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Italian Pages [28] Year 2015
© 2015 Zandegù di Marianna Martino ISBN 978-88-89831-60-1 Copertina di Davide Canesi www.zandegu.it [email protected] facebook.com/zandegu @Zandegueditore instagram.com/zandegueditore/
Scrivere ganzo!
Consigli per comunicare alla grande dal romanzo all’online Marianna Martino e Marco Alfieri [Zandegù]
Disclaimer
Questo manualetto non ha la pretesa di insegnare la grammatica, colmare lacune scolastiche o di essere preciso fino al midollo. Nasce dalla nostra – mia e di Marco – esperienza come editori di Zandegù dal lontano 2005. L’abbiamo fatto per parlare di scrittura (ganza) e di grammatica in modo leggero. Certo, anche per aiutare, se uno ha qualche piccolo dubbio. Ma soprattutto per far sapere che si può scrivere bene in modo facile e senza sudare sette camicie. E poi per confrontarsi su un argomento amato da molti (sì, è pieno di grammar-lovers là fuori!). Speriamo di essere utili.
Se vuoi rimanere aggiornato sulle malefatte della nostra casa editrice, sulle uscite degli ebook, sui corsi che organizziamo e sui nostri eventi pazzerielli, puoi seguirci sul nostro sito www.zandegu.it, su Facebook, su Twitter, su Instagram, o puoi iscriverti alla nostra newsletter cliccando qui. Per contattarci scrivi a [email protected] (è una email generica, ma rispondiamo noi!). Never forget (come cantavano i Take That): la socialità è importante! Se questo ebook ti è garbato assaje parlane sui tuoi social usando l’hashtag #scrivereganzo.
1. Introduzione: perché ci piacciono la grammatica e i testi scritti bene
Scrivere bene (cioè ganzo) non vuol dire usare roboanti aggettivi (tipo roboante, tanto per dire). Scrivere bene non vuol nemmeno dire avere una bella calligrafia (noi, per esempio, abbiamo una calligrafia simile ai geroglifici scritti da un pazzo). Scrivere bene, in realtà, significa produrre testi (email, presentazioni di un progetto, racconti, comunicati stampa, articoli di giornale) che abbiano un senso. Un senso per chi li legge, ovviamente. Cioè che si facciano seguire, che siano chiari, che siano leggeri. Leggeri non nel senso di gossip o amenità varie, ma nel senso più alto del termine (noi poi la leggerezza la adoriamo!): poco vischiosi, poco difficili, immediati, che arrivano (come dice Simona Ventura: «Mi sei arrivato!»). In pratica, che si fanno capire. Farsi capire non è scontato: quello che nella nostra testa è chiarissimo non sempre si traduce in testi puntuali e comprensibili agli altri. E solo perché iniziamo tutti a scrivere in prima elementare (beh, alcuni anche prima, ma noi siamo sempre rientrati nella media!), non significa affatto che tutti sappiano scrivere come dio comanda. Ci sono i problemi di struttura del testo. E quelli di comprensione. E poi quelli di sintassi. E anche di grammatica, punteggiatura, impaginazione, stile, ecc. Tutti questi problemi, se superati, diventano i punti di forza di un testo chiaro, breve e convincente. Un testo che incanta il lettore e lo accompagna nelle tue storie. Un testo che convince a comprare un prodotto. Un testo che accende nel lettore la voglia di collaborare con te.
A noi piacciono da matti i testi così. E ci piace scrivere in questo modo: chiaro e dritto al punto. In una parola? Ganzo! Noi ci proviamo, e le persone, da quando siamo in pista (cioè dal 2012 ma in realtà da molto prima), ci dicono che un grande pregio del nostro sito sono i testi comprensibili e trasparenti (nel senso che cerchiamo di dare tutte le informazioni con grande chiarezza, compresi i prezzi!).
Ma perché ci piacciono tanto i testi così? Beh, io e Marco siamo sempre stati un po’ secchioni, lo ammettiamo. Fin da piccoli abbiamo studiato tanto (però in classe eravamo quelli con la media dell’8 ma simpatici, non i secchioni che non fanno copiare, per intenderci).
E abbiamo sempre letto tantissimo. Generi diversi, epoche diverse, stili e linguaggi diversi. Questo ci ha fatto innamorare della grammatica e della buona scrittura. Da più grandicelli, come ogni adolescente che si rispetti, abbiamo entrambi scritto la nostra buona dose di poesie strappacore e di terrificanti racconti (non erano dell’orrore ma facevano parecchio cagare, come si dice a Oxford). Abbiamo capito che non eravamo portati per la scrittura come arte ma che scrivere bene – ribadiamo, nel senso di comprensibile e piacevole da leggere – era una cosa che ci apparteneva («T’appartengo e io ci tengo, se prometto poi mantengo.» NdE). Anche perché, nella nostra testolina, avevamo un sacco di belle idee.
Ci siamo incontrati nell’estate 2004. A ottobre ci è venuta l’idea di aprire Zandegù. E quando si hanno grandi idee (sogni?) bisogna saperle comunicare. Sennò chi ti segue?
2. Riflettere, lavorare e fare la scaletta
Lo diceva anche il grandissimo cantautore Fabrizio Moro (chiiiiiiii???): «Pensa, prima di parlare pensa». Noi, che ci rivolgiamo sempre ai più alti strati della cultura italiana quando facciamo degli esempi, ti diciamo che questo consiglio vale anche quando scrivi. Pensa. A lungo. Avere le idee chiare su cosa si vuole comunicare (e quindi scrivere) aiuta tantissimo, in seguito, nel processo di stesura. Non ci si siede alla scrivania – guardando un bellissimo tramonto sulle campagne dello Staffordshire, con un labrador ai propri piedi, un caminetto scoppiettante e un brandy tra le mani – e si inizia a scrivere. Noi crediamo di rado ai colpi di fulmine tra persone, figuriamoci tra idee e scrittori. Chi pensa che fare lo scrittore (e la cosa vale anche se si fa lo scribacchino, come dice Annamaria Anelli – nostra docente e business writer – cioè quando non si scrivono romanzi ma testi pubblicitari/ commerciali/professionali/articoli di giornale, insomma quando si scrive di mestiere) significhi essere in preda a potenti momenti di scombussolamento da ispirazione, come manco dopo aver mangiato chili piccante seguito da una granita con panna ghiacciata, si sbaglia di grosso. Fare lo scrittore (o lo scribacchino o lavorare in generale con le parole) è un lavoro. Certo, non duro come arare i campi sotto il sole di luglio, ma è un lavoro. Si fa fatica, non tutto viene al primo colpo, le frasi scritte fanno spesso schifo, si sta ore a rivedere un capoverso, si legge e rilegge mille volte per capire se si capisce. E visto che è un lavoro, va fatto con metodo. Quello che usiamo noi, quando per esempio scriviamo i testi del nostro sito, o i comunicati stampa per promuovere Zandegù è, come dicevamo prima, iniziare avendo le idee chiare. Riflettiamo attentamente su cosa (contenuto) e come (stile/tono di voce) vogliamo scrivere. E pensiamo anche ben bene a chi stiamo parlando: perché sappiamo che non stiamo tenendo un discorso a reti unificate in mondovisione. Parliamo a poche favolose persone (tipo tu che ci stai leggendo e no, non ti stiamo adulando!) e vogliamo che ci capiscano bene e amino quello che scriviamo e il modo in cui lo facciamo.
Dopo che ci abbiamo pensato ben bene e ci siamo confrontati tra di noi (e se si tratta di lavoro, ma anche di racconti o romanzi in realtà, è una cosa che va fatta. E sì, ci scanniamo tantissimo perché la vediamo sempre in modi diversi!) insomma, solo allora facciamo la famosa scaletta. Che non è un vezzo.
Con la scaletta scriviamo più velocemente, con meno tentennamenti e le nostre giornate di lavoro sono più efficienti e meno caotiche. Non male, no? Di solito, prima buttiamo giù i macro-argomenti del testo che vogliamo scrivere e poi pensiamo a
La scaletta serve tantissimo.
spacchettare ogni macro-argomento in sotto-argomenti. Più spacchetti (tipo a Natale sotto l’albero)
Ti fa buttare giù gli argomenti (o i capitoli) di quello che vuoi scrivere, ti aiuta ad avere tutto nero
più dopo diventa una passeggiata scrivere: hai praticamente già tutto lì sul piatto. Devi solo collegare
su bianco per capire se regge, se ha senso, se manca qualcosa. E ti fa da bussola quando poi, sul serio, inizi a scrivere. Noi (vabbè, Marianna in particolare) siamo dei control freak, cioè dei maniaci del controllo (tipo che prima di uscire di casa lei verifica 100 volte che il gas sia chiuso). Una scaletta è il modo socialmente accettabile per avere la padronanza completa di quello che scriviamo. Per non perderci, e soprattutto per facilitarci la vita.
i puntini! Scrivila al pc o su un foglio di carta: il modo non conta, basta che tu ce l’abbia davanti. Diventerà la tua alleata più preziosa, come manco Robin per Batman. E dopo, una volta fatta la scaletta, si inizia a scrivere, cioè a lavorare sul serio.
3. Le 5 regole per un testo comprensibile: check list
Qualunque cosa tu stia scrivendo, l’about page del tuo sito, l’email per un lavoro, la presentazione di un progetto, un comunicato stampa, ci sono una manciata di cose che, secondo noi, dovresti sempre fare.
1. Le 5 W del giornalismo aiutano a focalizzare i punti Se la scaletta ti risulta difficile da compilare, le prime volte ti consigliamo di sfruttare le famose 5 W del giornalismo: What (cosa), Who (chi), When (quando), Where (dove), Why (perché). Secondo noi servono per iniziare a scrivere i punti essenziali del tuo testo senza dimenticare niente. Poi infiocchetti, completi, arricchisci. Noi le 5 W le usiamo spesso, soprattutto nelle presentazioni (tipo quelle in PowerPoint), proprio come titoli dei capitoli, perché aiutano te a chiarirti le idee su ciò che vuoi dire, ma anche il lettore a capire subito cosa gli vuoi comunicare e a imprimerselo bene in mente.
2. Brevità Certi pensano che i testi molto lunghi e corposi siano sinonimo di consistenza, di idee che pesano, di professionalità. Ci spiace deluderti, ma i testi prolissi sono molto spesso (non sempre eh, ma spesso) il risultato di chi non ha affatto le idee chiare su quello che vuole dire. Un testo breve va dritto al punto, si fa capire meglio e si ricorda più facilmente. Testi brevi e frasi brevi. Negli anni, abbiamo ricevuto manoscritti con paragrafi lunghi più di mezza pagina, a volte senza nemmeno una punteggiatura corretta che aiutasse a capire il senso della frase. Scrivere frasi brevi è più facile. Si sbaglia meno. Ci si fa capire meglio.
3. Chiarezza: le domande da farsi Che poi sarebbe: ma si capisce? Perché – e questa è una regola talmente importante che potresti anche pensare di tatuartela addosso – non si scrive per sé (a meno di parlare di un diario o della lista della spesa), ma per gli altri. Bisogna sforzarsi a tutti i costi di mettersi nei panni del potenziale lettore: capirà? Gli verranno dei dubbi? Se sì, quali? Possiamo rispondere ai principali con delle FAQ (Frequently Asked Questions) o
rendendo il testo più dettagliato? Fa’ leggere il tuo testo a un parente o a un amico: che domande ti fa? Ha capito tutto? Chiedigli di spiegarti in poche parole di cosa parli. Intervistalo. Fa’ un po’ di prove e vedi se ci sono dei punti che tutti non capiscono e decidi come intervenire. Noi, per dire, facciamo leggere i nostri testi al papà di Marianna: è molto obiettivo e ci dà sempre una prospettiva interessante su cosa va e cosa no.
nalmente e tempestivamente spediti in tutta Italia». Uff che pesante! Potiamo ’sti avverbi che rompono solo le scatole e usiamo parole che dicano qualcosa. Sono così vaghe che potrebbero essere state usate da 100 aziende in modo indifferente. Esempio: «I nostri prodotti sono realizzati da oltre 50 anni solo con filati di pregio, per la precisione con lana di alpaca boliviani. Lo sai che la lana di alpaca non ha lanolina, non dà allergie e non infeltrisce? Così i nostri maglioni sono naturali ed ecologici e durano una vita! I nostri prodotti sono conosciuti in tutto il mondo (distribuiamo in Cina, USA e Australia). Li spediamo entro 5 giorni dal tuo
4. Parole che non dicono niente e che appesantiscono Proprio per essere chiari, è bene fuggire dalle parole vuote come se fossimo davanti a un T-Rex su
ordine in tutta Italia, 15 giorni nel resto del mondo». Chiaro e senza aggettivi in –mente!
un’isola dove si sono divertiti a giocare col DNA dei dinosauri. Ci sono parole che non vogliono davvero dire un tubo (sempre citando Annamaria Anelli, guarda il suo intervento al Freelance Camp per sapere tutto sulle parole vuote). Specie gli aggettivi: «Era un ragazzo strano». Sì, ma strano in che senso? Che fa paura? Che mette a disagio? Lontano dalla normalità? Disturbante? Buffo? Originale? Vedi quante cose potrebbe voler dire «strano»? Oppure, sono ormai privi di significato reale molti dei termini che si trovano sulle about page dei siti
5. Rileggere Se pensi che sia buona la prima, non andrai tanto lontano. Una delle cose che chi scrive testi ganzi fa più spesso è rileggere. La prima bozza non è mai la definitiva: tocca, come si dice nell’ambiente, lavorare di cesello. Leggi, rileggi, correggi, lima, taglia, aggiungi, chiarisci, fai leggere ad altri, poi altri, fatti dire, riscrivi, cambia, sposta e infine rileggi! A ogni lettura il testo diventa più chiaro, sintetico, preciso, tuo.
aziendali: «prodotti di qualità», «materie prime d’eccellenza», «leader del settore», «venire incontro
A ogni lettura ti distacchi un po’ e lo vedi con gli occhi del lettore esterno.
alle tue esigenze», «processi innovativi». Ma cosa vogliono dire? Non puoi dirmi in 3 parole cosa fai e
A ogni lettura trovi gli errori, i refusi, i verbi che non vanno e migliori di brutto quello che hai scritto.
come?
Rileggere è difficile, ma necessario.
Esempio: «Facciamo maglioni di cashmere con la lana di alpaca boliviani, uno tra i filati più pregiati al mondo, perché ci teniamo a produrre capi caldi, che durano nel tempo e non fanno i pallini e li produciamo in modelli molto classici per far sì che non passino di moda in fretta. Insomma, potrai tenerli nell’armadio per anni e saranno sempre belli, morbidi e caldi». Non è molto meglio? Tra le parole che rendono tutto pastoso come una palude di fango ci sono gli avverbi modali, cioè quelli che finiscono in –mente. Probabilmente (Ah! Ah! Ah!) siamo influenzati e di parte, ma non possiamo che dare ragione a Marco Lazzarotto, nostro docente del corso Narrativa 101 (uno dei nostri fiori all’occhiello!). Lui li odia con tutte le sue forze. E si infuria come manco Mike Tyson prima di staccare un orecchio a Evander Holyfield. «I nostri prodotti sono qualitativamente superiori, naturalmente ecologici, conosciuti internazio-
4. Strafalcionario: gli errori più comuni che si vedono in giro, da evitare come la peste
Purtroppo, dall’avvento del T9 sui cellulari, la situazione degli errori di grammatica è nettamente peggiorata. E anche Internet non ha aiutato: occhio, non stiamo affatto colpevolizzando la rete (chi è causa del suo mal pianga se stesso!) ma con la scusa che stiamo tutti postando di corsa, magari mentre camminiamo col cellulare in mano, pensiamo sempre che ogni strafalcione sia perdonato e forse anche concesso. No, non è così: anche online, come vedremo più avanti, la correttezza di quello che si scrive è da usare tanto, come la frutta nella dieta. Se pensi di essere un caso disperato, ci spiace deluderti, ma la nostra guida non potrà aiutarti molto. Leggere tanto invece sarà la cura adatta per capire come funziona la grammatica italiana. Se invece hai solo qualche dubbio attanagliante quando devi scrivere proprio quella determinata parola e non sai se ci vanno le doppie o le triple, allora ecco per te il nostro «Strafalcionario»: ti viene in soccorso come nemmeno i Ghostbusters. Qui troverai sostantivi-avverbi-aggettivi-verbi-accenti-apostrofi e chi più ne ha più ne metta in ordine tematico e alfabetico. Sono quelle carogne della lingua italiana che fanno vacillare, giuriamo!, anche il signor Accademia della Crusca di tanto in tanto. Consultalo ogni volta che hai un dubbio per toglierti la paura e scrivere ganzo!
A chi parli? Questo problema ce l’abbiamo spesso anche noi: inizi il tuo bel testo parlando a un generico voi e poi improvvisamente c’è una virata che manco Mascalzone Latino al tu. Esempio: «I nostri maglioni di alpaca sono perfetti se siete freddolosi ma non volete preoccuparvi dei pallini dei vostri capi. Inoltre, ti semplificano la vita perché sono venduti in colori neutri che si abbinano con tutto. Cosa vuoi di più?». Stabilisci fin da subito se vuoi parlare a un tu o a un voi e prendi quella strada. E quando rileggi, controlla di non aver preso qualche deviazione!
Accenti Ebbene sì, come diceva la mia maestra delle elementari, non è che si buttino a caso sui tuoi testi come il sale nell’acqua della pasta. Vanno messi con giudizio, sulle parole che lo richiedono. E vanno messi giusti, perché ci sono vari tipi di accenti e non li hanno fatti diversi così per hobby.
Apostrofi Sempre la mia maestra diceva che l’apostrofo è la lacrimuccia che la parola versa quando una sua parte viene tagliata, prima o dopo. E fai attenzione a maschili e femminili quando usi il pronome UNO / UNA: un amico non ha l’apostrofo; un’amica sì (perché starebbe per una amica, cade la A, lacrimuccia).
Gli/Le Va bene che ora c’è la teoria del gender però in grammatica maschile e femminile vanno ognuno per la sua strada. Se il soggetto della tua frase è maschio ci va Gli. Se è femmina ci va Le. NO: Ho detto a Marta che gli davo un passaggio. SÌ: Ho detto a Marta che le davo un passaggio. E al plurale? Non è GLI come si potrebbe pensare ma LORO. NO: Gli ho detto di venire a cena (sennò sembra che ti rivolgi alla terza persona singolare). SÌ: Ho detto loro di venire a cena. Ormai però, come fa notare Andrea De Benedetti nel libro Val più la pratica: piccola grammatica immorale della lingua italiana: Gli al posto di Loro, almeno nel parlato, è pratica ormai quasi assodata, infatti sembra molto strano dire: «Ho dato loro le chiavi», mentre ormai pare più naturale dire: «Gli ho dato le chiavi».
L’uno/L’altra Qua contano i due protagonisti della frase. Se sono Mario e Federica: «Non l’ho detto né all’uno (Mario, maschio), né all’altra (Federica, femAttenzione che le povere parole non vengono potate come siepi solo alla fine, ma anche all’inizio. Occhio all’inclinazione dell’apostrofo che in questo caso va da in alto a destra verso il basso a sinistra. Come nei casi seguenti: ’90 (cade 19-, quindi si scrive «anni ’90») ’sto (cade que-, «’sto film è tremendo»)
mina)». Se sono Mario e Pietro: «Non l’ho detto né all’uno (Mario, maschio), né all’altro (Pietro, di nuovo maschio)». Se sono Giulia e Federica: «Non l’ho detto né all’una (Giulia, femmina), né all’altra (Federica, femmina)».
’sta (cade que-, «’sta cosa non la capisco!») Un’altra cosa importante è che gli apostrofi NON sono degli accenti. Quindi basta scrivere perche’, cioe’, e’, ecc. Anche con le maiuscole non avete scuse: «E’ andato» non si può guardare. Si scrive «È andato». E infine dipaniamo la matassa intricatissima che alberga intorno al «Ce n’è» (si scrive così). Ce senza apostrofo e accenti + n’è. Starebbe per «Ce ne è», cade la E di ne, lacrimuccia e via discorrendo. Quindi stop dimentica orrori come «C’è ne per tutti!» o «C’è n’è per tutti!».
Parole insidiose Hanno le doppie? O no? Come si scrivono? Ne abbiamo di parole che fanno dannare l’anima! Ecco come si scrivono correttamente. •
Accelerare (2 C e 1 sola L)
•
Aeroporto (non aereoporto)
•
Beneficenza (senza I tra la c e la e)
•
Chiacchierare (CHIAC-CHIE-RA-RE / No a chiaccherare, ché non si può leggere)
•
Obiettivo (1 sola B non 2)
•
Pneumatico
•
Chirurgo / Chirurghi
•
Proprio (e non propio)
•
Ciliegia / Ciliegie
•
Purtroppo (e non pultroppo)
•
Doccia / Docce
•
Soprattutto (con 4 T)
•
Grigio / Grigie
•
Soqquadro (sembra anomalo ma ha davvero la doppia Q)
•
Malvagia / Malvagie
•
Zeta: Elezione (le parole che terminano con -zione hanno sempre una sola Z)
•
Pioggia / Piogge
•
Zeta 2: Novizia (le parole che terminano con -zia hanno sempre una sola Z, tranne razzia e paz-
•
Psicologo / Psicologi
•
Provincia / Province
•
Spiaggia / Spiagge
•
Valigia / Valigie
zia che di zeta ne hanno 2) •
Zeta 3: Ospizio (le parole che terminano con -zio hanno sempre una sola Z)
Piuttosto che Sono almeno 10 anni che si dice ’sta fetenzia di «piuttosto che». Una cosa che se potessi taglierei la lingua a tutti quelli che lo dicono. È nata di sicuro in qualche salotto del pomeriggio televisivo, di quelli dove si parla dei morti ammazzati, del meteo e delle gravidanze delle letterine. La dicevano per darsi un tono, perché fa figo, suona da intelligentoni. E poi tutti, pecoroni, ad andare dietro a ’sta monnezza linguistica. «Piuttosto che» ha un significato, perdincibacco. Usiamolo correttamente. E scusa se a noi Zandezii ci è cresciuta una scopa in culo e siamo un po’ tesi, ma devi proprio capirci: è una vera Caporetto grammaticale. «Piuttosto che» si usa per esprimere una preferenza, non un elenco. Non si dice: «Mi interesso di cucina, piuttosto che di sci, piuttosto che di salsa e merengue, piuttosto che di astronomia». Si dice invece: «Preferisco andare al lavoro coi mezzi piuttosto che in auto». «Piuttosto che andare in centro, sabato andrò al parco».
Plurali insidiosi Quando le parole non sono single, iniziano le complicazioni. Ci sono un sacco di plurali che ci fanno fare giacomo-giacomo alle ginocchia. Eccone alcuni! •
Arancia / Arance
•
Belga / Belgi
•
Camicia / Camicie
Punteggiatura Continuiamo il nostro strafalcionario con la punteggiatura. Sembra un insieme di segnetti piccoli e da niente, invece contano tantissimo. La punteggiatura va messa con giudizio, nei punti giusti, come le decorazioni di zucchero su una torta. Non scrivere frasi lunghe come la Divina Commedia: ogni tanto metti dei punti, delle virgole e perché no, persino dei punti e virgola! Ricorda che lo spazio va DOPO il segno di punteggiatura e non prima e che non ci sono spazi tra la parola e il segno. •
NON OK: Maria , che aveva 20 anni ,non sapeva ancora molto della vita.
•
OK: Maria, che aveva 20 anni, non sapeva ancora molto della vita.
Per tutti gli approfondimenti su come e quando usare i vari segni, ti rimandiamo al capitolo 7 con le risorse.
Signore e signori Un po’ di cavalleria, per diamine! Si dice «Signore e signori», prima le signore e poi i signori. E men che meno, come dicono in molti: «Signori e signori». Le signore ci sono, ricordalo!
Tempi verbali
Congiuntivo La bestia nera di ogni intervistato per strada al Tg. «Sì, penso che è proprio una bella manifestazione dove portare i bambini». Non abbiamo altro da aggiungere. Condizionale «Se andava piano, non finiva contro la vetrina del secsi sciop.» La seconda bestia nera di ogni intervistato per strada al Tg.
Tono Ok, ora sai tutto su come scrivere in modo chiaro, preciso, breve ed efficace. Ora manca solo la tua personalità! Un fattore essenziale perché un testo sia piacevole. Una volta che hai trovato la tua voce, unica e irripetibile, scegli che tono usare: se stai scrivendo una brochure medica non potrai sparare battute come Louis CK. Se stai scrivendo l’about page del tuo blog puoi decidere di essere molto formale o di essere super intimista o incredibilmente divertente: dipende tutto dal pubblico al quale vuoi rivolgerti. Tipo: chi non apprezza il sense of humor e le metafore azzardate, probabilmente non leggerà i nostri ebook, non verrà ai nostri corsi o non seguirà il nostro blog. Avere una voce unica e un tono specifico non è facile: è questione di allenamento alla scrittura e di esperienza. Ne parla anche Gioia Gottini – nostra autrice e docente – nell’ebook Tutto fa branding (2015, Zandegù).
5. Anche l’occhio vuole la sua parte: 10 regole +1 per impaginare un testo su Word
Uno si sforza tanto, controlla che il testo sia bello, chiaro, lo rilegge, va a caccia degli errori come manco si fa coi peli superflui prima del mare e poi non impagina bene. È come una torta buonissima ma decorata male, tutta storta, che sborda dalla teglia e con la glassa messa a macchia di leopardo. O come un bellissimo regalo impacchettato alla bell’e meglio. Insomma, anche la presentazione o la confezione contano. E siccome qua non si parla di torte o regali ma di testi, il packaging è l’impaginazione. In anni di manoscritti ricevuti, ci sono arrivati non sai quanti romanzi scritti in corpo 8, in Comic Sans (uno dei font che ha più patito il peso del tempo: io nei gloriosi anni ’90 ci ho fatto tutte le tesine delle medie, con in più i titoli in rosa. Ma avevo 11 anni. Prendi nota), con interlinea singola e senza margini. Cioè così.
Di’ la verità: la leggeresti per intero una cosa del genere? Quindi anche tu non incappare in questo errore da principianti.
Per impaginare non bisogna lavorare nel campo grafico: servono 10 regoline +1 che ti spieghiamo qui passo passo. Abbiamo scelto Word perché è il programma di video-scrittura più diffuso, ma valgono anche se usi Pages per Mac o altri programmi (tipo LibreOffice).
A sinistra è per molti più leggibile e piacevole. A destra è perfetto per le date all’inizio di un preventivo / fattura / lettera e per la tua firma al fondo dei documenti. Ma anche per citazioni, esergo, dediche.
Sono consigli davvero ganzi, facili, veloci e che danno buoni risultati.
Giustificato dà un senso di precisione, ordine ed è tipico dei libri.
1. Font e colori
Sempre per il discorso di non avere un muro di parole illeggibile, usa senza indugio l’interlinea.
I font o caratteri sono fondamentalmente di 2 tipi: con le grazie (serif) – cioè con le lettere che ter-
Word di default ti dà la singola ma per rendere tutto davvero fluido, ti consigliamo l’interlinea 1,5
minano con delle codine, come nel Times New Roman – o con i bastoni (sans-serif) cioè lineari come
punti.
nell’Arial. Quale che sia la tua scelta, preferisci sempre un font che sia molto leggibile e non stanchi l’occhio.
5. Grassetti e italic Per evidenziare i titoli e i titoletti o per mettere in luce le parole chiave del tuo testo, usa i
Punta su font standard, molto usati come appunto Times New Roman, Arial, Calibri, Cambria, Georgia
grassetti o bold. Fallo con giudizio e parsimonia, ma fallo ché è utile. Specie se il tuo lettore è uno
Evita come la peste i font super gotici come Lucida Blackletter e quelli troppo svolazzanti come
che fa skimming, cioè legge rapidamente dando brevi occhiate alla pagina in cerca di quelli che reputa
(noi lo usiamo per i nostri ebook) o Helvetica. Zapfino.
i concetti principali.
E usa sempre il colore nero. Usa invece il corsivo o italic per i titoli di film o libri, per le parole straniere, per le parole che vuoi 2. Punto carattere
davvero enfatizzare.
È la grandezza del font. Di solito per un testo che si legga bene senza diventare ciecati basta un 12 punti. 14-16 punti per i titoli. Se hai una gerarchia di titoli (titolo capitolo, titolo paragrafo) puoi optare per 16-18 per i primi e 14-16 per i secondi.
6. Elenchi puntati Un altro modo per rendere la lettura facile è quello di usare senza paura i punti elenco, sia quelli con i numeri che quelli con i pallini. Sono fantastici per trovare tutto subito e in modo chiaro. Per esempio se volessi elencare i pregi del tuo prodotto (e torniamo all’esempio dei maglioni):
3. Paragrafi
•
100% lana d’alpaca
Con questo termine parliamo di quei blocchi di testo all’interno di un capitolo o brano che si fanno
•
da commercio equo e solidale
riconoscere perché sono segnalati da un rientro alla prima riga (cioè una parte di testo che rientra ver-
•
prodotto in Italia
so destra rispetto al margine) o da uno spazio bianco tra di essi.
•
garantito senza pallini per 5 anni
•
tinto con tinture atossiche e anallergiche
•
confezionato in una busta che contiene 10 cartine anti-tarme in omaggio
I paragrafi servono tantissimo: il testo non è un muro compatto e con il loro aiuto diventa arioso e leggibile. Dividono i vari argomenti di cui parla il testo, e rendono più facile la loro focalizzazione.
4. Allineamento e interlinea
7. Margini
Un testo può essere allineato a sinistra, a destra o giustificato.
Lascia almeno 2 cm di margine dal bordo della pagina (Word lo fa in automatico) sia a sinistra sia a
destra. Aumenta il margine nel caso di testi particolari, come per esempio una poesia.
Se all’interno del tuo testo ci sono dei riferimenti a fonti esterne, usa pure i link così il lettore clicca e si fa portare in giro. Sono utilissimi sulle pagine web (quando vuoi linkare siti partner, post utili,
Il lampo di Giovan-
pagine interne del tuo sito) o negli articoli di giornale che citano varie fonti o negli ebook per gli ap-
ni Pascoli
profondimenti. Su Word basta evidenziare col mouse la parola che vuoi linkare, cliccare il tasto destro del mouse e
E cielo e terra si mo-
andare su Collegamento ipertestuale. Lì puoi copiare il link che ti interessa: non dimenticare l’http://
strò qual era:
prima del www. sennò il link non funzionerà.
la terra ansante, livida, in sussulto;
10. Fotografie e immagini
il cielo ingombro, tra-
D’accordo non c’entrano per niente con le parole, ma ormai quale testo non è corredato da foto o
gico, disfatto: bianca bianca nel taci-
grafiche? Questo sicuramente lo sai. Quello che magari non sai, è che non si possono prendere indiscrimina-
to tumulto
tamente le foto in giro da Internet solo perché sono in rete. È violazione del copyright e noi non voglia-
una casa apparì sparì
mo venire meno al diritto d’autore, vero?
d’un tratto; come un occhio, che,
Quindi usa soltanto immagini in Creative Commons: sono gratis ma richiedono la citazione della sigla omonima (ogni foto ha la sua ma c’è scritto cosa fare, no worries) + il nome del fotografo.
largo, esterrefatto,
Altre foto invece sono completamente free: gratuite e senza bisogno di attribuzione.
s’aprì si chiuse, nella
Qua c’è un bell’elenco di Ehiweb con un sacco di archivi fotografici gratuiti: hanno foto belle e in alta
notte nera.
risoluzione perfette per i social e per i tuoi post. Molte si possono usare anche per scopi commerciali!
8. Titoli e piè di pagina I titoli tengono insieme i paragrafi sotto uno stesso macro-argomento, come nemmeno la Coccoina. Basta farli in un punto font più grande e/o in grassetto. Anche in questo caso semplificano la lettura: a colpo d’occhio è facile individuare cosa ci interessa se il testo è dinamico e intervallato da titoli, spazi bianchi, elenchi e parole in grassetto o corsivo. Ovviamente, i titoli si usano anche per evidenziare i diversi capitoli di un testo. Il piè di pagina è utile per inserire su ogni pagina del documento quelle informazioni che vogliamo che siano sempre sott’occhio. Perfetto per la carta intestata della propria ditta, noi lo consigliamo anche per i manoscritti che si mandano agli editori. Nel piè di pagina puoi scrivere i tuoi recapiti (nome e cognome, email e telefono) e anche il titolo del romanzo/raccolta di racconti.
Per grafiche veloci, facili da fare e gratis c’è il famosissimo Canva. Ti registri, apri il tuo documento (ce ne sono di preimpostati e comodi perché già settati con le dimensioni corrette per i social) e, semplicemente trascinando gli elementi che trovi nella colonna di sinistra, puoi realizzare grafiche davvero deliziose. Prova e per almeno 3 giorni non riuscirai a fare altro!
11. Conteggio parole = cos’è una cartella Se vuoi fare lo scrittore, se lavori come giornalista o copy e devi fare un preventivo, è indispensabile, quando si parla di scrittura, che tu sappia cos’è una cartella editoriale, per quantificare il tuo lavoro. Diciamo che è un’unità di misura. Una cartella corrisponde a 1.800 caratteri spazi inclusi (per la precisione 60 battute per 30 righe). Per caratteri, si intendono le singole lettere o i segni di punteggiatura.
9. Link
Se sono su Word, come lo calcolo? Semplice: vai su Strumenti > Conteggio parole e il programma
calcola quanti caratteri, parole, ecc. hai scritto fino a quel momento. La cifra divisa per 1.800 ti dà il numero di cartelle.
6. E online?
Quando si accende il computer ormai è Wild Wild West. Siccome Internet è un posto fantastico e molto libero si pensa che la cura, la grammatica e il buon senso vadano a Frittole. Invece proprio no. Non è che vai in piazza in mutande, sputando e urlando (o sennò diccelo che veniamo a vederti!). Stessa cosa. Anche se a dirla tutta, su Internet ormai chiunque urla e posta foto in mutande, ma vabbè. In questo capitolo, in ordine casuale e spontaneo, ecco a te carrettate di buon senso da usare online!
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Post e social: quali regole valgono su Internet?
Tanto per cambiare, anche su Internet valgono le solite regole: brevità e chiarezza. E un pizzico di ironia, specie sui social, è gradito. L’importante è non essere prolissi e autoreferenziali. Raccontare di sé va bene ed è anzi molto apprezzato, ma non ci interessa ogni quanto vai in bagno. Affinché ti segua, il lettore si deve riconoscere e affezionare. Offrire contenuti interessanti e che possano essere condivisi è il miglior risultato possibile. Anche se i testi sono micro (pensiamo a Twitter) non per questo la grammatica deve essere messa nel ripostiglio delle scope: occhio ai refusi, agli accenti, ai maschili/femminili, ai plurali, ecc.
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Non si scrive tutto maiuscolo
RIPETIAMO, NON SI SCRIVE TUTTO MAIUSCOLO. PER LA NETIQUETTE EQUIVALE A URLARE COME UN CORMORANO DAVANTI A UNA SOGLIOLA. FERMATI: È MALEDUCATO!
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Abbasso i puntini di sospensione
Non capiamo da dove sia arrivata questa moda, ma ci sono genti che amano scrivere mettendo puntini di sospensione ovunque. Noi personalmente gli daremmo fuoco. Non è che si voglia essere cattivi. Ma il fuoco è la sola soluzione, fidati. Le regole dei puntini sono: 1) i punti di sospensione sono 3. Non 2, non mille. Sono 3; 2) si mettono al termine di una frase che è sospesa: «Sarei venuta al matrimonio di Catia ma…»,
«Ma cosa, Susanna?», «Non volevo rivedere Pietro!». Ci sono invece genti che li digitano dappertutto. Come dicono a Boston, li mettono «a cazzo». Esempio. Ciao……… come va? Ieri sono andata a fare aperitivo con Marta…………. Mangiato benissimo……….. noi quando ci vediamo????................... baci NB: anche i punti esclamativi e i punti interrogativi, solo quando vogliamo enfatizzare una domanda o un’esclamazione, vanno in gruppi di 3. Non di 50.
Scrivimi qualcosa di personale, che mi colpisca, pensato per me e fallo in poche parole. Anche perché per tutto il resto ci sono…
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Gli allegati
Mandane pochi: c’è chi ci ha allegato 50 racconti in 50 singoli file. Diciamo 2? Oppure uno zip, ma ammettiamo di scoraggiarci se lo apriamo e scopriamo che ci sono dentro 10 file. Non mandare allegati (1 o 100 non importa) che pesino più di 5-6mega: intasano la posta di chi
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Commentare con parsimonia e come se fossimo davanti a nostra nonna
Non tutto quello che viene scritto in rete necessita un tuo commento e una tua opinione, fidati. Astenersi, contare fino a 100, pensare se dal vivo si direbbero le stesse cose in faccia alla persona che vogliamo ricoprire di insulti o battutine, capire se ci nascondiamo dietro l’apparente anonimato del pc. Sono le cose migliori da fare prima di commentare online. Se il tuo commento lo ascoltasse tua nonna, ti prenderebbe a ciabattate? Ecco la tua risposta.
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Mondo email. Non si scrive l’email nell’oggetto e altre cose sull’oggetto
Di email ne riceviamo tantissime: proposte di pubblicazione, richieste di lavoro o di collaborazioni per corsi ed eventi. Alcune sono proprio carine e ti fanno venire voglia di saperne di più su chi le ha mandate. Altre, spiace dirlo, fanno venire voglia di buttarsi giù dal balcone. Per esempio c’è chi ci ha scritto il testo dell’email nell’oggetto. No comment. C’è anche gente che scrive l’oggetto tutto maiuscolo: da evitare. Stai forse urlandomi qualcosa? Però c’è anche gente che non lo scrive, l’oggetto. Come potrò recuperare velocemente un’email nel mio programma di posta se non mi hai specificato di cosa si tratta?
riceve e fanno salire la rabbia oltre i livelli di Hulk. Occhio al nome dei file. Curriculum, romanzi e progetti non possono chiamarsi: «CV» o «CV_ REV_02_MARCODEF» oppure «Versione 1». Come li ritroverò se li salvo e voglio cercarli nel mio pc? Non complicare la vita di chi riceve i tuoi allegati e non pensare che possa rinominarli lui uno per uno. Se mandi un tuo testo in giro (per esempio un romanzo) vuol dire che ci tieni. Quindi fatica un po’ e mettici tanta cura. Il nome giusto per il cv è il tuo: Maria_Rossi_CV Per un romanzo: Titolo_nome_cognome Per una presentazione: Nome_Progetto
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I recapiti
Abbiamo ricevuto centinaia di email senza recapiti né nell’email, né nel file, non firmate e con l’indirizzo di posta elettronica del mittente che suonava tipo [email protected] Aiuto! Metti i tuoi recapiti (nome, cognome, telefono ed email) all’interno dell’email e dentro il file, nella prima pagina.
L’oggetto è fetente: deve essere una sorta di micro-riassunto del contenuto dell’email ma deve essere abbastanza accattivante da farmi venire voglia di leggerla subito. Lavoraci su!
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Il CCN
Questa sigla significa Copia di Conoscenza Nascosta. Più chiaro di così! •
Ci sono gli a capo anche nelle email
Capiamo che, se stai mandando lo stesso manoscritto a più editori, o se stai facendo un mega invio
L’email non è un muro di parole. Sennò non verrà letta.
di cv, scrivere un’email a ogni singolo destinatario sia una scocciatura, però evita come le placche in
Usa anche qui a capo, grassetti (con giudizio), e le solite brevità e chiarezza. Non copiare il romanzo
gola di mettere tutti i riceventi in chiaro.
nel corpo email, non mandarmi la tua biografia nell’email.
È poco furbo ed è illegale.
Perché è poco furbo: se noi riceviamo un’email (non importa che sia una proposta di partnership,
All’editore tocca fare selezione tra i manoscritti inviati. A te tocca un po’ di lavoro. Se non sei un
un curriculum o un manoscritto) e non siamo i soli destinatari ci sentiamo presi in giro. «Ma come?
dilettante allo sbaraglio, se leggi e ami i libri, frequenti i siti di letteratura, sicuramente vai in libreria,
non corteggi solo me ma tutti insieme e nemmeno ti prendi la briga di tenermelo nascosto?». Cioè, è
conosci gli editori, le loro collane e cosa fanno. Dimostralo mandando il tuo sudato lavoro con giudizio
come se limonassi 3 ragazze/i a una festa, fregandotene se i limonati vedono il/la nuovo/a arrivato/a.
e magari accompagnandolo da un allegato con il nome corretto, impaginato in modo leggibile e con i
Si faceva in terza media. Poi si cresce. Ci fa pensare che se non puoi/vuoi fare la fatica di mandare le email una per una (o almeno in CCN) non sarai una persona precisa, attenta e consapevole con cui lavorare. Se poi nel testo dell’email (come capita) scrivi: «Adoro il vostro lavoro» e lo stai scrivendo a 100 editori insieme, come pretendi di essere credibile? Ovviamente lo so che stai giocando su più tavoli, ma cavolo!, noi editori siamo come una bionda a caso in un film tratto da Nicholas Sparks: accoglimi tra le tue braccia muscolose e fammi credere che il vero amore è per sempre. Perché è illegale: sì, non lo sapevi? Scrivere in chiaro a TOT persone che non si conoscono, divulgando così la loro email, è illegale: viola la legge sulla privacy. Oltre al fatto che così facendo chiunque potrebbe prendere la mia email e inserirla in altre newsletter senza il mio consenso. E quello è spam. Ocio!
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tuoi recapiti sopra. E magari scrivi un’email di accompagnamento breve, chiara, accattivante e personalizzata. Forse il tuo libro non piacerà, ma tu verrai ricordato come un autore serio, che sa quello che fa. 2) Ultimo consiglio (che non c’entra con la scrittura a dire il vero): non si pubblica a pagamento. Certo, nel mondo ci sono cose più gravi come le fochine ammazzate a bastonate, però secondo noi pubblicare a pagamento è triste e alimenta un mercato basato essenzialmente sulla truffa a persone non molto preparate, da parte di sedicenti editori che si approfittano dei loro sogni. Se proprio non puoi resistere all’idea che il tuo manoscritto prenda la forma di un libro fatto e finito con una copertina e il tuo nome bello grande sopra, noi ci sentiamo di consigliarti due strade: il self-publishing (cioè l’autopubblicazione e ci sono un sacco di aziende che ti aiutano in modo serio e a prezzi onesti come YouCanPrint o, se vuoi autopubblicare un ebook KindleDirectPublishing e StreetLib SelfPublish) o andare da un service editoriale + tipografo (otterrai la stessa cosa che avresti con un editore a pagamento ma a un terzo del prezzo).
Due cose sui manoscritti inviati agli editori
I consigli che stiamo per darti sono triti e ritriti ma sempreverdi, un po’ come il tubino nero nell’armadio: ogni donna ne deve avere uno, torna sempre utile. Ridendo e scherzando siamo nel business da 10 anni e pensiamo di sapere quello che stiamo per dire! 1) Il primo consiglio è di non mandare il tuo manoscritto a caso prendendo elenchi di editori dalla rete. Il tuo manoscritto non è universale e per tutti. Non lo è manco la Bibbia, figuriamoci! Sarà più adatto a un certo pubblico, avrà un genere, uno stile, un linguaggio che lo renderanno affine a un numero limitato di editori (sì, limitato). Una volta capito quali editori sono più adatti alla tua storia, scegli i tuoi preferiti (quelli di cui già leggi i libri, che magari hai incontrato a una fiera, che segui durante le presentazioni) e mandalo a loro. Poi allarga il cerchio. Non mandare a caso, significa quindi essere informati sugli editori in circolazione.
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Due cose sui cv
Anche in questo caso, sappiamo abbastanza bene di cosa parliamo. Ne riceviamo e ne abbiamo ricevuti tanti. Quando poi abbiamo deciso di prendere un addetto per l’ufficio stampa, e abbiamo aperto una call di 10 giorni, abbiamo ricevuto oltre 400 cv! 1) La prima cosa è: cercare lavoro è un lavoro. Mettici cura! Anche qui quello che consigliamo è di non sparare nel mucchio inviando il proprio cv a caso a mille realtà diverse, senza manco variare il cv allegato (sì, se lo mandi a Ikea o a Unicef conviene che lo differenzi, magari mettendo in evidenza le tue competenze nel commercio, nel primo caso, e nel volontariato, nel secondo). Ricorda di mandare un’email di accompagnamento breve, personalizzata e «carina», nel senso che mi faccia ricordare di te. Con un oggetto che non dica: SONO LA PERSONA PER TE! / IMPORTANTE: cv di Mario Rossi. Cioè simpatia e supponenza non vanno d’accordo con l’oggetto di un’email del genere.
Ricorda di nominare il file del cv col tuo nome e metti i recapiti anche all’interno dell’email. Crea, per favore, un’email [email protected] (o altro provider) ma sappi che, se cerchi lavoro, [email protected] non suona molto professionale. 2) Il cv secondo noi è lungo 2 pagine al massimo. Abbiamo ricevuto cv di 19enni lunghi 7 pagine, giuro 7! Seleziona (è doloroso potare, ma necessario per crescere) le esperienze più significative, scrivi quali programmi informatici e lingue sai e metti una riga su interessi e hobby. Scegli una foto in primo piano, dove sei vestito (sì, c’è chi usa quelle fatte al mare, in costume), con uno sfondo neutro (no, un campeggio – lo abbiamo visto coi nostri occhi – non funziona tanto bene). Non usare foto dove stai bevendo un litro di mojito (a meno che tu ti stia candidando come barman). E usa foto dove ci sei solo tu, non quelle dove hai palesemente tagliato via con Photoshop il/la tuo/a fidanzato/a o amico/a. Ah, sorridi, i musi lunghi non piacciono mai a nessuno!
Conclusioni
Bene amico, siamo arrivati alla fine di questo ebook. Abbiamo visto quanto è importante partire con le idee ben chiare su quello che si vuole dire e quanto una scaletta possa aiutarci. Abbiamo scoperto l’importanza di chiarezza, brevità e corretto uso della grammatica (anche se, suvvia, ogni tanto un errore può sempre scappare e non dobbiamo flagellarci per questo motivo!). E anche il potere, nemmeno troppo nascosto, della rilettura! Abbiamo capito che un testo va anche impaginato per benino e che, quando lo si manda in giro, bisogna mettere molta cura nell’email che lo accompagna. Insomma, non è che si lavora come pazzi prima, e poi si rovina tanto impegno proprio a due passi dal traguardo, no? Sì, ecco: ci va tanta cura se si vuole scrivere ganzo. Buon senso e cura. Noi di Zandegù proviamo a farlo da tanti anni nel nostro lavoro e speriamo che sempre più persone, chissà magari anche proprio grazie a questo libricino, mettano cura nei testi che scrivono, specie online. Perché anche la scrittura, per passione o per lavoro, è tutta una questione di amore. Grazie per averci letto! Marianna e Marco
Risorse
Siti
Il mestiere di scrivere Sinonimi e contrari secondo la Treccani Punteggiatura secondo la Treccani Accademia della Crusca Annamaria Anelli
Libri
Grammatica della fantasia di Gianni Rodari Il libro degli errori di Gianni Rodari Lezioni americane di Italo Calvino Manuale di buon senso in rete di Alessandra Farabegoli On writing di Stephen King Esercizi di stile di Raymond Queneau La parola immaginata di Annamaria Testa Dizionario degli errori e dei dubbi della lingua italiana di Barbara Colonna Come dire di Stefano Bartezzaghi Il mestiere di scrivere di Raymond Carver Prontuario di punteggiatura di Bice Mortara Garavelli I ferri del mestiere di Fruttero & Lucentini Lezioni di scrittura creativa di Gotham Writers’ Workshop e G. Del Duca Nel territorio del diavolo, sul mistero di scrivere di Flannery O’Connor Come un romanzo di Daniel Pennac Morfologia della fiaba di Vladimir J. Propp Piccolo manuale di editing di Ferdinando Scala e Donata Schiannini
78 ragioni per cui il vostro libro non sarà mai pubblicato & 14 motivi per cui invece potrebbe anche esserlo di Pat Walsh Email ok di Maurizio Giantin La guida del Sole 24 Ore al curriculum vitae di Alessandro Amadori La situazione è grammatica di Andrea De Benedetti Val più la pratica: piccola grammatica immorale della lingua italiana di Andrea De Benedetti Tutto quello che devi sapere per pubblicare (e vendere) il tuo e-book di Alberto Forni Sono uno scrittore ma nessuno mi crede di Silvia Pillin
Gli autori e Zandegù (che poi è la stessa cosa)
Ciao! Siamo Marianna Martino e Marco Alfieri, le due menti malate che si celano (nemmeno troppo bene) dietro Zandegù. Marianna è dell’83, battutara, super miope, fan della michetta, con problemi di equilibrio, amante della buona cucina e dei viaggi. Marco è dell’80, super tifoso sfegatato del Toro, ipocondriaco, scarsa soglia dell’attenzione, amante della buona cucina e dei viaggi. Ci siamo incontrati nell’estate 2004. A ottobre è balenata l’idea di Zandegù, a maggio 2005 la casa editrice ha visto la luce.
Zandegù è stata prima un editore di carta, poi nel dicembre 2012 è diventata solo digitale. Ha sede a Torino. Con Zandegù pubblichiamo 4 tipi di ebook: manuali professionali, guide zuzzurellone, reportage narrativi su cose assurde, fumetti. Con Zandegù facciamo corsi di due tipi: per chi vuole scrivere e per chi vuole aggiornarsi. Sono serali e al weekend, base, laboratoriali e intensivi e anche online. Organizziamo eventi dove c’è sempre di mezzo la birra (o comunque da bere, perché la vita è una sola): i Litcrawling, passeggiate a zonzo per Torino tra letture e bevute. E le Zandebirre, quando andiamo a farci una birra e invitiamo chiunque a unirsi per 4 chiacchiere.
Non ci piacciono le cose troppo seriose, ci piace ridere, appassionarci, goderci ogni momento, stare con la gente, imparare, migliorarci, sbagliare e tenere duro. Facciamo così nella nostra vita privata. Facciamo così nel lavoro con Zandegù.
In meno di 3 anni, Zandegù ha fatto tantissima strada. E contiamo di farne ancora, perché questo lavoro lo facciamo con passione, sudore, fatica, tenacia e col contributo di una rete di persone fantastiche e creative.