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Italian Pages 1190 [1166] Year 2007
INDICE
Prefazione di Ettore M. De Juliis ................. Introduzione ...........................
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9 13
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19
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31
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75
Le strutture funerarie: tipologie, tecniche costruttive e decorazione pittorica .......................
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9l
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.........4,...........
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CAPITOLO I
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Lineamenti di topografia storica CAPITOLO
.................
II
La storia del rinvenimenti nella documentazione ottocentesca:
il saccheggio delle necropoli e il fenomeno del collezionismo antiquario ....................,......... CAPITOLO IIT
Le necropoli: la distribuzione topografica CAPITOLO IV
CAPITOLO V
I corredi funerari: composizione e cronologia CAPITOLO
VI
Riflessioni conclusive
CATALOGO
DEI CORREDI
I - Rinvenimenti nell'area del centro storico
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II - Rinvenimenti all'esterno del centro storico:
p. 211
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281
................-.-..-...
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281
....................
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333
IE,c — Settore occidentale
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429
II,d — Settore meridionale
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595
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845
ILa — Settore orientale
ILb — Settore settentrionale
III - Rinvenimenti nell'area della periferia meridionale, al di là della linea ferroviaria (Contrade Pantano, Chiancata,
Arena, La Zeta)
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IV — Rinvenimenti nel territorio extraurbano: nell’area delle
Murge. ...............................
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V — Rinvenimenti di incerta localizzazione
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Bibliografia generale Tavole
.................. ee ee
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PREFAZIONE
Andrea Montanaro ha conseguito recentemente il titolo di Dottore di Ricerca, dopo essersi laureato e specializzato presso l’Università di Bari 1 suoi interessi scientifici si sono concentrati soprattutto sul centro indigeno di Ruvo, in età preromana, nel cui ambito rientrano due suoi studi, dedicati rispettivamente ad una tomba arcaica (A. C. Montanaro, Una tomba principesca di Ruvo, in Taras, XIX, 2, 1999, pp. 217-249) e alle oreficerie greche ed etrusche, ritrovate in grande quantità nelle necropoli ruvesi (A. C. Montanaro, Gli ori di Ruvo di Puglia tra Greci ed Etruschi, Bari 2006). Con questo studio l' Autore ha approfondito ed ampliato fortemente la documentazione archeologica relativa all'antico centro peucezio, migliorandone forma e contenuto nel corso del triennio di Dottorato, fino a meritare il prestigioso premio "L'Erma di Bretschneider” con la conseguente pubblicazione dell’opera. Il Catalogo delle necropoli ruvesi, che rappresenta una parte cospicua dell'intero. studio, richiede la presentazione di una “chiave di lettura”, indispensabile per chiarire la vasta e complessa documentazione. Questa è articolata in 8 gruppi di rinvenimento, compresi in altrettante aree archeologiche, secondo una disposizione che procede dal centro storico verso la periferia. All’interno di ciascun gruppo sono inserite tombe o schede di rinvenimento, comprendenti notizie sulla scoperta e sullo scavo e, soprattutto, quando possibile, l'elenco degli oggetti formanti il corredo. Complessivamente gli otto gruppi. sono formati da ben 473 tra tombe e schede di rinvenimento. In questa fase di studio è stato fondamentale lo sforzo volto al riconoscimento dei reperti, spesso diffusi in Musei e Collezioni di tutto il mondo. L'impresa, che da principio sembrava disperata, è stata portata avanti con risultati straordinariamente positivi. Ciò è stato possibile grazie a diverse circostanze favorevoli, tra le quali fondamentale è stata la consultazione lunga, faticosa e tenace da parte dell’Autore degli archivi ricchi di notizie coeve ai frequenti ritrovamenti ottocenteschi di tombe ruvesi (Archivio di Stato di Napoli, Archivio di Stato di Bari, Archivio Storico delle Soprintendenze di Napoli e di Bari, manoscritti di studiosi locali, talvolta del tutto inediti)
Partendo da questi documenti si sono potuti seguire i numerosi passaggi di proprietà di singoli reperti o di gruppi di reperti, dal momento della scoperta, ai primi studiosi locali, agli antiquari napoletani, alle grandi raccolte internazionali (Parigi, Londra, Monaco, Berlino, San Pietroburgo), a Collezioni private poi smembrate e confluite in altri musei (specialmente americani), oppure di nuovo inserite nel circuito delle Case d'asta. Ciò che è sempre stato il nodo più difficile da sciogliere, ossia il riconoscimento di un corredo tombale e dei reperti pertinenti, è stato qui superato, in gran parte, grazie alla consultazione dei documenti cartacei e ancor più grazie all’abitudine degli eruditi locali di descrivere in maniera estremamente analitica ogni reperto (soprattutto i vasi figurati), consentendo il riconoscimento, spesso sicuro, dell'oggetto ricercato. Individuati i vasi o i bronzi più importanti, l'aggregazione degli oggetti minori è stata più facile e obiettivamente meno indispensabile. Oggetti vaganti per il mondo anche da un paio di secoli trovano, grazie a questo studio, una patria sicura (Ruvo), un’area di ritrovamento riconoscibile (prima in gran parte ignota) e, infine, un contesto certo o almeno probabile. Accanto al recupero dî un contesto archeologico tra i maggiori dell’Italia meridionale si pongono altri elementi nuovi nell’ambito di problematiche di più ampio respiro. Mi riferisco alla prima parte dell'opera, articolata in sei capitoli comprendenti alcuni aspetti fondamentali dell'archeologia ruvese: dal saccheggio delle necropoli allo sviluppo del collezionismo antiquario, dalla tipologia tombale al rituale funerario e, ancora, alla disposizione topografica delle necropoli. Per quanto riguarda quest’ultimo problema, la lettura topografica nelle zone di rinvenimento appare agevolata dall'inserimento, alla fine dell’opera,di quattro planimetrie, che vanno dalla Carta catastale di Ruvo, della fine dell'Ottocento, alla recentissima pianta turistica del’odierna città. Quest'ultima appare indispensabile per chi voglia considerare la toponomastica ottocentesca in rapporto a quella attuale, che ha cancellato spesso del tutto la precedente. Il doppio riscontro, rafforzato anche dall'impiego dei corrispondenti Fogli dell’ I. G. M., dà la possibilità di individuare, ancora oggi, il luogo approssimativo dei vecchi rinvenimenti Dal Catalogo dei Rinvenimenti e dei Corredì funerari si possono ricavare altre importanti notizie sulle classi di materiali presenti a Ruvo, spesso in quantità elevate e di particolare pregio e rarità. E” questo il caso delle importazioni di vasi attici sia a figure nere, sia a figure rosse. Dei primi sono stati registrati circa trenta esemplari, dei secondi circa centodieci, cui vanno aggiunti ulteriori, recenti reperti (Beazley 1956; 1963; 1971; 1982). Per quanto riguarda la cronologia dei vasi attici a figure rosse va osservato che il picco massimo delle importazioni si registra nella seconda metà del V secolo a.C. Inoltre, a differenza di quanto avviene nelle maggiori necropoli della Puglia centro-meridionale (Rutigliano, Ceglie del Campo, Gravina, Rudiae, Vaste, Cavallino) l’importazione di vasi attici si protrae anche nei primi decenni del IV secolo, con opere di grande qualità artistica, attribuibili ai maggiori vasai del momento, tra i quali si ricordano i Pittori di Talos, di Kadmos, di Pronomos, Nello stesso tempo, cioè nei decenni di passaggio tra il V e il IV secolo, ai vasi attici si affiancano i “nuovi” vasi protoitalioti, dapprima quelli lucani e poi (fino alla fine del 10
IV secolo) quelli apuli dei maggiori maestri. Significative, a questo proposito, appaiono le quantità dei vasi italioti a figure rosse ritrovati a Ruvo. Su un complesso di circa 430 esemplari 60 sono attribuibili alla “scuola” lucana e ben 370 a quella apula. Per concludere, lo studio di Andrea Montanaro costituisce non solo uno strumento indispensabile per chi voglia approfondire i vari aspetti della civiltà della Magna Grecia, ma anche (e questo è essenziale), un notevole passo avanti nel lungo e complesso percorso verso una conoscenza sempre più approfondita e documentata della civiltà della Puglia anellenica e preromana. ETTORE M. DE JULIIS
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INTRODUZIONE
Il volume sulle necropoli di Ruvo e del suo territorio nasce come una ricerca puramente filologica che intende apportare nuovi dati, nonché proporre suggerimenti € ‘nuove aperture utili per le future indagini sul centro apulo. Si tratta dî dati scaturiti dallo studiodi documenti del tutto inediti, che hanno consentito il recuperoe la ricomposizione di numerosi contesti funerari che sembravano ormai dispersi, permettendo di formulare alcune riflessioni su tale ingente patrimonio archeologico. Nell’introdurre l'argomento. è doveroso sottolineare come, nella letteratura archeologica più conosciuta, il nome di Ruvo sia spesso accostato soprattutto alla sua tomba più celebre scoperta il 15 novembre del 1833, la “Tomba delle Danzatrici”, c al prestigioso Museo Jatta con i suoi numerosi e raffinati vasi trovati nelle ricche tombe della città apula. Purtroppo, sono assolutamente inesistenti, anche per la mancanza di sicuri dati di scavo, studi sugli altri e pur numerosi rinvenimenti che caratterizzarono la storia degli scavi archeologici ruvesi dei primi decenni del XIX secolo. Ciò nonostante, tali ritrovamenti sono ben documentati sia in varie pubblicazioni ottocentesche, sia in numerosi documenti di archivio, redatti dalle varie autorità preposte alla tutela del patrimonio archeologico, nonché in varie relazioni e testimonianze manoscritte di storici ed eruditi locali che si interessarono alla storia dell’insediamento peucezio di Ruvo, i quali non mancano di fonire preziose notizie sulle modalità dei ritrovamenti e sui corredi funerari, alcuni dei quali di straordinaria ricchezza, ΤΙ caso più eclatante è quello del rinvenimento di un eccezionale corredo tombale di età tardo-arcaica, scoperto a Ruvo di Puglia verso la fine del mese di ottobre del 1833: si tratta, come si vedrà più dettagliatamente nel capitolo dedicato al catalogo dei rinvenimenti e dei corredi, di un complesso funerario unico, assolutamente inconsueto in quel territorio, che costituisce tuttora l'unico aspetto noto e fruibile della sepoltura. Essa, tuttavia, riveste una grande importanza anche per la sua struttura, le dimensioni * il luogo del rinvenimento, caratteristiche che la accomunano alla più famosa "Tomba. delle Danzatrici”. Nonostante il rinvenimento fosse di eccezionale rilevanza, forse più della stessa "Tomba delle Danzatrici”, trovata circa quindici giorni più tardi accanto alla stessa tomba principesca, non se ne fece un gran «rumore» da parte degli scopritori, il cui unico scopo, molto probabilmente, era quello di occultare gli oggetti più preziosi che componevano lo straordinario corredo per poi poterli vendere ai migliori offerenti
nel mercato antiquario. Tuttavia, l'eccezionalità della scoperta non è sfuggita ad alcuni eruditi locali contemporanei,tra cui vanno menzionati soprattutto il padre ruvese Federico Laviola! ed Onofrio Bonghi, i quali scrivevano in un momento immediatamente successivo allo straordinario ritrovamento, all'epoca in cui, nel territorio di Ruvo, si susseguivano una serie di innumerevoli scavi, in una vera e propria corsa ad impadronirsi degli oggetti più pregevoli che emergevano dal sottosuolo”. Infatti, l'attenta analisi ed un puntuale confronto tra una così abbondante documentazione archivisticae le numerose relazioni e memorie suddette hanno permesso di ricostruire anche le circostanze e i luoghi di rinvenimento di un altro gran numero di tombe e di restituire un contesto, altrimenti perduto, ai numerosissimi e pregevolissimi oggetti in esse rinvenuti. D'altronde, è noto che, già dalla fine del 1700, la cittadina apula divenne uno dei principali centri in cui si esercitò l'opera degli scavatori alla ricerca dei sepolcri e degli oggetti in essi contenuti. Tali reperti venivano recuperati soprattutto dalle numerose e ricche tombe che, inizialmente, erano rinvenute in maniera occasionale’, durante lavori agricoli ed edilizi’, e che successivamente, con il moltiplicarsi delle scoperte e l’acquisita consapevolezza della ricchezza che ne poteva scaturire, oggetto di una frenetica ricerca, talora regolare e autorizzata, nonché promossa dallo stesso govemo borbonico per arricchire le raccolte del Real Museo di Napoli. Purtroppo, nella maggior parte dei casi, tale opera di ricerca era di carattere illecito e clandestino e, soprattutto negli anni °20 e °30 del 1800, raggiunse livelli mai più eguagliati, tanto da far precipitare la situazione, che divenne così incontrollabile da trasformare l’intero territorio della cittadina in un vero e proprio cantiere di scavo e del cui clima di fervore ci forniscono interessanti testimonianze anche G. Jatta" e il suo omonimo nipote" A questa vera e propria “miniera” del sottosuolo ruvese attinsero non solo i numerosi collezionisti locali, ma anche veri e propri "imprenditori" dello scavo, organizzati in società, i quali investivano nella ricerca dei reperti e ricavavano proventi dalla loro vendita", che avveniva soprattutto a Napoli, centro principale del floridissimo commercio
* LawoLa in Unsi 1835,pp. 119-125. ? Si segnalano tale snes più recent sugli scavi di Ruvo ne primi decenni del XIX secolo i seguenti autori: DI PALO 1987, pp 59-71; BUCCI 1994, pp. 13-14 ANDREASS 1996, pp. 14-18; BORRIELLO 1996 pp 223-225; CASSANO 1996, pp 109-112. * Naturalmente per l'acquisto dei vasi ra seguito un criterio estetico come è testimoniato da un episodio riferito da Ο. Petroni, cui protagonista G.Jta istusse “pigiandol!” à vasi trovati in una tomba perché “di poco prego erst PETRONI 880, p. 26 poi in Buccr 994,p 15). Sui citer dela scelta di reperi da parte di collezionisti ottocenteschi si veda ance la sintesii R. CASSANO 1996, pp. XXV. “Si veda Unsi 1835, capitoli e 2 peri prim episodi solai. ? In pariolare era lo scasso delle vigne, tuttora elemento dominante nel pasaggio delle campagne. circostanti il centro urbano, che consentiva di scendere ad una profondità tale da rinvenire grosse sepolture arma 1869,ρ. 6; RUGGIERO 1888,p. 562-563, letra dell'endente Marchese di Montrone del 31 ottobre 1834, in CASSANO 1996b,pp 109-110) VITA 1844, pp. 56-61 È ricordato in particolare l'anno 1822 in ui cl specolazione dé scamamenti giunse al furore e fu portata ad un punto da pon potersi lrepassare» (p. 58}; infatti, proprio llora furono emanate disposizioni che regolamentavano quest tività (ANDREAS: 1996, pp. 16-17) Jara 1869, pp. 6-11 * Urst 18362,pp. 88-90. Dal 1830al 1835 sembra che sian entrati nel "Pase" perla vendita dei vas più di centomila ducati. Si fa note riferimentoalla societ el Lamberti ἃ Napoli al mercante Casanova insieme a tanti alri che fanno acquisti peri muse i Rusia e Poss: Duran, Palo, Pizzat-Gargiol 14
antiquario, ed anche all'estero. Questo fenomeno non rimase isolato, tant'è vero che, a rendere il panorama ancora più deprimente, contribu? la grande affluenza nella città di Ruvo anche di studiosi e di numerosi commercianti ed emissari senza scrupoli dei musei stranieri, venuti con l'intento di impadronirsi, con offerte di denaro assai interessanti, degli esemplari più notevoli e dell’immenso materiale prezioso trovato nelle necropoli di Ruvo. Infatti, la quantità del materiale recuperato da tali scavi fu veramente imponente e la qualità dei reperti (si pensi ai vasi figurati, greci ed italioti, alle oreficerie, ai bronzi) si rivelò essere di grandissimo pregio. Naturalmente, il connotato essenziale che caratterizzava gli scavi condotti in quel periodo era quello della clandestinità. Questo è quanto è accaduto alla maggior parte delle tombe rinvenute a Ruvo, i cui corredi funerari furono saccheggiati e smembrati dei loro oggetti più preziosi. Fortunatamente, gran parte del materiale ritrovato è giunto a Napoli, allora capitale del Regno Borbonico, e adorna, ancora oggi, le sale del Museo Nazionale. Tuttavia, è indispensabile sottolineare che, sfortunatamente, in conseguenza di quanto si è appena detto, accadeva anche che i più bei vasi, le magnifiche oreficerie, gli splendidi bronzi ed un’enorme quantità di pregevoli reperti, una volta confluiti nelle trame del commercio antiquario napoletano, lasciassero Ruvo per varcare addirittura le frontiere del territorio italiano, disperdendosi all'estero e arricchendo tuttora le sale dei più prestigiosi musei del mondo, quali il British Museum di Londra, il Louvre a Parigi, T'Antikensammlungen di Monaco di Baviera, il Badisches Landesmuseum di Karlsruhe, T'Antikenmuseum di Berlino, l' Hermitage di San Pietroburgo, il Metropolitan Museum di New York, il Museum of Fine Art di Boston, per citare i più famosi, e tanti altri ancora. Recentemente, sono stati effettuati ulteriori rinvenimenti che hanno consentito di conoscere mumerose altre sepolture, ma i corredi rinvenuti nel corso dell’ Ottocento, per la loro straordinaria ricchezza e per la qualità dei reperti, rimangono unici nel loro genere. Si è già affermato che gli studisu tali monumenti e sui loro corredi sono pressoché inesistenti: infatti, tranne le già citate relazioni del Laviola, riprese ed arricchite con ulteriori particolari in due manoscritti di un altro canonico ed erudito locale quale Don Giacomo Ursi? e in un prezioso manoscritto di Salvatore Fenicia", per il resto non rimangono solo che cenni sparsi su alcuni oggetti di pregio facenti parte di tali corredi, presenti in altri scritti ed opere di Salvatore Fenicia", in diversi numeri del Bullettino dell'Instituto di Corrispondenza Archeologica" e in una cospicua serie di atti d'archivio”. * G. URsi, “Ricerche istoriche sull'origine ed antichità di Ruvo”, 1835, pp. 119-125 (il manoscritto è custodito nella Biblioteca Nazionale “Sagariga Visconti" presso la “Cittadella della Cultura” di Bar); G. Unst, “Collezioni delle descrizioni archeologiche fotte dai vari autori in Rao", 1836; pp. 93-98 (il manoserito originale sembra si rovi presso la biblioteca privata della famiglia Jatta, mentre una copi dell stesso si trova presso un privato) WS. FENICIA, "Memoria Archeologica sulle preziose anticagie, date dalla Città di Ruvo di Puglia al Reale Museo Borbonico dall'epoca in cul è stat isalata la Reale Commissione dé Scavi. Opera scritta nel Novembre del 1840 dal Consigliere D. Salvatore Fenicia Archeologo e Presidente della detta Commissione” 1840(il manoscritto è conservato nella direzione del Museo Nazionale di Napoli) "WS, FENICIA "Ode anacreontico sulla Ruvo Appula" 1836. *? Bull del Ins. 1834, 1836, 1837, 1840, 1842. ? "Documenti Inediti da servire per la Storia dei Musei d'Italia”, vol. IV, 1880, pp. 89-92, citare un esempio. 15
Tali riferimenti, però, riguardano solamente alcuni vasi figurati oppure oggetti pregiati come era nello stile degli studi ottocenteschi, le cui indagini sui vari monumenti erano prettamente di carattere iconografico o mitografico, quando si trattava delle ceramiche figurate, oppure di carattere essenzialmente estetico o stilistico per le altre classi di oggetti, anche perché gli scavi condotti in quel periodo erano finalizzati estlusivamente al saccheggio delle tombe e degli oggetti in esse contenuti, trascurando il contesto di provenienza dei reperti Infatti, il mancato rigore scientifico dei ritrovamenti ha purtroppo causato la gravissima perdita di una notevole e importante quantità di dati materiali utili per la definizione di un quadro il più vicino possibile ai fenomeni storici, culturali ed economici della Ruvo peucezia. Il fatto stesso che nei documenti menzionati manchino notizie sia sui luoghi di rinvenimento che sui corredi considerati glóbalmente, denuncia chiaramente che al dato archeologico non veniva posta alcuna domanda che riguardasse situazioni storiche, sociali e culturali in genere dei personaggi sepolti nelle tombe. Ma, fortunatamente, non sono mancati studiosi ed eruditi locali (tra cui si ricordano il Padre Laviola, il canonico Ursi, i fratelli Jatta e Salvatore Fenicia) ed anche stranieri (Schultz, Braun, Gerhard e Sanchez) che in diversi casi si sono soffermati anche sulla descrizione di alcuni particolari strutturali delle tombe e dei loro corredi considerati globalmente, contribuendo a trasmetterci un patrimonio di informazioni fondamentali altrimenti sconosciute. Naturalmente, non mancano i difetti in questi lavori, come la scarsa considerazione delle ceramiche acrome, “infime terrecotte senza alcuna dipintura"", o. delle ceramiche geometriche locali, “vasi rustici”. Le uniche relazioni dettagliate sono proprio quelle del Laviola e le memorie del canonico Ursi, i quali si sono soffermati, oltre che sulla tipologia delle tombe, sulle loro dimensioni e parzialmente sulle loro eventuali decorazioni pittoriche, anche sul rito funerario e soprattutto sulla posizione, all'interno delle tombe, di alcuni tra gli oggetti più importanti. Tuttavia, dopo tali relazioni e dopo gli accenni e i riferimenti già citati, è calato su tali monumenti e sui loro corredi un silenzio durato circa 170 anni, interrottosi dopo un recente esame, da parte dello scrivente", delle fonti documentàrie sulla scoperta di una tomba principesca e degli oggetti componenti il suo corredo, che hanno portato per la prima volta alla ricomposizione di tale straordinario contesto, nonché delle fonti letterarie ed iconografiche, le quali hanno consentito di individuare nell'insieme degli oggetti un rituale di passaggio ed una valenza simbolica ‘per ognuno di essi riconducibile a credenze escatologiche. Le strutture funerarie e gli immensi e ricchi corredi mettono in evidenza il livello socio-economico e culturale notevolmente elevato della committenza della città ruvese. Una committenza, come si vedrà, anche allogena, i cui corredi, spesso composti da un notevole numero di oggetti di importazione, ne sottolineano il gusto è l'ideologia raffinati in un centro che vanta un vero e proprio primato nella frequenza dei ritrovamenti di Neè una testimonianza ἢ titolo del libretto URS! 1836b che conferma ale approccioαἰ reperti archeologici: “Spiegazione delle favole dipinte sui vasi fatti elevare a pennello dal Signor Canonico Don Giacomo Ursi Autore delle Ricerche Patrie MDCCCAXXVI". Si veda anche CASSANO 19962, p. XLI, a proposto degli studi dell Avellino e del Finti sui vasi figurati. 1 Jar 1884, pp. 117251 " MONTANARO 2004, pp. 217-252, tav. XCIT-CXVI; MONTANARO 2005, pp. 7.8. 16
ceramica attica ed italiota, veicolo di trasmissioni di modelli formali e di iconografie cariche di elementi simbolici 1 temi affrontati all'interno dell'opera sono i seguenti: il volume si apre con una sintesi sulle testimonianze storico-archeologiche che hanno caratterizzato l'insediamento peucezio dagli inizi dell'età del Ferro fino al tardo ellenismo. Segue, quindi, un contributo in cui saranno affrontate le varie problematiche relative alla consistente documentazione ottocentesca, attraverso la quale si è cercato di ricostruire una storia dei rinvenimenti e del collezionismo antiquario di quel periodo, alla luce della documentazione inedita ritrovata. Ilterzo capitolo è dedicato allo studio della distribuzione topografica delle aree di necropoli e alla localizzazione delle singole strutture funerarie, laddove i dati d'archivio lo hanno. consentito. A tal proposito il lavoro è corredato da diversi stralci planimetrici (tavv. IIIT) con la localizzazione dei rinvenimenti, caratterizzati da una legenda che individua le diverse fasi cronologiche dei contesti: tra questi, vi è anche una pianta ricavata dai fogli catastali del 1874, dove sono indicati i toponimi dei luoghi di quel periodo storico, che ha consentito di collocare i numerosi ritrovamenti effettuati nel corso XIX secolo. Ii quarto è stato dedicato allo studio delle diverse tipologie tombali riscontrate nell'insediamento di Ruvo, all'analisi delle tecniche costruttive, nonché della decorazione pittorica, ove questa è presente. Completa il quadro dei vari argomenti affrontati il capitolo relativo alla cronologia dei corredi e ai possibili confronti con altri contesti apuli e italici. Chiude, infine, l’ampio spettro delle tematiche discusse un contributo relativo alle riflessioni conclusive, che hanno il solo scopo di proporre nuovi spunti e nuovi stimoli per la futura ricerca, riguardo allo studio del rituale funerario, nonché dei vari aspetti economici e sociali che hanno caratterizzato l’antica Ruvo nella sua evoluzione storica, dalla prima età del Ferro sino alle soglie della romanizzazione. La seconda parte del volume è costituita dal catalogo sistematico dei corredi: ogni contesto comprende-una scheda relativa alla ricostruzione delle circostanze del rinvenimento della sepoltura e il catalogo dei materiali ritrovati con le rispettive schede. 1 ritrovamenti sono divisi in aree individuate, sulla base della moderna configurazione topografica, partendo dal centro storico per proseguire verso i territorio. Il presente lavoro è, dunque, frutto di una minuziosa e rigorosa attività di ricerca e di analisi della copiosa documentazione d'archivio pervenuta, conservata presso gli archivi statali (Archivi di Stato di Bari, Napoli, Roma, Archivio Storico della Soprintendenza Archeologica di Napoli e Caserta, Archivio della Soprintendenza Archeologica della Puglia) e gli istituti di archeologia (Istituto Archeologico Germanico di Roma), che in quel momento costituivano i centri di riferimento e di istituzione della ricerca e della tutela del patrimonio archeologico. Tali documenti, confrontati con le memorie degli eruditi locali, hanno permesso di constatare l'attendibilità di questi ultimi, apportando una serie cospicua di informazioni utili a ricostruire le circostanze e i luoghi dei rinvenimenti, le tipologie tombali, nonché le vicende prima ruvesi, poi napoletane c infine addirittura estere degli oggetti componenti gli eccezionali corredì funebri. Sulla base di queste descrizioni e di questi documenti sono stati effettuati î confronti con i materiali custoditi nei depositi dei vari musei (Bari, Taranto, Napoli, Londra, Parigi, Monaco di Baviera, Karlsruhe, Berlino, San Pietroburgo) che hanno permesso di riconoscere i numerosi reperti illustrati nei suddetti documenti.
Per concludere, il gradito compito di ringraziare quanti hanno con modo a questa ricerca, permettendo lo studio dei materiali c la consultazione degli archivi. Desidero ringraziare in maniera particolare il prof. Ettore De Juliis, guida fondamentale e indispensabile durante i miei anni di studio e per la mia continua crescita culturale, il quale ha seguito in maniera costante e con grande entusiasmo la mia ricerca, suggerendo al sottoscritto preziosi e fondamentali consigli. Un sentito ringraziamento alla prof.ssa Maria Bonghi Jovino, la quale si è resa disponibile fornendo contributi critici tanto nell'impostazione che nell’elaborazione del presente volume. Particolare gratitudine nutro nei confronti dell'amico Cleto Bucci, al quale sono debitore per i suoi utili suggerimenti e per le preziose notizie sulla topografia ruvese, e nei riguardi della dott.ssa Mimma Labellarte per i suoi opportuni consigli. Un ringraziamento d’obbligo va al Soprintendente per i Beni Archeologici di Napoli e Caserta, la dott.ssa Maria Luisa Nava, per avermi concesso la consultazione degli archivi e la visione dei materiali custoditi nei depositi del Museo di Napoli, e ai funzionari che hanno facilitato la mia ricerca, la dott.ssa Maria Rosaria Esposito, per l'Archivio Storico del Museo di Napoli, la dott.ssa Lista per i depositi del Museo, nonché la dott.ssa Villone per l’Archivio Fotografico. Naturalmente, un ringraziamento è rivolto. anche al Soprintendente per i Beni Archeologici della Puglia, il dott. Giuseppe Andreassi, per aver concesso la visione dei materiali conservati nei depositi del Museo di Taranto, alla dott.ssa Laura Masiello, per la sua estrema disponibilità nell’avermi facilitato la visione di tali materiali, e alla dott.ssa Francesca Radina, direttrice del centro operativo di Bari della Soprintendenza Archeologica della Puglia, per la consultazione dell’ Archivio Fotografico. Ringrazio tutti i funzionari dell’ Archivio di Stato di Napoli e dell’ Archivio di Stato di Bari per la gentilezza e la cortesia con cui hanno agevolato il lavoro di ricerca del sottoscritto. Un doveroso grazie va alla Guastamacchia spa che con grande entusiasmo si è prestata quale sponsor dell’opera. Infine, sono particolarmente grato ai membri della Commissione del prestigioso premio «L'Erma» di Bretschneider per aver proclamato quest'opera vincitrice della XIII edizione, nonché all'editoreR. Marcucci, alla dott.ssaE. Montani e al dott. D. Scianetti per la cortesia con cui hanno seguito e sollecitato la stampa del volume.
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CAPITOLO I Lineamenti di topografia storica Le informazioni sull’antico centro peucezio di Ruvo, tramandate per lo più dalle fonti scritte letterarie ed epigrafiche, sono piuttosto scarse e risalgono ad un'epoca piuttosto tarda. Le prime, consentono soprattuttodi collocare insediamento lungo alcuni importanti itinerari di età romana', mentre tra le seconde, costituite in articolare da epigrafi funerarie, può segnalare un'iscrizione contenente un riferimento ad un "murum" che potrebbe aver circoscritto, già in età preromana, la zona più alta della collina". Sono ben noti, invece, i reperti provenienti dalle immense necropoli e dalle ricche tombe, completamente devastate dall'espansione edilizia quando, fin dai primi anni dell'Ottocento, cominciarono a nascere sobborghi al di fuori delle mura, presso l’insediamento conventuale dei Padri Scolopi (ex Convento Domenicano) a Porta Noè, al Largo del Buccettolo e fuori la Porta del Castello, lungo la via del Convento dei Cappuccini e quella per Corato” Purtroppo, i numerosissimi e pregevoli reperti recuperati, che finirono per alimentare, oltre alle collezioni locali (in gran parte disperse), quelle napoletane e straniere, non erano accompagnati, come si è già riferito, da un'adeguata documentazione sulla collocazione topografica delle tombe e sui contesti degli oggetti più prestigiosi riversati nel mercato antiquario. Inoltre, si deve aggiungere la completa ignoranza circa le testimonianze relative all’abitato, costituite soltanto da pochi ed isolati accenni a strutture di difficile identificazione presenti nella letteratura archeologica del passato', dovute principalmente al fatto che l'indagine archeologica ottocentesca ha privilegiato la ricerca delle necropoli a scapito degli altri aspetti insediativi M. Marty 1981,pp. 128-132. La citàè ricordata da Orazio nell saira in cui descriveil suo viaggio da Roma a Brindisi (ORAZIO, Sar 1, 5,94 ss. Altre citazioni sono presenti in Plinio (PLINIO,N. H., I, 105), in Frontino (FRONTINO, Liber Coloniarum, 1, 262 L.), nell’Îtinerario Antonino (linerario Antonino, 116. 117), nellinerario Burdigalense (Irinerario Burdigalense, 609-610), nella Tabula Peutingeriana (Tabula Peutingeriana, VI, 5) c infine, nell'Anonimo Ravennate (ANONIMO RAVENNATE, IV, 45). ἘΜ, MARIN 1981,pp. 200-201; CHELOTTI 1987,pp. 30 46-51, n.2; in generale sulle iscrizioni si veda M. MaRIN 1981; CHELOTTI 1987; CHELOTTI 1989, pp. 11-26 ? DI PALO 1987, p. 84. * S ricorda un "antico fabbricato lungo e stretto” rinvenuto nel 1854 soto la chiesetta di S. Sabino (M. ‘MARIN 1981, p. 135, conbibliografa precedente; ritrovamento, el 1822,di una "officinaonticamente addetta 19
Fortunatamente, invece, lerecenti ricerche condotte dalla Soprintendenza Archeologica della Puglia hanno permesso di ottenere degli interessanti risultati conoscitivi riguardo all’urbanistica e alla tipologia abitativa dell’antico centro apulo', nonostante le notevoli difficoltàdi indagine dovute alla continuità insediativa che ha portato alla sovrapposizione dell'abitato moderno a quello medievale e quindi a quello antico, con le inevitabili interferenze e sovrapposizioni di fasi costruttive riferibili a epoche diverse. Una semplice analisi dei materiali di provenienza ruvese consente di delineare le varie correnti commerciali che interessarono il vivace insediamento di Ruvo nei secoli in esame. Infatti, esso sembra caratterizzato precocemente, come gli altri centri della Peucezia*, dal concomitante apporto di materiali di diversa provenienza, indice della sua particolare agiatezza, documentata anche, come si vedrà in seguito, dalla diffusione di tipologie tombali monumentali, associate în alcuni casi a decorazioni dipinte”. Andando indietro nel tempo, sino alle prime fasi dell’età del Ferro, quando l’intero territorio regionale era coinvolto dallo sviluppo della civiltà iapigia, si nota che le forme insediative in questa fase (IX-VIIIsecolo a.C.) appaiono articolate per nuclei indifferenziati di abitati posti sulle modeste ondulazioni della fascia premurgiana, in luoghi difesi naturalmente o in prossimitàdi solchi torrentizi, come le lame, particolarmente idonei allo svolgimento delleattività primarie. Piuttosto incerta, al momento, la conoscenza riguardo ai rapporti di relazione topografica con le aree adibite ad uso funerario, le cui emergenze monumentali sono costituite dalla tipologia delle tombe a tumulo. Al loro interno sono stati rinvenuti elementi di corredo funerario costituiti da pendagli antropomorfi e zoomorfi in bronzoe da fibule a doppia spirale e ad arco serpeggiante, rispettivamente riconducibili alle tipologie di tradizione adriatica e tirrenica comunemente attestate nelle necropoli di età protostorica in Basilicata e nella Puglia settentrionale". Pur nel cedimento della omogeneità culturale iapigia, per effetto della colonizzazione greca con il conseguente processo di differenziazione dei tradizionali comparti etnicoculturali della Puglia antica, la Daunia a nord, la Peucezia e la Messapia nel centro-sud, il VII secolo registra per l’evidenza archeologica ruvese una sostanziale continuità di vita dei nuclei residenziali sparsi nel territorio, secondo il precedente schema di tipo paganicovicanico, così come il costume funerario segnala una fase di attardamento nell'uso delle strutture funerarie a tumulo di tradizione protostorica, i cui dati evidenziano una gravitazione del centro nell'ambiente culturale della Daunia meridionale e, in particolare, con la città egemone di Canosa. Tale collegamento con la città daunia, collegata a Ruvo da antichi itinerari, è documentato dalla diffusione della ceramica con decorazione geometrica prodotta in quel centro e dall'attestazione della tipologia abitativa a pianta al lavoro di vasi di creta coi comodi inservienti all'art suddetta, e colla fornace ove i vasi si cuocevano", al largo dela Cattedrale, come testimonia G. JATTA senior (1844, p. 103), notizia confortata dal rinvenimento di una fornace sotto la Catedrle, che potrebbe indicare una possibile esistenza nella zona di boteghe artigianali (Cassano 1987,p. 157). * LABELLARTE 1987, pp. 43-46. « Sulla composizione dei corredi della Peucezia tra VI e IV secolo aC. si veda DE JULIS 1989; RICCARDI 1989; DeraLO 1989. * RiccARDI 1989; DEPALO 1989; DE JULIS 1996b, pp. 241-242 e pp. 286-287. "A. JATTA 1904, pp.90.94; per le indagini recenti: STRICCOLI 1994 e 1995. 20
absidata ricollegabile a modelli edilizi esclusivi di quel distretto ofantino. Ma già in questo periodo si hanno le prime attestazioni di oggetti di lusso e di prestigio importati nei corredi funerari, che evidenziano i precoci contatti con le principali correnti commerciali: infatti, nel Museo Jatta sono conservati una pisside “calcidese’’, decorata con animali fantastici, e un discreto numero di vasi corinzi ed etrusco-corînzi'’, tra cui aryballoi cd alabastra con decorazioni zoomorfe, databili tra la fine del VIL e la metà del VI secolo. a.C,, tutti, verosimilmente, di provenienza ruvese" Analogamente, a mettere ancor più in rilievo i precoci contatti intercorsi tra la città ruvese e l'Etruria attraverso la Campania etruschizzata concorrono anche numerosi vasi riferibili alla stessa corrente artistica etrusco-corinzia conservati nel Musco Nazionale di Napoli, come segnala l' Heydemann. Si tratta, in particolare, di una ventina di esemplari, tra cui figurano aryballoi globulari, alabastra, kylikes, olpai, oinochoai e pissidi, decorati anch'essi con fregi di animali ed esseri fantastici e non o con scene figurate, riferibili per la maggior parte alla produzione della "Terza Generazione Vulcente" (580-560 a.C.), come quella del “Ciclo dei Galli Affrontati" e del “Gruppo delle Pissidi"'. Nello stesso Museo di Napoli sono, inoltre, presenti alcuni vasi riferibili alla produzione corinzia, come oinochoai, olpai ed alabastra decorati con esseri fantastici e con scene figurate. rappresentanti anche esseri umani". Oltre a tali classi ceramiche, si segnalano anche numerosi e pregevoli oggetti in metallo provenienti dalle stesse arce: infatti, proprio del corredo della monumentale “Tomba del Principe”, contenente una lekythos attica a figure nere e fondo bianco del “Pittore di Edimburgo”" la cui provenienza ruvese è stata recuperata grazie all'accurata descrizione di G. Ursi!, faceva parte anche un grande cratere di bronzo, secondo l’autore di fabbrica laconica" o corinzia; tali importazioni, dunque, attestano rapporti con la Grecia propria, attraverso l'Adriatico e lo Ionio". La posizione privilegiata di Ruvo, posta al confine tra i due gruppi etnici confinanti, Dauni e Peucezi, ma anche sulle vie di comunicazione tra l’interno e la fascia costiera, si riflette nella associazione tra la ceramica subgeometrica daunia (Subgeometrico Daunio I-II) e quella peucezia", quest'ultima presente nelle sue due classi, bicroma e monocroma, * Ruvo, Museo Nazionale Jatta,n. 1565 (Gruppo della Coppa di Fineo): RUMPF 1927,p. 33,n. 197, v. CLXVIII;DI PALO 1987, fig. ap. 109; [0z20 1993, p. 218; LABELLARTE 1997, p. 44 Te essi Ruvo, Museo Nazionale Jatta, n». 1579, 1594, 1585; LO PORTO 1981,p. 15; DI PALO 1987, ig. ‘pp. 210.211; Lirrous 1997, p.546, n. 4. " Brust 2003, pp. 71-125 (per il quale tali oggetti non sarebbero di provenienza ruvese, ma di provenienza nolana in quanto acquistati a Napolida G Jatta e indicati come nolani dall stesso autore) Ὁ HEVDEMANN 1872, pp. 9-12,nn. 255; 271; 275, inv. 80308 (klix); 276; 277; 279 (arpballoî); 283; 285; 287; 288 (alabastra; 290; 294; 303; 309 (aryhallo; 327; 360; 366, inv. 80287; 368 (alabastro); SEYLAGYI 1998,pp. 599-413 e pp. 611-623. "è HEvoEMANN 1872, p.8,n. 255; p.9, n.350, 352 355; p. 2, n. 3476361; p. L1, n. 309 e 330. "^ Edimburgh, Royal Scottish Museum, L 224.379; HASPELS 1936, p. 217, n.19; BEAZLEY 1971, p. 217,n. 19; BOARDMAN 1990,p. 154 e fig. a p. 241 ? URsi 1835, pp. 123-124; Usi 18362, pp. 95-96. Lo studioso locale G. Ursi raccolse, nella sua opera storica, alcune "Memori del padre Laviola, di contenuto archeologico, delle quali sì parlerà nei capitoli seguenti, * Descritto in Ust 1835,pp. 120-121; Usi 1836,pp. 93-94 " Sulle importazioni in questa fase in Pencezia si veda DE JULIS 1989. La ceramica subgeometrica daunia nella classificazione del De Juli (1977) si articola in tre fasi Daunio 1 (700-550), Daunio I (550-400), Daunio II (400-300). 2
rinvenute nelle fasi di frequentazione di un edificio arcaico scavato recentemente, la cui tipologia abitativa, a pianta rettangolare absidata, rimanda proprio alle unità abitative dell'area canosina-ofantina?. Verso la fine del VI secolo, la struttura insediativa è caratterizzata da una serie di modifiche, cui corrispondono processi di maturazione socio-economica, come accade anche nei principali centri della Peucezia, attratti nell'orbita economica e culturale di Taranto e Metaponto. L'insediamento peucezio sembra organizzarsi in questa fase sulla collina dell'odierna città, seguendo una tendenza sinecistica che, comunque, non va oltre uno sviluppo di tipo pre-urbano. Nuclei abitativi con annesse aree di necropoli si dispongono tra V e III secolo nell’area collinare senza un preciso piano preordinato di utilizzo degli spazi. Solo recentemente, in occasione di interventi edilizi nella periferia sud-orientale, sono state acquisite le prime testimonianze relative a strutture abitative di età classica ed ellenistica composte da ambienti a pianta rettangolare monocellulare o articolati in più vani, con fondazioni în muratura a secco, elevati in materiali deperibili e copertura di tegole, all'interno dei quali erano praticate le sepolture infantili, in adeguamento al costume funerario apulo™. Per quanto riguarda l'evidenza archeologica proveniente dalle necropoli, i corredi indicano una stratificazione sociale, con ai vertici gruppi elitari coinvolti in sistemi di relazioni e scambio esterni, per i quali l’ambiente greco-coloniale rappresenta il principale punto di riferimento culturale. Tale ricettività si intensifica particolarmente nella seconda metà del VI secolo a.C., quando, infatti, compaiono nei corredi funerari ruvesi, come pure in quelli delle sepolture più ricche di altri insediamenti apuli e lucani, elementi di panoplie oplitiche e di bardature equine mutuati dal mondo greco, che vengono utilizzati, secondo un’ideologia tipicamente indigena, quali segni di distinzione sociale e di adesione a modelli “ideali” aristocratici propri della cultura greca, come l’oplitismo, e vi permangono dal VI fino alla fine del IV secolo a.C., dapprima con importazioni di oggetti greci o di produzione coloniale (Metaponto prima e Taranto poi), in seguito con le loro rielaborazioni locali". Tra le importazioni di ceramica va segnalato il consistente numero di vasi attici a figure nere”, a partire con un solo esemplare noto ? La prime è infiti diffusa nell'entroterra murgiano, la seconda è caratteristica della zona costiera adriatica, Sulla posizione di confine di Ruvo: DE JULI 1988b, p. 47; DE JULI 1996b, Ῥ 131; LABELLARTE 1997, p.44 Per Le indagini recenti: LABELLARTE, DEPALO 1986; DEPALO, LABELLARTE 1987; LABELLARTE 1997; LABELLARTE 2004 #1 Da segnalare è soprattuto la produzione, de collocare presumibilmente nella stessa Ruvo e forse anche nella vicina Canosa, dei cosiddet elmi “apulo-corinz”,si vedano BOTTINI 1990; BOTTINI 1992b,p. 148: BOTTINI 1993,pp. 89-91. Tra gi esemplari da Ruvo di Paglia: BOTTIN 1990b, p. 34,nn. 4-6 (London, British Museum, WALTERS 1899, n. 2831; Napoli, Museo Archeologico Nazionale, poi abbr. MAN, Inv. 5731 € 5732), p. 35, n.6 (luogodi conservazione ignoto - coll. Lipperheide),p. 6, n. 1 (Bari, Museo Archeologico Provinciale, inv. 7697) e CASSANO 1996, p. 123, n. 10.42 (Napoli, MAN, inv. 5707), dove sono schedate anche e schinieri con fa stessa provenienza da Ruvo e databili tra la da difesa (prometopidia, prosternidia, altro armi fine del VI gli inizi del V secolo a.C. (pp. 123-127) In generale si veda anche De JULIS 1988b, pp. 84-85€ p. 137; LABELLARTE 1997,p. 44. 7 Allelenco dei vas là indicati come provenienti da Ruvo dal Beazley (1956), si può aggiungere la già ricordata [ethos del “Pittore di Edimburgo”, la cui clase è documentata a Ruvo anche da alii esemplari 2
dal 570-560 a.C.®, alcuni esemplari della metà del VI secolo, ma con un costante e deciso aumento tra l'ultimo trentennio del VI secolo ed il primo ventennio del successivo? Non meno importanti sono gli indizi di coevi e indiscutibili collegamenti con Italia tirrenica etrusca”, attraverso vie di comunicazione interne (asse Ofanto-Sele) e con l’area adriatica, già testimoniati dalla presenza dei vasi cirusco-corinzi menzionati precedentemente. Inoltre, tra i più antichi oggetti di sicura importazione etrusca si segnalano anche due lastrine di avorio, pertinenti al rivestimento di un portagioie, decorate con scene di caccia e di simposio a bassorilievo, conservate a Goettingen e inquadrabili tra il 540 ed il 525 a.C. Verso la fine del VI c soprattutto nel corso del V secolo a.C. le importazioni dei beni di lusso e di prestigio diventano ancora più intense. Ne sono testimonianza alcuni noti omamenti aurei provenienti dall’Etruria, come la collana” con teste di Sileno, ghiande (Napoli, MAN, inv. 81191,H. 2430, BEAZLEY 1956,p. 700; BEAZLEY ADDENDA 1989, pp. 476-477), a cui si ‘aggiungono alti numerosi esemplari la cui provenienza è stata rocentemente recuperata dall scr 2 1 più antico reperto atico neto da Ruvo è una "coppa di Siana” attribuita al “Pittore C Brace e le Amazzoni (Napoli, MAN, H. 2454, inv. 81150, BEAZLEY 1956, p. 60, n. 5). > Sui circa 40 vasi ate a figure nere da Ruvo, tra quelli schedati dal Beazley (1956) e quel riconosciuti in seguito, uno solo (segnalato nella nota precedente) si data alla prima metà del VI secolo, mentre in gran parte appartengono al periodo compreso fra il 530 ed il 480 &.C. Nel Museo di Napoli vi sono i seguenti esemplari, molti dei quali però non sono sti ancora attribuiti ad una scuola: HEYDEMANN 1872, pp. 303-312, rn, 2425, inv. 81075 (ope; 2426 (klix, 550-530 aC}: 2428, inv. 81152 (bli, 550-530 a.C. 2429, iv. 81072 (olpe, 530-520 a C; 2430, inv. 81191 (lelythos del “Pittore di Edimburgo”, BEAZLEY 1956, p. 350/286); 2431 Cekythos),2435, inv 81104 (Hara de Pittore di Tesco con Eracle e Apollo): 2436 (oinochoe); 2438, inv. 81267 (lelyihos del Pitore di Bowdoin, “Gruppo delle Semi-Outline lekythoi”, BEAZLEY 1956, p. 689/1): 2441, inv 81192 (lets, "Gruppo delle Semi-Outline lekythol"), 2442 (lektho a fondo bianco); 2443, inv. 81211 (lekythos); 2445 (anfora), 2446, inv 81275 (lekythos); 2448 (ekythos); 2449, inv. 81081 (anfora del Pit ore delle Linea Rossa, 500.490 a.C., BEAZLEY 1956,p. 60/8); 2451, inv. 81194 (lebrhos); 2453, inv. 81160 (cup slphas del Pittore di Haimon, BEAZLEY 1956, p. 708/621 bis); 2455, inv 81146 (klix ad occhioni); 2458, inv. 81159 (skyphos del Pitoredi Teseo); 2468 (styphos del Pittore di Tesco) n. 2482, inv. 812 4 (lobos); ‘n. 2483, inv. 81108 (anfora, attribuitaαἱ Pittore dela Linea Rossa, 500-490 aC.) n. 2519, inv 81306 (cratere a colonaette, Pitor di Olmos-Balmaseda, 520-500 .C., CHAZALON 2001);p. 370,n. 2711, inv. 81183 (oincchoe, 480-470 a.C., CHAZALON 2001); p. 374, n. 2723, inv. 81199 (lkythos); n. 2724 (lelythos); p. 380,n. 2746, inv. 81201 (lekythosdel Pitoredi Edimburgo — Gruppo Leagros, BEAZLEY 1956,p. 378/258); n. 2751, inv. 81185 (oinochoe, attribuitaal Pittoredi Gela, 500-490 a.C.) pp. 384-385,n. 2764, inv. 81293 (anfora panatenaica); n. 2771, inv. 81253 (lekythos); n. 2775, inv. 81050 (cap-skyphos}pp. 390-399,nn. 2789 (kothon); 2792; 2193; 2796; 2797; 2798, inv. 81089 (cratere à colonnett attribuito al Gruppo Mikra-Karaburum, CHAZALON 2001, 1 vasi aci a figure nere del Museo di Napoli, 2799; 2800, inv 81220 (leythos del Pittore di Sao), 2801, inv. 81268 (lekythas del Pittore di Tesco, BEAZLEY 1956,p 529/57) 2803 (anfora; 2815 (ethos); 2817 (anfora; 2818, inv, 81279 (lebrhos dl Pitore di Sao, BEAZLEY 1956,p. 702/1); 2819, inv. 81092 (cratere a colonnette, attribuitoαἱ Pitre di Rycroft 500-490 .C., CHAZALON 2001); 2320, inv. 81213 (letyrhos della Classe di Atene 581, BEAZLEY 1956, p. 701/21 ter; 2821, inv. 81073 (ipdria); 2832, inv. 81064 (anfora di Lydos, BEAZLEY 1956,p. 116/17) 2833, inv. 81153 (cup-skyphos atributo αἱ Pitredi Haimon, 480-470 a.C): 2835; 2837, iav. 81307 (eratere a colonnette del Pittore di Antimenes), 2839; 2840; 2841, inv. 81390 (cratere a colonnete del Pittore di Lysippides. Sin dalla ine del VII secolo aC. e fino al V sono presenti, in Daunia e in Peucezia, ni comedi tombali di rango, bacili ad oro perlinato vasi in bucchero pesante, colin con manico a verga ondulata, cui si aggiungono le classi di reperti che saranno analizzate con maggiore dettaglio perla quantitàe a qualità de pezzi rinvenuti a Ruvo. DE JUL 1996a; DE JuLs 1996b, pp. 233-234. Molto probabilmente invece οἱ tratta di un ornamento da portare sul petto: DE JULUS 1990, p. 400; DE Jus 19962, p. 549, nota 27; MONTANARO 2006, p. 97-98. 23
€ fiori di loto, conservata nel Museo di Napoli, databile al 490-480 a.C.”, proveniente, insieme ad un nutrito gruppo di oreficerie e di vasi attici a figure nere e a figure rosse, da un gruppo di tre e forse più tombe a semicamera, alcune delle quali dipinte, rinvenute affiancate e contenenti sepolture femminili, trovate nel “Fondo del Capitolo” situato su Corso Cotugno (già via dei Cappuccini)? Al contrario, altre oreficerie di provenienza ruvese rivelano nella fattura e nello stile una profonda influenza magnogreca, come la famosa collana con vaghi biconici baccellati e teste femminili con polos, conservata presso il Museo Nazionale di Taranto, attribuita a botteghe tarantine e datata tra la fine del VI e gli inizi del V secolo a.C2”, manifestando anche per questa classe di manufatti, la concomitante influenza di gusti di diversa ascendenza. Nello stesso periodo sono altresì presenti a Ruvo le ambre intagliate”che documentano una convergenza non solodi prodotti,ma forse anchedi artigiani etruschi e greci. Si tratta di un fenomeno piuttosto diffuso, riscontrabile pure in altri insediamenti della Puglia, dove sono stati trovati consistenti nuclei di ambre scolpite a figura umana, come nei siti di Rutigliano e Canosa, così come nel resto dell’Italia meridionale, in Basilicata e in Campania. Degna di nota in tal senso è la cosiddetta "Tomba delle Ambre”, recentemente ricomposta, rinvenuta a Ruvo nel 1876, nella contrada Arena, che ha restituito i resti di ‘una sepoltura femminile con un corredo formato da alcune ambre intagliate (una statuetta di guerriero, un elemento scolpito a forma di protome equina e tre pendagli, uno a forma di pupario, due a forma di testa femminile e uno a testa di satiro), da alcune fibule in argento e da elementi da toeletta in osso, cui si deve aggiungere, grazie all’analisi da parte dello scrivente di alcuni documenti d'archivio e di alcune pubblicazioni ottocentesche”, la famosa Aydria attica a figure rosse della ex collezione Caputi attribuita al Pittore di Leningrado (480-470 a.C.), raffigurante una scuola di vasai. Analogamente possono essere interpretati alcuni vasi figurati”, soprattutto crateri a colonnette (forma già ampiamente apprezzata dalla élite locale, come è testimoniato da un discreto numero di vasi a figure nere e a figure rosse con questa morfologia Napoli, MAN, inv. 24883 (già collezione Ficco); BREGLIA 1941, p.25,n. 2; SIVIERO 1954, p.18,n. 34; Becarn 1955,p 73 e 180,n. 273, ave. LXX-LXXI; CRISTOFANI-MARTELLI 1983,p. 58 e 295,n. 161 e fig.a p. 177; DE JULI 1990,p 400, fig. 575: GUZZO 1993, p. 166,ig. 381; De JULIs 1996a,pp. 549-5 0, DE JULI 19960, p. 234; MONTANARO 2006, pp. 33-34, cat. 1.1 ? MONTANARO 2006, pp. 114, 116-117, 18-119. ‘Taranto, Museo Archeologico Nazionale, LG. 6429: Guzzo 1972, p. 254; ORLANDINI 1983, p. 378; DE JULI 1990,p. 400, fig. 574; GUZZO 1992,p. 167, fig. 383; GUZZO 1993,p. 191; MASIELLO 1996,p. 147 ® Uno di questi manufatti, raffigurante due personaggi mitologici e una testa di cerva, è conservato al British Museum: STRONG 1966, pp. 61-02, n.35, tav. XV; MONTANARO 2006, pp. 74-76, cat. 5.4. Alti sono conservati nei musei di Napolie di Monaco di Baviera, >" Per la statuetta di guerriero (Napoli, MAN, inv. 113643): SIVIERO 1954, p. 132,n. 560; Prisco 19966, pp. 115-116; per l'elemento a forma di protome equina (Napoli, MAN, inv. 113645), per i tre pendagli, rispettivamente uno aforma di puparo ei due ἃ forma di testa femminile (Napoli, MAN, invv. 113647, 113644, 113646). Per la ricomposizione parziale del "corrodo del Guerrero” (PRISCO 1996b, pp. 116-117), perla ricomposizione aggiornata (MONTANARO 2006, pp. 117-118, scheda VII). In generale sulle ambre intagliate si veda NEGRONI CATACCHIO 1989; MASTROCINQUE 1991, pp. 132 e 135-136. Perle notiziesul rinvenimento Archivio Centrale di Stato Roma 1876 e JATTA 18762,pp. 20-31 Bari, Musco Archeologico Provinciale, in. 4305, da Ruvo (acquisto dal canonico Elicio - 1903): cratere a colonnette a figure nere e fondo bianco con Eracle e Cerbero; Napoli, MAN, inv. 81067 (anfora); Milano, coll. HA, inv. C391 (anfora) DE JULIS 19968,pp. 546-547 ; DE JuLIS 1997, pp. 92.94. 24
importati dall' Attica), dipinti con vernice bruna diluita e con dettagli incisi, provenienti anche da Ruvo®, databili tra la fine del VI e i primi decenni del V secolo a.C.; essi potrebbero essere stati prodotti localmente da artigiani etruschi trasferitisi in questa regione da Vulci, in crisi di trasformazione”. La ceramica attica a figure nere, per quanto ancora attestata da esemplari tardi, attribuibili soprattutto alla classe del Gruppo di Haimon, viene rapidamente sostituita da quella a figure rosse, presente a Ruvo in quantità elevata”. L'andamento delle importazioni di questi vasi risulta abbastanza omogeneo nel corso di tutto il V secolo a.C., tanto da rappresentare coerentemente quasi l’intero sviluppo stilistico della ceramica attica a figure rosse"; sono particolarmente apprezzati i crateri, quelli a campana, a volute, a calice, ma soprattutto quelli a colonnette (numerosi sono gli esemplari dei Pittori di Leningrado, di Agrigento e di Alkymachos”). A tali esemplari si affiancano le kylikes e le lekythoi che si impongono all'attenzione sotto l'aspetto quantitativo e appaiono come le forme ricorrenti con maggiore frequenza nei corredi. Tra le prime si segnalano alcuni pregevoli esemplari del Pittore di Pentesilea, del Pittore della Phiale e della loro cerchia, mentre tra le seconde si segnalano numerosi esemplari di stile classico attribuiti ai noti pittori di Bowdoin, Aischines, Karlsruhe, alcuni dei quali a fondo bianco, inquadrabili trail 470 e il 450 a.C. Inoltre, a tali prodotti, si affiancano alcuni crateri a campana, attribuiti al Pittore di Polignoto e alla sua cerchia, e alcune pelikai, attribuite ai pittori di Aison e della Phiale con cui si arriva alla fine del terzo quarto del V secolo a.C. Nel repertorio delle forme importate risultano anche uno stamnos del Pittore di Danae. e un discreto numero di anfore nolane, importate nel secondo quarto del V secolo a.C., che non sembrano riscuotere un particolare favore in ambito adriatico, mentre hanno un’ampia diffusione in Campania e in Etruria; si tratta di un'ulteriore conferma degli stretti rapporti intercorrenti in questo periodo tra la città apula e la Campania etrusca, in particolar modo con la città di Capua. Per gli esempi si veda la nota precedente. Perl problema D'ANDRIA 1988, pp. 665 e 668; DE JULIIS 1996 3, pp. 544-548; DE JULIS 1996), p. 234. Tra i crateri colonnett attici di provenienza ruvesesi ricordano qui alcuni pezzi databili proprio negli ultimi decenni del VI secolo a.C: Napoli, MAN, H. 2841 (BEAZLEY 1956, p. 263, n.7) collegato al Pitore di Lisippides; Napoli, MAN, inv. 81307,H. 2837 (BEAZLEY 1956,p. 279,n. 54), asrit alla maniera el Pittore di Antimenes: Napoli, MAN, inv. 81092, H. 2819 (non attribuito); Napoli, MAN, inv. $1089, H. 2798 (non attribuito). P D'ANDRIA 1988, pp. 665 c 668; DE JULIS 19969, pp. 544-548; DE JULUS 1996b,p. 234 ; DE JULIS 1997, pp. 9294. Sono oltre 110 i vasi schedati dal Beazley (1963 e 1971); a questi se ne possono aggiungere alti a cui provenienza ruvese è stata recuperata dallo scrivente * Lo PORTO 1981, p. 16. iù antico vaso attico figure rose di accertata provenienza ruvese, è una coppa del Por di Berlino 2268 (Napoli, MAN, Inv. 2636, BEAZLEY 1963, p. 153, n. 3) [vasi più recenti schedati dal Beazley sono invece alcuni ryt) del Museo Jat (n. 1516, BEAZLEY 1963,p 1551,n. 16;n. 1408, BEAZLEY 1963,p. 1551, n. 19) assegnati lla classe W. VAL cratere del pittore, gîà noto, custodito nel Museo Jatta a Ruvo (BEAZLEY 1963, p. 533), se ne aggiunge un alto, la cui provenienza ruvese è stata recuperata da chi scrive, custodito nel Museo di Napoli (nv. 81299,H. 3115). 1) Anfora (Napoli, MAN, inv. 81538, H. 3046, BEAZLEY 1963,p. 65/9, attribuita al Pitoredi Dresda); 2) anfora (Napoli, MAN, inv. 81491,H. 3064, BEAZLEY 1963,p. 667/11, attribuita al Pittore di LondraE 342); 3) anfora (Napoli, MAN, inv. 81488,H. 3132, BEAZLEY 1963,p. 661/10, attribuita αἱ Pttore di Londra E 342); 4)anfora (Napoli, MAN, H. 3087, BEAZLEY 1963, p. 201/68, attribuita al Pittore di Berlino) 5) anfora 25
L'importazione dei vasi at ici raggiunge un'intensità particolarmente elevata nel periodo compreso tra il terzo quarto e la fine del V secolo” e si protrae nel IV secolo .C., con alcuni celeberrimi esemplari monumentali®, attribuibili ai Pittori di Talos, di Kadmos e di Pronomos, ma anche con altri numerosi piccoli vasi* al contrario di quanto accade nel resto della Puglia anellenica centro-meridionale che fa registrare negli ultimi due decenni del V secolo un deciso calo delle attestazioni di ceramica attica. La maggior parte di questi vasi di piccole dimensioni è oggi custodita sia nel Museo Jatta che nel Museo di Napoli ed è rappresentata soprattutto da varie kylikes e kantharoi, attribuiti al Pittore di Eretria, di Calliope, di Marlay e del Coperchio, e da un nucleo di vasi configurati della “Persian Class"? Contemporaneamente è attestataa Ruvo, sin dalle sue prime fasi, anche la ceramica protoitaliota e italiota, che continuerà ad esservi documentata in maniera sempre più crescente a causa della sempre più capillare ellenizzazione dell'insediamento, lungo tutto Parco della sua produzione”. Di particolare intensità, tra i ritrovamenti ruvesi ascrivibili alle prime due fasi, è la presenza di ceramica protolucama**, in quantità maggiori, accanto alla protoapula, come è testimoniato dal corredo di una tomba monumentale rinvenuta da Rinaldo di Zio nel 1814, in cui furono ritrovati il cratere a volute eponimo del Pittore di Sisifo e alcuni vasi del Pittore di Amykos*°. (Napoli, MAN, H. 3098, BEAZLEY 1963,p 487/60, atribuita ad Hermonax); 6) anfora (Napoli, MAN, H. 3138, ‘non attribuita) 7) anfora (Napoli, MAN, inv. 81632, H. 3176, BEAZLEY 1963,p. 638/49, attribuita al Pittore di Providence); 8) anfora (Napoli, MAN, H. 3182, BEAZLEY 1963, p. 3095, atribuit al Pittore di Tithonos); 9) anfora (Napoli, MAN, inv. 81553, H. 3196, B£azLEv 1963,p. 42/125, attribuita al Pittore di Sabouro!) 10) anfora (Napoli, MAN, H. 3210, non attribuita; 11) anfora (Amsterdam, Allan Pierson Museum, inv. 1754, BEAZLEY 1963, p. 636/11, attribuita al Pitoredi Providence) ? Diversi vasi appartengono alla cerchia del Pittore di Meidias: tra quest i ricordano i vasi del maestro, conservati nel Museo Jata (Ruvo, Museo Nazionale Ja, n. 1538 e 1526, BEAZLEY 1963, p. 1314, nn. 16 © 18) e quell dei suoi seguaci con la stessa collocazione (Ruvo, Museo Nazionale Jai, nn. 1559 e 1472, BEAZLEY 1963, p. 1321, nn. 2-3) e l'Apdria di Karlsruhe con il Giudizio di Paride, da cui prende il nome un allievo del ceramografo attico (Karlsruhe, Badisches Landesmuseur, inv. 259-B 36, attribuita al Pitore del Paride di Karlsruhe, REAZLEY 1963, p. 1315,n. 1 p. 1690; BEAZLEY 1971,p. 477) I riferimento è naturalmente al cratere a volute eponimo del Pittore di Pronomos (Napoli, MAN, inv. 81673, H. 3240, BEAZLEY 1963,p. 1336,n. 1) al cratere a calice dell stesso maestro (Napoli, MAN, H. 2883), al cratere a volute eponimo del Pitore di Tales (Ruvo, Museo Nazionale Jatta, n. 1501, BEAZLEY 1963, p. 1338, n. 1) δά un'anfora panztenaca di un pittore vicinoa Pittore di Telos Gruppo di Napoli 3235: Napoli, MAN, inv. 81401,H. 3235)e ad un cratere a volute della fine del V secolo (Napoli, MAN, inv. 81671,H. 3251 ‘Sono stati indicati i vasi schedati in Beazley 1963 © 1971. Sull'andamento delle importazioni atiche ἃ Ruvo: VALLET 1950, pp. 44-45 e tra e più recenti indicazioni, LABELLARTE 1997,p. 44, » PANOFKA 18348, pp. 39-40; URSI 1835, pp. 128-130; si veda anche la nota 49 nel cap. I ^ ASNA, MPI, Busta 357 I, fasc. 41: "Rinvenimenti nel Fondo del Capitolo" (1835); Usi 1835, pp. 111 140; URst 18366, pp. 143-172; L'Intendente Marchese di Montrone in RUGGIERO 1888, pp. 562-563, letra del 31 ottobre 1834. 82
a vasi protolucani del Pittore di Amykos, proprio come nella tomba scoperta nel settembre del 1834. Fanno parte di questi complessi anche alcuni pregevoli vasi, ben noti nella letteratura archeologica contemporanea, attribuibili ai Pittori di Pronomos, di Talos, di Meidias, della fine del V secolo a.C., oppure esemplari dei Pittori di Leningrado, di Agrigento e di Douris, ascrivibili al 480-470 a.C., tutti rinvenuti in un gruppo di trequattro tombe a semicamera affiancate, tre delle quali trovate nell'aprile del 1835, insieme ad alcuni oggetti in oro". In questa estesa necropoli non sono mancate alcune sorprese di un certo interesse e rilievo: infatti, durante gli scavi del XIX secolo sono state individuate delle sepolture riconducibili ad individui di origine allogena, come si è potuto constatare dal rituale funerario riscontrato, in quanto i defunti erano stati seppelliti in posizione supina e distesa
È il caso della grande tomba principesca scoperta nell'ottobre del 1833 e della tomba
rinvenuta nel novembre del 1834, contenente la deposizione di un guerriero, sepolto in posizione supina e distesa, accompagnato sul fianco da una spada e tra le gambe da un cratere a figure rosse, mentre sul corpo era poggiata una corazza o un prosternidion (come si vedrà nel catalogo dei corredi). Quest'ultima era affiancatada un’altra tomba, scoperta nello stesso periodo, contenente anch'essa la deposizione di un guerriero accompagnato da un'intera panoplia (elmo, corazza e cinturone) e da vari oggetti di bronzo”. Insieme alle tombe di V secolo compaiono anche sepolture monumentali a semicamera e a camera risalenti al IV secolo a.C. E' il caso della tomba a semicamera compagna delle tre analoghe strutture, rinvenute nell'aprile del 1835, che hanno restituito le famose oreficerie della collezione Ficco-Cervone, la quale conteneva alcuni splendidi esemplari del Pittore dell’Ilioupersis e della sua scuola, come il cratere con la raffigurazione di Patroclo in un naiskos e Achille sul carro che trascina il corpo di Ettore. Ancora, sempre sulla via dei Cappuccini, si devono segnalare, sulla base dei documenti d'archivio, altre tombe, rinvenute nel 1836 e nel 1840 dal canonico Ficco nei suoi fondi, risalenti sembra alla fine del VI-inizi del V secolo a.C. Nella contrada si devono, inoltre, registrare alcuni rinvenimenti effettuati dal canonico Chieco, tra cui una tomba a sarcofago, trovata nel 1838 con un corredo formato da sei vasi apuli, e altre tombe del IV secolo a.C. rinvenute tra il 1839 ed il 1840, molte delle quali scoperte in circostanze a dir poco misteriose dallo stesso canonico, che hanno restituito corredi pregevoli con oggetti in oro, argento, vetro e alabastro“, come indicano alcuni documenti conservati nell'Archivio di Stato di Napoli. Tra queste si segnala una sepoltura di dimensioni monumentali rinvenuta nel 1840, al confine tra la proprietà dello stesso canonico e quella del sindaco di Ruvo Luigi Cilienti, nei pressi del Convento dei Cappuccini. Si tratta di un'altra tomba a semicamera, che aveva le dimensioni di palmi 17 x7x 7 opp. 9 (=m. 5,10 x 2,38 x 1,86 0 2,38), costruita con grandi lastre di tufo e coperta da più lastre poste orizzontalmente, alcune delle quali erano perd crollate frantumando la maggior parte degli oggetti; il ricco materiale, costituito da vari rAytà, anfore a figure ? LaviOLA in URSI 1835, pp. 111-140; BRAUN 1836a,pp. 73-96; Ust 18368, pp. 143-172. LAVIOLA in URSI 185,pp. 138-140. © ASBA, MSA, fasc. 8 c fasc. 104 ^ M. MARIN 1981,pp. 170-172. 83
rosse, un’hydria a figure rosse, vasi di alabastro e di vetro, risalente alla fine del IV secolo a.C., fu sequestrato dalla Commissione dei Regi Scavi di Ruvo". Lo stesso accade nel settembre del 1880, quando in un fondo suburbano di Bartolomeo De Leo, situato non Jontano dalle mura vicino al già menzionato convento, furono scoperte almeno sei o sette tombe, i cui corredi furono subito smembrati e dei quali lo Jatta si limita a descrivere alcuni degli oggetti più notevoli, tra cui una Alix attica a figure nere, ora a Dunedin in Nuova Zelanda, crateri a colonnette a figure rosse, due elmi, due vasi di bronzo ed una grande fibula d’argento, che datano le sepolture tra il V ed il IV secolo a.C. Da segnalare è anche la tomba rinvenuta nel 1881, di fronte al convento, sotto due 0 forse tre tombe romane, allineate e contrassegnate da epigrafi funerarie, anch'esse databili al II secolo 4.C., contenente due vasi a figure nere, forse di imitazione locale, databili agli inizi del V secolo a.C., e tre vasi in bronzo, tutti custoditi nel Museo Jatta*; anche in questo caso le tombe si trovavano disposte sui due lati della strada che usciva dalla Ruvo medievale. Oltre a queste sepolture già identificate dai vari documenti conservati nell’ Archivio di Stato di Napoli, sembra che molte altre tombe dovessero esistere nella zona € che, probabilmente, fossero state scavate dal Chieco e da altri personaggi poco raccomandabili, restituendo un ricco e vario materiale costituito da ceramiche, ori, argenti, oggetti di piombo, bronzo e vetro. Tuttavia, sembra che anche qui le sepolture sorgessero da ambedue i lati della strada, considerata un’antica direttrice, che proveniva da nord-ovest e si dirigeva verso la Porta del Castello. Tra l’altro, l’esistenza di questa strada pare sia documentata dal ritrovamento, avvenuto durante lavori edilizi, di un tratto di strada selciata con le impronte delle ruote dei carri, all'incrocio tra via Saffi e via Garibaldi tratta della antica via Appia Traiana proveniente da Canosa. Nei pressi di questa zona, in località Cocevole o Cucevole e in Antica di Carlo si rinvennero altre tombe. Una tomba isolata è stata trovata in questa zona, un po” più a NO della chiesa dei Cappuccini (via Einaudi angolo via Crispi), il 12 febbraio 1974, contenente materiale della fine del IV secolo a.C. Recentemente, nel novembre del 1995, sempre a NO del centro abitato, lungo la direttrice per Corato, in via Gravinelle, sono state rinvenute tre tombe a sarcofago tufaceo. La tomba 2, databile tra la fine del V e gli inizi del TV secolo a.C., pertinente ad ‘una deposizione femminile, ha restituito un’armilia in bronzo, un vago in pasta vitrca e uno in ambra relativo ad una fibula, tre fibule in ferro con vago in osso e resti di tessuto aderenti. La deposizione della tomba 1, della metà del IV secolo a.C., era accompagnata da un cratere a decorazione lineare, che conservava all'interno un piccolo kantharos a corpo biconico, verniciato per immersione. © ASSAN V A-6, fase. 16: “Scavi di Ruvo e dintorni"(1839-1842), lettera del 25-9-1840 firmata da Salvatore Fenicia; Fenicta 1840, pp. 241-270. ^ JóTTA 1880, pp. 401-404. "CIL, IX, nn. 6182, 6184 e 6185. ^ M. MARIN 1981,po. 159 239, n. 15; JATTA 1881, pp. 323-331. JURA 1971,p. 114, nora 2; M. MARIN 1981,p. 173. P ASBA, MSA, fasc. 129: “Permesso di scavo chiesto da Giovanni Riccardi (1853)"; M. MARIN 1981, po 12413. 71M. MARIN 1981, pp. 4-175 e ASATA. 84
1 dati sopra riportati indicano un'evidente disposizione delle sepolture ai lati della direttrice per Corato, l’odierno Corso Cotugno (già via dei Cappuccini): un gruppo numeroso di sepolture più antiche, comprese tra la fine del VI e il V secolo a.C., dalla struttura monumentale (il riferimento è alle semicamere scavate tra il 1833 e il 1835 già menzionatenel capitolo), risultava concentrato a ridosso delle mura medievali, suggerendo come quest'area posta al di fuori dell'abitato antico fosse adibita ad un uso prettamente funerario. L'altro gruppo, anch'esso piuttosto consistente, comprendente tombe sia del V che del IV secolo a.C., era concentrato nei pressi dell'odierna Chiesa di S. Lucia (già Convento dei Cappuccini) analogamente distribuito ai lati della strada che conduceva verso Corato, quella che poi sarà la via Appia Traiana, come dimostrano le tombe romane rinvenute al di sopra di quelle più antiche, evidenziando ulteriormente l'uso prettamente sepolerale della zona anche nelle fasi più recenti. Scendendo verso la zona meridionale e quella sud-occidentale, vale a dire quella che è stata individuata come la quinta area archeologica (tav. IX), si possono segnalare ‘numerosi altri rinvenimenti di sepolture databili soprattutto al IV secolo a.C. Si pensi alle tre grandi tombe rinvenute negli anni 1834, 1839e 1929 sullo stradone che circonda Ruvo precisamente dirimpetto al “luogo delle Beccherie" (oggi via Ettore Carafa)®, alcune delle quali presentavano le pareti intonacate e dipinte, come la tomba che ha dato alla luce il cratere con la morte di Archemoro, e soprattutto l'immensa necropoli rinvenuta nel sito detto “del Buccettolo”, la quale prende il nome dall'omonima porta medievale che si apre nella cerchia muraria a sud-ovest, oggetto di scavi “regolari”, ma in percentuale maggiore incontrollati e clandestini che, tra il 1833 ed il 1843, l'hanno letteralmente devastata” Proprio dalla documentazione ottocentesca inedita e non considerata dalla Marin è emerso come un gran numerodi tombe monumentali, databili tra la fine delV e gli inizi del III secolo a.C., siano state rinvenute soprattutto nella zona meridionale di Ruvo e proprio nella parte sud-occidentale, immediatamente al di fuori della cerchia muraria medievale, esattamente nel già menzionato sito “del Buccettolo”, di proprietà del Capitolo di Ruvo. Qui, infatti, è stato portatealla luce, in particolare tra gli anni 1834 e 1838, un considerevole gruppo di tombe a semicamera, aventi le pareti interne intonacate e dipinte con fasce parallele dai vari colori, che hanno restituito corredi estremamente ricchi, riconducibili ad individui di rango aristocratico. Si tratta di complessi funerari costituiti soprattutto da vasi. attici, protoitalioti e apuli a figure rosse, tra i quali figurano alcuni splendidi esemplari attribuiti al Pittore di Meidias, di Pronomos, di Talos rinvenuti associati a vasi del Pittore di Amykos, del Pittore di Sisifo e del Pittore della Nascita di Dioniso, della fine del V secolo a.C. In questa immensa necropoli sono stati trovati anche esemplari di grandi dimensioni della fase medio-apula, attribuibili ai Pittori dell’Ilioupersis e di Licurgo, tutti rinvenuti in tre tombe a semicamera affiancate, scoperte nell'aprile del 1835, insieme ad alcuni oggetti in oro, argento, bronzo, dove hanno scavato personaggi piuttosto noti alle cronache del tempo quali Lamberti, Fiore e Cervone™. 7 M. Marin 1981,pp. 175-179. 5 M. MARIN 1981,pp. 176-178, ASNA, MPI, Busta 357 II fasc. 42: "Spariione di oggetti d'oro nel Fondo del Capitolo” (1835); LavioLa in Ust 1835, pp. 111-140; BRAUN 18369,pp. 164-166; Utst 18360, pp. 143-172; ASBA, MSA, fascicol 8 e 108; RUGGIERO 1888, pp. 563-567. 85
Insieme alle tombe della seconda metà del V secolo appaiono numerose le sepolture dalla struttura monumentale risalenti al TV secolo, a semicamera e a sarcofago, addirittura anche a camera e, sembra, persino a grotticella, le quali hanno dato alla luce vasi apuli
di dimensioni monumentali, che superano abbondantemente il metro di altezza. È il
caso, infatti, della già citata tomba contenente il vaso con la raffigurazione della morte di Archemoro, della tomba a grotticella 0 a camera, con i cinque vasi del Pittore di Dario, scoperta nel marzo del 1835 da Antonio e Vincenzo Cervone, e di quelle rinvenute nell'aprile del 1835 dal Lamberti, che hanno restituito una grande quantità di materiale pregiato, vasi monumentali del Pittore dell'llioupersis e del Pittore di Licurgo, nonché oggetti in oro, bronzo e piombo, parte dei quali è stata confiscata allo stesso Lamberti”. Di grande rilievo è anche la tomba scoperta da Marino Riccardi nel dicembre 1834, contenente Ia sepoltura di un guerriero munito di elmo, corazza anatomica e cinturone, oltre che di un certo numero di oggetti in bronzo“. Sempre nel dicembre del 1834, nel Fondo del Capitolo situato nei pressi della Porta del Buccettolo, vennero alla luce due tombe affiancate, in una delle quali venne recuperato il famoso cratere del Pittore di Sisifo, con la raffigurazione del ratto delle Leucippidi e di una amazzonomachia, acquistato da Giulio Jatta, assieme ad altri sei piccoli vasi provenienti dallo stesso sepolcro, per la somma di 1700 ducati, ed altri oggetti, quali anforette di vetro ed ornamenti personali in argento, di cui si era impadronito il sindaco di Ruvo Luigi Cilienti per la somma di 3200 ducati". Non meno importanti sono le altre tombe, ben ventuno, del tipo a semicamera e a sarcofago, trovate su Corso Carafa (già Strada Nuova o Mediterranea) insieme a sepolture di epoca romana e cristiana. Il cospicuo gruppo di strutture funerarie fu scoperto nell'aprile del 1837: da una di queste sepolture (quella del 13 aprile 1837 rinvenuta in Largo S. Giovanni, posto verso la fine di Corso Carafa) venne riportato alla luce un altro straordinario cratere attico, questa volta a calice, del Pittore di Pronomos con la raffigurazione di una gigantomachia"*. Sempre nella stessa zona, nel maggio del 1837si rinvengono altre dieci tombedi varie tipologie, alcune delle quali già violate”, mentre nelle prime due settimane dell’ottobre dello stesso anno vengono intercettate cinque tombe, tutte a semicamera e costruite con lastre di tufo, che risultarono già manomesse dagli scavi clandestini del Lamberti? Non lontano da questi sepolcri, il 24 ottobre del 1837 viene individuata, ad una grande profondità, un’altra straordinaria sepoltura monumentale che, per quanto già depredata degli oggetti d'oro, restituì ancora una miriade di frammenti di un gigantesco cratere a mascheroni, con raffigurazioni mitologiche e una amazzonomachia su quattro registri SASNA,MPI, Busta 3571}, asc. 42: "Sparizion di oggett d'oro nel Fondo del Capitolo" (1835); ASSAN IV B 11, fasc. 32: “Vasi e Bronzi confiscati a D. Carlo Lambert di Bari perché da lu rinvenuti a Ruvo in uno scavo non autorizzato” (1836); ASSAN XXI D 7.1, fasc. 16: “Ricompasizione e restauro de frammenti di vas Sequestrati a Carlo Lamberti dì Ruvo" (1836-1837); RUGGIERO 1888, pp. 563-567. 7 LAVIOLA in URSI 1835, pp. 138-140. 7 Unsi 1835, pp. 130-133; URSt 1836, pp. 103-106; URSI 1836b, pp. 13-15 e 43-45. 7 ASBA, MSA, fasc. 8: verbale degli scavi della seconda quindicina di aprile 1837; FENICIA 1840, pp. 107-120; RUGGIERO 1888, pp. 566-567. 7 ASBA, MSA, fasc. ὃ: quinto verbale quindicinale degli cavi del mese di maggio 1837. ^ ASBA, MSA, fasc. 8: verbale degli scavi della prima quindicina di ottobre 1837. 86
ed un'iscrizione greca, e persino alcune schegge d'oro, forse pertinenti ad una corona funeraria‘!. Nel novembre del 1837 nel sito del Buccettolo, sempre su Corso Carafa, si verificano altri ritrovamenti, come le due tombe scoperte tra il 6 ed il 9 novembre, già violate? altre quattro sepolture a semicamera rinvenute tra il 23 novembre ed il 12 dicembre, anch'esse già depredate®, e ancora le quattro tombe rinvenute nella seconda metà del mese di dicembre del 18374. In questa immensa necropoli non sono mancate anche alcune sorprese: infatti, durante gli scavi del XIX secolo sono state individuate persino delle sepolture riconducibili ad individui di origine allogena, Lucani ed anche Sanniti, come si evince dal rinvenimento delle corazze a tre dischi, elemento caratteristico dell'armamento dei guerrieri italici di origine osca®, e dal rituale funerario riscontrato nelle deposizioni consistente nell’inumazione in posizione supina e distesa. Tali sepolture contenenti deposizioni di individui allogeni, scoperte il 30 dicembre 1837 e il 3 gennaio 1838 tra Corso Carafa € Largo di Porta di Noia o Noè (oggi Piazza Bovio), sono state trovate affiancate: nella prima, internamente, si recupero solo un grande askós listato canosino, mentre frammenti di due anfore e di una hydria a figure rosse oltre ad una splendida corazza a tre dischi osco-sannitica con teste a bassorilievo erano stati nascosti nell’intercapedine costituita dalla parete della fossa e dalle pareti esterne della tomba in tufo. Nella seconda sepoltura si rinvenne un corredo completamente integro, comprendente un'intera panoplia (elmo frigio, corazza a tre dischi, cinturone), armi da offesa e vasi a figure rosse e a vernice nera, oltre ad una rara Jekythos campana a figure nere “tipo Pagenstecher"*, Infine, probabilmente non molto lontano da questa zona, Raffaele Riccardi rinvenne il 24 dicembre del 1839 una lapide sepolerale ricoprente una tomba, che venne poi aperta dalla Commissione dei Regi Scavi il 3 gennaio del 1840. Anche in questo caso la sepoltura risultò intatta e restituì la deposizione di un guerriero di origine osca, accompagnata da uno splendido complesso funerario, nel quale si distingueva una eccezionale panoplia, comprendente un elmo frigio, una corazza anatomica corta di tipo italico, un cinturone, una coppia di schinieri e uno scudo con episemon a forma di cinghiale, oltre al solito corredo vascolare, consistente in ceramica a figure rosse e a vernice nera e in un vago di pasta vitrea di tipo fenicio-punico”. Dopo alcuni anni, gli scavi nella zona del Buccettolo ripresero e fu Vincenzo Cervone a condurli nel 1843, proprio nella stessa zona di quelli condotti dal Lamberti nell'aprile del 1835 ancora su Corso Carafa. Tali ricerche, anche queste clandestine come quelle del Lamberti, portarono alla luce alcune tombe con corredi risalenti ad un periodo compreso 4 ASBA, MSA, fisc. 8: verbale degli scavi della seconda quindicina di ottobre 1837; FENICIA 1840, pp. 120-154 © ASBA, MSA, fasc. 8: verbale degl scavi della prima quindicina di novembre 1837. ‘© ASBA, MSA, fasc. 8: verbale degli scavi della seconda quindicina di novembre 1837 e verbale degli scavi della prima quindicinadi dicembre 1837. ^ ASBA, MSA, fasc. 108: verbale degli scavi della seconda quindicina di dicembre 1837. © ASBA, MSA, fasc. 108, si veda la nota precedente ^ ASBA, MSA, fasc. 108: verbale degli scavi della prima quindicinadi gennaio 1838, © ASBA, MSA, fase. 104: "Notamento dei vasi scavati in un sepolcro greco"; ASNA, MPI, Busta 341 fase. 27: “Sepolereto greco rinvenutoda Raffaele Riccardi. Notamento degli oggetti rinvenuti”; RUGGIERO 1886, pp. 568.569. 87
tra la fine del IV e gli inizi del III secolo a.C., come è evidenziato dalla presenza di ceramica apula a figure rosse della fase finale e dalla prevalente presenza di ceramica nello stile di Gnathia, a vernice nera, acroma e scialbata®. Per quanto conceme gli scavi del Novecento, nella primavera del 1997 in via Oberdan, nella medesima zona sud-occidentale dell’abitato, sono state rinvenute due sepolture, la prima a fossa e la seconda a sarcofago. Quest'ultima delle dimensioni di m. 1,26 x 0,60 x 0,65 ha restituito una deposizione di un individuo adulto, caratterizzata da un corredo composto da più di quaranta oggetti, databile nella seconda metà del IV secolo a.C. In esso prevalgono i vasi a vernice nera, cui si affianca anche un cratere a campana a figure rosse della tarda produzione apula. Nel corredo sono presenti, inoltre, vasi decorati a fasce e motivi vegetali, tra cui un piccolo kothon di imitazione corinzia e due grandi olle dalle forme inconsuete derivate dal repertorio della ceramica geometrica peucezia, tre lucerne, due pentolini ad impasto e fibule in ferro. All'esterno vi erano frammenti di un cinturone in bronzo con ganci muniti di attacchi a palmetta, riferibili ad una precedente deposizione”. Da tutti questi elementi si evince come, anche in questa area, le tombe risultino distribuite per la maggior parte lungo un asse viario, su entrambi i lati, l'odiemo Corso Carafa, a ridosso delle mura medievali, e sulla parte più meridionale di Corso Vittorio Emanuele, perpendicolare a Corso Carafa, nella zona subito al di fuori della porta altomedievale detta del “Buccettolo”; è proprio in quest'area, letteralmente devastata dagli scavi del XIX secolo, che risulta concentrato il più consistente nucleo di sepolture. Ad ovest, questa importante via che costeggia la cerchia muraria meridionale prosegue verso via Oberdan, dove sono state individuate altre realtà funerarie, mentre verso est sfocia nell’odiema Piazza Bovio (già Largo di Porta di Noia o Noè) e prosegue su via Madonna delle Grazie (via Traiana?) dove sono stati localizzati gruppi di tombe miste ad abitazioni (come si vedrà successivamente nello stesso capitolo). Caratterizzata dalla presenza di un gran numero di tombe è anche l’area situata a sud-est, fuori dall'abitato medievale, al di là della Porta Noè o Porta di Noia, che si può considerare come un prolungamento o un'estensione dell'area precedente del "Buccettolo", in quanto localizzabile nella zona a S-SE di quest’ultima. Anche qui non mancano sepolture riferibili al V secolo a.C., come quella scavata nel 1814 da Rinaldo di Zio” e trovata, secondo quanto indicato da G. Jatta senior” e G. Jatta junior”, nel Largo di Porta di Noia, adiacente all’odierna Piazza Bovio a sud della città, contenente un formidabile corredo databile tra il 440 ed il 420 a.C. Almeno una decina di tombe, e forse più, si rinvennero nei pressi della chiesa di S. Domenico”, nell’area del suo oratorio. Nel periodo 1958-1960 tra via Madonna delle Grazie e via Dell’ Aquila, si recuperarono # ASBA, MSA, fisc. 21;M. MARIN 1981, pp. 176-178 con ulteriore bibliografia già segnalata. RICCARDI 1998, pp. 47-48. ? URSI 1835, pp. 80-5; inserito dalla Marin tra i rinvenimentidi incerta localizzazione: M. MARIN 1981, p.187. 7 Jara 1844, pp. 57-58. 7 JATTA 1869, pp. 54-55. ? M. MARIN 1981,pp. 180-181 88
ancora dieci tombe”, mentre altre due sepolture furono trovate sulla via Valle di Noè all’incrocio con l'estramurale Scarlatti. Negli anni Settanta, durante la costruzione del “Complesso Primavera”, situato a sud del viale Madonna delle Grazie,al di là dell'estramurale Scarlatti, venne distrutta una intera necropoli costituita da più di trenta tombe, alcune a fossa, la maggior parte a sarcofago, i cui corredi naturalmente furono trafugati”. Proprio su quest'ultima, lungo il suo percorso, durante scavi sistematici e recenti svolti in diversi periodi (1986-1987, 1991-1993, 2000), sono state messe in luce un gran numero di tombe di diversa tipologia e cronologia (VIT secolo a.C.), come cinque tombe a semicamera, insieme ad altre a sarcofago e a fossa, miste ad abitazioni, secondo il consueto schema indigeno di tipo pagano-vicanico. Nella contrada Colaianna, già conosciuta per alcuni rinvenimenti ottocenteschi, nella zona di espansione urbana compresa tra l’estramurale Scarlatti, via Madonna delle Grazie e la Ferrovia Bari-Canosa, sî ricordano almeno una trentina di tombe depredate e poi distrutte dai mezzi meccanici; altre sette-otto tombe furono scoperte nella zona del ponte costruito per l'allacciamento dell’estramurale alla ex statale 98 per Bari. Infine, scavi recenti sono stati condotti anche in via Madonna delle Grazie (19861987; 1993-2001) ed hanno portato alla luce gruppi di tombe miste ad abitazioni riferibili ad un periodo compreso tra V e IV secolo a.C.” Tra queste si vogliono segnalare la tomba scoperta nel 1986 in proprietà Guastamacchia”, con un ricco corredo della fine del IV secolo a.C., e quella scoperta il 16 aprile 2001 nel cantiere Lovino che ha restituito un’altra sepoltura di un guerriero”. Anche questa zona si mostra come una delle più ricche per quanto riguarda la presenza e la distribuzione topografica delle sepolture: le tombe sono presenti in grandi quantità e per la maggior parte risalgono al pieno IV secolo, anche se lungo l'estramurale Scarlatti non mancano sepolture più recenti che arrivano sino al II secolo a.C. e oltre. Un'altra. particolarità di questa area è costituita dal fatto che numerosi gruppi di sepolture sono adiacenti a piccole aree adibite ad uso abitativo, come confermano i recenti rinvenimenti, secondo il consueto schema abitativo indigeno di tipo pagano-vicanico; ma non solo, infatti gli scavi recenti hanno rilevato l’obliterazione delle sepolture più antiche di fine V-IV secolo a.C., cui si sono sovrapposte abitazioni di età ellenistica, secondo un piano di ristrutturazione edilizia dell’area. Lo stesso fenomeno si è potuto rilevare nella vicina via Madonna delle Grazie, dove gruppi di tombe miste ad abitazioni sono state obliterate da sepolture e strutture abitative più recenti Ma la zona nettamente più ricca, tale da far pensare ad una vasta necropoli oppure a tombe miste ad abitazioni, si trova al di là dell'estramurale Scarlatti” e precisamente nelle contrade Arena, Pantano, Chiancata, Baciamano e La Zeta, che costituiscono la sesta area individuata nell'analisi topografica (tav. X). Di grande rilievoè il ritrovamento 7 MARIN 1981, pp. 181. 5 M MARIN 1981,pp. 183-186. Si vedanogi scavi recentdi Ruvo di Puglianei numeri di "TARAS" anni 1986-1987, 1991, 1992, 1993, 1994, 1996, 1998, 2001 7ANDREASSI 19932, pp. 663-664; TARAS 1987, pp. 267.268. ?RIGCARDI 20048, pp. 127-128. 7 Si vedano i notiziari di “TA RAS" anni 1986-1987, 1991, 1992, 1994, 2001 89
avvenuto nel 1878 in un fondo di Francesco Pirlo-Rubini, in un luogo chiamato S. Matteo, probabilmente corrispondente all’attuale strada S. Matteo posta nella contrada Pantano a sud della città, durante il quale venne portata alla luce una tomba a fossa contenente una deposizione bisoma, con un corredo formato da un'olla con decorazione geometrica, un’oinochoe di bronzo, due spirali fermatrecce in oro e una collana formata da vaghi sferici misti, d’oro e d’argento, intervallati da alcuni pendenti figurati in ambra, risalente alla seconda metà del VI secolo a.C. circa”. ΤΙ numero più alto di tombe è stato senza dubbio rinvenuto nella contrada Arena. A parte le esplorazioni compiute in tempi remoti, verso gli anni Trenta-Quaranta del 1800, da Giuseppe Caputi nei suoi fondi, nel 1868 e nel 1876 si devono contare almeno altre dieci tombe scoperte da Francesco Caputi*, tra le quali è ben nota la tomba con le ambre scolpite del Museo di Napoli, il cui corredo vascolare fu acquistato dal o stesso Francesco Caputi c del quale faceva parte la famosa hydria attica a figure rosse con la raffigurazione di una scuola di vasai®. Quest'ultimo, inoltre, ne rinvenne altre dodici nel 1883” ed altre ancora nel 1884, contenenti materiale sia attico che italiota**. I ritrovamento più cospicuo, nella zona în esame, si ebbe nel 1893 quando Rinaldo Balducci portò alla luce circa sessanta tombe appartenenti a due diverse fasi cronologiche, una di fine VIV secolo e l’altra di IV-II secolo a.C., che presentavano diverse tipologie costruttive erano, infatti, a sarcofago, a cassa e a fossa". Nella contrada Pantano, compresa anche la via dei Salnitri, oggi prolungamento della via S. Barbara, si rinvennero tra il 1837 e il 1838, durante scavi promossi dal governo borbonico, almeno diciassette tombe; sembra, tuttavia, che ne siano state scavate di più e che restituirono soprattutto corredi ceramici riferibili al IV secolo a.C.* Anche la contrada Chiancata, che è adiacente alla contrada Arena, è conosciuta per alcuni suoi rinvenimenti effettuati nel XIX secolo, di cui sono testimonianza le quattro tombe scoperte il 13 il 15 maggio del 1837 contenenti corredì caratterizzati esclusivamente da ceramica indigena geometrica o listata canosina, come un «vaso a forma di fiasco a due bocche rustico ma con pittura egizia»", che attesta un'occupazione ed uno sfruttamento del sito in una fase non più antica della fine del IV-inizi del III secolo a.C. A queste, però, si devono aggiungere le tre tombe scoperte dall” Arcidiacono Alessandro Cantatore nel 1844, trovate esattamenteal confine con la contrada Arena, due delle quali restituirono pregevoli corredì formati da ceramica attica a figure rosse e ceramica protoapula, che attestano per questa zona una frequentazione tra il V e gli inizi del IV secolo a.C. ©DATA 1878, pp 377-381 ? JATTA 18762, pp. 29-33. © Jar 1876, pp. 20-3. © Jara 1883, pp. 379-380. 2DATA 1884,pp. 115-7, pp. 245-251 δ JATTA 1894, pp. 182-186. " ASBA, MSA, fasc. 108: "Scavi che si eseguono per conto di Sua Maestà i Re”, verbali della Commissione del 16 maggio e del 1° giugno 1838; M. MARIN 1981,pp. 204-207. © ASBA, MSA, fasc. 8: quarto verbale quindicinale degli scavi del 1837. © ASBA, MSA, fasc. 122: “Oggetti di antichità trovati in tre sepolcri greci rinvenuti nel fondo del Sig. Cantatore in Contrada Chiancota. Elenco degli oggetti e verbali” anni 1844-1845).
La contrada "La Zeta” è nota soprattutto per alcuni rinvenimenti di magnifici sepolcri, effettuati trail 1824 ed il 1825, contenenti corredi con ceramica a figure rosse protoitaliota. e ceramica geometrica”, ma anche per le memorie del Canonico Ursi, il quale riferiva come questa zona del territorio di Ruvo, tra il 1830 ed il 1835, fosse stata letteralmente devastata dagli scavi ed avesse restituito una notevole quantità di magnifici sepolcri accompagnati da eccezionali corredi funerari”. Un esempio è dato dalle due tombe a semicamera scoperte nel 1828 nella contrada in questione, di cui la prima ha restituito ventidue vasi apuli afigure rosse, quattro dei quali di grandi dimensioni; nell'altra è stata portata alla luce una deposizione femminile accompagnata da un corredo formato da più di trenta vasi, di grandi e piccole dimensioni, e da due pendenti di oro”. Infine, è proprio in questa zona che, recentemente, nell'aprile 2001, è stata rinvenuta una grande sepoltura a fossa intatta, contenente un individuo di giovane età deposto in posizione supina e istesa, accompagnato da uno splendido corredo ascrivibile alla fine del V secolo a.C. Le tombe più antiche sono state rinvenute nel territorio circostante (tav. XD, a qualche chilometro di distanza dal centro urbano: infatti, in varie contrade, già nei primi anni del Novecento e poi în anni più recenti, sono stati localizzati gruppi di tombe a tumulo. Il riferimento è ai tumuli di Murgia Scorzoni e Murgia Castello, dove sono state trovate anche sepolture del tipo a sarcofago, tutti indagati da Andrea Jatta?. Di grande importanza si sono rivelate le tombe a tumulo di Coppa di Sotto, in quanto scavate in anni recenti, nel 1993-94 e quindi meglio documentate, anche se alcune erano state già manomesse: esse, infatti, hanno restituito una documentazione finora sconosciuta per il territorio di Ruvo nel periodo compreso tra l'età del Ferro e l'età arcaica. La cronologia di queste sepolture, dall'analisi dei resti dei corredi, oscilla generalmentetra l'VIII il VI secolo a.C., ma non mancano anche testimonianze più antiche riferibili al IX o più recenti riferibili al V secolo a.C. ed oltre”. Naturalmente, quanto si è detto in questo capitolo è frutto di un'analisi approfondita e di un approccio al complesso studio della distribuzione topografica delle necropoli € dei rinvenimenti finora censiti, sino ad oggi trascurati o non affrontati in maniera esaustiva; studio che si è potuto realizzare consultando quella documentazione già citata in precedenza. Certamente, le scoperte avvenute nel corso degli ultimi due secoli saranno state numericamente dî gran lunga superiori rispetto a quelle censite, ma il carattere clandestino e abusivo della maggior parte degli scavi ha fatto perdere del tutto, o quasi, le tracce di una sia pur minima documentazione o testimonianza di ciò che è stato trovato durante tali ricerche, causando in tal modo la grave perdita di una importante quantità di dati utili per lo studio della società ruvese nell'antichità ® ASBA, MSA, fasc. 5: "Trasmissione ed esecuzionedel regio decreto del 14 maggio 1822, riguardante la sorveglianza degli scavi affidata ad agenti di polizia. Nota dei vasi di Cataldo Ziolo ritrovai in casa di Saverio. Montarul di Ruvo. Nota dei vasi ritrovati presso Pietro Giuseppe Cantatore di Ruvo. Altri notomenti". Lettere dell, 146 18dicembre 1824, 7Unst 1835, pp. 78-80. SANCHEZ 1835,pp. 238-248; SANCHEZ 1836, pp. 21-34 ; URS! 18360, pp. 348-356. 7 RiccARDI 20048, pp. 127-128. PA. JATTA 1904, pp. 11-24, %STRICCOLI 1994,pp. 237-261, tavw. CVICXX. 91
CAPITOLO IV
Le strutture funerarie: tipologie,
tecniche costruttive e decorazione pittorica
Le tombe ruvesi si possono sostanzialmente distinguere in cinque diverse tipologie: tombe a semicamera, a camera, a sarcofago, a fossa e a tumulo, anche se nei documenti non mancano riferimenti ad altre tipologie, come la tomba a grotticella; tra queste, di gran lunga più diffuse sono quelle a semicamera e a sarcofago. Se per le sepolture scoperte recentemente è stato piuttosto agevole individuare la tipologia funeraria e le tecniche costruttive, non altrettanto facile, invece, si è presentato il compito nel classificare i diversi tipi di strutture funerarie trovate in anni più lontani da quelli attuali, parliamo del XIX secolo, quando non si poneva a tali informazioni la necessaria importanza e non si effettuava una attenta lettura del contesto, sebbene non siano mancate delle cccezioni positive e favorevoli in tal senso. Fortunatamente, infatti, nella maggior parte dei casi, gli elementi contenuti nelle varie relazioni del Laviola e del Bonghi, pervenute all'Instituto di Corrispondenza Archeologica di Roma, riprese in seguito quasi totalmente e integralmente nei manoscritti del canonico Ursi, e i dati contenuti nel manoscritto di Salvatore Fenicia hanno consentito di individuare le diverse tipologie e le differenti tecniche costruttive delle strutture funerarie, considerate nei loro scritti, tanto che, in alcuni casi, erano note anche le esatte dimensioni di tali sepolture. Chiaramente, non sono mancati quegli elementi generici, quando non vi era alcun interesse a descrivere la struttura, che hanno creato non poche difficoltà di interpretazione. Analogamente, nella maggior parte dei casi, si sono rivelate di grande utilità ed interesse le relazioni e i verbali stilati dalla Commissione dei Regi Scavi di Ruvo, conservati negli Archivi di Stato di Bari e di Napoli c nell’ Archivio Storico della Soprintendenza Archeologica di Napoli, che fornivano tutti gli elementi necessari per identificare il tipodi sepoltura, la tecnica costruttiva, le dimensioni ed anche Ja profondità alla quale si verificava il rinvenimento.
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Tombe a tumulo
Anche se rinvenute ad una certa distanza dal centro abitato, le tombe a tumulo sono pienamente inserite nel territorio di Ruvo e costituiscono un'importante testimonianza. delle fasi più antiche di frequentazione di quest’area. Gruppi di necropoli costituite da tali sepolture sono stati segnalati nei primi anni del ‘900 da A. Jatta e localizzati sulla Murgia Scorzoni (catalogo 412-422), dove si individuano due gruppi distinti e dai quali provengono alcuni oggetti della collezione Jatta: tra questi, si distinguono una fibula ad arco serpeggiante di “tipo siciliano", riferibileal IX-VIII secolo a.C., ed una "ad occhiali”, ascrivibile più o meno allo stesso orizzonte cronologico. Recentemente è stata indagata la necropoli di Coppa di Sotto, dove sono state individuate tredici strutture a tumulo (catalogo 423-435). La tecnica costruttiva di queste sepolture non si distingue dalle altre strutture coeve trovate a San Magno e ad Altamura, non molto lontano da questa area. II tumulo è costituito da un basso cumulo circolare, con un diametro compreso tra i 7 e 16 metri, di pietrame eterogeneo ammassato alla rinfusa e delimitato da blocchi mediolitici di contenimento, nel cui centroè inserita generalmente una cista rettangolare ipetrale (lunga fino a m. 2,60 e larga fino a m. 1,40), orientata quasi sempre in senso N-S in maniera perfetta e contornata da blocchi e lastroni ortostatici. L'orizzonte cronologico di queste strutture, presenti anche in altri insediamenti della Peucezia e nella vicina Daunia, oscilla soprattutto tra I’VIII e il VI secolo a.C. con casi di ulteriore attardamento. Dal punto di vista culturale i corredi restituiti, costituiti da vasellame frammentario sia d'impasto grossolano di tradizione preistorica che in argilla depurata acroma o dipinta in stile geometrico daunio, associato sovente ad oggetti in bronzo (fibule di vari tipi, bracciali, anelli, anelloni, pendagli) e in ferro (punte di lancia, fibule di vari tipi, lame di coltello), nonché a vaghi di ambra e in pasta vitrea, attestano in effetti un contesto culturale prevalentemente daunio. Da questo gruppo di sepolturesi distacca per singolarità e soprattutto per monumentalità la Tomba 423 la quale, al posto della ricorrente tomba a cista ipetrale, ha una semplice area sepolcrale (ricavata senza particolari accorgimenti tecnici nello stesso pietrame tumulare) sormontata da un'imponente e monumentale costruzione litica a tholas che pare rappresenti un unicum nell'architettura funeraria non solo pugliese. Si tratta, in pratica, di una costruzione tronco-conica a profilo ogivale di blocchi litici a secco in aggetto, larga alla base circa m. 2 e alta m. 1,80, sulla cui vetta rastremata spicca verso T'alto un ulteriore blocco puntiforme a mo’ di insegna o di piccola stele funeraria. In breve, è un monumento sepolcrale unico nel suo genere che, oltre ad essere un chiaro riferimento del sepolcreto nel passato e nel presente, conserva in sé ancora oggi tutta la sua monumentalità, magnificenza e sacralità. I resti del corredo, costituiti in particolare da frammenti di ceramica geometrica daunia, attribuibili al Tardo-Geometrico Daunio (800-700 a.C.), da vaghi in ambra e da un frammento di fibula ad arco serpeggiante, consentono di datare la sepoltura intorno alla metà dell’ VIII secolo a.C. Le altre sepolture, come ci attestano i corredi formati in prevalenza da ceramica subgeometrica daunia, sono tutti databili intorno alla metà del VI secolo. Nel medesimo
periodo il sepolcro monumentale è stato tra l’altro ancora attestano alcuni frammenti di vasi dipinti rotti ritualmente e tumulo, ascrivibili al Subgeometrico Daunio I-II e dunque culturale, da considerare residui di riti funerari in onore dei
oggetto di attenzione, come rinvenuti in ordine sparso sul risalenti a quest'ultima fase relativi antenati"
Tombe a fossa Le tombe a fossa, considerate da G. Jatta «di poco conto e di niuna considerazione»*, consistevano in una erozza ed angusta fossa» scavata nel banco tufaceo argilloso, esistente soprattutto nella parte meridionale della collina dove, dopo un sottile strato di terriccio, si trova il cosiddetto carpino, miscuglio di sabbia calcarea più o meno compatta mista ad argilla. Le fosse semplici non avevano muri di cinta, né casse di tufo per accogliere il cadavere che veniva deposto sulla nuda roccia o su un piano rivestito di pietre o lastre di pietra levigata. Esse venivano coperte da lastroni (uno o anche due) che spesso non erano né spianati né ridotti a forma rettangolare. Riguardo al corredo lo Jatta affermava che «queste misere tombe altro non sogliono offrire che infime terrecotte». La tomba a fossa, predominante nel periodo arcaico, continua ad essere utilizzata anche nei secolî successivi, come è testimoniato soprattutto dagli scavi archeologici dell'ultimo ventennio, anche se risulta meno diffusa rispetto ad altre tipologie tombali. Tali strutture funerarie sono state rinvenute in gran numero soprattutto nella zona meridionale, in contrada Arena, nella zona della chiesa e dell’ex oratorio di S. Domenico (catalogo 229-232), in via Galilei, in contrada Pantano e in contrada Colaianna (catalogo 259-260). Delle tombe scavate negli anni precedenti si conoscono solo le dimensioni delle due tombe scoperte in via Galilei (catalogo 259-260), che sono rispettivamente di m. 2,00 x 1,00 x 1,50 e m. 2,00 x 1,00 x 1,20; nulla è specificato sulla posizione del cadavere: le due tombe erano coperte da due grossi lastroni e orientate N-S. Sia in contrada Arena che nella zona della chiesa di S. Domenico e nelle sue adiacenze le tombe furono scoperte a circa due metri di profondità dal livello del suolo”. Quanto affermato dallo Jatta prima e dalla Marin dopo sulle tecniche costruttive e sulla consistenza dei corredi delle tombe a fossa è confermato anche da alcuni documenti conservati nell’ Archivio di Stato di Bari. Infatti, in tali documenti, databili al 1836 e al 1840, οἱ afferma che il canonico Michele Ficco, nello scavare alcuni suoi fondi sulla via dei Cappuccini (catalogo 101-102), rinvenne delle tombedi «costruzione sicula», contenenti dei «corredi mediocri», costituiti da ceramica attica a figure nere di stile arcaico, come i «vasi siculi, una coppa sicula a secchio con finge e quadriga». Probabilmente a fossa erano le tombe rinvenute nel fondo del Buccettolo 1° 11 e il 30 marzo 1843 (catalogo 184186), in quanto definite di costruzione sicula, al cui interno si trovarono le deposizioni di due guerrieri accompagnate da ricchi corredi, formati dai seguenti oggetti: un paio ! STRICCOLI 1994, pp. 237-260; STRIGCOLI 1995, pp. 330-332. ? Jarta 1869,pp. 61-62. ? M. MARIN 1981, pp. 244-245. *ASBA, MSA, fasc. 104: lettera del 2 maggio 1840. 95
di schinieri, un elmo di bronzo, un cinturone in tre pezzi, due lance unite ossidate, un cratere geometrico indigeno, un guttus, un’oinochoe scanalata a vernice nera, nove patere a vernice nera, sei umette a vernice nera, quattro kylikes a vernice nera e infine sette vasi acromi*. Da questa apparente mediocrità si distingue la sepoltura rinvenuta nel 1876, nella contrada Arena, in un fondo di Francesco Caputi. La tomba (catalogo 325), infatti, restituì una deposizione femminile caratterizzata da un ricco corredo funebre composto da vari pendenti in ambra scolpiti, forse pertinenti ad una collana, da fibule in argento, da oggetti da toeletta in avorio e osso e da ceramica attica a figure rosse, di cui si ricorda la preziosa e raffinata hydria attica della collezione Caputi, attribuita al Pittore di Leningrado, con la raffigurazione di una scuola di vasa’ Gli scavi degli ultimi vent'anni hanno in gran parte confermato quanto è stato già riferito a proposito delle tecniche costruttive e della composizione dei corredi, anche se si deve considerare che la maggior parte delle tombe rinvenute risultava già depredata; inoltre, come si è notato in precedenza, tali sepolture non erano tenute in grande considerazione nel XIX secolo. Tuttavia, non sono mancate le eccezioni, come si è visto per i ricchi corredì delle tombe rinvenute nel 1843. I riferimento è rivolto anche alle tombe a fossa scoperte nel 1986 e nel 1987 lungo l'estramurale Scarlatti (catalogo 242-251) e in via Madonna delle Grazie (catalogo 261-268) con particolari costruttivi finora sconosciuti: infatti, la tomba 10, a fossa, aveva i margini regolarizzati da blocchetti calcarei sbozzati ed era intonacata internamente; un discorso analogo è valido anche per Ja tomba 8, coperta da due lastre calcaree affiancate, che ha restituito la sepoltura di un infante con un modesto corredo costituito da vasellame a fasce indigeno e a vemice bruna, mentre la tomba 1, del IT secolo a.C., ha restituito sei unguentari fusiformi tipo IV e V della classificazione della Forti, parzialmente ricoperti di vernice nera, e una lucerna. a pasta grigia con vasca bitronco-conica e con beccuccio ad ancora tipo Esquilino” Lungo la stessa via, nel tratto nord-occidentale, si scoprirono nel 1991 (catalogo 254-258), assieme a due tombe a sarcofago, come si è visto in precendenza, altre tre tombe a fossa le quali presentavano un'analoga concezione strutturale di quelle scoperte nelle campagne di scavo del 1986-87. Infatti le fosse erano costituite dai lati costruiti con filari sovrapposti di lastrine calcaree connesse a secco, che formavano dei veri e propri muretti perimetrali*. Anche nel 1995, durante gli scavi condotti in via Moro (catalogo 29-33), alla periferia sud-orientale della città, furono trovate altre due tombe a fossa (tombe 1 e 3) con i lai formati da filari sovrapposti di piccole lastre calcaree connesse ἃ secco: la base della tomba 1 era costituita da terreno compatto, mentre quella della tomba 3 da un banco di roccia”. * ASBA, MSA, fasc. 121: "Per Ii tentativi saspett....”, lettera del 31 marzo 1843, “Notamento degli oggetti rinvenuti i 30 marzo 1843 davanti al forno del Sig. Montaruli”. ὁ JATTA 18762, pp. 29-31; JATTA 18760, pp. 20-31; Archivio Centrale di Stato, Roma, Fondo Ministro Pubblica Istruzione. LABELLARTE-DEPALO 1986, pp. 65-77. * BATTIST-DESANTIS 1991, pp. 257-258. * Barmsm 1996, pp. 51-52. 96
Di grande importanza ed eccezionalità si sono rivelate le due scoperte compiute il 16 eil 18 aprile del 2001. Infatti, in quel periodo, sono state rinvenute due sepolture del tipo a fossa eccezionalmente integre, appartenenti a due guerrieri, i cui corredi sono riferibili al V ed al IV secolo a.C. La prima sepoltura (catalogo 280), più antica, rinvenuta nella strada vicinale Patanella, a sud-ovest del centro abitato in una zona finora sconosciuta dal punto di vista archeologico, era del tipo a fossa rettangolare scavata nel banco tufaceo (m 1,75 x 0,75 x 0,60), coperta da più lastre calcaree, di cui una ritrovata in situ. Essa conteneva persino un individuo maschile di giovane età deposto in posizione supina e distesa con un ricco servizio ceramico da simposio, cui si aggiungono alcuni oggetti in ferro che alludono alla preparazione dei cibi e al loro consumo. La seconda sepoltura (catalogo 241), più recente di un secolo e riutilizzata in antico, è stata rinvenuta nella già ricca area archeologica compresa tra via Moro e l’estramurale Scarlatti. Essa era del tipo a fossa rettangolare scavata nel banco calcareo (m 1,90 x 1,00 x 0,85) con fondo e pareti rivestite di argilla; queste ultime in alcuni tratti erano regolarizzate con l'inserimento d lastrine calcaree sovrapposte e coperte da uno strato di argilla giallastra, che rivestiva anche il fondo della sepoltura. La tomba ha restituito la deposizione di un individuo adulto di sesso maschile, alto m 1,80, con un corredo di vasi tardo-apuli, tra cui spicca un monumentale cratere a volute del Pittore di Baltimora, di vasi a vernice nera, di oggetti pertinenti alla guerra (armi difensive e offensive), di elementi metallici per la cottura dei cibi, di una moneta d’argento della zecca di Heraclea e, infine, di due anfore e di una loutrophoros a tempera"?
Tombe a sarcofago Di gran lunga più diffuse erano a Ruvo le tombe a sarcofago monolitico, ottenute scavando un solo e grande masso di tufo. Il sarcofago veniva sistemato in una grande fossa, assicurato tutt'intorno da grossi pezzi di calcare e coperto da lastroni sempre di calcare. Purtroppo nella documentazione risalente al XIX secolo non si conservano molte descrizioni di sepolture di tale tipologia, al contrario di quanto è successo per quelle ἃ semicamera che, per la loro monumentalità, destavano un maggior interesse cd una maggiore attenzione nella descrizione della loro struttura. Fortunatamente, di alcune tombe a sarcofago si conoscono anche le misure e la loro collocazione topografica: a nord-ovest del centro abitato, nei pressi della Porta del Castello furono rinvenute, nel 1893 ὁ nel 1907, due grandi tombe a sarcofago (catalogo 1-2) della prima metà del V secolo a.C., le quali misuravano rispettivamente m. 1,57 x 0,92 x 0,80 e m. 1,59 x 0,91 x 1,50, furono trovate a circa m. 2,20 di profondità, sotto alcune sepolture romane allineate, ed erano orientate N-S; dalle dimensioni si deduce che il cadavere era deposto in posizione rannicchiata. Le due tombe, come pure altre simili trovate a Ruvo, presentavano una doppia copertura: una superiore fatta con lastre di tufo e l'altra di calcare compatto poggiante su delle travi, che veniva chiusa ermeticamente con malta di calce e argilla. In 2 RiccaDi 2004, pp. 127-128; RiccARDI 20052, pp. 50-51 97
alcuni casi tra le due coperture, distanziate tra loro, venivano collocate le armi e alcuni bronzi, quando si trattava di tombe maschili pertinenti a dei guerrieri"; in altri casi, al di sopra della copertura del sepolcro, come racconta il Laviola, venivano deposti piccoli vasetti senza alcuna decorazione per proteggerle dalla profanazione". Analogamente a sarcofago era una delle tombe Chieco rinvenuta sulla via dei Cappuccini nel 1838 (catalogo 130), in quanto detta « a pila di tufo », che ha restituito sei vasi italioti. Tra l'altro già nel 1836 sono stati segnalati dalla Commissione dei Regi Scavi di Ruvo alcuni sepolcri, sembra del tipo a sarcofago, già manomessi: «lapidi rovesciate e sepolcri presi al tempo dei romani.....»". La stessa Commissione segnala per il medesimo anno un altro rinvenimento di una tomba a sarcofago trovata dal Canonico Chieco nel suo fondo sulla via dei Cappuccini, contenente un vaso a campana a figure rosse!“. Probabilmente nella stessa zona sono stati scoperti da Francesco Ficco nel 1843 due sepoleri a sarcofago (catalogo 187-188) entrambi contenenti dei corredi pregevoli costituiti da ceramica a figure rosse e a vernice nera, oltre che da vasi in bronzo e in piombo e da armi*. Recentemente, anche nella zona periferica posta a nord-ovest, in via Gravinelle, sono state portate alla luce tre tombe a sarcofago, delle quali la tomba 2, della fine del V-inizi IV secolo a.C., ha restituito una deposizione femminile con corredo composto da un'armilla in bronzo, da un vago in pasta vitrea e da uno in ambra, pertinenti al rivestimento di una fibula, e da tre fibule in ferro con vago in osso con resti cospicui di tessuto aderente (catalogo 124-126)'. A nord della città si segnala la grande tomba del guerriero, detta “Campanale-Stragapede” (catalogo 45), rinvenuta nel 1924, contenente un corredo composto da vasi protoitalioti e da un elmo “apulo-corinzio” risalente all'ultimo quarto del V secolo, che presentava anch'essa un ripostiglio, in questo caso posizionato accanto al sarcofago; nella stessa zona, nel 1989, indagini della Soprintendenza hanno portato alla luce un’altra tomba a sarcofago (catalogo 48-51), databile tra il V e il IV secolo a.C., insieme ad altre due sepolture a fossa. Nella zona meridionale, nella necropoli del sito detto del Buccettolo, viene segnalata una sepoltura a sarcofago, scoperta il 26 luglio del 1836 (catalogo 180), nella “Strada del Buccettolo” o "Strada Nuova” (oggi via Carafa), coperta da due lapidi, in cui si è rinvenuto «un vaso a trocciola rustico e non cotto che si è dileguato nella terra appena toccato». Nella medesima area sono segnalati dagli stessi documenti altri ritrovamenti, effettuati nell'aprile del 1837, quando furono rinvenute 21 tombe (catalogo 190-210), probabilmente pertinenti a strutture funerarie simili già manomesse, in quanto coperti da lapidi di forma regolare, per la menzione di “sepolcri greci” che veniva data a tale tipologia funeraria, nonché per il tipo di materiale contenuto: prevalentemente ceramica UM. JATTA 1908,p. 330. ? LavioLA 1837, pp. 81-82. 1 ASBA, MSA, fasc. 8: letra del 30 luglio 1836. "^ ASBA, MSA, fac. 8: 2° verbale quindicinale di aprile 1837. * ASBA, MSA, fasc. 111: "Oggetti di due sepolcr greci rinvenuti da Francesco Ficco" (anni 1843) Relazione del 18 geanaio 1843 e verbale del 23 gennaio 1843, " BATTISTI-RICCARDI 1996, pp. 50-53. 1 ASBA, MSA, fasc. 8, lettera del 26 luglio 1836. 98
dalla Soprintendenza Archeologica della Puglia, per quanto caratterizzati dall'emergenza © dai rinvenimenti casuali, che hanno consentito di conoscere meglio la distribuzione topografica delle sepolture a sarcofago c in particolare la qualità dei corredi in esse contenuti, quando non sono state violate, scavi eseguiti con continuità in particolar modo nella zona sud-orientale del centro abitato alle pendici della collina. Nei pressi di via Madonna delle Grazie nel 1986, in proprietà Guastamacchia, sono state rinvenute due tombe a sarcofago. La tomba 2 (catalogo 268), delle dimensioni di m 1,20 x 0,65 x 0,55, ha restituito una deposizione semirannicchiata sul fianco destro con un corredo databile nella seconda metà del IV secolo a.C, cui fa eccezione un kantharos tipo "Saint-Valentin" riferibile al corredo di una deposizione precedente i cui resti sono stati trovati all'esterno della struttura”. Nella stessa via, nel 1987, si rinvennero sette tombe a sarcofago (catalogo 261-267) con annesso un nucleo abitativo. Le sepolture erano state tutte manomesse, tranne una che ha restituito un corredo composto da vasi a fasce e a vernice nera riferibile al IV secolo a.C. All'intemno di un vano abitativo sono state trovate due piccole tombe a cista litica con un kantharos di stile misto della fine del V secolo a.C., che confermano anche per Ruvo la consuetudine di seppellire i bambini all'interno delle abitazioni, come del resto accade nell’ambito indigeno circostante come, ad esempio, a Monte Sannace con cui Ruvo sembra intrattenere stretti contatti commerciali e cultural Nel dicembre del 1990, nel settore nord-occidentale della estramurale Scarlatti, è stato rinvenuto un quartiere abitativo misto a sepolture. Tra queste sono venute alla luce due tombe a sarcofago (catalogo 252-253), delle quali la tomba 1 ha restituito una lucerna monolicne d'impasto sottile senza deposizione, mentre parte di uno scheletro e vasi databili al IV secolo a.C. erano all'esterno della sepoltura*. Nell'autunno del 1991, sempre lungo l'estramurale Scarlatti, si rinvennero cinque sepolture (catalogo 254-258), tre a fossa e due a sarcofago. La tomba 1 ha restituito una insolita /ekythos ἃ figure nere “tipo Pagenstecher”, con Eros stante, un'oinochoe a figure rosse della fase medio-apula, un piatto su piede, una coppetta ansata decorata a fasce, un tripode ed una graticola in piombo”. Nel novembre del 1993 è stata trovata una tomba a sarcofago contenente all’interno i resti di due inumati, deposti a breve distanza di tempo, uno in connessione anatomica, l’altro ammassato lungo una delle testate del sarcofago (catalogo 269-270). Il corredo della deposizione secondaria è costituito da vasi a decorazione lineare, ceramica acroma, da fuoco, ceramica a vernice nera e da un cratere a campana ἃ figure rosse della seconda metà del IV secolo a.C. All'esterno della sepoltura vi cra una terza deposizione, in posizione supina, il cui corredo era composto da alcuni vasi integri € da uno strigile in bronzo”. Altre sepolture a sarcofago sono state rinvenute nella periferia settentrionale ed orientale del centro abitato (via Paisiello e via Moro), dove sono state portate alla luce 2?ANDREASSI 1993 a, pp. 664-665. ® LABELLARTE 1987,pp. 116-117. RICCARDI 1990, pp. 255-256. 2 BATTISTIDESANTIS 1992, pp. 257-258, RICCARDI 1994,pp. 85-86. 100
apula a figure rosse, a vernice nera, geometrica e acroma. Tra il 17 e il 31 maggio del 1837 vengono scoperti altri nove sepolcri a sarcofago (catalogo 212-221), molti dei quali risultano depredati ma ancora contenenti resti di corredo, costituiti da terrecotte, da vasi geometrici o da vasi plastici e policromi (olle), oppure intatti ma col solo cadavere in posizione rannicchiata"*. Di grande rilievo è la tomba rinvenuta da Raffaele Riccardi, nel dicembre del 1839 (catalogo 158), che restituì la sepoltura di un guerriero di origine sannitica, accompagnato da una intera panoplia, costituita da un elmo di tipo calcidese ad alette, da una corazza anatomica bivalve corta di tipo italico, da un cinturone, da un paio di schinieri e persino da uno scudo con episemon configurato a cinghiale, oltre che da un ricco corredo vascolare riferibile alla metà del IV secolo". Sempre nella stessa area, tre sepolcri, uno dei quali era a sarcofago, furono scoperti dal Cervone nel maggio del 1843 (catalogo 184-186) c due di questi appartenevano a dei guerrieri; essi contenevano ceramica apula a figure rosse, a vernice nera e nello stile di Gnathia, che portano a datarli tra la fine del IV e gli inizi del III secolo a.C? Nello scavo sotto le fondamenta della Chiesa di S. Giacomo il 7 maggio 1855 si rinvenne una piccola tomba a sarcofago contenente solo un cadavere in posizione rannicchiata (catalogo 19)" Nel 1997, nella zona occidentale del centro abitato, non molto lontano da quella che era la zona del Buccettolo, sono state rinvenute due tombe, una a fossa e l’altra a sarcofago (catalogo 161-162). Quest'ultima, delle dimensioni di m. 1,26 x 0,60x 0,65, ha restituito la deposizione di un adulto con un ricco corredo composto da più di 40 oggetti, riferibile alla seconda metà del IV secolo a.C. Si tratta per lo più di vasellame, tra i quali prevalgono i vasia vernice nera, ripetitivi nelle forme, un cratere a campana a figure rosse tardo-apulo, vasi a fasce e con motivi vegetali, tra cui un kothon di imitazione corinzia e due grandi olle dalla forma tipica del repertorio della ceramica geometrica peucezia, tre lucerne, due pentolini ad impasto, fibule in ferro, trovate in posizione centrale sul fondo del sarcofago. All'esterno è stato rinvenuto un cinturone in bronzo con ganci a palmetta riferibile ad una precedente deposizione”? La zona a sud-est del centro abitato si è rivelata essere una delle più ricche per quanto riguarda la presenza di tombe a sarcofago. Il riferimento va soprattutto a quell'area posta a sud del viale Madonna delle Grazie, al di là dell'estramurale Scarlatti, dove sorge attualmente il “Complesso Primavera”, in quanto durante gli scavi per le fondamenta delle nuove palazzine fu letteralmente devastata una necropoli costituita da almeno trenta sepolture (catalogo 271), la maggior parte delle quali era del tipo a sarcofago, orientate in senso E-O; altre ancora vennero scoperte e depredate nel proseguire eli scassi per la costruzione di nuove strutture”, Sono soprattutto gli scavi promossi nell’ultimo ventennio 1 ASBA, MSA, fasc. 8: 5° verbale quindicinale di maggio 1837. Relazione del 1 giugno 1837. 7" ASBA, MSA, fasc. 104; DOCUMENTI INEDITI IV, 1880, pp. 119-120; RUGGIERO 1888,pp. 568-569: MAYER 1914, pp. 79-82; ADAM 1984, pp. 120-124 ? ASBA, MSA, fac. 121. ? Rocorrao 1888, pp. 574. 2 RICCARDI 1998,p. 47. ? M. MARIN 1981,pp. 183-186. 99
complessivamente sei tombe a sarcofago, caratterizzate da corredi di media levatura riferibili al IV secolo a.C. (catalogo 29-33 e 75-78). Infine, nel 2000, sempre nella zona meridionale, alle pendici della collina, sono state rinvenute altre otto sepolture a sarcofago di età classica, ormai depredate e con pochi resti di corredo (catalogo 233-240)”. La zona più ricca si è rivelata essere quella a sud della collina: infatti, nel 1844, in contrada Chiancata, il canonico Alessandro Cantatore rinvenne tre tombe a sarcofago (catalogo 300-302) con ricchi corredi costituiti da materiale ceramico attico a figure rosse, tra cui un cratere a colonnette del Pittore di Agrigento, e protoapulo, come un cratere a colonnette del Pittore di Arianna”. Ancora più a sud, nella zona PantanoSalnitri, si rinvennero almeno 17 tombe a sarcofago contenenti corredi riferibili al IV secolo a.C. (catalogo 282-298). Infine, degna di considerazione è l’area della contrada Arena, contigua alle contrade Chiancata e Salnitri che ha restituito una notevole quantità di sepolture a sarcofago. Tali erano sicuramente alcune tombe rinvenute da Giuseppe Caputi nei suoi fondi, come pure quelle rinvenute da Francesco Caputi nel 1883 (catalogo 327-338), contenenti corredi inquadrabili tra la fine del V e gli inizi del IV secolo a.C Lo stesso si può affermare per alcune delle 60 tombe scavate nel banco tufaceo rinvenute nella contrada Arena nel 1893 (catalogo 350-409), come rivelano alcuni documenti dell'Archivio del Museo Archeologico Provinciale di Bari e il Mayer in alcuni suoi scritti”. A Ruvo la tomba a sarcofago è largamente diffusa, in quanto la sua costruzione è favorita dalla natura morfologica e geologica della zona e quindi poteva essere realizzata con materiale del posto; la sua presenza nel centro peucezio si pone tra il VI ed il IV secolo a.C. Tombe a semicamera
Da un'approfondita lettura dei documenti del XIX secolo, salta immediatamente all'occhio dello studioso la preponderante presenza, nelle necropoli di Ruvo, di strutture funerarie monumentali dette “a semicamera”. La tomba a semicamera non è altro che una cella ipogeica, costruita all'interno di una grande fossa scavata:nella roccia, con pareti costituiteda blocchi squadrati di tufo, sovrapposti senza legante, e con copertura formata da lastre poggianti, in origine, su travi lignee che dovevano essere alloggiate negli incavi praticati, a distanze regolari, nella parte alta delle pareti, mentre l’accesso avveniva solo dall'alto, rimuovendo alcuni lastroni della copertura. Naturalmente, di grande rilievo risulta, tra tutte le altre, la struttura della monumentale tomba principesca rinvenuta nell’ottobre del 1833 sulla via dei Cappuccini (Tomba 103), delle dimensioni di palmi 20x 15x l0 (7 m. 5,30 x 3,97 x 2,65), per la quale si rimanda alla scheda di rinvenimento del catalogo dei contesti, nella seconda parte del volume. RICCARDI 2001, pp. 60-62, P ASBA, MSA, fisc. 12;M, MARI 1981,pp. 180-182. 2 Jara 1883,pp. 379-380; JATTA 1884,pp. 115-117 e 245-251. ? Maver 1914,pp. 80-86, 104-109, 184-187. 101
Non priva di interesse è l'osservazione della distribuzione topografica, della cronologia e soprattutto della quantità delle altre tombe ruvesi per le quali la ricorrenza nella letteratura archeologica e nei documenti d’archivio ottocenteschi, di termini identici a quelli adoperati per descrivere la tomba principesca o quella “delle Danzatrici” fa pensare, se non sempre a vere € proprie semicamere, quantomeno a strutture molto simili, di analoga concezione monumentale. Indubbiamente, risalta ancora una volta la contiguità topografica tra la tomba principesca e la “Tomba delle Danzatrici", quest’ultima scoperta il 15 novembre del 1833 sulla via dei Cappuccini (oggi Corso Cotugno) e della quale si possiedono descrizioni precise circa la sua struttura e le sue dimensioni che sono di palmi 12x 6 x 5 (= m. 3,18x 1,59 x 1,32)". Di dimensioni altrettanto notevoli, palmi 8 x 5 x 4,5 (= m. 2,12 x 1,32 x 1,20), era la tomba scoperta da Rinaldo di Zio nel luglio del 1814 (catalogo 148), costruita con grossi blocchi di tufo (sembra del diametro di più di due palmi, cioè addirittura più di 50 centimetri!) ed esplicitamente definita della stessa tipologia della "Tomba delle Danzatrici” da G. Jatta junior". La tomba, localizzabile nella zona a sud della collina, rinvenuta nel Largo di Porta di Noia, ha restituito uno straordinario corredo, composto da vasi attici di piccole dimensioni e da vasi monumentali di fabbrica protoitaliota: tra questi, meritano di essere ricordati il grande cratere a volute protoapulo eponimo del Pittore di Sisifo, custodito a Monaco di Baviera, due /ydriai, una raffigurante Eracle e le Amazzoni attribuita al Pittore di Amykos, custodita a Napoli, l’altra raffigurante Teseo e le Amazzoni attribuita al Pittore della Danzatrice di Berlino, custodita all’ Hermitage. Facevano parte del complesso anche due anfore di tipo panatenaico (forse tre), anch'esse attribuite al Pittore di Amykos, armature difensive e offensive e persino oggetti d’oro, alcuni dei quali sono oggi custoditi a Monaco di Baviera”. In diverse zone della città moderna furono scavate altre grandi strutture funerarie costruite in blocchi combaciant senza malta, con analogo sistema di copertura, meglio identificabili come vere e proprie semicamere, databili tra il V ed il IV secolo a.C. Da un recente riesame della documentazione ottocentesca, in particolare dei documenti conservati nell’ Archivio di Stato di Bari, nell” Archivio di Stato di Napoli e nell’ Archivio Storico del Museo di Napoli, oltre che delle già menzionate opere manoscritte del canonico Ursi e di Salvatore Fenicia, sembra che a Ruvo si possano localizzare tre grandi necropoli costituiteda tombe a semicamera, cui si affiancano, sul finire del IV secolo a.C., tombe di costruzione più modesta. Una di queste aree funerarie è localizzabile nella zona a nordovest della città moderna e precisamente lungo Corso Cotugno, l'ottocentesca via dei Cappuccini, che da Porta Castello conduce verso la chiesa di S. Lucia (già convento dei Cappuccini), dove sono i possedimenti del canonico Ficco e uno dei fondi del Capitolo, e prosegue verso Corato. La seconda è individuabile nell’area a sud-ovest della collina, nella zona del “Buccettolo”, nel cosiddetto “Fondo del Capitolo”, individuabile nei pressi della Porta del Buccettolo, e lungo Corso Carafa (già "Strada Nuova" o "Strada Mediterranea”); > PANOPKA 18342, pp. 228-230; LAVIOLA in Unst 1835, pp. 134-151; Unst 18362, pp. 107-120; Ust 18360, pp. 33-40 P URSI 1835, pp. 81-82 34 Jur 1869, p. 60. %URsi 1835, pp. 80-85; JATTA 1844, pp. 56-58; JATTA 1869,pp. 54-55 ep 60. 102
l’ultima si trova, invece, a nord della collina lungo via Piave (già strada S. Angelo), mentre altri gruppi più esigui sono distribuiti intorno alle mura al di fuori della città medievale. Di gran lunga più estese e ricche di tombe a semicamera sembra siano state le due necropoli situate lungo Corso Cotugno e nella zona del Buccettolo, localizzabili tra le odieme via Schiavi, via Madonna e Corso Carafa. Che si tratti effettivamente di tombe a semicamera è indicato, ad esempio, per la tomba scoperta nel settembre del 1834 (catalogo 113), trovata nel Fondo del Capitolo situato sulla via dei Cappuccini, a breve distanza dalle mura”, dal sistema di copertura identico, dalla profondità del rinvenimento e dalla presumibile ampiezza del vano lungo 20 palmi, circa m. 5,30 (all’interno furono rinvenuti un cratere a volute attico a figure rosse del Pittore dei Niobidi, con Achille e Pentesilea, un’hydria protolucana del Pittore di Amykos ed una collana composta da sei pendenti configurati a testa di Eracle con la /eontè e con pendenti a grappoli d'uva), che inducono ad ipotizzare una struttura analoga”. A semicamera erano le due tombe, di forma rettangolare, scoperte nello stesso sito nel novembre del 1834 (catalogo 114-115): nella prima si rinvenne lo scheletro, in posizione supina, di un guerriero ancora rivestito di una corazza sul petto che, in realtà, è un prosternidion, con una spada, un cratere a figure rosse tra le gambe ed altri oggetti di bronzo; nella seconda si rinvennero una corazza anatomica, due elmi e vari oggetti di bronzo. Analogamente si possono considerare le tombe scoperte nel dicembre del 1834 nel fondo del Buccettolo: la prima (catalogo 157), trovata da Marino Riccardi, conteneva armi ed oggetti di bronzo, la seconda (catalogo 150) conteneva ceramica a figure rosse ed ornamenti personali acquistati da Luigi Cilienti, nonché il famoso cratere a volute del Pittore di Sisifo, con scene di amazzonomachia e il ratto delle Leucippidi, acquistato da G. Jatta per 1700 ducati”. A semicamera erano anche le quattro tombe trovate affiancate sulla via dei Cappuccini, scavate dalla società del Capitolo (formata dal canonico Ficco, dal farmacista Cervone € dal sindaco Cilienti) nell’aprile del 1835, tre delle quali (catalogo 109-111) hanno restituito le pregevoli oreficerie conservate nel Museo Nazionale di Napoli. Dalle relazioni del Laviola e da alcuni documenti d’archivio*® si apprende che le tombe avevano dimensioni notevoli, di palmi 20 x 6 x 8 (7 m. 5,30x 1,59 x 2,12), e che erano anche dipinte internamente: presentavano una zona inferiore dipinta di rosso, mentre superiormente 1 luogo del rinvenimento non è indicato con precisione nella letteratura ottocentesca: la tomba, infatti, a inserita dalla Marin ta i rinvenimenti di incerta localizzazione (M. MARIN 1981, p. 190). Tuttavia delle indicazioni derivano da alcuni documenti d'archivio ottocenteschi e da una recente pubblicazione sui toponimi di Ruvo (PAPARELLA 1997, “Rubi Fortssima Castra") dall segnalazione dei nomi degli scopritori, contenuti nella didascalia di un acquerello ottocentesco che ita il vaso del Pitore dei Niobidi scoperto in questa tomba (Molfetta, Seminario Regionale, i veda GADALETA 2002, p. $3, nota 23). ἘΠῚ cratere attico (Napoli, Museo Archeologico Nazionale, Heyd. 2421, inv. 81672, BEAZLEY 1963, p. 600, n. 13) e dria protolucana (Napoli, Museo Archeologico Nazionale, Heyd. 3247, inv. 81950) sono descritti in Uns! 1835, pp. 82-86; Unst 1836a,pp. 143-147; URSI 1836b, pp. 1-4; SCHULZ in BRAUN 1836a, pp. 116-117. La collana, (URSI 1836a, p. 148) non. è stata ancora identificata. # Unst 1835, pp. 130-133; Ust 18362, pp. 103-106; URSI 1836b, pp. 13-16 e 43-45. © Utst 1835, pp. 137-140; BRAUN 18362, pp. 73-74; Unsi 1836a, pp. 36, 157-172; LAVIOLA 1837, pp. 81-84 103
correvano parallele intorno alle pareti tre fasce di colore giallo, celeste e rosso". In tre delle quattro tombe si rinvennero delle deposizioni femminili? che restituirono corredi di grandissimo pregio: nella prima si trovarono, tra i vari oggetti, una coppia dei cosiddet “cerchi apuli” in oro, lavorati a sbalzo e pulviscolo, una coppia di grandi fibule a navicella in oro con pendente a melograno, vasi attici a figure nere e vasi in bronzo di produzione etrusca; la seconda restituì una collana con 44 vaghi sferici d'oro, un'altra simile con 28 vaghi, cinque fibule d’oro a sanguisuga con la staffa a testa di ariete, un’oinochoe attica a figure rosse di stile severo, attribuita a “Douris”, con la raffigurazione di una fanciulla avente un fiore in mano e con una iscrizione (conservata ad Oxford)", databile al 480 a.C., un cratere a colonnette attico a figure rosse del Pittore di Leningrado (480-470 a.C.), con scena di simposio ed iscrizioni greche, un candelabro vulcente con un'iscrizione etrusca e altri vasi in bronzo. Nella stessa tomba, detta nei documenti «sepolcro magnifico» per i numerosi oggetti d’oro, di bronzo e di ceramica figurata attica rinvenuti, si recuperarono anche la pregevole e famosa collana in oro etrusca con pendenti a testa silenica, ghiande e fiori di loto e, tra il vario materiale, il famoso cratere a volute attico a figure rosse del Pittore di Pronomos, una /jydria ed una kylix del Pittore di Meleagro, nonché diverse coppe c Kantharoi attici“. Nella terza tomba si trovarono monumentali vasi apuli, attribuiti al Pittore dell'llioupersis ed alla sua cerchia, decorati con la raffigurazione di scene mitologiche e di commiato presso naiskoi o stele funerarie, dai profondi significati simbolici e di contenuto escatologico, tra i quali eccelle il monumentale cratere a volute con la raffigurazione di Patroclo in un heroon e Achille sul carro che trascina il corpo di Ettore“. Sempre su Corso Cotugno, nei pressi del giardino dei Padri Cappuccini, il canonico Chieco rinvenne nel 1840 un'altra tomba a semicamera, con un corredo risalente alla fine del IV secolo a.C., la quale aveva dimensioni di palmi 17 x 7 x 7 (= m. 5,10 x 2,38 x 2,38), era costruita con grandi lastre dî tufo e coperta da più lastre poste orizzontalmente, alcune delle quali erano però crollate frantumando la maggior parte degli oggetti. Nella zona del Buccettolo, il Lamberti, nell'aprile del 1835, durante scavi clandestini notturni, rinvenne altri magnifici sepolcri di straordinaria grandezza (catalogo 152156), dipinti e costruiti con grandi lastre di tufo, anch'essi a semicamera, dai quali aveva estratto corredi eccellenti. Questi comprendevano alcuni dei vasi più noti nella letteratura archeologica del tempo, poi dispersi nei musei stranieri, come i due grandi crateri del Pittore di Licurgo con gigantomachia e con il riscatto di Ettore, provenienti dalla stessa. sepoltura, quello a calice nello stile di Gnarhia, attribuito al Pittore di Konnakis, con Oreste e le Erinni ed altri ancora custoditi a San Pietroburgo, o il grande cratere con scena di oltretomba, ora a Karlsruhe. LAMIOLA 1837, p. 82; URSt 18362, pp. 163-164 7 BRAUN 18360, pp. 73-74. © Per gli ori si veda BRAUN 1836 a, pp. 73-74; Usi 1835, pp. 137-140; Ust 18362, pp. 157-160. Per oinochoe Unsi 1835,pp. 137-138 e Ust 1836a,p. 157. Per gli αἰαὶ vasi Unsi 18360, pp. 161-172. ^ Unst 18362,pp. 36, 171-174 ^^ Ust 18362, pp. 167-171; LAVIOLA 1837, pp. 83-84 ^ ASSAN V A-6, fasc. 16: "Scavi di Rino e dintorni" (1839-1842), lettera del 25-9-1840 firmata da Salvatore Fenicia; FENICIA 1840, pp. 241-270. 104
Tra queste sepolture viene ricordata una tomba a semicamera (catalogo 152), detta nei documenti «sepolcro magnifico e nobilissimo». per la grande quantità di oggetti in oro e bronzo recuperati, nella quale si rinvenne la famosa hydria attica con il “Giudizio di Paride”, conservata a Karlsruhe; e non fu l’unico vaso ritrovato nella tomba, tant'è vero che nei documenti del tempo si dice che «mon fosse questi il principal vaso del sepolcro nobilissimo ove fu rinvenuto, ricco benanche di ornamenti d'oro, e di bronzi, peregrini dal paese involati»". Infatti, si trovarono anche un grande cratere a volute del Pittore della Nascita di Dioniso, con la raffigurazione di un sacrificio presso un’erma della divinità, un'anfora panatenaica col “Ratto del Palladio”, della cerchia del Pittore di Meidias, ed altri vasi di grande rilievo. Si tratta, dunque, di corredi che restituirono, come riferiscono i documenti del tempo già menzionati, anche una immensa. quantità di oreficerie, naturalmente nascoste e poi andate a fînire chissà dove, di cui rimane un pallidissimo ricordo în una coppia di orecchini con pendenti a forma di erote, conservati all’ Hermitage. Numerosi furono, in seguito, i rinvenimenti di altre strutture funerarie analoghe verificatisi tra il 1837 ed il 1838 sempre nella necropoli del Buccettolo, all’inizio della cosiddetta «Strada Nuova o Strada Mediterranea», l’odierno Corso Carafa. Tra questi è doveroso segnalare il rinvenimento del 13 aprile del 1837, giorno in cui si trovò, ad una profondità immensa (26 palmi, quasi 8 metri!), assieme ad altre 21 tombe, una tomba, ormai manomessa, situata in Largo S. Giovanni, lungo il corso già menzionato. La sepoltura, coperta da più lastre di tufo, alcune delle quali cadute all’interno del sepolcro, restituì i frammenti del famoso cratere a calice attico a figure rosse del Pittore di Pronomos con la raffigurazione di una gigantomachia (catalogo 149). Ugualmente a semicamera era la tomba rinvenuta il 31 maggio del 1837 (catalogo 221), «un gran sepolero a pezzi di tufo», all’interno della quale si trovò «un vaso di forma grande con pittura egiziana», probabilmente un vaso listato canosino, visto che tale descrizione ricorreva spesso per i vasi appartenenti a tale classe ceramica”. Ancora, altri rinvenimenti di tombe a semicamera, sempre nella zona del Buccettolo, si hanno nell'ottobre del 1837: si tratta, anche in questo caso, di una struttura costruita. con grandi lastre di tufo, rinvenuta completamente vuota, accanto ad altre quattro grandi tombe, presumibilmente saccheggiate dal Lamberti, di analoga concezione monumentale (catalogo 168-173), di cui si conservano almeno le notizie circa le sue dimensioni che © ASNA, MPI, Busta 357 I, fase. 42: "Regi Scavi. Sparizionedi oggetti d'oro e vasellame”. Lettera del 24 novembre 1835 firmata dall Intendente della Provincia di Bari Bernardo Caprioli; DOCUMENTI INEDITI IV, 1880,pp. 113-114. 5 ASSAN XXI D7 1, fase. 16: “Ricompasizione e restauro dei frammenti di vasi sequestrat a Carlo Lambert di Revo" (1836-37); ASSAN XXI D? 1, fasc. 17: "Restauro dè vasi Etruschi. Anno 1837: dodici tra vasi dagli scavi i regio conto di Ruvo; alti te vasi tra quelli pres in contraveenzione a Carlo Lambert di Rmo" per gl orecchini MINERVINI 1848, pp. 11-15, tav. I. ^ ASBA, MSA, fasc. 8: "Autorizzazione ad aprire scavi nella Provincia di Terra di Bari, processi verbali dei reperimenti di antichità efettuati dalla Commissione dei Regi Scavi di Ruvo e spedizione dei reperi al Real Museo Borbonico di Napoli; Scavi di Antichità” (anni 1836-1837). Relazione degli scavi della seconda quindicina di aprile 1837; FENICIA 1840, pp. 107-120; DOCUMENTI INEDITI IV, 1880,p. 116; RUGGIERO 1888, pp. 566-567;M. MARIN 1981, pp. 192-193. # ASBA, MSA, fasc. 8: 5° verbale quindicinale. Relazionedel | giugno 1837. 105
corrispondono a palmi 12 x 8 x 9 (= m. 3,18 x 2,12 x 2,38). Dai documenti si ricava anche una curiosa quanto desolante notizia, che riferisce come tali tombe fossero state letteralmente smontate per ricavare pezzi di tufo da vendere ai muratori!s' Un'altra tomba fu rinvenuta, in una zona un po’ più a settentrione, il 24 ottobre del 1837 (catalogo 173) ad una profondità di 27 palmi (= m. 7,15), anch'essa coperta da più lastredi tufo poste orizzontalmente ad incastro, alcune delle quali erano cadute all’intemo della tomba, già violata dagli scavatori clandestini. Tra i vari pezzi del vasellame si rinvenne un grandioso cratere apulo in frammenti, dell'altezza di più di 150 cm, attribuito al Pittore del Sakkos Bianco e due piccole schegge d’oro, probabilmente appartenenti ad una corona aurea che doveva cingere la fronte del defunto®. Ulteriori ritrovamenti di tombe a semicamera sono segnalati I*1 eil 12 dicembre 1837 (catalogo 222-224), quando vengono portate alla luce altre tre grandi sepolture, di una delle quali si conoscono le dimensioni, che sono di palmi 16 x 8 x 7 (= m. 4,24 x 2,12 x 1,85), e enorme profondità, circa 36 palmi ( m. 9,54!) e la sua struttura composta da «grandi pezzi di tufo»", nelle quali non si rinvennero che pochi frammenti di vasi a figure rosse di grande qualità e raffinatezza, in quanto «già tutti violati in tempi remoti»*. Molto interessante è il rinvenimento di altre due tombe allineate, anch'esse costruite «a grandi pezzi di tufo», trovate il 30 dicembre 1837 e il 3 gennaio 1838. Nella prima (catalogo 159) si recuperò, oltre ad una grande olla listata di produzione canosina, unico oggetto recuperato all’interno della tomba, una corazza a tre dischi di tipo oscosannitico, rinvenuta nell’intercapedine che intercorre tra le pareti esterne della tomba e i margini della fossa; nello stesso spazio si rinvennero anche i frammenti di vasi a figure rosse pertinenti a due anfore e ad una hydria. Nella seconda sepoltura (catalogo 160), integra, si trovò l’intero corredo formato da vasi a figure rosse, da una panoplia intera (un elmo frigio, una corazza a tre dischi di tipo sannitico ed un cinturone) e da una rara lekythos pestana a figure nere “tipo Pagenstecher" per un totale di circa 37 oggetti più vari frammenti“. Un'altra grande tomba a semicamera fu scoperta «nel principio dello Stradone a Mezzogiorno dirimpetto al Luogo detto delle Beccherie», all’inizio dell’attuale Corso Carafa, nella parte più meridionale del sito del Buccettolo, già nell’aprile del 1834 (catalogo 164): misurava palmi 22 x 11 x 7 (=m. 5,80 x 2,90 x 1,85) ed era coperta con lastre rettangolari in calcare sostenute da travi in legno, di cui si conservava l’incasso lungo i muri laterali; si tratta della più grande tomba a semicamera finora rinvenuta a Ruvo. L’interno, intonacato di bianco con varie sfumature e venature, in modo da creare sulle pareti l'effetto del marmo, era dipinto con fasce parallele di vario colore (giallo, verde e 7? ASBA, MSA, fasc. 8: verbale degli scavi della prima quindicina di ottobre. Relazione 1837. 5 ASBA, MSA, fase, 8: 2° verbale quindicinale ottobre 1837. Relazione del 1 novembre 1840,pp. 121-154. 5 ASBA, MSA, fasc. δ: 1° verbale quindicinale dicembre 1837. Relazionedel 16 dicembre ®ASBA, MSA, fase. δ: 1° verbale quindicinale dicembre 1837. Relazionedl 16 dicembre 7 ASBA, MSA, fasc. 108: verbali degli scavi della seconda quindicina di dicembre 1837. scavi della prima quindicinadi gennaio 1838, relazione del 16 gennaio 1838; FENICIA 1840, pp. 106
del 16 ottobre 1837; FENICIA 1837. 1837. Verbale degli 155-179.
celeste) e con motivi ornamentali, quali palmette, arabeschi e fiori**. Per le sue notevoli dimensioni è stata talvolta indicata come una tomba a camera, ma proprio la dettagliata descrizione del sistema di copertura, recuperata grazie alla lettura della relazione del Laviola e dei manoscritti Ursi, sembra piuttosto riferirsi ad una semicamera, tipologia per la quale non mancano esempi sia di dimensioni altrettanto grandi, specialmente per il IV secolo a.C., sia di simili pitture o decorazioni pittoriche interne di tipo ornamentale (si vedano le tre grandi tombe a semicamera trovate sull'acropoli di Monte Sannace) Tra gli oggetti del corredo, ricomposto recentemente dallo scrivente”, spiccano due grandi vasi del Pittore di Dario, quali il famoso cratere a mascheroni con la raffigurazione della morte di Archemoro e la louprophoros con Apate, Tereo e Filomela, due vasi del Pittore di Chamay, quali un*hydria con il “Giudizio di Paride" ed un’anfora panatenaica con una scena legata all’episodio della morte di Archemoro e, infine, due grandi patere a figure rosse, una delle quali presenta la scena della morte di Penteo, che fu acquistata per mille ducati da Giovanni Jatta presso l'antiquario napoletano Carlo Lamberti (Catalogo Jatta n. 1617), più altri oggetti pregiati (vetri, ceramiche dorate e oggetti di alabastro)". Infine, sembra che un’altra semicamera sia stata rinvenuta nel maggio del 1843, come recita un documento della Commissione dei Regi Scavi di Ruvo, conservato nell'Archivio di Stato di Bari: «Essendosi rinvenuto un sepolcro di tufo sotto le fondamenta del fabbricato del Sig. Don Luigi Cilienti, la Commissione nel giorno 5 si portò ad esaminarlo e verificò che era stato violato dagli antichi, trovandosi pieno di terra e di pietre»? L'altra grande necropoli formata in prevalenza da tombe a semicamera o, comunque, di analoga concezione monumentale è localizzabile, come si è detto, lungo la strada S. Angelo (l’attuale via Piave), che dalla Porta Nuova conduce all’ex convento di S. Angelo (oggi convento dei Minori Osservanti). Ne sono testimonianza le due tombe scoperte il 25 maggio 1836 (catalogo 59), delle quali la prima è sicuramente a semicamera, come si evince dalle descrizioni fatte nei documenti d'archivio, in particolare della copertura: in essa si rinvennero vari frammenti di vasi apuli a figure rosse, fra cui un piatto da pesce. La seconda (catalogo 60), rinvenuta a fianco della precedente, ad una profondità di 30 palmi, sembra essere stata a camera, in quanto si riferisce che al centro della camera vi fosse una piccola colonna di tufo con capitello dorico che reggeva la volta della stessa struttura; al di fuori della sepoltura si trovarono otto lucerne a vernice a nera, tutte della stessa tipologia. Certamente a semicamera era la tomba scoperta il 27 maggio del 1836 (catalogo 55), in quanto dalle relazioni del Laviola, dai numeri del Bulletino dell'Instituto di Corrispondenza Archeologica, dal manoscritto Ursi del 1836 e dalla relazione di Salvatore % BRAUN 1835b,pp. 193-194; Unsi 1835,p. 91; Unst 18362, p. 186;M. MARIN 1981, pp. 175 e 189 fig 50. 5 MONTANARO, "La Tomba del vaso della morte di Archemoro" in corso di stampa su AnaBar 2006. ?* BRAUN 1835, pp. 193-203; SANCHEZ 1835, pp. 11-16 ; URSt 1835, pp. 91-100. Ul cratere a mascheroni (Napoli, MAN, inv. 81934, Trendall-Cambitoglou 1982,p. 416,n. 1842), la lourophores (Napoli, MAN, inv. 81939, Teendall-Cambitogiou 1982, p. 500, n. 18/62, lAydria (Napoli, MAN, inv. 81944). ASBA, MSA, fasc. 119, lettera del 7 maggio 1843, ^ ASBA, MSA, fasc. 8; RUGGIERO 1888, pp. 564-565;M. MaRIN 1981, pp. 136-137. 107
Fenicia si apprendono tutte le sue caratteristiche strutturali: la sua forma rettangolare, le dimensioni di palmi 14 x 5 x 4,5 (=m. 3,71 x 1,32x 1,20), la costruzione con grandi lastre di tufo e la decorazione pittorica interna costituita da fasce parallele policrome, celeste, giallo e rosso. Il corredo in essa contenuto, trasportato e conservato nel Museo Nazionale di Napoli, ascrivibile alla metà del IV secolo a.C., parte del quale era stato rinvenuto ancora appeso ai chiodi infissi nelle pareti interne della tomba, era costituito da numerosi vasi apuli, attribuibili ai Pittori dell’Ilioupersis e di Licurgo, tra i quali sono celebri il cratere a volute con la raffigurazione di Ifigenia in Tauride, la situla del Pittore di Licurgo con l'uccisione di Reso da Parte di Ulisse e Diomede, una grande loutrophoros con scene di amazzonomachia, e anche da alcuni vasi di scuola lucana attribuibili al Pittore del Primato* Tra le rovine di «due magnifici e grandiosi sepolcri a pezzi di tufo» G. Jatta senior rinvenne tra il 1826 ed il 1827 due dei suoi più famosi vasi della collezione (catalogo 43-44): si tratta del cratere a volute protolucano del Pittore di Amykos con Fineo e le Arpie e del cratere a volute baccellato del Pittore della Nascita di Dionisio®. Da un'altra tomba simile sembra che provenga il famosissimo cratere attico a figure rosse del Pittore di Talos, rinvenuto in frammenti nel 1834, sempre in uno dei fondi Jatta in contrada S. Angelo, fra «vari rottami di magnifici sepolcri», poi fatto restaurare da Aniello Sbani®" Oltre a queste tre grandi necropoli sono state rinvenute altre strutture funerarie del tipo a semicamera che risultavano distribuite, sempre al di fuorî delle mura, in modo sparso © in piccoli gruppi. Probabilmente a semicamera era la tomba, di forma rettangolare € costruita con grandi lastre di tufo, scoperta tra via De Cristoforis e via Trieste nel 1929 (catalogo 39), nella zona sud-orientale della città, contenente la sepoltura di un guerriero, fornito di corazza anatomica corta di tipo italico e di scudo con episemon, con un corredo di vasi apuli databile alla seconda metà del IV secolo a.C.* Sempre nella zona orientale, 2 ridosso delle mura, un po” più a nord, ma all’interno della cinta muraria, in Strada Madonna dell'Isola (oggi via Vanini), furono scoperte due tombe a semicamera. Nella prima, trovata il 7 giugno del 1836 (catalogo 35), fu portato alla luce un ricchissimo corredo formato da più di 50 oggetti, tra vasi, oggetti in bronzo e alabastro, databile alla seconda metà del IV secolo a.C., tra cui è famoso il cratere a volute, conservato a Napoli e attribuito al Pittore di Licurgo, con la raffigurazione di Aiace che sta per compiere oltraggio su Cassandra, ed una loutrophoros del Pittore di Varrese con la raffigurazione di Niobe in un naistos; sulle lapidi di copertura della tomba si rinvenne un"iydria tardo-apula in frammenti, molto probabilmente rotta intenzionalmente, secondo un caratteristico cerimoniale funebre. La seconda tomba fu scoperta il 9 giugno 1836 accanto alla precedente (catalogo 36), ma probabilmente © ASBA, MSA, fas. 8, lettera del 27-5-1836; Unst 18362, pp. 221-232; LAVIOLA 1837,p. 81.85; FENICIA p. 57-80. SF. arra 1972,pp. 92-94. © M. MARIN 1981,pp. 155-156; LABELLARTE 1997, pp. 34-35 M. MARIN 1981,pp. 179-180; Atleti e Guerrieri 1997, pp. 160-164. S ASBA, MSA, fasc. 108: verbale del 7 giugno 1836; URS! 18362,pp. 233-245; FENICIA 1840, pp.81-106; RUGGIERO 1888, pp. 564-565; M. MARIN 1981,pp. 153-154, 108
era stata manomessa, in quanto all'interno venne recuperato soltanto «un vaso rustico a colonnetta»; di essa sono note le dimensioni, che erano di palmi 15 x 6 x 8 € m. 3,97 x 1,59 x 2,12), e si sa che era coperta da cinque lastre calcaree poste orizzontalmente ad incastro” A semicamera era, infine, una tomba di imprecisabile localizzazione, scoperta nel 1828 (catalogo 322), contenente un corredo databile intorno alla seconda metà del IV secolo a.C., di cui si ricorda in particolar modo un lebes gamikos apulo con la scena di una purificazione di una donna (oggi a Karlsruhe) ed un cratere a mascheroni con la scena dell'apoteosi di una principessa; la tomba misurava palmi 20 x 6 x 4 (= m. 5,30 x 1,59 x 1,06) ed era composta da grandi lastre di tufo, combacianti senza malta”. Sempre nell'area sud-orientale della città moderna, ma più tarde, cioè databili al ΠῚ secolo a.C., sono invece le tombe a semicamera scavate nel 1986 (catalogo 242-251), nella zona compresa tra via Scarlatti, via Le Croci e via Vivaldi, ancora di dimensioni notevoli e talvolta rivestite di intonaco colorato, ma costruite con lastrine calcaree disposte in fari sovrapposti. Dai dati così raccolti risalta immediatamente la rilevante presenza nell’insediamento di Ruvo di sepolture monumentali quasi sempre costruite con grossi blocchi di tufo, probabilmente del tipo a semicamera, già dalla fine del VI secolo a.C. e dunque in epoca piuttosto precoce rispetto al resto della Peucezia. Infatti, se le grosse costruzioni sepolcrali in blocchi compaiono, nella regione, sin dai tempi più antichi?, le vere e proprie semicamere documentate nel resto della Puglia da sicuri dati di scavo si datano solo a partire dalla fine del V secolo a.C. Esemplare, in questo senso, è la ben nota tomba 1/1974 di Gravina-Botromagno, datata, grazie alla presenza del corredo” e al confronto con altre strutture analoghe, tra la fine del V e gli inizi del IV secolo a.C." . ^ ASBA, MSA, fac. 108, verbale del9 giugno 1836; RUGGIERO 1888, p. 565; M. MARIN 1981,p. 154. © SANCHEZ 1828, pp. 43-48; SANCHEZ 1835, pp. 248-260; Unsi 1836 a, pp. 191-200; M. Marin 1981, pp. 188. La tomba 7 ha restituito pochi resti di coredo (DEPALO-LABELLARTE 1986,p. 69); a stessa cronologia sembra si possa assegnare ad un'altra semicamera, realizzata con identica tecnica costruiva, scoperta nella stessa zona nel 1987 (LABELLARTE 1987, pp. 114-117). Da analoghi filari di astrine calcaree erano composte Je pareti delle tombe 2 € 3, definite tuttaviaa fossa, scoperte nel 1991, presso l'estramurale Scarlatti (BATTISTDESANTIS 1992, pp. 257-258). Altre tombe (1 e 3), fossa, con pareti in lastine calcaree, sono presentate in BATTISTI 1996; dello stesso tipo potrebbero essere alcune tombe rinvenute sotto la catedrale, forse del IV secolo aC. (M. MARIN 1981,p. 144) ‘A pianta rettangolare € con le parti realizzate in grossi blocchi era, ad esempio, la nota tomba dipinta di Ugento (Lo PORTO 1970-71; Lo PORTO 1973, pp. 58-531, tav. C-CIII; ROUVERET 1076). Ὁ La tomba fu scavata dalla Soprintendenza nella propietà Ferrante, nel 1974 (LO PORTO 1978, pp. 348350), a seguito di un intervento dei tombaro Le lastre di copertura e il corredo furono pertanto ritrovati in frammenti. Solo recentemente, tuttavia, sì è avuta una più accurata pubblicazione della struttura e del suo corredo, comprendente un cospicuo numero di vasi atii a figure rosse, attribuibili αἱ pittori di Pentesilca, di Achille e di Eretria (sopratutto likes e Kantharo) e protoitliti, come alcuni vasi attribuibili al Pittore di Gravina e asi vicini alla cerchia del Pittoredi Tarporley (RICCARDI 1989, p. 73 e fi.50; CIANCIO 1997,pp. 19-21, 70-73, 90-101; DI ZANNI in CIANCIO 1997, pp. 181-186). La tomba misurava m 4,15 x 1,63 x 1,94 (entro una fossa di m 525 x 3,60 x 3,00) e conservava gli incassi superior per l'alloggiamento dell travi lignee. Sugli clementi utili per a datazione si veda CIANCIO 1997, p.21 109
A questa si possono aggiungere le due semicamere scoperte alla fine del secolo scorso a Ceglie del Campo”, la cui prima fase risalirebbe pure alla fine del V secolo a.C, come attestano i vasi attici in esse rinvenuti, attribuibili ai Pittori dei Niobidi, di Meidias, di Bologna 417, di Eretria, di Calliope, ecc. protoitalioti, quali il famoso cratere a volute eponimo del Pittore delle Camee e quello, anch'esso eponimo, del Pittore della Nascita di Dionisio (Pittore di Dolone, ecc.), e apuli. Tuttavia, sono i recenti scavi di Gravina-Botromagno che hanno restituito, negli ultimi decenni, un significativo numero di tombe a semicamera, databili anch'esse, sulla base dei resti di corredo, almeno nella loro fase iniziale, alla fine del V secolo a.C*, confermando così i dati ricavabili dalla documentazione ruvese, per quanto riguarda la diffusione in questo periodo di tali strutture. AI pieno IV secolo, invece, con fasi di utilizzo che giungono sino al successivo, si datano le altre semicamere rinvenute in Peucezia, ad Altamura”, Monte Sannace”, Bari ^? Nella relazione del Mayer, inviata al Prefetto il 18.05.1898 (ASBA), si legge che essa comprendeva due sepolture costruite in blocchi di tufo, intonacate e dipinte n gallo, nero e rosso, come è proprio delle tombe ἃ semicamera. Sicuramente alte tombe ἃ semicamera dipinte furono rinvenute a Ceglie come si può ricavare dalla lettura di un manoscrito inedito di E. Mola della fine del 1700, i cui coredi erano ricchi di vasi attici e prototaliti a figure rossee di bronzi di pregevole fattura. ? Da queste due tombe, scoperte in via G. Martino, provengono vasi atii a figure rosse c apul, con una datazione che oscilla trail pieno V secolo e la fine del IV secolo 2.C., probabilmente a causa della presenza di deposizioni successive (LABELLARTE 1988 b, pp. 304-339; DEPALO 1989,p. 97) *Due semicamere furono rinvenute, in proprietà Lucatuorto (ito 14), nel 1967: da una di esse proviene materiale ceramico atio e protoialiota databile ra la fine del Ve la seconda metà del IV secolo a.C. e vasi bronzei del V secolo, rinvenuti all’estemo della sepoltura nell'aprile del 1994; dall'alta, invece, proviene ceramica atica di V secolo e vasi più recenti, fio all'inizio del ΠῚ secolo aC. (ceramica di Gnathia, a vernice nera, a decorazione lineare) che fanno pensare a deposizioni successive (STAZIO 1970, pp. 277-278; DEPALO 1989,p. 95; CIANCIO 1997, pp. 31-32 e 73-74; BARTOLO in CIANCIO 1997, pp. 187-204). Negli anni 1993-1994, in occasione dei lavori del Parco Archeologico, sono state rinvenute nello stesso sito altre due tombe a semicamera databili nella seconda metà del V secolo a.C: la tomba 2 (m 3,30 x 2,00 x 1,45) conteneva vasi della botega del Pittore di Amykos, della bottega del Pittor di Pisticci c del Pittore det Ciclope, ma anche degli ani iniziali ἀεὶ IV secolo; la tomba 3 (m 3,30 x 2,16 x 1,40) conteneva tra gi altri oggetti un interessante cratere del Pitore di Boreas (CIANCIO 1995, p. 71; CUANCIO 1997, pp. 32 e 7479; BARTOLO in CIANCIO 1997, pp. 204-233). Altre due tombe di analoga struttura furono scavate nel 1975 nel sito 13, in proprietà Angellotti: La tomba 1 misurava m 2,95 x 1,50 e ad essa è sicuramente riconducibile un gruppo di reperi (ceramica attica e protoitaliota a figure rosse, ceramica a vernice nera, una punta di lancia in ferro) degli anni finali del V secolo, recuperati dal tereno intorno alla tomba; la tomba 2 misurava m 2,71 x 1,35 (Lo PORTO 1977, p. 641; DEPALO 1989, p. 95; CIANCIO 1997, pp. 28-30) Recentisimo è infine il ritrovamento, tuttora inedito, di un'altra semicamera intata, in località Padretemo, complet dl suo corredo di vasi in ceramica in metallo ed armi, databile, ad un primo esame, tra la fine del V e i primi anni del TV secolo a.C. ? Una tomba a semicamera fù rinvenuta in via Bari nel 1974: le sue dimensioni erano di m 4,10 x 1,60x 1,85. Il corredo comprendeva vasi del Pittore di Dario e del Pittore della Patera (LO PORTO 1978, pp. 344-346; Lo Porto 1987, pp. 35-37; DEPALO 1989, pp. 95-96). Nello stesso insediamento sono noti rinvenimenti di tombe di forma rettangolare, intonacate e afrescate, forse delle semicamere (VENTURO RUBINO 1975-76, p. 173; VENTURO RUBINO 1977-80,p. 290; DEPALO 1989,p. 96). "Tre tombe a semicamera furono individuate sll'aropoli nel 1978: a tomba 6 (m 4,25 x 2,65 x 2,00), la tomba 7(m3,90x2,35x 1,90) la tomba 8 (m 3,00 x 1,70x 1,60), contenenti scars esi corredo, saccheggiato € dispersogi in antico, probabilmente durante la fasedi istruzione dellacropoli nei primi decenni del secolo. C, inquadrabil fra il V ed il I secoloa.C. (CIANCIO 1986; DEPALO 1989, p.97; De JULIS 1988 b, pp. 128e 178; DE JULIS 1996b, p. 287). 110
(Carbonara)”, Bitonto", Rutigliano e Conversano”. È stato spesso affermato che la natura geologica del sito di Botromagno, un tufo calcareo friabile, sia stata probabilmente una delle ragioni delle precoci attestazioni di monumentali sepolture ipogeiche™. Tuttavia non si può non osservare che la scelta, anche se favorita in alcuni casi da condizioni ambientali, dovette essere anche fortemente motivata dal desideriodi esprimere laricchezzaeil potere del ceto dirigente indigeno. Oltre alla monumentalità costruttiva, la ricchezza dei corredì (intuibile dai frammenti superstiti anche quando le tombe sono risultate già depredate), la frequente presenza di pitture, la concentrazione nei centri più ricchi della Peucezia", il numero ridotto rispetto alla totalità delle sepolture, di struttura più semplice, e la collocazione in posizione emergente, sono tutti indizi della connotazione elitaria delle semicamere® I casi in cui sono documentate deposizioni successive potrebbero infine indicare, piuttosto che condizioni economiche non privilegiate, un’ideologia funeraria che esalta il concetto di continuità familiare". Se la costruzione a grossi blocchi e il sistema di copertura fanno pensare ad un'origine ellenica”, tuttavia il loro impiego funerario è sconosciuto al mondo greco, anche se non mancano alcune eccezioni. I riferimento è alle quattro tombe a semicamera di epoca arcaica, che sembrano essere la più antica attestazione del tipo, rinvenute in contrada Crucinia a Metaponto, costruite con lastroni lapi contenenti klinai spesso arricchite da elementi decorativi in metallo prezioso e corredi funebri composti degli strumenti necessari per il sacrificio e per il banchetto rituale*. 7 Alcune tombe di questo tipo furono scoperte fra febbraio c giugno del 1988 (LABELLARTE 1988 a, p. 98): la necropoli si aricolava attorno al nucleo centrale composto proprio dalle monumental semicamere. Due di esse presentavano dimensioni notevoli (m 3,70 x 1,70 x 1,80) ed erano chiuseda sete e cinque lastroni di tufo appoggiato col consueto sistema. Gli oggetti di corredo supersii, recuperati elle restanti tombe, suggeriscono una dazionetra IV e ΠῚ secolo a.C. non sono indicate le dimensione delle alte semicamere, più Piccole delle precedenti ™ Una sepoltura a semicamera (tomba 4) fü rinvenuta, el 1980, in una zona vicina alla via Traiana; Ie pareti erano in pare scavate ein part costruite conpietre sovrapposte; aparte alta delle pareti era completata da blocchi ben squadrati di tufo, su cui poggiavano le lastre di copertura. Tale sepoltura tuttavia non era paragonabile, per monumentalità ed impegno decorativo, agli esempi visti in precedenza. Il corredo comprendeva oggetti databili nella seconda metà del IV secolo a.C. (DE JULIS 1983,pp. 310-312,tav. LV,1; DEPALO 1989, p.98) ® La tomba 10, rinvenuta nel 1958, in via T. Pantaleo, a Conversano, di dimensioni notevoli (m 2,65 x 1,53 x 1,70), presentava pareti costruite con lastoni ben squadrati di tufo. Il corredo di questa sepoltura è particolarmente noto per la sua ricchezza: una panoplia di guerrero, con elmo di tipo macedone e, tra l'abbondante materiale ceramico frammentario, due anfore del Pitore di Dari, che consentono la datazione della deposizione alla seconda metà del IV secolo a.C. (CHIRCO Biancui MARTINI 1964, pp. 148-164; DEPALO 1989, pp.98 e 105). Per le semicameredi Rutigliano, Torre Castellosi veda RICCARDI 1992,pp. 68-70. A partire dalla stessa poca furono realizzate in questo sito anche tombe “a grttcella” (De JULI 1988 ^b p. 133; RICCARDI 1989, pp. 72-73) Si vedano gli esempi di Gravina, Ceglie, Altamura e Monte Sannace. © Sulla tomba a semicamera come "sede simbolica dl potere gentilizo” si veda CIANCIO 1997, pp. 69-70. © DEPALO 1989, p.97. "TI modello del sistema di copertura potrebbe individuarsi nei grandi sarcofagi (DE JULIS 1988 b, p. 133: DePaLO 1989, p. 95; De Juuits 1996 b, p. 241), attestati già dalla fine del VI secolo a Rutigliano (RICCARDI 1989,p. 69 e fig. 44) ea Monte Sannace (SCARFT 1961, ce. 230-246, 304-310, tv. I. Dello stesso tipo sembra essere la copertura di una delle due tombe, pure a sarcofago, degli inizi del V secolo, rinvenute a Ruvo (M. MARIN 1981, p . 148-149,n. 6). De JULIS 2001, pp. 54-57, 122-124; DE SIENA 1998,p. 315 ess. "n
L'origine di tale tipologia funeraria non è ancora del tutto chiara, anche se è probabile che essa sia derivata dai sarcofagi monolitici attestati già dalla fine del VI secolo a.C. a Rutigliano e Monte Sannace, i quali presentano, come le successive tombe a semicamera, degli incassi lungo il bordo superiore per agevolare la messa in opera e la rimozione delle pesanti lastre di copertura? Un’osservazione della diffusione delle tombe di questo tipo in Italia meridionale fornisce alcune utili indicazioni: al di fuori dei siti della Peucezia già segnalati si conoscono, nel IV secolo a.C., gli esempi di Salapia", Arpi® ed Egnazia”; nell’area bradanica strutture simili sono state scoperte a Timmari e Montescaglioso”. Più tarde, infine, sono le “semicamere” tarantine e quelle dell’area messapica, le quali, a parte qualche raro esempio precedente, si diffondono a partire dal ΠῚ secolo a.C. con una maggiore concentrazione nel II secolo” Già da tempo inserita in circuiti commerciali tanto adriatici e ionici quanto tirrenici, come si visto a proposito delle testimonianze archeologiche precedentemente analizzate, attraverso valichi appenninici e vie di comunicazione interne, verosimilmente ancora praticati nel V secolo è oltre, Ruvo documenterebbe pertanto, anche attraverso la precoce adozione di queste tipologie tombali, che adattano tecniche mutuate dall’estemo al gusto calla ideologia indigeni, la complessità di componenti culturali, italiche e greche, convergenti in quella regione”. DE JuLus 1996,p. 241. © MAZZEi 1989, pp. 163-164. In Daunia le semicamere presentano una division in due parti vestibolo (nella tomba di Salapia m 0,45x 1,28)e la cella vera e propria (m 225 x 1,20), mediante un diaframma. © La “Tomba dei Cavalier”, cosiddetta dal soggetto della decorazione pittorica, anch'essa divisa in un vestibolo c nella vera e propria camera sepolerale, ampia complessivamente m 4,50 x 1,50 x 1,30 (DE JULIS 1984, pp. 27-30; MAZZEI, LiPPOLIS 1984,p. 190; DE JuLits 1985,p. 529; DE JULIS 1988 s, p. 638, fgg. 604608; DE Jotus 1988 b, pp. 147-148 ; DE JULI 1992, pp. 139-140 ; MAZZEI 1995, p.209). "9 ANDREASSI 1984, pp. 442-443; ANDREASSI 1989, pp. 442-446, % A Timmari, tombe n. 4 e n. 40; a Montescaglios le tombe n. 187 e n. 188 (BOTTINI 1995, pp. 386387). Tipologie monumentali, spesso definite ugualmente a semicamera, ma ben diverse dalle semicamere della Peucezia, sono note, a partire dalla fine del V secolo a.C, nel mondo italico della Campania, sa inter che costiera. In Campania alcuni grossi cassoni, costruiti in blocchi lapidi, con copertura ἃ doppio spiovente, finiti appunto semicamere, ma ben diversi dalle scmicamere della Peucezia, sono presenti dalla fine del V secolo, a Sant” Agata dei Goti, a Montesarchio, Carife, Bracigliano, Benevento (TAGLIAMONTE 1997, pp. 203 © 209-212); essi sono attestati nelle necropoli lucane di Paestum (PONTRANDOLFO-ROUVERET 1992, p. 19; Viscione in “Paseidonia e i Lucani" 1996, p. 169, n. 83, dalla necropoli Spina-Gaudo) ed anche a Nola (Bowcii JoviNo 1965, p. 1-13; BoNGit JOVINO-DONCEEI. 1969) e Nocera; sulla diffusione del tipo, associato a piture funerario si veda anche STEINGRABER 1991,p. 8 e nota 1] ? BERTOCCHI 1964, pp. 125-126,n. 58 (tomba a “semicamera” dipinta da Manduria), p. 127,n.62 (tomba a semicamera dipinta da Ora); per Taranto, MARUGOI 1994, pp. 72-75; DELL'AGLIO, LIPPOLIS 2008, pp. 97-158. La presenza di collegamenti ancora vitali lungo i percorso Sele-Ofanto è documentata nel V secolo dai candelabri etruschi di Melfi (POPOLI ANELLENICI 1971, pp. 104 e 127, tav. XXXVII) e di Ruvo del Monte (BOTTI 1990,pp. 1-14). Ancora in una produzione tarda (IV-I secolo à C.) come quella dei guste degli askoi a rilievo, documentati a Ruvo da una ventina di esemplari, sarà possibile osservare collegamenti ta la zonadi Ruvo, la Campania eil Sannio, già accertati anche per la presenza dei vasi campani sulla produzione dei gui, JENTEL 1976 € GILOTTA 1985. Allinziae ipotesi della probabile derivazione ellenica (DE JUL 1988 b, pp. 100 e 133-134), i è presto sostituita infati l'affermazionedi un'origine incerta (DE JuLIIS 1996b, p. 241), meglio spiegabile appunto come i risultato di apport divers; sulle tombe ἃ semicamera si veda anche GADALETA 2002, pp. 109-133, "2
Le più antiche tombe monumentali (fine VI-inizi V secolo a.C.) sono collocate nella parte più elevata della collina, dove peraltro lo scavo di grosse celle ipogeiche era reso più difficile dalla natura del terreno” (la scelta del sito e della tipologia sepolcrale dovettero dunque essere caparbiamente perseguite per motivi ideologici e di distinzione sociale); il riferimento è a quelle sepolture che hanno restituito le famose oreficerie del Musco Nazionale di Napoli. Allo stesso periodo, forse un po” più recenti, risalgono anche le tombe situate nella zona sud-occidentale della collina dove, come si è visto, accanto alle più antiche tombe, ascrivibili all'ultimo quarto del V secolo a.C., furono costruite altre semicamere più recenti, tra cui quella che ha restituito il cratere della morte di Archeomoro (catalogo 164). A queste ultime, infine, si affiancarono verso la fine del IV © gli inizi del TII secolo a.C. strutture funerarie più modeste, al di sopra delle quali si impiantarono sepolture di epoca romana. Caratteristiche costruttive diverse presentano invece le tombe rinvenute ancora più a sud, sull’estramurale Scarlatti, nel 1986, cronologicamente riferibili al III ed al II secolo a.C.: in questo caso, infatti, le pareti non erano costituite da grossi blocchi di tufo squadrati, come le altre di epoca più antica, ma da vari filari di lastrine calcaree connesse a secco e poi rivestite di intonaco. Un cenno, infine, merita la pittura funeraria che caratterizza alcune di queste strutture monumentali. Alla particolare ricchezza e monumentalità di queste tombe si accompagna talvolta una sobria decorazione dipinta costituita da fasce zonali e linee parallele policrome (giallo, rosso, nero, verde e celeste), che corrono lungo le pareti della sepoltura, o da motivi ornamentali, quali palmette, arabeschi e vari ornati, fiori o strutture architettoniche. Del tutto eccezionale è invece la presenza di fregi a figure umane attestati a Ruvo in due tombe a semicamera. Famosa è naturalmente la “Tomba delle Danzatrici”, il cui fregio figurato rappresenta delle donne che avanzano, avvinte per le mani, in una sorta di danza circolare, di carattere certamente cultuale. Esse sembrano guidate da tre giovanetti, vestiti di una corta tunica, uno dei quali suona la cetra. Molto interessante è il ricco abbigliamento delle donne, consistente in una lunga veste ravvivata da fasce di diverso colore e da un mantello, anch'esso bordato da un'ampia fascia, che copre anche la testa. Esse, inoltre, hanno la fronte stretta da una benda di stoffa, le orecchie ornate da grandi orecchini ad anello, probabilmente i cosiddetti “cerchi apuli”, e calzano delle scarpe basse e appuntite. La qualità della pittura è molto elevata, non solo perché rende bene il movimento rotatorio c veloce della danza, ma anche perché viene dato un giusto risalto alla funzione del colore disposto con cadenze ritmiche di grande effetto negli abiti delle donne, che si ripetono per gruppi La cronologia assegnata a questa tomba è stata più volte dibattuta dagli studiosi ed è stata fatta oscillare variamente fra la seconda metà del V e la seconda metà del IV secolo a.C. Attualmente, anche in seguito ad un recente riesame, si preferisce assegnarla nell'ambito del V secolo: a favore di tale cronologia convergono lo stile diverso e più raffinato delle pitture rispetto alle pitture funerarie campane e pestane della seconda metà del IV secolo, la presenza dei “cerchi apuli che decorano le orecchie delle danzatrici, alcune analogie stilistichee formali con la ceramica protoitaliota (Pittore della Danzatrice DATA 1869,p. 52; M. MARIN 1981,p. 126 113
di Berlino e Pittore di Sisifo), la padronanza tecnica nelle ombreggiature e nella resa dei panneggi che si avvicina notevolmente alla tecnica dei vasi attici a fondo bianco, nonché la sua vicinanza alle altre semicamere del V secolo e la sua distanza da quelle risalenti al IV secolo a.C.* Accanto a questa tomba nell'ottobre del 1833, come riferiscono i documenti ottocenteschi, fu rinvenuta un'altra sepoltura del tipo a semicamera con fregi figurati dipinti, di cui purtroppo non si hanno ulteriori notizie. Il corredo trovato nella tomba suggerisce una sua datazione tra la fine del VI e gli inizi del V secolo a.C. e quindi indicherebbe un'introduzione precocissima della pittura funeraria, persino figurata, a Ruvo, ulteriore segnale della ricchezza e dell'apertura culturale raggiunte dal ceto dirigente indigeno sin da quell'epoca. Con la più antica tomba dipinta di cui si ha notizia trova, pertanto, conferma l'ipotesi dell’esistenza a Ruvo di un’esigente clientela, che commissiona pitture funerarie ad artigiani in possesso delle tecniche della pittura murale, sin dagli inizi del V secoloa C., quasi contemporaneamente alle prime attestazioni di Taranto, Ginosa, Cavallino ed Ugento. Con queste ultime la tomba principesca sembra avere in comune, oltre alla monumentalità della struttura, anche il tipo di decorazione costituito da fasce dai colori diversi, dalle quali sembra, però, discostarsi proprio per la presenza del fregio figurato, se è vera la notizia tramandata dalle fonti. Infatti la tomba 1/1972 di Cavallino presentava una raffinata decorazione consistente in due coppiedi fasce, di colore rosso vinaccia e blu scuro, tra le quali era dipinto un ramo di alloro o di ulivo disposto orizzontalmente. Nella tombadi Ugento, la decorazione pittorica è articolata, dal basso verso l'alto, in uno zoccolo so, una fascia blu e, in alto, due sottili linee rosse continue entro le quali si dispongono otto bende orizzontali equidistanti, da cui pendono triplici nastri ondulati. Un raffinato gioco illusionistico inseriva le bende dipinte nel reale arredo della tomba, i cui oggetti di corredo erano in parte sospesi a chiodi infissi a distanze regolari lungo la fascia rossa che delimita inferiormente la decorazione della parte alta della parete. Inoltre, il programma decorativo era completato dalla decorazione pittorica dei lastroni di copertura: entrambi incorniciati da una fascia rossa, presentano l'uno un gallo e tracce di un ramo frondoso, l’altro una trozzella, un aryballos, un ramo e una colomba, secondo una resa stilistica consueta nella ceramica attica e calcidese della fine del VI secolo”. Comunque, non è da escludere che la tomba di Ruvo possa aver utilizzato un analogo sistema decorativo, come sembra suggerire la generica descrizione delle fonti ottocentesche di fasce tra cui erano dipinte piccole figure. La presenza di un fregio figurato così antico a Ruvo e nella Peucezia induce subito a pensare alla possibilità che siano intervenute maestranze infuenzate dalla cultura ellenica 0, come sembra più probabile, dalla cultura etrusca, come sembrano dimostrare alcuni oggetti presenti nel corredo. Ciò non sarebbe da escludere se si pensa alla grande quantità di oggetti di fattura etrusca rinvenuti a Ruvo, molti dei quali quasi certamente prodotti in loco da maestranze etrusche trasferitesi nella città peucezia (il riferimento è alle oreficerie, Dt JULIS 1996, pp. 241-242 ; sulla “Tomba delle Danzatrici i veda GADALETA 2002, dove è raccolta anche una ricchissima bibliografia sugli studi di questa sepoltura. % GADALETA 2006, pp. 20.22 na
in particolare ai “cerchi apuli” decorati con la tecnica del pulviscolo, ai bronzi, alle ambre scolpite, ai vasi a figure nere, agli avori), ma soprattutto al rinvenimento proprio nell’area di queste due tombe di deposizioni di individui di probabile origine etrusca di rango elevato, come è avvenuto nella tomba in questione. D'altronde, come è ampiamente noto, l'uso di decorare l'interno delle tombe con scene dipinte non è greco, né magnogreco, ad eccezione della “Tomba del Tuffatore” di Poseidonia che, tra l'altro, sembra essere appartenuta ad un meteco poseidoniate di origine etrusca”. Esso, invece, è piuttosto frequente, già dalla piena età arcaica, presso gli Etruschi dai quali, quasi certamente, viene trasmesso in ambiente campano e lucano. È possibile,
quindi, che tale uso sia pervenuto a Ruvo e nella Peucezia per influsso dell'ambiente. etrusco di Capua, dove è attestato almeno un esempio significativo di tomba con scena dipinta figurata"*. Non si può escludere, pertanto, che tale uso sia pervenuto a Ruvo per influsso dell'ambiente etrusco di Capua, diffondendosi in seguito negli altri centri più importanti della Peucezia e della Daunia. Infatti, gli esempi restituiti (Gravina, Ceglie” e Arpi), sono limitati proprio all'area centro-settentrionale della regione, cioè a quella zona maggiormente esposta all'infiusso etrusco-campano già dalla tarda età arcaica". Riguardo alle altre attestazioni di pittura funeraria, la documentazione ottocentesca ci Viene incontro, consentendo di identificare, tra le scoperte avvenute a Ruvo nel secolo scorso, ‘almeno altre cinque tombe dipinte. È da rilevare come la pittura funeraria sia strettamente
legata alla tipologia della tomba a semicamera 0, comunque, di concezione monumentale, entrambe espressione della ricchezza e della profonda cultura delle classi dirigenti indigene. Oltre alla Tomba delle Danzatrici e a quella principesca, erano decorate da pitture le tre tombe scoperte nell'aprile del 1835, non lontano dalle due sepolture appena menzionate, quella rinvenuta nel maggio del 1836 lungo la via Sant'Angelo, la tomba contenente il cratere della morte di Archemoro, scoperta nell'aprile del 1834 nella parte meridionale. della città, tutte del tipo a semicamera; infine, era decorata da pitture la più nota tomba del fondo del Capitolo, rinvenuta nel settembre del 1834, a camera di tipo canosino. Le tre tombe, la cui cronologia oscilla tra gli inizi e la fine del V secolo a.C., grazie al rinvenimento di alcuni oggetti dei corredi (vasi attici a figure rosse c le famose oreficerie del Museo di Napoli), furono scoperte l'una accanto all'altra, presentavano La bibliografia su questo argomentoè vastissima. Si citano perciò, senza completezza, GRECO 1982, pp. 51-56; PONTRANDOLEO 1987, pp. 62 ess; CIPRIANI 1989, pp. 71-91; PONTRANDOLFO 1990, pp. 351-353; COLONNA 1991, pp. 62-64; AMPOLO 1993, pp. 104-108; Zevi 1998, pp. 23-25 (con ulteriore bibliografia); PONTRANDOLFO 1996, pp. 38-39 (con ulteriore bibliografia). ?* Sulla tomba dipinta di Capua: WEEGE 1909, p. 108 e ss; D'AGOSTINO 1974, p. 199 e ss; CERCHIAI 1987, pp. 52-56, tav. 30,1; D'AGOSTINO 1988,pp. 571-572; COLONNA 1991, pp. 61-62; DE CARO 1991, p. 314; CERCHIAI 1995, pp. 185-187; CRIstOFANI 1995, p. 32, nota 18, e p. 121, nota 47; DE JULIS 1996 b, p. 241; CERCHI 1997,pp. 129-134; CERCHIA, in D'AGOSTINO-CERCHIAI 1999,p. 172; D'AGOSTINO 2001,p. 251. Sì trata di una tomba a camera con almeno venti deposizioni le cui parti erano dipinte con una scena ‘affigurante due uomini ammantati che giocavano a dama, La cronologia della tomba è fissata al 480 a.C. per Ja presenza di un vaso atico a figure rose. Le pitture sono andate perdute e dî esse rimangono solamente dei disegni ottocenteschi "Tale affermazione emerge dalla lettura di un manoscrto di P. Mola della fine del ‘700 sui sepolei di Ceglie, nel quale si parla di tombe richissime con fegi figurati dipinti come nelle tombedi Tarquinia "De JUUIS 1996,pp. 241-242; GADALETA 2002, pp. 109-133, us
internamente le pareti intonacate e dipinte inferiormente con uno zoccolo rosso ὃ superiormente con fasce parallele di colore giallo, celeste e rosso", secondo una sintassi decorativa nota anche in altre tombe della Peucezia della fine del V secolo, come quelle di Gravina, Ceglie e Altamura". Probabilmente, queste non erano le uniche sepolture decorate con simili pitture a Ruvo; infatti, il Laviola afferma di aver visto varie tombe caratterizzate da tale tipo di decorazione pittorica, mentre altre presentavano «l'intonaco misto di calce e di pietre cristalline peste», tanto che riferisce di averne conservato alcuni pezzi tratti da diversi sepolcri. Lo stesso studioso afferma di aver osservato anche «intonachi lucidi, come marmo con tinta rossa, simili a quelli che ho veduto nelle case dissotterrate in Ercolanoy'®. Non si può escludere che l'uso di tale sintassi decorativa, costituita da semplici fasce parallele di colore celeste e rosso, derivi dall’ambiente etrusco-campano o da ambiti culturali tirrenici di stirpe sabellica, anch'essi influenzati dalla cultura figurativa etrusco-campana, che in questo periodo vedono avviato quel processo che porterà alla nascita del popolo lucano'”. La testimonianza più consistente viene dalla necropoli del Gaudo di Poscidonia, usata già dagli inizi del V secolo a.C. da un piccolo nucleo di origine non greca, probabilmente di stirpe sannitica, che riserva ad alcuni membri la deposizione in casse di travertino con le pareti e l'interno del coperchio intonacati di bianco o di rosso, o decorati con fasce di colore rosso, blu o in giallo ocra. Tale uso è inoltre riscontrato, nello stesso periodo, soltanto nella necropoli meridionale del territorio poseidoniate, nella località di Tempa del Prete Non molto dissimile dalle tre sepolture sopra descritte, per sintassi decorativa, è la decorazione pittorica della tomba scoperta in via Sant'Angelo (oggi via Piave) essa era intonacata internamente e decorata con due fasce dipinte, rosse e celesti, che correvano intomo alle pareti; diversa è però la cronologia che si pone verso la metà del IV secolo a.C., per la presenza di vasi apuli attribuiti ai Pittori dell’Ilioupersis e di Licurgo™. Più complessa è la sintassi decorativa della tomba di via Carafa, scoperta nell'aprile del 1834, ascrivibile all'ultimo quarto del IV secolo per gli oggetti di corredo rinvenuti, consistente nelle pareti decorate con uno strato di intonaco lucido imitante il marmo e dipinte con motivi omamentali, quali palmette, arabeschi e fiori, oltre alle solite fasce parallele dalle diverse tonalità'”. Anche in questo caso si tratta di motivi decorativi che trovano riscontro nelle decorazioni di 7 LAVIOLA in URSI 1835, pp. 138-140, 154-156; LAVIOLA 1837,p. 82-83. Pa riferimento per Gravina ὃ alle tombe I © 2, scavate nella propietà Lucatuorto, la prima decorata a fasce zone di colore, la seconda con due fascettine poste ἃ separare lo zoccolo rosso alla pate superiore, bianca; ma soprattutto alla tomba 1/1975 in proprietà Angllot, decorata con fasce rosse e blu (CIANCIO 1997, pp. 28:32, 73-19); per Ceglie il riferimentoè ala tomba di via G. Martino (LABELLARTE 1988, p. 304); per Altamura si veda VENTURO 1975-76, p. 173 e 1977-78, p.290. 10 LAMIOLA 1837,p. 82. ru PONTRANDOLFO 1982,p.123 e ss; CIPRIANI 1996, pp. 119-139; MELE 19962,pp. 17-18; MELE 1996b, p. 66-67; PONTRANDOLFO 19966, pp. 7:38; 7" CIPRIANI 1996, pp. 119-139; PONTRANDOLFO-ROUVERET 1996, pp. 161-162, pp. 164-165; PONTRANDOLEO 2004a, pp. 97-98. 10 LavioLa 1837, po. 85-87. 19 LAVIOLA in Unst 1835, pp. 91-92; SANCHEZ 1835, pp. 241-242; Ust 18363, p. 186. 116
altre semicamere della Peucezia, soprattutto le tombe di Monte Sannace, Carbonara (Ceglie) ed Egnazia, le quali hanno anch'esse le pareti intonacate ad imitazione del marmo e dipinte con motivi omamentali"*. Tombe a camera
Passando ad analizzare le tombe a camera che, già di per sé, per la loro struttura monumentale, sono espressione del rango aristocratico del defunto, si può constatare come la loro presenza nell’ambito delle necropoli ruvesi sia caratterizzata da un numero esiguo, dovuto anche alla difficoltà di scavare delle vere e proprie camere nel duro banco roccioso (carpino) che caratterizzava il territorio di Ruvo. Infatti, già nel XIX secolo, lo stesso padre Laviola, in una delle sue relazioni, affermava quanto fosse raro rinvenire a Ruvo una tale tipologia tombale, peculiare invece della vicina Canosa’. La letteratura archeologica ottocentesca ricorda, in particolare, una tomba composta da tre stanze rettangolari dipinte disposte in asse, rinvenuta nel mese di settembre del 1834 (catalogo 140), nel Fondo del Capitolo situato nella zona del Buccettolo, a sud della città, peraltro andata completamente perduta e rinvenuta completamente vuota in quanto già violata" La tomba è stata datata dalla Tinè-Bertocchi al ΠῚ secolo a.C. per alcuni particolari delle sue pitture che rimandano alle raffigurazioni presenti nella ceramica di Gnathia: a quest'ultima riconducono, infatti, il porticato colonnato di ordine corinzio con la raffigurazione al centro di una vasca, poggiata sopra una colonnina, alla quale si abbeverano due uccelli neri con becco e zampe rossi, e la decorazione di una parete costituita da vasi, crateri e anfore"". L'impianto architettonico, come la disposizione delle tre camere in asse, e la decorazione pittorica si ricollegano all'ambiente canosino da cui provengono, del resto, molti altri reperti di età ellenistica ritrovati a Ruvo. Probabilmente a camera o a grotticella potrebbe essere stata la tomba scoperta in proprietà Rubini, nella stessa zona di quella a tre camere, nel marzo del 1835 da Antonio € Vincenzo Cervone (catalogo 163), ricavata nella roccia viva e trovata ad una profondità di sedici palmi", Il corredo scoperto, in mano al Lamberti, era composto da cinque vasi. di dimensioni monumentali (un cratere a volute, tre anfore ed un deinos), tutti della mano del Pittore di Dario e decorati prevalentemente con scene di amazzonomachia"!?. Sempre a sud della città, nei pressi di via Vivaldi, sembra sia stata scoperta nel 1946-47 almeno un’altra tomba a camera (catalogo 272-274), il cui corredo fu trafugato!"* 19Ciancio 1986,pp. 1-130 ?* LAVioLA in BRAUN 1836 a, pp. 162-163; LAVIOLA in Usi 1836 a, pp. 162-163; Laviota 1837, pp. 74-5. 1° LAVIOLA in Unst 1835, pp. 150-152; LAVIOLA in BRAUN 1836 a pp. 162-163; LAVIOLA in URSI 18368, pp. 148-150 ep. 163. μι TINE-BERTOCCHI 1964, pp. 33-34 7" SANCHEZ 1835, pp. 254-258 e pp. 259-260; URst 1835,pp. 101-110; SANCHEZ 1836, pp. 17-21 e pp. 22-23;^5 URSI 1836 a, pp. 213-220. Paisco 1996, pp. 110-111 PM MARIN 1981,pp. 180-181 Dn
A nord della città si possono annoverare almeno altre due tombe a camera: all'intemo della prima, scoperta il 23 maggio 1836 (catalogo 60) accanto ad una tomba a semicamera, non si rinvenne alcunché, mentre i documenti di archivio ricordano, dal punto di vista strutturale, che al centro della stanza era collocata una colonna con capitello dorico che reggeva la volta; al di fuori si rinvennero otto lucerne a vernice nera". L'altra tomba a camera fu scoperta il 31 maggio 1949 in via I Maggio (catalogo 56) c restituì un ricchissimo corredo vascolare composto prevalentemente da ceramica apula della fase tarda, pertinente molto probabilmente a due deposizioni: si trovarono, infatti, otto anfore apule a figure rosse, due unguentari, un gurtus, tre piatti più altri oggetti a vernice nera, a figure rosse, a fasce, nonché un treppiedi di ferro e una loutrophoros!!.
"WS ASBA, MSA, fasc 8: lettera del 30 maggio 1836; CAPUTI in RUGGIERO 1888, pp. 565-566. "© ASATA, ati peril 1949, inv. 61497-61526; M. MARIN 1981,pp. 160-161. us
CAPITOLO V 1 corredi funerari: composizione e cronologia
L'entità e le diverse problematiche del materiale archeologico venuto alla luce nel corso di quasi due secoli di scavi, regolari e clandestini, recuperato dallo scrivente nei depositi di vari musei grazie ai documenti già menzionati, richiedono degli approfondimenti. Fortunatamente, la maggior parte dei complessi funerari ricomposti presenta delle associazioni sicure che consentono alcune osservazioni. Per quei corredì che risultano incompleti, ma i cui oggetti sono di accertata pertinenza, sono comunque possibili dei confronti sia con materiali esterni che con materiali aventi la stessa provenienza. I contesti sono qui considerati in successione cronologica, dall'età del Ferro sino al tardo ellenismo. La Tomba 452 ha restituito una serie di oggetti di ornamento personale in bronzo, tra i quali si annoverano un braccialetto del tipo a fascia laminare, un’armilla a spirale terminante con teste di serpente appiattite, una fibula ad arco serpeggiante e un pendaglio con protomi omitomorfe. Molto interessante è la fibula ad arco serpeggiante (cat. 452.3), che appartiene al tipo definito “siciliano”, caratteristico dell’Italia meridionale dal IX all'VIII secolo a.C. e presente con numerose varianti. L'esemplare ruvese presenta sull’arco una serie di incisioni con motivi aspina di pesce. Confronti calzanti si ravvisano con una fibula, anch'essa decorata con motivi incisi, rinvenuta nella tomba a tumulo di Arpi, che ha restituito un corredo databile nell'ambito del primo quarto dell VIII secolo a.C. Ulteriori raffronti provengono sia dalla necropoli di Monte Saraceno, che ha offerto un’ampia documentazione di tali fibule, sia da altri siti della Daunia (Ordona, tomba 12), le cui fogge trovano riscontro con le varietà presenti anche sull'opposta sponda adriatica?. 1I braccialetto di bronzo a fascia laminare con costolature longitudinali (cat. 452.1) trova forti analogie con un esemplare proveniente da Cupola (tomba 1a), datato alla fine del X - inizi del IX secolo a.C. per il corredo rinvenuto. Si tratta di un tipo piuttosto frequente nella cultura istriana, liburnica e dalmata, in un periodo di passaggio fra l'età del Bronzo e ! Perle bulo ad arco serpeggiante e sulle sue variant ipologiche: SUNDWALL 1943, p. 162 ss. ? La fibula di Arpi: TINE BERTOCCHI 1985,pp. 234-235; NAVA, in AA. VV, If Museo di Foggia 1986,p. 52 (con ricca bibliografia; J. MERTENS 1995, p. I ss. 119
la prima età del Ferro, mentre appare isolato in Bosnia. In Italia esso è documentato quasi esclusivamente in Puglia (finora solo in Daunia), fatta eccezione per un solo esemplare rinvenuto nel ripostiglio di Capriano (Como). L'ammilla a spirale (cat. 452.2) trova un puntuale confronto con un analogo esemplare rinvenuto sempre a Cupola, nella tomba 1b, che ha restituito un corredo databile nell'ambito del primo quarto dell’ VIII secolo a.C Il pendaglio con protomi ornitomorfe (cat. 452.4) trova dei confronti puntuali con analoghi esemplari rinvenuti nelle tombe di Ascoli Satriano e Minervino Murge. Questi pendagli rientrano nella più ampia produzione di bronzetti figurati, caratteristica della Daunia della prima età del Ferro, ampiamente documentata in numerosi siti. Il complesso è, dunque, piuttosto omogeneo cronologicamente, motivo per cui può essere attribuito, sulla base dei confronti riportati,ad un periodo compresotra la fine del IX e gli inizi dell’ VIII secolo a.C. La Tomba 455 ha restituito un'interessante fibula ad occhiali la cui variante con supporto a fettuccia trova confronti con analoghi esemplari provenienti da Siponto (tomba 1b), da Salapia (tomba 231), da Monte Saraceno (tomba 3/1981), nonché da Cupola. La notevole diffusione di queste fibule nelle svariate località della costa iugoslava sino all'Istria ha suggerito l'ipotesi di un'origine illirica’, Benché frammentario, il corredo della Tomba 423 risulta caratterizzato da numerosi frammenti ceramici acromi, appartenenti a due piccoli recipienti non ben definibili, e soprattutto da frammenti dipinti in stile geometrico ascrivibili al Tardo Geometrico Daunio”. Si segnalano, in particolare, un frammento di orlo piatto riverso su parete dritta con parziali fasce rosse sulla superficie esterna, uno di orlo a tesa con tracce di decorazione richiamante il motivo degli archi multipli, nonché un frammento di parete con parziali cerchi concentrici in bruno, motivi decorativi entrambi caratteristici della ceramica geometrica daunia*: tali elementi consentono di datare il corredo intomo alla metà dell” VIII secolo a.C. Completano la rassegna un arco piatto di fibula ad arco serpeggiante in bronzo, appartenente ad un tipo attestato sia in altre sepolture a tumulo dell’area apulo-materana che in diversi complessi culturali italiani dell'età del Ferro”, e alcuni vaghi d'ambra anch'essi frammentari. ? DE JULIS 1977, p.349,n 2. ^ De Juuis 1977 p. 355, n.7, fig. 77. * Sulla produzione bronzisica della Daunia: DE JULIS 19888, pp. 27-28; per Ascoli Sat no: TINE BERTOCCHI 1985; per Minervino Murge: Lo PORTO 1999. * Perle fibul da Siponto, Salapia e Monte Saraceno: NAVA, in II Museo di Foggia 1986, p. 50 (con ricca bibliografia). Per Cupola: DE JULIIS 1977b, pp. 344-371. Su un inquadramento generale: E. M. DE JULI, Considerazioni sul'Età del Ferro nella Puglia settentrionale, in ASP 18, 1975, pp. 55-19; DE JULIS 1988, pp. 593-611. " DE JUL 1997, pp. 29-34 (con ulteriore bibliografia). La ceramica geometrica della Daunia è articolata nelle seguenti isi: Geometrco Daunio Medio (800-750), Geometrico Daunio Tardo (750-700), Subgeometrico Daunio I (700-550), Daunio I (550-400), Daunio II (400-300). * De Jutts 1977, pp. 101-103. * StruccoLI 1994, p. 242, nota 10. Corrisponde alla classe delle fibule tipo Sundwall DIIBb (cf. S. SUNDWALL, Die Aleren lalischen Fibeln, Berlin 1943, p. 148 55.) e trova riscontro in esemplari da Bitonto (ef ATTA 1904, tv. IX: F) e dal materano (ft. G. Lo PORTO, Metaponto. Tombe a tumulo dell'età del Ferro Scoperte nel suo entroterra, in NSc, s. VIII, XXIII, 1969, ig. 2,1 e 3,1; M. SESTIERI BERTARELLI, 1! Museo ‘Archeologico Provinciale di Potenza, Potenza 1957, p. 53). Tut gli esemplari sono datati alla prima metà seconda metà dell VIIL secolo a C). 120
Per quanto riguarda i corredì delle altre tombe della necropoli di Coppa di Sotto (Tombe 424-435), i materiali rinvenuti, quasi tutti frammentari, sono costituiti da ceramica acroma, d’impasto e soprattutto da ceramica subgeometrica, attribuibile al Daunio I-II, che consente di datare i complessi nell’ambito della metà del VI secolo a.C., nel momento di passaggio dal Daunio I al Daunio 11". Per quanto riguarda la seconda metà del VI secolo a.C., le necropoli di Ruvo hanno restituito una serie di sepolture di grande rilievo, caratterizzate da corredì che attestano la circolazione e l’uso di "beni di prestigio” costituiti dalle panoplie c dai servizi da banchetto comprendenti vasellame metallico e ceramico d'importazione, che sottolineano T'alto lignaggio dei possessori. Tra queste, il complesso della Tomba 41 è composto unicamente da tre vasi attici a figure nere, una fylix e due oinochoai (una delle quali è a fondo bianco), attribuiti dal Beazley alla produzione del Gruppo di Leagros e del Gruppo di Athena e Teseo, del tutto omogenei dal punto di vista cronologico. Ne consegue, quindi, una datazione nell’ambito della fine del VI-inizi del V secolo a.C. Di notevole interesse risulta il complesso della Tomba 99, chiaramente incompleto per la mancanza di ceramiche. Risulta composto da una coppia di placchette di avorio, decorate a bassorilievo con una scena di simposio e di caccia, pertinenti al rivestimento di uno scrigno portagioie, da tre fibule in oro ad arco semplice ingrossato al centro, nonché da una fibula in argento dorato con arco fittamente decorato. Le placchette eburnee, di chiara produzione vulcente, sono state inserite dalla Martelli nel II gruppo stilistico di questa classe di oggetti che la studiosa colloca cronologicamente tra il 540 e il 520 a.C. Confronti puntuali rimandano chiaramente all'area etrusca, dove tali reperti con scene figurate analoghe sono ampiamente documentati". L'area di diffusione di queste testimonianze", che si estende dalle coste tirreniche (compresa la Sardegna e la penisola iberica) fino all'Egeo (con l'attestazione più orientale a Cipro) ne attesta l'inserimento. in collegamenti commerciali ad ampio raggio, all'interno dei quali si può individuare, grazie alla recente acquisizione di un oggetto della medesima classe dalla necropoli di Atenica, nella Serbia occidentale, un circuito adriatico, evidentemente affidato alle nav etrusche di Spina o a quelle greche di ritorno dall'alto Adriatico". Al contrario, alcuni sporadici esemplari, rinvenuti in importanti santuari, come la placchetta proveniente dall’acropoli di Atene e quelle provenienti dal santuario di Apollo a Delos, dall’Heraion II di Poscidonia, da Elea-Velia e dal Persephoneion della contrada Mannella a Locri, sono ritenuti doni votivi". ® STRICCOLI 1944, p. 244 s. 1 Per lo studio dell'intera classee per le sue attstazoni n Etruria: Martelli 1985, pp. 207-248. Per gli esemplari da Ruvo: Goettingen, Archaologisches Institut der Universita (già collezione Guilhou asrina coo. Scena di simposio(h. cm 3, largh. cm 9,3) latina con biga trainatada cavalli alti(h. cm 2,9, larph. cm 9,8); MARTELLI 1985, pp. 216-217ep. 237, fig. 27-28; MARTELLI 1988,pp. 25e 28, not 26, figg 33-34; MARTELLI 1988-59, p. 19, figg 11-12; D'ANDRIA 1988, p. 665; DE JuLits 1996 a, pp. 552-553; DE JULIS 1996b, p. 234 A queste se ne devono aggiungere alte due forse anch'esse provenienti da Ruvo. ? MARTELLI 1988-89, p. 19, fig. 18 ! MARTELLI 1988-89,pp. 17.20. BRACES! 1977,pp. 148-152; DE JuLIS 1996 a, pp. 59-560. "5 MARTELLI 1988-89, p. 20. 121
Una particolare riflessione suscitano le fibule ad arco semplice ingrossato al centro con pomello terminale della staffa decorato, inserite nel tipo IV B var. a nella classificazione del Guzzo". Oltre a trovare stretti confronti con altri esemplari ruvesi, per cui è stata ipotizzata una comune origine e produzione nella Campania etruschizzata”, l'esemplare caratterizzato da una coppia di anelli infilti nell’ardiglione (cat. 99.3) trova un confronto. con un esemplare da Vulci troppo preciso per essere casuale". La fibula in argento con applicazioni dorate (cat. 99.6) è stata inserita dal Guzzo nel tipo VII C, caratterizzata dalla decorazione dell’arco ordinata secondo una disposizione longitudinale, e trova confronti con alcuni esemplari provenienti da Teano e da Cuma". Sulla base dei confronti la cronologia della tomba può essere fissata nell’ambito della seconda metà del VI secolo a.C. Di grande rilievo è il complesso della Tomba 100, costituito da una serie di oreficerie (collana con vaghi biconici baccellati © sei pendenti a testa femmnile, una coppia di fibule ad arco semplice ingrossato al centro e una coppia di cerchi apuli), da una serie di ambre scolpite figurate e non (una a forma di serpente, una a forma di felino accovacciato, un pendente con volatile, un pendente con leone e una coppia di pendenti a forma di ciambella), nonché da un'oinochoe trilobata di bronzo. Del corredo facevano parte anche diversi vasi purtroppo non rintracciati. I pendenti a testa femminile della collana (cat. 100.1), di chiara fattura tarantina, trovano confronti puntuali sia con una serie di statuette, a figura maschile e femminile, provenienti da Taranto e da Metaponto, nonché con otto mascherette simili con alto copricapo assimilabile ad un polos, trovate recentemente a Taranto e ad Oria”. La collana, inserita nel tipo ILA nella classificazione del Guzzo”, è databile, sulla base dei confronti stilistici, tra il 520 e il 500 a.C.; nei dettagli del volto e dell’acconciatura delle testine riprende peculiari tratti stilistici di gusto ionico, evidenti nei volti argui con la caratteristica pettinatura a boccoletti negli occhi a mandorla grandi e un po’ sporgenti, nel naso dalle narici larghe e nella bocca atteggiata all'abituale insignificante sorriso dell’arte arcaica greca, rielaborati secondo modelli figurativi tarantini Le fibule (cat. 100.2.), anch'esse inserite nel tipo IV B della classificazione del Guzzo, trovano precisi confronti con quelle della Tomba 99 di Ruvo, probabilmente realizzate dalla stessa bottega, nonché con una fibula d'argento da Monte Sannace™. La coppia di "cerchi apuli” (cat. 100.3), decorati con un motivo a onde in filigrana, inserita nel tipo VINI B nella classificazione del Guzzo”, trova fedeli riscontri con altri esemplari provenienti dalle tombe 43 e 48 di Melf-Pisciolo, da Ordona, in collezione privata, nonché con un esemplare d'argento al Museo Archeologico Provinciale di Bari, con provenienza "GUZZO 1993, pp. 16-17 ep. 145, IV B var a, 34. "GUZZO 1993,p. 18 “Sunowau 1943,p. 218, fig 348, G IB a 15; Guzzo 1993, p. 16, nota 1a p. 18. ° Guzzo 1993, pp. 20-21. Pergli esemplari da Teano e Cuma: GUZZO 1993,p. 153, VII C, 1-6 VIL C var. a, 1-2 (con ulteriore bibliografa) 7 MASIELLO 1996, pp. 147-148; MONTANARO 2006, p.99 ? Guzzo 1993, pp. 52-53. 2 MASIELLO 1996, pp. 144-148; MONTANARO 2006, pp. 99-100. » Guzzo 1993, p. 16 e p. 144, IV B, 1-2; MONTANARO 2006, pp. 47.49, cat. 2.7, con ulteriore bibliografia. %Guzzo 1993,p. 146, IV C3. ?Guzz0 1993, pp. 101-102. 122
generica dalla Puglia*. Altri con simile decorazione sono custoditi al British Museum, probabilmente provenienti dalla Puglia”. Per quanto riguarda i pendagli in ambra scolpiti, quello a forma di serpente (cat. 100.5) non sembra al momento trovare confronti, anche se la lettura del pezzo rimane incerta a causa del cattivo stato di conservazione. Al contrario, la coppia di pendenti con foro centrale e decorati rispettivamente con un volatile e una sfinge (cat. 100.10), probabilmente elementi decorativi di una collana, trova riscontri puntuali in un analogo pendente proveniente da Cuma”. II pendente configurato a felino accovacciato trova dei confronti stringenti con alcuni elementi provenienti dalle necropoli etrusche di Bologna e dalla tomba 72 di Belmonte Piceno, datati nell’ambito del VI secolo a.C.” II corredo, sulla base dei vari raffronti stilistici, si può datare nell’ambito della fine del VI secolo a.C. Del tutto eccezionale è il corredo della Tomba 103. Il contesto è assolutamente privo di confronti nel mondo indigeno della Puglia per il tipodi sepoltura, per il gran numero degli oggetti ritrovati, in bronzo e in ceramica, ma soprattutto per il cospicuo complesso delle armi e dei finimenti equini ritrovati, che fanno pensare alla possibile presenza di un carro. Dai documenti risulta che il defunto indossava ancora un elmo corinzio e una corazza anatomica, mentre all'interno della tomba erano deposte nove panoplie, composte da elmi, cinturoni e schinieri, che suscitano una serie di perplessità ὁ di difficoltàdi interpretazione. Tra i vari elementi delle armature risulta eccezionale la presenza dell’elmo di tipo sud italico-calcidese (cat. 103.7), le cui paragnatidi a protome di ariete sono senza dubbio elementi di elevata qualità tecnica e stilistica, nonché di particolare pregio estetico; si tratta, infatti, di una variante assai poco diffusa, di cui si conosce un numero limitato di esemplari: oltre a quello rinvenuto nella tomba in questione, altri sei elmi con analoghe caratteristiche provengono da Olimpia”, un altro da Metaponto, uno da Locri, due dalla stipe votiva di Scrimbia ad Hipponion (Vibo Valentia)" e, infine, un altro, proveniente anch'esso da Ruvo, ma datato tra la fine del V e gli inizi del IV secolo, con le paragnatidi a protome di grifo, oggi custodito a Karlsruhe, proveniente dalla Tomba 114. Proprio la carta di distribuzione di questo elemento dell'armatura lascia aperta l'ipotesi che l'area di produzione sia da identificarsi in un centro della Magna Grecia". Trai vari elmi corinzi presenti tra le armature difensive spicca, per la sua raffinatezza, Pelmo corinzio indossato dal defunto (cat. 103.1), ampiamente diffuso in ambiente grecoitalico e presente già in pieno arcaismo in ambiente indigeno nelle sepolture principesche. Esso è ben testimoniato in Puglia (Ruvo, Ginosa, Rutigliano e Conversano) e in Lucania (Braida di Vaglio e Ruvo del Monte)” e si diffonde tra la metà del VI e gli inizi del V % Guzzo 1993, p. 260, VIII B, 23 (Melî); VIN B 4 (Ordona); VIII B 7 (Puglia). Tutti con ulteriore bibliografia. 7 MARSHALL 1911,nn. 1441-1444, 31 BORRIELLO 2007, pp. 211-212, cat I. 189. Per Bologna: Ambre 2007,pp. 153-154, cat IL 85 e IL 88; per Belmonte Piceno© l'arca picena: MaLNATI 2007, pp. 171-179 (con ricca bibliografia) >KunzE 1967, pp. 163-167. Greci in Occidente 1996, p. 642, scheda 83 IV. ? PrLUG 1988,pp. 137-138. 3 Per il tipo: PrLUG 1988, p. 96 ss; per le Puglia: Lo PORTO 1996, pp. 7-36, con ulteriore bibliografia; per La Lucania: Armi 1993, p. 113 s 123
secolo a.C. Il nostro esemplare rivela notevoli tratti in comune con quelli provenienti dalla tomba 105 e dalla tomba 107 (due esemplari) di Braida di Vaglio. La splendida decorazione incisa (incentrata sulla palmetta c sul motivo anguiforme del frontale) rimanda, con molta probabilità, all'opera di botteghe magnogreche o comunque di artigiani formatisi a contatto con maestranze greche o tirreniche”*, Del ricco complesso facevano parte una serie di bardature equine, costituite da tre pettorali (cat. 103.13.), decorati con un gorgoneion sbalzato, avente occhi, denti e lingua in avorio, e da tre frontali, decorati a sbalzo con una figura umana calzante un elmo calcidese e una protome frontale di felino in basso, che inducono ad ipotizzare la presenza eccezionale di una triga. Si tratta di un’associazione funzionale del tutto fuori dal comune, nota peraltro in coppie solo in un limitato numero di contesti, talvolta privi di documentazione”. Tali finimenti sono attestati in Puglia oltre che a Ruvo, come sembra în più sepolture, anche nella tomba Sangiorgi di Ginosa", nella Specchia Accolti di Castiglione di Conversano”, nonché nelle tombe 101 e 103 di Braida di Serra di Vaglio in Basilicata”. Coppie di frontali e di pettorali si trovano nel Getty Museum di Malibù, provenienti genericamente dalla Magna Grecia”, ma quasi certamente da Ruvo, ed anche nel Badisches Landesmuseum di Karlsruhe, anch'essi provenienti da Ruvo, una delle quali sembra persino che sia stata rinvenuta nella stessa sepoltura principesca, come viene confermato dal catalogo edito dallo Schumacher". La produzione di questi bronzi è stata riferita dal Kunze ad ambiente coloniale che utilizza e riproduce fedelmente modelli tradizionali*; tuttavia, recentemente, tali elementi, per le loro affinità stilistiche con i numerosi Schildzeichen di Olimpia recanti rappresentazioni di animali, sono stati riconosciuti come prodotti di importazione peloponnesiaca della prima metà del VI secolo a.C. Credo, comunque, sia utile segnalare la stretta somiglianza dei prometopidia con testa umana indossante T'elmo calcidese (cat. 103.16) col prometopidion rinvenuto a Olimpia, caratterizzato dalla medesima decorazione". D'altro canto, la protome frontale di felino dei prometopidia ruvesi, dal punto di vista iconografico, richiama soprattutto realizzazioni etrusche, come quella della pantera che decora lo scudo bilobato del pannello laterale destro del carro di Monteleone di Spoleto, esasperandone la deformazione in senso strettamente omamentale“. Non mancano ulteriori confronti con l’area tirrenica, dove testiere di cavallo di varia forma compaiono ben presto a Pontecagnano (VIII secolo a.C.), decorate a sbalzo con scene di caccia e attribuite ad officine vetuloniesi, a Marsiliana d’Albegna, decorate con figure di guerrierî 0 col motivo del “signore degli animali (coll. Ludwig), nonché a BOTTINI-SETARI 1995,ρ. 227; BOTTINI-SETARI 2003, pp. 94-96. 2 BorriN-SErum 1995, p.227 ss. > LirroLis 1992,p. 76€p. 180, fig. 40,9 c 40,10; Lo PORTO 1996,pp. 29-30,an. 7-10 7 LABBATE 1981, p. 73,ig. 57 ap. 91; LO PORTO 1996, pp. 14-15, n. 2.3. >» BOTTINI1996b, pp. 644-645, scheda 117; BOTTINI-SETARI 2003, pp. 101-103, Gerry MUSEUM JOURNAL 1984, p. 29. ^SCHUMACHER 1890, pp. 150-154,an. 782-787 4 Kunze 1967, p. 184-195; BOTNI 1996b, p. 645, Lo PORTO 1996, p. 15 (con ulteriore bibliografia), © Kunze 1967, p. 184 ss tav. 96, inv. B 4800. ^ HOckMANN 1982, tav. 61; BONAMICI, in Carri da Guerra e Principi Etruschi 1999, pp. 183-190; BOrTINI-SETARI 2003, p. 100. 124
Cretone, presso Colle del Forno, semplicemente decorate con bulle e chiodi a capocchia sferica al modo capenate#. Sicuramente rilevante è la tecnica ad intarsio usata per i gorgoneia e per gli occhi dei volti umani elmati dei pettorali e dei frontali ruvesi (cat. 103.13 e cat. 103.16), con l'inserzione di materiali pregiati quali l’avorio o le paste vitrée. Si tratta di una tecnica ben nota per una serie di appliques a protome femminile laconiche“ che abbinano l'incisione al rilievo, presente anche in una coppia di schinieri anatomici provenienti dalla stessa sepoltura ruvese (cat. 103.10), raffiguranti sul ginocchio una Gorgone a sbalzo con gli occhi riempiti di avorio. Tale tipo di decorazione trova, inoltre, un confronto puntuale con i prometopidia di Braida di Vaglio decorati col motivo della potmia theron col petto coperto da un gorgoneion ®. Rimanendo nell'ambito degli schinieri, la coppia cat. 103.11, caratterizzata da una modellatura pseudo-anatomica a sbalzo, concava e convessa, in corrispondenza del ginocchio e del polpaccio, ma divergente nella resa degli elementi più propriamente decorativi sia astratti, legati all'imma; del serpente, trova dei puntuali confronti con la coppia proveniente da Ginosa, con quelle provenienti dalle tombe 101, 103 e 107 di Braida di Vaglio, nonché con la coppia da Metaponto, appartenente alla tomba resa celebre per l'elmo "calcidese" ora a Saint Louis. Tutti sono stati considerati recentemente prodotti d’importazione peloponnesiaca, come indica la stretta somiglianza con esemplari del tipo III rinvenuti ad Olimpia. Per completare il complesso dell'armamento difensivo, si deve segnalare l'eccezionale presenza di una coppia di parapiedi (cat. 103.12) che non trova confronti in ambito italico e greco-coloniale; tali elementi, chiaramente da parata, sono stati ritrovati in alcune tombe di Olimpia? Per quanto riguarda la corazza anatomica, di cui rimangono pochi frammenti, il riferimento corre a quella di Ginosa, unica attestazione del tipo per un periodo così antico”. Oltre alle armature, il ricco corredo funerario comprende anche una serie di vasi in bronzo. Si tratta di un vero e proprio complesso di vasi legati al rito del simposio e alla cottura delle cami: assolutamente eccezionale è il cratere a volute in bronzo (cat. 103.17), con le anse applicate, figurate e lavorate a sbalzo, raffiguranti il busto di una Gorgone con le gambe anguiformi. Il cratere trova dei precisi riscontri con l’esemplare proveniente ‘ Purtroppo, sulle bardatur del ala centrale manca uno studio d'insieme. Sulle testiere da Pontecagnano: CERCHAI 1987,pp. 27-42; da Marsiliana: HAMBURG 1987,p. 136 ss, n. 138; dalla coll. Ludwig: REUSSER 1988, p. 32ss: da Cretone: Z. MARI, in Ati Rieti-Magliano Sabina 1996,p. 307, tav. V. È W. Law, Sparte. Bronzes from Acropolis, în BSA 28, 1926-27, p. 82 ss... 10;C. ROLLEY, Sculpture grecque, Paris 1994, p. 129, fig. 108; BOTTIN-SETARI 2003, pp. 101-103, note 213-214. Per gli schinier da Ruvo: KUNZE 1991,p. 113 ss cap. IIl BOTTINI 196, pp. 644-645, scheda 117 ll; BOTTINI-SETARI 2003, pp. 101-105, “ Per gli schinieti da Ginosa: DELL'AGLIO, LiPPOLIS 1992, nn. 40, 5-6; Greci in Occidente. Arte e artigianato in Magna Grecia 1996,nn. 94, 5-6; Lo PORTO 1996, pp. 28-29, n. 5-6 (con ulteriore bibliografia}; LIPPOLS, in Arlette guerrier 1997, pp. 32-30. Pe gli schinieri da Brads di Vaglio: BOTTINI-SETARI 2003, p. 99 con bibliografia Per li schinier da Metaponto: F. G. LO PORTO, Una tomba merapontina e l'elmo di Saint Louis nel Missouri, in AttiMCrecia 18-20, 1977-79,p. 171 ss. ©Kunze 1991, tav. 29; BOTTINHSETARI 2003, p. 99. HaGEMANN 1919, pp. 100-101; SNODGRASS 1991,pp. 45-48 (con ricca bibliograa) ^ DELL'AGLIO, LirroUs 1992, pp. 179-180; Lo PORTO 1996, p.27,n. 3; ΜΑΖΖΕΙ 1996,p. 27. La datarione del corredo di Ginosa à fissata intorno al primo decennio del V secolo a.C. 125
dalla tomba 1426 di Capua, soprattutto per la forma e per la decorazione dell’orlo, assolutamente identica, costituito da un listello con cane corrente ad onda destrorsa, a doppia serie di incisioni, con palmette a due foglie spuntanti tra le volute c da una sagoma a kymation ionico, con foglie a linguetta eretta dalla estremità semicircolare?. Ma l'esemplare ruvese rivela una somiglianza impressionante proprio col cratere di Vix, col quale ha in comune la tecnica con cui sono lavorate a parte e applicate alla lamina, con bulloni e con mastice, le anse e le parti omamentali massicce come il gorgoneion, le protomi di serpente che prolungano le anse, il kymation dell’orlo, nonché il piede”. Inoltre, la presenza di due placchette figurate rappresentanti una sfinge (una conservata a Monaco, l’altra a Napoli) induce a pensare che anche il cratere ruvese doveva avere il collo decorato da un fregio figurato, costituito da una serie di appliques plastiche, come nel più celebre esemplare francese. Ulteriori e utili confronti sono ravvisabili in due anse con gorgoneion appartenenti a due diversi crateri, anch'essi di provenienza ruvese, che presentano la medesima tecnica di lavorazione e decorazione”. Anche i crateri provenienti da Trebenischte e da Mostanoch mostrano diversi punti in comune, per tecnica e decorazione, con l'esemplare ruvese, tant'é vero che Joffroy ha attribuito tutto il gruppo alla produzione di Sparta, come più recentemente ha confermato anche Johannowsky. Per il cratere, recentemente, è stata anche avanzata l'idea che si tratti di un prodotto importato dalla Magna Grecia, forse da Taranto”, ma credo che quella di una origine laconica, sulla base dei confronti stilistici, sia l'ipotesi più accreditabile. Al cratere si accompagnano le forme per versare il vino, come l’oinochoe con ansa a forma di kouros, ritenuta un prodotto peloponnesiaco della seconda metà del VI secolo, che trova alcuni confronti con gli esemplari da Ugento e Sala Consilina”, ed una oinochoe trilobata con labbro perlinato e ansa sormontante terminante all'attacco del labbro con una testa di leone e ai lati con due teste di orso. Con queste faceva coppia il bacino su tripode (podanipter) con manici figurati (coppie di leoni e di serpenti), considerato di fabbricazione tirrenica, mentre recentemente è stato ritenuto strettamente confrontabile con un’altra ansa di podanipter, sempre di provenienza ruvese, attribuita alla produzione attica ed inserita nel tipo II.B.a nella classificazione della Tarditi. L'esemplare ruvese si distacca dai bacini del medesimo gruppo, rinvenuti in area apula (Ugento e Cavallino), per i tratti stilistici dei leoni, che sembrano più arcaici, con forme meno arrotondate, evidenti soprattutto nel muso, mentre il corpo è reso in maniera schematica, ma ancora riconoscibile in tutte le sue parti”. Il lebete di bronzo (cat. 103.41), caratterizzato dalle pareti verticali, da una vasca a calotta dal fondo quasi piano, da un breve orlo interno e da anse mobili applicate, trova. 3 JOHANNOWSKY 1974, pp. 3.20. > JorrRo 1954, pp. 3-60. #JoFFROY 1954, ων. XXI, 1 e tav XXIL 2; JOMANNOWSKY 1974, pp. 5:7. δ JoFFROY 1954, pp. 61-63; JOHANNOWSKY 1974, pp. 69 (con ulteriore bibliografia riguardo agli atri esemplari citati; più recentemente TARDITI 1996, pp. 196-199, sui vasi di produzione laconic in area apula, SROLLEY 1982, pp. 64 e 73, con indicazione di provenienza dalla Campania. #7 TARDITI 1996, pp. 72, n. 14, pp. 156-159; MONTANARO 2004, p.230, n.25, tav. CI. TARDE 1996, pp. 32, 133-134, n. 40; MONTANARO 2004, pp. 29-230,n. 24, av. C. # Tanoim 1996,p. 132 ss. (con ulteriore bibliografia) 126
stringenti analogie, per la forma e per le anse, con i numerosi esemplari provenienti da Rutigliano e con i due da Monte Sannace, inseriti nel tipo VIII.A della classificazione della Tarditi, nonché con quello proveniente dalla tomba 1426 di Capua, prima menzionata a proposito del cratere. Per questi lebeti con le anse ad anello sagomato e con attacco a rocchetto è stata proposta una produzione nell'area del Peloponneso nord-orientale, ragion per cui, anche l'esemplare ruvese può essere collocato con una certa probabilità all'interno di questo gruppo. Completano il ricco complesso del vasellame metallico la coppia di simpula con lungo manico a verga massiccia desinente a protome di oca. Si tratta di un tipo ampiamente attestato sia in ambito greco che magnogreco ed etrusco, con varianti nella parte terminale del manico e nella forma della coppetta. Un riscontro puntuale è costituito dalla coppia di simpula da Cavallino, molto raffinati nella loro esecuzione? Ulteriori confronti sono possibili con alcuni esemplari provenienti dall’area tirrenica, in particolare con il simpulum dalla tomba 29 di Fratte (datato agli inizi del V secolo), con quello dalla tomba 39 di Vico Equense, nonché con uno da Sorrento (datato sullo scorcio del VI secolo). Infine, degna di nota è la lucerna quadrilicne di bronzo (cat. 103.22.), decorata da una testa silenica, posta sulla superficie esterna di uno dei recipienti per l'olio, e da un’ Arpia posta su una colonnetta che si eleva centralmente dalla vasca. La lucerna è stata ricondotta alla produzione greco-coloniale sulla base di alcuni raffronti stilistici con alcune lucerne fittili e in marmo provenienti dalla Magna Grecia, ma soprattutto con una, allora inedita, in bronzo proveniente dal Timpone della Motta presso Sibari“. Tuttavia, è altrettanto vero che il nostro esemplare rivela affinità stilistiche impressionanti con la lucerna proveniente dalla tomba 23 di Chiaromonte-Serrone, che ha restituito una serie numerosa di bronzi di fattura etrusca“; la tipologia è, infatti identica, l'unica differenza è costituita dal kouros con lancia nella destra, presente sulla sommità della colonnetta, al posto dell’Arpia dell’esemplare ruvese. Un oggetto di assoluto rilievo è l'omamento di scettro in argento dorato, raffigurante la protome di Eracle gianiforme, fittamente decorato abbinando diverse tecniche, quali la granulazione, il pulviscolo e il cesello. Al di sotto l’omamento presenta un foro che doveva servire per infilare un tubo o un bastone di sostegno in materiale deperibile ricoperto da fili in metallo prezioso. Il confronto più diretto rinvia allo scettro proveniente dalla tomba principesca n. 5 di Monte Michele a Veio, che ha restituito uno scettro in argento dorato sostenutoda un'asta di legno, più antico rispetto all'esemplare ruvese, e risalente alla fase media dell'Orientalizzante, tra il 670 e il 650 a.C. Ricchissimo è anche il complesso ceramico restituito dalla tomba, costituito soprattutto da ceramica attica a figure nere: si tratta di lekythoi, skyphoi, kylikes tipo “band-cup” con esemplari da Rutigliano: Lo PORTO 1976; TARDIT 1996, pp. 60-65, nn. 113-124;da Monte Sannace: ScARFI 1961,p. 273; TARDI 1996, pp. 59-60, nn. 111-112; da Capua: JOHANNOWSKY 1974,p. 4. % JoHANNOWSKY 1974,pp. 11-13; GAUER 1991, pp. 29-57; TARDIT 1996,pp. 149-150. Tarot 1996,pp. 113-115 (simpula dalle tombe di Cavallino), pp. 180-181 © Per Fratte: GRECO, PONTRANDOLFO 1990, pp. 243-244, η. δ, fi. 409; per Vico Equense: BONGHI JOVINO 1982,p 19, n.4, tv. 5,27 e tav. 69,8; per Sorrento: ZANCANI MONTUORO 1983, tav. IV-V. ©VuLENZA MELE 1972, pp. 134-136, a cu si rimanda per una più completa bibliografia © Bianco 1996b, p. 110p 162, cat 2.19. ^Borrawi 2001, pp. 113-118 (con ulteriore bibliografia), Lo scettro è descrito a pp. 115-116,LG. 8.15. 127
scene di athla, kylikes “ad occhioni”, nonché di un cratere a colonnette, tutti attribuiti alle maggiori personalità artistiche del periodo (Pittore di Edimburgo, Pittore di Teseo e Pittore di Lysippides), che consentono di datare il corredo nell’ambito dell'ultimo venticinquennio del VI secolo a.C. La Tomba 102 risulta costituita da due cup-skyphoi attici a figure nere, attribuiti al Gruppo di Haimon e al Gruppo di Leagros, che quindi inquadrano cronologicamente il corredo tra la fine del VI e il primo quarto del V secolo a.C. Del corredo della Tomba 109 si conservano una coppia di fibule in oro ad arco semplice ingrossato al centro con melograno pendente dall'ardiglione (cat. 109.1.), inserite nel tipo IV B var. a nella classificazione del Guzzo, le quali trovano numerosi confronti con altre fibule della medesima tipologia, sempre provenienti da Ruvo (Tomba 99), che l’Autore ha ricondotto ad un'unica officina, forse di origine etrusco-campana”. Facevano parte del contesto anche una coppia di cerchi apuli (cat. 109.2.) di una tipologia nota nella Puglia centro-settentrionale, ma da cui si distaccano per la decorazione più complessa della cornice superiore, costituita da una serie di crateri e di gorgoneia a sbalzo intervallati da granuli su uno sfondo reso a pulviscolo. Tali oggetti trovano raffronti stringenti con una coppia di esemplari dal Louvre, anch'essa forse da Ruvo, decorata da chimere e pegasi alati, nonché con una coppia conservata a Bologna, della collezione Palagi, decorata con leoni e sileni sdraiati. Tali esemplari, tuttavia, trovano dei precisi riscontri, per la tecnica di decorazione, con alcuni anelli aurei con castone a occhio, provenienti da Tarquinia®: il castone, infatti, è decorato da una serie di figurine di animali a sbalzo su uno sfondo reso a pulviscolo. Conclude la serie degli ornamenti personali in oro una coppia di pendenti tubolari (cat. 109.3), inseriti nel tipo VII A var. a della classificazione del Guzzo, che l'autore riconduce alla fase dell’orientalizzante tirrenico (VII secolo a.C.)”. Probabilmente, per la loro datazione alta rispetto agli altri reperti del contesto, sono da considerare come un oggetto di prestigio della famiglia tramandato tra le varie generazioni. A questi oggetti si aggiungono una coppia di balsamari in pasta vitrea (cat. 109.4), assegnati dalla Harden al Gruppo Mediterraneo I, i quali trovano confronti con altri esemplari ruvesi al British Museum”, nonché una oinochoe trilobata attica a fondo piatto di tipo corinzio, con decorazione fitomorfa, che trova un puntuale riscontro con un esemplare proveniente dalla tomba 6.X.1936 in contrada Ausonia a Taranto”, che consente di fissare la cronologia del corredo nell’ambito del primo quarto del V secolo (500-475 a.C.) La Tomba 279 ha restituito un'olla geometrica peucezia, non meglio definita, un’oinochoetrilobata di bronzo, inserita nel tipo IX.B.1.d nella classificazione della Tarditi, © BREGLIA 1941, pp.29-30; SIVIERO 1954,p. 13; GUZZO 1993, pp. 17-18, pp. 144-145, FIV B var a, 1-2; MoNTANARO 2006, pp. 47-48, cat. 10.34. ^ Per gi esemplari del Louvre: vedi | recente catalogo della mostra di Parigi sulla Collezione Campana a cura di F. GAULTIER e C. METZGER, Trésors antiques. Bijoux de la collection Campana 2005, pp. 40-41, 64-69, ig. 527 ac; per li esemplari di Bologna: Ori e Argenti dell Emilia antica 1958, tav. 76. ‘© CRISTOFANI, MARTELLI 1983,pp. 66-67, fig. 279-280. "GUZZO 1993, pp. 4-75 ep. 232, P VII vara | 7 HARDEN 1981, pp. 80-1 73 Atleti guerrieri 1997, p. 12, cu 944. 128
caratterizzata da un’ansa a nastro semplice, che trova puntuali confronti con un analogo esemplare proveniente da Ugento”. La forma e la tecnica adottate per la realizzazione dei due vasi permettono di collocarli nell'ambito del V secolo e di considerarli come imitazioni di pezzi di maggior pregio, probabilmente prodotti localmente da una stessa officina". Nel contesto è compresa anche una patera di bronzo con manico antropomorfo, inserita nel tipo XIILB.3.b, caratterizzatadal manico con attacco a palmetta e terminazione a testa di ariete, che trova raffronti con un esemplare da Rutigliano. L'origine del tipo è stata ricondotta ad ambiente greco, non meglio definibile, ed è databile intorno alla fine del VI secolo a.C." Del complesso fa parte anche una coppia di spirali fermatrecce in oro, inedite, che possono essere inserite nel tipo I B della classificazione del Guzzo, con le estremità ripiegate ed attorte. Infatti gli esemplari ruvesi trovano puntuali confronti con altri provenienti da Locri e da Drapia-Torre Galli riferibili cronologicamente ad una fase precedente la colonizzazione greca". Confronti ancora più stretti, sia dal punto di vista formale sia dal punto di vista tecnico, sono ravvisabili con la coppia proveniente dai recenti scavi di Minervino Murge, rinvenuta ai lati del cranio della defunta, confermando l'ipotesi di un uso come fermatrecce”. Le spirali ripetono forme ampiamente diffuse in filo di bronzo, già documentate da esemplari di maggiori dimensioni da Oppido Mamertina, € sono presenti sia in ambiente indigeno sia in quello coloniale. La concentrazione degli esemplari in oro nella zona del Medio Tirreno induce ad ipotizzare una produzione, già in una fase molto antica, etrusca 0 etrusco-campana, forse localizzabile a Pontecagnano”. La cronologia del corredo è fissata nell’ambito della seconda metà del VI secolo 2.0. sulla base dei confronti con i vasi di bronzo e con i corredì di Minervino Murge. II corredo della Tomba 349 è costituito da cinque oggetti. Tra questi si distingue un cratere a colonnette (cat. 349.1) che, nella forma, riprende i crateri laconici a venice nera”, nella decorazione si rifà ai motivi della ceramica corinzia. I cratere è stato ritenuto una rielaborazione locale che imita nella forma e nella decorazione i repertori delle ceramiche più pregiate, importate dalla Grecia". L'altro oggetto è costituito da un'anfora a figure nere (cat. 349.2), ritenuta dal Sichtermann una imitazione locale delle anfore campane a figure nere importate da Capua, ma che nella forma, come pure nella decorazione richiama puntualmente i prodotti ceramici importati dalla città etrusca, motivo per cui può essere considerata un oggetto di importazione"'. La cronologia può essere riferita nell’ambito della seconda metà del VI secolo a.C. La Tomba 350 ha restituito una collana (cat. 350.1), composta da vaghi tubolati in corallo rosso con pendente centrale in ambra a protome di ariete, un bottone in lamina d'oro con vago centrale in granato (cat. 350.2) e un'armilla in bronzo. La collana non "TARDI 1996, p. 74, n. 145 (esemplare da Ugento) ?Taupr 1996, p. 159. Pr e oinochoaidi bronzo: WEBER 1983. > TARDIT 1996, p. 106, n. 245 (esemplare da Rutigliano); p. 173, on bibliografia. "GUZZO 1993,p.243, LB, ne. 153. ? CORRENTE 1992,p. 249 ss. 1D. 1993, p. 13 ss, fig. 7; In. 1994,pp. 39-55. ™ Guzzo 1993, pp. 3-4, con ulteriore bibliograf. 7Sui crateri laconici: STABE 1972; Rutglano 1 2006. ?DI PALO 1987, pp. 110-111; ANDREASSI 1996,pp. 48-50, fig. ap. 50. αι SicHTTERMANN 1966, K 2; per confronti con le anfore campane a figure ere: PARISE BADON 1968. 129
trova confronti per quanto riguarda i vaghi in corallo, mentre il pendente centrale in ambra configurato a testa di ariete trova puntuali riscontri con un analogo pendente centrale di collana proveniente dalla tomba 10 di Rutigliano, datata alla fine del VI secolo a.C." Il bottone richiama nella forma i dischi decorati a granulazione provenienti da Noicattaro e datati tra la fine dell VIII e il VII secolo a.C." I corredo può essere datato nell'ambito. della seconda metà del VI secolo a.C. Tra i contesti della prima metà delV secolo, degno di rilievo è il corredo della Tomba 1, composto da un cratere a colonnette attico a figure rosse, attribuito al Pittore di Harrow, due Ay/ikes attiche a figure nere del Gruppo di Haimon, un’oinochoe a figure nere, quattro dlikes attiche a vernice nera del “tipo C" del Bloesch, tre tazze monoansate a vernice nera, una pelike, un korhon, nonché da altri venti vasi a fasce e in "stile misto”. A questi materiali si aggiungono anche alcuni contenitori e utensili di bronzo, tra cui un lebete di bronzo che conteneva delle ghiande, frammenti di una patera, un tripode con i piedi a zampa di leone, un colino con manico desinente a testa di cigno ed un tripode di ferro. Interessante è il bacile con prese applicate sull’orlo a forma di felini (cat. 1.19), che non sembra trovare confronti in area apula. Al contrario, il tripode di bronzo conformato a zampe leonine trova numerosi confronti in area apula, in particolare con Rutigliano, da cui provengono diversi esemplari”. La cronologia è chiaramente indicata dal cratere attico (cat. 1.1), databile al 480-470 a.C., dalle Aylikes a figure nere e da quelle a vernice nera del "tipo C", tutti atribuiti nell'ambito del primo quarto del V secolo, Molto interessante è il corredo della Tomba 2, che comprende due coppe “ad occhioni” attribuite al “The Leafless Group” (fine VI-inizi V secolo a.C.), un cratere a colonnette con scena di armamento di un guerriero, attribuito al Pittore di Pan, quattro dlikes attiche a vernice nera del "tipo C" del Bloesch, un'oinochoe trilobata a vernice nera, un'olpe attica a vernice nera, un pentolino rituale ad impasto, un bicchiere acromo. Eccezionale è il complesso degli oggetti in metallo, rinvenuti tra le due coperture: tra i vasi di bronzo vi erano un grande lebete con parete arrotondata e spalla rientrante (cat. 2.1), che trova confronti con analoghi esemplari provenienti dall'area peucezia, in particolare da Monte Sannace® e Rutigliano”, e una patera con manico antropomorfo. Molto interessante è la presenza di un bacile con anse plastiche formate da due serpenti affrontati (eat. 2.3-2.5), che rimanda ad esemplari simili provenienti dalia ricca necropoli di Rutigliano”. Altrettanto notevole è il bacile ad orlo perlinato (cat. 2.2), di produzione e importazione etrusca, l'unico finora noto da un contesto completo di Ruvo (infatti, se ne conserva una coppia nel Museo Jatt, dei quali non si conosce alcun dato di scavo). Confronti stringenti rimandano agli altri numerosi esemplari provenienti da Rutigliano, Cupola, Canosa, Ascoli Satriano, Ordona e Minervino Murge per quanto riguarda l’area indigena della Puglia, anch'essi sicuramente importati. Tuttavia, i riscontri si allargano © Ornarsi d'ambr 2004,p. 24, n. 15. © DE Tutus 1983b, p. 139, tav. XXX; GUZZO 1993, p.261, OIX A I μα TarDim 1996, pp. 24-25, tipo ILA.b: base tripode a zampe leonine e anello decorato con due differenti motivi 5 SCARFI 1961, p. 245. TR 1996, pp. 65-66. © TaRDIT: 1996, pp. 33-34, tipo ILB.. 130
anche oltre il territorio più strettamente apulo, in quanto tale classe di oggetti, come è noto, è ampiamente diffusa nei contesti italici a contatto con la cultura etrusca, come la Campania e il Melfese" La forma del bacile trova puntuali confronti con due esemplari, caratterizzati dalla vasca emisferica e dall’orlo rientrante, provenienti dalla tomba 39 di Vico Equense e dalla tomba 134 di Fratte.® Tra i materiali metallici, emergono anche un colino con manico desinente a testa di cigno eun tripode con zampe leonine. Il colino rientra nel tipo B var. della classificazione della Tarditi, con coppetta e manico lavorato nella stessa lamina e manico desinente a protome d'oca rivolta all’ingiù”. Dal punto di vista formale e qualitativo, l'esemplare ruvese trova confronti puntuali con quelli numerosi provenienti da Rutigliano e da Rudiae”, ma anche con altri provenienti dalla Campania etruschizzata. Il riferimento è all’esemplare proveniente dalla Tomba 67 di Vico Equense e a quello proveniente dalla Tomba LX di Fratte”. Altri colini di questo tipo provengono dalla Sicilia, dalla Basilicata (Banzi e Pisticci), tanto che la Tarditi considera questo gruppo di oggetti come una realizzazione tipica di produzioni attive in Italia meridionale". A questi oggetti si aggiungono gli attrezzi da cucina come gli spiedi, ma soprattutto un rampino ed un altro attrezzo dalla forma lanceolata, dalla funzione non chiara, entrambi con manico a torciglione, in piombo, di chiara destinazione funeraria. Tra le armi in ferro si segnalano una cuspide ed un puntale di giavellotto, un sauroter, due cuspidi di lancia, un coltello col relativo manico in legno e, infine, una spada con lingua di presa rivestita di legno e osso. Tra le armi difensive si segnalano un cinturone a fascia larga rettangolare e un elmo apulo-corinzio del tipo B della classificazione del Bottini, diffuso soprattutto nella zona del Melfese”. Anche in questo caso, la cronologia è indicata dalla ceramica attica a figure rosse e a vernice nera che datano il complesso intorno al 470 a.C. 11 corredo della Tomba 108 risulta composto da due bacili e da un lebete di bronzo che trovano fedeli confronti con i numerosi esemplari provenienti dalle necropoli indigene della Peucezia. Al contesto si aggiunge inoltre un'oinochoe a figure nere, inedita, considerata un'imitazione locale della ceramica attica a figure nere”, anche se non mancano stringenti analogie con la ceramica campana a figure nere costituite, in particolare, da un'oinochoe proveniente da Nocera”. Chiude il complesso un cup-skyphos "Per l'area apula: DE JuLits 1996b, pp. 529-531, nn. a0 (con ulteriore e ampia bibliografia); TARDITI 1996, pp. 20-21; per il Melfese c l'area lucana: BOTTINI 19822, pp. 63-65; BOTTINI 1996b, pp. 493-500; TAGLIENTE, Boris! 1996, pp. 515-516; per la Campania e le altre aree: ALBANESE PROCELLI 1985, pp. 183191, con ampia bibliografia. Per Vico Equense: BONGHIJOVINO 1982,p. 109, avy. 5,21; 5,3: 69,7: per Fratte: GRECO, PONTRANDOLFO (acura di) 1990, p. 251, n. 9, ig. 422. "TAnom 1996,pp. 142-14 SI TARDIT 1996, pp. 48-50,nn, 80-88. 5 Per Vico Equense: BONOHIJOVINO 1982, tav. 74; per Fratte: GRECO, PONTRANDOLFO (a cura di) 1990, pp. 254-255, n.6 "TARDE 1996,p. 142 (con ulteriore bibliografia) * Borria 1990, pp. 23-36 * Sulla produzione localedi vasi a figure nere: D'ANDRIA 1988,pp. 675-678; CIANCIO 1995b, pp. 71-86; De Jutis 1997, pp. 97-98 (con ulteriore bibliografia) "Per l’oinochoe da Nocera: BELLELLI 1993,pp. 73-74, n. 5, fig. 10; perla forma nella ceramica campana a figure ere: PARISE BADONI 1968,pp. 71-72, 137. 131
attico a figure nere, attribuibile al Gruppo di Haimon, che induce a datare il complesso al primo quarto del V secolo a.C. 11 complesso della Tomba 112 comprende un elmo, un cinturone e una spada in ferro. La cronologia, deducibile dalla presenza della lekythos attica a figure nere (cat. 112.1), attribuita al Pittore del Diosphos, e del cratere a colonnette attico a figure rosse (cat. 112.2), attribuito al Pittore di Alkymachos, è fissata tra il 490 e il 470 a.C. La Tomba 115 risulta costituita da una coppia di bardature equine per la protezione del petto (cat. 115.1-2) che trova dei precisi riscontri con la coppia da Braida di Vaglio” e con una da Salamina di Cipro”, da ricondurre a produzione peloponnesiaca. È presente un
elmo corinzio (cat. 115.3) che Pflug colloca in posizione intermedia fra la foggia corinzia € quella “apulo-corinzia”: di questo tipo sono noti almeno una decina di esemplari provenienti in prevalenza dall'area apula e lucana, con cui l’elmo ruvese mostra confronti stringenti”. L'elmo apulo-corinzio (cat. 115.4) è stato assegnato dal Bottini al tipo A della classificazione degli elmi "apulo-corinzi", caratterizzato da paragnatidi e paranaso distinti, piuttosto diffuso nei contesti indigeni dell’Italia meridionale. A Ruvo si osserva una concentrazione di esemplari di questo tipo, che induce a ipotizzare la presenza nella città di officine che producevano tale elemento dell’armatura difensiva™. Infine, si deve segnalare lo schiniere anatomico (cat. 115.5) che trova dei riscontri puntuali con la coppia di schinieri anatomici da Ginosa e da Braida di Vaglio, per i quali è stata avanzata l'ipotesi di una produzione laconica, come mostra il confronto con i numerosi analoghi esemplari da Olimpia Il corredo della Tomba 325, recentemente ricomposto in maniera parziale e battezzato come" Tomba delle Ambre”, risulta formato da un complesso di ambre scolpite, costituito da tre testine dal volto femminile, una testa di satiro, una protome equina, un pendaglio a forma di pupario e una pregevole scultura raffigurante un guerriero (cat. 325.3), con le gambe strettamente piegate al ginocchio, con scudo, spada ed elmo con lophos. Tale scultura di alta qualità è simile ad un'altra scultura in ambra, forse proveniente da Ruvo, conservata al British Museum, che raffigura un satiro ed una menade tra i quali compare la testa di una cerva, considerata di officina campana'?. Di quest’ultima si deve notare soprattutto il trattamento delle gambe del satiro, eseguito in funzione della forma del pezzo d'ambra: esse sono strettamente piegate nello stesso modo in cui lo sono sia nel satiro vendemmiante da Canosa, anch'esso al British Museum, sia nel toro retrospiciente da Bologna, sia nella figura del guerriero dell'esemplare ruvese!'*. Non mancano anche confronti con ia coroplastica magnogreca per la resa della capigliatura, ma significativo BOTTINI 1996, pp. 644-645; BOTTINI-SETARI 2003, p. 103, 40. © Salamis 3,p. 39 4. nn, 320/17 e 32023, tav. 128 e 277. PeLUG 1988, p.965; BOTTIN! 190a, p.24; BOTTIN-SETARI 2003, p. 95, 1 BOTTINI 1990, pp. 23-35 καὶ Per gli schiniei da Ginosa: DELL'AGLIO, LIPPOLIS 1992, nn. 40, 5-6; Arte ὁ Artigianato in Megna Grecia 1996, nn. 94, 5-6; Lo PORTO 1996, pp. 28-29, mn. 5-6; LiProLIS 1997, pp. 332-340; gli schiniei da Braidadi Vaglio: BOTTINI-SETARI 2003, p.9; gli schinieri da Olimpia: Olimpia Bericht I, 1937-38,p. 98 ss, tav 40-44; IL, 1938-39, p. 115 ss tavv 48-49;VIII, 1967,p. 95 ss. tav. 44, 1-2; 45-47. 1Paisco 1996, p. 115 ss BORRIELLO 2007a, pp. 246:247. 19STRONG 1966, pp. 61-62, tav. XV. 1 MASTROCINQUE 1991,pp. 137-138; MONTANARO 2006,pp. 101-102. 132
appare il richiamo, in virtù dell'atteggiamento del personaggio, alle figure di guerrieri nella ceramografia attica di quel periodo", Tuttora discusso e di difficile attribuzione resta l’ambito di produzione di questo pendaglio, considerato da alcuni vicino al Gruppo di Roscigno” per le affinità nella resa della testa"*, mentre da altri è ritenuto coerente con il "gruppo delle ambre” di Canosa'”. Il pendaglio a testa femminile (cat. 325.5) trova dei confronti abbastanza calzanti, anche se non puntuali, con un esemplare da Banzi, del primo quarto del V secolo a.C., nonché con un pendaglio da Rutigliano (tomba 10)". Per l’altro pendaglio con analoga raffigurazione (cat. 325.4), oltre al confronto con l'esemplare da Banzi appena citato, si può aggiungere, per la resa dei tratti del volto, il pendaglio da Latronico (Tomba 90) della prima metà del V secolo a.C. circa". Per quanto concerne il pendaglio a forma di testa silenica (cat. 325.8), caratteri formali molto vicini si riconoscono in un analogo pendente dai tratti meno schematizzati, proveniente da ambiente apulo (corredo tombale di Ripacandida)"", mentre si discosta dagli esemplari del "gruppo di Roscigno”, connotati perla differente resa dei baffi che terminano tronchi" Ulteriori confronti si possono avanzare con alcune testine sileniche in ambra che omano una coppia di fibule provenienti dalla tomba 9 di Rutigliano-Purgatorio!?, Fanno parte del corredo anche quattro fibule d'argento a doppio arco (cat. 325.10-13), la cui forma trova precisi raffronti con analoghi esemplari dalla Peucezia, dove è largamente diffusa!" ma anche con esemplari aurei da Roccanova, con altri d'argento da Paestum e Ceglie e con analoghi di bronzo da Oliveto Citra e Pontecagnano". Sono compresi, inoltre, uno spillone in osso e strumenti da toeletta în bronzo. La cronologia può essere determinata dalla presenza della ceramica attica a figure rosse, in quanto fanno parte del ricco corredo anche un cratere a colonnette (cat. 325.2) e la famosa Kalpis con la raffigurazione di una bottega di vasai (cat. 325.1), attribuiti al Pittore di Leningrado. Motivo, questo, per il quale il corredo è databile nell’ambito della prima metà del V secolo a.C. 11 parziale corredo della Tomba 300 risulta composto da una coppia di skyphoi attici a figure rosse, attribuibili alla cerchia del Pittore di Penelope, una lekythos del Pittore di Bowdoin, e un cratere a colonnette del Pittore di Agrigento con la raffigurazione di Teseo che uccide il Minotauro. La cronologia del contesto può essere fissata nell’ambito del secondo quarto del V secolo a.C. 1 Piusco 1996,p. 116ss ep. 132 "^ STRONG 1966, p. 30. NEGRONI CATACCHIO 1989, . 693; BORRIELLO 20072, p. 246. 1% Per Banzi: BOTTIN 1987, p. 2 A, tav. 1 c; BIANCO 2007,p. 243, 11.274 (tomba 164). Per Rutigliano: Ornarsi d'ambra 2004,pp. 23-24, fg 1. " Bianco 2005, p. 103; EADEM 2007, p.239. !" MASTROCINQUE 2002,p. 50. ?" BORRIELLO 007a, p.247, 11.285; sul problema dei rapporti con le ambre del “gruppo di Roscigno”: DE LA GEMIERE 1967, p. 297-304; D'ERCOLE 1995,p. 282 ss. 1 Ornarsi d'ambra 2004, pp. 30-33, figg. 27-28. 1 Per l'inquadramento delle file a doppio arco: GUZZO 1993, pp. 18-20, 148-152 (inserite nel tipo VI della classificazione) "^ Per Roccanova: GUZZO 1993,p. 152 con bibliografia; per Paestum: GRECO-PONTRANDOLFO 1977, pp. 62-65, fig. 30, 1-2; per Ceglie: GUZZO 1993, p. 151; per Oliveto Cita: SESTIER 1952,p. 76 fg. 1 .3, 22b; per Pontecagnano: D'HENRY 1968, p. 204, fig. 5:1 133
Del corredo della Tomba 326, oltre ad una serie di ceramiche indigene con decorazione geometrica, rimane un pregevole cratere a colonnette attico a figure rosse della bottega di Myson che consente di datare la sepoltura tra il 500 e il 480 a.C. Il corredo della Tomba 351, chiaramente manomesso, ha restituito una lekythos attica a figure nere del Pittore di Atena e una kylix a figure nere di produzione locale, che imita i prodotti attici importati. La cronologia è fornita dalla lekythos attica, attri buita al 490-480 a.C. Il complesso superstite della Tomba 352 è costituito da un cratere a colonnette a figure nere che imita i prodotti attici importati. Il cratere trova puntuali riscontri con altri analoghi esemplari rinvenuti a Cavallino, Vaste, Rocavecchia, Bari, Egnazia e, più recentemente, a Rutigliano. Da un punto di vista cronologico questi esemplari si collocano tra la fine del VI e i primi decenni del V secolo a.C.'5 ‘Trale sepolture della seconda metà del V secolo a.C., che hanno restituito una notevole quantità di ceramica attica a figure rosse associata ai primi prodotti della ceramica protoitaliota, si distingue il corredo della Tomba 110, composto da un ricco complesso di ornamenti personali in metallo prezioso e da una cospicua serie di ceramiche attiche a figure rosse. Tra i primi emerge, per la raffinatezza e la complessità dell'insieme, la collana formata da una maglia di filo in oro cui sono agganciati diversi pendenti a forma di ghiande, fior di oto eteste sileniche (cat. 110.1), decorati con la tecnica del pulviscolo e della granulazione. La collana, databile al 490-480 a.C., è stata considerata un oggetto di importazione etrusca prodotto dalle officine vulcenti, tant'è vero che i riscontri rimandano tutti all'area etrusca compresa tra Cerveteri, Vulci e la Bassa Maremma". Infatti, le collane provenienti da Cerveteri, dalla Maremma, assieme ad un’altra conservata nel British Museum, mostrano tutte uno stile ed una tecnica decorativa identici, tanto da indurre ad ipotizzare per questi oggetti la produzione di un'unica officina da localizzare, verosimilmente, nell’area vulcente"". L'oggetto in questione, comunque, non deve essere. considerato una collana, bensì un omamento del petto da portare agganciato sul vestito. A favore di questa ipotesi contribuisce la mancanza dei ganci di chiusura e soprattutto la disposizione ad ampia curvatura dei pendenti che potevano essere tutti visibili solo se portati a bella vista sul petto agganciati al vestito". A questa si aggiungono altre due collane, costituite da semplici vaghi sferici decorati a sbalzo e a granulazione, inserite nel tipo 1 B nella classificazione del Guzzo, che trovano stringenti analogie con un esemplare dal Regno di Napoli a Vienna, con un altro da Sant Arcangelo, nonché con uno da Oppido Lucano che attesta una larga diffusione del tipo'”. Chiudono la serie degli ornamenti un gruppo costituito da cinque fibule, con arco a sanguisuga e lunga staffa desinente con una protome di ariete, tutte caratterizzate da una fitta decorazione a granulazione e pulviscolo (cat. 110.4-110.8). Le fibule sono state inserite nel tipo IV E della classificazione del Guzzo, che le ha ricondotte ad una produzione localizzabile nell’area della Campania "Sulla questione dell'origine di quest clase: DE JULIS 1997, pp. 92-94, con ricca bibliografia τὰ D'AGOSTINO 1974, p. 238; CRISTOFANI, MARTELLI 1983, pp. 6-38 ep. 295; Guzzo 1993, p. 204. 1 CRISTOFANI, MARTELLI 1983,pp. 52-58, gg. 156-161; MONTANARO 2006, pp. 97-98, * De JULIS 1990b, pp. 400-401; MONTANARO 2006, pp. 33-34. GUZZO 1993,pp. 51-52 e pp. 188-190. 134
etrusca con la quale Ruvo ebbe degli stretti rapporti". Probabilmente, l'esemplare che ha costituito il modello dei reperti ruvesi è da ricercarsi in una fibula in oro, con pomello terminale della staffa configurato a protome di ariete, conservata nel Museo Gregoriano Etrusco, databile nell’ambito del VI secolo a.C." Un'altra fibula simile, proveniente da Ruvo e forse dalla stessa sepoltura, è conservata al British Museum, mentre una protome di ariet ad Amburgo, già nella collezione Baurat Schiller, è stata ricondotta dal Guzzo alla medesima officina. Dello stesso tipo sono le due fibule da Cavallino che, al posto della protome di ariete, presentano la staffa desinente con una protome leonina"". Tra gli oggetti di bronzo, si segnala un candelabro di produzione vulcente, con i piedi a zampe di leone, raffigurante un efebo che regge una colonnetta su cui poggia una vasca sulla quale, a sua volta, poggiano quattro colombe. Sulla base superiore è incisa un'iscrizione in lingua etrusca: AMIOYM = SUTHINA. Segue una piccola olpe di bronzo con ansa fusa a parte che termina nella parte inferiore con una figura di Icone molto stilizzata. Si tratta di una classe di brocchette di produzione etrusca, piuttosto. diffusa in area tirrenica, che trova precisi riscontri in altri esemplari provenienti da Fratte, Nocera e Vico Equense! Il complesso ceramico della tomba è caratterizzato da due gruppi di vasi attici a figure rosse contraddistinti da una diversa cronologia: il primo gruppo comprende un cratere a colonnette del Pittore di Leningrado, con scene di simposio, un’oinochoe forma 8b Beazley, attribuita a Douris, nonché una lekythos a fondo bianco e contorni. neri, della cerchia del Pittore di Bowdoin. Si tratta, quindi, di un gruppo omogeneo per cronologia, che ben si accorda con le oreficerie, che si può far risalire al 480-470 a.C. Il secondo gruppo comprende il famoso cratere a volute del Pittore di Pronomos, raffigurante attori che reggono maschere di un dramma satiresco, una coppia di /ekythoi della cerchia di Meidias, un’Aydria e una Aylix del Pittore di Meleagro, un askos, nonché una serie di kantharoi della “Classe di Bonn 94”, noti quasi unicamente nel centro apulo e riconosciuti come "special commissions" prodotti esclusivamente per il mercato di Ruvo!. Anche questo gruppo risulta omogeneo, tanto che la cronologia può essere fissata nell’ambito dell'ultimo decennio del V secolo a.C. La discrepanza cronologica tra i due gruppi considerati può essere ricondotta alla possibile presenza di una doppia deposizione ovvero ad una volontà di tramandare nell’ambito della famiglia oggetti considerati di prestigio. La Tomba 113, probabilmente manomessa, risulta composta da un cratere at ico a figure rosse del Pittore dei Niobidi e da una Aydria protolucana del Pittore di Amykos, che collocano la cronologia del corredo nell'ambito del terzo quarto del V secolo a.C. ? DE JULI 1977, pp. 82-83; D'AGOSTINO 1984, pp. 147-155; Guzzo 1993, pp. 16-18, ? Guzzo 1972,p. 30,C IL, pp. 100-101; SCARPIGNATO 1985, n.22; GUZZO 1993,pp. 17-18. Perla fibula al British: MARSHALL 1911,p. 135,n. 1408, tav. 20; HIGGINS 1961, tav. 39 B,p. 146; Hiccnss 1980, tav. 31 A; perla fibula di Amburgo: HOFFMANN-CLAER 1968, n. 9; per le fbule di Cavallino: ARIAS 1969, p 2, tav. 4 con ulteriore bibliografia). Per tutte: GUZZO 1993, pp. 147-148. δ Sulla classe: GUZZO 1970, pp. 87-111. Per Nocera: BELLELLI 1993, pp. 65-104; perFr c: Greco, PONTRANDOLFO 1990; per Vico Equense: BONGHI JOVINO 1982. 77 Sulle “special commissions" Manno 1996, p. 369; TODISCO-SISTO 1998, pp. 571-608; Manno, RoUsis 2000, pp. 70-71 135
1I corredo della Tomba 114 presenta alcuni elementi molto interessanti: tra questi è un prosternidion decorato con una sfinge bicorpore a sbalzo (cat. 114.1.), dai tratti stilistici nettamente arcaici, che richiama i prometopidia di cavallo delle sepolture di Braida di Vaglio e il prosternidion del Paul Getty Museum, da ricondurre a produzione peloponnesiaca'È. Segue una patere con manico antropomorfo che può essere inserita nel tipo XIILB.3.c della classificazione della Tarditi, caratterizzata da un attacco a coppia di arieti e kouros con capelli lunghi, ampiamente note nei contesti indigeni della Peucezia (Rutigliano) e della Messapia (Cavallino)! tanto che la studiosa ha ricondotto la produzione di questi esemplari ad ambito magnogreco, più propriamente tarantino!” A. questi oggetti si aggiunge un pregevole esemplare di elmo calcidese con le paragnatidi a protome di grifo a sbalzo (cat. 114.5), rientrante nel ΠῚ tipo della classificazione del Pflug, che ricollega questi elmi, caratterizzati da una complessa decorazione incisa e a sbalzo, ad una officina da localizzare nell’area magnogreca, come d'altronde è confermato dall’esclusiva diffusione di questo tipo nell’Italia meridionale". Chiude la serie degli oggetti metallici la spada di ferro con impugnatura in legno ricoperta di osso. La cronologia del corredo è determinata dal cratere a campana attico a figure rosse, attribuito al Pittore del Deinos, che si può far risalire al 430-420 a.C. 1I corredo della Tomba 148 è composto da una serie di vasi protoitalioti a figure rosse del Pittore di Sisifo (un cratere a volute, cat. 148.1), del Pittore di Amykos (un’hydria, cat. 148.2, e tre anfore panatenaiche, cat. 148.4-5 e cat. 148.15), del Pittore della Danzatrice di Berlino (un’ hydria, cat. 148.3), associati ad una nutrita serie di vasi attici a figure rosse, attribuiti al Pittore di Christie (un cratere a campana, cat. 148.12), al Pittore di Marlay (una coppia di lplikes, cat. 148.8-9), alla Classe di Napoli 2618 (una kylix su alto piede, cat. 148.11), ai quali si aggiungono una coppia di vasi plastici, due anfore nolane e una serie di vasi minori attici e protoitalioti. Il complesso comprende anche una collana composta da vaghi sferici in oro con terminali a testa di ariete, di probabile produzione etrusca, i quali trovano puntuali confronti con le protomi di ariete delle fibule rinvenute nella stessa Ruvo, nella tomba 110, di cui si è riferito in precedenza. Tra gli oggetti di omamento figura anche una fibula con staffa terminante a testa di ariete che non sembra trovare confronti per la decorazione dell’arco, costituita da un motivo spiraliforme circondato da rosette smaltate. A questi oggetti si aggiungeun elmo apulo-corinzio, inedito, che può essere inserito nel tipo B della classificazione del Bottini, caratterizzato dalla presenza di uno o due ponti fra le paragnatidi"?. La cronologia del contesto è stabilita dalla ceramica. attica e protoitaliota nell’ambito della seconda metà del V secolo a.C. Un confronto molto vicino è evidente nel corredo della tomba di Roscigno Monte Pruno, rinvenuta nel 1938, che comprendeva oggetti metallici di produzione etrusca (un 7" Per Braida di Vaglio: BOTTINI-SETARI 2003, pp. 101-103; per il prosternidion del Getty Museum: Getty Museum Journal 1984; AA.VV,, The J. Paul Getty Museum. Handbook of the Antguires Collections, Los Angeles 2002. 1 Pater da Rutigliano e Cavallino: TARDITI 1996, pp. 106-111,nn. 2462251. "7 TARDE 1996, pp. 174-177; perle patere con manico antropomorfo: GIODESEN 1944. "= Per un primo studio sugli elmi calcidesi: KUNZE 19672; PFLUG 1988, pp. 137-180, con ulterire bibliografia. 1 Borrini 1990a, pp. 23-35. 136
candelabro di bronzo di produzione vulcente, una schnabelkanne, un'olpe ed un colino), apula (un bacino con anse fuse), coloniale (ad atelier tarantino è attribuita una piccola. olpe, un boccale ed il kantharos d'argento); il corredo vascolare era costituito da vasi attici (una stemless-cup ed un rhyton a testa di ariete), protoitalioti (due oinochoai) ed indigeni (cratere a colonnette con motivi fitomorfi sul collo), vasellame a vernice nera (prevale la lekythos di produzione poseidoniate). La ricchezza del defunto è enfatizzata dai gioielli (Sembra anche qui presente una collana, una corona ed un diadema), mentre il suo rango di guerriero è sottolineato dal carro e da una punta di lancia'. La tomba ruvese, per il corredo vascolare, mostra dei puntuali riscontri con la tomba 24/1976 di Rutigliano-Purgatorio. Oltre ai prodotti locali, notevole è, infatti, la presenza di numerosi vasi atici a figure rosse, tra cui un rhyfon configurato a pigmeo e gru. Spicca, inoltre, un eccezionale gruppo di vasi del Pittore della Danzatrice di Berlino, tra cui un monumentale cratere a volute (con Eos che raccoglie le spoglie del figlio Memnon e, a destra, Achille vincitore), un'anfora panatenzica, una pelike ed una oinochoe con la raffigurazione di Cerbero catturato da Eracle. Simile è anche il corredo della tomba 9/1976, con un ricco corredo di bronzi e vasi attici a figure rosse, kantharoi tipo “Saint ~ Valentin”, piccole oinochoai tardo-corinzie, vasetti in pasta vitrea di importazione rodia, vasi a vernice nera e prodotti locali, un cratere a campana del Pittore di Sisifo e un cratere con satiri e menadi del Pittore di Amykos databile al 430 a.C. Tra la fine del V e gli inizi del IV secolo a.C. si colloca la grande tomba 3/1976, con ricchissimo corredo di bronzi, un elmo apulocorinzio, vasi attici, un’anfora con scena dionisiaca del Pittore di Kleophon, assieme ad un'elevata quantità di vasi apuli? 1 ricco corredo della Tomba 45 è formato da una serie di vasi protolucani: tra questi si segnalano il cratere a volute del Pittore delle Carnce, con la raffigurazione del gioco del kottabos, le due anfore panatenaiche con scene di palestra e di ratto, e inoltre vasi potori, come un’oinochoe e vari skyphoi con scene dionisiache, attribuibili al Minniti Group. Del corredo facevano parte anche un elmo di bronzo apulo-corînzio con gli occhi riempiti di avorio e pasta vitrea, di esclusiva destinazione funeraria, nonché una coppia di schinieri perduta. Particolarmente interessante è l'elmo apulo-corinzio (cat. 45.10) che rientra nel tipo E della ciassificazione del Bottini, costituito da una semplice maschera, con gli occhi ridotti a motivo decorativo"". L'elmo ruvese trova alcuni confronti con un altro esemplare sempre da Ruvo, nella collezione Jatta, e con altri esemplari provenient dalla tomba XVI di Cairano, da Vulci e, genericamente, dalla Magna Grecia”. Il corredo vascolare è quasi identico per composizione a quello della Tomba 148 rinvenuta a Ruvo da Rinaldo di Zio nel 1814, anch'essa costituita da numerosi vasi protoitalioti a figure rosse € da un elmo apulo-corinzio, come si è visto precedentemente. Un confronto immediato, sia per la tipologia funeraria sia per la composizione del corredo, è riscontrabile con la tomba 11/1976 di Rutigliano-contrada Purgatorio, anch'essa a sarcofago con ripostiglio, 1 GRECO 1996, pp. 88-8. 1 Lo Potro 1976, pp. 741-743. “Born 1990, p. 24 e p.36. 1 Per Cairano: BAILO MODESTI 1980, pp. 27 ss p. 171, av. 92,1; per Vole, custodito nel British Museum: WaLTERS 1899,n. 2723; dalla Magna Grecia: ADAM 1984,n. 150. 137
ascrivibile al terzo venticinquennio del V secolo a.C., la quale conteneva nel sarcofago i resti di un guerriero munito di elmo bronzeo i tipo apulo-corinzio, con i resti delle stringhe di cuoio, di due schinieri e di un cinturone. Nel ripostiglio sono stati rinvenuti, assieme ad altri bronzi, quali un lebete e due strigili, oltre trenta vasi, a vernice nera di produzione attica ed italiota, un grande cratere a volute attico del Pittore di Peleo del 430 a.C. con Aiace e Cassandra ed una pelike del Pittore della Danzatrice di Berlino. Tipologicamente simile è anche il complesso della tomba 4/II trovato a Gravina, in contrada Padre Eterno, nel 1988. La tomba, del tipo a fossa e controfossa, conteneva la sepoltura di un guerriero accompagnata da un notevole complesso di ceramiche e bronzi. Dell’armamento difensivo in bronzo si distinguono l'elmo di tipo apulo-corinzio, gli schinieri e il cinturone.. Le armi offensive sono rappresentate dalla punta di lancia e dalla cuspide di giavellotto poste sul petto del defunto. Sono interessanti un lebete ed una grattugia in bronzo, uno strigile in ferro, nonché frammenti di ferro pertinenti a spiedi e alari. Nel corredo ceramico vi erano solo tre oggetti indigeni: un pentolino d’impasto, un mortaio ed una coppa monoansata a decorazione lineare; la maggior parte dei vasi era del tipo a vernice nera di buona qualità. Facevano parte del contesto anche tre vasi a figure rosse: un cratere a colonnette raffigurante dei guerrieri ed una scena di conversazione, attribuito al Pittore di Tarporley c riferibile al periodo compreso tra la fine del V e i primi decenni del IV secolo a.C., ed una pelike del Pittore di Creusa (inizi IV secolo-360 a C.)"*. La cronologia della tomba, suggerita dalla ceramica protolucana, è fissata nell'ambito dell'ultimo quarto del V secolo a.C. La Tomba 149, in quanto già depredata, ha restituito tra i vari frammenti di vasi a figure rosse, un cratere a calice attico a figure rosse del Pittore di Pronomos, già attestato a Ruvo nella tomba 110, che stabilisce la cronologia all'ultimo decennio del V secolo a.C. La Tomba 152 risulta composta dalla famosa Aydria attica a figure rosse, con la scena del “Giudizio di Paride”, nonché da una lekyrhos e da un’anfora panatenaica, anch'esse di produzione attica, attribuite alla cerchia del Pittore di Meidias e alla cerchia del Pittore di Talos, le cui opere sono ampiamente note nei contesti ruvesi'?; a questi, si aggiunge un cratere a volute protoapulo del Pittore della Nascita di Dionisio. Il corredo si può quindi datare tra la fine del V e gli inizi del IV secolo a.C. 1I corredo della Tomba 147 presenta una serie di vasi a vernice nera, un cratere a colonnette apulo della cerchia del Pittore di Tarporley, nonché ceramica a fasce c in stile misto. Tra i vari oggetti si distinguono una Aylix attica a figure nere (cat. 147.2), inedita, attribuibile al Gruppo di Haimon (480-470 a.C.) e un colino di bronzo con manico a verga ondulata (cat. 147.21), di importazione e produzione etrusca. Esso, infatti, è ampiamente attestato in Etruria, soprattutto ἃ Vulci, e negli insediamenti della Campania etruschizzata, con cui l'esemplare ruvese mostra notevoli affinità stilistiche. Il riferimento è al colino della tomba 39 di Vico Equense, che ha restituito anche un altro esemplare sporadico, databile tra la fine del VI e i primi decenni del V secolo a.C.; confronti puntuali sono ravvisabili anche con i colini da Fratte, dalle tombe 29 e 134. TI tipo è notevolmente diffuso anche nei centri della Valle del Samo, del Vallo di Diano, del Melfese e 13 VENTURO 1989, in Taras IX, 1989, pp. 202-204; CIANCIO 1997, pp. 108-112. > Sulla diffusione de vasi ati a Ruvo: MANNINO 1996; D, 1997; 1. 2004; MANNINO, ROUBIS 2000. 138
persino in Corsica (Aleria)!* Talestrumentoè attestato anche nelle necropoli indigene della Puglia centrale, come Ginosa e Rutigliano!”. Tutti gli esemplari menzionati rimandano come cronologia alla prima metà del V secolo a.C., periodo al quale certamente risale anche il colino da Ruvo, anche se il resto del corredoè inquadrabile tra il 400e il 390 a.C. Molto probabilmente esso deve essere considerato, come la kylix attica a figure nere, un oggetto di prestigio tramandato all'interno della famiglia. Tra la ceramica a vernice nera si segnala l’oinochoe a vernice nera (cat. 147.7) con corpo baccellato (vicina alla forma Morel 5330) che trova confronti con esemplari da Rutigliano'”, datati tra la fine del V e gli inizi del IV secolo a.C.! La cronologia del corredo è fissata dal cratere apulo e dalla ceramica a vernice nera nell'ambito della fine del V-inizi del IV secolo a.C. 11 corredo della Tomba 280 comprende un ricco servizio ceramico da simposio, cui si aggiungono alcuni oggetti in ferro, che alludono alla preparazione e al consumo dei cibi: due coltelli, uno spiedo e una grattugia (collocata originariamente su un supporto ligneo) casualmente saldatisi nel tempo. L'appartenenza del defunto alla classe emergente nell’ambito della comunità è indicata dalla presenza del giavellotto e dello strigile in bronzo. Fra i vasi deposti nella tomba, prevalgono quelli a vernice nera che imitano forme in uso nella produzione attica. Tra questi i distinguono, per il modo singolare con cui erano. disposte sul corpo del giovane guerriero, le tre kylikes con motivi vegetali impressi (cat. 280.4-6): infatti, queste erano allineate intenzionalmente in corrispondenza del bacino, secondo un uso attestato nella necropoli di Vico Equense'?. Gli elementi di maggior pregio del complesso funerario sono costituiti dai vasi figurati, tra i quali si distinguono ‘una piccola lekyrhos attica a figure rosse (cat. 280.1), una kylix a figure nere (cat. 280.3), con un profilo femminile dipinto all'intemo della vasca, ingenua imitazione locale dei più raffinati prodotti di importazione, che trova confronti con un analogo esemplare da Gravina-Botromagno!"!, e un cratere a campana protolucano del Pittore di Amykos (cat. 280.2). Quest'ultimo vaso presenta sul lato secondario tre figure di ammantati, mentre sul lato principale è dipinta una scena di inseguimento. Al centro compare un giovane seminudo, munito di un bastone, che insegue verso destra una donna ammantata, mentre a sinistra un’altra donna, retrospiciente, incede in direzione opposta con le braccia levate. La composizione mostra notevoli affinità con scene raffigurate su altri esemplari attribui alla produzione tarda del maestro, e soprattutto la resa dell’acconciatura e dei panneggi nella figura femminile a destra rimanda con grande evidenza alla sua maniera. Tipico del Pittore di Amykos è l'uso di una benda triangolare posta dietro il capo, a sostenere la capigliatura, e di una corta frangia ricadente sulla fronte, così com'è caratteristica la ! Confronti specifici sono M. ZUFPA, Infundibul, in SE XXVII, 1960, p. 171, tav. XIXa; per la Valle del Samo: ALBORE LIVADIE 1983, t 22,10, fig. 13 (primo terzo del V secolo a.C); t. 100,6, fg. 26 (econdo quarto del V secolo a.C.) per Vico Equense: BONGHI JOVINO 1982, n. 103, tv. 5,26; per Frate ‘GRECO, PONTRANDOLFO 1990, p. 244, n.9, fi. 409 (inizi del V secolo a.C), p. 252,n. 11, fig. 425 (secondo quarto del V secolo a.C). 77 Per l'area apub, considerati anch'essi prodotti di importazione: TARDITI 1996,pp. 54-56,an. 100-102, P 143 (con ulteriore bibliografia) 79 PALMENTOLA 2006, p.479. 1 Perla forma: SPARKES, TALCOTT 1970; MOREL 1981 ‘© Bonini JoviNo 1982,p. 18 s . (tombe 39, 62, 92). HI CIANCIO 1997,p. 189, n. 145. 139
disposizione dell'himation, drappeggiato sulle spalle della donna quasi in forma di collare, con due lembi svolazzanti in basso". Nel corredo vascolare sono presenti anche vasi a fasce (una coppa biansata) e in stile misto (un kothon ed uno stamnos con coperchio che trova riscontri con un esemplare simile proveniente da Fratte'®), assieme ad una brocca in ceramica da fuoco (il pentolino rituale). Il corredo, come suggerisce la presenza della ceramica figurata, può essere datato intorno all'ultimo quarto del V secolo a.C. Della Tomba 4 si è salvato soltanto il cratere a volute protoapulo attribuito al Pittore di Sisifo, mentre il resto del corredo è stato spartito tra gli scavatori clandestini. La cronologia si può, comunque, fissare generalmente intorno al 420-410 a.C. Anche la Tomba 150, sebbene non si siano potuti rintracciare gli sei altri vasi a figure rosse del corredo acquistati dallo Jatta e conservati nell'omonimo museo, ha restituito un pregevole cratere a volute protoapulo, attribuito al Pittore di Sisifo. I restanti vasi, probabilmente, sono da individuare in alcuni esemplari attribuiti allo stesso pittore 0 alla sua cerchia custoditi nel Museo Jatta. II cratere permette di collocare la cronologia del complesso nell'ambito degli ultimi decenni del V secolo a.C. Chiaramente, i corredì delle Tombe 43 e 44 sono incompleti, in quanto già depredati al momento del ritrovamento. Comunque, i due craterî del Pittore di Amykos e del Pittore della Nascita di Dionisio consentono di datare i due contesti rispettivamente al 420-410 a.C. cal 410-390 a.C. La Tomba 353 ha restituito un cratere a campana attico a figure rosse attribuito al Pittore di Monaco 2335 e una kylix attica a figure nere, attribuibile al Gruppo di Haimon. La cronologia è suggerita dal cratere a campana, attribuibile al 440-430 a.C. Analizzando la Tomba 354, il corredo risulta composto da un askos ad anello protoitaliota, uno skyphos sovraddipinto “tipo Saint-Valentin” e un kantharos a figure nere di produzione locale, che richiama nella forma i kantharoi indigeni decorati in stile misto". La cronologia è fornita dallo skyphos, attribuito alla fine del V secolo a.C. La Tomba 355 annovera due vasi attici a figure rosse, un kantharos del Pittore di Hasselmann ed un'oinochoe del Pittore di Shuvalov, che datano il corredo tra il 450e il 430 a. Del corredo della Tomba 47 si conservano solo due rhytà attici, la cui cronologia è fissata nell'ambito della fine del V secolo a.C. Perconcludere coni contesti del V secolo, il complesso 116, sebbene proveniente da più sepolture, è stato preso in considerazione perché costituisce un’importante testimonianza dell'ampia circolazione della ceramica attica a figure rosse nell’insediamento di Ruvo. Tra i vasi figurati si segnala soprattutto un craterea volute attico a figure rosse (cat. 116.1), non considerato dal Beazley, con la scena della caccia al cinghiale calidonio, attribuibile alla cerchia del Pittore di Polignoto. Degni di rilievo sono, inoltre, alcuni crateri a colonnette a figure rosse, attribuibili a Myson, al Pittore di Leningrado e al Pittore di Agrigento, una hydria della cerchia di Polignoto, nonché una lekythos del Pittore di Bowdoin. Davvero 19 Per il Pittore di Amykos: TRENDALL 1967; CIANCIO, in Arte e Artigianato in Magna Grecia 1996; RiccARDI 2004a, pp. 127-128. © PONTRANDOLFO, in GRECO, PONTRANDOLFO 1990, pp. 294-295, fig. 494. ? DE Jus 1997, p.94. 140
interessante è la presenza di uno stamnos etrusco a figure rosse (cat. 116.8.), attribuito dal Trendall al Gruppo Campanizzante!“, attivo durante la metà del IV secolo a.C. Tra le tombe della prima metà del IV secolo si distingue per la particolarità del corredo la Tomba 160, che comprende una serie di vasi di produzione apula, campana, pestana, nonché ceramica a vernice nera e sovraddipinta monocroma. È compresa anche una
corazza a tre dischi a superficie liscia (cat. 160.2), con contorno costituito da un cerchio sbalzato, presente esclusivamente nelle tombe dei guerrieri lucani e sanniti. Le corazze a tre dischi di questo tipo sono particolarmente diffuse tra la fine del V e la prima metà del IV secolo a.C. nelle tombe di Paestum, Pontecagnano e risultano affini alle corazze i Alfedena, inserite nel tipo 1 della classificazione di Connolly". L'esemplare ruvese mostra notevoli affinità tecniche e stilistiche con queste corazze, soprattutto per quanto riguarda il sistema di aggancio delle piastre e la resa degli elementi discoidali. Alla corazza si accompagna un elmo del tipo a pileo con lophos e pennacchi laterali a forma di coma terminanti con palmette. Questo tipo di elmo è stato definito dal De Juliis “iapigio”, in quanto caratteristico dell’armamento indigeno della Puglia. Esso è, infatti, localizzato prevalentemente nella regione apula ed è attestato in contesti databili tra la metà del IV eil ΠῚ secolo a.C. L'elmo è stato inserito dalla Waurick nel gruppo italico, sebbene non manchino attestazioni anche in Epiro, a dimostrazione dell'incertezza che ancora regna sull’eventuale origine! L'esemplare ruvese, caratterizzato da tali decorazioni applicate, non ha molti confronti eccetto che con due esemplari sempre di Ruvo, a Londra e a Karlsruhe, nonché con uno a Basilea con generica provenienza dalla Puglia!” II corredo vascolare, del tutto omogeneo dal punto di vista cronologico, presenta alcuni interessanti esemplari di ceramica apula a figure rosse, costituiti da un cratere a mascheroni del Pittore di Atene 1714, una phiale ed una lekane del Pittore dell'Ilioupersis. A questi si aggiungono una lekythos a figure nere pestana "tipo Pagenstecher”, largamente attestata nelle necropoli pestane'", e una rara oimochoe attica a figure rosse del “Fat Boy Group” Riguardo a quest'ultimo esemplare, è utile sottolineare che si tratta di una classe di Vasi attestata esclusivamente a Ruvo, che ha restituito altri cinque vasi prodotti dalla medesima bottega". Ed è proprio l’oinochoe che consente di fissare la cronologia del corredo nell’ambito del secondo quarto del IV secolo a.C. 1 TrenDALI 1955, p. 262. γα Corazze a te dischi da Paestum-Gaudo: Poseidoniae i Lucani 1996, p. 147, n. 55. (tomba 136); p. 150,n. 58.1 (tomba 174), pp. 154-15 (tomba 197); p. 156 (tomba 164). Ulteriori attestazioni: D. 1996: p. 157 (Paestum Porta Aures, tomba 2); PONTRANDOLFO 2004, pp. 98-99, fig 6 (dalla tomba 110 di Santa Venera). Vedi anche: PONTRANDOLFO, ROUVERET 1992, pp. 431-432 con bibliografia. Per Pontecagnano: PONTRANDOLFO 2004,pp. 100-102 (tombe 1573 e 4186) per Alfedena: CONNOLLY 1986,pp. 117-118,fig. 5 DE JULIS 19926, p.548C. ‘© Born 1983, pp. 212-213, n. 30; WAURICK 1988, pp. 151-180; Guzzo, in Armi 1993, p. 160-163. ° Elmo da Londra: WALTERS 1899, n. 2824; CONNOLLY 1986; elmo da Karlsruhe: SCHUMACHER 1890, n. 697; elmo Basilea: LIPPERHEIDE 1896, p. 140, n. 5; CARN 1989. "* Per le leyrhoi tipo Pagenstecher: HURSCHMANN 1997 (con bibliografia); per le attestazioni nelle necropoli petane è utile la consultazione dl catalogo della mostra di Paestum, Poseidonioe i Lucani 1996. τὴ Perla ceramica attica del IV secolo attestatain Puglia: MANNINO 2004; MANNINO, ROUBIS 2000. Oltre allesemplare menzionato, un alto vaso della medesima classe è conservato nel Museo Nazionale di Napoli (Inv 81563); gli altri quattro sono nel Museo Nazionale att di Ruvo: SICHTERMANN 1966. D
1I corredo della Tomba 33 è composto da pochi elementi superstiti, costituiti da un cratere a colonnette e da un kantharos con decorazione fitomorfa, un piattino su piede con decorazione a fasce, un pentolino d'impasto e una ciotola a vernice nera con vasca baccellata e decorazione sul fondo interno costituita da tre palmette impresse a stampo. Pertanto, sulla base dei confronti con altri complessi indigeni di sicura datazione (Ceglie, Rutigliano)", si propone una collocazione generica del contesto nella prima metà del IV secolo a.C. ΤΙ complesso della Tomba 34 risulta composto da una serie di vasi apuli a figure rosse della cerchia del Pittori dell’Ilioupersis e di Licurgo, tra cui un cratere a mascheroni e una situla, da ceramica a vernice nera, tra cui si segnalano due patere con iscrizioni nonché da diversi vas nello stile di Gnathia non recuperati. La cronologiaè indicata dalla ceramica apula a figure rosse, riferibile alla produzione medio-apula, per cui il corredo può essere datato intorno alla metà del IV secolo a.C. La Tomba 54, essendo stata violata, risulta composta esclusivamente da sette vasi a figure rosse, relativi alla fase medio-apula, che suggeriscono come datazione del complesso la metà del IV secolo a.C. Molto interessante è il complesso della Tomba 55. Il corredo, recentemente ricomposto in maniera parziale™, è costituito da una notevole quantità di vasi apuli a figure rosse, attribuibili alle scuole dei Pittori dell’Tlioupersis e di Licurgo, e da un paio di esemplari attribuibili alla scuola lucana. Tra questi, meritano di essere menzionati, oltre ai vasi già conosciuti come il cratere a volute con Oreste, Pilade ed Ifigenia in Tauride, attribuito al Pittore dell'Ilioupersis, la situla con l'uccisione di Reso e la lekythos con Eracle nel giardino delle Esperidi, attribuite al Pittore di Licurgo, anche un cratere a calice decorato ugualmente con la scena di Ifigenia in Tauride, una loutrophoros decorata su due registri con scene di amazzonomachia c scene di tipo dionisiaco, della cerchia del Pittore di Varrese, due lekythoi, una di scuola lucana attribuibile alla cerchia del Pittore del Primato, V'altra di scuola pestana, più altri numerosi vasi, per i quali si rimanda alle relative schede di catalogo del corredo. La cronologia del complesso, determinata dalla ceramica apula, si può fissare nell’ambito della metà del IV secolo a.C., tra il 360 e il 340. La Tomba 111 ha restituito un corredo formato da quattro vasi apuli a figure rosse, tutti attribuiti al Pittore dellIlioupersis e alla sua cerchia, tra i quali emerge il cratere a mascheroni (cat. 111.1), raffigurante sul lato principale Achille che trascina il cadavere di Ettore e Patroclo all’interno di un naiskos. Tali vasi permettono di datare il complesso tra il 360 e il 350 aC. Il corredo superstite della Tomba 254 è costituito da una lekythos a figure nere di produzione campana “tipo Pagenstecher”, sulla cui diffusione si già detto, un’oinochoe a figure rosse, relativa alla fase medio-apula, un piatto su piede, una coppetta monoansata a fasce, una graticola e un tripode in piombo. La cronologia è determinata dai due vasi figurati che, comunque, consentono solo una datazione generica nell’ambito della metà del IV secolo a.C. 19 Per Ceglie, cf. AA.VV, Ceglie Peuceta I, Bari 1982; per Rutigliano, ef. E. M. DE JuLIS (a cura di, Rutigliano I, Taranto 2006. "9 CASSANO 1996 8, pp. 113-115 154 Perle Jethoi tipo Pagenstecher: HURSCHMANN 1997. 142
La Tomba 301 ha restituito un cratere a colonnette protoapulo del Pittore di Arianna € una pelike protolucana del Pittore di Creusa che consentono di fissare la cronologia del corredo tra il 400 e il 380 a.C. TI corredo della Tomba 302 risulta composto da una coppia di vasi apuli a figure rosse, un cratere a campana della cerchia del Pittore di Dijon e una pelike del Judgement. Group, nonché da una nestoris lucana del Pittore delle Coefore, che permettono di datare il complesso tra il 370 e il 340 a.C. Il corredo della Tomba 356 comprende una serie di oggetti, quali un cratere a colonnette in stile misto, un vaso cantaroide a decorazione lineare, una spada e un coltello di ferro, una fibula ed un anello di bronzo, nonché una oinochoe apula attribuita al Pittore dell'Ilioupersis, poggiata con funzione di segnacolo sulla lastra di copertura della sepoltura. La cronologia, determinata dall'oinochoe apula, si aggira intorno alla metà del IV secolo a.C. Della Tomba 46 conosciamo solo il cratere a calice attico a figure rosse, attribuito alla produzione del Pittore di Meleagro, che data la sepoltura agli inizi del IV secolo a.C. Della Tomba 342 si conservano due anfore panatenaiche apule, attribuite al Gruppo dei Nasi Camusi, che fissano la cronologia della sepoltura intorno al 370-360 a.C. Ii corredo superstite della Tomba 344 è costituito da due anfore panatenaiche apule del Pittore di Atene 1714, cronologicamente riferibili al secondo quarto del IV secolo a.C. La Tomba 345 appare composta da quattro vasi apuli a figure rosse. Si tratta di due anfore panatenaiche apule, una pelike e una phiale, tutte attribuibili alla cerchia del Pittore di Atene 1680. Per tale motivo il complesso, che si può considerare omogeneo anche se incompleto, può essere datato intorno al 360-350 a.C. La Tomba 79 è composta da un'oinochoe a bocca rotonda, uno skyphas e un piatto, tutti a vernice nera, nonché da un piatto e un"hydria acromi e da un coperchio di kernos decorato in stile misto; si tratta di un corredo incompleto, proveniente da un sequestro, di difficile inquadramento. La forma dello skyphos e dell'oinochoe sembrerebbero suggerire una datazione nell’ambito della prima metà del IV secolo a.C. La Tomba 165, probabilmente già saccheggiata dai clandestini, ha restituito un rhyton configurato a “Pigmeo e la Gru” di produzione protoapula, la cui classe deve essere considerata una replica dei vasi configurati attici, dovuti alla fantasia e alla perizia tecnica del ceramista Sotades, già noti a partire dalla metà del V secolo a.C."* La cronologia è fissata agli inizi del IV secolo a.C. Per quanto conceme la seconda metà del IV secolo, le necropoli di Ruvo hanno offerto una cospicua serie di sepolture i cui corredi sono caratterizzati, per la maggior parte, dalla presenza di ceramica apula a figure rosse, a volte di dimensioni monumentali, raffigurante scene mitologiche complesse o scene di offerta presso monumenti funerari all'interno dei quali sono rappresentati dei guerrieri. ΤΙ corredo della Tomba 21 è composto da ceramica apula a figure rosse, ceramica sovraddipinta policroma nello stile di Gnathia, un kantharos sovraddipinto tipo “SaintValentin”, ceramica a vernice nera, nonché da ceramica di produzione indigena (a fasce, acroma e scialbata). Interessante è il cratere a colonnette apulo (cat. 21.1), attribuito al ** LISTA 1996, p. 186 ss. con bibliografia 143
Pittore di Varrese, databile tra il 360 e il 340 a.C., su cui sono raffigurati due giovani guerrieri vestiti con un tipico costume apulo. Anche il lebes gamikos (cat. 21.6) e la phiale (cat. 21.7) si possono far rientrare nella medesima esperienza artigianale del Pittore di Varrese e della sua cerchia. I vasi minori rimandano alle manifestazioni artistiche della prima fase della ceramica apula tarda e, in particolare, alla produzione della cerchia dei Pittori della Patera e di Ganymede. Le altre classi ceramiche, nelle forme e nelle decorazioni, sono ben attestate nei vari insediamenti indigeni della Puglia". Tra i numerosi esemplari a vernice nera, ampiamente noti nelle necropoli indigene della Puglia centro-settentrionale, emerge il guftus con medaglione figurato a impressione (un felino), che trova un puntuale confronto con un esemplare analogo dalla necropoli del Purgatorio di Rutigliano'". La coppetta monoansata a fasce (cat. 21.29), diffusa negli insediamenti indigeni della Peucezia, è presente con diversi esemplari anche nella necropoli di Vico Equense, la cui cronologia è però più antica di almeno un secolo'“. La ceramica scialbata, presente con l'oinochoe forma 1 caratterizzata da baccellature sul corpo e col kantharos, rimanda alla produzione canosina. La cronologia del corredo, indicata dalla ceramica apula, riferibile alla produzione del Pittore di Varrese e della sua cerchia, converge verso la metà del IV secolo, in particolare tra il 360 e il 340 a.C. La Tomba 35 include uno splendido cratere a mascheroni del Pittore di Licurgo, raffigurante Aiace in atto di uccidere Cassandra, una Joutrophoros del Pittore di Varrese raffigurante sul lato principale Niobe in un naiskos, e una serie di vasi apuli a figure rosse di minori dimensioni, tra cui si deve segnalare un’hydria della cerchia del Pittore di Dario, trovata in frammenti sulle lastre di copertura della sepoltura. A questi oggetti si aggiungono due statuette di terracotta raffiguranti Afrodite in una conchiglia e alcuni oggetti metallici, tra cui un candelabro omato sulla sommità da una sfinge. La cronologia della sepoltura, suggerita dalla presenza della ceramica apula, può essere fissata nell’ambito della seconda metà del IV secolo a.C. La Tomba 56 ha restituito un ricco corredo di vasi apuli, comprendenti un cratere a mascheroni, attribuito al Pittore di Copenhagen 4323, databile al 345-330 a.C, due anfore panatenaiche, raffiguranti un giovane in un naiskos, e una loutrophoros, attribuite al Pittore della Patera. A questi si aggiungono una serie di piccoli vasi da simposio, una coppia di oinochoai forma 1 e una coppia di oinochoai forma 3, un askos, varie lekythoi, due lekanides ed una pisside a figure rosse, tutti decorati con scene dionisiache, alcuni dei quali già attribuiti alla produzione della bottega dei Pittori della Patera e di Ganymede, altri attribuibili alla stessa esperienza artigianale per l’evidente somiglianza stilistica. Fanno parte del corredo anche alcuni esemplari di ceramica sovraddipinta policroma nello stile di Gnathia, tra cui uno splendido alabastron, con la figura di una danzatrice dipinta con colori vivaci (cat. 56.14), che al momento non sembra trovare confronti, e un guftus a vernice nera, con medaglione figurato a rilievo (cat. 56.16), che trova confronti puntuali con esemplari analoghi da Rutigliano". 1 77 15 19 144
In particolare si segnala il recente volume Rutigliano I(a cura di M. De Jus) 2006. PALMENTOLA 2006, pp. 516-518,fig. 97, cat. 37.13. Boso JOvINO 1982, pp. 120-121, ta. 442. PALMENTOLA, in Rutigliano 12006, pp. 516-518, con ulteriore bibliografia per confronti.
Chiudono il complesso alcuni vasi dorati e scialbati, con forme tipiche della produzione canosina, ceramica a fasce (una ciotola monoansata) ed un mortaio con beccuccio. Il corredo risulta del tutto omogeneo dal punto di vista cronologico, pertanto la datazione può essere fissata nell'ambito della seconda metà del IV secolo, tra il 345 e il 330 a.C. Molto interessante è il corredo della Tomba 39, caratterizzato da un nucleo comprendente almeno una trentina di esemplari, costituito unicamente da ceramiche (vasi a figure rosse della fase tardo-apula, tra cui un cratere del Pittore di Gioia del Colle e una coppia di anfore, che raffigurano un guerriero all'interno di un naiskos, vasi. nello stile di Gnathia, vasi acromi e con decorazione a fasce), nonché da un nucleo di bronzi, costituito da un cinturone a fascia larga, una corazza anatomica bivalve corta € un episemon di scudo a forma di cinghiale. Particolare importanza riveste la corazza bivalve, la cui forma rimanda chiaramente al mondo lucano-sannita. Infatti, l'esemplare in questione, peraltro attestato a Ruvo da altri analoghi reperti, trova confronti stringenti con le corazze provenienti dalle aree occupate da genti di stirpe sannitica. Π riferimento è agli esemplari da Eboli, Scordia, Campobasso", Paestum, Cuma, Allifae, Santa Maria del Cedro'? e Laos-Marcellina'!. Anche il cinturone a fascia larga con i ganci “a cicala” trova puntuali riscontri con l’area lucano-sannita: esemplari simili provengono dalla tomba 37di Eboli-Santa Croce! dalle tombe 174, 197 e 259di Paestum-Gaudo"®, ma anche dalla zona del Melfese', Assai interessante è l'episemon di scudo a forma di cinghiale, attestato nella necropoli ruvese da un altro esemplare analogo, rinvenuto nella Tomba 158. La ceramica apulaa figure rosse e, in particolare, il cratere a mascheroni del Pittore di Gioia del Colle suggeriscono la cronologia del corredo, che può quindi essere inquadrato tra il 345 e il 330 a.C. Della Tomba 157, composta da un'intera panoplia (elmo, corazza e cinturone), da oggetti in bronzo e in piombo, nonché da vasi a figure rosse, rimane una pregevole corazza anatomica bivalve del tipo lungo, largamente attestata nei corredi indigeni della Puglia. Infatti, l'analisi della distribuzione dei ritrovamenti induce a ipotizzare l’esistenza di botteghe specializzate, da localizzarsi probabilmente nella Daunia". Si deve, però, sottolineare che le corazze lunghe provenienti da corredì integri © parzialmente conservati sono soltanto sci, di conseguenza sarebbe poco prudente avanzare ulteriori ipotesi circa la loro origine. Si può comunque affermare che, in termini di cronologia assoluta oggi accettata, tali corredi si situano entro l’ultimo quarto del IV secolo a.C. 10 CIPRIANI 1996, pp. 7653, p. S1, cat, 3636; Tomba 40di Eboli: LONGO, CIPRIANI, in Greet in Occidente 1996, scheda 264 GUZZO, in Armi 1993, p. 161 Per Laos: LA ToRRE 1996,p. 113, ca. 44.20; MAZZEI 1996, p. 127, con ul iore bibliografia. 10 GUZZO 19922, pp. 25-30. Λα CIPRIANI 19962, p. 81, cat. 36.38, Peri cinturoni samitici: SUANO 1986 € ROMITO 1995. ^* CIPRIANI 1996b,p. 149, cat. 57.6 (tomba 259),p. 150, eat. 58.14 (tomba 174),p. 156, cat, 60.19 (tomba 197) "Borns 1983, pp. 33-63. 1 GUZZO 19936, pp. 161-162; pe le problematiche relative: MAZZE1 1996. 1 corredi sono quelli di Lavello, t. 669 Il; Canosa-Varrese; Canosa-Scocchera A; Canosa-Montrisi Rosignoli; Carat; a Basilea, forse da Ruvo o Canosa; GUZZO 1993b,p. 162, nota 12. 145
La Tomba 158 ha restituito una splendida panoplia, composta da un elmo atticocalcidese ad alette, una corazza anatomica bivalve, un cinturone, una coppia di schinieri e uno scudo con episemon a forma di cinghiale. Della corazza anatomica lunga (cat. 158.4) è stato già riferito a proposito dell’esemplare del corredo precedente (Tomba 157), con cui. Poggetto in questione mostra delle affinità tecniche e stilistiche notevoli, che rafforzano l'ipotesi di una produzione in ambito apulo. Interessante risulta l'elmo attico-calcidese ad alette, fornito di paragnatidi a protome di ariete, considerato dal Pflug, insieme al più diffuso tipo con pennacchi decorativi"^, una rielaborazione locale, prodotta nella Lucania occidentale, del tipo V della classificazione degli elmi calcidesi. Lo stesso autore, infatti riconduce tali esemplari all’armamento dei guerrieri lucani”. L'elmo ruvese trova precisi contri con due analoghi esemplari, uno di provenienza incerta (coll. De Luynes, ora a Parigi), l'altro a Basilea, la cui provenienza sembra essere canosina"”. Altrettanto interessanteè il cinturone (cat. 158.5), del tipo a placche con decorazione figurataa sbalzo (teste taurine), che trova confronti stringenti con esemplari provenienti dalla tomba 265 (con analoga decorazione), 244, 136 e 259 di Paestum-Gaudo'”. Altri esemplari, dotati di analoghe decorazioni applicate, provengono dalla tomba 3 di Ripacandida e dalla tomba F di Melfi Chiuccari, anche se più antichi. Purtroppo, l'eccezionalità di questi pochi pezzi non facilita la loro attribuzione alle botteghe identificabili per la produzione comune". Completa la panoplia la coppia di schinieri anatomici, ampiamente nota nei contesti indigeni dell'Italia meridionale", La cronologia del corredo è fissata dalla ceramica a figure rosse, inquadrabile tra la produzione medio e tardo-apula, nell’ambito della seconda metà del IV secolo a.C. Il corredo della Tomba 159 risulta composto da ceramica apula a figure rosse (media e tarda) e da un askos della classe listata canosina, attribuibile alla fase “Listata A” o “protolistata”. Ma davvero interessante è la corazza bivalve a tre dischi con decorazione figurata a sbalzo (cat. 159.4). Si tratta di una variante piuttosto rara della più comune corazza a tre dischi non decorata, la cui distribuzione è esclusivamente tirrenica e contraddistingue le sepolture degli individui di stirpe sannitica. AI contrario, le corazze decorate, di cui si conoscono quattro esemplari (Ruvo; Ksour-es-Sacf, mercato svizzero; Boston, probabilmente da Vulei) mostrano una più ampia diffusione”: La corazza di Ruvo presenta dei confronti puntuali con l'esemplare proveniente dalla Tunisia per la sua analoga decorazione, costituita sul davanti da due elementi discoidali superiori convessi mentre in basso il disco è sostituito da una protome a sbalzo e Gaudo: GUZZO 1993, pp. 173-174; più recente con ° In particolare da Paestum Porta Aurea, Andriuolo nuovi dti: Poseldoniae 1 Lucani 1996. "Per la classificazione degli elmi calides: PLUG 1988, pp. 137-150 (con ricca bibliografia); per li elmi calcidesi cosiddetti “lucani”: ID. 1988, pp. 144-145. Sulla questione anche Guzz0 1993, p. 160 ss, che appare molto più prudente circa una localizzazione della loro produzione. 1 Per l'elmo di Parigi: ADAM 1984,η. 157; per l'elmo da Basilea: CAHN 1989, p.38 ss. 1 Poseidonia e| Lucani 1996,p. 143 ss, nn. 49.6, 3.5, $5.1, 564. 77 Peri cinuroni a placche: REBUFFAT-EMMANUEL 1962; BOTTI 1983; SUANO 1986; Von KAENEL, in Born, VON KAENEL 1991,pp. 103-107; VON KAENEL 1993. La tipologia più ampia e completa resta quela di BOTTINI 1983, pp. 34-53. À questa si deve aggiungere quella sui cinturoni sannitic: ROMITO 1995. 1 Guzzo 1993, pp. 162-163 (con ricca bibliografia) "7 GuzZO 1993,p. 160 s. (on ulteriore bibliograt ) 146
raffigurante la testa di Atena indossante l'elmo"*. La fabbricazione di queste corazze è, comunque, attribuita ad officine attive in Italia meridionale. Il complesso si può datare verso la seconda metà del IV secolo a.C., per la presenza di un'anfora apula del Pittore di Dario. La Tomba 163 comprende un complessodi cinque grandi vasi apuli, tutti inquadrabili nell’ambito della produzione del Pittore di Dario, decorati con scene di battaglia tra Greci e Persiani, scene di ratto, con la follia di Licurgo e una corsa di quadrighe. Il vaso più interessante c ricco di spunti è il cratere a volute (cat. 163.1), che presenta sul lato principale una battaglia tra Greci e Persiani. La scena è stata interpretata come lo scontro tra Alessandro Magno e Dario III Codomano, sulla scorta di altri due vasi, fra cui figura l’anfora panatenaica proveniente dalla stessa tomba (cat. 163.2). La scena viene considerata una creazione autonoma"" o rapportata alla grande pittura: alla tradizionale identificazione dell'archetipo con la megalografia di Philoxenos di Eretria, conservataci dal grande mosaico della Casa del Fauno a Pompei", Paolo Moreno ha contrapposto quella con alcune delle opere di Apelle, basandosi anche sull’associazione, presente sull’anfora già menzionata, con il corteggio dionisiaco, rappresentato dal celebre pittore di corte sul carro funebre di Alessandro". Per ovviare alla difficoltà costituita dall'anomala rappresentazionedi Alessandro, barbato e indossante l’elmo, si è ipotizzato che, nell'ignoranza dell’iconografia del condottiero macedone in Occidente", il pittore abbia fatto ricorso al tipo di ritratto in uso per i sovrani o per gli strateghi". L’interesse del Pittore di Dario per la campagna di Alessandro in Oriente va letto probabilmente come un'eco della propaganda macedone in Apulia, divenuta teatro delle imprese di Alessandro il Molosso, zio del famoso condottiero. La cronologia del corredo è fissata al 340-330 a.C. Anche il corredo della Tomba 164 risulta composto da una serie di vasi apuli a figure rosse, tra cui il celebre cratere del Pittore di Dario con la raffigurazione di Archemore sul letto di morte, attribuiti ai Pittori di Dario, di Licurgo, di Chamay, raffiguranti scene mitologiche dal complesso significato. A questi si aggiungono due vasi scialbati (un'oinochoe con corpo baccellato ed un kantharos) di produzione canosina, le cui forme sono ampiamente attestate nelle necropoli canosine!®, nonché un kantharos dorato, di una forma che al momento non trova confronti. Chiude il complesso uno splendido piatto piano di vetro millefiori, con decorazioni a intarsio (foglia d'oro, argento, bronzo, corniola e lapislazzuli), che trova confronti col piatto della collezione Sangiorgi, forse proveniente dall'ipogeo Scocchera B di Canosa", e con due esemplari sempre da Canosa 1 Per a corazza dalla Tunisi: COLONNA 1981, p. 177, tav. VIII | Fenici 1988, n. 302 27 TRENDALL- CAMBITOGLOU 1982, p.485 ss GIULIANI 1984. ?? HEYDEMANN 1883; HOLSCHER 1973. ΡΒ. MORENO, Pitura greca. Da Polignoto ad pelle, Milano 1987 "O TRENDALL-CAMBITOGLOU 1982, p. 483 s. # HoLSCHER 1973; GIULIANI 1977; STEWART 1993, p. 153. "Per la ceramica scilbata utile il catalogo della mostra di Bari: Principi, imperator, vescovi Duemila ‘anni di storia a Canosa 1992. Nel volume sono pubblicati numerosi corredi contenenti vasi appartenenti a tale clase ?* HARDEN 1968, p. 3; CIANCIO 1980, p. 41, n. 2, & XIE, De JUS, in Principi, imperatori, vescovi 1992, p.236, n. 12. 147
al British Museum di Londra. Si tratta di una produzione alessandrina che ha avuto larga fortuna soprattutto nei centri indigeni della Puglia, in particolare Canosa"", la quale ha restituito un discreto numero di esemplari, tutti databili tra la metà del III c gli inizi del II secolo a.C. , attestata anche in numerosi contesti microasiatici"*. La sua presenza in questo corredo potrebbe far risalire la cronologia di questi oggetti agli inizi del III secolo. 11 complesso può essere assegnato nel periodo compreso tra la seconda metà del IV e gli inizi del TII secolo a.C. La Tomba 166, oltre ad un elmo e a cuspidi di lancia, ha restituito un ricchissimo complesso vascolare, formato in prevalenza da ceramica apula, attribuita al Pittore della Patera c al Pittore di Ganymede (un cratere a mascheroni, due anfore, raffigura: di offerta presso un naiskos nel quale è rappresentato un guerriero, cinque oinochoai forma 1, più altri vasi potori minori). La composizione del complesso vascolare rimanda in maniera evidente ai contesti canosini, dove sono ampiamente diffusi sia i prodotti dei pittori suddetti sia le oinochoai forma 1 e i vasi potori di minori dimensioni". 1 vasi apuli consentono di collocare il corredo, del tutto omogeneo cronologicamente, tra il 340 e il 320 a.C. La Tomba 8 risulta composta in prevalenza da ceramica apula a figure rosse, da utensili locale. A questi produzione di d'impasto e acroma fasce, a ceramica da e ferro in bronzo e oggetti si aggiunge una patera dorata con manico antropomorfo, evidente imitazione povera dei prototipi metallici diffusi dalla toreutica tarantina, che trova puntuali confronti con un esemplare proveniente dall’Ipogeo Varrese di Canosa, uno dei maggiori centri che ha restituito grandi quantità di questa classe ceramica". La cronologia può essere fissata, per la presenza della ceramica apula a figure rosse riferibile alla fase più recente, nell’ambito della seconda metà del TV secolo a.C. Il corredo della Tomba 260 è caratterizzato da ceramica a vernice nera, due pentolini rituali d’impasto, un vago di collana in pasta vitrea, una cuspide di lancia spezzata c un cinturone con ganci a cicala e attacchi a palmetta. Compaiono anche due pelikai apule a figure rosse, una attribuita alla cerchia del Pittore di Atene 1714, l'altra, inedita, attribuibile alla fase tardo-apula. Molto probabilmente il primo esemplare deve essere inteso come un bene di famiglia tramandato dalle generazioni più antiche. Il complesso si può datare intorno alla seconda metà del IV secolo a.C. La Tomba 267 comprende un corredo formato da ceramica apula a figure rosse, fra cui spicca un cratere a campana della produzione del Pittore di Haifa, ceramica sovraddipinta. policroma, ceramica a fasce e in stile misto, nonché da ceramica a vernice nera. Il corredo ἀμ HARDEN 1968, pp. 25-26, fig. 10-15; CIANCIO 1980, p.33, nn. 3.4, tav. X; Cassano, in La Magna Grecia nelle Collezionidel Museo Archeologico di Napoli 1996, pp. 158-159 15 LimPoLIS 1984a,p. 351 1% Un gruppo di coppe nella tecnica “a sandwich" da Canosa è conservato nel British Museum: D. B. HARDEN, The Canosa Group of Hellenistic Glasses in the British Museum, in JGS, 10, 1968, pp. 21-47; anche l'Ipogeo Scocchera B ha restituito esemplari simili: OLIVER 1968; una trattazione esaustiva sul problema della documentazione canosina è in CIANCIO 1980e in HARDEN 1968 e HARDEN 198. "7 Per confronti con corredi canosini, fi. Princip, imperatori, vescovi 1992: CORRENTE 2005, pp. 53-76. t Sulla ceramica dorata: DE PALMA 1989; EADEM, in Principi, imperatori, vescovi 1992, pp. 302-309 (l'esemplare canosino à ap. 308, n.27); Dr JUL 1997, pp. 139-141 148
è databile nell'ambito della seconda metà del IV secolo a.C., anche se fa eccezione un kantharos sovraddipinto del tipo “Saint-Valentin”, riferibile probabilmente al corredo di una deposizione precedente, i cui resti sono stati rinvenuti all’esterno del sarcofago. Del corredo della Tomba 318 si sono recuperati tre vasi apuli: un cratere a mascheroni del Pittore di Copenhagen 4223, un'anfora del Pittore della Patera e un rhyton a testa di cavallo con decorazione figurata a rilievo. La cronologia oscilla tra il 350 e il 330 a.C. 1I corredo della Tomba 321 risulta composto da ventidue vasi apuli a figure rosse, alcuni dei quali decorati con scene figurate dal complesso significato. Tra questi si distinguono un grande cratere a mascheroni del Pittore di Dario (cat. 321.1), che raffigura le nozze di Pelope c Ippodamia, un’anfora del Pittore di Varrese (cat. 321.2), decorata con un episodio nel quale sono nuovamente presenti i due personaggi menzionati, un cratere a calice apulo del Pittore di Licurgo (cat. 321.3), con la follia di Licurgo, e una hydria, decorata dallo stesso artista (cat. 321.4). La cronologia del complesso può essere assegnata nel periodo compreso tra il 360 e il 340 a.C. Altrettanto ricco è il corredo della Tomba 322, che presenta una serie di vasi apuli di grandi dimensioni, come un cratere a mascheroni del Pittore di Baltimora (cat. 322.2) e un cratere a calice del Pittore dell’Oltretomba (cat. 322.3), nonché da altri vasi minori attribuiti alla cerchia dei Pittori di Dario, dell'Oltretomba e di Baltimora, come /etyrhoi, kantharoi, oinochoai e rhytà. Tra questi si distingue un lebes gamikos (cat. 322.1), decorato con una scena dal profondo significato, interpretata come la purificazione o l'apoteosi di una principessa". Tra l’altro la scena ben si lega con la forma del vaso, di solito riservata alle sepolture femminili‘. La particolarità di questo esemplare è costituita dal fatto che le cronologie del corpo e del coperchio sono diverse: il primo è, infatti più antico (380-360 a.C.), mentre il secondo, più recente (340-330 a.C.), è omogeneo, dal punto di vista cronologico, col resto del corredo. Molto probabilmente, il coperchio è stato commissionato al fine di adattarlo all’esemplare più antico, da considerare quindi come un bene di prestigio della famiglia che si è voluto deporre per questa sepoltura. Infine, degno di considerazione è un orecchino (cat. 322.21), raffigurante un erote con maschera teatrale nella destra, che trova numerosi confronti con gli orecchini rinvenuti nelle necropoli di Taranto, quasi certamente centro di produzione dell'esemplare ruvese!". L'omogeneità del complesso vascolare consente di fissare la cronologia del corredo al 330-310 a.C. La Tomba 241 risulta accompagnata da un ricchissimo corredo formato da ceramica a figure rosse, attribuibile alla fase tardo-apula, ceramica sovraddipinta policroma nello stile di Gnathia, ceramica a vernice nera e da ceramica acroma, scialbata e dorata. Fra gli esemplari tardo-apuli, spicca il cratere a mascheroni (cat. 241.1), attribuibile al Pittore di Baltimora, simile nella sintassi decorativa a molti vasi dipinti dal maestro. Sul lato secondario compare una stele affiancata da quattro offerenti, e sul collo una serie di palmette disposte su due registri. Sul lato principale, il collo è decorato da girali, P" SANCHEZ 1828, p. 47 sss EADEM 1835, p.247 ss "9 Sul problema: KURTZ, BOARDMAN 1971; CASSIMATIS 1993 con bibliografia; anche se alcune interpretazioni non sono condivise: LiPPOLIS, in Are e Artigianato in Magna Grecia 1996, p. 391 ?" Sulla ricca produzione tarantina degli orecchini con pendenti a forma eroe: Ori Taranto 1984; Guzzo 1993. 149
foglie e fiori, su cui si erge una testa femminile con nimbo, reclinata verso destra. Sul corpo del cratere campeggia, all'interno di un naiskos, la figura eroica di un guerriero armato con il suo cavallo, che allude probabilmente al ruolo svolto in vita dal defunto, al quale il vaso era destinato. Il Pittore di Baltimora, come è noto, operò in un'officina di Canosa"? e proprio all'area di produzione daunia (Canosa e Arpi) rimandano, per la forma e per la tecnica di esecuzione, molti altri vasi componenti il corredo funerario, Si tratta, in particolare, di due anfore e di una loutrophoros decorate a tempera (cat. 241.22-24), di vasi policromi e scialbati, nonché di vasi dorati e decorati in rosso, come una patera ed una pelvis™. Tra le armi, particolarmente interessante è il cinturone (cat. 241.28), del tipo a fascia larga con decorazione a sbalzo, che trova numerosi riscontri negli altri esemplari provenienti dalle necropoli indigene della Puglia e della Lucania". La cronologia del complesso è determinata dalla ceramica apula assegnabile nel periodo tra il 330 e il 310 a.C. Il corredo della Tomba 472, considerando probabile la provenienza ruvestina, comprende una ricca panoplia, formata da un elmo calcidese ad alette, una corazza anatomica bivalve e una coppiadi schinieri anatomici, cui si aggiunge un prometopidion. L'elmo, come si è visto precedentemente, è attestato a Ruvo da altri esemplari (Tombe 114, 158), con cui sono evidenti le affinità tecniche e stilistiche; della sua diffusione in ambito italico, in particolare lucano, si è già detto a proposito dell'esemplare della Tomba 158. Lo stesso discorso è valido per la corazza anatomica lunga, anch'essa largamente nota nei contesti ruvesi e in quelli indigeni della Puglia (Canosa, Conversano), sulla cui diffusione si è riferito a proposito della Tomba 158. A questi oggetti si aggiunge un altrettanto ricco complesso di ceramiche apule, formato da due crateri a mascheroni e due anfore panatenaiche, assegnabili alla produzione del Pittore di Baltimora, raffiguranti un guerriero all'internodi un naiskos che mettono ulteriormente in rilievo il ruolodi guerriero del defunto. Interessante è il prometopidion con decorazione fitomorfa a sbalzo che trova puntuali confronti con l’esemplare proveniente dall’Ipogeo Monterisi-Rossignoli di Canosa. Il corredo, come suggerisce la presenza della ceramica apula della cerchia del Pittore di Baltimora, è databile al 330-310 a.C. Il complesso della Tomba 473, anch'esso di probabile provenienza ruvestina, è costituito unicamente da una panoplia composta da un elmo calcidese ad alette, una corazza anatomica bivalve lunga, un cinturone a fascia larga con ganci ad uncino, una coppia di schinieri, cui si aggiungono un prometopidion simile all’esemplare della tomba precedente, una serie di elementi decorativi pertinenti alla protezione del petto del cavallo e uno strigile. Sulle armature si è già ampiamente discusso nelle pagine precedenti. Un dubbio rimane sulla compresenza della corazza anatomica lunga c del cinturone a fascia larga, chiaramente non indossabili contemporancamente. Sulla questione sono state 1 Dati recent dl Pttre di Baltimora sono in MAZZE1 1996,p. 403 ss, con ricca bibliografia " Per la ceramica policroma e decorata a tempera: MAZZEI 1987; MAZZHI 1992; Mazzti 1995; De uus 1997. 1% Peri cinturoni il riferimento principale è costituito da BOTTIN 1983. ? MAZZE 1990, pp. 147-148; MAZZE 1992,pp. 173-174; CASSANO 1996,pp. 149-150; peri complesso della Tomba 472, conservato a Basilea: CAN 1989, pp. 37.53. 150
esposte le ipotesi del Guzzo e della Mazzei circa la funzione simbolica della compresenza dei due oggetti, forse riferibili ai diversi gradi della carriera militare svolta dal defunto™. Sulla base dei confronti con altri complessi, la cronologia del corredo viene assegnata agli ultimi decenni del IV secolo a.C. La Tomba 162 risulta composta da circa quaranta oggetti, tra i quali prevalgono numericamente i vasi a vernice nera (si segnala un guttus con medaglione), decisamente ripetitivi nelle forme, associati ad un cratere a campana a figure rosse, ascrivibile alla tarda produzione apula. Sono presenti anche alcuni vasi decorati a fasce e con motivi vegetali (“stile misto”), fra i quali va sottolineata la presenza di un piccolo kothon di imitazione corinzia, che trova riscontri in alcuni esemplari da Rutigliano”, e di due grandi olle stamnoidi dalla forma inconsueta, chiaramente derivata dal repertorio della ceramica geometrica peucezia. Queste ultime sono molto interessanti, in quanto trovano dei precisi riscontri, per morfologia e decorazione, con alcune olle stamnoidi provenienti dalle necropoli di Fratte, caratterizzate da una decorazione a fasce altemate a linee ondulate, prodotte nel centro etrusco-campano per tutto il corso del V secolo!”. Della Tomba 340 si conservano due vasi apuli a figure rosse. Si tratta del famoso cratere a volute del Pittore di Licurgo (cat. 340.1), con la raffigurazione dell'assassinio di Neottolemo, e di una pelike (cat. 340.2) dello stesso artista, che rappresenta due sposi in atteggiamento amoroso. La cronologia del corredo, anche se incompleto, può essere riferita al periodo compreso tra il 360 e il 350 a.C. 1 vasi provenienti della Tomba 339, sebbene siano chiaramente riferibili a diverse sepolture, richiedono alcune riflessioni per le loro scene complesse. Infatti, si tratta di esemplari tutti della mano del Pittore di Licurgo, comunque provenienti da uno stesso sepolereto gentilizio, i cui membri acquistavano il vasellame di maggior prestigio per le proprie cerimonie funerarie prevalentemente dalla bottega del Pittore di Licurgo. Particolarmente interessante è il cratere che raffigura un monumento funebre con una colonna e la figura di un giovane nudo (cat. 339.1). Se il significato generico di culto funebre presso un monumento sepolcrale è facilmente riconoscibile, la rarità della specifica raffigurazione ne rende difficile la completa lettura. Piuttosto complessa è la composizione del monumento funerario, costituito da un podio reso prospetticamente, su cui poggia una singola colonna che ricopre la funzione di sema, sostituendo le più comuni stele o i pilastrini. Assolutamente unica nel panorama della grande ceramografia medioapula è la statua del defunto, resa in colore bianco aggiunto a imitazione del marmo, completamente nudo che ha nelle mani poste sopra la testa due halferes. Questi elementi sono un palese riferimento al mondo della paideiae forse vogliono celebrare non solo il ruolo di guerriero svolto in vita dal defunto, come conferma la scena sul lato secondari ma anche quello di atleta o di colui che praticava attività atletiche richiamandosi ai "Guzzo, in Armi 1993, pp. 163-167; MAZZEI 19960,p. 127 ss; perl corredo della Tomba 473, conservato a Basilea: CAN 1989,pp, 54-65, 77 Sul korhon in sile misto di i lazione corinzia a Ruti iano: Rurigliano 1 2006 (capitolo sulla ceramica a fiscoe in stile misto). "A. PONTRANDOLFO, La prodizione artigianale, in GRECO, PONTRANDOLFO (a cura di, Fratte. Un insediamento etrusco-campano 1990, pp. 291-300, fig. 461 (tomba 82, 430-420 4.C), fig, 498. 151
modelli greci. Vista la presenza delle opere del Pittore di Licurgo, le sepolture possono essere datate intorno al 350 a.C. Il complesso vascolare proveniente dalle Tombe 17-18, evidentemente incompleto, comprende esclusivamente ceramica apula a figure rosse della cerchia del Pittore della Patera, che quindi inducono a fissare la cronologia delle tombe intorno al 340-320 a.C. La Tomba 259 risulta composta da ceramica tardo-apula a figure rosse, ceramica a vernice nera, ceramica a fasce, nonché da uno stamnos acromo e una phiale decorata a tempera, Tra gli oggetti metallici si conservano un cinturone a fascia larga a placche, una cuspide di lancia e di giavellotto, un candelabro in ferro, un tripode e alari in piombo. Si segnala, in particolare, il candelabro (cat. 259.6) che trova dei confronti puntuali, per forma e tecnica, in alcuni esemplari provenienti da Taranto™. Tra la ceramica a vernice nera è interessante la kylix, decorata nel tondo intemo col motivo della ruota e dei raggi, ampiamente attestata nelle necropoli indigene della Peucezia®"!. Pertanto la cronologia proposta è assegnata alla fine del IV secolo a.C. La Tomba 57, pur se violata, ha restituito alcuni importanti esemplari di ceramica apula, attribuibili al Pittore dell’Oltretomba, due piccoli vasetti di vetro e una statuetta di terracotta raffigurante Afrodite inginocchiata. Il complesso è databile nell'ambito dell'ultimo quarto del IV secolo a.C. La Tomba 167 risulta composta in prevalenza da ceramica scialbata di produzione canosina da alcuni vasi apuli di piccole dimensioni. La composizione del complesso rientra pienamente nei canoni compositivi dei corredi canosini riferibili alla fine del IV — inizi del ΠῚ secolo™. Tali elementi, quindi, portano a datare il corredo verso la fine del IV secolo a.C. La Tomba 179 ha restituito un corredo composto da ceramica apula a figure rosse, attribuita alla produzione della cerchia del Pittore di Baltimora, ceramica sovraddipinta policroma, ceramica a vernice nera, nonché da una brocca a vernice bruna. La cronologia del corredo può essere determinata in base alla ceramica apula, in quanto gli esemplari che ne fanno parte presentano come decorazione delle teste femminili di profilo, secondo una trama stilistica tipica della fase finale della produzione a figure rosse”, permettendo quindi di fissare la cronologia del complesso alla fine del IV secolo a.C. Del corredo della Tomba 161 si sono conservati dei frammenti in bronzo e in ferro, pertinenti ad alcune fibule di incerta classificazione, nonché frammenti ceramici ascrivibili ad un piatto a vernice rossa e ad una brocchetta con decorazione a fasce, che datano genericamente il corredo al IV secolo a.C. Della Tomba 127, il cui corredo era formato da una serie numerosa di vasi a figure rosse, rimangono due vasi apuli, un cratere a mascheroni e una situla attribuiti al Pittore di Ganymede, che consentono di attribuire il contesto al 340-320 a.C. 1 Sui vasi del Pittore di Licurgo provenienti da questo complesso di sepolture gentilizie: SENA CHIESA 20060, pp. 236-243(in particolare p. 240); per il cratere cat, 339.1, cfr. M. DOLCI, in Ceramiche attche e magnogreche 2006, pp. 296-299. Fo RUTOWSKY 1979, pp. 199-234; pp. 218-219(il candelabro di Ruvo), ? DEPALO 1989. 2 Peri corredi canosini della fne del IV secolo, cf. Principi, Imperatori, vescovi 1992. 20 TRENDALI-CAMBITOGLOU 1982, p.936 s .; MAZZEI 1996, p. 403 ss 152
Della Tomba 153 si conservano solo vasi apuli a figure rosse, tra cui un monumentale cratere a mascheroni e un’anfora, entrambi della cerchia del Pittore di Licurgo, nonché ‘una kylix del Pittore di Dario, che permettono di collocare il corredo nell’ambito della seconda metà del IV secolo a.C. IL corredo della Tomba 244 risulta composto da modesto vasellame indigeno con decorazione a fasce (due piatti su piede) e a vernice bruna (kantharos e skyphos miniaturistici), databile genericamente nell'ambito del IV secolo a.C. La Tomba 343, probabilmente femminile, ha restituito come corredo superstite due hydriai apule a figure rosse, prodotte dall’Officina dei Pittori di Dario e dell'Oltretomba, che inducono a datare il corredo intorno al 340-320 a.C. 11 complesso superstite della Tomba 346 è caratterizzato da un cratere a mascheroni apulo, attribuito alla cerchia dei Pittori di Gioia del Colle e di Copenhagen, e da due anfore panatenaiche del Pittore della Patera, tutti raffiguranti scene di offerta presso un monumento funebre nel quale è rappresentato un guerriero. La cronologia può essere fissata nell’ambito della seconda metà del IV secolo a.C. Gli oggetti superstiti della Tomba 347 consistono in due crateri a mascheroni, attribuiti alla cerchia del Pittore di Baltimora; motivo per cui la sepoltura, cronologicamente, può essere fatta risalire al 330-310 a.C. La Tomba 357 è composta da ceramica acroma (thymiaterion, phiale, mortaio), ceramica in stile misto (kalathos, due piatti, cratere a colonnette, Kantharos), caratterizzata. da forme e decorazioni ampiamente attestate nell'ambito delle necropoli indigene della Peucezia®, un’oinochoe sovraddipinta monocroma e un kantharos sovraddipinto policromo, nonché da una statuetta di terracotta che raffigura un cavallo. L’oinochoe sovraddipinta monocroma trova puntuali confronti con analoghi esemplari rinvenuti nell'Ipogeo dei Vimini di Canosa?" Il complesso può essere attribuito alla seconda metà del IV secolo a.C. Il corredo della Tomba 358 comprende esclusivamente ceramica indigena, a decorazione lineare e in stile misto, che data genericamente il corredo al IV secolo a.C. La Tomba 361 ha restituito un cratere a mascheroni e una phiale, attribuibili alla fase tardo-apula, che inducono a fissare la cronologia nell’ambito della seconda metà del IV secolo a.C. Della Tomba 364 si conserva uno splendido esemplare di corazza anatomica bivalve del tipo corto, attestata a Ruvo anche nella Tomba 39. L'esemplare in questione trova confronti molto stringenti, per forma e tecnica, con la corazza dalla tomba 40 di Eboli?®* La cronologia si aggira intorno alla seconda metà del IV secolo a.C. Nella Tomba 173 sono stati rinvenuti diversi frammenti di vetro, pertinenti ad alcuni unguentari, schegge di oro, probabilmente appartenenti ad una corona funeraria, nonché un monumentale cratere a mascheroni apulo, attribuito al Pittore del Sakkos Bianco. Quest'ultimo permette di assegnare la cronologia del corredo agli ultimi due decenni del IV secolo a.C. 3% DE JULIS 1997, pp. 78-83 con bibliografia 2% Sulla ceramica sovraddipinta monocroma: DE JutIs 1997,pp. 119-122; sull'Ipogeo dei Vimini: De Tuus 1990s, pp. 120-122. %® Grec in Occidente 1996, pp. 642-643. 153
Il corredo della Tomba 175 risulta composto da un frammento di piatto da pesce apulo € da un vaso acromo a forma di fiasca con decorazione a rilievo, di produzione canosina, che portano a datare il corredo tra la fine del IV e gli inizi del III secolo a.C. La Tomba 281, già depredata, ha restituito due vasi, tra i quali si distingue una situla del Pittore di Licurgo che presenta un particolare molto curioso. Sotto il piede è, infatti, dipinta la testa di una Gorgone, dai caratteri stilistici piuttosto rozzi e primitivi, che trova dei puntuali riscontri nelle rare decorazioni figurate presenti sui vasi listati canosini: un confronto stringente è offerto dalla decorazione dell'askos “Catarinella”, proveniente da Lavello, datato al III secolo a.C.?" Sebbene non recuperato, è utile ricordare che il secondo vaso rinvenuto nella sepoltura apparteneva alla classe dei vasi plastici e policromi, piuttosto diffusa a Canosa tra la fine del IV e il III secolo a.C. Per quanto riguarda la cronologia, si può concludere che la raffigurazione posta sotto il piede della situla apula sia stata aggiunta in un momento successivo da collocare probabilmente nell’ambito del III secolo, periodo al quale si può far risalire il corredo. Della Tomba 284 si conserva un cratere a campana apulo a figure rosse, attribuito dal Trendall al Pittore della Patera, che data il corredo al 340-320 a.C. Del corredo della Tomba 287 fanno parte un cratere a mascheroni ed un’anfora di tipo panatenaico, attribuiti alla cerchia del Pittore della Patera che consentono di datare la sepoltura tra il 340 e il 320 a.C. II complesso della Tomba 348 risulta composto da una coppia di oinochoai e da una coppia di kantharoi, attribuibili al Gruppo del Kantharos, di conseguenza la datazione può essere riferita alla fine del IV secolo a.C Nell'ambito delle tombe rinvenute sulla Murgia Castello (Tombe 436-439), di particolare interesse risulta un frammento di cinturone a fascia larga che riporta una decorazione figurata incisa e a rilievo. L'esemplare trova dei confronti stringenti con alcuni cinturoni provenienti dalle tombe dei guerrieri lucani di Poscidonia (come si ὃ isto in precedenza)?” Per quanto riguarda le tombe risalenti al periodo ellenistico, suscita un particolare interesse il corredo della Tomba 131. Tuttavia, circa la sua composizione vi sono alcune perplessità, în quanto esso risulta formato da materiale eterogeneo databile tra il IV e il III secolo a.C. Si segnalano, in particolare, un gruppo di quattro skyphoi acromi decorati a rilievo con una medesima scena (cat. 131.1-4). La stessa scena è riprodotta, evidentemente con lo stesso stampo, su un rhyton del Museo Jatta, genericamente assegnato al periodo romano". Si tratta, comunque, di una tipologia ampiamente testimoniata nel centro apulo da altri esemplari conservati nel Museo di Napoli". È utile ricordare la cronologia della ceramica listata che si sviluppa nelle seguenti fusi: “Listata A" o “protlistta” (350-320), Bo "mediolstata™ (320-300), “Lisata C" o"tardolistt" (prima metà dl I sccolo) Sulla ceramica listata: DE JuLIIS 19888,pp. 158-160; DE JULI 1997, pp. 129-134. Per quanto riguarda le ipotesi di composizione dei corredi delle Tombe 342-348: SENA CHIESA, in Ceramiche atiche e magnogreche 2006. 2Peri cinturoni con decorazioni figura: Paseidoniae 1 Lucani 1996, 3° ANDREASSI 1996,p. 53. ?! Levi 1926, p. 76,0, 331; p. 78, n. 335; p. 79, n. 336 154
Gli skyphoi sono stati certamente prodotti da officine locali che imitano prototipi metallici, probabilmente di argento, secondo una prassi diffusa c attestata soprattutto a Taranto?!?, La decorazione, inoltre, dimostra alcune analogie con quella di alcuni vasi plastici e policromi canosini, databili tra il IV e il III secolo a.C., nonché con quella di alcuni crateri a mascheroni e hydriai con decorazione a rilievo rinvenuti a Ceglie, Ordona e Ruvo*. Il corredo comprende anche una pregevole [ekyrhos attica con decorazione a rilievo (cat. 131.5), con la raffigurazione del supplizio di Marsia, che trova numerosi riscontri con altri esemplari di analoga provenienza, nonché con esemplari rinvenuti ad Armento®"*. Si tratta di una particolare classe di vasi caratterizzata dalla tecnica decorativa a rilievo che denuncia l’intenzione dei vasai ateniesi (è noto dalle firme uno Xenophantos) di competere coi vasi metallici, applicando sul vaso a la barbotine delle figurine a rilievo ottenute a matrice. Le figurine venivano poi inte e decorate con dettagli dorati”!. Degna di rilievo è una coppa in vetro blu con decorazioni a intarsio (foglia d’oro, argento, bronzo e corniola), costituita da un motivo a tralci di foglie di vite con pampini (cat. 131.9). Si tratta di una produzione alessandrina che ha avuto larga fortuna soprattutto nei centri indigeni della Puglia, in particolare Canosa", la quale ha restituito un discreto numero di esemplari, tutti databili tra la fine del ΠῚ e gli inizi del Il secolo a.C., attestata anche in numerosi contesti microasiatici?!. Probabilmente alla stessa corrente culturale possono essere ascritti gli alabastra in vetro policromo (cat. 131.6-8) rinvenuti nella sepoltura, appartenenti al 2° e al 3° Gruppo Mediterraneo e simili alle forme 1, 7 e 9 della Harden. Si tratta di oggetti che compaiono spesso in corredi tombali dell’Italia meridionale, destinati a contenere unguenti o cosmetici, ma anche apprezzati per la loro qualità intrinseca?" Oltre ad alcune terrecotte, compare anche un’hydria apula in frammenti, attribuibile alla produzione del Pittore di Baltimora. La cronologia del contesto ricopre un arco molto ampio che va dalla fine del IV alla fine del III secolo a.C. Del corredo della Tomba 245 rimangono uno specchio in bronzo, uno skyphos con anse ad anello verticale, decorato a fasce,e frammenti di ceramica listata canosina, riferibili ad ?? LipPoLIS 1984a,p. 47. 210 Per la decorazione dei vasi plastici c policromi canosini: VAN DER WitLEN 1985, pp. 232.276, fig. 283-311; F.VAN DER WIELEN, La ceramico a decorazione policroma e plastica, in Principi, Imperatori, vescovi 1992, pp. 520-527 con ulteriore bibliografia; per i vasi a rilievo: VAN DER WIELEN 1985, pp. 288-296, fig, 330-331 Ἧ Si ricorda un esemplare della collezione Fenicia (Napoli, MAN 81397), con cavaliere orientale che atterra un cervo: La Magna Grecia nell collezioni del Museo Archeologico di Napoli 1996, p. 232, n. 15.18; si Segnala anche un esemplare della collezione Santangelo (Napoli, MAN Santangelo 343), con Fracl e Busiride Lista 1996,pp. 186-187,n. 13.17; DE CARO 2001,p. 76,n. 0. 75 Sulla classe: ZERVOUDAKI 1968; D. W. J. GILL, M. VICKERS, Reflected Glory: Pottery and precious Metal in classical Greece, in JI 105, 1990, pp. 1-30; DE CARO 2001, p. 76. 2 Lirous 19848, p 351 + Un gruppo di coppe nella tecnica “a sandwich” da Canosa è conservato nel British Museum: D. B. HARDEN, The Canosa Group of Hellenistic Glasses in the British Museum, in JGS, 10, 1968, pp. 21-47; anche l'ipogeo Scocchera B ha restituito esemplari simili: OLIVER 1968; una trattazione esaustiva sul problema della documentazione canosina è in CIANCIO 1980 e in HARDEN 1968 e HARDEN 1981 3% CIANCIO 1980, pp. 28-30, 43-44, che analizza la situazione apula; HARDEN 1981, p. 103 ss, p. 135 ss; ZiVIELLO 1986, pp. 103-107 (con ulteriore bibliografia), pp. 218-221. 155
‘un askos a doppia bocca, che consentono una generica datazione nell'ambito della prima metà del ΠῚ secolo a.C?! Dei corredi delle Tombe 305 e 316 si sono conservati degli astoi listati a doppia bocca. della fase "Listata C" o tardolistata, i quali inducono a fissare la cronologia nell’ambito della prima metà del ΠῚ secolo a.C. La Tomba 251, risulta composta da sei unguentari fusiformi tipo IV e V della classificazione della Forti, parzialmente ricoperti di vernice nera, ampiamente attestati nelle necropoli canosine?*, e da una lucema a pasta grigia tipo Esquilino, con vasca bitronco-conica e beccuccio ad ancora, che portano ad inquadrare il corredo nel periodo compreso tra la fine del III e gli in
3 LABELLARTE, DEPALO 1986,pp. 65-77, tavv. XXVII-XL;ID 1987,pp. 107-132,vv. HX 2° Per lo studio sugli unguentari: FORT 1962, pp. 143-155; per gli unguentar nell necropoli canosine: Principi, Imperator, Vescovi. Duemila anni di storia a Canosa 1992. 156
CAPITOLO VI Riflessioni conclusive
L'esame delle tombe, fin qui presentate e discusse, consente di avanzare alcune riflessioni di chiusura. Lo studio dei corredì funebri implica inevitabilmente un ripercorrere per sommi capi le ricerche in merito alla problematica della morte, delle pratiche funerarie, dei rituali e del complessivo significato, temi che, com'è noto, sono stati oggetto di diverse speculazioni’. Difatti la morte di un individuo non è limitabile, secondo la maggior parte degli studiosi, nel perimetro di un processo affettivo, peraltro evocato da casi come i giochi e i sonagli nelle tombe infantili, bensì è anche strettamente interrelata sia al contesto sociale di cui il defunto è membro, sia alle credenze religiose della comunità di appartenenza come si vedrà in seguito. Dai corredi funebri esaminati emerge chiaramente come la comunità manifesti il proprio cordoglio nei modi prescelti dalla sua stessa formazione e come essa, attraverso la selezione degli oggetti deposti durante il rituale funerario, abbia ottemperato anche all'indicazione del rango e del ruolo del defunto. Su questi argomenti si sono incentrati molti studi espressi in varie correnti di pensiero. Ad esempio si rimanda al “colloquio” su “La mort, le morts dans les sociétés anciennes " nel quale furono affrontati molti temi sulla morte e sul significato ad essa attribuito, dalla bella morte all’eroizzazione del defunto, dai funerali di Patroclo alla concezione del mondo greco, dal mondo italico e coloniale alle estreme propaggini orientali. Alla domanda, posta circa vent'anni fa, da J. P. Vernant, su come interpretare certi documenti restituiti dalle tombe e in che misura tale documentazione permetta di accedere alla società globale, con le sue stratificazioni, le sue gerarchie, le sue opposizioni di status, le sue classi di età, le sue differenze di sesso, il grande studioso rispondeva con il concetto * Perm approccio sull'argomento: KURTZ, BOARDMAN, Greek Burial Customs, London 1971; F. CORDANO, Morte e "pianto rituale” nell’Atene del VI secolo aC, in ArehC 32, 1980, pp. 186-197; R. GARLAND, The Greek Way of Death, London 1985; 1. MORRIS, Death, Ritual and Social Structure in Classical Antiquity, Cambridge 1992; CH. SOURVINOU- WOOD, "Reading" Greek Death, Oxford 1995. Sulla crisi provocata dalla morte nella società: E. DE MARTINO, Morte e pianto rituale. Dal lamento funebre antico al piano di Maria, "Torino 1975;S. C. HUMPHRESS, H. KING, Mortality and Immortaliy: The Anthropology and Archaeology of Death, London 1981 157
della ideologia funeraria, che sta ad indicare il raggruppamento di tutti gli elementi significativi che, nelle pratiche, come nei discorsi relativi ai morti, rinviano alle forme della organizzazione sociale sicché, in tal maniera, il mondo dei morti rappresenta in modo più o meno diretto il mondo dei vivi. Neglianni successivi altre ricerche hanno inserito dei filtri interpretativi all’equivalenza diretta tra testimonianza funeraria e qualificazione sociale ed altre indagini ancora hanno inteso sottolineare, attraverso la qualità della documentazione archeologica, la possibilità di comprendere se nel contesto sociale esistessero prospettive di vita ultraterrena e individui di diversa identità’. Spesso, infatti, anche all’interno di una stessa necropoli, varie e complesse sono le scelte relative al modo di trattare il corpo del defunto, di metteme a dimora i resti e di perpetuarne in qualche modo la memoria. Entrando ora nello specifico delle tombe prese in considerazione si osservano anche altri fenomeni: tra questi, ad esempio, si rileva come l’esistenza di aree riservate alla dimora di coloro che non sono più sia un fenomeno culturale che presuppone un livello di organizzazione avanzato della comunità che si struttura in forme diverse, nello spazio e nel tempo. Certamente, nel caso di Ruvo, la perdita di una grande quantità di dati dovuta agli scavi clandestini del XIX secolo, ma anche a quelli che ancora oggi si protraggono, non consentono di proporre un’interpretazione completa. Tuttavia, è anche vero che i numerosi dati raccolti, grazie al ritrovamento di un'ampia documentazione inedita, permettono di cogliere alcuni interessanti fenomeni culturali che caratterizzano la necropoli di Ruvo, quali possono costituire una solida base per eventuali future ricerche. Passiamo, dunque, ad analizzare sinteticamente, fase per fase, i vari aspetti della società ruvestina, sulla base. dei dati acquisiti, partendo dall'ctà del Ferro.
L'età del Ferro (IX-VIII secolo a.C.) Se i rinvenimenti del XIX secolo non ci hanno consentito di far luce sulla storia pi antica dell’insediamento di Ruvo edelle sue necropoli, fortunatamente le recenti indagi; hanno offerto qualche elemento di conoscenza in più circa l'età del Ferro, fase in cui l’intero territorio regionale è coinvolto dallo sviluppo della civiltà iapigia*. Tuttavia, 2 VERNANT 1982,p. 5. ? Si cita la bibliografia essenziale: B. D'AGOSTINO,A. SCHNAPP, Les moris entre l'objet et l'image, in G. Gui, LP VERNANT (a cura di), La Mor, les morts dans les sociétés anciennes, Cambridge 1982, pp. 17-26; B. D'AGOSTINO, Società de iv, comunitàdel morti: un rapporto difficile, in DArch, s, 1985, pp. 47-58;A. M. BIETTI SESTIERI, Esempi di letturadi materiali da contest fimerari in Origin! XIV, 1988-89, pp, 421-445; B. D'AGOSTINO, La necropoli ritual della morte, in I Greci. Storia, cultura, art, società2. Una storia greca. 1. Formazione 1996, pp. 435-437 (il brano sull archeologia della more) con ulteriore bibliografia;M. CU0220, Rebnwentando la tradizione. Immaginario sociale, ideologie e rappresentazione nelle necropoli oriemalizzanti di Pontecagnano, Paestum 2003; BONGHI JOVINO 2006, pp. 11-13 con bibliografia. ^ La bibliografia è piuttosto vasa, percui si segnala il volume di E. M. De JuLis, Gli apii Storia e civiltà della Puglia preromana, Milano 1988, con ampia bibliografia sull'argomento. 158
permane ancora incerta, per quanto conceme Ruvo, la conoscenza dei rapporti di relazione topografica tra le aree insediative e le necropoli di questa fase, le cui emergenze monumentali sono costituite dalle tombe a tumulo, ancora oggi ben visibili in ampi settori dell'entroterra ruvese. Alcune di esse furono oggetto, agli inizi del Novecento, di esplorazioni occasionali da parte di A. Jatta, grazie alle quali furono recuperati interessanti elementi di corredo funerario, tra cui pendagli antropomorfi e zoomorfi in bronzo, e soprattutto le fibule a doppia spirale e quelle ad arco serpeggiante, appartenenti a tipologie di tradizione tanto adriatica quanto tirrenica, comunemente attestate nelle necropoli della prima età del Ferro della Basilicata e della Puglia settentrionale”. Recentemente, grazie ad alcuni scavi condotti nell’area del sepolereto a tumulo di Coppa di Sotto, le conoscenze sulle necropoli di questa fase si sono accresciute, ma hanno anche messo in evidenza come l’uso della tomba a tumulo si sia protratto fino al VI secolo. Tra le sepolture in questione, tuttavia il primo sepolcro (Tomba 423) rappresenta una significativa variante tipologica, in quanto la sua area sepolcrale à sormontata da una imponente e monumentale costruzione litica a tholos, che non sembra trovare alcun riscontro altrove, invece di essere costituita dalla ricorrente cista litica ortostatica o da una semplice area sepolcrale ipetrale. AI contrario, gli altri tumuli rientrano nella nota tipologia con cista dolmenica al centro (terzo tipo) dei sepolcri a tumulo pugliesi ed hanno anche dimensioni più contenute. Un'altra differenza è riscontrabile nella cronologia: infatti, mentre il sepolero con la struttura a tholos risale alla metà dell'VIII secolo a.C. come confermano i frammenti di una fibula ad arco serpeggiante, i vaghi in ambra e soprattutto i frammenti di ceramica geometrica, decorati con archi multipli, ascrivibili al Geometrico Daunio?, gli altri sepolcri risalgono ad un periodo compreso tra la fine del VII e la metà del VI secolo a.C. A proposito del tumulo con la struttura a #holos, è importante sottolineare sia il rinvenimento, al di sopra della deposizione, di avanzi di pasto rituale connessi al seppellimento, sia la presenza di frammenti ceramici distribuiti al di sopra del tumulo, acromi e dipinti, questi ultimi ascrivibili al Subgeometrico Daunio I-II, databili intorno alla metà del VI secolo, periodo a cui corrispondono anche gli altri tumuli. Il sepolcro in questione ha dunque conosciuto due momenti di utilizzo da parte di gente in possesso della medesima cultura daunia: il primo uso è stato strettamente funerario, il secondo puramente cultuale e consistente nella frammentazione rituale degli oggetti, dedotto dai pochi 5 À. JATTA 1904, pp. 32-79; BIANCORIORE 1981, pp. 53-68; LADELLARTE 2004, pp. 101-102. Vd. gli esemplari nel catalogo dei corredi del presente volume: fibula ad arco serpeggiante (cat. 452.3), fibula ad occhiali (cat. 455.1), pendagliocon protomi omitomorfe cat. 452.4), Sulle fibuledelleà dl Ferro: SUNDWALL 1943. Sulle fibule diffuse nella Puglia della prima età del Ferro: ΤΙΝΕ BERTOCCHI 1975, pp. 278-282; DE JULIS 19888, pp. 27-28; ID. 19886,pp. 591-595. Ε BIANCOFIORE, Struttura e materlli del sepoleri a tumulo dell'Apulia preromana, in Altamura 8, 1966, pp. 3-38, con bibliografia; TINE RERTOCCHI 1985; R. STRICCOLI, Dolmen e sepoleri a tumulo nella Puglia centrale, Bari 1989; vd. anche gli scavi della necropoli di San Magno (Corato): STRICCOLI 1989b, pp. 1-57; I. 1991,pp. $231 Si ricorda a suddivisione cronologica della ceramica geometrica della Daunia: Geometrico Daunio Medio (800-750), Geometrico Daunio Tardo (750-700), Subgeometrico Daunio 1 (700-550), Subgeometrico Daunio TL (550-400), Subgeometrico Daunio II (400-300) Sulla ceramica geometrica della Daunia di questa fase: DE Tutus 1977, pp. 25-32; DE JULIS 1997, p. 29-34 con bidliogafa 159
frammenti acromi e dipinti, sopra menzionati, rinvenuti in ordine sparso sul tumulo e databili verso la metà del VI secolo". Ritornando alla questione sulla relazione topografica tra le arce insediative e le arce i necropoli relative alla prima età del Ferro, non si può non considerare il caso della vicina Gravina, dove il pianoro della collina di Botromagno e la fascia situata ai piedi del colle costituivano gli spazi riservati all'insediamento e alle attività ad esso correlate, il cui modello era composto da nuclei sparsi di poche capanne distribuiti non lontani l'uno dall'altro. Infatti, la mancanza assoluta di rinvenimenti di sepolture riferibili a questa fase, dopo tanti anni di scavi regolari e d'occasione, è certamente un elemento significativo: per tutta la prima età del Ferro, fino alla seconda metà del VII secolo, le tombe dovevano essere concentrate in aree di necropoli distinte dai singoli nuclei capannicoli. Nel territorio di Gravina, tra il IX e I' VIII secolo a.C., le necropoli vengono dunque sentite come arce. appartate rispetto agli spazi riservati all'insediamento. A Gravina le prime tombe vicine alle strutture abitative compaiono quindi soltanto nell'ultimo trentennio del VII secolo”. A questo punto la situazione di Gravina potrebbe indicare, con grandi probabilità di coglierenelsegno, come lostesso fenomenosisia potuto verificare anche nell'insediamento di Ruvo, cosa confermata da alcuni rinvenimenti archeologici effettuati nel 1986. Infatti, le indagini della Soprintendenza Archeologica, effettuate sulle propaggini meridionali della collina occupata dalla città moderna, hanno fornito importanti testimonianze relative all'abitato di Ruvo in questa fase: di particolare importanza si è rivelata la scoperta di una. struttura insediativa con andamento curvilineo che consente di ricostruire un ambiente rettangolare con fondo absidato, secondo un andamento planimetrico già documentato nell’avanzata età del Ferro nella Daunia ofantina, a Lavello, in contrada Casino, a Canne, nell'abitato in località Antenisi, nonché a Salapia". Ma, come è accaduto a Gravina, in quest'area o nelle vicinanze non sono state rinvenute tombe riferibili all’abitato relative a questo periodo storico. Al contrario, queste ultime sono state trovate nell'entroterra del territorio ruvese: il riferimento è ai tumuli di Murgia Scorzoni, di Murgia Castello e Murgia Barile, esplorati da Andrea Jatta", e a quelli di Coppa di Sotto, esplorati recentemente, che hanno restituito, come si è già detto, corredì funerari relativi a questa fase. Si tratta di corredì piuttosto omogenei senza alcun elemento di differenziazione, cosa che accade del resto negli altri corredi funerari di questo periodo nella Puglia centro-settentrionale". * Sulla frammentazione ritual: E. CASTALDI, Frammentazione rituale in etnologia e in prestoria, in Ri Scienze Preitoriche XX, 1965, p. 12 ss; STRICCOLI 1994, pp. 240-260, nel quale l'Autore annota che nel Sepolereo in esame tali avanzi erano generalmente connessi con il seppellimento. * CIANCIO 1997,p. 49. "© Su Lavello: A. BOTTINI,I! Melfese tra VIIe Y secolo a.C. in DArch 2, 1982, pp. 152-160; ID, La documentazione archeologica nel Melfes, in Ati del XIII Convegno di Studi Etruschi e Italici (Manfredonia 21-27 giugno 1980), 1984,pp. 28-30. Su Canne: M. R. DEPALO, P. LABELLARTE, Canne: recent rirovamenti dall'abitato indigeno in località Antenii, in Profili della Daunia Antica, Foggia 1986,pp. 103-131; LABELLARTE, in Princip, imperatori, vescovi 1992, pp. 103-108; su Salapia: E. M. DE Jut1s, Salapia (Foggia). Nuovi ritrovamenti nella necropoli (1969.1972), in NSe XXVIII, 1974, pp. 485-505; M. A. ALBERT,A. BETTIN, L Lori, Salapia (Foggia). Notizia preliminare sugli scavi nella città dauna di Salapia. Campagne 1978-1979, in NSe XXXV, 1981, pp. 159-182. "A. JATTA 1904, pp. 32-79. 7 E RITTATORE VONWILLER, Le necropoli gorganiche dell'età del Ferro, in Atti del Colloguio Internazionaledi Preistoria e Protostoria della Daunia (Foggia, 24-29 aprile 1973), Firenze 1975,pp. 303-309; 160
Nel contempo, in queste aree della murgia ruvese, non sono state trovate evidenze archeologiche relative ad aree insediative, motivo per cui queste porzioni del territorio potrebbero costituire le arce appartate di necropoli riferibili all’abitato di Ruvo della prima età del Ferro, concentrato alle pendici della collina meridionale. Tra i materiali provenienti dall’area dell'abitato è importante sottolineare la presenza di alcuni frammenti di ceramica geometrica iapigia", relativi ad un periodo compreso tra l'ultimo quarto del IX e la fine dell' VIII secolo a.C., che consentono di inserire Ruvo tra i centri di diffusione di tale classe vascolare. Tra le forme individuate compare l'olla, decorata con fasce cigliate all’attacco del labbro, analogaai tipi documentati nel deposito di Borgo Nuovo a Taranto", nei livelli superiori dello stato "d" di Satyrion" e nella fase I di Gravina, compresa tra 17825 ed il 725 a.C. circa". Alla fase G I di Gravina riconducono anche numerosi frammenti di olle decorate con fasce parallele alternate a motivi ondulati. È presente
anche la ciotola carenata con orlo rientrante, decorato da fasce parallele racchiudenti un motivo ondulato, documentato nella fase I A di Cozzo Presepe, relativa alla seconda metà dell" VIII secolo". In un frammento tale motivo è associato ad un volatile stilizzato € ad un triangolo reticolato, secondo una sintassi che trova puntuali e numerosi riscontri nella fase I di Gravina". La stessa forma nella versione carenata con labbro svasato e decorazione a tratti verticali tra linee orizzontali sotto l'orlo, trova confronti per la sintassi decorativa con esemplari provenienti da Satyrion', dal livello medio di Cavallino? dal deposito archeologico di Madonna delle Grazie a Rutigliano?! e da Metaponto? Sempre nella prima età del Ferro, in un periodo compreso tra la fine dell VIII e la prima metà del secolo successivo, si colloca un frammento relativo ad un fondo piano di olla con attacco della parete decorato da elementi meandriformi campiti da tratti e compresi tra sottilissime linee parallele molto ravvicinate, secondo uno schema decorativo di tipo miniaturistico introdotto nella ceramica iapigia sotto l'influsso delle importazioni greche. Motivi analoghi a quello descritto sono presenti nella fase III A di Cozzo Presepe? e nella fase G II di Gravina, corrispondente al periodo compreso tra il 725 ed il 650 a.C. circa” τινὲ BERTOCCHI 1975, pp.271-285 con bibliografia; ΤΙΝΕ 8. c F. {riti fimerar in Puglia nel 'età del Ferro, in advaska obala u protohitorji, Sinpozji odrzan u Dubroiku (od 19. do 23.X.1972), Zagreb 1976, pp. 265 271; De JuLIS 19883, pp. 20-35 con bibliografia. "? Per quanto riguarda la ceramica geometrica iapigia: DE JULIS 1997, pp. 78, 15-21, con bibliografia. L'Autore cambia la denominazione in Geometrico Enotrio lapigio, poiché l'area di diffusione di tale classe corrisponde a quella occupata dagli Enotri e dagli lapigi. La suddivisione cronologica è la seguente: Protogeometrico Enotio-lpigio (XI-metà IX secolo a.C), Geometrico Enotro-Iapigio “Antico” (seconda metà IX secolo a.C). ™ De JUL 1985,p. 173, fig. 234. "^ Lo PORTO 1964, pp. 218-220, SMALL 1976,p. 89, fig. 14, 24. " Per le varie fasi cronologiche di Gravina e Cozzo Presepe: SMALL 1977,p. 108, fig. 290, fig. 86. Un frammento analogo è sato rinvenuto a Ruvo dalla Marin, i vedaM. MARIN 1981,p. 216, fig. 44 f. ! SMALL. 1976,p. 102,n. 40, tav. XVII, be p. 107,n. 74, àv. XVIII,c. ‘Lo PORTO 1964,p. 217, fig. 37. ? PANCRAZZI 197, p. 41, fig. 44, 5.6. ! CIANCIO-RADINA 1983,p. 45, tav. XII, 4. Lo PORTO 1969, pp. 121-170. 2 SMALL 1977, p. 307, fig. 102, 90. ® SMALL 1976,p. 117,n. 131 161
Nello stesso ambito cronologico si collocano anche un frammento relativo all’orlo di una ciotola, decorato da un motivo a reticolo con maglie oblique”, ed un frammento di parete di un'olla con spessa fascia e piccolo rombo con punto centrale, entrambi stilisticamente affini a frammenti appartenenti alla fase I B di Cozzo Presepe*, datata tra la fine dell VIII e il VII secolo, e alla fase II di Gravina”. L'Orientalizzante (VII secolo a.C.)
Per il periodo in esame, le necropoli di Ruvo non hanno offerto grandi testimonianze; tuttavia, questa mancanza, è bene sottolinearlo, è dovuta quasi certamente al problema dello scavo clandestino, che spesso ha sottratto importanti testimonianze storiche ed archeologiche. Labili ma importanti segnali di quello che dovevano contenere le tombe di questo periodo sono costituiti da una serie di vasi etrusco-corinzi, attribuiti alle botteghe della Seconda e della Terza Generazione Vulcente, conservati nel Museo Nazionale di Napoli e nel Museo Nazionale Jatta di Ruvo®. Nello stesso musco sono, inoltre, conservati una coppia di bacini ad orlo perlinato, ancora inediti, probabilmente riferibili a questa fase cronologica. Altrettanto significativa è la coppia di pendenti tubolari in oro restituita dalla Tomba 109 (cat. 109.3), inserita dal Guzzo in un orizzonte artistico riferibile all'Orientalizzante tirrenico”. La presenza di questi oggetti è una concreta testimonianza di quei rapporti che si erano avviati in questo periodo tra la Puglia e la Campania etruschizzata, attraverso l’asse fluviale Ofanto-Sele. Questa arteria di comunicazione costituiva l'itinerario etrusco di penetrazione dei prodotti delle officine etrusche ed etrusco-campane verso la Puglia e la Basilicata, testimoniati dagli importanti ritrovamenti delle tombe di Lavello-contrada Casino, di Canosa-Toppicelli e di Cupola; itinerario che, come si vedrà, avrà tanta fortuna in età arcaica”. Qualche notizia sulle tombe e sui corredi di questi periodo viene offerta da una testimonianza di A. Jatta che ricorda il rinvenimento in località le Matine e sulla Murgia Per una visione panoramica sul problema: SMALL 1976, pp. 103-104,nn. 41 e 52; SMALL 1977, p. 293, fig. 89, 14 p.296, fig. 92,26. P SMALL 1977,p. 293, fie 90,15. 7 SMALL 1976, p. 116, n. 120; LASELLARTE-DEPALO 1986, pp. 69-71; DEPALO-LABELLARTE 1987, pp. 10412. 7Per quanto riguarda la ceramica etrusco-corinzia: 1. G. SZILAGYI,La ceramica etrusco-corinza figurata LI, Firenze 1992-1998. Gli esemplari del Museo di Napoli: HEYDEMANN 1872,pp. 9-12. Per gli cscmplari di Ruvo, il recente articolo di V. BELLELLI, I vas Egis del Museo att, gli scavi di Nola il commercio antiquario nel Regno di Napoli, in Misc. Erasco-lalica II, (QuadAEI 29), 2003, pp. 71-124. ? Guzzo 1993, pp. 74-75 con bibliografia; GIOVE 1994,p. 34s. 7 Sui rapporti tra Puglia e Basilicata con Ja Campania attaverso l’asse fluviale Ofanto-Sele: D'AGOSTINO. 1924,pp. 199-202; TAGLIENTE 1987, pp. 135-150; D'AGOSTINO 1988b, pp. 534-538; COLONNA 1991, p. 58. 63; DE JuLus 1996b, pp. 529-560; De JULIS 2001b, pp. 260-267 con bibliografia. Peri ritrovamenti di Lavello: A. BOTTI, Principi guerrieri della Daunia del VII secolo. Le tombe principesche di Lavello, Bari 1982; per Cazosa-Toppicelli: M. CORRENTE, in Princip, imperatori, vescovi 1992, pp. 63-71 (Tomba 1/89); F. G. Lo PORTO, ibidem, pp. 72-102 (Tomba 1/75); per Cupola: E. M. DE Jutus, in ACT22, 1982,pp. 528-529 (9) 162
Castello di tombe a fossa e a sarcofago (0 a cassa), che hanno restituito vasi a decorazione geometrica, ascrivibili al Subgeometrico Daunio 1 (700-550 a.C.) conservati nel Museo Jatta a Ruvo” L'età arcaica (VI secolo-480 a.C.)
Anche per quanto riguarda il periodo arcaico, nonostante la divisione nei tre comparti etnico-geografici (Daunia, Peucezia e Messapia), non vi sono profonde modifiche. Infatti, a partire dal VII secolo, nel centro ruvese si registra una sostanziale continuità di vita dei nuclei residenziali sparsi nel territorio secondo il precedente modello paganovicanico. Soprattutto per quanto conceme il costume funerario, si deve segnalare una fase di persistenza nell’uso delle strutture funerarie a tumulo, come confermano i dat riguardanti il sepolereto di Coppa di Sotto, le cui sepolture (Catalogo 424-426), tranne quella a tholos già menzionata, risalgono più o meno alla metà del VI secolo. Queste ultime hanno restituito frammenti di ceramica geometrica, ascrivibili al Subgeometrico Daunio I (700-550 a.C.) e al Subgeometrico Daunio II (550-400 a.C.) e relativi a forme quali la brocchetta-attingitoio, tipica della produzione canosina del VII e del VI secolo, che inducono a ritenere il centro di Ruvo gravitante nell'ambiente culturale della Daunia meridionale e, in particolare, nell’orbita del centro egemone di Canosa. Questo protrarsi dell'uso del tumulo sepolcrale, considerato da alcuni studiosi come un vero e proprio attardamento culturale”, è un fenomeno abbastanza diffuso nel resto della Peucezia nel corso del VI secolo a.C.: infatti, grandi tumuli funerari, riferibili a questa fase cronologica, sono stati scoperti nella piana intorno a Torre di Castiglione (Conversano), nella zona di Masseria del Porto (Gioia del Colle) e nell’area di San Magno (Corato)". Questi dati sono poi confermati dai rinvenimenti effettuati alle pendici meridionali della collina di Ruvo, dove sono state portati alla luce resti di abitazioni a pianta absidata, ricollegabili a modelli edilizi esclusivi della zona ofantina, e soprattutto hanno documentato la diffusione della ceramica subgeometrica daunia prodotta nel centro canosino. In questo periodo è attestata anche la presenza di ceramica subgeometrica peucezia, sia monocroma che bicroma, dato questo che sottolinea per Ruvo il ruolo di centro di confine, partecipe delle tradizioni culturali dei due gruppi etnici, anche se si deve sottolineare che tale presenza è quantitativamente limitata”. Si tratta soprattutto di forme chiuse di grandi e medie dimensioni, come olle e crateri, la cui sintassi decorativa (come la catena di rombi campiti da svastiche dalle estremità uncinate o come la fila di volatili in rosso presente A. JATTA 1904,pp. 32-79;M. MARIN 1981, p. 281 ss. Ὁ RICCARDI 1989, pp. 69-89. DE JULI 1989, pp. 39-40 % Sul a ceramica geometrica della Peucezia: E. M. DE JULUS, La ceramica geometrica della Peucezia, Bari 1995, con ricca bibliografia; Ib. in Mille anni i ceramica in Puglia Bari 1997,pp. 65-75. La ceramica geometrica della Peucezia è stata divisa in due classi: Classe A (monocroma) e Classe B (bicroma). La suddivisione cronologica della ceramica Subgeometrica Peucezia è la seguente: Peucezio (650-575 a.C. circa) Peucezio Il (575-525 a C. circa); Peucezio Il (525-475 a.C. circa) 163
su un frammento di orlo espanso di un cratere) rimanda al centro di Monte Sannace. Particolarmente importanti sono soprattutto i crateri caratterizzati dalla decorazione con la fila di volatilila cui sintassi decorativa è inquadrabile nella sottociasse B 1 proposta dal De Juliis®, che ritiene fabbricati a Monte Sannace una serie di vasi bicromi caratterizzati nella decorazione geometrica da inserimenti di teorie di volatili, ispirati alle coeve produzioni corinzie”. Non mancano, inoltre, frammenti di ceramica subgeometrica bicroma, decorati con un motivo a losanghe concentriche, la quale rimanda alla produzione subgeometrica dei centri dell'entroterra barese gravitante verso l’area materana documentata nella fase ΤΙ di Cozzo Presepe, che ha come termine ante quem il 575 a.C. Nell'ambito del rituale funerario la deposizione del defunto in posizione contratta su ‘un fianco con le gambe piegate, propria delle genti iapigie, mostra a Ruvo, come in tutta la Peucezia, una persistenza ed una durata piuttosto significative. Per quanto riguarda il rituale funerario di questa fase, i dati vengono forniti ancora una volta dai sepoleri a tumulo di Coppa di Sotto, gli unici ad essere scavati in maniera regolare e sistematica. Infatti, in tutti i tumuli esplorati, nei livelli della deposizione sono stati trovati denti di Ovis vel Capra, che Striccoli considera come attendibili avanzi di pasto rituale consumato evidentemente prima della tumulazione della salma, a differenza di quanto riscontrato, per esempio, nella vicina necropoli di tombe a tumulo di San Magno, dove tale rito è stato rilevato a seppellimento avvenuto”. In due casi è stato possibile definire il sesso degli individui sepolti, in quanto sono state rinvenute delle punte di lancia, che sottolincano il ruolo evidentemente militare svolto dal defunto. Verso la seconda metà del VI secolo l'evidenza archeologica segnala l'avvio di modifiche delle strutture insediative, cui corrispondono processi di maturazione socioeconomica che evolvono secondo dinamiche comuni ai principali centri della Peucezia, progressivamente attratti nell’orbita economica e culturale delle colonie magnogreche di Taranto e Metaponto. L'insediamento peucezio sembra organizzarsi in questa fase sulla collina dell'odierna città, seguendo una tendenza sinecistica i cui esiti non devono aver superato lo stadio di uno sviluppo di tipo pre-urbano. Nuclei abitativi con annesse aree di necropoli si dispongono tra la fine del VI e il III secolo a.C. nell’area collinare senza un apparente piano preordinato di utilizzo degli spazi; l'infittirsi delle presenze funerarie indica, per questo periodo, un importante fenomeno di incremento demografico L'affermarsi, dunque, di questo nuovo costume funerario consistente nell'uso di seppellire i defunti nelle immediate vicinanze delle abitazioni può costituire il segno di una più marcata articolazione sociale e, non a caso, coincide con la presenza di vasellame di provenienza estema nei corredi, come accade anche nel vicino centro di Gravina dall'ultimo quarto del VII secolo”. Tale articolazione sociale sembra riflettersi nello ? De Juuits 19822, p. 126; Ip. 983b, p. 51;I. 1995. P F, D'ANDRIA, Messapi e Peuceti, in Ialia ommium terrarum alumna 1988, pp. 651-715; LABELLARTEDérALO 1986, pp. 71-72; DEPALO-LABELLARTE 1987, pp. 113-114. 7 STRICCOLI 1994, p. 248. Peri sepolcri a tumulo di San Magno, scavati recentemente in maniera regolare: Κα STRICCOLI, Nuovi sepoleri a tumulo indagati a San Magno (Corato-Bar), in AnnBari XXXII, 1989, pp. 159; ID, Terza compagna di scavi nel sepolereto a tumulo di San Magno (Corato-Bari), in Taras X, 1990, pp. 7-66; Ib. Scavi nel quadrante setentrionale nella necropoli a tumulo di San Magno (Corato-Bar),in AmBari XXI, 1991,pp. 5-131 ? CIANCIO 1997, p. 49. 164
schema distributivo delle sepolture che pare indicare l’esistenza di poli di particolare addensamento, con un'alta concentrazione di tombe aristocratiche, in corrispondenza del settore nord-occidentale (tav. VIII) dell'attuale centro urbano (Corso Cotugno, Corso Gramsci, Corso Carafa), segnalando un evidente rapporto di relazione topografica con antiche direttrici di collegamento tra l'entroterra e la vicina costa adriatica, assi generatori del futuro assetto urbanistico di età romana”. Come è largamente noto, le testimonianze archeologiche provenienti dalle necropoli forniscono la prova di evidenti processi di stratificazione sociale, con ai vertici gruppi elitari coinvolti in sistemi di relazioni e scambi esterni, per i quali l’ambiente grecocoloniale rappresenta il principale punto di riferimento culturale da cui mutuano comportamenti sociali “innovativi” rispetto a quelli indigeni. L’adesione a modelli “ideali” aristocratici propri della cultura greca, come l'oplitismo e il simposio, è documentata dalla circolazione e dall'uso di quei "beni di prestigio" costituiti dalle panoplie e dai servizi da banchetto comprendenti vasellame metallico e ceramico di importazione, esibiti nelle occasioni di rappresentanza politica e religiosa e deposti nelle tombe per sottolineare il rango elevato dei possessori. Un'analoga volontà di esibizione di censo e della posizione privilegiata si esprime nella composizione dei corredi funerari femminili, nei quali il ruolo della donna di alto rango è sottolineato dalle pregevoli parures di gioielli e dagli omamenti in materiali preziosi, la cui fattura rimanda ? LADELLARTE 2004,p. 102. ^. D'ANDRIA, Greci e Indigent in lapigia, in Forme di contatto e processi di trasformazione nelle società antiche (Atti del Convegno di Cortona, 24-30 maggio 1981), Pisa-Roma 1983, pp. 287-295; ORLANDINI 1983,p. 327 ss;A. BOTTI, P. G. GUZZO, Greci e Indigeni nel sud dela penisola dall'VIII secolo a.C. alla conquista romana, in Popoli e Civiltà dellIaia antica, VIII, 1986, pp. 11-390; BOTTINI 19962, pp. 541-588; M. Giaxatuuo, Inmogini coloniali dell'Alto: il mondo indigeno tra marginalità e integrazione, in Mito e Storia in Magna Grecia (Atti del XXXVI Convegno di Stud sulla Magna Grecia, Taranto 1996), Napoli 1997, pp. 279-302. “" Sui beni di prestigio la bibliografia è vastissima, per cui si citano alcuni saggi c articoli che possono interessare più da vicino la questione: M. MAUSS, Saggio sul dono. Forma e motivo dello scambio nelle società arcaiche, in M. MAUSS (a cura di), Teoria generale della magia ed altr saggi Torino 1965, pp. 153-292; M. Ghas, Trofics hyrreniens archaiques, Roma 1985;P. CARLIER, La regalità: beni di lusso e eni di prestigio, in T Greci Storia, Cultura rte e Società, Torino 1996, pp. 255-294;M. GRAS, II Mediterraneo in etàarcaica, Paestum. 1997; 1D, 1 beni di prestigio e le importazioni arcaiche in Basilicata, in Tesori dell Kala del Sud (catalogo della mostra a cura di B. D'AGOSTINO, Strasburgo 1998), Milano 1998,pp. 59-81. Sul modello dell'oplit: F. LISSARRAGUE, L'autre Guerrier Archers, eltastes, cavaliers dans l'imagerie atique, Paris-Rome 1990; A. M. SNODGRASS, Armi e armature dei Greci, Roma 1991; sul modello epic trasmesso alle popolazioni ialiche M. LOMBARDO, L'organizzazione militare deg alioi, in Magna Grecia IL Lo Sviluppo politico, sociale ed economico, Milano 1987, pp. 225-258; G. TAGLIAMONTE, / ili di Marte. Mobilità, mercenari e mercenariato italici in Magna Grecia e Sicilia, Roma 1994. Sul lusso: C. AMPOLO, I lusso funerario e la città arcaica, in AmStorAnt6, 1984,pp. 171-202 (a); 1D,I! lusso nelle società arcaiche, in OpusI, 1984,pp. 469-474. Sol vasellame metallico ¢ sulle porures femminili è utile vedere quanto accade nella vicina Basilicata: AA.VV, Basiles. Antichi re in Basilicata (catalogo della mostra, Roma 1995), Napoli 1995; AA.VV, Greci, Enotri e Lucani nella Basilicata meridionale, Napoli 1996; A. BOTTIN, I! vasellame metallico, in Greci, Enotr e Lucani 1996,pp. 97-100; AA_VV., Ornament lusso. La donna nella Basilicata antica (caalogo della mostra, Roma 2000), Roma 2000; AA.VV, Geni n Arme. dristocazie guerriere della Basilicata antica (catalogo della mostra, Roma 2001), Roma 2001; per la situazionein Peucezia: DE JULII 19888, pp. 65-75; D. 1990,pp. 394402;10,, 19960,pp. 529-560;1D, 1996b, pp. 186-188, 233-234; iD. 2001,pp. 260-267. Pera Peucezia anche il recent catalogo di una mostra di Rutigliano: AA, VV, Ornarsi d'ambra. Tombe principesche da Rutigliano, Mottola (Ta) 2004 165
ad esperienze artigianali del mondo etrusco, sia dell'Etruria propria che dell’Etruria campana, e magno-greco Ma un altro elemento distintivo non trascurabile, che connota l’elevato rango sociale del defunto, è costituito dall'adozione di strutture funerarie di tipo e di dimensioni monumentali: è chiaro il riferimento alla tomba a semicamera®. La sua comparsa sembra risalire alla fine del VI secolo a.C., al contrario di quanto accade nel resto dei centri indigeni della Peucezia (Ceglie, Monte Sannace e Gravina), dove tale struttura è attestata solo nella seconda metà del V secolo. Spesso era accompagnata da una sobria decorazione dipinta, costituita da fasce e linee di tipo zonale, che correvano parallele sulle pareti della sepoltura, o da decorazioni di tipo omamentale, quali palmette, arabeschi e vari ornati, fior o strutture architettoniche, mentre è del tutto eccezionale la presenza di fregi a figure umane, attestati a Ruvo solo nella “Tomba delle Danzatrici” e, probabilmente, anche nella Tomba 103, nonché in seguito in alcuni centri della Peucezia, quali Gravina e Ceglie". Come è noto, l'uso di decorare l'interno delle tombe con scene dipinte non è greco, né magnogreco, ad eccezione della "Tomba del Tuffatore” di Poseidonia che, tra l’altro, sembra essere appartenuta ad un meteco poseidoniate di origine etrusca. Esso, invece, è piuttosto frequente, già dalla piena età arcaica, presso gli Etruschi dai quali, quasi certamente, viene trasmesso in ambiente campano. È possibile, quindi, che tale uso
sia pervenuto a Ruvo enella Peucezia per influsso dell'ambiente etrusco di Capua, dove è attestato almeno un esempio significativo di tomba con scena dipinta figurata" Ciò non sorprende affatto, in quanto Ruvo, come si è visto nel capitolo sulle evidenze archeologiche, già dal VII secolo a.C. sembra intrattenere, sia con gli Etruschi di Capua, sia con quelli dell'Etruria vera e propria, dei rapporti commerciali piuttosto intensi, cui forse si devono aggiungere rapporti non meno rilevanti di natura diversa (politica e religiosa). Motivo di tale fenomeno è la posizione geografica favorevole di Ruvo che costituisce, assieme a Canosa, il centro estremo e più importante dell'itinerario “etrusco” lungo le valli del Sele e dell'Ofanto. A questo proposito, dati nuovi ed inediti sulla presenza etrusca nel centro peucezio, vengono forniti proprio da alcune tombe situate nella necropoli sulla via dei Cappuccini (Corso Cotugno) e in quella rinvenuta nel fondo del Buccettolo (Corso Gramsci-Corso ‘Per la tomba a semicamera: cf. vedi supra, cap. IV, pp. 125-146. © DE Jutus 1996,p. 241 ^^ Tale affermazione emerge dalla lettura di un manoscritto di E. Mola della fine del ‘700 sui sepoler di Ceglie, nel qual si para di tombe riechissime con fregi figurati dipinti come nelle tombe di Tarquinia. "^ La bibliografia su questo argomento è vastissima. Si citano perciò, senza completezza, GRECO 1982, pp. 51-56; PONTRANDOLFO 1987, pp. 62 e ss; CIPRIANI 1989,pp. 71-91; PONTRANDOLFO 1990,pp. 351-353; CoLONNA 1991, pp. 62-64; AMPOLO 1993, pp. 104-108; ZEVI 1998, pp. 23-25 (con ulteriore bibliografia); PONTRANDOLFO 19966, pp. 38-39 (con ulteriore bibliografia). Sulla tomba dipinta di Capua: WEEOE 1909, p. 108 ess; D'AGOSTINO 1974,p. 199 ess; CERCHIA! 1987a,pp. 52-56, tav. 30,1; D'AGOSTINO 1988, pp. 571572; COLONNA 1991, pp. 61-62; DE CARO 1991, p. 314; CERCHIA! 1995,pp. 185-187; CRISTOFANI 1995, p. 32, nota 18, p. 121, ota 47; DE JULUS 1996 b, p. 241; CERCHIA 1997,pp. 129-134; CERCHIA, in D'AGOSTINO CERCHINI 1999,p. 172; D'AGOSTINO 2001,pp. 249-251. Si tratta di una tomba a camera con almeno venti deposizioni le cui pret erano dipinte con una scena raffigurante due uomini ammantat che giocavano a dama. La cronologia del tomba è fissata al 480 a.C. per la presenza di un vaso aio a figure rose. Le pitture sono andate perdute edi esse rimangono solamente dei disegni ottocenteschi. 166
Carafa), situate rispettivamente nei settori nord-occidentale (tav. VIII) e sud-occidentale (tav. IX). Infatti, in questi due settori sono venuti alla luce gruppi di tombe monumentali, affiancate le une alle altre, che hanno restituito corredi funerari di straordinaria ricchezza, costituiti da beni di lusso di produzione greca ed etrusca. Ad accrescere maggiormente l'interesse su tali contesti è il rituale funerario adottato per la sepoltura dei defunti, caratterizzati dalla posizione supina e distesa. Come è ampiamente noto, l’uso di seppellire i morti in tale posizione non è tipico delle genti iapigie, ma è caratteristico di altre etnie“. Tali sepolture, comprese cronologicamente tra l'ultimo quarto del VI e la fine del V secolo a.C, sono distinte topograficamente dalle altre e sono poste in posizione emergente, nella parte più elevata, al centro della necropoli. Si tratta di sepolture guerrieri, accompagnate, oltre che dalle consuete armature, anche da numerosi e pregevoli finimenti equini, nonché di sepolture di «donne letteralmente ricoperte d'oro e di ogni sorta di beni di lusso e di prestigio». Certamente, tra le tombe menzionate, si distingue per la grandezza smisurata della struttura funeraria e per la ricchezza del corredo, la "Tomba del Principe” (Tomba 103), la cui struttura sembra sia stata intenzionalmente isolata, assieme alla “Tomba delle Danzatrici”, dalle altre tombe, come se si fosse voluta creare un'area di rispetto®. Il contesto è assolutamente privo di confronti nel mondo indigeno della Puglia per il numero di oggetti importati, nonché per il cospicuo complesso delle panoplie e dei finimenti equini ritrovati, che fanno pensare alla possibile presenza di un carro. I singoli oggetti, inoltre, sono stati accuratamente scelti ed intenzionalmente posti ognuno per la propria peculiare valenza e per il proprio significato, definendo così un complesso omogeneo in se stesso ma del tutto anomalo nel panorama indigeno apulo. La posizione supina del corpo connota il defunto come un allogeno, se per «disteso», come viene riferito nella relazione del Laviola, si deve intendere tale posizione. Un'ulteriore conferma dell’uso dell’inumazione in posizione supina è data dal fatto che fra le gambe del defunto si rinvenne il grande cratere di bronzo. Quest’usanza di porre il cratere oppure altri vasi da simposio tra le gambe dei defunti è stata riscontrata in alcune sepolture risalenti al VIT ed al VI secolo a.C. dell’area enotria®, ad Aliano e a Chiaromonte (tomba 31)®, dove i defunti venivano seppelliti in posizione supina. Lo stesso fenomeno è stato riscontrato anche ad Atena Lucana", in tombe di guerrieri lucani del V e del IV secolo a.C., nonché in un'altra sepoltura a semicamera di Ruvo (Tomba 114), appartenente ad un guerriero di origine osca, riferibile alla fine del V secolo”. “Sui rituali funerari nel mondo indigeno dell’Italia meridionale: D'AGOSTINO 1974; Borrint, Guzzo 1986; D'AGOSTINO 19882, pp. 91-114 con bibliografia. * Citazione ricavata da una relazione manoscritta del Laviola (1835) ripresa fedelmente dal Braun: BRAUN 18360, p. 73. ^ Vedi le tombe principesche gemelle di Pontecagnano: B. D'AGOSTINO, Tombe «principesche» dell'Orientalizante Antico do Pontecagnano, in Mon4n, Serie Mise, vol. I, 1, 1977. Anche una tomba femminiledi Bisaccia: PONTRANDOLFO GRECO 1982, pp. 45-50 con bibliografia. 7 BOTTINISSETARI 1996, pp. 57-67. # RUSSO-TAGLIENTE 1992-1993 (1996), pp. 233-407e p. 335,fg. 62. ^ BOTTIN 1987a, pp. 268-269. ® MONTANARO 1999-2000, tomba 12. 167
1I defunto si identifica come un “guerriero aristocratico”, dotato di parti importanti della panoplia greca, come l’elmo in bronzo di tipo corinzio e la corazza ancora indossati, il grande scudo circolare e la coppia di lance. La presenza delle armature in bronzo per tre cavalli (una coppia di prometopidia e tre prosternidia associati ad altri elementi decorativi) qualifica il personaggio sepolto quale un cavaliere appartenente ad un’ élite aristocratica e inducono a pensare che al servizio di questo personaggio eminente potesse esservi un carro (veicolo accertato concretamente in Etruria e nel vicino Melfese, dove è ben evidente l'influsso etrusco), oppure una seconda cavalcatura tenuta da uno scudiero, come è testimoniato dalle “lastre dei Cavalieri” che decoravano l’edificio di Braida di Serra di Vaglio (Pz), sulle quali è raffigurato il duello tra due guerrieri, a piedi, armati alla maniera degli opliti greci (elmo, scudo e lancia), seguiti ciascuno da un palafreniere che reca due cavalli. 1 confronti più vicini sono senza dubbio costituiti dalle sepolture dei “Basileis” di Braida di Vaglio e da una eccezionale sepoltura di Baragiano (Pz), in cui sono appunto presenti gli elementi dell’armamento oplit co greco e le bardature equine; l'unica differenza. è costituita dal rito funerario che, in queste tombe, risulta essere quello dell'inumazione con rannicchiamento su di un fianco”. Se la presenza della panoplia difensiva oplitica e delle bardature equine rivela un’impressionante somiglianza con i corredi delle tombe 101 e 103 di Braida di Vaglio, non si può affermare lo stesso per quanto riguarda le nove panoplie, che circondavano il defunto, appoggiate alle pareti della tomba, le quali suscitano notevoli perplessità e difficoltà di interpretazione. Lo stesso discorso vale per le bardature equine, che inducono ad ipotizzare la probabile presenza all’interno della sepoltura di una triga. Potrebbe trattarsi di un enorme bottino conquistato da questo straordinario personaggio durante i suoi numerosi duelli e le sue battaglie con altri capi militari; ma, in ogni caso, si tratterebbe di un bottino unico, in quanto finora non è mai stato ritrovato uno caratterizzato da una tale ricchezza e che sembra non avere confronti in alcun ambito culturale. È chiaro, comunque, che questa ossessiva moltiplicazione delle singole componenti sono un segnale evidente della ricchezza, intrinseca e allo stesso tempo volutamente enfatizzata, del personaggio, di cui si vuole sottolineare in maniera. marcata il carattere di guerriero, sicuramente di rango equestre, come suggerisce la presenza degli elementi per la bardatura dei cavalli. Per quanto riguarda il corredo ceramico, il complesso dei vasi attici a figure nere è assolutamente privo di confronti nel mondo indigeno della Puglia ed anche della vicina Basilicata, per numero di esemplari, per varietà di forme, nonché per motivi iconografici. 5. Sulle armi greche: KUNZE 1967; LISSARRAQUE 1990; KUNZE. 1991; SNODGRASS 1991; sui card in Etruria: Carri da guerra e principi etruschi 1999 con bibliografia; sui cari nel Melfese: TOCCO-SCIARELLI 1971,pp. 104-110;Io. 19710,pp. 121-128; BOTTIN, in AnndStorAnt 1, 1979, pp. 77-94; D'AGOSTINO 19888, pp. 108-109; BOTTI, RUSSO, TAGLIENTE 1990, pp. 79-84; A. BOTTIN, I! mondo indigeno nel Vsecolo a.C, ia Bollettino Storico della Basilicata V, 1991,pp. 202-203; BOTTINL-SETARI 1995, pp.221-223; BOTTIN 19960, pp. 642-645; Bort, SETARI 2003, pp. 101-103 con bibliografa. ^BOTTIN-SETARI 1995,pp. 215-216; BOTTI 19960, pp. 642-643; D'AGOSTINO 1998, pp. 43-44 5 Perle tombe principesche della Basilicata: D'AGOSTINO 1998, pp. 25-57: Per Braidadi Vaglio: BoTTIM, ϑετακι 2003; perla tomba di Baragiano: TAGLIENTE 1998,pp. 248-249; M. L. NAVA, Π ritratto aristocratico il guerriero indigeno nel mondo arcaico, in Gent n arme 2001, pp. 35 168
Questi ultimi, infatti, sembrano presentare un vero e proprio programma figurativo quasi auto-propagandistico: una rara e monumentale lekane, quattro lekythoi, di cui due a fondo bianco attribuite al Pittore di Edimburgo (525-500 a.C.), con scene raffiguranti le imprese dî Achille in almeno tre esemplari. Davvero significative, se non impressionanti, essendo chiaramente in sequenza, sono le due scene raffigurate su due leythoi: sulla prima (cat. 103.29) l'eroe è raffigurato su una quadriga in corsa mentre trascina il corpo di Ettore, sull'altra (cat. 103.28) è rappresentato nel momento in cui riceve Priamo che viene a riscattare il corpo straziato del figlio; sono scene che indicano in maniera evidente come alla base vi sia stata una precisa richiesta tematica da parte del committente. Sui rimanenti esemplari sono poi raffigurate altre scene connesse al tema della guerra e delle imprese eroiche, come dei cavalieri in combattimento. Fanno parte del complesso funebre anche un’hydria con la scena della lotta tra Eracle e Apollo per il possesso del tripode delfico, kylikes del tipo “ad occhioni”, skyphoi e kylikes tipo "band-cup", queste ultime attribuibili alle officine dei Piccoli Maestri, decorate con scene di athla, con teorie di cavalieri, figure dionisiache, nonché con scene di commiato presso una stele. Puntuali confronti sono riscontrabili con le kylikes tipo "band-cup" restituite dalle sepolture principesche di Braida di Vaglio, decorate con una scena di combattimento ed una corsa di quadrighe®, Tra questi vasi sono presenti anche due skyphoi, uno raffigurante Eracle e l’altro una scena con due guerrieri presso un oracolo, e un cratere a colonnette del Pittore di Lisippides con la scena dell'apoteosi di Eracle. Quasi a fare da pendant con i vasi figurati e a sottolineare ancora di più la volontà di ostentazione della regalità del defunto è lo scettro in argento dorato con la sommità decorata nientemeno che dalla protome di Eracle gianiforme. È quindi fin troppo evidente che ci si trova di fronte ad un vero e proprio programma figurativo che concorre all'autopropaganda e all’autoesaltazione dell’eminente personaggio sepolto nella tomba in esame. II reiterato riferimento a eroi epici come Achille e a personaggi sovrumani come Eracle (espressione simbolica di forza e di virtù eroica, valori che permeano anche l'ideologia delle élites italiche, in particolare di quelle nord-lucane, e nei quali si identifica senza dubbio il committente-destinatario)” indica come tale personaggio di levatura regale esprima un desiderio di analogia con queste figure straordinarie ed eroiche, con il loro destino ultraterreno, delle quali fa proprie le gesta eroiche equiparandole alle sue, così da rendere immortale ed eterno il suo ricordo e le sue imprese valorose nell’ambito della comunità. A questo proposito, carica di significati allusivi è proprio la scena dell'apoteosi di Eracle raffigurata sul cratere attico del Pittore di Lisippides: qui il semidio (il defunto principe identificato in Eracle) accede al cielo tra gli dei, dopo le sue valorose imprese, consacrando cosi la propria immortalità. Era, infatti, credenza delle popolazioni italiche, soprattutto dei ceti aristocratici, dei guerrieri e dei cavalieri TAGLIENTE 2001, pp. 43-47; BOTTI, SETARI 2003,pp. 85-86 con tua la bibliografiapiù recente. © Sulla fortuna del mito di Eracc in Ialia meridionale: PONTRANDOLFO GRECO 1982; GRIMAL 1990, p. 225; BOTTINI 19928 con bibliografia; BOTTI, in Armi 1993, p. 79; A. MASTROCINQUE (a cura di), Ercole in Occidente (At del Colloquio Internazionale, Trento 1990), Trento 1993; BIANCO, in Greci, Enotri e Luconi ‘89: TAGLIENTE, in Greci, Enori Lucani 1996, p. 81; F-H. MASSA PAIRAULT (s cura di) Le myth grec dans alia antique. Fonction et Image, in Collection de l'Ecole Française de Rome 153 (Atti del Colloguio, Roma 1996), Roma 1999; MUGIONE 2000 : S. DE CARO (a cura di), Ercole, l'eroe, i| mito, Milano 2001 169
di rango elevato, che colui che avesse compiuto grandi imprese o che trovasse una morte gloriosa come quella degli eroi nel combattimento, avrebbe ottenuto in premio l'immortalità dell'anima; quella del guerriero eroico diviene dunque una figura simbolo della società". Tra le élites indigene l'ideologia della guerra e dell'eroismo permetteva, a livello immaginario, la trasposizione dal piano dell'umano a quello dell'universo eroico, suggerendo la possibilità di realizzare un legame con il divino attraverso le azioni terrene ci percorsi seguiti in vita. Fra questi, quello dell'attività guerresca più di altri è in grado di attuare tale diverso rapporto con la sfera ultraterrenae di consentire il "superamento della morte”. Le imprese degli eroi del mito alludono a tale pensiero e, quindi, al ruolo sociale preminente che da ciò conseguentemente deriva. Per cui il “superamento della morte” è da considerarsi prerogativa di pochi e non può che attuarsi attraverso le azioni terrene. Affinché si realizzi tale possibilità, oltre all’attività guerresca, possono intervenire altri elementi, quali l'adesione a forme di religiosità non tradizionali c la partecipazione a riti iniziatici. Anche il desiderio di analogia con il destino ultraterreno proprio degli eroi epici e dei personaggi sovrumani può dunque essere rivendicato solo da un individuo che riveste un ruolo sociale preminente e che richiamandosi a forme di religiosità diverse da quelle tradizionali, nonché a credenze di tipo salvifico, conseguentemente si differenzia dagli altri componenti della comunità. Come l’eroe predestinato ha superato le sue imprese, anche iniziatiche, e ha poi potuto accedere da vincente nell'Oltretomba e al cielo accolto come un dio tra gli dei, così il personaggio regale sepolto nella tomba ha superato in vita prove che gli consentono di affrontare preparato il mistero della morte, offrendogli una speranza di immortalità che gli viene donata accedendo di diritto anch'egli tra gli dei. D'altronde, riferimenti al dionisismo e alle connesse dottrine salvifiche sono evidenti nelle immagini dionisiache sui vasi attici e nella testa silenica che decora la splendida lucerna di bronzo. Certamente più affascinante, suggestiva e ricca di richiami al mondo aristocratico etrusco, è l'ipotesi che questi oggetti siano riferibili a dei doni di capi militari nei confronti di tale personaggio regale, seppellito con tutti gli onori, o piuttosto ad armi da parata deposte dopo la sontuosa cerimonia funebre di stampo eroico, come spesso accade # Sul concetto della “bella morte": A, SCHNAPP-GOURBELLON, Les fundrailles de Patrocle, in GNOL, VERNANT (a cura di), La mort cit. 1982, pp. 77-88; I-P. VERNANT, La belle morte et le cadavre outrazè, in GNOLI, VERNANT (a cura di), La mort, cit, 1982, pp. 45-76; L. CERCHIAI, «Geras thanonton»: note sul concetto di «Belle Morts, in AnndStorAnt6, 1984,pp. 36-69; A.M. SNODGRASS, The Archeology ofthe Hero, in. AnnAStorAnt 10,1988, pp. 19-26; L-P. VERNANT, Figures féminines de la Mort en Grèce,in individ, la mort, l'amour,Paris 1989, p . 31 ss; D'AGOSTINO 1996, pp. 37-440 con la bibliografie più recente ^ Sugli aspetti archeologici del “superamento della more" c sull'iniuenza dei misteri dionisiaci sulle popolazioni aneleniche: N. COLDSTREAM, Hero-cults in the Age of Homer, in JHS CCVI, 1976, pp. 8-17; A. MELE, pitagorismoe lepopolazioni anelleniched Iali,inAmAStorAnt3,1981,pp.61-96;A. PONTRANDOLEO, L'escatologia popolare e i rii finerari grec, in G. PUGLIESE CARATELLI (a cura di), Magna Grecia II. Vita religiosa e cultura letteraria, filosofica e scientifica, Milano 1988, pp. 171-196;W. BURKERT, Ante Mysteien, Funktionen und Gehalt, Munchen 1990, e l'importante recensione di U. BIANCHI in «Gnomon» LXVII, 1995, pp. 1-4; A. BOTTIN, Archeologia della salvezza. L'escatologi greca nelle testimonianze archeologiche, Milano 1992; BorTist 1996b, pp. 545-546; D'AGOSTINO 1996,p. 439 ss; E. MUGIONE, Dionisio e l'Olretomba, in Poseidonia e 1 Lucani 1996, pp. 245-246;A. PONTRANDOLFO, A. ROUVERET, Riti funerari e credenze escatologiche, n Paseidonia ei Lucani 1996, p. 243-244;A. BOTTINI, La religiosità salvia in Magna Grecia fra testo e immagini, in Magna Graecia 2005, pp. 140-142. 170
nelle tombe di rango elevato dell’ Etruria e di quelle arce profondamente influenzate dalla cultura etrusca®, In effetti, le nove panoplie, le bardature equine pertinenti ad una triga, nonché il vasellame metallico e le ceramiche attiche con il loro ricco e vario apparato figurativo rivelano dei chiari e profondi legami con il mondo etrusco arcaico, in cui la triga è presente con relativa frequenza sulle terrecotte architettoniche etrusco-laziali. A questo proposito, risultano impressionanti le somiglianze con le decorazioni figurate delle lastre di rivestimento che ornano le regiae etrusche e laziali dell'età arcaica (Roma, Veio, Velletri, Cisterna di Latina), risalenti al terzo venticinquennio del VI secolo a.C., con le pitture delle tombe di Tarquinia e di Chiusi, che raffigurano giochi funebri con corse di carri, così come con un cippo di pietra fetida proveniente da Chiusi con la raffigurazione di una corsa di trighe?. Il motivo della presenza delle nove panoplie e delle bardature equine potrebbe dunque trovare la sua spiegazione nelle lastre con la raffigurazione di una corsa di carri (una triga c due bighe) e di una giostra di cavalieri, da Roma e da Velletri, e nel cippo di Chiusi con la corsa delle trighe. Come, giustamente, ha osservato Torelli®, queste lastre raffigurano dei giuochi di destinazione funeraria e la presenza della triga è un evidente riferimento al “Zrigarium” di Roma, luogo dove si svolgevano le corse delle trighe, legato a giochi praticati nella Roma di epoca arcaica e presso le aristocrazie etrusche: si tratta, in effetti, di riti di carattere infero e funerario, così come funeraria è la cerimonia omerica dell'uccisione del cavallo esterno della triga®. È stato giustamente riconosciuto
come il loro svolgimento in età arcaica fosse strettamente connesso al rito dell’ “October Equus”, al trionfo del rex e di conseguenza alla chiusura della stagione militare”. © Sulle cerimonie di stampo eroico in Etruria: G. BARTOLON!, Rit fimerari dell'arstocraziin Etruria e nel Lazio. L'esempiodi Veio, in Opus 3, 1984,pp. 13-28; F. BOITANI, Veio la tomba “principesca” di Monte Michel, in StEr 51, 1983 (1985), pp. 535-556; G. BARTOLONI, Documentazione figurata e deposizioni fimerarie: le tombe con carro, in ArchCI 45, 1993, pp. 271-291;B. D'AGOSTINO 1996, pp. 439-441; G. BARTOLON, La tomba, in Principi Etruschi 2000,pp. 163-171; F. BOITANI, La tomba principescan. 5 di Monte Michele, in Veio, Valci Cerveteri 2001, pp. 113-118; A. BOTTIN, I rituale funerario eroico, in liade 2006, pp. 114-123. Sulle cerimonie di stampo eroico nella Campania: D'AGOSTINO 1977; L. CERCHIAL Nuov «tomba. principesca» da Pontecagnano, in Atti Roma 1984, pp. 411.413 (b); ID, Una tomba principesca del periodo Orientalizznte Antico a Pontecagnano, in StEir 53, 1987, pp. 28-42; D'AGOSTINO 1988a, pp. 100-104; M. Cuozzo, Ripetere, moltiplicare, selezionare, distinguere nell necropoli di Pontecagnano. Ii caso della tomba 4461, in AnnaStorAnt 1 -12, 2004-2005, pp. 145-154. Una cerimonia di tipo eroico è attestata anche nella tomba 1/75di Canosa-Toppicelli, riferibile alla metà del VII secolo, nella quale il defunto è stato sottopostoa una semicremazione in si: LO PORTO 1992, pp. 75-85. * Sulle laste dî rivestimento delle regiae etruschee laziali: M. TORELLI, 1 regi figurati dele regie latine ed etrusche. Immaginario del potere arcaico, in Ostraka , 2, 1992,pp. 249-274 (= inM. ToRELLI, I! rango, il rito e l'immagine. All origini della rappresentazione storia romana, Milano 1997, pp. 87-121); D. Le regiae etrusche e laial tra Orientalizzante e Arcaismo, in Principi Etruschi 2000, pp. 61-78 (a) con la più recente bibliografia. Per le tombe, il rimando ὁ alla Tomba delle Olimpiadi (520 aC.) e alla Tomba delle Bighe di Tarquinia, nonché alla Tomba del Colle Casuccindi Chiusi (500-490 a.C) Il cippo in pietra feda da Chiusi: G. CaMpOREALE, Gli Eruschi Storia e civiltà, Torino 2000, fg 147. © ToRELL 1997, pp. 87-121 © Sulle corse di cari in Etruria: R. C. BRONSON, Chariot racing i Etruria, in Studiin onore di L. Banti, Roma 1963, pp. 89-106;F. COARELLI,Il Campo Marzio. Dalle origini alla fne della repubblica, Roma 1997, pp. 69-73;G. CoLonna, L'Italia antica: Ialia centrale, in Carri da guerra eprincipi etruschi 1999, pp. 17-18. 4 Alcune fonti leuerari riferiscono che al termine della gara il cavallo di destra del io vincente veniva sacrificato perché considerato il migliore cio’ il più veloce del carr vittorioso, quindi a testae la coda erano. 171
La triga, quindi, sembra legata in maniera indissolubile al rex, al suo trionfo ed in particolare ai giochi in suo onore, i ludi del rex‘ Non è da escludere perciò che sia le panoplie sia le bardature equine siano state utilizzate per lo svolgimento dei giuochi funebri, celebrati in occasione di funerali eroici, modellati su quelli omerici, in onore del re defunto e divinizzato, poi deposte nella tomba come offerta a perenne ricordo della parata e dei ludi. A confermare quanto è stato detto potrebbero essere le raffigurazioni di due kylikes attiche presenti nel corredo della regale sepoltura. Sulla prima sono raffigurati una quadriga con auriga e guerriero armato, coppie di combattenti; sull'altro lato la scena è analoga, ma sulla quadriga è presente solo l’auriga; si tratta forse di un'allusione alla morte gloriosa del guerriero, avvenuta durante un combattimento, secondo l'ideologia della "bella morte” 0 della rappresentazione di giuochi funebri con combattimenti? La raffigurazione della seconda kylix rende il discorso ancora più interessante: infatti, sul lato A sono raffigurati cavalieri nudi a terra, un carro vuoto tirato da un uomo e un pilastrino (una stele?), sul lato B sono dei cavalieri galoppanti. È probabile che si tratti di una scena di commiato eseguito con giuochi funebri per il valoroso guerriero morto in combattimento con il trasporto dei doni (il carro vuoto, come avveniva în Ftruria, era usato per il trasporto funcbre) verso la tomba di costui. Anche le raffigurazioni vascolari con le imprese di Fracle e la sua apoteosi trovano dei riscontri formidabili nelle lastre degli edifici di Acquarossa, che raffigurano le imprese di Eracle, e in quelle di Velletri, dove è raffigurata un'assemblea divina che accoglie Eracle nell'Olimpo, ribadendo così il destino divino, in vita e post mortem, della classe dominante nel contesto pregnante dei riti gentilizi praticati nelle regiae italiche. Ed è soprattutto quest'ultimo, quello dell'apoteosi, un motivo assai caro alle aristocrazie etrusche perché ritenuto gravido di allusioni allo statuto eroico che il capo della gens otteneva con il trionfo e la morte gloriosa in combattimento. Quindi il dominio dei re e dei principi etruschi di Velletri e di Acquarossa, nonché del principe di Ruvo si poggia sulla virtù c sulle imprese incarnate dalla potenza guerriera o dalle gesta eroiche degne di Eracle e costoro possono aspirare al cielo solo se mostrano di meritarlo come Eracle. A testimoniare il nesso inscindibile tra impresa eroica e immortalità è l'allegoria della prova incarnata dalle imprese di Eracle e dal suo arrivo nell'Olimpo raffigurati sui vasi attici, come pure nella lastra di Acquarossa dove l'allegoria della prova precede il carro nel caso della partenza del principe e segue il carro nel caso dell'arrivo trionfale dello stesso". 1I ruolo regale del defunto è indicato dalla presenza dello scettro in argento dorato, oggetto-simbolo di questo status eccellente tra i principi etruschi, che trova riscontro con recise c dedicate poi a Mare. Per Coareli è evidente che anche il percorso rituale che compivano la testa e la coda recise al cavallo attraverso la Sacra Pa fino alla “regia”, era in stretta connessione col rex. Fonti, interpretazioni e bibliografia in F. COARELL, I Foro Romano, I~ Periodo areaico, Roma 1986, pp. 3-77; L PEDRANI,La riga sui denari repubblicanie 1 ludi del rex in Boll Nam, 20, 1993,pp. 103-109. SF. COARELLI 1986, pp. 73-79; ID, I Foro Boario dalle origini alla fine della Repubblica, Roma 1988, pp. 409-437. # ToRELLI 2000, pp. 166-168. © Sul favore riscontrato dal mito di Eracle in Etruria: B. D'AGOSTINO, Noterelle iconografiche. À proposito di Eracle nell'Etruria arcalca, in AION XIII, 1991, pp. 125-128 ( in B. D'AGOSTINO, L. CERCHIAI, I mare, 172
un analogo esemplare proveniente dalla tomba principesca di Veio-Monte Michele®. Il ricco corredo di vasi in bronzo di importazione greca ed etrusca che accompagnano il defunto costituisce un'ulteriore conferma dell'altissimo rango del personaggio sepolto. Tra questi emerge soprattutto il cratere di produzione laconica che trova puntuali confronti con quello rinvenuto nella tomba di Vix in Francia, probabilmente realizzato dalla stessa. officina di quello della tomba del principe”. Confronti davvero stringenti sono ravvisabili con due tombe di rango principesco rinvenute a Capua. La tomba 1426 ha restituito, infatti, un ricco complesso di vasi in bronzo, tra cui un altro esemplare di cratere laconico, forse prodotto dalla stessa bottega dei crateri di Ruvo e di Vix. La nota tomba "Dutuit" presenta affinità ancora più strette: la struttura a semicamera richiama, infatti, quella della tomba principesca. Inoltre, anche il suo corredo comprende uno straordinario servizio di vasi bronzei di importazione greca ed etrusca (tra cui una grande /rydria), connessi al consumo sia del vino, sia delle cami, nonché il carro, probabilmente un veicolo da parata per il cerimoniale funebre”. Questi confronti confermano ulteriormente gli stretti rapporti intercorrenti durante l'età arcaica tra Ruvo e gli Etruschi di Capua, che conosce in questa fase il periodo di massima fioritura politica e artistica. Qui, infatti, convergono gli oggetti di lusso provenienti dalla Grecia, dalla Magna Grecia e dall’Etruria, tanto da esercitare la sua influenza culturale su gran parte dell’Italia meridionale e da imporre nuovi impulsi e nuove mode nell’ambito del rituale funerario”. la morte, l'amore. Gli Etruschi, i Greci e l'immagine, Roma 1999, pp. 147-150); TORELLI 1997, p. 100;A. MASTROCINQUE, Eracle "Iperboreo" in Etruria, in A. MASTROCINQUE (a cura di), Ercole in Occidente (Atti del Colloquio Internazionale, Trento 1990), Trento 1993, pp. 49-61; sul trionfo l'apoteosi del principe: B. D'AGOSTINO, Dal palazzo alla tomba, in ArehCI 48, 1991,pp. 223-235(^ in D'AGOSTINO, CERCHIAI 1999, pp. 3-12 con ampia bibliografia);M. MENICHETTI, Archeologia del potere. Re, imagin e miti a Roma e in Etruria. in età arcaica, Milano 1994 con ampia bibliografia; TORELLI 1997, pp. 87-21; F. DELPINO,G. BARTOLONI Il principe: stile di vita e manifestazione del potere, in Principi etruschi 2000, pp. 221-229;M. MENICHETTI,Le forme politiche di epoca arcaica, in Gli Etruschi 2000,pp. 205-226 a) D. La guerra, in Gli Firuschi 2000, pp. 558-559 (b) A. NASO, Le aritocrazie etrusche in período orientalizante: cultura, economia, reazioni in Gli Etruschi 2000,pp. 111-130;G. SAssATELLI, I Palazzo, in Principi etruschi 2000, pp. 143-153 "Sullo scetro e/o sui simboli regali in Etruria: BARTOLONI 2000, pp. 165-166; DELFINO, BARTOLONI 2000, pp. 223-224 con ulteriore bibliografia; M. MENICHETTI, L'opulenza, in Gli Etruschi 2000, pp. 566-567 (c) 1., 1 cuto degli antenati e la continuità gentilizia, in Gli Etruschi 2000, pp. 583-885 (d) D., rituali del potere ‘arcaico, in Gli Etruschi 2000, pp. 588-591 (e). Sullo scetodi Veio- Monte Michele: BOITANI 1985, pp. 535556; M. BONGHI JOVINO, Funzioni, simboli e potere. 1 bronzi del ‘complesso’ targuiniese, in Der Orient und. Etrurien,Internationales kolloguium, Tübingen 1997, Pise-Roma 2000, pp. 287-298; BOITANI, in Hi, ile, Cerveteri 2001, pp. 113-115. ROLLEY 1982,pp. 64-65e p. 72.73 > Sulla tomba 1426 di Capua: JORANNOWSKY 1974, pp. 3-20; D'AGOSTINO 1988a, p. 109; sula tomba Dutuit: CERCHIAI 1995, pp. 141-144;V. BELLELL, I contesto del Carro Duruit. Storia degli stud, ia Carri da guerra 1999, pp. 301-303 con ampia bibliografia;L. CtRcHAt,G. CoLUCCI PESCATORI,G. D'HENRY, Lal ‘antica: lala meridionale, in Carri da guerra 1999, pp. 26-28. 9 Su Capua in età arcaica J. HEURGON, Recherchessur l'histoire, la religion et la civilisation de Capone préromaine: des origines a la deuxième guerre punigue, Pais 1942 (2ed. 1970);G. COLONNA, in Gli Etruschi e Roma, Roma 1981,pp. 165-167;W. JOHANNOWSKY, Materiali di tà arcaica dalla Campania, Napoli 1983; F. Ze in Civiltà degli Etruschi, Milano 1985, pp. 124-126; D'AGOSTINO 1988a,pp. 100-109; ID,Le gent ella Campania antica, in Italia omnium terrarum alumna,pp. 569-575 con ampia bibliografia; W. JOHANNOWSKL, Capua antica, Napoli 1989; B. GRASSI, Capua Preromana. Il vasellame in bronzo del Museo Provinciale 173
‘Tomando sul complesso dei vasi bronzei della tomba principesca ruvese, si deve sottolineare la presenza dell'oinochoe e del bacino, che costituivano la cosiddetta “coppia funzionale”: si tratta di oggetti allusivi ai cerimoniali ellenici della prassi conviviale che aveva ormai assunto per le popolazioni italiche, soprattutto per i ceti elevati, un valore simbolico-allusivo nel quadro di quelle concezioni escatologiche accettate dalle élites indigene e italiche nella prospettiva di un legame diretto fra privilegio sociale e “speranza di salvezza” a tutto vantaggio di queste stesse élites”. Il banchetto terreno può quindi prefigurare il simposio ultraterreno riservato ai “beati”, come è dimostrato dalle pitture della "Tomba del Tuffatore” di Poseidonia”, dalle pitture delle tombe di Tarquinia, in particolare quella delle Olimpiadi, nonché dalle lastre con simposio delle regiae arcaiche etrusche c laziali. Non meno significativa è la presenza della lucerna, anch'essa allusiva al simposio e trasportata, in questo caso, nel mondo ultraterreno, quanto aveva la funzione di accompagnare il defunto durante il convivio ambientato nelle tenebre dell’Oltretomba”. Infine, il lebete, come è noto, rimanda al consumo delle carni bollite e al banchetto aristocratico, ma esso è anche lo strumento fondamentale in alcuni miti (quello relativo a Medea e alle Peliadi), nei quali, attraverso la bollitura del corpo, si promette la resurrezione e l'immortalità” A questo punto sorge spontanea la domanda sull'identità di questo individuo, di Jevatura certamente regale, e sul gruppo etnico di appartenenza non essendo un indigeno. Senza dubbio non si tratta di un Greco, vista la presenza di vasellameda simposio; infatti, come è largamente noto, in ambiente greco esiste una netta opposizione tra il simposio e l'ambito funerario”. Tutti i confronti sembrano suffragare l'ipotesi, peraltro molto Campano, Pisa-Roma 1990; COLONNA 1991, pp. 48-64; DE CARO 1991, pp. 302-318;D. WILLIAMS, The Biygos Tomb reassembled and 19th century commerce in Capuan antiquities, in AJA 95, 1991 (1992), pp. 617634; CERCHIA 1997,pp. 129-134; ID,Le tombe "a cubo" di età tardoarcaica della Campania settentrionale 1998, pp. 117-122; BONGHI JOVINO 20002, pp. 162-167; B. GRASSI, Capua Preromano. Vasellame e oggetti in bronzo. Artigiani e commitenzo, Pisa-Roma 2000; M. MINOIA, Capua Preromana. I! bucchero del Museo Provinciale Campano. Ricezione, produzione e commercio del bucchero a Capua, Pist-Roma 2000; D'AGOSTINO 2001,pp. 250-251. 7 A. Bott, I culto dei defini e le credenze salvifiche (La religione delle genti indigene), in Magna Grecia Il. Vita religiosa e cultura letterari, filosofica e scientifica 1988, pp. 81-88; BOTTIN 1992; BOTTINI 19962, pp. 545-546; A. BOTTINE. SETARI, Ii mondo enotriotra Greci ed Ewuschi, in Greci, Enotr e Lucani 1996, pp. 57-67, MUGIONE 1996,pp. 245-246; D'AGOSTINO 1998, p. 45 ss; BOTTINI 2005, pp. 140-142. % B. D'AGOSTINO, Le Sirene i! tfftore e le porte dell'Ade, in AnnAStorAnt 4, 1982, pp. 43-50 (= in D'AGOSTINO, CERCHIA 1999, pp. 53-60); O. MURRAY, Death and symposion, in Ann4Stordnt 10, pp. 239-258 bibliografia; PONTRANDOLFO 1988, pp. 182-185. ? MURRAY 1988, pp. 245-246; F. LISSARRAGUE, L'immaginario del simposio greco, Bari 1989; M. CnISTORANI, Vino e simpasio nel mondo etrusco arcaico in P. SCARP (a cura di), Storia del vino, Milano 1991, pp. 69-76; A. PONTRANDOLFO, Simposio ed éltes sociali nel mondo etrusco e italico, in O. MURRAY,M. TECUSAN (a cura di), Jn vino veritas (Atti Convegno, Roma), Oxford 1995,pp. 176-195; F. DELIO, I principe e la cerimonia del banchetto, in Principi etruschi 2000, pp. 193-195. ἘΝ, VALENZA MELE, Da Micene ad Omero: dalla phale al lebete, in AnndStordnt 4, 1982, pp. 97-133 con ulteriore bibliografia; D'AGOSTINO 1988a, pp. 100-103; PONTRANDOLFO 1988, pp. 179-180; D'AGOSTINO 1996, pp. 460-461; TAGLIENTE 1998, pp. 65-69. 7 La bibliografía su questo argomento è vastissima, per cui si citano senza completezza: D'AGOSTINO 19882, p. 109 ss; MURRAY 1988, pp. 239-258; PONTRANDOLFO 1988, pp. 181 ss; 1D. 1995, pp. 184-186 con ulteriore bibliografia; D'AGOSTINO 1996, p. 439ss. 174
affascinante e confermata dalla presenza della triga, che si tratti di un individuo di origine etrusca di rango clevato trasferitosi a Ruvo. D'altronde, gli stessi oggetti rinvenuti in tale straordinaria sepoltura rimandano in più di una occasione al mondo e alla cultura etruschi. D'altro canto, la presenza degli Etruschi a Ruvo non deve meravigliare visti i rapporti privilegiati che la stessa città peucezia sembra aver intrattenuto, come si è sin dal VII secolo con l'Etruria e con la Campania etruschizzata, grazie alla sua po geografica favorevole che ne faceva il centro estremo, assieme a Canosa, del famoso itinerario etrusco” lungo le valli del Sele e dell'Ofanto. Sono una prova dei rapport intessuti con l'Etruria i bronzi, gli avori, i vasi etruscocorinzi, i vasi a figure nere ele oreficerie di fattura etrusca importate, nonché la presenza di numerosi oggetti in oro di tipologia locale, lavorati con la tecnica etrusca della granulazione e del “pulviscolo”. Sia le oreficerie di tipologia locale che i vasi furono certamente creati in loco da artigiani etruschi trasferitisi a Ruvo e provenienti da Vulci, in crisi di trasformazione, per soddisfare la crescente richiesta di tali oggetti raffinati da parte della ricca aristocrazia ruvestina, come già ipotizzato dal De Juliis, le cui tombe hanno restituito corredì straordinari che distinguono nettamente Ruvo dalle altre città della Peucezia in maniera piuttosto evidente”. Di grande importanza, a tal proposito, è anche il rinvenimento nella medesima necropoli, non lontano da tale sepoltura, di un candelabrodi produzione vulcente che riporta a seguente iscrizione: “ANIOVM=suthina”. Per concludere, potrebbe essere di fondamentale importanza considerare con una certa attenzione la notizia della battaglia combattuta dai Greci di Cuma nel 524 a.C. contro una coalizione formata dagli Etruschi di Spina affiancati dai Dauni (e Ruvo in quel periodo era ben partecipe della cultura daunia come dimostrano le recenti scoperte), dagli Umbri, dai Celti e da altre popolazioni italiche. Infatti, la cronologia di tale avvenimento è perfettamente omogenea a quella del corredo della sepoltura principesca e, dunque, l'individuo sepolto, accogliendo l’ipotesidell’origine etrusca, potrebbe essere strettamente legato a tale avvenimento. È chiaro che si tratta solo di una suggestione affascinante e iffcile da provare, per la mancanza di quei documenti scritti che potrebbero confermare tale ipotesi, ma forse non priva di un qualche fondamento alla luce dei dati analizzati Anche la Tomba 115, riferibile agli inizi del V secolo, ha restituito oggetti che mettono in risalto il rango elevato del defunto: due elmi corinzi con decorazioni incise, una coppia i prosternidia, due patere con manico antropomorfo e uno schiniere di tipo anatomico, che connotano in maniera evidente questi individui come cavalieri”. Questa presenza iterata nelle tombe maschili di pezzi unici, quali gli elementi della bardatura equina da parata, predisposta per una coppia di cavalli o pertinente ad un carro, che ricorrono anche in altri contest italici induce a credere che al servizio di questi guerrieri potesse esservi una biga oppure una seconda cavalcatura tenuta da uno scudiero. È il chiaro indizio del compimento di un processo di totale omologazione ad un modello di evidente matrice aristocratica, teso ad enfatizzare la funzione guerriera del defunto, che denota una singolare ibridazione tra concezioni greche e usi funerari tirenici: in un caso, il 7 DE JULIIS 1996 o, pp. 529-560; 10, 1996 b, pp. 187-188 e pp. 233-234 ; ID. 1997, pp. 92-96; ID. 2001, pp. 260-267. 7 URSt 1835, pp. 121-122; BRAUN 1836 a, pp. 165-166; Unst 1836 a, pp. 151-152. 175
riferimento sarà infati alle aristocrazie etrusche, nell’altro agli “hippeis” delle vicine élite coloniali”. È questo il modello del “condottiero aristocratico”, nato e affermatosi intorno alla metà del VII secolo a.C. in Etruriae nella Campania etrusca, poi ampiamente diffuso nell'Italia centro-meridionale nel corso della seconda metà dello stesso secolo? La sua affermazione si accompagna all'acquisizione degli elementi carateristici dell’armamento oplitico greco; questi, tuttavia, si altemano e si integrano con elementi dell’armamento etrusco, e appaiono sempre în contesti tombali di levatura eccezionale. Attraverso la mediazione di Capua, centro di irradiazione di questi nuovi impulsi e di queste nuove tendenze, come si è sottolineato nelle pagine precedenti, si diffondono nell'Italia meridionale questo tipo sociale c la concezione di un servizio funebre di vasi in bronzo di grandissimo pregio lungo itinerari che raggiungono le più remote aree interne. Tale modello sociale ha avuto una larga fortuna soprattutto nelle aree più conservative, come la Peucezia (Ruvo e Rutigliano) e il vicino Melfese; ma qui la figura del condottiero diviene sempre più slegata da una reale funzione militare, per assumere i tratti della regalità, Lo si denota bene nella tomba F della necropoli di Chiuccari, a Melfi, databile agli inizi del V secolo a.C., che ostenta una panoplia da parata (un elmo apulo-corinzio, tre coppie di schinieri, uno scudo e un cinturone di bronzo). Il rango del defunto è enfatizzato dalla presenza del carro a due ruote. Anche qui allo splendore delle armi corrisponde la ricchezza del corredo dei vasi in bronzo, che sono ora la brocca con becco (la “Schnabelkanne”), lo stamnos, il simpulum e diversi tii di bacini. I carattere gentilizio del personaggioè evidenziato dall'insieme di oggetti che alludono all hestia domestica (il candelabro e gli alari), Sono esaltati in questa tomba aspetti dell'arredo funebre che altrove hanno già fatto il loro tempo" D'altra parte, le corrispondenti tombe femminili esibiscono una parallela ricchezza di monili con la presenzadi ulterior "unica" in ro e inaltri materiali pregiati: i riferimento è alle due tombe femminili 109-110. Esse hanno, infatti, restituito oggetti d'oro di raffinatisima fattura etrusca, nonché oggetti tipologicamente locali, ma lavorati con tecniche etrusche, ossia la granulazione e il “pulviscolo”. Del primo gruppo fanno parte tre collane, una con pendenti a teste di sileno, ghiande c fiori di loto (cat. 110.1), e altre due formate da semplici vaghi sferici (cat. 110.2-3). La prima, quasi certamente, è stata importata da Vulci: tale provenienza è confermata dai numerosi rinvenimenti in Etruria ” Sugli hippeis: G. BUCHNER, Cuma nel HI secolo a.C, osservata dalla prospettiva di Pithecusa, in J Campi Flegrei nell'archeologia e nella toria (Ati Convegno Lincei 1976), Roma 1977, pp. 131-148; D'AGOSTINO 19882, pp. 100-102; L. J. WORLEY, Hippeis. The Cavalry of Ancient Greece, Boulder San Francisco-Oxford 1994; BOTTIN! 1996a, pp. 545-546; D'AGOSTINO 1996, pp. 460-463 con bibliografia; sulle aristocazie ei principi etruschi vedi i numerosi seggi contenuti nei seguenti cataloghi: AA.VV,, Gli Etruschi (catalogo della mostra a cura diM. TORELLI, Venezia Palazzo Grassi Milano 2000; AA.VV, Principi etruschi ra Mediterraneo ed Europa (catalogo della mostra a cur di G. BARTOLONI,F. DELPINO, C. Montt Govi, G. SAssATELLI, Bologna 1 ottobre 2000-1 aprile 2001), Venezia 2000 con ampia bibliografia. "D'AGOSTINO 1988,pp. 108-110;C. AMPOLO, Il mondo omerico ela cultura orientalizzante mediterranea, in Principi etruschi 2000, pp. 27-36;G. COLONNA, La cultura orintalizzante in Etruria, in Principi etruschi 2000, pp. 5-66 Sulla tomba F di Melfi: ADAMESTEANU 1965-66, pp. 199-208; BOTTINI 1988, pp. 129-133, D'AGOSTINO 1988a, pp. 108-109; BOTTINI 1990, pp. 100-109; CeRcHIAI, COLUCCI PESCATORI, D'HENRY 1999, p. 31 con verior: bibliografia. 176
di collane con simili pendenti (una dalla Maremma, una da Cerveteri e un'altra forse da Ruvo), che rivestivano tra l’altro un valore apotropaico. Gli esemplari evidenziano una resa stilistica omogenea, dimostrandosi prodotti in una stessa officina localizzabile probabilmente a Vulci®. Nel secondo gruppo di oggetti rientrano le grandi fibule auree con la staffa a testa di ariete, quelle con lunga staffa laminata e pendente a melograno e i cosiddetti “cerchi apuli”. Le fibule con il pendente di lamina a melograno, date le loro grande dimensioni, fanno escludere che siano servite come gioielli di uso quotidiano © per esigenze di un costume personale e inducono a pensare ad un uso esclusivamente funerario o ad omamenti da parata. La presenza del melograno fa riflettere sul fatto che esse possano aver rivestito un significato simbolico apotropaico trasportato nell" Aldilà, come augurio di una continuazione serena della vita nell'Oltretomba o, ancora, come simbolo di ricchezza, fertilità e soprattutto di rinascita”. Lo stesso si potrebbe dire per le fibule a testa di ariete che, considerate dal Guzzo una produzione dell'ambiente etrusco di Capua, quasi certamente, secondo De Juliis, furono create da artigiani orafi etruschi trasferitisi a Ruvo, forse provenienti da Vulci, i quali impiantarono le loro botteghe al servizio dei committenti indigeni, utilizzando le raffinate tecniche în loro possesso nella fabbricazione di tali oggetti, come è evidente nel pelame dell'animale, reso perfettamente con la tecnica della granulazione a pulviscolo™ ‘Un discorso analogo va fatto per i cosiddetti "cerchi apuli”, rinvenuti in gran numero a Ruvo, ma piuttosto diffusi anche in Daunia, nella Peucezia e nel Melfese. Infatti, gli esemplari figurati presentavano soggetti ottenuti a sbalzo, mentre lo sfondo era ottenuto con l’uso sapiente del pulviscolo. Certamente, la particolarità della forma e l'attestazione d'uso esclusivo nei contesti indigeni dimostrano come questi oggetti non derivino da produzioni italiote, ma nemmeno possono essere annoverati tra le produzioni etrusche, sebbene la raffinatissima tecnica del pulviscolo porterebbe a considerarli etruschi. Per questo motivo tali prodotti andranno riconosciuti ad officine orafe e toreutiche quasi sicuramente localizzate a Ruvo, importante centro di produzione artigianale. Negli esemplari figurati, si rifanno ad un patrimonio figurativo lontanamente italiota, in realtà di uso comune a tutte le civiltà dell’Italia meridionale. Ma è altrettanto vero che i cerchi apuli di Napoli, decorati con crateri e gorgoneia, quelli del Louvre, decorati con Pegasi alati e chimere, quelli di Bologna, decorati con sileni sdraiati e leoni, tutti con lo sfondo reso a pulviscolo, richiamano in maniera inconfondibile anche nello stile della "Sulle collane dallEtruria: M. MARTELLI, l'acaismo, in CRISTOPANI, MARTELLI 1983,pp. 52-61,nn. 157162; MONTANARO 2006,pp. 99-101. Sulle collane de Ruvo: DE JULI 19906, pp. 394401; GUZZO 1993a,pp. 51-53, 56-61; MONTANARO 2006, pp. 97.9. Sul simbolismo del melograno: BACHOFEN 1956; MELE 1981,p. 61 ss.; Borrist 1992, pp. 64 Ciriani 1996, pp. 119-137 con ampia bibliografia: PONTRANDOLFO, ROUVERET 1996, pp. 243-244, ?' DE JULIS 1990,pp. 394-401; GUZZO 1993, pp. 56-61;DE JULIS 1996 b, p. 234 con bibliografia; 1. 2001b, pp. 257-267, MONTANARO 2006, pp. 99-103. Sulle tecniche etrusche della granulazione e del pulviseolo: G. NESTLER, E. FORMIGLI, Granulazione etrusca. Un antica arte orafo, Siena 1994;E. FORMIGLI, Ricostruzione sperimentale delle antiche tecniche di granulazione e punzonatura nell'orficeria etrusca in E. FORMIGLI (a cura di, Preziosi in oro, avorio, corno e osso. Arte e tecniche degli artigiani etruschi (Atti del Seminariodi Studi ed Esperimenti, Murlo 1992), Siena 1995,pp. 68-72;G. PLATZ-HORSTER, HU. TATZ, Sulla granulazione degli Etruschi, in Preziosi in oro, avorio, cit, 1995, pp. 56-62. 177
decorazione figurata i soggetti che decorano le oreficerie e i monumenti dell’arte etrusca Naturalmente, non si può escludere che, inizialmente, a produrre questi oggetti siano stati artigiani orafi di origine etrusca che, trasferitisi a Ruvo da Vulci, li abbiano creati per soddisfare le esigenze e i gusti della ricca aristocrazia locale, secondo una volontà di ostentazione del lusso funerario, certo alla base di esperienze che localmente non avevano alcun retroterra. Si deve sottolineare anche che la funzionalità di questi oggetti non è stata ancora del tutto chiarita, anche se qualche studioso, come l'Iker, è portato a considerarli come ornamenti per capelli, mentre altri archeologi li banno interpretati come ornamenti per e orecchie. Quest'ultima ipotesi sembrerebbe confermata dalle pitture della “Tomba delle Danzatrici”, nelle quali le donne sembrano portare alle orecchie proprio tali oggetti. L'ipotesi di un uso come fermatrecce sembra suffragata dai recenti rinvenimenti di Lavello, Melfi e Minervino, in quanto tali oggetti sono stati ritrovati dietro la testa della defunta o in corrispondenza delle spalle" Un vero e proprio "unicum" è rappresentato dallo scrigno in avorio, ritrovato nella Tomba 99, rinvenuta nella stessa necropoli della tomba principesca, di cui rimangono due lastrine, decorate a bassorilievo con scene di simposio e di caccia. L'oggetto, databile tra il 540 ed il 520 a.C., è sicuramente importato da Vulci e dall'Etruria, dove tale classe di oggetti era ben conosciuta, tanto che Marsiliana d'Albegna era noto come un centro floridissimo per l'importazione dell’avorio dall'Oriente e per la sua lavorazione". Tali lastrine, collocate dalla Martelli nel Il gruppo stilistico di questa classe di oggetti, facevano parte di un unico lotto formato anche da grosse fibule in oro appartenenti allo stesso corredo funebre? ‘Tra gli ornamenti personali in materiali preziosi un caso particolare è costituito dalle ambre scolpite che hanno avuto una grande diffusione anche a Ruvo. Degno di nota è il complesso della Tomba 325, che ha restituito una serie di monili in ambra e in argento di eccezionale qualità, accompagnati da due vasi attici a figure rosse, tra cui la famosa hydria con la raffigurazione di un'officina di vasai, che datano il corredo al 480470 a.C. Il complesso è costituito da tre testine dal volto femminile, una testa di satiro, una protome equina, un pendaglio a forma di pupario e soprattutto da una pregevole scultura raffigurante un guerriero”. Quest'ultima, di alta qualità, è simile ad un altro © Sullipotesi ai omamenti pe apell:IER 1980,pp. 30-54; DE JUS 1990, pp. 400-401; MONTANARO 2006, pp.94-95; sull'ipotesi di omament per le orecchie: GUZZO 1992, pp. 101-103; Bort 1996b, pp. 545546; Guzzo 1996, pp, 472-474; In. 1998,pp. 87-8. ° Per Lavello: Due donne dell'Italia antica. Corredì da Spina e Forentum 1993; per Melfi: GUZZO 1998; per Minervino: CORRENTE 19922, pp. 235-236; ID. 1993, pp. 13-23. 9 MARTELLI in CRISTOFANI, MARTELLI 1983, pp. 60-61; MARTELLI 1985, pp. 207-248. Sul a collocazione stilistica delle lastrine eburace: MARTELLI 1985,pp. 207.248; ID. 1988-89,pp. 17-24; sul corredo: MONTANARO 2006, pp. 114-115. "Perla statuetta i gurrero (Napoli, MAN, inv. 113643): SIVIERO 1954, p. 132,n. 560; PRISCO 19960, pp. 115-116;perl’elementoa forma di protome equina (Napoli, MAN, inv. 113645) peri tre pendagli, rispettivamente ‘ano e formadi pupario e i due a forma di esta femminile (Napoli, MAN, invv. 113647, 113644, 113646). Per la ricomposizione parziale del “corredo del Guerriero” (PRISCO 1996b, pp. 116-117), per la ricomposizione aggiornata (MONTANARO 2006, pp. 117-118, scheda VI). In generale sulle ambre intagliate si veda NEGRONI CATAGCHIO 1989; MASTROCINQUE 1991, pp. 132e 135-136. Per le notizie sul rinvenimento: Archivio Centrale di Stato Roma 1876 € JATTA 1876 a, pp. 20-31; peril coredo vedi anche BORRIELLO 2007a, pp. 246-247. 178
Fig. 27. Ambra scolpita raffigurante un satiro ed una menade (da Montanaro 2006).
esemplare analogo, forse proveniente da Ruvo e conservato al British Museum (fig. 27), che raffigura un satiro ed una menade. Altre ambre figurate, provenienti da Ruvo, sono conservate nel Museo di Taranto: una a forma di serpente, una a forma di sfinge, due a forma di ciambella con un volatile ed un felino sulla sommità”; gli esemplari sono stati rinvenuti nella Tomba 100, insieme ad un eccezionale complesso di oreficerie, formato da una collana, composta da vaghi biconici baccellati e da sei testine femminili a stampo, da una coppia di fibule ad arco semplice e lunga staffa laminata, nonché da una coppia di “cerchi apuli”, decorati in filigrana con un motivo a linea ondulata. Rientra nello stesso genere anche il pendaglio centrale in ambra della collana in vaghi di corallo, conservato nel Museo di Bari, rinvenuto nella Tomba 350. Con grande probabilità, il gruppo delle ambre provenienti da Ruvo doveva essere molto più consistente: infatti, alcune delle ambre conservate nel British Museum, con incerta provenienza da Armento 0 da Canosa, forse in effetti provengono da Ruvo”. © Per l'ambra del British Museum: STRONG 1966, pp. 61-62, n.35, av. XV: MASTROCINQUE 1991, av. VII; MoxranaRo 2006, pp. 4-76, cat. 54; perle ambre del Museo di Taranto: Ornarsi d'ambra 2004, ig, 28. 1 Per le ambredel British: STRONG 1966, pp. 56-65 179
Indubbiamente, quello delle ambre scolpite è un fenomeno piuttosto diffuso, sia nel resto della Puglia, dove sono stati trovati consistenti nuclei di ambre scolpite a figura umana (si vedano i rinvenimenti di Rutigliano, Canosa, Minervino e della zona garganica), sia nel resto dell’Italia meridionale, in Basilicata e in Campania”. Alcuni pregevoli esemplari, come quello da Ruvo con satiro e menade, ritenuto un caposaldo forse opera di Etruschi ellenizzati, vengono considerati di stile greco, sebbene un confronto con una statuetta etrusca raffigurante un satiro ed una menade trova dei puntuali richiami col gruppo mitologico del British Museum. Diversamente, altri esemplari, come le molte testine femminili dall’acconciatura a cono (il cosiddetto tutulus), in uso presso gli Etruschi, nonché la resa stilistica delle teste dai grandi occhi, ricondotte alla mano di un unico maestro o bottega (Gruppo dei Grandi Occhi e dei Piccoli Occhi), trovano confronti sicuri nelle oreficerie e nelle sculture bronzee e fittili etrusche”. Tale fenomeno si può spiegare ipotizzando che uno o più artigiani di scuola greca avessero creato degli ateliers, i quali inaugurarono una nuova tradizione italica dei lavori in ambra. Questi artigiani erano gli eredi delle esperienze artistiche della seconda metà del VI secolo a.C., quando furono attivi in Etruria, Magna Grecia e nel Piceno, artefici greci, soprattutto ionici. Tuttavia, è proprio la cronologia di alcune ambre (480-470 a.C.) e il loro aspetto arcaizzante, con quei particolari tipici dell’arte etrusca, che fa propendere per una attribuzione a botteghe etrusche. Infatti, l'aspetto arcaizzante di tali ambre sembra dovuto al modello di questa produzione risalente alla fine del VI secolo e vicino allo stile ionico, periodo in cui gli artigiani etruschi si trasferirono dapprima nella Campania etruschizzata, in particolare nei centri di Capua, Nola e Avella. Successivamente, nel corso del V secolo, artigiani specializzati avrebbero lasciato l'area campana originaria per stabilirsi in Lucania € in Puglia, con centro a Canosa o a Ruvo, rimanendo volutamente ancorati agli schemi iniziali, tant'è vero che la maggior parte delle sculture in ambra dell'Italia meridionale proviene proprio da queste località. Inoltre, il motivo della frequenza dell'ambra negli ornamenti personali risiede nel fatto che a questo materiale erano attribuite proprietà non solo medicamentose, grazie alle quali si sperava di riguadagnare la salute, ma anche apotropaiche, vale a dire in grado di esorcizzare e allontanare la morte e la malasorte™. I motivo della massiccia presenza di ornamenti personali in materiale prezioso nelle sepolture di Ruvo, come nelle altre ricche comunità della Peucezia, va senza dubbio ricercato nella volontà di esibire fasto e opulenza nell’ambito della comunità da parte delle aristocrazie indigene. Queste, infatti utilizzavano il notevole accumulo di risorse © Sulla diffusione delle ambre scolpite in Puglia: DE JULis 2001b, pp. 257-267; MONTANARO 2006, pp. 100-102, con ulteriore bibliografia; per Rutigliano: Ormarsi d'ambra 2004; per Canosa: E. M. DE JUL, Le ambre intagliate, in Principi, imperatori, vescovi 1992, pp. 128-130 (a); per Minervino: CORRENTE 1992, pp. 249-252; F. G. Lo PORTO, Corredì i tombe daunie da Minervino Murge, in Mondnt, Serie Miscellanea VI, 2, LVIIL Roma 1999; per il Gargano: N. NEGRONI CATACCHIO, Le ambre garganiche nel quadro della problematica dell'ambra nella protostoria italiana, in Atti Colloguio Internazionale Preistoria e Protostoria della Daunia (Foggia, 24-29 Aprile 1973), Firenze 1975,pp. 310-319; perla Basilicata: D'ERCOLE 1995, pp. 265-289;A. BOTTINI, Le ambre nella Basilicata settentrionale, in Ambre 2007, pp. 232-237 con la bibliografia più recente; per la Campania: M. R. BORRIELLO, Le ambre del sii campani, in Ambre 2007,pp. 185-188 (b) con la bibliografia più recente. PMASTROCINQUE 1991, pp. 137-138; MONTANARO 2006, pp. 100-101 " NEGRONI CATACCHIO 1989, pp. 659-696; MASTROCINQUE 1991; D'ERCOLE 1995,pp. 282-283; De JULIS 2001b,pp. 264-265; MONTANARO 2006, pp. 101-102. 180
agricole come beni di scambio finalizzati all’acquisizione di manufatti i pregio, anche d'importazione orientale, assimilando nel contempo modelli di comportamento esemplati su quelli ellenici, che si traducono in una richiesta particolarmente intensa di prodotti di lusso”, Una situazione parallela o identica è emersa a Braida di Vaglio laddove, insieme alle tombe emergenti maschili, le tombe femminili banno restituito parures ricchissime in oro, ambra e argento, nonché oggetti di bronzo, i “servizi” da cucina (per la cottura delle cami) e da mensa, segno inequivocabile dell'adozione della prassi conviviale anche per le donne, come accade analogamente nelle aristocrazie etrusche”. Il V secolo
Anche per quanto riguarda il V secolo a.C., le necropoli di Ruvo hanno restituito un elevato numero di sepolture di rango aristocratico che sottolineano la floridezza economica di cui gode il centro apulo. Alcune presentano quei caratteri di eccezionalità che le distinguono dalle altre, come nel caso della Tomba 112. Infatti, oltre alle armi difensive, ancora indossate, (elmo, cinturone e schinieri) e alla spada, che sottolinea il ruolo di capo del defunto, figurano una lekyrhos attica a figure nere, con la raffigurazione di un guerriero sul carro, e un cratere a colonnette attico a figure rosse del Pittore di Alkymachos. Eccezionale è la presenza della corona di alloro che cinge l’elmo, mettendo ulteriormente in risalto la grandezza del personaggio defunto”. Un confronto pertinente è riscontrabile in una sepoltura di rango rinvenuta nel 1993 in una tomba a grotticella di Minervino Murge, deposizione che, sebbene più recente di almeno un secolo, conteneva il corpo di un giovanissimo guerriero di rango aristocratico. Accanto al corpo, infatti, oltre al corredo, composto da vasi apuli di dimensioni monumentali (crateri e anfore) attribuibili al Pittore di Baltimora ed alla sua cerchia, raffiguranti scene dal contenuto escatologico tendenti ad eroizzare il defunto, sono stati rinvenutiun elmo a pileo di bronzo, un cinturone, due cuspidi di lancia ed un piccolo giavellotto. Assolutamente straordinario è stato il rinvenimento all’interno dell'elmo di alcune foglie di alloro ancora intatte” La corona è stata già opportunamente connessa alla cornice del simposio nel caso della tomba di Roscigno-Monte Pruno, di poco più recente. In questa occasione si può forse aggiungere la suggestione che la stephane possa alludere alla sfera dell’apoteosi, ad una dimensione ultraterrena raggiunta dal defunto attraverso un viaggio celeste”. "* De JuL1S 1988b,pp. 56-65:o. 19906,pp. 394-401;ID. 19960, pp. 559-560, n. 1996,pp. 234-235;I, 20010, pp. 257-267. % Sulle principesse di Braida: Basile. Antichi re im Basilicata 1995; BOTTINI 1996a, pp. 541-548; Ornamenti e lusso. La donna nella Basilicata antica 2001; BOTTI, SETARI 2003; sulle donne aristocratiche etrusche: A. RALLO, Le donne in Etruria, Roma 1989; G. BARTOLONI, La donna del principe, in Principi etruschi 2000, pp. 271-277 (b) con ampia bibliografia 7 PANOFKA 1834,pp. 38-39; URSI 1835,pp. 125-127; URSI 1836a, pp. 98-100. 4 CORRENTE 1994, pp. 39.55, " Per la tomba di Roscigno: Ross HOLLOWAY, IABERS 1982; G. GRECO, Roscigno, in Poseidonia e i Lucani 1996, pp. 88-101; il corredo è stato ultimamente redito da ROMITO 96, pp. 93-100; CERCHIA, COLUCCI PESCATORI, D'HENRY 1999, p.32. 181
Degne di rilievo sono anche le Tombe 114 e 115, a semicamera, dipinte con fasce zonali, appartenenti a dei guerrieri: nella prima sepoltura, riferibile alla seconda metà circa del V secolo a.C., il defunto era in posizione supina. Del corredo si segnalano, in particolare, la spada con manico in avorio, deposta accanto al corpo, un prosternidion decorato con una sfinge a bassorilievo, collocato sul petto dell'inumato, una patera di bronzo con manico antropomorfo, il cratere a campana attico a figure rosse con una rara scena raffigurante il rito del pharmakos, attribuito al Pittore del Deinos, posto tra le gambe del defunto"™, nonché uno splendido elmo di tipo attico-calcidese con paragnatidi mobili a protome di grifo ancora indossato. Il prosternidion, dallo stile nettamente arcaico, è forse da considerare un bene di prestigio conservato dal defunto e probabilmente tramandatogli dai suoi antenati. Indubbiamente, tra i vari dati riferiti, merita una particolare attenzione il rituale funerario che connotail defunto come unallogeno. Quello della presenzadi stranieri nel centro apulo è un dato importante che, tra l'altro, ha ricevuto un'ulteriore conferma da un recente rinvenimento, di cui si parlerà più avanti. Questi elementi inducono a pensare che si possa trattare di individui di origine osca i quali, già dalla fine del V secolo a.C., premevano verso le frontiere del territorio apulo, e la cui presenza diventerà ancora più numerosa e intensa nel corso del IV secolo!!! Confronti stringenti sono ravvisabili con le tombe della necropoli del Gaudo nei pressi di Poseidonia: l’area, infatti, comincia ad essere utilizzata dagli inizi del V secolo da un piccolo nucleo di persone che, pur aderendo in pieno al rituale funerario praticato nelle necropoli urbane, riserva ad alcuni membri la deposizione in casse di travertino con le pareti intonacate di bianco o di rosso e dipinte con fasce di colore rosso o blu, secondo un uso riscontrato solo nella vicina necropoli di Tempa del Prete. Accanto a questo primo nucleo, poco dopo la metà del V secolo, cominciano ad aggregarsi sempre più numerose le tombe di nuovi occupanti che si differenziano nettamente sia per la composizione dei corredi, sia per il modo con cui le sepolture vengono distribuite nello spazio. Esse formano, infatti, dei circoli attorno ad una o due tombe che costituiscono il centro dell'aggregazione e appartengono ai personaggi più importanti del gruppo. Nelle tombe maschili, alle ceramiche vengono ora associate armi in ferro, come la lancia e il iavellotto, cui talvolta si aggiunge il cinturone di bronzo indossato dal defunto attomo ai fianchi. In casi eccezionali gli uomini sono ricoperti dall’armatura, composta da elmo, corazza e schinieri. Lo stesso fenomeno si verifica a Pontecagnano, già nell'ultimo. quarto del V secolo a.C., dove gli inumati vengono deposti con l'armatura indossata, caratterizzata dalla corazza a tre dischi: molto probabilmente, secondo la Pontrandolfo, si tratta di mercenari lucani" "© Usi 1835, pp. 118-120; BRAUN 1836 a, pp. 164-165; Ust 18362,pp. 148-150. 1 Sulla pressione di gentidi stipe osco-sabellica in Puglia: E. M. DE JULIS, L'apogeo dei principes, in Princip imperatori, vescovi 1992, p. 136 ss, M. PANI, Le città apule all'ndipendenza all'assetto municipale, in Principi, imperatori, vescovi 1992,p. 99 ss. M. TORELLI,Il guado materiae e ideale della romanizzazione, in Principi, imperatori, vescovi 1992, pp. 608-619(Ὁ). 79 Per la necropoli del Gaudo:A. PONTRANDOLFO, A. ROUVERET, Le tombe dipinte di Paestum, Modena 1992; Ciminna, in Poseidonia e i Lucani 1996, pp. 119-158; PONTRANDOLFO, ROUVERET, in Poseldonia e 1 Lucani 1996, pp. 159-165; PONTRANDOLFO, ROUVERET, in Poseidonia e i Lucani 1996, pp. 243-244; PONTRANDOLFO 2004, pp. 97-102; per Pontecagnano: L. CERCHIAL, / Sanniti e il caso di Pontecagnano, in Poseidonia e i Lucani 1996, pp. 73-15; PONTRANDOLFO 2004a, pp. 101-102. 182
Rispetto al secolo precedente la quantità di materiale metallico presente nelle sepolture di Ruvo aumenta sensibilmente. Accanto a vasi e a grandi contenitori di forme diverse (bacini e lebeti), caratterizzati anche da vivaci decorazioni plastiche, si moltiplicano gli elementi relativi all’armamento in bronzo, rinvenuti finora, oltre che a Ruvo, a Rutigliano e Ginosa. Si tratta soprattutto di corazze anatomiche, schinieri, cinturoni con ganci a decorazione plastica e incisa, e di numerosi elmi di tipo corinzio € apulo-corinzio, questi ultimi arricchiti da raffinate decorazioni incise con fregi animalistici. Fra le armi da offesa in ferro, oltre alle lance, sono diffusi anche i giavellott e le spade con manico a lingua di presa rivestito di legno e osso o, addirittura, di avorio. Spesso si aggiungono anche lo strigile e vari amesi da cucina, quali rampini, spiedi, coltelli con manico rivestito di legno, treppiedi, colini con manico desinente a protome di oca 0 con manico a verga ondulata, di produzione etrusca, come l'esemplare della Tomba 147 (cat. 147.21), nonché grattugie in bronzo", Alcuni di questi strumenti, però, sono stati trovati anche in piombo, rivelando pertanto un uso rituale, strettamente funerario. È il caso di un rampino e di un altro strumento (da fuoco?), quest’ultimo
dalla forma inconsueta e finora mai documentata, entrambi con manico a torciglione, elemento piuttosto raro che induce a credere che essi siano stati realizzati appositamente per questa sepoltura. Per quanto riguarda l’armamento, non mancano nelle sepolture ruvesi intere armature oplitiche, si pensi, per esempio, a quella della Tomba 2 (elmo, corazza e cinturone). Si tratta, naturalmente, di casi del tutto straordinari nell’ambito del mondo indigeno fra VI e V secolo a.C. come quelli di Armento, Noicattaro, Conversano e Ginosa, ai quali si affiancano i recenti rinvenimenti di Braida di Vaglio'*. Sulla base di questi elementi si distingue un modello di armatura o di connotazione del rango che ricorre all’adozione dell'elmo, della corazza anatomica, del cinturone, degli schinieri e dello scudo rivelando un chiaro riferimento al modello oplitico greco. Il guerriero della Tomba 2 era armato di una spada, con manico a lingua di presa in legno e 0sso, e di due coppie di lance e di giavellotti, come nel caso della deposizione del guerriero di Armento. Del tutto particolare, nell’ambito di questi contesti, è la presenza delle bardature equine, coppie di frontali o di pettorali, come nella Tomba 115 (coppia di prosternidia, elmo corinzio, elmo apulo-corinzio e schiniere) e come nei casi delle tombe di Ginosa (fine VI-primo quarto del V secolo a.C.) e di Braida di Vaglio. La reiterata presenza di questi elementi viene solitamente ricollegata ad una biga, anche se non si può non tener conto dell'ipotesi di A. Bottini, il quale suggerisce come la presenza di tali oggetti nei corredi funerari possa essere collegabile al possesso di due cavalli! Verso la fine del VI secolo inizia ad essere piuttosto comune l’uso del cinturone, a placche o ad un'unica lamina, indossato sulla tunica; in alcuni casi non si esclude © RICCARDI 1989, pp. 78-8. Peri rinvenimenti di Armento: Armi 1993; Greci, Enorr e Lucani 1996; Tesori dell'Italia del Sud 1998; per Braida di Vaglio: BOTTIN, SETARI 2003; per Conversano e Ginosa: LO PORTO 1996; per Noicataro: DE Tous 19888. ‘A. BOTTI, E.SETARI Basileis? recent rinvenimenti a Braida di Serra di Vaglio. Risultati prospettive e problemi, in BdA 16-18, 1992 (1995), p. 207-236; Basile. Antichi re in Basilicata 1995; BOTTIN, SETARI 2005, 183
l’impiego di una protezione più resistente rispetto al tessuto, forse il cuoio"* come nella deposizione della Tomba 112. In alcuni casi, insieme sono indossati l’elmo, corinzio © apulo-corinzio, le corazze anatomiche, gli schinieri e i paracaviglie, come nel caso della Tomba 45 (elmo apulo-corinzio e schinieri), della Tomba 115 (elmo corinzio, elmo apulo-corinzio, schiniere, coppia di prosternidia) e della Tomba 148 (elmo apulocorinzio, corazza anatomica, schinieri, spada), mentre la spada, maggiormente diffusa nel secolo precedente, scompare progressivamente a favore di una o più lance, sebbene non manchino esempi di spade anche in contesti di pieno V secolo, basti pensare alla Tomba 2 (coppia di cinturoni a fascia larga, spada con manico a lingua di presa in legno e osso, coltello con manico in legno, elmo apulo-corinzio e coppie di punte di lancia e di giavellotto), alla Tomba 112 (spada, elmo a pileo, cinturone), alla Tomba 114 (prosternidion, spada con manico in legno e osso, elmo attico-calcidese) e alla Tomba 148 (elmo, corazza, spada). Le evidenze archeologiche tracciano dunque, per il VI e il V secolo a.C, il profilo di un'aristocrazia indigena esistente a Ruvo e nell'area apula centrale, come pure nella Lucania interna, che adotta la panoplia oplitica o alcune parti di essa, funzionali o. come segno puramente distintivo dell’alto rango sociale. I casi di Ruvo (Tomba 103), di Conversano e di Noicattaro sono degli straordinari esempi di un comportamento militare che ha avuto una notevole diffusione, ma che è rimasto sempre limitato a pochi personaggi. Il costume di guerra 'ulgazione probabilmente consisteva nella soluzione di un abbigliamento militare più semplice, costituito dalle armi da offesa e da protezioni in cuoio. Pertanto, all’introduzione del modello oplitico nelle poleis magno-greche seguì la sua adozione a Ruvo e nei centri indigeni della Peucezia, con la successiva produzione locale di armi!” Nonostante la quantità e lo splendore del materiale importato e la pluralità delle direttrici di scambio, non è mancata un'originale risposta creativa della città e, più in generale, del più vasto ambito culturale indigeno nei confronti delle correnti di gusto diffuse da quelle importazioni. Quanto è stato detto a proposito della fabbricazione locale delle armi difensive è valido anche per le diverse classi di materiale, dalle oreficerie, alle ambre, alla ceramica, per le quali è stata segnalata l'adozione degli stili e delle tecniche artigianali mutuati dall’estemo da parte di botteghe locali, probabilmente avviate da nuclei di artigiani stranieri immigrati, i quali adattano il loro repertorio alle specifiche esigenze della clientela indigena. Analogamente possono essere interpretati alcuni vasi κα Armi 1993; MAZZEI 1996b, p. 118; Gent in arme 2001. 1 ἢ riferimento va soprattutto agli elmi apulo-crinz, in particolare a quell che presentano decorazioni animalistiche incise (rinoceronte o cinghiale), la cui produzione viene ascritta lla stessa Ruvo o al a vicina Canosa, come sembra emergere dall'analisi della distribuzione di tale elemento dell'armatura, diffuso in grande quantità nei due centi indigeni della Puglia centro-sttentrionale. Lo sesso discorso è valido per la manifattura dei cinturoni metallic, anch'essi ritenuti dalla maggior pare degli studiosi di produzione canosina sulla basedi numerose evidenze archeologiche. Le attribuzioni,che progressivamente aumentano, suggeriscono la consistenza produttiva di alta qualità di un centro come Ruvo che ben si inserisce in un panorama conosciuto per αἰαὶ versi, come quello delle botteghe di oreficeria, delle officine di ceramica a figure nere, di terrecotte e d'ambra Perun inquadramento generale: BOTTINI 1990a; Armi 1993; Basileis 1995; MAZZEI 1996b, p 119 ss; Tesori dall Ilia ἀεὶ Sud 1998; Gent in arme 2001 184
figurati"*, soprattutto crateri a colonnette (forma già ampiamente apprezzata dalla élite locale, come è testimoniato da un discreto numero di vasi a figure nere e a figure rosse aventi questa morfologia importati dall’Attica), dipinti con vernice bruna diluita c con dettagli incisi, provenienti anche da Ruvo'”, databili tra la fine del VI e i primi decenni del V secolo a.C: essi potrebbero essere stati prodotti localmente da artigiani etruschi trasferitisi in questa regione da Vulci, in crisi di trasformazione", Sulla base di questo fenomeno appare quindi evidente come la richiesta della clientela locale condizioni persino le scelte morfologiche e decorative di un ristretto numero di singolari vasi attici, alcuni recentemente individuati anche tra i materiali di provenienza ruvesi, databili alla prima della metà del V secolo a.C., i quali sembrano voler incontrare i gusti delle aristocrazie indigene della Puglia: alcuni di essi mostrano un'evidente ispirazione apula nella decorazione, altri invece hanno forme estranee al repertorio della ceramica attica ed imitano quelle della ceramica indigena peucezia, daunia, lucana e apula'". Tra questi meritano una segnalazione alcuni vasi attici a colonnette con i mascheroni ai due lati dell’orlo, che saranno poi caratteristici dei crateri a volute a mascheroni della ceramica medio e tardo-apula, due dei quali di sicura provenienza ruvese, e i kantharoi della “classe di Bonn ‘94”, destinati esclusivamente al mercato di Ruvo, i quali mostrano una connessione fra queste classi che richiamano le ollette peucete e i kantharoi sovraddipinti dello “Xenon Group” di Metaponto della fine del V secolo a.C. " Lo stesso fenomeno si ripete qualche decennio più tardi, quando la produzione dei primi ceramografi italioti, in particolare apuli, legati ai loro maestri attici, dimostra anch'essa una frequente associazione tra soggetti palesemente ispirati al costume della committenza indigena e forme predilette dalla clientela locale, per lo più crateri a colonnette, nestorides e vasi cantaroidi, con un gran numero di testimonianze provenienti da Ruvo e dagli altri fiorenti centri della Peucezia"”, Bar, Museo Archeologico Provinciale, inv. 4305, da Ruvo (acquisto dal canonico Flicio 1903): cratere ‘a colonnette a figure neree fondo bianco con Eracl e Cerbero; Napoli, MAN, inv. 81067 (nfora Milano, coll HA. inv. C391 (anfora);DE JUL 1996 a, pp. 546-547 ; DE JULIS 1997,pp. 92-94. Per gl esempi si veda la nota precedente. Peril problema D'ANDRIA 1988, pp. 665 e 668; DE JuLits 1996 2, pp. 544-548; DE JULIS 19965, p. 234. Trai crateri a colonneteaticidi provenienza ruvesesi ricordanoqui alcuni pezzi databili proprio negl ultimi decenni del VI secolo a.C.: Napoli, MAN, H. 2841 (BEAZLEY 1956, 9.263, n. 7) collegatoal Pittore di Lisippides; Napoli, MAN, inv. 81307, H. 2837 (BEAZLEY 1956,p. 279, n. 54), ascrito alla maniera del Pittore di Antimenes; Napoli, MAN, inv. 81092, H. 2819 (non attribuito) Napoli, MAN, inv. 81089,H. 2798 (non atribuito) 6 D'ANDRIA 1988, pp. 665 e 668; DE JULIS 1996 a, pp. 544-548; DE JULIS 1996b, p. 234;DE Jutis 1997, pp. 92.04 ‘i! TODISCO.SISTO 1998, con precedente bibliografia su questa dibattuta problematica. "Peri crateri: SCHAUENBURG 1977, pp. 194-204, in cui sono esaminati alcuni crateri ἃ colomnett attici a mascheroni: Napoli, MAN, H. 2205, BEAZLEY 1963, p. 1118/14, tribuit al Pittore del Duomo; per i kantharoi della lasse di Bonn "94: MANNINO 1996; MANNINO 1997; ToDISCO-SISTO 1998. 1 In aleun lavori, in cui è esaminata la ricorrenza dei soggetti indigeni nella ceramica italiota, si riscontra ‘una netta prevalenza dei cmieri ἃ colonnett c dell nestorides: TRENDALL 1971,pp. 14-16; FRIELINGHAUS 1995,pp. 19-20 i catalogo, comprendente nella stragrande maggioranza crateri ἃ colonnett, seguiti, in ordine decrescente, da nestorides e vasi cantaroidi, molti dei quali di provenienza ruvese. Vedi anche TRENDALL 1989, pp. 2425. 185
Durante il V secolo la composizione dei corredi subisce notevoli mutamenti: diminuisce la percentuale delle ceramiche indigene, si registra una riduzione della ceramica geometricaa favore di quella a fasce, già comparsa nel VI secolo, di derivazione corinzia € greco-orientale, mentre si diffonde una nuova classe, decorata con motivi lineari e fitomorfi; ne sono un esempio il kothon e il vaso cantaroide della Tomba 1 assieme al kothon e allo stamnos della Tomba 280. La presenza delle ceramiche coloniali ed importate diviene sempre più massiccia rispetto al secolo precedente: in tutto l'arco del secolo prevale nettamente la ceramica a vernice nera, ma non mancano esemplari di imitazione tardo-corinzia. Durante la prima metà del V secolo, alla tarda produzione attica a figure nere (Gruppo di Haimon) si affiancano i vasi a figure rosse, opera dei maggiori maestri ateniesi: ἢ riferimento per questo periodo va ai crateri a colonnette particolarmente apprezzati dalle élites di Ruvo, attribuibili a Myson, al Pittore di Leningrado, al Pittore di Alkymachos e al Pittore di Agrigento. Dalla metà del secolo in poi i corredi ruvesi comprendono anche un numero limitato. di esemplari figurati a fondo bianco, soprattutto /ekyrhoi (attribuite al Pittore di Bowdoin, al Gruppo delle "Semi-Outline Lekythoi” e al Pittore di Aischines), uniti ad una quantità sempre crescente di vasi a figure rosse di stile classico, dove ai crateri a colomnette si affiancano alcuni esemplari straordinari di crateri a volutee a campana attribuiti al Pittore dei Niobidi, di Polignoto, di Pronomos e di Talos. Proprio da Ruvo provengono due rari esemplari di piatti su alto piede caratterizzati da raffigurazione nel tondo, custoditi nel Museo di Napoli e indicati dal Beazley fra i “forerunners” del tipo più corrente con ruota e decorazione fitomorfa". La presenza in Peucezia, e in modo particolare a Ruvo, di un discreto numero di anfore nolane'"*edi stamnoi è con molta probabilità spia dell'esistenza, accanto ai circuiti adriatici di distribuzione dei prodotti ateniesi, anche di altre vie e canali di acquisizione dei vasi attici in Puglia, quali l’Ofanto e il Sele’, che confermano ulteriormente gli stretti contatti esistenti in quel periodo tra la Campania etrusca (Capua) e la Puglia (Ruvo). Tali rapporti sono definiti in modo migliore da un gruppo di cinque esemplari “nolani” di imitazione attica (tre anfore “nolane” e due hydriai) attribuiti al "Gruppo del Pilastro e della Civetta”, databili tra il secondo ed il terzo quarto del V secolo a.C. (475-425 a.C.) 1 BEAZLEY 1963, p. 1273,n. 5: p. 1305, nn, 34 (Classe di Napoli 2618). 1 1) Anfora (Napoli, MAN, inv. 81538, H. 3046, BEAZLEY 1963, p.655/9 attribuita al Pittore di Dresda) 2) anfora (Napoli, MAN, inv. 81491,H. 3064, BeazLev 1963,p. 667/11, attribuita al Pittore di LondraE 342); 3) anfora (Napoli, MAN, inv. 81488, H. 3132, BEAZLEY 1963,p. 661/10, attribuita αἱ Pittoredi Londra E 342); 4) anfora (Napoli, MAN, H. 3087, BEAZLEY 1963, p. 201/68, attribuita αἱ Pittore di Berlino) 5) anfora (Napoli, MAN,I. 3098, BEAZLEY 1963,p. 487/60, attribuita ad Hermonax 6) anfora (Napoli, MAN, H. 3138, non attribuita; 7) anfora (Napoli, MAN, inv. 81632,H. 3176, BEAZLEY 1963,p. 638/49, attribuita al Pittore di Providence); 8) anfora (Napoli, MAN, H. 3182, BEAZLEY 1963, p. 3095, attribuita al Pita di Tithoncs); 9) anfora (Napoli, MAN, inv 81553,H. 3196, BEAZLEY 1963, p. 842/125, attribuita al Pitore di Sabourof); 10) anfora (Napoli, MAN, H. 3210, non attribuita); 11) anfora (Amsterdam, Allan Pierson Museum,inv. 1754, Beazey 1963, p. 636/11, attribuita al Pittore di Providence) 1 MANNINO 1996, pp. 363-370. 7" Anfora nolana (Napoli, MAN, inv. 81536,H. 3141), TRENDALL 1967, p. 669/31; anfora nolana (Napoli, MAN, inv. 81549, H. 3144), TRENDALL 1967, p. 670/44; anfora nolana (Napoli, MAN, inv. 81492,H. 3138), ‘TRENDALL 1967,p. 670/48: hydra (Napoli, MAN, inv. 82706, H. 2133) TRENDALI. 1967, p. 670/53; hydria (Napoli, MAN, inv. 82730,H. 758), TRENDALL 1967, p. 670/55. 186
La spiegazione della consistente importazione di materiali attici nella seconda metà del V secolo è probabilmente suggerita dalla massiccia presenza a Ruvo dei kantharoi della Classe di Bonn 94 che, prodotti intomo alla fine del V secolo nel ceramico di Atene per un breve periodo di tempo, appaiono esclusivamente destinati alla Puglia centrale e in particolare proprio a Ruvo. La presenza nell’insediamento peucezio di tali vasi, che per la forma richiamano vasi indigeni prodotti nell’area peucezia, si inserisce quindi nel quadro di quelle produzioni particolari definite “special commissions", documentate in Puglia già nel terzo quarto del V secolo a.C. La rilevante quantità di ceramica attica a Ruvo proprio nel periodo di produzione dei Kantharoi della classe di Bonn 94 potrebbe essere spia di un rapporto privilegiato instaurato dal centro indigeno con i commercianti dei prodotti ateniesi!', L’importazione di questo materiale dà luogo alla fiorente produzione dei vasi protoitalioti ampiamente documentati nei contesti dell'uliimo trentennio (Pittori di Pisticci, di Amykos, delle Camee, della Danzatrice di Berlino, di Sisifo, di Arianna e della Nascita di Dioniso), come accade anche nei centri di Gravina, Rutigliano e Ceglie. Tra il 430 ed il 370 si registra a Ruvo una massiccia presenza di ceramica protolucana e protoapula, cosa che si verifica in tutta la Peucezia, distretto territoriale che costituisce il mercato maggiormente interessato ai prodotti attici, reperiti direttamente o tramite il commercio metapontino. Questo legame commerciale con Metaponto continua poi con la diffusione della ceramica protolucana che, inizialmente, è importata a Ruvo in maggiore quantità rispetto a quella protoapula. Largamente diffuse, in ambito funerario, sono le opere del pittore di Amykos inizialmente affiancate a ceramica attica di pregio: un esempio della sua precoce diffusione è dato dall’associazione, nella Tomba 113, di un’hydria del maestro ad un cratere a volute attico del Pittore dei Niobidi. Altri esemplari attici, per lo più kylikes e kantharoi, associati alle opere del maestro, sono attribuibili al Pittore di Marlay, di Peleo, del Coperchio, di Eretria e di Codro, databili tra il 440 ed il 420 a.C. circa", Di notevole qualità sono le due anfore gemelle, con scene di ratto € di palestra, trovate all'interno della Tomba 45, assieme al noto cratere a volute con il gioco del Kortabos, attribuito al Pittore delle Came, associate a due vasi dello Schwerin Group (una oinochoe ed un kantharos) e ad uno skyphos del Minniti Group, sottoinsiemi del Gruppo Intermedio, in cui vengono aggregati numerosi esemplari di piccole e medie dimensioni, decorati con soggetti generici, spesso di tipo dionisiaco, stilisticamente influenzati dalla tarda produzione del Pittore di Amykos"?. Al contrario, la ceramica protoapula riferibile * Manino 1996;ID. 1997; ToDISCO-SISTO 1998; Manto, ROUBIS 2000pp. 68-69. 1 Del Pittore di Amykos sono presenti esemplari impegnativi e di grandi dimensioni decorati con scene complesse tratte dal repertorio mitologico greco, destinati a soddisfare commitenze con un elevato potere di ‘acquisto (dra, crateri a volute, nestorides) e forse eseguiti dietro commissione. Non mancano, però, anche. prodotti più semplici, più numerosi, costituiti da crateri a campana, anfore panatenaiche ed oinochoat, decorati ‘con scene generiche di tipo dionisiaco ed erotico, come inseguimenti, colloqui, scene di palestra, incoronazioni. Per un inquadramento generale sulla ceramica protolucana in Puglia: CIANCIO, n Arte e Artigianato in Magna. Grecia 1996, pp. 395-396 con bibliografia. ‘è Per un inquadramento stilisticodi questi gruppi: TRENDALI. 1967,pp. 41, 45, nn. 184,219,pp. 68, 72, nn, 339-340, 364; CIANCIO 1996, pp. 395-396. 187
a questa prima fase è meno diffusa rispetto a quella protolucana, ma non mancano opere di grande impegno qualitativo: è il caso del cratere a volute eponimo del Pittore di Sisifo (cat. 148.1), appartenente alla seconda generazione, decorato su più registri con varie scene tratte dal repertorio mitologico greco (nozze di Laerte e Anticleia, lotta di Giasone col drago, centauromachia), rinvenuto associato a tre anfore e ad un’hydria del Pittore di Amykos, oltre che a vasi attici del Pittore di Marlay e di Eretria. 1 corredi funerari di questo periodo mostrano un vero e proprio salto di qualità anche nel processo acculturativo, sotto il profilo ideologico-religioso, e sono caratterizzati da alcuni elementi sempre orientati a marcare l’eccezionalità degli inumati. Sul versante maschile, accanto all'aspetto militare costantemente ben evidenziato, si accompagna l'interesse sempre più crescente per le pratiche simposiache, documentate dai vasi attici a figure rosse (crateri a colonnette e a volute, Aylikes, oinochoai e hydriai), ma ciò che rappresenta una novità per alcune sepolture maschili di rilievo consiste nel fatto che lo stesso uomo sia dotato di una serie di monili in oro di fattura etrusca. Ne è un esempio lo splendido corredo rinvenuto nella Tomba 148, composto dal cratere del Pittore di Sisifo, un’hydria del Pittore della Danzatrice di Berlino, un'Aydria e tre anfore panatenaiche del Pittore di Amykos, due vasi attici configurati e da una serie di kylikes attiche con scene di simposio. Alla ricchezza del complesso vascolare si devono aggiungere le armi (un elmo, una corazza ed una spada con piccoli fregi) e persino ornamenti personali, tra i quali una collana d'oro con vaghi sferici e terminali a testa di ariete di fattura etrusca e una fibula. in oro con staffa desinente a testa di ariete. ‘Un confronto molto vicino è evidente col corredo della tomba di Roscigno Monte Pruno, rinvenuta nel 1938. Quest'ultimo comprendeva oggetti metallici di produzione etrusca, apula e coloniale, vasi attici a figure rosse, protoitalioti ed indigeni, nonché vasellame a vernice nera. La ricchezza del defunto è enfatizzata dai gioielli, mentre il suo rango di guerriero è sottolineato dal carro e da una punta di lancia”. Il corredo ruvese trova puntuali richiami con la tomba 24/1976 di Rutigliano, costruita in lastroni di tufo e dipinta con una fascia ornamentale in rosso, che ha restituito una serie di bronzi e numerosi vasi attici a figure rosse; spicca, inoltre, un eccezionale gruppo di vasi del Pittore della Danzatrice di Berlino, tra cui un monumentale cratere a volute!. Simile al corredo della Tomba 148, per la sua composizione, è anche il complesso della tomba 1/74 di Gravina-Botromagno, composto da un cratere a volute del Pittore di Gravina e ben cinque anfore panatenaiche, oltre che da vasi attici a figure rosse connessi al simposio e al ^? Gli oggetti metallici di produzione etrusca: un candelabro di bronzo di produzione vulcente, una schnobeltanne, un'olpe ed un colino; quelli di produzione apula e coloniale: un bacino con anse fuse, mentre ad atelier tarantino è attribuita una piccola ofpe, un boccale ed ἢ kantiares d'argento. Ta le ceramiche: una stemless-cup ed un ron a testa di ariete di produzione attica, due ainochoaï di produzione prototaliota, un cratere a colonnette con motivi ftomor sul collo di produzione locale, mentre tra i vasi a vernice nera prevale a leyrhos di produzione poscidoniate; trai gioielli sembra anche qui presente una collana, una corona ed un diadema. Sul corredodi Monte Pruno: Ross HOLLOWAY, NABERS 1982; GRECO 1996, pp. 88-89; ROMITO 1996, pp. 93-100; CERCHIA, CoLUCCI PESCATORI, D'HENRY 1999,p. 32. " I| corredo metallico della tomba 24 di Rutigliano comprende lebeti, patere, di cui una con manico antropomorfo, colin, un elmo corinzio, due schineri, un cinturone insieme a spade, lance, coltelli ed un omiaterion in erro; altri bronzi insieme acirca ottanta pregevoli vasi erano stipati nel ripostiglio; Lo PORTO 1976, pp. 141-743; Ornarsi d'ambra 2004. 188
consumo del vino; un altro particolare non trascurabile è che il corredo suddetto proviene da una tomba a semicamera dipinta, come il complesso da Ruvo!?. Se da un lato le kylikes attiche, attribuite al Pittore di Marlay (430-420 a.C.), rientrano in quel filone di forme della ceramica attica maggiormente attestato in questo periodo nella Peucezia™, dall'altro lato le scene raffigurate sono piuttosto generiche (atleti, komasti) AI contrario, i vasi protoitalioti presentano scene che celano dei profondi significati: l'impresa di Giasone e la centauromachia sul cratere del Pittore di Sisifo, la scena di amazzonomachia con Teseo e Antiope sull’Aydria del Pittore della Danzatrice di Berlino, quella con Eracle trionfante sulle Amazzoni sull’Aydria del Pittore di Amykos e le scene di palestra e di partenza del guerriero sulle anfore panatenaiche dello stesso pittore, alludono ad imprese eroiche! A queste si deve poi aggiungere il dato che il defunto indossava il proprio armamento da difesa in bronzo (elmo, corazza e schinieri) e aveva sul petto una spada decorata da fregi. II contenuto delle scene difficilmente può ritenersi frutto di una coincidenza casuale: la scelta appare in stretto collegamento con il ruolo ricoperto dal defunto e si pone "in sistema” con i rimanenti beni che questi ha deciso di portare con sé nella tomba (la panoplia), rappresentativi di quel compito di combattente, e forse di capo (si veda la presenza della spada), svolto in vita, attraverso il quale l'uomo ha potuto guadagnarsi un felice esito ultraterreno, il cosiddetto “superamento della morte”. Tale ipotesi sul contenuto non casuale delle scene e sul loro legame con gli altri oggetti deposti nella sepoltura è ulteriormente confermata da un altro complesso funerario ruvesc: quali le Tombe 300 e 301. In entrambe erano deposti due guerrieri accompagnati, oltre che dalla punta di lancia e dal cinturone, anche da vasi con scene significative. Nella prima vi era un cratere a colonnette attico del Pittore di Agrigento (cat. 300.1) con l'uccisione del Minotauro da parte di Teseo, in presenza di Minosse, che allude chiaramente ad imprese eroiche. Nella seconda vi era una pelike protolucana del Pittore di Creusa (cat. 301.2), con la raffigurazione di una donna la quale accoglie un guerriero di ritorno dalle suc imprese offrendogli una phiale con il vino, il tutto ambientato vicino ad una stele funeraria; nella stessa sepoltura vi era un cratere a colonnette protoapulo del Pittore di Arianna (cat. 301.1), riferibile agli inizi del IV secolo, che raffigura Eracle (giunto nell’Oltretomba) seduto con il corno dell'abbondanza tra le mani, alla presenza di Hades (per altri studiosi si tratta del dio Palemone)"”, Athena ed Hermes, mentre una civetta con una corona tra le zampe si 7? Sulla tomba 1/74 di Gravina-Botromagno: RICCARDI 1989, pp. 73-74; CIANCIO 1997,pp. 70-74; DI ZANN, in CIANCIO 1997, pp. 181-186; E. MUGIONE, La selezione del temi figuroiv della tomba I (1974 Prop. Ferrante) di Gravina di Puglia, in Iconografia 2001. Studi sull'immagine (Att del Convegnodi Padova, 2001), Roma 2002, pp 91-99. Bt Sulla ceramica attica atfestata in Peucezia nella seconda metà del V secolo: MANNINO 1996, pp. 363-370; ID. ‘1997, pp. 389-399; MANNINO, ROUBIS 2000, pp. 67-76; MANNINO 2004, pp. 333-355 con ampia bibliografia. 77 Sul significato delle scene di rato e di palestra dei vasi protitalioi: CIANCIO, in Arte e artigianato in Magna Grecia 1996, pp. 394-399 con bibliografia; LirroLIS 1996b, pp. 377-393 con bibliografia; E. MUGIONE, Miti della ceramica attica in Occidente. Problemi di trasmissioni iconografiche nelle produzioni italie, Taranto 2000. ἀκ Sulle preoccupazioni esetologiche e su “superamento della mote” è sata già data un’ampia bibliografia nelle note precedenti, percui i cita solo: Borri 1992. "=" DE CARO 2001,pp. 80-81, n. 43. 189
appresta ad incoronarlo. È fin troppo evidente in questa scena una forte valenza allusiva in senso escatologico. D'altronde, una scena simile è riprodotta su un vaso trovato in una tomba di Gravina’: si tratta di un cratere protoapulo, attribuibile ad un ceramografo della cerchia del Pittore della Nascita di Dioniso, che spicca sia per la qualità che per la rappresentazione figurata. Sul lato principale è, infatti, raffigurato un episodio del mito non particolarmente diffuso in ambiente magnogreco, dotato di un pregnante significato salvifico: Eracle, catturato Cerbero, mostro guardiano dell'Oltretomba, si presenta dinanzi ad Hades, signore degli Inferi, raffigurato con il como dell’abbondanza, e alla sua sposa Persefone, regina dei morti. A questo punto il senso delle scene riprodotte sui vasi di Ruvo e di Gravina è evidente: l'eroe accede al mondo degli Inferi, consacrando così la propria immortalità. Nel vasodi Ruvo, rispetto alla rappresentazione del vaso di Gravina, significative sono sia l'immagine di Eracle che ha già tra le mani il como dell'abbondanza, sia quella della civetta che si appresta a incoronare l’eroe, ormai divenuto immortale. Tali immagini, tuttavia, non contengono un semplice richiamo alla morte, ma in maniera più profonda esprimono un desiderio di analogia con il destino ultraterreno proprio degli eroi epici e dei personaggi sovrumani'”. Di grande rilevanza, sia per la tipologia tombale sia peril ricco corredo, sono le Tombe 1 e2, a sarcofago con doppia copertura formante un ripostiglio. La cratere a colonnette attico a figure rosse, attribuito al Pittore di Harrow (480-470 a.C.), due kylikes attiche a figure nere del Gruppo di Haimon, un’ oinochoe a figure nere, quattro likes attiche a vernice nera del "tipo C" del Bloesch, tre tazze monoansate a vernice nera, una pelike, un kothon ed altri venti vasi a fasce e in un lebete di bronzo contenente delle ghiande, frammenti di una patera, un tripode con ipiedi a zampa di leone, un colino con manico desinente atesta di cigno e un tripode di ferro. Il corredo vascolare sottolinea decisamente l'aderenza del defunto alle pratiche simposiache, mentre i vasi di bronzo alludono chiaramente al taglio e al consumo delle carni. Un confronto puntuale con il corredo di questa sepoltura è ravvisabile nella tomba 17 di Rutigliano, la quale ha restituito un complesso analogo formato da oggetti metallici e da vasi attici a figure rosse e a vernice nera", La Tomba 2 apparteneva ad un guerriero, come dimostrano le armi e i bronzi collocati nello spazio compreso tra le due coperture. Il corredo era costituito da due coppe “ad occhioni” attribuite al “The Leafless Group”, un cratere ἃ colonnette con scena di armamento di un guerriero, attribuito al Pittore di Pan, quattro ky/ikes attiche a vernice nera del “tipo C" del Bloesch e da una serie di vasi a vernice nera. Eccezionale è il complesso degli oggetti in metallo, rinvenuti tra le due coperture: nel gruppo dei vasi di bronzo erano, infatti, presenti un grande lebete, una patera con manico antropomorfo, # La tomba è stata rinvenuta nel 1990: il defunt, deposto nella consueta posizione contratta, era accompagnato da un cospicuo nucleo di vas sia di produzione indigena che di produzione coloniale. Insiemea questi oggett vi era una lancia in ferro, che denuncia la funzione militare da cui il defunto è connotato "Peri vasodi Gravina ci suo significati: CIANCIO 1997,pp. 112-113, figg. 144-145. 111 corredo della tomba 17 di Rutigliano: cole, spied, lance in ferro con avanzi di impugnatura ligne una patera con manico antropomorfo, un colinoed un Kothon tripode; nel ripostiglio vi era un lebet bronzeo ‘con maniglie mobili un iro con anse fisse angolose ed un treppiede infero, una ventina di vasi di produzione Locale, insieme ad altri attici, come Iker a vernice nera ed una kelebe a figure rosse del Pittore di Pan; notevole anche una lekanis contenente alcuni gusci di uova. Per la tomba 17 di Rutigliano: Lo PoRTO 1976,p. 735 ss. 190
un bacile con anse plastiche, un bacile ad orlo perlinato, un colino con manico desinente a testa di cigno e un tripode con zampe leonine. A questi si aggiungono gli attrezzi da cucina quali gli spiedi, ma soprattutto un rampino e un altro strumento, dalla funzione non. chiara, entrambi con manico a torciglione, in piombo, di evidente destinazione funeraria. Tra le armi in ferro si segnalano cuspidi di lancia e di giavellotto, un coltello col relativo manico în legno ed una spada con lingua di presa rivestita di legno e osso. Ancora una volta è palese il legame tra le scene figurate dei vasi, come quella dell'armamento di un guerriero sul cratere a colonnette, ¢ il complesso delle armi che sottolineano il ruolo di guerriero del defunto, probabilmente un capo, come conferma la presenza della spada. La sua condizione elevata è messa in risalto dai bronzi che alludono al consumo delle carni bollite (lebete) e soprattutto da un bene di prestigio, certamente importato o frutto di uno scambio, come il bacile ad orlo perlinato di produzione etrusca. Confronti puntuali sono ravvisabili con la tomba 40 di Rutigliano, il cui corredo è composto da una serie di bronzi e di omamenti personali, nonché da un ricco complesso vascolare comprendente ceramiche locali ed importate ἡ. Numerosi sono anche i riferimenti alle pratiche simposiache, documentate dalla ceramica attica a figure rosse. Un esempio è costituito dal corredo della Tomba 110, la quale ha restituito un cratere a colonnette del Pittore di Leningrado, con scene di simposio, lekythoi, kylikes, un'oinochoe con scene dionisiache e, in particolare, un’oinochoe con la raffigurazione di una fanciulla recante un fiore in mano e l'iscrizione KAAE NIKETEZ, attribuita a Douris. Evidenti riferimenti al simposio e alle connesse credenze salvifiche si riscontrano anche nel cratere a volute attico a figure rosse del Pittore di Pronomos, con Dionisio e Arianna da un lato e attori con maschere e costumi di un dramma satiresco dall’altro, accompagnato da una serie di vasi del Pittore di Meidias e di Meleagro, tutti databili tra il 420 ed il 400 a.C., e da varie kylikes e kantharoi con scene dionisiache. Per composi hezza il complesso funerario della sepoltura in esame è molto simile al corredo della tomba 128, rinvenuta nell’etrusca Spina, nella quale vennero alla luce due crateri attici a figure rosse con scene dionisiache (uno a volute ed uno a calice), likes, la coppia funzionale in bronzo (brocca e bacile), due candelabri vulcenti, probabilmente un cratere in bronzo di cui sono rimaste due anse, assieme ad altri numerosi oggetti? Sulla base di quanto si è detto, non sarebbe da escludere anche una discreta allusività dionisiaca, frutto del clima globalmente favorevole al culto di Dioniso che sembrava pervadere allora l'intera Magna Grecia (si ricordi il coro dell Antigone di Sofocle [ve. 1118 ss.] invocante il dio “che protegge l’Italia illustre”), forse riconducibile anche a quelle forme di influenze operanti nei culti nel corso del V secolo a.C. sulle élites italiche, fenomeno, questo, che non avrà certo trascurato l'elemento femminile, ben partecipe 1 1 corredo metallico dela tomba 40 comprendeva un bacile ad orlo perlato, fibulead arco ingrossato δ lunga staffa, molti obeli, colli e lance. Il corredo vascolareera formato da prodotti peucezi locali, tazze ioniche, vai a vernice nerae vas ii a figure nere, ἰάγιλοί, ἀνε ad occhioni ed uno skyphos con komos, la prima del Leafless Group, la seconda del CHC Group, nonché una Lelebe con scena dionisiaca. Nel ripostiglio vi erano un'olla acroma ed un grosso cratere ἃ vernice nera di tipo conico. Pe la tomba40 di Rutigliano: Lo Potro 1976,pp. 737-739. 77 Perla tomba 128 di Spina: Spina Storia di una cità ra Greci ed Etruschi 1993, pp. 287-291 191
delle tendenze orfico-misteriche!”. Un ulteriore elemento degno di nota emerge dalla rappresentazione del gruppo di attori con costumi e maschere di un dramma satiresco presente sul lato principale del cratere a volute attico del Pittore di Pronomos: questo dato è indice di come le élites indigene fossero a conoscenza sia delle opere teatrali greche sia probabilmente di quelle letterarie. Senza dubbio, il corredo della Tomba 110 mostra alcune incongruenze cronologiche che necessitano di un chiarimento: infatti, è presente un gruppo di oggetti databile trail 480-470 a.C. (cratere a colonnette del Pittore eningrado, oinochoe di Douris, ornamenti personali) ed uno databile alla fine del V secolo (cratere del Pittore di Pronomos e altri vasi minori). Tale compresenza di oggetti cronologicamente non omogenei può essere spiegata ipotizzando che nella tomba vi fossero due deposizioni, una più antica e l'altra più recente. D'altronde, il riutilizzo delle tombe per sepolture successive, consistente nell'ammassare la deposizione principale in un angolo della tomba o all’esterno, è una pratica ben nota tra la popolazione indigena della Peucezia di questo periodo. Si deve, tuttavia, sottolineare che tale pratica non indica una condizione economica non privilegiata, quanto piuttosto è ricollegabile ad un'ideologia funeraria che tende ad esaltare il concetto di continuità familiare!*. Un'altra possibilità consiste nel considerare gli oggetti più antichi, soprattutto i gioielli, come dei beni preziosi e di famiglia, tramandati nell’ambito della propria gens. Di grande rilievo è anche il complesso vascolare della Tomba 152, la quale ha restituito, oltre alla famosa kydria attica con la raffigurazione del “Giudizio di Paride”, del Pittore del Paride di Karlsruhe, appartenente alla cerchia del Pittore di Meidias, anche un’anfora panatenaica attica, anch'essa attribuita ad un ceramografo della cerchia del Pittore di Meidias, un cratere a volute del Pittore della Nascita di Dioniso c soprattutto una lekythos attica del Pittore di Meidias, decorata con una scena chiaramente allusiva al mondo dell’Oltretomba. Su quest'ultimo esemplare è infatti raffigurata una donna, dipinta di bianco, intenta a salire una scala mentre un erote le porge la metà inferiore di un'anfora contenente acqua, con l’altra metà raffigurata per terra presso un louterion. È chiaro che si tratta di una allusione al passaggio in una nuova dimensione, in una nuova vita in un altro mondo. Per quanto riguarda la documentazione del V secolo non si può fare a meno di accennare al corredo della Tomba 280. La sepoltura conteneva resti di un individuo di sesso maschile, deposto in posizione supina: è molto interessante sottolineare che l'analisi antropologica del giovane guerriero, come di altri individui trovati a Ruvo negli anni precedenti, rivela l'appartenenza al gruppo umano sannita^*, Il corredo funerario della tomba, databile tra la fine del V e gli inizi del IV secolo a.C., comprende un ricco servizio ceramico da simposio, cui si aggiungono alcuni oggetti in ferro, i quali alludono alla preparazione ed al consumo dei cibi, vale a dire due coltelli, uno spiedo e una grattugia. L’appartenenza 2 Sulla diffusione dellorfismo e delle credenze misteriche tra le popolazioni italiche si è già citata precedentemente la bibliografia, per cui s ricordano solo: Orfismo in Magna Grecia (Atti del Convegno di Studi sulla Magna Grecia, Taranto, ottobre 1974, Napoli 1975; MELE 1981,pp. 61-96; D'AGOSTINO 1988a, pp. 110-114; MuR®AY 1988, pp. 239-258; Born 1992; PONTRANDOLFO 1995, pp. 176-195; BOTTIN 1996b, pp. 546-547; D'AGOSTINO 1996, pp. 439-440; MUGIONE 1996, pp. 245-246; BOTTIN 200$, pp. 140-142. ‘è Sulla pratica del rusilzzo delle tombe in Peucezia: DEPALO 1989, pp. 96-97. 1 RiccaRDI 2004a,p. 128, nota 13. 192
del defunto alla classe emergente nell’ambito della comunità è suggerita dalla presenza del giavellotto, che lo qualifica come guerriero, e dello strigile in bronzo, oggetto simbolo della palestra, che ne esalta le qualità atletiche, secondo un'ideologia propria del mondo ellenico. Fra i vasi deposti nella tomba, si distinguono, per la singolare modalità con cui erano disposte sul corpo del giovane guerriero, tre kylikes a vernice nera con motivi vegetali impressi: esse, infatti, erano allineate intenzionalmente in corrispondenza del bacino, secondo un uso attestato nella necropoli di Vico Equense (tombe 32, 62, 92)" Gli elementi di maggior pregio del complesso funerario sono costituiti dai vasi figurati, quali una lekythos attica a figure rosse, una Ili a figure nere di imitazione locale e un cratere a campana protolucano del Pittore di Amykos!”. Completano il corredo anche vasi a fasce e in stile misto. Il corredo ruvese, per la composizione e la qualità dei vasi figurati, mostra notevoli analogie con complessi funerari dello stesso periodo ritrovati ἃ Gravina-Botromagno, importante centro della Peucezia interna, collegato a Ruvo sin dall'età arcaica attraverso vie naturali di comunicazione! ILIV secolo
Il IV secolo a.C. rappresenta per Ruvo il periodo del suo massimo splendore economico, politico e culturale caratterizzato da un enorme incremento e da un infitirsi delle presenze funerarie, le quali diventano la chiara manifestazione di un importante fenomeno di crescita demografica. Lo schema distributivo delle necropoli sembra delineare l'esistenza di poli di particolare addensamento, con un'alta concentrazione di tombe aristocratiche, în corrispondenza dei settori sud-occidentale e sud-orientale (tav. IX), ma anche a nord dell’attuale comprensorio urbano (tav. VII), indicando un evidente rapporto di relazione topografica con antiche direttrici di collegamento tra l'entroterra e la vicina costa adriatica, assi generatori del futuro assetto urbanistico di età romana", La prosperità della società ruvestina emerge sia dal crescente numero di tombe a semicamera c a sarcofago, la maggior parte delle quali affrescata con fasce policrome e con motivi omamentali (palmette, arabeschi, decorazioni fioreali ed altri 1% Per e tombe dî Vico Equense: BONGHI JOVINO 1982, pp. 18-19, 20-21, 24-25. 1 RICCARDI 2004s, pp, 127-128, Pt Ciancio 1997, pp. 187-233. Profondi legami con la sepoltura di Ruvo, soprattutto per la composizione del complesso funerario, mostra il corredo della tomba 10/1998 di Gravina-Padre Eterno, che ha restituto un complesso composto da circa 70 oggetti, tra armi, suppelltili terrecote.È la sepoltura di un guerriero, il cui ruolo è rivelato da alcuni elementi del corredo- la lancia e il pugnale in ferro che aveva con sé, cinturone © schinier in bronzo posati accanto La sua partecipazione alle pratiche simposiache e al rituale funerario di matrice ellenica è attestato dalla serie di oggetti funzionali lla cottura ed alla distribuzione delle cari colloc nella tomba al momento della deposizione (i fascio di spied, il ripode in ferroe il ebete bronzeo), nonché ricco nucleo di vasi destinati ἃ contenere e a versare il vino. Tra quest i segnalano il cratere protitalioa con scene di carattere dioisiaco e la peli attica del Pittore di Eretria. Per il corredo della tomba: CIANCIO 2000, in Taras XX, 2000, pp. 59-60. ‘ Sulla topografia ruvese: M. MARIN 1981,pp. 139-267; R. RUTA, Le campagnedi Ruvo in età romana, Bari 1993; E. DE MATTIA, Precedenti stoic e aspetti evolutivi dell'assetto urbano, inF. DE MATTIA (a cura di), Rubi fortissima castra, Molfetta 1997, pp. 1-90 con ampia bibliografia; LABELLARTE 2004, pp. 101-103. 193
soggetti), sia dall'introduzione dell'uso delle tombe a camera, anch'esse presenti con un discreto numero, quasi certamente per opera della sempre più profonda ed incisiva influenza tarantina, ma soprattutto della vicina città di Canosa. Influenza, questa, che si manifesta, in particolar modo, nella composizione dei corredì funerari costituiti non solo da splendidi gioielli di fattura tarantina, quali orecchini con vari pendenti ¢ collane abbellite con pietre dure di vario colore, secondo un gusto coloristico caratteristico delle oreficerie di età ellenistica, ma anche dalla presenza massiccia di grandiosi vasi. apuli a figure rosse"? Dall'esame delle ceramiche presenti nei corredi funerari, il primo elemento che emerge è l'estendersi c l'intensificarsi dell'influenza determinata dal consolidarsi dell’egemonia politica e culturale tarantina, che si evince già a partire dagli ultimi decenni del V secolo e poi nel successivo, quando le fabbriche italiote assumono il monopolio dei circuit commerciali indigeni, riversando in quantità massiccia nei corredì funerari ruvesi, così come in quelli degli altri maggiori centri della Peucezia, vasi a figure rosse, a vernice nera, a decorazione sovraddipinta". AI notevole incremento delle ceramiche di tipo greco corrisponde una sensibile riduzione delle ceramiche di produzione tipicamente indigena. In realtà, scomparse ormai le ceramiche geometriche monocrome e bicrome, queste si riducono ai vasi con decorazione a semplici fasce oppure a decorazione lineare e fitomorfa (cosiddetto “stile misto”), comunque dipendenti nella morfologia c nel repertorio decorativo dai modelli greci. Tale processo di riduzione si realizza con maggiore precocità a livello dei complessi funerari più rilevanti, in diretto rapporto, dunque, con la maggiore disponibilità economica della committenza; si tratta di un processo diffuso in tutta la Peucezia e in particolare nei centri di Conversano, Rutigliano e Ceglie'™, Ciascuno dei corredi di IV secolo, presentati nel catalogo, è il segno evidente di una condizione socio-economica diversa, che si riflette non solo nelle variazioni quantitative, ma anche nel diverso assortimento delle classi ceramiche rappresentate. Sebbene vi siano degli scarti cronologici tra un complesso e l'altro, significativa risulta la cospicua presenza di ceramica apula a figure rosse nei corredi delle Tombe 21, 39 e 56, cui fa da pendant, nei corredi delle Tombe 259 e 260, una presenza ridotta a pochi esemplari, evidentemente esibiti quali oggetti di particolare pregio nel quadro di complessi di livello medio. Con V'avanzare del IV secolo l'influenza culturale ellenica si estenderà in maniera graduale ma evidente anche ai ceti intermedi, sottolineata nel rito funerario dall”uso generalizzato delle ceramiche di diretta derivazione ellenica, come quelle a vernice nera, sovraddipinte in rosso, nello stile di Gnarhia e quella apulaa figure rosse. Nei corredi della seconda metà del IV secolo si può constatare come la selezione degli oggetti nelle pratiche rituali sia ormai omogenea, indizio di una duplice situazione: da "^ Sul quadro complessivo della Puglia in tale periodo: DE JULIS 1988b, pp. 89-160; Sull'infuenza tarantina sulla Peucezia: DE JULNS 1989, pp. 42-44; Sui gioiell di fattura tarantina a Ruvo: MARSHALL 1911; Ori Taranto 1984; GUZZO 1993; MONTANARO 2006. 1 Sull'andamento delle importazioni delle ceramiche apule: DE JuLIS 1989, pp. 43-46; Louis 1996b, pp. 377-393 τῷ Una puntuale analisi sui cored della Peucezia nel IV secolo è in M. R. DEPALO, Le necropoli della Peucezianel V secolo a C.: elementi di contimità e modifiche, in Archeologia e Teritorio 1989, pp. 91-110 con. ampia bibliografia. Vedi anche il recente volume Rurigliano 2006, a cura di E. M. DE JULIS. 194
un lato, per la comunità cambia il rapporto con il mondo ultraterreno, dall’altro si può notare come il segno di una condizione socio-economica privilegiata non risieda più in una prevalenza numerica delle ceramiche di tipo greco, ormai ampiamente disponibili sul mercato, quanto, oltre che nell'abbondanza del corredo, anche nel maggiore livello artistico espresso dai diversi oggetti‘. Nei complessi cronologicamente ascrivibili a questa fase la ceramica a vernice nera e quella a figure rosse costituiscono le classi quantitativamente più presenti. Per quanto conceme quella a vernice nera, attualmente di esclusiva produzione coloniale ed indigena, le forme più diffuse sono quelle di derivazione attica, di piccole dimensioni, quali piatti, coppette, brocchette, Aylikes, skyphoi, spesso ripetute nell'ambito di uno stesso corredo, come mostrano in maniera evidente i complessi sopra menzionati, secondo un modello ampiamente diffuso in tutti i centri della Peucezia"*, Esse non mancano, generalmente, anche nei corredi più modesti della prima metà del secolo, a differenza del più pregiato vasellame a figure rosse. Ma da questo panorama di monotonia formale emergono, nella seconda metà del secolo, i gut? con medaglione centrale figurato, la cui produzione nell’ambito delle officine apule è ormai accertata: in essi l'uso di iconografie diffuse nell'arte tardo-classica ed ellenistica raggiunge livelli artisticamente considerevoli“ Certamente, però, i fossile guida dei corredi ruvesi è costituito dalla ceramica apula a figure rosse che si ritrova in quantità elevate nelle tombe di questo ricco centro peucezio. A partire dalla prima metà del secolo gli esemplari apuli aumentano gradualmente nei complessi ruvesi, in rapporto all'importanza del corredo stesso, a conferma del carattere di particolare valore rivestito da questa classe vascolare: sono presenti în questa fase soprattutto i prodotti del Pittore della Nascita di Dioniso (grandi crateri a volute), quelli del Pittore di Arianna (crateri a colomette) e quelli del Pittore di Tarporley. Nella seconda metà del secolo, invece, in concomitanza col fiorire di officine anche nei centri indigeni, aumentano notevolmente all'interno dei corredì i vasi a figure rosse a prescindere dai livelli socio-economici espressi, ma contemporaneamente, gran parte della produzione diventa quasi dî tipo “industriale”, con vasi che ripetono in maniera monotona scene di genere ed esprimono un modesto impegno stilistico. Non mancano certamente esemplari di grande livello artistico, come i craterî a volute, a mascheroni e le anfore del Pittore dell'Ilioupersis, che introduce alcuni accenti innovativi e scene di omaggio alla tomba 0 ai defunti, assieme a taluni esemplari del Pittore di Varrese e di Licurgo, decorati con scene mitologiche complesse! Pertanto, i corredi più rilevanti si distinguono per la presenza di vasi di maggiore monumentalità e per le scene figurate che risultano più complesse, attribuibili alle principali officine in voga: è il caso dei complessi vascolari © DEPALO 1989, pp. 99-101 ‘Sulla ceramica a vemicener coloniale (Taranto): A. DELL'AGLIO, in Arte e avtgianato n Magna Grecia. 1996, pp. 321-328 con ampia bibliografia; sulla fabbricadi Metaponto: M. OSANNA, in Are e artigianato in Magna" PerGreciagut:1996,JENTEL pp. 45-49; sulla situazionein Peucezia: DEPALO 1989, p. 101. 1976, pp. 6-57; F. GILOTTA, Gut eds a rilievo lior ed etruschi. Teste solae, Roma 1985; DEPALO 1989. p. 101 "^ Per una analisi dell produzione apula in Peucezia con riferimenti ancheal centro di Ruvo: E. LirPoLIS, Lostile proto-apulo e apulo antico e medio, in Arte e artigianato in Magna Grecia 1996, pp. 377-393 con ampia bibliografia. 195
delle Tombe 163 e 164 o di quelli delle Tombe 321 e 322, caratterizzati soprattutto da crateri e anfore, attribuiti ai Pittori di Licurgo, di Dario, di Baltimora, dell'Oltretomba € del Sakkos Bianco, raffiguranti scene di rapimenti mitici, accoppiamenti sacri, discese nell’Ade, spesso versioni poco note per le quali si è voluto stabilire uno stretto contatto con la produzione letteraria della tragedia. Le altre produzioni vascolari di tipo greco rinvenute nei corredi di Ruvo sono costituite dalla ceramica con decorazione sovraddipinta in rosso 0 da quella sovraddipinta policroma, nello stile di Gnathia. Per quest’ultima si tratta soprattutto di forme di piccole e medie dimensioni, come skyphoi, coppette, oinochoai, lekythoi, generalmente attribuibili alla fase media della produzione, tra i quali non mancano esemplari che, pure nella loro semplicità, sono di estrema raffinatezza, basti pensare ad un alabastron, con la figura di una danzatrice vestita di un chitone trasparente rinvenuto nella Tomba 56 (cat. 56.14). Lo stesso discorso è valido per i corredì delle altre ricche necropoli della Peucezia, quali Monte Sannace, Rutigliano, Ceglie e Bitonto. Meno significativa appare per quantità, livello formale e originalità la presenza della ceramica sovraddipinta in rosso, spesso ridotta a vasi miniaturistici sommariamente decorati, riconducibili alle officine dello “Xenon Group” e del “Cigno Rosso”. A queste classi si aggiungono alcune produzioni «minori» sia per numero che per limitato repertorio decorativo: il riferimento éalle /ekythoi a reticolo in nero, riprese in versione sovraddipinta dalla ceramica di Gnathia. Si devono considerare anche le ceramiche ricoperte solo da una ingubbiatura di latte di calce ed in particolare la ceramica dorata, entrambe presenti per l'influsso dell'ambiente canosino, le quali saranno pienamente diffuse, in seguito, nei complessi del ΠῚ secolo'®. Per concludere con la ceramica, non manca nei corredi ruvesi del IV secolo quel vasellame da fuoco d'impasto, limitato a poche forme, come la pentola o il cosiddetto pentolino rituale (quest'ultimo ampiamente diffuso nei contesti del centro peucezio), il cui uso per rituali funerariè testimoniato dalle diffuse tracce di bruciato. Allo stesso ambito va riferito un altro vaso di uso domestico, spesso presente nei corredi ruvesi, vale a dire il mortaio con beccuccio versatoio. Sempre alla sfera rituale rimandano i numerosi utensili da cucina metallo; tuttavia, rispetto al secolo precedente, si rileva una diminuzione degli oggetti "© LireoLIS 1996,pp. 390-391. Sulla ceramica a soggetto tragico: J. R. GREEN, E. HANDLEY, Images af the Greek Theatre, London 1995; Topisco 2002; TODISCO (a cura di) 2003 con ulteriore bibliografia, Sul Pittore dell’lioupersis e sui suoi accenti ianovativi: TRENDALI-CAMBITOGLOU 1978, pp. 185-192 con ampia bibliografia; LOHMANN 1979; PONTRANDOLFO, PRISCO, MUGIONE, LAFAGE 1988; G. SENA CHIESA, | vasi a figure rosse del periodo apulo medio: il nuovo linguaggio figurative, il prestigio del mito e la celebrazione aristocratica, in Ceramiche atiche e magnogreche 2006, pp. 236-249 con ampia bibliografia. "^ Sulla ceramica sovraddipinta policroma (Gnathia): FORTI 1965; WEBSTER 1968;A. D'AMICIS, La ceramica sovraddlpinta policroma: Taranto, in Arte © artigianato in Magna Grecia 1996, pp. 433-441 con tutta Ja bibliografia; sulla ceramica sovraddipinta monocroma: ROBINSON 1990,pp. 251-265; E. G.D. ROBINSON, La ceramica sovraddipinta monocroma: vasi dei Gruppi Xenon e del Cigno Rosso, in Arte © artigianato in Magna Grecia 1996, pp. 441-452 con ampia bibliograia;E. M. DE JULIS, La ceramica sovraddipinta apula, Bari 2002 con tutta a bibliografia sull'argomento. 9 Forme della ceramica sciaîbata: kantharol, loutrophoroi e crateri a mascheroni; sulla ceramica scialbat: Ceglie Peuceta I 1982; Principi, imperatori, vescovi 1992;DE JULIS 1997, pp. 134-135. Forme della seramica dorata: oinochoai, pate con manico antropomorfo, kantiaroi phialai mesonphalo; sulla ceramica dorata: DE PALMA 1989, pp. 7-96; EADEM, in Principi, imperatori, vescovi 1992, pp. 302-309; DE JULIS 1997,pp. 139-141 196
metallo che si verifica in quasi tutti i centri della Peucezia, tranne a Rutigliano. Tra questi sono diffusi soprattutto tripodi, graffioni, spiedi e coltelli di solito in ferro. In alcuni casi, l'impiego di un metallo come il piombo, certamente non funzionale, ma riscontrato in alcuni corredi, ne tradisce l'uso a scopo puramente rituale, funerario™. Per quanto riguarda l'armamento offensivo e difensivo, le necropoli di Ruvo hanno offerto una notevole varietà di tipi di armature, con diverse combinazioni. Un dato di grande rilievo è sicuramente costituito dalla contemporanea presenza nelle tombe ruvesi della corazza di tipo anatomico lunga, strettamente pertinente al mondo apulo, e di quella di tipo anatomico corta, pertinente al mondo lucano-sannita'*', quest’ultima indice di una profonda influenza di tale ambito culturale ma anche di una presenza di individui di origine osca, come confermano alcune sepolture. In merito alla corazza si avanza l’ipote che essa possa rivestire un particolare significato nella gradualità della carriera militare in ambiente apulo'®: tale suggestione è stimolata dalla coesistenza, in più di un caso, del tipo anatomico lungo con il cinturone, di cui un chiaro esempio è la Tomba 158. Anche nella Tomba 157 si rinvenne la sepoltura di un guerriero fornito di un'intera panoplia, formata da una corazza anatomica, un elmo e un cinturone, cui vanno aggiunte due patere in bronzo con manico antropomorfo. Il costume oplitico sembra ormai mostrare una più ampia diffusione, sebbene nella Peucezia, all'interno delle necropoli del IV secolo, manchino generalmente le splendide panoplie documentate in precedenza (a parte alcune eccezioni), ora sostituite dal cinturone in bronzo, unico elemento dell'armatura difensiva attestato con una certa frequenza anche in contesti appartenenti a livelli socio-economici modesti, Infatti, diversamente dagli altri siti della Peucezia, la documentazione archeologica delle necropoli di Ruvo ha offerto per questo periodo delle splendide panoplie, mettendo in evidenza una consistente presenza di armati di panoplia e di cavalieri, sia pure in percentuale limitata rispetto agli altri individui armati differentemente. Un esempio eccezionale è costituito dalla panoplia rinvenuta nella Tomba 158, comprendente uno splendido elmo di tipo calcidesead alette, una corazza di tipo anatomico lunga, un cinturone a placche, una coppia di schinieri e persino uno scudo con episemon a forma di cinghiale. Lo stesso discorso è valido per il corredo della Tomba 39, composto da una corazza anatomica corta, un cinturone a fascia larga con attacchi a palmetta, una coppia di schinieri e da uno scudo con episemon a forma di cinghiale. Altrettanto notevole è la panoplia della Tomba 160, formata da un elmo apileo, una corazza atre dischi di tipo sannitico e da un cinturone, molto probabilmente appartenuta ad un guerriero di origine sannita. Non si devono dimenticare altre splendide corazze anatomiche, provenienti da Ruvo e conservate al British Museum (fig. 28), e una corazza a tre dischi con decorazioni a sbalzo figurate, conservata a Napoli e rinvenuta nella Tomba 159, accanto alla sepoltura del guerriero sannita (Tomba 160), anch'essa pertinente, con ogni probabilità, ad un guerriero sannita. Va sottolineato che la corazza è stata trovata nell’intercapedine tra la 19 Per le altre classi ceramiche: DEPALO 1989, pp. 103-105; per Rutigliano: F. M. DE Jutus (a cura di), Rutigliano 12006, τι Sulla pertinenza etica elle corazze anatomiche lunghe e corte: GUZZO, it (rmi 1993,pp. 151-176 con ampia bibliografia; MAZZEI, in Artee artigianato in Magna Grecia 1996. 79 Sul significato della corazza per la carrera militare in ambito italico: GUZZO 1993b,p. 159 ss. MAZZEI 1996 con bibliografia. 197
ig. 28. Coppia di corazze anatomiche bivalvi conservate nel British Museum, IV secolo a.C. (Foto Gell’ Autore, cortesia British Museum).
parete della fossa e la struttura a semicamera della tomba, a mo’ di ostentazione. Una simile collocazione è stata riservata alla corazza di Kour-es-Saef, ostentata in una nicchia scavata nella parete, con cui l’esemplare di Ruvo trova confronti stringenti dal punto di vista stilistico. Sull’ipotesi che tali corazze, per la loro ricca decorazione, abbiano rivestito esclusivamente una funzione da parata si è già pronunciato il Guzzo. Piuttosto diffusi sono gli elmi del tipo a pileo e di tipo calcidese, pertinenti il primo ad ambito esclusivamente apulo e ben rappresentato nell'iconografia vascolare apula, il secondo ad area apula e lucano-sannita*, Quanto all'uso dello scudo, non deve meravigliare l'assenza di ritrovamenti relativi a questo elemento, ad eccezione delle Tombe 39 e 158, le quali hanno restituito ciascuna un episemon con cinghiale, normalmente applicato come decorazione sullo scudo, ritrovato in contesto con una panoplia completa. La continua presenza nell’iconografia vascolare apula di scudi caratterizzati da questo tipo di applicazione e, di contro, il mancato ritrovamento degli stessi nelle sepolture, suggerisce l’ipotesi di un impiego prevalente del cuoio e del legno per la loro realizzazione. Molto diffuse sono invece le armi da offesa in ferro, quali © Per la corazza dalla Tunisia ὁ sulla funzione da parata: GUZZO, in Armi 1993, pp. 166-167 con ampia bibliografia. "5 Per elmo clcidese: PFLUG 1988b, pp. 137-150 con bibliografia; per l'eimo a pileo: WAURICK 1988, p. 1518: sulla pertinenza etnica: GUZZO, in Arm! 1993, p. 160 198
cuspidi di lancia e di giavellotto, cui si aggiungono strigili in ferro e in bronzo, allusivi alle qualità atletiche del defunto Questo, dunque, è quanto affiorato dalle necropoli ruvestine sempre più diffuse ed estese, rinvenute inizialmente al di fuori della cinta muraria medievale, successivamente anche all'interno, nella zona che probabilmente ne rappresenta l'acropoli. Testimonianza di questa estensione delle arce sepolcrali è data dalla necropoli situata nella contrada dei Cappuccini, che continua ad essere usata fino agli inizi del III secolo a.C. (tav. V), come è documentato dal rinvenimento di alcune tombe a semicamera con corredi risalenti alla fine del IV secolo a.C. e dal ritrovamento di una monumentale tomba a semicamera (Tomba 131) con un corredo ricchissimo, caratterizzato dalla presenza di alcuni va vetro di pregevole fattura. Nel IV secolo appare altrettanto ricca la necropoli scoperta sul colle di S. Angelo (tav. VII), a nord della cinta muraria medievale: si tratta di tombe a semicamera, affrescate con fasce policrome e ricche di ceramica apula a figure rosse, e di tombe a camera, delle quali una presenta al centro della stanza una colonna sormontata da un capitello dorico che sembra richiamare la “Tomba dei Capitelli” dell’etrusca Cerveteri (Tomba 60). Degno di nota è il corredo della Tomba 55, la quale consiste in una semicamera dipinta intemamente con fasce zonali di colore celeste e rosso. Il corredo, recentemente ricomposto in maniera parziale"*, è costituito da una gran quantità di vasi apuli a figure rosse, attribuibili al Pittore dell'Ilioupersis e al Pittore di Licurgo. Ancora più riccoè il corredo della Tomba 56 (a camera), riferibile alla seconda metà del IV secolo a.C, formato da una serie di vasi apuli di grandi dimensioni, associati ad altri più piccoli e da ceramica a vernice nera e sovraddipinta policroma". Le tombe 164 e 163, una del tipo a semicamera e l’altra, probabilmente, del tipo a grotticella o a camera scavata nella roccia, hanno fornito dei corredi straordinariamente ricchi di ceramica apula a figure rosse, costituiti da crateri a volute di dimensioni monumentali (circa m. 1,50) e da altri vasi di notevole grandezza (nella seconda vi erano anche tre anfore panatenaiche ed un deinos) quasi tutti della mano del Pittore di Dario, accompagnati da altri oggetti di pregio in alabastro e in ceramica dorata. Le
5 DEPALO 1989, pp. 104-105; per la raffigurazione di scudi sulla ceramica apula: MAZZzI 1996, pp. 122, 405-406 1% Cassano 1996a,pp 113-115 © Interessante è il cordo della Tomba 35, rinvenuto in usa tomba monumentale, composto da più di cinquanta oggetti, τὰ cui si ricordano un cratere ἃ volute, attribuito ad un ceramografo della cerchia dl Pitore di Lier, con la scena di Ace che st per cidre Cassandra, una lourophores con Niobe in un ass, el Pore di Varese, pù diversi vas tardo-gul, terrecotte c oggeti in piombo, come un candelabro decorato con una sine. È da oar che a di sopra dell tomb s rinvenne una Aya ano-apla ridot in frammenti intenzionalmente, da tendere come riferibile α resi diua cerimonia funebre ascai er igilare simbolicamente il sepolcro. Degno di rilievo anche il coredo della Tomb 111, proveniente dalla necropoli di ia ἀεὶ Cappuccini (av. VI), che ha restituito un eater avout del Pittor delliouperss con Achille che rascina il cadaver i Etre c La statua di Patroclo in un nasa, un patera, decorata con la mort di Peneo, € du anfore decorate con scene di culto funerario, Ma altrettanto ricche, non solo di ceramica apula a figure rosse, ma anche di ogget doroe di afntissimi piti in vetro, sno le tombe venue lla loce nell'immensa nocropoli del fondo del Buccettolo a sud dell'odierma cità medievale (v. IX). Purtroppo un gran numero di queste tombe, molt delle quali dl ipo a semicamera, fü depredato dal Lambert ra i mes di marzo € aprile del 1835 (s ne contano almeno cinque ma è probabil he fossero ancor pù numeros), mentre altre hanno restitit ricchi corredi ascriviblira a metà ela fin del IV secolo aC. 199
caratteristiche strutturali della prima tomba, le sue dimensioni ragguardevoli, nonché l'eccezionale qualità, complessità e coerenza del programma figurativo e decorativo (si pensi alla ricorrenza di temi legati alla saga tebana, di temi dionisiaci e di temi connessi con l’Oltretomba, desumibili dalle scene dipinte sul corredo ceramico riferibile alla produzione dei Pittori di Dario e di Chamay), sono tutti clementi che sottolineano la connotazione elitaria dell'individuo sepolto in tale tomba. La complessità dei temi mitologici trattati sui vasi suggerisce come la sepoltura fosse destinata ad un individuo di rango elevato appartenente all’aristocrazia peucezia che, a quest’epoca, era profondamente permeata della più raffinata cultura greca, sia nella stessa Ruvo sia negli altri centri della Peucezia (Gravina, Ceglie e Monte Sannace), sia nella Daunia (Canosa e Arpi), dove sono presenti analoghe espressioni monumentali funerarie. Inoltre, non si devono trascurare le scene figurate del corredo vascolare, le quali si riferiscono certamente a temi letterari attini dalla tragedia greca, come pure a scene mitologiche e a soggetti religiosi, legati a credenze orfiche e dionisiache, espressione di atteggiamenti e di idee che, in quest’ultima fase della produzione apula, si radicano diffusamente presso le aristocrazie € che convergono verso un'unica tematica e preoccupazione: il tema della morte c del suo superamento". Infatti la scelta delle immagini e dei soggetti da parte di tali gruppi sociali emergenti rispondeva ad un preciso linguaggio in relazione al proprio “sapere ellenizzato” e alla propria cultura religiosa e il vaso figurato con scene mitologiche ne era l’espressione più evidente. Inoltre, le sue caratteristiche prevalenti in questo periodo (grandi dimensioni, fondo cavo, soggetti particolari) accrescono il suo valore simbolico e lo definiscono come pertinente ad una sfera esclusivamente funeraria, lettura, questa, che è stata supportata da altri ritrovamenti tombali effettuati nella stessa Ruvo e in altri centri indigeni della Peucezia quali Altamura, Gravina, Monte Sannace ed Egnazia'”. Questo è quanto traspare dal cratere a mascheroni raffigurante la morte di Archemoro e dall’anfora panatenaica decorata con una scena che riprende un altro episodio legato alla morte di Archemoro: in entrambi i casi compare, nonostante i continui riferimenti all’Oltretomba, la figura di Anfiarao, la cui presenza contiene un messaggio di rinascita e di salvezza". Completano il corredo una loutrophoros con Tereo, Apate e Filomela e una hydria con il "Giudizio di Paride” (entrambe caratterizzate da scene connesse alle tematiche precedenti e da figure aggiunte legate al tema dell'Oltretomba), un piatto di vetro e due vasi in ceramica dorata. Un discorso analogo è valido per il corredo vascolare della Tomba 163, composto da un monumentale cratere a volute, tre anfore panatenaiche e un deinos, tutti della mano del Pittore di Dario. Anche in questo caso sui vasi sono raffigurate scene mitologiche complesse, contraddistinte da un coerente programma decorativo: ricorrenza di temi persiani, di scene di ratto e di temi dionisiaci. La scena centrale, sul lato principale del 15 Su questi argomenti la bibliografia è stata fomita nelle pagine precedenti di questo stesso capitolo. Riguardo alla ceramica apula si rimandaa: M. SCHMIDT, Orfeo e Orfsmo nella pittura vascolare italiot, in Atti del XIV Convegno di Studi sulla Magna Grecia, Napoli 1975, pp. 105-137; M. PENSA, Rappresentazioni dell Otretomba nella ceramica apula, Roma 1977;A. PONTRANDOLFO,G. PRISCO,E. MUGIONE, F. LAFAGE, Semata e naisko nella ceramica talit, in AnnAStorAnt 10, 1988, pp. 181-202 19 MAZZEI 1996, pp. 403-406. 1 Sulla figura di Anfiarao: PENSA 1977,pp. 57-58. 200
monumentale cratere, è stata interpretata come uno scontro tra Alessandro Magno e Dario III Codomano, sulla scorta di altri due vasi, tra cui un'anfora trovata nella stessa tomba con la scena di uno scontro tra un Greco ed un Persiano (forse proprio Alessandro che insegue il carro di Dario che fugge). II contesto trova puntuali confronti con un sontuoso corredo, trovato nel 1974 in una tomba a semicamera di Altamura. Fra tutti i vasî domina per le sue dimensioni monumentali il grande cratere a volute, sul cui lato principaleè raffigurata la scena della battaglia di Gaugamela: nel registro centrale si legge Ta figura del re macedone a cavallo che insegue con la lunga lancia il re Dario in fuga sula quadriga, con la mano destra alzata sulla testa in segno di disperazione. Fra il cavaliere, armato di una corazza di tipo macedone, e la quadriga in fuga, due Persiani ripropongono lo schema della battaglia conservato dal grande cratere della tomba di Ruvo". 1 cinque vasi decorati con lo stesso soggetto, rinvenuti a Ruvo, Canosa e Altamura sono databili sicuramente dopo la morte di Alessandro il Molosso, avvenuta pochi mesi dopo la battaglia di Gaugamela, fra l’autunno e l'inverno del 331-330 a.C. L'interesse del Pittore di Dario e di altri pittori tardo-apuli per la campagna di Alessandro in Oriente va probabilmente letto come un'eco della propaganda macedone in Apulia, divenuta teatro delle imprese di Alessandro il Molosso, zio del famoso condottiero". Da questo quadro emerge, quindi, una ricca aristocrazia, rappresentata in buona parte dalla classe dei cavalieri, come attestano le numerose tombe di personaggi di rango militare rinvenute ¢ le immagini dei guerrieri inserite nei naiskoi, ancora più copiose, raffigurate sulla ceramica apula a figure rosse. Non mancano, inoltre, molteplici rappresentazioni di defunti nelle loro tombe oppure quelle di parenti o di servi che portano le offerte presso la sepoltura dei propri cari, a testimonianza di come fosse vivo il culto dei morti nella società ruvestina; ancora più significative sono sugli stessi vasi le immagini dell'Oltretomba, con la rappresentazione dei personaggi che caratterizzano quel mondo. Particolare rilievo rispetto agli altri vasi riveste il cratere a mascheroni del Pittore di Dario, raffigurante i funerali del giovane Archemoros (cat. 164.1). Tale importanza è data dal fatto che ben poche sono in Magna Grecia le testimonianze di cerimonie funebri. Anche se trasportata in un mondo mitico, la scena del compianto per la morte di Archemoros riflette in pieno la realtà quotidiana: al fanciullo, steso sul letto, avvolto nel manto e con la testa protetta da un ombrello, vengono portate dal pedagogo e dai servi offerte varie. Si tratta del rito della “prothesis”, vale a dire dell'esposizione del corpo del defunto che aveva luogo è costituito da un numero elevatissimo di reperti, alcuni de quali acunosi, nei quali predominano τῷ corredo ed at ribuiti dal Trendall ai Pittordi Dari i vasi apuli a figure rosse, tto dei quali di dimensioni monumentali e degli Inferi. Seguono per quantità i vasi argentati, erecotte con varie figure di Nike, Afroditeed della Patera e rhytè ornati con Eros, mentre del utto straordinariaè la presenza di coppe, iasche, alabastr, pseudo-pissidi rilievi ricavati da matrici di raffinata esecuzione. Rimangono pochi frammentidi ami funzionalie si segnala la presenza, rara in un corredo tombale, di armi miniaturistiche in ferro. Completano il corredo frammenti di due coppe a rilievo in vetro bianco, di vasi in alabastro e di lamine in osso decoranti cofanetti, Sul corredo della tomba di Altamura: CANOSA 2003, in Echi di vitorie oriental, pp. 1-4 "^ Sulla connessione tr temi persiani sui vasi apuli e la campagna di Alessandro il Molosso: Alessandro Magn 1995; PRISCO 1996a, pp. 114-115; C. POUZADOUX, Guerre et paix en Peucétie à l'époque d'Alexandre Te Molosse (notes sur quelques vasesdu Peintrede Darius), in Le Canal d'Otrante et la Méditerranée antiqueet de Paris X-Nantere, 20-21 novembre 2000), Bari 2005, pp. 59-66 ‘médiévale (Colloque organisé ἃ l'Université ‘con ampia bibliografia sull'argomento, 201
appena questi cessava di vivere, testimoniata in Grecia sin dai tempi più antichi dalla tradizione letteraria e da tante pitture vascolari, e nota in Magna Grecia soltanto in momenti recenti e in monumenti tardi e periferici, come nelle famose tombe dipinte di Paestum di fuse lucana". Si è prima accennato alla cospicua presenza, sui vasi apuli rinvenuti a Ruvo, sia di rappresentazioni dei defunti all'interno dei naiskoi, sia di scene di culto o di offerta. dei parenti presso le tombe o le stele degli antenati e dei propri cari. Tutto ciò, come è confermato anche dalla caratteristica di tali vasi di avere il fondo cavo, suggerisce che questi oggetti di grandi dimensioni sono di destinazione esclusivamente funeraria". Particolarmente interessanti, in questo senso, sono il cratere della Tomba 34 e quello della Tomba 57, tutti con scene di culto o di offerta alla tomba o comunque allusivi in maniera evidente al mondo ultraterreno. Particolare attenzione desta il primo (cat. 34.1), che raffigura un naiskos all’interno del quale vi è un giovane seduto che tende la mano verso la lira sospesa nel tempietto. La lira, in questo caso, riveste quasi certamente un significato funerario visto che non si accompagna ai personaggi di solito caratterizzati iconograficamente con questo strumento, quali Apollo e Orfeo". Un altro elemento che sottolinea la valenza esclusivamente funebre del corredo è la scena raffigurata sull’Aydria attribuita al Gruppo di Vienna 4013 (cat. 34.2), sulla quale è rappresentato un monumento funebre formato da un cippo sormontato da un louterfon in questo caso, l'elemento connesso con l'oltretomba è l’acqua. L'uso di versare acqua sulla tomba è, infatti, attestato oltre che nelle raffigurazioni attiche anche sui vasi apuli"#. Una conferma a tutto ciò, è data dall’Aydria trovata in frammenti sulle lapidi di copertura della Tomba 35: questo è un chiaro segno di una cerimonia avvenuta în onore del defunto e legata al mondo ultraterreno con la rottura intenzionale del vaso. L’hydria in questione è interessante sia per la rarissima rappresentazione del louterion che poggia sul plinto, sia per l'associazione con gli oggetti metallici deposti alla base (cinturone, kantharos, phiale), che in queste rappresentazioni concorrono a definire una gerarchia'?. Alla stessa. tomba appartenevano anche una situla, con Dionisio su un lato e una coppia di amanti sull'altro, c due patere a vernice nera, riportanti una l'iscrizione KK l'altra l'iscrizione IKQ, forse ispirate al famoso atleta IIkos. Queste iscrizioni, considerando la seconda un errore dell’artigiano, possono essere considerate una dedica, ovvero una formula indicante possesso!; in quest'ultimo caso, le due patere sarebbero degli “oggetti parlanti”! e la formula completa sarebbe la seguente: « (sono) di Ikkos » 0 « (sacro) di Ikkos ». Tra il materiale che costituiva il corredo della tomba è da segnalare anche un'anfora apula, sul Δ Sul ito della prothesis: FORT 1988, pp. 325-326; BOTTINI 1992; PONTRANDOLFO, ROUVERET 1992; 'AGosrINO 1996 con ulteriore bibliografia, Λα Sulle immagini dei naisko: PONTRANDOLFO ET ALI 1988. “HL RW. SMITH, Funerary Symbolism in Apulia» Vase-Paining, Berkeley 1976; G. PUGLIESE CARRATELLI, Orfeo e Orfimo in Magna Grecia, in Mili greci 2004, pp. 251-256. ‘6 PENSA 1977, pp. 41-45 con ampia bibliografia. "© Sul significato della raffigurazione di questi oggetti: PONTRANDOLFO, PRISCO, MUGION, LAFAGE 1988,p. 189. "5 GUARDUCCI 1974, pp. 9 e pp. 333 e segg. "9 BURZACHECHI 1962,pp. 3-54; sulle iscrizioni “parlanti”: AGOSTINIANI 1982. 202
cui lato principale è dipinta una stele sepolcrale, intorno alla quale sono raffigurati una donna stante, con patera nella mano sinistra, ed un giovane nudo con uno strigile nella mano destra, molto probabilmente un atleta. Se questa, dunque, è proprio la tomba di un atleta, si potrebbe a ragione ipotizzare che le patere siano state dedicate al famoso atleta tarantino /Ktos, figliodi Nikolaidas, vissuto nel V secolo a.C. atleta eccezionale, vincitore nel pentathlon, probabilmente in occasione della 84* Olimpiade del 444 a.C., forse per offrire libagioni in suo onore. Le due patere, siano esse di produzione tarantina o, come è più probabile, ruvestina, rappresentano una valida testimonianza dell'influsso esercitato da Taranto anche sulle città peucezie, un influsso di tipo commerciale, economico, ma soprattutto di ordine culturale!”, Interessante è l'anfora della Tomba 159 (cat. 159.2), la quale raffigura un tumulo decorato da bende e corone e da un'anfora a figure nere infissa alla sommità: si tratta di una rappresentazione rara nella ceramica apula, che riprende modelli attestati nella ceramica attica, dove si ritrova la colonna su base davanti al tumulo. L'anfora è particolarmente significativa in quanto alla rappresentazione del tumulo associa, sul lato principale, un monumento funebre costituito da una stele sormontata da una hydria e sorretta da un plinto su gradini. Su di esso siede un giovane nudo con bastone e corona, isolato dagli altri personaggi, da considerarsi come il “morto vivente”. La presenza, quindi, su uno stesso vaso di due scene funerarie crea non solo una forte ridondanza in merito al tema della morte, ma anche un gioco di opposizione sottolineato in maniera particolare dall'elemento centrale di ciascuna raffigurazione: il semplice sepolcro da un lato, trasferito ad un livello metaforico dall'altro, attraverso la rappresentazione dell'unità figurativa tomba-“morto vivente" rappresentazioni delle figure femminili all'interno dei monumenti Perquantore iguarda ricorrono spesso sono il ventaglio e lo specchio, mentre sul che funebri, gli elementi lato secondario compare l'edicola con un vaso monumentale o una grossa pianta. Uno straordinario esempio è offerto dalla /outrophoros del Pittore di Varrese della Tomba 35 (cat. 35.2), laddove alla raffigurazione di una tomba femminile con una pianta sormontata da una palmetta è associata, sul lato principale, una scena che rappresenta un mito femminile per eccellenza, strettamente collegato al mondo funerario: Niobe sulla tomba dei figli. Si tratta di un'associazione ben nota anche in altri vasi, si pensi ad un'anfora da. e ad una loutrophorosdi Malibù, attribuita alla cerchia Bonn, sempre del Pittore di Varrese, di entrambe campeggia un'edicola che racchiude secondario lato sul Dario; di Pittore del un vaso monumentale, nel primo caso una loutrophoros, nell'altro una lekythos. Sul lato. principale del nostro esemplare e degli altri due vasi, all'interno di un naiskos, si staglia la figura di Niobe, fissata nel momento della sua pietrificazione. Niobe, dunque, diventa la statua funeraria di se stessa, realizzando pienamente l'identificazione tra la defunta e la tomba'. I vasi che associano l'immagine con il naiskos ad una scena mitologica sono piuttosto rari e si concentrano, soprattutto nella seconda metà del IV secolo, nei P? Sul significato elle iscrizioni sulle patere: FERRANDINI 1992, pp. 63-67 con ampia bibliografia 77 PONTRANDOLFO-PRISCO-MUGIONE-LAFAGE, pp. 190-191 ul significato funerario della figura di Niobe: E. C. KEULS, Aeschylus Niobe and Apulian Funerary ‘Symbolism, in ZPE 30, 1978, pp. 1-68; KOSSATZ-DEISSMANN 1978 con ampia bibliografia 203
siti di Ruvo, Arpi e Canosa. Si tratta di oggetti di grandi dimensioni, di eccezionale qualità e fortemente connotati in senso escatologico: infatti, i miti raffigurati ruotano tutti intorno alla rappresentazione del pericolo, della morte e del superamento di essa'”. Un altro splendido esempio di questa associazione è stato restituito dalla Tomba 164. In essa si rinvenne, infatti, oltre al cratere rappresentante la morte di Archemoro, anche una loutrophoros (cat 164.2), attribuita al Pittore di Dario, raffigurante sul lato secondario una donna stante all'interno di un naiskos con uno specchio, mentre sul lato principale era riportata una scena mitologica con Apate, Tereo e Filomela. Nel concludere il discorso sulle rappresentazioni dell'Oltretomba, si deve sottolineare che non mancano quei vasi di grandi dimensioni e soprattutto di grande qualità che raffigurano if mondo dell’ Aldilà con tutti i personaggi del regno infernale. Tra questi spicca il cratere monumentale del Museo di Karlsruhe (cat. 153.1), il quale tende a rappresentare una visione dinamica del mondo infero che, come ha messo in evidenza la Schmidt, lascia intravedere l'esistenza di «concezioni contraddittorie del modo di conseguire la felicità nell'oltretomba: salvezza attraverso l'iniziazione oppure grazie a meriti mortali e personali». In precedenza si è accennato alla presenza di tombe appartenute ad individui di origine osca, i cui corredì si fanno risalire alla seconda metà del IV secolo a.C.: il riferimento è alle duc tombe a semicamera gemelle rinvenute nel 1838 (Tombe 159-160)". L'elemento più vistoso che contraddistingue tali sepolture, rispetto alla maggior parte di quelle simili ritrovate a Ruvo, è senza dubbio dato dalla posizione supina e distesa dei defunti, secondo un rituale funerario del tutto estraneo a quello indigeno che prevede il rannicchiamento, defunti che, quindi, si configurano come allogeni, probabilmente Sanniti. La conferma di tale origine etnica è data soprattutto dalla presenza nei due complessi funerari di alcuni elementi che solitamente si ritrovano proprio nelle sepolture delle genti sannite; si tratta della corazza a tre dischi, considerata un “fossile-guida” delle sepolture dei guerrieri sanniti, che nella Tomba 160 rivestiva il petto del defunto, e del cinturone a larga fascia con ganci figurati (rinvenuto nella seconda deposizione), anch’esso tipico dell'armamento difensivo dei Sanniti". ἢ rituale funerario e la tipologia dei materiali (armi e alcune forme vascolari di grande rilievo) fanno supporre che si tratti di individui liberi, probabilmente mercenari penetrati nel centro apulo, che sembrano pienamente integrati nella comunità locale, dove vivevano stabilmente, ma che non rinunciano a sottolineare la propria identità etnica e culturale. Infatti, le tombe dei due guerrieri, forse legati da un vincolo di parentela, erano affiancate e ubicate in posizione emergente, ma non del tutto isolate dalle quelle indigene rinvenute nelle vicinanze!” 7? PONTRANDOLFO-PRISCO-MUGIONE-LAFAGE 1988, p. 197. 1 ScHMIDT 1975, pp. 124-125. 1 ASB, fasc. 108: verbale della 1° quindicinadi gennaio 1838. 1 Sull'amamento dei Sanniti: GUZZO, in Armi 1993, p. 159 ss; TAGLIAMONTE 1994; CIPRIANI 1996; PONTRANDOLFO, ROUVERET 1996; TAGLIAMONTE 1997; PONTRANDOLFO 20042, Ἢ 1 due corredi, databili alla seconda metà (i primo)e alla prima metà (il secondo) del IV secolo a.C., comprendono soprattuto ceramiche apule a figure rosse, che dimostrano come i due guerrier abbiano subito l'influso delle geni indigene, mantenendo comunque il loro rituale funerario e alcuni elementi del corredo che contraddistinguono la loro origine etnica e la volontà di conservare le oro tradizioni. Il complesso della seconda sepoltura, rinvenuta intatta, era formato da più di cinquanta oggetti, ra cui si segnalano un'intera panoplia in bronzo (composta da un elmo a pileo con appendici commute, da un cinturone a fasce larga, da una 204
1I fenomeno della presenza dei Sanniti a Ruvo non dovrebbe meravigliare, se si considerano le notizie riferite da Diodoro Siculo a proposito della non lontana Gravina (l'antica Silvium) e di Forentum (Lavello), la prima occupata dai Romani nel 306 a.C. dopo che questi sconfissero il forte presidio posto dai Sanniti a difesa della città, la seconda tolta dai Romani non ai Dauni ma ai Sanniti'”, D'altronde alcuni documenti descrivono alcuni rinvenimenti effettuati a Ruvo nel corso del XIX che fanno supporre la presenza di altre tombe di guerrieri sanniti. Una conferma in merito a questa presenza in costante aumento è stata fornita successivamente dalle analisi eseguite sugli scheletri delle deposizioni rinvenute a Ruvo negli anni recenti, le quali hanno dimostrato come gli individui sepolti in tali tombe appartenessero al ceppo lucano-sannita, identico a quello dei soggetti deposti nelle tombe di Gravina risalenti a questo periodo™. La presenza allogena nel IV secolo è supportata anche da un altro recente rinvenimento, effettuato nel novembre del 1993: in tale occasione è stata ritrovata all'esterno della tomba, presso il lato meridionale, la sepoltura di un individuo in posizione supina, al quale forse dovevano appartenere alcuni vasi integri ed uno strigile in bronzo rinvenuti nelle vicinanze! Una situazione simile a quella di Ruvo si è registrata anche nei vicini centri di Lavello e Melfi, che hanno restituito una cospicua serie di tombe monumentali (a semicamera e a camera) appartenenti ad individui di stirpe sannitica di alto rango, perfettamente integrati nei gruppi familiari dell'aristocrazia locale!" corazza a tre dischi di tipo sannitico e da due punte di lancia) diversi vas figurati, a vernice nera e acromi. Molto interessante, a conferma del legame con l'area campana, è la presenza di una [ethos a figure nere, di produzione pestans, tipo Pagenstecher con la raffigurazione di una donna seduta con tralcio di vite. Di tale classe ceramica, infatti, à stato rinvenuto a Ruvo, durante scavi recenti, soltanto un altro esemplare. Tra i vasi figurati vi sono un crater a mascheroni apulo del Pttore dellIliouperss, con a rappresentazione di Orfeo con Ja ira tra i Traci, una phiate dello stesso pitore con scene dionisiache, us'anfora della cerchia del Pittore di Felton, con la raffigurazione su ato principale di una scena di offerta presso una stele sormontata da un'anfora, ‘un"uria, sempre con una scena di offerta presso una tomba, alcuni vas sovraddipinti monocromi,tra cui una pelike con una testa femminile © à lato un piccolo ert, e alcuni vasi campani di piccole dimensioni. Ma nel ‘complesso vascolare spice soprattuto una rara oinochoe attica a figure rose, attribuita al Gruppo del Ragazzo Grasso (400-375), con la raffigurazione di una testa con copricapo orientale tra due grifi da considerare come un vero e proprio bene di prestigio. All'interno della prima sepoltura erano presente un askos canosino listato, che sembra sostituire la tradizionale olla indigena, insieme ad altri piccoli vasi, probabilmente degli unguentari; nell'intercapedine ta la struttura in tufo e i margini della fossa, forse un deposito estemo, si rinvennero una corazza a tre dischi di ipo sannitico, caratterizzata da una splendida decorazione figurata a sbalzo (una testa di Atena), ei frammenti di vas figurati pertinenti a due anfore e ad una fydria. La raffinatezza € la complessità decorativa della corazza suscitano dei dubbi sul suo impiego effetivo in battaglia e inducono piuttosto ad ipotizzare una probabile funzioneda parata. 7? DE Juus 1996 b, pp. 260-261 1 RICCARDI 2004s,p. 128, nota 3 10 RICCARDI 1994, pp. 85-86. ‘Per Lavello, emblematico è il caso della tomba 505 di via dei Cappuccini, databile nel secondo venticinquennio del IV secolo a.C. nella quale si è rinvenuta la sepoltura isolata di un guerrero in posizione supina e distesa, interpretata come quella di un mercenario sannita. Sul corredo: BOTTINI 1985a, pp. 5968. Sull’acropoli di Lavello, dopo una lunga interuzione, sono ricomparse grandi tombe di impianto monumentale, riferibili a diast locali, ma anche a personaggi di rango di origine sanita. In quest'area sono stat sepolti personaggi eminenti attorno ad un “capostipite”, un giovane guerriero, cui resti ossi, semicremati, accompagnati da un corredo di grande ricchezza, sono stat trasati da una tomba a pozzo della fine del V secolo (tomba 599) in una a semicamera praticata accanto nel corso del secondo quarto del IV secolo (tomba 205
Fig. 29. Corazza a tre dischi di tipo — Fig. 30. Corazza a tre dischi sannitica conservata sannitico conservata nel British Museum, nel Museo Jatta, IV secolo a.C. (da Riccardi 2006, IV secolo a.C. (Foto dell’Autore, cortesia fig. 3 a p. 10) British Museum).
Un'ulteriore conferma sulla presenza di individui allogeni, lucani o sanniti, viene fornita anche dal riscontro delle corazze a tre dischi di tipo sannitico rinvenute a Ruvo, autentico fossile-guida delle sepolture di origine osca. Infatti, oltre a quelle menzionate, rinvenuti in contesti ora noti, ricostruiti dallo scrivente, ve ne sono altre con la stessa provenienza, purtroppo senza dati di contesto: due sono conservate al British Museum (fig. 29), un'altra è a Karlsruhe, due sono al Museo Jatta (fig. 30), un'altra è stata vista da chi scrive in una collezione privata dei discendenti della famiglia Fenicia e, infine, un'altra è a Basilea. Tale presenza di individui di stirpe sannitica si può spiegare nell’ambito di un più vasto processo di espansione italica, iniziato verso la metà del V secolo a.C., che ha 600), Sul corredo: BOTTIN 19924,pp. 117-119,p. 139; ToRELLI 1992b,p. 609. Sempre a Lavello sono state rinvenute due sepolture maschili di grande importanza, che mostrano delle analogie con i complessi roves: si "rata di una semicamera databile intomo al 330 a.C. e di una a camera (tomba 669) che ha restituito due distinte deposizioni, databili al 340e al 300 a.C. Degna di rilievo, nella tomba a semicamera,è l'eccezionale panoplia accostataal corpo dl defonto, costituita da alcune ance, da un cinturone a lamina molto larga c da un esemplare di elmo calcidese a paragnatidi mobili con cristae del tipo in uso presso Sanniti e Lucani; BOTTINI 1990, pp. 81-82. Lo stesso fenomeno sembra verificarsi anche nella zone di Melf e di Atella, dove nella prima metà del IV secolo gl abitati indigeni vengono abbandonati e vengono rioccupati dopo un intervallo di uno o due generazioni da nuovi gruppi, quasi certamente scesi all'opposto versante della valle dell'Ofanto, i quali danno. Juogo ad una progressivama lenta ripresa del popolamento impiantando nuovi abitati, Questo è quanto succede. soprattutto a Melfi, nelle contrade Cappuccini e Valleverde, dove sono venute alla luce sepolture a fossa, in genere con copertura in tegole, alla cappuccina, talora a camera 0 a semicamera che presentano costantemente la deposizione supina e distesa; per Melfi: Popoli Anellenici 1971. Lo stesso avviene a Carlantino, nel Subappennino dauni, dove sonostate rinvenute tombe alla cappuccina che contenevano individui in posizione supina e distesa, verosimilmente identificabili anch'essi come guerrier sant; perla Puglia: DE JuLus 1988b, pp. 140 ss; DE Jutis 1992b, pp. 138-139. 206
investito tutto il meridione della penisola, dalla Campania alle aree più settentrionali della Magna Grecia sino a interessare l'entroterra indigeno, con particolare riferimento alla zona della valle dell" Ofanto (si pensi agli insediamenti di Melfi e Lavello, che fungevano da cemiera di collegamento tra la Daunia e la Campania interna e che erano ubicati in una posizione decisamente favorevole per il controllo del traffico fluviale) e ai centri limitrofi come Atella, Carlantino, Gravina e Ruvo di Puglia. Successivamente, l’arrivo di altri gruppi di Sanniti ha portato a compimento il processo di sannitizzazione di questi centri, che ha raggiunto il suo culmine durante la II guerra sannitica. Infatti, i centri indigeni, preoccupati da tale insistente pressione, chiedono l'intervento di Roma costringendo i Sanniti, in guerra con i Romani, ad occupare tali insediamenti (Forentum, Sidion e, probabilmente, anche Ruvo) con forti presidi militari, per evitare un'alleanza per loro molto pericolosa'?. Da tutta questa documentazione emerge il quadro di una società composta da un ampio ceto aristocratico caratterizzato da un tenore di vita piuttosto agiato, la cui ricchezza era basata prevalentemente su un'intensa attività agricola e di allevamento, da secoli fulcro dell'economia locale; un ceto, quello in questione, formato per la maggior parte dai cavalieri, i quali ricoprivano il ruolo di detentori del potere politico oltre che economico della città. Tale ricchezza della classe aristocratica ruvestina è stata d'altronde confermata da alcuni recenti rinvenimenti effettuati negli ultimi venti anni. Ne sono un chiaro esempio la Tomba 267, che accoglieva una deposizione semirannicchiata sul fianco destro, accompagnata da un corredo databile nella seconda metà del IV secolo, tra cui eccelle un cratere tardo-apulo attribuito dal Trendall al Pittore di Haifa, e la Tomba 162, il cui corredo, composto da una quarantina di reperti databili nella seconda metà del IV secolo a.C., era costituito prevalentemente da vasi a vernice nera, piuttosto ripetitivi nelle forme, associati ad un cratere a campana a figure rosse, ascrivibile alla tarda produzione apula, e ad alcuni vasi decorati a fasce e motivi vegetali. Fra questi, va segnalata la presenza di un piccolo kothon d’imitazione corinzia e di due grandi olle dalla forma inconsueta, chiaramente derivata dal repertorio della ceramica geometrica peucezia. Tuttavia, queste ultime richiamano anche, per forma e decorazione, alcune grandi olle stamnoidi, decorate con fasce alternate a linee ondulate, provenienti dalle necropoli di Fratte, prodotte e diffuse nel centro etruscocampano nel corso del V secolo a.C. Completavano il corredo tre lucerne, due pentolini ad impasto ed alcune fibule in ferro, rinvenute in posizione centrale sul fondo del sarcofago. All'esterno di quest'ultimo si trovavano, invece, alcuni frammenti di un "9 La bibliografia sull situazione storica e politica dell Italia meridionale nel IV secolo a.C. vastissima, percui si citano ad esempio solo quei saggi che interessano più da vicino il teritori paglies; tra questi: G. Tocco ScuarELLI, Gli effet dell'espansione lucana, in Civiltà antiche del Medio Ofanto 1976, pp. 23-25; Born, FRESA, TAGLIENTE 1990, pp. 233-256; TAGLIAMONTE 1994, pp. 164-166; PONTRANDOLFO 1996b, pp. 171-181; TAGLIAMONTE 1997: D'AGOSTINO 1998, pp. 24-57; TAGLIAMONTE 2004, pp. 135-164; sulla tuazione in Puglia: DE JULIS 1992b, pp. 136-140;A. BOTTIN, J rapporti con l'area lucana, in Principi imperatori, vescovi 1992,pp. 591-594 (b), PANI 1992, pp. 599-604; TORELLI 1992, pp. 608-619. Ἴ DE JULIS 1995, p. 29, tav. XVIII;per Frac: A. PONTRANDOLEO, La produzione artigianale, in G. GRECO, A. PONTRANDOLFO (a cura di), Fratte. Un insediamento etrusco-campano, Modena 1990, pp. 291-300, fig. 461 (tomba 82), fg. 498. 207
cinturone in bronzo, con ganci munitidi attacchi a palmetta, da riferire con ogni possibilità ad una precedente deposizione!" Assolutamente eccezionale si è rivelato il corredo della Tomba 241, che ha restituito Ja sepoltura di un individuo deposto, secondo un rituale che verrà ampiamente adottato in età ellenistico-romana, con il tronco supino, gli arti superiori piegati sul torace, quelli inferiori contratti. Dalle analisi antropologiche effettuate, quest'ultimo individuo risulta di sesso maschile, di alta statura (circa m. 1,80), deceduto in età senile ed esposto in vita ad azioni compressive della cassa toracica, dovute ad attività belliche o sportive. Alle stesse attività rimandano alcuni oggetti del corredo, come lo strigile, tre pugnali in ferro e il cinturone di bronzo, vero e proprio indicatore di rango nei contesti funerari del periodo, nei quali compare spesso come unico elemento dell’armamento difensivo, probabilmente abbinato a corazze e ad elmi in materiale deperibile"™. L'anziano guerriero indossava il cinturone al momento del seppellimento e sulla sua mandibola fu collocata una piccola moneta d'argento della zecca di Heraclea, da considerare come l'obolo da consegnare a Caronte, il traghettatore delle anime nell’Oltretomba. II ricco corredo funerario comprendeva anche alcuni elementi metallici utilizzati per la cottura dei cibi, come spiedi e tripodi in ferro, associati ad un numero sovrabbondante di vasi, attraverso cui si esprime il desiderio di ostentazione della ricchezza e del rango elevato proprio delle comunità indigene ellenizzate sul finire del IV secolo a.C. Fra gli esemplari tardo-apuli a figure rosse, spicca il cratere a mascheroni del Pittore di Baltimora. Sul lato principale, campeggia, all'interno di un naiskos, la figura eroica di un guerriero armato con il suo cavallo, che allude probabilmente al ruolo svolto în vita dal defunto, a cui il vaso era destinato. Il Pittore di Baltimora, come è noto, operò in una officina di Canosa e proprio all’area di produzione daunia (Canosa e Arpi) rimandano per la forma e per la tecnica di esecuzione molti altri vasi componenti il corredo funerario! Si trata, in particolare, di due anfore e di una /outrophoros decorate a tempera, di vasi policromi e scialbati, nonché di vasi dorati e decorati in rosso, come una patera ed una pelvis. La presenza di questi materiali nel contesto ruvese risulta particolarmente significativa, in quanto conferma ulteriormente l'esistenza di intensi rapporti culturali e commerciali che legavano l'antica. città peucezia e l'area daunia nella prima età ellenistica'”. L’infittirsi delle presenze funerarie indica per questo periodo un importante fenomeno di incremento demografico, suggerito anche dai recenti rinvenimenti effettuati nella periferia sud-orientale, dove sono state portate alla luce numerose strutture abitative, con annesse aree di necropoli, di età classico-ellenistica, composte da ambienti a pianta rettangolare monocellulari o articolati in più vani, con fondazioni in muratura a secco, elevato in materiale deperibile e copertura di tegole, all’interno dei quali erano praticate le sepolture infantili, in adeguamento al costume funerario indigeno. 1% RICCARDI 1998, p. 47. "^ RICCARDI 20049, pp. 127-128. 2% Sul Pittore di Baltimora: TRENDALL, CAMBITOGLOU 1982; E. M. DE Junt, La Tomba del Vaso dei iobidi di Arp, Bar 1992; MAZZEI 1996b, pp. 403-406 con ampia bibliografia 7? RICCARDI 20048, p. 128; per confronti con l'area daunia e con Canosa: Principi, imperatori vescovi 1992. 208
Il III e il Il secolo
IL INT secolo a.C., soprattutto verso la fine, si accompagna ad una brusca interruzione della vivace vita economica e culturale di Ruvo, frutto delle devastazioni arrecate dalle guerre dei Romani prima con i Sanniti e poi con Taranto e, infine, con i Cartaginesi di Annibale. Tale desolazione si riflette sul piano ideologico e la conferma di questo periodo di decadimento e di regresso culturale la si ritrova sia nella scarsa presenza di strutture funerarie di tipo monumentale, sia nella povertà dei corredì costituiti in gran parte da ceramica acroma e scialbata. Anche la struttura delle tombe a semicamera è meno ricercata come risulta dalle tombe 246-250, i cui lati erano costituiti non più da grandi lastre di tufo quadrate o rettangolari, bensì con due lati costituiti da più filari sovrapposti di lastrine calcaree, disposte secondo una regolare tessitura e legate con argilla cruda c intonacate di bianco e rosso, mentre îl fondo della struttura era intonacato di bianco. In una di queste sepolture (Tomba 245) si rinvennero, tra i resti dell'originario corredo, uno specchio di bronzo, collocato accanto agli art inferiori dell'inumato, deposto in posizione supina, ed uno skyphos con anse ad anello verticale, decorato a fasce nella parte mediana, nonché alcuni frammenti di ceramica listata canosina, tra cui una grossa ansa relativa a un doppio askos (una delle forme più recenti di questa classe) che confermano gli stretti rapporti esistenti în quel periodo con la vicina Canosa. D'altronde tali rapporti sono suggeriti anche da alcuni documenti, conservati nell'Archivio di Stato di Bari, relativi ad alcuni rinvenimenti in numerose tombe di certi vasi detti "Acquaruli con pittura egiziana” o di "vasi a doppia bocca con pittura egiziana”, così come erano chiamati nella letteratura archeologica del XIX secolo, molti dei quali sono oggi conservati nel Museo Nazionale di Napoli e che, in effetti, corrispondono proprio ai vasi di tale classe ceramica. Si prospetta quindi una situazione alquanto deprimente dalla quale non vengono però investite alcune ricche famiglie che continuano a deporre i propri defunti in grandi tombe a camera o a più camere ed anche a semicamera, come risulta dall'ipogeo a tre camere del fondo del Capitolo (Tomba 140), affrescato con raffinate pitture, databile tra la fine del IV e gli inizi del ΠῚ secolo a.C., e come risulta anche dalle due tombe a camera (Tombe 59-60) rinvenute in contrada S. Angelo, anch'esse comprese in un periodo che va dalla fine del IV agli inizi del IIT secolo a.C. La documentazione dei secoli successivi è alquanto scarna dal punto di vista dei ritrovamenti necropolari e consiste soltanto nel rinvenimento nel 1986 di una tomba a fossa (Tomba 251), risalente al Il secolo a.C., che ha restituito sei unguentari fusiformi tipo IV e V della Forti, parzialmente ricoperti di vernice nera, e una lucema a pasta grigia con vasca bitronco-conica e beccuccio ad ancora del tipo dell’Esquilino™. I rari dati archeologici disponibili per il tardo ellenismo consentono di registrare delle sostanziali modifiche nel rituale funerario che si connota per l'abbandono del repertorio delle ceramiche decorate, fenomeno indicativo di un mutamento degli atteggiamenti ideologici conseguenti alla trasformazione del vecchio 1 Sugli unguentari: FORTI 1962, pp. 143-157; sul corredo: LADELLARTE-DEPALO 1986, p. 75 con bibliografia per la lucerna: C. PAVOLINI, Le lucerne del Talia romana, i Società e Produzione schiavitic I Merci, mercati e scambi nel Mediterraneo, Bari 1989, pp. 144-149, v. XXVIII 209
sistema gentilizio tribale e al generale livellamento della gerarchia sociale". Tutti questi elementi suggeriscono come ormai Ruvo sia entrata nell'orbita romana, come città socia, mantenendo la sua autonomia politica, come attesta l’attività della zecca locale che emetteva monete di bronzo e di argento con legenda in greco, segno del permanere di una tradizione di forte ellenizzazione da parte dei ceti dirigenti locali. Dunque la città mantenne, almeno all'inizio del III secolo, la sua floridezza economica, anche grazie alla sua posizione favorevole lungo il percorso di un’importante arteria stradale, consentendole di assumere una posizione privilegiata nell’ambito del nuovo ordinamento territoriale e istituzionale romano. La città perde definitivamente la sua prosperità economica, come è accaduto anche per gli altri centri della Peucezia, dopo le devastazioni causate dalle guerre (la III guerra sannitica, le campagne di Roma nel Salento nel 267266 a.C. e soprattutto la seconda guerra punica) che comportano la confisca del territorio, perpetrata dai Romani, trasformato in ager publicus, per divenire poi municipium dopo la guerra sociale del 90-88 a.C.*.
1 Sul rituale funerario di questo periodo: DE Jutts 1988b, pp. 132-142; DEPALO 1989, pp. 99-101; DE outs 19928, pp. 132-140; LABELLARTE 2004,pp. 102-103 79 Su Ruvo e la Peucezia in età repubblicana: E. LIPPOLIS, processi di trasformazione nell'età tardo repubblicana, in La Daunia antica. Dalla preistoria all'alto Medioevo (a cura di M. MAZZ8), Milano 1984, pp. 211-249; M. PAM, aMunicipia» romani, in La Puglia în età repubblicana (Atti del | Convegno di Studi sulla Puglia romana, Mesagne, marzo 1986), a cura di C. MARANGIO, Mesagne 1988, pp. 21-45;M. CHELOTTI, Ruvo in età romana, in Archeologia e Territorio 1989, pp. 147-150. 210
CATALOGO DEI CORREDI 1 - Rinvenimenti nell'area del centro storico
1- Tomba a sarcofago rinvenuta in Piazza G. Matteotti (già Largo di “Porta Castello”) Nell'aprile del 1893, in un suolo della principessa di Tricase, situato tra il Largo del Castello e il Larghetto Regina Margherita (oggi Piazza Matteotti), nello scavare le fondamenta di una cantina, il muratore Mauro Pansini rinvenne una tomba intatta. La sepoltura era a sarcofago monolitico in tufo ed era chiusa ermeticamente da una lastra di tufo, dello spessore di 27 cm, a cui era sovrapposta un’altra lastra di travertino, dello spessore di 23 cm, rozza e non lavorata. Il sarcofago era stato posto nel “vivo sasso” appositamente tagliato per contenerlo. Prima di giungere alla tomba gli scavatori si imbatterono in una specie di acciottolato e, sotto di esso, in uno spesso strato di ghiaia. La tomba si trovava ad una profondità di due metri e il sarcofago, con orientamento N-S, misurava m. 1,59 x 0,91 x 1,50. Le ossa sembravano appartenere ad un individuo di sesso femminile. Il corredo, descritto da G. Jatta, era costituito, in particolare, da un cratere a colonnette attico a figure rosse, raffigurante sul lato principale Teseo che scende in fondo al mare nel palazzo di Poseidon, mentre sul lato secondario era rappresentata una scena di una scuola di musica. L'esemplare, attribuito al Pittore di Harrow, fu acquistato presso la principessa di Tricase da Pier Garret Chatfield, venduto in seguito ad una galleria d'arte di New York e, infine, acquistato nel 1936 in un'asta presso la stessa galleria dall'Università di Harward!. Il ricco complesso funerario comprendeva anche una kylix attica a figure nere, con la raffigurazione di una quadriga su entrambi i lati, un’oinochoe a figure nere, quattro Aylikes e tre skyphoi monoansati a vernice nera, una pelike, un kothon e altri venti vasi decorati in “stile misto” («cerchietti rossi e neri sul fondo color argilla»), la maggior parte dei quali è oggi custodita nel Museo dell’Università di Reading in Inghilterra” * Notizie della vendita in CVA HARWARD, p . 25-26. ? Si veda CVA UNIVERSITY Or READING 1954, pp. 16-19, 47-54. Della collezione fanno parte anche altri vasi provenienti da Ruvo acquistati nllo stesso periodo. 2n
Facevano parte del contesto anche vari oggetti in metallo, tra i quali viene descritto un lebete in bronzo che conteneva, ancora ben conservate, delle ghiande, frammenti di una patera di bronzo, un tripode anch'esso in bronzo con i piedi configurati a zampa di leone, un colino con manico a testa di oca e, infine, un tripode in ferro. Parte di questo materiale è conservato nel Museo Archeologico Provinciale di Bari, ma degli oggetti in metallo sono stati individuati soltanto il lebete e il tripode di bronzo. La tomba si può datare alla prima metà del V secolo a.C. (470 a.C. circa), grazie alla presenza del cratere attico a
figure rosse del Pittore di Harrow’
1.1. Cratere a colonnette attico a figure rosse Argilla arancio, vernice nera lucente, integro. n. cm 492; diam. cm 34,5 Cambridge, Harward University Art Museum. (già collezione Principessa Tricase, già collezione Pier Garret Chatfield, già collezione Gallerie Anderson, New York; venduto nell'asta del 6-7 marzo 1936,n. 4239) Inv. 1960339. tributo al Pitore di Harrow. 480-470 aC.
Lato A: è raffigurato l'incontro tra Teseo e Poseidone. I due personaggi sono rappresentati al centro mentre si stanno stringendo la mano. Teseo, a destra, veste un corto chitone ed ha una clamide che pendedallebraccia.Alchitoneéagganciata. una corta spada infilata nel fodero. La testa è decorata da una corona di alloro. Nella sinistra ha un oggetto che sembra essere un piccolo contenitore per gioielli, forse per custodire l'anello. Dietro Teseo è una Nereide, probabilmente Anfitrite vestita con un lungo chitone e himation drappeggiato sopra la spalla sinistra e sotto il braccio destro. Nella mano destra sollevata ha una corona. Di fronte a Teseo è Poseidone, raffigurato con lunga barba e lunghi capelli, vestito con un lungo chitone decorato e himation; nella sinistra ha il tridente, mentre protende la destra per stringere la mano di Teseo. 2 JATTA 1893,pp. 242-252;M. MARIN 1981, p. 148. 212
Dietro Poseidone è un vecchio ammantato con lunghi capelli, che ha una lancia nella sinistra sollevata, forse Nereo. È vestito con chitone e himation e guarda indietro verso una donna vestita con un chitone finemente decorato e himation drappeggiato che le copre le braccia; i suoi capelli sono raccolti in un sakkos e legati con un nastro al di dietro. Nella destra abbassata ha un'oinochoe, mentre nella sinistra, anch'essa abbassata, ha una phiale. Tra l’uomo anziano e la donna è una colonna dorica. Lato B: sono raffigurate delle figure maschili ammantate. A sinistra sono un giovane ed un uomo barbato în conversazione. Il giovane a sinistra protende la mano destra verso l’uomo, che ha il corpo rivolto dall'altra parte, ma la testa è girata indietro verso il giovane. A destra sono due giovani l'uno di fronte all'altro. Il giovane asinistra sta suonando la lira e sta cantando, il giovane a destra lo sta ascoltando poggiato con la sinistra ‘su un bastone c ha nella destra una lunga. verga. Molto probabilmente quest’ultimo potrebbe essere l'istruttore. Bibliografia: Jatta 1893, pp. 242-246; Petersen 1894, pp. 229-230, pl. VII; Smith 1898, p. 279, n. 4. fig. 9; Beazley 1916, p. 132; CVA, Baltimora, Robinson Collection 2, pp. 25-27, avy. (274-276) 311, 32.1 A-B, 3.1 A-C; Beazley 1963,p. 274, n. 39; Shapiro 1994, p. 122, fg 85.
Fig. 31. 1.1. Cratere a colonnette attico a figure rosse del Pittore di Harrow: lato A (da CVA Baltimora, Robinson Collection 2, tav. 274),
Figg. 32-33. 1.1. Cratere a colonnette attico a figure rosse del Pittore di Harrow: particolaridel lato (da CVA Baltimora, Robinson Collection 2, tav. 275, 1-2) 213
1.2. Kylix attica a figure nere Argilla arancio, venice nera lucente, integra. ‘n. cm S; diam cm 22,5. Reading, collezioni dell'Università (già collezione Copais). Tav. 26. xi 17. AAtibuita al Pittore di Haimon. Primo quarto del V secolo a.C.
Lato A: è raffigurato un auriga che sta salendo su una quadriga; sull’altro lato dei cavalli è un suonatore di lira; vicino alle loro teste è rappresentato un satiro che insegue una donna. Lato B: stessa raffigurazione, ma la donna e il satiro hanno cambiato posto. Nel campo, rami con frutti neri. Alcune parti delle figure sono illeggibili, altre parti della kylix sono state restaurate. Nell'interno, nel medaglione, è raffigurata una figura giovanile maschile avvolta nella clamide in corsa verso destra, col solo braccio sinistro scoperto, che ha un bastone nella destra. Bibliografia: CVA Reading 1954, p. 17, Ὧν 9, a.
1.3. Oinochoe attica a figure nere Conservazione pessima; rimane qualche avan20 della cornice © delle linee graffe indicanti la figura em 23. Luogo di conservazione ignoto. Primo quarto del V secolo aC. È rappresentata una figura femminile,
disegnata con linee graffite nel campo rosso, chiuso da una comice di fascette ornate di puntini e foglioline nere. Bibliografia: Jatta 1893, p. 251, n.2.
14. Kylix a vernice nera Argilla rsa-arancio, vernice nera lucente. hcm 53; diam. em 19,5 Reading, Collezioni dell'Università. (donata dalla Profssa Ur) ἴων 22. Produzione locale di imitazione attica. Metà del V secolo aC. Conservazione buona; lacunosa, un'ansa e parte del bordo sono mancanti.
Piede a disco, vasca profonda carenata a profilo convesso, ansa a bastoncello. All’interno, al centro, sono stampate delle palmette che circondano un cerchio inciso; queste, a loro volta sono circondate da più cerchi concentrici incisi. Suuna parte della parete sono due forellini per far passare il laccio che la doveva appendere. Bibliografia: CVA Reading 1954,p. 54, tev. 3414, 35.11, 1.5. Slyphos a vernice nera Argilla arancio, vemice nera lucente, integro ἐν cm 10,7; diam. orlo cm 12; diam piede om 65. Reading, Collezioni dell'Università (donato dalla Prof ssa Ure) Inv 22.6. Produzione attica; forma di ipo corinzio. Metà del V secolo a.C.
Orlo diritto, corpo a profilo convesso, piede ad anello, anse ad anello; fondo risparmiato, in vernice il taglio interno del piede. Due linee rosse sovraddipinte immediatamente sotto il livello delle anse; subito sopra il piede è una zona riservata con linee verticali molto sottili con funzione di raggi. Il resto della superficie è completamente nero. La base è decorata con due cerchi neri molto fini e tra di loro un cerchio in rosso direttamente sull'argilla. Bibliografia: CVA Reading 1954, p. 53, tav 344.
214
Fig. 34. 1.2. Kylixattica a figure nere (da CVA Reading I, tav. 9, 2-0)
215
Figg. 35-36. 1.4. Kylix a vernice nera, esterno e tondo interno con decorazione impressa (da CVA Reading I, tavv. 34,14 e 35,11). 216
1.6. Piatto a vernice nera
Argilla arancio, vemice nera opaca integro. bem 85; diam. orlo em 21; diam. piede cm. Reading, Colezoni dell'Università (p collezione Blan). dov 873524. Produzione attica. Metà delV secolo aC. Piede ad anello, fusto cilindrico, vasca carenata a profilo convesso, labbro curvo ben distinto dal resto della vasca. Nel passaggio dalla vasca al fusto e dal fusto al piede è una curva ininterrotta; sopra il piede éuna zona risparmiata;lati del piede sono risparmiati e incorniciati; al di sotto il piede è decorato con una banda nera. Bibliografie: CVA Reading 1954, p. 52 [ex Kothon in stile misto Argilla camoscio chiaro, vernice bruna opaca. ἣν con bottone cm 12,7; diam. senz'ansa cm 14,5 diam, piede cm 65. Reading, Collezioni dell'Università. (donata dalla Prof ssa Ure)
ἴων. 22315, Produzione peucezia V secolo aC. Sul corpo: sotto l'orlo due fasce parallele, meandro continuo, zona verniciatain bruno. Sulla base risparmiata. è una spirale incisa. Sul coperchio, dall'esterno verso l'interno, fascia bruna, fascia risparmiata, due linee concentriche in bruno, fregio con palmette e fiori di loto alternati, piccola fascia, in bruno, linea risparmiata, banda bruna, linea risparmiata, fascia in bruno. Pomello da presa risparmiato in alto, dipinto in basso. Ansa a bastoncello impostata orizzontalmente sul corpo.
1.8. Vaso cantaroide in stile misto Argilla camoscio chiro, vernice bruna opaca; alcune parti. dell'ingubbiatura sono arrossate, altre sono in rigio-nero. hem 11, con le anse cm 12,5; diam. orlo em 7,5; diam. piede cm 55. Reading, Collezioni dell'Università (do dalla Prof ssa Ure) Inv 22, Produzione Peucezia. V secolo ac.
Piede ad anello con profilo obliquo, corpo ovoidale a profilo convesso, labbro obliquo distinto, ansa a nastro impostata obliquamente sul corpo e verticalmente sull’orlo. Su entrambi i lati sono dipinte quattro piccole palmette che poggiano su altrettante palmette più grandi invertite con una mezza palmetta alla fine di ogni registro, tutte poggiate su una linea ondulata con volute. Sotto le anse sono dipinte due linee oblique che si incrociano tra due paia di linee verticali. Un lato del piede non è dipinto. Bibliografia: CVA Reading 1954, p. 50, 321384
11. Kylikes a vernice nera. Diam. em 16. Luogo di conservazione ignoto.
Hanno l'orlo contomato da sporgenze orizzontali ed equidistanti, che lasciano tra loro degli spazi piani e, sopra una queste sporgenze, hanno tutte i forellini nei quali doveva passare il laccetto che serviva a tenerle sospese. Bibliografia: Jatta 1893, p. 251,nn. 4-6.
Bibliografia: CVA Reading 1954, pp. 49.50, Ὧν 32.12. 27
SS
Fig. 37. 1.5. Skyphos a vernice nera (da CVA Reading I, tav. 34,4)
Fig. 38. 1.6. Piatto a vernice nera (da CVA Reading I, tav.34,1).
Fig.39. 1.7. Kothon in stile misto (da CVA Reading 1, tav.32,12).
Figg, 40-41. 1.8. Vaso cantaroid in stilo misto (da CVA Reading1, tav. 32,13 a-) 218
1.12.-1.14. Skyphoi a vernice nera bem 7,5 Luogo di conservazione ignoto. Bibliografia: Jatta 1893, p. 251,nn. 7.9.
1.18. Tripode in ferro. hem 25. Luogo di conservazione ignoto (Bari?) Bibliografia: Jatta 1893, p. 252, n. b.
1.15. Lekythos (?) a decorazione lineare. hom6. Luopo di conservazione ignoto.
1.19. Bacile di bronzo. Luogo di conservazione ignoto (Bari?)
Labbro rientrante e corpo omato di fascette rosse e nere. Bibliografia: Jatta 1893, p.251,n. 10.
Rimangono soltanto pochi e minuti frammenti. Si conservano le due anse, che non sono di lamina martellata, come il corpo del bacile, ma sono state ottenute a fusione piena. Bibliografia: Jata 1893, p.252, . c.
1.16. Pelike in stile misto. hom 16. Luogo di conservazione ignoto.
Senza colore, omata nel corpo con cerchietti rossi e neri. Bibliografia: Jat a 1893, p.251, n.12 1.17. Lebete di bronzo Bronzo, lamina mart anse a fusione piens. ‘n. cm 24; diam. orto em 23. Bari, Museo Archeologico Provinciale. Inv. 435, Prima metà del V secolo a.C.
Molto corroso, ma ben conservato. Tra il collo e il corpo dovevano essere presenti quattro anelli, di cui rimane solo l'impronta delle placchette alle quali erano fissati. Nel vaso furono trovate numerose ghiande che al contatto con l’aria si sono polverizzate, ma delle quali si è conservato qualche guscio.
1.20. Tripode in bronzo. Bronzo, lamina martellata, zampe ἃ fusione. hem 7; diam. em 17. Bari, Museo Archeologico Provinciale. Inv. 435 bis
Rotto in due pezzi e molto corroso; termina alla base con tre piedi configurati a zampe di leone. Bibliografía: Jatta 1893, p.252, n. c. 1.21. Colino di bronzo. Lungh cm 16 Luogo di conservazione ignoto. E andata completamente perduta la
vasca. Il manico va assottigliandosi verso l'estremità superiore piegandosi come un uncino configurato a testa di oca. Bibliografia: Jata 1893, p. 252, n.d.
Bibliografia: Jatta 1893, p.251,n. a
219
Fig. 42. 1.17. Lebete di bronzo (Foto dell'Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica della Puglia)
Fig. 43. 1.18. Tripode di ferro (da Il Museo Archeologico di Bari 1983, tav. 88,2). 220
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Fig. 44, 1.19. Baciledi bronzo (Foto dell'Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica della Puglia).
Fig. 45. 120. Tripode di bronzo (da JI Museo Archeologico di Bari 1983, tav. 88,1) 221
2- Tomba a sarcofago rinvenuta in Piazza G. Matteotti (già Largo di “Porta Castello” Nei pressi della tomba descritta precedentemente, nel dicembre del 1907, sempre nel Largo di Porta Castello, si rinvenne un'altra sepoltura, scoperta da Michele Caldarola mentre scavava le fondamenta di una cantina. Lo scavo fù realizzato nei pressi della parte occidentale di Ruvo, tra il terreno mosso e le macerie accumulatesi in quel sito, ‘una volta destinato a giardino pubblico e successivamente venduto al comune come area edificabile. La tomba, a sarcofago monolitico in sabbione calcareo deposto in una fossa, rinvenuta a circa m. 2,20 di profondità, misurava m. 1,57 x 0,92 x 0,80 e presentava una doppia copertura: il sarcofago era chiuso da una lastra di tufo in due pezzi, al di sopra della quale era un'altra lastra in calcare compatto. La tomba era pertinente alla sepoltura di un guerriero come dimostravano le armi ed alcuni bronzi collocati nello spazio compreso tra le due coperture. Il corredo, descritto in maniera dettagliata da Michele Jatta, era costituito in particolare da due kylikes del tipo “ad occhioni” a figure nere, un cratere a colonnette attico a figure rosse di stile severo con una scena di armamento, quattro kylikes a vernice nera del "tipo C" del Bloesch, una oinochoe trilobata a vemice nera, un'olpe, un’anforetta indigena e un calice acromo. Tra le armi si distinguevano un elmo con lophos, una spada ed un coltello di ferro, una punta di lancia e parte di una corazza, nonché un cinturone; tra i recipienti di bronzo sono da segnalare una patera con manico antropomorfo, un tripode a zampe leonine, una grande chytra, un bacile a due anse e un colino con manico a testa di oca. Il corredo fu in seguito smembrato: infatti, il materiale ceramico fu venduto ad alcuni collezionisti € musei stranieri, si pensi al cratere a colonnette, ora al Metropolitan Museum di New York, mentre le due coppe “ad occhioni” furono acquistate da un certo Signorelli di Roma; il restante materiale ceramico del complesso funerario, come i vasi a vernice nera, attualmente fa parte delle collezioni dell’Università di Reading in Inghilterra. Per quanto riguarda il materiale metallico, la descrizione puntuale degli oggetti, fatta da Michele Jatta, accompagnata anche dai disegni degli stessi c dalle misure, ne ha permesso il riconoscimento. Gli oggetti metallici, infatti, furono acquistati dal Museo di Taranto nel 1916! insieme ad altro materiale non pertinente al corredo in esame, raccolto nel frattempo dal Caldarola in seguito ad altri rinvenimenti, e sono oggi custoditi nei depositi della Soprintendenza Archeologica di Taranto. In particolare sono stati recuperati i recipienti di bronzo, come la patera di bronzo con manico antropomorfo, il lebete e due bacili, mentre della corazza non sono rimasti che pochi frammenti. Numerose sono anche le armi in ferro, costituite da una spada, da una lancia intera, da punte di lan e di giavellotto, e non mancano anche oggetti di piombo. L'elmo col lophos fu invece acquistato, più o meno nello stesso periodo, dal Museo di Copenhagen, dove è tuttora custodito. Il ricco complesso funerario è ascrivibile al primo quarto del V secolo a.C. (490-475 a.C.) Nello stesso sito, e precisamente al di sopra della tomba descritta, alla profondità di poco più di un metro, si rinvenne una lamina di bronzo con iscrizione messapica impressa “ΛΑASNTA, anni 1911-1916: acquisto Caldarola del aprile 1916, tto di immissione n. 289. JATTA Atti1908,perpp.gli 86-87: M..JATTA 1908,pp. 330-341; M. MARIN 1981, pp. 148-149. 222
a punteggiatura la quale, di forma rettangolare, lunga cm 12,5 x 8,8 e spessa cm 0,8, è stata definita dall’ Arena una lamina sui generis, in quanto il suo peso (come precisa Ciro Santoro) corrisponde a 572 grammi. La stessa lamina, ben conservata, con gli angoli alquanto smussati, presentava la seguente iscrizione in quattro righe:
APTOS APTOTIOX TAI TOI TAITYNAK EAITIENSKAEN AYTAcE iscrizione, conservata nel Musco Archeologico Provinciale di Bari, è interessante per la mescolanza di due lingue, o meglio di due formule in lingue diverse: la prima è una formula dedicatoria greca comunissima, la seconda una messapica che, secondo il Pisani, deve essere giudicata non meno comune. Secondo l'Arena non si tratta di una targa affissa al dono vero e proprio, bensì di un dono in se stesso, dato il peso consistente della lamina. L'iscrizione viene datata al Il secolo a.C.* Poco distante dalla targa iscritta, alla stessa profondità, furono raccolti una moneta tarantina d’argento, non meglio precisata, ed un piccolo utensile di bronzo, forse parte di un punteruolo’. 2.1. Lebete Bronzo; patina verdastra, lavorazione a martellata h. cm 23,5; diam. orlo em 22. Taranto, Museo Archeologico Nazionale (Acquisto Caldarola 1916) Inv. 7621 V secolo a.C.
2.2. Bacile ad orlo perlinato Bronzo,patina verdasra lamina martellata. em 9,5; diam 44,5 Taranto, Museo Archeologico Nazionale Inv 7622. Produzione etrusca
Piuttosto corroso, lacunoso, mancaDo alc Gamme Orlo verticale liscio rivolto verso
Prima metà del V secolo a.C. Molto corroso, frammentario, lacunoso, mancano parte della base e della parete con l'orlo. Oro orizzontale liscio, rivolto
pareti verticali l’esterno, convesso, calotta leg-efondo a aprofilo germente
perline con fila di Pareti verso l'esterno, profilo a a rilievo. quasi consunte. ormai
misferica leggermente appiattita
verticale, fondo a calotta emisferica leg-
Bibliografia: M. Jatta 1908, pp. 334-335, fe s
germente appiattita. Bibiogafa: M. Jota 1908, pp. 334-335, fa 48,
© A. JATTA 1908, pp. 86-89; ARENA 1973, pp. 213-218; PISANI 1973, pp. 117-118; SANTORO 1978, pp. 304-306. TA. IATTA 1908, p. 86, 223
Fig. 46. 2.1. Lebete di bronzo (Foto dell’ Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica della Puglia)
Figg. 47-48. 2.2. Baciledi bronzoad orlo perlinato (Foto dell’ Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica della Puglia) 224
Figg. 49-50. 2.3. Bacile di bronzo (Foto dell’ Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica della Puglia). 23. Bacile Bronzo, patina verdsta, lamina martellata. h. em 6,3; diam. em 29 Taranto, Museo Archeologico Nazionale (Acquisto Caldarola 1916), Inv. 7623, V secolo ac.
Molto corroso, piuttosto frammentario; lacunoso, mancano parti della base e delle pareti. Orlo orizzontale liscio rivolto verso l'esterno, pareti verticali a profilo leggermente convesso, fondo a calotta emisferica leggermente appiattita. Bibliografia: M. lata 1908, pp. 334335, fig. 48. 2.4. Tripode Bronzo, patina verdastra, lamina martellata. hem 4,1; diam. em 15,8 Taranto, Museo Archeologico Nazionale (Acquisto Caldarola 1916) Inv 7624 V secoloaC.
Stato di conservazione buono, lacunoso, mancano i piedi che sono staccati. Si tratta di una base tripode fusa in un unico pezzo. Questa è costituita da una parte superiore orizzontale, sulla quale poggiava il bacino sopra descritto, e da una fascia verticale decorata con una dentellatura incisa. Termina con tre placche rettangolari a cui dovevano essere fissati i piedi. Bibliografia: M. Jatta 1908,p. 334. 2,5. Anse di bacile Bronzo, patina verdasta, a fusione piena. hem 8,5; lungh cm 15. Taranto, Museo Archeologico Nazionale (Acquisto Caldarola 1916). Inv 7625. V secolo a.C.
Stato di conservazione buono, alcune parti sono piuttosto corrose. Alla base sono degli attacchi a forma di palmette, ansa a bastoncello ingrossata al centro. 225
Dal centro, a rilievo, partono due protomi di serpenti, i cui particolari incisi non sono più visibili, in quanto consunti Bibliografia: M. Jatta 1908, pp. 334-335, figg. 9,92. Colino Bronzo, lamina martellata, fusione piena. Lungh. em 24,5; diam, vascacm 12. Taranto, Musto Archeologico Nazionale (Acquisto Caldarola 1916). ἴων. 7626. V secolo a.C
Piuttosto corroso; lacunoso, manca il filtro. Coppetta in lamina martellata con orlo orizzontale liscio svasato e leggermente sagomato. Manico ottenuto a fusione con attacco sagomato e con terminazione a protome di cigno rivolta all’ingiù. Bibliografia: M. Jatta 1908, p.334. 2.7. Cinturone Bronzo, patna verdastra, lamina martellata hem 87; lungh. cm 76. Taranto, Museo Archeologico Nazionale (Acquisto Caldarola 1916). Inv. 7627. V secolo C.
Piuttosto corroso, conservazione buoma; lacunoso, mancano frammenti della Pare superiore ed inferiore. Lungo i margini della lamina sono presenti due file di forellini che servivano per far passare il filo che doveva fissare alla lamina la parte. in cuoio. All'estremità sono due ganci ripiegati in forma di uncino. Bibliografia: M. Jatta 1908, p. 334.
226
2.8. Cinturone Bronzo, patina verdasta, lamina marell Δι em 5; lungh em 43,5. Taranto, Museo Archeologico Nazionale (Acquisto Caldarola 1916) Inv, 7628, V secolo ac.
Alcune parti presentano corrosioni, lacunoso. Lungo i margini della lamina sono presenti due file di forellini che servivano per far passare il filo che doveva cucire alla lamina la parte în cuoio. Bibliografia: M. Jatta 1908,p. 334. 2.9. Corazza Bronzo, lamina martellata, patina verdastra. . conservataem 12,5; lungh. max em 11,5 Taranto, Museo Archeologico Nazionale (Acquisto Caldarola 1916) Inv. 7629, V secoloaC.
Quasi completamente perduta, si conservano solo due frammenti. Bibliografia: M. Jatta 1908, p. 334. 2.10. Picdi di tripode Bronzo, fusione pien, patina verdasta bem 45; lungh. cm 3,6. Taranto, Museo Archeologico Nazionale (Acquisto Caldarola 1916). Inv. 7630,
I piedi sono a zampa leonina poggianti su un dischetto. Bibliografia: M. Jatta 1908, p. 334.
2.11. Kreagra Piombo, lamina martellata, sezione circolare, patina biancastra. Lungh, em 24,6.
Fig. 5l. 24. Tripode in bronzo (Foto dell’ Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica della Puglia)
Fig. 52. 2.5. Ansa di bacile in bronzo (Foto dell'Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica della Puglia).
Figg. 53-54. 2.6. Colino in bronzo con manico desinente a testa di oca (Foto dell’ Autore, cortesia. Soprintendenza Archeologica della Puglia)
Fig. 55. 2.7. Cinturone di bronzo (Foto dell'Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica della Puglia)
Fig. 56. 2.8. Cinturone di bronzo (Foto dell'Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica della Puglia).
227
‘Taranto, Museo Archeologico Nazionale (Acquisto Caldarola 1916) In. 7633 V secolo a.C.
Lacunosi. Rimangono solamente due lastrine rettangolari di piombo. Bibliografie: inediti. Fig. 57. 2.10. Piedi di tripode in bronzo (Foto dell'Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica della Puglia) ‘Taranto, Museo Archeologico Nazionale (Acquisto Caldarola 1916) Inv, 7631 V secolo aC.
Conservazione buona. Immanicatura piena a torciglione, munita di sci uncini. Bibliografia: inedito
2.12. Oggetto lanceolato Piombo, fusione piena, patina biancastra. Lungh. em 19,5; diam. lama 2,5. ‘Taranto, Museo Archeologico Nazionale (Acquisto Caldarola 1916) I 7632, V secolo ac.
Conservazione buona; lacunoso, manca la parte finale dell'immanicatura, tranciata. Immanicatura piena a torciglione; il manico è leggermente ripiegato all'attacco della lamina a forma di foglia lanceolata. AI centro della lamina è una costolatura a ri Bibliografia: inedito 2.13. Alari Piombo, lamina martellata, patina biancastra. Lungh. cm 25 e 23,5; largh. cm 1,6. 228
2.14. Spada Ferro, legno e osso; lamina martellata, patin Lungh. cm 62,4; diam. elsa em 23,3; diam lama em 3,5, “Taranto, Museo Archeologico zionale (Acquisto Caldarola 1916) In. 7634, V secolo a.C.
Conservazione buona. Lama in ferro a doppio taglio. Impugnatura a croce rivestita di legno e osso, con chiodi di ferro che fissano la parte in legno a quella in metallo. L'impugnatura è rigonfia al centro. Bibliografia: M. Jatta 1908, pp. 334-335, fig. 42. 2.15. Cuspide e puntale di giavellotto Ferro, lamina martellata. Lungh. em 182 e 155; largh. em 2 6 3.2. Taranto, Museo Attheologico Nazionale (Acquisto Caldarola 1916) ἴων. 7635. V secoloaC.
Immanicatura cava. Punta spezzata ritualmente. Del giavellotto si conserva anche il puntale. Bibliografia: M. Jarta 1908, p. 334. 2.16. Sauroter Ferro, patina nerasta Lungh. conservatacm36,
ingh puntacm 0,5.
Figg. 58-59. 2.11. Kreagra in piombo (Foto dell’ Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica della Puglia).
Fig. 60. 2.12. Oggetto in piombo di forma lanceolata (Foto dell'Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica della Puglia)
Fig. 61. 2.13. Alari in piombo (Foto dell'Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica della Puglia) 229
Figg. 62-63. 2.14. Spada in ferro con manico in legno rivestito di asso (Foto dell’ Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica della Puglia) Taranto, Museo Archeologico Nazionale (Acquisto Caldarola 1916) Inv 7636. V secolo ac.
Pessima conservazione, frammentario. Rimangono alcuni frammenti dell'immanicatura con elementi in legno e la punta in ferro cava spezzata ritualmente. Bibliografia: M. Jarta 1908, pp. 334-335, fig 4, 45. 2.17. Punta di lancia Ferro, lamina martellata, patina mamonenensi. Lungh em 39; diam. em 3, Taranto, Museo Archeologico | Nazionale (Acquisto Caldarola 1916) Inv. 7637. V secolo2.0.
Conservazione pessima, manca la parte in materiale deperibile. Immanicatura a cannone cava, lama a forma di foglia lanceolata piegata ritualmente. Bibliografie: M. Jata 1908, pp.334-335, fig 45.
230
2.18. Coltello Ferro, lamina martellata, patina neras. Lungh. cm 33,8; largh. cm 3 ‘Taranto, Museo Archeologico Nazionale (Acquisto Caldarola 1916) V secolo aC.
Conservazione pessima, molto corroso, manca l'immanicatura in legno. Lama ricurva ad un solo tagliente; sulla parte dell'impugnatura in ferro sono tre chiodetti, in ferro, disposti in fila che dovevano essere serviti per fissare la parte in legno o in altro materiale deperibile. Bibliografia: M. Jatta 1908,pp.334-335,ig.43.
2.19. Tripode Ferro, lamina martellata, patina neresra. hem 16; diam. cm 25. Taranto, Museo Archeologico Nazionale (Acquisto Caldarola 1916) Inv. 7639. V secolo a.C.
Conservazione pessima, molto corro50, frammentario e lacunoso, mancano gli altri due piedi e parte della base. Base ad anello rigonfia poggiante su tre piedi semplici.
Bibliografia: M. Jatta 1908, p. 334. 220. Cratere a colonnette attico a figure rosse Argilla arancio, venice nera lucente tn. cm 58: diam. orlo cm 32. New York, Metropolitan Museum of Art (Acquisto Caldarola) ἴων. 10.210,14. Attribuito dal Beazley ad un manierista della ‘erchia del Pitoredi Pan. 480-4702 C.
Lato A: scena di armamento di un guerriero. AI centro è un guerriero che si sta armando per partire in guerra; ha già indossato l’elmo, la corazza, gli schinieri. Il giovane guerriero guarda verso sinistra, dove è un vecchio ammantato con bastone nella sinistra, forse il padre. Dietro di lui è una donna con chitone e mantello che con la destra abbassata sta spingendo lo scudo verso il giovane. Dietro quest’ultimo è un uomo barbato ammantato con bastone nella sinistra. Lato B: al centro è un giovane avvolto nell’himation, con un lungo bastone, che viene presentato da un vecchio ammentato, col capo cinto da una benda, il braccio destro disteso ed il bastone puntellato sotto il braccio destro, ad una Nike, vestita di lungo chitone e himation. Bibliografia: M. Jaa 1908,p. 332-333,ig. 2, pp. 336-34, fig. 5; Beazley 1963, p. 585,n. 24; Beazley 1967, p.118. 2.21. Kylix ad occhioni Argilla arancio, vernice nera lucente h. em 9,03; diam, em 21,08, Luogo di conservazione ignoto (già. Roma, Collezione Signorelli. Attribuita al "The Leafess Group". Inizi del V secoloa C.
Su entrambi i lati, tra i due grandi occhi, è raffigurato Dioniso barbato,
avvolto nell'himation, seduto su di una sedia pieghevole sotto un albero che serve da sfondo alla scena, con un como nella destra. Il dio sembra colloquiare con un sileno, barbato, con orecchie e coda equine ed una benda di stoffa bianca nella sinistra, che è ritto dinanzi a lui, mentre altri due suoi compagni corrono fra ciascun occhio e l’ansa. Bibliografia: M. Jatta 1908, p. 331, fg. 11; Beazley 1963,p. 633, n. I 2.22. Kylix ad occhioni Argilla arancio, vernice nera lucente ta cm 9,01; diam. em 2002. Luogo di conservazione ignoto (già Roma, Collezione Signorelli Attribuita αἱ “The Leafless Group". Inizi del V secolo a.C.
Su entrambi i lati, tra i due grandi occhi, è raffigurato Dioniso, barbato, seduto su una sedia pieghevole, avvolto nell’himation, all'ombra di una vite. Tra gli occhi e le anse sono due sileni danzanti Bibliografia: M. Jtta 1908, pp. 331-332, fig. LE Beazley 1956, p. 634, . 30.
2.23. Kylix a vernice nera Argilla arancio, venice nera lucent, fn cm 8; diam. em 12,5; diam. piede cm 5,5. Reading, Collezioni dell'Università (donato dall British Museum) Inv. Ekin 108, Produzione attica, “Tipo ©” Primo quarto del V secolo aC.
Lacunoso, mancano parte di un’ansa € due pezzi dell'orlo. Piede ad anello, fusto cilindrico, vasca profonda, carenata a profilo concavo, orlo distinto, labbro estroflesso, anse a bastoncello. Linee incise sul labbro sopra e sotto. Sotto il 231
aa
ee
Fig. 64. 2.15. Cuspide e puntale di giavellotto in ferro (Foto dell'Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica della Puglie)
Figg. 65-66. 2.16. Frammenti di un sauroter c puntale di giavellottoin ferro (Foto dell'Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica della Puglia)
me Fig. 67. 2.17. Cuspide di lancia in fero (Foto dell’Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica della Puglia).
Gum
Fig. 68. 2.18. Coltello di ferro con manico în legno (Foto dell’Autore, cortesia Soprin tendenza Archeologica della Puglia)
Fig. 69. 2.19. Tripode in ferro (Foto dell'Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica della Puglia) 232
HUN.
piede, base a risparmio, interno dipinto con una larga banda nera. Bibliografía: M. Jata 1908, p. 333, fig. 3,1; CVA Reading 1954, p.53, v. 346. 2.24, Lekythos a reticolo Argilla arancio, vemice nea lucente. hem 13 Reading, Collezioni | dell'Università | (già Collezione Copas) ἴων. 26,20. Produzione at ica. Metà del V secoloa.C.
Lacunoso, manca parte dell'ansa Bocchello a vernice nera, collo risparmiato,spalladecorataconpuntie linee verticali nere. Corpo decorato da una fitta maglia di linee nere, dipinte sull’ingubbiatura, che si intersecano a formare un reticolato. Parte inferiore del corpo e piede vemiciati di nero. Bibliografia: M. Jana 1908, p. 333, fig. 3,5; CVA Reading 1954, p.23, tav 138. 225.
27. Kylikes a vernice nera
hem9, diam. cm 18,08;b cm 8,07, diam. cm 1503; b. cm 7,07, diam. cm 15,05. Luogo di conservazione ignoto. Piede ad anello, vasca profonda carenata, labbro distinto concavo. Bibliografia: M. Jatta 1908, p.333,fig. 3,1 2.28. Oinochoe a vernice nera hem 17. Luogo di conservazione ignoto.
Bocca trilobata, corpo ovoidale, ansa a bastoncello sormontante | impostata obliquamente sul labbro e verticalmente sulla spalla. Risparmiata la parte inferiore del corpo.
Bibliografia: M. Jatta 1908, p.333, fig. 32. 2.29. Oinochoe a vernice nera hem 1005. Luogo di conservazione ignoto.
Apoda, corpo ovoidale, collo cilindrico, labbro estroflesso, ansa a nastro impostata verticalmente sull'orlo e sulla spalla. Bibliografia: M. Jatta 1908, p 333, fig. 3,3
2.30.-2.31. Coppia di olpai a vernice nera hem 605, Luogo di conservazione ignoto.
Apode, corpo cilindrico, spalle oblique, collo cilindrico, labbro a imbuto con orlo sporgente, ansa a nastro impostata sul corpo e sul labbro. Bibliografia: M. Jatta 1908, p.333, fie 34.
2.32. Pentolino ad impasto hems, Luogo di conservazione ignoto. Bibliografie: M. Jata 1908, p.333, ig. 3.6. 2.33. Calice acromo hem 8,08. Luogo di conservazione ignoto. Piede ad anello, fusto cilindrico, corpo tronco-conico, labbro estroffesso. Bibliografia:M. Jatta 1908, p.333, fig. 3,7.
2.34, Elmo apulo-corinzio Bronzo, patina verdasta, lamina martellata. Dimensioni sconosciute. Kopenhagen, Nationalmuscet. Inv. ABa889. V secolo aC. 233
Fig. 70. 2.20. Cratere a colonnette attico a figure rosse con scena di partenza di un guerriro (da M. Jatta 1908, fig. 2).
Fig. 71. 2.21. Kylixattica ad occhioni (daM. Jatta 1908, fig. 1.
Fig. 72. 2.22. Kplixattica ad occhioni (daM. Jatta 1908, fig. 1110.
$e» Fig. 73 223. Kylix attica a vernice nera (da CVA ReadingI, tav. 34,6) 234
ΕἸ. 74 2.24. Lekythos attica a reticolo (da CVA ReadingI, tav. 13,8)
Conservazione buona, lacunoso, man-
ca il lophos con sostegno a torciglione e un'antenna. Calotta emisferica terminante alla sommità con un doppio motivo il
sono congiunte da due “ponti”. Dietro è una larga tesa orizzontale. Ai lati è una decorazione incisa che raffigura, a sinistra, un leone, una sfinge ed un altro leone, a destra, un cinghiale, un leone ed una sfinge. Bibliografia: M. Jata 1908, p. 333-334, fig. 4,1; Bottini 1990, pp. 3435, tipo B 22, fig. 13,
Figg. 75-76. 2.34. Elmo apulo-corinzio, con particolare della decorazione incisa delle paragnatidi (da Bottini 1990, fig. 13, 1-2) 235
3- (Tombe?) Rinvenimento di iscrizioni sepolcrali romane in Piazza G. Matteotti (già Largo di “Porta Castello”) 11 31 marzo del 1900 nell'antico magazzino del Castello, «mentre si cavavano le macerie ammonticchiate nel pavimento di esso per adattarlo a chiesa da dedicarsi al Redentore» sì rinvennero alcune stele sepolcrali (sicuramente due, ma forse ve ne è una terza) databili al II secolo d.C. Una di queste iscrizioni sepolcrali è dedicata da Dasumia (nome di origine indigena canosina) Nais alla madre Luxilia Doris ed è databile per lo stile intorno alla metà del II secolo d.C.* L'altra iscrizione, rinvenuta nel 1887, durante lavori di stero, per la costruzione della chiesa del Redentore, è dedicataa Titus Aurelius Avitus e risale al pieno II secolo d.C.’ Assieme alla precedente si rinvenne un'altra iscrizione dedicata a Superus da parte del fratello T. Aurelius Valentinus, databile per i suoi caratteri tra il 193 ed il 198 d.C." Ancora più interessante è un blocco del 1 secolo a.C. che chiarisce l’importanza del luogo nell'epoca romana. Il blocco conserva l’epigrafe di maggiore rilievo del periodo romano preso in esame, in quanto riporta la testimonianza certa del perimetro difensivo, fatto di mura e torri, che circondava la città nel I secolo a.C. Pi ignificativo è il luogo di ritrovamento in quanto topograficamente si può ipotizzare l'esistenza di una porta civica in direzione di Canosa. Il blocco fu rinvenuto «nel febbraio 1901.....fra i ruderi che formavano pavimento del magazzino del castello nel farsi la costruzione della nuova chiesa al Redentore».
4 - Tomba rinvenuta in Piazza F. Cavalotti (già Largo della “Scarpetta”)
ΤΙ sito era denominato “Scarpetta” probabilmente per l’incombente presenza del bastione, dal tipico profilo a scarpetta, che cingeva l'angolo nord-occidentale del Castello. Dalle didascalie di alcuni acquerelli conservati nel Seminario Regionale di Molfetta e fatti eseguire nel 1836 dal Canonico Ursi al pittore Vincenzo Cantatore per il suo libretto sui vasi più importanti rinvenuti a Ruvo, è emerso che nel sito denominato “Scarpetta”, posto a nord-ovest della città, corrispondente alla moderna Piazza G. Cavallotti, fu trovata una magnifica tomba con un ricco corredo; quasi certamente doveva trattarsi di una sepoltura a semicamera. Tra i vari vasi del corredo
* CueLorn 1987,pp. 80-81; Bucci 2003,pp. 14-16. * M. MARIN 1981, pp. 147-148; CHELOTTI 1987, pp. 59-62. “M. MARIN 1981,po. 148-149; CHELOTTI 1987, pp. 84-86. " Ch&LOTTI 1987, pp. 46-50, n.2; BUCCI 2003, pp. 14-16 236
non descritti, la didascalia dell’acquerello riferisce che nella sepoltura in questione si rinvenne un grande cratere a volute a figure rosse con una scena di ratto. Si tratta del famoso cratere protoitaliota, attribuito al Pittore di Sisifo, che raffigura sul lato principale il ratto di Teti da parte di Peleo. Dalla suddetta didascalia si apprende inoltre che il vaso fu rubato nel 1830, confluendo dopo alterne vicende a Goluchow in Polonia nella collezione Czatoryski. Lo splendido esemplare è oggi conservato a Varsavia nel Museo Nazionale”.
4.1. Cratere protoapulo a figure rosse Argilla arancio, vemice nera lucente con riflessi metallici. h . cm 59, comprese le anse cm 68; diam orlo em 38. Varsavia, Museo Nazionale (già Goluchow, collezione Czatoryski 57). Inv. 142296. Attibuito al Pittore di Sisifo 420-400 ac.
Conservazione buona, diverse sbreccature sulle anse, vemice evanida sulle anse. Decorazione accessoria: sull’orlo, fila di ovoli; sul collo, sotto l'orlo, palmette e fiori di loto; più in basso, tralcio di edera con foglie lanceolate; sulla spalla, pseudobaccellatura; la scena figurata è delimitata inferiormente da un meandro alternato a riquadri con croci di Sant’ Andrea, Sotto le anse, palmette e volute. Lato A: è raffigurata la scena del ratto di Teti da parte di Peleo. Al centro è raffigurato Peleo, nudo, con clamide sulla spalla sinistra, che afferra con entrambe le braccia Teti, vestita con un doppio chitone e con un mantello pendente dalle braccia, che cerca disperatamente di ivincolarsi dalla stretta. A destra sono raffigurate tre menadi, una delle quali è seduta su un ippocampo, che fuggono
spaventate verso destra. A sinistra & un'altra menade che fugge spaventata verso sinistra. Sotto i due personaggi in lotta, un delfino e un ippocampo. Anche le menadi sono vestite con un doppio chitone e con un mantello pendente dalle braccia. Lato B: sono raffigurati una suonatrice di flauto e tre efebi che avanzano verso destra. La donna è vestita con un doppio chitone e con un mantello che poggia sulle spalle. Gli efebi portano solo un mantello pendente dalle braccia; i primi due a destra hanno sulla fronte una corona di lauro, quello di sinistra ha una tenia attorno alla testa. L'efebo di sinistra ha una fiaccola nella sinistra e una situla nella destra; gli altri due hanno un bastone nella destra. Bibliografia: CVA Goluchow IV, tav. 48 (com ulteriore bibliografia); Trendall 1978, p.22,n. 1/53
? Gonna 2002, p. 237
Fig. 77. 4.1. Cratere a volute protoapulo del Pittore di Sisifo, lati A e B (da CVA Goluchow, Musée Czartorysky, tav. 48, a-b). 5 Tombe rinvenute in Piazza F. Cavallotti (già Largo della “Scarpetta”)
Sempre nel sito della Scarpetta il 4 aprile 1838 viene trovato un sepolcro violato (tomba 5/1) già anticamente. 1 lavori della Commissione dei Regii Scavi di Ruvo proseguono per tutta la seconda quindicina dell’aprile del 1838 non senza pericoli, tanto che gli scavi arrivano fino a trenta palmi di profondità (quasi 8 m!). In questa seconda quindicina vengono rinvenuti due grandi sepolcri (tombe 5/2 e 5/3), completamente vuoti, anche questi violati in tempi remoti. Il 1 maggio del 1838 viene rinvenuto un altro sepolcro già manomesso" 6- Tomba rinvenuta in Piazza F. Cavallotti (già Largo della “Scarpetta”) sito fü interessato nuovamente da scavi il febbraio del 1843, quando alcuni muratori scoprirono «un angolo di sepolcro di tufi», probabilmente la parte esterna di una tomba "^ ASBA, MSA, fase. 108: "Scavi che si eseguiscono per conto di S.M. il Re" (verbale della Commissione dei Regii Scavi di Ruvo del 16 aprile c del 6 maggio 1838); M. MARIN 1981, p. 152; BUCCI 2003,p. 14 238
a semicamera. Nella stessa località, il 22 dicembre 1845, due muratori, nell'effettuare scavi per la ricerca di terreno per uso di malta, sotto un cumulo di macerie, rinvennero un grandioso sepolcro. Sulle lastre di copertura della tomba, tra l'altro spaccate, ritrovarono il tronco di una statuetta di marmo bianco, priva della testa, delle braccia e delle gambe. All’interno della tomba si recuperarono soltanto «rottami insignificanti di vasi rustici di terracotta», probabilmente ceramica acroma, ed uno spillone di avorio. A causa della frammentarietà della documentazione risulta difficile datare la sepoltura, che potrebbe risalire al III secolo a.C., vista la mancanza di ceramica figurata" 7 — Tombe e iscrizioni sepolcrali romane rinvenute in Piazza F. Cavallotti (già Largo della “Scarpetta”)
Nel 1860 Carlo Lojodice, in un fondo suburbano di sua proprietà, prospiciente al Largo cosiddetto “del Calvario” e della “Scarpetta”, rinvenne una stele sepolcrale che la liberta Acte dedica al patrono C. Marcio Severo. L'epigrafe è databile tra la fine del I e il I secolo d.C. Nel 1887 mentre si sterrava “La Scarpetta” vennero scoperte cinque iscrizioni sepolcrali di età romana risalenti al Il secolo d.C., probabilmente reimpiegate, in quanto almeno un paio di queste, secondo una notizia dello Jatta, risultarono essere state scoperte in situ sulla via dei Cappuccini di fronte al Convento" 8 Tomba rinvenuta sotto la Chiesa di S. Sabino (oggi Piazza Fiume)
La chiesetta altomedievale di S. Sabino, situata nel Largo Piazzetta, oggi Piazza Fiume, ἃ metà strada tra la chiesa di S. Giovanni Rotondo e la Cattedrale, fu completamente distrutta nel 1885. Nel dicembre dello stesso anno Domenico Caldarola rinvenne nella piazzetta sotto la chiesetta di S. Sabino una tomba, probabilmente a sarcofago, contenente una grande ἃ apula a figure rosse, una patera dorata, un alabastron a vernice nera, piccoli vasi a decorazione lineare e acromi, frammenti ceramici vari e oggetti di piombo, tra i quali un candelabro, un tripode, un fascio di spiedi ed una graticola; del complesso faceva parte anche una pisside di alabastro. Lo Jatta descrive in maniera particolareggiata solo dieci vasi, trascurando i vasi acromi o a decorazione lineare perché prividi importanza. Parte di questo materiale è stato acquistato dal Museo Archeologico Provinciale di Bari”. "^ ASBA, MSA, fasc. 121: “Per i tentativi di scavamenti de sepolcri di oggetti amichi in iti sospetti ASBA, MSA, fasc. 123: "Sepolcro antico trovato nel sito denominato la Scarpetta”; M. MARIN 1981,p. 152; Bucc1 2003,p. 14. "5 CHELOTTI 1987, pp. 81-82 " Custorn 1987, pp. 32-33 "Jara 1886, pp. 89-92;M. MARIN 1981,pp. 135-136. 239
Cinque di questi vasi, conservati nel suddetto museo, sono stati individuati dalla Marin: si tratta di un cratere a mascheroni apulo con la raffigurazione di Oreste perseguitato dalle Furie, opera di un maestro vicino al Pittore dell'Oltretomba, un'oinochoe apula, con la raffigurazione di una suonatrice di arpa, un'anfora apula di tipo panatenaico, con ‘una scena di offerta presso una stele, un piatto da pesce apulo, con la raffigurazione di tre pesci e una conchiglia e di una patera dorata con manico antropomorfo, che imita chiaramente gli esemplari in metallo. Tra gli altri vasi descritti dallo Jatta figuravano «una grande patera a figure rosse con manici a bottoni.....» decorata nel tondo interno da una figura maschile nuda in corsa verso sinistra, individuabile nella grande phiale apula del Museo di Bari (inv. 925) raffigurante scene dionisiache, due lekanides a figure rosse, anch'esse individuate nel museo barese, un'olpe a figure rosse, un unguentario e «vasellini colorati e rustici» non recuperati a causa delle descrizioni poco dettagliate.
8.1. Cratere a mascheroni apulo a figure rosse Argilla camoscio, vemice nera lucente, sovraddipinture in bianco e giallo. hem 57. Bari, Museo Archeologico Provinciale. ἴων 877. Attrbuit al Pitore ell'Oltretomba. 3303102.
Lato A: sul collo è una testa femminile raffigurata frontalmente tra tralci e girali In basso, al centro, presso un altare, è Oreste, nudo e con clamide pendente dal braccio sinistro, che impugna la spada per difendersi dalle Furie che lo perseguitano, raffigurate a destra. Sopra di lui è raffigurato Apollo, su un cigno bianco, che impugna l'arco per difendere l'eroe. Nel campo è una phiale. LatoB: è raffigurato un naiskos, dentro il quale sono rappresentati, a sinistra, una. donna con cista e corona, a destra un giovane con benda e bastone. Bibliografia: Jatta 1886, p. 89, n. 1; More 1975, p. 123, tav. 49,2; Lohmann 1979,p. 178, À 26; De Juli 1980, ig. 69;M. Marin 1981, p. 135, 7.1 fig. 5; Trendall-Cambitoglou 1982, p.540, 2.1837; Rosi 1983, p. 70, tav. 41,2
240
82. Anfora figure rosse
panatenaica
apula
a
Argilla camoscio, vemice nera lucente, sovraddipinture in bianco e illo h.455 Bar, Museo Archeologico Provincial. Inv 1283. Atiribubile ad un ceramografo della cerchia del Pittore dell’Oltetombo. 3303202.
Lato A: al centro è una stele funeraria bianca su un podio, sulla cui sommità € poggiato un piccolo vaso anch'esso bianco. A sinistra è un giovane nudo, con clamide pendente dalle braccia e tenia sulla fronte, che ha nella destra abbassata uno strigile, mentre con la sinistra si appoggia ad un bastone. A destra è una donna, vestita con chitone, che ha nella destra una lunga benda, nella sinistra una corona. Lato B: due giovani ammantati. Bibliografia: Lohmann 1979, p. 178, A 34; M. Marin 1981, p. 135,n.3, fg.6
Fig. 78. 8.1. Cratere a mascheroni apulo a figure rosse con Oreste e le Erinni (da Miti Greci 2004, fig. 277).
8.3. Oinochoe apula a figure rosse Argilla camoscio, vemice nera _ lucente, sovraddipinture in bianco e gallo h.355. Bari, Museo Archeologico Provinciale In 1298. Attribuita al Gruppo di Atene 1450, sottogruppo del gruppo di Egnazia, cerchia del Pittore di Dario. 3403302.
Forma 1 (Trendall-Cambitoglou). Sul collo, fascia di ovuli fasciadi linee bianche verticali. La scena figurata è delimitata superiormente da una fascia di rosette, inferiormente da una cornice con riquadri inerociati e meandri. A sinistra è una figura
femminile stante vestita con chitone, che guarda verso un’altra figura femminile seduta, vestita anch'essa con chitone e mantello sulle gambe, che sta suonando arpa; dietro la donna è uno “xilofono”. A destra è un giovane nudo stante, con corona nella destra e clamide pendente dal braccio sinistro, che guarda la scena. Bibliografia: M. Marin 1981, p. 135, fig. 4; Trendall-Cambitoglou 1982,p. 516,n. 18/171
8.4. Piatto da pesce apulo Argilla camoscio, vernice nera lucente, sovraddipinture in bianco c giallo. 24
hem 3,8; lungh cm 47,8; diam. cm 28,4. Bari, Museo Archeologico Provinciale. ἴων. 165. 350-3256,
Integra. Coloritura — parzialmente evanida, testa di ariete abrasa. Fondo piatto; vasca convessa; orlo verticale sottolineato da scanalatura. Attacco del manico trapezoidale con due arieti accosciati, separati da un fiore e sormontati da una cimasa; impugnatura allungata con figura maschile nuda, con braccia piegate verso l'alto, poggiante su una testa d'ariete Bibliografia: Jatta 1886, p. 92, n. 9; M. Marin 1981, p. 135; De Palma 1989,pp. 26-27, n. 1, tav. VI 12; Todisco 1992, p.37, ig. 81
8.6. Phiale apula a figure rosse
Fig. 79.82. Anfora panatenaica apula a figure rosse (da Marin 1981, fig. 6) μι em 5,5; diam, em 21 Bari, Museo Archeologico Provinciale. ἴον. 1584, Attribubil αἱ Pittore di Binningen, 350-330 aC.
AI centro, nel tondo, è una rosetta circondata da un motivo ad onda destrorso, circondato a sua volta da un cerchio risparmiato. Intorno sono raffigurati tre pesci ed una conchiglia. Bibliografia: M. Marin 1981, p. 135,n.4, fig 7. 8.5. Patera dorata Argilla camoscio, coloritur giallo ocra intenso; manico a stampo. 242
Argilla camoscio, wemice nera _ lucente, sovraddipinture in bianco e illo Diam. cm 38. Bari, Museo Archeologico Provinciale. Inv. 925. Attribuita al Gruppo del Vaticano W 4, cerchia ei pitori compresi tra il Pittore dellIioupersis eil Pittore di Licurgo. 360-340.
Integra, ricomposta. Al centro, nel tondo, è raffigurato un giovane nudo in corsa verso sinistra. Nella fascia intomo è raffigurato un satiro nudo, seduto sulla clamide, con kantharos nella destra e situla nella sinistra. Dietro di lui è una donna, seduta su un cumulo di due rocce, vestita con chitone e himation che le avvolge le gambe, che ha nella destra una phiale e nella sinistra una corona. Segue un erote che procede verso sinistra tenendo tra le mani una corona. Quindi è una donna seduta, con chitone e himation sulle gambe, che ha una benda nella destra e un tamburello nella sinistra. Infine, è un erote seduto con cassetta nella destra. Nel
campo sono raffigurati alberelli, rosette, bende, mentre all'estremità del registro è un tralcio di edera. Bibliografia: Schneider-Hermann 1977, n.195; ‘Teendall-Cambitoglou 1978,p. 409,n. 15/67; Schauenburg 1986, pp. 179-180, fg. 24
8.7. Lekanis apula a figure rosse Argilla camoscio, vernice. nera lucente, sovradéipinture in bianco e giallo hem 13. Bari, Museo Archeologico Provinciale. Inv: sconosciuto, Attibuit alla fase Medio-Apula. 350.3304C. Lato A: sul coperchio, è raffigurato un erote seduto su un sasso con corona nella sinistra e un fiore nella destra. Lato B: testa femminil Bibliografia: ia 1886, p.90,n.7.
8.8. Lekanis apula a figure rosse Argilla camoscio, wemice nera lucente, sovraddipinture in bianco e gallo. hems, Bari, Museo Archeologico Provinciale. Inv sconosciuto Attribuita ala fase Medio-Apula. 350-330.
Sul coperchio in A e B sono raffigurate due teste femminili. Sotto il piede è graffita una lettera T (2), mentre nella parte interna del coperchio sono graffite due lettere DE. Bibliografia: Jatta 1885, p.90, n. 8.
8.9. Olpe apula a figure rosse Argilla camoscio, vemice nera lucente, sovadáipintur in bianco c giallo. hem 17. Bari, Museo Archeologico Provinciale. Ins 1293.
Fig. 80. 8.3. Oinochoe apula a figure rosse (da Marin 1981, fig. 4) Attribuita al Gruppo Chevron. 540-3202 €.
Integra. Fascetta di ovoli, testa di satiro rivolta verso sinistra, meandro ad onda marina. Bibliografia: Jatta 1886,p. 90,n. 9; Trendall Cambitoglou 1982, p. 652, tav. 242,6. 8.10. Alabastron a vernice nera Argilla camoscio, vernice nera lucente. hem 19. Bari, Museo Archeologico Provinciale Inv sconosciuto, 3503302 €. si grafia: Jata 1886, p.91, n.10. 243
8.11. Candelabro Piombo. Luogo di conservazione ignoto. Bibliografia: Jatta 1886, p. 91.
8.12. Tripode Piombo. Luogo di conservazione ignoto. Bibliografia: atta 1886, p.91,n. 11 Fig. 81. 8.4. Piattoda pesce apulo a figure rosse (da Archeo Dassier 34, 1987, fig. a p.36.
Lo Jatta descrive un fascio di cinque spiedi. Bibliografia: atta 1886, p. 91 8.14. Graticola Piombo. Luogo di conservazione ignoto.
Lo Jatta afferma che la graticola era piuttosto corrosa e frammentaria. Bibliografia:
à 1886,p. 91
8.15. Pisside Alabastr. Luogo di conservazione ignoto.
Lo Jatta ricorda che la pisside era provvista di un coperchio ed era sana. Bibliografia: Jatta 1886, p.92 Fig. 82. 8.5. Patera dorata con manico antropomorfo (da Il Museo Archeologico di Bari 1983, tav. 33,1) 244
8.16. Vasi a decorazione lineare 8.17. Vasi acromi e ad impasto
Fig. 84. 8.9. Olpe apula a figure rosse (da Trendall-Cambitoglou 1982, tav. 242,6) 245
9 - Tombe romane e altri rinvenimenti sotto la Chiesa di S. Sabino (oggi Larghetto Fiume) Nello stesso sito Domenico Caldarola, prima di giungere alla tomba preromana precedentemente descritta, rinvenne al di sopra della stessa due tombe romane accompagnate da due iscrizioni: la prima dedicata a L. Cornelius Cerialis da parte della moglie, l'altra a M. Arrecinus Clemens da parte della moglie Cornelia Ocelina, entrambe datate al II secolo d.C." Il 14 ottobre 1854, nelle adiacenze di questa antica chiesetta, mentre si scavavano le fondamenta per un nuovo edificio, il muratore Giovanni Pansini ed altri operai rinvennero nel terreno smosso sedici monete cufiche di oro di età medievale. Di queste otto giunsero nelle mani di Francesco Del Bene padrone del fondo. Dopo varie vicende, le monete furono recuperate e cedute al Real Museo Borbonico di Napoli, poiché lo scavo era stato compiuto per conto della Real Casa Borbonica. Oltre alle monete lo scavo portò alla scoperta di un antico fabbricato lungo e stretto, con mura ben lavorate che si trovava in continuazione di una porta chiusa, di fabbricazione successiva, nel muro della chiesetta di S. Sabino". 10 - Tombe rinvenute nel Largo della Cattedrale
G. Jatta senior afferma di aver visto in gioventù, al Largo della chiesa Cattedrale, due tombe, scoperte durante i lavori di scavo delle fondamenta per una nuova stanza nella casa. paterna. Esse restituirono solamente vasi dalla forma elegante ma “rustici”, probabilmente si trattava di ceramica acroma, e di questi uno era decorato da scanalature”. Quasi certamente tali reperti sono entrati a far parte della collezione Jatta; potrebbe trattarsi di quei vasi acromi scialbati conservati nella I stanza del Museo Nazionale Jatta. 11 — Fornace rinvenuta nel Largo della Cattedrale
Come si è detto nell'introduzione, in questo catalogo verranno segnalati anche quei rinvenimenti appartenenti a strutture non funerarie, allo scopo di chiarire la distribuzione topografica dei ritrovamenti archeologici effettuati a Ruvo. Verso il 1822, nello scavare le fondamenta di una nuova cucina nella casa paterna di Giulio c Giovanni Jatta situata al largo della Cattedrale, in un terreno concesso dalla mensa vescovile, alla profondità di circa 20 palmi (= m. 5,30) si trovò un'antica officina con la fornace, addetta alla produzione di vasi di creta, la quale era provvista di un pavimento di lastrico molto duro”. κε JATTA 1886, pp. 93; LOIODICE 1915, p. 50; M. MARIN 1981,p. 138; CHELOTTI 1987,pp. 52-56 e pp. 65-66. 7" RUGGIERO 1888, p. 574; M. MARIN 1981, pp. 133-135 con ulteriore bibliografia. 30 Jar 1972, pp. 202-203;M. MARIN 1981,p. 141 ? M. MARIN 1981,p. 141 246
12 — Scavi e rinvenimenti sotto la Cattedrale
Tra ottobre del 1977 e l'autunno del 1979 la cattedrale romanica di Ruvo è stata oggetto di lavori di restauro e di scavi archeologici che hanno dato dei risultati di grande interesse per la comprensione della topografia ruvese e della successione delle sue tappe di vita. La ricerca archeologica ha investito tutta l’area sottostante il pavimento della cattedrale duecentesca: prima le navate, poi il transetto. Escludendo i livelli medievali, partendo dalla navata centrale, al di sotto del terzo pavimento che è stato trovato a quota - 2,00 m. e che è costituito da un mosaico policromo a motivi geometrici e girali floreali (forse pertinente ad una domus oppure a delle terme anche domestiche del III secolo d.C), è stata individuata alla quota di -2,10 m. una fornace con corridoio delimitato da due muretti a raggiera di pietra sul fondo. Tra i materiali raccolti nel suo ambito, pani di argilla cruda, frammenti ceramici minuti, combusti e illeggibili, tegolame, frammenti di vetro, ciottoli di fiume, il tutto in un letto di cenere. Nella navata destra la situazione è risultata alquanto compromessa poiché le camere sepolcrali adoperate per le sepolture collettive hanno completamente distrutto il tessuto antico lasciando solo scarse testimonianze, come nella quinta campata, dove a quota -3,45 m. è stata individuata una conduttura pavimentata a mattoni. La parete di tale canale è stata riutilizzata, dopo opportuna scalpellatura, come sponda di una sepoltura disposta tra il transetto e la navata destra La tomba (tomba 12/1), poco profonda, poggia sulla roccia ed è stata individuata a quota -3,41 m.; l’altro lato lungo e uno dei lati brevi furono costruiti invece in pietrame e il lato breve presente nella quinta campata risultava chiuso da una raggiera di pietre disposte a semicerchio. La sepoltura era lunga circa 160 cm, larga tra i 50 e i 60 em e profonda circa 45 cm e aveva come piano di fondo la roccia. Gli strati superficiali erano stati sconvolti e ridotti ad un ammasso di tegole miste a terra e a resti ceramici. Tra questi, due frammenti di vaso bicromo del subgeometrico “Daunio II", frammenti di vasi decorati a fasce e a vernice nera e perfino un'ansa del geometrico iapigio. Tali frammenti si giustificano con lo scavo fatto al momento in cui fu impostata la tomba. Si rinvennero, altresì, alcuni nuclei di argilla cruda, forse utilizzati come zeppe per chiudere ermeticamente la fossa. Una calotta cranica e alcune ossa furono trovate all’interno appena sotto il lato breve stondato. Gli oggetti di corredo erano disposti lungo la parete costituita dalla conduttura e, in alto, accanto alle ossa del cranio. Tutti i vasi risultavano frammentari. Si tratta di un’anfora scialbata, un kalathos e una coppetta monoansata acromi e di un piatto con decorazione afasce. Il corredo, assai limitato nel numero dei pezzi, è caratterizzato dalla presenza di vasi acromi con l’unica eccezione del piatto decorato da motivi lineari, che rientra nella classe C della suddivisione operata dal De Juliis per la ceramica geometrica peucezia. Le forme sono quelle consuete della produzione apula tra il IV ed il ΠῚ secolo a.C.: l’anfora, il Kalathos, il piatto e la coppetta sono infatti una costante dei corredì della Peucezia. L'assenza di decorazione si osserva peraltro sui vasi che rappresentano il corredo di alcune tombe rinvenute a Bitetto, Bitonto, Rutigliano e Acquaviva, databili nel corso del III secolo a.C. In alcuni di questi corredi, in particolare a Bitonto e nella tomba 6 di Acquaviva, ricorre l'associazione dei vasi acromi con ceramica decorata a fasce. 247
L'elemento più antico rinvenuto nella navata destra, al di là della parete costruita negli anni Quaranta per obliterare le cappelle barocche, è costituito da una tomba peucezia (tomba 12/2) già violata in antico. Più complessa da decifrare è stata la situazione trovata nel transetto il cui saggio di scavo ha raggiunto la profondità di m. -5,60 dal piano di calpestio della cattedrale. Dalla profondità di m. -5,60 a m. -4,53 si sono rinvenute sepolture (tombe 12/3-12/4) con le pareti formate da muretti di lastre calcaree leggermente aggettanti verso l'alto, tipologicamente ascrivibili alla civiltà indigena peucezia. Da uno strato di riempimento, che va da quota - 4,53 a - 3,96 m., e di sistemazione che sovrasta una delle tombe sono stati riportati alla luce numerosi frammenti di ceramica di impasto buccheroide, di vasi apuli a figure rosse, di ceramica indigena a decorazione a fasce e a vernice nera, strato che sigilla l'area della necropoli peucezia, la quale ha occupato il sito almeno fino al IIT secolo a.C., e documenta la sistemazione e il livellamento dell'area prima della nuova utilizzazione residenziale. La ceramica attestata proviene, infatti, quasi certamente, dalla. distruzione della necropoli circostante. Da quota - 3,96 a - 3,77 m. si rinvenne un battuto di argilla mista a numeroso tegolame c a frammenti di ceramica a vemice nera, cui si sovrappongono altri due strati in gran parte manomessi che hanno restituito ceramica indigena con decorazione a fasce, ceramica a vernice nera, ceramica nello stile di Gnathia e persino sigillata di tipo aretino del 1 secolo d.C. e fino alla quota - 2,85 m. una serie di battuti pavimentali che indicano una lunga continuità di vita dell’abitato riferibile all'età tardorepubblicana (I secolo a.C.) soprattutto per la presenza di ceramica a vernice nera del tipo più recente. Il saggio nel transetto ha poi rivelato anche tratti di muratura appartenenti ad una casa peucezia. In un altro punto del saggio si è rinvenuta una porzione di strato non manomesso che si trovava al di sopra del lastrone di copertura di una tomba di tipo peucezio (tomba 12/5) alla profondità di m. - 3,90. Lo strato integro, da quota - 3,90 a - 3,75 m, rivelava ceramica campana a vernice nera del tipo più recente e vasi di uso domestico, probabili resti dell’abitato romano di età repubblicana (I secolo a.C.) che in quest'area si sovrappone ad una zona precedentemente occupata da tombe indigene peucezie. Sempre nel transetto al di sotto delle sepolture più recenti e del pavimento a mosaico policromo a quota - 2,00 m., tra i vari materiali si è rinvenuto anche un asse repubblicano col tipo Giano bifronte e della prora di nave, databile alla prima metà del II secolo a.C. oltre ad una sepoltura in pietra del tipo a sarcofago coperto da volta a botte (tomba 12/6) In un'altra tomba (tomba 12/7) è stato rinvenuto anche un anello di bronzo dorato che reca incastonata una pietra incisa. Si tratta di una comiola con l'immagine di Athena Promachos la quale incede armata di scudo e lancia, con la veste svolazzante, secondo un’iconografia che si forma nell'ultimo ellenismo in ambiente neoattico e che è documentata quasi esclusivamente nella glittica. Inoltre, una tomba (tomba 12/8), costruita con lastrine di pietra legate da malta e intonacata all'esterno con molta approssimazione, fu conclusa in alto con un coperchio monolitico che si presenta diviso in due parti a causa di una grossa frattura in senso trasversale e che quasi certamente èdi ripiego. 248
Nel settore destro del transetto vengono ritrovate due tombe altomedievali che per un tratto insistono su un’altra tomba (tomba 12/9) la quale utilizzava come fondo il piano di roccia (quota - 4,15 m.) ed era ricoperta da alcune lastre spezzate (quota - 3,85 m.) Il defunto aveva i piedi rivolti verso l'ingresso del transetto e dinanzi ad essi erano stati collocati un vasetto biansato acromo ed una piccola anfora con puntale. Il terreno di riempimento tra le due quote presentava tegole spezzate, ossa, frammenti di ceramica e pietre. Lungo la parete destra della cattedrale, da quota - 4,53 m. una tomba (tomba 12/10) emersa nel 1978, fu violata quando furono gettate le fondamenta della cattedrale. 1I fondo della tomba è a quota - 5,60 m. Nel terreno di riempimento furono rinvenute ceramiche che vanno dalla protostoria al medioevo”. 13 — Terme romane rinvenute nella zona della Chiesa del Purgatorio Anche le seguenti schede nn. 13, 14 e 15 contengono notizie su rinvenimenti di carattere non strettamente funerario che si sono volute inserire nel presente catalogo per avere un quadro chiaro della topografia del centro peucezio. Nel 1865, sotto il Palazzo Santoro, compreso tra via Cattedrale, via Fondo Marasco e vico Fondo Marasco, a poca distanza dalla Chiesa del Purgatorio, durante la ricostruzione delle fondamenta di un vicino caseggiato, si rinvennero terme di «grandi proporzioni». Manca, purtroppo, una dettagliata relazione di questo vastissimo edificio, di cui rimangono scame notizie in un manoscritto di Giovanni Jatta il quale, chiamato dal muratore, visitò le terme e affermò che l'ipocausto era composto da colonnine di mattoni rettangolari posti ad uguale distanza fra loro. Tuttavia, lo spazio occupato dalle colonnine aveva ampie proporzioni tanto in lunghezza che in larghezza, tant'è vero che nemmeno con l’aiuto delle fiaccole si potè giungere a vedere l'estremità così dell'una come dell'altra. «Ad istanza dell'ispettore G. Jatta il muratore, ch'era anche il proprietario della casa, gittà degli archi su quella scoperta senza nulla toccare e distruggere dell'antica costruzione di guisa che in ogni tempo sfondando solo quegli archi si potrà ridiscendere per meglio studiarla»”. 14 — Cisterna romana (già Cripta di S. Cleto) sotto la Chiesa del Purgatorio
ΑἹ di sotto di una delle navate della Chiesa del Purgatorio si trova una cisterna romana utilizzata per raccogliere le acque che potevano servire alle terme scoperte a poca distanza dalla chiesa, Si tratta di un ambiente rettangolare con copertura di volta a botte lungo m. 20,50 (= 69 piedi romani), largo m. 4,40 (= 15 piedi romani) e alto m. 3,30 (= 11 piedi romani). Le pareti erano costituite da tre diversi tipi di muratura: in basso è impiegato 7 M. MARIN 1981,pp. 142-147; CASSANO 1987,pp. 139-159. 2 F.IATTA 1954, pp. 77-78;M. MARIN 1981,pp. 138-139, nota 33; BUCCI 2003, pp. 16-18. Attal resti i costruzioni romane sono visibili in alcuni cunicoli soto i sedime di Vico Fondo Marasco. 249
V'opus testaceum, nella parte superiore dei lati lunghi l’opus coementicium, nei lati brevi Popus reticulatum che termina in alto con un grande arco fatto da bipedali”. Si deve segnalare che un tratto di muratura, presente nel punto in cui la volta fu sfondata, è realizzato in opus reticulatum: si dovrebbe trattare dei resti della costruzione sovrastante la cisterna, che la collegavano alle terme segnalate nelle sue vicinanze. 15- Iscrizione latina trovata in Largo Annunziata Non lontano dalla Cattedrale, in alcuni scavi praticati dal canonico G. Ursi in un sottano di sua proprietà situato in Largo Annunziata, si rinvenne nel 1793 un'iscrizione latina di Gordiano TII, che secondo lo Jatta doveva ornare il piedistallo di una statua dello stesso imperatore o un altro monumento pubblico eretto dai Decurioni e dagli Augustali della città, eunalluce di bronzo di una statua. L'iscrizione si data al 239 d.C. e fù incastrata nel basamento della torre del pubblico orologio”. 16- Tomba in Via S. Carlo presso il “Torrione”
Il 4 giugno 1842 il muratore G. Boccasini, nel sistemare una cisterna d'acqua in strada S. Carlo, nelle vicinanze del piccolo castello detto “Il Torrione”, all'interno della proprietà del canonico Pietrangelo Campanale, rinvenne una tomba con un corredo formato prevalentemente da vasi apuli a figure rosse, ceramica di Gnathia e a vernice nera, ascrivibile alla seconda metà del IV secolo a.C. Molto probabilmente alcuni di questi vasi sono giunti, in seguito, a Napoli al Musco Borbonico, in quanto furono consegnati ai funzionari della Commissione dei Regi Scavi di Ruvo *. 16.1. Cratere a colonnete apulo a figure rosse Diam. palmi 1 e Vh. palmi2.
Frammento.
Luogo di conservazione ignoto.
Lato A: scena con due giovani guerrieri con un cavallo in mezzo che il guerriero di sx cerca di dissetare con una piccola coppa che ha nelle mani. Lato B: tre vecchi o giovani ammantati.
Bibliografia: inedito.
16.2. Oinochoe apula a figure rosse Luogo di conservazione ignoto. Satiro seduto che vuole offrire una brocca ad una menade che gli sta di fronte.
Bibliografia: inedita.
3 Per a descrizione tecnica complet si vedaM. MARIN 1981,pp. 138-141. In BUCCI 2003,p. 18, si dice chela cistema era sottostante uno spiazzo completamente libero (strada, pazza, foro o atrio di una casa) 7M, MARIN 1981, p.147, con ulteriore bibliografie; BUCCI 2003,p. 18, * ASBA, MSA, fase. 116: “Oggetti d'anicaglie rinvenuti dal canonico Pierangelo Campanale”; M. MARIN 1981,p. 150, 250
163. “Vasellino a giara” (oinochoe) nello stile di stile Gnathia Luogo di conservazione ignoto. Pampini e grappoli di uva sul collo. Bibliografia: inedita 16.4. Patera nello stile di Gnathia
ὠ16.5.-- 16.8. Quattro vasi a vernice nera Luogo di conservazione ignoto. Bibliografia: net 16.14. Vasi rustici (ceramica acroma) Luogo di conservazione ignoto.
ne, Sono detti in buono Decorazione semplice, costituita da ^ conservazione. tralci vegetali. Bibliografia: inediti. Bibliografia: inedita.
stato
di
17-18 — Tombe rinvenute presso la Chiesa di S. Giacomo
1 1° febbraio 1853 Antonio e Pietrangelo Campanale, fittuari di un fondo suburbano appartenente a Luigia Chieco Cotugno situato nei pressi della chiesa di S. Giacomo, rinvennero due tombe a sarcofago contenenti sette vasi apuli a figure rosse, i quali furono dagli stessi sottratti e nascosti per essere venduti ai mercanti di anticaglie. In seguito furono recuperati e consegnati alia Commissione dei Regi Scavi di Ruvo ed essendo stati ritenuti di nessun pregio furono restituiti alla signora Cotugno, la quale a sua volta li vendette al negoziante Vincenzo Leone per la somma di 25 ducati. I vasi vennero po confiscati e spediti a Napoli al Real Museo Borbonico, come è confermato dai documenti conservati nell’ Archivio Storico del Museo di Napoli e da un articolo del Macchioro sulle provenienze dei vasi del museo napoletano, che fornisce i numeri di inventario dei reperti in questione permettendone il riconoscimento” I vasi sono attualmente custoditi nei depositi del Museo Nazionale di Napoli. 17... Cratere a mascheroni apulo a figure rosse
Argila nera lucens * iar camoscio,in 3biancoverce sovraddipinture e giallo.
cm 33 bem 68; diam. olo Napoli, Museo Archeologico Nazionale.
E
gun ei Pit ori
330310 aC.
alan
ella Para e di Bakimora,
Integro, alcune scrostature della vernice, varie incrostazioni. Lato A: sul collo, testa demi femminile di dre quarti tra tralci vegetali e girali. Sul
corpo, al centro, è un naiskos nel quale à raffigurato un guerriero che indossa una
corazza anatomica e un elmo a pileo, con
Una lancia nella sinistra ed una phiale nella
destra. Dietro di lui è un cavallo bianco con
7 ASBA, MSA, fase. 130; ASSAN IV B 11, fasc. 68: "Confiscaa favore del Real Museo di sette vasi antichi, a danno de" signori Campanole di Ruvo, oggetti rinvenuti in due sepolcri del tenimento di Ruvo e Sequestrati perché non denunciati" (con verbale di immissione del 23 aprile 1853); RUGGIERO 1888, p. 574 (che fornisce notizie sulle dimension e sui vecchi numer di inventari); MACCHIORO 1911, p. 201, nota δ. 251
17.2. Cratere a mascheroni apulo a figure rosse Argilla. comoscio, vemice nera lucente, sovraddipinture in bianco c giallo hom 62,5. Napoli, Museo Archeologico Nazionale ἴων. 82359 (= Heyd 2051). Attribuito al Pitore ella Patera 340-320 a.
Fig. 85. 17.1. Cratere a mascheroni apulo a figure rosse (Foto dell'Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica di Napoli c Caserta)
Ja testa rivolta indietro verso il guerriero. A sinistra, è un giovane nudo stante, con clamide sulle spalle e benda sulla testa, che ha un kantharos nella destra ed una lunga benda nella sinistra. A destra, è una donna stante con chitone e himation, che ha nella destra una corona a cui sono appesi due nastri e nella sinistra un'oinochoe. Lato B: sono raffigurati un giovane, con alabastron e nastro, ed una donna, con situla e specchio, presso una stele funeraria sulla cui sommità è un tralcio di vite. Bibliografia: Trendall-Cambitogion 1982, p. 928, n. 28/106. 252
Integro; varieincrostazioni, scrostature sulle volute. Lato A: sul collo, testa femminile di tre quarti a destra, tra fiori a calice, tralci vegetali e girali. Sul corpo, al centro, è un naiskos, nel quale è raffigurato un guerriero nudo, con piede sinistro appoggiato su un rialzo roccioso, che ha nella destra una spada nel fodero e nella sinistra abbassata tiene uno scudo. Dietro di lui, a terra, è raffigurata una phiale con manico antropomorfo; in alto è appeso un elmo a pileo. A sinistra, è un giovane nudo, con clamide pendente dal braccio sinistro, che ha nella destra abbassata un tralcio di vite e nella sinistra una phiale con una lunga benda. A destra, è una donna stante, con chitone e Aimation, che ha nella destra uno specchio e nella sinistra abbassata una lunga benda. Lato B: al centro è raffigurata una stele funeraria, a cui sono legati un nastro nero e due bende bianche. Presso la stele, a sinistra, è una donna stante, con chitone € himation, che ha nella destra una situla e un tirso appoggiato al suo braccio destro, nella sinistra una cassetta con uova e una lunga benda. A destra è un giovane nudo stante, con clamide pendente dal braccio sinistro, che ha nella destra una phiale con offerte e nella sinistra un tirso. Bibliografia: Lohmann 1979, A 456, tav. 2344; ‘Teendall-Cambitoglou 1982, p. 730, n. 23/29.
Figg. 86-87. 17.2. Anfora panatenaica apula a figure rosse, lati A e B (Archivio Fotografico Soprintendenza Archeologica di Napoli e Caserta).
173. Anfora panatenaica apula a figure rosse
114. Anfora panatenaica apula a figure rosse
Argilla camoscio, vernice nes lucent, sovraddipinture in bianco e gallo. h.cm 47; diam. olo cm 14,1. Napoli, Musco Archeologico Nazionale. Inv. 82143 (= Heyd. 2344) Attribuita al Gruppo Split Mouth, cerchia del Pittore di Ganimede. 340320.
Argilla. camoscio, Vernice nera lucente, sovraddipinture in biancoe gallo. h.em475, Napoli, Museo Archeologico Nazionale. Inv. 82147 (= Heyd. 2394). Atribuitaal Pittoredelle Patera, 340-320.
Integra; lacunosa, manca un'ansa; orlo sbreccato, incrostazioni e scrostature della vernice. Lato A: donna seduta su una pila di rocce, vestita con chitone smanicato, che ha nella destra abbassata un tamburello, nella sinistra ha una cista e un tralcio di vite. Nel campo, rosette e una benda. Lato B: testa femminile di profilo a sinistra
Lato A: al centro della scena è raffigurata una stele funeraria, ai cui lati sono una donna con piede sollevato, che porta uno specchio e un tralcio di vite, e un giovane con phiale e fiori Lato B: due giovani ammantati Bibliografia: Macchioro 1913, p. 36, fig 6; Lohmann 1979, p. 234, A 496; Trendall. Cambitoglou 1982, p. 742, n. 23/122.
Bibliografia: Trendall-Cambitogiou 1982, p. 816,n. 25/192. 253
Figg. 88-89. 17.3. Anfora panatenaica apulaa figure rosse (Foto dell Autore, cortesia Archeologica di Napoli e Caserta)
175. Anfora panatenaica figure rosse
apula
a
17.6. Anfora panatenaica figure rosse
Soprintendenza
apula
a
Argilla camoscio, vernice mera lucente, sovradéipinture in bianco e gial o hem 48,5. Napoli, Musco Archeologico Nazionale. Inv. 82305 (= Heyd 1308). tributa αἱ Pitere di Berlino F 3383, cerchia del Gruppo dei Nasi Camus, 3503304.
Argilla camoscio, vernice nera lucente, sovraddipintue in bianco giallo hem 47,5; diam. orlo em 15,7. Napoli, Museo Archeologico Nazionale Im. 82142 (= Heya. 2058) Attibuita al Pitore di Haifa, cerchia del Pittore di Dario. 340-3204 C.
Lato A: al centro è una stele funeraria; a sinistra è una figura femminile con tralcio di vite e benda; a destra è un giovane con alabastron. Lato B: due figure ammantate.
Lato A: giovane mudo seduto con phiale, donna con ghirlanda di rosette e specchio con le gambe appoggiate su una pila di rocce. Lato B: due giovani ammantati
Bibliografia: Lohmann 1979, p. 227, A 439.
254
Bibliografia: Trendall-Cambitoglou 1982, p. 566, n. 2042.
17.7. Hydria apula a figure rosse Argilla camoscio, venice mem lucente, sovraddipinture in bianco e giallo. h.cm37. Napoli, Museo Archeologico Nazionale. Eee Autibuità al Pittore ella Pater 340-320 a.
Sul corpo: sono raffigurate due donne presso una stele. Quella di sinistra con cista e tralcio di vite, quella di destra con
corona, a cui à appeso un nastro, e cista. Bibliografia: Lohmann 1979, p. 233, A 492; Trendall-Cambitoglou 1982, p. 736, n. 23/66.
19 — Tomba a sarcofago sotto la Chiesa di S. Giacomo Nel 1855, dovendo riedificare la Chiesa di S. Giacomo, il vescovo di Ruvo chiese il permesso per fare degli scavi, visto che il luogo dove doveva sorgere la chiesa era contiguo ad un sito in cui si rinvennero due sepoleri con interessanti anticaglie. Il 7 maggio 1855, nello scavare le fondamenta della nuova chiesa, si rinvenne una lastra sepolcrale in calcare che copriva una piccola tomba a sarcofago, la quale conteneva soltanto delle ossa di un inumato in posizione rannicchiata. La tomba fu rinvenuta ad una profondità di circa 25 palmi (quasi 6 metri)". 20— Tomba rinvenuta in Via Pomponio (già “Forno di Pomponio Da una notizia riferita dal canonico Ursi in una delle sue memorie manoscritte, si apprende che nel 1780 il canonico don Antonio Dingeo nel riedificare il suo palazzotto, attiguo al forno detto "di Pomponio", presso il sito dove sorgerà la Chiesa di S. Giacomo, rinvenne un grandioso sepolcro contenente splendidi vasi figurati, i quali furono portati a Napoli. Lo stesso Ursi aggiunge che l'intero complesso vascolare fu immesso nel mercato antiquario napoletano e venduto a caro prezzo a collezionisti stranieri”. 21 ~ Tomba rinvenuta in Via delle Monache angolo Via Ostieri (già Chiesa di S. Matteo)
11 6 dicembre 1909 nel sottosuolo dell'ex Chiesa di S. Matteo, oggi Chiesa delle Monache Benedettine, concessa insieme ai locali dell'ex monastero alla Congregazione della Carità (oggi zona del mercato ittico), si rinvenne una tomba che ha restituito un ricco corredo di vasi apuli. Il complesso vascolare fu acquistato nel 1911 per 250 lire e trasportato nel Museo Archeologico di Taranto, dov'è tuttora conservato". # ASBA, MSA, fasc. 134: “Pigilaore nello scavo concesso al vescovo di Ruvo e di Bitonto” (documenti del 28 aprile 9 e 26 maggio 1855); RUGGIERO 1888, pp. 574-575; M. MARIN 1981,p. 151. 7 Uns 1835,pp. 70-1; F. JATTA 1972,p. 69. ® ASBA, MSA, fase. 197: "Scoperte di antichità”; ASATA, documenti del 23 gennaio 1910 e del 19 gennaio 1911, Atto di immissionen. 102 (inv. 4431-4465);M. MARIN 1981, p.151 255
11 materiale rinvenuto, piuttosto frammentario e per la maggior parte inedito, apparteneva ad almeno trentacinque esemplari. Del complesso vascolare soltanto due vasi risultavano integri, vale a dire un cratere a colonnette c una grande phiale. Tra gli altri vasi a figure rosse erano presenti anche un'anfora di tipo panatenaico, un'/pdria, alcune oinochoai di varie forme, un lebes gamikos ed una lekanis. Nel complesso sono ben rappresentate anche la ceramica a vernice nera, tra cui si sottolincano una lucerna ed un guttus, la ceramica sovraddipinta policroma stile di Gnathia, con coppette, skyphoi, cup-skyphoi e lekythoi e, infine, la ceramica indigena a decorazione lineare. È da
sottolineare la presenza di numerosi vasi potori, di un kantharos sovraddipinto “tipo St. Valentin” e di ceramica scialbata Pcr quanto riguarda la tipologia tombale, dai documenti dell'Archivio della Soprintendenza di Taranto si ricava che la sepoltura doveva essere del tipo a sarcofago. Purtroppo, i documenti dell' Archivio di Stato di Bari e della Soprintendenza Archeologica di Taranto non hanno fomito alcun dato circa il tipo di deposizione, se femminile o maschile, e sulla disposizione degli oggetti del corredo funerario all’intemo della sepoltura, anche se la presenza del lebes ganikos, oggetto prettamente legato al mondo femminile, e le raffigurazioni presenti su alcuni vasi legate al mondo muliebre inducono ad ipotizzare che si possa trattare di una sepoltura di un individuo di sesso femminile. La maggior parte dei vasi figurati, dei quali solo tre sono editi (il cratere, l’Aydria e l’anfora), ruota stilisticamente intorno alla cerchia del Pittore di Varrese e dei suoi seguaci, per cui il complesso può essere datato intorno alla seconda metà del IV secolo a.C. 21.1. Cratere a colonnette apulo a figure rosse Argilla camoscio, vemice nera opaca " sovraddipinture in biancoe giallo, hem 502; diam. orlo cm 352. Taranto, Musco Archeologico Nazionale. Inv. 4431 Attribuito αἱ Pittore di Varese. 3603402.
Integro, varie incrostazioni; lievi scrostature della vernice sulle anse. Decorazione accessoria: sull’orlo è un motivo ad onda destrorso; sul collo è una fascia risparmiata sulla quale è dipinto un tralcio di foglie di lauro. La scena figurata è inquadrata superiormente da una finta baccellatura, inferiormente da un meandro continuo che si altema con riquadri di linee incrociate. Ai lati sono rami con foglie lanceolate. Lato A: al centro è una donna seduta, con chitone smanicato e himation che le avvolge le gambe, che ha nella destra 256
un paniere con due pani e nella sinistra abbassata una corona S con un nastro. Di fronte alla donna è un giovane guerriero
osco stante, coronato, vestito con un corto chitone decorato da strisce nere verticali, con lancia nella destra, che offre alla donna con la sinistra un Kantharos. Dietro la donna è un altro giovane guerriero osco, nudo, stante, con mantello che gli avvolge la vita, che ha una lancia nella sinistra e tirso nella destra. Nel campo, bende e ghirlande di fori Lato B: tre giovani ammantatdue dei qualî si appoggiano ad un bastone. Bibliografia: Trendall-Cambitogiou 1978, p. 345,0. 1349.
212. Anfora panatenaica figure rosse
apula a
Argilla rosata, vernice nera opaca, sovraddipinture in bianco e giallo
Figg. 90.91. 21.1. Cratere a colonnette apulo a figure rosse: lato A e particolare della scena del lato A (Foto dell'Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica della Puglia) 257
Fig. 92. 21.1. Cratere a colonnette apulo a figure rosse: lato B (Fo dell'Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica della Puglia). n cm 46; diam. orlo cm 15; diam. piede em 9. ‘Taranto, Museo Archeologico Nazionale, Inv. 4432. Attibuita al Pittore di Ginevra 2574, Gruppo
di Ginevra 2574, segui dell “sile piano” dl Pittore di Dijon 360-340 aC. Ricomposta, restaurato il piede e parte del corpo. Incrostazioni e diverse scrostature della venice sul corpo del vaso. Lato A: al centro è una stele funeraria bianca, a cui è legata una lunga sciarpa gialla; a sinistra è una donna stante, con piedesinistro sollevato, vestita con chitone smanicato, che ha nella destra una corona e nella sinistra una benda bianca. A destra 258
è un giovane nudo, stante, con mantello che gli avvolge il braccio sinistro, che ha una phiale nella destra e un tirso nella sinistra. Lato B: due giovani ammantati Bibliografia: Trendall-Cambitoglou 1978, p. 231, n 946
21.3. Hydria apula a figure rosse Argilla ross-arancio, vernice mera lucente, sovraddipinture in gial o ^h. 18,5, diam, piede cm 10;h. em 12, diam. orlo cm 11. ‘Taranto, Musco Archeologico Nazionale, Ins 4433 Attributa al Pittore di Varese 360-340 a.
Fig. 93. 21.2. Anfora panatenaica apula a figure rosse (Foto dell'Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica della Puglia)
Frammentaria, lacunosa. Rimangono parte della spalla e il collo, orlo lacunoso; rimangono il piede € parte del corpo, ricomposti, e alcuni frammenti del corpo. Della rappresentazione figurata si scorgono tre figure. Una figura maschile, nuda, seduta sulla clamide, che ha nella destra un ramo di palma; di fronte è una figura femminile stante, di cuî si vede la testa in un altro frammento, vestita con un chitone smanicato, che ha nella sinistra una phiale con offerte. Bibliografia: Trendal-Cambitoglou 1978, p. 351,n. 13/133.
21.4. Qinochoe figure rosse
trilobata
apula
Argilla rosata, vemice nera Jocente, sovraddipinture in biancoe giallo, hem 27, 5; diam. piede cm 7,5 Taranto, Museo Archeologico Nazionale. In, 4434, Attribuibile alla cerchia del Pittore di Ganymede. Intomo alla seconda metà del IV secolo a.C.
Forma 1. Ricomposta, lacunosa, manca l'ansa e parte del labbro. Piede campanulato, corpo ovoidale, spalle oblique, collo cilindrico, bocca trilobata. 259
Decorazione accessoria: sul collo, serie di linee verticali bianche, fascia con ovoletti Sulle spalle, tralcio di vite. Sul corpo, al centro, è raffigurato Dioniso, seduto, seminudo con mantello dietro le spalle e sulle gambe, coronato, con bastone nella sinistra e phiale con offerte nella destra. Di fronte al dio è una figura femminile stante, con piede sinistro poggiato su una pila di rocce, vestita con chitone, che ha nella destra un ventaglio e nella sinistra una corona, a cui sono intrecciati dei nastri. Dietro Dioniso, è una figura femminile stante, con chitone, che ha nella destra una cista con delle offerte Bibliografia: inedita
21.5. Skyphos apulo a figure rosse Argilla arancio, vernice nera _ lucente, sovraddipinture in biancoe giallo hem 9, Taranto, Musco Archeologico Nazionale. Inv 4435. Non attribuito. Seconda metà del IV secolo a.C.
Lacunoso, manca parte del corpo, dell'orlo e un'ansa. Piede ad anello, corpo ovoidale, anse a nastro. Lato A: donna stante di profilo a sinistra, con specchio nella destra e tamburello neila sinistra. Lato B: figura maschile nuda, stante, di profilo a sinistra, presso una stele, con tralcio di vite nella sinistra. Bibliografia: inedito
21.6. Lebes gamikos apulo a figure rosse Figg, 94-96. 21.3. Hydria apula a figure rosse (Foto dell'Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica della Puglia). 260
Argilla rosa-erancio, vemice nera lucente, sovraddipinture in bianco e git ‘con anse cm 27,5; diam. orlo cm 8.
‘gg. 97-98. 214. Oinochoe apula a figure rosse (Foto dell'Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica della Puglia) Taranto, Museo Archeologico Nazionale. inv. 4436. Attiuibil al Gruppo Varrese Seconda metà del IV secolo a.C.
Ricomposto. Frammentario, lacunoso, mancano alcuni frammenti pertinenti alle pareti del contenitore. Piede campanulato, corpo ovoidale, spalle orizzontali, anse a bastoncello impostate verticalmente sulle spalle con rigonfiamento centrale nella parte superiore; bottoni sulle spalle. Coperchio con pomello da presa fusiforme. Decorazione accessoria: sul coperchio è una finta baccellatura;
l’orlo del coperchio è decorato con un motivo ad onda destrorso. Sulle spalle, finta baccellatura; inferiormente la scena. figurata è delimitata da un meandro continuo interrotto da riquadri incrociati; sotto le anse palmette e girali Lato A: a sînistra è una donna seduta su una pila di rocce, vestita con chitone e riccamente ingioiellata, che reca una phiale con offerte nella sinistra; di fronte è una figura maschile stante, nuda, con clamide avvolta intorno al braccio sinistro, che ha uno specchio nella destra e un bastone nella sinistra. Nel campo, 261
Figg. 99-100. 21.5. Slyphos apulo a figure rosse: lati A e B (Foto dell’ Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica della Puglia)
una corona con nastri intrecciati, una benda e rosette. Lato B: a sinistra è una donna stante, riccamente vestita e ingioiellata, con gomito sinistro poggiato su un pilastrino riccamente decorato, che ha una benda nella destra e una phiale con offerte nella sinistra. Di fronte, seduto su una sedia pieghevole, è una figura maschile nuda, con la gamba destra avvolta dall'himation, che ha nella destra uno strumento musicale (uno "xilofono"?) e nella sinistra un bastone o uno scettro. In alto, sopra le due figure, è un erote in volo. Bibliografia: inedito.
21.7. Phiale apula a figure rosse Argilla — rosata, Iucente sovraddipinture in bianco e hem 9; diam. cm 34, Taranto, Museo Archeologico Nazionale. Inv. 4437. Attribuibile al Gruppo del British Museum F 465, cerchia del Pittore di Varese. 360404.
Integra. Lievi scrostature della vemice sull’orlo, graffi all'interno; incrostazioni 262
nella parte esterna. Piede profilato, vasca espansa, orlo revoluto, anse a nastro con costolature centrali. Bottoni sulle anse; due bottoni su ogni lato sull’orlo. Nell'intemo: al centro è una stella biancaconraggi, circondatada una fascetta di ovoletti. Su un lato è rappresentata una figura femminile presso una stele, vestita con chitone e himation, che ha la testa rivolta indietro; la donna ha nella destra una cassetta che sembra appoggiare sulla sommità della stele, nella sinistra ha un ramoscello di lauro. Sull'altro lato è una figura maschile nuda, con clamide pendente dalle braccia e la testa rivolta indietro, che incede verso destra con phiale nella sinistra e un ramoscello di lauro nella destra. Tra le due scene, girali e palmette. Esterno, lato A: al centro è una stele funeraria, a cui si avvicina, da sinistra, un giovane nudo, con clamide pendente dalle braccia, che ha una situla nella destra e una fiaccola nella sinistra. A destra è una donna con paniere nella destra, contenente pane e focacce, e un tirso nella sinistra. Esterno, lato B: sono raffigurati due personaggi, un uomo nudo, con la testa
Figg. 101-102. 21.6. Lebes gamikos apulo a figure rosse: lati A e B (Foto dell’Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica della Puglia)
rivolta indietro, che incede verso sinistra con una phiale con offerte nella destra € una fiaccola accesa nella sinistra, ed una donna che si dirige a destra con un campanellino nella destra e un tirso nella destra. Bibliografia: Schneider-Hermann 1977,p. 113, 1.188 A (a studiosa non ba attribuito l'opera)
21.8. Piatto apulo a figure rosse Argilla beige, vemice mem lucent, sovraddipinture in giallo I. cm 3,5; diam. cm 17. Taranto, Museo Archeologico Nazionale,
Inv 4438, Prodotto di probabile produzione locale indigens, i imitazione. Seconda metà del IV secolo a.C.
Integro. Qualche scrostatura della vemice sull'orlo. Interno risparmiato; motivo ad onda sinistrorso, serie di chevrons. Nel tondo interno a vernice nera, è raffigurata una testa femminile di profilo a sinistra, con stephane radiata, capelli raccolti in un sakkos, orecchini con perle e collana a vaghi sferici. Bibliografia: inedito.
263
Fig. 103. 21.7. Phiale apula a figure rosse: decorazione figurata del tondo interno (Foto dell'Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica della Puglia)
21.9. Lekanis apula a figure rosse
21.10. Skyphos apulo a figure rosse
Argilla beige, vemice nem Tucente, sovraddipiture in bianco e giallo n. coppacm4,5;h. coperchiocm 5,5; diam em 9. Taranto, Musco Archeologico Nazionale Inv. 4439, Seconda metà del IV secolo a.C.
Argilla arancio, vemice mem lucente, sovraddipinture in giallo hem 10; diam. piede cm 5. Taranto, Museo Archeologico Nazionale. Tav. 4440 Seconda metà del IV secolo a.C.
Integra. Scrostature della vernice sull’orlo e sulle anse. Sulla coppa è un tralcio di edera sinistrorso. Sul coperchio, su entrambi i lati, è una testa femminile con copricapo frigio di profilo a sinistra. Ai lati palmette.
Frammentario, lacunoso, manca parte di una parete del corpo. Piede a disco, corpo ovoidale, orlo svasato. Lato A: erote stante, di profilo a sinistra, con tralcio di vite nella destra. Lato B: donna che cammina verso sinistra, con una cassetta nella sinistra.
Bibliografia: inedia
264
Bibliografia: inedito.
Figg. 104-105. 21.7. Phiale apula a figure rosse: decorazione figurata dell'esterno, lati A c B (Foto dell'Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica della Puglia). 265
Fig. 106. 21.8, Piatto apulo a figure rosse (Foto dell'Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica della Puglia). 21.11. Kantharos sovraddipinto monocromo
21.12. Cup-skyphos sovraddipinto policromo
Argilla beige, venice mem lucente, sovraddipinture in rosso e bianco. hem 9. Taranto, Museo Archeologico Nazionale. Inv 4442. Produzione pula di derivazione dal tipo “St. Valentin” Metà del IV secolo a.C.
Argilla rosata, vemice nera lucente, sovraddipinture in bianco e gallo ‘n em S; diam, orlo cm 10. Taranto, Museo Archeologico Nazionale Inv 4445 Seconda metà del IV secolo a.C.
Frammentario, lacunoso, manca il piede. Corpo cilindrico, orlo svasato, labbro estroffesso, anse a nastro non sormontanti. Dall'alto in basso: fascia con linee verticali nere, riquadro metopale decorato con un ramo di foglie di lauro bianco, fascia con linee verticali nere, riquadro con linea ondulata tra due file di pallini bianchi (in B meandro continuo), linee verticali nere. Sotto le anse corrono parallele due linee bianche. Bibliografia: inedito 266
Integra. Sbreccature sul labbro, lievi serostature della vernice sulla vasca. Basso piede profilato a profilo concavoconvesso, vasca profonda a profilo convesso, labbro stretto e leggermente estrofiesso, anse a bastoncello ripiegate ad angolo retto verso l'alto Decorazione riservata nella fascia compresa tra l'orlo e le anse. In A e B, sotto T'orlo, serie di archetti. Bibliografia: inedito
21.13. Cup-skyphos sovraddipinto policromo Argilla beige, sovraddipinture in bianco e giallo hem 6; diam. orlo cm 95. Taranto, Museo Archeologico Nazionale. Inv 4444. Seconda metà de IV secolo aC.
Integro. Piede profilato a profilo concavo-convesso, vasca profonda a profilo convesso, leggermente concavo verso l’alto, orlo estroflesso, anse a bastoncello ripiegate ad angolo retto verso l’alto. Decorazione riservata nella fascia tra l'orlo e le anse. Sotto l'orlo, in A e B, motivo costituito da ramo di edera. Bibliografia: inedito.
21.14. Skyphos sovraddipinto policromo Argilla. nocciola, vernice mem lucent, sovraddipinture in bianco giallo hcm 8,6: diam. cm 85. Taranto, Museo Archeologico Nazionale. Inv 4445, Seconda metà del IV secolo aC.
Integro; lacunoso, rotte le anse di cui rimane l'attacco. Orlo sbreccato, scrostature della vernice, presenti alcune incrostazioni. Piede a disco, corpo ovoidale, orlo leggermente troflesso, anse a bastoncello impostate orizzontalmente sul corpo. La parte superiore del piede presenta una fascia ossa a risparmio, come la parte inferiore del corpo. La decorazione sovraddipinta è costituita, in A e B, da un ramo di edera con bacche dipinto sotto l'orlo.
219. Lekanis apula a Figg. 107-108. figure rosse (Foto dell'Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica della Puglia).
Bibliografia: inedito.
267
OF igg. 109-110. 21.10. Skyphos apulo a figure rosse: lati A e B (Foto dell'Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica della Puglia)
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Fig. 111. 21.11. Kantharos sovraddipinto monocromo (Foto dell’ Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica della Puglia)
vw ‘© Fig. 112. 21.12. Cup-Skyphos sovraddipinto — Fig. 113. 21.13. Cup-Slophos sovraddipinto policromo (Foto dell'Autore, cortesia policromo (Foto dell'Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica della Puglia), ^ — Soprintendenza Archeologica della Puglia) 268
21.15. Oinochoe trilobata sovraddipinta policroma Argilia nocciola, vernice mem lucente, sovadéipinture in bianco € gial o hem 142; diam. piede cm 85. Taranto, Museo Archeologico Nazionale. Inv 4446, Seconda metà del IV secolo a.C.
Forma 3. Integra. Orlo sbreccato, lievi scrostature della vemice, qualche incrostazione. Piede a cercine, corpo globoso con orlo trilobato, ansa a nastro piatta all'intemo e concava all'esterno, impostata orizzontalmente sull’orlo e verticalmente sul corpo. Decorazione: nella parte superiore del corpo, ramo edera con bacche, sviluppato orizzontalmente, che scende ai lati del corpo del vaso. Sotto il piede è dipinta in rosso una croce. Bibliografia: inedita
21.16. Lekyrhos sovraddipinta policroma Argilla nocciole, wemice mera _ lucente, sovraddipinture in bianco, giallo e marrone. hom 15,5 diam. piede cm 63. Taranto, Musco Archeologico Nazionale. Inv. 4447, Seconda metà del IV secolo a.C.
Integra. Ricomposta, restaurato il bocchello. Sbreccature sull’ansa, scrostature della vernice, varie incrostazioni sul corpo. Basso piede, corpo ovoidale, collo cilindrico, bocchello campanulato, ansa a nastro. Decorazione: sul collo, serie di fascette bianche parallele verticali; sulla parte superiore del corpo, fascette bianche e punti; sul corpo, nel campo, rosette bianche; al centro del corpo, in un tondo bianco, è una testa maschile di profilo
Fig. 114. 21.14. Skyphos sovraddipinto policromo (Foto dell’Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica della Puglia). a sinistra, con i contorni e i capelli in giallo e marrone. Bibliografia: inedita. 21.17. Oinochoe a bocca rotonda a vernice nera Argilla beige, vernice nera lucente. ‘n.cm9; diam. orlo em 6,5 Taranto, Museo Archeologico Nazionale. Inv 4448, Seconda metà del IV secolo a.C.
Integra. Sbreccature nell’orlo e sull’ansa, qualche scrostatura della vernice sul corpo. Basso piede troncoconico sagomato, corpo ovoidale decorato con lievi baccellature, bocca rotonda a profilo concavo, ansa a bastoncello impostata obliquamente sul corpo e sulla spalla. Bibliografia: in
269
b è
Figg. 115-116. 21.15. Oinochoe trilobata sovraddipinta policroma (Foto dell’ Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica della Puglia).
Figg, 117-118. 2116. Lekythos sovraddipinta policroma (Foto dell'Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica della Puglia).
Fig. 119. 21.17. Oinochoe a bocca rotonda a vernice nera (Foto dell'Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica della Puglia) 270
21.18. Coppetta monoansata a vernice nera Argilla nocciola, vemice nera opaca. P cm 42; diam. orlo em 85. Taranto, Musco Archeologico Nazionale. Inv. 4449, Seconda metà del IV secolo a C.
Fig. 120. 21.18. Coppetta monoansata a vernice nera (Foto dell’Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica della Puglia)
Integra. Orlo sbreccato, vernice scrostata in alcuni punti; incrostazioni. Orlo arrotondato, vasca a profilo convesso, piede ad anello, ansa a cordolo impostata orizzontalmente poco sotto Vorlo; risparmiati il fondo e il taglio interno del piede. Bibliografia: inedita.
Fig. 121. 21.19. Coppetta monoansata a vernice nera (Foto dell'Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica della Puglia)
21.19. Coppetta monoansata a vernice nera Argilla nocciola, vernice nera lucente em 42; diam. orlo cm 85. Taranto, Museo Archeologico Nazion Tav. 4450, Seconda metà del IV secolo a.C.
Ricomposta da più frammenti; lacunosa, manca l’ansa di cui rimane l'attacco sul corpo. Orlo e piede sbreccati; vernice scrostata in più punti, incrostazioni. Orlo arrotondato, vasca a profilo convesso, piede ad anello, ansa a cordolo impostata orizzontalmente poco sotto l'orlo; risparmiati il fondo e il taglio interno del piede. Bibliografia: inedita 21.20. Coppetta concavo-convessa vernice nera Argilla nocciola, vemice nera lucente ‘n cm 3,6; diam. orlo em 6,7 Taranto, Musco Archeologico Nazionale. Inv. 4451 Seconda metà del IV secolo a.C.
a
Integra. Sbreccature sull’orlo, vernice scrostata in alcuni punti. Piede tronco-conico a profilo concavo, vasca a profilo convesso, orlo arrotondato. Serie di strigliature sull’orlo e sulla vasca. All'interno della vasca, al centro, è impressa una rosetta. Bibliografia: inedia.
21.21. Coppeta concavo-convessa a vernice nera Argilla nocciola, vemice nera lucente. À. cm 3; diam. orlo em 7. Taranto, Musco Archeologico Nazionale. Iv. 4452. Seconda metà del IV secolo a C.
Integra. Orlo sbreccato, vernice scrostata in diversi punti. Piede cilindrico a profilo concavo, poco distinto dalla vasca a profilo convesso, orlo rientrante. Bibliografia: inedita. an
Beccuccio cilindrico con orlo estroflesso; ansa a nastro spesso, impostata ad occhiello verticale sulla vasca. Bibliografia: inedito
Fig. 122. 21.20. Coppetta concavo-convessa a vemice nera (Foto dell'Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica della Puglia) 21.23. Piatto a vernice nera Argilla nocciola, vemice nera lucente. hem 3,5; diam. orlo em 15,1 Taranto, Museo Archeologico Nazionale, Inv 4454. Seconda metà del IV secolo a.C.
Integro. Sbreccature nell’orlo, vernice scrostata in diversi punti, qualche incrostazione. Piede troncoconico con risega e gola di attacco, vasca a profilo convesso, orlo piatto leggermente obliquo verso l'interno. All'interno, al centro, è impressa una ruota. Bibliografia: inedita. 21.24. Guttus a vernice nera Argilla nocciola, vernice nera lucente. ‘hem4, con ansa em 7; diam. cm 9. Tarento, Museo Archeologico Nazionale. Inv. 4455. Seconda metà del IV secolo a.C.
Integro. Vernice nera lievemente scrostata. Piede troncoconico, con gola di attacco a profilo concavo, corpo a profilo convesso baccellato. Sulla parte superiore della vasca è un leone che sta per saltare. 272
21.25. Lucerna a vernice nera Argilla beige, vernice neta lucente. hem 3,5, con anse em 7; lungh. cm 11 ‘Taranto, Museo Archeologico Nazionale. Ix 4456. Seconda metà del IV secolo a.C.
Integra. Sbreccature sull'ansa, vernice scrostata in alcuni punti. Serbatoio cilindrico carenato, spalla inclinata verso il foro di alimentazione, becco svasato, ansa ad anello, apoda. Bibliografia: inedita. 21.26. Oinochoe scialbata Argilla rosata, scialbatura bianca, tendente al giallno f cm 22, con ansa, em 25; diam. piede em 5,5, Taranto, Musco Archeologico Nazionale. I 4457, Seconda meti-fine del IV secolo a.C.
Frammentaria, lacunosa, mancano alcuni frammenti dell’orlo c del corpo. Piede campanulato, corpo ovoidale baccellato, bocca trilobata, ansa a nastro con costolature centrali sormontante impostata verticalmente sulla spalla e obliquamente sull'orlo. Tracce di doratura. Bibliografia: inedita. 21.27. Kantharos scialbato Argilla rosata, scilbatura bianca hi em 15,5, con anse cm 19,5; diam, orlo em 105, diam. piede cm 62. ‘Taranto, Museo Archeologico Nazionale.
Fig. 123. 21.21. Coppetta concavo-convessa a vemice nera (Foto dell'Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica della Puglia)
Fig. 124. 2122. Coppetta concavo-convessa a vernice nera (Foto dell'Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica della Puglia)
Figg, 125-126. 21.23. Piattoa vernice nera (Foto dell’ cortesia Soprintendenza Archeologica della Puglia)
Autore,
Figg. 127-128. 21.24 Guitus a vernice nera (Foto dell’ Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica della Puglia). 274
Ins 4459, Seconda meti-fie del IV secolo a.C.
Integro. Qualche sbreccatura sulle anse e sul calice, Scialbatura quasi scomparsa, tranne che sulle anse, ben evidente lo strato di preparazione. Piede a disco modanato e con scanalatura e risega sulla parte superiore, stelo ἃ doppio tronco di cono sagomato a metà altezza, vasca con fondo a calotta, con pareti a profilo concavo svasate all’orlo. ‘Anse sormontanti concavo-convesse, con linguetta nel punto mediano. Dall’orlo, dai punti di attacco delle anse con quest'ultimo, parte un cordolo cilindrico che collega l'orlo alle anse. Bibliografia: inedito 21.28. Brocca a fasce Argilla camosci, verice brune, trita. n cm 11; diam. orlo cm. "Taranto, Museo Archeologico Nazionale In, 4460, Seconda metà del IV secolo a.C.
Integra. Sbreccature nell'orlo e sull’ansa; qualche scrostatura sul corpo e sull’ansa. Piede troncoconico, corpo ovoidale, spalle arrotondate, collo cilindrico, orlo svasato, bocca rotonda, ansa a nastro a profilo concavo nella parte superiore, convesso in quella inferiore, impostata obliquamente sull'orlo e sul corpo. Decorazione: internamente l'orlo è interessato da una larga fascia bruna e da una linea più stretta dello stesso colore, quasi evanido. A metà del corpo sono dipinte tre fasce brune parallele orizzontali, quella centrale è più grande. Fasce e linee brune parallele orizzontali sono dipinte anche sul piede. Bibliografia: inedita.
Fig. 129. 2125. Lucema a vernice nera (Foto dell'Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica della Puglia)
21.29. Coppetta monoansata a fasce Argilla beige, vernice rosso-bruna, toria. hem 3,5; diam. cm 12. Taranto, Museo Archeologico Nazionale. Inv 4462, Seconda metà del IV secolo aC
Integra. Qualche sbreccatura nell'orlo; lievi incrostazioni nella vasca. Apoda con vascaa calotta, orlo lievemente rientrante; ansa a cordolo orizzontale impostata poco al di sotto dell’orlo e appena inclinata verso l'alto. La decorazione consiste in una linea all'esterno della vasca, una larga banda all'interno della vasca sotto l'orlo, una linea concentrica, un anello circondato da tre linee concentriche all’intemo. Coperta di vernice l’ansa. Bibliografia: inedia 21.30. Pentolino rituale Argilla rossastra con inclusi calcarei. fn cm 7; diam. orlo cm 65. Taranto, Musco Archeologico Nazionale. Inv. 4463 Seconda metà del IV secolo a.C.
Integro. Sbreccato e incrostato. Fondo piatto, corpo globoso, breve collo a pro-
filo concavo con labbro svasato; ansa a nastro impostata obliquamente sul corpo e orizzontalmente sull’orlo. Bibliografia: inedito 21.31. Mortaio acromo Argilla arancio hem ἃ; diam. cm 295, lungh. canalett em δ. Taranto, Museo Archeologico Nazionale. Inv. 4464. Seconda metà del IV secolo a C.
Integro. Basso piede cilindrico, vasca ampia e poco profonda, labbro ingrossato e leggermente arrotondato, inclinato verso l'esterno, con canaletta obliqua. Bibliografia: inedito.
Fig. 130. 2126. Oinochoe scialbata con corpo baccellato (Foto dell'Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica della Puglia)
21.32. Kernos in stile misto Argilla beige, venice bruna. Diam. em 82. “Taranto, Museo Archeologico Nazionale. In 4465. Seconda metà del IV secolo a.C.
Lacunoso, mancano i tre contenitori; si conservano solo i tre coperchi. Labbro teso, verticale, corpo a profilo leggermente convesso, pomello da presa a forma di piramide con i lati arrotondati Decorazione: attomo al pomello, dipinto con vernice bruna, è una larga fascia bruna, una linea bruna, fascia con motivi a goccia, linea bruna, larga banda bruna; labbro verniciato di bruno. Bibliografia: inediti.
Fig. 131. — 2127. Kantharos scialbato (Foto dell’Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica della Puglia). 276
$20 Fig. 132. 21.28. Broccacondecorazionea fasce (Foto dell'Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica della Puglia)
Fig. 133. 2129. Coppetta monoansata con —decorazionea fasce (Foto dell’ Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica della Puglia).
Fig. 134. 21.30. Pentolino rituale ad impasto — Fig, 135. 2131. Mortaio acromo (Foto (Foto dell'Autore, cortesia Soprintendenza dell'Autore, cortesia —Soprintendenza Archeologica della Puglia) Archeologica della Puglia)
Fig. 136. 2132. Kermos im stile misto (Foto dell'Autore, cortesia Soprintendenza Archeo. logica della Puglia) 277
22 - Tomba rinvenuta in Via Vittorio Veneto (già Piazza Garibaldi, già Strada la Piazza)
11 30 maggio 1836, durante alcuni scavi eseguiti dalla Commissione dei Regi Scavi di Ruvo in "Strada la Piazza”, oggi via Vittorio Veneto, al di sotto di tombe romane già violate, si rinvenne una sepoltura intatta di epoca preromana. La Commissione fece aprire in sua presenza il sepolcro e, dopo averlo fatto scavare con ogni accuratezza, vi trovò soltanto sei statuette di terracotta acrome, di cui tre erano intere, e cinque piccoli vasi a vernice nera. È possibile che la tomba risalga al III secolo a.C. per l'assenza di ceramica a figure rosse?! 23 — Tomba rinvenuta da Diego Jurilli
Il 6 maggio 1843 il muratore Diego Jurilli avvertì la Commissione dei Regi Scavi di Ruvo di aver rinvenuto nella sua proprietà un piccolo sepolcro contenente i seguenti oggetti: un bacino di bronzo, frammentario, corroso e ossidato, due cinturoni di bronzo, di cui uno rotto in più pezzi, una spada di ferro completamente ossidata, due "pancee" di bronzo (corazze o schinieri), di cui una rotta in tre pezzi, un’oinochoe a vernice nera, un piatto su piede a vernice nera e tre vasellini rustici, probabilmente ceramica acroma”. Gli oggetti non sono stati identificati, nè tantomeno dai documenti del Archivio di Stato di Bari risulta se i reperti siano stati consegnati ai funzionari della Commissione dei Regi Scavi o se siano stati inviati a Napoli. 24 — Cenotafio rinvenuto all’interno delle mura della città medievale nei pressi di Porta Nuova
11 5 aprile 1843 la Commissione dei Regi Scavi di Ruvo rinvenne nei pressi della Porta Nuova, nella parte settentrionale del centro abitato, all'interno della cerchia muraria medievale, un grande "cenotafio" completamente vuoto, «costruito con grandi pezzi di tufo». Potrebbe trattarsi di una tomba a semicamera forse mai utilizzata”.
? RUGGIERO 1888,p. 565; M. MARIN 1981, p. 152. * ASBA, MSA, fasc 113, ASBA, MSA, fasc. 121: ler nell'interno del paese s'invenne un grande Cenotafio perfettamente vuoto costruito con grandi fv 278
25- Tomba rinvenuta in un fondo Caputi nei pressi della Piazza Pubblica
G. Jatta, nel suo Cenno Storico del 1844, riferisce che in un fondo appartenente alla famiglia Caputi, vicino al palazzo omonimo, poco lontano dalla “Piazza Pubblica” di Ruvo, situato sulla via del Castello (oggi via De Gasperi), si rinvenne un magnifico sepolcro contenente splendidi vasi figurati. Purtroppo non si conoscono altre notizie in merito a questo ritrovamento”! 26 — Tomba rinvenuta in proprietà Spada Nel maggio del 1908, in un terreno di proprietà dell'ex sindaco di Ruvo, Spada, posto nei pressi di Largo S. Giovanni, fu trovata una tomba antica, situata nelle vicinanze di altre precedentemente indicate ὅς, 27-- Tomba rinvenuta in un fondo Caputi presso la Pubblica Piazza Nel cenno storico sull’antichissima città di Ruvo, G. Jatta senior accenna ad una tomba, vista da lui personalmente, scoperta 30 anni prima (vale a dire nel 1814), nel fondo del cellaio della casa dei signori Caputi, situato nella parte più bassa della città, poco lontano dalla pubblica piazza sulla via del Castello (oggi via De Gasperi). 1 vasi trovati nella tomba erano dipinti ma di pochissima considerazione”. 28 Tomba rinvenuta sotto il Palazzo Caputi In una memoria del canonico Ursi sulla storiae l'origine della città di Ruvo del 1835 si apprende che molti anni addietro, durante scavi per rendere più profonda la cantina sotto il suo palazzo, situato sulla via del Castello (oggi via De Gasperi), Matteo Caputi rinvenne una magnifica tomba. Tra gli altri vasi, due raffiguravano dei rari miti greci. L'intero corredo fu venduto a Napoli, ad un inglese; è possibile che si tratti dell’ambasciatore inglese a Napoli Sir William Temple, il quale ha acquistato un gran numero di reperti provenienti dagli scavi di Ruvo, donandoli in seguito al British Museum di Londra". % Jar 1844,pp. 92-93; .JATTA 1972, pp. 200-203; M. MARIN 1981, p. 248. 3: M. MARIN 1981,p. 200. % ATA 1844, p. 102. 7 Uns 1835, p.80: «Molti ani addictro volendo il SignorD. Matteo Caputi maggiormente approfondire una sua contina fu rinvenuto un sepolcro al fondo della stessa. Fra gli alii vasi, che in questo sepolero esistevano due erano bravissimi, e ben itoriat di favole greche, quali non è potuto particolarmente sapere ‘osa esprimevano. Seppimo solamente, che l'intero sepoler f venduto ad un Inglese per un gran prezzo». 279
II — Rinvenimenti all'esterno del centro storico
II, a — Settore orientale
29-33 — Tombe rinvenute in Via A. Moro
Nei mesi di maggio, giugno e luglio del 1995, nel corso dei lavori per la realizzazione dell'impianto fognante alla periferia orientale del centro abitato di Ruvo, sono state intercettate alcune strutture tombali. AI di sotto della sede stradale di via Moro sono state individuate cinque tombe che risultavano tutte prive della copertura e depredate in antico. Le strutture, d'altra parte, sono state danneggiate dall'azione del mezzo meccanico pur risultando già compromesse dalla realizzazione di precedenti opere per impianti di pubblica utilità. Le sepolture sono state rinvenute ad una profondità compresa tra m. 1,60 e m. 2,70 dal piano stradale. Le tombe 29 e 30 (1 e3), a fossa, orientate in senso E-O, presentavano i lati formati da filari sovrapposti di lastre calcaree connesse a secco; la base della tomba 29 era costituita da terreno compatto, quella della tomba 30 dal banco di roccia. Le tombe 31 € 32 (2 € 4), orientate in direzione N-S, erano a sarcofago tufaceo. Della tomba 33 (5) è stata evidenziata soltanto la base, costituita dal banco roccioso. Si distinguono gli clementi superstiti del corredo della tomba 33, attribuibili approssimativamente alla prima metà del IV secolo a.C.; reperti, purtroppo in stato frammentario, sono costituiti dai seguenti oggetti: un cratere a colonnette a decorazione fitomorfa, con ramo di mirto sulla spalla, un kantharos a decorazione fitomorfa, con ramo d'edera ondulato sulla spalla, un piattino su piede con decorazione a fasce, un pentolino ad impasto ed una ciotola a vernice nera con vasca baccellata e decorazione sul fondo interno costituita da tre palmette impresse a stampo non collegate intorno ad un punto centrale rilevato. I materiali sono conservati presso il Centro Operativo della Soprintendenza Archeologica a Bari; non è stato, tuttavia, possibile visionarli e studiarli, in quanto non è stata concessa alcuna autorizzazione”. ? RICEARDI 1996, pp. 50-52, tav. X2. 281
Fig. 137. Corredo della tomba33 (da Battisti 1996, tav. X, 2). 34 — Tomba rinvenuta in Via De Cristoforis
Verso la fine di luglio del 1887, Giuseppe Gadaleta rinvenne in un fondo comprato dal demanio, posto a qualche centinaio di metri dalla città, nella parte orientale, una tomba non ancora violata. Purtroppo alcune lastre di copertura, in calcare, poste orizzontalmente a chiusura della sepoltura, si erano frantumate e cedendo avevano ridotto in frammenti buona parte del corredo, tranne quei vasi che si trovavano presso gli angoli © in qualche posto ancora protetto dalle lastre di copertura rimaste intatte. Dalla descrizione della struttura sembra si possa trattare di una tomba a semicamera, se si fa riferimento al particolare relativo alla presenza di più lastre di copertura, oppure di una grande tomba a sarcofago. Lo Jatta, nel suo articolo pubblicato nelle “Notizie degli Scavi di Antichità”, descrive diciotto vasi, dei quali quindici sono vasi apuli a figure rosse della seconda metà del IV secolo a.C., mentre gli altri tre esemplari consistono in una lucerna bilicne a vernice nera e in due patere, anch'esse a vernice nera, che presentano sotto il piede l'una epigrafe incisa IKKO, l’altra IKQ. Parte del complesso vascolare assieme alle due patere sono 282
state acquistate dal Museo Archeologico Provinciale di Bari e in esso conservate”. Del materiale figurato è stato individuato, nel Museo di Bari, il cratere a mascheroni, che raffigura sul lato principale un giovane con lira seduto in un naiskos, della cerchia del Pittore dell’Ilioupersis, un*hydria, con la raffigurazione di una scena di offerta presso una stele, una situla, che raffigura su un lato Dionisio e Arianna, una pelike, una pisside globulare, una lekanis ed un'anfora panatenaica. Riguardo al rimanente materiale archeologico contenuto nella tomba, lo Jatta riferisce che vi erano parecchi altri vasi sia figurati, sia con semplici omati (ceramica a vernice nera, che lo stesso non descrive dettagliatamente perché di Gnathia), considerati privi di interesse’. 34.1. Cratere a mascheroni apulo a figure rosse Argilla beige depurata, vernice nera lucente, sovraddipinture in bianco e giallo hem 54. Bari, Museo Archeologico Provinciale. Inv. 876. Atribuito al Pitore di Napoli 1763, gruppo del Vaticano W 4, sottogruppo SchenciderHermann, cerchia Pitore del'lioupersis 350-340 2.
Lato A: sull’orlo è un ramo di foglie lanceolate, sul collo è una fascia di rosette e, in basso, un ramo con viticci Sul corpo, al centro, è un naiskos con due colonne ioniche, architrave, fregio e fastigio sormontato ai tre angoli da acroteri a forma di palmette. Nel naiskos è raffigurato un giovane seduto su una sedia con spalliera, mudo nella parte superiore del corpo, mentre un himation gli copre le gambe; ha il braccio destro disteso in avanti, quasi a volere prendere una lira bianca sospesa nel naiskos. Da una parte e dall'altra sono raffigurati una donna e un giovane che recano le offerte funebri al giovane defunto seduto nel monumento. La donna, ornata di gioielli e vestita con un lungo chitone, ha nella destra abbassata un grappolo di uva, nella
sinistra un tralcio d'edera e una patera con sopra un alabastron. Il giovane, nudo, con clamide pendente sull'omero e sul braccio sinistro e una tenia bianca che gli cinge la fronte, ha una corona nella destra abbassata e un lungo ramo bipartito con bacche nella sinistra (tirso). Lato B: sull'orlo è un fregio di foglie lanceolate; sul collo è un ramo di edera e in basso un motivo ad onde e palmette. Sul corpo, a sinistra, è un giovane nudo, con bianca tenia intomo alla testa, che cammina verso destra volgendo indietro la testa ereca in mano un'altra tenia annodata a forma di corona, nell’altra mano ha una patera contenente delle uova bianche. Lo segue, camminando nella stessa direzione e con lo stesso atteggiamento del capo, una giovane donna, omata di gioielli e vestita con un lungo chitone, Con una corona nella destra e un grappolo di uva nella sinistra. Chiude la scena un giovane satiro nudo, in atto di danzare, con benda bianca intomo alla testa, coda bianca sul dorso, tirso nella sinistra e corona nella destra. Bibliografia: Jatta 1887, pp. 422-423; TrendallCambitoglow 1978, p. 407,n. 15/8; Lobmann 1979, p. 178, A 28; Labellane 1996,pp. 162163,024.
2 J&rTA 1887,pp. 422-428; M. MARIN 1981,p. 196. ^JATTA 1887, p. 428. 283
Fig. 138. 34.1. Cratere a mascheroni apulo a figure rosse (da Musici greci în Occidente 1996, fig. 24)
34.2. Hydria apula a figure rosse Argilla beige depurata, vemice nera lucente, sovradeipinture in bianco e gallo. hem 40. Bari, Museo Archeologico Provinciale. Inv 1369. Attribuita al Gruppo di Vienna 4013, gruppo dei vasi associatiαἱ Pittore del'ioupersis. 350-340 aC.
Decorazione figurata: al centro è una stele sepolcrale, omata con bende nere e bianche, sormontata da un bianco louterion di grandi dimensioni, mentre ai suoi piedi sono appoggiati un kantharos ed una phiale ombelicata. A destra è 284
un giovane guerriero nudo, stante, con pileo sul capo, clamide pendente dalle braccia, una lunga lancia nella sinistra ed una spada inguainata nella destra che mostra di offrire al monumento. A sinistra è un giovane nudo ed una donna in atto di parlare tra loro. Il giovane appoggia le spalle alla stele, ha nella sinistra abbassata un corto bastone, una corona di mirto intorno al capo e muove la destra col gesto di chi sta parlando. La donna, ornata di gioielli e vestita con un chitone, muove anche lei la destra sotto il prop: petto indicando che sta parlando, mentre. con la sinistra abbassata solleva un lembo
del chitone al di sotto dell’anca. Lo Jatta interpreta la scena come l’incontro di Oreste, Pilade ed Elettra presso la tomba di Agamennone. Bibliografia: Jatta 1887, pp. 423-424, n. 2; Trendall-Cambitogiou 1978, p. 207, n. 8/28; Lobmann 1979, p. 179, A 37; tv. 2.
34.3, Situla apula a figure rosse Argilla beige depurata, vemice nera lucente, sovraddipinture in bianco e gallo, hem 20. Bari, Museo Archeologico Provinciale Inv 1525, Attribuita al Pittore di Ruvo 1364. 360:350 aC.
Sull'orlo si elevano in corrispondenza fra loro due piccole sporgenze, munite entrambe di due fori. Lato A: scena erotica. Al centro è una Kline su cui è sdraiata una coppia în atteggiamento amoroso (Dionisio e Arianna): un giovane seminudo, con le gambe avvolte da un himation e con corona intorno al capo, e una donna, vestita con un chitone leggero e omata di gioielli, che circonda con le braccia il collo del giovane con l’intento di baciarlo chanella destra il doppio flauto. Il giovane cinge a sua volta col braccio sinistro la vita della suonatrice, come per avvicinarla a sé, mentre con l’altro braccio sembra accarezzare la donna. Ai piedi della Kline è un'altra donna stante, vestita con chitone dorico, himation avvolto dalla cinta in giù e i soliti ornamenti muliebri, che ha nella sinistra una phiale e nella destra un oggetto bianco non definibile che sembra presentare al giovane. A destra è un piccolo albero con bacche; in alto è un piccolo erote seduto su una clamide che guarda pensoso la scena. A sinistra è un satiro nudo, con bassi calzari € corona
bianca di mirto intorno alla testa, che dà le spalle alla Kline, ma volge indietro il capo per guardare i due amanti. Nella destra abbassata ha un infundibulum a lungo manico. Davanti alla Kline è una trapeza con degli unguentari, mentre in basso è un coniglio che corre verso sinistra. Lato B: al centro è Dionisio seduto tra una donna e un satiro. Il dio ha una corona intomo al capo, capelli lunghi e alti cotumi ai piedi: nudo, siede sulla clamide c ha il tirso nella destra. A destra è una donna, con piede destro sollevato e con corona nella destra, che sembra voler porre sulla testa di Dionisio. A sinistra è un satiro nudo, stante, con bassi calzari, corona bianca di mirto intorno al capo, che ha una phiale nella sinistra e un kalathos nella destra abbassata. Bibliografia: Jata 1887, pp. 424-425, n. 3; ‘Teendall-Cambitoglon 1978, p. 171, n. 743,
34.4. Pelike apula a figure rosse Argilla beige depurata, vernice nera lucente, sovraddipinture in bianco e giallo. h.em295, Bari, Museo Archeologico Provinciale. Inv. 915, Attribuita al Pittore di Saling, Gruppo Suckling-Saling, erchia dei pitori trail Pittore dellIouperss ei Pittore di Licurgo. 360-380 ac.
Lato A: al centro, è una donna seduta su una sedia con spalliera sopra una bianca pedana, con calzari, lungo chitone, himation sulle gambe, armille, collana di perle e stephane radiata, che solleva con Ja destra un lembo della veste, mentre il gomito sinistro è poggiato sulla spalliera; la donna sembra volgere leggermente il capo per ascoltare un giovane che le sta dietro in piedi. Costui è nudo, con clamide sull’omero e sul braccio sinistro, con 285
Fig. 140. 343. Situla apula a figure rosse: lato A (da Archeo monografien. 1/1994, fig. a p.21) 286
Fig. 141. 343. Situla apula a figure rosse: lato B (da Archeologia in Puglia 1983, fig. 68)
Fig. 142, 34,4, Pelike apula a figure rosse (da Trendall-Cambitoglou 1978, tav. 138, 3-4).
piccola tenia bianca che gli cinge la testa, corona nella destra e phiale con uova nella sinistra, che sembra voler offrire alla donna seduta. Davanti alla donna e con un piede poggiato sulla pedana è un’altra donna seduta con una lunga benda nelle mani che ha liberato una colomba che porta un rotolo di carta. Verso la donna si dirige un erote in volo che le porta un cigno, Nel campo rosette a quattro petali, bende e una phiale ombelicata. Lato B: al centro, è una donna con chitone leggero seduta su una piladi rocce con specchio nelle destra, a sinistra è un giovane nudo stante con clamide pendente
dalle braccia che sembra rivolgersi alla donna; a destra, è una donna stante con chitone e corona nella destra. Bibliografia: Jatta 1887, p. 425; Trendall Cambitoglou 1978, p 396, n.159, tav. 138,34; Schauenburg 1985, p. 155, fig. 38 ἃ
34.5. Lebes gamikos apulo a figure rosse Argilla beige depurata, vernice nera lucente, sovraddipintue in bianco e gallo. ἣν max cm 40;δ. Iebes compreso il piede cm 25; diam. cm 9; b. coperchio cm 15. Bari, Museo Archeologico Provinciale.
287
Inv. 1330-1331 tributo al Pittore di Atene 1714. 3603504.C.
Frammentario, lacunoso. Piede a vernice nera, corpo ovoidale, piccolo fondo piano, parte superiore piana con cortissimo collo. LatoA: sul coperchio, testa muliebre. Sul corpo: sono raffigurate quattro donne attorno ad un louterion bianco. A destra è una donna che appoggia il gomito sinistro ‘su un pilastrino bianco e alza la testa per contemplare un piccolo uccello bianco in volo, mentre nella destra tiene un alabastron; andando verso sinistra, è una donna, stante, con ventaglio nella destra e nella sinistra una cassettina chiusa, L'altra donna, nuda fino alla vita con il resto del corpo coperto dal pallio, si appoggia col braccio sinistro sull'orlo del Jouterion e ha nella destra uno specchio. L'ultima donna a sinistra, stante, regge con entrambe le mani una benda. Lato B: sul coperchio, testa maschile giovanile coronata di bianche foglie di mirto. Sul corpo: è raffigurato un giovane udo, seduto su una clamide, che ha nella destra una phiale e una benda sulla testa; segue un erote in volo che regge con entrambe le mani una corona che offre. al giovane seduto. Chiude la scena una donna, stante, che ha nella sinistra una lunga benda e nella destra una phiale. Bibliografia: Jata 1887, pp. 425-426, n. 5; Trendall-Cambiroglou 1978, p. 213, n. 159.
34.6. Anfora panatenaica apula a figure rosse Argilla beige depurata, vernice nera lucente, sovraddipintue in bianco e giallo hem 43,5, Bari, Museo Archeologico Provinciale 288
Inv 1279. Attribuita al Pitre di KarlsruheB 9. 3703602.
Lato A: stele sepolcrale bianca intorno alla quale sono raffigurati una donna stante, vestita con chitone e omata di iielli, con una phiale nella sinistra, e un giovane nudo seduto su una clamide con strigile nella destra Lato B: due giovani ammantati, uno dei quali si appoggia ad un bastone. Bibliografia: Jatta 1887, p. 426,n. 8; TendallCambitogiou 1978, p. 138, n. 626; Lohmann 1979, p. 178,A33. 34.7. Patera a vernice nera Argilla beige, vemice nera lucente. Diam. cm 167. Bari, Museo Archeologico Provinciale. Inv. 1526 Seconda metà del IV secolo a.C.
Integra. Basso piede troncoconico cavo, vasca profonda, pareti oblique, largo orlo rigonfio con risega. Sul fondo è impressa una decorazione costituita da una piccola rosetta «a ventaglio», racchiusa da cinque palmette collegate da archetti. Sotto il piede compare un'iscrizione greca, graffita con una punta sottile: JKKO. Bibliografia: Jatta 1887, p. 426, n. 6; Ferrandini Troisi 1987, pp. 133-136; Ferrandini Troisi 1992, pp. 63-65, n. 52, fig. a eb. 34.8. Patera a vernice nera Argilla beige, vernice nera lucente. Diam. cm 165. Bari, Museo Archeologico Provinciale. Inv 1264. Seconda metà dl IV secolo a.
Margine ricomposto. Basso piede troncoconico cavo, vasca profonda
emisferica, orlo piatto e stretto. Sul fondo è impressa una decorazione costiTuta da una grande rosetta «a ventaglio» , racchiusa da una serie di palmette collegate fra loro da archetti. Sotto il piede compare un'iscrizione greca graffita con una punta sottile: JK. Bibliografia: Jatta 1887, p.426,n; Ferendini Troisi 1987, p. 136; Ferandini Trois 1992, p. 65.66,n.53, fig. eb
349. Pisside figure rosse
globulare
apula
a
Argilla beige depurata, vernice nera lucente, sovraddipinture in bianco e giallo. I. em 9, diam base cm 93. Bari, Museo Archeologico Provinciale. Inv. 1501 Seconda metà de IV scolo a.C.
Lato A: sul coperchio, è una testa femminile, completamente bianca, rivolta verso sinistra con mitra. Sulla coppa, è una testa femminile rivolta verso sinistra indossante una mitra e sulla fronte una stephane radiata Lato B: sul coperchio, è un uccello con le ali aperte. Sulla coppa è una testa femminile. Sotto e sopra le anse, palmette. Nella parte interna del coperchio compare una lettera capitale greca dipinta con vernice bruna: A. Può essere interpretato come lambda, come delta o come alpha. Bibliografia: Jatta 1887, p.426, n. 9; Ferrandini Troisi 1992,pp. 59-00, fgg. Ae B.
34.10. Lekanis apula a figure rosse Argilla beige depurata, vernice nera lucent, sovraddipinture in bianco e giallo Diam. cm 20; diam, or coppa cm 19;h. coppa em. Bari, Musco Archeologico Provinciale ἴων. 1486, inv coppa 1485, Seconda metà del IV secolo C.
Potrebbe appartenere alla lekanis tutta a vernice nera inv. 1485, in quanto vi si adatta perfettamente. Frammentaria, ricomposta. Disegno molto rovinato. Le figure sono disposte circolarmente e si distinguono due giovani, tre donne ed un erote in atto di parlare fra loro e di offrirsi collane di perle. AI di sotto è dipinto con vernice bruna un nesso in lettere capitali greche: sciolto AY. La coppa è a vernice nera, tranne il piede che è acromo, con due anse, su alto piede. Sul fondo del piede è dipinta con vernice bruna una lettera capitale greca: P. Si tratta della lettera rho. Bibliografia: Jatta 1887, p. 427, n.13; TrendallCambitoglou 1982, n. 29/69; Ferandini Troisi 1992, pp. 60,n. 47 e pp. 70,n. 59.
34.11. Hydria apula a figure rosse Agiia beige depurata, vemice nera lucente, sovraddipinture in bianco e giallo h.em 20. Bari, Museo Archeologico Provinciale Inv: sconosciuto, Seconda metà del IV secolo a.C.
Sono raffigurati un uomo ed una donna in atto di giocare alla palla. La donna ha lanciato la palla in alto e sembra attenderla sul dorso della mano; il giovane ha il braccio sinistro avvolto nella clamide ed è raffigurato nell'atto di voler prendere o colpire la palla con la destra. Bibliografia: Jatta 1887, pp. 426-427, n. 10.
34.12. Stamnos apulo a figure rosse Argilla beige depurata, vemice nera lucente, sovraddipinture in biancoe gallo, bem 17. Bari, Museo Archeologico Provinciale. av. sconosciuto. Seconda metà del IV secolo a.C. 289
Fig. 145. 34.9. Pisside globulare apula a figure rosse (da Ferrandini Troisi 1992, figg. a pp. 59-60). 290
Lato A: è raffigurato un giovane nudo con la testa coronata di mirto, stante davanti ad un cippo funebre, che ha nella destra abbassata un bianco serto di mirto e nella sinistra sollevata uno specchio. Lato B: è raffigurato un cippo funebre davanti al quale è una donna con oggetto ovoidale nella sinistra ed un grosso grappolo di uva nella destra. Nel campo da una parte e dall'altra. è un finestrino, una palla da gioco ed un uovo sul cippo. Bibliografia: Jatta 1887,p. 427,n. 12 34.13. Lucerna bilicne a vernice nera Nernice nera lucida c fine. Lem 18,5 Bar, Museo Archeologico Provinciale Inv sconosciuto. Seconda met del IV secolo a.C.
Ha la forma di una navicella a fondo piatto, con i due becchi, uno a poppa e altro a prora. La bocca è grande con orlo rientrante; dal fondo interno si eleva, dal centro della bocca, una specie di albero, che finisce in un manico a cappietto. Bibliografia: Jatta 1887, p. 427, n.1
34.14. Coppa di lekanis o phiale apula a figure rosse Vernice nera lucente, sovraddipintre in bianco € gallo, Diam. sconosciuto Bari, Museo Archeologico Provinciale. Inv sconosciuto Seconda metà del IV secolo aC. Molto frammentata; secondo lo Jatta doveva avere anche il coperchio dipinto. Lato A: è raffigurata una menade riccamente omata e vestita, che siede sopra un poggiolo tenendo nelle mani il
Fig. 146. 34.10. Lekanis apula a figure rosse (da Ferrandini Troisi 1992, figg. 47 e 59).
tamburello ed un grappolo di uva; vicino alla donna è una palla da gioco e più in alto una benda annodata in forma di corona. Lato B: è raffigurato un satiro stante davanti ad un cippo che ha nella sinistra dei globettini bianchi e nella destra un kalathos che sostiene peril manico. Bibliografia: ata 1887, p. 427, n. 14
34.15. Lekanis apula a figure rosse Verne nera lucente, sovraddipinture in bianco giao hem 12. Bari, Museo Archeologico Provinciale. Tav. 14867 Seconda metà del IV secolo a.C.
La coppa è quasi interamente a vernice nera, mentre il coperchio è dipinto e rotto in un solo punto. Sul coperchio: meandri, palmette e arabeschi. LatoA: donna seminuda con himation che le avvolge le gambe, lasciando scoperto il resto del corpo, seduta sul suolo, con una phiale nella mano sinistra 291
e presso di lei sembra una palla da gioco. Lato B: erote seduto con corona bianca di mirto intorno al capo, ramo bianco di mirto nella destra e phiale nella sinistra. Bibliografia: Jatta 1887, p. 427, n. 15.
346. Sbyphos (kantharos) apulo a figure rosse Vemice nera. lucente, sovraddipinture in bianco e illo. hem 12. Bari, Museo Archeologico Provinciale. Inv. sconosciuto. Seconda metà del IV secolo a.C.
Rotto in un solo punto. Fregio di ovoletti sotto il labbro. Lato A: erote che cammina verso un inpo sul quale è un uovo bianco, che ha nella destra abbassata una corona bianca 8 nella sinistra stesa in avanti una phiale con uova. L’erote volge la testa indietro Lato B: donna in cammino nella stessa direzione dell'erote che ha nella sinistra una cassettina chiusa e nella destra una corona. Bibliografia: Jatta 1887, p. 427, n. 16.
34.17. Lekythos ariballica apula a figure rosse Vemice nera lucent, sovraddipinture in bianco € giallo h.em 21
292
Bari, Museo Archeologico Provinciale. Inv. sconosciuto Seconda med del IV secolo aC.
Piuttosto frammentaria. È raffigurata una donna riccamente ornata e vestita che cammina verso destra volgendo la testa verso un erote che le sta dietro. La donna ha nella destra abbassata un grosso grappolo di uva e nella sinistra un cestello da cui sorge una pianticella con cinque distinti steli e fiori su ciascuno. L’erote ha nella sinistra una corona bianca e con la destra solleva uno specchio in modo da far riflettere il viso della donna. Nel campo è un finestrino aperto e un fiore a quattro petali. Sul suolo una phiale. Bibliografia: Jatta 1887,pp. 427-428,n. 17.
34.18. Skyphos (kantharos) apulo a figure rosse ‘Verne nera lucente, sovraddipintur in bianco s giallo Dimensioni sconosciute. Bari, Museo Archeologico Provinciale. Inv. sconosciuto, Seconda meta del IV secolo aC.
Piuttosto frammentario e mancante di un pezzo. Lato A: donna che cammina verso destra con specchio e corona nelle mani. Lato B: erote in piedi Bibliografia: Jatta 1887, p. 428, n. 1.
35- Tomba a semicamera rinvenuta in Via Vanini (già Strada Madonna dell’Isola) L'Oratorio della Madonna dell’Isola si trovava ad est della Cattedrale, all'incrocio tra l’attuale via Vanini e Corso Cavour, e a sud dell’orto della Mensa Vescovile, oggi Villa Comunale. Dopo aver scavato nella contradaS. Angelo, la Commissione dei Regi Scavi di Ruvo rivolge la sua attenzione allo spianato che dalla chiesetta della Madonna dell'Isola arriva sino alla Porta S. Angelo. Come racconta Salvatore Fenicia nella sua memoria «questo venne totalmente minato, non incontrandosi che pozzi, acquedotti, fondamenta, lastrici, cenotafi, ed avelli violati»". Finalmente, il 7 giugno 1836, alla presenza della Commissione, nella Strada Madonna dell'Isola (oggi Via Vanini), sotto una pioggia battente, si rinvenne una tomba intatta, coperta da varie lastre calcaree poste orizzontalmente, molto probabilmente una tomba a semicamera, magnifica e grandiosa contenente un corredo di straordinaria ricchezza composto da più di 50 oggetti. Le notizie relative al rinvenimento, che ha suscitato non scalpore, e al materiale trovato nella sepoltura si ricavano, oltre che dalle lettere poco e dai verbali della Commissione conservati nell’Archivio di Stato di Bari‘, anche dal manoscritto del canonico Ursi del 1836°, dalla memoriadi Salvatore Fenicia“, nonchè dai verbali di immissione del materiale nel Real Museo Borbonico*, conservati nell’ Archivio Storico del Museo di Napoli. Dai documenti si possono individuare più o meno tutte le classi ceramiche presenti nel complesso vascolare. Largamente rappresentataè la ceramica apula a figure rosse, ma non mancano esemplari della ceramica di Gnathia, della ceramica a vernice nera e di quella acroma, oltre ad alcuni elementi metallici. Particolarmente interessante è il rinvenimento al di sopra delle lastredi copertura della tomba di un'Aydria figurata, in frammenti, rotta intenzionalmente per le esigenze del rituale funerario“: TI corredo si può ricostruire soprattutto sulla base dell'opera di Salvatore Fenicia e di quella del canonico Ursi, che sembra riprendere fedelmente un verbale della Commissione dei Regi Scavi di Ruvo conservato in due copie nell'Archivio di Stato di Bari e nell’ Archivio di Stato di Napoli. Tra vari reperti, i due autori ricordano un cratere a mascheroni con la raffigurazione, sul lato principale, dell’oltraggio di Aiace nei confronti di Cassandra: «Un magnifico vase finalmente con maniche alte e faccettate... La mossa di Uom sacrificatore, che colla manca accapiglia la vergine rifuggita al Simulacro; e colla dritta l'avventa lo pugnal vittimale; la vestitura dè due palutamentati, che si riconoscono quasi per Agamennone ed Ulisse...si potrebbe creder ch'invece della casta ostia di “Fenicia 1840, pp. 82-83. © ASBA, MSA, fasc. 8: “Autorizzazione ad aprire scavi nella Provincia di Bar, processi verbali dei reperimenti di antichità efettati dalla Commissione dei Regi Scavi di Ruvo e spedizione dei reperti al Real Museo Borbonico” (anni 1836-1837) lettera del 7 giugno 1836. ^URSI 1836 a, pp. 333-345. ^ Fenicia 1840,pp. 81-106. © ASSAN IV B 11, fasc. 47: "Vas figurati ed altri oggetti antichi rinvemuti negli escavamenti eseguiti in Ruvo di real ordine" (anni 1836-1837-1838); etera del 18 gennaio 1837. "4 URSt 1836 a, p. 345: «Un vaso a tre manichi tutt roto, e disordinato, il quale s'inverne sopra le lapidi del sepolcro. I pezi di questo vaso addimastrano, che debba essere non di spregevole e ben figurato»; RUGGIERO 1888, pp. 566-567; M. Matin 1981,pp. 153-154, 293
Lucrezio, ne possa esser quella vergine la troiana Cassandra, la quale ripara al simulacro di Minerva, mentre che l'Oileo al violentemente la trae..» (Fenicia)". L'Ursi lo descrive in questa maniera: «Un vase grande con maniche alte, e faccettate.... Il quadro nobile di questo vase mette in una certa ambiguità l'accorto ammiratore, che ne vuole interpretare l'istoria. La mossa di quell'uomo fiero, il quale con una mano tiene accapigliata la Vergine, che si abbraccia al Simulacro, e con l’altra avventa il pugnale; la vestitura dei due Re Greci paludamentati, che quasi si riconoscono per Agamennone, ed Ulisse, e l'assistenza delle assise Dee la Minerva vestita di peplo, e la Pallade armata dell'elmo, e della grand'asta...... Ma perché il simulacro è armato di uno scudo, che taluni negano a Diana, si potrebbe credere che... possa essere quella Vergine la Troiana Cassandra, che ripara al simulacro di Minerva mentre che Aiace, Oileo la trae al violamento»*. Le due descrizioni inducono a pensare, come confermano i verbali di immissione del Museo di Napoli, che si possa trattare del cratere a mascheroni del Museo di Napoli, raffigurante proprio Aiace che sta per violentare Cassandra, attribuito ad un seguace del Pittore di Licurgo. Faceva parte del corredo anche un «Vase a trombone dell'altezza di... e dipinto di 9 figure; nella parte nobile vi si veggiono delle Sacerdotesse, che offrono delle libazioni adun simulacro posto entro una nicchia, il quale potrebbe essere, o il Marte di Tracia, 0 l'Apollo di Samos. Nel retrorso vi sono anche delle Sacerdotesse, che porgono le di loro offerte ad una Zoara» (Ursi)^; non si riporta la descrizione del Fenicia® in quanto è del tutto simile a quella fatta dall’Ursi. Il vaso potrebbe identificarsi con la loutrophoros apula a figure rosse del Pittore di Varrese, conservata nel Museo di Napoli, la quale rappresenta la pietrificazione di Niobe, raffigurata all'interno di un naiskos. Sia l'Ursi che il Fenicia descrivono altri venti vasi, alcuni in maniera dettagliata, tanto che è stato possibile identificarli, altri in maniera piuttosto generica, difficilmente riconoscibili. Gli altri vasi individuati sono comunque conservati nel Museo Nazionale di Napoli. Si tratta di un «Vase a canalone alto palmi.... Sulla pancia di questo vase da una parte si vede un genio alato seduto sopra di una colonna a spira; dall'altra vi si vede il Doma=cavalli Castore, che maneggia un bellissimo destriero» (Ursi)", identificabile con una loutrophoros apula senza anse (Heydemann 2388) che raffigura un erote seduto su una pila di rocce e un bambino con un cavallo all'intemo di un naiskos, attribuita al Pittore del Sakkos Bianco; di «Una Patera grande del diametro di un palmo, e mezzo, la quale contiene sette figure, che celebrano una Dionisiaca. È bello vedere in essa le
mosse dell'Argiofanti, che portano le tede accese, e delle Edoniadi, che ballano» (Ursi «Una grande e finissima patera del diametro di once diciotto, la quale contiene sette figure. Queste sembrano intente alla celebrazione d'una delle solenni dionisiache: ed è bello scorgere in esse le mosse degl'Argiofanti che scuoton le tede scintillose, e delle Edoniadi che muovon festive sulli passi d'Erato» (Fenicia)"; si tratta di una phiale apula © FENICIA 1840, pp. 90-10. ©Ust 1836 a, pp. 233-240 ὕει 1836 a, pp. 340-341. 2 FENICIA 1840,p. 90. ? Unsi 1836 a, p. 341; Fexucia 1840, pp. 89-90 © Unsi 18362,p. 41 δ FENICIA 1840, pp. 88-89. 294
(Heydemann 2839) con scene dionisiache. Viene descritta ancora «Un urnetta col suo coperchio con cinque figure. In una parte si vede Cupido, che porta in mano, e presenta ad una donna la passera della Venere popolare, dall'altra porta questo istesso che tiene in mano il coniglio della Venere preservatrice» (Ursi)*, identificabile col lebes gamikos apulo (Heydemann 2322) della cerchia del Pittore dell'Ilioupersis. 1 due autori descrivono, in maniera generica, alcune patere, tra cui «una paterella con cinque figure, due all'interno e tre esternamente»* identificabile con una phiale apula del Musco di Napoli (H. 2564), delle oinochoai, dei rhytà, uno a testa di satiro, l’altro a forma di sfinge, due statuette di terracotta raffiguranti Afrodite che esce da una conchiglia**, due anfore, alcune lekythoi, skyphoi, altre patere più piccole, oggetti metallici, come un candelabro di piombo, un tripode in piombo frammentario ed altri piccoli oggetti sempre nello stesso metallo e, infine, vasi a vernice nera e acromi, le cui descrizioni vengono riportate nelle relative schede di catalogo dei reperti. L'attenzione dei due studiosi viene catturata soprattutto da un vaso che ha una forma insolita, i trata di «un vasellino a cuore il primo, che siasi rinvenuto di questa forma. Il Provvidissimo Iddio ha fatto precisamente invenire questo vase novissimo, onde il mondo culto ammiri, che sino da più chiliadi la Città di Ruvo si avea serbato donare il cuore dei suoi figli. (Ursi), «Un vasellino ch'à la forma di cuore, ed il primo così formato» (Fenicia). La forma del vaso, purtroppo non ancora identificato, descritta dai due studiosi, induce a pensare che l'oggetto in questione sia una lekythos attica configurata “a mandorla”, destinata a contenere il prezioso olio ottenuto dalle mandorle; si tratta di un raro manufatto di importazione attica, appartenente alla classe delle lekythoi configurate, presenti nei corredi funerari della Puglia anellenica del IV secolo, di cui un simile esempio è stato rinvenuto nel corredo di una sepoltura dell’insediamento messapico di Rocavecchia?. 35.1. Cratere a mascheroni apulo a figure rosse Arg tege deputa, vernice nera ane,
sovraddipinture in biancoe giallo hem 80. Napoli, Museo Archeologico Nazionale. Inv. 82923 (= Heyd. 3230), Attributo al Pitore dell Orfeo di Milano, cerchia del Pitoredi Licurgo 350-340 aC. Decorazione del collo: ovuli e tralci di alloro con bacche convergenti verso
una rosetta centrale, intervallati da fiori campanulati; sotto, fila di palmette COnfepposte. Sotto, sia duesul quadrighe lato À che consul lato B sono raffigurate i rispettivi aurighi. Lato A: al centro, è raffigurato un tempio, il cui tetto è sorretto da quattro colonne ioniche. All'interno vi è la statua del Palladio, ricca di decorazioni, a cui è aggrappata Cassandra, seminuda, con un velo trasparente e adoma di gioielli (orecchini, collane e bracciali), presa per
% URs 1836 a, p. 344, #5 URSI 1836 a, p. 34. 7 Unsi 1836 a, p. 343: «Una parigladi Veneri Anadiomeni, le quali schiudono secondo la teogonia di Esiodo dai gusci di due conchiglie» 7 Unst 1836 a, p. 345. 5FENICIA 1840, p. B. ? Rovers 2000, p 71, fig. 617. 295
Fig. 147. 35.1. Cratere a mascheroni pulo a figure rosse con la scena dell'oltraggio di Aiace a
Cassandra; latoA (da Megale Hellas 1983, fig. 617) i capelli da un guerriero nudo (Aiace), con clamide pendente dal braccio sinistro e spada sguainata nella destra, che sta per farle violenza e ucciderla. Dal tempio si vede fuggire una donna, vestita con un lungo chitone, ben disegnato, e con un velo pendente dal braccio sinistro e riccamente ingioiellata. Ai due lati del tempio vi sono due figure abbigliate alla maniera orientale che guardano impotenti la scena dell’oltraggio. Nella parte superiore, ai lati del tempio, sono raffigurate due divinità femminili, Athena ed Hera. Lato B: satiro seduto con kantharos € tirso, menade con tamburello e tirso, Dionisio seduto con phiale e tirso, donna in piedi con torcia e situla. 296
Bibliografia: Ursi 1836a, pp. 360.361; Fenicia 1840, pp. 90-100; Heydemann 1872, n. 3230; Moret 1975, tavv. 4-5; Trendall-Cambitoglou. 1978,p. 421, n. 16/43, tav. 155,1; Megale Hellas 1983, fig. 617. 35.2. Loutrophoros apula a figure rosse Argilla rosata, vemice nem Iucente, sovraddipintur in bianco e giallo. h.em92. Napoli, Museo Archeologico Nazionale. Inv. 82267 (= Heyd. 3246) Ceramografo vicino al Pittore di Varrese, sottogruppo del Vaticano X 6 350340.
Restaurata, ricomposta, buona parte dei disegni dipinti mancante. Decorazione su tre registri. Sul collo decorazione a
"
Fig. 148, 35.2. Loutrophoros apula a figure rosse: lato A, Niobe raffigurata all'interno di un naiskos (Foto Archivio Soprintendenza Archeologica di Napoli e Caserta)
Fig. 149. 352. Loutrophoros apula a figure rosse: lato B (Foto Archivio Soprintendenza Archeologica di Napoli e Caserta)
due registri, l'uno a losanghe, l'altro a palmette. Spalle: teste femminili di profilo, rivolte a sinistra, raffigurate tra viticci e decorazioni floreali. Anse ἃ forma di sigma. Lato A: in alto, è Lafona seduta ac-
canto ad Artemide stante; Apollo nudo e stante; Hermes stante, appoggiato ad un pilastrino; Zeus seduto. In basso: donna stante accanto ad una vecchia nutrice seduta, rivolta verso un naiskos, all’interno del quale è una donna stante 297
con volto mesto (Niobe), con chitone e himation e velo che le copre la testa, a cui si rivolge un vecchio re stante (Tantalo), seguito da un giovane guerriero nudo. Sotto il naiskos è una donna accosciata; cassettina; alabastron; kalathos; cetra quadrata; corazza; donna seduta con cassetta, Nel campo, sono un phiale ed uno specchio. Lato B: sono raffigurate nove donne, con varie offerte trale mani, intorno ad un naiskos în cui è una pianta. Bibliografia: Ursi 1836 a, pp. 360-361; Fenicia 1840, p.90; Heydemann 1872, pp. 558.560, n. 3246; Pagenstecher 1912, pp. 74-76; Sechan 1926, pp. 82-83, fg. 24; Spinazzola 1928, p. 33, tav. 210; Pickard-Cambride 1946, p. 83, fig. 10; Borda 1966,p. 44, fg. 35; TrendallWebster 1971, p. 58; Trendall-Cambitogiou 1978,p. 341,n. 13/2; Lohmann 1979,p. 235, 4504; De Cesare 1997, p. 286, n. 399; Todisco 2002, p.75, tav. 122; Gadaleta 2003,pp. 44748,Ap 130.
35.3. Lebes gamikos apulo a figure rosse Argilla rosata, vernice nera lucente, sovraddipinture in biancoe giallo hem IS Napoli, Museo Archeologico Nazionale Inv. 81904 (= Heyd 2322) Attributo alla tarda produzione del Pittore di Karlsruhe B9. 370-360 ac.
Bibliografia: Ursi 1836 a, p. 361, n.9; Fenicia 1840, pp. 85-86; Heydemann 1872, p. 260, n. 2322; Trendall-Cambitoglou 1978, p. 140, n. 6149.
35.4. Anfora apula senza manici (barrel anfora) a figure rosse Argilla beige, venice © nera ducente sovraddipinture in bianco c gial o hem 62,6, diam. orlo cm 164. Napoli, Museo Archeologico Nazionale. ἴων, 82349 (= Heyd 2388) Attribuita al Pitore del B.M. F 339, Gruppo del Sakkos Bianco, ultima produzione dei vasi
Lato A: è raffigurato un naiskos, all’interno del quale è rappresentato un bambino che col braccio destro tiene un piccolo cavallo. Lato B: erote con ventaglio nella sinistra seduto su una pila di rocce. Bibliografia: Ursi 1836a, p. 362; Fenicia 1840, . 89; Trendall-Cambitoglou 1982, p. 1032, n. 30/107, uv. 39956
35,5. Phiale apula a figure rosse
Lato A: donna seduta con specchio,
Argilla beige depurata, vernice nera lucente, sovraddipinture in bianco e giallo hem 10; diam. interno cm 40,4; diam, steno em 49. Napoli, Museo Archeologico Nazionale. Inv. 82076 (= Heyd. 2839), tributa αἱ Pittore dellIouperss 360-350 ac.
abbigliata con gioielli (collane, orecchini € bracciali); di fronte è una donna in piedi, vestita con chitone, con phiale e ramoscello; a destra un erote seduto sopra un uccello. Lato B: erote seduto su una roccia con un coniglio in mano; a destra una donna riccamente vestita eabbigliata congioielli, con una corona ed un ramoscello.
Piede profilato, interno decorato con una corona di tralci dî vite bianca con ramoscelli. Sull'orlo, tralci di edera im bianco suddipinto. Orlo estemo con motivo ad ovoli. Sulle anse è raffigurato un cane. Lato A: menade con timpano c tirso, donna (Arianna) che offre una corona ed un'oinochoe a Dioniso, seduto su una
298
Figg, 150-151. 35.3. Lebes gamikos apulo a figure rosse, lati A e B (Foto dell Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica di Napoli e Caserta).
Figg. 152-153. 35.4. Anfora apula senza manici a figure rosse: lati A c B (Foto Archivio Soprintendenza Archeologica di Napoli e Caserta) 299
Fig. 154. 35.5. Phiale apula a figure rosse: tondo interno (Foto dell'Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica di Napoli e Caserta)
clamide, con tirso nella sinistra e phiale nella destra, giovane con clamide sul braccio sinistro, appoggiato con la destra ad una lancia cui è appesa una tenia. Lato B: menade con tenia e timpano, Dioniso nudo con tenia e clamide sulle braccia e sulle spalle, che ha una phiale nella sinistra e un bastone nella destra, satiro con torcia e situla. Bibliografia Uri 1836 a, pp. 362-363; Fenicia 1840, pp. 88-89; Heydemann 1872, n. 2839; Schauenburg 1976, p. 75, figg. 3-4; SchneiderHermann 1977,p.3, F3, tav. , ig. 3; TrendallCambitoglou 1978, p. 198, n. 8/53, tv. 63,2
35.6. Phiale apula a figure rosse Argilla beige, vernice nera, sovraddipinture in bianco e gallo em 9,5 diam. cm 40. Napoli, Musco Archeologico Nazionale. Inv. 82071 (- Heyd. 2564) 300
Attibuita al Gruppo Frisso, cerchia del Pittore di Dario. 3403204C.
Piede curvo, varie parti perse, vasca espansa, anse a maniglia attaccate verticalmente con tre bottoni plastici alla base a forma di rosette bianche con molti petali. Orlo ribattuto e risparmiato; parte esterna : dell’orlo: disegno ad ovoli. Disegno sull’estemo: motivo ad onde circondato da bande risparmiate All'intemo: giovane e donna che si muovono verso destra. Il giovane porta una phiale con la sinistra e mantello sul braccio sinistro, nella destra due tralci di vite con grappoli. La donna sta guardando verso il giovane, portando nella destra un ventaglio, nella sinistra una situla. Nel campo: pianta sorgente e rosette. Tondo circondato da un cerchio risparmiato con un sottile cerchio nero all'interno e corona di foglie di vite e rametti.
Figg. 155-156. 35.5. Phiale apulaa figure rosse: esterno, latiA e B (Foto dell'Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica di Napoli e Caserta). 301
Fig. 157. 35.6. Phiale apula a figure rosse (Foto dell'Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica di Napoli e Caserta)
Lato A: giovane e donna che si muovono verso sinistra. La donna sta danzando con passo veloce, portando nella destra una corona decorata con punti bianchi, nella sinistra un ramodi lauro con bacche. Il giovane ha un ventaglio nella destra, nella sinistra una phiale (di tipo bronzeo) con ramo di vite. Nel campo, nastri e rosette. Lato B: donna che sta correndo verso stra, che guarda indietro, e porta nella destra una torcia fiammeggiante con nastro attaccato ad essa e una cassetta con uova sulla sommità, una benda è sospesa sotto. Nel campo, rami di mirto con bacche. Bibliografia: Ursi 1836 a, p. 363; Fenicia 1840, p. 89; Heydemann 1872, n. 2564; Schéi 302
der-Hemmann 1977, p. 72, n. $0; Trendal Cambitoglon 1982, p. 528,n. 18/257, tv. 192, 35.7. Phiale apula a figure rosse Argilla beige depurata, vernice nera lucente, ‘ovraddipintura in bianco e giallo. Non sono note le dimensioni. Napoli, Museo Archeologico Nazionale Inv 82252(= Heyd. 2699) Attbuta al Gruppo Stanford-Conversano, bottega dei Pittor della Patera edi Ganymede. 340-320 aC
Disegno in parte danneggiato. Anse a maniglia, attaccate verticalmente con due bottoni alla base a forma di rosi te con molti petali. Orlo risparmiato. All'estremità dell’orlo è un motivo ad onde sulla banda riservata. Vernice marrone scuro-giallo.
Interno: è raffigurata una donna alat su un carro tirato da due cavalli bianchi. Sotto, un cigno. Nel campo, una stella davanti ai cavalli, rosette e fiori sorgenti su uno sfondo con punti bianchi, nastro. Tondo circondato da file di rosette tra cerchi risparmiati, corona bianca di lauro con bacche. All'esterno interamente dipinto a vernice nera. Bibliografie: Ursi 1836 a, p. 362; Feni 1840, pp. 89-90; Heydemann 1872, n. 2699; Schneider-Hermann 1977, p. 103, n. 168; ‘Trendall-Cambitoglou 1982, p.737, n. 2379.
35.8. Hydria apula a figure rosse Argilla beige depurata, vernice nera lucente, sovraddipinture in bianco e giallo. hem 93. Napoli, Museo Archeologico Nazionale. Inv. 82260 (= Heyd. 3238). Attribuita al Gruppo di New York 28.57.10., cerchia dei pittori di Dario e dell Olttomba. 3403204.
Restaurata e ricomposta, lacunosa. Decorazione su due registri. Trovata in frammenti sulle lastre di copertura della tomba. Sulle spalle, giovani e donne intomo ad Afrodite seduta sul trono; accanto alla dea è un erote. Sul corpo, intorno, giovani e donne presso un louterion (scena di purificazione ?). Sul coperchio è un erote in volo con phiale e un erote seduto con uno specchio. Bibliografia: Ursi 1836 a, p. 363; Fenicia 1840, P. 90; Trendall-Cambitoglou 1982, p. 518, n. 18/189; Schauenburg 1984, tav. 123,2. 35.9, Afrodite in conchiglia Argilla nocciola, | eseguita a matrice, ingubbiatura. quasi completamente. perduta; rimangono tracce di osso sui capelli. hem 19. Napoli, Museo Archeologico Nazionale.
Fig. 158. 35.8. Hydria apula a figure rosse (da Schauenburg 1984, tav. 123,2) tav. 20348, Ultimo quarto del IV secolo a.C.
La figura è nuda, accovacciata su un piedistallo rotondo sagomato e rientrante a forma di gola. Dietro il suo dorso si apre una conchiglia bivalve, in modo che le valve formino come delle ali appartenenti alla dea. Nella destra tiene una phiale ombelicata e nella sinistra una mela. Bibliografia: Ursi 1836 a, p. 364; Fenicia 1840, pp. 87-88; Levi 1926, pp. 159-160, n. 722. 35.10. Afrodite in conchiglia Argillanocciola eseguitaamatrce,ingubiatura serostata e quasi totalmente perduta; scarsi resti di colore azzurro e rosso hem 163. Napoli, Museo Archeologico Nazionale 303
Bibliografia: Ursi 1836 a, pp. 362-363; Fenicia 1840, pp. 87-88; Trendall-Cambitoglou 1982, pp. 615-617 35.12. Candelabro Bronzo. hem 110, Napoli, Museo Archeologico Nazionale. Inv. sconosciuto IV secoloa.C.
Fig. 159. 359. Statuetta di terracotta raffigurante Afrodite in conchiglia (Foto dell'Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica di Napoli e Caserta) In. 20347. Ultimo quarto del IV secolo .C.
Per la descrizione si veda l’esc plare 35.9. Bibliografia: Ui 1836 a, p. 364; Fenicia 1840, p.88; Levi 1926, pp. 159-160, n. 722.
35.11. Rhyton apulo a forma di sfinge Argilla rosata, | vernice nera _ lucente, sovraddipinture in rosso, bianco e giallo. La finge è ricoperta con ingebbio bianco, Diam. cm 11,9; hcm 27,5. Napoli, Museo Archeologico Nazionale. Inv. sconosciuto. Attibuita ai vasi plastici del Gruppo del Pedagogo. 350-320aC
Sul bicchiere, ornato di merletti, ovuli € palmette, è raffigurata una donna seduta con phiale, un giovane nudo, in piedi, con uno specchio nella mano destra e un mantello drappeggiato sul braccio sinistro. 304
11 candelabro è a forma di colonna scanalata, poggiante su un tripode a zampe ferine, con capitello ionico, sulla cui sommità poggia una sfinge, sormontata da un piattello. Bibliografia: Ursi 1836 a, p. 365; Fenicia 1840, p. 87; Guida Ruesch 1908, p. 375, n. 1681; Spinazzola 1928, . 294, uv. XXXVII 35.13. Ryton a testa silenica Napoli, Museo Archeologico Nazionale. Inv. vi 240
Rimane la descrizione di Salvatore Fenicia: «Gran testa iconica finissima e verniciata ad encaustica, nella quale vedesi il figlio della Naiade Nicea, che questa partorì per il fatto di Bacco, allora quando questi la inebrió convertendo in vino l'acqua del fonte, nel quale essa beveva. Il colore alterato del viso dell'ubriaco addimostra che sua madre era veramente awvinazzata quando il concepîì; e l'esser privo delle corna indica, secondo dice Nonno, che questi nacque prima che Giunone irritata dalle metamorfosi di Bacco, avesse deturpato i satiri più che li erano. Oltre che di una bella corona intessuta di corimbi che cinge questa testa, sovrasta un magnifico bicchiere d'una lucidissima patina. Su questo di nero brillante vi si vedono due figure assai bene eseguite,
le quali rappresentano un satiro che si avvicina con scherzo troppo importuno e brutale ad una donna, e questa in una espressivissima mossa che si schermisce con un ben poderoso, e casuito pelo. Questa testa è molto allusiva alla Diana del vase grande.......l'altezza di questa testa è di once Il». Bibliografia: Uri 1836 a, p. 363; Fenicia 1840, p.88.
35.14-15. Coppia di anfore panatenaiche apule a figure rosse Napoli, Museo Archeologico Nazionale. Inv: sconosciuto, Rimane la descrizione del Fenicia: «Anfora rappresentante una testa umana colorita di bianco, e d'altri colori dicevoli al di lor viso». Bibliografia: Ursi 1836 a, p. 363; Fenicia 1840,p. 88, 35.16. Terracotta a forma di sfinge ?
«Una sfinge bianca, posta sopra un ben eseguito stilobate, vi si vede questo mostro favoloso che desolò il territorio
tebano. È acefalo perché la testa della
terribile ..... tomente giovinetta, non si è invenuta nel sepolcro; ma si osservano puntualmente le gambe, e il corpo di leone, e le ali, e la coda di drago». Bibliografia: Ursi 1836 a, p. 364; Fenicia 1840,p. 8.
Fig. 160. 35.0. Statuta di terracotta raffigurante Affodite in conchiglia (Foto dell’autore, cortesia Soprintendenza Archeologica di Napoli e Caserta)
35.18-19. Coppia di oinochoai apule a figure rosse « Alte circa un palmo di un bel colorito avente una figura ciascuna. Alte 12 once». Bibliografia: Ursi 1836 a, p. 364; Fenicia 1840, p.88
35.20. Oinochoe apula a figure rosse « Alta % di palmo con due figure. Alta 9 once». Bibliografia: Ursi 1836 a, p. 364; Fenicia 1840, p. 88.
35.17. Oinochoe apula a figure rosse «Alta circa un palmo di un bel colorito avente due figure».
35.21. Pelike apula a figure rosse «Anforetta molto fina con due figure».
Bibliografia: Ursi 1836 a, p. 364; Fenicia 1840, p.88
Bibliografia: Ursi 1836 a, p. 364 Fenicia 1840,p. 88. 305
35.22. Lekythos figure rosse
ariballica apula a
«Ampolla schiacciata con due figure». Bibliografia: Ursi 1836 a, p. 364; Fenicia 1840,p. 88
35.23. Lekythos apula a figure rosse
rAmpolla con una figura»
«ampolla
Bibliografia: Ursi 1836 a, p. 364; Fenicia 1840, p.88.
35.26. Skyphos apulo a figure rosse
«Giarretta di leggiadra eleganza più piccola con una figura».
Bibliografia: Ursi 1836 a, p. 365; Fenicia 1840, p. 88.
3827. — “Paterella graziose figure”.
avente — cinque
3528. “Tripode di piombo. Rotto in pari pezzi”.
35.29. "Altri oggetti di piombo”. 35.24.25, Skyphoi apuli a figure rosse Vapor api a he «Coppia di giarrette di leggiadra
eleganza con due figure ciascuna».
35.30. Lekythos attica configurata a mandorla (“Vasellino a cuore”).
Bibliografia: Urs 1836 a, p.365; Fenicia 1840, — 35:31. “Trentasei vasellini non figurati, p.87. tra fini e rustici”. 36- Tomba rinvenuta in Via Vanini (già Strada Madonna dell’Isola)
1 9 giugno 1836, sempre in via Vanini, a poca distanza dalla ricca tomba scoperta il 7 giugno, si rinvenne un'altra sepoltura a semicamera avente le dimensioni di palmi 15 x 6x8 (= m. 3,97 x 1,59 x 2,12), coperta da 5 lastre poste orizzontalmente e costruita con grandi lastre di tufo squadrate. La tomba, già trafugata, in quanto rinvenuta completamente svuotata di tutta la terra, ha comunque restituito un vaso rustico (acromo) a colonnette?.
‘2 ASBA, MSA, fasc 8: “Autorizzazione ad aprire scavi nella Provincia di Terra di Bari, processi verbali dei reperiment di antichità efetuai dalla Commissione de Regi Scavi di Ruvo e spedizione di reperti αἱ Real ‘Museo Borbonico di Napoli. Scavi di antichità (anni 1836-1837)". Verbale del 9 giugno 1836: «Oggi giorno 9 Giugno 1836, nella Strada Madonna del sol, si è rinvenuto un Gran Sepolero Greco, costruito con gran tfi, La Commissione l ha fato in sa presenza scoverchiae, ed ha trovato essere la sua lunghezza di palmi quindici, La larghezza di palmi sei, l'altezza di palmi otto, con numero cinque lapidi sopra, vuoto di terra, che avendolo tto diligentemente osservare, non alto vi ha invenuto, che un solo vase rustico»; M. MARIN 1981, p. 154. 306
37- Tomba rinvenuta in Via Vanini (già Strada Madonna dell'Isola)
11 28 aprile del 1837, in via Vanini, si rinvenne una tomba preromana detta “rustica”, alla profondità di 16 palmi (= m. 4,24), che restituì come corredo solo «due vasellini insignificanti». Essa fu aperta alla presenza della Commissione dei Regi Scavi di Ruvo”! 38- Tomba rinvenuta in Via Vanini (già Strada Madonna dell'Isola)
Sempre in Strada Madonna dell’Isola, nel 1888, mentre si scavavano le fondamenta per la costruzione di una casa, si rinvenne una tomba contenente un piccolo vaso a figure rosse alto 14 cm. Si trattava di una lekythos ariballica, non identificata, motivo per cui non si può definire se sia di produzione apula o attica, con la raffigurazione di un araldo che stava riferendo un messaggio alle persone presso le quali era stato inviato®. 39 — Tomba rinvenuta in Via De Cristoforis angolo Via Trieste 1 12 luglio del 1929, durante alcuni lavori di scavo per la sistemazione dei tubi della rete fognante, si rinvenne alla profondità di 95 cm una tomba di forma rettangolare, lunga m. 2,10, costituita da grandi lastre di tufo e coperta da varie lastre tufacec poste di traverso. Purtroppo i dati di scavo riguardanti la struttura della tomba sono incompleti, ma da quanto si è potuto ricavare, si deduce si possa trattare di una sepoltura a semicamera, vista la concezione strutturale a grandi blocchi squadrati di tufo e la copertura con varie lastre dello stesso materiale poste trasversalmente. 1I corredo, sequestrato e in seguito portato nel Museo Nazionale di Taranto, dove è tuttora conservato, comprendente almeno una trentina di esemplari, era costituito unicamente da ceramiche a figure rosse tardo-apule, ceramiche nello stile di Gnarhia e ceramiche a vernice nera; a questo complesso si aggiungono, secondo un verbale del 21 luglio 1929, un nucleo di bronzi, costituito da armi difensive e offensive, una lekanis a figure rosse e altre ceramiche. La definizione contestuale di tali reperti appare piuttosto problematica, in quanto in occasione del rinvenimento della tomba c del conseguente sequestro del materiale archeologico recuperato, non viene fatta alcuna menzione del nucleo dei bronzi e delle altre ceramiche (una lekanis ed uno skyphos in frammenti a figure rosse). Tra l'altro si verificò un contenzioso per la proprietà del corredo tra il locale Podestà e la Soprintendenza Archeologica, per cui in un primo momento non fu permesso all'assistente G. Villani di prelevare il materiale depositato presso la Caserma della locale * ASBA, MSA, fase. 8 : 3° verbale quindicina. Relazionedel 1 maggio 1837. © JarTa 1888, p. 144; M. MARIN 1981,p. 154. 307
stazione dei Carabinieri. Sebbene la Marin attribuisce alla stessa sepoltura il nucleo di bronzi e i due vasi a figure rosse già menzionati, sulla base del verbale del 21 luglio 1929, per il Lippolis vi sono seri dubbi circa le effettive caratteristiche della scoperta e quindi la pertinenza del nucleo di bronzi e dei due vasi a figure rosse alla stessa tomba. Infatti, la mancanza di indicazioni specifiche al momento del sequestro e il carattere eterogeneo del materiale lascia pensare piuttosto ad almeno due corredi sconvolti o forse, come sembra più probabile, ad una sepoltura plurideposizionale, con inumazione maschile (armi) e femminile distinte, fenomeno peraltro piuttosto diffuso nella Peucezia. Quasi certamente alla deposizione femminile potrebbero appartenere il lebes gamikos, Vhydria ed una delle due lekanides a figure rosse, oltre alla pisside di alabastro, oggetti di solito strettamente legati al mondo muliebre. Alla deposizione maschile sarebbero pertinenti il cratere a mascheroni, attribuito al Pittore di Gioia del Colle, che consente di datare la tomba nell’ambito della seconda metà del IV secolo a.C,, le due anfore di tipo panatenaico, i vasi potori a figure rosse e nello stile di Gnathia €, naturalmente, le armi®. Tra le armature rivestono particolare importanza la corazza bivalve corta di tipo italico e soprattutto i resti delle applicazioni in bronzo di uno scudo, di cui si conserva l'episemon in lamina ritagliata e lavorato a sbalzo nella forma araldica del tradizionale cinghiale indigeno L'appartenenza del defunto alla classe militare è sottolineata ulteriormente anche dalle raffigurazioni presenti sul cratere a volute e sulle anfore di tipo panatenaico che tendono ad eroizzare il personaggio sepolto nella tomba, rappresentato proprio come un guerriero circondato dalle sue armi appese all’interno del naiskos. Nei depositi del Musco di Taranto si è rinvenuto altresì del materiale frammentario pertinente al corredo: si tratta, in particolare, di alcuni frammenti di ferro, di frammenti di un piatto a vernice nera c di ceramica acroma di piccolissime dimensioni, non inventariati.
39.1. Cratere a mascheroni apulo a figure rosse Argila depuata, vemice nera lucem "^ Vy beige cun sovraddipintura in bianco, gallo e ross.
hi cm 725, Β. senza anse cm 61,5; diam. orlo em 36. "Taranto, Museo Archeologico Nazion tav. 61431 Attributoal Pittore di Gioia del Colle. 34533520.
Frammentato nel corpo, ricomposto, restaurato. Mascheroni: testa di Medusa a rilievo. Collo: testa femminile a figure rosse, di profilo a sinistra tra motivi floreali;
sopra è un tralcio di edera sinistrorso; sotto, una banda di dentelli in bianco. Lato A: al centro, è raffigurato wn naiskos, costituito da due colonne ioniche, nel quale sono raffigurati, in bianco, un giovane nudo, stante, che si appoggia ad un bastone, con clamide che gli avvolge il braccio sinistro. Il giovane ha uno strigile nella sinistra e una phiale nella destra, che sembra voler offrire a un vecchio seduto su diphros, ammantato, un guerriero; nel tempietto funerario, in alto, sono raffigurati un elmo a pileo e uno scudo. Al di fuori del naiskos, in
© ASATA,Atti per il 1929. Rinvenimentodel 12 luglio 1929;M. MARIN 1981,pp. 179-180. I corredo è inventarato dal n, 61431 al n. 61464. ^ Litrous 1997, pp. 340-344 308
Figg. 161. 39.1. Cratere a mascheroni apulo a figure rosse: lato A (Foto dell'Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica della Puglie)
altoa sinistra, è un giovane nudo, seduto di tre quarti a sinistra sulla clamide, con testa rivolta indietro verso il naiskos, che ha una phiale con offerte nella destra e un bastone nella sinistra. Sotto è una donna stante, con chitone © himation, che ha nella destra abbassata una corona con un nastro e nella sinistra un alabastron bianco. A destra, in alto, è un giovane nudo, seduto di tre quarti a destra con testa rivolta indietro verso il naiskos, che ha nella destra un bastone e nella sinistra una corona. Sotto è una donna stante, con chitone e himation, con piede destro poggiato sulla pedana del naiskos, che ha nella destra un nastro e nella sinistra una phiale con offerte.
Lato B: al centro è raffigurata una stele funeraria, decorata con bende nere, sulla cui sommità è poggiata una grande coppa. A sinistra, in alto, è un giovane udo, seduto sulla clamide, che ha nella sinistra una phiale con offerte; sotto, è una donna stante con corona nella destra e cassetta nella sinistra. A destra, in alto, è una donna seduta con palla nella destra e cassetta nella sinistra; sotto, è un giovane nudo, stante, con clamide che gli avvolge il braccio sinistro, che ha una corona nella destra. Bibliografia: Scart 1959,p. 179, figg. 482 e 51; Lohmann 1979, p. 260, A 709; TrendallCambitoglou 1982, p. 457,n. 172.
309
Fig, 162. 39.1. Cratere a mascheroni apulo a figure rosse: particolare della scena del lato A. (Foto dell'Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica della Puglia)
Fig. 163. 39.1 Cratere a mascheroni apulo afigure rosse: lato B. (Foto dell’ Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica della Puglia) 310
392. Anfora figure rosse
panatenaica
apula
a
Argilla beige depurata, vemice nera lucente, sovraddipinture in biancoe giallo hem 63,5: diam. orlo cm 20,8. ‘Taranto, Museo Archeologico Nazionale Inv, 61432. Attribuita al Sottogruppo del Vaticano X 6, ‘gruppo del Pitore di Varese 360-340 a.
Integra, frammentata alla base, ricomposta; sbreccature nell’orlo. Lato A: a sinistra, donna stante, con chitone e himation intomo al braccio sinistro, con corona nella destra e cista nella sinistra; a destra, giovane nudo stante, appoggiato ad un bastone, con clamide avvolta sul braccio sinistro, con ghirlanda di fiori e una phiale. Entrambi sono raffigurati presso un naiskos, di due colonne ioniche, in cui è raffigurato un giovane guer iero nudo, dipinto di bianco, seduto sulla clamide, con bastone nella sinistra; in alto è una benda. Lato B: tre giovani ammantati Bibliografia: Trendall-Cambitogiou 1978, p. 344,n. 13/37; Lohmann 1979, p. 260, À 710.
393. Anfora panatenaica apula a figure rosse Argilla beige depurata, vernice nera lucente, sovraddipintur in bianco e giallo. hem 61,8; diam. orlo cm 21; diam. piede cm 157. Taranto, Museo Archeologico Nazionale. Inv. 61433. Attribuita al Pittore di Laterza, Gruppo dei Nasi Camus. 3603404.
Integra. Qualche sbreccatura nell’ orlo e sulle anse. Lato A: a sinistra, è una donna stante con tralcio di vite nella destra abbassata
€ phiale con manico antropomorfo, a cui è fissato un lungo nastro, nella sinistra A destra, è un giovane nudo, stante, con clamide che gli avvolge il braccio sinistro, con ghirlanda di rosette nella destra e bastone nella sinistra, Entrambi sono presso un naiskos, in cui è raffigurato un giovane nudo, stante, con clamide sul braccio sinistro, che ha una phiale ombelicata nella destra e un bastone nella sinistra; nel naiskos sono raffigurati una palla bianca e due phialai. Lato B: due giovani ammantati Bibliografie: Trendall-Cambitoglou 1978, p. 330, 0, 12/119; Lohmann 1979, p.260, À 711
39.4. Oinochoe apula a figure rosse Argilla beige depurata, vernice nera lucente, sovraddipinture in bianco e giallo. hem 28; diam. orlo cm 12; diam. piede cm 8,2 “Taranto, Museo Archeologico Nazionale. In 61434. Attribuita al Pittore di Newark 50.320, Gruppo dei pitori dell’Anfora c di Armidale, cerchia del Pitore di Ganymede 340-330 C.
Forma 5 (Trendall-Cambitoglou): Olpe. Integra, qualche sbreccatura sull’orlo, lievi scrostature della vernice. Piede a cercine, corpo ovoidale, collo a profilo concavo, bocca rotonda con risega nella parte inferiore, ansa a bastoncello. Sul corpo, a sinistra, è raffigurata una donna seduta su una pila di rocce, vestita con chitone e riccamente ingioiellata, con tirso nella destra e phiale nella destra. Di fronte è un erote, stante, con piede destro poggiato su una roccia, che ha un ventaglio nella destra e uno specchio nella sinistra Bibliografia: Trendall-Cambitoglou 1982, p. 812,n. 25/1605.
an
39.5. Hydria apula a figure rosse Argilla beige depurata, vemice nera lucente, sovraddipinture in bianco e giallo. hem 344, ‘Taranto, Museo Archeologico Nazionale. Ins 61435, Non attribuita. Seconda metà del IV secolo a.C. È raffigurato un naiskos.
Bibliografia: Lohmann 1979, p.260, A 712.
39.6. Oinochoe apula a figure rosse Argilla beige depurata, vernice nera lucente, sovraddipinture in bianco e giallo. hem 26,4; h. con ansa cm 30,5; diam, piede em 73. Taranto, Museo Archeologico Nazionale, Inv 61436, Atribuia al Pittore di Newark 50.320, Gruppo dei pittori dell'Anfora e di Armidale, cerchia del Pitore di Ganymede 3403302.
Figg. 164-165. 39.2. Anfora panatenaica apula a figure rosse: lati A e B (Foto dell'Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica della Puglia)
312
Forma 1: oinochoe trilobata su alto piede (Trendali-Cambitoglou). Ricomposta. Lacunosa, mancano alcuni frammenti reintegrati. Sbreccature nell'orlo e nell'ansa, licvi scrostature della vernice. Piede campanulato, sagomato e modanato, corpo ovoidale, spalle leggermente oblique, collo troncoconico, bocca trilobata, ansa a nastro con costolature impostata verticalmente sull'orlo c sul corpo, con maschere femminili a rilievo alle attaccature, Sul corpo è raffigurato un erote, seduto su una pila di rocce, che ha nella destra un grande contenitore aperto con una focaccia; tra le ginocchia è un ventaglio. Bibliogr Trendall-Cambitogion 1982, p. 812, , 25/159.
39.7. Lekanis apula a figure rosse Argilla beige depurata, vernice nera lucente, sovraddipinture in bianco e giallo. ‘em con coperchiocm 172; h. coppa cm 8,2; b. coperchio cm 9; diam. 20,1 Taranto, Museo Archeologico Nazionale. Inv, 61437. Attibuia αἱ Ῥίον di Newark 50.320, Gruppo dei piter dell'Anfora e di Armidale, cerchia del Pittore di Ganymede 340-320 ac
Integra. Piedeadanello, vascaprofonda a profilo convesso, orlo verticale, anse a nastro; coperchio con orlo verticale, pareti oblique a profilo convesso, pomello da presa a disco sagomato e modanato con risega. Su entrambi i lati è raffigurato un erote inginocchiato con tralcio di vite nella destra e specchio nella sinistra; una phiale ed una rosetta sotto di lui. Ai lati palmette c gira Bibliografia: Trendall-Cambitoglou 1982, p. 812,n. 25/1608.
39.8. Lebes gamikos apulo a figure rosse Argilla beige depurata, vernice nera lucent sovraddipintre in bianco e giallo h con anse cm 27,2;b. em 189; h. coperchio cm 9,2; diam. olo cm 6,9; diam. piede cm 7,7. Taranto, Museo Archeologico Nazionale. Ins 61438, Attribuito al Pittore di Baltimora 330-3204 C.
Ricomposto. Piuttosto lacunoso, anse restaurate, integrate € riattaccate; manca un bottone su un'ansa. Piede a disco sagomato, stelo cilindrico, corpo ovoidale, spalle orizzontali, anse a nastro con costolature impostate verticalmente sulle spalle; quattro bottoni sulle spalle, bottoni sulle anse; il coperchio ha l'orlo verticale, vasca poco profonda a profilo convesso, pomello da presa a forma di piccolo alabastron. Decorazione coperchio: sul
Figg. 166-167. 393. Anfora panatenaica apula a figure rosse: lati A e B (Foto dell'Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica della Puglia).
313
6& 9
Figg. 168-169. 39.4. Oinochoe apula a figure rosse (Foto dell’ Au-tore, cortesia Soprintendenza Archeologica della Puglia).
Figg. 170-171. 39.6. Oinochoe apula a figure rosse (Foto dell'Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica della Puglia)
Figg. 172-173. 39.7. Lekanis apula a figure rosse (Foto dell'Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica della Puglia) 314
Figg. 174-175. 39.8. Lebes gamikos apulo a figure rosse: lati A e B (Foto dell'Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica della Puglia).
pomello, testa femminile di profilo a sinistra; sul corpo ghirlanda di rosette, sull’orlo motivo ad onda sinistrorso. Lato A: a sinistra è un erote seduto con corona nella destra e "xilofono" nella sinistra; a destra, è una donna seduta su una pila di rocce che appoggia la destra sulla spalla dell’erote, mentre mella sinistra ha uno specchio; nel campo, una phiale c un alabastron. Ai lati, girali e palmette, Lato B: erote seduto su una pila di rocce, che porta nella destra una corona di foglie di lauro, una phiale ed una cista,
nella sinistra ha un tamburello; nel campo, una benda. Ai lai, girali e palmette. Bibliografia: Trendall-Cambitoglou 1982, pp. 874-875,n. 27/89. 39.9. Phiale apula a figure rosse illa beige depurata, vemice nera lucente, sovraddipintur in bianco e giallo. ‘n em 105; b. con anse cm 15; diam. cm 37,7 diam. piede cm 13,2; h bottoni em 1,5; h piede E Taranto, Museo Archeologico Nazionale, Inv. 61439. Attribuita al Pittore di Newark 50.320, Gruppo 315
Fig. 176. 39.9. Phiale apula a figure rosse: decorazione figurata del tondo interno (Foto dell’ Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica della Puglia). dei pitori dell'Anfora e di Armidale, cerchia del Pitore di Ganymede, 340-320 a.
Integra. Qualche sbreccatura nell’orlo, Piede ad anello, vasca profonda a profilo convesso, orlo piatto, anse a nastro, Con costolatura centrale, | impostate verticalmente sull’orlo con tre bottoni alla base a forma di rosette bianche. Orlo risparmiato. Alle estremità piccole strisce nere verticali, parallele, dipinte su una banda risparmiata. Disegno di base all’esterno: motivo ad onde. 316
Decorazione figurata; nell'interno, erote seduto su una pila di rocce, di profilo a destra, con un piatto contenente una torta nella sinistra, mentre la destra è appoggiata sulle rocce; nel campo, albero di mirto con rami e frutti bianchi, rosette € foglie di lauro. La decorazione figurata è circondata da un motivo ad onda sinistrorso e, proseguendo verso l'esterno, da un tralcio di edera. All'esterno, su entrambi i lati, testa femminile di profilo a sinistra tra due bende. Ai lati, girali e palmette.
Figg, 177-178. 39.9. Phiale apula a figure rosse: estemo (Foto dell'Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica della Puglia)
Bibliografia: — Schneider-Hermann — 1977, 1.46,n. 5, Trendall-Cambitoglou 1982, p. 812, 225/160.
di profilo a destra, con la testa rivolta indietro verso la donna, con tirso nella sinistra (Dioniso?)
39.10. Piatto da pesce apulo a figure rosse
Bibliografia: Trendall-Cambitoglou 1982, p. 158, 0.23053
Agila arancio depurata, vernice nera lucente, sovraddipintura in bianco e giallo. hem 48; diam. em 20,8; diam. piede cm. ‘Taranto, Museo Archeologico Nazionale. Inv 61440, Attributo al Pitore Binningen. 3503404 C.
Integro. Piede ad anello, orlo verticale e revoluto, vasca leggermente concava. Sull'orlo è un tralcio di edera sinistrorso. Sono raffigurati una canna a strisce, una seppia e un labro. Bibliografia: Me Phee-Trendall 1989,p. 129, n.120;
39.11. Oinochoe apula a figure rosse Argilla beige depurata, vemice nera lucente, sovraddipinture in bianco e giallo. Βα con ansa cm 302; diam. piedeem 6. Taranto, Musco Archeologico Nazionale. Inv. 61442. Attibuita al Gruppo delle Donne Sedute, cerchia del Pitore della Patera 3403204.
Integra. Piede scrostato, attacco posteriore dell’ansa mancante. Piede campanulato, corpo ovoidale, collo troncoconico, bocca trilobata, ansa a nastro, con due costolature centrali, sormontante impostata verticalmente. Sul corpo, a sinistra, è raffigurato un erote con alabastron nella destra, che sembra voler dare ad una donna seduta su una cista. La donna, con le spalle rivolte all'erote, che ha una fiaccola nella destra e una phiale nella sinistra. A destra, vicino alla donna, con la quale sembra colloquiare, è giovane nudo, seduto sulla clamide, 318
39.12. Oinochoe apula a figure rosse Dimensioni sconosciute. ‘Taranto, Musco Archeologico Nazionale. Tn. 61441, mancante?
Lacunosa, manca una parte dl labbro. Bibliografia: Marin 1981, p. 180.
39.13. Rhyton apulo a testa di bue. Argilla beige depurata, vernice nera lucente, sovraddipinture in bianco e giallo 3. conservata em 17. Taranto, Museo Archeologico Nazionale ἴων. 61443, Seconda metà del IV secolo a.C.
Lacunoso, è conservata la parte inferiore, manca parte del collo e tutto il labbro. È rappresentata una testa di bue,
con i particolari incisi c a rilievo; gli occhi sono ottenuti a risparmio, l'iride è disegnata in nero. Della decorazione figurata del collo si conserva la figura di un erote seduto, di profilo a destra, su una pila dî rocce, su cui appoggia la mano destra; il resto della rappresentazione è perduto. Bibliografia: Marin 1981, p. 180.
39.14. Rhyton apulo a figure rosse a testa di cane laconico Argilla arancio, vernice nera completamente perdu hem 22; diam. orlo em 87. ‘Taranto, Museo Archeologico Nazionale. Inv 61444, Seconda metà del IV secolo ac.
Lacunoso, mancano le orecchie, parte del muso e la parte posteriore del collo. Vernice nera e decorazione dipinta completamente perdute. Bibliografia: Marin 1981, p. 180
39.15. Kantharos apulo a figure rosse Argilla beige depurata, vernice nera lucente, sovraddipinture in bianco e giallo h . cm 128; h. con anse cm 15; diam. orlo em 944; diam. piede cm 5,4. anto, Museo Archeologico N: Inv. 61445, tributo al Pitore di Baltimora. 330-320.
Integro. Piede restaurato, Piede ad anello modanato, fusto sagomato a metà altezza, corpo troncoconico, orlo svasato, anse a nastro impostate verticalmente sull’orlo e obliquamente sul corpo. Lato A: donna seduta su una pila di rocce, di profilo a destra, con phiale e palla; la scena è inquadrata da due colonnine. Lato B: donna seduta su una pila di rocce, di profilo a destra, con due phialai e una palla; la scena è inquadrata da due colonnine. Bibliografia: Trendall-Cambitoglou 1982, p. 876,n. 27/110
39.16. Kantharos apulo a figure rosse Argilla beige depurata, vernice nera lucente, sovraddipinture in bianco e giallo hi cm 13,1; con anse cm 15,5; diam. orlo cm 99; diam. piede cm 5,5. Taranto, Musco Archeologico Nazionale. Inv 61446, Atribuito al Pittore di Baltimora 3303204C.
Integro. Restaurata un'ansa, piede scrostato. Piede ad anello modanato, fusto sagomato a metà altezza, corpo
Fig. 179. 39.10. Piatto da pesce apulo a figure rosse (Foto dell'Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica della Puglia). troncoconico, orlo svasato, anse a nastro impostate verticalmente sull’orlo e obl quamente sul corpo. Lato A: Dioniso seduto sulla clamide, di profilo a destra, con tirso nella destra e phiale con offerte e tralcio di vite nella sinistra. Sotto, un alabastron; dietro, un thymiaterion. La scena è inquadrata da due colonnine. Lato B: donna seduta su una pila di rocce, di profilo a destra, con phiale nella sinistra. La scena è inquadrata da due colonnine. Bibliografia: Trendal-Cambitoglou 1982, p. 876, n. 27/1105.
39.17. Kernos apulo a figure rosse. Argilla rosata, vernice nem lucente, sovraddipinture in biancoe giallo. ^h. coppa cm 6,7; diam. coppa cm 7,1; h. max em 194. ‘Taranto, Museo Archeologico N ionale
Figg. 180-182. 39.11. Oinochoe apula a figure rosse (Foto dell’ Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica della Puglia). Inv 61447. Seconda metà del TV secolo a.C.
Integro. Vernice nera scrostata in alcuni punti, sbreccature | nell'orlo; manca un coperchio. Piede ad anello, vasca profonda a profilo convesso, orlo verticale, labbro estroflesso. Dal centro delle tre coppette parte una colonnina che termina in alto con un capitello, su cui è appoggiata una coppetta con coperchio e pomello da presa. Decorazione: sul coperchio della coppetta, motivo a rosette; sulla coppetta, testa femminile di profilo a sinistra; ai lati, palmette. Sulle coppette, testa femminile di profilo a sinistra; ai lati, palmette e girali. Sotto i coperchi è incisa una lettera greca: A. Bibliografia: inedito. 320
39.18. Oinochoe apula a figure rosse Argilla beige depurata, vernice nera lucent, sovraddipinture in bianco e giallo. hem 9,7: diam. orio em 7,5 Taranto, Museo Archeologico Nazionale. In. 61448, Attribuitaal Gruppo Menzies, cerchi de pittori della Paterae di Ganymede, piccoli vasi. 3403204.
Forma 8 N (Mugs) Restaurata, lacunosa, manca buona parte del labbro che è stata integrata con aggiuntadi gesso. Apoda, corpo ovoidale, labbro fortemente estroflesso, ansa a bastoncello, con nodo di Eracle quasi a metà, impostata orizzontalmente sul labbro e sul corpo. Decorazione: sul labbro, tralcio di edera; sul corpo, a sinistra, donna seduta su una pila di rocce, di profilo a destra,
Fig. 183. 39.13. Ripton apulo configurato a testa di bue (Foto dell'Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica della Puglia).
Fig. 184. 39.14. Rhyion apulo configurato a testa di cane laconico (Foto dell'Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica della Puglia.
Figg. 185-186. 39.15. Kantharos apulo a figure rosse: lati A e B (Foto deli’Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica della Puglia)
Fig. 187. 39.16. Kamharos apulo a figure rosse (Foto dell'Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica della Puglia)
Fig. 188. 39.17. Kernos apulo a figure rosse (Foto dell’ Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica della Puglia).
con corona nella destra e phiale con offerte e palla nella sinistra. Di fronte, è un erote stante con specchio nella destra e corona nella sinistra; nel campo, ramoscello con foglie di lauro e bacche. Ai lati, palmette e giral. Bibliografia: Trendall-Cambitoglou 1982, p. 833, n 26/185. 39.19. Pentolino rituale Argilla rosastra con inclusi calcare fn cm 79; diam. orlo em 5. Taranto, Museo Archeologico Nazionale. Inv, 61449. Seconda metà del IV secolo a.C.
Integro. Sbreccato e incrostato. Fondo piatto, corpo globoso, breve collo a profilo concavo con labbro svasato; ansa a nastro impostata orizzontalmente sul corpo e sull’orlo. Bibliografia: M. Marin 1981,p. 180.
39.20. Coppetta monoansata a fasce Argilla camoscio, vemice rossa. I. cm 5; con ansa cm 6; diam. orlo cm 13, ‘Taranto, Musco Archeologico Nazionale. Inv, 61450. Seconda metà del IV secolo a.C.
Integra. Qualche sbreccatura nell'orlo; lievi incrostazioni nella vasca. Apoda con vasca a calotta a profilo convesso, oro lievemente rientrante; ansa ἃ cordolo orizzontale impostata appena liquamente al di sotto dell’orlo e appena obliqua verso l'alto. La decorazione consiste in una linca all’estemo della vasca, una larga banda all'interno della vasca sotto l'orlo, due linee concentriche, un anello circondato da una larga banda rossa e da una linea concentrica all'interno. Coperta di vernice l’ansa. Bibliografia: inedita. 322
39.21. Skyphos sovraddipinto policromo Argilla beige con ingubbiatura rosta, vernice nera metallica, sovraddipinture in bianco c giallo. hem 11,4 diam. orlo em 10,2, diam. piedeem 48 Taranto, Museo Archeologico Nazionale, Ins 61451 Seconda metà del IV secolo a.C.
Ricomposto. Restaurato, lacunoso, mancano alcuni frammenti del corpo, che sono stati integrati, e un'ansa. Piede a disco, corpo ovoidale, anse a nastro orizzontali. Decorazione: sulla fronte, dall'alto in basso, fila di dentelli, serie di S, serie di punti, tralcio di vite, fiori e al centro uno specchio. Sul retro, dentelli, tralcio di edera e fio Bibliografia: inedito
39.22. Skyphos apulo a figure rosse Argilla rosata, vemice nem lucente, sovraddipinure in bianco e giallo. h. em 15,6; diam, orlo em 122e 13,6; diam piede em 63. “Taranto, Museo Archeologico Nazionale. Ins 61452, Attribuibile al Gruppo Menzies. Seconda metà del IV secolo a.C.
Ricomposto. Restaurato; lacunoso, mancano frammenti dell'orlo e del corpo; orlo deformato. Piede a disco, corpo ovoidale, anse a nastro impostate orizzontalmente sull’orlo. Lato A: donna in corsa verso sinistra con la testa rivolta indietro, che ha un tralcio di vite nella destra e una cassetta aperta nella sinistra. Nel campo, un tamburello, bende e girali. Ai lati, palmette. Lato B: satiro che si dirige verso un pilastrino sepolcrale, con cassetta e. specchio nella destra e tamburello nella
sinistra. Nel campo tralci di vite, bende e foglie di edera. Ai lati, palmette e girali. Bibliografia: inedito 39.23. Cup-skyphos apulo a figure rosse Argilla rosata, © vernice nera _ lucente, sovraddipinture in bianco e giallo. hem 10; diam. orlo em 11,3; diam. piede em 54. "Taranto, Museo Archeologico Nazionale. Inv. 61453. Seconda metà del IV secolo a.C.
Ricomposto, restaurato. Lacunoso, mancano parti del corpo, dell’orlo e un’ansa, reintegrati con plastilina. Piede a disco, corpo ovoidale, anse a cordolo impostate orizzontalmente sull’orlo. È bile solo la scena raffigurata su un lato. È rappresentata una donna stante, di
profilo a sinistra, con phiale con offerte nella destra e corona nella sinistra. Bibliografia: inedito. 39.24. Pisside in alabastro h conservata cm 3,5; diam. piede cm 12,3, "Taranto, Museo Archeologico Nazionale Inv 61454, Seconda metà del IV secolo a.C.
Frammentaria, il piede e parte il coperchio e Piede a disco con corpo cilindrico.
lacunosa. del corpo, parti della costolatura
Rimane mancano scatola. centrale,
Bibliografie: M. Marin 1981,p. 180
39.25. Tripode Ferro, lamina martellata. dh. conservata cm 24. “Taranto, Museo Archeologico Nazionale Inv. 61455, Seconda metà del IV secolo a.C.
Frammentato lacunoso, manca metà delcerchioe i due piedi. L'esemplareaveva una forma circolare ed era stato realizzato unendo a un cerchio tre piedi in lamina e tre rinforzi triangolari superiormente. Bibliografia: M. Marin 1981, p. 180. 39.26. Chiodo o Spiedo miniaturistico Fer. Lungh em 21,1 Taranto, Museo Archeologico Nazionale. In. 61456. Seconda metà del IV secolo a
Integro. Evidenti tracce di comosione. Struttura quadrangolare, piegato all’estremità superiore. Bibliografia: M. Marin 1981, p. 180. 39.27. Corazza anatomica bivalve Lamina di bronzo, lavorata a sbalzo. Viva anteriore: b. cm 28; largh, max cm 295. "Taranto, Museo Archeologico Nazionale. Ins 61457. Seconda metà del IV secolo a.C.
Ricomposta; lacunosa, manca la valva posteriore di cui si conservano alcuni frammenti; rotta la parte superiore destra della valva anteriore. Forma grossomodo quadrangolare. Su entrambi i lati, lungo i margini, una serie di fori erano funzionali al fissaggio dell'imbottitura intera. in cuoio o in altro materiale deperibile. Il modellato anatomico è ottenuto a sbalzo. Sulla valva anteriore sono evidenziate in maniere sommaria le muscolature dell'addome. Due tracce di agganci alle estremità laterali Bibliografia: Lippois 1997, p. 340,n. 120.1
323
Figg. 189-190. 39.18. Oinochoe apula a figure rosse (Foto dell'Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica della Puglia).
Fig. 191. 39.19, Pentolino rituale (Foto dell'Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica della Puglia)
© © Figg. 192-193. 39.20. Coppetta monoansata con decorazione a fasce (Foto dell’ Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica della Puglia)
324
Figg. 194-195. 39,21. Skyphos sovraddipinto policromo (Foto dell'Autore, cortesia della Soprintendenza Archeologica della Puglia)
VV
Figg, 196-197. 39.22. Skyphos apuloa figure rosse (Foto dell'Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica della Puglia)
"v
Figg. 198-199. 39.23. Cup-Skyphos apulo a figure rosse (Foto dell’ Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica della Puglia). 325
sono applicati. Gli attacchi sono del tipo a palmetta conico molto affusolato. Sono presenti anche due ganci con attacco a verga serpentiforme. I ganci sono piuttosto ossida. Bibliografia: Lippolis 1997, p. 340, n. 1202-4. Fig. 200. 39.24. Pisside di alabastro (Foto dell’ Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica della Puglia)
39.29. Puntale di giavellotto (?) Piombo. Lungh. cm 5,8. Taranto, Musco Archeologico Nazionale. Inv. 61459. Seconda metà del IV secolo a.C. Forma lanceolata, | Ossidato
leggermente contorto.
τε Fig. 201. 39.25. Tripode in ferro (Foto dell'Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica dela Puglia) 39.28. Cinturone Lamina di bronzo ritaglata; lavorata a sbalzo Frammento maggiore h. max em 9,5; lungh. max. cm 58,5; frammento minore h. max cm 9,5; lungh. max ganci em 13,5. Taranto, Musco Archeologico Nazionale. Inv. 61458. Seconda metà del IV secolo a.C.
Ampiamente restaurato, lacunoso e ossidato. Lamina sbreccata in più punti. Si tratta di un cinturone a larga fascia che presenta lungo i margini dei forellini funzionali al fissaggio dell'imbottitura terna in cuoio. I ganci sono del tipo a palmetta, sono ottenuti a fusione piena e 326
e
Bibliografia: Lippolis 1997,p. 344, n. 120.11 39.30. Frammenti di spiedi Ferro. Lungh em 19. Taranto, Musco Archeologico Nazionale. Inv. 61460. Seconda metà del IV secolo a.C. Ossidati e lacunosi. Bibliografia: Lippolis 1997, p.344, n. 120.12 39.31. Coltello Ferro. Frammento maggiore, lungh, max cm 11. Taranto, Musco Archeologico Nazionale Inv. 61461 Seconda metà del IV secolo a.C.
Frammentario. Lacunoso e ossidato. Si conserva parte del manico in legno, lama ad un sol tagliente. Bibliografia: Lippolis 1997,p. 44, n. 120.13 39.32. Lekanis apula a figure rosse Argilla beige depurata, vernice nera lucente, sovraddipinure in bianco, gialloe rosso
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Fig. 202. 39.26. Chiodo o spiedo miniaturistico in ferro (Foto dell'autore, cortesia Soprintendenza Archeologica della Puglia). hi cm 5,5; diam. orlo cm 10,5; diam. piedeem 5,Iseoperchio. cm 5,2; diam coperchiocm9,9. Taranto, Museo Archeologico Nazionale, Inv 61462. Seconda metà del IV secoloa.C.
Il coperchio e la coppa non sono pertinenti in quanto non combaciano: la coppa appartiene alla classe sovraddipinta monocroma in rosso, mentre il coperchio appartiene alla classe apula a figure rosse. Sul coperchio, teste femminili di profilo a sinistra tra palmette. Sul corpo: decorazione a meandro curvilinco spezzato sovraddipinta in rosso. Bibliografia: Lippois 1997, p. 34, n. 120.14
39.33. Skyphos apulo a figure rosse Argilla beige, vernice mer lucente, sovraddipinture in bianco e illo h. max frammento maggiore cm 7,5; h. ram mento minore em 6. Taranto, Museo Archeologico Nazionale. Inv. 61463, Seconda metà del IV secolo a.C.
Frammentario, lacunoso. — Si conservano solo tre frammenti: un frammento con orlo e parte di parete, con la raffigurazione di una testa femminile. di profilo a destra; un frammento di orlo e parete con la raffigurazione di un erote stante, di profilo a sinistra, con ghirlanda
di rosette nella destra e specchio nella sinistra; un frammento di orto © parete con l’immagine di una figura maschile stante, di profilo a destra, con un bastone nella destra È possibile che i frammenti appartengano a più vasi Bibliografia: inedito, 39.34. Episemon di scudo Lamina di bronzo rtagl Lungh. max em 48,5; h. max em 32,5, Taranto, Musco Archeologico Nazionale. Inv 61464 Seconda metà del IV secolo a.C.
Lacunoso, ricomposto da frammenti. Lamina ritagliata e lavorata a sbalzo, che raffigura un cinghiale in posizione araldica, di profilo a sinistra. L'occhio è forato, forse per l'applicazione di una pupilla colorata în altro materiale, probabilmente avorio o pasta vitrea. Le orecchie, il modellato del corpo e le zampe sono rese a sbalzo, mentre altri particolari, come la criniera sono resi con delle raffinate incisioni. Bibliografia: Lippolis 1997, p. 340, n. 1205.
327
Fig. 203. 39.27. Corazza anatomica bivalve di tipo italico (Foto dell’ Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica della Puglia).
39.35. Applicazione di scudo Bronzo. Lungh. em 3. ‘Taranto, Museo Archeologico Nazionale. Inv sa. Seconda metà del IV secolo a.C.
Maniglia applicata ad un elemento bilobato. Ossidata. Bibliografia: Lippoli 1997, p. 344,n. 1207.
39.36. Applicazione di scudo Bronzo. Lungh. em 22. “Taranto, Museo Archeologico Nazionale Inv. sa Seconda metà del IV secolo a.C.
Come sopra. Bibliografia: Lippolis 1997, p. 344, n. 1208. 328
39.37. Applicazione di scudo Bronzo. Lungh. em 53; largh. em 22. Taranto, Musco Archeologico Nazionale Inve sin Seconda metà del IV secolo a.C. Lamina sagomata con elemento lanceolato, Ossidata Bibliografia: Lippolis 1997, p.34,n. 1209. 39.38. Anello Bronzo. Diam. cm 1 ca. Taranto, Museo Archeologico Nazionale Im sn Seconda metà del IV secolo a.C. Ossidato. Bibliografie: Lippoli 1997,p. 344, n. 120.10.
Figg, 204-205. 39.28. Cinturone in bronzo, con placca di chiusura (Foto dell'Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica della Puglia) 329
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Fig. 206. 3928. Ganci di cinturone (da Atleti e guerrieri 1997, tav. 120, 4).
Fig. 207. 39.29.31. Puntale di giavellotto, frammenti di spiedi c coltello in ferro (da Atleti e guerrieri 1991, fig. 120,13)
SP
4.
Fig. 208. 39.32. Lekanis apula a figure rosse (Foto dell'Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica della Puglia). 330
Fig.209. 39.33. Frammenti di skyphos apuloa figure osse (Foto dell'Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica della Puglia)
Fig. 210. 39.34. Episemondi scudo in bronzo raffigurante un cinghiale di profilo (Foto del’ Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica della Puglia).
Il,b — Rinvenimenti all'esterno del centro storico Settore settentrionale
40 — Tombe rinvenute lungo Via Piave (già Strada S. Angelo)
Aldi là della Porta Nuova, detta anche Porta S. Angelo, situata all'angolo dell'attuale CorsoG. Jatta con via Cattedrale, andando verso nord vi era la strada dettaS. Angelo, oggi Via Piave, che prendeva il nome dall'omonima chiesa innalzata sul vertice settentrionale della collina, su cui si trovava la città, a fianco del Convento dei Minori Osservanti. La contrada intorno al convento prese il nome di contrada S. Angelo, mentre i luoghi situati al di sotto del convento, sul pendio che guarda verso i’ Adriatico, vengono indicati come situati nei tenimenti detti "Sotto Sant’ Angelo” e "Stutafuoco" Sin dall’agosto del 1825 i fratelli Giulio e Giovanni Jatta ottennero il permesso di eseguire scavi nei loro fondi siti nel tenimento denominato “Stutafuoco” sotto S. Angelo. Allo stesso modo ebbero il permesso di scavare anche nel Fondo Marasco ὃ in altri fondi”. Da alcuni atti della Commissione dei Regi Scavi di Ruvo del 9 febbraio 1836 e da una lettera di Giulio Jatta del 25 marzo 1836 si apprende che circa due anni addietro, cioè nel 1834, Giulio Jatta rinvenne nel predio sotto S. Angelo, in una tomba, una notevole che cedette gratuitamente a Donato Fatelli. Quest'ultimo quantità di frammenti ceramici riuscì a ricomporre da questi frammenti un rhyton a testa di Icone, incompleto, che lo stesso Jatta acquistò per 10 ducati, oltre ad un «piccolo lacrimale (una lekythos) alto 2/3 di palmo, con due figure di donne, un erote ed una menade», nonché vari frammenti di vasi fini e rustici, molti dei quali sforniti di colore”.
© ASA, MSA, fase. 106: “Sorpresa fatta în casa del restauratore Vincenzo Sbani per trovare vasi antichi ASBA, MSA, fas 106: lettera del 25 marzo 1836 ; M. MARIN 1981, pp. 154-155. 333
41 — Tomba rinvenuta in Via Piave (già Strada S. Angelo) Nel 1859 G. Jatta junior rinvenne in uno dei suoi fondi suburbani sotto il Convento dei Minori Osservanti una tomba a fossa contenente due va 2 figure nere. Nello stessa sepoltura, dice lo Jatta, fu trovata un’oinochoe, di epoca alquanto posteriore, «opera dei tempi in cui visse il defunto». La kylix, di epocae di stile diverso, secondo lo Jatta, era stata posseduta dal defunto e conservata, forse «dono di qualche ospite». 1 vasi, naturalmente entrarono a far parte della collezione Jatta. Si tratta, in particolare, di una Aylix attica a figure nere del Gruppo di Leagros e di due oinochoai attiche anch'esse a figure nere, una
delle quali a fondo bianco, att
uite al Pittore di Athenae al Pittore di Teseo. La tomba si
ALI. Kylix attica a figure nere
Attribuita alla “Classe R. $., Gruppo del Pittore di Athena 510-490 2€.
può quindi datare tra la fine del VI e gli inizi del V secolo a.C. Argilla arancio, ingubbiatura ocra, vernice nera Tucente a rifessi metallic h cm 7,6; diam. orloem 18,8; diam. piede cm 78. Ruvo, Museo Nazionale Jta. Inv 36093 (=J. 1581). Atribuibile al Gruppo di Leagros. 510.500aC.
Ricomposta. Riattaccato un frammento della vasca; sbreccature sull’orlo. Nell’interno è una figura ammantata seduta con verga nella mano. All'esterno su entrambi i lati, al centro, donna alata € ammantata. Ai lati sono due figure a cavallo con lunghi rami rivestiti di frondi che camminano nella stessa direzione. Alle due estremità, dopo i due cavalieri, sono due guerrieri a piedi, uno dei quali con grosso scudo, e sembrano sostenere anch'essi grossi rami con foglie. Bibliografia: Jatta 1869, p.910, n. 1581
412. Oinochoe attica a figure nere. Argilla arancio, vernice nera lucente a riflessi metallic, sovradipinture in bianco. hom 275. Ruvo, Museo Nazionale ata. Inv. (I. 1600) © IartA 1869, pp. 910.911 334
Piede a disco, corpo ovoidale, collo troncoconico, bocca trilobata, ansa a bastoncello sormontante. Sui corpo è raffigurata la lotta tra Eracle e il leone. nemeo. Nel campo rami con bacche. In alto, a sinistra, arco e faretra; sopra le due figure un mantello sospeso. Bibliografia: Jata 1869,p.911,n. 1600; Beszley. 1956, p.528, n. 32; Andreass 1996,p. 121
41.3. Oinochoe attica a figure nere Argilla rosa arancio, vemice nera lucente a riflessi metallici, fondo bianco. hem 21 Ruvo, Museo Nazionale Jatta. Inv. (1. 1597) Attibuibile al Pittore di Tese, 510-490.
Piede a disco, corpo ovoidale, collo troncoconico, bocca trilobata, fondo bianco. Da sinistra verso destra sono raffigurati un uomo su una biga, un uomo a piedi che tira un cavallo armato con lance e un vecchio con barba che guida la fila. Bibliografie: Jatta 1869, p. 911, n. 1597; Andreassi 1996, p 121.
Fig. 211. 41.1. Kylix attica a figure nere (Foto Archivio Soprintendenza Archeologica della Puglia)
Fig. 212. 41.2.3. Oinochoai attiche a figure nere (da Andreassi 1996, fig. in bassoa p. 121). 335
42 — Tomba rinvenuta in Via Piave (già Strada S. Angelo)
Da una lettera di Giovanni Jatta senior del 26 settembre 1827, si apprende che Giulio Jatta rinvenne, in uno scavo nel fondo suburbano in contrada S. Angelo, una tomba contenente un rhyton attico a testa di ariete, considerato da Giovanni Jatta un bel pezzo di antichità, che è entrato a far parte della collezione. 43-44 — Tombe rinvenute in Via Piave (già Strada S. Angelo) Da alcune lettere di Giovanni Jatta senior indirizzate al fratello Giulio, del 12 e del 15 dicembre 1827, si apprende che, nei giorni precedenti, in uno scavo iniziato in un fondo alle porte di Ruvo, non lontano dalla Porta S. Angelo, si rinvennero delle tombe. Durante le ricerche, rivelatesi difficoltose a causa della composizione del terreno costituito da una qualità di pietra calcarea piuttosto consistente, in uno strato superficiale si rinvennero delle tombe integre, ma considerate di poca importanza perché contenenti materiale ceramico non dipinto, mentre, în seguito, in uno strato più profondo si ritrovarono tombe di grandi dimensioni, ma violate anticamente, nelle quali lo Jatta recuperò due bellissimi vasi che arricchirono la collezione. I vasi furono trovati tra le macerie di due tombe magnifiche di grandi dimensioni, costruite a grandi pezzi di tufo (si tratta, probabilmente, di tombe a semicamera) e poste l'una accanto all'altra, manomesse già in epoca antica. 1 vasi rinvenuti sono piuttosto famosi nella letteratura archeologica: si tratta del cratere protoitaliota del Pittore di Amykos, con la raffigurazione di Fineo e degli Argonauti, e del cratere del Pittore della Nascita di Dioniso, baccellato nel corpo, con la scena della corsa di quattro quadrighe. Il vaso con Finco ¢ le Arpie, precisa lo Jatta, fü rinvenuto in frammenti e, insieme ad altri vasi, fu portato a Napoli per essere pulito e restaurato da don Aniello Sbani, ben noto nelle cronache del tempo come il principale restauratore dei vasi della collezione Jatta. Alcuni esemplari durante il trasporto andarono in frantumi, in quanto si ribalt il traino con le casse che li trasportava, ma fortunatamente quest’ultimo si salvò dal disastro”. La cronologia delle due tombe, pur mancando ulteriori dati sugli altri elementi che componevano i due corredi, oscilla tra l’ul 10 quarto del V e gli inizi del IV secolo a.C. 43.1. Cratere a volute protolucano a figure rosse Argilla nocciola, vernice nera lucente, ritocco hem 57; diam orlo cm 26; diam. piede cm 13. Ruvo, Museo Nazionale ata. Tav. 36820 (+ J. 1095). ^F Jar 1972,p. 71. ^T Jarta 1972, pp. 75-77 336
Attributo al Pitore di Amykos. 4204102.
Ricomposto e ridipinto lungo le fratture; orlo scheggiato. Piede a disco modanato, corpo ovoide rastremato verso il basso; spalla arrotondata, breve collo
Fig. 213 43.1. Cratere a volute protolucano a figure rosse del Pittore di Amykos: lato A, scena con Finco e le Arpie (da Andreassi 1996, fi. a p. 89)
a profilo concavo, modanato; labbro espanso con orlo revoluto e scanalato al taglio; anse a nastro insellato, verticali, decorate lateralmente daelementi vegetali; all’attacco inferiore delle anse, protomi di cigno. Decorazione accessoria: sull’orlo, ovoli; sul labbro, palmette incorniciate; sul collo, ovoli e tralci sinuosi di edera; sulla spalla, finte baccellature; alla base delle scene figurate, meandri intervallati da croci greche. Decorazione figurata: mito di Fineo raffigurato su due registri. In alto, a sinistra, sotto una delle anse, è raffigurata la poppa della nave Argo, con clamide drappeggiata sopra; segue un giovane mudo con calzari e clamide affibbiata sul petto, stante di tre quarti a destra e
armato di elmo, pileo, lancia e balteo dal quale pende la spada. AI centro della scena, Fineo cieco, seduto di tre quarti a destra con testa di prospetto, piede sinistro sull'ipopodion, braccia aperte e scettro terminante con volatile nella destra; indossa chitone e himation, elmo crestato, due baltei incrociati sul petto; sotto i piedi, al limite dei due registr, un tavolino con vivande. Segue uno dei Boreadi all'inseguimento di una Arpia in fuga verso destra con testa retrospiciente. La figura successiva è un giovane nudo seduto di profilo a destra su uno scranno drappeggiato, reggente uno strigile; volge lo sguardo verso Athena, raffigurata al centro, di tre quarti a sinistra, armata di elmo a pileo e lancia; la dea volge le 337
Fig. 214. 43.1. Craterea volute protolucano a figure rosse del Pittore di Amykos: lato B, scena con gli Argonauti (da Andreassi 1996, fig.ap.90).
spalle ad Hermes nudo, con caduceo, clamide e lancia; segue un guerriero nudo con clamide sulle braccia, reggente uno strigile, raffigurato di profilo a sinistra con gamba destra su un rialzo roccioso. L'Argonauta che chiude il registro superiore è seduto su un rialzo roccioso, indossa un elmo di tipo a pileo ed una corta clamide che scende dal braccio sinistro, regge una spada; volge lo sguardo verso il giovane guerriero raffigurato in basso a sinistra, stante di tre quarti a destra, con medesimo abbigliamento e armatura. Seguono una fontana a vasca larga con getto d'acqua proveniente dalle fauci di una protome leonina, un Argonauta, una figura virile in abito orientale, nell’atto di avanzare con lo sguardo rivolto verso 338
Fineo, un Argonauta seduto verso sinistra ma con lo sguardo verso destra dove è raffigurato il secondo Boreade che attacca un’Arpia. L’Argonauta successivo è seduto su una clamide e volge le spalle ad un grande scudo circolare e ad un'anfora. da trasporto con il marchio HE; chiude la scena uno degli Argonauti appoggiato ad uno scudo, nell'atto di giocare con un cane ritto sulle zampe posteriori. I giovani guerrieri sono raffigurati nudi, con clamide, alcuni indossano calzari e petaso, sono armati di lance o spade nel balteo. Nel campo, arbusto, elmi ed una cassetta. Bibliografia: Jata 1869, pp. 503-524, n. 1095; Sichtermann 1966, p. 36, K 40, taw. 6265; Trendall 1967, pp. 47-48, n. 243, tav. 19; Andreas 1996,pp. 89-91
Figg. 215-216. 44.1. Cratere a volute protoapulo a figure rosse del Pittore della Nascita di Dionisio: lati A c B (da Andreassi 1996, figg. a pp. 114-115).
44.1. Cratere a volute protoapulo a figure rosse Argilla beige, ingubbiatura beige-rosata, vemice nera lucente fh. cm 58; diam. orlo em 31; diam. piede em 16. Ruvo, Museo Nazionale Jatta. Inv. 36925 (71. 1494). Attrbuito al Pittore della Nascitadi Dioniso, 410385 a.
Ricomposta la parte inferiore del corpo e la protome destra del cigno del lato A, vernice scrostata in alcuni punti, leggere sbreccature sull'orlo e sul corpo. Orlo revoluto con risega al margine superiore, labbro espanso, alto collo cilindrico dal profilo concavo con risega all'attacco del labbro, breve spalla orizzontale dal profilo continuo con il corpo, corpo ovoide rastremato verso il basso con
baccellatura nella parte superiore, piede cilindrico su base espansa sagomata con solcature concentriche, ansea bastoncello sormontanti con volute fiancheggiate, all’attacco inferiore, da protomi di cigni. Decorazione accessoria: sull'orlo, ovoli; sul labbro, fascia a foglie di lauro; sulla risega superiore del collo, ovoli; sulla parte superiore del collo, fascia con palmette alternate a fiori di loto; sul corpo, sotto la scena figurata, fascia con meandro intervallata da riquadri con motivi a croci e tratti obliqui. Lato A: sul collo, Oreste inseguito da una Erinni. L'eroe, in corsa a destra, volto all'indietro, cerca rifugio presso la pietra omphalos del santuario di Apollo a Delfi, indicato dalla colonna dorica; regge nella mano destra una lancia. Dietro di lui, una Erinni, vestita con chitone, 339
corrente a destra; regge in entrambe le mani dei serpenti. A destra, dietro la colonna, giovane seduto, con arco nella mano destra e ramo di alloro nella sinistra. Nel campo, a sinistra, ramo di alloro, una oinochoe e un bucranio pendente dalla parete. Lato B: sul collo, donna inseguita da due giovani. Tra due giovani nudi, con mantello sulle spalle e bastone nelle mani, giovane donna gradiente a destra, retrospiciente, con specchio nella mano sinistra.
Sulla parte inferiore del corpo, a registro continuo, gara di corsa di tre quadrighe verso destra. Sul lato A, cavallo imbizzarrito di profilo a sinistra, in direzione della quadriga che precede. Sul lato B, due colonne ioniche. Bibliografia: Jata 1869, pp. 713-221, n Jatta 1932, p. 265, fig. 46; Sichtermann 1966, p. 35, tavw. 56-59, K, 38; TrendallCambitoglou 1978,p. 35, n. 37; Di Palo 1987, pp. 183-184; 192-193; Andreassi 1996, pp 114-115; Ruggiero, in Andar per Mare 1998, p.90,n.23.
45-- Tomba rinvenuta su Corso A. Jatta (Tomba "Campanale-Stragapede") Nel 1924, all'altezza dell'incrocio tra via I Maggio e Corso Antonio Jatta, in corrispondenza del civico 61, si rinvenne durante scavi edili una grande tomba di un guerriero, in un sito collocato tra le proprietà appartenenti a Francesco Stragapede e Michele Campanale”. La tomba, costituita da due grandi loculi a sarcofago, ben coperti, presentò un loculo completamente vuoto, mentre l’altro conteneva ricco materiale protoitaliota e resti di un’armatura. Secondo Nicola Stragapede dovevano esserci anche gli schinieri, che tuttavia non si trovano nel Museo di Bari”. L'intero complesso dei reperti fu acquistato dal Museo di Bari il 24 febbraio del 1926, ma è probabile che l'acquisto abbia interessato la parte più pregevole del corredo e che siano state tralasciate tipologie vascolari non figurate, quali quelle a vernice nera o a decorazione lineare, che pure dovevano essere presenti all'intemo della tomba. Facevano parte del contesto uno splendido cratere protoitaliota di scuolà lucana, attribuito al Pittore delle Camee, con la raffigurazione della famosa scena della preparazione del gioco del kottabos, due pregevoli anfore protolucane di tipo panatenaico, attribuite al Pittore di Amykos, con scene legate al mondo della palestra e dell’atletismo, e infine un elmo "apulo-corinzio" in bronzo di destinazione esclusivamente funeraria, per la presenza al posto delle cavità oculari di elementi in pasta vitrea e in avorio. Del pregevole complesso vascolare fanno parte anche vasi potori di scuola protoitaliota, di produzione lucana, ascrivibili all'ultimo decennio del V secolo a.C. che indicano, da parte del defunto, la piena adesione all'ideologia del simposio greco, come è confermato anche dalle scene figurate presenti sul cratere a volute. τ Notizie su questo rinvenimento si trovano nell'Archivio della Deputazione di Storia Patria della Puglia. Nella tomata della Commissione della deputazione del 19 agosto 1924, Michele Gervasio dà notizia del rinvenimento di una grande tomba a Ruvo e del materile giunto a Bari tramite l'nteressamento di Michele Jatta. 7 M. MARIN 1981,pp. 160-164. 340
Si tratta, quindi, di elementi che attestano la posizione privilegiata del defunto, caratterizzato come guerriero nel rituale funerario, ma anche come atleta, in adeguamento a precise scelte ideologiche che connotano le aristocrazie dei centri apuli ellenizzati. La tomba si può datare nel corso dell'ultimo venticinquennio del V secolo a.C.
Fig. 217. 45. Corredo funerario della "Tomba Campanale-Stragapede” (da Società, cultura e sport 1997,p. 45, fig. 1) 341
45.1. Cratere a volute protolucano a figure rosse Argilla rosata, vernice nera lucente ‘n. cm 86; diam. orlo cm 34. Bari, Museo Archeologico Provinciale. Inv. 7694, Produzione iuc Atribuit al Pittore delle Came. 4204102.
Fig. 218. 45.1. Cratere a volute protolucano del Pittore delle Came: lato A, scena della preparazione del gioco del kortabos (da Di Palo 1987, fig. ap. 37).
Fig. 219. 45.1. Cratere a volute protolucano del Pittore delle Carnce: particolare della scena del lato A (da Archeo44, 1988, fig. ap. 61). 342
Piede campanulato; modanatura tra piede e corpo; corpo ovoide rastremato verso il basso, breve spalla a profilo teso, colllo concavo con risega superiore; labbro espanso, modanato; anse verticali a bastoncello, avvolto sul labbro in una voluta. Sbreccature sull'orlo e sulle anse. Decorazione accessoria: sulle anse, tralci di edera; sul labbro, meandro interrotto da riquadri con croci greche e fregio con palmette incomiciate Lato A: a sinistra, è raffigurato Dioniso, avvolto nel mantello che ricade con mossi drappeggi sulle spalle e sull’avambraccio sinistro, col capo cinto da bende, appoggiato ad un bastone contorto; tra il pollice e l'indice sinistro. ha una kylix per il gioco del kottabos che si appresta ad eseguire appena terminata la preparazione della miscela di vino. A questa operazione è intento il satiro raffigurato al centro della scena, che sta versando acqua da un’anfora panciuta entro un cratere a calice con decorazione figurata, poggiato su un pilastro parallelepipedo; i caratteri animaleschi del satiro obeso sono ben evidenziati dal naso camuso, dalla coda e dalle orecchie equine. Di fronte, con le spalle rivolte verso Dioniso, si trova un giovane nudo, rappresentato di profilo, con i capelli trattenuti da un diadema ed un attingitoio nella mano sinistra, usato per prelevare il vino dal cratere. Il suo ruolo è quello di segnare con un'asticciuola il tempo della
musica che una giovane auletissi appresta ad eseguire, portando verso la bocca T'aulós, un altro strumento è stretto nella mano sinistra; la donna veste un chitone di tessuto sottile, fittamente pieghettato e trattenuto sul petto da bretelle incrociate, dal quale traspaiono le forme armoniose della sua nudità. Alle spalle della giovane, un satiro con le braccia protese ed unite verso l’alto, con una gamba ripiegata e sollevata, accenna già i primi passi di danze Lato B: scena di genere composta da quattro personaggi maschilî ammantati, affrontati a coppie; in alto, nel campo, sono appesi un timpano e un aryballos (vaso per unguenti), contenuto în una custodia sfrangiata. Bibliografia: Trendall 1938, p. 35, n. 144, tav. 10,11 a; Trendall 1967, p. 55,n 281, tav. 25,1 M. Marin 1981,pp. 160-164, i. 11; Lbellare 1996, pp. 152-153,n. 19.
45.2. Anfora panatenaica protolucana a figure rosse Argilla camoscio scuro, ingubbiatura dello stesso colore, vernice nera lucente Rem 37,5; diam. oro cm 13,5; diam piede cm 10,6. Bari, Museo Archeologico Provinciale. Inv. 7695. Produzione lucana, Attribuita al Pittore di Amykos. 420-410aC
Integra, scheggiature e abrasioni lungo l'or. Labbro troncoconico con orlo orizzontale piatto; collo cilindrico a profilo concavo con cordoncino rilevato alla base; spalla depressa; corpo ovoide; piede basso ad echino, con breve fusto di raccordo; anse a bastoncello schiacciato, impostate verticalmente al collo ed alla spalla. Decorazione accessoria: su entrambi i lati, ramo d'alloro destrorso
Fig. 220. 45.1. Cratere a volute del Pittore delle Cameo, lato B (da Musici greci im Occidente 1996, fig. a p. 153).
sul collo; pseudobaccellatura sulla spalla; meandro complesso sinistrorso, interrotto da riquadri crociati, al limite inferiore della scena figurata. Lato A: scena di inseguimento. A sinistra è una donna con lungo chitone che corre verso sinistra inseguita da un uomo nudo, con clamide pendente dagli avambracci e con lungo bastone nella sinistra, che tenta di fermarla col braccio destro; a destra è una donna con lungo chitone e mantello che assiste alla scena. Lato B: tre giovani ammantati. Bibliografia: Trendall 1938, p. 36, m. 192; Trendall 1967,p. 45, n. 219; M. Marin 1981, 5.161, fg. 15.
343
Fig. 221. 452. Anfora panatenaica protolucana del Pittore di Amykos (da Jl Museo Archeologico di Bari 1983, tav. 34,1).
Fig. 222. — 453. Anfora panatcnaics protolucana del Pittore di Amykos (da JI Museo Archeologico di Bari 1983, tav. 34,2).
453. Anfora panatenaica protolucana a figure rosse
piede basso ad echino, con breve fusto di raccordo; anse a bastoncello schiacciato, impostate verticalmente al collo ed alla spalla. Decorazione accessoria: in A e D, ramo d'alloro sinistrorso sul collo; pseudobaccellatura sulla spalla; meandro complesso destrorso, interrotto da riquadri crociati, al limite inferiore della scena figurata. LatoA: asinistra, Eros nudo, di profilo a destra, di aspetto giovanile e con le ali în posizionedi riposo, protende con la mano destra un lungo bastone, ben appoggiato a terra, in direzione dell’atleta, raffigurato al centro, completamente nudo, con
Argilla camoscio scuro, ingubbiatura dello stesso colore, vemice nera lucente. A. em 39,5; diam. orlo cm 14,5; diam. piedeem 109. Bari, Museo Archeologico Provinciale Inv. 7696, Produzione lucana. Attribuita al Pittore di Amykos. 42041080.
Integra, scheggiature e abrasioni lungo l'orlo. Labbro troncoconico con orlo orizzontale piatto; collo cilindrico a profilo concavo con cordoncino rilevato alla base; spalla depressa; corpo ovoide; 344
lo strigile nella mano sinistra; alle sue spalle, a destra, una fanciulla vestita di chitone manicato e avvolta nell’himation con capelli raccolti sulla nuca e fermati da un diadema sulla fronte, solleva uno specchio con la mano destra. Lato B: un ammantato tra due rabdofori. Bibliografia: Trendell 1938, p. 35, n. 175; "Trendall 1967,p. 41,n. 184;M. Marin 1981, p. 161, fig. 14; De Julîis 1983, p 65, tav. 342.
454. Oinochoe protolucana a figure rosse Argilla camoscio, vernice nera lucente h. em 29. Bari, Musco Archeologico Provinciale Ins, 7698, Produzione lucana. Attribuita al Gruppo di Schwerin. Fine del V secoloa.
Integra. Lievi sbreccature sul piede e sullorlo. Bocca trilobata, ansa a bastoncello piatta impostata verticalmente sull’orlo e sulla spalla, corpo ovoide, piede a disco. Decorazione accessoria: alla base del collo fregio di ovoli; sotto la scena figurata, meandro complesso interrotto da riquadri incrociati. Sul corpo è raffigurata una menade con tirso nella sinistra in corsa verso sinistra inseguita da un satiro con tirso nella sinistra. Bibliografia: Trendall 1967, p. 68, n. 339, av 32,3;M. Marin 1981,p. 160, fg. 15; De Julis 1983,p. 66, av. 35,1.
45,5. Kantharos protolucano a figure rosse Argilla camoscio, vernice nera lucente. hem 16,7 Bari, Museo Archeologico Provinciale Inv. 7699. Produzione lucana. Attributo al Gruppo di
Fig. 223. 4544. Oinochoe protolucana a figure rosse (da II Museo Archeologico di Bari 1983, tav. 44,1). Schwerin. Fine del V secolo aC.
Integro. Lievi sbreccature sull'orlo. Piede a disco, corpo ovoidale, collo troncoconico, orlo estroflesso, anse a nastro impostate verticalmente sull’orlo € obliquamente sul corpo. Decorazione accessoria: ramo d’alloro destrorso sul collo, pseudobaccellatura sulla spalla. Palmette e girali sotto le anse. Lato A: figura maschile giovanile nuda seduta su una roccia, di profilo a destra, con specchio nella sinistra. Lato B: giovane nudo stante che protende il braccio destro verso un pilastrino funebre. Bibliografia: Trendall 1967, p. 68, n. 340, tav. 324-5; M. Marin 1981, p. 160, fg 15. 345
Fig. 224. 45.5. Kantharos protolucano a figure rosse (da Trendall 1967, tav. 32, 4-5).
45.6. Skyphos protolucano a figure rosse Argilla camoscio, venice nera lucente hem 12. Bari, Museo Archeologico Provinciale. Inv. 7700, Produzione lucana. Atribuito al Pittore di Miniti Fine del V secoloa.C.
Integro. Lievi sbreccature all'orlo. Piede a disco, corpo ovoidale, anse ad anello impostate orizzontalmente sull’orlo. Decorazione accessoria: palmette e girali sotto le anse. Lato A: figura femminile che avanza verso destra, lentamente, con nastro nella destra. Lato iovane nudo stante appoggiato ad un bastone. Bibliografia: Trendall 1967, p. 72, n. 364, tay. 337.
45.7. Skyphos attico a figure rosse Argilla arancio, vernice nera lucente. bom 135, Bari, Museo Archeologico Provinciale. Inv. 7701. Fine del V secolo aC. 346
Integro. Lievi sbreccature sull'orlo e sulle anse. Piede a disco, corpo ovoide, anse a bastoncello impostate orizzontalmente sull'orlo; su un'ansa è una protome animale. Lato A: giovane ammantato in vivace movimento verso destra. Lato B: vecchio Sileno ammantato, stante, di profilo a destra, con un bastoncello nella sinistra. Bibliografia: M. Marin 1981, p. 168, fig. 17. 45.8. Askos attico a figure rosse Argilla arancio, vernice nera lucente. Dimensioni sconosciute. Bar, Musco Archeologico Provinciale. Inv, 7702. Fine del V secoloa.C.
Integro. Qualche sbreccatura sul bocchello e sull’ansa. Vernice nera scrostata in alcuni punti. Apodo, corpo cilindrico, bocchello cilindrico con orlo piatto estroffesso, impostato sul Corpo. Ansa a nastro. Sul corpo sono raffigurate due civette con testa di profilo. e corpo di tre quarti. Bibliografia: M. Marin 1981,p. 164, fig. 18.
45.9. Askos protoitaliota a figure rosse Argilla rosa-arancio, vernice nera lucent. Dimensioni sconosciute. Bari, Musco Archeologico Provinciale Ins 7703. Attribuito dalla Marin a produzione protoFine del V secolo a.C
Apodo, corpo cilindrico, bocchello cilindrico, con orlo piatto, impostato obliquamente sul corpo, ansa a nastro. Sul corpo sono raffigurati un animale col muso allungato accovacciato (un cane) e. un caprone in corsa.
Fig. 225. 45.6. Skyphos protolucano a figure rosse (da Trendall 1967, tav. 33, 6-7)
Bibliografia: M. Marin 1981,p. 164, fig. 19.
45.10. Elmo apulo-corinzio Lamina di bronzo, martellata, patina verdastra. Dimensioni sconosciute Bari, Museo Archeologico Provinciale. Inv, 7697. Fine delV secoloa.C
Restaurato. Lacunoso, manca parte della paragnatide sinistra e l'aletta destra. L'elmo è del tipo E della classificazione del Bottini, cioè completamente chiuso, con paragnatidi e paranaso unite e occhi che assumono una semplice funzione decorativa, che danno all'elmo l'aspetto. di una maschera. Sulle paragnatidi è un motivo anguiforme a sbalzo. Calotta emisferica, sulla fronte a sbalzo e rilievo è resa una capigliatura a ciocche, il paranaso è ritagliato, Sulla sommità della calotta è una ruota a quattro raggi da cui sorge un bastoncello biforcato, il lophos, per reggere il pennacchio. Ha gli occhi di avorio, mancanti delle iridi che dovevano essere di pasta vitrea. Bibliografia: Marin 1981, p. 164; De Julis 1983, p. 81, tax, XXVII; Bottini 1990, pp. 24 25,36, EI
Fig. 226. 45.7-9. Skyphos attico a figure rosse, askos attico a figure rosse, askos protoitaliota a figure rosse (da M. Marin 1981, figg. 17-19). 347
Fig. 227. 45.10. Elmo apulo-corinzio (da /! Museo Archeologico di Bari 1983, tav. XXVII)
46 — Tomba rinvenuta nei pressi di Via Piave (già Strada S. Angelo) Nel 1830 G. Jatta rinvenne in uno dei suoi fondi suburbani, sempre nei pressi del Convento dei Minori Osservanti, una “tomba magnifica” di grandi dimensioni, già violata. (anche in questo caso potrebbe trattarsi di una tomba a semicamera, vista la presenza nella zona di altre strutture funerarie di analoga concezione). Il corredo, naturalmente, fu trafugato, ma fortunatamente alcuni oggetti non furono presi. Sî sa solamente che tra il materiale trovato dallo Jatta rientrava il famoso cratere a calice attico a figure rosse con la “favola di To e Argo”, che andò ad arricchire la collezione Jatta (Catalogo Jatta 1498)", mentre degli altri reperti non si hanno ulteriori notizie. Il cratere è uno degli esemplari più raffinati della ceramica attica del IV secolo a.C., opera del Pittore di Meleagroe ascrivibile agli inizi del IV secolo, in particolare tra il 400 eil390 aC. 7 PATRONI 1897, pp. 130-131 348
46.1. Cratere a calice attico a figure rosse Argilla arancio, venice nera lucente hem 45,5. Ruvo, Museo Nazionale Jatta Inv. 36930 (=. 1498). Attrbuit al Pittore di Meleagro. 400.390 aC.
Integro. Piede campanulato, corpo ironcoconico, labbro estroflesso, anse a bastoncello impostate obliquamente sul corpo. Lato A: in alto, a sinistra è Zeus seduto, di profilo a destra, con scettro nella sinistra e mantello che gli copre le gambe; dietro di lui è una donna stante, coronata, con chitone e himation, che appoggia la sinistra sulla spalla di Zeus. Davanti al padre degli dei è un'altra divinità femminile, riccamente vestita, con scettro nella sinistra; davanti a lei è una donna stante, di profilo a destra, che appoggia la destra sulla spalla sinistra della divinità femminile sopra descritta
In aito, a destra, è raffigurato Argo, dai cento occhi, seduto su una pelle di leone, di profilo a destra, con la testa rivolta indietro; di fronte a lui è una donna stante, vestita con chitone, che ha tra le mani una benda. Nel registro inferiore, al centro è raffigurata lo, affidata in custodia ad Argo, seduta di profilo a sinistra, con himation riccamente decorato che le copre le gambe, che ha la destra sollevata in atto di colloquiare con il personaggio che le è di fronte. Costui è Hermes, con chitone riccamente decorato e clamide avvolta intorno al braccio sinistro, che ha nella destra una spada sguainata con cui si rivolge minacciosamente verso lo. Dietro Hermes è un uomo barbato, nudo, che sembra spaventato dalla scena. Dietro Io è un satiro inginocchiato che sta giocando con una lepre. Lato B: scena di genere con cinque atleti Bibliografia: ata 1869, n. 1498; Beazley 1963, p. 409, n. 9; Andreassi 1996,p. 108.
47- Tomba rinvenuta sotto il Convento dei Minori Osservanti in Via Piave (gi Strada
5. Angelo)
Nel 1861 G. Jatta junior rinvenne in un suo fondo suburbano, situato sulla strada S. Angelo, non lontano dal Convento dei Minori Osservanti, una tomba a fossa già violata da molto tempo, la quale conteneva ancora due bellissimi rhyià attici, uno configurato a testa di ariete, l’altro a testa di pecora”. Entrambi sono entrati a far parte della collezione Jatta (Catalogo Jatta nn. 1721 e 1722): uno è configurato a testa di ariete e sul bicchiere raffigura una Nike, l'altro è configurato a testa di mulo e sul bicchiere è rappresentata la scena dell’inseguimento di una menade da parte di un satiro. Sulla deposizione e su eventuali altri oggetti trovati nella tomba non si hanno altre notizie
PIATTA 1869,p. 991. 349
Fig. 228. 46.1. Cratere a calice attico a figure rosse del pittore di Meleagro (da Andreassi 1996, fig. ap. 108) 350
Fig. 229. 47.1-2. Coppiadi rhytà attici configurati atesta di ariete e a testa di mulo (da Andreassi 1996, fig. ap. 101). 47.1. Rhyton attico a testa di ariete Argilla rosata, vernice nera lucente hem 21 Ruvo, Museo Nazionale Jatta. Inv, 36224 (= J. 1722). Fine del V secolo a.
Integro. Lacunoso, manca un orecchio. Testa di ariete con particolari incisi e a rilievo; bicchiere dal corpo cilindrico, orlo svasato, ansa a nastro impostata orizzontalmente sotto la testa dell'ariete. È raffigurata una Nike, stante, di profilo a destra Bibliografia: Jatta 1869, p. 991, n Andrcassi 1996, p. 101.
. Rhyton attico a testa di mulo Argilla rosata, vernice nera lucent. hem 215, Ruvo, Museo Nazionale Jatta. In 36223 (=. 1721) Fine del V secolo a.C.
Integro. Testa di mulo con particolari incisi e a rilievo; bicchiere dal corpo cilindrico, orlo svasato, ansa a nastro impostata orizzontalmente sotto la testa dell'animale. Sul collo è raffigurata una scena di inseguimento: a sînistra, è un satiro che insegue una menade che ha una fiaccola su entrambe le mani. Bibliografia: Jatta 1869, p. 991, n. 1721; Andreass 1996, p. 101 351
48-50 — Tombe e abitato (51) rinvenuti în Corso A. Jatta
Alla periferia nord-est del centro abitato, in una ristretta area posta tra Corso Jatta € Pestramurale nord, sono stati messi in luce, nel corso di lavori edili, numerosi resti, che documentano diverse fasi di occupazione del sito, comprese fra la prima età del Ferro e Peta ellenistica. L'area, indagata dalla Soprintendenza Archeologica nel periodo agostoottobre 1989, è posta a breve distanza dal sito di una ricca necropoli, nota fin dall'inizio del secolo scorso. Le prime testimonianze di vita sono costituite da frammenti di ceramica d'impasto bruno e di coppe d'impasto nero-lucido, concentrati in alcune zone, negli strati di terreno a contatto con la roccia naturale, da riferire ad un insediamento iapigio, obliterato da strutture più recenti A distanza di alcuni secoli, in età classica, l'area sembra assumere una funzione esclusivamente funeraria, documentata dal rinvenimento di tre sepolture, di cui due del tipo a fossa terragna (tombe 48-49), l'altra a sarcofago (tomba 50), impostata a notevole profondità, in un taglio artificiale del banco roccioso. Le tombe contenevano resti di deposizioni e pochi frammenti di vasi acromi, di vasi decorati ἃ fasce edi ceramica a vernice nera, databili fra il V ed il IV secolo a.C. Due di esse risultavano manomesse di recente, mentre l'altra era stata sconvolta in età ellenistica dall'impianto di un'abitazione. Si tratta di una casa (rinvenimento 51) con orientamento NO-SE, di cui restano ora due ambienti di forma quadrangolare, che si affacciano sui lati nord ed est su di un cortile scoperto. I muri di fondazione sono costituiti da blocchi e lastre in calcare connessi a secco, i piani di calpestio sono in terra pressata. L’elevato doveva essere realizzato con materiale deperibile, probabilmente mattoni d'argilla cruda, sostenuti da un'intelaiatura. lignea, mentre i tetti erano formati da tegole fit, rinvenute in grande quantità all’interno dei due vani. I piano di calpestio del cortile è costituito dal banco di roccia naturale, spianato artificialmente, entro cui è ricavata una profonda vasca di forma rettangolare, con rivestimento d’argilla, destinata alla raccolta dell’acqua piovana, com'è attestato in molte abitazioni coeve della Peucezia. I materiali raccolti, costituiti da vasi di uso domestico e da fuoco, da ceramica di Gnathia, a vernice nera, da frammenti di vasi e statuette policromi, nonché da vari utensili in ferro e da pesi fitili, documentano l'uso. dell'abitazione fra la fine del IV ed il ΠῚ secolo a.C. In epoca successiva all’abbandono della casa si colloca invece una parziale ristrutturazione dell’area, consistente nell'impianto di un muro in calcare e di un ampio lastricato, che invadono il cortile ed uno degli ambienti, inglobandone le strutture di fondazione e sovrapponendosi agli strati di crollo”.
κι Ruccaapi 1990,pp. 336-338, nv. CLIX, 1-2. 352
52- Tomba rinvenuta nei pressi di Via Piave (già Strada S. Angelo) Nel 1872 si rinvenne a Ruvo, nei pressi della strada S. Angelo, vicino al Convento dei Minori Osservanti, una tomba che restituì, tra gli altri oggetti del corredo, un cratere a colonnette raffigurante sul lato principale la scena della pazzia di Licurgo. Al centro della scena è un naiskos nel quale è raffigurato un uomo barbato (Licurgo), nudo, con clamide sulle spalle, avente nella destra una bipenne in atto di colpire un giovane nudo inginocchiato (Dryas) che si avvinghia alle gambe di quest'ultimo chiedendo pietà. A sinistra sono un uomo barbato con due lance che, con la mano sinistra, si copre il viso per non vedere la scena, e un cane. A destra è una donna, ammantata e con velo sul capo, che si allontana verso destra spaventata. Il cratere, di produzione apula, entrò a far parte della collezione Jatta ed è stato attribuito al Pittore del Giudizio ™. 53 — Tomba rinvenuta in Via Piave (già Strada S. Angelo) nei pressi del Convento dei Minori Osservanti Nel 1857, scavando in un podere suburbano della sua famiglia, situato a pochi passi dal Convento dei Minori Osservanti, Giovanni Jatta junior rinvenne una tomba contenente un cratere a colonnette ed altri «vasellini di poco conto». Il corredo entrò a far parte della collezione Jatta (Catalogo Jatta 1709), ma di esso è ricordato solo il cratere a colonnette attribuibile a scuola apula, mentre degli altri vasi non si ha alcuna notizia”. 11 vaso raffigura un giovane guerriero caduto sulle ginocchia, ferito da un giavellotto che ha ancora nel fianco, il quale tende le braccia in maniera supplichevole al nemico che gli è di fronte. Dietro di lui sono due giavellotti ed uno scudo posati sul terreno. Dinanzi a lui è il vincitore che imbraccia uno scudo tondo e si avvicina minacciosamente con il giavellotto nella destra al guerriero ferito. Segue un albero a due rami con foglie bianche, cui è legato per i polsi con una fune un altro giovane guerriero: egli solleva le braccia e guarda con pietà ed attenzione la sorte del compagno. È possibile che si tratti della scena
con Priamo, Achille e Licaone.
54 — Tomba rinvenuta in Via Piave (già Strada S. Angelo) In un fondo della famiglia Jatta, già venduto, posto sul lato occidentale della strada che portaall’ex Convento di S. Angelo, il muratore Mauro Pansini, nello scavare le fondamenta per costruire una nuova casa, rinvenne il 20 febbraio del 1886 una tomba a sarcofago già 7H rra 1874, pp. 3-10. %JarTA 1869, pp. 984-990; HEYDENANN 1889, pp. 262-264, 353
violata dagli scavatori clandestini. Fortunatamente non tutto il corredo fu portato via; infatti, la tomba conteneva ancora alcuni vasi figurati di una certa importanza. Questi ultimi furono in seguito acquistati da Giovanni Jatta ed entrarono a far parte della collezione omonima”. Gli esemplari sono da mettere in relazione, secondo la Marin, con la produzione del Pittore dell'llioupersis e quindi si possono datare verso la metà del IV secolo a.C.; sono di un certo rilievo l’anfora di tipo panatenaico, un'oinochoe ed una lekythos. 1 vasi recuperati dal Pansini c successivamente acquistati da Giovanni Jatta erano in tutto sette; di questi sono stati rintracciati, consultando lo schedario della collezione realizzato dalla Soprintendenza, soltanto quattro esemplari; dei rimanenti non si ha alcuna. notizia, ad eccezione della descrizione fatta dallo stesso Jatta nelle "Notizie degli Scavi di Antichità” del 1886. E" possibile che i restanti tre pezzi siano rimasti in mano agli eredi al momento della vendita della collezione allo Stato, quando fu deciso che centoventi esemplari sarebbero stati lasciati a questi ultimi come ricordo. Essendo stato il catalogo del Museo Jatta già completato c stampato nel 1869, i nuovi arrivi furono inventariati da Giovanni Jatta con la sigla "n.a." (= nuova acquisizione) e il numero progressivo.
54.1. Lekythos apula a figure rosse
54.2. Oinochoe apula a figure rosse.
Argilla rosata, coloritura rosse, vernice nera lucente, con riflessi metallici, iridescente, sovraddipinture in bianco € giallo. h cm 23; diam. orlo cm 5,5; diam, piede cm 9. Ruvo, Museo Nazionale Jatta. Inv. 36248 (= na. 4). Attribuibile alla fase medio-apula 360-340 ac.
Argilla rosata, coloritura rossa, vernice nera tendente al bruno, metallica, sovraddipinture in bianco e giallo. hcm 26,5; diam. orlo em 14. Ruvo, Museo Nazionale Jatt Inv, 36254(= na. 10) Attribuibie alla fase medio-apula. 310504.
Parzialmente ricomposta. Riattaccato il bocchello con parte del collo; corpo e piede scheggiati; sovraddipinture evanide; vemice scrostata, diffusamente su ansa e bocchello; fondo del piede incrostato. Sul corpo, a destra, è una donna, che poggia il gomito su un pilastrino, che sostiene con la sinistra una phiale e con la destra una corona. Di fronte, verso sinistra, è un erote con cassetta nella sinistrae grappolo di uva nella destra, anch'esso poggiante il gomito sinistro su un pilastrino,
Forma 8. Integra. Incrostazioni all'intemo e vicino all’ansa; vernice rostata in pochi punti; sovraddipinture parzialmente evanide. Sul corpo, da sinistra a destra, donna stante, vestita con chitone e himation, con cassetta aperta tra le mani; colonna ionica; donna con chitone che si piega per poggiare una phiale o un lavacro su una base cubica, vicino alla quale è seduta una domna, riccamente vestita, con lelythos figurata nella destra; donna danzante che si allontana verso destra con una cassetta nella sinistra.
Bibliografia: Jatta 1886, p. 95, n. 2; M. Marin 1981,p. 157. PIATTA 1886, pp. 93-97;M. MARIN 1981,p. 157. 354
Bibliografia: Jatta 1886, pp. 93-95, n. 1; M Marin 1981, p.157.
54.3. Piatto apulo a figure rosse Argilla rosata, cooritura rossa, venice bruna a riflessi iridescenti,sovraddipinture in bianco, tem 5; diam. orlo em22; diam. piede em 717. Ruvo, Museo Nazionale Jatta. Inv. 36255 (^n. 11) Atribuibile ala fase medic-apula 370-350aC
Ricomposto da frammenti. Riatta to un frammento dell’orlo; lievi scheggiature; tracce di collante usato nel restauro; vernice scalfita; sovraddipinture per lo più evanide. Nell'interno è raffigurata una donna, riccamente vestita c abbigliata, seduta su un’ara o pilastrino, di profilo a destra, con una phiale contenente uova nella destra e specchio nella sinistra. Bibliografia: Jatta 1886,p. 96, n. 5; M. Marin 1981,p.157.
544. Anfora figure rosse
pamatenaica
apula
a
Argilla nocciola, coloritura rossa, vernice nera lucente a riflessi metallici, sovraddipinture in bianco e gallo. hi cm 41; diam. orlo. cm 12; diam. piede em m Ruvo, Museo Nazionale Jatta. Inv 36956 (7 na, 33). Aribuibile alla fase ioapula. 3403302.
Ricomposta. Ricostituite e ridipinte le fratture; lievi scheggiature su orlo e piede; scalfitture della decorazione. Lato A: uomo seduto sul pallio con tirso nella sinistra e cassetta nella destra Lato B: grande testa femminile, decorata con orecchini, collana e stephane radiata, di profilo a sinistra. Bibliografia: Jatta 1886,p. 96, n. 4; M. Marin 1981, p.157
Fig. 230. 54.1. Lekythos apula a figure rosse (Foto Archivio Soprintendenza Archeologica della Puglia)
54.5. Hydria apula a figure rosse ‘Verne nera lucente. bem 27. Ruvo, Museo Nazionale Jatta. Inv. sconosciuto Attribubile alla fase medio-apula 360-340 a.C Giovane nudo che cammina verso destra con cassetta nella sinistra e tirso nella destra.
Bibliografia: Jata 1886, pp. 95.96, n. 3; M Mari 1981, p.15. 54.6. Lekanis apula a figure rosse Vernice nera lucente hem 13. Ruvo, Museo Nazionale Jatt,
355
Fig. 231. 542. Oinochoe apula a figure rosse (Foto Archivio Soprintendenza Archeologica della Puglia)
Fig. 232. 543. Piatto apulo a figure rosse (Foto Archivio Soprintendenza Archeologica della Puglia)
356
Inv. sconosciuto Attribuibile alla fase modio-apula 360:340 a.
Sul coperchio: palette e teste femminili. Su entrambi i lati: teste femminili e segno di riconoscimentoV. Bibliografia: Jatta 1886, p. 96, n. 6; M. Marin 1981, p.157
54,7. Kantharos apulo a figure rosse Verne era lucente. bem τ: Ruvo, Museo Nazionale Jats, Inv. sconosciuto. Attribulbie al a fase tardo-apulo. 350-330.
Anse terminanti con teste di satiro a rilievo. Lato A: giovane nudo di forme femminili, seduto a destra sopra tre sassi, che ha nella sinistra uno specchio e nella destra una scaletta bianca a nove gradini Gilofono), Lato B: donna che cammina verso destra che ha nelle mani un tirso ed un grappolo di uva.
Fig. 233. 54.4, Anfora panatenaica apula a figure rosse (Foto Archivio Soprintendenza Archeologica della Puglia)
Bibliografia: Jata 1886, pp. 96.97, n. 7; M. Marin 1981,p. 157. 55 — Tomba a semicamera rinvenuta in Via Piave (già Strada S. Angelo), nei pressi della Porta Nuova (o Porta S. Angelo)
1127 maggio 1836, sulla strada S. Angelo (l’odiena via Piave),non lontano dalla Porta Nuova (detta anche Porta S. Angelo), la Commissione dei Regi Scavi di Ruvo rinvenne una tomba intatta. Il padre scolopio Federico Laviola”, nella sua relazione, riportata fedelmente dal canonico Ursi” nella sua memoria, racconta che la tomba fu scoperta a pochi passi di distanza dalla città, precisamente in mezzo alla strada che conduce al Convento dei Minori Osservanti. La tomba di forma rettangolare, costruita con grandi Lavi0L 1837,pp. 85-87. P Unsl 1836a, “DescrizioneX. Dè vasi rovati né scavi fatti a conto del Governo”, pp. 221-232. 357
lastre squadrate di tufo, misurava palmi 14 x 5 x 4,5 di altezza (= m. 3,71 x 1,32 x 1,19), era ben intonacata all’interno e decorata con due fasce rosse e celesti che correvano parallele intorno alle pareti; la descrizione dettagliata della struttura suggerisce in maniera evidente la tipologia costruttiva: si trattava di una tomba a semicamera. Al momento della scoperta si è potuto notare che alcuni vasi erano ancora appesi a lunghi chiodi di ferro infissi alle pareti, mentre altri furono ridotti in frammenti durante lo scavo®. La scoperta, naturalmente, ha suscitato notevole scalpore ed entusiasmo, come riferisce Salvatore Fenicia, in quanto fino a quel momento gli scavi intrapresi in quel sito dalla Commissione non avevano dato i risultati sperati; persino la popolazione era accorsa numerosa e festante attorno al luogo della sepoltura per assistere allo scavo e per vedere gli oggetti che venivano estratti Il ricco corredo era composto da una trentina di vasi a figure rosse, nello stile di Gnathia e sovraddipinti monocromi di forme e dimensioni diverse tutti ben descritti sia dal Fenicia che dall'Ursi, i quali si soffermano in particolar modo su alcuni esemplari. Il ricco complesso vascolare fu in seguito spedito a Napoli al Real Museo Borbonico, come confermano i documenti di immissione dei reperti e come riferisce lo stesso Fenicia nella sua memoria dedicata ai ritrovamenti effettuati dalla Commissione dei Regi Scavi, nella quale descrive gli oggetti scoperti a Ruvo e inviati a Napoli". Recentemente, il corredo è stato parzialmente ricostruito: sono stati individuati, infatti, sei vasi, tutti conservati nel Museo Nazionale di Napoli. Si tratta di un cratere a volute del tore dell’Ilioupersis, con Oreste, Pilade e Ifigenia in Tauride (H. 3223), una situla det Pittore del Licurgo, con l'uccisione di Resoe il ratto dei suoi cavalli (H. 2910), una Aydria del Pittore dell'llioupersis, con scene legate al culto dei morti (H. 2217), una lekythos, con Eracle nel giardino delle Esperidi (H. 2893), un vaso plastico a forma di tartaruga (H. 3004) € un vaso plastico a forma di sileno ubriaco addormentato, con brocchetta sulle spalle e otre sotto il braccio sinistro (H. 3002)”. Oltre a questi vasi, più facilmente riconoscibili, è stato possibile riconoscere quasi tutti gli oggetti che facevano parte del complesso grazie all'analisi dei documenti di archivio sopra citati e delle memorie manoscritte suddette e alla visione dei depositi del Museo di Napoli, anche se in alcuni casi le descrizioni sono piuttosto generiche®*. Si devono perciò aggiungere un «vaso a tromba di nuova e graziosa © Archivi Istituto Archeologico Germanico, Roma (poi ADAIR), Relazione Lavota (1836), “Le Tombe di Ruvo”,poi in Lavi 1837,p. 85: «E già un mese, da che qui si sono intrapresi scavi nel fondi comunali per ordine sovrano. Dopo vari esperimenti in diversi luoghi, neldi 27 maggio 1836 si rinvenne un sepolcro ‘a pochi passi distante dalla Citt, e propriamente in mezzo alla strada, che conduce al Convento dei Minori Osservanti. La tomba era di forma rettangolare, quattordici palmi lunga, alta quatro e mezzo, e cingue larga. Era ben intonacata al αἱ dentro, e con due strisce rosse eile all intro delle pareti, a cu vasi erano appesi per mezzo di chiodi Nel rompersi una dell lastre soprapposte, alcuni vasi furono soggetti a frangersi e perciò darò ora un breve cenno di quelli che si sono rinvenut interi». 9 FENICIA 1840, pp. 56-62. © ASSAN IV B I, fase. 47: “Vasi figurati ed altri oggetti antichi rinvenuti negli scavamenti eseguiti in avo di Real ordine” (anni 1836, 1837-1838). “Vasi rovati in una tomba di Ruvo nel 1836" (tomba trovata il 27 maggio 1836) P CASSANO 1996 a, pp. 119-120, nn. 10.22.1027. ASBA, MSA, fasc. 8: “Processi verbali del reperiment di anichità effettuati dalla Commissione degli Scavi di Ruvo e spedizione dei reperi al Real Museo Borbonico di Napoli. Scavi di antichità (armi 1836358
forma alto palmi quattro compreso il coperchio. Le figure sono trentuna...», sì tratta della loutrophoros apula (H. 3242), con scene di amazzonomachia e di soggetto dionisiaco, attribuita alla cerchia del Pittore di Varrese®; una «ampolla media alta 10 oncie con due figure e un'oca che si diguazza in una vasca»" probabilmente è la lekythos del Museo di Napoli (H. 783), dato che con il termine “ampolla” è menzionata anche la Jekythos con Eracle e le Esperidi, raffigurante due atleti e al centro un'oca sguazzante in un louterion”. Sono menzionati anche due skyphoi e due kylikes sovraddipinti monocromi, identificabili con gli skyphoi del Museo di Napoli (inv. 80804, 80805) e con le kylikes (inv. s.n., 80787)", un altro vaso con la scena di Ifigenia in Tauride, molto probabilmente il cratere a calice confluito nel mercato antiquario e acquistato dal Barone, noto collezionista e mercante di antichità, quindi acquistato da Hertz, venduto all’Hermitage di San Pietroburgo e trasferito in seguito al Museo Puskin di Mosca”. A questi vasi si devono aggiungere ancora una «testa di volpe», da identificarsi nel rhyton configurato a testa di cane laconico (H. 2960), come conferma il Macchioro che ne fornisce il numero di inventario”, «una patera grande con 10 figure del diametro di palmi uno, ed once otto», meglio descritta dal Fenicia che ha permesso di riconoscerla nella
1837)" Letra de 27 maggio 1836 eter del giugno 1836; Unsi 1836, pp 22122; FEI 1840, pp 56:79, RUGGIERO 168, pp. 564-565:M, MARI 198, p.15 *5LvioLA 1837, pp 85-86: «Gran vaso con coperchio con tento figure, tra cu Dionisio con Arianna su leto, un fumo con doppio lt, ux uomo ammaniai, una occae con rs, sul at, una figura St un rico: in basso un ancezonomachion; CA 1840, p. 70-75, n. 2: «Un vase a tromba αἵ novissima Jorma e dell maggiore eleganza. È questo alto once guarentoto… {nine in questo vase delicatamente pite renin fur, le quali, comporti în due ordini, mostrano te store non poco interessanti: dre son Somprese nell'ordine che fascia la part superiore, una e pe nt À giro in quella che cinge l'ineroe. Il primo dé due rappresenta Dioniso con Arianna seduti su d'un talamo fasoisimo e per le forme, e per gli trabeschied orat Al pled questo sas riverente aoe i quale suona ncanarcebcorne. Αἱ dintono vinodé tinsiferi pallnti picche... delle baccan che cantano e danzano. La passerinad Venere aleggia amorosa; ed fre ll giovinetta regina nat del cino he le pendo dal ecc. Un pampinegio,rigoiiso τ dl fronda e dalle ie, fa cortna el talamo; ed a questo vicina vis vede bn ideata segglolsotnente la azz del nettare. el secondovi 'ammira lo sciogrfico dell splendidissina reggia i Senco. In queta fta da suisitisimo gusto i i vede una regale predll munita d'un amovibile e be terso paper su quete singolare sgbel... . macsosamente side la bellina moglie del sorano di Sparta À le vicina £ 50 manco co deseo sgabello side matrona per le vesti dist, che con notbl rispetto dolcemente Tinfescaa col venilo di spazioso ventagli. Sora di ciascuna a braccioli, tocando fl pet sule dolci rot di Trsicoe altra dama i siede el suo fano di destra mentale due svelte orzlle prote vers la Suonotric i stanno ad ogni regle cerno dile Ale tre iovinett quinc ull ingresso si mirano; edn mezo quest quel eduttor Alessano, il di c ato meni onto css nel mondo... Cupid, d'Elena sl capo salsa. Nel second dine finalmente vin expresso su ut la facia inferiore la ff famosa rà fl Peleola colera Pontsiea. si veda anche Ut 18360, pp. 223226 "TAVIOLA 183) p87. "Uns 18360,p. 229.9: Una Ampolla media ato once dieci vente due figure le di n oco guassonte in vo vocas; si veda anche FENCIA 40, p. 6546.2. "Y FICA 1940, p.65,κι 15. «Due poole e due tazze uguali che portano un ornato simmetricoa foglie. "O FEICIA 1840, p.69,n, 28: «Ur rna cineari, ala di circa dodici one, e decorata di cinque figure. In questo vaso visi vede figena...con fie ell chersonesica Diana: discorso suaditv è port a questa la Pile, oda Orestes i veda anche URS! 18360, p 226, n. "o MacemORO 191 Ρ. 201, noa 8, "P Unsi 1856, p. 29 359
phiale apula a figure rosse, attribuita al Pittore dell’Ilioupersis, con la raffigurazione di scene dionisiache (H. 2840)". Altri vasi sono descritti in maniera generica per cui risulta problematico individuarli: «Una quartarella alta palmi 1 e % con quattro figure, che non rappresentano che oblazioni», molto probabilmente una pelike, visto cheil termine ricorre spesso nei documenti del tempo per indicare tale forma vascolare; potrebbe trattarsi della pelike apula (H. 2010) rappresentante una donna con specchio ed un erote seduto. Vi erano, inoltre, «un prefericolo sano dell'altezza di once 9 e % con due ben atteggiate figure», da identificarsi in un’oinochoe, «una graziosa ampollina con due figure», forse una squat-lekythos apula (inv. 82161), «un orceolo finissimo nel nero del fondo, e bello da tre figure», un’altra oinochoe forse individuabile nell'oinochoe apula (sz 1737) con la raffigurazione di una donna seduta al centro con un coniglio donatole da un giovane, «altra coppa con sei ben espresse figure», un'altra phiale (H. 2573), «una coppa con due figure graziosamente eseguite»? (si tratta di un'altra piccola phiale, H. 2566), «una paterina, su cui scorgesi la figura di gazzella, ch'assomigliasi ad una piccola giraffa» (Fenicia), mentre per l'Ursi l’animale è «una piccola gatta»”, per cui si potrebbe ipotizzare che si tratti della kylix sovraddipinta policroma del Museo di Napoli (Stg. 96), che in effetti raffigura al centro un animale maculato, probabilmente un felino. Nei documenti citati vengono menzionate altre coppe figurate, un piatto con tre pesci, identificabile col piatto da pesce del museo napoletano (H. 2542), delle ampolline. Per tutti questi esemplari è stata ipotizzata una identificazione con ala vasi del Museo di Napoli, vasi sovraddipinti monocromi e policromi nello stile di Gnathia, vasi a vernice nera, tra cui un guttus, un candelabro di ferro a cui era appesa una lucerna a vemice nera c, infine, piccoli vasi non figurati; per questi ultimi si tratta, probabilmente, di ceramica indigena, acroma e a fasce. La tomba si può datare verso il terzo venticinquennio del IV secolo a.C. 55.1. Cratere a volute apulo a figure rosse Argilla beige, vemice nem Jucente, sovraddipinure in bianco e giallo Rem 62,6; diam. orlo em 32. Napoli, Museo Archeologico Nazionale. Inv. 82113 (= Heyd. 3223) Attributo αἱ Pittore dell'Iiouperss. 360-350 ac.
Buono lo stato di conservazione, scrostature nella vernice. Piede campanulato, corpo ovoidale, spalla obliqua, collo cilindrico, orlo espanso e revoluto, anse a volute, protomi di cigno agli attacchi.
Decorazione accessoria: su entrambi i lati, sull’orlo, ovuli e meandro ad onda; sul collo, tralcio vegetale; fregio con animali, cervo tra due leoni; sulla spalla, bastoncelli. La scena figurata è delimitata in basso da un meandro. Lato A: è raffigurato l’incontro di Oreste con Ifigenia in Tauride. In basso, Pilade, in atteggiamento pensoso, e Oreste seduto sull'altare a capo chino. Verso di loro muovono Ifigenia ed una giovane donna con la patera delle offerte sulla testa. In alto, Apollo e Artemide
ENICIA 1840, p. 65, n.19: edlirapatera più ampla del diametro di palmi uno ed once otto, ornamentata. di dieci ben atteggiare figure dionisiache»; si veda anche URSI 1836 a, p.229, n 12. 1 URsi 1836a, pp. 228-229; FENICIA 1840, pp. 64.65. FENICIA 1840, p. 65,n. 14 ? Ust 1836a, p.229,n. 18. 360
Fig. 234. 55.1. Cratere a volute apulo a figure rosse del Pittore dell'llioupersis: lato A, scena che raffigura Oreste, Pilade ed Ifigenia in Tauride (da Greci im Occidente 1996, fig. a p. 711)
seduti; tra loro è un ramoscello di alloro. Asinistra un tempietto ionico con le porte semiaperte. I nomi di Oreste, Pilade e Ifigenia sono iscritti in bianco accanto alle figure, Lato B: a destra, due donne con capo velato; a sinistra, accanto alle figure, due giovani con le mani intrecciate. Bibliografia: Usi 1836 a, p. 221-223; Laviola 1837, p. 85; Schultz 1837, p. 17; Fenicia 1840, pp. 75-79; Heydemann 1872, n. 3223; Ruggiero 1888, p. 565; Trendali-Cambitogion 1978, p. 193, n. 83; Cassano 1996, pp. 119120, n. 1022; I Greci in Occidente 1996, p. ‘TH, cat. 25.
58.2. Hydria apula a figure rosse Argilla beige, vernice nera lucente, sovraddipintur in bianco e giallo. cm 44,5; diam, orlo em 15. Napoli, Museo Archeologico Nazionale. In. 81838 (= Hey. 2217) Attribuita αἱ Pittore dell'Iioupersis. 360.350 0,
Stato di conservazione buono. Piede campanulato, corpo a profilo convesso, spalla concava, collo cilindrico, orlo svasato e revoluto, anse a bastoncello sul ventre, ansa verticale tra il collo e la spalla. Decorazione accessoria: sul labbro, ovuli; sul collo, ramo di lauro, palmette e 361
. em 29,8; diam. base em 18. Napoli, Museo Archeologico Nazionale. Inv. 81856 (7 Heyd. 2893). Attributa αἱ Pittore di Licurgo. 350-340 aC.
Fig. 235. 55.1. Cratere a volute apulo a figure rosse del Pittore dell'lioupersis: lato B (Foto Archivio Soprintendenza Archeologica di Napoli e Caserta).
girali sul retro e sui fianchi sotto le anse; la scena figurata è delimitata in basso da un meandro. Sulla faccia principale è un altare con colonna, dinanzi al quale è ἀπ᾽ Ἀνανία; asinistra, figura femminile con specchio e giovane nudo con himation e tralcio tra le mani. A destra, due donne, una in piedi, l'altra seduta con cista. Bibliografia: Ursi 1836a, p. 227; Fenicia 1840, Ῥ 67, n. 26; Trendall-Cambitoglou 1978, p. 197,n. BAS; Cassano 1996, p. 120,n. 1023.
55.3. Lekythos apula a figure rosse Argilla rosata, vemie nem sovraddipintura in bianco e giallo. 362
Ben conservata. Qualche incrostazione alla base; la vernice è scrostata in qualche punto, piccole sbreccature sull'orlo. Piede ad anello, corpo cilindroide, spalle orizzontali, collo cilindrico, bocchello campanulato con orlo piatto, ansa a nastro impostata tra collo e spalla. Decorazione accessoria: sul collo, raggiera; sulla spalla, palmette. Sul corpo è raffigurata la scena di Eracle e Iolao nel giardino delle Esperidi. AI centro è raffigurato l’albero con le foglie d’oro e i pomi resi con colore giallo, intorno al quale si attorciglia il serpente, A destra, una giovane figlia di Atlante ed Esperia seduta, vestita di chitone con apotygma, ingioiellata, si rivolge verso il serpente porgendogli una patera. Accanto a lei un giovane ammantato, con il busto scoperto, con ghirlanda sul capo, si appoggia al bastone. Alla sinistra dell'albero, un’altra giovane donna seduta, vestita di chitone, ingioiellata, offre un ramo con i pomi ad Eracle, nudo, con la leonté che scende dal braccio sinistro e una tracolla da cui pende il fodero della spada, La scena è delimitata in basso da un meandro. Sotto l'ansa, palmette e girali. Nel campo, cassetta e animale in corsa Bibliografia: Urs 18360, p.2 8; Fenicia 1840, p. 66,n.23; Heydemann 1872, n. 2893; Ruggiero 1888,p. 565; Brommer 1942,p. 117, fig. 12; Brommer 1973, p. 73; Me Phee in LIMC, V, 1, 1990,p. 400, n. 39; Cassano 1996,p. 120, n 1024; De Caro 2001, p.64,n. 34.
55.4. Situla apula a figure rosse Argilla arancio-rsats, vertice nera lucente, sovraddipinture in bianco e giallo.
Fig, 236, 55.2. Hpdria apula a figure rosse con scena di offerta presso una tomba (Foto dell'Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica di Napoli e Caserta) bem 29 diam. piede em 13; diam. orlocm 255. Napoli, Museo Archeologico Nazionale. nx 81863 (= Heyd. 2910) Attribuita al Pittore di Lieurgo 350-240 a.
Alcune scheggiature sull'orlo, qualche piccola lacuna sulle anse. Piede a cercine, corpo cilindroide, labbro inflesso sul cui margine si dispongono due piccole anse verticali. Decorazione accessoria: sotto l'orlo, ovoli e motivi vegetali; tralci c girali sui fianchi, meandro al limite inferiore della scena figurata. Lato A: è rappresentato l'episodio del furto dei cavalli di Reso, noto dal X canto dell'Iliade e da una tragedia, attribuita ad un imitatore di Euripide. Nella scena, Ulisse, con pileo, conduce i cavalli di Reso fuori dell’accampamento
dei Traci, seguito forse da Diomede, armato di spada. In alto, i guerrieri traci caduti, vestiti in maniera orientale, hanno accanto scudi e lance. Lato B: satiro versante e Dioniso seduto, affiancati da due donne in piedi, una delle quali reca uno specchio. Bibliografia: Uri 18360, p. 226227; Laviola 1837, p. 87; Fenicia 1840, p. 67, n. 27, Heydemann 1872, n. 2910; Trendall Cambitoglow 1978, p. 418,n. 1618, v. 1512 Cassano 19968, p. 120, n. 1025.
58.5. Loutrophoros apula a figure rosse Argila beige, vemice nera lucente, sovradapne n ancoe gial o . em 92. Napoli, Musco Archeologico Nazionale.
363
Fig. 237. 553. Lelythos apula a figure rossi del Pittore di Licurgo con Eracle nel giardino delle Esperidi (da De Caro 2001, fig. 34). Ins, 82265 (= Heyd 3242) Auribuita al Gruppo di Ruvo 423, cerchia del Pittore di Varese 350-340aC
Buono lo stato di conservazione. Ricomposta da frammenti, qualche lacuna nella parte inferiore. Piede campanulato, corpo ovoidale, collo cilindrico. Decorazione accessoria: sul collo, girali, tralci, motivi vegetali e floreali. Lato A: registro superiore. Dioniso e Arianna seduti su una Kline sotto tralci di viticci. Arianna è riccamente vestita e 364
ingioiellata; Dioniso ha il tirso. A destra, satiro con tirso, che si avvicina ai due recando una ghirlanda, e donna seduta con grappolo di uva e cista. A sinistra, appoggiata sulla Kline, è una suonatrice di flauto, donna ammantata in un lungo chitone decorato e con capo velato, donna in piedi, riccamente vestita e ingioiellata con bastone e patera appesa. LatoB: due donne sedut su una panca, una reca un ventaglio ed è riccamente vestita e ingioiellata. A sinistra, donna in piedi appoggiata alla panca, vestita
con chitone e himation, ingioiellata e con ricco copricapo, suonatrice di arpa seduta, donna in piedi con tamburello. A destra, donna in piedi, donna seduta su una sedia pieghevole e donna in piedi, con piede appoggiato su uno sgabello e patera. nella destra. Tra i due registri, fascia con decorazioni floreali e sui due lati (A) testa femminile frontale, (B) testa femminile di profilo con copricapo frigio. Nel registro inferiore su entrambi i lati è raffigurata una amazzonomachia. Sotto il registro inferiore vi sono due bande di meandri separate da una fila di rosette bianche. Bibliografia: Ursi 1836 a, p. 224-226; Fenicia 1840, pp. 70-71, n. 29; Heydemann 1872, n. 3242, Moret 1975, tw. 98-100; Trendall Cambitoglou 1978, p. 404, n. 15/44 55.6. Cratere a calice apulo a figure rosse Argilla beige depurata, vernice nera lucente, sovraddipinturein bianco giallo em dl Mosca, Museo Puskin (già collezione Barone). In 504. Attributo al Gruppo dellIfigenia di Mosca 350-3400,
Piede campanulato, corpo ovoidale, orlo espanso e svasato. Lato A: è rappresentato l'episodio della consegna del messaggio da parte di Ifigenia ad Oreste. Ifigenia, riccamente vestita, è raffigurata all'intemo di un tempio, di ordine ionico, appoggiata col braccio sinistro sulla statua della dea Artemide, mentre tende con la destra un foglio, il messaggio, ad Oreste, raffigurato furori dal tempio, che le sta parlando, gesticolando con la destra, nel tipico atteggiamento che indica un discorso. A stra, Artemide, seduta, con due lance, e accanto Apollo con ramo di lauro
Lato B: giovane con ramo e phiale seduto tra una donna con ramo e torcia e. giovane satiro con corona e tirso. Bibliografia: Ursi 1836a, p. 227; Fenicia 1840, 69,28; Trendall-Cambitoglou 1982, p. 478, ἀν 8/18; Tuguscheva 1998, pp.13-14, tav. 5
55.7. Vaso configurato Argilla nocciola di tonalità scura, vernice nera lucente. h. cm 8,5; lungh max cm 15. Napoli, Museo Archeologico Nazionale. Inv. 81768(= Heyd. 3002), 350-3302 €
Integro, qualche scrostatura nella vernice. È rappresentato un Sileno sdraiato che porta con la mano destra una brocchetta nera in alto dietro la testa. Sono verniciati in nero occhi, barba, capelli, capezzoli, notazioni anatomiche sul ventre, la bocca del vaso, la brocchetta, Pansa, Bibliografia: Ursi 1836a, p. 230; Fenicia 1840, pp. 62-63; Ruggiero 1888, p. 565; Cassano 1996,p. 120,1. 1026.
55.8. Vaso configurato Argilla nocciola di tonalità scura, vernice nera opaca hem 3,1; lungh. cm 10. Napoli, Museo Archeologico Nazionale. Inv. 82500 (= Heyd. 3004) 3503302 C. Qualche scrostatura. Rappresenta una tartaruga con le scaglie ben definite sulla corazza. Bocchello e ansa sono impostati verso sinistra. Bibliografia: Ursi 1836 a, p.230; Fenicia 1840, p. 63; Ruggiero 1888, p. 565; Cassano 1996, p. 120,n. 1027.
365
Fig. 238. 554. Situla apula a figure rosse con la scena del ratto dei cavalli di Reso da parte di Ulisse e Diomede dopo aver ucciso il re tracio (da La Magna Grecia nelle collezioni del Museo Archeologico di Napoli 1996, ig. a p. 64).
559. Lekythos italiota a figure rosse Argilla rosa-arancio, vernice mera lucente, sovraddipinture in bianco e gallo hem 23,5; diam em 6. Napoli, Museo Archeologico Nazionale. Inv. 82335 (= Heya. 783). Attribuibile a produzione pesana. Secondo - terzo. venticinquennio del IV secoloaC.
Ricomposta. Il bocchello e parte det collo sono stati ricomposti; scrostature. sul bocchello e nella vernice. Corpo ovoidale, bocchello campanulato, collo cilindrico, ansa a nastro impostata verticalmente sulla spalla. Decorazione accessoria: sotto l’ansa, entro un riquadro a scacchiera, sono palmette e girali. Sul 366
corpo, a sinistra, è un atleta nudo, con clamide pendente dalle bracciae diadema sulla fronte, che ha nella mano sinistra sollevata uno strigile; al centro, è una vasca dentro la quale sta sguazzando un cigno con le ali aperte; a destra, è un altro atleta nudo, con clamide pendente dal braccio sinistro e diadema sulla fronte, che con la destra cerca di aggiustarsi il diadema, mentre nella sinistra abbassata ha un elmo a pileo, colorato di giallo ad indicare il metallo. Bibliografia: Ursi 1836 a, p. 229; Fenicia 1840 pp. 65-66, n. 22; Heydemann 1872, n. 78%; Macchioro 1912, p.42
55.10. Phiale apula a figure rosse Argilla rosata, vemice oneri cente, sovradaipinture in bianco e giallo Diam. int. cm 45; diam. est cm 53; h. em 12. Napoli, Musco Archeologico Nazionale. Inv. 82078 (= Heyd. 2840), Attribuita al Pittore dellIioupersis. 3603504C.
Integra. Qualche scrostatura nel piede e nell'orlo; alcune incrostazioni sotto le anse. Piede profilato, vasca espansa, orlo ribattuto, anse piatte. Nell'intemo, al centro, è disegnata una stella formata da palmette e fiori di loto; nel tondo è una sottile corona di lauro con germogli; sulle anse due palmette, Lato A: a sinistra, donna seduta con braccio sinistro dietro la sedia e con specchio nella destra; davanti a lei è un giovane in piedi, con bastone sotto il braccio sinistro e col braccio destro che gesticola in segno di esposizione; dietro il giovane, un piccolo erote con corona. All'estremità sinistra, una donna seduta si guarda in uno specchio che ha nella sinistra, e con braccio destro in gesto di esposizione. A destra, donna presso una fonte che sta offrendo con la destra una cista aperta, mentre con la sinistra sta afferrando l'estremità del vestito. Nel campo, alberi di lauro, rosette e phialai. Lato B: al centro, gruppo di una donna e di un giovane seduti l'uno opposto all'altro. La donna, seduta su una cassa, ha nella sinistra una cassetta che sta aprendo con la destra; il giovane, seminudo e con corona di alloro sulla testa, è seduto su una pila di rocce con la mano destra in gesto di esposizione, mentre la mano sinistra è poggiante sul fianco. A sinistra, è una donna in piedi con specchio nella sinistra e un grosso ramo di lauro nella destra. A destra, è una donna in piedi con nastro nella destra e cista nella sinistra.
Fig. 239. 55.5. Loutrophoros apula a figure rosse (da Schauenburg 1974, tav. 35,2)
367
Figg, 240-242, 55.5. Loutrophoros apula a figure rosse: particolari del fregio inferiore continuo che raffigura una scena di amazzonomachia (da Moret 1975, tavv. 98-100). 368
AI centro, tra i due personaggi seduti, è un piccolo erote di profilo a tre quarti con phiale nella sinistra che guarda verso la donna seduta. Nel campo, albero di lauro con bacche, ramoscelli di lauro con bacche e rosette. Bibliografia: Ursi 1836 a, pp. 228-229; Fenicia 1840, p. 65, n. 19; Heydeman 1872, n.
d
2840; Schneider-Hermana 1977, pp. 3-4,F 4; Trendall-Cambitoglou 1978, p. 199, n.65.
55.11. Phiale apula a figure rosse Argilla rosa-arancio, vernice nera opaca ten dente al marrone, sovraddipinture in bianco e giallo. Diam. cm 41,7; h. cm 18. Napoli, Museo Archeologico Nazionale. Tov. 82070 (7 Heyd. 2573) Attributa al Gruppo Frisso, cerchia dei Pittori di Dario ὁ dell'Oltetombo. 340-330.
Ricomposta da cinque frammenti, vernice scrostata sull’orlo, sul piede e sulle anse; incrostazioni nell'interno; molte parti ridipinte, disegno danneggiato. Piede profilato, vasca espansa, orlo ribattuto, anse a maniglia con tre bottoni plastici alla base a forma di rosette, attaccate all’estremità dell’orlo, sulla parte superiore della fine delle anse; anse crestate; orlo risparmiato. Decorazione accessoria: all'esterno dell'orlo, fila di S bianche verticali sulla banda nera; scena figurata delimitata in basso da un meandro interrotto da quadrati riempiti con quattro spazi riservati con un punto nero al centro; attacco del piede, banda risparmiata. All’intemosono raffigurati tre personaggi. Al centro, è una donna, seduta. sull'estremità di una sedia pieghevole, vista di tre-quarti a destra, testa rivolta a sinistra, stephane bianca munita di perle, nastro bianco sui capelli, sciolti e cadenti
Fig. 243. 55.6. Cratere a calice apulo con la scena di Ifigenia in Tauride (da Tuguscheva 1998, tav. 5).
sulla spalla sinistra, orecchini perlati e due collane; sta indossando un chitone che la circonda e porta uno specchio nella sinistra, la mano destra rimane appoggiata sulla sedia. È assistita da una
donna, vestita con un kekryphalos e con chitone che la circonda, con himation che le copre entrambe le spalle e le braccia; con la sinistra porta un parasole sopra la donna seduta, nella destra ha una situla. A destra, giovane, con clamide drappegi intorno al braccio sinistro e mano che porta un bastone, che si avvicina con una situla, omata da disegni bianchi, nella mano destra. Nel campo, ventaglio, tralcio d'edera, alberello di un ramo di lauro con bacche. Base, disegno di ovoli su banda riservata. Tondo circondato da fila di rosette in cerchi riservati. Lato A: a sinistra, è un erote seduto su una roccia con una cassetta aperta nella sinistra riempita con tre rosette 369
Fig. 244, sdraiato collezioni 1996, fig.
55.7. Vaso configurato a sileno (de La Magna Grecia nelle del Museo Archeologico di Napoli 1026).
punteggiate e tralcio d'edera, la mano destra è appoggiata sulla roccia; a destra, è una donna seduta su un capitello ionico che guarda dietro verso l’erote, mentre porta un tirso con una lunga sciarpa bianca attaccata con le estremità pendenti sul braccio destro, nella sinistra un tamburello. Nel campo, fiori, tralcio d'edera e tre rosette decorate da punti. Lato B: donna seduta su capitello ionico a destra, che ha nella sinistra un ventaglio, nella destra una cassetta omata, tralcio d’edera sulla sommità e tamburello sotto. Un erote sta volando verso di lei, ha nella sinistra un ramo di mirto con bacche, nella destra una grande sciarpa. Nel campo, una sciarpa sospesa, tralcio d'edera e rosette. Bibliografia: Ursi 1836 a, p. 229; Fenici 1840,p. 65,n. 18; Heydemann 1872, n. 2573; Schneider-Hermann 1977, p.19,n.97;Trendal Cambitoglou 1982, p. 530, n. 18/27. 370
Fig. (da del fig.
245. 55.8. Vaso configurato a tartaruga La Magna Grecia nelle collezioni Museo Archeologico di Napoli 1996, ap. 61).
55.12. Phiale apula a figure rosse Argilla ross, vernice | nera opaca, sovraddipinture in bianco. Diam em 30; h. em 7,4. Napoli, Museo Archeologico Nazionale. Inv. 82079 (= Heyd. 2566) Attribuita al Pittore del B.M. 465, 3403304.
Integra; scrostature in varie parti, vernice evanida, sovraddipintura bianca evanida in alcune parti, manca un'ansa. Piede profilato con varie parti perse; anse a nastro verticalmente attaccate; tre bottoni su cui sono disegnate rosette con molti petali. Orlo risparmiato, parte estema dell’orlo, piccole strisce nere parallele su banda risparmiata. Disegno di base all'esterno, linea risparmiata. Nell'intemo, è raffigurata una donna con kekryphalos, vestita con chitone manicato, stante presso un louterion (con omamenti bianchi su fondo risparmiato), poggiata
Figg, 246-247. 55.9. Lekythos italiota a figure rosse (Foto dell’ Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica di Napoli e Caserta)
col gomito sinistro sul louterion e avente nella mano sinistra una phiale, nella destra uno specchio. Nel campo, alberelli di lauro con bacche. Tondo circondato da un cerchio risparmiato e da un tralcio di edera bianco. All’estemo, su entrambi i lati, testa femminile a sinistra decorata con Stephane radiata, kekryphalos, orecchini e collana. Nel campo, una finestra (in parte danneggiata) Bibliografia: Ursi 1836 a, p. 229; Fenicia 1840, p. 65,n. 16; Heydemann 1872, n. 2566;
Schneider-Hermann 1977, p.63,n 54: TrendallCambitoglou 1982, p. 692,n 22/536. 55. 13. Pelike apula a figure rosse Argilla beige depurata, vemice nera lucente, sovraddipiniure in gallo hem 32. Napoli, Museo Archeologico Nazionale. ἴων. 81813 (= Heyd. 2010) Attribuita al Gruppo Chiesa, seguaci dei Pittori di Varese e del Gruppo dei Nasi Camus 360-340 aC.
371
Fig. 248. 55.10. Phiale apulaa figure rosse: tondo interno (Foto dell'Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica di Napoli e Caserta)
Integra. Piede profilato, corpo ovoi le, collo cilindrico, anse a bastoncello impostate verticalmente sulla spalla, orlo svasato. Decorazione accessoria: sul collo, tralcio di edera sinistrorso, sotto, strisce parallele; la scena è delimitata in basso da un meandro. Sotto le anse, girali e palette. Lato A: a sinistra, donna stante con chitone manicato, con corona nella destra e specchio nella sinistra; a destra un erote seduto su una pila di rocce con phiale nella destra c mano sinistra appoggiata sulle rocce. Nel campo, bende appese e un alberello con frutti Lato B: due giovani ammantati. Bibliografia: Ursi 1836 a, p.227; Fenicia 1840, pp. 65-66,n. 25; Heydemann 1872,n. 2010; Trendall-Cambitoglow 1978, p. 379, n. 14/150.
372
55.14. Rhyton apulo a testa di cane laconico Argilla beige depurata, vernice nera lucente, sovraddipinture in bianco e giallo. bcm 19; diam, cm 9. Napoli, Museo Archeologico Nazionale. Inv. 82477 (= Heyd 2960);a. 2286 e 3311. Attribuito al Gruppo Perth, cerchia dei Pittori di Dario e dell'Oltetomba, vasi configurati a teste. 3403302.
Integro. Perdute le estremità delle orecchie del cane e alcune parti dell'orlo. Vernice scrostata in alcuni punti. Sul bicchiere à raffgurata una testa femminile. Bibliografia: Ursi 1836 a, p. 230; Fenicia 1840,p. 64,n. 7; Heydemann 1872,n. 2960; Macchioro 1912, p. 42; Hoffmann 1980, p. 46, n.259, tav. 28,1-2; Trendall-Cambitogloa 1982, Ῥ 673,n. 227294,
Figg. 249-250. 55.10. Phiale apula a figure rosse: esterno, lati A e B (Foto dell’ Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica di Napoli e Caserta). 373
Figg. 251-252. 55.11. Phiale apula a figure rosse: decorazione figurata del tondo interno; esterno, lato A (Foto dell'Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica di Napoli e Caserta). 374
Fig.253. 55.12. Phiale apula a figure rosse (Foto dell’ Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica di Napoli e Caserta)
55.15. Oinochoe apula a figure rosse Argilla rosa-arancio, Vemice nera lucente, sovraddipinture in giallo. hem.31,5. Napoli, Museo Archeologico Nazionale Inv. καὶ 1737. Attribubie alla produzione medio-apula. 360.3404C.
Forma 1. Integra. Piede profilato, corpo ovoidale, collo cilindrico, bocca trilobata, ansa a nastro rilevata impostata verticalmente sulla spalla e sull’orlo; l'attacco dell'ansa sull'orlo è costituito da tre maschere satiresche; baccellature
sull’orlo. Decorazione accessoria: sul collo, fila di ovuli e, sotto, fila di strisce rosse alternate a strisce nere. La scena figurata è delimitata superiormente da una fila di rosette a sette e otto petali e. da una fila di ovoli, inferiormente, da un meandro ad onda. Sul corpo, a sinistra, è una donna seduta su un tamburello, vestita con chitone manicato, che ha nella destra una phiale con offerte, mentre appoggia la mano sinistra sulla spalla di una donna seduta su una sedia pieghevole, anch'essa vestita con chitone manicato e con stephane radiata, che ha nella sinistra un 315
Integro. Qualche sbreccatura sull’orlo e sul piede; anse a bastoncello, piede a cercine. Sull’orlo, nel lato A, sono dipinti una serie di angolini; sui lato B, piccole lingue. Sul corpo, in giro, un ramo di lauro. Bibliografia: CVA Napoli IV, E, v 45,1
55.17. Skyphos sovraddipinto monocromo Argilla depurata beige, vernice nera lucente, sovraddipintura in rosso. hem 13; diam. orlo em 14. Napoli, Musco Archeologico Nazionale. Inv. 80805, 350-3402.0.
Fig. 254. 55.13. Pelike apula a figure rosse (Foto dell'Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica di Napoli e Caserta).
leprotto. A destra, è un uomo seminudo, con clamide appoggiata sulla spalla destra, che ha il piede destro appoggiato su una roccia, nella sinistra una corona, mentre con la mano destra si rivolge alla donna seduta a lui di fronte. Bibliografia: Ursi 18360,p. 360; Fenicia 1840, p.65,n. 20.
55.16. Skyphos sovraddipinto monocromo Argilla depurata beige, verice nera lucente, sovraddipintra in rosso. hem 122 Napoli, Musco Archeologico Nazionale Inv, 80804, 350-340. 376
Lacunoso, manca un frammento dell'orlo edella parete. Anse a bastoncello, piede basso. Decorazione di kyma con ovuli sull'orlo; sul corpo tralcio di viticci con fogliette di edera. Bibliografia: CVA Napoli IV E tav. 45,3
55.18. Lekythos italiota Argilla rosata, vemice nera lucente hem 15,1; diam cm 4,7 Napoli, Museo Archeologico Nazionale. Inv. 82800 (Heyd. ?, Min. 2611). Produzione pula. Attibuibile ala fase medio-apula. 360-350 a.
Ricomposta da vari frammenti; lacunosa, mancano piccoli frammenti della parete; piede sbreccato, vernice scrostata in diversi punti. Piede a cercine, corpo ovoidale, collo cilindrico, bocchello campanulato. Decorazione accessoria: sul collo, serie alternata di strisce nere e rosse verticali parallele; sotto l’ansa, palmette e girali. Sul corpo è raffigurata
Fig. 255. 55.14. Ripton apulo configurato a testa di cane laconico (da Hoffmann 1966, tav. 28, 1-2)
Figg. 256.257, 55.15. Oinochoe apula a figure rosse (Foto dell'Autore, cortesia Soprintendenza | Archeologica αἱ Napoli e Caserta). 377
Fig. 258, 55.16. Skyphos sovraddipinto monocromo (Foto dell'Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica — di Napoli e Caserta).
Fig. 259. 55.17. Sbyphos sovraddipinto monocromo (Foto dell'Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica di Napoli e Caserta)
una figura femminile, vestita con lungo chitone, seminuda, che porta nella sinistra una cista e sembra danzare incedendo verso sinistra.
55.20. Kylix sovraddipinta policroma
Bibliografia: Fenicia 1840, p.64, n.9. 55. 9. Lekythos italiota Argilla beige depurata, vernice ner lucente. hem 166. Napoli, Museo Archeologico Nazionale. Inv. 82161 Produzione apula. Attrbuibie lla fase medio pula 360-350 aC.
Lacunosa, mancano parte del collo e il bocchello; vernice scrostata in diversi punti. Sul corpo, a destra, è una donna, vestita con chitone manicato, poggiante il piede destro su una roccia, che ha nella destra abbassata un'oinochoe e nella sinistra una phiale che sembra offrire ad un giovane che le è di fronte, in piedi, appoggiato con la sinistra ad un bastone, mentre nella destra abbassata ha uno strigile. Bibliografia: Fenicia 1840, p.65, n. 21 378
Argilla beige, vemice nem lucente, sovraddipinture in bianco, giallo e marrone. hem 7,5 diam, cm 17. Napoli, Museo Archeologico Nazionale Inv Sig.96. Seconda metà del IV secolo a.C.
Integra. Disegno piuttosto sbiadito Decorazione: all'intemo, al centro, in un cerchio di colore marrone è inscritto un animale maculato alquanto sbiadito situato nello spazio di un poligono inciso, i cui vertici terminano in palmette Bibliografia: Fenicia 1840,p. 65, n. 14; CVA Napoli,IV E, tv. 62, 1-2.
55.21. Kylix sovraddipinta monocroma Argilla beige depurata, vemice nera lucente, sovraddipintura in rosso. hem 7,5; diam. cm 15. Napoli, Museo Archeologico Nazionale. Inv. sa Seconda metà del IV secolo a.C. Integra, ricomposta, decorazione sbiadita. All'estemo ed all'interno,
ramo di foglie di lauro e al fondo rosetta inscritta in due cerchi. Bibliografia: Fenicia 1840, p. 65, 15; CVA Napoli IV, E, tav. 44,6. 55.22. Kylix sovraddipinta monocroma Argilla beige depurata, vernice nera lucente, sovraddipintra in rosso A. em 8; diam. cm 16 Napoli, Museo Archeologico Nazionale. Inv. 80787, Seconda metà del IV secolo a.C.
Integra. Decorazione all’esterno, foglie sbiadite; all’interno, foglie di lauro e al centro cerchio inscrivente una rosetta Bibliografia: Fenicia 1840, p.65, n.15; Rocco 1942, tav I, fi. 3.
55.23. Piatto da pesce apulo a figure rosse Argilla beige, wemke nem tucente, sovraddipinture in biancoe giallo. hem 7,7; diam. cm 26,5 Napoli, Museo Archeologico Nazionale. Inv 82061 (= Heyd. 2542). Seconda metà del IV secolo a.C.
Fig. 260. 55.18. Lekythositaliota a figure rosse (Foto dell'Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica di Napoli e Caserta)
Integro. Sono rappresentati tre pesci teleostei. Uno, con molta verosimiglianza, potrebbe appartenere alla famiglia dei Diplosus (D. vulgaris), un sargo, per la forma del corpo e le fasce nere sul corpo. Gli altri due pesci potrebbero corrispondere all’orata (Sparus auratus) per l'aspetto del corpo, per le pinne e le Bibliografia: Fenicia 1840, p. 64, m. 10; Heydemann 1872, n. 2542.
Fig.261 — 55.19. Lekythos italiotaa figure rosse (Foto dell'Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica di Napoli e Caserta).
379
Tra gli altri oggetti, descritti dal Fenicia e non individuati, compaiono i seguenti esemplari che dovrebbero essere custoditi nel Museo Archeologico Nazionale di Napoli 55.24. Oinochoe
«Sana, dell'altezza di once nove e mezzo con due ben atteggiate figure». 5525. Sbphos due figure.
nero
decorato
con
55.26. Lekanis con una figura. 55.27. Kantharos
«Rotto; sul quale non si è ancora scoperto se è una 0 due figure». 5528. «Bicchiere nero samo e di bella forma». 5529. «Guttus nero con mascherone arilievo».
55.30. Candelabro di ferro.
Figg, 262-263. 5520. Kylix sovraddipinta. policroma (da CFA Napoli IV, av. 62, 1-2)
55.31. Lucerna a vernice nera 55.32. Tripode di ferro rotto. 55.33. Quattro quadrelli di ferro. 55.34. «Numero 17 vasellini fittili non figurati, sani e rotti di pochissimo valore».
380
Fig. 264, 5521-22. Coppia di bytes sovraddipinte monocrome(da CVA Napoli IV, tav 44,56)
Fig. 265. 5523. Piatto da pesce apulo a figure rosse (Foto Archivio Soprintendenza Archeologica di Napoli e Caserta)
56 — Tomba a camera rinvenuta in Via I Maggio
1 31 maggio del 1949, durante lavori di scavo eseguiti dal Comune di Ruvo per l'apertura di una nuova strada, si rinvenne una tomba a camera integra che ha restituito un ricco corredo di vasi apuli. Purtroppo, le notizie dell’ Archivio della Soprintendenza Archeologica di Taranto non forniscono ulteriori precisazioni circa a struttura della tomba, le sue dimensioni, le eventuali decorazioni dipinte e soprattutto il tipo di deposizione (maschile o femminile), né si hanno informazioni in merito alla presenza nella sepoltura di più deposizioni. Riguardo alla struttura della tomba i suddetti documenti riferiscono che essa è simile a quella della più celebre “Tomba degli Ori” di Canosa. Delriccocomplessovascolaredella tomba, conservatonei depositi della Soprintendenza Archeologica di Taranto, nel complesso di Sant’ Antonio, sono da notare, in particolare, un cratere a mascheroni apulo, una coppia di anfore apule di tipo panatenaico a figure rosse, una /outrophoros e un gruppo cospicuo di oinochoai apule di svariate forme. Tra i vasi di minori dimensioni, si possono annoverare varie lekythoi apule, un guttus, una lucerna a vernice nera, una phiale apula, nonchè vari esemplari sovraddipinti policromi nello stile di Gnathia, a vernice nera, a decorazione lineare, scialbati e, infine, un tripode in ferro” I materiale è inventariato dal n. 61497 al n. 61526 ed è databile nell’ambito della seconda metà del IV secolo a.C. % ASATA,Atti 1949: “Ruvo di Puglia, rinvenimento31 maggio 1949"; M. MARIN 1981,p. 160. 381
δὲ 59 49 Figg. 266-267. Tomba 56. Particolari del corredo della tomba a camera scoperta nel 1949 (Foto dell'Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica della Puglia).
56.1. Cratere a mascheroni apulo a figure rosse Argilla beige depurata, vemice nera lucente, sovraddipinture in bianco e giallo, hem 69,5; diam. orlo em 33,5, "Taranto, Museo Archeologico Nazionale, Tav. 61497. Attributo αἱ Pittore di Copenhag 4223. 345-330.
Ricomposto. Lacunoso, reintegrate parti del corpo, del piede e delle anse. Alcune lacune nella decorazione dipinta. Piede campanulato, corpo ovoidale, spalla obliqua, collo cilindrico, orlo espanso
382
e revoluto, anse a volute terminanti con mascheroni: maschere femminili bianche con parti della pelle risparmiate. Lato A: collo, fila di rosette; in basso testa femminile di profilo a destra tra fiori e girali. Sul corpo, è raffigurato un naiskos, sostenuto da due colonne ioniche, nel quale è un giovane nudo, il cui volto è andato perduto, seduto su un mantello drappeggiato; nella manosinistra. sollevata ha un volatile e sembra giocare con un cane, sollevato sulle sue zampe posteriori e poggiante le zampe anteriori sulle ginocchia del giovane, che tenta di
Figg. 268.269. 56.1. Cratere a mascheroni apulo a figure rosse: lati A e B (Foto dell'Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica della Puglia).
afferrare il volatile; in alto, è una palla appesa. A sinistra, al di fuori del naiskos, è una donna ammantata, con chitone € himation, stante, che ha nella destra una corona e un nastro nella sinistra. A destra, è un giovane nudo, stante, con clamide avvolta attomo al braccio sinistro e con piede destro sollevato, che ha nella destra un alabastron e nella sinistra un ramo di lauro con bacche. Lato B: a sinistra, è un giovane nudo, stante, con clamide avvolta intorno al braccio sinistro, che ha un ramo di lauro adorno di bacche nella destra e una phiale
con manico antropomorfo nella sinistra. A destra, è una donna stante, vestita con un lungo chitone, con specchio e nastro nella destra e corona nella sinistra; entrambi sono raffigurati presso una stele decorata con un nastro nero, sulla cui sommità è una kylix Bibliografia: Neutsch 1956, p. 289, fi. 64; Scarf 1959, p. 179; Lohmaan 1979, pp. 260261, A 714, tav. 182; Trendall-Cambitoglou 1982,p. 464, n. 17/46, tav 166,1
383
562. Anfora panatenaica figure rosse
apula a
Argilla beige depurata, vernice nera lucente, sovraddipinture i bianco e giallo. h. cm 56; diam, orlo cm 16,7; diam. piede 143. Taranto, Museo Archeologico Nazionale. Inv 61498, Attribuita sl Gruppo. Stanford-Conversano, cerchi del Pittore della Patera, 3403204C.
Ricomposta. Lacunosa, manca parte di un’ansa, sbreccature nel piede e nell'orlo. Scrostature della vernice sul piede e sul corpo. Piede campanulato, corpo ovoidale ed espanso, collo cilindrico, orlo espanso € revoluto, anse a bastoncello impostate verticalmente sulla spalla. Lato A: sul collo, testa di una Nike, di profilo a sinistra. Sul corpo: è raffigurato un naískos, sorretto da due basse colonne ioniche, dentro il quale è un giovane nudo, stante e piegato in avanti, con piede destro appoggiato su una piccola pila di rocce, con clamide poggiata sulla spalla sinistra; nella destra ha una phiale, mentre nella sinistra ha un lungo nastro. Tra i due lati, girali e palmette. Lato B: è raffigurata una donna stante, vestita con chitone e himation avvolto attomo al braccio sinistro, che si sta movendo verso destra; nella sinistra porta un tamburello, nella destra porta una cista; davanti alla donna un ramo di lauro con bacche. Bibliografia: Neutsch 1956, p. 287, fig. 65 Lohmann 1979, p. 261, A 715; Trendall Cambitogiou 1982, p. 759, m. 23257, Ὧν 2824.
563. Anfora panatenaica apula a figure rosse Argilla beige depurata, vernice nera lucente, sovraddipinture in bianco, giallo e rosso porpora. 384
149 Taranto, Museo Archeologico Nazionale. Inv, 61499. Attribuita al Pittore della Patera 3403304.
Ricomposta da alcuni frammenti Orlo e piede lievemente. sbreccati Qualche scrostatura della vernice. Piede campanulato, corpo ovoidale ed espanso, collo cilindrico, orlo espanso e revoluto, anse impostate verticalmente sulla spalla. Lato A: è raffigurato un naiskos sorretto da due colonne ioniche, nel quale è raffigurato un giovane nudo, stante, con clamide sulla spallae sul braccio sinistro, che ha nella destra un'oinochoe dalla quale versa del liquido, nella sinistra una phiale con offerte ed un nastro; a sinistra, è una donna, vestita con chitone, con un alabastron nella destra e un tralcio di vite nella sinistra; a destra, è un giovane nudo, stante, coronato, col piede destro appoggiato su una roccia e con clamide sulle gambe, che ha un melograno nella destra e un nastro nella sinistra Bibliografia: Neutsch 1956, p. 287; Lobmann 1979, p. 261, A 717; Trendall-Cambitoglou 1982, p.740,n. 23/106.
564. Loutrophoros apula a figure rosse Argilla beige depurata, vemice nera lucente, sovraddlpintre in bianco e giallo. h. em 50,1; diam. orlo cm 16; diam. piede em 17. Taranto, Musco Archeologico Nazionale. tav. 61500. Attibuita al Gruppo delle Donne Sedute, cerchia del Pitoe della Paters. 340-320.
Ricompostadavari frammenti. Diverse scrostature della vernice e delle parti figurate; diverse incrostazioni calcaree. Piede campanulato, corpo ovoidale, spalle oblique, collo troncoconico, orlo
apula a figure rosse: lati A e B (Foto dell’ Autore, cortesia Figg. 270-271. 562. Anfora panatenaica Soprintendenza Archeologica della Puglia) 385
Figg. 272-273. 56.3. Anfora panatenaica apula a figure rosse: lati A e B (Foto dell'Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica della Puglia) 386
espanso piatto, anse a sigma impostate verticalmente sulla spalla. Decorazione accessoria: sul collo, sul lato A, testa di una Nike, di tre quarti a sinistra, tra una cista ed una phiale. Lato A: è raffigurato un naiskos, sorretto da due colonne ioniche, in cui è rappresentata una donna stante, vestita con un lungo chitone manicato c con un mantello rosso che la avvolge sul fianco destro e sul braccio sinistro, che ha nella destra abbassata una ghirlanda di quattro rosette, nella sinistra un grande ventaglio; la donna appoggia il gomito sinistro sull’orlo di una grossa lekythos. AI di fuori del maiskos, a sinistra, è un giovane nudo stante, con clamide pendente dall'avambraccio sinistro, che ha nella destra una corona, nella sinistra uno strigile; a destra, è una donna stante, vestita con chitone smanicato, che ha nella destra sollevata un ramoscello di ulivo, nella sinistra abbassata un grappolo di uva. Nel campo: bende, palmette e girali. Lato B: a sinistra è un giovane nudo, stante, con clamide pendente dal braccio sinistro, con tralcio di vite nella destra e una corona nella sinistra; di fronte, è una donna seduta su una pila di rocce, che ha nella destra una phiale e una palla, mentre nella sinistra ha un tirso. Bibliografia: Neutsch 1956, p. 287; Lohmann 1979, p. 261,A 716; Trendall-Cambitoglou 1982,p. 758,n. 23/249
56.5. Oinochoe apula a figure rosse Agila beige depurata, vernice nera lucente sovraddipinture in bianco e allo. hem 21,5; diam. piede cm 8,5 Taranto, Museo Archeologico Nazionale. Inv. 61501 Attribuita al Pittore della Testa di Copenhagen, seguace dei Pittori della Patera e di Baltimora 3303204.
Forma 3 (Trendall-Cambitoglou). Integra. Venice scrostata, qualche incrostazione. Piede a cercine, corpo globoso con orlo trilobato, ansa a nastro, piatta all’interno e concava nella parte estema, impostata orizzontalmente sull’orlo, verticalmente sul corpo. Sul corpo è raffigurata una testa femminile, vista frontalmente, decorata con orecchini, collana e stephane radiata. Ai lati, sono dei fiori. Bibliografia: Zanotti Bienco-Von Matt 1961 fig. 247,1; Bandineli-Giuliano 1974, fig. 254 “Trendall-Cambitoglou 1982, p. 954, n. 28356. 56.6. Oinochoe apula a figure rosse Argilla beige depurata, vernice nera lucente, sovraddipintur in bianco e giallo, hem 22; diam. piede cm 8,6. "Taranto, Museo Archeologico Nazionale. Inv 61502. Attribuia al Pitore di Bari 1180, Gruppo del Vaticano Z 3, cerchia dei Pittori di Dario e dell’Oltretomba, gruppo dei vasi con teste 3403202€.
Forma 3. (Trendall-Cambitoglou) Integra. Qualche sbreccatura sull'orlo; vernice nera scrostata in alcuni punti. Per la forma si veda il n. 57.5. Sul corpo è raffigurata una testa femminile, di profilo a sinistra, tra due fiori, decorata con orecchini, collana, diadema e sakkos. Bibliografia: Trendall-Cambitoglou 1982, p. 687,n. 22/493.
56.7. Oinochoe apula a figure rosse Argilla beige depurata, vernice nera lucente sovraddipinture in bianco e giallo hi cm 21,3:b. con ansa cm 29,5; diam. piede em 54. "Taranto, Museo Archeologico Nazionale. Ins 61503,
387
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Figg. 274-275. 564. Loutrophoros apula a figure rosse: lati A e B (Foto dell’Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica della Puglia). Atribuita al Gruppo degli Askoi di Trieste (S 444-445), produzione dei piccoli vasi connessi con le botteghe dei Pitori di Dario, dela Patera € di Ganymede 340-320.
Forma 1 (Trendall-Cambitoglou). Integra. Piede in parte reintegrato. Sbreccature sull'orlo e sul piede; vernice serostata in alcuni punti; incrostazioni Piede campanulato, con duplice risega 388
sul taglio e scanalatura all’attacco, corpo ovoidale con leggera scanalatura alla base del collo, spalla obliqua, collo a profilo concavo, labbro trilobato, revoluto e baccellato; ansa sormontante a nastro, appena concava all’intemo e duplice costolatura all’esterno. Sul labbro, all’attacco dell'ansa e sui lati sono applicate delle protomi; una protome femminile è anche all’attacco inferiore
Figg. 276-277. 56.5. Oinochoe apula a figure rosse (Foto dell’ Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica della Puglia)
dell’ansa sulla spalla. Decorazione accessoria: sul collo in nero ovoli, linee acuminate bianche; sulla spalla, lince rosse e nere che si altemano. La scena figurata è delimitata inferiormente da un meandro continuo; ai lati, girali e palmette. Decorazione figurata: a sinistra, èraffigurata una donna stante, con chitone, che ha un ramo di lauro con bacche nella destra e uno specchio nella sinistra; di fronte a lei è un οἵοις con xilofono nella sinistra e tamburello nella destra; entrambi i due personaggi sono raffigurati presso un louterion, rappresentato al centro della scena.
Bibliografia: Trendall.Cambitoglou 1982, p. 823, n. 2645,
56.8. Oinochoe apulaa figure rosse Argilla beige depurata, vernice nera lucente, sovraddipinture in bianco e giallo. hem 30; diam. piedeem 6. “Taranto, Museo Archeologico Nazionale. In, 61504, Attribuita al Gruppo degli Askoï di Trieste (S. 444-445), produzione dei piccoli vasi connessi con e botteghe dei Pitoridi Dario, della Pate. e di Ganymede 3403202€. 389
bipartito con bacche, mentre nella sinistra ha una situla. Nel campo, in alto, un nastro passante per una corona; in basso è un altro nastro, Bibliografia: Trendal-Cambitoglou 1982, p. 823, n. 26/46, tav. 308,2 56.9. Lekythos apula a figure rosse Argilla beige depurata, vernice nera lucente, sovradipinturein bianco e giallo hem 20; diam. piede cm 6,9. Taranto, Museo Archeologico Nazionale. Inv. 61505. Attribuibile ala fase Tardo-Apula. Seconda metà del IV secolo a.C.
Fig. 278. 56.6. Oinochoe apula a figure rosse (Foto dell'Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica della Puglia)
Forma 1° (Trendall-Cambitoglou). Integra. Qualche sbreccatura sull’ansa e sull’orlo; scrostature nella vernice. Per la forma e la decorazione accessoria si veda iln.57.7. Sul corpo, a sinistra, è raffigurata una donna in movimento verso destra, vestita con un lungo chitone, ornato da una striscia nera verticale e lunghi capelli legati da un nastro, che ha nella destra una torcia e una phiale nella sinistra; davanti a lei è un erote che sta librandosi in volo, verso destra, guardando indietro verso la donna. L'erote ha dei corti calzari ai piedi e ha nella destra un ramo di lauro 390
Integra. Lievi sbreccature sull'orlo; vernice scrostata in alcuni punti. Piede troncoconicosagomato con golad'attacco, corpo ovoidale, brevi spalle arrotondate, collo cilindrico, bocchello campanulato, ansa verticale a cordolo. Sul corpo è raffigurata una testa femminile, di profilo a sinistra, con stephane radiata sulla fronte e capelli raccolti in un sakkos. Ai lati, ramo di lauro, rosette; palmette sotto T'ansa. Inferiormente la scena è delimitata da un meandro ad onda marina. Bibliografia: inedita.
56.10. Lekythos apula a figure rosse Argilla beige depurata, vemice nera lucente, sovraddipintue in bianco e giallo. ἣν em 19; diam. piede em 65. ‘Taranto, Museo Archeologico Nazionale. Ins 61506, Attribubile alla fase Tardo-Apula Seconda metà del IV secolo a.C.
Integra. Vernice scrostata in alcuni punti; piccole incrostazioni. Piede a disco con gola di attacco, corpo ovoidale, brevi spalle arrotondate, collo cilindrico,
Figg. 279-280. 56.7. Oinochoe apula a figure rosse (Foto dell'Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica della Puglia) 391
Figg. 281-282. 568. Oinochoe apula a figure rosse (Foto dell'Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica della Puglia). 392
bocchello campanulato, ansa verticale a cordolo. Sul corpo è raffigurata una donna seduta su una pila di rocce, di profilo a sinistra, che ha una phiale con offerte nella destra e una corona, a cui è appeso un nastro, nella sinistra abbassata. Nel campo, rosette; sotto l'ansa, palmette, Bibliografia: inedia
56.11. Lekanis apula a figure rosse Argilla beige depurata, vernice nera lucente, sovraddipinture in bianco e illo. bcm 10; diam. cm 85. Taranto, Museo Archeologico Nazionale. Inv. 61507. Attribubile alla fase Tardo-Apula Seconda metà del IV secolo a.C.
Integra. Scrostature della vernice; varie incrostazioni; presenti sulla vernice. evidenti macchie rossastre dovute a cattiva cottura. Piede troncoconico con alto raccordo, vasca a profilo convesso nella parte inferiore e svasato in alto, labbro arretrato ed appena obliquo verso l’intemo per l'alloggiamento del coperchio; anse a sezione piano-convessa, impostate orizzontalmente. Coperchio: labbro verticale, spalla appena obliqua, con risega alla base del pomello che termina a disco con doppia scanalatura al taglio, tondello depresso e incavo centrale. Decorazione: su entrambi i lati, testa femminile, di profilo a sinistra, decorata con orecchini e capelli raccolti in un sakkos. Ai lati, palmette c gira. Bibliografia: inedia.
56.12. Lekanis apula a figure rosse. Argilla beige depurata, vernice nera lucente, sovraddipintue in biancoe giallo hem 10,1; diam. em 7,5
Fig. 283. 569. Lekythos apula a figure rosse (Foto dell'Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica della Puglia).
Figg. 284-285. 56.10. Lekythos apula a figure rosse (Foto dell'Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica della Puglia) Taranto, Museo Archeologico Nazionale. Ins 61508, Attribubie al a fase Tardo-Apula Seconda metà del IV secolo aC.
Integra. Lacunosa, manca un'ansa. Scrostature — della vernice; — varie incrostazioni; presenti sulla vernice evidenti macchie rossastre dovute a cattiva cottura. Per la forma si veda il n. 57.11. Decorazione: su entrambi i lati, è una testa femminile, di profilo a sinistra, decorata con collana, orecchini e stephane radiata; i capelli sono raccolti in un sakkos. Ai lati, palmette. Bibliografia: inedita.
394
56.13. Pisside globulare apula ἃ figure rosse Argilla beige depurata, vemice nera lucente, sovraddipintre in bianco e gallo Βα em 12,1; diam. orlo em 8,5 Taranto, Museo Archeologico Nazionale Inv. 61509. Attribuibile alla fase Tardo-Apula Seconda metà del IV secolo a.C.
Integra. Qualche sbreccatura; vernice scrostata in alcuni punti; sul coperchio, su un lato, la decorazione figurata è completamente perduta. Coppa: piede cilindrico sagomato con alta gola di attacco, cavo, vasca emisferica, labbro arretrato e appena obliquo verso l’interno
per l’alloggiamento del coperchio. Coperchio: labbro quasi verticale, profilo convesso con risega alla base del pomello, costituito da un elemento cilindrico sormontato da un echino rovesciato, con faccia superiore depressa e incavo centrale. Decorazione: su entrambi i lati, sulla coppa e sul coperchio, è una testa femminile, di profilo a sinistra, decorata con collana e stephane radiata, mentre i capelli sono raccolti in un saktos. Ai lati girali e palmette. Bibi 56.14. Alabastron sovraddipinto policromo Argilla nocciole, wemice mera _ lucente, sovraddipinture in bianco, giallo, marrone € rosso-violetto. P. cm 15,5; diam. orlo cm 5; diam. piede cm. E Taranto, Museo Archeologico Nazionale Inv 61510. Medio-Gnathía. 3403204.C.
Integro. Qualche sbreccatura sull’orlo e sul piede; scrostature della vernice in alcuni punti; diverse incrostazioni sul piede. Piede campanulato scanalato, corpo affusolato, breve spalla arrotondata, collo a profilo concavo, labbro espanso a disco. Decorazione accessoria: fila di bastoncelli verticali bianchi, motivo ad ovoli, fila di punti bianchi e gialli; ai lati, fiori e girali; sotto, motivo ad ovoli Sul corpo, è raffigurata una donna nuda, avvolta în un himation trasparente, che lascia intravedere le gambe, orlato alle due estremità con un colore rosso intenso. La figura femminile cammina. verso sinistra in punta di piedi, come se stesse danzando, porta dei bassi calzari, i capelli sono raccolti in un sakkos.
Fig. 286. 56.11. Lekanis apula a figure rosse (Foto dell'Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica della Puglia) Bibliografia: Neutsch 1956,p. 289, fi. 7.
56.15. Oinochoe apula a figure rosse Argilla beige depurata, vemice nera lucent, sovraddipinture in biancoe giallo. fn. cm 103; diam. orlo cm 69. Taranto, Museo Archeologico Nazionale. ov. 61511 Atribuible alla fse Tardo-Apula. Seconda metà del IV secolo a.C.
Forma 8, boccale (Trendall-Cambitoglou) Integra, vernice scrostata in alcuni punti, sbreccature sull'orlo e sul piede. Piede cilindrico sagomato con gola di attacco, corpo globoso, collo a profilo concavo, svasato al labbro; ansa a due bastoncelli schiacciati aderenti in basso e divergenti all’attacco. Decorazione: sul collo, fila di ovoli e fila di rosette. Sul corpo, testa femminile, di profiloa sinistra, decorata sulla fronte con stephane radiata e capelli raccolti in un sakkos. Bibliografia: inedita. 395
Bibliografia: inedito.
57.17. Piatto da pesce apulo a figure rosse Argilla beige, vemice nem cent, sovraddipinture in biancoe illo h. cm 43; diam. cm 198. Taranto, Musco Archeologico Nazionale. Inv. 61513, Seconds metà del IV secolo a.C.
Integro. Sono raffigurati una seppia, un cefalo e un labro, Sull’orlo, motivo di foglie di lauro; nel tondo interno, motivo ad onde e rosetta Bibliografia: Mc Phee-Tredal 1987, p. 129, n. [En Fig. 287. 56.12, Lekanis apula a figure rosse (Foto dell'Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica della Puglia).
56.16. Guttus a vernice nera Argilla nocciola, vernice nera lucente, emblema eseguito a stampo. h cm 5, con bocchello cm 9,5; diam. cm 10,5 diam. piede cm 62. “Taranto, Museo Archeologico Nazionale. ἴων. 61512. Seconda metà del IV secolo ac.
Vicino a Forma Morel 8141 c. Integro, vernice scrostata in diversi punti; incrostazioni. Alto piede ad anello modanato, cavo, con gola d'attacco alla vasca globosa decorata da strigilature; bocchello cilindrico dall’orlo estroflesso. Ansa ad anello con costolatura centrale impostata verticalmente sulla vasca. L'emblema centrale raffigura Dioniso con tirso nella destra e oca nella sinistra 396
56.18. Cup-Skyphos sovraddipinto policromo Argilla camoscio, wemice nera lucente, sovradéipinture in bianco giallo e rosso scuro. hom 5,5; diam. orlo em 8. “Taranto, Museo Archeologico Nazionale Inv. 61514. Seconda metà del IV secolo a.C.
Integro, vernice scrostata în alcuni punti, diverse incrostazioni; decorazione dipinta evanida in più parti. Piede ad anello modanato con gola di attacco, vasca profonda dal profilo convesso, oro lievemente inflesso, anse a bastoncello, impostate orizzontalmente sulla vasca, piegate ad angolo retto verso Valto. Decorazione: sotto l'orlo, fila di ovoli; sulla, vasca, tra le due anse, fascia con bande rosse e linee a tremolo gialle che si alternano; sotto, tralci di vite e rami di lauro. Bibliografia: inedito
56.19. Askos apulo a figure rosse Argilla beige, vernice nom lucente, sovraddipinture in bianco giallo ‘cm 23; diam. piede cm 11,3; diam. bocchello em. ‘Taranto, Musco Archeologico Nazionale. Ins 61515, Attributo al Gruppo degli Askoi di Trieste (S 444-445), produzione dei piccoli vasi connessi con le botteghe dei Pitoi di Dario,della Patera € di Ganymede, Seconda metà del IV secolo aC.
Integro, orlo e piede lievemente sbreccati, vernice scrostata in alcuni punti. Piede troncoconico sagomato con piccola gola di attacco, corpo ovoidale, bocchello cilindrico con labbro estroffesso piatto con risega, ansa a nastro costolata, Decorazione: sul collo, Ayma risparmiato e sovraddipinto in giallo sul collo;in basso linea concentrica nella stessa tecnica e fila di puntini gialli. Sul retro, palmette € girali. Sul corpo, è raffigurato un erote seduto su una pila di rocce, di profilo a sinistra, che ha una corona adorna di perle nella sinistra e uno specchio nella destra; appoggiatoal suo braccio destro è untirso. AI di sotto, la scena figurata è delimitata da un meandro ad onda destrorso, Bibliografia: Trendall-Cambitogiou 1982, p. 821,1. 2627. 5620. Coppetta monoansata a vernice nera. Argilla nocciola, vernice nera opaca. fn cm 4,8; diam. orlo em 8,5. Taranto, Museo Archeologico Inv. 61516. Seconda metà del IV secolo a.C.
Forma Morel 6214. Integra, venice nera quasi evanida, scrostata in molti punti. Piede ad anello, vasca fonda, arrotondata, orlo alquanto ingrossato ©
Fig. 288. 56.13. Pisside globulare apula a figure rosse (Foto dell'Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica della Puglia).
tagliato obliquamente, ansa orizzontale a bastoncello schiacciato, impostata poco al di sotto dell’orlo. Bibliografia: inedita.
56.21. Phiale apula a figure rosse Argilla ros, vemice nem lucente, Sovraddipinturein biancoe gial o. ‘hem 145; diam. em 38,5; b. bottoni cm 1; h piedeem 32. "Taranto, Museo Archeologico Nazionale Inv. 61517. Attriuita al Gruppo Cleveland, vasi connessi ‘con la produzione dei Pittori di Dario, della Pater € di Ganymede 3403204.
Integra; qualche incrostazione, lievi sbreccature sulle anse e sull’orlo. Piede profilato, attaccato al corpo; banda risparmiata; due partî mancanti; vasca espansa, anse a maniglia crestate attaccate verticalmente con tre bottoni plastici alla base, a forma di rosette bianche con 397
gambi neri. Decorazione accessoria: orlo risparmiato, vernice nera sotto le anse; estremità dell’orlo, motivo di ovoli; sotto l'orlo, sul corpo, banda risparmiata. Nell'inemo: gruppo di due donne. A destra, è una donna, riccamente vestita € ingioiellata, seduta su una roccia, con una corona nella sinistra, decorata con punti neri, e due phialai nella destra, una sull’altra; sulla testa ha una stephane radiata, un kekryphalos, un nastro ondulato annodato intorno alla ciocca dei capelli, due lunghi riccioli, orecchini, una collana a due giri di perle intorno al collo e bracciali; vestito bianco, chitone manicato e himation sulle braccia. A sinistra, è una donna stante che le si avvicina: capelli corti con stephane di ramoscelli sulla testa, chitone allacciato, clamide che scende sulla schiena dalla spalla sinistra; la donna sta offrendo un grande kalathos In alto, è un erote che sta volando verso la donna seduta ed è in atto di posare sulla sua testa una corona. Nel campo: ramo di mirto con bacche che sorge tra le due figure, rosette; al di sotto, phiale con anse a bottoni e patera con manico antropomorfo e anse a bottoni sull'orlo. Tondo circondato da un motivo ad onde incluso in cerchi risparmiati e corona di lauro con bacche. Esterno, vernice nera. Bibliografia: Schneider-Hermann 1977, p. 7 ἐν 83, av, XIL2; Trendall-Cambitoglou 1982, P 820,n. 26/16,uv. 307.
56.22. Cup-Skyphos apulo a figure rosse
Fig. 289. policromo dell’ Autore, logica della 398
56.14. Alabastron sovraddipinto con figura di danzatrice (Foto cortesia Soprintendenza Archeo/ Puglia),
Argilla rosata, vemice nera sovraddipinture in bianco e giallo. hem 7,8; diam. orlocm 11,8 Taranto, Museo Archeologico Nazionale. Im 61518, Attribuito al Gruppo Monopoli, cerchia dei Pittori di Dario e dell'Oltretomba, produzione dei vasi contese femminili. 330-3204€.
Figg. 290-291 56.15. Oinochoe apula a bocca rotonda a figure rosse (Foto dell'Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica della Puglia)
Integro; lacunoso, manca parie di un'ansa; vernice scrostata, molte incrostazioni. Piede troncoconico modanato con gola di attacco; vasca profonda a profilo convesso, orlo leggermente estroflesso, tagliato obliquamente con risega nella parte interna, anse a bastoncello schiacciato impostate leggermente oblique verso l'alto sull'orlo. Su entrambi i lati, tra girali e palmette, è una testa femminile, di profilo a sinistra, col collo decorato da una collana di perle e capelli raccolti in un sakkos. Bibliografia: CVA Taranto IV Dr, tav. 346; Trendall-Cambitoglou 1982, p. 709, n. 22/743. scialbato — con 5623. — Kantharos decorazione plastica Argilla camoscio, siabatura hem 14, con anse em 18; diam, orlo cm 10,5; diam. piedecm 63. "Taranto, Museo Archeologico Nazionale.
In. 61519. Seconda metà del IV secolo a.C.
Lacunoso, manca parte di un'ansa e parte del labbro all’attacco della stessa. Macchiato e fortemente | incrostato; scialbatura quasi completamente perduta. Alto piede a disco con scanalature, breve stelo a doppio tronco di cono con anello mediano rilevato, vasca con pareti a profilo leggermente concavo € svasato al labbro; anse a nastro sormontanti con protomi femminili all’attacco superiore e linguetta sulla parte inferiore. Bibliografia: inedito 5624. — Kantharos scialbato — con decorazione plastica Argilla camoscio, scialbatura. 3c max em 8,6; diam. orlo cm 103. Taranto, Musco Archeologico Nazionale. Inv, 61520. Seconda metà del IV secolo ac. 399
Figg. 292-293. 56.16. Guttus a vernice nera con medaglione figurato (Foto dell'Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica della Puglia)
Lacunoso, manca il piede. Sbreccature sull’orloesulleanse; diverseincrostazioni; scialbatura quasi completamente perduta, ne rimangono esili tracce, Per la forma si veda il n. 57.23, Bibliografia: inedito,
56.25. Coppetta monoansata a fasce Argilla nocciola, vemice rosso-bruns; toria ‘n cm 53; diam. orlo em 11,8, Taranto, Musco Archeologico Nazionale. Inv. 61821 Seconda metà del IV secolo a.C.
Integra. Orlo lievemente sbreccato, qualche incrostazione. Piede ad anello, vasca a profilo convesso, orlo appena inflesso; ansa a bastoncello schiacciato impostatapocoaldisottodell'orloeappena inclinata verso l’alto. La decorazione 400
consiste in una linea all'estemo della vasca, due fasce concentriche sotto l'orlo, due linee, una fascia e due linee concentriche, un anello all’interno della vasca. Orlo vemiciato; coperta di vernice. l'estremità dell’ansa. Bibliografia: inedita 56.26. Skyphos apulo a figure rosse Argilla camoscio scuro, vernice nera lucente, sovraddipinture in bianco e giallo. hi cm 8,8; diam. orlo em 8, Taranto, Museo Archeologico Nazionale. In. 61522. Attribuibile alla fase Tardo-Apula. Seconda metà de IV secolo a.C.
Lacunoso, manca un'ansa e parte dell’orlo. Orlo sbreccato, vemice scrostata in diversi punti; sono presenti molte incrostazioni. Piede a disco, corpo ovoidale, labbro estroflesso, anse a ba-
stoncello a profilo concavo impostate orizzontalmente sull'orlo. Decorazione: su entrambi i lat, è una testa femminile, di profilo a sinistra, decorata con una collana, con orecchini e una stephane radiata, mentre i capelli sono raccolti în un sakkos; ai lati e sotto le anse, girali e palmette; sopra, meandro ad onda rovesciato sinistrorso.
ym
Bibliografia: inedito
56.27. Skyphos apulo a figure rosse Argilla camoscio scuro, vernice nera lucent, sovraddipinture in bianco e giallo hem 9; diam. orlo cm 82. Taranto, Museo Archeologico Nazionale Inv. 61523, Attribuibile alla fase Tardo-Apula. Seconda med del IV secolo a.C.
Tig. 294. 56.17. Piatto da pesce apulo a figure rosse (Foto dell'Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica della Puglia)
Lacunoso, manca parte dell’orlo e del corpo. Vemice scrostata in diversi punti; sono presenti molte incrostazioni. Per la forma e la decorazione si veda il n. 57.26. Bibliografia: inedito. 56.28. Piatto a vernice nera Argilla camoscio, venice nera opaca h . cm 44; diam. piede em 6,5; diam. orlo cons. em 12 Taranto, Museo Archeologico Nazionale. Inv. 61524 Produzione apula. Seconda metà del IV secolo a.C.
Forma Morel 2231. Lacunoso, manca. quasi del tutto il labbro; vernice scrostata, incrostazioni. Piede troncoconico con risega e gola di attacco, vasca a profilo convesso, orlo piatto Bibliografia: inedito.
Fig. 295. 56.18. Cup-Sphos sovraddipinto policromo (Foto dell’Autore, cortsia Soprintendenza Archeologica della Puglia). 56.29. Lebes gamikos apulo a figure rosse Argilla rossarancio, vernice nera lucente, sovradéipinture in bianco e giallo. h. con ansa cm 25; diam. piede em6. Taranto, Museo Archeologico Nazionale. In 61525, Attribuibile alla fase Tardo-Apula. Seconda metà del IV secolo a.C.
Lacunoso, frammentario; manca il coperchio, buona parte del labbro e del corpo. Piede sbreccato, vernice scrostata, diverse incrostazioni. Piede a disco 401
modanato con risega, corpo ovoidale, spalle arrotondate, anse a bastoncello impostate verticalmente sulle spalle. Lato A: erote seduto su una pila di rocce, di profilo a sinistra; vicino sono due rosette e un nastro Lato B: donna seduta su una pila di rocce, di profilo a sinistra, che ha nella destra un oggetto non visibile Bibliografia: inedito 56.30. Mortaio acromo Argilla arancio hem; diam. em 29; canaletta em 8,5, Taranto, Museo Archeologico Nazionale. In. 61526, Seconda metà del IV secolo aC.
Integro. Qualche sbreccatura sull'orlo, macchie di umido e incrostazioni. Integro. Basso piede cilindrico, vasca ampia e poco profonda, labbro ingrossato € leggermente arrotondato, inclinato verso l'esterno, con canaletta obliqua. Bibliografia: inedito Figg. 296-297. 56.19. Askosapulo a figure rosse (Foto dell'Autore, cortesia Soprintendenza. Archeologica della Puglia).
ig. 298 - 5620. Coppetta monoansata a vernice nera (Foto dell'Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica della Puglia)
402
Fig. 299. 5621. Phiale apula a figure rosse (Foto dell'Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica della Puglia).
Fig. 300. 5622. Cup-Sbphos apulo a figure rosse (Foto dell'Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica della Puglia). 403
Fig. 301. 5623. Kantharos scialbato (Foto dell'Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica della Puglia)
Εἰς, 302. 56.24. Kantharos scialbato (Foto dell'Autore, cortesia Soprintendenza Archeo! logica della Puglia).
303-304. 56.25. Coppetta monoansata con decorazione a fasce (Foto dell'Autore, Soprintendenza Archeologica della
404
Fig. 305. 56.26. Skyphos apulo a figure rosse (Foto dell'Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica della Puglia).
Fig. 306. 56.27. Skyphos apulo a figure rosse (Foto dell'Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica della Puglia)
Fig. 307. 56.28. Piatto a vernice nera (Foto dell'Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica della Puglia).
Figg, 308-310, 56.29. Lebes gamikos apulo a figure rosse: lati A e B (Foto dell’ Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica della Puglia). 405
Fig. 311. 56.30. Mortaio acromo (Foto dell'Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica della Puglia). 57— Tomba a semicamera rinvenuta nei pressi di Via Gravinelle
Nei primi giorni di marzo del 1892 un muratore, mentre scavava varie fosse in cerca di terreno, in un orto vicinissimo all’abitato di proprietà della signora Traversa vedova Cotugno, situato nei pressi di via Gravinelle (come risulta dalle carte catastali del 1874), rinvenne casualmente una tomba di grandi dimensioni, priva dei lastroni di copertura, in quanto già violata anticamente. La sepoltura fu depredata, quasi certamente, degli oggetti preziosi in oro e in altro materiale pregiato che doveva contenere, mentre i vasi, ridotti in frammenti a causa della caduta delle lastre di copertura, furono lasciati perché considerati ormai privi di valore. In seguito, questi si mescolarono disordinatamente alla terra che penetrò nella fossa, rimasta priva dei lastroni che la proteggevano, tanto che al momento del rinvenimento furono trovati all'interno della sepoltura centinaia di frammenti ceramici. Dalla descrizione, sia pure scarna, della struttura sembra che si possa trattare di una tomba a semicamera, presente nell’insediamento peucezio di Ruvo in maniera preponderante. Tutto il corredo fu acquistato dal canonico Luigi Elicio, il quale ricompose i vasi ridotti in frammenti, facendoli poi vedere allo Jatta che li descrisse. In seguito, alcuni elementi del corredo furono venduti al Musco Archeologico Provinciale di Bari, anche se non è stato possibile individuare tutti gli oggetti del complesso funerario”. 7 JATTA 1893, pp. 73-84;M. MARIN 1981, pp. 196-199. 406
Non si hanno ulteriori notizie sulla scoperta, in particolare sul tipo di deposizione, sulle misure, sulla struttura e sulla posizione degli oggetti all’interno della tomba. Gli elementi superstiti individuati, un cratere a mascheroni ed una loutrophoros attribuiti al Pittore di Baltimora ed al Pittore della Patera, due unguentari vitrei ed una statuetta di terracotta raffigurante Afrodite, indicano che il corredo può essere datato all'ultimo. quarto del IV secolo a.C. 57.1. Cratere a mascheroni apulo a figure rosse Argilla color camoscio scuro, vemice nera lucente, sovaddipinture in bianco e gallo. ἐν cm 87;h. con anse cm 9,5; diam. orlo cm 442. Bari, Museo Archeologico Provinciale. Inv. 2396, Attributo al Pittore di Baltimora 3303108.
Stato di conservazione pessimo. Sono stati restaurati il piede, il collo, una testa di cigno, parti delle anse, parte dell'orlo e della spalla, e parti del corpo. Varie scalfitture, incrostazioni e scrostature della vernice. Il bordo è sbreccato. Piede di restauro, corpo espanso slanciato e ovoidale, breve spalla troncoconica, collo cilindrico con riseghe di attacco, orlo svasato ripreso e revoluto, bordo scanalato; anse a mascheroni con protome a testa di gorgone del tipo non orrido; teste di cigno agli attacchi inferiori delle anse. Decorazione accessoria: interno dell’orlo in nero; all'estero, ovoletti con puntini tra linee; al di sotto, linea e motivo ad onda con puntini rivolto verso destra, risega in nero, Sul collo, in A), su fascia in nero, ramo di edera; tra girali fioriti e fogliati erote seduto su un calice che regge un timpano con la mano destra tesa in avanti, con la sinistra regge uno specchio; si intravede la parte terminaledi un'ala, mentre il resto è mancante. In B) su fascia risparmiata, elementi di meandro volti verso destra con quadrati, il tutto tra fascette in nero; trionfo di palmette tra
girali. Sulla spalla, tra linee, bastoncelli alternati a linee che terminano nella parte inferiore con puntini. ΑἹ di sotto, ovoletti con puntini tra coppie di lince. LatoA: registro superiore, è raffigurata una scena di oltretomba. A destra, figura femminile (Dike) seduta volta col capo verso sinistra, vestita con lungo chitone ed himation avvolto intorno alle gambe, con diadema radiato, kekryphalos, orecchini, collana e armille; nella mano sinistra ha una spada nella guaina, da cui pende il balteo, mentre con la destra tiene l'elsa. della spada e volge lo sguardo ad un’altra donna che le sta ritta dinanzi. Questi è Hekate, che appoggia il piede sinistro su una bianca Aydria apoda rovesciata; ha lunghi calzari, corto chitone, mantello che pende dalle braccia, due neri baltei incrociati sul petto, una larga cintura bianca che stringe în vita il chitone, armille, collana, orecchini e diadema sulla fronte, nascosto in parte dai lunghi capelli; ha nelle mani due fiaccole accese e il viso piuttosto severo; dietro di lei, sul suolo, è una grande phiale. Con le spalle rivolte ad Hekate è Hades, seduto su uno sgabello posto sopra una bassa e larga base, che ha lunghi calzari bianchi, corto chitone manicato, cinturone bianco, clamide in parte avvolta intorno alle gambe e in parte pendente dal braccio sinistro, corona di alloro sul capo, capelli lunghi c neri che scendono sugli omeri e barba con bai. Con la sinistra si appoggia ad un lungo scettro, mentre con la destra è nel tipico atteggiamento di chi sta 407
Figg. 312-313. 57.1. Cratere a mascheroni apulo a figure rosse: lati A e B (Foto Archivio Soprintendenza Archeologica della Puglia).
parlando rivolto ad Anfiarao che gli sta di fronte. Quest’ultimo, stante, con lunghi calzati, corto chitone, clamide pendente in parte dal braccio destro e in parte tenuta. con la sinistra abbassata, ha nella destra una lunga lancia, una corazza sul torace, mentre dal suo fianco sinistro sporge l’elsa della spada. Chiude la scena Hermes, con lunghi calzari, clamide pendente dalle spalle e agganciata, caduceo nella destra. Nel registro inferiore sono raffigurati quattro guerrieri che parlano tra loro. A destra, è un giovane nudo con lunghi 408
calzari che siede su una clamide e che guarda verso il compagno volgendo indietro la testa, tenendo con la destra due giavellotti. Segue l’altro giovane nudo appoggiato col gomito sinistro su uno scudo su cui è una clamide ripiegata e un petaso bianco dietro le spalle; con la destra tiene due giavellotti, mentre con la sinistra fa un gesto verso il compagno nel tipico segno di chi sta parlando. II gruppo degli altri due giovani non è molto diverso dal precedente. Uno è seduto e tiene nella destra due lunghe lance; l'altro è in piedi,
con due lance, pileo sul capo e dietro di sé uno scudo. Lato B: è raffigurato un naiskos, all’intemo del quale è un giovane guerriero nudo, con la testa cinta da una. benda bianca, clamide pendente dalle braccia, due lance nella destra e grande scudo bianco; nel campo sono due bende pendenti. A destra del naiskos, sopra, è un giovane nudo seduto su una clamide, con un grappolo di uva nella destra ed una cassetta nella sinistra, da cui è sospesa una bianca palla da gioco. Sotto, è una donna, con lungo chitone, calzari, armille, collana ed orecchini, che è in atto di avvicinarsi al monumento funebre con una corona nella sinistra ed una phiale nella destra. A. sinistra, sopra, è una donna stante, vestita con chitone ed himation di cui sostiene un lembo con la destra abbassata, mentre nella sînistra ha una corona di rosette. Sotto, è un giovane seduto con grande phiale nella destra e con il gomito sinistro. appoggiato sul basamento del naískos. Bibliografia: Jatta 1893, pp. 73-79, n. 1; Lohmann 1979, p. 179, À 42; TrendallCambitoglou 1982,p. 863,n. 27/16.
57.2. Loutrophoros apula a figure rosse Argilla color camoscio chiaro, vernice nera lucente, sovraddipinure in bianco e h em 83,5; diam. orlo em 2. Bari, Musco Archeologico Provinciale. Ins 2397. Attributa al Pittore della Pater 5403204.C. Stato di conservazione pessimo, tutto il vaso è stato restaurato, ricomposto, lacunoso; varie parti sono di restauro; sbreccati il taglio del piede e l'orlo; varie incrostazioni e scrostature. Piede tronco-conico con tre scanalature, collo
cilindrico con minuscola gola di attacco, corpo con parte inferiore tronco-conica rovesciata e parte superiore cilindrica con due scanalature alla base presso la spalla; spalla a profilo appena concavo, collo cilindrico con al centro risega e scanalatura, orlo slargato a disco ripreso e revoluto con bordo verticale scanalato, anse a nastro a forma di girali. Decorazione accessoria: interno dell’orlo in nero; sul bordo, incisione di ovoli; sull’orlo, coppia di fascette su motivo ad onda tra lince, risega in nero, ovoletti tra coppia di linee e linea in nero, tra linee in nero losanghe dentellate bianche, che si alternano ad altre anche bianche dentellate in nero su fondo risparmiato, al di sotto, ovoletti tra linee su linea puntinata. In B), sempre sul collo, al di sotto della palmetta, due fascette risparmiate, risega in nero, ovoletti con puntini tra coppie di linee, al di sotto tra linee in nero ovoletti con puntini Lato A: sulla spalla, è una testa femminile frontale, sorgente da un fiore a calice in mezzo a girali fogliati fioriti, corimbi, viticci e una piccola oca a sinistra. Sul corpo, nel registro superiore, è raffigurato un naiskos nel quale è una donna seduta, dipinta di bianco, con himation di colore rosso, che ha nella destra un ventaglio e con la sinistra sembra voler offrire qualcosa a un cigno bianco poggiato sulla sua coscia destra. Ai lati del monumento funebre sono due donne che portano delle offerte, una patera. ed una benda; ai piedi del monumento sono due grossi kalathoi, una cista e due aryballoi. Lato B: a destra, è un erote che ha nella sinistra abbassata una palla da gioco e nella destra un ventaglio. Più în basso è ‘una donna, con lungo chitone, che ha nella sinistra un grappolo di uva e un grosso 409
Figg. 314-315. 57.2. Loutrophoros apulaa figure rosse (Foto Archivio Soprintendenza Archeologica della Puglia)
Kalathos, nella destra abbassata una palla da gioco; la donna si dirige verso l’erote. Bibliografia: Jatta 1893, pp. 79-80, m. 2; Lobmann 1979, p. 179, A 43; TrendallCambitoglou 1982, p.726,n. 23/6
573. Epichysis apula a figure rosse Argilla color camoscio scuro, vemice nera lucente, sovraddipintue in biancoe gallo. hi cm 159% h. con ansa cm 16,7; diam. piede em 49. Bari, Museo Archeologico Provinciale. ἴων. 2405. Fine del IV secolo a.C. 410
Stato di conservazione ottimo. Incrostazioni sul volto femminile, sui riccioli, sull’intemo del bocchello, qualche scalfittura, ansa riattaccata. Corpo configurato a testa di donna, breve spalla quasi orizzontale, collo a profilo concavo, bocchello obliquo proteso con orlo appena svasato. Ansa a cordolo sopraelevata. Decorazione: il capo femminile è in bianco, con riccioli che incomiciano il volto, e grandi coma di montone ai lati del capo. Sovraddipinto in bianco il volto, in bianco-grigio le coma. Bibliografia: Jatta 1893, p. 83, n.10; M. Marin 1981,p. 197,n.3, fg. 8
57.4. Alabastron vitreo Pasta vitea hem IL Bari, Museo Archeologico Provinciale. Inv. 2407. Fine del IV secolo a.C.
Lacunoso. Corpo ovoidale appena rastremato in basso, breve e stretto collo cilindrico, anse ad occhiello tra l'orlo e la spalla. Sull’orlo linea gialla; sul ventre, rametti verticali con foglie bianche e gialle sul fondo turchino. Bibliografie: Jatta 1893,p. 83, n. L1; M. Marin 1981,p. 197, n.5, fig. 28.
57.5. Oinochoe vitrea. Pasta vite. hems, Bari, Museo Archeologico Provinciale Inv. 2406, Fine del IV secolo a.C.
Integra. Bocca trilobata, corpo ovoidale, collo decorato da quattro piccole linee gialle orizzontali. Sul corpo, linee a zig-zag orizzontali e parallele, una gialla e una bianca, tra fasce orizzontali bianche e gialle su fondo turchino. Baccellatura sul ventre. Bibliografia: ata 1893, pp. 83-84,n. 12;M. Marin 1981, p. 197, n.4; fig. 27.
57.6. Statuetta fittile Argilla nocciola, ricoperta di ingubbiatura bianca, eseguita a matrice Rem 17. Bar, Museo Archeologico Provinciale. Inv. 2408, Fine del IV secolo a.C.
Fig. 316. 57.3. Epichysis apula a figure rosse (Foto Archivio Soprintendenza Archeologica della Puglia)
Lacunosa, manca quasi del tutto la base, il piede sinistro, il braccio sinistro
e la mano destra. È raffigurata Afrodite,
muda e accovacciata, che esce da una conchiglia, su base circolare. Bibliografia: Jatta 1893, pp. 82-83, n. 9; M. Marin 1981,p. 197,n. 6, fig. 29; De Julis 1983, p. 68, δ. 119: Il Museo Archeologico di Bari 1983,pp. 105-106, tv. 63,3
57.7. Oinochoe apula a figure rosse Argilla beige depurata, vernice nera lucente, sovraddipinture in bianco e giallo n cm 13; diam. bocca. em 12. Bari, Museo Archeologico Provinciale. Inv sconosciuto. Fine del IV secoloa.C. au
Forma 8 B. Lacunosa, manca l'ansa e un piccolo frammento del collo. Tralcio d'edera con bacche sul collo e rosetta centrale; palmette sotto l’ansa. ΑἹ centro, sul corpo, è una suonatrice di arpa seduta su un abaco di un capitello ionico. È ornata di gioielli, indossa chitone e
Fig. 317. 57.4-5. Alabastron e oinochoe vitrei (da Marin 1981, figg. 27-28).
himation ed è intenta con entrambe le mani a suonare lo strumento; a terra è un cigno. Davanti a lei, a destra, è un erote, con calzari, collana e filo di perle intorno alla coscia sinistra, piegato in avanti con piede destro poggiato su un cumulo di pietre. L’erote ha un timpano nella sinistra e una colomba bianca nella destra. Dietro di lui, seduta su un cumulodi pietre, è una donna che si appoggia con la destra sulle rocce e con la sinistra tiene uno specchio. A sinistra, seduta su un cumulo dî rocce, è un’altra donna, con la testa rivolta all'indietro, che ha un ventaglio nella Sinistra e una phiale nella destra. Chiude la scena una Nike alata con lungo chitone che poggia il piede destro su un cumulo di sassi ed è piegata in avanti; nella sinistra abbassata ha un grappolo di uva e una corona nella destra Bibliografia: ata 1893,pp. 80-81, n.3
57.8. Oinochoe apula a figure rosse Argilla beige depurata, vernice nera lucente, sovraddipinture in bianco e gallo h.em27. Bari, Museo Archeologico Provinciale. Inv. sconosciuto Fine del IV secolo a.C. Fig. 318. 57.6. Statuetta fiuile di Afrodite (da Il Museo Archeologico di Bari 1983, tav. 63,3) 412
Forma 1. Lacunosa, manca parte del labbro e dell'ansa. All'estremità inferiore dell’ansa è una protome giovanile, come pure altre si dovevano trovare all'estremità superiore ed agli angoli
della bocca del vaso. Sul corpo, a destra, è un giovane nudo, seduto su una clamide, con calzari e benda bianca intrecciata con un ramoscello di edera intorno ai capelli Volge indietro la testa verso la figura seguente e ha una patera nella sinistra ed una fiaccola spenta e capovolta nella destra, Seduta su un mantello e rivolta al giovane è una donna, vestita con lungo chitone, calzari e ornata con gioielli, che tiene un timpano nella destra abbassata ed una corona nella sinistra. Bibliografia: Jata 1893, p. 81, n.4
57.9. Oinochoe apula a figure rosse Argilla beige depurata, vernice nera lucente, sovraddipintur in bianco e gallo hem 28. Bari, Museo Archeologico Provinciale. Inv sconosciuto Fine del IV secolo aC.
Forma 1. Integra. Labbro trilobato e protomi non ben distinguibili alle estremità dell’ansa c agli angoli del labbro. Sul corpo, a destra, è un giovane nudo con benda bianca sui capelli, bassi calzari, clamide pendente dalle braccia, che segue una donna portando nella destra una cassettina aperta col coperchio sollevato e una corona di mirto, nella sinistra abbassata un grappolo di uva; poggiato al braccio del giovane è un tirso ansato. La donna cammina con passo veloce verso sinistra e volge indietro la testa verso il giovane che la segue. Ella ha nella sinistra abbassata un oggetto bianco sferico con piccole tenie attorno (una palla ?) e una cista con una corona di mirto nella destra.
57.10. Squat-Lekythos apula a figure rosse Argilla beige depurata, vernice nera lucente, sovraddipinture in bianco e gallo. hem 185. Bari, Museo Archeologico Provinciale. Inv. sconosciuto, Fine del IV secolo a.C.
Integra. Sul collo è dipinta una scanalatura, mentre sotto l'ansa sono dipinte palmette, cerchio di ovoletti verso la fine del collo e cerchio con meandro ad onda marina al di sopra del piede. Sul corpo è raffigurata una donna con lungo chitone, seduta su rocce bianche, che porta dei calzari, ornamenti muliebri e ha nella destra una corona, nella sinistra una cista Bibliografia: Jatta 1893, pp. 81-82, n.6
57.11. Lekythos apula a figure rosse Argilla beige depurata, vernice nera lucente, sovraddipinture in biancoe gial o hems, Bari, Museo Archeologico Provinciale. Tav. sconosciuto. Fine del IV secolo a.C.
Ricomposta da vari frammenti, lacunosa, manca parte del labbro. Sotto l’ansa palmette; sul piede, meandro ad onda marina. Sul corpo, a destra, è un giovane nudo, seduto sulla clamide, con corona di mirto intorno alla testa, che ha nella destra un alabastron, mentre nella sinistra ha un bastone. Di fronte a lui, è una donna stante con uno specchio nella sinistra e una corona nella destra abbassata. Bibliografia: Jatta 1893, p.82, n.7.
Bibliografia: Jatta 1893, p. 81,n. 5 413
57.12. Kantharos apulo a figure rosse Argilla beige depurata, vemice nera lucente, sovraddipinture in biancoe giallo, hem 175. Bari, Museo Archeologico Provinciale. Inv. sconosciuto Fine del IV secolo aC.
Lacunoso, manca un’ansa e parte del labbro. All'estremità superiore il manico termina in una protome barbata di satiro.
Lato A: donna con lungo chitone, calzari e omamenti muliebri, che ha un piede poggiato su un cumulo di rocce ed è piegata in avanti. Nelle mani ha un grappolo di uva e una corona; a lato è una colonnina. Lato B: stessa raffigurazione, tranne che per gli oggetti tenuti nelle mani (una corona ed un kalathos). Bibliografia: Jatta 1893,p. 82, n.
58-65 — Tombe rinvenute in Via Piave (già Strada S. Angelo)
Dopo aver eseguito inutilmente degli scavi archeologici nella zona meridionale e in seguito in quella occidentale della città, la Commissione dei Regi Scavi di Ruvo spostò le proprie indagini sulla strada che dalla città medievale porta al Convento dei Minori Osservanti, vale a dire sulla Strada S.Angelo, nella zona settentrionale del centro urbano, dove portò alla luce delle tombe di immensa grandezza già violate, tutte allincate. Il 23 maggio 1836 si rinvenne una grande tomba (Tomba 58), probabilmente a semicamera, già depredata, nella quale si trovò, tra i vari frammenti rimasti, una maschera di terracotta raffigurante Helios, acroma e rotta nel mento, che misurava circa un palmo di altezza. Al di fuori della sepoltura si rinvennero otto lucerne a vernice nera tutte della stessa forma”. Il 25 maggio 1836 un rimescolamento di rovine e di terra sepolcrale richiamò l'attenzione della Commissione che fece scavare una grande fossa in un terreno piuttosto pericolante e poco consistente. Nonostante i vari rimedi, come il taglio della fossa in forma di cono rovesciato e la postura delle travi di legno per foderare la fossa ed evitare crolli il terreno risultava talmente minaccioso che per prudenza si rinunciò all'impresa. Arrivati a ventisei palmi di profondità (quasi 6,25 metri) si rinvenne l'angolo di una grande tomba (Tomba 59) costruita con grandi lastre di tufo: dunque un’altra tomba a semicamera. Dopo averla scavata con ogni accuratezza, in un vano di questa sepoltura si rinvenne, fra i vari frammenti di vasi dipinti, un bel piatto da pesce sul quale erano dipinte sette figure marine e una statuetta fittile raffigurante un maiale”. Nello stesso giorno si continuò a scavare e, alla profondità di quasi trenta palmi (circa otto metri), si ritrovò accanto al sepolcro precedente, un'altra tomba (Tomba 60) ASBA, Scavi di Ruvo 1837). Lettera P ASBA, 414
MSA, fasc. 8: “Processi verbali dei reperimenti di antichità effettuati dalla Commissione degli e spedizione dei reperi al Real Museo Borbonico di Napoli Scavi di antichità” (anni 1836del 30 maggio 1836, invio di quattro verbali; FENICIA 1840, pp. 4-55. MSA, fasc. : lettera del 30 maggio 1836; PENICIA 1840,pp. 55-56
‘anch'essa immensa, violata, costituita da una stanza con una piccola colonna di tufo al centro; si trattava, con ogni probabilità, di una tomba a camera che fu accuratamente indagata senza recuperare nulla? Il 28 maggio 1836, sempre sulla strada S. Angelo, la Commissione dei Regi Scavi di Ruvo rinvenne altre quattro tombe (Tombe 61-62-63-64), contenenti ognuna cinque “Vasi rustici”, quasi certamente ceramica acroma o scialbata, considerati di nessun valore. I vasi furono depositati in casa dell’ Arcidiacono Giuseppe Caputi, Presidente della Commissione", Infine, il 30 maggio 1836 la Commissione rinvenne, a fianco della grande tomba a semicamera scoperta il 27 maggio e contenente il cratere con Oresteed Ifigenia in Tauride, un’altra tomba (Tomba 65), che immetteva dalla strada S. Angelo in un fondo di proprietà di Antonio Leone. In quest'ultima si rinvennero un cratere a mascheroni acromo, rotto in vari pezzi, e un kantharos anch'esso acromo. Anche questi due vasi furono affidati, assieme a tutti gli altri, al Presidente della Commissione Giuseppe Caputi'®. 58.1. Maschera di terracotta Argilla beige. hom Napoli, Museo Archeologico Nazionale. Inv. 211 Fine IV-nizi I secolo a.
Lacunosa, manca parte del mento. Molte incrostazioni. Per la Levi la maschera è «di tipo femminile, con corna di bove al sommo del capo». Al contrario, l'esemplare sembra raffigurare, come recita il documento d'archivio, proprio la testa di Helios radiata, con naso, capelli e raggi solari a rilievo, mentre gli occhi e la bocca sono incisi Bibliografia: Levi 1926,p. 0, n. 338.
59.1. Piatto da pesce apulo a figure rosse Argilla rosata, vemice nera _ lucente, sovraddipinture in bianco e gial o h. cm 5,5; diam, em 25,5. Napoli, Museo Archeologico Nazionale Inv. 82096 (= Heyd. 2554)
Fig. 319. 58.1. Maschera funeraria fitile (Foto Archivio Soprintendenza Archeologica di Napoli e Caserta)
1% ASBA, MSA, fasc, δ: lettera del 30 maggio 1836. 1 ASBA, MSA, fac. 8 lettera del 30 maggio 1836, 9 ASBA, MSA, fasc 8 lettera del 30 maggio 1836. 415
Fig. 320. 59.1. Piattoda pesce apulo a figure rosse (da Megale Hellas 1983, fig. 702) Produzione associata con l'officina del Pittore i Dario e dei suoi seguai. Seconda metà del IV secolo a.C.
Integro. Sono raffigurati cinque pesci, un crostaceo ed un mollusco. Dei cinque pesci, tre sono di grandi dimensioni disposti in giro in modo che il muso dell'uno sia in corrispondenza con la coda dell'altro; gli altri due pesci sono intercalati e riempiono gli spazi vuoti nei quali sono dipinti anche îl crostaceo ed il mollusco. I pesci grandi corrispondono, 416
rispettivamente al Diplosus vulgaris, al Serranus cabrillaed al Mullus surmuletus. Dei pesci piccoli uno è verosimilmente una triglia di scoglio, mentre l’altro è simile al Serranus cabrilla. Il crostaceo è un comune gamberello (Palaemon) mentre il mollusco è un Lamellibranco, probabilmente un Pecten. Bibliografia: Palombi 1975, p. 173, tav. IIl fie 4; Megale Hellas 1983, fig. 702; Me PheeTrendall 1987,p. 119,n. 1
66 — Tomba rinvenuta in Via Piave (già Strada S. Angelo) 1123 novembre del 1837, la Commissione dei Regi Scavi rinvenne in Strada S. Angelo (via Piave) una tomba, già manomessa, contenente un «vaso rustico detto acquarulo con pittura egiziana»; si tratta quasi certamente di un askos listato canosino, in quanto tale descrizione per questi vasi ricorre quasi sempre nei documenti ottocenteschi, Per quanto riguarda la struttura della sepoltura, i documenti non riportano alcuna informazione. Vista la presenza della ceramica listata canosina la tomba potrebbe essere datata tra la fine del IV e gli inizi del ΠῚ secolo a.C. La Commissione, seguendo la traccia che portava dietro il “Fondo Beneficiale” sito fuori la Porta S. Angelo, di regio patronato, concesso dal re al canonico Mastrorilli, continuò a scavare ma non rinvenne null'altro”. 67-69 — Tombe rinvenute in Via Piave (già Strada S. Angelo) Dall'8 al 15 marzo 1838 la Commissione dei Regi Scavi di Ruvo fece eseguire delle ricerche nell’Orto di Regio Patronato, posseduto in usufrutto dal canonico Vincenzo Mastrorilli. In questo scavo si rinvennero tre sepolture (Tombe 67-68-69) già violate; tuttavia, indagando con scrupolo le strutture, la Commissione trovò in due di esse «ur acquarulo di forma egizia» (un askos canosino) e un «vasellino di creta crudo rustico», forse un pentolino rituale d’impasto'* Anche queste strutture funerarie, come la precedente, a cui sono peraltro vicine topograficamente, potrebbero essere ascrivibili cronologicamente al III secolo a.C. E" possibile, quindi, che in questo settore si possa localizzare un gruppo di tombe più recenti, caratterizzate da modesti corredi, che appartengono alla fase di crisi economica e culturale della città di Ruvo, quando il territorio viene devastato dalle guerre annibaliche. 70-73 - Tombe rinvenute in Via Piave (già Strada S. Angelo)
Nella seconda quindicina di marzo del 1838, sempre in Strada S. Angelo, la Commissione dei Regi Scavi rinvenne altri quattro sepolcri, tra cui un “cenotafio” (Tomba 70) costruito a grandi pezzi di tufo, probabilmente una tomba a semicamera mai utilizzata, due sepoleri (Tombe 71-72) contenenti ognuno un «vaso a trocciola rustico» (cratere a mascheroni acromo o scialbato) e un altro sepolcro violato (Tomba 73)" τῷ ASBA, MSA, fase. 8: secondo verbale quindicinale del mese di novembre 1837. Relazione del 1 dicembre 1837. 1% ASBA, MSA, fasc. 108: "Scavi di antichità (anni 1838)". Verbale degli scavi della prima quindicina di marzo 1838, reazione dl 16 marzo 1838. M ASBA, MSA, fasc. 108: verbale degli scavi della seconda quindicina di marzo 1838. Relazione del 1 aprile 1838, 417
74 — Tomba rinvenuta in Contrada S. Angelo
Un certo Giovanni de Astis informò la Commissione dei Regi Scavi che, in un suo fondo situato in contrada S. Angelo, il fittuario Rocco Tedone, assieme al figlio e a due regi scavatori, quali i fratelli Biagio e Nicola Natola, stavano effettuando uno scavo clandestino durante il quale avevano rinvenuto una tomba. Al controllo eseguito dagli organi preposti alla tutela del territorio, in una piccola casetta, furono ritrovati «due vasi a tromba» (anfore di tipo panatenaico) ed altri piccoli vasi rustici (acromi). Gli oggetti vennero sequestrati e depositati in casa del Presidente della Commissione dei Regi Scavi, T'Arcidiacono Caputi. Gli stessi fratelli, în seguito, furono scoperti mentre giravano per il paese a vendere «due feste rustiche, una di bue e l'altra di porco» (due rhytà), probabilmente rinvenute nello stesso scavo'”. 75-78 — Tombe rinvenute in Via Paisiello (zona periferia nord-orientale) Nei mesi di maggio, giugno e luglio del 1995, nel corso di lavori per la realizzazione di un impianto fognante alla periferia settentrionale e orientale del centro abitato di Ruvo, sono state intercettate alcune strutture tombali. In via Paisiello, ad una profondità compresa tra m. 1,30 e m. 1,50 dal piano stradale, sono state individuate quattro tombe a sarcofago tufaceo, orientate in senso E-O e N-S; la tomba 2 (Tomba 76) era caratterizzata dalla presenza di un deposito esterno individuato presso la testata O. All'interno delle strutture sonostati recuperati frammenti ossei privi di connessione anatomica e materiali allo stato prevalentemente frammentario, comprendenti numerosi vasi a decorazione lineare, ceramica acroma e a vernice nera. Nella tomba 2 (Tomba 76) sono stati rinvenuti anche i frammenti di un cinturone di bronzo!”. 79 - Tomba rinvenuta in Via Einaudi angolo Via Crispi (zona nord-occidentale)
11 12 febbraio 1974, durante alcuni lavori edili, in via Einaudi angolo via Crispi all’interno di un terreno di proprietà dei signori Ruta e Pellegrino, si rinvenne una tomba. La struttura fu scavata clandestinamente dai proprietari e dal palista, ai quali fu poi sequestrato il materiale, che venne depositato presso la Soprintendenza di Taranto, senza essere stato ancora inventariato'”, Il corredo superstite, chiaramente incompleto, visto il carattere clandestino del rinvenimento, può essere datato verso la fine del IV secolo a.C.
7" ASBA, MSA, fasc. 108: relazione del 5 luglio 1838;M. MARIN 1981, p. 156. 10 RICCARDI 1996, pp. 89-91 "M. MARIN 1981,pp. 174-175. 418
79.1. Skyphos a vernice nera Argilla nocciola, vernice nera evanida h. cm 6; diam. orlo em 7,5. "Taranto, Musco Archeologico Nazionale. Inv sn. IV secoloaC. Lacunoso, manca un frammento dell’orlo. Vernice nera scomparsa,
rimane una fascia bruna sull'orlo. Orlo sbreccato; fortemente incrostato. Piedead anello, corpo ovoide, labbro leggermente estroflesso, anse a nastro impostate obliquamente sull'orlo. Bibliografia inedito.
Fig. 321. 79.1. Skyphos a vemice nera (Foto dell'Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica della Puglia).
79.2. Piatto a fasce Argilla beige, vernice rosso-bruna, h.cm3; diam. em 11,5. ‘Taranto, Museo Archeologico Nazionale Inv. sa IV secolo 8,
Lacunoso, manca parte dell'or. Vernice rossa quasi evanida, molte incrostazioni. Piede troncoconico, vasca profonda a profilo convesso, labbro estroflesso, leggermente obliquo verso V’estemo. Della decorazione si conservano tracce di una fascia rosso-bruna sull'orlo. Bibliografia: inedito.
Fig. 322. 79.2. Piatto con decorazione a fasce (Foto dell'Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica della Puglia).
labbro estroflesso, leggermente obliquo verso l'esterno. Bibliografia: inedito
79.3. Piatto acromo Argilla arancio, ingubbiatura rosa-arancio. em 3,5; diam. cm 145. Taranto, Musco Archeologico Nazionale. [um IV secolo a.C.
Lacunoso, manca parte del labbro; frammentario, in parte ricomposto. Scalfiture e incrostazioni. — Piede troncoconico, vasca a profilo convesso,
794. Olpe a vernice nera Argilla nocciola, vernice nera lucente. hem 82; diam. orlo cm 63. ‘Taranto, Museo Archeologico Nazionale Inv. δα IV secolo aC.
Integra. Le incrostazioni ricoprono quasi tutta la superficie del vaso. Apoda, 419
corpo ovoidale, spalle arrotondate, collo troncoconico, orlo svasato, ansa a nastro impostata orizzontalmente sull’orlo e sulla spalla. Bibliografia: inedita. Fig. 323. 793. Piatto acromo (Foto dell'Autore, cortesia ^ Soprintendenza Archeologica della Puglia).
79.5. Hydria acroma Argilla nocciola con inclusi micacei ‘n. conservata cm 9. Taranto, Museo Archeologico Nazionale. Invst. IV secolo a.C.
Lacunosa. Rimane solo wn grosso frammento. Spalla arrotondata, collo cilindrico, orlo svasato e revoluto, ansa a nastro impostata orizzontalmente sull'orlo e verticalmente sulla spalla. Bibliografia: inedita.
Fig. 324. 194. Olpe a vernice nera (Foto dell'Autore, cortesia —Soprintendenza Archeologica della Puglia)
79.6. Coperchio di kernos a fasce Argilla beige, vemice bruna. hem 3,2; diam. em 6,8. Taranto, Museo Archeologico Nazionale. Inv sa IV secolo aC.
Lacunoso. Del kernos rimane solo un coperchio. Incrostazioni. Labbro verticale, spalla a profilo convesso, pomello da presa. la decorazione è costituita da due fasce brune parallele. Bibliografía: inedito
Fig. 325. 79.5. Hydria acroma (Foto dell'Autore, — cortesia Soprintendenza Archeologica della Puglia).
420
Fig. 326. 79.6. Coperchio di kernos a fasce (Foto dell'Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica della Puglia).
80 - Tomba rinvenuta in Via Piave sotto il Convento dei Minori Osservanti (già Strada : Angelo) 1131 agosto 1840 il Re concede a Marino Manieri di Nardò il permesso di eseguire scavi nel fondo dei fratelli Nicola, Donato e Antonio Leone sito lungo la contrada S. Angelo. Da una comunicazione della Commissione dei Regi Scavi di Ruvo del 22 dicembre 1840 si apprende che lo scavo ha prodotto il rinvenimento di una tomba definito «sepolcro egizio-greco». Il Manieri vende sul posto il corredo all’antiquario Donato Fatelli, il quale lo cedette in un secondo momento al Real Museo Borbonico. Nella tomba si rinvenne un grande cratere a mascheroni acromo, decorato sul collo da una scena a bassorilievo, una amazzonomachia, composta da quindici personaggi. Il corredo comprendeva, inoltre, alcuni vasi figurati, re urnette, che il Fatelli vendette a Napoli, e qualche piccolo oggetto d’oro (lo stesso antiquario ne era un ricettatore), dei quali non si ha notizia" Il vaso è stato venduto al canonico Fatelli per 60 ducati e da questi rivenduto al Real Museo Borbonico per 250 ducati. Il complesso funerario era costituito dai seguenti oggetti: un cratere a mascheroni acromo, alto quattro palmi, ornato di elegante scanalatura e di tredici (o forse quindici) figure eseguite a bassorilievo che rappresentavano una amazzonomachia; una pisside circolare di alabastro; un piccolo vasetto di vetro colorato; una piccola catenella d’oro, con omamento di piccole plasme o paste di vetro.
1 ASBA, MSA, fase. 104: documenti del 17e del 31 agosto, 21 dicembre 1840 e del 29 gennaio 1841 Nell'ultimo è detto che il museo di Napoli vuole il grande vaso della tomba Manier; DOCUMENTI INEDITI 1880, IV, pp.120-121; RÜGOIERO 1888,pp. 570-571; M. MARIN 1981,pp. 156-157 421
81 — Tomba rinvenuta in Via Piave (Contrada S. Angelo-Stutafuoco) Nel periodo 1967-1968 in contrada S. Angelo-Stutafuoco si rinvenne una tomba antica con un corredo costituito da 13 oggetti. La scoperta fu fatta da Angelo di Terlizzi e il materiale fu consegnato il 25 agosto 1971 al dott. Andreassi, oggi non ancora inventariato!"°. Tra questi sono presenti un piatto a vernice nera, tre coppette monoansate a vernice nera, un pentolino rituale, un'anfora a vernice nera con anse bifide a bastoncello, baccellata nella parte superiore, e uno stamnos a decorazione lineare. 82- Tomba rinvenuta da G. Jatta in Contrada S. Angelo
Nel 1864 si rinvenne a Ruvo, in contrada S. Angelo, una tomba del cui corredo non si hanno notizie, ad eccezione di quella secondo la quale G. Jatta junior acquistò un cratere a mascheroni, in quanto mancava alla collezione un vaso con la rappresentazione del mito di Frisso (Catalogo Jatta n. 1722)".
83 — Tomba rinvenuta in Contrada S. Angelo Nel 1877, mentre coltivava un suo fondo suburbano in contrada S. Angelo, G. Jatta rinvenne la tomba di un bambino, nella quale si è trovato un singolare e bellissimo giocattolo da fanciullo. Si tratta di un vaso configurato a forma di piede umano in terracotta, verniciato in giallo e rosso e dipinto in nero e bianco. L'esemplare è entrato a far parte della collezione Jatta (n. a. 12)" 84- Tomba rinvenuta in Contrada S. Angelo
Nell'estate del 1876 G. Jatta, mentre scavava in un proprio fondo nei pressi di Ruvo, situato nella contrada S. Angelo, rinvenne una tomba già violata. Nell'esaminare il terreno recuperò numerosi frammenti appartenenti ad uno skyphos a figure rosse di grandi dimensioni, che non è stato possibile ricostruire del tutto; manca, infatti, un intero lato del vaso. Con ogni probabilità, sulla base di quanto riferisce lo Jatta, anticamente il vaso doveva essersi rotto, come dimostra l’uso di grappe in piombo utilizzate per riunire le parti frammentate al fine di consentime la conservazione, vista la rarità del pezzo. Il vaso fa ora parte della collezione Jatta (n.a. 33)ed è attribuibile alla tarda produzione apula, in particolare alla produzione del Pittore di Baltimora (330-310 a.C.)'". Sul lato principale Le M, MARIN 1981,pp. 157-158, A Jara 1869, pp. 992-1002, suppl. XIX al n. 1722. 1 M, Manas 1981, p. 195. 10 Jarra 1878, pp- 41-61, tav. G. 42
è rappresentato, come afferma lo Jatta, il mito di Endimione e Selene: in effetti raffigura Helios su una quadriga. 85- Tomba rinvenuta in Contrada S. Angelo Nel 1862 G. Jatta, in un suo fondo suburbano situato in contradaS. Angelo, rinvenne la tomba di un bambino, che restituì come corredo una terracotta figurata, probabilmente un giocattolo!!. Raffigura un grosso maiale, dalle gambe informi, che ha sul dorso il collo di un vaso con apertura a due manici laterali. Verso la coda è un becco (Catalogo Jatta 1657) 86 Tomba rinvenuta in Contrada S. Angelo Nel 1863, in un suo fondo situato nella contrada S. Angelo, G. Jatta rinvenne la tomba di un bambino che restituì un corredo costituito esclusivamente da un giocattolo di terracotta". Si tratta di un gruppo raffigurante un fanciullo nudo sopra una biga tirata da due cani, il quale imbraccia uno scudo piccolo e tondo; la clamide, svolazzando, assume l'aspetto di due ali (Catalogo Jatta 1654) 87- Tomba rinvenuta in Contrada S. Angelo
Nel 1865, nello scavare in un suo fondo suburbano situato nella contrada S. Angelo, G. Jatta ritrovò la tomba di un bambino contenente un sonaglio di bronzo (Catalogo Jatta 1677), secondo lo stesso scopritore di epoca romana, ed una lucerna" 88
Tomba rinvenuta in Contrada S. Angelo
Nel 1899, in un suo fondo suburbano, G. Jatta rinvenne una sepoltura all’interno della quale si recuperarono tre oggetti di un certo rilievo; si ricordano, in particolare, una lucerna di tipo aperto, un'anfora di argento e un guttus a vernice nera (n.a. 3), sul cui coperchio è raffigurata a rilievo una testa giovanile imberbe dai lunghi boccoli di tre quarti a sinistra. Non si conosce la tipologia tombale, né il tipo di deposizione!”
?* arta ls art ?" JATTA 1 JENTEL
1869,p 971 1869,p. 970, 1869,p. 916. 1981,pp. 239 e 265 423
89- Tomba rinvenuta in Contrada S. Angelo In un periodo non precisato, durante scavi effettuati in un fondo suburbano di sua proprietà, G. Jatta rinvenne la tomba di un bambino, nella quale si trovò solamente un vasetto pieno di astragali". 90 — Tomba rinvenuta in Contrada S. Angelo G. Jatta, nel suo catalogo della collezione Jatta, nel capitolo dedicato alla tipologia delle tombe greche di Ruvo, afferma di aver assistito al rinvenimento di una tomba a sarcofago avente le dimensioni di palmi 10 x 4 x 3 % di altezza (= m. 2,65 x 1,06 x 0,93)".
91 — Tomba rinvenuta in Contrada S. Angelo
In un momento non ben definito, in un fondo suburbano di proprietà della famiglia Jatta, si rinvenne la tomba di un guerriero. All'interno della sepoltura si ritrovarono 16 bottoni di metallo, posizionati in direzione delle gambe del cadavere, e varie armature. I bottoni dovevano servire per raffermare le vesti, in quanto forniti al di sotto di un piccolo anello al cui interno doveva passare il filo per fissarli all’abito. Naturalmente il corredo entró a far parte della collezione Jatta (catalogo Jatta n. 228)". 92- Tomba rinvenuta in Contrada S. Angelo
G. Jatta riferisce di aver rinvenuto, in un suo fondo suburbano in contrada S. Angelo, in un periodo non precisato, una tomba a tegoloni con due grandi tavolette di creta cotta. I tegoloni, delle dimensioni di circa em 63 x 75, erano situati obliquamente e si congiungevano in alto, alla cappuccina. Per le sue dimensioni e per il suo corredo, costituito da un unico vasetto, è considerata la sepoltura di un bambino! 93 - Tomba rinvenuta in Contrada S. Angelo G. Jatta afferma che in una memoria del canonico G. Ursi è annotato il rinvenimento, in contrada S. Angelo, di un grande sepolcro avente le dimensioni di palmi 12 x 6 x 13 3,18 x 1,59 x 3,44). Proprio per le sue notevoli dimensioni si è ipotizzato che possa trattarsi di una tomba a semicamera (struttura ben diffusa in questo luogo) o addirittura Jara "Jara 1 JATTA 1 JATTA
p
1869, p. 973. 1869, p. 60. 1869,p. 123. 1869, p. 62;M. MARIN 1981,p. 247.
di una tomba a camera, tipologia della quale esiste una testimonianza di rinvenimento avvenuto nel 1836 in questa contrada.
94 — Tomba rinvenuta in Contrada S. Angelo (localizzazione incerta) Giovanni Jatta ricorda di aver assistito al rinvenimento di una tomba a sarcofago delle dimensioni di m. 2,50 x 1,00 x 0,87", Non si hanno ulteriori informazioni in merito. 95 — Tomba rinvenuta in Contrada S. Angelo (o Piazza Felice Cavallotti)
Nel 1826, nella zona settentrionale dell’attuale città di Ruvo, si rinvenne, al di sotto di una gran massa di pietre accumulate da tempo remoto, un lastrone di calcare ruvido, che copriva una tomba, sul quale era scolpita l'iscrizione in alfabeto greco “EIPEAI A@HNA". Quest'ultima, conservata nel palazzo Chieco, fu studiata dal Mommsen che la giudicò messapica, mentre il Quagliarella la considerò di carattere greco-epicorio; al contrario, il Pais, che non tenne conto delle circostanze del ritrovamento, la dichiarò apocrifa. I testo è stato giudicato praticamente greco dal Santoro, anche se ha mantenuto la classificazione di iscrizione messapica ed è stata datata a tarda età ellenistica, verso il ILI secolo a.C. 96 — Tomba romana rinvenuta in Contrada S. Angelo Nel 1815, in un fondo della famiglia Cotugno situato nella parte che guarda il convento dei Minori Osservanti si rinvenne una tomba di età romana contrassegnata da una stele sepolcrale in calcare. Questa fu poi visionata dal Lojodice nel «casino Cotugno», ora Caputi, alla fine del XIX secolo. Attualmente, è murata e incomiciata nella parete di una stanza del palazzo Caputi". 97 — Tombe rinvenute nell'area compresa tra Via Pascoli, Via lannuzzi e Via Cimarosa
Nel periodo in cui era Sindaco di Ruvo un certo Romano, nell'area compresa tra via Pascoli, via lannuzzi e via Cimarosa, dove oggi sorge l’edificio scolastico dedicato a G. Bovio, furono scoperte almeno una trentina di tombe (è stato riferito che ne vennero trovate 33), del tipo a sarcofago e a fossa. Le sepolture furono ovviamente saccheggiate, non essendoci in quegli anni un apposito controllo da parte degli organi preposti alla tutela dei beni archeologici del territorio. JATTA 1869, p. 61; M. MARIN 1981,p. 247. 7 M, MARI 1981,p. 246, 1 M, MARIN 1981,pp. 187-188. 1 Cinico 1872, cap. XXV; JATTA 1880, pp. 103-104; LosoDICE 1915,p. 50; CHELOTTI 1987,pp. 73-74 425
Si racconta che i corredi rinvenuti fossero di straordinaria ricchezza, in quanto restituirono enormi quantità di ceramica figurata di pregevole fattura, tra cui crateri a volute ca mascheroni di grandi dimensioni (alcuni dei quali superavano il metro di altezza), bronzi, armi e persino ornamenti personali in metallo prezioso (oro e argento). La presenza di queste sepolture rientra in un'area molto più ampia, probabilmente adibita ad esclusivo uso funerario, di cui sono un'evidente testimonianza le altre strutture funerarie ritrovate nei pressi di questa zona. Non si ha purtroppo alcuna notizia dei corredì e dei contesti che, quasi certamente, sono stati venduti nei mercati antiquari svizzeri e americani, rendendo impossibile proporre una cronologia appropriata per queste sepolture'?* 98 — Tombe rinvenute nell’area compresa tra Via Cairoli, Via Silone e l'Estramurale Scarlatti Nel corso del XIX secolo, non è nota la data precisa, nell'area compresa tra via Cairoli, via Silone e l'estramurale Scarlatti, nella zona a nord-est della città di Ruvo, si trovarono alcune tombe che restituirono dei pregevoli corredi. Non vi sono informazioni circa la tipologia delle strutture, le deposizioni e la composizione dei complessi funerari. È noto soltanto che alcuni vasi di gran in particolare crateri apuli a figure rosse, trovati nelle sepolture menzionate, sono oggi custoditi nelle Civiche Raccolte del Museo di Milano”.
98.1. Cratere a calice apulo a figure rosse Argilla rosata, vemice | nera _ lucente, sovraddipinture in biancoe giallo fn em 61,5; diam. orlo cm 56. Milano, Civico Museo Archeologico. nv. A09.1872= ST 6873, Atribuito al Pitore di Licuro. 3605504.
Ricomposto e integrato; lacunoso il lato B. Decorazione accessori sotto l'orlo, fregio di palmette; sopra le anse, palmette e girali; baccellature sulla pancia. Lato A: è raffigurato il mito di Partenopeo. Sotto lo sguardo di Apollo, Hermes e Ares, Partenopeo, seduto su un letto, è a colloquio con un vecchio, for-
se l'indovino Tiresia, giunto da lui per invitarlo a partecipare alla spedizione dei Sette contro Tebe, organizzata per riportare sul trono della città Polinice, figlio di Edipo, cacciato dal fratello Eteocle. Alle spalle di Partenopeo assiste preoccupata alla scena Atalanta, la madre, presaga del destino di morte che attende il figlio. Lato B: Dionisio è sdraiato su una pelle maculata alla presenza del suo corteggio di satiri e menadi. Bibliografia: Stenico 1963, pp. 75-79, tavv. 4445; Trendall-Cambitoglou 1978, p. 416, n. 6, tay, 148, 1-3; Orlandini 1979,p. 90, fg. 106;C. Pellegri in Mii greci 2004,p. 229, n 232.
"Notizia riferita gentilmente dall'amico Cleto Buc i,ispetore onorario dell Soprintendenza Archeologica peri territoriodi Ruvo, che mi ha accompagnatosul posto € mi ha assicurato che t formazioni corrispondono al vero, in quanto riferite da persona degna di fiducia che ha assistito a lontano" ai ritrovamenti, "Anche questa notizia mi è stata riferita dall'amico Cleto Bucci 426
Fig. 327. 98.1. Cratere a calice apulo del Pittore di Licurgo (da Miri greci 2004, fig. 232). 427
ΠΟ - Rinvenimenti all’esterno del centro storico Settore occidentale
99- Tomba rinvenuta su Corso Cotugno (già Via dei Cappuccini)
Nel 1835, durante scavi clandestini condotti in due diversi fondi, la società di scavo dell'antiquario napoletano Carlo Lamberti rinvenne in un “Fondo del Capitolo”, situato sulla via dei Cappuccini (oggi Corso Cotugno), un gruppo di tombe di dimensioni ‘monumentali costruite con grandi lastre di tufo, probabilmente del tipo a semicamera, che furono saccheggiate dei loro oggetti preziosi. In particolare, si trovò una tomba del tipo a semicamera con un ricco corredo, formato da ornamenti personali in oro e in altro materiale prezioso. II ricco complesso funerario fu quindi trafugato e portato a Napoli, dove fu poi immesso nel mercato antiquario. In seguito, parte del materiale fu venduto ad alcuni collezionisti stranieri, tra i quali figura il marchese Guilhou. Alla sua collezione, infatti, appartengono vari oggetti di oro, soprattutto fibule, e due lastrine di avorio, decorate con scene figurate a bassorilievo, pertinenti al rivestimento di un cofanetto portagioie in legno, di fattura etrusca, importato dall’Etruria. Tale gruppo di oggetti è oggi noto sotto il nome di "Tresor de Ruvo”. Tuttora i preziosi reperti sono conservati in Germania nel musco di Gottinga, dove sono custodite le lastrine di rivestimento in avorio, pervenute nelle collezioni dell'Istituto. di Archeologia dell’Università nel 1918 come dono del barone von Diergardt a Gustav Korte; nel museo di Berlino sono pervenute invece le fibule d'oro. Tutti gli omamenti menzionati si possono inquadrare cronologicamente nell’ambito della seconda metà del VI secolo a.C.
? Mareua 1988, p.28, noa 26, 1 ASNA, MPI, Busta 357 I, fasc. 42: "Sparizionedi oggetti d'oro”. I brano è stat riportatoin seguito a proposto dei rinvenimenti effettuati dal Lamberti ne "Fondodel Buccettolo"(si vedano le schede rinvenimento 152-156); SaMBON 1905, pp. 23-25. 429
99.1-2. Rivestimenti di portagioie Avorio; lavorati a bassorilievo, em 3 629: Lem 9,3 69,8. Gottingen, Lehrsammlung, Museo dell Istituto Archeologico dell'Università (già Collezione Guilhou, già dono del barone von Diergardt a Gustav Korte nel 1918, gruppo detto “Tresor de Ruvo") Inv, VII af 540-5202.
Una lastrina è integra; l’altra è lacunosa, manca l'angolo inferiore destro € parte del listello inferiore. Le due placchette, probabilmente rivestimenti di un cofanetto portagioie in legno, sono inserite entro una comice che ha superiormente un leone accovacciato, inferiormente un semplice litello. Ai due lati è una fila dî linguette baccellate. Una delle placchette raffigura una scena di simposio ottenuta a bassorilievo: si vedono due personaggi sdraiati sulla Kline, ben vestiti e con un alto copricapo omato in maniera complessa, si tratta del tutulus etrusco. Il personaggio di destra sembra essere una donna, viste le lunghe chiome ricadenti dietro le spalle. Entrambi hanno la mano destra sollevata in segno di libagione. La seconda placchetta mostra una scena di caccia: è raffigurato un uomo su una biga trainata da cavalli alati in corsa, come mostrano le vesti svolazzanti dello stesso uomo. Bibliografia: Sambon 1905, pp. 3-4; Martelli 1985, pp. 216 c 237, figg. 27-28; D'Andria 1988, p. 665; Marelli 1988, pp. 25 e 28, nota 26, fig. 33-34; Martelli 1988-89, pp. 19-20, figg. 11-12; De Julis 1996 a, pp. 552-553; De Julis 1996b, p. 234; Montanaro 2006, pp. 8485,062.
99.3. Fibula Oro; granulazione, fligrana, lamina martellata Lem 14 Berlino, Antikensammlungen (già Collezione Guilhou, "Tresor de Ruvo") Inv. 30219, 451 Fine VI secolo aC.
Integra. La fibula è del tipo ad arco semplice (o a navicella) e lunga staffa laminata con un grosso pomello conico all'estremità. All'estremità del pomello è un vago di lamina d’oro. La staffa è in semplice aminasenzaalcuna decorazione. II pomello è decorato in filigrana e termina con un granulo. Sull’ardiglione della fibula sono infilati due anelli “en verre”. Bibliografia: Sambon 1905, p. 23, n. 136, tav. 2; Zahm 1932, p. 35, n. 1; Grefenhagen 1970, p.89,n.S; Guzzo 1993, p. 145, FIV B var a 4 Montanaro 2006, p. 49, n. 2.8 99.4. Fibula (Oro: filigrana, granulazione, lamina martellata. Lem iL Berlino, Antikensammlungen (già Collezione Guilhou, “Tresorde Ruvo”) Inv, 30219, 452. Fine VI secolo a.C.
Integra. La fibula è simile al tipo precedente cat. 98.3. con arco semplice ingrossato al centro e lunga staffa laminata con un grosso pomello conico all'estremità. La staffa è in semplice lamina e non presenta decorazione. Il pomello conico termina con un granulo d'oro ed è decorato in filigrana. Mancano i due anelli infilati nell’ardiglione della fibula come nell’esemplare precedente. Bibliografia: Sambon 1905,ρ. 23,n. 135, tv. 2; Guzzo 1993,p. 145, FIV B var. a 3; Montanaro 2006,pp. 49.50, n. 2.9
430
Fig. 328. 99.1. Placchetta di rivestimento in avorio decorata a bassorilievo con una scena di simposio (da Martelli 198 -89, fi. 11).
Fig. 329. 99.2. Placchetta di rivestimento in avorio decorata a bassorilievo con una scena di caccia (da Martelli 1988-89, fig. 12).
431
Fig. 330. 99.3. Fibula in oro con due anelli aurei inflati nellardiglione (da Montanaro 2006, cat. 2.8).
Fig. 331. 9944. Fibula in oro con pomello conico all'estremità della staffa (da Montanaro 2006, cat. 2.9.)
2 Fig. 332. 99.5. Fibula in oro con lunga staffa laminata (da Montanaro 2006, cat. 2.10.)
Fig. 333. 99.6. Fibula in argento dorato con arco decorato a filigrana (da Montanaro 2006, cat. 2.12}. 432
99.5. Fibula Oro; lamina martellata incisione. Lem 10. Berlino, Antikensammlungen (già Collezione Guilhou , “Tresor de Ruvo"). Inv. 30219, 453, Fine VI secolo aC.
Integra. La fibula, simile ai precedenti esemplari, è del tipo ad arco semplice ingrossatoal centro e lunga staffa laminata. La staffa, in questo caso, presenta una decorazione ad incisione con un motivo a denti di lupo. Manca il pomello conico e il granulo alla sua estremità. Bibliografia: Sambon 1905, p.23,n. 137,tav.2; Guzzo 1993, p.145, F IV B var. b 1; Montanaro 2006, p. 50, 5.2.10 99.6. Fibula Argento e oro; granulazione, fligram, lamina martellata. Lem32, h.em3,0. Berlino, Antkensammlungen. Inv. Misc. 6484 Acquistata a Napoli Fine VI secoloaC.
La fibula, in argento, è del tipo ad arco semplice, configurato a sanguisuga, e staffa lunga con decorazione in filigrana. In questo caso manca la staffa. L'arco è decorato su entrambi i lati da linee spezzate e avvolte a spirale in argento lavorato in filigrana. Sono presenti anche dei grani al centro delle spirali. Alle due estremità dell'arco vi sono semplici placche in lamina d'oro decorate con doppie spirali in filigrana. Bibliografia: Greifenhegen 1975, p. 90, tv. 662; Guzzo 1993, p.153, F VILC 7; Montanaro 2006, p.51,n.2.12.
100 — Tomba rinvenuta in Via Duca della Vittoria angolo Via E. Fieramosca
Nel 1907 in una proprietàdi Michele Caldarola si rinvenne del materiale archeologico acquistato nel 1916 dal Museo di Taranto™. Tra i vari documenti dell'incartamento relativi all'acquisto, uno precisa che il materiale fu ritrovato in una tomba a sarcofago, probabilmente con ripostiglio, posta nell'area oggi fabbricata che si trova nell'angolo tra le odieme via Duca della Vittoria e via Ettore Fieramosca, nella parte occidentale della città, dove via Fieramosca sfocia su Corso Vittorio Emanuele. Il materiale vario è costituito da ornamenti personali in oro, ambra, avorio, osso, bronzo e ferro". Si tratta nel complesso di una cinquantina di reperti che oscillano cronologicamente tra il Vl e il V secolo a.C., forse appartenenti a due diversi corredi, di cui uno pertinente ad una deposizione femminile alla quale si riferiscono gli omamenti personali. Di grande rilievo risultano una collana composta da vaghi biconici baccellati e da sei pendenti configurati a testa femminile, due grandi fibule ad arco semplice e lunga staffa ed una coppia di “cerchi apuli”; a questi si aggiungono alcuni pendenti scolpiti in ambra, nonchè elementi in osso e avorio, probabilmente pendagli di una cintura. L'altro complesso, ricco di vasi in bronzo e di armi, si riferisce alla deposizione di un guerriero rinvenuta dallo stesso Caldarola in Piazza Castello (oggi Piazza Matteotti) nel 1907, già considerata nel presente catalogo (si veda la scheda di rinvenimento n. 2) 100.1. Collana (Oro; laminatura, baccelltur, a sbalzo Lem 41; h teste cm 2; peso g 11,25 Taranto, Museo Archeologico Nazionale (Acquisto Caldarola 1916) ἴων. 6429. Ultimo quarto del VI secolo a.C.
Integra; manca un gancio di chiusura. La ricomposizione del gioiello è moderna. La collana è composta da quarantatre vaghi biconici baccellati intervallati da sci cilindretti di lamina lisci coi bordi rilevati, ai quali sono sospese altrettante placchette rettangolari con protomi femminili sbalzate. Queste ultime, non chiuse alle spalle, sono in parte schiacciate, ma ancora risultano evidenti le caratteristiche arcaiche dei volti e le particolarità della lavorazione, percui la lamina tesa e forzata a formare le parti di maggior rilievo si raggrinza nel collo în una raggiera di
pieghe minute. L’arcaismo è palese nei volti arguti con la caratteristica pettinatura a boccoletti, gli occhi a mandorla grandi e un po” sporgenti, il naso dalle narici larghe, la bocca atteggiata all'abituale, insignificante sorriso dell’arte arcaica
greca, le teste sono di pieno prospetto. Bibliografia: Quagliati 1932, p. 68; Breglia 1939, pp. 7.8,n. I; Becatti 1955, n.272; Drago 1956, fig. a p. 90; Ori e Argenti 1961, n. 230; Deppert-Lippitz 1985, 8g. 67; Guzzo 1993, p. 191, CHA 1; Guzzo 1996, p.552: Masiello1996, pp. 147-149; Montanaro 2006, p. 38, n. 1.8.
100.2. Coppia di Fibule Oro; laminatura incisione Lem I5e 15,5; peso g 345 033,75 Taranto, Museo Archeologico Nazionale (Acquisto Caldarola 1916) Ins 6423-6424 Fine del VI secoloa.C.
10 ASATA: acquisti el periodo 1911-1916. ? M. MARIN 1981,pp. 174-175. 433
Integre. Le fibule sono del tipo ad arco semplice ingrossato al centro e lunga staffa laminata. Gli esemplari, di dimensioni eccezionali, presentano l’arco rigonfio in lamina, saldato ed internamente vuoto, e una lunga staffa laminata ripiegata ed aperta per accogliere € frenare l’ardiglione, terminante con un bottone conico anch'esso di lamina. L'ardiglione forma tutt'uno con l'arco e la sua piegatura è ottenuta con due o tre giri a spirale che marcano la forma della fibula e permettono all’ardiglione di scendere giù diritto nella sua funzione di sostegno. Nella parte interna della staffa, sulla laminaè una decorazione incisa con un motivo a denti di lupo. Bibliografia: Breglia 1939,p. 8, nn. 2:3; Becatti 1955, n. 267; Ori e Argenti 1961, n. 233; De Juli-Loiacono 1985, fig. 364; Guzzo 1993, p. 144, F IV B, 1-2; Montanaro 2006, pp. 47-49, 0.27.
100.3. Coppia di Cerchi apuli Oro; laminatura, ligrana h.cm2,5; diam. cm 65. Taranto, Museo Archeologico Nazionale (Acquisto Caldarola 1916). ἴων 6425-6426, Fine del VI secolo C.
Gli esemplari sono composi da un cilindro di lamina e da una comice circolare larga, saldata ad una delle estremità del cilindro. Il campo della comice è decorato con fili concentrici godronati e lisci altemati con zone libere sulle quali sono tracciate linee ondulate in filigrana. Bibliografia: Breglia 1939, pp. 8-9; nn 4-5, fig. 2; Becatt 1955, n. 270; Ori e Argent 1961, n 235; Iker 1980, p. 34, n.7: De Julis-Loiacono 1985, fig. 365; Guzzo 1993, pp. 259-260, O VIILB 1; Montanaro 2006, p. 56, n. 3.4. 434
100.4. Coppia di anelli Oro; laminatura Diam. cm 1. Taranto, Museo Archeologico Nazionale (Acquisto Caldarola 1916). inv. 6433-6834, Fine del VI secolo a.C.
Gli anelli sono del tipo con verga appiattita, semplice, | senza alcuna decorazione, flessibili, e sono agganciati fra loro. Bibliografia: Montanaro 2006, p. 71, n. 47.
100.5. Pendente scolpito Ambra; rilievo e incisione. Dimensioni sconosciute ‘Taranto, Museo Archeologico Nazionale (Acquisto Caldarola 1916) ἴων. 12358, Fine del VI secoloa.C.
Colore rosso scuro; opaca. Strato di ossidazione bruno. Superficie ruvida. La superficie è interessata da una fitta craquelure. Lacunosa, manca la parte posteriore. L'esemplare a forma di ciambella, sembra raffigurare un serpente avvolto nelle spire. Del rettile è visibile il volto di forma romboidale € parte del collo, mentre gli occhi sono indicati da due incavi; il muso presenta una forma triangolare. Bibliografia: Montanaro 2006, p. 81,n. 5.11
100.6. Pendente scolpito Ambra; incisione e rilievo Dimensioni sconosciute. Taranto, Museo Archeologico Nazionale (Acquisto Caldarola 1916) Inv. 12359. Fine del VI secolo aC.
Fig. 334. 100.1. Collana in oro con vaghi biconici baccellati e sci pendenti a testa femminile (da Greci in Occidente 1996, fig. a p. 552).
Fig. 335. 100.2. Coppia di fibule in oro ad arco semplice ingrossato al centro e lunga staffa laminata (da De Juliis-Loiacono 1985, fig. 364). 435
Colore rosso scuro; opaca; strato di ossidazione bruno; superficie ruvida Lacunosa, mancano alcuni piccoli frammenti della parte destra. È assai ardua
l'interpretazione del soggetto raffigurato, a causa del cattivo stato dî conservazione. Si scorgono il muso pronunciato, gli occhi incavati e la zampa sinistra resa con piccole incisioni: si tratta, forse, di un cane o un altro animale accovacciato o, ancora, di una sfinge. Bibliografie: Montanaro 2006, pp. 81-82, n.512
100.7. Coppia di pendenti Ambra rilievo e incisione Dimensioni sconosciute Taranto, Museo Archeologico Nazionale (Acquisto Caldarola 1916) Inv. 12360-12361 Fine del VI secolo a.C.
Si tratta di due semplici pendenti in ambra a forma di cerchio con verga appiattita e rigonfia al centro. Bibliografia: inediti.
100.8. Coppia di cerchiett in avorio 1009. Coppia di anelli in osso a ciambellina Diam. mm 29 € 12.
100.10. Coppia di pendenti Ambra; decorazione a rilievo ea incisione. hem 3,1; diam. em 2,1 Taranto, Musco Archeologico | Nazionale (Acquisto Caldarola 1916) Inv 12362. Fine del VI secolo a C. 436
Colore rosso scuro; opaca; strato di ossidazione bruno; superficie ruvida. Lacunose, mancano alcuni piccoli frammenti in un esemplare. I pendenti, simili tra loro, presentanola forma di un cerchio con verga appiattita e rigonfia al centro. Un esemplare presenta nella partesuperioreunfelinoaccovacciato ottenuto a rilievo, probabilmente un Icone, con tutti i particolari incisi e resi a rilievo. L'altro esemplare presenta, sempre sulla sommità, un volatile anch'esso ottenuto a rilievo e con i particolari resi con fini incisi Bibliografia: Omarsi d'ambra 2004, p. 33, fig. 29. 100.11. Tre frammenti di ambra a forma ovale 100.12. Oinochoe trilobata Bronzo; compo in lamina martellata, ansa ottenuta a fusione. h cm 18,6; diam. orlo em 8,75; diam max em 12,1 Taranto, | Museo Archeologico Nazionale (Acquisto Caldarola 1916), Taw, 12396, Secondo quarto del V secolo .C.
Integra. Ossidata. L'oinochoe ha il labbro liscio appena estroflesso, collo cilindrico, spalla orizzontale, corpo ovoidale leggermente rastremato verso il fondo. Ansa a sezione poligonale, sfaccettata sul dorso, con due intagli irregolari av" sulla sommità e lievemente rilevata sul profilo dell’imboccatura. Bibliografia: Weber 1983, n. 311, tav. X (ll B3); Tarditi 1996, p.79,n. 157 (X.B2e).
Fig. 336. 1003. Coppia di "cerchi apuli” in oro decorati con un motivo a onde in filigrana (da De Juliis-Loiacono 1985, fig. 365).
Fig. 337. 100,5. Pendente in ambra scolpito raffigurante un serpente (Foto dell’ Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica della Puglia)
Fig. 338, 100.6. Pendente in ambra scolpito a forma di felino accov ciato (Foto dell’ Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica della Puglia)
Fig. 339. 100.10. Coppia di pendagli in ambra scolpiti a forma di felino accovaccito © a forma di volatile (da Ornarsi d'ambra 2004, fig. 29)
Fig, 340. 100.11. Frammenti di pendenti in ambra (Foto dell'Autore, cortesia iendenza Archeologica della Puglia)
101-102 — Tombe rinvenute su Corso Cotugno (già Via dei Cappuccini) 112 maggio del 1840, il canonico Michele Ficco rinvenne in suo fondo appartenente al Capitolo della Cattedrale, situato all'inizio di Corso Cotugno, dei sepolcri. cosiddetti “rustici”, contenenti vasi acromi e scialbati, come pure vasi a vernice nera (Tomba 101), ritenuti di poca considerazione e dei quali non si è potuta ricavare nessuna indicazione in merito alla forma e alla destinazione (non si è a conoscenza, infatti, se siano stati o meno portati a Napoli), Oltre a queste tombe caratterizzate da corredi composti da pochi oggetti, il canonico Ficco, nello stesso giorno e nello stesso sito, ritrovo anche un sepolcro detto mediocre (Tomba 102), in cui si rinvenne «una coppa sicula a forma di secchio, coperta di crosta cristallizzata, su cui sono disegnate qualche sfinge e qualche leone» e «un'altra coppa sicula su cui è disegnata una quadriga»"". I due vasi, due cup-skyphoi attici a figure nere attribuibili al “Gruppo di Haimon”, furono portati a Napoli e sono tuttora conservati nei depositi del Museo Archeologico Nazionale. In particolare, il vaso con la raffigurazione di una quadriga, prima di entrare a far parte delle collezioni del Museo, fu acquistato dal collezionista di antichità Raffaele Gargiulo, restauratore del Real Museo Borbonico, e poi venduto da questi al Museo". 1 ASBA, MSA, fasc. 104: lettera del 3 febbraio 1840. 29 ASSANV A-6, fase. 16: “Ruvo. Scavi di Ruvo e dintorni" (1839-1842), 438
102.1. Cup-Skyphos attico a figure nere Argilla arancio, vemice nera lucente, sovraddipinture ir bianco violet e rosso hem 11; diam. orlo cm 17,5 Napoli, Museo Archeologico Nazionale (già Collezione Fic o) Inv. 81050 (= Heyd. 2775) Seconda metà del VI secolo a.C.
Integro. Orlo sbreccato. Piede ad anello, vasca profonda a profilo convesso, orlo svasato a profilo concavo, labbro estroflesso, anse a bastoncello impostate orizzontalmente sul corpo, leggermente ripiegate verso l'alto. Decorazione: su entrambi i lati, tra le anse, è una fascia riservata su cui è raffigurato, al centro, un leone di profilo a destra tra due sfingi, quella di destra di profilo a destra, quella di sinistra di profilo a sinistra. Sotto è una fascia nera, una fascia risparmiata, una larga banda nera e, infine, una fila di puntini neri. Orlo verniciato di nero. Bibliografia: Heydemann 1872, n.2
Fig. 34l. 102.1. Cup-Skyphos attico a figure nere (Foto Archivio Soprintendenza Archeologica di Napoli e Caserta)
Fig. 342. 1022. Cup-Skyphos attico a figure nere (Foto Archivio Soprintendenza Archeologica di Napoli e Caserta)
102.2. Cup-Skyphos attico a figure nere Argilla arancio, vemice | nera lucente, sovraddipintur in biancoe violetto. h . cm 655: diam, orto em 13 Napoli, Museo Archeologico Nazionale (gi Collezione Ficco, poi Gargiulo). Inv. 81153 Heyd. 2853). Attibubile al Gruppo di Haimon. 500-4800.
integro. Orlo sbreccato; vemice serostata. Piede ad anello, vasca profonda aprofilotroncoconico, orlo svasato, labbro estroflesso, anse a bastoncello impostate orizzontalmente sul corpo ripiegate obliquamente verso l'alto. Decorazione: su entrambi i lati, è raffigurata una quadriga in corsa verso destra controllata da un auriga con veste bianca; ai lati, palmette. Bibliografia: Heydemann 1872, n. 2833. 439
103 — Tomba principesca rinvenuta su Corso Cotugno (già Via dei Cappuccini) Le notizie relative alle circostanze di questo straordinario ritrovamento ottocentesco e soprattutto al ricchissimo corredo funerario si sono potute ricostruire attraverso l’analisi di un complesso intreccio di testimonianze, costituite da varie memorie manoscritte, atti archivistici e articoli pubblicati sulle maggiori riviste specialistiche del tempo. 1I clamoroso rinvenimento della tomba principesca non ebbe una risonanza tale come quella avuta dalla più famosa “Tomba delle Danzatrici”, alla quale è accomunata per il luogo del rinvenimento, ma la scoperta non sfuggì comunque ad alcuni eruditi locali contemporanei che non mancarono di sottolineare l'eccezionalità del rinvenimento e del corredo funerario in essa ritrovato. Tuttavia, dopo tali accenni sono assolutamente mancati studi approfonditi in merito a questa scoperta sulla quale è calato un lungo silenzio durato più di 150 anni, interrottosi dopo un recente approfondimento da parte dello scrivente sul contesto in questione!” Nel tentativo di ricomporre con esattezza l’intero complesso è stata analizzata una documentazione ottocentesca sconosciuta, inedita e in gran parte trascurata che ha consentito di ricostruire le circostanze e il luogo del rinvenimento, nonché la tipologia tombale e le vicende degli oggetti componenti lo straordinario corredo funerario. 1 primi documenti noti sulla scoperta di questa magnifica sepoltura, che potremmo chiamare “Tomba del Principe”, consistono in una relazione di Onofrio Bonghi, «Sottintendente Regio in Bovino»,e in una relazione del padre Federico Laviola, insegnante presso le Scuole Pie di Ruvo, spedite all'Instituto di Corrispondenza Archeologica di Roma per la pubblicazione nel "Bullettino dell'Instituto”. Tali relazioni non furono pubblicate entrambe, ma venne inserito soltanto l’articolo del Bonghi, basato sulla memoria del Laviola, il quale non fu edito in maniera completa, ma ne furono riportati solo i dati essenzialmente tecnici e comunque privi di commento ripresi nell'articolo del Panofka del 1834, nel quale sono descritti i reperti più importanti e pregiati'”. AI contrario, una ripresa puntuale del testo del Laviola la si può riscontrare in un capitolo di un’opera storica del canonico Giacomo Ursi^*, intitolato “Memoria seconda su di altri vasi rinvenuti in Ruvo nell’anno 1833”, Del medesimo scritto il canonico Ursi si servi anche in un'altra opera, aggiungendo però ulteriori dettagli tecnici, riguardanti la struttura funeraria, e particolari relativi agli oggetti rinvenuti". A questo punto è necessario fare alcune precisazioni, in quanto da una rapida verifica sono state riscontrate delle differenze, sia nell'impostazione generale sia in alcuni indicativi dettagli, tra le notizie del Laviola, ricopiate dall'Ursi, e quelle divulgate dal Panofka, tramite la relazione del Bonghi che tra l’altro, ad una attenta analisi, mostra molti elementi in comune con la memoria ÎMONTANARO 2004, pp. 217-252, uv. XCI.CXVI; MONTANARO 2005, pp. 7-8 15 PANOFKA 1834,pp. 36-38. ? G. URSI, “Ricerche istoriche sull'origine ed antichità di Ruvo”, 1835. 7 Usi 1835,pp. 119-125, 1 G. URSI, “Collezione delle descrizioni archeologiche fatte dai varit autori in Ruvo” da servire come appendice alle ricerche parie del canonico Giacomo Ursi, 1836. L'aricolo che qui interesa si trova nelle pagine 93-98. L'opera contiene una serie di Secolo ed è conservata nella biblioteca privata del a famiglia Jatta. 440
del Laviola®”. In primo luogo, si deve rilevare l'assenza nei manoscritti dell’Ursi di alcuni dettagli, soprattutto topografici e strutturali, riferiti dal Panofka; nell’articolo di quest’ultimo, al contrario, manca ogni traccia del commento che occupa buona parte del
testo riportato dall’Ursi'®. È anche possibile che il Laviola avesse redatto due relazioni:
la prima più tecnica, spedita al Bonghi e da questi allInstituto, la seconda di carattere interpretativo, circolata esclusivamente in ambito locale e ripresa integralmente nella seconda opera manoscritta dell’Ursi. In realtà, sembra più probabile che il Laviola avesse redatto una sola relazione, spedita successivamente al Bonghi, contenente sia dati tecnici come fosse una semplice relazione di scavo, riportati dal Panofka nell'articolo edito nel Bullettino, sia elementi e commenti dal taglio storico-critico che, probabilmente, proprio per questo motivo, hanno portato alla scelta di non pubblicare integralmente la memoria nella sede del Bullettino. Infatti, l'articolo di quest'ultimo riprende fedelmente la relazione del Bonghi, caratterizzata a sua volta dalla riprese puntuale di alcuni passi della memoria del Laviola. ΑἹ contrario, la relazione del Laviola, assieme ad altri scritti dello stesso autore, fù accolta integralmente nella memoria dell'Ursi, come afferma lo stesso canonico in una pagina del suo manoscritto!“', in quanto contenente elementi funzionali all'interpretazione storica degli oggetti facenti parte del corredo, come le citazioni storiche e letterarie, nonché i confronti con altri oggetti simili rinvenuti in altri
siti, e quindi più consoni al carattere erudito della sua opera”. È possibile quindi che sia
il Panofka sia il Bonghi abbiano operato una selezione tra la documentazione pervenuta all'Instituto e le carte contenenti i dati tecnici, ricavando gli elementi più idonei alla presentazione nel Bullettino e aggiungendo probabilmente altri dati non inseriti dal Laviola nella sua relazione. Sembra addirittura che il Laviolae il Panofka, e forse anche lo Schultz, si siano persino incontrati a Ruvo e abbiano visionato i reperti trovati nella tomba principesca, come si può intuire da una affermazione del Laviola nella sua relazione, riportata dall'Ursi, riguardo all’interpretazione di una scena dipinta su un vaso trovato nella tomba: «Chi non rawvisa in questa figura Priamo, che supplichevole implora da Achille il cadavere di Ettore? Questa mia opinione fu approvata da un letterato tedesco che viaggiava per questi luoghi»"^. Si deve, purtroppo, sottolineare la grave mancanza di grafici o di rilievi della tomba, vista sia la sua struttura monumentale, ia la particolare posizione topografica «situata su di un'altra», sia la presenza di un fregio figurato dipinto di cui non è pervenuta nemmeno una descrizione dettagliata". Nel Bullettino del 1836, nell'articolo di E. Braun sul rapporto fatto dallo Schultz nel suo viaggio a Ruvo, si fa riferimento ad altri elementi 1 Sì vedano le note precedent = URSI 1835, pp. 119-125; URS! 1836a, pp. 93-98. "^ Unst 18362,p. 83: «Chi ama meglio persuaders. potrà leggere le memorie seguenti su à vasi rinveruti ultimamente né cavi fat in questo suolo. Queste memorie, nelle quali si parla dà vasi, del loro uso, nomi dè medesini, e ciocchè significoron le favole, in essi delineate sono lavoro di un nostro distinto amico. Egli? Il Reverendo Padre Don Federico Laviola dè Chierici Regolari delle Scuole Pie... 1! manoscrito Ursi (D'Addosio) 1835 costituisce inftt un'opera di taglio storico, più che archeologico, raccontando in due volumi, le vicende di Ruvo dall'antichità fino ai suoi tempi. τῷ Ust 1835, pp. 123-124; URst 1836 a, pp. 96-97. ? Ust 1835, pp. 119-120; Unst 1836 a pp.93-94 441
trovati nella tomba, descritti successivamente dal Laviola ma non dal Panofka, alcuni dei quali risultavano già venduti ad alcuni antiquari napoletani quali Raffaele Gargiulo e G. Casanova", mentre gli altri oggetti entrarono a far parte, insieme ad altri reperti rinvenuti a Ruvo, della collezione Ficco-Cervone, poi venduta nel 1838 al Real Museo Borbonico". Tra i documenti napoletani vanno menzionate proprio le carte relative alla vendita della collezione Ficco-Cervone al Museo Borbonico, tra le quali figurano anche le descrizioni degli oggetti trovati nella tomba e non venduti agli antiquari napoletani, fornite prima dal Ficco e poi dalla Commissione incaricata di redigere l'elenco del materiale’. Altri fascicoli contenuti nella stessa busta e in altre, nonché alcuni documenti dell’ Archivio Storico della Soprintendenza Archeologica di Napoli contengono interessanti notizie sui restauri ottocenteschi dei materiali e dei vasi provenienti dal ritrovamento, ma anche sugli scavi di Ruvo effettuati nella stessa zona in quel periodo'*. Ulteriori documenti sono costituiti da un fascicolo degli “Annali Civili del Regno delle Due Sicilie" del 1838 € da un fascicolo dei "Documenti Inediti per servire alla Storia dei Musei d'Italia” del 1880 contenenti entrambi l'elenco della collezione Ficco-Cervone e le notizie circa la sua vendita". Tra i documenti ruvesi, oltre alla relazione del Laviola e ai due manoscritti del canonico Ursi, va menzionata una “Ode Anacreontica sulla Ruvo Appula” di Salvatore Fenicia! Presidente della Commissione dei Regi Scavi di Ruvo, che cita il rinvenimento di questa tomba svelando anche alcuni particolari inediti rferitegli dal canonico Michele Ficco, scopritore della regale e monumentale sepoltura, particolari che vengono poi ripresi integralmente nel secondo manoscritto del canonico Ursi"! basato sugli scavi archeologici di Ruvo effettuati nei primi trent'anni dell’Ottocento. Per quanto riguarda le informazioni circa la localizzazione del sepolero, esse si sono potute ricavare grazie all'attenta lettura della documentazione riguardante l'ubicazione della “Tomba delle Danzatrici”" Infatti, il Panofka, nel suo articolo sul famoso sepolcro, riferisce che esso si rinvenne «in un fondo del Sig. Canonico Don Michele Ficco, sulla via dè Cappuccini in uno dei luoghi più elevati, alla distanza d'intorno a 150 palmi dalle mura della città di Ruvo e vicino ad un'antica muraglia ed alta torre di forma cilindrica» 2 BRAUN 1836 a, pp. 71-73. τὰ Sulle vicende della collezione Ficco-Cervone si vedano i recent contributi di R. CASSANO in “La Magna Grecia nelle collezionidel Museo Archeologico Nazionale di Napoli”, 1996,pp. 1 2-1 4 e BORRIELLO 1996, pp. 223-225. 7 ASNA, MPI, busta 338, fascicolo 76. W Alcune notizie su questi argomenti, tate dalla documentazione dell'Archivio Storico della Soprintendenza Archeologica di Napoli e dauna copia, gelosamente custodita, di un manoscrio di Salvatore Fenicia, "MEMORIA ARCHEOLOGICA Sulle preziose anticaglie, date dalla Città di Ruvo in Puglia al Reale Museo Borbonico dall'epoca, in ui è stata istllaa la Reale Commissione dè Scavi. Opera scritta nel Novembre 1840 dal Consigliere D. Salvatore Fenicia archeologo e Presidente della detta Commissione”, sono state già fornite in altra sode: BORRIELLO 1996, pp. 223-225, ?" Anwati Ci DEL REGNO DELLE DUE Sicise 1838, pp. 8-13; DOCUMENTI INEDID, vol. IV, 1880, pp. 89-92. #5 FENICIA 1836, pp. 34:38 151 Usi 1836 2, pp. 36-38, 1% Uno studio puntuale di tutta la documentazione esistente sulla "Tomba delle Danzatrci” è in GADALETA 2002: “La Tomba delle Danzatrci di Ruvo di Puglia”, 2002,pp. 45-48 e pp. 25-4. 442
(Si tratta della “Torre del Pilota” o “di Pilato”)!®. Ancora più importante è quanto afferma il Laviola nella sua memoria sulla "Tomba delle Danzatrici”, ripresa anch'essa nei manoscritti dell’Ursi, in cui si fa riferimento all'ubicazione topografica della tomba principesca: «E’uopo avvertire che questo sepolcro (riferito alla Tomba delle Danzatrici) fa rinvenuto contiguo ad un altro da me descritto nell'antecedente memoria, in cui si rinvennero varii elmi, vasi di finissima argilla, ed un vaso di rarissimo metallo, che a me sembra essere corinzio, ed aliri oggetti non più ritrovati altrove»"*, Un altro riferimento topografico è nell'Ode Anacreontica sulla Ruvo Appula di Salvatore Fenicia, ripresa dal canonico Ursi, in cui si afferma: «Nell'anno scorso s'invenne dal Signor Canonico Fieco un magnifico sepolcro: in questo si trovarono, prescindendo dagli altri bellissimi oggetti... .. Presso questo eccellente sepolcro il prefato Canonico scoperse un altro ma violato sepolcro, assai ben pittato: e la pittura di questo è stata dottamente descritta dall'eruditissimo Scoloppio Padre Federico Laviola... »'*. Si deve sottolineare che la via ottocentesca dei Cappuccini non coincideva con l'attuale, ma conduceva dalla porta del Castello alla Chiesa dei Cappuccini, ora Chiesa di S. Lucia; oggi corrisponde all'attuale Corso Cotugno su cui si affacciava il Palazzo Ficco con il suo fondo, che occupava il primo isolato della via suddetta". Nella stessa direzione doveva forse snodarsi la via che collegava anticamente Ruvo e Canosa, come sembra dimostrare il rinvenimento nel 1970 di un tratto di strada selciata, sopra un battuto stradale più antico, scoperto lungo lo stesso allineamento, all’angolo tra via Garibaldi c via Safi: in esso è stato da Canosa. La distanzadi 150 palmi, riconosciuto un tratto della via Traiana proveniente equivalenti a circa 40 metri, dalle mura e il riferimento alla torre'®, costituiscono ulteriori indizi per una presunta ubicazioneo localizzazione della tomba. Oggi, inoltre, si può aggiungere, sulla base della documentazione rintracciata, che la sepoltura non fu rinvenuta isolata ed oltre ad essere affiancata dalla “Tomba delle Danzatrici”, fù ritrovata in un'area in cui si sono verificati altri rinvenimenti, tut i riguardanti tombe monumentali (a semicamera, a camera e a sarcofago) e di un certo prestigio, databili tra la fine del VI € la fine del IV secolo a.C. Gli elementi contenuti nella relazione Laviola, ripresa nel primo manoscritto Ursi, riguardo alla struttura funeraria erano alquanto generici”. Le dimensioni dell'intera. struttura con l'accenno alla sua particolare posizione topografica e ai fregi dipinti furono "© PANOFKA 1834,p. 228. 1 URSI 1835, pp. 143-144; Ursi 1836 a, pp. 115-116, 15 Fenicia 1836, p. 36; URSI 1836 a,p. 38. 1 M. MARIS 1981, pp. 163-164, sulla base dell'elenco delle strade raves in Loronict 1915, pp. 72-73 19 Indicazione suggerita gentilmente allo srivente dall'amico Cleto Bucci. 18 M. MARIN 1981, pp. 239-240. 19 Si è detto che si trata della Torre dl Pilotao di Pilato, alta 33 metri dalla sommità merlata, aggiunta a complesso del castello nel XIV secolo e crollata nel 1881 a seguito di inopportune modifiche (M. MARIN 1981, Βα 127; PAPARELLA 1997, pp. 109-10). In questo senso è utile leggere le pagine dei manoscriti Ursi e i documenti dell'Archivio di Stato di Bari, contenenti le reazioni di scavo redatte dalla Commissione dei Regi Scavi di Ruvo dai quali a Usi 1835, pp. 119-120. 443
riportate dall'Ursi nel secondo manoscritto che con ogni probabilità fa riferimento ad un'ulteriore relazione del Laviola'®. La descrizione contenuta nel secondo manoscritto Ursi è la seguente: «In un sepolcro qui rinvenuto nell'ottobre ci si presenta il più sorprendente spettacolo. Venti palmi profonda si rinvenne la tomba di un distinto eroe di quei tempi, situata su di un'altra. Il sepolcro era di figura rettangolare ed era formato di grandi pezzi di tufo; aveva le seguenti dimensioni: venti palmi di lunghezza, largo quindici palmi e alto dieci. ΑἹ di dentro era intonacato con due filedi tre fasce d'intorno di colore nero, rosso e celeste; in mezzo alle due file erano dipinte delle figure. Il magnifico sepolcro era coperto di varie lastre di pietra calcarea poste orizzontalmente......»'®. Da tali descrizioni risulta evidente l'appartenenza della struttura così ricostruita alla tipologia tombale cosiddetta “a semicamera”, già suggerita dalla Bertocchi!, vale a dire una cella ipogeica, costruita all'interno di una grossa fossa scavata nella roccia, con pareti composte di blocchi squadrati di tufo, sovrapposti senza legante, e copertura formata da lastre poggianti in origine su travi lignee che dovevano essere alloggiate negli incavi praticati, a distanze regolari, nella parte alta delle pareti"; l'accesso poteva avvenire solo dall'alto, imuovendo i lastroni della copertura. Queste strutture sono particolarmente diffuse nella Peucezia già a partire dalla fine del V secolo a.C." e presentano generalmente dimensioni notevoli". Le dimensioni della “Tomba del Principe” (palmi 20 x 15 x 10 pari a m. 5,30 x 3,97 x 2,65) e la sua struttura composta da grosse lastre di tufo squadrate orientano anch'esse a favore della definizione di “semicamera”"* e un ulteriore indizio a favore di tale ipotesi è costituito dalla contiguità topografica della “Tomba delle Danzatrici” € di altre sepolture caratterizzate da strutture simili rinvenute nel corso degli scavi ottocenteschi che potrebbero indicare come quest'area sia stata adibita esclusivamente a sepolture di tipo monumentale. Desta qualche perplessità il particolare strutturale in base al quale la tomba fü rinvenuta situata su di un'altra, senza tuttavia che siano stati riferiti altri elementi utili per una precisa identificazione. Difficilmente tale dubbio potrà essere chiarito in quanto della grande tomba non si è conservato più nulla in situ. Ulteriori dettagli descrittivi forniti dal Laviola, riferiti dall’Ursi e dal Panofka, trovano conferma in osservazioni particolari che si rilevano per le tombe a semicamera scavate in tempi recent Le Usi 18362,pp. 9-10. "o Usi 1836a, pp. 93-94 "* BERTOCCHI 1963, p. 9-10; in precedenza la definizione corrente era essenzialmente quella di tomba ipogeica in tufo (come si rileva in alcune relazioni del Laviola riprese nel manoscritto Ursi del 1836, in cui sono descrii le varie tipologie delle tombe rinvenute a Ruvo), in alcuni casi anche cambiata con una tomba a camera (PAGENSTECHER 1914). "© Una definizione più recente delle semicamere è anche in RICCARDI 1989; DEPALO 1989; DE Jus 1996 b p.241; CIANCIO 1997, p. 69. Le tavi ligne incastrte nella parte alta delle pareti dovevano forse sorreggere una copertura lignea, posta al di ott di quella lapidea. "^ RICCARDI 1989; DEPALO 1989; DE JULII 1996 δ, pp. 241-242; CIANCIO 1997, pp. 69-70. "© Un minimo di m 2,65 ca. perla lunghezza, m 1,30 ca. perla larghezza, m 1,30 ca. perla profondità. ° Di grandi dimensioni erano anche le laste che componevano le pareti della “Tomba delle Danzatrici” (palmi 4x 25 x 1= m 1,06 x 0,66 x 0,265; GADALETA 2002, p. 50) i blocchi che componevano Te pareti della tomba 3/1994 (m 1,07 x 0,85 x 0,25), scavata nel sito 14 dell'iscdiamento di Botromagno presso Gravina (ClaNcio 1997, p.77). All'incirca lo sesso spessore presentavano, inoltre, i lasroni delle pareti (m 020) e i lastroni di copertura (m 0,25) dell tomba 10 di Conversano (CHIECO BIANCHI MARTINI 1964, pp. 148-164).
il sistema di sigillatura della camera con l'argilla, evidentemente finalizzato ad evitare infiltrazioni di acqua, di terriccio o di fango, è una caratteristica che si può riscontrare anche in altre tombe della stessa tipologia"; la “terra sciolta” che circondava il muro sembra inoltre indicare il riempimento del taglio della fossa, nettamente più ampia della cella’. Dalle notizie ottocentesche si recupera infine una profondità della sepoltura di almeno cinque metri dal piano di campagna'”. Le notizie sullo straordinario corredo trovato in questo eccezionale e pur sconosciuto sepolero si ricostruiscono quindi attraverso l’analisi di un complesso intreccio di informazioni desunte da alcune pubblicazioni ottocentesche già citate e dalle due memorie manoscritte del Canonico Giacomo Ursi che riprendono fedelmente, come si è sottolineato in precedenza, una o forse due relazioni scritte da Padre Federico Laviola in due momenti diversi"; ad essi si aggiungono due scritti di Salvatore Fenicia" e due opere manoscritte dello stesso autore". Dai manoscritti del canonico Ursi emerge che nella tomba giaceva in posizione supina un guerriero, un «distinto eroe di quei tempi», come afferma lo stesso canonico, tra le cui gambe si rinvenne uno splendido vaso a campana in bronzo, «del colore del ramo cedro», al cui intemo era una coppia di vasi dello stesso metallo e dello stesso colore. All'interno della tomba, tutt'intorno, furono trovati nove elmi di bronzo, alcuni dei quali presentavano delle appendici commute (potrebbe trattarsi di un elmo corînzio con appendici comute come quello integro proveniente da Chiaromonte), nove cinturoni e nove paia di schinieri; si rinvennero anche due “bracciali” (due imbracature per lo scudo?) che l'Ursi chiama “BPAZOINOION”, e «tre mascheroni in bronzo con occhi, denti e lingua in avorio spinta in fuori»"*. L'Ursi si sofferma quindi nella descrizione di un vaso cilindrico di finissima argilla, una lekythos, con la raffigurazione della scena di Priamo che chiede ad Achille la restituzione del corpo Le Tale uso è attestato ad esempio per la tomba 1/1974 di Gravina-Botromagno (DI ZANNI in Ciancio 1997, p. 181). °® CIANCIO 1997,p. 21 a proposito della tomba 1/1974 di Gravina-Botromagno. “enti palmi profonda": LAVIOLA in Unsi 1835,p. 120e in Ust 1836a, p. 94. 7! PANOFKA 1834,pp. 36-38; SANCHEZ 1835,pp. 261-264; BRAUN 1836 a, pp. 71-74; SANCHEZ 1836, pp. 25:26; SANCHEZ 1837, pp. 282-284; GERHARD 1840,pp. 180-181; SCHULTZ 1842, pp. 120-121; DOCUMENTI Insorr, IV, 1830, pp. 82-92. 7? Unsi 1835, po. 119-125; Unst 1836 a, pp. 93-98. Mu Fevicia, "Ode Anacreontica sulla umo Appula”, 1836; FENICIA, “Monografia di Ruvo Appulo”, 1854. "Fenicia, "Dilueidazione archeologica e valutazione del vasellame italo-greco, dè bronzi, degli ori, ecc, componenti la collezione Ficco”, 1837, contenuto anche in “Memoria archeologica sulle preziose anticoglie date dalla cità di Ruvo in Puglia al Reale Museo Borbonico ecc, 1840, pp. 180-214, 1 URsi 1835, pp. 120-121; Unsi 1936 a, pp. 93-95: «In mezzo alle gambe dell'estinto vi eraun vaso simile al ramo-cedro, a cu periti dell'arte non seppero dare il preciso nome del metallo. Presentava la forma di una campana, alto re palmi circa, cinque di circonferenza, ed uno e mezza di diametro. Due manich sorgevano dal corpo del vaso, es levavano quatto dita ins dellorl, | quali presentavano due mascheroni, che avevanoper ‘gambe a rilievo due serpi tort all'infuori... Al di dentro di questo vaso vi erano due orciuoli della capacità di tina caraffa Intorno intorno aldi dentro del sepolcro vi erano nove elmi di bronzo... Su alcuni di quest elmi si osservavano come due cornadi cervo dellistsso bronzo elevate ott dia... vi erano ancora nove cinture. nova paia di gamba... due bracciali etti BRAXOINOION, tre mascheroni di bronzo con gli occhi, e la lingua in avorio uscita in fuori, che serviva a difendere il petto... 445
di Ettore, interpretazione che il Laviola sottolinea essere stata approvata da un letterato tedesco (si tratta del Panofka oppure dello Schultz, il quale si recò a Ruvo per visionare i reperti recuperate dalle sue ricche tombe. In effetti quest'ultimo nel suo rapporto descrive in maniera dettagliata la lekythos, fornendo la stessa interpretazione della scena, e afferma che essa fu trovata in una tomba monumentale ricca di bronzi, armature e vasi)". In seguito vengono descritte due patere dette “lekania”, una raffigurante dei cavalieri, l’altra delle donne danzanti e dei vecchi con un cappello in testa'”. Si rinvennero, inoltre, tre campanelli di bronzo «simili a quelli che portano le mule sospesi al collo»'”, un candelabro a quattro lumi raffiguranti delle teste leonine e quindi una «testa di Giano quadrifronte in argento indorata di finissimo oro»"' Infine si recuperò una «gran conca» di bronzo (un lebete) contenente dei «piccoli vasi colorati di nero senza alcuna dipintura» e vari pezzi di cinturoni, scudi, gambali, spade e giavellotti Nell'articolo del Panofka pubblicato nel Bullettino dell'Instituto del 1834, agli oggetti già descritti nella relazione del Laviola, che lo stesso autore dice già confluiti nel mercato antiquario napoletano, viene aggiunto anche un "orciuolo” di bronzo con manico figurato'®. Dall’articolo del Braun risulta che facevano parte del corredo, secondo il rapporto dello Schultz, anche delle «sirene di bronzo con elmo sul capo», un vaso a tre manici con Eracle e Apollo che lottano per il tripode delfico, coppe con figure di carri e guerrieri, coppe con figure di animali e, infine, secondo il Sanchez anche un bacino di bronzo etrusco con i manici figurati" ed un lebete etrusco"', Sempre l'articolo del Braun del 1836 riferisce che il corredo era costituito anche da coppe raffiguranti Eracle, menadi e sileni, da un vaso a colonna con Eracle su una quadriga, da altre tre maschere di bronzo con raffigurazione di una Gorgone con occhi, lingua e denti in avorio vendute dal Ficco 77 Unsi 1835, pp. 123-124; BRAUN 1836, pp. 76-77; URSI 1836 a, pp. 95-96: «Nell'iteso sepolero si rinvenne un vaso cilindrico di finissima argile, con uno streto rifio, e con un sol manico. V era în esso dipinta una sedia, su cui era seduto un Guerriero che mostrava il volto adirat, Al di sott dell sedia vi era un cadavere diformato. Un uomo venerando vestito di corruccio col capo velato, par che impetrava grazia dall'Eroe seduto. ΑἹ di demo v era un servo con un'anfora in mano. Chi non rawisa in questa figura Priamo, che supplichevole implora da Achille il cadavere di Ettore? Questa mia opinione fu approvata da un letterato tedesco, che viaggiavaper questi luoghi». "Usi 1835, p. 124; URSI 18362, p.96: «1 era ancora una patina di figura rotonda larga un palmo, con un bordo rilevato due dita αἱ di dentro, e v'era dipinto con finissimo pennello con un uomo che arrestava un cavallo frenato; intorno al bordo nella parte esteriore vi era una denza di un uomo e di una donna con una ghirlandadi fiori in mano. In un'alta patina, ivi rinvenuta, si vedeva un uomo attempato con cappello in teta. simile a quello, che si usa al presente, e αἱ di fuori del bordo una donna ed un cavallo di trott in trot». 77 PANOFKA 1854, p. 38; URSI 1835, p. 125; URSI 1836 a, pp. 98-99. 1 URS 1835, pp. 124-125; Unst 1836 a, pp. 97.9. ?" Unst 1835, p. 125; Unst 1836 a, pp. 98-99: «V7 si rimemnero ancora tre campanelli simili a quelli che portano le mule sospes al collo; un candelabro a quatro lumi di bronzo, ed ogni lumiero presentava la testa di un leone; ed una gran conca di bronzo, con altri vasellini di finissima argilla di color nero senza alcuna dipintura. Atiré l'anmirazione di non pochi una testa di Giano quadrifronte della grandezza di un uovo Jormatadi quattro cinque sfogli di un metallo simile alla pastiglia del Lapis senza copertura, ed era indorata di finissimo oro. δὲ estrassero da questo sepolero istsso non pochi rttami di ate, di giavlltti, di scud, e di usberghi tuti logorati dal tempo edace». ME PANOFKA 1834, pp. 36-38. © BRAUN 1836, p. 71-73 P SANCHEZ 1835, p. 261-264, 446
al Casanova, da tre elmi greci semisferici, da una tazza di bronzo con tre zampe leonine venduta al Gargiulo a Napoli («una bellissima vasca etrusca sostenuta da un tripode con manichi di serpenti che finiscono a piedi di leone»'*), da altre sirene di bronzo con elmo sul capo sempre vendute al Casanova, da una coppa con Eracle che minaccia un satiro con la clava e, infine, da un’altra con due guerrieri". Nello stesso articolo vengono descritti in maniera dettagliata la lekythos a fondo bianco e figure nere «di disegno forse locrense», con la raffigurazione di Priamo mentre chiede ad Achille la restituzione del corpo di Ettore, che l'autore conferma essere stata trovata assieme a numerose armature e vasi di bronzo, e il cratere a colonnette a figure nere con l'ingresso di Eracle nell'Olimpo"". Peraltro, lo stesso vaso con Priamo e Achille è stato descritto nei più minuti particolari anche nell'articolo del Sanchez relativo ai numerosi e pregevoli reperti trovati a Ruvo, oltre che alle collezioni di antichità formatesi a seguito di tali scoperte" Dagli scritti del Fenicia si apprende che il guerriero era ancora rivestito della sua corazza, lavorata con eleganti decorazioni a bassorilievo, «coll'eleganza della corazza di Achille», della quale si erano conservati anche i rivestimenti interni in cuoio, che il canonico Ficco rivelò allo stesso Fenicia di aver trovato nella tomba”, mentre uno splendido elmo greco semisferico (probabilmente un elmo corinzio) rivestiva ancorala sua testa, come conferma il notamento della collezione Ficco-Cervone contenuto nei Documenti Inediti!”. Ancora più complesse sono le vicende che hanno riguardato la destinazione degli oggetti componenti il corredo, il quale fu naturalmente smembrato per classi di materiali secondo il criterio estetico dell’epoca permettendo e facilitando così la dispersione degli stessi. La descrizione puntuale nei manoscritti Ursi del grande vaso a campana în bronzo e dei due piccoli vasi dello stesso metallo în esso contenuti ha facilitato l'identificazione degli oggetti: è molto probabile che si tratti del grande cratere a volute di bronzo e della coppia di simpula con manico desinente a testa di oca, appesi allo stesso cratere, oggi custoditi nelle Antikensammiungen di Monaco di Baviera. Infatti, del cratere viene data una descrizione dettagliata anche dei particolari più minuti: corrispondono le dimensioni, Ja decorazione incisa ea rilievo del collo, del piede e soprattutto della decorazione plastica figurata a sbalzo delle anse; lo stesso si può affermare per la coppia dei simpula'!. Su come questi oggetti siano arrivati nel Museo di Monaco di Baviera si possono avanzare due ipotesi: la prima è basata su una notizia secondo la quale il canonico Ficco vendette nel 1836 tali oggetti, insieme ad altri due vasetti in argento, al commerciante napoletano 1 SANCHEZ 1835,p. 263 1 BRAUN 1836,pp. 71-74 19 BRAUN 1836, pp. 75-76 1 ΒΆΝΟΗΕΣ 1835, pp. 216-262. 1 Friücia 1836,pp. 36:37; URSI 1836 a, pp. 36-37. 1 ASNA, MPI, Busta 338, fasc. 76; USI 1836,pp. 37-38: «ln questo sepolcro si trovarono prescindendo dagli altr bellissimi oggetti uma corazza enea lavorata con la più bella eleganza, coll'eleganza dela corazza e di Achille; um'alra di legno che i Sali dell'humo hanno conservato con un principio di lapidficazione, l'impressione di una terza nel terreno, della quale mi disse il prelato Canonico d'aver trovato la forma di un panno... Elmo di hello stile greco semisferico, tuto lavorato a cesello in varie part. Questo fu rinvenuto sul è in qualche parte frammentato»; DOCUMENTI INEDITI 1880, teschio dell'eroeche se n'era servito: il medesimo 1.90 (ripresa copia della memoria del Fenicia). 2? Unst 1835, p. 121; Unsi 1836a pp. 4-95. 447
di antichità Casanova, il quale a sua volta li rivendette in Germania". La seconda ipotesi, molto più verosimile, è quella che il cratere e i simpula siano stati sottratti al Museo Borbonico dopo che questi furono acquistati dallo stesso museo insieme ad un altro lotto di oggetti più numeroso. Infatti, buona parte del materiale contenuto nella tomba entrò a far parte della collezione Ficco-Cervone (composta da 254 oggetti comprendenti oreficerie, armature, vasi figurati e vetri) venduta al Real Musco Borbonico nel 1838 per 8014 ducati, grazie al Ministro dell'Interno del regno borbonico, Nicola Santangelo, che ne aveva sollecitato l'acquisto evitando che fosse ceduta, com'era accaduto per altri numerosi oggetti, al Casanova il quale l’avrebbe rivenduta in Germania al Capitano Maler"? Il cratere e i due simpula compaiono ancora nel catalogo della collezione FiccoCervone stilato da una apposita commissione nel 1837": è possibile che tali oggetti siano stati sottratti prima di entrare effettivamente nel Museo o forse dopo l'immissione per essere poi venduti ad un collezionista privato straniero. Quindi riappaiono in una mostra americana nel 1903" e, infine, risultano acquistati dal Museo di Monaco nel 1908* ed esposti nello stesso con la seguente disarmante provenienza: da Rua (?!!) in Campania (!!). Sempre a proposito del cratere, una particolare attenzione deve essere prestata alla citazione, nei documenti della collezione Ficco-Cervone, di quattro piccole sfingi di bronzo. Una di queste è stata rintracciata nel Museo di Napoli, mentre una replica esattaè stata individuata nel Museo di Monaco. Quasi certamente queste statuette erano delle appliques che dovevano decorare le anse o il collo del maestoso vaso, come d'altronde è confermato dal più famoso cratere di Vix, il cui collo era decorato da un fregio figurato costituito proprio da una serie di appliques plastiche. Inoltre, quasi a confermare quanto detto sopra, nella vetrina del museo bavarese dove è conservato il cratere bronzeo in questione è presente anche un'altra applique plastica raffigurante un toro, che probabilmente doveva far parte della ricca decorazione del collo del vaso. Del materiale della tomba, entrato a far parte della collezione Ficco-Cervone, facevano parte anche due elmi corinzi (uno rivestiva la testa del defunto, come è confermato dal catalogo della già citata collezione Ficco-Cervone!”, mentre dell'altro si conserva solo un'immagine in una vecchia foto, in cui sono ritratte anche alcune delle armature trovate nella stessa tomba)! e un paio di schinieri, i cosiddetti «gambali», bracciali con ornati figurati, da considerarsi quali imbracature di scudo oplitico. Tra questi materiali sono presenti anche i mascheroni, precedentemente menzionati'”, in cui si possono riconoscere i due frontali di cavallo a testa umana elmata (prometopidia) e i due pettorali di cavallo (prosternidia) con gorgoneion sbalzato al centro e decorazioni în avorio, ‘SCHULTZ 1836, pp. 172-173; BORRIELLO 1996, p. 228, nota. 7? ASNA, MPI, Busta 338, fasc. 327 — "Notamento degli oggetti di antichità. "Catalogo dei Monumenti Ruvesi posseduti nl 1837 dal Canonico Michele Ficco e Raffaele Cervone" în "Documenti Inediti per servire alla Storia dei Musei d'Italia”, vol. IV, 1830, pp.9-11 pp. 2-92; BORRIELLO 1996, pp. 223-225. Ἢ DOCUMENTI INEDITI 1880, pp. 82-83. 7" NEUGEBAUER 1923-24,p. 383. Si veda la nota precedente 77 DOCUMENTI INEDITI 1880, p.90,n. 172. "De FRANCISCIS 1963, ig. 76. 1 SANCHEZ 1835,p. 263. 448
descritti anch'essi dal Sanchez nel suo articolo dedicato alle varie collezioni ruvesi?®; il terzo prosternidion, descritto dall’Ursi, entrò a far parte della collezione Maler e si trova oggi a Karlsruhe. Fanno, inoltre, parte della collezione napoletana la lucerna di bronzo quadrilicne, con decorazioni figurate a sbalzo (teste sileniche) e a fusione piena (Arpia), descritta sia nel catalogo della collezione Ficco®, sia nella Guida Ruesh, nonché nel Sanchez, e il bacino di bronzo, probabilmente identificabile con un grosso lebete su tripode in ferro (catalogata nell'inventario della collezione)”. Trail vasellame attico del Museo di Napoli è il vaso a tre manici che si può identificare con l’Aydria del Pittore di Teseo su cui è raffigurata la scena della lotta tra Eracle e Apollo per il tripode delfico, mentre la coppa con Eracle e il sileno e quella con i guerrieri si possono identificare con le due κοιναὶ, anch'esse del Pittore di Teseo. Nelle altre coppe e patere descritte sarebbero da riconoscersi alcune kylikes attiche a figure nere tipo “band-cup” della produzione dei Piccoli Maestri e le kylikes “tipo C" del Bloesch 11 vaso a colonna con Eracle sulla quadriga potrebbe identificarsi con il cratere a colonnette attico a figure nere del Pittore di Lisippides su cui è raffigurata la scena dell'apoteosi di Eracle, mentre nella patera con cavalieri e donne danzanti si può riconoscere, come afferma lo stesso Ursi, una rara /ekane attica a figure nere, purtroppo non ancora identificata. Infine, fanno parte del corredo altre due lekyrhoi attiche a figure nere, la prima con la scena di Achille che trascina col catro il corpo di Ettore, la seconda con una scena di scontro tra due guerrieri. Sempre il Casanova assieme al capitano Maler aveva acquistato dal Cervone e dal Ficco, prima del 1836, il terzo prosternidion con gorgoneion a sbalzo, altri quattro frontali di cavallo (prometopidia) con sirene, sfingi e mascheroni con lingua in avorio, un quarto pettorale di cavallo (prosternidion), tutti descritti dal Sanchez, due paia di gambali (schinieri), un elmo corinzio, altri ornament di cavallo a forma di cuore, forse identificabili con i "tre campanelli di bronzo” descritti dall'Ursi, e due punte di lancia”; tutti questi oggetti, insieme ad altri, sono custoditi a Karlsruhe c la conferma che essi provenissero da uno stesso rinvenimento è assicurata anche da Schumacher nel suo catalogo dei bronzi del museo di Karlsruhe?*, La «testa di Giano quadrifronte» descritta nei minimi dettagli dal canonico Ursi, soprattutto per quanto riguarda la lavorazione a cesello, granulazione e pulviscolo, sembra corrispondere in maniera piuttosto evidente all’omamento in argento dorato raffigurante la testa di Eracle gianiforme oggi custodito nel British Museum di 2 SANCIEZ 1837, pp. 282-284, a tre lumi: essa è sostenuta da un 2! Docoupm ἱκεριτὶ IV, 1880, p. 89, n. 165: eGraziasissima lucerna tripode a tre branchedi leone. La detta lucerna è conformata a moda di na cassettina circolare, ovesi vedono tre luminett divisi in triangolo, e fa uno di questi vi è il recipiente da ricevere lolo, che presenta una testa di Sileno, Dal mezzo di essa lucerna si eleva una colonnetta, nella i cui sommità vi posa ur Arpia, dalla cui testa ne parte if manubrio. Alta con tutto i suo sostegno pol. 1 e 4/12». "P SANCHEZ 1837, pp. 283.284. 2 DOCUMENTI INEDITI 1880, p. 88: «Grande caldaia di figura quasi sferica, con due anelli ermati sulla parte superiore del corpo, a servire per manichi. La sua base poggia sopra di un tripode che figurare branche di leone». Si veda anche MONTANARO 2004, nota 20. 20 SANCHEZ 1835,p. 263. 25 SCHULTZ 1836, p.288. 7" SCHUMACHER 1890, pp. 150-153; BOTTINI-SETARI 1995, p. 235, nota 22,
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Londra. Come è stato confermato recentemente dal Guzzo si tratta, in effetti, della parte sommitale di un omamento di scettro, che il catalogo del Marshall e lo stesso Guzzo danno come proveniente da una località dell’Italia meridionale”. L'omamento, di cui non viene fatta menzione nei documenti ufficiali del tempo, tranne che nella relazione del Laviola e nella memoria dell’Ursi, fu acquistato tra il 1834 ed il 1835, assieme ad altri oggetti (oreficerie, bronzi e vasellame) dall’ambasciatore inglese a Napoli, Sir William Temple, il quale donò la sua collezione al British Museum di Londra nel 1856. Tra questi oggetti potrebbero rientrare nel corredo il vaso di bronzo con manico figurato, ossia l’ojnochoe con ansa a kouros, e un elmo attico-calcidese, descritto dal Laviola e sommariamente dall'Ursi, quindi due elmi corinzi, un elmo apulo-corinzio e un paio di gambali. Alla stessa sepoltura potrebbero appartenere anche un altro elmo corinzio ed una. corazza, conservati sempre nel British, che il Walters indica come probabili elementi di un trofeo, insieme ad altri esemplari di armature (tra cui una rarissima coppia di parapiedi), sulla base della lettura della documentazione di archivio dello stesso museo?" Il vaso cilindrico con Priamo ed Achille corrisponde in maniera chiara alla lekyrhos atticaa fondo bianco e figure nere con la scenadi Priamo che chiede ad Achille la restituzione del corpo di Ettore, attribuita al “Pittore di Edimburgo” (525-500 a.C.), oggi custodita nel Museo di Edimburgo. II secondo orciuolo di bronzo, appena menzionato nella memoria dell'Ursi, è descritto in maniera dettagliata dal Sanchez e potrebbe corrispondere all’oinochoe di bronzo del Museo di Napoli (inv. 69066), di probabile fattura etrusca, che in effetti è decorata all’attacco dell’ansa con il labbro con una testa di leone e due teste di cane o di orso al termine dei due prolungamenti laterali dell'attacco?. È noto, inoltre, che alcuni elmi, schinieri, cinturoni e anche bracciali
furono acquistati
dai commercianti di antichità a Napoli, Casanova e Gargiulo?! purtroppo non è stato possibile rintracciarli per mancanza di ulteriori documenti, anche se è probabile che si trovino in Germania o in Russia, dato che i due antiquari lavoravano e acquistavano materiale per conto dei musei tedeschi c russi 103.1. Elmo corinzio Bronzo; lamina martellata, sbalzo, incisione. h max em 23,1; em 31 Napoli, Museo Archeologico Nazionale (già collezione Ficco-Cervone, 1838) Inv 5707. Fine VI del secolo aC. Restaurato, lacunoso. Calotta allungata distinta da una carenatura che sale
verso l'alto formando una punta in corrispondenza della fronte. Paranuca basso e concavo, paranaso stretto. I margini della lamina, sia quello inferiore, sia quelli intorno all’apertura degli occhi € del paranaso, sono percorsi da una serie continua di piccolissimi fori per il fissaggio alla calotta del rivestimento interno in cuoio. È decorata sul frontale
2 MARSHALL 1911, n. 1600; GUZZO 1993, p. 160-161 2 WALTERS 1899,pp. 349-350, nn. 2838-2849. 29 SANCHEZ 1837, p. 283, n.4: «Un nasitern, dell'aiezza d'un palmo, offe un lavoro elegontemente eseguito nel manico, labbro ed imboccatura: in mezzo al primo, verso Il dentro del vaso vedesi una teta di leone, ed un'altra di cane in clascuno dè due rami di esso manico sporgenti sopralo stesso labbro né due lati opposti Il fondo è a globo, ed ha un treppià separato su cu si sostiene», ?* BRAUN 1836,pp. 71-74. 450
Fig. 343. 103.1. Elmo in bronzo di tipo corinzio: trovato ancora indossato dal defunto (da La Magna Grecia nelle collezioni del Museo Archeologico di Napoli 1996, fig. a p. 242)
con un motivo anguiforme che parte dal paranaso e termina sulla calotta al di là della carenatura dove sono le testine dei serpenti. L'apertura degli occhi è contornata da una treccia, agli angoli sono elementi di girale; palmetta al centro sopra il paranaso; grande palmetta tra girali sulla sommità della calotta. La decorazione è a sbalzo e incisa. Bibliografia: Panofka 1834, p.36; Usi 1836, p. 38; Gargiulo 1845, tav. 80 Fiorelli 1869, p. 1, 2.1; Document Inedit TV, 1880, p. 90, n. 172; Plug 1988, p. 97, figg. 41-42; Cassano 1996 pp. 123-124,n. 10:42; Montanaro 2004, p.223, n.d, tav. XCL
103.2. Elmo corinzio Bronzo; lamina martellata, sbalzo, incisione. Non sono note le dimensioni Napoli, Museo Archeologico Nazionale (già collezione Ficco-Cervone, 1838). Inv $732 (incerto) Fine del VI secolo C.
Restaurato, lacunoso. L'elmo è dello stesso tipo dell’esemplare precedente. Risultano più piccoli i fori per l'apertura. degli occhi, il paranaso è più largo, paranuca basso e concavo con una breve tesa dietro il collo. Bibliografia: De Franciscis 1963, fi. 76 (in alto); Montanaro 2004, p. 223, n.3 451
103.3. Elmo corinzio Bronzo; lamina martellata, sbalzo, incisione hom 21; 1 em 26. Karlsruhe, Badisches Landesmuseum. I K 440, Fine del Vi-inizi del V secolo a.C.
Restaurato, lacunoso. Calotta allungata distinta da una carenatura che sale verso l'alto formando una punta în corrispondenza della fronte. Paranuca basso e concavo, paranaso largo. I margini della lamina, sia quello inferiore, sia quelli intorno all’apertura degli occhi e al paranaso, sono percorsi da una serie continua di piccolissimi fori per il fissaggio alla calotta del rivestimento interno in cuoio. È decorata
sul frontale da un motivo anguiforme che parte dal paranaso e termina sulla calotta al di là della carenatura dove sono le testine dei serpenti. L'apertura degli occhi, il paranaso e i paraguance sono contornati da tre linee incise parallele e continue. Agli angoli sono clementi di girale e palmette. Bibliografia: Schumacher 1890, p. 129, K 440; Botini 1988, p. 82, nota 83; Bottini 1996, p. 235, nota 22; Montanaro 2004, p. 223, n.3 103.
Elmo corinzio Bronzo; lamina martellata, sbalzo, incisione. bcm 22,6; Lem 304. Londra, British Museum. Inv. 73.8-20.227 (= Walters 2821) Ultimo quarto del VI secolo a.C.
Restaurato, lacunoso nella parte inferiore del paraguancia sinistro. Calotta allungata distinta da una carenatura che sale verso l'alto formando una punta in corrispondenza della fronte. Paranuca basso e concavo terminante con una tesa, paranaso largo e allungato. 1 margini della lamina, sia quello 452
inferiore, sia quello intorno all'apertura degli occhi e al paranaso, sono percorsi da una serie continua di piccolissimi fori per il fissaggio alla calotta del rivestimento interno in cuoio. È decorato
sul frontale da un motivo anguiforme che parte dal centro, un po’ più în alto dall'inizio del paranaso, c termina sulla calotta al di là della carenatura dove sono le testine dei serpenti. Bibliografia: Walters 1899,n. 2821: Plug 1988, p. 83, figg. 22-23 (con ulteriore bibliografia); Montanaro 2004, p. 24, n. 4, tav. XCII 103.5. Elmo corinzio Bronzo; lamina martellata, sbalzo, incisione. hem 249. Londra, British Museum (già. collezione Castellani, 1865). Inv. GR 1865.7-22. (= Walters 2838) Ultimo quarto del VI secolo a.C.
Integro. Restaurato, patina verdastra Calotta allungata distinta da una carenatura che sale verso l'alto formando una punta in corrispondenza della fronte. Paranuca basso e concavo, paranaso largo ed allungato. I margini della lamina, sia quello inferiore, sia quelli intomo all'apertura degli occhi e al paranaso, sono percorsi da una serie continua di forellini per il fissaggio alla calotta del rivestimento interno in cuoio. È decorato sul frontale da un motivo anguiforme a sbalzo, di dimensioni maggiori rispetto ai precedenti esemplari, che parte dall'inizio del paranaso e termina sulla calotta al di là della carenatura dove sono le testine dei serpenti. Intorno all'apertura degli occhi e al paranaso corrono parallele tre linee incise. Il Walters afferma che l'elmo fu trovato con una corazza (n. 2849) ed altri pezzi di armature che formano, molto probabilmente, parte di un trofeo.
Fig. 344. 1033. Elmo in bronzo di tipo corinzio (da Pflug 1988a, fi. 19) Bibliografia: Walters 1899, p. 349, n. 2838. 103.6. Elmo corinzio Bronzo; lamina martellata, sbalzo, incisione. hem27,1 Londra, British Museum (gà collezione Temple, 1856) ἴων GR 1856. 12-26,668 (= Walters 2828). Ultimo quarto del VI scolo aC.
Restaurato, — lacunoso. Calotta allungata distinta da una carenatura che sale verso l’alto formando una punta in corrispondenza della fronte. Paranuca basso e concavo, paranaso stretto. I margini della lamina, sia quello inferiore, sia quelli intorno all’apertura degli occhi
€ del paranaso, sono percorsi da una serie continua di piccolissimi fori per il fissaggio alla calotta del rivestimento interno in cuoio. È decorata sul frontale con un motivo anguiforme che parte dal paranaso e termina sulla calotta al di là della carenatura dove sono le testine dei serpenti. L'apertura degli occhi è contomata da una treccia, agli angoli sono elementi di girale; palmettal centro sopra il paranaso; grande palmetta tra girali sulla sommità della calotta. AI di sopra della calotta è il lophos, costituito da una lamina a forma di parallelepipedo, sul quale rimangono due pezzi di legno. La decorazione è a sbalzo e incisa. 453
Fig. 345. 103.4. Elmo in bronzodi tipo corinzio (da Pflug 1988a, figg. 22-23).
Bibliografia: Walters 1899, p. 348, n. 2828; Stary 1986,p 26632,fg. 11 103.7. Elmo sud-italico calcidese Bronzo; lamina martellata, sbalzo, incisione. hem 27. Londra, British Museum (già. collezione Temple, 1856) Inv. GR 1856.12-26 616 (= Walters 2830) Ultimo quarto del VI secolo a.C.
Restaurato, lacunoso. Patina verdastra Calotta a profilo ogivale con carenatura nettamente profilata; sul retro paranuca basso € lungo con profilo leggermente concavo. Sulla fronte presenta uno stretto paranaso, mentre un'innervatura a rilievo sottolinea l’arcata sopraccigliare. Una raffinata decorazione incisa, costituita da ovuli e riccioli stilizzati, occupa la fascia immediatamente al di sotto della carenatura, in corrispondenza delle tempie dove sono terminazioni 454
a spirali, e si arricchisce sulla fronte di elementi fitomorfi di gusto ionico (volute e palmette) Le paragnatidi, realizzate a sbalzo e lavorate a cesello, sono configurate a protome di ariete: l'occhio è ancora di prospetto, mentre il muso, reso plasticamente, presenta alcune notazioni naturalistiche di particolare pregio e vigore, non ben visibili per lo stato di cattiva conservazione del bronzo. 1 bordi sono caratterizzati dalla presenza di una fila di piccolissimi fori destinati al fissaggio dell'imbottitura interna in cuoio. Sulla sommità sono presenti ganci e alette per piume e coma metalliche, ormai perdute. Bibliografie: Panofka 1834, p.37; Ursi 1836, p. 95; Lipperbeide 1899, n. 103; Walters 1899, p. 349, n, 2820; Hauser 1906,p. 120; Kunze 1967, pp. 163-167,n. ΠῚ c, tav. 65-67; Stary 1986, p. 27 e 34, fig. 16; Montanaro 2004,p. 224,n. 5, tav. XCIII 12.
Fig. 346, 103.5. Elmo in bronzo di tipo corinzio (Foto dell’ Autore, cortesia British Museum).
103.8. Coppia di schinieri Bronzo; lamina marellta, avorio, sbalzo, Lungh. em 45,5 Karlsruhe, Badisches Landesmuseum (già collezione Fico, già collezione Casanova). Inv. K 443-444 Fine del VI secolo aC.
Restaurati, ossidati, lacunosi. Schinieri di tipo anatomico terminanti, all'altezza. del ginocchio, con una testa di Gorgone ottenuta a sbalzo. La capigliatura, il naso e le sopracciglia sono ottenuti a sbalzo e incisione, mentre gli occhi, i denti e la
lingua sono in avorio. 1 dettagli anatomici della muscolatura della gamba sono resi a sbalzo e incisione. Bibliografia: Braun 1836, p. 71; Schumacher 1890,p. 141,n.727, tav. XIII, 17; Botini 1996, 1.235, nota 22; Montanaro 2004, p. 224,ἢ. δ. 103.9. Coppia di schinieri Bronzo; lamina martellata, sbalzo c incisione. Lungh. em 25,5 e 26,5. Karlsruhe, Badisches Landesmuseum. Inv K 441.442 Fine del VI secolo a.C.
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Restaurati, lacunosi.
È conservato
meglio l'esemplare K 442. Modellato anatomico, stretto in alto e ben calzante sul ginocchio. ΑἹ centro, sopra e sotto, coppie di punti a rilievo, La lamina si allarga, scendendo verso il basso, fino a circondare il polpaccio. Linguetta con nee incise sulle estremità. superiori. Ai lati della lamina, in basso, sono due cerchi concentrici incisi. Dietro sono presenti due fori per il fissaggio della parte in cuoio. Bibliografie: Schumacher 1890,p. 11, n. 728, tav. XIII 18; Hagemann 1919,p. 172, tav. 124; Bottini 1996, p. 235, nota 22; Montanaro 2004, p.225,n.8. 103.10. Coppia di schinieri Bronzo; lamina martellata, avorio, sbalzo e h. em 405. Londra, British Museum (già collezione Temple, 1856). Inv. sn. (= Walters 249) Fine del VI secolo aC.
Restaurati, lacunosi; patina verdastra. Modellato anatomico, stretto in alto € ben calzante sul ginocchio. Lungo i margini della lamina è presente una serie di forellini per il fissaggio alla lamina dell’imbottitura in cuoio. Sulla parte frontale è raffigurata una Gorgone, resa a sbalzo e con decorazioni incise, in corsa verso sînistra con i serpenti tra le mani. All'altezza del ginocchio è la testa della Gorgone, con alcuni particolari anatomici ottenuti a sbalzo, come i capelli, la fronte, le orecchie, le sopracciglia e il naso, mentre i denti e la lingua sono in avorio; le cavità degli occhi dovevano essere riempite con altro materiale, forse pasta vitrea. Il corpo del mostro è a sbalzo e decorato con finissime incisioni. Anche 456
la muscolatura della gamba è resa con raffinate incisioni e a rilievo. Bibliografia: Braun 1836, p. 111; Walters 1899, p. 26, n. 249; Richter 1960,p. 198, fig. 297: LIMC IV, 1992, n. 253, s.v. Gorge, Gorgones; Bottini 1996, p. 642, nota 27; Montanaro 2004, 2.225, n.7, tav. XCIV.
103.11. Coppia di schinieri Bronzo; lamina martellata, sbalzo ὁ incisione. hom 43,7, Londra, British Museum (gà collezione Temple, 1856). Inv. GR 185612267710 ( Walters 2860). Ultimo quarto del VI secolo a.C.
Restaurati, integri; patina verdastra. Modellato anatomico, stretto in alto e ben calzante sul ginocchio. Al centro, sopra e sotto, coppie di linee incise. La lamina si allarga, scendendo verso il basso, fino a circondare il polpaccio. Lungo i margini della lamina sono presenti una serie di forellini per il fissaggio dell’imbottitura interna in cuoio. L'anatomia del ginocchio è resa in maniera egregia con la tecnica dello sbalzo; ugualmente raffinata è la resa della muscolatura della gamba ottenuta con la medesima tecnica e con eleganti incisioni. Bibliografia: Waters 1899,p. 351,n. 2860.
103.12. Coppia di parapiedi Bronzo; lamina di bronzo, sbalzo e incisione. Lungh em 23,8 Londra, British Museum ( Temple, 1856) Inv. GR 1856.12-26,714 (= Walters 2869). Ultimo quarto del VI secolo a.C.
Restaurati, lacunosi; patina verdastra. Modellato anatomico, la lamina riproduce fedelmente l'anatomia del piede ed è
Fig. 349. 103.10, Coppiadi schinieri anatomici in bronzo decorati con un gorgoneion a sbalzo all'altezza del ginocchio (Foto dell’ Autore, cortesia British Museum).
Fig.350. 103.11. Coppia di schinieri anatomici in bronzo (Foto dell'Autore, cortesia British Museum). 457
Fig. 351. 103.12. Coppia di parapiedi da parata in bronzo (Foto dell’ Autore, cortesia British Museum).
ben calzante. Le dita e le unghie dei piedi sono rese a sbalzo e con raffinate sioni; tra le dita sono dei forellini per il fissaggio dell’imbottitura intema in cuoio. Subito dietro le dita vi sono delle cemiere metalliche che consentono il sollevamento della parte anteriore della lamina per permettere al piede di respirare Sia davanti che dietro alle cerniere sono dei chiodetti. La parte posteriore del piede è riprodotta în maniera perfetta, in particolare la muscolatura. Verso l'estremità la lamina sale con una breve tesa a profilo concavo con lo scopo di proteggere parzialmente le caviglie. Bibliografia: Walters 1899, p. 351, n. 2869; Hagemann 1919,p. 100-101,8g. 91
458
103.13. Prosternidion Bronzo; lamina martellata, avorio, sbalzo e P. em 20; lungh, max em 58. Napoli, Museo Archeologico Nazionale (già collezione Ficco-Cervone, 1838). Inv 5715, Fine del VI secolo C.
Frammentario e lacunoso, manca la fascia laterale sinistra; patina verdastra. Larga placca di forma semilunata, con estremità arrotondate, che decorava il petto del cavallo. Una serie ininterrotta di piccoli fori lungo i margini serviva per il fissaggio del rivestmno interno in cuoio. Due fori più grandi sono all'estremità. La parte centrale è decorata da un gorgoneion a rilievo, ottenuto a sbalzo,
Fig. 352. 103.13. Pettorale di cavallo in bronzo decorato al centro da un gorgoneion a sbalzo, con occhi, denti e lingua in avorio (da La Magna Grecia nelle collezioni del Museo Archeologico di Napoli 1996, fig. a p. 243).
con grossi riccioli sulla fronte, occhi con palpebre superiori decorate da linee incise, pupilla in avorio e linee ondulate agli spigoli dell’ occhio, bocca digrignata con denti e lingua in avorio. Alla base delle fasce laterali è rappresentato un toro cozzante rivolto verso il gorgoneion. Anche il toro è reso a sbalzo con î particolari anatomici incisi Bibliografia: Panofka 1834, p. 37; Ursi 1835, pp. 120-121; Uni 1836 a, pp. 9495; Fiorelli 1869,p. 6,n. 55; Weege 1909, p. 43, fig. 175; Cassano 1996, p. 124, n. 1045; Montanaro 2004, pp. 226-227,n, 13, tav. XCVI
103.14. Prosternidion Bronzo; lamina martellata, pasa vitra, avorio, sbalzo c incisione. Frammento maggiore: b. cm 20, lungh, cm 45,5; frammento minore: h. em 17,1, lungh. cm 41 Napoli, Museo Archeologico Nazionale (già olezione Ficco-Cervone, 1838) Inv. 5714, Fine del VI secolo a.C.
Frammentario, lacunoso. Il recente restauro ha eliminato le parti interpolate mell'Ottocento, mettendo in luce la patina originaria sulla fascia laterale. Nel frammento maggiore manca la parte destra del gorgoneion, di cui resta un piccolo tratto dell'occhio e della guancia. La fascia laterale sinistra è completamente conservata. Del frammento minore resta 459
soltanto la fascia laterale destra, ma la decorazione figurata è lacunosa. Simile all’esemplare precedente con il quale faceva coppia. Bibliografia: si veda esemplare cat 103.13. 103.15. Prosternidion Bronzo; lamina martellata, avorio, sbalzo e h. em 26 Karlsruhe, Badisches Lamdesmuseum (già collezione Ficco-Cervone, già collezione Maler) Inv. K 445, ine del VI secolo a.C.
Frammentario e lacunoso; patina verdastra. L'esemplare è dello stesso tipo di quelli precedenti con i quali è stato rinvenuto. Bibliografia: Panofka 1834,p. 37; Uri 1835,pp. 120-121; Ursi 1836 a, pp. 94:95; Schumacher 1890,p. 152, n. 786; Bottini 1996, p. 235, nota 22; Montanaro 2004, p.227,n. I5
103.16. Coppia di prometopidia Bronzo; lamina martellata, sbalzo e incisione; avorio, pasa vite. fh. cm 43,5; lungh. cm 14; h. em 43,5; lungh em 4 Napoli, Museo Archeologico Nazionale (già collezione Ficco-Cervone, 1838) Iis 5711-5712. Fine del VI secolo.C. Restaurati. È conservata parte della
patina originaria. Lacunoso lungo i margini, nella parte superiore e sul naso; nell’altro esemplare manca quasi del tutto la parte superiore. La lamina è ritagliata in modo da riprodurre anatomicamente la testa del cavallo. La serie ininterrotta di forellini presente lungo i margini era funzionaleall’imbottitura interna in cuoio. 460
Nella parte superiore è rappresentata, a sbalzo, una testa galeata dai grandi occhi che presentano sulla palpebra superiore. tratti incisi. Le orbite dovevano ospitare la pupilla in altro materiale, probabilmente in avorio, come dimostrano i piccoli appigli sporgenti. La bocca è grande e ben disegnata e presenta al di sopra del labbro superiore un disegno a linee ondulate, incise, che indicano una peluria; il mento è forte e squadrato. Sulla fronte è calcato un elmo che presenta uno spazio triangolare con i bordi superiori curvilinei, decorati con tratti e borchie. Il margine inferiore, invece, è decorato con linee incise. La calotta termina con il bordo posto in verticale. Le paragnatidi sono configurate a testa di ariete, con le coma ricurve rese da coppie di linee incise e breve tratto a piccole squame sugli occhi, che dovevano essere applicati. Restano, infatti, due larghi fori delimitati da dettagli incisi che decorano anche gli angoli della bocca. Una protome di toro, a sbalzo, che occupa la lamina per tutta la larghezza, conclude in basso il frontale, Bibliografia: Panofka 1834,p. 37; Ursi 1835, p. 121; Braun 1836, p. 73; Ursi 1836a, pp. 95.96; Fiorelli 1869, p. 6, n. 50; Weege 1909, p. 143, figg 17, 2-3; Cassano 1996,p. 124, n. 10.43.1044; Montanaro 2004, p. 226,n. 1112, wv. XCV. 103.17. Cratere a volute Bronzo; lamina martellata, baccllatura, sbalzo, incisione; ans e piede fusi apart. ‘n. cm 72,5 diam. orlo em 40,3, Monaco di Baviera, Anikensammlungen. Inv 4262. Detto proveniente da Rua (7)in Campania Ultimo quarto del VI secolo a.C.
Restaurato. Lacunoso, manca la parte inferiore del piede che è stata reintegrata. In alcune zone è una patina verdastra,
mentre il resto del vaso mantiene la patina originaria. Piede a tromba, decorato da tratti verticali a rilievo che si alterano a linguette concave. Gola di attacco decorata da un giro di grosse perle a sbalzo. Corpo ovoidale, espanso, spalle leggermente arrotondate decorate da un fregio inciso che imita una baccellatura; collo cilindrico, orlo espanso e revoluto, decorato, in basso, da un fregio costituito da spirali incise e, in alto, da una baccellatura. Sulla spalla si impostano le anse, oblique, il cui attacco è costituito dal busto di una Gorgone con gambe ritorte che raffigurano dei serpenti, il tutto ottenuto a rilievo e a sbalzo, mentre i particolari sono incisi. Le anse si impostano, in alto, al di sopra dell’orlo del vaso formando delle volute e sono decorate sui lati da motivi spiraliformi ottenuti con bassissimo rilievo e con incisioni. Dall’attacco delle volute con l'orlo partono dei serpenti avvolti a spirale. All'orlo del cratere sono appesi due simpula in bronzo con ansa a protome di cigno, trovati all’interno del vaso. Bibliografia: Panofka 1834, p. 37; Ursi 1835, pp. 120-121; Braun 1836, pp. 73-74; Ursi 1836 2, p. 94; Rolley 1992, p. 6 ep. 73; Montanaro 2004,pp. 228-229,n.21, tav. XCIX.
103.18. Coppia di simpula Bronzo; lamina martellata. Esemplare maggiore lungh, em 58; esemplare minore lungh. cm 37,5. Monaco di Baviera, Antikensammlungen. Inv 4263-4264. Ultimo quarto del VI secolo aC.
Integri; si conserva per buona parte la patina originaria. Gli esemplari fanno parte del diffuso tipo di simpulum con lungo manico a verga massiccia desinente a protome di oca. Coppetta dalla forma
Fig. 353. 103.16. Frontale di cavallo in bronzo decorato con una testa umana clmata a sbalzo (da La Magna Grecia nelle collezioni del Museo Archeologico di Napoli 1996, fig. a p. 242.) 461
Fig. 354. 103.17. Cratere a volute in bronzo con decorazione applicata a sbalzo e incisa (Foto dell'Autore, cortesia Antikensammulungen Monaco di Baviera).
Fig. 355. — 103.17-18. Cratere a volute in bronzo con coppia di colini in bronzo con manico desinente a testa di oca (da brochure Antikensammlungen Munchen). 462
allungata e dal corpo ovale a profilo convesso per l'esemplare maggiore; coppetta dalla vasca profonda a profilo convesso e orlo svasato per l'esemplare minore. Ansa a verga quadrangolare massiccia desinente a collo e testa di oca. Fini incisioni rendono il piumaggio della protome di oca. Orlo delle coppette ad anello liscio. Bibliografia: Panofka 1834, p. 37: Ursi 1835, p. 121; Urs 1836 a, p. 94; Montanaro 2004, p. 229, 02.2222.
103.19. Podanipter con manici figurati Bronzo; lamina martellata, decorazione a sbalzo incisa; anse ottenute a fusione piena. Diam. cm 26,5. Napoli, Museo Archeologico Nazionale (già collezione Ficco-Cervone, 1838) Inv 72196. Ultimo quarto del VI secolo a.C
Integro, patina verdastra. Bacino in bronzo con vasca a corpo profondo e profilo convesso, terminante sulla sommità con un orlo svasato ed estroflesso, rilevato e revoluto, lavorato all'estremità a cesello e a rilievo con un motivo di linguette baccellate. Le anse, fuse în un unico pezzo, impostate orizzontalmente sull'orlo, sono costituite da due coppie di leoni accovacciati, simmetrici rispetto ad una protuberanza centrale a rosetta, e da due prolungamenti laterali desinenti a protome di serpente che risultano aggettanti sull’orlo del bacino. Il corpo dei leoni è reso in modo piuttosto stilizzato, mentre più accurata è la resa del muso, un po” squadrato c con sottili incisioni e rilievi che rendono le pieghe della pelle e i tratti del muso; la criniera sulla fronte è a fascia rilevata con sottili tratti incisi e sul dorso è resa in modo plasticamente rilevato e con le
singole ciocche incise; una fila obliqua di puntini incisi segna il passaggio tra i leoni. € la protuberanza centrale a rosetta. La parte superiore delle figure è ancora più stilizzata come è evidente nella resa delle zampe a semplice protuberanza. Il bacino è fissato mediante tre perni ad una base tripode: anello a semplice fascia verticale decorata con un motivo a linguette incise e rilevate imitanti una baccellatura; piedi a zampa leonina ben sagomata. L'attacco con l'anello è decorato con un capitello ionico con volute sagomate ed echino reso ad incisione piuttosto irregolare, sotto al quale è incisa una fila di triangoli Bibliografia: Sanchez 1835, p. 263; Braun 1836, p. 72; Uni 1836 a, p. 38 © p. 96; Spinazzola 1928, fig. 281; Montanaro 2004, pp. 229-230, 2.24, ux C. 103.20. Oinochoe trilobata Bronzo; lamina martellata, decorazione sbalzo hem 26,4. Napoli, Museo Archeologico Nazionale (già collezione Ficco.Cervone, 1838). Inv 66096. Fine del VI secolo a.C.
Integra. Piedetroncoconicobaccellato, corpo ovoidale, collo cilindrico, labbro trilobato decorato da una serie di perline a rilievo, ansa a bastoncello impostata orizzontalmente sull’orlo, il cui attacco è costituito da una testa leonina, resa a sbalzo, coni particolari del volto incisi;da questa partono due prolungamenti laterali terminanti con due teste di orso, anch'esse a sbalzo, con particolari anatomici incisi L'ansa è impostata verticalmente sul corpo; l'attacco è costituito da un motivo anguiforme, due serpenti, reso a sbalzo Bibliografia: Braun 1836, pp. 73-74; Ursi 1836a, p. 95; Sanchez 1837, p. 283, n. 4; De Franciscis 1963, p. 95. 463
Fig. 356. 103.19. Podanipter con anse plastiche in bronzo (da Spinazzola 1928, fig. 281). 103.21. Oinochoe trilobata Bronzo; lamina martellata, decorazione sbalzo incisa; ansa fusa a parte. hem 10,7 (con ansa); diam. orlo cm 92. Londra, British Museum (già collezione Temple, 1856). Inv 2473, Ultimo quarto del VI secolo a.C.
Restaurata, parzialmente lacunosa. Piede troncoconico baccellato, corpo ovoidale, spalla arrotondata decorata con ‘un motivo a finta baccellatura inciso, collo cilindrico, orlo trilobato decorato da una fila di perline e astragali a rilievo. Ansa fusa a parte a forma di Kouros: l’attacco superiore è decorato da una coppia di leoni. indicata plasticamente retti dalle mani del kouros; l'attacco inferiore è a palmetta € volute con coppia di arieti sdraiati, ai lati, ai piedi del kouros. Il kouros ha tratti 464
nettamente arcaici: volto triangolare con sorriso accentuato, tipico dell’arte greca arcaica, grandi occhi e arcate orbitali ben evidenziate, corpo caratterizzato dal busto stretto. Si tratta quasi certamente di una realizzazione peloponnesiaca. Bibliografia: Ursi 1836 a, p. 95; Hil 1058, p. 195, v. 50, 4-5; Weber 1983,pp. 273-274 (con. bibliografia precedente), tav. VI, I D6; Tarditi 1996, p. 72,n. 141; Montanaro 2004, p. 230, 0.25, tav. CI,
103.22. Lucerna quadrilicne Bronzo, lamina martellata, decorazione sbalzo e incisa; figure ottenute a fusione piena. fn cm 35,5; diam. em 18. Napoli, Museo Archeologico Nazionale (già collezione Ficco-Cervone, 1838). Inv. 72198, Ultimo quarto del VI secolo a.C. Produzione etus.
Figg. 357-359. 103,20. Oinochoe trilobata in bronzo (Foto Archivio Soprintendenza Archeologica di Napoli e Caserta) 465
Fig. 360. 103.21. Oinochoe trilobata in bronzo con ansa configurata a Kouros (da Montanaro 2004, tav. CI)
Integra, restaurata. Patina verdastra. La lucerna è formata da una vaschetta circolare sagomata, sorretta da un tripode azampe leonine a fusione piena, a rilievo, con base ad anello verticale e decorazione a linguette verticali e attacco a forma di capitello ionico. Intorno alla vaschetta, al di sopra, corre una decorazione a rilievo con un motivo costituito da grosse perle a rilievo; inferiormente è un fregio a tratti verticali a rilievo che si alternano a zone lisce. Nella parte esterna della vaschetta, al di sotto, si aprono quattro piccoli recipienti per ricevere l'olio, da cui uscivano gli stoppini. Uno di questi recipienti, nella superficie esterna, rappresenta una testa di Sileno, resa a sbalzo, con orecchie molto allungate e appuntite, ben caratterizzata nei tratti del volto, resi a rilievo e con fini incisioni. Dal centro della vaschetta si eleva una piccola colonna con capitello dorico, sulla cui base è poggiata un’Arpia, 466
otteñuta a fusione piena, ben resa nei tratti anatomici, incisi e a rilievo. Dalla testa del mostro parte un manubrio desinente in una testa ritorta di serpente, anch'essa caratterizzata con fini incisioni. Bibliografia: Ursi 1835, p. 125; Ursi 1836, pp. 96.97; Sanchez 1837, p. 283; Quaranta 1856, tav. XXI; Documenti Inediti IV, 1880, p. 89, n. 165; Guida Ruesh 1908,p. 368, n. 1622; Valenza Mele 1972, pp. 133-137; Rutkowsky 1979,pp. 174-222; Valenza Mele 1983, pp. 5-6, n.1, fg. 1; Montanaro 2004,pp. 230-231,n. 27, tav CILCIV. 103.23. Ornamento di scettro Argento e oro; decorazione a sbalzo€ incisa. Βα em 62; lungh. cm 5,8; peso g 320. Londra, British Museum. Inv. sn. (= Cat. Jewellery 1600). Fine del VI secolo a.C.
L'oggetto ha una forma rettangolare ed è costituito da due placche di argento saldate. Ogni placca presenta come de-
Figg. 361-366. 103.22. Lucerna quadrilicne in bronzo di produzione etrusca (Foto Archivio Soprintendenza Archeologica di Napoli e Caserta). 467
Bibliografia: Panofka 1834,p. 37: Ursi 1835,p. 125; Ursi 18362, p.97; Marshal 111, n. 1600; Montanaro 2004, pp. 231-232, n. 29, av. CV.
103.24. Cratere a colonnette attico a figure nere Argilla arancio, vemice nera lucente, particolari sovraddipint in bianco e lil. fn cm 51: diam. orlo cm31 Napoli, Museo Archeologico Nazionale (già collezione Ficco-Cervone, 1838). Tav. 81390 (= Heyd. 2841) Attributo a Pittore di Lysippides 530-510
Fig. 367. 103.23. Omamento di scettro in argento dorato raffigurante la testa di Eracle gianiforme (da Montanaro 2004, tav. CV),
corazione una maschera ammantata di Eracle che indossa sulla testa la pelle di leone, ottenuta con un rilievo molto alto e con particolari anatomici resi con incisioni molto fini e con raffinate cesellature. Gli occhi, la bocca e il naso sono a rilievo, mentre la barba è resa con una finissima granulazione a pulviscolo in oro. Le maschere sono saldate dorso su dorso: ne risulta così la rappresentazione di Eracle gianiforme. Nella parte inferiore l'omamento è vuoto e presenta un foro che doveva servire per infilare un'asta o un bastone in materiale deperibile, cosa che indica per tale oggetto una possibile pertinenza ad un omamento della parte sommitale di uno scettro. 468
Integro. Vernice scrostata in alcuni punti, orlo sbreccato. Piede troncoconico, corpo ovoidale, spalle arrotondate, collo cilindrico, orlo svasato e revoluto, anse a colonnette. Lato A: è raffigurata la scena dell’apoteosi di Eracle. A sinistra è raffigurato Eracle, concortatunica e/eontè, che sta salendo su una biga, stringendo tra le mani le redini e il Kentron. Dietro di lui è una donna stante, con chitone e himatione benda che le cinge la testa, che guarda la scena. Davanti ad Eracle, dietro i cavalli, è Athena, con chitone ed elmo, che ha lancia rivolta verso Eracle; più avanti è raffigurato Hermes, rivolto verso Eracle, vestito con chitone, mantello, petaso e caduceo nella sinistra. Davanti ai cavalli è Zeus, con chitone, mantello e scettro, ed Hera, con chitone e mantello, con la destra sollevata Lato B: al centro, tra due guerrieri che vibrano la lancia, è un terzo guerriero. inginocchiato, con scudo nella destra e lancia nella sinistra rivolta all’indietro. Ai lati sono due guerrieri armati di arco che stanno per scoccare la freccia. Bibliografia: Braun 1836, pp. 96.97; Gerhard 1840,p. 189, n. 1; Heydemann 1872, pp. 398399, n. 2841; Documenti Inediti IV. 1880, p.
Fig. 368. 103.24. Cratere a colonnette attico a figure nere: lato A, scena. dell'apoteosi di Eracle (Foto Archivio Soprintendenza Archeologica di Napoli e Caserta). 469
Fig. 369. 10324. Cratere a colonnette attico a figure nere: lato B, scena di combattimento tra guerrieri (Foto Archivio Soprintendenza Archeologica di Napoli c Caserta) 90, n. 16; Beazley 1956, p. 263, Vi 2, 1990, tav. 119,n. 2904, sx. Montanaro 2004, p. 238, n.46, tav. CXVI.
103.25. Hydra attica a figure nere Argilla arancio, | vemice nem | opaca, sovradéipinture in bianco c rosso. P. em 42; diam. orlo cm 21; diam, ventre cm. 285. Napoli, Museo Archeologico Nazionale (già collezione Ficco-Cervone, 1838) ἴων. 81104 (= Heyd. 2435). Attribuita αἱ Pitore di Teco. 510-490 ac.
Restaurata solo sull’orlo dell’imboccatura: la vemice nera è rovinata in parecchi punti. Figure nere con incisioni t ritocchi violacei e bianchi. Motivi decorativi: sul corpo, fasce con rete di punti ai lat; sulle spalle, fascia con rete di punti in basso e finte baccellature in alto. 470
Sul corpo è raffigurata la scena della lotta fra Eracle e Apollo per il possesso del tripode delfico. Apollo,da sinistra, vestito con un chitone e pelle caprina, faretra sulle spalle, arco nella destra, corona intorno al capo, ha raggiunto Eracle e riafferra il tripode che questi gli ha sottratto. L'eroe, vestito con chitone e /eonté, spada e faretra al fianco e tenia intorno al capo, si rivolge contro Apollo levando minacciosamente in alto la clava. Sulla spalla, al centro, è un combattimento fra due guerrieri, due opliti (episemon irriconoscibile sullo scudo di quello di destra); ai lati assistono due uomini ammantati con lancia. Bibliografia: Ursi 1836 a, pp. 95-96; Braun 1836, pp. 79-80; Heydemann 1872, n. 2435, Luce 1930,p. 24, n. 28; CVA Napoli I H, e, tavi 41,1 e 4; De Caro 2001,pp. 867, n. 47; Montanaro 2004, p. 235,n.39, tav. CXII
Fig. 370. 103.25. Hydria attica a figure nere: sul corpo duello tra Eracle ed Apollo per il possesso del tripode delfico (da De Caro 2001, fig. 47).
103.26. Skyphos attico a figure nere Argilla arancio, vemice nera opaca, figure nere con incision, ritocchi violacei e bianchi fn cm 16,5; diam. orlo em 22. Napoli, Museo Archeologico Nazionale (già collezione Ficco-Cervone, 1838) Inv. 81154(= Heyd. 2468) Attributa αἱ Pittore di Tesco 510-4908.
Integro. Piede a disco, breve gola di attacco, vasca profondaa profilo convesso, orlo svasato, labbro estroflesso, anse a bastoncello impostate obliquamente sul corpo. Decorazione accessoria: sotto l’orlo due file di punti cuoriformi separati da una linea orizzontale; all'attacco del piede, linguette in nero e paonazzo. Sotto ogni ansa è un cigno bianco ad ali spiegate. Lato A: sdraiato su un cuscino bianco,
Eracle, barbato, con una corona intorno alla testa e le gambe coperte con una clamide, tiene nella destra la clava in posizione di quiete. Rilassato, Meroe poggia la sinistra sul cuscino e volge la testa indietro. Approfittando della sua distrazione, un Satiro, che si è avvicinato accovacciandosi davanti alla sua Kline e camminando all'indietro per essere pronto a fuggire, cerca di rubare l’arco € la faretra dell'eroe che sono appesi ai tralci di un albero fiorito che ombreggia la Kline. Dietro Eracle si leggeva forse un’acclamazione a un kalés. Lato B: stessa scena, ma un attimo dopo (si potrebbe dire addirittura un fotogramma). L'eroe, accortosi del tentativo di furto, si è girato e nella sinistra regge il como potorio, mentre leva ora minaccioso la destra con la clava verso 4m
Figg. 371-372. 103.26. Skyphos attico a figure nere con particolare: scena con Eracle e un satiro che cerca di rubargli arco e la faretra (da De Caro 2001, fig. 54).
il Satiro, il quale, colto in flagrante, agita comicamente le mani, che erano già quasi sulla preda, e nel gesticolare spaventato, € mostra il suo sesso ritto. Dietro le figure sono conservate resti di lettere di un'iscrizione senza senso. Bibliografia: Braun 1836,p. 113; Ursi 1836, pp. 96-97; Schultz 1842, p. 0; Finati 1845, p. 154, Ὁ. 36; Jahn 1847, p. 293; Heydemann 1872, p. 312, n. 2468, tav. V; Mingazzini 1926,p. 479 tav. IX2; Haspels 1938, p. 249, n. 6; CVA Napoli IH, e, tav. 46, 3:5; Buschor 1943, fig. 56; Beazley’ 1956, p. 703; Brommer 1959, n. 81; LIMCV, 1, 1990, sx “Herakdes”, p. 157, 1.32 9; De Caro 2001, p. 9, n. 54; Montanaro 2004, p.236,n. 41, tav. CXIV-CXV.
103.27. Skyphos attico a figure nere Argilla arancio, vernice nera opaca, figure nere con incisioni, ritocchi violacei e bianchi h. em 16,5; diam. orlo em 225 Napoli, Musco Archeologico Nazionale (già collezione Ficco-Cervone, 1838) Inv, 81159 (= Heyd. 2458). Attribuita αἱ Pittore di Tese. 510-490 2€.
Ricomposto da frammenti Piede a disco, breve gola di attacco, vasca profonda a profilo convesso, orlo svasato, labbro estroflesso, anse a bastoncello impostate obliquamente sul corpo. Decorazione accessoria: sotto l'orlo due file di punti cuoriformi separati da una linea orizzontale; all’attacco del piede, linguette in nero e paonazzo. Sotto ogni ansa è un cigno bianco ad alî spiegate. Lato A: al centro, sulla sommità di un tumulo, un’aquila tiene riversa sotto gli artigli una lepre e si accinge a sbranarla. Davanti al tumulo, in basso, è un cerbiatto. Ai lati del tumulo sono raffigurati due guerrieri barbati, seduti, con corazza, elmo e lancia, il corpo volto verso l'estemo, che si girano verso il centro come per ammirare la scena. Ai lati del tumulo, due alberelli stendono nel campo libero i loro rami carichi di pomi bianchi. Secondo Harrison si tratta di ‘una scena di consultazione di un oracolo. Lato B: stessa scena con alcune varianti. L'aquila ha tra gli artigli un serpente, I guerrieri, anche qui barbati
Figg. 373-374. 10327. Skyphos attico a figure nere: lati A e B (Foto dell'Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica di Napoli e Caserta).
e seduti, non hanno la lancia; quello di sinistra ha in mano una spada. Entrambi si volgono al centro con gesti dî stupore. Davanti al tumulo, in basso, è un grosso serpente bianco. Sotto îl piede sono incise parole di non facile interpretazione. Bibliografia: Braun 1836, p. 82; Ursi 1836 a, pp. 96-97; Schultz 1842, p. 70; Finati 1845, D. 154, n. 35; Heydemann 1872, p. 309, m. 2458; Harrison 1899, p. 227, fgg. 7-8: Harrison 1908, p. 330, fig. 99; Haspels 1938, p. 250,n. 3; CVA Napoli II H,e, tv. 46 1. 2; Beazley 1956,p. 702; Montanaro 2004, pp. 235-236, n, 40, tav. CXII
103.28. Lekythos attica a fondo bianco e figure nere Argillaarancio, vemiceneraopaca,ngubbiatura rosa sulle parti a risparmio, particolui sovraddipint in rosso, fondo bianco b. cm 32; diam. bocchello em 544; diam. piede cm6. Edimburgo, Royal Scotish Museum. Inv, L 224.379, Attributa al Pittore di Edimburgo. Vaso eponimo. 520 500 aC.
Integra. Orlo sbreccato, vernice scrostata in alcuni punti. Piede profilato, corpo cilindrico, spalle arrotondate a profilo concavo, collo cilindrico,
bocchello campanulato, ansa a nastro rigonfio impostata verticalmente sulla spalla. Decorazione: sul collo, raggi; sulla spalla, serie di quattro palmette collegate tra loro da girali e volute ad andamento sinuoso; sotto la spalla, in corrispondenza della scena figurata, due file di punti intervallati da spazi bianchi. Sul corpo, tra due colonne, da sinistra verso destra, servo con due phialai nelle mani, segue Priamo, con clamide sulla spalla e vestito con un lungo peplo riccamente decorato, che si rivolge con volto pietoso verso Achille, sdraiato su una Kline con corona sulla fronte e clamide sulla spalla e sulle braccia; sopra di lui è raffigurata una spada appesa. Sotto la Kline è raffigurato il cadavere, nudo, di Ettore. A destra, dietro la Kline, è un servo, stante, vestito con un lungo chitone, che regge nella sinistra un'oinochoe, mentre con la destra sollevata sottolinea la richiesta ardita di Priamo. Bibliografia: Panofka 1834,pp. 36:37; Sanchez 1835, pp. 261-262: Ursi 1835, pp. 123-124; Braun 1836, pp.75-16; Ursi 1836 a, pp. 9495; Beazley 1956,p. 217, n. 20; Boardman 1980, p. Al, fig. 241, 1-2; LIMC 1, 1988,p. 149,n. 644, sv. "Achilleus"; Montanaro 2004, p. 232, 1.30, tav CVL
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103.29. Lekythos attica a fondo bianco e figure nere Argillaarancio, vernice nera opaca ingubbiatura rosa sulle pari a rispermio, perticolari sovraddipint in banco e rosso, fondo bianco. ‘n. cm 30; diam, em 23. Napoli, Museo Archeologico Nazionale (già collezione Ficco-Cervone, 1838). Inv. 81201 (= Heyd. 2746) Attribuita al Gruppo di Leagro. 520-500.
Ricomposta da vari frammenti. Orlo e piede sbreccati, vernice scrostata in alcuni punti. Piede a disco, corpo troncoconico, spalle arrotondate a profilo concavo, collo cilindrico, bocchello campanulato, ansa a nastro impostata verticalmente sulla spalla. Decorazione: sul collo, raggi; sulla spalla, serie di quattro palmette collegate tra loro da girali e volute ad andamento sinuoso; sotto la spalla, in corrispondenza della scena figurata, due file di punti intervallati da spazi bianchi. Sul corpo è raffigurata una quadriga guidata da un auriga (Automedonte), barbato, vestito con un chitone bianco, che trascina il corpo nudo di Ettore. Vicino ai cavalli è raffigurato un guerriero (Achille), con corazza, clamide sulle spalle, elmo sulla testa e scudo nella sinistra, con la testa rivolta indietro verso l’auriga, che con la destra sembra prendere le redini dei cavalli per incitarli a correre. Sopra il cadavere di Ettore è raffigurato un serpente; in alto, sopra un alberello, è raffigurato un guerriero alato, di dimensioni più piccole, con elmo sulla testa, armato di scudo e di lancia, in corsa verso destra. Davanti ai cavalli è un alberello. Bibliografia: Sanchez 1835, p. 262; Ursi 1836 4, p. 96; Heydemann 1872, n. 2746; Beazley 1956, p. 378, n. 258; Beazley Paralipomena 1971, n. 163; Beazley Addenda 1989, n. 100; Montanaro 2004, p.237,n. 4.
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103.30. Lekythos attica a figure nere Acgillasranci, vernice nera opaca, ingubbiatura rosa sulle parti a risparmio, particolari sovraddipint in bianco e rosso. Κα cm 32,6; diam. piede cm 77 Napoli, Museo Archeologico Nazionale (già collezione Ficco-Cervone, 1838; già collezione Gargiulo, 1865). Inv. 81191 (- Heyd. 2430) Atribuita al Pittore di Edimburgo 520. 5000.
Integra. Piede profilato, corpo cilindrico, spalle arrotondate a profilo concavo, collo cilindrico, bocchello campanulato, ansa a nastro. rigonfio impostata verticalmente sulla spalla. Decorazione: sul collo, raggi; sulla spalla, serie di quattro palmette collegate tra loro da girali e volute ad andamento sinuoso. Sul corpo, al centro, sono raffigurati due guerrieri (Achille e Memnon), con elmo sulla testa, corazza, schinieri e scudo con episemon nella sinistra, che si stanno affrontando con la lancia nella destra sollevata. A sinistra, è una donna stante (Teti), con chitone e himation, che sta osservando la scena e ha la destra sollevata; a destra, è una donna (Eos), vestita con chitone e himation, che fugge verso destra con la mano sinistra sollevata in segno di spavento e con la testa rivolta indietro verso la scenadi combattimento. Bibliografia: Braun 1836,p. 75; Ursi 1836a, p. 96; Heydemann 1872, n. 2430; Beazley 1956, p.700, n.13. 103.31. Kylix attica a figure nere Argilla arancio, vemice nera opaca, sovraddipinture in bianco ila. h. cm 16,1; diam. cm 21,8 Napoli, Museo Archeologico Nazionale (già collezione Ficco-Cervone, 1838) Inv. 81121 (= Heyd. 2426)
Fig. 375. 10328. Lekythos attica a figure nere del Pittore di Edimburgo (510-500 a.C): scena dell’ambasceria di Priamo ad Achille per il riscatto del corpo di Ettore (da Montanaro 2004, tav. CVD), 415
Figg. 376-378. 103.29. Lekythos atticaa figure nere del Pittore di Edimburgo: scena con Achille sul carro che trascina il corpo di Ettore (Foto dell'Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica di Napoli e Caserta) 476
Attribuita alla produzione dei "Piccoli Maestri”. 550103.
Ricomposta da vari frammenti, lacunosa. Orlo e piede sbreccati, vernice scrostata. Piede a disco, fusto cilindrico, vasca profonda a profilo convesso, orlo svasato, labbro estroflesso, anse a bastoncello impostate orizzontalmente sull’orlo. Tondo interno risparmiato con cerchiello e punto centrale in nero (rifatti). Su entrambi i lati, fra due palmette comprese tra le anse, al centro è un cervo brucante fra due felini ringhianti. Bibliografia: Heydemann 1872, n. 2426; CVA Napoli IIL H, e, ta 163 e 18,4; Montanaro 2004, p.232, n.31.
103.32. Kylix attica a figure nere Argilla arancio, vemice nera opaca, sovraddipinture in bianco e lila. hem 13,1: diam. orlo cm 21,9. Napoli, Museo Archeologico Nazionale (già collezione Ficco-Cervone, 1838) Inv. 81152 (7 Heyd. 2428) Attribuita al e produzione dei “Piccoli Maestri”. 530-510.
Ricomposta da vari frammenti Reintegrata in alcuni frammenti; qualche ritoccomodemo nella decorazione dipinta. Piede ad anello, fusto cilindrico, vasca profondaa profilo convesso, orlo svasato, labbro estroflesso, anse a bastoncello ‘Tondo interno risparmiato con cerchiello e punto centrale in nero, Su entrambi i lati, tra due palmette raffigurate fra le anse, al centro è rappresentato un cigno ad ali spiegate fra due felini ringhianti; all'estremità due gallinacei Bibliografia: Heydemann 1872, n. 2428; CVA Napoli Ii, H, e, tav. 16,5; Montanaro 2004, pp. 232.233,n, 32, tav. CVI, 1
103.33. Kylix attica a figure nere Argilla arando, | vernice mem opaca, sovroddipinure in bianco violetto. ‘n. cm 12,4; diam. orlo em 212. Napoli, Museo Archeologico Nazionale (già collezione Ficco-Cervone, 1838) Inv. 81122 (= Heyd. 2799) Attributa all produzione dei “Piccoli Maestri" 530.510€.
Ricomposta da vari frammenti. Orlo e fondo della vasca reintegrati con qualche frammento modemo, vari ritocchi sulle figure. Caratteristiche formali identiche ai due esemplari precedenti. Tondo interno risparmiato con cerchiello e punto centrale in nero. Su entrambi i lati, alle estremità, palmette; al centro, fra le palmette, è raffigurato un centauro in corsa. Su un lato sono dei segni grafici senza nesso. Bibliografia: Heydemann 1872, n. 2799; CVA apoli II H, e, αν, 17,3; Montanaro 2004, p. 233, 1,33, tax CVIL 2.
103.34. Kylix attica a figure nere Argilla arancio, vemice nem opaca, sovradáipintr in banco e bla. hem 11,9: diam. orlo em 21,5. Napoli, Museo Archeologico Nazionale (già collezione Ficco-Cervone, 1838). Inv 81130 (= Heyd. 2797) Attribuita ala produzione dei "Piccoli Macs” 53051080. Ricomposta e ridipinta in qualche punto. Caratteristiche formali identiche all'ultimo esemplare. Tondo interno risparmiato con occhiello e punto centrale in nero. Su entrambi i lati, fra palmette, due sfingi affrontate alternate con tre figurine di uomini ammantati. Bibliografia: Heydemann 1872,n. 2797; CVA Napoli II H, e, tav. 19,3; Montanaro 2004, p. 233-234, n.35.
an
Figg. 379-380. 103.30. Lelythos attica a figure nere del Pittore di Edimburgo: combattimento tra due guerrieri, uno dei quali è Achille (Foto Archivio Soprintendenza Archeologica di Napoli e Caserta) 478
Fig. 381. 103.33. Kylix atica a figure nere (da Montanaro 2004, tav. CVII,3)
103.35. Kylix attica a figure nere Argilla arancio, vemice nera opaca, sovraddipinture in bianco e violetto. eem 18; diam. orlo cm 262. Napoli, Museo Archeologico Nazionale (giù collezione Ficco-Cervone, 1838) Inv. 81120 (= Heyd. 2496) Attribuita al Pittore del Louvre E 705, gruppo “Elbows Out” 530-510
Ricomposta da vari frammenti, lacunosa. Reintegrata e ridipinta in qualche punto. Caratteristiche formali identiche agli esemplari precedenti Tondo intemo risparmiato — con cerchiello e punto centrale in nero, figure nere con incisioni Lato A: al centro, è una quadriga galoppante verso destra, su cui sono raffigurati un auriga e un guerriero armati vibranti una lancia contro un combattente. Quest'ultimo, raffigurato con lancia nella destra, che sta per vibrare contro i
due personaggi, e scudo con episemon (tripode) nella sinistra, è davanti alla quadriga. Seguono, a destra, due coppie di guerrieri combattenti fra loro. In una delle due coppie uno dei guerrieri è già caduto, nell’altra i due si inseguono. A sinistra fuga di un combattente (episemon, diphros con panneggio?), davanti ad un altro che lo insegue, e combattimento fra due guerrieri affrontati. Lato B: composizione analoga. Sul carro è solo l'auriga con redini e frusta, dietro di lui un guerriero armato con la lancia. A sinistra e a destra, rispettivamente due e tre coppie di armati combattenti tra loro. Bibliografia: Heydemann 1872, n. 2496; Beaziey 1931-1932, XXXI, p. 21, n. 13; Beazley 1939, p.27 e p. 57, n. 64 con alti riferimenti; CVA Napoli IIH, e, taw. 192 e 20, 1-3; Beazley 1956,p. 250; Montanaro 2004,p. 233, n. 34, tav. ΟΥ̓:
479
Figg. 382-383. 103,35. Kvlixattica a figure nere: lati A c B, scene di combattimento tra guerrieri (da Montanaro 2004, tav. CVIID. 480
Fig. 384. 103.36. Kylix attica ad occhioni con figura di uomo anziano al centro (da Montanaro 2004, tav. CIX). 103.36. Kylix attica ad occhioni Argila arancio, vemice mor opaca, sovraddipinture in bianco e violetto, figure nere hem 10; diam. orlo em 21,6. Napoli, Museo Archeologico Nazionale (già collezione Ficco-Cervone, 1838). Inv 81138 (= Heyd. 2729) Tipo "C" del Bloesch (CVA Napoli. 5505104C.
Ricomposta. Caratteristiche formali identiche al precedente esemplare. Tondo interno risparmiato con cerchietto e punto centrale in nero. Lato A: fra due occhioni, uomo barbato e ammantato curvo, incedente verso destra che regge con la sinistra un ombrellino aperto il cui fusto poggia sulla spalla. Dietro la testa spunta una testina muliebre con capelli lunghi su corpo di uccello (Arpia?)
LatoB: fra i due occhioni è la stessa figura incedente verso sinistra; qui, però, porta l’ombrellino abbassato sul davanti. Sulla spalla è appoggiata una figurina con corpo di uccello e testa femminile dai capelli lunghi. Si tratta, evidentemente, delia stessa figurina del lato precedente, qui interamente visibile e riconoscibile perciò come quella di una piccola sirena ὁ più probabilmente di un'Arpia, la cui presenza, peraltro non è comprensibile nei confronti della figura umana. Sia sotto che ai lati delle anse sono disegnati dei tralci. Nel tondo interno risparmiato è un gorgoneion. Fasce concentriche a vemice nera sulla superficie esterna del fondo. Bibliografia: Ursi 1835,p. 124; Usi 1836, pp. 95.96; Heydemann 1872, n. 2729; Documenti Inedit IV, 1880, n. 73; Bloesch 1940,p. 7: CVA
Napoli ITHI, e, tav. 27, 1-3; Montanaro 2004,p. 234, 0,36, tav CIX. 481
103.37. Kylix attica a figure nere Argilla arancio, vemice mem opaca, sovraddipinture in bianco c lila, figure em 11; diam. orlo em 282. Napoli, Museo Archeologico Nazionale (già collezione Ficco-Cervone, 1838) Inv. 81127 (= Hey. 2457) Attributa alla produzione dei Piccoli Maestri 530-510 aC.
103.38. Kylix attica ad occhioni
Ricomposta da vari frammenti in più punti. Superficie mal conservata con macchie rosse per difetto di cottura. Analoga per caratteristiche formali alla precedente. Nel tondo intemo risparmiato, del diametro di cm 9,5, è una figura virile con chitone, faretra e berretto frigio. Essa corre verso destra volgendo indietro il capo verso un animale (un cane?) che corre nella direzione opposta volgendo ugualmente il capo indietro. Intomo resti diun iscrizione(.... χαλοσ). Lato A: quatro cavalieri nudi conducono, stando a terra, i loro cavalli verso destra. Seguono un carro tirato da un uomo nudo, che ha solo i fianchi coperti dal perizoma, e guidato da un altro uomo Barbato, vestito con lungo chitone, che segue a piedi tenendo nella mano destra il lungo kenrron. Sospesa nell'antyx del carro è un’anfora puntuta. Lato B: cinque cavalieri galoppanti verso destra. Sotto ciascuna ansa, è una specie di pilastrino o una stele funeraria. Le due facce sono forse concepite come parti di un'unica scena, in modo che ad una segue l’altra, di cui peraltro ci sfugge il significato (scena di commiato presso una stele?)
Ricomposta da vari frammenti; ridipinta in alcuni punti. Caratteristiche. formali simili all'esemplare precedente. Interno, anse e piede ricoperti di vernice nera; il resto è risparmiato e decorato. Piccolo tondo intero con cerchietto e punto centrale in nero, in parte ridipinto. Sulla superficie esterna del fondo, fasce e linee concentriche a vernice nera. Sotto ciascuna ansa è un bocciolo stilizzato. Su ciascun lato è raffigurato un grande gorgoneion fra due occhioni.
Bibliografia: Panofka 1834,p. 37; Ursi 1835, p. 124; Ursi 1836a, pp. 95-96; Heydemann 1872, n. 2457, tav. Vi CVA Napoli II H, e, tav 28, 1-3 © 3 ,4; Montanaro 2004,pp. 234. 235, 0.37, tv. CX.
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Argilla arancio, vemice mem opaca, sovraddipinture im bianco e lila, figure h. cm 8 diam, orlo em 172. Napoli, Musco Archeologico Nazionale (già collezione Ficco-Cervone, 1838) Inv. 81146 (7 Heyd. 2455). Tipo "C" del Bloesch, 5305108 C.
Bibliografie: Heydemann 1872, n. 2455; CVA Napoli ΠΙ H, e, tav. 32,3 e 32,5; Montanaro 2004, p.235, n.38, ta. CX.
103.39. Kylix attica a figure nere Argilla arancio, | vemice nem opacs, sovraddipinture in rosso, bianco e violetto, figure nere con incisioni. ‘hem 11; diam. orlo cm 23,1 Napoli, Museo Archeologico Nazionale (già collezione Ficco-Cervone, 1838) Inv. 81115(= Heyd. 2526), Attibuita dal Beazley al "The Leafs Group” 500-480Ὁ.
Lacunosa, mancano alcune porti dell’orto; ricomposta da vari frammenti; vemice scrostata. Per le caratteristiche formalisi vedano gli esemplari precedenti. Neltondo interno, risparmiato e circondato da linee nere concentriche, è una figura maschile barbata, ammantata, di profilo a
Figg, 385-386, 103.37. Kylix attica a figure nore con scene di processione di guerrieri (Foto Archivio Soprintendenza Archeologica di Napoli e Caserta) 483
Fig. 387. 103.38. Kylix attica ad occhioni con gorgoneion centrale (Foto Archivio Soprintendenza Archeologica di Napoli e Caserta).
destra, con testa rivolta all'indietro, che sembra correre verso destra, nella tipica corsa in ginocchio. Su entrambi i lati è la stessa scena figurata: da sînistra a destra, donna ammantata, stante, di profilo a sinistra con la testa rivolta indietro, omo ammantato seduto su una sedia pieghevole con bastone nella destra e tralcio di vite nella sinistra, cavallo e cavaliere stante, di profilo a destra, con lancia nella sinistra, donna ammantata stante, di profilo a sinistra, con la testa rivolta indietro, uomo barbato ammantato seduto su una sedia pieghevole rivolto a sinistra. Bibliografia: Ursi 1835, p. 124; Ursi 1836 a, p. 96; Heydemann 1872, n. 2526; Beazley 1956, p.713
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103.40. Coppia di prometopidia Bronzo, lamina martellata; avorio; decorazione a sbalzo e incisa Lungh. cm 45 ecm 40; h. em 18,5 e em 173. Karlsruhe, Badisches Landesmuseum (gii collezione Maler, già collezione Ficco). Inv. K 461, K 462. Fine del Vi secolo a.C.
Restaurati, lacunosi La lamina è ritagliata in modo da riprodurre anatomicamente la testa del cavallo. La serie ininterrotta di fori lungo i margini era funzionale all’imbottitura interna in cuoio. Nella parte superiore è rappresentata, a sbalzo, una testa galeata, con elmo di tipo corinzio, dai grandi occhi che presentano sulla palpebra superiore tratti incisi. Le
Figg. 388-390. 103.39. Kylix attica a figure nere (Foto dell'Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica di Napoli e Caserta) 485
orbite ospitano la pupilla che è in avorio. La bocca è grande e ben disegnata e presenta al di sopra del labbro superiore un disegno a linee ondulate incise, che indicano una peluria; il mento è forte € squadrato. Sulla fronte è calcato un elmo che presenta uno spazio triangolare con i bordi superiori curvilinei, decorati con tratti e borchie, Il margine inferiore, invece, è decorato con linee incise. AI di sotto del mento sono volute e girali, quindi è una palmetta a sbalzo rivolta verso il basso. Inferiormente, la lamina è decorata da due mezze palmette contrapposte al centro, mentre ai lati sono rappresentate a rilievo le narici del cavallo. Bibliografia Braun 1836,pp. 72-73; Ursi 1836 2, p. 97; Schumacher 1890, pp. 150-151, nn. 780-781; Montanaro 2004, p. 228, nn. 19-20, tav. XCVIIL 103.41. Lebete Bronzo, lamina martellata, anse applicate. hem 21,5; diam, em 352. Napoli, Museo Archeologico Nazionale (gid collezione Ficco.Cervone, 1838) In 74747. Fine del VI-inzi del V secolo a.C.
Fig. 391. 103.40. Frontale di cavallo in bronzo decorato con una testa umana elmata a sbalzo (da Kunze 1967, fig. 72).
Integro. Patina verdastra; corroso in alcuni punti. Vasca profonda, pareti verticali, fondo concavo, orlo spesso c piatto, anse a maniglia attaccate sull'orlo. Di forma quadrangolare finemente lavorate, sono inserite in un attacco a rocchetto, decorato αἱ margini da zampe ferine. ΑἹ rocchettosi collega, in basso, una palmetta realizzata a rilievo. Bibliografia: inedito
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Figg, 392-393. 103.41. Calderone di bronzo con anse a cerniera (Foto Archivio Soprintendenza Archeologica di Napoli e Caserta) 487
Napoli, Museo Archeologico Nazionale collezione Ficco-Cervone, 1838) Inv.? 510.500€.
Fig. 394 — 103.43. Statuetta di sfinge in bronzo pertinente alla decorazione del cratere a volute di bronzo cat. 103.17. (da Bianchi Bandinelli 1976, fig. 351). 103.42. Phiale ombelicata Bronzo, lamina martellata. n em 5,5; diam, orlo em 21. Napoli, Museo Archeologico Nazionale (già collezione Ficco-Cervone, 1838) Inv. 73574, Fine del VI secolo a.C.
Lacunosa; patina verdastra uniforme. Vasca profonda, corpo a profilo convesso. All'interno, al centro, presenta un’omphalos a rilievo, circondato da un motivo di foglie lanceolate a sbalzo e da un doppio giro di perline a rilievo. Bibliografia: inedita. 103.43. Statuetta di sfinge Bronzo; a fusione piena; decorazione a rilievo fn cm 12,5; lungh, cm & 488
Integra. Il corpo è reso di profilo con incisioni che sottolineano il modellato; alla base del collo sono due grandi ali decorate con motivi incisi e a rilievo. Il volto, reso di prospetto, con piani nitidi e appiattti, è chiuso tra bande di capelli a ondulazioni minute, rese con finissime incisioni, che scendono con una coppia di trecce per lato sino al petto dell'animale. Occhi a mandorla resi a rilievo, naso piccolo, bocca atteggiata al tipico sorriso dell’arte arcaica greca di influenza ionica. Dalla sommità della testa partono due volute, sormontate al centro da una palmetta resa con motivi incisi. Dagli inventari della collezione Ficco-Cervone risulta che le sfingi dovevano essere almeno quatro. La statuetta, quasi certamente, era una delle appliques che doveva decorare le anse 0 il collo del cratere di bronzo del Museo di Monaco, come nel più famoso e monumentale cratere di Vix. Infatti, una replica esistente nel Museo di Monaco potrebbe appartenere proprio allo stesso sontuoso vaso. Bibliografia: Documenti Inediti IV 1880, p. 90, mo. 168-171; Bianchi Bandinelli 1976,p. 351, n.350.
104 — Tomba a semicamera detta “delle Danzatrici rinvenuta su Corso Cotugno (già Via dei Cappuccini) 1115 novembre 1833 il canonico Michele Ficco rinvenne in un suo fondo situato sulla via dei Cappuccini (oggi Corso Cotugno), dove attualmente sorge l'omonimo palazzo, alla distanza di circa 150 palmi dalle mura della città (circa 40 m.), nei pressi di un'alta torre cilindrica detta “Torre del Pilota” o “di Pilato”, una tomba a semicamera dipinta internamente con decorazioni figurate. Essa aveva le dimensioni di palmi 12 x 6 x 5 (=m. 3,18 x 1,59 x 1,32) ed era costruita con grandi lastre di tufo squadrate, mentre la copertura era formata da lastroni calcarei rettangolari collocati orizzontalmente ad incastro nel margine estemo e poggianti su grosse travi di legno conficcate in appositi incavi posti al sommo delle pareti; il tutto era poi sigillato secondo i documenti del tempo da «terra sciolta», molto probabilmente si trattava di malta. 11 canonico Ursi e il padre Laviola, nelle loro memorie, precisano che la tomba fu rinvenuta accanto a quella principesca (vedi scheda rinvenimento n. 103) che ha restituito il cratere di bronzo e le nove panoplie complete. Tutti i documenti del tempo riferiscono che una delle quattro pareti della tomba, al momento del rinvenimento, era stata già danneggiata dalla costruzione di un pozzo. Per quanto riguarda la decorazione dipinta, le pareti intonacate erano divise orizzontalmente in due parti uguali da una fascia nera; al di sotto lo spazio era coperto con uniforme tinta gialla, mentre sopra, sul campo biancogiallino, era un fregio con una danza rituale eseguita da donne che si tengono per mano, molto probabilmente si tratta di una danza funebre intorno al defunto nel momento rituale dell’esposizione. Completava la decorazione in alto un motivo a tre fasce alternate di colore nero, bianco e rosso. La sepoltura era stata già violata e all'interno si rinvenne soltanto un frammento di un vaso a figure rosse che raffigurava un cavallo ed un guerriero con elmo decorato da una cresta. La datazione, alla luce degli studi più recenti, oscilla tra la fine del V e gli inizi del IV secolo a.C"
105-108 — Tombe romane e Tomba di età peucezia rinvenute su Corso Cotugno (già Via dei Cappuccini) Nel 1881, in un fondo suburbano a settentrione della città, situato sulla via di Corato, l'odierna Corso Cotugno, una volta messo a Villa Comunale, dirimpetto al Convento dei Cappuccini, nei pressi di Piazza di Vagno, un contadino rinvenne a circa mezzo metro di profondità tre sepolture di epoca romana (Tombe 105-107), le quali presentavano tre lastre sepolcrali in calcare con relative iscrizioni. Le tombe, di cui non si conosce la tipologia, erano allineate a breve distanza l'una dall'altra e non restituirono, stando 2 Perun approfondimento sull'argomento si veda la monografia di G. GADALETA, La Tomba delle Danzatrici di Ruvo di Puglia, Napoli 2002, con la sua ricca bibliografia 489
ai documenti, alcun oggetto di corredo. Le iscrizioni, per i loro caratteri e per le loro. caratteristiche formali e decorative, sembra siano ascrivibili tra la seconda metà del 1 ed il IT secolo 4.2? AI di sotto delle tombe romane, alla profondità di poco più di un metro, lo stesso contadino rinvenne una tomba di epoca preromana (Tomba 108), probabilmente del tipo a sarcofago, contenente due vasi a figure nere, uno certamente di produzione locale ad imitazione dei più raffinati prodotti d'importazione attici, l'altro esemplare a figure nere è di importazione attica, attribuibileal gruppo di Haimon eascrivibileal primo quarto del V secolo a.C. Nella sepoltura si trovarono anche tre vasi di bronzo, due lebeti ed un bacile. Gli oggetti furono acquistati da Giovanni Jatta ed entrarono a far parte dell'omonima collezione, catalogati con una nuova numerazione. 108.1. Oinochoe a figure nere Argilla nocciola chiaro, ingubbiatura nocciola, venice nera lucente, malcotta, verdognol. h cm 18; diam. orlo cm 86; piode em 7,2. Ruvo, Museo Nazionale ata. Inv. 36252 (= na. 8). Attrbuibile a produzione locale ad imitazione ella ceramica attica a figure nere. Fine Viinizi V secolo a.C.
Integra. Lesione all'attacco inferiore dell’ansa; vernice scrostata in alcuni punti; incrostazioni biancastre. Bocca trilobata. È raffigurata, a destra, una grande testa
femminile, con linee graffite, di profilo a sinistra, che sembra sorgere dal suolo, rivolta verso un'ara, disegnata con linee. grafite, su cui è acceso un fuoco sacro. Bibliografia: Jatta 181, p. 331 108.2. Cup-skyphos attico a figure nere Argilla rosata, vernice nera lucent, malcota, ingubbiatura rossastra. h. cm 10,8; diam. orlo cm 18,5; diam. piede em 1. Ruvo, Museo Nazionale Jatta. Try, 36253 (= πα. 8). Atribuibile al Gruppo di Haimon. 500-480 4.C.
Integro. Piede scheggiato; abrasioni; vernice scrostata; incrostazioni calcaree diffuseall’interno della vasca. All'esterno, sotto i manici, sono due palmette. Su entrambi i lati è raffigurata una donna su quadriga che tiene le briglie, con accanto un uomo dal cappello aguzzo con lira nelle mani Bibliografia: Jatta 1881, p. 331 108.3. Bacile senza manici Bronzo, lamina manelata, patina verdastra hem 12; diam. orlo em 30. Ruvo, Musco Nazionale Jatta. ἴων. 36505 (= na. 298) Primo metà del V secoloa.C.
Mutilo, fondo lecunoso, superficie incrostata c ossidata. Vasca profonda ed espansa a profilo convesso, orlo revoluto, pareti oblique. Bibliografa: Jatta 1881, p. 331 108.4. Lebete Bronzo, lamina martellata, anse ottenute perfusione. h cm 193; diam. orlo cm 35; diam
2 IATTA 1881,pp.329-331; LoJoDICE 1915, p.85;M. MARIN 1981,pp. 158-159; CHELOTTI 1987,pp. 57-59. 490
base em 35. Ruvo, Museo Nazionale Jatta. Inv. 36560 (=na. 295) Prima metà del V secolo a.C.
Mutilo, fondo fessurato; orlo lesionato; priva di un'ansa; lamina ossidata e incrostata; patina verdastra Vasca profonda, pareti verticali, fondo concavo, orlo spesso e piatto. I grande lebete conserva una delle anse a maniglia. Di forma quadrangolare finemente lavorata, è inserita in un attacco a roccheito, decorato ai margini da zampe ferine. Al rocchetto si collega, in basso, una palmetta realizzata a rilievo.
Fig. 395. 108.1. Oinochoe a figure nere di produzione locale (Foto Archivio Soprintendenza Archeologica della Puglia)
Bibliografia: Jatta 1881, p. 331; Riccardi 20062, p.16,fig.3 108.5. Bacile Bronzo, ottenuto per fusione, lamina martellata. deem$ diam. orlo cm 28. Ruvo, Museo Nazionale Jat. Inv. 36436 (= na. 227) Prima metà del V secolo a.C
Mutilo, priva della presa; incrostata e ossidata, patina Vasca profonda ed espansa convesso, orlo revoluto, pareti
superficie verdastra. a profilo oblique.
Fig. 396. 1082. Cup-Skpphos attico a figure nere (Foto Archivio Soprintendenza Archeologica della Puglia)
ca
Bibliografia: Jatta 1881, p. 331
Fig. 397. 1083. Bacile di bronzo senza manici (Foto Archivio Soprintendenza Archeologica della Puglia) 491
Figg. 398-399. 108.4. Lebete di bronzo con manicia cerniera (da Riccardi 20068, fig. a p. 12).
Fig. 400. 108.5. Bacile di bronzo (Foto Archivio Soprintendenza Archeologica della Puglia). 109-111 — Tombe a semicamera rinvenute su Corso Cotugno (già Via dei Cappuccini)
Nel marzo del 1835 la società di scavo costituita dal canonico Michele Ficco e dai suoi soci (il Capitolo della Cattedrale, il farmacista Cervone, il sindaco di Ruvo Luigi Cilienti ed altri personaggi della colta borghesia ruvese), rinvenne in un fondo del Capitolo situato sulla via dei Cappuccini (Corso Cotugno), non lontano dalle mura, una grande necropoli formata soprattutto da tombe a semicamera, nelle quali si sono trovati corredi sontuosi, formati da ori, bronzi e vasi di grandissimo pregio; le tombe, forse scavate clandestinamente, furono trovate al di sotto di numerose sepolture di epoca tardo492
ellenistica e romana, che restituirono corredi piuttosto poveri costituiti esclusivamente da ceramica acroma?", I numerosi complessi ritrovati portarono alla formazione della collezione Ficco-Cervone, composta da 254 oggetti e poi venduta al Real Museo Borbonico nel 1838 per la somma di 8014 ducati. In particolare, come ricordano nelle loro memorie il padre Laviola c il canonico Ursi, nei pressi del fondo del canonico Ficco, fittuario del Capitolo, ad una profondità di circa trenta palmi (= m. 7,95!) si trovarono tre tombe a semicamera affiancate. Le strutture funerarie erano costruite con grossi blocchi di calcarenite, squadrati c di smisurata grandezza, sovrapposti senza legante, mentre le pareti interne erano intonacate € dipinte con fasce parallele di varie tonalità, rosse, gialle e celesti. Le tombe avevano le dimensioni di palmi 20 x 6 x 8 (= m. 5,30 x 1,60 x 2,12). Le tre sepolture, come risulta dalle relazioni del Laviola e dell’Ursi e come si evince altresì dagli articoli del Braun, restituirono le deposizioni di individui dî sesso femminile letteralmente ricoperte di oro, di bronzi e di vasi a figure rosse di grande pregio attic e italioti, ma anche di vasi a figure rosse di poco conto, dipinti con geni alati, e di vasi in vetro e in metallo prezioso. È necessario sottolineare che la ricostruzione di questo rinvenimento risulta piuttosto problematica dal momento che la pubblicazione degli oggetti dei corredi fu smembrata in due distinte relazioni, riguardanti rispettivamente gli oggetti in oro e i vasi figurati, redatte dal Laviole?" e riprese fedelmente nelle memorie del canonico Ursi, L'elenco completo degli oggetti rinvenuti nelle tre sepolture è dunque ricostruibile sulla base della documentazione ottocentesca menzionata la quale, però, non distingueva gli oggetti che accompagnavano le singole deposizioni, con la conseguenza che si sono perse le informazioni circa l'esatta associazione degli oggetti rinvenuti all'interno delle tombe scavate nel 1835. 27 ASNA, MPI, Busta 357 Il, fasc 41, “Regi Scavi Rinvenimenti nel Fondo del Capitolo": «Da più ami lo esso (sito) αἱ teneva in feto da alcuni suo concittadini, i quali hanno più volte tentato i fare in esso dè scavi per ricerche di antichità, ma molto denaro ci hanno inutilmente speso, perché una gran quantità vi rinvennero di sepolei rustic, e Romani, da cui la sua superficie era deformata... Finalmente ispirati quest inflict da ‘ino spirito benefico risolverono di profondere detti lor scavi ad un'altezza inconcepibile, ε la sorte gli arise, con farli rinvenire dei sepolerispecioi, e ricchi di superbi vasellami, oggetti di oro e bronzi. Il Capitolo. vi ha aperto un clamoroso scavo, in oltraggio di tanti ordini sovrani, che lo divetano e col silenzio di tutte i iù pregevoli, ed in Te autorità. Nello stesso vi ha rinvenuto, edîn tutti giorni vi riviene oggetti di antichità vasellami ed in oro, ed in bronzo, i qual formerebbero tuti oggetti di Museo Reale». 4 LAVIOLA, "Gli Ori”, relazione manoscritta conservata nell'Istituto Archeologico Germanico di Roma, 1835; Laviota, "Le Tombe di Ruvo”, memoria manoscritta, 6-16, 1836; LIOLA 1837, pp. 81-85, 97-104. 75 Unst 1835, pp. 137-140; LAVIOLA in Ukst 1836 a, pp. 161-172: «Ben poche sono state quelle tombe formate come casede vivent simili a quelle, che si rinvengono a Canosa con varie dipinture sul massetto delle ‘mura. Tute le altre sono di figura rettangolare, di vare dimensioni sino a venti palmi di lunghezza, e sei, ed tto palmi di altezza formate di lastre di tfo, e ben intonacate al di dentro con fasce d'intorno di color giallo lese, e rosso. È uopo avvertire, che în alcune si è osservato l'intonaco misto di calce, e di polvere di pietre cristalline di cui ne abbondano questi terreni, edlo ne conservo alcuni pezzi tatti da arii sepolert di questa Stessa mistura si son rinvenute anche delle tz e di figura orbicolare. V ho osservato ancora degl'intonachi lucidi come marmo con ina rossa simili a quell, che ho veduto nelle case dell'Ercolano.. Nell'anno scorso si rinvennero in un fondo pochi passi distant dalla Citta tre sepolei sino a trenta palmi di profondità costruiti con lastre di tfo, e l'uno agli alti contiguo. Degli oggetti vari d oro purissimo, e di lavoro squisito, e dà vasi dipinti letterati mollo espresiv i rileva di appartenere quelle tombe a personaggi ragguardevolisimi Tralascio di far parola dei lavori d'oro, di ut ne feci cenno nell'ntecedente descrizione». 493
Tuttavia, tramite l'ausilio di documenti diversi recuperati in vari archivi e della memoria del canonico Ursi del 1836, che in più punti accennava a questo straordinario rinvenimento fornendo ulteriori particolari, è possibile risalire all'associazione pur parziale degli oggetti componenti i ricchi complessi funerari. Nella prima tomba (Tomba 109), probabilmente la più antica (fine del VI secolo a.C.), si trovarono due «portabalsamari» in oro, decorati con file di crateri e di gorgoneia a sbalzo, due pendenti a tubetto e due fibule con pendenti a melograno; come afferma l’Ursi nelle sue memorie manoscritte, riprendendo fedelmente una relazione del Laviola, gli oggetti furono trovati nella tomba confusi nella terra?! Nei documenti citati si accennava anche a «vai di piccole dimensioni a vernice nera»®", trovati nelle tre sepolture, tra i quali si deve ricordare l'oinochoe attica di imitazione corinzia con fregio fitomorfo sulla spalla, conservata nel Museo di Napoli, databile alla fine del VI secolo a.C., che molto probabilmente faceva parte del complesso in esame. La seconda sepoltura (Tomba 110), più recente, sembra oscillare cronologicamente tra il 480-470, per la presenza di vasi attici a figure rosse attribuibili alla produzione del Pittore di Leningrado e di Douris, c il 410-400 a.C., come conferma la presenza dei vasi attici attribuiti al Pittore di Pronomos e al Pittore di Meleagro. Il corredo rinvenuto è assolutamente straordinario data la grande quantità di ornamenti personali in oro ritrovati: si tratta di una collana con pendenti a testa silenica, riconoscibile nella collana di fattura etrusca del Museo di Napoli, formata da una maglia di filo d'oro intrecciato e da una serie di pendenti a testa silenica, a ghianda e a fiori di loto, tre fibule d'oro con arco ingrossato € staffa desinente con una protome di ariete, altre due fibule d’oro simili di dimensioni leggermente inferiori rispetto alle precedenti, anch'esse conservate nel museo napoletano, e una collana composta da circa sessanta vaghi sferici in lamina d'oro, individuabile nelle due collane del Museo di Napoli, ricomposte in età moderna, formate rispettivamente da cinquantonove vaghi emisferici e da quarantaquattro vaghi sferici in lamina d’oro decorati da granulazione?". 2 LAVioLA in Unsi 1835, pp. 138-139: «fn una tomba delle accennate venti palmi profondo, di figura rettangolare, s rinvennero due fibule a semicerchio, daldi cul estremo vi è una spilla fesiil, che i prolunga nella cartoccia, la quale è aggiunta all'estremo inferiore del semicerchio; da queste fibule pendono due melagranadi squisiissimo lavoro; è da osservarsi il finissimo melograno che lega la melagrana a semicerchio della fibula. Furono oggetti della stessa tomba due cilindri di oro ali te once, e due di diametro, su cui vi è un disco di quatto once di diametro, con due ordini d squisito inglio, nel primo cioè vi si osserva un ordine di anforett tramezzat da piccoli lobi; nel secondo teste umane di squisito lavoro. Questia mia parere servivano per esser αἴ appoggio adalcuni piccoli balsamari di vero azzurro a forma di uovo con stretto orficio con due piccole anse, e prolungati nell'estremo in perfettssimo cono. Non vi è alcun dubbio su questa mia assertva ‘polché in air sepolei si sono rinvenuti simili balsamaril poggiati su disci d'oro, e di argento di simil forma. Nella tomba di cui parlo i trovarono quest oggetti confisi; LAVIOLA in URSI 1836 a, pp. 158-159. 7 LAMOLA 1837, p. 86 34 LAVIOLA in URSI 1835, pp. 139-140: «Nell'alra tomba contigua si rinvenne una collana di fulvo oro del eso dire once, e tre trapesi lunga un palmo, e un terzo. Vi si vede un tessuto di finissima maglia, da cui in bell'ordine, e con squisito inglio pendono fori d giglio, e a due estremi due ghiande. Nel secondo ordine teste umane con lunga barba, e ghiande colla metà del guscio. Quindi da sotto ciascuna testa pendono bellissimi gigli, come a me sembrano. Sono di squisiti lavoro le magli, che dividono a traverso, ed in bellordine le est, ed i fiori i rinvennero ancora quatto fibule di squisito intglio a semicerchio, dal di cui estremo superiore vi è una spilla flessibile, che inpoduce nel oro dell'asta. A cui è unita una testa di ariete. Con queste fbule si ritrovarono circa sessanta fragole, e corbezzoli di oro tubolati ben lavorati», 494
Per quanto riguarda il complesso vascolare, l'attenta lettura di alcuni punti dei documenti menzionati aiuta a comprendeme, anche se parzialmente, la composizione. Cronologicamente vicina alla collana, datata dagli studiosi al 480-470 a.C., è l’oinochoe at ica a figure rosse (forma 8b), conservata nell’Ashmolean Museum di Oxford, che raffigurava una donna in movimento verso sinistra, con un fiore in mano e l'iscrizione KAA[O®] HIKETES, attribuita ad un ceramografo della cerchia di Duride (circa 470)". Faceva parte del contesto un cratere a volute attico a figure rosse, attribuito al Pittore di Pronomos (410-400 a.C), con la raffigurazione, su un lato, di attori che portano maschere teatrali di un dramma satiresco e, sull’altro, di Dioniso e Arianna, come conferma la didascalia di un acquerello ottocentesco che ritrae il lato principale del vaso in questione, commissionato dal canonico Ursi a Vincenzo Cantatore, la quale recita testualmente: «Pittura diligentemente elevata da un Vaso Apulo Greco ritrovato in un Sepolcro presso le Mura di questa Città verso Settentrione in un podere di questo Capitolo. Nel qual Sepolcro si rinvennero anche la Collana d'oro ed altri oggetti di piccoli vasi di argilla finissima. Il vaso è visibile nella raccolta che tiene Don Luigi Cilentoy™. La collana in questione è proprio quella con i pendenti a testa silenica, in quanto in tutti i documenti del tempo l'esemplare viene citato con questo termine, mentre le collane formate da vaghi sferici, vengono menzionate come «fragole e corbezzoli». Nella tomba furono trovati anche «vasetti e piccole coppe con geni alati», come è stato già confermato dalla didascalia prima menzionata, tra i quali si devono considerare una lekythos attica a figure rosse, attribuita al Pittore di Meidias, conservata al British Museum, un'altra lekyrhos attica, nonché un gruppo di Kantharoi attici della “classe di Bonn ‘94” e una kylix del Pittore di Meleagro, tutti conservati nel Museo di Napoli ?". Sempre secondo la relazione del Laviola riportata dall'Ursi, nella stessa sepoltura si rinvennero anche vasi di bronzo, tra cui un interessante candelabro di produzione etrusca con iscrizione di possesso, un profumiere e vasi per il servizio da simposio, quali oinochoai e coppe di poco rilievo ossidati, conservati nel Museo di Napoli, assieme a quattro balsamari di vetro azzurro e ad una coppia di cerchi apuli in oro, custoditi nel British Museum, a balsamari a vernice nera e, sembra, persino a un piatto di legno: Ἀν LAMOLA in URSI 1835, pp. 37-138: «Sì rimvennero vari vasellini di divers forme con tinta nera, che forse servivano per fanculleschi rastull. Tra questi richiamò la mia attenzione un vaso di figura sferica del diametro di otto once, ed alto mezzo palmo configura di giovinetta elegantemente vestita con un fiore in mano di color rosso sul campo nero, su ui vi era scritto con bianchi carateri KAANIKETE». * 'acquerello è custodito, insieme ad alti sedici esemplari simili, corredat anch'essi di didascalie, nel Seminario Regionale di Molfetta, Un sentito ringraziamento va alla dott ssa Giuseppina Gudaleta, per le sue importanti informazioni su tali acquerelli,al Retore del Seminario Regionale per avermi concesso il permesso. di visionari. Tali esemplari, commissionati dal canonico Ursi a Vicenzo Cantatore verso il 1836, ritraggono i vasi più importanti rinvenuti a Ruvo nel corso degli scavi condotti negli ann "30 del XIX secolo e dovevano far parte di un quademetto (“Spiegazione delle favole dipinte sui vast ful ati elevare a pennello da signore canonico don Giacomo Ursi autore delle ricerche parie", Ruvo 1836), scritto dall stesso Ursi, che descriveva i vasi suddetti, non completato dal canonico in quanto contine le descrizion solo di sei esemplari. DOCUMENTI INEDITI IV, 1880, p. 83-85 ® LAVIOLA in URSI 1836 a, pp. 167-168 c pp. 171-172: «SE rimenne in essi una lucerna di bronzo del peso di due libre, un profimiere dell'altezza di un palmo, e mezzo, vari mescirobbe, e vare coppe di poco rilievo con molti alri pezzi ossidati... Quatro balsamari di vetro ben doppio di colore azzurro furono oggetti dell'istsso sepolero. La di loro figura nella parte superiore è simile ad un uovo, e termina nella arte inferiore a forma di cono con stretto orificio, e due piccole anse. Vari alti balsamari si rinvennero di argilla con vernice 495
Nella terza tomba (Tomba 111) si rinvennero una grande anfora con la scena del ratto del Palladio e la sfida tra Marsia e Apollo, corrispondente alla grande pelike del Museo di Napoli, attribuita al Gruppo di Napoli 3231 (380-370 a.C.), un'anfora panatenaica apula con una scenadi offerta presso una stele funeraria, della cerchia del Pittore dell’Ilioupersi una phiale con la raffigurazione della morte di Penteo e un grande cratere a mascheroni, con la scena di Achille che trascina col carro il corpo di Ettore, entrambi del Pittore dell’Ilioupersis, anch'essi conservati nel Museo di Napoli, e una coppia di cerchi apuli, custodita nel British Museum, oltre a vari vasi di bronzo piuttosto ossidati, conservati a Napoli”. Tomba 109
109.1. Coppia di fibule Oro, lamina martellata, decorazione incisa e a fligrana. Lungh. cm 12 ecm 11; h. cm 44. Napoli, Museo Archeologico Nazionale (già collezione Ficco-Cervone, 1838) Inv. 24845-24846. Fine Vi-inizi V secolo aC.
Lacunose, manca in un esemplare il pomello conico terminale della staffa. Le fibule sono del tipo ad arco semplice ingrossato al centro e lunga staffa laminata, alla cui estremità è un pomello
conico terminante con un granulo, oggi presente solo nell'esemplare inv. 24846. La decorazione della faccia laterale della staffa presenta un motivo a denti di lupo inciso. Nell'ardiglione è infilato un grano di lamina baccellata, mentre un filo a treccia tiene un grosso pendente a formadi melograno. Il frutto presenta la superficie baccellata, interrotta da una larga fascia liscia al centro, delimitata da due fili godronati. Il melograno è caratterizzato dal bocciolo con il calice semiaperto decorato in filigrana. Mentre il pendente
simile al madreperla. La di lor figura viene descrita da Pliio...cioè un vaseto cilindrico, che al disopra, e sotto si sringe in volt, e termina in un largo bordo in di cui mezzo vi à Uric, sicché essendo privo di base può star rito o sia vuoto, o sia pieno; ma ben oturato sulla sua bocca rovescia. Vari alti vasetti, piccole coppe fecero parte αἱ tre dvisatisepolei con dipintur di geni ala ed altre figure di poco conto. Mi sorprese però il vedere un piatt orbicolare di legno simile a quello, che noi usiamo nelle nostre tavole dî quasi un palmo di diametro di essersi serbato intatto dietro il giro di tant secoli». 79 LaVIOLAin Uns! 18362, pp. 167-172: «Sì rond Benanche un'anfra alta due palmi quattro... presenta. da una parte Mercurio, che ha nella destra il caduceo, a cul un genio muliebre presenta una corona. dl di sotto di queste due figure vi ἃ i tempio di Pallade, e poco lungi vi è una donna coll'elmo nella sinistra tenendo nella destra lunga picca. Alla destra del tempio vi è un guerriero con berretto figio in atto d'impugnare la picca, € questi è senza dubbio Diomede, che accompagna Ulisse al ratto del Palladio. Ulisse colla spada sguainataè già in potere del Palladio. Due guerrier, che forse erano i custodi sono inermi, ed n ato di spavento. Vicino guest si vedono due figure muliebri una cioè. col volto mato, e pienadi terror, e l'altra armata di picca Nell'aira parte vi è Giove seduto avendo nella destra un baculo sormontato doll'aqulla.... Nella parte Inferiore del vaso... di sotto di Giove vi è un genio muliere, che presenta ad Apollo uma zona, mentre questi suona la lira. ΑἹ di sotto di Apollo οἱ vede Marsia seduto sul suolo atteggiato da cordoglio, avendo nella destra il doppio ftauto..... Un alira anfora si rinvenne. Da una parte questa presenta una base rettangolare, su cul sorge una colonna di ordine dorico; sul capitello vi è un cratere, dalledi cui anse pendono varie zone delle quali ve ne sono anche sulla base presso cui vi è un guerrero armato di picca nella sinistra, e tenendo nella destra un nasiterno è n atto di far libazione. Nella part inferiore vi è una figura muliebre che à nella destra una cassetta mistica, e nella sinistra una zona. Al di sopra di questa vi i vede una fantesca, che haun ombrella in uma mano, e nell'alira un canestro di fruta….s; DOCUMENTI INEDITI IV, 1880, pp. 83-86. 496
Fig. 401. 109.1. C
a melograno è ricordato dal Ruggiero nel suo notamento (1888, p. 563), non si è certi della pertinenza alla fibula del grano infilato nell’ago. Comunque è attestata la presenza di grani, anche in vetro, in alcuni esemplari del tipo (Guzzo 1993, p. 16). Bibliografia: Ursi 1835, pp. 138-139; Braun 1836,p.73; Ursi 18362, pp. 148-149; Ruggiero 1888,p. 563, nn. 23; Breglia 1941, p.29, n. 39-40, tav. 5, 3-5; Siviero 1954,p. 13, n. 16; Becuti 1955, n.268; Ori e argenti 1961,n. 232; Guzzo 1993, pp. 144-145, F IV B var a, 1 Giove 1994, p. 155, n. 76; Cassano 1996, pp. 122-123, n. 10:34; Montanaro 2006, p. 47, n. 26, Bg ap 48.
109.2. Coppia di "Cerchi apuli” Oro; lamina martellata, decorazione a sbalzo ca pulviscoo hcm 42 ὁ em 4,5; diam. em 92. Napoli, Museo Archeologico Nazionale (già collezione Ficco-Cervone, 1838). Inv. 24877-24879. Fine Vl.inizi V secoloa.C.
Gli esemplari sono composti da un corpo cilindrico di lamina liscia con una piccola cornicetta saldata al bordo della base ed una comice piatta, molto più larga, saldata al bordo opposto. Il campo superiore di tale comice, bordata da due grossi fili godronati e ornata da due fasce concentriche delimitate ugualmente da filo godronato, è completamente ricoperto da una finissima granulazione a pulviscolo. La fuscia estema è decorata da una serie di crateri a sbalzo alternati ad un granulo. La fascia più interna è decorata da una serie di maschere gorgoniche di tipo arcaico altemate a coppie di granuli. La decorazione, in cui è notevole il voluto contrasto della superficie liscia sullo sfondo più ricco decorato a pulviscolo, serba il ricordo della decorazione orientalizzante col tipico disporsi delle due fasce ad elementi ripetuti. I cerchi 498
hanno nel loro spazio vuoto due vasetti in pasta vitrea (balsamari) di tipo fenicio. Interpretati a lungo come sostegni di balsamari, in quanto secondo la notizia del rinvenimento (Ruggiero 1888, p. 563, nn. 9-10) ospitavano balsamari di vetro, sono stati classificati dall'ler come fermatrecce o, comunque, come ornamenti per i capelli, mentre dal Guzzo sono stati interpretati come orecchini, come sembrano dimostrare inumerosi esemplari raccolti dallo studioso nella classe VIII della classificazione degli orecchini provenienti — dall'Italia — meridionale adriatica, che presentano varianti nella decorazione. Tali oggetti sono stati diversamente interpretati dal De Juliis che li ha chiamati convenzionalmente “cerchi apuli”, in quanto si tratta di oggetti dalla forma tipicamente locale ritrovati esclusivamente nei siti della Peucezia e della Daunia, per i quali l’autore afferma giustamente che non è ancora chiaro l'utilizzo, anche se il loro uso come fermatrecce sembra plausibile. Infatti, la possibilità che tali oggetti possano aver rivestito la funzione di fermatrecce sembra essere confermata dairecenti rinvenimenti tombali, in quanto tali esemplari sono stati trovati dietro la testa della defunta. È probabile che
siano stati prodotti da artigiani operanti a Ruvo. Da Ruvo provengono, infatti, altri numerosi esemplari dello stesso tipo con diverse decorazioni. Bibliografia: Ursi 1835, pp. 138-139; Braun 1836, pp. 73-74; Uni 1836 2, pp. 148-149; Ruggiero 1888, p.563, nn 9-10; Guida Ruesch 1908, p. 406, . 1865; Rosemberg 1918,p. 19, fig 31; Breglia 1941, p.30, n. 47-48,v. 6,3 4; Siviero 1984, p.15,n.23; Orte argent 1961, 1. 229; Ier 1980, p.31, n. 2, fg. 2; De Juli 1990, pp. 490-491; Guzzo 1993, pp. 260-261, O VIIΟἽ; Giove 1994, p. 155, . 77; Cassano 1996,p. 121,n. 1028;; De Juli 196 a, pp. 550-551; Montanaro 2006,pp. 5455, cat 3.
Fig. 402. 109.2. Coppia di cerchi apuli in oro con decorazione a sbalzo e a pulviscolo (da Montanaro 2006, cat. 3.1.) 499
109.3. Coppia di pendenti Oro, lamina martellat filigrana e godronatura. h.em4,3 e em 42. Napoli, Museo Archeologico Nazionale (già collezione Ficco-Cervone, 1838) Inv 24766-24767. Seconda metà delVI secolo a.C.
1 pendenti sono formati da un cilindretto di lamina chiuso al di sopra da una calotta sferica con cappelletto finale sormontatoda unappiceagnolo. Icilindro, forato in due punti, è omato a un capo e al centro con due comici sovrapposte in filigrana a giri paralleli. Una fascia simile borda la calotta nel punto d'innesto con la parte cilindrica. Bibliografia: Breglia 1941, p. 30, nn. 49-50; Siviero 1954, p. 16, n. 28; Guzzo 1993, p. 232, P VIL var a 1; Giove 1994, p. 155, n. 78; Cassano 1996, p. 122,n. 10.33; Montanaro 2006,p. 73, cat 5.1 109.4. Coppia di balsamari Posta vites. hem 77e em 7. Napoli, Museo Archeologico Nazionale (già collezione Ficco- Cervone, 1838) Tav, 24876-24879. Fine Viinizi V secolo a.C.
Lacunosi. Corpo ovoidale appena rastremato in basso, breve e stretto collo cilindrico, piccolo piede, anse ad occhiello tra orlo e la spalla. Sull’orlo linea gialla; sul ventre linee a zig-zag orizzontali e parallele, una gialla e una bianca, tra fasce orizzontali bianche e gialle. Bibliografia: Ursi 1835, pp. 138-139; Usi 1836 8, pp. 148-149; Ruggiero 1888,p. 563,nn. 910; Cassano 1996, pp. 121-122, n. 10.29.
500
109.5. Oinochoe di tipo corinzio attica a figure nere Argilla arancio, vemice nera opaca hem 8; diam. piede cm 4,3. Napoli, Museo Archeologico Nazionale (già collezione Ficco-Cervone, 1838). ἴων. 80794, Fine Vl-nizi V secolo a.C.
Integra. Lievi scrostature della vernice. Apoda, corpo cilindrico, spalle leggermente arrotondate, collo cilindrico, bocca trilobata, ansa a nastro sormontante impostata verticalmente sull’orlo e sulla spalla. Sul corpo è una fascia rossa a risparmio; sulla spalla, sul campo rosso a risparmio, sono dipinti motivi a foglie di edera. Bibliografia: Ursi 1835, p. 137; Ursi 1836 a, p.147.
Fig. 403. 1093. Coppia di pendenti cilindrici in oro (da Giove 1994, fi. 79).
Fig.404. 109.5. Oinochoe atica di tipo corinzio con decorazione fitomorfa (Foto dell’Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica di Napoli c Caserta) 501
Tomba 110 110.1. Collana Oro; filo a treccia, pendenti a stampo, de corazionea pulviscolo, granulazione incisione e sbalzo. Lungh. cm 32. Napoli, Museo Archeologico Nazionale (già collezione Ficco-Cervone, 1838) Inv. 24883 Produzione etrusca Prima metà del V secolo a.C. (480-470 circa)
La collana è costituita da un nastro formato da quattro fili intrecciati, fermati alle estremità da due fermagli costituiti da tre anelli saldati ad una sferetta centrale e ad una basetta a nastro filigranato, con orlo godronato, privi di elementi di aggancio perduto. Dal nastro pende un sistema di catenelle a maglia, su due fili, che formano una sequenza di pentagoni alternati a triangoli nella fila superiore ed una di rombi in quella inferiore. Entro la maglia superiore sono collocati diciannove fiori di loto alternati a ventuno ghiande (una è perduta), entro quella inferiore ventuno teste di satiro alternate a venti ghiande di dimensioni maggiori delle precedenti. Ai vertici dei triangoli, sotto le teste di satiro, pendono altri diciannove fiori di oto, di due forme differenti. I pendenti sono eseguiti a matrice e presentano la superficie non in vista piatta; la decorazione alternata negli elementi vegetali presenta zone granulate e zone decorate a pulviscoloa zone lisce. Le teste dei satiri presentano la capigliatura e una delle rughe frontali realizzate a granulazione, mentre la barba è resa con la decorazione a pulviscolo. Sia alle teste di satiro che agli elementi a ghianda va attribuito un valore apotropaico. Lo stile dei volti rimanda ad esperienze del più tardo ionismo, collocabili intorno al 480-470 a.C. 502
Bibliografia: Sanchez 1835, p. 263; Usi 1835, pp. 138-139; Braun 18360, pp. 73-74; Uni 1836 a, pp. 148-149; Fenicia 1840,p. 195,n. 14; Documenti Inediti TV, 1880, p.83; Ruggiero 1888,p. 63, n. 1; Guida Ruesch 1908,p. 406, n. 1865, fi. 90; Pesce 1932, p. 10, fig. 9: Breglin 1941, pp. 25-26, n. 22, tav. 3,1; Siviero 1954,p. 18,1 34, tavv. 34-37; Becatt 1955,p. 180, n. 273, tv. ΤῊ; Ori e argenti 1961,n. 228; D'Agostino 1974, p. 238, ta. 102; CristofaniMarelli 1983, p. 295,n. 161; De Juliis 1990, p. 400, fig. $75; Guzzo 1993, p. 204, C VI var. a 1, Cassano 1996,p. 122, n. 100; Montanaro 2006, pp. 33-34, n. 1.1
110. Collana Oro; lamina martellata, decorazione ἃ sbalzo, a filigrana, a pulviscolo Lungh. cm 57. Napoli, Museo Archeologico Nazionale (già collezione Ficco-Cervone, 1838). Inv. 24654, V secoloac.
La collana risulta composta da quarantaquattro (44) vaghi sferici di lamina d’oro decorati con motivi e tecniche diverse: a sbalzo, a granulazione, a pulviscolo, a filigrana, a palmette, a foglie di edera. Per la Breglia la varietà delle tecniche e dei motivi decorativi dei vaghi sarebbe indizio di cronologie diverse. Bibliografie: Ursi 1835, p. 139-140; Braun 18368, pp. 73-74; Ursi 1836 a, pp. 149-150; Fenicia 1840, pp. 195-196; Documenti Inediti IV, 1880,p. 82; Ruggiero 1888, p. 563, n. U1; Guida Ruesch 1908, p. 408, n. 1870; Bregli 1941,p. 23, n.23, tax 4,1; Siviero 1954,p. n. 18; Ori e argenti 1961, n. 231; Guzzo 1993, p. 188, C 1 B 2; Giove 1994, p. 153, n. 7l; Cassano 1996a, p. 122, n. 1031; Montanaro 2006, p. 37, cat 1.6.
Fig. 405. 110.1. Collana in oro di fattura etrusca con pendenti testa silenica, ghiande e fiori di loto (da Cristofani-Marelli 1983, fig. 161).
Figg. 406-407. 110.1. Particolari dei pendenti della collana (da Cristofani-Martelli 1983, fig, 161 e da Buzzi 1984, fig. a p. 113). 503
Bibliografia: Ursi 1835,p. 139; Braun 18362, pp. 73-74; Ursi 1836 a, p. 150; Fenicia 1840, p. 196; Documenti Inediti IV, 1880, p. 83; Ruggiero 1888,p. 563, n. 12; Breglia 1941,p. 26, n.25, tav. 8,6; Siviero 1954,p. 14,n. 17; Guzzo 1993, p. 183, C 1 B 3; Giove 1994, p. 153, n. 72; Cassano 1996,p. 122,n. 1032; Montanaro 2006, p. 37, cat. 17
1104-5. Coppia di fibule Oro; lamina martellata, decorazione a sbalzo, a granulazione e a pulviscolo. Lungh. em 7,5 72; lungh. arco em 3,0; lungh. testa em 12. Napoli, Museo Archeologico Nazionale (giù collezione Ficco-Cervone 1838). Inv, 24884-24885, V secolo aC.
Fig. 408. 1102. Collana in oro composta da 44 vaghi sferici (da Montanaro 2006, cat. 1.6), 110.3. Collana
Oro: amin martellata, decorazione a sbalzo e rnulzine. Napoli,gh cm28 Misco Archeologico Nazionale (gk collezione Fico Carvne, 1838. Inv. 24651 Vaccoloας, Sono state infilate in epoca recente le due metà di ogni sfera. La collana è composta da cinquantonove (59) emisfere di lamina decorate a sbalzo con effetto granulazione, originariamente saldate a formare i vaghi di una collana. Il tipo è lo stesso descritto per i vaghi della collana precedente cat. 110.2.
504
Le fibule sono ad arco semplice ingrossato al centro e lunga staffa che termina con una testa di ariete a stampo. L'arco è decorato con un motivo di file di triangoli a granulazione e con motivi spiraliformi infiligrana. Alle due estremità dell’arco sono due capsule biconiche. Sulla testina dell’ariete è una finissima granulazione a pulviscolo che sortisce un effetto realistico imitando in maniera eccelsa il vello dell'animale. Sulla faccia superiore della staffa è presente un motivo decorativo costituito da cerchi concentrici e globeti. All'estremità della staffa, all’innesto dell’arco e della testa ferina sono saldati due cilindretti di lamina striata con comici di filo godronato. Bibliografia: Ursi 1835, pp. 148-149; Schultz 1836, p. 73; Ruggiero 1888, p. 563, m. 7ὃ; Breglia 1941, p.28,nn. 33-34, v 5, 12; Siviero 1954, p. 14, n. 21; Guzzo 1993, p. 147, FIV E23; Giove 1994,p. 154, n. 75; Cassano 1996 a, p. 123,n. 1036; Montanaro 2006,p. pron
110.6- . Coppia di fibule Oro; lamina martellata, decorazione a granulazione, pulviscolo e Éligrana. Lungh, em 11,5€ 114; lungh. arco cm 4,3 € 4,4; lungh. testa cm Lie 1,7. Napoli, Museo Archeologico Nazionale (gii collezione Ficco-Cervone 1838) nv 24865-24866. V secolo aC.
Le fibule sono ad arco semplice ingrossato al centro e lunga staffa che termina con una testa di ariete a stampo. L'arco e la staffa sono decorati con un motivo a file di triangoli granulati e con motivi spiraliformi in filigrana. Sulla testina dell'ariete è una finissima decorazione a pulviscolo, che sortisce uno splendido effetto veristico imitando il vello dell'animale in maniera eccezionale. Alle estremità della staffa, all'innesto dell’arco e della testina di ariete, sono saldati due cilindretti di lamina striata con comici di filo godronato. Bibliografia: Ursi 1835, pp. 148-149; Schultz 1836, p. 73; Ruggiero 1888, p. 563, nn. 46; Breglia 1941, p. 28, sn. 3132, tav 5, 1-25 Siviero 1954,p. 15,n. 22; Guzzo 1993, p. M7, FIVE 5-6: Giove 1994 p. 154, n. 75; Cassano 1996a, p. 123,n. 10.35; Montanaro 2006, p. dsn 22.
110.8. Fibula Oro; lamina martellata, decorazione a ligrana, pulviscolo e granulazione. Lungh. cm 9,9; h. cm 3,4;h. testa em 18 Napoli, Museo Archeologico Nazionale (già collezione Ficco-Cervone 1838) Inv. 24867. V secolo aC.
Integra. La fibula è dello stesso tipo delle coppie di fibule precenti cat. 110.4-5 e cat. 110.6-7. Decorazione: sulla faccia laterale della staffa, due file di granuli
Fig. 409. 110.3. Collana in oro composta da 59 semisfere (da Montanaro 2006, cat. 1.7).
sono distinte da un cordoncino; la faccia superiore è delimitata da rocchetti. La testina dell’ariete, accuratamente ripresa con tocchi di bulino, è collegata alla staffa mediante un collarino con motivo ἃ onda in filigrana. La testa dell’animale è più grande rispetto alle testine di ariete delle altre fibule simili, precedentemente analizzate, ed è decorata con una finissima granulazione a pulviscolo, ancora più fitta rispetto alle altre fibule, che sortisce un eccezionale effetto realistico nella resa del vello dell'animale. Bibliografia: Uni 1835, pp. 148-149; Schultz 1836,p. 73; Ruggiero 1888, p.563, n. 8; Breglia 1941,p. 28, n. 35, ta 5, 5-6; Siviero 1954, p. 14,n. 20; Becat 1955,n. 269; Guzzo 1993, p. 147, F IV E 4; Giove 1994,p. 154,n. 74; Cassano 1996 a, p. 123, n. 10.37; Montanaro 2006, pp. 45-46, cat. 2.3.
505
Fig. 410. 1104-5. Coppia di fibule in oro con staffa terminante a testa di ariete (da Montanaro 2006, cat. 2.1).
Fig. 411. 110.6-7. Coppia di fibule in oro con staffa terminante a testa di ariete (da Montanaro 2006, cat. 2.2. 506
Fig. 412. 110.8. Fibula in oro con staffa terminante a testa di ariete (da Montanaro 2006, cat. 2.3.)
110.9. Oinochoe attica a figure rosse Agila rosaarancio, vernice nera lucente con riflessi metallic hem 12,1 Oxford, Ashmolean Museum, inv. 1927.66. Attributa lla tarda maniera di Douris 480470 aC
Forma 8 b (Beazley). Integra. Basso piedeconbanda risparmiata, corpoovoide, collo a profilo concavo, orlo estroflesso, labbro svasato, ansa a nastro piuttosto concava impostata orizzontalmente. È raffigurata una giovane donna con testa rivolta all’indietro, vestita con chitone € mantello, che si muove verso destra con un fiore nella sinistra. Sopra di lei è l'iscrizione KAA[OX] HIKETEZ. Linee marroni sul chitone, capelli marroni, fiore Bibliografia: CVA Oxford 1, pp. 114-115, tav 62,6; Beazley 1963, p.815,n.4, p. 1583, n.2.
110.10. Cratere a colonnette attico a figure rosse Argilla arancio, vernice nera lucente con riflessi metallici. Rem 53,5; dim, orlo cm 46,8. Napoli, Museo Archeologico Nazionale (già collezione Ficco-Cervone, 1838) Inv 81403 (= Heyd. 2415). Attributo al Pittore di Leningrado 480.470 €
Integro. Lievi sbreccature sull’orlo, qualche incrostazione. Decorazione accessoria: sull’orlo, doppia fila di foglie di edera cuoriformi; sul corpo, la scena figurata è delimitata ai lati da una doppia fila di foglie di edera cuoriformi verticali; nella parte inferiore del corpo, motivi lanceolati. Lato A: scena di simposio. Asinistra, uomo sdraiato sulla Kline, con skyphos nella sinistra e kylix nella destra, intento al gioco del Kortabos; dietro è una donna stante che suona il flauto. A destra, coppia di uomini sdraiati sulla Kline intenti a parlare, entrambi con ky/ix nella 507
Fig. 413. 110.9. Oinochoe attica a figure rosse attribuita a Douris (480-470 a.C.) con la raffigurazione di una giovane donna con un fiore in mano (da CVA Oxford I, tav. 62,6).
mano. Davanti ai simposiasti, tavoli e un paio di stivali; in alto è un'iscrizione greca: XIKON. LatoB: scena di simposio. È raffigurata una donna stante, che suona il doppio flauto, tra tre uomini sdraiati su Alinai con 4i: nella mano intenti a bere. Uno dei simposiasti ha una lira nella sinistra Anche qui, in alto, campeggia l'iscrizione. greca presente sul lato A. Bibliografia: Braun 1836, p. 114; Gerhard 1840, p. 189, n 5; Heydemann 1872, pp. 287-288, n 2415; Beazley 1963,p. 567,n. 1 110.11. Lekythos attica a fondo bianco e contorni neri. Argilla arancio, vemice bianca, vernice nera Incente hem 247; diam. oo em 52. Napoli, Museo Archeologico Nazionale (già collezione Ficco-Cervone, 1838). Inv. 81267 (= Hoyd. 2458). Attributo al Gruppo del Pitore di Bowdoin, Gruppo delle Semi-Outline Leto. 480460... 508
Integra. Orlo e piede lievemente sbreccati, vernice nera scrostata in qualche punto, vernice bianca evanida in alcuni punti. Decorazione accessoria: alla base del collo, raggi; sulla spalla, fila di palmette in nero; sul corpo, la scena figurata è delimitata in alto da un meandro interrotto da riquadri con croce di Sant'Andrea. Decorazione figurata: è raffigurato un uomo ammantato che si appoggia ad un bastone; davanti a lui, ai piedi, è un gallo. Nel campo, una lira, un alabastron ed uno strigile sospesi; iscrizioni. Bibliografie: Heydemann 1872, p.305, n. 2458; Haspels 1936, p. 262, n. 1; Beazley 1963,p. [n
110.12. Squat-Lelythos attica a figure rosse Argilla arancio, vertice nera lucente con riflessi metallic. hem 13,5; diam. orlo cm4. Napoli, Museo Archeologico Nazionale (già collezione Ficco-Cervone, 1838) Inv. 81560 (= Heyd. 3134) Seconda meta del V secolo a.C.
Integra. Bocchello campanulato lievemente sbreccato, vernice nera scrostata in alcuni punti. Decorazione accessoria: alla base del collo, raggi; sul corpo, la scena figurata è delimitata da una serie di ovuli, sotto l’ansa, palmette. Decorazione figurata: a sinistra è un giovane nudo, con strigile nella destra € corona nella sinistra, che si dirige verso una donna stante, vestita con un lungo chitone, che guarda un erote, che le è di fronte, che ha un lungo ramo nella destra Bibliografia: Heydemann 1872, p. 477, 0, 314.
TIT
Fig. 414. 110.10. Cratere a colonnette attico ἃ figure rosse del Pittoredi Leningrado (480-470 a.C.) con scenadi simposio: lato A (Foto Archivio Soprintendenza Archeologica di Napoli e Caserta)
110.13. Lekythos attica a figure rosse Acgilla arancio, vernice mem lucent, sovraddipinture in bianco. h . cm 16,5; diam. piede cm 8,5; diam, orlo cm 4 Londra, British Museum (già Collezione Stevan), Inv. BM Cat. Vases E 698. Atributa al Pittore di Meidias. 1410-400 a.
Integra. Vernice nera scrostata in alcuni punti. Decorazione accessoria: alla base del collo, raggi; sul corpo, la
scena figurata è delimitata, in alto, da una serie di palmette c, in basso, da una fila
di ovuli; sotto, l'ansa, girali e palmette. Decorazione figurata: da sinistra a destra, donnastante ὙΓΊΕΙΑ), vestita conchitone trasparente e himation decorato con stelle, di cui tiene un lembo colla sinistra, donna stante (TIANAAIZIA), che ha una phiale con frutta nella destra e un ramo di lauro con bacche nella sinistra, che si appresta a cedere ad una donna seduta su una roccia (EYAAIMONIA), vestita con chitone trasparente e himation sulle gambe, con corona radiata sulla testa, che ha una collana di perle tra le mani. La donna ha la testa rivolta indietro verso un giovane 509
Figg. 415-416. 110.10. Cratere a colonnette attico a figure rosse del Pittore di Leningrado (480-470 aC.) con scena di simposio: lato B (Foto Archivio Soprintendenza Archeologica di Napoli e Caserta), 510
nudo (TOAYE), stante, con clamide sulle spalle e due lance nella destra; dietro di lui è una donna stante (KAAH) che guarda la scena. Sopra la donna seduta, è un erote che vola verso di lei per prendere la corona, appesa di fronte a lui, con cui incoronare la donna. Bibliografia: Minervini 1845, pp. 81-87, tav. UL, ArehZeit 1880, p. 191; Smith 1896, pp. 346-347, E 698; Beazley 1963, p. 1316, ; Burm 1987, gg, 20, d.
110.14. Askos attico a figure rosse Argilla arancio, vemice nera lucentecon riflessi metallici. A. em 72; diam. orlo cm 32. Napoli, Museo Archeologico Nazionale (già Collezione Ficco-Cervone, 1838). Inv. 81504 (= Heya. 3053) Fine del V secolo a.
Ricomposto da vari frammenti Vernice nera scrostata in alcuni punti. Sul corpo, sono raffigurati due felini maculati affrontati. Bibliografia: Heydemann 1872, p. 459, n 3053, 110.15. Candelabro Bronzo, a fusione piena, decorazione a sbalzo. hem 725. Napoli, Musco Archeologico Nazionale (già collezione Ficco-Cervone, 1838) Inv. 72196. Seconda metà del V secolo a.C. Produzione etrusca
Integro. Patina verdastra, alcune parti presentano delle evidenti tracce di corrosione. Il candelabro è formato da un tripode, terminante con zampe leonine ottenute a sbalzo, su cui poggia una piccola base. Su quest'ultima poggia una figura virile nuda, stante, che sorregge una
colonna, sagomata in due punti; al centro è una colomba, applicata, che sembra salire sulla colonna. la colonna termina in alto con un capitello che sorregge un piccolo recipiente quadrato per contenere l'olio, ai cui quattro angoli sono applicate altre quattro colombe. Sulla base superiore del candelabro è incisa l'iscrizione etrusca AMIOYM (SUTHINA) Bibliografia: MuseoBorb XII, 1845, av. XIV; Guida Ruesch 1908,p. 376, n. 1689.
110.16. Cratere a volute attico a figure rosse Agia arancio, vernice mem lucent,
sovraddipinture in bianco e giallo, R. cm 75;diam. orlo em 33,5, Napoli, Museo Archeologico Nazionale (già collezione Ficco-Cervone, 1838) Inv. 81673 (7 Heyd. 3240) Attributo al Pitore di Pronomos 410-400 ac.
Integro. Decorazione. accessoria: dall'orlo alla spalla, fila di ovuli, un kyma lesbio, un fregio di palmette diritte, una coronadi foglie e bacche di alloro, una fila di ovuli; sotto la scena figurata, fregio di meandri e pannelli a scacchiera alternati; la voluta delle anse è accompagnata da una ghirlanda di alloro e bacche bianche. Lato A: la scena, con numerosi personaggi distribuiti su due registri, tutti identificati dai nomi iscritti accanto, rappresenta la preparazione della recita di un dramma satiresco alla presenza di Dioniso e Arianna, seduti su una Kline al centro del registro superiore. Il dio ([Ar]ovvoo0), nudo nel torso, ha drappeggiato sulle gambe un himation sontuosamente ricamato (sfinge), e sui capelli porta una corona d'edera e una benda; nella destra ha il tirso e con la sinistra abbraccia Arianna che, guardandolo, su
Fig. 417. 110.11. Letyrhos attica a fondo bianco del Pittore di Bowdoin (470-460 a.C.) uomo e gallo davanti ad una stele funeraria (Foto dell'Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica di Napoli e Caserta).
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risponde al suo gesto. La fanciulla indossa chitone e Aimation ricamati (protomi di cavalli), porta gioielli alle braccia e al collo, e una benda nei capelli raccolti in una crocchia. Accanto ad Arianna siede una fanciulla (Musa?) che guarda verso la coppia divina; porta chitone ricamato e ricchi gioielli; nella sinistra regge una maschera femminile bianca con lunghe ciocche. Le sta accanto, a sinistra, in ginocchio, il piccolo Himeros (Irepo0), la personificazione del Desiderio, che tende le mani verso la maschera, Ancora più a destra è una coppia di personaggi affrontati. Il primo è un attore barbato, il cui ruolo di Eracle è dichiarato oltre che dall'iscrizione (HpaxAco) dai suoi attributi: la clava che porta appoggiata sulla spalla sinistra e l'arco e la faretra al fianco sinistro. Per il resto veste un corto chitone manicato riccamente ricamato, alti stivali e una corazza gialla; nella destra abbassata regge una maschera gialla dalla barba arruffata e munita dello scalpo leonino. Gli sta di fronte un attore, anche lui barbato, identificato come il capo dei Sileni, il cosiddetto Papposileno, dal chitone manicato punteggiato di ciuffi di peli bianchi, e dalla maschera barbata di Sileno coronata d'edera che leva nella. destra mostrandola all’Eracle; sulla spalla sinistra porta una pelle felina bianca, nella sinistra ha un bastone. Alle sue spalle è un tripode su una colonna; oltre, sotto l’ansa del vaso, siede il giovane coreuta Kallias (Καλλιασ), con una corona di edera intorno al capo, nudo, vestito solo di un perizoma di pelle munito di una coda da Satiro e di un fallo; nella sinistra ha una maschera barbata satiresca e guarda il Papposileno. Sul lato sinistro della Kline. di Dioniso, oltre un esile tralcio di vite dai grappoli gialli, sta un attore barbato con la ricca veste del re e un lungo Rimation
ricamato. Tenendo nella destra abbassata una maschera gialla con barba e riccioli, si volge verso due giovani coreuti, Euagon e Dorotheos (Evayov, Δωροθεοσ), entrambi vestiti del costume silenico, il perizoma peloso e recanti nelle mani le loro maschere satiresche. Euagon mostra Ja propria al compagno, appoggiandoglisi amichevolmente sulla spalla. Anche da questo lato vi è un tripode decorato con bende bianche oltre il quale siede il coreuta Eunikos (Eovikoc), che si volge intorno con la maschera satiresca nella destra. Il centro del registro inferiore è occupato dalla figura seduta del flautista Pronomos (Ipovopoa), vestito di un himation ricamato e coronato di alloro, in atto di suonare. Lo saluta, a destra, come partendo, il giovane citaredo Charinos (Xapwoo), con lo strumento nella sinistra abbassata e vestito di una sola clamide sulle spalle. A destra di Charinos è il coreuta Dion (Av) che, con la maschera satîresca in mano, conversa con il compagno Philinos (Φιλινοσ), vestito del solito costume satiresco € seduto davanti al basamento del tripode. Dietro di loro, sotto l'ansa, sta un altro gruppo di due coreuti in conversazione. A sinistra di Pronomos è un altro coreutaSatiro, Aikoledes (Atxohedea), che prova la danza satiresca, la sikinnis, col volto coperto dalla maschera. Seduto su un banco, lo guarda ammirato il giovane musico Demetrios. (Δημητριοσ), coronato d'edera e vestito solo di una clamide, con un flauto nella sinistra. Sul banco è posato un altro flauto e una cetra è sospesa alle sue spalle. Infine segue, al di sotto dell'ansa, un altro gruppo di due giovani coreuti-Satiri: il primo, Charias (Xapi), seduto col piede sinistro poggiato su una pietra, addita Aikoledes al compagno Nikomachos (Νικομαχοσ)
che, dietro di lui, si appoggia sulla sua spalla destra. LatoB: Dioniso e Arianna raffiguratiin un abbraccio intenso mentre camminano verso destra. Il dio porta la cetra nella destra, mentre Arianna ha una fiaccola nella sinistra. I due sono raffigurati tra Satiri e Menadi danzanti o suonanti il doppio flauto, mentre un erote, in volo verso destra, segue la coppia. Bibliografia: Ursi 1836 a, pp. 172-177; Ursi 1836 b, pp. 5-2; Laviola 1837, pp. 85 e 97. 104; Heydemann 1872, pp. 546-550, n. 3240, con letteratura anteriore; Beazley 1963,p. 1336, n. 1; Arias-Hirmer-Schefton 1962, pp. 377380, tavy, 218-219; Trendall-Webster 1971, p. 29, IL; Boardman 1989, pp. 167-168, fig 323; LIMC Y, |, sv. Heralls, n. 3240; Green andley 1995, pp. 22-23, n. 5; De Caro 2001, pp. 105-107, . 59, 110.17. Kantharos attico a figure rosse. Argilla arancio, vernice nera lucente con riflessi metallic. hem 11,5; diam. orlo em 9. Napoli, Musso Archeologico Nazionale (gi collezione Ficco-Cervone, 1838). Inv. 81497 (- Heyd 3151) Attribuito al Pittore di Monaco 2335. Seconda metà del V secolo a.C.
Integro. Due testine — plastiche (satiro) collocate in corrispondenza dell’attaccatura delle anse all’interno del labbro. In A) giovane donna con aquilone; in B) giovane donna ammantata. Bibliografia: Heydemann 1872, p.482,n.3151 Beazley 1963, p. 1167, n. 119; Todisco-Sisto 1998,p. 574, IL.
110.18. Kantharos attico a figure rosse Argilla arancio, vemice nera lucente: con riflessi metallic tn. cm 12,5; diam. orlo cm. Napoli, Museo Archeologico Nazionale (già 513
Fig. 418. 110.12. Lekythos aribalica attica a figure rosse. 'conda metà del V secolo a.C. (Foto dell'Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica di Napoli e Caserta). collezione Ficco-Cervone, 1838) Inv. 81499 (= Heyd. 3160). Attibuitoal Pittore di Monaco 2335. Seconda metà delV secolo a.C.
Integro. Due testine — plastiche (satiro) collocate in corrispondenza di l'ataccatura delle anse all’intemo del labbro. Su entrambi i lati è raffigurato un giovane uomo. Bibliografia: Heydemann 1872, p.485,n.3160; Beazley 1963, p. 1168, n. 124; Todisco-Sisto 1998,p. 574,1.
514
110.19. Kantharos attico a figure rosse Argilla arancio, vernice nera lucente con riflessi metallic. hi. cm 12,5: diam. orlo cm. Napoli, Museo Archeologico Nazionale (gi collezione Ficco-Cervone, 1838) Inv. 81498 (= Heyd. 3085). Attibuito al Pittore di Monaco 2335. Seconda metà del V secolo a.C.
Integro. Due testine — plastiche (satiro) collocate in corrispondenza dell’attaccatura delle anse all'intemo del labbro. Su entrambi i lati è raffigurato un giovane uomo.
Fig. 419. 110.13. Lekythos attica a figure rosse del Pittoredi Meidias (da Bum 1987, figg, 20, cd. Bibliografia: Heydemann 1872, p. 464,n. 308 Betzley 1963, p. 1168, n. 125; Todisco1998, p.574, I,7.
110.20. Kantharos atico a figure rosse Argilla arancio, vernice nera lucente con riflessi metallici. hom 11,5: diam. orlo em 9. Napoli, Museo Archeologico Nazionale (già collezione Ficco-Cervone, 1838). Inv 81495 (7 Heyd. 3157). Attribuito al Gruppo di Bonn 9. Fine del V secolo a.C.
Integro. Testine plastiche (satiro) collocate incorrispondenza dell’attaccatura delle anse all’interno del labbro, In A) giovane donna con alabastron; in B) giovane donna (parzialmente integrata).
Bibliografia: Heydemann 1872, p. 484, n 3157: Beazley 1963, p. 1362, n. 5; TodiscoSisto 1998, p.574, 12. 110.21. Kantharos attico a figure rosse Argilla arancio, vemice nera lucente con riflessi metallic. hem 12,5; diam. orlo cm 8,5 Napoli, Museo Archeologico Nazionale (già collezione Ficco-Cervone, 1838) Inv. 81494 (= Heyd. 3079) Attibuito al Gruppo di Bonn 94. Fine del V secolo a.C.
Integro. Due testine — plastiche Gatiro) collocate in corrispondenza dell’attaccatura delle anse all'intemo del labbro. In A) giovane donna con alabastron; in B) giovane donna (parzialmente integrata). 515
110.23. Hydria attica a figure rosse Argilla arancio, vernice nera lucent, sovraddipinture in bianco. cm 33,5; diam. orlo em 13,5. Napoli, Museo Archeologico Nazionale (già collezione Ficco.Cervone, 1838). ἴων, 81834 (= Heyd. 2912) Attribuita αἱ Pittore di Meleagro. Intorno al 400 a.
Fig 420. 11014. Askos atico a figure rosse. Seconda metà del V secolo aC. (Foto dell Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica di Napoli e Caserta). Bibliografia: Heydemann 1872, p.462, n.3079; Beazley 1963, p. 1362, n. 6; Todisco-Sisto 1998, p.574, 13.
110.22. Kantharos attico a figure rosse Argilla arancio, vemice nera lucentecon riflessi metallici D. em 12,5; diam. orlo cm 8,5. Napoli, Museo Archeologico Nazionale (già collezione Ficco-Cervone, 1838). Inv, $1496 (= Heyd. 3168). Atribuito al Gruppo di Bonn 94. Fine del V secoloa.C.
Integro. Due testine plastiche (Satiro) collocate in corrispondenza delPattaccatura delle anse all’interno del labbro. In A) giovane donna con una fascia; in B) giovane donna con benda. Bibliografia: Heydemann 1872, p.487,n.3168; Beazley 1963, p. 1362, n. 7; Campenon 1994, tav. 14,1; Todisco-Sisto 1998, p. 574, I, 14. 516
Ricomposta da frammenti. Vemice nera scrostata în alcuni punti, decorazione figurata perduta in alcune pari. Decorazione accessoria: sul collo, fila di ovuli; sul corpo, la scena figurata è delimitata inferiormente da un meandro interrotto da riquadri con motivi a scacchiera; sotto le anse, palmette e girali. Decorazione figurata: al centro campeggia la statua di una divinità, presso cui è un thymiaterion, Nei pressi della statua è raffigurata la scena del rapimento di Oreithyia da parte di Boreas che l'ha. caricata sulle spalle; intorno a loro sono dei giovani, alcuni con clamide e lance, e donne, una delle quali è inginocchiata presso un albero per rendere omaggio alla statua della divinità. Bibliografia: Schultz 1842, p. 70; Heydemann 1872, pp. 440-441, n, 2912, con bibliografia anteriore; Beazley 1963, p. 1412, n. 50; De Cesare 1997,p. 127, fig. 66. 110.24. Kylix attica a figure rosse Argilla arancio, vemice men luceme, sovraddipinturein bianco, cm 6; diam. em 20. Napoli, Museo Archeologico Nazionale (già elezione Ficco-Cervone, 1838). Inv. 82510(7 Heyd. 2602), Attributa al Pittore di Meleagro. Intoro al 400 C. Lacunosa, manca parte di un'ansa. Piccole incrostazioni. Decorazione ac-
cessoria: all'interno, tralcio di edera ondulato con bacche; la scena figurata è circondata da un meandro interrotto da riquadri con motivi a scacchiera o con linee incrociate; all'esterno, sotto le anse, girali e palmette. Decorazione figurata: nel tondo interno, erote che afferra con la destra il braccio destro di una donna, con corona nella sinistra, in fuga verso destra. All'estemo, su entrambi i lati, al centro è una Nike, stante, in atto di consegnare una corona ad un atleta che le sta di fronte, con uno strigile nella destra. Dietro di lei è un altro atleta, stante, con strigile nella sinistra. Bibliografia: Heydemam 1872, p.347,n. 2602; Beazley 1963, p. 1414, n. 86.
110.25. Coppia di cerchi apuli Oro, lamina martellata, decorazione ἃ rilievo ti cm 2,4; diam, cm 4,7. Londra, British Museum (gi collezione Blacas, 1867) Inv. BM Cat Jew. 1443-1444, Fine del V secolo a.C.
Integri. Lievemente ammaccati sul bordo. Gli esemplari sono costituiti da un basso cilindro di lamina liscio, alle cui estremità sono saldate due comici di differenti dimensioni: quella in alto più grandee decorata, quella più în basso, più piccola e semplice. La decorazione della cornice superiore consiste in due fasce comprese tra filî godronati: la fascia più esterna è decorata da un motivo ondulato in filigrane, mentre la fascia interna presenta una serîe di spirali, anch'esse ottenute con l'uso della filigrana. Insieme alla coppia di cerchi apuli vi erano anche dei balsamari in pasta vitrea. Bibliografia: Marshall 1911, p. 123, nn. 14431444; Harden 1981,pp. 102-103.
Fig. 421. 110.15. Candelabro in bronzo di produzione etrusca (Foto Archivio Soprintendenza Archeologica di Napoli e Caserta).
110.26. Coppia di balsamari Pasta vite, sowaddipinture im bianco, giallo e celeste. Dimensioni aryballo: hi. cm 7,2; diam. max em 45. Dimensioni anforistos: h. cm 8,8; diam. max em 37. Londra, British Museum (gi collezione Blacas, 1867). Inv. sconosciuto. Attributi alla Harden al Gruppo Mediterraneo Fine del V secoloa.C. 517
Figg. 422-423. 110.6. Cratere a volute attico a figure rosse del Pittore di Pronomos (410-400 a.C): lato A con particolare, scena con personaggi che reggono maschere di un dramma sairesco (da De Caro 2001, figg. ap. 105 ep. 107). 518
Integri. L'aryballos è apodo, ha il corpo globoso, breve collo cilindrico, anse ad occhiello tra l'orlo e la spalla, orlo svasato. Sull'orlo, linca gialla; sul ventre, tre fasce parallele gialle, lince a zig-zag bianche, gialle e celesti, linea gialla. L'anforiskos ha il piede a cercine, corpo ovoidale, lungo e stretto collo cilindrico, anse a bastoncello verticali, impostate sulla spalla, orlo svasato. Sull'orlo, linea gialla; sul collo, fascia gialla e piccole linee gialle parallele; sul corpo, sotto due line gialle, linee a zigzag bianche, gialle e celesti; sotto, linca gialla e linea bianca. Bibliografia: Harden 1981, pp. 80-81, tav. X, 174 ATA À, p.91, tav XII, 227 - 227 À 110.27. Olpe Bronzo; lamina martellata, patina vendasta. h, em 15,5; diam, orlo em 85; diam. piedeem 104. Napoli, Museo Archeologico Nazionale (già sollezonc Ficco-Cervone, 1838) Inv. 69404 Seconda metà del V secolo a.C.
424. 110.16. Cratere a volute attico a figure rosse del Pittore di Pronomos (410-400 a.C.): lato B, scena con Dionisio e Arianna (da De Caro 2001, fig. a p. 106).
Buona conservazione. Restaurata Lacunosa, manca la parte inferiore del manico. Patina verdastra distribuita in maniera uniforme su tutta la superdel vaso. Basso piede, como a profilo leggermente convesso, orlo estroflesso, labbro svasato. Ansa a nastro sormontante, che si attacca sotto l'orlo, terminante in basso con una testa di serpente appiattita. Bibliografia: inedita
519
Fig. 425. 110.17. Kantharos attico a figure rosse della "Classe di Bonn 94” (Foto Archivio Soprintendenza Archeologica di Napoli e Caserta)
Fig. 426. 110.20. Kantharos atticoa figure rosse della "Classe di Bonn 94" (Foto Archivio Soprintendenza Archeologica di Napoli c Caserta)
Fig. 427. 11023. Hydria attica a figure rosse del Pittore di Meleagro (410-400 a.C.): ratto di Oreithya da parte di Boreas (da De Cesare 1997, fi. 66) 520
Figg. 428-430, 110.24, Kylix attica a figure rosse del Pittore di Meleagro: tondo interno, lati A e B (Foto dell'Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica di Napoli e Caserta) 52
Fig. 431. 110.25. Coppia di cerchi apuli in oro (da Harden 1981, tav. X, 174-174A; tav. XIII, 227-227),
ig. 432. 110.26. Coppiadi balsamariin pasta vitrea (da Harden 1981, tav. X, 174-174A;av. XIII, 227-227 )
522
Fig. 433. 11027. Olpe in bronzo. Seconda ὀπποιὰ del V secolo a.C. (Foto Archivio Soprintendenza Archeologica di Napoli e Caserta)
Tomba 111
111.1. Cratere a mascheroni apulo a figure rosse Argilla beige, vernice ner sovraddipinture in bianco e giallo n cm 72; diam. orlo em 38. Napoli, Museo Archeologico Nazionale (già collezione Ficco-Cervone, 1838), Inv 82921 (= Heyd. 3228) Attributo αἱ Pittore dellIliupersis. 370-360.
Parzialmente ricomposto da numerosi frammenti. Diverse parti integrate con polifilla. Decorazioneaccessoria:sull'orlo, fila di ovuli, rami di alloro; sul collo, fila di foglie lanceolate, tralcio ondulato con foglie cuoriformi; sulla spalla, pseudobaccellatura; sul corpo, la scena figurata è delimitata inferiormente da un meandro interrotto da riquadri con motivi a croce; sotto le anse, girali e palmette. Lato A: sul collo, a sinistra, è un guerriero orientale, con copricapo frigio, che sta scoccando una freccia contro un giovane cavaliere, con clamide sulle spalle. Il cavaliere, a sua volta, si appresta ad attaccare col cavallo un guerriero a piedi, con pileo sulla testa, pronto a difendersi con scudo nella sinistra e lancia nella destra. Sul corpo, è raffigurata la scena di Achille che trascina il corpo di Ettore. A sinistra, in alto, dietro un rialzo collinare, sî vede un busto di un giovane guerriero, con clamide sulle spalle e pileo dietro la testa, che ha tra le mani sollevate uno scudo; davanti a lui è il busto di una donna, con corona nella destra e cassetta aperta nella sinistra. In bassoè raffigurato Achille su una quadriga, con la sola clamide sulla spalla destra, che trascina il corpo nudo di Ettore, ormai morto. Dietro è rappresentato un naiskos all'interno del quale è un guerriero nudo, stante, con
lancia nella destra e scudo nella sinistra; forse si tratta di Patroclo o della sua statua al di sopra del suo sepolcro. A destra, vicino al naiskos, è una donna stante col volto triste Lato B: al centro è Dioniso, nudo, con clamide pendente dal braccio sinistro e tirso nella sinistra, che si gira indietro verso una menade danzante, con tamburello nella sinistra, che ha il volto sollevato verso l'alto per estasi. Segueun satiro con situla nella destra e Kantharos nella sinistra; dietro è un’altra menade con phiale con offerte nella sinistra e tirso nella destra Bibliografia: Senchez 1836, p. 25, nota 1; Gerhard 1837, p. 54; Gerhard 1840, p. 188, n.d; Heydemann 1872,pp. 525-526,n. 3228; Trendall-Cambitoglou 1978, p. 194, n. 89: Lobmann 1979, p. 234, A 501, tav. I Pontrandolfo-Prisco-Mugione-Lafage 1988, p. 193, fig 43,3.
111.2. Pelike apula a figure rosse Argilla beige, vemice neva lente, sovraddipinture in biancoe giallo, hem 48,5; diam. orlo em 19. Napoli, Museo Archeologico Nazionale (già collezione Ficco-Cervone, 1838) Inv. 81392 (7 Heyd. 3231), Attribuita ad un cemmografo del Gruppo di Napoli 3231 3603504.C.
Integra. Decorazione accessoria: sul collo, fila di ovuli; sul corpo, la scena figurata è delimitata in basso da meandri e riquadri con croce greca; sotto le anse, palmette e girali. Lato A: in alto è Athena seduta; genio alato seduto, con corona; Hermes stante. In basso è una donna a capo velato (Elena), con phiale nella sinistra, 523
Figg. 434-435. 111.1. Cratere a mascheroni apulo del Pittore dellIlioupersis (370-360 a.C.): lato A, Achille sulla quadriga trascina il corpo di Ettore, immagine di Patroclo all'interno di un naiskos (Foto Archivio Soprintendenza Archeologica di Napoli e Caserta),
in movimento verso sinistra; verso di lei si dirige un giovane guerriero (Diomede), nudo, con clamide svolazzante sulla spalle e spada sguainata nella destra, con Palladio in braccio, in atto di allontanarsi da un tempio ionico con porte semiaperte, davanti al quale è un altare su cui arde un fuoco. Segue un guerriero (Odisseo), vestito con chitone e clamide sulle spalle, con pileo sul capo, lancia nella destra e scudo nella sinistra, in movimento verso sinistra; sacerdotessa (Teano) in fuga
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verso destra. Lato B: in alto, Afrodite seduta; Eros stante; Zeus seduto; Artemide seduta con cane. AI centro, Apollo seduto in atto di suonare la lira; di fronte a lui, Nike che gli porge una corona; due Muse, l'una stante con doppio flauto, l'altra seduta con arpa; davanti a lei, un cane. In basso, donna stante in atto di sistemare un copricapo a forma di canestro; tavolino; Musa con rotolo, stante su uno sgabello; Marsia seduto, con doppio flauto; capra.
Bibliografia: Laviola 1835 c, pp. 167169 Uni 1836 a, pp. 167-170; Braun 1837,p. 18: Laviola 1837,pp. 83-84; Gerhard 1840, p. 189, ‘n. 13; Finati 1843, p. 225; Minervini 1844 b, pp. 109-110; Minervini 1848, pp. 28-29; Jahn 1858, pp. 246-249; Heydemann 1872, pp. 529. 530, n. 3231; Documenti Inedi 1880,p. 83, n 18; Reinach 1899, p. 299, n. 1; Bieber 1917,p. 5 , fg. 227; Séchan 1926,pp. 156-157, ig, 4 Pickard-Cambridge 1946, pp. 84-85, fig. 12; Webster 1967 a, p. 149, n. LV: Moret 19755, pp. 14-81,n.23, tav. 34-5; Trendll-Cambitogiou 1978, p. 401, n. 15/29; Miroslav Marin 1981, p. 192; De Cesare 1997, pp. 235, 281, n . 54, 363, fig. 89; Todisco 2002 b, p. 76; Gadaleta Roscino-Sisto 2003, pp. 431-432, Ap 9l
111.3. Phiale apula a figure rosse Argilla beige, vernice — nera sovraddipinture in bianco e giallo h. em 15; diam. em 40. Napoli, Museo Archeologico Nazionale (già collezione Ficco-Cervone, 1838). In, 82039 (= Heyd. 2562). Attributa al Pittore dll liouperss. 360-350.
Ricomposta parzialmente da numerosi frammenti. Alcune parti integrate in polifilla. Vernice nera e decorazione figurata scrostate in alcune parti. Decorazione accessoria: sull’orlo ricadente, fila di ovuli; sul corpo, la scena figurata è delimitata inferiormente da un meandro interrotto da riquadri con motivia svastica; sotto le anse, girali e palmette. Lato A: Nike stante; Athena che regge la testa della Gorgone su una fonte, su cui si rispecchia il volto del mostro; segue Perseo (ΠΕΡΣΕΥΣῚ nudo, seduto; satiro. Lato B: al centro, presso un alberello su un rialzo roccioso, è raffigurato Penteo (HENTEYZ), nudo, con clamide avvolta intornoal braccio sinistro euna corta lancia nella destra che cerca di difendersi da tre menadi armate che lo stanno attaccando. A sinistra è una menade (Agave?) che gli ha già bloccato la lancia; dietro segue
Fig. 436. 111.1. Cratere a mascheroni apulo del Pittore dell’Iioupersis (370-360 aC): lato B, thiasos dionisiaco (Foto Archivio Soprintendenza Archeologica di Napoli c Caserta).
un’altra menade con una spada nella destra. A destra è una menade, raffigurata mentre corre verso Penteo, con una pelle ferina avvolta attorno al braccio sinistro e una spada nella destra. Bibliografia: Archintellignzbl 1837, p. 53: Minervini 1862 a, pp. 165-173: Heydemann 1872, pp. 333-334, n. 2562; Séchan 1926,pp 308-309, nota 9; Moret 1975 b, pp. 112-114, n. 51, tav. $9; Trendall-Cambitoglou 1978, p. 198,n. 8/52; Todisco 2002 b, p. 78; GadaletaRoscino-Sisto 2003, p. 426, Ap 74
525
111.4. Anfora panatenaica apula a figure rosse Argilla beige, _vemice — nera lucente, sovraddipinture in bianco e giallo. hem 55; diam. orlo em 17,5. Napoli, Museo Archeologico Nazionale (già collezione Ficco-Cervone, 1838) Inv. 82136 (= Heyd. 2289) Attribuita ad un ceramografo connesso con la produzione del Gruppo del Giudizio 360-3502.C.
Figg. 437-438. 1112. Pelike apula a figure rosse: lato A, ratto del Palladio da parte di Ulisse e Diomede (da Archeo 171, 1999, fig. ap. 104 e da Moret 1975, tav. 35)
526
Integra. Piccole scrostature della vemice; sul corpo qualche incrostazione. Decorazione accessoria: sull’orlo, ramo di alloro sinistrorso; sul collo, dall’alto in basso, palmette e fiori di loto in nero, fila di punti, pseudo-baccellatura, fila di ovuli; sul corpo, la scena figurata è delimitata inferiormente da un meandro interrotto da riquadri con motivi a croce greca o con linee incrociate; sotto le anse, palmette e girali. Lato A: è raffigurata una scena di offerta presso una stele. AI centro è una stele funeraria, su un alto basamento, sulla cui sommità è poggiato un cratere a calice a figure nere, sul quale è una tenia; sulla stele sono deposte varie offerte, uova, bende bianche e nere e un Kalathos con uova. A sinistra, in alto, è una donna seduta, vestita con chitone € himation riccamente ricamato che le copre le gambe, che ha un parasole nella destra e una phiale dorata nella sinistra. Sempre a sinistra, in basso, è un giovane stante, con gomito sinistro appoggiato ad un pilastrino, seminudo con clamide che gli avvolge le gambe, che ha una corona nella sinistra e un bastone nella destra. A destra, in alto, è un giovane nudo, stante, con clamide pendente dalle braccia, che ha un bastone nella sinistra, mentre nella destra ha un oinochoe dorata, piegata verso il basso in atto di versare del vino.
Fig. 439. 111.2. Pelikeapulaafigure rosse: lato B, fida tra Marsia c Apollo (da LIMCY, fig. 188,137).
In basso è una donna seduta, vestita con un chitone riccamente decorato, che ha tra le mani una tenia Lato B: al centro è una donna stante, su un rialzo roccioso, che ha nella sinistra una lunga tenia, mentre nella destra un kalathos che si appresta a poggiare sulla sommità di una stele che le è di fronte, più in basso. A destra è un giovane guerriero stante, ammantato, con lancia sollevata in alto nella destra; a sinistra è un altro giovane guerriero, stante, ammantato con lancia nella destra. A destra, în alto, si scorge il busto di una giovane donna ammantata che assiste alla scena.
Bibliografia Ursi 1836 a, pp. 170-172; Laviola 1837, p. 84: Gerhard 1840, p. 189, n. 12: Heydemann 1872, p.249-250,n. 2289; Patroni 1897, p. 138, fig. 93; Pagenstecher 1912,n. $3; Macchioro 1913, p. 35, fig. 5; Preyss 1914,p. 32, fi. 16; Trendall-Cambitoglou 1978, p. 265, ‘n 1040, tav 8,3; Lohmann 1979, pp. 232.233, À 436; Pontrandolfo-Prisco-Mugione-Lafage 1988, p. 189, fi. 38,3.
527
Fig. 440. 111.3. Phiale apula a figure rosse del Pittore dell’Ilioupersis: morte di Penteo (da Moret 1975, tav. 59).
Figg, 441-442. 111.4. Anfora panatenaica apula a figure rossc: lati A e D, scene di offerta presso una tomba (da Magna Grecia III, fig. a p. 183 e Foto Archivio Soprintendenza Archeologica di Napoli e Caserta). 528
112 — Tomba a semicamera rinvenuta su Corso Cotugno (già Via dei Cappuccini) Nel novembre del 1833, nel fondo del canonico Michele Ficco, situato sulla vecchia via dei Cappuccini, si rinvenne una grande tomba appartenente ad un guerriero, il cui corredo entrò a far parte della collezione Ficco-Cervone. La deposizione era accompagnata da un corredo di grande valore, che è possibile ricostruire sulla base delle relazioni del Laviola, riprese sia dal canonico Ursi nelle sue memorie sia dal Panofka nel Bullettino dell Instituto: si trovò, infatti, un grande cinturone di bronzo, il quale conservava ancora le parti in cuoio che costituivano la fodera dello stesso cinturone e persino il filo che cuciva la fodera alla parte metallica, ed una spada di ferro”. Faceva parte del complesso funerario anche «un orciuolo di finissima argilla...su cui vi era dipinta una quadriga di due cavalli bianchi e neri, regolata da un uomo col volto nero»"", da intendere come una lekythos, visto che il termine “orciuolo” ricorre spesso nelle relazioni del Laviola per indicare tale forma vascolare. Molto probabilmente si tratta della Jekythos attica a figure nere conservata nel Musco di Napoli (H. 2724, inv. 81229), attribuita al Pittore del Diosphos (500-490 a.C. circa), che raffigura una quadriga, guidata da un auriga, in corsa verso destra e due opliti anch'essi in corsa. A questi oggetti si aggiunge un vaso a campana a figure rosse raffigurante sul lato principale una scena di inseguimento che potrebbe essere identificato nel cratere a colonnette attico a figure rosse del Museo di Napoli, attribuito al Pittore di Alkymakos, databile fra il 480 e il 470 a.C. circa”. Il cratere, infatti, presenta sul lato principale una scena di inseguimento tra due personaggi, interpretabili come Menelao ed Elena. Infine, ciò che destò grande meraviglia negli scopritori fu il ritrovamento di un elmo di bronzo, il quale presentava attorno una corona di foglie di erba perfettamente conservate?” L’elmo, tuttavia, non fu portato a Napoli insieme agli altri reperti della collezione Ficco-Cervone, come d’altronde viene confermato dal notamento degli oggetti della suddetta collezione venduti al Real Museo Borbonico, dove tale elemento dell’armatura non compare nell’inventario; probabilmente, l'eccezionale esemplare confluì nel mercato antiquario napoletano per poi essere venduto all'estero. Forse può essere identificato nell'elmo di bronzo del tipo apileo, conservato nel Musco di Monaco di Baviera e la cui provenienza è ignota, attorno al quale corre una corona di foglie di alloro ottenuta a bassorilievo. PANOFKA 1834, p. 39; LAVIOLA in UnSt 1835, p. 128: «Sí rimvenne in un altro scavo.. una cintura alquanto larga, che si attaccava alla corazza.... Questa era una cintura che inviluppava tutto Il resto dell'armatura. era foderata di cuojo: richiama l'attenzione ed ammirazione di non pochi studios lio con ‘ui era vestito il metallo essersi serbato into dietro Il gir di tanti secol. Sì rinvenne una spada di forro due palmi lunga». 2 PANOFKA 1834, p.39; LAVIOLAin URS! 1835,p. 128. 75 PANOFKA 1834, p.39; LAVIOLA in URSI 1835, pp. 128-129: «Ad un alio vaso dell'atezza di un palmo, e mezzo a forma di campana iere ad una parte una donna, che era rapita da n uomo, esi difendeva impugnando una pala; dall'altra parte una figura oscena». 2 PANOFRA 1834, p.39; LAVIOLAin URSI 1835, pp. 129-130: «Tra tuti questi oggetti vi era un elmo di Bronzo con una corona di erba simile aquell che suol nascere mn faccia alle mura. Qual oggetto di ammirazione non offre allo spettatore iL vedere dietro i girodi tant secoli le fronde, e gi teli di questa erba essersi serbati in modo da distinguersi a qual genere di erba s'appartenga?». 529
112.1. Lekythos attica afigure nere Argilla rose-rancio, ingubbiatura arancio, vernice nera lucente, sovraddipinture in bianco cm 25,5; diam piede cm 5,5 Napoli, Museo Archeologico Nazionale (già collezione Ficco-Cervone, 1838). Inv. 81229 (= Heyd. 2724), Attributa al Pittore del Diosphos. 500-490 a.
Integra. Restaurata e ridipinta in alcuni punti, qualche sbreccatura sul piede, sull’orlo e sull'ansa, scrostature nella vernice. Piede profilato, corpo cilindrico, spalle leggermente oblique, collo cilindrico, bocchello campanulato. Decorazione accessoria: sulla spalla, fascetta rossa sovraddipinta attorno alla base del collo, motivi a goccia contrapposti; sul corpo, sopra la scena figurata, linea a zig-zag alternata a punti; al di sotto della rappresentazione figurata, banda nera. Sul corpo è raffigurata una quadriga (ma sembra una triga) con due cavalli neri e due bianchi che corre verso destra, controllata da un auriga barbato con chitone bianco che ne tiene le redini; tra l’auriga e i cavalli, oplita in corsa verso destra con lancia nella destra sollevata e scudo nella sinistra. Dietro la quadriga, è un altro oplita in corsa verso destra con la testa rivolta indietro, con lancia nella sinistra e scudo nella destra. Sopra le figure un'iscrizione tAa0o. Bibliografia: Panofka 1834, p.39; Usi 1835,p. 128; Heydemann 1872, pp. 374-375, n. 2724; Haspels 1936, p. 234, n. 57.
112.2. Cratere a colonnette attico a. figure rosse Argilla arancio, riflessi metallic hem 392. 530
vemice nera lucente con
Napoli, Museo Archeologico Nazionale (gii collezione Ficco-Cervone, 1838) Inv, 81299 (= Heyd. 3115) Attibuit al Pitore di Alkymachos. 480-470 a.
Integro. Qualche sbreccatura ndlPorlo e nel piede; piccole scrostature nella vernice. Piede troncoconico, corpo ovoidale, spalle oblique, collo cilindrico, orlo revoluto, labbro espanso. Decorazione accessoria: sull'orlo, doppia fila di punti; sul collo, motivo di foglie lanceolate, altemate superiormente a punti; finta baccellatura sulle spalle Lato A: a sinistra, è un uomo barbato stante, vestito con chitone e mantello, con scettro nella sinistra, che guarda la scena che si svolge a destra. AI centro è una donna, vestita con chitone smanicato, che fugge verso sinistra inseguita da un guerriero barbato, con elmo, lancia e scudo decorato da un oplita dipinto di nero, che cerca di fermarla col braccio destro (Elena e Menelao?). A destra, è una donna spaventata che fugge verso destra, anch'essa vestita con chitone smanicato. Lato B: due giovani ammantati con bastone, un terzo giovane sta in piedi di fronte e ha nella destra uno skyphos, con cui va loro incontro. Bibliografia: Panolka 1834, p. 39; Usi 1835, p. 129; Heydemann 1872, n. 3115; Beazley 1963, p.533,n.3.
1123. Elmo a pileo Bronzo; lamina martellata, decorazione ἃ sbalzo carilivo. fem. 27,5; lungh, cm 22. Monaco di Baviera, Antikensammlungen (già collezione Ficco-Cervone) Inv. (sconosciuto) Seconda metà del V secolo a.C.
Figg. 443-445. 112.1. Lekythos attica a figure nere del Gruppo di Leagros. Intorno al 500 a.C. (Foto dell'Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica di Napoli e Caserta)
Integro. Calota a forma conica allungata, arrotondata in alto e svasata in basso. Un bordo rilevato definisce nella parte inferiore una larga banda orizzontale. AI di sopra del bordo rilevato, l'elmo è circondato da una corona di foglie di edera arricchita da bacche, ottenuta a sbalzo e a bassorilievo e decorata con fini incisioni. Al di sotto del bordo rilevato sono presenti tre piccoli fori che dovevano servire per far passare il laccio di fissaggio del rivestimento interno in cuoio alla lamina.
1124. Cinturone di bronzo. 112.5. Spada di ferro. Lunga due palmi (circa cm 53).
Bibliografia: Panolka 1834, p. 39; Ursi 1835, p.128,
531
soil
NN
Figg. 446-447. 112.2. Cratere a colonnette attico a figure rosse del Pittore di Alkymachos (470-460 a.C.): lai A e B. La scena sul latoA raffigura l'inseguimento di Elena da parte di Menelao (Foto dell Autore, cortesia Soprintendenza Archcologica di Napoli c Caserta)
113 — Tomba a semicamera rinvenuta su Corso Cotugno (già Via dei Cappuccini) Nel settembre del 1834, in un fondo del Capitolo situato sulla via dei Cappuccini a poca distanza dalle mura della città, si rinvenne la tomba di un importante personaggio. La struttura, di forma rettangolare, fu trovata ad una profondità di venti palmi (= m. 5,30) ed aveva le dimensioni di palmi 20 x 6 x 8 (= m. 5,30 x 1,60 x 2,12). Lungo i lati della sepoltura vi erano degli incassi in cui poggiavano le travi in legno che sostenevano le lastre di tufo della copertura, poste orizzontalmente: la descrizione dettagliata della struttura presente nelle relazioni del Laviola™, ripresa nella memoria del canonico Ursi e dal Braun nel Bullettino dell’Instituto, induce a pensare che si possa trattare di una tomba a semicamera, visto che i termini tecnici usati dal Laviola ricorrevano spesso nei documenti del tempo per la descrizione di tali strutture funerarie. Purtroppo, idocumentimenzionatinonfornisconoinformazioniutilisulladeposizione, tuttavia le descrizioni puntuali degli oggetti rinvenuti consentono di ricomporre il prezioso contesto, di cui si impossessò il Cervone, confluito successivamente nella collezione Ficco-Cervone e venduto in seguito al Real Museo Borbonico. Si trovò, 2% LavioLAin URSI 1835, p. 1 1: «Nel Mese di Settembre 1834 in un fondo poco lungi dalle mura di Ruvo si scoprì la tomba di distinto personaggio profondata sino a vent palmi, i figura rettangolare. Lungo i lati vi erano degli Incassi, in cui poggiavano dè trai a traverso sui quali erano soprapposte lastre di fov; BRAUN 1836, pp. 162-163. 532
infatti, un cratere a volute a figure rosse che presentava, sul lato principale, la scena del duello tra Achille e Pentesilea e, sul lato secondario, una amazzonomachia””. II prezioso esemplare, che divenne subito famoso nella letteratura archeologica del tempo per la sua bellezza e la sua raffinatezza, corrisponde, senza ombra di dubbio, al cratere a volute attico a figure rosse, attribuito al Pittore dei Niobidi, conservato nel Museo Nazionale di Napoli (H. 2421), il quale raffigura, infatti, proprio il momento dell'uccisione di Pentesilea da parte di Achille e una scena di amazzonomachia. Faceva parte del corredo anche un vaso a tre manici, certamente una Aydria, che raffigurava una centauromachia nel registro superiore e scene bacchiche in quello inferiore™. Anche questo vaso è custodito nel Museo di Napoli: la descrizione dettagliata consente, in effetti, di identificarla con l’hydria protolucana (H. 3247), attribuita al Pittore di Amykos, decorata con una scena di centauromachia nel registro superiore e una scena dionisiaca in quello inferiore. Infine, è descritta una collana d’oro, composta da sei pendenti raffiguranti la testa di Eracle con la Jeonté alternati, e da un pendente configurato a grappolo di uva, considerato dal Laviola quale il pendente di un orecchino, ma che in realtà, come si può intuire da un disegno lasciatoci dall’Ursi, doveva essere uno dei pendenti della collana che si alternava con le teste raffiguranti il voltodi Eracle. Del prezioso ornamento che, secondo i documenti citati, era posseduto dal Cervone si è persa, tuttavia, ogni traccia, în quanto esso non è stato venduto al Real Museo Borbonico insieme agli altri oggetti: fortunatamente, oggi, ne rimane un pregevole disegno conservato nella memoria manoscritta del canonico Urs? 29 LAMOLA in URSI 1835, pp. 111-115: f questa tomba sienneun vasoa cratere alt e pali, due oncle, sei nella maggior circonferenza, e due palmi di diamero nella bocca... Sul collo del vaso è vivamente espresso un giovinetto, αὶ quale abbraccia da fianchi una donna, mentre un serpe morde l'ifeice garzone sulla ma del colo Quatro dome ottrrit da si fnesto spettacolo cercano αἱ fuggire ἃ piedi sci, rivolgendo indietro lo sguardo con spavento... sulla parte oppostai è un uomo firibondo, che on lunga picca cerca ferire una donne; metre are ein ‘tto di spaventosi danno alla fuga intorno αἱ corpo del vaso vi è dipinto con squisito pemelo il combattimento delle Amazzoni con i Greci in soccorso dà Troiani. I combattent sono quindici a figure rose sul campo nero. Penteslea a aval a traordinario destriere viene a singolar tenzone con Achille Quest già vibra il colpo, d un'Amazzone offe. il suo peto in difesa della sua Regina. Dall'una, e dall'altra part εἰ vedono i Greci valores, che combattono con ‘accanimento conto le Amazzoni, non armate di arco. Al opposto del vaso si vede il cocchio di Pantesilea con un ‘Amazone, chefa da auriga, ed Greci ella flo restano. I cocchio, che αἰ vede dipinto apparien senza dubbio ‘alla Regina delle Amazzoni, i rileva benissimo dl auriga essere un Amazone»; BRAUN 1836, pp. 16c 163 25 LAVIOLA in URS! 1835, pp. 115-117: Nello sesso sepolero i rimenne um anfraa re marchi ll tre palmi ed un quarto, che stringe nel coll, quindi αἱ allarga nella bocca sino a mezzo palmo di diametro. Vi sono su questo uso die ordini αἱ figure di color cameo su campo nero. Nel primo ordine vi sono nove centauri che combattono con nove Lapit. Questi sono armati i picche, e tti mud I Cenauri sono armati di gross rami d alber e di ss. L'atto vigorosodè Centauri nello scagliare dè gross sassi, e el vibrare colpi i barbcat alberi naturalmente espresso. nel secondo ordine v sono dodici figure: m genio alto in ato αἱ afferrare una donna, che ha uno specchio nella destra: un uomo nado col baculo nella sinistra, dal di cui braccio pende un velo è in tt di parlare ad una donna, che atenta. lo ascolta: un uomo in atto di spavento con um velo a guisa di sciarpa, che dalle spalle scende sulle braccia segue una. donna, che ha ella destra un fiore, nella sinistra n forziere: un uomo nudo col baculo, e con un veo che scende da su le braccia, in atto di spavento par. che digg la parolaa due lie donne, che sono intente a parare con un vomo mudo con baculo in mano, e dal coll gli pende n velo sulle braccia»; BRAUN 1836, pp. 16-164. DI LAVIOLA in URS! 1835, p. 117: «Furono oggetti dell stesso sepolcro sc piccoli mascheroni di oro, che pendono mediante un flograno lungo due pollici da un barilotto del medesimo metallo forato, da cui dobbiamo supporre che vi passase un filo, che serviva ad ornamento d gola: si rinvenne ancora un grappoleto di uva, che orse pendeva da qualche orecchino»; BRAUN 1836, pp. 163-164; URSt 1836 a, pp. 143-148 (disegno a pag 148) 533
113.1. Cratere a volute attico a figure rosse Argilla arancio, vemice nera lucente con riflessi metallic, ingubbiatura rosa sulle parti a risparmio. ἣν em 72,5; diam. orlo cm 36,5. Napoli, Museo Archeologico Nazionale (già collezione Ficco-Cervone, 1838). Inv. 81672 (= Hyd. 2421). Attributo αἱ Pitore dei Niobidi 460-450 aC.
Integro. Lievi sbreccature sull'orlo e sul piede. Piede profilato e campanulato, corpo ovoidale, spalle obli-que, collo indrico,orlorevoluto, anseabastoncello terminanti con delle volute. Decorazione accessoria: sull'orlo, meandro altemato a riquadri a scacchiera; sul collo, doppia fila di palmette alternate a motivi vegein basso la scena figurata è delimi tata da una fila di palmette oblique. Lato A: sul collo, al centro, è raffigurato Peleo, con corto chitone e mantello sulle spalle, che afferra con ambedue le braccia Teti, vestita con lungo chitone e con mantello sul braccio sinistro, che ha le braccia aperte in segno di spavento. A destra, sono due giovani donne, le Nereidi, con chitone, mantello e stephane, che fuggono spaventate verso destra, dove è raffigurato il centauro Chirone, con tirso nella sinistra, che assiste alla scena del rapimento. A sinistra, sono altre due Nereidi che fuggono spaventate verso sinistra, dove sono raffigurati due personaggi stanti ammantati, uno maschile con scettro nella destra e l’altro femminile. Sul corpo, è raffigurata la scena del duello tra Achille e Pentesilea. Al centro, è Achille, vestito con corto chitone, schinieri e corazza, con scudo nella sinistra, che con la lancia nella destra colpisce mortalmente Pentesilea, 534
vestita in costume orientale riccamente decorato, ormai in ginocchio, che allunga il braccio destro verso Achille in. segno di pietà. A destra e a sinistra, sono raffigurati Greci e Amazzoni a cavallo c a piedi che combattono. Lato B: sul collo, è raffigurato l'inseguimento di un donna da parte di Teseo armato di lancia. Sul corpo, è raffigurata la continuazione della scena di amazzonomachia rappresentata sul lato principale, con Greci a cavallo e Amazzoni a piedi. Bibliografia: Laviol in Ursi 1835, pp. 111-115; Sanchez 1835, p. 25; Braun 1836, pp. 116 € 165; Ursi 1836 a, pp. 143-147: Ursi 1836 b, pp. 1-4; Quaranta 1842, pp. 129-130; Schutz 1851, pp. 4-20; Heydemann 1872, pp. 294-298,n. 2421 (con una rica bibliografia ottocentesca); Beazley 1963, p. 600,n.13; La Magna Grecia nelle collezioni del Museo Archeologico Nazionale di Napoli 1996, fig. p. 63.
113.2. Hydria protolucana a figure rosse Argilla rosa-arancio, vernice nera lucente con riflessi metallic fn cm 64,5; diam. orlo cm 14. Napoli, Museo Archeologico Nazionale (già collezione Ficco-Cervone, 1838). Inv. 81950 (= Heyd. 3247), Attribuita al Pittore di Amykos. 4304208.
Integra; lievi sbreccature sull'orlo, vernice scrostata in alcuni punti. Piede campanulato, corpo ovoidale, spalle arrotondate, collo cilindrico, orlo svasatoe revoluto, anse a bastoncello impostate orizzontalmente sul corpo. Decorazione accessoria: sul labbro è un fregio ad ovoli; sul collo, fregio a palmette; i due registri sono divisi da un fregio di palmette, Sulla spalla è raffigurata una scena di centauromachia. Nove Lapiti
Fig. 448, 113.1. Craterea volute attico a figure rosse del Pittore dei Niobidi (460-450 a.C.): lato A, scena del duello tra Achille c Pentesilea (da La Magna Grecia nelle collezioni del Museo Archeologico di Napoli 1996, fig. a p. 63).
Fig 449. 113.1. Craterea voluteatticoa figure rosse del Pitore dei Niobidi (460-450 a.C): lato B, scena di combattimento tra Greci e Amazzoni Acquerello di Vincenzo Cantatore (da Miti greci 2004, fg, 74). 535
nudi con clamide sulle spalle, armati di lancia o di spada, con scudo nella sinistra e pileo sul capo, combattono contro nove centauri, armati di grossi rami di alberi e di grossi massi. Sul corpo, è raffigurata la scena di un corteggio dionisiaco, con una processione formata da menadi, eroti, satiri c uomini. A sinistra, è un erote che sta trattenendo con entrambe le mani una donna, vestita con chitone e mantello, che ha uno specchio nella destra; un uomo nudo, con clamide pendente dal braccio sinistro e bastone nella sinistra, sta parlando ad una donna che gli è di fronte e che lo ascolta attentamente. Un altro uomo, nudo, segue una donna che porta dei fiori ed ha una cassetta nella destra; segue un terzo uomo che sta parlando verso due donne raffigurate mentre sono intente a parlare con un altro uomo mudo stante, con clamide pendente dalle braccia, che porta, come tutti gli altri uomini, un bastone.
Figg, 450-451 1132. Hydria protolucana a figure rosse del Pittore di Amykos (ultimo quarto del V secolo a.C.). Alcuni particolari della decorazione figurata della spalla: centauromachia (da Moret 1975, tav. 62,1 c Foto Archivio Soprintendenza Archeologica di Napoli e Caserta)
Bibliografia: Laviola in Ursi 1835, p. 115-117; Braun 1836, pp. 163-164; Uri 18362, pp. 146 147; Gerhard 1840, p. 190, n. 7; Heydemann 1872, pp. 560.561, n. 3247; Trendall 1967,p. 45,1. 222; Trendall 1974, p. 34, n. 243; Moret 1975, tomo I, p. 5,n. 56, tav. 62/1 1133. Collana Oro; pendenti a stampo; decorazione ἃ sbalzo, a incisione e a granulazione Non sono note le misure Luogo di conservazione ignoto (già collezione Cervone, po collezione Clienti) Ne rimane il disegno in un manoscritto dell Uri Seconda metà del V secolo a.C.
La collana è composta da vaghi in lamina d’oro a forma di barilotto, forati, tramite i quali passava il filo in materiale deperibile che li univa; da alcuni di questi 536
vaghi parte un filo d'oro lavorato a treccia dal quale pende un mascherone d'oro ottenuto a stampo e lavorato a sbalzo, incisione e granulazione. Esso raffigura la testa di Eracle con la leonté. La barba dell'eroe è resa con una fita granulazione. Alternate alle sei maschere di Eracle sono dei pendenti a forma di grappolo di uva. Bibliografia: Ursi 1835, pp. 137-138; Braun 1836, p. 164; Usi 1836 a, pp. 147-148; Montanaro 2006, p. 42, cat. 1.20.
Fig. 452. 113.3. Pendenti aurei di collana a forma di testa di Eracle e a forma di grappolo uva (da Ursi 1836). 114 — Tomba rinvenuta su Corso Cotugno (già Via dei Cappuccini)
Da una relazione del padre Federico Laviola, ripresa puntualmente nelle memorie del canonico Ursi e nell'articolo del Braun, pubblicato nel Bulletino dell Instituto, si apprende che nel novembre del 1834 Vincenzo Cervone rinvenne ad una grande profondità, in un terreno di sua pertinenza situato sulla via dei Cappuccini, non lontano dalle mura medievali, ed era costruita La struttura aveva una forma rettangolare una tomba di eccezionale grandezza. con lastre di tufo regolari di grandi dimensioni sovrapposte senza legante; la descrizione della sepoltura, ricorrente più volte nei documenti del tempo, come si è visto precedentemente, consente di delincare la tipologia costruttiva: si tratta, infatti, di una tomba ἃ semicamera, struttura funeraria piuttosto diffusa in questa parte della zona occidentale della città di Ruvo™, All'interno della tomba si trovò la deposizione di un guerriero, il quale indossava ancora l’elmo di bronzo sulla testa, mentre sul suo petto era stata deposta una corazza di bronzo decorata con scene figurate a bassorilievo che rappresentavano un uomo in ‘mezzo a due cavalli contrapposti??. Quest’ultima, grazie alla descrizione dettagliata della 28 LAMIOLA in URSt 1835, pp. 118-120: «Nel mese di Novembre dell'istesso anno fu scopertada D. di sua pertinenza una tomba assai profonda di figura rettangolare costruita con Vincenzo Cervone in un terreno grandi pezzi di fo»; BRAUN 1836, pp. 164-165;M. MARIN 1981,pp. 190-191 5 LAVIOLA in URSI 1835, p. 118: «Si rinvenne il cadaveredi un guerriero con elmo di bronzo, e colla di legno della grossezza di mezzo police, su cui vi erano sovrapposti corazza; che gli difendeva i petto formata due ordini di sottlissima tavoletta rinforzata l'una sullalira con chiodett di legno, e quindi coperta di pelle, a 537
decorazione figurata, è stata rintracciata nel Museo di Karlsruhe; in realtà, non si tratta di una corazza, ma di un prosternidion che raffigura una sfinge bicorpore™. Lo stesso discorso vale anche per l'elmo, uno splendido esemplare di tipo attico-calcidese con le paragnatidi mobili configurate a protome di grifo, lavorate a sbalzo, databile tra la fine del V e gli inizi del IV secolo a.C., anch'esso individuato nel Badisches Landesmuseum. di Karlsruhe. Gli oggetti furono acquistati dal capitano Maler insieme ad altri preziosi reperti provenienti dagli scavi condotti dal Ficco e dai suoi soci prima che questi venissero venduti al Real Museo Borbonico; in seguito, furono donati dallo stesso Maler al Badisches Landesmuseum di Karlsruhe. Peraltro, lo stesso capitano era in corsa con il Real Museo Borbonico e con i Musei Vaticani per l'acquisto dell'intera collezione. icco-Cervone, tant'è vero che, come rivelano alcuni documenti dell’ Archivio di Stato di Napoli, una nave era pronta a salpare segretamente da un porto della provincia di Bari con gli altri oggetti della collezione?" Sul fianco destro del defunto, sepolto in posizione supina e distesa, secondo un rituale estraneo al mondo indigeno della Peucezia, che lo connota quindi come un allogeno (forse un guerriero sannita se si presta attenzione alla presenza di alcuni particolari elementi quale l'elmo calcidese), era stata deposta una spada di ferro con manico in osso bianco, lunga due palmi, mentre tra le gambe si trovò un vaso a campana a figure rosse che raffigurava, sul lato principale, un uomo nudo, tremante di freddo, verso il quale si stava rivolgendo al fine di aiutarlo un uomo barbato, con scettro nella mano, che si era sfilato il mantello per donarlo al mendicante; al di sopra della scena vi erano varie iscrizioni. Sul lato opposto erano rappresentati due personaggi anziani ammantati?*. Del vaso non è rimasta alcuna traccia nei documenti di vendita della collezione Ficco-Cervone al Museo Borbonico di Napoli, in quanto fu venduto prima di essere portato nella capitale del Regno. Tuttavia, la descrizione dettagliata del Laviola ha consentito di individuare il pregevole reperto, oggi conservato nel Museo Nazionale di Copenhagen: si tratta di un cratere a campana attico a figure rosse, attribuito al Pittore del Deinos®”, raffigurante una scena piuttosto rara, vale ui erano sovrapposti due caval di laminedi bronzo della dimensionedi un palmo, e mezzo in tto di voler tra oro contrastare, ed um uomo difforme dell stesso metallo con lunga barba, e berretto frigo stende le braccia per rafirenarli; BRAUN 1836, p. 164, ‘SCHUMACHER 1890, pp. 152-153, K 452. 2 ASNA, MPI, Busta 338-fuse. 76: "Real Museo Borbonico. Acquisti i opere d'arte. Collezione di oggetti ‘antichi offerti in vendita da Vincenzo Cervone e Michele Ficco del Comune di Ruvo, in Terra di Bar”. Lettera del’11 aprile 1837: «Sono stato informato che i cennat individu siano segretamente trattando con qualche straniero la venditadè riferiti oggetti, ed abbiano stabilito d'imbarcarli rtivamentein uno dà porti del litorale di cotesta Provincia». 7 LAVIOLA in Ust 1835, pp. 118-119: «4 fianco del cadavere οἱ rinvenne una sciabla lunga due palmi, mezzo col manico di osso bianco. In mezzo alle gambe dell'estinto vi era un vaso alto un palmo, e mezzo a formadi campana, largo un palmo, e mezzo i diametro nella bocca. Vi erano due figure rosse sul campo nero, ‘cioè un uomo venerando con lunga barba, con baculo in mano vestito di lunga tonica sfibbita sulla spalla, ed un uomo mudo piangente, ed inirizzto dl freddo con baculo in mano, e con un vel, che gli pende dal sinistre Braccio: à quasi un pitoccante, che stende le braccia in atto di domandar pietà al venerando uomo. Aldi sopra di queste due figure vi l'epigrafe xpos frigus. Questa bellissima dipinturaci presentaa vivi color l'idea della rigida Stagione, e la pietà eccitata dal nudo pitoccante al venerando uomo, che già avea sfbiata la tonica dalle spalle per coprire il ndo. All'opposto del vaso vi erano due figure di venerandi vecchi alli in lungo ammanto»; BRAUN 1836, pp. 164-165. 3 CVA Copenhagen 4 (1931), tav. 148,1, 538
a dire il rito del “pharmakos”, legato all'apoteosi di Eracle, rappresentato nel cratere in questione all'interno di un santuario.
Infine, faceva parte del corredo anche una patera di bronzo con manico antropomorfo, raffigurante un kouros che poggia i piedi su una testa di ariete, mentre con le mani distese verso l'alto regge due caprioli; fortunatamente l'esemplare, al contrario degli altri oggetti, è pervenuto al Museo di Napoli”.
114.1. Prosternidion Bronzo; lamina martellata, decorazione a sbalzo tn cm 23; lungh. cm 50. Karlsruhe, Badisches Landesmuseum (già collezione Ficco-Cervone, già collezione Malen. Inv K 452 Fine del VI secolo a.C.
Restaurato, lacunoso. Larga placca di forma semilunata, con estremità arrotondate, che decorava il petto del cavallo. Una serie ininterrotta di piccoli fori lungo i margini della lamina serviva per il fissaggio del rivestimento interno in cuoio. Due fori più grandi sono all'estremità. La parte centrale è decorata da una grossa sfinge, ottenuta a sbalzo, costituita da due corpi raffigurati accovacciati, vistidi profilo, mentrelatesta è al centro posta frontalmente. La testa è decorata a rilievo con grossi riccioli sulla fronte, mentre gli occhi hanno le palpebre superiori decorate da linee incise, le pupille sono arilievo; linee ondulate sono agli spigoli dell'occhio, la bocca è ben disegnata a rilievo e incisione. Ai lati sono raffigurati due corpi, ottenuti anch'essi a sbalzo, decorati a rilievo e incisione nella resa delle zampe e della coda, mentre una fila di linee incise decora le ali. Tra le zampe anteriori sono raffigurate due teste
di serpenti, il cui corpo si allunga fino alle estremità della placca. Lateralmente ai due corpi della sfinge è una fila di fiori di loto capovolti resi a rilievo. Alle due estremità della placca sono due teste di pantera ottenute a sbalzo con i particolari anatomici finemente incisi. Bibliografia: Sanchez 1835, p. 263; Ursi 1835, p. 118; Braun 1836, p. 164: Schumacher 1890, pp. 152-153, . 787, av XXI.
1142. Cratere a campana attico a figure rosse Argilla arancio, vernice nera lucente con riflessi metallic. cem 40,5; diam. orlo cm 33,5. Copenhagen, National Museum (già collezione. Ficco-Cervonc) Inv. 3760, Attribuito alla maniera del Pittore del Deinos. 4304204.
Integro, Sbreccature sull'orlo, vernice nera scrostata in alcuni punti. Piede campanulato, corpo ovoide, collo a profilo concavo, orlo svasato e revoluto. Lato A: è raffigurato il rito del pharmakos. Al centro è un uomo nudo barbato (interpretato dalla maggior parte degli studiosi come Eracle), piegato sulle gambe, che cerca di coprirsi con le braccia per ripararsi dal freddo. Di fronte è un altro uomo barbato stante, con chitone
2 LAVIOLA in Unsi 1835, pp. 119-120: «Era oggetto dello stesso sepolcro una padelladi bronzo alta sei pollici, ed un palmo, e due once di diametro, il manico lungo un palmo era formato di un uomo mudo poggiando il piedesu testa di ariete, sulle mani distese all'insù poggiavano due caprioli, ch'erano attaccati “all'orlo della padella». 539
Fig. 453. 114.1, Pettorale di cavallo in bronzo decorato con una sfinge bicorpore a sbalzo (da Schumacher 1890, tav. XXI).
che gli avvolge le gambe, appoggiato su un bastone, che ha il braccio sinistro allungato verso l'uomo nudo come se volesse aiutarlo. A destra, dietro l’uomo nudo, è una donna stante, con chitone e mantello, forse una sacerdotessa, che ha nella destra sollevata un mantello con cui coprire l’uomo nudo inginocchiato. Dietro la donna sono raffigurate due colonne doriche su stereobate ed una sorta di pilastro a forma di anta, su cui poggia l’architrave, che indicano come la scena sia ambientata all’interno di un santuario. AI di sopra della scena, al centro, è 540
raffigurata un'erma che emerge per metà sopra un promontorio; sullo stesso livello corre un'iscrizione poco leggibile, Lato B: due giovani ammantati ed un vecchio ammantato, con bastone nella destra, che parlano tra di loro. Bibliografie: Ursi 1835, pp. 118-119; Braun 1836, pp. 164-165; CVA Copenhagen 4 (1931), tav. 148, |; Beazley 1963, p. 1156,n. 11; Bérard 1982, pp. 137-150,figg. 1-2; LIMC V 1990, sv. “Hermes”, p. 305, n. 168, tav. 21; Carabatea 1997, pp. 31-143; De Cesare 1997, p. 164, fig 101, p.27,n. 294.
1143. Patera con manico antropomorfo Bronzo; lamina martellata, decorazione rilievo € incisa; kouros ottenuto ἃ fusione piena hem 3,5; diam. cm 243. Napoli, Musco Archeologico Nazionale (già collezione Ficco-Cervone, 1838) Inv. 73495, Metà del V secolo a.C.
Lacunosa, cattivo stato di conservazione, varie rotture e gravi incrostazioni; patina verdastra. Vasca profonda aprofilo convesso, orlo svasatoe evoluto. Manico antropomorfo, raf-figurante un kouros nudo che poggia i piedi su una testa di ariete, con le mani distese verso alto sulle quali poggiano due caprioli attaccati all'orlo della patera tramite una palmetta. I tratti anatomici del kouros sono finemente incisi, mentre gli occhi a mandorla, il naso e la bocca sono resi con un leggerissimo rilievo, Bibliografia: Ursi 1835,p. 120. 1144. Spada Ferro, osso, legno, bronzo Lungh. (due palmi e mezzo), circa cm 66, Nopoli, Museo Archeologico Nazionale (gii collezione Ficco-Cervone, 1838) Inv. 109833. Seconda metà delV secolo aC.
Lacunosa. L'esemplare presenta corrosioni in vari punti. La spada è munita di una impugnatura în osso, ha il fodero di legno corroso, fornito di puntale e di una imboccatura in bronzo traforata a giorno. Bibliografie: Ursi 1835,p. 118; Braun 1836,p. 164; Guida Ruesch 1908, p. 416. 114.5. Elmo attico-calcidese Bronzo, lamina martellata, decorazione a sbalzo € incisa. bem 19,5; lungh. cm 23,6.
Fig. 454. 1142. Cratere a campana attico a figure rosse del Pittore del Deinos (430420 a.C) con la scena di Eracle c il rito del "pharmakos" (da LIMC V, 1990, tav. 21). Karlsruhe, Badisches Landesmuseum (già collezione Maler) Inv. K 695 (431). Fine V-inizi del IV secoloa.C.
Restaurato. Qualche lacuna, manca un frammento del paranuca, in basso, a sinistra. Calotta allungata a profilo ogivale, distinta dalla fronte centralmente e sui lati da una cresta che gira tutt'intomo formando un rigonfiamento. Sulla fronte, centralmente, parte un motivo anguiforme che termina ai lati, al di sopra delle paragnatidi con le testine dei serpenti. Paranuca alto, a profilo verticale, leggermente concavo in basso. Le paragnatidi, applicate con piccoli chiodi e fomite di cerniere per renderle mobili, sono decorate a sbalzo c raffigurano delle teste di grifo, con particolari incisi € a rilievo, resi in maniera straordinariamente realistica. Bibliografia: Schumacher 1890, p. 132, K 695, tav. XII, 3 e tav. 20.
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Fig. 455. 114.5. Elmo in bronzo di tipo atticocalcidese con paragnatidi a protome di grifo (da ‘Schumacher 1890, tav. 20).
115— Tomba rinvenuta su Corso Cotugno (già Via dei Cappuccini) Accanto alla sepoltura precedente (si veda la scheda della Tomba 114), sempre nel novembre del 1834, Vincenzo Cervone rinvenne un'altra tomba di forma rettangolare, costruita con grandi lastre di tufo, contenente a sua volta la deposizione di un altro guerriero. Dalla relazione del Laviola si deduce che la tomba ha restituito una corazza di bronzo, frammentata in varie part, simile a quella trovata nella sepoltura precedente?" questa descrizione suggerisce quindi l'ipotesi che si possa trattare di un altro prosternidion. Infatti, nell'inventario della collezione Ficco-Cervone non risulta alcuna corazza e l’affermazione del Laviola, che specifica come quest'ultima fosse simile a quella trovata nell'altra tomba, consente di ipotizzare che si possa trattare della coppia di prosternidia, conservata nel Museo di Napoli, decorata con borchie e ovuli ἃ rilievo e a sbalzo, la quale in effetti risulta presente nell'inventario della suddetta collezione?*?. 1 LavioLA in Unsi 1835, p. 120: «Nel stesso mese di detto anno in altro sepolero si rinvenne una corazza in molti pezzi che sembrava simile a quella da me descritta; BRAUN 1836, p. 165 © DOCUMENTI INEDITI IV, 1880, p. 91 542
Facevano parte, inoltre, del complesso funerario due patere di bronzo con manico antropomorfo, anch'esse simili a quella rinvenuta nella sepoltura precedente, e due elmi di bronzo, con le paragnatidi decorate dalle incisioni di due figure di cinghiali e di leoni, individuabili nei due elmi del Museo di Napoli, anch'essi descritti nell'inventario della collezione già menzionata: si tratta di un elmo "apulo-corinzio" e di un elmo corinzio?". Infine, si deve aggiungere al corredo anche uno schiniere di bronzo di tipo anatomico, caratterizzato da una decorazione figurata resa a sbalzo e finemente incisa, confluito nella collezione Ficco-Cervone e poi venduto al Real Museo Borbonico, dove è ancora conservato. Purtroppo, non è stato possibile recuperare le due patere di bronzo con manico antropomorfo, che già non risultavano nell’inventario della collezione venduta al Museo di Napoli; molto probabilmente, i due esemplari furono venduti a collezionisti stranieri prima di essere inventariati.
115.1. Prosternidion Bronzo; lamina martellata, decorazione a sbalzo h max cm 43. Napoli, Musco Archeologico Nazionale (già collezione Ficeo-Cervone, 1838) ἴων. 5706. Inizi del V secolo a.C.
Lacunoso. Sono state asportate le integrazioni del restauro ottocentesco conservando solo il tratto terminale in ferro della fascia laterale. Larga placca di forma semilunata con fasce laterali a terminazione arrotondata. Sui bordi della lamina è un motivo ad ovuli, tra i quali sono, inalto, delle piccole borchie, mentre in basso è presente una serie regolari di piccoli fori. La parte centrale descrive, sommariamente, a sbalzo, l'anatomia dell'animale Il prosternidion trova un confronto puntuale nell’esemplare della tomba 101 di Braida di Vaglio, per l'assoluta analogia nella decorazione della placca (Bottini 1996,p. 645, ID).
Bibliografia: Ursi 1835, p. 120; Braun 1836, p. 165; Fiorelli 1869,p. 6, n. 55 Documenti Inediti IV, 1880, p. 92; Cassano 1996, pp. 1 125,n. 1047. 115.2. Prosternidion Bronzo; lamina martellata, decorazione a sbalzo. fh, max em 55. Napoli, Museo Archeologico Nazionale (già colleione Ficco-Cervone, 1838). Inv. 5729, Inizi del V secolo a. Lacunoso. È conservata solo la parte
superiore della placca. Restano le fasce laterali. Simile al prosternidion cat 115.1, con il quale faceva coppia. Bibliogrfis: Uni 183, p. 120; Braun 1836, p. 165; Fiori 1869,p. 6, n. 55; Documenti
Inediti IV, 1880, p. 92; Cassano 1996, p. 125, n. 1048, Elmo corinzio Bronzo; lamina martellata, decorazione a sbalzo c incisa, fh, max cm 19,5; lungh. cm 23,5,
4 LAVIOLA in Unst 1835, p. 120: «Due padelle alte cinque pollici, ed un palmo e mezzo di diametro, di bronzo con i manici simili a quella da me sopradescrita, e due elmi su eu a graft vi erano due figure di cignale, cio, e di leone, e questi mi sembrano essere quegli elmi, che i Greci chiamano...v; BRAUN 1836,p 165; M. MARIN 1981,p. 191 543
Fig. 456. 115.1-2. Coppiadi pettorali di cavallo in bronzo (da La Magna Grecia nelle collezionidel Museo Archeologico di Napoli 1996, figg. 10.47. - 10.48,). Napoli, Museo Archeologico Nazionale (già collezione Ficco-Cervone, 1835) In. 5732. Prima metà del V secolo aC.
Patina verdastra. Recentemente restaurato e liberato dalle integrazioni in rame, lacunoso. Resta all’incirca una metà del manufatto. Calotta allungata distinta da una carenatura che sale verso l'alto con unalinca ondulatasulla fronte. Paranucaad alta fascia a profilo leggermente concavo che prosegue nelle paragnatidi separate. Dal centro della fronte, al di sopra del paranaso parte una linea ondulata, ricurva sulla sommità della calotta, che raffigura un motivo anguiforme che termina sulla calotta al di là della carenatura dove sono le testine dei serpenti. Sulla paragnatide 544
superstite è inciso forse un cinghiale poco leggibile, che converge verso il paranaso. Gli occhi sono grandi; l’apertura degli occhi è contomata da gruppi di linee incise parallele, Il paranaso è stretto e spesso. Sulla paragnatide superstite è un foro che doveva servire per far passare il filo per il fissaggio del rivestimento interno in cuoio. L'elmo è stato considerato del tipo “apulo-corinzio”, nonostante le sue caratteristiche formali rimandino chiaramente al tipo corinzio. I Bottini lo ha assegnato al tipo A della classificazione degli elmi “apulo-corinzi”, caratterizzato da paragnatidi e paranaso distinti. La decorazione, nonostante sia poco chiara, rimanda al gruppo del Rinoceronte.
Figg. 457-458. 115.3. Elmo in bronzo di tipo corinzio, prima e dopo il restauro (Foto Archivio Soprintendenza Archeologica di Napoli e Caserta) Bibliografia: Ursi 1835, p. 120; Braun 1836,p. 165; Fiorelli 1869, p. 1, n. 3; Bottini 1990, . 34,5. 5; Cassano 1996, p. 126, n. 10.5. 1154. Elmo "apulo-corinzi Bronze; lamina martellata, decorazione a sbalzo. hem 16; lungh, cm 22. Napeli, Museo Archeologico Nazionale (già collezione Ficco-Cervone, 1838) ἴων 5731. Prima metà del V secolo aC.
Patina verdastra uniforme, restaurato. Calotta allungata appena distinta da una carenatura che sale verso l’alto con una linea ondulata sulla fronte. Paranuca ad alta fascia rettilineo che prosegue nelle paragnatidi separate. Dal centro della fronte, al di sopra del paranaso appena accennato, parte un motivo anguiforme a sbalzo che termina sulla calotta al di là della carenatura dove si trovano le testine dei serpenti. L'esemplare è costituito da una lamina di esiguo spessore che induce
a ipotizzame un esclusivo uso cerimoniale o funerario. L'elmo è stato considerato del tipo “apulo-corinzio” che rappresenta la versione italica del tipo corinzio. Prodotto nelle città greche dell’Italia meridionale, è molto diffuso nei contesti indigeni. Il Bottini lo ha assegnato al tipo A della classificazione degli elmi “apulocorinzi”, caratterizzato da paragnatidi e paranaso distinti. A Ruvo si osserva una concentrazione di esemplari del tipo che fa pensare ad officine attive in questa città (Bottini 1990,p. 31). Bibliografia: Ursi 1835, p. 120; Braun 1836, p. 165; Fiorelli 1869,p. 1, n. 2; Bottini 1990,p. 34, n.6; Cassano 1996,p. 126, n. 10.54. 115.5. Schiniere destro Bronzo; lamina martellata, decorazione a sbalzo hem 0. Napoli, Museo Archeologico Nazionale (già collezione Ficco-Cervone, 1838) 545
In 5713. Prima metà del V secolo a.C.
È stita
asportata
uma
grossa
integrazione ottocentesca che ricostruiva parte del ginocchio, composta da un misto di cartone, stoffa, stucco e polvere di carbone. La parte frontale è a spigolo vivo. Sulla destra è raffigurato un serpente, a sbalzo, con il corpo appiattito e la testina incisa. Un altro che gli era affiancato, non è più conservato nella parte superiore. È andata perduta anche la decorazione
Fig. 459. 1154. Elmo in bronzo di tipo apulo-corinzio (Foto Archivio Soprintendenza Archeologica di Napoli e Caserta).
del polpaccio. A sinistra la decorazione presenta delle varianti. Sul polpaccio vi è un motivo a girale, a due steli che partono dal basso. Parallelamente, verso il centro, un serpente speculare a quello di sinistra, reca la parte superiore incisa a squame con ricchi dettagli, mentre il corpo è reso con un motivo astelo, simile a quello del girale. Sul ginocchio invece è rappresentata, sempre a sbalzo, la testa di un caprone, con occhi e coma rilevati, delimitata in basso dadue fiori in boccio. Bibliografia: Fiorelli 1869,p. 4, n.28; Cassano 1996,p. 126,n. 10.53
115.6-7. Coppia di patere di bronzo con manico antropomorfo
"i a bad * Fig. 460. 115.5. Schiniere in bronzo di tipo. anatomico (Foto Archivio. Soprintendenza Archeologica di Napoli e Caserta) 546
116 — Tombe rinvenute su Corso Cotugno in un “Fondo del Capitolo" (già Via dei Cappuccini) Da vari documenti conservati nell’ Archivio di Stato di Napoli e nell'Archivio Storico del Museo di Napoli, si apprende come la società di scavo composta dal canonico Ficco € dai suoi soci, oltre ai ritrovamenti già menzionati, rinvenne lungo la via dei Cappuccini, in un fondo del Capitolo non lontano dalle mura, detto anche “Fondo Sommatoriale", una vasta necropoli, caratterizzata dalla presenza di un gran numero di tombe monumentali, a semicamera e, probabilmente, anche a sarcofago. I documenti, purtroppo, non fomiscono informazioni utili riguardo al numero di tombe rinvenute, comunque tutti concordano nell'affermare che il numero delle sepolture ritrovate fu veramente imponente. All'inizio lo scavo non aveva dato i risultati sperati in quanto si rinvennero «sepolcri rustici e Romani» in grande quantità. Dopo essere scesi con lo scavo ad una notevole profondità, finalmente furono. scoperte tombe di grandezza smisurata e caratterizzate da corredi ricchissimi". I complessi funerari ritrovati, infatti restituirono una notevole quantità di ceramica attica, a figure nere e a figure rosse, italiota, apula e lucana, superbo vasellame in bronzo e una grande quantità di oggetti in oro, dei quali si è parlato in precedenza. I preziosi materiali entrarono a far parte della collezione Ficco-Cervone, composta da 254 oggetti, venduta in seguito dopo alteme vicende nel 1838 al Real Museo Borbonico di Napoli per l'elevata somma di 8014 ducati. L'analisi dei materiali della collezione, custoditi nei depositi del Museo Nazionale di Napoli, ha consentito di delineare un quadro cronologico della necropoli trovata nel fondo del Capitolo sulla via dei Cappuccini. Se per alcuni materiali si è potuto risalire al contesto, comunque mai completo, a causa delle scame informazioni ricavate dai documenti che sottolineano come molti ritrovamenti siano stati effettuati in maniera clandestina, purtroppo per altri reperti non è stato possibile ricomporre il complesso funerario”. Tuttavia si può ipotizzare per la necropoli una frequentazione che inizia verso la fine del VI secolo a.C. e si esaurisce tra la fine del IV e la prima metà del ΠῚ secolo a.C., quando le tombe vengono obliterate da strutture c sepolture di epoca romana, come riferiscono i documenti suddetti. Nella scheda di rinvenimento in questione verranno presentati gli oggetti più prestigiosi della collezione, alcuni già ben noti nella letteratura archeologica del tempo, altri completamente inediti o poco conosciuti, con lo scopo di fornire notizie ed un apparato iconografico utile per la conoscenza e la fruizione di una delle più importanti collezioni ruvesi dell'Ottocento dopo quella dei fratelli Jatta. 20 ASNA, MPI, Busta 357 Il Fase. 41. “Rinvenimenti nel Fondo del Capitolo”, lettera del 14-3-1835 firmata da Michele Canonico Del Bene: «./n porzione capitolare un fondo Sommatoriae sito soto le mura espresse di questo Comune. Da più anni l sesso si teneva in affetto da alcuni suoi concittadini, i quali hanno più volte tentato di fare in esso d scavi per ricerche di antichità, ma molto denaro ci hanno inutilmente speso, poiché una gran quantità vi rinvennero di sepolri rustici, e Romani, da cu la superfice era deformata, ed il Reverendo Capitolo tacque. Finalmente ispirati ques 'infelicida uno spirito benefico risolveronodi profondere dett loro scavi ad un'alezza inconcepibile, ela sorte gll arrise, con farli rinvenire dei sepolrispecios, e ricchi di superbi vasellami, oggeti di oro e bronzi» #0 ASNA, MPI, Busta 357 Π, fasc. 41: e. nim dirittovi aveva più il Capitol, qual... ha apertoun clamoroso scavo, in oltraggio di anti ordini Sovrani, che lo divietano, e cl silenzio di tutt le autorità. Nello Stesso ha rinvenito, ed in tutt giorni vi rinvemne oggetti di antichità. più pregevoli, edin vasellami, ed in oro edin bronzo. v, MARCHESE di MONTRONE in RUGGIERO 1888, pp. 62-563 547
Fig. 461. 116.1. Cratere a volute attico a figure rosse. Seconda metà del V secolo a.C. lato A, caccia al cinghiale. calidonio (Foto Archivio Soprintendenza Archeologica di Napoli e Caserta) 116. Cratere a volute attico a figure rosse Argilla arancio, vernice nera lucente con riflessi metallic. hem 56, diam. orlo em 35. Napoli, Museo Archeologico Nazionale (già collezione Ficco-Cervone, 1838) ἴων. 81671 (= Heya. 3251). Atribibil lla cerchia dl Pitore di Polignoto Seconda metà delV secolo a.C.
Ricomposto da numerosi frammenti. Vernice nera scrostata in alcuni punti, diverse parti della decorazione figurata. sono andate perse. Decorazione accessoria: sull’orlo, fila di ovuli; sul collo, doppia fila di foglie cuoriformi, 548
ramo di alloro sinistrorso; sulla spalla, finte baccellature; sul corpo, la scena figurata è delimitata inferiormente da un meandro interrotto da riquadri con croce greca. La decorazione figurata si svolge senza soluzione di continuità sui due lati e raffigura la caccia di Meleagro al cinghiale calidonio. Lato A: al centro è raffigurato il cinghiale calidonio che cerca di fuggire circondato da guerrieri in costume orientale. A sinistra è un guerriero che sta per scagliare contro l’animale un grande masso che regge con entrambe le mani sopra la testa; a destra è un guerriero che sta per colpire il cinghiale con un'ascia; dietro sono raffigurati altri due guerrieri orientali a cavallo; sopra il cinghiale è raffigurato il busto di Pan, che assiste alla scena. In basso, a sinistra, è un cerbiatto in fuga verso sinistra, inseguito da due guerrieri orientali armati di lancia. Lato B: è raffigurata la partenza di Meleagro. Al centro è raffigurato Meleagro a cavallo, con due lance nella destra, in movimento verso destra; lo precedono, a piedi, due guerrieri orientali, armati di arco € ascia. Dietro di lui sono raffigurati altri due guerrieri armati in maniera analoga ai precedenti guerrieri. Sotto le anse, sono raffigurati altri due guerrieri orientali a piedi che seguono da una parte la caccia, dall'altra il corteo con Meleagro. Bibliografie: Archiutelligencbl. 1837, p. 52; Gerhard 1840,p. 190, n. 6; Heydemann 1872, Ῥ 566, n. 3251, con ulteriore bibliografia.
1162. Cratere a colonnette attico a figure rosse Argilla arancio, vere nea lucente con riflessi metallic. hem 49,5; diam. orlo cm 44,
Figg, 462-463. 116.1. Cratere a volute attico a figure rosse. Seconda metà del V secolo a.C.: lato B, partenza di Meleagro (Foto Archivio Soprintendenza Archeologica di Napoli e Caserta) Napoli, Musco Archeologico Nazionale (già collezione Ficco-Cervone, 1838) In. 81399 (~ Heyd 2410) Attributo a Myson, 500-490a. Integro. | Decorazione accessoria:
sulla parte superiore dell’orlo, nello stile a figure nere, leoni che attaccano un cervo; sull'orlo ricadente, due file parallele di foglie lanceolate; sulla spalla, baccellature; sul corpo, ai lati, due file verticali di foglie lanceolate delimitano la a figurata. Lato A: è raffigurata Arianna che sta salendo su una quadriga, presso la quale si trova Dioniso, con kantharos nella destra e tralcio di vite nella sinistra;
davanti alla quadriga è raffigurato un felino maculato. Lato B: è raffigurata una centauromachia. Al centro sono due centauri, quello di sinistra con un tronco di albero, quello di destra con un grosso masso tra le mani, che con le zampe hanno atterrato un Lapita. A destra è raffigurato un altro Lapita, in corsa verso destra, con lancia sollevata nella destra, in atto di voler colpire un'altra figura che non è rappresentata. Bibliografia: Gerhard 1840, p. 189, n. 3; Heydemann 1872, pp. 281-282, n° 2410; Beazley 1963, p. 239, n. 18; LIMC V, sx "Koineus", 36 B, uv. 56.
549
Figg. 464-465. 116.2. Cratere a colonnette attico a figure rosse di Myson (500-490 a.C.): lati A e B (Foto Archivio Soprintendenza Archeologica di Napoli e Caserta)
1163. Cratere a colonnette attico a figure rosse Argilla arancio, vemice nera lucent con riflessi metallic. hem 55; diam. orlo em 462. Napoli, Museo Archeologico Nazionale (già collezione Ficco-Cervone, 1838). Inv 81400 (= Heyd 2414) Attributo al Pitoe di Agrigento. 470-460.
Integro. Decorazione accessoria: sulla parte piatta dell'orlo, motivi lanceolati; sull’orlo ricadente, due file di foglie cuoriformi; sulla spalla, baccellature; sul corpo, ai lati, due file verticali di foglie lanccolate delimitano la scena figurata. Lato A: è raffigurata una sacerdotessa in atto di salire su una quadriga, vicino alla quale si trova una Nike con tripode tra le mani. Lato B: è raffigurata una sacerdotessa che sta per salire su una quadriga, presso la quale è una donna con due torce nelle mani. 550
Bibliografia: Gerhard 1840, p. 189, m. 4; Heydemann 1872, p. 287, n. 2414; Beazley 1963, p. 574,1
116.4. Hydria attica a figure rosse Argilla arancio, vernice nera lucente con riflessi metallici. tn cm 34,5 diam. orlo em 14,5 Napoli, Museo Archeologico Nazionale (già collezione Ficco-Cervone, 1838). Tov 81520 (= Hey. 3100) Attributa alla cerchia ἀεὶ Pitore di Plignoto. 450-440a C.
Ricomposta da frammenti. Alcune parti della decorazione figurata sono andate perse. Decorazione accessoria: sull’orlo, fila di ovuli; sul collo, fila di palmette e fiori di loto; sul corpo, la scena figurata è delimitata inferiormente da meandri alternati a riquadri con linee incrociate; attorno alle anse, fila di ovuli; sotto le anse, palmette. Decorazione
Figg. 466-467. 116.3. Cratere a colonnette attico a figure rosse del Pittore di Agrigento (470-460 a.C): lati Α ὁ B (Foto Archivio Soprintendenza Archeologica di Napoli e Caserta)
figurata: al centro, presso un alberello, è Apollo stante, con clamide sulle spalle, che allunga la destra, nella quale è una phiale, verso Artemide, stante, di fronte al dio, con oinochoe nella destra e arco nella sinistra. Dietro Apollo, a sinistra, è Latona, stante, che guarda la scena; tra Latona e Apollo, a terra, è una cetra. Bibliografia: Heydemann 1872, pp. 468-469, n 3100; Beazley 1963,p 1061, n. 153.
116. . Skyphos protolucano a figure rosse Argilla arancio, vemice nera lucente con riflessi metallici. hem 15; diam. orlo cm 182. Napoli, Museo Archeologico Nazionale (già collezione Ficco-Cervone, 1838). In. 81996 (= Heya. 2098) Attibuitaal Pittore di Pisticci. ‘440.302.
Ricomposto da frammenti. Diverse incrostazioni. Decorazione accessoria: sotto le anse, palmette c girali. LatoA: erote in corsa verso sinistra. Lato B: donna ammantata, che cammina verso sinistra con testa retrospiciente, con ventaglio nella destra. Bibliografia: Heydemann 1872, p. 194,1 2098 ‘Trendall 1967,p. 22, n. 60; Trendall 1974, p. 30,5. 110.
116.6. Lekythos protoitaliota a figure rosse Argilla beige, vernice nera lucente con riflessi metallic hem 19,5; diam. piede cm4. Napoli, Museo Archeologico Nazionale (già collezione Ficco-Cervone, 1838). Inv. 82169 (= Heyd. 1999), Attribuita al Pitore di Dolone Fine del inizi del IV secolo a.C. 551
[FARI
i
Fig. 468. 1164. Hydria attica a figure rosse (Foto Archivio Soprintendenza Archeologica di Napoli e Caserta)
Lacunosa, manca il bocchello e parte del collo. Incrostazioni. Decorazione accessoria: sulla spalla, fila di palmette in nero; sul corpo, în alto, fila di ovuli e punti; in basso fila di ovuli; sotto l’ansa, palmette e girali. Decorazione figurata: donna stante, di profilo a sinistra, con specchio nella destra; davanti a lei, a terra, un kalathos; dietro la donna, una tenia appesa. Bibliografia: n.199. 552
Heydemann
1872, p. 165,
116.7. Lekyihos attica a figure rosse Argilla icio, vernice nera lucente con riflessi cm 36; diam. orlo 65, Napoli, Musco Archeologico Nazionale (già collezione Ficco-Cervone, 1838) Inv. 81574 (= Heya. 304 Attriuita αἱ Pittore della Letyhos di Yale. 4104604. Integra. Bocchello scheggiato, incrostazioni sull'ansa, piccole scrostature della vernice. Decorazione accessoria: alla base del collo, fila di ovuli; sulla
Fig, 469. 116.5. Skyphos protolucano a figure rosse del Pittore di Pisticci (Foto del’ Autore, cortesia. Soprintendenza Archeologica di Napoli e Caserta) spalla, palmette c girali; sul corpo, la scena figurata è delimitata, sia in alto che in basso, da un meandro continuo; sotto Pansa, palmette. Decorazione figurata: è raffigurata una Nike stante, di profilo a destra, mentre suona la cetra. Bibliografie: Heydemann 1872, p.458,n.3047: Beazley 1963, p. 659, n 36. 116.8. Stamnos etrusco a figure rosse Acgilla rosata, vemice nera _ lucente, sovraddipinture in bianco e gallo. tn. cm 30,5, diam, em 23,5. Napoli, Museo Archeologico Nazionale (già collezione Ficco-Cervone, 1838) Inv. 81833 (= Heyd. 2319), Attributo al Gruppo Campanizzant. Intorno alla metà del IV secolo aC.
Ricomposto integralmente. Decorazione accessoria: sull'orlo, fila di ovuli; sulla spalla, finte baccellature; sul corpo, in alto, ila di ovuli, in basso la scena figurata. è delimitata da un meandro interrotto da riquadri con motivi a scacchiera, sotto le anse, girali e palmette.
Fig. 470. 1066. Lekythos protitaliota a figure rosse: attribuita al Pittore di Dolone (Foto dell'Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica di Napoli e Caserta)
553
Lato A: al centro, donna stante, di profilo a destra, vestita con chitone € riccamente ingioiellata, che ha una oinochoe a becco nella destra e una cesta di frutta nella sinistra. La donna ha la testa rivolta indietro verso un giovane nudo, stante, con piede appoggiato ad una roccia e clamide avvolta intorno al braccio sinistro, che ha un ramoscello con un fiore nella destra che sta offrendo alla donna. Davanti alla donna è un uomo nudo, stante, con clamide avvolta intorno al braccio sinistro, che si appoggia con la destra ad un bastone guardando la scena. Lato B: al centro, uomo nudo, stante, di profilo a sinistra, con strigile nella destra, tra due uomini ammantati. Bibliografie: Heydemann 1872, pp. 259-260,n. 2319; Trendall 195 , p.262. 116.9. Stamnos protolucano a figure rosse Argilla rosata, vernice nera lucente con riflessi metallic n cm 34; diam, orlo em 20. Napoli, Museo Archeologico Nazionale (già collezione Ficco-Cervone, 1838) Inv, 81878 (= Heyd 2905). Attributo al Pittore di Amykos. 420-410aC
Fig. 471. 116.7. Lekythos attica a figure rosse del Pittore di Bowdoin. Intorno al 470 a.C. (Foto Archivio Soprintendenza Archeologica di Napoli e Caserta) 554
Ricomposto da vari frammenti. Decorazione accessoria: sull'orlo, tralcio vegetale ondulato con foglie cuoriformi in nero; sulla spalla, finta baccellatura; sul corpo, la scena figurata è delimitata inferiormente da un meandro interrotto da riquadri con motivi a linee incrociate; sotto le anse, palmette e girali. Lato A: scena di commiato. A sinistra è un guerriero stante, vestito con corto chitone, con lancia nella destra e scudo nella sinistra; di fronte è una donna stante, con phiale nella sinistra, nella quale sta versando del vino, per il guerriero, da
Figg. 472-473. 116.8. Stamnos etrusco a figure rosse del "Gruppo Campanizzante”. Intomo alla metà del IV secolo a.C. (Foto dell'Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica di Napoli c Caserta).
un’oinochoe che ha nella destra. Dietro è un altro guerriero stante, vestito con corto chitone decorato da svastiche, che ha nella destra un pileo e nella sinistra uno scudo; di fronte è una donna che gli sta porgendo con la sinistra una phiale. Lato B: a destra e a sinistra, due uomini ammantati stanti; al centro, di fronte ai due uomini, due donne stanti, vestite con chitone. Bibliografia: Heydemann 1872, pp. 437-438,n. 2905; Trendall 1967,p. $38,n. 19.
116.10. Hydria attica a figure rosse Argilla arancio, wemice nem lucent, sovraddipinure in bianco, ‘cm 40; diam. orlo cm 15, Napoli, Museo Archeologico Nazionale (gi collezione Ficco-Cervone, 138) Tav. 81837 (- Heyd. 2375) Auribuita al Pittre di Meleagro. 400.390 a.€
Integra. Oro e piede scheggiati, vernice nera scrostata in alcuni punti Decorazione accessoria: sull'orlo, fila di ovuli; sul collo, fila di ovuli; sul corpo, la scena è delimitata inferiormente da un meandro interrotto da riquadri con motivi a scacchiera; sotto le anse, girali e palmette. Decorazione figurata: al centro, vicino ad un pilastrino, è Dioniso, nudo, con clamide sulle gambe e il tirso nella sinistra, che allunga la destra, come se volesse parlare, verso una donna seduta (Arianna?), riccamente vestita e ingioiellata, con tirso nella destra, che guarda attentamente la divinità. Dietro la donna, a destra, è una menade stante, che appoggia la destra sulla spalla di Arianna. Dietro Dioniso è un satiro con tirso nella sinistra. In alto, un satiro, una menade seduta con tamburello nella sinistra e un erote con collana di perle tra le mani. Bibliografia: Heydemann 1872, pp. 273-274, n. 2375; Beazley 1963, p. 1412, n.47. 555
Figg. 474-475. 116.9. Stamnos protolucano a figure rosse del Pittore di Amykos (Foto Archivio Soprintendenza Archeologica di Napoli e Caserta). 556
116.11. Hydria protolucana a figure rosse Argilla rosta, vemice nera lucente con riflessi metallic. em 26,7; diam. oro em 11,4 Napoli, Museo Archeologico Nazionale (già collezione Ficco-Cervone, 1838) Inv. 81798 (= Heyd. 2247). Attribuia al Pittore di Amykos. 4204108.
Integra. Decorazione accessoria: sulVorlo, bastoncelli; sul collo, ramo di alloro sinistrorso; sul corpo, la scena figurata è delimitata inferiormente da un meandro interrotto da riquadri con motivi a linee incrociate; sotto le anse, palmette e girali. Decorazione figurata: donna stante, vestita con chitone e Aimation, che ha un ramoscello; di fronte giovane nudo, stante, con clamide avvolta attorno al braccio sinistro, lancia nella sinistra, che allunga Ia destra per ricevere il ramoscello. Bibliografia: Heydemann1872, p.240, n. 2247 Trendall 1967, p. 46,n.226; Trendall 1974,p 35,n.250.
116.12. Lekythos attica a figure rosse Argilla arancio, vernice nera lucente con riflessi metallic, hem 30,5; diam. orlo em 3,8 Napoli, Museo Archeologico Nazionale (già collezione Ficco-Cervone, 1838) Inv. 81583 (7 Heyd. 3166), Attribuita al Pittore di Aischines 460-450 a..
Ricostruita da vari frammenti. Orlo sbreccato, vernice nera scrostata in vari punti. Decorazione accessoria: alla base del collo, bastoncelli; sulla spalla, palmette in nero; sul corpo, in alto, meandro continuo; sotto l’ansa, palmette Decorazione figurata: donna ammantata con testa retrospiciente, che cammina verso destra con ramo di foglie cuoriformi nella sinistra
Fig. 476. 116.10. Hydria attica a figure rosse del Pittore di Meleagro (Foto Archivio Soprintendenza Archeologica di Napoli e Caserta). Bibliografia: Heydemann 1872, p.487,n. 3166; Beazley 1963,p. 71 , n. 76 116.13. Anfora attica nolana a figure rosse Argilla arancio, vernico nera lucent con riflessi metallici. h. em 31,5; diam. orlo cm 165. Napoli, Musco Archeologico Nazionale (già collezione Ficco-Cervone, 1838) Inv. 81534 (- Heyd. 3182). Attributa αἱ Pittore di Tithonos. 470.602. Integra. Decorazione accessoria: meandro sotto la scena figurata. Lato A: lanciatore di giavellotto. Lato B: allenatore. Bibliografia: Heydemann 1872, pp. 490-491, n. 3182; Beazley 1963,p. 309, n.5 557
Fig. 477. 116.11. Hydria protolucana a figure rosse del Pittore di Amykos (Foto dell'Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica di Napoli e Caserta).
116.14. Kylix attica a figure rosse Argilla arancio, vernice ποτὰ lucente con riflessi metallic. bcm 87;diam. cm 23,9 Napoli, Museo Archeologico Nazionale (già collezione Ficco-Cervone, 1838) Inv. 81317 (= Heyd. 2640) Atriuita al Pitore di Petesilea, 450-4404C.
Ricomposta da vari frammenti. Orlo sbreccato, vernice nera scrostata in diversi puni mella parte estema. Decorazione accessoria: nel tondo interno meandro continuo che circonda la scena figurata. Decorazione figurata: nel tondo interno, erote con tenia tra le mani che insegue un ane ammantato, in movimento verso destra, con testa retrospiciente. Bibliografia: Heydemann 1872, p.361, n. 2640; Beazley 1963,p. 887,n. 14. 558
116.15. Kylix attica a figure rosse Argilla arancio, vernice nera lucente con riflessi metallic. hem 9; diam. em 25. Napoli, Museo Archeologico Nazionale (già collezione Ficco.Cervone, 1838) ἴων. 81312 (= Heyd. 2610) Attributa al Pittore del Louvre G 456, cerchia dei primi pitori classici di coppe, 460-450...
Ricomposto parzialmente da numerosi frammenti. Le parti andate perdute sono state integrate con polifilla. Decorazione accessoria: la scena del tondo interno è circondata da un meandro interrotto da riquadri con motivi a linee incrociate; all’estemo, sotto le anse, girali e palmette. Decorazione figurata: nel tondo interno, allievo con strigile nella sinistra, seduto su una roccia; di fronte, stante c
ammantato, è il maestro con bastone nella destra. All'esterno, su entrambi i lati, sono raffigurate due coppie composte da un allievo nudo e da un maestro ammantato, con bastone nella destra Bibliografia: Heydemann 1872,pp. 34 2610; Beazley 1963, p. 824, n. 4. 116.16. Cratere a colonnette attico a figure nere Argilla arancio, | vernice nera opaca sovraddpintre in bianco e lil h. em 48,5; diam. orlo cm 33,5. Napoli, Musco Archeologico Nazionale (già collezione Ficco-Cervone, 1838) ἴων. 81307(= Heyd. 2837) Attribuito al Pittore di Antimenes 530-520.
Integro. Decorazione accessoria: sulla parte superiore dell’orlo, leoni che attaccano uncinghiale; sull’orloricadente, due file paralleledi foglie cuoriformi; sulla spalla, finta baccellatura; sul corpo, αἱ lati, la scene figurata è delimitata da due file parallele verticali di foglie cuoriformi. LatoA: è raffigurato un uomo barbato, vestito con lungo chitone, che sta salendo su una quadriga, di cui ha appena preso le redini; dietro di lui è un servo che lo aiuta. Vicino alla quadriga è Atena, stante, segue Dioniso, con tralcio di vite nella destra. Davanti ai cavalli è una donna ammantata stante. Lato B: al centro è raffigurato Dioniso stante, ammantato, con tralcio di vite e como potorio nella destra che offre ad Arianna di fronte a lui, vestita con chitone e avvolta nell’himation. Dietro Dion è Hermes stante, mentre alle estremità, a destrac a sinistra, sono due satiri.
Fig. 478. 116.12. Lekythos attica a figure rosse. Seconda metà delV secolo a.C. (Foto Archivio Soprintendenza Archeologica di Napoli e Caserta)
Bibliografia: Gerhard 1840, p. 189, n. 2: Heydemann 1872, p. 395, n. 2837; Beazley 1956, p.279,n. 54. 559
116.17. Cratere a colonnette attico a figure rosse Argilla arancio, vemicenera lucente con riflessi metallic. h.cm 40,3; diam. olo em 38. Napoli, Museo Archeologico Nazionale (già collezione Ficco-Cervone, 1838) Inv. 81303 (= Heyd. 3084). Attribuito al Pitore di Leningrado 4804704.
Fig. 479. 116.13. Anfora attica di tipo nolano a figure rosse (Foto Archivio Soprintendenza Archeologica di Napoli e Caserta).
Ricomposto da numerosi frammenti. Decorazione accessoria: sull’orlo, due file parallele di foglie cuoriformi; sulla spalla, finta baccellatura; sul corpo, αἱ lati, la scena figurata è delimitata da due file parallele di foglie cuoriformi verticali. Lato A: al centro, presso un pilastrino, sgabello su cui è appoggiato un mantello; interno sono raffigurati quattro atleti nudi che si stanno preparando per il lancio del disco (due) e per il lancio del giavellotto (due), Lato B: sono raffigurati tre atleti nudi, uno col disco nella sinistra, uno col giavellotto, l’altro con gli halteres. Bibliografia: Heydemann 1872, p. 464, n. 3084; Beazley 1963,p. 568, n. 24.
116.18. Lekythos attica a figure rosse e fondo bianco
ig 480. 116.14. Kylix attica a figure rosse del Pittore di Pentesilea (Foto Archivio Soprintendenza Archeologica di Napoli e Caserta)
560
Argilla arancio, vernice bianca opaca, vernice mera opaca. hem. 20. Napoli, Museo Archeologico Nazionale (già collezione Ficco-Cervone, 1838). Inv 81255 (= Heyd. 2440) At | Pitore di Aischines 460-450 ac.
Ricomposta da alcuni frammenti. Orlo sbreccato, vernice scrostata in vari punti Decorazione accessoria: raggi alla base del collo; sulla spalla, palmette in nero collegate da una linea ondulata; sul corpo,
Figg. 481-483. 116.15. Kylix attica a figure rosse. Intomo alla metà del V secolo a.C. (Foto dell'Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica di Napoli e Caserta). 561
Figg. 484-485. 116.16. Cratere a colonnette attico a figure nere del Pittore di Antimenes: lati A e B. Intomo al 530-520 aC. (Foto Archivio Soprintendenza Archeologica di Napoli e Caserta).
Figg. 486-487. 116.17. Cratere a colonnette attico a figure rosse del Pittore di Leningrado: latiA e B (Foto Archivio Soprintendenza Archeologica di Napoli c Caserta) 562
in alto, meandro continuo. Decorazione figurata: è raffigurata una Nike, stante, di profilo adestra, con una corona tra le mani. Bibliografia: Heydemann 1872, p. 306, n. 2440: Beazley 1963, p.716, n. 212
116.19. Lekythos attica a figure rosse € fondo bianco Argilla arancio, vernice bianca opaca, verice nera opaca hem. 20. Napoli, Museo Archeologico Nazionale (già collezione Ficco-Cervone, 1835) Inv. 81257 (= Heyd. 2432), vita al Pitore di Aischines, 460450 2€.
Ricomposta da alcuni frammenti. Orlo sbreccato, vernice scrostata in vari punti. Decorazione accessoria: raggi alla base del collo; sulla spalla, palmette in nero collegate da una linea ondulata; sul corpo, in alto, meandro continuo. Decorazione figurata: giovane seminudo, con clamide che gli copre le gambe e la vita, stante, di profilo a destra, che si appoggia ad un bastone, con corona tra le mani. Bibliografia Heydemann 1872, p. 304, n. 2432; Beazley 1963, p.716, n. 219.
116.20. Kylix attica a figure rosse Argilla arancio, vemice nera lucente con riflessi metallic. hi cm 7,5; diam. em 18,5. Napoli, Museo Archeologico Nazionale (già collezione Ficco-Cervone, 1838) Inv 82513 (7 Heyd. 2618) Attribuit alla Classe di Napoli 2618. 440-430 a.
Ricomposta da vari frammenti; restaurata € ridipinta. Sull’orlo sono due piccoli fori che dovevano servire per appenderla alle pareti della tomba. Orlo € labbro sbreccati, vernice nera scrostata
Fig. 488. 116.18. Lekythos attica a figure rosse e fondo bianco del Pittore di Aischines. Intorno al 460-450 a.C. (Foto dell’Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica di Napoli e Caserta)
in alcuni punti. Piede a disco, alto fusto cilindrico, vasca poco profonda a profilo leggermente convesso, oro svasato, labbro estroflesso con risega nella parte interna. Decorazione: nel tondo interno, delimitato da un meandro interrotto da riquadri incrociati, è raffigurato un atleta nudo, stante, di profilo a sinistra Bibliografia Heydemann 1872, p.354,n. 2618; Beazley 1963, p. 1305, n.3 563
Fig. 489. 116.19. Lekythos attica a figure Figg. 490-491. 11620. Kylix attica a rosse e fondo bianco del Pittore di Aischines. figure rosse su alto piede (Foto Archivio Intomo al 460-450 a.C. (Foto dell'Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica di cortesia Soprintendenza Archeologica di —Napolie Caserta). Napoli e Caserta)
117-122 — Tombe rinvenute nella Contrada dei Cappuccini nei pressi del Convento (oggi Chiesa di S. Lucia) Agli inizi del mese di settembre del 1880, Bartolomeo De Leo, scavando in un suo fondo suburbano nei pressi del convento di S. Lucia, situato nella contrada dei Cappuccini, rinvenne un sepolero greco (Tomba 117). Accortosi che il terreno era ancora intatto c inesplorato, cominciò a scavare di proposito con l'intento di scoprire altre tombe, cosa che puntualmente si verificò. Infatti, il De Leo trovò altre cinque sepolture (Tombe 118122), i cui corredi, purtroppo, non furono conservati separatamente, ma vennero accorpati € in seguito, smembrati e distinti per classi di oggetti Giovanni Jatta descrive soltanto nove vasi ed altri oggetti, tralasciando «quelli di nessun pregio artistico che non meritano una speciale menzione». Il materiale trovato 564
comprendeva, tra gli altri oggetti, una Alix attica a figure nere, tre crateri a colonnette a figure rosse, un vasetto in pasta vitrea smaltata dipinto in giallo e bianco, una lekythos a figure rosse con figura femminile stante, due elmi di bronzo, di cui uno ben conservato, due punte di lancia in ferro, due vasi di bronzo, una pinzetta di bronzo e, infine, una grande fibula in argento massiccio. Sulla base della descrizione del materiale è possibile ipotizzare la cronologia delle sepolture: esse potrebbero risalire ad un periodo compreso tra i primi decenni del V ed il IV secolo a.C. Probabilmente una o due di esse erano pertinenti alle deposizioni di guerrieri, vista la presenza degli elmi e delle punte di lancia” 117.1. Cratere a colonnette a figure rosse
Fondo nero, ben conservato, vernice lucidissima, disegno corretto Lato A: a sinistra, è una donna, con chitone, mantello e cuffia, che sta per salire su una quadriga di cui ha già in mano le redini. Dalla punta del timone della quadriga si eleva verticalmente un fusto lungo, alla cui parte superiore è legata un doppia fune di color purpureo, che con l'altro capo si annoda all’antyx del carro. La quadriga è preceduta da una cervetta maculata, al cui fianco, dietro le groppe dei cavalli, è una Nike alata in volo con un nastro che lega i capelli e con lungo chitone. Ella volge lo sguardo verso la donna che guida la quadriga e ha nelle mani una lira a sei corde. Lato B: tre giovani ammantati. Bibliografia: Jata 1880, p.401.
117.2. Vasetto in pasta vitrea. μα em 6, smaltato
ecolorato
«Esprime a vari colori frondi e ornati Ha la forma di un ‘anfora senza piede con due anse ai lati del collo».
117.3. Lekythos ariballica
«Con ornati lineari al collo e palmetta
nel retro, sotto il manico. E raffigurata
una donna stante con lungo chitone, mitella sul capo, corona e cista nelle mani; dinanzi a lei giace sul suolo una cassetta chiusa; dietro di lei si eleva un ramo con foglie tonde». Bibliografia: Jatta 1880, p. 402. 11744. Vaso a due manici
Rotto in più pezzi Lato A: scena bacchica con tre figure: donna con lungo chitone e mantello con tirso, satiro con simboli poco chiari nelle mani e Dioniso. Lato B: figure ammantate. Bibliografia: Jata 1880, p. 402. 117.5. Lucerna a vernice nera
«Chiusa al di sopra, con ansa ad anello da un lato e becco raffigurante la testa di un istrice con bocca aperta dall'altro. Dal fondo, al centro, è un foro fistulato a lungo collo».
Bibliografia: Jatta 1880, p. 402.
Bibliografia: 1880, p. 402.
34 ματα 1880,pp. 401-404; M. MARIN 1981, pp. 195-196. 565
117.6. Cratere a figure rosse h.em 32.
Lato A: Hermes sopra una base quadrangolare poco alta e panneggiato nella parte superiore del corpo; è di profilo volto a sinistra con caduceo, da destra sporgono gli organi sessuali, con lo sguardo rivolto ad una donna, vestita con lungo chitone, mitella sul capo e mantello, in piedi davanti al dio. La donna gli offre con la destra protesa un rython in forma di como. Dall'altra parte è un satiro nudo, con spalle rivolte al dio, che torce la testa per guardare la donna e con la destra tiene un tirso a cui si appoggia. Lato B: tre giovani ammantati, due dei quali forniti di un lungo bastone. Bibliografia: Jata 1880, p. 402.
117.7. Kylix attica a figure nere Diam em 17.
«All'interno à un tondo rosso su cui in nero è una figura femminile con chitone e mantello che corre con il capo sormontato da un cappello a larghe falde. All'esterno in Ae B è la stessa scena. A destra, è un uomo con clamide, a cavallo, che muove verso destra; segue una figura femminile ammantata che sembra danzare. Al suo fianco è un'altra figura femminile a piedi rivolta a destra e ammantata; segue un altro cavaliere e infine un uomo nudo, un satiro, a piedi, con le mani appoggiate sulla groppa del cavallo (ritorno di Efesto all’Olimpo?)».
«Ornata con arabeschi rossi e bianchi e di fronde degli stessi colori, disposte in fila verticalmente» (stile di Gnathia). Bibliografia: Jatta 1880, p. 403
117.9. Cratere a figure rosse h. em 30
Lato A: a sinistra, è un guerriero nudo, seduto su un poggetto con base e sulla propria clamide, in parte piegata sotto di lui. Ha nella destra due lunghe lance e poggia il gomito sinistro sul ginocchio sinistro sostenendo il mento, in atto di meditazione e di dolore, Segue una Nike con diadema radiato, stante che guarda verso il guerriero ed aprendo le due braccia in atto di parlare con lui. Segue un uomo barbato stante, ammantato, con diadema sul capo e lungo scettro nella destra, a cui si appoggia, che guarda il guerriero seduto. Lato B: tre giovani ammantati, dei quali i due esterni hanno il bastone e quello centrale sta parlando con quello di sinistra. Bibliografia: Jatta 1880, p. 403. 117.10. Elmo di bronzo hem21.
Con lophos..... occhi e paranaso.
, con fori per gli
Bibliografia: Jata 1880, p. 403. 117.11. Elmo di bronzo 117.8. “Tazza a due manici” hem 12, 566
Aperto lungo la linea del naso ed ha più grandi le occhiaie.
117.12. Due cinturoni di bronzo Bronzo, lamina marllata. Si conserva un esemplare. Lungh em 90 e larg. em 10. Ruvo, Museo Nazionale Jaa, IV secolo aC.
Conservato | quasi integralmente, anche se risulta restaurato più volte in antico. È formato da una semplice lamina
rettangolare bordata ai margini, sui lati lunghi e su quelli corti, da una fila di forellini. Mancano i ganci, ma sono ancora evidenti le impronte degli attacchi ad un'estremità della lamina, mentre restano alcuni minuscoli chiodi inseriti nei fori praticati lungo i margini, attraverso i quali veniva fissato il rivestimento interno in cuoio.
Fig. 492. 117.12. Cinturone di bronzo. IV secolo a.C. (da Riccardi 2006, fig. 2 a p. 10)
Bibliografia: Riccardi 20062, pp. 10-11, fg. 2 ap.10. 117.13. Due punte di lancia in ferro con due contropunte 117.14. Vaso di bronzo in forma di tegame Alto cm 12, irconf cm 80.
Fig. 493. 11715. Oinochoe trilobata di bronzo. V secolo a.C. (da Riccardi 2006, fig. 2ap. 16).
Cu
117.15. Oinochoe trilobata Bronzo, lamina martellata, applicazione plastica dell'attacco dll’ansa. hem 7; cic. em 20, Ruvo, Musco Nazionale Jat V secolo a.C.
mm
Restaurata. L'oinochoe, del tipo a bocca trilobata con ansa sormontante, è decorata allattacco inferiore dell’ansa da un piccolo calice di loto. Collo a profilo
Figg. 494-495, 117.16. Fibula d'argento ad arco semplice ingrossato al centro, con particolare della decorazione della staffa (da Riccardi 2006, figg. 4-5a p. 14).
omm
567
Fig. 496. 117.16. Fibula d'argento ad arco semplice ingrossatoal centro. Restituzione grafica (da Riccardi 2006, fig. a p. 15)
concavo, spalle oblique, corpo ovoidale, basso piede. Prima del restauro, alla sommità dell’ansa aderiva un chiodo in ferro, il che lascia presumere che in origine il vaso fosse sospeso alla parete di una tomba, come spesso si riscontra nello scavo di sepolture di particolare pregio. Bibliografia: Riccandi 20060,p. 17, fs. 2. 117.16. Fibula in argento Argento; lamina martellata. Lungh. cm 7,4; pesog. 30. Ruvo, Museo Nazionale J In. 36488. Restaurata, Iacunosa.
La fibula è del tipo ad arco semplice ingrossato al centro, formante un angolo. Presenta un corpo a sezione circolare 568
ingrossato al centro, mentre la staffa è ricoperta da una lamina d'argento zigrinata, decorata sulla faccia superiore da una decorazione incisa costituita da un motivo a denti di lupo. La staffa è a sezione rettangolare completa di protomi costituite da un vago cilindrico con ardiglione a cuspide. Bibliografia: Montanaro 2006, p. 52, cat. 2.18. Riccardi 20062, p.17, figg 4-5. 117.17. Pinzetta in bronzo Lunga em 4
123 — Tomba rinvenuta su Corso Cotugno (già Via dei Cappuccini) Nel novembre del 1833 si rinvenne lungo la via dei Cappuccini una tomba che restituì un ricco corredo. Tra i vasi del contesto il Laviola, la cui relazione è ripresa parzialmente dal Panofka® e in maniera completa nella memoria del canonico Ursi, si sofferma su un «vaso di finissima argilla alto tre palmi e vi si osservavano in esso trentacinque figure per lo più fauni con delle anfore in mano. Vi era Sileno coll'asino, Bacco su di un maestoso letto, alla di cui estremità vi era un Genio alato, che poggiava le mani sulli piedi del Nume; a lato del letto una donna maestosamente vestita colla corona sul capo, e collo scettro in mano. Vi erano intorno tre strettoi di uva, al di sopra del letto vi era scritto a caratteri incisi Avovoso. Su delle altre figure vi erano scritti in greco i nomi di ciascuna, ma appena potei leggere Σιληνοσ, e gli altri erano stati cancellati dal tempo. Il letto era situato sotto l'ombradi varie viti maritate agli olmi, da cui penzoloni ne stavano grappoli di matura uva. Al di dietro del vaso vi era un guerriero galeato con la picca in mano, ed un cavallo. Nella parte inferiore vi erano delle donne in compagnia di Satiri, con delle anfore sospese dietro le spalle. Nella parte esteriore dell'orlo vi era un'ara ornata di fiori, su cui sorgeva una fiaccola, e dall una e dall'altra parte vi erano sacerdoti pronti al sacrificio... il suddetto vaso fu acquistato da Giovanni Jatta per la somma di ducati quattrocento»? La descrizione dettagliata del vaso ha consentito di identificare con sicurezza il pregevole esemplare: si tratta del cratere a volute attico a figure rosse (catalogo Jatta 1093), attribuito al Pittore di Kadmos, che raffigura sul lato principale Dioniso e il suo tiaso, mentre sul lato secondario è rappresentata una scena dionisiaca con satiri e menadi. Purtroppo dei rimanenti oggetti del corredo il Laviola non ha lasciato alcuna descrizione, probabilmente perché considerati privi di importanza, soprattutto quando si trattava di materiale non figurato. 124-126— Tombe rinvenute in Via Gravinelle
Nel novembre del 1995, alla periferia nord-ovest del centro abitato, lungo la direttrice per Corato, sono stati effettuati lavori di scavo preliminari alla costruzione di due edifici scolastici adiacenti. Sono emerse tre tombe a sarcofago in tufo con orientamento N-S, delle qualî due risultavano già depredate. Di questi rinvenimenti va segnalato soprattutto il notevole interesse topografico, collocandosi nella zona nord-occidentale della moderna città di Ruvo, finora quasi ignota alla letteratura archeologica. Una di queste sepolture, lesionata nella parte meridionale e priva del lastrone di copertura (Tomba 124), conservava solo pochi resti ossei ed alcuni frammenti di ceramica a vernice nera € a decorazione lineare, risalenti alla seconda metà del IV secolo a.C. 25 PANOFKA 1834, p.38. 34 LAVioLA in URS! 1835,pp. 125-128. 569
Fig. 497. Tomba 124 in fase di scavo (da Riccardi 1996, tav. XI).
Analoga era la situazione della tomba 2 (Tomba 125), che ha restituito pochi resti di corredo personale, databili tra la fine del V e l'inizio del IV secolo a.C., da attribuire ad una deposizione femminile. Si tratta in particolare di un'armilla in bronzo, un vago globulare in pasta vitrea, un vago globulare in ambra, relativo ad una fibula e, infine, di tre fibule in ferro, con vago in osso inserito nella staffa e cospicui resti di tessuto aderenti. Alla prima metà del IV secolo a.C. risale, invece, il corredo della tomba 1 (Tomba 124), composto soltanto da un cratere a decorazione lineare, contenente all'interno. un piccolo kantharos a corpo biconico, verniciato per immersione. La sepoltura, in questo caso, presentava un’ampia controfossa, entro cui era inserito il lastrone di copertura in calcare?”. #7 RIOCARDI 1996, pp. 52-53, tav. XI, 1-2. 570
127— Tomba rinvenuta su Corso Cotugno (già Via dei Cappuccini) Verso la fine del mese di gennaio del 1884, il muratore Michele Pansini rinvenne in un fondo nelle vicinanze della città, situato nei pressi della via dei Cappuccini, non lontano dal convento dei Cappuccini (oggi Chiesa di S. Lucia), una tomba, della quale non si conoscono le dimensioni, la tipologia e il tipo di deposizione. Lo Jatta riferisce soltanto che il corredo era composto da pochi oggetti di metallo e da una discreta quantità di vasi dipinti di scuola locale della fase più avanzata ‘Tra gli oggetti di metallo vi erano un tripode, un candelabro di piombo, un cinturone di bronzo e i resti di un’armatura in ferro. Per quanto riguarda il complesso vascolare erano presenti soprattutto vasi apuli a figure rosse, tredici dei quali sono stati pubblicati dallo Jatta, mentre il resto del corredo era costituito da lucerne e da altri piccoli vasi con e senza figure considerati dallo studioso di scarso rilievo. Lo stesso autore riferisce anche che non gli fu data l'opportunità di studiare e analizzare in maniera approfondita gli oggetti componenti il complesso funebre, per cui si è dovuto limitare a comunicare le informazioni essenziali che ha potuto ricavare"", Del corredo, purtroppo, si sono perse completamente le tracce; fortunatamente però, grazie alle descrizioni dello Jatta, è stato possibile individuare almeno i due vasi principali mascheroni, raffigurante sul lato principale un uomo a cratere il del complesso, quali tra di loro all'interno di un naiskos, ed una situla, parlano stante ed una donna seduta che con Dioniso disteso su una Kline, entrambi attribuiti dal Trendall al Pittore di Ganymede, uno dei principali ceramografi della fase tarda della ceramica apula a figure rosse. Dalle descrizioni si riconoscono, inoltre, anche un piatto da pesce, con due pesci ed una seppia, due kantharoi ed, infine, un rhyton apulo configurato a testa di grifo. Il contesto può essere datato nell'ambito dell'ultimo quarto del IV secolo a.C.
127.1. Cratere a mascheroni apulo a figure rosse Argilla beige depurata, vernice nera lucente, sovraddipinture in biancoe giallo, hem, 73,5; diam. olo cm 33, Svizzera, collezione privata, dal mercato antiquario di Basilea (già mercato antiquario di Napoli Attribuito al Pitore di Ganimede (vaso sponimo) 340-320 a.
Ricomposto da vari frammenti. Qualche sbreccatura sull'orlo, sul piede e sulle anse. Scrostature nella vernice. Piede campanulato, corpo ovoidale, spalle
oblique, collo cilindrico, orlo revoluto. Decorazione accessoria: — sull’orlo, pseudobaccellatura; sul collo, sopra, motivo di bucrani altemati a phialai; sotto, grande cigno bianco che rapisce Ganimede, nudo, con clamide pendente dalle braccia; i personaggi sono circondati da fiori, rami e viticci, girali Lato A: al centro, è raffigurato un naiskos, all'interno del quale sono rappresentati due personaggi dipinti di bianco. A destra è un uomo nudo, stante, con clamide che lo avvolge in parte, col gomito sinistro appoggiato ad una colonna del naiskos, che ha il braccio
20 ATTA 1884, pp. 115-117;M, MARIN 1981, p. 196. 5n
Fig. 498. 127.1. Cratere a mascheroni apulo afigure rosse del Pittore di Ganimede: lati A e B. 340320 a.C. (da Trendall-Cambitogiou 1982, tav. 294).
destro allungato rivolto verso una donna, seduta di fronte, col tipico gesto di chi sta parlando. La donna, vestita con chitone e mantello e sciarpa rossa, ha nella sinistra una cassetta. Al di fuori del monumento funebre, a sinistra, sopra, è una donna seduta, con chitone e riccamente ingioiellata, che ha nella sinistra una cassetta aperta; sotto è un uomo nudo, seduto di spalle al naiskos ma con la testa rivolta indietro, che ha due lance nella destra. A destra, sopra, è un uomo 5n
nudo, seduto sulla clamide, che ha nella destra una corona e nella sinistra due lance ed è appoggiato col gomito sinistro ad uno scudo; sotto, è una donna seduta, con chitone e mantello e riccamente ingioiellata, che ha nella destra una corona e nella sinistra una phiale. Lato B: è raffigurato un naiskos vuoto, all'interno del quale sono fiori e palmette; a sinistra, sopra, è una donna seduta con cista nella destra e ventaglio nella sinistra; sotto, uomo nudo seduto sulla clamide
con corona nella sinistra e phiale nella destra. A destra, sopra, uomo nudo seduto sulla clamide, con cassetta nella destra e tralcio di vite nella sinistra; sotto, donna seduta con phiale nella destra e specchio nella sinistra. Bibliografia: Jatta 1884, p. 116,n.2; Macchioro 1913, p. 37, fig. 8: Schauenburg 1958, p. 77, nota 98; Lohmann 1979, p. 269, A 783, Trendall-Cambitoglou 1982, p. 795-796, n 25/1, ta. 294.
127.2. Situla apula a figure rosse Argilla beige depurata, vernice nera lucent, sovraddipinture in bianco e giallo. hem. 42,1 Liverpool, National Museum (già Pot Sunlight X 577; nuovo inventario 5009) Inv. 5043.16. Atribuia αἱ Pittore di Ganimede. 3403204.
Integra. Sbreccature sull'orlo, vernice. mera scrostata in alcuni punti. Apoda, corpo ovoidale, risega alla base dell'orlo, orlo svasato, labbro estroflesso. Lato A: al centro, è raffigurato Dionisio, disteso su una Kline, con tirso nella destra; accanto alla divinità è una donna seduta, vestita con un lungo chitone ei soliti ornamenti, con una corona e con un piccolo cigno bianco nella destra; dinanzi al letto sorge dal suolo una base bianca per il gioco del kottabos. Sopra le due figure, è un erote, seduto su una clamide con ornamenti muliebri sul capo, sulle braccia e sulle gambe, che ha una phiale nella sinistra. Lato B: è raffigurato un erote, con tralcio di vite nella sinistra abbassata c cassetta nella destra sollevata, che avanza. verso sinistra verso un cippo, su cui sono delle offerte. Bibliografia: Trendall-Cambitoglou 1982, p. 197,1. 25134, tav 297, 5,
Fig. 499 — 1272. Situla apula a figure rosse del Pittore di Ganimede (da TrendallCambitoglou 1982, tav. 207,5).
127.3. Rython apulo a testa di grifo Sul collo è raffigurato un erote seduto con cassetta nella sinistra e ventaglio al fianco. Bibliografia: Jatta 1884, p. 116, n.3. 1274. Sostegno
Si tratta di «quattro zampe di terracotta configurate a zampe di leone, che servivano per sostenere una piccola cista di legno, distrutta dal tempo». Nella parte superiore è un foro per chiodi. Bibliografia: Jatta 1884,p. 116, n.4.
127.5. Piatto da pesce apulo a figure rosse Sono raffigurati due pesci con una seppia. Bibliografia: ata 1884, p. 116, n. 5. 573
127.6. Loutrophoros apula a figure rosse L'esemplare è del tipo senza anse (Barrel-Amphora) Lato A: naiskos con donna stante. Lato B: donna con nastro e tralcio di vite. Bibliografia: Jatta 1884, p. 106, n.6.
127.8. Coppia di kantharoi apuli a figure rosse
Su entrambi i lati: erote con specchio, tralcio di vite e cassetta nelle mani. Bibliografia: Jatta 1884, p. 116, nn. 7-8
127.9-10. Coppia di oinochoai apule a figure rosse Suentrambi gli esemplari è raffigurato ‘un erote con tralcio di vite e benda nelle mani, dietro ad una donna che lo precede, anch'essa con tralcio di vite e cassetta. Bibliografia: Jata 1884, p. 117,nn. 9-10.
127.11-12. Coppia di Jlikes a figure rosse Su entrambi gli esemplari, all'interno, è raffigurato un crote con simboli dionisiaci; all’esterno, su entrambi i lati è rappresentata una testa muliebre. Bibliografia: Jat a 1884, p. 117, n. 1-12.
127.13. Phiale apula a figure rosse All'estemo, su entrambi i lati è interamente verniciata di nero, mentre all’intemo è raffigurato un erote con specchio e una corona di rosette nelle mani; al lato è una fiaccola. 574
Bibliografia: Jata 1884, p. 17, n. 13.
127.44. Tripode in piombo Bibliografia: Juta 1884, p. 117,n. 14. 127.15. Candelabro in piombo Bibliografia: Jatta 1884, p. 117, n. 14 127.16. Cinturone di bronzo. Bibliografia: Jta 1884, p. 107, n. 14. 127.17. Resti di armature in ferro Bibliografia: Jat 1884, p. 117, n.14. 127.18. Lucerna a vernice nera. Bibliografia: Jatta 1884, p. 17, n. 14,
127.19. Piccoli vasi con e senza figure di nessuna importanza
128 - Tomba rinvenuta su Corso Cotugno (già Via dei Cappuccini) Da una delle tante memorie del Laviola, ripresa dal canonico Ursi nei suoi due manoscritti, si ricava la notizia che nel novembre del 1834, in un podere di don Girolamo Rubini, situato all’incrocio tra la via dei Cappuccini e la via Nuova, non lontano dalle mura della città si rinvenne una tomba che restituì tre vasi configurati. Si tratta di «due coccodrilli a rilievo che agguantano un moro con bicchiere; sul bicchiere a forma di campana vi sono figure di Geni alati. Nello stesso sepolcro si rinvennero un vaso a corno di bue di argilla color nero con figure di Baccanti ed un giovine nudo con la fiaccola in mano dipinti sul bicchiere a forma di campana che presentava la dipintura di un ippogrifoy?®. La descrizione consente di identificare gli esemplari: si tratta di due rhytd configurati a negro e coccodrillo, piuttosto diffusi nella fase tarda della ceramica apula, e di un rhyton configurato a corno di animale. Non si hanno altre notizie sul rinvenimento e sul luogo di conservazione degli esemplari descritti. 129 — Tomba rinvenuta su Corso Cotugno (già Via dei Cappuccini) Nel 1834 l'ex sindaco di Ruvo don Luigi Cilienti, in un terreno di sua proprietà, situato sulla via dei Cappuccini e contiguo al suo palazzo, nei pressi del convento dei Cappuccini, rinvenne una tomba che restituì un corredo composto da oggetti molto interessanti; da questi reperti il Laviola aveva tratto anche dei disegni, dei quali però non è rimasta alcuna traccia”. La descrizione del Laviola è la seguente: «Il primo disegno forma l'unione di tre coppe unite a forma di triangolo sorgendo dal mezzo una colonnetta di ordine ionico, avendo sul capitello un melograno. Sulle coppe vi sono dipinti dei Genit alati con cassette di figura parallelogrammo nella sinistra mano, da cui pende una corona. Gli altri due geni hanno specchi, la simile casetta e ventagli». È chiaro che si tratta di un Kernos a figure rosse, una forma vascolare molto diffusa nella fase tarda della ceramica apula. Il secondo disegno raffigura un «cono di color nero con piccolo manico con figura di un satiro nudo con due flauti»; si tratta di un vaso potorio configurato a forma di como. Il terzo disegno rappresenta un «vaso cilindrico di vetro azzurro coperto di vernice con colori serpeggianti di bianco, nero e zafferano con due piccoli manici presso l'orifiziov; in questo caso si tratta di balsamari di pasta vitrea di tipo fenicio, molto diffusi in area ‘pula e in particolare a Ruvo, dove sono stati rinvenuti in grande quantità. Lo stesso autore aggiunge, inoltre, che nella medesima sepoltura si sono rinvenuti vasi simili «a forma di palla» in vetro azzurro e anche in argento. Il quarto disegno raffigura degli «orecchini a cerchio ed a coccia in bronzo e argento»; infine, il quinto disegno raffigura delle «serpi d'argento attorcigliate», molto probabilmente dei bracciali. Anche in questo caso, si è persa ogni notizia dei reperti descritti. a, pp. 190-191 > νιον, Usi 1835,pp. 180-181; URst 1836 P LAVioLA in Usi 1835,pp. 168-169; Ust 1836,pp. 178 à 575
130- Tomba rinvenuta su Corso Cotugno (già Via dei Cappuccini)
Nel gennaio del 1838 il canonico Paolo Chieco chiese il permesso di scavare in due suoi fondi utilizzati come orti. Il primo era situato sulla strada che conduceva al convento dei padri cappuccini, il secondo dietro S. Angelo, sulla via che conduceva al convento dei Minori Osservanti. Nel fondo situato sulla via dei Cappuccini, il canonico, mentre scavava delle fosse per piantare alberi fruttiferi, rinvenne un lastrone di copertura di una tomba. A questo punto il Chieco segnalò il rinvenimento alla Commissione dei Regi Scavi di Ruvo che, alla sua presenza, fece sollevare la lapide e si scoprì una tomba a sarcofago, «una pila di tufo» contenente un corredo composto essenzialmente da vasi. IL complesso vascolare era costituito da un «vaso a colonnetta alto palmi uno e % con otto figure, oltre che di due leoni, due cinghiali ed uno struthio camelus che si azzuffano tra loro che ornano il labbro dalla parte nobile. Delle otto figure, le quattro del lato posteriore rappresentano personaggi panneggiati: le quattro del lato nobile mostrano due guerrieri e due donne, una delle quali è alata. Il guerriero che si intrattiene con la donna non alifora è ornato di largo scudo fregiato di un serto di lauro e si appoggia sulla sua picca, mentre quella con ambe le mani muove a cingerlo di una benda frontale. Il guerriero che stassi davanti l'alifora con una mano stringe la sua asta da guerra e coll'altra il cimiero cavato dal capo in atto di riverenza, mentre quella lo complimenta di celeste nettare che versa in una coppa da un prefericolo di forma sicula...», quasi certamente si tratta di un cratere a colonnette a figure rosse italiota. Si rinvennero, inoltre, cama giarra di un nero rimescolato di rosso, più larga che alta e quasi in forma di secchio. Alta Y; palmo, a bocca aperta», molto probabilmente uno skyphos a vernice nera, «tre differenti paterelle a vernice nera, una giarla scanalata a larga bocca, nera, alta % palmo, un pignattino scanalato a vernice nera» e, infine, «otto vasellini rustici di poco conto», da identificare con vasi indigeni a decorazione lineare o acromi?", Il corredo fu valutato dalla Commissione dei Regi Scavi circa 60 ducati, ma comunque si decise di restituire i vasi al proprietario del fondo e venne disposto di trarre il disegno del cratere a colonnetie??. I documenti di archivio non forniscono ulteriori informazioni sulla sorte del complesso vascolare, per cui non è stato possibile identificare gli oggetti sopra descritti
δι CAPRIOLI in RUGGIERO 188, pp. 567-568. 2 CAPRIOLI in RUGGIERO 1888, p. 567. 2° ASBA, MSA, fasc. 109: letra del 30 settembre 1838; ASSAN V A6, fasc. 19: “Vasi rtrovar în Ruvo dal Canonico Paolo Chieco. Valutazionedi merito della Commissionedi Antichità e Belle Arte restituzione dei vas al proprietario con disposizione di disegnarne uno” (1838-1840); CAPRIOLI in RUGGIERO 1888, p. 568. 7 ASBA, MSA, Fasc. 109: "Inorno al permesso superiormente accordato al Canonico D. Paolo Chisco di eseguire scavi per ricerche di antichità ed elenchi del materiale rivenuto” (1838-1841), Lettere del 28 settembre 1840 c del 23 ottobre 1840. 576
131 — Tomba a semicamera rinvenuta su Corso Cotugno (già Via dei Cappuccini) Da alcuni documenti conservati nell’Archivio di Stato di Bari, nell'Archivio di Stato di Napoli e nell'Archivio Storico della Soprintendenza Archeologica di Napoli, nonché da un manoscritto di Salvatore Fenicia?", si apprende che nella città di Ruvo si vociferava riguardo ad alcuni movimenti strani, avvenuti tra il mese di agosto e il mese di settembre del 1840, nel fondo del canonico Paolo Chieco. Infatti, tutti i documenti riferiscono che lo stesso canonico rinvenne in un suo fondo situato sulla via dei Cappuccini, nei pressi dei giardini dei Padri Cappuccini, un magnifico sepolero crollato con uno straordinario corredo. Poiché le voci stavano assumendo una certa consistenza, Salvatore Fenicia, presidente della Commissione dei Regi Scavi di Ruvo, cominciò a fare delle indagini interrogando lo stesso canonico, che gli consegnò un elenco da lui stesso firmato con gli oggetti ritrovati nel grande sepolcro, per la maggior parte in frammenti a causa della caduta delle lastre di copertura all’intemo della tomba. Ques’ultima fu rinvenuta durante gli scavi delle fondamenta di un muro che doveva cingere il fondo del canonico ed era talmente grande che si estendeva persino dentro il fondo del sindaco di Ruvo Luigi Cilienti Dal manoscritto del Fenicia si ricavano anche le dimensioni e la tipologia costruttiva del grande sepolcro: si trattava di una tomba a semicamera, in quanto si racconta che essa era di forma rettangolare ed era costruita con grandi “quadroni” di tufo, mentre le sue dimensioni erano di palmi 17 di lunghezza per palmi 9 di larghezza e di altezza (= m. 4,50 x 2,38 x 238). Il Fenicia, però, non si fidava di quanto affermato e scritto dal canonico Chicco sul contenuto del grande sepolero e immaginava che nel magnifico sepolero, data la sua qualità costruttiva e le sue imponenti dimensioni, molto probabilmente dovessero esservi altri reperti, forse ancora più preziosi, che il canonico aveva omesso di denunciare. Temendo, quindi, una possibile fuga dei reperti da Ruvo con lo scopo di farli confluire nel mercato antiquario clandestino, lo stesso Fenicia suggerì all’Intendente della Provincia di Bari di arrestare ed interrogare fino alla confessione gli scavatori che avevano aiutato il canonico Chicco. Lo stratagemma, infatti riuscì, tanto che si decise di perquisire la casa del canonico: l'operazione consenti di trovare altri numerosi. oggetti di grandissimo pregio, probabilmente appartenenti al corredo del magnifico a Ruvo, MPI, Busta 331, Fase. 82: “Real Museo Borbonico, Acquisto di oggetti antichi rinvenuti 2 ASNA, enti Paolo Chieco" (1840) al canonico apparten S ASSAN IV B 11, Fasc. 62: “Oggetti acquistati dal Canonico Paolo Chieco" (1841-1848), Lettera del 20-06-1841 77 FENICIA 1840,pp. 241-270. e dintorni (1839-1842). Leteradi Salvatore Fenicia del 34 ASSAN V,A-6, sc. 16: "Rino Scavidi Ruvo 259-1840; FENICIA 1840, pp. 241-246: «Spaziava voce che in girandole fondamenta della cina d'un giardino, ‘incontrarono dal Canonico D. Paolo Chieco le rovine d'un diruto sepolcro greco, ma di magnificentssime di tufo; e stendendosi in una elle pù late dimensioni avea forme. Era questo degl’ edificati a grandi quadroni Ta lunghezza di palmi diciassette, la larghezza e profondità di nove. e lapidi coperchial, le quali insufficient alla vasta compressione vi si eran spezzate, avean fatt il contenuto nel lor tomo: e, se poche cosette nello. Stato d'itegrià conservate s sono, le sono quelle poche che si trovavan collegate né vari coperti da contropezzi di lpidi»
sepolcro?”. Alla fine venne redatto, da parte della Commissione per l’Intendenza di Barletta, un secondo elenco di oggetti completo, comprensivo di quelli menzionati nel primo elenco e di quelli omessi dal canonico ritrovati durante la perquisizione nella sua abitazione"? Come si evince dai documenti, la Commissione considerò degni del Real Museo Borbonico soprattutto gli oggetti a rilievo, i bicchieri, i vetri, gli idoli e gli oggetti di alabastro che furono così sequestrati al canonico Chieco. Gli oggetti furono acquistati per la somma di 250 ducati, imballati nelle casse e trasportati al Real Museo Borbonico di Napoli, Il corredo ricchissimo era composto da ceramica a figure rosse, ceramica a vernice nera con figure a rilievo, ceramica acroma con figure a rilievo, vari ry/hà, vasi in vetro cin alabastro, nonché da ceramica di Gnathia e da vari altri frammenti ceramici. Viene descritto in maniera particolare un “ampollone” a fondo nero con quindici figure a rilievo rappresentanti il supplizio di Marsia legato ad un albero, identificabile con la lekythos a vernice nera con figure a rilievo, decorata da policromia e doratura, conservata nel Musco di Napoli (H. 2991), che raffigura, infatti, il supplizio di Marsia®®, come viene confermato anche dal Macchioro nel riordinare l'Archivio del Museo e il materiale proveniente da Ruvo??. Nell'elenco figurano anche quattro “giarlette” di terracotta con figure a rilievo esprimenti lo stesso soggetto, individuabili nei quattro skyphoi acromi del Museo di Napoli (inv. 16183-16186), decorati con scene dionisiache a rilievo™, e 3 ASSAN V A-6, fase. 16. Lettera di Salvatore Fenicia del 25.9.1840: «Spaziava voce che dal Canonico D. Paolo Chieco.. um antica parete, si asse incontrato, stante fra il suo fondo ed un fondo di questo Sindaco ‘Sig. Cilento, un diruo sepolcro greco con dè rottami di vasellame finissimo: e siccome questa vociferazioneda semplice diceria cominciava a prendere qualche consistenza, io ne spins le debit indagini, e già mi preparava a dare delle brute disposizioni, quando il detto Canonico è vemuo a rivolgersi a rivelarmi gli oggetti in un elenco, grande, segnato da lu...anderò a spedire al Sig. Intendente dela Provincia... Ò tenuto allo stesso un discorso quanto suasivo altrettanto minaccioso, perché nelle rivela fossesi comportato colla morale di un sacerdote, coll'onoratezza di un galantuomo: ma temo che non sieno stai posti in reicenza degli oggetti interessanti, per lo scoprimento dè quali sarebbe necessario che SE ordini all Intendente di porre in arresto, Jin lla confessione gliscavatori; e questo timore à fondamento dala qualità e dimensioni del sepolcro, il quale era costruito a gran pezzi di ifo, ed avea la lunghezza di palmi 17 ed altezza e latitudine di palmi 9. Il sepolcro diruto rinvenuto dal Chieco è sto nelle vicinanze del giardino dei Padri Cappuccini». % ASBA, MSA, fisc. 109: la Commissione deplora che il canonico Chieco non apre le tombe alla presenza della Commissione dei Regi Scavi di Ruvo e che non si comporta secondo il permesso ottenuto sin dl 9-1-1839. 1128 febbraio 1841 la Commissione dei Regi Scavi controlla il material © lo prepara per spedirlo a Napoli; RUGGIERO 1888,p. 569;M. MARIN 1981, p. 170-172, #1 DOCUMENTI INEDITI IV, 1880, p. 120. 2% FENICIA 1840, pp. 247-252: «Una grande ampolla ftl verniciata di lucidissimo nero, ed effiiata di quindici figure a basso rilievo E questa in più pezzi: ev qualche vuoino; ed il bocchino ci manca. Ma lo figurato è tanto preciso, edi tanta dlicatezza | lineamenti squisita, che in esso vi s'ammira quanto gli antichi “Josser stai dott nell'arte plastica rilievi erano verniciati di un intonico di rubro bianciccante: ma comecchè nel accozzamento ne venner i pez i posti i carboni accesi da malpratico restauratore, pure questo oggetto rarissimo non lasciadi esser mirando. La storia... il Marsia legato vi si vede nella medesima posizione, e compeggiondo | medesimi episodi». 30 MACCHIORO 1911,p. 190 2% FENICIA 1840, pp. 253-255: «Quatrogiarelle di color d'argilla venti sei figuredi rilievo per cadauna. lire d'un clipeo e d'una angusta predella, che sono accessori della figura protagonista, la Dea del genio e delle belle ari. vi i scorge in questi vasi Minerva seduta, vestita de suo peplo ed avente lo suo scudo e la spada dela giustizia; la quale ascoltando l'accusa d'un frigo pastore, avvalorato Mercurio, dirige suol acri 578
un como di finissima terracotta con la stessa raffigurazione”. Particolare attenzione è prestata a cinque vasetti di vetro dipinti con vari colori e soprattutto ad una coppa, anch'essa in vetro di colore azzurro, decorata esternamente da un fregio ornamentale incavato: questi ultimi sono identificabili con alcuni unguentari vitrei dipinti con colori vivaci e con una coppa in vetro azzurro decorata da un motivo vegetale incavato (inv. 13566), tutti conservati nel museo napoletano”. Facevano parte del corredo anche cinque rythà in frammenti configurati rispettivamente a testa di toro, a testa di bue, a testa di ariete, a testa di cervo c a testa di grifo; vengono descritti, inoltre, altri cinque rythd, due dei quali configurati a testa di cervo, due a testa di grifo ed uno a testa di cinghiale™”. Nell'elenco vi sono anche tredici idoli, quattro dei quali raffigurano Afrodite, quattro rappresentano delle Arpie, gli altri cinque dei cavalli alati”. Vi erano ancora tre “prefericoli” (oinochoai) raffiguranti teste femminili dipinte in bianco, probabilmente appartenenti alla classe della ceramica sovraddipinta policroma nello stile di Gnathia, un grande profumiere a figure rosse in frammenti (una loutrophoros), decorato da sedici figure e munito di un elegante coperchio, una grande patera decorata da quattro figure sia esternamente che internamente, quasi certamente una phiale apula a figure rosse? quindi è un grande vaso a tre manici (una Aydria) tutto in frammenti, cui manca parte del collo e del piede, decorato da ventuno figure, identificabile con una Aydria apula del Museo di Napoli, ancora non inventariata, attribuita dallo Schauenburg alla cerchia dei Pittori di Dario e dell’Oltretomba”". Seguono ancora un vaso a tromba (anfora), anch'esso in frammenti, un secchio (una situla) decorato da otto figure, sei piccoli prefericoli, ognuno con due figure, un guttus con due figure, cinque giarelle (skyplioi) con due figure ciascuno ed un'altra più grande anch'essa con due rimproveri verso l'indusir figlio di Hyagni, che innanzi di Lei viene da alti due frigi con violenza menato. Il vemiciato di queto lo è parimenti scaricato anzi tuto caduto; e pare che debbano esser ate dorate, perchédi tratto in ratio visi scorgono delle molecol di oro». 26 FENICIA 1840, p. 255, n.3: «Un corno di finissima terracotta, fregiat del medesimo figurato; ed anche nellistesso stato di depreziamento». 76 FENICIA 1840, pp. 255-256: «Cinque vasellid alode graziasisimi nelle forme, e listati di squistissime ine: cui s'aggiunge una coppa monocolore, ma della medesima materia; la quale nella porte esterna à leggiadramente circondata dan fegio ornamentale in incavo, che tutta intorno intorno conmoltagrazial'abbella» 77 FENICIA 1840,p. 256: «Cinque bicchieri rotti terminant in esta πο di animali: cioèin una di torello; in una di giumento; in una di vero; in una di cerbiatto; edîn una di grifone. Alti cinque bicchieri anche zoeforii, terminanti due in teste di cervo, due in teste d rif, ed una in testa di porco». 775 FENICIA 1840, pp. 256-257: «Tredici idoli ben eseguiti, graziosi, e d'una precisione ad ogni creder superiore: i primi quattro αἱ quest rappresentano formose ed avvenentssime Veneri alti quattro le ἀγρία; atri cinque i generosi edlat caval. "20 FENICIA 1840,p. 257: «Tr prefericoli rappresentanti ire faccie muliebri di color bianco, frs le Parche. Un gran vaso dè profumieri, tutt fraturat. È questo bello pel suo colorito ed ornato, nonché magnifico perla sua mole grandiosa. Contiene sedeci figure; ed è munito d'un elegante coperchio, e d'un piede amovibile: ma la finezza del pennello non corrisponde alla magnificenza ed ornatura, Una patera grande decorata di quattro figure nella parte concava, e d‘altre tante nella convessa: sono questedi non buono pennello». 7" FENICIA 1840, pp. 257-258: «Un gran vase a ire manichi, d'un altezza e circonferenza smisurata. A questo vase manca tuta la porte superiore della gola e, la parte dl piede; e ciò non ostante i si umerano. ventuno figure delle baccanalix; SCHAUENBURG 1984, p. 387, tax. 124, 579
figure?" Nell'elenco compaiono ancora due calici (Kanrharof), ciascuno con due figure, © un mucchio di frammenti che adeguatamente restaurati e ricomposti potrebbero restituire altri vasi degni di considerazione. Infine, vengono menzionati un grande nicchio (una pisside) di alabastro orientale, insieme ad altri frammenti simili pertinenti a piedi e coperchi di unguentari, e una grande quantità di frammenti non ricomponibili, tra cui il frammento di un grande cratere a mascheroni, che inducono a credere che questa tomba magnifica fosse stata già violata in antico”. Certamente, sulla provenienza di questo materialevi sono notevoli perplessità, nascenti dal fatto che il canonico Chieco era ben noto nelle cronache del tempo per la sua attività, a volte anche illecita, di collezionismo di materiale archeologico. Tali perplessità, inoltre, sono rafforzate dalla presenza di un gran numero di ftd all'interno della tomba, cosa che negli scavi recenti non è stata mai riscontrata, almeno per quanto riguarda i corredi della Peucezia, nei quali sono stati trovati al massimo due esemplari. È possibile, dunque,
che il materiale piuttosto vario, comprendente oggetti cronologicamente non omogenei tra loro, sia il frutto di più rinvenimenti tombali effettuati dal Chieco nel suo fondo, cosa che, peraltro, è nota nei documenti di archivio. Comunque, al fine di documentare tali ritrovamenti, in questa scheda vengono presentati i materiali rintracciati nei depositi del Museo Nazionale di Napoli, dove tali reperti furono convogliati. 131.1. Skyphos a rilievo profilo concavo-convesso, svasatoall’orlo emolto rastremato in basso, anse a cordolo Argilla beige, tracce di colore celeste, impostate sotto l'orlo. La decorazione è a decorazionea rilievo. rilievo; sotto l'orlo, ovoli incisi; in basso, bem I; diam. orlo em 7. Napoli, Musco Archeologico Nazionale (già baccellatura tra linee incise. collezione Chicco). Lato A: è rappresentato un giovane, Inv. 16183, dalla lunga chioma, ammantato nella parte IIl secolo aC. inferiore del corpo, seduto su una Kline, Ricostruiti il piede e quasi interamente sulla quale sono disposti alcuni cuscini. la parte inferiore del corpo, nonché alcuni Tiene con la mano destra uno scudo con tratti dell'orlo. Piede a disco, corpo a gorgoneion e con la sinistra una spada. 1 FENICIA 1840, pp. 258-259: «Due terze part d'un grande vase a trombone, parimenti magnifico perla lividezza del colorito, per la bellezza dll'ornato, e per la maestà della mole. Un secchio decorato di tl figure Jo sile delle quali è mediocremente buono. Sei prefercoli bellini, quatro dei quali sono inter, con due figure ciascuno. Un guto ad aspersorio con due figure bell'ornto. Cinque girell con due fure per cadauna; ed un'alta più grande parimenti con due figures. 7 FENICIA 1840, pp. 258-260: «Due calci, ogn'uno con due figure; più una bella paterella con una figura; più due belli coperchi ornati; più un ollicino con una figura; edun mucchio di graste da cui potrebbero sorgere come da una palingenesi, alri oggettolini delicati, come alti calii fine giarvett, e paterell, che attualmente si stanno unendo. Un grande nicchio 'alabastro orientale, e propriamente simile a quei bucini… e non poco rottame della medesima materia, rappresentante pezzi piedi e coperchi di vaselli umguentar. Finalmente un mucchio di ali fasciumi in combinabil, che fan credere di esser stato questo magnifico sepolcro anche in altro tempo svoltoe derubato. Tra quest rottami èvvi in pezzo del vase grande. Dalla doppiezza della creta, dal colorito, e dalla precisione del figurato, vi si rileva che questo doveva essere un vase colossale, almeno dell'altezza di palmi otto e d'una circonferenza proporzionata; che avesse dovuto avere wm ben sontuoso dipinto: e dovea rappresentare uno dei più famigerati ati della mitica Soria. Questo sol pezzo, su cu vi sono da due mezze figure εἰ è rinvenuto nel sarcofago». 580
Fig. 500. 131.1-4. Skyphoi acromi a rilievo (da La Magna Grecia nelle collezioni del Museo Archeologico di Napoli 1996, fig. 1049-53.)
Muovono versodi lui, da destra, una figura. ammantata con il braccio destro portato in avanti, mentre con la sinistra tiene un bastone; da sinistra Hermes, ignudo, con mantello svolazzante sulle spalle, petaso sul capo e caduceo. Lato B: tre figure vestite all’orientale con tunica dalle lunghe maniche, anassiridi e cappello frigio. AI centro è una figura, che sembra stare in ginocchio e che viene sollevata dalle altre due. In basso, è evidenziato con linee incise un tratto del terreno. La scena è rappresentata, evidentemente con lo stesso stampo € con lo stesso colore, su un rhyton del Museo Jatta di Ruvo che viene assegnato genericamente al periodo romano (Andreassi 1996, p. 53). A Ruvo, comunque, questa tipologia ceramica è ampiamente testimoniata come attestano numerosi esemplari provenienti da questa città conservati al Museo Archeologico Nazionale di Napoli (Levi 1926, p. 76, n. 331; p. 78,n. 335;p. 79,n. 336). Lo skyphos in esame come gli altr tre in catalogo sono staticertamente prodotti daofficinelocali che imitano esemplari di metallo, probabilmente di argento, secondo una prassi diffusa e
attestata soprattutto a Taranto (Lippolis 1984, p. 47). La decorazione dimostra inoltre analogie con quella di alcuni vasi canosini plastico-policromi (Van der Wielen 1975, pp. 232-276, figg. 283-311) databili tra il IV e il ΠῚ secolo a.C. e con quella di alcuni vasi, (crateri a mascheroni e hydriai soprattutto con decorazione a rilievo) rinvenuti a Ceglie, Ordona e Ruvo (Van der Wielen 1975, pp. 288-296, figg. 330-331). Bibliografia: Fenicia 1840, pp. 253-255; Levi 1926, pp. 103-104, n. 444, fig. 85, 86, 87; Cassano 1996, p. 125, n. 1045. 131.2. Slyphos a rilievo Argilla beige; decorazione a rilievo. bem 1 ; diam. odoem 7 Napoli, Museo Archeologico Nazionale (già collezione Chicco) tav. 16184, II secoloa C.
Manca un'ansa, larghi tatti ricostruiti, sbreccature sull'orlo. Per la forma, il tipo e la decorazione si confronti l'esemplare precedente Inv. 16183. Bibliografia: si veda scheda catalogo 131.1
581
decorazione si confronti l'esemplare Inv. 16183. Bibliografia: si veda scheda catalogo 131.1
1314. Skyphos a rilievo Argilla beige, decorazione a rilievo. hem 11; diam. orlo cm 7. Napoli, Museo Archeologico Nazionale (già collezione Chieco) inv 16186, HI secoloa C.
Rotta un'ansa. Per la forma, il tipo e la decorazione si confronti l'esemplare Inv. 16183 Bibliografia: si veda scheda catalogo 131.1 131.5. Lekythos a rilievo Argilla beige, vernice nera lucente, decorazione rilievo con tracce di osso e celeste . cm 36; diam. piede cm 11,5; diam. bocchello em 55, Napoli, Musso Archeologico Nazionale (già collezione Chieco) Inv. sn. (7 Heyd 2991). IV secolo a C.
Fig. SOL. 1315. ethos atia a rilievo con la scena del supplizio di Marsia (da Spinazzola 1928, tav. 200). 1313. Sbphos a rilievo Argilla beige, decorazione a rilievo. em L diam. orlo em 7 Napoli, Musco Archeologico Nazionale (già collezione Chieeo). ἴων. 16185, HIT secolo a.C. È
meglio
conservato
degli
altri
esemplari. Per la forma, il tipo e la 582
Ricomposta da vari frammenti, il colore delle figure a rilievo è quasi del tutto scomparso. Piede ad anello, corpo ovoidale, spalle arrotondate, collo cilindrico, bocchello campanulato, ansa a nastro impostata verticalmente sulla spalla. AI centro, legato ad un grande albero, è raffigurato Marsia, nudo e inginocchiato; a destra, è una donna stante, vestita con chitone e mantello, che assiste alla scena. Dietro di lei è una donna seduta che sta suonando una lira; di fronte un’altra donna stante, vestita con chitone. a mantello. A sinistra, è un uomo stante, vestito con chitone, che sta guardando verso Marsia. Dietro di lui, in basso e in
alto, sono due divinità, una stante e l’altra seduta, che assistono alla scena. Al di sopra dei tre personaggi centrali, è una Nike în volo; al di sopra della scena del supplizio, sono raffigurate varie divinità, sedute e stanti, con lo sguardo rivolto in basso, verso la scena del supplizio di Marsia. Sulla spalla sono state aggiunte a rilievo delle rosette dorate. Bibliografia: Fenicia 1840, pp. 24 Heydemann 1872, p.,n. 2991; Guida Ruesch 1908, p. 481; Spinazzola 1928, tav. 200.
1316-7. Coppia di alabastra în vetro policromo Vetro plasticato su mucleo friabile con decorazione ad onda o estone dito c inverso. fom 15; diamem 4 6; h. em 13,5; diam cm 5. Napoli, Museo Archeologico Nazionale (già Chicco) '61-13559. VAIL secolo a.C.
Integri. Apodi, corpo cilindrico, collo a profilo leggermente concavo, bocchello a disco, anse ad occhiello. Su un fondo blu intenso, sono presenti motivi decorativi policromi, ad onda © a festone dritto € inverso, dipinti con i colori bianco e giallo, in maniera alternata. I due alabastra vengono assegnati dalla Ziviello al 2° Gruppo Mediterraneo, simili alle forme 7 69 di Harden. Bibliografia: Fenicia 1840, pp. 255-256; Harden 1981, pp. 103-110; Ziviello 1986,p. 218, n. 5, p.219, fig 5. 131.8, Unguentario in vetro policromo Vetro plasticato su nucleo. friabile con decorazione a spirale e a zig-zag hem 11,5, diam. orlo em 2.5. Napoli, Museo Archeologico Nazionale (già collezione Chieco)
Fig. 502. 131-7. Coppia di alabastra in vetro (da Ziviello 1986, fig. 5).
tav. 13563 Uk scoloac Intero. Unguentario
in
vetro
policromo appartenente al 3° Gruppo Mediterraneo, simile alla forma 1 di Harden. La decorazione dipintaè a doppia spirale bianca sul collo, a lince orizzontali parallele su doppio zig-zag giallo chiaro sul ventre. Bibliografia: Fenicia 1840, pp. 255-256; Harden 1981, pp. 135-136; Ziviello 1986,p. 218, n.6, p. 219, ig. 6 131.9. Coppa di vetro a intarsi Vetro spesso nero pressato a stampo con intarsi policromi e in lamina d'oro. hem 55: diam em 20,6. Napoli, Museo Archeologico Nazionale (già collezione Chicco) Tiv 13591 TEA secoloa C. 583
131.10. Statuetta di Sileno Argilla nocciola rossastra; eseguita a matrice. bem 19. Napoli, Museo Archeologico Nazionale (gi collezione Chieco) Inv. 20398, MI secolo aC.
Integra. La figura, in equilibrio instabile, è calzata e solo parzialmente coperta da un piccolo mantello che poggia sulla spalla sinistra, ricadendo sul braccio destro piegato sul petto, forse per trattenere un oggetto. Il volto, piuttosto grande e con folta barba, è caratterizzato dal naso camuso. Bibliografia: Fenicia 1840, pp. 256257; Levi 1926, p. 75, n. 327; Cassano 1996, p. 127, n. 1058,
Fig. 503. 131.8. Unguentario in vetro policromo (da Ziviello 1986, fig. 6).
Forma 25 (Ising). Integra. Apoda, biansata, vasca profonda a profilo convesso, orlo svasato con risega, anse a nastro. La vasca presenta sulla parete interna delle decorazioni a intarsio quasi del tutto scomparse, costituite da tralci e da foglie di vite rossi con pampini verdi, uccelli libellule caratterizzati, in origine, da un'intensa policromia. Gli intarsi, probabilmente, sono costituiti da lamine a sfoglia d'oro, d’argento, di bronzo e in comiola per i grappoli di uva. Bibliografia: Fenicia 1840, pp. 255-256; Guide Ruesch 1908, p. 398, Arm. IV: Spinazzola 1928, p. XVIIL tav. 222; Zivello 1986, p.220,n. 19, p.221,fig. 19.
584
131.11. Statuetta virile Argilla nocciola rossssta, eseguita a matrice, res di ratur hem 105. Napoli, Museo Archeologico Nazionale (già collezione Checo). In. 21061 UI secolo C. Integra.
Corrosa
in più punti.
È
rappresentata una figura virile stante, nuda, su basetta circolare. Ha lunghi riccioli pendenti. Nella destra tiene un grosso oggetto di forma irriconoscibile, forse si tratta del como dell'abbondanza. Un mantello copre la parte posteriore del corpo. Sulla base è incisa una iscrizione: ENKEAAAOË. Bibliografia: Fenicia 1840, pp. 256-257; Levi 1926,p.73,n.317.
131.12-16. Statuette di Erote Argilla nocciole, eseguita a matrice, resti di ingubbiatura bianca hem Il ecm 19.
35-3
T
o in vetro a intarsi (da e coppa a in vetro policrom di unguentari Fig. 504. 1316-7 e 131.9. Coppi Pesce 1932, fig. 12). Napoli, Museo Archeologico Nazionale (già collezione Chicco) Inv. 20295, 20372, 20480, 20483, 20903. ML secoloa C.
Lacunose. In alcune sono rotte l'ala sinistra o l’ala destra, in altre mancano entrambe; nella statuetta Inv. 20372 vi sono cospicui resti di calce bianca. Le statuette raffigurano un Erote stante, mudo, col gomito sinistro appoggiato ad un pilastrino, la destra poggiata sul fianco. Ha un mantello che passa dietro il corpo e ricade sulla spalla destra. Nella statuetta Inv. 20903 il mantello si attoreiglia intorno alla mano destra, negli altri esemplari intorno alla mano sinistra. 1 capelli sono lunghi e scriminati o anche riccioluti. L'erote ha lo sguardo abbassato, rivolto a destra o frontalmente. Bibliografia: Fen p.74,n.322.
840, p. 257; Levi 1926,
131.13. Hydria apula a figure rosse Argilla depurata beige, vemice nera lucente, sovraddipinture in bianco e giallo em 52,5; diam. piede cm 14,5. Napoli, Musco Archeologico Nazionale (già collezione Chicco). Inv sa. Attribuiile alla cerchia dei Pittori di Dario e dellOltretomba 3403102.
Ricomposta da vari frammenti. Lacunosa, mancano parti del corpo, parte delcolloedell'orlo. Piedecampanulatocon risega, corpo ovoidale, ventre baccellato, spalle arrotondate a profilo concavo, collo cilindrico, anse a bastoncello a sezione poligonale impostate obliquamente sul Corpo e leggermente ripiegate verso l'alto. Decorazione accessoria: dall'alto verso il basso, fregio di palmette, fregio ad ovoli, fregio di gocce. La decorazione figurata è disposta su due registri. Sul registro superiore, al centro, è raffigurata 585
Fig. 505. 131.9. Coppa di vetro a intarsi (Foto Archivio Soprintendenza Archeologica di Napoli e Caserta)
una donna seduta di profilo a destra, vestita con chitone e mantello, che ha uno specchio nella sinistra ed un ventaglio nella destra abbassata; la donna ha la testa rivolta indietro verso una figura maschile stante, nuda, con clamide sulle spalle, che si appoggia con la destra ad una lancia. Di fronte alla donna è un erote stante, che le offre un alabastron, mentre nella sinistra abbassata ha un doppio tralcio di vite (2). Dietro è un'altra figura femminile seduta su una cassetta; a destra è una figura femminile stante, vestita con chitone e mantello. Tra i due registri è una testa femminile di tre quarti a sinistra tra girali, Nel registro inferiore, al centro, è una figura femminile seduta, di profilo a destra, che ha una corona nella destra abbassata e ramoscello di lauro con bacche nella sinistra. La donna ha la testa rivolta indietro verso una donna stante, vestita con chitone c mantello, che si appoggia col gomito sinistro ad 586
un pilastrino. Di fronte alla donna seduta è una donna stante, che ha una corona nella destra ed una cassetta nella sinistra. A destra è un’altra donna seduta su una pila di rocce che ha nella destra un pomo bianco. A sinistra, dietro la donna stante appoggiata al pilastrino, è una donna seduta su una pila di rocce che ha una corona nella sinistra sollevata. Dietro è una donna stante con la testa rivolta indietro, vestita con chitone e mantello, che ha nella sinistra un ramoscello di lauro con bacche. Bibliografia: Fenicia 1840, pp. 257.258; Schauenburg 1984, p. 387, lv, 124,1
131.14. Rhyton a forma di como con figure a rilievo 131.15-17. Tre rhyià a testa umana acromi 131.18-19. Coppia di rhyrà a testa di grifo acromi 131.20. Riyrona ditesta di cinghiale acromo
131.21-22. Coppia di rAytà a di testa di cervo acromi 131.23. Rhyton a figure rosse configurato a testa di bue 131.24. Rhyton a figure rosse configurato a di testa di cervo
131.25-28. Orciuoli (Lekythoi ?) a figure rosse Sono raffigurate delle menadi. 131.29-30. Coppia di vasellini di acromi con figure a rilievo 131.31-35. Rhytà ἃ figure rosse configurati a testa di toro, di cavallo, di cervo, di grifo, di cinghiale 13136. Statuette di terracotta rappresentant figure umane, arpie ecavalli
1313739. policrome
Oinochoai | sovraddipinte
Sono raffigurate teste. femminili dipinte di bianco. 131.40. Loutrophoros a figure rosse Decorata da sedici figure e con un bel coperchio, il piede è distaccato. 131.41. Phiale a figure rosse Sono dipinte quattro figure sia all'esterno che all’intemo.
Fig. 506. 131.10, Statuetta in terracotta di Sileno (da Cassano 1996, fig. 10.58)).
13142. Anfora di tipo panatenaico a figure rosse 13143. Situla a figure rosse
Rotta in più pezzi. È dipinta con otto figure ed è alta palmi 1 e % (circa cm 32). 587
131.44-49. Oinochoai a figure rosse
Quattro sono integre, due mancano di qualche pezzo, ognuna è dipinta con due figure. 131.50. Guttus a figure rosse
Lungo circa un palmo (circa cm 26,5) con due figure e bei dipinti 131.51-55. Skyphoi a figure rosse Ciascuno presenta due figure. Fig. 507. 131.11. Statuetta virile in terracotta (Foto Archivio Soprintendenza Archeologica di Napoli e Caserta)
131.56. Skyphos a figure rosse
Di grandi dimensioni con due figure.
131.57. Patera a figure rosse E' dipinta con una figura. 131.58-59. Coperchi di lekanis a figure rosse
131.60. Lekythos a figure rosse Decorata con una figura.
131.61-63. Kantharoi a figure rosse Decorati con due figure. 131.64. Vaso di alabastro (Pisside) Fig. 508. 131.12. Statuetta di erotein terracotta (Foto Archivio Soprintendenza Archeologica di Napoli e Caserta)
588
Fig. 509. 13113. Hydria apula a figure rosse (da Schauenburg 1984, tav. 124,1). 132 - Tomba rinvenuta in Via Oberdan (già Via detta “Antica di Carlo”)
La zona che portava questo nome doveva trovarsi nella parte nord-occidentale al di fuori dell'antica città medievale; ciò appare chiaro dall'ordine con cui il Lojodice presenta l'elenco delle strade della città di Ruvo in cui compare una via detta «Antica di Carlo». Il nome è presente nei documenti conservati presso I’ Archivio di Stato di Bari sin dal febbraio 1853, quando Giovanni Riccardi chiede ed ottiene il permesso di compiere degli scavi in un suo fondo detto appunto “Antica di Carlo”; tuttavia, nulla è noto circa eventuali ritrovamenti. Nell'agosto del 1892, l'agricoltore Vincenzo Elicio, in un fondo di sua proprietà, vicinissimo all'abitato, denominato “Antica di Carlo”, rinvenne una tomba contenente parecchi vasi senza colore e di forme ordinarie. Frammisto a tali vasi si trovò un vaso importante: un aryballos coperto di vernice nera, con scanalatura dipinta di rosso e di nero sul collo, con rosette gialle a rilievo, palmette e arabeschi sotto il manico. La decorazione a bassorilievo è policroma, il rilievo è però ottenuto con degli stampi preparati separatamente e poi applicati al vaso; potrebbe appartenere alla classe dei cosiddetti «Plakettenvaseny??. 29 rta 1892, pp M. MARIN 1981,pp. 172-173, 589
Sul vaso è raffigurato, a destra, un giovane che solleva sul capo con entrambe le mani una pesante scure in atto di colpire un animale che si sta avventando contro una figura a cavallo che segue. La figura è vestita con corto chitone e clamide. Al centro è un uomo barbato a cavallo con mitra frigia, il quale frena il cavallo con la sinistra € con la destra ha lanciato il giavellotto contro la bestia che si avventa sul destriero, Dietro il cavaliereè un altro pedone con la sinistra avvolta nella clamide e con la destra scaglia una pietra contro la bestia. La testa della figura è barbata e con berretto frigio. L'animale che si avventa sul cavallo sembra essere un lupo o un orso. Non si conosce il luogo di conservazione dell'esemplare. 133-136 — Tombe rinvenute su Corso Cotugno (già Via dei Cappuccini) Da una lettera del 21 febbraio 1840, conservata nell’ Archivio di Stato di Napoli, si apprende che il canonico Dingeo, scavando in un suo fondo situato nei pressi del convento dei Padri Cappuccini, dietro permesso regio, rinvenne il 2 febbraio 1840 quattro tombe. Le prime tre sepolture (Tombe 133-135) contenevano soltanto vasellame rustico senza alcuna decorazione dipinta, probabilmente ceramica acroma o a decorazione lineare. La quarta tomba (Tomba 136), invece, ha restituito un vaso a campanella con sei figure rosse, forse un cratere a campana, un vaso a langella con quattro figure, da intendere come un'anfora di tipo panatenaico a figure rosse, una giarra sicula con figure ammantate, uno skyphos e, infine, altri vasetti rustici, ancora ceramica acroma. Gli oggetti rinvenuti, furono considerati di scarso pregio artistico e perciò sono stati lasciati in possesso del suddetto canonico”. 137 — Tomba rinvenuta su Corso Cotugno (già Via dei Cappuccini) Da alcuni appunti manoscritti dell'ex direttore del Museo Archeologico Provinciale di Bari, Maximilian Mayer, e da alcune pagine dell'opera dello stesso autore, “Apulien”, si è appreso che, intorno agli anni Sessanta-Settanta o più probabilmente verso la fine del 1800 (non è precisato il periodo), si rinvenne a Ruvo, sulla vecchia via dei Cappuccini una tomba di epoca preromana. Cosa piuttosto insolita, se non assolutamente unica, da tali documenti si ricava che {] rito funerario riscontrato era quello dell’incinerazione. La tomba era del tipo a pozzetto coperto da una sottile e grossolana lastra di pietra: all'interno si recuperò una semplice uma ad impasto, non più alta di 20 cm compresa l'ansa rimasta intatta, mentre l’altra era stata spezzata ritualmente. All'interno dell'ossuario si trovò della cenere e un sottile filo, che si è subito polverizzato al contatto con l’aria; al di sopra, si rinvenne una lamina d'oro a forma di foglia”. Lo stesso Mayer, riferisce, inoltre, 7% ASNA, MPI, Busta 357 I~ Fase. 44: “Sepoleri con vasellame rinvenuti nel Fondo del Canonico Dingeo”. Lettera del 21-2-1840. 7? Maven 1914,pp. 5$ e 81-82. 590
che il corredo fu acquistato dal canonico Luigi Elicio, ben conosciuto come uno dei più attivi collezionisti e mercanti di antichità nella seconda metà del XIX secolo. Di questo complesso non si è saputo più nulla e non si conosce il luogo di conservazione. Tuttavia, suscita alcuni dubbi questa notizia sul possibile uso del rito della cremazione che, se fosse vero, sarebbe l’unico caso in Puglia per un'epoca così antica. Al contrario, si può supporre che la sepoltura rinvenuta possa essere in effetti una tomba a enchytrismos: infatti, spesso, i resti degli infanti deposti all'interno dei grossi contenitori sono stati rinvemuti quasi completamente polverizzati e questo può aver tratto in inganno gli scopritori. 138- Tomba rinvenuta su Corso Cotugno (già Via dei Cappuccini) Da un verbale della Commissione dei Regi Scavi di Ruvo, riguardante le ricerche archeologiche eseguite nella seconda metà dell’aprile del 1837, si apprende che il canonico Chieco, mentre coltivava nel suo fondo situato sulla via dei Cappuccini, aveva casualmente rinvenuto una tomba di epoca preromana. Prima che la stessa fosse scoperchiata, i funzionari della Commissione, tra cui Salvatore Fenicia e Bernardo Caprioli, si intrattennero sul posto fino a quando la sepoltura non fu completamente svuotata di tuto il terreno e dei detriti. Nella tomba, probabilmente già manomessa dagli scavatori clandestini, se non dallo stesso Chieco, si rinvenne soltanto un cratere a campana a figure rosse decorato sul lato principale con una scena dionisiaca composta da quattro figure baccanali. L'esemplare fu giudicato di pochissimo valore, tanto che si decise di lasciare il vaso nelle mani del canonico, proprietario del fondo”. Sul luogo di conservazione del vaso non si ha alcuna notizia. 139 — Tomba rinvenuta su Corso Cotugno (già Via dei Cappuccini)
Da un verbale di scavo della Commissione dei Regi Scavi di Ruvo, riguardante le attività di ricerca svolte nella prima metà del mese di ottobre del 1837, si apprende che i primi due giorni di questo mese furono impiegati dalla Commissione in uno scavo sulla via dei Cappuccini. I risultati non furono per niente incoraggianti, in quanto si rinvenne solo una tomba già violata dai clandestini e completamente svuotata del suo corredo; infatti, non fù trovato nemmeno un oggetto”.
7* ASBA, MSA, Fasc. 8, Commissione dei Regi Scavi di Ruvo - Verbale di scavo della seconda quindicina del mese di aprile dl 1337. 77 ASBA, MSA, Fasc δ: verbale degli scavi della ima quindicina di ottobre del 1837. 591
140- Tomba a camera rinvenuta su Corso Cotugno (già Via dei Cappuccini) Da una relazione del reverendo Padre Laviola, inviata all'Instituto di Corrispondenza Archeologica in Roma e poi edita dal Braun nel Bullettino, si apprende che nel settembre del 1834, in un terreno del reverendo Capitolo situato sulla via dei Cappuccini, poco lontano dalle mura della città, si rinvenne un sepolcro magnifico. La tomba, assai profonda, fu ritrovata a 18 palmi di profondità (circa m. 4,50) ed era costituita da tre camere rettangolari disposte in asse, ognuna delle quali misurava più di palmi 14 x 8 x 7 (© m, 4x 2,12 x 1,85), comunicanti tramite porte mediane alte sei palmi (= m. 1,60). La sepoltura era costruita con grandi lastre in tufo a struttura regolare c presentava le pareti intonacate e decorate con raffinate ed eleganti pitture. Nella prima stanza,al centro, vi era una colonna in tufo di ordine corinzio che sosteneva il soffito; al di sopra dello zoccolo, le pareti interne presentavano una decorazione dipinta costituita da una fascia rossa e da una azzurra parallele. Sulla parete di destra era dipinto un porticato con colonne di ordine corinzio, al centro del quale era raffigurato un bacino poggiante su una colonnetta. A sua volta sul bacino erano poggiati due volatili neri, simili a dei corvi, col becco e le zampe rosse, intenti ad abbeverarsi. Sulla parete opposta della camera erano dipinti oinochoai, crateri ed anfore. La seconda stanza era caratterizzata da una copertura a volta, «archeggiata a sacco», mentre le pareti intorno erano dipinte con una fascia rossa e con dei cerchi del diametro di due palmi. All'interno di questi cerchi passavano tre fasce parallele di colore giallo, verde e azzurro. Il Laviola riferisce inoltre che nel largo si vedevano delle colonne dipinte e di tratto in tratto dei cerchi simili a quelli dipinti nella seconda camera. Sulle pareti interne, infine, erano conficcati dei grossi chiodi, alcuni dei quali erano caduti per terra, che dovevano servire per appendere i vasi, come si è osservato in altre tombe?” La tomba fu rinvenuta già devastata e senza alcun oggetto di corredo, perché violata già da tempi remoti. Purtroppo questa straordinaria struttura è andata completamente perduta e se ne è persa ogni traccia. La sepoltura, per le decorazioni pittoriche simili alla ceramica sovraddipinta policroma nello stile di Gnathia, è stata datata dalla Bertocchi tra la fine del IV e gli inizi del III secolo a.C” 141 — Tomba rinvenuta su Corso Cotugno (già Via dei Cappuccini) Agli inizi di maggio del 1843, sotto le fondamenta del palazzo del sindaco di Ruvo don Luigi Cilienti, situato nei pressi del Convento dei Cappuccini sull’omonima via, si rinvenne un sepolcro costruito a grandi pezzi di tufo, probabilmente una tomba a semicamera. Il 5 maggio 1843 si recò sul luogo della scoperta per esaminare la tomba la Commissione dei Regi Scavi e si verificò che essa era stata già violata anticamente, in quanto fu trovata piena di terra e di pietre, senza reperire alcun oggetto”. Ῥ LAvioLA in Unsi 1835,pp. 134-136; BRAUN 1836, pp. 162-163. 2" BERTOCCHI 1964, pp. 3-34; M. MARIN 1981,pp. 189-190. 2 ASBA, MSA — Fasc. 119. 592
142 - Tombe rinvenute nella Contrada Croce dei Cappuccini (oggi Corso Cotugno) La contrada dei Padri Cappuccini, detta anche contrada Croce dei Cappuccini, situata della Porta del Castello, ha largamente interessato gli scavatori del secolo scorso, ovest ad soprattutto dopo la scoperta delle due grandi tombe nel 1833. Ad una domanda inviata da Marino Capone di Ruvo per eseguire degli scavi in un suo fondo situato nella Croce dei Padri Cappuccini, il 3 gennaio 1839 giunge da Napoli la risposta positiva. TL 5 ottobre 1839 donna Francesca Girasoli ottiene il permesso per eseguire scavi di antichità in un suo fondo detto Cucevole situato nella contrada Croce dei Cappuccini. La domanda di Marino Capone e Francesca Girasoli deve riferirsi allo stesso fondo. Infatti, il 18 giugno 1835 Marino Capone acquista un fondo precedentemente di proprietà della vedova Francesca Girasoli. Poiché il 7 ottobre 1838 il passaggio di proprietà non risultava ancora avvenuto, entrambi fanno domanda separatamente per ottenere il permesso di scavo, che viene concesso ad ambedue nel 1830. Da altri documenti risulta che Marino Capone iniziò a scavare in un fondo, non meglio precisato, di un certo Simia. Lo scavo fu interrotto a causa di contrasti sorti tra Simia e Capone, anche perché quest’ultimo, con i suoi scavatori, rinvenne delle lapidi di sepolcri greci, che maliziosamente ricoprì e, nottetempo, con la collaborazione di altri soci rubò tutto il contenuto delle tombe. La storia continuò ad andare avanti per un po” di tempo, finché uno degli scavatori, geloso di un oggetto trovato che desiderava possedere, rivelò tutto a Simia. Quest'ultimo fece una regolare denunzia, chiese il risarcimento per i danni causati al suo fondo dagli scavi e rivelò all'autorità giudiziaria il luogo in cui erano nascosti gli oggetti antichi trafugati, precisamente un magazzino, che si trovava dietro la bottega dei fratelli Capone?" 143 ~ Tombe rinvenute su Corso Cotugno angolo Corso Gramsci Da una lettera del 30 luglio 1836, conservata nell? Archivio di Stato di Bari,si apprende che la Commissione dei Regi Scavi di Ruvo intraprende delle indagini «Nella via vecchia dei Cappuccini che si unisce alla Strada Nuova sempre accanto alla Cocevola del Sig. Rubini, luogo ove si sono trovati i più maestosi e magnifici sepolcri». Gli scavi non portano a risultati esaltanti, in quanto vengono ritrovate solamente la base di un’ara di tufo, lapidi rovesciate e sepolcri violati già al tempo dei Romani?"
77 ASBA. MSA - Fasc. 104. Documenti del 28 e 30 novembre 1839 e del 13 dicembre 1839; RUGGIERO 1888, pp. 67.568;M. MAR 1981, p. 169. 77 ASBA. MSA Fasc. δ: letera del 30 luglio 1836 593
144 — Tomba rinvenuta tra Piazza Matteotti e Corso Cotugno
II canonico Ursi, nel suo manoscritto dedicato alla storia e all’antichità di Ruvo, racconta di un rinvenimento avvenuto sotto la Torre di Pilato o del Pilota, crollata nel 1881. Si racconta che nel 1833 Saverio Montaruli fece eseguire lavori di scavo sotto le fondamenta della Torre di Pilato al fine di ricavare delle stanze dove conservare le olive €, durante questo questo scavo, si rinvenne una tomba. Essa fu trovata ad una profondità di trenta palmi dal suolo battuto (quasi m. 8) ed era talmente grande da infilarsi per circa tre palmi sotto le fondamenta della torre. Nella sepoltura si trovarono numerosi vasi tutti in frammenti; per questo motivo 0, forse, per rispetto del defunto, gli operai decisero di lasciare intatto il sepolcro? 145 — Tomba rinvenuta su Corso Cotugno (già Via dei Cappuccini) Nel 1882, in un fondo suburbano situato sulla via che porta verso Corato, dove era la Villa Comunale, dirimpetto al convento dei Cappuccini di Ruvo, si rinvenne una lapide sepolcrale di età romana. Si tratta di una dedica sepolcrale, con consacrazione agli dei Mani, di Phoebe alla figlia Crispia Ampliata, databile trail I ed il Il secolo d.C. Il Lojodice riferisce di averla fatta depositare nel Museo Jatta, ma attualmente è irreperibile? 146 — Tomba rinvenuta su Corso Cotugno (già Via dei Cappuccini) Nel 1883, in un fondo suburbano presso la villa Comunale, esattamente nel fondò dirimpetto ai Cappuccini, fu trovata una stele sepolcrale di età romana. Si tratta di una dedica sepolcrale di Sex Dasumius Capriolus e Dasumia Nais ad una Ancilla, databile nel corso del II secolo d.C.; da notare il gentilizio Dasumius (Dasimius) riconducibile ad una gens indigena attestata in ambito canosino che partecipa attivamente al potere e che ben si inserisce nel sistema politico-amministrativo romano?"
2 Unst 1835,pp. 101-102; BUOCI 1986,p. 38; BUCCI 2005,pp. 13-14. "' LosoDice ms. 1915,n. VII; CHELOTTI 1987, p. 68,n. 11 1 LoJODICE ms. 1915; CHELOTTI 1987, pp. 69-71,n 12. 594
ILd - Rinvenimenti all’esterno del centro storico Settore meridionale
147 — Tomba rinvenuta tra Corso Gramsci e Corso Carafa in proprietà La Fortezza Da una lettera del 3 febbraio 1912, conservata nell’ Archivio della Soprintendenza Archeologicadi Taranto, si apprende che un certo Biagio La Fortezza, nei giorni precedenti, scavando in un fondo di sua proprietà situato tra gli attuali Corso Gramsci e Corso Carafa (non è nota con precisione l'ubicazione del fondo del La Fortezza), rinvenne una tomba di epoca preromana con un ricco corredo. Una successiva lettera dell'11 gennaio 1913 precisa che il complesso funebre era pertinente ad una sepoltura ascrivibile al V secolo 2.C. circa? Il corredo fu acquisito dalla Soprintendenza di Taranto e immesso nel Museo Archeologico Nazionale il 7 maggio 191377. Sfortunatamente non si hanno ulteriori indicazioni circa la tipologia tombale, la deposizione e il rituale funerario adottati Trai vari oggetti ritrovati, tutti inediti,vi erano una ky/îxattica a figure nere, attribuibile al Gruppo di Haimon, un cratere a colonnette protoitaliota a figure rosse, forse della mano del Pittore di Tarporley o della sua cerchia, e infine un colino con manico a verga ondulata di produzione etrusca. Per quanto riguarda gli oggetti rimanenti, il corredo era costituito da ceramica a vernice nera, tra cui notevole è un’ olpe baccellata a vernice nera, da ceramica a decorazione lineare, da un pentolino rituale e da un mortaio. Potrebbe destare qualche perplessità dal punto di vista cronologico, circa la composizione del corredo, la presenza della kylix attica a figure nere, certamente molto più antica rispetto al resto del complesso funerario sostanzialmente omogeneo; comunque, non è da escludere che si possa trattare di un oggetto considerato prezioso e tramandato all’intemo della famiglia. Lo stesso discorso si potrebbe fare per il colino con manico a verga ondulata, certamente un oggetto di prestigio importato, essendo di produzione etrusca, che però ha avuto una diffusione duratura nell’ambito delle élites italiche e che quindi cronologicamente potrebbe essere pertinente. 2% ASATA, acquisti per il 1913. Lettere del 3-2-1912 e dell 49 ASATA, acquisti peril 1913. Attodi immissionen 174 del 7-5-1913, 595
Figg. 510-511. 147.1. Cratere a colonnette apulo a figure rosse: lato A con particolare (Foto dell’ Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica della Puglia).
147.1. Cratere a colonnette protoitaliota a figure rosse Argilla rosata, vernice nera lucente metallic. hem 43,5; diam, orlo cm 30. Taranto, Museo Archeologico (Acquisto La Fortezza, 1913). Inv 5792. Attributo al Gruppo delle Eumenidi attribuibile ad un seguace del Tarporiey. Primo quarto del IV secolo a.
con riflessi Nazionale Trendall; Pittore di
Integro. Sbreccature sull’orlo e sul piede, vernice scrostata, conservazione buona. Decorazione accessoria: sull’orlo, ramo di edera sinistrorso; sul collo, tralcio di vite con foglie cuoriformi in nero; sulla spalla, finta baccellatura; sul corpo, la scena figurata è delimitata inferiormente da un meandro interrotto da riquadri a croce greca, mentre lateralmente sono due file di punti neri. 596
Lato A: a sinistra è raffigurato un giovane guerriero, nudo, seduto di profilo asinistra suunalto basamento, che ha nella destra un copricapo a pileo decorato con punti neri, nella sinistra una lunga lancia. ἯΙ giovane ha la testa rivolta indietro e guarda una donna stante, vestita con un chitone riccamente decorato, che ha un vaso cantaroide nella destra abbassata e una grossa phiale nella sinistra che sta offrendo ad un giovane guerriero che le è di fronte. L'uomo è stante, nudo, con la destra appoggiata ad uno scudo e lancia nella sinistra. Lato B: al centro sono raffigurati due giovani ammantati affrontati; quello di sinistra si appoggia ad un bastone, quello di destra ha in mano uno strigile; dietro di loro, a destra, è un altro giovane ammantato, Bibliografia: TrondallCambitoglou 1978, p.98,
147.2. Kylix attica a figure nere Argilla arancio, vemice nem opaca, sovraddipintura in rosso. hem 7; diam. cm 17. Taranto, Museo Archeologico Nazionale (Acquisto La Fortezza, 1913). Inv. 5795. Atribuibile al Gruppo di Haimon. 480-870 ac.
Integra. Sbreccature sull’orlo e sul piede, vernice nera scrostata in diversi punti, sia internamente che estemamente. Interno scheggiato. Piede ad anello, vasca profonda a profilo convesso, orlo svasato, anse a bastoncello leggermente concave, impostate orizzontalmente sulla vasca. Decorazione accessoria: la parte inferiore delle anse è verniciata di nero; orlo vemiciato di nero; la parte inferiore della vasca, al di sotto della scena figurata, presenta una fascia nera, una a risparmio e una larga banda nera; sotto le anse, foglia lanceolata. Il fondo del piede è in rosso sovraddipinto. L'intemo della vasca è verniciato di nero, tranne il tondo interno, che è a risparmio ed è contomato da una linea sovraddipinta in rosso scuro. Decorazione figurata: nel tondo interno, a risparmio, è raffigurata in rosso sovraddipinto una figura mostruosa, non meglio definibile a causa dell’incrostazione presente sulla figura. simposio. Al centro è rappresentata una donna stante, ammantata, tra due coppie di Klinai, su cui sono sdraiati uomini banchettanti. Nel campo, tralci di vite e ramoscelli con bacche. Lato B: è raffigurata una scena di simposio simile a quella del lato precedente, con qualche variante. AI centro è una donna stante, ammantata, tra due lett triclinari, su cui sono sdraiati uomini banchettanti; a sinistra, è un’altra
Fig. 512. 147.1. Cratere a colonnette apulo a figure rosse: lato B (Foto dell'Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica della Puglia) donna stante ammantata. Nel campo, tralci di vite e ramoscelli con bacche. Bibliografia: inedita. 147.3. Anfora a vernice nera Argilla arancio, vemice nera opaca con riflessi metallic. Tn cm 18; diam. odo cm 7,2; diam. piede cm 67. Taranto, Museo Archeologico Nazionale (Acquisto La Fortezza, 1913), Inv. 5794, Fine del inizi del IV secolo a.C.
Integra. Orlo sbreccato, vernice nera rostata in diversi punti. Piede ad anello, corpo ovoidale leggermente baccellato, spalle arrotondate, collo cilindrico, orlo tronco-conico, labbro svasato e piatto, anseabastoncello impostate verticalmente sulla spalla Bibliografia: inedita. 597
1474. Oinochoe a vernice nera Argilla rosata, vernice nera opaca con riflessi bem 12; diam, piede cm 54. Taranto, Museo Archeologico Nazionale (Acquisto La Fortezza, 1913) ἴων 5795, Inizi del IV secolo a.C. Forma Morel 5622 a
Integra. Orlo sbreccato, vernice nera scrostata in qualche punto, numerose incrostazioni. Piede ad anello, corpo ovoidale leggermente baccellato, spalla tesa, largo collo a profilo concavo, orlo trilobato, ansa a bastoncello sormontante. Bibliografia: inedita. 147.5. Kothon a fasce Argilla beige, vernice bruna opaca. P. cm 9,5; diam. orlo em 11,1; diam. piede em 53 ‘Taranto, Musco Archeologico Nazionale (Acquisto La Fortezza, 1913) Inw. 5796 Inizi del IV secoloaC.
Figg. 513-515. 147.2. Kylivattica a figure nere (Foto dell’Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica della Puglia)
Integro. Diverse incrostazioni; sono presenti delle macchie rossastre dovute a difetto di cottura. Piede a cercine, vasca a calotta segnata da una gola sotto il labbro sporgente interamente per l’appoggio del coperchio, ansa orizzontale a bastoncello. Decorazione monocroma, interamente verniciata di bruno. Coperchio dal profilo appena convesso, orlo indistinto e pomello costituito da un bottone raccordato da un fusto tronco-conico. Decorazione: pomello e base del pomello verniciati di bruno, fascia a risparmio, fascia bruna, fascia a risparmio, larga banda bruna. Bibliografia: inedito
598
147.6. Kylix a vernice nera Argilla beige-grigiastra, vernice nera opaca con rifles metallici; decorazione a stampo. hem 4,5; diam. orlo em 143. Taranto, Museo Archeologico Nazionale (Acquisto La Fortezza, 1913) Inv. 5797. Inizi del IV secoloa.C. Forma Morel 4220, Integra. Orlo sbreccato, vernice
mera scrostata in alcuni punti, diverse incrostazioni. Piede ad anello modanato, vasca a profilo convesso con risega mediana all'interno, orlo arrotondato, anse orizzontali a bastoncello ripiegate verso l'alto. Interamente verniciata tranne la parte interna del piede. Nella vasca, quattro palmette impresse, unite da archetti. Bibliografia: inedita 147.7. Brocca a vernice nera Argilla camoscio, vernice nera lucente con riflessi metallici. hi cm 12,5; diam, orlocm 9. Taranto, Museo Archeologico Nazionale (Acquisto La Fortezze, 1913) ἴων 5798. inizi del IV secoloa.C. Forma Morel 5330.
Integra. Orlo sbreccato, vernice nera scrostata in qualche punto. Piede ad anello distinto alla base da una risega, corpo ovoidale baccellato, collo cilindrico, labbro estroflesso, ansa a doppio bastoncello, bifida all'attacco superiore. Bibliografia: inedita.
147.8. Skyphos a vernice nera Argilla camoscio chiaro, vernice nera opaca. h cm 10; diam. orl em 11,5. Taranto, Museo Archeologico Nazionale
Fig. 516. 1473. Anfora a vernice nera (Foto dell'Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica della Puglia)
(Acquisto La Fortezza, 1913) Inv. 5799. Iniz del IV secoloaC
Forma corinzia. Integro. Orlo e piede sbreccati, vernice nera scrostata, notevoli incrostazioni. Piede tronco-conico, corpo piriforme, orlo assottigliato, anse orizzontali a bastoncello impostate presso orlo. Bibliografia: inedita. 147.9. Coppa biansata a fasce Argilla nocciola, vernice rossa, vernice bruna, variamente diluita. Νὰ cm 4; diam. orlo em 162. 599
147.10. Stamnos in stile misto Argilla nocciola, vemice bruna, vernice ossa. h.em 9,5 (con anse} diam. olo cm 5,5; diam. piede cm 44. ‘Taranto, Museo Archeologico Nazionale (Acquisto La Fortezza, 1913) Inv. 5601. Inizi del IV secoloa.C.
Fig. 517. 147.4. Oinochoe trilobata a vernice nera (Foto dell Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica della Puglia) ‘Taranto, Museo Archeologico Nazionale (Acquisto La Fortezza, 1913). ἴων. 5800, Fine del V.inizi del IV secolo a.C.
Integra. Orlo sbreccato, vernice scrostata c sbiadita in diversi punti Piede ad anello, vasca ampia, carenata, a profilo leggermente ricurvo, labbro orizzontale; le anse orizzontali, a forma di U, a sezione ovale, sono impostate poco al di sotto del labbro. Decorazione a fasce e linee: sul labbro, fascia bruna, anse verniciate di bruno. All’interno, due linee rosse concentriche; all’esterno, due linee rosse concentriche, linea rossa. Piede parzialmente verniciato di rosso. Bibliografia: inedita.
600
Integro, manca il coperchio. Vemice evanida in diversi punti, fortemente incrostato. Piede troncoconico cavo, corpo ovoidale, spalla tesa piana, labbro distinto verticalmente con orlo arrotondato, anse a nastro leggermente oblique impostate sulla spalla. Decorazione bicroma: orlo verniciato con una fascia rossa; sotto l'orlo, due linee rosse; sulla spalla, fila di gocce în bruno; sul corpo, due linee rosse, larga fascia in bruno, fascia a risparmio. La parte inferiore del corpo e il piede sono interamente vemiciati di bruno. Bibliografia: inedito. 147.11. Mortaio Argilla arancio ‘n cm 5,5; diam. em 21,7; lungh. con canaletts cm8. Taranto, Museo Archeologico Nazionale (Acquisto La Fortezza, 1913) "nv. 5802. Inizi del IV secolo a.C.
Integro. Basso piede cilindrico, vasca ampia e poco profonda, labbro ingrossato € piatto, inclinato verso l'estemo, con cabaletta obliqua. Bibliografie: inedito 147.12. Coppa su piede a fasce Argill nocciola chiaro, vernice rossa. hem 57; diam. cm 12,7. Taranto, Museo Archeologico Nazionale
(Acquisto La Fortezza, 1913) Tav. 5803. Inizi del IV secolo C.
Integra. Diverse incrostazioni. Sotto l'orlo è un foro per far passare un filo di sospensione. Piede a disco con base ampia e spessa, alto stelo cilindroide, vasca ampia e poco profonda a profilo convesso, orlo estroflesso arrotondato. Decorazione monocroma. La vasca è decorata all'interno da un grosso anello e da una linea concentrica; orlo interamente vemiciato; sotto l'orlo, due linee concentriche. L'esterno del piede, così come il taglio del labbro sono interamente. Bibliografia: inedia. 147.13. Lucerna a vernice nera Argilla beige, vernice nera opaca. hem 2; diam. foro em 5,1 Taranto, Museo Archeologico Nazionale (Acquisto La Fortezza, 19139. Inv. 5804. Inizi del IV secolo a.C. Intermedia ra i tipi 21A e 21B Howland
Integra. Malcotta, vernice mera evanida. Base piana appena distinta, serbatoio compresso con foro di riempimento circolare, becco arrotondato, ansa a nastro a sezione piano-convessa appena inclinata verso l'alto. Bibliografia inedita.
147.14. Coppetta monoansata a fasce Argilla beige, vemice bruna. hem 49; diam. orlo em 13,5 ‘Taranto, Museo Archeologico Nazionale (Acquisto La Fortezza, 1913) Inv. 5805. Inizi del IV secolo aC.
Fig.518. 147.5. Kothoncondecorazionea fasce. (Foto dell'Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica della Puglia)
Integra. Vernice bruna evanida in alcuni punti. Base piana, vasca a profilo convesso, orlo arrotondato, ansa a cordolo impostata obliquamente sull'orlo. Decorazione monocroma: linee concentriche in bruno all'interno della vasca. Orlo interamente verniciato di bruno. All’estemo fascia in bruno, ansa parzialmente verniciata, Bibliografia: inedita.
147.15. Skyphos a vernice nera Argilla beige, vernice nera opaca con rifessi metallic. κι cm 7,5 diam. orlo em 9,5. Taranto, Museo Archeologico Nazionale (Acquisto La Fortezza, 1913). Inv 5806. Inizi del IV secoloa.C.
Lacunoso, manca parte di un'ansa. Orlo e piede sbreccati, vemice nera scrostata in diversi punti. Forma attica. Basso piede ad anello, corpo tronco-conico a profilo ‘appena arrotondato, orlo arrotondato, anse orizzontali a bastoncello impostate presso l'orlo. Interamente verniciato tranne il tondello esterno del piede. Bibliografia: inedito. 601
Fig. 519. 147.6. Kylix a vernice nera (Foto dell'Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica della Puglia)
Fig. 520. 147.7. Olpe a vernice nera (Foto dell'Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica della Puglia).
Fig. 521. 147.8. Skyphos a vernice nera (Foto dell'Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica della Puglia)
Figg, 522-523. 147.9. Coppa biansata con decorazione a fasce (Foto dell’ Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica della Puglia. 602
Fig. 524. 147.10. Stamnos con decorazione im stile misto (Foto dell'Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica della Puglia)
Fig. 525. 147.11. Mortaio acromo (Foto dell Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica della Puglia)
Fig, 527. 147.13. Lucema a vernice nera (Foto dell’Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica della Puglia) Fig. 526. 147.12. Coppa su alto piede con decorazione a fasce (Foto dell’ Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica della Puglia)
Fig. 528. 147.14. Coppetta monoansata con decorazionea fasce (Foto dell’ Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica della Puglia)
Fig. 529. 147.15. Skyphos a vernice nera (Foto dell'Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica della Puglia).
147.17. Coppetta concavo-convessa a vernice nera Argilla nocciola, vernice nera opaca con riflessi metallic. hem 2,5 diam. em, Taranto, Musco Archeologico Nazionale (Acquisto La Fortezza, 1913). Inv. 5808. Fine del V-inizi del IV secolo a.C. Fig. 530. 147.16. Piatto a vernice nera (Foto dell'Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica della Puglia)
Integra. Orlo sbreccato, vemice serostata in diversi punti; molte incrostazioni. Piede ad anello; vasca bassa e larga, rastremata in basso; labbro spesso, a profilo curvo. Bibliografia: inedita
Fig. 531. 147.17. Coppetta concavo-convessa a vernice nera (Foto dell’Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica della Puglia). 147.16. Piatto a vernice nera Argilla beige, vernice nera opaca con riflessi metallic hem 3,7; diam. orlo cm 14. ‘Taranto, Museo Archeologico Nazionale (Acquisto La Fortezza, 1913) Inv. 5807, Inizi del IV secoloa.C.
Ricomposto da due frammenti. Vernice nera scrostata in alcuni punti. Coppia di fori passanti sotto l'orlo. Piede cilindrico dai lati appena inflessi ed ingrossato alla base, vasca espansa a profilo ricurvo, orlo arrotondato con risega nella parte interna. Interamente verniciata tranne la parte interna del piede. Nel tondo interno sono due linee concentriche incise, Bibliografia: inedito 604
147.18. Brocca a vernice nera Argilla nocciola, vemice nera opaca con riflessi metallici in alcuni punt . em 8; diam. olo em 6. Taranto, | Museo Archeologico Nazionale (Acquisto La Fortezza, 1913), Tv. 5809. Fine del V-iniz del IV secolo a.C. Vicina alla forma Morel 5335,
Integra. Orlo sbreccato, diverse scrostature superficiali della vernice; diverse incrostazioni, venice nera evanida in diversi punti. Piede a disco, appena distinto da una lieve gola, corpo ovoide rastremato in basso, breve collo cilindrico, labbro estrofiesso, ansa a nastro verticale, ad anello, non sormontante. Bibliografia: inedita 147.19. Pentolino rituale Argillarosssta, poco depurat; toto. hem 10; diam. orlo cm $5. Taranto, Museo Archeologico Nazionale (Acquisto La Fortezza, 1913) Inv 5810 Fine del Vsinizi del IV secolo a.C.
Integro. Diverse incrostazioni. Corpo globoso privo di piede, labbro estroflesso, ansa verticale a sezione ogivale poco sormontante. Bibliografia: inedito 147.20. Vaso cantaroide in stile misto Argilla nocciola, vemice bruna, venice rossohem 8 (con anse); diam. orlo em6. Taranto, Museo Archeologico Nazionale (Acquisto La Fortezza, 1913) inv. 5811 Inizi del IV secolo aC.
Lacunoso, manca un’ansa, forse spezzata ritualmente. Orlo sbreccato, vernice evanida in alcuni punti, diverse incrostazioni. Piede tronco-conico, corpo biconico arrotondato, labbro svasato, anse a nastro impostate sulla spalla c saldate all'orlo, appena sormontanti. La decorazione è formata, sulla parte centrale del corpo, da una linea bruna tra due linee rosse; al di sopra, tre gocce in bruno. Orlo verniciato di bruno, anse parzialmente verniciate di bruno. La parte inferiore è verniciata di rosso.
Fig. 532. 147.18. Brocca a vernice nera (Foto dell'Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica della Puglia).
Fig. 533. 147.19. Pentolino rituale (Foto dell’ Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica della Puglia)
Bibliografia: inedito. 147.21. Colino Bronzo; lamina martellata. Lungh. cm 25,2; diam. em 12. Taranto, Museo Archeologico Nazionale (Acquisto La Fortezza, 1913) Inv 5812. Fine del V secolo a.C. Produzione etrusca
Lacunoso e ossidato. Manico in verga ondulata, vasca poco profonda, espansa, orlo arrotondato. Bibliografia: inedito.
Fig. 534 14720. Vaso cantaroide con decorazione in stile misto (Foto dell'Autore, cortesia Soprintendenza Archeolopica della Puglia) 605
Fig. 535. 14721. Colino in bronzo con manico a verga ondulata di produzione etrusca (Foto dell'Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica della Puglia). 148 — Tomba rinvenuta in Piazza Bovio (già Largo di Porta di Noja)
Le intricate vicende del rinvenimento di questa tomba e del corredo in essa contenuto si ricostruiscono attraverso l’analisi di una fita serie di documenti ottocenteschi conservati nell'Archivio di Stato di Bari?8* e nell’ Archivio Storico del Museo di Napoli”, nonché
attraverso una memoria manoscritta del canonico Ursi ed una seriedi riviste ottocentesche,
culturali e letterarie napoletane del tempo, che accennano a tale scoperta?”
Da questo complesso intreccio di notizie risulta che un certo Rinaldo Di Zio, di professione vasaio, nel luglio del 1814, mentre scavava le fondamenta per costruîre ed allargare il suo palazzo situato nel largo di Porta di Noia, a sud della città di Ruvo nei pressi dell'odierna Piazza Bovio, rinvenne casualmente a circa 10 palmi di profondità (7 m. 2,65) un «antico e magnifico sepolcro». La tomba era costruita con varie lastre di tufo squadrate dello spessore di circa due palmi (= 53 cm !), era coperta con precisione da grosse lapidi di calcare di forma rettangolare e aveva dimensioni consistenti: era lunga, infatti circa 8 palmi, larga 5 palmi e alta palmi 4 % (= m. 2,15 x 1,30 x 1,15) ed era intonacata intemamente con fasce parallele di vario colore racchiuse tra due fasce a 7 ASBA, MSA, fasc. 49: “Vasi antichi ed altri oggetti rinvenuti in un sepolcro. Come pure per alc oggetti trovati in Ruvo (anni 1813-1816) 77 ASSAN Α΄, fase. 20: "Scavi divers, Ruvo. Anni 1814, 1815, 1816, 1834, 1836, 1838. Vasi ed altri oggetti rivenuti a Ruvo in varie occasioni, tra cul i vasi scoperti nel 1814 da Rinaldo di Zi e poi recuperati per il Museo della Regina ; DOCUMENTI INEDIn IL, 1880,pp. 78-79; RUGGIERO 1888, pp. 561-562. > GLURSI 1835: “Ricerche istoriche sull'origine ed antichità αἱ Ruvo”, pp. 80-8 7 IL MONITOREDI NAPOLI del 21 febbraio 1815: “Ragguagli dei vii scavi fatt n questo Regno nel 1814 € dè preziosi oggetti scoverti dall Abate Romanelli”; S. FENICIA 1836, "Ode anacreontica sulla Ruvo Apula”, .43; Jar 1844, pp. 56-58; JATTA 1869,pp. 64-65; RUGGIERO 188,pp. 561-562. 606
meandro di colore nero?”, Nella sepoltura si rinvenne una notevole quantità di vasi, dipinti
‘con grande eleganza e raffinatezza, sei dei quali formavano tutti insieme una vera e propria collezione, in quanto su di essi erano raffigurate le imprese dell'eroe attico Teseo”.
Dai documenti dell’ Archivio di Stato di Bari si apprende che Rinaldo di Zio consegna al Ministro dell'Interno a Napoli cinque vasi? mentre dalle due lettere scritte dallo stesso Di Zio all’abate Pilsi, Ispettore degli
scavi della Provincia di Bari”, e da una lettera.
di quest'ultimo indirizzata al cav. Arditi, direttore del Real Museo Borbonico, risulta
che i vasi ritrovati furono sei”, Infatti, la lettera che l'abate Pilsi aveva dato a Rinaldo
Di Zio, con l’incarico di consegnarla al cav. Arditi insieme ai vasi, non era altro che un notamento con la descrizione dettagliata dei vasi e delle scene raffigurate su di essi. in modo che non si potesse verificare uno scambio o una confusione alla consegna;
questa lettera, tuttavia, a detta del Di Zio, andò perduta insieme ad un vaso che si ruppe in seguito all’aggressione subita da quest'ultimo, da parte di alcuni briganti, nel cammino verso Napoli, vicenda, questa, che dopo alcuni interrogatori risultò falsa?" In effetti, Rinaldo Di Zio, giunto a Napoli, vendette un vaso lungo ad un manico con due figure per 7? URSI 1835, pp. 80-81: «Nel mese di Luglio dell'anno 1814 un proprietario nomato Rinaldo di Zio, volendo continuare a fabbricare ll suo palazzo incominciato dal fu Pasquale Cantatore, dal quale comprato lo avea così incompleto, imprese a scavare le fondamenta per l'ala metà di detto edifizo verso la parte di Ponente, Nel profondire egli dert fondamenta da circa dieci palmi dal suolo, rimvenne un sepolero magnifico, quale merita veramente di occupare i primo luogo fra gli alti tanti ritrovati in questo paese, e sue adiacenze. Era questo formatodi ufi quadrati d circa due polmi di diametro, coverto esattamente con lapidi. Aveva egli la lunghezzadi circa palmi oto; la lunghezza di cinque; e la profondità di quattro palmi e mezzo. Le pareti erano intonicate e dipinte con fasce di diverso colore e con una greca nera». 79 URSI 1835, p.84: eln essa furono rinvenuri dè vasi della più grande, e magnifica eleganza, ed in gran mimero... Nel medesimo sepolero vi si trovarono ..vasi.su di questi vi era dipinto il resto della favola di Teseos; JATTA 1844, p.57; JATTA 1869, p. 64. DU ASBA, MSA, fase. 49. Lettera del 22 ottobre 1814, indirizzata dal Ministro dell'Interno a Napoli all'intendentedella Provincia di Bar «M ὃ pervenuto l'alio vostro rapporto del 19 ἀεὶ corrente mese intorno ‘agli oggetti antichi rinvenuti in Ruvo dal nominato Rinaldo di Zio... guest uomo è giunto ed ha esibiti nel mio Ministro cinque vasi antichi che presenter a sua Maestà». 5 ASBA, MSA, fas. 49: lettera del 18 ottobre 1814. 7 ASBA, MSA, fasc. 49: lettere del 19 novembre 1814 e del 21 gennaio 1815. 77 ASBA, MSA, fasc. 49: leter del 3 ottobre 184; PiLs in RUGGIERO 1888, p. 561 2" ASBA, MSA, fasc 49: letra del 19 novembre 1814, letera di Arditi al Ministro dell'Interno, senza data, lettera del 21 gennaio 1815: «Dal rapporto qui annesso del Sig. Cav. Arditi Direttore del Museo di Antichità e delle copie, che vi sono unie di due lettere di Rinaldo di Zio all'Abate Pil, e di costui al Cav. “Arditi, rileverete quale intrigo s sia tessuto pè vas antichi rinvenuti a Rave, e portati a Napoli dal dettodi Zio Le osservazioni..Rinaldo di Zio avrebbe occultato una lettera d'Uffiio ed avrebbe alienat con frode uno dé sei vasi. Cominciate col chiamarlo nella vostra residenza. Interrogatelo con giudizio. se poi vi riuscisse di penetrare a chi abbia venduto il vaso preteso rotto, a chi consegnata la letera di Arditi». Copia della lettera del 18 ottobre 1814 di Rinaldo di Zio all'Abate Pili: «Pò sapere intorno agli vas, che io fra Castellucci, ed Il Vallo fi assaltato dagli briganti: dumque la lettera che io portava al Sig Ardi i disperse nel fuggire, si rombe quel vaso che era tuto filato nella pancia, cioè il mezzano, dunque per portargl gli alti n salvo ne fu e necessità di buttare le grase, che stavono in minut pezi, ed empì la cassa ben di paglia per non far moto agli altri vasi». Lettera del 19 novembre 1814 indirizzata dal Abate Pili al Cav. Arditi: Rinaldo di Zio con ana sua lettera del 18d'ottobre mi scrisse da Napoli fu assalto e che uno ἀεὶ vasi si era fracassato in minuti pezzi. vi rimetto l'originale. Riconoscerete in essa un'altra malizia. la lettera è di suo carattere, la firma di carattere alcuno altro». 607
la somma di venti ducati (un'oinochoe?) al Conte Borgia, il quale lo acquistò per conto
della Regina Carolina Murat, tentando di acquistare anche gli altri esempiari”. Il famoso
vaso fracassato durante l'aggressione dei briganti fu invece venduto da Rinaldo Di Zio al canonico Iorio, impiegato nel “Museo degli Studii" a Napoli, per 62 ducati («vaso con 18 figure e fellato nella pancia») e successivamente venduto al Real Museo Borbonico per 400 ducati: si tratta dell’Aydria protolucana attribuita al Pittore di Amykos (440-
430 a.C.) con la raffigurazione di Eracle vincitore e le Amazzoni sconfitte, attualmente
conservata nel Museo Nazionale di Napoli? (H. 3241, Inv. 81949). Rinaldo Di Zio,
inoltre, interrogato dall'Intendente della Provincia di Bari, confessò di aver dato un altro vaso piccolo al Tarantini, Giudice di Pace di Molfetta, e altri due vasi piccoli allo stesso abate Pilsi*®, In un altro documento è conservato un elenco di sette vasi, sei dei quali
vengono consegnati al Ministro dell'Interno per la somma di 500 ducati, mentre altri vasi erano già stati consegnati alla Regina Carolina Murat? Dalla memoria del canonico Ursi si ricava che uno dei sei vasi era un grande cratere a volute a figure rosse, decorato su tre registri: nel primo era raffigurata una scena di centauromachia, nel secondo una scena di matrimonio tra Tesco ed Ippodamia e il nome di Sisifo iscritto, nel terzo era rappresentata una corsa di cavalli*”. Il vaso, come
riferisce Salvatore Fenicia, fu acquistato per pochi ducati dal Re Gioacchino Murat, letteralmente tolto a Rinaldo Di Zio, e posto nel Museo della Reggia. Si racconta che persino Napoleone Bonaparte, venuto a conoscenza della straordinaria bellezza del
> ASBA, MSA, fase 49. Letter del 18 ottobre 1814: «Arrivato a Napoli. presentó in casa il Segretario della Regina ed il Conte Borgia, ed io gli vasi gli teneva di nascosto perché si dovevano presentare al Nostro sovrano, quello anziché..ne cerca dentro alla casa, e rovaro quello lungo ad una manica, e dissero che se volevano comprare in nome della Regina... mi off una somma di 18 ducati: la padrona di casa, dategli 20ducatis. 2 ASBA, MSA, fase. 49, Lettera dl 4 febbraio 1815: «Rinaldo di Zio vendette Il vaso fracassato in Napoli al Canonico Jorio, impiegato nel Museo dei Studi per ducati 62, ed i vaso fu quello a 18 figure e fellto nella pancia, che si era stato apprezzato per ducati 400. ?" PILSI in RUGGIERO 1888, pp. 561-562: «Vaso a tre manichi con due ordini di figure; cioè sete nella parte superiore ed undici nel quadro inferiore. Dell prime sette, quattro sono figure di Amazzoni, la Regina delle quali sedente e le altre re sono figure vili, e tra queste si vede Teseo nudo sedente nel mezzo cui una delle Amazzoni presenta la sclarpa in segno della riportata vittoria. Il quadro Inferiore rappresenta una festa in ‘onoredi Bacco», MACCHIORO 1911, p. 201 7? ASBA, MSA, fasc. 49. Lettera del 3 febbraio 1815, firmata da Zurl: Intrrogatorio di Rinaldo di Zio ‘che compare dinanzi ll Intendente della Provincia di Bari It i Zio riferisce che a lettera all Abate Pls è tata serit da un prete….«Domanda: avete dato degli alri vasi ad alcuno? Risposta: ne ὁ dato uno piccolo al Sig Tarantini Giudice di Pace di Molfetta, due altri anche piccoli al Sig. Pli» 79 Documenti INEDIT, Il, 1880, pp. 78-19 2" URS 1835, pp. 82-84: «Nel vaso massimo dell'altezza di palmi te, e più, ed alretanto di diametro nella sua protuberanza, vi si osservavano cinquantadue figure le più ben espresse, e delineate con colori vivi ed eleganti. Erano esse dispose in tre ordini. Nella gola di esso vaso visi vedeva una corsa di cavalli di ui cavalieri per la maggior parte erano coronati, e rappresentavano i giuochi Jstmici. I resto delle figure dingevano le imprese di Teseo con Sisifo stando scritto sul petto di una figura la parola greca XISKDOS. DI ‘più sì vedeva il ratto della giovane Regina Elena; il combattimento di Teseo col Minotauro; la calata dello stesso Teseo col suo sviserato amico Pirioo all'Inferno per condurne via Proserpina: ed il combattimento dè Centauri coi apii Infine vi si osservavano nove domne alcune in pied, ed altre sedute in atto di suonare divers strumenti musical, come la cera, il sistro esprimendo le nove Muse»; RUGGIERO 1888, p. 561. 608
vaso, tentò di acquistare l'eccezionale esemplare per il musco di Parigi, chiedendolo al cognato e offrendogli la somma di cinquantamila ducati, ma il re non accetto??5.
L'esemplare in questione è il famoso cratere a volute protoapulo, eponimo del Pittore di Sisifo (430-420 a.C.), che raffigura nel registro inferiore una centauromachia, in quello mediano le nozze di Laerte e Anticleia e in quello superiore una corsa di cavalli Il vaso si trova oggi a Monaco di Baviera nell’ Antikensammlungen (J. 805, Inv. 3268) infatti, si sa che questo straordinario esemplare, assieme ad altri vasi trovati nella tomba scoperta da Rinaldo Di Zio e ad alcuni oggetti d'oro, anch'essi trovati nella stessa sepoltura, fu acquistato dalla regina Carolina Murat e fini per adorare il Palazzo Reale. Dopo gli avvenimenti del 1815, la vedova del re Murat, nella sua partenza da Napoli, portò con sè alcuni vasi e gli oggetti d'oro a Monaco di Baviera, vendendoli in seguito al Re di Baviera; quest'ultimo, in seguito, li donò al museo locale, dove sono custoditi sotto la dicitura “collezione Lipona”, mentre gli altri oggetti, non portati via dalla regina, furono immessi nel Real Museo Borbonico".
Anche il canonico Ursi, come G. Jatta (1844) e G. Jatta junior (1869), riferisce che «nel medesimo sepolcro vi si trovarono altri cinque vasi di buona grandezza, fini, istoriati
e su di essi erano dipinte le altre storie mitiche di Teseo"". Furono, inoltre, rinvenuti
molti altri vasi più piccoli, «ma fini e coloriti con varie figure ben disegnate, come coppe, lucerne, lagrimali, urceoli, libatori e patere. Tra questi, però, meritava l'attenzione una testa di Venere, che aveva gli occhi così al vivo che incuteva timore, come anche la testa
di un Osiride, che aveva le orecchie di montone ed i merli sul capo figurando un vaso»®®.
Da tali fonti e da tali indicazioni è possibile ricomporre il contesto per buona parte anche se parzialmente, in quanto risulta piuttosto complesso, se non impossibile, recuperare quei vasi appena accennati nei documenti, ossia le coppe, le lucerne, i lagrimali, gli urceoli, i libatori e le patere, per i quali si possono avanzare molto prudentemente delle ipotesi. Per quanto riguarda la "testa di Venere”, in essa si può riconoscere un'oinochoe attica plastica a testa femminile conservata nel Museo di Napoli (H. 2953; Inv. 82457); infatti, nei registri del Musco, è detta provenire da Ruvo, dalla collezione del Palazzo Reale. Il secondo esemplare descritto dall'Ursi, molto probabilmente, corrisponde al kantharos attico monoansato configurato a testa di satiro, anch'esso conservato nel Museo di Napoli (H. 2948; Inv. 82444) e attribuito dal Beazley alla “Classe R” del “The Manchester Class”.
2% FENICIA 1836, p. 43: «Tha questi cimeli è rimarcabile un bellissimo vaso invenuto dal figulo Rinaldo di Zio nell'epoca, nella quale Gioacchino Murat grande Ammiraglio di Francia, facea da Re in Napoli, Questo vase fu tolto dal predetto Murat al povero inventore, il quale non ebbe in compenso chela cinquantesima parte del valore di esso: fu allocato nel Museo della Reggia; e cotanto grandeggiò in bellezza, che la rinomanza pervenne all'orecchio di Napoleone Bonaparte. Napoleone allora Imperatore dei Francesi il dimandò al cognatopel’ Museo di Parigi; li ffrse cinquantamila docatì: ma questi prudentemente si negò. La vedovo di Murat nella sua dipartenza da Napoli il condusse seco: ed ora sento, che pompeggia nella gran ala dè vasi di SM Il Re di Baviera» 75 JTTA 1844, pp. 57-58 JATTA 1869, pp. 64-65. 7" URst 1835,p.84; JATTA 1844,pp. 56-58; JAT A 1869, pp. 64-65, P^ Unsi 1835, p. 84 > DOCUMENTI Iucbrri It, 880, p. 79: «Un altro picciolo denotante la testa di un Esculapio (7), con le orecchie di agnello. 609
Per quanto concerne gli altri reperti, si tratta per lo più, in riferimento ai vasi di grandi dimensioni, di esemplari attribuibili ai primi pittori protoitaliot, di scuola lucana e apula, come il Pittore di Amykos, il Pittore della Danzatrice di Berlino e il Pittore di Sisifo. Sono presenti il già citato cratere a volute eponimo del Pittore di Sisifo e due /jdriai, di cui, una all’Hermitage di San Pietroburgo, attribuita al Pittore della Danzatrice di Berlino, raffigurante una amazzonomachia con Teseo sulla quadriga e il nome di Tesco iscritto, l’altra, quella già menzionata, custodita a Napoli e attribuita al Pittore di Amykos?!°, A questi si devono aggiungere due anfore protolucane di tipo panatenaico, attribuibili al Pittore di Amykos e conservate a Napoli (H. 2416, Inv. 82264 e H. 2418, Inv. 82263)".
Lan, 2416, rappresentante la scena della partenza di un guerriero, fu acquistata dal Museo Borbonico?' la n. 2418, con Bellerofonte, Proito e Stenebea, fu portata dapprima nel Palazzo Reale e, în seguito, dopo gli avvenimenti del 1815, nel Real Musco Borbonico. "Tra gli altri vasi vengono descritti anche «un altro vaso più piccolo con due figure, ed un manico rotto», probabilmente si tratta di quello acquistato per conto della regina dal conte Borgia, forse un'oimochoe, e «un altro mezzano a forma di campana, con quattro figure», per il quale si potrebbe ipotizzare l’identificazione con il cratere a campana attico a figure rosse, conservato a Napoli (H. 2301, Inv. 81570), attribuito al Pittore di Christe, uno dei ceramografi della cerchia del Pittore di Polignoto. Il cratere, secondo i registri di immissione del Museo, proveniva da Ruvo ed entrò a far parte della collezione della Regina Carolina Murat, in seguito immessa nel Real Museo Borbonico®"!. Infine, sono descritti «ur
altro vaso bislungo con un manico e con circa quattro figure. L'ultimo piccolo a guisa di fiaschetto con due figure, una manica, ed aperto sull'orlo»; il primo si potrebbe identificare ‘con un'altra oinochoe, mentre per l'ultimo, vista la puntuale descrizione delle caratteristiche formali, si potrebbe trattare di un askos con ansa ad anello, identificabile con un askos attico a figure rosse del Museo di Monaco di Baviera (inv. 2545; J. 856), raffigurante un satiro ed una pantera, databile intorno al 430 a.C. e attribuito alla cerchia del Pittore di Zwerg?!4 Nella tomba si rinvennero anche una corazza anatomica, un elmo (forse a Napoli: rimane una fotografia nell’ Archivio fotografico del Museo), una spada con piccoli fregi ed ornamenti d'oro che furono nascosti, secondo l'Ursi, dallo stesso Rinaldo Di Zio e probabilmente già venduti a Napoli alla regina Carolina Murato al Conte Borgia di cui si era sospettatta una intromissione nell'affare dell'acquisto dei vasi?! Infatti, a detta del canonico, anche alcuni ragazzi che estraevano la terra dalla tomba trovarono in essa vari pezzi raffiguranti teste di ariete, «reste di montone e grappoletti di uva con i pampini lavorati al vivo e legati ad una sottile catena di oro filato»?'5, Questi oggetti furono visti
1° RUGGIERO 1888, pp. 61-562. 1 HEYDEMANN 1872, pp. 288-28e 9 291.292. 2 RUGGIERO 1888, p. 561, n. 2: «Fondo parimente nero, dipinto in rosso. Altezza palmi 2 e % .. con due manichi neri e se figure che rappresentano due giovani che prendono la toga virile col solito apparato 55 DOCUMENTI INEDIT1 Il, 1880, p. 79; DOCUMENTI INEDITI IV, 1880, Inventario dela Collezione della Regina Carolina Murat, n. 470 ?* DOCUMENTI INEDITI I, 1880, p. 79. 2% ASBA, MSA, Fasc. 49: lettera del ca. Arditi al Ministro dellInteno, senza data. ?*Unsi 1835,pp. 84-85
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dagli addetti ai lavori e si fece di tutto per acquistarli, ma ciò non fu possibile, in quanto furono tutti venduti ad un canonico compaesano, probabilmente l’abate Romanelli; si è inoltrea conoscenza che altri oggetti furono acquistati dal canonico Iorio e dall abate Pili. ‘Tra gli ornamenti personali in oro sopra descritti si potrebbe segnalare una fibula d’oro con staffa desinente a testa d'arietee una collana con vaghi sferici e terminali configurati a teste di ariete, caratterizzata da una finissima granulazione, entrambe conservate nel Museo di Monaco. Certamente, non mancano delle perplessità sull'appartenenza di tali oggetti, di solito di pertinenza femminile, al corredo in questione; si potrebbe, tuttavia, essere tentati di ipotizzare che possa trattarsi di una sepoltura bisoma di un uomo e di una donna. Questa ipotesi potrebbe essere suffragata dal fatto che alcuni oggetti d'oro furono estratti dalla terra che si trovava all'esterno della tomba, per cui si potrebbe trattare di un deposito funerario esterno più antico appartenente ad un individuo di sesso femminile. In ultima analisi, però, si deve sottolineare che esistono anche esempi di corredi pertinenti ad individui di sesso maschile caratterizzati dalla presenza di collane, come accade in Etruria, dove in alcune tombe dipinte di Tarquinia compaiono personaggi maschili che indossano questo ornamento. Come si è notato da alcuni brani dell’Ursi riportati nel testo, nel corredo erano presenti delle patere e altri vasi potori adibiti per l'uso simposiaco. Tra le prime, devono essere considerate le due kilikes attiche a figure rosse, attribuite al Pittore di Marlay, e un piatto attico a figure rosse su alto piede, attribuito alla Classe di Napoli 2618, tutti conservati nei Museo di Napoli e raffiguranti scene riguardanti le attività di palestra. Molto probabilmente questi esemplari erano appartenuti al complesso funerario in esame, in quanto, come si è potuto intuire dalla lettura dei registri di immissione e dalle schede di reperto dell” Archivio fotografico del Museo di Napoli, erano entrati a far parte della collezione della regina proprio nel periodo in cui fu scoperta da Rinaldo di Zio la tomba famigerata?"". Inoltre,
da una lettera di Giovanni Jatta al fratello Giulio del 5 marzo del 1828, si apprende che al corredo era appartenuto anche un coperchio, forse di lekanis, che lo stesso Giovanni Jatta acquistò dall'antiquario napoletano Pacileo per completare il deinos n. 1496 con la raffigurazione delle Nereidi che portano le armi ad Achille. Il Pacileo, infatti, rassicurò lo Jatta circa la provenienza ruvestina del coperchio, con ogni probabilità appartenente al sepolero trovato anni prima da Rinaldo Di Zio, venduto all’Intendente De Tocco e poi allo stesso Pacileo?!*. Secondo i documenti d'archivio, come si è detto in precedenza, facevano
parte del contesto vasi con episodi delle imprese di Teseo, alcuni dei quali si potrebbero individuare in una coppia di anfore nolane di produzione attica raffiguranti proprio l'eroe a Monaco di Baviera. e oggi custodite attico, facenti parte della collezione di Carolina Murat Il corredo è pertanto omogeneo dal punto di vista cronologico, con una datazione che oscilla intorno agli ultimi tre decenni del V secolo a.C. Il complesso, come dimostrano le armi, è pertinente alla sepoltura di un guerriero di alto rango sociale il quale, con il ricco programma figurativo espresso dai vasi, vuole sottolineare in maniera evidente la sua completa adesione all’ideale della palestra. " Nei registi si legge che tali esemplari, con accertata provenienza da Ruvo, vengono immessi il 4 febbraio 1815. 7 JarTA 1828 lettera del 5 marzo 1828, enu
Fig. 536. 148.1. Cratere a volute protoapulo del Pitore di Sisifo (430-420 a.C.) con la scena delle nozze di Laerte e Anticleia (da Megale Hellas 1983, fi. 508) 148.1. Cratere a volute protoapulo a figure rosse Argilla ros-arancio, vemice nera lucente con sisi metalli. hem 9,5 diam. orlo em 34,5. Monaco di Baviera, Antikensemmlungen (già collezione Lipona-Carolina Mur, già collezione Ludwig di Baviera) In 3268 (71805). Attributo αἱ Pittore di Sisifo (vaso eponimo) 130420... Integro. Lievi sbreccature sul piede e sull'orlo. Piede campanulato, corpo ovoidale, spalle oblique, collo a profilo concavo, orlo espanso e revoluto, anse a volute decorate con semplici 612
motivi floreali e a foglia. Decorazione accessoria: orlo decorato da un motivo a meandro; sotto l’orlo, motivo a palmette; sulla spalla, motivo a finta baccellatura. La decorazione figurata è disposta su tre registri. Sul corpo i due registri figurati sono divisi da un motivo ad ovoli. Il registro inferiore è delimitato inferiormente da un meandro. Sotto le anse, girali c palmette. Lato A: sul collo, a sinistra, è una coppia di eroti seduti l'uno di fronte all’altro; l'erote di sinistra offre all’altro una corona; al centro è un erote in volo verso Afrodite, seduta di fronte a lui, con
una corona nella destra sollevata che sta per poggiare sulla testa della dea; a destra, è una coppia di eroti, seduti l'uno. di fronte all’altro, che sta giocando alla morra. Sul corpo, nel registro superiore, è raffigurata la scena delle nozze di Laerte con Anticleia, figlia di Autolico, raffigurato con una foglia in mano e sulla quale è iscritto il nome di Sisifo, che allude all'espediente di riconoscere i bovini che erano stati rubati dal futuro suocero dell'eroe. AI centro è raffigurato Laerte, nudo, con clamide pendente dalle braccia, poggiato con la destra ad una lunga lancia, che sta prendendo la mano di Anticleia, raffigurata in piedi, vestita da sposa, con chitone, mantello e velo sulla testa, su cui è un grosso diadema. A destra, dietro una colonna ionica, è raffigurata una grossa hydria, vicino alla quale è raffigurato Autolico, padre di Anticleia, barbato e con scettro nella sinistre, seminudo, con clamide che copre la parte inferiore del corpo e la spalla sinistra, che sta per ricevere da un guerriero nudo, con lancia nella sinistra e clamide pendente dalle braccia, una foglia su cui è iscritto il nome di Sisifo (215102). A destra, sono raffigurate due donne stanti, riccamente vestite con chitone, mantello, velo e diadema sulla testa, probabilmente appartenenti alla corte. A sinistra, è un uomo stante © seminudo, con clamide e bastone nella sinistra, che prende la mano destra del personaggio davanti a lui, raffigurato col volto mesto, nudo e con clamide pendente dalle braccia. Davanti è un uomo nudo che cammina verso destra, con clamide pendente dal braccio sinistro e con lancia nella sinistra Dietro Laerte è raffigurato un uomo nudo stante, con clamide pendente dalla spalia sinistra e lancia nella sinistra,
che ha la destra atteggiata nel tipico segno di chi sta parlando. Nel registro inferiore, a destra, è raffigurato Giasone, nudo, con clamide sulla spalla sinistra e petaso dietro le spalle, che con la spada sguainata nella destra sta lottando contro il drago, afferrando nel frattempo un vello appeso ad un albero. Dietro l'eroe, è raffigurata Medea stante, con chitone e mantello e cassetta nella sinistra, che incita Giasone al combattimento. Al centro sono raffigurati due Argonauti, quello di sinistra, nudo, seduto sulla clamide e con lancia nella destra, quello di destra, in piedi, con clamide pendente dal braccio sinistro, lancia nella sinistra e spada a tracolla, che guardano la scena della lotta. A sinistra sono raffigurati due giovani alati nudi (Boreadi), uno seduto € l'altro in piedi che guardano anch'essi la lotta di Giasone. Lato B: sul collo, davanti ad una colonna dorica, è raffigurata una corsa di cinque cavalli verso destra, guida-ti da altrettanti cavalieri nudi, che hanno una corona sulla fronte. Uno dei cavalieri è raffigurato mentre sta per essere disarcionato e nell'estremo tentativo di salvarsi si afferra alla briglia dell'animale. Sul corpo, nel registro superiore, sono raffigurate tre donne stanti (Muse), la prima in atto di suonare il doppio aulos, le altre rispettivamente con rotolo e cassetta; tra le prime due è raffigurata una gru. Segue una donna (Musa) che suona l’arpa, seduta su uno sgabello rivestito di una pelle di pantera; quindi, è una donna (Musa) stante, in atto di suonare una phorminx; seguono ancora una donna (Musa) seduta, che suona una lîra, e una donna (Musa) stante, che presenta una cassetta ad un'altra donna (Musa); tra le due è un tralcio di vite; alle spalle, colonna dorica. Infine, 613
è raffigurata una donna stante (Musa), in atto di suonare il doppio aulos. Nel registro inferiore è raffigurata la lotta tra εἰ Centauri, Bibliografia: Ursi 1835, pp. 82-83; Fenicia 1836, p. 43; Jahn 1854, pp. 254-257, n. 805; Documenti Inediti Il, 1880, p. 79; Ruggiero 1888, p. 561; Reichold 1909, pp. 201.207, tavv. 98-99; Trendall 1938, pp. 22-23, tav. 20; Beazley 1955, p. 72; Arias-Hirmer 1960, p. 148, figg. 236-237; Cambitoglon-Trendall 1961, p. 9, n. 1; Aris-Hirmer-Schefton 1962, pp. 386-389, ta. 236-237; Paribeni 1964,p. 12, n. 6, figg. a pp. 11 e 13; Stenico 1966,p. 355, fig. 445; Cambitoglou-Trendall 1969, p. 424; ‘Trendall 1974, pp. 16e 48, n. B 47, tavv. 19-20; ‘Trendall-Cambitoglou 1978, p. 6, n. 1/51; M. Marin 1981,p. 187: Schefold 1981,p. 157,n. 209; Orlandini 1983, p. 481,fig. 508; TrendallCambitogion 1983, p. 3; Delivorras, Berger. Doer, Kossatz-Deissmann 1984, p. 119, n. 1218, tav. 123; Schefold 1986, p. 128,n. 20, av 104; Forti 1988, p. 294, fig. 354; Arias 1990, p. 203 ep. 211, fig. 312; Neils 1990, p.633, n.37, tav. 429; Trendell-Cambitoglou 1991, pp. 3-4; Oakley 1994, p. 782, n. 1; Gadaleta RoscinoSisto 2003, pp. 406-407, Ap 7 (con ulteriore bibliografia)
148.2. Hydria protolucana a figure rosse Argilla rose-arancio, vernice nera lucente con riflessi metallici. hem 50,5; diam. orlo cm 20. Napoli, Museo Archeologico Nazionale (già collezione Palazzo Reale di Napoli, Inv, 81949 (= Heyd. 3241). Attributa al Pittore di Amykos. 440-430.
Ricomposta, lacunosa, mancano alcuni frammenti del corpo; lesionata nella pancia. Decorazione accessoria sull’orlo, giro di ovuli; sul collo, fregio di palmette diritte e fiori di loto; tra le due zone figurate, fila di ovuli e altro fregio di palmette diritte e fiori di loto; intorno alle anse, giro di linguette; sotto la fascia figurata inferiore, comice di 614
meandri e crocette alterati. Decorazione figurata: sulla spalla, su una roccia, su cui ha deposto la clamide, siede, volgendosi verso sinistra, il giovane Eracle; l'eroe poggia il piede destro un po’ sollevato su un grosso ciottolo, la mano destra sul ginocchio corrispondente, la sinistra. sulla clava posata per terra; al fianco porta la faretra. Davanti a lui sta in piedi la regina della Amazzoni, Ippolita, anch'ella col piede sinistro posato su un sasso, con due lance nella destra; la regina sta compiendo con la sinistra il gesto di deporre il suo cinto sulla mano e sulla gamba dell’eroe in segno di resa. La regina indossa anassiridi, corto chitone e berretto frigio. Allo stesso modo sono vestite le tre compagne dietro di lei; di queste una, all'estrema sinistra, seduta su una roccia con le gambe incrociate, tiene nella destra un’ascia e guarda indietro verso una compagna. La seconda Amazzone, con due lance nella destra e uno scudo rotondo nella sinistra, muove verso sinistra e intanto guarda indietro verso Ippolita; la terza, infine, munita della faretra dell’arciere, sta inginocchiata per terra accanto alla regina, pronta a scoccare una freccia con l'arco. Sull’altro lato, alle spalle di Eracle, si vedono due suoi compagni, uno, con la clamide sulle spalle e una tenia intorno al capo, 1o scudo nella sinistra e la lancia nella destra, sembra allontanarsi da lui, ma continuando a guardare indietro; l’altro, col pilos sul capo, la mano sinistra posata sul ginocchio e due lance nella destra, siede un po’ discosto su una roccia sulla quale ha deposto la clamide; guarda anch'egli la resa di Ippolita, mentre lo scudo, avente una stella per episema, poggia accanto a lui. Registro inferiore: sono raffigurati Dionisio e Arianna tra una processione di Satiri e Menadi.
AT
Figg, 537-538, 148.2. Hydria protolucana del pittoredi Amykos (440-430 a.C.): particolari del fregio con processione dionisiaca (da Greci in Occidente 1996, fig. a p. 710 e da De Caro 2001, fig. 26)
Bibliografia: Heydemann 1872, pp. 5505551, n. 3241 (con ulteriore bibliografia); Museo Borbonico, VI, 5, tas. V e V, 16; Documenti Inediti1, 1880,p. 79; Ruggiero 1888, pp. 561562; Schauenburg 1960, p. 6, fig. 4; Trendall 1967,p. 36, n. 137, tav. 2, 34; De Caro 2001, pp. 4849, 1.25.
148.3. Hydria protoapula a figure ros Argilla ross-aranco, vernice nera lucente con essi metallic hem 625. San Pietroburgo, Hermitage Museum (già collezione Carolina Murat, poi collezione Campana).
tav. 1842 (= St 1143) Attribuita al Pittore della Danzatice di Berlino 40-202C.
Ricomposta da vari frammenti; restaurata e ridipinta; lacunosa, mancano alcune parti del collo e del corpo. Sulla spalla: è raffigurata una scena di Amazzonomachia. Al centro, due efebi portano un’Amazzone su una quadriga; a sinistra, Teseo, col nome iscritto (TEZEY2), un’ Amazzone, probabilmente Antiope, di cui è iscritto parte del nome (ANTIOIL.), un guerriero ed una Amazzone in combattimento; a destra, un'Amazzone ed un guerriero morto tra due Amazzoni. Sul corpo: sono raffigurati una donna ed un giovane seduti su una line; a destra, sono donne ed eroti. 615
Fig. 539. 148.2. Hydria protolucana del Pittore di Amykos (440-430 a.C.): particolare della scena con Eracle e le Amazzoni (da De Caro 2001, fig. 25). Bibliografia: Mon. Inst 1856, tav. XV e XVI: Stephani 1869, n. 1143; Ruggiero 1888, p.562; Schauenburg 1958, p. 59, fig. 7; Cambitoglou"Teendall 1961,p. 7,n. 1; Trendal-Cambitoglou. 1978,p. 7,7. 1/10,
148.4. Anfora panatenaica protolucana a figure rosse. Argilla ross-aranco, vernice nera lucente con riflessi metallic hem 63. Napoli, Museo Archeologico Nazionale (gid collezione Palazzo Reale di Napoli) Inv. 82263 (= Heyd. 2418) Attribuita αἱ Pittore di Amykos. 4304204 C. 616
Integra. Restaurata e piuttosto ridipinta. Decorazione accessoria: sul collo, fregio di palmette; sotto, pseudobaccellatura; sotto le anse, palmette. Decorazione figurata su due registri divisi da un fregiodi ovoli. Inferiormente la scena figurata è delimitata da un meandro interrotto da riquadri incrociati Sul piede, motivo di raggi triangolari La scena del registro inferiore occupa entrambi i lati senza interruzione. Lato A: nel registro superiore, a sinistra, è raffigurato Bellerefonte stante, nudo, con clamide pendente dalle spalle, che ha una lancia nella destra, nella quale ha anche le briglie di Pegaso,
raffigurato a sinistra; sotto Pegaso è un cippo. Bellerofonte stringe nella sinistra abbassata una lettera che ha appena ricevuto da Proito, raffigurato a destra, stante, barbato, con clamide che gli copre le gambe e la spalla destra. Proîto si appoggia con la destra ad un bastone, mentre con la sinistra, si raccomanda con Bellerefonte; tra i due è una colonna dorica. Dietro Proito è raffigurata Stenebea, stante, vestita con chitone e mantello, con un velo sulla testa, che assiste alla scena. Nel registro inferiore, al centro, è un uomo nudo, seduto su una roccia, che ha nella sinistra una punta di lancia; ha la testa rivolta indietro verso una donna, stante, vestita con chitone e con copricapo sulla testa, che ha nella sinistra un ramo. La donna ha la testa rivolta indietro verso un uomo, nudo, con clamide pendente dalle spalle, che corre verso sinistra con uno strigile nella sinistra. Segue un uomo nudo, con clamide pendente dalle spalle, che ha uno scudo ed una lancia nella sinistra. A sinistra è una donna ammantata con ramo nella destra, A sinistra è un uomo nudo, con clamide pendente dalle spalle e con scudo e lancia nella sinistra, che corre verso sinistra in atto di inseguire una donna, vestita con chitone c mantello, che ha un ventaglio nella destra. Segue un erote che insegue una donna ammantata e con copricapo sulla testa, che ha un ramo nella destra. Lato B: nel registro superiore, al centro, è un giovane guerriero nudo stante, con piede sinistro poggiato su una roccia, con clamide pendente dalle spalle e con lancia nella sinistra; il guerriero ha la destra allungata perché sta ricevendo una lunga benda da una donna stante, raffigurata a destra, vestita con chitone e con benda sulla testa. Dietro il giovane
Fig. 540. 148.3. Hydria protoapula del Pittore della Danzatrice di Berlino (440-430 aC.) Tesco e Antiope (da Schauenburg 1958, fig. 7).
guerriero è una donna stante, vestita e con chitone e con oinochoe nella sinistra, che ha appena offerto una phiale ad un giovane guerriero nudo, seduto su una roccia e con elmo a pileo sulla testa, che ha una lancia nella sinistra e la phiale nella destra da cui sta bevendo. Bibliografia: Heydemann 1872, pp. 291-292, n. 2418; Documenti Inedit I, 1880, p. 79; Ruggiero 1888, p. 561; Patroni 1897, p. 34, fi. 28; Sechan 1926, p. 121, fg 146; Schauenburg 1956,p. 2, fig. 24; Trendall 1967, pp. 44-45,n. 217; Martin 1984, p.208, fgg. 2. 148.5. Anfora panatenaica protolucana a figure rosse. Argilla rosa-arancio, vernice nera lucente con riflessi metallici hem 66. Napoli, Museo Archeologico Nazionale (già collezione Palazzo Reale di Napoli). Inv 82264 (> Heyd. 2416) At rbuita al Pittore di Amykos. 4304204 C.
Ricomposta da vari frammenti; restaurata e piuttosto ridipinta; lacunosa; diverse sbreccature sull'orlo e sul piede e 617
Fig. 541. 1484. Anfora panatenaica protolucana del Pittore di Amykos: lato A, scena con Bellerofonte che riceve la lettera da Proito (Foto Archivio Soprintendenza Archeologica di Napoli e Caserta).
varie scrostature nella vernice. Decorazioneaccessoria: sul collo, fregio con palmette dipinte in nero, sotto pseudo-baccellatura; inferiormente la scena figurata è delimitata da un meandro interrotto da riquadri incrociati. La decorazione figurata si svolge su due registr. LatoA: registro superiore, al centro, è raffigurata una donna seduta, vestita con chitone e con benda sulla testa, che ha uno specchio nella sinistra; di fronte 618
è un giovane guerriero nudo, stante, con clamide pendente dalla spalla sinistra, che ha una lancia nella sinistra, che smbra parlare con la donna seduta. Dietro la donna sono raffigurati altri due giovani guerrieri nudi, stanti, con clamide pendente dalle spalle, con lancia nella sinistra; il guerriero che sta davanti ha la destra poggiata sulla spalla destra della donna. A destra sono raffigurati un giovane guerriero ed una donna a colloquio. Il guerriero è vestito con un chitone trasparente, ha la destra poggiata suuno scudo e ha una lancia nella sinistra, mentre la donna è vestita con chitone c mantello e sta offrendo al guerriero una lunga benda. Nel registro inferiore, al centro, è un uomo nudo che insegue una donna che corre verso destra; a destra è un erote che insegue una donna. A sinistra, è un uomo nudo, con clamide pendente dalle spalle e bastone nella destra, che insegue un altro uomo nudo, con clamide pendente dal braccio sînistro e bastone nella sinistra, che corre verso destra. Lato B: nel registro superiore sono raffigurati donne e guerrieri in una scena di commiato. Al centro, sono due giovani guerrieri nudi, stanti, con piede poggiato su una roccia che parlano tra di loro. Quello di sinistra è vestito con un chitone trasparente, quello di destra, con clamide pendente dalle spalle, ha una lancia nella destra. A destra è una donna stante, con chitone e mantello, che ha una corona nella destra e un pomo nella sinistra che sta offrendo ad un giovane guerriero nudo, seduto su una roccia, con una lancia nella destra. A sinistra è una donna stante, vestita con chitone e mantello, che sta parlando con un giovane guerriero nudo, seduto su una roccia, con clamide sulle spalle e lancia nella sinistra. Nel registro inferiore, a destra, è un uomo nudo, con
B (da Martin 1984,p. Fig. 542. 148.4. Anfora panatenaica protolucana del Pittoredi Amykos: lato 208, figg. 1-2).
clamide pendente dalle spalle, che sta inseguendo una donna che core verso destra. ΑἹ centro è un uomo nudo, con clamide pendente dal braccio sinistro, che insegue una donna ammantata che corre verso sinistra. A sinistra, sono raffigurati un uomo nudo, con clamide pendente dal braccio sinistro e lancia nella destra, e una donna vestita con chitone e mantello che assistono alla scena. Bibliografia: Heydemann 1872, pp. 238-290, n. 2416; Documenti Inediti Il, 1880, p. 79: Ruggiero 1888, p. S61; Trendall 1967, p. 48, n. 1/246, tav. 20,1, con ulteriore bibliografia.
148.6. Oinochoe plastica a testa femminile Argilla arancio, vernice ner lucente con riflessi metallic. hem 18,8; diam. orlo em 5. Napoli, Musco Archeologico Nazionale (giù collezione Palazzo Reale di Napoli) In, 82457 (= Heyd. 2953), Attica. Auribuita al gruppo dei vasi plastici della "ClasseI: The Marseilles Class”. 4204102. Integra. Ansa riattaccata. Bocca trilobata. Ansa a bastoncello molto sormontante. Alto collo formante una linea continua con il corpo in forma di testa femminile. Capelli raccolti dietro la nuca con acconciatura a onde sulla fronte senza scriminatura centrale. Occhi a mandorla 619
Figg. 543-544. 148.5. Anfora panatenaica protolucana del Pittore di Amykos: latiA e B (Foto Archivio Soprintendenza Archeologica di Napoli e Caserta)
poco sporgenti. Naso lungo. Bocca piccola, camosa, atteggiata a sorriso. Mento rotondo. Largo collo svasato in basso. Fondo piatto. Bocca, ansa, collo e capigliatura a vernice nera fino alla fascia sulla fronte. Soppracciglia, contorno degli occhi e pupilla a vernice nera con fondo bianco. Alla base del collo fascia a vernice nera. Bibliografia: Ursi 1835, p. 84; Heydemann 1872, p. 448, n. 2953; Documenti Inediti Il, 1880,p. 79; Beazley 1963, p. 1536,n. 11
620
148.7. Kantharos ad una sola ansa configurato a testa di satiro Argilla arancione chiaro, vernice nera lucente con riflessi metallici,” ingubbiatura color rosso, sovradéipinture in bianco; eseguito al tornio e a matrice D. max cm 23,2; diam. bocca cm 14,9; diam. piede em 99. Napoli, Musco Archeologico Nazionale (già collezione Palazzo Reale di Napoli). Inv. 82444 (= Heyd. 2948), Attico. Atibuito al gruppo divas della “Classe Rz The Manchester Clas. Terzo vonticinquennio del V secolo aC
Lacunoso nelle orecchie, di cui una riattaccata; sbreccature in superficie e vernice evanida sull’ansa; avvampature. sul retro del vaso. Sul retro del vaso, ai lati dell’ansa, due palmette a ventaglio da cui si diparte un doppio girale. Sul collo, satiro che insegue una menade retrospiciente, vestita di chitonisco, mantello e cuffia, ritratta nell’atto di brandire il tirso. Sotto la scena, linea parzialmente risparmiata. La testa del sileno ha tratti fortemente caratterizzati: potente struttura ossea, sopracciglia arcuate a vernice nera, occhi rotondi con palpebre delineate, pupille ed iride a cerchi concentrici. Sul labbro superiore sporgente, baffi cordonati sovraddipinti in rosso-viola. La rasatura del mento e la calvizie, accennata sul retro del vaso, sono rese con una scialbatura della vernice e con vernice nera parzialmente risparmiata. Sul capo, quasi all'innesto con il collo, è reso a rilievo un serto trattato con tecnica “ἃ la barbotine”. Bibliografia: Uni 1835, p. 84; Heydemann 1872, p. 447, n. 2948; Documenti Inedi I 1830,p. 79; Beazley 1963, ARV, p. 1547; La Magna Grecia nelle collezioni del Museo Archeologico di Napoli 1996, p. 127, n. 10.5.
148.8. Kylix attica a figure rosse Argilla arancio, vernice nera lucente con riflessi metallic, sovraddipintura n bianco. hem 7; diam em 22,5 Napoli, Museo Archeologico Nazionale (già collezione Palazzo Reale di Napoli). Inv. 81311 (- Heyd. 2621, Attribuita αἱ Pittore di Marly. 4404202 €.
Ricomposta da vati frammenti. Diverse scrostature sull'orlo; vernice nera scrostata in vari punti. Piede ad anello profilato, vasca profonda a
Fig. 545. 148.6. Oinochoe plastica attica a testa femminile (Foto dell'Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica di Napoli e Caserta) 621
è una scena di simposio. Sono raffigurati due uomini seminudi, distesi su una Kline, che parlano tra di loro; quello di sinistra è imberbe, quello di destra è barbato ed ha nella mano sinistra un acino di uva dipinto. in nero. Davanti a loro è una frapeza imbandita con tralci di vite bianchi Bibliografia: Heydemann 1872,p. 354,n. 2621; Beazley 1963, p. 1279, n.49.
148.9. Kylix attica a figure rosse Argilla arancio, vernice nera lucente con riflessi metallici. bem6; diam. em 21,5. Napoli, Musco Archeologico Nazionale (già collezione Palazzo Reale di Napoli) Inv. 81314 (= Hey. 2623) Attribuita αἱ Pitore del Coperchio, Gruppo det Pittore di Marly. 440-820 ac.
Fig. 546. 148.7. Kantharos attico ad una sola ansa configurato a testa di satiro (da La Magna Grecia nelle collezioni del Museo Archeologico di Napoli 1996, fig. a p. 202 )
profilo convesso, orlo svasato, labbro estrofiesso, anse a bastoncello impostate orizzontalmente sulla vasca. Decorazione: all'esterno, su entrambi i lati, è un motivo di losanghe bianche e nere alternate formante una scacchiera; al centro delle losanghe bianche sono dei puntini neri Ai lati, sotto le anse, sono dipinti in nero due satiri, quello di sinistra è raffigurato di profilo a destra, quello di destra è di profilo a sinistra, tra riquadri rettangolari riempiti da file di punti. Entrambi hanno nelle mani dei tralci di vite. Nel tondo interno, costituito da due linee rosse a risparmio, 622
Integra. Qualche sbreccatura sull’orlo, vemice nera scrostata in alcuni punti, diverse incrostazioni calcaree. Per le caratteristiche formali si veda l'esemplare precedente (cat. 147.8.). Decorazione: all'esterno, su entrambi i lati, è dipinto un motivo di losanghe bianche puntinate € losanghe nere altemate formanti una scacchiera; ai lati, sotto le anse, palmette in nero tra riquadri rettangolari riempiti da chevrons verticali. Nel tondo intemo, delimitato da due lince concentriche a risparmio, è una scena di simposio. Sono raffigurati due uomini seminudi, distesi su una Kline, entrambi di profilo a sinistra, con il gomito appoggiato su cuscini bianchi decorati con linee nere e la testa cinta da una benda. L'uomodi sinistra è barbatoed ha una phiale nella sinistra, quello di destra è imberbe. Davanti a loro è una trapeza, sotto la quale è raffigurato un bacino. Bibliografia: Heydemann 1872,pp. 354-355, n. 2623; Beazley 1963, p. 1282, 3; Schauenburg 1988,pp. 82-83, fig. 25-26.
Figg. 547-548, 148.8, Kylixattica a figure rosse del Pittore di Marlay. Intorno al 440-430a C. (Foto dell'Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica di Napoli e Caserta). 623
148.10. Kylix attica a figure rosse Argil a arancio, vernice nera lucent con riflessi metallic. h. 7,5; diam. em 18,5. Napoli, Museo Archeologico Nazionale (già collezione Palazzo Reale di Napoli), Inv. 82515 (= Heyd. 2626) Attribuit lla Classe di Napoli 2618. 440.430aC.
Ricomposta da vari frammenti Restaurata e ridipinta. Sull’orlo sono due piccoli fori che dovevano servire per appenderla alle pareti della tomba. Orlo e labbro sbreccati, vernice nera scrostata in alcuni punti. Piede a disco, alto fusto cilindrico, vasca poco profonda a profilo leggermente convesso, orlo svasato, labbro estroflesso con risega nella parte interna. Decorazione: nel tondo interno, delimitato da un meandro interrotto da riquadri incrociati, è raffigurato un giovane nudo, stante, di profilo a destra, con clamide pendente dalla spalla sinistra e benda sulla fronte, che sta suonando una lira. Bibliografie: Heydemann 1872, p.355, n. 2626; Beazley 1963,p. 1305, n.4,
148.11. Cratere a campana attico a figure rosse Argilla arancio, vemice nera lucente con riflessi metallici. hem 345, diam. orto em 40. Napoli, Museo Archeologico Nazionale (già collezione Palazzo Reale di Napoli) Inv. 81570 (= Heyd. 2301). Attribuio al Pittore di Christe, cerchia del Pittore di Polignoto. 440-430.
Ricomposto da vari frammenti. Orlo sbreccato, vernice nera scrostata in diversi punti. Piede a disco, corpo ovoidale, orlo svasato © revoluto, anse a bastoncello impostate orizzontalmente sul corpo 624
€ leggermente ripiegate verso l’alto. Decorazione accessoria: sull’orlo tralcio di edera sinistrorso; la scena figurata è delimitata inferiormente da un meandro interrotto da riquadri incrociati Lato A: è raffigurata una scena di inseguimento. Al centro è un giovane guerriero (Menelao?), vestito con corto chitone, clamide sulle spalle, corazza ed elmo con Jophos sulla testa, che ha uno scudo ed una lancia nella sinistra Il guerriero è raffigurato mentre corre verso sinistra nell’intento di inseguire una donna, verso la quale allunga il braccio destro per tentare di afferarla, vestita con chitone c con diadema sulla fronte. La donna è raffigurata mentre cerca di sfuggire all'uomo correndo verso sinistra con la testa rivolta indietro. Dietro il guerriero è raffigurata un'altra. donna, vestita con chitone, mantello sulle braccia c diadema sulla fronte, che fugge spaventata dalla scena verso destra. A destra è un uomo stante, con chitone e mantello, con corona sulla testa e scettro nella destra, che assiste alla scena. Lato B: tre giovani ammantati. Bibliografia: Heydemann 1872, p.254,n.2301; Documenti Inediti Il, 1880, p. 79; Beazley 1963,p. 1048, n.31; Trendall 1967,p.3, n. 1 148.12. Collana Oro; lamina martellata, decorazione ἃ sbalzo, à granulazione, a filigrana; e teste di ariete sono ottenuteἃ stampo. Lungh. cm 305. Monaco di Baviera, Antikensammlungen (già collezione Lipona-Carolina Murat). Iv sconosciuto. Produzione etrusca Seconda metà del V secolo a.C.
Integra. La collana è composta da ventinove elementi tutti. finemente
Figg. 549-550. 148.9. Kylixattica a figure rosse del Pittore di Marlay. Intorno al 440-430 a.C. (Foto dell'Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica di Napoli e Caserta). 625
Fig. 551. 148.10. Kylix attica a figure rosse su alto piede della cerchia del Pittore del Coperchio. Attorno al 430 a C. (Foto dell’Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica di Napoli e Caserta)
lavorati: quindici grossi vaghi in lamina d'oro, che presentano la forma di una sfera leggermente schiacciata; sette di essi sono in semplice lamina, gli altri otto presentano sulla superficie una decorazione a granulazione e a pulviscolo raffigurante dei fiori a quattro petali Ad ogni vago si altemano due cerchi uniti costituiti da filo godronato. Alle due estremità sono presenti due teste di ariete ottenute a stampo, con i particolari anatomici indicati da fini incisioni e da raffinate cesellature. II vello dell'animale è poi reso con una finissima granulazione. 626
Dalla bocca degli animali spuntano due piccoli anelli in sottilissimo filo d’oro. Manca il gancio di chiusura. Bibliografia: Ursi 1835,pp. 84-85; Jatta 1844, p.57; Jatta 1869, p.54; Montanaro 2006, p. 36, cat 15, 148.13. Fibula Oro e pasta vires lamina martellata, decorazione a sbalzo ὁ incisa. Lungh. cm 8.9. Monaco di Baviera, Antikensammlungen (gid collezione Lipona-Carolina Mura. In. 6421 Fine del V secolo a.C
Fig. 552. 148.11. Cratere a campana attico a figure rosse attribuito al Pittore di Christie, cerchia di Polignoto. Intomo al 450-430 a.C. (Foto dell'Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica di Napoli e Caserta)
Fig. 553. 148.12. Collanain oro con terminali ἃ testa di ariete (da Montanaro 2006, cal. 1.5). 627
54. 148.13, Fibula in oro con staffa terminante a testa di ariete (da Montanaro 2006, cat. 2.5).
Integra. La fibula è del tipo ad arco semplice ingrossato al centro con la variante di una spirale al centro dell'arco © staffa terminante con una protome animale. La spirale è costituita da un filo sottile in lamina d’oro. Ai lati della spirale, l’arco è decorato con una fila di rosette, di grandezza decrescente verso l’estemo, i cui petali sono costituiti da sottili lamine d'oro. Al centro delle rosette sono incastonate delle piccolissime pietre verdi di forma sferica, forse paste vitree. All'estremità dell’arco è agganciata una grossa capsula appiattita. Anche la staffa presenta la medesima decorazione che adoma l’arco con rosette e paste vitree verdi e linee ondulate. La testa dell'ariete, all'estremità della staffa, è decorata con una fine granulazione e presenta anch’essa, sui lati in basso, all'altezza delle orecchie, due piccole paste vitree verdi. Bibliografia: Uni 1835,p.85; ata 1844, p. 57 Jatta 1869, p. $4; Montanaro 2006, pp. 46-47, cat 25. 628
148.14, Anfora panatenaica protolucana a figure rosse Argilla rosa-arancio, vernice nera lucente con riflessi metallici, h. em S0 Monaco di Baviera, Antikensammiungen (già collezione Lipona-Carolina Mura). I 3275 (51.813) Attribuita al Pitore di Amykos. 4204102€.
Ricomposta da vari frammenti lacunosa. Sbreccature sull'orlo esul piede, vernice nera scrostata in diversi punti, disegno lacunoso, varie incrostazioni. Decorazione accessoria: in alto, fregio di palmette dipinte in nero; in basso, pseudo-baccellatura. La scena figurata è delimitata in basso da un meandro interrotto da riquadri incrociati. Lato A: a sinistra e a destra sono raffigurate due coppie formate da un giovane ed una donna. A sinistra, è un giovane nudo, stante, con clamide pendente dalle spalle, che sta parlando
con una donna che gli sta di fronte, vestita con un lungo chitone e con una benda che le cinge la fronte, che ha nella destra una lunga benda che sembra voler donare al giovane. A destra è un giovane nudo, stante, con la sinistra appoggiata ad un bastone, che sta parlando con una donna stante, vestita con un lungo chitone e con una benda che le cinge la fronte, che ha nella destra una benda che sta donando al giovane. Inoltre, la donna ha il gomito sinistro appoggiato ad una colonnetta. Tra il giovane e la donna raffigurati a destra appaiono le iscrizioni KAAOX e KAAE. Lato B: sono raffigurati quattro giovani ammantati Bibliografia: Jahn 1854, p.264,n. 815; Trendall 1967,p. 49, n. 1/250, tav. 2 148.15. Askos attico a figure rosse Argilla arancio, vernice nera lucente con riflessi metalic. Diam. em 76. Monaco di Baviera, Antikensammlungen (già collezione Lipona-Carolina Murat). Inv. 2545 (= 1. 856). Attributo all cerchia del Pitore di Zwerg 430-420.
Integro. Su un lato è raffigurata una pantera accovacciata; mentre sull’altro Jato è un satiro in corsa. Bibliografia: Jahn 1854,p. 270, n. 856; Lullies 1944, p. 31, av, 100, 6€ 101, 148.16. Oinochoe attica a figure rosse Argilla arancio, vernice nera lucente con riflessi metallici. hems. Monaco di Baviera, Antikensammiungen (già collezione Lipona-Carolina Murat). In 2481 (71.215). Produzione attica, 408€.
Fig. 555. 148.14. Anfora panatenaica protolucana del Pittore di Amykos (da Trendall 1967, tav. 20,2)
Buona conservazione, lacunosa: ha un’ansa rotta, restaurata. Decorazione accessoria: sul collo, kymation ionico. Decorazione figurata: è raffigurato un giovane nudo in corsa verso destra, con una tenia che gli cinge la fronte e con testa retrospiciente che ha nelle mani due halteres. Bibliografia: Jahn 1854, n. 215: Documenti Inediti Il, 1880, p. 79; CVA Deutschland6, Munchen Museum Antiker Kleinkunst2, p. 23, tavi 89,3 692,7 629
leopardo, adagiata su una roccia con testa rovesciata all’indietro in atteggiamento di estasi. Sul fondo della roccia si staglia la silhouette di un volatile. Sull’altro lato: erote stante con lunga benda tra le mani, donna in chitone che regge una patera ed un volatile, un sileno nudo con tirso offre del cibo ad un cerbiatto. Bibliografia: Heydemann 1842, p.706; Panofka 1849,p. 220, n. 12; Lista 1996, p. 185, n. 13.1. 148.18. Corazza
148.19. Elmo apulo-corinzio
Figg, 556-557. 148.15. Askos attico a figure rosse (da Lullies 1944, tavv. 100, 6 e 101,3) 148.17. Oinochoe con beccuccio Argilla arancione chiaro, vemice nera lucente, particolar esi in vernice diluita. cm 18; diam. oro cm 10; diam. piede em 13,8. Napoli, Museo Archeologico Nazionale (già Collezione Santangelo 1865). ἴων. Sig. 313, Produzione protolucana. 420-410 €.
Integra. Venice evanida in alcune parte, qualche sbreccatura sull'orlo. Decorazione accessoria: sull'orlo, fregio a ovuli; raggi alla base del becco. Ai lati dell’ansa, sul ventre, due fasce verticali conmotivo di foglie di alloro stilizzate. Su di un lato: tra due sileni nudi, incoronati e conalti calzari, menade con tirso e pelle di 630
Lamina bronzea martellata; patina verdasra, decorazione incisa hem 19,8; lungh. em 20,5. Napoli, Museo Archeologico Nazionale (già Palazzo Reale) Inv 5737. Metà delV secolo a.C.
Restaurato. Conservazione buona; lacunoso, manca una parte di un'appendice. Calotta allungata distinta da una forte carenatura che sale verso l'alto con una linea ondulata sulla fronte. Paranuca ad alta fascia quasi rettilinea che prosegue nelle paragnatidi che sono unite da due “ponti”. Dal centro della fronte, al di sopra del paranaso parte una linea ondulata fortemente rilevata, ricurva sulla sommità della calotta. Forî per gli occhi piccoli, paranaso largo a ritaglio. Sulla paragnatide di destra sembra scorgersi una decorazione incisa rappresentante un guerriero con uno scudo. Ai lati, sulla sommità della calotta, sono due piccole appendici ricurve în lamina, probabilmente resti di applicazioni di
appendici comute. L'elmo appartiene al tipo "B^ della classificazione del Bottini, caratterizzato dagli occhi forati, dal paranaso a ritaglio c dalle paragnatidi congiunte da uno o più “ponti”. Bibliografia: inedito
148.20. Spada con piccoli fregi
148.21. Anfora nolana a figure rosse Argilla arancio, vernice nera lucente con riflessi metallic. hem 32, diam. orlo cm 16. Monaco di Baviera, Autikensammlungen (già collezione Lipona-Carolina Murat). In, 2325 (71.227). ‘Attica, Atribuita alla tarda produzione del Pittore di Alkymachos. 460-450...
Integra. Decorazione accessoria: sul corpo la scena figurata è delimitata inferiormente da un meandro continuo. LatoA: a sinistra è raffigurato Teseo, in corto chitone, spada nel fodero, corona rossa sulla testa c bipenne nella destra, che con la sinistra afferra la spalla di Procruste, nudo, in fuga verso destra. Tra le due figure è un letto. Tra le figure si legge un'iscrizione greca AAKIMAXOE KAAOZ. Lato B: menade stante, di profilo a destra, vestita con chitone, mantello e kekryphalos, che ha una phiale nella destra allungata. Bibliografia: John 1854, Deutschland 6, Munchen Kleinkunst 2, pp. 9-10, avv (con ulteriore bibliografia); 530,0. 19
n 227; CVA Museum Antiker 58,1; 59,1 © 593 Beazley 1963, p.
Fig. 558. 148.16. Oinochoe atticaa figure rosse (da Lullies 1944, tav. 89,3)
Fig. 559. 148.17. Oinochoe protolucana a figure rosse con becco allungato (da Lista 1996, fig. 13.13). 631
Figg. 560-561. 148.19. Elmo in bronzo di tipo apulo-corinzio (Foto Archivio Soprintendenza Archeologica di Napoli e Caserta).
Figg, 562-563. 14821. Anfora attica di tipo nolano a figure rosse del Pittore di Alkymachos. Intorno al 460-450 a.C. (da Lullies 1944, tavv. 58,1 e 59,1) 632
148.22. Anfora nolana a figure rosse Argilla arancio, vemice nera lucente con riflessi metallici. hem355. Monaco di Baviera, Antikensammlungen (già collezione Lipona-Carolina Mura). fy, 2336 (7 1.265) Attica, Atribuita alla cerchia del Pitore di ‘Achille 440-430 a.
Integra. Decorazione accessoria: sul corpo la scena figurata è delimitata inferiormente da un meandro semplice interrotto da riquadri con croce di Sant Andrea. Lato A: a destra è una donna stante, vestita con chitone e mantello, che porge una spada rinfoderata verso un giovane nudo, stante, con mantello avvolto intorno al braccio sinistro e petaso dietro la testa, che si appoggia ad un bastone. Tra le due figure, a terra è raffigurato uno scudo su cui è poggiato un elmo corinzio crestato. Lato B: è raffigurato un uomo barbato, stante, con mantello e un bastone nella destra, rivolto verso sinistra Bibliografia: Jahn 1854, n. 263; Beazley 1922 p. 93, fig. 50; CVA Deutschland 6, Munchen Museum Antik Kleinkunst 2, p. 11, av. 62, e tav. 63,5; Beazley 1963, p.989, n.35. 148.23. Rhyton a testa di ariete Argilla arancione, vemice nera lucente con riflessi metallici seguito al torio e a matrice. hem 21,7; diam. bocca cm 132. Napoli, Museo Archeologico. Nazionale (già collezione Santangelo) In, Sig. 58. Attico. Attributo al gruppo di vasi della Classe W. Ultimi decenni del V secolo a.C.
Appena sotto loro, in corrispondenza dell’ansa, due piccoli cerchi concentrici risparmiati; ai lati dell’ansa, due semipalmette
Fig. 564. 148.22. Anfora attica di tipo nolano a figure rosse atribuita alla cerchia del Pittore di Achille. Intorno al 450 a.C. (da Lullies 1944, tav. 62,1)
Sotto l'orlo, sul davanti, scena con Dionisio seduto, semipanneggiato, con tirso e kantharos. Dinanzi a lui, stante, è una menade, vestita di chitone c. pelle di leopardo, che regge una patera mesonphalica con le offerte e timpano sospeso alla mano sinistra. Per la parte plastica, lo spazio tra le coma delineate a rilievo è trattato con tecnica à la barbotine. Gli occhi conservano tracce di colore bianco. Bibliografia: Beazley 1963, pp. 1549-1550; Lista 1996,p. I85, n. 13.1. 633
Fig. 565. 148.23. Rhyion attico configurato a testa di ariete (da La Magna Grecia nelle collezioni del Museo Archeologico di Napoli 1996, fig. a p. 204).
149 — Tomba rinvenuta in Largo S. Giovanni angolo Corso E. Carafa (già Nuova” nel Fondo del Buccettolo) Alcuni documenti conservati nell'Archivio di Stato di Bari e una memoria di Salvatore Fenicia forniscono delle informazioni circa alcuni rinvenimenti effettuati nell'aprile del 1837, quando la Commissione dei Regi Scavi di Ruvo intraprese una intensa campagna di scavi nel fondo del Buccettolo, sulla Strada Nuova". Tale operazione portò alla scoperta di numerose tombe già violate, alcune completamente vuote, altre appartenenti a gente povera, caratterizzate dalla presenza di ceramiche non dipinte; in questo scavo, secondo i documenti menzionati, si scoprirono anche tombe di epoca romana e cristiana. P ASBA, MSA, Fase. 8: "Autorizzazione ad aprire scavi nella Provincia di Teradi Bar. Processi verbali dei reperimenti di anihità effettuati dalla Commissione degli Scavi di Ruvo e spedizione de reperti al Real Museo Borbonico di Napoli” anni 1836-1837). Secondo verbale quindicinale del mese di Aprile 1837; FENICIA 1840, pp. 107-120. 634
1113 aprile 1837,di fronte αἱ cosiddetti “Palmenti” della villa suburbana di Salvatore Fenicia, situata in Largo S. Giovanni, un piccolo spiazzo che si apre quasi al centro di Corso E. Carafa, alla profondità di 26 palmi (= m. 6,25), si rinvenne “un pozzo" coperto da varie lapidi sepolcrali: si tratta, molto probabilmente, di una tomba a semicamera. La sepoltura fu aperta e la Commissione scopri che alcune lastre della copertura erano crollate franando sul corredo sottostante. Dalla tomba fu estratto tutto il materiale contenuto, composto di terra, pietre e numerosissimi frammenti di vasi di varie forme, tra i quali si rinvennero i frammenti di un vaso straordinario, un cratere a calice, su cui era raffigurata la guerra di Zeus contro i Titani, con i personaggi contrassegnati dalle iscrizioni greche?” 1 frammenti del grande vaso furono quindi raccolti e spediti in una cassa, insieme ad altri reperti rinvenuti nello stesso periodo, al Real Museo Borbonico a Napoli. L'esemplare in questione si può identificare senza alcun dubbio con il famoso cratere a calice attico a figure rosse, attribuito al Pittore di Pronomos raffigurante una scena di Gigantomachia. 149.1. Cratere a calice attico a figure rosse Argilla arancio, vemice nera lucentecon riflessi metal, sovraddipintur in bianco. hem. 31 (H. 2883); diam. cm 38; h. em 93 (8.2668), Napoli, Museo Archeologico Nazionale Inv. 81521 (= Hoyd. 2883 e 2664) Attribuit αἱ Pittore di Pronomos. 410-400 a. Ricomposto da vari frammenti Lacunoso, mancano i frammenti di parte
del corpo, del collo e dell'orlo. Lato A: è raffigurata la scena di una Gigantomachia. A destra sono raffigurati Helios e Dioniso su una quadriga, Athena e Selene a cavallo, dei Giganti, alcuni con pelle di animale, altri che
stanno raccogliendo dei grossi massi per scagliarli contro i nemici; altri sono raffigurati con lo scudo, ornato da protomi di grifo o da un gorgoneion, altri ancora sono armati di asce e martelli; sotto è raffigurata una amazzonomachia. Lato B: anche su questo lato continua la scena della Gigantomachia, con Dioniso, dei satiri raffigurati come guerrieri e delle menadi. Bibliografia: Fenicia 1840, pp. 107-120; Gerhard 1840,p. 189; Schultz 1842, pp. 65-68; Heydemann. 1872, p. 365, n. 2664, pp. 425427, n. 2883; Beazley 1963, p. 1338, n. 2; Benziey Addenda 1989, p.366; Boardman 1989, ig. 327; Carpenter 1991, fg 115; LIMC IV, sx. "Gigantes", n. 316 (a, b), tav 142; LIMC VII, εν. "Paida", n. 10, "5,95; Shapiro 1994, p. 185, fig. 146.
Po Frntc 1840, pp. 07-14, “Sezione3. Spatione esegetica. noverante, storica e qualifica, οὐ necessari fl Lago posto a rinpett dè dilucidant, dé frammenti preziosi rimenuti nel i 13 Aprile 1837in uno scavo eseguito nel vide ti scavi con energia ed peres dell prima maggiore. vii dappertutto disodato aiment di Fenicia”: «Ripa fiche, preceduto ma vane labli αἱ Rama. Laghi spirat, tuto fi posto in disco: e, opo incalco lo diormo ato echer i un molto ma non fatunso dispendio, e dero rovine di ogni pizzo dl passeggio ἀεὶ pubblico, non alto s invenner oco profondo stvao di rottami a terreno, che pochi frammenti d'un mirandisimo calle. I pozzo antico, nel uale si eropez, averla profondità d palmi vente; d ra ito pieno d per e d terra Sano ed questi prossimi ‘imenn Omero diceva αἱ Tifone intro sarebbe stato tle reperto un tesoro non wala da dot: sarebbe stato sso soo, come dipinto in uno de suoi pez, equipollne a tuti lives del tera αἴ Runa. Visi scorgon su d'afollate quadrghe sopra fe corri, evade proposi qué superi, ci'impaurit dè vendicaori dè Tni si region nella Tera d'Egito, dove penal metamogfasi cargo in mole pecie d'animant divers... A queto splendor grandeggia vi si vede quel Tt le vulcaniche "fone, che come le piante erbose calpesta l'arboee: quell'Encolado cul prima d'Achille diede ami... Pochi dei giant si vedono ne pezzi existent ela pi parte di quest pochi và segnata di greche leggende... 635
Fig, 566. 149.1. Cratere a calice attico a figure rosse del Pittoredi Pronomos con scena di gigantomachia (da Boardman 1989, fig. 327).
150-151 — Tombe rinvenute su Corso Gramsci presso la Porta del Buccettolo (già “Strada Nuova” nel Fondo del Buccettolo)
Dalla memoria del canonico Ursi dedicata alla storia e alle origini della città di Ruvo si apprende che verso la fine del dicembre del 1834, in un fondo del Capitolo, un contadino rinvenne una grande tomba (Tomba 150) con un ricco corredo?”!; verosimilmente, la
memoria su tale rinvenimento è stata ripresa fedelmente da una relazione del Laviola, alla quale ha attinto ancheil Panofka, nel "Bullertino dell'Instituto '??. Infatti, lo stesso autore descrive tale rinvenimento riprendendo in maniera puntuale la memoria del Laviola, in quasi tutti i suoi dettagli, tralasciando alcuni particolari importanti circa il rinvenimento di altri oggetti, fortunatamente riportati dall’Ursi, e cambiando la data del rinvenimento anticipandola di un anno, ovvero al dicembre del 1833. Quest'ultima, forse, potrebbe essere la data esatta della scoperta, visto che l'articolo del Panofka risale proprio al 1834 € pone il rinvenimento «sul terminare di dicembre del prossimo passato annoy”, come conferma lo stesso Ursi nelle due memorie dedicate alla storia e alla raccolta delle relazioni sulle scoperte archeologiche effettuate a Ruvo, mentre nella memoria sui vasi più belli 2^ Unsi 1835,pp. 130-133. 1 PANOFKA 1834, pp. 39-40. ? PANOFKA 1834,pp. 39-40, 636
rinvenuti nella cittadina apula lo stesso autore riferisce che il rinvenimento avvenne sul finire del dicembre del 1834. ‘Tra i vari oggetti trovati, accese l'interesse degli scopritori, per la sua bellezza e per le sue scene mitologiche, un grande cratere a volute raffigurante su un lato scene di battaglia tra Greci e Amazzoni, sull’altro una scena di rapimento. Il pregevole esemplare fu poi acquistato da Giulio Jatta per la considerevole somma di 1700 ducati assieme ad altri sei piccoli vasi, come conferma l’Ursi in un’altra sua memoria che raccoglie le varie relazioni del Laviola", Il vaso in questione è identificabile col famoso cratere a volute protoapulo
a figure rosse del Museo Nazionale Jatta, attribuito al Pittore di Sisifo, che rappresenta, da una parte, delle scene di amazzonomachia con la presenza di Eracle, dall'altra il ratto delle Leucippidi da parte dei Dioscuri (Cat. Jatta 1096); per gli altri sei esemplari non è stata possibile l'identificazione a causa della mancanza di disponibilità di notizie meno generiche di quelle possedute. Dalla memoria del canonico Ursi dedicata alla descrizione dei vasi più belli trovati a Ruvo, la quale doveva fungere da quademetto agli acquerelli conservati nel Seminario Regionale di Molfetta e commissionati dallo stesso Ursi al pittore Vincenzo Cantatore (essi ritraevano proprio tali esemplari e tra questi figurano due acquerelli che rappresentano i due lati del cratere), si apprende con esattezzail luogo del rinvenimento della tomba. Infatti, nel titolo del capitolo dedicato alla descrizione del famigerato cratere, viene menzionato come luogo di ritrovamento il fondo del Capitolo situato nei pressi della Porta del Buccettolo, al di fuori della cerchia muraria medievale. Come è noto, la Porta del Buccettolo è posta nella
zona sud-occidentale della città, per cui il luogo del ritrovamentoè localizzabile sull'attuale Corso Gramsci, quasi alla fine dello stesso e all’inizio dell’odierno Corso Carafa, conosciuto a quel tempo come Strada Nuova. Dall'altra memoria dell'Ursi, sopra citata, si apprende inoltre che in questo magnifico sepolcro, oltre al cratere e agli alti sei piccoli vasi acquistati da Giulio Jatta, si rinvennero altri oggetti che non è stato possibile descrivere, in quanto gli scopritori avevano provveduto a spartirî tra loro e successivamente ad occultarli; tali preziosi reperti furono in seguito venduti a vari compratori per la somma di 3200 ducati. Infine, lo stesso canonico dà notizia che tutti gli oggetti rinvenuti in questo sepolero e in un altro scoperto contemporaneamente (Tomba 151), entrarono in possesso del medico cerusico, ex sindaco di Ruvo, Luigi Cilienti??*.
2 URSI 1836 a, pp. 103-106: a è espresso con vivi color il combattimento di Ercole colle Amazzoni da una parte. Non può essere più vivamente espresso Ercole, che leva in alto la clava per uccidere Migdone, ed Amico fratelli e Ippolita, che gli contrastano il passo... Segue il combattimento delle Amazzoni, e quali sono vestite di sago, coll'emo, coll pica, e collo scudo a guisa di mezza luna. Alcune altre Amazzoni invece della picca sono armate di scuri. all'alira parte del vaso vi è dipinto un cocchio a quatto cavalli bianchi su cui fggiva Ippolita il furore di Ercole; ma questi sopraggiunge il cocchio, prende rapidamented fianchi Ippolita, e fugge... Questo vaso fu acquistato con altri se vasllini per millesetiecento ducati da Giulio Jat». © Usi 1836 b, pp. 13-15 e pp. 43-45: nterpretaione di un vaso file Apulo Greco, rimemuto da un Zappatore in una tomba presso Rino, e propriamente vicino alla porta deta del Buccettolo, in un fondo di questo Capitolo. Questo Vase fu venduto αἱ Signor D. Giulio Jatta per ducati 1700-00. Rappresenta la Guerra delle Amazzoni con Ercole. Questo Vaso... Fu rinvenuto sul terminare di Dicembre del 1834». 55 URsi 1835, pp. 132-133; URS! 1836 a, pp. 105-106: «Gli alri oggetti rinvenuti in questo magnifico Sepolero non è potuto deseriverl per aversel gli inventor involat ta di loro e venduti a vari compratori per tremiladvecento ducali. Si è solo saputo in segulto che da questo intero sepolcro e degli oggetti rimvemti in un altro contemporaneamente sono posseduti dal Medico Cerusico D. Luigi Cilent». 637
Fig. 567. 150.1. Cratere a volute protoapulo del Pittore di Sisifo: latoA, scena del ratto delle Leucippidi (da Andreassi 1996, fig. a p. 73).
Fig. 568. 150.1. Cratere a volute protoapulo del Pitore di Sisifo: lato B, scena di amazzonomachia (da Andreassi 1996, fgg. a p. 74).
150.1. Cratere a volute protoapulo a figure rosse
in una voluta. Decorazione accessoria: sulle anse, tralci di edera; sull’orlo, in A, ovoli e fregio di palmette incomiciate, in B, fregio costituito da cerchi concentrici con fiori di loto e foglie; sul collo, ramo di alloro, tralcio sinuoso con foglie di lauro in bianco-giallo; sulla spalla, finte baccellature; sul corpo, in basso, la scena. figurata è delimitata da un meandro destrorso interrotto da riquadri con croci greche; sotto le anse, tra le scene figurate, palmette, volute, girali, foglie a goccia; sul dorso del piede, fila di foglie cuoriformi in bianco-giallo. Lato A: è raffigurato il ratto delle Leucippidi da parte dei Dioscuri su due registr. In alto, a sinistra, è una quadriga di profilo a sinistra, guidata da una figura. femminile che attende gli eroi con le prede, uno dei quali, nudo e con clamide
Argilla nocciola, coloritura ossa, vemice nera lucente con riflessi metalli, sovraddipinture in bianco e giallo e rosso diluito. hem. 76; diam. orlo cm 46,5; diam. piede cm 225. Ruvo, Musco Nazionale Jatta. av. 36821 (= Jatta 1096) Atribuito al Pittore di Sisifo 420-4104€.
Integro. Qualchesbreccaturasull'orloe sul piede, vernice scrostata in alcuni punti, sovraddipinture parzialmente evanide. Basso piede campanulato; modanatura tra piede e corpo; corpo ovoide rastremato verso il basso; breve spalla a profilo teso; collo concavo con risega superiore, labbro espanso, modanato; orlo arrotondato, revoluto e scanalato al taglio; anse vertcali a bastoncello, avvolto sul labbro 638
pendente dalla spalla sinistra, è raffigurato dietro la quadriga mentre ha afferrato una delle figlia di Leucippo che invoca aiuto. Seguono una figura femminile in corsa verso destra, una seconda figura femminile ‘ed un Eros androgino seduti su una roccia, entrambi con lo sguardo rivolto verso la scena del rapimento; le figure femmi indossano chitone ed Aimation variamente drappeggiato, sul capo hanno una benda, una indossa un sakkos, sono adore di monili. Nel registro inferiore, a sinistra, è Atena stante, armata di lancia, scudo ed elmo, volta verso la quadriga del registro superiore; segue una figura femminile in fuga verso destra con testa retrospiciente, nel tentativo di mettersi in salvo e raggiungere il simulacro raffigurato al centro della scena, dove è posto un altare con colonna e capitello dorico, su cui poggia una statuta di Afrodite retta da una delle Leucippidi seduta a sinistra Seguono una figura femminile seduta di profilo a destra sull’altare, ed una in fuga verso il simulacro con testa retrospiciente verso destra, dove si compie il secondo rapimento. Il secondo dei Dioscuri, anch'esso nudo e con clamide pendente dalla spalla sinistra, è raffigurato in basso, a destra, mentre avanza verso destra trattenendo € sollevando l’altra Leucippide. Nel quadro sono raffigura»
te altre fanciulle, le compagne delle Leucippidi, che cercano di mettersi al sicuro. Una, in alto, va verso Afrodite che ha accanto Eros, mentre altre due, in basso, hanno raggiunto il simulacro, collocato in un tempio, della stessa Afrodite. Lato B: è raffigurata una lotta delle Amazzoni contro i Greci, con sette Amazzoni e cinque guerrieri. A questa battaglia partecipa anche Eracle, raffigurato in alto, a sinistra, riconoscibile dalla leonté avvolta intorno al braccio sinistro, nell'atto. i colpire un’ Amazzone con la clava che regge nella mano destra. Due Amazzoni sono raffigurate in sella ad un cavallo, la prima, in alto al centro, è rappresentata nell’atto di colpire un giovane guerriero, la seconda, in basso a sinistra, nell'atto di suonare una tromba. Le Amazzoni indossano il tipico abbigliamento variamente decorato, mentre i guerrieri nudi sono armati di elmo, lancia, scudo c balteo dal quale pende la spada. Bibliografia: Panofka 1834, pp. 39-40; Ursi 1835,pp. 130-133; Ursi 1836 a, pp. 103-106; Ursi 1836 b, pp. 13-15 e pp. 43-45; Juta 1869, pp. 524-540, n. 1096; M. Jatta 1932, p. 246, fgg. 28-29; Sichtermann 1966, p. 35, K 39, tav 60-61; Trendall-Cambitoglou 1978, p. 16, 7,52, tav. 5,1; Di Palo 1987, figg. allepp. 168169: Bucci 1994,p.70; Andreassi 1996,pp. 73714; Andar per More 1997, pp. 85-86, fig, 31: Bucci 2001,p. 30.
152-156 — Tombe rinvenute su Corso Gramsci angolo Corso E. Carafa (già “Strada Nuova” o “Strada Mediterranea”)
Alcuni documenti conservati nell” Archivio di Stato di Napoli e nell” Archivio Storico del Museo dell’omonima città riferiscono che nel periodo compreso tra il 20 marzo ed il 26 aprile del 1835, sotto la protezione del Segretario Generale Petit, la società di scavo del cav. Carlo Lamberti effettuò intorno alle mura del paese, sulla pubblica Strada Nuova, in un fondo del Capitolo, uno scavo abusivo. Gli scavi, eseguiti durante la notte, portarono alla luce un gruppo di sepolcri, rinvenuti alla profondità di 36 palmi (più di nove metri!), costruiti con grandi lastre di tufo e coperti da più lastre rettangolari poste orizzontalmente € poggianti sopra delle travi di legno, che avevano le dimensioni di palmi 16 x 8 x 9 (7 m. 639
4.24 x 2,12 x 2,385). La descrizione dettagliata della struttura€ della copertura non lascia dubbi circa la tipologia tombale: si tratta di tombe a semicamera. Le tombe, una volta svuotate, furono subito ricoperte e vennero ritrovate dalla Commissione dei Regi Scavi di Ruvo nell'ottobre del 1837, durante scavi regolari promossi dal governo borbonico con la speranza di rinvenire altri magnifici sepoleri non depredati dal Lamberti?"
Le sepolture, almeno cinque, erano tutte affiancate e restituirono corredi magnifici, ricchi di vasi a figure rosse, oggetti in piombo e in bronzo e soprattutto una immensa quantità di oggetti e gioielli in oro e in metallo prezioso raffinatissimi. Di questo rinvenimento il Lamberti scrisse e consegnò un elenco degli oggetti ritrovati, i quali furono sequestrati dalla Commissione dei Regi Scavi di Ruvo che effettuò delle indagini su questi scavi abusivi; in seguito i reperti furono portati a Napoli e immessi nel Real Museo Borbonico35, Dopo accurate indagini, si ὃ scoperto che gli oggetti più raffinati e preziosi rinvenuti durante tali ricerche furono occultati dallo stesso Lamberti e trasportati nella sua casa a Napoli, facendoli confluire nel mercato antiquario clandestino e vendendoli a mercanti anche stranieri. In seguito, si è venuti a conoscenza che anche l’ex sindaco di Ruvo Francesco del Bene, il quale faceva parte della società del Lamberti, sempre sotto la protezione del Segretario Generale Petitti, provvide a svuotare di notte i sepolcri appropriandosi di tutti i migliori vasi e addirittura di una cesta piena di oggetti in oro massiccio e dal lavoro raffinatissimo, che portò subito nella sua dimora, nascondendoli e rendendo visibile esclusivamente un'aquila alta più di un palmo e un anello entrambi in oro massiccio. Al Lamberti e al Petitti vennero spedite le vetture contenenti solo quei vasi ridotti in frammenti dai quali fu poi possibile ricavare degli esemplari straordinari per le loro raffigurazioni mitologiche??.
Attraverso ulteriori ed accurate ricerche della Commissione, si è appreso che in una tomba a semicamera di quelle sopra accennate (Tomba 152), tra le varie “stoviglie” di piombo e di bronzo ossidate e tra i piccoli vasi a figure rosse, si rinvenne una grande Aydria con la raffigurazione del “Giudizio di Paride”, la quale fu occultata dal Lamberti per la sua bellezza e raffinatezza e venduta dallo stesso al Capitano Maler insieme ad altri oggetti facenti parte dello splendido corredo della tomba. 1° ASBA, MSA, fas. 8: Verbale degli scavi della prima quindicina di ottobre. Relazione del 16-10-1837; «Gli αἰν giorni sono stati impiegati ad aprire un casamento su celebri sepolcr presi dalla Società del ig. Lamberti. In questo scavo, che si è aperto ad oggetto di rinvenire qualche prezioso avanzo che ha potuto esser rimasto, e perché la Commissione è stata assicurata da taluni scavator del medesimo Sig. Lambert, che un Sepolcro non fa preso a causa dell'inmediata proibizione che saggiamente VE. ordinò, si è rinvenuto un grandioso svuotato sepolcro della lunghezza di palmi sedici, della larghezza di palmi otto, e della profonditàdi ‘palmi nove, fiancheggiato da alti quattro sepolcri magnifici delle medesime dimensioni, tutt costruiti a grandi ‘pezzi di fo, tutt svuotati dalle ricchezze ch essi contenevano in vasellomi, ed oggett superbi di oro, rinvenuti dalla detta Società del Sig Lamberti». ?* ASNA, MPI, Busta 357 II, fascicolo 42 (1835-1843): “Regi Scavi-Spariione di oggetti d'oro e vasellame”. Lettera del 24-11-1835; ASSAN IV B-11, fasc. 32 b: "Scavi clandestini del Sig Carlo Lamberti in Ruvo: Vasi e bronzi confiscati a D. Carlo Lambert di Bari e immessi nel Museo perchéda ui rinvenuti a Riso in uno scavo non autorizzato, 1836"; ASSAN V A-6, fase. 15: “Oggetti riveni negli scavi di Ruvo" (1835-1860), Lettera del 10-9-1837 firmata da Bemardo Caprioli "Sul'imolamento di moltissimi oggetti di ro, e vasellame di gran pregio e valore”; DOCUMENTI INEDITI 1880, Il, p. 80; CAPRIUOLI in RUGGIERO 1888, pp. 563-564c p. 567. 640
Inoltre, in una lettera di Bernardo Caprioli si afferma che questo, tra l'altro, non era il vaso principale trovato nel “sepolero nobilissimo", ricco altresi di ornamenti in oro e di bronzi raffinatissimi, ormai lontani dal paese in quanto venduti ai mercanti strani Molto probabilmente anche questi oggetti furono venduti al Capitano Maler c da questi al Museo di Karlsruhe. Tra gli altri esemplari rinvenuti nella tomba in questione si sono potuti rintracciare una squat-lekythos attica a figure rosse, attribuita al Pittore di Meidias, anch'essa a Karlsruhe come l’Aydria sopra menzionata, un'anfora attica di tipo panatenaico 2 figure rosse, con la raffigurazione sul lato principale del ratto del Palladio, attribuita ad un ceramografo della cerchia del Pittore di Meidias, un cratere a volute protoapulo a figure rosse, attribuito al Pittore della Nascita di Dioniso, con la rappresentazione di una scena di sacrificio presso un'erma di Dioniso®!, entrambi conservati nel Museo Nazionale di
Napoli, e infine alcuni vasi attici a vernice nera, parte dei quali è custodita nel Museo di Karlsruhe. Data la genericità delle indicazioni, non è stato possibile rintracciare gli altri oggetti che facevano parte del ricco complesso funerario, anche se è molto probabile che parte di essi si trovi nel museo tedesco sopra citato. Dalle rimanenti tombe (Tombe 153-156) provengono i vasi e i bronzi sequestrati al Lambert e ai suoi soci, come pure altri pregevoli esemplari entrati a far parte della sua collezione, ben noti nella letteratura archeologica del tempo, ma dei quali non si conosceva né il luogo esatto del rinvenimento, né il periodo in cui vennero scoperti. Tra questi, si inguono alcuni vasi attici a figure rosse, quali un'/ydria con la raffigurazione del ratto di Oreithya da parte di Boreas, attribuita al Pittore di Meleagro, ed una hydria con scene lanza, attribuita alla cerchia di Polignoto. ΑἹ contrario, la maggior parte dei vasi della collezione Lamberti è costituita da vasi apuli a figure rosse, tra i quali spiccano alcuni esemplari di grande rilievo, ovvero un grande cratere a mascheroni con la raffigurazione, suun lato, del mondo dell’oltretomba e delle sue divinità, sull'altro, di Eracle che combatte con Cerbero, attribuito ad un seguace del Pittore di Licurgo, un'anfora di tipo panatenaico, con scena di offerta alla tomba, ed una piccola phiale a figure rosse, forse appartenenti allo stesso contesto (Tomba 153) ed oggi custoditi nel Museo di Karlsruhe?
2% ASBA, MSA, fasc. 106: lettera del 18 aprile 1843, firmata da Salvatore Fenicia; ASNA, MPI, Busta 357 I fasc. 42: lettera del 10 giugno 1843; RUGGIERO 1888,p. 567. 7» ASNA, MPI, Busta 357 I, fasc. 42. Letteradel 24-11-1835: «Voci vaghe mi avevano insosperato che gli oggetti di antichità trovati a Rao in Aprile scorso né scavi fat eseguire da Don Carlo Lamberti non fossero quelli solamente descrit nel notamento che egli mi presentò, e che ebbi l'onore di trasmettere originalmente a VE. col mio foglio del28 dello stesso aprile: ma poiché mi giunse la venerata ministeriale dagli 1 corrente, non Indugiai un istante a prendere le dovute indagini perlo scoprimento del vase in cui è effigiao il Giudiziodi Paride, il che avrebbe anche chiarito i miei dubbi. Prima di ogni altro mi sono assicurato non senza meraviglia e col maggior rincrescimento, che il Sig. Lamberti. ed il mandatario del Segretario Generale di questa Intendenza Sig. Petit nella intrapresa di quel scavi... E per la verità il Lamberti bisognava di una forte garanzia per aprire sulla terra Via Mediterranea in. del pubblico suolo forse che arrvarono.. ma la fortuna ‘anche propicia a le mie premure mi ha portato a scoprire con la maggior sicurezza che il vase desiderato fu. veramente rinvenuto dal Lamberti in quei scavi, e son rievuto benanche ad averne una sommaria descrizione. e pure mi si assicura che non fosse questi t principal vaso del sepolcro mobilissimo ove f rinvenuto, ricco benanche di ornamenti d'oro, e di bronzi, peregrini dol paese imolatiy; DOCUMENT INEDITI, IV, 1880, pp. ΠΗ 1 SANCHEZ 1837, pp. 288-290. P^ SANCHEZ 1837, pp. 285-288. 641
Di grande rilievo è anche un cratere a mascheroni, attribuito al Pittore di Licurgo, con la raffigurazione del ratto di Oreyrhia da parte di Boreas, ora al British Museum di Londra, ben conosciuto nell’ambito della letteratura archeologica, ma del quale non era nota la provenienza che si è potuta recuperare grazie alia dettagliata descrizione fornita dal Sanchez?**. Degne di nota sono anche due anfore panatenaiche, attribuite alla cerchia
del Pittore dell’Ilioupersis, rappresentanti entrambe scene di offerta presso una tomba, sequestrate al Lamberti nel 1836 e restaurate nel 1837 55. A questi esemplari va aggiunto anche il famoso cratere con la raffigurazione di Oreste e le Furie, attribuito al Pittore della Furia Nera, con coperchio decorato nello stile di Gnathia, venduto nel 1841 al Real Museo Borbonico, insieme ad altri cinque vasi tre figurati e due scialbati, per la somma di ottocento ducati, ma già noto nel 1837, come viene riferito in un articolo del Sanchez, laddove sono descritti alcuni dei vasi più belli della collezione Lamberti.
Alla stessa collezione e probabilmente allo stesso rinvenimento appartenevano due crateri a mascheroni, attribuiti al Pittore di Licurgo, uno con la raffigurazione di una Gigantomachia, l’altro con la rappresentazione della scena del riscatto del corpo di Ettore, passati in seguito nella collezione del Marchese Campana e poi all’Hermitage di San Pietroburgo. A queste cinque sepolture dovevano quasi certamente appartenere gli oggetti descritti dal Lamberti nell'elenco consegnato alla Commissione dei Regi Scavi di Ruvo, che furono confiscati dalla stessa e in seguito spediti al Real Museo Borbonico, forse provenienti anche da altre tombe scoperte nelle vicinanze, vista la grande quantità e varietà del materiale raccolto.
1 SancuEZ 1835, p. 262 % ASSAN XXI D-7, 1, fase. 16: "Restauro dè vasi Erruschi. Anno 1836: ricomposizione e restauro dei frammentidi vasi sequestrati a Carlo Lamberti a Ruvo" (1836-1837). Lettera del 17-9-1836 di Raffaele Gargiulo: «in esecuzione dei vos ordini ademplendo αἱ mie doveri, ho l'onore di farvi presente che i detti vasi che si devono restaurare sono ott, cioè, due vasi di forma detta Urna a tre monichi, una grande Trio © quattro lancelle, © i altri due rappresenti di forma detta prefericolo.»; ASSAN XXI D-7, 1, fase. 17: "Restauro dè vai Etruschi. Anno 1837: dodici tra 1 vasi degl cavi di regio conto di Ruvo; alti te vai ra quelli resi in contrawenzione a Carlo Lamberti di Ruvo». Lettera del 6-4-1837, firmata da Raffaele Gargiulo: 1d dett te vasi sono una Lancella alta palmi tree %. Dalla parte principale presenta una edicola ove vi è in mezzo assiso un Uomo, efiancheggiato da altre quattro figure: la figura nell'edicola è bianca. Nella parte vi è effigiata un indizio di un sepolero e due figure che lo iancheggiano. Un alio vasoi simil forma allo palmi tre @ 5/12. Nella parte principale paresi veda un edicola con in mezzo wn Cavaliere che conduce a mano per la riglia i suo cavallo pure di blanco, e quattro figure che fancheggiano la detta edicola. Nella parte opposta, alto indiciodi sepolero, e quatto figure che lo fiancheggiano. Un vaso detto Uma a tre manichi. Da una sola parte questo vaso presenta un ronco d alber di palma, ove sopra vi è assisa una donna avvolta in gran pallio di color paonazzo, mostrando tto il suo corpo superiore di colore bianco: dalla basedi detto bianco, e dalla parte superiore sporgono vari arabeschi, ed n fine due teri la fiancheggiano: la sua altezza è di palmi due». 1 ASSAN IV Bll, fase. 51: “Vasi itlo-greci acquistati da Carlo Lamberti" (1841), Lettera del 9-21841; SANCHEZ 1837, pp. 290-292. 642
Tomba 152
152.1. Hydria attica a figure rosse Argila arancio, vernice nera lucente con riflessi metallici, sovraddipinture in bianco e giallo-oro. hem. 505. Karlsruhe, Badisches Landesmuseum (già collezione Lambert, po collezione Maler). Inv. B 36. Attibuita al Pittore del Paride di Karlsruhe, cerchia del Pitore di Medias, 410-400 a.
Integra. Sbreccature sul piede e sull'orlo, vernice scrostata sulle anse e sul piede. Decorazione accessoria: sull’orlo, fila di ovoli; sul collo, fila di palmette incomiciate; la scena figurata del registro superiore e quella del registro inferiore sono delimitate inferiormente da meandri intervallati da riquadri a scacchiera; sul lato posteriore, girali, volute e palmette. Decorazione figurata: nel registro superiore è raffigurato il Giudizio di Paride. Al centro è Paride (ANEZANAPOD) seduto su una clamide, vestito con costume orientale riccamente decorato, costituito da un chitone e da un mantello, con copricapo frigio e scettro nella sinistra, che ha la testa rivolta indietro per ascoltare ciò che gli sta dicendo Eros, stante, che si sta appoggiando alla sua spalla sinistra. Ai suoi piedi è un cane accovacciato verso il quale Hermes (ΕΡΜΗΣ stante, nudo, con i calzari ai piedi e clamide pendente dalla spalla e dal braccio sinistro, protende con la destra abbassata il caduceo. Di fronte a Paride è raffigurata Athena (AOHENA), stante, vestita con chitone, mantello € indossante una corazza decorata con un gorgoneion, con elmo sulla testa, che ha lo scudo nella sinistra e una lancia nella destra. A sinistra, dietro Athena, è
raffigurata Hera (HPA) stante, vestita con chitone e mantello, che ha nella sinistra uno scettro, mentre con la destra sollevata dietro la testa tira un lembo del mantello. Dietro Hera è Climene (KAYMENH), seduta di profilo a destra, vestita con un chitone riccamente decorato che assiste alla scena. Sopra di lei è Zeus (ZEYZ) seduto di profilo a sinistra con testa retrospiciente, vestito con un chitone riccamente decorato che gli copre le gambe, che ha lo scettro nella destra, mentre con la sinistra, nella quale ha una palma, tira un lembo del suo chitone c assiste alla scena. In alto, al centro, è una figura femminile (EPI), di cui si vede il busto. In alto, a destra, è raffigurato Helios (HATOE) su una quadriga in corsa verso sinistra; davanti a lui è raffigurata Eutychia (EYTYXIA), stante, vestita con chitone e mantello, con una corona nella sinistra abbassata, che si appoggia col gomito destro sulle spalle di una donna seduta, vestita con chitone e con un mantello riccamente decorato che le copre le gambe. In basso, a destra, dietro Hermes, è Afrodite (ADPOAITH), seduta di profilo a sinistra, vestita con chitone e con un mantello riccamente decorato che le copre le gambe, che ha uno scettro nella destra; accanto alla dea, a destra, è ‘un piccolo erote che le sta parlando. Bibliografia: Ursi 1835, pp. 122-125: Braun 1836,pp. 165-167 ; Ursi 1836 a, p . 152-155; Ursi 1836 b, pp. 29-31; Documenti Inediti IV, 1880, pp. 113-14; CVA Karlsruhe I 1951, pp 28-29, tav. 22, 4.5, tav 23, tav 24, 1-5 (con "ulteriore bibliografia): Beazley 1963, p. 1315, n. li Bum 1987, pp. 65-70, 100, CL, tavw 3941; Boardman 1989, p. 147e p. 155,fig. 294,
643
Figg. 569-570. 152.1. Hydria attica a figure rosse del Pittore del Paride di Karlsruhe (verso il 410-400 a.C.): scena del Giudizio di Paride (da Burn 1987, tavv. 39-41),
152.2.
Lekythos attica a figure rosse Argilla arancio, vernice nera lucente con riflessi metallici, sovraddipinture in bianco e giallo-oro. hem, 145. Karlsruhe, Badisches Landesmuseum (gii collezione Lamberti, poi collezione Male). Inv. B39, Attributa al Pittore di Meidias 410-400 ac.
Integra; restaurata, ansa e bocchello riattaccati. Sbreccature sul bocchello e sul piede, vernice nera scrostata in diversi punti. Piede ad anello, corpo ovoidale, spalla arrotondata, collo cilindrico bocchello campanulato, ansa a nastro impostata verticalmente sulla spalla. Decorazione accessoria: alla base del collo, fila di doppie linee verticali a risparmio; sulla spalla, tralcio di edera destrorso con bacche; la scena figurata è delimitata inferiormente da una fila di ovoli; sotto l’ansa, palmette e girali. Decorazione figurata. Al centro, è raffigurata una donna dipinta di bianco, con clamide che le avvolge il bacino e testa diademata, che sta salendo su una scala ed è in atto di ricevere da un erote che le sta accanto la parte inferiore di un'anfora con dentro delle offerte; ai piedi dell'erote è l'altra metà dell'anfora. rovesciata. Dietro la donna, è raffigurata un’altra donna stante, di profilo a destra, che assiste alla scena. Dietro l'erote è un louterion con delle offerte presso il quale si dirige una donna, vestita con chitone trasparente, che ha tra le mani un dono. In alto è l'iscrizione ΚΑΛῸΣ KAAH. Bibliografia: Winnefeld 1887, m. 278; Milchbofer 1894, p. 61, n. 31; Reinach 1899, p.271, fig. 5; Ducati 1909, p. 164, n. 8; CVA Karlstuhe 11951, pp. 3233, t. 27, 14; Reeder 1996, pp. 236238 fig. 61.
Fig. 571. 152.2. Lekythos attica a figure rosse della cerchia del Pittore di Meidias. Intorno al 410-400 a.C. (da Reeder 1996, fig. 61)
1523. Cratere a volute protoapulo a figure rosse Argilla depurata beige, vernice nera lucente con rilessi metallic, sovraddipinture in bianco. hi cm 72; diam. cm 38. Napoli, Museo Archeologico Nazionale (già collezione Lambert). Inv. 8292 (= Heyd. 2411) Attrbuitoαἱ Pittore della Nascita di Dioniso. 4103904.
Ricomposto da vari frammenti Lacunoso, integrate la parte inferiore e il lato destro del corpo sotto l'ansa, la parte 645
Figg. 572-573. 152.3. Cratere a volute protoapulo del Pittore della Nascita di Dionisio: lato A con particolare, scena di sacrificio presso un'erma di Dioniso (Foto Archivio Soprintendenza Archeologica di Napoli c Caserta)
centrale del registro superiore del latoA e un’ansa. Sbreccati ’orlo il piede, diverse schegeiature sul piede, vernice nera e decorazione dipinta scrostate in diversi punti. Decorazione accessoria: sulle anse, foglie di edera cuoriformi; sull'orlo, fila di ovoli, tralcio di edera sinistrorso; sul collo, fila di palmette incomiciate; sulla spalla, finte baccellature; la scena figurata è delimitata inferiormente da un meandro interrotto da riquadri con un motivo a scacchiera; sotto le anse, palmette, volute egirali Lato A: sul collo, a sinistra è una donna, vestita con chitone, che cammina verso destra con una lunga benda tra le mani seguendo una quadriga in corsa 646
verso destra, su cui è un auriga, che governa i cavalli con le briglie tra le mani, ed un guerriero, con clamide svolazzante dalle spalle ed elmo corinzio sulla testa; davanti a loro è un giovane nudo, con clamide pendente dalle spalle che ha un ramo di lauro nella destra. Sul corpo, nel registro superiore, al centro, è raffigurato Dioniso, nudo,di profilo a destra con testa retrospiciente, seduto su una clamide, che ha nella destra il tirso. Davanti a lui sono raffigurate due menadi, una è seduta con la testa rivolta indietro verso la divinità, che ha tra le mani un grosso bacino biansato che sta pulendo, l’altra è stante, con tirso nella sinistra e thymiaterion dietro di lei; tra le due donne, a terra, è raffigurato un
bianco cratere a calice. Dietro Dioniso, è un satiro nudo, seduto su una clamide, che sta dormendo forse ubriaco; accanto a lui è una maschera teatrale. Davanti al satiro è una menade danzante che agita minacciosamente una fiaccola nei confronti di un giovane seduto ai suoi edi, di profilo a sinistra, col volto mesto e le mani incrociate, interpretato da alcuni studiosi ottocenteschi come Penteo. N registro inferiore, in basso, a sinistra, sono raffigurate due menadi danzanti, quella di sinistra, vestita con un chitone che le lascia scoperto un seno ed una pelle di leopardo che la avvolge, ha un tamburello nella sinistra ed ha la testa sollevata în segno di estasi; quella di destra, ves con chitone e mantello, ha in entrambe le mani un oggetto (nacchere ?). AI centro, è raffigurato un altare, decorato in basso da un bucranio, presso il quale si trova una statua di Dioniso; all'altare, su cui arde un fuoco, si sta avvicinando da sinistra una menade che sta portando tra le braccia un capretto per il sacrificio. A destra è una menade che si sta avvicinando presso un tavolo, su cui è un’oinochoe, portando con ambedue le mani una grossa phiale piena di offerte per il sacrificio Lato B: sul collo, giovane nudo, con clamide avvolta intorno al braccio sinistro e benda sulla fronte, che cammina verso sinistra con la mano destra sollevata in segno di estasi; è seguito da un altro giovane nudo, con clamide pendente dalle braccia e benda che gli cinge la fronte, che si gira a guardare altri due giovani nudi, con clamide pendente dalle braccia e benda sulla fronte, che lo seguono correndo, portando nella destra, il primo, un bastone, il secondo, un grosso skyphos. Sul corpo: è raffigurata una centauromachia. Nel registro superiore, in alto, a sinistra, sono raffigurati un
Fig. 574, 152.3. Cratere a volute protoapulodel Pittore della Nascita di Dioniso: ato B, scenadi centauromachia (Foto Archivio Soprintendenza Archeologica di Napoli e Caserta)
Lapita nudo ed un centauro avvinghiati in un’estenuante lotta; dietro di loro è rappresentato un duello tra un Lapita, vestito di corto chitone, con pileo sulla testa, scudo nella sinistra e lancia nella destra, con la quale sta attaccando un centauro che ha una mazza nella destra. A destra è un giovane nudo, con clamide avvolta intorno al braccio sinistro, che 647
ha afferrato con la sinistra la testa di un centauro, atterrato con una lancia conficcata nel petto,ed è in atto di colpirlo mortalmente con la mano destra sollevata con un oggetto non visibile. Nel registro inferiore, in basso, a sinistra, è raffigurata una lotta tra un Lapita nudo ed un centauro atterrato dal suo avversario; dietro di loro, è raffigurato un Lapita nudo, con elmo, scudo nella sinistra e lancia nella destra, con la quale si sta difendendo dall'assalto di un centauro che ha nella destra una mazza con una pietra. Bibliografia: Sanchez 1837, pp. 288.290; Schultz 1842, p. 70; Annali dell Instituto 1860, pp. 1-12; Heydemann 1868, pp. 220-223; Heydemann 1872,pp. 282-285, n. 2411; Bieber 1917,p. 43, fi. 16; Spinazzola 1928, tv. 206; Trendall 1938, n. 92; Cambitoglou-Trendall 1966, fig, 5; Trendall 1967, n. XXIII; Trendall 1974,p. 53, B, n. 167; Trendall-Cambitoglou 1978, 5.35, 28
1524. Anfora panatenaica attica a figure rosse Argilla arancio, vernice nera lucente con riflessi metallici. ‘n em. 54,5; diam. orlo cm 18,5 Napoli, Museo Archeologico Nazionale (già collezione Lamberti) Inv. 81401 (= Heyd. 3235) Attributa αἱ Gruppo di Napoli 3235, cerchia del Pittore di Medias. 4104004.
Ricomposta da vari frammenti. Restaurata, lacunosa, mancano diversi frammenti del collo e del corpo, piede mancante reintegrato. Sbreccature sull'orlo, vernice nera serostata in molti punti, decorazione dipinta evanida in alcuni punti. Piede campanulato, corpo ovoidale, spalle arrotondate a profilo concavo-convesso, collo cilindrico, orlo troncoconico, anse a cordone ritorto 648
impostate verticalmente sulla spalla e sul collo. Decorazione accessoria: sul collo, fiore a calice tra palmette; sulla spalla, fiore a calice tra palmette; la scena figurata è delimitata inferiormente da un motivo ad onda rovesciato e, più in basso, da un meandro intervallato da riquadri con una croce greca. Lato A: è raffigurata la scena del ratto del Palladio. A sinistra è Diomede (AIOMEAHE) stante, vestito con un lungo chitone e con una corazza sulle spalle, che abbraccia il Palladio col braccio sinistro e con spada sguainata nella destra; ai suoi piedi è una colonnetta su cui posava la statua. Di fronte a lui è raffigurata Elena (EA[ENH]) stante, vestita con lungo chitone, con mantello riccamente decorato, diadema sulla fronte * velo sulla testa, che allunga il braccio destro verso Diomede. Dietro Elena, è raffigurato Odisseo (ΟΔΥΣΣΕΥΣῚ stante, vestito con lungo chitone e clamide sulle spalle, che ha una lancia nella destra e T'elmo sulla testa; ai suoi piedi, anforette. Nel campo, in alto, sono delle bende. Lato B: in alto, a sinistra, è raffigurato il satiro Tirba (TYPBA), con le gambe nascoste dietro un rilievo del terreno, che allunga il braccio sinistro per agguantare la mano destra di Talia (@AAEA), con busto emergente dal terreno e con tirso nella sinistra. In basso, a destra, è raffigurato Olompo (OAOMIIOE), nudo, seduto di profilo a destra su una clamide decorata, con lira nella sinistra. € plettro nella destra. Dietro di lui, è Marsia (MAPZIAZ), seduto di profilo a destra su una clamide, con doppio fiauto nella destra; accanto a lui, donna stante, vestita con lungo chitone; sulla sua testa è l'iscrizione KA. Orageis (OPATIEZ) in piedi; accanto a lei, giovane nudo seduto; nel campo, un’oca,
a figure rosse della cerchia del Pittore di Meidias Figg, 575-577. 152.4. Anfora panatenaica attica (intorno al 410-400 a.C): lato A, scena del ratto del Palladio (Foto Archivio Soprintendenza Archeologica di Napoli e Caserta) 649
Figg. 578-579. 152.4, Anfora panatenaica attica ἃ figure rosse della cerchia del Pittore di Meidias (intomoal 410-400 .C.): lato B, scena della sfida tra Marsia e Apollo (Foto Archivio Soprintendenza Archeologica di Napoli e Caserta) Bibliografia: Sanchez 1835,p. 261; Braun 1836 pp. 295-306; Monlnst 1836, II, tavw 36-37: Sanchez 1837, pp. 295-296; Welcker 1839, p. 148; Overbeck 1853, pp. 583-584, n. 32, ὧν. 24.19; Heydemann 1872, pp. 535-537, n. 3235; Furtwangler 1893, p. 319; Huddilsto 1898, p. 35; Reinach 1899, pp. 101-102, n. 4; Séchan 1926, pp. 158-159, fig. 49; Beazley 1963, p. 1316, n. I; Webster 1967 a, p. 149; Moret 1975, pp. 73:74, avy. 32-33; Otto 1975, pp. 33-34, fig. 14; Brommer 1983, p. 43, fig. 12; Boardman, Vafopoulou-Richerdson 1986, p. 401, n. 27, tv. 286; Kahil-lcard 1988, p. 335, 7.201, av 328;De Cesare 1997,pp. 233-234€ p.294,nn. 44, 49, ig. 88; Mugione 2000, p. 87.88, 198-19, n. 640, ig. 34; Todisco 2002 b, p. 51; Catucci 2003, p.582, A 70. 152.5.
650
Piedistallo a vernice nera Argilla aranci, vemice nera con riflessi metallic. hem 12; diam. cm 20.
Karlsruhe, Badisches Landesmuseum (già collezione Lamberti, poi collezione Maler) Inv. B 36. Produzione attica. Intorno alla $e del V secolo ac.
Integro. Sbreccature sulla base e sul piede. Venice nera scrostata in alcuni punti. Piede troncoconico, sagomato alla base, fusto troncoconico a profilo leggermente concavo sagomato a tre quarti di altezza, orlo svasato e revoluto conrisega nella parte interna. Decorazione accessoria; sull'orlo, fila di ovoli. Bibliografia: CVA Karlsruhe 1951, p. 42, tav. 33,18,
Tomba 153
153.1. Cratere a mascheroni apulo a figure rosse Argilla beige, vemice nem sovraddipintur in bianco e giallo. Νὰ cm. 116; diam. orlo cm 33,5. Karlsruhe, Badisches Landesmuseum (gii collezione Lambert, poi collezione Maler). Ins B4, Attribuito ad un ceramografo della cerchia del Pittore di Licurgo. 355452.
Ricomposto da vari frammenti Sbreccature sull'orlo e sul piede, vernice nera scrostata in diversi punti Decorazione accessoria: sull'orlo, fila di ovoli; in basso, in A, corona di edera con rosetta centrale, in B, foglie di edera cuoriformi; sul collo, fila di punti bianchi alternati con due linee verticali, fila di palmette alternate a fiori di loto; sulla spalla finta baccellatura; sul corpo, la scena figurata è delimitata inferiormente da un meandro interrotto da riquadri con un motivo a scacchiera; sul piede, motivo ad onda. Lato A: sul collo, tra girali e fiori a , è raffigurata una quadriga, con due cavalli bianchi e due cavalli rossi, in corsa verso destra, su cui è Helios che ha nella destra le briglie. Sul corpo è raffigurato il mondo dell'Oltretomba con tutte le sue divinità. Nel registro superiore, al centro, è raffigurato un naiskos sorretto da colonne ioniche sormontate da sfingi, nel quale sono Ade e Persefone. Persefone è al centro, seduta sul trono, vestita con un chitone riccamente decorato, corona sulla testa e velo dietro la testa, che ha uno scettro nella destra; a destra è Ade, stante, con corona sulla testa, clamide che gli avvolge le gambe e la spalla sinistra e scettro nella sinistra, che muove la destra
col tipico gesto di chi sta parlando. A sinistra,è Ecate, stante, vestita con chitone riccamente decorato, che ha in entrambe le mani due fiaccole ardenti. In alto, a sinistra, è raffigurata una donna seduta, di profilo a sinistra, vestita con chitone, mantello e capo velato, che sta parlando con due giovani nudi, uno dei quali è seduto su una clamide ed ha una palma mella destra (Megera e gli Eraclidi?) Sotto è raffigurato Orfeo, vestito col tipico costume orientale riccamente decorato, che sta suonando la cetra, dietro di lui sono due Furie, una delle quali è seduta. A destra, in alto, sono raffigurati due giovani nudi, uno è seduto su una clamide ed ha due lance nella destra, l’altroè stante, con piede poggiato su una roccia e clava nella destra, e sembra sia parlando col giovane seduto (Piritoo e Teseo?) Sotto, è un altro giovane nudo, con clamide sulla spalla sinistra e bastone nella sinistra, seguito da due donne, una delle quali porta una grande hydria bianca. In basso, a sinistra, è un giovane nudo, con clamide sulla spalla sinistra che spinge un enorme masso verso sinistra (Sisifo); dietro di lui, è un giovane nudo, stante, con testa retrospiciente, con clamide avvolta intorno al braccio sinistro e petaso dietro le spalle (Hermes), che guarda Eracle, con clava nella destra, che cerca di domare Cerbero tirandolo per la catena. Davanti al mostro infernale è una Furia, stante, che ha una fiaccola nella destra, a cui è legata una catenella, e due lance nella sinistra; dietro di lei è una donna stante, vestita con chitone e mantello, che ha una grossa hydria bianca nella sinistra, che assiste alla scena. Nel campo, elementi vegetali, alberello, benda, specchio d’acqua con ciuffi d'erba. 651
Figg, 580-581. 153.1. Cratere a mascheroni apulo a figure rosse: lato A, scena dell’Oltretomba (da. CVA Karlsruhe I, tavv. 62-63).
Lato B: sul collo, testa femminile di profilo a sinistra, tra tralci, girali e fiori a calice, che sorge da un fiore a calice. Sul corpo, al centro, è raffigurato Bellerofonte su Pegaso che sta per scagliare una lancia contro la Chimera, raffigurata sotto di lui, con lo sguardo rivolto in alto verso l'eroe. Tn alto, a sinistra, è Afrodite stante, vestita con chitone e mantello, con iyne nella destra, appoggiata col gomito sinistro su un'erma; davanti a lei, è raffigurato Poseidon, seduto, di profilo a sinistra, su una clamide che gli avvolge le gambe, che ha una corona nella destra e il ridente nella sinistra e che guarda indietro la battaglia tra Bellerofonte © la Chimera. Verso l'eroe, si avvicina in volo una Nike, 652
con un ramoscello nella sinistra, che si appresta ad incoronarlo; dietro la dea è Hermes, nudo, seduto di profilo a destra su una clamide, con caduceo nella sinistra e petaso dietro le spalle, che si gira per guardare la scena dell'incoronazione. Davanti a Bellerofonte, è Athena, seduta di profilo a destra con testa retrospiciente, che ha la lancia nella destra e scudo nella sinistra; davanti a lei, è un giovane nudo, stante, che si appresta a darle un oggetto. In basso, a sinistra, sono raffigurati quattro giovani guerrieri orientali, due dei quali pronti a scoccare la freccia con l'arco e gli altri due pronti a infilzare con la lancia la Chimera, raffigurata davanti a loro, Davanti alla chimera è una fontana, dietro
Figg. 582-583. 153.1. Cratere a mascheroni apulo a figure rosse: lato B, scena con Bellerofonte, Pegaso e la Chimera (da CVA Karlsruhe I, tav. 64).
la quale sono nascosti altri due guerrieri orientali. Tra i guerrieri a sinistra e la Chimera è un albero presso uno specchio d'acqua con ciuffi d'erba. Sul piede, due grifi contrapposti. Bibliografia: Braun 1837, pp. 219-252, tav. H Sanchez 1837, pp. 285-288; Gerhard 1843, pp. 177-192; Winnefeld 1887, n. 388; Reinach 1899,pp. 108 258; CVA Karlsruhe 1 1951, pp. 29-30, tavy, 62-63 e 64, 1-3; Keuls 1974, pp. 85, 90.91, 93.94, tav. 9; Moret 1975, pp. 15 153, n, 96, fig. 80; Smith 1976, pp. 6, 175, 177, 182, 268, fig, 17; Pensa 1977,p. 24, fi. 1, tav. 5; Trendall-Cambitoglou 1978, p.431,n. 1681, sv. 160,1; Schmidt 1983, p. 726,n. 1 , tav. 443: Berger-Doer 1990, pp. 589-590, n. 7; Aellen 1994, p . 30, 32, 58-62, 64-65, 136, 183, 205, n.28, tav. 34-35; Neils 1994,p. 946, n. 293, av. 665; Oakley 1994, p. 784, n. 2, av. 566;
Simon 1994,p. 471, n. 218; Woodford 1997,p. 828, 2.4; Gadaleta-Roscino-Ssto 2003, p. 439, ‘Ap 107 (con ricca bibliografia)
153.2. Anfora panatenaica apula a figure rosse Argilla beige, vernice — nera Iucente, sovraddipintur in bianco e giallo hem. 91 Karlsruhe, Bodisches Landesmuseum (gii collezione Lamberti, pi collezione Maler). Iw Β5. tributa Pittore di Napoli 1763. 3453354.
Integra. Sbreccature sull'orlo e sul piede, vernice nera scrostata in vari punti, decorazione dipinta evanida sul lato B. Decorazione accessoria: sull'orlo, tralcio 653
Fig. 584, 153.2. Anfora panatenaica apula a figure rosse (da CVA Karlsruhe I, avv. 59,1)
di foglie di edera bianche; sul collo, palmette e fiori di loto; sulla spalla, finta baccellatura, tralcio di foglie bianche; sul corpo, la scena figurata è delimitata da un meandro intervallato da riquadri divisi in rettangoli con punto nero al centro; sotto le anse, palmettec girali Lato A: al centro, è raffigurato un naiskos sormontato da un grande louterion bianco. All'interno del monumento funebre, a destra, è raffigurato un uomo anziano barbato, seduto su una sedia, vestito con chitone, mantello e col capo velato, con bastone nella sinistra, che sta per stringere la mano ad un giovane nudo, stante, con clamide sulla spalla sinistra e lancia nella sinistra; si tratta probabilmente di una scena di commiato; nel campo, corona, pileo e spada appesi In alto, a sinistra, è una donna seduta di profilo a sinistra, con testa retrospiciente, vestita con chitone mantello, che ha una corona nella destra e una cassetta 654
aperta nella sinistra; sulle sue gambe è appoggiato un ventaglio. In basso è un giovane nudo, stante, con clamide avvolta attorno al braccio sinistro poggiato ad un bastone, che ha una benda nella destra ed una phiale con offerte nella sinistra. In alto, a destra, è un giovane nudo, stante, con clamide avvolta intorno al braccio sinistro poggiato ad un bastone, che ha nella destra una corona e nella inistra una phiale con offerte; in basso, è una donna seduta di profilo a destra con testa retrospiciente, vestita con chitone e mantello, che ha una corona nella destra e uno specchio nella sinistra. Lato B: al centro è raffigurata una stele funeraria, sormontata da una grossa kylix, presso la quale si dirigono due giovani e due donne che portano delle offerte. Bibliografia: Ulichs 1843, p. 60; Gerhard 1851, p.35,n. 22; Winnefeld 1887,n. 384; CVA Karlsruhe I 1951, pp. 27-28, avy. 59,1 e 60,1; Trendal-Cambitoglou 1978, p. 411, n. 15/75; Lohmann 1979, p. 202, A233,
153.3. Kylix apula a figure rosse Argilla beige, | venice _nera_—_lucente, sovraddinpinture in bianco e giallo hem § diam. em 21 Karlsruhe, Badisches Landesmuseum (gid collezione Lambert, oi collezione Maler). meBIl Attribuita ad un ceramografo della cerchia del Pittoredi Dario. 340-320aC
Integra. Orlo e piede sbreccati, vernice nera scrostata, decorazione dipinta evanida in alcuni punti. Piede ad anello, vasca profonda a profilo convesso, orlo svasato, anse a bastoncello, ripiegate ad angolo retto verso l'alto, impostate orizzontalmente sull'orlo. Decorazione accessoria: sull’orlo, fila di ovoli; nel tondo intero, motivo ad onda.
Fig. 585. 153.3. Kylix apula a figure rosse (da CVA Karlsruhe I, tav. 72, 1-2)
Decorazione figurata: su entrambi i lati, testa femminile di profilo a sinistra, con sakkos, diadema e orecchini, tra girali e palmette. Nel tondo interno è raffigurata
una Nereide, in groppa ad un delfino, che porta nella destra una spada nel fodero. Bibliografia: CVA Karlsruhe! 1951, p.35, tav 72,12.
Tomba 154
154.1. Cratere a volute apulo a figure rosse Argilla beige, vemice mem Iucente, sovraddipinture in biancoe giallo. h . cm. 60,8; diam. orlo cm 34,5; diam. piede em 185, Londra, British Museum (già collezione Lamberti, poi collezione Lord Cadogan; dono di John Tul). nv. 19315111 Attribuito al Pitore di Licurgo. 350-340aC
Integro. Orlo sbreccato, piede scheggiato, vernice nera scrostata in alcuni punti. Decorazione accessoria: sull’orlo, fila di ovoli; sul collo, tralcio di edera; sulla spalla, finte baccellature; sul corpo, la scena figurata è delimitata inferiormente da un meandro interrotto da riquadri con croce greca; sotto le anse, palmette e girali Lato A: sul collo, due grifi affrontati davanti a un fiore a calice. Sul corpo è
rappresentata a scena del rattodi Oreithyia da parte di Boreas. Al centro è raffigurato Boreas (dio del vento del Nord), nudo e barbato, che rapisce, stringendola tra le sue braccia, Oreithyia, vestita con un chitone ed un elaborato mantello d'oro riccamente decorati e con corona sulla testa, forse gli abiti da sposa, che cerca di divincolarsi dalla presa; di fronte è un altare bianco. A destra è raffigurata una sacerdotessa dai capelli bianchi, vestita con chitone e mantello, che fugge spaventata verso destra, lasciando cadere la chiave del tempio e una phiale; mentre, più in basso, a destra, una fanciulla è caduta in ginocchio, abbandonando il suo tamburello. A sinistra, presso il louterion del santuario, si scorge la figura seduta di Afrodite, di profilo a sinistra, con testa retrospiciente, vestita con un chitone riccamente decorato, che 655
Fig. 586. 154.1. Craterea volute apulo a figure rosse del Pittore di Licurgo (360-350 a.C.: ratto di Oreithya da parte di Boreas (da Miti greci 2004, fig. 233).
guarda la scena del rapimento, recando in mano una phiale. In basso, a sinistra, è un papposileno danzante che cammina verso sinistra, che allude forse ad una rappresentazione scenica. Lato B: al centro è Dioniso, nudo, seduto su una clamide che gli avvolge le gambe e il braccio sinistro, che ha una phiale con offerte nella destra e il tirso nella sinistra; di fronte a lui, è un giovane mudo, con clamide avvolta intorno al braccio sinistro, che si avvicina, reggendo con la destra un lembo della clamide e 656
una fiaccola accesa con la sinistra. Dietro Dioniso, è una donna stante di profilo a sinistra, con gomito sinistro appoggiato ad una colonnina, che ha un volatile nella destra ed una phiale nella sinistra; nel campo, bende, rosetta, corona, kalathos © cassetta Bibliografie: Sanchez 1835,pp. 262; Walters 1931, p. 89, fig. 2, tav. 4; Trendall 1966, p. 21, tav. 8; Moret 1975, tav. 79; TrendallCambitoglou 1978,p. 416, n. 16/10, tav. 149, 12; Trendall 1989, fig. 149; Sena Chiesa 2004, p.230, fg. 233,
KW Figg. 587-588. 154.2. Anfora panatenaica apula a figure rosse (da Lohmann 1979, tav. 20,1)
154.2. Anfora panatenaica apula a figure rosse Argilla beige, vemice ner lucent, sovraddipinture in bianco e ill. hom. 87; diam. orlo cm 23. Napoli, Museo Archeologico Nazionale (già collezione Lambert) Inv 82385 (= Heyd. 2203). Attributa al Pitore di Lecce 3544, cerchia del Pittore dellIioupersis 360-350 aC
Integra. Orlo e piede sbreccati, vemice mera scrostata, ridipinta, restaurata Decorazione accessoria: sull'orlo, ramo di
edera con foglie bianche; sul collo, fila di palmette in nero, finta baccellatura; sulla spalla, ramo di edera con foglie bianche; sul corpo, la scena figurata è delimitata inferiormente da un meandro interrotto da riquadri con croce greca; sotto le anse, girali e palmette. Lato A: al centro è un naiskos, nel quale è raffigurato un giovane guerriero nudo, stante, di profilo a destra, che ha nella destra un giavellotto e nella sinistra le briglie di un bianco cavallo che gli è accanto; porta a tracolla una spada nel fodero. In alto, a sinistra, è un giovane 657
mudo, seduto su una clamide, che ha una cassetta nella destra ed una corona nella sinistra; in basso, è una donna che cammina verso il monumento funebre, portando nella sinistra una phiale con offerte, nella destra un tirso. In alto, a destra, è una donna seduta su uno sgabello, che ha una cassetta nella destra ed un tirso nella sinistra; in basso, è un giovane nudo, seduto su una clamide, che ha un ramoscello di palma nella destra e una phiale con offerte nella sinistra Lato B: al centro è raffigurato un santuario, nel quale è una pianta. A sinistra, in alto, è un giovane nudo, seduto su una clamide, che ha una corona nella sinistra; in basso, è una donna che si dirige verso il santuario portando una phiale. In alto, a destra, è una donna seduta con corona nella destra, mentre in basso è un giovane nudo che si dirige verso il santuario, portando un ramoscello nella destra. Bibliografia: Heydemann 1872, pp. 227228, n. 2205; Schauenburg 1957,p. 199, fig. 19: "Trendal-Cambitogloa 1978, p. 410, n. ISl; Lohmann 1979, p.231, A470, tav. 20,1 6 301
1543. Anfora panatenaica apula a figure rosse Argilla beige, vemice nera sovraddipinture in bianco e giallo hem. 75,5; diam. orlo em 21. Napoli, Musco Archeologico Nazionale (già collezione Lambert). Inv. 82309 (= Heyd. 2417) Attributa al Pittore dell iouperss 3703602.
Integra. Sbreccature sull’orlo e sul piede, scrostature della vernice, diverse incrostazioni. Decorazione accessoria: sull’orlo, ramo di alloro con bacche; sul collo, fila di palmette in nero, fascia a risparmio, linca spezzata; sulla spalla, 658
finte baccellature, tralcio di edera; sul corpo, la scena figurata è delimitata inferiormente da un meandro interrotto da riquadri con croce greca; sotto le anse, girali e palmette. Lato A: al centro è raffigurato un naiskos, nel quale è un guerriero stante, di profilo a sinistra, con elmo, cinturone, clamide sulla spalla sinistra, scudo e due lance nella sinistra, che ha un Kantharos nella destra. A sinistra, in alto, è un giovane seduto, con clamide che gli avvolge le gambe, che ha una phiale con offerte nella destra e un ramoscello nella sinistra; in basso, donna vestita con chitone e mantello, che si dirige verso il naiskos con oinochoe nella destra e cassetta nella sinistra. In alto, a destra, donna seduta con cassetta nella destra; in basso, giovane nudo, stante, con clamide avvolta intomo al braccio sinistro, che ha una corona nella destra, mentre il gomito sinistro è appoggiato ad un bastone. Lato B: al centro è raffigurata una stele funeraria; a sinistra, in alto, è una donna seduta con cassetta, in basso, è un giovane con una phiale. A destra, in alto, è un giovane con una corona, mentre in basso è una donna con benda e cista. Bibliografia: Heydemann 1872, p. 290, n. 2417; Amelung 1927,p. 141, fig. 5; TrendallCambitoglou 1978, p. 196,n. 828; Lobmann 1979, p. 234, A 499, tav. 23,1; PontrandolfoPrisco-Mugione-Lafage 1988, p. 194,fig 45,3.
1544. Cratere a volute apulo a figure rosse Argilla beige, vemice nem _ lucente, sovraddipinture in bianco, giallo, marrone c ‘n cm. 90 (con coperchio),em 76,5. Napoli, Museo Archeologico Nazionale (già collezione Lambert). Inv. 82270(= Heyd. 3249) Attibuito al Pittore della Black Fury. 380-370aC.
Figg. 589-590. 1543. Anfora panatensica apula a figure rosse: latiA e B(da Lohmann 1979, tav. 23,1; da Pontrandolfo er afi 1988, tav. 45,3).
Integro. Sbreccature sull'orlo, sul piede e sulle anse, vernice nera scrostata in. alcuni punti. Sulla spalla, all’attacco delle anse, teste di cigno plastiche (conservate parzialmente), Decorazione accessoria: sull’orlo, ovoli; sul collo, palmette e fiori di loto; sulla spalla, finte baccellature e fila di ovoli; sul corpo, alla base, la scena figurata. è delimitata da un meandro interrotto da riquadri a scacchiera; sotto le anse, girali e palmette. Sul coperchio, tralci di vite. Sul coperchio, da un lato, una suonatrice di cetra seduta; dall'altro, un vecchio sileno avanza poggiandosi ad un bastone.
LatoA: è raffigurata la scena di Oreste perseguitato dalle Furie nel santuario di Delfi. AI centro è raffigurato Oreste nel santuario, dove si è recato dopo l'uccisione di Clitemnestra, avvinghiato all’omphalos; a destra lo assiste Artemide, con due lance nella sinistra, ai cui piedi sono due cani. A sinistra, vicino ad Oreste, è raffigurato Apollo, con mantello che gli copre la vita e arco nella destra, che con la destra allungata scaccia una delle Erinni che inseguono l'eroe, connotata dal colore quasi nero del corpo, mentre la vecchia Pizia, a sinistra, fugge inorridita. 659
Figg. 591.592. 154.4. Cratere a volute apulo afigure rosse del Pittore della Furia Nera (390-380 2.C.): lato A con particolare, Oreste a Delfi perseguitato dalle Erinni (da Miti greci 2004, fig. 279 a; particolare da Archeo Dossier 34, 1987, fig. a pp. 52-53).
Nel campo, ruote, elmi, tripodi, albero di alloro. Lato B: al centro è Dioniso, seduto con i suoi consueti attributi, circondato da un erote, una menade ed un sileno, consueti personaggi del suo seguito Bibliografia: Sanchez 1837, pp. 290.292; Jahn 1839, pp. 5-7, tav. 1; Schultz 1842, p. : Heydemann 1872, pp. 563-564, n. 3249: Hiuddilston 1898, pp. 60-62, fig. 6; Séchan 1926, pp. 95-96, fig. 31; Watzinger 1932, pp. 362-369, fig. 172, tavv. 179-180.3; Webster 1967, p. 140; Moret 1975, pp. 107-108, 137, 138, 258, n. 28; Kossatz-Deissman 1978, p. 105, n, K 38, tav 22, 1; Trendall-Cambitoglou 1978,p. 167, n. 4/13; Orlandini 1983,pp. 17518, fig. 613; Roscino 1998, pp. 107, 109, 215; Todisco 2002 b, p. 74, fig. 31; Gadaleta-
660
Roscino-Sisto 2003, pp. 411-412, Ap 23 (con ulteriore bibliografia); Kerényi (Miti Greci) 2004, p. 278-279, figg. 279, ab.
1545. Cratere a volute apulo a figure rosse Argilla arancio-rosata, vernice nera lucente, sovraddipinture in bianco e giallo h. em 98.5; diam. orlo cm 334. San Pietroburgo, Hermitage Museum (già Rome, Collezione Campana). Inv. B 1714 (St. 523), Attributoal Pittore di Licurg. 360-350aC.
Integro. Qualche sbreccatura sull’orlo, Decorazione accessoria: sull’orlo, fregio a
ovuli; sul collo, tralcio di edera sinistrorso, fila di punti, tralcio di alloro sinistrorso; sulla spalla, finte baccellature. La scena figurata è delimitata inferiormente da una fascia a meandro semplice intervallata da riquadri suddivisi in quattro quadrati con punto centrale. LatoA: sul collo, due Erinni, ciascuna con una torcia, in movimento verso un giovane nudo (Oreste), inginocchiato su un altare; Apollo stante; due Erinni, l'una stante, l'altra seduta, con torcia. Nel campo: bucranio e alberi, pianta. Sul corpo è raffigurata una Gigantomachia di Atena; Zeus su una quadriga guidata da Nike; Artemide; Eracle. Lato B: in alto è un guerriero nudo, stante presso altri tre guerrieri nudi che attaccano — rispettivamente con spada, lancia e pietra — un serpente attorcigliato ad un albero. In basso è raffigurata una donna (Ipsipile) che si precipita verso il corpo senza vita di un fanciulio (Ofelte); donna stante. Nel campo: stella, phiale, elmo, cassetta, alberello, piante. Bibliografia: Minervini 1844, pp. 105-112; Stephani 1869, pp. 263-267, n. 523; Séchan 1926, pp. 365-366; Schmidt 1960, pp. 13, 8082; Schauenburg 19622, p. 56, tav. 18,3; Moret 1975, pp. 115-116, 209-210,n. 33, tav. 47.1 61; Trendall-Cambitoglou 1978, p. 416, n. 12 Gadaleta-Roscino-Sisto 2003, p. 436, Ap 101 (con ulteriore bibliografia).
154.6, Cratere a volute apulo a figure rosse Argilla arancio-rosata, vemice nera lucente, sovraddipintue in bianco e giallo. hem 125; diam. orlo cm 34,5 San Pietroburgo, Hermitage Museum (già Roma, Collezione Campana) In B 1718 (St 422) Attribuito alla Cerchia del Pitore di Licungo. 355-345 aC,
Fig. $93. 1544. Cratere a volute apulo a figure rosse del Pittore della Furia Nera (390380 a.C.): lato B, Dioniso tra satiri e menadi (da Miti greci 2004,fig. 279 b),
Integro. Decorazione _ accessoria: sull'orlo, fregio a ovuli; sul collo, tralcio di edera con foglie lanceolate, fregio a punti e doppie lineette, tralcio di alloro con bacche sinistrorso. Sulla spalla, palmette tra fiori i loto, finte baccellature. La scena figurata è delimitata inferiormente da una doppia fascia a meandro intervallata da riquadri suddivisi in quattro quadrati con punto centrale; tra le due fasce a meandro è un fregio con animali marini. Lato A: sul collo è raffigurata una Amazzonomachia. Sul corpo: in alto, asse di carro con ruote; giovane nudo con bilancia; Nestore (NEETOP), ammantato e a capo velato, appoggiato ad un bastone; Atena stante davanti ad una Kline. su cui è seduto Achille (AXTAAEYE); 661
Medea (MHAEIA) con cassetta e foglie; Eros seduto su una sporgenza rocciosa; tre giovani guerrieri nudi (Argonauti); Giasone (HIAZON) armato di lance; Eracle (HPAKAEZ). Bibliografia: Gerhard 1840, p. 188, m. 4 Minervini 1843, pp. 106-111; Braun 1846, . 119; Stephani 1869, pp. 215-221, n. 422: Reinach 1899, pp. 138-139, n. 3; Trendll, Webster 1971, p. 7; Moret 1975, pp. 207-208, 7. 130, tv. 97,1; Kossatz-Deissmann 1978, p. 25, Ὧν. 22; Trendall-Cambitoglou 1978, p. 424, n.55; Gadaleta Roscino-Sisto 2003, pp. 437.438, Ap 104 (con ulteriore bibliografia).
154.7. Cratere a mascheroni apulo a figure rosse
Fig. 594. 154. Cratere a volute apulo del Pittore di Licurgo (360-350 a.C.) scena di Gigantomachia (da Moret 1975, tav. 61) Ermes (EPMAZ) stante; Anfiloco (ANOIAOXOZ) seduto. In basso: Eros inginocchiato; due giovani nudi che portano il corpo di Ettore (EKTOP); Priamo (TIPIAMOS), seduto dietro ad un altare; Teti (BETIS) seduta; Eros con benda e phiale c giovane guerriero nudo, entrambi in movimento verso sinistra. Lato B: sul collo, giovani in corsa tra due colonne. Sul corpo, al centro, è raffigurato un grande albero da cui pende un vello e attorno al quale è attorcigliato un drago: Callis (KAAAY) con lancia; 662
Argilla nocciole, vemice mem hcente, sovraddipintur in biancoe giallo. ‘n. cm 105; diam. orlo cm 38,5. San Pietroburgo, Hermitage Museum (già Roma, Collezione Campana; già Napoli, Collezione Pacieo) In B 1717 (St. 424). Attribuito al Pittore del Louvre K 67 (cerchia del Pitoredi Baltimora) 3203108.
Integro. Sbreccature sull’orlo e sulle maschere. Decorazione accessoria: sotto l'orlo, fregio ameandro; sulcollo, fregio con motivo di archetti contrapposti; sulla spalla, palmette tra fiori di loto, fregio ad ovuli. La scena figurata è delimitata inferiormente da una fascia a meandro semplice. Alla sommità del piede, fregio a ovuli. Lato A: sul collo, Zeus seduto in trono; Furia alata in atto di far girare la ruota, alla quale un uomo (Issione) è fissatoper i polsi e le caviglie con cinghi chiodate; Efesto appoggiato ad un albero; Tris stante. Sul corpo: in alto, Apollo stante, in conversazione con Artemide seduta; all'interno di un edificio ionico, Persefone stante e Ade seduto in trono, entrambi rivolti verso Ermes stante; in
Figg, 595-596. 154,6. Cratere a volute apulo della cerchia del Pittoredi Licurgo: riscatto del corpo di Ettore e Amazzonomachia (da Kossatz-Deissmann 1978, tav. 2,2 e da Moret 1975, tav.97,1) 663
alto, due ruote; Afrodite seduta; Eros in volo; Pan stante. Nel campo fori AI centro: due donne sedute, l'una con hydria © phiale, l'altra con cassetta e specchio. Nel campo, rosette e una benda. In basso, quattro donne in movimento verso sinistra, ciascuna con una Aydria. Lato B: due giovani, uno stante e altro seduto, all'interno di un naiskos, intorno al quale sono cinque giovani e tre donne che portano delle offerte funebri. Bibliografia: Gerhard 1844, pp. 225-226, tav. 13; Stephani 1969, pp. 223-231, n. 424; Reinach 1899,p. 355, n. 1; Pensa 1977, p. 26, tav. 8, fig. 3; Lohmann 1979, p. 207, A 270; Treadall-Cambitogiou 1982, p. 930, n. 107; Acllen 1994,pp. 24, 35, 70,73, 80, 209, n. 64, tav. 82; Gadaleta Roscino-Sisto 2003, p. 486: 487, Ap 228 (con ulteriore bibliografia)
154.8. Cratere a calice sovraddipinto policromo Argilla nocciola, vernice nera lucente, sovaddipinture in bianco, giallo, rosso e
San Pictoburgo, Hermitage Museum (già collezione Campana) In B 1743 (= St 49) Attributo al Pitore di Konnaks 360-380 a.
Fig. 597. 154.7. Cratere a mascheroni apulo a figure rosse del Pittore di Baltimora (330310 a.C): supplizio di Issione sul collo e scena dall'Oltretomba sul corpo (da Aellen 1994, tav. 82).
664
Integro. Vernice evanida in alcuni punti. Lato A: all’intemo di un tempio, al cui soffitto è appeso un grande scudo circolare, è raffigurato un giovane nudo (Oreste), con mantello svolazzante e calzari, seduto sullaltare, che abbraccia T'omphalos sguainando la spada. In basso, distese ai piedi delle colonne del tempio, sono raffigurate cinque Erinni dormienti All'estemo del tempio, sulla destra, è raffigurata una sacerdotessa (la Pizia), vestita con doppio chitone e col capo velato, che fugge spaventata verso destra tenendo stretta nella sinistra la chiave del tempio.
Fig. 598. 154.8. Cratere a calice sovraddipinto policromo del Pittore di Konnakis (370-360 a.C.) Oreste e le E ani (da Kossatz-Deissmann 1978, tav. 21,1).
Lato B: sono raffigurati un Papposileno danzante ed una menade stante; tra i due, a terra, è un grosso cratere. Bibliografia: Stephani 1863, pp. 252-275, tv. 6, 3.5; Stephani 1869, pp. 160-162, n. 349; Hudiilston 1898, pp. 56:60, fig. 5; Reinach 1899,p. 19, figg. 3-5; Séchan 1926, pp. 94-95, fig. 30; Pickerd: Cambridge 1946, pp. 83-84, fg 11; Fort 1966,pp. 44, 97-98, 100, tv. 11, &-b; Trendall- Webster 1971, p.46, . I.1,10; Moret 1975, pp. 137-139,n. 91; Kossatz Deissmann 1978, pp. 104-105, K 35, tav. 21,1; Todisco 2002b,p. 75; Gadalta-Roscino-Sisto 2003, pp. ‘432-433, Ap 93 (con ulteriore bibliografia)
1549. Vaso a tromba a figure rosse (anfora panatenaica) Alto palmi due e mezzo circa con sette figure; la parte superiore del collo è rotta ma i pezzi ci sono.
154.10. Hydria a figure rosse
Alta circa 1 palmo, ha due figure. 154.11. Vaso a colonna a figure rosse (cratere a colonnette) Alto palmi e 1/3, si vedono solo due figure poiché è piuttosto sporco di calcare. 15412. Nasitemo (oinochoe)
ἃ
figure
rosse
Alto palmi 1 e % ed ha tre figure di ottimo pennello 665
154.13. Boccale nolano (anfora nolana)
Alto % palmo con due figure. 154.14. Giara con ornati (Skyphos nello stile di Gnathia) Alta % palmo, senza figure. 154.15. Cinque patere.
Tre sono nere, due con degli ornati ed una testa nel mezzo.
154.25. Vaso di terracotta di leggiadra forma Tutto chiuso, senza alcuna figura. 154.26, Candelabro di bronzo
Alto 4 palmi, ben conservato, rappresenta una colonna su un tripode.
15427. Vaso di bronzo con ma coperchio
154.16. Coppia di unguentari
154.28. Due manici di bronzo appartenenti da una conca
154.17. Tazza a figure rosse (kantharos) Con due civette.
154.29. Altri frammenti di bronzo e di ferro
154.18. Cinque vasellini a vernice nera
154.30. Vaso in piombo
184.19. Dodici vasi rustici a forma di tazze, boccali e patere
15431. Vaso lancell (anfora panatenaica)
15420.
Nasitemo
à
figure
rosse
(oinochoe)
Alto 1 palmo con due figure, manca Pansa 154.21. Nasiterno acromo
Alto % palmo. 154.22. Sei unguentari di diverse forme 154.23. Tredici vasellini di varie forme 154.24, Saliera costituita da un gruppo di quattro vasellini di terracotta 666
Piuttosto grosso c quasi interamente ricostruito con i frammenti. 15432. Gran congerie di rottami di vasi di varie forme e grandezza
154.33. Due Aydriai figurate. 154.34. Grande quantità di frammenti di vasi di varie forme e grandezze, di buona argilla c ben dipinti
154.35. Oggetti di cristallo elegantissimi
157 — Tomba rinvenuta all'inizio di Via S. Barbara angolo Via Oberdan (già Fondo del Buccettolo) Da una memoria manoscritta del canonico Ursi e da un articolo del Braun, che riprendono fedelmente una relazione del Padre Laviola, si apprende che nel dicembre Riccardi, scavando in un suo fondo poco lontano dalle mura della città, del 1834, Marino situato secondo il catasto provvisorio del 1814 quasi ad angolo tra l'odiema via Oberdan (già Antica di Carlo) e via S. Barbara, rinvenne La tomba di un guerriero. Oltre a vasi di poco conto e a vari utensili di piombo ossidati, il Riccardi ebbe la fortuna di trovare in ottimo stato di conservazione l’intera panoplia del guerriero, costituita da un elmo, una corazza e un cinturone di bronzo?" Ad attirare in modo particolare l’attenzione del Laviola fu proprio la corazza, che si era conservata in maniera perfetta, suscitando la meraviglia degli studiosi, in quanto raramente sono state ritrovate sia la parte anteriore che quella posteriore. Ed è proprio grazie alla minuziosa descrizione del Laviola che si è potuto intuire che si trattava di
una corazza anatomica lunga””?. Sfortunatamente, non si hanno informazioni circa le
caratteristiche strutturali della tomba e il tipo di deposizione rinvenuto; lo stesso si può dire del corredo, del quale non si è più avuta alcuna notizia, in quanto già venduto a studiosi stranieri, La corazza, essendo l’unico esemplare intero del tipo noto proveniente da Ruvo, si potrebbe identificare, con molta cautela, con quella anatomica lunga conservata nel British Museum (Walters 2846), acquistata a Ruvo intorno al 1835 dall’ambasciatore inglese a Napoli Sir William Temple. Infatti, l'ambasciatore era ben conosciuto come collezionista di antichità ed è noto che, proprio intorno agli anni 1834-1835, portò a termine numeros acquisti di reperti archeologici venuti fuori dagli scavi di
collezione fu successivamente acquistata dal British Museum.
?*^ tornato in patria, la sua
2% LavioLA in URSI 1835, pp. 121-122: «Nel Mese di Dicembre si rimenne da Marino Riccardi una tomba di valoroso guerriero in un fondo poco lungi dalle mura della Citt, in cui vi erano varie stoviglie di poca considerazione, e vari wensili i piombo ossdati ma i rinvennero assai bene conservati elmo, la corazza di Bronzo, e la cintura» ; BRAUN 1836,p. 165. 7 LAVIOLA in URS! 1835, pp. 121-122: «MI pare essere stato questo l'unico usbergo, che si sia rovato intero în ambe le part cioè quella che difendeva i petto e quella che difendeva le spalle. La corazza si adatta perfettamente sulla parte anterioredel petto sulla leggera comvessit delle due cluvicolee su quella di ambe le mammelle con i corrispondenti capezzoli: si ricurva leggermente sullo sterno e combacia perfettamente nella parte anteriore della cassa toracica da marcarsi con ordine stretto anatomico la leggera nicchia delle due Scapole e la naturale convessità della scesa dorsale si iles, infine, con a stessa disposizione anatomica la convessità mena sensibile delle caste vere, le quali formano la parte posteriore della cassa pettorale»; BRAUN 1836,p. 165. 3 DI PALO 1987, pp. 63-64. 667
8. |
Il modellato anatomico è ottenuto tramite raffinate incisioni e cesellature. Bibliografia: Ursi 1835, pp. 121-122; Walters 1899, p 350,n. 2846,
157.2. Elmo apulo-corinzio Lamina bronzea marella; patina verdastra, decorazione incisa. hem 20,5; lungh. em 21,5 Londra, British Museum (gid collezione Temple, 1856) Inv. GR 1856.12 - 26.664 Fine del V-inizi del IV secolo C.
Fig. 599. 157.1. Corazza anatomica bivalve in bronzo (Foto dell'Autore, cortesia British Museum) 157.1. Corazza anatomica Bronzo; lamina martellata. n cm 48,5; diam. max em 32,5 Londra, British Museum (già collezione Temple, 1856). Inv. GR 1856.12:26.614. Inizi del IV secolo a.C.
Integra. Mancano alcune piastre in forma di foglia e alcuni anelli; mancano piccoli frammenti della parte posteriore. Alcune macchie. Stato di conservazione discreto. La metà anteriore e quella posteriore sono unite mediante due coppie di cerniere, i cui attacchi, a forma di palmette, sono disposti sui fianchi. I margini della corazza sono arrotondati 668
Restmurato. Conservazione buona; lacunoso, manca uma parte di un'appendice. Calotta allungata distinta da una forte carenatura che sale verso l'alto con una linea ondulata sulla fronte. Paranuca ad alta fascia quasi rettilinea che prosegue nelle paragnatidi che sono unite da un collegamento trasversale alla base. Dal centro della fronte, al di sopra del paranaso parte una linea ondulata fortemente rilevata, ricurva sulla sommità della calotta. Fori per gli occhi grandi, paranaso a ritaglio stretto e allungato. Sulle paragnatidi si scorge una decorazione incisa rappresentante un rinoceronte e un cinghiale affrontati. Ai lat, sulla sommità della calotta, sono due piccole appendici ricurve in lamina, probabilmente resti di applicazioni di appendici cornute. ΑἹ centro, sempre sulla sommità della calotta, rimane parte del sostegno del lophos. L'elmo appartiene al tipo "B^ della classificazione del Bottini, caratterizzato dagli occhi forati, dal paranaso a ritaglio e dalle paragnatidi congiunte da uno o più “ponti”. Bibliografia: Walters 1899, p. 349, n. 2831
Figg. 600.601. 157.2. Elmo in bronzo di tipo apulo-corinzio (Foto dell'Autore, cortesia British Museum). 158- Tomba rinvenuta su Corso Cotugno (già Via di Corato)
Da alcuni documenti conservati nell’ Archivio di Stato di Bari, nell’ Archivio di Stato di Napoli e nell’ Archivio Storico del Museo, nonché dalla “Memoria Archeologica” di Salvatore Fenicia, si apprende che il 24 dicembre 1839, mentre scavava în un suo fondo, localizzabile secondo il catasto provvisorio del 1814 sulla Via di Corato (oggi Corso Cotugno), per cercare di svellere delle radici da un albero di ulivo secco al fine di ricavarne della legna, Raffaele Riccardi rinvenne una lastra di copertura di una tomba a sarcofago, che lasciò intatta. Infatti, prima di aprirla, lo stesso Riccardi, elogiato dal Fenicia per il suo atteggiamento corretto, avvisò della scoperta sia il cav. Avellino che la Commissione dei Regi Scavi di Ruvo, i cui funzionari si recarono sul luogo del ritrovamento, fecero aprire la sepoltura € constatarono che il corredo recuperato era formato da numerosi oggetti, dei quali venne redatto un elenco. Tra tutti i reperti rinvenuti destò grande meraviglia «una sfoglia di rame raffigurante un porco a rilievo di profilo», identificabile con un episema di scudo,
dé vasi scavati in un sepolcro greco”. Lettera del 3-1-1840; 5% ASBA, MSA, Fase. 104: “Notamento ASNA, MPL, Busta ‘341, Fasc. 27: "Soprintendenza Generale degli scavi. Sepolereto greco rinvenuto da Raffaele Riccardi. Notamento degli oggetti rinvenuti. Copia della sfoglia di rame raffigurante un porco a matita 4955740 mm”. Lettera del 9-1-1840: «Ho l'onore farle conoscere, che il ig. di profil, disegno Raffaele Riccardi, ..nel giorno 24 dello scorso Dicembre, mentre faceva svellere dalle radici wn albero d'ulivo secco, per uso di legna, invenne i sepolcro greco, che prima di ammuoverlo venne a darne parte dellinvenimente, tanto a me, che alla Commissione... che con i medesimi ci conducemma sopra luogo, ed in nostra presenza se ne fece l'apertura, dovesi rinvennero li seguenti oggetti di qualche considerazione...» FENICIA 1840, pp. 230-233. 669
Alcuni oggetti vennero dichiarati di notevole interesse e quindi degni di essere esposti nelle sale del Real Museo Borbonico, tant'è vero che in una nota ministeriale dell’Avellino si sottolineava che, oltre allo straordinario ornamento di scudo, anche altri oggetti segnalati nell'elenco erano meritevoli di una certa considerazione. Di questi, infatti vennero richiesti dei lucidi**°: in particolare, l'Avellino si soffermava sia su un cratere a mascheroni con
l'apoteosi di un guerriero e con quattro figurine a rilievo sulle volute, riconoscibile in un cratere a mascheroni apulo del Museo di Napoli (Inv. 82412, H. 3229), attribuibile alla cerchia del Pittore dell’Ilioupersis, che raffigura sul lato principale un naiskos all’intemo del quale è un giovane guerriero stante ed un uomo barbato seduto, sia su una grande patera rotta in otto parti, identificabile con una phiale apula, rinvenuta dallo scrivente nei depositi del Museo di Napoli (Inv. 82077), attribuita dallo Schauenburg al Pittore del BM F 4614, raffigurante tanto all’interno quanto all’esterno scene legate al mondo
dionisiaco#?. Vennero descritti anche un rython a testa di ariete con la raffigurazione di un satiro, una oinochoe plastica configurata a testa di donna e un vetro a forma di ditale con quattro facce umane a rilievo con vari colori, probabilmente identificabile con un vago di pasta vitrea di tipo fenicio decorato da teste umane a rilievo con funzione apotropaica, anch'esso conservato nel Museo di Napoli (Inv. 13587). Furono, inoltre, reputate degne di una qualche attenzione anche le armature, si pensi all’elmo di tipo frigio, leggermente rovinato, alla corazza anatomica, alla coppia di schinieri e ai frammenti di un cinturone?^.
II resto del complesso funerario, vale a dire gli altri vasi figurati, tra i quali erano presenti anche due vasi a tromba (due anfore di tipo panatenaico), rispettivamente con quattro e cinque figure, un’hydria,un lebes gamikos, un'oinochoe, tre piccole lekythoi, uno skyphos, nonché alcuni vasi nello stile di Gnathia e a vernice nera?*,, furono descritti in maniera
ἘΞ ASNA, MPI, Busta 341, Fasc. 27, letera del 16-1-1840: «Intorno al merito del porco di bronzo ivi rinvenuto, mi prendo la libertà di richiamare all'atenzione dell'E.V. che anche taluni altri oggetti indicati nell'elenco da me rassegnatole în data dè nove del corrente, sembrano meritevoli di attenzione». 4 SCHAUENBURG 1986, pp. 182-183, fig. 26. 7 ASNA, MPI, Busta 341, Fasc. 27, terade 9-1-1840: ¢/°) Vase a roccila alto palmi tre circa con dodici figure, οἶνε di mumero quatro figurine a rilievo fine nella faccia del prospeto delle troccole. L'itoria del vase mostra essere un'Aporeosi di un Guerrero. 2°) Patera grande, del diametro di palmi due con mumero quindici figure. cioè mumere si con buonissimo ornato alla parte esterna, e mmero nove dentro rotta in oto pezzi. 75 ASNA, MPI, Busta 341, Fase, 27, lettera del 9-1-1840: «3°) Un Bicchiere a testa di Capra di nuova Jorma, finissimo, con la figura di un Satiro a mezzo busto pitato nel bicchiere, con un corno, edun orecchia mancante. Questo pezzo è bellissimo, e sano. 4°) Una testa umana di donna avendo in testa la bocca a prefericolo rustica, sana, ma bella assa... 95) Un vetro colorio, a forma di dile, ornato a quattro lati di quattro facce umane a different colori» 34ASNA, MPI, Busta 341, Fasc. 27, letra del 9-1-1840: «6% Un cimiero figo roto sulla sua sommità, ed esse il pezzo, ma anche ad un laterale con mancarvi il pezzo corrispondente. 7°) Una corazza in due pezzi, cloè avanti e dietro, inttta ε bella, a forma di corpo umano. 8°) Un paio di gambal lavorati a bassorilievo, uno sano, e l'altro roto in due pezzi, di bella qualità ed elegante lavoro». 35 Si veda la nota precedente: eter del 9-1-1840 alla quale è annesso il notamento degli oggetti rinvenuti dalla Commissione det Regi Scavi nella tomba trovata ne fondo del Riccardi: «Quest altri sono di men rilievo © comuni: 10) Vase a tre manichi alt pal. 1 e % con re figure; 1) Due vas a tromba il primo a cinque l'altro a quatro figure; 12) Uma, pal. 1, alto, con una figura, e testa dietro, nel coperchio trovasi sullo stesso un lacrimale sovrapposto; 13) Un prefericolo di palmo 1 con due figure; 14) Due balsamaricon una figura l'uno; 15) Idem un altro ad una figura... 17) Umetta con coperchio ornata; 18) Una paterela ornata; 19) Giarla a Bocca larga, a due manichi, ornata; 20) Dieci vasetin tutti neri di diverse forme». 670
troppo generica, motivo per cui è risultato impossibile riconoscerli del tutto. Con molta cautela si propone l’identificazione di una delle anfore panatenaiche presenti nella tomba con un’anfora apula del Museo di Napoli (inv. 82139), raffigurante sul lato principale un giovane seduto con phiale e bastone ed una donna stante con specchio e ghirlanda; probabilmente allo stesso complesso doveva appartenere lo skyphos campano del Museo di Napoli (inv. 82773), raffigurante su entrambi i lati una testa femminile, citato nel notamento degli oggetti conservato nell’ Archivio di Stato di Napoli”
Gli altri reperti furono venduti il 14 febbraio 1840 dal Riccardi al Real Museo Borbonico, ad eccezione dell'episema che fu acquistato solo il 27 giugno 1840 per la somma di 60 ducati”. Dal Mayer si apprende che, in seguito, l’armatura completa venne
acquistata dal Conte De Luynes e dallo stesso donata alla Bibliothéque Nationale di
Parigi, dov'è tuttora custodita"*. Il complesso, forse appartenente ad un guerriero lucano
o sannita, vista la presenza della corazza anatomica bivalve di tipo lungo e dell’elmo frigio ad alette, tipici dell’armamento dei guerrieri di origine sabellica, è inquadrabile
intorno alla metà del IV secolo.
158.1. Cratere a mascheroni apulo a figure rosse Argilla beige, vernice nera lucente, sovraddipinture in bianco e giallo. hem 82,5; diam. oro cm 32, Napoli, Museo Archeologico Nazionale. Inv. 82412 (= Heyd. 3229). Attribuibile alla fase Medio-Apula. 360-340...
Ricomposto da vari frammenti; lacunoso, mancano parti del corpo e del piede; sbreccature sull'orlo e sul piede; vernice nera evanida in alcuni punti. Alto piede campanulato; corpo ovoidale, spalle oblique, collo cilindrico dal profilo lievemente concavo, orlo svasato e revoluto. Decorazione accessoria: sull'orlo, dall’alto in basso, fila di ovoli, motivo ad onda marina destrorso; sul collo, motivo a doppie linee verticali e parallele che si alternano a cerchi bianchi, meandro; sulle spalle, palmette, girali e > ASNA, MPI, Busta 341, 3% ASSAN II C 8, fasc, 7: fortzitamente a Ruvo, con verbale 14-2-1840; RUGGIERO 1888, pp. 34 MAYER 1914, pp. 82:3.
fiori di loto che si altemano tra di loro; sul corpo, la scena figurata è delimitata inferiormente da un meandro altemato a riquadri con linee incrociate; sulle volute maschere a rilievo raffiguranti una gorgone; sulle anse, girali e tralci; sotto le anse girali e palmette; sul piede, dall'alto. in basso, fila di ovoli, testa femminile coronata, di tre quarti a sinistra, tra tralci, girali e fiori a calice, fila di ovoli. Lato A: sul collo, è un erote, nudo, di tre quarti a sinistra, seduto su un fiore a calice, che accarezza con la destra un cigno bianco posato sulla sua gamba destra. A destra e a sinistra sono tralci vegetali, girali e fiori a calice. Sul corpo, al centro, è raffigurato un naiskos nel quale, a sinistra, è un uomo nudo stante, che si appoggia con entrambe le braccia su un mantello rosso posato su un bastone. ΤΊ giovane sembra stia parlando con un uomo barbato, seduto, seminudo, con
a bocca larga con teste umane». Fasc 27, lettera del 9 1840: «16%)Giarla “Raffaele Riccardi Forma di porco di bronzo di profil: acquisto” (ritrovato di consegne); ASNA, MPI, Busta 341, Fac, 27: lettere del 16-1-1840 e del 568-569.
671
diadema sulla fronte, che ha un tirso nella destra. A sinistra, in alto, è un giovane seduto con corazza dorata tra le mani; sotto è una donna seduta con specchio nella sinistra. Sotto il naiskos, a sinistra, è un giovane nudo seduto, con diadema sulla fronte e clamide sulla spalla destra, che ha poggiata sulla gamba sinistra una corazza anatomica lunga; a destra, è una donna seduta, con chitone e mantello sulle gambe, che ha nella sinistra due phialai, nella destra un tralcio di vite. Nel campo, sono raffigurati scudi, phialai e fiori. LatoB:al centro è raffigurato un naiskos, nel quale è rappresentato un giovane seduto, con mantello sulla spalla sinistrae un elmo nella destra. AI di fuori, a sinistra, è un giovane con kerykeion e lancia; a destra, è una donna con phiale ¢ tirs. Bibliografia: Lohmann 1979, p.234, A 502, con Letteratura precedente.
158.2. Phiale apula a figure rosse
Fig. 602. 158.1. Cratere a mascheroni apulo a figure rosse (Foto Archivio Soprintendenza Archeologica di Napoli e Caserta).
clamide che gli copre le gambe e con un bastone nella destra. Tra i due uomini, in alto, è raffigurato un elmo a pileo appeso. A destra, in alto, è una donna seduta, di profilo a destra, con chitone e mantello sulle gambe, ingioiellata, che guarda indietro verso il naiskos, con tralcio di vite nella destra abbassata e specchio nella sinistra; sotto, è un giovane nudo, stante, con clamide pendente dalla spalla destra e 672
Argilla rosata, | vemice nera lucente, sovraddipinture in bianco e giallo. hem 12,1: diam. orlo cm 43 2. Napoli, Museo Archeologico Nazionale Inv. 82077, Attribuita al Pittore del B.M. F 461, seguacedel Pittore dellIlioupersi.
36035000. Ricomposta da vari frammenti, circa otto-nove; lacunosa, vernice nera scrostata in diversi punti; orlo sbreceato, sia nella parte esterna che in quella interna. Decorazione accessoria: piede risparmiato; sulla vasca, fascia nera, motivo ad onda marina rovesciato sinistrorso; sull’orlo, motivo ad ovoli; sotto le anse, girali palmette. All'interno, nella fascia estema, tralcio di ulivo sinistrorso, linea risparmiata; tra le due scene figurate, girali e palmette, al centro,
Figg, 603-605. 158.2. Phiale apula a figure rosse della cerchia del Pittore dell'Ilioupersis (Foto dell Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica di Napoli e Caserta). 673
stella bianca. Decorazione figurata: all’intemo, nel registro inferiore, è una donna, con chitone, mantello e stephane radiata sulla testa, che corre verso destra, con una phiale nella sinistra, verso un giovane nudo che corre verso destra, ma con la testa rivolta indietro verso la donna che lo segue, con kalathos nella destra e phiale con offerte nella sinistra. A destra, è una donna seduta, con chitone, mantello e stephane radiata sulla testa, che allunga la destra, nella quale ha una benda, verso la mano sinistra del giovane mudo per prendere la phiale con le offerte; dietro la donna è un cippo. Nel registro superiore, al centro, presso un cippo, è un giovane seduto, seminudo, con clamide che gli copre le gambe e benda sulla fronte, che ha un kantharos nella destra abbassata (Dioniso?), che volge la testa indietro verso una donna stante, con piede destro appoggiato, vestita con chitone € mantello, che sta offrendo alla figura maschile un oggetto non identificabile. A sinistra, è una donna, con chitone, mantello e sakkos, che sta portando nella sinistra, verso la figura maschile, una phiale con le offerte. Lato A: a sinistra, è una menade, con chitone e stephane radiata, che cammina verso destra, con tirso nella destra e phiale con offerte nella sinistra; verso di lei sta andando un giovane nudo, con mantello nella mano destra e sull’avambraccio sinistro e benda sulla fronte, che ha un Rantharos nella sinistra e volge indietro lo sguardo verso una menade che cammina verso destra, con tirso nella destra e tamburello nella sinistra. La donna va verso un satiro che cammina verso destra e che volge lo sguardo verso di lei, allungandole la phiale con le offerte, c con un tirso nella sinistra. Lato B: a sinistra, è una donna, con 674
phiale nella sinistra e ventaglio nella destra, che cammina verso un erote, con corona nella sinistra e specchio nella destra. Verso l’erote sta correndo una donna, con specchio nella destra e cassetta nella sinistra, inseguita da un giovane nudo, con phiale nella destra e tiro nella sinistra. Bibliografia: Schauenburg 1986, pp. 182-185, fig. 26. 158.3, Elmo di tipo calcidese ad alette Bronzo, lamina martellata, patina verde, fortemente ossidto. hem. 33; diam. calotta em 21,2 e 185 Parigi, Bibliothégue Nazionale (già collezione De Luynes). inv. BB. 2002 Seconda metà del IV secolo a.C.
Integro, lacunoso, manca l'estremità di qualche piuma sull’aletta sinistra, l'estremità della paragnatide destra e la base del paranuca. L'elmo ha una calotta distinta da una carenatura orizzontale che forma una punta verso l'alto e una verso il basso in corrispondenza della fronte. Il paranuca è a profilo concavo nella parte superiore, mentre il margine inferiore è rinforzato da una sottile lamina rettangolare în bronzo, fissata con due chiodini, che ha una fascia di vaghi a rilievo, Le alette dentellate, ai bordi, sono saldate alla calotta tramite delle placchette applicate in basso, fissate con dei chiodini, che potrebbero essere il completamento di un ornamento in ferro rapportato: Valetta di destra porta a mezza altezza una sorta di concrezione ferruginosa che forma una massa oblunga; dalla parte sinistra, allo stesso livello, due piccoli fori occupano il bordo dell’aletta. Le paragnatidi, molto lunghe, sono mobili e fissate alla calotta tramite delle cemiere; queste hanno la
Figg, 606-607. 158.3. Elmo in bronzodi tipo calcidese ad alette (da Adam 1984, fig. 158)
forma di una protome di ariete e sono modellate in leggero rilievo, come per rendere la muscolatura delle guance. Bibliografia: Adam 1984, pp. 123-124, n.158. 158.4. Corazza anatomica bivalve Bronzo, lamina martellata, patina bruna, fortemente ossidaa. h. em 49. Parigi, Bibliothéquo Nazionale (già collezione de Luynes) Inv. ΒΒ. 2003. Seconda metà del IV secolo a.C
Lacunosa, manca parte della zona inferiore, sotto l'ombelico e sotto l’anca
sinistra. Si conservano sia la lamina anteriore sia quella posteriore. Le due valve, con cerniere e anelli, applicati sulle spalle tramite delle placchette rettangolari fissate con dei chiodini, presenti anche lungo il fianco sinistro di collegamento, presentano bordirilevati in corrispondenza del collo, ‘delle braccia e della parte inferiore. Il modellato anatomico è ben evidenziato: i pettorali, le costole, la zona gastrica sono rilevati, come i capezzoli che presentano un elemento circolare applicato. L'ombelico è incavato con triangolo a rilievo in basso. Bibliografia: Adam 1984,p. 124,n. 159.
675
Figg. 608-609. 158.4. Corazza anatomica bivalvein bronzo (da Adam 1984, fig. 159). 676
158.5. Cinturone di tipo italico Bronzo, lamina martellata, pana verde brillante, Lungh cm 58,5; h. cm 8,6. Parigi, Bibliothéque Nationale (già collezione de Luynes). Inv. ΒΒ. 2004, Seconda metà del IV secolo C.
Lacunoso. Manca l'estremità che porta i ganci e la decorazione a rilievo che era presente all'estremità opposta; il metallo è rovinato in molte parti. Il cinturone è formato da una lamina di bronzo liscia, bordata ai lati per tutta la sua lunghezza da piccoli fori per il fissaggio della guamizione intema in pelle o cuoi La seconda serie di fori di aggancio è sormontata da un motivo a rilievo in forma di uccello con decorazione incisa. Sotto l'uccello, alla terza fila dei fori sono due bucrani sormontati da una criniera, sopra la quale sono i fori di aggancio. 1 bucrani hanno i dettagli finemente incisi e a rilievo: i peli della fronte e delle orecchie, gli occhi ovali e le arcate sopraccigliari. Sono fissati al livello del muso su una placca decorata da punti e borchie a rilievo. Bibliografia: Adam 1984, p. 125, n. 160
158.6. Coppia di schinieri anatomici
Bronzo, lamina marea, painavende-rigio, piuttosto ossida conserva iv 2005 em 39,5 inv 2006 em 20 Parigi, Bblithéque Nationale (gà collezione de Layne), inv. ΒΒ. 2005-2006 Seconda metà del IV secolo a.C. In un esemplare manca tutta la parte superiore; nell'altro esiste solo la sommità della parte anteriore: il ginocchio e parte della gamba. Schinieri di tipo anatomico che coprono interamente la gamba. Il
Fig. 610 — 158.5. Cinturone in bronzo di tipo italico (da Adam 1984, fig. 160)
modellato anatomico, reso a rilievo, è ben evidente: la rotula del ginocchio e la muscolatura intomo al ginocchio e del polpaccio. Tutto attomo al bordo è una linea incisa più una doppia linea in leggero rilievo. Dietro la rotula, alla sommità dell’angolo superiore, un piccolo foro, per il fissaggio del sistema di attacco. Lungo à lati corre una serie di piccoli fori che dovevano servire per il fissaggio alla lamina della guarnizione interna in cuoio. Bibliografia: Adam 1984, pp. 160.161,n. 161 158.7. Episemon di scudo Bronzo, lamina martellata, patina verde-bruna, piuttosto ossidato. Lungh em 56,5 h. cm 33,5. Napoli, Museo Archeologico Nazionale. ἴπν καὶ Seconda metà del IV secolo aC. 677
Fig. 611. 158.6. Coppia di schinicri anatomici (da Adam 1984, fig, 161). 678
Tig. 612 — 158.7. Episemon di scudo in bronzo a forma di cinghiale (Foto Archivio Soprintendenza Archeologica di Napoli e Caserta).
Integro. Lamina ritagliata e decorata a sbalzo raffigurante un cinghiale in corsa di profilo a sinistra. Gli occhi sono incavati, forse per l’applicazione di una pupilla colorata im altro materiale. Il modellato anatomico, la muscolatura sono resi a sbalzo, mentre alcuni dettagli, come la criniera, le narici, sono decorati con raffinate incisioni. Bibliografia: inedito
Piede ad anello spesso, corpo troncoconico a profilo leggermente convesso, orlo arrotondato lievemente estroflesso, anse a bastoncello orizzontali. Decorazione accessoria: sotto le anse, girali c palmette. Decorazione figurata: su entrambi i lati, testa femminile, di profilo a sinistra, riccamente ingioiellata e con sakkos sulla testa Bibliografia: Trendall 1967, p. 432, n. 3/526
Argilla beige, vemice © nera lucene, sovraddipinture in biancoe giallo. hem 12; diam. orlo em 162. Napoli, Museo Archeologico Nazionale. ἴων. 82773 (= Heyd. 741). Attributo al Pittore delle Danaidi (Gruppo di Capua). 340-320 ac.
158.9. Anfora panatenaica apula a figure rosse Argilla beige, vemice onem sovraddipinture in biancoe giallo hem 58,6; diam. rio cm 17,5. Napoli, Musco Archeologico Nazionale Ins 82139 0) Attribubilo alla fase Medio-Apul 360-340 a.
Integro. Orlo sbreccato, vernice nera serostata in diversi punti, decorazione figurata evanida, numerose incrostazioni
Ricomposta da vari frammenti Lacunosa, piede integrato. Orlo sbreccato, vernice nera scrostata in alcuni punti,
158.8. Skyphos campano a figure rosse
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Figg. 613-614. 158.8. Skyphos campano a figure rosse (Foto dell'Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica di Napoli e Caserta). incrostazioni. Decorazione accessoria: sull’orlo, ramo di alloro; sul collo, tralcio di edera, finta baccellatura; sul corpo, la scena figurata è delimitata inferiormente da un motivo ad onda marina destrorso; sotto le anse, girali e palmette. Lato A: a sinistra è raffigurato un uomo nudo, seduto sulla clamide, con benda attomo alla fronte e phiale nella sinistra; di fronte è una donna stante, col gomito sinistro appoggiato su un'alta pila di rocce, vestita con lungo chitone, che ha una ghirlanda di rosette nella destra e uno specchio nella sinistra. Nel campo, rosette, una benda e una lunga sciarpa. Lato B: duc uomini ammantati con bastone nella destra presso un cippo sepolerale.
Napoli, Museo Archeologico Nazionale. T 13887, Into alla metà del IV secolo a.C.
Pendant apotropaico figurato a testa umana maschile. Simili a quelli del Gruppo. A Il f della Tatton Brown. I pendant figurati a testa umana o demoniaca sono largamente diffusinel Mediterraneoantico; di probabile origine fenicia, compaiono intorno al 600 a.C. per estinguersi poi verso la fine del III secolo a.C. Il valore apotropaico di questi amuleti era duplice sia contro il demone del “malocchio” che contro gli influssi degli spiriti maligni variamente personificati Bibliografia: Guida Ruesch 1908, p.395; Tatton Brown 1981, pp. 143 e περ; Le Collezioni del Museo Nazionale di Napoli 1986, p.218, n.3.
Bibliografia: inedita
158.10. Pendente figurato a testa umana Vetro policromo su barra metallica a nucleo friabile soie hem 5,5. 680
158.11. "Ryfhon a testa di capra (montone), di nuova forma, finissimo, con la figura di un satiro a mezzo busto pittato nel bicchiere, con un como ed un orecchia mancante. Questo pezzo è bellissimo e sano”.
cortesia rosse: lati A e B (Foto dell'Autore, apula a figureca Figg, 615-616. 158.9. Anfora panatenai Soprintendenza Archeologica di Napoli e Caserta). 681
158.12. Hydria, “alta palmi 1 e % con tre figure”. 158.13. “Uma, alta palmi 1, con una figura e testa dietro, nel coperchio trovasi sullo stesso un lagrimale sovrapposto”. 158.14. “Prefericolo (Oinochoe), di palmo 1 con due figure” 158.15. “Due balsamari (Lekythoi) con una figura l'uno". 158.16. “Balsamario (Leiythos) con una figura”. 158.17. “Umetta con coperchio ornata" (Stile di Gnathia ?) 158.18. “Paterella omata” (Stile di Gnathia 9) 158.19. "Giarla a bocca larga (Skyphos), a due manichi, ornata" (Stile di Gnathia ?).
Fig. 617. 158.10. Pendente antropomorfo di tipo fenicio in pasta vitrea (da Collezioni del —— 1580. "Dieci vasettini tutti neri di Museo di Napoli 1986, fig. 3). diverse forme”, 159-160 — Tombe rinvenute in Piazza Bovio (già Largo di Porta di Noja o Largo Noè)
Alcuni documenti dell'Archivio di Stato di Bari e la memoria di Salvatore Fenicia sugli oggetti di antichità dati dalla città di Ruvo al Real Museo Borbonico forniscono delle interessanti informazioni circa il rinvenimento di due sepolture che, tra gli altri oggetti, hanno restituito delle straordinarie armature di bronzo. Tali documenti raccontano come negli ultimi giorni del mese di dicembre del 1837 la Commissione dei Regi Scavi di Ruvo abbia sottoposto a incessanti ricerche la zona della cosiddetta Strada Nuova (oggi Corso Carafa), con la speranza di trovare delle sepolture intatte, non ancora violate dalla società di scavo del Lamberti nel 1835; le speranze risultano tuttavia vane, in quanto si rinvengono tombe già depredate, contenenti soltanto qualche oggetto di scarso valore e pregio artistico?” 2^ ASBA, MSA, Fasc. 108: Verbali degli scavi della seconda quindicina di dicembre 1837, verbale del 1 gennaio 1838; FENICIA 1840, pp. 155-156: «ll suolo contiguo al sto poco produttore, (come chè in pezzi) di quest'opera mognificente degl ‘antichi Rives, venne dalla Real Commissione sistematicamente perforate: ed allora firono chiusi li scavi dî quell'anno, quando fummo persuasi che nulla più i sí potesse trovare. Pochissime cosette tra rotami interrate vi s'incontrarona in perquisizioni cotali». 682
Proseguendo gli scavi verso il Largo di Porta Noé (oggi Piazza Bovio), il 30 dicembre del 1837 si rinviene, finalmente, una tomba intatta (Tomba 159). La sepoltura conteneva un «vaso egizio detto acquarulo e sei odorini anche egizi di terracotta», tutti integri, i quali vengono consegnati nelle mani del Presidente della Commissione dei Regi Sca Giuseppe Caputi??^; questa dicitura di “acquarulo egizio” ricorre spesso nei documenti
del tempo e molto probabilmente con essa si può identificare un grande askos canosino della classe listata, visto che tale terminologia è stata riscontrata in maniera frequente nei documenti del tempo, a proposito dei rinvenimenti di Canosa, proprio per descrivere tale forma vascolare e tale classe ceramica. Per i cosiddetti “odorini”, si può ipotizzare che si tratti di piccoli unguentari, usati per contenere essenze ed olii profumati. Nella relazione del 16 gennaio 1838 si precisa che il sepolero ritrovato era costituito da grandi lastre di tufo, per cui si può affermare che si tratti di una tomba a semicamera. Dalla stessa relazione, inoltre, si evince che il 2 gennaio 1838 viene ripresa l'esplorazione della stessa sepoltura c, nell'esaminare attentamente lo spazio intercorrente tra la parete costituita dalla roccia e le lastre di tufo della struttura funeraria, si rinvengono una straordinaria corazza di bronzo a tre dischi di tipo sannitico, con decorazione a rilievo figurata, e un gran numero di frammenti di vasi a figure rosse pertinenti a due anfore di tipo panatenaico
e ad una /iydria*", La prima è identificabile con la corazza a tre dischi del Museo di
Napoli (Inv. 5795) che, in effetti, è costituita da due dischi a rilievo posti superiormente, mentre nella parte inferiore è stata ricavata una testa di Atena elmata a sbalzo”. Per quanto riguarda i vasi, le anfore panatenaiche, raffiguranti una scena di oltretomba e scene dionisiache, attribuite rispettivamente al Pittore dell Tlioupersise al Pittore di Dario, furono portate subito nell'Offcina dei Restauri del Museo e consegnate nel 1849*; per quanto concerne l’Aydria, non è stato possibile rintracciarla, data la mancanza assoluta di una documentazione di consegna. 113 gennaio 1838 la Commissione dei Regi Scavi di Ruvo, animata dal rinvenimento del giorno precedente, decide di scavare nella parte a settentrione del sepolcro scoperto il 30 dicembre 1837 c il 2 gennaio 1838 tra Corso Carafa e Largo Noé; Salvatore Fenicia riferisce, infatti, che questa zona è stata sistematicamente indagata e che lo scavo veniva del © ASBA, MSA, Fasc. 108: Verbali degli scavi della seconda quindicina di dicembrequale1837,sì è verbale trovato un 1 gennaio 1838: «L'ultimo sepolcro ritrovato nel giorno 30 invenuto intatto, dentro del che vaso egizio detto Acquarulo, con numero sei odorini anche egizi d terracotta tutti sani si conservano dal Presidente della Commissione Arcidiacono Don Giuseppe Caputi». Relazione "il ASBA, MSA, Fasc. 108 : Verbale degli scavi della prima quindicina di gennaio di 1838. dicembre s'era del 16-1-1838: «Sì dice nel verbale spedito nel 1 gennaio, che nel giorno 30 del mese rinvenuto un Sepolcro Egizio-Greco, dentro il quale non altro s'era ritrovato che un Aequarulo e numero a pezzi di tufo, non tralascia e come la Commissione nel rinvenimento dei sepoler ei odorii di terracotta avendo fatto esaminare con mese corrente del 2 giorno nel cui per tfi deti dentro diligenziare far mai di bella Lorica composta tutta attenzione l'intervallo che ci passava tra il sasso e detti tf, si ὃ trovato una pezzi, ma tutte figurate. e d'uno guardaspalle non che un mucchiome di graste rote in minuti d'una corazza £ che quanto si vede, queste debbono essere pezzi di due vasi a tromba e d'uno a tre manichiv; FENICIA 1840, pp. 157-161 à BoNUCCI 1838, p. 29; FENICIA 1840, p. 161: «La prima di queste loriche, comeche non ben conservata, è battuta di esimio basso rilievo, nel quale soto la cavità dello sterno visi mira una magnitosa testa di Ammones. 77 Notizia ricavata delle schede dell Archivio Fotografico del Museo Nazionale di Napoli 683
praticato a scacchiera, considerato dallo stesso studioso il migliore metodo di scavo, anche se dispendioso, in quanto difficilmente tra i brevi intercolli che si lasciavano tra le varie fosse poteva sfuggire qualche traccia di eventuali emergenze archeologiche?“ Pertanto sotto il Largo di Porta Noè o Porta di Noia (l'odierna Piazza Bovio), rimossa un'immensa quantità di pietre c terreno, con grande soddisfazione la Commissione rinviene, non lontano dalla precedente sepoltura, un'altra grande tomba ancora integra (Tomba 160), anch'essa costruita con grandi lastre di tufo e definita “sepolcro egiziogreco”, al pari di quello del 30 dicembre 1837; anche in questo caso si trattava di una tomba a semicamera??, La sepoltura conteneva un ricco corredo composto da circa 40 oggetti (in particolareda numerosi esemplari di ceramica figurata), il quale fu poi spedito al Real Museo Borbonico di Napoli, Ad attirare l’attenzione è stata soprattutto la presenza di un’armatura completa, formata da un elmo a pileo con appendici comute (Inv. 5699), da una corazza a tre dischi integra, con la parte anteriore c quella posteriore (Inv. 5696), considerata meno pregiata dal punto di vista artistico di quella trovata nella precedente sepoltura, ma notevole per la sua perfetta conservazione, e da un cinturone rotto in più frammenti**. Per quanto
riguarda i vasi figurati, il Fenicia si sofferma su un cratere a mascheroni raffigurante sul collo una lotta tra un leone e un grifo, sul lato principale l'arrivo degli Argonauti in Africa; in realtà si tratta del cratere a mascheroni del Pittore di Atene 1714, conservato nel Museo di Napoli (Inv. 82347, H. 1978), con la raffigurazione di Orfeo tra i Traci, ben conosciuto nella letteratura archeologica, ma del quale era del tutto ignota la provenienza". 2% FENICIA 1840, pp. 155-157, nota 56: «Lo scavo vien sistematicamente praticato quando si perfode a scacchi il suolo di scavabile: è desso dispendioso, ma trovo questo lo migliore dé scavi; perché mulla puol fuggire né brevi intercoll, che ra fossae fossa si lascia. Dove 1 sii s redon di poler contenere sepoler di considerazione; egli è prudenza discavari in tal modo». 7 ASBA, MSA, Fasc. 108. Verbale degli scavi della prima quindicina di gennaio 1838, relazione del 16 gennaio 1838: «Animata la Commissione da un tle rinvenimento si rivolge ne giorno 3 ad aprire uno scavo alla parte ch' a settentrione del sepolcro scoperto il 30 dicembre e con grande soddisfazione incontrò un Sepolcro Egizio-Greco, nel quale ritrovò i seguenti oggetti. », FENICIA 1840, pp. 157-158: «Allora quando, dietro pioggia incessanti, la prima serenità ebbe rimenato il tempo utile per lo proseguimento dellescavaziont dall'intemperie sospese, non fa perduto di mira quel largo che dal sito perforato vi si stende verso il clivo inclinante al grande borgo d'oriente (57). — (Il borgo, cui mena questo largo, nomasi Porta-Noe) — Qui, sotto aia fasciume rimosso, vi s'inverne nel giorno 3 di Gennaio 1838 un sarcofago di if contenente le seguenti suppellettili in bronzo ed in vasi; che se non I sono come i primi dî dipintura elegante, n'è o di lor figurato di non poco Interessante» P FENICIA 1840, pp. 161-163: «I. Due loriche d'un eneo cupreo, compostedi corazza e guarda spalle...La seconda (lorica) serbasi in ottimo stato, ma non è el pregio della prima. In questa però vi si ammirano inatte le moglie ei fermagli sopracromiali, come se fassero da poco uscite dal laboratorio dell'artfice, E l'una e Valiraaddimostrano che erano soprapposte ad m giaco o di cuoio o di drappo, per esservi delle bucherattole. 2. Un budriere anco d'enéo-cupreo, ma otto în più pezzi. È questo parimenti bucheretttolunghassogli estremi parallel; locchè fanne arguire che doveva essere anche foderato ed infarto. 3. Un cimiero egizio frigio della medesima mistura. Secondo scrive il padre Jobert, dovuto appartenere questo cimiero a qualche Re, oppure a qualche sommo personaggio di forza 0 potere straordinario, dacchè vanne ornato dele due corna di Giove Libico. Da ciocche avanza dell'ornamentale assatura appare, che nel vertice vi doveva pompeggiare una galea cresteggiantedi qualche roba chiassosa». 2” FENICIA 1840, pp. 164-167: «4°. Un vase grande dell altezzadi once ventisette, i qaule rappresenta due vedute. Nella parte nobile. vi anno otto figure; le quali mostrano l'arrivo degl Argonauti nella parte occidentale d'Africa, presso le stteghe e flarmoniche Espero, Eritea, ed eglea che, spaventate dle salici 684
Lo stesso autore descrive anche un'anfora con la raffigurazione sul lato principale dell’inaugurazione di un vaso sacro, riconoscibile nell’anfora panatenaica della cerci del Pittore dell’Ilioupersis (Inv. 81734, H. 2253), rappresentante la scena di due giovani presso una stele sormontata da un cratere, e un vaso a tre manici con la raffigurazione di un cigno posato sulle gambe di una giovane donna, identificabile con l’Aydria di Napoli (Inv. 81800, H. 2347), attribuita alla cerchia del Pittore di Karlsruhe, un seguace del Pittore di Tarporley, che rappresenta proprio la scena appena descritta***. Degne di rilievo sono
altresì una grande patera, con la raffigurazione su un lato di un gioco amoroso tra Dioniso e Arianna, identificabile con la phiale del Pittore dell'Ilioupersis (Inv. 82038, H. 2574) decorata da scene dionisiache, ed una “quarteruola” la quale raffigura sul lato principale una testa di Iside con uno dei suoi figli a sinistra, riconoscibile in una pelike sovreddipinta monocroma, con la rappresentazione di una testa femminile, un piccolo erote a sinistra ed ‘un fiore a calice a destra (Inv. 81367, H. 2362)*°. Sono descritte, inoltre, una patera con
coperchio figurato rappresentante scene dionisiache, probabilmente la lekane del Pittore dell'Ilioupersis con la raffigurazione di una complessa scena dionisiaca (Inv. 82198, H. 2302), un “prefericolo” con una testa umana tra due grif, identificabile con una rara oinochoe attica del IV secolo attribuita dal Beazley al “Gruppo del Ragazzo Grasso" (Inv. 81566, H. 3088), e un “lacrimale” con figura nera rappresentante una menade seduta con specchio e tralcio di vite, certamente identificabile con la lelyrhos a figure nere pestana “tipo Pagenstecher" (Inv. 81287, H. 2776), che raffigura in effetti una donna seduta con gli oggetti sopra menzionati??,
irruenza di quelli, si metamorfasizzarono quindi una in gatio, l'ala in olmino, l'altra in lugubre salcio. 1 due guerrier, che si veggiono sul quadro nobile del vase restare atento ascolto all'armoniosa euforia, pare che debbano essere Giasone ed Ercole. Il leone e l'ppogrifo del colo, non che il cerbiatto posto αἱ piedi della lira, indicano ch'è questa una scena d'Africa; e che quelle ilie d Atlante. perché la filarmonica il suona colla manca. La parte ignobile non rappresenta che una veduta di Bacco nelle Indie, ove il suo codazzo moveva mascherato da satire da donzanti, e portava le armi invote nei tiri». 7" FENIcIA 1840, pp. 167-168: «Un vase a tromba, il quale ἃ l'altezza di once ventisette... Le figure di questo vase non sono che cinque; e nell parte nobile non alio è rimarchevole che l'inaugurazione d'un vaso a tre manichi, avente l'altezza di once dicitt.. v si vedela maggior antropoparista déli Dei Sacro. Un vase trasformato in cigno, che quasi gavezza sulle ginocchia dll'ovipara figlia di Testi. VI nno se figure: ma rendono assai raro e pregevole questo vase due grandi vete, che si smorfianosott i due manich lateral 7 FENICIA 1840, pp. 168-171: «Una grande patera del diametro di once venti... questa nella sua parte convessa è ornata di sete figure, le quali rappresentano uno scherzo amoroso trà Dionisio ed Arianna, quale. Scherzo vien avvalorato da Cupido, e plaudto da wna dionisiaca. La parte concava è solamente verniciata di Incidissimo nero. Una quarteruola dell'altezza di once diciotto... questo vase dalla part ignobile rappresenta “ma figura più tosto ornamentale: ma dalla parte nobile una bella e grande tesa dide. Poggia questa sopra. due ale aperte le quali, nel mentre mostrano il sacro naviglio degEgizi dé Pelasgi... Così nella gran testo ‘come nelle ale vi i guarda a puntino quanto dtt. sopra una di queste ale vi i scorge Oro, figlio della Dea e di Osiride: ma né fascia né tunica veste il mme sempre puto; π in mano stringe la spuola, oppure la sferza. al sto omologo di Oro vedes il fiore del pesco». % FENICIA 1840, pp. 171-173: «Una patera con coperchio figurato. Le figure dl coperchio sono cinque di queste ©) e rappresentano due geni incubi, i quali mettono in ispovento due oreadi ed un fauneto. Le mosse figure sono graziose e ricordano le tresche dè geni ol genere umano, cotanto sostenute dalla setta platonica. Un prefericolo, sul quale vedesi figurata una testo umana, ch'è frammessa nel mezzo di due este di grif le quali 'ergono quinci e quindi, come due lii. Un bellino lacrimarlo bulbiforme con fgurett di pittura sicula, cioè nera si campo “coyo”. Questa pare che dimosiri una baccante seduta, la quale in una mano tiene uno specchio, nell'altra un grappolo d'uva». 685
Tra gli altri oggetti del complesso rientravano anche una /ekanis con due figure, una oimochoe con un erote, un'altra oinochoe ornata (sovraddipinta policroma?), due kylikes ciascuna con due figure, un'altra kylix o una phiale decorata internamente da un tralcio fiorito ed estemamente da cinque figure, una delle quali era una figura equestre, una lekyrhos ornata piuttosto rovinata (sovraddipinta?), un guttus a vernice nera con beccuccio a forma di leone, identificabile col guftus a vernice nera del museo napoletano col beccuccio configurato a testa di leone, uno skyphos rotto con quattro figure omamentali, un'uma col coperchio decorata da quattro teste umane, una lekanis semplicemente ornata (sovraddipinta), una giaretta ornata con una greca, forse si tratta del vaso cantaroide sovraddipinto monocromo con meandro (Inv. 80800), una grande urna con una ingubbiatura di colore metallico ad imitazione dei vasi di metallo, due piccole patere a vernice nera, una lekanis ed uno skyphos a vernice nera, un altro guttus a vernice nera con vasca scanalata, quattro piccole patere a vernice nera e, infine, un unguentario a vernice nera; per il riconoscimento di questi esemplari si possono avanzare con molta cautela alcune ipotesi, essendo le descrizioni tratte dai documenti molto generiche. Facevano inoltre parte del complesso funerario due punte di lancia, parte di una lancia con resti dell’immanicatura in legno, un tripode in ferro, un candelabro di bronzo di forma elegante e vari alti frammenti in ferro, ai quali si aggiungono un mortaio acromo, una lucerna anch'essa acroma ed altri piccoli vasi acromi o a semplice decorazione lineare #1.
Tomba 159 159.1. Askos listato Aris compat, arci; ingubbiaua cole sabbia; decorazione in bruno, variamente diluito. h.em27. Napoli, Museo Archeologico Nazionale. In, 6376. 1 vaso rientra nella fase A. 350-320 aC.
tralci vegetali; alla base del collo, anelli CONCENtrici e meandro ad onda; sull'ansa,
Integro. Labbrosbreccato, decorazione dipinta evanida in alcuni punti. Corpo globoso depresso, collo cilindroide, labbro estroflesso, ansa a nastro ampia, impostata longitudinalmente — sulla sommità del vaso. Decorazione dipinta: sul collo, dall'alto in basso, meandro ad onda sotto il labbro, motivo a linee verticali parzialmente convergenti in alto, comprese tra palmette, girali e
Bibliografia: Fenicia 1840, p. 160; Patroni 1895, pp. 368-369, n. L (per il quale il vaso proverrebbeda Canosa)
tralci vegetali; sulla spalla, sotto l'ansa, motivo a semicerchi concentrici, tra i quali è una palmetta; sulla spalla, linee concentriche, meandro ad onda, da cui pendono dei tralci vegetali.
159.2. Anfora panatenaica apula figure rosse Argilla beige, vemice nem sovraddipinture in biancoe giallo Νὰ cm 67,4; diam. orlo em 18,5,
Jucente,
4 ASBA, MSA, Fasc. 108. Notamento del 16 gennaio 1838; PENICIA 1840,pp. 155-176; DOCUMENTI INEDITI 1880,pp. 125-126;M. MARIN 1981, p. 193 686
Napoli, Museo Archeologico Nazionale. Inv. 82138 (= Heyd 2147) Attibuia al Pittore dellIlioupersis 3703502.
Ricomposta da frammenti Orlo sbreccato c scheggiato, vernice nera serostata in diversi punti, incrostazioni. Decorazione accessoria: sull'orlo, tralcio di edera in bianco; sul collo, palmette e fiori di loto in nero, finta baccellatura; sul corpo, la scena figurata è delimitata inferiormente da un meandro interrotto da riquadri con linee incrociate; sotto le anse, girali e palmette. Lato A: è raffigurata una scena di offerta presso una stele sepolcrale. Al centro, stele sepolcrale, poggiante su un alto basamento, ornata con bende nere sulla base e sciarpa arancio annodata intorno alla colonna; sulla sommità della stele è poggiata un’hydria, Seduto sopra la clamide, sul basamento della stele, è un giovane nudo, di profilo a sinistra con testa retrospiciente, che ha un bastone nella destra e una corona nella sinistra A sinistra, è una donna stante, vestita con chitone e riccamente decorata, che ha una phiale nella destra ed una cassetta aperta nella sinistra. A destra è un giovane nudo, stante, con clamide pendente dalle braccia, che ha una corona nella destra e una lancia nella sinistra; dietro di lui, è un altro giovane stante, con clamide che gli copre le gambee la spalla sinistra e lancia nella sinistra, che allunga la destra verso il giovane che gli è davanti, come se gli volesse parlare. Lato B: scena di offerta presso una tomba. Al centro è raffigurato un tumulo sepolcrale, decorato da bende nere, sulla cui sommità è poggiata un'anfora panatenaica a figure nere, A destra è un uomo nudo, stante, con clamide pendente dalla spalla sinistra, che sta per poggiare
Fig. 618. 159.1. Askos listato di tipo canosino. (da Patroni 1895, fig. 1).
sul tumulo una corona che ha nella destra. A sinistra è una donna stante, vestita con chitone, che sta portando nella destra una cassetta e nella sinistra una grande phiale con offerte; dietro la donna, giovane nudo, stante, con clamide pendente dal braccio sinistro, che si appoggia con la destra ad un bastone. Bibliografia: Heydemann 1872, p. 204, n. 2147; Macchioro 1913,p.35, fi. Sb; Tren Cambitoglou 1978, p. 195, n. 826; Lohmann 1979, p. 229, A 461; Pontandolfo-PriscoMugione-Lafage 1988, fig. 40, 1-2.
1593. Anfora panatenaica apula a figure rosse Argilla depurata beige, vernice nera lucent sovraddipinture in bianco e gal h. em 97. Napoli, Museo Archeologico Nazionale Inv. 81943 ( Heyd. 1759) Attributa al Pittore di Dario. 340-330.
Ricomposta da vari frammenti. Restaurata ed integrata in varie pari. 687
Figg. 619.620. 1592. Anfora panatenaica pula a figure rosse: lati A e B (Foto Archivio Soprintendenza Archeologica di Napoli e Caserta; da Pontrandolfo e alii 1988, fig. 40,2). 688
Sbreccature sull'orlo e sulle anse, vernice nerascrostata in diversi punti, decorazione figurata evanida. Decorazione accessoria: sul collo, palmette e fiori di loto, fila di rosette; sulla spalla, testa femminile tra girali e palmette in (A), finta baccellatura € tralci vegetali in (B); sul corpo, tra i due registri figurati, meandro in (A), fila di rosette in (B); la scena del registro inferiore è delimitata in basso da un meandro interrotto da riquadri con croce greca; sotto le anse, girali, palmette e tralci vegetali. Lato A: decorazione figurata su due registri. Nel registro superiore, al centro, è raffigurata una quadriga trainata da pantere, su cui sono Dioniso e Arianna. Dietro di loro, Pan e satiro che Ii seguono danzando; davanti alla quadriga, a destra, sono raffigurati un sileno, una menade e un satiro danzanti. Nel registro inferiore, al centro, è una stele sepolcrale, sulla cui sommità è poggiata una fylix; presso la stele, a sinistra, è un giovane nudo, stante, con piede poggiato su una roccia € clamide pendente dalla spalla sinistra, che ha uno strigile nella destra. Dietro di lui, sta arrivando una donna, con testa retrospiciente e mantello pendente dal braccio sinistro, che ha una cassetta aperta nella sinistra e un tralcio di vite nella destra. A destra, presso la stele, è una donna che sta poggiando presso il monumento funebre una lunga benda ed una lekythos; dietro di lei è una donna che ha una cassetta aperta nella destra e un ventaglio nella sinistra. Dietro quest’ultima sta arrivando un giovane mudo, con clamide pendente dal braccio destro, che sta portando nella destra una ghirlanda di rosette. Lato B: nel registro superiore, al centro, è una donna stante che sta incoronando un giovane nudo, di profilo
a sinistra con testa rivolta indietro verso la donna, seduto sulla clamide, che ha nella sinistra una phiale con offerte e nella destra un tirso. Davanti a lui è una donna stante, con torcia nella sinistra e tamburello nella destra. A destra, dietro la donna che sta incoronando il giovane, è un satiro con tirso nella sinistra € tralcio di vite nella destra. Nel registro inferiore, a sinistra, è una donna seduta con specchio nella sinistra; davanti a lei è un giovane nudo, seduto sulla clamide, di profilo a sinistra con testa retrospiciente, che ha una corona nella sinistra che sta dando ad una donna, seduta sulla clamide, di profilo a destra, con la testa rivolta indietro verso il giovane, che ha una cassetta nella destra. A destra, donna seduta, di profilo a destra, con specchio nella sinistra e ventaglio nella destra. Bibliografia: Gerhard 1840, p. 12: Meydemann 1872, pp. 82-83, n. 1759; Lohmann 1979, p. 227, A 440; Trendall-Cambitoglou 1982, p. 499, n. 18/53. 159.4. Corazza a tre dischi Bronzo; lamina martellata, decorazione a sbalzo e incisa, patina verdastra hem 4i; diam. em 27. Napoli, Musco Archeologico Nazionale. ἴων. 5795. Seconda metà del IV secolo a.C.
Integra, restaurata; diverse parti Ossidate. Piastra di forma pressoché triangolare dal contorno arrotondato c lobato ai lati del disco inferiore, la punta rivolta verso il basso. La superficie della. lastra è occupata da due dischi all'altezza del peto di dimensioni leggermente. differenti, mentre all'altezza del ventre, al posto del consueto disco, è una testa femminile calzante un elmo con appendici comute ottenuta a sbalzo. I particolari
ea Figg. 621-622. — 1593. Anfora panatenaica apula a figure rosse: lati A c B (Foto Archivio Soprintendenza Archeologica di Napoli e Caserta) 689
anatomici del volto, gli occhi, il naso e la bocca sono ottenuti a rilievo e sottolineati da finissime cesellature. 1 dischi hanno contomo costituito da un cerchio sbalzato. La piastra ha il bordo ripiegato e nella parte superiore l'orlo è sagomato con una raffinata decorazione a sbalzo, costituita da una fila di ghiande. Qui sono saldati due anelli che permettono l'inserimento dell’anello saldato agli spallacci; questi sono di forma rettangolare con il bordo ripiegato e decorato nel lato superiore e in quello inferiore da tre borchiette. I due spallacci, uniti alla corazza tramite una cemiera, sono decorati da una puntinatura. Tra i due dischi all'altezza del petto è un fiore di loto a sbalzo, mentre agli angoli degli stessi, in alto, sono ricavate, con la stessa tecnica, due colonnine con capitello ionico. Riccamente decorata è anche la piastra posteriore, costituita da due dischi all'altezza del petto, decorati con una rosetta a rilievo, e da una testa femminile elmata, analoga a quella della piastra anteriore, posta nella parte inferiore. Sopra i due dischi sono due coppie di colonnine ioniche a sbalzo, mentre tra gli stessi è un fiore di loto con un lungo stelo; il bordo superiore è decorato da una fila di borchie a rilievo. Bibliografia: Bonucei 1838, p. 29; Feni 1840, pp. 160-161; Fiorelli 1869, p. 3, n. 19; "Weege 1909, p. 145, fg 19.
Figg. 623-624, 1594. Corazza a tre dischi di tipo sannitico: lato anteriore (da Bosi 1980, fig. a p. 63); lato posteriore (Foto Archivio Soprintendenza Archeologica di Napoli e Caserta. 690
Tomba 160
160.1. Elmo a pileo Bronzo; lamina martellata, decorazione a rilievo e incisa hi cm 25; lungh em 22. Napoli, Museo Archeologico Nazionale. Inv. 5699. Seconda metà del IV secolo a.C.
Calotta a forma conica allungata, arrotondata în alto e svasata in basso. Un bordo rilevato definisce nella parte inferiore una larga banda orizzontale. Due bottoni scanalati con elementi di gancio in ferro sono in posizione asimmetrica sulla parete frontale e sul retro. Sono presenti due piccoli fori sul bordo rilevato per il laccio di fissaggio del rivestimento interno in cuoio. Gli elementi che seguono non sono stati considerati pertinenti all’elmo (Cassano 1996), ma nella descrizione di Salvatore Fenicia (1840), che descrive gli oggetti rinvenuti nella tomba, tali elementi, invece, sembrano essere pertinenti: sulla sommità della calotta, in mezzo ad una falera, si eleva il lophos o sostegno della crîniera, fermata nella parte anteriore e posteriore dell’elmo da un uncinetto di ferro, di cui rimangono gli avanzi. Dai lati sporgono due lunghe appendici ricurve, tipo corna di animale, terminanti con delle palmette ad imitazione della decorazione piumata. Il tipo a pileo che De Juliis defimisce iapigio perhé caratteristico dell'armamento indigeno della Puglia (De Juliis 1992, 548 C) è assai diffuso sia in Puglia che in Lucania (Bottini 1983, pp. 212-213, n. 30) dove è attestato tra la metà del IV e il ΠῚ secolo a.C. Numerose vascolare italiota. È rinvenuto a Canosa nell’Ipogeo di via
Legnano, databile per il contesto alla seconda metà del IV secolo a.C. (Cassano 1992,p. 401, n. 84). È inserito nel gruppo
italico della classificazione Waurick.
Bibliografia: Bonucci 1838, p. 29; Fenicia 1840, pp. 162-163, n. 3; Fiorelli 1869,p. 2, n. 10; Weege 1909,p. 142, fig. 16; Waurick 1988, ». 151, nota 3, .9; Cassano 1996,pp. 126-127, n. 1056.
160.2. Corazza a tre dischi Bronzo; lamina martellata, decorazione a sbalzo € incisa, patina verdastra, om 36,5 largh. em 28,5. Napoli, Museo Archeologico Nazionale Inv 5696. Seconda metà de IV secolo aC.
Integra. Ossidata in alcuni punti Piastra di forma pressoché triangolare dal contomo arrotondato c lobato ai lati del disco inferiore, la punta rivolta verso il basso. La superficie della lastra è occupata da tre dischi, due sono all'altezza del petto di dimensioni leggermente differenti, mentre l'altro è all'altezza del ventre. I dischi hanno il contorno costituito da un cerchio sbalzato. La piastra ha il bordo ripiegato e nella parte superiore l'orlo è sagomato con una raffinata decorazione incisa merlata. Qui sono saldati due anelli che permettono l'inserimento dell'anello saldato agli spallacci; questi sono di forma rettangolare con il bordo ripiegato che fa da comice. I due spallacci, uniti alla corazza tramite una cemiera, sono decorati da una puntinatura. Ai lati, tra i dischi superiori e quello inferiore, cemiere. di collegamento tra le due piastre. Bibliografia: Bonuoci 1838, p.29; Fenicia 1840, pp. 159-162,n. 1; Fiorelli 1869,p. 3, n. 18. 691
Fig. 625. 160.1. Elmo in bronzo del tipo a pileo (da Bosi 1980, fig. a p. 63, a colori).
Fig. 626. 160.1. Elmo in bronzodel tipo a pileo, dopo il restauro (da Cassano 1996, fig. 10.56).
1603. Cratere a mascheroni apulo a figure rosse
cuoriformi; sul collo, tralcio di edera con bacche destrorso e sinistrorso; sulle spalle, pseudobaccellatura; sul corpo, la scena figurata è delimitata inferiormente da un meandro alternato a riquadri con lince incrociate. Lato A: sul collo, grifo a sinistra e leone a destra che stanno per affrontarsi. Sul corpo, al centro, seduto, è raffigurato Orfeo, vestito con chitone decorato, mantello sulle gambe e mitra frigia sul capo, che sta suonando la lira. A destra sono raffigurati due guerrieri traci stanti, vestiti con costume orientale, chitone fittamente decorato, mantello sulle braccia e mitra frigia sul capo; quello più vicino ad Orfeo ha due lance nella sinistra e sembra che stia parlando con lui, come si può notare dal tipico
Argilla beige, vemice nem Tucente, sovraddipinture in biancoe giallo b.em 51 Napoli, Museo Archeologico Nazionale Inv. 82347 (7 Hyd. 1978) Attibuito a Pittore di Atene 1714, associato al Pittore dell’Ilioupersis. 3753508.
Integro. Qualche sbreccatura sull’orlo e sulle anse; venice nera scrostata in alcuni punti. Piede campanulato, corpo ovoi-dale, spalle oblique, collo troncoconico a profilo leggermente concavo, orlo svasato e revoluto, anse a bastoncello terminanti in mascheroni appoggiati ai lati dell'orlo. Decorazione accessoria sull’orlo, motivo a ovoli, tralcio di foglie 692
gesto della mano destra che indica un colloquio. A sinistra, dietro Orfeo, sono due donne stanti abbracciate, con chitone € mantello, riccamente ingioiellate, che guardano la scena. Sotto Orfeo è un piccolo cerbiatto accovacciato. Lato B: al centro, Dioniso nudo, seduto sulla clamide, con tirso nella destra e phiale nella sinistra; dietro di lui, satiro nudo, stante, con situla nella sinistra. Davanti a Dioniso, menade stante, con tamburello nella sinistra abbassata, che con la destra sta porgendo una corona alla divinità. Bibliografia: Fenicia 1840, pp. 164-167, n. 4; Heydemann 1872, pp. 149-150, n. 1978; Schauenburg 1974, p. 175, fig. 44; TrendallCambitoglou 1978, p.211,n. 8/147
160.4. Anfora panatenaica apula a figure rosse Argilla beige, vemice ner lucente, sovraddipinture in bianco e giallo, hem 59. Napoli, Museo Archelogico Nazionale. Inv. 81734 (= Heyd. 2253) Attibuito al Gruppo della Pelike di St. Louis seguaci del Pittore di Felton 3703604.
Integra. Orlo sbreccato, vernice nera serostata in alcuni punti. Decorazione accessoria: sul collo, palmette e fiori di loto in nero, pseudo-baccellatura, fila di punti gialli; sul corpo, la scena figurata è delimitata inferiormente da un meandro interrotto da riquadri con linee incrociate. Lato A: al centro, è raffigurata una stele, compostada basee pilastro, sulla cui sommità & poggiato un cratere a volute a figure nere baccellato nella parte inferiore. A sinistra è raffigurato un giovane nudo, seduto sulla propria clamide, che ha una lancia nella destra e una corona nella sinistra che sembra stia offrendo al
Fig. 627. 160.2. Corazza a tre dischi di tipo sannitico (Foto Archivio Soprintendenza Archeologica di Napoli e Caserta, rielaborata dall’Autore)
monumento funebre. A destra è un uomo nudo stante, con clamide avvolta intorno. al braccio sinistro, che ha un bastone nella sinistra e una phiale con offerte nella destra che sta poggiando sul monumento. Lato B: due giovani ammantati con bastone nella destra Bibliografia: Fenicia 1840, p. 167, n 5; Heydemann 1872, p. 241, n. 2253; TrendallCambitogiou 1978,p. 179,n. 7109, tav. 59,4; Lohmann 1979, p. 232, A 479; Megole Hellas 1983,p. 697, fig. 718.
160.5. Hydria apula a figure rosse Argilla beige, vernice nera lucente con rifessi metallic, sovraddipinture in bianco. hem 39, Napoli, Museo Archeologico Nazionale. 693
Sul corpo, al centro, è una donna, con chitone e stephane radiata sulla testa, seduta sul basamento di un monumento funebre sormontato da una colonna con capitello ionico. La donna, rivolta verso sinistra, accarezza un'oca poggiata sulla sua gamba destra, A destra, è una giovane donna, stante, con chitone manicato, che porta una phiale con le offerte. A sinistra, è un erote piegato in avanti e con corona nella sinistra, che allunga la mano destra verso loca. Bibliografia: Heydemann Cambitoglou 1979, p. 233,
Fenicia 1840, pp. 167-168,n. 6; 1872, p. 267, n. 2347; Trendall1978, p. 139, n. 685; Lotmann A491, tav. 1.1.
160.6. Phiale apula a figure rosse. Fig. 628. 160.3. Cratere a mascheroni apulo a figure rosse del Pittore di Atene 1714 (375-350 a.C): Orfeo presso i Traci (Foto dell'Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica di Napoli e Caserta) Inv 81800(= Heyd 2347). Attibuita al Pittore di Karlsruhe B 9, seguace del Pittore di Tarporley. 38037020.
Integra. Lievi scrostature nella vernice. Piede profilato, corpo ovoidale, spalle oblique, collo cilindrico, orlo svasato e revoluto, anse a bastoncello impostate orizzontalmente sul corpo. Decorazioneaccessoria: sull’orlo, motivo a linguette; sul collo, tralcio di edera sinistrorso, motivo a linguette. La scena figurata è delimitata inferiormente da un meandro altemato a riquadri incrociati Sotto le anse, palmette c girali. 694
Argilla beige, vernice nera lucent con riflessi metallic, sovraddipintura in bianco c giallo bcm 10; diam. cm 39. Napoli, Museo Archeologico Nazionale. Inv. 82038 (= Heyd. 2574), Attribuita al Pittore dellIiouperss 3703602.
Integra, manca solo la parte superiore di un bottone, Disegno piuttosto danneggiato, diverse scrostature della vernice. Piede profilato, vasca espansa, orlo ribattuto, anse a maniglia attaccate verticalmente, crestate, con tre bottoni plastici alla base, bianchi sulla superficie superiore. Base risparmiata. Margine esterno dell’orlo: motivo ad ovuli su una banda risparmiata; sotto l'orlo, sul corpo, banda risparmiata; sotto le anse, palmette e girali. La scena figurata è delimitata inferiormente da un meandro interrotto da riquadri incrociati. Nell'intemo, superficie a vernice nera. Lato A: al centro, è una donna (Arianna?), seduta su una grande sedia
(cassa?), di profilo a sinistra, che sta guardando indietro verso un uomo (Dionisio?), seminudo, con clamide che gli copre le gambe, che ha nella sinistra un lungo bastone che allunga scherzosamente verso la donna che lo afferra con la sinistra, mentre con la destra annuncia il risultato del gioco della morra che stanno conducendo. In alto, è un piccolo erote in volo che abbassa la destra cercando di porgere ad Arianna la corona. A sinistra è una donna stante, con chitone, con corona nella destra abbassata e ventaglio nella sinistra, che sta guardando la scena. Lato B: sono raffigurati tre personaggi che corrono verso destra. A destra, è una donna, con chitone e tirso nella sinistra, che si volge indietro verso un uomo nudo, con clamide sulle braccia e tirso nella sinistra, che la rincorre; dietro l’uomo segue un satiro con situla nella destra € una torcia accesa nella sinistra. Bibliografia: Fenicia 1840, pp. 168-169, n.7; Heydemann 1872, p. 339, n. 2574; Schneider. Hermann 1977, p. 120, n. 206; TrendallCambitogloa 1978, p. 199, n. 8/64 160.7. Pelike sovraddipinta monocroma Argilla rosata, vernice nera spessa e appena lucente, sovraddipinture in rosso, illo, bianco th. cm 39,5; ire. cm 778. Napoli, Museo Archeologico Nazionale Inv. 81367 (= Heyd. 2362) Produzione apula Seconda metà del IV secolo aC
Integra. Lievi sbreccature nell'orlo; qualche scrostatura della vernice. Basso piede profilato, corpo ovoidale, spalle arrotondate, collo cilindrico a profilo concavo, orlo svasato e revoluto con risega inferiore, anse a bastoncello impostate verticalmente sulla spalla e
Fig. 629. 1604. Anfora panatenaica apula a figure rosse con scena di culto presso una tomba (da Megale Hellas 1983, fg. 718).
orizzontalmente sul collo. Decorazione accessoria: sul collo, in alto, corona di foglie di lauro, con puntini în rosso scuro, che ha al centro una palla in tinta arancione; sotto, tre file verticali di palline; sotto le anse, palmette con altri motivi geometrici e fiori. Lato A: al centro, busto femminile di tre quarti a sinistra. Il collo è ornato da una collana a doppio giro in giallo con duplice zona di pendagli; capigliatura riccioluta resa con sottili pennellate, in gradazione dal bianco al giallo, che 695
Fig. 630. 160.5. Hydria apula a figure rosse attribuita alla cerchia del Pittore di Karlsruhe B 9: scena di culto presso una tomba (Foto dell'Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica di Napoli c Caserta).
incomicia la fronte ed è coperta nella parte posteriore dalla cuffia con nastri svolazzanti. Sotto la figura si stende una foglia stilizzata, probabilmente di acanto, in rosso scuro, con striature in nero: la foglia è disposta come la collana, si solleva ad arco alle estremità e ricade ai due lati verticalmente. A sinistra, è una figura alata, nuda, inginocchiata sulla gamba destra poggiata sulla foglia e con Ja sinistra distesa, con la quale offre una phiale con offerte. A destra, sul fondo, è un fiore a calice in rosso-scuro, con 696
semi gialli ed un quadrifoglio giallinomarrone. Lato B: donna seduta su una panca, di profilo a sinistra, che ha una cassetta nella destra e una corona nella sinistra. Sopra di lei, all'altezza del collo del vaso, una lunga sciarpa con uno specchio al centro.
Bibliografia: Fenicia 1840, pp. 169-171, n. ἃ; Heydeman 1872, p.270,n-2362; Rocco in CVA Napoli IV E (parte prima},p 5, tv. 47.14
Figg. 631-633. 160.6. Phiale apula a figure rosse del Pittore dell'lioupersis:tondo interno; esterno, latiA e B (Foto dell'Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica di Napoli e Caserta). 697
ANS
NO ΝΣ
Fig. 634. 160.7. Pelike sovraddipinta monocroma: latiA e B (da CVA Napoli IV, tav. 47, 1-2).
160.8. Lekane apula a figure rosse Argilla beige, vemice nera ducente, sovraddipinture in bianco. hem 19,5; diam. cm. 29,5. Napoli, Museo Archeologico Nazionale. Inv. 82198 (= Heyd. 2302) Attribuîta al Pittore dell iouperss 370-360 ac.
Integra. Lievi sbreccature dell'orlo e sul pomello del coperchio; vernice nera evanida in alcune parti. Basso piede profilato, vasca espansa; coperchio con 698
pomello da presa; anse a nastro impostate orizzontalmente. Decorazione accessoria: sul coperchio, intorno al pomello da presa, meandro ad onda. Sul coperchio: è raffigurato Dioniso seduto, seminudo, con clamide che gli copre le gambe, con Kantharos nella destra allungata c tirso nella sinistra; di fronte a lui è una menade stante verso sinistra, con oinochoe nella destra, che ha la testa rivolta indietro verso Dioniso e con la sinistra allungata verso di lui. Dietro Dioniso, sul terreno, è
un kalarhos, segue una menade stante, con sciarpa nella destra e piatto nella sinistra, rivolta verso un satiro, con piede destro sollevato e tirso nella destra abbassata. Dietro il satiro, in corsa verso sinistra, è una menade con tirso nella destra e situla nella sinistra, rivolta indietro verso un giovane satiro che la insegue con un piccolo bastone. Dietro il giovane satiro, in corsa verso destra, è una menade con testa rivolta indietro, con spada nella destra e cerbiatto nella sinistra; a terra è un tirso a cui è annodata una benda. Bibliografia: Fenicia 1840, p. 171, n. 9; Heydemann 1872, pp. 254255, n. 2302; “Trendall-Cambitogiou 1978, p. 198, n. 848,
160.9. Oinochoe attica a figure rosse Argilla arancio, vernice nera lucente con riflessi metallic. hem. 16. Napoli, Museo Archeologico Nazionale. Inv. 81566 (7 Heyd. 3088). Attribuita al Beazley al Gruppo del Ragazzo Grasso (Fat Boy Group”) 400-375 a.
Integra. Lievi sbreccature sul labbro e nel piede; qualche scrostatura della vernice sul labbro. Basso piede a disco, corpo ovoidale, spalle arrotondate, collo tronco-conico a profilo concavo, bocca trilobata, ansa a nastro sormontante. Decorazione accessoria: sulla spalla, motivo ad onda. Sul corpo, al centro, è raffigurata una testa femminile, di profilo a destra, con copricapo di tipo orientale decorato con punti neri, ad imitazione della pelle di un animale felino (testa di Arimaspo?), tra due protomi di grifo. Bibliografia: Fenicia 1840, p. 172, n. Us Heydemann 1872, p. 465, n. 3088; Beszley 1963,p. 1492, n.2.
Fig. 635. 160.8. Lekane apula a figure rosse del Pittore dell'lioupersis (Foto Archivio Soprintendenza Archeologica di Napoli e Caserta),
160.10. Oinochoe attica a figure rosse Argilla arancio, vernice nera lucente con riflessi metallici. bem IS Napoli, Museo Archeologico Nazionale. Inv. 81563 (= Heyd. 3072) Attribuita dal Beazley al Gruppo del Ragazzo Grasso (“Fat Boy Group" 400-375 aC.
Integra. Orlo sbreccato, vemice nera scrostata in alcuni punti. Basso piede ad anello, corpo ovoidale, spalle arrotondate, collo tronco-conico a profilo concavo, labbro trilobato, ansa a nastro sormontante, decorata all’attacco del labbro con una testa di leone a rilievo. Decorazione accessoria: alla base del collo, meandro ad onda. Decorazione figurata: al centro, giovane atleta stante, con clamide pendente dal braccio destro, che ha uno strigile nella destra tra due uomini ammantati. 699
Figg. 636-637. 160.9. Oinochoe attica a figure rosse del Gruppo del Ragazzo Grasso (400-375 a.C.) testa di Arimaspe tra due protomi di grifo (Foto dell'Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica di Napoli e Caserta) Bibliografia: Fenicia 1840, pp. 172-173, n. 12; Heydemann 1872, p. 461, n. 3072; Beazley 1963,p. 1486,n. 79.
160.11. Lekythos a figure nere tipo Pagenstecher Argilla beige, ingubbiatura arancio, sovraddipintura in bianco. hem. 16. Napoli, Museo Archeologico Nazionale. Inv. 81287 (= Heyd. 2776) Produzione pestana. 360.350 a.C. 700
Lacunosa, manca parte del collo e il bocchello; sbreccature nel piede; scrostature nella venice. Piede a disco, corpo piriforme. Decorazione accessoria: sul corpo, ai lati, palmette e girali. Sul corpo: è raffigurata una donna seduta, con chitone orlato da strisce bianche e con cintura, stephane radiata sulla testa, rivolta a destra, con tralcio di vite nella destra abbassata e specchio nella sinistra. Bibliografa: Fenicia 1840, pp. 173-174,n. 17; Heydemann 1872, p.387, n. 2776; Patroni 1897, . 12, fg. 75; Hurschmann 1997,p. 145, Il, 123
ieg. 638-639. 160.11. Lekythos a figure nere pestana tipo Pagenstecher (Foto dell'Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica di Napoli e Caserta). 160.12. Vaso cantaroide sovraddipinto monocromo Argilla rosata, | vemice | nera lucente, savraddipinture in ross. hem 127. Napoli, Museo Archeologico Nazionale. Inv, 80800. Metà del IV secolo a.C.
Integro. Orlo sbreccato, piede scheggiato; vernice scrostata in diversi punti. Basso piede a disco profilato, corpo ovoidale, orlo estroflesso, anse a nastro sormontanti angolose e rilevate superiormente. Decorazione: sotto l'orlo, fila di linguette; sul corpo, dall'alto in basso, linea continua, meandro, fila di punti, linea continua.
Bibliografia: Fenicia 1840, p. 175, m. 23: Rocco 1942, tav. 1,2; Rocco in CVA IV E, p. 4, 100.455. 160.13. Guttus a vernice nera Argilla nocciola, vernice nera lucente con riflessi metallici hem 82: diam. cm 105. Napoli, Museo Archeologico Nazionale. In, (62). Metà del IV secolo a.C. Forma Lamboglia 45; vicino alla forma Morel 8173
Integro. Lievi sbreccature sulla superficie superiore. Piede a disco sagomato, dal corpo a disco, concavo verso il centro e con baccellature 701
sulla spalla; ansa anulare, a nastro, impostata, dritta, sulla spalla. Su un asse perpendicolare a quello dell'ansa si apre, sulla spalla, un beccuccio sagomato a protome di leone con criniera formata da piccole linguette incise. La vascaè chiusa da un coperchio a disco con pomello a bottone tondeggiante e con appendici interne, per una chiusura di sicurezza. Il vaso è interamente verniciato. Bibliografia: Fenicia 1840, p. 174, n. 19; Rocco in CVA Napoli IV E, p. 11, tav. 23,12,
160.14. Kylix campana a figure rosse Argilla rosata, vernice nera lucente, sovraddipinture in bianco. h. cm 55; diam cm 14, Napoli, Museo Archeologico Nazionale. Inv. 82519 (= Heyd. 2684) Attribuitaal Gruppo Bryn Maw P 123, cerchia del Pitore di Capua, 360-350.
Integra. Piede profilato, | vasca espansa, anse a bastoncello. Decorazione accessoria: sotto le anse, palmette e giral All'interno è raffigurata una Nike che sta per sacrificare un agnello. Lato A: giovane seminudo, seduto di profilo a sinistra, con clamide che gli copre le gambe, che ha una phiale con offerte nella destra. Lato B: donna seduta, di profilo a sinistra, vestita con chitone, che ha una cassetta nella sinistra. Bibliografia: Fenicia 1840, p. 173, n. | Heydemann 1872, p. 368, n. 2684; Trendall 1967, p.370,n. 368, tov. 141,8, 160.15. Oinochoe sovraddipinta monocroma Argilla rosta, venice nera lucente con riflessi metallic. hem 30. 702
Napoli, Museo Archeologico Nazionale. Inv. 82698. Me del IV secolo aC.
Integra. Sbreccature sull’orlo, vernice nera scrostata in alcuni punti. Piede ad anello, corpo ovoidale, collo troncoconico a profilo concavo, labbro trilobato, ansa a bastoncello costolata, sormontante, terminante all'attacco del labbro con una testa di serpente a rilievo. Decorazione accessoria: alla base del collo, meandro; sul corpo, la scena figurata è delimitata inferiormente da due linee parallele; sotto l’ansa, palmette c girali. Decorazione figurata: erote stante, di profilo a sinistra, con corona nella sinistra, raffigurato mentre gioca con un cigno, col bastone nella destra. Bibliografia: Fenicia 1840, pp. 172-173, n.12; Rocco in CVA Napoli II, IV, E, parte prima,p. 5, tav. 50,1
160.16. Skyphos campano a figure rosse Argilla rosata, vemice nem lucente, sovraddipinture i bianco. hem 19. Napoli, Museo Archeologico Nazionale Inv. 82765 (= Heyd. 878) Attribuit lla cerchia dl Pitore di Parish 360-350 2€.
Integro. Anse riattaccate, orlo sbreccato, vernice nera scrostata in alcuni punti. Piede ad anello, corpo ovoidale, orlo estrflesso, anse a bastoncello impostate sull’orlo. Decorazione accessoria: sull'orlo, fila di ovoli; sul corpo, la scena figurata è delimitata inferiormente da un meandro interrotto da riquadri con linee incrociate; sotto le anse, palmette e girali. Lato A: due guerrieri affrontati. Il guerriero di sinistra è vestito con corta
Fig. 640. 160.12. Vaso cantaroide sovraddipinto monocromo (da CVA Napoli IV, tay. 45,5).
Fig. 641. 160.13. Guttus a vernice nera con becco configurato a testa di leone (da CVA Napoli I, av. 23,12)
Fig. 642, 160.14. Kylix campana a figure rosse della cerchia del Pittore di Capua (da Trendall 1967, tav 141,8).
Fig. 643. 160.15. Oinochoe sovraddipinta monocroma (da CVA Napoli II, tav. 50,1)
Fig. 644. 160.16. Skyphos campano a figure rosse della cerchia del Pittore di Parrish (da Trendall 1967, tav. 101,1). 703
tunica, ha la clamide avvolta intorno al braccio destro, ha lo scudo nella destra 8 una lancia nella sinistra. Il guerriero a destra ha una corta tunica, elmo a pileo sulla testa, lancia nella destra e scudo nella sinistra. Lato B: due giovani ammantati, uno dei quali con lancia nella destra. Bibliografia: Fenicia 1840, p. 174, m. 20; Heydemann 1872, p. 50, n.878; Trendall 1967, p.253,n.2/180, tav. 101,1
160.17. “Paterapiù piccola con coperchio a due figure ornamentali” Bibliografie: Fenicia 1840, p. 172, n. 10
160.18. “Preféricolo (Oinochoe) più piccolo ornato” (sovraddipinto policromo) Bibliografia: Fenicia 1840, p. 173, n. 13.
160.22. "Urna ornata con suo coperchio: non è decorata questa che di quattro acce umane; cioè due sull'urna e due nel coperchio” Bibliografia: Fenicia 1840, p. 174,n. 21
160.23. “Urnettaconcoperchio solamente Sregiato” (sovraddipinta policroma) Bibliografia: Fenicia 1840,p. 174, n.2 .
160,24. "Urna grande olliforme con ben eseguita copritura" “È questa fittile; ma l'é così formata
che fa credere essere metallica. Il colore bronzino, addutto forse dalla cottura, influisce parimenti a farla così credere”. Bibliografia: Fenicia 1840, p. 175,n. 24.
160.25. “Due paterelle nere” (a vernice nera)
160.19. “Patera piccola con manichi, ornata di due figure ornamentali”
Bibliografia: Fenicia 1840,p. 175, n.25
Bibliografie: Fenicia 1840, p. 173, n. 15.
160.26. "Urnetta nera" (a vernice nera) Bibliografia: Fenicia 1840,p 175,2. 26.
160.20. “Ben eseguita paterina o giarletta, orlata nel labbro interno di un elegante fioreggio; e nella parte esterna decorata di cinque figurine, una delle quali è equestre” Bibliografia: Fenicia 1840,p. 173,n. 16. 160.21. “Lacrimale (Lekythos) piccolo ornato, ma affatto logoro ed alterato nella vernice bibliografia: Fenicia 1840,p. 174,n. 18. 704
160.27. “Giaretta nera" (a vernice nera) Bibliografia: Fenicia 1840, p. 175, n. 27. 160.28. Gurus a vernice nera nera scanalato con rilievo Bibliografia: Fenicia 1840, p. 175, n. 28.
1609. "Quattro paterine mere" (a vernice nera)
840,p. 175, 0.29.
160.34.
“Giaretta
rotta, — rustica"
(Skyphos)
160.30. "Ollicino nero" (a vernice nera) Bibliografia: Fenicia 1840,p. 175, n.30.
160.31. "Quattro piccoli acerri” Bibliografia: Fenicia 1840, p. 176, n.31.
Bibliografia: Fenicia 1840, p. 176, n.34 = di 160,35. "Tre vasellini rustici" Bibliografia: Fenicia 1840, p. 176, 35. 160.36. "Lucerna rustica” Bibliografia: Fenicia
160.32. “Candelabro di ferro, ma di legantissima fo forma” elegantissima
Bibliografia Fenicia 1840,p. 176, n.32.
160.33. “Patera rustica elucubrata à sempulo a canale" (Mortaio acromo) Bibliografia: Fenicia 1840,p. 176,n. 33.
1840, p. 176, n. 36.
160.37. “Frammenti di pezzi di dardo
a iaculo, altri frammenti di ferro, come un avanzo di sesespita, sul di cui manico restano ancora visibili fibrosi frammenti del legno che ne formava il fornimento, dardi, treppiedi, lance" Bibliografie: Fenicia 1840, p. 176, n. 37.
161-162 — Tombe rinvenute in Via Oberdan (zona sud-occidentale)
Durante dei controlli di alcuni lavori di sbancamento, effettuati nel corso della primavera del 1997, nella zona sud-occidentale del centro urbano, sono state individuate in via Oberdan due sepolture, poste a breve distanza l'una dall'altra e orientate in direzione. NS. La tomba 1 (Tomba 161), priva di parte del lastrone di copertura e già depredata, è del tipo a fossa scavata nel banco roccioso calcareo naturale e rifinita lungo i bordi da due filari sovrapposti di lastrine. La struttura, interamente rivestita di argilla giallastra, era ricolma di pietrame e frammenti ossei. Sul fondo, in parte inseriti nello strato dî argilla, si trovavano alcuni frammenti in bronzo e ferro, due dei quali relativi a delle fibule, e numerosi frammenti ceramici di età ellenistica, fra cui alcuni pertinenti ad un piatto a vernice rossa e ad una brocchetta con decorazione a fasce. La tomba 2 (Tomba 162), il cui materiale è di poco più antico rispetto alla precedente sepoltura, è costituita da un sarcofago in tufo, inserito in un anfratto del banco roccioso, di dimensioni di m. 1,26 x 0,60 e profondità di m. 0,65. La sepoltura conteneva la deposizione di un individuo adulto in pessimo stato di conservazione, con il corpo adagiato lungo il lato ovest ed il cranio a sud. Il corredo, in parte danneggiato dalla pressione del lastrone di copertura, lesionato dall'escavatore al momento del ritrovamento, è composto da una quarantina di reperti, databili nella seconda metà del IV secolo a.C. Tra questi prevalgono numericamente i vasi a vernice nera, tra i quali è presente un guttus con medaglione, 705
Fig. 645. 161-162. Corredi delle Tombe 161 e 162 (da Riccardi 1998, tav. XI, 1-2). 706
decisamente ripetitivi nelle forme, associati ad un cratere a campana a figure rosse, ascrivibile alla tarda produzione apula, raffigurante sul lato principale un giovane nudo, con clamide pendente dal braccio sinistro, che cammina verso destra con cassetta nella sinistra e corona nella destra. Notevole è anche la presenza di alcuni vasi decorati a fasce € motivi vegetali ("stile misto”); va notata, fra questi ultimi, la presenza di un piccolo kothon di imitazione corinzia e di due grandi olle stamnoidi dalla forma inconsueta, chiaramente derivata dal repertorio della ceramica geometrica peucezia. Completano il complesso tre lucerne, due pentolini rituali ad impasto ed infine alcune fibule in ferro, rinvenute in posizione centrale sul fondo del sarcofago. All’estemo di quest'ultimo, inoltre, lungo il lato est, si trovavano invece alcuni frammenti di un cinturone in bronzo, con ganci muniti di attacchi a palmetta, da riferire con ogni probabilità ad una precedente deposizione. I materiali non si sono potuti visionare, perché in corso di studio per una pubblicazione da parte della dott.ssa Riccardi, Ispettore Archeologo della Soprintendenza, responsabile degli scavi di Ruvo, pertanto si rimanda, per la documentazione fotografica, alla rivista della Soprintendenza Archeologica della Puglia “Taras”, nella quale sono pubblicate le foto dei due corredì**°.
163 — Tomba rinvenuta su Corso Gramsci angolo Corso E. Carafa (già “Strada Nuova” nel Fondo del Buccettolo) Da un complesso intreccio di notizie, desunte dai documenti dell" Archivio Storico del Museo di Napoli e da quelli dell" Archivio di Stato di Napoli, nonché da un manoscritto del canonico Ursi sulle scoperte archeologiche più importanti effettuate a Ruvo e da alcune pubblicazioni ottocentesche™®, si apprende che, nel marzo del 1835, Antonio e
Vincenzo Cervone™ rinvennero in un giardino di proprietà del Rubini, a pochi passi dalle mura della città, precisamente nella «Parte meridionale dello Stradone che corre nella parte occidentale della città, nel fondo del Buccettolo», una grande tomba con un ricco corredo. Al momento di penetrare nel sepolero, gli scopritori si accorsero che esso era stato già parzialmente depredato dagli scavatori clandestini, dei piccoli oggetti preziosi, in oro e vetro, di cui erano rimasti dei minuti frammenti. La sepoltura restituì comunque vasi di grandi dimensioni e di eccezionale qualità che, in seguito, furono acquistati dai collezionisti Antonio Pizzati e Carlo Lamberti e venduti nell'agosto del 1835, assieme ad un più vasto lotto di ceramiche figurate, al Real Museo Borbonico per la somma di ottomila ducati. Del ricco complesso facevano parte cinque grandi vasi, un cratere a 20 RICCARDI 1998, p. 47, ta. XI, 20 ASNA, MPI, Busta 331, Fasc. 44: “Real Museo Borbonico. Acquisto di dodici vasi dal Sig. Carlo Lamberti e dal Cav, Pizzat, Descrizione sommaria” (anno 1835); ASSAN IV B 11, Fasc, 45: “Vasi antichi figurati, con i corrispondenti disegni, acquistati da’ Sigri Pizati e Lamberti" (anno 1835). Verbale di consegna del 17 agosto 1835; SANCHEZ 1835, pp. 254-258; URst 1835,pp. 101-104; Ust 1836 a, pp.213-221; DOCUMENTI INEDITI IV, 1880, pp. 105-114; PRISCO 1996, pp. 114-115. 7^ La notizia sui nomi degli scopri e sulla data dl rinvenimento si apprende in Uns! 1836 a, p. 221 e indicea p. 370: «Sepolcro trovato dai Sig ri Antoni, e Vincenzo Cervone nell'Orto dè Signori Rubini fo. 213. 707
volute, tre anfore di tipo panatenaico ed un deinos, tutti attribuibili alla mano del Pittore di Dario o alla sua cerchia, ben riconoscibili sia nelle descrizioni del canonico Ursi sia in quelle del Sanchez. Dalla memoria manoscritta dell'Ursi si apprende che la tomba era stata scoperta a circa 16 palmi di profondità (= m. 4,25) ed era stata interamente scavata nella roccia.
Per quanto non sia del tutto chiara la descrizione della tipologia costruttiva, si può comunque ipotizzare che si tratti di una tomba a grotticella o più probabilmente di una tomba a camera scavata nella roccia, come nei grandiosi ipogei canosini. Certamente, l'eccezionale qualità di quella parte del corredo vascolare scampata al saccheggio, ma soprattutto la complessità e la coerenza del programma decorativo in esso svolta, ovvero la ricorrenza di temi persiani, di scene di ratto, nonchè di temi dionisiaci, suggerisce come la grandiosa sepoltura fosse destinata ad un individuo facente parte dell'aristocrazia peucezia della seconda metà del IV secolo a.C., a quest'epoca permeata, come nella meglio conosciuta Canosa, della più raffinata cultura greci 163.1. Cratere a volute apulo a figure rosse Argilla rosas, vernice nem _ lucente, sovraddinpinture in bianco e gallo. h. em 130; diam, orlo cm 60. Napoli, Museo Archeologico Nazionale (già collezione Pizzati-Lambert) Inv. 81667 Attibuito 340-330aC.
Rotto forse in antico e quindi riparato mediante grappe in piombo. Attualmente ricomposto da numerosi frammenti; estese lacune integrate in polifilla; manca parte dell’ansae la volutadisinistra. Piede a disco, collo del piede tronco-conico, corpo ovoidale, spalle oblique, collo cilindrico a profilo concavo, orlo svasato € revoluto. Decorazione accessoria: sull'orlo, fila di ovoli, palmette in giallo che si altemano a palmette in nero rovesciate; sul collo, meandro ad onda, testa femminile, di tre quarti a sinistra, tra fiori a calice e tralci vegetali; sulla spalla, pseudo-baccellatura; sul corpo, la scena figurata è delimitata inferiormente
da una fila di linguette, teoria di Arpie, poste frontalmente, meandro interrotto da riquadri con linee incrociate; ventre baccellato; sul piede, fila di ovoli, cavalieri su cavalli in corsa verso sinistra, meandro ad onda. Lato A: sul collo, è raffigurato Helios su quadriga che insegue Eos, anch'esso su quadriga, sulla quale figura Tithonos che è stato appena rapito. Sul corpo, alla presenza di alcune divinità si svolge una battaglia fra Greci e Persiani, “le Amazzoni”, che hanno dato al vaso il ‘suo nome convenzionale. Al centro della composizione spicca il gruppo costituito da un cavaliere greco barbato, rivestito di una corazza dorata, interpretato come Alessandro Magno, che insegue una quadriga, su cui è attualmente visibile il solo auriga, probabilmente quella di Dario III Codomano. Lato B: sul collo, sono raffigurati Pelope e Ippodamia in fuga, inseguiti dal padre di lei, Enomao, accompagnato dall'auriga Mirtilo. Sul corpo: vi è
% Usi 1835,p. 101: «Descrizionedi alcuni Vasi talo-Greci ritrovati in un sepolero scavato n un ortolizio di questo Sig. Rubini in poca distanza dallatual fabbricato della Città di Ruvo, e propriamente verso il Mezzogiorno dell'attuale Stradone, alla profondità di circa sedeci palmi, ed incavato nl asso». 708
raffigurata una rara versione del ratto di Koredaparte di Ade, permeatadi credenze orfiche (Amelung 1892; Schauenburg 1955, p. 43; Metzger 1967): nel registro inferiore, in corrispondenza dell’ampia lacuna centrale, era la quadriga con i fuggitivi, preceduta da Hermes ed Hekate; al centro dell'assemblea di divinità del registro superiore, è Demetra che sale sulla quadriga di Helios, per mettersi alla ricerca della figlia, mentre nel registro mediano sono raffigurati alcuni personaggi armati, interpretati come Coribanti, cui, in questa versione del mito, era stato affidato il compito di vegliare sulla faciulla. Sul piede del cratere è una teoria di cavalieri in corsa. La frammentaria scena centrale del lato A/ è stata interpretata come lo scontro tra Alessandro Magno e Dario III Codomano, sulla scorta di altri due vasi, fra cui l'anfora inv. 81951, da questa st tomba, entrambi della cerchia del Pittore di Dario. La scena viene considerata una creazione autonoma (Giuliani 1984; Trendall-Cambitoglou 1982, p. 483 e segg), o rapportata alla grande pittura: alla tradizionale identificazione. dell’archetipo con la megalografia di Philoxenos di Eretria, conservataci dal grande mosaico della Casa del Fauno di Pompei (Heydemann 1883; Holscher 1973), Paolo Moreno ha contrapposto quella con alcune delle opere di Apelle, basandosi anche — sull’associazione, presente sull’anfora di Napoli, con il corteggio dionisiaco, rappresentato dal celebre pittore di corte sul carro funebre di Alessandro. Per ovviare alla difficoltà costituita dall’anomala rappresentazione di Alessandro, barbato e con l'elmo, si è ipotizzato che, nell'ignoranza dell'iconografia del condottiero macedone in Occidente (Trendali-Cambitoglou
Fig. 646. 163.1. Cratere a volute apulo a figure rosse del Pittore di Dario (340-330 a.C). Lato A: raffigurazione della battaglia di Isso combattuta tra Greci e Persiani nel 331 a.C. (da Archeo98, 1993, fig. a p. 11)
1982), il pittore abbia fatto ricorso al tipo di ritratto in uso per i sovrani (Holscher 1973) o per gli strateghi (Giuliani 1977; Stewart 1993,p. 153). L'interesse del Pittore di Dario per la campagna di Alessandro in oriente va probabilmente letto come un'eco della propaganda macedone in Apulia, divenuta teatro delle imprese di Alessandro il Molosso, zio del famoso condottiero. 709
Figg. 647-649. 163.1. Cratere a volute apulo a figure rosse del Pittore di Dario (340-330 a.C). Particolari degli scontri tra Greci e Persiani raffigurati sul lato A (da Archeo Monografie 1, 1996, fig. a p. 56; da Moret 1975, tav. 82,1; da Archeo Dossier 34, 1987, fig. a p. 58) 710
Bibliografia: Sanchez 1835, pp. 254-258: Ursi 1835, pp. 101-102; Braun 1836, pp. 114-115: Sanchez 1836, pp. 26-28; Ursi 1836, pp. 213215; Heydemann 1872, p. 591-592, n. 3256; Moret 1975,pp. 181-183,n. 100, tav. 81, 1-2, 82, 1-2,83, 1; Trendall-Cambitoglou 1982,pp 495-496, n. 18/40, tav. 1762, cui si rimanda per la precedente bibliografia; Giuliani 1984, p. 27, fig. 2: LIMC I , 1984, sx "Aphrodite", p. 131, n. 1378;p. 134,n. 1406; LIMO II, 1986, sx. "Erinys", p.888,n. 107; iv, s. "Eos" p. 775, n. 283; LIMC IV, 1989, sw. “Hellas”, p. 626, 1.6; LIME VI, 1992, sv. "Myrtilas" p. 695,n. 16; Villanueva-Puig 1989, p. 287, fig 4; Acllen 1994,p. 207, n. 40 e p. 214, n. 96; Prisco 1996, pp. 114-115,n. 10.1; Gadaleta-Roscino-Sisto 2003, pp. 465-466, Ap 178, cui si rimanda per. un'altrire bibliografia.
163.2. Anfora panatenaica apula a figure rosse Argilla beige, vemice nera sovraddipinture in biancoc giallo hem 97; diam. oro em 27. Napoli, Museo Archeologico Nazionale (già collezione Lambert-Pizzati). Inv. 81951 (- Heyd. 3220), Atribuitaal Pittore di Dari. 3403304.
Ricomposta da numerosi frammenti; lacune integrate in gesso, Decorazione accessoria: sull’orlo, tralcio vegetale con rosette; sul collo, fila di palmette e fiori di loto, fila di ovoli; sulla spalla, sotto la scena figurata, palmette incorniciate, ovoli; sul corpo, la scena del registro superiore è delimitata da una fascia al centro della quale è una testa femminile, di tre quarti a destra, tra tralci vegetali e fiori a calice; la scena del registro inferiore è delimitata da una baccellatura che occupa il ventre dell'anfora; sotto le rali e palmette. Lato A: sulla spalla, Boreas, il re del vento del nord, rapisce la giovane Oreithyia, figlia del re attico Fretteo. Sul
Fig. 650. 163.1. Cratere a volute apulo a figure rosse del Pittore di Dario (340-330 a C.). Lato B: scontri tra Greci e Persiani (da Moret 1975, tav.83,1).
corpo, nel registro superiore, un cavaliere barbato, rivestito da una corazza dorata (Alessandro Magno), insegue con una lancia nella destra una quadriga, guidata da un’auriga; su di essa si trova un personaggio volto all’indietro che, per il ricco abbigliamento di tipo orientale e per la tiara è stato interpretato come un sovrano (Dario III Codomano). A destra si svolge una monomachia tra un Greco n
Figg, 651-652. 163.2. Anfora panatenai apula a figure rosse del Pittore di Dario (340-330 a.C.) Lato A c particolare del registro superiore: scontro tra un Greco e un Persiano, interpretato come lo scontro tra Alessandro Magno e Dario III (Foto Archivio Soprintendenza Archeologica di Napoli e Caserta).
€ un Persiano. Nel registro inferiore si svolge, senza soluzione di continuità, una scena di gineceo. Al centro, donna seduta con un cigno sulle gambe; a sinistra, di fronte, erote stante con cassetta; dietro l’erote, una donna seduta con tamburello ed una donna stante con cassetta aperta. A destra, dietro la donna seduta, donna stante con ventaglio e mantello nella sinistra, che appoggia la destra sulla spalla della donna seduta; dietro di lei, uomo nudo, seduto sulla clamide, con phiale nella destra e un erote stante con benda e cassetta nella destra. Lato B: sulla spalla, testa con berretto frigio, sorgente da un fiore a calice, tra due figure femminili danzanti. Sul corpo, nel registro superiore, corteggio dionisiaco di satiri e due menadi danzanti; al centro della scena è il carro di Dionisio e Arianna trainato da due pantere. Dietro di loro, 72
menade cha sta tirando per un braccio un uomo nudo (Agave e Penteo?), menade danzante. Davanti al carro, satiro con tirso e due menadi danzanti. Nel registro. inferiore si svolge la scena di gineceo del lato precedente. Al centro, donna seduta con cassetta tra le mani; dietro donna stante con cassetta e ventaglio, uomo nudo seduto sulla clamide, donna stante con bastone nella destra. A destra, davanti alla donna seduta al centro, erote stante con specchio nella destra, donna seduta con ramo bifido nella destra, uomo nudo stante con corna nella destra. Bibliografia: Sanchez 1835, p. 260; Ursi 1835, pp. 102-103; Sanchez 1836, p. 29; Uni 1836, pp. 216-217; Heydemann 1872, pp. 502-506, n. 3220; Trendall-Cambirogiou 1982, pp. 484485, n. 18/47; Moreno 1987, p. 153e p. 196; Aellen 1994, pp. 115-116; LIMO II, 1986, s "Boreas", p. 138, n. 65; Alessandro Magno 1995, po. 239-240,n.31; Pisco 19960,p. 115, n. 102
163.3. Anfora panatenaica apula a figure rosse Argilla beige, vemice nem sovraddipinture in bianco e giallo fi cm 101; diam. orlo cm 28, Napoli, Museo Archeologico Nazionale (già collezione Lambert-Pizza Inv. 81953 (= Heyd. 3219). Attribuita αἱ Pittore di Dari. 3403302.
Ricomposta da numerosi frammenti; lacune integrate in gesso. Decorazione accessoria: sull'orlo, tralcio vegetale con fiori; sul collo, palmette e fiori di loto; sulla spalla, testa femminile di prospetto, sorgente da un fiore a calice, tra fiori e tralci vegetali; sulla spalla, motivo a squame, corona di edera con rosetta centrale, fila di ovoli; sul corpo, la scena del registro superiore è delimitata da un meandro continuo; ventre baccellato. Lato A: nel registro superiore è raffigurata la scena della follia di Licurgo. Dopo il sacrificio, a terra sono i resti di un animale smembrato, Licurgo, armato di bipenne, minaccia la moglie, che si rifugia presso l’altare su cui è la statuadî una divinità, mentre il figlio Dryas cerca di trattenere l’eroe impazzito. Al di là dell’altare una Furia guarda minacciosa in direzione di Licurgo; ai lati tre menadi ballano alla presenza di Dioniso € Arianna seduti. Nel registro inferiore si svolge senza soluzione di continuità una scena di gineceo. Da sinistra a destra, erote seduto su clamide con phiale nella sinistra, donna stante, vestita con chitone e himation e gomito destro appoggiato a un pilastrino, con specchio nella destra e cassetta aperta nella sinistra. Dietro di lei, donna seduta intenta a suonare la lira; di fronte, uomo nudo, stante, con clamide sulla spalla sinistra e strigile nella destra, che sembra ascoltare la
Fig. 653. 1632. Anfora panatenaica apula a figure rosse del Pittore di Dario (340-330 a C.). Lato B: Dioniso e Arianna circondati da satiri e menadi (Foto Archivio Soprintendenza Archeologica di Napoli e Caserta).
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cammina verso sinistra, con cassetta nella destra e ramo di ulivo nella sinistra, seguita da un uomo nudo con clamide sulle spalle Bibliografia: Sanchez 1835, pp. 259-260; Uni 1835,p. 103; Sanchez 1836, pp. 29-30; Ursi 1836,pp. 218-219; Heydemann 1872, pp. 499502, s. 3219; Trendall-Cambitogiou 1982, p. 497, n. 18/45, tav. 178,2; LIMC VI, 1992, p. 312, n. 20, x. “Lykourgos I’; iv, p. 326, n. 11,5x. “Lyssa”; LIMO II, 1986, p.489,n. 798, 5) "Dionysos" AelleII, 1994, p. 207, n. 4; Prisco 1996, p. 15, . 10.3; Gadilet-RoscinoSisto 2003, pp. 469-470, Ap 184, ου si rimanda per n ulteriore bibliografia
1634. Anfora panatenaica apula a figure rosse. Fig. 654 163.3. Anfora panatenaica apula a figure rosse del Pittore di Dario (340-330 a C.). Lato A: nel registro superiore, pazzia di Licurgo (da Moret 1975, tav. 90,1).
Argilla beige, vemice onem ducent, sovraddipinture in bianco e illo. Βα cm 101; diam. oro em. 27 Musco Archeologico Nazionale (già ne Lambert-Pizzati) ἴων. 81942 (= Heyd. 1769). Attribuita αἱ Pittore di Dario 340-330ac
donna che sta suonando la lira. Dietro di lui, donna seduta con fiore a calice nella destra, donna stante con tamburello nella destra. Lato B: nel registro superiore, è raffigurato Helios su quadriga, alle cui spalle sono due figure femminili stanti, di cui una con ventaglio. Davanti alla quadriga vola una Nie, che reca una benda a Poseidon, seduto; a terra, un cane lotta con un serpente. Nel registro inferiore, si svolge senza soluzione di continuità una scena di ginccco. Da sinistra a destra, uomo seduto con bastone nella sinistra, a cui è annodata una corona, donna seduta con cetra nella destra, rivolta indietro verso un erote seduto con tamburello nella destra. Dietro l'erote, donna che
Ricomposta da numerosi frammenti, lacunosa. Varie sbreccatureescheggiature, decorazione figurata evanida in diversi punti. Decorazione accessoria: sull’orlo, tralcio vegetale; sul collo, palmette, fila di ovoli, raggi; sulla spalla, motivo a squame, palmette incomiciate, fila di ovoli; sul corpo, tra i due registri, fascia con testa femminile di prospetto tra tralci vegetali; la scena del registro inferioreè delimitata da un meandro continuo; sotto le anse, palmette e girali. Lato A: nel registro superiore, Pan seduto; erote in volo, con phiale; su una quadriga in movimento verso sinistra, uomo nudo (Laio) che sorregge un fanciullo nudo (Crisippo), rivolto indietro; Afrodite seduta, rivolta verso un
na
vecchio (pedagogo), stante e con bastone, nell’attegiamento dell’aposkopein; tra i due, erme femminile sulla cui base è appoggiato un lagobolon; in alto, erote in volo. Nel campo: in alto, festoni e quattro stelle; in basso, rami di lauro e un cane che attacca un serpente. Nel registro inferiore sono raffigurati sei donne e due giovani presso una fontana. Lato B: nel registro superiore sono raffigurati Dioniso, menadi e Pan. Nel registro inferiore, giovani e donne presso un louterion. Bibliografia: Sanchez 1835, p. 260; Ursi 1835, pp. 103-104; Ursi 1836 a, pp. 219.220; Heydemann 1872, pp. 94-97, n. 1769; Séchan 1926,p.317, fig. 92; Trendall Webster 1971, pp. 83-84, n. 13,17; Trendall-Cambitoglou 1982, Sisto c 49, n 18/48; Gadaleta-Roscino p.484 2003, Ap 176, con ulteriore bibliografia
163.5. Deinos apulo a figure rosse Argilla beige, vemie nem sovraddipiniure in bianco e gallo ti. cm 49; diam, orlo em 33,2. Napoli, Musco Archeologico Nazionale (già collezione Lamberti-Pizzati). ἴων. E1668 (= Heyd. 2903). Atribuito al Pittore di Dari.
Ricomposto da numerosi frammenti. Base dal piede tronco-conico sagomato alla base, fusto cilindrico sagomato a profilo concavo, orlo estrofleesso e revoluto. Sulla base poggia il deinos: piede ad anello, corpo globoso, spalla arrotondata, orlo a profilo. concavoconvesso, estroflesso e revoluto. Decorazione accessoria: sull’orlo, ovoli; sulla spalla, pseudo-baccellatura; sul corpo, ovoli; inferiormente la scena figurata è delimitata da un meandro interrotto da riquadri con linee incrociate.
Fig. 655, 1633. Anfora panatenaica apula a figure rosse del Pittore di Dario (340330 a.C). Lato B: Helios su quadriga (Foto Archivio Soprintendenza Archcologica di Napoli e Caserta)
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Figg. 656-658. 163.4. Anfora panatenaica apula a figure rosse del Pittore di Dario (34 Lato A: ratto di Crisippo (Foto Archivio Soprintendenza Archeologica di Napoli e Casert
figurata: senza soluzione è raffigurata una corsa di quadrighe. Sul piede: tralcio di edera. L'esemplare è confrontabile con un altro deinos della cerchia del Pittore di Dario, dall’ipogeo Varrese (Trendall-Cambitoglou 1982, p. 506, n. 106, tav. 182,1). Bibliografia: Sanchez 1835, p. 260; Ursi 1835, p. 104; Sanchez 1836, p. 31; Ursi 1836, p. 220; Heydemann 1872, p. 437, n. 2903; Spinazzola 1928, tav. 200; Trendal-Cambitoglou 1982, p. 499; Prisco 1996, p. 115, n. 104.
Fig. 659. 163.5. Deinos apulo a figure rosse del Pittore di Dario (340-330 a.C.). Corsa di quadrighe (da Spinazzola 1928, tav. 200).
164 - Tomba rinvenuta in Corso E. Carafa nel Fondo del Buccettolo (già “Stradone a Mezzogiorno” 0 “Strada Nuova 11 raffronto tra un complesso intreccio di notizie, contenute in alcune pubblicazioni ottocentesche, in una memoria manoscritta del canonico Giacomo Ursi*?, dedicata alla storia della città di Ruvo, in alcuni documenti conservati negli Archivi di Stato di Napoli e di Bari, nonché nell’ Archivio Storico del Museo di Napoli, ha permesso di ricostruire le circostanze del rinvenimento del celebre cratere a mascheroni con la raffigurazione della morte di Archemoro e di attribuire al medesimo contesto alcumi vasi noti da tempo nella letteratura archeologica, ma accomunati solo da una generica provenienza ruvestina e accostati fra loro per i temi iconografici trattati Le fonti sono pressochè concordi circa le caratteristiche strutturali della sepoltura. La testimonianza più vicina nel tempo è quella fornita dal Panofka, il quale riferisce che nell'aprile del 1834 si rinvenne a Ruvo un magnifico sepolcro, contenente oggetti preziosi P PANOFKA 1834, pp. 164-165; BRAUN 1835,pp. 193-203 e 1836, pp. 93-96; GERHARD 1836, pp. 256-258; SANCHEZ 1835, pp. 248-259 e 1836, pp. 11-23; BULL. [vsr. 1837, pp. 83-84 e 1840, pp. 188-189; RUGGIERO 1888, pp. 564 e 567. 3 G, Urs, Ricerche storiche sullorigine ed antichità di Ruvo, 1835, pp. 91-100. 717
e raffinati che evidenziavano l'appartenenza della tomba ad un personaggio illustre e di
alto rango sociale". È il Braun, successivamente, a riprendere l'argomento fornendo le
dimensioni della tomba in palmi napoletani (22 x 11 x 7) ¢ la descrizione della struttura. A sua volta, il canonico Ursi, riprendendo integralmente una relazione del padre Federico Laviola, offre preziose indicazioni sia sul luogo di rinvenimento che sui fregi dipinti e sul tipo di copertura della tomba. Tali indicazioni concordano nel segnalare il rinvenimento nel settore sud-occidentale della città, all’inizio della nuova grande strada, aperta immediatamente fuori le mura, denominata «Stradone Meridionale», tra la proprietà del Cilienti eil Monte della Pietà, dirimpetto al «Luogo delle Beccherie» (oggi via E. Carafa). La struttura era formata da grosse lastre di tufo e le pareti interne presentavano uno strato di intonaco lucido ad imitazione del marmo ed erano dipinte con motivi fioreali, palmette ed arabeschi racchiusi tra due fasci di linee parallele di vari colori (celeste, rosso € giallo). La volta era composta da vari lastroni di pietra calcarea di forma rettangolare, posti orizzontalmente e poggianti su travi di legno di cui si osservavano gli incassi lungo le pareti laterali”. Probabilmente, il crollo della copertura aveva provocato la rottura dei vasi posti all'interno della tomba che furono, infatti rinvenuti in stato frammentario, ma che vennero restaurati, come conferma l'Ursi, in modo esemplare e con grande maestria?” Come si sarà potuto notare, la fonte della memoria manoscritta dell'Ursi e della relazione del Braun è costituita da una memoria del Laviola. Il Braun, infatti, per i suoi articoli si basava sugli scritti e sulle memorie inviate all’Instituto di Corrispondenza Archeologica dal reverendo Padre Federico Laviola, un canonico ruvese che insegnava presso le Scuole Pie di Ruvo e autore di numerose memorie sui rinvenimenti archeologici, avvenuti a Ruvo negli anni 1834-1837; il Laviola, infatti, spediva puntualmente tali relazioni a Roma perché venissero pubblicate nel “Bulletino dell Instituto". Su queste memorie si fondavano gli scritti degli studiosi del Instituto e, in particolare, proprio quelli
™PANOFKA 1834, pp. 164-165: «Nel mese di aprile del 1834 sirinvenne a Ruvo un sepolcro di straordinaria grandezza e magnificenza, e in questo i imennero oggetti i grande pregio e raffinatezza che dimostrano ed evidenziano che era la tomba di un illustre personaggio... BRAUN 1835, pp. 193-194: «Nel mese di Aprile del corrente anno milleottocentotrentaguattro si rinvenneun sepolcro magnifico... Lungo palmi 22, largo palmi 11, profondo palmi sett, era interiormente intonacato a guisa di marmo, ed egregiamente dipinto di palmette, ornati, fori ed arabeschi tra fasce colorate celeste, rosso e giallo. Eraformato da grosse lapidi di o di figura rettangolare combaciant senza malta... Considerando che il palmo napoletano era uguale a cm 26,5 le misure corrispondenti erano le seguenti: m 5,83 x 291 x 1,85. 7? Unsi 1835, p. 91: «Nell'Aprile del corrente anno mille ottocento trentaquattro si invenne nel descritto luogo un sepolcro, la di cu straordinaria grandezza, e mognificenza, ed i pregiatissimi oggetti, che racchiudeva dimostrano ad evidenza, che era la tomba di molto illustre Personaggio. Lungo palmi 22, argo palmi undeci, e profondo palmi sete: era interiormente intonicato a guisa di marmo, ed egregiamente dipinto di ornati, ed arabeschi. Molte lapidi di pietra calcarea di figura rettangolare poste orizzontalmente, ne congegnavano la volta, e queste dovavano sostenersi su travi di legno, dà quali se ne osservava l'incasso lungo li muri lateral...» # Ursi 1835, pp. 91-92: «interamente consunti dal tempo quei massi rovesciarono sulle sottoposte stoviglie, che perciò si sono ritrovate in pezzi stai però riuniti da mano industiosa, e maestrevole, che lungi dall'adoprare la menoma impostra, ed artfico, fa fedelmente rilevare le varie parti quali si rinvemnero, ed il loro accozzamento, ed in tal modo oprando si sono ottenuti li seguenti oggetti, che per la lor sorprendente mole, per Le forme venustissime, per la rarità dè soggetti, per la nitidezza delle iscrizioni, e perlo squisitisimo disegno, e colorito superano di gran lunga quanti mai se ne sono dissoterrati finora». 718
del Braun? che, in alcuni casi, presentavano dei tagli quando l'argomento mostrava un
contenuto meno tecnico e più di commento estetico e di esegesi delle immagini vascolari e dei miti; relazioni, invece, che erano riprese integralmente dal canonico Ursi nella sua memoria, come si può constatare dalle sue relazioni circa if rinvenimento della “Tomba delle Danzatrici” e dell'ipogeo con tre stanze del "fondo del Capitolo”. Per quanto riguarda la composizione del corredo e la successiva spartizione tra i rinvenitori, le notizie risultano altrettanto complesse e molteplici, tant'è vero che tra le fonti vi sono alcune discordanze. Il primo a dame una notizia preliminare è il Panofka, che cita solo due vasi, quello con la morte di Archemoro e la loutrophoros con Tereo e Filomela, di cui viene data una brevissima descrizione, e che lo stesso riferisce essere stati trovati in frammenti con altri preziosi oggetti". Una notizia più completa la fornisce il canonico Ursi”, quando riferisce che il corredo era composto anche da altri oggetti, oltre che dal
cratere a mascheroni con la morte di Archemoro e dalla outrophoros con Apate, Tereo € Filomela, individuabili dai loro nomi iscritti e sui quali, però, si sofferma a lungo nel commento e nell'interpretazione del mito, dando alla sua opera un taglio più estetico ed esegetico che tecnico, come negli scritti del Laviola. L’Ursi accenna sommariamente anche agli altri oggetti che avrebbero fatto parte del corredo: due vasi dorati (un’oinochoe trilobata un calice decorati con scanalature), un’anfora panatenaica, una hydria con coperchio,una patera di vetro dipinta, mancante di una quarta parte, e una patera a figure rosse". Infine
ricordache «lisopraddetti oggetti degni dè piùinsigni Musei di Europasonostati qui ritrovati, ed ora visibili in Napoli sopra il Ponte di Chiaia Strada S. Teresella dè Spagnoli numero 42 secondo piano in casa del Signor Cavaliere Lamberti»*", noto antiquario napoletano.
RAUN 1835, pp. 193-203; BRAUN 1836, pp. 69-76, pp. 93-96, pp. 113-123, pp. 162-165; BRAUN 1837,pp. 17-19. 5 PANOFKA 1834, pp. 164-165: «Vaso a mascheroni all palmi cingue ed once re con settatadue figure... Su di undicipersonaggi viésritoilnomediciascuno.. Visivede un Tempio dorico in mezzoalqulesi vedono Euridice. espe... Anfarao.. 41di sono Archemare. Vaso ad incensere con.Apat...Terco. Filomena... > URS 1835, pp. 91-100: ease grandissimo d forma volgarmente detta a mascheroni, quale poggia su di un corrispondente leggiadro piede a levatoio; l'intera alteza del vaso insieme col piede à di palmi 5 ed once re. Si contano in tutto 72 figure.…Al davanti del vase su di undici personaggi vi è serio il nome di ciascuno, e ‘quasi ttt sono di prospetto. Nel centro viè un magnifico tempio sosterutoda quatro colonnedi ordine dorico, in mezzo del quale evi Euridice con 1 suo nome... fito lo sguardo al suolo è immersa n profonda mestiza. Alla sua destra, ed a lei rivolta con ambe le mani, ed in atto di parlare sta Jpsipile col soprascrito...d all sinistra Anfarao.… Al i sotto del tempio... ammira ἢ cadavere del fanciullo Archemore, che disteso su di un sontuoso lett, poggia il capo sopra due ben guarnit orilieri, ed è coperto dl petto alle ginocchia con ricca coltre di porpora, in alto si legge APXEMOPO. Non inferiore per merito d'arte, e per celebrità di stile è l'altro vase a profimiere detto volgarmente ad incensere.. Ha l'aez di palmi quatro e mezzo col coverhio..Vnt figure si ‘ammirano nell'uno, e nell'altro prospetto del vase, e quatro nel coverchio.... ΑΙ devant. una rappresentazione di 14 figure... Evi in allo Tere, che corre a cavallo a brigla sciota con l'iscriione….ha folta lunga barba truce lo sguardo, beret frigo ul capo... Due giovani seminudi guerrieri armati etrambi di doppia lana, ed amo tenerte la scure..D'inmanzí ali, ed i att di fermarlo vi è la frode simboleggiatada una figura muliebre.. 5% Usi 1835, p. 99: «Di somma importanza sono un boccale a nasiterno..ed un calice, ambidue di finissima argilla, ed interamente dorati, e lavorati a scamellatura. Non che una patera di vetro dipinta di ‘once dieci di diametro mancante quasi di una quarta parte. Vase a tre manichi col coverchio alto palmi tre del perimetro di palmi cinque con numero 21 figure. At a iromba alto palmi te %, massima periferia palmi cinque figure mumero 24. Patera del diametro di palmi due con deci figure». URS! 1835,pp. 99-100. 719
Più completa cdensa di particolari, è la descrizione della composizionedel corredo, fatta
dal Braun nel “Bullettino dell’Instituto’?7, il quale si sofferma a lungo sull’esposizione
e sull'interpretazione del mito dipinto sul vaso di Archemoro; indica poi con chiarezza, a differenza dell'Ursi, gli altri oggetti facenti parte de! corredo, vale a dire il vaso con Tereo e Filomela, un’anfora con Anfiarao, Euridice e Licurgo (la cui appartenenza al corredo della tomba contenente il vaso di Archemoro viene confermata anche dal Gerhard, în un articolo del 1836 stampato a Berlino? e nel "Bullettino dell Instituto” del 1840?” e, successivamente, anche dall’Heydemann™ nel catalogo dei vasi del Museo di Napoli),
un’hydria con il "giudizio di Paride”, due vasi dorati, una patera a figure rosse con 10 personaggi ed una patera di vetro dipinta. Inoltre, riferisce che gli oggetti, un tempo posseduti dal Lamberti, furono poi venduti al Real Museo Borbonico, Un ultimo riferimento sul rinvenimento è quello fornito dal Sanchez che descrive per sommi capi la struttura della tomba e i vasi, soffermandosi a lungo soprattutto sulle scene mitologiche raffigurate sul cratere di Archemoro, del quale spiega il mito, c sulla loutrophoros di Tereo e Filomela, mentre sugli altri vasi è meno prodigo di particolari**';
infine, aggiunge che i vasi in questione erano stati acquistati assieme ad altri dal Real Museo Borbonico in un lotto di 12 esemplari**?. Questa notizia concorda con l'articolo del “Giornale del Regno di Napoli” del 26 agosto 1835, riportato nella memoria dell’Ursi, nel quale si riferisce di un acquisto da parte del Real Museo Borbonico di un lotto di 12 vasi, descritti in maniera generica, in cui si possono riconoscere tre dei vasi provenienti da questa tomba: si tratta del cratere di Archemoro, della loutrophoros con Tereo e Filomela e dell'oinochoe in ceramica dorata?*", Gli altri vasi non si possono riconoscere
77 BRAUN 1835, pp. 193-203: «Fase grandissimo αἱ forma volgarmente detta a mascheroni quale poggia su di un.… Si contano in tutto 72 fgure…Su di undici personaggi v è scritto il nome di ciascuno...Nel centro vi è um magnifico tempio sostemuo...in mezzo al quale evi Euridice con il suo nome. iso lo sguardo αἱ suolo.Alla sua desra..staIpsiple col soprascrito.. ed lla sua sinisra Anfiarao...Al di sotto del tempio.si “ammira il cadaveredel fanciullo Archemere....Non inferiore... È l'altro vase a profiniere detto volgarmente ad incenire..i veda manoscritto Unsi...D somma importanza sono un boccale a nasierm.. ed un calice dorati. Non che una patera di vero dipinta. Vase a tre manichi col coperchio. con numero 21 fiure..Nel centro ewi Paride seduo..'innarzi a hi è Mercurio. sotto è il cane di Paride... lla sinistra di Mercurio è Giunone...Atro vaso a tromba con 24 figure... centro ew Licurgo..che sta parlando con Anfarao... Alla. destra di Anfarao ew Euridice seduia..collo sguardo fis al suolo e volto mesto.. » 7" GERHARD 1836, pp. 257-260, 0.8 7 GERKARD 1840, p. 188, 10. 7?" HEYDEMANN 1872, p. 89-91 e bibliografia. 2" SANCHEZ 1835, pp. 248-259: cArchemoresul letto di morte ed Ercole negli Ort Esperia. Il vaso che rappresenta queste due favole. di quei deti a mascherone con base a levtojo; exo è dell'altezza di palmi cinque e ire once, e. Visi osservano settantuno figure Fu dissotrrato a Ruvo nell'aprile dello scorso anno. 1834, con alr bei vasi ed oggetti preziosi, in n sepolcro lungo polmi ventidue, largo undici, profondo sette Esso era formato di lrghe lastre di petra calcare, l'interno era intonacato a guisa di marmo, e vagomente dipinto d'ormati e d'arabeschi..Dentro un edificio vedasi il cadaver del fanciullo Archemore col suo nome scritto. 2° SANCHEZ 1835, p. 260; Savez 1836, p.23: «uti quest vasi, come quell che rappresentano la motedi Archemore, e combattimento delle Amazzoni, ed aliri dodici, sono stati acquistati dal Museo Borbonico.» λ URSI 1835, pp. 141-144: «Un altro vaso alto palmi cinque ed un oncia per palmi due, once si di diametro, presenta seianir figure divise in diversi compartiment, ed è ornato di greche iscrizioni, che spargono luce sui sogget delle rispettive composizioni. In n altro vaso a guisa di incensere, delalezza di palmi quatro per once tre di diametro, sono efiite venticinque figure di purissimo disegno e i si leggono 720
e manca, inoltre, il calice dorato di cui non si ha più traccia. Infatti nell’ Archivio Storico del Museo di Napoli, come pure nell’ Archivio di Stato di Napoli, si conserva l'atto di acquisto da parte del Real Museo Borbonico, per la somma di 8000 ducati, di un lotto di 12 vasi figurati, di cui uno proveniente da Nola, mentre i restanti sono detti provenire da Ruvo: di tali vasi esiste un verbale di consegna, con la descrizione dettagliata dei preziosi reperti, accompagnato dai disegni degli stessi***. Tra questi, figurano i vasi provenienti
dalla tomba rinvenuta nell'aprile del 1834: dalla descrizione si riconoscono il cratere con la morte di Archemoro, la loutrophoros con Apate, Tereo e Filomela, l'anfora di tipo panatenaico con Licurgo, Euridice e Anfiarao, l’ydria con il giudizio di Paride, la phiale a figure rosse e l’oinochoe dorata, tra l’altro accompagnati dai numeri dell'Heydemann aggiunti a matita dal Macchioro quando, agli inizi del 1900, lo stesso riordinò l'archivio storico del Museo, Notizie più circostanziate circa l’attività di scavo del Lamberti a Ruvo e, in particolare, sulle vicende di questo rinvenimento si recuperano dalle relazioni c dai documenti prodotti dalla Commissione dei Regi Scavi di Ruvo. In una lettera firmata da Bemardo Caprioli, Ispettore per gli scavi di antichità della provincia di Bari, risulta in effetti che Carlo Lamberti, in società con l’ex sindaco di Ruvo Francesco Del Bene e con altre persone, sotto la protezione del Segretario Generale Petitti, aveva aperto uno scavo abusivo nel sito detto “Il Buccettolo”, presso le mura della οἰτιλ55. Approfittando della momentanea assenza del Lamberti, l'ex sindaco avrebbe svuotato nottetempo tutti i sepolerî rinvenuti, portando in casa sua «tutti i migliori vasi ed una cesta di oggetti d'oro massiccio» (tra cui figura persino «un'aquila d'oro.
95.
Lo stesso avrebbe
sottratto da un sepolcro «celeberrimo», scavato precedentemente (cioè quello oggetto dello studio in corso), vasi di alabastro ed altri oggetti di pregio, vendendo poi al Petiti «le graste in questo sepolcro rinvenute, pel miserabile valore di 20 ducati; e questi dopo tre greche iscriioni.... Un aro vaso detto Nasiterno, alto palmo uno, ed once due, e mezza per due terzi di paliodi diametro è scannellato nella piancia, ed era tito coperto di dorature, come scorgest in qualche parte ben conservata. Se alri vasi, e patere di varia dimensione offrono. Questi dodici momumenti...Conchiuse Te analoghe trattative e, sborsatosi con Sovrana autorizzazione il prezzo convenuto; si è disposto, che 1 vasi ‘anzidetti venissero subio trasportati al Real Palagio degli Stud. SM ASSAN IV B 11, Fascicolo 45: “Vasi acquisari da Pizzati e Lambert. Vasi antichi figurati con i e Lamberti (1835). Verbaledi consegna del 17 agosto 1835; corrispondenti disegni acquistati dai sg. Pzzai BORRIELLO 1996, pp. 224 e 228, nota 16; ASNA, MPI, Busta 331-Fasc. 44: "Real Museo Borbonico. Acquisto di dodici vasi dal sig. Carlo Lamberti e dal Ca. Pizati, Deserizione sommaria” © CAPRIOLI 1837 in RUGGIERO 1888,p. 564 e p. 567: lettera del 10 agosto 1837, riportata integralmente in ASSAN V A-6, fas. 16, 9» CAPRIOLI in RUGGIERO 1888, p. 567: «in questo Comunedi Ruvo nell'anno 1835 sotto a protezione del Segretario Generale Petit fu aperto uno scavo abusivo intorno alle mura del paese dal Sig. Lamberti di Bari e dall'ex Sindaco di Ruvo Sig. Del Bene e da alri. Questi ebbero la fortuna di ritrovare un gruppo di sepolcri i iù belle ricchi de sepolcr grec, e come il ig. Lambert si trovava assente, il Sindaco svuotò notte tempo detti sepoleri ed asportàin casa sua bello e prezioso tesoro ivi contenuto. Misi ice che a Lamberti e Petit fu di graste rotte condotta in Bari da Michele Lorusso sopranomato S. Antonio e che tutti spedita una sola vettura i migliori vasi ed una cesta di oggetti d'oro massiccio e di squisitssimo lavoro furono portat in casa di detto ex Sindaco, il quale ancora deve tenerli nascosti, dacchè non ha guari ha fatto vedere una aquila d'oro massiccio dell'altezza forse più del palmo al Sig. D. fisico Raffaele Riccardi; come lo stesso ha asserito in presenza del capitano D. Michele Caputi edel Can. D. Saverio Mastrandrea»; BORRIELLO 1996, p. 224. 721
averli accozzati in vasi, vendette i vasi risultanti al Real Museo per ducati 7000 e tra questi vi è quello della morte di Archemore»®*?. In questa lettera viene omesso, saltando
molto probabilmente un passaggio fondamentale, che il possessore dei vasi venduti al Museo Borbonico era stato Carlo Lamberti, come, invece, viene confermato da tutti gli altri documenti in possesso gia citati, quali il verbale di consegna dei vasi del 17 agosto 1835, la memoria manoscritta dell’Ursi, le testimonianze del Sanchez e quella del Braun. Inoltre, nella stessa corrispondenza dell’Ispettore Caprioli, risulta che facevano parte del corredo anche «quattordici teste di terracotta, vasi di alabastro ed oggetti di cristallo elegantissimi», posseduti, come è stato già esposto, dall'ex sindaco di Ruvo Del Bene?** e
di cui si è persa ogni traccia. Dalla medesima lettera del Caprioli si apprende che tra i vasi rinvenuti in tale sepolcro ve ne era uno straordinario c «celeberrimo che fu comprato dal fu D.Giulio Jatta ducati mille, il quale vase fu sottratto nell’anno scorso (1836 ?) dalla ricerca del sig. Intendente»®*; anche Salvatore Fenicia, in un suo scritto afferma che nella
tomba furono trovati numerosi oggetti preziosi, tra cui un anello di oro massiccio!” Poiché nell'acquisto del Museo di Napoli sono elencate anche delle "patere", è possibile ricollegare questa notizia con quella fornita da una lettera del 1843 di Salvatore Fenicia, Presidente della Commissione dei Regi Scavi di Ruvo, conservata nell’ Archivio di Stato di Bari”, in cui si dice che, nel 1835, G. Jatta avrebbe dato 1000 piastre al Lamberti per l'acquisto di un vaso, «forse il più bello di quanti mai se ne sono trovati»??? ,
Si specifica, inoltre, che questo vaso fu trovato nella stessa tomba all'interno della quale si rinvenne il vaso di Archemoro e che lo stesso rappresenta Penteo che sta per essere sbranato dalle menadi: che si tratti della patera n. 1617 del Museo Jatta, sembra quanto
meno plausibile??. Resta, dunque, da chiarire il motivo per cui questo vaso non sia
stato venduto al Real Museo Borbonico. L'episodio si può spiegare ipotizzando che il Lamberti, trovandosi in quel periodo a Ruvo, avesse venduto questo vaso a Giulio Jatta, probabilmente dietro indicazione del fratello Giovanni, prima di portare con sé a Napoli gli altri vasi e venderli al Real Museo Borbonico. 9 CAPRIOLI in RUGGIERO 1888, p. 567: «Dappiù essendasi da questo Comune invenuto in uno scavo Jortuito un celeberrimo sepolcro prima di questo scavo, il detto ex Sindaco. .per sé quattordici teste ed alcuni vas d'alabastro ed altri oggetti i cristallo elegantssim, i quali furono portati in casa sua da Pasquale Sedone serviente comunale, e quindi vendette al Sig. Pett le grast in questo sepolero invemute pel miserabile valore di ducati ent; e questi dopo averli accozzati in vasi, vendette vasi risultanti al R. Museo per ducati settemila: e tra questi vasi i è quello della morte di Alchemore...; BoRBIELL0 1996, p. 225. 2CAPRIOLI in RUGGIERO 1888, p. 567; BORRIELLO 1996,p. 224 Caro in RUGGIERO 1888,p. 567: «Debbo anche farle conoscere che ra questi vasi ivola ve n'è uno celeberrimo che fu comprato dal fu D. Giulio Jatta ducat ille, il quale vase fu sottratto nell'anno scorso dalla ricerca del Sig. Intendente..v; BUCCI 1994, p.74; ANDREASSI 1996, p. 120; BUCCI 2001, p. 100. 2% FENICIA 1840, p. 140 7 ASBA, MSA, Busta 5, fascicolo 106, lettera del 18 aprile 1843. Pr FENICIA 1843, letera del 18 aprile 1843: «Al tempo in cui furono rinvenuti molti oggetti antichi dal Sig. Lamberti, ne furono occulti moltidi oro irai quali si novera un anello massiccio dello stesso metallo, ‘ed un vaso forse il più bello di quanti mai se ne sono trovati, in cambio del quale un Giulio Jatta avrebbe dato mille lastre; i vaso si invenne nel sepolero del vaso della morte di Archemore e rappresenta Penteo sbranato dalle Baccanti. 20 JATTA 1869, pp. 903 e sg. 72
Dalle indicazioni ricavate dai documenti citati, risultano dispersi la patera di vetro dipinta, mancante di una quarta parte, il calice dorato, le quattordici teste di terracotta e, infine, gli altri oggetti di alabastro e di vetro. La patera di vetro potrebbe probabilmente, con molta cautela, identificarsi con la patera del Museo di Napoli, inv. 11522, che è detta provenire da Canosa, dall’ipogeo Lagrasta, ma che, in tutte le guide del Museo di Napoli, più o meno contemporanee all’epoca della scoperta della tomba, è attribuita a Ruvo™ II calice dorato viene venduto solo nel 1841 per la somma di 800 ducati al Real Museo Borbonico insieme ad atri vasi, tra cui il famoso cratere con Oreste a Delfi, come conferma il verbale di acquisto del museo del 9 febbraio 1841, il quale specifica che il materiale proviene dagli scavi condotti dal Lamberti tra il 1834 e il 1835,
Le caratteristiche strutturali della tomba, le sue dimensioni ragguardevoli, nonché l'eccezionale qualità, complessità e coerenza del programma figurativo e decorativo, desumibili dalle scene dipinte sul corredo ceramico superstite, sono elementi che inducono a sottolineare la rilevanza sociale del defunto. Le dimensioni notevoli (m. 5,83 x 2,91 x 1,85) avrebbero potuto indurre a classificare la sepoltura come una tomba a camera ma, prestando una particolare attenzione alla descrizione della copertura o della volta, recuperata proprio grazie alle notizie fornite dal canonico Ursi, si intuisce che ci si trova di fronte ad una tomba del tipo “a semicamera”.
164.1. Cratere a mascheroni apulo a figure rosse Argilla depurata beige, vertice nera, al tonio, sovraddipinture in bianco e giallo 5; diam. piede em Napoli, Museo Archeologico Nazionale (già collezione Lamberti Pizzati. Inv. 81934 (= Heyd. 3255). Attributo αἱ "Pitore di Dario" 340-330.
Ampiamente ricomposto e integrato soprattutto nel lato destro del corpo; ridipintura moderna sul lato A. Sulle volute, arilievo, teste femminili diademate. con orecchini a ghianda e capelli di colore rosso o nero, diverso sui lati A c B; sulla spalla, teste di cigno plastiche. In A, sotto l'orlo, ovoli, palmette e fiori di loto, tralci con una sirena al centro; in B, ovoli, tralci di vite, corimbi e rosette. Sul piede, tralci
e girali con busti di Nikai che sbocciano da fiori Lato A: sul collo, in alto, è una Nike tra cespi floreali; al di sotto, è raffigurata la gara di corsa di bighe tra Pelope che ha rapito Ippodamia ed Enomao che insegue la coppia insieme allo scudiero Mirtilo. Sul corpo, è raffigurata la celebrazione dei funerali di Archemoro. In alto, al centro, è raffigurato un edificio con colonne ioniche, la reggia di Nemea, al cui interno sono presenti il principe Licurgo, la moglie Euridice e la nutrice Ypsipyle, che con la propria distrazione ha causato la morte del piccolo Ofelte, divorato da un drago. Nel registro inferiore è raffigurato il funerale del figlio della coppia principesca, che, dopo la morte, sarà soprannominato, dall'eroe tebano Anfiarao, Archemoros (traduzione letterale: predecessore della morte). Il
> MILANESE 1996,p. 147, nota 21 e p. 159, n. 11.38 D8 ASSAN IV B 1I-Fasc. SI: “Vasi acquistati da Carlo Lambert nel 1841, provenienti dali scavi di Ruvo”. Lettera del 9-2-1841 723
Fig. 660. 164.1. Cratere a mascheroni apulo. a figure rosse del Pittore di Dario (340-330 aC). LatoA: Archemoros sul letto di morte (da Mit greci 2004, fig. 99 a)
cadaveredelgiovane Archemoro &esposto, disteso, sul letto funebre. Accanto a lui, il vecchio pedagogo con il nome iscritto c un’ancella con il parasole; presso di lui è un’altra ancella che lo sta preparando e che sta per porgli sulla testa una corona di alloro. Sulla destra incedono due offerenti con mense funerarie sulla testa. Ai lati della reggia, assistono alla scena divinità 74
quali Dionisio, Zeus e la personificazione della città di Nemea, e alcuni dei sette eroi del ciclo tebano: Euneos, Amphiaraos, Kananeys e Parthenopaios. Tutta la scena ricorda gli antefatti della fondazione, avvenuta in onore di Archemoros, dei giochi atletici Nemei. Tutti i nomi dei personaggi c del pedagogo sono indicati dalle iscrizioni Lato B: sul collo, sotto una serie di rosette, è una scena dionisiaca con Dioniso e Arianna, al centro, e i vari partecipanti al rhiasos: a sinistra, una menade con tirso e tamburello, a destra, giovane satiro con fiaccola e satiro con tirso e corona a cui sono appese delle bende. Sul corpo è raffigurata la scena di Eracle presso il giardino delle Esperidi dopo aver concluso le sue mitiche fatiche. In alto, al centro, è Atlante, barbato, che regge la volta celeste, mentre alla sua sinistra è Phosforos; a destra, è Helios su biga che si dirige verso il titano. Più in basso, è Athena, seduta, con lancia e scudo con gorgoneion, quindi una Nike con corona che si dirige verso Eracle, posizionato sotto Atlante, con clava e leontè, raffigurato mentre sta parlando con il gigante. Sotto, al centro, è un grosso albero carico di pomi, attorno al quale è avvinghiato un enorme serpente; a sinistra sono le Esperidi, di cui una, seduta su uno sgabello ed elegantemente vestita, ha in mano uno specchio, le altre due, in piedi, hanno in mano degli alabastra. A destra, sono raffigurate cinque donne con in mano fiori e corone. Il vaso è di grande interesse perché raffigura un rituale testimoniato in Grecia, sin dai tempi più antichi, dalla tradizione letteraria e da tante pitture vascolari, ma che in Magna Grecia ci è noto soltanto da monumenti piuttosto tardi e, per così dire, periferici. Si tratta del rito della prórhesis,
Fig. 661. 164.1. Cratere a masch ni apulo a figure rosse del Pittore di Dario (340-330 a.C.) Particolare della scena del lato A del cratere, con Archemoras sul letto di morte (da Megale Hellas 1983, fig. 721).
cioè l'esposizione del corpo del defunto che aveva luogo appena l'individuo aveva cessato di vivere: il defunto, steso sulla kline, era circondato da parenti, da donne piangenti e, talora, era presente anche un flautista; era il primo atto di pietà verso quest'ultimo. Il giorno dopo la morte, il corpo del defunto era lavato, rivestito degli abiti più belli e raffinati ed anche di una corona di foglie d'oro o di terracotta dorata o in altro metallo, come accadeva a Canosa, Egnazia e Taranto e veniva composto sul letto, talvolta sotto un baldacchino e protetto da un ombrello, con la testa poggiata su un cuscino ed i piedi rivolti verso la porta. Accanto al letto erano disposti vasi, solitamente di forma allungata e a collo sottile, come loutrophoroi e lekythoi, pieni di unguenti e profumi. Sopra i tavolini o a terra, erano appoggiati piatti con dolci — tanto che
Aristofane ricorda una focaccia con miele destinata ad accattivarsi Cerbero — offerte propiziatorie, oggetti cari al defunto; sulla porta era un grosso vaso d’acqua pura, per la purificazione rituale dei visitatori € dei parenti. Trascorso un certo periodo di tempo, il cadavere veniva portato alla tomba, accompagnato da parenti e amici € al rito potevano partecipare anche le donne. Pur se trasportato in un mondo mitico, il compianto per la morte del giovane Archemoro riflette in pieno la realtà quotidiana: anche qui al fanciullo steso sul letto, avvolto nel manto e con la testa protetta da un ombrello, vengono date dal pedagogo e dai servi offerte varie. Gli esempi più vicini per questo tipo di rappresentazione sono costituiti da un askés di Lavello e dalle pitture delle tombe di Paestum, dove risultano
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Fig. 662. 164.1. Cratere a mascheroni apulo a figure rosse del Pittore di Dario (340-330 a.C). Lato B: Atlante che regge il globo terrestre ed Fracle nel giardino delle Esperidi (da Miti greci 2004, fig. 99 b).
mumerose le rappresentazioni di questo rito. Certamente, la morte di Archemoro, raffigurata sul nostro vaso, ci fomisce la versione più completa della storia nella pittura vascolare ed è di particolare. interesse per l’identificazione, grazie alle iscrizioni, di molti dei suoi personaggi raffigurati, inclusa Nemea (come la 76
ninfa personificatrice del luogo dove si svolgevano gli eventi) e il vecchio pedagogo. È molto probabile che il mito raffigurato sia ispirato alla letteratura tragica greca, in quanto l'adozione di tali temi conosce, in quest'ultima fase della produzione apula, un impulso che rende stringenti le possibili relazioni con le rappresentazioni che localmente si apprestavano di quelle stesse tragedie. Appare, infatti, sempre più evidente il rapporto dei ceramografi e di alcune committenze indigene, non solo con evento letterario, ma anche con le sue rappresentazioni. La raffigurazione della morte di Archemoro sembra mostrare con il dramma euripideo, che Pittore di Dario sembra conoscere molto bene, un legame particolare, come appare evidente dalla raffigurazione del vecchio pedagogo, la cui presenza suggerisce una connessione con le rappresentazioni teatrali. Tale lettura è rafforzata dalla raffigurazione del palazzo al centro della rappresentazione dove è mostrato frontalmente, come una scenografia di fondo tipica delle rappresentazioni sceniche teatrali, forse ispirata all'Ipsipile di Euripide, una delle sue tante tragedie perdute. Bibliografia: Arch. Intligenabl 1834, p. 57 Panofka 1834, pp. 164-165; Arch. Inelligenzbl. (Braun) 1835, pp. 11 e seg,pp. 36-38 e seg; Braun 1835, pp. 193-203; Sanchez 1835, pp. 249-254; Ursi 1835, pp. 91-100; Abhandlungen. der Berner Akademi (Gerhard) 1836, pp. 251 e 388: Sanchez 1836, pp. 11-18; Gerhard 1840,p. 189, 10; Geshard 1842, pp. 256 sg; Heydemann 1872, pp. 584501, n. 3255, con ulteriore bibliografia; Ruggiero 1888, pp. 564 e 567-568; Ruesh 1908, pp. 475-476, n. 1960; Sechan 1926, p.361,fig 103; Schauenburg 1974, pp. 164-166, fig. 37; Trendal-Cambtoglou 1982, p. 496, n. 1842; LIMC II, 1984, su “Archemoros” 10 pl. 358; LIMO V, 1990, x. "Heroes" I812,pl 38; ‘Allen 1992, p. 95, 103-104, 120-121,139-140, 146, 148,212n. 86, pl 106-107; Labellate 2004, pp. 118-119, n. 99, fg. 99aeb,
164.2. Loutrophoros apula a figure rosse Argilla depurata beige, vernice nera lucente, sovraddipinture in bianco e giallo. R. em 92,5; circonferenza cm 94. Napoli, Museo Archeologico Nazionale (gi collezione Lambert-Pizat). Inv. 82268 (= Heyd. 3233). Attibuita al Pitore di Dario. 340-330 a
Piede a disco, collo cilindrico, fondo baccellato, corpo cilindrico, spalle oblique, anse a sigma con delfini impostate verticalmente sulla spalla, col ocilindrico, orlo espanso, svasato € revoluto. Sul coperchio: erote tra decorazioni floreali Sul collo, in alto, decorazione con motivo a rombi e punti; in basso, sotto una serie di rosette, bande rosse. Lato A: sulle spalle è raffigurato un erote che vola tra cespi floreali. Sul corpo, in alto, è raffigurato Tereo, con folta barba, sguardo truce e berretto frigio, che corre a cavallo a briglia sciolta e impugna una doppia lancia. Dietro di lui, due giovani guerrieri seminudi, con copricapo dietro le spalle, armati di doppia lancia, uno di essi ha in mano una scure (una bipenne?). Davanti a Tereo è Apate, vestita con un lungo chitone ed appoggiata ad una roccia, che cerca di fermarlo. In basso, sono raffigurati Procne e Filomela che si dirigono verso sinistra su due bighe, ognuna guidata da un giovane auriga. Le figure principali sono accompagnate dalle iscrizioni. Lato B: sulla spalla, è raffigurata una testa femminile di profilo rivolta a sinistra tra palmette. Sul corpo, è una figura femminile in piedi, vestita con un bianco chitone e con in mano uno specchio ed un ventaglio, raffigurata all'interno di un naiskos con colonne ioniche. A sinistra, sono una donna seduta con specchio un giovane nudo în piedi con benda e
tirso; a destra, un giovane nudo seduto con corona nella destra c una figura femminile in piedi Le scene ambientate nei pressi della tomba sono il motivo principale di gran parte dei vasi italioti, in particolare di quelli apuli, sui quali, a partire dal secondo quarto del IV secolo aC, ‘aumentano în maniera considerevole le cosiddette rappresentazioni di naiskoi. AI centro dell'immagine è raffigurata la tomba sotto forma di una costruzione aperta a colonne, una specie di piccolo tempietto, nel cui intemo appaiono uno o più defunti, a volte insieme a piccoli gruppi di parenti. All’interno del naiskos questi sono caratterizzati da un colore bianco che, probabilmente, ha un doppio significato: da un lato si rifà al colore chiaro della pietra, perciò le figure umane rappresentate assumono il ruolo di statue sepolcrali; dallaltro questo particolare colore isola le figure che rappresentano i defunti dalle altre figure umane che appaiono al di fuori della costruzione tombale. I viventi sono infatti rappresentati con la tecnica a figure rosse, cioè il colore della vita. È dunque
un preciso messaggio: si vuole separare il mondo dei morti da quello dei vivi. pittori dei vasi sepolcrali apuli hanno sviluppato un sistema ricco e significativo di simboli trasmettendoci l'idea della vita che si trasforma e dell’onnipresenza vivificante dei ricordi. Elementi importanti di questo linguaggio pittorico sono i molteplici doni dei visitatori della tomba, quali ghirlande di fiori, specchi, ventagli e recipienti di vario tipo. Alcuni di questi simboli, inoltre, come i grossi grappoli d'uva c le foglie d'edera, ma anche i timpani c soprattutto i tirsi in mano ai visitatori, rappresentati a volte nei vasi sepolerali del tardo periodo apulo, fanno m
Fig. 663. 164.2. Loutrophoros apula a figure rosse del Pittore di Dario (340-330 aC). Lato A: mito di Apate, Tereo e Filomela (da Aellen 1994, tav. 8).
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Fig. 664. 164.2. Loutrophoros apula a figure rosse del Pittore di Dario (340.330 a.C.) Lato B: figura femminile in un naiskos (Foto Archivio Soprintendenza Archcologica di Napoli e Caserta).
chiaramente riferimento al mondo di Dioniso che, in questo contesto, ricopre il ruolo di divinità dei misteri. Si nota subito che gli offerenti presso la tomba sono, senza esclusione, figure giovanili, sia uomini che donne. È evidente che non rappresentano le famiglie dei mort, in quanto non appaiono genitori o bambini Piccoli e mancano completamente espressioni di lutto, di lamento per il morto. Gli offerenti compiono il proprio servizio pietoso — così sembra — in tutta serenità. È possibile quindi che si tratti di una comunità misterica i cui membri si sentono accomunati dalla speranza di superare il terrore della morte e dalla speranzadiunasalvezzaeternadell'anima. Ciò non dovrebbe sorprendere perchè è proprio in questo periodo che il culto di Dioniso e le credenze escatologiche ed orfiche ad esso legate si radicano profondamente nelle ideologie religiose delle aristocrazie indigene. Bibliografia: Arch, Intlligencbl. 1834, p.51; Panofka 1834, p. 165; Arch. Intelligencbl. 1835, pp. 38e sag. Sanchez 1835, p.282; Ursi 1835, 1.9 ; Sanchez 1836, p. 21-22; Bull Inst 1840, p. 159,14; Heydemann 1872, pp. 533-534, n. 3233; Lohmann 1979, pp. 264 e sgg; LIMC I 1981, s». Apate, 2, pl. 698; Schmidt 1982, pp 518. sgg; Aellen 1992, pp. 29-30, 54, 85,128, 191,202 n.5, pl. 8-0.
1643. Anfora panatenaica apula a figure rosse Argilla depurata beige, vemice nera lucente, sovraddipinture in bianco e giallo hem 97,5; diam. orlo cm 29,3. Napoli, Museo Archeologico Nazionale (già collezione Lambert Pizza). Inv. 81944 (= Heyd. 1766) Attribuità al Pittore di Chamay 3403304.
Piuttosto ridipinto, stato di conservazione pessimo; molte parti sono
andate perdute; manca parte di un'ansa, lacune integrate. Piede campanulato, collo cilindrico, ventre ovoidale, collo cilindrico indistinto, imboccatura ad imbuto; anse a bastoncello impostate verticalmente sulla spalla. Decorazione accessoria: sull’imboccatura, ramo di vite in bianco; sul collo, palmette; su spalla c parte del collo, girali e volute. Lato A: sul collo, sono un giovane mudo seduto, una donna, stante, vestita. con chitone e con uno specchio nella mano, un giovane seduto e una donna in piedi. Sul corpo decorazione figurata su due registri. Nel registro superiore, al centro, sono Licurgo, con clamide che gli cinge le spalle e con scettro nella destra, e Anfiarao, con chitone, mantello, berretto frigio e scettro nella sinistra, che discutono tra loro; alla loro sinistra, sono Ipsipile, con la testa rasata alla maniera degli schiavi e con chitone e mantello che le cinge la testa, che parla con Euridice, seduta, col volto mesto e riccamente vestita, con la mano destra sollevata in gesto di disperazione. A destra, sono un giovane nudo con due lance, un berretto frigio a terra ed un giovane nudo con clamide sulle spalle e spada nel fodero nella mano sinistra (Capaneo e Partenopeo?). Nel registro inferiore, è un giovane nudo, seduto sulla clamide, con la testa rivolta indietro verso una donna che sembra offrirgli una corona. A destra, è un giovane nudo, seduto sulla clamide, che guarda la scena. A sinistra, sono altre due figure, una femminile, di cui si scorge solo la testa, perché il disegno è rovinato, e una figura maschile nuda seduta. Lato B: sul collo, testa femminile tra decorazioni floreali Sul corpo, decorazione figurata su due registri. Nel registro superiore, sono due donne sedute, vestite con un lungo chitone e riccamente 729
ingioiellate, fiancheggiate da giovani; nel registro inferiore, è raffigurata una donna in piedi tra due giovani nudi, una donna € un giovane nudo, tutti raffigurati con bende e offerte. Bibliografia: Uni 1835, pp. 99-100; Abhandlungen der Berliner Akademie 1836, pp. 6, 28, 257, n. 8; Bull Inst. 1840,p. 188, 10; Heydemam 1872, pp. 89-91, n. 1766, Sechan 1926, pp. 364-365, ig. 104; TrendallCambitoglou 1978, p.427, n. 1627.
164.4. Hydria apula a figure rosse Argilla beige depurata, vemice nera lucente, sovraddipinture in bianco e giallo D. em 70; circonferenza cm 153; h. coperchio cm 25 Napoli, Musco Archeologico Nazionale (già collezione Lamberti-Pizzat). Inv. 82419 (= Heyd. 3244) Attribuita αἱ Pittore di Chamay. 3403302 €.
Fig. 665. 1643. Anfora panatenaica apula a figure rosse del Pittore di Chamay (345335 aC): scena con Hypsipile, Euridice e Licurgo, legata alla morte di Archemoros (Foto Archivio Soprintendenza Archeologica di Napoli e Caserta)
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Stato di conservazione pessimo, varie lacune nella rappresentazione figurata, ricomposta. Originariamente con coperchio, ora mancante. Sul vaso è raffigurato il “Giudizio di Paride”. AI centro è Paride, seduto e vestito con un lungo chitone provvisto di maniche e decorato con vari disegni, stretto da un cinturone, alti calzari € berretto frigio; nella mano sinistra ha due lance ed ha la testa rivolta indietro verso unaltro personaggio che sembra ascoltare. Questi è Hermes, con clamide, petaso e stivaletti alati, che ha la mano sinistra allungata verso Paride come se gli stesse riferendo un messaggio. Poco più sotto è il cane di Paride che sta guardando il suo padrone. Davanti a lui sta Hera, vestita con un doppio chitone che le cinge il capo € indossante numerosi gioielli e con uno scettro nella mano sinistra, sulla testa ha
Fig. 666. 164.4, Hydria apula a figure rosse del Pittore di Chamay (345-335 a.C); il "Giudizio" di Paride (da Schauenburg 1974, fig. 14).
una sfephane con palmette. Sotto, sono una Nike alata, seduta, che guarda indietro verso un uomo nudo con la pelle di leone sul braccio sinistro (Eracle) che avanza verso di lei. Dietro Hermes è raffigurata Afrodite seduta, con un lungo chitone e adoma di gioielli, con uno specchio nella destra; più in alto è un erote con grandi ali che ha nella sinistra una grande patera. Segue Atena, con un doppio chitone e una corazza decorata con un gorgoneion, che ha nella destra una lancia c nella sinistra uno scudo decorato anch'esso con un gorgoneion; ai suoi piedi è un elmo. Sotto, a destra, è un ancella inginocchiata
presso una cassetta aperta e una patera; dietro è una donna seduta, vestita con un doppio chitone e con un ventaglio, davanti alla quale è una donna in piedi, con lungo chitone con maniche decorate e mantello, una stephane sulla fronte e col braccio sinistro teso verso i personaggi centrali. Sopra, da sinistra, è una donna seduta, riccamente ingioiellata e con un chitone decorato sui bordi con vari disegni, con ventaglio e due patere nella sinistra; la donna è poggiata col braccio sinistro su una Aydria vuota e rovesciata. Davanti a lei è una Nike seduta presso un thymiaterion, segue una donna con BI
Fig. 667. 164.4. Hydria apula a figure rosse del Pittore di Chamay (345-335 a.C.) particolari del "Giudizio" di Paride (da Moret 1978, tav. 27),
chitone e piede sinistro specchio nella destra e sinistra, che guarda verso seduta, riccamente vestita con la destra tesa verso la di fronte.
sollevato, con corona nella un’altra donna e ingioiellata, donna che le è
Bibliografia: Braun 1835, pp. 193-203; Sanchez. 1835, pp. 258-259; Ursi 1835, p. 99; Sanchez 1836, p. 23; Heydemann 1872, pp. 555-557, ‘n. 3244; Ruggiero 1888,p. 567; Schauenburg 1974, pp. 150-151, fig. 14; Moret 1978, pp. 7698, pl. 27; Trendall-Cambitoglou 1978, p. 426, n. 16/59,pl 157,35.
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164.5. Phiale apula a figure rosse Argilla beige depurata, vernice ner ~ marrone scuro lucente, sovraddipinture in bianco e giallo. hom 142; diam, em 51 Napoli, Museo Archeologico Nazionale (gid collezione Lamberti-Pizzat) Inv 82027(= Heyd. 2577)
A Gruppo Friso-Perron, cerchia del Pittore di Dario. 34032000. Ricomposta da vari frammenti; disegno in parte danneggiato, varie sbreccature nel piede e nell’orlo; vernice scrostata in diversi punti. Piede profilato, vasca espansa, orlo revoluto, anse
Fig. 668. 164.5. Phiale apula a figure rosse della cerchia del Pittore di Dario (340-330 a.C). Tondo interno (Foto dell’ Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica di Napoli e Caserta).
leggermente inclinate con tre bottoni sugli stemmi risparmiati, rosette bianche con molti petali. Nell'intemo, sulla base, motivo dî ovoli su una banda risparmiata. Tondo circondato da rami di edera e da un motivo ad onda inclusi tra cerchi e corone di colore biancoe giallo di foglie di lauro e di vite con rametti. Interno: sonoraffiguratitre personaggi AI centro, è una donna di tre quarti a destra, seduta su una roccia, con phiale nella sinistra e specchio nella destra puntato verso un giovane che è dietro di lei e verso il quale si volta indietro. Il giovane è stante, nudo, con clamide sulla spalla sinistra, che ha nella sinistra ‘una corona con un nastro ad essa legato, mentre allunga la mano destra come se stesse parlando con la donna. Davanti
alla donna seduta è una donna, stante, con lungo chitone, che ha un uccello nella destra allungata e un tamburello nella sinistra; sopra, un erote vola con un nastro nella mano sinistra che sembra voler poggiare sulla testa della donna seduta. Sotto è un motivo a linguette. In esergo, tra il motivo decorativo suddetto e il motivo ad onda che circonda il tondo, testa femminile con sakkos a sinistra tra ornamenti di palmette e tralci vegetali. Lato A: a sinistra, è una donna in piedi, vestita con lungo chitone e mantello pendente dall'avambraccio sinistro, con tralcio di vite nella destra ed una phiale nella sinistra. Di fronte a lei, è un giovane nudo, con piede poggiato su una roccia e clamide poggiata sulla spalla sinistra, che con la destra sembra 733
Figg, 669-670. 164.5. Phiale apula a figure rosse della cerchia del Pittore di Dario (340-330 a.C) Esterno: latiA e B (Foto dell'Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica di Napoli e Caserta)
offrire alla donna una corona, mentre nella sinistra ha un tirso. Dietro di loro, è una donna seduta su una roccia, vestita con lungo chitone orlato sul lato destro da una striscia nera, con xilofono nella destra e cista nella sinistra, che si volge indietro a guardare i due giovani che si stanno scambiando i doni. Lato B: a sinistra, è una donna, con ventaglio nella destra e cista nella sinistra, che sta seguendo un erote con specchio nella destra e corona nella sinistra, che sta 74
correndo verso destra. Bibliografia: Braun 1835, p. 205; Sanchez 1835, p. 259; Ursi 1835, p. 9; Sanchez 1836, p.23; Heydemann 1872, pp. 341-342,n. 2577; Schneider-Hermann 1977, pp. 79-80, n. 98: ‘Trendall-Cambitoglou 1982,p. 530, n. 18/275. 164.6. Phiale apula a figure rosse Argilla beige depurata, vernice nera lucente, sovraddipinturein bianco e bem 13; diam. em Ruvo, Museo Nazionale Jata (gi collezione
a figure rosse della cerchia del Pittore di Licurgo (360Fig. 671. 164.6. Phiale apula 1996, fig. a p. 120). di Penteo; interno (da Andreassi 350 aC). Lato A: morte
Fig, 672. 164.6. Phiale apul a figure rosse della cerchia del Pittoredi Licurgo (360-350 B: Dionisio tra satiri e menadi (da Bucci 2001, fig. a p. 100). Lamberi-Pizzai). Inv. 36129 (- Jatta 1617) Acquistata da Giulio Jatta per 1000 ducati presso l'antiquario Carlo Lambert. Attribuita lla produzione compresa trail Pittore dellllicupersi e il Pitore di Licurgo. 3603404C.
Piede profilato risparmiato, vasca espansa, anse del tipo a gancio, basse, attaccate | verticalmente | sull’estremità dell’orlo. Due bottoni neri, a forma di piramide su disco, attaccati vicino all’orlo alla fine delle anse. Parte estrema dell’orlo: motivo ad ovoli. Disegno di base all’estemo: meandro interrotto da spazi riempiti con quattro angoli ornati con quattro croci nere. Interno: vernice nera con maschera femminile al centro, a rilievo, vista frontalmente. LatoA: è raffigurata la morte di Penteo, 736
a.C). Lato
Gruppo di cinque figure con Penteo, al centro, attaccato da destra e da sinistra dalle menadi. Penteo indossa una larga clamidee dei calzari, porta una lancia nella sinistra e una corta spada (machaira) nella destra. Le menadi indossano un chitone orato con disegni, una di loro indossa un himation. A sinistra una menade sta attaccando Penteo con la machaira nella destra e con la sinistra afferra e tira il braccio destro di Penteo. A destra una menade sta attaccando il giovane, col tirso nella destra, cercando di afferrarlo con la sinistra per poterlo smembrare. Nel gruppo, a sinistra, menade che danza con volto e braccio sollevati in segno di estasi e tirso nella destra; a destra, menade con hymation € riccamente ingioiellata che danza freneticamente. Lato B: sileno seduto che suona il flauto e Dioniso, seduto con nastro, tra
due menadi, una danzante con timpanon, l'altra con situla ed oinochoe. Bibliografie: Fenicia 1843, letera del 18-41843; Jatta 1869,pp.903-907,n. 1617; Ruggiero 1888,p. 567; Schneider Hermann 1977, p. 113, 2. 189, pl. XVI, 4; Trendall-Cambitoglou 1978, 1. 400, n. 15/27; Bucci 1994,p. 74; Andreassi 1996,p. 120; Bucci 2001, p. 100. 164.7. Oinochoe scialbata Argilla roserancio sciabatura bianca. h. em 345. Napoli, Musco Archeologico Nazionale (già collezione Lamberti Pizza). Inv. 16202 (7 ai. 347) Fine IV secolo aC.
Forma1. Integra. Rimangono tracce dell’originaria doratura. Piede a disco a profilo tronco-conico, fusto cilindrico, Corpo ovoidale, spalle acute, collo cilindrico a profilo concavo, bocca trilobata; alta ansa a nastro sormontante, costolata al centro, impostata verticalmente sulla spalla e sulla bocca. L'attacco dell’ansa sulla bocca è costituito da tre mascherette umane a rilievo; l'attacco dell’ansa sulla spalla è costituito da una protome femminile a rilievo, Il corpo presenta una serie di baccellature, mentre sulla spalla è una fascia di medaglioni a stampo tra due linee a rilievo. Bibliografia: inedita. 164.8. Kantharos scialbato Argilla camoscio scuro, scialbatura. P. cm 15; diem. bocca cm 10. Napoli, Museo Archeologico Nazionale (già collezione Lamberti-Pizzai, consegnato nel 1841) Inv. 16206, Fine del IV secolo aC.
Lacunoso, manca la parte superiore dell’ansa. Scialbatura in gran parte evanida. Notevoli incrostazioni e numerose macchie di umido. Rimangono tracce della scialbatura sulla parte superiore del corpo. Privo di fondo. Labbro acromo con breve bordo verticale, Anse verticali a nastro sul labbro, con lieve appendice ἃ metà altezza, impostate obliquamente sul corpo. Corpo cilindrico. Piede con alto bordo obliquo, fusto cilindrico, con collarino a metà altezza. Bibliografia: inedito.
164.9. Kantharos dorato Argilla nocciola, coloritura ocra intensa. bem 10,5; diam. em 10. Napoli, Musco Archeologico Nazionale (già collezione Lamberti-Pizzai, consegnato nel 1841) Inv. 16205, Fine del IV secolo a.C.
Integro. Colore piuttosto sbiadito, macchie scure, scrostature in superficie, privo di fondo. Piede tronco-conico con risega superiore, fusto cilindrico a profilo leggermenteconcavo, corpotronco-conico a profilo convesso, labbro estroflesso, anse a nastro sormontanti, formanti un occhiello, impostate sul labbro. Bibliografia: inedito,
164.10. Piatto piano millefiori Pasta vites, lapislazzuli, oro. hom 4,5; diam. cm 29. Napoli, Museo Archeologico Nazionale (già collezione Lambert Pizza). Inv. 1522, Fine IV-inizi ΠῚ secolo aC. 737
Figg. 673-675. 164.7. Oinochoe trilobata scialbata con ventre scanalato (Foto dell’ Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica di Napoli e Caserta).
Rotto e restaurato; lacune integrate. Si conserva il sostegno metallico predisposto nell'Ottocento per ospitare. il piatto. Orlo piano estroflesso con scanalature sul margine; pareti concave,
base piatta.
È composto
da tessere
spesso irregolari con motivo di piccolo fiore dal pistillo giallo e viticci bianchi, decorazioni con smalti verdi e gialli su fondo bleu e violetto. Alcune tessere sono in sfoglia di oro e in lapislazzuli. È confrontabile con il piatto piano
millefiori della collezione Sangiorgi, forse proveniente dall’Ipogeo Scocchera B di Canosa (Harden 1968, p. 3; Ciancio 1980,
738
p. 41, n. 22, tav. XIII; De Juliis 1992, p. 236, n. 12) e con due esemplari sempre da Canosa al British Museum di Londra, inv. 71.5-18.3, 71.5-184 (Harden 1968, pp. 25-26, figg. 10-15; Ciancio 1980, p. 33, nn. 3-4, tav. X) Bibliografia: Sanchez 1835, p. 260; Ursi 1835, pp. 91-101; Milanese 1996, p. 159, n. 11.38 condo il quale ἢ pato proviene dillIpogeo Lagrastadi Canosa),
Fig. 676. 1648. Kantharos scialbato (Foto dell'Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica di Napoli e Caserta).
Figg. 677-678. 1649. Kantharos dorato (Foto dell'Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica di Napoli e Caserta). 165 — Tomba rinvenuta in Corso E. Carafa (già “Stradone Meridionale nel Fondo del Buccettolo)
Nella stessa zona dove fu rinvenuta la tomba a semicamera precedente, contenente. il cratere con la raffigurazione della morte di Archemoro, nell’aprile del 1839, due contadini, Vito Elicio e Vincenzo Scaroncelli, mentre scavavano le fondamenta per una nuova costruzione, rinvennero ad una grande profondità, tra le rovine di una tomba di grandi dimensioni ormai crollata, un vaso configurato a pigmeo e gru, raffigurante sul bicchiere, dipinto con finissima vernice nera, una piccola cerva in fuga. L'oggetto, sebbene lacunoso (mancava, infatti, un’ala del volatile), fu ritenuto di grande effetto per l'espressività delle figure e per la resa plastica, tanto che fu proposto al Ministro Santangelo di acquistarlo per il Museo Borbonico. Questi l’autorizzò per 739
Figg. 679-680. 164.10. Piatto piano millefior in vetro (da Borriello-Rubino 2003, fig. a p. 58e De Caro 1999, fig. a p. 209). 740
la somma di trenta ducati ma, grazie all'intervento di Salvatore Fenicia”, i venditori
furono convinti a cederlo per la somma di 18 ducati, con la promessa che se avessero trovato, nel proseguimento dello scavo, i frammenti mancanti, avrebbero così ricevuto gli altri dodici ducati”,
Le vicende del ritrovamento inducono ad ipotizzare che il vaso sopra menzionato sia stato rinvenuto nella stessa tomba che ha restituito il famoso cratere raffigurante la morte di Archemoro. Infatti, nei documenti si afferma che la scoperta è avvenuta nello stesso sito dove si rinvenne la tomba suddetta. Tuttavia, non si può affermare con certezza che la sepoltura dove si è rinvenuto il vaso configurato sia la stessa di quella che ha restituito il famigerato cratere. Le perplessità sono suscitate dalla cronologiadel vaso in questione, che risale alla prima metà del IV secolo, dai documenti i quali non affermano esplicitamente che la tomba sia la stessa, e dal fatto che la zona in questione fosse caratterizzata dalla cospicua presenza di strutture funerarie a semicamera o di dimensioni monumentali. 165.1. Rhyton configurato a pigmeo e lagra Argilla rosa carico, vemice nera lucent, iagubbiatura arancione, sovraddipinure in vemice ner diluita; eseguito al tomio © a matrice, Pen 23 diam bocc cm; gh been ^
—1palmipede con zampe, coda ed ali a rilievo. Il piumaggio è reso con motivi ad U € piccoli punti suddipinti. Questo gruppo di rà, dai particolari soggetti del "Negro afferrato da un coccodrillo” © del “Pigmeo e la Gri",
Nopoli Musco Arceoogico Nazione (ga
SORO repliche di vasi configurati dovuti
Inizi del IV secolo a.C.
mati del vesci ec
collezione Santangelo) IeProduzione Sig. 51 protoapula
. Integro. Un'ala è ricomposta. Sbreccature all'orlo. La base triangolareè verniciata di nero. Sull'orlo decorazione
ad ovuli; ai lati dell’ansa, palmetta a ventaglio e girali; sulla bocca, figurina di cerbiatto, gradiente a destra, dipinta con pochi tocchi di vernice. Per la parte plastica: il pigmeo nudo divarica le gambe sotto lo sforzo per portare in trionfo le spoglie della grossa gru, sua eterna rivale. Il negro, dai tratti non molto caratterizzati, ha corti capelli a calotta con frangette, occhi con pupille ed iride sovraddipinte di nero, largo naso e labbra tumide. L'uccello è un grosso
alla fantasia e alla perizia tecnica del ceramista Sotades, già noti a partire dalla ἢ
Bibliografia: Panofka 1849, p. 60, 5. 4; Heydemann 1872 p. 650; Ruggiero 1888, p. 568; Lista 1996, p. 186, n. 13.16. (B a colori 29.202)
2 PENICIA 1840, p. 221 2" RUGGIERO 1888, p. 568;M. MARIN 1981,p. 175; BORRIELLO 1996,p. 225, con relativa indicazione dei documenti di archivio. 741
Fig. 681. 165.1. Riyron apulo configurato a "Pigmco e Gru” (da La Magna Grecia nelle Collezioni del Museo Archeologico di Napoli 1996, fig. ap. 202) 166-167 — Tombe rinvenute nei pressi di Corso E. Carafa (già “Stradone Meridionale” nel Fondo del Buccettolo)
Attraverso la lettura di alcuni documenti conservati nell' Archivio di Stato di Bari e nell” Archivio Storico del Museo di Napoli è possibile ricostruire le vicende riguardanti il rinvenimento dî due tombe che hanno restituito una grande quantità di vasi figurati i quali hanno arricchito le sale del Real Museo Borbonico. Da una lettera del 10 agosto 1825, inviata dalla Gendarmeria all’Intendente della Provincia di Bari, si apprende che il 29 luglio 1825 un certo Cataldo Zitolo intraprese uno scavo clandestino nel fondo di Giuseppe Notaj Cantatore, il cui terreno era di proprietà del reverendo Capitolo della Cattedrale. Dalla lettura del catasto provvisorio di Ruvo del 1814, si evince che il Cantatore possedeva un terreno nel fondo del Buccettolo, nei pressi dell’odiemo Corso E. Carafa, c un “fondo seminatoriale”, situato sotto S. Angelo; i documenti non chiariscono completamente dove avvenne tale scavo, anche se è piuttosto probabile che si tratti del 742
podere nel sito del Buccettolo, sottoposto a diversi scavi dallo stesso Cantatore. Cataldo Zitolo, durante lo scavo, rinvenne una tomba (Tomba 166) che restituì un ricco corredo di vasi figurati. Giuseppe Cantatore, saputo del rinvenimento, fece una regolare denuncia e si recd in casa di Saverio Montaruli, dove furono depositati i vasi e dove sopraggiunse anche il Regio Giudice, il quale stilo un verbale ed un notamento dei vasi ritrovati nella magnifica tomba. ΤΙ giorno dopo, il 30 luglio 1825, lo stesso Giuseppe Cantatore si recò nello stesso fondo in cui, il giorno prima, Cataldo Zitolo aveva trovato la tomba sopra accennata, per intraprendere degli scavi nella speranza di rinvenire anch'egli delle ricche sepolture. Accadde così, che il Cantatore rinvenne una tomba (Tomba 167) più grande con una immensa quantità di materiale ancora più bello e prezioso di quello ritrovato da Cataldo Zitolo. Dopo questo rinvenimento il Regio Giudice si recò a perquisire non solo l'abitazione dello stesso Cantatore, ma anche quella di D. Vito Tambone e Giuseppe Palmilli, rispettivamente zio e suocero del Cantatore, trovando in casa di quest'ultimo esclusivamente vasi rustici?" In seguito, dopo le opportune verifiche, i materiali trovati in queste sepolture furono sequestrati e spediti nel 1826 al Real Museo Borbonico di Napoli, come si è potuto constatare dalla lettura dei documenti di immissione dei reperti, conservati nell’ Archivio Storico del Museo Archeologico di Napoli, e come è stato confermato dal Macchioro in un suo articolo sull’Archivio del Museo, nel quale fornisce anche i numeri di inventario degli esemplari da lui riconosciuti". Dopo una recente ricerca effettuata da parte dello scrivente nei depositi del Museo di Napoli, sono stati riconosciuti, grazie ai vari notamenti, altri numerosi reperti rinvenuti nelle sepolture menzionate; buona partedi essi (il riferimento è ai vasi della seconda sepoltura) risultava ancora priva di un numero di inventario. Il complesso funerario rinvenuto nella prima tomba era costituito soprattutto da ceramica apula a figure rosse della fase tarda; di particolare importanza sono il cratere a mascheroni, che raffigura su entrambi i lati un guerriero in un naiskos, attribuito ad un ceramografo della cerchia del Pittore della Patera, e due anfore panatenaiche, opera del Pittore della Patera, nelle quali è esaltato il ruolo di guerriero del defunto. Infatti, > ASBA, MSA, Fasc. 5: “Nota dei vas di Cataldo Ziolo ritrovati in casa di Saverio Montaruli di Ruvo. Nota dei vas ritrovai presso Pietro Giuseppe Cantatore di Ruvo. Scoperte di antichità di Cataldo Zitolo Lettera del 10 agosto 1825 (sono contenuti due notament}: «Nel giorno ventinove del mese di luglio il nominato caldo Zitolodi Ruvo, si port a scavare nel fondo del Sig. Giuseppe Nota] Cantatore, anche di Ruvo, il qualeè di proprietà di questo Reverendo Capitolo, in dove sirinvenne un sepolcroαἴ vasi antichi la qualità e la quantità di ess era di una straordinaria bellezza. Ci sapurogli dol nominato Cantatore un tl irovamento di antichitàsi reco a far demunzia.e si portò in casa di Saverio Montaruli ove ritrovò asi giorn rena, il Cantatore medesimo si rec in quel fondo ove furono rinvenuti dal Ziolo gli oggetti di anichità e fatto scavare ritrovò un altro sepolcro più magnifico e bell e prezioso di quello già trovato ll giorno innanzi; fu allora che il Regio Giudice si portò a pergulsire non solo l'abitazione di Cantatore, ma bensì quelle dei Sigri D. Vito Tanbone e Giuseppe Palmil il primo zio ed Il secondo suocero del Contatore ma în casa di quest'ultimo si trovarono soltanto vasi rustici. 7 ASSAN IV B I, Fasc. 31: “Vasi sequestrati a Pietro Cantatore e Cataldo Zitolo di Ruvo (1826)". Letteradi confisca del 17 gennaio 1826 firmata dall'Art. Notamento dei vasi rimessi al Museo del 30 ottobre 1826; MaccuioRo 191 , p. 201, note 4 e 7 743
nel notamento degli oggetti sequestrati appartenenti alla prima sepoltura, risultano anche un elmo, frammenti di una corazza, un cinturone e delle punte di lancia. II rimanente materiale è composto prevalentemente da vasi per contenere e per versare il vino e da un buon numero di vasi potori, segno di una profonda adesione da parte del defunto alla pratica simposiaca. Il corredo rinvenuto nella seconda sepoltura, molto probabilmente, è ancora più recente, in quanto costituito soprattutto da vasi scialbati, un cratere, due loutrophoroi, oinochoaï, una phiale e numerosi kantharoi*®. Per quanto riguarda il materiale vascolare figurato, sono presenti soltanto alcuni vasi di piccole dimensioni caratterizzati, per la decorazione figurata, in particolare da teste femminili, appartenenti alla fase finale della produzione apula inquadrabile alla fine del IV-inizi del III secolo a.C. Tomba 166
166.1. Cratere ἃ mascheroni apulo a figure rosse Argilla beige, vemice nem cente, sovraddipintur in bianco e giallo. bcm 87; diam. orlo cm 38,2 Napoli, Museo Archeologico Nazionale Inv. 82408 (= Heyd. 2197) Attributo al Gruppo di New York 17.120.240,, cerchia del Pitore ella Patera 3403204.
Integro. Qualche sbreccatura all’orlo e sulle anse; lievi scrostature della vernice sulle anse. Piede campanulato, corpo a profilo ovoidale, spalle oblique, collo cilindrico, orlo svasato e revoluto; anse a bastoncello impostate verticalmente sulla spalla e terminanti con volute poggiate sull'orlo; le volute hanno delle mascheTe femminili a rilievo. Decorazione accessoria: sull’orlo, dall'alto, motivo ad ovuli, motivo ad onda, motivo di globetti bianchi che si altemano con doppie
strisce parallele. Sul collo, tralcio di edera con rosetta al centro. Sulla spalla, finta baccellatura; sul corpo, sotto le anse, palmette a ventaglio e girali; la scena figurata è delimitata inferiormente da un meandro alternato a riquadri incrociati. Lato A: sul collo, testa femminile riccioluta con diadema sulla fronte, di tre quarti a sinistra nascente da un fiore a calice, tra tralci vegetali, fiori a calice e due colombe bianche ai lati. Sul corpo, al centro, è un naiskos, al cui interno sono raffigurati un giovane nudo, stante, con gomito destro poggiato ad un bastone, corona nella sinistra abbassata e una clamide pendente dal braccio sinistro che gli copre le spalle, che sta di fronte ad un giovane nudo, seduto sulla clamide, con bastone nella sinistrae phiale nella destra; tra i due, in alto, uno scudo appeso. Lato B: sul collo, al centro, è un erote seduto su una roccia che ha nella destra
“© ASBA, MSA, Fase. 5: “Nota dei vasi ritrovati presso D. Pietro Giuseppe Cantatore”. Lettera del 10 Agosto 1825: αἰ) Un vase grande rustico dell'altezza di palmi 3 compreso il manico, formato da una parte della pancia con profili rilievo. Le maniche sono con due teste a rilievo poggiate sul labbro del vase. A fianco delle maniche suddette sulla pancia del detto vase vi sono tre teste di papere. Uno dè manichi è roto ed ὃ esistente; 2) Un aliro vaso anche rustico detto a canale dell'altezza di due palmi; 3) tto cosi detti aspergeri rustic, dé quali uno senza piede, ed un alto con due figure rosse di cattivo pennello; 4) Cinque così detti clic rustici, alcuni di essi rot di manico e piede; 5) Sete teste anche rustiche αἱ diversi animali, cioè redi cavallo, una di bove, una di caprone, e due tire o gatto.. (segue notamento).». 744
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Figg. 682-683. 166.1. Cratere a mascheroni apulo a figure rosse della cerchia del Pittore della Patera A e B: rappresentazionidi guerrieri all'intemo di un naiskos (Foto dell'Autore, (840-320 a.C.). Lati cortesia Soprintendenza Archeologica di Napoli e Caserta; da Lohmann 1979, tav. 27.2).
una cassetta con un coperchio; di fronte, è una donna, con chitone e mantello e piede sinistro poggiato su una roccia, con ventaglio nella destra e tralcio di vite nella sinistra. Dietro l'erote è una donna stante, col gomito sinistro appoggiato su ‘un pilastrino, con chitone e mantello, che ha un ventaglio nella destra e una cassetta nella sinistra. Sul corpo, al centro, è un naiskos nel quale è raffigurato un giovane guerriero, stante, con chitone, cinturone con ganci figurati e attacchi a palmetta, clamide pendente dalle braccia e diadema sulla testa, che ba una corona, da cui pende una benda, nella destra sollevata € una situla nella sinistra abbassata; nel naiskos, sono un ramoscello di lauro con bacche, una sciarpa appesa e una rosetta.
A sinistra, sopra, è una donna seduta con tralcio di vite nella destra e phiale nella sinistra; sotto, è una donna stante, con piede sollevato, che sta offrendo una corona con la destra e una phiale con la sinistra. A destra, sopra, è una donna seduta con phiale nella destra e specchio nella sinistra; sotto, è una donna stante, con piede sollevato, con cassetta nella destra e palla nella sinistra Bibliografia: Heydemann 1872, pp. 218-219,n. 2197; Lohmann 1979,p. 230, Α 467, ve 27,2 © 38,1; Trendall-Cambitoglou 1982, p. 755, n. 20234.
745
Fig. 684. 166.2. Anfora panatenaica apula a figure rosse del Pittore della Patera (340320 a.C.): guerriero all'interno di un naiskos (Foto dell’Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica di Napoli e Caserta)
1662. Anfora panatenaica apula a figure rosse Argilla beige, vemice nem sovraddipinture in bianco e giallo. P em 70, diam. orlo cm 16. Napoli, Museo Archeologico Nazionale. Inv 82380 (= Heyd. 2272) Attribuita al Pittor della Patera 3403204.
Ricomposta da vari frammenti Sbreccature all'orlo e sulle anse; scrostature della vernice in alcuni punti 746
Piede campanulato, corpo ovoidale, collo indistinto, orlo tronco-conico e svasato; anse a bastoncello. Decorazione accessoria: sull’orlo, tralcio di foglie di lauro; sul collo, in alto, palmette; sulla spalla, motivo ad ovuli (in B girali) e finta baccellatura; sul corpo, in alto, fila di rosette (in B motivo ad onda). La scena figurata è delimitata inferiormente da un meandro alternato a riquadri incrociati. Lato A: al centro, è un naiskos nel quale è raffigurato un giovane guerriero nudo, seduto sulla clamide, con pileo crestato nella destra e due lance nella sinistra. A sinistra, è una donna stante, riccamente ingioiellata, con chitone e mantello, che ha nella destra sollevata una phiale con manico antropomorfo, nella sinistra una patera, da cui pende un nastro, ed una oinochoe. A destra, è una donna stante, riccamente ingioiellata c vestita, con oinochoe e phiale nella destra € specchio nella sinistra; ai suoi piedi è una phiale con manico antropomorfo. Lato B: sono raffigurate due donne, stanti, a lati di una stele; quelladi sinistra con tralcio di vite nella destra e specchio nella sinistra; quella di destra con cassetta nella destra e tralcio di vite nella sinistra. Bibliografia: Meydemann 1872, p. 245, n 2272; Lohmann 1979, p. 232, A 482; Trendall Cambitoglou 1982, p. 726, 1. 23/1, tw 267, 2.
1663. Anfora panatenaica apula a figure rosse Argilla beige, vernice nera lucente, sovraddipintre in bianco e gallo, hem 75,5; diam. orlo cm 18, Napoli, Museo Archeologico Nazionale Inv. 82381 (= Heyd 2279) Attribuita al Pittore della Patera 340-320 a
Ricomposta da vari frammenti Alcune sbreccature all'orlo, sulle anse e nel piede; scrostature della vernice nell'orlo, nel collo, sulle anse e nel piede. Piede campanulato, corpo ovoidale, spalle oblique, collo indistinto, orlo troncoconico, anse a bastoncello. Decorazione accessoria: sull’orlo, tralcio di foglie di lauro; sul collo, palmette; sulle spalle, motivo ad ovuli e finta baccellatura; fregio di rosette. Sotto le anse, palmette e girali; la scena figurata è delimitata inferiormente da un meandro alternato a riquadri incrociati Lato A: al centro, è un naiskos, nel quale è raffigurato un giovane guerriero, stante, rivolto asinistra, con corto chitone tenuto da un cinturone, che ha la mano destra appoggiata su uno scudo, mentre nella sinistra ha due lance; dal braccio sinistro pende una clamide; davanti a lui sono appesi la spada e un altro scudo (o un petaso?). A sinistra, è una donna stante, riccamente vestita e ingioiellata, con phiale con manico antropomorfo nella destra e phiale con ghirlanda di rosette nella sinistra. A destra, è una donna, stante, anch'essa riccamente vestita e ingioiellata, con corona nella destra c phiale nella sinistra, che ha il gomito sinistro appoggiato ad un pilastrino. Lato B: al centro, è raffigurata una stele, verso la quale convergono due donne con offerte. Quella di sinistra, con cassetta nella destra e phiale con manico antropomorfo nella sinistra; ai suoi piedi è un ventaglio; quella di destra ha un ventaglio nella destra e un tralcio di vite nella sinistra. Bibliografia: Heydemann 1872, pp. 247-248, n. 2279; Lohmann 1979,p. 232, A 484, ταν, 23,3: "Trendall-Cambitoglou 1982, p. 726, n. 232. Ὧν 26134.
Fig. 685. 166.3. Anfora panatenaica apula a figure rosse del Pittore della Patera (340320 a.C): guerriero all'interno di un naiskos (Foto dell'Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica di Napoli e Caserta).
166.4. Loutrophoros apula a figure rosse Argilla beige, vernice nera lucente, sovraddipinture in bianco e giallo. h. em 74 Napoli, Museo Archeologico Nazionale. Inv. 82352 (= Heyd. 2076) Attribuia al Pittore della Patera, 3403204.
Integra. Lievi sbreccature nell'orlo e nel piede. Scrostature della verni747
Fig. 686. 166.4. Loutrophoros apula a figure rosse del Pittore della Patera (340-320 2.C.): figura femminile all’interno di un naiskos (da Lohmann 1979, tav. 29,1).
ce nella parte inferiore del corpo e sulle anse. Piede a disco con doppia risega, corpo cilindrico, spalle oblique, collo cilindrico, orlo campanulato indistinto a vasca espansa e profonda, anse a sigma. Decorazione accessoria: sull'orlo, motivo ad ovuli; sulla vasca, raggiera; in basso, palmette; sul collo, doppia striscia orizzontale, motivo ad ovuli, fregio di rosette, strisce verticali parallele, meandro. La scena figurata della spalla è delimitata inferiormente da un meandro tra due fregi ad ovuli; la scena figurata del corpo è delimitata inferiormente da un fregio di rosette e da un motivo ad onda. Lato A: sulla spalla, testa femminile di tre quarti a sinistra che sorge da un fiore a calice, tra girali c fiori a calice. Sul corpo, al centro, è un naiskos, nel quale è raffigurata una donna stante, rivolta a destra, con chitone e clamide che le avvolge la vita, con specchio nella destra e sinistra sollevata con cui sembra voler giocare con una colomba bianca; ai piedi della donna, è una grande loutrophoros. A sinistra, è una donna stante, col gomito appoggiato ad un pilastrino, che ha una corona nella destra ed un kantharos nella sinistra; a terra è una phiale. A destra, è una donna stante, col gomito appoggiato ad un pilastrino, che ha nella destra un alabastron, nella sinistra una corona; ai suoi piedi è una phiale. Lato B:al centro, è una stele funeraria, verso la quale convergono, da sinistra, una donna con benda e phiale, da destra, una donna con phiale e cista. Bibliografia: Meydemann 1872, p. 188, n. 2076; Lohmann 1979, p. 229, A 457, tav 29,1; ‘Trendall-Cambitoglou 1982, p. 726, n. 23/4, con ulteriore bibliografia
748
166.5. Oinochoe apula a figure rosse Argilla beige, vernice nera lucente, sovraddipinture in bianco e illo, hom 255. Napoli, Museo Archeologico Nazionale. Inv. 82326 Attribuit al 330-320.
Forma 1. Integra. Sbreccature nel. Vorlo e nel piede; diverse scrostature della vernice nel collo del piede e nell’ansa; notevoli incrostazioni. Piede a disco sagomato, fusto cilindrico, corpo ovoidale, spalle oblique, collo troncoconico a profilo leggermente concavo, bocca trilobata, ansa a nastro sormontante terminante suil'orlo con tre maschere umane. Decorazione accessoria: sul collo, motivo di strisce nere verticali e parallele racchiuse tra bande rosse; la scena figurata è delimitata inferiormente da un motivo ad onda; sotto l'ansa, palmette e girali. Decorazione figurata: a sinistraè un satiro che cammina verso sinistra, con sciarpa nella destra e cassetta nella sinistra; ha la testa rivolta indietro verso una donna che lo segue, con ghirlanda di rosette nella destra e ventaglio nella sinistra Bibliografia: Heydemann 1872, p.234, n. 2219; Trendal-Cambitoglou 1982,p. 01, n. 25/42. 166.
Oinochoe apula a figure rosse Argilla beige, vernice nera lucente, sovraddipinture in bianco giallo h.em255 Napoli, Museo Archeologico Nazionale. Inv. 82327 (= Heyd. 2241). Attibuita al Pitore di Ganymede 3303204C.
Fig. 687. 166.5. Oinochoe apula a figure rosse del Pittore di Ganymede (Foto dell’ Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica di Napoli e Caserta)
Forma 1. Integra. Sbreccature nell'orlo, nel piede e nell'ansa. Scrostature della vernice nell’ansa, nell'orio, nel collo e nel piede. Piede a disco, fusto 749
cilindrico, corpo ovoidale, spalle oblique, collo troncoconico a profilo leggermente concavo, bocca trilobata, ansa a nastro sormontante, terminante sulla bocca con tre maschere umane. Decorazione accessoria: sul collo, finta baccellatura racchiusa tra due fregi ad ovuli; sotto T'ansa, palmette e girali; la scena figurata. è delimitata inferiormente da un motivo ad onda. Decorazione figurata: a sinistra, è una donna che cammina verso sinistra, con corona nella destra e cista con coperchio nella sinistra. Ha la testa rivolta indietro verso un erote che la segue, con sciarpa nella destra e tenia nella sinistra. Bibliografie: Heydemann 1872, p.239, n. 2241; Trendell-Combitoglou 1982,p. 801,n. 25/41
166.7. Oinochoe apula a figure rosse Argilla beige, vernice nera lucente, sovradipinture in bianco e giallo. h.em 265. Napoli, Museo Archeologico Nazionale Inv. 82328 (= Heyd. 2146) Attribuita al Pittore del Sakkos Bianco. 3253004C.
Fig. 688. 166.6. Oinochoe apula a figure rosse del Pittore di Ganymede (Foto dell'Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica di Napoli e Caserta). 750
Forma 1. Integra. Sbreccature nell'orlo € nel piede; scrostature della vernice nel piede, nel collo, nella bocca e nell'ansa; vernice evanida in alcuni punti. Piede a disco, fusto cilindrico, corpo ovoidale, spalle oblique, collo tronco-conico a profilo leggermente concavo, bocca trilobata, ansa a nastro. sormontante, terminante sulla bocca con tre maschere femminili. Decorazione accessoria: sul collo, doppia banda rossa, strisce bianche parallele; sulla spalla, motivo ad ovuli; la scena figurata è delimitata inferioremente da un motivo ad onda. Decorazione figurata: al centro, è raffigurata una testa femminile con sakkos, di prospetto, che
sorge da un fiore a calice; ai lati sono tralci vegetali, due fiori a quattro petali, fiori a calice. Bibliografia: Heydemamn 1872, m. 2146 ‘Trendall-Cambitoglou 1982, p.971, n. 29/126, 166.8. Oinochoe apula a figure rosse Argilla beige, vemice nera lucente, sovraddipinture in bianco e giallo. sem 265. Napoli, Museo Archeologico Nazionale. Inv. 82330(= Heyd. 2278). Attribuita al Pittore di Ganymede, 3503204C.
Forma 1. Integra. Sbreccature nella bocca e nel piede; scrostature della vernice nel collo e sull’ansa. Piede a disco, fusto cilindrico, corpo ovoidale, spalle oblique, collo tronco-conico a profilo leggermete concavo, bocca trilobata, ansa a nastro sormontante, terminante sulla bocca con ire maschere femminili Decorazione accessoria: sul collo, finta baccellatura, motivo ad ovuli; la scena figurata è delimitata inferioremente da un motivo ad onda. Decorazione figurata: asinistra, è una donna che cammina verso sinistra, con sciarpa nella destra e cassetta nella sinistra; ha la testa rivolta indietro verso un erote che la segue, con ghirlanda di rosette nella destra e tenia nella sinistra Bibliografia: Heydemann 1872, p. 247,n. 2278; "Trendall-Cambitoglou 1982, p. 801, n. 25/40. 166.9. Oinochoe apula a figure rosse Argilla beige, vernice nera lucente con riflessi metallici, sovaddipinture in bianco € giallo hem 265. Napoli, Musco Archeologico Nazionale. Inv. 823 6 ( Heyd. 2216) Attribuita al Gruppo Menzies, officina dei
Fig. 689. 166.7. Oinochoe apula a figure rosse del Pittore di Ganymede (Foto dell'Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica di Napoli e Caserta) 751
piccoli vasi dei Pitori della Patera c di Ganymede 3303202.
Forma 1. Integra. Lievi sbreccature nella bocca e nel piede; scrostature della vernice sull’ansa, sulla bocca, sul collo e sul piede; incrostazioni calcaree diffuse. Piede a disco, fusto cilindrico, corpo ovoidale, spalle oblique, collo troncoconico, bocca trilobata, ansa a nastro sormontante, terminante sulla bocca con tre maschere femminili. Decorazione accessoria: sul collo, doppia banda Tossa orizzontale, serie di raggi bianchi paralleli; sulla spalla, motivo ad ovuli; la scena figurata è delimitata inferiormente da un meandro. Decorazione figurata: a sinistra, è raffigurata una donna seduta su un capitello ionico, vestita con chitone e riccamente ingioiellata, con piatto di torta nella sinistra. Di fronte a lei, è un erote stante con ventaglio nella destra e tamburello nella sinistra. Bibliografie: Heydemann 1872, p.233, 2216; ‘Trendell-Cambitoglou 1982, p.831, n. 26/146.
166.10. Oinochoe apula a figure rosse Argilla beige, vernice nera lucente, sovrad dipinture in bianco giallo. hem 21; diam. cm. Napoli, Museo Archeologico Nazionale. Inv. 82675(= Heyd. 1902). Attributa al Pitore dell'Anfor, officina del Pittore della Patera. 3403204.
Fig. 690. 166.8. Oinochoe apula a figure rosse del Pittore di Ganymede (Foto dell'Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica di Napoli e Caserta). 752
Forma 3. Integra. Qualche sbreccatura sulla bocca; lievi scrostature della vernice; qualche incrostazione. Piede ad anello, corpo rigonfio rastremato verso l’alto, ansa a nastro, bocca trilobata. Decorazione accessoria: linea continua fra corpo e collo; sulla spalla, fascia di ovuli; corpo incomiciato da due linee
verticali risparmiate; la scena figurata è delimitata al di sotto da una fascia sinistrorsa dî un motivo ad onda in vernice nera. Decorazione figurata: al centro, testa femminile di profilo a sinistra, con sakkos, corona radiata, collana di perl. Nel campo, volute. Bibliografia: Heydemamn 1872, m. 1902; "Trendall Cambitoglou 1982, p. 769, n. 2445
166.11. Nestoris apula a figure rosse Argilla beige, vernice nera lucente, sovaddipinture in bianco giallo. hem 26,5; diam. olo cm 13, Napoli, Museo Archeologico Nazionale. Inv. 81833 (= Heyd. 2215). Attribuitaal Gruppo del VaticanoZ 16, Gruppo di Baia. 3403304C.
Tipo 2. Integra. Lievi scrostature della vernice nel piede e sulle anse. Piede campanulato, corpo globoso, orlo espanso, anse a nastro sormontanti, con due rotelle, impostate verticalmente sul corpo; anse a nastro orizzontali Decorazione accessoria: sull'orlo, raggiera nera; sul corpo, in alto, motivo ad ovuli; la scena figurata è racchiusa tra due file verticali di punti neri; la scena figurata è delimitata inferiormente da un motivo ad onda destrorso. Lato A: a sinistra, è una donna seduta su una roccia, di profilo a sinistra, che ha nella destra un tirso. Volta indietro la testa verso un satiro, con piede destro poggiato su una roccia, che ha un ventaglio nella destra e un tamburello nella sinistra. Nel campo, ramoscelli di lauro con bacche e una finestra Lato B: due ammantati. Bibliografia: Heydemans 1872, p.233, n. 2215; Schneider-Hermann 1980, pp. 64-65, n. 15; "Trendall-Cambitoglou 1982, p. 571, n. 20/105, tay. 21612.
Fig. 691. 1669. Oinochoe apula a figure rosse del Pittore di Ganymede (Foto dell'Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica di Napoli e Caserta), 153
pareti esteme a profilo lievemente convesso. Anse a nastro con costolatura centrale con pomello al centro e ai due lati. Piede a tromba. Decorazione accessoria: sull'orlo, fascia con motivoad onda a vernice nera destrorsa; sui pomelli delle anse, rosette sovraddipinte; ai lati di quello centrale, una coppia di palmette sovraddipinte; nella parte superiore del piede, una fascia risparmiata. Sul fondo della vasca, dall'esterno verso l'interno, un tralcio di foglie sovraddipinte, una fascia risparmiata. Decorazione figurata: nel medaglione centrale, Dioniso con tirso nella destra, seduto su una sedia pieghevole, regge nella destra una patera. da cui pendono bende. A destra, un giovane nudo, in piedi, appoggiato ad una sorta di bastone, ha in mano una oinochoe e nell’altra un kantharos. A sinistra, è una donna panneggiata con un piede su un rialzo roccioso, in atto di presentare una benda e un como potorio. Le tre figure poggiano su una fascia a rosette. Nel campo, sono foglie e bende sospese. Fig. 692. 166.10. Oinochoe pula a figure rosse (Foto dell'Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica di Napoli e Caserta).
166.12. Phiale apula afigure rosse Argilla beige, vernice nera lucente, sovraddipinture in bianco e giallo hcm 11,6; diam. or em 382. Napoli, Museo Archeologico Nazionale. Inv. 82085 (= Heyd. 2696). Attribuita al Pittore di Baltimora. 3303102.
Integra; vernice incrostata; ansa restaurata. Labbro orizzontale con orlo verticale sagomato, vasca poco profonda; 754
Bibliografia: Heydemann 1872, p. 369, n. 2696; Schneider-Hermann 1977, p. 80, n. 99; ‘Trendall-Cambitoglou 1982,p. 879, n. 27/40.
166.13. Kantharos apulo a figure rosse Argilla beige, vernice nera lucente, sovraddipinture in bianco giallo h. cm 17: diam, orlo em 10,5 Napoli, Museo Archeologico Nazionale. Inv. 82433 (= Heya. 2888). Atribuibile al Gruppo Menzies, gruppo dei piccoli vasi delloffiina dei Pitori della Patera € di Ganymede, 340-3200.
Integro. Piede e corpo ricomposti da vari frammenti. Sbreccature sul labbro e sulle anse; lievi scrostature della ve Labbro estroflesso con orlo ribattuto,
Fig. 693. 166.11. Nestoris apula a figure rosse del Gruppo di Haifa (da Trendall-Cambitogiou 1982, tav. 216, 1-2) anse a nastro con piccola sormontanti, con testina all’attaccatura dell’ansa con interno. Corpo lievemente
apicatura, — plastica il labbro concavo.
Piede ad anello obliquo sagomato, alto fusto cilindrico con due modanature. Decorazione accessoria: sotto l'orlo, fascia e bastoncelli a vemice nera; sul corpo, le scene figurate sono inquadrate da colonnine schematizzate e poggiano su una fascia ad ovuli. Parecchie sovraddipinture. Lato A: erote semisdraiato, rivolto a sinistra, su una roccia, con una cassetta nella destra. Nel campo una benda sospesa e una palla.
Lato B: testa femminile di profilo a sinistra, con kekryphalos decorato c stephane. Nel campo, una rosetta Bibliografie: Heydemann 1872, p. 428, n 2888.
166.14. Rhyton apulo a testa di cane laconico Argilla beige, vemice nera lucente, sovraddipinture in bianco e giallo. A. cm 23; diam, em 113. Napoli, Museo Archeologico Nazionale. Inv 82466 (= Heyd. 2954). Attribuito alla produzione dei piccoli vasi 755
dellofficina dei Pittori della Patera e di Ganymede. 3403204C.
Integro, reintegrato nel labbro. Sbreccature nel labbro e sulle orecchie; serostature della vemice nelle orecchie; varie incrostazioni. Labbro estroflesso, collo tronco-conico a profilo leggermente concavo, ansa a nastro, corpo configurato a protome canina, labbro a bastoncelli. Sul collo, figura femminile seduta su una roccia, di profilo a sinistra, con due patere. nella destra, corona sulla testa e specchio nella sinistra. Ai lati della scena figurata, sono due palmette circondate da girali. AI di sotto, fregio ad ovoli e punti. Bibliografia: Heydemann 1872, p. 448, n. 2954; Hoffimann 1966,p. 48,n. 281; TrendallCambitoglou 1982, p. 855,n. 26/559. 166.15. Kantharos apulo a figure rosse Argilla beige, vemice nera lucente, sovraddipintre in bianco e giallo. hcm 14,5; diam. cm 10. Napoli, Musco Archeologico Nazionale. Inv. 82423 (= Heyd. 2864). Attribuito al Gruppo Menzies, gruppo dei piccoli vasi dell'ofhciza di Pittor della Patera edi Ganymede 340-320 a.
Integro. Sbreccature nel labbro, sulle anse e sul piede; scrostature della vernice in diversi punti. Labbro estroflesso con orlo ribattuto, anse a nastro con piccola apicatura, sormontanti, con testina plastica all’attaccatura dell’ansa con il labbro interno. Corpo lievemente concavo. Piede ad anello obliquo sagomato, alto fusto con due modanature. Decorazione accessoria: sotto l'orlo, fascia e bastoncelli a vernice nera; sul corpo, le scene figurate sono inquadrate da colonnine schematizzate e poggiano su una fascia ad ovuli. 156
LatoA: erote inginocchiato, di profilo a destra, con testa retrospiciente; con la destra abbassata ha appena lasciato una palla, mentre nella sinistra ha una cassetta aperta ed una corona. Lato B: erote in volo verso sinistra, con benda c tamburello nella destra e phiale nella sinistra. Nel terreno è infissa ‘una torcia spenta. Bibliografia: Heydemann 1872,p. 413,n. 2864; ‘Trendall-Cambitoglou 1982,p. 846, n. 26423. 166.16. Kantharos apulo a figure rosse Argilla beige, vemice nera lucente, sovaddipinture in bianco c allo hem M45. Napoli, Museo Archeologico Nazionale. Inv. 82496 (= Heyd. 2913) Attributo al Gruppo Menzies, gruppo dei piccoli vasi delloficina dei Pitori della Patera e di Ganymede, 3403202.
Integro. Sbreccature nel labbro, sulle anse e sul piede; diverse scrostature della vernice nel piede, sul labbro e sulle anse. Labbro estroflesso con orlo ribattuto, anse a nastro con piccola apicatura, sormontanti, contestina plastica ll'attaccatura dell’ansa con il labbro intemo. Corpo lievemente concavo. Piede ad anello obliquo sagomato, alto fusto cilindrico con due modanature. Decorazione accessoria: sotto l'orlo, doppia banda orizzontale risparmiata; sul corpo, le scene figurate sono inquadrate da colonnine schematizzate e poggiano su una fascia ad ovuli. Lato A: erote in volo verso sinistra, con specchio nella sinistra e corona nella destra; nel terreno è infissa una torcia a quattro braccia; nel campo, una benda, foglie lanceolate. Lato B: donna seduta su una roccia, di profilo destra, con la testa rivolta indietro,
che ha nella destra una corona, nella sinistra un piatto di torta; appoggiato al suo braccio destro è un ventaglio; nel campo una benda e un alberello con bacche. BibliograBa: Heydemann 1872, p. 441,5. 2913; "Trendall-Cambitoglou 1982,p. 845, n° 20/396. 166.17. Kantharos apulo afigure rosse Argilla beige, vemice nera lucente, sovadipinture inb bem 135. Napoli, Museo Archeologico Nazionale Inv. 82434 (= Heyd. 2862) Attribuito al Gruppo Menzies, gruppo dei piccoli vasi dll’ofiinadei Pittori della Patera e di Ganymede 3403204.
Integro. Sbreccature nel labbro, sulle anse e sul piede; diverse scrostature della vernice nel piede, sul labbro e sulle anse. Labbro estroflesso con orlo ribattuto, anse a nastro con piccola apicatura, sormontanti con testina plastica all’attaccatura dell’ansa con il labbro interno. Corpo lievemente concavo. Piede ad anello obliquo sagomato, alto fusto cilindrico con due modanature, Decorazione accessoria: sotto l'orlo, doppia banda orizzontale risparmiata; sul corpo, le scene figurate sono inquadrate da colonnine schematizzate e poggiano su una fascia ad ovuli. Lato A: erote in volo con phiale e tralcio di vite; una torcia è vicino al corpo. Lato B: erote inginocchiato con phiale e tralcio di vite. Bibliografie: Heydemann 1872, pp. 412-413, 2. 2862; Trendall-Cambitogiou 1982, p. 846, n. 26/422.
166.18. Kantharos apulo a figure rosse Argilla beige, vernice nera lucente, sovraddipinture in bianco e giallo.
hem 13. Napoli, Museo Archeologico Nazionale. Inv. 82430(= Heyd. 2886). Attribuito al Gruppo Menzies, gruppo dei piccoli vasi dll’offiina dei Pittori della Patera edi Ganymede 3403204.
Integro. Sbreccature nel labbro, sulle anse e sul piede; diverse scrostature della vernice nel piede, sul labbro e sulle anse. Labbro estroflesso con orlo ribattuto, anse a nastro con piccola apicatu7a, sormontanti, con testina plastica all’attaccatura dell’ansa con il labbro interno. Corpo lievemente concavo. Piede ad anello obliquo sagomato, alto fusto cilindrico con due modanature. Decorazione accessoria: sotto l'orlo, doppia banda orizzontale risparmiata; sul corpo, le scene figurate sono inquadrate da colonnine schematizzate e poggiano su una fascia ad ovuli. Lato A: erote inginocchiato con cassetta aperta e specchio. Lato B: donna seduta, con specchio, palla e cista. Bibliografia: Hyedemann 1872, p.428, n. 2886; "Trendill-Cambitoglou 1982, p. 84, n. 26/395. 166.19. Skyphos apulo a figure rosse Argilla beige depurata, compatta, dura; vernice. lucente, sovreddipinture in bianco e n. cm 10; diam. orlo em 11,5 Napoli, Museo Archeologico Nazionale Inv. 82013 (= Heyd. 2061). Produzione Tardo-Apula. 340-320.C.
Lacunoso, si conservano nove frammenti; mancano parti della vasca, dell’orlo e dell'ansa. Lato A: giovane stante, di tre quarti a destra con cesto nella destra. 757
Lato B: figura femminile stante, di tre quarti a destra, vestita con lungo chitone senza maniche, kekryphalos sui capelli legati alla nuca, spille, calzari e braccial bianchi, recante nella mano destra un nastro bianco. Bibliografia: Heydemann 1872, p. 184, n. 2061
166.20. Sophos apulo a figure rosse Argilla beige, vemice nera lucente, sovraddipinture in bianco e gallo. bem 838; diam. cm 74. Napoli, Museo Archeologico Nazionale Inv. 81973 (= Hey. 1855) Produzione Tardo-Apula. 3403208.
Tipo corinzio. Integro. Sbreccature nell'orlo; lievi scrostature della vemice nell’orlo e sulle anse. Piede ad anello, corpo ovoide, labbro, anse a bastoncello. Decorazione accessoria: sul labbro, fascia di ovoli; la scena figurata è delimitata inferiormente da un motivo ad onda destrorso; sotto le anse, palmette e girali Lato A: figura femminile seduta di profiloa sinistra su una roccia, con phiale e ghirlanda di rosette nella destra c palla. nella sinistra. Lato B: figura maschile seduta sulla clamide, di profilo a sinistra, con phiale nella destra e bastone nella sinistra; nel campo una benda. Bibliografia: Heydemann 1872, p. 212, n. 1855.
166.21. Skyphos apulo a figure rosse Argilla beige, vernice nea lucente, sovraddipinture in bianco e illo Δ cm 10,4; diam. orlo cm 10,5. Napoli, Museo Archeologico Nazionale Inv. 82019 (= Heyd. 2263) 758
Produzione Tardo-Apula. 3403204C.
Tipo corinzio. Per le caratteristiche formali si veda l'esemplare precedente. Lato A: donna, vestita con chitone e riccamente ingioiellata, con specchio nella sinistra e phiale con frutta nella destra. Lato B: testa femminile, di profilo a sinistra, ornata di gioielli Bibliografia: Heydemann 1872,p. 243,n 2263.
166.22. Skyphos apulo a figure rosse Argilla beige, vernice nera lucente, sovraddipinture in bianco e illo hem 9,9; diam. cm 9. Napoli, Museo Archeologico Nazionale. Inv. 81965 (= Heyd. 1881), già inv. Minervini 1776, Produzione Tardo-Apula. 340-320a C.
Tipo corinzio. Integro, ricomposto da vari frammenti; sbreccature nel piede e nell’orlo; scrostature della vernice sulle anse e sul piede; numerose incrostazioni sul piede, sul corpo, sulle anse e nell’intemo. Decorazione accessoria: sull’orlo, fa: sotto le anse, palmette e Lato A: donna stante, di tre quarti a destra, con la testa rivolta indietro, che ha nella destra una cassetta, nella sinistra una corona; nel campo un alberello con bacche ed una benda. Lato B: donna stante, di profilo a destra, con cetra (?) nella destra e ghirlanda di rosette, phiale con offerte e benda pendente nella sinistra; nel campo, foglie lanceolate. Bibliografia: Heydemann 1872, pp. 125-126, n. 1881
Figg. 694-695. 166.13. Kantharos apulo a figure rosse del Gruppo Menzies (Foto dell’ Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica di Napoli e Caserta).
166.14. laconico Rhyton (Foto apulo dell'Autore, configurato Fig. 697. 166.15. Kantharosapuloa figurerosaFig.testa696. di cane —— se (Foto dell'Autore, cortesia Soprintendenza e Caserta) Archeologica di Napoli cortesia Soprintendenza Archeologica di Napoli e Casert).
Figg, 698-699. 166.16. Kantharos apulo a figure rosse (Foto dell'Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica di Napoli e Caserta) 759
166.23. Kylix apula a figure rosse Argilla beige, vernice nera lucente, sovraddipinture in bianco e giallo. fn em4; diam. cm 13. Napoli, Museo Archeologico Nazionale. Tav. 82081 (= Heyd. 2674) tributa al Gruppo di vasi associati αἱ Pittore di Ganymede e del Gruppo dell'Anfora. 3403202.
Integra, ricomposta da vari frammenti. Sbreccature nell’orlo; scrostature della vemice în diversi punti. All’interno: tralcio di foglie di lauro con bacche destrorso, motivo ad onda destrorso; nel tondo, è una figura maschile nuda, di profilo a sinistra, seduta sulla clamide, con phiale e ghirlanda di rosette nella destra, corona nella sinistra. AIl'esterno: in A) e B) testa femminile. Bibliografia: Heydemann 1872, pp. 366-267, n. 2674; Trendall-Cambitoglou 1982, p. 787, n. 24/278,
166.24. Lebes gamikos apulo a figure rosse Argilla rosata, vernice nera lucente, sovraddipinture in bianco e giallo. tn em 40; diam. em 25. Napoli, Museo Archeologico Nazionale Inv. 81877 (= Heyd. 28307) Produzione Tardo-Apula, 3403204.
Lacunoso, mancano un'ansa e il coperchio. Scrostature della vernice sull’ansa; diverse incrostazioni. Piede campanulato con doppia risega, corpo ovoidale, spalle oblique, orlo revoluto, anse a nastro sormontanti impostate verticalmente sulla spalla con appendice centrale apicata, quattro bottoni piramidali, due per lato, impostati sulla spalla. Decorazione accessoria: sulle spalle, fregio di palmette a ventaglio; sulle anse, tralcio di edera; sui bottoni sono dipinti dei petali; sul corpo, ai lati della scena figurata, palmette a 760
ventaglio e girali. Lato A: in alto, a sinistra, è un erote in volo verso sinistra e con la testa rivolta indietro, concoronanella destrae specchio nella sinistra; a destra, è una donna seduta. con phiale mella destra e corona nella sinistra. In basso, a sinistra, è un uomo udo stante, con clamide sulle spalle, con gomito destro appoggiato ad un bastone; l'uomo ha nella destra un'oinoichoe, mentre sulla sinistra è appoggiata una colomba bianca. Di fronte, è una donna seduta su un capitello ionico, con phiale nella destra. Dietro la donna, è un'altra. donna, stante, con specchio nella destra e corona nella sinistra. Lato B: a sinistra, è un uomo nudo, stante, con clamide sulle spalle, che ha nella destra sollevata una corona, nella sinistra una situla; di fronte a lui, è una donna seduta su una pila di rocce, con cassetta nella destra. Bibliografia: inedito
166.25. Piatto apulo a figure rosse Argilla beige, vernice nera lucente, sovradpinture in biancoe giallo hem 3,5; diam. cm 14 Napoli, Museo Archeologico Nazionale. Inv 82043 (= Heyd. 2687 7). Attribuita al Pittore. dell'Anfora, Gruppo dell'Anfora e vasi associati 340-320 a
Integro. Orlo scheggiato, diverse incrostazioni. Piede cilindrico scanalato con breve gola di raccordo, vasca a profilo convesso, labbro espanso ed orlo orizzontale. Decorazione | accessoria: sull’orlo, bastoncelli; tralcio con foglie lanceolate sovraddipinto in’ bianco, fasce a risparmio, motivo ad onda in nero destrorso. Decorazione figurata: nel medaglione centrale, testa femminile, di
Figg. 700-701. 166.20. Skyphos apulo a figure rosse (Foto dell’ Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica di Napoli e Caserta).
Figg. 702-703. 166.22. Skyphos apulo a figure rosse (Foto dell’ Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica di Napoli e Caserta)
Fig. 704, 166.23. Kylix apula a figure rosse (Foto dell' Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica di Napoli e Caserta) 761
Figg, 705-706, 166.24. Lebes gamikosapuloa figure rosse (Foto dell” Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica
di Napoli e Caserta).
profilo a sinistra, con sakkos, stephane radiata, orecchini e collana. Gli ornamenti sono sovraddipinti in bianco con ritocchi in giallo. Bibliografia: Trendall-Cambitogio 1982, p. 768,n. 2404. 166.26. Kernos in stile misto Argilla camoscio scuro, vemice marrone opaca, sovraddipintue in bruno e rosso scuro. hi cm. 5,5; diam. coppette cm 5. Napoli, Museo Archeologico Nazionale In 81922. Seconda metà del IV secolo C. 762
Integro. Sbreccature nei piedi, scrostature nella vernice. Piede troncoconico, corpo a profilo convesso, spalle orizzontali, orlo svasato. Tra le coppette, al centro, è un'ansa a nastro con costolatura centrale, ripiegata a formare un cappio. Sul corpo, su una banda giallo-ocra, è un tralcio di edera sinistrorso verniciato in bruno. In alto, fascia în rosso scuro; inferiormente, due linee parallele in rosso scuro. Sulla spalla, fila di foglie cuoriformi. Bibliografia: inedito.
166.27. Askos sovraddipinto policromo Argilla rosata, vemice nera lucente, sovraddipinture in bianco e giallo. hem 19. Napoli, Museo Archeologico Nazionale. Inv 80876 (= Heyd. 47) Medio Gnathia. 3403204.
Integro. Sbreccature mel piede e nel corpo; serostature della vernice nel bocchello e nell’ansa; vemice alquanto grafîiata e decorazione in parte scomparsa. Piede profilato, corpo ovoidale, collo cilindrico, ansa a maniglia impostata verticalmente sulla spalla. Decorazione: sul collo, linee incise e motivo di ovuli stilizzati; sul corpo del vaso, fogliette gialle ad angoli, tralci verticali con foglioline stilizzate di lauro e qualche rosetta sbiadita. Bibliografia: Heydemann 1872, p. 6, n. 47;
Fig. 707. 166.25. Piatto apulo a figure rosse (Foto dell'Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica di Napoli e Caserta).
Rocco in CVA Napoli IV E, parte seconda, p. 12, v. 643.
166.28. Lekane a vernice nera Argilla beige, vernice nera lucente con riflessi metallic P. cm S; diam. em 15. Napoli, Museo Archeologico Nazionale. Inv. 82871 (7 Heyd. 1950)
L'esemplare non è stato rintracciato, i quanto dallo schedario del Museo risulta. disperso in seguito al terremoto del 1980. Bibliografia: Heydemann 1872, n. 1950.
Fig. 708. 16626. Kernos con decorazione in stile misto (Foto dell'Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica di Napoli e Caserta).
166.30. Rhyton acromo configurato a testa di ariete o agnello 166.31. Phiale (Ὁ) a figure rosse
Del diametro di mezzo palmo con due figure nella parte concava. 166.32. Kylix a figure rosse
166.29. Rhyfon acromo configurato a testa di cinghiale
Con una figura nella parte concava, rotta. 763
166.33. Oinochoe acroma trilobata (forma1) 166.34. Uma di piombo con coperchio, lesionata 166.35. Candelabro di ferro, alto 4 palmi 166.36. Graticola di ferro
166.37. Spiedi di ferro, ossidati 166.38. Elmo di bronzo
Manca un pezzo della parte posteriore. 166.39. Frammenti di una corazza 16640. Cinturone frammenti
Figg. 709-710, 16627. Askos sovraddipinto policromo (Foto dell'Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica di Napoli c. Caserta). 764
di
bronzo,
im
Tomba 167 167.1. Cratere a mascheroni scialbato Argilla arancio-rosata coperta da uno strato di ingubbiatura bianco-rosata. h.em 795. Napoli, Museo Archeologico Nazionale. Inv, 16839, Second metà del IV-inizi del II secolo a.C
167.3. Oinochoe scialbata Argilla arancio-rosata coperta da uno strato di ingubbiatura bianco-rosaa. h.em 35,5. Napoli, Museo Archeologico Nazionale. Inv n.345, Seconda metà dl Vini del ΠῚ secolo a.C.
Integro,ricompostodavari frammenti, Ingubbiatura e sovraddipintura quasi completamente perduta; un'ansa lacunosa. lmboccatura svasata con orlo piatto, sottolineata da un anello rilevato, collo cilindrico distinto; corpo ovoidale caratterizzato da strigilature verticali; piede cilindrico espanso e sagomato. Anse volute, dove è inserito il consueto mascherone femminile. Fiancheggia ogni lato della spalla una coppia di protomi di cigno.
Forma 1. Lacunosa, manca un frammento del piede. Ingubbiatura e sovraddipintura quasi completamente perdute. Incrostazioni ricoprono quasi interamente la superficie del vaso, macchie di umidità. Piede a disco espanso € sagomato, corpo ovoidale, spalle arrotondate, collo cilindrico a profilo concavo, bocca trilobata, ansa a nastro sormontante, terminante all’attacco con la bocca con tre maschere femminili.
Bibliografia: inedito
167.2. Loutrophoros scialbata Argilla arancio-rosaa coperta da uno strato di ingubbiatura bianco rosata. h cm 53,5, Napoli, Museo Archeologico Nazionale. Inv. 16838, Seconds metà del IV-inizi dl TH secolo a.C.
Integro. Ingubbiatura e sovraddipintura quasi completamente perduta; le incrostazioni ricoprono quasi interamente il vaso; notevoli anche le macchie di umidità. Piede cilindrico espanso e sagomato, corpo cilindrico con tracce di ingubbiatura rosata, spalle acute, collo cilindrico, orlo svasato e revoluto. Bibliografia: inedito,
Bibliografia: inedita 167.4. Oinochoe scialbata Argilla arancio-osata coperta da uno strato di ingubbiatura binco-rosata. hem 325. Napoli, Museo Archeologico Nazionale Inv. sn. 48. Seconda metà dl Vini del IM secolo a.C.
Forma 1. Integra. Ingubbiatura e sovraddipintura quasi completamente perdute; ne rimangono esili tracce sul piede, sulla bocca e sull’ansa; riscontrabili macchie di umidità. Piede troncoconico sagomato, modanato all'estremità superiore, in corrispondenza delVattaccatura al corpo, corpo ovoidale, spalle acute, collo troncoconico a profilo concavo, bocca trilobata, ansa a nastro sormontante, con costolature centrali Bibliografia: inedita. 765
decorato da scanalature e baccellature, spalle acute delimitate da due riseghe, collo cilindrico a profilo concavo, bocca trilobata, ansa a nastro sormontante con costolature centrali, Bibliografia: inedita 167. Kantharos scialbato Argilla camoscio scuro, coperta da uno stato di ingubbiatura binco-rosua. hem 152; diam. boccacm 10. Napoli, Museo Archeologico Nazionale. Im. 16208, Seconda metà del IV-iniz del ΠῚ secoloa.C.
ig. 711, 167.1. Cratere a mascheroni sovraddipinto (Foto dell'Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica di Napoli e Caserta). 167.5. Oinochoe scialbata Argilla arancio-rsata coperta da uno stato di ingubbiatora bianco rosata. em 31,5. Napoli, Museo Archeologico Nazionale, Ins sa. 1776. Seconda metà del IVinizi del Il secolo a.
Forma 1. Integra. Ingubbiatura e sovraddipintura quasi completamente perdute; ne rimangono esili tracce sul piede, sul corpo, sulla bocca e sull'ansa; riscontrabili macchie di umidità. Piede tronco-conico sagomato, modanato all’estremità superiore, in corrispondenza dell’attaccatura al corpo, corpo ovoidale 766
Lacunoso, mancano un’ansa, due frammenti del labbro c parte del piede. Ingubbiatura e scialbatura sono quasi completamente perdute; incrostazioni su gran parte del vaso, tracce di umido. Piede tronco-conico, modanato superiormente, fusto cilindrico, con collarino a metà altezza, corpo tronco-conico a profilo concavo, labbro con breve bordo verticale, anse verticali a nastro sul labbro terminanti con maschere femminili, con lieve appendice a metà altezza, impostate obliquamente sul corpo. Bibliografia: inedito 167: Kantharos scialbato Argilla camoscio scuro, coperto da uno strato di ingubbiatura binco-rosata. Δ cm 15; diam. bocca cm 10, Napoli, Musco Archeologico Nazionale Inv. 16205. Seconda metà dl IV-iniz del II secolo a.C.
Lacunoso, mancano un’ansa, due frammenti del labbro e parte del piede. Ingubbiatura e scialbatura sono quasi completamente perdute; incrostazioni su gran parte del vaso, numerose tracce
di umido. Piede tronco-conico, con modanatura superiore, fusto cilindrico, con collarino a metà altezza, corpo troncoconico a profilo concavo, labbro con breve bordo verticale, anse verticali a nastro sul labbro terminanti con maschere femminili, con lieve appendice a metà altezza, impostate obliquamente sul corpo. Bibliografia: inedito 167.8. Kantharos scialbato Argilla camoscio scuro, coperto da uno strato di. ingubbiatura bianco-rosata, hem 15,5;diam, bocca cm 10. Napoli, Museo Archeologico Nazionale. In, 16206, Seconda metà del IVinii del ΠῚ secolo a.C.
Lacunoso, manca un'ansa. Ingubbiatura e scialbatura sono gravemente danneggiate; incrostazioni su gran parte del vaso, tracce di umido. Piede con alto bordo obliquo, fusto cilindrico, con collarino a metà altezza, corpo troncoconico a profilo concavo, labbro con breve bordo verticale, anse verticali a nastro sul labbro impostate obliquamente sul corpo, con piccola appendice a metà altezza. Bibliografia: inedito.
167.9. Rhyton configurato a testa di cane laconico Argilla camoscio scuo, coperto da uno stratodi ingubbiatura bianco-rosaa. . cm 12; diam. orlo cm 10. Napoli, Museo Archeologico Nazionale. Inv. 16230. Fine del IV secolo a.C.
Integro. Ingubbiatura e scialbatura risultano gravemente danneggiate; nu-
Fig. 712, 167.2. Loutrophoros scialbata (Foto dell'Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica di Napoli e Caserta).
merose macchie di umido. Bicchiere tronco-conico a profilo concavo, orlo svasato con risega nella parte esterna, labbro con breve bordo verticale; ansa a nastro a profilo concavo-convesso. Configurato a testa di cane laconico, con dettagli anatomici incisi Bibliografia: inedito
767
167.10. Rhyton configurato a testa di toro Argilla rosata, vernice nera lucente con riflessi metallic R. cm 7,5; diam. orlo cm 5,5. Napoli, Museo Archeologico Nazionale. Inv 82468, Fine del IV secolo ac.
167.12. Thymiaterion scialbato sovraddipinto Argilla arancio, sialbatura, ovraddipintura in hem 15,5; diam. piede cm5. Napoli, Museo Archeologico Nazionale Inv. 24175, Fine del IV secolo C.
Integro. Orlo sbreccato, diverse scheggiature sul bicchiere, vernice nera serostata in diversi punti, numerose macchie rossastre dovute a difetto di cottura. Bicchiere tronco-conico a profilo concavo, orlo svasato, labbro estroflesso. Termina in basso con una testa di toro, coni particolari anatomici resi a rilievo e con raffinate incisioni.
Lacunoso, manca parte della base c un frammento dell’orlo. Sbreccature e scheggiature. Scialbatura gravemente danneggiata, numerose macchie di umido. Piede tronco-conico, cavo all’interno, base cilindrica modanata e sagomata; sulla base poggia una colonnetta, sagomata alla sommità, su cui poggia una vaschetta espansa a profilo convesso, con orlo arrotondato. Sulla base è sovraddipinto in rosso un tralcio di edera destrorso.
Bibliografia: inedito.
Bibliografia: inedito.
167.11. Rhyion configurato a testa di cavallo Argilla beige, vernice nera lucente con riflessi fn cm 12; diam. orlo em 99. Napoli, Museo Archeologico Nazionale Inv. 82467. Fine del IV secolo a.C.
Ricomposto da frammenti il bicchiere e l'ansa. Orlo sbreccato, venice nera scrostata in alcuni punti, macchie di umidità sul bicchiere, vernice evanida in diversi punti; macchie rossastre sulla testa configurata dovute a difetto di cottura. Bicchiere acromo (per difetto di cottura?), tronco-conico a profilo concavo, orlo svasato, labbro estroflesso leggermente obliquo; ansa a nastro impostata al di sotto della testa. Termina in basso con una testa di cavallo verniciata di nero, resa a rilievo econ i particolari incisi. Bibliografia: inedito. 768
167.13. Oinochoe scialbata
167.14. Oinochoe a figure rosse Con due figure di cattivo pennello. 167.15. Coppi tigre o di gatto
i rhyià acromi a testa di
167.16. Sette kylikes a vernice nera
167.17. Tre kylikes acrome 167.18. Piatto a figure rosse Con una testa nella parte concava.
167.19. Quattro skyphoi a vernice nera
ὁ è Fig. 713. 167.3. Oinochoe trilobata scialbata (Foto dell'Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica di Napoli e Caserta)
Fig, 714. 167.4. Oinochoe trilobata scialbata (Foto dell'Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica di Napoli e Caserta).
ὁ φ
Fig. 715. 167.5. Oinochoe wilobata scialbata — Fig. 716.
con ventre baccellato (Foto dell'Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica di Napoli e Caserta),
167.6.
Kantharos scialbato
(Foto dell'Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica di Napoli e Caserta)
769
167.20. Sei skyphoi acromi
16721. Skyphos a figure rosse n due teste un'ansa è rotta.
167.22. Coppia di skyphoi monoansati a vernice nera 167.23. Skyphos monoansato a figure rosse Con due teste. Fig. 717. — 167. Kantharos scialbato (Foto dell'Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica di Napoli e Caserta)
167.24. Otto saliere a vernice nera
Una è mancante di un pezzo.
167.25. Lekanis a figure rosse 167.26. Skyphos con colore rosso 167.27. Uma acroma
Con coperchio e due anse, alta % palmo. 167.28. Phiale acroma con anse a bottoni Fig. 718. — 1678. Kantharos scialbato (Foto dell'Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica di Napoli e Caserta).
167.29. Umetta acroma con testa arilievo al di sopra 167.30. Phiale acroma Con due manici, diametro palmo e %.
770
di 1
167.31. Guttus a vernice nera con testa a rilievo 167.32. Oinochoe nello stile di Gnathia Con omato in rosso e bianco. 167.33. Lucerna acroma 167.34. Coppia di oimochoai a figure rosse Con una testa.
Fig. 719. 167.9. Rhyton acromo configurato a testa di cane laconico (Foto dell'Autore, cortesia. Soprintendenza Archeologica di Napoli e Caserta).
167.35. Oinochoe nello stile di Gnathia Con ornato bianco. 167.36. Oinochoe trilobata a vernice nera 167.37. Coppia di fatutette acrome Mancanti della testa e delle braccia.
167.38. Statutetta acroma raffigurante un cavallo
Fig. 720, 167.10. Rhyton configurato a testa di toro(Fotodeli” Autore, cortesia Soprintendenza. Archeologica di Napoli e Caserta).
167.39. Candelabro di ferro
Alto 3 palmi circa. 167.40. Cinturone di bronzo
167.41. Vari pezzi di ferro ossidati
Fig. 721. 167.11. Rhyton configurato a testa di cavallo (Foto dell'Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica di Napoli e Caserta) 7m
Fig. 722. 167.12. Thymiaterion sovraddipinto (Foto dell'Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica di Napoli c Caserta). 168-173 — Tombe a semicamera rinvenute in Corso E. Carafa (già “Strada Nuova” nel Fondo del Buccettolo)
La memoria di Salvatore Fenicia e alcuni documenti dell' Archivio di Stato di Bari aiutano a far luce sulle vicende del rinvenimento del più grande vaso finora ritrovato a Ruvo*®!. Tali documenti concordano nell’affermare che, nell'ottobre del 1837, la Commissione dei Regi Scavi di Ruvo tornò ad indagare l’area già scavata dal Lamberti nel 1835, situata nel fondo del Buccettolo sulla Strada Nuova, dove si rinvennero le grandi tombe a semicamera che restituirono vasi, ori e bronzi di grandissimo pregio, trafugati dall'antiquario napoletano. La speranza era quella di trovare qualche tomba ancora intatta oppure di rinvenire, nell’indagare attentamente sia le stesse tombe che le controfosse delle grandi semicamere, qualche prezioso oggetto degno del Real Museo Borbonico, eventualmente sfuggito agli scavatori clandestini. Infatti, la Commissione fu informata da un operaio che scavava per la società del Lamberti che, nell’area dove ‘© ASBA, MSA, Fasc. 8: Verbale degli scavi ella prima quindicina di ottobre del 1837. Relazionedel 1610-1837. Verbale degli scavi della seconda quindicinadi otobre del 1837. Relazionedel 1-11-1837: FENICIA 1840, pp. 121-154. 72
furono trovate le grandi tombe, vi era ancora una tomba inviolata, in quanto gli scavi clandestini erano stati interrotti a causa del divieto e quindi dell’immediata sospensione degli stessi ordinata dal Ministro dell'Interno Nicola Santangelo“,
Da una relazione della Commissione dei Regi Scavi di Ruvo, riguardante gli esiti degli scavi eseguiti nel corso delle prime due settimane dell'ottobre del 1837, si apprende che la stessa, durante queste ricerche svolte tra il 2 e il 14 ottobre 1837, rinvenne una tomba grandiosa (Tomba 168), già svuotata delle sue ricchezze, avente la lunghezza di palmi 12, la larghezza di palmi 8 e l'altezza di palmi 9 (= m. 3,18 x 2,12 x 2,385). Quest'ultima era fiancheggiata da altre quattro tombe (Tombe 169172) altrettanto imponenti, aventi le stesse dimensioni della precedente e costruite con grandi lastre di tufo; anch'esse risultarono già violate e svuotate dalla società del Lamberti delle ricchezze che contenevano, e i corredi erano costituiti da vasellame pregiato e raffinato e da oggetti in oro superbi. A questo punto, per non rendere vana la fatica e il tempo impiegati per lo scavo di queste tombe, la Commissione decise di far smontare le grandi lastre di tufo con cui erano state costruite le sepolture; dai verbali si apprende che, solo dalla prima struttura, si ricavarono venti lastre di tufo quadrate e una lastra di copertura da vendere in seguito ai muratori, in modo da recuperare in parte le spese sostenute per lo scavo'?) Da questi dati si intuisce chiaramente che le tombe in questione, data la loro caratteristica strutturale costituita da grandi lastre di tufo, sono del tipo a semicamera. Nel proseguire gli scavi alla ricerca della sepoltura ancora intatta, il 24 ottobre 1837, la Commissione rinvenne, accanto alle tombe suddette, ad una profondità di 27 palmi, sotto la "Strada Nuova”, un'altra tomba a semicamera di enormi dimensioni, costruita con grandi lastre di tufo, già violata dagli scavatori della società del Lamberti, poiché priva di alcune lastre della copertura. Nella memoria di Salvatore Fenicia viene ^ ASBA, MSA, Fasc. 8: Verbale deli scavi della prima quindicina di ottobre del 1837. Relazione del 1610-1837: «In questo scavo, che si è aperto ad oggetto d rinvenire qualche prezioso avanzo che ha potuto essere rimasto, e perché la Commissione è stata assicurata da taluni scavatori del medesimo Sig. Lamberti, che un sepolcro non fü preso a causa dell immediata proibizione che saggiamente Vostra Eccellenza ordinà.. Intanto la Commissione à risolua che dopo di aver iligenzoto ben bene quest sepolcri, s rivolgerà all’ivenimento di quello che si vuole intatto, il quale trovasi al termine degli alti propriamente alla profondità di palmi ventiquatr, sotto la Via Nuova»; FENICIA 1840, pp. 122-124: eJ sisfossaron in primo i voti campestri ed oggetti frivolissimi vi s"invenner in sepolcret ben rudi: quindi i vago per alte strade, ma tutte dimosiranti istrilezza e misera, cosi chè la Commissione code in una specie di apatismo e languore, quando si voler le prove al sito dove un tale Lamberti avea reperito anticaglie sommamente preziose (39). Questo ito fù scelto colla speranza di poter reperire qualche pezzo degno del Reale Museo, dietro i fi dè sepoleri svuotati; e col presentimento ch incontrare vi s'avesse potuto qualche avanzo di sepolero non diligenziato ben bene». 15 ASBA, MSA, Fasc. : Verbale degli scavi della prima quindicina del mese di ottobre del 1837, relazione del 16-10-1837: eIn questa prima quindicina incominciata dol dì 2 corrente mesea tutto il di 14 detto. La spesa erogata è stata in ducati 27=62 compresa... In questo scavo, che si è aperto ad oggetto di rinvenire qualche prezioso avanzo che ha potuto esser rimasto. s è rinvenuto un grandioso svuotato sepolcro della lunghezza di palmi dodici, della larghezza di palmi ott, e della profondità di palmi nove fiancheggiato da alri quattro sepoleri magnifici, tti svuolat delle ricchezze ch'essi contenevano in vasellami, ed oggetti superbi di oro, rinvenuti dalla detta Società dl Sig. Lambert. Onde non perdere inutilmente questa fatica la Commissioneha Jatto estrarre dal primo sepolcro numero venti quadroni, ed alti pezzi minuti di ufo che il componevano, non ché uno spezzone di lapide che lo copriva; quale materiale si anderà a vendere a fabbricato, ed i prodotto Sarà portato ad introito per il Governo nel futuro stato d'est. 773
precisato che la sepoltura era situata presso la chiesetta di San Giacomo. Scavando
nell’altra metà della tomba, dove erano ancora presenti le lastre di copertura, si rinvennero numerosi frammenti di un cratere a mascheroni di dimensioni colossali, forse il più grande mai rinvenuto a Ruvo, dell'altezza di oltre un metro e mezzo, il quale presentava delle scene a rilievo sul collo e una decorazione figurata, posta su più registri, dipinta nel corpo, con un'iscrizione greca APTEMIS, che è stato possibile ricostruire. Nell’indagare attentamente il terreno della tomba si sono recuperate anche due piccole schegge di oro, forse pertinenti ad una corona funeraria, e numerosi frammenti di unguentari e di piatti di vetro*®. Tutti i frammenti del vaso, riconosciuti durante una riunione dei membri della Commissione dei Regi Scavi, di cui rimane un verbale in due copie firmato da tutti i presenti, con la descrizione delle operazioni eseguite per la verifica e l’imballaggio del vaso‘, furono ben assicurati in una cassa e, in seguito, spediti
il 23 gennaio
1838 al Real Museo Borbonico, dove vennero restaurati e ricomposti in maniera
A FENICIA 1840, p. 107: «Spedizione esegerica di altri considerevoli rotami, estratti nel di 24 ottobre di detto anno, da un sepolcro crallae, posto vicino la chiesetta della Commenda di San Giacomo». ΛΠ ASBA, MSA, Fasc. 8: Verbale degli scavi della seconda quindicina di ottobre del 1837. Relazione del 1-11-1837: αἱ lavori di questa seconda quindicina hanno fruttato l'invenimento del magnifico sepolcro ὁ del mognifico vase, già portato a conoscenza dell'Eccellenza Vostra con uficio del dì venticinque dello scorso ottobre, in molti pezzi. I detto rimsenimento seguì nel di ventiquattro d'ottobre, e come i dtt pezzi si ‘sono dovuti estrarre da un sepolcro senza lapidi, e da una profondità di circa ventisette palmi sotto la Strada Nuova, per cui si è dovuto non poco faicare, e la Commissione è riuscita a radunare tut i pezzi, facendo anche con accuratezza crivellare il terreno del sepolero, nel quale si sono ritrovati anche i pezzetti che non si erano frantumati. La Commissione è stata di parere d far accozzare, e rialzare il detto vase a solo oggetto di vedere se mancavano dè pezzi, ma fortunatamente non mancano che delle schegge, una della faccie umane appartenente alle rocciole, e qualche pezzetto insignificante, che dal restauratori si può fare. Esso vase è alto palmi sei compreso i suo piede levatio, sino all'estremità delle troeciole, la circonferenza è di palmi otto nel suo maggior perimetro. Lo stesso per il figurato e sublinità è suoi fregi, sarà uno dei primi vasi che figurerà nel Real Museo. Vi sono quattro ordin di figure cioè due nel collo, con due bassi rlie uno avanti, e T'alro dieto, e propriamente in mezzo al prim'ordine del figurato del collo; indi segue il erz'ordine, essendo composta la gran fascia di quatto cari ed altre belle figure che l'adornano, ed infine tutta anche ben figurata segue la quarta fascia, che in tutto presenta i vase più di cento figure compreso | nove bass ile, con una Iscrizione greca, che vi è in testa alla figura del primo carro, che esprime APTEMIE. Inanto la Commissione nel diligenziare, e fare con ogni accuratezza di nuovo erivellare la terra appartenente ai primi sepoler. per vedere se potevano ritrovare altri frammenti, appartenenti al gran vase ritrovato il giorno 24 pp, come VE. comosce, si sono rinvenuti nel terreno due scheggette d'oro di nessum valore, dimostrando queste che in quel sepoleri evacuat, come si dice nel passato verbale, vi si dove trovare dell'orov; FENICIA 1840, pp. 123-126: «dl idiligenziamento dè vuotat sepolcri non aliro produsse al Reale Museo, che picciole scheggiedi oro, e pochi preziosi frammenti di vaslli mirrini (40); ma l'invenimento d'un sepolcro sotterraneamente nella metà disvuotato (41), - Questo sepolcro s'ivemne violato nella sua metà dalli scavatori di Lamberti, per essere contiguo a quelli che questi avea rinvenuto — ἃ dato il magnifico ed elegante vase d'Artemis (42): - Chiamo questo gran Vase l'rtemis per esservi incisa sulla testa di Diana la leggenda APTEMIS — del quale eccone Te dimensioni, il disegno, la storia. iv pp. 126-154 (contenente la lunghissima descrizione dell'immenso cratere con lettura esegetica delle scene figurate). ^ ASBA, MSA, Fasc. 8: Lettera del 19-11-1837. Verbal in due copie dela riunione tenutasi nel palazzo dellarcdiacono Giuseppe Caputi, Presidente della Commissione dei Regi Scavi di Ruvo, spedito al Ministro dell'Interno Nicola Santangelo. Firmato da Michele Lampareli (Consigliere Provinciale), Lorenzo Virgilio (Vice-Capo d'Ufficio dellIntendenza della Provincia di Terra di Bari), Giuseppe Caputi Presidente della Commissione dei Regi Scavi di Ruvo), Salvator Fenicia (membro della Commissione dei Regi Scavi). TA
eccellente‘. 11 magnifico esemplare, conservato nel Museo di Napoli (Inv. 82261, Heydemann 3252), è stato attribuito dal Trendall al e del Sakkos Bianco, uno degli ‘ultimi ceramografi della scuola apula, ascrivibile all'ultimo ventennio del IV secolo a.C.
173.1. Cratere a mascheroni apulo a figure rosse Argilla rosata, vemice mera _ lucente, sovraddipinture in bianco e giallo, scena a rilievo sul collo. em, 155; diam. orlo cm 34,5. Napoli, Museo Archeologico Nazionale. Inv. 82261 (= Heyd. 3252), Attributo al Pittore del Sakkos Bianco 320.300.
Ricomposto da vari frammenti, lacunoso, mancano alcuni piccoli frammenti del corpo del lato B, che sono stati integrati. Sbreccature sull’orlo © sul piede, vernice nera nera scrostata in alcuni punti. Scheggiature. Decorazione accessoria: sull'orlo, dall'alto in basso, fila di ovoli, corona con foglie di lauro, intervallate da rosette e con una rosetta a rilievo al centro, fila di fiori dai molti petali, palmette e fiori di loto; sulla spalla, testa femminile di prospetto tra tralci vegetali, girali e fiori a calice, compresa tra due fasce con motivi ad ovoli; sul corpo, il registro superiore e il registro mediano sono delimitati inferiormente da una fila di ovoli; il registro/inferiore è delimitato inferiormente da un meandro intervallato da riquadri con linee incrociate; sotto le anse, palmette e girali A metà altezza delle anse, incastrati tra le anse e il collo del vaso sono dei rilievi raffiguranti una donna seduta, ἃ sinistra, © un giovane seduto, a destra Lato A: sul collo, pannello a rilievo, Eros su su una biga in corsa verso sinistra, preceduto da Hermes; intomo a loro,
dipinte, Nereidi su ippocampi. Sul corpo, nel registro superiore, al centro, sono raffigurati un giovane ed una donna su ‘una quadriga in corsa verso destra, su cui volano al di sopra una Nike ed un erote; dietro di loro è un guerriero abbattuto da una biga, trainata da due cervi, su cui è Artemis, seguita da un cavallo alato che inseguono la quadriga con i due giovani. A destra, davanti alla quadriga, è un guerriero nudo, stante, con clamide sulla spalla, che ha uno scudo sollevato nella sinistra; dietro è un guerriero su un cavallo alato; nel campo, un cane e due delfini. Nel registro mediano, al centro, Nike stante, di profilo a sinistra, verso la quale si avvicinano da destra e da sinistra due quadrighe guidate da eroti; tutt'intorno, girali, fiori a calice e una testa femminile di prospetto. Nel registro inferiore, Giasone, nudo, che combatte con il toro, mentre Medea ed un erote assistono alla scena guardando da un balcone posto sopra il toro; a sinistra, Hermes, stante, con clamide avvolta intorno al braccio sinistro, petaso sulla testa e caduceo nella destra. Davanti a lui è un erote seduto. Nel campo, alberi, volatili, un cavallo e un erote in volo con corona nella destra. Lato B: sul collo, a rilievo, pannello con erote su quadriga in corsa verso sinistra preceduto da Hermes; intorno, dipinte, Nereidi su ippocampi. Nel registro superiore è raffigurata una amazzonomachia; nel registro mediano, erote tra fiori, tralci vegetali e girali. Nel
49 ASBA, MSA, Fasc. 108: lettera del 23 gennaio 1838, contenente le disposizioni per la spedizione a Napoli della casse con il gran vaso di Artemis. 7715
registro inferiore, giovani, donne e un erote; Hyakinthos su cigno. Bibliografia: Zahn 1838, p. 49; Fenicia 1840, pp. 124-154; Gerhard 1840, p. 188, n.2; Schultz 1842,pp. 55-56 pp. 65-66; Heydemann 1872, pp. $67-S71, n. 3252; Spinazzola 1928, tav. 202; Sichtermann 1956, p. 106, fig. 11; Forti 1969-1971, tavi, 3-5; Schauenburg 1978, fig 10; Trendall-Cambitoglou 1982, pp. 977-978, n. 29/200, ta. 382, 5.6. 173.2. Frammenti di corona Lamina aurea, martllata, Lungh. em 2. Napoli, Museo Archeologico Nazionale, Inv. sa. Fine del IV-nizi del ΠῚ secolo a.C. Rimangono due semplici laminette auree senza alcuna decorazione. Bibliografia: Fenicia 1840, p. 125; Breglia 1941, p. 55, nn, 209-210. 173.3. Frammenti di unguentari di vetro
Fig. 723. 173.1. Cratere a mascheroni apulo a figure rosse del Pittore del Sakkos Bianco (820-300 a.C.) con scena a rilievo sul collo (Foto dell"Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica di Napoli e Caserta) 174-175 — Tombe rinvenute Buccettolo)
173.4. Frammenti di piatti di vetro
Corso E. Carafa (già "Strada Nuova" nel Fondo del.
Dai documenti dell’ Archivio di Stato di Bari si apprende che, dopo il rinvenimento del 24 ottobre 1837, compiuta l’estrazione dei frammenti del vaso colossale e riempito il grande fossato (si veda la scheda precedente), la Commissione dei Regi Scavi ha rivolto la sua attenzione ad esaminare la zona settentrionale, dove erano i sepoleri violati dalla società del Lamberti, rinvenuti sotto la Strada Nuova. In questo sito, infatti, erano stati riscontrati degli elementi che avevano fatto pensare alla presenza di altre sepolture. Queste tracce andavano a finire sotto un piccolo cortile fabbricato abusivamente sul suolo comunale e senza fondamenta; per proseguire lo scavo si è quindi dovuto abbattere il 716
muro del suddetto cortile, con il consenso del proprietario Lorenzo Lobasco, aprendo 116 novembre 1837 si rinvenne, pertanto, la prima tomba (Tomba 174), già violata dagli antichi e ricolma di pietre, senza che sia stato possibile trovare nemmeno un frammento. Proseguendo lo scavo sulle stesse tracce, il novembre 1837 fù trovata un'altra tomba (Tomba 175), nella quale si reperirono numerosi frammenti di vari vasi e unguentari di vetro dai colori e dalle forme diverse, un piatto da pesce a figure rosse rotto in vari frammenti, un vaso acromo a forma di fiasco, integro, con due facce di prospetto a rilievo, un unguentario integro di terracotta fine con omati (stile di Gnarhia?), un piccolo vaso a vernice nera scanalato e frammentato nel labbro e una coppetta monoansata a vemice mera intatta. Inoltre, si rinvennero vari frammenti di vasi a vernice nera, a figure rosse c nello stile di Gnathia, appartenenti a diversi piccoli vasi, tutti ridotti in minuti frammenti così nuove fosse",
da una lastra di copertura caduta sopra‘. Del corredo è stato possibile rintracciare il
fiasco, identificabile con un vaso plastico a forma di fiasca con una testa di Gorgone a rilievo sul corpo, su entrambi i lati (Inv. 16272), e il frammento del piatto da pesce (Inv. 82057, Heydemann 2546), entrambi conservati nel Museo di Napoli e ascrivibili ad un periodo compreso tra la fine del IV e gli inizi del Il secolo a.C. corpo ad anello, con breve e stretto collo 175.1. Fiasca con decorazione a rilievo cilindrico, fiancheggiato da anse a nastro. mila nocciola rosta ricoperta di ἐπ o In basso & una piccola base di appoggio gubbiatura bianca, e; in alto termina con un
hem 14 Napoli, Musco Archeologico Nazionale
rettangolar beccuccio campanulato. Su entrambi i lati
Tav 16272,
una protome femminile a rilievo, forse la
ΝΣ Integro.
Sbreccature
sull’orlo, in-
gubbiatura scrostata in diversi punti, scheggiature sul corpo. La fiasca ha il
del corpo reca un grande medaglione con
di una Gorgone. testa
Bibliografia: Fenicia 1840, p. 156; Levi 1926, p.69, n.290.
^ ASBA, MSA, Fase. 8: Verbale degli scavi della seconda quindicina del mese di ottobre del 1837. vase, e dopo aver Relazione del 1-11-1837: «La Commissione dopo aver compiuta l'estrazione di questo dè sepoler violati dalla riempito ll gran fosso che dovè fare, si è rivolta ad esaminare la parte settentrionale qualche sepolero, e Società di Lambert, nella quale ammira una traccia chefa sperare il rinvenimento di sul altro si gittva sotto un piccola core abusivamente fabbricato alla rustica suolo comunale, ‘ome questa traccia Lorenzo senza fondamento sulla madre terra; per cui ha dovuto col consenso del voluto proprietario chiamato ‘Lo basco, di condizione molinaio rompere detto muro, ed aprirsi sulla raccia il proseguimento dello scavo, nel quale spera moltissimo...» del 1837. ^ ASBA, MSA, Fasc. 8: Verbale degli scavi dela prima quindicina del mese di novembre degli scavi Relazione del 16 novembre 1837: «| lavori di questa prima quindicina, eseguiti nel daprosieguo Lo basco anteriori, e propriamente nella parte Settentrionale, e sotto il cortletto posseduto pietre,Lorenzo e senza trovare ‘molinaio, nel giorno 6 corrente si scoprì il primo sepolcro preso dagli antichi, pieno di non αἱ trovò dove in sepolcro; altro un rinvenne si 9 giorno nel traccia medesima la proseguendo alcuna; os pezzi; una ‘tr, che rottame di vari vasi di cristallo d diverse forme, e colorito; più uma pesciera rotta conin vari fino αἱ terracotta ornati, e sano fiaschetta rustica, con due faccie di prospetta rilievo, sana; un adorino sana ed a un solo manico; pl altri ‘un pignattino, scanellato nero, voto al labbro, ed una tazzolina anche ner, rottami di grast fine, figura, con anche ornati, di diversi vasellini, ma ttt ridotti in pezzi da una lapide che ravi sopra di essi», FENICIA 1840, pp. 155-156. Tm
1752. Piatto da pesce campano a figure rosse. Argilla beige, vernice nera lucente, sovraddipinture in bianco e giallo hem 5; diam. cm 18. Napoli, Museo Archeologico Nazionale Inv 82057 (= Hey 2546) Attribuito da Trendall-Me Phee al “The PalmerScallop Painter” 340-320.
Lacunoso, mancanodiversi frammenti. Decorazione accessoria: sull’orlo, motivo ad onda. Decorazione figurata: i distingue bene una sogliola, in alto a sinistra, una triglia, in basso a destra, mentre del terzo pesce non si riesce a riconoscere il tipo. Bibliografia: Fenicia 1840, p. 156; 724. 175.1. Fiasca del Pellegrino acroma con decorazione a rilievo raffigurante una Gorgone (Foto Archivio Soprintendenza Archeologica di Napoli e Caserta).
Fig. 725. 1752. Piatto da pesce campano a figure rosse (Foto Archivio Soprintendenza Archeologica di Napoli e Caserta).
T
Heydemann 1872, n. 2546; Trendall-Mc Phe 1987, p.90, n. 146.
176-178 — Tombe rinvenute in Corso E. Carafa (già “Strada Nuova” nel Fondo del Buccettolo)
Da una relazione della Commissione dei Regi Scavi di Ruvo, conservata nell’ Archivio di Stato di Bari, relativa agli scavi eseguiti nel corso della seconda metà del mese di dicembre del 1837, si apprende che la stessa Commissione prosegue le ricerche di antichità lungo “Strada Nuova” nel fondo del Buccettolo, immediatamente fuori le mura del paese, portando al rinvenimento di altre quattro tombe. Le prime due sepolture (Tombe 176-177) vengono scoperte rispettivamente il 18 eil 20 dicembre, ma risultano già violate anticamente La terza sepoltura (Tomba 178) viene rinvenuta il 26 dicembre, anch'essa già violata in antico*'^; ta quarta fu trovata il 30 dicembre (per quest'ultima si veda la scheda n. 159).
179 — Tomba rinvenuta in Corso E. Carafa
La lettura di alcuni documenti dell'Archivio della Soprintendenza Archeologica di Taranto ha permesso di ricavare informazioni circa un importante rinvenimento avvenuto nel 1929. Durante lavori di scavo eseguiti per la sistemazione dei tubi della fognatura, nel luglio del 1929, si rinvenne in Corso Ettore Carafa una tomba a sarcofago intatta, contenente un corredo funerario di una certa rilevanza. Il ricco complesso, infatti, era a figure rosse, accompagnato di ceramica apula formato da un elevato numero di esemplari policromi (stile di sovraddipinti e nera vernice a vasi di gruppo cospicuo un da anche oggi custodito nei è ed Taranto di Museo nel portato seguito in fu corredo Il Gnathia). di S. Antonio Complesso nel Puglia della Archeologica Soprintendenza depositi della (Inv. nn. 61465-61484). La costante presenza sulla ceramica apula a figure rosse delle teste femminili induce ad ipotizzare per il complesso una cronologia che si aggira intorno all'ultimo trentennio del IV secolo a.C., con una buona possibilità di arrivare alla fine dello stesso secolo‘!
^? ASBA, MSA, Fasc. 108: Verbale degli scavi della seconda quindicina del mese di dicembre del 1837. sepolcri; Relazione del 1-1-1837: el lavori di questa sopraddetta quindicina hanno prodotto mero quattro cioè i primi due nei giorni 18e 20 il terzo nel giorno 26,1 quali sepolri si sono trovati pinidi terra perché violati anticamente, la Commissione l ha ftti iligenziare senza mula invenire». ‘i! ASATA: at per l’anno 1929, rinvenimento del 12 (7) luglio 1929 in Corso Ettore Carafa, M. MARIN 1981, pp. 178-179. 719
Fig. 726. 179. Corredo della tomba 179 scoperta in via Carafa nel Luglio del 1929 (Foto dell'Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica della Puglia).
179.1. Cratere a mascheroni apulo a figure rosse Argilla beige, vernice nera lucente, sovraddipinture in bianco ε illo . em 41,2; con anse cm 48; diam. orlo em 22; diam. piede cm 14,5. Taranto, Museo Archeologico Nazionale. Inv. 61465, Attribuito al Pitore di Meo Evoli 3203104.C.
Lacunoso. Piede restaurato, orlo sbreccato, anse scheggiate, vernice nera scrostata in alcuni punti, sovraddipintura in giallo evanida. Decorazione accessoria: sotto l'orlo, fila di chevrons; sul collo, palmette in (A), meandro ad onda, fascia bianca, fila di ovoli in (B); sulla spalla, bastoncelli; sul corpo, la scena figurata è delimitata da un meandro ad onda destrorso; sotto le anse, volute e palmett. Lato A: testa femminile, di profilo a sinistra, con stephane radiata, sakkos, collana e orecchini. Lato B: sul collo, busto di una Nike, dipinta di bianco, di profilo a sinistra Sul corpo, al centro, naiskos nel quale è 780
una pianta con fiori a calice; nel campo, palmette e volute. Bibliografie: Lohmann 1979, p. 260, A 713; M.
Marin 1981, p. 178,n. 1; Trendall-Cambitoglou 1982,p. 935, n. 28/145
1792. Anfora panatenaica apula a figure rosse Argilla beige, vernice nera lucente, sovrad dipinture in bianco giallo. Δι cm 35,8; diam. orlo cm 33,3; diam. piede em 106. Taranto, Musco Archeologico Nazionale. Inv 61466. Attribuita al Pitore di Meo Evol, seguce dei Pittori della Pater e di Baltimora 320-3104C.
Integra. Decorazione accessoria: sulL'orlo, tralcio di edera bianco; sul collo, palmette, motivo ad onda; sulla spalla, finta baccellatura; sul corpo, la scena figurata è delimitata inferiormente da una fascia a risparmio. Lato A: testa femminile, di profilo a sinistra, adoma di gioielli (stephane radiata, sakkos, orecchini e collana) Lato B: stessa rappresentazione,
a figure rosse. Lati A e B (Foto dell'Autore Figg. 727-728. 179.1. Cratere a mascheroni apulo cortesia Soprintendenza Archeologica della Puglia)
di uno dei mascheroni figure rosse. Particolari apulo a oni Figg. 729-730. 179.1. Cratere a mascher (Foto dell'Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica delia Puglia). 781
Figg. 731-732. 179.2. Anfora panatenai apula a figureca rosse. Lati A e B (Foto dell’ Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica della Puglia) Bibliografia: Trendall-Cambitoglou 936,1. 28/159, tv. 369,1
1982, p.
1793. Phiale apula a figure rosse Argilla beige, vernice nera lucente, sovzaddipinture in bianco giallo. Βα em 7, con ansa cm 9,8; diam. cm 26,7. Taranto, Museo Archeologico Nazionale, Ins 61467. Attributa αἱ Pitore di Meo Evoli, seguace dei Pittori della Paera e di Baltimora. 320108. 782
Integra. Sbreccature sull’orlo, vernice nera scrostata in qualche punto. Decorazione accessoria: all’intemo circondano il medaglione centrale due fasce concentriche decorate da chevrons bianchi (fascia estema) e neri (fascia interna) Decorazione figurata: nel medaglione centrale, testa femminile, di profilo a sinistra, adoma di gioielli (stephane radiata, sakkos, orecchini e collana); nel campo, ai lati, palmette e volute.
Bibliografia: Schneider-Hermann 1977, p. 97, n. 156; Trendal-Cambitoglou 1982, p. 937, n. 28170.
179.4. Piatto sovraddipinto policromo Atgilla beige, vemice nera lucente, sovraddipinture in biancoc giallo. hi cm 58; diam em. 23,2. Taranto, Musco Archeologico Nazionale. Inv. 61468 Tardo Gnatha. 3202702€.
Integro. Qualchesbreccaturasull'orlo, vernice nera scrostata in qualche punto. Piede tronco-conico, vasca profond espansa a profilo convesso, labbro estroflesso leggermente | arrotondato segnato da una risega verso l'interno. All’interno, al centro, è inciso un cerchio. Decorazione dipinta distribuita su linee concentriche: dall’esterno verso interno, fila di pallini bianchi, tra due linee concentriche bianche, fila di chevrons in giallo. Bibliografia: inedito. 179.5. Piatto a vernice nera Argilla nocciola, vemice nera lucente con rilessi metalli hi. em 3,4; diam. orlo em 14,6; diam. piede em4s. Taranto, Musco Archeologico Nazionale. Inv. 61469. Seconda metà del IV secolo aC Integro. Orlo sbreccato, vernice nera scrostata nel piede. Piede cilindrico con gola di attacco, vasca espansa, a profilo convesso, labbro estroflesso leggermente arrotondato, lievemente inclinato verso l’interno. Bibliografia: inedito
1793. Phiale apula a Figg. 733-734. figure rosse (Foto dell'Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica della Puglia).
179.6. Coppetta monoansata a vernice nera Argilla nocciola, vernice nera lucente con riflessi metallic h.cm$ diam. orlo cm 86. Taranto, Museo Archeologico Nazionale. Inv 61470. Seconda metà del IV secolo a.C. Forma Morel 6231
Integra. Vernice scrostata in alcuni punti. Piede tronco-conico, corpo emisferico, orlo leggermente estroflesso. Ansa a cordolo impostata obliquamente poco sotto l'orlo. Bibliografia: inedita
783
Ins 61472 Seconda metà del IV secolo a.C.
Lacunosa, un’ansa è stata restaurata. Piede scheggiato, macchie rossastre dovute a difetto di cottura. Piede troncoconico lievemente arrotondato con alto raccordo, vasca a profilo convesso nella parte inferiore e svasato in alto, labbro arretrato e appena obliquo verso l'intero per l’alloggiamento del coperchio, anse a nastro ingrossato orizzontali, a profilo concavo-convesso, impostate poco al di sotto dell’orlo. Bibliografia: inedita.
Figg. 735-736. 179.4. Piatto sovraddipinto policromo (Foto dell’Autore, — cortesia Soprintendenza Archeologica della Puglia)
179.7. Coppetta monoansata a vemice nera Argilla nocciola, vemice nera lucente con riflessi metallici hem 5; diam, orlo em 8,8. ‘Taranto, Musco Archeologico Nazionale. Inv. 61471 Seconda metà del IV secoloaC. Integra. Per le caratteristiche formali si veda la scheda precedente (179.6.) Bibliografia: inedita, 179.8. Base di lekanis a vernice nera gilla nocciola, vernice nera lucente con riflessi metallic hem 48; diam. rio em 7,8; diam. piede em 38. ‘Taranto, Museo Archeologico Nazionale, 784
179.9. Coppetta concavo-convessa a vernice nera Argilla nocciola, vernice nera lucente con riflessi metallic hem 2,5 diam. em 7,5. Taranto, Museo Archeologico In. 61473. Seconda metà del IV secolo a.C. Vicino alla forma Morel 2433,
Integra. Orlo sbreccato, vernice serostata in alcuni punti, qualche scheggiatura. Piede. tronco-conico, vasca a profilo tronco-conico nella parte inferiore, convesso in quella superiore, orlo rientrante Bibliografia: inedita. 179.10. Coppetta concavo-convessa a Argilla nocciola, vemice mera lucente con riflessi metallic hem 2,7; diam. orlo em 88, Taranto, Museo Archeologico Nazionale. Inv. 61474 Secondametà del IV secoloaC Forma Morel 2430.
Fig. 737. 179.5. Piatto a vernice nera (Foto dell’Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica della Puglia).
738. 179.6. Coppetta monoansata a vernice nera (Foto dell'Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica della Puglia)
Fig. 739. 179.7. Coppetta monoansata a vernice nera (Foto dell'Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica della Puglia)
Fig. 740. 179.8. Base di lekanis a venice nera (Foto dell'Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica della Puglia)
Fig. 741. 179.9. Coppetta concavo-convessa a vernice nera (Foto dell'Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica della Puglia).
Fig. 742. 179.10. Coppetta concavo-convessa a vernice nera (Foto dell’Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica della Puglia)
785
Figg. 743-744. 179.11. Skyphos apulo a figure rosse (Foto dell'Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica della Puglia).
Integra. Orlo sbreccato, vernice nera scrostata in diversi punti, frattura sull’orlo. Piede cilindrico, poco distinto dalla vasca a profilo convesso, orlo rientrante leggermente arrotondato. Bibliografia: inedita.
179.11. Skyphos apulo a figure rosse Argilla beige, vemice nem sovraddipinture in bianco e giallo. b. em 99, con anse cm 12; diam. orlo cm 10; diam. piede em 4,5 Taranto, Museo Archeologico Nazionale. Im 61475, Attribuibile alla fase Tardo-Apala. Seconda metà del IV secolo a.C.
Ricomposto da frammenti. Lacunoso, manca parte dell'orlo e del labbro, integrati. Orlo sbreccato, vernice nera sorostata in alcuni punti. Piede a disco, corpo ovoidale a profilo convesso, orlo svasato, labbro estroflesso, anse a nastro angolose sormontanti, a profilo concavoconvesso, impostate obliquamente sul labbro e sul corpo. Decorazione accessoria: sul labbro, bastoncelli; sotto 786
T'orlo, fila di ovoli; sul corpo, la scena figurata è delimitata inferiormente da un motivo ad onda destrorso; sotto le anse, giralie palmette. Decorazione figurata: su entrambi i lati, testa femminile, di profilo a sinistra, ingioiellata (stephane radiata, sakkos, orecchini e collana). Nel campo, ai lati, girali e palmette, Bibliografia: inedito
179.12. Skyphos apulo a figure rosse Argilla beige, vemice mem _ lucente, sovraddipintur in biancoe giallo max con ansa em 10,8; diam. max cm 103. "Taranto, Museo Archeologico Nazionale Inv, 61476, Attribuibile alle fase Tardo-Apula, probabilmente allo stesso ceramografo dell'esemplare precedente, Seconda metà del IV secolo a.C.
Frammentario. Lacunoso, rimane un frammento con parte di un lato, comprendente corpo, orlo, labbro e un’ansa angolosa. Caratteristiche formali e decorazione accessoria simili all'esemplare precedente. Decorazione
figurata: sul lato conservato, testa femminile, di profilo a sinistra, adora di gioielli (stephane radiata, sakkos, orecchini e collana). Bibliografia: inedito 179.13. Lucerna monolicne a vernice nera Argilla rosata, vernice nera lucente con riflessi metallici . cm 3, con ansaem diam. orlo cm 62. diam. piede cm 3,5. Taranto, Museo Archeologico Nazionale Inv. 61477, Produzione apula Seconda metà del IV:prima metà del ΠῚ secolo a.C
Integra. Piede e ansa sbreccati. Piede cilindrico appena distinto dal fondo concavo, serbatoio cilindrico con foro di alimentazione circolare segnato da un gradino depresso, becco ad incudine con estremità arrotondate, ansa verticale a nastro ispessito stretto ed anulare.
Fig. 745. 179.12. Skyphos apulo a figure rosse (Foto dell'Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica della Puglia)
Bibliografia: inedia 179.14. Brocca a vernice bruna Argilla nocciola, vemice bruna. hi. cm 89; diam. orlo em 75. Taranto, Museo Archeologico Nazionale. Inv. 61478, Seconda metà del IV secolo a.C.
Integra. Orlo sbreccato, bruna scrostata in diversi punti. Piede tronco-conico, corpo globoso, spalle oblique, labbro obliquo, ansa verticale, sormontante, a nastro spesso. La vernice ricopre la parte superiore del vaso, compresa l'ansa, e con una stretta fascia l'interno del labbro. Bibliografia: inedita.
Fig. 746 179.13. Lucerna monolicne a vernice nera (Foto dell’Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica della Puglia)
179.15. Skyphos apulo a figure rosse Argilla beige, vemice nera cents, sovraddpinture in bianco giallo bem 6; diam. oro cm 7,3; dim, piede cm 35 Taranto, Musco Archeologico Nazionale. ἴων 61479. Attribubile alla fase Tardo-Apula. Seconda metà del IV secolo a.C.
Lacunoso, manca un’ansa c parte dell’orlo. Piede a disco, corpo ovoidale, anse a cordolo impostate orizzontalmente 787
impostata ad occhiello sul corpo. Decorazione accessoria: sull’orlo, fila di ovoli; sul collo, fila di rosette; sul corpo, in basso, la scena figurata è delimitata da due linee nere parallele; sotto l'ansa, girali e palmette. Decorazione figurata: testa femminile, di profilo a sinistra, riccamente ingioiellata (stephane radiata, sakkos, orecchini e collana). Bibliografia: inedita Fig. 747. 179.14. Brocca a vernice bruna (Foto dell’Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica della Puglia).
poco sotto l'orlo. Decorazione accessoria: sotto l'orlo, fila di ovoli; sul corpo, in basso, la scena figurata è delimitata da un motivo ad onda destrorso; sotto le anse, girali e palmette. Decorazione figurata: su entrambi i lati, testa femminile, di profilo a sinistra, ingioiellata (stephane radiata, sakkos, orecchini e collana). Nel campo, girali e palmette. Bibliografia: inedito.
179.16. Oinochoe apula a figure rosse Argilla beige, vernice nera lucente, sovradipinture in bianco e giallo. 1 em 10,8 diam. ro cm 69; diem. piede em 5,6. ‘Taranto, Musco Archeologico Nazionale, Inv. 61480, Atribuibile alla fase Tardo-Apula. Seconda metà del IV secolo a.
Forma 8 B. Restaurata. Lacunosa, manca parte dell'orlo. Piede cilindrico con breve gola di attacco, corpo globoso, collo a profilo leggermente concavo, orlo estroflesso indistinto, ansa a cordolo 788
179.17. Oinochoe apula a figure rosse Argilla beige, vemice nera lucente, sovradipinture in bianco e illo. fn. cm 85; diam. orlo cm 68. Taranto, Musco Archeologico Nazionale. ἴων 61481 Atiribuibile alla fase Tardo-Apula. Seconda metà del IV secolo aC.
Forma 8N. Restaurata, lacunosa, manca quasi tutta la parte superiore del corpo e dell’orio, reintegrata. Piede a disco, corpo ovoidale, con labbro estroflesso incurvato verso l'interno, ansa a nastro spesso impostata orizzontalmente sul labbro e sul corpo. Decorazione accessoria: nella parte superstite, sotto l'ansa, palmette e girali, Decorazione figurata: si scorgono le gambe di un giovane con clamide, una delle quali è poggiata su una roccia. A destra, si vede una ghirlanda di rosette, probabilmente portata dal giovane. Bibliografia: inedita.
179.18. Brocchetta sovraddipinta policroma Argilla beige, venice nera lucente, decorazione sovradéipinta in rosso e bianco. hem 12,7; diam. oro cm 54; diam. pide cm 43. "Taranto, Museo Archeologico Nazionale, Ins 61482. Tardo-Gna 3202:04C.
Figg. 748-749. 179.1 . Skyphos apulo a figure rosse (Foto dell'Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica della Puglia)
Ricomposta da due frammenti. Lacunosa, manca un frammento dell'orlo, integrato. Orlo schegeiato, piccole incrostazioni, decorazione dipinta evamida. Piede tronco-conico modanato, corpo globulare, baccellato nella parte inferiore, collo a profilo concavo, orlo estroflesso, ansa a cordolo, impostata ad occhiello sul corpo. Decorazione: sulla parte superiore del corpo, fra linee parallele in rosso e bianco, motivo a bastoncell in bianco. Bibliografía: inedita.
179.19. Lekythos sovraddipinta policroma Argilla nocciola, vemice mera lente, decorazione sovraddipinta in bianco e allo. hem 18,6; diam. piede cm6. Taranto, Museo Archeologico Nazionale. Inv 61483. Tardo. Gnathia 320-270.
Ricomposta da frammenti. Lacunosa, manca l'ansa, di cui rimane l’attacco inferiore. Orlo sbreccato, piccole incrostazioni, decorazione sovraddipinta
scrostata in qualche punto. Piede ad anello sagomato, corpo ovoidale compresso, spalla diritta, collo cilindrico, bocchello campanulato, ansa a nastro impostata verticalmente sulla spalla. Decorazione: sul collo, bastoncelli; sulla spalla, motivo ad onda rovesciato în bianco, linea gialla, sul corpo, reticolo sovraddipinto in bianco. Bibliografia: inedita
179.20. Oinochoe sovraddipinta policroma Argilla nocciola, vemice nera lucente, deorazione sovraddipinta in bianco, h . max cm 82; diam. piede cm 63. Taranto, Museo Archeologico Nazionale. Inv. 61484, Tardo-Gnathia. 320-270.
Lacunosa, rimane la parte inferiore del corpo. Piede ad anello sagomato, corpo globoso, spalla diritta. Sul corpo pendono tre tralci vegetali, composti da foglie cuoriformi in bianco.
789
du ὁ ὃ
Figg. 750-751. 179.16. Oinochoe apula a bocca rotonda a figure rosse (Foto dell'Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica della Puglia).
Figg. 753-754. 179.18. Brocchetta sovraddipinta policroma (Foto dell’ Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica della Puglia).
Fig. 752. 179.17. Oinochoe apula a figure rosse (Foto dellAutore, cortesia Soprintendenza Archeologica della Puglia)
:
Fig. 755. 179.19. Lekythos sovraddipinta policroma (Foto delT'Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica della Puglia) Fig. 756. 179.20. Oinochoe sowraddipinta policroma (Foto delAutore, cortesia Soprintendenza Archeologica della Puglia). 790
180- Tomba rinvenuta in Corso E. Carafa angolo Via S. Barbara (già “Strada Nuova” nel Fondo del Buccettolo)
Da alcuni documenti dell'Archivio di Stato di Bari si apprende che il 26 luglio del 1836, nei pressi della casa di Marino Riccardi, situata nella Strada del Buccettolo, (siamo nell'odierno Corso E. Carafa angolo via 5. Barbara), si rinvenne una tomba. La Commissione dei Regi Scavi fece scoperchiare le due lastre che la ricoprivano, trovando nella sepoltura esclusivamente un cratere a volute a mascheroni acromo, non cotto, il quale si è interamente distrutto appena toccato*!?,
181-183 — Tombe rinvenute in Corso E. Carafa (già "Strada Nuova” nel Fondo del Buccettolo)
Nel proseguire gli scavi compiuti tra la fine di dicembre del 1837 e gli inizi di gennaio del 1838, che hanno portato al rinvenimento di alcune tombe (si vedano le schede nn. 159-160 e 176-178), tra cui quella del 3 gennaio 1838, la quale ha restituito una sepoltura di un guerriero con corazza sannitica (si veda scheda n. 160), la Commissione dei Regi Scavi effettua altri ritrovamenti. I documenti dell" Archivio di Stato di Bari chiariscono che le ricerche vengono condotte nello stesso sito in cui sono state scoperte le tombe già citate, ovvero nel Largo di Porta Noè (oggi Piazza Bovio), 11 4 gennaio 1838 si rinviene un’ara di pietra ben scanalata, piuttosto frammentaria, che è stata conservata; il giorno 5 si recuperano altre due tombe (Tombe 181-182), dette "Sepolcri Egiziani”, contenenti ciascuna due vasi lstati canosini (due vasi rustici egiziani. 1I 13 gennaio del 1838, infine, viene trovata ad una grande profondità un'altra tomba (Tomba 183), questa volta, perd, già violata anticamente senza che si sia potuto trovare alcun oggetto! 184-186 — Tombe rinvenute in Corso Nuova” nel Fondo del Buccettolo)
Carafa angolo Corso Gramsci (già “Strada
Da vari documenti conservati presso l'Archivio di Stato di Bari, risalenti al maggio del 1843, si apprende che Vincenzo Cervone, dopo le clamorose scoperte effettuate dal Lamberti nel 1835, intraprese di notte lo scavo di un sepolcro rimasto intatto. Naturalmente, si trattava. ^? ASBA, MSA, Fase. 8: Lettera del 26-1-1836: ll giorno 26 luglio 1836 nella Strada del Buccetolo € propriamente vicino la casa di Marino Riccardi si è scavato un sepolero.d cui la Commissione ha fatto Scoverchiare le due lapidi ed altro non ha rinvenuto che un gran vaso a iroccola rustico e non coto che si è dileguato nella terra appena toccato» 45 ASBA, MSA, Fasc. 108: Verbale degli scavi della prima quindicina di gennaio del 1838. Relazione del 16-1-1838: «Seguendo nel medesimo luogo i scavi nel giorno 4 si rinvenne un ara di pietra bene scanellta alquanto rotta, che si conserva. Nel giorno 3 si rinvennero alii due Sepolcri Egiziani: ma in dentro aro non Si trovò che due vasi rustici egiziani per codauno. Nel giorno 13 finalmente si à trovato un Sepolero assai profondo, incavato nel sasso, il quae si è rovato violato». 791
di uno scavo clandestino, come quelli del Lamberti, effettuati in luogo pubblico e precisamente sulla pubblica Strada Nuova, immediatamente fuori le mura della città medievale di Ruvo, nel sito denominato del Buccettolo. Esso si trovava a cinque passi da quello in cui il Lambert rinvenne le grandi tombe a semicamera con ricchi corredi. Lo scavo, eseguito per ordine di Vincenzo Cervone ed altri cittadini ruvestini, quali Mauro e Marino Capone e il muratore Sergio Mastroill, era stato condotto col pretesto i ricavare del terreno perimpastare calce per costruire. Dagli stessi documenti si apprende, inoltre, che altri individui, ovvero i muratori Donato Lamura e Sebastiano Tedone, erano stati fermati mentre tentavano, sempre nello stesso sito, di scavare abusivamente nella speranza di rinvenire tombe intatte*!*.
Gli scavi del Cervone nel sito del Buccettolo diedero alla luce diversi sepolcri, dei quali molti risultarono già vuoti perché scavati dal Lamberti nel 1835. Finalmente 11 e 30 marzo del 1843 il Cervone rinvenne due sepolture (Tombe 184-185) e nella lettera del 31 marzo 1843 si legge che, accanto al sepolero scoperto il giorno prima, si era trovato un pezzo di lastra di copertura che faceva sperare nel rinvenimento di un'altra tomba. Dalla stessa lettera si ricava ancora che i membri della Commissione dei Regi Scavi, i quali tenevano ormai sotto stretto controllo gli scavi del Cervone, si auguravano che l’altra eventuale sepoltura fosse più ricca: lo faceva intuire il fato che sembrava essere una tomba a sarcofago e non di “costruzione sicula” (denominazione data per le tombe del tipo a fossa), come quella già rinvenuta*!5. La speranza fu tuttavia vana, in quanto anche l’ultima tomba (Tomba 186),
scoperta il 31 marzo 1843 davanti al forno del Montaruli, non restituì materiale di pregio. In definitiva, come si apprende dalla lettera del 4 maggio 1843, comprendente il notamento degli oggetti rinvenuti nelle tre sepolture menzionate, le tombe restituirono del materiale che a detta della Commissione «mon presenta però né rarità, né squisitezza di forme o di pennello». Gli oggetti rinvenuti in uno dei sepolcri erano tutti costituiti da ceramica acroma e da vasi non figurati; pochi esemplari rimanenti sono figurati, ma comuni. Le tombe rinvenute il 30 e il 31 marzo furono trovate davanti al forno del Montaruli, la prima appartenente ad un guerriero, la seconda era coperta da una lastra di calcare*!°. 1 materiali, giudicati quindi di scarso valore, non furono presi in considerazione dalla Commissione e probabilmente non furono portati a Napoli, in quanto nell’ Archivio Storico del Museo di Napoli non risultano documenti o atti di immissione dei reperti sopra menzionati. ASBA, MSA, Fase. 121: “Per li tentativi dè scavamenti dè sepolcr di oggetti antichi in siti sospetti" (uni 1843-1851). Lettera del 26 gennaio 1843: «ll Sig. Vincenzo Cervone ed ali cittadini di Ruvo in Terra di Bari anno intrapreso scavamenti non autorizzati lungo la Pubblica Sirada nel luogo ove il Sig. Lamberti imvenne magnifici sepoleri greci, nella speranza di venire alcuni sepoleriIsciati intatti dalla Società dello stesso Sig. Lambert... Sempre di notte sono stati scoperti muratori Donato Lamura e Sebastiano Tedone, che stavano compiendo scavi abusivi sulla Pubblica Strada fuori le mura, nl ito detto il Bucettolo». “8 ASBA, MSA, Fasc. 121. Lettera del 31 marzo 1843: «Rimenuti due sepoler nei giorni 11 e 30 marzo 1843. Appresso al Sepolero di ieri comparì un pezzo di lapide che promette alio sepoleo. Sì spera che questo Sia più magnificodel est reperito perché invece di essere costrizione sicula pare più ch'abbia quella di Sepolcro greco. Per poterlo apriresi è dovuta aprire una gran fossa... ASBA, MSA, Fasc. 121. Lettera del 4-5-1843 (con notamento degli oggetti rinvenuti): «Le speranze..né saggi pratcat nel luogo del Buccetolo, ove scavò il Sig. Lamberi. vari sepolcrs sono rinvenuti del intuto vuoti, due sli hanno offert pochi oggetti che non presentano né rarità, ne squisitezza di forma o pennello. Gli oggetti rinvenuti in uno di esi sono tutt grezze senza figure. Gli altri pochi sono figurati, ma comuni»; M. MARIN 1981, pp. 176-178. 792
Tomba 184
184.1. Riyton a testa femminile con due figure sul bicchiere, alto 1 palmo. 1842. Cratere a figure rosse, con sei figure, alto palmi 1 e YA.
184.14. Due saliere a vernice nera. 184.15. Due coppette monoansate a vernice nera.
1843. Guttus configurato ad anatra.
184.16. Statuetta di terracotta raffigurante un cagnolino, in due pe
184.4. Lekanis con coperchio, sul quale sono 5 figure.
184.17. Animale di terracotta mancante della testa.
1845. Quarteruola (pelike), con due figure, alta % palmo.
184.18. Vaso di rame a forma di pignatto con manico, roso nella pancia.
184.6. Oinochoe, con una figura.
184.19. Porco di terracotta aperto in due parti
1847. Umetta a vernice nera. con coperchio.
184.20. Tre styphoi (giare) rustici, acromi.
1848. Skyphos (gara) nello stile di Gnathia, ornato con fregi.
184.21. Due lekania o pissidi acrome o. scialbate con coperchio.
184.9. Lekanis (pignattino) a vernice nera.
184.22. Lekanis acroma.
18410. Siphos a vernice nera, con manico rotto, alta % palmo.
184.23. Quattro piccole patere senza manici acrome.
184.11. Phiale a figure rosse, con due manici, con 4 figure sulla parte esterna.
184.24. Paterella monoansata acroma.
18412. Phiale a figure rosse, con due manici, con 4 figure sulla parte esterna.
18425. Mortaio acromo (piatto con canale)
184.13. Lucerna a vernice nera.
184.26. Tripode di ferro, rotto in due piedi. 793
Tomba 185
1185.1. Coppia di schinieri in bronzo. 185.2. Elmo greco di bronzo. 185.3. Cinturone di bronzo, rotto in tre pezzi.
185.7. Oinochoe a vernice nera con corpo scanalato. 185.8. Nove piccole patere a vernice nera, opaca, alcune rotte. 185.9. Sei lekania a vernice nera.
185.4. Due lance di ferro, unite, ossidate.
185.10 Quattro ἀν κεν a vernice nera.
185.5. Cratere acromo, alto palmi 1 e %.
185.11. Sette pignattelli di terracotta.
185.6. Guttus acromo.
185.12. Altri pezzi inservibili
Tomba 186
186.1. Grande vaso con manici a violino (loutrophoros) a figure rosse, con sette figure, alta palmi 2 e 4. 186.2. Due patere a vernice nera, diametro 1 palmo.
186.7. Oinochoe (urceolo) a fasce, nero, ruvido e fasciato da linee.
186.8. Quattro pignattini a vernice nera 186.9. Due chicchere ad un manico a vernice nera.
1863. Skyphos (giara) nello stile di Gnathia, a bocca larga, orata con un ramo, una frasca.
186.10. Urnetta acroma.
186.4. Tre umette a vernice nera, a due manici.
186.11. Lucerna acroma.
186.5. Skyphos monoansato a vemice nera, con manico rotto.
186.12. Coppa acroma.
186.6. Due piccole patere senza manici a vernice nera, con piede rotto, una rotta in due pezzi.
186.13. Tre ferri di lance, diverse, rotti
794
187-189 — Tombe rinvenute nel luogo detto “Il Pendio” Alcuni documenti dell’ Archivio di Stato di Bari riferiscono che il 18 gennaio del 1843 Francesco Ficco, volendo migliorare un suo fondo vicino all'abitato di Ruvo, nel luogo detto "II Pendio”, probabilmente lungo ia via S. Barbara, rinvenne due sepolcri (Tombe 187-188). informata del rinvenimento, la Commissione dei Regi Scavi di Ruvo procedette all'inventario dei corredi, cui materiali vennero purtroppo mescolati, costituiti da numerosi vasi a figure rosse, apuli, tra i quali almeno sette con raffigurazioni di teste femminili, probabilmente risalenti alla fine del IV secolo a.C. Il notamento comprendeva, inoltre, nove piattini a vernice nera, tre gutti a vernice nera, tre cinturoni in bronzo frammentati, un candelabro ed un tripode di piombo, sette coppette a vernice nera ed altro materiale. Il ritrovamento dei cinturoni indica che si era in presenza di deposizioni di guerrieri*!”. 1 documenti citati non indicano se gli oggetti siano stati spediti al Real Museo Borbonico ὁ lasciati in custodia al proprietario del fondo, ma una recente analisi, condotta da parte di chi scrive, dei materiali conservati nei depositi del Museo Archeologico di Napoli ha consentito di riconoscere almeno due vasi di produzione apula, un cratere a campana, con la raffigurazione di un sileno che rincorre una menade entrambi con tirsi in mano (Inv. 81451, Heydemann 2081), ed una phiale con un erote seduto, nella parte interna, c altri tre personaggi nei due lati esterni (Inv. 82069, Heydemann 2565)*!*.
Infine, da un documento del 15 febbraio del 1843, risulta che, precedentemente, nello stesso fondo del Ficco, Michele Lorusso rinvenne un grande vaso assieme ad altri sepolcri (Tomba 189)". 187.1.
Cratere
figure rosse
a
campana
apulo
a
Argilla beige, vernice nera lucente, sovraddipinture in bianco e illo. h . cm 28,5; diam. orlo em 23, Napoli, Museo Archeologico Nazionale. Inv. 81451 (= Heyd. 2081). Attributo al Gruppo Como, cerchia dei Pittori di Dario e dell'Oltetomba 340-320 aC.
Ricomposto da frammenti. Orlo sbreccato, vernice nera scrostata, piccole incrostazioni. Decorazione accessoria:
sotto l'orlo, tralcio di edera sinistrorso; sul corpo, la scena figurata è delimitata in basso da un meandro interrotto da riquadri con croce greca e punti; sotto le anse, girali e palmette. LatoA: sinistra, satiro, con irso nella destra e phiale con offerte nella sinistra,
4 ASBA, MSA, Fasc. 119: "Oggetti di due sepolcri greci rinvenuti da Francesco Ficco” (anni 1843). a quest abitatoha invenuto due Relazionedel 18-1-1843: «Francesco Ficco migliorando un suo fondo vicino sepolcri greci con in dentri i seguenti oggetti»; Verbale del 23-1-1843 con il notamento degli oggetti; M. MARIN‘it ASBA, 1981, pp.MSA, 194-195.Fase. 119: Verbale del 23-1-1843: «Ln vaso a campana con quattro figure, cio’ nel davanti un Baccante ed una Baccante con trs ἐπ mano, e nel dopo due ammentati, alto palmi due e tre quarti ὁ larghezza nella bocca palmi uno e mezzo. Patera grande del diametro circa di palmi uno e mezzo con tre Baccanti nella parte esterna e con un Genio alato seduto nella parte inernav; RUGGIERO 1888, p. 571 (da un documento dell'Archivio di Sato di Napoli, frmato da Fenicia, Caputi, De Leo, Caprioli. 4 ASBA, MSA, Fasc. 19: letra del 15-2-1843: «Michele Lorusso, anni addietro, rinvenne nel luogo detto Il Pendio un vaso grande più lii sepoleri». 795
Figg. 757-758. 187.1. Cratere a campana apulo a figure rosse. Lati A e B. Ultimo quarto del IV secolo a.C. (Foto dell’ Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica di Napoli e Caserta).
che rincorre una menade, in fuga verso destra, con testa rivolta indietro verso il satiro, con tamburello nella destra e tirso nella sinistra. Lato B: due giovani ammantati con bastone nella destra. Bibliografia: Ruggiero 1888, p. 571; TrendallCambitogiou 1982, p. 580,n. 20/188,
187.2. Phiale apula a figure rosse. Argilla beige, vemice ne lucente, sovra dipinture in bianco giallo hem 11,2; diam. cm 39,5. Napoli, Museo Archeologico Nazionale. Inv. 2069 (Hey. 2565). ttributa al Gruppo Friso, cerchia dei Pittori i Dario e dell'Oltretomba. 3403204.
Ricomposta da frammenti. Lacunosa, mancano parte dell’orlo e tre bottoni plastici. Orlo sbreccato, vernice nera Scrostata in diversi punti, incrostazioni. Decorazione accessoria: _ all'interno, 796
tralcio vegetale ondulato con foglie di edera; nel tondo interno, motivo ad onda rovesciato; all’estemo, sotto le anse, palmette e girali; sulla vasca, la scena figurata è delimitata inferiormente da un meandro interrotto da riquadri con croce greca e punti. Decorazione figurata: nel medaglione centrale, erote seduto su una. pila di rocce, di profilo a sinistra, con ventaglio nella destra. Nel campo una benda. La scena è delimitata in basso da una fila di ovoli; sotto, rosette. Lato A: a sinistra, donne seduta su una pila di rocce, di profilo a destra, con corona nella destra © phiale con offerte nella sinistra; verso di lei si sta dirigendo un erote, con un grande fiore a calice nella destra e una benda nella sinistra. Lato B: erote in volo verso sinistra, con lungo ramo di mirto nella sinistra e phiale con offerte nella destra. Bibliografia: Ruggiero 1888, p. 571; Schneider Hermann 1977, p. 49, n. 14; TrendallCambitoglou 1982, p. 527, n. 18249, tav. 1923.
Figg. 759-760. 187.2. Phiale apula afigure rosse del Gruppo Frisso e Perrone. 340-320 a.C. (Foto dell'Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica di Napoli e Caserta), 187.3. Cratere a colonnette a figure rosse.
187.5. Cinque anfore a figure rosse.
Alto palmi 1 e %, largo nella bocca anche palmi | e ‘ con sei figure; in A) è rappresentato un guerriero seduto con elmo in testa e fiancheggiato da altri due personaggi in piedi ancora coperti di crosta; B) tre figure ammantate.
Altezza palmi 1 e % e tutte con una testa dipinta.
187.4. Cratere a colonnette a figure rosse. Alto palmi 2 e diametro palmi 1 con in A) figura di baccante e in B) un testone.
187.7. Tre cinturoni di bronzo.
187.6. Hydria afigure rosse
Alta palmi 1 con una grossa testa dipinta. Due piuttosto rotti e l’altro rotto in più pezzi. 797
187.8. Candelabro in piombo.
187.16. Ambolo (?) con pizzo nero.
187.9. Tripode in piombo.
187.17. Tre adorini rigati
187.10. Tre punte di lancia in ferro.
187.18. Due skyphoi nello stile di Gnathia, omati
187.11. Tre oinochoai a vernice nera. 187.12. Guttus a vernice nera. 187.13. Due patere afigure rosse
Sono raffigurate delle teste di grosse
dimensioni.
187.14. Nove piattini a vernice nera.
187.19. Tre lekanis a figure rosse Sotto a vernice nera, sul coperchio sono grosse teste.
187.20. Sette skyphoi a vernice nera. 187.21. Due umette a vernice nera.
187.22. Pignattino a vernice nera.
187.15. Tre gui a vernice nera. 190-210 — Tombe rinvenute in Corso E. Carafa angolo Corso Gramsci (già “Strada Nuova” o "Strada Mediterranea” - Fondo del Buccettolo)
Da una lettera del 17 aprile 1837, conservata nell'Archivio di Stato di Bari, inviata dai membri della Commissione dei Regi Scavi di Ruvo al Ministro dell’Intemo quale accompagnatoria del verbale degli scavi della seconda quindicina del mese di aprile dello stesso anno, si ricavano interessanti informazioni circa l'attività di ricerca svolta dalla suddetta Commissione. In tale verbale si racconta dell’apertura di una campagna di scavo nella cosiddetta "Cavata del Buccettolo”, situata nei pressi delle ricche tombe a semicamera rinvenute dal Lamberti nel 1835, con lasperanza di trovare anche in questa zona delle sepolture con corredi di un certo rilievo. Gli scavi effettuati nella parte meridionaleed occidentale della città, dove passa la cosiddetta "Strada Mediterranea” (Corso E. Carafa-Corso Gramsci), hanno portato alla rilevazione di alcune tracce, sotto i marciapiedi, che indicavano la presenza sicura.
di tombe le quali, in effetti, sono state rinvenute, ma piene di pietre e di terra‘°. Dunque, i
© ASBA, MSA, Fase. 8. Lettera del 17 aprile 1837: «Pon vedere Signore..con quanta poca fortuna la Commissione mentre..sepoleri se ne trovano, ma violati e rustici. Riscontrando la Commissione circa lo snellimento della Cavata del Buccetolo, post vicina αἱ sepolri rivenuti da Lambert, e dove finalmente si potrebbero ritrovare qualche buon sepolcro. nei scavi chesi ta eseguendo al Mezzogiorno, edall'Occidente del Paese, per dove passa la Srada Mediterranea; alcune traccie, che dai marciapiedi cavae sulla predetta stroda portavano sicuri indzi di rimenirs spoleri nel mezzo della Strada, come sì sono rinvenuti, ma pieni αἱ terra». 798
frutti di tali scavi sono da considerarsi scarsi, in quanto sono state rinvenute ventuno tombe già violate sîa anticamente che dagli scavatori clandestini, peraltro trovate ad una grande profondità nel terreno, cosa che ha comportato un notevole dispendio di energie e tempo. IL 10 aprile 1837, ad una profondità di circa 20 palmi (= m. 5,25), sono state rinvenute sette sepolture (Tombe 190-196), edificate secondo le tecniche costruttive romane, che presentavano al di sopra una croce di ferro ormai corrosa. Sempre nello stesso giorno si rinvenne una tomba di epoca preromana già manomessa (Tomba 197) €, sparsi nell’area, gli avanzi di un sacrificio, tra i quali è stato recuperato un corno di cervo, quasi pietrificato; fu scoperta, inoltre, un'altra tomba (Tomba 198) di epoca preromana («un sepolero rustico greco») con vasi senza alcuna decorazione dipinta, considerati di nessun valore, i quali sono stati depositati nella casa del Presidente Caputi. Infine, nei giorni seguenti si rinvennero le altre tredici tombe di varia tipologia, a fossa e a sarcofago, anch'esse già depredate, per le quali, però, non si dispone di una descrizione dettagliata?" 211 ~ Tombe rinvenute su Corso E. Carafa (già "Strada Nuova" nel Fondo del Buccettolo) Da uno scritto di Salvatore Fenicia si apprende che, nel maggio del 1837, dopo il ritrovamento dei frammenti del cratere a calice attico con la raffigurazione della Gigantomachia, la Commissione dei Regi Scavi continua ad effettuare le proprie indagini per rinvenire oggetti antichi lungo la “Strada Nuova” a ridosso di alcuni viottoli campestri, ma tali scavi portano alla luce soltanto piccole tombe contenenti oggetti di poco valore e pregio artistico, Il Fenicia continuando nella sua relazione riporta che, durante gli scavi suddetti, i quali arrivavano ad una profondità di quasi 40 palmi (circa 10 m!), sono stati rinvenute varie tombe di epoca greca già violate, tombe a fossa con vasi acromi 0 con “1 ASBA, MSA, Fasc. 8: “Processi verbali dei reperimenti di antichità efetuai dalla Commissione degli Scavi di Ruvo e spedizione dei repertiαἱ Real Museo Borbonico di Napoi-Scavi di antichità anni 1836-1837) Verbalo degli scavi della seconda quindicina del mesedi aprile dl 1837. Relazione del 16aprile 1837: «Oggi giorno sedeci aprile 1837. riumitasi la Commissione, Presieduta dal Sig. Arcidiacono D. Giuseppe Caput, e dai componenti della stessaD. Salvatore Fenicia, D. Bartolomeo De Leo, D. Michele Caputi, adempiendo a quanto V. E. ci ha imposto colla Ministeriale del giorno 4 marzo corrente anno, abbiamo redatto i presente verbale. In questa quindicina si è spesa la somma di ducati 52.86 cioè importo del travaglio di giorni dodici giusto lo statino, nella quale somma è compresa parimenti la mesata che si paga al Sig. Capriolo, Segretario, € Viilatore dello scavo. frat di questo scavo sono stati col massimo dispiacere della Commissione assai scarsi, dacchè non abbiamo rinvenuto che 21 Sepoleri violat, ed in una grande profondità di terra che ha. recato grande dispendio. Fra questi nel giorno 10 si deve annoverare una Croce di ferro rose, la quale era in testa a sete sepolcri frabbcati sul costume Romano, e posti lla profondità di circa palmi venti, la quale croce. Jo credere, che questi sepolri fossero dei primi Cristiani. Vicino ad un Sepolero Greco violato nel medesimo ‘giorno, vis invennero gli avanzi d'un sacrificio, ra i qual à stato conservato un Corno di Cervo, passato nei ‘gradi di pietrficazione. Nel medesimo giorno 5 invenne un Sepolcro rustico Greco con vasi di nessun valore, i quali comunque esi siano stati, sono depositat in casa del prelodato Sig. Presidente» 799
decorazione geometrica e tombe romane con oggetti antichi di poco pregio; lo stesso aggiunge che furono rinvenute anche tombe a forma di cassa mortuaria all’intemo delle quali i corpi erano stati deposti in posizione distesa e supina, 212-221 -- Tombe rinvenute su Corso E. Carafa (già “Strada Nuova” nel Fondo del Buccettolo)
Nella seconda metà di maggio del 1837 la Commissione dei Regi Scavi continua nella sua campagna di scavi lungo la "Pubblica Strada Nuova”, corrispondente all'odiemo Corso E. Carafa, rinvenendo alcune tombe già violate anticamente o forse dagli scavi clandestini del Lamberti del 1835. Π 17 maggio si rinvenne una tomba vuota (Tomba 212) che conteneva soltanto tre statuette di terracotta; il 19 maggio si scoprì un’altra sepoltura (Tomba 213), già violata, contenente un grande askos canosino (“Vaso rustico grande ad uso di contenere acqua"). 1126 e 27 maggio si rinvennero cinque tombe, quattro delle quali (Tombe 214-217) erano state completamente svuotate dagli scavatori clandestini, l’altra (Tomba 218), ancora integra, ha restituito il solo cadavere. Tl 30 maggio si è rinvenuta ancora una sepoltura (Tomba 219) già violata; il 31 maggio furono trovate altre due strutture funerarie, una completamente vuota (Tomba 220), perché violata, l’altra era invece una tomba a semicamera (Tomba 221), costruita con grandi lastroni di tufo, contenente un grande askos listato canosino (“Vaso di forma grande con pittura
egiziana”).
222-224 — Tombe a semicamera rinvenute su Corso E. Carafa (già “Strada Nuova")
Nella prima metà di dicembre del 1837, durante scavi effettuati dalla Commissione dei Regi Scavi di Ruvo nel sito del Buccettolo, sulla Strada Nuova, fuori le mura della città, vennero alla luce delle grandi sepolture. In particolare, nei gioni 11 e 12 dicembre, si rinvennero, alla profondità di 36 palmi (quasi 10 m!), tre grandi tombe di epoca preromana, costruite con grandi lastre di tufo e coperte da lastroni poggianti su 9 PENICIA 1840, pp. 120-121: «Dopo un tal importante rinvenimento, e dopoché tutto s'ebbe fossato Il contorno dl pozzo, la Commissione vole li suoi scavi elle vicinanze ella gran torre dagl Angioin basta: ma tutto fi in questo luogo perduto. I fossi venivan protrattfin a palmi quaranta; ed a profondezza si enorme non, altro vi stavan che sepoleri greci violati, rstic, e dì Romani (37) - Nei sepolri dè Romani non vi s'imvengono affatto anicagli. Questi sono formati come presso di ol son le casse mortuarie; in modo che il cadavere n'era angustamente disteso». 9 ASBA, MSA, Fasc, 8: quinto verbale quindicinale degli scavi del mese di maggio 1837. Relazione del 1-6-1837: «Nel giorno 17si rinvenne un sepolcro vuoto con soli tre idoletti di terracotta. Nel giorno 19 Si rinvenne un sepolcro contenente un gran vaso rustico ad uso di contenere acqua. Nei giorni 26 e 27 si rinvennero numero cinque sepolcri, quattro dei quali involati, ed uno inarto, ma colo solo cadavere. Nel giorno 30 un sepolcro involto. Ed infine nel di 31 due altr sepolei, uno dei quali ἱπνοίαιο, e l'ultimo era un gran Sepolcro a pezzi grandi di ufo, con dentro un vaso di forma grande con pittura egiziana». 800
travi di legno, già violate in antico. La descrizione dettagliata non lascia dubbi circa la tipologia costruttiva: si tratta di tombe a semicamera già depredate, all'interno delle quali si recuperarono solo pochi frammenti di vasi a figure rosse di grandissimo pregio e raffinatezza. Una di queste grandi strutture funerarie misurava 16 palmi di lunghezza, 8 di larghezza e 7 di altezza (= m. 4,24 x 2,12 x 1,85),
225-226 — Tombe rinvenute su Corso E. Carafa
11 27 agosto 1858 mentre si scavava in Ruvo una fossa, sullo Stradone che circondava l'abitato, al fine di prelevare del terreno da impastare per ricavare la calce per nuove costruzioni, esattamente dirimpetto al "Luogo delle Beccherie”, si rinvennero delle tracce che facevano pensare alla presenza di una tomba antica. Tali indizi furono peraltro trovati in una zona attigua al luogo dove «anni or sono fu scoperto un altro sepolcro» per conto del Comune, il cui corredo fu acquistato dal Real Museo Borbonico (si tratta della tomba contenente il cratere con la morte di Archemoro). Per controllare le tracce della sepoltura individuata nell'agosto del 1858 e vedere se fosse meritevole di essere scavata fu incaricato Carlo Bonucci, il quale precisava che «la traccia si è manifestata a lato della pubblica strada rotabile che rade le mura di Ruvo ed è situata in un tratto non ancora di sgombro in mezzo alla porzione più nobile dell'antica necropoli greca». 1 saggi eseguiti da un lato e dall'altro della pubblica strada, dove sono state scavate le antiche tombe, arrivati fino alla roccia viva, hanno dato però soltanto due tombe (Tombe
225-226) contenenti alcuni scheletri ma nessun oggetto di corredo”. 227-228 — Tombe rinvenute nel Fondo del Buccettolo
Nell'agosto del 1806 Michele Fenicia, cercando di coltivare la terra in un suo fondo suburbano, rinvenne una tomba vuota (Tomba 227). Allarmato da tale rinvenimento, questi chiamò gli organi competenti perché si occupassero di controllare gli scavi. Dopo qualche giorno, fra le varie tombe che si ritrovarono completamente vuote, si rinvenne finalmente una sepoltura intatta (Tomba 228) contenente una notevole quantità di vasi, alcuni dei quali, in quanto figurati, meritavano una certa considerazione, pur non raffigurando miti o storie di rilievo. Gli oggetti furono esibiti agli organi di controllo e ^^ ASBA, MSA, Fasc. 8: primo verbale quindicinale degli scavidi dicembre 1837. Relazionedel 16-12 1837: flavor! di questa sopradetta quindicina non han prodotto cos alcuna all'infuori che nel giorno 11 e 12, che visi scavarono tre sepolei nobil greci, alla profonditàdi circa trentasei palmi, nella Strada Nuova detta il Buccettlo fori le mura ella cità, né quali non si rinvenne altro che pochi frammenti di vas di prim ordine, e senza nulla combinare fra essi, ut violati in tempi remoti, tra i quali l primo sepolcro avea la lunghezza di palmi sedeci la larghezza di palmi ott ε la prfondit di palmi set. I sopradett sepolcri erano a grandi pezzi di tufo coverti da varie lapidi poste orizzontalmente». "5 RUGGIERO 1888, p. 576; M. MARIN 1981,pp. 175-176. 801
spediti a Napoli in due casse*”“, Si trattava di quattro vasi grandi
fini dipinti, tre dei quali
sani ed uno rotto, 32 vasi dî piccole dimensioni dipinti e fini, 64 vasi rustici piccoli, due vasi in vetro (unguentari) c quattro vasi mezzani rustici. 229-232 — Tombe rinvenute nella zona della Chiesa di S. Domenico-Scuole degli Scolopi La zona della Chiesa di S. Domenico, che sorge fuorî le mura di fronte alla piazza G. Bovio, tra viale Madonna delle Grazie e via Valle di Noé, era conosciuta nel secolo scorso per le suc tombe. Infatti, risale al 3 agosto 1839 la domanda del Padre Agostino Margotta, delle Scuole Pie dei Padri Scolopi, volta ad ottenere il permesso per ricerche di oggetti antichi nei fondi di proprietà di quella casa religiosa*". Nel periodo 1958-
1960 si rinvennero, nella zona dell’Oratorio di S. Domenico e delle scuole elementari dei Frati Scolopi, diverse tombe, almeno dieci (Tombe 229). Le sepolture, a fossa e a sarcofago, furono trovate ad oltre due metri di profondità e il materiale antico venne raccolto dal parroco di S. Domenico don Antonio Jurilli e da Francesco Lorusso. Altre tombe (Tombe 230) furono rinvenute tra viale Madonna delle Grazie e via Dell'Aq In particolare, un'altra sepoltura venne alla luce ad est di via Carducci alle spalle di via Dell’ Aquila; questi ultimi rinvenimenti risalgono più o meno intornoal 1960. Proseguendo su viale Madonna delle Grazie, dopo aver attraversato l’estramurale Scarlatti, ad est dell’ Acquedotto Pugliese e nei pressi dell'attuale Liceo scientifico di Ruvo, si rinvenne una tomba (Tomba 231). Altre sepolture (Tombe 232) furono ritrovate su via Valle di Noè e precisamente nel luogo in cui la strada si immette nell'estramurale Scarlatti, su entrambi i lati della strada?
233-238 — Tombe rinvenute sull'Estramurale Scarlatti (Comparto *M") Negli anni 1999-2000 l'attività di controllo della Soprintendenza Archeologica della Puglia per quanto riguarda i lavori finalizzati alla realizzazione di opere pubbliche o di abitazioni private, in particolare nell'area sud-orientale dell’abitato, ha fornito dei dati significativi sotto il profilo archeologico e topografico. Nel cosiddetto “comparto M”, durante alcuni lavori di scavo preliminari alla costruzione di abitazioni, sono state individuate sei tombe a sarcofago di età classica (Tombe 233-238), orientate in direzione N-S. Delle sepolture, tutte depredate in antico, tre risultavano irreparabilmente distrutte e prive di elementi di corredo, mentre le altre, sebbene lesionate e in parte prive della ©" ASBA, MSA, Fase. 1: "Noa dei vas repertida Michele Fenicia nella sua proprietà di Ruvo” (anni 1806). Lettera del 22-10-1806 edel 26-10-1806. © ASBA, MSA, Fasc. 104 ‘°°M, MARIN 1981,pp. 180-181 802
copertura, conservavano alcuni resti delle deposizioni e dei corredì funerari. Nella tomba 1 (Tomba 233), a sarcofago, delle dimensioni di m. 1,13 x 0,63 x 0,60, era deposto un individuo adulto in posizione contratta, con il cranio situato lungo il lato S. Presso gli arti inferiori si trovava un'olla a fasce brune contenente un kantharos ugualmente decorato. La tomba 6 (Tomba 234), delle dimensioni di m. 1,20 x 0,65 x 0,75, del tutto priva di resti ossei, ha restituito vari frammenti di ceramica a vernice nera c un diobolo di argento della zecca di Heraclea, raffigurante Eracle in lotta con il leone nemeo ed Athena con elmo e Scilla. Nella tomba 2 (Tomba 235), l'unica appartenente ad un infante, delle dimensioni di m. 0,83 x 0,45 x 0,48, era conservata parte della deposizione, non in connessione, assieme ad una brocchetta a vernice nera, simile nella forma ad esemplari attici della metà del V secolo a.C. 239-240 — Tombe rinvenute nei pressi dell’Estramurale Scarlatti
Durante i lavori per il raddoppio della Ferrovia Bari-Nord, intrapresi senza la preventiva autorizzazione della Soprintendenza Archeologica, in particolare nel tratto che si estende dalla stazione ferroviaria di Ruvo verso Terlizzi, per una lunghezza di circa un chilometro, l’escavazione dei mezzi meccanici ha individuato in sezione e parzialmente distrutto due tombe a sarcofago. Le sepolture, poste a circa 15 metri di distanza l'una. dall'altra, erano comprese in un'area particolarmente ricca di resti riferibili ad un insediamento antico, come si è potuto evincere dal rinvenimento di numerosi frammenti di tegole, di ceramica di uso domestico e a vernice nera, di grandi contenitori, di blocchi calcarei da costruzione e da un’antefissa circolare con palmette a rilievo. I saggi praticati in corrispondenza delle due tombe hanno permesso di riscontrare la presenza di una fase di uso funerario, risalente all’età classica, a cui segue l’impianto di un abitato della prima età ellenistica. Nella zona più ad ovest si è messa in evidenza parte di un ambiente, di cui resta l'angolo sud-occidentale, delimitato da due muri disposti ad angolo retto, con orientamento NO-SE e SO-NE. Le strutture murarie sono impostate sul banco di roccia naturale, intagliato per consentire l'alloggiamento di grandi conci calcarei, disposti su più filari regolari e connessi a secco. All’interno dell'ambiente, sotto uno strato di crollo ricco di tegole e pietrame, sono emersi i resti di un focolare di argilla concotta, coperto da cenere e frustuli di carbone. Entro un taglio praticato nel banco roccioso si trovava una tomba a sarcofago (Tomba 239) con orientamento E-O, priva di copertura, intercettata longitudinalmente e dimezzata dall'escavatore. Sul fondo della sepoltura restava parte di uno scheletro in posizione contratta, mentre nella parete sud erano infissi dei chiodi in ferro, atti a sospendere il vasellame di corredo. Il sarcofago risultava, inoltre, tagliato presso la testata occidentale e ricostruito con piccoli blocchi calcarei e scaglie di tufo, probabilmente allo scopo di riparare una lesione subita durante il trasporto o il collocamento nella fossa. ^" RiccARDI 2004, p. 60. 803
Meno compromessa è apparsa la situazione della tomba 2 (Tomba 240), pur presentando anch'essa segni di depredamento. Il sarcofago, orientato in direzione EὉ e privo di copertura, risultava lesionato lungo il lato N e aveva le dimensioni di m. 1,48 x 0,74. All'interno si trovavano pochi frammenti ossei, frammenti di ceramica a vernice nera, di fibule in bronzo e in ferro. Anche questa tomba era posta all'interno di un ambiente di epoca più recente delimitato da muri con fattura ed orientamento identici a quelli del vano precedentemente descritto. L'ambiente conservava parte dello strato di frequentazione, ricco di ceramica di uso domestico, a fasce, a vernice nera, e resti del piano pavimentale di argilla giallastra, sovrapposto allo strato di drenaggio in breccia*". 241 — Tomba rinvenuta sull’Estramurale Scarlatti
II pomeriggio del 16 ottobre 2001, durante alcuni lavori di sbancamento eseguiti dagli operai dell'impresa “Lovino costruzioni”, all'interno di un cantiere edile posto tra via Moro e via Scarlatti, è stata portata alla luce una ricca sepoltura contenente numerosi reperti di notevole interesse archeologico. La tomba, con orientamento E-O, era del tipo a fossa rettangolare scavata nel banco calcareo, con fondo e pareti rivestite di argilla, ed aveva le dimensioni dî m. 1,90 x 1,00 x 0,85. Parte della lastra di copertura, fratturata in antico, si trovava all’interno della fossa in posizione verticale. La sepoltura conteneva due deposizioni, risultando riutilizzata in antico. I resti della deposizione più antica, di cui non rimanevano che poche ossa, erano ammassati presso l'angolo sud-est della fossa, mentre il secondo inumato, un guerriero, era stato deposto seguendo un rituale ampiamente diffuso in età ellenistico-romana, con il tronco supino, gli arti superiori piegati sul torace, quelli inferiori contratti. Dall'analisi antropologica quest’ultimo individuo risulta di sesso maschile, di alta statura, m. 1,80, deceduto in età senile ed esposto in vita ad azioni compressive della cassa toracica, dovute ad attività belliche o sportive, mentre il corredo era disposto lungo i lati N e O della fossa. Alle attività suddette rimandano alcuni oggetti del corredo, vale a dire lo strigile, tre pugnali în ferro e il cinturone in bronzo, vero e proprio indicatore di rango nei complessi funerari del periodo, nei quali compare spesso come unico elemento dell’armamento difensivo, probabilmente abbinato a corazze ed elmi in materiale deperibile. L’anziano guerriero indossava il cinturone al momento del seppellimento e sulla sua mandibola fu collocata una piccola moneta di argento, un diobolo della zecca di Heraclea. Il ricco corredo funerario comprende anche alcuni elementi metallici utilizzati per la cottura dei cibi (spiedi e tripodi in ferro) e un numero sovrabbondante di vasi, circa quaranta esemplari, attraverso cui si esprime il desiderio di ostentazione proprio delle comunità ellenizzate sul finire del IV secolo a.C. Fra gli esemplari tardo-apuli a figure rosse spicca il cratere a mascheroni del Pittore di Baltimora, simile nella sintassi decorativa a molti vasi dipinti dal maestro. Sul lato A ^ RiccARDI 2005a, pp. 61-62 804
Fig. 761. 241. Deposizione del guerriero della tomba 241 (da Riccardi 2004b, fig. daCartellone mostra) 805
compare una stele, affiancata da quattro offerenti, mentre sul collo una serie di palmette. disposte su due registri. Sul lato B il colloè decorato da girali, foglie e fiori, su cui si erge una testa femminile con nimbo, reclinata verso destra. Sul corpo del cratere campeggia, entro un naiskos, la figura eroica di un guerriero armato con il suo cavallo, che allude probabilmente al ruolo svolto in vita dal defunto a cui il vaso era destinato. All'area di produzione daunia, in particolare a quella di Canosa dove operava lo stesso Pittore di Baltimora, rimandano anche altri elementi del corredo funerario, quali le anfore e la loutrophoros decorate a tempera, le ceramiche policrome e scialbate, una patera ed una
pelvis dorate e decorate in rosso
241.1. Cratere a mascheroni apulo a figure rosse Argilla beige, vemice nera lucente, sovraddipintue in bianco ὁ gallo, Bitonto, Museo Fondazione De Palo-Ungaro. Attribuibile αἱ Pitore di Baltimora 330310C.
Ricomposto da vari frammenti; lacunoso, mancano un mascherone e frammenti della spalla e del corpo; sbreccature sull'orlo e sulle anse; scrostature della vernice sul corpo e sul collo. Piede espanso sagomato, fusto cilindrico, corpo ovoidale, spalle oblique, collo cilindrico, oro espanso c revoluto. Decorazione accessoria: sull'orlo, fregio di ovoli e motivoad onda destrorso; sul collo, fregio di rosette; sulla spalla, finta baccellatura; sul corpo, la scena figurata è delimitata inferiormente da un meandro interrottoda riquadri incrociati; sotto le anse, palmette a ventaglio e girali. LatoA: sul collo, è una testa femminile entro un nimbo reclinata verso destra che sorge da un fiore, tra fiori a calice, foglie € girali. Sul corpo, al centro, è un naiskos nel quale è raffigurato un guerriero, stante, con la testa rivolta a sinistra,
vestito con un corto chitone stretto in vita da una cintura, con lancia nella sinistra; il guerriero con la destra tiene le briglie di un bianco cavallo, che gli è dietro con la testa rivolta al guerriero. A sinistra, è una donna seduta verso sinistra, con Ja testa rivolta verso il naiskos, con ventaglio nella destra e tamburello nella sinistra; sotto, è un giovane nudo, stante, con mantello sulle spalle, che ha il piede sinistro appoggiato sul basamento del monumento funebre, con specchio nella destra e corona nella sinistra abbassata. A destra, in alto, è una donna seduta verso destra, con la testa rivolta indietro verso il naiskos, con tralcio di vite nella destra € phiale con offerte nella sinistra; sotto, è un giovane nudo, stante, con mantello sulle spalle, con strigile nella sinistra e corona nella destra, che ha il piede destro appoggiato sul basamento del monumento funerario. Lato B: sul collo, fregi di palmette disposti sui due registri. Sul corpo, al centro, è una stele funeraria affiancata da quattro offerenti Bibliografia: Riccardi 20049, p. 128,
‘© RiccARDI 20048,p. 128. I materiale è esposto nel Museo della Fondazione De Palo-Ungaro di Bitonto; non è stato possibile studiarlo in maniera approfondita inquanto in corso di pubblicazione da pate della Dot. ssa Riccardi, Ispettore Archeologo della Soprintendenza della zona di Ruvo. Per questo motivo non si conoscono le dimensionie ἢ numero di inventario degli esemplari che quindi non saranno riportati elle schede descrittive, 806
Figg. 762-763. 241.1. Cratere a mascheroni apuloa figure rosse attribuito al Pittore di Baltimora (830-310a.C.). Lato A con particolare: cavaliere all’interno di un naiskos (Foto dell’ Autore, cortesia
Soprintendenza Archeologica della Puglia) 241.2. Oinochoe apula a figure rosse
Argilla beige, vernice nera lucente, sovraddipinture in bianco e giallo Bitonto, Museo Fondazione De Palo-Ungaro Attribuibile alla fase Tardo-Apole Seconda metà de IV secolo a.C.
Integra, ricomposta da vari frammenti; sbreccature sull'orlo, scrostature della vemice. Piede ad anello, corpo ovoidale, spalle oblique, collo tronco-conico, orlo espanso e revoluto, ansa a nastro impostata verticalmente sulla spalla. Decorazione accessoria: sul collo e sulle spalle, finta baccellatura; sul corpo, la scena figurata è delimitata inferiormente da un motivo ad onda destrorso. Sul corpo, a sinistra, è una donna seduta su una roccia con specchio nella sinistra; di fronte, è un satiro che si dirige verso di lei con nastro nella sinistra.
Bibliografia: inedita.
241.3. Kantharos apulo a figure rosse Argilla beige, vemice nera lucente, sovrad dipimure in bianco€ giallo. Bitonto, Museo Fondazione De Palo-Ungaro. Attribuibile ala fase Tardo-Apul. Seconda metà del IV secolo a.C.
Integro. Orlo scheggiato, sbreccature sulle anse, vernice nera scrostata in alcuni punti. Piede tronco-conico sagomato, fusto cilindrico, corpo cilindrico a profilo leggermente concavo, orlo svasato, labbro estroflesso, anse a nastro sormontanti. Decorazione accessoria: la scena figurata è delimitata, in altoe in basso, da una fila di ovoli. Decorazione figurata: su entrambi i lati, tra due colonnine ioniche, è un erote in volo verso destra con specchio nella 807
destra, clamide avvolta intorno al braccio sinistro e tamburello nella sinistra. Bibliografia: inedito
241.4. Skyphos apulo a figure rosse Argilla beige, vemice nera lucente, sovraddipiture in bianco e giallo Bitonto, Museo Fondazione De Palo-Ungar Attrbuibile alla fase Tardo-Apula. Seconda metà del IV secolo aC.
Integro. Orlo sbreccato, piccole scrostature, Piede adisco, corpo ovoidale, anse a cordolo orizzontali, impostate poco al di sotto dell’orlo. Decorazione accessoria; sotto l’orlo, motivo ad onda; sul corpo, la scena figurata è delimitata in basso da due coppie di lince parallele altemateinneroearisparmio; sotto le anse, palmette girali. Decorazione figurata: su entrambi i lati, testa femminile, di profilo a sinistra, riccamente ingioiellata. Bibliografia: inedito.
241.5. Skyphos apulo a figure rosse Argilla beige, vernice nera lucente, sovradipinture in bianco e illo Bitonto, Museo Fondazione De Palo-Ungaro. Attribuibile alla fase Tardo-Apula. Seconda metà del IV secolo a.C.
Ricomposto da frammenti. Lacunoso, manca un frammento dell'orlo. Orlo scheggiato, vernice nera scrostata in alcuni punti. Per la forma, la decorazione accessoria e la decorazione figurata si veda l’esemplare precedente cat. 241.4. Bibliografia: inedito 808
241.6. Lekanis apula a figure rosse Argilla beige, vemice nera lucente, sovraddipinture in bianco e giallo, Bitonto, Museo Fondazione De Palo-Ungaro Attribuibile alla fase Tardo-Apula. Seconda metà del IV secolo C.
Integra. Orlo e piede sbreccati, vernice nera scrostata in alcuni punti Piede tronco-conico arrotondato, vasca profonda a profilo convesso, labbro arretrato e appena obliquo verso l'intero, per l'alloggiamento del coperchio. Coperchio: labbro obliquo, spalla convessa, pomello terminante a disco, con doppia scanalatura al taglio, tondello depresso e incavo centrale. Decorazione accessoria: sulla faccia superiore del pomello, tratti in nero disposti a raggiera; alla base del pomello, due sottili linee risparmiate; sull'orlo del coperchio, bastoncelli; sulla vasca, bastoncelli sul coperchio, ai lati della decorazione figurata, palmette. Decorazione figurata: su entrambi i lati, testa femminile di profilo a sinistra riccamente ingioiellata. Bibliografia: inedita.
241.7. Lekanis apula a figure rosse Argilla beige, verice nera lucente, sovraddipinture in bianco e giallo. Bitonto, Museo Fondazione De Palo-Ungaro. Attribuibile alla fase Tardo-Apula. Seconda metà dl IV secolo a.C.
Integra. Oro e piede sbreccati, vernice nera scrostata in alcuni punti Piede tronco-conico arrotondato, vasca profonda a profilo convesso, labbro arretrato e appena obliquo verso l'interno, per l’alloggiamento del coperchio. Coperchio: labbro obliquo, spalla con-
vessa, pomello terminante a disco, con doppia scanalatura al taglio, tondello depresso e incavo centrale. Decorazione accessoria: sulla faccia superiore del pomello, tratti in nero disposti a raggiera; alla base del pomello, due sottili linee risparmiate; sull’orlo del coperchio, motivo ad onda; sulla vasca, bastoncelli; sul coperchio, ai lati della decorazione figurata, palmette. Decorazione figurata: su entrambi i lati: donna seduta su una pila di rocce, di profilo a destra, con corona nella destra e phiale con offerte nella sinistra.
Auribubie all fase Tardo-Apula. Seconda metà del IV secolo a C.
Integro. Alcune scheggiature e scrostature della decorazione. Piede cilindrico scanalato con breve gola di raccordo, vasca a profilo convesso, labbro espanso ed orlo orizzontale. Decorazione accessoria: sull’orlo, bastoncelli; all’intemo, ramo di eucalipto sovraddipinto in bianco, fascia in rosso, coppia di fasce concentriche a risparmio. Decorazione figurata: nel medaglione centrale, testa femminile, di profilo a sinistra, riccamente ingioiellata.
Bibliografia: inedita
241.
kyphos sovraddipinto policromo Argilla nocciola, vemice nera lucente, sovrad ipinture in bianco, gallo e rosso. Bitonto, Musco Fondazione De Palo- Ungaro. Attribuibile al Tardo-Gnatha Seconda metà dl IV secolo C.
Integro. Piede ed orlo sbreccati, vernice scrostata in alcuni punti. Piede a disco, vasca a profilo convesso rastremato in basso, anse a bastoncello schiacciato impostate sotto l’orlo in senso orizzontale. Decorazione: a partire dall'orlo, tra linee graflite, riempite di colore giallo, kyma e motivo ad onda dipinti in giallo. Seguono una linca rossa e un tralcio con foglie di edera e bacche in giallo. Bibliografia: inedito
241.9. Piatto apulo a figure rosse Argilla beige, vemice nera lucente, sovradipinture in bianco e giallo. Bitonto, Museo Fondazione De Palo-Ungaro.
241.10, Piatto apulo a figure rosse Argilla beige, vernice nera lucente, sovraddipintre in bianco giallo. Bitonto, Museo FondaDezione Palo- Ungaro Attribubie alla fase Tardo-Apula Seconda metà del IV secolo a.C.
Integro. Alcune scheggiature e scrostature della decorazione. Piede cilindrico scanalato con breve gola di raccordo, vasca a profilo convesso, labbro espanso ed orlo orizzontale. Decorazione accessoria: sull'orlo, baall'intemo, ramo di eucalipto into in bianco, fascia in rosso, coppia di fasce concentriche a risparmio. Decorazione figurata: nel medaglione centrale, testa femminile, di profilo a sinistra, riccamente ingioiellata. Bibliografia: inedito 241.11. Rhyton apulo a figure rosse Argilla beige, vemice nera lucente, sovrad dipinture in bianco, giallo e rosso. Bitonto, Museo Fondazione De Palo-Ungaro. 809
Atribuibile alla fase Tardo-Apula Seconda metà del IV secolo aC.
Configurato a testa di cavallo. Lacunoso, mancano le orecchie. Orlo scheggiato, diverse sbreccature, vernice nera scrostata in parecchi punti. Collo cilindrico a profilo leggermente concavo, orlo svasato e revoluto. Decorazione accessoria: sull’orlo, fila di ovuli; sul collo, ai lati, palmette; per la parte plastica, la museruola è disegnata con una linea rossa, i denti sono in bianco, gli occhi presentano tracce di colore bianco. Decorazione figurata. sotto orlo, erote stante, di profilo a sinistra, con gomito sinistro appoggiato ad un piastrino e con specchio nella destra; davanti a lui è un thymiaterion. Bibliografia: inedito. 241.12-13. Kylikes a vernice nera Argilla camoscio, vernice nera lucente con riflessi metallic, itonto, Museo Fondazione De Palo-Ungaro. IV secoloa. Forma Morel 4220
Ricomposte da vari frammenti. Il primo esemplare è lacunoso, manca parte dell’orlo; vernice nera scrostata in diversi punti; orlo sbreccato. Piede ad anello modanato, vasca a profilo convesso con risega mediana all'interno, oro arrotondato, anse a bastoncello orizzontali, ripiegate verso l'alto. Bibliografia: inedite. 241.14. Brocchetta a vernice nera Argilla camoscio, vernice nera lucente con riflessi metallic Bitonto, Museo Fondazione De Palo-Ungaro. IV secoloa. 810
Ricomposta da vari frammenti Lacunosa, mancano alcuni frammenti dell'orlo e del corpo, reintegrati. Base piana, distinta da una risega, corpo ovoide, spalla rigonfia, collo a profilo concavo, labbro ricurvo all'esterno, ansa a nastro orizzontale. Bibliografia: inedi
2411516. Coppette monoansate a vernice nera. Argilla camoscio, vermice nera lucente con riflessi metallic Bitonto, Museo Fondazione De Palo-Ungaro. IV secoloa.
Integre. Orlo sbreccato, vernice nera scrostata in diversi punti. Piede a cercine, vasca piuttosto alta dal profilo conves50, orlo appena rientrante, ansa a sezione circolare orizzontale. Bibliografia: inedite.
241.17-18. Coppette concavo-convesse a vernice nera Argilla camoscio, vernice nera lucente con riflessi metallici. Bitonto, Museo Fondazione De Palo-Ungaro. IV secoloa.C. Forma Morel 2424.
Integre. Orlo sbreccato, lievi scrostature della vernice. Alto piede dal profilo concavo con bordo arrotondato, vasca dal profilo convesso segnata inferiormente da una risega e con orlo arrotondato e rientrante. Vasca lievemente baccellata. Bibliografia: inedite,
241.19-20. Coppette concavo-convesse a vernice nera Argilla camoscio, vernice mera opaca con riflessi metallic. Bitonto, Musco Fondazione De Palo-Ungaro. IV secoloC. Forma Morel 2441
Integre. Orlo sbreccato, vernice nera scrostata in alcuni punti, notevoli incrostazioni. Basso ed ampio piede ad anello, corpo a profilo concavo-convesso segnato inferiormente da una risega orizzontale, orlo arrotondato inflesso. Bibliografia: ined
241.21. Guttus a vernice nera Argilla camoscio, vernice nera lucente con riflessi metallici, Bitonto, Museo Fondazione De Palo-Ungaro. IV secoloaC.
Integro. Varie scrostature superficiali. Basso piede campanulato raccordato, mediante elemento a profilo concavo, al corpo globulare molto compresso alla spalla; medaglione a rilievo sulla faccia superiore, entro cordone insellato con riseghe sottili, raffigurante un grifo che assale un quadrupede. Piccola ansa anulare a nastro rigonfio. Sul corpo striature verticali; beccuccio con alto fusto a profilo concavo e labbro estroflesso a piattello con sottili solcature. Bibliografia inedito. 241.22. Pentolino rituale Argilla arancio. Modellato a torio lento. Bitonto, Museo Fondazione De Palo-Ungaro. IV secolo aC.
Integro. Fondo piatto, corpo globoso, orlo svasato, ansa a nastro verticale. Bibliografia: inedito
241.23-24. Anfore a tempera Argilla bruno-rosata, | scialbatura bianca, sovraddipintura in rosso. Bitonto, Museo Fondazione De Palo-Ungaro. IV secoloC.
Ricomposte da vari frammenti Lacunose, le partî mancanti sono state integrate; sovraddipintura in gran parte evanida, diverse macchie di umido. Piede campanulato, corpo ovoidale, spalle oblique, collo cilindrico a profilo concavo, orlo campanulato, labbro estroflesso, anse a bastoncello verticali. Decorazione: sul collo, palmette in rosso, finta baccellatura; sul corpo, evidenti tracce di sovraddipintura, ma è impossibile leggere la scena figurata. Bibliografia: inedite
241.25. Loutrophoros a tempera gia bruno-rosata, scilbatura bianca, sovradéipintura in rosso e bianco, Bitonto, Musco Fondazione De Palo-Ungaro. IV secoloaC.
Ricomposta da vari frammenti. Le parti mancanti sono state integrate in gesso. Piede a calice, forato al fondo, con modanature alla base; cordoncino indicante la giuntura con il corpo del vaso che è composto di tre parti: parte inferiore panciuta, parte mediana cilindrica svasata verso l'alto e parte superiore panciuta in funzione di spalla, bocca stretta, imboccatura svasata a labbro schiacciato. Decorazione dipinta in rosso e bianco: sul collo, tralci vegetali; sulla spalla, meandro continuo; sul corpo, al centro, naiskos con donna stante; ai lati, palmette e giral. Bibliografia: inedia sn
241.26. Kantharos a vernice rossa Argilla nocciola, vernice osso-arancio scuro. Bitonto, Museo Fondazione De Palo-Ungaro. IV secoloa C.
Integro. Qualche graffio, ve abrasa, incrostazioni verdastre. Alto piede tronco-conico, corpo globoso, labbro svasato, anse a nastro sormontanti. Bibliografia: inedito 241.27. Kantharos a vernice bruna Argilla nocciola, venice bruna opaca. Bitonto, Museo Fondazione De Palo-Ungaro. IV secolo a.C.
Integro. Orlo scheggiato, qualche graffio, vernice abrasa, incrostazioni verdastre. Alto piede tronco-conico, corpo globoso, labbro svasato, anse a nastro sormontanti. Bibliografia: inedito. 241.28. Lucerna acroma Argilla rossastra Bitonto, Museo Fondazione De do-Ungaro. IV secolo a.C.
Lacunosa, manca l'ansa. Basso piede ad anello, serbatoio compresso dal profilo convesso, con foro di riempimento circolare depresso, beccuccio arrotondato. Bibliografia: inedita. 241.29. Cinturone Bronzo; lamina martellata, Bitonto, Museo Fondazione De Palo-Ungaro. IV secolo a. Integro. Patina verdastra, evidente macchie rossastre, dovute alla corrosio812
ne; margini non sempre conservati. Alta fascia che presenta lungo i margini una serie continua di piccoli fori circolari che dovevano servire per fissare alla lamina il rivestimento interno in pelle o in altro materiale deperibile. Verso la parte mediana, si conservano delle decorazioni a rilievo, costituite da motivi a goccia tra due file di piccole borchie. Bibliografia: inedito.
241.30. Patera dorata sovraddipinta Argilla color camoscio, coloritur giallo chiaro, sovraddipintura in rosso. Bitonto, Museo Fondazione De Palo-Ungaro. Seconda metà del IV secolo a.C.
Integra. Orlo sbreccato, sovraddipintura evanida in alcune parti. Corpo a profilo spezzato con base appiattita. Orlo sottolineato da una risega e da una scanalatura. Il manico è costituito da una placca allungata e termina in una protome di oca. L’orlo è sovraddipinto in rosso, mentre sul manico è disegnata una palmetta. Bibliografia: inedita.
241.31. Mortaio dorato sovraddipinto Argilla color camoscio, cooritra giallo chiaro, sovraddipinura in ross. Bitonto, Museo Fondazione De Palo-Ungaro. Seconda metà del IV secolo a.C.
Integro. Orlo sbreccato, vernice rossa evanida in alcune parti. Basso piede cilindrico, vasca ampia e poco profonda, labbro ingrossato e piatto, inclinato verso l’esterno, con canaletta obliqua. Sul lato destro, presa costituita da cinque archetti (ditate) impressi. Orlo sovraddipinto di rosso. Bibliografia: inedito.
241.32-33. Patere mesonfaliche dorate Argilla color camoscio, coloitura giallo chiaro. Bitonto, Musco fendazione De Palo-Ungaro. Seconda metà del IV secolo a.C.
Ricomposte da frammenti. Tracce di preparazione, su cui è applicata la coloritura, quasi completamente evanida. Apoda. Corpo a calotta con margine appiattito. Omphalos centrale circondato da una fascia ulteriormente depressa, sottolineato a metà del corpo da una solcatura. Bibliografia: inedite,
241.34-35. Pissidi policrome Argilla bruno-rosaces (coperchio) e camoscio Gcztola; scilabatura bianca; sovraddipintu in rosso. Rilievo a stampo applicato. sul coperchio. Bitonto, Museo fondazione De Palo-Ungaro, Seconda metà del IV secolo a.C.
Integre. Base scheggiata, orlo sbreccato, sovvraddipintura quasi completamente evanida. Base piatta con taglio arrotondato modanatura; corpocilindrico profilo leggermente concavo. Coperchi profilo convesso, scanalatura vicino all'orlo e altre due attorno al medaglione. Le due parti si incastrano perfettamente grazie ai due bordi ascendenti, uno dal lato interno della parete della scatola, l’altro al di sotto del coperchio. Decorata in rosso con una serie di scanalature sulla circonferenza del coperchio. Il medaglione del coperchio presenta su un fondo rosso, un gorgoneion caratterizzato. da una testa senza collo a viso rotondo e una chioma di media lunghezza, le cui ciocche serpentiformi sono trattenute da una fascia stretta da un nodo di Eracle al di sopra della front. Bibliografia: inedite,
241.36. Coppetta monoansata a fasce Argilla nocciola, vernice bruna. Bitonto, Musco fondazione De Palo-Ungaro. IV secolo aC.
Integra. Orlo sbreccato, vernice bruna scrostata in qualche punto. Piede a disco, vasca a profilo convesso, orlo appena inflesso; ansa a bastoncello schiacciato impostata pocoal disotto dell"orlo e appena. inclinata verso l’alto. La decorazione consiste in una coppia di linee all'estemo della vasca; mentre all'interno consiste in una fascia e due linee concentriche sotto l'orlo, tre linee concentriche ed un anello nel tondo centrale. Bibliografia: inedita. 241.37. Lebete acromo Argilla arancio, modellato al tomio, anse applicate Bitonto, Museo fondazione De Pal Ungaro. IV secolo a,
Integro. Piede a disco, corpo globoso, breve labbro verticale. Anse ad anello. Interno del labbro dipinto di giallo per imitare la doratura. Coperchio dal profilo convesso, su cui è applicata un'ansa ad anello. Solcature sulla spalla del vaso. Bibliografia: inedito
24138. Pugnali Feno. Bitonto, Musco fondazione De Palo-Ungaro IV secolo aC. Integri. Notevolmente corrosi ed incrostati. Lama piatta, margini tesi, costolatura mediana Bibliografia: inediti. 813
241.39. Fascio dî quattro spiedi Integro, eccetto qualche piccola lacuna. Piuttosto Ferro 5 ossidato Ee coperto ja da Bitonto, Museo fondezioneDe Plo-Ungaro, mumerose infiorescenze ferrose. Due IV secolo aC piedi del tripode presentano la parte inferiore arrotondata. Lamina a sezione Integri, eccetto qualche piccola lacuna —quadrangolare. I tre piedi sono fissat verso la punta. Sono fortemente ossidati mediante tre piccole pinzette ad una base e coperti da numerose infiorescenze circolare, su cui doveva essere poggiato il ferrose. Gli spiedi, identici fra loo, bacile oil lebete. hanno la testa a ricciolo e la verga a sezione quadrangolare. Tutti e quattro Bibliografia: inedito, sono tenuti insieme da due fascette di ferro, poste vicino alle due estremità. La prima fascetta fa parte di un più elaborato — 241441. Diobolo di argento della zecca di sistema di aggancio, completato da una
seconda fascetta perpendiclaore alla prima € terminante con una piastra rettangolare, cui è fissata mediante chiodetti.
—Meraclea
241.42, Frammenti di strigile
Bibliografia: inediti 241.43. Coppa biansata sovraddipinta
241.40. Tripode in ferro ferro Bitono, Museo fondazione De Plo-Ungaro. IV secolo aC.
policroma
241.44. Lekanis a vernice nera
242-251 - Tombe e Abitato rinvenutinel cantiere compreso tra Via Le Croci, Via Vivaldi e l’Estramurale Scarlatti
Nei mesi di giugno e ottobre del 1986, a cura della Soprintendenza Archeologica della Puglia, sono stati effettuati alcuni saggi di scavo nell’area del cantiere edile compreso tra. via Le Croci, via Vivaldi e l’Estramurale Scarlatti, situato sulle propaggini meridionali della collina occupata dalla città moderna. Le ricerche, avviate in seguito alla sospensione dei lavori di sbancamento che avevano fatto affiorare in superficie frammenti di tegole e materiale ceramico vario, hanno confermato la destinazione funeraria del sito, noto in passato per alcuni rinvenimenti tombali e, contestualmente, hanno fornito importanti testimonianze relative all’antico abitato di Ruvo, finora completamente sconosciuto all'indagine archeologica. L'indagine ha consentito di evidenziare i resti riferibili ad un nucleo insediativo che presenta caratteridi continuità topografica a partire dalla prima età del Ferro sino alla fase iniziale del II secolo a.C. AI periodo iniziale si riferisce un gruppo di frammenti di ceramica geometrica iapigia (fine IX-VIII secolo a.C.), pertinenti a forme quali l'olla, decorata con fasce cigliate all’attacco del labbro, analoga ai tipi documentati nel deposito di Borgo Nuovo 814
a Taranto, nei livelli superiori dello strato "d" di Satyríon e nella fase I di Gravina. Ricollegabili alle coeve produzioni di Gravina e dell'entroterra metapontino (Cozzo Presepe) sono i frammenti di pareti di olle, decorate con fasce parallele alternate a motivi ondulati, di ciotole con orlo rientrante, decorate da fasce parallele racchiudenti un motivo ondulato o associate ad un volatile stilizzato e ad un triangolo reticolato, di ciotole con vasca carenata con labbro svasato e decorazioni a tratti verticali tra linee orizzontali sotto l'orlo. La fase avanzata dello stesso periodo è attestata dalla presenza contestuale, in livelli di colmata, di ceramica subgeometrica daunia e peucezia, a conferma del ruolo di territorio di confine che Ruvo ha svolto, partecipe delle tradizioni culturali dei due gruppi etnici. La ceramica subgeometrica peucezia, presente nelle due versioni monocroma e bicroma, corrispondenti alle classi A e B del De Juliis, è costituita genericamente da forme chiuse di grandi e medie dimensioni, in particolare olle e crateri, decorati, în un frammento bicromo, con catene di rombi campiti da svastiche dalle estremità uncinate, che trova confronti con vasi provenienti da Monte Sannace, o decorati con fila di volatili in rosso su un frammento di orlo espanso di un cratere, fabbricati a Monte Sannace c di ispirazione alle coeve produzioni corinzie. Per quanto riguarda la ceramica subgeometrica daunia, significativi sono alcuni frammenti più antichi attribuibili alla fase I della produzione: si tratta di un frammento pertinente ad un’ansa di una brocchetta-attingitoio, decorata con un riquadro a scacchiera con tessere alternativamente libere e puntinate, nel cosiddetto “stile di Ruvo”, riconosciuto delle fabbriche canosine del VIT e della prima metà del VI secolo a.C. Per quanto riguarda il periodo arcaico, è stata evidenziata una struttura muraria curvilinea, costituita da un doppio paramento di pietrame connesso a secco e poggiante direttamente sulla base rocciosa, livellata con riporti di terreno. La muratura, danneggiata dal successivo impianto di due tombe a semicamera di età ellenistica, si riferisce alla zoccolatura di fondazione di un vano abitativo a pianta rettangolare con il fondo absidato i cui termini cronologici sono assicurati dal rinvenimento, nei livelli di frequentazione di questa struttura, di frammenti ceramici classificabili nell'ambito del Subgeometrico Daunio II, databili in un periodo compreso tra la metà del VI e il V secolo a.C. Per quanto concerne le fasi più recenti, è stato messo in luce un impianto di carattere abitativo funzionale i cui termini cronologici, compresi tra il IV ed il Il secolo a.C., sono ben attestati dai materiali ceramici in associazione con le strutture scavate, riferibili a due ambienti, di incerta connessione reciproca. Il primo ambiente era probabilmente un cortile, pavimentato con una rudimentale massicciata realizzata con terreno pressato mescolato a pietrame minuto, fornito di una profonda cisterna a fiasca, posta nell'angolo, completamente rivestita di intonaco, con un largo pozzetto di decantazione sul fondo; sull’imboccatura, regolarizzata dall'inserimento di alcune lastre calcaree, era assicurato un grosso coppo con la parte concava rivolta verso l'alto, avente la funzione di agevolare il deflusso dell’acqua piovana all’interno della cisterna. Addossato alla parete N-S dell'ambiente è stato individuato un piano costituito da un tassellato di frammenti di tegole alternate a lastrine di calcare infisse di taglio nel terreno, delimitato su due lati da due lastre di calcare non rifinite, dai margini molto irregolari e sopraelevati rispetto al piano di posa dei tasselli. 815
"a Ὡς MeBn. Fig. 764. 244. Veduta della deposizione infantile della tomba 244 (da Labellarte 1994, tav. 3).
L’ambiente 2, individuato dall’incrocio di due murature costituite da un semplice allineamento di pietrame a secco sistemato negli anfratti della roccia, aveva l’alzato in argilla e materiali lignei, riconoscibile all'interno dell'ambiente da uno spesso strato di crollo composto da grumi di tufina e da argilla giallastra frammista a lembi di concotto e da frammenti di tegole pertinenti alla copertura del tetto. L'interno delle pareti conservava le tracce di un intonaco di rivestimento a base di calce con minuti inclusi fittili, steso su uno strato preparatorio con le impronte dell’incannucciata sottostante. Sul piano di calpestio, costituito da un sottile riporto di argilla giallastra, è stata isolata un'area di focolare individuata da un'estesa e spessa chiazza di cenere mista ad elementi carboniosi e resti faunistici; tale livello era inoltre caratterizzato dalla presenza di un grosso dolio schiacciato dal crollo dell'elevato e addossato alla parete N-S dell'ambiente. AI di sotto del piano pavimentale dell'ambiente 2, impostato al di sopra di uno spesso strato di terreno di colmata incoerente e misto a pietrame, è stata rinvenuta la tomba 10 (Tomba 242), una fossa dai margini regolarizzati con blocchetti calcarei 816
Fig. 765. 244. Corredo della deposizione infantile della tomba 244. IV secolo a.C. (da DepaloLabellarte 1986, tav. XL, 1).
sbozzati c intonacata internamente. La costruzione di questa tomba, rinvenuta priva della copertura, può collocarsi in un momento anteriore all’impianto dell'ambiente, la cui realizzazione deve averne determinato il depredamento e il successivo riempimento con materiali coevi alle fasi abitative. All'esterno della testata orientale della tomba si conservava una sepoltura (Tomba 243) costituita da due coppi contrapposti e contenenti pochi resti ossei di un neonato, sfuggita evidentemente alla manomissione. Contemporanea all'ambiente è da ritenersi, invece, una piccola tomba, la tomba 8, a cista litica (Tomba 244), scavata nel banco roccioso e addossata alla facciata esterna del muro con copertura formata da due lastre calcaree affiancate. All’interno, accanto ai resti ossei di un bambino, si conservava il corredo funerario costituito da modesto vasellame indigeno con decorazione a fasce e a vernice bruna, databile genericamente nel IV secolo a.C., probabilmente verso la prima metà. Si tratta, in particolare, di due piatti su piede a decorazione lineare, un kantharos ed uno skyphos miniaturistici a vernice bruno-rossastra € infine, di una patera a vernice bruno-rossastra. A breve distanza dallo stesso ambiente è stata individuata la tomba 7 (Tomba 245) del tipo a semicamera, orientata in senso E-O con due lati costruiti da più filari sovrapposti di lastrine calcaree, disposte secondo una regolare tessitura e legate con argilla cruda, la stessa utilizzata come strato preparatorio per il rivestimento sul fondo della tomba, ὁ ricoperta da un sottile strato di stucco bianco e rosso. Questa, priva della copertura litica di cui si conservavano in situ solo pochi pezzi, risultava già depredata; dell'originario corredo rimaneva uno specchio in bronzo, collocato accanto agli arti inferiori dell'inumato in posizione supina, uno skyphos con anse ad anello verticale, decorato a fasce nella parte mediana, e frammenti di ceramica listata canosina, in particolare una grossa ansa relativa ad un doppio askos. Questi elementi consentono 817
Fig. 766. 245. Tomba a semicamera della fine del IV secolo a.C. (da Labellarte 1994, fig. 2).
una generica datazione nell'ambito del III secolo a.C., periodo cui si possono riferire altre cinque tombe (Tombe 246-250), una del tipo a fossa e quattro a semicamera, anch'esse già depredate. Alle ultime fasi del periodo di frequentazione del sito ci riconducono, invece, alcuni elementi superstiti dei corredi depredati quali, ad esempio, quelli contenuti nella tomba 1, a fossa (Tomba 251), riferibili al Il secolo a.C., costituiti da sei unguentari fusiformi tipo IV e V, parzialmente ricoperti di vernice nera, c da una lucerna a pasta grigia tipo Esquilino, con vasca bitronco-conica e beccuccio ad ancora".
9 LAmELLARTE DEPALO 1986, p. 65:77, tav. XXVILXL; LABELLARTE: DEPALO 1987, pp. 107-132, vi LIX. 818
Fig. 767. 251. Corredo della tomba 251. Fine Îl-inizi Il secoloa.C. (da Depalo-Labellarte 1986, tav. XL, 2) 252-253 — Tombe rinvenute sull’Estramurale Scarlatti
Nel dicembre del 1990, alcuni lavori di sbancamento, effettuati in un cantiere edile lungo il tratto nord-occidentale dell’estramurale Scarlatti, hanno messo in luce numerosi resti di tombe ed abitazioni antiche, danneggiandoli o distruggendoli nel contempo. L'azione dei mezzi meccanici ha evidenziato, e in gran parte asportato, una tomba a sarcofago in tufo (Tomba 252), in cui restava soltanto una lucerna monolicne d'impasto sottile, senza alcuna traccia della deposizione. Parte di uno scheletro ed alcuni vasi risalenti al IV secolo a.C. sono stati recuperati, invece, all'esterno della tomba, presso la testata S della sepoltura Un'altra tomba a sarcofago (Tomba 253) è stata evidenziata in sezione, lungo il fronte dello sbancamento, coperta da un deposito archeologico, che presenta resti di strutture in calcare e strati compatti di tegole, in fase di crollo. Dei saggi hanno permesso di mettere in luce almeno due ambienti, con muri di fondazione costituiti da piccoli blocchi calcarei connessi a secco, risalenti al IV-III secolo a.C. 50 RICCARDI 1991,pp. 255819
254-258 - Tombe rinvenute sull’Estramurale Scarlatti
Nell’ autunno del 1991 i lavori per l'esecuzione di una trincea per la posa di condutture fognanti lungo l'estramurale Scarlatti hanno evidenziato resti di tombe e di strutture abitative, che costituiscono nuove testimonianze relative all'abitato preromano di Ruvo, Il numero dei rinvenimenti si ὃ intensificato in corrispondenza della zona compresa tra via Le Croci, via Vivaldi e l’estramurale Scarlatti, dove già nel 1986, nell’area di un cantiere edile, furono messi in luce i rest riferibili ad un nucleo insediativo che presentava caratteri di continuità topografica e cronologica dalla prima età del Ferro sino alla fase iniziale del II secolo a.C. La situazione archeologica evidenziata si presentava già ampiamente compromessa dalla realizzazione di precedenti opere per impianti di pubblica utilità. Sono state individuate complessivamente cinque tombe di varia tipologia e tutte si presentavano depredate in antico ad eccezione della tomba 1 Le tombe 1 e 5 (Tombe 254-255), orientate rispettivamente in senso NE-SO e ΝΟ ΒΕ, erano del tipo a sarcofago tufaceo. La tomba 1, nonostante il depredamento, conservava ancora alcuni elementi del corredo originario, costituiti da una lekythos a figure nere di produzione campana, tipo Pagenstecher, del IV secolo a.C., con la rappresentazione di un erote stante, un'oinochoe ἃ figure rosse in frammenti, relativa alla fase medio-apula, un piatto a fasce su piede, una coppetta a fasce ansata, lacunosa, un tripode ed una graticola in piombo. Le tombe 2 e 3 (Tombe 256-257), del tipo a fossa, orientate in direzione NO-SE ed EO, presentavano i lati costruiti con filari sovrapposti di lastrine calcaree connesse a secco, che formavano veri e propri muretti perimetrali. La tomba 4 (Tomba 258), orientata in senso E-O, a fossa, ricavata in parte nel banco roccioso, risultava conservata per tre lati quelli posti a N e ad O, costituiti dal banco roccioso livellato, erano stati integrati nelle parti superiori da alcuni filari sovrapposti di lastre calcaree; il lato S era formato da più filari sovrapposti di lastre calcaree connesse a secco. Sono poi emersi resti di due strutture murarie pertinenti ad unità abitative, costituite da alcuni filari sovrapposti di lastre e blocchi calcarei, accostati a secco, coperti da un crollo di tegole. Tra i materiali rinvenuti si segnalano alcuni frammenti di ceramica geometrica iapigia monocroma, relativi all'VIII secolo a.C., frammenti di ceramica subgeometrica peucezia, inquadrabili nel VI secolo a.C., e frammenti di ceramica a fasce ea vemice nera**.
+ BATTISTEDESANTIS 1992, pp. 257-258, tav. LXXXVII, 1-2. 820
Fig. 768. 254. Veduta della struttura e del corredo della tomba 254 (da Battisti-Desantis 1992, tav. XXXVII, 1-2). 821
259-260 — Tombe rinvenute în Via Galilei angolo Estramurale Scarlatti (Contrada “Colaianna”)
11 23 ed il 30 aprile 1946, durante i lavori di apertura della via estramurale di Ruvo, precisamente nel ratto compreso tra le abitazioni di Michele Jurilli e Francesco Balsano, sono state rinvenute due tombe. La scoperta, avvenuta in un terreno di proprietà del Prof. Pietro Caldarola, è stata localizzata nella contrada “Colaianna”, situata tra le attuali estramurale Scarlatti e via Galilei. La prima tomba (Tomba 259), orientata N-S, aveva le dimensioni di m. 2,00 x 1,00 x 1,50 ed era coperta da due grosse lastre di pietra tufacea; la sepoltura conteneva, oltre al corredo, lo scheletro di un individuo adulto, con la testa posta a N, in posizione contratta Il corredo, attualmente conservato nei depositi della Soprintendenza Archeologica di Taranto, era formato da ceramica apula a figure rosse, ceramica a venice nera, ceramica di uso comune, nonchè da oggetti in metallo, tra cui un pregevole candelabro in ferro. La presenza di un cinturone în bronzo, in frammenti, di una punta di lancia e di una cuspide di giavellotto, indica chiaramente l'appartenenza della sepoltura ad un guerriero. 1I complesso funerario, per la presenza di ceramica apula della fase tarda, è databile nell’ambito della seconda metà del IV secolo a.C. La seconda tomba (Tomba 260), delle dimensioni di m. 2,00 x 1,00 x 1,20, era coperta da due lastroni di pietra calcareae orientata N-S. Come la precedente, conteneva lo scheletro di un adulto con la testa rivolta a N: tra le gambe di questo scheletro si trovò quello di un bambino con la testa rivolta a S. Il corredo, anch'esso conservato nei depositi della Soprintendenza Archeologica di Taranto, era formato solo da due esemplari di ceramica apula a figure rosse, in particolare da due pelikai, una più antica, forse un oggetto di prestigio tramandato tra i membri più importanti della famiglia, ed una più recente. II resto del complesso funebre era costituito da ceramica a vernice nera e da oggetti metallici, tra cui un cinturone, che indica l'appartenenza del defunto alla classe militare; del corredo del bambino facevano parte due esemplari miniaturistici di ceramica a vernice nera. Anche questa sepoltura si può datare nell'ambito della seconda metà del IV secolo a.C., più probabilmente verso la fine dello stesso secolo
9 ASATA,Atti peril 1946: rinvenimenti in contrada Colaianna;M. MARIN 1981, pp. 181-183. 822
Tomba 259
259.1. Cratere a mascheroni apulo ἃ figure rosse Argilla beige, vernice nera lucente, sovraddipintare in bianco e giallo. hem 64,3; diam, orlo em 33, Taranto, Museo Archeologico Nazionale Inv. 61402. tribuit al Pittore di Ten, fase finale de ceramica ἃ figure rosse 320-300à € Integro. Piede scheggiato, orlo sbreccato, piccole scrostature della vernice. Decorazione accessoria: sull'orlo, bastoncelli, motivo ad onda; sul collo, corona di alloro con rosetta centrale; sulla spalla, pseudo-baccellatura; sul corpo, la scena figurata è delimitata in basso da un meandro continuo; sotto le anse, palmette e girali Lato A: sul collo, tra girali c fiori a calice, erote in volo verso sinistra, con ventaglio nella sinistra e specchio nella destra. Sul corpo, al centro, è un naiskos, nel quale è raffigurata una donna seduta su un capitello ionico, di profilo a sinistra, vestita con un lungo ed elegante chi tone, ben decorato, che ha un ventaglio nella destra; di fronte alla donna è un satiro stante, con tirso nella destra, che sta versando vino da un'oinochoe che ha nella sinistra. Lato B: sul collo, palmette € volute, Sul corpo, al centro, stele funeraria decorata con bende nere e gialle; a sinistra, donna stante, con specchio nella sinistra c situla nella destra; a destra donna stante con specchio nella destra e corona nella sinistra Bibliografia: Schauenburg 1953,p. 65, fig. 20 cp. 67, fig. 22; Schmidt 1974, tav. 9; Lobmann 1979, p. 260, A 706; Trendall-Cambitogiou 1982, p. 1017, n. 3073, tv. 3914
259.2. Anfora panatenaica apula ἃ figure rosse Argilla beige, vemice nera lucente, sovraddipinture in bianco e giallo. fn em 48,5; diam, orlo cm 13,7; diam. piede em 122. Taranto, Museo Archeologico Nazionale. Inv. 61403. Airibuitoal gruppo dei vasi decorati su un lato dal Pittore della Patera e sull'altro dal Gruppo dell Anforz. 3403204.
Lacunosa, piede reintegrato in gesso. Orlo sbreccato, anse scheggiate, vernice nera scrostata in alcuni punti, numerose incrostazioni ricoprono il corpo del vaso. Decorazione accessoria: sul collo, palmetta in nero, meandro in bianco; sulla spalla, pseudo-baccellatura, motivo ad onda destrorso; sul corpo, la scena figurata è delimitata inferiormente da un motivo ad onda destrorso; sotto le anse, palmette e gira. Lato A: al centro, naiskos con donna seduta su un capitello ionico, di profilo a sinistra, con phiale con offerte nella destra; a destra € a sinistra, al di fuori del tempietto funerario, patera in metallo con manico antropomorfo. Lato B: testa femminile, di profilo a sinistra, riccamente ingioiellata (stephane radiata, sakkos, orecchini e collana). Bibliografia: Lohmann 1979, p. 260, A 707; “Trendall-Cambitoglou 1982,p. 746, n. 23/163. 259.3. Loutrophoros apula a figure rosse Argilla beige, vernice nera lucente, sovraddipinture in bianco c giallo. hem 51,6; diam. orlo em 13,2, diam. piede cm 125. “Taranto, Museo Archeologico Nazionale 823
Figg. 769-770. 259.1. Cratere a mascheroni apulo a figure rosse. Fine del IV secoloa.C. Lati Ae B (Foto dell’ Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica della Puglia). Inv. 61404, Attribuita al Pittore di Tent, fase finale della ceramica a figure rosse 320-300.
Ricomposta da frammenti. Lacunosa, manca parte dell’orlo; anse restaurate. Orlo sbreccato, crepa sul collo, vemice scrostata in diversi punti, numerose incrostazioni. Decorazione accessoria: sul labbro, bastoncelli; sul collo, palmetta in nero, fila di ovuli, raggiera in bianco (A), in nero (B), fila di ovuli; sulla spalla, fila di rosette (A), corona di edera con rosetta centrale (B); sul corpo, la scena figurataè 824
delimitata, inferiormente, da un meandro interrotto da riquadri con croce greca e punti; sotto le anse, palmette e girali. Lato A: sul collo, testa femminile în bianco, di profilo a sinistra, riccamente ingioiellata, tra tralci vegetali, fiori a calicee girali. Sul corpo, al centro, naiskos con donna seduta su una pila di rocce, di profilo a sinistra, con cista contenente una torta nella destra; nel campo, bende. Lato B: sul collo, palmette e volute. Sul corpo, erote che cammina verso sinistra, in procinto di avvicinarsi ad un cippo funebre davanti a lui; ha un
Fig. 771-772. 2592. Anfora panatenaica apula a figure rosse. Lati Ae B (Foto dell'Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica della Puglia).
ventaglio nella destra e una situla figurata. nella sinistra. Nel campo, una phiale. Bibliografia: Lohmann 1979, p. 260, A 708; Trendali-Cambitoglou 1982, p. 1018,n. 308. 259.4. Stamnos acromo Argilla arancio, coloritua rosa-arancio. Βα cm 182; diam. orlo em 0,3 Taranto, Museo Archeologico Nazionale. Inv, 61405. Fine del IV secolo a.C
Restaurato. Ricomposto da due frammenti. Patina brünastra, orlo sbreccato,
piede scheggiato. Basso piede ad anello, corpo globoso a profilo convesso, risega che sottolinea l'attacco del corpo con la spalla, spalle tese oblique, orlo svasato, anse a nastro applicate, a cui sono agganciati anelli di terracotta applicati. Bibliografia: inedito. 259.5. Phiale policroma Acgilla rossicia, sovraddipinture in aranhem 11,3, con anse cm 15,5; diam. cm 302. 825
Figg. 773-774. 2593. Loutrophoros apula a figure rosse (Foto dell’ Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica della Puglia) ‘Taranto, Museo Archeologico Nazionale. Inv. 61406. Fine del IV secolo a.C.
Integra. Piede ed orlo scheggiati, vermice scrostata in numerosi punti. Piede a disco modanato con risega superiore, vasca profonda a profilo convesso, labbro estroflesso c revoluto, anse a nastro con bottone centrale alla sommità impostate sull’orlo, due bottoni sull'orlo su entrambi i lati. Decorazione: all’esterno la vasca è completamente dipinta di arancio; l'orloè dipintodi rosso; all'interno, la fascia sotto l'orlo è in arancio, mentre il medaglione centrale è in rosso. Bibliografia: inedita, 826
259.6. Candelabro Ferro; decorazione incisa, patina marrone bcm 78,5; diam. piatello em 9. Taranto, Museo Archeologico Nazionale. τῶν. 61407. Fine del IV secolo aC.
Lacunoso, manca una zampa di leone di un piede. Piuttosto corroso, i margini del piattello sono mal conservati, coperto da numerose infiorescenze ferrose, macchie scure dovute all'umidità. Il candelabro poggia su un tripode con i piedi configurati a zampe leonine; fusto cilindrico sagomato in alto e terminante alla sommità con un piattello circolare dal
corpo cilindrico e labbro verticale. Sotto il piattello, due anse a forma di S. Bibliografia: Rukowaky 1979,pp 218-219, fg. 4. 259.7. Tripode ed alari Piombo, patina biancastra hem 17; diam. cm 15. ‘Taranto, Museo Archeologico Nazionale. In, 61408, Fine del IV secolo a.C.
Lacunosi: del tripode manca un piede, mentre gli alari sono completamente frammentati. Sono ricoperti da una patina biancastra. Il tripode ha forma circolare ed è stato realizzato unendo a un cerchio tre piedi in laminae tre rinforzi triangolari superiormente. Degli alari si conservano una delle barre a sezione rettangolare arrotondata alle estremità e i sostegni laterali, costituiti da aste ad U contrapposte e fissate con chiodi ribattut Bibliografia: inediti. 259.8. Skyphos a vernice nera Argilla rosata, vemice nera lucente con riflessi metallici. hi max. cm 7,5; diam. piede cm 6,5 Taranto, Musco Archeologico Nazionale. Tis 61409, Seconda metà del IV secolo aC.
Estremamente frammentario. Si conserva solo il piede e parte del corpo. Piede ad anello, corpo ovoidale. Bibliografia: inedito 259.9. Tazza biansata a vernice nera Argilla nocciola, vernice nera lucente con riflessi metallici. I. em 45: diam. em 105.
Fig. 775. 2594, Stamnos acromo (Foto dell’ Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica della Puglia). Taranto, Museo Archeologico Nazionale Inv. 61410, Seconda metà del IV secolo aC. Tipo More 41212.
Ricomposta da frammenti. Lacunosa, manca parte del corpo e un'ansa. Orlo sbreccato, vernice nera scrostata in alcuni punti. Piede a cercine, vasca a profilo convesso, orlo piatto al taglio, anse orizzontali a sezione circolare. Bibliografia: inedia.
259.10. Kylix a vernice nera. Argilla nocciola, vemice nera lucente con rillessi mew hem 44; diam.em 149. “Taranto, Museo Archeologico Nazionale. Inv. 61411 IV secoloa, Serie Morel 4220.
Lacunosa, manca parte di un'ansa. Orlo sbreccato, vernice nera scrostata diversi punti. Piede ad anello modanato, vasca a profilo convesso con risega 827
della vasca e le anse. Vemice rossa completamente scomparsa. Piede ad anello, vasca profonda a profilo convesso, orlo svasato, labbro piatto, anse a bastoncello orizzontali, impostate poco al di sotto dell'orlo. Della decorazione dipinta rimangono due linee rosse concentriche all'interno della vasca. Bibliografia: inedia. 259.12. Guttus a vernice nera Argilla nocciola, vemice nera lucente con riflssi metallic hem 5, con bocchello cm 9,5; diam. cm 9. Taranto, Museo Archeologico Nazionale. των 61413, Seconda metà del IV secolo a.C.
Figg. 776-777. 259.5. Phiale policroma (Foto dell'Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica della Puglia).
mediana all'interno, orlo arrotondato, anse orizzontali a bastoncello ripiegate verso l'alto. All’intemo è una raggiera incisa, mentre nel medaglione centrale è una ruota. Bibliografia: inedita
Integro. Beccuccio sbreccato, piccole incrostazioni. Basso piede troncoconico raccordato, medinate elemento a profilo concavo, al corpo globulare molto compresso alla spalla; medaglione a rilievo sulla faccia superiore, entro cordone insellato con riseghe sottili, raffigurante una biga condotta da un cavaliere. Piccola ansa anulare a nastro rigonfio concostolature centrali. Sul corpo striature verticali; beccuccio con alto fusto a proifilo concavo e labbro estroflesso a piattello con sottili solcature. Bibliografia: inedito.
259.11. Coppa biansata a fasce Argilla rosata, vernice rossa. hem 48; diam. em 16 ‘Taranto, Museo Archeologico Nazionale. Inv. 61412. Seconda metà del IV secolo aC.
Lungh em 325, Taranto, Museo Archeologico Nazionale. Inv. 61414, Seconda metà del IV secoloa.C.
Ricomposta da vari frammenti Lacunosa, mancano alcuni frammenti
Integra. Notevolmente corrosa. Forma lanceolata con costolatura mediana.
Immanicatura a cannone, a sezione circolare, con tracce dell'asta lignea all'interno) Bibliografia: inedit 259.14. Puntale di giavellotto Fer. Lungh em 225. Taranto, Musco Archeologico Nazionale. Inv 61415, Seconda mea del IV secolo a.C.
Integro. Notevolmente corroso. A sezione quadrangolare con immanicatura a cannone, a sezione circolare, con tracce dell’asta lignea all’interno. Bibliografia: inedito. 259.15. Bronzo, lamina marellata,chíodi in ferro per i fissaggio dei ganci Primo frammento: lungh. cm 43,9 e 38,5; largh cm 11,5. Secondo frammento: lungh. cm 31,4: Jargh. em 11,4 Terzo frammento: lungh. cm 12; largh. cm 8, Taranto, Musco Archeologico Nazionale. Inv. 61416. Seconda metà del IV secoloa.C.
Lacunoso, si conservano tre frammenti. Margini in parte sbreccati. Lamina rettangolare. Lungo i margini dei lati lunghi è una serîe di forellini per il fissaggio del supporto interno in materiale deperibile. L'estremità femmina ha tre coppie di fori per l'aggancio. Bibliografia: inedito. Figg. 778-780. 259.6. Candelabro in ferro, con particolari (Foto dell'Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica della Puglia) 829
Figg, 781-782. 259.7. Tripode ed alari in piombo (Foto dell'Autore, coresia Soprintendenza Archeologica della Puglia).
Fig. 783. 2598. Sbyphos a vernice nera (Foto dell'Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica della Puglia). 830
Fig. 784. 250.9. Tazza biansata a vernice nera (Foto dell'Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica della Puglia).
igg. 785-786. 259.10. Kylix apula a vernice nera con decorazione impressa nel tondo interno (Foto del ’ Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica della Puglia)
Fig. 787. 259.11. Coppa biansata con decorazione a (Foto dell'Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica della Puglia). 831
Figg. 788-789. 259.12. Guttus a venice nera con medaglione figurato ἃ rilievo (Foto dell’ Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica della Puglia)
Era
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Fig. 790, 259.13-14, Punta di lancia e punta di giavellotto in ferro (Foto dell’ Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica della Puglia).
Figg. 791-792. 259.15. Cinturonedi bronzoin frammenti (Foto dell’ Autore, cortesia Soprintenden2a Archeologica della Puglia) 832
Boe, Fig. 793. 260. Corredo della Tomba 260 (Foto dell’ Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica della Puglia) Tomba 260
260.1. Pelike apula a figure rosse Argilla beige, vernice nera lucente, sovraddipinture in bianco e ilo. bh. cm 28,9; diam. orlo cm 15, ; diam. piede em 11,9 Taranto, Museo Archeologico Nazionale, Inv. 61417. Atribuibile alla fase Tardo-Apula Seconda metà del IV secolo a.C.
Integra. Piede ed orlo sbreccati, vernice nera scrostata in diversi punti, coperta da numerose incrostazioni. Decorazione accessoria: sul collo, motivo ad onda destrorso; sul corpo, la scena figurata è delimitata inferiormente da una linea spezzata continua; sotto le anse, palmette e girali. Lato A: giovane nudo seduto su una clamide, di profilo a sinistra, con ventaglio nella destra e ramo di lauro con bacche nella sinistra. Lato B: testa femminile, di profilo a destra, con sakkos che racchiude i capelli. Bibliografia: inedia.
260.2. Pelike apula a figure rosse Argilla beige, vernice nora lucente con rillessi metallici hi. em 24,7; diam orlo em 15,7; diam. piede mna Taranto, Museo Archeologico Nazionale, Inv. 61418. Attribuita al Pittore del Vaticano V 2, cerchia del Pittore di Atene 1714. 370-360aC.
Integra. Vernice nera scrostata in qualche punto. Decorazione accessoria: sul collo, ramo di edera sinistrorso; sul corpo la scena figurata è delimitata inferiormente da una fila di ovuli. Lato A: donna riccamente vestita seduta su uno sgabello, con alabastron nella sinistra e corona nella destra, che allunga verso un giovane che le è di fronte. Il giovane, nudo, stante, con clamide pendente dalle braccia © bastone nella destra, sembra allungare la sinistra per prendere la corona che gli sta offrendo la donna. LatoB: due giovani ammantati; quello di destra ha un bastone nella destra. Bibliografia: Trendall-Combitogiou 1978, p. 221,n. 8251 833
Figg. 794-795. 260.1. Pelike apula a figure rosse. Lati A e B. Seconda metà del IV secoloa.C. (Foto dell Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica della Puglia). 260.3. Coppetta monoansata a vernice nera Argilla nocciola, vernice nera opaca con riflessi metallic hem; diam. olo cm 8,2; diam. piede em 4. Taranto, Musco Archeologico Nazionale. tav. 61420 Seconda metà del IV secolo aC. Forma Morel 6231
Lacunosa, manca parte di un'ansa. Orlo sbreccato, piccole scrostature della vernice. Piede tronco-conico, corpo emisferico, orlo leggermente estroflesso, ansa a cordolo impostata obliquamente poco sotto loro. 834
Bibliografia: indi 260.4. Coppetta monoansata Argilla nocciola, vemice nera metallic hem 49; diam. orlo cm & Taranto, Museo Archeologico In, 61421. Seconda metà del IV secolo
a vernice nera opaca con riflessi Nazionale, a.C.
Integra. Per le caratteristiche formali si veda l'esemplare precedente cat. 260.3.
260.5. Coppetta concavo-convessa a vernice nera Argilla nocciola, vernice nera opaca con rifessi metallic bem 2,5; diam. em 7. Taranto, Museo Archeologico Nazionale. Inv, 61422 Seconda metà del IV secolo aC Vicino alla serie Morel 2710.
Integra. Vernice nera scrostata in diversi punti. Basso piede cilindrico, vasca bassa e larga, labbro ingrossato e arrotondato. Bibliografia: inedita. 2604 nera
Coppetta miniaturistica a vernice
Argilla nocciola, vemice nera opaca con riflessi metallic. hi cm 3,2; diam, orlo cm 64. 1o, Museo Archeologico Nazionale. Inv 61423, Seconda metà del IV secolo aC. Lacunosa, manca l'ansa. Piede troncoconico, vasca a profilo convesso, labbro arrotondato, ansa a cordolo impostata poco al di sotto dell'orlo. Bibliografia: inedita 260.7. Pentolino rituale Argilla arancio h.cm9; diam. orlo em 8,1 Teranto, Museo Archeologico Nazionale. Inv. 61424. Seconda metà dl IV secolo a.C.
Integro. Diverse — incrostazioni Apodo, corpo globoso, collo a profilo concavo, labbro svasato e revoluto, ansa a nastro ingrossato, lievemente sormontante, impostata sull'orlo e verticalmente sulla spalla. Bibliografia: inedito
Figg. 796-797. 260.2. Pelike apula a figure rosse della cerchia del Pittore di Atene 1714. Lati A c B (Foto dell’Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica della Puglia) 835
Fig. 798. 2603. Coppetta monoansata a vernice mera (Foto dell'Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica della Puglia).
Figs. 799-800. 260.4. Coppetta monoansata a vernice nera (Foto dell'Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica della Puglia)
Fig. 801. 260.5. Coppetta concavo-convessa a vemice nera (Foto dell'Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica della Puglia).
Fig. 802. 260.6. Coppetta miniaturistica a vernice nera (Foto dell'Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica della Puglia)
Fig. 803. 260.7. Pentolino rituale (Foto dell'Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica della Puglia). 836
260.8. Pentolino rituale Argilla arancio Rem 0,1; diam. orlo em 95 ‘Taranto, Museo Archeologico Nazionale In 61425, Seconda metà del IV secolo a.C.
Ricomposto da vari frammenti. Restaurato, diverse incrostazioni. Perla forma si veda l'esemplare precedente cat. 260.7. Bibliografia: inedito 260.9. Coppetta monoansata a vernice nera Argila nocciola, vemice nera opaca con riflessi metallici hem 43; diam. olo em 9. Taranto, Museo Archeologico Nazionale. Inv, 61426. Seconda metà del IV secolo a.C.
Fig. 804. 2608. Pentolino rituale (Foto dell Autore, cortesia Soprintendenza Archoologica della Puglia)
Integra. Per la forma si vedano gli esemplari precedenti, cat. 260.3-4. Bibliografia: inedita 260.10. Vago in pasta vitrea Pasta vitrea blu, decorazione dipinta in bianco. hem 1; diam. em 12. ‘Taranto, Museo Archeologico Nazionale Ins 61427, Seconda metà del IV secolo aC.
Integro. Grosso vago globulare in pasta vitrea blu con decorazione dipinta in bianco. La decorazione è costituita da ‘numerosi occhi apotropaici che ricoprono la superficie del vago. Bibliografia: inedito 260.11. Cinturone Bronzo, lamina marellata, ganci applicati. Primo frammento con ganci: lungh. cm 20;
Fig. 805. 260.9. Coppetta monoansata a vernice nera (Foto dell'Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica della Puglia) largh. cm 5,8. Secondo frammento: lungh. cm 254; largh. cm 5,8. Terzo frammento: lungh 5m 16; largh. em 6. Taranto, Museo Archeologico Nazionale. In 61428 Seconda metà del IV secolo a.C.
Lacunoso, rimangono tre frammenti Patina verdastra, macchie scure dovute alla corrosione. Margini in parte sbreccati. Lamina rettangolare. Lungo i margini dei lati lunghi è una serie di forellini per il fissaggio del supporto intemo in materiale deperibile. L'estremità maschio nta due ganci lunghi, formati da 837
260.13. Chiodo (?) Ferro. Lungh. em 224; bem 3,3; spessore em “Taranto, Musco Archeologico Nazionale. Inv. 61430. Seconda metà del IV secolo a.C.
Lungo stelo a sezione quadrangolare ricurvo alla sommità, formante un angolo retto. Bibliografia: inedito
Fig. 806. 260.10. Vago in pasta vitrea (Foto dell'Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica della Puglia).
stanghette che terminano a protome zoomorfa (uccello o cicala), mentre sulla lamina sono due applicazioni a palmetta. L'estremità femmina ha tre coppie di fori per l'aggancio. Bibliografia: inedito
260.12. Punta di lancia Fem. Lungh. em 22,1; argh. max em2. Taranto, Museo Archeologico Nazionale. Inv. 61429. Seconda metà del IV secolo a.C. Integra. Corrosa, ossidata. Punta a forma di salice allungata, impugnatura a cannone, a sezione circolare, codolo cavo con resti di legno all'interno. La punta risulta spezzata appositamente per motivi rituali Bibliografia: inedia 838
260.14. Cratere a campana apulo a figure rosse Taranto, Musco Archeologico Nazionale. Tav. 61419, Seconda metà del IV secolo a.C.
LatoA: tre rabdophoroi. Lato B: tre ammantati Secondo la Marin questo vaso faceva partedelcomplesso funerario, mapurtroppo l'esemplare non è stato rintracciato nei depositi. della Soprintendenza Archeologica della Puglia a Taranto. Bibliografia: M. Marin 1981, p. 183.
Figa, 807-809. 260.11. Cinturone in bronzo, con particolari degli agganci a palmetta (Foto dell'Autore, cortesia Soprintendenza Archeologica della Puglia). 839
Fig. 810. 260.2. Punta di li Archeologica della Puglia).
Fig. 811. 260.13. Chiodo o spiedo Archeologica della Puglia).
ia in ferro (Foto dell'Autore, cortesia Soprintendenza
miniaturisticoin ferro (Foto dell'Autore, cortesia Soprintendenza
261-268 — Tombe rinvenute in Via Madonna delle Grazie
Nell'aprile del 1986, in seguito allo sbancamento per l'impianto di una nuova costruzione nella zona compresa tra via Madonna delle Grazie e l'estramurale Scarlatti, sono state messe in luce una serie di strutture murarie a doppio paramento, costituite da lastrine calcaree sovrapposte a secco, delimitanti ambienti a pianta rettangolare, talvolta fortemente allungata con fondo absidato, le cui fasi di vita sembrano documentate in maniera più evidentetra il VI ed il IV secolo a.C. I relativi livelli di frequentazione hanno restituito, in prevalenza, ceramica con decorazione a fasce che, proprio in questo periodo, trova la massima diffusione nella Peucezia. Il nucleo di necropoli annesso all'abitato, esplorato in maniera discontinua, è composto da sette tombe a sarcofago in tufo, tutte manomesse ad eccezione di una. La tomba 1 (Tomba 261) ha restituito un corredo formato da alcuni vasi decorati a fasce e da vasi a vernice nera, riferibili nell’ambito del IV secolo a.C. Non lontano da alcune strutture in blocchi calcarei, riferibili ad abitazioni del IV-III secolo a.C., è emersa una tomba a sarcofago in tufo (Tomba 262), già depredata, con un chiodo di ferro ancora infisso nella parete N ¢ con lastrone di copertura in calcare. Presso l'angolo NE è stato possibile il recupero di un piccolo deposito esterno (Tomba 263), composto da scarsi frammenti ossei, parte di un vaso a figure rosse, un pentolino ad impasto, un askos acromo a ciambella, vasi con decorazione a fasce, tutti databili nell’ambito del IV secolo a.C. Il ritrovamento all'interno di un vano di abitazione di due piccole tombe a cista. litica (Tombe 264-265), una delle quali contenente un kantharos di stile misto della fine del V secolo a.C., documenta anche per Ruvo la consuetudine delle sepolture infantili all'interno delle case, già nota in ambito indigeno, come a Monte Sannace, centro con 1 quale Ruvo sembra aver intrattenuto relazioni commerciali, indiziate dal ritrovamento due frammenti ceramici subgeometrici peucezi bicromi, decorati con una teoria di volatili caratteristici della necropoli di Monte Sannace e ritenuti prodotti locali 840
Fig. 812. 267. Corredo della Tomba 267 ("Tomba Guastamacchia”) rinvenuta in via Madonna delle Grazie. Ultimo quarto del IV secolo a.C. (da Labellarte 1994, fig. 4)
A nord di via Madonna delle Grazie, nella proprietà di Michele Guastamacchia, sono state individuate due tombe a sarcofago, la prima (Tomba 266) già depredata, mentre la seconda, fortunatamente, è stata rinvenuta intatta. La tomba 2 (Tomba 267, detta “tomba Guastamacchia”), delle dimensioni di m. 1,20 x 0,65 x 0,55, con orientamento N-S e con lastrone di copertura in calcare, accoglieva una deposizione semirannicchiata sul fianco destro, accompagnata da un corredo databile nell'ambito della seconda metà del IV secolo a.C., dove spicca un cratere a campana attribuito dal Trendall al Pittore di Haifa". Fa eccezione un kantharos del “tipo Saint-Valentin’, riferibile probabilmente al corredo di una deposizione precedente, i cui resti (Tomba 268) sono stati rinvenuti, insieme con alcuni frammenti ceramici a vernice nera e ad impasto, all'esterno del sarcofago, a ridosso della testata S*?. ‘© Notizia gentilmente riferita allo scrivente dalla dott.ssa Labellate, responsabile dello scavo, che ha mostrato il vaso allo studioso australiano. ‘87 ANDREASSI 1986, pp. 663-664; LABELLARTE 1987, pp. 114-116, tavy. ΧΧΧΈΧΧΧΗ; LABELLARTEDEPALO 1987, pp. 107-132, ta. IX. 841
269-270 — Tombe rinvenute in Via Madonna delle Grazie
Nel novembre del 1993, sono state effettuate alcune ricerche nella zona ad est del centro abitato di Ruvo, in una vasta area destinata alla costruzione di un nuovo liceo scientifico. Il sito, sottoposto ad un'indagine geognostica preliminare, ha rivelato la presenza di numerose anomalie. Infatti nel corso dei lavori, a pochi centimetri di profondità rispetto al piano di campagna, sono stati individuati resti di abitazioni di età ellenistica, costituiti da strutture murarie in calcare, strati di uso e piani di calpestio, ricchi di ceramica acroma, ceramica da fuoco e ceramica a vernice nera. È stata rinvenuta anche una tomba a sarcofago in tufo (Tomba 269), coperta da un
astrone in calcare, con orientamento NE-SO. All'interno vi erano i resti di due inumati, deposti a breve distanza di tempo, l'uno in connessione anatomica, l’altro ammassato lungo una delle testate del sarcofago. Il corredo, relativo in gran parte alla deposizione secondaria, comprendeva numerosi vasi con decorazione a fasce, ceramica acroma, ceramica da fuoco, ceramica a venice nera ed un cratere a campana apulo a figure rosse della seconda metà del IV secolo a.C. All'esterno della tomba, presso il lato S, è stata individuata una terza deposizione, in posizione supina, a cui forse dovevano appartenere alcuni vasi integri ed uno strigile in bronzo rinvenuti nelle vieinanze™, 271 — Tombe rinvenute nella zona di espansione urbana a Sud-Est dell’Estramurale Scarlatti
A sud del viale Madonna delle Grazie, al di là dell'estramurale Scarlatti fino alla Strada Statale 98, esiste una vasta zona archeologica, certamente conosciuta da molto tempo che viene continuamente distrutta, perché zona di espansione urbanistica. In questa zona i mezzi meccanici hanno travolto più di trenta tombe scavate nella roccia, alcune a fossa, la maggior parte a sarcofago, orientate E-O. A sud del lotto delle nuove palazzine già costruite (“Complesso Primavera”), al di là della strada in seguito costruita che si è allacciata all’estramurale Scarlatti, in due scassi per edificare le fondamenta di nuove palazzine, la Prof.ssa Miroslav Meluta Marin ha individuato personalmente, tra gli anni 1970 e 1974, alcuni resti di tombe. Questi consistevano soprattutto in lastroni di copertura spezzati ancora sparsi sul terreno, alcuni grezzi, altri lavorati per meglio chiudere la sepoltura. Le tombe erano state già trafugate, tuttavia sul terreno affioravano dei frammenti di vasi di grandi (soprattutto crateri e anfore) e di piccole dimensioni delle più svariate classi, dalla ceramica geometrica roma daunia e peucezia alla ceramica apula a figure rosse, alla ceramica a fasce e alla ceramica a vernice nera, oltre che a resti di grandi contenitori acromi e ad impasto, olle e pithoi, questi ultimi forse usati per le sepolture degli infanti*", δα RICCARDI 1994, pp. 85-86, tav. XXXI, 49 M. MARIN 1981,pp. 183-186. 842
272-274 - Tombe rinvenute in Via Vivaldi
In un periodo non precisato in via Vivaldi, all’interno di una proprietà del costruttore Scardigno, furono rinvenute tre tombe. Durante lo scasso furono fatte delle fotografie, ora non più reperibili. Delle tre tombe, una pare fosse a camera (Tomba 272), le altre due (Tombe 273-274), scavate nella roccia, avevano una forma di fiaschetta e raggiungevano una profondità tra i 4 e i 5 metri; si sa solo che probabilmente restituirono dei ricchi complessi funerari venduti successivamente all'estero, probabilmente in Svizzera“. 275 - Tombe rinvenute in Via Duca della Vittoria (già Via A. Diaz)
Nel periodo compreso tra il 1970 ed il 1974, nella zona tra via Duca della Vittoria e l'estramurale Scarlatti, durante i lavori per la costruzione di nuove palazzine, eseguiti dall'impresa edile di un certo Scardigno, furono rinvenute delletombe; nulla énoto riguardo agli oggetti ritrovati. Vi sono solo delle voci le quali affermano che le tombe restituirono corredi ricchissimi, costituiti da ceramica apula a figure rosse, in particolare grandi crateri a mascheroni e anfore, ma anche da armature e persino da omamenti personali in oro, in seguito venduti in Svizzera“. È più che probabile che alcuni complessi, comprendenti sia armature che vasi apuli a figure rosse di grandi dimensioni, conservati nel Museo di Basilea, siano proprio quelli rinvenuti a Ruvo dal costruttore citato 276 ~ Tombe rinvenute sull'Estramurale Scarlatti (proprietà Mastrorili) Sull’estramurale Scarlatti, ad est di via S. Barbara, si rinvennero delle tombe in un periodo non precisato, in un terreno di proprietà di un certo Mastrorilli lotizzato per la costruzione di nuove palazzine, di cui non viene specificato alcun dato™. 277 - Tomba rinvenuta in Vico PP. Pasolini
Nel 1986, durante alcuni lavori di scavo della Soprintendenza Archeologica, fu trovata nell'attuale Vico P. P. Pasolini una tomba a sarcofago già violata, completamente vuota“?. ^^M, MARIN 1981, p. 186 a M MARIN 1981, p. 186; quest'ultima notizia mi è stata riferita dall'amico Cleto Bucci, Ispettore onorario della Soprintendenza Archeologica per la zona di Ruvo ^5 M. MARIN 1981,p. 186 ^^ Notizia riferita da Cleto Bucci La fotografia della tomba depredata si trova in LABELLARTE 1994, . 18, fg. 5, 843
278- Tomba rinvenuta in Via Verga angolo Via Moro In un momento non precisato, probabilmente intorno agli anni settanta, periodo della grande espansione edilizia a Ruvo, in una zona di via Verga (sembra ad angolo con via Moro) si rinvenne una tomba a sarcofago che restitui un corredo molto ricco. Si racconta, infatti, che gli scavatori clandestini caricarono nella macchina vasi di grandi dimensioni, quali un cratere a mascheroni a figure rosse e alcune anfore di tipo panatenaico. Del corredo non si è poi saputo più mula
^^ Notizia riferita da Cleto Bucci
Il - RINVENIMENTI NELL'AREA DELLA PERIFERIA MERIDIONALE, AL DI LÀ DELLA LINEA FERROVIARIA (C.de PANTANO, CHIANCATA, ARENA, LA ZETA)
279 - Tomba rinvenuta nel luogo chiamato S. Matteo (oggi Strada Vicinale S. Matteo)
Nelle “Notizie degli Scavi” del 1878 Giovanni Jatta racconta di un ritrovamento avvenuto a poca distanza dalla città, a circa cento metri, verso oriente, in un fondo di Francesco Pirolo-Rubini, in un luogo chiamato S. Matteo: si tratta della odierna Strada vicinale S. Matteo, situata a sud della contrada Colajanni-Jatta, zona dove ancora oggi si rinvengono frammenti di vasi figurati di epoca arcaica e classica. Qui si rinvenne, infatti, una tomba del tipo a fossa piuttosto profonda, scoperta che fu fatta da una società di fossori unita allo stesso padrone del fondo. Nella tomba si trovarono due deposizioni, probabilmente di un uomo e di una donna, di cui si distinguevano bene i due crani, sepolti in posizione rannicchiata su un fianco, accompagnate da ornamenti personali in metallo prezioso c ambra, vasi di bronzo e ceramica geometrica peucezia. Si rinvennero, in particolare, un’olla con decorazione geometrica bicroma e due lunghi e doppi fili d’oro ripiegati su se stessi in forma di spirale, ovvero una coppia di fermatrecce a forma di spirale. Nella stessa sepoltura si trovò anche una collana mista, composta da vaghi d’oro e d'argento (si conservano cinque vaghi di ciascun metallo), peduncolati c forniti di bastoncello orizzontale vuoto in cima, che serviva per far passare il filo che le univa. I vaghi in metallo prezioso erano poi alternati a pendenti scolpiti-in ambra, più grossi, di svariate forme“. Da una notizia del Mayer si ricava che la tomba conteneva, inoltre, anche alcuni pregevoli vasi in bronzo". Gli oggetti del corredo furono poi acquistati dal Museo Provinciale di Bari. Recentemente, nel 1993, in seguito alla chiusura della struttura muscale barese, gli oggetti preziosi, quali la collana e i fermatrecce spiraliformi, sono stati sottratti furtivamente e non si conosce tuttora il “© IATTA 1878,pp. 377-378;M. MARIN 1981, p. 195 Maver 1914, pp. 81-82, 845
luogo in cui sono custoditi. Tuttavia, sono rimaste almeno le foto di archivio dei fermatrecce aurei.
La sepoltura si può datare, data la presenza dell'olla geometrica bicroma, verso la seconda metà del VI secolo a.C., 0 pi probabilmente verso la fine dello stesso**' 279.1. Olia geometrica peucezia Argilla camoscio, venice bruna e rossa. hem 33. Bari, Museo Archeologico Provinciale. Inv. 3058. Seconda metà del VI secolo a.C.
L'olla non è stata rintracciata e non si possiedono ulteriori notizie sul tipo di decorazione e sulle condizioni di conservazione. Bibliografia: Mayer 1914,p. 61 279.2. Oinochoe Bronzo massiccio con patina rosso-bruna, a tratti verde.scuro hem 18,7, compreso manico Bari, Musco Archeologico Provinciale. Inv 3059. Seconda metà del VI secolo a.C.
Piede e manico fusi a parte. Conservazione discreta, il piede è stato riattaccato in epoca modema; un foro e una fessura-foro tra corpo e spalla Oinochoe trilobata a spalla piatta, manico verticale nastriforme, costolato, con attaccatura superiore inchiodata con tre borchie e inferiore decorata con palmetta a volute. All'estremità inferiore del collo sono incise quattro circonferenze. Piede svasato semipieno, decorato esternamente con bastoncelli verticali terminanti a punta. Bibliografia: Mayer 1899, p. 177. ^ MONTANARO 2006, p. 115.
279.3. Patera con manico antropomorfo Bronzo con patina verde sulla facciata concava, rossiccia su quella convessa, nera e verdastra peril ouros Diam. cm 27; lungh. manico cm 18. Bari Museo Archeologico Provinciale Im 3060. “Terzo quarto del Vprima metà del V secolo a.C.
Conservazione buona. Manca un piccolo frammento lungo il margine della patera, presso il manico riattaccato. Il manico rappresenta un Kouros ignudo, i cui piedi poggiano su una testa di ariete. I particolari anatomici e i tratti del volto sono resi in modo approssimato. La capigliatura presenta, anteriormente, delle ondulazioni plastiche, seguita da una corona di piccoli ovuli incisi, posteriormente scende sulla spalla caratterizzata, nella parte inferiore, da brevi soleature plastiche. Il kouros è atteggiato a sorreggere un raccordo con la patera, decorato con un capitello eolico e palmette. Bibliografia: Mayer 1899, p. 48; Mayer 1914, p.302, not 3.
2794. Spirali fermatrecce Oro. Conservazione discreta. Diam. em 2,6; lungh. cm 32. Bari, Museo Archeologico Provinciale. Inv. 3074-3074 bis (rubati nel 1993). Fine VI secolo a.C.
Fig. 813. 279.2. Oinochoe trilobata di bronzo. Fine del VI secolo a.C. (Foto Archivio Soprintendenza Archeologica della Puglia).
Gli esemplari sono composti da due lunghi e doppi fili d'oro, con verga a sezione quadrangolare appiattita, ripiegati su se stessi formando una spirale, in modo. da lasciare un vuoto centrale, mentre fra le ripiegature dei fili vi è la distanza di qualche millimetro. Le spirali terminano alle estremità con due cappietti Bibliografia: Jta 1878, p. 378; Mayer 1914, p. 72, nota 3, p. 81; Montanaro 2006, pp. 59-60, cal 39,
279.5. Collana Oro argento. Non sono not le dimensioni Luogo di conservazione ignoto. Seconda metà del VI secolo a.C.
Lacunosa, rimangono cinque vaghi di oro e quattro di argento. La collana è mista, formata da vaghi in oro e argento, peduncolati e forniti di bastoncello orizzontale vuoto in cima, che serviva per far passare il filo che teneva legati i 847
vaghi formanti la collana ed alternati con ciondoli di ambra più grossi e di svariate forme. Bibliografie: Jatta 1878, p. 378; Montanaro 2006, p. 115 279.6. Pendenti scolpiti Ambra
Di grosse dimensioni e di svariate forme, probabilmente appartenenti alla collana cat. 279.5., sopra descritta, con i cui vaghi si dovevano alternare. Bibliografia: Jatta 1878, . 378
Fig. 814. 279.3. Patera di bronzo con manico. antropomorfo (Foto Archivio Soprintendenza Archeologica della Puglia)
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