità favorevole si sarebbe presentata solo dopo la morte di Assurbanipal, con il rapido declino della potenza assira durante la minore età del nuovo re Gio­ sta. Occasionalmente o provvidenzialmente, l' Assiria cominciò a rappresenta-

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re una schiacciante minaccia per i regni di Israele e di Giuda in un periodo (la seconda metà dell ' viii secolo a.C.) in cui le classi dominanti di questi regni iniziavano a consolidare ed estendere il loro potere. Sia i documenti biblici sia i dati archeologici, entrambi scarsi e spesso di incerta interpreta­ zione, indicano che questa fu un' epoca di sviluppo urbano, di espansione del commercio e di crescente disponibilità di articoli di lusso. L' estensione e la popolazione di Gerusalemme crebbero significativamente in quel tempo, e gli scavi attestano un simile sviluppo per altri centri maggiori come Lachi­ sch (strati IV e III), Meghiddo (IVa), Hazor (VIII) e Dan (III, Il). Gli oggetti di avorio scoperti nell' enclave regale in Samaria, la nuova capitale fondata da Omri nel secolo precedente (l Re 1 6,24), illustrano il contrasto tra il benessere e l' abbondanza delle classi al potere e l' esistenza a livello di sopravvivenza della maggior parte della popolazione che viveva con i frutti della terra. Di grande valore diagnostico sono i sessantacinque cocci con iscrizioni (6straka), trovati nello stesso luogo, che registrano spe­ dizioni di vino e olio dai siti del regno destinate al personale di palazzo, inclusa la famiglia reale. Possiamo considerare questo particolare come tipi­ co della redistribuzione delle risorse verso l ' alto che si verificava in quel tempo. Alcuni dei luoghi di provenienza sono insediamenti tribali noti da liste bibliche (per es., Sichem), mentre altri sono probabilmente villaggi o fattorie nelle vicinanze della città capitale5 . Questa combinazione costitui­ sce una delle tante indicazioni dell' emergere e del consolidarsi di un sistema statale nel processo di rapido accostamento e di assimilazione di sistemi sociali tradizionali esistenti. Questi erano basati sulla rete di parentela (famiglia, clan, tribù), con i suoi abituali costumi e rituali e sul possesso (teoricamente inalienabile) di un appezzamento di terreno da parte di ogni famiglia. L' estensione ad ogni sfera di esistenza del potere coercitivo dello stato � includendo le tasse, il servizio militare, i lavori forzati e l ' espropria­ zione di proprietà patrimoniali - creò una situazione di disorientamento sociale, un più duro contrasto tra ricchi e poveri e, in generale, accrebbe la sofferenza per la gran massa della popolazione. La situazione di squilibrio interno fu collegata, nell' interpretazione profe­ tica degli avvenimenti, con la minaccia esterna - e nell' esito finale - costi­ tuita dalla superpotenza assira. Prima di trattare in successione le quattro grandi figure dell' viii secolo (Amos, Osea, Michea, Isaia), poche osserva5 Sugli 6straka di Samaria, vedi J.C.L. GIBSON, Textbook of Syrian Semitic lnscriptions, vol. l , 5-20.7 1 - 8 3 ; A . LEMAIRE, lnscriptions Hébrai"ques, vol. l , 23-8 1 .245-250; W . SHEA, The Date and Purpose of the Samaria Ostraca, in IEJ 27 ( 1 977) 2 1 -22; A. MAZAR, Archaeology of the Land of the Bible, 409-4 1 0.

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zioni preliminari sono necessarie. Primo : anche se tutti i quattro "libri" sono stati sottoposti ad un grande lavoro editoriale e sono, nella loro forma pre­ sente, il prodotto di un' epoca molto successiva, riteniamo possibile identifi­ care, con un buon grado di probabilità, un nucleo di detti che risalgono agli individui nominati nell ' intestazione. Secondo : nessuno dei quattro è identi­ ficato come un niibi' nelle intestazioni dei libri, aggiunte in una data poste­ riore, e abbiamo visto che ci sono buone ragioni per credere che nessuno di loro avrebbe voluto essere riconosciuto come un niibl'. Sia la forma, sia il contenuto dei loro detti ci obbligano a ritenerli di un livello sociale, cultura­ le e di istruzione relativamente elevato. Weber li ha descritti come demago­ ghi e libellisti, altri hanno trovato più appropriata la designazione di poeta, oratore, o dissidente intellettuale6 • Dopo aver lavorato sui testi, il lettore può decidere nel caso quale di queste designazioni sia appropriata. Terzo: ben­ ché i quattro in questione provengano da ambienti differenti, si differenzino molto per altri aspetti, e mai si riferiscano esplicitamente uno all ' altro, i loro pronunciamenti pubblici convergono in una tradizione singola ma multifor­ me, che avrà un potente effetto lungo i restanti due secoli della monarchia e ben oltre.

9. Amos

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È divenuto un luogo comune datare gli inizi della profezia "classica" con Amos, intorno alla metà dell ' viii secolo a.C. Come è stato notato preceden­ temente, tuttavia, questa posizione può portarci a trascurare gli elementi di continuità con la profezia primitiva e ad accettare certi presupposti circa la natura della profezia in generale che possono essere fuorvianti, se non del tutto falsi. La distinzione tra "primitiva" e "classica", per esempio, general­ mente va insieme ad una valutazione negativa dell ' estasi ed il suo scopo è preparare l' affermazione che la genuina autorità profetica riposa sulla paro­ la, piuttosto che sulle manifestazioni dello spirito. Questo modo di enfatiz­ zare il carattere "protestante" della profezia, tuttavia, non riesce a tenere adeguatamente conto dell ' evidenza di esperienze estatiche tra i profeti dall ' VIII al VI secolo e della frequenza con la quale le comunicazioni verbali sono descritte come radicate in un' esperienza personale straordinaria; una testimonianza è la notevole riga di apertura, «Parole di Amos . . . che egli vide in visione» (Am l , l ; cfr. fs 1 , 1 ; Mi l , l ; Ab l , 1 ) . Bisognerebbe anche notare che l' impressione d i una frattura completa ha molto a che fare con il cambiamento della forma letteraria, da storie riguar­ danti i profeti che contengono detti ad essi attribuiti, a collezioni di detti in cui l' elemento biografico, quando è presente, è minimo e incidentale. Nel materiale riguardante Elia, per esempio, le comunicazioni divine sono intro-

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dotte dalla formula «Gli fu rivolta la parola di YHWH» (l Re 1 7,2. 8 ; 1 8, 1 ; 1 9,9; 2 1 , 1 7.28). Nei libri profetici si ha una trasposizione in prima persona (per es., Os l , l ). Quando sono trasmesse ad altri da Elia, tali comunicazioni sono precedute dali' introduzione profetica fissa, «Così dice YHWH» (l Re 1 7 , 1 4 ; 2 1 , 1 9 ; 2 Re 1 ,4.6. 1 6) o dalla un po' meno comune «Per la vita di YHWH Dio d'Israele» (l Re 1 7, 1 ; cfr. 1 8, 1 5). Dall ' altra parte, "leggende" biografiche ricorrono nei libri profetici (per es . , Is 36-39; Ger 52) ed in alcuni casi abbiamo ciò che sembra essere dei paralleli, uno in terza e l' altro in prima persona, dello stesso avvenimento (Os 1 ,2-2, 1 ; 3, 1 - 5 ; Ger 7, 1 -20; 26, 1 -6) . Il racconto del confronto tra Amos e il sacerdote di Betel (7 , 1 0- 1 7) è il solo passo biografico nel libro e sarà importante per noi considerare la sua relazione all' insieme dei detti e al racconto deuteronomista del regno di Geroboamo II, in 2 Re 1 4,23-29. Rimane ancora senza risposta questa domanda: perché abbiamo collezio­ ni di detti attribuite ai profeti da questo momento in poi, o, in altri termini, perché abbiamo un Libro di Amos e non un Libro di Elia? Forse la risposta più semplice consisterà nel sostenere che, a partire dai profeti dell ' viii seco­ lo, fu attribuita maggiore importanza a ciò che il profeta realmente diceva piuttosto che al tipo di personaggio che era o alle cose che faceva. Questo, a sua volta, può avere qualcosa a che fare con la circostanza che, cominciando da Amos, i profeti, per lo più, diressero il loro messaggio all ' intera popola­ zione piuttosto che ad un individuo; e questo si verificò a causa della situa­ z i o n e c o m p l e tamente n u o v a che venne a reali z z ar s i s u l l a s c e n a intemazionale7• Quando gli eventi avrebbero seguito il loro corso e i due regni sarebbero stati inghiottiti dai grandi imperi, l' attenzione si sarebbe concentrata una volta ancora sulla persona e sull ' opera del profeta, una situazione che può essere osservata in Geremia, nel Servo di Isaia e nel ritratto deuteronomista di Mosè8 . Amos è il terzo (il secondo nei LXX) nel Libro dei Dodici Profeti (o Do­ dekapropheton), una raccolta che esisteva già al tempo di Ben Sira, all ' ini­ zio del n secolo a.C. (Sir 49, 1 0). Il principio dell' ordinamento sembra esse­ re cronologico, benché la critica scientifica abbia trovato necessario revi­ sionarlo per certi aspetti. La giustapposizione di Gioele ad Amos può esse-

7 J.S. HOLLADAY, JR., Assyrian Statecraft and the Prophets of Israel, in HTR 63 ( 1 970) 29-5 1 , sostiene l' esistenza di un legame con la pratica assira di considerare i l popolo intero, piuttosto che il solo governante, responsabile dell' osservanza delle obbligazioni di un trattato. 8 Vedere G. VON RAD, Old Testament Theology Il, 273-277 [trad. it., Teolqgia dell 'Antico Testa­ mento 2, Paideia, Brescia 1 974] .

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re dovuta ai molti temi che i due libri hanno in comune: una piaga di locu­ ste, la siccità presentata come un fuoco, la lamentazione rituale, il giorno di YHWH, gli sconvolgimenti cosmici, la promessa di una miracolosa ferti­ lità. L' epigrafe all' inizio di Amos ( 1 ,2) ricorre pure, in una forma legger­ mente differente, verso la fine di Gioele (3, 1 6 [TM 4, 1 6] ) e sembra che i libri siano stati intenzionalmente collegati per il tema della presenza di YHWH nel Tempio. Queste ed altre indicazioni suggeriscono una recensio­ ne gerosolimitana dei libri profetici, durante il periodo del secondo Tem­ pio. E questo ci porta alla questione cruciale della storia della redazione di Amos. Il libro si può facilmente dividere in tre parti. Dopo la soprascritta (Am 1 , 1 ) e l' epigrafe ( 1 ,2) ci sono otto detti contro varie nazioni, l' ultima delle quali è Israele, che vengono condannate per differenti atrocità e crimini ( 1 ,3-2, 1 6). La parte centrale del libro contiene una collezione di detti, per lo più brevi, attribuiti ad Amos (3-6), mentre l' ultima sezione (7-9) consiste in cinque racconti di visione (7 , 1 -3 .4-6 .7-9; 8 , 1 -3 ; 9, 1 -4) con espansioni ed interpolazioni. Brevemente, tratteremo nell ' ordine queste parti. La sintassi del primo verso, con la sua doppia proposizione relativa, sug­ gerisce che la frase «che era uno dei pastori di Tekoa» sia stata interpolata, in un titolo che diceva «Parole di Amos che vide in visione su [o: contro] Israele nei giorni di Ozia re di Giuda e nei giorni di Geroboamo il figlio di Ioas, re d'Israele» . Questo tipo di introduzione, che apre altri libri profetici (Isaia, Geremia, Osea, Michea, Sofonia), fa venire in mente lo storico deute­ ronomista, specialmente la sua pratica di sincronizzare l' autorità regnante nei due regni (cfr. Os 1 , 1 ) . Questo fatto suggerirà, dunque, la conclusione che la scuola deuteronomista fu responsabile di una collezione di libri profe­ tici, forse ristretta a quelli elencati prima, che hanno questo titolo caratteri­ stico9 . Abbiamo già notato l' epigrafe (Am 1 ,2), che ha l' effetto di far derivare il giudizio divino, pronunciato da Amos, dal Tempio di Gerusalemme come sua fonte ultima - la prima di molte indicazioni per cui i detti furono sotto­ posti a una redazione giudaica dopo il 722 a.C. Seguono poi gli oracoli con­ tro una serie di stati c onsiderati nemici ( 1 ,3-2,5) 10 . Radicate in un' antica

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Vedere le annotazioni di E. AUERBACH, Die grosse Uberarbeitung der biblischen Biicher, in SVT l ( 1 953) 8-9, sull' attività redazionale durante l' esilio; e, con riferimento ad Amos, W.H. ScH­ MIDT, Die deuteronomistische Redaktion des Amosbuches, in ZA W 77 ( 1 965) 1 68- 193. 10 Sullo sfondo cultuale dei detti contro le nazioni, vedere, in aggiunta ai commentari, A. BENT­ ZEN, The Ritual Background of Amos 1:2 - 2: 1 6, in OTS 8 ( 1 960) 85-99, e M. WEISS, The Pattern of the 'Execration Texts ' in the Prophetic Literature, in IEJ 19 ( 1 969) 1 50- 1 57 . Altri aspetti sono

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pratica rituale che poteva essere adattata a circostanze storiche mutevoli, le condanne di nazioni straniere comprendono, in un ampio cerchio, i vicini di Israele, vale a dire i nemici, muovendo in senso antiorario da Nord ad Est. È generalmente riconosciuto che i detti contro Tiro, Edom e Giuda sono poste­ riori ai giorni di Amos, lasciando una serie di cinque, che termina - para­ dosso strabiliante - con Israele stesso 1 1 • Il detto per Giuda (2,4-5) è redatto nel tipico linguaggio deuteronornista, mentre gli altri due potrebbero essere stati aggiunti - o aggiornati - in qualunque momento, durante il periodo esi­ lico o all ' inizio del periodo del secondo Tempio (cfr. Gl 3,4-8 [TM 4,4-8]). Sembra pure verosimile che il rimprovero storico contro Israele (Am 2,91 2), ancora un rinvio a terni deutoronornisti ben conosciuti, sia stato inserito tra l' accusa (2,6-8) e il verdetto (2, 1 3 - 1 6), che abitualmente in Amos vanno insieme 12 • L' apostrofe di apertura della fonte dei detti (Am 3 , 1 -2), di carattere deute­ ronornico, applica il messaggio del profeta a tutto Israele, non solo alle tribù del Nord e, dunque, rafforza il punto sottolineato dall' inserzione del detto contro Giuda. Il poema sull' ispirazione profetica (Am 3,3 -8), spesso utiliz­ zato come prova di u n ' influenza s apienziale su Amos 1 3 , ha ricevuto un' interpolazione deuteronomista molto espressiva - la più evidente nel libro - al v. 7 : Certamente YHWH Dio non fa niente senza rivelare il suo segreto ai suoi servi, i profeti. discussi da M. FISHBANE, The Treaty Background of Amos /, I l and Related Matters, in JBL 89 ( 1 970) 3 1 3-3 1 8 ; S.M. PAUL, Amos 1,3-2,3, a Concatenous Literary Pattem, in JBL 90 ( 1 97 1 ) 397403 ; W. RuooLPH, Die angefochtenen VolkersprUche in Amos l und 2, in K.-H. BERNHARDT (ed.), Schalom. Studien zu Glaube und Geschichte Jsraels. A. Jepsen zum 70. Geburtstag, Calwer Ver­ lag, Stuttgart 1 97 1 , 45-49 (difende l ' autenticità dei detti); M.E. PoLLEY, Amos and the Davidic Empire. A Socio-Historical Approach, Oxford University Press, Oxford 1 989. 1 1 In corrispondenza ai cinque oracoli (originali) contro le nazioni ci sono cinque detti che cominciano «Ascoltate [questa parola] >> (Am 3, 1 . 1 3 ; 4, 1 ; 5, 1 ; 8,4), cinque rimproveri (4,6- 1 1 ) e cinque visioni; cfr. il poema con il ritornello ripetuto cinque volte in Js 5,25; 9,8 . 1 6.20; 1 0,4, che ha legami chiari con Amos e il cui verso di apertura («YHWH ha mandato una parola contro Gia­ cobbe», Js 9,8 [TM 9,9]) può riferirsi alla predicazione di Amos. Vedere R. FEY, Amos und Jesaja, Neukirchener Verlag, Neukirchen-Vluyn 1 963, 89- 104. 1 2 H.W. WOLFF, Joel and Amos, 168- 1 7 1 , e SCHMIDT, Die deuteronomistische Redaktion, 1 721 74, attribuiscono i vv. 10- 1 2 a un editore deuteronomi(sti)co, ma l' allusione nel v. 9 alla distruzio­ ne dei giganteschi Amoriti della Transgiordania pure è un tema deuteronomico; cfr. Dt 2, 1 0.20-2 1 . 1 3 H.W. WOLFF, Amos the Prophet, 6- 1 6 (= Amos ' geistige Heimat, Neukirchener Verlag, Neukirchen-Vluyn 1 964, 5- 1 2) ; S. TERRIEN, Amos and Wisdom, in B. W. ANDERSON - W. HARREL­ SON (edd.), lsrael 's Prophetic Heritage, 1 06- 1 1 4 ; J.L. CRENSHAW, The lnfluence of the Wise upon Amos, in ZA W 79 ( 1 969) 42-52.

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Il verso precedente, Avviene forse una sventura nella città senza che YHWH l' abbia provocata?

potrebbe facilmente essere stato letto come un' accusa del Dio di Israele per aver voluto realmente la distruzione di Samaria - e di fatto anche quella di Gerusalemme . L' interpolazione, dunque, serviva come un' apologia, in accordo con uno dei temi dominanti della storia deuteronomista, cioè che non si poteva ritenere Dio responsabile dei disastri che si erano abbattuti sui regni, poiché egli aveva avv ertito il popolo mediante «i suoi servi, i profeti» 14 • Possiamo vedere qui la prima indicazione di inquietudine di fron­ te a certi aspetti del messaggio di Amos; altre saranno notate andando avanti nella lettura del libro. Meno certa, benché non del tutto improbabile, è l' opinione che uno o più dei riferimenti a B etel (Am 3 , 1 4 e specialmente la glo ssa "riguardante Betel", in 5,6) riflettano l ' estensione delle riforme di Giosia al territorio del Regno del Nord, assorbito nell ' impero assiro (cfr. 2 Re 23, 1 5-20) . Se accet­ tiamo una redazione deuteronomista dell' intero libro, questo sarebbe preve­ di bile . Lo stori c o deuteronomista non si stan c a mai di condannare l' instaurazione e il perpetuarsi del culto apostata a Bete l ed ha incluso una leggenda profetica riguardante un uomo di Dio che venne da Giuda durante il regno di un precedente Geroboamo, per predire la sua fine ignominiosa (l Re 1 3) 15 . L' origine delle strofe inniche, o "dossologie", è stato per lungo tempo oggetto di discussione, con molti studiosi che negano la loro attribuzione ad Amos. Bisognerebbe notare, tuttavia, che esse concordano bene con uno dei maggiori temi del profeta, vale a dire che il dio guerriero di Israele, il dio dei profeti estatici del precedente periodo ha ora dichiarato guerra al suo stesso popolo. La prima strofa, in particolare (Am 4, 1 3), che viene immedia­ tamente dopo la minaccia «Preparati a incontrare il tuo Dio, o Israele» - che fa riferimento ad un scontro bellicoso -, conclude in maniera mirabile i cin­ que rimproveri precedenti (4,6- 1 1 ) 16 •

14 «l suoi servi, i profeti» ( '%adayw hann•bi'im) è la formula fissa per la successione profetica negli scritti deuteronomisti (l Re 1 4, 1 8 ; 1 5,29; 1 8,36; 2 Re 9,7.36; 10, 1 0; 1 4,25 ; 1 7 , 1 3.23; 2 1 , 1 0; 24,2; Ger 7,25; 25,4; 26,5; 29, 19; 35, 1 5 ; 44,4). 15 Nel contesto, una più appropriata traduzione del lamed rispetto a RSV «per Bete!». 16 Sulle "dossologie" (Am 4, 1 3 ; 5,8-9; 9,5-6 - il termine non è del tutto appropriato), vedere, in aggiunta ai commentari, F. HoRST, Die Doxologien im Amosbuch, in ZAW 47 ( 1 929) 45-54;

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Un problema speciale è posto dalla serie di tre esortazioni a cercare YHWH piuttosto · che i santuari provinciali o, alternativamente, a cercare il bene piuttosto che il male (Am 5,4-5 . 6 . 14- 1 5). Mentre non si può attingere alcuna certezza riguardo alla loro origine, non sono facilmente conciliabili con la prospettiva di una distruzione irreversibile che prevale nell' insieme dei detti . Esse sembrano, piuttosto, sostituire un "forse" (v. 1 5 ) al "no" incondizionato che Amos rivolgeva al Regno di Israele. La forma parenetica ed omiletica, inoltre, è molto più caratteristica dello stile deuteronomista che non di quello di Amos. I deuteronomisti spesso ingiungono di "cercare" (dr§) YHWH, specialmente in connessione con il culto presso l ' unico san­ tuario legittimo. Sembrerebbe, quindi, plausibile suggerire che, anche qui, siano stati aggiunti al libro dei detti, in risposta alla nuova speranza dei terri­ tori irredentisti del Nord, risvegliati dalle aspirazioni religiose e politiche di Giosia e dei suoi uomini alla fine del VII secolo. Il nucleo della terza parte del libro di Amos è la serie di cinque racconti di visione in prima persona. I primi due (7, 1 -3 .4-6) , rispettivamente la minaccia delle locuste e della siccità, sono costruiti nello stesso modo e registrano la riuscita intercessione del profeta. La terza, la visione del filo a piombo (7,7-9), minaccia un terremoto, la distruzione delle alture e la fine violenta della dinastia 17 . A questo punto il tempo per l'intercessione è passa­ to e le ultime due visioni (8, 1 -3 ; 9, 1 -4) presuppongono che il giudizio divi­ no su Israele è ora definitivo e irreversibile. È possibile, e addirittura proba­ bile, che le visioni costituissero una collezione separata, la cui origine risale al profeta stesso, trasmessa da un discepolo. Esse sono state espanse qua e là 1 8 ; un caso particolarmente importante è costituito dalla predizione della fine violenta della dinastia di Ieu, aggiunta, probabilmente, dopo il colpo di Sallum nel 745 a.C. L' unico racconto biografico nel libro (7, 1 0- 1 7) è stato inserito fra la terza J.D.W. WATTS, An Old Hymn Preserved in the Book of Amos, in JNES 1 5 ( 1 956) 33-39; J.L. CRENSHAW, Amos and the Theophanic Tradition, in ZAW 80 ( 1 968) 203-2 1 5 ; G.W. RAMSEY, Amos 4-12 - A New Perspective, in JBL 89 ( 1 970) 1 87- 1 9 1 , suggerisce la (non plausibile) traduzione: . Sulla forma del rimprovero, nei vv. 6- 1 1 , vedere J. BLENKINSOPP, The Prophetic Reproach, in JBL 90 ( 1 97 1 ) 267-278, e sulla sua relazione all' allean­ Z!\, W. BRUEGGEMANN, Amos 4:9-13 and Israel 's Covenant Worship, in VT 15 ( 1 965) 1 - 1 5, che segue REVENTLOW, Das Amt des Propheten bei Amos, 1 20- 1 24. 17 La resa di •anak con "piombino" è incerta, dal momento che il termine, che ricorre quattro volte in Amos 7,7-8 e solo qui, sembra essere affine all ' accadico annaku, stagno. Per l' intera discussione, cfr. S. PAUL, Amos, 233-236. 18 Se hékal in Amos 8,3 significa "tempio" più che "palazzo", allora potrebbe essere che una lie­ ve alterazione ha cambiato "cantori [di genere femminile]" (stirot) in "canti" o inni (sfrot), più in linea con le caratteristiche del culto nel secondo Tempio.

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e la quarta visione 19 . Esso annota come Amasia, sacerdote addetto a Betel, avanzò presso il re un' accusa di cospirazione nei confronti di Amos, basata sulla predizione pubblica, fatta dal profeta, che Geroboamo sarebbe morto di spada e il popolo partito in esilio. In conseguenza, Amasia ordinò ad Amos di lasciare il santuario di stato e di trovarsi un impiego in Giuda - una sentenza sorprendentemente mite rispetto a ciò che ci si sarebbe potuto aspettare, nonché una testimonianza della paura che tali individui erano capaci di suscitare. In risposta, Amos negò di essere un profeta o un mem­ bro di una fraternità profetica, affermò di avere un' occupazione che gli pro­ curava il necessario per vivere ed informò Amasia di essere stato chiamato da YHWH per portare a termine una missione specifica di profetizzare al popolo d' Israele20 • Non contento di questo, giunse a predire un atroce desti­ no per Amasia e la sua famiglia, assicurandolo che lui e l' intero popolo era­ no destinati a finire in esilio. Questo passo, di provenienza diversa da quella dei detti e delle visioni, è stato inserito a questo punto a causa del precedente riferimento all ' imminen­ te destino della dinastia (7 ,9). Dà l' impressione di essere stato estrapolato da una narrazione più lunga, e originariamente si trattava forse di un racconto alternativo, meno favorevole di 2 Re 1 4,23-29, sul regno di Geroboamo 21 •

19 L'interpretazione di Am 7 , 1 4 è stata per molto tempo oggetto di disputa. C ' è un' opinione, for­ temente rappresentata, secondo la quale il contesto esige un' affermazione affermativa di Amos in uno dei seguenti sensi: (a) «>; vedere specialmente H.H. RoWLEY, Was Amos a Nabi?, in J. FùcK (ed.), Festschrift Otto Eissfeldt, Max Niemeyer, Halle 1 947, 1 9 1 - 198; (b) «Forse non sono un profeta . . . ?>>; vedere specialmente G.R. DRIVER, Amos 7, 14, in EvTh 67 ( 1 955-56) 9 1 -92; P.R. ACKROYD, Amos 7, 14, in EvTh 68 ( 1 956-57) 94; A Judgment Narrative Between Kings and Chronicles, in G.W. CoATS B .O. LONG (edd.), Canon and Autho­ rity, 83-84; (c) «Certamente io sono un profeta . . . >>, ritenendo il lamed enfatico; S. COHEN, Amos Was a Navi, in HUCA 32 ( 1 96 1 ) 1 75- 1 7 8 ; H.N. RICHARDSON, A Critica[ Note on Amos 7, 14, in JBL 85 ( 1 966) 89; H. SCHMID, "Nicht Prophet bin ich, noch bin ich Prophetensohn ". Zur Erklii­ rung von Amos 7, 14a, in Judaica 23 ( 1 967) 73. C ' è anche la questione se la proposizione nominale (cioè, con il verbo sottinteso) debba essere tradotta al passato (come fa Rowley sopra) o al presen­ te, come fa, per es., H.-J. STOEBE, Der Prophet Amos und sein burgerlicher Beruf, in Wort und Dienst 5 ( 1 957) 1 60- 1 8 1 ; S. LEHMING, Erwiigungen zu Amos 7, 14, in ZTK 55 ( 1 958) 145 - 1 69; e molti commentatori. Vedere anche J. MACCORMACK, Amos 7, 14, in EvTh 67 ( 1 955-56) 3 1 8; A.H.J. GUNNEW EG, Erwiigungen zu Amos 7, 14, in ZTK 57 ( 1 960) 1 - 1 6. Ho ritenuto che la lettura più natu­ rale sia al presente: «>. La seconda parte dell' affermazione, «Ma YHWH mi ha preso . . . >>, non contraddice la prima. Amos sta dicendo che ha ricevuto una missione specifica, benché fosse un laico, cioè, non uno di quelli impiegati e riconosciuti come n'bi'ìm (profeti prebendari). 20 Sulla derivazione di Amos 7, 1 0- 1 7 da un resoconto diverso del regno di Geroboamo II (2 Re 1 4,23-29), cfr. P.R. ACKROYD, A Judgement Narrative (n. 20). 21 H. SCHULTE, Amos 7, 1 Sa und die Legitimation des Aussenseiters, in H. W. WOLFF (ed.), Pro­ bleme biblischer Theologie. G. von Rad zum 70. Geburtstag, Chr. Kaiser, Miinchen 197 1 , 462-

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Come è stato precedentemente mostrato, nell' ultimo passo il Dtr si preoccu­ pa di negare che YHWH sia passato al giudizio finale e completo di Israele (2 Re 1 4,27), e ciò fa sorgere l' interrogativo se con ciò facesse riferimento ad Amos, specialmente considerando che passa sotto silenzio l' attività di Amos. Se la tradizione rappresentata da A m 7 , 1 0- 1 7 era nota al Dtr, è incomprensibile che egli abbia favorito un diverso e più benevolo giudizio su questo re. Inoltre, fatto non ininfluente in considerazione dei criteri deu­ teronomici per la vera profezia (Dt 1 8, 2 1 -22), la predizione di Amos sulla fine violenta di Geroboamo apparentemente non si realizzò. Nel contesto del libro nel suo insieme, l' episodio ha non solo la funzione di legittimare la missione di Amos, ma quella di mostrare cosa accade quando il messaggio profeti co è trascurato22 • La quarta e la quinta visione sono state separate da una collezione supple­ mentare di detti (Am 8,4- 14; 9,7- 1 0), che comprende parecchie varianti di detti nel corpus principale23 • Il detto forte che pone, agli occhi di Dio, gli Israeliti allo stesso livello dei Nubiani e dei Filistei (Am 9,7-8) è stato piut­ tosto radicalmente modificato da un editore successivo che, come l' autore di 2 Re 14,27 , non era preparato ad accettare il verdetto di distruzione totale e incondizionata («Ma non sterminerò del tutto la casa di Giacobbe», v. 8b) . Il finale escatologico, che promette la restaurazione della dinastia davidica, la reintegrazione dell ' Israele disperso e un' età d' oro in cui le antiche maledi­ zioni sarebbero cambiate in benedizioni (Am 9, 1 1 - 1 5) si accorda con le spe­ ranze nutrite da differenti circoli durante l' esilio e all ' inizio del periodo del secondo Tempio e non avrebbero potuto far parte del libro prima di questo tempo. Senza sottovalutare le difficoltà legate a questo tipo di ricostruzione, pos­ siamo sintetizzare le nostre conclusioni come segue. Anche se non sentiamo parlare di discepoli di Amos, egli deve aver avuto un gruppo che lo sostene­ va e che ha conservato le sue parole e qualche ricordo delle sue attività. È stato in un tale gruppo, durante la sua vita o poco dopo, che i detti furono riuniti e le visioni registrate. La spinta iniziale può essere stata data dal grande terremoto ( 1 , 1), che Amos sembra aver predetto (vedere specialmen-

478 ; G.M. TuCKER, Prophetic Authenticity: A Form- Critical Study of Amos 7: 10- 1 7, in Int 27 ( 1 973) 423-434. 22 Queste variazioni includono Am 8,4 (cfr. 2,7; 5, 1 1 ) ; 8,6 (cfr. 2,6); 8,7 (cfr. 4,2; 6,8); 8,8 (cfr. 9,5); 8,9 (cfr. 5 , 1 8); 8 , 1 0 (cfr. 5 , 1 6- 17); 8, 1 3- 1 4 (cfr. 5,2). Come indica H.W. WoLFF, Joel and Amos, 235: . 23 Allusioni al terremoto sono state identificate in 4, 1 1 ; 6, 1 1 ; 7,7-8; 8,8; 9, 1 .

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te 4, 1 1 ; 6, 1 1 ; 7,7-8; 8,8 e 9, 1 ) 24• Un' ulteriore attività editoriale può ben aver seguito il colpo di Sallum, nel 745 , che portò la dinastia alla fine. L' aggiunta alla terza visione («Io mi leverò con la spada contro la casa di Geroboamo», 7 ,9) ha l' aspetto di una revisione del detto di Amos che annuncia la morte di spada di Geroboamo (7, 1 1 ). Inevitabilmente, il messaggio di Amos sarebbe stato applicato a Giuda, dopo la caduta del Regno del Nord nel 722 a.C. e anche questo fatto ha lasciato alcune tracce nel libro (6, 1 .5). L' estensione dell' attività riformatrice di Giosia al territorio delle tribù centrali e setten­ trionali e, specialmente, la sua distruzione del centro cultuale a Betel, si tro­ vano riflesse in quei rimaneggiamenti editoriali che portano il marchio della scuola deuteronomista. Abbiamo suggerito che la stessa scuola, ancora atti­ va durante il periodo esilico, organizzò una collezione di materiale profetico come una specie di supplemento alla storia e che una versione aggiornata di questa fu pubblicata intorno alla metà del VI secolo a.C. A questo stadio, il titolo fu ampliato nella forma tipicamente deuteronomista, fu aggiunto l' ora­ colo contro Giuda (Am 2,4-5), fu amplificata la polemica contro il culto (e il suo significato fu piuttosto radicalmente modificato, 5 , 25-27) ed altre aggiunte furono introdotte, per rendere il libro utile a soddisfare i bisogni di quell ' epoca. Nello stesso periodo, o più tardi, il finale escatologico tra­ sformò il severo annunciatore di distruzione in un messaggero di speranza e in un araldo di una nuova era prossima a venire (9, 1 1 - 1 5). Il libro, dunque, ha avuto una storia editoriale durata diversi secoli ed è illusorio supporre di poterne trarre informazioni sull ' uomo e sul suo mes­ saggio senza orientare il nostro lavoro a risalire questa storia. Il titolo data la sua attività ai regni di Ozia in Giuda (7 83-742 circa) e di Geroboamo in Israele (786-746 circa). L' informazione aggiuntiva che la sua rivelazione l' ebbe due anni prima del terremoto sarebbe utile se sapessimo quando que-

24 Cfr. Y. YADIN, Hazor li: An Account of the Second Season of Excavations - 1 956, Magnes Press, Jerusalem 1 960, 24-26, 36-37; J.A. SOGGIN, Das Erdbeben von Amos 1: l und die Chrono­ logie der Konige Ussia und Jotham von Juda, in Z4.W 82 ( 1 970) 1 1 7- 1 2 1 . Non è necessario dire che la data precisa del 760 a.C., suggerita da Yadin, non può essere archeologicamente asserita e venne probabilmente fondata sulla pratica di numerosi commentatori di datare Amos in quel tem­ po: sfortunatamente un circolo vizioso non infrequente. Se Amos 8,9 («Farò tramontare il sole a mezzodì e oscurerò la terra in pieno giorno>>) allude a un' eclissi solare, questa potrebbe essere il fenomeno ricordato per l' anno eponimo di Bur-sagale in Assiria, corrispondente al 1 5 giugno del 763 a.C. Se così fosse, l' eclissi sarebbe stata quasi totale sulla parte nord di Israele (magnitudine .982) e si sarebbe verificata di mattina cinque minuti dopo le nove (ora locale). L' impressione suscitata deve essere stata profonda e la si sarebbe interpretata come un presagio di cattiva sorte per il futuro.

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sto terremoto si verificò. Poiché ancora se ne parlava secoli dopo (Zc 14,5), deve essersi trattato di una grande catastrofe e può essere la stessa che ha lasciato il suo segno nello strato VI ad Hazor, datato, con la ceramica rinve­ nuta all' viii secolo, molto probabilmente alla prima metà del secolo 25 • Allu­ sioni ad avvenimenti storici nei detti - specialmente l' invito a ispezionare Calnè, Amat e Gat (Am 6,2) - hanno indotto alcuni studiosi a datare la sua attività dopo l' inizio dell' offensiva occidentale di Tiglat-Pileser e, dunque, dopo la morte di Geroboamo. Il riferimento storico è, comunque, abbastanza incerto e c ' è il problema che il libro non riflette in alcun modo la situazione caotica del Regno di Samaria nei decenni seguiti alla morte di Geroboamo. Possiamo, quindi, datare la sua attività nel Nord, che fu probabilmente, abbastanza breve, intorno alla metà dell' viii secolo a.C. La forma ampliata dell ' intestazione descrive Amos26 come uno degli allevatori di pecore (noqedfm) di Tekoa, un villaggio circa otto miglia a sud di Gerusalemme nel deserto di Giuda. Non dice che Amos era di Tekoa, che in ogni caso è una localizzazione sbagliata per i sicomori, così che possiamo prendere in considerazione l' ipotesi alternativa che egli abbia iniziato la sua carriera come un ufficiale di un certo tipo nel regno di Samaria27 • Nel rac­ conto del suo arresto a Betel egli stesso descrive la sua professione come custode di greggi e pungitore di alberi di sicomoro (7, 1 4) che, comunque si consideri, non giustifica l' immagine di un visionario non istruito e rozzo 28 .

25 Vedere, recentissimamente, Y. YADIN, Hazor, in M. Avi-YONAH (ed.), Encyclopedia of Arc:haeological Excavations in the Holy Land Il, Israel Exploration Society & Massada Press, Jerusalem 1 976, 485 .495 . La data più precisa del 760 a. C., precedentemente suggerita da Yadin era, presumibilmente, basata sulla pratica di parecchi commentatori di datare così il ministero di Amos e non sul fondamento di dati archeologici; vedere J.L. MAYS, Amos. A Commentary, 20. 26 Sul nome, cfr. J.-1. STAMM, Der Name des Propheten Amos und sein sprachlicher Hinter­ grund, in J.A. EMERTON (ed.), Prophecy: Essays Presented to Georg Fohrer an His Sixty-fifth Birthday, Walter de Gruyter, Berlin 1 980, 1 37 - 1 42; S. PAUL, Amos, 33-34. 27 Che Amos provenisse dal regno di Samaria piuttosto che da Giuda è stato sporadicamente sostenuto e non è escluso da alcun dato biblico; vedi H. ScHMIDT, Die Herkunft des Propheten Amos, Walter de Gruyter, Berlin 1 920, 1 5 8- 1 7 1 ; più recentemente, S.N. RosENBAUM, Amos of /srael: A New Interpretation, Mercer University Press, Macon, Ga. 1 990. 28 Il termine bOqer (Am 7, 1 4), benché hdpax leg6menon, dovrebbe significare, molto natural­ mente, uno che ha cura del bestiame o dei buoi. Non si dovrebbe insistere sulla sua incompatibilità con «YHWH mi ha preso di dietro al gregge» (�6 'n, pecore e capre, v. 1 5), poiché questo può essere un modo convenzionale di descrivere una chiamata (cfr. 2 Sam 7,8). In Am 1 , 1 egli è pre­ sentato come uno dei noq•dfm di Tekoa. Il significato più probabile di questo termine è ancora "guardiano di gregge" o "allevatore di pecore", e l' unica sua altra ricorrenza nella Bibbia ebraica, in 2 Re 3,4, con riferimento al re di Moab, nonché il suo uso in un testo ugaritico (ANET, 1 4 1 ), in relazione a dei sacerdoti, non suggeriscono una condizione sociale di basso livello. Anche se Amos si occupava di bestie destinate al sacrificio, come ha suggerito KAPELRUD, Centrai ldeas in

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Qualunque interpretazione deve tener conto della conoscenza degli affari internazionali, della familiarità con la tradizione sacra e dell' abilità poetica attestata dai detti ritenuti autentici. D ' altra parte, Amos non era, per sua stessa ammissione, e almeno al tempo del suo confronto con Amasia, un nabf' professionista (7, 1 4), e lo stesso si può dire di Osea, Michea e Isaia, tutti più o meno suoi contemporanei. Nessuna etichetta che ricopra il ruolo e l' attività di questi personaggi sarà interamente soddisfacente, ma probabil­ mente la designazione, suggerita prima, di "dissidente intellettuale" non sarà del tutto inappropriata. La notizia biografica riporta la missione di Amos al regno di Samaria e l' arresto nel santuario statale di Betel, con l' accusa di sedizione (7, 1 0- 1 7). Se, come sembra probabile, la politica espansionista di Geroboamo lo coinvolse in una guerra con Giuda, come si verificò durante il regno prece­ dente (2 Re 14, 1 1 - 1 5 ), sarebbe stato naturale interpretare i detti di Amos come un tentativo compiuto dall ' agente di una potenza ostile di minare il morale29 • Il comando di «profetizzare al mio popolo, Israele» (Am 7 , 1 5) probabilmente gli giunse accompagnato dalle visioni riportate nella terza parte del libro (cfr. Is 6, 1 - 1 3 ; Ger 1 ,4- 1 9), benché sia impossibile dire se esse si siano estese per un certo periodo di tempo o siano occorse in rapida successione, come nel caso di Zaccaria alla fine del vr secolo (Zc 1 ,7-6, 1 5). Come abbiamo visto, le prime due minacciavano disastri, che furono evitati grazie all ' intercessione profetica. La terza, la visione del filo a piombo, sembra predire il terremoto che non poteva più essere evitato, mentre nelle ultime due Amos poteva solo guardare, impotente, il panorama di distruzio­ ne determinato dal terremoto e dali ' azione militare, i mucchi di cadaveri e la mietitura di morte, il tutto svelato ai suoi occhi. I detti di Amos rimangono incomprensibili a meno di riconoscere l' assoluta certezza di uno che ha visto le cose accadere; di uno che, come è stato detto, cammina in mezzo a un popolo condannato a morte senza che lo sappia. Amos, 5-7, difficilmente questo lo renderebbe un "ufficiale del culto" e nessuno, a mia conoscen­ za, ha sostenuto che coltivare sicomori fosse una funzione cultuale. Per il significato di noqéd, vedere, in aggiunta ai commentari, S. SEGERT, Zur Bedeutung des Wortes noqed, in SVT 16 ( 1 967) 279-283. La congettura di M. Bic, Der Prophet Amos - ein Haepatoskopos, in VT l ( 1 95 1 ) 293296, che noqed si riferisse ad un esaminatore di fegati è stata confutata da A. MURTONEN, in VT 2 ( 1 952) 1 70- 1 7 1 . 29 Il resoconto del regno di Geroboamo, i n 2 Re 1 4,23-29, registra i l suo successo nel ristabilire i confini di Israele a Nord e ad Est, fino al Mar Morto (cfr. Am 6, 1 3- 14, che si riferisce a vittorie riportate ad Est del Giordano). Anche se non si fa menzione di ostilità con Giuda, anche Ozia stava perseguendo una politica espansionista in varie direzioni, compresa la regione della Transgiorda­ nia (2 Cr 26,6-8), accrescendo le occasioni di frizione. Lo storico nota pure che le campagne di Geroboamo avevano il supporto profetico (2 Re 1 4,25).

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Mentre il nucleo originale dei detti rivela una notevole varietà di forme, un costante andamento strutturale, già evidente nei detti contro le nazioni straniere, è costituito dalla sequenza accusa-verdetto, con l' ultimo elemento generalmente introdotto dalle particelle "dunque" (ldken) o "ecco" (hin­ ne h) 30 • Benché non ci siano paralleli esatti, ci sono buone ragioni per crede­ re che questa pres�ntazione sia stata presa in prestito dal linguaggio delle relazioni internazionali, specialmente tra sovrano e vassallo. Le forme diffe­ renti assunte dal verdetto corrispondono abbastanza strettamente, in ogni caso, alle maledizioni incluse nei trattati , con speciale riferimento alla minaccia di esilio presente nei trattati assiri di vassallaggio 31 . Il tema di una catastrofica disfatta militare, dell' occupazione da parte di una potenza stra­ niera con l' eventuale esilio è ripreso nel linguaggio tradizionale della guerra santa, con la differenza che la guerra è, ora, una guerra in cui YHWH pren­ de le armi contro il suo popolo (vedere specialmente Am 4, 1 2). In accordo con questo rovesciamento, un punto per il quale Amos si separa decisamen­ te dalla compagnia dei profeti suoi predecessori, il tema tradizionale del giorno di YHWH è completamente capovolto: non salvezza in battaglia, ma distruzione; non luce, ma tenebra32 • Certamente l' aspetto più notevole della predicazione di Amos è questo sistematico rovesciamento dei simboli e delle immagini tradizionali, che sostenevano la vita comune e l' autocoscienza della comunità politica ed era­ no focalizzati nel suo culto . È evidente fin dall ' inizio con l' inclusione di

30 Am 2, 1 3 ; 3, 1 1 ; 4, 12; 5 , 1 1 . 1 6; 6,7. 14; 8 , 1 1 ; 9,8.9. 31 Questo si può vedere specialmente nei trattati di vassallaggio di Assarhadon, ANET, 537-538. Fu la predizione dell' esilio che portò Amos all ' attenzione delle autorità (Am 7 , 1 1), ma questa ricorre come un tema principale lungo il libro ( 1 ,5 . 1 5 ; 4,2-3; 5,27; 6,7; 7 , 1 7 ; 9,4). Un' altra forma fissa di maledizione ricorre in 5 , 1 1b (cfr. 9, 1 4 e Dt 28,30.39): «Tu hai costruito case con pietre tagliate ma non abiterai in esse, hai piantato vigne deliziose ma non berrai il loro vino>>. Notevole è pure, a questo riguardo, l ' uso di ps ' (ribelle, ribellione) in luogo di "peccato" ( l ,3.6.9 . 1 1 . 1 3 ; 2, 1 .4.6; 3 , 1 4 ; 4,4; 5 , 1 2). Vedere D.R. HILLERS, Treaty-Curses and the Old Testament Prophets, in BibOr 16 ( 1 964) 1 - 1 0 1 ; F.C. FENSHAM, Common Trends in Curses of the Near Eastem Treaties and kudurru-lnscriptions Compared with the Maledictions of Amos and /saiah, in Z4. W 75 ( 1 963) 1 5 5 - 1 7 5 ; M . FISHBANE, The Treaty Background of Amos 1 : / l and Related Matters, in JBL 89 ( 1 970) 3 1 3-3 1 8 ; J.S. HOLLADAY, Assyrian Statecraft and the Prophets of /srael, in HTR 63 ( 1 970) 29-5 1 . 32 Per un esauriente sommario del recente dibattito, vedere A.J. EVERSON, Day of the Lord, in IDBS, 209-2 1 0, e per un' analisi esaustiva vedere S .J. DE VRIES, Yesterday, Today and Tomorrow, Wm. B. Eerdmans Pub1ishing Co., Grand Rapids 1 975, 55-33 1 . Data la natura della guerra santa nell' antico Israele, non c'è bisogno di scegliere tra una connotazione militare ed una cultuale. Il contesto di guerra di Am 5 , 1 8-20, il primo passo nella letteratura profetica che tratta esplicitamente del «giorno di YHWH>>, è confermato da 1 , 14 («il giorno di battaglia>>) e da 2, 1 6 («in quel gior­ no>>, cioè, il giorno della disfatta in battaglia).

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Israele tra le nazioni che cadono sotto la maledizione, una mossa che non solo distorce il senso di un tradizionale oracolo di salvezza, ma prepara l' annullamento progressivo della speciale condizione di Israele: «Non sei tu per me come gli Etiopi, popolo d'Israele?» dice YHWH. «Non ho io fatto uscire Israele dal paese d'Egitto, i Filistei da Caftor e gli Aramei da Kir? Ecco, gli occhi di YHWH Dio sono sul regno peccatore e lo distruggerò dalla faccia della terra». (Am 9,7-Sa)

Era semplicemente logico che lo stesso rovesciamento di aspettative dovesse essere applicato al culto, specialmente alla grande festa autunnale del raccolto, con la prospettiva del disastro che prendeva il posto della sal­ vezza e del lamento che prendeva quello della gioia33 • Uno degli aspetti più sorprendenti del libro è la presentazione del culto come l' espressione di uno stile di vita radicalmente peccaminoso (Am 4,4-5 ) . L' intero apparato di feste, sacrificio, musica religiosa e pagamento della decima è rigettato in quanto detestabile per YHWH (5,2 1 -24), un rigetto che sarà ripetuto spesso nei libri profetici (per es., Os 6,6; 8, 1 3 ; fs 1 , 1 0- 1 7 ; Ger 6,20). Molta parte della discussione critica su questi passi è stata oscurata da presupposti pre­ giudiziali circa ciò che si ritiene essere forme appropriate o inappropriate del culto cristiano. Supporre che qualcuno nel sec. VIII a.C., in Israele, riget­ tasse il culto in quanto tale a favore di una religione puramente spirituale ed etica è, tuttavia, grandemente improbabile. È invece più verosimile ammet­ tere che il culto fosse (come ancora è) un mezzo assai potente per legittima­ re lo status quo politico e sociale esistente. In parole povere, Amos non si associava alla religiosità dei suoi contemporanei. Un ulteriore e più specifico punto è che i culti di stato erano costose e complesse operazioni, che richiedevano terreni, utilizzavano schiavi ed era­ no finanziati con contributi, non del tutto volontari, dalla popolazione in generale. Inoltre il personale del culto era esente da tasse34 e il sistema sacri33 Allusioni all ' autunno e alla raccolta (Am 4,9; 5 , 1 6- 1 7 ; 8, 1 -3), letizia e lamento cultuali (5, 1 61 7 ; 8,3 . 1 0) e l' inno di lode al Dio creatore (4, 1 3 ; 5 , 8-9; 9,5-6) sono stati utilizzati come indicazio­ ne del fatto che Amos si rivolgeva al popolo, radunato a Bete! per la grande festa autunnale della raccolta. Anche se di per sé abbastanza plausibile, questo non dovrebbe essere usato come la chia­ ve per l ' interpretazione dell' intero libro, come fa J. MORGENSTERN, Amos Studies, in HUCA I l ( 1 936) 1 9- 1 40. 34 L' esenzione dalle tasse per gli officianti dei culti statali era normale neli' antichità ed è espli­ citamente attestata per il secondo Tempio (Esd 7,24).

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ficale deve aver rappresentato un flusso significativo di derrate e di bestia­ me ; tutto questo aiuterà a spiegare le frequenti denunce dei sacerdoti e del culto sacrificale nella letteratura profetica. Ogni tentativo di elaborare un' etica profetica dovrà partire dalle accuse sulla base delle quali i profeti pronunciavano giudizi e predicevano disastri per la società contemporanea35 • Poiché la situazione di fondo alla quale Amos si rivolge è la violazione del tradizionale stile di vita da parte del sistema statale, è comprensibile che la sua animosità sia diretta in primo luogo contro l' élite al potere in Samaria, la capitale (3, 1 5 ; 4, 1 - 3 ; 6, 1 -7). La spinta verso la centralizzazione, la necessità di sovvenzionare una corte rea­ le e un culto elaborato, una pesante tassazione ("esazione di grano", 5, 1 1 ), la frequente confisca di una proprietà patrimoniale a seguito di insolvenza, il servizio militare e i lavori forzati erano i principali fattori che minavano il vecchio ordinamento e portavano ad un tipo di rendita capitalista. La grande espansione del commercio, specialmente con le città fenice, e i beni confi­ scati durante campagne militari vittoriose determinarono una nuova prospe­ rità che, comunque, non ebbe ricadute sui livelli sociali più bassi. In questa situazione Amos, come Esiodo poco più di mezzo secolo dopo, assunse la causa dei deprivati e degli emarginati, e lo fece in nome dei valori tradizio­ nali. Per i profeti dell' vm secolo la sfera della moralità è l' ambito sociale e politico e, dunque, comprende ciò che per noi cade sotto il diritto internazio­ nale, la giustizia sociale e i diritti civili. Amos è molto meno interessato di Osea alle forme di culto e molto più interessato a criticare aspramente ciò che considera un' organizzazione socio-politica oppressiva e sfruttatrice. Facendo così egli scende nel concreto : vendere in schiavitù per debiti insi­ gnificanti (2,6; 8,6), multe eccessive (2,8), falsificazione di pesi e misure (8,5), pratiche di commercio disonesto (8,6), corruzione dei processi legali (2,7 ; 5 , 1 0. 1 2) e così via. Queste accuse non sono casuali né sono basate semplicemente sulle sue percezioni etiche. Nella maggioranza dei casi le sue accuse si avvicinano ad un' etica tradizionale, condivisa, che trova par-

35 Vedere L.A. SINCLAIR, The Courtroom Motif in the Book of Amos, in JBL 85 ( 1 966) 35 1 -353, e sullo schema del rfb (cioè, esposizione del caso contro l' accusato): B. GEMSER, The Rfb- or Con­ troversy-Pattem in Hebrew Mentality, in SVT 3 ( 1 955) 1 20- 1 34; H B. HUFFMON, The Covenant Lawsuit in the Prophets, in JBL 78 ( 1 959) 285-295 ; H.-J. BoECKER, Redeforrnen des Rechtslebens, Neukirchener Verlag, Neukirchen- Vluyn 1 964; J. HARVEY, Le 'Rfb-Pattem ', réquisitoire prophéti­ que sur la rupture de l 'alliance, in Bib 43 ( 1 962) 1 72- 1 96; Le Plaidoyer prophétique contre Israel après la rupture de l 'alliance, Desclée de Brouwer, Bruges - Montreal l 967 ; J. BLENKINSOPP, The Prophetic Reproach, in JBL 90 ( 1 97 1 ) 267-278; K. NIELSEN, Yahweh as Prosecutor and Judge: An Investigation of the Prophetic Lawsuit (Rfb-Pattem), JSOT Press, Sheffield 1 978. .

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ziale espressione nella letteratura aforistica e didattica di Israele e in formu­ lazioni di leggi apodittiche e casuistiche (specialmente il cosiddetto Codice dell' Alleanza in Es 20,23-23 , 1 9). Un solo esempio sarà sufficiente. Il rifiuto di restituire a un povero, venuta la sera, il mantello dato in pegno (Am 2,8) viola una prescrizione legale presente nel succitato codice per proteggere chi è svantaggiato : Se prendi in pegno il mantello del tuo prossimo, glielo renderai al tramonto del sole, perché è la sua sola coperta e il mantello per la sua pelle; come potrebbe coprirsi dormendo? Altrimenti quando invocherà da me l' aiuto, io ascolterò il suo grido, perché sono pietoso. (Es 22,26-27)

Un probabile parallelo a questa situazione è venuto alla luce con la sco­ perta dell ' 6strakon di Yavneh-Yam (da Me�ad ijashavyahu a sud di Tel Aviv), che risale circa a un secolo dopo Amos, in cui un agricoltore rivolge una petizione al governatore locale per la restituzione del suo mantello, con­ fiscato probabilmente per la mancata restituzione di un prestito 3 6 • Né Amos né l' anonimo richiedente si riferiscono alla norma legale succitata, così è possibile che tutti e tre si richiamino ad una pratica comunitaria tradizionale e umanitaria, un aspetto di un' etica consensuale che rischiava di scomparire sotto la pressione del potere coercitivo dello stato. Un punto ulteriore e conclusivo: collegando accusa e verdetto come causa ed effetto, e affermando che il verdetto deve essere eseguito per mezzo di eventi naturali (locuste, siccità, terremoto), ma ancor più per mezzo di even­ ti politici, e specificamente le campagne assire nell ' ovest37, Amos pose le basi per una peculiare interpretazione dell ' azione divina nella storia, che avrebbe avuto un' immensa influenza ma sarebbe stata anche molto proble-

3 6 Sull' iscrizione di Yavneh-Yam, vedi J.C.L. GIBSON, Textbook of Syrian Semitic Inscriptions, vol. l , 26-30; K.A.D. SMELIK, Writingsfrom Ancient Jsrael, 93- 1 00. 37 È degno di nota che l' Assiria non sia menzionata in Amos, a meno di accettare "Assiria" dei LXX invece di "Asdod" del TM, in 3,9, il che è possibile ma non strettamente obbligatorio. Il potere straniero al quale si fa riferimento come a un nemico (�ar, 3, 1 1 ) e ad "una nazione" (goy, 6, 1 4) è presumibilmente l 'Assiria, benché questo non sia detto. Accettando per Amos la data con­ venzionale, circa un quarto di secolo prima de il' ascesa di Tiglat-Pileser III, è singolare che egli possa aver previsto la conquista da parte degli Assiri, dal momento che non conosciamo alcuna significativa minaccia militare proveniente da questa regione dopo l'ultima campagna occidentale di Adad-Nirari III, nel 796 a.C. (ANET, 28 1 -282). Così tutta questa problematica della datazione è ancora sub iudice. Si aggiunga che conosciamo veramente poco del lungo regno di Geroboamo II e possiamo solo fare ipotesi sugli avvenimenti storici che, secondo il Dtr (2 Re 1 4,26), ridussero Israele ad una situazione disperata in quel tempo.

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matica. La sua è solo una voce profetica e alcuni limiti della sua visione era­ no già evidenti a coloro che conservarono e trasmisero le sue parole. Si può affermare, ciò nonostante, che la sua carriera rappresenti uno dei principali punti di svolta nella storia religiosa di Israele e, di fatto, del mondo antico in generale.

10. ...Osea P.R. ACKROYD, Hosea and Jacob, in VT 1 3 ( 1 963) 245-259; P.l. ANDERSEN - D.N. FREEDMAN, Hosea: A New Translation with Introduction and Commentary, Double­ day & Co., Garden City 1 9 80; E. B AUMANN, ' Wissen um Gott ' bei Hosea als Urform von Theologie ?, in EvTh 1 5 ( 1 955) 4 1 6-425 ; M.J. Buss , The Prophetic Word of Hosea, Walter de Gruyter, Berlin 1 969; J.F. CRAGHAN, The Book of Hosea: A Survey of Recent Literature, in Biblica/ Theology Bulletin I ( 1 97 1 ) 8 1 - 1 00, 145170; G.l. DAVIES, Hosea, JSOT Press, Sheffield 1 993 ; G.l. EMMERSON, Hosea: An Israelite Prophet in Judean Perspective, JSOT Press, Sheffield 1 984; G. FOHRER, Die symbolischen Handlungen der Propheten, Zwingli Verlag, Ziirich 1 9682; A. GELSTON, Kingship in the Book ofHosea, in OTS 1 9 ( 1 974) 7 1 -85; W.R. HARPER, A Criticai and Exegetical Commentary on Amos and Hosea, T. & T. Clark, Edinburgh 1905 ; E. JACOB, L 'Héritage cananéen dans le livre du prophète Osée, in RHPR 43 ( 1 963) 250-259; A.W. JENKS, The Elohist and North Israelite Traditions, Scholars Press, Mis soula, Mont. 1 977, specialmente 1 1 2- 1 1 7 ; P.J. KING, Amos, Hosea, Micah - An Archaeological Commentary, Westminster Press, Philadelphia 1988; K. KocH, The Prophets, I: The Assyrian Period, 76-93 ; M. KbcKERT, Prophetie und Geschichte im Hoseabuch, in ZTK 85 ( 1 987) 3-30; N.P. LEMCHE, The God of Hosea, in E. ULRICH (ed.), Priests, Prophets and Scribes, JSOT Press, Sheffield 1 992, 24 1 -257 ; H.G. MAY, The Fertility Cult in Hosea, in AJSL 48 ( 1 932) 73-98 ; J.L. MAYS, Hosea. A Commentary, Westminster Press, Philadelphia 1 969; H . S . NYBERG, Studien zum Hoseabuch, Almqvist & Wiksell, Uppsala 1 935; H.H. Row­ LEY, The Marriage of Hosea, in BJRL 39 ( 1 956) 200-223 (= Men of God, Thomas Nelson & Sons, London 1 963, 66-97) ; W. RUDOLPH, Hosea, Giitersloher Verlags­ haus Gerd Mohn, Giitersloh 1 966; M. ScoTT, The Message of Hosea, S.P.C.K., London 1 92 1 ; C.L. SEOW, Hosea, Book of, in ABD 3 :29 1 -297 ; J.A. SOGGIN, Hosea und die Aussenpolitik Israels, in J.A. EMERTON (ed.), Prophecy, 1 3 1 - 1 36; J.M. WARD, Hosea: A Theological Commentary, Harper & Row, New York 1 966; The Message of the Prophet Hosea, in Int 23 ( 1 969) 387-407 ; H.W. WoLFF, 'Wissen um Gott ' bei Hosea als Urform der Theologie, in EvTh, 12 ( 1 952-53) 53 3-554; Hoseas geistige Heimat, in TLZ 9 1 ( 1 956) 83-94; Hosea, Fortress Press, Philadelphia 1 974; T. WORDEN, The Literary lnfluence of the Ugaritic Fertility Myth on the Old Testa­ ment, in VT 3 ( 1 953) 273-297 .

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Il titolo di Osea è simile a quello di Amos , ma con l' aggiunta dei tre re di Giuda, Iotam, Acaz ed Ezechia (Os 1 , 1 ) . Questo implicherebbe che l' attività pubblica del profeta abbia coperto un periodo di più di trenta anni, da prima della morte di Geroboamo II (746 circa) a dopo l' ascesa di Ezechia (7 1 5 cir­ ca) e, dunque, dopo la caduta di Samaria (722) 38 • Ma secondo lo storico deu­ teronomista, Ezechia salì al trono durante il regno dell ' ultimo re di Israele, che per caso aveva lo stesso nome del profeta (Osea ben-Elah, 2 Re 1 8 , 1 ) Poiché ci sono buone ragioni per dubitare di questo sincronismo, e poiché niente nel libro suggerisce che Osea abbia commentato questo avvenimento, dovremmo datare la sua attività, più o meno, a partire dalla metà dell' viii secolo fino alla fine effettiva del regno del suo omonimo, nel 724 a.C. Fu, dunque, contemporaneo di Amos, ma la sua attività pubblica durò molto più a lungo. Pur essendo per lo più incerti, i riferimenti storici nel libro sostengono, o almeno non rendono impossibile, questa datazione. I primi capitoli ( Os 1 -3) presuppongono un periodo di stabilità politica e la condanna della dinastia di Ieu ( 1 ,4-5) si comprenderebbe, molto naturalmente, come prece­ dente il colpo di Sallum nel 745 a.C. Le frequenti denunce della monarchia e di coloro che «divorano i loro governanti» (7, 7) nel resto del libro si applicano bene all ' ultimo quarto di secolo del Regno del Nord, durante il quale quattro re su sei furono assassinati. L' allusione ad Efraim che ricorre ali ' Assiria ( 5, 1 3) può riferirsi alla sottomissione di Menachem (2 Re 1 5 , 1 920) o, può darsi, a quella di Osea (2 Re 17,3 ), e c'è anche un riferimento alle aperture nella direzione dell ' Egitto (Os 7, 1 1 ; cfr. 9,3 ; 1 1 ,5 ; 1 2, 1 [TM 1 2,2] ), una risposta stereotipa al pericolo proveniente dal Nord. Sembra verosimile che il lungo passo 5,8-6,6 rifletta gli avvenimenti fatali del 734733 a.C., quando Israele e Damasco tentarono di forzare Giuda a far parte di una coalizione anti-assira, con il risultato che Acaz di Giuda fece appello agli Assiri e, in conseguenza, l ' impero di Tiglat-Pileser si estese fino a Damasco e alle regioni settentrionali ed orientali del Regno di Samaria39 . L'ultimo riferimento è alla deposizione di Osea e alla fine della monarchia ( 1 3,9- 1 1), due o tre anni prima della caduta di Samaria e dell ' incorporazio­ ne dell ' intero regno nell ' impero assiro. Se ciò significa che Osea morì, o fu .

38 2 Re 1 8, 1 colloca l' ascesa di Ezechia nel terzo anno di Osea, ma 1 8, 1 3 data la campagna di Sennacherib (70 1 a.C.) al quattordicesimo anno di Ezechia, il che vuoi dire che salì al trono nel 7 1 5 a.C. (con un margine di errore di non più di un anno). 39 A. ALT, Hosea 5,8-6,6. Ein Krieg und seine Folgen in prophetischer Beleuchtung, in Kleine Schriften II, 1 95 3 , 1 63- 1 87 ; H. DONNER, in J.H. HAYES - J.M. MILLER (edd.), /sraelite and Judaean History, 42 1 -434; H. W. WOLFF, Hosea, 103- 1 2 1 .

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ucciso, durante l' assedio di Samaria e l' occupazione militare del paese non lo sappiamo. Abbiamo notato, più di una volta, come il carattere peculiare delle nostre fonti nella Bibbia ebraica possa ingannarci in un senso di totale disconti­ nuità tra i primi profeti canonici e i loro predecessori. È, quindi, partico­ larmente necessario sottolineare i legami di Osea con una tradizione profeti­ ca di opposizione alla monarchia nel Regno del Nord, rappresentata da Achia di Silo, Michea, Elia e, senza dubbio, altri. La sua descrizione dei profeti come gli strumenti mediante i quali viene eseguito il decreto divino di giudizio ( Os 6,5) si dovrebbe riferire, in maniera del tutto naturale, a que­ sti predecessori. Dal momento che segue un passo che probabilmente si rife­ risce agli effetti disastrosi della guerra siro-efraimita, potrebbe includere anche Amos, la cui predizione del disastro si dimostrava del tutto corretta40 • Altrove, Osea cita un' opinione, senza dubbio condivisa da parecchi ai quali il suo messaggio non era gràdito, per cui «il profeta (niibf') è un pazzo, l' uomo dello spirito ( 'fs hii-ruaf:t) è un matto» ( Os 9,7), e va oltre afferman­ do, nondimeno, che il profeta è la sentinella (�opeh) di Efraim (9,8) 41 • È chiaramente una parte essenziale della sua autocomprensione il collocarsi entro una tradizione di intermediari scelti, che ha legami inscindibili con il passato: Io ho parlato ai profeti; Sono io che ho moltiplicato le visioni e mediante i profeti ho dato parabole. (Os 1 2, 1 0 [TM 12, 1 1])42

40 Vedere specialmente Am 3 , 1 1 ; 6,14; e la predizione della fine di Damasco, 1 ,3-5. È, d' altra parte, probabile che Osea avesse familiarità con i detti di Amos: la preferenza per la fedeltà e per la conoscenza di Dio rispetto al sacrificio (6,6) è una reminiscenza di Am 5,2 1 -24, benché le parole usate non siano proprio coincidenti; 1 0,2b echeggia il linguaggio dell' ultima visione (Am 9, 1 ) ed è particolarmente significativo che l' unica menzione di culti falsi o sincretisti in Amos (8, 1 4) sem­ bra aver evocato una risposta in Osea (4, 1 5). Quest' ultimo parla di Galgala e Beth-Aven (= Bete!) e di quelli che giurano «per la vita di YHWH ! >>, mentre Amos 8 , 1 4 si riferisce ad Asima di Sama­ ria, una divinità menzionata pure in 2 Re 1 7,30 e, probabilmente, nei papiri di Elefantina. 41 Il testo è, comunque, oscuro; vedere H.W. WoLFF, Hosea, 1 5 1 . 1 57- 1 5 8 . Il termine �opeh (sentinella) è usato per l'ufficio profetico in Ger 6 , 1 7 ; Ez 3 , 1 7 ; 33,2.6.7; Is 52,8; 56, 10. 42 •adammeh ("dò parabole") è oscuro; cfr. la traduzione della NRSV: "Porterò distruzione". Quest' ultima è resa possibile, ma preferibile la prima perché è più aderente al contesto. Tuttavia, "dò parabole" - secondo un significato ben attestato di frequenza o iterativo (GESENIUS-KAUTSCH, Hebrew Grammar, § 1 1 2dd) è pur sempre il migliore e lascia intendere che per Osea il processo profetico è tuttora in corso.

Il periodo

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Solo nel contesto di questa tradizione, accolta da Osea e da quanti gli davano ascolto, possiamo sperare di comprendere che cosa ci fosse di genui­ namente nuovo nel messaggio che egli rivolgeva ai suoi contemporanei. La discussione sulla tradizione all' interno della quale si situa Osea si è concentrata, negli ultimi decenni, sulla tesi di Hans Walter Wolff, secondo cui il profeta era strettamente legato ai Leviti del regno del Nord, i quali non solo costituivano parte del gruppo che lo sosteneva ma assunsero anche un ruolo di guida nella trasmissione dei suoi detti43 • Questo collegamento, sosteneva Wolff, offre la migliore spiegazione di parecchi aspetti del libro, che sono stati riconosciuti da lungo tempo: l' interesse di Osea per il culto e le tradizioni sacre della vecchia federazione tribale, la sua opposizione al sacerdozio costituito ( Os 4,4- 1 0), la sua identificazione di Mosè, il le vita, come profeta ( 1 2, 1 3 [TM 1 2 , 1 4] ) e fonte principale della profezia di "anfi­ zionia" e gli stretti legami linguistici e tematici esistenti tra il libro e il Deu­ teronomio. Wolff non dice che Osea stesso fosse un levita ma, dati i suoi argomenti, è difficile vedere come si potrebbe escludere questa possibilità. Se ha il vantaggio di mettere in luce parecchi temi dominanti in Osea, l' ipotesi di Wolff mostra una grande, e forse fatale, debolezza, proveniente dall' oscurità che avvolge le origini storiche del sacerdozio in Israele. Talune ipotesi generali riguardanti la storia dell ' Israele antico, sulle quali Wolff si fonda, e in particolare l' organizzazione anfizionica da lui postulata, richie­ dono una revisione. Lo storico deuteronomista, tuttavia, biasima Geroboa­ mo per aver nominato alcuni sacerdoti che non erano Leviti per discendenza (l Re 1 2,3 1 ) ed è possibile che quelli che furono esclusi dalla funzione si unirono ai ranghi dell ' opposizione (come suggerisce Wolff), o emigrarono in Giuda (come afferma 2 Cr 1 1 , 1 4) . In un caso o nell ' altro, essi non sono mai menzionati in Osea e quegli aspetti del libro ai quali allude Wolff pos­ sono essere spiegati senza far ricorso a un' ipotesi levitica44• Come Amos, Osea contiene sia passi biografici che autobiografici e ter-

43 H. W. WOLFF, Hoseas geistige Heimat, e Rosea, 75. 44 Si può aggiungere che l ' ipotesi di un mediatore profetico dell' alleanza,

le cui funzioni inclu­ devano la lettura della legge in una solenne assemblea cultuale, non è stata unanimemente accetta­ ta ed ora è scartata. L' ipotesi fu avanzata da H.-J. KRAus, Worship in lsrael, John Knox Press, Richmond 1966, l 02- 1 1 2, ed ampliata da J. MUILENBURG, The "Office " of the Prophet in Ancient tsrael, in J.P. HYAIT (ed.), The Bible in Modem Scholarship, Abingdon Press, Nashville 1 965, 7497. L' ipotesi è stata spesso criticata, per es., da R.E. CLEMENTS, Prophecy and Covenant, 1 965, 80, e Prophecy and Tradition, John Knox Press, Atlanta 1 975, 8-14. Il punto centrale è che Dt 1 8, 1 518 non è la descrizione di un ufficio reale ma un tentativo di collocare la profezia in una ideale "griglia" istituzionale.

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Capitolo terzo

mina con la prospettiva di un futuro benessere. Il passo biografico con cui il libro si apre ( 1 ,2-2, 1 [TM 1 ,2-2,3]) ha un suo proprio titolo, "inizio delle parole di YHWH ad Osea", che suggerisce un' attività profetica piuttosto lunga. Il passo è stato ampliato con un' affermazione che esclude Giuda dal­ lo stesso destino di Israele ( 1 ,7) e con una nota finale che promette la riuni­ ficazione del Nord e del Sud sotto un sovrano davidico ( 1 , 1 0-2, 1 [TM 2, 1 3 ] ) . I l breve passo autobiografico che s i occupa del trattamento d i una moglie infedele (3, 1 -5) è pure stato ampliato, almeno con l' aggiunta della frase «e Davide loro re» (v. 5), più verosimilmente con l' aggiunta dell' inte­ ro passo che tratta della riunificazione politica sotto un sovrano davidico (vv. 4-5). Come certe espansioni editoriali in Amos e Isaia, questi ritocchi riflettono probabilmente l'estendersi dell' attività di Giosia nei territori set­ tentrionali nelle ultime decadi dell' impero assiro. Un apporto editoriale giu­ daico è evidente anche in parecchi punti successivi nel libro (4, 1 5 ; 5,5; 6, 1 1 ; 8 , 1 4). I primi tre capitoli includono un' unità distinta con una propria logica. I problemi che crea per il lettore sono ben noti: si tratta di un racconto reale delle vicende matrimoniali di Osea o di una pura finzione? In entrambi i casi, erano coinvolte due donne o una sola? Se era una, questa ''moglie di prostituzione" ( 'eset zenunim) fu sessualmente promiscua prima che Osea avesse relazioni con lei o lo diventò dopo? Se non era una donna di facili costumi a cui Osea aveva detto di «rendersi rispettabile», era, forse, o lo diventò successivamente, una prostituta cultuale? O infine, poiché non si può andare avanti all ' infinito, fu soltanto una delle molte donne israelite che, seguendo un accettato costume locale,. assunse il ruolo della ierodula una volta sola prima del matrimonio per assicurarsi la fertilità45? Una soluzione plausibile ad una di tali questioni è che la narrazione in prima persona del c. 3 è una versione alternativa del passo biografico del c. l, successivamente interpretata come posteriore rispetto ad esso con il sem­ plice espediente di aggiungere l' avverbio "ancora": «Va' ancora, ama una donna . . . » (3, 1 ) 46 • L' effetto di questa rilettura del testo è di portare le vicissi-

45 H.H. ROWLEY, The Marriage of Hosea, in BJRL 39 ( 1 956) 200-223 ( Men of God, Thomas Nelson & Sons, New York 1 963, 66-97) ha passato in rassegna le opinioni fino al periodo in cui ha scritto; cfr. per il seguito, la pacata discussione in ANDERSEN - FREEDMAN, Hosea, 1 1 5-309, e, per l ' ipotesi di Wolff di un rito sessuale prematrimoniale (qualcosa di analogo al medievale jus primae noctis), cfr. WOLFF, Hosea, 1 3 - 1 5 . L ' ipotesi è contestata da W. RUDOLPH, Priiparierte Jungfrauen ?, in Z4 W 75 ( 1 963) 65-73. 46 'od potrebbe anche riferirsi all ' appello di YHWH a Osea (come nella NRSV: > (min-hammiiqòm hazzeh, Sof 1 ,4) sembra un' aggiunta deuteronomista e, nello stesso verso, la frase «con i sacerdoti>> ( 'im-hakkohanim) è stata aggiunta da un glossatore il quale non comprese che Sofonia aveva usato il termine k!marim (sacerdoti pagani) deliberatamen" te per il sacerdozio di Gerusalemme.

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inoltre identificati come membri dell' aristocrazia e della famiglia reale che avevano adottato costumi e abbigliamento stranieri e professano uno scetti­ cismo illuminato circa la religione tradizionale e i suoi rappresentanti profe­ tici ( 1 ,7- 1 3). Anche giudici, profeti e sacerdoti aderenti al partito filo-assiro rientrano n eli ' accusa5 • Dali ' altra parte, quella dello stesso Sofonia, sono schierati gli «umili della terra», che soddisfano i requisiti della giustizia divina, cercano il diritto e vivono in obbediente sottomissione a Dio (2,3). A questo punto il tema e l'espressione sono notevolmente vicini al ben noto "programma" di Mi 6,8, precisamente che ciò che Dio richiede da noi è agi­ re giustamente, essere fedeli ai nostri impegni e camminare umilmente con Dio. Questo, in effetti, riassume l' ideale etico e religioso degli «umili della terra» con cui Sofonia si identifica. L' influenza di Amos è evidente in parecchi punti del libro6 e dimostra la forza e la persistenza della tradizione della predicazione profetica contro la corruzione sociale e politica. Come in Amos, questi mali sono visti come segni premonitori di un giudizio universale descritto nel linguaggio tradizio­ nale del «Giorno di YHWH» - una resa dei conti finale che coinvolgerà non solo Israele, o anche le nazioni, ma l' intero cosmo in un' azione catastrofica antitetica alla creazione (Sof 1 ,2-3 ; cfr. Ger 4,23-26). Ci sono anche accenni al tema tradizionale del «nemico che viene dal Nord» (Sof l , 1 0- 1 1 ) , che occuperà una parte importante nella prima predicazione di Geremia (Ger 1 , 1 3- 1 5 ; 4,6; ecc.f. Questo è il momento giusto per notare che materiale consistente dell' ulti­ ma parte di Michea (cc. 6-7) sembra essere stato editato e aggiornato duran­ te l ' attività di Sofonia. Mi 6,9- 1 6 riflette una situazione di disordine sociale come quella presente durante il regno di Manasse e di Amon e probabilmen­ te anche durante i primi anni del regno di Giosia (2 Re 2 1 , 1 6 ; 24,4). L' allu­ sione agli «statuti di Omri» e alle «pratiche di Acab» (Mi 6, 1 6) richiama la

5 Si veda K. ELLIGER, Das Ende der 'Abendwolfe ', in W. BAUMGARTNER (ed.), Festschrift Alfred Bertholet zum 80. Geburtstag, J.C.B . Mohr (Paul Siebeck), Tiibingen 1950, 1 58- 175 ; M. STENZEL, Zum Versttindnis von Zeph. 3:3b, in VT l ( 1 95 1 ) 303-305. 6 Specialmente il Giorno di YHWH (Am 5 , 1 8-20; 8,9- 14; cfr. Sof 1 , 1 4- 1 8), rappresentato come un giorno di battaglia (Sof l , 1 6), l ' uso di una formula stereotipa di maledizione (Am 5 , 1 1 ; cfr. Sof 1 , 1 3) e il tema del cercare YHWH nella speranza della salvezza (Am 5,4-7. 14- 1 5 ; cfr. Sof 2,3). Anche la giustapposizione del guai su Gerusalemme (3, 1 -7) all' oracolo anti-assiro (2, 1 3- 1 5) è una reminiscenza di Am 1 ,3-2,8. 7 Sarebbe azzardato concludere da queste allusioni topografiche che gli abitanti della città stes­ sero prevedendo la (presunta) invasione scita del 630 a.C. circa. Anche escludendo le risonanze mitologiche di tali riferimenti, sarebbe naturale per qualunque invasione, reale o prevista, avvici­ narsi alla città dal Nord. Sulla "questione scita" in Geremia, vedere infra, p. 1 76.

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Capitolo quarto

condanna di Manasse per aver imitato l' odiato Acab istituendo culti sincreti­ stici (2 Re 2 1 ,3 ; cfr. 23 ,4- 14). Anche Mi 6,9- 1 6 corre parallelamente a Sofo­ nia, sotto parecchi aspetti. Entrambi condannano una città innominata, che deve essere Gerusalemme (Mi 6,9; Sof 3 , 1 ) e spaziano sui mali dell' idolatria in generale e del culto di Baal in particolare. Sia Michea sia Sofonia sono spietati nella loro condanna dei pubblici ufficiali, elencando principi, giudi­ ci, profeti e sacerdoti (Mi 3,9- 12; So/ 3 ,3-5). Un aspetto notevole di entram­ bi è pure il contrasto tra orgoglio e umiltà, e abbiamo visto che il sommario etico molto citato di Mi 6,8 potrebbe aver rappresentato il programma degli «umili della terra» di Sof 2,3; 3, 1 1 - 1 3 8 • Anche qui, dunque, notiamo la per­ sistenza di una tradizione profetica di insegnamento etico e di protesta con­ tro gli abusi sociali che mostra segni di un consolidamento e di una forma­ lizzazione crescenti a misura che passa il tempo. Ora procediamo ad indaga­ re se questa tradizione ricevette un grado di riconoscimento ufficiale venen­ do incorporata, o almeno influenzandola direttamente, nella legge deutero­ nomica considerata come un documento statale. Il resoconto Dtr sul regno di Giosia (2 Re 22,2-23,30) contiene una rela­ zione discretamente dettagliata delle riforme religiose seguite al ritrovamen­ to di un codice durante il restauro della costruzione del Tempio. Un' analisi strettamente letteraria di questo racconto suggerisce la conclusione che sono state giustapposte due versioni. La prima (23 ,4-20) tratta della distruzione di riprovevoli santuari e di oggetti cultuali nel paese e, specialmente, della purificazione del Tempio di Gerusalemme da personale e da oggetti non yahwisti; la seconda (23,2 1 -24) prescrive una celebrazione nazionale della Pasqua in Gerusalemme e bandisce medium, maghi e «abominazioni» colle­ gate. Solo quest' ultima riferisce le misure riconducibili al ritrovamento del libro, che non è tanto menzionato quanto nel primo racconto. Quest' aspetto della narrazione, insieme ad altri, ha originato un prolungato dibattito, ancora in corso, su quale realtà storica, se c'è, stia dietro questo intero capitolo della storia9 • Lettori di tendenza conservatrice riterranno la narrazione il resoconto di fatti avvenuti: ciò che il sacerdote Chelkia trovò nel Tempio era effettivamente la legge contenuta nel Deuteronomio e promulgata da Mosè che, dopo un lungo periodo di trascuratezza, fu riscoperta, fu verifi­ cata dalla profetessa Culda e costituì il programma per una completa riforma 8 Il parallelismo fra le tre richieste divine di Mi 6,8 e i tre imperativi rivolti agli «umili della ter­ ra» in Sof 2,3 è abbastanza stretto; ed è specialmente interessante l ' uso delle forme verbali di p 'l e • sh con misptif. 9 Vedi A.D.H. MAYES, Deuteronomy, Oliphants, London 1 979, 8 1 - 1 03 .

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religiosa. Uno scenario alternativo emergerebbe dalla cronologia offerta nella versione parallela delle Cronache (2 Cr 34, 1 - 1 8), secondo la quale la riforma fu intrapresa sei anni prima, nel dodicesimo anno di Giosia, e il ritrovamento ebbe luogo qualche tempo più tardi. Ma in considerazione degli argomenti molto convincenti per datare il Deuteronomio molto più tardi del tempo di Mosè, molti critici hanno abbracciato la teoria della pia frode, proposta per la prima volta da de Wette al principio del XIX secolo. Secondo quest' ipotesi il libro, composto di recente, fu "collocato" dai membri del partito riformatore che avevano accesso al Tempio poco prima della sua scoperta. È almeno chiaro che per l' autore della narrazione (Dtr) il codice su cui le riforme erano basate è il libro del Deuteronomio o la legge deuteronomica (cc. 1 2-26) in qualunque forma esistesse al tempo della scrittura 10 • Il Dtr vuole che il lettore accetti che questa legge fu data da Mosè, fu affidata a Giosuè, che è esortato a meditare su di essa mentre distrugge i Cananei ( Gs 1 , 8 ; cfr. 8,30-3 1 . 34; 23 ,6), fu attuata in un caso particolare dal re Amasia di Giuda un secolo e mezzo prima di Giosia (2 Re 1 4,5-6; cfr. Dt 24, 1 6), ma non è più udita tra questo punto nel tempo e la sua riscoperta durante il regno di Giosia. La ricerca critica è comunque unanime nel leggere il Deu­ teronomio come un' opera pseudoepigrafica composta molto dopo Mosè, benché ci sia un' ampia gamma di opinioni sulla storia editoriale e sull ' auto­ re del libro. Si conviene che abbia raggiunto la sua forma finale dopo che la monarchia giudaica era uscita di scena, ma contiene sufficienti indizi di natura linguistica e tematica per giustificare il vn secolo come data per la prima stesura. La storia, se non la realtà storica, della scoperta di un antico libro pure concorda bene con il rinnovato interesse per l' antichità in quel tempo, interesse riflesso nella collezione e conservazione di antichi testi fat­ ta da Assurbanipal nella grande biblioteca di Ninive e la rinascita di antiche forme artistiche sotto Psammetico (Psamtik) I in Egitto 1 1 , 10 La connessione si vede molto chiaramente nell' abolizione dei centri di culto non yahwisti, cioè gli «alti luoghi>> (Dt 1 2,2-3), e nella proscrizione dei culti di tipo cananeo in generale (Dt 1 2,29-3 1 ; 1 6,21 -22; 1 8,9- 14; 20, 1 8). Comunque, niente della legislazione sociale nel Deuterono­ mio è messo in evidenza nel racconto della riforma. Vedi Mayes (nota precedente) e M. WEINFELD, Duteronomy 1 - 1 1 ; A New Translation with lntroduction and Commentary, Doubleday, New York 1 99 1 , 65-77. 1 1 Una conferma dei due stadi della riforma religiosa, attribuiti rispettivamente ad Ezechia e Giosia, è stata proposta sulla base dello scavo di un santuario nella fortezza di Arad. Costruito alla fine del x secolo a.C., conteneva nella sua cella interna due altari per l' incenso, un altare sacrifica­ le e una ma��ébiì (stele cultuale). L' archeologo (Y. Aharoni) sostenne che l' altare sacrificale cessò di essere usato nell' viii secolo, in seguito alla riforma di Ezechia, e il santuario stesso nel secolo seguente, in seguito alla riforma di Giosia. Così come l'ha stabilita Aharoni, la stratigrafia appog­ gia ma non obbliga l' accettazione della sua conclusione; per esempio, lo strato VII, quando il san-

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Ritornando a 2 Re 22-23, dobbiamo considerare seriamente la possibilità che il racconto della scoperta del libro nel Tempio sia una libera composizio­ ne dell' autore, scritta per spiegare come la legge giunse ad essere trascurata durante i precedenti regni di Manasse e Amon. Il punto principale sarebbe presentare un profilo favorevole di Giosia come un osservante e zelante devoto di YHWH. La reazione del giovane re punta in questa direzione, ma non quella di coloro che lo circondano, ascoltando la lettura della legge fat­ tagli (22,2 1 ) e il verdetto favorevole di Culda riguardo a Giosia ma non ai suoi contemporanei (22, 15-20). Sembra anche verosimile che la narrazione della restaurazione del Tempio sia basata sul racconto di restauri intrapresi precedentemente a Giosia, in seguito all ' esecuzione della regina baalista Atalia (2 Re 12,4- 1 6). Datare la riforma al dodicesimo anno del re, in 2 Cr 34,3, serve probabilmente a rinforzare questa positiva immagine di Giosia suggerendo che egli iniziò la riforma non appena raggiunta la maggiore età. Possiamo, dunque, accettare, come minimo critico, che il resoconto Dtr di questo avvenimento nel regno di Giosia (640-609) fu elaborato sulla base di mis ure prese in Giuda a quel tempo per conseg uire l ' indipendenza dall' Assiria, in rapido declino dopo la morte di Assurbanipal. Queste misure avrebbero incluso il rigetto di culti di tipo assiro - solare, lunare e planetario - (2 Re 23,4. 1 1 - 12; cfr. Dt 1 7,3) - e, in generale, l' insistenza sull' adorazio­ ne della divinità nazionale con l'esclusione di culti concorrenti, anche di quelli praticati in Israele per secoli. L' estensione dell' attività riformatrice di Giosia alle province assire del Nord (2 Re 23, 1 5 -20) dovrebbe aver segnala­ to ancora più chiaramente l' intenzione di liberarsi del giogo assiro. Dobbiamo andare oltre domandandoci se le figure profetiche attive durante il periodo dell' egemonia assira influenzarono in qualche modo la politica ufficiale e i movimenti di riforma. Il Dtr registra sporadici tentativi di riforma nel corso della storia di Giuda. Asa, terzo a governare dopo Salo­ mone, ha reputazione di aver distrutto le immagini idolatriche, di aver tenta­ to di sopprimere il culto della dea e di aver eliminato i prostituti sacri (l Re 1 5 ,9- 1 5) . Il limitato successo di queste misure può essere calcolato dal numero di volte che esse furono ripetute da sovrani successivi - Giosafat, tuario non era più in funzione, corrisponde all'intero vn secolo a.C. Vedi Y. AHARONI, in M. Avr­ YoNAH (ed.), Encyclopaedia of Archaeological Excavations in the Holy Land, vol. l , Prentice­ Hall, Englewood Cliffs 1975, 82-89; MIRIAM AHARON, The New Encyclopedia of Archeologica[ Excavations in the Holy Land, vol. l , Simon & Schuster, New York - London 1 93 3 , 82-85. Comunque, D. Ussishkin, uno dei più prudenti e validi archeologi siro-palestinesi, respinge la stra­ tigrafia di Aharoni e data l' esistenza del santuario dal vn agli inizi del vr secolo a.C. e respinge ogni connessione con le riforme di Ezechia o di Giosia; vedi il suo The Date of the Judaean Shrine at Arad, in IEJ 38 ( 1 988) 1 42- 1 57.

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Ioas, Ezechia e, infine, Giosia (l Re 22,43-46; 2 Re 1 1 , 1 7- 1 8 ; 1 8 , 1 - 1 8). Ma ciò che potrebbe facilmente essere trascurato è che queste riforme riguarda­ vano esclusivamente questioni religiose. In nessun luogo lo storico registra tentativi ufficiali di rimediare agli abusi sociali aspramente criticati dai pro­ feti e il disastro finale è spiegato esclusivamente in termini di aberrazione del culto (per es. , nell ' oracolo di Culda, 2 Re 22, 1 5 - 1 7), mai con riferimento alle ingiustizie sociali. E questa è un' ulteriore ragione di incertezza in consi­ derazione della giustapposizione di leggi riguardanti il culto e l' etica sociale nel Deuteronomio. Collegato a questo c ' è un altro dubbio al quale si è fatto riferimento prima, precisamente l ' omissione da parte dello storico della menzione dei profeti attivi durante il periodo assiro ai quali sono attribuiti dei libri, ad eccezione di un Isaia molto differente dall' autore dei detti con­ tenuti in /s 1-35, che è presentato all' opera in stretta collaborazione con Ezechia (2 Re 19, 1 -7.20-34; 20, 1 - 1 9). Possiamo solo congetturare sulla soluzione di questo enigma. Lo storico potrebbe aver ritenuto che il messaggio sociale fosse implicito nelle sue molte allusioni alla predicazione dei «suoi (di Dio) servi, i profeti» 12 , o in riferimento alla legge che era, nella visione deuteronomista, la ragion d' essere della predicaziorte profetica. Sembra in ogni caso essere convinto che l' aberrazione del culto fosse stato il fattore decisivo che determinò i disastri politici che la sua storia si proponeva di spiegare. Se c ' è scarsa evidenza circa l' influenza profetica sulla storia, lo stesso non si verifica con il Deuteronomio e con la legge o programma deuterono­ mico. Come parecchi libri profetici (Ger 1 , 1 ; Am 1 , 1 ) , il Deuteronomio è presentato come «parole di Mosè» (Dt 1 , 1 ) e nella forma di un discorso pub­ blico a tutto il popolo. Mosè stesso è descritto nel libro come un profeta (Dt 1 8, 1 5- 1 8 ; 34, 1 0) e il vero profeta, colui che continua la missione e l' opera di Mosè, è investito della più alta autorità. Non può esserci dubbio che il Deuteronomio fu profondamente influenzato dal movimento profetico, anche quando assume un atteggiamento prudente verso il tipo di pretese apodittiche avanzate da quei profeti che denunciavano pubblici ufficiali per la loro immoralità o per l'indifferenza al bene comune. La legislazione sociale del Deuteronomio è, per molti aspetti, piuttosto avanzata. Benché marcato da un certo carattere utopico - evidente nella sua abolizione della povertà in linea di principio (Dt 1 5 ,4) - esso formula preci­ se disposizioni a favore degli elementi svantaggiati nella società, compresi i residenti stranieri, gli orfani, le vedove e il clero senza impiego. Esempi di

12 l Re

1 4, 1 8; 1 5,29; 1 8,36; 2 Re 9,7.36; 1 0 , 1 0 ; 1 4,25 ; 1 7 , 1 3.23 ; 2 1 , 10; 24,2.

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quest' orientamento sono la decima triennale ( 1 4,28-29 ; 24, 1 7-22; 26, 1 21 5), la remissione dei debiti ogni settimo anno ( 1 5 , 1 -3) con accurate misure di prevenzione contro gli abusi ( 1 5 ,7- 1 1 ), la proibizione dell'usura (23 , 1 920) e dell ' e s azione abusiva dei debiti (24 , 6 . 1 0- 1 3 . 1 7 ) e l ' insistenza sull ' amministrazione corretta della giustizia ( 1 6, 1 8-20). Ci sono anche disposizioni illuminate per la protezione e, in alcuni casi, l' emancipazione degli schiavi ( 1 5 , 1 2- 1 8 ; 23, 1 5- 1 6; 24,7) e per un trattamento equo nel caso di omicidio involontario ( 1 9, 1 - 1 3). Una delle caratteristiche più notevoli della legislazione è la preoccupa­ zione di conservare uno stile di vita agrario tradizionale, insieme ai diritti degli agricoltori liberi . L' attenzione alla proprietà, alla propria come a quella degli altri, si estende fino ai nidi degli uccelli (Dt 22,6-7) . La proibi­ zione di spostare i confini ( 1 9, 1 4) combatte la pratica dell ' accaparramento, denunciata dai profeti (per es., Mi 2,2) e le norme per dispensare dal servi­ zio militare (Dt 20,5-9; 24,5) mettono in evidenza una fonte molto antica di ostilità tra la classe agraria e la monarchia. È anche notevole che la decima sacerdotale sia abbastanza limitata ( 1 8 , 1 - 8) e che il sostegno del culto , un' imposta sempre più onero sa a misura del fatto che la sua gestione diventava sempre più complessa, debba essere proporzionato ai mezzi indi­ viduali ( 1 6, 1 6- 1 7). La monarchia, in se stessa non è condannata, ma deve essere soggetta alla legge e perciò essere, in effetti, una monarchia costitu­ zionale ( 1 7 , 1 4-20). Sarà chiaro, da questi esempi, che il Deuteronomio non contiene un codi­ ce legislativo in senso stretto, ma un programma per il futuro, ed è ugual­ mente chiaro che tali programmi emanano da partiti distinti o da gruppi di interesse. Poche questioni negli studi veterotestamentari sono state dibattute tanto intensamente e senza esito come la provenienza del programma deute­ ronomista di riforma cultuale e sociale. Ad un certo punto sembrava ben sta­ bilito che le sue origini dovessero essere cercate nel regno del Nord, durante il periodo della sua esistenza indipendente, o durante il secolo tra la caduta di Samaria e il ritrovamento del libro della legge nel Tempio 13 • Gli argomen­ ti presentati a sostegno di quest' ipotesi, comunque, o non resistono ad un esame accurato o richiedono una sostanziale revisione. Uno degli appoggi principali, l' affinità tra il Deuteronomio e la fonte Elohista del Pentateuco (E), è problematico non solo a causa della natura piuttosto sfuggente di que-

13 Tra le riaffermazioni recenti, vedere E.W. NrcHOLSON, Deuteronomy and Tradition, Fortress Press, Philadelphia 1 967, e A.W. JENKS, The Elohist and North Israelite Traditions, Scholars Press, Missoula, Mont. 1977.

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sto intreccio, ma anche in ragione della difficoltà di stabilire il suo carattere "settentrionale" con un ragionevole grado di probabilità. Certamente il Deu­ teronomio ha delle affinità con Osea, un profeta efraimita, ma ciò è vero per altri profeti che non sono efraimiti. Inoltre, Osea mostra poco interesse per gli abusi sociali contro i quali legifera il Deuteronomio 14 • Un approccio più promettente, esplorato per primo da Bentzen e divenuto ampiamente corrente con von Rad 15 , si concentra sui Leviti come la catego­ ria responsabile sia della forma omiletica, sia del contenuto del libro della legge deuteronomico. Anche se questa linea di indagine ha dimostrato di essere produttiva sotto parecchi riguardi, il suo tallone d' Achille è il bisogno di fare affidamento quasi esclusivamente sull ' informazione fornita dal Cro­ nista, che, nella sua versione della storia, introduce i Leviti in parecchi pun­ ti, come maestri della Torah, giudici e riformatori - in altre parole, come addetti alle funzioni che furono loro proprie nel periodo del secondo Tempio 16 • Rimane vero che le nostre fonti principali, la storia deuteronomi­ sta e i profeti preesilici, non menzionano mai i Leviti durante il periodo dei due regni, con la sola eccezione della loro esclusione da impieghi remunera­ tivi nei santuari eretti da Geroboamo (l Re 1 2,3 1 ) . Questo può, di fatto, costituire un utile indizio, poiché è abbastanza verosimile che, come ci informa il Cronista (2 Cr 1 1 , 1 3- 1 7 ; 1 3,9), questi sacerdoti spossessati tro­ vassero la loro strada nel regno di Giuda. Ma non ne conseguirebbe che abbiano portato con sé una tradizione distintiva, che ha lasciato il suo segno sul Deuteronomio. Considerata l' enfasi che i commentatori moderni hanno posto sullo stile omiletico del Deuteronomio, si dovrebbe anche dire che non abbiamo alcu­ na prova affidabile della predicazione !evitica durante il periodo preesilico 17 • Anche se ci sono alcuni ovvi problemi coinvolti nell' uso di questo termine ­ non ultimo le associazioni peggiorative che sono venute ad aggravarlo -, il verbo ebraico che normalmente traduce, nfp (hiph.), si riferisce invariabil­ mente all ' attività profetica ed è generalmente usato in parallelismo con

14 Di carattere abbastanza generale sono Os 4, 1 -3 (con reminiscenze del decalogo) e le allusioni all' omicidio, all' infamia e al furto in 6,9 e 7, 1 . 15 A . BENTZEN, Die josianische Refonn und ihre Voraussetzungen, G.C.E. Gadd, Copenhagen 1 926; G. VON RAo, Studies in Deuteronomy, SCM Press, London 1 953, specialmente 66-68. 16 Ad eccezione di un riferimento in un successivo strato redazionale (Dt 27, 14), i Leviti come clero di secondo ordine non sono attestati nel Deuteronomio, e le allusioni a questi Leviti nella sto­ ria deuteronomistica sono tra le indicazioni più chiare di una redazione successiva (Gs 3,3; l Sam 6, 1 5 ; 2 Sam 1 5 ,24; l Re 8,4). 17 Cfr. specialmente G. VON RAD, The Levitical Sennon in l and 2 Chronicles, in The Problems of the Hexateuch and Other Essays, Oliver & Boyd, Edinburgh 1 965, 267-280.

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"profetizzare". Durante il periodo in questione, dunque, è il profeta, non il Levita, ad essere il predicatore (ma!ffp) 18 • Rammentando che la certezza è fuori della nostra portata, possiamo anco­ ra tentare di riepilogare questo importante capitolo della storia religiosa di Israele nel modo seguente. I movimenti di riforma sono stati un aspetto costante della storia, almeno dal tempo di Asa e di suo figlio Giosafat, alla fine del x e all ' inizio del rx secolo (l Re 1 5 , 1 1 - 1 5 ; 22,43-46). Il tentativo di destabilizzare i santuari provinciali fu fatto per primo da Ezechia (2 Re 1 8 ,4.22), come parte di una riforma il cui scopo era quello di evitare la ripe­ tizione del destino che si era abbattuto sul regno del Nord. Impressionanti paralleli tra la predicazione di Michea e la legislazione deuteronomista 19 suggeriscono, inoltre, che la classe etichettata come «il popolo della terra», i cui interessi e il cui ethos trovarono espres sione nella predicazione di Michea, giocò un ruolo significativo in questo movimento di riforma, allora e nel secolo successivo sotto Giosia. Dovremmo anche tener conto di un contributo significativo dato da un gruppo pietista, sensibile alla predicazio­ ne profetica, gli «umili della terra» di Sofonia, specialmente sotto Manasse e durante la minore età di Giosia. Il carattere scribale o sapienziale del Deu­ teronomio, a cui parecchi studiosi hanno giustamente prestato atten�ione20 , non contraddice questa conclusione, poiché il Deuteronomio era un docu­ mento ufficiale di stato, redatto da specialisti formati nella tradizione scriba­ le. Ci sono indicazioni che questi scribi erano particolarmente attivi durante il regno di Ezechia e che dal tempo di Giosia avevano cominciato ad assu­ mere la responsabilità di scrivere, e probabilmente anche di interpretare, le leggF 1 • Dal momento che il Deuteronomio riflette pure le aspirazioni all ' indipen­ denza politica sotto Giosia, era naturale che dovesse enfatizzare il carattere specificamente israelita della profezia. La profezia, quindi, è messa in con-

18 Am 7 , 1 .6; Mi 2,6. 1 1 ; Ez 2 1 , 1 .7. La traduzione di NEB "go drivelling on" ["continuare a sba­ vare, a parlare a vanvera", n.d.t.] in Am 7 , 1 6 è quindi ingiustificata, nonostante il significato della radice sia "gocciolare". 19 Lo spostamento dei confini (Dt 1 9 , 1 4 ; Mi 2,2), l' usura e l' esazione abusiva dei debiti (Dt 24,6. 1 0- 1 3 . 1 7 ; Mi 2,8.9a), la difesa del povero (Dt 1 5 ,4; 1 4,28-29, ecc. ; Mi 3 , 1 -2; 6, 1 0), il mante­ nimento di un processo di giustizia (Dt 1 6 , 1 8-20; Mi 3,9), la condanna della corruzione (Dt 1 6, 1 820; Mi 3 , 1 1 ), la correzione di pesi e misure (Dt 25, 1 3- 1 6; Mi 6, 1 0- 1 1 ) . 20 La presentazione più dettagliata è quella di M. WEINFELD, Deuteronomy and the Deuterono­ mic School, Clarendon Press, Oxford 1 972. 21 Pr 25, 1 ; Ger 2,8 ; 8,8-9. In b. Baba Batra 1 5a, Proverbi, Qoelet, Cantico dei Cantici e Isaia sono attribuiti ad Ezechia e alla sua cerchia, fatto questo che, almeno, attesta la persistenza di una tradizione di attività letteraria.

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trasto con i modi stranieri d i mediazione ( 1 8, 1 4) e s i insiste sul fatto che il profeta deve essere Israelita di nascita ( 1 8, 1 5 . 1 8) . Il profeta che parla in nome di una divinità straniera è colpevole di sedizione e soggetto alla pena di morte ( 1 3 , 1 -5 ; 1 8,20), una stipulazione che è facilmente intelligibile nel contesto delle misure anti-assire, perseguite da Giosia e dalla sua corte.

14. La prospettiva della profezia cultuale sulle vicende internazionali : Naum e Abacuc

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La tesi di Max Weber, secondo cui la profezia in Israele era essenzial­ mente interessata agli affari intemazionali22 , è ampiamente confermata dalla storia degli ultimi decenni di indipendenza della Giudea. Il materiale profe­ tico nei libri attribuiti a Naum ed Abacuc copre il periodo del declino e della caduta dell ' Assiria e della rinascita del potere di Babilonia sotto Nabucodo­ nosor, o, in altre parole, dalla morte di Assurbanipal (627) alla prima depor­ tazione (598). Naum è un' opera composita e, come possiamo attenderci, è stata adattata per armonizzarla a scenari posteriori fino al periodo ellenistico - un' operazione non difficile poiché la città, Ninive, è menzionata per nome solo due volte. Il libro sembra sia stato di speciale interesse per quei membri settari del periodo asmoneo che produssero il peser di Qumran a Naum (4QpNah o 4Q 1 69) e lo interpretarono come un messaggio in codice riferito a eventi contemporanei 23 • Ma non è un' opera pseudoepigrafica e il suo nucleo originale può essere datato, con una certa sicurezza, ai primi decenni del regno di Giosia24• Vedremo brevemente che Abacuc risale alla fine del periodo in questione, cioè, al tempo dell ' ascesa di Babilonia successiva alla morte di Giosia. Il pezzo centrale è l' oracolo (massd ')25 contro Ninive (Na 1 , 1 5-2, 1 2 [TM 2, 1 - 1 3]), seguito da un breve commento in prosa (2, 1 3 [TM 2, 14] e da un lungo oracolo di sventura (3, 1 - 1 9). Il tutto è introdotto da un inno acrostico

22 MAX WEBER, The Sociology of Religion, 5 1 [trad. it., Sociologia della religione, Edizioni di Comunità, Milano 1982] . 23 Il commentario di Qumran a Naum (4Q l 69) è tradotto da G. VERMES, The Dead Sea Scrolls in English, JSOT Press, Sheffield 1 987', 279-282. 24 Circa la data di Naum, vedi J.J.M. ROBERTS, Nahum, Habakkuk and Zephaniah, 38-39, che opta per il 640-630 a.C. 25 Vedere P.A.H. DE BoER, An lnquiry lnto the Meaning of the Term ma ssa ', in OTS 5 ( 1 948) 1 97-2 14; R.R. WILSON, Prophecy and Society in Ancient /srael, 257-259. Il termine è usato gene­ ralmente da profeti di Giuda e, nella maggior parte dei casi, per oracoli contro nazioni straniere. Se sar hamassii ' (o b•massii ') in l Cr 1 5 ,22.27 è un titolo liturgico per indicare il "maestro dell' ora­ colo", come viene suggerito da S. MOWINCKEL, The Psalm in /srael 's Worship II, 56, avremmo conferma dell' ambiente cultuale di questo tipo di detto.

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incompleto ( 1 ,2-8) e da tre brevi detti ( 1 ,9- 14). La questione dell ' autenticità non può essere risolta, come accade generalmente con detti contro nazioni straniere e composizioni di carattere liturgico. L' inno acrostico può essere delineato, con l' aiuto di piccoli emendamenti, da Alef a Kaf Esso celebra la teofania del dio guerriero nazionale, usando motivi familiari in una tradizio­ ne di innografia cultuale ben stabilita26 • Non possiamo dire in quale momen­ to esso fu aggiunto come un' introduzione adatta ai poemi anti-assiri. I tre brevi detti che seguono (Na l ,9- 1 4 ), il cui testo è per lo più in cattivo stato, possono rappresentare frammenti superstiti di profezia cultuale del periodo della rinascita nazionalista, che seguì la morte di Assurbanipal. Ora è impossibile dire se essi provengono dal profeta del titolo, Naum di Elcos, del quale non si conosce nulla27 • Per quanto si può capire, il primo di questi detti (vv. 9- 1 1 ) ha origine in un gruppo che contrastava la politica anti-assira di Giosia e dei suoi sostenitori e, tra questi, uno descritto come un «cattivo consigliere», presumibilmente un alto ufficiale di corte. Il detto successivo (vv. 1 2- 1 3) è rivolto a Gerusalemme e, nella maniera caratteristica degli intermediari ufficiali, promette la fine del governo assiro. L'ultimo (v. 1 4) è rivolto ad un individuo, probabilmente Assurbanipal, recentemente morto, predicendo la distruzione dei suoi dei e la fine della sua discendenza. Il poema anti-assiro è introdotto dall ' araldo (mebasse r) e portatore di buone notizie (masmfa 'sillo m). Questi termini sarebbero particolarmente appropriati per il tipo di profeta ottimista che Naum è considerato, benché la loro ricorrenza nel Deutero-Isaia (/s 40,9; 52,7) suggerisca piuttosto una comune storia editoriale . Il poema descrive, con un realismo abbastanza brutale, la presa e il saccheggio di Ninive, per quanto il linguaggio usato non escluda la possibilità che il poema sia stato scritto prima dell' avveni­ mento reale (6 1 2 a.C.). In questo caso, comunque, è difficile vedere come avrebbe potuto anticiparlo più di pochi anni, dato il reale pericolo che un tale materiale incendiario giungesse all' attenzione degli ufficiali assiri loca­ li. La spiegazione più verosimile è che esso provenisse da un profeta cultua-

26 Na 1 ,3a, che contraddice il versetto precedente, è una glossa esplicativa per motivare l' ira di Dio come la conseguenza del suo rifiuto a condonare l' immoralità. In 4b si richiede una parola che inizia con daleth, al posto di 'umlal ed in 6a t•pandyw (per lipne) dovrebbe venire dopo ya 'amOd. Sui salmi acrostici, cfr. W. SOLL, Acrostic, in ABD l :58-60 e sull' acrostico di Naum, in aggiunta ai commentari, P. HUMBERT, Essai d 'analyse de Nahoum 1,2-2,3, in Z4. W 44 ( 1 926) 266-280; J. DE VRIES, The Acrostic of Nahum in the Jerusalem Liturgy, in VT 16 ( 1 966) 476-48 1 ; D.L. CHRISTEN­ SEN, The Acrostic of Nahum Reconsidered, in ZA W 87 ( 1 975) 1 7-30. 27 Poiché l' identificazione di Elcos è sconosciuta, gli argomenti in favore dell' origine non giu­ dea di Naum sono confinati nella sfera delle ipotesi, anche quando sono ingegnosi come quelli di A. S. VAN DER WOUDE, The Book of Nahum: A Letter Written in Exile, in OTS 20 ( 1 977) 108- 1 26.

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le, dopo che il movimento per l' emancipazione era realmente cominciato, che fosse apertamente pubblicato a beneficio del re e della corte e che Gio­ sia rispondesse all' invito di osservare le feste e rinnovare i voti, convocando una grande Pasqua di liberazione pochi anni dopo (2 Re 23,2 1 -23). L' oracolo di sventura contro la «città sanguinaria» (Na 3, 1 1 9) 28 continua la descrizione del suo annientamento, e con questo il libro giunge alla fine. Il tono di questi poemi non troverà facilmente un' eco nella mente del lettore moderno, o almeno del lettore moderno che non ha sofferto condizioni simi­ li a quelle che gli Assiri imposero alle province loro soggette. Ma è bene ricordare che quello che era in gioco per il poeta e il suo uditorio era la realtà del potere divino e la possibilità della giustizia nel mondo degli affari internazionali. Tali questioni giungeranno ad un'espressione più chiara in Abacuc, che sarà considerato tra breve. Prima di lasciare Naum dobbiamo domandarci dove egli debba essere situato nel quadro dei fenomeni profetici in Israele. L' indizio decisivo è, certamente, l' oracolo contro una nazione straniera, la cui proclamazione è una delle più antiche e ben stabilite funzioni profetiche. Dal momento che è usato dai profeti in differenti contesti, si può accettare che abbia avuto origi­ ne, e si sia continuato ad usarlo, come parte del culto ufficiale e come una funzione di politica nazionale. Sembra ragionevolmente certo che Naum fosse un importante intermediario e che, perciò, nel suo libro troviamo una profezia cultuale e nazionalista in uno stato abbastanza puro. Il linguaggio mitologico della teofania (Na 1 ,4; cfr. Am 1 ,2; Gl 3 , 1 6 [TM 4, 1 6]), il titolo «YHWH degli eserciti» (Na 2, 1 3 ; 3,5) e l' assenza di critica al culto e ad altre istituzioni dello stato suggeriscono che Naum rappresenta un aspetto delle politiche di Giosia abbastanza differente da quelle che apprendiamo dallo storico del regno. Dunque, pure se il libro non può essere letto come una liturgia coerente, sembra che Naum fosse il portavoce del culto del Tempio al servizio della rinascita nazionalista dopo un secolo di soggezione all' Assiria29 • -

Nonostante le impressionanti conquiste territoriali conseguenti al tentati­ vo di Giosia per ottenere l' indipendenza30 , un perspicace spettatore della

28 Emendando l'ultima parola di Na 3, 17, 'ayydm, in 'oy ldhem (la Biblia Stuttgartensia ha 'oy mah) e collegandola al versetto seguente, alcuni commentatori identificano i vv. 1 8- 1 9 come un detto di sventura separato, uno molto breve in confronto ai vv. 1 - 1 7 . 29 P. HUMBERT, L e Problème du livre d e Nahoum, i n RHPR 1 2 ( 1 932) 1 - 1 5 ; J. LINDBLOM, Prophecy in Ancient /srael, 253. 30 Vedere 2 Re 23,4; 2 Cr 34,6-7. Per una conferma archeologica, vedere J.H. HAYES - J.J. MIL-

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scena internazionale sarebbe stato obbligato a fare delle valutazioni piutto­ sto caute delle possibilità future. L' Egitto, che aveva recuperato la sua indi­ pendenza nel 655 a.C., era già sulla strada per riprendere Siria e Palestina nella sua sfera di influenza un decennio prima della morte di Assurbanipal, con la conquista della città filistea di Asdod, nel 639. Una volta apparso evi­ dente che l' Assiria aveva finito di essere una grande potenza, quest' obietti­ vo fu perseguito più vigorosamente da Sammetico I e da Nekao II della ven­ tiseiesima dinastia Saitica. Giosia decise, correttamente nella circostanza, che il futuro era con i Babilonesi; ·ma il suo tentativo di conquistare il loro favore contrastando la penetrazione degli Egiziani in Siria gli costò la vita (2 Re 23 ,29-30). Il «popolo della terra» scelse come suo successore il suo figlio più giovane, Ioacaz (o Sallum, l Cr 3 , 1 5 e Ger 22, 1 1 ) , senza dubbio perché si opponeva al nuovo oppressore. Gli Egiziani, comunque, lo depo­ sero dal trono dopo soli tre inesi ed intronizzarono al suo posto Eliakim, il figlio più anziano di Giosia. Eliakim, rinominato Ioiakim dagli Egiziani, governò come un fantoccio nelle loro mani, con il compito di mantenere la pace, di reprimere movimenti indipendentistici e di raccogliere il tributo annuale, normalmente percepito dai grandi imperi (2 Re 23,35). Questi com­ piti non gli procurarono popolarità e non è sorprendente sentire di spargi­ menti di sangue, esecuzioni di dissidenti, compresi i profeti (Ger 26,20-23) e dell ' opposizione di quelli, incluso Geremia (Ger 22, 1 3 - 1 9 ; 26, 1 - 1 9), che avevano sostenuto le scelte politiche di Giosia. Dopo la disfatta decisiva degli Egiziani a Carchemish, nell ' alto Eufrate, nel 605 a.C . , il controllo della regione passò ai Babilonesi e Ioiakim fu costretto a sottomettersi ad un nuovo padrone. Poco dopo egli commise l' errore di non versare il tributo, probabilmente in conseguenza del falli­ mento babilonese nella conquista dell ' Egitto nel 600 a.C. Assistiti da truppe prelevate dagli stati vicini (2 Re 24,2), i Babilonesi investirono Gerusalem­ me, ma Ioiakim morì, o fu ucciso, prima che riuscissero ad ocçupare la città31 • Dopo un breve assedio, suo figlio Ioiachin fu costretto ad arrendersi e fu deportato con la famiglia reale, con i membri della corte e un consisten­ te numero di persone delle classi professionali. Molti in Giuda continuarono a considerare il re esiliato come il monarca de jure e gli stessi Babilonesi possono aver incoraggiato questo fatto come un mezzo per tenere sotto con-

LER (edd.), lsraelite and Judaean History, 465. Secondo ALBRECHT ALT, Judas Gaue unter Josia, in PJB 2 1 ( 1 925) 1 00- 1 1 6, gli elenchi di città in Gs 1 5 e 1 9 derivano da un documento amministrativo del regno di Giosia. 3 1 La sequenza esatta degli avvenimenti non è chiara. Vedere HAYES - MILLER, 47 1 , e la biblio­ grafia, 469.

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trollo il loro designato, Mattania, rinominato Sedecia. Durante il regno di quest' ultimo, il contrasto tra il partito filo-babilonese e quello anti-babilone­ se in Gerusalemme raggiunse un livello di grande intensità, creando una situazione che Sedecia fu chiaramente incapace di controllare. L' esito fu un ulteriore tentativo di indipendenza che, com' era prevedibile, fallì e portò alla distruzione della capitale e del Tempio, ad un' altra deportazione ed alla perdita definitiva dell ' indipendenza nazionale (586 a.C .). Poco tempo dopo la morte di Giosia, un profeta di Gerusalemme procla­ mava, alla maniera di Amos e di Isaia, l' avvento di un nuovo conquistatore del mondo come strumento dei piani di YHWH nella storia. La proclama­ zione giunge come parte di un dialogo tra il profeta e il suo dio (Ab 1 ,2-2,5), un' innovazione nella letteratura profetica, che sarà utilizzata dal Deutero-Isaia (fs 40, 1 - 1 1 ; 49, 1 - 1 8) ma che ricorre, o è presupposta, negli inni cultuali. Come i salmi di lamentazione, comincia con un lamento per­ ché i malvagi e i violenti sembrano trionfare, mentre gli innocenti sono per­ seguitati (Ab 1 ,2-4). Usando un linguaggio tradizionale per descrivere una forza di invasione (cfr. fs 5 ,26-30), la risposta divina indica una nuova ini­ ziativa di YHWH nella storia del mondo, suscitare i Babilonesi (kaSdfm, Caldei, Ab l ,6), i quali, benché essi stessi riprovati, serviranno come stru­ menti di punizione per i "malvagi" che sono in Giuda ( 1 ,5- 1 1 ). Questa repli­ ca non placa interamente i dubbi del profeta, dal momento che continua a lamentarsi per il trionfo dei malvagi sui giusti e in modo da suggerire che egli stesso sia personalmente coinvolto. Continuando, comunque, l' oggetto della sua denuncia cambia e diventa il conquistatore spietato che divora le nazioni, così che una soddisfacente risposta divina rimane ancora nel futuro ( 1 , 1 2-2, 1 ) . La battuta finale di YHWH non dà questa risposta. Essa ci sarà, ma nel frattempo i giusti devono perseverare, credendo che la salvezza, pro­ messa mediante la rivelazione profetica, sarà finalmente accordata loro (2,25). Questo breve sommario della prima parte di Abacuc ha sorvolato su alcu­ ni seri problemi di interpretazione, che hanno dato prova di essere notevol­ mente resistenti ad una soluzione e che devono essere brevemente menzio­ nati. Il primo riguarda la data e il riferimento storico del dialogo. Cominciando con Duhm, che legge "Kittim" per "Caldei" in Ab l ,6, i commentatori, di tanto in tanto, hanno ipotizzato che hakkasdfm sia una glossa32 • Se fosse

32 B. DUHM, Das Buch Habakuk. Text, Ubersetzung und Erkliirung, J.C.B. Mohr, Tiibingen 1 906, 1 9-23 ; e, a favore del testo così com'è, P. HUMBERT, Problèmes du livre d 'Habacuc, 34.

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così, il testo non offrirebbe alcun indizio per identificare la «nazione feroce ed impetuosa» ed il suo capo, specialmente se si considera il linguaggio convenzionale del tema del Volkerkampf che viene utilizzato. L' indagine, dunque, è stata libera di spaziare dagli Assiri, verso la fine del VII secolo, ai Macedoni e ad Alessandro Magno, nel IV secolo33 • Strettamente correlata è l' identità dell "'empio" (vv. 4. 1 3), che oscilla tra oppositori interni del profe­ ta e i nuovi aggressori sulla scena intemazionale34• Noi pensiamo che il testo ha certamente subito uno sviluppo e può bene essere stato riapplicato a situazioni politiche mutevoli, ma che esso si adatta al meglio agli anni seguenti la morte di Giosia, un periodo di profondo disorientamento politico e religioso in Giuda. "Gli empi" sarebbero, quindi, i sostenitori di Ioiakim (609-598), i quali, secondo le nostre fonti, versarono sangue innocente, giu­ stiziarono profeti e disprezzarono le rivendicazioni di giustizia sociale. La minaccia proveniente dai B abilonesi e dal loro capo (Nabucodono sor) acquisterebbe il miglior significato tra la battaglia di Carchemish (605) e la prima deportazione (598). Abbiamo un esatto parallelo tematico in Ger 25 ,8- 14, datato in quel periodo. YHWH fa venire le tribù del Nord e Nabu­ codonosor suo servo come uno strumento per il castigo di Giuda. A tempo debito, comunque, questi due saranno puniti per la loro iniquità a compi­ mento della predizione profetica. Abacuc è il solo profeta preesilico identificato come un ndbf' nel titolo, il che potrebbe, plausibilmente, indicare che fosse un profeta professionista o prebendario, probabilmente legato al culto del Tempio. La stessa conclusio­ ne è suggerita dal termine massa ', oracolo, usato il più delle volte per le maledizioni o le minacce contro nazioni ostili, che erano pure un aspetto delle liturgie del Tempio quando l' occasione lo richiedeva (cfr. Sal 60; 83; 1 08). Abbiamo visto, inoltre, che il dialogo nella prima sezione è basato su un modello liturgico e il salmo in Ab 3 ha le proprie rubriche liturgiche. In quanto intermediario importante, si attenderebbe che Abacuc pronunciasse gli oracoli specialmente in una situazione di crisi politica e il processo mediante il quale tali oracoli erano sollecitati è descritto nel corso del dialo­ go. Il passo in questione (Ab 2, 1 ) può essere tradotto come segue:

33 In aggiunta ai lavori citati nella bibliografia, vedere P. HUMBERT, Essai d 'analyse de Nahoum 1, 2-2, 3, in ZAW 44 ( 1 926) 266-280; M.J. GUENTHANER, Chaldeans or Macedonians ?, in Bib 8 ( 1 927) 1 29- 1 60, 257-289; W. STAERK, Zu Habakuk 1,5- 1 1 . Geschichte oder Mythos ?, in ZA W 5 1 ( 1 933) 1 -28.

34 E. NIELSEN, The Righteous and the Wicked in Habaqquq, in StTh 6 ( 1 953) 54-78 . Cfr. anche i commenti puntuali di M.A. SWEENEY, Habakkuk, in J.L. MAYS (ed.), Harper's Bible Commentary, Harper & Row, San Francisco 1988, 739-74 1 .

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Mi metterò al mio posto di guardia e mi fermerò sulla torre di guardia35 per vigilare e vedere che cosa dirà per me e che risposta darà al mio lamento.

Un veggente anonimo, probabilmente durante l ' esilio babilonese, ha lasciato un racconto simile di richiesta di un oracolo che annunciava la caduta di Babilonia (fs 2 1 ,6-8) : V a' , metti una sentinella, che annunzi quanto vede. Se vede cavalieri, coppie di cavalieri, gente che cavalca asini, che cavalca cammelli, ascolti con attenzione, con grande attenzione. Allora la vedetta ha gridato: «Sulla torre di guardia, o Signore, io sto continuamente durante il giorno; al mio posto di guardia sto in piedi tutte le notti» .

Anche s e i l significato preciso dei termini «torre d i guardia» e «posto di guardia» ci sfugge, i passi ci forniscono un prezioso colpo d' occhio su un processo analogo ai rituali di incubazione (per es. , Gen 28, 1 1 ; l Sam 3,3), mediante i quali venivano sollecitati oracoli . Il salmo nel terzo capitolo completa il quadro con una vivida descrizione dei mutamenti psicologici e fisiologici che possono capitare durante questo processo preparatorio: H o udito e h o tremato nell'intimo; alla notizia rabbrividiscono le mie labbra. Entra un tarlo nelle mie ossa sotto di me vacillano i miei passi. (Ab 3 , 1 6)

La pazienza di Abacuc fu ripagata quando ricevette una risposta, senza dubbio in uno stato estatico, in cui gli fu comandato di scrivere la visione su tavolette a caratteri grandi, come un cartello stradale, in modo che si potesse leggere, com' era, anche passando di corsa. La risposta, quindi, non era del

35 Qui (Ab 2, 1 ) dovremmo forse leggere mi�peh per md�or, in parallelo con mismeret, come in /s 2 1 ,8; cfr. la designazione �apeh, sentinella, per il profeta (per es., Ez 3, 1 7) e l' uso frequente di questo verbo in relazione alla profezia (/s 2 1 ,6; 52,8; 56, 1 0; Ger 6, 1 7 ; Ez 3 , 1 7 ; 33, 1 -9; Os 9,8; Mi 7,7).

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tipo che avremmo aspettato per l' analogia con i salmi di lamentazione. E restiamo a domandarci quale fosse la visione che al profeta fu comandato di scrivere con caratteri tanto grandi da non poter essere ignorata neppure da quelli che passano in fretta senza fermarsi. Dalla risposta di YHWH è quanto meno chiaro che lo scritto della visione conteneva pomposamente una predizione di benessere, della cui verità mol­ ti, e tra essi il profeta, cominciavano a dubitare (Ab 3,3). Una tale visione non era stata menzionata nel libro fino a questo punto, così che alcuni com­ mentatori si sono chiesti se il salmo in Ab 3, che descrive con un linguaggio magnifico l' intervento del dio-guerriero per salvare il suo popolo, sia inten­ zionale. Esso parla, in effetti, della disfatta degli empi, dei nemici d'Israele (Ab 3, 1 3- 1 4). Descrive in termini impressionanti l' inizio dell ' estasi profeti­ ca e presenta il profeta che attende tranquillamente, vale a dire, senza dubbi o turbamenti, l' intervento divino (Ab 3 , 1 6). Poiché, tuttavia, non abbiamo la sicurezza che il dialogo e il salmo provengano dalla stessa mano, dovremmo prendere in considerazione la possibilità che la visione e la predizione siano quelle di un precedente profeta, che erano rimaste incompiute ed avevano, perciò, provocato la crisi di fede attraverso la quale stavano passando Aba­ cuc ed i suoi contemporanei. In tal caso, dovremmo considerare la profezia che ad Isaia fu ordinato di scrivere come una garanzia della sua verità, in vista di un compimento futuro (fs 8 , 1 6- 1 7; 30,8- 10; cfr. 29, 1 1 - 1 2). Isaia pure parlò della necessità di una positiva perseveranza, nella fede, quando le circostanze presenti sembravano contraddire la promessa profetica di un intervento divino (fs 7,9; 30, 1 5). E dal momento che le parole di Isaia sem­ brano aver ricevuto nuova vita con le riforme di Giosia e l' aspettativa della liberazione dal giogo assiro, da cui erano ispirate, una crisi di fede nella pro­ fezia, e quindi nella possibilità di un intervento divino, può ben essersi veri­ ficata quando queste speranze morirono con Giosia3 6 • La fede che è richiesta nell' intervallo tra la profezia e il suo compimento è fede nella possibilità e nella realtà dell' intervento divino negli affari umani (Ab 2,4; cfr. 1 ,5). Mediante una lettura piuttosto differente - «il giusto vivrà per la fede» (Rm l , 17; Gal 3, 1 1 ) - Paolo ha utilizzato questo testo famoso come sfondo scritturistico per la sua polemica sui rispettivi ruoli della fede e delle opere. Il pesher di Qumran su Abacuc, al contrario, lo riferiva sia

36 Altri aspetti di questo importante testo sono discussi da M. STENZEL, Habakuk 2, 1 "4, 5a, in Bib 33 ( 1 952) 506-5 10; S . SCHREINER, Erwiigungen zum Text von Hab. 2, 4- 5, in ZA W 86 ( 1 974) 5 3 8-542; J.A. EMERTON, The Textual and Linguistic Problems of Habakkuk l/.4-5, in JTS 28 ( 1 977) 1 - 1 8 ; J.G. JANZEN, Hab. 2:2-4 in the Light of Recent Philological Advances, in HTR 73 ( 1 980) 53-78.

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all ' osservanza delle leggi sia alla fede nel Maestro di giustizia ( l QpHab VIII, 1 -3). La differenza fatta da Abacuc tra gli empi e i giusti, sulla base della fede, costituisce, di fatto, un ponte tra il precedente insegnamento pro­ fetico, specialmente quello di Isaia, e certi sviluppi del periodo del secondo Tempio che avrebbero portato alla nascita delle sette, compreso il cristiane­ simo primitivo. La seconda e abbastanza distinta sezione del libro consiste di cinque guai contro un tiranno innominato (Ab 2,6-20) 37 • Mentre sarebbe naturale identi­ ficarlo con il re di Babilonia, di cui si è parlato prima, il linguaggio usato non fornisce indizi certi. Si tratta di un capo colpevole di saccheggio, spar­ gimento di sangue e violenza; ha fondato una città sul sangue, ha coperto la sua casa di vergogna ed abita in una fortezza alta ed inaccessibile. Una tale descrizione potrebbe adattarsi ad ognuno dei parecchi candidati lungo la sto­ ria della trasmissione del libro. Dobbiamo ricordare che i libri profetici non erano sottoposti al diritto d' autore e che i detti contro nazioni e governanti stranieri erano particolarmente soggetti a reinterpretazione alla luce di nuo­ ve situazioni. Se è vero, come sembra, che Abacuc rappresenta la profezia centrale piut­ tosto che quella periferica, è ugualmente vero che a quel tempo tali profeti venivano a trovarsi sempre più nella condizione di dover prendere posizio­ ne: testimone il contrasto tra gli empi e i giusti, che ricorre più di una volta nella prima sezione (Ab 1 ,4. 1 3 ; 2,4). Pure indicativa di una situazione mute­ vole è la sollecitazione del profeta non per un oracolo di salvezza, come si aspetterebbe da un intermediario centrale, ma di assicurazione divina in una crisi di fede. Anche se il salmo nel cap. 3 non è la risposta originale al lamento del profeta, nella disposizione finale del libro esso persegue lo stes­ so scopo della teofania nel Sal 73 e in Giobbe, entrambi i quali sollevano la questione della realtà e, implicitamente, del carattere etico del dio della reli­ gione tradizionale. Questi interrogativi crebbero di intensità in seguito ai disastri che si accumularono alla fine del vn e all ' inizio del VI secolo a.C. Essi costituirono un aspetto preminente anche nella carriera di uno dei per­ sonaggi più notevoli nella storia di Israele, al quale ora ci dedichiamo.

37 Vedere M. STENZEL, Habakuk /1, 15-1 6, in VT 3 ( 1 953) 97-99; E. 0TIO, Die Stellung der Wehe- Worte in der Verkundigung des Propheten Habakuk, in Z4. W 89 ( 1 977) 73- 1 07.

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La storia editorale e la trasmissione di questo che è il più lungo tra i libri profetici, con i suoi tipi di materiale molto diversi, crea problemi più diffici­ li del solito per l' interpretazione. Anzitutto, l' antica versione greca o Settan­ ta (LXX) non solo è più breve del testo masoretico (TM) di circa un ottavo, ma dispone pure differentemente il materiale. I frammenti di Qurnran di Geremia (4QJera-e; 2QJer) confermano l' esistenza di due versioni significa­ tivamente differenti, corrispondenti ai LXX e al TM, e ora è chiaro che la differenza non è solo una questione di critica testuale ma segnala stadi importanti nella trasmissione del materiale di Geremia. Il consenso contem­ poraneo è che il TM rappresenti una versione posteriore e più ampia dei LXX e la stessa conclusione è suggerita dalla collocazione degli oracoli contro le nazioni straniere al centro del libro nei LXX, come in Isaia ed Eze­ chiele, piuttosto che alla fine dove - eccezionalmente - sono collocate nel TM. Il compito degli interpreti, dunque, è complicato dal bisogno di spiega­ re aspetti distintivi e sviluppi confrontando una versione con l' altra. Parec­ chi commentatori hanno notato, per esempio, le molto più frequenti allusio­ ni a Geremia come niibf' nella versione più lunga e presumibilmente poste­ riore, che conferma la tesi esposta precedentemente circa l' espansione semantica nell ' uso e nella funzione di questo termine. Un altro esempio

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potrebbe essere la promessa di un giusto discendente davidico sostenuto da sacerdoti levitici ugualmente giusti, in Ger 33, 1 4-26. Questo passo, omesso dai LXX ma presente a Qumran (4QJer:), si presenta come un commento a 23,5-6 ed è paragonabile a certe idee di Aggeo, Zc 1-8 e al Testamento di Levi (8, 1 - 1 5) e di Giuda (2 1 , 1 -5 ; 24, 1 -6) del periodo Asmoneo. Come è stato appena notato, gli oracoli contro le nazioni straniere si tro­ vano alla fine del libro nel TM (cc. 46-5 1 ) mentre sono collocati in 25 ,3 1 e disposti in un diverso ordine nei LXX. Una collocazione a questo punto, in mezzo al libro , non è sorprendente data l' allusione, in 25 , 1 3 , a un libro distinto contenente tale materiale e abbiamo visto che in altri libri profetici il giudizio sulle nazioni segue il giudizio su Israele (/s 1 3-27 ; Ez 25-32). La collocazione dei detti sulle nazioni straniere alla fine del TM di Geremia, immediatamente prima dell' appendice storica del c. 52, altera pure ciò che sembra essere stato l' originario excipit o congedo del libro, una parola di assicurazione al fedele scriba Baruc che aveva messo tutto in iscritto ( Ger 45 , 1 -5), dunque una specie di colophon. Comunque, è impossibile dire qua­ le potrebbe essere stata la collocazione più originaria, dal momento che gli oracoli contro le nazioni straniere non devono essere al centro di un libro profetico (in Amos sono all' inizio) e la menzione di un libro di tali oracoli (25 , 1 3) potrebbe aver indotto un editore a spostarli dalla fine al centro. I detti sulle nazioni straniere non possono essere stati compilati prima dell ' esilio babilonese e il massimo che possiamo dire sulla loro autenticità è che alcuni di essi possono aver avuto il loro punto di partenza in detti o frammenti di detti trasmessi da Geremia stesso. Ciò è maggiormente proba­ bile per quanto concerne gli oracoli anti-babilonesi nei cc. 50-5 1 , che pos­ sono aver costituito una collezione distinta. Siamo informati che il re Sede­ eia andò a Babilonia nel 594 a.C., probabilmente per dichiarare la sua lealtà dopo il complotto fallito di quell ' anno. Nel suo seguito c' era un ufficiale reale di nome Seraia, fratello dello scriba Baruc, che fu incaricato da Gere­ mia della pericolosa missione di prendere con sé un rotolo contenente predi­ zioni sulla caduta di Babilonia, di leggerlo al suo arrivo e poi di !asciarlo cadere nell' Eufrate come anticipazione simbolica della caduta di Babilonia (Ger 5 1 ,59-64) . Inutile dirlo, non è più possibile ricostruire i contenuti di questo rotolo e sembra inverosimile che essi siano stati riprodotti nei cc. 50-5 1 . Ger 25 funge quasi da cardine su cui ruotano le due maggiori sezioni del libro ed è, perciò, estremamente importante per comprendere la struttura e l' organizzazione del libro intero. A partire dallo studio fondamentale del norvegese Sigmund Mowinckel, si accetta generalmente che la scuola deu­ teronomi(sti)ca abbia avuto una parte importante nella produzione del libro,

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benché ci siano differenze di opinione sull'estensione della sua attività e sui criteri per determinare ciò che è deuteronomico e ciò che non lo è38 . Nel c. 25 , in cui il profeta passa in rassegna i circa trenta anni di profezia inascol­ tata, non è difficile individuare linguaggio ed idee caratteristicamente deute­ ronomiche. Il popolo ha rifutato di ascoltare «i suoi servi, i profeti» che invitavano al pentimento con uno speciale riferimento alla questione dell ' idolatria e il prezzo da pagare per questo rifiuto è il disastro politico culminante nell ' esilio, il che, naturalmente, corrisponde a un modello fami­ liare nel Dtr (per es. , l Re 8,46-53 ; 2 Re 1 7 ,7-23 ; 2 1 , 1 0- 1 5 ; 24,2-4) . Ma Geremia è presentato anche come un profeta per le nazioni ( 1 ,5) e così l' edi­ tore ha collegato i detti di Geremia contro Giuda, compilati nel 605/4 a.C., con detti contro nazioni straniere. Di fatto, il racconto della stesura del roto­ lo letto pubblicamente nel Tempio da Baruc e successivamente distrutto da Joiakim elenca i suoi contenuti come detti diretti contro Israele, Giuda e tut­ te le nazioni ( Ger 36,2). Mentre la Vorlage ebraica dei LXX inserisce gli oracoli contro nazioni straniere immediatamente dopo la menzione di un libro contenente tale materiale (25 , 1 3), il TM procede a questo punto con l' azione simbolica del­ la coppa dell ' ira divina che prima Giuda e le sue città e poi le nazioni stra­ niere sono costrette a bere (25, 1 5-29) . L' allusione all ' ira divina ha ispirato detti addizionali circa il giudizio sulle nazioni espressi nel linguaggio cul­ tuale e profetico convenzionale appropriato a questo tema ( 2 5 , 3 0 3 1 .32.33 .34-38). Considerato globalmente, dunque, i l capitolo serve allo scopo teologico dell' editore che voleva spiegare i disastri predetti da Gere­ mia che si erano effettivamente verificati e offrire speranza per il futuro, includendo la punizione degli oppressori di Giuda. Il discorso di Geremia in 25,3- 1 4 è presentato come la conclusione della prima collezione di detti contro Giuda comprendente i ventitre anni dal momento del suo incarico come profeta ( 1 ,2) fino al quarto anno di Ioiakim, cioè 627-605 a.C. Abbiamo visto che il 605 fu l' anno della decisiva sconfit­ ta degli Egiziani a Carchemish ad opera di N abucodonosor e della sua asce­ sa al trono babilonese, eventi di importanza fatale per Giuda come ora sap38 Tra i molti studi che hanno indagato le implicazioni della fonte C di Mowinckel, vanno men­ zionati J.P. HYATT, Jeremiah and Deuteronomy, in JNES l ( 1 942) 1 56- 1 73 ; The Deuteronomic Edition of Jeremiah, in Vanderbilt Studies in the Humanities, vol. l, Vanderbilt University Press, Nashville 1 95 1 , 7 1 -95 ; H.H. ROWLEY, The Prophet Jeremiah and the Book of Deuteronomy, in H.H. ROWLEY (ed.), Studies in Old Testament Prophecy, T. & T. Clark, Edinburgh 1 950, 1 57- 1 74; H. CAZELLES, Jérémie et le Deutéronome, in RSR 38 ( 1 95 1 ) 5-36; E. NICHOLSON, Preaching to the Exiles, specialmente 20-32; Hyatt ( 1 942), Rowley e Cazelles trattano la questione correlata dell ' atteggiamento di Geremia nei confronti della riforma (deuteronomica) di Giosia.

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piamo e come molti avevano congetturato. Un resoconto più ampio di que­ sto momento decisivo nella carriera del profeta è esposto nel c. 36 39 • Baruc, ci viene detto, scrisse i detti dei precedenti ventitre anni sotto dettatura di Geremia e gli fu detto di leggerli pubblicamente nel Tempio da cui Geremia in quel periodo era interdetto - ciò non sorprende, poiché aveva di recente predetto la sua distruzione (7, 1-8,3; 26, 1 - 1 9). Baruc lo fece in occasione di un digiuno pubblico nel dicembre dell ' anno successivo, un digiuno occasio­ nato o dalla recente avanzata nel paese di Nabucodonosor o da una terribile siccità (cfr. 14,2-6) o da entrambe le cose. Dopo questa prima lettura pubbli­ ca il rotolo fu letto una seconda volta alla presenza di un gruppo di ufficiali, comprendente membri della famiglia di Safan, che sosteneva il profeta. La terza lettura ebbe luogo nel palazzo d' inverno alla presenza del re e della corte reale. Il lettore fu un certo Yehudi e, quando ebbe letto, il re ridusse il rotolo in pezzi, li gettò nel fuoco e ordinò l' arresto dell' autore e del trascrit­ tore. La scrittura e la lettura pubblica di detti, parecchi dei quali erano stati composti e pronunciati molti anni prima, intendeva presumibilmente essere un modo di affermare la loro presente validità. La distruzione del rotolo da parte di Ioiakim, dall ' altra parte, intendeva negare la sua validità e forse anche rendere inoperanti le sue predizioni. Baruc, comunque, riscrisse i det­ ti, di nuovo sotto dettatura di Geremia e poiché il rotolo riscritto conteneva molti detti addizionali (36,32) costituì una seconda edizione ampliata del materiale di Geremia relativo alla prima metà della carriera del profeta40 • Non sapremo mai con sicurezza se la triplice lettura del rotolo e la scena culminante nel palazzo d' inverno ebbero luogo esattamente o anche appros­ simativamente come sono descritte in questo capolavoro di prosa drammati­ ca ebraica. Il parallelismo con la scoperta di un altro libro collegato al Tem­ pio, la sua lettura alla presenza di un altro re, Giosia, e il contrasto tra la sua reazione ai contenuti e la reazione di Ioiakim all ' opera di Geremia (2 Re 22-23) sono istruttivi circa il modo in cui il c. 36 è modellato, ma questo non porta necessariamente alla conclusione che si tratti di una finzione volta a drammatizzare il trionfo della parola profetica scritta sulla più alta autorità secolare e religiosa.

39 NICHOLSON, Preaching to the Exiles, 39-40; M. KEssLER, Form-Critical Suggestions on Jer. 36, in CBQ 28 ( 1 966) 389-40 1 ; R.P. CARROLL, Jeremiah: A Commentary, 656-65 8 offre un impor­ tante commento a questo capitolo. 40 T.H. ROBINSON, Baruch 's Roll, in ZAW 42 ( 1 924) 209-22 1 ; G. WANKE, Untersuchungen zur sogenannten Baruchschrift, de Gruyter, Berlin 1 9 7 1 (solo Ger 26-28 e 36 potrebbero essere stati scritti da Baruc); W.L. HOLLADAY, A Fresh Look at 'Source B ' and 'Source C' in Jeremiah, in VT 25 ( 1 975) 394-4 1 2.

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Riteniamo, quindi, che almeno il nucleo di questa seconda edizione del rotolo di Geremia-Baruc si trovi nella prima sezione del libro (cc. 1-25) e che consista per la maggior parte di detti diretti contro Giuda e Gerusalem­ me. Alcuni di questi sono sopravvissuti più o meno nella loro forma poetica originaria, altri sono stati parafrasati in prosa da un editore deuteronomistico e ci sono aggiunte e glosse di provenienza e data incerte4 1 • Un tipo di com­ posizione in prosa frequentemente ricorrente nei cc. 1-36 è una parafrasi di un detto profetico fornito di un minimo di struttura narrativa. Il paragone con simili discorsi profetici nella storia Dtr della monarchia conferma l' impressione che quest' unità appartiene allo stesso modello ed esprime pro­ cedure tipicamente deuteronomiche42 • La prima sezione del libro (cc. 1-25) contiene pure parecchie lamentazio­ ni e proteste rivolte a Dio che sono note in epoca moderna come le "confes­ sioni" di Geremia. La designazione è, in realtà, assolutamente inappropriata poiché, diversamente dall' opera di Agostino da cui è mutuata, i passi in que­ stione (Ger 1 1 , 1 8- 1 2,6; 15, 1 0-2 1 ; 1 7 , 14- 1 8 ; 1 8, 1 8-23 ; 20,7- 1 8) non sono affatto esplicitamente autobiografici o rivelatori. Come parecchi monologhi in Giobbe, tradiscono piuttosto una stretta affinità nello stile e nel linguag­ gio con i salmi di lamentazione individuale, una circostanza che suggerisce prudenza nell ' usarli come fonte di materiale autobiografico 43 • Prudenza ancora maggi ore è n e c e s s aria n e l s o s tenere u n a fo rma liturg i c a o un' ambientazione cultuale, nel senso che Geremia stesso avrebbe effettiva­ mente pronunciato queste lamentazioni durante il culto nel Tempio, come un ufficiale del culto o un autonominatosi rappresentante del popolo44•

41 Anche se poche conclusioni di questo tipo resteranno incontestate, si deve sostanzialmente dubitare sull' origine geremiana dei seguenti passi: Ger 3,6- 10. 1 1 - 1 4. 1 5 - 1 8.24-25 ; 5, 1 8- 1 9 ; 9, 1 21 6.23-26; 1 0, 1 - 1 6 ( 1 0, 1 1 è una glossa aramaica entro quest'espansione editoriale); 1 2,7- 1 3. 1 4- 1 7 ; 1 5 ,5-9; 22,8-9. I n aggiunta molti, s e non tutti i seguenti, sono rifacimenti deuteronomici di detti di Geremia: Ger 7 , 1 -8,3; 1 1 , 1 - 1 7 ; 1 6, 1 -2 1 ; 17, 1 9-27 ; 1 8, 1 - 12; 1 9, 1 -20,6; 2 1 , 1-5; 23, 1 -8 ; 25, 1 - 14. 42 Discorsi profetici simili nel Dtr sono: l Re 1 1 , 1 9-39 (Achia); 2 Re 22, 1 4-20 (Cu1da). Tra coloro che hanno argomentato contro l ' origine deuteronomica della fonte C di Mowinckel, che include le parafrasi in prosa, HELGA WEIPPERT, Die Prosareden des Jeremiabuches, crede che que­ ste possano essere state composte da Geremia stesso, mentre W. THIEL, Die deuteronomistische Redaktion von Jeremia 1-25, le assegna ai discepoli del profeta durante il periodo esilico. 43 Vedi G. VON RAo, Die Konfessionen Jeremias, in EvTh 3 ( 1 936) 265-270; S . H . BLANK, The Confessions of Jeremiah and the Meaning of Prayer, in HUCA 2 1 ( 1 984) 3 3 1 -354; J. BRIGHT, Jeremiah 's Complaints: Liturgy or Expressions of Personal Distress?, in J.l. DuRHAM - J.R. PoR­ TER (edd.), Proclamation and Presence, SCM Press, London 1 970, 1 89-2 1 4 (Bright accetta l' ulti­ ma alternativa contro H. Reventlow); A . H .J . GUNNEWEG, Konjession oder lnterpretation im Jere­ miabuch, in ZTK 67 ( 1 970) 395-4 1 6 ; R . P . CARROLL, From Chaos to Covenant, 1 07- 1 35 ; Jere­ miah: A Commentary, 275-279. 44 H. REVENTLOW, Liturgie und prophetisches /eh bei Jeremia, Giitersloher Verlagshaus Gerd

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Una delle caratteristiche preminenti di questo libro profetico, se parago­ nato con gli altri, è la presenza in esso di un racconto più o meno continuo dell ' attività e della sofferenza di Geremia, concentrato per la maggior parte nei cc. 37--44 e riguardante principalmente il periodo immediatamente pre­ cedente e seguente la caduta di Gerusalemme. In contrasto con i passi in prosa nella prima metà del libro, molti dei quali sono composti in prima per­ sona singolare e servono da struttura narrativa minima per i discorsi (per es., 7, 1-8,3; 1 9 , 1 -20,6), queste sono genuine narrazioni in terza persona che registrano eventi con considerevole attenzione allo sfondo e al dettaglio e che in parte possono essere corroborate da fonti non bibliche 45 • Questa historia calamitatum è spesso attribuita a Baruc, il che è possibile ma non probabile. Qualunque sia la sua origine, è stata composta come esemplifica­ zione di una biografia ideale, che presenta Geremia come il modello del profeta inascoltato e perseguitato che rimane fedele al suo incarico alla maniera di Mosè. Il tema del profeta perseguitato, che contribuirà poi alla presentazione di Gesù nei vangeli, è solo accennato nelle tradizioni su Mosè. La sua formulazione matura deve molto al poema isaiano del servo sofferente (ls 52-53) e alla narrazione della passione di Geremia in questi capitoli (37-44)46• L'origine del cosiddetto libro della consolazione in Ger 30-3 1 (con alcu­ ne aggiunte nel c. 33) pone un problema speciale poiché, eccezionalmente, offre la promessa di un nuovo ordine per un popolo restaurato e riunito sotto un dinasta davidico. Anche se recentemente sono stati fatti alcuni tentativi per leggerlo nel contesto delle riforme di Giosia e attribuirlo, dunque, diret­ tamente a Geremia, è in così netto contrasto con ciò che Geremia afferma altrove nel libro circa le prospettive future che questa conclusione deve essere considerata altamente inverosimile. Qui, di nuovo, troviamo indica­ zioni di un' edizione deuteronomica, specialmente nel passo che promette una nuova alleanza (3 1 , 3 1 -34). Il tono e i sentimenti pure concordano con la prospettiva esilica deuteronomica resa familiare dal Dtr e dallo stesso libro del Deuteronomio 47 • Fornendo nuove prescrizioni per il futuro attinte all ' esperienza del passato fallimento religioso, sia Ger 3 1 ,3 1 -34 che Dt

Mohn, Giitersloh 1 963, pur non òuscendo a imporre quest' ipotesi, offre un punto focale per la discussione. 45 Un accessibile resoconto dei pòncipali dati archeologici è P .KiNG, Jeremiah: An Archaeolo­ gical Companion, Westrninster/John Knox Press, Louisville 1 993. 46 K. BALTZER, Die Biographie der Propheten, Neukirchener Verlag, Neukirchen-Vluyn 1 975. 47 Per un differente punto di vista, vedi J. BRIGHT, Jeremiah, 276-287, contestato da R.P. CAR­ ROLL, From Chaos to Covenant, 204-225 . .

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20, 14 parlano della legge scritta nel cuore o sul cuore senza tuttavia spiega­ re come esattamente questa scrittura porterà ad un futuro differente dal pas­ sato. L' ultima parte di Geremia consta dei detti contro nazioni straniere (46-5 1 ), già menzionati, e di un capitolo finale che tratta del regno di Sede­ eia e registra la storia fino al rilascio sulla parola di Ioiakin da parte del re babilonese Evil-Merodach (Amel-Marduk). Con alcune aggiunte e detrazio­ ni di poco conto, questa narrazione è parallela a quella con cui si conclude la storia deuteronomista (2 Re 24, 1 8-25,30). Essa conferma l' opinione che il libro, nel suo insieme, sia stato editato da aderenti alla scuola deuterono­ mista non prima del 560 a.C. circa, il trentasettesimo anno dell ' esilio di Ioiachin. La sua inclusione consente di terminare il libro sulla stessa nota di speranza che si trova nella storia. Da ciò che è stato detto finora risulterà evidente che gli editori e i tra­ smettitori di Geremia si son dati pena di presentarlo come il compimento del paradigma del ruolo profetico in Israele. Secondo la prospettiva deuterono­ mista, questo implicava, più di qualunque altra cosa, attenzione alla legge e all' alleanza secondo lo stile di Mosè. Geremia fu l' ultimo de «i suoi servi, i profeti», una lunga serie di emissari mandati a mettere in guardia Israele sulle conseguenze dell ' infedeltà religiosa48 • Come Mosè, il profeta per eccellenza, egli proclamò la legge, intercesse presso Dio per il popolo in tempi di angustia, accettò il rigetto come prezzo della fedeltà alla sua voca­ zione, soffrì la persecuzione ed affrontò la sfida di quanti non riconoscevano la sua autorità49 • Sono precisamente la regolarità e la consistenza con cui queste prospettive deuteronomiste danno forma al libro che escludono la possibilità di spiegare le somiglianze nei termini di uno stile, caratteristico di quel tempo, del pubblico discorso o predicazione. C ' è anche il fatto che detti indubbiamente genuini di Geremia differiscono , per alcuni aspetti significativi, dalla teologia deuteronomista. Con tutta la dovuta considera­ zione del pericolo di un ragionamento circolare, si può affermare, per esem­ pio, che mentre i deuteronomisti regolarmente offrono alternative, dopo il primo periodo Geremia stesso lo fa raramente, per non dire mai.

48 Servo ( ebed) è un sinonimo di profeta negli scritti deuteronomisti (per es., Gs 1 , 1 -2; l Re 1 4, 1 8 ; 1 5 ,29; 1 8,36; 2 Re 9,36; 1 0, 1 0; 1 4,25) e l' espressione •abddayw ( abdday) hannebf 'fm, «i suoi servi, i profeti», è usata per la successione profetica nel suo insieme (2 Re 9,1; 1 7 , 1 3.23; 2 1 , 1 0; 24,2; cfr. Ger 7,25 ; 25,4; 26,5 ; 29, 1 9 ; 35, 1 5 ; 44,4; Am 3,7). 49 Vedere le osservazioni di E. NICHOLSON, Preaching to the Exiles, 45-58 e di W.L. HOLLADAY, The Background of Jeremiah 's Self- Understanding, in JBL 83 ( 1 964) 1 5 3- 1 64. '

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Un' adeguata valutazione della penetrazione della prospettiva deuterono­ mista in questo libro profetico richiederebbe una dettagliata analisi retorica e tematica dei differenti tipi di materiale in esso presenti e, specialmente, dei passi in prosa più lunghi. Abbiamo spazio soltanto per due ulteriori esempi, uno retorico e l' altro tematico. In parecchi punti troviamo una spiegazione dei disastri che devono piombare su Giuda - o sono già piombati - nella for­ ma della domanda e risposta (Ger 5 , 1 9 ; 9, 1 2- 14; 1 6, 1 0- 1 3 ; 22,8-9). L' analo­ gia non è tanto con la richiesta del figlio alla quale il padre risponde e che associamo al seder di Pasqua (cfr. Es 1 3, 14- 1 5 ; Dt 6,20-25), quanto piuttosto con una figura retorica utilizzata dai deuteronomisti per spiegare la prospetti­ va o la realtà di un disastro politico (Dt 29,24-28 [TM 29,23-27] ; l Re 9,8-9); una forma che non si trova altrove nella Bibbia ebraica, benché ricorra negli annali assiri dove un popolo sottomesso domanda perché è capitata una cala­ mità e la risposta si trova nell' ira di una divinità offesa (ANET, 300). Un esempio più consistente sarebbero i criteri per distinguere tra vera e falsa profezia e la caratterizzazione della falsa profezia in generale. Nella sua polemica contro i contemporanei incaricati dell' ufficio (Ger 23,9-40) e nei suoi rapporti con i rappresentanti specifici - Anania, Acab, Sedecia e Semaia (capitoli 28-29) - Geremia riflette la dottrina deuteronomista sulla profezia e segue i criteri e gli orientamenti deuteronomisti. La falsa profezia è ribellione (Ger 28, 16; 29,32; cfr. Dt 1 3,5) ed è punibile con la morte (Ger 28, 1 6- 17; cfr. Dt 1 8,20). Il falso profeta è, in primo luogo, colui che parla in nome di un' altra divinità e così costituisce una tentazione all ' idolatria (Dt 1 3 , 1 -3; 1 8,20); una situazione che, per Geremia, era attestata solo in Sama­ ria (Ger 23, 1 3 , benché forse il riferimento sia ad un periodo precedente). Molto più rilevante era il caso di profeti che parlavano in nome di YHWH, ma senza essere stati incaricati di farlo. In accordo con la dottrina deutero­ nomista (Dt 1 8,20), questi sono condannati da Geremia. Essi proferiscono parole proprie (Ger 23,36), visioni delle proprie fantasie (23, 1 6), non aven­ do ricevuto il loro mandato nel consiglio divino (23, 1 8.22). I profeti le cui predizioni non si rivelano vere danno, per questo fatto, la prova di essere falsi (Dt 1 8,2 1 -22), una considerazione che sembra guidare Geremia nei suoi rapporti con il profeta ottimista Anania, benché tendenziosamente egli limiti l' applicazione del criterio a coloro che predicono benessere ( Ger 28,8-9). È infine interessante osservare che, tanto nel Deuteronomio (Dt 1 3 , 1 -5) quanto in Geremia (Ger 23,25-28.32; 29;8), la profezia è legata ai sogni e alla loro interpretazione5 0 •

50 Su

Geremia e i "falsi profeti", vedere T. W. OVERHOLT, The Threat of Falsehood: A Study in

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Un aspetto particolarmente importante di questo ritratto profetico è il mandato ( Ger l ,4- 1 9), che è notevolmente simile a quello di Mosè, così come viene descritto nella più antica delle due versioni presenti nel Penta­ teuco (Es 3, 1-4, 1 7). Le due narrazioni condividono la stessa struttura di base: appello divino, rimostranze dell' interpellato, conferma ed incoraggia­ mento destinati a superare la sua esitazione, un atto di instaurazione accompagnato da una forma di parole, specificazione della missione affida­ ta al profeta designato e un' esperienza di visione 51 • Anche se la narrazione su Mosè nell'Esodo non si riferisce, come fa Ger 1 ,5, alla designazione e alla consacrazione fin dal grembo materno, il precedente racconto della nascita e della fuga miracolosa dalla morte da neonato (Es 2, 1 - 1 O) ha la stessa funzione. Sia Mosè, sia Geremia sono riluttanti a rispondere alla chiamata ed accampano la stessa scusa, un' incapacità a parlare in pubblico (Es 4, 10; Ger 1 ,6). Entrambi sono inviati per una missione e la parola di rassicurazione è la stessa «Io sono [sarò] con te» (Es 3, 1 2; Ger 1 ,8 . 1 9). Il gesto di toccare la bocca di Geremia accompagnato dalla dichiarazione «Io ho messo le mie parole sulla tua bocca» ( Ger l ,9) riecheggiano l' assicura­ zione data a Mosè che YHWH sarà «con la sua bocca» (Es 4, 1 2) e metterà le sue parole sulla bocca di Aronne suo portavoce (Es 4, 1 5). Mentre la visione del roveto ardente introduce al conferimento del mandato a Mosè, le visioni di Geremia vengono alla fine, almeno nell' attuale stato del testo

(Ger 1 , 1 1 - 1 6). In qualunque modo si proceda per spiegare la stretta affinità tra questi due racconti, essa conferma l' impressione che Geremia viene presentato fin dall' inizio della sua carriera come un profeta "mosaico"52 . Dovremmo anche notare che il racconto della sua vocazione illustra molto bene la teoria deu­ teronomista della profezia, formulata in Dt 1 8, 1 5- 1 8 . Seguendo il modello "mosaico", il vero profeta è "suscitato" da YHWH, che mette le sue parole sulla bocca del profeta e gli dà il mandato di parlare (Dt 1 8 , 1 8 ; Ger

the Theology of the Book of Jeremiah, SCM Press, London 1 970; J.L. CRENSHAW, Prophetic Con­ flict, Walter de Gruyter, Berlin 1 97 1 , specialmente 49-6 1 ; I. MEYER , Jeremia und die falschen Propheten, Universitiitsverlag, Freiburg 1 977. 5 1 La struttura di questi e di simili passi è stata analizzata da N. HABEL, The Form and Signi.fi­ cance of the Cali Narratives, in ZA W.77 ( 1 965) 30 1 -323. 52 È naturale che il racconto di Es 3 , 1 -4, 1 7 si avvicini a quanto viene detto sul sorgere della missione profetica, inclusa quella di Geremia, specialmente se si accetta un contributo deuterono­ mico alla vocazione di Mosè; cfr. J. BLENKINSOPP, The Pentateuch. An lntroduction to tlfe First Five Books of the Bible, Doubleday, New York 1 992, 1 48- 1 5 1 [trad. it. , Il Pentateuco. Introduzio­ ne ai primi cinque libri della Bibbia, Queriniana, Brescia 1 996] . Confrontando i due racconti par­ liamo del Mosè deuteronomico.

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l , 7.9 . 1 7). Possiamo andare oltre e suggerire che per i l redattore deuterono­ mista Geremia è l' ultimo de «i suoi servi, i pro-feti», che porta a termine una lunga storia di emissari profetici, cominciata con l' esodo dall' Egitto (Ger 7 ,25). Può essere per questa ragione che le indicazioni di interventi editoria­ li deuteronomisti sono molto più evidenti qui che in qualunque altro libro profetico. Quello che vediamo nel libro, dunque, è il ritratto deuteronomista di Geremia e - volendo proseguire la metafora - il recupero della vera imma­ gine del profeta richiederebbe un accurato lavoro di restauro. Il nostro com­ pito comincia con il titolo del libro ( 1 , 1 -3), che ci informa che Geremia ben­ Chelkia apparteneva ad una famiglia di sacerdoti di Anatot, un villaggio a circa tre chilometri a nord di Gerusalemme, e che la sua carriera profetica cominciò nel tredicesimo anno di Gios�a, cioè nel 627 a.C. Come è stato precedentemente notato, la stessa data viene indicata nel c. 25, che racchiu­ de ventitre anni di attività profetica. I dubbi sul fatto che Geremia abbia realmente svolto la funzione profetica durante il regno di Giosia, sollevati per primo da Friedrich Horst nel 1923, non sono stati risolti, nonostante tut­ te le argomentazioni e le contro-argomentazioni avanzate a partire da allora. Infatti, se egli fosse stato inviato a profetizzare nel 627 sarebbe stato attivo durante diciotto anni del regno di Giosia e, dunque, anche durante le riforme di quel re e durante l' ultimo periodo dell ' egemonia assira53 • Ora, c ' è un solo detto datato a quel regno, un detto in prosa di dubbia autenticità (Ger 3,61 0), e neppure la più piccola allusione al genere di relazioni tra profeta e re che sono attestate per i regni successi vi. Deve anche sembrare strano che i detti nella prima parte del libro (capitoli 1-6), se datati al regno di Giosia, descrivono una situazione di diffusa apostasia che coinvolgeva anche la monarchia (2,26; cfr. 2,8 ; 4,9). Infatti, secondo il Cronista (2 Cr 34,3) le riforme cominciarono nel dodicesimo anno del regno e, quindi, prima della vocazione di Geremia e la "conversione" del giovane re ancora prima. È di conseguenza difficile vedere come le minacce di Geremia contro re e princi­ pi possano aver avuto senso in qualunque momento tra la sua vocazione e la morte di Giosia, avvenuta nel 609 a.C. Un' ulteriore difficoltà è l' assenza di un qualunque oracolo anti-assiro tra questi detti del primo periodo, specialmente tenendo conto della missione di Geremia come «profeta per le nazioni» ( 1 ,5). Dove l'Assiria è menzionata in questa prima sezione, si tratta o di un' allusione alla storia passata (2,36) o

53 Geremia 3 ,6- 1 0 non è un'eccezione; cfr. l' allegoria delle due sorelle che erano prostitute in Ezechiele 23.

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di un contesto che suggerisce il breve periodo di egemonia egiziana durante i primi anni del regno di Ioiakim (2, 1 4- 1 9). Eppure, l'Assiria doveva restare al centro degli affari internazionali per circa quindici anni dopo la data asse­ gnata alla vocazione di Geremia nel titolo54 • Un punto focale di questa discussione, che ancora attende una soluzione soddisfacente, è l' atteggiamento di Geremia nei confronti delle riforme di Giosia. Accettando che la data indicata in Ger l ,2 sia corretta, il primo periodo della sua attività sarebbe coinciso con le riforme e sarebbe, di fatto, strano che egli non ne dicesse nulla. Egli loda Giosia mettendolo a confron­ to con il disprezzato Ioiakim (22, 1 5 - 1 6), ma l' allusione è abbastanza generi­ ca e retrospettiva. Un passo in prosa non datato lo presenta mentre approva pubblicamente un' alleanza ( 1 1 , 1 - 1 7) che, non irragionevolmente, si consi­ dera riferita alla riforma di Giosia. Ma il passo in questione è trasparente­ mente una composizione deuteronomista55 , così che tutto ciò che possiamo dedurne con sicurezza è che l' editore voleva presentarlo come un sostenito­ re della riforma. Proprio per la stessa ragione, il cosiddetto «libro della con­ solazione» (cc. 30-3 1 ) non può essere letto come se si trattasse delle rifles­ sioni dello stesso Geremia sull ' alleanza di Giosia, come è stato precedente­ mente indicato. In breve, non c ' è alcun detto di Geremia che possa essere preso con fiducia come una prova del suo sostegno alla riforma e certamente non ce n ' è nessuno databile al regno di Giosia. D' altra parte, non abbiamo l' impressione che Geremia sia apparso, sulla scena politica e religiosa di Gerusalemme, dopo la morte di Giosia, come un personaggio completamente sconosciuto. La sua predizione della distruzio­ ne del Tempio nel primo anno di Ioiakim (609 a.C.) era abbastanza impor-

54 Molto si è scritto sulla data della vocazione di Geremia, così che è possibile menzionare solo alcuni dei contributi più significativi: F. HoRST , Die Anfiinge des Propheten Jeremia, in ZAW 4 1 ( 1 923) 94- 1 5 3 ; T.C. GORDON, A New Date for Jeremiah, i n ExpT 4 4 ( 1 932-33) 562-565 ; H. BARDTKE, Jeremia der Fremdvolkerprophet, in ZA W 53 ( 1 935) 2 1 8-2 1 9 ("tredicesimo" è un errore scriba1e per "ventitreesimo"); J. MILGROM, The Date of Jeremiah, Chapter 2, in JNES 14 ( 1 955) 65-69 (dal periodo 627-6 1 6 a.C.); P.E. BROUGHTON, The Call of Jeremiah, in Australian Biblica[ Review 6 ( 1 958) 4 1 -43; H.H. ROWLEY, The Early Prophecies of Jeremiah in Their Setting, in BJRL 45 ( 1 962-63) 1 98-234 ( Men of God: Studies in Old Testament History and Prophecy, Thomas Ne1son & Sons, London 1 963, 1 33 - 1 68); C.F. WHITLEY, The Date of Jeremiah 's Call, in VT 1 4 ( 1 964) 467-483 ; J.P. HYATT, The Beginnings of Jeremiah ' s Prophecy, i n ZA W 78 ( 1 966) 204-2 1 4 (respinge i suoi precedenti argomenti per gli ultimi anni del regno di Giosia, i n JBL 5 9 ( 1 940) 509, e sostiene gli argomenti di Whitley per l' anno dell' ascesa di loiakim). 55 Espressioni tipicamente deuteronomiste sono: «comandare l' alleanza>>, (rdzi-lf, rdzi-lf), non dovrebbe essere emendata; rdz ricorre in Sir 8 , 1 8 e nella sezione aramaica di Dn (2, 1 8, rdzdh, ecc.). Può avere il significato di un piano divino per il futuro, comunicato in una maniera criptica, simbolica che richiede un'illuminazione divina per il suo deciframento. Vedere J. NIEHAUS, rdz­ pesar in lsaiah 24, in VT 3 1 ( 1 98 1 ) 376-378.

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e la profezia nel periodo del secondo Tempio

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che si trattava di un' idea familiare ai loro contemporanei. Esso doveva segnare una grande svolta, un tempo di salvezza e di vittoria per Israele (Sof 1 , 14- 1 6), l' eliminazione delle tenebre e dell ' insicurezza (Am 5 , 1 8-20; 8,9; Sof 1 , 1 5), la fine dell' indigenza e del dolore (Am 8 , 1 0), ecc. Strutturalmente, esso si inseriva in uno scenario mitico più ampio, che può essere parzial­ mente ricostruito a partire da salmi e da inni e secondo cui la fine corrispon­ de all ' inizio; la cosmogonia fornisce la traccia all ' escatologia. Così, la cosiddetta storia primordiale di Gen 1-1 1 , che attinge abbondantemente alla tradizione scribale sumero-accadica, presenta un modello di storia che ha origine con la creazione e termina con l' annullamento della creazione e la nascita di un nuovo ordine. Fedele a questo modello, Geremia traccia un quadro del giudizio divino come un progressivo regresso dalla creazione al caos : Guardai la terra, ed ecco solitudine e vuoto; i cieli e non c ' era luce. Guardai le montagne, ed ecco tremavano e tutte le colline si muovevano e ondeggiavano. Guardai, ed ecco non c' era nessuno e tutti gli uccelli dell' aria erano volati via. Guardai, ed ecco la terra fertile era un deserto e tutte le sue città erano state distrutte davanti a YHWH, davanti alla sua ira ardente. (Ger 4,23-26)

Dunque, molti elementi nell ' insegnamento di quelli che editarono ed ampliarono i libri profetici alla fine del periodo persiano e all' inizio di quel­ lo ellenistico erano sviluppi di modelli di pensiero attestati nei più antichi stadi del movimento profetico. Se, nondimeno, cerchiamo nuovi punti di partenza, li troveremo là dove questa costruzione mitica fu portata a riguardare il problema teologico origi­ nato dalla soggezione di Israele alla dominazione straniera, a misura che la speranza di emancipazione aumentava o diminuiva con la mutevole situa­ zione internazionale. Anche se i limiti della nostra conoscenza storica esclu­ dono traiettorie precise; è possibile rilevare il graduale consolidamento di ciò che potrebbe chiamarsi una dottrina escatologica, che tratta del destino di Israele, delle nazioni e dell' intero ordine creato. È sempre più evidente anche lo scisma tra comunità ebraiche, provocato dal l ' accettazione e dall ' interpretazione di testi profetici, come convalidanti questo insegna­ mento. Si tratta di una questione cruciale, poiché porta alla nascita di sette, compreso il primitivo cristianesimo palestinese: una questione che, tuttavia, appartiene ad un più recente capitolo della storia.

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Capitolo sesto

24. Giona

T.D. ALEXANDER , ]onah and Genre, in TB 36 ( 1 985) 35-59; I.A. BEN-YOSEF, Jonas and the Fish as a Folk Motif, in Semitics 7 ( 1 980) 1 02- 1 17; J.A. BEWER , A Criticai and Exegetical Commentary on Jonah, T. & T. Clark, Edinburgh 1 9 1 2, 3-65 ; R.E. CLEMENTS, The Purpose of the Book of Jonah, in SVT 28 ( 1 975) 1 6-28 ; K.M. CRAIG , Jonah and the Reading Process, in JSOT 47 ( 1 990) 1 03- 1 1 4; J. DAY , Pro­ blems in the Interpretation of the Book of Jonah, in OTS 26 ( 1 990) 32-47 ; T.E. FRETHEIM, The Message of Jonah, Augsburg Publishing House, Minneapolis 1 977; Jonah and Theodicy, in ZA W 90 ( 1 978) 227-237; H. GESE, Jona ben Amittai und das Jonabuch, in Theologische Be itriige 1 6 ( 1 9 8 5 ) 256-27 2 ; S . GooDHART, Prophecy, Sacrifice and Repentance in the Story of Jonah, in Semeia 33 ( 1 985) 4363 ; J.C. HOLBERT , 'Deliverance Belongs to YHWH! ': Satire in the Book of Jonah, in JSOT 21 ( 1 98 1 ) 57-8 1 ; C.A. KELLER, Jonas, le portrait d'un prophète, in TZ 2 1 ( 1 965) 320-340; J . LIMBURG , Jonah, Westminster/John Knox Press, Louisville 1 993; D.P. PAYNE, Jonah from the Perspective of Its Audience, in JSOT 13 ( 1 979) 3- 1 2; J.M. SASSON, Jonah: A New Translation with Introduction, Commentary, and Interpretations, Doubleday, New York - London 1 990; A. SOLEH, The Story of Jona 's Rejlective Adventures, in Beth Mikra 24 ( 1 979) 406-420 (ebraico).

Giona è il quinto dei Dodekaprophetfm, tra Abdia e Michea. Questa posi­ zione è una delle tante indicazioni della preoccupazione editoriale per la sequenza cronologica, poiché un profeta di nome Giona ben-Amittai fu atti­ vo durante il regno di Geroboamo II (786-746 a.C.). Il contesto (2 Re 14,25) ci informa che predisse l' esito positivo delle campagne di Geroboamo per restaurare i confini di Israele. Fu, dunque, un profeta ottimista e nazionalista e, nonostante il giudizio, generalmente negativo, dello storico sul regno del Nord, il suo intervento non è condannato. Diversamente dagli altri libri pro­ fetici, tuttavia, non ha un titolo, non consta di detti profetici e comincia subito con un racconto . Per certi aspetti, assomiglia ad altre narrazioni leg­ gendarie sui profeti (per es. , Elia, Eliseo, Isaia), ma il suo tono e il suo stile peculiari lo contrassegnano, al massimo, come un' imitazione di questo genere. Per questa sola ragione, è altamente improbabile che, come ha soste­ nuto Duhm, esso fosse collocato in origine dopo l' allusione a Giona, profeta del Nord, nella storia deuteronomista (2 Re 14,25). Neppure può essere descritto come un midrash su quel testo. Benché abbia alcune caratteristiche del midrash aggadico, la sua astuzia e la sua complessità lo collocano in una differente categoria; e, in ogni caso, se proprio si dovesse considerarlo un commentario narrativo, il suo testo di riferimento non sarebbe 2 Re 14,25 . I

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primi scrittori cristiani lo leggevano tipologicamente, in riferimento alla discesa nella morte e alla resurrezione di Gesù (per es. , Mt 1 2,39-4 1 ), e alcuni autori moderni lo hanno considerato un' allegoria relativa all ' espe­ rienza esilica di Israele e comprendente anche il nome del profeta (= colom­ ba, figlio di fedeltà?). Se mai è possibile rilevare elementi allegorici, tutta­ via, questo si verificherebbe nel salmo (Gn 2,2-9 [TM 2,3- 1 0]), che ci sono buone ragioni per ritenere che sia un' inserzione, posteriore e non del tutto appropriata, nella narrazione. Anche se la storia fa uso di motivi di leggende popolari ben attestati (cfr. Perseo, Sinbad), essa attinge un livello tale di sofisticazione nel suo uso del contrasto ironico, della deliberata esagerazione e della distorsione e nell' im­ piego di parole chiave, da collocarsi ben oltre la portata della leggenda popolare pura e semplice. Il suo autore era certamente allenato alla scrittura, qualcuno che era molto versato nell ' eredità storica, scribale e profetica di Israele e la cui intenzione era quella di indicare alcuni punti specifici a beneficio di uno specifico uditorio. Sarà nostro compito tentare di identifi­ carli, lasciando da parte con dispiacere ogni ulteriore discussione sulla qua­ lità letteraria di questa deliziosa narrazione62 • La storia comincia con l' appello di YHWH a Giona di predicare a Ninive e con il rifiuto di Giona, mentre si imbarca a Giaffa (Yafo) su una nave diret­ ta a Tarsis, cioè, nella direzione opposta a Ninive (Gn 1 , 1 -3). La scena si sposta allora sulla nave, dove diventa subito evidente che non è così facile fuggire dalla presenza di YHWH; infatti è lui che ha scatenato un forte vento sul mare ( 1 ,4), dopodiché lo ha placato ( 1 , 1 5). L' assunto è chiaro: l' azione di YHWH non è limitata al paese di Israele, ma si sperimenta, e deve essere riconosciuta, anche sul mare e in paesi stranieri (2, 1 0 [TM 2, 1 1 ] ; 3, 10; 4,6; ecc.); e questo in ironico contrasto con la stessa professione di fede di Giona ( 1 ,9). Nel secondo episodio ( 1 ,4- 1 6), è importante osservare il comporta­ mento dei marinai pagani durante la tempesta. Essi pregano i propri dèi e uno di loro, il capitano o l' ufficiale in seconda, costringe il riluttante Giona a fare altrettanto. Dopo aver tirato a sorte, essi ascoltano la sua storia e, contro voglia, seguono il suo consiglio e lo gettano fuori bordo. Prima di far questo, rivolgono una preghiera a YHWH e, dopo che la tempesta si è miracolosa­ mente placata, abbracciano la stessa professione di fede di Giona e compio­ no atti cultuali appropriati, compreso un sacrificio, lì per lì sulla nave.

62 Gli studi letterari su Giona abbondano, senza dubbio a causa della preferenza per la narrativa tra i critici letterari biblici. A mio parere, Sasson testo.

( 1 990) è il

migliore tra i più recenti commenti al

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Capitolo sesto

Il grande pesce che fu predisposto da YHWH (Gn 1 , 1 7 [TM 2, 1 ] - lo stesso verbo è usato in 4,6.7.8) per servire come originale mezzo di traspor­ to, presumibilmente lo rincondusse al suo punto di partenza. Là il mandato fu ripetuto e questa volta Giona adempì, con riluttanza, il ruolo profetico di messaggero divino. Qui, ancora una volta, siamo invitati a concentrarci sulla condotta dei pagani, abitanti di una città proverbiale per oppressione ed empietà. Essi ascoltarono il messaggio, sprezzantemente breve com' era, e udendolo credettero in Dio, proclamarono un digiuno rituale, che coinvolge­ va perfino il mondo animale, pregarono e si convertirono dal male (3 ,5-9). In altre parole, si sottoposero ad una completa conversione che, data l' iden­ tità del dio nel cui nome il profeta parlava, implicava l' accettazione da parte dell ' intera città della religione ebraica. La reazione di Dio fu ugualmente rapida: anch' egli "si pentì" del male che pensava di fare loro e non lo fece. La reazione di Giona fu di natura affatto differente. Egli aveva, natural­ mente, osservato come il re di Ninive (sic) e i suoi sudditi avevano risposto al messaggio di distruzione, ma sembra, dal successivo corso degli eventi, che egli non fosse, quanto meno, del tutto certo di come YHWH avrebbe reagito al loro pentimento. L'analogia con Abramo, posto di fronte all' anni­ chilamento di Sodoma (Gen 1 8 , 1 6-33), suggerirebbe che, in una tale situa­ zione, il ruolo profetico richiedeva un' intercessione. Invece, egli, in effetti, accusò YHWH di screditarlo, non compiendo la predizione di distruzione, precisamente a causa della sua misericordia e della sua compassione ! A ren­ dere la cosa peggiore, egli citò a Dio le parole della teofania al Sinai (Es 34,6), concludendo con il grido disperato di Elia nel suo cammino verso lo stesso luogo (l Re 1 9,4). La scena finale (Gn 4,6- 1 1 ) conduce rapidamente alla dichiarazione con­ clusiva di YHWH, per mezzo di tre disposizioni successive, che riguardano Giona, seduto fuori della città ad aspettare di vedere ciò che sarebbe accadu­ to: una pianta che crebbe durante la notte, con una rapidità soprannaturale, per offrirgli un tetto ; un verme straordinario nel suo genere, per misura e per comportamento, che rose la pianta; un ardente vento orientale che, combina­ to con il sole bruciante, lo mise in condizione - ancora una volta - di voler morire. C ' è qualcosa di chiaramente sapienziale a proposito di questo appel­ lo al mondo della natura, per fare il punto sulla causalità divina e sulla libertà divina e per applicarlo, poi, all' azione di Dio nella storia. La preoc­ cupazione di Giona per la pianta (in realtà egli si preoccupava di se stesso, ma questo non avrebbe servito lo scopo) conduce, a fortiori, alla preoccupa­ zione divina per la città con i suoi molti abitanti e il bestiame e, allo stesso tempo, illustra la libertà che Dio ha di creare e distruggere, di minacciare distruzione e poi di muoversi a compassione.

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Sembra che in questo libro abbiamo una sorta di critica sapienziale della profezia e un tentativo di trattare alcuni dei problemi teologici che essa ave­ va suscitato. Come suo protagonista, l' autore ha scelto un profeta nazionali­ sta, che aveva predetto il successo durante le guerre di confine di Geroboa­ mo Il, nell ' viii secolo. Sembra anche che sia esistita una tradizione per cui avrebbe predetto la caduta di Ninive (Tb 1 4,4. 8). Se lo fece, si sbagliò, poi­ ché Ninive fu distrutta solo un secolo e mezzo dopo l' epoca del profeta; cosa che avrebbe consentito più facilmente allo scrittore di occuparsi del problema della profezia incompiuta. La sua critica è abbastanza radicale, poiché essa implica che una profezia di questo tipo può facilmente nascon­ dere una comprensione fondamentalmente inadeguata di Dio e delle sue intenzioni. La più importante implicazione della storia è che la libertà di Dio non è limitata neppure dalla parola profetica. Il fatto che Dio può "pentirsi", cioè, in termini ordinari, cambiare idea, significa che è libero anche dopo che la parola profetica è stata pronunciata. Più specificamente ed inaspettatamente, egli è libero di rispondere misericordiosamente al vero pentimento e alla preghiera dei Gentili, anche di nemici tradizionali ed archetipi di Israele, come gli Assiri. L' ironia è che essi comprendono questo, ma il profeta non lo comprende: Forse Dio si darà pensiero di noi, e non periremo. (Gn 1 ,6) Noi sappiamo che Dio può pentirsi e recedere dalla sua ira ardente, così che non periamo. (Gn 3,9)

Da questo punto di vista, il libro è teologicamente cruciale, poiché rompe, una volta per tutte, il vincolo di ciò che si potrebbe chiamare causalità pro­ fetica, con la sua enfasi sulla libertà divina. C ' è un' altra cosa che il profeta non comprende, ed è la volontà divina di salvare. Ancora ironicamente, questo è il tema del salmo che egli canta nel ventre del pesce: «La salvezza appartiene a YHWH ! » (Gn 2,9 [TM 2, 1 0]). A questo riguardo l' autore si allinea ad una corrente di pensiero che trova la sua migliore espressione nel Deutero-Isaia e nei suoi discepoli. Possiamo aggiungere che è del tutto fuori strada presentare il libro come una protesta contro le misure di riforma prese da Esdra e Neemia e, quindi, contro il "particolarismo ebraico" ; infatti, essi si occupavano di questioni interne alla comunità della goldh in Giuda e niente affatto del destino dei Gentili. D' altra parte dobbiamo essere cauti nel sostenere l' universalismo del mes-

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Capitolo sesto

saggio dell' autore e dei suoi mentori. Nel Deutero-Isaia la salvezza è offerta ai Gentili (ls 45,22; 49,6; 52, 1 0), ma questo implica che essi riconoscano la signoria del Dio di Israele quando viene resa loro nota (/s 45,23; 5 1 ,5) ed abbraccino la religione di Israele (ls 44,4-5 ; 55,5 ; 66,23), che, dunque, deve essere proclamata in mezzo a loro (ls 42,4.6; 66, 19). Questo è, di fatto, ciò che accade ai pagani nel libro (Gn 1 , 1 6; 3,5). Se dobbiamo trovare un bersa­ glio per la critica dello scrittore, non dovrebbero essere Esdra e Neemia, ma il tipo di minaccia profetica rappresentata dali ' autore dell' " apocalisse isaia­ na", una minaccia diretta, come abbiamo visto, contro una città innominata. Dei suoi abitanti l' autore dice: Questo è un popolo privo di intelligenza; perciò chi lo ha creato non ne avrà compassione, chi lo ha formato non mostrerà loro pietà. (fs 27, 1 1 )

Ninive, al contrario, sarà salvata anche se la sua gente non distingue la mano destra dalla sinistra. Sia la libertà di Dio, sia la sua volontà di salvezza erano già state chiara­ mente affermate nell' insegnamento etico di Ezechiele: Se il malvagio si allontana da tutti i peccati che ha commesso . . . nessuna delle trasgressioni commesse sarà ricordata contro di lui; per la giustizia che ha pra­ ticato, egli vivrà. Forse io ho piacere della morte del malvagio . . . o non piutto­ sto che desista dalla sua condotta e viva? (Ez 1 8, 2 1 -22)

In ciò che sembra essere un' espansione deuteronomista dell' episodio del­ la visita di Geremia al vasaio (Ger 1 8,5- 1 2), quest' insegnamento è applicato al livello politico: Talvolta nei riguardi di un popolo o di un regno io decido di sradicare, di abbattere e di distruggere; ma se questo popolo, contro il quale avevo parlato, si converte dalla sua malvagità, io mi pento del male che avevo pensato di far­ gli. (Ger 1 8,7-8)

La dichiarazione in questione si riferisce, naturalmente, agli oracoli di giudizio indirizzati dai profeti alle nazioni straniere. Che questo sia l' inse­ gnamento che la storia intende illustrare è quanto non si potrebbe aspettare più esplicitamente: Quando Dio vide ciò che avevano fatto, come si erano allontanati dalla loro

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condotta malvagia, Dio si pentì del male che aveva minacciato di fare loro, e non lo fece. (Gn 3 , 1 0)

C ' è forse un altro aspetto della critica dell' autore, che riguarda l' ambito del culto. All ' inizio, la storia per tre volte sottolinea che il profeta fugge dal­ la presenza di YHWH (millipne YHWH, Gn 1 ,3 . 1 9), un ' espressione con connotazioni cultiche ben note. Può non essere accidentale che il salmo messo sulla bocca di Giona dica che il suo autore è stato scacciato dalla pre­ senza divina (2,4 [TM 2,5]), il che, molto naturalmente, significherebbe che, come l' autore di /s 66,5, egli era stato espulso dalla comunità cultuale. Però, la storia procede mostrando che Dio è presente altrove, fuori del santuario o del paese di Israele. La sua attività, e quindi la sua presenza, sono attestate in alto mare e nel paese pagano di Assiria. E, proprio come l' autore del sal­ mo sa che la sua preghiera raggiunge il Tempio, anche se egli è molto distante da esso (Gn 2,7 [TM 2,8]), i pagani stessi offrono a YHWH un' ado­ razione cultuale là dove si trovano. Infatti, i marinai offrono anche un sacri­ ficio sulla nave, venendo meno alla legge deuteronomica. Qui, ancora, l' autore del libro si allinea ad un' opinione, certamente non incontestata, secondo la quale Dio accetta e, di fatto, suscita il culto celebrato per lui dai Gentili (Sof3,9- 10; M/ 1 , 1 1 . 1 4). Abbiamo visto che l' autore sceglie come suo protagonista un profeta che resiste alla sua vocazione per timore di essere screditato dalla deplorevole tendenza di YHWH a commuoversi per il peccatore che si pente (Gn 4, 1 -2; cfr. Zc 1 3,4-6). Conseguentemente, egli rifiuta anche di svolgere la funzione profetica dell ' intercessione, sia durante la tempesta, sia a Ninive. Nel primo episodio, egli dorme invece di pregare. E, poiché l' autore non parla del son­ no ordinario, ma del tipo soprannaturale da cui furono presi l' uomo nel giar­ dino e Abramo durante la stipulazione dell' alleanza (Gen 2,2 1 ; 1 5 , 1 2, tar­ demdh), c ' è forse qualcosa sotto questo sonno. Un indizio si può trovare nella critica che Isaia fa dei profeti contemporanei: YHWH ha fatto scendere su di voi uno spirito di torpore (tarderniih ); ha chiu­ so i vostri occhi, o profeti, ha coperto le vostre teste, o veggenti. (fs 29, 1 0)

Questo è il sonno del torpore e dell ' ottusità spirituale. Giona non si rende neppure conto dell ' ironia che c'è nel confessare la fede nel Dio del cielo, creatore del mare e della terra asciutta ( Gn l ,9), mentre fugge dalla sua pre­ senza. Peggio ancora, egli ha chiuso i suoi occhi e la sua mente alla volontà di Dio in questa situazione particolare, ingannato com'è dalla sua rigida ed ostinata idea dell' ufficio profetico.

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Capitolo sesto

Il libro, dunque, si occupa del problema della profezia incompiuta e della collera e della frustrazione che essa procura. Di conseguenza, offre anche una soluzione al problema della teodicea, a cui, come abbiamo vi sto precedentemente, la profezia, compiuta o meno, dava origine. Accentuando la suprema libertà di Dio, il libro interpone la possibilità della salvezza tra la parola profetica e i suoi supposti effetti. Allo stesso tempo, intende aprire la strada ad una nuova comprensione dell' ufficio, fondata sulla profonda e semplice convinzione che alla fine la volontà di Dio è quella di salvare. Questa nuova forma, che potrebbe essere chiamata profezia apostolica, ha implicazioni che non abbiamo ancora elaborato o forse neanche pienamente afferrato.

BREVE BIBLIOGRAFIA IN ITALIANO

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ABBREVIAZIONI

AcOr AJO AJSL ALUOS ANET

Acta Orientalia Archiv fiir Orientforschung American Journal of Semitic Languages and Literatures, Chicago Annua/ of the Leeds University Orientai Society, Leeds Ancient Near Eastern Texts relating to the Old Testament, J.B . Pritchard

ASTI BA BDB

Annua/ of the Swedish Theological Institute, Jerusalem - Leiden The Biblica/ Archaeologist, Cambridge, Mass. F. Brown, S.R. Driver, C.A. Briggs (edd.), A Hebrew and English Lexi­ con of the Old Testament, Oxford University Press, 1 906 (ed. rivista

Bib BibOr BJRL

Biblica, Roma Bibliotheca Orientalis, Leiden Bulletin of the John Rylands Library, Manchester

(ed.), Princeton University Press, 1 950, 1 9552, 1 9693

1 957)

BWANT B eitrage zur Wissensch aft vom Alten und Neuen Tes tament (W. Kohlhammer, Stuttgart) BZ Biblische Zeitschrift, Paderborn BZAW Beiheft zur Zeitschrift fii r die alttestamentliche Wissenschaft, Berlin

CAH CBQ ETL EvQ EvTh ExpT HAR HeyJ HTR HUCA IB

The Cambridge Ancient History The Catholic Biblica/ Quarterly, Washington Ephemerides Theologicae Lovanienses, Louvain Evangelica/ Quarterly, Exeter Evangelische Theologie, Miinchen The Expository Times, Edinburgh Hebrew Annua/ Review, Co1umbus, Ohio Heythrop Journal, London Harvard Theological Review, Cambridge, Mass. The Hebrew Union College Annua!, Cincinnati The Interpreter's Bible, G.A. Buttrick (ed.), Abingdon Press, Nashville 1 95 1 -57

298 IDB

Abbreviazioni

The Interpreter's Dictionary of the Bible, G.A. Buttrick (ed.), Abingdon Press, Nashville 1 962

IDBS !El Int JAAR JBL JCS JJS JNES JNSL JQR JRE JSOT JSS JTS NEB NRSV

NTT OA OTS PJB RA

RB RHPR RSR RSV

RTP

The Interpreter's Dictionary of the Bible, Supplementary Volume, K. Crim (ed.), Abingdon Press, Nashville 1 976 Israel Exploration Journal, Jerusalem Interpretation, Richmond, Va.

Journal of the American Academy of Religion, Atlanta, Ga. Journal of Biblica[ Literature, Atlanta, Ga. Journal of Cuneiform Studies, Atlanta, Ga. Journal of Jewish Studies, London Journal of Near Eastern Studies, Chicago Journal of Northwest Semitic Languages, Stellenbosch, South Africa Jewish Quarterly Review, Philadelphia, Pa. Journal of Religious Ethics Journalfor the Study of the Old Testament, Sheffield Journal of Semitic Studies, Manchester Journal of Theological Studies, Oxford New English Bible New Revised Standard Version ( 1 989) Nieuw theologisch Tijdschrift, Haarlem Oriens Antiquus, Roma Oudtestamentische Studien, Leiden Paliistina Jahrbuch, Berlin Revue d'Assyriologie et d' archéologie orientale, Paris Revue Biblique, Paris Revue d 'histoire et de philosophie religieuses, Strasbourg Recherches de science religieuse, Paris Revised Standard Version Revue de théologie et de philosophie, Lausanne

SBL

Society of Biblica! Literature

SDB

Supplément au Dictionnaire de la Bible, L. Pirot, A. Robert, H. Cazelles

sE'A

Svensk Exegetisk A rsbok, Lund Scandinavian Journal of Theology, Osio Scottish Journal of Theology, Edinburgh Studia Theologica, Lund Supplements to Vetus Testamentum, Leiden Tyndale Bulletin, Cambridge Theological Dictionary of the New Testament, G. Kittel e G. Friedrich

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SJOT SJT StTh SVT TB TDNT

TDOT

(edd.), Wm. B. Eerdmans Publishing Co., Grand Rapids 1 964-76 [trad. it., Grande lessico del Nuovo Testamento, voll. 1 5 , Paideia, Brescia 1965 - 1 988] Theological Dictionary of the Old Testament, G.J. Botterweck e H. Ring­ gren (edd.), Grand Rapids 1 977-

Abbreviazioni

TGUOS TLZ TR 1Z

UF VT VTS wo

Z4 W ZDMG ZDPV ZTK

Transactions of the Glasgow University Orientai Society, Glasgow Theologische Literaturzeitung, Leipzig Theologische Rundschau, Ttibingen Theologische Zeitschrift, Basel Ugaritforschungen, Mtinchen Vetus Testamentum, Leiden Supplement to Vetus Testamentum, Leiden Die Welt des Orients, Gottingen Zeitschrift fii. r die alttestamentliche Wissenschaft, Berlin Zeitschrift der Deutschen Morgenliindischen Gesellschaft, Leipzig Zeitschrift des Deutschen Paliistinavereins, Wiesbaden Zeitschrift fii. r Theologie und Kirche, Ttibingen

299

FONTI

Indice dei riferimenti biblici scelti 3 2,34

Genesi 1-1 1 , 1 -2,4

30, 287 228 n. 50

2,2 1

293

15,12

293

1 8,22-33

64, 1 99

1 9,24-29

1 15

33,5- 1 1

257 65

39-40

210

40,34-38

210

Levitico 8,8

24 1 n. 6

64, 66

1 7-26

214

25,23

188

22,4-7

245

27,39-40

1 88

25,23

1 89

28 , 1 1

1 60

20,7

49,8- 1 2 49,24

7 1 , 279 138

Esodo 2, 1 - 1 0 3 , 1 -4, 1 7 3,14 6,7-8

172 22, 172 n. 52

Numeri 6, 1 - 2 1

7 8 n. 29

7,89

270

9,4-6

209

9 , 1 5-23

270

1 1 , 1 0-30

60

1 1 1 , 1 1 1 n. 48

1 1 ,25

61

212

1 1 ,29

277

1 3 , 1 4- 1 5

171

1 2, 1 -8

1 6,7

210

1 4, 1 0- 1 2

1 6 , 1 0- 1 2

210

1 9, 1 6- 1 9

76

22-24

1 4, 1 8

65 210 213 16, 56, 67

60

24, 1 5 -29

71

24, 1 05

25 , 1 0- 1 3

256, 264

22,26-27

105

27, 1 8-23

21

23,20

255

20, 1 8-20 20,23-23 , 1 9

24,9- 1 1

210

Deuteronomio

24, 1 5 - 1 8

210

1,1

1 49

24 1 n. 6

1 ,3

64 n. 1 5

28,30 32,25-29

257

1 ,2 1

256

302

Fonti

2,20-2 1

94 n. 1 2

4,27-3 1

202 n. 23, 204

1 , 1 -2

5,6-2 1

1 16

1 , 1 -9

6,20-25

171

1 ,8

256

8,30-3 1

7,7-8 1 0,6

256 n. 25

1 2-26

24, 147

1 3 , 1-5

1 5 3 , 1 7 1 , 1 92, 20 1 , 282

1 3 ,6- 1 8 1 4,28-29 1 5 , 1 -3 1 5 ,4

Giosuè

15

1 70 n. 48 66 1 47 1 47 1 57 n . 30

23,6

1 47

24,29

23 1

1 92 1 50, 152 n. 1 9 1 50 1 49, 1 5 2 n. 1 9

Giudici 2,8 2, 1 6-23

23 1 66 65, 67

1 50

4-5

1 5 , 1 2- 1 8

1 50

4,6-9

68

15,21

256

6,7- 1 0

66

1 5 ,7- 1 1

1 6, 1 8-20

1 50, 1 52 n. 1 9

1 3- 1 6

78

1 6 , 2 1 -22

1 47 n. 1 0

20-2 1

1 89 n. 8

1 7 , 1 4-20

1 22, 1 50, 220

1 8 , 1 -8 1 8 ,9- 1 4 18,15-19 1 8 ,20 1 8,2 1 -22 19,14

1 50, 256

l Samuele 67, 203

4 1 , 1 47 n. 1 0, 1 92

2,27-36

21

3 , 1-4, 1

61

75, 1 5 3 , 1 7 1 , 282

4,2 1 -22

210

5 1 , 98, 1 7 1 , 1 97, 20 1

6, 1 5

151 n. 16

1 50, 1 5 2 n . 1 9

7,10

67

20,5-9

1 50

7,15-17

67

22,6-7

1 50

9 , 1 - 1 0, 1 6

68

23, 1

24 1

24,6

1 50, 1 52 n. 1 9

24,7 24, 1 0- 1 3 24, 1 6

9,3 - 1 0 9,9

1 50

9, 1 1

1 50, 1 5 2 n . 1 9

1 0,6

69

147, 1 99

1 0,7

69 n. 2 1

24, 1 7-22

1 50

10, 1 0

26, 1 2- 1 5

1 50

1 0, 1 1

26, 1 7- 1 8

1 22 n . 62

27 27 , 1 4 1 9 ,24-28

1 1, 1 1

67 66

171 256 n. 25 40

1 3 ,8- 1 5 14, 1 5 1 5 , 1 -3 1 1 9, 1 8-24

256, 257

1 9,20

34, 1

64 n. 1 5

22,3-5

34,5

23 1

34,9 34, 1 0- 1 2

40, 69 69, 70 n. 2 1

1 2, 1 1

32,50

34,7-6

69, 70 n . 2 1

242 n. 7

202 n. 23

33,10

1 1 ,6-7

4 1 , 67, 68 n . 20

1 5 1 n. 1 6 , 242, 242 n. 7

30, 1 -3 33, 1

67 4 1 , 68 n. 20

64 n. 1 5 2 1 , 66, 80 25, 20 1

67, 70 267 n. 42 67 77 40, 69 71

2 Samuele 3 ,9- 1 0 3,18 5 , 1 -3

71 1 94 n. 1 5 , 23 1 n. 5 7 72

303

Fonti

6

1 37

9, 1 1

63, 69

7

55, 58, 1 37, 1 95

9,36

95 n. 14, 1 49 n . 12, 170 n. 48,

1 5,24 20

23 1 n. 56

1 5 1 n. 1 6 72

2 1 , 1 - 14

75

24, 1 8 - 1 9

71

l Re

1 70 n. 48, 23 1 n. 56 1 3 , 1 4- 1 9

80, 1 83

1 3 ,20- 2 1

81, 218

176

1 4,5-6

6,3

252

1 4,23-29

1 94 n. 1 5 , 23 1 n. 57

8,46-53

1 66, 202 n. 23

5 5 , 76

1 0, 1 9

2,26 8,24-26

77, 9 5 n . 14, 1 49 n . 1 2,

1 0, 1 0

1 47 1 0 1 n. 29 22, 95 n. 1 4, 1 0 1 n. 29,

1 4,25

1 49 n. 1 2, 170 n. 48, 23 1 n. 56, 288

1 1 ,29-40

68

1 4,26

1 05 n . 37

1 2, 1 - 1 5

72

1 4,27

22 n. 6, 98, 204

1 2,3 1 13 1 5 ,9- 1 5 1 5 ,29

1 09, 1 5 1 45, 95 148 95 n. 14, 149 n. 1 2, 1 70 n. 48,

1 5 , 1 9-20

85, 1 07

1 6,5

85, 1 28 2 1 , 95 n . 14, 1 49 n . 1 2,

1 7 ,23

95 n . 14, 1 49 n. 1 2, 170 n. 48,

1 70 n. 48, 20 1 , 202, 23 1 n . 56

23 1 n. 56 17, 1 1 7 ,2-7 1 8, 1 8

45, 74, 75, 92

72

1 7,7- 1 8 1 7, 1 3

. 23 1 n. 56

75 7 5 n . 25

1 7 ,30

1 08 n. 40

1 8 ,20-40

75

1 8 , 1 -4

87

1 8 ,22

74

1 8 , 1 3-20, 1 9

21

1 8 ,28

282

1 8,22

1 1 3 n. 50, 1 1 3 , 1 34, 1 52

1 8 ,30

74, 75

1 8,22

1 1 3 n. 50, 1 1 3, 1 34, 1 5 2

1 8 ,3 1 -32 1 8,36 1 9, 1 - 1 8

75 n . 25 95 n. 14, 1 49 n . 12, 1 70 n. 48 ': 76

1 9,35-37

87

21,1-18

88

1 9, 1 5- 1 6

80

2 1 ,3

1 9, 1 9

45

2 1 , 1 0- 1 5

20,33 -43

73

2 1 , 1 9-26

22 22, 1 2

39 n. 29, 1 1 8 40

22, 1 9-23

42, 1 30

22,43-46

1 49, 1 5 2

2 Re 1 ,2- 1 7 1 , 1 7- 1 8 3 ,4

45, 1 00 41

8,7- 1 5

80, 83

9,4- 1 0 9,7

23,2 23 ,4-5

1 19 68 95 n. 14, 1 49 n. 12, 170 n. 48, 23 1 n . 56

1 1 9, 1 44, 1 46 1 66, 20 1 88 146 245 , 273 1 44

23 , 1 1 - 1 2

1 44, 148

23 , 1 5-20

95, 1 1 3 , 148

24,2

1 57 95 n. 14, 1 49 n. 1 2, 1 57, 1 70 n. 48, 20 1 , 23 1 n. 56

7 5 n . 25

4, 1 -37 8,27

22,2-23 ,30

23 ,29-30 77

87

20, 1 2- 1 9

25 ,22-26

1 89

l Cronache 1-9 1 5 ,27 21,1 25 , 1 -8

272 273 25 1 n . 1 6 272

304

Fonti

8,14

32, 1 20, 1 59

60

2 Cronache

65

32

151

68,5

78

1 1,14

1 09

68, 1 8

20, 1 3-23

273

72

1 1,13-17

26,6-8

40

1 0 1 n. 29

26,22

1 35

29,3-3 1 ,2 1

1 13

78 1 39

73

1 62

78,2

215

8 1 ,5

270

30, 14

87

82

32

32,32

1 3 2, 1 3 5

83

1 59

34,3 34,6-7 36, 1 5 - 1 6

143, 148, 173

1 06

215

156 n. 30

1 08

1 20, 159

253

32, 1 39

1 10

1 87 n.

1 37

4

Esdra Proverbi

1 , 1 -4

242

3,1-13

243

22, 1 4-24,22

4,7-23

260

25, 1

5, 1 -2

56 n. 5 1 1 3, 1 52 n. 2 1

244, 246

6,8

239

Isaia

6, 1 0

240

1-12

1 3 1 , 132

6, 1 4

1 9 1 n. 1 1 , 244, 246

1-3 5

1 30, 1 3 5, 1 49

6, 1 5

246 n . 1 3 , 245 , 250

1-39

22, 3 1 , 37, 1 26, 1 27, 223, 224,

7 9, 1 -2 9,4 1 0,3

20, 86 255, 268 267, 267 n. 42, 268 267 n. 42

Neemia

225, 285 1 ,2-3

133

1 , 1 0- 1 7

1 03

1 ,2 1 -26

133

1 ,24-3 1

132

2,2-4

138 133

1,11

260 n. 29

2,6-22

2, 1 9

260

2,9- 1 1

133 l

4, 1 -2

238 n. l

5, 1 -5

261 n. 30, 280 n. 58

6,6-7

250

5 , 1 -7

1 3 3 , 284

9,38- 1 0,39

259

5,16

1 3 8 n. 8 1

1 3 ,23-27

255

1 3 ,28-29

280 n. 58

2, 1 7-22 4,2-6

5,19 5,24-25 5,26-30

Giobbe 1 -2 9,22 38

6 2 1 3 n. 35, 25 1 n. 1 6 1 99 228 n. 50

Salmi

6, 1-9, 1 7 , 1 -8 , 1 5

133 1 33, 1 38, 1 44 n. 3, 277, 28 1

1 35, 1 3 8 n . 8 1 1 3 1 n. 74, 1 3 2, 1 5 3 1 32, 1 34, 1 5 8 42, 67, 1 30, 1 3 1 n. 7 1 1 3 1 , 1 3 1 n. 7 1 85

7,8

85, 1 29 n. 67

7,9

1 29, 140, 1 6 1

7 , 1 0- 1 6

1 29

2

1 39

7,14

20

270

7, 1 8- 1 9

1 30

28

270

8, 1 -22

136

1 29 n. 68

305

Fonti

8,5-8

1 3 1 , 138

40--4 8

224, 232

8, 1 1 - 1 5

1 3 1 , 135

40-55

37, 1 27, 1 90 n. 9, 1 94, 223 ,

8, 1 6-9, 1

131

8,17

138

9,8 9,8- 1 0,4 1 0,5- 1 9

26 1 , 285 1 26, 223

94 n. 1 1 , 1 34, 1 37, 1 3 8

40-66

1 3 1 n. 74, 1 3 2, 1 3 3

40, 1 -2

279

1 3 2, 1 34

40,3-5

225, 226

1 3 8, 1 3 8 n. 8 1 , 277

1 0,20

224, 225, 226, 227, 229, 258,

1 0,27-34

1 3 2, 1 34

40,9

155

40, 1 2

229 23 1 n. 54

4 1 ,8

1 1 , 1 -9

1 39, 232

1 2, 1 -2

131

1 3-23

1 27, 2 1 5 , 285

42, 1 -4

1 4, 1 -2

1 44 n. 3, 285

42, 1 9

226, 23 1 n. 54, 253

1 34, 1 39

43, 1 0

228, 23 1 n. 54

1 4,24-27

230, 232

4 1 ,25-29

1 39, 224, 232

227, 228

1 5 , 1 - 1 6, 1 2

284

43, 1 4- 1 7

1 6, 1 3- 1 4

284

44,24--45 , 1 3

227, 230

44,26

228, 23 1 n. 54, 253

28 1

44,28

225 , 229, 233

1 36

45,4

23 1 n. 54

20, 1 -6

1 36

45,20-2 1

230 n. 53

21

1 90

46, 1

225, 229

2 1 ,6-8

1 60

46,5-7

229

21,1 1-17

1 36

48, 1 6

227

1 7 , 1 -6

85, 1 34

1 7,7-9 1 8 , 1 - 1 9, 1 5

22, 1 5-24

135

48,20

225, 23 1

23, 1 - 1 2

28 1

48,22

224 n. 44, 263

284

49-55

23 1

1 27, 238, 258, 285

49, 1 -6

224, 227, 232, 233, 234

23, 1 5- 1 8 24-27 25, 1 0- 1 2

285

49,3

26, 1 -6

286

50,4- 1 1

27 , 1 27, 1 2- 1 3 29, 1 0 29, 1 1 - 1 2 29,23 30,8- 1 7 30,9 30, 1 0 30, 1 5 30,20-2 1 32-35 35 36-39

28 1 , 286 1 44 n . 3 , 28 1 , 286 1 1 8, 1 3 5 , 1 37, 293 1 6 1 , 28 1 1 3 8, 1 3 8 n. 8 1

52-5 3 52,7 52,7- 1 0 52,8 52, 1 3 - 1 5

233 224 1 69, 235 n. 62 1 55, 230 226 262 n. 35 234 234, 262

136

53 , 1 - 1 1

1 37

53, 1 1 - 1 2

234

1 3 5, 1 36, 1 37

54, 1 6- 1 7

253

1 40, 1 6 1

55, 1

224 n. 44

235 n. 62

55 ,3-4

232, 26 1 n. 32

1 27

56-66

37, 1 26, 223 , 224, 227, 233 , 238, 258, 26 1 , 285

1 28, 224 22, 42, 46, 92, 1 27, 1 32, 224,

56,3-5

24 1

285

56, 1 0

1 08 n . 4 1 , 1 60 n. 3 5

36, 1-37,7

1 28

57, 1 3

249

37,6

1 28

57, 1 4-2 1

263

57, 1 8

267

60-62

263

37,33-35 39,5-8

1 28, 1 95 224

306

Fonti

60, 1 3

264

6 1 , 1 -4

262

6 1 ,2

267

23, 1 8

42, 1 7 1

265

23,29

1 83

265

23,32

1 7 1 , 1 94 n. 16

249

24

179

255 n. 2 1 , 265 , 268

25

1 65, 1 66, 1 73

65, 1 -7 65,8- 1 2

66, 1 -4

266 255 n. 2 1 , 265 , 265 n. 39, 266, 267 n. 42, 293

66, 1 0

263 n . 36, 267

66, 1 8-23

25,4 25,8- 1 4 25,9 26, 1 -6

262

26,5

66,20

249

26, 1 7- 1 9

66,24

255 n. 1 2 1 , 262 n. 34, 262

26,20-23 26,24

Geremia

27, 1 - 1 5

1 ,2-3

22

1 ,4- 1 9

171, 212

264

62,6-7

66,5

23 1 n. 58 23,9-40

1 7 1 , 1 94 n . 1 6 , 195

249, 266 n. 40

65, 1 3 - 1 4

1 65, 1 93 , 1 94 n. 1 6, 223 n. 43,

23 , 1 6

62, 1 -5

65, 1 1

23,5-6

22, 1 0 1 , 172

1 ,5

1 66, 1 72, 173

2,8

1 5 2 n. 2 1 , 1 7 3 , 175

27,9 28 ,2-4 29,8 29, 1 0- 1 4

95 n. 1 4, 170 n. 48 1 59 177, 233 92 95 n. 14, 1 70 n. 48 22, 1 1 8 , 1 1 9, 1 2 1 , 1 82 1 6, 1 1 8, 1 57 1 80, 1 88 n. 6 54, 179 1 79, 1 94 58, 1 96 1 7 1 , 1 92 202 n. 23, 204, 245

3 ,2 1 -23

176

29, 1 9

4, 1 -2

1 76

29,2 1 -23

1 6, 179

1 94 n . 1 7 , 1 98

29,24-28

40, 1 77 n. 59, 1 7 8 , 1 96

4, 1 0 4,23-26

145, 287

5,19

171

6, 1 7

1 08 n. 40, 1 60 n. 3 5 , 262 n. 35

7 , 1 -8,3

1 67, 1 68 n. 4 1 , 1 69, 1 76, 1 77, 270

7,9 7,25 8,8-9

1 1 6, 1 76 95 n. 1 4, 170 n. 48, 1 73 152 n. 2 1 , 175

9, 1 2- 1 4

171

1 1,1-17

1 68 n . 4 1 , 1 74

1 1 , 1 4- 1 7 1 1 , 1 8- 1 2,6 13,1-1 1

1 80 1 68 1 83 n. 65

1 4, 1 1 - 1 2

1 80

1 4, 1 3 - 1 6

1 94 n . 1 6

1 6, 1 -9 1 8, 1 - 1 1

1 80, 1 80 n. 6 1 , 1 83 n. 65

30-3 1 3 1 ,3 1 -34 32, 1 -44 32, 1 2 3 3 , 1 4-22 35 35,15 36 36, 1 0 36,20-26 37,3- 1 0

9 5 n. 1 4 , 1 7 0 n. 48

1 69, 1 74, 1 90, 203 1 69, 203 1 83 n. 65 1 80, 2 3 8 n. l 223 n. 43 78 n. 30, 177 n. 59, 178 9 5 n. 1 4 , 1 70 n. 48 22, 1 67, 1 67 n. 40 1 75 n. 5 6 , 177 n. 5 9 59 178, 181

37, 1 6-2 1

178

44

181

44,4 44, 1 5 - 1 9 46-5 1

95 n. 14, 170 n. 48 86, 1 76, 252 1 65, 1 70, 2 1 6

1 83 , 1 8 3 n. 65

46,27-28

232

1 68 n. 4 1 , 1 69, 1 80

49, 14- 1 6

1 88

20, 1 -6

1 96 n. 1 8

5 1 ,59-64

22,8-9

1 68 n. 4 1

52

1 9 , 1 -20,6

22, 1 3 - 1 9

157

22,24

246

23 , 1 -8

168 n. 4 1 , 2 1 7

1 65 92, 165

Lamentazioni 2,8

1 98

307

Fonti

2,9

238

37, 1 5-28

2 1 7 , 279

2, 1 4

1 98

37,24-25

1 94, 223 n. 43, 23 1 n. 58

4,2 1 -22

1 87 n. 4

Ezechiele 1-7

21 1

1 -24

208, 2 1 6, 2 1 7

1 , 1 -3

46, 207 , 209

38-39

2 1 8, 277

40-48

208, 209, 2 1 7, 2 1 9, 22 1

40,46

2 1 0, 220

42,20

253

43 , 1 -5

209

43 , 1 1 - 1 2

219 2 1 0, 220

1 ,28

209, 2 1 1

43, 1 9

3 , 1 6-22

21 1, 213

44, 1 0- 1 6

3,22-27

21 1

45, 1 -8

220

3,24

218

4 1 ,9-46, 1 8

219

220

5,5-7,27

21 1

46, 1 9-24

219

5, 1 1

214

47, 1 - 1 2

220

47 , 1 3-48,35

220

8-1 1

209, 2 1 2

1 0,3-5

209

1 0, 1 8- 1 9

209

1 1 , 1 4- 1 7

1 89

1 2-24 1 2, 1 2- 1 3 1 3 , 1 7-23 1 4, 1 - 1 1 1 4, 1 2-20 16

2 1 2, 2 1 4 208

Daniele 2, 1 8 9,2 1 0,2-3 .

286 n . 6 1 23 263 n. 36

65, 1 92 1 92, 2 1 3 , 2 1 4 1 99 1 1 4, 207 , 2 1 4

Osea 1 -3 1,1

1 07, 1 1 4 92, 93, 1 07

1 8 , 1 -20

1 99

1 ,2-2, 1

42, 1 1 0

1 8 ,2 1 -22

292

1 ,4-5

73, 1 07

1 8 ,25

213

1 ,6

111

1 8 ,29

213

1 ,9

1 1 1, 1 15

19, 10- 1 4

214

1 , 1 0--2, 1

20

217

2, 1 4

1 1 4, 1 1 5

2, 1 8

1 1 2 n . 49, 1 1 6

20, 1

1 9 1 , 207 n. 26

2 1 ,25

220

4- 1 4

22,6- 1 2

214

4, 1 -6

22,28 23

1 92, 1 94 n. 1 6 173 n. 53, 207, 2 1 4

4,4- 1 0 4, 1 5

25-3 2

1 65, 208, 2 1 5

25 , 1 -7

216

5,8- 1 4

26, 1-28 , 1 9

216

6,5

28, 1 2- 1 9 33 33, 1 -9 33,21 -22 34-37 34,23 -24

5,5

1 10

1 12 34 1 09 1 08 n . 40, 1 1 0, 1 1 2 1 1 0, 1 1 2 85 17, 1 08

220

6,6

67, 1 03, 1 08 n. 40

208, 2 1 6

6,7

1 1 2, 1 1 2 n. 49, 204

1 60 n. 35, 2 1 3 , 2 1 6

7,7

1 07

7, 1 1

1 07

216 217 1 94, 223 n. 43, 23 1 n. 58

8, 1 8,14

1 1 2 n. 49, 1 1 6, 204 1 1 0, 1 1 2

35 , 1

217

9,7-8

36, 1 - 1 5

217

9, 1 0

1 1 4, 1 1 5

37, 1 - 1 4

2 1 7, 277

1 0,4

1 1 2, 1 1 2 n. 49, 1 1 6

17

308

Fonti

1 1 ,3-4

1 1 4, 1 1 5

1 2, 1

1 05, 1 1 2

n.

7 ,7-9 .

1 2, 1 0

1 7, 1 08

7,9

1 2, 1 3

1 09, 1 1 5 , 256

1 3 ,5-6

34, 27 1

7, 1 -6

49, 1 1 6

7 , 1 0- 1 7

93, 96 73, 97, 99 63, 92, 96, 97

n.

20, 98, 1 82, 1 96, 270

1 1 4, 1 1 5

1 3 ,9- 1 1

1 07

22, 52, 73, 99, 1 02

7, 1 1

Gioele 26 1 n. 30 27 1

8,9- 1 4

1 , 13-18

27 1

9, 1 -4

1,15

276

9,5-6

2, 1 -2

276

9,7- 1 0

2, 1 - 1 7

27 1

9,8

2,28-29

277

9, 1 1 - 1 5

2,30-32

277

3,9-2 1

277

3,16

93, 1 56

Amos 1,1

45, 9 1 , 93, 98, 1 00, 149

1 ,2

93, 1 24 n. 65, 1 5 6

1 ,3-5 2,4-5

94, 99, 204 1 1 , 98

n.

22, 1 02 n . 3 1 , 1 04

2,8

1 04, 1 05 , 1 20

2, 1 1 - 1 2

17, 63

3 , 1 -2

94

3,6

1 98

3,7

94, 1 70 n. 48, 204

3,14

9 5 , 1 02

n.

4, 1 -3

3 1 , 204

94, 95, 96 n . 1 6

4, 1 3 95, 1 03

n.

33, 1 24

n.

65, 228

n.

5,4-5

50

204

5,6

204

5,7

1 1 , 133 95 98

n. n.

1 6, 1 03 22, 1 02

n. n.

33, 228

n.

5 , 1 4- 1 5

50

30, 1 02 n. 3 1 , 1 04, 1 45

5 , 1 8-20

n.

1 45

n.

18

33, 2 1 1

n.

6 , 277 93, 96

95

n.

1 6, 1 03

n.

33, 228 n . 50 98 1 02

n.

30

98, 99, 223

n.

43

Abdia 1 87

8-14 1 1-14

1 88

1 6- 1 8

1 87

1 9-2 1 20

1 88 1 88

n.

5

Giona 1 , 1 -3

289

1 ,4- 1 6

289

1 ,9

289, 293

2, 1 0

289

3 ,5-9

290

3,10

289, 293

4,6- 1 1

290

1 04, 1 33

4,6- 1 1

5,12

31

83

2,6

5,8-9

1 3 , 96, 1 03

8, 1 -3

1 ,2- 1 2

5, 1 1

4 0 n. 3 5 , 1 22, 1 5 2

7,16

1 -2

n.

34, 1 23

7 , 1 4- 1 5

1 02

n.

96, 1 45

n.

6

3 1 , 104

n.

6 , 204

1 02 n. 32, 145 n. 6, 277 , 287

Michea 1-3 1,1

1 18 9 1 , 1 1 7, 1 20

1 , 10- 1 6 2,2 2,4 2, 1 1 2, 1 2- 1 3 3 ,5- 1 2 3,12 4-5

1 17 1 20, 1 50, 1 5 2 n. 19 1 20, 1 23 1 1 8, 1 23 , 1 52 n. 1 8 1 18

n.

56 63

22, 52, 1 1 9 1 19

5,24

1 1, 1 16

4, 1-5

133

5,25-27

99, 204

5,2-4

1 19

6, 1

99, 1 3 3

7, 1 -3

93, 96

5 , 1 0- 1 5 6--7

1 19 1 1 9, 145

309

Fonti

34, 1 1 9

6, 1 -5

n.

2, 1 0- 1 4

1 89, 24 1 , 244, 245

6,4

65

18

2, 1 5 - 1 9

246

6,6-8

1 1 9, 1 24

2,20-23

244, 246

1 1 9, 145, 1 46

6,9- 1 6

1 1 9, 145

6, 1 6

1 20

7,1-10

23 1

2,23

n.

58, 233

Zaccaria 1 65, 246, 274

1-8

247

1,1 Naum 1 87

1,1 1 ,4

155

n.

26, 1 5 6

1 , 1 -6

248

1 ,7 - 1 7

247

155

3,1-10

1 , 1 5-2, 1 2

1 54

3,8

2, 1 3

1 54, 156

5,5- 1 1

3,1-19

1 54, 1 56

6, 1 -8

Abacuc 158

1 ,2-2,5

1 5 9, 1 62

1 ,4

7,7 8,10

1 , 1 2-2, 1

158

8,20-22

1 59, 1 6 1 , 1 62

n.

1 1 , 252

25 1 , 252

238

7,2-7 7, 1 2

3

191

247

161

1 59s.

58, 233, 25 1

25 1

158

1 6 1 , 1 62

n.

6, 1 2- 1 3

l ,5- 1 1 2, 1

25 1 1 93, 23 1

6,9- 1 4

1 ,5

2,4

245 , 253

1,12

1 ,9- 1 4

1 9 1 , 248, 253 248 , 253 246, 26 1

n.

30

285 253

9, 1

26 1 , 279

9,9- 1 0 1 1 , 1 -3

279

1 2- 1 4

258, 278, 280, 28 1

1 2, 1

253

1,1

1 43

1 2, 1 0- 1 4

282

1 ,4-5

176

1 3 ,2-6

282

1 ,7- 1 3

1 45

1 3 ,7-9

280, 282

Sofonia

143, 144

1 ,8

Malachia

1 , 1 4- 1 6

287

1,15

287

1,1

253

n.

1 ,2

254, 256

2,3 3 , 1 -7

145, 145

n.

6, 1 46

8

1 44, 145 n. 6

3,9- 1 0

254, 293

3 , 1 4-20

1 44, 279

254

1 ,2-5 1,1 1

254, 256, 293

1 , 14

256, 293

2, 1 7

254, 255

3,1

253, 255, 256

1 ,2-6

244

3,7

248, 256

1 ,4

244

3 , 1 0- 1 1

1 , 1 2- 1 5

1 93

3 , 1 4- 1 5

244, 253

3 , 1 6- 1 8

Aggeo

1,13 2,3

230 n. 53, 244

4,4-6

254 254 255

n.

2 1 , 268 253

3 10

Fonti

Altre Scritture ebraiche 2,42

Tobia 1 4,4

29 1

2,42-48

14,8

29 1

7,13

n.

31

26 1

n.

31

258, 26 1

n.

31

2 Maccabei

Siracide 8, 1 8

258, 26 1

286

n.

46, 1

61

1 4,6

258

20

1 5 ,9

20,23

23

48,20-49, 1 0

1 27

48,22-25 49, 1 0

92

50,26

286

Testamento di Levi 1 65

8, 1 - 1 5 Testamento di Giuda

l Maccabei 2,29-3 8

26 1

n.

31

2 1 , 1 -5

1 65

24, 1 -6

1 65

Giuseppe Flavio Contro Apione 1 ,37

20

1 ,39

20

x, 28 Xl, 173

216 238

n.

l

Guerra giudaica Antichità giudaiche II, 3 1 7-347

279

n.

x , 1 1 -35 x, 1 03- 1 07

1 96

n.

55

1 27

5, 39 1 .393

1 96

n.

19

6, 1 03

1 96

n.

19

6, 285-287

1 96

n.

19

256

n.

24

19

Qumran J QH

273

n.

50

4QSam•

J QS 9, 1 1

256

n.

24

4QTest

68

4QpNah

1 54

J QpHab VIII, l -3

1 62

4QJer-·•

1 64

J QpMi

1 17

4QJer

165

2QJer

1 64

J J QPs"

272

J Q!s"

23, 1 27

Testi rabbinici Pirke Avot 1 , 1

23

b. San. l l a

26

b.B. Bat. 1 4b- 1 5 a

20

b. Sotah 48b

26

b.B. Bat. 1 5 a

152

n.

21

b. Yoma 9b

b.B.Me# 'a 59b

270

n.

44

b. Yoma 69a

b.Meg. 1 4a

17

26 279

n.

55

311

Fonti

Nuovo Testamento Matteo 1 2,39-4 1

Romani 289

1,17

161

l Corinzi

Luca 1 ,67-69

273 n. 50

9,57-62

80

14

273 n. 50

2 Corinzi Giovanni 1 ,2 1

1 , 1 7-20

266 n. 40

256 n . 24

1 ,25

256 n. 24

Galati

6, 1 4

2 5 6 n. 24

3,1 1

7,40

256 n. 24

161

Ebrei Atti 1 ,6- 1 1

9,22

1 24

80

1,16

272

Apocalisse

2, 1 6-2 1

277

3,14

2,25-3 1

272

8,34

227

266 n . 40

INDICE

Prefazione all ' edizione riveduta

5

Introduzione

7

Capitolo l.

Prolegomena: definizione dell' oggetto di studio l . Fonti per lo studio della profezia in Israele 2. Lo studio critico moderno della profezia 3. Etichette e ruoli . . . . . . . . 4. La posizione sociale del profeta

15 15 25 38 42

Capitolo Il.

Dalle origini ad Amos . . . . . . . . . . . . 5. La profezia del Vicino Oriente e il problema delle origini . . . . . . . . . . . . . . . 6. I profeti di guerra e i profeti "primitivi" nel periodo delle origini . . . . . . . . . . . . . 7. La profezia nel Regno del Nord: Elia ed Eliseo

53

.

.

·

.

.

.

.

.

53 62 71 82 82

Capitolo III. Il periodo dell' espansione assira 8. La situazione internazionale 9. Amos . . . . . . . . . . . . 10. Osea . . . . . . . . . 1 1 . Michea 1 2. Isaia di Gerusalemme

1 06 1 17 1 25

Capitolo IV. La fine dell ' indipendenza nazionale . . . . . . . 1 3. L'ultimo tentativo di emancipaziooe e riforma

141 141

90

3 14

Indice

14. La prospettiva della profezia cultuale sulle vicende 1 5 . Geremia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

153 1 63

Tra vecchi Ò e nuovo ordine . . . . . . 1 6. La profezia in crisi . . . . . 17. La risposta esilico-deuteronomista 1 8. Ezechiele . . . . . . . . . . . . 1 9. Profezia esilica nella tradizione di Isaia

1 85 1 85 200 205 222

Capitolo VI. I profeti e la profezia nel periodo del secondo Tempio 20. Il giudaismo palestinese nel primo periodo persiano 2 1 . Dalla profezia all' Apocalittica: Ulteriori sviluppi nella tradizione di Isaia 22. La profezia del Tempio di Gerusalemme 23. La reinterpretazione escatologica della profezia 24. Giona

236 236 257 269 273 288

Breve bibliografia in italiano

295

Abbreviazioni

297

internazionali: Naum e Abacuc

Capitolo V.

.

.

Fonti

.

. . . .

301