South by Southwest. Il cinema di Corso Salani 8880334786, 9788880334781


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Italian Pages 112 [57] Year 2008

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South by Southwest. Il cinema di Corso Salani
 8880334786, 9788880334781

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Scron.;, Ag u$lO

Volume rcali7,zaro in occasione d ella rassegna "Sourh by Souchwesr - Turco il cinema di Corso $ala ni", cu rata da Alberto Morsiani e Serena Agusco per l'Associazione C ircuico C inema, Sala Trnffauc - Modena ( 15 occobre/6 novembre

2008). li volume e la rassegna sono sraci realizzati grazie alla Fondazione Cassa d i Ri -

South by Southwest Il cinema di Corso Salani

sparmio di Modena.

Comuno d i Modena A,u euo,ato au,. cultura o

A cura di Alberto Morsiani e Serena Agusto

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associazione circuito cinema

South by Soiethwest. li cinema di Corso Sa/ani a cura di Alberto Morsiani e Serena Agusco Prima edizione: sercembre 2008

© 2008 Editrice li Castoro Mi lano, Viale Abruzzi 72 w,vw.casroro-on-line.ic in fo@cascoro-on -1ine. ic In copertina: Confini d'Europa ISBN: 978-88-8033-478-1

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Conversazione con Corso Salani a cura di Serena Agusto

Corso Salani è un cineasta singolare che ha fotto deL proprio lavoro da regista una regola di vita. Un uomo per cui è impossibile scindere i due aspetti: La realtà e la finzione dei suoi film. La filmografia espii• cita deLLe vere e proprie ossessioni d'autore quali il sentirsi cittadino dei mondo, il ricordo legato indissolubilmente alla nostalgia e una so• Litudine costante che diventa disagio intimo e personale che accomuna tutti i suoi personaggi, sia quelli da Lui interpretati sia queLLi che fan• gono da suo alter ego. A legare ogni singola film è im costante lavoro di integrazione, revisione e decontestuaLiZZtlzione del già fatto, dei già vissuto in un continuo rimando intertestuale come in una sorta di vero e proprio ipertesto. Non manca mai, o quasi, nei fiLm di Salani un di• scorso meta• cinematografico che ha come unico scopo quello di test-i• moniare il complesso e faticoso lavoro di realizzazione di un'opera cinematografica, ma che nello stesso tempo fornisce imo spunto di ri• flessione importante sui rapporto tra fa vita e la messa in scena. 1ùtto questo genera indubbiamente una sensazione di spaesamento: «L'irta• deguatezza deL!e parole. L'inseguimento della situazione pe,fetta e dunque impossibile. La ricerca dell'evento casuale ma nello stesso tempo il fastidio verso ciò che non co,risponde alle aspettative. Un'ostinata ma malinconica solitudine in cui coltivare il rimpianto del passato o l'attesa di un futuro improbabile. In definitiva, la perpetua sfasatura tra il mondo interiore, regolato da sentimenti precisi e urgenti, e la realtà

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esterna, luoghi e persone, che non sono mai quelle giuste o arrivano al momento sbagliato»'. Il sentimento generato nello spettatore non deve però dare luogo a fraintendimenti: il tutto è sorvegliato da un occhio registico attento e rigoroso. La sua metodologia è chiara, il suo procedere severo e meticoloso. Potrebbe raccontare i suoi esordi, i suoi primi passi come regista? l'.idea definitiva di lavorare nel cinema l'ho avuca duranre il servizio militare. Dopo il liceo mi ero iscritto a due facoltà (Lettere e Architettura) quindi all'inizio diciamo che ero abbastanza confuso. Poi iniziai a pensare che mi sarebbe piaci uro fare l'operatore, quindi ho crovaco una scuola a Firenze. Frequentando la scuola però ho capiro che pit1 che l'operarore mi sarebbe piaciuto lavorare a progetti mie i. Per fortuna la scuola mi mandò come assistente su un set fiorentino, da lì mi hanno ridtiamaco a Roma e poi, piano piano, ho iniziato a lavorare con più regolarità e mi sono crasferiro. Sono stari lavori molco utili per conoscere il mestiere, per imparare: quella è scara la vera scuola! Mi è capitato per caso come organizzacore del primo fìlm Angelo Barbagallo, poi divencaco produttore con Morerri: si era affezionaro, qu indi mi ha richiamato a Roma. I fìlm non erano certo di altissimo livello: c'è staro un fìlm con Celenrano, uno sul mostro d i Firenze ... Però servivano tutti! Feci i primissimi tentativi in super8: un corto a Capraia e soprattutto una cournée dei L icfìba ai tempi d'oro. Si trattava del mio saggio d 'esa1ne a scuòla e per girare il video seguii le prime date che fecero in Europa: Fra1:• cia, Germania, Jugoslavia con una macchina sola ... Insomma fu divertente. In realtà il primo vero fìlm risale al 1986 ( ¼ci d 'Europa) preceduco da ere, quarrro anni di rencacivi e di lavoro per alcri che poi ho continuaco anche dopo. Sono passaggi inevitabili, anche perché io partivo da zero. Mi piaceva andare al cinema, ma ero un semplice spettacore, non avevo una formazione di tipo accademico né u n approccio critico. Per cui è sraro faticoso mettersi in moro.

Quali film guarda volentieri? Ci sono dei generi o degli autori da lei prediletti che prende ad esempio per la realizzazione dei suoi film?

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fn realtà guardo rutto praticamente. Sono sempre andato a vedere fì lm abbastanza contemporanei, non ho la formazione del cinéphile. Ricordo che frequentavo spesso un cineclub fiorentino. Andavo a vedere film svedesi anni Settanta, film francesi. Non ho proprio un aucore come punto di riferimento, mi piace Herzog: lo apprezzo come aurore sl, ma forse mi riconosco più che altro per la dedizione al lavoro. Un tempo Visconti mi affascinava molto, mi piaceva l'idea del nobile che faceva fìlm, ma era una suggestione letteraria.

Entrando nel vivo della sua opera, guardando Il peggio di noi (singolare making ofdi Palabras} mi è venuto in mente il Dogma 95 di \ton Trier: si tratta di un film manifesto che vuole indicare un metodo rigoroso da non trasgredire? L:attenzione, la disciplina, il rigore che non sentivo a scuola li ho sempre sentici per il lavoro. Fin dagli inizi è staro un grosso impegno, uno sforzo che ho sempre facto con grand e serietà, forse troppa. Quindi Il peggio di noi effettivamente può essere anche lecco come un manifesto contro un modo di fare cinema. Nasce dall'esperienza di Palabras ma si può estendere ad altri contesti: c'è sempre qualcuno che si distrae, anche giustamente, però è difficile da gestire! Da sempre scelgo di lavorare con poche persone, però da loro mi aspetto quello che non mi possono dare: il mio stesso interesse, la mia stessa dedizione. Sul set capita che la troupe abbia un atteggian1enro più distaccato. Quindi ogni tanto ci sono ques te delusioni.

Parliamo delle ossessioni d'autore, ci sono delle tematiche che tornano sempre nei suoi film che caratterizzano tutto il suo lavoro cinematografico, che rappresentano una sorta di cifra stilistica. Si sono trasformate nel corso degli anni. Agli in izi, siccome c'era pili insicurezza, la vera ossessione era l'inquadrarura, la direzione del]'attrice. Lo sforzo maggiore era concentrato nel "fare" il film . Poi da Gli occhi stanchi l'ossessione è diventata un'alrra. Il film è divenraro più facile da girare e ha preso più spazio il ruolo femminile, che è di. ventato quasi. un'ossessione.

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Mi pare che anche l'oggetto filmico in sé abbia un'importanza centrale ... S1 però io divederei la mia fìlmografia in due: Voci d'Europa e Gli ultimi giorni da una parte e poi il resto. Ci sono srari quattro, cinque anni in cui sono staro fermo, ho farro alcre cose, ho lavoraro per altri, sono staro in Argentina e poi quando sono rornaro ho trovato un sentimento diverso nello scrivere e girare i fìlm. Se dovessi descrivere la mia "carriera" la farei iniziare da Gli occhi stanchi. I film sono anche diventati più necessari per me. Per quesco c'è se1npre il tentativo di mischiarli con la vira reale. Perché per me non c'è una differenza netta, non ne sento il bisogno. Mi viene naturale. .. É un'esperienza ralmenre intensa quella di fare il film che in esso devo inserire quello che succede incorno a me e dietro la cinepresa. Cimpressione di verità, di realtà era già presente in Voci d'Europa, ma nei film successivi in maniera molro più cosciente. Me ne accorsi menrre scrivevo Gli occhi stanchi, ma sopratturro durante le proiezioni di quesro fìlm: mi resi conro che la protagonista veniva scambiata per una prosricuta e non veniva capito che era un film di finzione, per cui c'era sempre molta solidarietà, affeno. Invece era un'attrice...

La totale incapacità di distinguere la realtà dalla finzione io l'ho provata guardando i film con Paloma Calle. Dipende sia dai personaggi femminili sia da chi li interpreta. Con l'arrrice polacca non c'era rutta questa confidenza né in posirivo né in negativo. Con Paloma ho giraco Corrispondenze Private, film quasi completamente improvvisaro, farro per me, proprio per farlo. Anche se poi ha avuto una sua vira distributiva. Ci siamo divertiti, io non ho mai sentito di essere in scena.

cornaro con il materiale abbiamo coscruico la storia pit1 al monraggio c he in sceneggiatura, per turri e sei gli episodi. C 'era uno spunto iniziale, delle note, ma era tutto da improvvisare sul momenco. Penso che consenta una spontaneità, un'agilità mao-o-iore. Poi dipende dal fìlm, ma in questo caso non sapendo nulla dei pos~i in quesr_ione era meglio gi_rare turco il possibile e poi dargli un ordme, una lmea nel montaggio.

Come nasce il suo personaggio sullo schermo? All'ini_zio era ~revisr? ~n personaggio maschile per ¼ci d'Europa, Ringo, 11 barrensra dei L1tfiba, che era mio amico. Poi lui è dovuro partire per la tournée, non aveva tempo, quindi all'ultimo decisi di farlo io. In realtà mi sono reso conto che il film era pensaco, scritto, prodotto, o meglio organizzato, vissuco da me con Monica Ramecra - a quel cempo eravamo molto legaci - e con al cri ragazzi che avevano fatto la s~uola con me e allora suonava strano inserire una persona estranea 111 un lavoro così sentito, personale. Quindi io non avevo in mente di recitare, infarcì non recito, "sto in scena" perché alla fine non avrei saputo n1ercerci nessun altro. Devo dire però che nel corso del tempo, a partire da Gli occhi stanchi, il personaggio maschile ha perso sempre più importanza a vanraggio di quello femminile, quindi . ,, . ' . . ormai non ce p1u un vero e propno personaggio, se sono in scena praticamente appaio come regista del film che sciamo facendo, come osservatore (per esempio in Occidente). M i suona strano adesso pensare a un ruolo maschile.

Mi sembra però che la sceneggiatura abbia una struttura complessa, nonostante l'importanza dell'improvvisazione...

Comunque in Cono Sur è importante il suo ruolo: un personaggio alfa \-¼ody Allen, impacciato, insicuro, pieno di complessi di inferiorità e manie di persecuzione... È vero, ma tutta la troupe ha un ruolo centrale ... Sia per Cono Sur che per IL peggio di noi molti registi mi hanno detto di pensarla come

In realtà nel corso del tempo ho cambiaro metodo. Da quando ho iniziato a lavorare con un'altra sceneggiatrice [Vanessa Picciarelli] lavoro p iù al montaggio. Ci sono delle note, degli appunti con cui abbiamo iniziato le riprese per Confini d'Europa. Però quando sono

m~, ma che non hanno mai il coraggio o l'occasione di esprimersi, qumdi mi sono detto: mi sacrifico e dico quello che un regista pensa, prova, sente durante la lavorazione del film. In alcuni casi aiuta ad alleggerire un po' la situazione.

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Non in li peggio di noi ... Quel fìlm non doveva essere leggero. Tra l'altro è nato in modo particolare, probabi!Jnence era già cucco pronco in cesta, però prima ho sericeo questo lunghissimo diario, poi ho ricominciaco a vedere il girato, ma non avevo idea di cosa farne e alla fine è venuta fuori da sola questa invertiva, apparente1nente violenta ma in realcà affettuosa. Indubbiamente si tratta di un film difficile, ho notaco alle proiezioni che giustamente c'è LU1a parte di pubblico che si alza e se ne va, però chi supera un primo sradio di smarrimento poi arriva alla comprensione, la gente ci si riconosce. Cerco una scrematura è inevitabile, ma credo sia una caratteristica costante del mio lavoro. in Confini d'Europa viene mantenuto uno stretto legame con la fiction anche se è preponderante L'aspetto documentaristico (almeno per alcuni episodi) ... Sì, lo spunco perlomeno. Io ormai sono convinco che non ci sia bisogno di distinzione fra finzione e documentario. Fin dai miei esordi ho incuito che sarebbe stato meglio distruggere queste barriere. Per esempio in Gli occhi stanchi credo che con la finzione si riesca a raccontare meglio la realtà che non con il documentario. :Candare a cercare questi luoghi lontani, l'essere sempre un po' sul margine, senza prendere una direzione precisa mi sembrava la soluzione migliore. Per quanto riguarda Confini d'Europa, fare sei documentari puri non mi interessava molto, volevo che ci fosse qualcuno che si muovesse in quei posti, un personaggio femminile che ci facesse da guida. Poi la finzione non deve essere per forza violenta, in questo caso risulta sfun1ata. Mi interessa soprattutto quello che assorbe chi vive in quei luoghi, ma dappertutto, non solo al confine, insomma quello che si · riflette sulle persone. Resta l'impressione che più che L'immersione totale nei Luogo, in realtà sia un viaggio introspettivo ... lo mi senco di appartenere a ogni posco in cui vado. Ovviamente ho smesso di parlare di me con Gli ultimi giorni e Cono Sur, però vado a cercare altrove le stesse sensazioni, emozioni che provo io.

IO

Non credo di cm lasciare nessun aspetto, però Israele è un argomenco molco delicato da trattare: può essere affrontato in modo frontale rischiando in questo modo di trascurare la quotidianità delle persone che vivono per esempio nei kibbutz, e come essi si sencono. Ecco, a me interessava quello. Per mia fortuna mai in nessun lavoro ho voluto dimostrare qualcosa sul luogo, anzi. Semmai l'approccio è sempre stato quello dj andare a vedere con massimo rispetto, curiosità, attenzione come si vive in altri paesi. A me interessava vedere come vivono queste comunità che si definiscono occidentali in luoghi che occidentali non sono, rappresentano una sorra di avamposto in territori totalmente estranei, ricchi di contraddizioni e in.cui convergono annose tensioni socio-politiche. Mi basta filmare le armi che tengono in casa invece di dire che dal punto di vista politico hanno un'importanza strategica. Mi accontento di suggerire: il film a resi è lonrano da ogni mia concezione. Se non ci fosse stato il ruolo della ragazza protagonista probabilmente non si sarebbe arrivaci al confronc~ , a una conoscenza più profonda della loro cultura. Ci tengo a sorrol111eare che il discorso demagogico mi interessa poco, anzi nulla. Poi mi piaceva molto l' idea di partire da una città come Tel Aviv, che inaspettatamente è una metropoli veramente occidentale, bellissima, dinamica e poi finire in queste comunità cosl chiuse, però nello stesso tempo affascinanti.

A tratti è inquietante... Ci sono degli aspecci della loro culrura molto difficili da comprendere. Per esempio non è contemplato che ci sia lì qualcuno non appartenente al loro popolo. Ma il mio viaggio è servico a sfatare alcuni pregiudizi: avevo un'idea di Israele del cucco fuorviante, pensavo che la religione avesse un ruolo predominante nella vira degli individui, invece no. Nel kibbutz per esempio non c'è nemmeno un osservante. Lo sraco è decisamente laico. Insomma mi ha sorpreso e affascinaco molto anche se non ci vivrei mai e anzi, se ne parlava con loro, io sono all'opposto: non ho alcuna propensione alla condivisione. Forse proprio Israele e la Moldova sono i luoghi che mi ha11no colpico di piL1.

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La Moldova perché? Perché è uno stato che incanto nessuno conosce e che viene scam• biaco per la Moldavia, per la Romania. Poi è molco arcaico: a parre la capitale, le campagne sembrano ferme al Medioevo. Come Rio de Onor del resro, solo che a Rio de Onor ero più preparato. La prota• gonista la conoscevo e me ne aveva parlato. Lì invece mi sono crovato catapultato in Lma realtà lontanissima, in contrapposizione fortissima con la città animata dalla presenza inquietante dei russi, con i suv dai veni oscurati, le guardie del corpo nei ristoranti ... e poi esci dalla città e ri ritrovi in questo paesaggio bucolico, dove cutti sono molto gen• liii. Hanno dimostrato una notevole graticudine per il fatto di essere andato lì a filmare e devo dire che la stessa accoglienza mi è Stata ri• servata anche quando sono stato in Romania per Eugen si Ramona. Insomma lei non riesce a concepire di fare film senza la componente del • ? maggto. In realtà io di film di viaggio, di così detci road movie, ne ho fatti solo due: ¼ci d'Europa (il primo episodio) e Cono Sur. In effetti c'è sempre un movimento interno al plot, ma il viaggio lo sento più come uno spunto per fare il film, 1ni affascina la scoperta di un posto lontano, che non conosco. Però alla fine mi sembra che i personaggi si sentano conllmque a casa.

spondenze privme, per esempio, si svolge quasi completamente in auto e sono i momcnri in cui si esplicita meglio la natura del rap• porro rra i due. Sempre Masoni parla di un forte senso del trash, Legato anche alle mu• siche popolari spagnole ... Anche israeliane adesso: è una new encry! Ma per me non è crash, secondo me il pop è quello che ci restituisce immediatamente l'animo del posto. Ogni cencacivo di ricostruire, o meglio di riprendere la re• alrà dei luoghi lo considero un po' invasivo. Anche se aggiungo io la musica in postproduzione, scelgo solo brani che si possono senrire in normali situazioni in quei paesi: per radio, nei negozi, negli uffici ... Poi mi piacciono anche alcune canzoni, quindi le senco sempre molco volenrieri, ma perché sono sempre quelle legate ai miei ricordi sul posto, sono le canzoni che andavano di moda quando giravamo.



Infatti riprendendo un'analisi di Ttellio Masoni2si può parlare di non-Luoghi nei suoi film: ci sono molte strade, autogrill, McDonald's, bingo... Perché sono i luoghi che mi interessano, che preferisco, e poi il paesaggio non ha moira importanza, mi interessa invece moltissimo quello che avviene nell'animo del personaggio, quindi i luoghi anonimi, tutti uguali, permettono al personaggio di muoversi più nacuralmente, di sentirsi più a suo agio e permetcono a me un'os• servazione migliore. Persino in Israele ho trovato una specie di au• togrill in mezzo al deserco dove la protagonista si attarda a scrivere. Mi piace riprendere questi luoghi e poi mi consentono di concen• trarmi sugli aspecci che prediligo. Il secondo episodio di Corri•

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Spesso si legge che i suoi film costituiscono un corpus unico, ma in re• altà non credo sia proprio così. Innanzi tutto noto una netta separazione tra Voci d'Europa e tutto ii resto come anche lei ha precedentemente sottolineato, poi ho notato un'autoreferenzialità sempre maggi.ore, come se nel corso del tempo il 'farsi" del film acquisisse sempre più importanza rispetto ai film stesso ... È vero, ma è sempre stato così. Diciamo che in ¼ci d'Europa per alcuni aspetti c'era libertà assoluta, quindi in alcuni momenti il no• scro lavoro poteva sfiorare il puro divertin1enco, sopraccucco nel primo episodio. ¼ci d'Europa rappresenta il momento in cui mi sono reso conto che era possibile lavorare in quel modo: siamo partici in quat• ero, con delle condizioni economiche davvero patetiche, ma alla fine siamo riuscici a porcare a termine il fì11n e piacque molto. Dunque era valsa la pena aver facto quella fatica. C'era la soddisfazione di essere andati lonrano, in condizioni precarie, e di aver otcenuro un risLÙtato che piaceva più di quanco ci aspeccavamo. E poi per me è stato deci• sivo perché ho capiro che era quello il modo in cui volevo lavorare. Ancora adesso sono orgoglioso di averlo facto in quel modo, con quelle persone, in quei posci. Già in voci d 'Europa e poi sempre di

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pit1, i momenti in cui giro un fìlm sono quelli i1l cui vivo più intensamente, quindi è talmente forte come esperienza che sento il bisogno di esplicitarla anche allo spettatore, di merceria in scena, di riprenderla. Può darsi che si tratti di esibizione, di autocompiacimento, però credo che sia un modo per avvicinare la scoria, quello che viene raccontato, alle persone. Insomma, c'è qualcuno che si sacrifica per cucci, si merce in scena, in "ridicolo", in discussione quindi, però poi c'è qualcun altro che ci si riconosce: è questo che mi ricompensa! A volte è anche divertente prendersi in giro, io mi prendo poco in giro riguardo al lavoro in generale, ma in scena tutto cambia. Non ho nessuna ironia sul valore che io do al lavoro, poi all'interno dei singoli lavori è divertente non prendersi troppo sul serio, merrersi in gioco, sopractutro nei film con Paloma veniva molto naturale anche per la confidenza che c'era tra di noi. Nonostante poi lei sia stata "vittima" di Il peggio di noi.

Però I marra è stato girato dopo quindi in realtà avete risolto le vostre divergenze ... Infatti sì. Ecco perché dicevo che nonostante abbia la vesce di invettiva in realrà può essere considerata una dichiarazione d'amore verso il fìLn (Palabras), verso chi lo fa, amore in senso lato ovviamente.

Ritornando alla tematica del ricordo: c'è un riciclo continuo di immagini già utilizzate in altri film, decontestualizzate, destrutturalizzate. Insomma ci si imbatte spesso in un discorso che assume una connotazione autoreferenziale: non teme che alla Lunga possa costitt.eire un Limite? Può essere, solo che io ancora vado avanti, a volre, con i rico rdi di ¼ci d'Europa, non è che ricostruisco esarra1nenre la situazione già vissuca, anche se ho farro anche quello. Però mi rifaccio a suggestioni, emozioni, persone incontrate che danno lo spunro o il titolo a film successivi . Poi da quando uso il video, che preferisco, riciclo anche le stesse immagini. No n lo so se è un limite, a volte i miei film sostituiscono la scrittura, a volte determinati ricordi, alcune persone incontrare, alcune esperienze vissute costituiscono uno spunto se non per

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g irare un nuovo fìlm, sicuramente per costruire un personaggio. C red o che il problema sia aggirabile riuti lizzando le irnma