Sparta e i suoi navarchi 8862748507


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Sparta e i suoi navarchi
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Elisabetta Bianco

SPARTA E I SUOI NAVARCHI

Edizioni dell’Orso Alessandria

Volume pubblicato con il contributo del Dipartimento di Studi Storici dell’Università degli Studi di Torino (ricerca locale 2016, linea A)

© 2018 Copyright by Edizioni dell’Orso s.r.l. 15121 Alessandria, via Rattazzi 47 Tel. 0131.252349 - Fax 0131.257567 E-mail: [email protected] http: //www.ediorso.it Realizzazione editoriale e informatica: ARUN MALTESE ([email protected]) Grafica della copertina: PAOLO FERRERO ([email protected]) È vietata la riproduzione, anche parziale, non autorizzata, con qualsiasi mezzo effettuata, compresa la fotocopia, anche a uso interno e didattico. L’illecito sarà penalmente perseguibile a norma dell’art. 171 della Legge n. 633 del 22.04.1941

ISSN ISBN

2611-4232 978-88-6274-850-6

INDICE GENERALE

Introduzione

1

Capitolo I: La navarchia durante la guerra archidamica 1. Le prime attestazioni 2. Cnemo (430/29) 3. Alcida (428/7) 4. Trasimelida (426/5)

7 10 15 21

Capitolo II: La navarchia durante la guerra ionica 1. Melancrida (413/2) 2. Astioco (412/1) 3. Mindaro (411/0) 4. Pasippida (410/09) e Cratesippida (409/8) 5. Lisandro (408/7) 6. Callicratida (407/6) 7. Araco (406/5) e Lisandro (405/4?)

25 27 38 46 52 56 69

Capitolo III: La navarchia tra 404 e 394 a.C. 1. Libi (404/3) 2. Pantoida (403/2) 3. Samio/Samo/Pitagora (402/1) 4. Anassibio (401/0) e Polo (400/399) 5. Farace/Faracida (398/7) 6. Archelaida (397/6) e Pollide (396/5) 7. Chiricrate e Pisandro (395/4)

81 82 83 85 87 99 101

Capitolo IV: La navarchia tra 394 e 371 a.C. 1. Da Podanemo a Ecdico (394/3-391/0) 2. Teleutia (390/89) e Ierace (389/8) 3. Antalcida (388/7) e Teleutia (387/6) 4. Pollide (377/6) 5. Nicoloco (376/5) 6. Mnasippo (373/2)

107 115 118 124 128 129

VI

Indice generale

Conclusioni

137

Appendice

145

Indice delle fonti citate

147

Indice dei nomi e delle cose notevoli

157

Bibliografia

163

Introduzione

Nell’arco di tempo tra la fase iniziale della guerra del Peloponneso e quella finale dell’egemonia spartana (più esattamente tra il 430/29 e il 373/2 a.C.) troviamo nelle fonti antiche la maggiore concentrazione di riferimenti all’esistenza di navarchi in attività come comandanti della flotta spartana. Questo arco cronologico corrisponde con la fase di massimo potere per la polis peloponnesiaca ed è interessante evidenziare come scorrano in parallelo la parabola del potere dei navarchi e quella dell’egemonia da parte di Sparta, polis dalla vocazione certo preminentemente terrestre, ma non in modo esclusivo1. Si intende dunque con questo lavoro cercare di approfondire questa parabola del potere sul mare da parte di Sparta attraverso l’esame dettagliato dei suoi singoli protagonisti e in un’ottica diversa rispetto ai molti e spesso ottimi lavori già esistenti sull’egemonia spartana2, che sono però concentrati soprattutto sui suoi re e sulle campagne per via di terra nell’arco di tempo tra il 404 e il 371. Qui invece l’analisi sarà focalizzata sui navarchi che guidano la flotta spartana nei decenni più significativi per il potere navale di Sparta, quando si assiste anche alla crescita del potere di questi comandanti, che trova il culmine con Lisandro per poi ridiscendere, fino a sparire alla fine degli anni ’70. Certo, anche l’analisi della navarchia non è una novità in assoluto, ma da molto tempo non si affronta un esame globale delle attestazioni e soprattutto in un’ottica specifica, non tanto sull’istituzione in sé, quanto sui suoi personaggi all’interno di una così significativa fase storica3.

1

Per quanto infatti si tenda generalmente a evidenziare il ruolo degli Spartan landlubbers, ormai si intensificano i lavori che mirano a sottolineare l’importanza che il mare deve avere rivestito anche per Sparta, cfr. ad es. FALKNER 1992 a, 1-2 e passim; CARTLEDGE 2009, 51 sg.; MILLENDER 2015, 299 sg. 2 Non si può rendere ragione qui della sterminata bibliografia sulla fase della egemonia spartana, cfr. ad es. CARTLEDGE 1979 e 1980; DEVOTO 1982; HAMILTON 1991, nonché tutti i lavori di Hodkinson e Powell; giustamente però CARTLEDGE 2009, 51, si stupisce che di solito non sia dedicata attenzione al risvolto marittimo, in base all’assunto non vero che gli Spartani non avessero nulla a che fare con il mare. 3 La navarchia spartana ha registrato un picco di interesse negli studi tra la fine del

2

Introduzione

Trattandosi di un periodo che tocca alcuni tra i decenni più importanti e ricchi di avvenimenti per le poleis greche non si hanno qui pretese di totale esaustività, quanto di ricostruzione di una fase particolarmente interessante per la Grecia intera tenendo l’attenzione centrata su Sparta anziché su Atene, come invece siamo più abituati a fare quando parliamo di flotta e di egemonia navale. L’analisi parte dalla constatazione che usiamo normalmente la definizione navarco per il comandante della flotta spartana, avendo forse in mente l’affermazione di Aristotele: «Anche altri hanno già rivolto delle osservazioni alla legge sui navarchi, criticandola giustamente. Essa infatti costituisce una causa di discordia interna: ai re, che sono generali a vita, vengono contrapposti i navarchi che costituiscono quasi un altro potere regale»4. Per quanto sia difficile purtroppo cogliere i riferimenti impliciti in questo passo, è indubbio che di solito associamo questo termine a un potente comandante spartano, soprattutto pensando a Lisandro, che di certo ne è il rappresentante più noto; eppure in realtà la maggior parte delle attestazioni è molto più generale. Anche nei lessici la definizione del navarco nel mondo greco è ναύαρχος· ὁ τῶν νηῶν ἄρχων, quindi comandante delle navi, senza alcuna specificazione per il mondo spartano5. Infatti sono moltissime le fonti che attribuiscono questo ruolo anche a comandanti di ogni altra area geografica (ateniese, siracusana, macedone, cartaginese, rodia, romana, ecc.6): a fronte di un Tucidide che attribuisce il ruo-

1800 e l’inizio del secolo scorso, per poi diventare oggetto più che altro di contributi su singoli personaggi: cfr. gli studi in generale di BELOCH 1879; JUDEICH 1892; SOLARI 1907 (ma 1899); PARETI 1961 (ma 1908-1909); KIESSLING 1935; SEALEY 1976; FALKNER 1992 a. Una ripresa dell’argomento si deve ora al convegno Great is the power of sea (pubblicato in «Historika» 2015), nel quale CHRISTIEN, MILLENDER, THOMMEN e RUZÉ tornano con diversi approcci e risultati sulla questione. 4 Aristot. Pol. 1271 a 40: τῷ δὲ περὶ τοὺς ναυάρχους νόμῳ καὶ ἕτεροί τινες ἐπιτετιμήκασιν, ὀρθῶς ἐπιτιμῶντες. στάσεως γὰρ γίνεται αἴτιος· ἐπὶ γὰρ τοῖς βασιλεῦσιν, οὖσι στρατηγοῖς ἀιδίοις, ἡ ναυαρχία σχεδὸν ἑτέρα βασιλεία καθέστηκεν. Purtroppo per noi non vengono forniti altri dettagli e non si comprende né di quale legge si tratti né il riferimento agli altri che hanno affrontato il tema; cfr. SOLARI 1907, 15. 5 ‘Navarco: colui che comanda sulle navi’: cfr. Phot. s.v. e Suid. s.v. Anche per Esichio nauarchos è il sinonimo di stolarches come comandante della flotta e per Polluce (s.v. naumachia) tra le cariche navali ci sono la trierarchia, la pentecontarchia e la navarchia; i comandanti si chiamano trierarchi, pentecontarchi, navarchi e epistoleis. Per Stobeo (II, 7, 26) tra le magistrature comuni ricorre la navarchia insieme alla strategia, astinomia, ecc. 6 Da una analisi sul TLG infatti il termine risulta attestato alcune centinaia di volte, con un ventaglio assolutamente ampio di riferimenti, che non è possibile riportare qui, tranne che per alcuni casi che verranno selezionati nel corso del lavoro. Già nella voce della RE, KIESSLING 1936, 1890, nota la frequenza con cui il termine viene riferito ad altre poleis

Introduzione

3

lo di navarco solo agli Spartani, troviamo una commistione di usi in Senofonte e Plutarco, ma con una certa prevalenza per questa accezione, mentre ad esempio in Diodoro o Polieno il ventaglio è molto più ampio7. Significative inoltre sono alcune assenze di riferimenti specifici al mondo spartano8, come ad esempio nella Lakedaimonion politeia di Senofonte e nelle epigrafi, che attestano questo termine quasi esclusivamente in altre aree ed epoche. Infatti la famiglia di termini nauarch- è attestata 172 volte in 153 testi differenti, provenienti da tutte le aree geografiche, 23 dall’Attica, 4 dal Peloponneso, 7 dalla Grecia centrale, 5 dalla Tracia, 4 dal Mar Nero, 56 dalle isole, 28 dall’Asia Minore, 32 da Cipro, 7 dalle aree più orientali, 2 da quelle occidentali, 4 dall’Africa, ma quasi tutte queste attestazioni sono di età ellenistica e dimostrano la diffusione dell’incarico in tutte le aree del mondo greco, completamente sganciate dall’uso tecnico spartano9. Da notare inoltre che neppure ad Atene, polis dalla vocazione marittima per definizione, esisteva una magistratura navale specifica: non esisteva cioè la figura dell’ammiraglio e il comandante della flotta non aveva un incarico specializzato, ma faceva parte del collegio degli strateghi e poteva perfino essere definito dalle fonti con questo stesso nome di navarco10. Tanto più dunque ci

e come le prime attestazioni in ordine cronologico siano dei tragici che attribuiscono questo titolo ad Agamennone (Aeschyl. Coeph. 722; Soph. Ai. 1232). 7 Cfr. ad es. Xenoph. Hell. I, 6, 29; V, 1, 5 (che lo riferisce ad Ateniesi); IV, 8, 10 (Corinzi); Diod. XI, 88, 4; XIV, 54, 4; 102, 2; XVI, 16, 2 (Siracusani); XI, 13, 5; XIV, 19, 5; 39, 1 (Persiani); XIII, 45, 1 (Rodio); XIV, 59, 1; 60, 4 (Cartaginesi); XVIII, 15, 8-9; XIX, 64, 5; 68, 4; 87, 1 (Ateniesi o Macedoni); Plut. Timol. 19, 1 (Cartaginesi); Cato 54, 7; Luc. 11, 7 (Romani); Paus. I, 23, 10 (Ateniesi); Polyaen. IV, 6, 8-9; V, 18, 1 (dei diadochi); 27, 1 (Rodii); V, 22, 3 (Ateniesi); VIII, 24, 7 (Romani), ecc. 8 Si aggiunga a queste assenze anche l’osservazione che perfino in un’opera di argomento militare come i Poliorketika di Enea Tattico c’è solo un riferimento al navarco del re persiano (Aen. Tact. 31) e che anche negli oratori la parola navarchi è riferita ad altre aree geografiche: cfr. ad es. Demosth. De cor. [XVIII], 73-74, 78, 184 (Ateniesi); Ps. Demosth. C. Timoth. [XLIX], 48, 50, 53, ecc. (Beoti). 9 Non sono riferibili ai navarchi spartani neppure quelle del Peloponneso, cfr. IG IV 529: Argo, 300-250 a.C. (che attesta un nome proprio Nauarchos, quindi ancora in un’altra accezione possibile); IG V, 2, 344 (=IPack 16): Arcadia, post 234/3 a.C. (cita dei comandanti Achei che giurano un patto, tra cui uno stratego, un ipparco, un navarco); IvO 301: Olimpia, 158-146 a.C. (nomina un parente del re Tolemeo, stratego a Cipro, oltre che navarco e archiereus). 10 Il termine tra l’altro è attestato ad Atene anche per via epigrafica, per quanto prevalentemente in età ellenistica: cfr. ad es. IG II2 2396, 2372, 3218, 3299, 3494, 4210, 4553, 8737, 9023. NAIDEN 2009, 741 n. 45, evidenzia che la mancanza di un magistrato specifico durò finché due dei dieci strateghi vennero assegnati al Pireo, ovvero al servizio navale (Aristot. Ath. Pol. 61, 1); cfr. anche FRÖLICH 2008, 44, che data questa pratica agli anni

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Introduzione

colpisce che Sparta potesse aver strutturato un incarico di questo genere, su cui vale la pena tornare a soffermarsi. Di qui viene una grande difficoltà nel distinguere le peculiarità di questo ruolo a Sparta e nel decidere se si sia trattato di una vera magistratura e quali possano esserne state le competenze e le caratteristiche specifiche. E se anche la consideriamo tale, bisogna comunque chiedersi quando coloro che sono chiamati navarchi nelle fonti rivestono questo tipo di incarico ufficiale e quando sono invece dei semplici comandanti navali, a Sparta come nel resto del mondo greco e barbaro11. I problemi connessi a questo studio sono molti e spesso così intricati da rendere quasi impossibile una ricostruzione sicura e definitiva: se si tratta di una vera magistratura, ha carattere annuale e regolare o è attivata al bisogno12? Può anche essere ripetuta o è attendibile l’esistenza di una legge che ne proibiva l’iterazione13? Se ha carattere annuale, quando viene nominata? Risulta infatti molto difficile ricostruire una cronologia univoca: a volte i navarchi partono per le spedizioni in autunno, a volte in primavera e non è neanche detto comunque che la partenza debba essere contestuale alla nomina. Una designazione di questa magistratura a fine estate potrebbe essere compatibile con il calendario spartano che prevedeva probabilmente l’inizio dell’anno e la nomina delle cariche in collegamento con l’equinozio d’autunno14, anziché con il solstizio d’estate come per Atene, ma la questione va attentamente valu-

350. Da notare inoltre che a Sparta non c’era solo il navarco, ma era affiancato da una serie di altri ufficiali navali. 11 Cfr. anche BOUCHET 2007, 242-243 per l’esistenza di diversi tipi di navarco, con autorità più o meno ampia. 12 Già secondo BELOCH 1879, 119, si trattava di una magistratura annua, e la maggior parte degli studiosi accetta questa interpretazione, ma esiste un filone minoritario secondo cui si trattava di un incarico al bisogno (cfr. in particolare SOLARI 1907, 8). Status quaestionis con bibliografia anche in FALKNER 1992 a, 308 sg. e ora CHRISTIEN 2015. 13 Alcune fonti infatti attestano l’esistenza di una legge di questo genere: Xenoph. Hell. II, 1, 7; Diod. XIII, 100, 8; Plut. Lys. 7, 3. Non si ha idea però di quando questa norma sia stata fissata e se lo sia mai davvero stata: secondo SOLARI 1907, 13, nella realtà non fu rispettata dopo il 406, mentre per SEALEY (1976, 358) era una norma introdotta dopo Cizico, quando poteva esserci il pericolo di una degenerazione personalistica e ci fu una riforma della carica, che però non convince del tutto; cfr. anche BOMMELAER 1981, 79-81; FALKNER 1992 a, 211 n. 158; CARTLEDGE 2009, 55. 14 Diffuso è il consenso sulla nomina degli efori in questo contesto: RICHER (1998, 301 sg., sp. 304) pensa a ottobre circa (la prima neomenia dopo l’equinozio), in modo da avere tempo di preparare nell’autunno-inverno le spedizioni da far partire in primavera (ma non è convinto che valga anche per i navarchi). Fine settembre-inizio ottobre anche per NAFISSI 1991, 118 n. 74, a proposito degli efori, senza accennare però ai navarchi; nella direzione di

Introduzione

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tata in confronto alle fonti. Che l’incarico al nuovo navarco fosse affidato in autunno era già l’interpretazione corrente dai tempi di Beloch, ma dopo una revisione operata da Sealey ha preso piede l’opinione che i navarchi, soprattutto dal tempo della battaglia di Cizico, dovessero arrivare all’inizio della stagione di guerra in primavera15. Le soluzioni prospettate finora dai singoli studiosi sono sempre molto diverse e comunque ipotetiche, come vedremo nel corso del lavoro. Si cercherà quindi di fare chiarezza, dove possibile, e dopo aver esaminato in dettaglio le occorrenze e le attività dei navarchi sopravvissute fino a noi, si potranno così infine elaborare riflessioni più accurate e generali sulle discusse caratteristiche di questa carica.

un inizio a ottobre anche per la navarchia cfr. GOMME-ANDREWES (HCT ad V, 36, 1). Invece secondo altri potrebbe trattarsi della neomenia precedente all’equinozio, anticipando quindi la data tra agosto e settembre (DE SANCTIS 1931, 158; PARETI 1961, 24, 109, ecc.; cfr. ora anche PASCUAL 2009, 78 e n. 23); late summer per FIGUEIRA 2000, 32. 15 Si tratta di una di quelle questioni su cui no clear evidence può essere raggiunta (cfr. FALKNER 1992 a, 311): esistono infatti due netti partiti a favore del collegamento con l’inizio dell’anno dorico (a partire da BELOCH 1879, 119) o con la buona stagione (a partire da SEALEY 1976, 335 sg.). Dall’autunno inizialmente e dalla primavera dopo Cizico è un tentativo di conciliazione che non ci pare del tutto convincente: cfr. anche THOMMEN 2015, 315. Status quaestionis anche in PIÉRART 1995, 274-275.

Capitolo I La navarchia durante la guerra archidamica

1. Le prime attestazioni La storia della navarchia spartana inizia molto prima del periodo che vogliamo prendere in particolare considerazione, almeno già dal tempo della seconda guerra persiana, quando troviamo caratterizzati con il nome di navarco Euribiade (480/79) e poi il re Leotichida (479/8)1; anzi forse anche ben prima, visto che pare possibile delineare un interesse marittimo da parte di Sparta in età molto più arcaica, per quanto non sia possibile certo intendere la navarchia come una delle istituzioni originarie dell’ordinamento spartano2. Segno di questa apertura verso il mare potrebbero essere ad esempio la partecipazione a imprese coloniali (quali la fondazione di Tera e di Taranto o la spedizione di Dorieo in Libia e Sicilia)3 e soprattutto il periodo di talassocrazia attribuita agli Spartani negli anni 517-516 dalla discussa lista di Eusebio4. Questa è collegabile probabilmente a un certo attivismo nella seconda metà del VI secolo, di cui sembrerebbero segno l’alleanza con il re lidio Creso prima del 547/6, l’intervento a Samo nel 525/4 contro Policrate, a Nasso contro Ligdami, oltre che la spedizione di Anchimolio contro i Pisistratidi nel 511/105. Ma in

1 Per Euribiade nell’estate 480: Herodot. VIII, 2; 42; Diod. XI, 4, 2; 59, 1; Plut. Them. 11. Per Leotichida nell’estate 479: Herodot. VIII, 131; IX, 20; Diod. XI, 34, 2; Polyaen. I, 33. Cfr. ad es. anche CARTLEDGE 2009, 51 sg.; ma soprattutto ampia trattazione in FALKNER 1992 a, 48 sg. 2 In questo senso cfr. anche THOMMEN 2003, 164. Anche la placca votiva presentata in copertina (raffigurante una nave da guerra e databile al VII sec. a.C.) è segno indicativo di tale interesse arcaico, cfr. infra (appendice). 3 Cfr. ad es. per Tera Herodot. IV, 147 sg. e Paus. III, 1, 7; per Taranto Strab. VI, 3, 23; per Dorieo Herodot. V, 42-49. Per una più ampia analisi su questa epoca arcaica con altre fonti e bibliografia si rimanda a FALKNER 1992 a, 5 sg. (15 anche per un suggestivo richiamo alle metafore navali in Alcmane, che potrebbero attestare l’apertura spartana in antico) e ora RICHER 2018, 30-32, 108-109. 4 Per la lista delle talassocrazie cfr. Diod. VII, 11; Eus. Chron. I, 225. Moltissima è la bibliografia su questa lista, cfr. ad es. MILLER 1971, 47 sg.; FALKNER 1992 a, 24 sg.; BIANCO 2015, 105 e soprattutto BAURAIN 2015, 24. Da notare comunque che Thuc. I, 1314, quando parla delle prime flotte non cita Sparta: cfr. SOLARI 1907, 4.

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Sparta e i suoi navarchi

questo periodo non è mai attestato il termine navarco per il comandante della flotta e sembra più probabile che non ci fossero comandanti stabili e appositamente definiti6, ma che di volta in volta, in base alle necessità, venisse allestita una flotta, per lo più piccola7. Quando poi compare il termine in riferimento al comandante della flotta al tempo delle guerre persiane, pare evidente che si tratta di un incarico aggiuntivo per il re o comunque sotto l’influenza dei re; nello stesso senso dobbiamo intendere anche il ruolo di Pausania, inviato con venti navi nella primavera 478 contro Cipro e poi Bisanzio e poi, dopo il richiamo di quello, l’invio di Dorcide a Bisanzio all’inizio dell’estate del 4778, a capo di un piccolo contingente. Ma gli alleati non delegano più loro l’egemonia e i Lacedemoni non inviano più altri comandanti; quella che sembra una rinuncia volontaria degli Spartani in realtà nell’Athenaion politeia aristotelica non sembra tale, visto che esplicitamente si afferma che la perdita dell’egemonia avviene contro il loro volere9. Ancora nel 475 Sparta quasi approva la guerra contro Atene per il controllo del mare, ma l’intervento dell’eforo Etoimarida e l’opposizione conservatrice bloccano questa possibilità, che avrebbe implicato troppe spese e eccessive aperture interne ed esterne10.

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Paus. II, 21, 3, cita perfino una possibile guerra tra Sparta e Cnosso. Cfr. ad es. per i rapporti con la Lidia Herodot. I, 69 sg.; per Samo Herodot. III, 39 sg.; per Nasso Plut. Apophth. Lac. 236 D; De Her. malign. 859 D; per la spedizione di Anchimolio contro i Pisistratidi Herodot. V, 63. Per i segni di interesse navale già in antico cfr. anche MILLER 1971, 45; STRAUSS 2009, 37; CARTLEDGE 2009, 51 sg.; FALKNER 1992 a, 15 sg.; e ora RICHER 2018, 103 sg. MILLENDER 2015, 303, evidenzia soprattutto l’importanza della spedizione a Samo nel 525, se non proprio come tentativo di egemonia navale, comunque come esempio significativo di potenza, in grado di recarsi al di là dell’Egeo a portare aiuto; sul rapporto antico Sparta-Samo vd. anche CARTLEDGE 1982, 244. 6 Cfr. SOLARI 1907, 6; FALKNER 1992 a, 72. In realtà si potrebbero anche ipotizzare, secondo RICHER 1998, 544. 7 Anche nel 480 le fonti ricordano la presenza di sole 10 navi spartane all’Artemisio e 16 a Salamina; nonostante questo, il prestigio spartano era tale da far attribuire il megiston kratos a uno dei suoi generali invece che all’ateniese Temistocle; vd. STRAUSS 2009, 38. 8 Cfr. Thuc. I, 94-95; Diod. XI, 44, 1; 46, 5. Per un’analisi di questa fase e per la datazione vd. FALKNER 1992 a, 81 sg.; CATALDI 1994, 126 e n. 59. 9 Cfr. Aristot. Ath. Pol. 23, 2 (συνέβη γὰρ αὐτοῖς κατὰ τὸν χρόνον τοῦτον τά τε περὶ τὸν πόλεμον ἀσκῆσαι, καὶ παρὰ τοῖς Ἕλλησιν εὐδοκιμῆσαι, καὶ τὴν τῆς θαλάττης ἡγεμονίαν λαβεῖν, ἀκόντων Λακεδαιμονίων); RHODES 1981, 291 sg. Ampia analisi delle fonti e della bibliografia sulle diverse tradizioni a questo proposito in BEARZOT cds, che ringrazio per l’opportunità che mi ha dato di vedere il testo prima della pubblicazione e per i suoi consigli. 10 Cfr. Diod. XI, 50. Per le questioni di datazione e storicità dell’episodio CATALDI 1994, 127 e n. 63; vd. anche CARTLEDGE 2009, 54; STRAUSS 2009, 39.

I. La navarchia durante la guerra archidamica

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In ogni modo comunque non si può pensare a una magistratura ufficiale per la navarchia in questo periodo e per questo non si intende soffermarsi su questa prima fase di attività navali spartane; ciò non significa che non siano esistite, anzi si ritengono innegabili ed eccessivamente trascurate per colpa della storiografia antica, che, a partire da Erodoto e poi con Tucidide soprattutto, sistematicamente pare sminuire il ruolo navale di Sparta e accentuare il contrasto tra la potenza terrestre spartana e quella navale ateniese11. Dopo un lungo silenzio sull’esistenza o meno di navarchi12, la situazione invece cambia con l’apertura della guerra del Peloponneso: risulta chiaro infatti che fin dal suo inizio gli Spartani cominciano a organizzarsi dal punto di vista navale, come attesta anche Tucidide, secondo cui subito dopo l’irruzione tebana a Platea e la rottura della tregua gli Spartani ordinano a tutti gli alleati di costruire un numero di navi proporzionato alla grandezza delle varie città, con l’obiettivo di raccogliere una flotta di 500 navi13. E proprio dal 430/29 la navarchia torna a essere citata e non è impossibile che questo incarico acquisisca ora un carattere più strutturato, con caratteristiche compatibili con una magistratura regolare e annua14, per quanto resti molto complesso seguire lo sviluppo dei navarchi a causa delle scarse e spesso contraddittorie notizie da parte delle fonti15. Si intende per questo iniziare più approfonditamente da questa fase storica, in cui si sviluppa un’attenzione particolare da parte spartana per la flotta e i suoi comandanti, per analizzarne la parabola tra la guerra del Peloponneso e la fine

11 Cfr. ad es. FALKNER 1992 a, 95 e passim; CHRISTIEN 2015, 321-322; MILLENDER 2015, 307, 310. 12 Secondo S OLARI 1907, 8, non ce ne furono, secondo PARETI 1961, 43, sì. Giustamente già Beloch (1879, 121) aveva evidenziato che di quei decenni non è noto praticamente nessun’altro spartano oltre ai re; ma vista la scarsità di operazioni sul mare che gli Spartani condussero nel periodo, forse non è necessario postularne la presenza. Esisteva comunque pur sempre una flotta, come dimostra il fatto che Tolmide nel 455 incendi il neorion spartano, ovvero il porto e arsenale del Gizio (Thuc. I, 108, 5; Diod. XI, 84, 6); cfr. FALKNER 1994, 495-497. 13 Thuc. II, 7, 2. Il numero è talmente elevato da aver fatto ipotizzare la necessità di una correzione, ma che invece non mi sembra necessaria; in questo stesso senso e con altra bibliografia KELLY 1982, 31. Per un’analisi dettagliata di questa prima fase FALKNER 1992 a, 106 sg. 14 Cfr. introduzione per l’esistenza di due partiti, uno a favore del carattere di magistratura annua (es. BELOCH 1879, 119), uno secondo cui si trattava di un incarico al bisogno (es. SOLARI 1907, 8). Questa ipotesi potrebbe al limite essere accettata per gli inizi della navarchia al tempo delle guerre persiane, ma a mio parere non più a partire dalla guerra del Peloponneso, quando le fonti attestano esplicitamente l’esistenza di un incarico a tempo, come vedremo. 15 Cfr. BROWNSON 1903, 33 sg.

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dell’egemonia spartana, situata nel 371 e confermata in qualche modo anche dalla riflessione sulla navarchia, visto che dal 373 non risultano più attestati Spartani con questo titolo. 2. Cnemo (430/9) Il primo nome caratterizzato dalle fonti come navarco, dopo la lunga parentesi di silenzio seguita alle guerre persiane, è quello di Cnemo nell’estate del 430, quando i Lacedemoni avviano una spedizione contro Zacinto. In questa occasione: «erano saliti a bordo mille opliti lacedemoni e lo spartiata Cnemo, il navarco. Sbarcati a terra ne devastarono gran parte. E siccome gli abitanti non scendevano a patti, si imbarcarono per tornare in patria»16.

La prima operazione non pare dunque delle più significative, più che altro un veloce raid sulla linea di quelli che conducevano anche gli Ateniesi nel Peloponneso; Cnemo è solo un nome come tanti altri, ma caratterizzato esplicitamente dallo status di spartiata (che, come vedremo, ricorre spesso tra i pochi dati riferiti di solito sui navarchi) e dalla carica di navarco, in quello che sembra un ruolo ufficiale. Difficile però è precisare in quale preciso momento dell’anno si possa situare questo evento: subito dopo questo passo Tucidide cita eventi accaduti sul finire dell’estate, ma si può intendere ampiamente il suo concetto di estate come stagione di guerra in un arco temporale tra gli inizi di marzo e quelli di novembre17. Se dunque subito si arriva alla fine della stagione potremmo essere verso settembre, forse anche settembre-ottobre18, il che potrebbe cominciare a orientarci in direzione di un inizio dell’incarico del navarco nel periodo autunnale. Si evidenzia già però subito una delle principali difficoltà che incontriamo nella ricostruzione delle caratteristiche della navarchia, perché non è detto che

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Thuc. II, 66, 2: ἐπέπλεον δὲ Λακεδαιμονίων χίλιοι ὁπλῖται καὶ Κνῆμος Σπαρτιάτης ναύαρχος. ἀποβάντες δὲ ἐς τὴν γῆν ἐδῄωσαν τὰ πολλά. καὶ ἐπειδὴ οὐ ξυνεχώρουν, ἀπέπλευσαν ἐπ᾽ οἴκου. Epipleo comincia a caratterizzarsi come il verbo che indica l’imbarco del navarco, come vedremo spesso, svincolato da riferimenti a una specifica nomina, che poteva dunque essere antecedente. 17 Si potrebbe infatti ritenere che l’estate tucididea vada dalla comparsa di Arturo (6 marzo) a quella delle Pleiadi (8 novembre) cfr. PRITCHETT 1961, 28-29, 48-49; PASCUAL 2009, 78. Meno sicuro della determinazione di questi precisi confini HCT III, 699-715; per uno status quaestionis sulle molte ipotesi ora vd. TUCI 2013, 66 e nn. 111-112. 18 Preferisce agosto PARETI 1961, 46; estate in generale secondo KAGAN 1974, 93 sg.

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la partenza per la spedizione corrisponda all’entrata in carica. In molti casi, anzi, i due momenti sono chiaramente distinti, come vedremo; in altri, come in questo, purtroppo non ci sono elementi né per distinguerli, né per farli coincidere. Indubbiamente però risulta chiaro che già dall’inizio della guerra gli Spartani cominciano a organizzarsi dal punto di vista navale19, e benché l’obiettivo di raccogliere una flotta di 500 navi non sembri raggiunto né a questo punto né più avanti, Sparta pare avviare subito anche una politica marittima; d’altronde è comprensibile che il suo primo pensiero sia attrezzarsi per combattere Atene anche sul terreno in cui la nemica era più forte. Altre operazioni navali di Cnemo vengono poi ricordate tra le vicende dell’estate successiva, 42920, quando gli Ambracioti e i Caoni convincono i Lacedemoni ad allestire una flotta con le forze degli alleati e a mandare mille opliti in Acarnania: «I Lacedemoni convinti inviarono subito Cnemo, che era ancora navarco, e gli opliti su poche navi, e ordinarono alla flotta alleata allestita di dirigersi al più presto a Leucade»21.

Qui è degno di nota il fatto che Tucidide evidenzi che Cnemo era ‘ancora navarco’: sembra di avvertire dello stupore o comunque una stranezza in questo dato, che per noi è molto difficile da interpretare. Potrebbe infatti significare che c’era una durata regolare di questo incarico e che Cnemo sia fuori da questo tempo, o almeno in scadenza. Considerando quanto sia difficile precisare il punto esatto dell’estate nel concetto di Tucidide, per combinare le due tarde estati sotto una magistratura annuale unica dobbiamo ipotizzare che le due spedizioni si debbano situare una all’inizio dell’autunno 430 e l’altra nella tarda estate 429, sul finire dell’incarico (se si fa partire all’inizio dell’autunno) o appena dopo la scadenza. L’ipotesi mi sembra del tutto possibile quanto a tempistica (mentre una nomina primaverile richiederebbe necessariamente una ite-

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Questa è l’interpretazione anche di LAZENBY 1987, 442; cfr. su questa prima fase FALKNER 1992 a, 103, sg. 20 ‘Non molto dopo’ la battaglia di Spartolo in Tracia, avvenuta quando il grano era alto (ἀκμάζοντος τοῦ σίτου), cioè quindi circa nel mese di giugno (II, 79, 1). Queste veloci incursioni servono a minare l’impero ateniese, secondo la strategia spartana ricostruita da MOXON 1978, 16-17. Per un’analisi di queste operazioni anche KAGAN 1974, 107-109; KELLY 1982, 41 sg. 21 Thuc. II, 80, 2: οἱ δὲ Λακεδαιμόνιοι πεισθέντες Κνῆμον μὲν ναύαρχον ἔτι ὄντα καὶ τοὺς ὁπλίτας ἐπὶ ναυσὶν ὀλίγαις εὐθὺς πέμπουσι, τῷ δὲ ναυτικῷ περιήγγειλαν παρασκευασαμένῳ ὡς τάχιστα πλεῖν ἐς Λευκάδα.

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razione della carica, apparentemente impossibile in base alle fonti22) e non si ravvisa dunque la necessità di ritenere che l’indicazione di Tucidide implichi una nuova nomina a navarco per l’anno 429/823. Cnemo in ogni modo non ha risultati molto più brillanti in questa seconda spedizione che nella prima. Inizialmente riesce a passare di nascosto dallo stratego ateniese che pattugliava la zona, Formione, attestato a Naupatto, e si prepara alla spedizione di terra con gli alleati greci e barbari; con questo esercito marcia senza aspettare la flotta che era in arrivo da Corinto e, saccheggiando, si dirige contro Strato, la maggiore città dell’Acarnania. Gli alleati Caoni procedono più veloci e incuranti e vengono attaccati e molti uccisi, per cui anche Cnemo deve ritirarsi in gran fretta e chiedere la tregua per i caduti; poi si allontana24. Inoltre la flotta di Corinto e degli alleati che doveva arrivare in soccorso di Cnemo non arriva, perché è costretta a combattere con Formione (che attacca nonostante l’inferiorità numerica, 20 navi contro 47 nemiche). Per il vento lo schieramento corinzio viene scompaginato e gli Ateniesi vincono, catturando dodici navi, mentre i superstiti si recano a Cillene25, dove li raggiunge Cnemo con le sue navi. Da questa descrizione si evince che il navarco ha responsabilità di comando anche terrestre, su operazioni e battaglie campali, mentre ci sono parti della flotta che sono comunque indipendenti dal suo comando; in questo caso forse si distingue la flotta delle poche navi laconi da quella degli altri alleati, di cui Cnemo comunque non pare il comandante. A questo punto allora26: «i Lacedemoni mandano a Cnemo come consiglieri sulle navi Timocrate, Brasida e Licofrone, con l’ordine di preparare un’altra battaglia navale migliore e di non lasciarsi respingere dal mare da poche navi. Sembrava loro (soprattutto per il fatto che era la prima volta che facevano esperienza di una battaglia navale) che si fosse trattato di un fatto sorprendente e non credevano che la loro flotta fosse tanto inferiore, ma che mancasse di vigore, non mettendo a confronto la lunga esperienza ateniese con la loro

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Xenoph. Hell. II, 1, 7; Diod. XIII, 100, 8; Plut. Lys. 7, 3. Come invece già SOLARI 1907, 8, e ora CHRISTIEN 2015, 323, che considera Cnemo attivo dalla primavera 430 alla primavera 429 e ancora dal 429 al 428. 24 Thuc. II, 80 sg.; Diod. XII, 47, 4-5, sotto il 429/8 racconta solo questo sotto il nome di Cnemo; nel § 48, 1 racconta della prima battaglia navale con Formione, 48, 2-3 della seconda, ma non cita Cnemo. Ma Diodoro usa la datazione ateniese, quindi la tarda estate del 429 che per gli Spartani è ancora 430/29, per gli Ateniesi è già 429/8. Per i problemi costituiti dai diversi calendari cfr. SAMUEL 1972, 92-94; HANNAH 2005, 42 sg. 25 Thuc. II, 83, 1; 84, 5. Questo era il porto sulla punta estrema occidentale del Peloponneso, in Elide, davanti a Zacinto. 26 Secondo PARETI 1961, 47-48, si tratta solo di un comando leggermente prorogato, ma tutto sotto il 430/29 e non si conosce il navarco del 429/8. 23

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breve esercitazione. Dunque pieni d’ira, inviarono costoro. Essi, giunti, insieme a Cnemo ordinarono a ciascuna città altre navi e approntarono per la battaglia navale quelle già esistenti»27.

Dunque i Lacedemoni in un momento di particolare difficoltà del navarco decidono di inviare degli incaricati speciali, che di nome sono detti symbouloi, ma in realtà paiono i veri comandanti che commissariano il legittimo navarco, imponendogli la strategia da seguire28; qui la flotta pare comunque di nuovo compattata, non ci sono distinzioni, tutti sono criticati per l’insuccesso e ciecamente, senza ammettere una minore esperienza e preparazione. Le operazioni allora riprendono e i Peloponnesiaci si attestano a Rio in Acaia, mentre lo stratego ateniese Formione si trova dall’altra parte del golfo; entrambi si esercitano per alcuni giorni, ma nessuno attacca. I soldati peloponnesiaci sono spaventati e Cnemo, Brasida e gli altri comandanti li esortano con un discorso, che evidenzia come la precedente sconfitta fosse dovuta a un’insufficiente preparazione, alla sorpresa di trovarsi coinvolti in una battaglia navale, alla tyche sfavorevole e all’inesperienza, dato che era la prima volta29. Ma viene ricordato loro che con il coraggio si supplisce all’inesperienza e dagli errori si impara; si fa notare per di più che sono in superiorità numerica e in terra amica, quindi devono combattere valorosamente, e chi lo farà sarà premiato e chi no sarà punito. Il tono di questo discorso è molto diverso da quello che Tucidide aveva poco prima attribuito ai Lacedemoni e ai consiglieri e per questo, a mio parere, deve essere stato pronunciato proprio da Cnemo, anche se Tucidide inserisce un discorso diretto senza attribuirlo a un personaggio specifico. Oltre a essere il

27 Thuc. II, 85, 1-3: πέμπουσι δὲ καὶ οἱ Λακεδαιμόνιοι τῷ Κνήμῳ ξυμβούλους ἐπὶ τὰς ναῦς Τιμοκράτη καὶ Βρασίδαν καὶ Λυκόφρονα, κελεύοντες ἄλλην ναυμαχίαν βελτίω παρασκευάζεσθαι καὶ μὴ ὑπ᾽ ὀλίγων νεῶν εἴργεσθαι τῆς θαλάσσης. [2] ἐδόκει γὰρ αὐτοῖς ἄλλως τε καὶ πρῶτον ναυμαχίας πειρασαμένοις πολὺς ὁ παράλογος εἶναι, καὶ οὐ τοσούτῳ ᾤοντο σφῶν τὸ ναυτικὸν λείπεσθαι, γεγενῆσθαι δέ τινα μαλακίαν, οὐκ ἀντιτιθέντες τὴν Ἀθηναίων ἐκ πολλοῦ ἐμπειρίαν τῆς σφετέρας δι᾽ ὀλίγου μελέτης. ὀργῇ οὖν ἀπέστελλον. [3] οἱ δὲ ἀφικόμενοι μετὰ τοῦ Κνήμου ναῦς τε προσπεριήγγειλαν κατὰ πόλεις καὶ τὰς προϋπαρχούσας ἐξηρτύοντο ὡς ἐπὶ ναυμαχίαν. 28 Non convince l’interpretazione di ROISMAN 1987 b, 420, che questi inviati non implichino un giudizio negativo sul navarco da parte degli Spartani e siano solo un sostegno, senza poteri; si dice in questo passo chiaramente che gli Spartani sono adirati e che questi consiglieri hanno il potere di ordinare. Sono inviati talvolta anche ai re, non solo ai navarchi, con compiti non sempre chiari, ma più per controllare e riferire alle autorità che consigliare, come dimostra PICCIRILLI 1999, 262, 265. 29 Thuc. II, 87. Giustamente STRAUSS 2009, 34, evidenzia come le molte sconfitte di questa fase siano fonte di umiliazione ma anche di insegnamento.

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navarco, e quindi nella posizione in cui doveva spettargli probabilmente anche questo compito, usa un tono molto più conciliatorio, pronto ad ammettere l’inesperienza (pare curiosa anche questa insistenza sul fatto che si trattava della prima volta per loro), e cita anche la possibilità di gestire premi e punizioni per gli uomini, il che pare proprio uno dei compiti del navarco. Anche Formione incoraggia i suoi, evidenziando come gli Ateniesi continuino a essere superiori e i Lacedemoni guidino gli alleati per ottenere la gloria solo loro, visto che gli alleati si muovono di mala voglia e non attaccherebbero di nuovo; invita poi a distruggere nei Peloponnesiaci la speranza di avere una flotta30. Gli Ateniesi paiono dunque ben consci delle difficoltà della flotta peloponnesiaca, descritta (realisticamente, direi) alle prime armi e divisa. I Peloponnesiaci comunque attaccano e Formione preferisce svincolarsi, riuscendoci con undici navi che si rifugiano a Naupatto, mentre le altre vengono catturate e distrutte; nell’illusione di avere vinto, i Peloponnesiaci inseguono disordinatamente gli Ateniesi, che di sorpresa si scagliano poi contro di loro, provocandone la fuga e consentendo il recupero di sei navi catturate31. Anche uno dei consiglieri, Timocrate, quando la sua nave viene distrutta, si uccide. Così entrambi i fronti hanno subito una sconfitta e una vittoria. Secondo Tucidide, l’estate intanto sta finendo, ma prima di sciogliere la flotta, Cnemo, Brasida e gli altri comandanti decidono di fare un tentativo contro il Pireo, incustodito e non chiuso32. I soldati peloponnesiaci dovevano recarsi a piedi a Megara e da Nisea prendere quaranta navi per attaccare il Pireo; in realtà poi non hanno il coraggio di compiere questa ardita operazione (forse anche per il vento contrario), ma attaccano Salamina. Si sparge una grande confusione ad Atene, quando dei fuochi annunciano l’attacco, e tutti si aspettano di essere attaccati frontalmente, cosa che, se i nemici non avessero indugiato, sarebbe dovuto succedere, secondo Tucidide33. Invece essi danno il tempo agli

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Thuc. II, 89, sp. 4 e 10. Per la superiorità navale ateniese e la posizione centrale della flotta nell’ambito delle forze ateniesi, a differenza di Sparta, cfr. MOGGI 1984, 258 sg., sp. 266. 31 Thuc. II, 90, 5-6; 92, 1-2. 32 Diod. XII, 49, invece descrive questo attacco al Pireo del navarco Cnemo come un’operazione dell’anno successivo, 428/7, ma per il resto la racconta allo stesso modo. Su questo episodio cfr. in particolare FALKNER 1992 a, 119 sg., e 1992 b; secondo MOXON 1978, 17, anche se non ha successo, merita apprezzamento come tentativo di diversificazione degli sforzi spartani; anche secondo LAZENBY 1987, 441, è comunque segno di intraprendenza. 33 Thuc. II, 93-94. Gli indugi (spartani in particolare) spesso consentono a Tucidide di aprire la narrazione a ipotesi su cosa sarebbe potuto succedere di diverso da quanto in realtà avvenuto, in una sorta di ucronia molto affascinante, su cui ho riflettuto nel lavoro Craintes, espoirs et conseils: essais pour une histoire alternative chez Thucydide, cds.

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Ateniesi di correre al Pireo, imbarcarsi e uscire in mare contro i Peloponnesiaci, che vedendoli arrivare decidono di ritirarsi a Nisea, anche perché le loro navi ormai imbarcano acqua. Anche questa operazione non è dunque di grande successo e la flotta peloponnesiaca mostra tutti i suoi limiti, sia nella gestione che nella dotazione: Tucidide però non cita più Cnemo esplicitamente, quindi è difficile valutare quale sia stato il suo ruolo, che invece è più evidenziato da Diodoro. Ma qui si aggiunge un’altra difficoltà perché queste operazioni sono datate al 428/7; dobbiamo quindi prevedere un errore da parte di Diodoro o un doppio incarico di Cnemo34? Forse si può ritenere più probabile che ci sia stato un prolungamento di qualche tempo nell’attività del navarco per concludere le operazioni, ma non una vera navarchia per l’anno 429/8, che dunque resterebbe priva di un nome sicuro. Si iniziano comunque qui a intravedere le difficoltà della ricostruzione cronologica dell’incarico di questi comandanti; nel caso di Cnemo, pur non potendo giungere a una certezza sulla durata del suo incarico e sul tempo della sua entrata in carica, in ogni modo possiamo affermare che il primo navarco della nuova serie pare avere caratteristiche che indirizzano nel senso di una magistratura annuale, a partire dall’inizio dell’autunno, anche se non riveste una particolare importanza, come risulta anche dal fatto che non compare più sulla scena politica di Sparta dopo questa fase. 3. Alcida (428/7) Nell’estate 428 gli Ateniesi allestiscono una seconda flotta (oltre quella che si trovava a Lesbo) di 100 navi, con cui fanno una dimostrazione all’istmo con sbarchi nel Peloponneso. I Lacedemoni quindi si ritirano dall’invasione in Attica e tornano a casa; poi a loro volta decidono di inviare una flotta in sostegno a Lesbo che aveva abbandonato l’alleanza ateniese35 e «dividendo i contributi tra le singole città, ordinarono di allestire 40 navi e ne designarono come navarco Alcida, che avrebbe dovuto imbarcarsi»36.

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KELLY 1982, 36, riprende la teoria di Sealey che nel periodo della guerra archidamica la navarchia non era una carica annuale, ma non convincentemente a mio parere. 35 La cui richiesta di aiuto era arrivata durante le olimpiadi, quindi nell’agosto 428 (Thuc. III, 8); gli Spartani però avevano preso tempo, mostrando chiaramente di avere bisogno degli alleati, cfr. ROISMAN 1987 b, 387. 36 Thuc. III, 16, 3: ὕστερον δὲ ναυτικὸν παρεσκεύαζον ὅτι πέμψουσιν ἐς τὴν Λέσβον, καὶ κατὰ πόλεις ἐπήγγελλον τεσσαράκοντα νεῶν πλῆθος καὶ ναύαρχον προσέταξαν

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La formula è un po’ strana, ma probabilmente collegabile al fatto che la spedizione lacedemone parte poi solo nell’estate successiva per Mitilene, con 42 navi «sotto l’archon Alcida, che era il loro nauarchos»37. Colpisce in questo passo di Tucidide lo scarto tra la nomina del navarco e la partenza effettiva della spedizione, nonché la doppia denominazione del ruolo di Alcida, archon e nauarchos, che sembra implicare che non necessariamente il navarco fosse il comandante e viceversa. La nomina del navarco appare fatta alla fine dell’estate, dopo che si è già svolta la stagione di guerra dell’estate 428, il che potrebbe essere un buon indizio di una magistratura affidata all’inizio dell’autunno, in modo probabilmente anche compatibile con il calendario spartano38. L’esplicita indicazione che Alcida doveva imbarcarsi fa supporre che non fosse scontato che il navarco dovesse essere anche sempre il comandante operativo della flotta e infatti poco dopo Tucidide ripete che il navarco era stato incaricato di essere l’archon di questa flotta. Vedremo in molte occasioni comandanti della flotta che non sono navarchi, ma semplici archontes, dunque credo che da questo passo si possa evincere che non necessariamente il navarco doveva imbarcarsi e guidare la flotta, che invece poteva essere guidata anche da altri che non avevano l’incarico di navarco. Questo potrebbe anche giustificare il fatto che sono molti gli anni in cui il navarco resta oscuro; evidentemente se non prendeva parte a importanti spedizioni non veniva ricordato39, ma ciò non significa che non esistesse, potrebbe essere stato solo un magistrato che restava ignoto come la maggior parte dei molti nominati ogni anno a Sparta.

Ἀλκίδαν, ὃς ἔμελλεν ἐπιπλεύσεσθαι. Secondo PARETI 1961, 49 non significa che venga nominato Alcida, ma solo che gli venga data questa destinazione. A una nomina nell’inverno 428/7 pensa KAGAN 1974, 146 sg., mentre CHRISTIEN 2015, 324 gli attribuisce (erroneamente a mio parere) due diverse spedizioni, una tra 428 e 427 e l’altra tra 427 e 426. 37 Thuc. III, 26, 1: τοῦ δ᾽ ἐπιγιγνομένου θέρους οἱ Πελοποννήσιοι ἐπειδὴ τὰς ἐς τὴν Μυτιλήνην δύο καὶ τεσσαράκοντα ναῦς ἀπέστειλαν ἄρχοντα Ἀλκίδαν, ὃς ἦν αὐτοῖς ναύαρχος, Diod. XII, 55, 6, parla solo della partenza della spedizione nel 427 e con 45 navi (non 40), ma non dice altro. Evidente comunque l’impegno di Sparta in campo navale, che secondo Kelly (1982, 44) proprio in questo anno raggiunge il suo punto più elevato di questa fase di guerra. 38 Che prevedeva l’inizio dell’anno e la nomina delle cariche in collegamento con l’equinozio d’autunno; cfr. introduzione. 39 Roisman evidenzia giustamente che in fase archidamica le operazioni navali sono sostenute soprattutto dagli alleati in acque occidentali (ROISMAN 1987 b, 393); quando l’interesse passa più a est, gli alleati non sostengono più lo stesso peso ed ecco la necessità della flotta spartana, il che non significa che prima non avessero flotta, ma probabilmente era ridotta e con navarchi di poca importanza.

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A fine settembre 428 quindi Alcida potrebbe essere stato nominato navarco e incaricato di organizzare la spedizione di cui viene messo a capo e che parte nella primavera 427; è comunque assolutamente evidente che, per quanto la spedizione si svolga nella primavera successiva, la sua nomina risale all’anno precedente, dunque lo dobbiamo considerare il navarco del 428/7. Intanto i Peloponnesiaci invadono l’Attica per cercare di evitare che subito gli Ateniesi accorrano anche loro a Mitilene, ma poi tornano presto a casa perché non arrivano notizie. La flotta infatti costeggiando il Peloponneso e passando per le Cicladi perde tempo e procede lentamente, forse alla ricerca di finanziamenti40; dopo una sosta a Delo e a Icaro, a Micono giunge la notizia che i Mitilenesi costretti dalla fame si sono accordati con gli Ateniesi. In questa occasione Teutiaplo di Elea fa un discorso in cui si rivolge ad Alcida e a tutti gli altri comandanti peloponnesiaci, esortandoli a muovere comunque per Mitilene dove gli Ateniesi non si aspettano più che arrivino i nemici ed evidenziando come, tra la sorpresa e l’aiuto della parte di città favorevole a loro, si potrebbe ancora riuscire nell’impresa41. L’attacco notturno inaspettato sembra in effetti una buona proposta tattica, per quanto forse azzardata42, ma non riesce a persuadere Alcida; neppure quelli che lo esortano ad attaccare qualche altra città della Ionia per indurre la zona alla ribellione ci riescono, perché il navarco vuole tornare indietro al più presto43. La sua volontà è dunque quella che prevale su tutti gli altri e in questo si deve vedere probabilmente una predominanza gerarchica grazie al suo ruolo ufficiale, non solo di comandante ma anche di navarco.

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Questa fase potrebbe fornire un contesto alla raccolta di contributi da parte degli alleati spartani per la guerra, attestata da IG V, 1, 1, secondo l’interpretazione di ADCOCK 1932, 1-6 e LOOMIS 1992, 81. Contra PIÉRART 1995, 257 (che analizza anche le molte proposte cronologiche esistenti), che preferisce una data all’interno della guerra ionica, anche grazie a un nuovo frammento epigrafico (SEG XXXIX, 370; vd. infra, 51 n. 106). Questo è uno dei rarissimi documenti riferibili all’attività spartana e per questo particolarmente significativo, cfr. anche BROWN FERRARIO 2014, 255-259, 255 n. 114 per un sostegno alla data 427. 41 Thuc. III, 30. Per la ragionevolezza di questo consiglio cfr. WILSON 1981, 148-150; per l’analisi di questo discorso cfr. LATEINER 1975 (181 per una riflessione sulla probabile autenticità) e VAN DER BEN 1998. 42 Il piano proposto da Teutiaplo è tipicamente ‘brasideo’, com’è brasideo l’attacco notturno a sorpresa ivi proposto, secondo ROISMAN 1987 b, 397-398, 414, che però evidenzia l’azzardo della proposta e suggerisce che il rifiuto di Alcida sia stato prudente, non errato. 43 Thuc. III, 31. Sulla tattica seguita in questa spedizione, che anche in questo caso non è necessariamente segno di viltà ma forse solo di prudenza, cfr. WILSON 1981, sp. 150, 159 sg. e ROISMAN 1987 b, 399.

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Durante il viaggio di ritorno Alcida si ferma a Teo e mostra un atteggiamento straordinariamente duro, rispetto alla mollezza fino ad allora dimostrata: fa uccidere infatti molti prigionieri che aveva raccolto durante la spedizione. Mentre è ormeggiato a Efeso lo raggiungono degli ambasciatori sami, che protestano per questo trattamento inflitto a chi era costretto a essere alleato degli Ateniesi, dichiarando che «non era bello quel modo di liberare la Grecia»44, la cui conseguenza sarebbe stata quella di trasformare in nemici anche gli amici. Alcida, che quindi ha il potere anche di ricevere le ambascerie, si convince e libera i prigionieri di Chio e altri, tutti catturati facilmente perché la gente non fuggiva quando arrivavano, non avendo il minimo sospetto che arrivassero nella Ionia delle navi dei Peloponnesiaci, mentre gli Ateniesi dominavano il mare (τῆς θαλάσσης κρατούντων). Secondo Tucidide dunque il potere navale spartano in questi primi anni è davvero poco significativo e poco considerato dal resto dei Greci, che continuano ad attribuire la talassocrazia agli Ateniesi, nonostante gli sforzi degli Spartani. Quando poi la flotta spartana viene vista dalla Salaminia e dalla Paralo provenienti da Atene, Alcida fugge in gran fretta, intenzionato a non sbarcare da nessuna parte che non sia il Peloponneso (Thuc. III, 33, 1). Di certo il quadro che Tucidide delinea di questo navarco non si può definire lusinghiero: Alcida perde tempo, non porta a termine la spedizione, non ascolta i consigli, rifugge dallo scontro frontale con i nemici e nello stesso tempo si mostra crudele e violento. In realtà viene da chiedersi se questo quadro sia del tutto attendibile o non piuttosto il paradigma di una Sparta lenta e confusa, rispetto ad una Atene energica e intraprendente, in un contrasto che sembra piuttosto ricorrente e stereotipato nell’opera tucididea45. Da notare anche che questa è la prima spedizione peloponnesiaca in Ionia, da cui gli Spartani forse si rendono conto dell’importanza dell’area come grande fonte di ricchezze per Atene46, ed è solo la prima spedizione dell’anno,

44 Thuc. III, 32, 2: καὶ ἐς τὴν Ἔφεσον καθορμισαμένου αὐτοῦ Σαμίων τῶν ἐξ Ἀναίων ἀφικόμενοι πρέσβεις ἔλεγον οὐ καλῶς τὴν Ἑλλάδα ἐλευθεροῦν αὐτόν, εἰ ἄνδρας διέφθειρεν οὔτε χεῖρας ἀνταιρομένους οὔτε πολεμίους, Ἀθηναίων δὲ ὑπὸ ἀνάγκης ξυμμάχους· εἴ τε μὴ παύσεται, ὀλίγους μὲν αὐτὸν τῶν ἐχθρῶν ἐς φιλίαν προσάξεσθαι, πολὺ δὲ πλείους τῶν φίλων πολεμίους ἕξειν. Il fatto che Alcida tratti con i Sami rivela che stava ancora operando politicamente in Ionia, secondo ROISMAN 1987 b, 401-402. 45 Cfr. ROISMAN 1987 b, 385, 411 sg., che, a ragione forse, esprime dubbi sulla correttezza di questo quadro tucidideo (403: Thucydides’ judgement of Alcidas is biased and unfair). Cfr. anche FALKNER 1992 a, 128. 46 Come viene sottolineato da alcuni esuli che ricorrono agli Spartani (Thuc. VIII, 31, 1). Per il maggiore interesse che sempre gli Spartani mostrano per questa area anche nella successiva fase della guerra cfr. VAN DE MAELE 1971, 34.

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perché successivamente Alcida si reca a Corcira: l’impegno navale spartano sta quindi crescendo significativamente, anche se Tucidide lo minimizza e i risultati scarseggiano ancora. L’ateniese Pachete comunque prova a inseguire gli Spartani in fuga dalla Ionia, ma poi rinuncia e le navi spartane, prima gettate da una tempesta a Creta, infine anche se sparpagliate riescono a raggiungere il Peloponneso. Qui, a Cillene, si uniscono a tredici navi di Leucade e Ambracia e Alcida viene raggiunto da Brasida, che viene dunque di nuovo mandato come consigliere, forse a seguito delle difficoltà avute dal navarco47. Egli porta anche nuovi ordini, in vista di una spedizione a Corcira, in preda alla stasis48; la spedizione parte con 53 navi, e di nuovo viene esplicitato il ruolo di archon per Alcida e quello di symboulos per Brasida, che però in questo caso sembra solo un sostegno per affiancarlo, non controllarlo49. Siamo probabilmente in una fase avanzata dell’estate, ma prima della scadenza dell’incarico di Alcida50. Le prime operazioni sono favorevoli: c’è disordine tra i Corciresi, che in preda al panico per l’arrivo della flotta spartana allestiscono di fretta 60 navi, ma le mandano in ordine sparso contro il nemico. I Peloponnesiaci si schierano in battaglia con 20 navi contro di loro e con le restanti 33 contro 12 navi ateniesi in zona, ottenendo, forse grazie alla superiorità numerica, la vittoria. Ma di nuovo Alcida nel quadro tucidideo mostra i suoi limiti: non ha il coraggio di sfruttare l’occasione favorevole e di assalire direttamente la città, ma fa ritirare i suoi uomini, accontentandosi della cattura di 13 navi corciresi. Nonostante Brasida lo esorti ad attaccare51, non lo convince e da questo risulta chiaro che in ogni modo il symboulos non ha autorità sul navarco, né parità di voto, sicché le operazioni si svolgono secondo le modalità imposte da

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Thuc. III, 69; cfr. FALKNER 1992 a, 129 sg. Sulla stasis a Corcira, ma in particolare su questo intervento di Sparta cfr. anche WILSON 1987, 92-94; INTRIERI 2002, 108 sg. 49 Thuc. III, 76. Su questa fase cfr. anche KAGAN 1974, 180; KELLY 1982, 47 sg. (45 n. 66 sul ruolo di Brasida); ROISMAN 1987 b, 404 sg.; 419-421 per un’appendice sui symbouloi. 50 Secondo PARETI 1961, 49, la cronologia ipotizzabile (e condivisibile) è la seguente: Alcida parte verso aprile, Mitilene cade nella prima metà giugno ed egli ritorna in patria, poi va a Corcira forse in agosto, perché c’è ancora tempo per la narrazione di alcuni eventi prima dell’inverno, poi scade a fine agosto o meglio settembre (considerando anche i problemi costituiti dalle aggiunte di mesi intercalari); per l’anno successivo 427/6 non si sa invece chi è navarco. 51 Evidente risulta la stima di Tucidide nei confronti di Brasida che è sempre messo in luce positivamente: il tema ha attirato molti studiosi, cfr. ad es. NICOLAI 2000, 152 (che definisce Brasida «paradigma vivente dell’efficacia dell’opera di Tucidide stesso») e INTRIERI 2002, 110 n. 230, con altra bibliografia. Per il modello che Brasida fornisce ai suoi successori, in particolare a Lisandro, cfr. BEARZOT 2004 b, 132 sg. 48

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Alcida: i Peloponnesiaci devastano solo la zona del promontorio Leucimme e poi, saputo che erano in arrivo 60 navi ateniesi, tornano a casa di gran fretta. Anche in questo caso il quadro tucidideo è negativo, ma forse a torto: una vittoria sugli Ateniesi era stata raggiunta e l’attacco frontale alla città avrebbe richiesto forze, che facilmente Alcida non aveva, per fronteggiare anche l’atteso arrivo dei rinforzi ateniesi52. L’operato di questo navarco dunque apparentemente non sembrerebbe corredato di particolare successo, né ricco di iniziativa53, eppure forse non è così negativo, dal momento che chiaramente non suscita critiche o accuse in patria54. Infatti ancora nell’estate successiva (426) Alcida è operativo, in servizio in un ruolo di comando, quando viene inviato insieme a Leone e Damagone come fondatori di Eraclea Trachinia55. Non ci sono indicazioni chiare sulla sua attività in questa occasione: sicuramente è un posto di comando, ma non c’è alcun dato esplicito che possa collegarlo a un proseguimento della navarchia nell’anno successivo. L’operazione ha caratteristiche molto differenti, ma i limiti del personaggio sembrano evidenziarsi anche in questo caso: gli Spartani, infatti, stabilitisi sul luogo, lo fortificano, suscitando le preoccupazioni degli Ateniesi, ma in realtà presto questi si rendono conto che dalla città non viene loro nessun danno, perché è impegnata a difendersi dai Tessali. Inoltre: «non furono da meno a rovinare le condizioni della città e a renderla scarsa di uomini i comandanti lacedemoni che vi erano stati inviati, giacché costoro governando duramente e anche in modo non corretto atterrirono i più, sicché i popoli confinanti assai facilmente ebbero la meglio su Eraclea»56.

I tre spartani, genericamente definiti archontes, sono dunque figure negative, che mostrano durezza di comando e scarse capacità militari nell’opporsi ai nemici; queste critiche sono perfettamente compatibili con le caratteristiche

52 Thuc. III, 77, 3; 79, 3; 81, 1, ecc. Per un bilancio su questa spedizione a Corcira, che discolpa il navarco, cfr. anche WILSON 1987, 103-104; ROISMAN 1987 b, 408-411. 53 Lack of initiative è proprio la critica che viene spesso mossa a molti navarchi spartani (soprattutto Cnemo, Alcida e Astioco) cfr. WESTLAKE 1956, 102. 54 Anche KELLY 1982, 45-46, evidenzia questo, ritenendo che Alcida abbia sempre solo seguito gli ordini: il fallimento di Alcida è in realtà il fallimento della politica spartana. 55 Thuc. III, 92, 5. Su questa colonia e la strategia spartana cfr. FALKNER 1992 a, 132 sg. e 1999 a. 56 Thuc. III, 93, 3: οὐ μέντοι ἥκιστα οἱ ἄρχοντες αὐτῶν τῶν Λακεδαιμονίων οἱ ἀφικνούμενοι τὰ πράγματά τε ἔφθειρον καὶ ἐς ὀλιγανθρωπίαν κατέστησαν, ἐκφοβήσαντες τοὺς πολλοὺς χαλεπῶς τε καὶ ἔστιν ἃ οὐ καλῶς ἐξηγούμενοι, ὥστε ῥᾷον ἤδη αὐτῶν οἱ πρόσοικοι ἐπεκράτουν.

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attribuite precedentemente ad Alcida. Difficile comunque pensare che costui possa ancora essere navarco e non un semplice comandante, che continua a operare attivamente in altri ruoli, come vedremo accadere spesso anche in altri casi di ex-navarchi: è vero che nel 427/6 non è attestato alcun altro nome alla navarchia, ma propenderei a pensare a un nome sconosciuto più che a un incarico biennale per Alcida, visto il tipo di attività svolta in questa seconda fase. 4. Trasimelida (426/5) Dopo la possibile lacuna sulla navarchia e le operazioni navali spartane nel 427/6, le notizie successive risalgono alla stagione di guerra 426/5, quando viene citato il navarco Trasimelida. Il suo invio è causato dalle operazioni dello stratego ateniese Demostene, che occupa Pilo; gli Spartani subito si ritirano dall’Attica (dopo soli quindici giorni di invasione, dunque siamo agli inizi della stagione di guerra) e decidono di inviare in zona le 60 navi che erano a Corcira e un esercito di terra57. Attaccano poi la fortificazione ateniese con l’esercito e contemporaneamente con la flotta, formata da 43 navi su cui era imbarcato il navarco Trasimelida di Cratesicle, spartiata58. Le notizie fornite da Tucidide non sono molte, ma di nuovo si sottolinea il suo status di spartiata e il fatto che già da navarco (non viene infatti citata la sua nomina) si imbarca sulla flotta. Il quadro sembra dunque coerente con una nomina avvenuta in precedenza, nell’autunno 426, e la partenza nella primavera 425, quando le gravi circostanze richiedono la presenza del navarco in persona. Le operazioni successive descritte dettagliatamente da Tucidide non comprendono però più il nome del navarco, che forse viene oscurato dal valore dimostrato da Brasida, che continua a operare nella flotta, benché questa volta come trierarco, esortando gli uomini e combattendo in prima fila tanto da essere ferito (Thuc. IV, 11, 4). Simile è il racconto di Diodoro, che sotto il 425 cita una spedizione spartana in reazione all’occupazione di Pilo da parte di Demostene, composta da 45 triremi e 12000 fanti, guidati da un comandante cui attribuisce il nome di Trasimede59, che si accampa nei pressi di Pilo. Intanto la flotta blocca l’ingres-

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Thuc. IV, 6; 8, 2. Secondo PARETI 1961, 50, questo avviene ad aprile. Per questa spedizione cfr. anche KAGAN 1974, 224; KELLY 1982, 51 sg. 58 Thuc. IV, 11, 2: οἱ δὲ Λακεδαιμόνιοι ἄραντες τῷ τε κατὰ γῆν στρατῷ προσέβαλλον τῷ τειχίσματι καὶ ταῖς ναυσὶν ἅμα οὔσαις τεσσαράκοντα καὶ τρισί, ναύαρχος δὲ αὐτῶν ἐπέπλει Θρασυμηλίδας ὁ Κρατησικλέους Σπαρτιάτης. Ricorre di nuovo il verbo epipleo e l’indicazione dello status di spartiata, come già per Cnemo. 59 Diod. XII, 61, 3; 62, 1, per il prosieguo del racconto e il ruolo di Brasida. Cobet,

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so del porto e gli opliti spartani sbarcano su Sfacteria; racconta poi le varie e note vicende, su cui non è il caso di soffermarsi qui, ma evidenziando in particolare il ruolo di Brasida e non citando più Trasimede. Gli studiosi giustamente si sono interrogati sul nome di questo comandante, che potrebbe essere una variante del tucidideo Trasimelida, anche se in realtà qui costui pare piuttosto il comandante dell’esercito di fanteria; in ogni modo, anche per Diodoro non si tratta di un personaggio di spicco, perché non merita ulteriori indicazioni. Le notizie sull’attività navale degli Spartani negli ultimi decenni del V secolo subiscono poi un’interruzione tra il 425 e il 413, quando non si sa neppure se vengano nominati dei navarchi, i cui nomi non sono giunti fino a noi, oppure se non esistano del tutto60. Sicuramente la sconfitta di Sfacteria è un duro colpo per gli Spartani e in effetti, nella tregua seguita ai fatti di Pilo, i Lacedemoni devono consegnare agli Ateniesi tutte le navi da guerra che si trovano in Laconia, con la promessa di riottenerle alla fine della tregua61. Per quanto questo forse poi non accada, si potrebbe pensare semplicemente che non conducano più operazioni significative in questi anni, mentre sembra impossibile che non sia esistita più una flotta per un decennio in cui si verificano comunque operazioni di guerra quasi continuative. Da segnalare ad esempio anche il fatto che nell’inverno 419/8 i Lacedemoni inviano per mare a Epidauro un presidio di 300 uomini al comando di Agesippida (Thuc. V, 56, 1); abbiamo visto altri casi precedenti in cui il navarco è anche chiamato archon e non si potrebbe escludere che questo sia il navarco di quell’anno. E, oltre alla famosa spedizione guidata da Gilippo a sostegno di Siracusa nel 414, anche nella primavera del 413 vengono inviati in Sicilia 600 opliti scelti tra i migliori degli iloti e dei neodamodi al comando dello spartiata Eccrito62; in entrambi i casi i due protagonisti sono chiamati semplicemente archontes, ma non si può escludere che fossero anche loro dei navarchi. Certo, qui pare forse più difficile, dal momento che sono caratterizzati da un ruolo di

seguito da PARETI 1961, 50, trova una conciliazione nella forma Trasimedida, che però non è altrimenti attestata (neppure nel lessico dei nomi di persona LGPN). 60 Cfr. ad es. PARETI 1961, 50; LÉVY 2006, 139 (e n. 46). Secondo SOLARI 1907, 32, non ce ne furono; cfr. anche FALKNER 1992 a, 309, 314. 61 Thuc. IV, 16, 1; cfr. anche KELLY 1982, 51-52. Per un’analisi della situazione navale nella fase 421-413: FALKNER 1992 a, 148 sg. 62 Thuc. VI, 93, 2 sg.; Diod. XIII, 7, 2 sg.; non è qui il caso di soffermarsi sulla spedizione in Sicilia, per la quale si rimanda ad es. a FALKNER 1992 a, 156 sg. Per la spedizione di Eccrito cfr. Thuc. VII, 19, 3.

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comando terrestre più che navale, però non è impossibile, perché spesso i navarchi svolgono attività di comando anche su terra, come vedremo in altri casi espliciti. In ogni modo è chiaro che gli Spartani non hanno avuto una totale interruzione di attività sul mare per un decennio e che il navarco deve essere stato eletto come tutti gli altri magistrati, anche senza aver lasciato il suo ricordo con operazioni di rilievo. Come primo bilancio su questa fase archidamica, per quanto ci siano notizie non sempre precise e dettagliate (Tucidide sembra infatti sottolineare soprattutto la strategia spartana per via di terra), sembra di poter affermare che comunque da subito gli Spartani mostrano una precisa volontà di condurre una guerra anche per via navale: anzi, a fronte delle cinque spedizioni terrestri in Attica, se ne possono evidenziare sei navali, anche se tutte non di grande successo63. Ma le sconfitte e le umiliazioni subìte sul campo in questa fase servono da insegnamento e aprono la strada a quello che può in effetti essere definito come heyday of the Spartan fleet tra 411 e 39464, in cui Sparta comprende pienamente l’importanza del potere navale come fattore decisivo per la guerra contro Atene e sa acquisire delle nuove abilità, drammaticamente sottovalutate dai suoi nemici65.

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430 a Zacinto, 429 due nel golfo di Corinto, 427 a Lesbo e Corcira, 425 di nuovo a Corcira; cfr. anche KELLY 1982, 53-54, che giustamente invita a ridimensionare l’ottica solo terrestre della fase archidamica. Sugli scarsi risultati di questa fase cfr. anche NAIDEN 2009, 738, che evidenzia il contrasto con il successivo miglioramento dei comandanti spartani. 64 Secondo la suggestiva definizione di STRAUSS 2009, 33. 65 Come rivela Tucidide nel famoso epitafio pronunciato da Pericle (I, 142), gli Ateniesi si credevano in una posizione di superiorità navale che li portava a sottovalutare la capacità dei nemici. E invece in questa nuova fase landlubbers come gli Spartani riescono a sconfiggere la tradizione navale ateniese, cfr. anche LAZENBY 1987, 447.

Capitolo II La navarchia durante la guerra ionica

1. Melancrida (413/2) Solo poi dal 413 ricompaiono alcune notizie sui navarchi spartani, ma spesso contrastanti e lacunose, che rendono difficile una ricostruzione univoca e coerente: sono infatti molte le variazioni possibili nell’attribuzione di date a vari eventi, causate da problemi nelle fonti. C’è inoltre un anno vacante nelle spedizioni narrate da Senofonte durante la fase ionica della guerra del Peloponneso (5 ma in 6 anni), che viene variamente spostato nell’intervallo temporale tra il 410 e il 405, a seconda delle diverse ricostruzioni degli studiosi1, oltre che una continua discrepanza con la tradizione trasmessa da Diodoro. Nell’autunno 413 (l’inizio dell’inverno per Thuc. VIII, 3, 1), le speranze alimentate in Sparta dalla sconfitta degli Ateniesi in Sicilia portano il re Agide a raccogliere denaro per una flotta: i Lacedemoni impongono ai loro alleati la costruzione o mobilitazione di cento navi, un quarto delle quali dovevano essere spartane, con un rinnovato e significativo impegno2. Durante i preparativi per la ripresa della guerra, molti alleati ateniesi si ribellano: l’Eubea e Lesbo si rivolgono ad Agide che aveva occupato Decelea; Chio ed Eritre direttamente a Sparta, accompagnati da un inviato del satrapo Tissaferne che promette l’aiuto persiano3; anche il satrapo Farnabazo briga per

1 Cfr. lo status quaestionis in ROBERTSON 1980, 282 sg.: egli evidenzia in particolare due serie di cronologie possibili, che ruotano intorno alla battaglia di Nozio, a seconda della sua datazione alla primavera 407 o 406. Realisticamente PIÉRART 1995, 276-277, evidenzia come nessuna proposta sia davvero risolutiva. 2 Spartani e Beoti dovevano contribuire con 25 navi ciascuno; Focesi e Locresi 15; Corinzi 15; Arcadi, Pelleni e Sicioni 10, Megaresi, Trezeni, Epidauri e Ermionesi 10 (Thuc. VIII, 3, 12). Solo a questo punto gli Spartani sembrano dedicarsi intensamente alla flotta secondo FALKNER 1994, 498; MILLENDER 2015, 299, nota giustamente che troppo spesso la capacità navale spartana viene trascurata dagli studiosi, ma che questa notizia è invece molto significativa in questo senso. 3 Thuc. VIII, 5. Il fatto che alcune città si rivolgano direttamente al re e altre agli efori, probabilmente in contrasto tra loro, provoca un disimpegno spartano nei confronti di chi si è rivolto ad Agide, secondo VAN DE MAELE 1971, 35.

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lo stesso scopo, ma gli Spartani sono più propensi alle proposte di Tissaferne e dei Chii e decidono di inviare quaranta navi. «E innanzi tutto avevano l’intenzione di inviarne dieci con Melancrida, che era il loro navarco. Ma poi, siccome si era verificato un terremoto, inviarono Calcideo al posto di Melancrida e invece delle dieci navi ne allestirono cinque in Laconia sul finire dell’inverno» (413/2)4.

Dunque esisteva un navarco di nome Melancrida, coerente con una nomina nell’autunno 413, che poi però per qualche ignoto motivo non parte effettivamente nella primavera 412. A questo punto, inoltre, le spedizioni navali inviate dai Peloponnesiaci in realtà sono tre: una sotto il comando di Calcideo5 diretta a Chio, una per Lesbo affidata ad Alcamene e una per l’Ellesponto dove era stato designato Clearco. Esiste dunque una pluralità di archontes, nessuno dei quali però porta il titolo di navarco, in assenza del legittimo incaricato che non si sa che fine abbia fatto6: potrebbe essere morto nel terremoto, ma indubbio è il fatto che non venga citato in nessun altro passo antico, finché arriva il nuovo navarco Astioco a raccogliere sotto di sé tutto il comando7. Le campagne dell’estate 412 paiono però ancora tutte condotte da questi comandanti: Alcamene parte in effetti solo dopo la conclusione dei giochi

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Thuc. VIII, 6, 5: καὶ τὸ μὲν πρῶτον δέκα τούτων αὐτοὶ ἔμελλον πέμψειν, καὶ Μελαγχρίδαν, ὃς αὐτοῖς ναύαρχος ἦν. ἔπειτα σεισμοῦ γενομένου ἀντὶ τοῦ Μελαγχρίδου Χαλκιδέα ἔπεμπον καὶ ἀντὶ τῶν δέκα νεῶν πέντε παρεσκευάζοντο ἐν τῇ Λακωνικῇ. καὶ ὁ χειμὼν ἐτελεύτα καὶ ἑνὸς δέον εἰκοστὸν ἔτος τῷ πολέμῳ ἐτελεύτα τῷδε ὃν Θουκυδίδης ξυνέγραψεν. 5 Dei tre questi sembra il più importante, ma anch’egli però viene sempre chiamato archon e probabilmente non va considerato il nuovo navarco, ma un comandante straordinario, cfr. anche PARETI 1961, 53, che evidenzia anche come questo operi ancora quando arriva il nuovo navarco Astioco. E poi c’erano altri comandanti insieme, Alcamene e Clearco (Thuc. VIII, 8, 2), e infatti quando arriva Astioco raccoglie in sé pasa nauarchia, quindi raccoglie tutti i poteri sparsi (Thuc. VIII, 20, 1; su questa strana formula cfr. THOMPSON 1983, 293-294). 6 PARETI 1961, 53, ipotizza che il terremoto abbia costituito un segno di malaugurio per la spedizione e che si sia preferito inviarla con un nuovo comandante, lasciando il navarco inattivo in patria. Secondo CHRISTIEN 2015, 330, questa confusione rende evidente che non esiste una navarchia dalla durata regolare e annuale, ma che inizi e finisca quando è necessario (questa interpretazione risolve certo molti problemi delle fonti, ma entra anche in contrasto con molte altre, dunque in realtà non mi sembra giustificata). 7 Thuc. VIII, 20, 1. Da notare il fatto che Diodoro non cita nessuno di questi fatti o personaggi, ma riassume le difficoltà ateniesi con un generico richiamo alle molte defezioni degli alleati (XIII, 34, 2-3), citando solo la vittoria spartana nei pressi di Oropo, avvenuta in realtà l’anno successivo (Thuc. VIII, 95).

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istmici (che si svolgevano tra aprile e maggio), ma viene bloccato da una flotta ateniese in un porto della terra tra Corinto ed Epidauro e ucciso al momento dell’attacco da parte dei nemici (Thuc. VIII, 10, 3-4). La notizia scoraggia gli Spartani in patria che cominciano a pensare di non inviare più navi in Ionia, bensì anzi di richiamare anche quelle già partite. Ma le trame di Alcibiade con l’eforo Endio (sedotto dalla prospettiva di far defezionare la Ionia da Atene e ottenere l’alleanza del re di Persia, non lasciando ad Agide questo successo, data la loro inimicizia) ottengono il risultato di far partire le cinque navi di Calcideo a cui si unisce lo stesso Alcibiade8. La spedizione ha ottimi risultati: all’arrivo indisturbati a Chio, essi ottengono la defezione non solo di Chio, ma anche di Eritre e poi Clazomene. Calcideo in seguito con 23 navi si reca a Teo e viene accolto in città; poi giunge a Mileto e ottiene lo stesso risultato. A questi successi militari si aggiunge anche un successo diplomatico: con intermediari Tissaferne e Calcideo, si arriva a una prima alleanza tra il re di Persia e gli Spartani, anche se le concessioni fatte ai Persiani sono tali da dover essere in seguito ridiscusse9. Anche senza il titolo ufficiale di navarco (per lo meno, per quanto ne sappiamo), Calcideo rivela quindi grandi capacità e poteri, sia presso i Greci che i Persiani; sembra sempre più difficile dunque definire la differenza dei poteri di un archon da quelli di un navarco, la cui principale differenza sembra forse che quelli di un archon non sono a scadenza, né incompatibili con la presenza di un navarco, perché Calcideo continua a operare anche quando il nuovo navarco Astioco arriva a Chio, finché viene ucciso in un’operazione a Mileto (Thuc. VIII, 24, 1). 2. Astioco (412/1) Questi successi nell’area ionica rinnovano anche le speranze delle venti navi peloponnesiache bloccate nel Peloponneso, cui viene inviato da Sparta Astioco come navarco; prese quattro navi, il nuovo navarco si dirige a Chio10. Ma quando avviene questo? Siamo sicuramente nell’estate avanzata, perché la partenza di Calcideo è avvenuta dopo i giochi istmici e le operazioni compiute

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Thuc. VIII, 11, 3-12, 2; FALKNER 1992 a, 169 sg. Per queste spedizioni e le trame di Endio, cfr. anche VAN DE MAELE 1971, 36. 9 Thuc. VIII, 14, 1; 16, 2; 17, 4. Per l’enormità delle concessioni fatte in realtà ai Persiani da parte di Calcideo, cfr. VAN DE MAELE 1971, 37; sui tre trattati tra Sparta e la Persia (estate 412, inverno 412/1, inizio 411) si veda ad es. LÉVY 1983, 221-241. 10 Thuc. VIII, 23, 1. Per un’accurata ricostruzione di questo anno di guerra cfr. VAN DE MAELE 1971, 38 sg.

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sono molte; è già cambiato di sicuro anche l’anno arcontale ateniese, perché l’episodio descritto da Tucidide all’inizio delle operazioni di Calcideo a Chio (ovvero l’uso da parte ateniese dei 1000 talenti di scorta per allestire nuove navi e fronteggiare le defezioni degli alleati) è databile anche attraverso altre fonti all’arcontato di Callia11. Poco dopo la descrizione dell’arrivo di Astioco in Asia Minore Tucidide parla di finire dell’estate (VIII, 25, 1: τοῦ αὐτοῦ θέρους τελευτῶντος) per la partenza di una flotta ateniese verso Samo e Mileto e di lì a poco passa a descrivere le molte operazioni dell’inverno 412/1. Che cosa intenda Tucidide con il finire dell’estate è discusso, ma, come abbiamo già visto, si potrebbe arrivare fino ai primi di novembre; quindi Astioco sembrerebbe essere il navarco del 412/1, partito subito dopo la sua nomina, coerente con il tempo dell’equinozio d’autunno 412. La situazione in Ionia è delicata e si rende necessaria la presenza del navarco, anche a stagione tarda, per raccogliere tutte le flotte sparse sotto i tre precedenti comandanti12. Egli poi da Chio muove verso Lesbo, ma apprende durante il viaggio che Mitilene è già stata ripresa dagli Ateniesi; decide dunque di non muovere più verso Mitilene, ma di mandare alcune navi a Metimna al comando di Eteonico, per incoraggiare la città a persistere nella ribellione. Poi vedendo che la situazione a Lesbo non è favorevole, riparte per Chio, dove viene raggiunto da altre sei navi alleate, mentre gli Ateniesi continuano a recuperare posizioni; anche i Chii vengono attaccati e i magistrati cittadini cercano di sventare possibili complotti interni proprio grazie alla presenza di Astioco in città13. Dopo che una flotta aggiuntiva ateniese muovendo verso Samo si ferma a Mileto per cercare di recuperare una città chiave, arriva anche una flotta aggiuntiva peloponnesiaca di 55 navi, comprese anche alcune siceliote, tutte affidate al comando dello spartiata Terimene14. Di costui Tucidide specifica bene che non era navarco, ma doveva solo portare le navi ad Astioco: si delinea dunque una precisa differenza tra chi ha il ruolo ufficiale di navarco e chi ha un semplice comando, pur nella normalità di una situazione in cui c’è un navarco

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Thuc. VIII, 15, 1. Cfr. Philoch. FGrHist 328 F 138. Secondo Beloch (1879, 121) non può essere arrivato prima del settembre 412. 12 Secondo THOMPSON 1983, 293-294, Astioco aveva teoricamente ricevuto il comando a Cencrea, ma finché non arriva sulle coste dell’Asia non può esercitarlo. In effetti Tucidide usa due espressioni particolari per la navarchia di Astioco (sia a VIII, 20, 1: καὶ ναύαρχος αὐτοῖς ἐκ Λακεδαίμονος Ἀστύοχος ἐπῆλθεν, ᾧπερ ἐγίγνετο ἤδη πᾶσα ἡ ναυαρχία, sia a VIII, 33, 1: ἔπλει ἐπὶ τῆς Μιλήτου πρὸς τὴν ναυαρχίαν), che alimentano dei dubbi sull’anomalia della situazione che doveva essersi verificata. 13 Thuc. VIII, 23-24. Cfr. VAN DE MAELE 1971, 38-39, che in realtà ritiene Astioco un personaggio ‘nefasto’ e collegato ad Agide. 14 Thuc. VIII, 26, 1; 29, 2.

II. La navarchia durante la guerra ionica

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con il comando generale, ma parti della flotta sono affidate a singoli comandanti. I Peloponnesiaci, incoraggiati da Alcibiade a intervenire al più presto a Mileto, arrivano quando già gli Ateniesi si sono ritirati, perché lo stratego Frinico preferisce non attaccare una battaglia dall’esito incerto per loro; si dirigono allora, su consiglio di Tissaferne, contro Iaso, controllata al tempo da Amorge, figlio di Pissutne e ribelle al re. Conquistata la città, tornano a Mileto e mandano a Eritre Pedarito, l’armosta di Chio, che giunge a complicare un quadro già complesso15. Intanto è arrivato l’inverno e Tissaferne paga il soldo a tutte le navi peloponnesiache come promesso, per quanto vi siano discussioni sull’entità; le operazioni descritte da Tucidide in questo inverno 412/1 sono molte, anche dovute all’ennesimo rincalzo inviato dagli Ateniesi, che li porta comunque ad avere il continuo controllo del mare16. Astioco, alla notizia dell’arrivo di Terimene, lascia Chio e si muove contro Clazomene, senza conquistarla, ma saccheggiando la zona adiacente; in seguito riceve gli ambasciatori dei Lesbi, che vorrebbero di nuovo ribellarsi agli Ateniesi, e viene convinto ad aiutarli. Poi torna a Chio, dove è raggiunto da Pedarito, a cui propone l’intervento a Lesbo, che però viene rifiutato17; anche questo è un segno del grande potere che comunque avevano questi altri comandanti, che potevano perfino opporsi alla volontà del navarco, cui forse non erano sottoposti. Allora parte lo stesso Astioco, minacciando anche i Chii che non sembrano disposti ad aiutarlo; muovendo verso Mileto per prendere il comando della flotta, si ferma nel territorio di Eritre, dove viene raggiunto prima da una lettera di Pedarito che annuncia il possibile tradimento di Eritre, poi dallo stesso comandante18. Rivelatosi un falso allarme, i due comandanti si allontanano per direzioni diverse, Astioco verso Mileto e Pedarito verso Chio. Sempre nell’inverno arriva anche un rincalzo peloponnesiaco, con una dozzina di navi al comando del lacedemone Ippocrate, che si fermano a Cnido e nonostante l’attacco ateniese resistono. Tucidide fa poi un bilancio della situazione spartana in questo momento, del tutto positivo:

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Thuc. VIII, 27-28. Cfr. VAN DE MAELE 1971, 39-40. Il personaggio di Pedarito è particolarmente interessante, come evidenzia l’analisi di DUCAT 2002, perché pur non essendo uno spartiata di primo piano, eppure gode dell’attenzione di molte fonti e perfino di apoftegmi nell’opera plutarchea (cfr. ad es. Plut. Apophth. Lac. 191 F). 16 Come rivela l’uso del verbo ἐθαλασσοκράτουν in Thuc. VIII, 30, 2. Sul concetto di talassocrazia in Tucidide cfr. BIANCO 2015, 99-100 e infra, 32 n. 28. 17 Thuc. VIII, 31-32, 3; FALKNER 1992 a, 177 sg.; DUCAT 2002, 27. 18 Per le violenze commesse ad Eritre e un commento al passo di Thuc. VIII, 33, 3-4, cfr. l’analisi di COOPER 1978.

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«In quello stesso periodo, mentre Astioco si recava a Mileto per raggiungere la flotta, i Peloponnesiaci si trovavano ancora in buone condizioni per tutto quanto riguardava l’esercito: infatti la paga era sufficiente, i soldati avevano a loro disposizione le grandi ricchezze saccheggiate a Iaso e i Milesi sopportavano di buon grado il peso della guerra»19.

Si procede inoltre a un nuovo accordo con i Persiani, non attraverso Astioco, bensì di nuovo attraverso un semplice archon, Terimene20, che migliora le condizioni pattuite sotto Calcideo, forse anche grazie alla situazione più florida dei Peloponnesiaci in questo momento. Il fatto che sia un archon non particolarmente importante a occuparsi di queste trattative pare ancora più strano, perché nel caso del trattato precedente, a opera di Calcideo, almeno non c’era il navarco, mentre ora ce n’è uno in zona. Viene inevitabile chiedersi come mai non sia il navarco a stipulare un trattato così importante; certo è difficile dare una risposta a questa domanda, ma sicuramente alimenta dei dubbi sia sul carattere di questi primi accordi, sia sull’effettivo potere dei navarchi. Quanto infatti a questi patti, anche se in Tucidide hanno la caratterizzazione di veri trattati, possiamo legittimamente chiederci se non si trattasse forse solo di prime bozze, visto che non vengono poi applicati e ancora ridiscussi all’arrivo di Lica21. E quanto al ruolo dei navarchi, possiamo pensare che non era poi così importante come tendiamo a ritenere, influenzati forse dal ruolo successivo avuto da Lisandro, che potrebbe invece avere costituito un caso speciale. Dopo il trattato Terimene consegna le navi ad Astioco e scompare22; questo verbo di solito è utilizzato per indicare una morte imprevista e non particolarmente gloriosa, ma qui purtroppo non abbiamo ulteriori dettagli che ci consentano di comprendere quale sia stata la sua esatta fine. Intanto gli Ateniesi occupano la fortezza di Delfinio, non lontana da Chio, e si rendono pericolosi agli occhi dei Chii, che non si sentono abbastanza sostenuti da Pedarito e inviano ambasciatori a Mileto da Astioco perché intervenga anche lui. Astioco non li ascolta e Pedarito invia un’accusa formale a Sparta

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Thuc. VIII, 36, 1: ὑπὸ δὲ τὸν αὐτὸν χρόνον Ἀστυόχου ἥκοντος ἐς τὴν Μίλητον ἐπὶ τὸ ναυτικὸν οἱ Πελοποννήσιοι εὐπόρως ἔτι εἶχον ἅπαντα τὰ κατὰ τὸ στρατόπεδον· καὶ γὰρ μισθὸς ἐδίδοτο ἀρκούντως καὶ τὰ ἐκ τῆς Ἰάσου μεγάλα χρήματα διαρπασθέντα ὑπῆν τοῖς στρατιώταις, οἵ τε Μιλήσιοι προθύμως τὰ τοῦ πολέμου ἔφερον. 20 Thuc. VIII, 36, 2. Vd. LÉVY 1983, 223-224. 21 Per una discussione su questa ipotesi, con bibliografia, cfr. LÉVY 1983, 227; dello stesso parere sembra ora anche SCHULZ 2017, 651-652. 22 Thuc. VIII, 38, 1: lo stesso verbo ἀφανίζεται ricorre ad esempio per la morte di Callicratida, anche se già in Xenoph. Hell. I, 6, 33: vd. infra, 64 n. 163.

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contro il navarco, un’operazione di nuovo piuttosto significativa del potere di cui godeva questo comandante23. Gli Spartani decidono allora di inviare una flotta di 27 navi verso l’Ellesponto e Farnabazo, sotto il comando dell’archon Antistene, a cui poi doveva succedere Clearco, insieme a ben undici symbouloi inviati come consiglieri per il navarco Astioco, tra i quali il più rappresentativo e l’unico ricordato per nome è Lica di Arcesilao24. Nel caso dell’invio dei consiglieri a Cnemo e Alcida, questo era stato un provvedimento necessario per ovviare a una manifesta difficoltà dei navarchi, che qui invece non si riscontra; l’unica spiegazione è dunque l’accusa di Pedarito di mancato soccorso, che forse adombra un eventuale tradimento, tanto che i symbouloi hanno perfino il potere di destituire il navarco e sostituirgli Antistene, nel caso lo trovino colpevole25. L’uso del verbo καθιστάναι per definire l’investitura di Antistene suscita molti dubbi, dal momento che la sua genericità lascia aperta la possibilità che la sostituzione possa sì riguardare la carica di navarco, ma anche semplicemente il comando delle operazioni che Antistene avrebbe potuto rivestire forse con poteri maggiori26. In questo caso la definizione del tempo in cui si verifica la spedizione risulta chiara, perché Tucidide fa esplicito riferimento al solstizio invernale (VIII, 39, 1: ἐν τῷ αὐτῷ χειμῶνι … περὶ ἡλίου τροπάς): dunque in pieno dicembre 412 le navi spartane partono per una spedizione di un certo rilievo e affrontano la traversata, passando per Melo e allungando il viaggio per evitare gli Ateniesi, fino allo sbarco a Cauno.

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Thuc. VIII, 38, 4. Vd. anche VAN DE MAELE 1971, 44; FALKNER 1992 a, 183; DUCAT 2002, 26 sg. Si potrebbe evidenziare qui una diversa politica di ingerenza nelle vicende interne di Chio da parte dei due Spartani: più aperta agli oligarchi moderati da parte di Astioco e più rivolta a sostenere un’oligarchia dura da parte di Pedarito; cfr. status quaestionis in DUCAT 2002, 31-32 e infra, 51 n. 107. 24 Thuc. VIII, 39, 1-2. Su questo personaggio vd. ad es. COZZOLI 1980, 573 sg.; SANSONE 2010, 53 sg. e ora SCHULZ 2017, 648 sg. 25 Thuc. VIII, 39, 2: ξυνέπεμψαν δὲ οἱ Λακεδαιμόνιοι καὶ ἕνδεκα ἄνδρας Σπαρτιατῶν ξυμβούλους Ἀστυόχῳ, ὧν εἷς ἦν Λίχας ὁ Ἀρκεσιλάου· καὶ εἴρητο αὐτοῖς ἐς Μίλητον ἀφικομένους τῶν τε ἄλλων ξυνεπιμέλεσθαι ᾗ μέλλει ἄριστα ἕξειν, καὶ τὰς ναῦς ταύτας ἢ αὐτὰς ἢ πλείους ἢ καὶ ἐλάσσους ἐς τὸν Ἑλλήσποντον ὡς Φαρνάβαζον, ἢν δοκῇ, ἀποπέμπειν, Κλέαρχον τὸν Ῥαμφίου, ὃς ξυνέπλει, ἄρχοντα προστάξαντας, καὶ Ἀστύοχον, ἢν δοκῇ τοῖς ἕνδεκα ἀνδράσι, παύειν τῆς ναυαρχίας, Ἀντισθένη δὲ καθιστάναι· πρὸς γὰρ τὰς τοῦ Πεδαρίτου ἐπιστολὰς ὑπώπτευον αὐτόν. Questo provvedimento dimostra come le autorità spartane abbiano sempre comunque vegliato contro le eccessive ambizioni personali, come dimostra anche HODKINSON 1993,162. L’importanza di questo intervento è tale che SCHULZ 2017, 649, lo definisce la plus grande mission diplomatique de l’histoire spartiate. 26 PARETI 1961, 54, ritiene non attestata la pratica ufficiale di destituire e nominare un altro navarco e propende a una sostituzione nel comando effettivo, ma in qualità di archon.

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Intanto i Chii e Pedarito27 continuano a sollecitare l’aiuto di Astioco per spezzare il blocco loro imposto dagli Ateniesi, ma il navarco temporeggia, non per tradimento, quanto perché tiene fede alle minacce rivolte loro quando si erano rifiutati di intervenire a Lesbo; in realtà però poi decide di intervenire, forse anche a causa della pressione degli alleati. Alla notizia dell’arrivo a Cauno della flotta spartana di rincalzo, cambia di nuovo idea e parte per Cauno: la sua idea, secondo Tucidide, è che quella flotta gli avrebbe permesso un maggior dominio sul mare28 e di favorire la sicurezza degli inviati, definiti suoi kataskopoi. I symbouloi quindi non devono avere verificato la necessità di una sostituzione al comando, ma questa possibilità loro attribuita rivela chiaramente che, per quanto abbiano il nome di consiglieri, in realtà è loro attribuito l’effettivo incarico di controllori e con pieni poteri29, in modo più evidente che nei casi precedenti; a differenza di prima, inoltre, quando i navarchi sembravano deboli e poco abili, ora Astioco pare più sicuro e interventista, ma poco fidato, per cui il ruolo di controllo da parte della città è ancora più necessario. Nel suo avvicinamento a Cauno, Astioco passa Cos, Cnido e Simi, dove viene sorpreso dalla flotta ateniese che stava aspettando in realtà la nuova flotta spartana e invece incontra questa, probabilmente nel gennaio 41130; dopo un

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In questo periodo forse si potrebbero situare anche le operazioni di Pedarito cui accenna in un passo drammaticamente lacunoso un frammento fiorentino delle Elleniche di Ossirinco (fr. A col. II = 5 Chambers), dove sono leggibili poche parole, tra cui proprio il nome di Pedarito. Trovandosi di seguito a un frammento che si ritiene riferibile al 409, si è ipotizzato (cfr. ad es. BONAMENTE 1973, 175; DUCAT 2002, 30 sg.) che sia un passo da collegare a Diod. XIII, 65, 3-4 (che narra l’occupazione di Chio da parte di Cratesippida nel 409, cfr. infra, 47-48) e che possa trattarsi di una digressione sulle vicende precedenti a Chio, dal momento che Pedarito muore nel 411 e che nel frammento vi è anche un possibile riferimento a Tucidide, elementi entrambi impossibili per un contesto nel 409. 28 Thuc. VIII, 41, 1: ὅπως θαλασσοκρατοῖεν μᾶλλον. Da notare è l’insistenza di Tucidide in questo VIII libro sul concetto di talassocrazia (delle 4 attestazioni globali, 3 si trovano riferite all’anno 412/1), per quanto sempre limitata a una momentanea superiorità navale dovuta alla vittoria in scontri specifici, più che come fenomeno egemonico in particolare (cfr. BIANCO 2015, 99-100). 29 SCHULZ 2017, 650, giustamente evidenzia che comunque questi consiglieri non abusano del loro potere, ma prendono decisioni con misura e se non destituiscono Astioco significa che sospettano possa essere stato colpito da false accuse o che in ogni modo non abbia colpe. FALKNER 1992 a, 312, avanza l’ipotesi che siano loro a suggerire agli Spartani la necessità di una revisione della carica della navarchia, più coerente con un momento in cui qualcuno sta assumendo troppo potere più che in un momento di crisi come dopo la battaglia di Cizico; si tratta di un’ipotesi interessante, ma altrettanto adattabile al contesto lisandreo, vd. infra, 141. 30 Thuc. VIII, 42. Su questi eventi cfr. anche VAN DE MAELE 1971, 45.

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primo scontro vittorioso per gli Ateniesi, le navi del navarco vengono raggiunte dalle altre e riescono ad accerchiare gli Ateniesi, che in parte vengono sconfitti e in parte cercano di fuggire31. Si erige subito un trofeo per la vittoria a Simi, che costituisce una delle prime vittorie spartane sulla flotta nemica, ma che appare inaspettata e quasi frutto della sorte, più che della abilità strategica del navarco; infatti non viene sfruttata, visto che gli Spartani continuano a sembrare timorosi e si ritirano a Cnido per dedicarsi alle operazioni di riparazione della flotta e perché gli undici consiglieri possano intavolare trattative con Tissaferne. Dunque si precisano sempre meglio i poteri di questi symbouloi, che hanno anche l’incarico di trattare con i Persiani; il ruolo di Lica in particolare viene di nuovo evidenziato, soprattutto per il fatto che critica i trattati stipulati da Calcideo e Terimene, perché riconoscevano ai Persiani troppo potere, e riesce a ottenere un trattato definitivo a condizioni migliori32. Ma di nuovo vale la pena notare che le trattative comunque non sono affidate al navarco, forse visto con sospetto. Tissaferne si irrita per il cambio di atteggiamento e lascia il tavolo delle trattative; gli Spartani allora decidono di muovere verso Rodi, per concludere un’alleanza redditizia che consenta loro di fare anche a meno del denaro persiano. Presentatisi in armi a Camiro e convocati anche gli abitanti di Lindo e Ialiso, con la paura li persuadono a staccarsi da Atene: a Rodi i Peloponnesiaci ottengono molto denaro (32 talenti) e trascorrono il resto dell’inverno, dal momento che secondo Tucidide vi restano per 80 giorni33. La crisi con Tissaferne apre un nuovo spazio anche ad Alcibiade, che ormai ha rotto i rapporti con Agide ed è diventato sospetto ai Lacedemoni, tanto che secondo Tucidide Astioco avrebbe ricevuto dalla patria una lettera con l’ordine di ucciderlo34; ma Alcibiade ormai si è rifugiato presso Tissaferne e ha cominciato a danneggiare gli interessi peloponnesiaci. Le trame di Alcibiade preoccupano anche lo stratego ateniese Frinico, che invia un messaggio di nascosto ad Astioco a Mileto, rivelandogli l’intrigo di Alcibiade35; Astioco a sorpresa invece si reca da Tissaferne e Alcibiade e rivela a sua volta il messaggio di Frinico.

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Su questa battaglia e datazione cfr. FALKNER 1995 e soprattutto CHÈNE 2000; entrambi ne sottolineano una importanza maggiore di quanto si pensi di solito. 32 Thuc. VIII, 43, 3-4; 58. Vd. COZZOLI 1980, 573 sg; LÉVY 1983, 224 sg.; SCHULZ 2017, 652. 33 Thuc. VIII, 44, 4. Cfr. anche VAN DE MAELE 1971, 45; FALKNER 1992 a, 186 sg. 34 Thuc. VIII, 45, 1. Su questa lettera cfr. anche VAN DE MAELE 1971, 39-40. 35 Per queste trame complesse Thuc. VIII, 50-51; cfr. anche Plut. Alc. 25, 7-11 e Suid. s.v. Phrynichou palaisma. Un’analisi dettagliata di questo episodio si trova in particolare in WESTLAKE 1956 (99: one of the strangest and most obscure episode) e BLOEDOW 1991; vd. anche BEARZOT 2013 a, 42 sg.

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Si assiste dunque a uno scambio di delazioni e di accordi nascosti che nulla hanno a che fare con la politica spartana o ateniese, quanto piuttosto con trame personali e ricerca di vantaggi privati. Frinico, denunciato a sua volta da Alcibiade, fa ancora un tentativo con Astioco, ancora più proditorio, visto che secondo Tucidide gli offre l’occasione di distruggere l’esercito ateniese a Samo; fa poi il doppio gioco, avvisando gli Ateniesi dell’imminente attacco e anticipando la nuova denuncia di Alcibiade. L’inverno continua pieno di trame e di scontri, particolarmente concentrati intorno a Chio, dove muore anche lo spartano Pedarito36; Tissaferne decide poi di riavvicinarsi agli Spartani per un nuovo trattato e si reca a Cauno, per evitare non solo la vittoria ateniese, ma soprattutto che per procurarsi i viveri necessari i Peloponnesiaci saccheggino il continente37. Si arriva così alla primavera 411, quando via terra viene mandato l’archon Dercillida nell’Ellesponto per favorire la rivolta di Abido, mentre Astioco si trova ancora a Rodi; inoltre a Chio dopo la morte di Pedarito diventa archon Leone, che era stato inviato in qualità di epibates ad Antistene (Thuc. VIII, 61, 1-2). I fronti di guerra sono dunque molteplici, come anche i comandanti incaricati delle singole aree; la situazione si complica però ulteriormente con l’inserimento di questa nuova figura, l’epibates, di cui è molto difficile ricostruire il ruolo. Per quanto infatti di solito epibatai sembri il termine corrispondente ai nostri marinai o soldati di fanteria imbarcati sulle navi, proprio da questo passo risulta chiaro che in alcuni casi attinenti al mondo spartano si tratti invece di qualcuno con un ruolo di spicco38, da aiutante, luogotenente, anche se è molto complesso distinguerlo dall’epistoleus citato altrove come vicecomandante del navarco39. In entrambi i casi sembra trattarsi di due comandanti in seconda, forse con diverse competenze, l’epistoleus per tenere i rapporti tra la madrepatria e il navarco e l’epibates con ruolo più militare e non solo collegato al na-

36 Thuc. VIII, 55, 3. Per la ‘bella morte’ di Pedarito cfr. anche DUCAT 2002, 28, che la interpreta in opposizione alla negatività di Astioco. 37 Thuc. VIII, 57, 1. Su questi eventi cfr. anche VAN DE MAELE 1971, 46. 38 Per quanto infatti in alcune citazioni epibates sembri usato in accezione più generica (cfr. ad es. Xenoph. Hell. VII, 1, 12; Poll. I, 96), chiaramente più tecnico è quello che ricorre attribuito agli Spartani come in Thuc. VIII, 61, 2; Xenoph. Hell. I, 3, 17; Hell. Oxy. 25, 4 (Chambers). Si trattava di un ufficiale subalterno già per BELOCH 1879, 130; cfr. anche HODKINSON 1993, 154 e THOMMEN 2015, 317 (che lo ritiene un subordinato con compiti di guardia su una parte della flotta). 39 Su questa figura (esplicitamente detto diadochos del navarco da Poll. I, 96 e elencato tra i comandanti navali in I, 119), cfr. ad es. BELOCH 1879, 129-130; PARETI 1961, 30 sg.; BLOEDOW 2000, 12-19; infra, 45 n. 84.

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varco, ma anche a un generico archon di una spedizione navale. Questo secondo in carica può poi venire promosso al comando, come diventa evidente in questo caso: Leone, che era stato epibates sotto Antistene, il comandante destinato a sostituire Astioco qualora i consiglieri lo avessero dovuto destituire, ora diventa comandante a sua volta. La spedizione di Dercillida nello stretto, intanto, ottiene il risultato di allentare la pressione ateniese su Chio e incoraggia Astioco a lasciare Rodi per recarsi in zona, recuperare le navi e muovere all’assalto di Samo, dove si trova concentrata la flotta ateniese40. Ma di nuovo in realtà il navarco non porta avanti il piano e preferisce ritirarsi a Mileto ad aspettare l’evolversi della situazione, viste le difficoltà ateniesi a causa del colpo di stato dei Quattrocento. Questo in realtà avrebbe potuto essere un buon momento per attaccare, ma il navarco mostra il suo solito atteggiamento attendista e non interviene41. Questa scelta suscita critiche presso i soldati della flotta peloponnesiaca che cominciano a gridare contro i comandanti, accusati di mandarli in rovina. Contro Astioco lamentano «che già prima non aveva voluto combattere per tutto il tempo in cui la loro flotta era stata più forte e quella degli Ateniesi invece era piccola, e neppure ora, quando si diceva che erano in discordia e che le navi nemiche non erano ancora riunite in un solo luogo; e che loro correvano il pericolo di logorarsi aspettando che Tissaferne mandasse le navi fenicie (a parole, non di fatto)»42.

Il ritardo di Tissaferne nell’inviare le navi pattuite nel trattato con gli Spartani e nel dare il soldo è visto come sospetto; evidentemente iniziano ad aleggiare molti dubbi non solo nei confronti del satrapo, ma anche sulla correttezza dell’operato del navarco, anzi forse non solo sulle sue capacità militari, ma perfino sulla sua lealtà. I soldati quindi premono per combattere, in particolare alcuni alleati, tanto che Astioco si vede costretto a decidere lo scontro e a

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Thuc. VIII, 62, 2; 63, 1-2; cfr. TUCI 2013, 72 sg. Sulle colpe di Astioco e in generale dei navarchi spartani si sofferma VAN DE MAELE 1971, 49, che imputando gli scacchi subiti dalla città lacedemone à leur propre lenteur legendaire, à l’inconduite et l’incompetence de leurs generaux guerroyant loin de la patrie, salva solo Lisandro e Brasida da queste accuse generali. 42 Thuc. VIII, 78: ὑπὸ δὲ τὸν χρόνον τοῦτον καὶ οἱ ἐν τῇ Μιλήτῳ τῶν Πελοποννησίων ἐν τῷ ναυτικῷ στρατιῶται κατὰ σφᾶς αὐτοὺς διεβόων ὡς ὑπό τε Ἀστυόχου καὶ Τισσαφέρνους φθείρεται τὰ πράγματα, τοῦ μὲν οὐκ ἐθέλοντος οὔτε πρότερον ναυμαχεῖν, ἕως ἔτι αὐτοί τε ἔρρωντο μᾶλλον καὶ τὸ ναυτικὸν τῶν Ἀθηναίων ὀλίγον ἦν, οὔτε νῦν, ὅτε στασιάζειν τε λέγονται καὶ αἱ νῆες αὐτῶν οὐδέπω ἐν τῷ αὐτῷ εἰσίν, ἀλλὰ τὰς παρὰ Τισσαφέρνους Φοινίσσας ναῦς μένοντες, ἄλλως ὄνομα καὶ οὐκ ἔργον, κινδυνεύσειν διατριβῆναι. Cfr. FALKNER 1992 a, 190. 41

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muoversi con l’intera flotta43; le 82 navi ateniesi, in forte inferiorità numerica, però, rifiutano la battaglia e si ritirano. Quando arrivano i rinforzi guidati dallo stratego Strombichide, sono le navi ateniesi a cercare lo scontro e quelle peloponnesiache a evitarlo; dunque la situazione in realtà non è poi molto cambiata, dal momento che i Peloponnesiaci non si sentono in grado di combattere44. Allora decidono di cambiare strategia e di prendere contatti con Farnabazo, cercando di sfilarsi di nascosto dalla zona per dirigersi più a Nord. Parte Clearco con 40 navi, che però vengono disperse da una tempesta e in parte tornano a Mileto; solo poche raggiungono l’Ellesponto e collaborano a far ribellare Bisanzio, mentre Clearco decide di raggiungere la zona via terra. Intanto il resto della flotta peloponnesiaca viene a conoscere le trame di Alcibiade, che cercava di farsi perdonare dagli Ateniesi, vantando l’amicizia con Tissaferne; aumentano quindi le diffidenze contro il satrapo e ricominciano le tensioni. «I soldati (anzi, non solo i soldati, ma anche alcuni degli uomini più influenti) facevano le medesime considerazioni di prima, che non erano stati pagati completamente, che quello che avevano avuto era poco e neppure continuativo, che, se non si fosse combattuto in una battaglia navale decisiva e non si fosse andati là dove fosse disponibile il sostentamento, gli uomini avrebbero abbandonato le navi; di tutto ciò era colpevole Astioco, che per vantaggi personali sopportava gli umori di Tissaferne»45.

A queste tensioni catalizzate contro il navarco, sempre accusato di assecondare più che altro gli interessi personali, se ne aggiungono altre, in particolare dovute ai rapporti tra Astioco e gli alleati siracusani e turii, alle cui richieste di paga egli risponde in modo assai arrogante (αὐθαδέστερον), minacciandoli e alzando perfino il bastone contro uno di loro46. La reazione degli uomini è però molto violenta e costringe Astioco a rifugiarsi su un altare per salvarsi. La situazione è dunque molto compromessa: Astioco continua nel suo atteggiamento sprezzante e ambiguo, eppure i consiglieri mandati per valutare la sua destituzione non portano avanti questa possibilità. Essi però non si sono

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110 navi secondo Thuc. VIII, 79, 1. Thuc. VIII, 79, 6; 80, 1: οὐκ ἀξιόμαχοι νομίσαντες εἶναι. 45 Thuc. VIII, 83, 3: οἷάπερ καὶ πρότερον οἱ στρατιῶται ἀνελογίζοντο καί τινες καὶ τῶν ἄλλων τῶν ἀξίων λόγου ἀνθρώπων καὶ οὐ μόνον τὸ στρατιωτικόν, ὡς οὔτε μισθὸν ἐντελῆ πώποτε λάβοιεν, τό τε διδόμενον βραχὺ καὶ οὐδὲ τοῦτο ξυνεχῶς· καὶ εἰ μή τις ἢ διαναυμαχήσει ἢ ἀπαλλάξεται ὅθεν τροφὴν ἕξει, ἀπολείψειν τοὺς ἀνθρώπους τὰς ναῦς· πάντων τε Ἀστύοχον εἶναι αἴτιον ἐπιφέροντα ὀργὰς Τισσαφέρνει διὰ ἴδια κέρδη. Per le trame di Tissaferne e il tradimento di Astioco cfr. anche VAN DE MAELE 1971, 32, 45. 46 Thuc. VIII, 84, 2; per le tensioni con le ciurme occidentali cfr. FALKNER 1992 a, 191 sg. 44

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allontanati, ma sono ancora citati e dunque presenti, almeno nel caso di Lica, per quanto probabilmente allineati con il navarco, visto che quando i Milesi cercano di affrancarsi da Tissaferne, Lica li critica e li invita a sottostare a una ‘moderata servitù’47. Dunque l’operato del navarco non ha dato motivo di reali sospetti durante la verifica. Finalmente però giunge l’ora del cambio del navarco: «mentre erano pieni di tale ostilità contro Astioco e Tissaferne, sopraggiunse da Sparta Mindaro come successore di Astioco alla navarchia e prese il comando della flotta. E Astioco ripartì»48.

Mindaro è il διάδοχος che παραλαμβάνει τὴν ἀρχήν49: il termine diadochos è molto esplicito nell’indicare una successione e ritorna anche il verbo paralambanein per indicare la presa in carico del ruolo ufficiale. Chiaramente qui dunque si volge l’avvicendamento di una magistratura, indicata per di più con il termine tecnico di arche, arrivata a scadenza naturale: non ci sono segni di una destituzione di Astioco o di una nuova campagna decisa da Sparta con un diverso comandante, ma durante la campagna in corso avviene un normale avvicendamento. Non è dunque opportuno inasprire le colpe di cui può essersi macchiato questo navarco, perlopiù rappresentato negativamente sia dalle fonti che dalla bibliografia moderna50, ma non si può negare che il bilancio sull’attività di Astioco nel suo complesso non appaia però molto positivo, come forse anche reso evidente da Diodoro che taglia completamente la descrizione di queste vicende, senza neppure citare il nome di questo navarco.

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Thuc. VIII, 84, 5. Giustamente RICHER 2018, 334, evidenzia l’importanza di questo passo che dimostra come gli Spartani avessero ormai completamente abbandonato i Greci d’Asia. 48 Thuc. VIII, 85, 1: κατὰ δὴ τοιαύτην διαφορὰν ὄντων αὐτοῖς τῶν πραγμάτων πρός τε τὸν Ἀστύοχον καὶ τὸν Τισσαφέρνην Μίνδαρος διάδοχος τῆς Ἀστυόχου ναυαρχίας ἐκ Λακεδαίμονος ἐπῆλθε καὶ παραλαμβάνει τὴν ἀρχήν· ὁ δὲ Ἀστύοχος ἀπέπλει. 49 Da notare il verbo paralambanei, che vedremo ricorrere in altri casi in Senofonte e Diodoro, e che ci aiuta a comprendere la natura di avvicendamento dell’incarico, cfr. infra 109, 117. Che questo arrivo sia dovuto alla scadenza dell’incarico di Astioco, non a una destituzione, lo pensa anche CHÈNE 2000, 130. 50 Cfr. ad es. WESTLAKE 1956, 102 (he was certainly not a man of very high ability; lack of initiative and imagination); ha ragione a dolersi di questo FALKNER 1999 b, 206 sg., ma forse fin esagerando nell’attribuire gli errori di questo periodo più che altro agli altri comandanti e alle trame persiane.

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3. Mindaro (411/0) L’avvicendamento alla navarchia tra Astioco e Mindaro avviene dunque in maniera regolare, ma quando? Come sempre non è facile ricostruire una datazione precisa: Tucidide passa a descrivere la situazione in Ionia dopo aver raccontato il colpo di Stato dei Quattrocento ad Atene51, e si sofferma sulle operazioni di Mindaro utilizzando la formula vaga ‘nello stesso periodo di questa estate’52. Certo nella narrazione tucididea il suo arrivo si trova inserito tra l’inizio del periodo oligarchico e la sua transizione al governo dei Cinquemila, ma questa indicazione generica credo che consenta anche di arrivare verso fine settembre, rendendola compatibile con la nomina del navarco nella tarda estate. All’arrivo in zona, comunque, Mindaro si trova a fronteggiare una situazione piuttosto tesa, a causa dell’atteggiamento tenuto da Astioco e dai problemi dei rapporti con Tissaferne soprattutto. Il satrapo mostra di volere un riavvicinamento agli Spartani, adirati perché lo ritengono filoateniese a causa delle sue trame con Alcibiade, e si prepara a recarsi ad Aspendo, dove era giunta la flotta fenicia, invitando Lica ad andare con lui e lasciando il soldo necessario per l’esercito spartano. Qui le trame però si infittiscono, come denuncia lo stesso Tucidide, secondo cui le informazioni su questi avvenimenti non sono concordi e non è facile sapere con quali intenzioni Tissaferne si rechi ad Aspendo, ma non riporti con sé le navi promesse agli Spartani dal trattato. Lo storico ritiene in realtà chiarissimo (saphestaton) il motivo, ovvero che il Persiano vuole indebolire i Greci per equilibrarli, affinché nessuno sia più forte; il pretesto è che ha raccolto meno navi di quante ha ordinato il re, ma la verità è che, se avesse davvero unito la flotta fenicia a quella peloponnesiaca, di certo avrebbe provocato la sconfitta ateniese53.

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Concordemente situato nel giugno 411; la sua durata secondo Aristot. Ath. Pol. 3233, sarebbe stata di quattro mesi e anche secondo Thuc. VIII, 97, la caduta dei Quattrocento pare verificarsi ancora in estate. Per le difficoltà cronologiche attinenti a questo episodio vd. anche TUCI 2013, 113 sg.; BEARZOT 2013 a, 25 sg. 52 Thuc. VIII, 99, 1: ὑπὸ δὲ τοὺς αὐτοὺς χρόνους τοῦ θέρους τούτου. 53 Cfr. Thuc. VIII, 87, per queste acute riflessioni sul ruolo di Tissaferne. Diodoro in realtà propone una diversa motivazione per il mancato arrivo della flotta, sostenendo che è Farnabazo a rimandarla indietro a causa di un attacco del re degli Arabi e degli Egizi contro la Fenicia (XIII, 46, 5); LEWIS 1958, 392-397, crede a questa versione, ma contra ad es. LATEINER 1976, 267 sg. (che in realtà però non accetta neppure la versione di Tucidide, ritenendo, poco convincentemente, che Tissaferne avesse coscienza della mediocrità della flotta e volesse solo servirsene come strumento diplomatico) e CAWKWELL 2005, 154 (che evidenzia il ruolo del Re di Persia, ritenendo che fossero ordini troppo importanti per essere sotto il controllo di Tissaferne, e dunque dovessero arrivare direttamente dal Re).

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Anche gli Ateniesi intanto si trovano in un momento difficile, perché approfittando del colpo di stato altre navi peloponnesiache, al comando non del navarco ma di Agesandrida, stanno provocando insurrezioni in aree limitrofe all’Attica come l’Eubea, che gli Ateniesi non riescono a frenare54. Ma ancora una volta i Peloponnesiaci mostrano di non avere il coraggio di sferrare l’attacco decisivo, perché non approfittano della momentanea superiorità, portando Tucidide alla riflessione sul fatto che: «Non fu questa la sola occasione in cui i Lacedemoni furono per gli Ateniesi i nemici più utili contro cui combattere, ma ve ne furono molte altre. Essendo diversissimi nel carattere, gli uni veloci, gli altri lenti, gli uni intraprendenti, gli altri senza iniziativa, furono di grande utilità, soprattutto trattandosi, nel caso di Atene, di un impero marittimo»55.

Ma le conseguenze di questa spedizione sono tali che gli Ateniesi pongono fine al governo dei Quattrocento e decretano il passaggio ai Cinquemila56. Il collegamento temporale con la fine dei Quattrocento è dunque stringente per la spedizione di Agesandrida, ma a mio parere non per quella di Mindaro; inoltre sembra di poter notare che la spedizione navale affidata ad Agesandrida sia perfino più importante di quella affidata al navarco e confermi la solita presenza contemporanea di più comandanti navali, tra i quali si fatica a comprendere il ruolo specifico del navarco. Probabilmente in questo caso la spedizione in Eubea è decisa mentre è ancora navarco Astioco, che si trova impegnato in Ionia; quindi i Lacedemoni devono scegliere un altro comandante, mentre il nuovo navarco viene inviato poi nella stessa area in cui sta operando il suo predecessore, proprio perché si tratta di un semplice avvicendamento nella stessa campagna, non di una nuova. Agesandrida, come vedremo, si ritrova poi in altri ruoli di responsabilità e nel 411 è definito da Senofonte epibates di Mindaro in Tracia, un altro compito di comando, come abbiamo visto, difficile da definire57. Anche in area ionica

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Thuc. VIII, 94-96. Pur senza nominare il comandante spartano Agesandrida, anche Diodoro cita la presenza nemica nell’area euboica e di Oropo (XIII, 34, 3; 36, 4-5), dopo un lungo silenzio sulle attività navali spartane. 55 Thuc. VIII, 96, 5: ἀλλ᾽ οὐκ ἐν τούτῳ μόνῳ Λακεδαιμόνιοι Ἀθηναίοις πάντων δὴ ξυμφορώτατοι προσπολεμῆσαι ἐγένοντο, ἀλλὰ καὶ ἐν ἄλλοις πολλοῖς· διάφοροι γὰρ πλεῖστον ὄντες τὸν τρόπον, οἱ μὲν ὀξεῖς, οἱ δὲ βραδεῖς, καὶ οἱ μὲν ἐπιχειρηταί, οἱ δὲ ἄτολμοι, ἄλλως τε καὶ ἐν ἀρχῇ ναυτικῇ πλεῖστα ὠφέλουν. 56 Thuc. VIII, 97, 1. Nel settembre 411, cfr. BEARZOT 2013 a, 19; 76 sg. 57 Xenoph. Hell. I, 3, 17. Cfr. supra, 34; da notare inoltre che in Xenoph. Hell. I, 1, 28, si dice che gli epibati, i trierarchi e i piloti rifiutavano di accettare la destituzione dei comandanti, dunque sono ruoli di spicco, per quanto subordinati. Xenoph. Hell. VII, 1, 12,

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per altro sembrano operare altri comandanti, come ad esempio Filippo58 e Ippocrate59, che rivelano al nuovo navarco le trame di Tissaferne, avvisandolo che le navi promesse dal Persiano non sarebbero in realtà arrivate ed esprimendosi a favore di un avvicinamento a Farnabazo, che sembrava pronto a intervenire per far ribellare anche le restanti città dell’impero ateniese che erano nel suo territorio. L’atteggiamento di questi satrapi persiani è sempre molto ambiguo, tanto che Diodoro ad esempio racconta che in realtà è Farnabazo a promettere l’arrivo di una poderosa flotta fenicia, che invece poi non arriva a causa delle trame di Alcibiade (XIII, 36, 5; 37, 5; 38, 5). Mindaro comincia allora le sue operazioni, facendo vela da Mileto con 73 navi60 verso l’Ellesponto per raggiungere le 16 navi che erano state precedentemente inviate in zona, ma, sorpreso da una tempesta di vento, si ferma qualche giorno a Icaro e poi a Chio. Anche gli Ateniesi guidati da Trasillo decidono di muoversi da Samo verso l’Ellesponto, fermandosi a Lesbo per recuperare la ribelle Ereso e per attaccare da lì Chio. Ma Mindaro si muove subito da Chio per evitare un attacco e, navigando sotto costa e di notte per non farsi vedere dai nemici, arriva nell’Ellesponto, provocando la fuga notturna degli Ateniesi che si trovavano a Sesto; scorti però sul far del giorno dalle navi di Mindaro, vengono inseguiti e per la maggior parte riescono a sfuggire, tranne quattro navi61. I Peloponnesiaci radunano tutte le navi a loro disposizione e, dopo un tentativo di assedio contro Eleunte, si attestano ad Abido; gli Ateniesi, avvisati dalle navi sfuggite a Sesto che i nemici erano passati di nascosto ed erano già nell’Ellesponto, si affrettano a raggiungerli e si preparano alla battaglia, che si svolge pochi giorni dopo nell’area di Cinossema62. Dunque questa battaglia

afferma inoltre che i trierarchi delle navi spartane, oltre che spesso anche gli epibatai, erano di solito Lakedaimonioi (forse solo Spartiati, come ritiene HODKINSON 1993, 154): infatti Thuc. VIII, 22, 1, che nel 412 attesta il ruolo di comando a un perieco, Deiniada, sembra proprio affermare che era fuori norma. 58 Era il comandante incaricato a Mileto alla fine dell’estate precedente e mandato poi a prendere le navi promesse da Tissaferne (Thuc. VIII, 28, 2 e 87, 6). 59 Di costui si dice che era a Faselide, senza chiarirne il ruolo (Thuc. VIII, 99, 1). 60 Secondo Diod. XIII, 38, 5, erano 83 e altre 13 vengono inviate a Rodi al comando di Dorieo, avendo saputo che erano in atto delle macchinazioni a favore ateniese. 61 Thuc. VIII, 100-102. Vd. ad es. FALKNER 1992 a, 197 sg. 62 Thuc. VIII, 103 sg.; Diod. XIII, 38, 6 sg., si dilunga abbondantemente su questi fatti, in evidente contrasto con il silenzio sulle operazioni condotte nell’anno precedente; risulta qui particolarmente evidente il modo di procedere dello storico che seleziona il materiale a seconda della fonte che sta seguendo. La versione diodorea risale comunque sempre ad una fonte diversa rispetto a Tucidide, dal momento che porta alcuni particolari aggiuntivi (ad es. il particolare che tre navi alleate si uniscono agli Ateniesi al § 39, 1, o sulla strategia di bat-

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costituisce il primo banco di prova per il navarco e, per quanto sia perlopiù situata dai commentatori nel mese di settembre63, potrebbe forse ancora essere posticipata leggermente, in ottobre, in modo più coerente con i possibili tempi della nomina. Qui si fronteggiano i due schieramenti, in superiorità numerica per i Peloponnesiaci (86 contro 76), che inizialmente infatti hanno la meglio. Ma quando iniziano a scompaginarsi perdendo il loro schieramento (e rivelando così la loro inferiorità tattica e strategica), lo stratego Trasibulo, che comandava l’ala destra dello schieramento ateniese, con una manovra a sorpresa li colpisce e volge in fuga, per la maggior parte senza combattere, come evidenzia Tucidide (VIII, 105, 3). Dunque anche le capacità tecniche di Mindaro, rispetto a quelle dei comandanti ateniesi, paiono sempre inferiori (e Diodoro non manca di rimarcarlo, per quanto cerchi di salvarne l’impegno e il coraggio64), anche se non provocano una sconfitta drammatica65. Ma la battaglia ha comunque un esito importante perché ridà vigore agli Ateniesi, incoraggiandoli e dando loro la speranza di potere ancora salvare la situazione; va inoltre sottolineata, perché inaugura la serie di grandi battaglie navali che caratterizzano la fase ionica della guerra del Peloponneso, che vede ormai pienamente spostato sul mare l’asse dei combattimenti. I Peloponnesiaci rientrano ad Abido e da lì continuano le loro operazioni contro Eleunte, mandando anche a richiamare le navi che si trovavano in Eubea66. Di Mindaro però Tucidide non ci racconta più nulla, prima dell’inter-

taglia al § 40), oppure diversi (come ad es. il numero di navi complessive o ancora la posizione degli strateghi ateniesi, invertita rispetto alla versione di Tucidide, § 39, 4) e va integrata in altri punti invece con la narrazione tucididea. Per un quadro delle difficoltà vd. ad es. KAGAN 1987, 118-124. 63 Estate 411 ad es. per MORRISON-COATES 1986, 80 (82 per un’utile cartina degli schieramenti); autunno 411 anche per BEARZOT 2013 a, 19. 64 Diod. XIII, 40. In effetti sotto Mindaro si verificano ben 3 sconfitte delle 6 che subiscono gli Spartani nei 14 scontri ingaggiati tra 480 e 413, come evidenzia NAIDEN 2009, 730 sg. (con tabella riassuntiva finale). 65 Le navi peloponnesiache perdute sono infatti 21 secondo Tucidide (VIII, 106, 3, a fronte di 15 ateniesi), mentre sono 18 quelle catturate e 5 quelle affondate secondo Diodoro (XIII, 40, 5). Per l’importanza comunque di questa battaglia che avvia la serie di scontri sul mare che caratterizzano questa fase di guerra, cfr. anche LAZENBY 1987, 442. 66 Gli inviati sono Ippocrate ed Epicle secondo Thuc. VIII, 107, 2, mentre Diod. XIII, 41, 1, cita il solo Epicle; inoltre è l’unico a raccontare cosa succede al contingente richiesto, che senza indugio parte con ben 50 navi, ma al largo del monte Athos viene sorpreso da una tempesta così violenta che distrugge tutte le navi. In questa occasione lo storico siceliota cita esplicitamente Eforo come fonte e riporta perfino il testo di due distici elegiaci su un monumento dedicato nel tempio a Coronea da parte di uno dei pochi sopravvissuti (Diod. XIII, 41, 3).

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ruzione della sua opera; dobbiamo qundi passare al racconto di Senofonte, il cui I libro si apre proprio con la prosecuzione della descrizione degli scontri navali, a partire dalle attività di Agesandrida vicino all’Attica che portano a una vittoria peloponnesiaca e l’arrivo di Dorieo nell’Ellesponto di ritorno da Rodi, dove era stato mandato da Mindaro per sventare trame ostili in atto nell’isola67. Queste operazioni sono datate all’inizio dell’inverno 411/10, mentre il navarco si trova a Ilio, secondo Senofonte68, dalla cui rocca vede l’attacco a Dorieo da parte degli strateghi ateniesi, senza risultati concreti per nessuna delle due parti. Mindaro interviene quindi subito in sostegno del Rodio e la battaglia si amplia nella zona di Abido, inizialmente a favore peloponnesiaco, finché l’arrivo di Alcibiade69 con 18 navi ha l’effetto di provocare la fuga dei nemici e la successiva cattura di varie navi peloponnesiache70. Diodoro narra a questo proposito uno scontro molto acceso e agguerrito, con ben 97 navi peloponnesiache, e descrive più dettagliatamente lo schieramento e la tattica adottati71, che rendono a lungo incerto l’esito della battaglia, finché solo l’arrivo inaspettato di Alcibiade lo fa volgere a favore ateniese. In realtà il fatto che Alcibiade alzi il segnale concordato (XIII, 46, 3) non fa propendere a un arrivo tanto inaspettato, ma in ogni modo è la sua comparsa che risolve le sorti della battaglia.

67 Xenoph. Hell. I, 1, 1-2. Dorieo è un famoso atleta di Rodi, appartenente all’oligarchica famiglia dei Diagoridi, che era stato bandito dall’isola; quando nel 412 Rodi defeziona da Atene e passa a Sparta, egli partecipa al conflitto come comandante di dieci navi ed entra anche in contrasto con Astioco (cfr. Thuc. III, 8, 1; VIII, 35, 1; 84, 2), mentre Mindaro lo invia a Rodi per reprimere la fazione democratica che minacciava di rovesciare l’oligarchia filospartana appena instaurata e per mantenere l’isola ostile ad Atene (Diod. XIII, 38, 5; 45, 1). Cfr. BARBIERI 1955, 118; e ora VALENTE 2014, 46. 68 Secondo Diod. XIII, 45, 6, invece viene informato mentre era ancora a Abido. Per una datazione di questa battaglia al novembre 411 cfr. FALKNER 1992 a, 198 n. 123. 69 Cfr. anche Plut. Alc. 27, 2 sg. Alcibiade ormai infatti aveva ripreso ad operare pienamente con gli strateghi ateniesi, accettato prima da quelli di Samo, poi da quelli della città che si convinsero a richiamarlo, anche se il suo effettivo rientro avvenne solo qualche tempo dopo (cfr. anche Diod. XIII, 41, 3-42, 3). Per le ‘audacie’ di Alcibiade in zona, cfr. CATALDI 2001, 55-57, per la battaglia di Abido, la prima a cui partecipa l’Alcmeonide, nel novembre 411. 70 Trenta secondo Xenoph. Hell. I, 1, 5-7, mentre secondo Diod. XIII, 46, 4, furono solo una decina, perché l’inseguimento venne ostacolato dall’insorgere di una violenta tempesta. Il risultato modesto e una maggiore attenzione al ruolo di Alcibiade sono segno in Diodoro di una fonte moderata e più equa di Senofonte. 71 Diod. XIII, 45-46: all’interno di questi paragrafi molto circostanziati compaiono dati molto più precisi di quelli presenti nel sintetico racconto senofonteo, come ad esempio la partecipazione di Trasillo e Trasibulo in qualità di strateghi, come già anche a Cinossema o il numero di navi impegnate; cfr. KRENTZ 1989 b, 10-14; e con discussione della bibliografia CATALDI 2001, 55.

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Nel complesso comunque il risultato ateniese è modesto e le flotte si ritirano poi ciascuna nel porto più fedele (gli Ateniesi a Sesto, gli Spartani a Abido); qui Mindaro organizza la riscossa, mandando a chiedere aiuti in patria e rivelando l’intenzione di cingere d’assedio le città che in Asia Minore erano ancora alleate degli Ateniesi72. Il navarco dunque è agguerrito e non intende affatto darsi per vinto, come dimostra decidendo, ‘quando già l’inverno era alla fine’73, di raccogliere il maggior numero di triremi possibile da tutti gli alleati, e allarmando così gli Ateniesi, che cominciano anche loro a radunare le navi sparse in varie aree di guerra. Siamo dunque intorno al marzo del 41074, quando Mindaro fa vela verso Cizico, dove insieme a Farnabazo prende la città; qui confluiscono anche le navi ateniesi da Sesto, cui si uniscono quelle guidate da Alcibiade, da Teramene e da Trasibulo75. Di nuovo, come nel caso della battaglia di Abido, ben diversa è la sintetica narrazione di Senofonte rispetto a quella ampia di Diodoro: per il primo, infatti, si arriva allo scontro guidato da Alcibiade in maniera quasi casuale, perché l’Ateniese a causa del brutto tempo riesce ad avvicinarsi inaspettatamente alla flotta spartana che stava addestrandosi fuori dal porto; subito quindi i Peloponnesiaci rientrano in porto e la battaglia si trasferisce a terra, dove Mindaro muore76.

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Diod. XIII, 47, 2, è l’unico a informarci di queste intenzioni del navarco spartano. Diod. XIII, 49, 2. Anche secondo Philoch. FGrHist 328 F 139, si svolge durante l’arcontato di Teopompo. 74 Questa è la data genericamente accolta dai commentatori, cfr. ad es. BELOCH 1879, 122 (primavera); PARETI 1961, 56; ANDREWES 1982, 20 (che in realtà non esplicita la data, ma situa la battaglia subito dopo l’inverno passato a raccogliere navi da parte di Mindaro); FALKNER 1992 a, 199; CATALDI 2001, 57. In ogni modo è meglio non scendere con una data troppo tarda e lontana dal finire dell’inverno attestato da Diodoro e dal resto delle operazioni invernali del navarco. 75 Xenoph. Hell. I, 1, 11-18; Diod. XIII, 49-51; Nep. Thras. 1, 3; Polyaen. I, 40, 9; cfr. anche Plut. Alc. 28. Le fonti concordano sulla provenienza di Alcibiade da Lesbo, invece secondo Senofonte Teramene proveniva dalla Macedonia e Trasibulo da Taso, mentre secondo Diodoro entrambi provenivano più genericamente dalla Tracia (XIII, 49, 3). Sul numero di navi complessive ci sono le solite disparità, perché secondo Senofonte le ateniesi sono 86, rispetto alle 60 peloponnesiache, mentre Diodoro ne cita 80 a disposizione di Mindaro e non quantifica quelle ateniesi, a parte le 20 di Alcibiade (XIII, 50, 2). Per un commento sulle diverse tradizioni cfr. ad es. P ÉDECH 1969, 44-49; G RAY 1987, 82; ANDREWES 1982, 19 sg.; CATALDI 2001, 57-59. 76 Xenoph. Hell. I, 1, 17-18. Il racconto di questa battaglia vede ben cinque volte alternarsi la prospettiva tra la flotta ateniese e quella spartana, come evidenzia giustamente RIEDINGER 1991, 102, che rintraccia in questo racconto un tipico modo di procedere senofonteo, con la successione di eventi alternata. Cfr. anche Plut. Alc. 27-28. 73

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Diodoro invece si dilunga molto più dettagliatamente ed evidenzia in particolare il ruolo dei protagonisti: innanzi tutto dell’Ateniese, che inganna Mindaro, provocandolo con le sue poche navi e attirandolo al suo inseguimento77, ma anche degli altri strateghi Teramene e Trasibulo. La tattica funziona e, una volta che i Peloponnesiaci sono al largo, convinti di aver riportato la vittoria, il resto della flotta giunge a tagliare fuori gli Spartani e a impedire loro di rientrare in città78. A questo punto i Peloponnesiaci spaventati cercano riparo nella zona in cui si trovava l’esercito di Farnabazo e lo scontro si trasferisce a terra, dove è molto violento; mentre l’esercito dello spartano Clearco fronteggia le truppe di Trasibulo (e inizialmente ha la meglio, finché non arrivano i rincalzi di Teramene), Mindaro cerca di affrontare Alcibiade per difendere le navi che gli sono rimaste e mette gli Ateniesi in pericolo. L’arrivo di Teramene, dopo aver respinto l’attacco dei soldati di Clearco, serve di nuovo a spostare gli equilibri: Mindaro, niente affatto spaventato dall’attacco di Teramene, organizza allora due schieramenti, uno che va incontro ai nemici che stanno arrivando e uno che tiene con sé contro le truppe di Alcibiade. Si accenna qui anche un discorso del navarco che incoraggia i suoi uomini «scongiurandoli uno a uno di non disonorare la gloria di Sparta», prima di ingaggiare un nuovo «eroico scontro», in cui «rischiando egli stesso in prima linea, uccise molti dei nemici che tentavano di opporglisi, ma alla fine, combattendo in modo degno della sua patria, cadde sotto i colpi degli uomini di Alcibiade»79. Per quanto non si riporti qui in modo diretto il discorso, il rilievo che viene attribuito al navarco è molto significativo, anche valutando lo scarso spazio di solito lasciato ai navarchi da parte di Diodoro. Vale la pena evidenziare inoltre che le operazioni del navarco si sono trasferite a terra, dove continua comunque a operare al comando dei suoi uomini, ottenendo gloria piena; ma, al di là della

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Questo stratagemma ricorda in effetti un modello ricorrente nella narrazione diodorea delle battaglie navali (Nozio, Egospotami, ecc.), secondo cui il comandante sconfitto viene attirato in combattimento, ed è considerato sospetto da GRAY 1987, 78 sg. 78 Diod. XIII, 50, 2. Per il racconto più dettagliato di Diodoro e per un’utile cartina degli schieramenti cfr. MORRISON-COATES 1986, 83-87. 79 Diod. XIII, 51, 5-6: ὁ μὲν Μίνδαρος οὐ κατεπλάγη τὴν ἔφοδον τῶν περὶ Θηραμένην, ἀλλὰ διελόμενος τοὺς Πελοποννησίους τοῖς μὲν ἡμίσεσιν ἀπήντα τοῖς ἐπιοῦσι, τοὺς δ᾽ ἡμίσεις αὐτὸς ἔχων, καὶ δεόμενος ἑκάστου μὴ καταισχῦναι τὸ τῆς Σπάρτης ἀξίωμα, καὶ ταῦτα πεζομαχοῦντας, ἀντετάχθησαν τοῖς περὶ τὸν Ἀλκιβιάδην. περὶ δὲ τῶν νεῶν ἡρωικὴν συστησάμενος μάχην, καὶ πρὸ πάντων αὐτὸς κινδυνεύων, πολλοὺς μὲν ἀνεῖλε τῶν ἀντιτεταγμένων, τὸ δὲ τελευταῖον ἀξίως τῆς πατρίδος ἀγωνισάμενος ὑπὸ τῶν περὶ τὸν Ἀλκιβιάδην ἀνῃρέθη. τούτου δὲ πεπτωκότος οἵ τε Πελοποννήσιοι καὶ πάντες οἱ σύμμαχοι συνέδραμον καὶ καταπλαγέντες εἰς φυγὴν ὥρμησαν. Nello stesso senso Plut. Alc. 28, 8, secondo cui Mindaro cadde combattendo erromenos.

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retorica sul valore spartano, la ricostruzione di Diodoro pare certamente convincente e più chiara di quella senofontea80. Le conseguenze di questa morte sono le stesse per entrambi gli storici: i Peloponnesiaci presi dal panico si danno alla fuga, lasciando nelle mani nemiche quello che resta delle navi, oltre che molti prigionieri e bottino; viene inoltre abbandonata Cizico, che si trova così costretta ad accogliere gli Ateniesi81. La situazione è molto compromessa per gli Spartani, tanto che l’epistoleus Ippocrate invia un messaggio a Sparta che viene intercettato e che è rimasto famoso per la sua desolata essenzialità: «Le navi sono perdute. Mindaro è morto. Gli uomini hanno fame. Non sappiamo che cosa bisogna fare»82.

Questo accenno all’iniziativa di Ippocrate ci porta a pensare che la responsabilità della flotta sia rimasta in mano sua (come avviene poi anche in altri casi dopo la morte del navarco) almeno per qualche mese83, fino all’arrivo del navarco successivo. Questo conferma il ruolo importante che doveva rivestire questo incaricato, che compare ora nel panorama della flotta spartana e ricorre alcune volte, proprio fino al tempo in cui viene citato un navarco per l’ultima volta84. Nello stesso tempo, il fatto che mandi un messaggio si collega diretta-

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Non così secondo GRAY 1987, 83, che ritiene il racconto di Diodoro esageratamente amplificato, usando modelli di altre battaglie. Contra invece convincentemente CATALDI 2001, 59. 81 Secondo Diod. XIII, 40, 6, Cizico venne recuperata da Trasibulo (ma subito dopo la battaglia di Cinossema). 82 Xenoph. Hell. I, 1, 23: παρὰ δὲ Ἱπποκράτους τοῦ Μινδάρου ἐπιστολέως εἰς Λακεδαίμονα γράμματα πεμφθέντα ἑάλωσαν εἰς Ἀθήνας λέγοντα τάδε· ἔρρει τὰ κᾶλα. Μίνδαρος ἀπεσσύα. πεινῶντι τὤνδρες. ἀπορίομες τί χρὴ δρᾶν. Questo aneddoto è ripreso anche da Plut. Alc. 28, 10. 83 Ma non sembra probabile che abbia tenuto il comando per un anno e mezzo, come postula chi data l’arrivo del navarco successivo nel 409/8 (come ad es. BROWNSON 1903, 35). L’anno successivo inoltre, secondo Senofonte (Hell. I, 3, 5), Ippocrate era armosta di Calcedone, dove cadde mentre combatteva contro Trasillo e Alcibiade che avevano attaccato la città; cfr. anche FALKNER 1992 a, 215. 84 Questa figura (esplicitamente detto diadochos del navarco e comandante, da Poll. I, 96 e 119) non ricorre mai in Tucidide, ma 5 volte in Senofonte (Hell. I, 1, 23 per Ippocrate; II, 1, 7 per Lisandro; IV, 8, 11, per Pollide; V, 1, 5, per Gorgopa; V, 1, 6, per Nicoloco), cui si deve aggiungere l’hapax epistoliaphoros attribuito a Ipermene in VI, 2, 25 (che chiaramente è l’epistoleus di Mnasippo e che regge la flotta dopo la sua morte). Ricorre poi solo in Plut. Lys. 7, 2 per il caso più esplicito e famoso (Lisandro che viene mandato come epistoleus del navarco Araco, ma ha in realtà il vero controllo della flotta, vd. infra, 69 sg.) e in Arr. Anab. III, 16, 6, ma in tutt’altro contesto (dove il personaggio è un persiano che sembra proprio un normale segretario). Cfr. già BELOCH 1879, 129-130 e supra, 34 n. 39.

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mente all’etimologia del suo nome e quindi probabilmente si deve pensare che l’epistoleus fosse sì un comandante in seconda, ma anche incaricato di tenere i rapporti con la madrepatria, che con il tempo forse prende più poteri85. Tocca a Farnabazo comunque rincuorare i Peloponnesiaci rimasti senza comandante, distribuendo una paga di due mesi anticipata, e trovando loro un’occupazione: i soldati vengono usati come sentinelle lungo le coste della sua satrapia e gli ufficiali sono incaricati di provvedere alla ricostruzione di un numero di navi pari a quelle perdute, nei cantieri di Antandro86, con il denaro da lui fornito. 4. Pasippida (410/9) e Cratesippida (409/8) Per gli Spartani il colpo è molto duro, tanto che alcune fonti raccontano l’invio di un’ambasceria ad Atene alla guida di Endio per trattare la pace, che invece viene respinta dopo l’intervento contrario di Cleofonte87. L’attività navale pare comunque in stallo, come conferma anche Plutarco, secondo il quale con la battaglia di Cizico gli Ateniesi «scacciarono di forza dal resto del mare i Lacedemoni» (Alc. 28, 9) ed è del tutto comprensibile che il resto dell’anno 410 trascorra senza che si abbiano notizie di attività significative e senza che ci siano dettagli precisi sul navarco successore di Mindaro. La situazione è tanto compromessa che spesso questa battaglia è vista come uno spartiacque anche per la navarchia, che si ipotizza avere subìto in questo momento delle riforme quali il passaggio a una nomina in primavera e la proibizione della iterazione88. Tale ipotesi non pare però a mio parere comprovabile in alcun modo, non essendoci alcuna attestazione in questo senso; inoltre viene da chiedersi perché si debba volere cambiare data di nomina ed evitare una degenerazione in senso troppo personalistico e imperialistico proprio nel momento in cui il navarco è morto e l’attività della flotta è in grande crisi, mentre potrebbe avere più senso al limite in un momento successivo, ad esempio al tempo dei successi di Lisandro.

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Questa è la tesi di base di BLOEDOW 2000, 17-18, che forse evidenzia troppo però il ruolo di segretario (sulla scorta di Suida, s.v. epistoleis: grammatophorous), più che di vicecomandante. Compiti da segretario e comandante in caso di morte del navarco anche per THOMMEN 2015, 317. 86 L’area ai piedi del Monte Ida in Troade era un importante cantiere navale da tempo (cfr. anche Thuc. IV, 52, 3-5). 87 Diod. XIII, 52, 2; Nep. Alc. 5, 5; Iust. V, 4, 4. Per questo rifiuto (forse ragionevole, vista la situazione favorevole ateniese) cfr. ad es. RENAUD 1970, 654; GALLOTTA 2008, 182. 88 Vd. ad es. SEALEY 1976, 358; FALKNER 1994, 500; THOMMEN 2015, 315.

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Il controllo del mare è comunque in questo momento pienamente in mano ateniese, come dimostra la successiva spedizione di Trasillo in Ionia89 e le sue molte operazioni anche nel tentativo infruttuoso di prendere Efeso e contro una flotta siracusana90. Da Diodoro non abbiamo informazioni chiare, perché di nuovo tiene l’attenzione centrata soprattutto sulle vicende di Occidente, come già accaduto per l’anno di Astioco, che non era stato neanche nominato; vengono citate in realtà alcune operazioni navali nel Peloponneso contro Pilo, approfittando del fatto che tutte le forze ateniesi sono impegnate nell’Ellesponto, ma con una piccola flotta costituita da cinque navi siceliote e sei spartane, di cui non viene nominato il comandante. Dopo l’occupazione di Nisea da parte di Megara ai danni degli Ateniesi, Diodoro cita poi la scelta di Cratesippida come navarco, ma è più probabile che si tratti già del navarco dell’anno successivo, il 409/891. Per il 410/9 potremmo forse seguire una notizia di Senofonte, che accenna all’esilio di un certo Pasippida, che viene sostituito da Cratesippida al comando del nautikon92. Proprio il riferimento esplicito di Diodoro al fatto che Cratesippida fosse navarco ci porta a pensare che Pasippida potrebbe essere stato il suo predecessore93, ma certo la situazione non è chiara, soprattutto dal punto di vista temporale. Questo Pasippida infatti potrebbe anche essere stato sostituito in corso d’anno, ma non è affatto detto. Durante infatti una guerra civile scoppiata a Taso, i filolacedemoni e l’armosta Eteonico vengono scacciati, mentre lo spartano Pasippida viene accusato di aver organizzato l’azione d’intesa con Tissaferne e va in esilio. Non si capisce se sia sottoposto a un processo e condannato, oppure se a seguito di questa accusa di sospetta corruzione si rechi spontaneamente in esilio per evitare un giudizio più severo.

89 Xenoph. Hell. I, 2, 8; 12-13; Diod. XIII, 64, 1. La cronologia della spedizione ateniese di Trasillo è discussa, oscillando da tre mesi dopo la battaglia di Cizico, quindi circa nel giugno 410, fino al 409 come dicono alcuni commentatori; più convincente la datazione alta a mio parere, cfr. anche PARETI 1961, 57-59; CATALDI 2001, 60, con altra bibliografia. 90 Questo fallito assedio di Efeso, testimoniato anche da nuovi frammenti delle Elleniche di Ossirinco (PCair. inv. 26/6/27/1-35), ha suscitato molto interesse: si veda ad esempio LENFANT 2011, 205, e soprattutto la ricostruzione di CUNIBERTI 2008, 83-98, con ampia bibliografia. 91 Diod. XIII, 64, 5; 65, 3. Non è da ritenere invece che compia un evidente errore facendo succedere Lisandro a Mindaro (come ritiene ad es. PARETI 1961, 59), perché è vero che a 70, 1, descrive la situazione disastrosa per gli Spartani a cui solo con Lisandro si pone rimedio, ma intanto aveva già parlato almeno di Cratesippida. Cfr. anche FALKNER 1992 a, 202. 92 Xenoph. Hell. I, 1, 32: Πασιππίδας ὁ Λάκων ἔφυγεν ἐκ Σπάρτης· ἐπὶ δὲ τὸ ναυτικόν, ὃ ἐκεῖνος ἡθροίκει ἀπὸ τῶν συμμάχων, ἐξεπέμφθη Κρατησιππίδας, καὶ παρέλαβεν ἐν Χίῳ. 93 Già questa era l’ipotesi di BELOCH 1879, 122; possibilista FALKNER 1992 a, 201, mentre secondo PIÉRART 1995, 278, è sicuramente così.

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Al comando della flotta che era già stata radunata da Pasippida viene inviato Cratesippida che la prende in consegna a Chio. Non c’è nessuna indicazione cronologica che ci dica che questo avvicendamento abbia caratteristiche straordinarie e che l’esilio sia avvenuto durante il periodo di carica e non dopo94; in ogni modo, questo episodio oscuro rivela il proseguire delle trame personali tra navarchi e satrapi, come già nel caso di Astioco, ma è ancora più incomprensibile, perché non si capisce quale sia il vantaggio per Pasippida dalla ribellione di Taso, ammesso che l’accusa sia attendibile95. Significativo è comunque per noi il riferimento all’esilio, perché è la prima volta che troviamo un navarco che subisce questa condanna, che potrebbe essere segno di una soggezione a verifica dell’operato come tutti gli altri magistrati. Pasippida in realtà però non sparisce dall’orizzonte politico, ma continua a operare politicamente con i Persiani, in circostanze sempre molto oscure: viene infatti citato ancora due volte da Senofonte, che, tra gli eventi datati all’anno seguente rispetto ai fatti ora descritti96, scrive che Pasippida si unisce a una ambasceria diretta verso il Gran Re. Si erano infatti avviate in quel tempo delle trattative tra Farnabazo e gli strateghi ateniesi97 che avevano portato a un trattato, secondo il quale questi avrebbero ricevuto venti talenti e si sarebbero recati dal Gran Re; al momento dell’effettiva partenza di questa delegazione si aggiungono anche degli Argivi e degli altri personaggi, che non si capisce in quale veste partecipino98. Infatti Senofonte al gruppo mandato dagli Ateniesi e Argivi abbina un altro gruppo (che sembra solo viaggiare con loro, visto l’uso

94 A due tempi diversi pensa PARETI 1961, 60, che situa Pasippida come navarco nel 410/9, contra BROWNSON 1903, 35, che prova meno convincentemente a spostarlo al 409/8. A un esilio volontario per timore del giudizio degli efori pensa SOLARI 1907, 20. 95 La situazione pare tanto strana che PIÉRART 1995, 279, ipotizza che Taso possa essere un errore per Chio; questo darebbe più senso dal punto di vista storico, considerata la grande importanza strategica dell’isola, la cui perdita autorizzerebbe l’ira spartana e l’anomala condanna all’esilio per il navarco. 96 Bisogna tenere presente però che oltre alla generica attestazione del passaggio di anno (epiontos etous), abbiamo una precisa attestazione, ma errata, di cronologia, che inserisce il riferimento all’arcontato di Antigene, che sarebbe del 407/6, del tutto impossibile per questi eventi; molti sono i dubbi suscitati su queste transizioni di anno, cfr. anche PARETI 1910, 108-109; LOTZE 1962, 9; RIEDINGER 1991, 97 sg. e infra, 56 n. 126. 97 Soprattutto Alcibiade e Trasillo infatti in quel periodo avevano operato attivamente contro Farnabazo, ad esempio ancora nella zona di Abido e poi a Calcedone, Selimbria e Bisanzio (cfr. Xenoph. Hell. I, 2, 16-17; 3, 2-7; 3, 10; 3, 16; Diod. XIII, 64, 4; 66-67, ecc.): per una ricostruzione delle operazioni ateniesi di questo periodo cfr. CATALDI 2001, 65 sg. Per un’analisi specifica delle fonti e del trattato cfr. AMIT 1973. 98 Cfr. Xenoph. Hell. I, 3, 8; Plut. Alc. 31, 1. Diodoro segue una tradizione diversa, ritenuta di solito meno attendibile, perché descrive fatti molti simili, ma senza citare un trattato tra Atene e la Persia (Diod. XIII, 66); cfr. anche CATALDI 2001, 68.

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della formula: ἐπορεύοντο δὲ καὶ) composto da ambasciatori spartani, ovvero Pasippida e altri, oltre al siracusano Ermocrate, allora in esilio, e suo fratello99. Pasippida, come abbiamo visto, era stato compromesso dai rapporti con Tissaferne e sembra strano che ora partecipi invitato dal nemico Farnabazo; perdipiù si tratta di una ambasceria tutta composta da nemici di Sparta, perché gli Spartani dovrebbero avere inviato una loro delegazione ufficiale? Inoltre non va dimenticato che Pasippida dovrebbe essere in esilio a questo punto; dunque i problemi suscitati da questa notizia sono molteplici e le soluzioni ipotizzabili sono essenzialmente due. O Pasippida è il navarco dell’anno successivo, non ancora accusato e sostituito da Cratesippida, e si reca in un’ambasceria ufficiale (come sembra in effetti attestare l’uso della parola presbeis), ma dal senso non chiaro, oppure è già in esilio e si reca di sua iniziativa con una delegazione non ufficiale, forse per cercare di contrastare l’avvicinamento tra Farnabazo e Atene e provare così a recuperare il suo prestigio, allontanando i sospetti di collusione con Tissaferne. Il fatto che possa trattarsi di una spedizione non ufficiale potrebbe essere confermato dalla contemporanea presenza di Ermocrate, che era già in esilio e destituito dal ruolo di stratego siracusano; ancor più in questo caso sembra impossibile una sua partecipazione a una ambasceria inviata da Sparta e si avvalora l’ipotesi che questo secondo gruppo di partecipanti fosse tutto di esuli100. Neppure l’ultima attestazione senofontea su Pasippida purtroppo ci aiuta a dirimere con sicurezza la questione: dopo il resoconto di questi fatti, si narra che Farnabazo guidava gli ambasciatori e gli Ateniesi assediavano Bisanzio, di cui era armosta lo spartano Clearco. Non ci sono nessi temporali, per quanto di solito i traduttori inseriscano un rapporto di contemporaneità101; il racconto poi prosegue con l’indicazione che Clearco allora decide di recarsi a prendere del denaro da Farnabazo e di raccogliere le navi lasciate di vedetta nell’Ellesponto da Pasippida e quelle affidate ad Agesandrida, epibates di Mindaro. Si propone inoltre di farne costruire di nuove ad Antandro e poi con la flotta riunita di compiere azioni di disturbo contro gli alleati ateniesi per far abbandonare l’assedio

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Xenoph. Hell. I, 3, 13: Φαρνάβαζος μὲν οὖν εὐθὺς ἀπῄει, καὶ τοὺς παρὰ βασιλέα πορευομένους πρέσβεις ἀπαντᾶν ἐκέλευσεν εἰς Κύζικον. ἐπέμφθησαν δὲ Ἀθηναίων μὲν Δωρόθεος, Φιλοκύδης, Θεογένης, Εὐρυπτόλεμος, Μαντίθεος, σὺν δὲ τούτοις Ἀργεῖοι Κλεόστρατος, Πυρρόλοχος· ἐπορεύοντο δὲ καὶ Λακεδαιμονίων πρέσβεις Πασιππίδας καὶ ἕτεροι, μετὰ δὲ τούτων καὶ Ἑρμοκράτης, ἤδη φεύγων ἐκ Συρακουσῶν, καὶ ὁ ἀδελφὸς αὐτοῦ Πρόξενος. Su questa ambasceria composita, ma senza indicazioni sul ruolo di Pasippida, cfr. MOSLEY 1973, 18 e 65. 100 Cfr. anche ad es. PARETI 1961, 61; PIÉRART 1995, 292. 101 Xenoph. Hell. I, 3, 14: il nesso temporale può essere espresso da while (Loeb), pendant que (Belles Lettres), frattanto (BUR), mentre (Oscar Mondadori), ecc.

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di Bisanzio102. Qui Senofonte a mio parere sta visibilmente tornando indietro nella narrazione; non solo infatti Farnabazo è ancora operativo in zona e sta collaborando con gli Spartani contro gli Ateniesi (quindi non può esserci stato ancora il patto, per quanto già raccontato), ma anche il riferimento a uno degli ufficiali di Mindaro (morto nei primi mesi del 410) ci porta indietro nei mesi, come dunque l’indicazione sul posizionamento delle navi in base agli ordini di Pasippida. L’ipotesi dunque che a mio parere pare più coerente è che Pasippida sia il navarco giunto in Asia Minore a fine estate del 410, che non abbia compiuto imprese significative, vista la situazione di crisi della flotta peloponnesiaca, ma abbia cercato di tessere una rete diplomatica con i satrapi persiani. Il suo coinvolgimento con Tissaferne viene però visto con sospetto, in base alla politica spartana che si era avvicinata piuttosto a Farnabazo, e gli provoca probabilmente a fine mandato l’esilio, durante il quale si unisce alla delegazione greca che dovrebbe recarsi dal Gran Re, nei primi mesi del 408. Infatti Senofonte ci racconta poco dopo (Hell. I, 4, 1) che Farnabazo e gli ambasciatori attendono a Gordio la fine dell’inverno 409 e all’inizio della primavera 408 ripartono, incontrando lungo la strada una ambasceria spartana guidata da un personaggio di nome Beozio già di ritorno dal Re, che aveva esaudito le loro richieste e inviato il figlio Ciro come comandante supremo delle forze navali e alleato di Sparta103. A questo punto gli ambasciatori ateniesi (insieme ai quali non vengono più citati gli esponenti argivi e spartani) non possono più procedere, perché Ciro esorta Farnabazo a lasciar perdere e a trattenerli per un certo tempo per poi inviarli di nuovo indietro. Questo riferimento a un’altra ambasceria ufficiale spartana già inviata al Re, che non può essere la stessa di quella precedentemente descritta, perché chiaramente si distinguono da una parte Farnabazo e gli ambasciatori con lui in viaggio di andata e dall’altra l’ambasceria spartana di ritorno104, rende a mio parere ancora più probabile una presenza di Pasippida in questa occasione solo a titolo personale.

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Xenoph. Hell. I, 3, 17. Vd. FALKNER 1992 a, 202. Xenoph. Hell. I, 4, 1. Già BELOCH 1879, 123, collocava questo episodio tra 409 e 408. LEWIS 1977, 123 sg., ipotizza che in questa occasione si sia stipulato un nuovo trattato tra Sparta e la Persia, ma CARTLEDGE 1979, 266, è più scettico; anche secondo CAWKWELL 2005, 290-291, l’ambasceria voleva solo lamentarsi dell’inosservanza del trattato da parte di Tissaferne e viene accontentata, come dimostra l’invio di Ciro (ma lo studioso data l’episodio alla primavera 407). Più convinto che si possa trattare di un vero accordo invece STRONK 1990-1991, 121-122, che partendo dalla constatazione che le città d’Asia Minore in questo periodo paiono libere, immagina una qualche forma di accordo che garantisca la libertà delle città in cambio di tributi; dobbiamo però ricordare che non ci sono attestazioni di alcun genere in questo senso. Per l’arrivo di Ciro come satrapo di Lidia-FrigiaCappadocia, ai danni di Tissaferne, cfr. anche RUZICKA 1984, 204 sg. 103

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Intanto in Asia Minore operano come al solito molti altri archontes, come Ippocrate, Agesandrida e Clearco, oltre al nuovo navarco del 409/8, Cratesippida, che resta altrettanto oscuro e in posizione quasi subordinata rispetto agli altri comandanti. Per Senofonte si tratta giusto di un nome, mentre poco di più ci dice Diodoro, che evidenzia il fatto che quello indugia nelle acque della Ionia senza prendere iniziative degne di nota, tranne l’occupazione dell’acropoli di Chio, convinto dal denaro di alcuni esuli che gli avevano chiesto aiuto per rientrare in patria105. Questa notizia è molto discussa, perché potrebbe costituire un altro caso di corruzione di un navarco, ma potrebbe invece trovare una legittima spiegazione in un contributo di denaro ufficiale per la spedizione da parte di un’alleata106. Difficile pare infatti distinguere se gli esuli di Chio chiedano aiuto contro il fronte filoateniese o contro dei concittadini sempre filospartani, ma di un fronte meno moderato, a causa di un’opposizione che potrebbe risalire al tempo di Pedarito e Astioco107. Certo però che la corruzione di Cratesippida non va considerata probabile, considerando la mancanza di notizie su eventuali conseguenze di questa grave accusa, che poco prima aveva portato all’esilio il suo predecessore. Queste due figure poco incisive di navarchi (oltre che, forse ingiustamente, sospette entrambe di corruzione) non riescono comunque a risolvere la crisi navale spartana e spiegano il giudizio riportato in Diodoro: «Gli Spartani, che avevano perduto completamente la loro forza navale insieme al suo comandante Mindaro, non si abbandonarono tuttavia allo scoraggiamento, ma scelsero come nuovo navarco Lisandro, che sembrava distinguersi dagli altri per la sua capacità strategica e la cui pronta audacia in ogni situazione critica si era rivelata effi-

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Xenoph. Hell. I, 4, 4-7. Secondo alcuni studiosi potrebbe invece essere la stessa, al cui comando non ci sarebbe più Pasippida che potrebbe essere morto per strada, ma Beozio: cfr. DEBORD 1999, 222. L’ipotesi non mi sembra sostenuta dalla descrizione presente in Senofonte; della stessa opinione anche PIÉRART 1995, 282 e ad es. ROBERTSON 1980, 290 n. 25 (che però non ritiene ci siano sufficienti elementi per considerare Pasippida navarco, ibidem, 291). 105 Cfr. Xenoph. Hell. I, 1, 32; 5, 1; Diod. XIII, 65, 3-4. 106 Questo infatti è il contesto giusto secondo PIÉRART 1995, 272-274, per la raccolta di doni in denaro da parte degli alleati spartani per la conduzione della guerra attestata da IG V, 1, 1, invece che nella fase archidamica (cfr. nello stesso senso BLECKMANN 1993, 301 sg., che cerca in particolare di trovare una soluzione all’effettiva difficoltà costituita dal riferimento ai Meli in un contesto post 416); vd. anche supra, 17 n. 40. 107 Pedarito aveva infatti probabilmente instaurato una oligarchia molto dura, cui Astioco aveva provato ad opporre una oligarchia più moderata, vd. anche supra, 31 n. 23. Gli studiosi però si dividono in due partiti, tra chi crede che Chio sia in mano ateniese quando arriva Cratesippida (es. PIÉRART 1995, 268-269) e chi invece sottolina il contrasto interno al fronte oligarchico filospartano (es. DUCAT 2002, 31-32).

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cace. Costui, assumendo l’incarico di comando, arruolò soldati dal Peloponneso in numero sufficiente ed equipaggiò il maggior numero possibile di navi»108.

Anche in questo caso torna dunque quella formula che abbiamo già incontrato a proposito del nuovo navarco (παραλαβὼν τὴν ἀρχὴν), che porta esplicitamente in direzione di un cambio ufficiale in una magistratura. Questo a mio parere non significa però che qui Diodoro sbagli facendo succedere Lisandro direttamente a Mindaro nel 408/7 (d’altronde pochi paragrafi prima aveva citato esplicitamente il passaggio della navarchia a Cratesippida), ma evidenzi come solo con la nomina di Lisandro gli Spartani abbiano preso di nuovo la decisione di operare attivamente e sbloccare la situazione di stallo in Asia Minore. In questo senso va intesa anche la notizia di Senofonte che, seguendo uno dei preziosi consigli di Alcibiade durante il suo soggiorno spartano, si stavano costruendo nuove navi presso il Gizio, che appare ormai in pieno servizio come porto e arsenale di Sparta109. Una ulteriore indicazione proviene inoltre dal riferimento plutarcheo, secondo cui l’arrivo di Alcibiade per le operazioni in Ionia aveva di nuovo ristabilito l’equilibrio a favore degli Ateniesi110 e gli Spartani avevano deciso di rinnovare la loro partecipazione in guerra con ardore, accorgendosi della necessità di un comandante esperto e affidando dunque il comando sul mare a Lisandro (Plut. Lys. 3, 2). 5. Lisandro (408/7) Una delle fasi più intricate e dense di problemi cronologici per l’analisi della navarchia è proprio quella di Lisandro. Secondo le indicazioni di Senofonte: «Non molto tempo prima di questi avvenimenti gli Spartani inviarono Lisandro come navarco, dal momento che Cratesippida era scaduto dalla carica»111.

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Diod. XIII, 70, 1: Λακεδαιμόνιοι δὲ τήν τε ναυτικὴν δύναμιν ἄρδην ἀπολωλεκότες καὶ μετ᾽ αὐτῆς Μίνδαρον τὸν ἡγεμόνα, ταῖς ψυχαῖς ὅμως οὐκ ἐνέδωκαν, ἀλλὰ ναύαρχον εἵλαντο Λύσανδρον, δοκοῦντα στρατηγίᾳ διαφέρειν τῶν ἄλλων καὶ τόλμαν ἔμπρακτον ἔχοντα πρὸς πᾶσαν περίστασιν· ὃς παραλαβὼν τὴν ἀρχὴν ἐκ τῆς Πελοποννήσου στρατιώτας τε κατέγραφε τοὺς ἱκανοὺς καὶ ναῦς ἐπλήρωσεν ὅσας ἐδύνατο πλείστας. 109 Cfr. Xenoph. Hell. I, 4, 11; questo riferimento al Gizio è il primo sul porto di Sparta cfr. WEBER 1833; FALKNER 1992 a, 204 e 1994; MILLENDER 2015, 299. 110 Si veda l’accurata ricostruzione di queste ‘audacie’ alcibiadee, e ateniesi in generale, in questo periodo in CATALDI 2001, 65 sg. 111 Xenoph. Hell. I, 5, 1: οἱ δὲ Λακεδαιμόνιοι πρότερον τούτων οὐ πολλῷ χρόνῳ Κρατησιππίδᾳ τῆς ναυαρχίας παρεληλυθυίας Λύσανδρον ἐξέπεμψαν ναύαρχον. Per i pro-

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Lisandro era dunque giunto in Asia a sostituire il suo predecessore Cratesippida non molto tempo prima del ritorno in Asia di Alcibiade: questa notizia generica può essere precisata meglio dal punto di vista del mese di arrivo, perché sappiamo che Alcibiade era rientrato ad Atene durante le feste Plinterie e ne era ripartito quattro mesi dopo112, il che ci porta verso fine ottobre e dunque a ipotizzare un arrivo di Lisandro, se di poco precedente, all’inizio dell’autunno circa. In questo caso però il problema è costituito dall’anno, perché potrebbe trattarsi del 408, come secondo la maggior parte degli studiosi, ai quali mi associo, o del 407, come mi sembra meno convincente, soprattutto per l’inevitabile compressione degli eventi che ne conseguirebbe (in particolare la successione delle battaglie di Nozio e delle Arginuse a pochi mesi di distanza)113. L’arrivo in autunno del nuovo navarco è del tutto compatibile con l’ipotesi già avanzata che la nuova nomina venisse effettuata all’inizio dell’anno spartano in collegamento con l’equinozio d’autunno, confermata in questo caso anche dal tipo di attività iniziali cui egli si dedica, molto più adatte all’autunnoinverno che alla primavera-estate. Vediamo ad esempio che Lisandro dopo il suo arrivo compie un giro per raccogliere la flotta tra Rodi, Cos, Mileto ed Efeso, che sceglie come base e in cui rimane ad attendere Ciro, trascorrendo il primo periodo in attività diplomatiche e di sistemazione della flotta114. La formula senofontea attribuita a questa fase (ἡσυχίαν ἦγεν) credo che possa riferirsi solo a un periodo invernale di forzata inattività, non certo primaverile-estivo come vogliono alcuni commentatori, che scalano l’arrivo di Lisandro alla primavera 407, in modo a mio parere incoerente con l’indicazione precisa di Senofonte115.

blemi di datazione di Cratesippida cfr. anche BROWNSON 1903, 34, che però sbaglia a mio parere nel posticipare l’incarico a Lisandro nel 407/6. Questo riferimento all’incarico scaduto (simile a quello che si trova in I, 6, 1) può costituire uno degli indizi più forti per la regolarità della carica, cfr. BELOCH 1879, 119 e contra JUDEICH 1892, 108. 112 Xenoph. Hell. I, 4, 20-21; Plut. Alc. 34. Cfr. BARBIERI 1955, 22; PARETI 1961, 62. 113 Per il 408/7 ad es.: WEBER 1833, 87; BELOCH 1879, 123; SOLARI 1907, 43; PARETI 1961, 124; LOTZE 1964, 14 (tarda estate 408), 72-86 (per un’appendice sui problemi di cronologia tra 410 e 406); ROBERTSON 1980, 291 (There is no question that Lysander was chosen as navarch for the year 408/7); FALKNER 1992 a, 204 sg. Per il 407/6 ad es.: B ROWNSON 1903, 34; R AHE 1977, 7, 20 sg., 31 n. 1 (per uno status quaestionis); PEČATNOVA 1984, 107-110 (non vidi); KAGAN 1987, 299. 114 Xenoph. Hell. I, 5, 10: «Lisandro, quando ebbe finito di radunare la flotta, fece tirare in secco le 90 navi che si trovavano a Efeso e dedicandosi a lavori di sistemazione e di riparazione, aveva sospeso ogni altra attività militare» καὶ ὁ μὲν Λύσανδρος, ἐπεὶ αὐτῷ τὸ ναυτικὸν συνετέτακτο, ἀνελκύσας τὰς ἐν τῇ Ἐφέσῳ οὔσας ναῦς ἐνενήκοντα ἡσυχίαν ἦγεν, ἐπισκευάζων καὶ ἀναψύχων αὐτάς. Cfr. Diod. XIII, 70, 2-4; Plut. Lys. 3, 3-4. 115 Anche PARETI 1961, 63, propende per settembre, nonostante di solito piazzi le nomine un mese o due prima dell’equinozio (ibidem, 24); eppure autorevoli studiosi sosten-

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Avvengono in questa fase anche i primi contatti con Ciro, volti soprattutto a mettere sotto accusa l’operato di Tissaferne e a verificare le intenzioni di impegno del giovane karanos; le trattative sono fruttuose per Lisandro, perché ottiene rassicurazioni e convince Ciro ad aumentare la paga prevista per ogni marinaio da tre a quattro oboli116. Quando le operazioni riprendono, probabilmente dunque nella primavera 407 e non nell’autunno o addirittura inverno, come sostiene chi scala alla primavera la data di arrivo di Lisandro, e neppure nel 406, quasi a ridosso della battaglia delle Arginuse, come per chi scala di un anno intero questo arrivo117, si verifica subito l’evento principale della sua navarchia, ovvero la battaglia di Nozio. Come al solito, le tradizioni su questo evento sono contrastanti118: secondo Senofonte qui era attestata la flotta ateniese guidata da Alcibiade, ma temporaneamente affidata al kybernetes Antioco con l’ordine di non assalire le navi di Lisandro durante l’assenza dello stratego119. Antioco invece si lascia provocare a battaglia senza essere ben organizzato e subisce una inevitabile sconfitta, con la perdita di parecchie navi e la cattura di molti uomini120.

gono che arrivi in primavera, cfr. ad es. KAGAN 1987, 297; BERNINI 1988, 11 n. 3, ecc. Nella confusione di date si inserisce anche BOMMELAER 1981, 61-62, 74 sg., che propende per l’inizio del 407 e ipotizza una riforma della navarchia proprio in questo periodo, passando dalla nomina in tarda estate all’inizio dell’anno (febbraio circa), ma in maniera a mio parere non necessaria. Da escludere poi mi sembra l’ipotesi che arrivassero in primavera e andassero via in autunno perché in inverno si dovevano sospendere le attività (WEBER 1833, 75): sembra infatti di poter affermare non solo che l’inverno era indispensabile per le operazioni di riparazione e allestimento della flotta che il navarco doveva curare, ma anche che molte operazioni belliche sono attestate in mesi invernali. 116 Xenoph. Hell. I, 5, 7. Plutarco (Lys. 4, 3 sg.) evidenzia anche il lato personale dei rapporti che si avviano tra i due. Per lo stretto contatto vd. anche HAMILTON 1992, 36. 117 Cfr. ad es. BOMMELAER 1981, 61-62 (tra dicembre e febbraio); KAGAN 1987, 329 (dicembre o gennaio); inverno ma 407/6 per ASMONTI 2015, 39, 42. Per la primavera 407 ad es. BARBIERI 1955, 25; PARETI 1961, 64; BONAMENTE 1973, 35 n. 1. Per la primavera ma 406: RAHE 1977, 21; ROBERTSON 1980, 286. 118 Xenoph. Hell. I, 5, 11 sg. (cfr. anche 4, 21; II, 1, 16, 20); Lys. In Alc. I [XIV], 38; Apol. dorod. [XXI], 7; Hell. Oxy. fr. B, 8 (Chambers); Diod. XIII, 71, 2-4; Plut. Lys. 5; Alc. 35. Le Elleniche di Ossirinco mostrano buona competenza navale e rivelano una convergenza nella tradizione seguita poi da Diodoro e Plutarco, ma senza fornire dettagli cronologici; cfr. su questo PÉDECH 1969, 49-52; GRAY 1987, 77 sg.; MOSSÉ 2001, 189-192; OCCHIPINTI 2016, 68 sg. 119 Secondo Senofonte Alcibiade si era recato da Trasibulo che stava assediando Focea (Hell. I, 5, 11), mentre per Diodoro aveva raggiunto Clazomene (XIII, 71, 1), in difficoltà per tensioni interne. Cfr. ANDREWES 1982, 17; KROEKER 2002, 167 sg. (che riesce ad analizzare la battaglia senza porsi alcun problema di datazione). 120 Come al solito la tradizione riportata da Senofonte è leggermente diversa da quella

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Secondo Diodoro, invece, Antioco esce con uno squadrone di dieci navi per andare a provocare a battaglia la flotta spartana a Efeso; quando Lisandro esce dal porto e lo attacca, affonda questo primo squadrone e poi passa al resto della flotta ateniese che era giunta in soccorso di Antioco. Parzialmente simile è la versione, purtroppo anche molto lacunosa, presente nei Fragmenta florentina delle Elleniche di Ossirinco, secondo cui Lisandro esce contro Antioco con tre navi e solo dopo averlo sconfitto lancia tutta la flotta contro le navi ateniesi121; questa descrizione pare comunque più completa e convincente. Dopo questa vittoria, poi Lisandro si ritira a Efeso e non si lascia provocare a battaglia da Alcibiade, che deve così rinunciare e tornare a Samo. Gli effetti di questa battaglia, non particolarmente significativa di per sé, sono invece importanti, perché gli Ateniesi non perdonano ad Alcibiade questa sconfitta, che viene imputata a lui, e in seguito alla quale deve di nuovo allontanarsi, lasciando il comando della flotta a Conone122. Le informazioni sul resto della navarchia di Lisandro sono molto scarse, essendo limitate ad alcune osservazioni di Plutarco secondo cui a Efeso Lisandro si dedica a stringere una rete diplomatica di amicizia con gli esponenti delle classi elevate, seminando i germi delle future decarchie e rivoluzioni e facendosi complice delle loro ingiustizie123. Ma aldilà di questo giudizio moralistico tipicamente plutarcheo non sappiamo nulla di concreto, a parte una generica indicazione di una sua attività diplomatica, fino alla notizia dell’avvicendamento con il successivo navarco.

di Diodoro: per il primo gli Ateniesi perdono 15 navi (Hell. I, 5, 14; cfr. anche Plut. Lys. 5, 2), per il secondo 22 (XIII, 71, 4). 121 PSI 1304, fr. B (8 Chambers). Per un’accurata analisi della tradizione frammentaria qui trasmessa cfr. ANDREWES 1982, 15 sg.; cfr. anche LENFANT 2011, 205 (che accoglie la datazione 407). Secondo GRAY 1987, 78, Diodoro modifica la versione delle Hell. Oxy. non perché la sintetizzi soltanto, ma per rispondere a un modello che utilizza anche nel racconto della battaglia di Egospotami (XIII, 106, 2). 122 Xenoph. Hell. I, 5, 16; Diod. XIII, 76, 2; la questione cronologica è qui intricatissima, dal momento che gli strateghi ateniesi eletti in questa fase sembrano gli stessi presenti alla battaglia delle Arginuse l’anno successivo. Chi scala tutte le datazioni si trova qui a dovere ipotizzare una destituzione di Alcibiade prima delle elezioni e un invio di Conone anticipato, al febbraio 406, a cui far seguire a ruota l’arrivo di Callicratida nella primavera 406 (cfr. ad es. BOMMELAER 1981, 61-62; KAGAN 1987, 322, 327); non si sbilancia sulla destituzione o meno di Alcibiade ASMONTI 2015, 43. 123 Cfr. Plut. Lys. 5, 5 sg. A ragione ROISMAN 2017, 191-193, evidenzia che, nonostante la presentazione celebrativa di Diodoro (XIII, 70, 1) di Lisandro come eccellente generale che può risolvere la situazione di crisi, egli in realtà in questa prima navarchia non conduce operazioni molto significative e che la vittoria di Nozio è più che altro il risultato di opportunismo e fortuna. STRONK 1990-1991, 124, sottolinea invece l’importanza dei risultati politici e diplomatici, che creano una rete oligarchica filospartana in Asia Minore.

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6. Callicratida (407/6) Per una volta le fonti sono concordi a proposito del passaggio di incarico tra Lisandro e Callicratida. Secondo il testo senofonteo: «L’anno successivo, nel quale ci fu un’eclissi di luna e in Atene l’antico tempio di Atena fu distrutto da un incendio, [durante l’eforato di Pityas e l’arcontato di Callia in Atene], gli Spartani inviarono a Lisandro, il cui periodo di carica era terminato, Callicratida per sostituirlo al comando delle navi [quando la guerra durava ormai da 24 anni]»124.

Assolutamente coerente pare la testimonianza di Diodoro, secondo cui: «Gli Spartani, poiché il periodo di navarchia di Lisandro era terminato, inviarono Callicratida come successore»125.

Viene dunque attestato da entrambi il fatto che l’incarico di Lisandro fosse scaduto e che Callicratida fosse l’ufficiale diadochos, ma in realtà anche l’arrivo di questo nuovo navarco crea molti problemi cronologici. Il passo senofonteo che riporta la notizia è considerato infatti fortemente interpolato: ricorrono varie notazioni cronologiche, tra cui l’indicazione arcontale corrispondente all’anno 406/5 e la durata della guerra, che sono normalmente espunte, ma non si sa se nell’espunzione vada coinvolto oppure no l’inizio della frase, che cita il passaggio di anno con la formula τῷ δ᾽ ἐπιόντι ἔτει126. Se dovessimo aspettare il passaggio dell’anno ateniese di Callia si dovrebbe arrivare all’estate 406, presupponendo dunque per la durata della navarchia di Lisandro un tempo di quasi due anni, del quale non sappiamo nulla oltre alla battaglia di Nozio. Per quanto Senofonte ci dica che il tempo di Lisandro era ormai trascorso (παρεληλυθότος)127, certo l’arrivo di Callicratida difficilmente può essere avvenuto con un tale ritardo.

124 Xenoph. Hell. I, 6, 1: τῷ δ᾽ ἐπιόντι ἔτει, ᾧ ἥ τε σελήνη ἐξέλιπεν ἑσπέρας καὶ ὁ παλαιὸς τῆς Ἀθηνᾶς νεὼς ἐν Ἀθήναις ἐνεπρήσθη, [Πιτύα μὲν ἐφορεύοντος, ἄρχοντος δὲ Καλλίου Ἀθήνησιν], οἱ Λακεδαιμόνιοι τῷ Λυσάνδρῳ παρεληλυθότος ἤδη τοῦ χρόνου [καὶ τῷ πολέμῳ τεττάρων καὶ εἴκοσιν ἐτῶν] ἔπεμψαν ἐπὶ τὰς ναῦς Καλλικρατίδαν. 125 Diod. XIII, 76, 2: οἱ δὲ Σπαρτιᾶται, τῷ Λυσάνδρῳ διεληλυθότος ἤδη τοῦ τῆς ναυαρχίας χρόνου, Καλλικρατίδην ἐπὶ τὴν διαδοχὴν ἀπέστειλαν. 126 Tutti interpolati i passaggi di anno secondo PARETI 1910, 108-109; anche LOTZE 1962, 9, le ritiene tutte formule interpolate e sembra aver ragione in effetti; interessante è poi la sua distinzione di un doppio interpolatore nei passi di cronologia, uno che mette le formule di passaggio con la registrazione degli anni di guerra, e un altro che inserisce i sincronismi; vd. anche infra, 71 n. 195. 127 Per una durata di due anni dell’incarico a Lisandro: ROBERTSON 1980, 290 e n. 28.

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Ricorre qui tra l’altro anche il ricordo di un’eclissi di luna solitamente datata al 15 aprile 406 e che potrebbe essere l’indizio, secondo alcuni128, di un arrivo di Callicratida in quella primavera (pur sempre comunque a un anno e mezzo circa dall’inizio della navarchia di Lisandro); ma allora si tratterebbe dell’anno arcontale precedente, quello di Antigene, dunque in ogni modo i dati non corrispondono (alimentati anche dallo scarto tra il calendario attico e quello dorico) e portano in effetti a pensare che tutto questo paragrafo di cronologia possa essere un’inserzione posteriore da espungere129 e che gli eventi descritti vadano riferiti ancora all’arcontato precedente. Dobbiamo quindi ipotizzare che il cambio sia avvenuto poco dopo la naturale scadenza di Lisandro, nell’autunno 407130, come può confermare Diodoro che racconta l’avvicendamento dei navarchi dopo l’arrivo a Samo di Conone al posto di Alcibiade dopo le nuove elezioni ateniesi degli strateghi sotto appunto l’arcontato di Antigene, ovvero nel 407/6131. Quando Callicratida arriva in zona, si trova però in una situazione di grande contrasto con il suo predecessore, che non agevola il passaggio di consegne; dobbiamo quindi pensare che ci siano motivi specifici di ostilità politica tra i due, che avvelenano un normale avvicendamento, non accettato da Lisandro132. È evidente infatti la loro inimicizia, già dal momento dell’arrivo di Callicratida, quando i due si scontrano a parole: «Al momento della consegna delle navi, Lisandro fece notare a Callicratida che gli consegnava la flotta da dominatore dei mari e da vincitore in una battaglia navale. Allora quello lo invitò a uscire da Efeso navigando lunga la costa sinistra di Samo, dove si trovavano le navi degli Ateniesi, e a consegnargli la flotta a Mileto, e sarebbe stato disposto a riconoscergli la supremazia sui mari»133.

128 Cfr. ad es. RAHE 1977, 31 n. 1. Basandosi sull’assunto di SEALEY, 1976, 335 sg., che i navarchi entravano in carica in primavera, gli studiosi spesso infatti pensano a questa data anche per Callicratida: cfr. ad es. KRENTZ 1989 a, 134; PICCIRILLI 1991, 268. Secondo R OBERTSON 1980, 290, è Lisandro ad arrivare in Ionia nell’autunno 407, mentre Callicratida è il navarco del 406/5, morto dopo un brevissimo periodo. 129 Cfr. PARETI 1961, 65, che evidenzia le molte contraddizioni di questo passo; anche secondo LOTZE 1962, 2 e ROBERTSON 1980, 282 e n. 1, tutti i dati cronologici sono di un interpolatore e vanno ignorati. 130 Cfr. già DE SANCTIS 1931, 159; estate 407 secondo BARBIERI 1955, 33. 131 Diod. XIII, 76, 2; cfr. anche Xenoph. Hell. I, 5, 16, e supra, 55 n. 122, per la questione cronologica intricatissima. Per la navarchia nel 407/6 cfr. anche CAWKWELL 1976 a, 66. 132 Questa ostilità sembra poco comprensibile se Lisandro avesse saputo con sicurezza che avrebbe dovuto lasciare il suo incarico; per questo si potrebbe forse provare a ipotizzare che pensasse di poter restare al comando e che invece gli Spartani abbiano inserito proprio in fuzione antilisandrea la clausola che non si poteva iterare. Questo contesto storico sarebbe più coerente per questa riforma che quello successivo alla battaglia di Cizico, cfr. anche supra, 32 n. 29. 133 Xenoph. Hell. I, 6, 2: ὅτε δὲ παρεδίδου ὁ Λύσανδρος τὰς ναῦς, ἔλεγε τῷ Καλλικρα-

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Lisandro vanta un presunto ruolo da dominatore del mare (con il significativo e allora ancora raro termine thalassokrator)134, mentre Callicratida realisticamente non gli riconosce questa capacità di thalassokratein e mostra così dunque di non credere ad alcuna talassocrazia spartana, millantata, ma in realtà sempre sottoposta a quella degli avversari. Qui a mio parere il nuovo navarco vuole minare lo strapotere di Lisandro che evidentemente cominciava a impensierire gli Spartani e smascherare quello che descrive come un bluff; non mi pare affatto convincente invece l’interpretazione di alcuni studiosi, secondo cui Callicratida si dimostra un egotistical, impatient commander135, incapace di tatto e rispetto per le truppe che sembrerebbe voler mettere a rischio con l’operazione proposta136. Anche il fatto che, prima di essere sostituito, Lisandro mandi indietro a Ciro il denaro che gli è avanzato137 rivela un’ostilità preventiva, direi quasi al limite del sabotaggio, nei confronti del successore, che evidentemente è percepito come un nemico politico138. Anche gli amici di Lisandro ostacolano da

τίδᾳ ὅτι θαλαττοκράτωρ τε παραδιδοίη καὶ ναυμαχίᾳ νενικηκώς. ὁ δὲ αὐτὸν ἐκέλευσεν ἐξ Ἐφέσου ἐν ἀριστερᾷ Σάμου παραπλεύσαντα, οὗ ἦσαν αἱ τῶν Ἀθηναίων νῆες, ἐν Μιλήτῳ τὰς ναῦς παραδοῦναι, καὶ ὁμολογήσειν θαλαττοκρατεῖν. Per questo scontro verbale cfr. anche Plut. Lys. 6, 2. 134 La definizione pare inusuale e di striking impact secondo BROWN FERRARIO 2014, 236. Per un’analisi del termine thalassokratein qui cfr. anche KROEKER 2002, 170-171; BIANCO 2015, 101. 135 KRENTZ 1989 a, 145. La stessa interpretazione negativa viene data da GRAY 1989, 22-24; 81-83. 136 Si ricorda infatti Callicratida per lo più solo come il navarco responsabile della sconfitta spartana alle Arginuse, e gli studiosi moderni nei riferimenti, spesso cursorii, al personaggio alternano opposte interpretazioni, sottolineandone l’inesperienza e imprudenza o invece la nobiltà d’animo, da campione panellenico, per quanto sfortunato. Si passa infatti ad esempio da un KRENTZ 1989 a, 145 sg., che evidenzia una fortissima rappresentazione negativa di Callicratida da parte di Senofonte, a CARTLEDGE 1987, 190, secondo cui a Senofonte si deve un enormously sympathetic portrayal of Kallikratidas. Tentativi di mettere ordine si devono a RONNET 1981, 111 sg., che evidenzia una sospensione di giudizio da parte di Senofonte (influenzato dalla rivalità di Agesilao con Lisandro), e di MOLES 1994, 70 sg., che evidenzia un tono misto, in parte positivo, in parte meno, coerente con il ritratto morale che Senofonte era interessato a comporre, di un uomo con vizi e virtù. Nello stesso senso anche LAFORSE 1998, 58; KROEKER 2002, 169 sg.; BEARZOT 2004 a, 19. 137 Xenoph. Hell. I, 6, 10; cfr. anche Plut. Lys. 6, 1. Si trattava di a truly shocking act secondo KAGAN 1987, 330, che rivelava come si trattasse di denaro dato per via privata più che ufficiale; cfr. anche RAHE 1977, 7, 20 sg. (che evidenzia la reciproca utilità nel rapporto tra Ciro e Lisandro, ognuno interessato più che altro ai suoi scopi personali). Sull’atteggiamento di Lisandro, né cooperativo né patriottico, cfr. WYLIE 1997, 78. Più benevolo ROISMAN 2017, 195, secondo cui probabilmente Ciro stesso richiede indietro a Lisandro il denaro avanzato. 138 Plutarco soprattutto riprende la stessa polarizzazione tra Lisandro e Callicratida che

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subito il nuovo navarco, attraverso atti di indisciplina e una propaganda contraria tra gli alleati, basata sulla critica al cambio dei navarchi effettuato dagli Spartani, la cui conseguenza era la nomina di uomini inadatti e inesperti che mettevano a rischio l’esito del conflitto, anche se Plutarco ci dice che queste accuse erano frutto solo di timori personali, provocati dalla perdita dell’appoggio di Lisandro139. Al circolare di queste critiche Callicratida riunisce gli uomini per un discorso pubblico, che Senofonte inserisce in modo diretto, facendo parlare un navarco, come in pochissime altre occasioni; qui egli ribatte che ben volentieri sarebbe rimasto in patria, invece che recarsi lì, e che di certo Lisandro aveva maggiore esperienza, ma che il suo solo compito era obbedire agli ordini della città. La sua nomina al comando della flotta era una decisione di Sparta, a cui non poteva fare altro che obbedire, impegnandosi al meglio; dunque stava a loro dire se accettavano questa decisione o volevano contestare la nomina140. Logicamente nessuno poi ha il coraggio di lamentarsi con Sparta, anche a fronte di questa dimostrazione di sicurezza da parte di Callicratida, che doveva essere ben sicuro del sostegno della città, a cui attribuisce l’iniziativa della missione. Egli inoltre rifiuta esplicitamente il ruolo da protagonista che era imputato a Lisandro, per quanto anche sembri conscio della sua inesperienza e rispettoso della competenza del predecessore141. Si inizia dunque a delineare a mio parere un personaggio posto in evidenza da Senofonte, con caratteristiche molto tradizionali, perfettamente in linea con le richieste e le attese di Sparta, e per questo mandato a segnare un cambio di rotta rispetto a Lisandro, che invece godeva del sostegno dei barbari e degli

compare in Senofonte e la rende ancora più marcata, visto che nella Vita di Lisandro non perde occasione per elogiare Callicratida rispetto al suo predecessore, operando una sorta di synkrisis tra i due personaggi nel corso di ben tre capitoli (5-7), alla cui analisi BERNINI 1988 dedica un intero libro di grande interesse. Altri brevi riferimenti positivi a Callicratida si trovano anche in Plut. Lyc. 30, 5; Artax. 22, 3. Sulla forma simile ma non perfettamente sovrapponibile della prospettiva di Senofonte e Plutarco cfr. anche BEARZOT 2004 a, 15; 20 sg. per un’analisi dei passi plutarchei. 139 Xenoph. Hell. I, 6, 4; cfr. Plut. Lys. 5. 140 Xenoph. Hell. I, 6, 5: ἐμοὶ μὲν ἀρκεῖ οἴκοι μένειν, καὶ εἴτε Λύσανδρος εἴτε ἄλλος τις ἐμπειρότερος περὶ τὰ ναυτικὰ βούλεται εἶναι, οὐ κωλύω τὸ κατ᾽ ἐμέ· ἐγὼ δ᾽ ὑπὸ τῆς πόλεως ἐπὶ τὰς ναῦς πεμφθεὶς οὐκ ἔχω τί ἄλλο ποιῶ ἢ τὰ κελευόμενα ὡς ἂν δύνωμαι κράτιστα. Per l’efficacia comunicativa delle parole di Callicratida che si pone da buon cittadino cfr. RICHER 2017, 94. 141 Non mi sembra condivisibile infatti l’interpretazione di KRENTZ 1989 a, 145, secondo cui queste public proclamations do not match his behavior (nello stesso senso anche GRAY 1989, 82). WEBER 1833, 63, interpreta Callicratida come uno Spartanus antiqua virtute sed minus versatus, ma comunque effigies antiquae virtutis (ibidem 78). Cfr. anche LAFORSE 1998, 64.

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alleati, ma suscitava molte preoccupazioni in patria per gli atteggiamenti personalistici142. Convincente mi sembra l’ipotesi che il nuovo navarco possa essere espressione della famiglia Agiade e in particolare del re Pausania, salito da poco al trono e caratterizzato da un atteggiamento molto conservatore, ostile all’impero e all’ascesa di Lisandro143. Questo però non significa certo che il navarco sia nominato dai re, anzi proprio il riferimento di Callicratida a un suo invio da parte della polis in generale ci porta in direzione di una nomina da parte dell’assemblea o al massimo degli efori144. Il nuovo navarco comunque comincia il suo incarico dedicandosi ad aumentare il numero delle navi: unisce infatti a quelle di Lisandro altre cinquanta navi requisite a Chio, Rodi e altri alleati; poi si reca a Sardi a chiedere denari a Ciro e potremmo pensare che, come già aveva fatto Lisandro, in queste attività di organizzazione della flotta e diplomatiche trascorra l’inverno (Xenoph. Hell. I, 6, 6). Il risultato delle trattative con Ciro non è però quello avuto da Lisandro, perché Callicratida mostra la sua profonda differenza rispetto a lui anche nei rapporti con Ciro: quando il nuovo navarco chiede di incontrare il Persiano per ottenere un rinnovo del finanziamento per la paga dei soldati e viene messo in attesa, si sdegna e se ne va, dichiarando che la necessità di adulare i barbari per bisogno di denaro era una grande disgrazia per i Greci145, e che al suo ritorno in patria avrebbe fatto il possibile per ottenere invece una riconciliazione tra Atene e Sparta146. Sono dichiarazioni molto forti, in cui potrebbe essere esplicitato un

142 Per il forte contrasto tra la politica di Lisandro e quella di Callicratida: cfr. anche FALKNER 1992 a, 207 sg. (220, per la frattura nella politica spartana con la scelta di Callicratida); meno convincente invece mi pare il tentativo di evidenziare le similarità tra i due personaggi da parte di ROISMAN 1987 a, 33. Si veda anche il quadro di insieme di BEARZOT 2004 a, 15-25 (17, per il rifiuto di ogni ‘sottolineatura personalistica’ da parte di Callicratida in opposizione all’atteggiamento lisandreo). 143 Cfr. ad es. OLIVA 1971, 184 (his deadly enemy); RAHE 1977, 25; KAGAN 1987, 328; CARTLEDGE 1987, 81; BEARZOT 2013 b, 181-182. Sulla politica di Pausania cfr. anche HAMILTON 1970, 307; BOMMELAER 1981, 214. 144 Si trattava di una Volkswahl già per BELOCH 1879, 129, mentre per JUDEICH 1892, 112, toccava agli efori; secondo SOLARI 1907, 6, che il diritto di nomina spetti agli efori risulterebbe da Thuc. VIII, 6 e 11; Xenoph. Hell. III, 1, 1; 2, 12. Pare comunque molto difficile scegliere tra le due possibilità (cfr. anche THOMMEN 2003, 165 e 2015, 314), per quanto forse propenderei a una maggiore probabilità del ruolo dell’assemblea, cui spettava la designazione di molte cariche militari (cfr. ora RICHER 2018, 102). 145 Cfr. anche Plut. Lys. 6, 4-8. Anche negli Apophthegmata Laconica Plutarco torna più volte su questi stessi aneddoti: vd. Plut. Mor. 222 C-F. Più evidente in Plutarco è la notazione moralista di rifiuto della tryphe, cfr. BERNINI 1988, 20, 63. Questo atteggiamento viene invece criticato da Cicerone (De off. I, 109), in confronto alla scaltrezza e pazienza di Lisandro. 146 Xenoph. Hell. I, 6, 7: Καλλικρατίδας δὲ ἀχθεσθεὶς τῇ ἀναβολῇ καὶ ταῖς ἐπὶ τὰς

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cambio di politica che Sparta aveva deciso di avviare con la presenza in zona di uno Spartano, caratterizzato dai tipici valori della sua città e che, secondo la tradizionale politica, preferiva l’alleanza con Atene a quella con il barbaro, anche se sembra eccessivo farne un campione del panellenismo, come già dai tempi di Grote si è provato a fare147. D’altronde la spallata che gli Spartani speravano di dare agli Ateniesi in questa seconda fase della guerra del Peloponneso in realtà stentava ad arrivare (neanche la vittoria a Nozio era stata risolutiva) e la guerra si trascinava ormai di nuovo da molti anni, rendendo comprensibile questa variazione di prospettiva, dimostrata anche dalle possibili trattative di pace avanzate poco dopo, in seguito alla battaglia delle Arginuse148. Callicratida in effetti però non compie poi nessun atto nel senso della pacificazione con Atene, anzi tutti in direzione della guerra per la quale era stato mandato; dunque non va troppo evidenziato un suo ipotetico pacifismo di ispirazione panellenica149. Mostra comunque una buona capacità di iniziativa politica e diplomatica, provando a fare a meno del denaro persiano e chiedendo aiuto a Sparta stessa e soprattutto agli alleati milesii, che lo appoggiano e accettano la sua richiesta. Anche in questa scelta di Mileto come base militare privilegiata, anziché Efeso come sotto Lisandro, si sente la discontinuità tra i due; l’area di Mileto infatti era meno favorevole dal punto di vista tattico, ma da quello ideologico garantiva una maggiore tendenza antipersiana, come rivela anche la disponibilità a sostenerlo dal punto di vista economico150. Ci si chiede inoltre che interesse abbia Ciro a umiliare e insultare il nuovo navarco, se non perché influenzato a priori da valutazioni politiche, ispirate dall’amico Lisandro; in realtà infatti, dopo le prime operazioni di successo da parte di Callicratida, Ciro si rende conto dell’opportunità di farselo amico e manda

θύρας φοιτήσεσιν ὀργισθεὶς καὶ εἰπὼν ἀθλιωτάτους εἶναι τοὺς Ἕλληνας, ὅτι βαρβάρους κολακεύουσιν ἕνεκα ἀργυρίου, φάσκων τε, ἂν σωθῇ οἴκαδε, κατά γε τὸ αὑτοῦ δυνατὸν διαλλάξειν Ἀθηναίους καὶ Λακεδαιμονίους. Cfr. anche Plut. Lys. 6, 4. Per l’esemplarità di questo discorso di Callicratida (Hell. I, 6, 7-12), vd. l’accurata analisi di RICHER 2017, 8083, 96. 147 Per il panellenismo di Callicratida, che si tende comunque di solito a sfumare rispetto alle posizioni degli storici ottocenteschi, cfr. ad es. RAHE 1977, 79; KAGAN 1987, 331 e n. 26; ROISMAN 1987 a, 30; LAFORSE 1998, 55 sg. Di diversa opinione è HIGGINS 1977, 11, secondo cui non si tratta di un’apertura di Callicratida a una riconciliazione, ma un puro scatto di rabbia da parte di un personaggio ritenuto ‘inadeguato’ rispetto a Lisandro. 148 Aristot. Ath. Pol. 34, 1; cfr. infra, 68 n. 180. 149 Cfr. anche LAFORSE 1998, 58-60; BEARZOT 2004 a, 25. 150 Cfr. KAGAN 1987, 332; BERNINI 1988, 33. Mileto pagherà poi le conseguenze di questo con la repressione democratica inflitta da Lisandro al suo ritorno in zona, cfr. infra, 71 e n. 198; BOMMELAER 1981, 80, 88.

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del denaro. Callicratida lo accetta senza ulteriori scrupoli, anche se secondo Plutarco rifiuta il dono privato che lo accompagna151, in segno significativo dell’atteggiamento critico mostrato dal nuovo navarco rispetto all’amicizia personale con il barbaro che aveva stretto invece Lisandro. Con il denaro poi fornito dai Milesi, egli comincia le operazioni militari vere e proprie, probabilmente all’inizio della primavera 406152, con l’attacco contro Metimna che, per quanto difesa da un presidio ateniese, viene presa kata kratos, a cui segue un abbondante saccheggio. Accorre in zona anche Conone, che viene inseguito fino all’imboccatura del porto di Mitilene e bloccato all’interno; qui lo stratego ateniese è costretto alla battaglia e perde trenta navi153, dopo di che si deve ritirare sulla terra ferma e gli Spartani pongono l’assedio, sostenuti anche dal denaro che finalmente Ciro ha deciso di inviare, convinto dal successo delle prime operazioni. Al quadro sintetico di Senofonte si deve aggiungere un nuovo scontro raccontato solo da Diodoro, secondo cui dopo questa prima battaglia navale se ne verifica una seconda, molto violenta, accompagnata da una strage di grandi proporzioni, in cui Callicratida grazie alla superiorità numerica e alla resistenza fisica dei suoi uomini, riesce a sostenere l’impatto della disperazione ateniese che prova a forzare il blocco senza riuscirci154. A Diodoro dobbiamo anche un chiarimento sulle conquiste della fortezza di Delfinio a Chio e di Teo, che secondo Senofonte avvengono in un tempo imprecisato, non molto tempo dopo la battaglia di Nozio, mentre vengono collocate da Diodoro in maniera più convincente e contestualizzate tra le prime operazioni di Callicratida, prima ancora della conquista di Metimna, vista l’importanza

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Plut. Apophth. Lac. 222 E. Secondo KRENTZ 1989 a, 150, il fatto che Senofonte non racconti questo dettaglio è dovuto al fatto che confligge con una rappresentazione negativa di Callicratida che lo studioso attribuisce a Senofonte, in modo a mio parere non convincente. Il silenzio sul dettaglio potrebbe essere dovuto al fatto che era inventato da chi voleva invece evidenziare gli aspetti moralistici della vicenda tramite l’incorruttibilità di Callicratida rispetto a Lisandro. 152 Xenoph. Hell. I, 6, 13-14; Diod. XIII, 76, 5. Cfr. PARETI 1961, 68. A marzo 406 PRITCHARD (2016, 20) data l’inizio delle operazioni di Callicratida, ma non si capisce se intenda questa come data anche dell’arrivo del nuovo navarco. Arrivo e inizio delle operazioni nella primavera 406, tutte quindi in un tempo molto pressato, anche nell’interpretazione di HAMEL 2015, 19. 153 Xenoph. Hell. I, 6, 16 sg.; Diod. XIII, 78. Per queste operazioni cfr. BARBIERI 1955, 36 sg.; ASMONTI 2015, 73-76 (che però scala di un anno la datazione). 154 Diod. XIII, 79. A un errore si deve pensare invece per Polyaen. I, 48, 2, che racconta una sconfitta di Callicratida contro Conone. Per un confronto tra i racconti di Senofonte e Diodoro a proposito delle battaglie di Mitilene cfr. PÉDECH 1969, 52-55 e KRENTZ 1988, 128-130, secondo cui i due racconti si completano e Diodoro è degno di fede (di diverso avviso invece KAGAN 1987, 335 e n. 38).

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strategica della posizione di Delfinio sulla via per Lesbo155. Possiamo notare comunque come tutte le prime operazioni di Callicratida mostrino una strategia accurata, agguerrita e di grande successo da parte del navarco. Interessante per meglio caratterizzare il personaggio è anche l’atteggiamento mostrato verso i prigionieri greci e verso Conone: nel caso dei prigionieri, quando conquista Metimna, il navarco rifiuta di acconsentire alla richiesta degli alleati di venderne i cittadini, perché nessun Greco doveva essere ridotto in schiavitù. Anche questo è uno slogan classico degli Spartani, attenti nella propaganda a presentarsi come garanti della libertà e dei diritti dei Greci, in funzione antiateniese, in cui Callicratida si inserisce perfettamente. Nei confronti di Conone, prima che i due strateghi si scontrino nella zona di Mitilene, con esiti ben più favorevoli allo Spartano che all’Ateniese, anche verbalmente Callicratida invia una sfida, cercando di provocarlo a battaglia156 e mandandogli a dire che gli avrebbe fatto cessare di μοιχῶντα τὴν θάλατταν, di commettere adulterio con il mare, di avere rapporti illeciti157. Questa formula, non facile da rendere in italiano, è molto suggestiva e di impatto158; notiamo inoltre l’uso della forma dorica moichao, invece dell’attico moicheuo, il che ci fa pensare in effetti a una citazione diretta, che rende bene l’idea di un mare che deve essere spartano e che invece è insidiato dagli Ateniesi. Il suo compito sembra dunque quello di far tornare le cose nel giusto ordine (rendere la moglie al legittimo marito, potremmo dire); non si tratta dunque della talassocrazia millantata da Lisandro, ma della legittima egemonia che Sparta per tradizione meritava e in cui si erano inseriti illecitamente gli Ateniesi. Tornando poi agli Ateniesi in difficoltà a Mitilene, essi provano allora a inviare due navi a chiedere aiuto ad Atene, una delle quali viene catturata, mentre l’altra arriva a compiere il suo incarico; intanto un primo intervento dell’ateniese Diomedonte in zona con dodici navi porta a una nuova sconfitta inflitta da Callicratida159. In Atene si decide di ricorrere a uno sforzo notevole con l’allestimento nel giro di trenta giorni di molte decine di navi, con il contributo di

155 Xenoph. Hell. I, 5, 15; Diod. XIII, 76, 3. Per lo più si tende a considerare questa versione diodorea più corretta: cfr. ad es. BARBIERI 1955, 34-35; KAGAN 1987, 333; KRENTZ 1989 a, 141. RAHE 1977, 75 nn. 141 e 142, evidenzia in generale che tutta la ricostruzione di questi anni in Diodoro (tramite probabilmente le Elleniche di Ossirinco e Eforo) è migliore di quella senofontea. 156 Conone sembrava infatti cercare di evitare il più possibile lo scontro e non era intervenuto neppure alla conquista di Metimna, forse memore dei suggerimenti di Alcibiade disattesi con esiti disastrosi a Nozio dal suo luogotenente Antioco. 157 Xenoph. Hell. I, 6, 15: Κόνωνι δὲ εἶπεν ὅτι παύσει αὐτὸν μοιχῶντα τὴν θάλατταν. 158 The most startling image in the entire corpus of Xenophon secondo HIGGINS 1977, 11. Cfr. anche HAMEL 2015, 19. 159 Xenoph. Hell. I, 6, 22 sg.

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tutti i cittadini in età più quello di schiavi e meteci. Sono questioni molto discusse: il grande numero ipotizzato di navi in così poco tempo lascia perplessi e anche l’arruolamento di schiavi e meteci, cui secondo alcune fonti viene perfino promessa la cittadinanza, ha suscitato molti dubbi160, su cui ora non ci possiamo soffermare, preferendo tenere lo sguardo sulla parte spartana. Possiamo comunque ipotizzare che in tutte queste operazioni trascorra la primavera e si arrivi all’estate, quando le nuove navi ateniesi giunte a Samo si uniscono a quelle degli alleati, portando il numero complessivo probabilmente a 150. Callicratida a questo punto lascia l’assedio di Mitilene con cinquanta navi nelle mani di Eteonico e con il grosso della flotta si reca al promontorio Malea nell’isola di Lesbo, mentre gli Ateniesi si trovano alle isole Arginuse in prossimità di questo161. Callicratida adotta dunque una buona tattica, perché evita di essere raggiunto a Mitilene dalla flotta ateniese e preso tra due fuochi, ma poi attacca gli Ateniesi anche se sono in superiorità numerica; si avvia uno scontro molto lungo e duro162, durante il quale lo stesso navarco muore durante un attacco163. Purtroppo per gli Spartani, dopo questi inizi pieni di successi, l’improvvisa morte di Callicratida in battaglia provoca la fine di questa nuova politica; ma anche nella fase finale lo Spartano resta fedele al suo personaggio, perché

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Xenoph. Hell. I, 6, 24; Diod. XIII, 97, 1. Si tratterebbe di 110 navi secondo Senofonte, 60 secondo Diodoro, in modo forse più attendibile; sia Diodoro che Giustino (V, 6, 5), a differenza di Senofonte, citano poi anche la questione della naturalizzazione promessa agli stranieri, anzi Giustino aggiunge anche la libertà promessa agli schiavi e l’impunità ai condannati. Cfr. KAGAN 1987, 338-339; KRENTZ 1989 a, 152; HAMEL 2015, 43-45. 161 Alle 150 navi ateniesi la flotta spartana risponde con uno schieramento di 130 navi per Senofonte o 140 per Diodoro, quindi in leggera inferiorità numerica (Xenoph. Hell. I, 6, 26-27; Diod. XIII, 97, 3). Difficile anche è collocare precisamente la posizione dei due schieramenti, perché le descrizioni fornite dai due resoconti non combaciano del tutto: KRENTZ 1989 a, 152. Utile cartina esplicativa in MORRISON-COATES 1986, 89; KAGAN 1987, 336. 162 Le fonti forniscono un diverso racconto della battaglia, che pare più chiaro in Senofonte, mentre Diodoro è pieno di drammatici particolari ma perde di vista la strategia complessiva: Xenoph. Hell. I, 6, 26 sg.; Diod. XIII, 98 sg.; in questo senso GRAY 1987, 85 (che lo ritiene un caso di bad history). Una accurata ricostruzione si trova in KAGAN 1987, 340 sg.; cfr. anche FALKNER 1992 a, 209; CATALDI 2001, 77 sg.; e ora HAMEL 2015, 46 sg. 163 In modo non meglio precisato, secondo Senofonte (che usa il verbo ephanisthe: Hell. I, 6, 33), oppure muore combattendo gloriosamente, secondo Diodoro (XIII, 99, 5). La formula di Senofonte appare in effetti un po’ equivoca e certo meno elogiativa della versione di Diodoro sulla morte del navarco (a ragione comunque HAMEL 2015, 51, evidenzia come sia poco attendibile questo racconto diodoreo), il che ha fatto pensare a una critica nei confronti di Callicratida. L’uso di questo verbo (molto pregnante in Senofonte e usato di solito per le città a seguito di una loro scomparsa dalla scena politica, come ha dimostrato BEARZOT 2004 c, 34 sg., 73 sg.) non può però essere casuale.

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durante la battaglia, al suo pilota che evidenzia la superiorità numerica degli Ateniesi e lo invita a ritirarsi, ribatte che Sparta non avrebbe avuto un gran danno dalla sua morte, ma che invece la sua fuga sarebbe stata vergognosa164. Anche in questo caso la tradizione di Diodoro è parzialmente differente, perché questa risposta viene data agli indovini che annunciavano presagi sfavorevoli e la morte del comandante in battaglia165. Anzi, qui non solo Callicratida mostra di ritenere più importante la buona fama della città che la sua vita, ma rivela anche la sua abilità di buon comandante comunicando pubblicamente ai suoi uomini che, qualora si fosse verificato il caso, per evitare la confusione che colpisce gli eserciti dopo la morte del comandante, aveva deciso di nominare Clearco navarco al suo posto. La notizia suscita molti dubbi, dal momento che l’investitura diretta non pare certo normale166, ma è comunque degna di nota, anche perché potrebbe risolvere la questione della lacuna nella navarchia tra 406 e 405; certo, avrebbe implicazioni significative sul funzionamento di questa carica spartana e, vista la completa mancanza di altre attestazioni su una navarchia di Clearco, non pare in realtà convincente, ma merita di essere attentamente valutata. In ogni modo, Callicratida con questa risposta (ammesso che sia attendibile, ma comunque coerente con il quadro del personaggio) più che la sua arroganza e imprudenza, sembra rivelare la pura essenza spartana167, da generale vecchio stampo, per quanto giovane di età e inesperto di mare (come era giusto essere, per un vero Spartano), ma fedele agli ordini della sua città e disposto anche alla morte per salvare l’onore.

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Xenoph. Hell. I, 6, 32: Ἕρμων δὲ Μεγαρεὺς ὁ τῷ Καλλικρατίδᾳ κυβερνῶν εἶπε πρὸς αὐτὸν ὅτι εἴη καλῶς ἔχον ἀποπλεῦσαι· αἱ γὰρ τριήρεις τῶν Ἀθηναίων πολλῷ πλείους ἦσαν. Καλλικρατίδας δὲ εἶπεν ὅτι ἡ Σπάρτη †οὐδὲν μὴ κάκιον οἰκεῖται† αὐτοῦ ἀποθανόντος, φεύγειν δὲ αἰσχρὸν ἔφη εἶναι. Sulla morte eroica di questo navarco cfr. PICCIRILLI 1995, 1387 sg.; per l’imperativo categorico della ‘bella morte’ che vigeva a Sparta cfr. LORAUX 1977, 105. 165 Diod. XIII, 97, 5; 98, 1; cfr. anche Plut. Pelop. 2, 2-3. RICHER 2018, 301, evidenzia come la presenza di indovini al seguito del navarco confermi l’importanza del suo ruolo. 166 Sembra averlo fatto Lisandro con il fratello Libi nel 403 (Xenoph. Hell. II, 4, 28; cfr. BOMMELAER 1981, 76). 167 Si tratta di una risposta da old-fashioned Spartan secondo KAGAN 1987, 348; per una caratterizzazione da vieux spartiate anche DEBORD 1999, 225. BEARZOT 2004 a, 17-18, giustamente sottolinea come sia una risposta compatibile con le precedenti affermazioni di Callicratida, con cui si poneva in secondo piano rispetto alla città, rifiutando ogni esposizione personalistica. La buona fama di Callicratida è anche attestata da Ael. Arist. Panath. [I], 241-242 (Behr), mentre Cicerone (De off. I, 84) critica questa decisione di Callicratida che “pur avendo compiuto molte e mirabili imprese, alla fine mandò tutto in rovina per non aver voluto seguire il consiglio di coloro che giudicavano opportuno ritirare la flotta dalle Arginuse”.

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Questo quadro di Callicratida rende molto improbabile a mio parere l’accusa presente in Eliano168 che anche lui, come Gilippo e Lisandro, fosse un motace; come è già stato ben dimostrato169, questa accusa risulta difficile da accettare per dei personaggi che ottennero il ruolo ufficiale di navarco (considerata l’importanza della carica e l’insistenza, che abbiamo già notato in molti casi, sul fatto che fossero Spartiati) e sembra più che altro effetto di una propaganda politica contraria. Questo potrebbe essersi verificato anche per Callicratida: abbiamo già evidenziato l’ostilità e la propaganda negativa che accolgono l’arrivo del nuovo navarco in sostituzione di Lisandro e non è impossibile che tra le accuse circolanti ci fosse anche questa, che magari cercava di rispondere alle accuse contro Lisandro, accomunando anche Callicratida negli stessi dubbi sullo status sociale. Nessun dubbio sulla sua origine e uno stesso approccio positivo nei suoi confronti, tra l’altro, mostrano anche altre fonti importanti come Diodoro e Plutarco, che elogiano sempre la sua nobiltà, giustizia e patriottismo170. Diodoro, oltre a fornire buone informazioni sugli eventi che coinvolgono Callicratida (che in alcuni casi, come abbiamo visto, sembrano più convincenti e complete di quelle di Senofonte e qui, logicamente, pensiamo al fondamentale ruolo di Eforo come fonte per il periodo), ci dice ad esempio che fra gli Spartiati, nonostante la sua giovane età171 e semplicità d’animo, si distingueva per il suo alto senso di giustizia, la capacità di comando e soprattutto l’insofferenza verso chi cercava di corromperlo, non essendo stato ancora rovinato dagli usi e costumi stranieri172. Vale la pena notare, oltre all’uso dei topoi più classici che connotano il ‘buon Spartano’, che è solo implicito qui il contrasto con Lisandro173, corrotto e corrompibile, su cui invece Senofonte e poi soprattutto Plutarco si

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Ael. VH XII, 43. Su Lisandro anche Filarco si era pronunciato nello stesso senso (Phylarch. FGrHist 81 F 43). 169 PICCIRILLI 1991, 268-269. Propensi invece ad accettare l’accusa ad es. RAHE 1977, 7, 25; CARTLEDGE 1987, 28; KAGAN 1987, 13, 298; FALKNER 1992 a, 217; scettici anche ad es. PARETI 1961, 20, 62 n. 3; BOMMELAER 1981, 36-38; WYLIE 1997, 76; ROISMAN 2017, 188. Per lo status sociale alto di tutti i magistrati spartani si veda anche l’utile tabella di HODKINSON 1993, 158. 170 Cfr. Diod. XIII, 76; 98; Plut. Lys. 6. 171 Diodoro è l’unico a parlare esplicitamente di giovinezza, non solo di inesperienza; se davvero era così giovane in una carica così importante, significa che apparteneva a una famiglia molto in vista, non certo motace, nota giustamente BERNINI 1988, 28-29. 172 Diod. XIII, 76, 2: οὗτος δὲ νέος μὲν ἦν παντελῶς, ἄκακος δὲ καὶ τὴν ψυχὴν ἁπλοῦς, οὔπω τῶν ξενικῶν ἠθῶν πεπειραμένος, δικαιότατος δὲ Σπαρτιατῶν· ὁμολογουμένως δὲ καὶ κατὰ τὴν ἀρχὴν οὐδὲν ἔπραξεν ἄδικον οὔτ᾽ εἰς πόλιν οὔτ᾽ εἰς ἰδιώτην, ἀλλὰ καὶ τοῖς ἐπιχειροῦσιν αὐτὸν διαφθείρειν χρήμασι χαλεπῶς ἔφερε καὶ δίκην παρ᾽ αὐτῶν ἐλάμβανεν. 173 Anche quell’outos de iniziale potrebbe essere un modo di avviare l’implicito confronto, secondo BERNINI 1988, 27.

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soffermano, forse più sensibili agli effetti della propaganda politica antilisandrea a Sparta174. Tornando comunque alla battaglia delle Arginuse175, la morte del comandante Callicratida e lo sfondamento dell’ala sinistra da parte dell’ateniese Protomaco176 provocano poi la fuga dei Peloponnesiaci, dopo aver perso ben nove delle dieci navi spartane vere e proprie, oltre che molte decine del contingente alleato. L’importanza decisiva di questa battaglia è sottolineata solo da Diodoro, che la definisce la più grande battaglia navale avvenuta tra Greci, da cui ci si aspettava che chi avesse vinto avrebbe posto fine alla guerra177. In realtà la battaglia ha postumi molto diversi: gli effetti di questa battaglia ad Atene (devastanti, nonostante la vittoria) sono ben noti e non ci torniamo ora178, mentre continuiamo a tenere l’ottica focalizzata sugli Spartani, che nonostante il colpo durissimo non cedono ancora. Una nave si reca infatti da Eteonico che era rimasto con una parte della flotta spartana a Mitilene, annunciando la sconfitta, ma quello ordina di non dire la verità a nessuno, bensì di annunciare all’accampamento che Callicratida aveva vinto la battaglia e che le navi ateniesi erano tutte affondate. Poi di sera silenziosamente si allontanano tutti da Mitilene, le navi verso Chio e l’esercito verso Metimna, evitando in questo modo di essere attaccati dalla flotta vincitrice e salvando quel che restava delle navi e degli uomini179.

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Cfr. ad es. Plut. Lys. 5-7. Lisandro subisce spesso nelle fonti un trattamento molto negativo (si veda anche la Vita di Nepote, in cui comunque Callicratida non è neanche nominato), da ‘Odisseo deteriore’ (secondo la suggestiva definizione di BERNINI 1988, 165 sg.). Ampia analisi e commento su questo in B OMMELAER 1981, 25 sg. In realtà in Senofonte tale condanna non pare esplicita, cfr. anche GIRAUD 2001, 44; BEARZOT 2004 a, 17 e n. 34. 175 Cfr. anche Plut. Lys. 7, 1. Da notare che qui viene usato esattamente lo stesso verbo ephanisthe di Senofonte, il che ha fatto pensare, a mio parere giustamente, che Plutarco non conoscesse la tradizione più elogiativa riportata da Diodoro sulla morte di Callicratida, altrimenti l’avrebbe preferita a quella di Senofonte (BERNINI 1988, 83). A ragione comunque BEARZOT 2004 a, 20, evidenzia come questo non sia un segno di ostilità di Senofonte, ma di atteggiamento realistico, pronto a evidenziare pregi e difetti di questo personaggio; cfr. anche KROEKER 2002, 186. 176 Senofonte evidenzia in particolare il ruolo di questo stratego, mentre Diodoro attribuisce a Trasillo sia la leadership della flotta che il merito della vittoria: cfr. Xenoph. Hell. I, 6, 29-30, 33; Diod. XIII, 97, 6; 98, 3; CATALDI 2001, 78. 177 Cfr. Diod. XIII, 98, 5; 99, 2. 178 Xenoph. Hell. I, 7; Diod. XIII, 101-103, 2. Sul processo che porta alla pena di morte tutti gli strateghi presenti alle Arginuse (avvenuto a metà ottobre) cfr. ad es. KAGAN 1987, 354 sg.; BEARZOT 2013 a, 88 sg.; HAMEL 2015, 75 sg. 179 Xenoph. Hell. I, 6, 36-38; cfr. anche Polyaen. I, 44. Per questa strategia comunicativa di Eteonico cfr. RICHER 2017, 89.

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Resta ancora da definire quando si è verificato tutto questo. Le datazioni variano di solito tra l’estate e l’autunno del 406: terminus post quem sembra comunque il passaggio di anno all’arcontato di Callia del 406/5 perché anche altre fonti situano questa battaglia in tale anno180, mentre il terminus ante quem dovrebbe essere considerato l’estate, perché Senofonte, descrivendo le successive operazioni di Eteonico a Chio, le pone ancora durante la stagione calda (Xenoph. Hell. II, 1, 1). Si potrebbe quindi collocare la datazione di questa epocale battaglia intorno a fine luglio-metà agosto circa, piuttosto che nell’autunno, come invece hanno bisogno di ipotizzare gli studiosi che spostano l’arrivo di Callicratida alla primavera181. Anche dal punto di vista del navarco, si comprende meglio il desiderio di giocarsi il tutto per tutto con questa battaglia all’approssimarsi della scadenza del suo mandato, se lo si considera un evento dell’inizio dell’autunno più che invece della successiva primavera; in questo modo non avrebbe rischiato di concludere il suo tempo senza risultati (come già molti navarchi prima di lui182) o peggio ancora di far godere i frutti dei suoi successi al navarco successivo. Dopo questa battaglia si apre anche il problema della successione alla navarchia in seguito alla morte di Callicratida: la flotta è chiaramente rimasta al comando di Eteonico, definito da Senofonte genericamente archon (Xenoph. Hell. I, 6, 26); sarebbe la scelta più facile pensare che Eteonico fosse l’epistoleus di Callicratida, ma allora probabilmente avrebbe dovuto cessare l’incarico nella tempistica ordinaria anche lui183, cosa che non si verifica perché resta a lungo ancora il responsabile delle operazioni, per quanto non ci siano attestazioni che assuma la vera e propria navarchia. Quindi dobbiamo pensare o che sia restato al comando fuori dai tempi, forse considerata la situazione straordinaria, o meglio che non fosse l’epistoleus, ma un generale normale, un archon come appunto lo chiama Senofonte, dotato di poteri ufficiali per gestire la flotta e trattare con gli alleati e Sparta184.

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Aristot. Ath. Pol. 34, 1; Athen. 218 A; solo Schol. ad Aristoph. Ran. 33 la pone sotto quello di Antigene, ma la notizia viene di solito rigettata. In ogni modo potrebbe essere segno del fatto che non avviene poi troppo lontano dal cambio di anno. 181 Per l’estate ad es. BARBIERI 1955, 43; PARETI 1961, 69; KAGAN 1987, 340. 182 Per gli scarsi frutti di molti navarchi prima di lui vd. anche KAGAN 1987, 299; 349, per il possibile timore di concludere senza risultati anche lui. Anche secondo BOMMELAER (1981, 96) aveva bisogno di dimostrare che la sua politica così diversa da Lisandro aveva ugualmente successo. 183 Senz’altro discussa è la questione, ma questo sembra appunto verificarsi quando il navarco Ierace con epistoleus Gorgopa viene sostituito dal navarco Antalcida con epistoleus Nicoloco (Xenoph. Hell. V, 1, 5-6) e ci sembra dunque un’attestazione abbastanza precisa. 184 Per questo secondo PARETI 1961, 72 n. 2, non può essere stato l’epistoleus. Favorevole all’ipotesi che sia epistoleus, ma non che gli venga affidata la navarchia FALKNER 1992 a, 210 n. 157, 211.

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In ogni modo sotto di lui i soldati peloponnesiaci radunati a Chio durante l’estate sopravvivono bene, ma con l’arrivo del freddo cominciano a mancare viveri e mezzi di sussistenza, sicché alcuni di loro decidono di tramare un assalto a Chio. Eteonico cerca di contrastare questo progetto e lo rivela ai Chii, provando a convincerli a consegnare del denaro per pagare i soldati e impedire così che si ribellino, riuscendo nel suo intento. In seguito a questi eventi i Chii e gli altri alleati decidono di mandare un’ambasceria a Sparta per metterla al corrente dei fatti e per chiedere al comando della flotta l’invio di Lisandro, che era popolare tra gli alleati185. Gli Spartani, che forse poco prima avevano cercato un accordo di pace, come al solito rifiutato dagli Ateniesi186, decidono di inviare sì Lisandro, ma solo come epistoleus, ovvero comandante in seconda, per quanto in realtà con il pieno potere sulla flotta187. 7. Araco (406/5) e Lisandro (405/4?) «Gli Spartani accordarono Lisandro come luogotenente, ma come navarco Araco; infatti una loro legge impediva di nominare due volte lo stesso uomo alla carica di navarco; di fatto certamente diedero il comando della flotta a Lisandro»188.

Dunque la navarchia viene affidata ufficialmente ad Araco, un personaggio di sicuro spicco nel panorama politico spartano, già eforo eponimo qualche anno prima e poi responsabile di varie ambascerie negli anni successivi189; ep-

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Xenoph. Hell. II, 1, 5-6; Diod. XIII, 100, 7-8. Per l’efficacia delle parole di Eteonico cfr. RICHER 2017, 76; ibidem 84-85, per il vantaggio procurato a Lisandro dalla buona fama. 186 Solo Aristot. Ath. Pol. 34, 1 accenna a questa offerta di pace basata sullo status quo e per questo spesso la notizia è discussa (anche in considerazione del numero di navi e basi ancora attive, nonché dell’appoggio persiano, che continuavano ad alimentare la potenza spartana, cfr. FALKNER 1992 a, 209), ma niente affatto impossibile (vd. anche KAGAN 1987, 376-378: CARTLEDGE 1987, 82; GALLOTTA 2008, 184, ecc.). 187 Questa è la testimonianza più esplicita del potere dell’epistoleus, sul quale vd. anche supra, 45-46. Non convincente risulta l’ipotesi di BLOEDOW 2000, 18, che da segretari si sostituiscano al navarco solo in pochi casi speciali. 188 Xenoph. Hell. II, 1, 7: οἱ δὲ Λακεδαιμόνιοι ἔδοσαν τὸν Λύσανδρον ὡς ἐπιστολέα, ναύαρχον δὲ Ἄρακον· οὐ γὰρ νόμος αὐτοῖς δὶς τὸν αὐτὸν ναυαρχεῖν· τὰς μέντοι ναῦς παρέδοσαν Λυσάνδρῳ. Cfr. anche Diod. XIII, 100, 8 (anche se, per Diodoro, Lisandro seguì Araco come cittadino privato). Questo escamotage è visto da ROISMAN 2017, 196, come un segno del tipico conflitto spartano tra regole e necessità. 189 Araco era stato eforo nel 409/8 (in base alla lista, per quanto frutto di interpolazione, presente in Xenoph. Hell. II, 3, 10), proprio prima che Lisandro ottenesse la navarchia; si può forse dunque pensare che i due fossero in buoni rapporti per accettare questa subordinazione di fatto, cfr. anche FALKNER 1992 a, 211. Sarà poi il capo dei delegati inviati a Dercillida (Xenoph. Hell. III, 2, 6 e 8) per valutare la situazione in Asia e decidere il suo

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pure di sue operazioni in questo contesto non si ha alcuna notizia, tanto da alimentare il sospetto che abbia ricevuto la carica solo nominalmente, per non infrangere la legge che impediva di nominare due volte lo stesso personaggio alla carica di navarco190. In realtà però Araco viene celebrato nel famoso monumento che viene poi dedicato da Lisandro a Delfi in ricordo della grande vittoria di Egospotami, dunque deve avervi partecipato anche se gli storici non lo nominano191: si attesta comunque chiaramente che il comandante effettivo è Lisandro e si dimostra il fatto che il navarco non sempre è davvero al comando della flotta. Ma l’esistenza di questa legge apre molte difficoltà per l’analisi dell’istituzione della navarchia, perché in realtà sembrano esistere casi possibili di iterazione, proprio a partire da Lisandro e poi anche più tardi192. Certo è che potrebbe essere comprensibile questa necessità spartana di trovare un freno a una carica con poteri eccezionali e forse proprio a partire da questo tempo, il che renderebbe ragione del malcontento di Lisandro e dei suoi seguaci che forse speravano in una nuova nomina dopo la prima navarchia193. Le difficoltà sono ulteriormente alimentate dal fatto che nel testo di Senofonte si apre subito di nuovo una sezione considerata sempre almeno parzialmente interpolata194, dove vengono inserite indicazioni cronologiche introdotte da quella stessa formula τῷ δ᾽ ἐπιόντι ἔτει, che abbiamo già visto suscitare molti dubbi in precedenza: «Nell’anno successivo, [sotto l’eforato di Archita e l’arcontato di Alexias], Lisandro giunto a Efeso si fece raggiungere anche da Eteonico da Chio con la flotta e

eventuale rinnovo a capo della spedizione spartana contro i Persiani nel 398/7 e ancora nel 370/69 (Xenoph. Hell. VI, 5, 33) farà parte della importante ambasceria inviata ad Atene per chiedere aiuto contro i Tebani, cfr. infra, 89 e n. 29, 99 e n. 67. 190 Cfr. anche Plut. Lys. 7, 3. Sulle difficoltà di interpretazione di questa legge vd. anche supra, 4; BOMMELAER 1981, 79-81; FALKNER 1992 a, 211 n. 158; CARTLEDGE 2009, 55. 191 Cfr. infra, 78; Paus. X, 9, 9; M.-L. 95; PARETI 1961, 73. Secondo BELOCH 1879, 123, invece resta in patria e solo Lisandro parte. 192 Oltre a Lisandro, come vedremo, ci sono probabilità che ciò si sia verificato con Pollide per il 396/5 e il 376/5 e soprattutto Teleutia nel 392/1, 390/89, 387/6, per quanto si debba tenere presente la possibilità che siano stati semplici comandanti; vd. comunque infra, 100 sg., 115 sg. 193 La proibizione dell’iterazione probabilmente valeva per gli efori (RICHER 1998, 304) e per assimilazione potrebbe essere stata attribuita anche ai navarchi, ma molte in realtà erano le cariche iterabili (come dimostra la tabella presente in HODKINSON 1993, 156). A una riforma della carica dopo Lisandro pensa anche CHRISTIEN 2015, 334 (ma secondo cui solo ora diventa annuale). Per una proibizione forse inventata per bloccare la carriera di Lisandro vd. ora RICHER 2018, 302. 194 Cfr. KRENTZ 1989 a, 172. Il passo potrebbe essere nuovamente tutto da espungere anche secondo PARETI 1961, 73-74.

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concentrò tutte le altre navi che si trovavano sparse nella zona; le fece riparare e ne commissionò di nuove ad Antandro»195.

Secondo questo passo dunque, sotto l’arcontato di Alexias (405/4), Lisandro arriva a Efeso, dove si fa raggiungere da Eteonico196; riunendo lì tutte le navi sparse in zona, si dedica a ripararle e a commissionarne altre ad Antandro, recandosi anche da Ciro per ottenere nuovi finanziamenti (sono dunque le solite operazioni dell’inizio di molte navarchie, tipiche dell’autunno-inverno). Ciro glieli concede, ma in vista della sua partenza per tornare in Media a causa della malattia del padre, gli vieta197 di scontrarsi in mare con gli Ateniesi finché la flotta non sia tornata numericamente superiore, affidandogli comunque i suoi poteri nell’area. Forte di questo denaro e di questo potere straordinario, Lisandro opera in maniera aggressiva, favorendo un massacro di democratici a Mileto nell’inverno198, e cominciando poi una serie di spedizioni lungo tutto l’arco dell’Asia Minore: si dirige prima in Caria, dove conquista Kedreiai, città alleata ateniese, di cui riduce in schiavitù gli abitanti, e forse anche Iaso199, poi scende a Rodi, per tornare in seguito di nuovo nell’area dell’Ellesponto. Probabilmente durante la discesa verso Rodi o la risalita verso gli stretti, si potrebbero piazzare anche le incursioni perfino in area attica (a Egina e Salamina), dove si incontra con il re Agide200; ma non devono essere state delle operazioni particolarmente signi-

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Xenoph. Hell. II, 1, 10: τῷ δ᾽ ἐπιόντι ἔτει [ἐπὶ Ἀρχύτα μὲν ἐφορεύοντος, ἄρχοντος δ᾽ ἐν Ἀθήναις Ἀλεξίου], Λύσανδρος ἀφικόμενος εἰς Ἔφεσον μετεπέμψατο Ἐτεόνικον ἐκ Χίου σὺν ταῖς ναυσί, καὶ τὰς ἄλλας πάσας συνήθροισεν, εἴ πού τις ἦν, καὶ ταύτας τ᾽ ἐπεσκεύαζε καὶ ἄλλας ἐν Ἀντάνδρῳ ἐναυπηγεῖτο. Per l’interpolazione di tutti questi passi cronologici vd. PARETI 1910, 108-109: LOTZE 1962, 9; RIEDINGER 1991, 98 e n. 2; supra, 56 n. 126. 196 A un passaggio diretto tra l’epistoleus Eteonico e Lisandro (ma nella primavera 405) pensano ad es. BOMMELAER 1981, 75 e FALKNER 1992 a, 212 (ma le operazioni iniziali non paiono affatto primaverili, oltre alla specifica indicazione delle manovre a Mileto nell’inverno). 197 Xenoph. Hell. II, 1, 14, che usa la formula ouk eia, molto forte e rappresentativa del rapporto che doveva esserci tra il Persiano e lo Spartano. Più sfumata è la versione di Plutarco, secondo cui Ciro lo abbraccia e lo prega di non combattere (deetheeis: Lys. 9, 2), mentre decisamente più scarna è quella di Diodoro secondo cui Ciro affida a Lisandro la sorveglianza delle città che erano sotto la sua giurisdizione e la riscossione dei tributi (XIII, 104, 4). Per questa fase cfr. STRONK 1990-1991, 125. 198 Senofonte su questo tace, ma ce lo raccontano altre fonti: Diod. XIII, 104, 5 sg.; Plut. Lys. 8, 1-3; Polyaen. I, 45, 1; cfr. RAHE 1977, 78, 119 (per una datazione di questo episodio tra gennaio e febbraio, dal momento che le fonti parlano di feste Dionisie). 199 Della sola Kedreiai parla Xenoph. Hell. II, 1, 15, mentre della sola Iaso Diod. XIII, 104, 7; non si sa se siano quindi due le città conquistate o se si tratti di una sola, su cui non c’era consenso su quale fosse. 200 Di queste ci informa solo Plut. Lys. 9, 3 sg., che racconta anche un abboccamento

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ficative, dal momento che il giudizio di Diodoro su questa fase è questo: «Non fece nulla di rilevante o degno di memoria; perciò non ci siamo preoccupati di registrarlo»201. Sono invece nell’Ellesponto le operazioni più importanti, volte a controllare il traffico delle navi in transito e a riprendere contatti diplomatici con le città che avevano abbandonato l’alleanza spartana (Xenoph. Hell. II, 1, 17). Il successo principale qui è la conquista di Lampsaco, assalita e saccheggiata dei beni di cui era rifornita in abbondanza, ma nella quale opera in maniera più diplomatica di quanto aveva fatto nella città semibarbara della Caria, perché rilascia i cittadini liberi, cercando in questo modo di ottenerne il favore. In tutto questo gli Ateniesi sembrano poco reattivi, effettuando razzie e brevi attacchi contro le città alleate di Sparta (come Chio ed Efeso), ma senza risultati significativi; seguono poi Lisandro nell’Ellesponto e si attestano con 180 navi prima a Eleunte, poi di fronte a Lampsaco, nell’area di Egospotami. Qui Lisandro mostra la sua superiorità tattica, adottando una strategia originale202: far imbarcare gli uomini prima dell’alba, ma proibendo alle navi di prendere il largo, e non accettando il combattimento quando gli Ateniesi si avvicinavano, finché questi ritornavano a terra e cominciavano le operazioni per mangiare. Questo avviene per quattro giorni di fila, creando preoccupazioni in Alcibiade che, dalla postazione in cui si era ritirato dopo la battaglia di Nozio, vedeva l’area e si rendeva conto che gli Ateniesi erano in posizione meno favorevole, mentre i nemici erano più riparati e ben forniti203. Alcibiade dunque cerca di avvertire gli strateghi e di convincerli a spostarsi in area più favorevole, ma non ci riesce e quando Lisandro, dopo aver snervato i nemici con l’attesa, li attacca improvvisamente mentre sono dispersi per cercare cibo, riesce ad avere la meglio facilmente. Solo la nave di Conone e poche

con Agide che da Decelea si reca ad incontrarlo, mentre Diod. XIII, 104, 8 cita delle generiche operazioni in Attica. 201 Diod. XIII, 104, 8: μετὰ δὲ ταῦτ᾽ ἐπὶ τὴν Ἀττικὴν καὶ πολλοὺς τόπους πλεύσας μέγα μὲν οὐδὲν οὐδ᾽ ἄξιον μνήμης ἔπραξε· διὸ καὶ ταῦτα μὲν οὐκ ἀναγράφειν ἐσπουδάσαμεν· τὸ δὲ τελευταῖον Λάμψακον ἑλὼν τὴν μὲν Ἀθηναίων φρουρὰν ἀφῆκεν ὑπόσπονδον, τὰς δὲ κτήσεις ἁρπάσας τοῖς Λαμψακηνοῖς ἀπέδωκε τὴν πόλιν. 202 Xenoph. Hell. II, 1, 20 sg.; cfr. anche Diod. XIII, 105-106; Plut. Lys. 11; Polyaen. I, 45, 2; Front. II, 1, 18. Sugli errori ateniesi in questa situazione BARBIERI 1955, 60 sg.; su una vittoria più che altro dovuta alla folly of his opponents LAZENBY 1987, 442. In questa fase finale della guerra del Peloponneso comunque the Spartans surpassed the Athenians in naval performances secondo NAIDEN 2009, 729. 203 Sulla impossibilità di ricostruire un resoconto adeguato a causa della consueta diversità dei racconti a noi trasmessi cfr. STRAUSS 1983, 27; per un aggiornato status quaestionis delle tradizioni su questa battaglia, nel tentativo di armonizzarle, si veda ora ROBINSON 2014.

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altre infatti sono ancora equipaggiate e riescono a prendere il largo204, mentre il resto della flotta, compresi gli altri strateghi, viene catturato vicino alla costa. La sorte dei prigionieri è segnata poi dagli alleati che lamentano le molte crudeltà inflitte dagli Ateniesi e Lisandro li fa tutti uccidere, rivelando così il desiderio di stroncare le ultime resistenze ateniesi205. Questa battaglia, che assume il ruolo dello scontro frontale definitivo, è comunemente datata tra l’estate e l’autunno 405206; dunque l’arrivo di Lisandro a Efeso e tutte le operazioni da lui compiute prima della battaglia non possono essere avvenute, come dice Senofonte, sotto l’arcontato di Alexias, quindi solo dal luglio in poi. Un arrivo nell’estate-autunno 405 sembra inoltre improbabile, anche perché, oltre a comprimere troppe operazioni in poco tempo e a spostare troppo in avanti la battaglia di Egospotami, significherebbe accettare che la navarchia spartana in piena guerra sia rimasta vacante per un anno intero, dalle Arginuse dell’estate 406 al settembre circa del 405207. Resta dunque a mio parere l’ipotesi che Araco sia stato il navarco eletto nell’autunno 406 e che Lisandro si sia recato in Ionia poco dopo (anche se

204 Qui Senofonte parla di 9 navi, otto delle quali si recano poi a Cipro, mentre la sola Paralos torna ad Atene; secondo Lys. Apol. dorod. [XXI], 9-11, nel complesso furono solo 12 le navi tornate integre ad Atene; secondo Diod. XIII, 106, 6, furono 10, ma non si capisce se Conone le porti tutte a Cipro o solo la sua. Cfr. BARBIERI 1955, 71-72. 205 Xenoph. Hell. II, 1, 31-32: agli Ateniesi si imputava un decreto con il quale avevano approvato di tagliare la mano destra agli uomini catturati durante le battaglie navali (anche se, secondo Plut. Lys. 9, 7, si trattava del solo pollice, ma comunque era un provvedimento crudele) oppure l’aver gettato in mare l’equipaggio di due navi catturate. Diodoro sorvola invece su questa crudeltà e accenna solo che le navi furono catturate e lo stratego Filocle ucciso (XIII, 106, 7), mentre Plutarco (Lys. 13, 1) evidenzia la responsabilità del consiglio degli alleati. Sulla crudeltà di Lisandro cfr. WYLIE 1997; KAPELLOS 2010. 206 Xenoph. Hell. II, 1, 21 sg. Rahe (1977, 119) definisce i due estremi probabili: dopo il cambio di arconte (quindi tra luglio 405) e prima delle Prometee in novembre (in base alle parole del personaggio di Lys. Apol. dorod. [XXI], 3, 9-11). Tra agosto e settembre, quando le navi granarie si muovevano dal Ponto verso l’Egeo sembra l’ipotesi più convincente (SCHEPENS 1993, 189; ottobre nella proposta di PARETI 1961, 76; estate in senso generico in STRAUSS 1983, 24 e ora ROISMAN 2017, 200; settembre per RICHER 2018, 302). Le informazioni fornite da Lisia evidenziano inoltre le incoerenze del racconto di Senofonte e portano a preferire quello di Diodoro anche in questa parte (cfr. EHRHARDT 1970, 226; contra STRAUSS 1983, 26, secondo cui invece Diodoro è troppo condensato). 207 Non ci sono soluzioni sicure purtroppo: si può anche pensare a una lacuna nella registrazione del nome (in fondo non vi sono operazioni significative, dal momento che la flotta spartana ha subìto un colpo durissimo e deve riorganizzarsi, cfr. PARETI 1961, 74), oppure che, secondo la tradizione riportata da Diodoro, si sia inserita la nomina di un successore designato da Callicratida stesso, o ancora che Eteonico in realtà abbia rivestito lui, più o meno ufficialmente, questo incarico, come sembra di poter intendere da Senofonte che descrive esplicitamente un passaggio di consegne tra Eteonico e Lisandro. Favorevoli al vuoto nel 406/5 ad es. PARETI 1961, 124; FALKNER 1992 a, 316.

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significa di nuovo considerare interpolata l’indicazione cronologica presente in Senofonte e da anticipare all’anno arcontale precedente)208, dedicandosi inizialmente alle operazioni tipiche della stagione invernale, come abbiamo visto per i due anni precedenti, rivolte alla riorganizzazione della flotta e poi impegnandosi in primavera-estate 405 nelle spedizioni, che culminano con la battaglia di Egospotami, forse intorno al mese di agosto o settembre. Un arrivo già nel 406 inoltre rende più evidente da parte spartana la necessità di una nuova frattura nella gestione della navarchia dopo Callicratida con il ritorno di Lisandro; i suoi oppositori a Sparta probabilmente erano ormai stati screditati, un riavvicinamento ad Atene pareva escluso e quindi si riapre la strada alla politica imperialista di quello, che in effetti porta a conclusione la guerra209. Sappiamo poi che Lisandro rimane in carica in qualche modo fino alla fine dell’estate 404210 e dunque un arrivo nell’autunno 406 implica una durata straordinaria di questo incarico; in ogni modo, anche ipotizzando che Lisandro possa essere arrivato in zona nella primavera 405211, come molti studiosi fanno, la durata resterebbe straordinaria allo stesso modo e invece i tempi di azione sarebbero molto più compressi. Vista la particolarità del momento, in cui gli Spartani vedono vicina la vittoria conclusiva, questo lungo tempo di comando non parrebbe affatto impossibile, qualunque sia il suo ruolo ufficiale212. Lisan-

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Già BELOCH 1879, 127, aveva ipotizzato che la navarchia di Araco fosse del 406/5 e il vuoto del 405/4, ma sempre con Lisandro nel ruolo di epistoleus; anche per BARBIERI 1955, 58, si può ipotizzare la nomina di Araco nell’estate-autunno del 406, seguita poi dall’arrivo del solo Lisandro a primavera 405 (74-76 per una nota cronologica su Lisandro, che evidenzia l’impossibilità di scalare di un anno tutte le operazioni da lui compiute). PARETI 1961, 73, ipotizza un arrivo nell’autunno 405, ma a seguito di una nomina nell’estate, in sostituzione di una possibile navarchia di Eteonico. Secondo BOMMELAER (1981, 6162, 79-81) non arriva né in autunno, né in primavera, ma a inizio 405; inverno 406 anche per RAHE 1977, 76 e ASMONTI 2015, 88. 209 A una frattura nella politica sembra pensare anche K AGAN 1987, 379-380. Giustamente BERNINI (1988, 25; 89-90) evidenzia come la politica di Lisandro si distingua da quella tradizionale, in realtà però non perché la imbarbarisca ma perché la ‘ateniesizzi’, Per l’imperialismo di Lisandro cfr. ora GOMEZ CASTRO 2016, 65, anche se in realtà ANDREWES 1978, 91, esprimeva dubbi sulla possibilità di parlare davvero di imperialismo nel mondo spartano; innegabili sembrano però le ambizioni imperialistiche di alcuni personaggi, come appunto Lisandro, che dovevano riscuotere il consenso di almeno parte della polis lacedemone. 210 Xenoph. Hell. II, 3, 9, attesta un rientro a Sparta alla fine dell’estate 404. 211 Così pensa ad es. FALKNER 1992 a, 212. A un arrivo in primavera 405, con una lacuna sul navarco del 404, pensa anche WEBER 1833, 88. 212 Sulla straordinarietà del successo di Lisandro a Egospotami, che di fatto conclude la guerra, cfr. anche Ael. Arist. Plat. [III], 200. Insiste sull’eccezionalità della situazione

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dro potrebbe infatti avere rivestito per due anni un incarico apparentemente subalterno, rimanendo al suo posto anche sotto un altro navarco tra l’autunno 405 e il 404, talmente irrilevante in realtà da non aver lasciato neppure il ricordo del nome; oppure potrebbe esserlo diventato lui, vista l’eccezionalità della situazione, che avrebbe potuto giustificare l’inosservanza della legge generale che aveva impedito l’iterazione nell’anno precedente. Non si può infatti del tutto escludere in realtà che nel secondo anno di operazioni, dopo Araco, sia stato lui ad avere ufficialmente l’incarico, dal momento che Diodoro (XIV, 10, 1) lo definisce di nuovo navarco per il 404/3; per tale anno (a fronte anche della esplicita attestazione senofontea che il navarco era suo fratello Libi213) la testimonianza appare nettamente da respingere, ma potrebbe essere una spia di un rinnovo nell’anno precedente. Una conferma di questa ipotesi potrebbe venire dal contesto in cui viene situato questo rinnovo, ovvero quando Diodoro parla dell’egemonia navale e delle decarchie e degli armosti istituiti dallo Spartano, il che secondo Plutarco è esattamente il quadro descritto subito dopo la sua vittoria a Egospotami214. Dopo questa battaglia infatti Lisandro comincia un giro tra le città alleate di Atene, come Lampsaco, Bisanzio, Calcedone e Sesto215, per allontanare le guarnigioni ateniesi e rimandarle in patria, con un obiettivo strategico molto preciso, a detta di Senofonte: «Lisandro rimandò ad Atene tutte le guarnigioni ateniesi e anche quegli Ateniesi in cui gli capitava di imbattersi, muniti di un salvacondotto valido solo per quella destinazione e non altre. Sapeva infatti che, quanto più numerosa fosse stata la popolazione in città e al Pireo, tanto più rapida sarebbe stata la carenza di cibo»216.

anche BARBIERI 1955, 76, che non è alieno comunque dall’ipotizzare una proroga ‘sotto un altro navarco prestanome’; per un’ipotesi simile (proroga del ruolo di epistoleus e nome del navarco ufficiale rimasto in patria e sconosciuto) già BELOCH 1879, 123. Anche CHRISTIEN 2015, 335, prende invece in considerazione l’ipotesi che nel 404 Lisandro possa essere il navarco. 213 Cfr. Xenoph. Hell. II, 4, 28; infra, 81. 214 Cfr. Plut. Lys. 13, 5 sg. 215 Anche Sesto, secondo Diod. XIII, 106, 8; Plut. Lys. 14, 3. Plutarco (Lys. 13, 4 sg.) insiste in particolare sul ruolo egemonico di Lisandro in questa fase, che lascia dappertutto gli armosti spartani, «organizzando in qualche modo la sua egemonia personale sulla Grecia»; su questo tentativo di instaurare a Sesto una sorta di colonia militare, cui si oppongono gli Spartani, cfr. BEARZOT 2004 b, 127 sg. Sull’intenzione lisandrea di costruire un impero marittimo si veda ora GOMEZ CASTRO 2016, 53 sg. 216 Xenoph. Hell. II, 2, 2: Λύσανδρος δὲ τούς τε φρουροὺς τῶν Ἀθηναίων καὶ εἴ τινά που ἄλλον ἴδοι Ἀθηναῖον, ἀπέπεμπεν εἰς τὰς Ἀθήνας, διδοὺς ἐκεῖσε μόνον πλέουσιν ἀσφάλειαν, ἄλλοθι δ᾽ οὔ, εἰδὼς ὅτι ὅσῳ ἂν πλείους συλλεγῶσιν εἰς τὸ ἄστυ καὶ τὸν Πειραιᾶ, θᾶττον τῶν ἐπιτηδείων ἔνδειαν ἔσεσθαι.

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Quindi non si tratta di buona disposizione d’animo, dopo la strage appena effettuata a Egospotami, ma di una precisa tattica bellica. Dopo di ciò Lisandro si ritira a Lampsaco per far riparare le navi e in un tempo successivo non ben precisato riprende il giro per le città ex alleate ateniesi, occupando Lesbo, la Tracia (sotto il comando di Eteonico, che dunque sta sempre collaborando in qualità di archon217) e facendo ribellare tutto il resto della Grecia, tranne Samo, che comunque viene posta sotto assedio218. Poi raggiunge Agide in Attica, libera Egina e razzia Salamina, ponendo l’assedio al Pireo con 150 navi219. In attesa che gli Ateniesi privi di cereali accettino qualsiasi accordo, trascorrono almeno tre mesi durante i quali Teramene si reca presso Lisandro per dedicarsi alle trattative e altro tempo passa quando costui si reca a Sparta per trattare la pace, finché gli Ateniesi sono costretti ad accettare le dure condizioni imposte e Lisandro entra in Atene il 25 aprile 404220. Qui egli collabora all’abbattimento della democrazia e al cambio di governo, dopo di che nel racconto di Senofonte si dedica all’ultima città rimasta da conquistare, Samo (Hell. II, 3, 3); quando anche questa accetta la resa, viene affidata ai cittadini oligarchici che erano tornati dall’esilio e a una decarchia con l’incarico di controllare la guarnigione militare. Ma in realtà la narrazione qui sta tornando indietro nel tempo e Lisandro si deve essere già recato a Samo durante il periodo di assedio di Atene ed è lì che Teramene si reca, non certo sulle navi al Pireo221. Infatti sia Diodoro che Plutarco ci forniscono una ricostruzione forse più coerente: Diodoro inserisce una scansione più dettagliata degli eventi, facendo allontanare Lisandro da Atene alla volta di Samo, per poi ritornare chiamato da un’ambasceria degli oligarchi ateniesi per sollecitare la formazione del governo oligarchico; a questo scopo egli si reca ad Atene con ben cento navi, presen-

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Xenoph. Hell. II, 2, 5; cfr. infra, 79, per il ruolo di spicco rivestito da Eteonico in questa fase di guerra. 218 Diod. XIII, 106, 8. 219 Xenoph. Hell. II, 2, 9; Diod. XIII, 107, 2, parla di 200 triremi, ma probabilmente considera ancora tutta la flotta peloponnesiaca, senza i vari distacchi come quello di Eteonico; Plut. Lys. 14, 1. La data proposta da Pareti (1961, 76) di un inizio dell’assedio intorno a fine novembre 405 potrebbe anche essere coerente con le operazioni, ma forse si potrebbe ancora spostare leggermente più avanti. 220 Cfr. anche Plut. Lys. 15, 1. Comunque subito Senofonte fa cambiare anno: questo è l’anno di Pitodoro, ma dato che è già un oligarchico, da Diod. XIV, 3, 1 è detto l’anno in cui Atene fu priva di arconte in seguito alla caduta del governo. Per una ricostruzione della situazione ad Atene e del colpo di stato del 404, vd. BEARZOT 2013 a, 109 sg. 221 Cfr. in questo senso anche SCHEPENS 1993, 174 (che attribuisce all’inverno 405/4 sia il blocco di Atene che di Samo); non così invece PARETI 1961, 79.

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ziando perfino alla dibattuta assemblea in cui su decreto di Dracontide viene istituito il governo dei Trenta, nonostante il tentativo di Teramene di opporsi, messo a tacere da Lisandro con l’accusa di aver violato i patti, avendo abbattuto le mura oltre il termine convenuto222. Plutarco si sofferma in maniera ancora più convincente sulla prima fase, descrivendo la lunga resistenza degli Ateniesi all’assedio e la decisione di Lisandro di tornare a combattere in Asia, continuando la sua opera di abolizione delle democrazie e instaurazione di decarchie, oltre che conquistando Samo e Sesto223. Al suo ritorno ad Atene, poi, la costringe ad accettare le condizioni di pace, il cambio di costituzione e una guarnigione al comando di Callibio; ma il riferimento al ritardo nell’abbattimento delle mura ci fa ipotizzare che possa esserci stato uno scarto più ampio nel tempo e che queste operazioni non avvengano tutte in una volta. Regolata la situazione in Atene, Plutarco è l’unico a citare una spedizione di Lisandro in Tracia, il cui bottino da portare in patria viene affidato nelle mani di Gilippo, che si rivela essere invece infedele224. Invece, secondo Senofonte, ‘alla fine dell’estate’ 404 egli può licenziare la flotta alleata e ritornare a Sparta, carico di gloria e di ricchezze: «Lisandro con le navi lacedemoni salpò per tornare a Sparta, portando con sé i rostri delle navi catturate, le triremi che aveva confiscato al Pireo, eccetto dodici, le corone ricevute in dono a titolo personale dalle città e 470 talenti d’argento, avanzo dei tributi ricevuti da Ciro per le operazioni belliche e il resto del bottino che egli stesso aveva accumulato durante la guerra»225.

Grazie a questo bottino Lisandro può poi celebrare il suo successo in maniera straordinaria: non solo infatti sull’acropoli di Sparta orna il portico occidentale di due aquile sopra le quali si trovano due Nikai, da lui offerte in

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Diod. XIV, 3, 4-6. Cfr. anche Lys. In Eratosth. [XII], 71-76; Aristot. Ath. Pol. 34, 3. Secondo Xenoph. Hell. II, 3, 13, l’intervento di Lisandro viene poi ancora richiesto dai Trenta in un tempo successivo ed egli si adopera per inviare una guarnigione comandata da Callibio a sostegno degli oligarchici. Su questo problema del termine di tempo cfr. anche Lys. In Eratosth. [XII], 74; Plut. Lys. 15, 2. 223 Plut. Lys. 14, 2-3. Sulla conquista di Samo e la restaurazione degli oligarchici che lo onorano con una statua e feste in suo onore cfr. anche CARTLEDGE 1982, 264. 224 Plut. Lys. 16, 1. Cfr. anche Diod. XIII, 106, 8-9, che però parla solo di Samo e anticipa questo invio di bottino a Sparta. 225 Xenoph. Hell. II, 3, 8: ταῖς δὲ Λακωνικαῖς ναυσὶν ἀπέπλευσεν εἰς Λακεδαίμονα, ἀπάγων τά τε τῶν αἰχμαλώτων νεῶν ἀκρωτήρια καὶ τὰς ἐκ Πειραιῶς τριήρεις πλὴν δώδεκα καὶ στεφάνους, οὓς παρὰ τῶν πόλεων ἐλάμβανε δῶρα ἰδίᾳ, καὶ ἀργυρίου τετρακόσια καὶ ἑβδομήκοντα τάλαντα, ἃ περιεγένοντο τῶν φόρων, οὓς αὐτῷ Κῦρος παρέδειξεν εἰς τὸν πόλεμον, καὶ εἴ τι ἄλλο ἐκτήσατο ἐν τῷ πολέμῳ.

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Sparta e i suoi navarchi

ricordo delle vittorie di Nozio e di Egospostami, ma soprattutto fa costruire un monumento senza uguali a celebrazione di una vittoria in battaglia navale (ovvero per il successo ottenuto a Egospotami) 226. Si tratta di un gruppo bronzeo elevato a Delfi, comprendente una quarantina di statue, di cui una rappresenta in primo piano la sua persona, incoronata addirittura dal dio Poseidone227, insieme ad altre dedicate a degli dei (Zeus, Apollo, Artemide e i Dioscuri) e a personaggi posti su più file, in parte noti e in parte sconosciuti228. Plutarco ci dice sobriamente che Lisandro fa innalzare a Delfi una statua in bronzo per lui e per ‘ciascuno dei navarchi’, senza ulteriori specificazioni, mentre Pausania ci descrive più dettagliatamente la composizione di questo donario e cita per nome molti dei personaggi qui rappresentati. Da questa descrizione possiamo desumere che il monumento che è comunemente detto ‘dei navarchi’ non è davvero collegabile ai navarchi come li intendiamo noi, ovvero come magistrati spartani, perché dei 27 nomi elencati solo tre sono spartani (Araco, Epicidida e Eteonico)229 e nessun altro è stato navarco, a parte Araco che lo era proprio al tempo della battaglia di Egospotami230, per lo meno per quanto ne sappiamo.

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Paus. III, 17, 4, per l’anathema a Sparta. Cfr. Plut. Lys. 18, 1 per l’altro monumento, e il resto del capitolo per gli altri straordinari onori, che gli valsero (primo tra gli uomini) altari e sacrifici come a un dio, in particolare a Samo, cfr. MUCCIOLI 2005; BROWN FERRARIO 2014, 236 sg. Cfr. anche Plut. De Pyth. Orac. 395 B; Paus. X, 9, 7-10. 227 CARTLEDGE 2009, 52, giustamente evidenzia il fatto che Lisandro in questo monumento si faccia incoronare proprio da Poseidone, dio molto venerato a Sparta, il che significa che il mare è più importante di quanto spesso si pensi per questa polis. 228 Per fortuna il gruppo bronzeo si è parzialmente conservato e ha attirato l’attenzione di molti studiosi che hanno provato a ricostruirne l’aspetto originario (discutendo sulla distribuzione in file e sulle attribuzioni dei nomi di personaggi ai resti delle statue), che resta comunque molto difficile da definire, anche perché probabilmente sulla base del monumento c’era una lista complessiva di nomi che non corrisponde del tutto con quella trasmessa dalle fonti letterarie; per le iscrizioni sopravvissute cfr. M.-L. 95. Si veda l’analisi di BOMMELAER 1971, 53 sg., 63, con status quaestionis e bibliografia precedente; BEARZOT 2004 b, 145. 229 Non sono citate le provenienze di altri due personaggi posti in evidenza, ovvero l’indovino Agia e il kybernetes Ermone, ma probabilmente questo è lo stesso che già comandava la nave del navarco Callicratida (cfr. Xenoph. Hell. I, 6, 32) e che è detto di Megara. Secondo FALKNER 1992 a, 216 sg., è segno che i rematori potevano essere mercenari provenienti da altre poleis, oltre che iloti o neodamodi. 230 Cfr. supra, 70. Tra le iscrizioni della base del monumento una potrebbe celebrare questo navarco come il primo per virtù tra i più forti comandanti della vasta Grecia (questa è l’interpretazione del frammento da parte ad es. di PARETI 1961, 73), ma il testo è molto frammentario e questa integrazione non accoglie consenso generale (cfr. M.-L. 95 fr. B, che preferisce riferirlo a Polluce). In ogni modo è interessante per noi perché potrebbe essere l’unica attestazione epigrafica del senso specifico di navarco nel mondo spartano.

II. La navarchia durante la guerra ionica

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Degli altri due Spartani citati, Eteonico, che riveste in questi anni molti incarichi importanti da armosta e archon della flotta, potrebbe anche esserlo stato231, mentre per Epicidida non abbiamo alcuna testimonianza in questo senso: è vero però che il personaggio è noto e pare avere rivestito un ruolo di prestigio sia prima che dopo questo periodo, per cui potrebbe essere uno dei tanti nomi mancanti nella lista dei navarchi attestati232. Ma in questo caso mi sembra più corretto considerare la definizione ‘navarchi’ data da Plutarco in senso generico, semplicemente come i comandanti alleati che collaborarono con Lisandro alla vittoria di Egospotami, come infatti scrive Pausania233. In ogni modo questo monumento rende Lisandro il navarco per eccellenza e attesta il culmine della parabola del potere suo e dei navarchi in generale, in parallelo con quello dell’egemonia spartana.

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Eteonico pare infatti uno dei comandanti più presenti nel settore ionico, con incarichi quasi continuativi dal 411 (quando arriva con Astioco), poi armosta di Iaso, poi al comando della flotta sia sotto Callicratida che Lisandro; cfr. supra, 67 sg. e FALKNER 1992 a, 215. 232 Thuc. V, 12, 1, ricorda una sua missione militare in Tracia nel 422, con l’incarico di sistemare la situazione nella città di Eraclea Trachinia; Xenoph. Hell. VI, 2, 2, lo indica come l’incaricato di portare ad Agesilao l’ordine di rientrare in Grecia nel 394, morto poi in un’operazione militare in Beozia insieme al re nel 377 (V, 4, 39). Il personaggio è dunque di spicco e il suo ruolo potrebbe essere coerente con una navarchia, ma solo ipotizzabile. 233 Di questi comandanti Pausania cita 27 statue di 4 scultori diversi; di queste 11 si riferiscono a personaggi dell’Asia Minore o delle isole e 13 della Grecia, ma appunto solo 3 di Sparta, cfr. BOMMELAER 1971, 51, 60 per l’ipotesi che Pausania non abbia citato tutti i personaggi che c’erano in realtà.

Capitolo III La navarchia tra 404 e 394 a.C.

1. Libi (404/3) Dopo la fine della guerra del Peloponneso le attività navali di Sparta continuano a pieno ritmo, con il totale controllo dell’Egeo; l’egemonia conquistata per terra e per mare pone Sparta in un ruolo di assoluto predominio e di vera talassocrazia, come riconoscono le stesse fonti antiche1. In questo periodo i navarchi sono attestati quasi continuativamente, ma i problemi costituiti dalla loro cronologia non cessano. Sulla navarchia del 404/3 gravano infatti come al solito molti dubbi: nella primavera 403, dopo la destituzione dei Trenta e la nomina dei Dieci, seguite da una ambasceria inviata a Sparta a chiedere aiuto per fronteggiare le lotte interne, secondo Senofonte Lisandro accorda il suo aiuto agli oligarchici ad Atene, sia finanziario (con ben cento talenti) sia militare, assicurando il suo intervento come armosta su terra e del fratello Libi, nauarchounta, in vista di un assedio per terra e per mare2. Eppure Diodoro dice che gli Spartani dopo la guerra nominano navarco Lisandro (sotto l’anno 404/3)3; come abbiamo visto prima,

1 Cfr. Xenoph. Anab. VI, 6, 9-14, per la situazione di assoluta egemonia intorno al 400; per una doppia egemonia per terra e per mare già dall’antico cfr. Ephor. FGrHist 70 F 118; Diod. XIV, 10, 1; 13, 1; XV, 1, 1-5, ecc. Si veda su questo anche SCHEPENS 1993, 169 sg. Questa fase probabilmente fa inserire Sparta nella lista degli imperi di Polibio (I, 2, 2-6), con la qualifica di egemone incontrastata, unico vero esempio di impero detenuto da una città greca (FERRRARY 1976, 286). Eppure per i moderni è spesso difficile accettare una talassocrazia spartana, come dimostra SOLARI 1907, 243, 264-265 (secondo cui gli Spartani non ebbero mai una vera potenza navale, non avendo le capacità tecniche ed economiche per gestirla) o ancora STARR 1989, che in un lavoro sul sea power nel mondo antico non dedica alcuno spazio al ruolo di Sparta. 2 Cfr. Xenoph. Hell. II, 4, 25 sg.; Aristot. Ath. pol. 38, 1; Diod. XIV, 33, 5; Plut. Lys. 21, 3. Il re Pausania però si oppone a Lisandro e giunto in Attica con l’esercito facilita la mediazione tra le due parti politiche ateniesi; per queste operazioni e la divisione in fazioni all’interno di Sparta cfr. anche STRONK 1990-1991, 118-119. Per questo periodo di transizione e la restaurazione democratica ad Atene nel settembre-ottobre 403, cfr. BEARZOT 2013 a, 171 sg. 3 Cfr. Diod. XIV, 10, 1.

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Sparta e i suoi navarchi

in realtà si potrebbe meglio attribuire al 405/4 un’eventuale seconda navarchia di Lisandro, mentre per l’anno in questione l’ipotesi più accreditata è che il navarco ufficialmente sia Libi, anche se di fatto è possibile che di nuovo venga percepito Lisandro come navarco effettivo, come già avvenuto al tempo di Araco4. Sull’operato di Libi in effetti non sappiamo nulla di più5, mentre su Lisandro sappiamo che all’arrivo del re spartano Pausania in Attica (il quale, invidioso del successo personale del generale, opera in senso a lui contrario e favorevole alla restaurazione della democrazia ad Atene) si ritira, forse trasferendosi nell’Ellesponto, dove continua a operare fin quando viene richiamato a Sparta a causa delle accuse di Farnabazo6. Questa collocazione temporale del richiamo di Lisandro, fuori dai tempi soliti e senza citare destituzioni, fa nettamente propendere per l’impossibilità di considerarlo il navarco in carica e per l’attendibilità della notizia senofontea che il navarco fosse il fratello. Evidenzia inoltre la continua frattura nella gestione della politica spartana, che lo stesso Senofonte dichiara divisa tra chi era più favorevole alla politica di Pausania e chi lo era a quella di Lisandro, il cui ruolo però ha un rapido crollo7. 2. Pantoida (403/2) Per il 403/2 i problemi sono ancora maggiori, perché non è attestato alcun nome esplicito di navarco e Senofonte non racconta nulla a questo proposito. Qualche spiraglio maggiore lo apre Diodoro che attribuisce in questo anno il comando (con il titolo di strategos, però, non di navarco)8 allo spartano Pantoida per una spedizione contro Clearco, l’armosta di Bisanzio accusato di

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Cfr. supra, 69 sg.; per SOLARI 1907, 24, Lisandro era l’epistoleus di Libi, ma ciò non è attestato da nessuna parte. 5 Anche Diodoro non ci racconta nulla, ricordando il personaggio solo per l’omonimia con il re di Cirene (XIV, 13, 6), in onore del quale avrebbe ricevuto questo nome. Giustamente Malkin (1990, 541-550) rettifica la notizia: non si tratta tanto di un re di Cirene, che non sarebbe altrimenti attestato, ma comunque di un re della zona, risalente a un’epoca piuttosto arcaica. Il legame tra i progenitori di Lisandro e la Libia sarebbe dunque molto significativo e antico, come dimostra anche la visita di Lisandro all’oracolo di Zeus Ammone a Siwa nel tentativo (fallito) di corrompere i sacerdoti perché lo sostenessero nelle sue trame di riforma costituzionale (sulla quale cfr. ad es. BEARZOT 2013 b, 175 sg.). 6 Xenoph. Hell. II, 4, 29; Diod. XIV, 33, 6; Plut. Lys. 19, 7. Cfr. BOMMELAER 1981, 155 sg.; FALKNER 1992 a, 227 sg. 7 Cfr. Xenoph. Hell. II, 4, 36. Pr questo contrasto e il setback subìto da Lisandro in questo periodo cfr. anche HAMILTON 1992, 40, 46; SCHEPENS 1993, 192. 8 Cfr. Diod. XIV, 12, 4.

III. La navarchia tra 404 e 394 a.C.

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atteggiamenti tirannici. L’esercito spartano combatte valorosamente contro l’esercito di Clearco e lo annienta, costringendo l’ex armosta a rifugiarsi presso Ciro, da cui viene messo a capo delle truppe in vista della spedizione contro il fratello. Per quanto si abbiano poche informazioni, è però da notare che questa spedizione mette in luce positivamente Pantoida e testimonia che i contrasti nella gestione della politica estera che si erano creati a Sparta sono dunque sempre evidenti, come al tempo di Callicratida e Lisandro, anche quando non sia direttamente coinvolto Lisandro. Se Pantoida è in servizio nella primavera del 402, potrebbe essere lui il navarco dell’anno, anche se il suo operato non ha lasciato altre tracce significative e per questo è quasi completamente sparito dalla memoria successiva9. Pare comprensibile che Senofonte non lo citi, trattandosi del protagonista di un intervento in una questione strettamente spartana, e anche il fatto che Diodoro lo chiami stratego non sembra costituire un ostacolo, dal momento che spesso non appare preciso nella terminologia delle cariche: abbiamo già visto più volte come non definisca navarchi personaggi che sicuramente lo furono, mentre usi il termine navarco anche in riferimento ad ammiragli di altre flotte10. Ma altrettanto non si può affermare con sicurezza che egli sia stato un navarco e non davvero uno stratego. 3. Samio/Samo/Pitagora (402/1) Nel 402/1 abbiamo due diversi nomi attestati come navarco: secondo Senofonte, quando Ciro il giovane invia un’ambasceria a Sparta con la quale chiede di mostrare la loro riconoscenza per l’aiuto ricevuto durante la guerra e contraccambiarlo collaborando alla sua spedizione contro il fratello, «gli efori riconobbero la legittimità della richiesta e ordinarono a Samio, che allora era navarco, di mettersi a disposizione di Ciro per tutto ciò di cui avesse bisogno, compito che egli svolse con impegno. Unendo la sua flotta con quella di Ciro circumnavigò fino in Cilicia e fece in modo che Syennesis, satrapo della regione, non potesse ostacolare per terra la marcia di Ciro contro il Gran Re»11.

9 Si deve però considerare probabile che si tratti dello stesso Pantoida, l’armosta che muore ucciso da Pelopida in Beozia nel 377: Plut. Pelop. 15, 6 (probabilmente nel contesto delle operazioni descritte anche da Xenoph. Hell. V, 4, 47 sg., che però non cita il nome di Pantoida). 10 Ad esempio nel caso di Alcida (XII, 55, 6) o Mindaro (XIII, 70, 1) o Mnasippo (XV, 47, 1); viceversa chiama Lisandro navarco anche quando non lo è (es. XIII, 104, 3), oppure lo riferisce al comandante persiano (es. XIV, 19, 5; 79, 7 addirittura a Conone navarco dei Persiani); per altri casi vd. supra, 3 n. 7. 11 Xenoph. Hell. III, 1, 1: οἱ δ᾽ ἔφοροι δίκαια νομίσαντες λέγειν αὐτόν, Σαμίῳ τῷ τότε

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Significativa in questo passo è l’osservazione che Samio fosse il navarco di quel momento (τῷ τότε ναυάρχῳ): questa mi sembra una esplicita indicazione che la carica fosse attribuita a priori e che il navarco venisse poi destinato ai diversi incarichi che emergevano durante la sua magistratura e non che venisse scelto quando si verificava una necessità. Senofonte poi in realtà rimanda alla Anabasi per la trattazione di questa spedizione, alimentando però i problemi per quanto riguarda il navarco spartano che si aggiunge a Ciro con 35 navi, perché nell’altra opera viene denominato Pitagora (I, 4, 2). Anche Diodoro usa circa le stesse parole, ma contestualizzando l’operazione sotto l’arcontato di Esseneto, quindi nel 401/0: alla richiesta di Ciro, gli Spartani decidono di aiutarlo e mandano il loro navarco di nome Samo, con la disposizione di eseguire gli ordini di Ciro; questi raggiunge Efeso con 25 triremi e offre la sua collaborazione al navarco di Ciro (XIV, 19, 4-5). Si può notare qui sia la variante Samo per il nome del navarco (ma da considerare un piccolo errore12), sia l’uso di chiamare con questo titolo anche il comandante della flotta persiana, sganciandolo quindi dal nome tecnico della magistratura spartana per assumere un’accezione più ampia. Quanto alla data, Diodoro evidentemente compatta tutta la narrazione di questa vicenda sotto un unico anno, probabilmente perché si concentra sulla battaglia di Cunassa, che sembra ragionevolmente collocarsi circa a settembre 401; ma se la spedizione contro Artaserse parte da Sardi circa nel marzo 401, ancor più i primi preparativi con la richiesta a Sparta senz’altro devono risalire all’anno arcontale precedente13, quindi dobbiamo ritenere Samio/Samo il navarco del 402/1. Resta ancora da riflettere sul nome attestato nell’Anabasi, Pitagora. Si tratta di un altro navarco, il che dimostrerebbe l’esistenza contemporanea di due incaricati con lo stesso ruolo, o si tratta della stessa persona14? A parte i problemi creati da un doppio navarco nello stesso anno, nonché dall’eccesso di intervento spartano che si verificherebbe pensando all’invio di due flotte, il brano di Senofonte e quello di Diodoro paiono riferirsi esattamente allo stesso contesto:

ναυάρχῳ ἐπέστειλαν ὑπηρετεῖν Κύρῳ, εἴ τι δέοιτο. κἀκεῖνος μέντοι προθύμως ὅπερ ἐδεήθη ὁ Κῦρος ἔπραξεν· ἔχων γὰρ τὸ ἑαυτοῦ ναυτικὸν σὺν τῷ Κύρου περιέπλευσεν εἰς Κιλικίαν, καὶ ἐποίησε τὸν τῆς Κιλικίας ἄρχοντα Συέννεσιν μὴ δύνασθαι κατὰ γῆν ἐναντιοῦσθαι Κύρῳ πορευομένῳ ἐπὶ βασιλέα. 12 Questa è infatti l’opinione comune, cfr. anche PORALLA 1985, 111-112; LGPN, s. vv. 13 Per la cronologia dei fatti descritti nella Anabasi cfr. ad es. LANE FOX 2006, sp. 21 sg. 14 A due persone diverse si pensava in antico, cfr. ad es. JUDEICH 1892, 109; SOLARI 1907, 12, ma ora perlopiù prevale l’opinione che si tratti della stessa persona: cfr. anche PORALLA 1985, 112; LGPN, s. v.

III. La navarchia tra 404 e 394 a.C.

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anche nell’Anabasi infatti il navarco spartano si unisce a Efeso con quello persiano dotato di 25 triremi (e di qui potrebbe originarsi la confusione che spiega il diverso numero attribuito alle navi spartane e che per assonanza con il nome del navarco persiano Tamo usa la versione Samo). Più convincente a mio parere risulta allora l’ipotesi che debba trattarsi della stessa persona e che possano essere uno il vero nome, l’altro il soprannome con cui il navarco era più conosciuto. Difficile resta però dire se sia Samio il vero nome e Pitagora il soprannome o se al contrario sia Pitagora il vero nome, da cui potrebbe poi essere venuto il soprannome Samio, forse per qualche evento connesso alla presa di Samo del 404, ma anche in questo caso siamo nel mondo delle ipotesi15. 4. Anassibio (401/0) e Polo (400/399) Si può notare un certo disinteresse nelle fonti a proposito delle attività dei navarchi spartani di questo periodo, che sono poco più che nomi; questo forse significa che il loro operato non è stato particolarmente significativo, mentre qualche maggiore notizia l’abbiamo invece su quello successivo, Anassibio. Dopo la parentesi del racconto della fallimentare spedizione dei Diecimila, i soldati greci superstiti al ritorno da Cunassa si fermano per circa un mese a Trapezunte e durante questa sosta un comandante spartano, Chirisofo, parte per andare a chiedere delle navi al navarco Anassibio, con cui tornare a casa. Seguendo la cronologia dell’Anabasi dovremmo trovarci nella primavera del 40016, quindi Anassibio che era già in zona potrebbe essere il navarco del 401/0. In realtà non pare che Anassibio sia disposto ad aiutare i superstiti della spedizione, perché Chirisofo torna a mani vuote, limitandosi a riferire degli elogi da parte del navarco e una generica promessa che avrebbero ricevuto una paga se avessero lasciato il Ponto; anzi, addirittura sembra contrapporvisi quando qualche mese dopo questi passano a Bisanzio, prima di volgersi verso la

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Sia il nome Pitagora che Samio sono comunque attestati a Sparta, e si conosce una prestigiosa famiglia con un uomo di nome Samio, il cui padre Archia era proprio colui che si recò a Samo nel 525, il che potrebbe attestare legami tradizionali con l’attività sul mare e questa isola (cfr. ad es. Herodot. III, 55); questo potrebbe dunque essere un discendente. Al nome Pitagora con soprannome Samio sembra propendere PARETI 1961, 86 e n. 3, mentre viceversa secondo PORALLA 1985, 31, 111-112. 16 Per l’arrivo a Trapezunte, con la sosta di un mese durante la quale parte Chirisofo cfr. Xenoph. Anab. IV, 8, 22; V, 1, 4-5; 5, 3; VI, 1, 16; per le difficili questioni di cronologia vd. LANE FOX 2006, 21 sg. Cfr. anche Diod. XIV, 30, 3-4; per queste operazioni vd. anche FALKNER 1992 a, 235 sg.

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Tracia17. Infatti Farnabazo, preoccupato dalla presenza di questo esercito greco vicino alle sue terre, manda dei messaggeri ad Anassibio chiedendogli di allontanare quell’armata dall’Asia e promettendogli in cambio qualsiasi cosa avesse chiesto (Anab. VII, 1, 1 sg.). Vengono quindi convocati i capi dell’esercito sempre più sbandato e Anassibio cerca di convincerli; ma in realtà non paga poi il soldo e anzi pretende che escano da Bisanzio per rimandarli a casa, invitandoli a cercare il sostentamento presso i villaggi traci. I soldati però, irritati a questo punto, cercano con un colpo di mano di restare a Bisanzio, trovando la resistenza militare di Eteonico, e Anassibio manda a chiedere aiuto perfino alla guarnigione di Calcedone per fronteggiare il pericolo costituito da questo esercito. Lo scontro frontale viene evitato dalle sagge parole di Senofonte e dall’apertura diplomatica di Anassibio18, che ottiene l’uscita pacifica di tutti da Bisanzio (per quanto proclami subito dopo che chiunque vi fosse rimasto sarebbe stato venduto come schiavo) e la loro partenza per mettersi al servizio del re trace Seute. Tutto questo potrebbe verificarsi all’incirca nel mese di settembre, sul finire dell’incarico del navarco; poco dopo infatti Anassibio viene sostituito da Polo, definito il nauarchos diadochos che nell’autunno 400 diventa dunque il navarco del 400/399, non lasciando però purtroppo alcuna traccia del suo operato19. Prima di passare le consegne, a seguito di quello che certo pare un normale avvicendamento, non una destituzione della quale non si vedrebbe neppure il motivo20, Anassibio prende alcune decisioni piuttosto drastiche: esorta il nuovo armosta di Bisanzio al posto di Clearco, Aristarco, a rendere effettiva la vendita in schiavitù dei pochi soldati Cirei rimasti ancora in città e poi si muove verso Pario, contattando Farnabazo. Questi però, sapendo che ormai Anassibio non è più navarco, preferisce rivolgersi direttamente ad Aristarco, il che evidenzia sia la grande importanza che avevano gli armosti, sia la caratteristica di magistratura della navarchia, deposta la quale si torna privati cittadini. Anassibio non rinuncia comunque ancora alle sue trame e per vendicarsi di

17 Xenoph. Anab. VI, 1, 16. Sempre seguendo i dati senofontei, da Trapezunte i Cirei passano a Coziora dove si fermano 45 giorni, poi si dirigono a Calpe dove soggiornano a lungo (fin verso agosto?), poi a Crisopoli dove si fermano ancora un po’ e infine a Bisanzio (settembre circa?). Di qui proseguono verso la Tracia e si mettono al servizio di Seute quando è già inverno (Xenoph. Anab. V, 5, 3 sg.; VII, 1, 7 sg.; 4, 3; 6, 1), dove restano finché Tibrone li invita ad unirsi alla sua spedizione. Cfr. anche LANE FOX 2006, 21 sg., 35. 18 Xenoph. Anab. VII, 1, 25 sg.; sp. 31. Sul ritratto senofonteo di Anassibio (che viene rappresentato come una sinister figure, an opportunistic officeholder), giudicato non veritiero, vd. ROISMAN 1988, 80 sg., sp. 86. 19 A parte questo breve riferimento in Anab. VII, 2, 5, infatti purtroppo null’altro si conosce su questo Polo. Concorda su questa datazione anche FALKNER 1992 a, 236. 20 Cfr. invece ALFIERI TONINI 1985, 125 n. 5, secondo cui venne deposto alla fine del 400.

III. La navarchia tra 404 e 394 a.C.

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Farnabazo contatta Senofonte perché riunisca gli ultimi dispersi e li trasbordi in Asia con una nave che gli viene fornita a questo scopo21; poi evidentemente continua a operare in zona a lungo dopo la fine del suo incarico, come dimostra la nomina nel 388 ad armosta di Abido. Di tutte queste operazioni non abbiamo invece alcuna notizia da parte di Diodoro, che ne cita appena il nome e con una qualifica scorretta (lo chiama infatti navarco dei Bizantini: XIV, 30, 4), mentre Senofonte se ne fa relatore con dovizia di particolari per questa fase, anche se null’altro nelle Elleniche ci racconta sull’Anassibio navarco, ma solo forse per non duplicare le vicende già narrate nella Anabasi. Dal confronto tra le due opere emerge comunque un ritratto abbastanza preciso di questo personaggio, abile militarmente e piuttosto spregiudicato diplomaticamente, forse migliore di quanto ci trasmetta Senofonte. 5. Farace/Faracida (398/7) Dopo la scarna registrazione del nome di Polo come navarco del 400/399 non abbiamo più alcun cenno ai navarchi spartani, fin quando viene nominata la spedizione in appoggio a Dercillida affidata al navarco Farace (Xenoph. Hell. III, 2, 12). Tutta la cronologia delle spedizioni spartane in Asia fatica di solito a trovare una sua definizione esatta ed è dunque indispensabile cercare di ragionare sulla scansione di questi eventi per definire l’eventuale lacuna di registrazioni dei navarchi. Se infatti con buona probabilità non ci è pervenuta notizia del navarco del 399/8, resta da valutare se Farace debba essere attribuito ancora al 398/7 o già al 397/622. Per provare a definire questo, è opportuno riflettere sul complesso delle operazioni spartane in Asia iniziate con Tibrone, che parte probabilmente nella primavera 40023 in aiuto delle città greche d’Asia minacciate dal satrapo Tissa-

21 Xenoph. Anab. VII, 12, 8-9. Giustamente LANE FOX 2006, 33-35, evidenzia la contraddittorietà dell’atteggiamento di Anassibio nei confronti di questi soldati e ipotizza che sia effetto di decisioni locali, non di una politica centrale spartana; infatti quando arriva Tibrone subito li richiama. 22 Sulla mancanza di un nome come navarco per il 399/8 c’è abbastanza consenso (cfr. già BELOCH 1879, 124; FALKNER 1992 a, 238 n. 39), mentre come al solito gli studiosi sono divisi sulla datazione di Farace: cfr. ad es. per il 398/7 (l’ipotesi prevalente) PARETI 1961, 88; per il 397/6 BAUER 1910, 296-306. 23 Cfr. Xenoph. Hell. III, 1, 3 sg. Come al solito purtroppo Senofonte non fornisce chiare indicazioni cronologiche, quindi la partenza di Tibrone si data alternativamente alla primavera o autunno 400 (es. WESTLAKE 1986, 410; ORSI 2004, 43) o primavera 399 (es. PARETI 1961, 87), ma pare più probabile il 400, anche vista la vicinanza stretta con i fatti di Ciro descritti da Senofonte.

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ferne, che aveva grandemente accresciuto il suo potere, aggiungendo alle sue tutte le regioni affidate in precedenza a Ciro24. Lo Spartano inizialmente ottiene molti successi, estendendo l’influenza spartana su molte città asiatiche soprattutto dell’area pergamena, ma poi si blocca nell’assedio di Larisa; vedendo che non ottiene risultati significativi25, gli efori ordinano allora di trasferire l’esercito in Caria e inviano a sostituirlo Dercillida, uomo caratterizzato da astuzia e abilità secondo Senofonte26. Quando questi arriva, cambia la strategia di Tibrone e invece di continuare ad affrontare il pericoloso Tissaferne preferisce accordarsi con questo e sfruttarne la rivalità con l’altro satrapo della zona, Farnabazo, muovendo contro di lui, anche ricordando antiche rivalità di quando era armosta ad Abido agli ordini di Lisandro. Durante le operazioni riesce anche a ottenere il consenso delle popolazioni alleate che non subiscono torti e a ricevere l’adesione di molte città, convinte dalla sua opera di propaganda ad accettare i presidi spartani in cambio della alleanza e della libertà dal controllo persiano. Dopo molti successi27 si trova a doversi organizzare in vista della stagione invernale per cercare di non ripetere l’errore di Tibrone, che al sopraggiungere della cattiva stagione aveva stanziato il suo esercito nei territori a spese delle popolazioni amiche, ottenendone tale biasimo da essere poi destituito e condannato. Questa notizia è per noi molto utile perché ci fornisce l’informazione che Tibrone, partito in primavera, aveva svernato in Asia ed era stato quindi sostituito da Dercillida probabilmente nella primavera 399; quindi quando Seno-

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Secondo STRONK 1990-1991, 125 sg., dopo la fine della guerra del Peloponneso le città asiatiche erano passate sotto il controllo di Tissaferne; poi si erano ribellate al momento della spedizione di Ciro e ai nuovi attacchi del satrapo si erano rivolte a Sparta per aiuto. Più approfondita e convincente l’analisi di RUZICKA 1984, 208 sg., secondo cui Tissaferne aveva ampliato nuovamente i suoi poteri dopo la prima crisi tra Ciro e Artaserse seguita alla morte del padre nel 404 (vd. Plut. Artax. 3), per poi recuperare pienamente il controllo dell’area dopo la morte di Ciro. 25 Cfr. Xenoph. Hell. III, 1, 8: senza riguardo per i suoi iniziali successi e per la probabile mancanza di disponibilità economica al momento del suo invio, Tibrone al rientro viene anche processato e condannato all’esilio per aver abbandonato i territori delle popolazioni amiche al saccheggio dell’esercito. Per questa campagna d’Asia, cfr. anche DEBORD 1999, 236 sg. 26 Tale giudizio positivo di Senofonte deve essere frutto di una conoscenza stretta, visto che con altri mercenari lo stesso Senofonte milita sotto Dercillida fino all’arrivo di Agesilao. Per la stima che Senofonte mostra nei confronti di Dercillida (e la disistima per Tibrone), cfr. anche WESTLAKE 1986, 412; ORSI 2004, 46. 27 Cfr. Xenoph. Hell. III, 1, 10 e 16; 2, 1, dove si dice addirittura che in otto giorni conquista nove città. Vd. anche Polyaen. II, 6, che descrive lo stratagemma adottato per occupare Scepsi.

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fonte cita la nuova stagione invernale e la primavera successiva siamo dunque arrivati al 39828. In questa occasione Dercillida si reca a Lampsaco, dove riceve una sorta di visita ispettiva da parte di Araco (l’ex navarco quindi)29 e altri personaggi spartani incaricati di esaminare la situazione asiatica e decidere se riconfermare Dercillida al comando; il tipo di incarico sembra essere quello tipico dei symbouloi, anche se in realtà non vengono chiamati con questo titolo. L’ispezione ha risultato positivo, vista la situazione di relativa calma e benessere (favorita anche da un rinnovo della tregua con Farnabazo30) e Dercillida resta confermato. Si dirige allora nel Chersoneso e si dedica alla sua fortificazione; quando arriva l’autunno (398) il muro è terminato e include undici città, sicché lo Spartano si ritiene soddisfatto e ritorna in Asia, dove si dedica alla liberazione della Troade, conquistando dopo un lungo assedio anche Atarneo. Per quanto non venga citato esplicitamente un nuovo periodo di campo invernale, sembra evidente che il cambiamento di tattica imposto da Sparta avvenga nella primavera successiva, quando, su sollecitazione delle città ioniche che evidentemente si sentivano trascurate dalla strategia seguita da Dercillida, gli viene ordinato di aprire le ostilità direttamente in Caria, zona di residenza di Tissaferne, rompendo l’equilibrio fino ad allora raggiunto. A sostegno delle nuove operazioni il generale riceve anche l’aggiunta di una spedizione navale al comando del navarco Farace, che a questo punto si può datare con relativa sicurezza alla primavera 39731. Questo non significa però a mio parere che Farace debba essere stato nominato in questa data, e nulla osta a pensare che sia il navarco in carica per il 398/7, limitando quindi al solo anno 399/8 la lacuna nella registrazione dei navarchi.

28 Xenoph. Hell. III, 2, 6. Cfr. anche ORSI 2004, 45; VALENTE 2104, 16. Questa esplicita indicazione riguardo agli inverni rende a mio parere impossibile la datazione della spedizione di Tibrone nella primavera 399 e di Dercillida alla fine della stessa estate, come invece ad es. STRONK 1990-1991, 130. 29 Xenoph. Hell. III, 2, 6 e 8. Per Araco, cfr. supra, 69 sg. 30 Cfr. Xenoph. Hell. III, 2, 9. Di questa tregua e dell’allontanamento di Dercillida deve aver approfittato Farnabazo che si reca dal Re a chiedere sostegno finanziario per la guerra, tornando con 500 talenti (Diod. XIV, 39, 1), con cui poi allestisce una flotta (vd. infra, 91 n. 35). 31 Xenoph. Hell. III, 2, 12. Sulla data, così già BELOCH 1879, 124, 127; a questa datazione giunge anche PARETI 1961, 88, partendo però da una prima spedizione nel 399, quindi a mio parere comprimendo troppo gli eventi. In ogni modo c’è accordo diffuso sulla datazione della spedizione di Farace (cfr. anche WESTLAKE 1986, 421; e ora BEARZOT 2018, 484); questo non significa però che ci sia accordo sulla datazione della sua navarchia, perché chi propende a un incarico primaverile la data dunque primavera 397-primavera 396, cfr. SEALEY 1976, 350; LEHMANN 1978, 112, 115; contra ad es. ACCAME 1978, 131.

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Un personaggio di questo nome si era già messo in luce nel panorama politico e militare spartano durante la guerra del Peloponneso: uno spartiata Farace, ‘un uomo che godeva di grandissimo prestigio’ (ἀξίωμα δὲ μέγιστον ἔχων), a Mantinea nel 418 aveva fatto parte del gruppo dei dieci consiglieri di Agide, che ne aveva seguito i consigli32. Difficilmente allora potrebbe essere questo il Farace che pare aver partecipato alla battaglia di Egospotami, in seguito alla quale gli Efesii offrono nel santuario di Artemide accanto a quella di Lisandro statue di Eteonico, Farace e di altri Spartiati ‘del tutto sconosciuti al resto dei Greci’ (Paus. VI, 3, 15)33; potrebbe essere forse meglio ipotizzabile che questa sia invece la prima apparizione del Farace attivo all’inizio del secolo successivo. Sulla spedizione del navarco Farace in Asia sappiamo però poi effettivamente ben poco: Tissaferne e Farnabazo si alleano contro il nemico comune e cercano di rinforzare le città della Caria, ma poi riattraversano il Meandro; anche Dercillida e Farace decidono allora di passare il Meandro, nel timore che i Persiani approfittino della loro assenza per devastare la regione e i due eserciti arrivano a fronteggiarsi. Alcuni alleati degli Spartani abbandonano il campo, lasciando le armi in mezzo al grano alto in quella stagione nella pianura del Meandro; potremmo quindi ipotizzare all’incirca che si sia nel mese di maggiogiugno34. Nessuno però in realtà sembra volere lo scontro e si intavolano trattative, che vengono condotte da Dercillida, non da Farace, che gli sembra subordinato: è infatti il generale a chiedere la concessione dell’autonomia alle città greche, mentre i Persiani chiedono l’allontanamento dell’esercito spartano e degli armosti. Si concorda quindi una tregua per consentire di trasmettere le

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Diod. XII, 79, 6. In Thuc. V, 73, 4, invece non si cita il nome di Farace e si spiega la tattica scelta da Agide con l’abituale spartana; in realtà uno spartano Farace compare anche in Tucidide (IV, 38, 1), come patronimico di un comandante spartano a Sfacteria, ma per questioni cronologiche non può essere lo stesso di questa spedizione asiatica, per quanto si debba trattare almeno di un componente della stessa famiglia illustre e forse lo stesso che fu il consigliere di Agide. Per un’accurata analisi dell’intricata questione prosopografica sui personaggi di nome Farace (3 per PORALLA 1985, 123; 4 per EHRENBERG 1938, 1816-1817; 5 per il LGPN, s. vv.) rimando ora a BEARZOT 2018, 479 sg., che ringrazio per avermi fatto consultare il testo quando era ancora in bozze. 33 Questo potrebbe essere il contesto per il quale Farace e Lisandro compaiono in una lista di offerte di Delo datata al 278 a.C. (IG XI, 2, 161, ll. 87 e 92), che nel LGPN, s. vv., viene collegata con il nostro Farace. Secondo EHRENBERG 1938, 1816, l’assenza di Farace nel monumento dei navarchi significa che era ancora giovane (e per questo poco conosciuto) e quindi più probabilmente da connettere con il navarco del 398/7 che con il consigliere del 418; cfr. anche BEARZOT 2018, 484. 34 Per queste operazioni Xenoph. Hell. III, 2, 14 e 17. Già secondo BELOCH 1879, 124 e DE SANCTIS 1961, 161, questa è la data corretta.

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richieste ai rispettivi governi e con questo Senofonte smette per il momento di occuparsi di questa spedizione (Hell. III, 2, 21). Il pericolo costituito dalle operazioni congiunte di Dercillida e Farace si è però rivelato chiaramente ai Persiani, che cominciano a sperimentare una nuova via che consenta loro di sbarazzarsi della presenza spartana in Asia Minore. Infatti il satrapo Farnabazo, dopo essersi recato presso il Re per chiedere sostegno per le operazioni contro gli Spartani, riporta molto denaro con cui si dedica all’allestimento di una grande flotta persiana, a capo di cui viene poi messo Conone, forse nella primavera 39735. Questa scelta non può essere casuale: senz’altro Conone si trovava a disposizione, dal momento che era in esilio a Cipro36, e le sue competenze erano significative, ma la decisione di arruolare un Ateniese per un posto di comando contro gli Spartani deve essere effetto della volontà persiana di avvicinarsi ai nemici di Sparta, cominciando quel gioco delle alleanze che contraddistingue la politica persiana del IV secolo. Anche per questo mi sembra ipotizzabile che parte del denaro ottenuto da Farnabazo possa essere servito ad ampliare questa politica di ingerenza nelle vicende greche e che possa essere corretto datare in questo contesto la spedizione del rodio Timocrate, inviato a portare denaro alle maggiori città greche per favorire la sollevazione contro Sparta. Nonostante le forti differenze nella tradizione veicolata da Senofonte (che pone questa spedizione diretta a Tebe, Argo e Corinto nella tarda estate del 395, su iniziativa di Titrauste) e dalle Elleniche di Ossirinco (in cui essa appare anteriore all’episodio di Demeneto e attribuibile a Farnabazo, oltre che diretta pure ad Atene)37, sembra più convincente questa seconda versione, in un momento in cui Farnabazo poteva disporre dei cinquecento talenti assegnatigli dal Re, quindi circa nell’estate-autunno 39738.

35 Tale viaggio presso il Re è forse collocabile nella primavera-estate del 398: cfr. BARBIERI 1955, 87 (che però anticipa di qualche mese l’attribuzione dell’incarico a Conone, forse nell’autunno 398, ma data comunque all’estate 397 le sue prime operazioni); MARCH 1997, 258; CAWKWELL 2005, 162 (che posticipa l’allestimento di questa flotta nell’inverno 397/6); VALENTE 2014, 137 (che lo anticipa all’inverno 398); ASMONTI 2015, 132 e 182. 36 Per l’esilio a Cipro presso Evagora dopo la sconfitta di Egospotami cfr. ora ASMONTI 2015, 95, 104 sg. 37 Xenoph. Hell. III, 5, 1-2; Hell. Oxy. 10, 2 (Chambers); la questione ha suscitato moltissima discussione, cfr. tra i lavori più recenti status quaestionis e bibliografia sia in RUNG 2004, 415-418 (che opera un tentativo di conciliazione non del tutto convincente e sceglie la datazione bassa), che in VALENTE 2014, 17-18, 81 sg. (che sceglie invece la datazione alta; 88 sg. contro l’ipotesi che si siano verificate due diverse spedizioni, sulla quale ad es. cfr. BONAMENTE 1973, 108-120). Per l’episodio di Demeneto collocabile forse nella primavera 396, cfr. infra, 95 e n. 52. 38 Vengono infatti inviati cinquanta talenti in Grecia, una cifra di un certo rilievo e

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Tornando comunque a Farace, se ci fermassimo alle attestazioni senofontee, il quadro sarebbe coerente e compiuto; un grande problema invece emerge da quelle diodoree, dove viene ricordata una spedizione del navarco Farace all’interno della narrazione della spedizione di Agesilao in Asia nel 396/5, che segue quella di Dercillida (XIV, 79, 4-5). Dobbiamo pensare allora che sia rimasto in carica per due anni?39 Ma il problema maggiore è ancora un altro: in alcuni capitoli precedenti a questo, Diodoro racconta di un navarco dal nome Faracida, ma si tratta dello stesso di cui viene storpiato il nome o di un altro navarco con un nome simile, in due anni successivi?40 Per cercare di fare luce su questa complessa vicenda dobbiamo cercare di nuovo di ampliare lo sguardo sulle vicende di questa fase: Senofonte riprende la narrazione delle vicende d’Asia con la notizia che un cittadino siracusano, Eroda, giunge a Sparta ad avvisare di ingenti preparativi navali persiani in Fenicia e che coinvolgevano trecento navi, a seguito di cui gli Spartani decidono che è opportuno riprendere con vigore la guerra in Asia, affidandone il comando al re Agesilao41. Siamo forse nell’autunno 397 e si può ipotizzare che il re parta poi nella primavera 39642, visti i grandi preparativi richiesti e il coin-

senz’altro utile a ‘convincere’ gli uomini politici, anche se non sufficiente a finanziare effettivamente le operazioni di guerra, come ha ben dimostrato COOK 1990, 69 sg., il che è coerente anche con il ridimensionamento dell’importanza di questo oro per lo scoppio della guerra operato dalle Hell. Oxy. Vale la pena inoltre aggiungere che anche Polieno (I, 48, 3) cita questo episodio, contaminando le due tradizioni e attribuendo a Conone l’iniziativa di persuadere Farnabazo a inviare l’oro ai ‘demagoghi’ greci (cfr. l’analisi delle diverse tradizioni in VALENTE 2014, 115-116 e ASMONTI 2015, 139-142). 39 Ad es. secondo JUDEICH 1892, 110, resta in carica dalla primavera 397 all’estate 395, ma non si capisce in base a cosa avanzi questa ipotesi. Il problema viene risolto da MARCH 1997, 260-261, con l’ipotesi che si tratti di un errore di Diodoro, che confonde Farace con il navarco successivo Pollide: Diod. XIV, 79, 4-5 e Hell. Oxy. 9, 2-3 (Chambers), sarebbero infatti lo stesso episodio, ma non è un’ipotesi convincente e si può trovare una spiegazione più lineare, a mio parere. 40 Cfr. Diod. XIV, 63, 4; 70, 1 e 3; 72, 1. Se si pensa allo stesso personaggio ci può essere una difficoltà cronologica (es. PARETI 1961, 93), se si pensa a due diversi si può ovviare a un eventuale problema di durata dell’incarico (SOLARI 1907, 12 e n. 4, 46-47; BAUER 1910, 304), ma due nomi così simili uno successivo all’altro sono in ogni modo molto sospetti; cfr. infra, 96 sg. 41 Cfr. Xenoph. Hell. III, 4, 1, che esordisce con uno dei suoi generici meta tauta: se il ‘dopo’ si riferisce ai fatti appena narrati (la congiura di Cinadone) è difficile dare una datazione precisa, ma sembra più probabile che si riconnetta alla narrazione delle vicende d’Asia interrotta a III, 2, 21, e dunque dovremmo essere circa nell’autunno 397: in questo senso cfr. anche PARETI 1961, 89 e n. 1; STRONK 1990-1991, 132. Per il maggiore sforzo bellico deciso a questo punto da Sparta cfr. anche CAWKWELL 1976 a, 66, visti anche gli scarsi risultati ottenuti fino ad allora (CAWKWELL 2005, 163). 42 Vd. anche Diod. XIV, 79, 1. Cfr. anche HAMILTON 1991, 87 sg.; BRIANT 1996, 656

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volgimento del resto della Grecia in quella che si presenta come una specie di crociata panellenica, con l’invio di ambascerie in tutte le poleis. Quando poi Agesilao arriva a Efeso, comincia subito i contatti diplomatici con Tissaferne, ribadendo la richiesta fatta già da Dercillida, ovvero la concessione dell’autonomia delle città d’Asia da parte del Gran Re. Nell’attesa si stipula una tregua, ma in realtà si nota come Tissaferne non abbia intenzione davvero di cercare un accordo, perché anche in questo caso la richiesta spartana cade nel nulla e anzi si viene a sapere che Tissaferne in realtà chiede e ottiene un ulteriore esercito per fronteggiare i nemici. Nel frattempo l’inattività a Efeso provoca un inasprimento dei rapporti tra Agesilao e Lisandro che lo aveva accompagnato: forte dei suoi legami precedenti nella città è infatti Lisandro a sembrare il re e Agesilao un semplice cittadino, come nota argutamente Senofonte43 e questo alimenta le invidie nei confronti di quello che viene qui chiamato il ‘navarco’. Molto importante per noi è l’appellativo che qui viene attribuito a Lisandro, perché di certo non è usato in senso tecnico, ma in senso lato, come esperto comandante navale; questo è l’uso che appare frequente in Diodoro, mentre Senofonte di solito sembra più preciso, per quanto questa occorrenza ci riveli che non va invece considerato sempre così. Lisandro, conscio della situazione, allora chiede e ottiene un incarico altrove: viene infatti mandato nell’Ellesponto, dove riesce a far passare dalla parte spartana il satrapo Spitridate44. Intanto Tissaferne rompe gli indugi e manda un ultimatum ad Agesilao: se non avesse lasciato l’Asia, si sarebbe arrivati al conflitto armato. Agesilao prepara la mobilitazione generale e muove contro la Frigia, anziché contro la Caria come si aspettava Tissaferne; queste operazioni sono vittoriose per i Greci e consentono di sottomettere molte città della regione e raccogliere grandi quantitativi di denaro, ma evidenziano la carenza di una cavalleria, per ovviare alla quale Agesilao propone a tutti i cittadini più ricchi della regione di fornire un cavaliere armato al posto del loro personale servizio militare e attua velocemente il suo progetto. Secondo Diodoro, dopo la campagna in Frigia Agesilao torna a Efeso in autunno e infatti anche in Senofonte subito dopo questi eventi si cita il sopraggiungere della primavera, del 395, come dobbiamo pensare anche autorizzati

sg.; DEBORD 1999, 243 sg.; ORSI 2004, 51 sg.; PASCUAL 2009, 75 (sui problemi di cronologia di Diodoro a proposito della spedizione di Agesilao). 43 Xenoph. Hell. III, 4, 7-8. Per il contrasto tra i ritratti di Agesilao e Lisandro, i due principali great men del mondo spartano cfr. BROWN FERRARIO 2014, 234-259, sp. 249. 44 Xenoph. Hell. III, 4, 10-11. Per la rottura dei rapporti tra Agesilao e Lisandro cfr. ad es. HAMILTON 1991, 32-39; per l’atteggiamento quasi umile di Lisandro in questo contesto si veda KROEKER 2002, 209-210; umiliante, invece, nell’interpretazione di ROISMAN 2017, 219.

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dall’esplicito riferimento, poco successivo, al fatto che era ormai trascorso un anno dall’imbarco di Agesilao per l’Asia45. Ma in Diodoro proprio a questo punto, dopo la citazione del rientro a Efeso di Agesilao nell’autunno 396, si inseriscono delle informazioni di eventi accaduti ‘nel frattempo’ (XIV, 79, 4). Io credo che così si debba intendere non solo l’aiuto egiziano inviato ai Lacedemoni per la guerra contro il Re, ma anche la descrizione delle operazioni del navarco Farace che salpando da Rodi con 120 navi approda in Caria; utilizzando una fortezza come base, blocca quindi la vicina città di Cauno, dove si trova Conone, chiamato navarco da Diodoro (con la solita accezione generica), con quaranta navi della flotta persiana46. Con queste nuove navi la guerra in Asia ha un ulteriore impulso: infatti alla notizia del blocco di Conone, arrivano anche Tissaferne e Farnabazo con molte truppe in aiuto dei Cauni, sicché Farace si ritira e torna a Rodi con la flotta. «Dopo di ciò, Conone radunò 80 navi e salpò per il Chersoneso. I Rodi scacciarono la flotta peloponnesiaca e si ribellarono ai Lacedemoni, accogliendo in città Conone con tutta la flotta»47.

Dobbiamo intendere che con Chersoneso qui Diodoro si riferisca non al più famoso Chersoneso tracico, ma faccia riferimento al Chersoneso della Doride asiatica, la lunga penisola che sorge fra l’isola di Rodi e quella di Cos, su cui sorgeva la città di Cnido; ma in ogni modo è evidente che Conone sta avviando una strategia navale ad ampio raggio e molto bellicosa nei confronti degli Spartani, cercando di strapparle gli alleati. Ma se Farace si era ritirato a Rodi con tutta la flotta (120 navi) ci si chiede come abbiano fatto i Rodii a scacciarli

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Xenoph. Hell. III, 4, 16 e 20; Diod. XIV, 79, 3. Questo passo è interessante anche perché viene citata la presenza di un collegio di 30 symbouloi che alla scadenza dell’anno di incarico viene richiamato in patria; sono diversi dunque dai symbouloi del V secolo mandati in caso di inettitudine dei comandanti, cfr. PICCIRILLI 1999, 263. 46 Diod. XIV, 79, 3-8; 7 per l’appellativo di navarco, che comunque per comune assenso è considerato un termine generale in Diodoro (cfr. ad es. B ARBIERI 1955, 155; BONAMENTE 1973, 89). Sul ruolo di comando di Conone (così anche in Ctes. FGrHist 688 F 30) vd. BOUCHET 2007, sp. 240-241, che convincentemente ritiene che la navarchia ufficiale di questa spedizione spettasse a Farnabazo, mentre Conone in posizione subalterna aveva comunque il comando della flotta. Per questo blocco a Cauno, forse databile alla seconda metà dell’estate 397, BARBIERI 1955, 104, 107; ASMONTI 2015, 132-133; BEARZOT 2018, 482. 47 Diod. XIV, 79, 6: μετὰ δὲ ταῦτα Κόνων μὲν ἀθροίσας ὀγδοήκοντα τριήρεις ἔπλευσεν εἰς Χερρόνησον, Ῥόδιοι δ᾽ ἐκβαλόντες τὸν τῶν Πελοποννησίων στόλον ἀπέστησαν ἀπὸ Λακεδαιμονίων, καὶ τὸν Κόνωνα προσεδέξαντο μετὰ τοῦ στόλου παντὸς εἰς τὴν πόλιν. Cfr. anche Hell. Oxy. 12, 2 (Chambers); Isocr. Paneg. [IV], 142; HAMILTON 1978, 191-192; VALENTE 2014, 21; OCCHIPINTI 2016, 41.

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e ad accogliere Conone con sole 80 navi, senza che siano menzionati scontri: le ipotesi a questo proposito sono varie, ma implicano tutte necessariamente un taglio nel racconto diodoreo rispetto alla sua fonte. Forse la più convincente potrebbe essere quella che il grosso della flotta spartana si era già allontanato, magari per appoggiare l’arrivo di Agesilao nella primavera 396, una data che sembra coerente anche con questi fatti di Rodi48. Purtroppo infatti la cronologia della ribellione di Rodi è molto confusa, anche a causa del completo silenzio senofonteo su questa vicenda, ma generalmente si attribuisce alla primavera 39649; dunque mi sembra ipotizzabile che le operazioni di Farace a Cauno, avvenute ben prima della ribellione50, si possano datare circa nella tarda estate del 397 e siano ancora perfettamente coerenti con la navarchia di Farace dall’autunno 398 a quello 397, oppure siano attribuibili a un momento di poco posteriore, appena scaduto dal suo incarico. A questa soluzione di tale problema cronologico per le operazioni di Farace ci potrebbe indirizzare un’attestazione presente solo nelle Elleniche di Ossirinco51, che trasmettono alcuni episodi altrimenti ignoti a proposito di gesti di ostilità degli Ateniesi contro gli Spartani prima dello scoppio ufficiale della guerra di Corinto, e databili probabilmente nel 397/652, tra cui soprattutto la partenza della trireme guidata da Demeneto in direzione di Conone, ma anche prima (emprosthen) l’invio di armi e rematori per la sua flotta e di una delegazione al Gran Re. Questi ambasciatori però vengono intercettati da Farace e messi a morte a Sparta, perché a quel tempo Atene era ancora tenuta ad avere i suoi stessi amici e nemici53. Particolarmente interessante per noi è però la caratteriz-

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Cfr. già DE SANCTIS 1931, 165; BARBIERI 1955, 116-117. Per l’attività di Conone a Rodi cfr. anche WESTLAKE 1983 a, 334 sg.; FORNIS 2008, 57 sg.; e ora ASMONTI 2015, 134 sg. 49 Anche Isocrate attesta una durata di circa un triennio per questa guerra intorno a Rodi (Paneg. [IV], 142; Evag. [IX], 64), dunque con una datazione coerente con le campagne militari del 396, 395 e 394. Cfr. anche BERTHOLD 1980, 39, e ora VALENTE 2014, 21; possibilista tra 396 e 395, in modo a mio parere non corretto, MARCH 1997, 261. 50 Troppo poco tempo ipotizza PARETI 1961, 91, per queste operazioni di Farace, attribuendole tutte alla primavera 396. 51 Hell. Oxy. 10, 1-2 (Chambers). 52 Per una datazione al 397/6 in generale per i primi fermenti e alla primavera 396 per il tentativo di Demeneto cfr. ora VALENTE 2014, 15, 22 sg., con ampia discussione sulle varie datazioni proposte e bibliografia. Questa data è importante in particolare in riferimento all’episodio dell’invio di Timocrate da parte dei Persiani per sobillare i Greci contro gli Spartani, che Senofonte pone nella tarda estate del 395 (Hell. III, 5, 1-2), mentre come abbiamo visto sembra più convincente la versione delle Hell. Oxy. (10, 2 Chambers) che lo colloca in un tempo anteriore all’episodio di Demeneto, dunque forse nell’autunno 397 circa; cfr. anche supra, 91 n. 37. 53 Oltre alle Hell. Oxy. cfr. anche Isae. Hagn. [XI], 8; Androt. FGrHist 324 F 18;

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zazione di Farace, detto il navarco dell’anno precedente (ὁ πρότερον ναύαρχος), che ci dimostra che Farace era ancora in servizio di pattugliamento nel mare forse nell’autunno-inverno di quello stesso anno 397 o comunque scaduto il termine del suo mandato54. Le vicende successive alla ribellione di Rodi dagli Spartani55, quando Conone vi si reca e si dedica all’intercettamento della flotta granaria inviata dall’Egitto e all’accentramento di molte navi alleate, possono poi riconnettersi alle operazioni di Agesilao da cui aveva preso le mosse la digressione diodorea: infatti a questo punto ricomincia la narrazione delle vicende del re spartano con un generico ‘dopo questi fatti’ (XIV, 80, 1), che riprende il filo dopo l’inserimento di una digressione, a mio parere, non di un racconto in ordine cronologico. Se quindi possiamo risolvere così la questione della durata della navarchia, non di due anni, come sembra apparentemente, ma di uno normale, resta ancora da approfondire la questione del nome Faracida per il navarco attestato in Diodoro per delle operazioni in Sicilia56. Questa diversa lezione ricorre in alcuni passi inseriti in una lunga esposizione della guerra del tiranno siracusano Dionisio contro i Cartaginesi, registrata sotto l’anno 396/5 (XIV, 70, 4): nei calori di un’estate eccezionale57, in suo aiuto giunge dal Peloponneso una flotta

Philoch. FGrHist 328 F 147. Altre iniziative ostili a Sparta sono testimoniate da Isae. Hagn. [XI], 48 (che attribuisce a un certo Macarto un’impresa molto simile a quella di Demeneto, tanto da suscitare il dubbio che si tratti della stessa, ma con il nome sbagliato); Isocr. Paneg. [IV], 142. 54 BONAMENTE 1973, 90-91, analizza dettagliatamente le possibilità di significato di questa formula (il navarco di un anno precedente; il navarco dell’anno precedente; l’ex navarco) e data anche lui il blocco di Cauno nell’autunno 397. Secondo BRUCE 1967, 50, almost certainly Farace finisce il suo incarico nell’autunno 397 e poi agisce ancora in zona, ma come ex navarco. 55 La defezione dagli Spartani e la collaborazione con Conone fu poi seguita da una rivolta interna democratica a Rodi con l’uccisione della famiglia oligarchica al potere, i Diagoridi, attribuita di solito all’estate del 395, cui Conone non dovette essere estraneo, per quanto non direttamente (cfr. anche Hell. Oxy. 18 Chambers). Cfr. DE SANCTIS 1931, 166; BARBIERI 1955, 119, 130 sg.; DEBORD 1999, 251; VALENTE 2014, 44 sg.; ASMONTI 2015, 136; OCCHIPINTI 2016, 108. 56 Cfr. Diod. XIV, 63, 4; 70, 1 e 3; 72, 1. Cfr. ora bibliografia e ampia discussione su questo intervento in Sicilia, e le sue implicazioni per la politica occidentale di Sparta, in BEARZOT 2018, 486 sg. 57 In realtà secondo la ricostruzione di SORDI 1980, 23 sg., non si tratterebbe dell’estate del 396, ma di quella del 399. Dunque tale invio in Sicilia sarebbe da collocare prima della navarchia rivestita da Farace nel 398/7, non dopo; questa datazione pare convincente e garantirebbe una tempistica meno pressata per lo spostamento dalla Ionia alla Sicilia, anche se in realtà la studiosa non accetta l’identificazione tra Farace e Faracida, come anche BEARZOT 2018, 486 sg.

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di trenta navi da guerra degli alleati guidate dal navarco lacedemone Faracida. Lo Spartano appoggia Dionisio anche pubblicamente, quando il tiranno viene accusato in assemblea per la cattiva gestione della città, e ne evita la cacciata; poi insieme alla flotta siracusana attacca la flotta cartaginese di sorpresa, collaborando a una grande vittoria. A queste operazioni in area siracusana si riferisce anche un passo di Polieno58, dedicato a Faracida, che descrive un suo stratagemma vittorioso contro i Cartaginesi; dunque entrambe le fonti che attestano questo nome trattano un argomento siracusano e credo che la diversa trasmissione del nome potrebbe essere dovuta alla fonte originaria, locale ed evidentemente meno precisa sull’onomastica spartana59. Il fatto che Diodoro lo chiami navarco, poi, non ci deve far pensare che sia necessariamente il titolo ufficiale, ma generico, il che viene anche rafforzato dall’indicazione ‘navarco degli alleati’ (XIV, 70, 1); abbiamo visto più volte come questo titolo sia utilizzato spesso in senso lato e quindi si deve intendere Faracida/Farace solo come il comandante della flotta. Da segnalare inoltre è l’esistenza di una tradizione attestata da più fonti sui legami di un Farace con la Sicilia e i Dionisii, per quanto più tardi rispetto a questi eventi, dal momento che sono riferibili al tempo dell’esilio di Dionisio II e a Dione: in Plutarco infatti si trova la menzione di Farace come lo Spartiata che etherapeue Dionisio durante il suo esilio da Siracusa e che si macchiò di crimini e spergiuri insieme all’ateniese Callippo per brama di potere in Sicilia60. Questo Farace sembra avere svolto un ruolo da mediatore tra Dionisio e Dione, contrastando quest’ultimo anche con le armi e meritandosi per questo la fama negativa di volersi impadronire della Sicilia. Il riferimento di Plutarco ai molti storici che prima di lui si sono occupati di questo argomento non è per noi così chiaro, ma dobbiamo presumere che sia vero: ricorre nello stesso passo infatti il nome di Timeo, ma anche in Teopompo, in base a una citazione di Ateneo, abbiamo un riferimento negativo al personaggio che si meritò la solita accusa di essersi dedicato alla tryphe e ai piaceri più da Siceliota che da Spartano61. Questi riferimenti, lasciando da parte il moralismo e il topos sulla corruzione all’estero degli Spartani62, sono per noi preziosi, perché attestano

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Polyaen. II, 11, ma Farace in Front. I, 4, 12. Si potrebbe pensare a Filisto (come secondo PARETI 1961, 93) o Timeo (cfr. BEARZOT 2018, 493). Il nome Faracida tra l’altro non risulta mai attestato nel Lexicon of Greek Personal Names dell’area peloponnesiaca, ma solo Farace (cfr. LGPN, s. vv.). 60 Cfr. Plut. Comp. Timol. Aem. 2, 5-6; Timol. 11, 6; Dion 48, 7-49, 1. 61 Cfr. FGrHist 115 F 192 (ap. Athen. 536 B); una simile accusa viene mossa nel F 132 anche contro Archidamo III. BELOCH 1879, 124, pensa che questo passo di Teopompo si possa riferire al Farace della spedizione precedente, ma sembra molto più coerente invece con questo contesto, cfr. anche BEARZOT 2018, 494. 62 Si avvia infatti un vero topos sull’apodemein, cfr. anche ad es. Xenoph. Lak. Pol. 14, 59

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una continuità di rapporti con i Dionisii e la Sicilia da parte di Farace (non Faracida); anche se difficilmente può essere sempre la stessa persona attiva dalla fine del secolo precedente, comunque dovrebbe appartenere alla stessa famiglia63, che nel 355 prosegue i rapporti instaurati in Sicilia durante la spedizione dell’inizio del secolo. A mio parere quindi è più probabile che Farace e Faracida siano lo stesso personaggio che o nell’estate del 399, prima della navarchia ufficiale, si è messo in luce in operazioni che lo portano poi a un ruolo di spicco, o nell’estate del 396, l’anno successivo alla sua navarchia, continua le operazioni in un’altra area, come abbiamo visto accadere molto spesso64. Non si sa poi quanto Farace possa essere rimasto in quella occasione in Occidente, ma senz’altro quando rientra in patria continua a godere di un ruolo importante nella politica spartana, come dimostra qualche altra attestazione presente in Senofonte. Infatti, durante la guerra corinzia è ricordato il suo ruolo nelle operazioni di Agesilao presso l’istmo intorno al 390, come prosseno dei Beoti (Hell. IV, 5, 6) 65 , e al tempo della prima invasione tebana del Peloponneso è citato un suo discorso come ambasciatore presso l’assemblea ateniese per ottenerne l’aiuto (Hell. VI, 5, 33). L’operazione del 369 potrebbe forse anche collegarsi al Farace attivo in Sicilia intorno alla metà del IV secolo, ma a mio parere è più convincente che si tratti del vecchio Farace: la spedizione spartana era particolarmente importante, come dimostra l’invio di ben cinque ambasciatori, invece che i soliti tre, in un momento in cui Sparta temeva per la propria sopravvivenza66. Insieme a questo

2-4; Hell. III, 4, 7 sg. (per Lisandro); IV, 3, 2 (per Dercillida); Plut. Lys. 20, 8, ecc.; cfr. anche HODKINSON 1993, 154, per un’interessante tabella sul numero degli Spartani impegnati all’estero. Sul potere e la ricchezza che si potevano acquisire e i problemi che ne derivavano come per gli armosti, per quanto in modo minore, perché i navarchi non avevano posizioni durature di supremazia, cfr. anche THOMMEN 2015, 318. 63 Tutti gli studiosi distinguono questi due Farace: anche nella prosopografia spartana si separano i due personaggi per questioni cronologiche, vd. PORALLA 1985, 123; LGPN, s.v. Forse si deve ipotizzare un nonno per le attestazioni più alte e un nipote per quelle più recenti, in ogni modo all’interno di una famiglia di grande spicco. 64 Di questa stessa opinione già DE SANCTIS 1931, 167; davvero poco probabile pare invece l’interpretazione di BAUER 1910, 304, secondo cui sarebbero due diversi navarchi che operano nello stesso anno in due aree diverse. A favore invece di una distinzione dei due personaggi BEARZOT 2018. 65 Cfr. BEARZOT 2018, 479, per questa prossenia federale. 66 Per un’analisi delle ambascerie spartane, con riferimenti precisi, vd. MOSLEY 1973, 50-54, che evidenzia come le 9 ambascerie attestate tra 431 e 378 siano sempre state solo di 3 persone e che tra tutte quelle note solo tre volte siano attestati 5 inviati. Per l’identificazione del Farace coinvolto in questa ambasceria con l’anziano più che con il giovane, vd.

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Farace viene inoltre inviato Araco, che potrebbe essere sempre lo stesso navarco della fine del V secolo67: è più logico infatti pensare che gli Spartani ricorrano a uomini di rilievo e prestigio, anche anziani, piuttosto che a un giovane sconosciuto, per quanto di famiglia illustre. Dunque credo che si possa affermare che Farace (erroneamente detto anche Faracida) sia un comandante spartano che ha esercitato la navarchia ufficiale nel 398/7, ma ha anche svolto molte altre operazioni significative sia prima che dopo questo incarico; le fonti pur sparse e contraddittorie consentono comunque nel complesso di delineare il quadro di uno spartano onorato, dotato di prestigio interno ed esterno, che opera per molti anni a favore della sua città. La navarchia è evidentemente un passaggio della carriera che molti spartani illustri compiono, non necessariamente legato solo a una carriera militare, ma anche diplomatica, come si vede in questo e in altri casi. 6. Archelaida (397/6) e Pollide (396/5) A confermare che Farace è il navarco del solo anno 398/7 concorre ancora un’altra notizia, per quanto purtroppo molto frammentaria, delle Elleniche di Ossirinco, secondo cui nell’ottavo anno dalla restaurazione democratica ad Atene, quindi con buona probabilità nel 396/568, giunge presso la flotta spartana in Asia il navarco Pollide a sostituire Archelaida. Il passo è, oltre che frammentario, anche integrato: il nome Archelaida è chiaramente leggibile, e condivisibile pare l’integrazione di diadochos69, ma certo è difficile poter affermare qualcosa di definitivo, anche perché di costui purtroppo non sappiamo niente altro70.

sempre MOSLEY 1963, 249-250 e ora anche BEARZOT 2018, 485. Sulla possibilità che membri della gherousia vengano inviati in importanti ambascerie nonostante l’età avanzata, cfr. SCHULZ 2017, 654-655. 67 Xenoph. Hell. VI, 5, 33. Anzi Araco è citato per primo e forse è il capo di questa importante ambasceria; per la sua attività precedente, cfr. supra, 69 sg. 68 Hell. Oxy. 12 (Chambers). In realtà si sono verificate molte discussioni sull’interpretazione di questo riferimento, che secondo alcuni non sarebbe da attribuire al 396/5, ma al 395/4, cfr. su questo BRUCE 1967, 66 sg. e in particolare LAPINI 2001, 134 e ora VALENTE 2014, 13 sg. 69 Non ha avuto seguito invece l’ipotesi di GRENFELL-HUNT 1908 e BAUER 1910, 307, secondo cui Archelais sarebbe un nome da donna e dovrebbe quindi indicare la nauarchis, la nave del navarco. Per Archelaida navarco del 397/6 cfr. già DE SANCTIS 1931, 161 (163, dove addirittura ritiene si possa affermare ‘con sicurezza’); BONAMENTE 1973, 81-82; FALKNER 1992 a, 241, ecc. 70 Anche l’esatta lezione del nome è discutibile: potrebbe infatti anche essere Arxilai-

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La lacuna di attestazioni per l’anno 397/6 però potrebbe essere così validamente colmata; impossibile invece è attribuire a questo anno il nome di Chilone, avanzato da Eschine nell’orazione Sulla mala ambasceria (II, 78), come il nauarchos lacedemone sconfitto da Demeneto in battaglia navale. La notizia è generica e probabilmente erronea, sempre grazie al confronto con le Elleniche di Ossirinco (9 e 11 Chambers), che ricordano come Milone, l’armosta di Egina, sia lo spartano che avvisato dell’iniziativa di Demeneto dagli stessi Ateniesi impauriti, lo insegue e ne conquista la nave (anche se sembra che poi Demeneto sia sfuggito trasferendosi su un’altra e abbia raggiunto Conone). Quindi nella primavera-estate del 39671 più che a un navarco Chilone dobbiamo pensare all’esistenza di un armosta Milone, mentre il navarco era un altrimenti ignoto Archelaida. Il passaggio di consegne tra costui e Pollide deve essere avvenuto dopo l’estate perché nel passo fortemente lacunoso delle Elleniche di Ossirinco sono citati precedentemente dei fatti dell’estate; quanto alle operazioni svolte dal navarco del 396/5 non sappiamo di nuovo nulla. Pollide è un personaggio parzialmente più noto, perché ha una lunga carriera navale e potrebbe avere poi anche iterato l’incarico da navarco, come vedremo: fu infatti epistoleus nel 393/2, ambasciatore a Siracusa nel 388/7 e soprattutto poi comandante della flotta durante la battaglia di Nasso nel 37672. Ma nessuna delle altre notizie sopravvissute ha a che fare con questa fase; possiamo però avere una conferma indiretta della correttezza di questa attestazione delle Elleniche di Ossirinco in un riferimento molto tardo, ma curioso e prezioso, di Elio Aristide che ci ricorda il ruolo di Pollide come ambasciatore presso Dionisio. Secondo il racconto del retore, di ritorno da una ambasceria a Pollide viene affidato Platone perché lo porti via da Siracusa, dove aveva scontentato il tiranno, ed egli, nonostante fosse uno spartiata cresciuto secondo le leggi e fosse anche stato navarco73, non si cura di Platone e lo sbarca nella

da, da connettere al comandante spartano citato da Polyaen. II, 8 e altrettanto ignoto, ma affiancato a personaggi spartani proprio di questo stesso periodo. Ma nessuno di questi due nomi è attestato né in Senofonte né in Diodoro. A favore di un Archelaida che nel 397/6 sostituisce Farace anche BARBIERI 1955, 108. 71 C’è abbastanza accordo di solito a situare in questa data questo tentativo, che dobbiamo immaginare ispirato dall’entusiasmo alla notizia della base che Conone era riuscito a piazzare a Rodi; cfr. DE SANCTIS 1931, 171; BRUCE 1967, 55 e ora con bibliografia precedente VALENTE 2014, 22 sg. 72 Cfr. Xenoph. Hell. IV, 8, 11; V, 4, 61; Diod. XV, 34, 3 sg.; per l’ambasceria a Siracusa Ael. Arist. Plat. [III], 379-384 (Behr). Per il 376 vd. infra, 124 sg. 73 Interessante a questo proposito sono gli scholia al passo (in Ael. Arist. 232, 4 Jebb), in cui si spiega che il navarco era il termine con cui gli antichi chiamavano a Sparta i co-

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nemica Egina dove viene venduto come schiavo74. Quindi se nel 388, quando si dovrebbe situare questo discusso aneddoto, Pollide era già stato navarco, dobbiamo collegare il riferimento a questa unica altra possibilità, visto che Senofonte e Diodoro lo citano solo per l’epoca della battaglia di Nasso nel 376. Purtroppo però anche nelle Elleniche di Ossirinco il suo nome torna in realtà solo per segnalarne l’avvicendamento con il nuovo navarco Chiricrate75, dopo lo scoppio della guerra in Beozia del 395 e poco prima delle operazioni invernali di Agesilao, in quella che sembra più che altro una registrazione cronologica, ma ugualmente molto utile per noi. Non solo infatti ci consente di ricostruire una serie di navarchie altrimenti sconosciute (Archelaida 397/6, Pollide 396/5 e Chiricrate 395/4), ma ha anche due effetti generali molto significativi: il primo è che ci attesta un regolare avvicendamento dei navarchi spartani, anche in momenti poco importanti e per questo non ricordati dalle fonti che ricordano preferibilmente i principali avvenimenti, confermandoci che esisteva comunque un incarico di questo genere in modo regolare; il secondo è che in entrambi i passaggi ci porta verso la fine dell’estate76, quindi contribuendo all’ipotesi di una nomina del navarco intorno all’equinozio di autunno. 7. Chiricrate e Pisandro (395/4) La nomina di Chiricrate a navarco del 395/4 secondo le Elleniche di Ossirinco apre però altri problemi. Il fatto che costui non sia nominato né da Senofonte né da Diodoro non ci stupisce, dal momento che abbiamo già visto

mandanti, mentre ad Atene erano chiamati strateghi; lo scoliasta ha però le idee confuse, perché poi aggiunge che ad Atene ogni anno si eleggevano per alzata di mano i navarchi. 74 Elio Aristide non data il racconto, ma viene normalmente riferito al 388/7; cfr. anche Diog. Laert. III, 19-20; Plut. Dion 5, 5-8. L’aneddoto ha suscitato molte discussioni: per un buon quadro della problematica si veda PORTER 1943. 75 Hell. Oxy. 22 (Chambers). Seguono la cronologia qui proposta anche BARBIERI 1955, 108, 132; BRUCE 1967, 73; FALKNER 1992 a, 244, ecc. Poco convincente invece, anche in questo caso, l’ipotesi di BAUER 1910, 306, secondo cui l’arrivo di Pollide sarebbe da riferire alla primavera 395 e quello di Chiricrate all’autunno, il che dimostrerebbe che si poteva avere più di un navarco per anno (secondo l’ipotesi anche di BELOCH 1879, 118). 76 Infatti poco dopo la nomina di Chiricrate si narra delle operazioni di Agesilao in vista dell’accampamento invernale e la convocazione dell’epibates Pancalo (Hell. Oxy. 25, 4 Chambers); tra il loro arrivo e questo tempo non sembra certo essere passata un’intera stagione di guerra. Anche LOTZE 1962, 3, ritiene che la fine dell’estate sia corrispondente più che altro a fine settembre già in Senofonte (vd. anche PASCUAL 2009, 78 n. 23, che giustamente nota come questo possa essere dovuto all’influenza del calendario spartano).

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altre assenze simili, e anche la mancanza di ulteriori notizie, a parte il riferimento che il suo epibates Pancalo pattugliava l’Ellesponto, è coerente con un’attività non particolarmente importante; il problema viene dal fatto che il navarco del 395/4 secondo altri storici sembrerebbe Pisandro, cognato di Agesilao77. Secondo Senofonte, infatti, durante la campagna spartana in Asia del 395/4 Tissaferne, ritenuto responsabile della serie di insuccessi politici e militari subiti dai Persiani in quel periodo, in particolare nella battaglia di Sardi, viene decapitato e sostituito da Titrauste, con cui cominciano delle nuove trattative78. Ma in realtà «(27) Mentre si trovava nella pianura oltre Cuma, Agesilao ricevette l’ordine dalla patria di assumere anche il comando della flotta, con l’autorizzazione a nominarsi un navarco di sua scelta. I Lacedemoni fecero questo in base al ragionamento che un comandante unico avrebbe giovato sia all’esercito di terra, che sarebbe uscito rafforzato dalla unificazione di due armate, sia alla flotta che poteva così disporre dell’appoggio della fanteria in caso di necessità. (28) Udito ciò, Agesilao procedette innanzi tutto alla costituzione di una nuova flotta, affidandone l’allestimento alle città insulari e costiere (…) si ottennero 120 navi. (29) Nominò poi navarco Pisandro, il fratello di sua moglie, uomo ambizioso e di carattere vigoroso, ma ancora privo di sufficiente esperienza per assumersi responsabilità di comando. E Pisandro partì per occuparsi della flotta, mentre Agesilao proseguì la sua marcia verso la Frigia»79.

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Secondo BAUER 1910, 313, sarebbe addirittura il terzo navarco del 395/4 con Pollide e Chiricrate. 78 Xenoph. Hell. III, 4, 20-26; Hell. Oxy. 14, 4-6 (Chambers); Diod. XIV, 80. La vittoria di Sardi nella primavera 395 è considerata l’akme delle operazioni di Agesilao, ma ha suscitato grandi discussioni a causa della diversità dei racconti di Senofonte e delle Elleniche di Ossirinco/Diodoro: cfr. GRAY 1979, 198 n. 1 per uno status quaestionis; WYLIE 1992, 126 sg. (che opera un tentativo di conciliazione tra le due tradizioni, ma datando la battaglia, a mio parere non correttamente, al 396); BRIANT 1996, 657; KROEKER 2002, 233 sg.; ORSI 2004, 54; VALENTE 2014, 37 sg., 73 sg.; OCCHIPINTI 2016, 61 sg. 79 Xenoph. Hell. III, 4, 27-29: ὄντι δ᾽ αὐτῷ ἐν τῷ πεδίῳ τῷ ὑπὲρ Κύμης ἔρχεται ἀπὸ τῶν οἴκοι τελῶν ἄρχειν καὶ τοῦ ναυτικοῦ ὅπως γιγνώσκοι καὶ καταστήσασθαι ναύαρχον ὅντινα αὐτὸς βούλοιτο. τοῦτο δ᾽ ἐποίησαν οἱ Λακεδαιμόνιοι τοιῷδε λογισμῷ, ὡς, εἰ ὁ αὐτὸς ἀμφοτέρων ἄρχοι, τό τε πεζὸν πολὺ ἂν ἰσχυρότερον εἶναι, καθ᾽ ἓν οὔσης τῆς ἰσχύος ἀμφοτέροις, τό τε ναυτικόν, ἐπιφαινομένου τοῦ πεζοῦ ἔνθα δέοι. [28] ἀκούσας δὲ ταῦτα ὁ Ἀγησίλαος, πρῶτον μὲν ταῖς πόλεσι παρήγγειλε ταῖς ἐν ταῖς νήσοις καὶ ταῖς ἐπιθαλαττιδίοις τριήρεις ποιεῖσθαι ὁπόσας ἑκάστη βούλοιτο τῶν πόλεων. καὶ ἐγένοντο καιναί, ἐξ ὧν αἵ τε πόλεις ἐπηγγείλαντο καὶ οἱ ἰδιῶται ἐποιοῦντο χαρίζεσθαι βουλόμενοι, εἰς εἴκοσι καὶ ἑκατόν. [29] Πείσανδρον δὲ τὸν τῆς γυναικὸς ἀδελφὸν ναύαρχον κατέστησε, φιλότιμον μὲν καὶ ἐρρωμένον τὴν ψυχήν, ἀπειρότερον δὲ τοῦ παρασκευάζεσθαι ὡς δεῖ. καὶ Πείσανδρος μὲν ἀπελθὼν τὰ ναυτικὰ ἔπραττεν· ὁ δ᾽ Ἀγησίλαος, ὥσπερ ὥρμησεν, ἐπὶ τὴν Φρυγίαν ἐπορεύετο.

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Il carattere straordinario di questa nomina è chiaramente evidenziato da Senofonte: si tratta di un preciso ordine di Sparta che vuole rendere più forte la spedizione, consentendo al re di allestire una nuova flotta e di scegliersi un comandante di sua fiducia. La spedizione di Agesilao in Frigia e Paflagonia è datata all’autunno 39580, ma intanto in Grecia i venti di guerra sono sempre più forti: si è aperto infatti un nuovo conflitto in Beozia81 e nella successiva primavera il re, che pianifica una nuova campagna addirittura verso l’interno dell’impero persiano, è costretto suo malgrado a rientrare in Grecia per ordine degli efori che, considerando la situazione di estrema gravità, decidono di richiederne la presenza82. Mentre Agesilao marcia verso la Grecia centrale, gli viene annunciata una grave sconfitta subita sul mare dagli Spartani e la morte di Pisandro nelle acque di Cnido83. Costui infatti, nonostante la palese inferiorità numerica, si era schierato contro la flotta persiana comandata da Farnabazo e Conone, ma la fuga degli alleati dell’ala sinistra e la sua morte in combattimento avevano provocato una dura sconfitta. Anche Diodoro, sotto l’anno 395/4, raccontando lo scoppio della nuova guerra in Grecia e il richiamo di Agesilao dall’Asia per fronteggiare la ribellione di Tebe, Atene, Argo e Corinto dal controllo spartano avvertito come eccessivamente oppressivo84, aggiunge la notizia che la flotta spartana si trovava a Cnido sotto il navarco Pisandro, che salpando da lì con 85 navi incrocia la flotta del Re comandata da Conone e Farnabazo. Considerando disonorevole

80 Xenoph. Hell. IV, 1, 1. Molte altre vicende di questa fase non vengono però citate da Senofonte e Diodoro, come ad esempio la spedizione di Agesilao in Misia nell’inverno 395/4 descritta da Hell. Oxy. 24 (Chambers); cfr. anche VALENTE 2014, 96 sg.; OCCHIPINTI 2016, 39; 108 per Chiricrate. 81 Xenoph. Hell. III, 5, 6, ci descrive la mobilitazione generale decretata dagli efori a seguito dell’invasione tebana della Focide. Si apre così una nuova guerra che dalla Beozia si estende a coinvolgere quasi tutta la Grecia e viene chiamata corinzia, perché in gran parte combattuta in questa area (tra la moltissima bibliografia cfr. ad es. ACCAME 1951, HAMILTON 1978, FORNIS 2008, ecc.). 82 Xenoph. Hell. IV, 1, 41; 2, 2-3; per un ritiro di Agesilao dall’Asia nella primaveraestate 394, proprio poco prima di Cnido, vd. ad es. BARBIERI 1955, 144; HAMILTON 1992, 49. 83 Xenoph. Hell. IV, 3, 10-14; 8, 1; Diod. XIV, 83, 4-7; Plut. Ages. 17, 4; Nep. Con. 4, 4; Iust. VI, 3; cfr. FALKNER 1992 a, 247 sg.; TUPLIN 1993, 76 sg.; BUCKLER 2003, 70-74, 129 sg.; FORNIS 2008, 178 sg.; ASMONTI 2015, 150 sg. 84 Ricordiamo qui anche la tradizione secondo cui tale ribellione viene spinta e finanziata dalla Persia, che per allontanare Agesilao dai suoi territori sceglie questa tattica in effetti vincente. Per le molte questioni attinenti all’invio del denaro persiano e alle diverse tradizioni storiografiche cfr. ad es. Xenoph. Hell. III, 5, 1-2; Hell. Oxy. 10, 2 (Chambers); Paus. III, 9, 7-8; Plut. Ages. 15, 8; Artax. 20, 4-6; commento e bibliografia supra, 91, 95.

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fuggire, combatte valorosamente e ‘in modo degno della sua patria’, ma viene sconfitto e ucciso (XIV, 83, 5-7). Anche Diodoro dunque conferma il ritratto di Senofonte, ovvero che il navarco al tempo della battaglia di Cnido sia Pisandro, valoroso ma inesperto85; sbaglia in realtà la datazione, dal momento che la battaglia può essere situata con insolita precisione poco prima del 14 agosto 39486, ma anche questo è comprensibile perché visibilmente sta riassumendo una serie di avvenimenti riguardanti la spedizione in Asia e la nuova guerra che si sta aprendo sul continente, quindi è normale che prosegua la narrazione tutta sotto uno stesso anno. A questa tradizione si adeguano molti altri, ad esempio Plutarco, che ricalca le notizie del permesso avuto da Agesilao di scegliere un navarco, della scelta di Pisandro e del cattivo risultato di questa scelta87. Importante però è il fatto che Senofonte attribuisca il titolo di navarco in questa battaglia anche a Farnabazo88; quindi se entrambi i comandanti delle flotte nemiche godevano questo titolo, si potrebbe pensare che si trattasse del significato più generale. A sostegno di una carica di questo tipo per Pisandro concorrono poi altre fonti: Pausania ad esempio lo chiama semplicemente heghemon (III, 9, 3, sg.) e Giustino lo definisce comandante delle forze rimaste in Asia (VI, 3: dux relictus). Forse allora questa è la strada per intendere la situazione: all’inizio dell’autunno 395 alla carica ufficiale della navarchia viene eletto Chiricrate, che si dirige regolarmente a sostituire il navarco precedente e opera forse nella zona dell’Ellesponto89, ma quando gli Spartani decidono di dare un impulso ulteriore

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Giustamente questa nomina può essere considerata un errore di Agesilao, cfr. KROEKER 2002, 232. 86 Lisia (De Aristoph. bon. [XIX], 29) cita esplicitamente l’arcontato di Eubulo (394/3). Senofonte (Hell. IV, 3, 10) ricorda che la notizia della sconfitta in battaglia e della morte di Pisandro giunge ad Agesilao in contemporanea con il presagio infausto di una eclissi di sole, che pare possa essere datata al 14 agosto 394, quindi lo scontro deve risalire a pochi giorni prima. 87 Plut. Ages. 10, 11; 17, 4. In un passo lacunoso anche Filocoro (FGrHist 328 FF 144145) racconta della battaglia di Cnido, in cui cita sia il nome Pisandro che in un’altra riga la parola navarco, probabilmente da abbinare. Anche Polyaen. II, 1, 3, cita la sconfitta del navarco Pisandro, in riferimento allo stratagemma di Agesilao di non annunciare la sconfitta ai suoi uomini prima della battaglia di Coronea (cfr. Xenoph. Hell. IV, 3, 13-14). 88 Xenoph. Hell. IV, 3, 11. L’attestazione esplicita rende evidente che Conone aveva un ruolo subordinato, che viene poi invece accentuato dalle fonti che ricordano la battaglia come una vittoria di Conone, cfr. BARBIERI 1955, 137; nello stesso senso anche TUPLIN 1993, 78, che giustamente nota come non si possa parlare di vittoria ateniese, per quanto venga spesso presentata come tale. 89 CHRISTIEN 2015, 339, avanza l’ipotesi che Chiricrate muoia subito e si renda quindi necessaria una seconda nomina alla navarchia: questa è senz’altro una possibilità, ma sem-

III. La navarchia tra 404 e 394 a.C.

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alla spedizione e di costruire una seconda flotta viene lasciata la possibilità di nominarne il comandante ad Agesilao, che sceglie il cognato Pisandro. Trattandosi del comando di una flotta viene usato per lui in qualche passo il termine navarco, ma non si deve trattare della navarchia vera e propria, quanto dell’uso più generico del termine. Tra l’altro sottoporre la nomina al volere del re è un fatto inaudito e straordinario, che deve essere attribuito a una situazione straordinaria, come infatti è evidente dalle parole di Senofonte appena citate, che menzionano una autorizzazione specifica; l’idea iniziale sembra essere quella di accentrare il potere nelle mani di Agesilao, che per questo privilegia la fedeltà del suo incaricato piuttosto che la sua esperienza. Poi però, per la costruzione della nuova flotta ci sarà voluto del tempo e possiamo pensare che in questi preparativi sia trascorso l’inverno e solo nella primavera successiva sia stata pronta, ma comunque troppo presto per potere considerare Pisandro il navarco dell’anno 394/390. Quindi egli arriva circa nella primavera 394, come comandante aggiuntivo per la seconda flotta, ma in realtà trovandosi a sostituire Agesilao, che nel frattempo si è dovuto trasferire in Grecia. E così purtroppo per gli Spartani la sua inesperienza pesa e provoca la sconfitta di Cnido, che diventa un vero turning point nell’attività navale spartana, perché Sparta subisce un colpo da cui non sembra davvero più riprendersi; tale battaglia segna infatti la fine del predominio spartano in molte fonti sia contemporanee che più tarde, per quanto forse un po’ prematuramente91. Io credo dunque che si possa immaginare una situazione simile a quella che si era già verificata con Astioco e Antistene, oppure con Melancrida e Calcideo, in cui solo il primo era il navarco ufficiale, mentre l’altro era un comandante aggiuntivo; poi a causa del ruolo più importante giocato da Pisandro nella fondamentale battaglia di Cnido, il ricordo degli storici si è concentrato su questo piuttosto che sul meno significativo Chiricrate, di cui solo l’autore delle Elleniche di Ossirinco nella sua preziosa registrazione cronologica si è ricordato.

bra più accentuata l’insistenza sulla necessità di una flotta aggiuntiva e dunque mi sembra meglio ipotizzare l’esistenza di due comandanti, per quanto non due navarchi. 90 In questo stesso senso anche BARBIERI 1955, 140-141; PARETI 1961, 97. 91 Per la percezione già in antico della perdita da parte di Sparta dell’egemonia dopo Cnido cfr. ad es. Isocr. Paneg. [IV], 56; Evag. [IX], 56; Phil. [V], 63-64; Diod. XIV, 84, 35; Plut. Ages. 23, 1; Polyb. I, 2, 3; Nep. Con. 4, 4; Iust. VI, 4, 1; Ael. Arist. Panath. [I], 243, 280. A un turning point pensa STRAUSS 2009, 52. ‘Il dominio marittimo spartano cessò di colpo’ secondo BARBIERI 1955, 153; cfr. su questo anche SCHEPENS 1993, 169-171, 180, che analizza le tradizioni risalenti a Teopompo e Cratippo sulla durata dell’egemonia spartana.

Capitolo IV La navarchia tra il 394 e il 371 a.C.

1. Da Podanemo a Ecdico (394/3-391/0) L’avvicendarsi dei navarchi durante la prima fase della guerra corinzia è come al solito molto problematico, perché fino probabilmente al 391, quando viene ricordato l’invio del navarco Ecdico in aiuto ai Rodii (Xenoph. Hell. IV, 8, 20), non si citano più personaggi con questo esplicito incarico. Difficile è però pensare che non ci siano stati, ma più probabile è che dopo la sconfitta di Cnido ci sia stato un ripiegamento nelle attività navali spartane e che dunque gli incaricati non abbiano avuto un ruolo di spicco. Per provare a coprire questa lacuna1, la chiave di tutto sta a mio parere in un fondamentale passo di Senofonte che a proposito di alcuni avvenimenti dell’estate del 393 scrive: «Gli Spartani a loro volta allestirono una flotta sotto il comando di Podanemo. Alla sua morte, avvenuta in un attacco che costrinse a rientrare in patria anche il suo epistoleus Pollide, in seguito alle ferite riportate, Erippida prende in carico queste navi. (…) In seguito, al comando delle navi a Eripidda subentrò Teleutia, che divenne a sua volta di nuovo padrone del golfo»2.

Qui Senofonte sta usando un linguaggio tecnico che sembra indicare una sorta di successione e chiaramente riassume una serie di notizie sull’attività navale spartana attribuibili a tempi diversi e non tutte all’estate 3933, come pro-

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La scarsa attenzione per le operazioni in Ionia dei navarchi potrebbe rientrare in un più generale disinteresse che Senofonte sembra mostrare per le vicende di questa area e dei rapporti con la Persia dopo il 394, cfr. LENFANT 2011, 411. 2 Xenoph. Hell. IV, 8, 10-11: ἀντεπλήρωσαν δὲ καὶ οἱ Λακεδαιμόνιοι ναῦς, ὧν Ποδάνεμος ἦρχεν. [11] ἐπεὶ δὲ οὗτος ἐν προσβολῇ τινι γενομένῃ ἀπέθανε, καὶ Πόλλις αὖ ἐπιστολεὺς ὢν τρωθεὶς ἀπῆλθεν, Ἡριππίδας ταύτας ἀναλαμβάνει τὰς ναῦς. (…) μετὰ δὲ τοῦτο Τελευτίας ἐπὶ τὰς Ἡριππίδου ναῦς ἦλθε, καὶ οὗτος αὖ τοῦ κόλπου πάλιν ἐκράτει. 3 A una compressione pensa anche PARETI 1961, 99, ma poi in realtà collega tutti questi nomi a un periodo tra l’estate e l’autunno 393, massimo primavera 392, in modo comunque troppo serrato (e non adatto alla interpretazione di kolpos che si intende sostenere più avanti).

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Sparta e i suoi navarchi

verò a dimostrare poco più avanti. Il riferimento all’epistoleus inoltre ci porta con relativa sicurezza ad affermare che Podanemo, anche se non esplicitamente detto navarco, lo fosse4; dunque anche Erippida che gli subentra e Teleutia che a sua volta lo sostituisce potrebbero avere avuto questo incarico. La successione che si potrebbe dunque ipotizzare sarebbe: Podanemo (394/3), Erippida (393/2), Teleutia (392/1), Ecdico (391/0). In assenza di una qualunque certezza sui nomi dei navarchi, è comunque opportuno cercare almeno di dimostrare la possibilità di questa ipotesi, delineando quale fu la politica navale spartana in questa fase. Senofonte riprende la narrazione della guerra sul mare, dopo i capitoli dedicati alle operazioni terrestri in Grecia nella guerra corinzia fino al 390 circa, e lo fa descrivendo la situazione verificatasi dopo la battaglia di Cnido nell’estate 394 «limitandosi a riferire gli avvenimenti principali e tacendo quelli secondari» (Hell. IV, 8, 1). La sconfitta spartana provoca infatti una prima spedizione da parte di Farnabazo e Conone che cacciano molti armosti spartani dalle città costiere e dalle isole5, che si raccolgono intorno a Dercillida, deciso a resistere ad Abido e poi a Sesto; contro di loro i Persiani nell’inverno 394/3 preparano una flotta e al sopraggiungere della primavera 393 cominciano una nuova spedizione ad ampio raggio, che coinvolge isole quali Melo e Citera e giunge perfino all’istmo di Corinto per portare denaro e incoraggiamento alle truppe alleate6. Conone approfitta della situazione e ottiene da Farnabazo un finanziamento per rientrare in patria a ricostruire le mura e la flotta ateniesi, ma anche i Corinzi hanno così la disponibilità per allestire una nuova flotta (sotto quello che viene definito da Senofonte un navarco, in accezione quindi generica: Hell. IV, 4, 10). In reazione a ciò gli Spartani equipaggiano anche loro una flotta sotto il comando di Podanemo, che quindi potrebbe essere il navarco di quell’anno, ovvero il 394/3. Costui però poi, senza lasciare di sé ulteriori informazioni, muore in uno scontro imprecisato nel tempo e nello spazio, ma che deve essere abbastanza contestuale all’estate del 393, visto che lì si connette il passo di Senofonte7. Lo spartano Erippida prende in carico le navi (analambanei) e potrebbe essere semplicemente un comandante di rincalzo, ma potrebbe anche avere rivestito la carica di navarco nel 393/2, dal momento che probabilmente la morte di Podanemo si era verificata ormai vicino al momento del cambio del-

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Così già BELOCH 1879, 125; vd. anche FALKNER 1992 a, 249-250. Questo sembra segnare la fine dell’egemonia navale degli Spartani cfr. anche Diod. XIV, 84, 3-5; Iust. VI, 4, 1; 5, 8-11; BARBIERI 1955, 154 sg.; ASMONTI 2015, 155 sg. 6 Xenoph. Hell. IV, 8, 7; cfr. FALKNER 1992 a, 248 sg.; PASCUAL 2009, 83-84. 7 Cfr. in questo stesso senso PASCUAL 2009, 87. 5

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l’incarico. Anche il termine analambanei pare un termine tecnico che indica la presa in carico, che ricorda forme simili, come ad esempio paralambanei, usate altrove da Senofonte in casi di successione ufficiale alla navarchia, ma non solo, anche precedentemente da Tucidide8. Erippida inoltre si era già messo in luce in molte operazioni precedenti: era infatti uno dei delegati spartani di Agesilao a cui Tissaferne aveva giurato la tregua nei primi tempi della spedizione asiatica del re e anche l’anno successivo era al comando di un gruppo di soldati (i Cirei). La fiducia di Agesilao nei suoi confronti è evidente dal fatto che gli affida una spedizione diplomatica presso il persiano Spitridate, che ottiene buoni risultati e porta a un attacco congiunto contro Farnabazo; lo scontro è un grande successo, seguito però da un incidente diplomatico perché Erippida non lascia agli alleati la loro parte di bottino per consegnarla tutta ai funzionari addetti, segno di fedeltà alla sua patria. Lo spartano segue poi sempre Agesilao, guidando un battaglione nella battaglia di Coronea nell’agosto 3949, e a buona ragione potrebbe essere stato ricompensato di tanti servigi con la nomina a navarco in un momento delicato. In realtà però, mentre abbiamo informazioni sull’attività di Erippida in un tempo precedente, nulla sappiamo del momento in cui gestisce la flotta e neanche del momento in cui questa passa a Teleutia; meta touto, scrive genericamente Senofonte, intendendo con questo la conquista della base peloponnesiaca di Rio seguita al ritiro della flotta corinzia. Più importanti devono invece essere stati i risultati ottenuti da Teleutia, se Senofonte può affermare che divenne padrone del mare. Non bisogna dimenticare però che Teleutia era il fratello di Agesilao, cui Senofonte era, come si sa, particolarmente legato, quindi l’esaltazione dei successi di un componente della stessa famiglia non ci deve stupire10. Ma non troviamo in realtà altre operazioni descritte con risultati così significativi, oltre a quelle a cui Senofonte ha già fatto riferimento alcuni capitoli prima, trattando della guerra in Grecia: raccontando degli scontri nel Peloponneso dovuti anche all’attività dell’ateniese Ificrate, cita una spedizione di Agesilao contro l’Argolide (probabilmente databile nella primavera del 39111) con l’appoggio della flotta comandata dal fratello Teleutia. La vittoria dei due fratelli in questa spedizione è celebrata trionfalmente:

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Cfr. ad es. V, 1, 3; anche per Mindaro in Thuc. VIII, 85, 1. Per tutte queste operazioni di Erippida cfr. Xenoph. Hell. III, 4, 6 e 20; IV, 2, 11-13, 21-26; 2, 8; 3, 15-17. Per la battaglia di Coronea e la sua datazione immediatamente successiva a quella di Cnido cfr. anche PASCUAL 2009, 77. 10 Per il ritratto senofonteo di un Teleutia tra pronoia e tolme cfr. PIZZONE 2004. 11 Convincente mi sembra questa datazione, sostenuta ad es. anche da PASCUAL 2009, 82 e 87 (con altra bibliografia). 9

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Sparta e i suoi navarchi

«Sicché la loro madre si poté rallegrare che nello stesso giorno i figli da lei generati sconfissero i nemici, l’uno per terra, impadronendosi delle mura, l’altro sul mare, prendendo le navi e gli arsenali»12.

Anche Plutarco ci conferma che Teleutia in questa occasione aveva il comando epi tou nautikou (Ages. 21, 1-2), un’espressione che può ricordare quella senofontea epi tas naus elthe (Hell. IV, 8, 11) anche se non attesta esplicitamente un incarico da navarco; si è però già visto come in realtà l’assenza del titolo non sia un motivo sufficiente a escludere l’ipotesi di una navarchia ufficiale, che potrebbe quindi essere piazzata nel 392/113. Oltre alla battaglia in Argolide, altre operazioni di Teleutia sono ancora più tarde e tra poco ci torneremo, ma in ogni modo nessuna pare riferibile al 393, dunque inevitabilmente si deve leggere nelle parole di Senofonte una chiara compressione dei fatti e un riferimento a questa vittoria. Io credo infatti che qui si trovi anche una spia esplicita del fatto che Senofonte aveva in mente questo episodio, quando afferma che Teleutia in seguito divenne padrone del mare. Penso infatti che non si possa intendere in questo caso il termine greco kolpos in senso generico come ‘mare’14, ma debba prevalere il senso base di ‘golfo’ e non in senso indefinito, ma vada collegato a un golfo specifico, ovvero il Corinthiakos kolpos, il golfo di Corinto15. In effetti anche le operazioni di Podanemo e di Erippida paiono tutte collegate all’area del golfo di Corinto e allo scontro con la flotta corinzia, quindi non credo che l’affermazione di Senofonte sia una vuota e generica esaltazione del fratello di Agesilao, ma una effettiva attestazione di una superiorità navale raggiunta in quel periodo nell’area del golfo di Corinto, all’interno della strategia scelta dal re per la conduzione della guerra appunto corinzia. Per questo anche Senofonte riassume brevemente queste vicende, avvenute sì sul mare, ma non nell’area ionica di cui stava trattando in quella sezione. In ogni modo, comunque, che questi personaggi siano stati navarchi nel senso tecnico o solo comandanti navali in senso più ampio in realtà non cambia

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Xenoph. Hell. IV, 4, 19: Ἀγησίλαος δ᾽ ἡγεῖτο, καὶ δῃώσας πᾶσαν αὐτῶν τὴν χώραν, εὐθὺς ἐκεῖθεν ὑπερβαλὼν κατὰ Τενέαν εἰς Κόρινθον αἱρεῖ τὰ ἀνοικοδομηθέντα ὑπὸ τῶν Ἀθηναίων τείχη. παρεγένετο δὲ αὐτῷ καὶ ἁδελφὸς Τελευτίας κατὰ θάλατταν, ἔχων τριήρεις περὶ δώδεκα· ὥστε μακαρίζεσθαι αὐτῶν τὴν μητέρα, ὅτι τῇ αὐτῇ ἡμέρᾳ ὧν ἔτεκεν ὁ μὲν κατὰ γῆν τὰ τείχη τῶν πολεμίων, ὁ δὲ κατὰ θάλατταν τὰς ναῦς καὶ τὰ νεώρια ᾕρηκε. 13 Questa interpretazione già di BELOCH (1879, 125, 127) è molto discussa (contra ad es. PARETI 1961, 99), ma non impossibile a mio parere. 14 Cfr. ad es. DAVERIO 1978, 230. 15 Tuttora infatti il braccio di mare chiuso tra l’istmo di Corinto e il ponte Rion-Antirion si chiama così, ma anche in antico ci sono alcune attestazioni, cfr. ad es. Thuc. II, 90, 1.

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molto, perché comunque a loro si devono le poche operazioni sul mare seguite alla battaglia di Cnido; dell’area asiatica non si sa invece nulla fino alla nomina di Ecdico a seguito della richiesta di aiuto di alcuni rodii filolacedemoni, forse avanzata nella primavera-estate del 39116. L’isola di Rodi da tempo infatti era percorsa da venti di ribellione: come abbiamo visto, era stata cacciata la flotta peloponnesiaca e si era installata la flotta di Conone già dal 396, cui era seguita probabilmente nell’estate successiva una rivolta interna con l’uccisione dei Diagoridi, la famiglia oligarchica che con l’avallo di Sparta aveva mantenuto il potere in modo tirannico, e l’instaurazione di una democrazia filoateniese17. Per quanto Senofonte taccia gli avvenimenti verificatisi a Rodi18, cita l’arrivo di alcuni esuli filolacedemoni a Sparta dopo avere trattato un passaggio fondamentale per le vicende della guerra asiatica, ovvero il cambio di rotta della politica spartana in zona che, a seguito della preoccupazione suscitata dalla ripresa ateniese, comincia nuovamente ad avvicinarsi alla Persia. Questo drastico ritorno alla politica filopersiana in funzione antiateniese è opera dello spartano Antalcida che si affaccia in questo periodo nel panorama asiatico19, in qualità di inviato al satrapo Tiribazo per farlo intervenire a bloccare i fondi che affluivano alle poleis loro nemiche, promettendo la pace con Sparta, forse nella primavera-estate del 392. Senofonte attribuisce ad Antalcida l’offerta di rinunciare alla rivendicazione sulle città d’Asia, limitandosi alla concessione dell’autonomia delle isole e delle città greche, con un completo voltafaccia rispetto alla politica fino ad allora condotta, durante alcune trattative di pace a Sardi, cui anche gli Ateniesi e altri loro alleati partecipano per bloccare questa iniziativa.

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Xenoph. Hell. IV, 8, 20; Diod. XIV, 97, 1, che situa nel 391/0 tale richiesta. La situazione descritta dai due storici è leggermente diversa: secondo Senofonte si tratta di esuli Rodii espulsi dal partito democratico, secondo Diodoro la città che era passata sotto il controllo dei partigiani degli Ateniesi grazie a Conone ora torna sotto il controllo dei filospartani, che mandano a chiedere rinforzi a Sparta. Più convincente appare la versione diodorea, perché Senofonte stesso all’arrivo di Ecdico in zona dice che il navarco scopre che il partito democratico aveva preso ormai il sopravvento, il che non è coerente se la richiesta di aiuto proveniva da esuli già espulsi dal partito democratico. 17 Cfr. supra, 94-96, e BRUCE 1967, 74; VALENTE 2014, 81 sg. 18 Sulle omissioni di Senofonte nella sua narrazione si veda l’interessante capitolo di RIEDINGER 1991, 41 sg; forse questa assenza dei fatti di Rodi potrebbe fare parte del più generale silenzio che avvolge ciò che esula dalle operazioni in Ionia (ibidem, 52). Per l’arrivo degli esuli Xenoph. Hell. IV, 8, 20. 19 Xenoph. Hell. IV, 8, 12. Per il nome di questo personaggio ritengo preferibile la lezione Antalcida a quella Antialcida, cfr. WHITEHEAD 1979, 191-193.

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Sparta e i suoi navarchi

Infatti è proprio la loro reazione negativa a far naufragare queste trattative, le uniche narrate da Senofonte20. Si ritiene ormai attendibile però l’esistenza di una seconda serie di trattative21, svoltesi a Sparta e successive a queste22, di cui in particolare l’oratore Andocide ha lasciato una diretta testimonianza nella terza orazione del suo corpus, quella Sulla pace, che potrebbe anche essere il resoconto del discorso tenuto in assemblea al ritorno da Sparta dove era stato inviato come negoziatore23. Né le une né le altre comunque ottengono il risultato sperato dagli Spartani che continuano a trovarsi impegnati in guerra sul continente greco e non sono del tutto pacificati neppure con i Persiani. In realtà infatti anche tra i Persiani c’è divisione, perché il satrapo Struta, inviato dal Re per prendere il controllo della situazione, è su posizioni decisamente filoateniesi, non dimenticando i danni provocati da Agesilao, mentre Tiribazo finanzia Antalcida perché costruisca una flotta e addirittura fa arrestare Conone, accogliendo le accuse spartane di presunte colpe commesse contro il Re24.

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Xenoph. Hell. IV, 8, 15. Difficile resta spiegare perché Senofonte non parli delle trattative successive: un tentativo di spiegazione potrebbe essere quello di SMITH 1954, 277, che attribuisce questo silenzio al fatto che Agesilao non fu il promotore di queste trattative, ma anzi vedeva ribaltata la sua politica. Anche Plut. Ages. 23, 3, testimonia un rapporto di ostilità tra Agesilao e Antalcida, ma non tutti gli studiosi sono a favore di questa interpretazione (contrario ad es. CARTLEDGE 1987, 195; a favore CAWKWELL 1976 a, 6869; HAMILTON 1978, 240 sg.). Cfr. anche con altra bibliografia DEVOTO 1986, 191-202; CAWKWELL 2005, 165 sg. 21 Oltre al discorso di Andocide sono attestate anche da Philoch. FGrHist 328 F 149a, che le data sotto l’arcontato di Filocle nel 392/1, ma la testimonianza non è accettata da tutti perché potrebbe anche riferirsi alle trattative prima della pace del 387/6 (cfr. ad es. HAMILTON 1978, 234-239). Dirimente a mio parere sembra invece la testimonianza di Isocr. Paneg. [IV], 177, che parlando della pace del Re sostiene che gli Ateniesi avrebbero fatto bene ad accusare ‘anche’ gli ambasciatori di questa; ha dunque in mente il processo seguito a quelle trattative di cui fece le spese Andocide. 22 Un tempo infatti si riteneva che le trattative di Sparta fossero antecedenti a quelle di Sardi, mentre ora la cronologia più accettata situa l’incontro a Sardi nella primavera-estate del 392 e a Sparta nell’estate-autunno 392/1 (cfr. ad es. AUCELLO 1965, 341 sg. con ampio status quaestionis; FUNKE 1980, 88; JEHNE 1991, 265; FORNIS 2008, 212, 218; PASCUAL 2009, 83). 23 Cercando di invitare gli Ateniesi ad accettare questa pace, Andocide guadagna invece una condanna all’esilio, forse nella primavera 391: cfr. BEARZOT 1985, 88; BIANCO 1994, 16 sg. 24 Xenoph. Hell. IV, 8, 16; Isocr. Paneg. [IV], 154; Nep. Con. 5, 2-3. Non è chiaro poi se Conone riesca a fuggire e a rifugiarsi a Cipro, ma muore comunque poco dopo, vd. anche Lys. De Aristoph. bon. [XIX], 39-41; Diod. XIV, 85, 4. Cfr. BARBIERI 1955, 185 sg. e ora ASMONTI 2015, 173.

IV. La navarchia tra il 394 e il 371 a.C.

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Si giunge quindi all’incredibile situazione che gli Spartani sono finanziati da un Persiano per la guerra contro Atene, ma in realtà combattono soprattutto contro un altro Persiano: queste operazioni sono condotte da Tibrone, che forte della sua esperienza precedente, viene rimandato in zona, forse nella primavera 39125. Egli sceglie Efeso, che era la base della flotta, come centro delle operazioni e conduce molte incursioni interne; non pare comunque che Tibrone possa avere un qualche incarico di navarco, dal momento che non viene citato in nessun modo un suo collegamento con la flotta. Anche le operazioni terrestri sono comunque poco efficaci e disordinate, tanto che presto, in uno scontro con Struta, Tibrone perde la vita. A Sparta allora si decide di inviare un nuovo contingente in Asia: insieme al navarco Ecdico (che parrebbe essere l’ufficiale del 391/0), incaricato di aiutare i Rodii, viene inviato Difrida per proseguire la guerra contro Struta (Hell. IV, 8, 21) e siamo forse arrivati alla primavera 390. Ma quando Ecdico arriva a Cnido viene a sapere che a Rodi il partito democratico aveva preso il sopravvento e aveva il pieno controllo per terra e per mare, con una flotta doppia della sua; dunque saggiamente decide di non muoversi da lì. Per ovviare alla scarsità della flotta spartana viene deciso di inviare in Asia anche la flotta di Teleutia che stazionava nel golfo di Corinto; mentre questi vi si dirige, si ferma a Samo prendendo in consegna altre sette navi e poi muove verso Cnido, sicché Ecdico torna a Sparta. Questo ritorno a casa di Ecdico non pare certo una destituzione, ma sembra più che altro effetto di una normale scadenza; perché, se no, all’arrivo di Teleutia se ne sarebbe andato, se lo scopo spartano era dedicarsi alla guerra con maggiori forze? La cronologia è qui particolarmente complessa, ma io credo che potremmo essere così arrivati all’autunno 390/89; poco dopo poi si cita la spedizione di Trasibulo che gli Ateniesi mandano in zona a contrastare gli Spartani, databile forse alla primavera 38926.

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Xenoph. Hell. IV, 8, 17; Diod. XIV, 99, invece, attribuisce questi fatti al 390/89. Il ritorno di Tibrone apre a un nuovo impegno più offensivo da parte degli Spartani in Asia, la cui presenza dopo la partenza di Agesilao era stata più che altro difensiva, cfr. STRONK 1990-1991, 134. 26 Sulla spedizione di Trasibulo cfr. ad es. Xenoph. Hell. IV, 8, 25-31; Demosth. Lept. [XX], 59-60; Diod. XIV, 94, 2-4 (che la pone però sotto l’anno arcontale 392/1, una collocazione normalmente considerata erronea, cfr. ad es. ALFIERI TONINI 1985, 206 n. 1). Per la difficoltà nel datare questa spedizione, cfr. ad es. ACCAME 1951, 133 (primavera 389, vd. anche DEBORD 1999, 260); SEAGER 1967, 109 n. 7 (estate 390); CAWKWELL 1976 b, 271275 (autunno 391); status quaestionis in TUPLIN 1983, 182 n. 76; BUCK 1998, 112 sg.; FORNIS 2008, 269 sg.

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Tutto il quadro qui descritto sulle operazioni di Tibrone ed Ecdico entra però in crisi al confronto con la tradizione presente in Diodoro, che è molto diversa: sotto l’anno 391/0 egli piazza la richiesta di aiuto dei Rodii cui gli Spartani inviano un piccolo contingente di sette navi e tre incaricati di un arbitrato27, che durante il viaggio verso Rodi si fermano a Samo riuscendo a farla ribellare agli Ateniesi28, poi prendono il controllo di Rodi. Senofonte di questo non ci racconta nulla, se non forse uno stadio successivo, ovvero il passaggio da Teleutia a Samo, che prende in carico le sette navi, a meno di pensare che si tratti dello stesso episodio, per il quale Diodoro non cita Teleutia29 e Senofonte minimizza l’intervento a Samo, descrivendolo come una semplice tappa. Diodoro inoltre amplifica molto queste operazioni navali spartane: «I Lacedemoni, visto che la situazione andava per il meglio, decisero di tenersi stretto il controllo del mare e un po’ alla volta, radunando una flotta tornarono a dominare gli alleati. Così approdarono a Samo, Cnido e Rodi e, raccogliendo ovunque navi e reclutando i migliori marinai, allestirono una flotta di ben ventisette triremi»30.

Interessante è la formula scelta da Diodoro per indicare il ruolo spartano: non si parla di talassocrazia, ma del tentativo di ‘tenersi stretto’ il mare (ἀντέχεσθαι τῆς θαλάττης)31, rivelando chiaramente le difficoltà spartane nel farlo. Anche l’avverbio usato per caratterizzare la raccolta di ventisette navi (πολυτελῶς) suona quasi ironico, perché di ricco e sontuoso c’è poco, rispetto ai numeri di navi che Sparta era stata in grado di mobilitare in precedenza.

27 Tra i tre si cita un Eudocimo il cui nome ha una certa assonanza con Ecdico, ma non si può affermare con certezza che sia una variante del nome del navarco. Per la discrepanza nel racconto della situazione di Rodi nel 391 tra Diodoro e Senofonte, con preferenza per quello di Diodoro, cfr. WESTLAKE 1983 b, 239. Su questa stasis di Rodi cfr. anche FORNIS 2008, 238 sg. 28 Diod. XIV, 97, 3. La perdita della fedele Samo per gli Ateniesi dovette essere un duro colpo, ma Senofonte invece non vi si sofferma, se non con quel breve riferimento al passaggio di Teleutia (Hell. IV, 8, 23). 29 Diodoro in generale comunque non prende molto in considerazione il personaggio di Teleutia, che cita solo in XV, 21, 1-2, a proposito di alcune operazioni terrestri ad Olinto nel 382, ma nulla ci dice su tutto il periodo precedente e soprattutto purtroppo sulla sua attività navale. 30 Diod. XIV, 97, 4: οἱ δὲ Λακεδαιμόνιοι, προχωρούντων αὐτοῖς τῶν πραγμάτων, ἔγνωσαν ἀντέχεσθαι τῆς θαλάττης, καὶ πάλιν ἐκ τοῦ κατ᾽ ὀλίγον ἐκράτουν τῶν συμμάχων ἀθροίσαντες ναυτικόν. οὗτοι μὲν οὖν εἴς τε Σάμον καὶ Κνίδον καὶ Ῥόδον κατέπλευσαν, καὶ πανταχόθεν ναῦς τε καὶ τοὺς ἀρίστους καταγράφοντες ἐπιβάτας ἐξήρτυον πολυτελῶς τριήρεις εἴκοσιν ἑπτά. 31 Tale espressione risulta poco frequente rispetto alle tante che si potevano usare per indicare la talassocrazia, cfr. BIANCO 2015, 98. Diodoro però la usa anche più avanti (XV, 46, 1), sempre per gli Spartani, vd. infra, 131.

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La discrepanza nelle tradizioni storiografiche si verifica poi soprattutto con la descrizione delle operazioni di Tibrone che vengono invertite rispetto a Senofonte e attribuite all’anno successivo rispetto ai fatti di Rodi, ovvero al 390/89, nella fase finale della spedizione dell’ateniese Trasibulo32. Sulla successione di questi eventi sembra proprio di poter affermare che la tradizione attestata da Senofonte paia più coerente: l’invio di Struta in opposizione alle operazioni filospartane di Tiribazo non può essere così lontano dai contatti Antalcida-Tiribazo del 392 ed è quindi da collocare giustamente nella posizione senofontea. Anche la spedizione dell’ateniese Trasibulo non può essere collocata nel 392/1 (come sostiene Diodoro: XIV, 94, 2), troppo presto rispetto alla situazione creatasi in Asia Minore, che merita certo una grande spedizione per la preoccupazione della ripresa spartana; questa però allora non c’era ancora, mentre dopo queste operazioni a Samo e Rodi sembra molto più giustificata. Credo quindi che l’ordine degli eventi nelle Elleniche sia più coerente, anche se Diodoro ha comunque il merito di sottolineare meglio di Senofonte l’importanza della ripresa delle operazioni navali spartane, volte a riprendersi quell’egemonia sul mare che Sparta aveva perso a causa di Conone33. 2. Teleutia (390/89) e Ierace (389/8) Resta purtroppo anche difficile capire in che veste Teleutia vada in Asia. Il navarco del 390/89 non è altrimenti conosciuto e l’unico nome responsabile di attività navali in questo periodo è proprio Teleutia: dobbiamo quindi pensare che o non sia navarco adesso, o non lo sia stato prima, o che non si faccia più valere la legge che proibisce l’iterazione della carica34, vista la sua scarsa funzionalità. Anche a pensare comunque che sia solo un comandante straordinario e il navarco non sia noto35, in ogni modo la flotta di Teleutia di ventisette navi riesce a ottenere un primo successo, catturando un convoglio ateniese che si stava dirigendo ad aiutare Evagora di Cipro, il sovrano rivoltoso dai Persiani dal 391/0 circa36.

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Diod. XIV, 99, 1-3. Per la fase finale di questa spedizione, cfr. BUCK 1998, 115 sg. È evidente infatti la scarsa attenzione di Senofonte per le operazioni navali: cfr. anche BARBIERI 1955, 111; PASCUAL 2009, 76 (soprattutto per gli anni 391-389). 34 Che questa proibizione possa non valere più nel IV secolo è opinione ricorrente, cfr. ad es. THOMMEN 2003, 165. A una doppia navarchia di Teleutia pensa anche CHRISTIEN 2015, 344. 35 Cfr. PARETI 1961, 100. Propende invece a considerarlo navarco FALKNER 1992 a, 254-255. 36 Diod. XIV, 98, cita sotto l’anno 391/0 questa ribellione ed è coerente con la datazio33

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Senofonte si accorge della contraddizione insita in queste operazioni e argutamente commenta: «Entrambe le parti si comportarono in modo contraddittorio: gli Ateniesi, alleati della Persia, mandavano aiuti a Evagora, in guerra contro il Re, mentre Teleutia, nonostante gli Spartani fossero in guerra contro il Re, distruggevano una flotta che andava a combattere contro di lui»37.

Poi Teleutia rientra a Cnido e da lì raggiunge Rodi per dedicarsi ad aiutare i partigiani di Sparta. La presenza di Teleutia nell’area di Rodi potrebbe giustificare l’ultima azzardata azione dello stratego ateniese Trasibulo all’interno della sua importante spedizione: egli aveva dedicato la prima parte della sua opera a rinnovare le antiche alleanze ateniesi in Asia Minore e in Tracia e a stringerne di nuove, svolgendo un’azione pacificatrice tra Amedoco, re degli Odrisi e Seute, signore della zona costiera, e ottenendone in cambio un’alleanza molto significativa dal punto di vista economico per le agevolazioni nel commercio del grano pontico38. Ma poi, nonostante il richiamo ad Atene per essere sottoposto a rendiconto, decide di salpare ugualmente per Rodi, trovando la morte lungo il viaggio in un’incursione tra gli Aspendi39; la sua temerarietà potrebbe trovare un senso a fronte delle preoccupazioni procurate dalla presenza del fratello di Agesilao in zona.

ne all’anno successivo di queste operazioni. Il re di Salamina di Cipro era da lungo tempo 3 in stretti rapporti con Atene: aveva ricevuto nel 411/0 la cittadinanza (IG I , 113) e aveva aiutato Conone all’inizio della guerra di Corinto, ottenendone onori (conferiti nel 393: IG 2 II , 20 = Tod II, 109). Si era rivolto ad Atene in quel tempo per avere aiuti nella guerra di indipendenza dai Persiani (391-380): cfr. anche Lys. De Aristoph. bon. [XIX], 20; COSTA 1974, 40 sg.; TUPLIN 1983, 182 sg.; BRIANT 1996, 667 sg. 37 Xenoph. Hell. IV, 8, 24: ὑπεναντιώτατα δὴ ταῦτα ἀμφότεροι ἑαυτοῖς πράττοντες· οἵ τε γὰρ Ἀθηναῖοι φίλῳ χρώμενοι βασιλεῖ συμμαχίαν ἔπεμπον Εὐαγόρᾳ τῷ πολεμοῦντι πρὸς βασιλέα, ὅ τε Τελευτίας Λακεδαιμονίων πολεμούντων βασιλεῖ τοὺς πλέοντας ἐπὶ τῷ ἐκείνου πολέμῳ διέφθειρεν. 2 38 Per l’alleanza tra Atene e il re trace Seute, datata al 390/89: IG II , 21, ll. 2; 21-22. Qui ricorre anche il nome di Cabria, ed è un elemento importante per la datazione della spedizione di Trasibulo, con cui deve essere partito dopo le operazioni nell’area peloponnesiaca databili allo stesso anno. Sembra infatti difficile che, all’interno di uno stesso anno, Cabria abbia partecipato alla spedizione in Tracia, poi sia passato nel Peloponneso e infine sia tornato a compiere operazioni con la flotta (arrivando ad Egina nel 388, come vedremo). Forse allora sarebbe meglio accogliere la datazione un po’ più tarda per la partenza della spedizione di Trasibulo e anticipare le operazioni di Cabria nel Peloponneso, giustificandone così anche la scarsità a causa della breve durata del soggiorno e collegando tutte le operazioni navali, prima nell’Egeo settentrionale e poi ad Egina: cfr. BIANCO 2000, 49 sg. 39 Xenoph. Hell. IV, 8, 25-30. Per la tragica fine di Trasibulo, richiamato ad Atene per un sospetto di corruzione (vd. anche Plut. Lys. 28, 5), cfr. BUCK 1998, 118.

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Teleutia continua infatti a essere il protagonista delle operazioni navali spartane: anche quando Eteonico da Egina comincia una serie di incursioni nell’Attica e viene bloccato per terra e per mare, è Teleutia che, dalle isole dove si trova a raccogliere denaro, giunge in suo aiuto e allontana la flotta ateniese40. Nonostante tutti questi successi giunge il navarco Ierace ad assumere il controllo della flotta (sempre con il verbo paralambanei41), mentre Teleutia torna in patria makariotata. Sembra dunque evidente che non si tratta di un cambio dovuto a insuccessi e che è atteso e accettato senza problemi; questo mi porta dunque a pensare più facilmente che Teleutia sia il navarco del 390/89, conscio di dovere essere sostituito per decorrenza dei termini dell’incarico. Perché se no avrebbe dovuto essere sostituito durante la campagna e l’avrebbe accettato così ‘felicemente’? Senofonte non rinuncia all’esaltazione del fratello di Agesilao anche in questa occasione, ricordando la sua partenza tra le manifestazioni di entusiasmo e riconoscenza da parte dei soldati; egli stesso ha qualche esitazione nel raccontare tutto ciò e aggiunge una chiosa personale: «Rendo noto che nella mia narrazione non vi è né corruzione né avventura né invenzione, ma per Zeus, è legittimo che io desideri indagare le cause che suscitarono una tale ammirazione per Teleutia presso i suoi sottoposti. Questa è un’attività degna di un uomo, molto più della ricerca di ricchezze o dei pericoli»42.

Ierace, che quindi dovrebbe essere il navarco del 389/8, lascia un contingente navale a Egina sotto il suo epistoleus Gorgopa (ai cui attacchi Atene risponde con una flotta affidata al ‘navarco’ Eunomo43) e poi si dirige a Rodi,

40 Xenoph. Hell. V, 1, 2. Ma non riesce a strappare allo stratego ateniese Panfilo il controllo delle postazioni di terra; quando poi gli Spartani ci siano riusciti non lo sappiamo esattamente, forse durante le successive operazioni di Gorgopa, perché Panfilo proprio nel 388 viene citato da Aristofane nel Pluto (v. 174) come uno stratego che andava punito (per altre fonti e commento cfr. TORCHIO 2001, 134). Per il ruolo di Egina come base spartana in questa fase vd. FALKNER 1992 a, 254; FORNIS 2008, 263 sg. 41 Xenoph. Hell. V, 1, 3, un termine tecnico che ricorda da vicino l’analambanei di IV, 8, 10. Cfr. supra, 37, 109. 42 Xenoph. Hell. V, 1, 4: γιγνώσκω μὲν οὖν ὅτι ἐν τούτοις οὔτε δαπάνημα οὔτε κίνδυνον οὔτε μηχάνημα ἀξιόλογον οὐδὲν διηγοῦμαι· ἀλλὰ ναὶ μὰ Δία τόδε ἄξιόν μοι δοκεῖ εἶναι ἀνδρὶ ἐννοεῖν, τί ποτε ποιῶν ὁ Τελευτίας οὕτω διέθηκε τοὺς ἀρχομένους. τοῦτο γὰρ ἤδη πολλῶν καὶ χρημάτων καὶ κινδύνων ἀξιολογώτατον ἀνδρὸς ἔργον ἐστίν. Cfr. per un commento a questo intervento autoriale GRAY 2004, 138-140. 43 Xenoph. Hell. V, 1, 5; pare evidente dunque che anche Senofonte non cura in modo tecnico la definizione di navarco, attribuendola in generale ai comandanti della flotta, non solo spartana e complicando ulteriormente la ricostruzione dell’incarico. Per questa datazione di Ierace vd. anche FALKNER 1992 a, 254-255.

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dove riesce a capovolgere la situazione, trasformando gli Ateniesi sull’isola in assediati. Ma oltre a questo purtroppo non si sa null’altro su di lui. Abbiamo quasi maggiori informazioni su altri comandanti spartani che intanto stanno operando nella zona asiatica, in particolare Anassibio, che dopo la navarchia del 401/0 continua a essere molto attivo in zona, in qualità di armosta ad Abido nel 388. Qui si adopera per fronteggiare l’espansione ateniese grazie alle spedizioni di Trasibulo prima e Agirrio poi, soprattutto combattendo contro Ificrate, quando questi viene inviato nell’Ellesponto nel timore di vedere svanire i risultati fino ad allora ottenuti dagli Ateniesi44. I due hanno uno scontro nel Chersoneso45: lo stratego ateniese riesce infatti a coglierlo di sorpresa in un’imboscata e di fronte al panico dell’esercito spartano, Anassibio con un motto da tipico soldato spartano congeda i suoi uomini e, novello Leonida, si sacrifica per cercare di dar loro tempo di fuggire: «Soldati, il mio dovere è di ottenere qui una bella morte; voi invece mettetevi in salvo prima di scontrarvi con il nemico!»46. Insieme ad alcuni suoi uomini che restano al suo fianco cade quindi gloriosamente; il quadro descritto da Senofonte è di attendibilità dubbia, ma attribuisce all’ex navarco un ruolo di spicco grazie a questa morte così eroica. 3. Antalcida (388/7) e Teleutia (387/6) Senofonte poi complica ulteriormente la cronologia di questi anni scrivendo che: «Mentre Ierace si trovava a Rodi, gli Spartani mandarono come navarco Antalcida, pensando con questa scelta di compiacere moltissimo Tiribazo»47.

Il genitivo assoluto con cui Senofonte apre questa frase non può altro che indicare una contemporaneità tra le due azioni e questo crea delle difficoltà: o

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Cfr. Xenoph. Hell. IV, 8, 34 sg.; BIANCO 1997, 184. Cfr. anche Polyaen. III, 9, 44, da mettere in rapporto con i fatti databili al 388 (Xenoph. Hell. IV, 8, 32 sg.) più che al 372, come pure è stato ipotizzato (KRENTZWHEELER ad loc.). 46 Xenoph. Hell. IV, 8, 38: ὁρῶν δὲ καὶ ἐκπεπληγμένους ἅπαντας, ὡς εἶδον τὴν ἐνέδραν, εἶπε πρὸς τοὺς παρόντας· ἄνδρες, ἐμοὶ μὲν ἐνθάδε καλὸν ἀποθανεῖν· ὑμεῖς δὲ πρὶν συμμεῖξαι τοῖς πολεμίοις σπεύδετε εἰς τὴν σωτηρίαν. Per un’analisi del concetto di ‘bella morte’ a Sparta cfr. LORAUX 1977, anche se purtroppo non prende in considerazione gli episodi del IV secolo, che pure sono molti e interessanti. 47 Xenoph. Hell. V, 1, 6: ὄντος δὲ τοῦ Ἱέρακος ἐν Ῥόδῳ οἱ Λακεδαιμόνιοι Ἀνταλκίδαν ναύαρχον ἐκπέμπουσι, νομίζοντες καὶ Τιριβάζῳ τοῦτο ποιοῦντες μάλιστ᾽ ἂν χαρίζεσθαι. 45

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ci sono due navarchi contemporaneamente, opppure uno è quello ufficiale e l’altro semplicemente un comandante in senso più generico48, oppure forse significa che quando è ora del nuovo navarco, Ierace è ancora a Rodi, ma il nuovo incaricato non viene mandato lì, bensì dove c’è più bisogno in quel momento. Ierace potrebbe essere rimasto a Rodi in qualità di semplice comandante o rientrato, purtroppo non lo sappiamo. Antalcida dunque potrebbe essere il navarco del 388/749 e si dirige a Efeso dedicandosi a riassemblare la flotta sparsa, che poi affida all’epistoleus Nicoloco con l’incarico di portare aiuto ad Abido50. Il navarco dunque in realtà non guida la flotta in questa occasione, ma evidentemente si dedica all’aspetto più diplomatico del suo incarico, le trattative con i Persiani; si spiega così la sua completa assenza per un certo periodo dalla scena di guerra, se lo si considera impegnato nel lungo viaggio verso il Re51, per trattare con il quale aveva di certo un mandato ufficiale. Il resto della flotta opera infatti su più fronti e mai con lui, ma con Nicoloco, che saccheggia Tenedo e poi si reca ad Abido, dove affluiscono gli strateghi ateniesi per bloccarlo52, e con Gorgopa a Egina. Soprattutto qui si concentra il contrattacco ateniese, grazie anche all’arrivo dello stratego Cabria, di passaggio per una nuova spedizione in aiuto di Evagora di Cipro: gli scontri tra Gorgopa e l’ateniese Eunomo, culminati con una sconfitta notturna ateniese, vedono un ribaltamento delle sorti a seguito di uno sbarco notturno di Cabria a Egina, che guida personalmente i suoi peltasti di nascosto in un’imboscata53. Alla luce del sole si fa poi avanti un altro contingente guidato da Demeneto54,

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SOLARI 1907, 12-13, invece negando l’annualità della carica ritiene che siano addirittura 3 i navarchi contemporanei (Antalcida, Ierace e Teleutia), ma questa interpretazione non ha raccolto seguito. 49 Accolgono questa datazione ad es. anche FALKNER 1992 a, 255; DEBORD 1999, 263; PASCUAL 2009, 87-88. 50 Xenoph. Hell. V, 1, 6; questa è l’attestazione più esplicita che il cambiamento di navarco implicava anche il cambiamento dell’epistoleus: prima infatti erano rispettivamente Ierace e Gorgopa (Xenoph. Hell. V, 1, 5). Per questa stessa cronologia (Ierace 389/8, Antalcida 388/7, Teleutia 387/6) cfr. anche FORNIS 2008, 265 sg. 51 D’altronde in Hell. V, 1, 25, si fa esplicitamente cenno al ritorno di Antalcida dal viaggio con Tiribazo riportando le condizioni del Re. 52 Xenoph. Hell. V, 1, 6-7. Tra questi deve esserci anche Ificrate, come vedremo; cfr. BIANCO 1997, 183. 53 Xenoph. Hell. V, 1, 10 sg.; questo famoso episodio ha avuto fortuna nella tradizione strategematica, e viene addirittura raccontato tre volte da Polieno (III, 11, 9; 10; 12). 54 Potrebbe trattarsi dello stesso Demeneto che nel 396 aveva preso un’iniziativa antispartana per recarsi in sostegno di Conone, ma era stato fermato proprio dall’armosta di Egina; cfr. supra, 95 e n. 52. Poco dopo questa operazione del 388 insieme a Cabria, co-

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contro cui esce Gorgopa; trovatosi chiuso nell’imboscata di Cabria, l’armosta viene sconfitto e trova la morte insieme a molti altri Spartani ed Egineti. A questo punto, come commenta Senofonte, ormai gli Ateniesi potevano solcare i mari come in tempo di pace e gli Spartani devono rispondere sfoderando le loro armi migliori, in quel momento costituite da Teleutia, che viene di nuovo inviato come navarco al comando della flotta55. Se Teleutia è il nuovo navarco ufficiale siamo arrivati al 387/6 e dobbiamo ammettere la possibilità che la carica a questo punto si possa iterare, perché potrebbe essere la terza volta che egli la riveste. In realtà solo in questo contesto Senofonte lo chiama ufficialmente navarco56 e dobbiamo quindi anche accettare l’ipotesi che potrebbe essere stato negli altri casi solo un comandante straordinario, per quanto mi sembri che, come abbiamo visto, molti indizi invece portino in direzione di una navarchia da lui ripetuta. Egli comunque viene accolto con entusiasmo dagli uomini, a cui tiene un lungo discorso di incoraggiamento, forse il più lungo che Senofonte attribuisce a un navarco: si avvertono qui le evidenti difficoltà che gli Spartani stavano incontrando (si accenna a mancanza di denaro e di viveri), a cui Teleutia invita a reagire ricordando che: «La nostra città, o soldati, che gode fama di prosperità, sapete bene anche voi che non ha conseguito i suoi più brillanti e significativi successi senza lottare, ma affrontando pericoli e fatiche quando era necessario»57.

Egli si rivolge dunque proprio agli Spartani, non alla coalizione di alleati, invitandoli a mostrare il tipico valore spartano e a sopportare le fatiche per procurarsi fama agli occhi dell’opinione pubblica.

munque, Demeneto viene annoverato tra gli strateghi che si fanno ingannare da Antalcida vicino ad Abido (Xenoph. Hell. V, 1, 26), cfr. infra, 122. 55 Xenoph. Hell. V, 1, 13: ἐκ δὲ τούτου οἱ μὲν Ἀθηναῖοι, ὥσπερ ἐν εἰρήνῃ, ἔπλεον τὴν θάλατταν· οὐδὲ γὰρ τῷ Ἐτεονίκῳ ἤθελον οἱ ναῦται καίπερ ἀναγκάζοντι ἐμβάλλειν, ἐπεὶ μισθὸν οὐκ ἐδίδου. ἐκ δὲ τούτου οἱ Λακεδαιμόνιοι Τελευτίαν αὖ †ἐπὶ ταύτῃ ἐκπέμπουσιν †ἐπὶ ταύτας τὰς ναῦς ναύαρχον. ὡς δὲ εἶδον αὐτὸν ἥκοντα οἱ ναῦται, ὑπερήσθησαν. 56 Xenoph. Hell. V, 1, 13. Gli studiosi sono divisi tra chi segue l’ipotesi di BELOCH (1879, 125) delle tre navarchie (cfr. ad es. FORNIS 2008, 265 n. 10) e chi accetta solo questa (cfr. PARETI 1961, 101). Per quanto io accetti l’ipotesi belochiana, ritengo però che abbia ragione Pareti nel respingere l’interpretazione di chi considera l’avverbio αὖ come riferito a ‘di nuovo navarco’, invece che ‘mandano di nuovo’; au è infatti visibilmente attribuito al verbo e non al sostantivo piuttosto lontano, per quanto inseriti in un passo parzialmente corrotto. 57 Xenoph. Hell. V, 1, 14-18; 16: καὶ ἡ πόλις δέ τοι, ἔφη, ὦ ἄνδρες στρατιῶται, ἡ ἡμετέρα, ἣ δοκεῖ εὐδαίμων εἶναι, εὖ ἴστε ὅτι τἀγαθὰ καὶ τὰ καλὰ ἐκτήσατο οὐ ῥᾳθυμοῦσα, ἀλλὰ ἐθέλουσα καὶ πονεῖν καὶ κινδυνεύειν, ὁπότε δέοι.

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Aggiunge anche una constatazione per noi particolarmente interessante perché lo pone in linea diretta con il navarco Callicratida, altro Spartano di valore a cui Senofonte aveva lasciato spazio di parola. Come abbiamo visto precedentemente, Callicratida, indignato di essere costretto a fare anticamera presso Ciro per ottenere dei finanziamenti, aveva affermato che la necessità di adulare i barbari per bisogno di denaro era la peggior disgrazia che potesse capitare al popolo greco58 e qui ritornano quasi le stesse parole: «Non c’è nulla di più gradevole della soddisfazione di non adulare nessuno, né greco, né barbaro, per denaro, ma di essere autosufficienti nel procurarsi il necessario. Quale migliore occasione potremmo avere per realizzare questo?»59.

E così, incoraggiati da questo discorso da buon Spartano, i suoi uomini lo seguono con entusiasmo per un’operazione che lo stesso Senofonte ammette apparentemente una follia60, ovvero l’attacco diretto al porto di Atene, ma basato su delle considerazioni sensate. Infatti, dopo la sconfitta spartana a Egina probabilmente la sorveglianza era allentata e sarebbe stato facile affondare o sabotare delle triremi con gli uomini a terra più che scontrarsi con quelle in mare; facile era anche catturare delle navi mercantili e rimorchiarle fuori dal porto. Proprio durante queste operazioni gli Ateniesi si accorgono della manovra e mandano al Pireo soldati e cavalleria, ma gli Spartani non intendono scendere a terra, bensì solo fare bottino. E questo riesce loro molto bene, anche impadronendosi di navi cerealicole nella zona del Sunio; così Teleutia con questa azione coraggiosa, che mostra la vulnerabilità ateniese e ancora la potenza spartana, si procura molto bottino per pagare e sfamare i suoi uomini. Dopodiché si dedica a una serie di incursioni sempre vittoriose a Egina61. Nel racconto senofonteo si riaffaccia poi sulla scena asiatica anche Antalcida che, di ritorno con Tiribazo dal viaggio presso il Re, da cui aveva ricevuto la garanzia dell’alleanza62, si reca via terra ad aiutare Nicoloco, bloccato ad

58 Xenoph. Hell. I, 6, 7; vd. supra, 60. Per gli echi tra le parole di Callicratida e Teleutia cfr. anche CAWKWELL 1976 a, 68 e 2005, 167, secondo cui si tratta di preaching Panhellenism. 59 Xenoph. Hell. V, 1, 17: τί γὰρ ἥδιον ἢ μηδένα ἀνθρώπων κολακεύειν μήτε Ἕλληνα μήτε βάρβαρον ἕνεκα μισθοῦ, ἀλλ᾽ ἑαυτοῖς ἱκανοὺς εἶναι τὰ ἐπιτήδεια πορίζεσθαι, καὶ ταῦτα ὅθενπερ κάλλιστον; 60 Xenoph. Hell. V, 1, 19, la definisce aphronos. Per la audace iniziativa di Teleutia cfr. ora RICHER 2018, 339. 61 Per un’analisi del ruolo di Egina come base per operazioni di flotta e pirateria cfr. FIGUEIRA 1990, 27 sg. per la situazione all’inizio del IV secolo. 62 Per i grandi onori concessi dal Re ad Antalcida in questa occasione cfr. Plut. Artax. 22, 1-2 e 6; Pelop. 30, 6; Ael. VH XIV, 39; vd. ora LENFANT 2017, 48 e n. 33, 57 (dove giu-

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Abido dagli strateghi ateniesi Ificrate e Diotimo, e prende in consegna la flotta (Xenoph. Hell. V, 1, 25). Da questo punto in poi Antalcida domina la scena e tutte le operazioni che portano alla pace sono opera sua; indubbiamente questo ci crea dei problemi, perché Senofonte intanto ha già inserito l’arrivo del nuovo navarco Teleutia, con cui è difficile definire la divisione di compiti, a parte l’area delle operazioni. Potrebbero essere infatti navarchi tutti e due, o solo Antalcida, o solo Teleutia. L’ipotesi a mio parere più probabile, però, è che almeno alcune delle operazioni attribuite ad Antalcida siano da anticipare a prima della scadenza del suo incarico63; non si può neanche del tutto escludere poi che abbia continuato l’attività navale in qualità di comandante straordinario, forte del prestigio acquisito, dal momento che intanto il navarco ufficiale era impegnato in un’altra zona. In ogni modo durante le operazioni nell’Ellesponto Antalcida rivela la sua grande abilità: diffondendo la voce che si doveva allontanare perché era stato chiamato in aiuto dai Calcedoni, si apposta invece in un’imboscata e, quando gli strateghi ateniesi Demeneto, Dionisio, Leontico e Fania si gettano al suo inseguimento, li coglie di sorpresa, catturandone l’intera squadra, cui si erano unite anche otto navi di Trasibulo di Collito in arrivo dalla Tracia64. Come già altrove dimostrato65, in Senofonte manca però un passaggio chiave per capire l’evoluzione di queste operazioni: Ificrate sembra ancora fermo ad Abido, ma non è citato tra gli strateghi che vengono ingannati da Antalcida e poi sbaragliati, e non si comprende neanche il motivo per cui gli Ateniesi credono al finto allontanamento della flotta spartana. La logica delle operazioni trova un chiarimento in una trascurata notizia di Polieno, che, nell’unico stratagemma riferito ad Antalcida (II, 24), racconta che Ificrate si era recato ad assediare Calcedone; ecco perché dunque non era più ad Abido e perché era verosimile per gli Ateniesi la richiesta di aiuto da parte di quella città. Il risultato è che la flotta ateniese è divisa, in parte anche catturata, in ogni modo in difficoltà; e così, quando Antalcida con l’aiuto navale inviato da Siracusa e dalle città ioniche sottomesse a Tiribazo riunisce una flotta di ottanta navi con cui blocca gli stretti66, riesce a ottenere il pieno controllo del mare e a costringere gli Ateniesi alla pace67.

stamente evidenzia come l’accoglienza ospitale ricevuta dallo Spartano non significasse affatto un rapporto di xenia privata). 63 In questo senso cfr. PASCUAL 2009, 88. 64 Xenoph. Hell. V, 1, 26-27. Per le successive condanne in cui incorsero gli strateghi cfr. Lys. De Aristoph. bon. [XIX], 50 sg.; Demosth. De falsa legat. [XIX], 180; Timocr. [XXIV], 134. 65 BIANCO 1997, 185-186. 66 Xenoph. Hell. V, 1, 28; su queste operazioni cfr. GRAEFE 1935, 262-270; MELONI 1949, 189 sg.; PASCUAL 2009, 87-88.

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Le delegazioni di tutte le poleis greche si incontrano a Sardi, dove probabilmente nella primavera 38668, accettano le condizioni annunciate da Tiribazo e sanciscono la pace, detta appunto del Re o di Antalcida69. Le clausole prevedono l’indipendenza di tutte le città greche non d’Asia e la dipendenza dal Re di quelle d’Asia, segnando così una battuta d’arresto per l’imperialismo ateniese e un nuovo momento di splendore per gli Spartani, diventati prostatai di questa pace, con la responsabilità di renderla esecutiva. In seguito a questi provvedimenti e al giuramento da parte di tutte le città di aderire a questa pace, si congedano gli eserciti di terra e gli equipaggi navali70. I navarchi probabilmente restano al comando di una piccola flotta in area locale e, non compiendo grandi spedizioni di ampia risonanza, passano sotto silenzio per una decina d’anni: abbiamo infatti una lacuna di questa ampiezza nella registrazione di nomi di navarchi in attività, per quanto non significhi che non vi siano state operazioni navali in assoluto, come dimostrano alcuni riferimenti sparsi ad esempio a scontri nell’area delle Cicladi o ancora all’attività di pirateria da parte di Alceta, armosta di Oreo in Eubea71. Innegabilmente però Sparta si dedica maggiormente a operazioni via terra, sia per punire le città che l’avevano tradita, sia per imporre la pace alle alleate riottose72; in alcuni casi i protagonisti sono comunque gli stessi che abbiamo 67

Xenoph. Hell. V, 1, 29-32; Isocr. Panath. [XII], 105-107; Diod. XIV, 110, 2-4; Plut. Ages. 23; Artax. 21, ecc. La bibliografia su questa pace è sterminata ed è impossibile renderne qui ragione; si rimanda in particolare all’esplosione di studi del 1991 (BADIAN 1991; URBAN 1991; QUASS 1991) e BRIANT 1996, 668 sg.; DEBORD 1999, 278 sg. 68 URBAN 1991, 11-23 per uno status quaestionis, 101 sg.; cfr. anche TUPLIN 1993, 84; FORNIS 2008, 303; PASCUAL 2009, 89 e ora RICHER 2018, 339. 69 Antalcida ha in questo periodo il suo momento di gloria, forte del rapporto stretto con il re Artaserse, che però non è duraturo, come si rende evidente quando dopo Leuttra Antalcida ritorna dal re per ottenere aiuti e viene ignorato. L’umiliazione è tale che al ritorno a Sparta egli si sarebbe lasciato addirittura morire di fame: cfr. Plut. Artax. 21, 5-22, 7. La tempistica di questa spedizione non è però chiara, perché altrove lo stesso Plutarco ricorda il ruolo di Antalcida come eforo durante l’invasione tebana della Laconia nel 370/69: Plut. Ages. 32, 1. 70 Xenoph. Hell. V, 1, 35: ἐκ τούτου διελύθη μὲν τὰ πεζικά, διελύθη δὲ καὶ τὰ ναυτικὰ στρατεύματα. Per un ripiegamento anche ateniese, che sembra esitante ad intervenire in operazioni militari, si veda SINCLAIR 1978, 43. 71 Per contese nell’area delle Cicladi, Isocr. Paneg. [IV], 136; per Alceta nel 377 circa, Xenoph. Hell. V, 4, 56; Polyaen. II, 7. Cfr. FALKNER 1992 a, 258 sg., che però giustamente evidenzia la scarsa rilevanza di queste operazioni e l’interesse spartano centrale su quelle terrestri. 72 Dopo l’imposizione della pace a Tebe, Argo e Corinto, Sparta conduce ad esempio anche spedizioni contro Mantinea, Fliunte, Olinto, ecc. (Xenoph. Hell. V, 2-3; Diod. XV, 5; 19 sg.); per la politica spartana in questi anni si veda ad es. RICE 1971, sp. 138-192; SEAGER 1974, sp. 36-44; CARTLEDGE 1987, 369-381; HAMILTON 1991, 121 sg.; TUPLIN 1993, 87 sg.

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già visto come navarchi, ma con altri compiti. In particolare Senofonte continua ad attribuire un ruolo di spicco a Teleutia, al comando in qualità di armosta dell’esercito spartano inviato a invadere il territorio di Olinto, dove però, dopo vari successi, trova la morte73. Secondo Senofonte, a questo punto tutto faceva ritenere che l’impero di Sparta fosse ormai consolidato su buone basi74, soprattutto dal lato di terra come vero elemento dell’egemonia. Più ampia è la concezione di Diodoro, che proprio dopo la sottomissione di Olinto commenta: «in quel periodo i Lacedemoni raggiunsero il culmine della loro potenza ed ebbero l’egemonia della Grecia sia per terra che per mare»75. 4. Pollide (377/6) La situazione in Grecia però si deteriora velocemente: con l’occupazione della Cadmea di Tebe76, Sparta commette un passo falso che provoca di nuovo grandi tensioni, alimentate soprattutto da Atene che ormai sta pienamente ricostruendo la sua egemonia navale77. Infatti, mentre per via di terra Sparta appare realmente l’egemone incontrastata, via mare già dopo Cnido pare essere entrata nella sua parabola discendente. Dopo la perdita del controllo di Tebe e l’iniziativa dello spartano Sfodria di operare un raid contro Atene, forse all’inizio del 37878, si giunge a una precisa

73 Xenoph. Hell. V, 2, 37-3, 6. Le operazioni passano poi sotto il re Agesipoli che altrettanto però vi trova la morte (V, 3, 8-19); Olinto è infine costretta alla pace dal nuovo armosta Polibiade (V, 3, 26). 74 Xenoph. Hell. V, 3, 27: παντάπασιν ἤδη καλῶς καὶ ἀσφαλῶς ἡ ἀρχὴ ἐδόκει αὐτοῖς κατεσκευάσθαι. Per un commento a questo passo e alla minimizzazione del ruolo della battaglia di Cnido e della egemonia navale in generale in Senofonte cfr. SCHEPENS 1993, 198199. 75 Diod. XV, 23, 3: διὸ καὶ κατὰ τούτους τοὺς καιροὺς πλεῖστον ἴσχυσαν Λακεδαιμόνιοι, καὶ τῆς Ἑλλάδος ἔσχον τὴν ἡγεμονίαν κατὰ γῆν ἅμα καὶ κατὰ θάλατταν. In realtà però aveva già più volte sottolineato la perdita dell’egemonia navale dopo Cnido (cfr. supra, 105 n. 91), quindi qui deve avere cambiato fonte. 76 Lo spartano Febida infatti nel 382 con un colpo di mano si impadronisce della Cadmea tebana e avvia un periodo di controllo della città, che poi riesce a liberarsi nel dicembre 379: cfr. ad es. Xenoph. Hell. V, 4, 1-19; Diod. XV, 26-27; Plut. Pelop. 7 sg.; RICE 1971, 86 sg.; HACK 1978, 210-227 e 1982, 28 sg.; HAMILTON 1982, 152 sg. 77 Si può far iniziare l’attività diplomatica ateniese in questo senso già con la spedizione di Trasibulo (Xenoph. Hell. IV, 8, 25-31) e poi soprattutto con le alleanze stipulate a partire dal 384 con Chio (IG II2 34 e 35), Bisanzio (IG II2 41), Rodi e Mitilene, cui seguirono Tebe (IG II2 40), Metimna (IG II2 42), Calcide (IG II2 44), ecc.; cfr. TOD II, 118; 121; 122; 124; RHODES-OSBORNE 2004, 82 sg.; 106 sg. 78 Xenoph. Hell. V, 4, 20-24; Diod. XV, 29, 5-7; Plut. Ages. 24-26; Pelop. 14; è in verità

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presa di posizione antispartana, sfociata nel decreto di costituzione della seconda lega proposto da Aristotele nel febbraio-marzo 377, quando si arriva alla formalizzazione di una prima rete di alleanze strette da Atene con città che non siano sotto il controllo del Re79. Vengono poi avviati contatti diplomatici in molte aree greche, dall’Egeo allo Jonio, per allontanare il maggior numero possibile di poleis dall’influenza spartana, grazie in particolare alle attività degli strateghi ateniesi Cabria e Timoteo80. In reazione a questo rinnovato espansionismo ateniese, si assiste alla esplicita ripresa da parte di Sparta delle attività navali, che sono attestate negli anni ’70 per l’ultima fase della loro parabola discendente: nella primavera 376 una spedizione del re Cleombroto contro Tebe fallisce e, durante una riunione degli alleati, cominciano a essere rivolte agli Spartani delle critiche per la gestione fiacca della guerra. In particolare gli alleati chiedevano «che si allestisse una flotta superiore a quella ateniese e si prendesse Atene con la fame; inoltre che si utilizzasse questa flotta per trasportare un esercito a Tebe (…) In seguito a queste obiezioni si allestirono sessanta triremi che furono affidate al navarco Pollide»81.

Pare dunque evidente che fino a quel momento non era attiva una flotta di dimensioni significative e che le operazioni si svolgevano solo via terra. Gli Spartani decidono allora di equipaggiare sessanta triremi al comando del navarco Pollide: torna così un personaggio già messosi in luce negli anni ’9082, cui la

molto discussa la datazione precisa di questo raid, soprattutto rispetto alla fondazione della Seconda Lega; è più probabile, infatti, che ne sia stato la causa scatenante, piuttosto che la posteriore risposta spartana (cfr. ad es. MCDONALD 1972, 38-44; CAWKWELL 1973, 56; DEVOTO 1982, 227-237; CARTLEDGE 1987, 136-138, 157-159; e ora HODKINSON 2017). 79 IG II2, 43 (=TOD II, 123); SEG XLI, 40; XLV, 1210; XLVI, 119; per l’analisi epigrafica del decreto, cfr. CARGILL 1981, 14-47; DREHER 1995, passim; RHODES-OSBORNE 2004, 92 sg. Per i problemi di tradizione e la grave omissione senofontea cfr. RIEDINGER 1991, 47; PARKER 2007, sp. 32-33. 80 Xenoph. Hell. V, 4, 63; Diod. XV, 30, 3-5. Per questa prima fase della Lega, cfr. DREHER 2005, 82 sg.; BIANCO 2007, 15 sg. 81 Xenoph. Hell. V, 4, 60-61: συλλεγέντων δὲ τῶν συμμάχων εἰς Λακεδαίμονα, λόγοι ἐγίγνοντο ἀπὸ τῶν συμμάχων ὅτι διὰ μαλακίαν κατατριβήσοιντο ὑπὸ τοῦ πολέμου. ἐξεῖναι γὰρ σφίσι ναῦς πληρώσαντας πολὺ πλείους τῶν Ἀθηναίων ἑλεῖν λιμῷ τὴν πόλιν αὐτῶν· ἐξεῖναι δ᾽ ἐν ταῖς αὐταῖς ταύταις ναυσὶ καὶ εἰς Θήβας στράτευμα διαβιβάζειν. (…) [61] ταῦτα δὲ λογισάμενοι ἑξήκοντα μὲν τριήρεις ἐπλήρωσαν, Πόλλις δ᾽ αὐτῶν ναύαρχος ἐγένετο. 82 Cfr. supra, 100. Secondo PARETI 1961, 103 n. 1, invece, difficilmente può essere lo stesso degli anni precedenti, ma non mi sembra necessario postulare un diverso personaggio; è infatti più probabile che la città si affidi a un navarco esperto più che a un giovane sconosciuto. Si tratta dello stesso personaggio anche per FALKNER 1992 a, 263 sg.

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polis decide di affidarsi in un momento tanto delicato da giustificare pienamente la scelta di un navarco che aveva già svolto in precedenza il suo incarico. Questa flotta, cercando di contrastare con gran forza la ripresa ateniese, va a posizionarsi nei pressi di Egina, Ceo e Andro, in un’area molto pericolosa per il commercio granario, pronta a intercettare le navi da carico83, che cominciano a rifiutarsi di navigare oltre il capo Geresto, all’estremità meridionale dell’Eubea. Per liberarsi da questa sorta di assedio, il popolo ateniese invia una flotta a difendere l’approvvigionamento e ad affrontare gli Spartani; il comando viene affidato a Cabria che, nella stringata narrazione senofontea, riporta la vittoria «avendo combattuto contro Pollide in una battaglia navale»84. Con questo Senofonte chiude il discorso su una battaglia che dalle altre fonti viene invece rappresentata come una tappa fondamentale nella parabola del potere navale spartano85. Secondo la narrazione diodorea, invece, Cabria, dopo aver scortato le navi granarie al Pireo, mette l’assedio a Nasso per impadronirsi della città con la forza86; quando poi giunge il navarco lacedemone a soccorrerla, i due schieramenti ingaggiano battaglia, all’inizio dell’autunno del 37687. La flotta ateniese (superiore numericamente, 83 contro 65) ha inizialmente la peggio, ma l’intervento dell’ala di Cabria non solo evita la sconfitta, ma anzi porta a una grande vittoria88. Diodoro arricchisce la narrazione con una nota molto interessante,

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Questa situazione era molto pericolosa per Atene, la cui precarietà economica in questi anni è evidenziata da vari provvedimenti legislativi, cfr. ad es. DREHER 1995, 41-96. 84 Xenoph. Hell. V, 4, 61: ναυμαχήσαντες πρὸς τὸν Πόλλιν Χαβρίου ἡγουμένου νικῶσι τῇ ναυμαχίᾳ. 85 Sui silenzi colpevoli di Senofonte, che scrive deliberatamente una storia incompleta e selettiva, cfr. RIEDINGER 1991, 60. Sulla fama imperitura che invece godette questa battaglia, cfr. Aesch. Ctesiph. [III], 222, 243; Demosth. Resp. ord. [XIII], 22; Lept. [XX], 76-87; Androt. [XXII], 72; Aristocr. [XXIII], 198; Timocr. [XXIV], 180; Din. Demosth. [I], 75; Plut. Phoc. 6, 5-7; Cam. 19, 6. 86 Pare incerta l’appartenenza di Nasso alla Lega ateniese prima di questa vittoria; in questo caso, se si pensa a una ribellione di Nasso, già inserita nella Lega dalla recente spedizione nelle Cicladi e poi subito ritornata sui suoi passi, sarebbe più comprensibile anche la durezza dell’intervento di Cabria, volto a impedire altri cambiamenti da parte nelle nuove aderenti. Contra, cfr. CARGILL 1981, 37-38. 87 Xenoph. Hell. V, 4, 61; Diod. XV, 34, 3 sg.; Plut. Phoc. 6; Polyaen. III, 11, 2 e 11. Si considera attendibile generalmente la datazione al 16 Boedromione (=9 ottobre) attestata da Plutarco e da Polieno, in collegamento con uno dei giorni delle feste dei Misteri. 88 Anche Polieno, che sempre insiste sull’abilità strategica di Cabria soprattutto in campo navale, ricorda un astuto ricorso a uno stratagemma per ribaltare l’iniziale situazione di difficoltà, cioè togliere i segni distintivi dalle navi per creare confusione nel nemico: cfr. Polyaen. III, 11, 11. Per il riarmo avviato da Atene e per le 29 navi nuove utilizzate a Nasso, cfr. SINCLAIR 1978, 50-53.

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ovvero che Cabria avrebbe potuto facilmente distruggere tutta la flotta nemica se l’avesse inseguita, ma ricordandosi delle Arginuse, preferisce rinunciare per raccogliere i naufraghi e rendere le esequie ai morti. La flotta spartana perde dunque 32 navi, ma pur dimezzata, è ancora abbastanza ampia e pronta a intervenire ancora su altri fronti. C’è però una questione su cui si deve ancora riflettere, ovvero se Pollide sia il navarco del 377/6 o del 376/5, perché la battaglia condotta ai primi di ottobre potrebbe appartenere sia alla fine dell’incarico 377/6 che all’inizio di quello 376/5. Come sempre è difficile dire qualcosa di definitivo e la bibliografia moderna si è divisa89, ma io credo che sia più opportuna la datazione 377/690: l’attività di Pollide parte infatti già nella primavera del 376, quando al navarco in carica si attribuisce il compito di equipaggiare una flotta e di cominciare varie attività di disturbo che culminano con la battaglia dei primi di ottobre. Per quanto si debba in questo modo forse supporre un breve prolungamento del suo incarico, questo non ci stupisce ed è normale durante una campagna, mentre il tempo a sua disposizione sarebbe davvero troppo poco nell’ipotesi che si tratti del navarco del 376/5, appena arrivato in zona. In questo caso, inoltre, i conti non tornerebbero neppure in rapporto al navarco successivo, Nicoloco, che, come vedremo, combatte contro l’ateniese Timoteo il giorno delle feste Scire, che si celebrano il dodicesimo giorno del dodicesimo mese dell’anno attico, ovvero il 27 giugno del 375. La tradizione attestata da Polieno non ha motivo di essere messa in discussione (abbiamo visto poco fa come, anche per la battaglia di Nasso, la datazione precisa provenga da uno dei suoi stratagemmi, sempre in collegamento con una festività ateniese)91 e porta dunque con relativa sicurezza ad affermare che Nicoloco sia il navarco in carica nel 376/5, non Pollide.

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Cfr. ad es. BELOCH 1879, 127, secondo cui Pollide è il navarco del 377/6 e Nicoloco del 376/5; per PARETI 1961, 106-107, sono invece da scalare di un anno, ipotizzando un vuoto di un anno solo. 90 Per quanto le datazioni di Diodoro non siano molto attendibili, egli comunque nella narrazione di questo episodio sembra ben informato e lo pone sotto l’anno 377/6 (anche se tecnicamente a settembre saremmo già nell’anno 376/5, ma evidentemente il grosso delle operazioni apparteneva a quell’anno). Accetta questa stessa cronologia FALKNER 1992 a, 317. 91 PARETI (1961, 105) riteneva che la formula di Polieno (III, 11, 2: ἦν ἐορτὴ Σκίρα) fosse una generica attestazione di una data autunnale sganciata dalle feste Scire di giugno, ma in modo a mio parere non corretto e forzato.

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5. Nicoloco (376/5) Dopo la sconfitta di Nasso, per quanto la flotta spartana non sia affatto distrutta, tuttavia sembra rinunciare alle operazioni in Ionia e l’asse degli scontri si sposta improvvisamente verso Occidente. Gli Ateniesi infatti, su invito tebano, decidono di impegnarsi ancora di più nella guerra, nel tentativo di portare gli Spartani a sostenere contemporaneamente la difesa del loro stesso territorio, oltre che degli alleati, e decidono di affidare a Timoteo una flotta di sessanta navi da guidare nel Peloponneso92. Le indicazioni di Senofonte a questo proposito sono piuttosto lacunose, perché lo storico collega questo invio di Timoteo nel Peloponneso con il raid di Sfodria contro Atene (del 378), ma dopo aver già fatto quel breve riferimento alla battaglia di Nasso (del 376); inoltre, senza descrivere alcuna operazione di Timoteo nel Peloponneso, passa subito agli eventi verificatisi nel settore occidentale. Infatti Timoteo probabilmente costeggia solo il Peloponneso per poi puntare a Corcira, di cui ottiene la sottomissione. Intanto gli Spartani decidono anche loro di allestire una flotta, che affidano al navarco Nicoloco (uomo di grande coraggio, ci dice Senofonte, che ne ha già descritte molte azioni di successo, come abbiamo visto)93. Siamo dunque arrivati al 376/5, come ci attesta anche Diodoro: e se è corretta la data che abbiamo ricostruito per la battaglia in cui i due vengono a scontrarsi, nel giugno 375 possiamo collocare questa altra grande naumachia, di nuovo vinta dagli Ateniesi, che infliggono un ulteriore duro colpo alla flotta spartana. Da Senofonte abbiamo solo un scarno resoconto di questa sconfitta spartana, che si dice verificatasi ad Alizia (Hell. V, 4, 65-66) durante il prosieguo delle operazioni di Timoteo, che da Corcira continuano lungo la costa occidentale della Grecia. Anzi, questa vittoria viene ulteriormente sminuita con l’indicazione di un successivo tentativo di riscatto da parte di Nicoloco, che, grazie al sopraggiungere di un rincalzo di sei triremi da Ambracia, avrebbe cercato di provocare Timoteo a un nuovo scontro94; di fronte al rifiuto di quello, il navarco spartano avrebbe a sua volta innalzato un trofeo di vittoria. Esiste però un secondo filone di tradizione, forse risalente a una comune matrice eforea95, che attesta un’attività più ampia da parte di Timoteo, anche 92

Xenoph. Hell. V, 4, 62 sg.; BIANCO 2007, 18 sg. Cfr. Xenoph. Hell. V, 4, 64-65; per i problemi suscitati dalla eventuale annessione di Corcira nella Seconda Lega o meno cfr. ad es. TUPLIN 1984, 561; per Nicoloco vd. supra, 119. 94 Xenoph. Hell. V, 4, 66. Di un secondo tentativo di scontro parla anche Polieno, il quale tuttavia riporta una diversa tradizione, che citava un rincalzo spartano di dieci navi, scoraggiate dall’attaccare battaglia grazie all’astuta strategia adottata da Timoteo (Polyaen. III, 10, 13 e 17). 95 Cfr. Diod. XV, 36, 5; Nep. Tim. 2, 1; vd. anche BIANCO 2007, 110. 93

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per via diplomatica, oltre che un importante scontro avvenuto a Leucade96: si tratta senz’altro dello stesso episodio, anche se Nicoloco non merita neppure una menzione e ricorre per il luogo della battaglia un nome diverso, ma che in realtà è rimasto più comune nella tradizione, ovvero Leucade, mentre Senofonte citava il nome di Alizia. Probabilmente, lo scontro navale si svolge nel tratto di mare tra la città di Alizia sulla costa dell’Acarnania e l’isola di Leucade, ma nel ricordo comune si è poi diffuso il nome più famoso, che è appunto quello dell’isola97. Nicoloco comunque esce di scena con un certo onore, grazie alla menzione del trofeo da lui innalzato anche se solo per una finta vittoria, e purtroppo non ne sappiamo più niente altro. 6. Mnasippo (373/2) Dobbiamo poi aspettare fino al 373/2 per un nuovo nome di navarco98, il che significa che abbiamo un vuoto di due anni, su cui possiamo solo provare a presentare delle ipotesi. Purtroppo inoltre, come al solito, le versioni delle nostre principali fonti, Senofonte e Diodoro, sono divergenti. Mentre l’ateniese Timoteo si dedica al settore occidentale, portandolo sotto il suo controllo grazie anche a quella decisiva vittoria sugli Spartani ad Alizia, Atene e Sparta arrivano a stipulare una pace dai contorni molto difficili da precisare: anche se la testimonianza di Diodoro risulta molto problematica, duplicando forse la situazione verificatasi poi nel 37199, si può probabilmente ricostruire un quadro storico in cui nella tarda estate o autunno 375100, forse anche

96 A dimostrazione del fatto che questo scontro fu solo contro gli Spartani, si può anche evidenziare come esso non provocò l’alleanza di Leucade, che nel 373 combatteva ancora dalla parte degli Spartani (cfr. Xenoph. Hell. VI, 2, 3; 26). Solo nel 368 si arrivò a un patto tra gli Ateniesi e i Leucadi, per quanto talmente mutilo da non consentire di affermare con certezza che si tratti del loro ingresso nella Lega, cfr. IG II2, 104 = TOD II, 134. 97 Cfr. ad es. Ael. Arist. Panath. [I], 313 (e schol. 177, 20 Dindorf III). Cfr. anche IG II2, 3774; DREHER 1995, 15. 98 Xenoph. Hell. VI, 2, 4; Diod. XV, 47, 1. 99 Diod. XV, 38, 1-4 e 50, 4-5 riporta una descrizione molto simile delle due paci, perfino sul piano linguistico; d’altra parte, lo stesso Diodoro appare conscio di questa somiglianza, visto che per tre volte fa riferimento ad accordi già presi in precedenza. L’ipotesi di un ‘semplice’ duplicato è quindi possibile, ma non del tutto convincente: cfr. ad es. RICE 1971, 148-150; GRAY 1980, 306-326; STYLIANOU 1998, 349 sg.; FAUBER 1999, 481 sg.; più favorevole all’ipotesi di una confusione diodorea BEARZOT 2004 c, 97 sg. con altra bibliografia. 100 Xenoph. Hell. VI, 2, 1-3. La datazione di questa pace però spesso oscilla tra l’estate 375 e la primavera 374: ROOS 1949, 266 n. 1; CAWKWELL 1963, 84-95; BUCKLER 1971,

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per mezzo di una mediazione del Re di Persia101, si concorda su un rinnovo della pace comune, in cui Atene ottiene il duplice risultato di vedere riconosciuta la propria Lega e di minare fortemente le basi della supremazia spartana. Nonostante la prevista smobilitazione degli eserciti, l’ateniese Timoteo non pare invece intenzionato a rientrare in patria e continua alcune discusse operazioni, soprattutto in favore dei democratici di Zacinto102. Per Senofonte, a questo intervento di Timoteo vissuto come una violazione della pace, segue immediatamente la mobilitazione spartana e l’invio di una flotta di una sessantina di navi al comando di Mnasippo, con l’incarico di sorvegliare le acque dello Jonio e muovere contro Corcira. Alle prime devastazioni operate a Corcira da Mnasippo, gli isolani chiamano in aiuto Atene103, che, a sua volta, manda per via di terra uno stratego chiamato Stesicle104 e approva lo stanziamento di una flotta di sessanta navi sotto la guida di Timoteo. Il racconto di Senofonte, che mette direttamente in collegamento questi fatti con la ripresa della guerra, sembra però troppo compresso105: tra l’altro, i fatti di Zacinto non sono da considerare una violazione tale da scatenare di nuovo la guerra e inoltre non si capisce perché gli Ateniesi stanzino una nuova flotta, se Timoteo era ancora in zona con quella del 375. Dunque è possibile che le fasi da lui delineate siano da diluire maggiormente seguendo la narrazione di Diodoro, che inserisce questi accadimenti in un periodo di tempo più lungo, seducentemente definito da Stylianou di ‘guerra fredda’106. Per Diodoro, infatti, la tradizione è molto più complessa e forse parzialmente più convincente, quando sotto l’anno 374/3 descrive un primo intervento spartano in aiuto degli abitanti di Zacinto, con venticinque navi sotto la guida del comandante Aristocrate, e due successivi a Corcira (XV, 46-47).

353-361; DREHER 1995, 13. Con ampia bibliografia e convincenti dati a favore di una pace di poco successiva alla vittoria di Alizia, cfr. GRAY 1980, 308; STYLIANOU 1998, 349-351 e BUCKLER 2003, 255. 101 Il ruolo del Re viene negato da Senofonte e affermato da Diodoro; le due fonti si possono forse comporre, ipotizzando una mediazione del Re, ma non un suo intervento diretto come in altre occasioni: cfr. RYDER 1965, 58; CARGILL 1981, 10. 102 Xenoph. Hell. VI, 2, 2-3; Diod. XV, 45, 2-4. Per l’interpretazione di questo episodio cfr. BIANCO 2007, 25-26. 103 Colpiscono in maniera sorprendente le argomentazioni presentate dagli ambasciatori corciresi, dal momento che le parole di Senofonte (Hell. VI, 2, 9) sembrano riassumere il discorso tenuto dagli ambasciatori di Corcira ad Atene nel 433, come ce l’ha riportato Tucidide (I, 32-36); cfr. BIANCO 2007, 106 sg. 104 Xenoph. Hell. VI, 2, 4-11. La lezione del nome viene solitamente corretta in Ctesicle, seguendo la forma presente in Diodoro, che sembra più attendibile. Si potrebbe così pensare che si trattasse di quel generale Ctesicle citato anche da ps. Lys. Mil. [IX], 6. 105 Di questa opinione anche PARETI 1961, 106. 106 STYLIANOU 1998, 352 sg.

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Dopo i fatti di Zacinto, infatti, si crea una stasis anche a Corcira e i partigiani dei Lacedemoni chiedono loro aiuto per prendere il controllo della città: gli Spartani, consapevoli della grande importanza che Corcira rivestiva per chi aspirava a conservare il dominio sul mare, cercano allora di impadronirsi della città107. Ritorna qui di nuovo una formula (τοῖς ἀντεχομένοις τῆς θαλάττης) già citata in precedenza da Diodoro, con un verbo particolare, che indica la volontà di tenersi stretto il dominio sul mare108. Dunque, per quanto in parabola discendente, essi non sono ancora pronti a rinunciare all’egemonia anche navale e partecipano attivamente a questo tentativo. Viene così inviata una prima flotta spartana di ventidue triremi al comando di Alcida, ma i Corciresi vengono allertati in tempo e mandano a chiedere aiuto agli Ateniesi, che inviano Ctesicle a Zacinto e si preparano a inviare un contingente navale molto ampio a Corcira, affidato a Timoteo. Solo a questo punto gli Spartani mobilitano un’ingente flotta di sessantacinque triremi al comando di Mnasippo, che sbarca sull’isola e provoca il panico tra i Corciresi. In base a queste indicazioni, che sembrano meglio rendere ragione del succedersi dei fatti, è possibile forse ricostruire uno svolgimento cronologico, in base al quale nella primavera-estate del 374 gli Spartani inviano Aristocrate a Zacinto e si verifica il tentativo di ribellione oligarchica a Corcira, seguito poi dall’invio, forse nell’autunno, dello spartano Alcida, per opporsi al quale i Corciresi democratici chiedono aiuto ad Atene. Gli Ateniesi quindi mandano a Zacinto lo stratego Ctesicle, mentre cominciano a preparare una spedizione più consistente da inviare in aiuto di Corcira, che non sembra però ancora in grave pericolo, perché le si è mosso contro solo Alcida. Per questo motivo quando parte per la sua spedizione, che possiamo situare con certezza nella primavera 373109, Timoteo non si affretta a raggiungere Corcira, ma si ferma nel Peloponneso, e gli Spartani preoccupati dalla presenza in zona di Timoteo organizzano la grande spedizione di Mnasippo, che arriva a Corcira «quando gli Ateniesi avevano già da tempo mandato Timoteo» (XV, 47, 2). Se siamo dunque ormai arrivati circa alla tarda estate del 373 (come potrebbe dimostrare anche l’inserimento nel frattempo della notizia dell’attacco

107 Diod. XV, 46, 1: ἅμα δὲ τούτοις πραττομένοις τῶν ἐκ Κορκύρας τινὲς φίλοι Λακεδαιμονίων ἐπαναστάντες τῷ δήμῳ, παρεκάλεσαν τοὺς Σπαρτιάτας ἀποστεῖλαι ναυτικὴν δύναμιν, ὑπισχνούμενοι παραδώσειν αὐτοῖς τὴν Κόρκυραν. οἱ δὲ Λακεδαιμόνιοι, τὴν Κόρκυραν εἰδότες μεγάλην ῥοπὴν ἔχουσαν τοῖς ἀντεχομένοις τῆς θαλάττης, ἔσπευσαν κύριοι γενέσθαι ταύτης τῆς πόλεως. 108 Diod. XIV, 97, 4; cfr. supra, 114 e n. 31. 109 Per una volta infatti abbiamo la registrazione precisa della partenza di Timoteo da Atene nel mese di Munichione dell’arcontato di Socratide (ps.-Demosth. C. Timoth. [XLIX], 6), corrispondente ad aprile-maggio 373.

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tebano a Platea110, che fa riaprire davvero la guerra in Grecia), possiamo allora probabilmente considerare Mnasippo il navarco dell’anno 373/2 e abbiamo da colmare due anni, in cui nessuno è esplicitamente chiamato navarco. Per quanto quindi non si possa attestare con sicurezza nessun nome, io credo che l’ipotesi più convincente sia ancora quella di Beloch111, secondo cui si possono considerare navarchi i due comandanti citati, ovvero Aristocrate (che, nella nostra ricostruzione, interviene a Zacinto forse nella primavera-estate del 374, e potrebbe essere il navarco del 375/4) e Alcida (che interviene a Corcira forse nell’autunno del 374 e potrebbe essere quello del 374/3). Le spedizioni guidate da costoro per fronteggiare le operazioni ateniesi a Zacinto e Corcira dovevano impegnare seriamente la flotta spartana, come si vede dal numero di navi, che non è certo al livello di quelle affidate a Mnasippo, ma comunque superiore alle venti unità e quindi piuttosto importante, e con buona probabilità coinvolgono i navarchi. Purtroppo però i personaggi di Aristocrate e Alcida non sono altrimenti noti, anche se almeno per Alcida subito viene alla mente il ricordo del navarco del 428/7, quindi potrebbe trattarsi di un suo discendente che riveste allo stesso modo questo incarico di rilievo. Il fatto che Senofonte non li citi potrebbe esser dovuto solo al suo drastico taglio su queste vicende, che, come abbiamo visto, egli comprime esageratamente. La versione di Diodoro sembra in tutto più completa di quella di Senofonte: anche quando ricorda che viene inviato un contingente ateniese via terra al comando di Ctesicle, che arriva velocemente a destinazione, è comprensibile se si accoglie la precedente indicazione, secondo cui ai primi scontri Ctesicle viene inviato a Zacinto, da cui può passare in tempi brevi a Corcira, mentre l’ingente flotta che stanno allestendo gli Ateniesi inevitabilmente richiede tempi più lunghi. Soprattutto è convincente il fatto che Timoteo sia stato inviato prima dello spartano Mnasippo e non dopo; solo così si può comprendere il ritardo avuto dalla spedizione ateniese e lo svolgersi degli eventi. Anche se Diodoro ha com-

110 In realtà anche questo episodio crea moltissimi problemi cronologici, perché le fonti non portano a un’unica datazione: Xenoph. Hell. VI, 3, 1 (che non dà indicazioni precise); Diod. XV, 46, 4-6 (che lo inserisce nel 374/3); Paus. IX, 1, 8 (373/2). È comunque questa la data più probabile: cfr. PRANDI 1988, 127. PARETI 1961, 107, ritiene che ‘senza dubbio’ si debbano considerare fatti dell’estate 372. 111 BELOCH 1879, 127; FALKNER 1992 a, 317; e ora CHRISTIEN 2015, 348. Contra PARETI 1961, 106-107, che li considera comandanti straordinari, o al limite accetta solo Aristocrate per il 374/3, dal momento che nella sua ipotesi cronologica solo questo è l’anno da colmare.

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pattato tutto sotto l’anno 374/3112, mentre i fatti devono essersi prolungati fino al 373/2, egli ha però rispettato l’ordine più giusto: il comando a Timoteo che si ferma nel Peloponneso, l’attacco a Platea, la spedizione contro Corcira dello spartano Mnasippo. Tornando poi a Mnasippo, si può affermare che egli trascorra l’autunnoinverno 373 assediando Corcira113, dopo avere occupato molte postazioni sull’isola e bloccato il mare in un punto in cui era possibile intercettare tutto il traffico navale, e che proprio allora Timoteo si trovi in difficoltà per non esservisi recato subito e venga processato114. Anche dopo la destituzione di Timoteo, i tempi di allestimento della flotta ateniese effettivamente destinata alla difesa di Corcira sono talmente lunghi, che quando finalmente questa spedizione riesce a partire, forse nella primavera 372 e al comando del solo Ificrate115, arriva troppo tardi per intervenire efficacemente nelle operazioni, ovvero quando lo spartano Mnasippo è già stato sconfitto e ucciso. Ma anche sulla fine di questa spedizione spartana, le due versioni sono in parte divergenti: Senofonte infatti a questo punto si dilunga sulla narrazione delle imprese di Mnasippo, accompagnato anche da un contingente di 1500 mercenari, un fatto inconsueto, evidentemente, che segnala l’importanza della spedizione. Tra queste operazioni si potrebbe avanzare l’ipotesi che si collochi anche un attacco notturno, narrato da Polieno116, che vede coinvolto un comandante spartano chiamato Mnasippida, che finora non è mai stato identificato; trattandosi di uno stratagemma inserito tra quelli di una serie di comandanti

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STYLIANOU 1998, 355, evidenzia come questo sia un procedimento normale per lo storico, che comincia la narrazione di un evento sotto l’anno corretto e poi spesso la continua e la finisce, anche se in realtà l’anno è cambiato. 113 Xenoph. Hell. VI, 2, 7. Già CAWKWELL (1963, 84 sg.) pensava che le ostilità non fossero riprese che nell’autunno 373, basandosi su alcuni indizi del Plataico isocrateo (ibidem 86, per un assedio invernale a Corcira da parte di Mnasippo). Segue invece la collocazione senofontea BUCKLER 2003, 263. 114 Timoteo, infatti, deve aver tardato nel portare a destinazione fino a Corcira la spedizione, non perché si sia recato in Tracia (Diod. XV, 47, 2) né solo nelle isole (Xenoph. Hell. VI, 2, 11-13), ma probabilmente per un terzo motivo ancora: egli potrebbe essere stato costretto a fermarsi nel Peloponneso per mancanza di fondi e per cercare di risolvere i problemi degli alleati lì messi in difficoltà dagli Spartani (come ci racconta ps.-Demosth. C. Timoth. [XLIX], 13-15). Cfr. BIANCO 2007, 30 sg., 98 sg. 115 Più convincente qui è accogliere la versione di Xenoph. Hell. VI, 2, 13-14; 27 sg., piuttosto che quella di Diod. XV, 47, 7, che ipotizza un comando congiunto TimoteoIficrate. Cfr. BIANCO 2007, 29. 116 Polyaen. II, 23; anche la collocazione cronologica è coerente, dal momento che si trova tra gli stratagemmi riferiti a Iscolao (generale spartano in attività tra 376 e 369) e Antalcida (il navarco di cui abbiamo detto).

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spartani coevi e considerato l’uso di una diversa lezione del nome da parte di Polieno poco prima per Farace-Faracida, si potrebbe provare a ipotizzare che accada lo stesso con Mnasippo-Mnasippida. Costui, attaccato di sorpresa dai nemici, in quella che ha tutto l’aspetto di una sortita (e che quindi potrebbe essere coerente con il blocco che Corcira sta subendo in questa fase), riesce, fingendo di avere molti più uomini di quelli che aveva in realtà in quel momento, a farli ritirare in fretta. Le razzie comunque di questa fase procurano agli Spartani ingenti quantitativi di schiavi e bestiame, ma con il prolungarsi dell’assedio il navarco comincia a sentirsi troppo sicuro della vittoria e ad assumere un atteggiamento diverso117 nei confronti dei mercenari: alcuni vengono licenziati e altri non pagati, anche se non per problemi di mancanza di fondi. Vedendo quindi le postazioni nemiche meno agguerrite, i Corciresi decidono di compiere una sortita che provoca l’uccisione o la cattura di molti mercenari; Mnasippo reagisce dando l’ordine di schierare tutte le truppe, ma il malcontento degli uomini emerge e non li fa combattere come dovrebbero. Nonostante quindi il grande impegno del navarco e dei Lacedemoni, essi vengono accerchiati e sconfitti; Mnasippo viene ucciso e l’accampamento sta quasi per essere conquistato, quando i Corciresi si ritirano per timore di incappare in una sconfitta (Xenoph. Hell. VI, 2, 23). Allora Ipermene, definito l’epistoliaphoros (un probabile sinonimo di epistoleus, ma del tutto inconsueto118) di Mnasippo, equipaggia tutta la flotta che riesce a radunare, su cui ammassa un po’ di bottino e di prigionieri e li spedisce via, restando sul posto con la fanteria. Poi, approfittando della confusione generale, dopo poco si allontana pure lui, abbandonando sul campo ancora molto bottino, oltre che soldati feriti, nel timore che stia arrivando l’atteso Ificrate, che infatti arriva di lì a poco. Invece per Diodoro, è il primo contingente ateniese guidato da Ctesicle che riesce ad attaccare di sorpresa gli assedianti e a uccidere in una grande battaglia Mnasippo e molti altri; quando poi arriva la successiva e più poderosa spedizione ateniese, ormai la guerra è quasi finita e non restano da compiere azioni degne di nota (XV, 47, 5-7). Anche in questo caso credo che il racconto di Diodoro, che attribuisce il merito della vittoria sugli Spartani al primo contingente ateniese, possa essere più attendibile, per quanto sia più esteso il racconto di Senofonte, che ci forni-

117 Cfr. Xenoph. Hell. VI, 2, 16, per questa singolare evidenza data alla novità dell’atteggiamento del navarco. 118 Xenoph. Hell. VI, 2, 25, usa questo hapax, ma il senso dell’incarico (occuparsi della flotta dopo la morte improvvisa del navarco) lo rende indubbiamente assimilabile all’epistoleus: vd. anche BLOEDOW 2000, 19.

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sce comunque molti dettagli interessanti, ma omette, come in molti altri casi, l’elogio al comandante ateniese, preferendo non citarne il ruolo. Siamo così arrivati probabilmente alla primavera del 372 e con la morte di Mnasippo (per altro in una battaglia terrestre e non a seguito di una drastica sconfitta navale) esce di scena l’ultimo comandante spartano che le fonti registrano con il nome di navarco, ma sembra impossibile credere che improvvisamente sia scomparsa la flotta e si sia estinta la carica stessa. Cambia però il quadro generale della politica spartana: di lì a poco l’avvio delle trattative di pace dimostra che Atene e Sparta si sono rese conto dell’inutilità del protrarsi del loro conflitto e si decidono per un ulteriore rinnovo della pace comune nell’estate del 371119. L’accordo è molto importante perché si tratta di una ridefinizione dell’equilibrio greco, deciso questa volta dalle stesse poleis e non dettato dal Re persiano come in precedenza120. Ma a questa nuova intesa Tebe rifiuta di dare la sua adesione, a meno che non venga riconosciuta la sua egemonia sulla Beozia. Al rifiuto spartano segue immediatamente una spedizione del re Cleombroto, volta a imporre con la forza la rinuncia alle pretese tebane, ma lo scontro che ne scaturisce nella piana di Leuttra non ha le conseguenze sperate121. L’esercito spartano viene infatti sbaragliato, provocando la perdita di quattrocento spartiati, oltre allo stesso re, e aprendo una gravissima crisi per la città che vede definitivamente minate le basi della sua egemonia122. Con la successiva pace infatti gli Spartani si impegnano a lasciare autonome le città, a ritirare gli armosti dalle città e a licenziare gli eserciti di terra e la flotta123; dobbiamo quindi pensare che le drammatiche conseguenze della sconfitta di Leuttra nel 371 si siano fatte sentire anche a livello navale e che la carica di navarco o non sia più uscita dall’ambito locale o non sia più del tutto stata rinnovata. Le fonti non ci aiutano a chiarirne il destino, dal momento che a

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Xenoph. Hell. VI, 3, 2-20; Diod. XV, 50, 4; Plut. Ages. 27; cfr. RYDER 1963, 237241; GRAY 1980, 306-326; BEARZOT 2003, 70 sg. 120 Per un’analisi molto approfondita di questa pace e delle novità giuridiche che vi si possono trovare, cfr. ALONSO TRONCOSO 2003, 353 sg., che però la data all’autunno. 121 Xenoph. Hell. VI, 4, 4-16; Diod. XV, 53-56; Plut. Ages. 28; Pelop. 20-23; cfr. BUCKLER 1980, 55-69; TUPLIN 1987, 77 sg. 122 Per i problemi di oliganthropia a Sparta, Aristot. Pol. 1270 a 33-35. Per le conseguenze economiche, politiche e sociali patite dalla città di Sparta, Xenoph. Hell. VI, 2, 2; Plut. Ages. 29-30; cfr. RICE 1971, 138 sg.; HAMILTON 1991, 199 sg.; HODKINSON 1993, 148 sg.; GIRAUD 2000, 85 sg. (87 per uno status quaestionis sulle cause della sconfitta spartana secondo gli studiosi moderni); LANDUCCI 2004, 161 sg.; ROCHE 2013. 123 Xenoph. Hell. VI, 3, 18: ἐψηφίσαντο καὶ οἱ Λακεδαιμόνιοι δέχεσθαι τὴν εἰρήνην, ἐφ᾽ ᾧ τούς τε ἁρμοστὰς ἐκ τῶν πόλεων ἐξάγειν, τά τε στρατόπεδα διαλύειν καὶ τὰ ναυτικὰ καὶ τὰ πεζικά, τάς τε πόλεις αὐτονόμους ἐᾶν.

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fronte di un Aristotele che cita ancora nella Politica l’importanza della navarchia, c’è il completo silenzio su questa carica all’interno della Lakedaimonion Politeia attribuita a Senofonte e anche nel resto delle Elleniche124. Alla scomparsa del senso tecnico si affianca invece la sopravvivenza più a lungo del termine in generale, che continua a essere riferito ai comandanti navali dei Diadochi, dei Romani e di ogni altra area125, come confermano anche le epigrafi, prevalentemente di età ellenistica e diffuse in tutto il mondo greco, completamente sganciate dall’uso tecnico spartano126. Se dunque non possiamo conoscere il destino dei comandanti spartani con certezza, possiamo invece affermare che, per quanto esistano ancora attestazioni di attività sporadiche sul mare, la parabola dei navarchi e del potere navale spartano trova qui la sua vera fine.

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Aristot. Pol. 1271 a 40, sembra infatti attestare l’esistenza della navarchia ancora nella seconda metà avanzata del IV secolo, quindi forse è possibile che sia continuata nel tempo, ma senza lasciare tracce significative. In senso opposto va invece la situazione descritta da Senofonte per il 369 (Hell. VI, 1, 12-14), in cui citando una spedizione congiunta navale ateniese-spartana, a comando alternato ogni 5 giorni, si nominano trierarchi spartani ed epibati, ma non navarchi. Per un’analisi della marineria spartana dal 372 al 146 a.C. si veda PARETI 1961, 110-118; scettico sulla sopravvivenza di questa carica quando non c’è più flotta né egemonia a Sparta è THOMMEN 2003, 166 e 2015, 314. 125 Cfr. ad es. Diod. XVIII, 15, 8-9; XIX, 64, 5; 68, 4; 87, 1, ecc.; Plut. Timol. 19, 1; Cato 54, 7; Luc. 11, 7; Praec. Reip. 823 B, ecc.; Polyaen. IV, 6, 8-9; V, 18, 1; 27, 1 ecc., oltre alle molte attestazioni di Appiano (Lyb. 519, 543, ecc.). Per un’analisi di nauarchos e nauarchia in altre regioni e dopo Alessandro cfr. soprattutto KIESSLING 1936, 1892 sg. 126 Come abbiamo visto nell’introduzione, le 172 attestazioni sparse in ogni area non sono riferibili ai navarchi spartani, neppure quelle del Peloponneso.

Conclusioni

Dopo questa presentazione analitica, e contemporaneamente sintetica, delle figure dei navarchi spartani possiamo ora provare a delineare qualche conclusione più generale. La prima e più immediata constatazione è che l’analisi delle occorrenze del termine navarchi porta chiaramente a una doppia accezione: può essere usato in senso generico, per connotare comandanti navali di qualunque provenienza (come è evidente in particolare in molti dei passi citati di Diodoro), oppure può essere un termine più specifico riferibile a magistrati spartani (l’unico senso presente in Tucidide). In questo senso più tecnico abbiamo un numero molto minore di attestazioni e concentrate quasi esclusivamente tra il 430 e il 373, proprio nel periodo in cui è maggiormente attestato un impegno navale da parte di Sparta. Sopravvive più a lungo invece il termine in generale, che continua a essere riferito a comandanti navali di tutte le aree geografiche del mondo greco, con una significativa espansione in età ellenistica, attestata anche epigraficamente. La maggiore frequenza dell’accezione generica e la compresenza di entrambi i significati in molte fonti (come ad esempio in Senofonte o Plutarco), che spesso rende difficile definire precisamente il senso della menzione, non significano però a mio parere che non si debba considerare esistente una magistratura navale a Sparta. Per quanto probabilmente non facesse parte delle istituzioni originarie dell’ordinamento spartano, troppe sono le attestazioni di un incarico con caratteristiche ricorrenti e con una regolarità temporale. Molto più semplice è la soluzione di chi cerca di sciogliere questi magistrati da un vincolo annuale e di considerarli nominati ‘a prestazione’ (solo quando c’era bisogno, anche più di uno, in qualunque tempo dell’anno), ma questa ipotesi si scontra con molte precise attestazioni che non si possono ignorare. Sicuramente però le molte lacune nelle fonti alimentano difficoltà e dubbi soprattutto cronologici e bisogna accettare che non tutto torni, ma questo non ci esime dal provare a rintracciare alcune linee guida. Il carattere regolare di un incarico ufficiale è più volte attestato dalle fonti, che citano avvicendamenti dovuti alla scadenza del navarco (ad esempio tra Astioco e Mindaro o tra Teleutia e Ierace), o casi in cui questo era ‘ancora’ navarco (come nel caso di Cnemo) o fuori dal suo anno ormai scaduto (ad esempio nel passaggio tra Cratesippida e Lisandro, o tra Lisandro e Callicra-

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Conclusioni

tida). Ma anche le Elleniche di Ossirinco collaborano a delineare una specie di sistema di datazione annuale tramite il riferimento alla nomina del navarco successore (diadochos), con il merito di trasmetterci alcuni nomi che sono altrimenti quasi sconosciuti (come ad esempio la sequenza Archelaida - Pollide Chiricrate tra 397 e 395); in questa opera ricorre inoltre un riferimento interessante al proteron nauarchos (Farace; 10, 2 Chambers) che continuava le operazioni, pur chiaramente fuori dal suo incarico. Questo uso del termine diadochos, molto esplicito nell’indicare una successione, è attestato anche da Tucidide, che ad esempio cita l’arrivo di Mindaro come il διάδοχος che παραλαμβάνει τὴν ἀρχήν al posto di Astioco (Thuc. VIII, 85, 1). L’esistenza di una sorta di formulario comune in questi passaggi, anche ad esempio con il verbo paralambanein o analambanein (più volte ricorrenti anche in Senofonte e Diodoro) a indicare la presa in carico del comando della flotta, porta chiaramente in direzione di un avvicendamento di una magistratura ufficiale, indicata per di più con il termine tecnico di arche, arrivata a scadenza naturale. Dunque, anche se in alcuni casi si potevano verificare dei prolungamenti straordinari dell’incarico, dovuti forse a situazioni contingenti che richiedevano tempo aggiuntivo per la conclusione delle operazioni, questo non mi sembra inficiare la regolarità della carica. Questa caratteristica comporta probabilmente l’esistenza di navarchi anche quando non abbiamo riferimenti precisi nelle principali fonti storiografiche su questo periodo; questo a mio parere non significa che in alcuni anni non ci siano state nomine di navarchi, ma più probabilmente che questi magistrati non abbiano compiuto operazioni degne di essere ricordate. Senofonte ci attesta esplicitamente la volontà di ricordare solo le principali e si può delineare chiaramente un suo maggiore interesse per le spedizioni via terra che per quelle via mare; dunque non ci deve stupire che abbia tagliato riferimenti a personaggi da lui considerati secondari. Questo taglio ancora meno ci deve preoccupare in Diodoro, che inevitabilmente, visto il carattere universale della sua opera, doveva selezionare il materiale; in ogni modo, nonostante le molte critiche che spesso gli si muovono, a onor del vero bisogna ammettere che spesso la sua selezione sui navarchi e sulle loro operazioni non è affatto negativa. Inoltre esistono attestazioni esplicite che la carica è attribuita a priori e che il navarco viene poi destinato ai diversi incarichi che emergono durante la sua magistratura, senza essere scelto solo quando si verifica una necessità. Questo è evidente ad esempio nell’osservazione di Senofonte (Hell. III, 1, 1) secondo cui, quando Ciro chiede l’aiuto spartano per prendere il trono, gli efori ordinano a Samio che è il navarco di quel momento (τῷ τότε ναυάρχῳ) di mettersi a disposizione del Persiano. Il principale problema, una volta ritenuta credibile la regolarità della magistratura, riguarda però la durata e soprattutto il tempo della nomina: la durata pare annuale nella maggior parte dei casi attestati e dunque si ritiene questa

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l’ipotesi più attendibile, non essendo probabile che una carica potesse avere tempistiche diverse senza un criterio individuabile. È invece più difficile definire il momento della nomina, dal momento che la partenza dei navarchi per le spedizioni pare avvenire in qualunque stagione dell’anno. Questo non significa però a mio parere che la nomina a navarco debba essere contestuale e quindi avvenire in qualunque tempo dell’anno: in molti casi è evidente che la partenza necessita di un lungo tempo di preparazione di una flotta (come ad esempio nel caso di Alcida), o viceversa in molti casi di avvicendamento, quando il nuovo navarco trova tutto già allestito, è comprensibile che la partenza sia avvenuta in un tempo più ravvicinato alla nomina (come ad esempio per Astioco). Ritengo quindi che la soluzione più sostenibile sia che la nomina avvenisse con regolarità in un certo momento dell’anno e che questa potesse essere poi seguita o da una subitanea partenza o da una partenza ritardata, a seconda della situazione e delle necessità. E il momento più coerente con le attestazioni per la nomina del nuovo navarco mi sembra essere l’autunno: questo pare infatti del tutto compatibile anche con il calendario spartano che prevedeva probabilmente l’inizio dell’anno in collegamento con l’equinozio d’autunno, anziché con il solstizio d’estate come per Atene, e con la nomina di altre magistrature, quali gli efori. Inoltre mi pare anche dimostrabile grazie alle attività iniziali cui si dedicano spesso i navarchi, di assestamento della flotta e dei rapporti diplomatici, molto più adatte all’autunno-inverno che alla primavera-estate (come ad esempio all’inizio dell’incarico di Lisandro e di Callicratida). Questo scarto tra il calendario dorico e quello attico alimenta però ulteriormente le difficoltà nella ricostruzione della cronologia dei vari navarchi, su cui si è provato a delineare un quadro il più possibile coerente, ma spesso solo ipotetico. La presa di servizio autunnale era già l’interpretazione corrente dai tempi di Beloch, ma dopo una revisione operata da Sealey ha preso piede l’opinione che i navarchi, forse dal tempo della battaglia di Cizico nel 410, dovessero arrivare all’inizio della stagione di guerra in primavera, ipotesi che in realtà non mi sembra convincente; anche se la spedizione poteva poi partire in primavera, come in alcuni casi ma minoritari, la nomina poteva risalire comunque a un tempo precedente, anche se non sempre seguita da un’immediata partenza. Anzi, sembra che si possa evincere addirittura che non necessariamente il navarco dovesse imbarcarsi e guidare la flotta, che invece poteva essere guidata anche da altri comandanti che non avevano l’incarico di navarco (come ad esempio al tempo del navarco Melancrida, al cui posto parte Calcideo). Questo potrebbe anche giustificare il fatto che sono molti gli anni in cui il navarco resta oscuro; evidentemente se non prendeva parte a importanti spedizioni non veniva ricordato, ma ciò non significa che non esistesse, poteva essere solo un magistrato che restava ignoto come la maggior parte degli altri del mondo spartano.

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Sono attestati infatti spesso contemporaneamente ai navarchi molti altri archontes con grandi poteri e incaricati di spedizioni perfino più importanti (come ad esempio nel caso di Agesandrida rispetto al navarco Mindaro). Di Terimene ad esempio Tucidide specifica bene che non era navarco (VIII, 29, 2), ma il comandante che doveva portare le navi ad Astioco: si delinea dunque una precisa differenza tra chi ha il ruolo ufficiale di navarco e chi ha un semplice comando, pur nella normalità di una situazione in cui c’è un navarco con il comando generale, ma parti della flotta sono affidate a singoli comandanti. In molti casi sembra però difficile definire la differenza dei poteri di un archon da quelli di un navarco: forse quelli di un archon non sono a scadenza né incompatibili con la presenza di un navarco, perché ad esempio Calcideo continua a operare anche quando arriva il nuovo navarco Astioco. Anche la doppia denominazione presente in Tucidide a proposito del ruolo di Alcida, archon e nauarchos, è significativa: l’esplicita indicazione che il navarco Alcida doveva imbarcarsi come archon fa supporre, infatti, che non fosse scontato che il navarco dovesse essere anche sempre il comandante operativo della flotta e, a maggior conferma, poco dopo Tucidide ripete che il navarco era stato incaricato di essere l’archon di questa flotta (III, 16, 3; 26, 1). Viceversa, in varie occasioni i comandanti della flotta non sono navarchi, ma semplici archontes, dunque credo che si possa evincere che non necessariamente il navarco doveva imbarcarsi e guidare la flotta, che invece poteva essere guidata anche da altri che non rivestivano la magistratura ufficiale della navarchia. Non ci sono invece esempi sicuri di una pluralità di navarchi contemporaneamente: il caso più sospetto (quello di Chiricrate e Pisandro nel 395/4) trova una spiegazione molto più semplice nell’esistenza di un navarco effettivo (Chiricrate), cui gli Spartani affiancano una seconda flotta per operare in una zona diversa in un momento di particolare impegno bellico, sotto un comandante (Pisandro) definito impropriamente navarco e solo da alcune fonti. Questo è evidente anche dalla modalità di nomina, che non è coerente con tutte le altre, perché non affidata alla città, come attestato di solito, ma alla volontà del re Agesilao: e in questo caso la sua scelta del cognato Pisandro si rivela un grave errore, perché la decisione ‘nepotistica’ a favore di un uomo a lui fedele, ma inesperto, porta alla drammatica sconfitta di Cnido, che infligge il primo durissimo colpo all’egemonia navale spartana. La nomina da parte dell’assemblea o degli efori (non ci sono attestazioni sufficientemente chiare per scegliere in via definitiva, anche se mi sembra leggermente prevalente il collegamento con la città in generale e dunque forse con l’assemblea) fa sì che il navarco probabilmente dovesse poi rendere conto del suo operato, una volta scaduto il suo mandato. Non sono attestati esplicitamente processi a navarchi, ma ad esempio Astioco e Pasippida sono sottomessi in qualche modo a giudizio: Pasippida, nell’unico caso soggetto a conseguenze

Conclusioni

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per un’accusa di sospetta corruzione, si reca in esilio, non si sa se inflitto dalla città o volontario; nel caso di Astioco, gli efori perfino durante il suo incarico ne valutano l’eventuale destituzione, ma poi non procedono a una condanna. In tempi più antichi invece, ovvero al tempo delle guerre persiane, quando anche Euribiade e Leotichida vengono per primi definiti navarchi, la nomina era forse legata ai re e a loro incaricati, ma dal tempo della guerra del Peloponneso, quando la carica ritorna citata e con caratteristiche più specifiche, non c’è più collegamento. Aristotele anzi ci ventila una possibile opposizione tra re e navarchi (Pol. 1271 a 40), affermando che la navarchia era un incarico così potente da costituire quasi un altro potere regale, ma in realtà questa posizione non pare proprio sostenuta dall’analisi dei vari navarchi, a meno che nel caso di Lisandro, il che ci porta a pensare che in realtà al tempo della Politica la figura del navarco non esistesse davvero più e fosse ormai travisata. Non sempre infatti il loro potere risulta lo stesso: Alcida ad esempio riceve ambascerie e obbliga gli altri comandanti a seguire i suoi ordini, per cui mostra di godere di maggiore autorità di chiunque altro, ma ad esempio l’armosta di Chio Pedarito rifiuta di seguire un ordine del navarco Astioco, senza conseguenze. In altri casi inoltre non è il navarco ad occuparsi delle operazioni principali o di alcune trattative: ad esempio in occasione dei trattati con la Persia del 412, pur essendoci nell’area un navarco, non è questo ad occuparsene, ma sono altri archontes. Viene dunque inevitabile chiedersi come mai non sia stato il navarco a stipulare un patto così importante; certo è difficile dare una risposta a questa domanda, ma sicuramente alimenta dei dubbi sull’effettivo potere dei navarchi, cui ad esempio non sembrano sottoposti gli armosti. Forse infatti non è poi così grande come tendiamo a ritenere, influenzati dal ruolo avuto da Lisandro, che è per noi il navarco per antonomasia, ma che potrebbe invece avere costituito un caso speciale. I compiti del navarco sono comunque molto vari: occuparsi della disciplina dei suoi uomini (e punirli se necessario), organizzare il loro sostentamento e soldo, trattare con gli alleati vecchi e nuovi, concludere trattative e tregue, dare disposizioni sui luoghi soggetti a Sparta in cui si reca, occuparsi del bottino e anche combattere via terra, dove spesso si trasferisce. Sono quindi compiti tipici di un comandante in senso generale, non esclusivamente vincolato alla flotta, ma declinati in modo molto diverso a seconda dei singoli personaggi. In alcuni casi in cui il navarco non pare svolgere con il debito impegno il proprio incarico o si trova in difficoltà (come ad esempio per Cnemo, Alcida, Astioco), gli efori possono mandargli dei consiglieri (symbouloi), il cui potere non è del tutto chiaro: ad esempio nel caso dell’invio ad Alcida di Brasida, che lo esorta ad attaccare senza però convincerlo, risulta evidente che in definitiva il symboulos non ha autorità sul navarco, né parità di voto, sicché le operazioni si svolgono secondo le modalità imposte da Alcida. In altri casi invece i symbouloi hanno il potere perfino di valutare la destituzione del navarco, come nel

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caso di Astioco, anche se poi non si verifica il caso. Non pare quindi definibile con certezza il loro potere, ma nel complesso sembra più attendibile che avessero più che altro compiti di sostegno, come i consiglieri che vengono inviati ai re quando ci sono dei problemi e che al tempo di Agesilao sembrano perfino costituire un collegio regolare. I navarchi godono del sostegno anche di un segretario, l’epistoleus, che probabilmente ha il compito di tenere i rapporti con la madrepatria, ma che sembra anche fungere da comandante in seconda, con il potere di gestire la flotta soprattutto in caso di morte improvvisa del navarco (come ad esempio Ippocrate alla morte di Mindaro o Ipermene a quella di Mnasippo). Non vi sono invece casi espliciti che autorizzino ad affermare che diventassero navarchi al loro posto. Va notato inoltre che anche questo incarico pare sottomesso a una legge di alternanza, chiaramente attestata in alcuni casi, come ad esempio quando il navarco Ierace con epistoleus Gorgopa viene sostituito dal navarco Antalcida con epistoleus Nicoloco. La regolarità della magistratura trova così un’ulteriore conferma. Esiste inoltre una figura difficile da definire che sembra avere compiti di comando all’interno della flotta, l’epibates, che forse va considerato il luogotenente dell’archon di una spedizione navale, non necessariamente di un navarco; ma il termine, che molto spesso è usato per indicare il semplice marinaio, è davvero poco chiaro sulle competenze di questo incarico. Gli uomini scelti per la navarchia, che molto spesso sono chiaramente definiti Spartiati dalle fonti (il che rende improbabile a mio parere l’attendibilità dell’accusa rivolta a Lisandro e Callicratida di essere motaci), continuavano di frequente la carriera politica, rivestendo altre cariche di spicco e non solo in campo militare, ma anche diplomatico: sono attestati infatti in qualità di efori (es. Araco), armosti (es. Anassibio, Lisandro, Teleutia), ambasciatori (es. Farace). Resta un’ultima questione su cui gli studiosi hanno a lungo discusso e che tuttora non ha una chiara soluzione, ovvero se la carica sia iterabile o no: le fonti infatti ci attestano l’esistenza di una legge volta a proibire l’iterazione della carica e che porta ad esempio alla nomina di Araco come navarco ufficiale nel 406/5 e di Lisandro come suo epistoleus, affidando in realtà il comando effettivo a questo. In realtà però, soprattutto più avanti, nei casi di Pollide e Teleutia, questa iterazione è fortemente ipotizzabile: secondo alcuni studiosi tale legge sarebbe stata istituita dopo la battaglia di Cizico e quindi prima del 410 non sarebbe stata in vigore e poi nel IV secolo non sarebbe più stata davvero rispettata, forse considerando la sua scarsa funzionalità. La situazione spartana dopo la battaglia di Cizico in effetti è tanto compromessa che spesso questa battaglia fa da spartiacque per collocare alcune riforme non solo quali la proibizione della iterazione, ma anche ad esempio il passaggio a una nomina primaverile dei navarchi. La nomina primaverile è secondo me da escludere in base all’analisi delle attestazioni, mentre l’ipotesi della proibizione

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di iterazione è più legittima, ma non comprovabile in alcun modo in collegamento con la sconfitta di Cizico. Ci si chiede infatti perché gli Spartani debbano volere evitare una degenerazione in senso troppo personalistico e imperialistico proprio nel momento in cui il navarco è morto e l’attività della flotta è in grande crisi, mentre potrebbe avere più senso al limite in un momento successivo. Se vogliamo trovare un contesto a questa legge che non sia dalle origini, meglio infatti sarebbe ipotizzare che sia una riforma in ottica antilisandrea, il che potrebbe anche giustificare l’assoluta ostilità che mostra Lisandro quando viene sostituito da Callicratida nel 407/6. Forse si aspettava di essere rinnovato grazie ai suoi successi, ma l’inserimento di questa legge, mirante proprio a limitare il suo potere crescente, glielo impedisce e di qui la sua reazione (poco motivata, se avesse saputo fin dall’inizio di non potere restare al comando). Siamo comunque nel campo delle pure speculazioni, non c’è alcun collegamento esplicito tra Lisandro e questa legge, che pare in realtà perfettamente compatibile col timore che gli Spartani avevano dei poteri personali eccessivi, ma se non altro mi sembra che questo contesto storico potrebbe essere più coerente che quello successivo alla battaglia di Cizico. Quanto alle origini di questa magistratura, oltre a evidenziare l’importanza che Sparta avesse un incarico di questo genere, che non era istituzionalizzato neppure ad Atene, esse sono imprecisate e impossibili da definire con sicurezza, anche se l’apertura della guerra del Peloponneso potrebbe essere un momento opportuno. Infatti il bilancio sulla fase archidamica, per quanto ci siano notizie non sempre precise e dettagliate (anche Tucidide sembra infatti sottolineare soprattutto la strategia spartana per via di terra), sembra consentire di affermare che comunque da subito gli Spartani mostrano una precisa volontà di condurre una guerra anche per via navale. Quindi per far fronte a questa esigenza potrebbero avere recuperato un incarico che al tempo delle guerre persiane era sorto in modo non regolare e averlo strutturato in maniera precisa. Ma è soprattutto nella fase ionica della guerra che i navarchi assumono un ruolo importante e un potere sempre crescente, finché forse al tempo di Lisandro la polis sente la necessità di cercare di ridimensionarlo. I navarchi restano delle figure di riferimento per tutto il periodo della egemonia spartana e soprattutto al tempo della guerra in Asia, collaborando con i comandanti di terra inviati in zona, cui sembrano comunque sottoposti (come ad esempio Farace con Dercillida). Si alternano però nomi poco noti (come Polo o Ecdico) a grandi protagonisti come Teleutia (il fratello di Agesilao, che collabora con lui in molti successi) e soprattutto Antalcida, che ottiene la vittoria nella guerra di Corinto e la pace con la Persia nel 387/6. Questo rende evidente che non è l’incarico a rendere importante il personaggio, ma che a seconda delle capacità e dei risultati di ciascuno il navarco lascia molte o poche tracce di sé e gode di un potere maggiore o minore.

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Inoltre l’uso non sempre tecnico del titolo di navarco nelle fonti potrebbe essere causa dell’assenza della registrazione di alcuni nomi che potrebbero invece essere ipotizzabili. Ad esempio si potrebbero forse considerare navarchi durante una lacuna degli anni ’70 due personaggi citati solo come comandanti, ovvero Aristocrate (che, nella nostra ricostruzione, interviene a Zacinto forse nella primavera-estate del 374, e potrebbe essere il navarco del 375/4) e Alcida (che interviene a Corcira forse nell’autunno del 374 e potrebbe essere quello del 374/3). Le spedizioni guidate da costoro per fronteggiare le operazioni ateniesi a Zacinto e Corcira impegnano seriamente la flotta spartana, come si vede dal numero di navi coinvolte, che non è certo al livello di altre, ma comunque piuttosto importante, e con buona probabilità dovevano coinvolgere i navarchi. Dopo la sconfitta di Pollide a Nasso nel 376 l’egemonia spartana sul mare è infatti gravemente compromessa, ma non è ancora del tutto scomparsa ed è chiara la volontà di ‘tenersi stretto’ il mare (ἀντέχεσθαι τῆς θαλάττης), secondo la suggestiva espressione di Diodoro, che rivela chiaramente le difficoltà spartane nel farlo (es. XV, 46, 1). L’asse però si è ormai spostato verso Occidente, come dimostrano anche le operazioni di Nicoloco nella zona di Leucade nel 375 e di Mnasippo a Corcira nel 373. Senza ulteriori sconfitte navali eclatanti, dalla fine degli anni ’70, quando Sparta perde anche l’egemonia sulla terra, anche i navarchi silenziosamente escono di scena, dal momento che non vengono mai più citati dalle fonti sopravvissute. Difficile dire se questo significhi che non sono più necessari e quindi neppure più nominati, oppure se semplicemente siano rientrati nell’ombra come moltissime altre figure di Sparta. Innegabile però pare il loro ruolo nella storia di questo periodo e questa parabola del loro potere, che sale e scende in parallelo con quella della egemonia navale spartana.

Appendice

La placca in avorio presentata in copertina merita un breve approfondimento a causa della sua straordinarietà: si tratta infatti di una raffigurazione del tutto unica, tra quelle giunte fino a noi, di una nave da guerra spartana su una placca votiva trovata nel santuario di Artemide Orthia a Sparta. Scoperta nel 1907 nel livello più alto all’angolo SE del tempio, è la più grande ed elaborata placca tra le centinaia rinvenute ed è databile tra le più recenti trovate in questa sede (forse verso la fine del VII secolo a.C.). Misura 24 cm x 11 cm e nel bordo semicircolare presenta 12 (e un tredicesimo è perduto nell’angolo superiore sinistro) piccoli cerchi di 0,8 cm di diametro, che probabilmente contenevano degli inserti di ambra1.

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Cfr. DAWKINS 1929, 214-215, per l’analisi dettagliata di questo prezioso reperto; anche il disegno della placca proviene da quest’opera, tav. CX.

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Appendice

Come si può meglio vedere nel disegno qui riportato, la placca presenta una nave da guerra in rilievo, sotto la quale si trovano tre grandi pesci; la nave sembra sul punto di salpare e trasporta alcuni soldati con le lance (se ne vedono tre, uno dei quali porta anche un elmetto piumato) e con cinque scudi decorati da disegni geometrici (forse appesi al ponte della nave), mentre un personaggio barbuto saluta con affetto una donna a riva. Sono presenti anche dei marinai, tre impegnati con la vela e due a prua, uno che tiene alla lenza un pesce appena pescato e uno accucciato; a poppa si vede probabilmente il volto del timoniere rivolto verso i soldati2. Si può ipotizzare che il personaggio in evidenza in piedi sia il comandante della nave e che questa placca sia un ex voto di ringraziamento per il suo ritorno sano e salvo, come dimostra anche la scritta retrograda sulla nave (ϝορθαία), riferibile alla dea cui è dedicato il tempio. Oltre all’interesse artistico di questa placca, ci sembra opportuno evidenziare l’importanza dell’attestazione del motivo della nave da guerra in età così arcaica, nonché la straordinaria esistenza a Sparta di una scuola di incisori su avorio (tipica di altri centri orientali), segno probabile di rapporti con Samo, da cui forse proveniva l’avorio3. In ogni modo essa attesta esplicitamente i legami di Sparta con il mare e l’esistenza di navi da guerra fin dall’età più arcaica e per questo, in assenza anche di altre rappresentazioni di età classica, l’ho scelta come immagine emblematica.

2 PRIDEMORE 1995, 161, evidenzia anche gli errori di prospettiva e la scarsa accuratezza nel disegno della nave, che comunque pare molto pregevole nel suo insieme. 3 Per i rapporti con Samo, i raffronti con i modelli siriani e l’analisi delle loro influenze e delle peculiarità spartane cfr. CARTER 1985, 151 sg.

Indice delle fonti citate

AELIANUS Varia Historia XII, 43: 66 n. 168 XIV, 39: 121 n. 62 AENEAS TACTICUS Poliorcetica 31: 3 n. 8 AESCHINES De falsa legatione [II] 78: 100 In Ctesiphontem [III] 222: 126 n. 85 243: 126 n. 85 AESCHYLUS Coephorae 722: 3 n. 6 ANDROTION FGrHist 324 F 18: 95 n. 53 APPIANUS Lybica 519: 136 n. 125 543: 136 n. 125 ARISTIDES AELIUS Panathenaicus [I] (Behr) 241-242: 65 n. 167 243: 105 n. 91 280: 105 n. 91 313: 129 n. 97 Πρὸς Πλάτωνα ὑπὲρ τῶν τεττάρων [III] (Behr) 200: 74 n. 212 379-384: 100 n. 72

Scholia in Ael. Arist. 177, 20: 129 n. 97 232, 4: 100 n. 73 ARISTOPHANES Ploutos 174: 117 n. 40 Schol. ad Aristoph. Ran. 33: 68 n. 180 ARISTOTELES Athenaion politeia 23, 2: 8 n. 9 32-33: 38 n. 51 34, 1: 61 n. 148, 68 n. 180, 69 n. 186 34, 3: 77 n. 222 38, 1: 81 n. 2 61, 1: 3 n. 10 Politica 1270 a 33-35: 135 n. 122 1271 a 40: 2 n. 4, 136 n. 124, 141 ARRIANUS Anabasis III, 16, 6: 45 n. 84 ATHENAEUS Deipnosophistae 218 A: 68 n. 180 536 B: 97 n. 61 CICERO De officiis I, 84: 65 n. 167 I, 109: 60 n. 145 CTESIAS FGrHist 688 F 30: 94 n. 46

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Indice delle fonti citate

DEMOSTHENES περὶ συντάξεως [XIII] 22: 126 n. 85 De corona [XVIII] 73-74: 3 n. 8 78: 3 n. 8 184: 3 n. 8 De falsa legatione [XIX] 180: 122 n. 64 Adversus Leptinem [XX] 59-60: 113 n. 26 76-87: 126 n. 85 Adversus Androtionem [XXII] 72: 126 n. 85 In Aristocratem [XXIII] 198: 126 n. 85 In Timocratem [XXIV] 134: 122 n. 64 180: 126 n. 85 PS. DEMOSTHENES Contra Timotheum [XLIX] 6: 131 n. 109 13-15: 133 n. 114 48: 3 n. 8 50: 3 n. 8 53: 3 n. 8 DINARCHUS In Demosthenem [I] 75: 126 n. 85 DIODORUS SICULUS VII, 11: 7 n. 4 XI, 4, 2: 7 n. 1 XI, 13, 5: 3 n. 7 XI, 34, 2: 7 n. 1 XI, 44, 1: 8 n. 8 XI, 46, 5: 8 n. 8 XI, 50: 8 n. 10 XI, 59, 1: 7 n. 1 XI, 84, 6: 9 n. 12 XI, 88, 4: 3 n. 7 XII, 47, 4-5: 12 n. 24 XII, 48, 1-3: 12 n. 24 XII, 49: 14 n. 32 XII, 55, 6: 16 n. 37, 83 n. 10 XII, 61, 3: 22 n. 59 XII, 62, 1: 22 n. 59

XII, 79, 6: 90 n. 32 XIII, 7, 2 sg.: 22 n. 62 XIII, 34, 2-3: 26 n. 7 XIII, 36, 5: 40 XIII, 37, 5: 40 XIII, 38, 5: 40 e n. 60, 42 n. 67 XIII, 38, 6: 40 n. 60 XIII, 39, 1: 40 n. 60 XIII, 39, 4: 41 n. 60 XIII, 40: 41 nn. 60 e 64 XIII, 40, 5: 41 n. 65 XIII, 40, 6: 45 n. 81 XIII, 41, 1: 41 n. 66 XIII, 41, 3: 41 n. 66 XIII, 41, 3-42, 3: 42 n. 69 XIII, 45, 1: 3 n. 7, 42 n. 67 XIII, 45, 6: 42 n. 68 XIII, 45-46: 42 n. 71 XIII, 46, 3: 42 XIII, 46, 4: 42 n. 70 XIII, 46, 5: 8 n. 8, 38 n. 53 XIII, 47, 2: 43 n. 72 XIII, 49, 2: 43 n. 72 XIII, 49, 3: 43 n. 75 XIII, 49-51: 43 n. 75 XIII, 50, 2: 43 n. 75, 44 n. 78 XIII, 51, 5-6: 44 n. 79 XIII, 52, 2: 46 n. 87 XIII, 64, 1: 47 n. 89 XIII, 64, 4: 48 n. 97 XIII, 64, 5: 47 n. 91 XIII, 65, 3-4: 32 n. 27, 47 n. 91, 51 n. 105 XIII, 66: 48 n. 98 XIII, 66-67: 48 n. 97 XIII, 70, 1: 47 n. 91, 52 n. 108, 55 n. 123, 83 n. 10 XIII, 70, 2-4: 53 n. 114 XIII, 71, 1: 54 n. 119 XIII, 71, 2-4: 54 n. 118 XIII, 71, 4: 55 n. 120 XIII, 76: 66 n. 170 XIII, 76, 2: 55 n. 122, 56 n. 125, 57 n. 131, 66 n. 172 XIII, 76, 3: 63 n. 155 XIII, 76, 5: 62 n. 152 XIII, 78: 62 n. 153 XIII, 79: 62 n. 154 XIII, 97, 1: 64 n. 160

Indice delle fonti citate

XIII, 97, 3: 64 n. 161 XIII, 97, 5: 65 n. 165 XIII, 97, 6: 67 n. 176 XIII, 98 sg.: 64 n. 162, 66 n. 170 XIII, 98, 1: 65 n. 165 XIII, 98, 3: 67 n. 176 XIII, 98, 5: 67 n. 177 XIII, 99, 2: 67 n. 177 XIII, 99, 5: 64 n. 163 XIII, 100, 7-8: 69 n. 185 XIII, 100, 8: 4 n. 13, 12 n. 22, 69 n. 188 XIII, 101-103, 2: 67 n. 178 XIII, 104, 3: 83 n. 10 XIII, 104, 4: 71 n. 197 XIII, 104, 5 sg.: 71 n. 198 XIII, 104, 7: 71 n. 199 XIII, 104, 8: 72 nn. 200 e 201 XIII, 105-106: 72 n. 202 XIII, 106, 2: 55 n. 121 XIII, 106, 6: 72 n. 204 XIII, 106, 7: 72 n. 205 XIII, 106, 8: 75 n. 215, 76 n. 218 XIII, 106, 8-9: 77 n. 224 XIII, 107, 2: 76 n. 219 XIV, 3, 1: 76 n. 220 XIV, 3, 4-6: 77 n. 222 XIV, 10, 1: 75, 81 nn. 1 e 3 XIV, 12, 4: 82 n. 8 XIV, 13, 1: 81 n. 1 XIV, 13, 6: 82 n. 5 XIV, 19, 4-5: 84 XIV, 19, 5: 3 n. 7, 83 n. 10 XIV, 30, 3-4: 85 n. 16, 87 XIV, 33, 5: 81 n. 2 XIV, 33, 6: 82 n. 6 XIV, 39, 1: 3 n. 7, 89 n. 30 XIV, 54, 4: 3 n. 7 XIV, 59, 1: 3 n. 7 XIV, 60, 4: 3 n. 7 XIV, 63, 4: 92 n. 40, 96 n. 56 XIV, 70, 1: 92 n. 40, 96 n. 56, 97 XIV, 70, 3: 92 n. 40, 96 n. 56 XIV, 70, 4: 96 XIV, 72, 1: 92 n. 40, 96 n. 56 XIV, 79, 1: 92 n. 42 XIV, 79, 3: 94 n. 45 XIV, 79, 3-8: 94 n. 46 XIV, 79, 4-5: 92 e n. 39, 94

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XIV, 79, 6: 94 n. 47 XIV, 79, 7: 83 n. 10 XIV, 80: 102 n. 78 XIV, 80, 1: 96 XIV, 83, 4-7: 103 n. 83 XIV, 83, 5-7: 104 XIV, 84, 3-5: 105 n. 91, 108 n. 5 XIV, 85, 4: 112 n. 24 XIV, 94, 2: 115 XIV, 94, 2-4: 113 n. 26 XIV, 97, 1: 111 n. 16 XIV, 97, 3: 114 n. 28 XIV, 97, 4: 114 n. 30, 131 n. 108 XIV, 98: 115 n. 36 XIV, 99: 113 n. 25 XIV, 99, 1-3: 115 n. 32 XIV, 102, 2: 3 n. 7 XIV, 110, 2-4: 123 n. 67 XV, 1, 1-5: 81 n. 1 XV, 5: 123 n. 72 XV, 19 sg.: 123 n. 72 XV, 21, 1-2: 114 n. 29 XV, 23, 3: 124 n. 75 XV, 26-27: 124 n. 76 XV, 29, 5-7: 124 n. 78 XV, 30, 3-5: 125 n. 80 XV, 34, 3 sg.: 100 n. 72, 126 n. 87 XV, 36, 5: 128 n. 95 XV, 38, 1-4: 129 n. 99 XV, 45, 2-4: 130 n. 102 XV, 46, 1: 114 n. 31, 131 n. 107, 144 XV, 46, 4-6: 132 n. 110 XV, 46-47: 130 XV, 47, 1: 83 n. 10, 129 n. 98 XV, 47, 2: 131, 133 n. 114 XV, 47, 5-7: 134 XV, 47, 7: 133 n. 115 XV, 50, 4: 135 n. 119 XV, 50, 4-5: 129 n. 99 XV, 53-56: 135 n. 121 XVI, 16, 2: 3 n. 7 XVIII, 15, 8-9: 3 n. 7, 136 n. 125 XIX, 64, 5: 3 n. 7, 136 n. 125 XIX, 68, 4: 3 n. 7, 136 n. 125 XIX, 87, 1: 3 n. 7, 136 n. 125 DIOGENES LAERTIUS III, 19-20: 101 n. 74

150

Indice delle fonti citate

EPHORUS FGrHist 70 F 118: 81 n. 1

II2 20: 116 n. 36 21: 116 n. 38 34-35: 124 n. 77 40-42: 124 n. 77 43: 125 n. 79 44: 124 n. 77 104: 129 n. 96 2372: 3 n. 10 2396: 3 n. 10 3218: 3 n. 10 3299: 3 n. 10 3494: 3 n. 10 3774: 129 n. 97 4210: 3 n. 10 4553: 3 n. 10 8737: 3 n. 10 9023: 3 n. 10

EUSEBIUS Chronicon I, 225: 7 n. 4 FRONTINUS I, 4, 12: 97 n. 58 II, 1, 18: 72 n. 202 Hellenica Oxyrhynchia (Chambers) 5: 32 n. 27 8: 54 n. 118, 55 n. 121 9: 100 9, 2-3: 92 n. 39 10, 1-2: 95 nn. 51-52 10, 2: 91 n. 37, 103 n. 80, 138 11: 100 12: 99 n. 68 12, 2: 94 n. 47 14, 4-6: 102 n. 78 18: 96 n. 55 22: 101 n. 75 24: 103 n. 80 25, 4: 34 n. 38, 101 n. 76 HERODOTUS I, 69 sg.: 8 n. 5 III, 39 sg.: 8 n. 5 III, 55: 85 n. 15 IV, 147 sg.: 7 n. 3 V, 42-49: 7 n. 3 V, 63: 8 n. 5 VIII, 2: 7 n. 1 VIII, 42: 7 n. 1 VIII, 131: 7 n. 1 IX, 20: 7 n. 1 HESYCHIUS s.v. stolarches: 2 n. 5 INSCHRIFTEN VON OLYMPIA 301: 3 n. 9 INSCRIPTIONES GRAECAE 3 I 113: 116 n. 36

IV 529: 3 n. 9 V 1, 1: 17 n. 40, 51 n. 106 2, 344: 3 n. 9 XI 2, 161, ll. 87 e 92: 90 n. 33 ISAEUS De Hagnia [XI] 8: 95 n. 53 48: 96 n. 53 ISOCRATES Panegyricus [IV] 56: 105 n. 91 136: 123 n. 71 142: 94 n. 47, 95 n. 49, 96 n. 53 154: 112 n. 24 177: 112 n. 21 Philippus [V] 63-64: 105 n. 91 Evagoras [IX] 56: 105 n. 91 64: 95 n. 49 Panathenaicus [XII] 105-107: 123 n. 67 Plataicus [XIV] 133 n. 113 IUSTINUS V, 4, 4: 46 n. 87

Indice delle fonti citate

V, 6, 5: 64 n. 160 VI, 3: 103 n. 83, 104 VI, 4, 1: 105 n. 91, 108 n. 5 VI, 5, 8-11: 108 n. 5 LYSIAS In Eratosthenem [XII] 71-76: 77 n. 222 74: 77 n. 222 In Alcibiadem I [XIV] 38: 54 n. 118 ὑπὲρ τῶν Ἀριστοφάνους χρημάτων, πρὸς τὸ δημόσιον [XIX] 20: 116 n. 36 29: 104 n. 86 39-41: 112 n. 24 50: 122 n. 64 ἀπολογία δωροδοκίας ἀπαράσημος [XXI] 3: 73 n. 206 7: 54 n. 118 9-11: 73 nn. 204 e 206 PS. LYSIAS

Pro milite [IX] 6: 130 n. 104 NEPOS CORNELIUS Alcibiades 5, 5: 46 n. 87 Conon 4, 4: 103 n. 83, 105 n. 91 5, 2-3: 112 n. 24 Lysander 67 n. 174 Thrasybulus 1, 3: 43 n. 75 Timotheus 2, 1: 128 n. 95 PAUSANIAS I, 23, 10: 3 n. 7 II, 21, 3: 8 n. 5 III, 1, 7: 7 n. 3 III, 9, 3, sg.: 104 III, 9, 7-8: 103 n. 84 III, 17, 4: 78 n. 226 VI, 3, 15: 90 IX, 1, 8: 132 n. 110 X, 9, 7-10: 78 n. 226 X, 9, 9: 70 n. 191

PHILOCHORUS FGrHist 328 F 138: 28 n. 11 F 139: 43 n. 73 FF 144-145: 104 n. 87 F 147: 96 n. 53 F 149 a: 112 n. 21 PHOTIUS s.v. nauarchos: 2 n. 5 PHYLARCUS FGrHist 81 F 43: 66 n. 168 PLUTARCHUS Agesilaus 10, 11: 104 n. 87 15, 8: 103 n. 84 17, 4: 103 n. 83, 104 n. 87 21, 1-2: 110 23: 123 n. 67 23, 1: 105 n. 91 23, 3: 112 n. 20 24-26: 124 n. 78 27: 135 n. 119 28: 135 n. 121 29-30: 135 n. 122 32, 1: 123 n. 69 Alcibiades 25, 7-11: 33 n. 35 27, 2 sg.: 42 n. 69 27-28: 43 n. 76 28: 43 n. 75 28, 8: 44 n. 79 28, 9: 46 28, 10: 45 n. 82 31, 1: 48 n. 98 34: 53 n. 112 35: 54 n. 118 Artaxerxes 3: 88 n. 24 20, 4-6: 103 n. 84 21: 123 n. 67 21, 5-22, 7: 123 n. 69 22, 1-2: 121 n. 62 22, 3: 59 n. 138 Camillus 19, 6: 126 n. 85

151

152

Indice delle fonti citate

Cato 54, 7: 3 n. 7, 136 n. 125 Dion 5, 5-8: 101 n. 74 48, 7-49, 1: 97 n. 60 Lucullus 11, 7: 3 n. 7, 136 n. 125 Lycurgus 30, 5: 59 n. 138 Lysander 3, 2: 52 3, 3-4: 53 n. 114 4, 3: 54 n. 116 5: 54 n. 118, 59 n. 139 5, 2: 55 n. 120 5, 5: 55 n. 123 5-7: 67 n. 174 6: 66 n. 170 6, 1: 58 n. 137 6, 2: 58 n. 133 6, 4: 61 n. 146 6, 4-8: 60 n. 145 7, 1: 67 n. 175 7, 2: 45 n. 84 7, 3: 4 n. 13, 12 n. 22, 70 n. 190 8, 1-3: 71 n. 198 9, 2: 71 n. 197 9, 3 sg.: 71 n. 200 9, 7: 73 n. 205 11: 72 n. 202 13, 1: 73 n. 205 13, 4: 75 n. 215 13, 5 sg.: 75 n. 214 14, 1: 76 n. 219 14, 2-3: 77 n. 223 14, 3: 75 n. 215 15, 1: 76 n. 220 15, 2: 77 n. 222 16, 1: 77 n. 224 18, 1: 78 n. 226 19, 7: 82 n. 6 20, 8: 98 n. 62 21, 3: 81 n. 2 28, 5: 116 n. 39 Pelopidas 2, 2-3: 65 n. 165 7 sg.: 124 n. 76 14: 124 n. 78 15, 6: 83 n. 9

20-23: 135 n. 121 30, 6: 121 n. 62 Phocion 6: 126 n. 87 6, 5-7: 126 n. 85 Themistocles 11: 7 n. 1 Timoleon 11, 6: 97 n. 60 19, 1: 3 n. 7, 136 n. 125 Comparatio Timoleontis et Aemilii Pauli 2, 5-6: 97 n. 60 Apophthegmata Laconica 191 F: 29 n. 15 222 C-F: 60 n. 145 222 E: 62 n. 151 236 D: 8 n. 5 De Pythiae oraculis 395 B: 78 n. 226 Praecepta reipublicae gerendae 823 B: 136 n. 125 De Herodoti malignitate 859 D: 8 n. 5 POLLYX I, 96: 34 n. 39 I, 119: 34 n. 39 POLYAENUS I, 33: 7 n. 1 I, 40, 9: 43 n. 75 I, 44: 67 n. 179 I, 45, 1: 71 n. 198 I, 45, 2: 72 n. 202 I, 48, 2: 68 n. 154 I, 48, 3: 92 n. 38 II, 1, 3: 104 n. 87 II, 6: 88 n. 27 II, 7: 123 n. 71 II, 8: 100 n. 70 II, 11: 97 n. 58 II, 23: 133 n. 116 II, 24: 122 III, 9, 44: 118 n. 45 III, 10, 13: 128 n. 94 III, 10, 17: 128 n. 94 III, 11, 2: 126 n. 87, 127 n. 91 III, 11, 9: 119 n. 53 III, 11, 10: 119 n. 53

Indice delle fonti citate

III, 11, 11: 126 nn. 87-88 III, 11, 12: 119 n. 53 IV, 6, 8-9: 3 n. 7, 136 n. 125 V, 18, 1: 3 n. 7, 136 n. 125 V, 22, 3: 3 n. 7 V, 27, 1: 3 n. 7, 136 n. 125 VIII, 24, 7: 3 n. 7 POLYBIUS I, 2, 2-6: 81 n. 1 I, 2, 3: 105 n. 91 SUPPLEMENTUM EPIGRAPHICUM GRAECUM XXXIX, 370: 17 n. 40 XLI, 40: 125 n. 79 XLV, 1210: 125 n. 79 XLVI, 119: 125 n. 79 SOPHOCLES Aiax 1232: 3 n. 6 STOBAEUS II, 7, 26: 2 n. 5 STRABO VI, 3, 2-3: 7 n. 3 SUIDA s.v. epistoleis: 46 n. 85 s.v. nauarchos: 2 n. 5 s.v. Phrynichou palaisma: 33 n. 35 THEOPOMPUS FGrHist 115 F 132: 97 n. 61 F 192: 97 n. 61 THUCYDIDES I, 13-14: 7 n. 4 I, 32-36: 130 n. 103 I, 94-95: 8 n. 8 I, 108, 5: 9 n. 12 I, 142: 23 n. 65 II, 7, 2: 9 n. 13 II, 66, 2: 10 n. 16 II, 79, 1: 11 n. 20 II, 80 sg.: 12 n. 24 II, 80, 2: 11 n. 21

II, 83, 1: 12 n. 25 II, 84, 5: 12 n. 25 II, 85, 1-3: 13 n. 27 II, 87: 13 n. 29 II, 89, 4: 14 n. 30 II, 89, 10: 14 n. 30 II, 90, 1: 110 n. 15 II, 90, 5-6: 14 n. 31 II, 92, 1-2: 14 n. 31 II, 93-94: 14 n. 33 III, 8: 15 n. 35 III, 8, 1: 42 n. 67 III, 16, 3: 15 n. 36 III, 26, 1: 16 n. 37 III, 30: 17 n. 41 III, 31: 17 n. 43 III, 32, 2-3: 18 n. 44 III, 33, 1: 18 III, 69: 19 n. 47 III, 76: 19 n. 49 III, 77, 3: 20 n. 52 III, 79, 3: 20 n. 52 III, 81, 1: 20 n. 52 III, 92, 5: 20 n. 55 III, 93, 3: 20 n. 56 IV, 6: 21 n. 57 IV, 8, 2: 21 n. 57 IV, 11, 2: 21 n. 58 IV, 11, 4: 21 IV, 16, 1: 22 n. 61 IV, 38, 1: 90 n. 32 IV, 52, 3-5: 46 n. 86 V, 1, 3: 109 n. 8 V, 12, 1: 79 n. 232 V, 56, 1: 22 V, 73, 4: 90 n. 32 VI, 93, 2 sg.: 22 n. 62 VII, 19, 3: 23 n. 62 VIII, 3, 1: 25 VIII, 3, 12: 25 n. 2 VIII, 5: 25 n. 3 VIII, 6: 60 n. 144 VIII, 6, 5: 26 n. 4 VIII, 8, 2: 26 n. 5 VIII, 10, 3-4: 27 VIII, 11: 60 n. 144 VIII, 11, 3-12, 2: 27 n. 8 VIII, 14, 1: 27 n. 9 VIII, 15, 1: 28 n. 11

153

154

Indice delle fonti citate

VIII, 16, 2: 27 n. 9 VIII, 17, 4: 27 n. 9 VIII, 20, 1: 26 nn. 5 e 7, 28 n. 12 VIII, 22, 1: 40 n. 57 VIII, 23, 1: 27 n. 10 VIII, 23-24: 28 n. 13 VIII, 24, 1: 27 VIII, 25, 1: 28 VIII, 26, 1: 28 n. 14 VIII, 27-28: 29 n. 15 VIII, 28, 2: 40 n. 58 VIII, 29, 2: 28 n. 14 VIII, 30, 2: 29 n. 16 VIII, 31-32, 3: 29 n. 17 VIII, 31, 1: 18 n. 46 VIII, 33, 1: 28 n. 12 VIII, 33, 3-4: 29 n. 18 VIII, 35, 1: 42 n. 67 VIII, 36, 1: 30 n. 19 VIII, 36, 2: 30 n. 20 VIII, 38, 1: 30 n. 22 VIII, 38, 4: 31 n. 23 VIII, 39, 1-2: 31 e nn. 24-25 VIII, 41, 1: 32 n. 28 VIII, 42: 32 n. 30 VIII, 43, 3-4: 33 n. 32 VIII, 44, 4: 33 n. 33 VIII, 45, 1: 33 n. 34 VIII, 50-51: 33 n. 35 VIII, 55, 3: 34 n. 36 VIII, 57, 1: 34 n. 37 VIII, 58: 33 n. 32 VIII, 61, 1-2: 34 e n. 38 VIII, 62, 2: 35 n. 40 VIII, 63, 1-2: 35 n. 40 VIII, 78: 35 n. 42 VIII, 79, 1: 36 n. 43 VIII, 79, 6: 36 n. 44 VIII, 80, 1: 36 n. 44 VIII, 83, 3: 36 n. 45 VIII, 84, 2: 36 n. 46, 42 n. 67 VIII, 84, 5: 37 n. 47 VIII, 85, 1: 37 n. 48, 109 n. 8, 138 VIII, 87: 38 n. 53 VIII, 87, 6: 40 n. 58 VIII, 94-96: 39 n. 54 VIII, 95: 26 n. 7 VIII, 96, 5: 39 n. 55 VIII, 97: 38 n. 51

VIII, 97, 1: 39 n. 56 VIII, 99, 1: 38 n. 52, 40 n. 59 VIII, 100-102: 40 n. 61 VIII, 103 sg.: 40 n. 62 VIII, 105, 3: 41 VIII, 106, 3: 41 n. 65 VIII, 107, 2: 41 n. 66 XENOPHON Anabasis I, 4, 2: 84 IV, 8, 22: 85 n. 16 V, 1, 4-5: 85 n. 16 V, 5, 3: 85 n. 16, 86 n. 17 VI, 1, 16: 85 n. 16, 86 n. 17 VI, 6, 9-14: 81 n. 1 VII, 1, 1 sg.: 86 VII, 1, 7 sg.: 86 n. 17 VII, 1, 25 sg.: 86 n. 18 VII, 1, 31: 86 n. 18 VII, 2, 5: 86 n. 19 VII, 4, 3: 86 n. 17 VII, 6, 1: 86 n. 17 VII, 12, 8-9: 87 n. 21 Lakedaimonion Politeia 3, 136 14, 2-4: 97 n. 62 Hellenica I, 1, 1-2: 42 n. 67 I, 1, 5-7: 42 n. 70 I, 1, 11-18: 43 n. 75 I, 1, 17-18: 43 n. 76 I, 1, 23: 45 nn. 82 e 84 I, 1, 28: 39 n. 57 I, 1, 32: 47 n. 92, 51 n. 105 I, 2, 8: 47 n. 89 I, 2, 12-13: 47 n. 89 I, 2, 16-17: 48 n. 97 I, 3, 2-7: 48 n. 97 I, 3, 5: 45 n. 83 I, 3, 8: 48 n. 98 I, 3, 10: 48 n. 97 I, 3, 13: 49 n. 99 I, 3, 14: 49 n. 101 I, 3, 16: 48 n. 97 I, 3, 17: 34 n. 38, 39 n. 57, 50 n. 102 I, 4, 1: 50 e n. 103 I, 4, 4-7: 51 n. 104

Indice delle fonti citate

I, 4, 11: 52 n. 109 I, 4, 20-21: 53 n. 112 I, 4, 21: 54 n. 118 I, 5, 1: 51 n. 105, 52 n. 111 I, 5, 7: 54 n. 116 I, 5, 10: 53 n. 114 I, 5, 11 sg.: 54 nn. 118-119 I, 5, 14: 55 n. 120 I, 5, 15: 63 n. 155 I, 5, 16: 55 n. 122, 57 n. 131 I, 6, 1: 56 n. 124 I, 6, 2: 57 n. 133 I, 6, 4: 59 n. 139 I, 6, 5: 59 n. 140 I, 6, 6: 60 I, 6, 7: 60 n. 146, 121 n. 58 I, 6, 7-12: 61 n. 146 I, 6, 10: 58 n. 137 I, 6, 13-14: 62 n. 152 I, 6, 16 sg.: 62 n. 153 I, 6, 15: 63 n. 157 I, 6, 22: 63 n. 159 I, 6, 24: 64 n. 160 I, 6, 26-27: 64 nn. 161-162, 68 I, 6, 29: 3 n. 7 I, 6, 29-30: 67 n. 176 I, 6, 32: 65 n. 164, 78 n. 229 I, 6, 33: 30 n. 22, 64 n. 163, 67 n. 176 I, 6, 36-38: 67 n. 179 I, 7: 67 n. 178 II, 1, 1: 68 II, 1, 5-6: 69 n. 185 II, 1, 7: 4 n. 13, 12 n. 22, 45 n. 84, 69 n. 188 II, 1, 10: 71 n. 195 II, 1, 14: 71 n. 197 II, 1, 15: 71 n. 199 II, 1, 16: 54 n. 118 II, 1, 17: 72 II, 1, 20: 54 n. 118 II, 1, 20 sg.: 72 n. 202 II, 1, 21: 73 n. 206 II, 1, 31-32: 73 n. 205 II, 2, 2: 75 n. 216 II, 2, 5: 76 n. 217 II, 2, 9: 76 n. 219 II, 3, 3: 76 II, 3, 8: 77 n. 225

155

II, 3, 9: 74 n. 210 II, 3, 10: 69 n. 189 II, 3, 13: 77 n. 222 II, 4, 25 sg.: 81 n. 2 II, 4, 28: 64 n. 166, 75 n. 213 II, 4, 29: 82 n. 6 II, 4, 36: 82 n. 7 III, 1, 1: 60 n. 144, 83 n. 11, 138 III, 1, 3 sg.: 87 n. 23 III, 1, 8: 88 n. 25 III, 1, 10: 88 n. 27 III, 1, 16: 88 n. 27 III, 2, 1: 88 n. 27 III, 2, 6: 69 n. 189, 89 nn. 28-29 III, 2, 8: 69 n. 189, 89 n. 29 III, 2, 9: 89 n. 30 III, 2, 12: 60 n. 144, 87, 89 n. 31 III, 2, 14: 90 n. 34 III, 2, 17: 90 n. 34 III, 2, 21: 91, 92 n. 41 III, 4, 1: 92 n. 41 III, 4, 6: 109 n. 9 III, 4, 7-8: 93 n. 43, 98 n. 62 III, 4, 10-11: 93 n. 44 III, 4, 16: 94 n. 45 III, 4, 20: 94 n. 45, 109 n. 9 III, 4, 20-26: 102 n. 78 III, 4, 27-29: 102 n. 79 III, 5, 1-2: 91 n. 37, 95 n. 52, 103 n. 84 III, 5, 6: 103 n. 81 IV, 1, 1: 103 n. 80 IV, 1, 41: 103 n. 82 IV, 2, 2-3: 103 n. 82 IV, 2, 8: 109 n. 9 IV, 2, 11-13: 109 n. 9 IV, 2, 21-26: 109 n. 9 IV, 3, 2: 98 n. 62 IV, 3, 10: 104 n. 86 IV, 3, 10-14: 103 n. 83 IV, 3, 11: 104 n. 88 IV, 3, 13-14: 104 n. 87 IV, 3, 15-17: 109 n. 9 IV, 4, 10: 108 IV, 4, 19: 110 n. 12 IV, 5, 6: 98 IV, 8, 1: 103 n. 83, 108 IV, 8, 7: 108 n. 6 IV, 8, 10: 3 n. 7

156

Indice delle fonti citate

IV, 8, 10-11: 107 n. 2 IV, 8, 11: 45 n. 84, 100 n. 72, 110 IV, 8, 12: 111 n. 19 IV, 8, 15: 112 n. 20 IV, 8, 16: 112 n. 24 IV, 8, 17: 113 n. 25 IV, 8, 20: 107, 111 nn. 16 e 20 IV, 8, 21: 113 IV, 8, 23: 114 n. 28 IV, 8, 24: 116 n. 37 IV, 8, 25-30: 116 n. 39 IV, 8, 25-31: 113 n. 26, 124 n. 77 IV, 8, 32 sg.: 117 n. 45 IV, 8, 34 sg.: 118 n. 44 IV, 8, 38: 118 n. 46 V, 1, 2: 117 n. 40 V, 1, 3: 117 n. 41 V, 1, 4: 117 n. 42 V, 1, 5: 3 n. 7, 45 n. 84, 117 n. 43, 119 n. 50 V, 1, 5-6: 68 n. 183 V, 1, 6: 45 n. 84, 118 n. 47, 119 n. 50 V, 1, 6-7: 119 n. 52 V, 1, 10 sg.: 119 n. 53 V, 1, 13: 120 nn. 55-56 V, 1, 14-18: 120 n. 57 V, 1, 16: 120 n. 57 V, 1, 17: 121 n. 59 V, 1, 19: 121 n. 60 V, 1, 25: 119 n. 51, 122 V, 1, 26: 120 n. 54 V, 1, 26-27: 122 n. 64 V, 1, 28: 122 n. 66 V, 1, 29-32: 123 n. 67 V, 1, 35: 123 n. 70 V, 2-3: 123 n. 72 V, 2, 37- 3, 6: 124 n. 73

V, 3, 8-19: 124 n. 73 V, 3, 26: 124 n. 73 V, 3, 27: 124 n. 74 V, 4, 1-19: 124 n. 76 V, 4, 20-24: 124 n. 78 V, 4, 39: 79 n. 232 V, 4, 47 sg.: 83 n. 9 V, 4, 56: 123 n. 71 V, 4, 60: 125 n. 81 V, 4, 61: 100 n. 72, 125 n. 81, 126 nn. 84 e 87 V, 4, 62 sg.: 128 n. 92 V, 4, 63: 125 n. 80 V, 4, 64-65: 128 n. 93 V, 4, 65-66: 128 V, 4, 66: 128 n. 94 VI, 1, 12-14: 136 n. 124 VI, 2, 1-3: 129 n. 100 VI, 2, 2: 79 n. 232 VI, 2, 2-3: 130 n. 102 VI, 2, 3: 128 n. 96 VI, 2, 4: 129 n. 98 VI, 2, 4-11: 130 n. 104 VI, 2, 7: 133 n. 113 VI, 2, 9: 130 n. 103 VI, 2, 11-13: 133 n. 114 VI, 2, 13-14: 133 n. 115 VI, 2, 16: 134 n. 117 VI, 2, 23: 124 VI, 2, 25: 45 n. 84, 134 n. 118 VI, 2, 26: 128 n. 96 VI, 2, 27 sg.: 133 n. 115 VI, 3, 1: 132 n. 110 VI, 3, 2-20: 135 n. 119 VI, 3, 18: 135 n. 123 VI, 4, 4-16: 135 n. 121 VI, 5, 33: 70 n. 189, 98, 99 n. 67 VII, 1, 12: 34 n. 38, 39 n. 57

Indice dei nomi e delle cose notevoli

Abido: 34, 40-43, 48 n. 97, 87-88, 108, 118, 119, 120 n. 154, 122 Acaia/Achei: 3 n. 9, 13 Acarnania/Acarnani: 11, 12, 129 Agamennone: 3 n. 6 Agesandrida: 39 e n. 54, 42, 49, 51, 140 Agesilao: 58 n. 136, 79 n. 232, 88 n. 26, 92-98, 101-105, 109-113, 116-117, 140, 142-143 Agesipoli: 124 n. 73 Agesippida: 22 Agia: 78 n. 229 Agiadi: 60 Agide: 25 e n. 3, 27, 28 n. 13, 33, 71, 72 n. 200, 76, 90 e n. 32 Agirrio: 118 Alcamene: 26 e n. 5 Alceta: 123 e n. 71 Alcibiade: 27, 29, 33, 34, 36, 38, 40, 42-45, 48 n. 97, 52-55, 57, 63 n. 156, 72 Alcida (archon): 131-132, 144 Alcida (navarco): 15-21, 31, 83 n. 10, 139141 Alcmane: 7 n. 3 Alessandro Magno: 136 n. 125 Alexias (arcontato di): 70, 71, 73 Alizia: 128, 129, 130 n. 100 Ambascerie/ambasciatori: 18, 29, 30, 46, 48-50, 69, 70 n. 180, 76, 81, 83, 93, 95, 98 e n. 66, 99 n. 67, 100 e n. 72, 112 n. 21, 130 n. 103, 141, 142 Ambracia/Ambracioti: 11, 19, 128 Amedoco: 116 Amorge: 29 Anassibio: 85-87, 118, 142 Anchimolio: 7, 8 n. 5 Andocide: 112 e nn. 21 e 23 Andro: 126 Antalcida: 68 n. 183, 111-112, 115, 118-

123, 133 n. 116, 142-143 Antandro: 46, 49, 71 Antigene (arcontato di): 48 n. 96, 57, 68 n. 180 Antioco (ateniese): 54-55, 63 n. 156 Antistene: 31, 34, 35, 105 Apollo: 78 Arabi: 38 n. 53 Araco: 45 n. 84, 69-70, 73, 74 n. 208, 75, 78, 82, 89 e n. 29, 99 e n. 67, 142 Arcadia/Arcadi: 3 n. 9, 25 n. 2 Arcesilao: 31 Archelaida: 99-101, 138 Archia: 85 n. 15 Archidamo III: 97 n. 61 Arginuse: 53, 54, 55 n. 122, 58 n. 136, 61, 64, 65 n. 167, 67 e n. 178, 73, 127 Argo/Argivi: 3 n. 9, 48, 50, 91, 103, 123 n. 72 Argolide: 110 Aristocrate: 130-132, 144 Aristofane: 117 n. 40 Aristotele (decreto di): 125 Aristotele (filosofo): 2, 136, 141 Armosta/i: 29, 45 n. 83, 47, 49, 75 e n. 215, 79 e n. 231, 81-83, 86-90, 98 n. 62, 100, 108, 118, 119 n. 54, 120, 123, 124 e n. 73, 135, 141, 144 Artaserse: 84, 88 n. 24, 123 n. 69 Artemide: 78, 90, 145 Artemisio (capo): 8 n. 7 Arturo: 10 n. 17 Arxilaida: 99 n. 70 Asia Minore: 3, 28 e n. 12, 37 n. 47, 43, 50 e n. 103, 51-53, 55 n. 123, 69 n. 189, 71, 77, 79 n. 233, 86-94, 99, 102-104, 111, 113 n. 25, 115-116, 123, 143 Aspendo: 38 Astioco: 20 n. 53, 26-39, 42 n. 67, 47, 48,

158

Indice dei nomi e delle cose notevoli

51 e n. 107, 79 n. 231, 105, 137-142 Atarneo: 89 Atene/Ateniesi: 2-4, 8, 10-15, 17-23, 2536, 38-57, 60-65, 67, 69-77, 81-82, 91, 95, 99-104, 108, 111-126, 128-136, 139, 143 Ateneo: 97 Athos (monte): 41 n. 66 Attica: 3, 15, 17, 21, 23, 39, 42, 71, 72 n. 200, 76, 81 n. 2, 82, 117 Beozia/Beoti: 3 n. 8, 25 n. 2, 79 n. 232, 83 n. 9, 98, 101, 103 e n. 81, 135 Beozio: 50, 51 n. 104 Bisanzio: 8, 36, 48 n. 97, 49, 50, 75, 82, 85, 86 e n. 17, 87, 124 n. 77 Brasida: 12-14, 19 e nn. 49 e 51, 21, 22 e n. 59, 35 n. 41, 141 Cabria: 116 n. 38, 119 e n. 54, 120, 125127 Cadmea: 124 e n. 76 Calcedone/Calcedoni: 45 n. 83, 48 n. 97, 75, 86, 122 Calcide: 124 n. 77 Calcideo: 26-28, 30, 33, 105, 139, 140 Calendari: 4, 12 n. 24, 16, 57, 101 n. 76, 139 Callia (arcontato di): 28, 56, 68 Callibio: 77 e n. 222 Callicratida: 30 n. 22, 55 n. 122, 56-68, 73 n. 207, 74, 78 n. 229, 79 n. 231, 83, 121 e n. 58, 139, 142, 143 Callippo: 97 Calpe: 86 n. 17 Camiro: 33 Cappadocia: 50 n. 103 Caria: 71, 72, 88-90, 93, 94 Cartaginesi: 3 n. 7, 96-97 Cauno: 31, 32, 34, 94 e n. 46, 95, 96 n. 54 Cencrea: 28 n. 12 Ceo: 126 Chersoneso della Doride: 94 Chersoneso tracico: 89, 94, 118 Chilone: 100 Chio/Chii: 18, 25-35, 40, 48 e n. 95, 51 e n. 107, 60, 62, 67-70, 72, 124 n. 77, 141 Chiricrate: 101-105, 138, 140 Chirisofo: 85 e n. 16 Cicladi: 17, 123 e n. 71, 126 n. 86 Cilicia: 83

Cillene: 19 Cinadone: 92 n. 41 Cinossema: 42 n. 71, 45 n. 81 Cipro: 3 e n. 9, 8, 73 n. 204, 91 n. 36, 112 n. 24, 115, 116 n. 36, 119 Cirei: 86 e n. 17, 109 Cirene: 82 n. 5 Ciro (il giovane): 50 e n. 103, 53, 54, 58 e n. 137, 60-62, 71 e n. 197, 77, 83, 84, 87 n. 23, 88 n. 24, 121, 138 Citera: 108 Cizico: 4 n. 13, 5 e n. 15, 32 n. 29, 43, 45 e n. 81, 46, 47 n. 89, 57 n. 132, 139, 142, 143 Clazomene: 27, 29, 54 n. 119 Clearco: 26 e n. 5, 31, 36, 44, 49, 51, 65, 82, 83, 86 Cleofonte: 46 Cleombroto: 125, 135 Cnemo: 10-15, 20 n. 53, 21 n. 58, 31, 137, 141 Cnido: 29, 32, 33, 94, 103-105, 107-109, 111, 113, 114, 116, 124 e nn. 74-75, 140 Cnosso: 8 n. 5 Conone: 55 e n. 122, 57, 62-63, 72, 73 n. 204, 83 n. 10, 91 e n. 35, 92 n. 38, 9496, 100 e n. 71, 103, 104 n. 88, 108, 111 e n. 16, 112 e n. 24, 115, 116 n. 36, 119 n. 54 Corcira/Corciresi: 19-21, 23 n. 63, 128 e n. 93, 130-134, 144 Corinto/Corinzi: 3 n. 7, 12, 25 n. 2, 27, 91, 103, 108, 123 n. 72 Corinto (golfo di): 23 n. 63, 110, 113 Corinto (guerra di): 95, 98, 103 n. 81, 107, 108, 110, 116 n. 36, 143 Corinto (istmo di): 108, 110 n. 15 Coronea: 41 n. 66, 104 n. 87, 109 e n. 9 Cos: 32, 53, 94 Coziora: 86 n. 17 Cratesicle: 21 Cratesippida: 32 n. 27, 46-49, 51-53, 137 Cratippo: 105 n. 91 Creso: 7 Creta: 19 Crisopoli: 86 n. 17 Ctesicle: 130 n. 104, 131, 132, 134 Cunassa: 84, 85 Damagone: 20

Indice dei nomi e delle cose notevoli

Decarchia/e: 55, 75-77 Decelea: 25, 72 n. 200 Delfi: 70, 78 Delfinio: 30, 62, 63 Delo: 17, 90 n. 33 Demeneto: 91 e n. 37, 95 e n. 52, 96 n. 53, 100, 119 e n. 54, 122 Demostene (stratego): 21 Dercillida: 34, 35, 69 n. 189, 87-93, 98 n. 62, 108, 143 Diadochos: 34 n. 39, 37, 45 n. 56, 84, 86, 99, 138 Diadochi (di Alessandro): 3 n. 7, 136 Diagoridi: 42 n. 67, 96 n. 55, 111 Diecimila (spedizione dei): 85 Difrida: 113 Diodoro: 3, 12 n. 24, 15, 21, 22, 25, 26 n. 7, 37-45, 47-48, 51-57, 62-67, 69 n. 188, 71-76, 81-84, 87, 92-94, 96-97, 100 n. 70, 101-104, 111 n. 16, 114-115, 124, 126-132, 134, 137, 138, 144 Diomedonte: 63 Dione: 97 Dionisie (feste): 71 n. 198 Dionisii: 97-98 Dionisio I: 96, 97, 100 Dionisio II: 97 Dionisio (stratego ateniese): 122 Dioscuri: 78 Diotimo: 122 Dorcide: 8 Dorieo (di Sparta): 7 e n. 3 Dorieo (di Rodi): 40 n. 60, 42 e n. 67 Dracontide (decreto di): 77 Eccrito: 22 e n. 62 Ecdico: 107, 108, 111 e n. 16, 113, 114 e n. 27, 143 Efeso/Efesii: 18, 47 e n. 90, 53 e n. 114, 55, 57, 61, 70-73, 84, 85, 90, 93, 94, 113, 119 Eforo (di Cuma): 41 n. 66, 63 n. 155, 66 Eforo/i: 8, 27, 69 e n. 189, 123 n. 79 Egeo: 8 n. 5, 73 n. 206, 81, 116 n. 38, 125 Egina/Egineti: 71, 76, 100, 101, 116 n. 38, 117 e n. 40, 119-121, 126 Egitto/Egizi: 38 n. 53, 94, 96 Egospotami: 44 n. 77, 55 n. 121, 70-79, 90, 91 n. 36 Elea: 17

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Eleunte: 40, 41, 72 Eliano: 66 Elide: 12 n. 25 Elio Aristide: 100-101 Ellesponto: 26, 31, 34, 36, 40, 42, 47, 49, 71, 72, 82, 93, 102, 104, 118, 122 Endio: 27 e n. 8, 46 Enea Tattico: 3 n. 8 Epicidida: 78, 79 Epicle: 41 n. 66 Epidauro: 22, 27 Epibates: 34-35, 39 e n. 57, 101 n. 76, 102, 136 n. 124, 142 Epistoleus: 2 n. 5, 34, 45, 45 n. 84, 46 e n. 85, 68 e nn. 183-194, 69 e n. 187, 71 n. 196, 74 n. 208, 75 n. 212, 82 n. 4, 100, 107, 108, 117, 119 e n. 50, 134 e n. 118, 142 Epistoliaphoros: 45 n. 84, 134 Eraclea Trachinia: 20, 79 n. 232 Erippida: 107-110 Eritre: 25, 27, 29 e n. 18 Ermocrate: 49 Ermone: 65, 78 n. 229 Eroda: 92 Erodoto: 9 Eschine: 100 Esseneto (arcontato di): 84 Eteonico: 28, 47, 64, 67-71, 73 n. 207, 74 n. 208, 76 e nn. 217 e 219, 78, 79 e n. 231, 86, 90, 117 Etoimarida: 8 Eubea: 25, 39, 41, 123, 126 Eubulo (arcontato di): 104 n. 86 Eudocimo: 114 n. 27 Eunomo: 117, 119 Euribiade: 7 e n. 1, 141 Evagora: 91 n. 36, 115, 116, 119 Fania: 122 Farace: 87-100, 134, 138, 142, 143 Faracida: 92, 96-99, 134 Farnabazo: 25, 31, 36, 38 n. 53, 40, 43, 44, 46, 48-50, 82, 86-92, 94 e n. 46, 103, 104, 108, 109 Faselide: 40 n. 59 Febida: 124 n. 76 Fenicia: 38 n. 53, 92 Filarco: 66 n. 168 Filippo: 40

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Indice dei nomi e delle cose notevoli

Filisto: 97 n. 59 Filocle: 73 n. 205, 112 n. 21 Filocoro: 104 n. 87 Fliunte: 123 n. 72 Focide/Focesi: 25 n. 2, 103 n. 81 Formione: 12-14 Frigia: 50 n. 103, 93, 102, 103 Frinico: 33-34 Geresto (capo): 126 Gilippo: 22, 66, 77 Giustino: 64 n. 160, 104 Gizio: 9 n. 12, 52 e n. 109 Gordio: 50 Gorgopa: 45 n. 84, 68 n. 183, 117 e n. 40, 119 e n. 50, 120, 142 Gran Re: 48, 50, 83, 93, 95 Grecia/Greci: 2, 3, 18, 27, 37 n. 47, 38, 60, 63, 67, 75 n. 215, 76, 78 n. 230, 79 nn. 232-233, 91 n. 38, 93, 95 n. 52, 103 e n. 81, 105, 108, 109, 124, 128 Guerre persiane: 8, 9 n. 14, 10, 141, 143 Ialiso: 33 Iaso: 29, 30, 71 e n. 199, 79 n. 231 Icaro (isola): 17, 40 Ida Monte: 46 n. 86 Ierace: 68 n. 183, 115-119, 137, 142 Ificrate: 109, 118, 119 n. 52, 122, 133 e n. 115, 134 Ilio: 42 Ionia: 17-19, 27, 28, 38, 39, 47, 51, 52, 57 n. 128, 73, 96 n. 57, 107 n. 1, 111 n. 18, 128 Ipermene: 45 n. 84, 134, 142 Ippocrate (spartano): 25, 40, 41 n. 66, 45 e nn. 83-84, 142 Iscolao: 133 n. 116 Jonio: 125, 130 Kedreiai: 71 e n. 199 Lacedemoni: vd. Sparta Laconia/Laconi: 22, 26, 123 n. 69 Lampsaco: 72, 75, 76, 89 Larisa: 88 Leone: 20, 34, 35 Leonida: 118 Leontico: 122 Leotichida: 7 e n. 1, 141 Lesbo/Lesbi: 15, 23 n. 63, 25, 26, 28, 29, 32, 40, 43 n. 75, 63, 64, 76 Leucade/Leucadi: 11, 19, 129 e n. 96, 144

Leucimme: 20 Leuttra: 123 n. 69, 135 Libia: 7 Libi (nome proprio): 65 n. 166, 75, 81-82 Lica: 31, 33, 37, 38 Licofrone (spartano): 12 Lidia: 8 n. 5, 50 n. 103 Ligdami: 7 Lindo: 33 Lisandro: 1, 2, 20 n. 51, 30, 35 n. 41, 45 n. 84, 46, 47 n. 91, 51-63, 65 n. 166, 6679, 81-83, 88, 90 e n. 33, 93 e nn. 4344, 98 n. 62, 137, 139, 141-143 Locride/Locresi: 25 n. 2 Macarto: 96 n. 53 Macedonia/Macedoni: 3 n. 7, 43 Malea: 64 Mantinea: 90, 123 n. 72 Meandro: 90 Megara/Megaresi: 14, 25 n. 2, 47, 78 n. 229 Melancrida: 25-26, 105, 139 Melo/Meli: 31, 51 n. 106, 108 Metimna: 28, 62, 63 e n. 156, 67, 124 n. 77 Micono: 17 Mileto/Milesi: 27-30, 33, 35-37, 40 e n. 58, 53, 57, 61 e n. 150, 62, 71 e n. 196 Milone: 100 Mindaro: 37-52, 83 n. 10, 109 n. 8, 137, 138, 140, 142 Misia: 103 n. 80 Mitilene: 16-17, 19 n. 50, 28, 62-64, 67, 124 n. 77 Mnasippida: 133-134 Mnasippo: 45 n. 84, 83 n. 10, 129-135, 142, 144 Monumento dei navarchi: 70, 78-79, 90 n. 33 Motace/i: 66 e n. 171, 142 Nasso: 7, 8 n. 5, 100, 101, 126-128, 144 Nauarchis: 99 n. 69 Nauarchos (nome proprio): 3 n. 9 Naupatto: 12, 14 Nepote Cornelio: 67 n. 174 Nicoloco: 45 n. 84, 68 n. 183, 119, 121, 127-129, 142, 144 Nisea: 14, 15, 47 Nozio: 25 n. 1, 44 n. 77, 53-56, 61, 62, 63 n. 156, 72, 78

Indice dei nomi e delle cose notevoli

Occidente: 47, 98, 128, 144 Odisseo: 67 n. 174 Odrisi: 116 Olimpia: 3 n. 9 Olinto: 114 n. 29, 123 n. 72, 124 e n. 73 Oreo: 123 Oropo: 26 n. 7, 39 n. 54 Pace del 404: 77 Pace del Re: 112 n. 21, 122-123, 143 Pace del 375: 129-130 Pace del 371: 129, 135 e n. 120 Pachete: 19 Paflagonia: 103 Pancalo: 101 n. 76, 102 Panellenismo: 58 n. 136, 61 e n. 147, 93 Panfilo: 117 n. 40 Pantoida: 82-83 Paralo (nave): 18, 73 n. 204 Pario: 86 Pasippida: 46-51, 140 Pausania (reggente): 8 Pausania (re): 60 e n. 143, 81 n. 2, 82 Pausania (geografo): 78-79, 104 Pedarito: 29-32, 34 e n. 36, 51 e n. 107, 141 Pelopida: 83 n. 9 Peloponneso: 3 e n. 9, 10, 12 n. 25, 15, 1719, 27, 47, 52, 96, 98, 109, 116 n. 38, 128, 131, 133 e n. 114, 136 n. 126 Peloponneso (guerra del): 1, 9 e n. 14, 25, 41, 72 n. 202, 81, 88 n. 24, 90, 141, 143 Pentecontarchia: 2 n. 5 Pericle: 23 n. 65 Persia/Persiani: 3 n. 7, 27 e n. 9, 30, 33, 38 n. 53, 48 e n. 98, 50 n. 103, 70 n. 189, 83 n. 10, 90, 91, 95 n. 52, 102, 103 n. 84, 107 n. 1, 108, 111-113, 115, 116 e n. 36, 119, 130, 141, 143 Pilo: 21-22, 47 Pireo: 3 n. 10, 14 e n. 32, 15, 75-77, 121, 126 Pisandro: 101-105, 140 Pisistratidi: 7 e n. 5 Pissutne: 29 Pitagora (soprannome): 83-85 Pitodoro: 76 n. 220 Platea: 9, 132, 133 Platone: 100 Pleiadi: 10 n. 17

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Plinterie (feste): 53 Plutarco: 3, 46, 54 nn. 116 e 118, 55, 58-60, 62, 66, 67 n. 175, 71 n. 197, 73 n. 205, 75-79, 97, 104, 110, 123 n. 69, 126 n. 87, 137 Podanemo: 107-108, 110 Polibiade: 124 n. 73 Polibio: 81 n. 1 Policrate: 7 Polieno: 3, 92 n. 38, 97, 119 n. 53, 122, 126-128, 133, 134 Pollide: 45 n. 84, 70 n. 192, 92 n. 39, 99102, 107, 124-127, 138, 142, 144 Polluce: 2 n. 5, 78 n. 230 Polo: 85-87, 143 Ponto: 73 n. 206, 85 Poseidone: 78 n. 227 Prometee (feste): 73 n. 206 Protomaco: 67 Quattrocento (colpo di stato dei): 35, 38-39 Rio in Acaia: 13 Rodi/Rodii: 3 n. 7, 33-35, 40 n. 60, 42 e n. 67, 53, 60, 71, 94-96, 100 n. 71, 107, 111-119, 124 n. 77 Salamina: 8 n. 7, 14, 71, 76 Salamina di Cipro: 116 n. 36 Samio/Samo (nome di persona): 83-85 Samo/Samii: 7, 8 n. 5, 18 n. 44, 28, 34, 35, 40, 42 n. 69, 55, 57, 64, 76-78, 85 e n. 15, 113-115, 146 n. 3 Sardi: 60, 84, 102 e n. 78, 111, 112 n. 22, 123 Scepsi: 88 n. 27 Scire (feste): 127 e n. 91 Seconda Lega: 125 e n. 78, 128 n. 93 Selimbria: 48 n. 97 Senofonte: 3, 25, 37 n. 49, 39, 42-45, 4759, 62-68, 71-77, 81-88, 91-93, 95 n. 52, 98, 100-138 Sesto: 40, 43, 75 e n. 215, 77, 108 Seute: 86 e n. 17, 116 e n. 38 Sfacteria: 22, 90 n. 32 Sfodria: 124, 128 Sicilia: 7, 22 e n. 62, 25, 96-98 Simi: 32-33 Siracusa/Siracusani: 3 n. 7, 22, 36, 47, 49, 96-97, 100 e n. 72, 122 Siwa: 82 n. 5 Socratide (arcontato di): 131 n. 109

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Indice dei nomi e delle cose notevoli

Sparta/Spartani/Lacedemoni: passim Spartolo: 11 n. 20 Spitridate: 93, 109 Stesicle: 130 Strato: 12 Strombichide: 36 Struta: 112, 113, 115 Sunio: 121 Syennesis: 83 Symboulos/oi: 13, 19 e n. 49, 31-33, 89, 94 n. 45, 141 talassocrazia: 7, 18, 29 n. 16, 32 n. 28, 58 e n. 134, 63, 81 e n. 1, 114 e n. 31 Tamo: 85 Taranto: 7 e n. 3 Taso: 43 n. 75, 47, 48 e n. 95 Tebe: 91, 103, 123 n. 72, 124 e n. 77, 125, 135 Teleutia: 70 n. 192, 107-110, 113-122, 124, 137, 142, 143 Tenedo: 119 Teo: 18, 27, 62 Teopompo (arconte): 43 n. 73 Teopompo (storico): 97 e n. 61, 105 n. 91 Tera: 7 e n. 3 Teramene: 43-44, 76-77 Terimene: 29, 30, 33, 140 Teutiaplo: 17 e n. 42 Tibrone: 86-89, 113-115 Timeo: 97 n. 59 Timocrate (di Rodi): 91, 95 n. 52 Timocrate (spartano): 12, 14 Timoteo: 125, 127-133

Tiribazo: 111, 112, 115, 118, 119 n. 51, 121-123 Tissaferne: 25-27, 29, 33-38, 40 e n. 58, 49-50, 54, 88-90, 93-94, 102, 109 Titrauste: 91, 102 Tolemeo: 3 n. 9 Tolmide: 9 n. 12 Tracia: 3, 11 n. 20, 39, 43 n. 75, 76, 77, 79 n. 232, 86 e n. 17, 116 e n. 38, 122, 133 n. 114 Trapezunte: 85-86 Trasibulo di Collito: 122 Trasibulo di Stiria: 41-45, 54 n. 119, 113 e n. 26, 115-116, 118, 124 n. 77 Trasillo: 40, 42 n. 71, 45 n. 83, 47 e n. 89, 48 n. 97, 67 n. 176 Trasimede: 21-22 Trasimedida: 22 n. 59 Trasimelida: 21-22 Trattati Sparta-Persia: 27 n. 9, 30, 33, 50 n. 103, 141 Trattative di Sardi: 111-112 Trenta tiranni: 77 e n. 222, 81 Trierarchia/trierarchi: 2 n. 5, 21, 39 n. 57, 136 n. 124 Troade: 46 n. 86, 89 Tucidide: 2, 9-23, 28-34, 38-41, 45 n. 84, 90, 109, 130 n. 103, 137, 138, 140, 143 Zacinto: 10, 12 n. 25, 23 n. 63, 130-132, 144 Zeus: 78, 117 Zeus Ammone: 82 n. 5

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Finito di stampare nel luglio 2018 da DigitalPrint Service s.r.l. in Segrate (Mi) per conto delle Edizioni dell’Orso