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Italian Pages 142 [143] Year 2015
Estetica / spettacolo / new media Direzione di collana: Pina De Luca, Maddalena Mazzocut-Mis, E.lena Tavani Comitato scientifico: Giovanna Borradori (Vassar College, USA), Giuliana Bruno (H arvard UniversityEEUU) , Ana Maria Gonzalez Mafud (Univer sidad de La H abana) , Filomena Molder (Universitas de Lisboa), Julie Sermon (Université de Lyon2), Carole TalonHugon (Université de Nice SophiaAntipolis), Sigrid Weigel (Zentrum fiir Literatur und Kulturforschung Berlin) La collana «Estetica / spettacolo / n ew media» si propone di interven ire nel dibattito con temporaneo con studi e ricerche che costituiscan o non solo momenti di riflessione e approfondimento all'interno delle singole discipline, ma stabiliscano fra queste transiti e incroci capaci di aprire nuovi e inediti spazi d'indagine. Un simile obiettivo sarà perseguito agendo lu ngo due linee: l'interrogazione teorica e il supporto alla didattica. La prima darà vita alla serie «Scenari» e conterrà contributi di ricerca e riflessione teorica; la seconda, «Quaderni», ospiterà volumi che possano fornire efficaci strumenti scientifici e pedagogici, anche rivolti all'insegn amento universitario. Serie: «Scenari» 1. Pina De Luca (a cura di), Visioni metropolitane
Serie: «Quaderni» 1. Mariagabriella Cambiaghi, I carteUoni drammatici del ,primo Ottocento italiano 2. J ean-François Lyotard, Rapsodia estetica. Scritti su arte, musica e media (19721993), a cura di Dario Cecchi, prefazione di H erman Parret
ESTETICA I SPETTACOLO
I
NEW MEDIA
Serie: «Quade rni»
2
La pubblicazio ne è stata realizzata con il contributo dell 'Università degli Studi di Roma «Sapienza», Dipartimento di Filosofia
Titolo originale: Textes dispersés I: esthétique et théorie de l'art (Ecrits sur l'art contemporain et les artistes, vol. IV 1) a cura di H errnan Parret © Leuven University Press 2012 © J ean-François Lyotard e eredi
Traduzion e di Dario Cecchi © 2015 Edizioni Angelo Guerini e Associati SpA
via Comelico, 3 - 201 35 Milano http:/ / www.guerini.it e-mail: [email protected] Prima edizione: gennaio 2015 Ristampa:
V IV III II I
2015 2016 2017 2018 2019
Copertina: Giovanna Gammarota Printed in Italy ISBN 978-88-8107-374-0
Le fotocopie per uso personale del lettore possono essere effettuate nei limiti del 15% di ciascun volume/ fascicolo di periodico dietro pagamento alla SIAE del compenso previsto dall 'art. 68, commi 4 e 5, della legge 22 aprile 1941 n. 633. Le fotocopie effettuate per finalità di carattere professionale, econ omico o comm erciale o comunque per uso diverso da q uello personale possono essere effettuate a seguito di specifica autorizzazione rilasciata da CLEARedi, Centro Licenze e Autorizzazioni per le Riproduzioni Editoriali, Corso di Porta Romana 108, 20122 Milano, e-mail [email protected] e sito web www.clearedi.org.
Jean-François Lyotard
RAPSODIA ESTETICA Scritti su arte, m usica e m edia (1972-1993) a cura di Dario Cecchi prefazione di H erman Parret
V.
..
guer1n1 scientifica
I NDICE
9
PREFAZIONE
di H erman Parret
15
INTRODUZIONE
di D ario Cecchi
37
PITTURA E DESIDERIO
(1972)
49 LA PITTURA COME DISPOSITIVO
LIBIDINALE ( 1973)
63 ABBOZZO DI UN 'ECONOMICA DELL' IPERREALISMO (1973)
71 AL
DI LÀ DELLA RAPPRESENTAZIONE
(1974)
87 LA
FILOSOFIA E LA PITTURA NELL'EPOCA DELLA LORO SPERIMENTAZIONE (1981)
103
DISPOSITIVO TECNICO GLOBALE DELL'ARTE. EPOCHÉ DELLA COMUNICAZIONE ( 1985)
113 Su
DUE GENERI DI ASTRAZIONE
117
L ' INUDIBILE ( 1991)
129
IL FATTO PITTORICO OGGI
137
FONTI DEI TESTI
139
I NDICE DEI NOMI
(1988)
(1993)
P REFAZIONE
H erman Parret
Il volume ch e avete per le m a ni si com pone di nove saggi d atati tra il 1972 e il 1993. Questi n ove saggi n on rivela n o u n «altro Lyotard », diverso d a quello ch e con osciamo a ttraverso i su o i scritti p rin cipali. Tuttavia, coprend o tutto il period o d ella su a p roduzione, essi marcano le linee generali d el suo pensiero e testimo niano di quel ch e n e è d ella m ano d el p itto re, com e d ello sguard o o d ell'ascolto d ell'am atore d ei colori e d ei su o ni. Come p rincipio di organizzazio n e di questo volu m e è stato scelto un p rin cipio cronologico. Alcuni com men tatori h ann o proposto una ricostruzio n e d el p ercorso filosofico di Lyotard in «cin que periodi» (così come ci sono «due Wittgenstein» o «due H eidegger») ; altri ritrovano n el su o pensie ro «due este tiche». Qual è la pertinen za di una sim ile perio d izzazione? J ean-Michel Salanskis 1 constata il fatto ch e sem bran o esserci m olti cambia m enti nel pensiero di Lyotard n el corso d ei su oi «cin que perio di»; Salanskis li riassu me nel m od o seguen te. Il «primo >> Lyotard è il militante di estrem a sin istra in Socialisme et Barbarie: il Lyota rd d ell'impegn o p olitico. Discorso, figura, la tesi di Sta to pubblicata n el 1971, è già il «second o » Lyotard : il sessan tottino affascinato d alla sovversione rivoluzio n a ria d el m o d ello artistico. Econ omia libidinale d el 1974 (il «terzo» Lyotard ) costituisce la squalificazione radicale d el teatro d ella verità e d ella ra p presen tazio n e, ripudio assolu to e radicale di qualsiasi id eologia p olitica. Il «quarto» Lyotard si interessa, a p artire d al 1980, a Kant, a Levinas, allo stesso Platone, e p rep ara Il dissidio, pubblicato n el 1983. Si tratta d ella scop e rta d ei regimi di frasi e d ei generi di discorso: Lyotard è interessato certamen te anch e d alle filosofie d el lingu aggio, m a a llo stesso temp o «strano discepolo di Kan t»2, fo rtem ente impressio n ato d al giudizio di gusto
1
J.-M. Salanskis, «Le philosophe de la dépossession », in C. Pagès (a cura di) ,
Lyotard à Nanterre, Klincksieck, Paris 2010, pp. 13-19. 2 Ivi, p. 18.
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estetico e dal sentimento del sublime. Impercettibilmente, verso il 1990, il «quarto» Lyotard si trasforma in un «quinto», quello dello spossessamento, il nostalgico dell' I l y a, il filosofo della m aniera e dell'infanzia, del «pensie ro-scrittura». Evidentemente, questa a rchitettura vale quel che vale: essa insiste più sui punti di discontinuità che su una certa persistenza e sulle costanti del pensiero lyotardiano. Altre ricostruzioni sono state proposte, come quella semplicistica, senza dubbio troppo semplicista, delle «due estetiche» di Lyotard: l'estetica libidinale e l'estetica del sublime. Bisogna tenere in mente il discredito osservato da Lyotard nei confronti di qualsiasi sforzo di periodizzare, «che sarebbe ancora un tic della modernità»3. Si è spesso detto che l' estetica libidinale (fino al 1980, epoca approssimativa della «svolta kantiana») sarebbe sta ta rinnegata da Lyotard stesso, perché sarebbe unilaterale e lascerebbe poco spazio all'impresentabile: questa sarebbe un'estetica della produzione pulsionale dei processi primari4 . Tale estetica è stata tuttavia feconda di ricerche e prese di posizione, come si può constatare nei saggi presentati in questo volume. Si potrebbe dire che la «svolta» mostra piuttosto il rovesciamento definitivo dell'estetica in una «anestetica», o anti-estetica. L'anestetica, in effetti, comincia da un sospetto nei confronti del dato sensibile, sospetto che implica anche la sospen sione del predicato di realtà. Il «sublime generalizzato come presentazione dell'impresentabile» non h a generato solo letture estremamente originali e penetranti delle avanguardie e dell'a rte contemporanea (da Duchamp all' odiern a a rte m aterica, passando per i minimalisti) , ma produce ugualmente una «filosofia generale» che copre tutti i domini dell'esistenza e della produzione umane. Questa estetica del sublime si costituisce essenzialmente come un'estetica della presenza materiale (anche se la materia è tempestata di anima, di quella che Lyotard
3
V. C. Amey, «L'esthétique libidinale de Lyotard», in C. Amey, J.-P. Olive ( a cura di), A partir de Jean-François Lyotard, L'H armattan, Paris 2000, pp. 51-74 (cit. a p. 54). 4 A tal proposito si può leggere il denso ed estremamente critico articolo di Mikel Dufren ne «Doutes sur la 'libid ine'», in L'Arc (numero sp eciale su Lyotard ), 1976, pp. 39-69. In questo articolo compare già la dizione di «estetica libidinale». Dufrenne discute, tra le altre cose, il modo in cui Lyotard «regola i conti con la fenomenologia della percezione». Dufrenne mette in questione tanto i presupposti filosofici dell ' «estetica libidinale» quanto le analisi concrete proposte in Discorso, figura.
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chiamerà «anima minima»), facendo accedere a una presenza che eccede l'esperienza concreta e i tentennamenti del sensibile. Difficile nozione di «materia», come si comprende da questo adagio lyotardiano, ripetuto spesso: «Sotto il nome di materia intendo la Cosa». Questa Cosa non attende nulla, né che la si destini, né che la si interpreti.
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L'estetica intesa come scienza della bellezza, la storia dell'arte, la teoria generale della pittura, la critica d'arte, la costruzione di metodologie e di ermeneutiche nei campi dell'arte; qualsiasi presa di posizione doxastica, come qualsiasi deduzione sistematica: tutto ciò non ha veramente costituito l'interesse di Jean-François Lyotard. Il tono e la mobilità dei suoi scritti sull'arte testimoniano di una fragilità, di una debolezza assunta consapevolmente: un ' «impotenza», come dice egli stesso. Il suo stile è marcato da una nostalgia dell'incompiuto; il ritmo della sua scrittura da una tensione mai finalizzata, troppo prossima al singolare, troppo prossima all'opera di una materia cosale irrecuperabile. Se c'è «estetica», essa è un'estetica della scomparsa, agonizzante, senza dottrina e allontanatasi definitivamente dal progetto hegeliano e dalle sue fantasmatiche sintesi. Lo sguardo del filosofo innamorato dell'arte non si trasforma in una griglia interpretativa che rovina l'evento dell' opera improbabile. Nessun giudizio accademico, nessuna lezione di facoltà, nessuna disciplina costituita, nessun discorso che soppesa e strangola: in effetti nessuna parola a calmare le angosce e a sopire le inquietudini. Una sfiducia e un allontanarsi dal «terrore delle teorie» che Lyotard avverte a partire dagli anni Settanta, l'epoca delle «critiche», politica e libidinale. Il fatto è che la teoria è al servizio dell'immobilità e della capitalizzazione, mentre il gesto selvaggio degli artisti libera l'opera dai discorsi e soddisfa il desiderio mai assopito. La didattica delle teorie distrugge le singolarità e le intensità; la glorificazione dei discorsi, soprattutto della parola del filosofo, allontana l'artista dalla sua prossimità con la materia, dalla sua intimità con la Cosa. In Lyotard ritroviamo un elogio del paganesimo, del nomadismo: che il centro vada perduto, o piuttosto che si sposti continuamente. Egli porta avanti un'apologia del meteco e dell'emigrato, del passeggiatore, del vagabondo, in «peregrinazione» permanente. Non bisogna certo lasciarsi bloccare dalle divisioni di territori esistenziali o culturali: vita, filosofia, arte e scienza. O, in modo meno inglobante, all'interno dell' universo filosofico: estetica, etica, metafisi-
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ca, logica. E meglio coltivare l'indefinibile, il fluente, il nebuloso. La «p robità », virtù lyotardiana per eccellenza, esige che si soggiorni nell'evento e nell'incertezza, probità «pagana» (desiderio e accoglienza delle singolarità), a ttivando i dissidi. Non rinunciamo comunque alla filosofia. Soprattutto non rinunciamo al «pensiero-scrittura». Attivando i dissidi, vale la pena di praticare la disseminazione dello scritto e la moltiplicazione delle «maniere» di resistere alle cose. Poiché le teorie non sono altro che giochi linguistici, esse son o tutte equivalenti dal punto di vista del loro valore di verità e perciò si autodistr uggono reciprocamente. Ciò che è da condannare con forza è piuttosto la fantasia di una teleologia, di una marcia della verità verso l'assoluto, di una dialettica conciliatrice e di una sintesi totalizzante. Ma l'adagio finale sarà così formulato da Lyotard: «Per noi filosofare non è altro che scrivere» 5 . Nessun giudizio universale e impa rziale, nessuna articolazione argomentativa, nessuna doxa di proposizioni: la filosofia sarà una scrittura artistica. Che ne è della tendenza all' omologia della filosofia e dell'arte? Ci pare che potrebbero esserci due versanti della questione. Da una parte, «l'arte h a qualche cosa di filosofico». In un'intervista del 19856 con Berna rd Blistène, Lyotard risponde che un'opera d 'arte - si tratta in questo contesto di Duchamp- è transtorica e transculturale: un'opera d 'arte è «filosofica» nella misura in cui ha un valore che oltrepassa la sua identificazione disciplina re, sociale e culturale (progresso, emancipazione, ideologie di ogni genere). Il suo valore di evento è «filosofico» nella misura in cui essa stabilisce uno stupore, vale a dire una stupefazione, un'intera patemica da cui attinge la stessa filosofia. L'altro versante dell'omologia è evidentemente più controverso: «la filosofia h a qualche cosa di a rtistico». Di nuovo, il passaggio si compie attraverso la scrittura. Già in Discorso) figura Lyotard commenta questo sintagma, suggerendo che grafico e plastico sono in perfetta continuità7; è certo, però, che questa dimostrazione semiotica non esaurisce l'omologia essenziale filosofia/ arte.
5
Témoigner du dijférend, Osiris, Paris 1989, cit. in G. Sfez,Jean-François Lyotard, d'una phrase, Galilée, Paris 2005, p. 157. 6 B. Blistène, «A Conversation with J ean-François Lyotard », in Flash Art, m ar-
/,a Jaculté
zo 1985, p. 32. 7
Discorso, figura, a cura di F. Mazzini, Mimesis, Milano 2008, p. 112. V. il comm ento di Timothy Murray, «What's Happenin g?», in Diacritics, 14, 3, 1985, pp. 100-105.
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Non si è esitato a qualificare Jean-François Lyotard come un «filosofo-artista»8, un pensatore che pratica la filosofia come un'arte. Un addebito simile è difficile da specificare. Kant traccia una distinzione molto fertile nella Critica della facoltà di gi,udizio9 . «Mettere in opera l'esposizione delle proprie riflessioni» si fa in due modi, scrive: secondo il modus aestheticus, la maniera, o secondo il modus logi,cus, il metodo. Praticare la filosofia come un'arte sarebbe evidentemente mettere in opera la filosofia secondo la maniera. «Secondo la maniera» non significa il manierato, il brioso, l'ampolloso, l'affettato, «l'attitudine di chi si ascolta parlare», bensì la riflessione «secondo il criterio del sentimento». Non si può fare altro che apprezzare il linguaggio di Kant e l'incredibile pertinenza della terza Critica; Lyotard però specifica ulteriormente la «maniera» della filosofia. Pensare la filosofia come opera d'arte significa aggiungere a Kant (vale a dire al sentimento, all'immaginazione) il paganesimo, l'infanzia, l'inconsistenza, la stupefazione davanti alla singolarità dell' fl y a. «L'arte è senza dubbio il nerbo della filosofia lyotardiana» 10 : questa arte in ascolto della Cosa è, proprio come la filosofia, senza linguaggio e senza metodo, senza verità e senza ragionamento, catturata dalla folgorazione dell' aisthesis e da quanto la trascende, anche se la