Rappresentazione e uso dei senatus consulta nelle fonti letterarie del principato 351512232X, 9783515122320

Lo scopo, imprescindibile per l'obiettivo finale della palingenesi dei senatus consulta, è quello non solo di avvia

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Italian, French, German Pages 292 [294] Year 2019

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Table of contents :
Indice
(Pierangelo Buongiorno / Giusto Traina)
Introduzione
(Anne Vial-Logeay) Entre action et image
(Alessandro Galimberti) Significato e uso dei senatus consulta nelle Antichità Giudaiche di Flavio Giuseppe
(Giusto Traina) Plutarco e il senato
(Chiara Carsana) I senatus consulta e le sedute del senato nelle Guerre Civili di Appiano
(Olivier Devillers) Aspects de la représentation de l’activité du Sénat chez Tacite
(Matthias Haake) ‚How to do things with senatus consulta‘
(Dennis Pausch) Die senatus consulta bei Sueton zwischen historischer Authentizität und narrativer Funktionalisierung
(Hans-Dieter Spengler) Senatsbeschlüsse in der kaiserzeitlichen römischen Rhetorik
(Cesare Letta) Conoscenza e criteri di utilizzazione dei senatus consulta nella Storia Romana di Cassio Dione
(Fara Nasti) I senatus consulta nella Historia Augusta
Indice delle fonti
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Rappresentazione e uso dei senatus consulta nelle fonti letterarie del principato
 351512232X, 9783515122320

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Acta Senatus | B Band 6

Rappresentazione e uso dei senatus consulta nelle fonti letterarie del principato A cura di Pierangelo Buongiorno e Giusto Traina

Franz Steiner Verlag

Acta Senatus

Rappresentazione e uso dei senatus consulta nelle fonti letterarie del principato Darstellung und Gebrauch der senatus consulta in den literarischen Quellen der Kaiserzeit Buongiorno | Traina

Acta Senatus B. Studien und Materialien Herausgegeben von Pierangelo Buongiorno und Sebastian Lohsse Band 6

Manuskripte, die bei Acta Senatus eingereicht werden, unterliegen einem anonymisierten Begutachtungsverfahren (double blind peer review), das über eine Aufnahme in die Reihe entscheidet.

Rappresentazione e uso dei senatus consulta nelle fonti letterarie del principato Darstellung und Gebrauch der senatus consulta in den literarischen Quellen der Kaiserzeit A cura di | Herausgegeben von Pierangelo Buongiorno, Giusto Traina

Franz Steiner Verlag

Gedruckt mit freundlicher Unterstützung der Alexander von Humboldt-Stiftung.

Bibliografische Information der Deutschen Nationalbibliothek: Die Deutsche Nationalbibliothek verzeichnet diese Publikation in der Deutschen Nationalbibliografie; detaillierte bibliografische Daten sind im Internet über abruf bar. Dieses Werk einschließlich aller seiner Teile ist urheberrechtlich geschützt. Jede Verwertung außerhalb der engen Grenzen des Urheberrechtsgesetzes ist unzulässig und straf bar. © Franz Steiner Verlag, Stuttgart 2019 Satz: DTP + TEXT Eva Burri, Stuttgart Druck: Offsetdruck Bokor, Bad Tölz Gedruckt auf säurefreiem, alterungsbeständigem Papier. Printed in Germany. ISBN 978-3-515-12232-0 (Print) ISBN 978-3-515-12251-1 (E-Book)

Indice

Pier angelo Buongiorno / giusto tr aina Introduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7 anne Vial-logeay Entre action et image : quelques remarques sur la présence du sénat dans l’Histoire naturelle de Pline l’Ancien . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .13 alessandro galimBerti Significato e uso dei senatus consulta nelle Antichità Giudaiche di Flavio Giuseppe . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .31 giusto tr aina Plutarco e il senato: alcune osservazioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 45 Chiar a Carsana I senatus consulta e le sedute del senato nelle Guerre Civili di Appiano . . . . . . .53 oliVier deVillers Aspects de la représentation de l’activité du Sénat chez Tacite . Remarques autour de l’évocation des sénatus-consultes . . . . . . . . . . . . . . . . 97 matthias haake ‚How to do things with senatus consulta‘ . Die Autorität des Rechtsdokuments und die Stimme des Autors im Briefcorpus des Jüngeren Plinius . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 117 dennis PausCh Die senatus consulta bei Sueton zwischen historischer Authentizität und narrativer Funktionalisierung . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 143

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Indice

hans-dieter sPengler Senatsbeschlüsse in der kaiserzeitlichen römischen Rhetorik – Seneca rhetor und Quintilian . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .165 Cesare letta Conoscenza e criteri di utilizzazione dei senatus consulta nella Storia Romana di Cassio Dione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 189 Far a nasti I senatus consulta nella Historia Augusta: provvedimenti senatori e opere giurisprudenziali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 245 Indice delle fonti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 277

Pier angelo Buongiorno / giusto tr aina

Introduzione

S

i pubblicano qui gli atti del seminario Darstellung und Gebrauch der senatus consulta in der literarischen Quellen der Kaiserzeit (Münster, 5–7 maggio 2016)1 . Come già il volume precedente2, anche questo titolo della «Reihe B» della collana Acta senatus costituisce un Beiheft in margine al nucleo del progetto PAROS sulla palingenesi dei senatus consulta, dove si suggeriscono chiavi interpretative utili a cogliere le differenti specificità e finalità con le quali i differenti autori antichi selezionarono e scelsero di tramandare informazioni relative all’attività deliberativa del senato . Sono qui esaminati alcuni autori greci e latini databili grosso modo fra l’età flavia e la fine del principato, studiando le loro modalità di rappresentare le delibere senatorie e il loro uso in chiave argomentativa e documentale3 . 1 Per una cronaca del seminario si vedano, fra le altre, le dettagliate rassegne di L . Tonin, in BSL 46, 2016, 776–770 e F . Verrico, in Index 44, 2016, 722–725 . La relazione di Elisabetta Todisco sulla letteratura antiquaria (che si concentra soprattutto su Gellio e sul suo uso di Varrone) è stata pubblicata in altra sede: E . Todisco, Il contributo di Varrone alla conoscenza delle procedure di funzionamento del senato, in Miscellanea senatoria, a c . di P . Buongiorno, S . Lohsse e F . Verrico, [Coll . Acta Senatus | B .4], Stuttgart 2018, 157–190 . È stato invece aggiunto il saggio di Anne Vial-Logeay su Plinio il Vecchio . Alla cura redazionale del volume e all’allestimento degli indici ha contribuito il dott . Luca Tonin, al quale va il nostro ringraziamento . 2 Rappresentazione e uso dei senatus consulta nelle fonti letterarie della repubblica e del primo principato, a c . di A . Balbo, P . Buongiorno, Erm . Malaspina, [Coll . Acta Senatus | B .3], Stuttgart 2018 . All’introduzione di questo volume si rinvia anche per alcune questioni metodologiche di natura preliminare, quale per esempio il rapporto fra fonti letterarie e della giurisprudenza . 3 L’esame delle testimonianze dei giuristi, in particolar modo quelli antonini e severiani, è rinviato ad altro volume, che accoglierà gli atti dei seminari del 19–20 maggio e 23–24 giugno 2017 (Darstellung und Gebrauch der senatus consulta in der römischen Jurisprudenz der Kaiserzeit bis zur antoninischen Zeit; Darstellung und Gebrauch der senatus consulta in der römischen Jurisprudenz der Kaiserzeit unter den Severern): per una cronaca complessiva vd . G . Albers, in SZ 135, 2018, 935–942 .

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Pierangelo Buongiorno / Giusto Traina

Dai saggi qui riuniti emergono i piani di percezione dei deliberati senatori nelle fonti non tecniche di età imperiale, che permettono di focalizzare aspetti di particolare interesse come la Quellenforschung, il problema dell’accessibilità agli archivi e, per gli autori greci, la resa della terminologia istituzionale latina4 . Naturalmente, trattandosi di un approccio sostanzialmente inedito, non vi è la presunzione di esaminare nella sua interezza una documentazione così ricca, che implica l’esame di diversi generi letterari: anzitutto quello storiografico (qui rappresentato da Flavio Giuseppe, Tacito e Appiano) e quello biografico (Svetonio, Plutarco e l’Historia Augusta), ma anche testi di altra natura come la letteratura retorica latina (Seneca padre, Quintiliano e le raccolte pseudo-quintilianee), l’enciclopedia di Plinio il Vecchio, l’epistolario di Plinio il Giovane .

Storiografia Alessandro galimBerti passa qui in rassegna i dettagliati, e almeno apparentemente accurati, testi normativi presentati da Giuseppe, vòlti a comprovare una concordia antica fra Ebrei e Romani; il richiamo alle delibere senatorie si fa quindi strumento di propaganda politica per rinsaldare la concordia fra le comunità giudaiche e l’impero, messa a dura prova dopo il 70 d . C . Si passa poi a uno degli autori fondamentali, lo storico e senatore Tacito, che negli Annales ha riportato diverse delibere senatorie, rielaborando gli acta senatus . Come osserva Olivier deVillers, nell’economia del testo l’attività dell’assemblea senatoria s’intreccia con il tema dell’autorappresentazione di Tacito come membro dell’ordine senatorio . I nuclei tematici affrontati sembrano evidenziare una sorta di «impérialisation» dei senatoconsulti, diventando espressione della volontà del princeps . Sul piano giuridico, la nuova dialettica tra imperatore e senato rende infatti in maniera progressiva l’oratio principis l’elemento centrale del deliberato senatorio5 . Diversa la prospettiva di Appiano: come evidenzia Chiara Carsana, le deliberazioni senatorie e il relativo dibattito politico dipendono dalla sua visione generale della storia dei conflitti civili a Roma e dalla chiave di lettura che di tali conflitti egli offre, ossia la lenta trasformazione della res publica in quella che era una monarchia . Le notizie di deliberazioni selezionate da Appiano mettono quindi in luce il lento smottamento del primato dell’assemblea senatoria a vantaggio dei «capiparte» della tarda repubblica . 4 Cf . ora U . Laffi, In greco per i greci. Ricerche sul lessico greco del processo civile e criminale romano nelle attestazioni di fonti documentarie romane, Pavia 2013 . 5 T . Spagnuolo Vigorita, V . Marotta, La legislazione imperiale. Forme e orientamenti, in A . Schiavone (dir .), Storia di Roma, II .3 . La cultura e l’impero, Torino 1992, 99–100 . Per gli sviluppi di epoca successiva vd . anche quanto osservato alla nt . 16, infra .

Introduzione

Gli sviluppi del rapporto fra imperatore e senato sono ben rappresentati da Cassio Dione, un altro storico appartenente all’ordine senatorio . Cesare letta mostra come questo autore, pur utilizzando un ricco materiale d’archivio, preferisca trascurare gli aspetti tecnici e routinari delle deliberazioni senatorie, interessandosi invece spesso agli aspetti ideologici, e soffermandosi su tematiche e aspetti più consoni alla rappresentazione di un senato in gran parte asservito al princeps: ad esempio; la spiccata attenzione per i senatoconsulti relativi al conferimento di onori, in particolar modo ai membri della casa imperiale .

Biografia Come osserva Dennis PausCh, nelle Vite dei Cesari Svetonio intreccia autenticità storica e funzionalizzazione narrativa . Lo scopo è quello di adattare all’andamento della narrazione biografica e di conseguenza l’attività del senato resta molto defilata, sullo sfondo delle singole biografie e talvolta se ne perde anche la specificità, non avendo Svetonio un lessico istituzionale univoco6 . Nondimeno, il biografo è fonte preziosa sia per i riferimenti puntuali a provvedimenti senatori7, sia quando allude a deliberazioni altrimenti ignote . Un autore che meriterebbe una trattazione monografica è invece Plutarco, la cui importanza documentaria (sia per le Vitae che per i Moralia) è solitamente trascurata per via del pregiudizio diffuso sulle sue scarse cognizioni di latino8 . In un breve saggio introduttivo, Giusto traina ne rivaluta l’importanza documentaria: pur fortemente connotato come filosofo e «moralista», nel suo corpus Plutarco offre un’ampia raccolta di exempla storici dal preciso valore politico, dove il richiamo all’attività del senato coglie bene il punto di contatto fra responsabilità del singolo e collettiva, soprattutto in un’epoca che oramai conosceva il delicato problema del rapporto fra princeps e assemblea senatoria . Spostandosi ben più avanti nel tempo, Fara nasti si concentra sulla Quellenforschung delle vite dell’Historia Augusta, in particolar modo quella di Severo Alessandro: da questa indagine preliminare si delinea un promettente filone di ricerca sulla sopravvivenza di deliberazioni senatorie, ma anche di testi di costituzioni imperiali e di opere giurisprudenziali di epoca severiana, nella storiografia

6 Sempre utili i contributi di C . St . Tomulescu, Les douze Césars et le droit romain, in BIDR 80, 1977, 129–158 e R . Bauman, The Resumé of Legislation in Suetonius, in SZ 99, 1982, 81–127 . 7 Come per esempio quello sui retori del 161 a . C ., richiamato in Suet . gramm . 25 .1; il testo massimato del senatus consultum è ricordato anche da Gell . 15 .1 (= FIRA I2 32) . 8 Ma si veda, ad esempio, Quaest. Rom. 8, che coglie echi dei libri iuris civilis di Masurio Sabino: P . Buongiorno, Il divieto di donazione fra coniugi. I. Origini e profili del dibattito giurisprudenziale fra tarda repubblica ed età antonina, Lecce 2018, 79–84 .

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Pierangelo Buongiorno / Giusto Traina

più tarda9; trascurata a lungo dai giuristi, questa documentazione dà nuova luce su quella che possiamo definire una hidden structure, che rimanda all’ultima età imperiale10 .

Altri generi letterari Per quanto riguarda la letteratura retorica, va detto che molte delle esercitazioni a noi pervenute risalgono a modelli greci; anche per gli studenti romani di retorica, lo scenario in cui si svolgono i dibattimenti degli oratori è più una generica «Sofistopoli» che non un tribunale romano11 . Nondimeno, gli aspetti storici e giuridici nelle raccolte di exempla retorici, mostrano addentellati con la storiografia e il diritto12 . In definitiva, questa letteratura ci aiuta a concepire i diversi piani di cui si componeva la percezione dell’attività senatoria nel milieu culturale di età imperiale . In questa prospettiva d’indagine, Hans-Dieter sPengler mostra l’influsso del senatoconsulto sul dibattito giuridico sotteso all’esercizio retorico . In futuro, questi aspetti andranno necessariamente integrati nel dibattito che è destinato a suscitare la rinnovata edizione di PHerc . 1067 Lat., che sembrerebbe tramandare 9 In ogni caso, per una più dettagliata analisi dell’Historia Augusta si rinvia agli atti – di prossima pubblicazione – del seminario Spätantike Quellen für das Studium der senatus consulta: Wege zwischen Jurisprudenz und Historiographie, svoltosi a Münster nell’ambito del progetto PAROS il 4 e 5 aprile 2018 (in particolar modo la relazione di Pierfrancesco Porena) . 10 Riferimento obbligato al progetto ERC-Redhis, su cui vd . Dario Mantovani ERC-Project Redhis: A new appreciation of Juristic texts and Patterns of thought in Late Antiquity. Il programma e i primi risultati, in S . Lohsse, S . Marino e P . Buongiorno (hrsg . v .), Texte wiederherstellen, Kontexte rekonstruieren. Internationale Tagung über Methoden zur Erstellung einer Palingenesie, 23.–24. April 2015, Stuttgart 2017, 171–192 . Per il concetto di «struttura nascosta» si veda però già A . Schiavone, La struttura nascosta. Una grammatica dell’economia romana, in A . Schiavone (dir .), Storia di Roma, IV . Caratteri e morfologie, Torino 1989, 7–69 . 11 La definizione di Sofistopoli si deve a D . A . Russell, Greek Declamation, Cambridge 1983 . Per un’introduzione al genere declamatorio vd . M . Lentano, La declamazione a Roma. Breve profilo di un genere minore, Palermo 2017 . 12 Il classico di riferimento in materia resta la monumentale monografia di F . Lanfranchi, Il diritto nei retori romani. Contributo alla storia dello sviluppo del diritto romano, Milano 1938 . Più di recente, il dibattito è stato ravvivato da vari saggi, fra i quali si segnalano in particolare gli scritti di D . Mantovani, I giuristi, il retore e le api. Ius controversum e natura nella Declamatio maior XIII, in D . Mantovani e A . Schiavone (a c . di), Testi e problemi del giusnaturalismo romano, Pavia 2007, 323–385, e G . Rizzelli, Declamazione e diritto, in M . Lentano (a c . di), La declamazione latina. Prospettive a confronto sulla retorica di scuola a Roma antica, Napoli 2015, 212–270 . Più di recente, importanti contributi sono stati presentati in occasione del convegno Le Declamazioni maggiori pseudo-quintilianee nella Roma imperiale. Contesti, tecnica, ricezione (Bari, 18–20 aprile 2018), i cui atti sono in corso di edizione a cura di A . Lovato, A . Stramaglia e G . Traina .

Introduzione

una sezione, purtroppo molto frammentaria, delle Storie di Seneca padre, ma che già a un primo sguardo presenta una serie di elementi riconducibili a dibattiti senatorii13 . Il messaggio ideologico della delibera senatoria affiora anche dall’«enciclopedia» di Plinio il Vecchio, esaminata da Anne Vial-logeay . I casi presentati da Plinio tendono a esaltare le virtutes della res publica romana . Nella prospettiva pliniana, il senato non avesse talvolta mancato di assumere deliberazioni che compiacevano l’imperatore14 . La riflessione sul senato e sulla sua attività si fa dunque riflessione più profonda su quello che è possibile attendersi dagli uomini a titolo individuale e collettivo . Quanto riscontrato per Plinio il Vecchio si coglie anche nella lettura dell’epistolario di Plinio il Giovane, e su cui opportunamente richiama l’attenzione Matthias haake . Laddove però Tacito richiama una libertas senatoria ormai perduta, Plinio il Giovane mostra maggior realismo politico, richiamandosi ai deliberati senatori per tratteggiare modelli negativi di mali principes (non necessariamente quelli esclusi dai canoni) e delle loro corti: un celebre esempio in tal senso è l’estesa rappresentazione in negativo di Pallante, liberto della corte di Claudio, onorato per volere del principe dal senato15 . Molte sono ancora le piste da seguire, anche perché utili spunti affiorano anche dall’esame di autori che non attestano senatoconsulti, ovvero ne ridimensionano l’importanza . Un esempio interessante è Frontone: il suo epistolario non riporta espliciti riferimenti ai deliberati senatori in senso stretto (manca addirittura l’espressione senatus consultum) . E tuttavia, alcuni passi di Frontone contribuiscono a tratteggiare la dialettica degli imperatori antonini con i magistrati e il senato e le fasi prodromiche al momento deliberativo da parte dell’assemblea senatoria16 . 13 V . Piano, Il PHerc. 1067 latino: il rotolo, il testo, l’autore, in CErc 47, 2017, 163–250 . A quest’opera è stato di recente dedicato il convegno Seneca Padre e la storiografia riemersa, organizzato da Maria Chiara Scappaticcio nell’ambito del progetto ERC-Platinum e svoltosi a Napoli il 7 e 8 giugno 2018 (per una cronaca vd . M . Pedone, in QLSD 8, 2018, 619–622) . 14 Vd . per esempio Plin . nat. 35 .201 . 15 Plin . epist. 7 .29 .2 e 8 .6 . Per un esame palingenetico della deliberazione in questione vd . P . Buongiorno, Senatus consulta Claudianis temporibus facta. Una palingenesi delle deliberazioni senatorie dell’età di Claudio (41–54 d. C.), Napoli 2010, 325–330 . 16 Cf . per es . Front . Ad M. Caes. 2 .4; 4 .3 .6; Ad Antonin. Imp. 1 .2 .5–6; Ad Verum Imp. 2 . A partire almeno dall’età di Antonino Pio, l’oratio principis divenne in modo definitivo l’elemento connotante delle deliberazioni senatorie (D . A . Musca, Da Traiano a Settimio Severo: «senatus consultum» o «oratio principis»?, in Labeo 31, 1985, 7–46), tanto da determinare anche una modifica strutturale dei senatoconsulti, con il venir meno, per quelli provocati da una oratio imperiale (o da una oratio sollecitata dall’imperatore), della dialettica relatio/decretum e una sostituzione di queste due parti con il testo dell’orazione imperiale, seguito dalla registrazione del voto senatorio (il cd . discessionis eventus) . Cenni al problema in P . Buongiorno, Senatus consulta: struttura, formulazioni linguistiche, tecniche (189 a. C.–138 d. C.), in AUPA 59, 2016, 41–44, part . 43 s . e nt . 90 .

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Pierangelo Buongiorno / Giusto Traina

Una generazione più tardi, vediamo Apuleio utilizzare il lessico tipico del senatum habere per elogiare l’attività dei decurioni di Cartagine che avevano decretato l’erezione di una statua in suo onore. La comunità di Cartagine è qui confrontata, con evidenti scopi panegiristici, con la civitas romana17 . Più complesso il caso di Erodiano, storico appartenente ai quadri della burocrazia provinciale, che tende a evidenziare una marginalizzazione del ruolo del senato, quasi del tutto ridotto alle procedure di insediamento dei vari imperatori18 . In conclusione, con questa raccolta abbiamo voluto integrare al consueto dibattito alcuni autori antichi che, almeno in certi casi, sono poco familiari agli storici del diritto e delle istituzioni romane . Lo studio di fonti che un tempo si definivano «non giuridiche» permette quindi un accostamento più consapevole a testimonianze spesso trascurate o scarsamente frequentate dagli specialisti, che riduce il distacco fra fonti tecniche e fonti atecniche . Münster/Paris, estate 2018

17 Apul . Flor. 16 .40–41 . Vd . A . La Rocca, Il filosofo e la città: commento storico ai Florida di Apuleio, Roma 2005, 241–242 . Per le conoscenze giuridiche di Apuleio vd . F . Lamberti, «De magia» als rechtsgeschichtliches Dokument, in J . Hammerstaedt (et alii), Apuleius. De magia, Darmstadt 2002, 331–350 e L . Pellecchi, Innocentia eloquentia est: analisi giuridica dell’Apologia di Apuleio, Como 2012 . 18 Cf . per es . Hdn . 2 .3 .2–11; 2 .12 .4–7; 5 .5 .2; 7 .6 .3; 7 .7 .2 e 5; in tema vd . P . Buongiorno, ‘Il senso della crisi’. Ritualità e legittimità del potere imperiale in Erodiano, in A . Galimberti (a c . di), Erodiano. Tra crisi e trasformazione, Milano 2017, 215–237 .

anne Vial-logeay

Entre action et image Quelques remarques sur la présence du sénat dans l’Histoire naturelle de Pline l’Ancien

Jusqu’à quel point le sénat existait-il pour Pline, en tant qu’organe de gouvernement ? A lire les trente-sept volumes de l’Histoire naturelle, on peut en effet se poser la question . Témoin, le long passage consacré aux abeilles au livre XI de l’Histoire naturelle et qui présente un savoir déjà bien connu, que notre auteur traite principalement sous l’angle politique, louant l’union qui existe entre le peuple, plebs, et son roi1 . S’il n’y a là rien de très nouveau, dans la mesure où la dimension monarchique de la ruche est un thème couramment attesté dans la pensée politique romaine sous le Principat puis sous l’empire2, et où la société des abeilles et sa royauté, présentée comme conforme à la nature, a fourni des éléments au débat sur la structure « politique » de l’univers dès l’époque hellénistique (particulièrement chez les Stoïciens)3, il n’en est pas moins notable que chez Pline, la présentation de la société des abeilles exclut toute référence à des positions sociales autres que celle du roi et de ses sujets4, réduits à une masse indifférenciée, où tous sont placés sur le même plan . Pline se concentre ainsi sur la masse des abeilles (parfois analysée sous l’angle des soldats, parfois qualifiée de plebs) organisée (et unie ?) pour accomplir au mieux ses occupations quotidiennes et concourir à la production d’un bien commun . Dans l’espace de la nature, au sein de laquelle se meuvent et les hommes et les abeilles, la métaphore militaire sert une organisation semi-politique : les abeilles connaissent en effet une procédure de suffrage, le roi vole entouré d’un 1 Pline imaginant alors qu’au sommet de la ruche règne un roi et non une reine, et ne se différenciant pas en cela de la majorité des savants dans l’antiquité . 2 Cf . Verg . georg. 4 ; Sen . de clem. 1 .4 .1–3 ; 1 .19 .2 . 3 Sur les traités hellénistiques à propos de la royauté, cf . la mise au point de Malaspina, La clementia 2008, 61–63 . 4 Plin . nat. 11 .11 : Domos primum plebei exaedificant, deinde regibus .

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Anne Vial-Logeay

essaim du même âge, comme dans les camps, etc . Symbole et coeur de la ruche, le roi est constamment accompagné d’un escadron de jeunes compagnons, assimilables à des contubernales, puisqu’ils sont du même âge (aequalis) . Ainsi transformé en description objective, l’échange métaphorique induit l’assimilation des abeilles à l’homme, et réciproquement : à la différence de la comparaison qui maintient les identités respectives du comparant et du comparé, il n’y a désormais ni camps ni règnes distincts . Il ne s’agit là que d’un des exemples, même si parmi les plus développés, qui, au sein de l’Histoire naturelle, semblent induits par une pensée politique favorable au gouvernement d’un seul homme . Comme le remarquait naguère Francisco de Oliveira, Pline manifeste ici, à sa façon, son ralliement total à une idéologie qui avait fini par s’imposer5, et l’on ne peut qu’être sensible aux effets d’écho avec la préface de l’Histoire naturelle, significatifs sans doute dans une certaine mesure des intentions de l’auteur, qui s’adressait à Titus pour évoquer leur compagnonnage en tant que contubernales, et pour appuyer la justification du règne de Vespasien présenté comme la réalisation d’un consensus et d’une forme d’égalité politique « … Je voudrais que mon effronterie … aboutisse à des résultats et que tout le monde sache sur quel pied d’égalité l’empire vit avec toi »6 . Entre le princeps et le peuple, plebs, qui ne peut vivre sans lui, il ne peut pas y avoir de place pour le sénat, pourtant naguère le cœur et le centre du pouvoir . La présence du sénat, des sénateurs, et de leur action politique est pourtant bien attestée au sein de l’Histoire naturelle : elle se manifeste régulièrement, assez constamment, avec au total un certain nombre d’occurrences, réparties sur l’ensemble des trente-sept livres de l’œuvre, renvoyant tout à tour aux sénatus consultes promulgués ou aux sénateurs eux-mêmes, si bien que leur observation constitue un point d’observation idéal pour étudier la façon dont un officier, intime de l’empereur auquel il rendait visite tous les matins, pouvait percevoir l’évolution et le rôle de cet organe du pouvoir, anciennement tout-puissant et forcé d’évoluer pour s’adapter aux nouvelles conditions politiques créées avec l’apparition du Principat . Tandis que certains Romains, tels Tite-Live, Cremutius Cordus ou Tacite, regrettaient un régime républicain qu’ils idéalisaient, d’autres, comme Velleius Paterculus ou Suétone, faisaient l’éloge de la monarchie impériale, sans cependant que les sénateurs espèrent vraiment un retour au régime républicain, peu apprécié du peuple de Rome, de l’armée et des populations conquises, même s’ils s’interrogeaient sur la compatibilité entre la royauté et la « liberté des Romains »7 . Il y a donc lieu de s’interroger sur cette présence, sa nature, et la cohérence d’ensemble qui s’en dégage au sein de l’Histoire naturelle : mentions inévitables au cours de 5 Cf . Oliveira, Les Idées politiques 1992, 10 ; 151 . 6 Plin . nat. 2 praef . : simul ut haec petulantia fiat quod proxime non fieri questus es in alia procaci epistula nostra, ut in quaedam acta exeat sciantque omnes quam ex aequo tecum uiuat imperium . 7 Sur ce sujet, voir en dernier lieu Cogitore, Le doux nom de liberté, Bordeaux 2014, et la bibliographie afférente .

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l’écriture des volumes, induites par les recherches et intérêts divers de leur auteur (animaux, végétaux, minéraux), glanées çà et là au fil de ses sources sans qu’il faille chercher plus loin, comme lorsque Pline, s’intéressant aux hérissons, opère un glissement rapide et en vient à mentionner les tentatives de répression exercées par le sénat sur le commerce de la laine, au prix de sénatus consultes aussi vains que répétés8 ? Reflet d’une intention politique, ou encore indifférence significative, reflétant les mutations du pouvoir, l’importance de plus en plus grande prise depuis Auguste par le Princeps en tant que législateur, et le transfert de l’auctoritas, encore accentué avec la promulgation de la lex de imperio Vespasiani9, même si Vespasien s’efforça toujours de maintenir une cohésion étroite avec l’ancien centre du pouvoir, tout en renouvelant régulièrement ses membre afin d’y faire entrer des provinciaux10 ? L’allusion ponctuelle aux sénatus-consultes passés par les sénateurs constitue un point d’entrée possible concernant l’action du sénat, au-delà des flamboyances individuelles de tel ou tel de ses membres11, dans la mesure où ils représentent un témoignage tangible de l’action exercée au fil des siècles . C’est sans doute dans l’Histoire naturelle que l’on trouve un des témoignages les plus variés de ses activités, si l’on considère l’amplitude du panel déployé, au point d’éprouver une véritable impression de disparate à la lecture, entre le sénatus consulte ci-dessus mentionné à propos de la fraude dans le domaine de la laine, un autre sur l’interdiction d’importer des panthères en Italie12, un autre sur la commercialisation du 8 Plin . nat. 8 .135 : ipse animal non, ut remur plerique, uitae hominum superuacuum est, si non sint illi aculei, frustra uellerum mollitia in pecude mortalibus data : hac cute expoliuntur uestes . magnum fraus et ibi lucrum monopolio inuenit, de nulla re crebrioribus senatus consultis nulloque non principe adito querimoniis prouincialibus. 9 La loi accordait en effet au prince le droit de convoquer le Sénat en dehors de l’époque des sessions légales . Sur la lex de imperio Vespasiani, qui a fait l’objet d’une littérature abondante, nous renvoyons ici à l’ouvrage collectif de Capogrossi Colognesi / Tassi Scandone, La Lex de Imperio 2009 . 10 Cf . la vision contrastée qu’en donne Suet . Vesp. 9 .2–3 : Amplissimos ordines et exhaustos caede uaria et contaminatos ueteri neglegentia, purgauit suppleuitque recenso senatu et equite (c’est nous qui soulignons), summotis indignissimis et honestissimo quoque Italicorum ac prouincialium allecto . (3) Atque uti notum esset, utrumque ordinem non tam libertate inter se quam dignitate differre, de iurgio quodam senatoris equitisque R. ita pronuntiauit, non oportere maledici senatoribus, remaledici ciuile fasque esse, et 17 : In omne hominum genus liberalissimus expleuit censum senatorium, consulares inopes quingenis sestertiis annuis sustentauit. Pour un rappel de l’évolution des rapports entre le Princeps et le sénat, cf . Bonnefond-Coudry, Le Sénat 1995, 225–254 (et plus spécifiquement 253–254, pour ce qui concerne Vespasien) . Sur le détail de l’ouverture du Sénat aux provinciaux par Vespasien, cf . notamment les contributions de Devreker, L’adlectio 1980, 1 et 2, et plus récemment Mellor, The New Aristocracy 2003, 69–102 . 11 Cf . au livre 7, les nombreux cas évoqués . 12 Plin . nat. 8 .64 : Senatus consultum fuit uetus, ne liceret Africanas in Italiam aduehere. contra hoc tulit ad populum Cn- Aufidius tribunus plebis permisitque circensium gratia inportare. Primus

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papyrus13, un autre encore sur les statues dans l’espace public14, en passant par une anecdote sur la rencontre de Cn . Octavius et Antiochos, rapportée dans le texte d’un sénatus-consulte15 … il y a là toute la gamme de l’étendue des pouvoirs du sénat, et ce, à toutes époques ou pratiquement – l’époque contemporaine de la rédaction en est exclue . Pour n’en citer que quelques-uns, on ne trouve en effet pas trace de sénatus consulte ayant revêtu une certaine importance du vivant de Pline : ni du sénatus consulte Claudianum (union d’une femme libre et de son esclave, SC de 52 apr . J .-C .), ni du sénatus consulte Macedonianum, passé sous Vespasien, destiné à prévenir la fraude des créanciers envers les fils de famille, en empêchant les premiers de poursuivre en justice pour la plupart de leurs prêts16, pas plus que du sénatus consulte Pegasianum, également passé sous Vespasien, qui étendait la citoyenneté romaine aux majeurs de trente ans affranchis comme Latins, après la loi Aelia Sentia (75 apr . J .-C ., sous le consulat de Pegasus et de Pusio)17, en même temps qu’il prolongeait et améliorait le sénatus consulte Trebellianum de 56, sur les legs et fidéicommis, pas non plus de trace du sénatus consulte Turpillianum (sur la prévarication, sous Néron, en 61 apr . J .-C .18), ou encore du sénatus consulte ‹ Hosidien ›, interdisant de détruire des édifices pour en tirer profit, marque du souci qu’avait Vespasien de restaurer la Ville19, et dont Pline aurait pu se servir à la louange de Rome20 . Il y a là de quoi surprendre, car notre auteur aurait pu convoquer de tels exemples qui servaient son propos, à la fois en ancrant son texte dans la réalité de l’époque flavienne à laquelle il adhérait pleinement, et en faisant écho

autem Scaurus aedilitate sua uarias CL uniuersas misit, dein Pompeius Magnus CCCCX, Diuus Augustus CCCCXX . 13 Plin . nat. 13 .89 : sterilitatem sentit hoc quoque, factumque iam Tiberio principe inopia chartae ut e senatu darentur arbitri dispensandis ; alias in tumultu uita erat . 14 Plin . nat. 34 .30 : L. Piso prodidit M. Aemilio C. Popilio iterum cos. a censoribus P. Cornelio Scipione M. Popilio statuas circa forum eorum, qui magistratum gesserant, sublatas omnes praeter eas, quae populi aut senatus sententia statutae essent, eam uero, quam apud aedem Telluris statuisset sibi Sp. Cassius, qui regnum adfectauerat, etiam conflatam a censoribus. nimirum in ea quoque re ambitionem prouidebant illi uiri . 15 Plin . nat. 34 .24 : non praeteribo et Cn. Octauium ob unum SC. uerbum. hic regem Antiochum daturum se responsum dicentem uirga, quam tenebat forte, circumscripsit priusque, quam egrederetur circulo illo, responsum dare coegit. in qua legatione interfecto senatus statuam poni iussit quam oculatissimo loco, eaque est in rostris . 16 Cf . Crook, Law and Life 1999,109 . 17 Cf . Gai inst. 2 .253–259 . 18 D . 48 .16 . 19 Cf . Levick, Vespasian 1999, 129–132, qui étend les intentions de Vespasien à l’Italie, évoquant « his concern for the survival of Italy for all time (‹ aeternitas › in the SC ‹ Hosidien ›), and for morale as well as material welfare » (132) . Sur l’ensemble des sénatus consultes passés sous Vespasien, cf . ibid., 257–258, après Talbert, The Senate 1984, 440–442 . 20 Cf . Plin . nat. 3 .30 .

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à ses propres préoccupations, par exemple concernant le commerce et la fraude21 . L’impression qui s’en dégage immédiatement est sans appel : tout se passe en effet comme si les sénatus consultes étaient renvoyés à un passé révolu, de même que la plupart des occurrences des sénateurs au sein de l’Histoire naturelle se concentrent sur l’époque des guerres puniques, et sur la période syllanienne, comme l’observait déjà Francisco de Oliveira22 . La dimension massive de ces renvois suggère, au fil des livres, une perte progressive de pouvoir et d’activité du sénat, même si le texte porte en plusieurs endroits encore mention des sénateurs liés au présent de Pline, voire de sénatus consulte relativement récents23, mais toujours antérieurs – ils se situent à l’époque de Tibère- et en les associant désormais au Princeps devenu co-auteur des décisions adoptées : ainsi, au livre XIII, quand il est question de la législation sur le commerce du papyrus, rendue nécessaire par le danger de pénurie, l’initiative est-elle portée au crédit de Tibère, le sénat n’ayant plus qu’à suivre, et accompagner24 . Au final, si l’ouvrage porte bien, en creux, trace de l’activité sénatoriale, on est pourtant surpris ; non pas tant du caractère disparate des mentions, qui, comme nous l’avons fait observer, tient aussi à l’objet de recherche de Pline, et probablement à ses sources, que de ses silences, qui sont de deux ordres : peut-être faut-il y voir un reflet inconscient de ses certitudes triomphantes sur la sécurité apportée par la pax romana, même s’il regrette que la laxitas mundi s’accompagne d’une désaffection pour le savoir, et de l’oubli25, mais Pline ne s’intéresse pas à l’influence du sénat sur la politique extérieure de Rome, hormis à travers le personnage de Caton, dont il rappelle longuement le rôle décisif dans le déclenchement de la troisième guerre punique, avec l’épisode bien connu de la figue de Carthage26 . 21 Cf . sur ce sujet Lao, Luxury 2011, même s’il faut sans doute nuancer ses conclusions sur « l’économie des faveurs » . 22 Cf . Girard/Senn, Textes de droit romain, 1977, nr . 13, 320–322 . 23 Cf . infra, sur le sénatus consulte de 23 apr . J .-C . 24 Plin . nat. 13 .89 : factumque iam Tiberio principe inopia chartae ut e senatu darentur arbitri dispensandis. 25 Plin . nat. 14 .2 : illud satis mirari non queo, interisse quarundam memoriam atque etiam nominum quae auctores prodidere notitiam. quis enim non communicato orbe terrarum maiestate Romani imperii profecisse uitam putet commercio rerum ac societate festae pacis omniaque, etiam quae ante occulta fuerant, in promiscuo usu facta ? 26 Plin . nat. 15 .72–74 : (La figue africaine, ainsi nommée dès Caton, me rappelle l’usage qu’il fit de ce fruit pour bien situer l’Afrique) Sed a Catone appellata iam tum Africana admonet Africae ad ingens docimentumusi eo pomo. Namque perniciali odio Carthaginis flagrans nepotumque securitatis anxius, cum clamaret omni senatu Carthaginem delendam, adtulit quodam die in curiam praecocem ex ea prouincia ficum ostendensque patribus : Interrogo uos, inquit, quando hanc pomum demptam putetis ex arbore » Cum inter omnes recentem esse constaret : « Atqui tertium, inquit, ante diem scitote decerptam Carthagine. Tam prope a moeris habemus hostem ! » Statimque sumptum est Punicum tertium bellum, quo Carthago deleta est, quamquam Catone anno sequente rapto. L’expression ex ea prouincia ne se comprend que du point de vue de Pline . L’Afrique

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Plus surprenant encore, on ne trouve guère non plus trace de l’activité du sénat en ce qui concerne les lois somptuaires, alors même qu’il s’agit pour Pline d’un enjeu majeur dans sa lutte contre la luxuria qui selon lui dévaste depuis longtemps le peuple de Rome27 . Si curieux que cela puisse paraitre, Pline ne semble pas voir pas dans le sénat un acteur de premier plan dans cette lutte, qui concentre ses attaques virulentes . Dans sa condamnation du luxe, thème bien connu de la diatribe, mais qui n’en parcourt pas moins avec insistance l’ensemble de l’Histoire naturelle28, notre auteur ? Stigmatise en effet de manière répétitive les comportements erratiques de certains Romains . Point éminemment névralgique, cependant, dans la mesure où les sénateurs faisaient passer des lois dont eux-mêmes auraient pu faire les frais, comme le rappelaient les discussions sous Tibère29, si bien que l’on pourrait croire à une volonté chez Pline de les épargner, d’autant plus qu’il ne s’intéresse pas en général aux réseaux sénatoriaux, aux affaires des sénateurs ni à leurs patrimoines30 . Il faut toutefois faire ici justice d’une vision trop rapide, qui consisterait à voir en Pline le thuriféraire d’une époque bienheureuse, mais révolue, celle de la république romaine où fleurissaient les vertus : si l’on se réfère à la périodisation adoptée par lui, alors même qu’il compose son œuvre, le sénat romain est déjà mort31, au temps de la guerre sociale . Tel est le sens transmis par l’histoire du myrte à Rome, cette plante inscrite dans le passé le plus reculé de la Ville, en dépit de son

n’ayant été réduite en province qu’en 146 av . J .-C ., soit 3 ans après la mort de Caton (cf . Cic . Brut. 61 ; 80) . 27 Cf . Citroni/Marchetti, Plinio il Vecchio 1991 . 28 Cf . Wallace-Hadrill, Pliny the Elder 1990, 80–96, Citroni-Marchetti, Plinio il Vecchio 1991, passim. 29 Cf . Coudry, Loi et société 2004, 161–162, qui rappelle notamment les arguments avancés par Asinius Gallus sous le règne de Tibère, « pour déclarer, devant un sénat qui se rallie massivement à son point de vue, qu’une éventuelle répression du luxe est inappropriée : accroissement de l’empire et juste compensation, pour les sénateurs, des dangers et des soucis que leur rang leur impose » . Cf . le commentaire de Tacite à l’issue de cette séance, Ann. 2 .33 : facilem adsensum Gallo sub nominibus honestis confessio uitiorum et similitudo audientium dedit. adiecerat et Tiberius non id tempus censurae nec, si quid in moribus labaret, defuturum corrigendi auctorem. 30 Cf . Andreau, Intérêts 2006 . 31 Plin . nat. 15 .120–121 : inter antiquissima namque delubra habetur Quirini, hoc est ipsius Romuli. in eo sacrae fuere myrti duae ante aedem ipsam per longum tempus, altera patricia appellata, altera plebeia. (121) patricia multis annis praeualuit exuberans ac laeta ; quamdiu senatus quoque floruit, illa ingens, plebeia retorrida ac squalida. quae postquam eualuit flauescente patricia, a Marsico bello languida auctoritas patrum facta est ac paulatim in sterilitatem emarcuit maiestas. quin et ara uetus fuit Veneri Myrteae, quam nunc Murciam uocant.

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origine exotique32 . Selon Pline33, deux myrtes avaient en effet été plantés devant le temple de Quirinus « c’est-à-dire de Romulus lui-même » (une notation de nature à renforcer la dimension symbolique, et la valeur de présage de l’arbre consacré à Vénus), surnommés l’un patricien, l’autre plébéien : « pendant beaucoup d’années le myrte patricien eut la prédominance, plein de sève et de vigueur ; et tant que le sénat fleurit il fut énorme : le myrte plébéien était rabougri et chétif ; mais quand il prit le dessus au moment où le myrte patricien commença à se flétrir, pendant la guerre des Marses, l’autorité des sénateurs s’affaiblit, et peu à peu ce corps majestueux tomba dans l’épuisement et la stérilité . » Au-delà du goût pour le merveilleux, la métaphore de la décroissance organique ponctue de manière originale la période charnière identifiée par Pline, à un moment où les institutions républicaines étaient encore considérées comme suffisamment vivaces en dépit de la crise extérieure et bientôt intérieure . Elle n’établit, entre l’observation des arbres sacrés et la décadence de l’organe du pouvoir, artisan de la prospérité et du triomphe de Rome, aucun rapport de cause à effet autre que purement biologique, « naturel », tout en laissant transparaître ce qui constitue un des leit-motiv de l’Histoire naturelle, à savoir la condamnation de l’opposition entre optimates et populares34 . La métaphore organique semble condamner l’Vrbs à une évolution désespérante, en consacrant un « moment » tribunicien auquel Pline se montre assez résolument hostile, aversion qui se double d’une hostilité aux populares35. Ici toutefois les hommes ne sont pas mis en cause, et l’anecdote semble avant tout destinée à permettre à Pline d’affirmer une chronologie qui, à notre avis, remplit plusieurs fonctions : elle fonctionne en rapport évident avec l’activité de la nature, ici des arbres, et vient donc appuyer le caractère véridique des leçons données par celle-ci ; elle écarte toute vision passéiste d’un supposé âge d’or, désormais révolu, antérieur aux troubles civils et au Principat, et de ce fait, Pline ne peut donc être considéré comme le porte-parole nostalgique d’une opposition stoïcienne au Principat36 ; bien au contraire, une telle chronologie participe implicitement à décrédibiliser des hommes en porte-à-faux avec la réalité de événements, et, partant, 32 Plin . nat. 15 .119 : Graecum … ei nomen remanet, quo peregrinam esse apparet . Cf . Varr . de ling. lat. 5 .154 . 33 Cette histoire ne nous est en effet transmise que par lui seul, cf . Richard, Pline et les myrtes 1987, 503 . 34 Sur la vision négative du tribunat de la plèbe dans l’Histoire naturelle, cf . Oliveira, Les Idées politiques 1992, 84 ; Cotta Ramosino, Plinio il Vecchio 2004, 281–282, sur la quasi-mise à mort de Q . Metellus Macedonicus poursuivi par la vindicte du tribun Atinius, qu’il avait banni du sénat (Histoire naturelle 7 .143 : In ipso tamen flore dignationis suae ab C. Atinio Labeone, cui cognomen fuit Macerioni, tribuno plebis, quem e senatu censor eiecerat, reuertens e campo meridiano tempore uacuo foro et Capitolio ad Tarpeium raptus), et 283–289 sur les Gracques et le commencement des guerres civiles . 35 Cf . Cotta Ramosino, Plinio il Vecchio 2004, 289 . 36 Cf . Oliveira, Les Idées politiques 1992, 79, qui conclut péremptoirement : « De la sorte,

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la vérité de l’histoire : il y a là une prise de position subtile contre les Stoïciens, même si elle reste silencieuse37 ; bien qu’ayant été l’ami de Thrasea Paetus du temps de Néron38, Pline se solidarise ici de la politique menée par Vespasien à leur encontre, et ridiculise subtilement les sectateurs de la philosophie stoïcienne, faisant jouer contre eux la nature dont ils se réclament et qu’ils prétendent suivre . Ce qui ressort de cette anecdote sur la vie et la mort des deux myrtes, c’est l’accent mis par Pline sur la désunion politique et ses effets pernicieux . De fait, on trouve nombre de mentions péjoratives concernant l’action des tribuns de la plèbe, et leur malin plaisir pris à défaire l’action du sénat – c’est dans ce contexte que le sénatus consulte concernant l’interdiction d’importer des panthères est mentionné, au livre VIII : « Il y avait un ancien sénatus-consulte qui défendait d’apporter en Italie des panthères d’Afrique . Cn . Aufidius, tribun du peuple (an de Rome 670), le fit casser par l’assemblée, et il permit d’en importer pour les jeux du cirque . Scaurus39, lors de son édilité (an de Rome 696), fut le premier qui en fit paraître dans le cirque 150, toutes de celles qu’on appelle bigarrées ; puis Pompée, 410 ; le divin Auguste, 420 » . Ainsi une loi considérée par Pline comme plus que justifiée, et comme juste, a-t-elle été impuissante à contrer les désirs des hommes, puisqu’une fois levée l’interdiction, s’engouffrent dans la brèche non seulement l’immonde Scaurus, beaufils de Sylla et objet du mépris répété de Pline40, mais des hommes de premier plan comme Pompée, dont l’image au sein de l’Histoire naturelle s’avère profondément ambivalente en dépit des louanges dont il fait l’objet, puis Auguste, pour lequel on peut faire la même observation, quoique dans une moindre mesure41, tant la quant à moi, on ne saurait y voir aucun signe de républicanisme » . Cf . contra Della Corte, Plinio il Vecchio 1978, 1–13 . 37 Dans le même ordre d’idées, on ne trouve pas mention du sénatus consulte de 161 av . J .-C ., passé sous le consulat de Caius Fannius Strabo et Marcus Valerius Messala, même si le passage consacré par Pline à la lex Fannia peut être considéré comme l’englobant, puisqu’il s’inscrit dans sa continuité, cf . infra. 38 La question des liens entretenus par Pline avec la philosophie stoïcienne est complexe, dans un contexte où il ne faisait pas toujours bon enlever revendiquer des positions stoïciennes face à l’empereur (cf . Penwill, Expelling the Mind 2003, 345–368, fort critique à ce sujet) . Contrairement à ce dont on l’a accusé en le cantonnant à un rôle de compilateur sans relief, Pline avait une connaissance fine et une bonne compréhension des enjeux de la philosophie stoïcienne à l’époque impériale, comme l’a montré l’article pionnier de Pierre Grimal dans le colloque Pline l’Ancien témoin de son temps (Grimal, Pline et les philosophes 1986, 239–245), et comme le démontrent encore à l’occasion des articles ponctuels sur des points précis de l’Histoire naturelle, cf . notamment Paparazzo, Philosophy and Science 2011, 89–112, mais il manque encore une étude d’ensemble sur la question . 39 Plin . nat. 36 .24 . 40 Plin . nat. 36 .113 : … maxime prostrauerit mores. Cf . Naas, Le Projet 2002, 383–385 . 41 Plin . nat. 13 .64 : Senatus consultum fuit uetus, ne liceret Africanas in Italiam aduehere. contra hoc tulit ad populum Cn- Aufidius tribunus plebis permisitque circensium gratia inportare. primus autem Scaurus aedilitate sua uarias CL uniuersas misit, dein Pompeius Magnus CCCCX, Diuus

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contagion du vice est perçue comme un fléau qui s’insinue partout, même chez les hommes de valeur et de premier plan . Le rôle du sénat est pourtant d’être le garant de l’ordre et de la paix, voire de maintenir une forme d’ordre et de prospérité en temps de guerre42 : c’est le cas aussi bien lorsque Pline, au livre II, donc sitôt qu’il débute son Histoire, rappelle comment le sénat mit fin, en procédant à des expiations, au feu dont brûlait l’île d’Hiéra durant la guerre sociale43, ou lorsqu’au livre III, il rappelle incidemment l’opposition du sénat à la destruction par le consul M . Claudius Marcellus d’un oppidum établi par des Celtes immigrés près d’Aquiléia44 – mention d’autant plus significative qu’elle n’était pas justifiée par son propos, Pline se proposant alors de passer en revue les noms de lieux, aussi brièvement que possible, afin de privilégier une perspective d’ensemble45 . Dans le même ordre d’idées, on peut s’interroger sur l’énigmatique mention du sénatus consulte à valeur perpétuelle (perpetuo senatus consulto) exemptant les Hirpes de service militaire et de toutes les autres charges . Cette exemption, accordée en raison de leur capacité à marcher sur un tas de bois sans en être brûlé lors du sacrifice annuel effectué sur le mont Soracte en l’honneur d’Apollon, s’insère dans un passage consacré aux merveilles et prodiges du corps humain . Chez Varron, cette faculté est attribuée au recours à des onguents46, tandis que dans l’Histoire naturelle elle est présentée comme relevant du prodige . On ignore d’où Pline a tiré cette anecdote, mais il est possible qu’il l’ait travaillée en fonction de Virgile qui signale la capacité des adorateurs d’Apollon à fouler, pieds nus, des charbons ardents47 . Dans ce contexte, l’existence du sénatus consulte à valeur perpétuelle paraît davantage motivée par le désir des Romains de faire preuve de pietas, et de maintenir la concorde entre les hommes et les dieux, que par l’histoire complexe des relations entre cette peuplade et la ville de Rome, quels que soient les liens que puisse laisser supposer leur reconnaissance comAugustus CCCCXX. Sur l’ambiguité de la figure de Pompée, cf. Della Corte, Plinio il Vecchio 1978, 1–13 . 42 Plin . nat. 18 .39, à propos de la parcimonie des anciens, « des hommes qui, malgré leurs triomphes, considéraient comme un crime d’avoir dans sa vaisselle dix livres d’argenterie ; qui, à la mort de leur régisseur, demandaient à abandonner leurs victoires et à retourner dans leurs champs ; des hommes dont la république se chargeait de cultiver le petit domaine, et qui conduisaient des armées, tandis que le sénat se faisait leur régisseur (exercitusque ducebant senatu illis uilicante) » . 43 Plin . nat. 2 .238 . 44 Plin . nat. 3 .131 : et ab Aquileia ad XII lapidem deletum oppidum etiam inuito senatu a M. Claudio Marcello L. Piso auctor est ; sur cet épisode, cf . également Liv . 39 .45–55 (notamment 39 .54–55) . 45 Plin . nat. 3 .1 . 46 Cf . Servius, ad Aen. 11 .787 : ut solent Hirpini, qui ambulaturi per ignes, medicamento plantas tingunt, signalé in Pline l’Ancien, Histoire naturelle 7, texte établi traduit et commenté par R . Schilling, Paris, Les Belles Lettres, 1977, 132, note 1 . 47 Aen. 11 .787–788 .

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mune du loup dans leur histoire48 . C’est bien cette puissance de cohésion qui s’impose comme la caractéristique principale du sénat, et sans doute est-ce de ce point de vue qu’il a et peut avoir encore un rôle à jouer aux yeux de Pline, comme lorsqu’il défend les intérêts romains contre la médecine des grecs – cet outil qui, selon lui, travaille à ruiner l’identité romaine49 : ainsi Pline vient-il conclure de manière saisissante une longue attaque en règle contre la médecine grecque et ses duperies, menée depuis le début du livre XXIX, en prenant acte de ce qu’il considère comme une remarquable persistance du sénat romain : « voici ce qu’il fallait dire en faveur du sénat et des six cents années au cours desquelles le peuple romain s’est opposé à un art où, sur le plus insidieux des engagements, les pires individus se voient accorder du crédit de la part d’honnêtes gens, et en même temps contre les convictions aveugles de ceux qui pensent que rien n’est bon à moins d’être cher »50 . Brossée à grands traits, cette vision d’ensemble de la médecine efface des histoires moins évidentes, comme celle du médecin grec Archagatos qui vint s’établir à Rome et y reçut la citoyenneté romaine en 219 av . J .-C . avant d’être pris en horreur pour sa propension à découper et brûler les chairs51 . Elle tend clairement à établir une continuité entre l’époque républicaine et le présent, à travers cette durée de six cent ans d’opposition, historiquement aberrante, mais qui a pour fonction de faire remonter l’hostilité du sénat à la médecine grecque au tout début de la république romaine, de faire remonter dans le temps l’antagonisme plinien jusqu’à l’étendre à l’époque de Caton52 et à l’ensemble des républicains romains . Force est toutefois de reconnaître que cette opposition est restée sans effet : non seulement les médecins grecs se sont fermement installés à Rome, mais, de manière générale, l’action du sénat reste sans effet, quelle que soit la justesse de ses prises de position . Face à la nature humaine, il n’est guère de remède, constat pessimiste mais maintes fois réitéré . Alors que, dès l’époque augustéenne, les juristes s’étaient longuement interrogés sur la force de loi des décisions du sénat face aux pouvoirs de l’empereur53, Pline prend discrètement part au débat, en exhibant l’impuissance de la loi depuis des temps anciens à travers maints exemples . Lire l’Histoire naturelle, c’est en effet se voir rappeler que le sénat de Rome s’est opposé en vain à la destruction d’un oppidum celte, s’est vu désavoué par le peuple après

48 Cf . Dench, From Barbarians 1995, 210 . 49 Plin . nat. 29 .16 : solam hanc artium Graecarum nondum exercet Romana grauitas, in tanto fructu paucissimi Quiritum attigere, et ipsi statim ad Graecos transfugae . 50 Plin . nat. 29 .28 . 51 Et qui avait été rappelée par Pline peu auparavant, cf . Plin . nat. 29 .6 .1 . Sur les médecins grecs à Rome, et Archagatos en particulier, cf . Mudry, Le médecin dans l’Antiquité 1999, 55–57 . 52 Cf . Mudry, Le chou de Pythagore 2004, 25–47, pour une étude des sources de Caton, et du choix de ses modèles . 53 Cf . Ando, Imperial Ideology 2000, 154–157 .

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avoir reconnu Scipio Nasica comme le meilleur des hommes54, contrecarré par le tribun du peuple Cn . Aufidius, puis à répétition (Scaurus, Pompée, Auguste) après avoir interdit l’importation des panthères d’Afrique en Italie55, s’est montré impuissant à juguler la fraude dans le commerce56, à limiter les dépenses somptuaires dans les banquets à une poule en dépit de la loi Fannia (contournée par les Romains en produisant des chapons : « on a découvert un moyen détourné de l’éluder en substituant aux poules de jeunes coqs nourris avec des aliments trempés dans du lait »57), même si l’on reste au fond toujours dans le domaine de la fraus : les apparences sont sauves, mais la transgression bien réelle . De fait, la fraus est présente dans l’ensemble des secteurs de l’activité humaine, commerce, médecine, fabrication des étoffes, des métaux, commerce des pierres précieuses58 . Le terme de fraus n’est pas innocent, dans la mesure où il s’agit d’un concept juridique précis : « Pline se réfère donc à une notion importante et ancienne dans le domaine du droit ; assurément, il s’intéresse surtout à ses implications morales puisqu’il ne cherche pas à déterminer les modalités de la fraus mais fait ressortir l’audace des homes . Il peut ainsi laisser entendre que, dans un monde corrompu, les barrières légales sont peu efficaces »59, même si l’absence de législation s’avère encore pire60 . Pline se situe ainsi à l’intersection d’un débat ancien sur les rapports entre les mœurs et les lois, et de la réflexion qui se développe sous l’empire sur la répression et son efficacité61, et il y prend part à sa manière habituelle, discrète mais répétitive . 54 Plin . nat. 7 .120 . Désigné comme le meilleur des hommes de bien par le Sénat, Scipio Nasica avait été chargé d’accueillir la statue de Cybèle à Ostie en 2014 av . J .-C ., et il échoua ensuite par deux fois en se présentant à la censure . En fait, Pline confond ici deux personnages homonymes, le consul de 191, et celui de 138 qui s’exila à Pergame (cf . Schilling 1977, 187–188, ad loc.) . 55 Plin . nat. 8 .64 . 56 Plin . nat. 8 .135 . 57 Plin . nat. 10 .71 . Selon Pline, la production du chapon remonte à Rome en l’an 162 av . J .C ., lorsque le sénateur Caius Fannius Strabo fit voter une loi somptuaire limitant la consommation de viande de poule . Pline explique que la Lex Fannia limitait à une poule par banquet, poule qui ne devrait pas avoir été engraissée à cet effet ; dans l’intention d’économiser le grain réservé à l’alimentation de la plèbe et de revenir à l’idéal de frugalité préconisée par Caton l’Ancien, les Romains étant contaminés par le luxe des Grecs qui avaient inventé d’engraisser les poulardes, en tant que parade, on aurait inventé nourri de jeunes coqs avec des produits laitiers . La lex Fannia succédait en fait à un sénatus consulte passé sous le consulat de C . Fannius et de M . Valerius Messala et qui cherchait déjà à limiter les dépenses d’un banquet à cent livres d’argent, cf . Gell . 2 .24 .3 . Sur la connaissance du droit chez Pline, cf . Ducos, Existe-t-il une philosophie 1987, 210–218 . 58 Plin . nat. 8 .135 ; 11 .36 ; 24 .4 ; 33 .100, 125, 127, 128 ; 37 .169, 195 . 59 Ducos, Existe-t-il une philosophie 1987, 211 . 60 Plin . nat. 29 .28 (dans le domaine de la médecine) ; 36 .5 (sur l’importation des marbres) . 61 Cf . supra, sur le sénatus consulte Macedonianum (D . 14 .6 .1 : Verba senatus consulti Macedoniani haec sunt : ‹ Cum inter ceteras sceleris causas Macedo, quas illi natura administrabat, etiam

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Cette « rhétorique oblique » a pourtant un versant positif, qui se développe peu ou prou à partir du milieu de l’Histoire naturelle, et monte en puissance jusqu’à la fin de l’ouvrage . C’est en effet à partir de ce moment que se développe, très clairement, une réflexion sur l’espace public, et sur la distinction, au travers des nombreuses notations sur le port de couronnes62 et de l’anneau63, sur l’érection de colonnes et de statues dans l’espace de l’Vrbs64, sur les pierres précieuses, objet de convoitise des femmes comme des hommes65 . Cette réflexion s’organise de façon binaire, opposant la modestie des couronnes civiques, ou des récompenses de quelque ordre qu’elles soient, décernées par le sénat aux hommes qui les méritent, aux comportements erratiques et outranciers de certains hommes, et aux conséquences funestes de leur désir66 . Elle englobe et dépasse la critique de la luxuria, dans la mesure où Pline, au détour du livre XXXIII sur les métaux, se livre à une longue digression sur le port de l’anneau, et plus spécifiquement l’anneau d’or des chevaliers67 . Or, l’anneau est un élément de distinction, donc de séparation, entre les classes sociales à Rome ; par ailleurs, l’anneau est en or, ce métal tenu par Pline pour responsable des maux dont souffre la société romaine depuis longtemps, et qui n’existait pas aux origines68 : en parler était délicat, du fait de l’intérêt personnel qu’y avait Pline (lui-même membre de l’ordre équestre), de la potentielle mise en cause des institutions, et de ce qu’il pouvait à son époque touaes alienum adhibuisset, et saepe materiam peccandi malis moribus praestaret, qui pecuniam, ne quid amplius diceretur incertis nominibus crederet : placere, ne cui, qui filio familias mutuam pecuniam dedisset, etiam post mortem parentis eius, cuius in potestate fuisset, actio petitioque daretur, ut scirent, qui pessimo exemplo faenerarent, nullius posse filii familias bonum nomen exspectata patris morte fieri. › – c’est nous qui soulignons) . Voir également Suet . Vesp. 11 : Libido atque luxuria coercente nullo inualuerat ; auctor senatui fuit decernendi, ut quae se alieno seruo iunxisset, ancilla haberetur ; neue filiorum familiarum faeneratoribus exigendi crediti ius umquam esset, hoc est ne post patrum quidem mortem. 62 Plin . nat. 16 .11–13 (l’attribution des couronnes civiques) ; 21 .8 (l’anecdote du banquier Fulvius, emprisonné sur ordre du sénat durant la deuxième guerre punique pour avoir contemplé le forum paré d’une couronne de roses, cum corona rosacea … in forum prospexisse) ; 22 .7, 10 (couronne civique) ; 22 .13 (couronne obsidionale décernée à Scipion Emilien) . 63 Plin . nat. 33 .11 ; 20–21 ; 29 ; 32 ; 34 . 64 Plin . nat. 24 .21 (érection d’une colonne en faveur de P . Minucius, préfet des grains, hors de la porte Trigémine) ; 24 (attribution d’une statue à Cn . Octavius sur la place aux harangues) ; 30 (décision des censeurs P . Cornélius Scipion et M . Popilius de faire ôter toutes les statues représentant les magistrats sortis de charge rangées autour du Forum, à l’exception de celles qui avaient été érigées par décret du peuple ou du sénat) . 65 Plin . nat. 37 .85, avec mention du « sénatus consulte des femmes » . 66 Plin . nat. 33 .20–21 : « C’est aussi par une bague vendue aux enchères que commença l’inimitié entre Caepio et Drusus ; de là l’origine de la guerre sociale et tous nos désastres » . cf . aussi Histoire naturelle 28 .148 . 67 Plin . nat. 33 .32 . 68 Plin . nat. 33 .14 .

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cher d’individus nettement identifiés . Dans cette recomposition très personnelle69, Pline s’appuie sur un sénatus consulte passé en 23 sous Tibère pour réglementer le port de l’anneau d’or . Ségolène Demougin se livre à ce sujet à deux observations d’importance, en faisant remarquer que l’initiative d’une telle mesure revint au sénat, et non à l’empereur ; que l’origine de cette réglementation tient à la question de la manifestation publique de l’appartenance à un ordre . De fait, il s’agit d’un épisode soigneusement composé, au-delà de la valeur de témoignage historique qu’il revêt . On n’a peut-être pas en effet assez noté qu’avant même de conférer l’initiative du sénatus consulte aux sénateurs, Pline prend soin de présenter cette démarche comme guidée par le hasard : « cela se produisit pour un motif presque futile, lorsque C . Sulpicius Galba, un jeune homme qui guettait le moyen de se faire une réputation auprès du prince en faisant condamner des cabaretiers, vint se plaindre au sénat que ces taverniers avaient l’habitude de se garantir contre le châtiment de leurs fautes en portant des anneaux ; il fut établi pour cette raison que nul n’y aurait droit, s’il n’était né lui-même libre, d’un père et d’un grandpère paternel libres, s’il ne possédait un cens de quatre cent mille sesterces, et s’il ne pouvait s’asseoir dans les quatorze premiers rangs selon les termes de la loi Julia sur les théâtres »70 . Cette historiette ôte au sénat son pouvoir d’initiative pour transformer sa réaction en un acte de justice, suscité par un jeune homme aux motivations douteuses, entre souci de se frayer un chemin vers la notoriété et volonté de dénonciation de pratiques répréhensibles71 . Par ailleurs, cette décision repose sur ce qu’on pourrait qualifier de « dynamique de la vertu », puisqu’il faut avoir derrière soi trois générations d’hommes libres pour être chevalier romain : l’individu est ici un aboutissement, et, quelles que soient les raisons exactes impliquant l’acquisition de ce statut (le texte restant vague à ce sujet)72, les notations élogieuses concernant les chevaliers parsèment le texte de l’Histoire naturelle, justifiant par des exemples concrets et historiquement attestés, au-delà des mutations de l’époque impériale, les réussites entraînées par cette disposition . Par ces biais, Pline inscrit l’anneau d’or des chevaliers dans un contexte avant tout moral : la liberté ne peut que s’accompagner d’exigences au service du bien commun . Est-elle pour autant possible pour tous ? Sans surprise, la suite du texte mentionne les effets ambivalents créés par l’émulation liée aux possibilités d’ascension sociale ainsi dégagées : « en voulant séparer l’ordre équestre d’avec les citoyens nés libres, on l’a fait directement communiquer avec la catégorie servile . »73 . Reste que les chevaliers sont bien partie intégrante du peuple romain, au sens politique du terme : 69 Cf . Demougin, L’Ordre équestre 1998, 567–568 . 70 Plin . nat. 33 .32 . 71 Cn . Sulpicius Galba, frère du futur empereur, et qui se donna la mort par dépit de ne pouvoir réaliser la carrière à laquelle il aspirait, cf . Suet . Galb. 3 . 72 Demougin, L’Ordre équestre 1988, 568 . 73 Plin . nat. 33 .33 .

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« ce troisième corps s’est totalement constitué dans la République, et on a commencé à ajouter l’ordre équestre à la mention « le sénat et le peuple romain » . C’est pour cette raison qu’aujourd’hui encore il est cité après le peuple, puisqu’il n’a été ajouté que très récemment »74, commente Pline, reconstituant ainsi l’unité d’un populus Romanus dont le poids politique est identifié à sa valeur morale . E pluribus unum … ou une autre variante, d’ordre historique, sur le thème de la ruche et des abeilles, sur lequel nous avons ouvert cet article, et cette fois dans une perspective où le sénat aurait toute sa place, pour peu qu’il joue le rôle qui lui revient, celui de garantir une identité romaine liée à l’exercice des vertus . Les notations apparemment éparses, disséminées dans les livres de l’Histoire naturelle, reflètent donc une conception plus unitaire qu’il n’y paraît . Dans l’histoire de Rome, dont la louange constitue une des facettes du travail de Pline75, le sénat a joué un rôle de premier plan . Toutefois, ce n’est pas tant la perspective historique qui retient principalement son attention, ni même le rôle joué dans l’avènement de la puissance romaine, mais bien davantage la part prise à la constitution d’un imaginaire vertueux, cette res publica restituta dont Vespasien se voulait, à la suite d’Auguste, le garant, même si la valeur du sénat n’en demeure pas moins inférieure à celle de la vie militaire chez Pline : l’Histoire, on l’a vu, s’ouvre sur l’image militaire du compagnonnage aux camps, et se clôt, ou pratiquement, sur la valeur des généraux et des soldats de Rome76 . De ce point de vue, on sera sans doute sensible au rapprochement idéologique avec la nouvelle dynastie, en se souvenant que l’accession de Vespasien au pouvoir avait été le fait des légions d’Orient et que l’empereur entretenait sa proximité avec l’armée, mais, davantage encore, aux effets de cohérence et cohésion interne qui permettent de constituer en un seul corps politique le peuple romain, une image que l’on retrouve chez Florus au siècle suivant . Ce n’est toutefois pas sur cette perspective unifiée que nous souhaiterions conclure, mais sur une autre fonction prêtée au sénat par Pline, plus discrète, quoique tout aussi importante que celle, traditionnelle, de garant de l’ordre romain, et liée à l’économie de la connaissance . La mention du sénatus consulte destiné sous Tibère à remédier à la pénurie de papier, et que nous avons rappelée plus haut, entre en effet en relation avec l’exposé détaillé présenté par Pline sur la décision adoptée par le sénat de brûler les « livres de Numa », mis au jour en même temps que son sarcophage par un paysan qui travaillait sa terre sur le Janicule, et les différentes interprétations auxquelles 74 Plin . nat. 33 .34 : ab illo tempore plane hoc tertium corpus in re p. factum est, coepitque adici senatui populoque Romano et equester ordo. qua de causa et nunc post populum scribitur, quia nouissime coeptus est adici. 75 Cf . préface et fin Plin . nat. 3 et 36 tout particulièrement . 76 Plin . nat. 37 .201 . Sur la présence du thème guerrier dans l’ouvrage, cf . Ash, Pliny the Elder’s Attitude 2011, 1–19, et sur la pitié manifestée par Pline à l’ensemble du genre humain, y compris les vaincus, cf . Vial-Logeay, La mémoire vaine 2014, 37–46 .

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se sont livrées les auteurs antérieurs77, en désaccord sur le nombre de livres et leur contenu, si bien qu’il y a là comme l’amorce d’une réflexion, récurrente chez Pline78, sur la transmission de la connaissance, les moyens par lesquels elle s’opère, et sur l’écriture qui en assure la pérennité, puisque c’est sur le papyrus79, aux dires de notre auteur, que repose au plus haut point l’humanitas uitae, en tout cas le souvenir (memoria)80, et au-delà de la nécessité de transmettre, sur la nature de ce qu’il convient d’arracher à l’oubli . Ce thème parcourt l’ensemble de l’Histoire naturelle, et constitue, après les lois somptuaires dont on a vu l’inefficacité face aux désirs des humains, déréglés (parce que non naturels et non nécessaires), un autre secteur pour lequel Pline approuve l’action exercée par le sénat, venant comme en contrepoint d’une réflexion plus profonde sur ce qu’il est possible d’attendre des hommes à titre individuel et/ou collectif . Ainsi, au livre XVIII, consacré à l’agriculture – et dont Mary Beagon a rappelé le caractère central81, Pline s’étend sur le caractère exemplaire de la traduction en langue latine du traité sur l’agriculture de Magon le Carthaginois, approuvant l’initiative du sénat d’en confier la traduction à des experts, en sus du traité déjà rédigé sur le même sujet par Caton, membre éminent du Sénat, et l’une des admirations de Pline : « C’est à que notre Sénat (senatus noster) fit le grand honneur de décréter, alors que, Carthage conquise, il en distribuait les bibliothèques aux roitelets d’Afrique (cum regulis Africae bibliothecas donaret), que les 28 livres de cet auteur, et les siens seulement, seraient traduits en latin – bien que M . Caton eût déjà écrit son traité – et de confier à des interprètes versés dans la langue punique ce travail, où se distingua entre tous un descendant d’une illustre famille, D . Silanus »82 leçon de coopération réussie quand les différents membres du Sénat romain et au-delà83 prêtent leur concours à une entreprise 77 Plin . nat. 13 .84–87 . L’ordre donné par le sénat de brûler est rapporté par Valerius Antias (ibid., 87 : Idem tertio et SC. ponit quo comburi eos placuerit) . Pline choisit ici de rapporter un débat qui lui tient à coeur, comme l’indique l’énumération des différents avis et auteurs (également noté par Luke, Pliny the Elder 2016, 313–305 : « In his accounts of the books, Pliny quotes a whole cadre of Roman writers from the second and first centuries B . C ., a fact that suggest he was much exercised about the topic ») . On ignore qui était D . Silanus . 78 Ouverte dès le livre 2, cf . Plin . nat. 2 .4 : furor est profecto, furor egredi ex eo et, tamquam interna eius cuncta plane iam nota sint, ita scrutari extera, quasi uero mensuram ullius rei possit agere qui sui nesciat, aut mens hominis uidere quae mundus ipse non capiat. 79 Ou sur le parchemin (rapidement mentionné par Pline en tant qu’invention du royaume de Pergame pour contrer la décision de Ptolémée d’interdire l’exportation de papyrus, dans un contexte de rivalité pour posséder la connaissance, Plin . nat. 13 ; 21 .70) . 80 Plin . nat. 13 .68 . Sur l’Histoire naturelle comme témoignage du moment de passage d’une mémoire orale à une mémoire écrite, cf . Naas, Entre l’oral 2009, 271–284 . 81 Cf . Beagon, Burning 1995 . 82 Plin . nat. 18 .22–23 . Sur la traduction du traité de Magon et sa diffusion, cf . Heurgon, L’agronome 1976, 441–456 . 83 Cf . Plin . nat. 18 .23 : « Nous avons donné au début de ce livre la liste des savants, des grands poètes et des auteurs célèbres que nous suivrons, mais il faut citer hors ligne Marcus

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susceptible de venir en aide à l’homme, juuare hominem, selon le but même assigné par Pline à son travail de rédaction de son Histoire, au moment où l’ouvrage, choisi par le Sénat pour sa valeur intrinsèque unanimement reconnue, une fois traduit en langue latine, et mis à disposition des propriétaires fonciers, devient la propriété de tous, au contraire des bibliothèques privées des « roitelets »84 . Ainsi, l’activité du sénat, de la République à Tibère, est-elle présentée sur ce point aussi sous l’angle de la continuité historique, à ce détail près qu’elle élargit désormais son champ d’action aux dimensions de l’Italie, voire de l’ensemble de l’empire . L’occasion de remplir un devoir d’humanité en diffusant la connaissance, et en procédant à une politique du savoir .

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Varron qui, dans sa quatre-vingt unième année, a cru devoir publier sur notre sujet (non in grege nominando M. Varrone, qui LXXXXI uitae annum agens de ea re prodendum putauit) » . 84 Cf . Martin, Recherches 1971, 52 .

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alessandro galimBerti

Significato e uso dei senatus consulta nelle Antichità Giudaiche di Flavio Giuseppe

I documenti greci e romani citati nelle Antichità Giudaiche di Flavio Giuseppe rappresentano la fonte più importante relativa alla concessione da parte dell’autorità romana di privilegi tanto ai Giudei di Palestina quanto a quelli della diaspora tra il primo secolo a . C . e il primo secolo d . C . Questa documentazione peraltro è molto importante per la ricostruzione della politica romana nei confronti dei Giudei, dei loro costumi e delle loro pratiche religiose; essa infine aiuta in taluni casi a gettare ulteriore luce sulle complesse relazioni tra Greci e Giudei all’interno di alcune importanti comunità: si pensi a Cirene, Alessandria, Efeso, Pergamo, Delo, Sardi solo per menzionare esempi più noti . I documenti citati da Giuseppe nelle Antichità si possono dividere in tre gruppi principali1: 1 . Documenti di età repubblicana con particolare riguardo all’età cesariana, compresi nel quattordicesimo libro . Tra essi spiccano: un decreto di Cesare su Ircano II e la Giudea (§§ 190–195); sei senatus consulta che confermano i provvedimenti di Cesare a favore dei Giudei (§§ 196–212); un senatus consultum votato sotto il consolato di Antonio e Dolabella dopo la morte di Cesare (§§ 219–222); tre versioni frammentarie del decreto del console del 49 Lucio Cornelio Lentulo che concedeva l’esenzione dal servizio militare ai Giudei di Efeso che godevano della cittadinanza romana (§§ 228–229; 234; 237–240) . Si trovano inoltre cinque lettere relative ai diritti dei Giudei inviate dai magistrati romani ai κοινὰ (concili/assemblee) e al popolo delle città greche d’Asia minore e delle isole (§§ 213–216; 225–227; 230; 235; 244–246) e appaiono, infine, un certo numero di documenti greci sui diritti dei Giudei: una lettera inviata da una città greca ad un magistrato romano (§§ 241–243) e quattro decreti emanati dai κοινὰ delle città Greche in Asia Minore (§§ 231–232; 256–267) . 1 Seguo la classificazione di Pucci Ben Zeev, Jewish rights 1998 . La traduzione dei passi delle Antichità è di Simonetti, Flavio Giuseppe 2002 .

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2 . Documenti di età augustea che interessano il regno di Erode in Giudea compresi nel sedicesimo libro . Tra questi si segnalano un editto di Augusto relativo ai Giudei d’Asia (§§ 162–165) e un mandatum a Norbano Flacco (§ 171); quattro lettere indirizzate al κοινὸν delle città greche (§§ 167–173) . 3 . Tre editti della metà del I secolo d . C . (contenuti nel diciannovesimo libro), di cui due emanati da Claudio (§§ 280–291: il primo diretto ai Giudei di Alessandria, il secondo ai Giudei «che abitano il resto del mondo») e il terzo del prefetto di Siria Petronio relativo al conflitto scoppiato tra i Greci e i Giudei a Dora, sulla costa palestinese e che concedeva ai Giudei, per volontà di Claudio, il diritto di seguire «i loro costumi patrii e le loro leggi» (§§ 303–311) . Qui mi occuperò del primo gruppo di documenti sia per ovvie ragioni di spazio sia soprattutto perché ai documenti del primo gruppo appartengono gli unici esempi di senatus consulta nelle Antichità; aggiungo che sarà impossibile in questa sede una disamina minuta di ciascun documento, per cui rinvio all’abbondante letteratura specialistica; mi limiterò dunque ad avanzare alcune osservazioni che potrebbero risultare interessanti per il nostro scopo relative ai senatus consulta che compaiono nelle Antichità Giudaiche e in particolare nel quattordicesimo libro: sono in totale sei documenti (almeno in apparenza) e riguardano tutti provvedimenti cesariani o di età cesariana . Prima di affrontare più da vicino la trattazione dei senatus consulta ritengo però opportuno avanzare qualche riflessione sull’uso dei documenti da parte di Giuseppe nelle Antichità – argomento come è noto lungamente e ampiamente dibattuto dagli studiosi – nonché, per rendere più intellegibile la mia esposizione, riassumere brevemente alcuni punti salienti del quattordicesimo libro delle Antichità in modo da chiarire il contesto storico all’interno del quale sono inseriti i documenti . Giuseppe non è naturalmente il primo storico che include il testo di documenti nel tessuto della narrazione storica . Tessa Rajak2 ha giustamente osservato: «Citation of documents is not entirely alien to Greek historiography – witness the late Thucydides – but it is particularly a hall-mark of near-Eastern writing, starting with Ezra’s decrees of Cyrus, and making a prononuced appearance in the Roman treaties and Seleucid decrees of Maccabees I and II» . Senza dubbio questa tradizione faceva parte di una costruzione letteraria che contemporaneamente aveva un chiaro intento apologetico . Giuseppe stesso lo dichiara espressamente in Ant. 14 .186–188: «A questo punto ritengo necessario riferire tutti gli onori che i Romani e i loro imperatori hanno conferito al nostro popolo e i patti di alleanza che hanno stretto con esso, perché non sfugga a tutti gli altri quanto i re d’Asia e di Europa ci abbiano tenuto in stima, apprezzando il nostro coraggio e la nostra lealtà . È vero che molti, mal disposti nei nostri confronti, non credono all’autenticità delle dichiarazioni fatte dai Persiani 2 Rajak, Was there a Roman Charter 1984, 121 .

Significato e uso dei senatus consulta nelle Antichità Giudaiche di Flavio Giuseppe

e dai Macedoni riguardo a noi, perché non si trovano dovunque e non sono conservate negli archivi, ma soltanto presso di noi e qualche altro popolo barbaro, ma riguardo ai decreti emanati dai Romani non è possibile eccepire alcunché, perché sono conservati negli archivi pubblici delle città e tuttora si trovano, incisi su tavole di bronzo, in Campidoglio . Inoltre Giulio Cesare, fatta fare una tavola di bronzo per i Giudei di Alessandria, ha dichiarato che essi sono cittadini di questa città . Perciò presenterò la mia dimostrazione sulla base di questi documenti» . Giuseppe inoltre avverte i suoi lettori di non aver citato tutti i documenti disponibili ma di avere operato una selezione, come rivela Ant . 14 .267: «Ritengo infatti che nessuno sia tanto sciocco da non prestar fede alla benevolenza dei Romani nei nostri confronti, dato che l’abbiamo dimostrata sulla base di molti decreti che ci riguardano, e non gli potrà sfuggire che questa documentazione dimostra che le mie affermazioni rispondono a verità . Ho così esposto quale sia stata in quei tempi la nostra amicizia e alleanza con i Romani» . Analogamente leggiamo in Ant . 16 .174–178: «Dato che il racconto della nostra storia è destinato ad andare soprattutto nelle mani dei Greci, ho ritenuto necessario riportare questi decreti, per dimostrare che in tempi passati noi eravamo tenuti in grande considerazione e i governanti di allora non ci impedivano di praticare le nostre usanze tradizionali, anzi collaboravano con noi nell’esercizio del culto e degli onori resi a Dio . Li ho ricordati più volte al fine di riconciliare le nostre nazioni e di eliminare le cause che nei più sconsiderati di noi e di loro generano odio . Nessuna nazione pratica sempre le stesse usanze, e ci sono in questo grandi differenze tra città e città . Quindi è sommamente giovevole a tutti gli uomini, sia Greci sia barbari, praticare ciò che è giusto; e soprattutto di questo tengono conto le nostre leggi, che perciò, se noi le osserviamo, ci rendono amici e ben disposti con tutti . Dunque noi richiediamo ai Greci lo stesso trattamento da parte loro, perché non si deve credere che la differenza stia nella diversità delle usanze, bensì nell’attitudine a praticare la bontà . È questa una regola comune a tutti e la sola adatta a conservare in buona salute la vita degli uomini . Ma è tempo di tornare alla continuazione del mio racconto» . Dal momento che l’utilizzo di documenti in Giuseppe è scopertamente apologetico è altrettanto chiaro che egli opera una selezione a favore di quei documenti che mostrano una tendenza favorevole ai Giudei . Bisogna infatti ricordare che all’epoca di Giuseppe esistevano anche documenti che attestano un atteggiamento affatto favorevole verso i Giudei: si pensi ad esempio alle espulsioni dei Giudei che periodicamente avvenivano a Roma (con Tiberio nel 19, con Claudio nel 49 solo per citare due esempi noti)3, ma anche i decreti di Flacco al tempo di Cicerone o l’imposizione del pagamento del fiscus Iudaicus dopo la grande rivolta del 70 (su cui torneremo) . Del resto, come si è appena accennato, è lo stesso Giuseppe ad avvertirci (14 .265–266) che «ci sono molti altri decreti … che non ho citato in quanto 3 Rutgers, Roman Policy 1994, 56–74 .

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superflui o in disaccordo»; è opportuno inoltre aggiungere che la maggior parte dei documenti citati nel quattordicesimo libro delle Antichità riguardano soltanto determinate comunità della diaspora e in particolare quelle d’Asia; soltanto un gruppo preciso – ed è quello che qui ci riguarda – e cioè i senatus consulta di Cesare e quello sotto il consolato di Marco Antonio e di Publio Dolabella, riguardano i Giudei di Giudea; uno solo poi – considerando tutti i documenti compresi nelle Antichità riguarda tutti i Giudei (l’editto di Claudio del 41), uno i Giudei di Alessandria (di nuovo un editto di Claudio del 41) e uno i Giudei di Cirene (la lettera di Agrippa ai Cirenei) . Giuseppe dunque dà conto solo di una particolare selezione di documenti e sceglie soltanto quelli che gli consentono di enfatizzare che i Romani si sono sempre impegnati a rispettare e onorare i Giudei sia sotto la repubblica sia sotto l’impero . Ciò peraltro coincideva con le finalità della propaganda romana, che Giuseppe sembra recepire in pieno attraverso le parole di Nicola di Damasco citate letteralmente in Ant . 16 .49: «Potremmo ancora leggere molti decreti del senato e le tavole affisse sul Campidoglio che riguardano questo argomento, da cui appare chiaro che, una volta sperimentata la nostra lealtà, voi ci avete garantito quei privilegi anche in assenza di ogni condizione . In tal modo, conservando non solo a noi, ma a tutti gli uomini gli attuali benefici e aggiungendone altri al di là delle loro aspettative, renderete benefica la vostra dominazione . Del resto, dovremmo fare un discorso senza fine se volessimo enumerare i benefici da voi concessi ad ogni popolo . Volendo comunque dimostrare che questi benefici sono stati accordati a noi giustamente, tacendo cose passate, basterà dire con tutta franchezza qualcosa riguardo a colui che ora è il nostro re e siede accanto a te» . Questo tipo di selezione ha molto probabilmente a che fare con il tipo di pubblico a cui Giuseppe si rivolgeva: da una parte il nostro storico intendeva ricordare ai Romani le antiche tradizioni sulle quali riposavano i costumi e il culto giudaico (un’esigenza particolarmente sentita al tempo di Domiziano quando Giuseppe scrive)4, dall’altra i Greci, e in particolare quelli della diaspora . A questo proposito vale la pena riprendere alcune puntuali osservazioni di Lucio Troiani che in due contributi degli anni ottanta del secolo scorso5 ha giustamente notato come l’interesse di Giuseppe per i documenti sia dovuto al significato che essi assumevano per il giudaismo contemporaneo a Giuseppe: nel 71 ad esempio i Greci di Antiochia avevano avanzato a Tito la richiesta di distruggere le tavole di bronzo sulle quali erano scolpiti i diritti dei Giudei; la situazione della diaspora ai tempi di Giuseppe appare infatti particolarmente tesa (come afferma peraltro Giuseppe a proposito delle vicende che lo riguardavano più da vicino in Bell . 7 .448)6 e la rivolta della diaspora sotto Traiano non era poi così lontana . Giuseppe infine crede che i documenti possano servire sia 4 Williams, Domitian 1990 . 5 Troiani, Per un’interpretazione 1984; id., I lettori delle Antichità 1986 . 6 Catullo, il governatore della pentapoli libica, «convinse Gionata e alcuni altri che erano stati arrestati con lui a denunziare come cospiratori le più importanti personalità giudaiche

Significato e uso dei senatus consulta nelle Antichità Giudaiche di Flavio Giuseppe

ai Giudei di Giudea che ai Giudei della diaspora «a riconciliare le altre nazioni con noi e a rimuovere le cause di odio che hanno messo radici nelle persone dissennate tra noi e tra loro» (AI 16 .175): egli infatti era pienamente consapevole – e non si stanca di ripeterlo – che i Giudei continuavano non solo a godere di cattiva stampa nel mondo greco ma soprattutto erano continuamente in conflitto con le stesse città del mondo greco e vedevano minacciati spesso i loro privilegi . Stante dunque la selezione interessata di Giuseppe ci si è posti la questione dell’autenticità dei documenti citati nelle Antichità . Non è ovviamente mia intenzione qui ripercorrere questa secolare questione, purtuttavia qualche parola andrà spesa onde chiarire quale mi sembra sia la posizione più condivisibile . L’accertamento dello spessore storico di tutta questa documentazione ufficiale è infatti tutt’altro che agevole in considerazione del disordine con cui il materiale è inserito nell’opera: qualche testo è fuori posto7; alcuni decreti, apparentemente diversi, si riferiscono al medesimo provvedimento8, altri sono incompleti e inesatti9 . Di fatto i dubbi sull’autenticità di questa documentazione cominciarono già tra i contemporanei di Giuseppe, come rivela il nostro storico in un passo del XIV libro delle Antichità (§ 187, su cui torniamo subito); fu però Hugo Willrich nel 1924 ad inaugurare la questione quando affermò che tutta la documentazione prodotta da Giuseppe era un falso10 . Elias Bickermann nel 195311 reagì affermando l’opportunità di procedere in modo più analitico nella disamina della documentazione valutando caso per caso e difendendo in ultima analisi la bontà della documentazione delle Antichità12 . Oggi si propende decisamente a favore dell’autenticità complessiva delle testimonianze relative ai privilegi giudaici . C’è però chi, come Horst Mohering13, di Alessandria e di Roma . Uno di quelli che vennero accusati ingiustamente fu Giuseppe, l’autore di questa storia . Ma la macchinazione non ebbe per Catullo l’esito sperato» . 7 Il senatus consultum riportato a 14 .147–55 risalente al tempo di Giovanni Ircano I (135/134– 104 a . C .), relativo al rinnovo dei rapporti di amicizia tra la Giudea (e alcune città della diaspora) e Roma, è stato inserito per errore tra i documenti risalenti all’età di Cesare perché si è confuso questo Ircano con Ircano II attivo al tempo di Cesare . Cfr . Momigliano, Prime linee 1968, 151 ss .; Simonetti, Flavio Giuseppe, 62, 646 . 8 I documenti riportati a 14 .228–240 riguardano essenzialmente l’esenzione dalle armi concessa dal console Lentulo ai Giudei che erano cittadini romani . La reiterata ripetizione dello stesso documento era dovuta la fatto che colui che aveva raccolto la silloge aveva riunito copie del medesimo decreto inviate in città diverse ovvero decreti che riprendevano e confermavano da parte di altri magistrati la precedente deliberazione . 9 Mohering, The Acta pro Judaeis 1975, 134; Saulnier, Lois romaines 1981, 164 . 10 Willrich, Urkundenfälschung 1924 . 11 Bickermann, Une question d’authenticité 1953, 12–34 . 12 Come è noto, lo stesso Bickermann, poco meno di vent’anni prima (Bickermann, La charte séleucide 1935) aveva studiato i documenti documenti compresi in Ant . 12 .138–153 relativi ai rapporti tra seleucidi e giudei concludendo per la loro autenticità . 13 Mohering, The Acta pro Judaeis 1975 .

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studiando i documenti compresi nel XIV libro delle Antichità, ha rilevato numerose imprecisioni ipotizzando che la circolazione di appositi prontuari consentisse il confezionamento di falsi ben costruiti; egli ha poi fatto notare come Giuseppe non avesse nella sua disponibilità gli archivi del Campidoglio – come da più parti affermato – poiché erano andati distrutti durante l’incendio del 69 e Vespasiano li aveva fatti reintegrare soltanto in parte, sottolinenando infine con forza come l’uso dei documenti da parte di Giuseppe sia scopertamente apologetico e dunque non siano utilizzabili come testimonianza storica . Ora, sebbene l’eventualità di trovarci di fronte a qualche testimonianza falsa non può essere affatto trascurata (Giuseppe infatti ha consultato molto probabilmente copie della documentazione che cita), vale la pena ricordare che è proprio Giuseppe a informarci che «molti, mal disposti nei nostri confronti, non credono all’autenticità delle dichiarazioni fatte dai Persiani e dai Macedoni riguardo a noi, perché non si trovano ovunque e non sono conservate negli archivi ma soltanto presso di noi e qualche altro popolo barbaro» (Ant . 14 .187) . Di fronte ad un simile scetticismo, non è improbabile che Giuseppe possa essersi servito di raccolte di documenti già precofenziate provenienti dalle comunità interessate che egli poteva reperire più agevolmente ma che lasciavano effettivamente aperta la possibilità che contenessero qualche inesattezza o che in alcuni documenti si fosse proceduto a qualche manomissione di comodo su qualche dettaglio siginificativo . A me sembra dunque che nel suo complesso la documentazione prodotta da Giuseppe mantega intatto il suo valore e testimoni l’ininterrotta sequenza di attenzioni e privilegi di cui i Giudei avevano sempre goduto sia prima sia durante la dominazione romana; d’altra parte è buona norma procedere caso per caso nell’accertamento della storicità e dell’esatezza dei documenti citati da Giuseppe, senza poter escludere la posssibilità che talvolta siamo di fronte ad abili falsi o ad elementi falsificanti soprattutto per quanto riguarda la documentazione d’età romana . Consideriamo ora natura e contesto dei senatus consulta del quattordicesimo libro delle Antichità . Giuseppe sospende il filo della narrazione nel libro XIV dopo aver narrato le vicende relative al conflitto che contrappose gli ultimi sovrani asmonei e in particolare i figli della regina Alessandra, Aristobulo e Ircano; ne consegue l’intervento di Pompeo a favore di Ircano, spalleggiato dall’idumeo Antipatro; il governo prima di Gabinio e poi di Crasso e quindi l’intervento di Ircano e Antipatro a favore di Cesare nel corso del bellum Alexandrinum . Per ricompensarli Cesare nomina Ircano etnarca della Giudea e accresce il potere di Antipatro; accorda inoltre ai Giudei la facoltà di praticare liberamente il loro culto e le loro usanze tradizionali . È a questo punto, in seguito cioè alle decisioni di Cesare, che Giuseppe riporta i senatus consulta . Al di là dei numerosi problemi di natura testuale e prosopografica, c’è da dire subito che in realtà l’unico testo, per così dire, integrale, è il senatus consultum dell’aprile del 44 emanato sotto il consolato di Antonio e Dolabella . Ma procediamo con ordine .

Significato e uso dei senatus consulta nelle Antichità Giudaiche di Flavio Giuseppe

Seguendo le indicazioni di Robert Kenneth Sherk nella sua raccolta relativa ai documenti romani provenienti dall’oriente greco14 – e in particolar modo ai senatus consulta e alle epistuale – sino al tempo di Augusto – si possono individuare un numero fisso di elementi che vanno a comporre i senatus consulta e cioè: il praescriptum (contenente il nome e il rango del magistrato che presiede l’assemblea, il giorno e il mese di riunione, il luogo e il nome dei testimoni), il tema con la relatio, il decreto vero e proprio, l’approvazione del senato (che non sempre è presente) . Quest’ultimo aspetto è molto importante per il nostro discorso in quanto spesso nei documenti riportati da Giuseppe manca l’approvazione del senato: ciò però non può essere considerato in sé una prova contro l’autenticità . Il primo documento (§§ 190–195) riportato da Giuseppe è una lettera di accompagnamento di Cesare della seconda metà di Giugno del 47 a . C .15 ai magistrati, al concilio e al popolo di Sidone, lettera che accompagnava la copia (ἀντίγραφον) del decreto di Cesare stesso relativo a Ircano II e i Giudei, con il quale si concedeva l’etnarchia e il sommo sacerdozio a Ircano e ai suoi figli nonché amicitia e alleanza con i Romani; i Giudei venivano infine esentati dall’acquartieramento dell’esercito e dalle contribuzioni in denaro . Il secondo documento (§§ 196–198) è il vero e proprio senatus consultum riportato in modo assai frammentario, che recepisce le direttive di Cesare del documento precedente come rivelano sia il δόγμα del § 198, l’elenco dei luoghi in cui doveva essere pubblicato tra cui soprattutto si trova Sidone che compare sia nella lettera di accompagnamento di Cesare sia qui al § 197 . Il terzo documento è rappresentato dal breve frammento del § 199 in cui sembra di capire che siamo di fronte ad senatus consultum che confermava le direttive di Cesare dato il contenuto molto simile a quello del secondo documento . Il quarto documento (§§ 200–201), databile al 44 a . C .16 consiste in un frammento di un senatus consultum17 che garantisce una riduzione di tasse e conferma il permesso accordato da Cesare ad Ircano «sommo sacerdote ed etnarca dei Giudei» di «fortificare e occupare Gerusalemme» . Siamo cioè di fronte nuovamente ad un senatus consultum che recepisce gli ordini di Cesare: si tratta molto probabilmente del senatus consultum dell’aprile del 44 voluto da Marco Antonio e Publio Dolabella . Il quinto documento compreso tra i §§ 202–210 è un vero e proprio documento fiscale che regola la tassazione dovuta ora a Gerusalemme ora a Ircano ora a Roma, ma anche le esenzioni sotto il profilo militare (§ 204), il mantenimento dei diritti su alcuni possedimenti nonché i privilegi concessi a Roma a Ircano, ai suoi figli e agli 14 Sherk, Roman Documents 1969 . 15 Cesare ebbe il titolo di dittatore per la seconda volta tra l’ottobre 48 e l’ottobre 47 . Cesare fu console nel 48 ma non nel 47; il bellum Alexandinum terminò alla fine di marzo del 47 . Cfr . Pucci Ben Zeev M ., Caesar’s decrees 1996 . 16 Cesare fu console per la quinta volta nel 44 . 17 ἔκρινε … ὅπως .

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ambasciatori inviati da lui . Sebbene si sia a lungo18 creduto che in questi paragrafi siamo di fronte a due documenti (il primo compreso tra i §§ 202–204 è un senatus consultum databile tra il dicembre 47 e l’aprile del 46, il secondo compreso tra i §§ 205–210 databile al dicembre 47, anche se non è del tutto chiaro quale dei due sia il più recente) non c’è traccia formale della fine di un documento e dell’inizio di un altro . Che si tratti della copia di un senatus consultum è invece fuori discussione come rivelano in modo decisivo alcuni indizi: il fatto che Cesare parla in terza persona (§ 202: Γάιος Καῖσαρ … ἔστησε) nonché le due formule tecniche ai §§ 205 e 207 (ἡμῖν ἀρέσκει e τῇ συγκλήτῳ), mentre il δοκιμάζει ἡ σύγκλητος Ὑρκανὸν … καὶ Ἰουδαίος ἔχειν del § 209 rivela che siamo di fronte ad una copia . Il sesto e penultimo documento della nostra serie è racchiuso nei §§ 211–212 e contiene molto probabilmente il tema di un senatus consultum enunciato in un discorso di Cesare databile al febbraio 44 a . C . (in base alla menzione del quinto consolato di Cesare) a cui fa riferimento l’ultimo documento, il settimo (compreso nei §§ 219–222), al § 221 laddove si afferma che «Quanto alle questioni in merito alle quali Gaio Cesare ha deciso, con decreto del senato, riguardo ai Giudei e che non ci fu tempo di registrare nell’erario, decretiamo che a questo riguardo si faccia come hanno deciso i consoli Publio Dolabella e Marco Antonio»: ciò peraltro consente di datare al 9 febbraio il senatus consultum stesso («ciò è stato stabilito cinque giorni prima delle idi di febbraio»)19 . Ora qui siamo di fronte al senatus consultum più chiaramente percepibile dell’intera raccolta di documenti delle Antichità: è riportata infatti la praescriptio, l’elenco dei testimoni e il tema, secondo il formulario standard (Δόγμα συγκλήτου; ὕπατοι λόγους ποιήσαντο; περὶ τούτων ἀρέσκει ἡμῖν; ὡς … ἔδοξεν; ὅπως […]) . Come si diceva, l’originalità (intesa come grado di dipendenza dagli originali), la forma e l’autenticità di questi testi è stata variamente indagata con esiti anche profondamente diversi . Per quanto mi riguarda, come accennavo, sono propenso ad accettare la buona fede di Giuseppe, ma anche a rilevare l’intervento di Giuseppe stesso sui documenti: è molto probabile ad es . che i documenti 1, 2, 3, 5 siano da considerare parte di un medesimo senatus consultum e i documenti 4, 6, 7 di un secondo senatus consultum per cui in realtà saremmo di fronte a due soli senatus consulta frammentati da Giuseppe in una pluralità di testi ravvicinati20 . A me però qui preme cercare di dare una risposta di natura storica circa le motivazioni che hanno spinto Giuseppe ad includere questi senatus consulta nelle Antichità . Nel complesso mi sembra di poter dire che salvo un caso (quello relativo al senatus consultum sollecitato da Antonio e Dolabella) i senatus consulta che compaiono nelle Antichità sono poco perspicui nella loro forma: solo in modo discontinuo si 18 Status quaestionis e bibliografia in Pucci Ben Zeev, Jewis rights 1998, 93–94 . 19 Pucci Ben Zeev, Marcus Antonius 1994 . 20 Pucci Ben Zeev, Jewish rights 1998, 25 ss . e passim .

Significato e uso dei senatus consulta nelle Antichità Giudaiche di Flavio Giuseppe

comprende che Giuseppe sta citando senatus consulta che, in ultima analisi, hanno la sola funzione di recepire le decisioni di Cesare . A me sembra insomma che Giuseppe sia piuttosto indifferente alla forma dei provvedimenti e una classificazione più utile e che corrisponde ai veri interessi di Giuseppe sia in fin dei conti quella tematica . Ciò che infatti interessa al nostro storico è documentare la storia dei rapporti romano-giudaici come una storia della particolare attenzione che i Romani avevano concesso (e dovevano – secondo Giuseppe – continuare a concedere!) alle esigenze dei Giudei e che dunque non c’era motivo perché venissero messe in discussione . Se infatti seguiamo questo filo rosso ci accorgiamo come Cesare sia sotto questo profilo lo snodo storico di queste concessioni ai Giudei confermate poi ininterrottamente da Augusto (libro 16) fino a Claudio (libro 19) . L’importanza di Cesare oltreché trovare la più naturale spiegazione nella grandezza della sua figura nonché nel fatto che Cesare riconobbe pubblicamente che l’intervento di Ircano e di Antipatro fu per lui decisivo nel bellum Alexandrinum (come rivela Ant . 14, 192–193 ove Ircano è ringraziato espressamente per il suo intervento a fianco di Cesare durante il bellum) si comprende alla luce del modo in cui si erano svolti i rapporti romano-giudaici sino ad allora e alla sistemazione che Cesare ne diede, che fu poi quella che in sostanza rimase in vigore sino all’epoca di Adriano . A partire dal noto trattato del 161 a . C . tra Giuda Maccabeo e Roma infatti, la tutela romana sulla Giudea aveva – pur con gli inevitabili alti e bassi – sostanzialmente funzionato, grazie anche al crescente prestigio e influenza di Roma in Oriente . Solo in età pompeiano-cesariana si manifestarono i primi contrasti tra le città greche e i Giudei in essi presenti che si vedevano negato il diritto, garantito loro dai Romani, «di vivere o amministrarsi secondo le proprie leggi» (τοῖς ἱδίοις νόμοις χρῆσθαι, formulazione evidente calco del suis legibus uti latino)21 a cui spesso fanno riferimento i documenti riportati da Giuseppe . Ciò può ricevere una spiegazione alla luce sia del fatto che con la fine degli asmonei e dunque dell’indipendenza la Giudea si era notevolmente indebolita, in considerazione soprattutto del venir meno del riferimento costituito dal sommo sacerdote/re asmoneo «nella sua funzione di cerniera tra la diaspora e Roma»22, sia del fatto che le vicende delle guerre civili a Roma dovettero ripercuotersi sui rapporti con le comunità giudaiche presenti nelle città greche . La sistemazione della Giudea voluta prima da Pompeo e poi da Gabinio fu infine modificata da Cesare il quale restituì ad Ircano (II) il sommo sacerdozio e l’etnarchia sui Giudei (compresi quelli della diaspora); garantì ai Giudei la facoltà 21 Riassumibili molto sinteticamente nell’osservanza del sabato, nel diritto ad avere luoghi di riunione e di preghiera separati, di raccogliere e inviare denaro al Tempio, di consumare pasti in comune, di godere di un certo grado di autonomia giudiziaria civile e penale . Cfr . Firpo, Cesare e i Giudei 2000, 131 . 22 Firpo, Cesare e i Giudei 2000, 132 .

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«di vivere o amministrarsi secondo le proprie leggi» e di godere di alcune esenzioni fiscali (soprattutto in coincidenza con l’anno sabbatico); vietò l’arruolamento di truppe in Giudea e la possibilità alla truppe di svernarvi; ai Giudei della diaspora concesse di inviare denaro al Tempio di Gerusalemme e legalizzò le sinagoghe (equiparandole probabilmente ai collegia) . Se ora riflettiamo sulle particolari circostanze nelle quali si trova a scrivere Giuseppe, è facile rendersi conto che per lo storico giudaico era importante preservare il più possibile questi privilegi anche sotto Domiziano, dal momento che ai suoi giorni i Giudei di tutta l’ecumene vivevano una situazione precaria e conflittuale . Vespasiano e Tito, che pur avevano beneficato Giuseppe, avevano condotto un sanguinosissimo scontro con i Giudei e, al termine della guerra, li avevano trattati di conseguenza, imponendo loro non solo il versamento del didrachmon a favore del Tempio Capitolino a Roma (il famigerato fiscus Iudaicus), ma soprattutto la mancata ricostruzione del Tempio gerosolimitano . Ciò sotto il profilo religioso suonava come un pesantissimo oltraggio23 . Anche un episodio narrato da Suetonio24, relativo al rigore con cui Domiziano aveva trattato un vecchio giudeo novantenne al fine di riscuotere il fiscus Iudaicus, sebbene possa essere definito non più che un fatto di cronaca spicciola, rivela quantomeno uno stato di tensione tra l’imperatore e i Giudei . Tuttavia la severità di Domiziano deve essere molto probabilmente inquadrata soltanto nella cornice della questione del fiscus Iudaicus25 . Domiziano infatti impose la tassa a quanti vivevano secondo costumi giudaici e a quanti intendevano celare le loro origini giudaiche: la determinazione dell’imperatore nel riscuotere la tassa non deve dunque essere scambiata per una persecuzione . A mio avviso all’origine di questa determinazione si possono trovare almeno due motivi: da una lato la volontà di non tradire il più grande successo ottenuto da Vespasiano e Tito (la guerra giudaica e la conseguente istituzione del fiscus Iudaicus), dall’altra la possibilità di assicurarsi un’entrata certa per le casse imperiali, dal momento che il proselitismo giudaico trovava diffusione tra i ceti elevati . Non bisogna poi dimenticare che una catastrofica sconfitta militare e politica era prova di un fallimento religioso26: era dunque interesse già di Domiziano, come lo era stato anche di Vespasiano e di Tito, presentare i Giudei e il giudaismo come marginali e, a parte il breve interludio del 96 con l’accessione di Nerva, la glorificazione della distruzione del Tempio di Gerusalemme rimase elemento integrante della figura pubblica di ogni imperatore nei decenni successivi (basti 23 Goodman, Roma e Gerusalemme 2009, 528 . 24 Suet . Dom . 12 .2: «Ricordo di essermi trovato presente, durante la mia adolescenza, quando un procuratore del fisco, attorniato da una numerosissima folla, esaminò un vecchio di novant’anni per vedere se era circonciso» . 25 Smallwood, The Jews 1976, 331 ss .; Thompson, Domitian and the Jewish Tax 1982 . 26 Goodman, Roma e Gerusalemme 2009, 533 .

Significato e uso dei senatus consulta nelle Antichità Giudaiche di Flavio Giuseppe

pensare ai casi di Traiano e Adriano) . L’Arco di Tito poi fu dedicato da Domiziano e, ancora nell’85, Domiziano continuava ad emettere monete con la legenda Judaea capta . L’unica eccezione fu Nerva: una delle politiche che il successore di Domiziano scelse di cambiare fin dall’inizio del suo principato fu proprio il trattamento da riservare ai Giudei . Personalmente egli non aveva giocato alcun ruolo nella campagna del 66–70 e politicamente non aveva nulla da guadagnare continuando ad avvilire i Giudei e il giudaismo . La legenda di una serie di monete di bronzo emesse a Roma dal nuovo regime nella metà dell’autunno e nel dicembre 96, e con una terza emissione nella prima metà del 97, intendeva inaugurare un nuovo corso, ispirato a maggior moderazione . Le monete, come è noto, erano ornate con un albero di Palma, quale si trovava comunemente sulle monete romane della Giudea o che facevano riferimento alla Giudea con la legenda fisci Iudaici calumnia sublata27 . Nella prefazione al quinto libro degli Oracoli sibillini, composti molto probabilmente da un giudeo all’inizio del regno di Adriano, che contiene una rassegna scritta in modo allusivo agli imperatori romani, il solo Nerva è descritto in termini positivi: egli è definito «un mortale di venerabile condotta» in opposizione al «maledetto» Domiziano (5 Sybillines, 40–41) . Con Nerva dunque sembrava essersi aperto un nuovo periodo di tolleranza per i Giudei . Giuseppe, sacerdote che da giovane aveva servito nel Tempio, scrive in questi anni il Contra Apionem in cui insiste a più riprese sull’unità del giudaismo (un Dio, una Legge, un Tempio, un Sommo Sacerdote) . Senz’altro vero è, come ha scritto Lucio Troiani, che «la seconda parte delle Antichità, che contiene la storia ellenistico-romana (e partica) degli Ebrei, pur presentando problemi interpretativi totalmente differenti [scil. rispetto alla prima] sembra rivelare la stessa cerchia di lettori [e cioè i Giudei ellenizzati della Diaspora] . Noi sappiamo bene come non mancassero politeumata ebraici nei principali centri urbani dell’ecumene romana dalla Libia all’Eufrate . Il carattere, per così dire cosmopolitico del Giudaismo sul finire del I secolo d . C . doveva dare a una tale narrazione un carattere assolutamente peculiare . Nel 93–94 d . C . la storia politica del Giudaismo non poteva essere ripensata che come indissolubilmente legata alla storia di quel potere politico sotto la cui tutela e sotto il cui imperio le comunità vivevano … Sotto questa luce e in questa prospettiva, i singoli provvedimenti delle autorità, dettati dalle più svariate e fortuite contingenze e quasi sempre provocati dalla ‘amicitia’ dell’imperatore per un maggiorente ebraico, a tutela di ‘privilegi’ ebraici violati in una città dovevano costituire uno degli argomenti centrali e di maggiore interesse nell’ambito della diaspora . Di qui gli atti pubblici greci e romani a favore di comunità di singole poleis che costellano le Antichità Giudaiche e segnatamente i libri XIV e XVI»28 . 27 RIC 2 .58, 1926, 227; 82, 228; Goodman, Nerva, the Fiscus Iudaicus 1989; id., The Meaning of «Fisci Iudaici Calumnia Sublata» 2006 . 28 Troiani, I lettori delle Antichità 1986, 348–349 e passim .

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Purtuttavia, mi sembra che si possa aggiungere, alla luce di quanto si è detto sino a qui, che Giuseppe avesse a cuore scrivendo la seconda parte delle Antichità, e in particolare i libri dal quattordicesimo in poi, di attirare l’attenzione dei suoi lettori – non ultimo attraverso la produzione di documentazione ufficiale – sui precari rapporti politici che, ancora al tempo di Domiziano, intercorrevano tra la Giudea e Roma, ma anche tra il giudaismo della diaspora e i non giudei, e della conseguente necessità di ristabilire un equilibrio a favore del giudaismo . Credo insomma che l’insistenza con la quale Giuseppe parla dei buoni rapporti con i Romani e della necessità di conservare questi buoni rapporti lasci intendere che la strada da lui battuta non dovesse essere inefficace: se si pensa infatti alla svolta di Nerva si è quasi tentati di dire che le reiterate rivendicazioni del nostro storico avevano avuto il successo tanto desiderato .

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Plutarco e il senato Alcune osservazioni

Plutarco è solitamente trascurato dagli studiosi delle istituzioni romane . In effetti, sia nelle Vite che nei Moralia la tradizione romana appare come una galleria di exempla o curiosità, con una tendenza alla semplificazione1, e non possiamo certo pretendere accuratezza in un autore la cui formazione prevedeva una certa conoscenza delle cose romane, ma ovviamente non contemplava la padronanza approfondita, né tantomeno tecnica, degli aspetti giuridici e istituzionali2 . Al tempo stesso, riesaminare questi aspetti dell’opera plutarchea permetterebbe di far luce su un aspetto della massima importanza: la percezione delle questioni istituzionali romane da parte di un intellettuale greco, vissuto per vari anni in stretto contatto con influenti senatori, e come le abbia integrate nel suo progetto intellettuale . In ogni caso, come ha osservato Christopher Pelling, «Where Greek analogies of Roman institutions exist, Plutarch is quite good»3 . In effetti, il vocabolario greco utilizzato per indicare le sedute e le votazioni del senato gli permetteva di creare, oltre alle Vite, anche delle costruzioni politiche in qualche modo parallele4 . Di qui l’interesse per l’attività senatoria e, ovviamente, per i senatoconsulti . Prendiamo il caso di quello del 17 marzo 44 a . C . sull’amnistia per i cesaricidi, in occasione dei tentativi di negoziato immediatamente dopo le Idi di marzo . Plutarco parla di un 1 Cf . Stadter, Plutarch and Rome 2014, 25: «However, Roman republican politics is often distorted by this elite-populace schema, which repeatedly pits the few against the many, the senate against the people: not only does it omit the equestrian class as a major factor, but it tends to ignore how both the popular and the aristocratic element changed over time, as well as the internal divisions among those groups» . 2 Cf . le critiche a Strabone di Pais, Straboniana 1887; vd . Biraschi, Pais e Strabone 2002 . 3 Pelling, Plutarch and Roman Politics 1995, 219 . 4 Pelling (Plutarch and Roman Politics 1995, 211–217) ha passato in rassegna le varie denominazioni dei senatori in Plutarco: aristokratikoi, kaloi kagathoi, karientes, oligarchikoi, axiologoi, dokimōtatoi, dynatōtatoi, kratistoi quando non semplicemente prōtoi ovvero aristoi.

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accordo tra Cicerone, Antonio e Munazio Planco, vòlto a scongiurare una nuova guerra civile . È difficile capire chi avesse formulato la proposta, di cui Cicerone rivendica la paternità nella prima Filippica . Egli afferma infatti di aver ripreso il vetus exemplum degli ateniesi, «utilizzando altresì il termine greco che questa città aveva usato per lenire la discordia, suggerendo di abolire con un eterno oblio ogni ricordo di discordia»: è evidente il richiamo al celebre provvedimento del 403 a . C ., che le fonti greche di età imperiale, tra cui Plutarco, hanno definito amnēstia5 . Ma era anche chiaro che Antonio aveva accettato il provvedimento per ottenere una serie di vantaggi politici, a cominciare dalla ratifica senatoria degli ‘atti di Cesare’, che comprendevano l’assegnazione delle principali magistrature, dei sacerdozi, dei governatori provinciali e dei comandanti militari . Va da sé che questi provvedimenti erano votati da un’assemblea formata in parte da elementi cooptati o riabilitati da Cesare . Il punto di vista dei protagonisti del dibattito è presentato in ben quattro Vite diverse: quelle di Cesare, Cicerone, Antonio e Bruto6 . Nelle prime tre si parla di un voto sull’amnēstia e sugli onori divini da rendere a Cesare, nonché sulle province assegnate ai cesaricidi, in modo da far tornare la concordia7 . Plutarco sembra qui alludere a un’unica seduta senatoria, laddove la Vita di Bruto, ben più dettagliata, indica due sedute distinte, tenutesi presumibilmente il 17 e il 18 . Ma è evidente l’enfasi data al provvedimento di amnēstia, che accomunava i due sistemi democratici nel comune desiderio di recuperare la concordia . Con il consueto procedimento riduzionistico, Plutarco rielabora i complessi elementi che riscontriamo nelle fonti parallele per riproporre la polarità fra senato e atteggiamento tirannico, mos maiorum e trasgressione tipica dei leader della Tarda repubblica portati alla phylarchia, come ad esempio Pompeo, di cui si evidenziano in modo particolare gli atteggiamenti prevaricatori . Come ha osservato Stadter, «By making temporal and institutional distinctions less clear, [Plutarch] introduces a philosophically based timelessness into his analysis, as a result of which his biographies focus not on the peculiarities of Greek and Roman practice, but on the communalities . This perspective permits and encourages the reader to view moral character in politics comparatively, not only between Greek and Roman protagonists, but also between the reader and the heroes portrayed»8 . Questa analisi è in gran parte condivisibile, e si può effettivamente applicare alla visione del senato romano in Plutarco, su cui manca uno studio complessivo che tratti le eventuali convergenze, esplicite o implicite, con le istituzioni più o meno omologhe delle poleis greche . D’altra parte, Plutarco condivideva la communis opinio che prevedeva un contrasto fra senato e popolo, riportandolo – come osserva con finezza Pelling – alle cate5 6 7 8

Cic . Phil. 1 .1 . Cf . Cic. 42 .3 . Caes. 67 .8; Cic . 42 .3; Ant . 14 .3 .; Brut . 19 . Sull’amnēstia vd . Canfora, Cicerone e l’amnistia 1990 . Stadter, Plutarch and Rome 2014, 25 .

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gorie più familiari di oligoi e dēmos9 . L’antitesi boulē-dēmos si riscontra anche in Dionigi di Alicarnasso per la storia medio-repubblicana, ovvero in Cassio Dione, dove nei libri sulle guerre civili si ritrova anche la distinzione fra dēmos e plēthos a seconda che si tratti di un giudizio positivo o negativo10 . La categoria di plēthos può eventualmente estendersi alla sfera dei militari, in particolare la detestata guardia pretoriana; questo permette a Plutarco di spingersi a toccare aspetti più contemporanei, facendosi interprete della preoccupazione dei senatori11 . Questo atteggiamento ricorre già nella Vita di Galba, scritta sotto Domiziano, dove si esalta la resistenza di Galba alle pressioni arroganti del plēthos dei militari: pur se a malincuore, di fronte a tanta fermezza i militari devono infine accettare le decisioni senatorie, come nel caso del legato legionario Fabio Valente, quando riceve l’epistola che lo informa del voto senatorio (καὶ γράμματα ἧκεν ἀπὸ Ῥώμης περὶ ὧν ἡ σύγκλητος ἐψηφίσατο; Galba 10 .4–6)12 . Va da sé che questi aspetti si riscontrano più facilmente nelle Vite parallele, laddove nei Moralia vi è meno interesse per le cose romane, e comunque una minore sensibilità riguardo ai problemi di legittimità giuridica e gestione della cosa pubblica13 . Concludendo il capitolo sui rapporti con Roma del recente Companion plutarcheo, Philip Stadter ha osservato che la storia romana in Plutarco è un ‘esercizio di filosofia morale’14: la visione prevalente è quella di un contrasto fra aristocratici e volgo, laddove i senatori costituiscono la vera aristocrazia, trascurando significativamente il ceto equestre, criticando sistematicamente i demagoghi e omettendo importanti informazioni sullo sviluppo delle istituzioni romane . Come è stato opportunamente osservato, «l’utilizzo degli exempla storici può evidentemente essere uno sfoggio erudito (o anche frutto di interessi antiquari), ma talora si ammanta di ben altre connotazioni . La rivitalizzazione di particolari exempla e personaggi ha spesso anche un preciso valore politico, la chiave per rapportarsi al presente attraverso il richiamo al passato, come dimostra il loro utilizzo nelle scuole di retorica tardo-repubblicane e imperiali»15 . In fondo era più semplice ricorrere a formule ai limiti del paradossale come quella ricordata nella Vita di Pirro, in cui Cinea riferisce al suo re che il senato è un ‘consesso di molti re’ (βασιλέων πολλῶν συνέδριον)16 . 9 Pelling, Plutarch and Roman Politics 1995, 212: «In Life after Life, in much the same way in every period, we have the urban demos against the senate» . 10 Sulla tradizione greca classica di questa distinzione, cf . Welvei, Demos und Plethos 1986 . 11 Non a caso parla di ‘soldati’, laddove Dionigi A. R. 13 .6 nomina il centurione Q . Caedicius, comandante della guarnigione di Veio . 12 Sul contesto cf . De Blois, Plutarch’s Galba 2014, 271 ss . 13 I due gruppi di scritti vanno peraltro considerati come un insieme unitario: vd . Geiger, Lives and Moralia 2008 . 14 Stadter, Plutarch and Rome 2014, 25 . 15 Muccioli, La storia 2012, 47 . 16 Pyrrh. 19 .6; cf . l’allusione di Liv . 9 .17 .14: … senatus ille, quem qui ex regibus constare dixit unus veram speciem Romani senatus cepit. Sulla visione di Roma nella Vita di Pirro vd . Schepens, Plutarch’s View 2000 .

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Occorre verificare in quale misura e grado Plutarco utilizzasse dei documenti romani17 . Troppo spesso si è presa alla lettera l’affermazione della Vita di Demostene 2 .2, dove ammette di non conoscere bene il latino, salvo poi precisare di averlo studiato e capito in tarda età18 . Certo, quando poteva, Plutarco preferiva attingere a fonti greche o a conversazioni con amici romani, ma in questo caso si tratta di un espediente retorico . Non è l’unico caso in cui una dichiarazione di Plutarco è stata presa alla lettera: basti pensare al passo della Vita di Alessandro in cui afferma di non volersi soffermate sulle descrizioni di battaglie, fatto decisamente smentito da numerose Vite19 . Certo, era meno interessato alle epigrafi e ai documenti d’archivio, e preferiva senz’altro la documentazione greca20 . In compenso faceva ampio uso di fonti letterarie, ben più di quanto si tenda a pensare: ad esempio, per la Vita di Antonio ha fatto grande uso della Seconda Filippica ciceroniana, un testo evidentemente caro all’élite intellettuale senatoria21 . E comunque, Plutarco era ben introdotto negli ambienti senatorii22, in un impero che almeno sul piano culturale si avvicinava sempre più alla formula, cara a Paul Veyne, di ‘empire gréco-romain’23 . Di fronte al mondo romano Plutarco usa particolare cautela, consapevole dei rischi che potevano comportare le allusioni alla storia contemporanea24 . Di qui il ricorso all’allusione, se non alla reticenza . Un esempio interessante è il trattato Sulla Fortuna dei romani, datato da alcuni sotto Vespasiano, da altri alla fine del regno di Domiziano25 . Qui Plutarco sembra esaltare solo i romani più antichi, sof17 Sul Plutarco ‘antiquario’ vd . Payen, Plutarch the Antiquarian 2014 . 18 Si veda in proposito Schettino, The Use 2014, 423–424 . 19 Gazzano, Traina, Plutarque, historien militaire? 2014, 347–370 . 20 Si tratta soprattutto di epistole e discorsi, più adatti al genere letterario della biografia, che permettono di caratterizzare meglio i personaggi; inoltre, per le questioni greche, disponeva di un utile strumento, la silloge di psēphismata di Cratero: cf . Payen, Plutarch the Antiquarian 2014, 240 . 21 Si è a lungo ritenuto che per la Vita di Crasso Plutarco avesse utilizzato come fonte principale un autore greco, per cui sono state proposte varie identificazioni (Traina, Carrhes 2011, 113–114) . Ma non è affatto escluso che abbia utilizzato uno storico latino, ad esempio Tito Livio . 22 Stadter, Plutarch and his Roman Readers 2015 . 23 Veyne, L’Empire gréco-romain 2005 (con le precisazioni di Le Roux, L’Empire gréco-romain 2008) . Vd . soprattutto Stadter, Plutarch and Rome 2014 . Sui senatori di origine orientale cf . Pelling, Political Philosophy 2014, 159 . 24 Sulla vocazione storica di Plutarco, vd . Mazzarino, Il pensiero 1966, 136 ss . 25 Il carattere particolare di questo scritto declamatorio, diversamente datato, ha contribuito a limitare l’interesse per questa operetta, pubblicata dopo la morte di Plutarco: ad esempio, Ziegler (Ploutarchos 1951, coll . 719–721) ne ridimensionava l’importanza a causa della sua natura retorica, mentre si è discusso se il testo sia pervenuto integralmente . Ma l’opera fu letta con profitto da intellettuali greci del II secolo, come Damofilo di Bitinia, un autore dell’età degli Antonini che sembra aver letto e commentato l’opuscolo di Plutarco: per tutte queste questioni cf . Raimondi, Damofilo 2005 .

Plutarco e il senato

fermandosi anzitutto sull’età regia, ed evocando Romolo, Numa e Servio Tullio . Invece, passando poi alle grandi conquiste nel Mediterraneo, allude all’iniziativa di singoli comandanti senza però nominarli (si riconoscono però facilmente le imprese di Flaminino, Scipione Emiliano e soprattutto Pompeo) . Fatto abbastanza interessante, in questo trattato il senato è evocato una volta sola, a proposito di Camillo, già respinto e deposto, e richiamato dopo l’invasione di Brenno . Il popolo lo aveva richiamato, conferendogli un potere assoluto (παραδιδοὺς ἀνυπεύθυνον ἡγεμονίαν), ovvero la dittatura . «Perché, dunque, non sembrasse che egli lo assumesse per estrema necessità, ma in forza della legge, né che fosse eletto, quasi disperasse della città, da soldati di un esercito dispero ed errabondo, bisognava che i senatori sul Campidoglio venissero edotti della decisione dei soldati e l’approvassero col loro voto»26 . Il delicato rapporto tra princeps e senato traspare da un passo della Vita di Cesare, in merito alla presunta aspirazione di Cesare alla monarchia: «in senato gli avevano decretato onori eccezionali, ed egli era casualmente seduto sui Rostri quando gli si avvicinarono consoli e pretori e tutti i senatori al seguito, non si alzò, ma come se avesse a che fare con semplici cittadini affermò che quegli onori erano da diminuire, non da accrescere . Un simile atteggiamento non solo irritò il senato, ma anche il popolo, convinto che nel senato era stata offesa tutta la città»27 . A questo punto menziona un voto del senato in cui sarebbero stati decretati degli onori esagerati . Plutarco non specifica il luogo di riunione, ma dice che il senato al completo, preceduto dai consoli e dai pretori, aveva comunicato la decisione a Cesare quando questi si trovava seduto sui Rostra28 . Sappiamo comunque da Cassio Dione (44 .4) che gli onori in questione avevano una particolare importanza simbolica: Cesare aveva ottenuto la qualificazione di princeps, e godeva il diritto di sfoggiare ovunque la veste trionfale, nonché di sedersi sulla sella curule (salvo in occasione dei giochi, per cui gli era riservato lo stesso luogo dei tribuni); anche Cassio Dione osserva che simili onori erano considerati inauditi ed eccessivi, ma indicando altresì che la responsabilità era dei senatori, già pronti a calunniarlo per l’eccesso di vanità originato in Cesare dai privilegi che essi stessi gli avevano conferito . La risposta di Cesare, apparentemente dettata da uno spirito di moderazione, si rivelò 26 Fort. Rom.12 .1 .324e: Ἵν’οὖν μὴ καιρῷ δοκῇ νόμῳ δὲ λαμβάνειν ὁ ἀνήρ, μηδ’ὡς ἀπεγνωκὼς τὴν πόλιν, ὅπλοις ἀρχαιρεσιάζηται στρατοῦ σποράδος καὶ πλάνητος, ἔδει τοὺς ἐν Καπετωλίῳ βουλευτὰς ἐπιψηφίσασθαι τὴν τῶν στρατιωτῶν γνώμην μαθόντας, trad . di Giovanni Forni . 27 Caes. 60 .4–5: Ἐν δὲ συγκλήτῳ τιμάς τινας ὑπερφυεῖς αὐτῷ ψηφισαμένων, ἔτυχε μὲν ὑπὲρ τῶν ἐμβόλων καθεζόμενος, προσιόντων δὲ τῶν ὑπάτων καὶ τῶν στρατηγῶν, ἅμα δὲ καὶ τῆς βουλῆς ἁπάσης ἑπομένης, οὐχ ὑπεξαναστάς, ἀλλ’ὥσπερ ἰδιώταις τισὶ χρηματίζων ἀπεκρίνατο συστολῆς μᾶλλον ἢ προσθέσεως τὰς τιμὰς δεῖσθαι. Καὶ τοῦτ’οὐ μόνον ἠνίασε τὴν βουλήν, ἀλλὰ καὶ τὸν δῆμον, ὡς ἐν τῇ βουλῇ τῆς πόλεως προπηλακιζομένης, trad . di Domenico Magnino . 28 Dal momento che altre fonti localizzano l’evento presso il foro di Cesare davanti al tempio di Venere Genitrice, è probabile che Plutarco abbia formulato una deduzione facilior, indicando implicitamente che il luogo della riunione fosse la Curia nel Foro romano .

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tuttavia come un errore, dal momento che aveva accolto l’insieme dei magistrati con imperium e il corpo senatoriale (certo un gran numero, anche se non tutti i novecento elementi) come se si trattasse di privati cittadini . Questa manifestazione di arroganza aveva offeso non solo i senatori ma anche il popolo, dal momento che, insieme al senato, era stato infangato l’onore della città . Il rapporto fra princeps e senato è esemplificato da un passo dei Precetti politici, dove Plutarco cita esempi di giovani che si affidano a personaggi più maturi, adducendo sia esempi greci che romano-repubblicani: Clistene con Aristide, Cabria con Focione, Fabio Massimo con Catone, Silla con Lucullo ecc . (Praec. ger. reip. 11 .1 .805f; sembra qui evidente l’allusione al rapporto fra Nerva e Traiano) . Nel medesimo trattato, Plutarco specifica l’importanza di una divisione dei compiti in base alle competenze . Come il nocchiero di una nave (una metafora di tradizione platonica, ricorrente in questo trattato qui come anche nel trattato An seni r. p. ger. sit), l’uomo politico (il leader di una polis, ma anche il princeps) deve saper delegare i compiti al proprio equipaggio: «così all’uomo politico conviene concedere ad altri il comando e invitarli alla tribuna con benevolenza e affabilità, e non mettere in moto tutte le cose della città con i suoi discorsi, decisioni e azioni, ma avendo uomini fidati e validi, adattare ognuno di essi secondo le capacità proprie di ciascuno a ogni singola necessità»29 . Nonostante tutti gli esempi addotti si riferiscano a uomini politici greci e romano-repubblicani, il riferimento al rapporto fra principe e senato traspare pienamente da questo paragone: «come la divisione della mano nelle dita non rende debole, ma abile e organico il suo uso, così il politico che chiama gli altri a partecipare al governo della cosa pubblica rende più efficace la sua azione con la collaborazione» . Ed è evidente anche l’allusione a Domiziano, quando subito dopo indica il politico che soffre di ‘brama insaziabile di gloria e di potere’ e si accolla tutto il peso della città senza essere in grado di gestirlo per evidente incompetenza: «Cleone a guidare eserciti, Filopemene a comandare una flotta, Annibale ad arringare il popolo»30 . Occorre quindi il sostegno di esperti governatori . Questo appare chiaramente in Praec. ger. reip. 824c-ss ., dove Plutarco elabora la figura esemplare

29 οὕτω τῷ πολιτικῷ προσήκει παραχωρεῖν μὲν ἑτέροις ἄρχειν καὶ προσκαλεῖσθαι πρὸς τὸ βῆμα μετ’εὐμενείας καὶ φιλανθρωπίας, κινεῖν δὲ μὴ πάντα τὰ τῆς πόλεως τοῖς αὑτοῦ λόγοις καὶ ψηφίσμασιν ἢ πράξεσιν, ἀλλ’ἔχοντα πιστοὺς καὶ ἀγαθοὺς ἄνδρας ἕκαστον ἑκάστῃ χρείᾳ κατὰ τὸ οἰκεῖον προσαρμόττειν (Praec. ger. reip., 15 .812c) . 30 Ὡς γὰρ ὁ τῆς χειρὸς εἰς τοὺς δακτύλους μερισμὸς οὐκ ἀσθενῆ πεποίηκεν ἀλλὰ τεχνικὴν καὶ ὀργανικὴν αὐτῆς τὴν χρῆσιν, οὕτως ὁ πραγμάτων ἑτέροις ἐν πολιτείᾳ μεταδιδοὺς ἐνεργοτέραν ποιεῖ τῇ κοινωνίᾳ τὴν πρᾶξιν· ὁ δ’ἀπληστίᾳ δόξης ἢ δυνάμεως πᾶσαν αὑτῷ τὴν πόλιν ἀνατιθεὶς καὶ πρὸς ὃ μὴ πέφυκε μηδ’ἤσκηται προσάγων αὑτόν, ὡς Κλέων πρὸς τὸ στρατηγεῖν, Φιλοποίμην δὲ πρὸς τὸ ναυαρχεῖν, Ἀννίβας δὲ πρὸς τὸ δημηγορεῖν, οὐκ ἔχει παραίτησιν ἁμαρτάνων ἀλλὰ προσακούει τὸ τοῦ Εὐριπίδου, τέκτων γὰρ ὢν ἔπρασσες οὐ ξυλουργικά λέγειν ἀπίθανος ὢν ἐπρέσβευες ἢ ῥᾴθυμος ὢν ὠκονόμεις, ψήφων ἄπειρος ἐταμίευες ἢ γέρων καὶ ἀσθενὴς ἐστρατήγεις (Praec. ger. reip., 15 .812e-f )

Plutarco e il senato

del ‘personaggio-funzione’ individuato da Paolo Desideri, il ‘politico amministratore locale’ contrapposto al ‘politico burocrate’ di Quintiliano31 .

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Chiar a Carsana

I senatus consulta e le sedute del senato nelle Guerre Civili di Appiano*

Alla base dei ragionamenti che seguiranno sta la selezione dei passi che propongo nel prospetto finale . Essa comprende tutti i casi in cui mi sembra attestato – secondo la testimonianza del racconto di Appiano nei cinque libri delle Guerre Civili – un intervento del senato cui dovrebbe o potrebbe aver fatto seguito un sc. A partire da questi dati cercherò di mostrare come l’attenzione dello storico alessandrino per le deliberazioni senatorie, e per il dibattito politico di cui furono l’esito, sia determinato da una sua visione generale della storia dei conflitti civili a Roma e dalla chiave di lettura che di tali conflitti egli ci offre .

I. Appiano e i documenti Una prima osservazione generale che è possibile fare a partire dall’insieme di questi materiali è che in nessuno dei casi censiti Appiano dichiara di aver tradotto o di aver consultato un testo ufficiale, con un’unica eccezione, in cui però resta dubbio se la citazione del testo greco consultato si riferisca a un documento o (più probabilmente) a una fonte storiografica1 . In realtà, in base ai risultati della ricerca condotta da Barbara Scardigli sull’utilizzo dei documenti da parte di Appiano (inserita all’interno di un ampio progetto sull’uso dei documenti nella storiografia antica)2 sono veramente rari i luoghi in cui lo storico fa riferimento a dei testi ufficiali che avrebbe visionato e, in alcuni * Desidero ringraziare Guido Clemente per aver letto e discusso con me la prima versione di questo testo e per gli stimoli che mi ha trasmesso . Dedico questo lavoro alla cara memoria di Emilio Gabba e Domenico Magnino . 1 App . BC 1 .97 .452–3 . 2 Scardigli, Documenti 2003, 391–412 .

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casi, tradotto . Il più celebre è quello del decreto sulle proscrizioni del secondo triumvirato (BC 4 .8 .31–11 .45): in questo caso Appiano dichiara esplicitamente di riprodurre l’intero testo (31: Καὶ εἶχεν οὕτως ἡ προγραφή) tradotto in greco dal latino (45: ὧδε μὲν εἶχεν ἡ προγραφὴ τῶν τριῶν ἀνδρῶν, ὅσον ἐς Ἑλλάδα γλῶσσαν ἀπὸ Λατίνης μεταβαλεῖν), e a favore dell’autopsia diretta del decreto si pronuncia la maggioranza degli studiosi3 . Anche nel libro 5 Appiano dichiara di aver tradotto in greco dal latino il dialogo tra Ottaviano e Lucio Antonio al momento della resa di Perugia ἐκ τῶν ὑπομνημάτων4: in essi Gabba individua gli acta diurna; mi sembra però più convincente propendere, con Malcovati e, da ultimo, Canfora, per una citazione dei Commentarii di Augusto5. Dichiarazioni equivalenti non sono invece mai espresse dallo storico in relazione a decreti del senato . Non è dunque possibile non solo dimostrare, ma anche solo ipotizzare6 una conoscenza diretta del testo ufficiale da parte dello storico alessandrino . Tuttavia questa constatazione non inficia, a mio modo di vedere, il valore delle testimonianze che l’opera di Appiano ci offre in materia di scc.

II. La menzione dei senatus consulta nelle Guerre Civili Sotto questo aspetto la sezione della Rhomaiké Historia dedicata ai conflitti civili offre piuttosto, mi sembra, degli spunti stimolanti . È importante ricordare, prima di tutto, che i cinque libri sulle Guerre Civili contengono una narrazione lunga e minuziosa, l’unica che ci riporti per intero e per esteso l’arco di un secolo di avvenimenti compresi tra il 133 e il 35 a . C . Come è stato possibile provare attraverso il lavoro di commento storico ai 5 libri (effettuato da Gabba e Magnino rispettivamente per i libri 1/5 e 3/4 e dalla sottoscritta per parte del libro 2), Appiano fa riferimento a tradizioni storiografiche di buona e spesso ottima qualità, che in alcuni casi è lecito ipotizzare contemporanee e autoptiche . A una indubbia capacità di scegliere e selezionare materiali, il nostro autore coniuga una propria personale prospettiva storiografica e politica . Essa si coglie fin dall’incipit del proemio al libro 1, che è particolarmente significativo per il tema che ci interessa. La storia di Roma è interpretata alla luce dei contrasti tra δῆμος e βουλή per la presentazione di leggi, la cancellazione dei debiti, la divisione dell’agro pubblico, le elezioni dei 3 Tra i quali Gabba, Hinard, Canfora, Magnino, Wallmann, Gowing, De Martino: v . rassegna in Scardigli, Documenti 2003, 581 . 4 App . BC 5 .45 .191: Ταῦτα μὲν ἔλεξαν ἀλλήλοις, ὡς ἐκ τῶν ὑπομνημάτων ἦν ἐς τὸ δυνατὸν τῆσδε τῆς φωνῆς μεταβαλεῖν τεκμαιρομένῳ τῆς γνώμης τῶν λελεγμένων . 5 Gabba, Appiani 1970, XVII–XXII; Malcovati, Imperatoris 1962, 93-94; Canfora, Augusto 2015, 231-237 . 6 V . il caso di App . BC 1 .60 .271–2 discusso da Scardigli, Documenti 2003, 580 ss .

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magistrati7 . Tali dissensi, endemici nel corso di tutta la storia di Roma, innescarono, a partire dal tribunato di Tiberio Gracco, una spirale di violenza, scatenando la lotta, anche armata, tra fazioni8: «nascevano sempre più di frequente signorie (δυναστεῖαι) e capipartito che tendevano al regno (στασίαρχοι μοναρχικοί)»9 . Lo scopo che l’autore si pone è quello di descrivere la concatenazione di avvenimenti che fatalmente avrebbero portato all’imporsi della struttura finale dell’impero, in un’ottica che potremmo definire provvidenzialistica . L’interesse di Appiano, che integra, rielabora e organizza il materiale selezionato dalla tradizione storiografica, non è rivolto tanto alle guerre in sè, quanto alle dinamiche politico-istituzionali che ne sono all’origine . Anche per questo motivo la mia relazione non si limiterà ad una analisi dei scc., ma li collocherà, laddove possibile, all’interno del contesto più ampio dei dibattiti svoltisi in senato, non di rado influenzati da pressioni esercitate dall’esterno della curia . Nell’operare la selezione che qui sottopongo ho proceduto, come dicevo, in modo empirico, considerando tutte le situazioni in cui venga attestata una decisione o un’iniziativa presa dal senato . Ho preferito dunque non escludere casi dubbi, che sottopongo in modo problematico nel mio dossier . Da un punto di vista metodologico mi sento di condividere pienamente la riflessione di Leo Peppe10: rispetto a quello che è il problema-chiave della storia del sc., il valore legislativo o meno delle sue pronunce, «uno dei temi più oscuri della storia del diritto romano»11, ho preferito provare a ripartire dalle fonti . La casistica che ne deriva, soprattutto per il libro 1, è particolarmente ampia .

III. Il lessico politico-istituzionale Prima di entrare in un’analisi specifica dei singoli libri, vorrei fare alcune osservazioni generali sul lessico appianeo . All’interno delle 94 testimonianze da me selezionate12, il termine più ricorrente per indicare una risoluzione del senato è la forma verbale ψηφίζω/-ομαι: essa compare 28 volte, più le varianti ἐπιψηφίζω (decidere con votazione)13, προσψηφίζομαι

7 App . BC 1 .1 .1: Ῥωμαίοις ὁ δῆμος καὶ ἡ βουλὴ πολλάκις ἐς ἀλλήλους περί τε νόμων θέσεως καὶ χρεῶν ἀποκοπῆς ἢ γῆς διαδατουμένης ἢ ἐν ἀρχαιρεσίαις ἐστασίασαν . La traduzione italiana dei testi citati nel corso del lavoro è basata su quella a cura di Gabba e Magnino, Le guerre civili 2001 . 8 App . BC 1 .2 .4–6 . 9 App . BC 1 .2 .7 . 10 Peppe, I senatusconsulta 2012, 637–639 . 11 De Francisci, Storia 2 .1 19382, 292 . 12 V . Prospetto a . 13 V . sc. 15 del libro 2 (riferimento posteriore in BC 3 .2 .2) .

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(aggiungere una deliberazione)14 e μεταψηφίζομαι (stabilire con un nuovo decreto)15 . ψηφίζομαι sta ad esprimere in modo generale l’atto del votare e si può riferire sia a un voto espresso dalle assemblee popolari, sia a una decisione della maggioranza del senato: è il soggetto dell’azione o il contesto in cui essa avviene a indicare che essa si riferisca all’elaborazione di un sc. Il sostantivo ψήφισμα si riscontra più raramente (in tre casi soltanto16) e con un’accezione diversa: sta a indicare un sc. già elaborato, il documento vero e proprio, per così dire, piuttosto che l’atto della risoluzione . Un termine che compare con questa medesima accezione (per un totale di 5 volte17) è δόγμα, la cui forma verbale (ἔδοξε: ricorrente nei scc. epigrafici18) non risulta attestata che in un caso solo, quello della seconda seduta senatoria del 17 marzo 4419 . ψήφισμα (come anche ψηφίζω-ομαι) può indicare un sc. (più spesso), ma anche una legge o un plebiscito, a seconda del contesto20 . Un termine contiguo per significato a ψηφίζομαι (nell’accezione tuttavia specifica del iudicare21) e attestato nei documenti ufficiali (sc. De Asclepiade sociisque, 78 a . C .22) è κρίνω con 3 attestazioni23 . Un suo composto, ἀποκρίνομαι, sta a indicare la risposta (ἀπόκριμα = rescriptum24) di ultimatum data dal senato agli ambasciatori degli alleati ribelli (allo scoppio della Guerra Sociale)25 . Le decisioni del senato vengono anche introdotte da una varietà di altre espressioni, in alcuni casi generiche, in altri specifiche e mirate alla situazione: –

δίδωμι/ἐδόθη26 (variante παρέχω27): autorizzazione, concessione, incarico affidato a un console, autorizzazione/facoltà concessa a un tribuno della plebe . La variante ἀναδίδωμι (ἐς τὸν νόμον) indica un parere probuleutico (di approvazione) a una proposta di legge28;

14 V . sc. 8 del libro 2 . 15 V. sc. 27 del libro 3 . 16 I scc. 29 (sc. contro Silla dell’87) e 34 (onori conferiti a Silla nell’82) del libro 1 e il sc. 14 del libro 2 (onori conferiti a Cesare nel 44) . 17 V . scc. 15, 16, 17 del libro 2 e scc. 7 e 29 del libro 3 . 18 V . ad es . FIRA2 1 .31, 34, 35, 36; IG 9 .89 . 19 sc. 18 del libro 2 . 20 V . Mason, Greek Terms 1974, 100 . 21 V . Mason, Greek Terms 1974, 64 . 22 FIRA2 1 .35 . 23 scc. 1 e 12 del libro 1; sc. 13 del libro 3 . 24 V . Mason, Greek Terms 1974, 24 . 25 sc. 11 del libro 1 . 26 9 attestazioni: scc. 2 e 5 del libro 1; 2, 3, 4, 5, 11, 26 del libro 3; 5 del libro 5 . 27 sc. 4 del libro 2 . 28 sc. 3 del libro 1 .

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– – – – – –

κελεύω29 (e la sua variante προστάσσω30): ordine rivolto ai consoli (o a un console) da porre in esecuzione, investitura a un comando militare (iussus/mandatum), ma anche ultimatum31; αἱρέω32 (e la variante χειροτoνέω33): scegliere, eleggere; πέμπω (e composti)34: inviare (un governatore, ambasciatori, legati); κηρύσσω35: promulgare un bando tramite un araldo; καταγιγνώσκω36: condannare; παραλύω37: abolire, cassare, deporre; ὁρκόω38: far giurare, vincolare con un giuramento .

La varietà delle forme riscontrate, più che ricalcare sostantivi e forme verbali del formulario ufficiale, esprime piuttosto, e si adatta, alla realtà delle contingenze politiche .

IV. Competenze del senato e prerogative popolari nell’età delle guerre civili dai Gracchi a Silla: il libro 1 Procediamo con ordine, partendo da una disamina delle deliberazioni del senato attestate nel libro 1 . All’interno di una casistica molto variegata, proverò a seguire l’ordine di successione offerto dal Proemio, che riflette la prospettiva di Appiano sul graduale innescarsi dei meccanismi di conflitto39: 1) I contrasti tra popolo e senato a) nella presentazione di leggi (περί τε νόμων θέσεως: BC 1 .1)40 e b) nella divisione dell’agro pubblico (περί τε … γῆς διαδατουμένης: BC 1 .1)41 comportano interventi di vario tipo da parte dei patres: –

29 30 31 32 33 34 35 36 37 38 39 40 41

Questi due aspetti sono strettamente connessi tra di loro, fin dalla prima discussione in senato presentata nel dossier, che verosimilmente non ebbe come

scc. 4 e 8 del libro 1; 23 del libro 3 . scc. 9, 13 e 35 del libro 1; 12 del libro 3 . sc. 8 del libro 1 . scc. 6, 15 e 35 del libro 1; 6 del libro 2; 7 del libro 3 . scc. 25 del libro 1; 24 e 25 del libro 3 . scc. 26, 27, 30 e 40 del libro 1; 1 e 13 del libro 2 (composti); 29 del libro 3; 3 del libro 5 . sc. 18 del libro 1 . sc. 3 del libro 2; 28 del libro 3 . sc. 3 del libro 2; 29 del libro 3 . sc. 37 del libro 1 . In tal senso, per il libro 1, v . Hinard, Appien 2003, 318–324 . V . supra, nt . 7 . V . supra, nt . 7 .

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esito finale un sc.42 . In una situazione di contrasto sulla presentazione della riforma agraria, Tiberio Gracco e Ottavio sono invitati da ‘uomini autorevoli’ a rivolgersi al senato per un arbitrato (περὶ ὧν διαφέρονται) . Di fronte all’ostilità dei senatori, Tiberio preferisce sottrarsi al parere probuleutico del senato (non obbligatorio per i plebisciti)43, presentando di nuovo la legge agraria contestualmente alla proposta di destituzione di Ottavio44 . Sempre in relazione alla riforma agraria di Tiberio, nel sc. 2 (BC 1 .19 .79–80) Scipione nel 129 propone di far risolvere le controversie sorte dalla sua applicazione non dai triumviri, sospetti ai giudicandi, ma da altri . Il senato incarica di tale funzione il console Tuditano (Τουδιτανὸς αὐτοῖς ὑπατεύων ἐδόθη δικάζειν) . Appiano offre l’unica testimonianza di questa risoluzione del senato, che potrebbe stare ad indicare: 1) una obrogatio della lex45; 2) la nomina di un commissario – il console in carica – che viene a sostituire, nei casi controversi, i triumviri eletti dai concilia plebis46. La situazione che si configura è comunque di competizione e di sovrapposizione di competenze tra un agente del senato e commissari eletti dal popolo . Una situazione di competizione e di sovrapposizione si viene a configurare un decennio più tardi in un ambito contiguo a quello agrario, che riguarda le fondazioni coloniarie in Italia e nelle province: a) nel sc. 5 (BC 1 .23 .101) il senato concede al tribuno Livio Druso di avanzare la proposta di fondazione di 12 colonie in Italia (ἔδωκαν δ’αὐτῷ καὶ φιλανθρωπεύσασθαι τὸν δῆμον δώδεκα ἀποικίαις), per distogliere l’attenzione dalle proposte di legge di Caio Gracco e farlo decadere dal favore popolare. Sulla priorità di competenze in questo delicato settore le fonti antiche non sono concordi e la discussione resta aperta anche negli studi moderni47 . A partire dall’epoca graccana «la legge appare … alla base di ogni assegnazione viritana e ogni assegnazione coloniaria»48: tuttavia è proprio in questo periodo che si profilano, con i cambiamenti che si verificano nei rapporti tra popolo e senato, situazioni di sovrapposizione, di interferenza . In questo specifico caso la funzione del senato è probuleutica e al contempo sembra necessaria (ἔδωκαν); b) nel sc. 7 (BC 1 .24 .105) ἡ μὲν βουλὴ προέγραφεν ἐκκλησίαν, ἐν ᾗ τὸν νόμον ἔμελλε τὸν περὶ τῆσδε τῆς ἀποικίας λύσειν: il senato intende far abrogare la lex Rubria sulla colonia di Cartagine, presentando la richiesta all’assemblea (attraverso il tribuno Minucio Rufo) . La mo-

42 s. s. 1 del libro 1 (App . BC 1 .12 .50–51) . 43 V . Willems, Le Sénat 18852, 102–104; De Martino, Storia 19732, 468 . 44 App . BC 1 .12 .51–54; v . De Martino, Storia 19732, 471–472; Gabba, Appiani 19672, 36–39 . 45 V . Gabba, Appiani 19672, 60; Reduzzi Merola, Iudicium de iure legum 2001, 25–27 . 46 Con la motivazione di un’interferenza dei triumviri nelle relazioni internazionali, di competenza del senato (in relazione all’agro pubblico occupato dagli alleati); v . discussione in Gabba, Appiani 19672, 60–61 . 47 V . ampia discussione dello status quaestionis in Laffi, Leggi 2012, 445–460 . 48 Ivi, 430 .

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tivazione che ne è alla base sono i cattivi auspici ravvisati dagli Auguri sul luogo della fondazione . Con quest’atto, facendo leva sul terrore religioso con l’ausilio del collegio degli Auguri, il senato cercava di opporsi alla fondazione di una colonia civium Romanorum dedotta per la prima volta fuori dall’Italia, che sottraeva anche il suolo provinciale al controllo esclusivo del senato49 . In riferimento al conflitto tra popolo e senato nella presentazione delle leggi (περί τε νόμων θέσεως: BC 1 .1), va ancora menzionato il sc. 4 (BC 1 .23 .100): in occasione della votazione del plebiscito con cui Caio Gracco proponeva il diritto di voto per gli Italici, il senato fa emettere ai consoli un’ordinanza (ἡ βουλὴ … τοὺς ὑπάτους ἐκέλευσε προγράψαι) che vietava ai non residenti di soggiornare nell’Urbe, e di avvicinarsi più di 40 stadi durante le votazioni; questo allo scopo di evitare che Italici sopraggiunti a Roma potessero esercitare pressioni sull’elettorato cittadino .

Nel decennio dei tribunati graccani il senato si avvale dunque di diverse forme di intervento (giustificate dai suoi ambiti di competenza) allo scopo di arginare e di ostacolare i progetti di riforma attuati dai due fratelli: i scc. rappresentano lo strumento, duttile e multiforme, di azione politica degli optimates50. 2) A fronte di queste azioni fondate su prerogative che scaturiscono dal mos maiorum, procedure straordinarie di emergenza quali il senatus consultum ultimum e la iudicatio hostis rei publicae si pongono su un altro piano e sono diversamente valutate da Appiano, per il quale l’uccisione di Tiberio Gracco, «mentre era tribuno della plebe e nel mezzo dell’attività legislativa» condusse a un punto di non ritorno: «dopo questo crimine le sedizioni non cessarono più e in ogni occasione i cittadini si dividevano apertamente in fazioni contrarie»51 . L’uccisione del tribuno, dichiarato hostis rei publicae perseguibile con la morte per aver reiterato la propria candidatura, secondo il giudizio di Appiano è un abominio, un atto empio 49 V . De Martino, Storia 19732, 507 . 50 Un altro aspetto del contendere tra popolo e senato è quello dei debiti (χρεῶν ἀποκοπῆς: BC 1 .1) . L’esempio di azione politica del senato offerto dal libro 1 è molto interessante: v . sc. 18 (1 .54 .239) . In questo caso i debitori insolventi appartengono all’aristorazia senatoria (v . Gabba, Appiani 19672, 60–61): all’uccisione sacrilega del pretore Asellione, che aveva agito da conciliatore tra le parti in forma gradita all’aristocrazia terriera, il senato reagisce facendo bandire un premio per avere indizi sulla sua uccisione (καὶ ἡ σύγκλητος ἐκήρυσσεν) . Ad autorizzare un intervento del senato erano la sua competenza in ambito religioso (i creditori «che sopportavano di mal animo che egli rinnovasse la legge antica» (236) avevano ucciso il pretore mentre celebrava un sacrificio ai Dioscuri nel foro), oltre che il potere di conferire ricompense; v . De Martino, Storia 19732, 209–210 . Le misure di Asellione sui debiti erano state molto ben accolte dalla aristocrazia agraria . Questo spiega l’azione del senato (che però non portò a niente) . 51 App . BC 1 .1 .5: καὶ οὐκ ἀνέσχον ἔτι αἱ στάσεις ἐπὶ τῷδε τῷ μύσει, διαιρουμένων ἑκάστοτε σαφῶς ἐπ’ἀλλήλοις καὶ ἐγχειρίδια πολλάκις φερόντων …

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(μύσος)52, che si sarebbe potuto evitare facendo ricorso alla dittatura53 (ingenuità ex post dello storico alessandrino) . Può essere utile considerare il linguaggio con cui tali provvedimenti straordinari vengono via via definiti da Appiano: –







sc. 1 (BC 1 .16 .67–68): i senatori, κρίναντες δ’ὅσα ἔκριναν, seguirono in Campidoglio il pontefice massimo Scipione Nasica, dopo il rifiuto opposto dal console Scevola, il più grande giurista del tempo, di avallare la risoluzione presa; sc. 8 (BC 1 .25 .115–116): il senatus consultum ultimum contro Caio Gracco viene invece presentato nella forma di un ultimatum (οἳ δ’ἐκέλευον αὐτοὺς ἀποθεμένους τὰ ὅπλα ἥκειν εἰς τὸ βουλευτήριον καὶ λέγειν, ὅ τι θέλοιεν, ἢ μηκέτι πέμπειν μηδένα)54 . In questo caso la dichiarazione del senato e il successivo intervento armato sono sollecitati e messi in atto dal console Opimio; sc. 10 (BC 1 .32 .144): il senatus consultum ultimum per l’eliminazione di Saturnino, Glaucia e gli altri occupanti del Campidoglio è espresso attraverso una formula inequivocabile (καὶ αὐτοὺς τῆς βουλῆς ἀναιρεθῆναι ψηφισαμένης ὁ Μάριος ἀχθόμενος ὅμως ὥπλιζέ τινας σὺν ὄκνῳ), cui segue l’allestimento delle truppe – per quanto riluttante – del console Mario; sc. 23 (BC 1 .60 .271): Mario e i suoi sono dichiarati nemici dello stato (πολεμίους Ῥωμαίων ἐψήφιστο εἶναι), per aver incitato alla rivolta, aver combattuto i consoli, promesso ai servi la libertà per spingerli alla ribellione (ὡς στάσιν ἐγείραντας καὶ πολεμήσαντας ὑπάτοις καὶ δούλοις κηρύξαντας ἐλευθερίαν εἰς ἀπόστασιν) e chiunque li avesse incontrati poteva ucciderli impunemente e condurli davanti ai consoli (καὶ τὸν ἐντυχόντα νηποινεὶ κτείνειν ἢ ἀνάγειν ἐπὶ τοὺς ὑπάτους) . Più avanti (273) il sc. risulta confermato da un editto del popolo romano (τὸ κήρυγμα τοῦ δήμου)55 .

In questa successione di casi si delinea un evolversi progressivo che conduce, a partire da un atto definito empio, a una prassi istituzionalizzata56 . I scc. successivi contro Silla (sc. 29: πολέμιος ἐψηφίζετο), contro Metello e i senatori che si erano uniti a Silla (sc. 33: ἐψηφίζετο εἶναι πολεμίους), come anche più avanti i medesimi 52 Ibid. 53 App . BC 1 .16 .67 . 54 Sia in Cicerone (Cat. 1 .4) che anche in Plutarco (Gr. 35 .3) compare invece la formula del sc. u.: v . infra, Prospetto a . 55 V . infra, Prospetto a . 56 Tale visione sembra essere peculiare di Appiano: 1) nella testimonianza di Valerio Massimo (3 .2 .17) si fa riferimento, già a proposito di Tiberio Gracco, a un’unanime decisione del senato (cunctisque censentibus) espressa attraverso la formula del sc. u.: ut consul armis rem publicam tueretur (osteggiata dal console Mucio Scevola); il greco della versione plutarchea (Plut . Gr. 19 .3) corrisponde al latino: ὁ δὲ Νασικᾶς ἠξίου τὸν ὕπατον τῇ πόλει βοηθεῖν …; 2) nel caso del provvedimento contro il fratello Caio, v . supra, nt . 54 .

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provvedimenti di emergenza presi nel corso dei libri successivi contro Cesare, Dolabella, Marco Antonio e infine Ottaviano vengono tutti presentati con la medesima formula57 . 3) Al consolidarsi della prassi del senatus consultum ultimum e della iudicatio hostis rei publicae si intreccia il passaggio alle «aperte rivolte contro lo stato e le spedizioni militari ad opera di esuli o condannati o avversari in contrasto per una magistratura o un comando militare»58 . Questa situazione peggiora dopo la Guerra Sociale, che cessando «suscitò altre rivolte e dei capipartito ancor più potenti, che non impiegarono più l’uno contro l’altro proposte di leggi e metodi demagogici, ma interi eserciti»59 . Il conflitto tra Silla e Mario assume le forme, da un punto di vista costituzionale, di un contrasto/sovrapposizione di competenze, ancora una volta, tra plebe e senato: –

col sc. 19 (BC 1 .55 .241) il senato attribuisce al console Silla per sorteggio la provincia di Siria e il comando della guerra contro Mitridate (Σύλλας μὲν ὑπατεύων ἔλαχε στρατηγεῖν) . La reazione di Mario è quella di farsi conferire, tramite il tribuno Sulpicio Rufo, il comando della guerra contro Mitridate al posto di Silla per votazione popolare (BC 1 .56 .249: Μάριον εὐθὺς ἐχειροτόνει τοῦ πρὸς Μιθριδάτην πολέμου στρατηγεῖν ἀντὶ Σύλλα) .

I scc. che fanno seguito non sono più espressione di un’autonoma politica senatoria, ma della lotta (armata) tra factiones60 e degli stasiarchoi che dominano l’Urbe61 o la minacciano dall’esterno coi propri eserciti62 . 4) La fase successiva descritta da Appiano nel Proemio è quella della dittatura: un passo fondamentale verso l’affermarsi del potere monarchico . Anche in questo caso il senato agisce in modo strumentale alla volontà di Silla . Dopo il sc. di ratifica degli atti precedenti di Silla, cui si accompagna l’onorificenza di una statua dorata con dedica (sc. 34), Silla ordina (προσέταξεν) al senato di procedere alla nomina di un interrex (sc. 35): un passaggio necessario a dare veste formale a una magistratura fuori dal mos maiorum, che Appiano definisce senza mezzi termini come una forma di monarchia (οὕτω μὲν δὴ Ῥωμαῖοι … αὖθις 57 V . infra, Prospetto a: scc. 12 del libro 2 (Cesare), 13 del libro 3 (Dolabella), 14 del libro 3 (Antonio) e 27 del libro 3 (Ottaviano) . 58 App . BC 1 .2 .6: ἐπαναστάσεις ἐπὶ τὴν πολιτείαν … καὶ στρατεῖαι μεγάλαι καὶ βίαιοι κατὰ τῆς πατρίδος … φυγάδων ἀνδρῶν ἢ καταδίκων ἢ περὶ ἀρχῆς τινος ἢ στρατοπέδου φιλονικούντων ἐς ἀλλήλους . 59 App . BC 1 .34 .151: στάσεις τε ἄλλας καὶ στασιάρχους δυνατωτέρους ἀνέθρεψεν οὐ νόμων εἰσηγήσεσιν ἔτι οὐδὲ δημοκοπίαις, ἀλλὰ ἀθρόοις στρατεύμασι κατ’ἀλλήλων χρωμένους . 60 V . scc. 24, 25, 32, 33 . 61 V . scc. 23, 29, 33 . 62 V . scc. 20, 21–22, 26, 27, 28, 30, 31 .

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ἐπειρῶντο βασιλείας: BC 1 .99 .463) . Sarebbe stato infatti l’interrex Valerio Flacco (autorizzato dalla lex Valeria) a dicere il dittatore senza fissare un termine temporale di decadimento dalla carica63 . Come si può osservare dal Prospetto, la selezione di scc. del libro 1 è particolarmente ricca: se ne riscontrano 40 su un totale di 94 individuati all’interno dei cinque libri delle Guerre Civili . Non è possibile in questa sede commentare tutti i scc. elencati, tra i quali ho deciso di omettere il blocco di risoluzioni prese dal senato durante la Guerra Sociale64 (dove i patres agiscono in modo conforme a quelle che sono le loro prerogative tradizionali in occasione di guerre esterne65) . Ho preferito concentrarmi, invece, su quei scc. (comunque una larga percentuale di quelli selezionati) in cui il senato agisce facendone degli strumenti di contesa politica, in concorrenza con altre forze e poteri emergenti: in particolar modo i tribuni della plebe . Sotto questo aspetto mi sembra che Appiano offra una testimonianza preziosa per vari motivi: 1) Talvolta esso offre una testimonianza unica, che non trova riscontro in altre fonti, con informazioni preziose e interessanti: è il caso, ad esempio, del sc. 266, in cui si parla dell’azione del senato nei confronti dei triumviri agrari . 2) Ma di notevole importanza per noi è soprattutto il quadro generale del racconto, l’unico da cui deriviamo una visione d’insieme degli anni 133–70 a . C . Nel leggerlo si coglie l’interpretazione a distanza dello storico alessandrino: essa viene espressa nei capitoli introduttivi del Proemio alle Guerre Civili e se ne trova un diretto riscontro nella rappresentazione dell’azione del senato nei suoi aspetti di sovrapposizione – e di concorrenza – rispetto alle prerogative assembleari e soprattutto all’iniziativa tribunizia . Da un punto di vista politico-istituzionale, l’ambito di intervento dei scc. non si configura sempre come esclusivo . Lo è solo in alcuni settori specifici, come quello finanziario e quello delle relazioni internazionali . Molto più spesso le competenze del senato – agite attraverso lo strumento dei scc. – sono complementari a quelle assembleari . Questa complementarietà era già stata colta dagli storici antichi: il greco Polibio, in particolare, ne definisce la fisionomia attraverso il filtro interpretativo della teoria della costituzione mista67 . Il suo quadro viene ripreso e ridiscusso in termini problematici dai grandi studiosi moderni: in particolare da De Martino, 63 V . Willems, Le Sénat 18852, 20 ss .; Gabba, Appiani 19672, 341–342 . 64 scc. 11–17 del libro 1 . 65 Che pertengono all’ambito del conferimento delle provinciae ai magistrati e quelli – ad esso collegati – dei comandi militari e della politica estera in generale: v . De Martino, Storia 19732, 193–198 . Per quanto lo storico sottolinei come questa guerra avesse tratto origine dalla lotta politica interna di Roma e avesse generato un’ulteriore sedizione: v . App . BC 1 .34 .151 . 66 V . supra. 67 Soprattutto nei capitoli 13, 14, 16 e 18 del libro 6 delle Storie; v . Carsana, Représentation 2010, 47–58 .

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il quale nel capitolo 6 del II volume nella sua Storia della Costituzione Romana, dedicato alla composizione e ai poteri del senato, focalizza l’attenzione proprio sulle modalità di questa sovrapposizione e complementarietà di competenze68 . Il racconto di Appiano nel libro 1 delle Guerre Civili mostra come progressivamente gli equilibri descritti da Polibio vengano a saltare e la complementarietà delle competenze venga strumentalizzata dalle parti risolvendosi in rapporti di potere sempre più conflittuali69 . La trasformazione della società romano-italica si riflette sull’organizzazione politico istituzionale . Il senato nell’età dei Gracchi elabora e definisce progressivamente uno strumento di azione quale il senatus consultum ultimum, inizialmente rigettato da un illustre giurista come illegale e successivamente sempre meno messo in discussione . 3) Un confronto con fonti parallele relative a questo stesso periodo – in special modo Plutarco – offre una conferma della direzione consapevole di scelte che Appiano opera in modo coerente al suo disegno generale . Rispetto alle Vite plutarchee dei Gracchi, dove i scc. menzionati sono molteplici, Appiano sembra non solo operare una selezione (riportando i casi più incisivi in funzione del quadro d’insieme), ma anche presentare in una prospettiva differente (anche attraverso il lessico) episodi per i quali segue la stessa tradizione di Plutarco, in particolare i casi dei provvedimenti di emergenza del senato contro i due fratelli70 . Rispetto alla Vita plutarchea di Mario, dove questo non viene menzionato esplicitamente71, Appiano riporta invece il senatus consultum ultimum pronunciato contro Saturnino Glaucia e i loro seguaci (sc. 10 del libro 1): per il biografo – che pure segue la medesima tradizione, ma insiste in questo caso su particolari aneddotici72 – il sc. u. in quanto tale non riveste particolare interesse, al contrario che per lo storico delle guerre civili .

V. Senatus consulta e acta senatus nel libro 2. All’interno del libro 2 lo sguardo sulle testimonianze offerte dalla menzione dei scc. si restringe . La casistica degli interventi si riduce, come anche risulta più circoscritto il numero delle deliberazioni senatorie menzionate dallo storico . Nello stesso tempo, però, in questo, come anche nel libro successivo delle Guerre Civili, 68 De Martino, Storia 19732, 185–215 . 69 Sul rapporto tra Polibio e Appiano e sulla dialettica che l’alessandrino stabilisce col megalopolita a secoli di distanza, v . Carsana, Polibio, Diodoro e il Libro 2013, 191–204 . 70 V . supra, nt . 54 e nt . 56 . 71 Plut . Mar. 30 .3–5 . 72 V . ad es . l’episodio sul comportamento ambiguo di Mario che arriva al punto di ricevere contemporaneamente in due diversi luoghi della casa Saturnino e i rappresentanti degli optimates (Plut . Mar. 30 .3) .

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sono riportati in modo molto approfondito e articolato i resoconti di alcune sedute senatorie, per le quali Appiano costituisce una testimonianza unica e preziosa . Anche in questo caso presenterò alcuni dati inerenti alla narrazione degli avvenimenti che riflettono il quadro generale offerto dallo storico alessandrino sugli interventi del senato in questa fase, che va dalla congiura di Catilina ai funerali di Cesare: –

Innanzitutto va riscontrata, in negativo, l’assenza di riferimenti relativi a deliberazioni senatorie in un ambito che nel libro precedente ha invece un particolare rilievo: quello relativo all’ager publicus e alle fondazioni coloniarie . In età graccana il senato fa ricorso a svariate forme di intervento per contrastare l’iniziativa dei populares, in parte attraverso mezzi riconosciuti leciti dal mos maiorum e in parte attraverso strumenti che potremmo invece definire ‘di emergenza’ (quali il senatus consultum ultimum) . A partire dall’età di Mario, la curia risulta però sempre più marginalizzata rispetto a questo tema . Appiano sembra voler sottolineare tale progressiva perdita di potere . L’unica sequenza di sedute senatorie di cui viene riportato un resoconto all’interno del libro 1 è dedicata, non a caso, alla questione agraria in questo delicato momento73: in senato si discute la clausola apposta alla lex agraria proposta dal tribuno Saturnino che prevedeva il giuramento, da parte dei patres, di osservarla; il rifiuto del senatore Cecilio Metello di prestare giuramento resta isolato; e per questo egli viene subito dopo esiliato . Il senato in tale situazione resta impotente: il focus dello storico si concentra sul resoconto dettagliato delle due sedute, perché con esso si evidenzia la condizione di empasse in cui i senatori si trovano, soggetti a manipolazione da parte di Mario e a pressioni da parte della popolazione rurale radunata a Roma da Saturnino e Glaucia . Dopo le distribuzioni di terra ai veterani attuate da Silla durante la sua dittatura74, una serie di leges agrariae viene proposta da Cesare nell’anno del suo consolato . In questo caso non è un tribuno per conto del console (come all’epoca di Mario), ma direttamente il console a presentare le sue proposte di legge ai comitia. La procedura regolamentare avrebbe previsto un parere probuleutico da parte del senato . E infatti, secondo il racconto di Appiano, Cesare νόμους ὑπὲρ τῶν πενήτων ἐς τὸ βουλευτήριον ἐσέφερε75 . Di fronte all’opposizione di larga parte dei senatori (ἐνισταμένων δὲ τῇ γνώμῃ πολλῶν76) Cesare non convoca più il senato per l’intero anno e propone le leggi direttamente al popolo (i comitia tributa) dai rostra77 . Appiano insiste sulla vio-

73 App . BC 1 .30 .135–31 .138; v . infra, Prospetto b, 1,1 . 5–6 . 74 App . BC 1 .100 .470; la sottrazione delle terre ai municipi era stata precedentemente approvata dai comitia centuriata: Cic . De domo 79 . 75 App . BC 2 .10 .35 . 76 App . BC 2 .10 .36 . 77 App . BC 2 .10 .36: βουλὴν μὲν οὐκέτι συνῆγεν ἐπὶ τὸ ἔτος ὅλον, ἐπὶ δὲ τῶν ἐμβόλων ἐδημηγόρει; cfr . CD 38 .4 .1 . Su tutto l’episodio più circostanziato è, in questo caso, il racconto di Cassio

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lenza degli scontri avvenuti in occasione della votazione delle leggi nel foro e fa riferimento (è l’unica fonte) a una particolare procedura introdotta da Cesare che non si limitò a far giurare fedeltà alla legge dai senatori (come aveva fatto Saturnino nel 100), ma estese il giuramento anche all’assemblea popolare78 . Il senato è ridotto all’impotenza . Catone, dopo che al console Bibulo è stato impedito con la violenza di esercitare il veto, tenta di parlare alla folla, ma rimane inascoltato79 . Se Cesare agisce in modo non conforme al mos maiorum, la parte del senato fedele alla legalità non riesce a opporre alcuna resistenza efficace, agendo in modo velleitario (riunioni private a casa di Bibulo80) o sterilmente ostruzionistico (prolungando artificiosamente gli interventi durante le sedute per posticipare il pronunciamento finale)81 . Quali sono dunque le deliberazioni del senato registrate da Appiano nel libro 2? –









Il sc. ultimum contro Catilina del 21 ottobre 63 (sc. 1: BC 2 .3 .9); 2) la deposizione di Lentulo e la sua messa in custodia insieme agli altri congiurati (sc. 2: BC 2 .5 .16); 3) la loro successiva condanna senza processo (sc. 3: BC 2 .6 .21) . La concessione del trionfo a Cesare per le vittorie in Spagna (trionfo che non venne effettuato perché inconciliabile con la presentazione della candidatura al consolato a Roma nei tempi e secondo le procedure richieste) (sc. 4: BC 2 .8 .28) . La negazione della convalida degli acta di Pompeo in Asia (sc. 5): presentata da Appiano come l’azione che diede come esito la formazione del primo triumvirato82 . La nomina di Pompeo a console unico: grazie all’intervento di Catone viene evitata la dittatura; ma Appiano rileva come la differenza tra le due cariche sia solo formale: Pompeo di fatto detiene un potere assoluto, che lo storico definisce monarchico (τὴν τῆς πόλεως μοναρχίαν) (sc. 6: BC 2 .23 .84) . A partire da questo momento, fino allo scoppio della guerra civile, tutti i provvedimenti del senato riportati nel libro 2 riguardano l’attribuzione degli eserciti e delle province: 1) la proroga dell’imperium in Spagna, con l’aggiunta di due legioni a Pompeo consul sine collega, che fa immediato seguito al suo decreto di nomina (προσεψηφίσαντο: sc. 8): egli, commenta Appiano, «fu il primo

Dione (38 .2–7) . 78 App . BC 2 .12 .42; v . Carsana, Riflessioni 2001, 259–274 . 79 App . BC 2 .11 .41: λέγειν μὲν ἔτι οὐδενὸς ἀκούοντος ἀπεγίνωσκε . 80 App . BC 2 .11 .37; su tutto l’episodio v . Carsana, Commento storico 2007, 65–71 . 81 V . ad es . Catone, per opporsi alla richiesta di Cesare di candidarsi al consolato in absentia: App . BC 2 .8 .30 . 82 È dubbia in questo caso l’emissione di un sc. È tuttavia certa l’opposizione del senato alla convalida degli acta di Pompeo .

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console ad avere due province importantissime, un esercito e molti mezzi, oltre al potere assoluto (μοναρχία) in città»83; 2) ma soprattutto riveste particolare interesse per noi il resoconto in merito alle risoluzioni prese dal senato in risposta alla richiesta di proroga avanzata da Cesare nel 51 per il suo imperium in Gallia, allo scadere del suo mandato di 5 anni (scc. 9–11) . Come risulta da numerosi accenni contenuti nell’epistolario ciceroniano, le decisioni relative alla nomina di un successore a Cesare da inviare in Gallia restano di fatto bloccate per più di un anno: dalla richiesta di una proroga all’inizio del 51, all’emissione del sc. alla fine del 50 a . C . sul disarmo contemporaneo di Cesare e Pompeo (sc. 10), invalidato poco dopo dal console in carica . Mentre le altre fonti secondarie (oltre allo stesso De bello civili cesariano che comincia con la seduta senatoria del 1 gennaio 49) tendono ad appiattire la narrazione concentrandola sugli avvenimenti del dicembre 50-gennaio 49, che precedono lo scoppio della guerra civile, la narrazione di Appiano offre un resoconto serrato e dettagliato di quasi una decina di sedute senatorie tenutesi tra i primi mesi del 51 e il gennaio del 4984, di cui vengono riportate le discussioni sugli argomenti all’ordine del giorno attraverso gli interventi dei personaggi-chiave . Da uno studio condotto sulla base dei riferimenti offerti dalle fonti coeve (in primo luogo la corrispondenza tra Cicerone e Celio Rufo: Fam. 8), il racconto di Appiano risulta ampiamente confermato, sia nella scansione cronologica, sia nei contenuti85 . Dietro questa cronaca si individua una fonte contemporanea e autoptica, che poteva contare anche sulla consultazione degli Acta Senatus, la cui pubblicazione era stata ufficialmente introdotta da Cesare nell’anno del suo consolato . Le singole sedute senatorie, il dibattito svoltosi al loro interno, la relatio e le sententiae (non necessariamente in quest’ordine), le procedure di voto, o il riaggiornamento della riunione, gli eventuali veti interposti, le mediazioni intercorse sono esposti nel dettaglio . Tutto questo poteva avere importanza nell’ottica di un autore che vedesse lo scoppio delle ostilità come il risultato di un graduale incrinarsi dei rapporti di equilibrio e di un acuirsi delle tensioni fino all’imporsi delle tendenze più estremistiche: un occhio che sembra venire dall’interno; un membro dell’ordo senatorio, in grado di interpretarne i codici di comportamento86 . I dettagli che questi materiali ci offrono e che contribuiscono, sotto l’aspetto che qui ci interessa, alla conoscenza di particolari riguardanti le procedure e i meccanismi decisionali interni al senato, sono notevoli . Farò riferimento in questa sede solo ad alcuni di essi: 83 84 85 86

App . BC 2 .23 .85 . V . Prospetto b, s. s. 3–12 del libro 2 . V . Carsana, Gli antefatti 2003, 251–283 . Ibid.

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Le questioni poste all’assemblea dei patres possono non trovare una soluzione nell’arco di molti mesi ed essere sottoposte a molteplici aggiornamenti . È il caso della richiesta di una proroga al governatorato da parte di Cesare nel 51 (s. s. 3), che dà adito a ulteriori relationes: all’opposizione del console Marcello (s. s. 3), fa seguito una proposta dello stesso di nominare un successore per Cesare prima della scadenza legale (s. s. 4)87; questa ha come conseguenza la richiesta del disarmo bilaterale di Cesare e di Pompeo da parte del tribuno Curione (s. s. 5 del marzo 50), cui fa seguito una relatio (s. s. 6 dell’aprile-maggio 50) . Questa viene ridiscussa un mese dopo (s. s. 7) e si conclude con un veto di Curione, che non era riuscito a convincere i senatori . Il voto viene effettuato nella seduta di inizio dicembre del 50 (s. s. 8): in questa sede vengono avanzate due diverse proposte (prima da Marcello e poi da Curione) che danno adito a due diversi risultati . Quello finale porta al sc. sul disarmo bilaterale (sc. 10). Ciò non impedisce tuttavia che il I gennaio venga emessa una senatus sententia (a causa del veto dei tribuni) che impone a Cesare il disarmo unilaterale88 . Come si vede il processo decisionale è complicato, intermittente: il singolo sc. è provvisorio e superato da scc. successivi . Sotto questo aspetto Appiano ci fornisce informazioni importanti, essendo l’unica fonte a riportare in modo particolareggiato il corso degli avvenimenti occorsi a Roma tra la primavera del 51 e il gennaio del 49 . La descrizione delle singole sedute testimonia anche una notevole fluidità nello svolgimento dei dibattiti89 rispetto alla scansione delle fasi documentata dalle fonti storiografico-letterarie ed epigrafiche: 1) verba facere (λόγους ποιεῖν); 2) relatio (senatum consulere: τὴν σύγκλητον συμβουλεύεσθαι); 3) sententias (γνώμας) interrogare/referre; 4) voto (senatus decernit: ἔρινε/ἔδοξεν); 5) stesura del sc.90 . Un esempio significativo offerto da Appiano è quello della seduta del 17 marzo 44 (s. s. 14). Anche in questo caso la testimonianza dello storico alessandrino è unica e insostituibile91: egli non solo riferisce in modo parti-

87 Già a partire dal giugno del 51: la discussione viene aggiornata a date successive almeno tre volte, con altrettanti scc. (9–11); Carsana, Commento storico 2007, 110 . 88 Caes . BC 1 .2 .6 . 89 Sul problema v . Bonnefond-Coudry, Le Sénat 1989, 18–21; sulle modalità di svolgimento delle sedute, così come vengono descritte dalle testimonianze storiografico-letterarie e dalle fonti epigrafiche, v . ivi, 439–492; Willems, Le Sénat 18852, 144–198 . 90 Sul formulario latino-greco v . Giuffrè (cur .), Les Lois des Romains 1977, 264–267; Bonnefond-Coudry, Le Sénat 1989, 472–475 . 91 Plutarco nelle Vite di Cesare, Cicerone, Antonio e Bruto riporta il resoconto della seduta in modo cursorio, riferendo unicamente il contenuto degli interventi di Cicerone e Antonio . Cassio Dione (44 .22–34) concentra l’attenzione su un lungo discorso diretto di Cicerone (44 .23–33) a favore dell’amnistia (amplificato retoricamente), trascurando completamente i contenuti e la dinamica del dibattito .

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colareggiato il differente punto di vista espresso dai senatori sulla sorte da riservare ai cesaricidi, ma, soprattutto, insiste sulle dinamiche che concorrono a determinare il sc. finale . Il resoconto – pur estremamente dettagliato – non ha inizio con la relatio del console (che è omessa in quanto probabilmente non incisiva): presenta invece le svariate sententiae favorevoli ai cesaricidi, seguite da interventi spontanei e da proposte alternative, cui Antonio non si oppone . Vengono invece riportati, in forma diretta, due suoi interventi successivi, che si inseriscono nel dibattito e ne determinano il corso e l’esito finale . Che il console che presiedeva la seduta avesse la possibilità di pronunciare una sententia che esprimesse la sua posizione durante la fase della seduta che seguiva la relatio è attestato variamente già a partire dalla Seconda Guerra Punica92 . Il primo discorso di Antonio si inserisce quando «ormai era stata introdotta una quantità di argomenti sui quali non era difficile discutere o obiettare»93, per presentare le eventuali conseguenze di un annullamento degli atti di Cesare, soprattutto quelli che attribuivano magistrature e province, che propone di mettere al voto94 . Questo comporta come conseguenza, nella fase successiva del dibattimento, una ritrattazione delle proposte inizialmente avanzate (già a partire dal primo consultato, il console designato Dolabella), intercalate da una discussione accesa . Dopo un intervallo in cui il console lascia la curia per parlare alla folla radunata all’esterno, al suo rientro Antonio si inserisce nuovamente nel dibattito per proporre la convalida agli atti di Cesare unitamente all’amnistia per i cesaricidi95: segue il voto e l’approvazione immediata . Il console prende dunque la parola a più riprese e riesce a influire sull’assemblea, dando libero corso al dibattito e inserendo abilmente i propri interventi nei momenti più opportuni96 . Un altro aspetto che mi sembra trascurato dagli studi è quello dell’interazione tra dibattito interno al senato e interferenze operate da gruppi esterni alla curia: su questo aspetto Appiano insiste particolarmente, offrendo particolari non riportati da altre fonti . Le pressioni dell’opinione pubblica sulle decisioni dei patres di cui egli ci dà notizia sono notevoli . Si è appena menzionato il comportamento tenuto da Antonio il 17 marzo, che entra ed esce dalla curia, sollecitando insieme a Lepido il popolo riunito fuori dal tempio della Tellus . Cicerone – secondo il racconto di Appiano – il 5 dicembre del 63 esce dal se-

92 Per la casistica v . Bonnefond-Coudry, Le Sénat 1989, 514–520 . L’esempio più noto è quello del discorso pronunciato da Cicerone (la Quarta Catilinaria) nel corso della seduta del 5 dicembre 63 . 93 App . BC 2 .128 .534: … ἐπειδὴ λόγων ὕλην οὐκ ἄπορον οὐδὲ ἀναμφίλογον εἶδεν ἐσφερομένην … 94 App . BC 2 .128 .535–537 . 95 Con un secondo discorso diretto: App . BC 2 .133 .555–134 .562 . 96 Per un’analisi dettagliata dello svolgimento della seduta v . Bonnefond-Coudry, Le Sénat 1989, 519–520 .

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nato nel corso della riunione per disporre sentinelle nei posti opportuni, a causa di tumulti all’esterno della curia . In conseguenza di questi affretta il più possibile il voto del senato97 . Nel racconto dei fatti del 50 Appiano sottolinea come la proposta di disarmo bilaterale avanzata da Curione avesse riscosso notevole successo presso l’opinione pubblica, cui avevano fatto seguito manifestazioni spontanee durante la festa dei Quinquatri98 . Questo contribuì a suscitare un’apparente disponibilità da parte di Pompeo, che la manifestò nella successiva riunione del senato99 . La pubblicazione dagli acta senatus, fatta approvare da Cesare nel 59, favoriva la circolazione dei resoconti delle riunioni e dunque l’intervento, sollecitato dai populares, dell’opinione pubblica . È anche a partire da questi materiali, di certo non consultati direttamente, ma attraverso la mediazione della fonte da lui utilizzata (di ottima qualità e contemporanea ai fatti100), che Appiano può restituire un racconto così articolato dei fatti che lo interessano . Resta da chiedersi perché lo storico alessandrino riproduca fedelmente questa come altre cronache di sedute senatorie riportate dalla o dalle fonti consultata/-e (senza tagliare o sintetizzare, anzi talvolta amplificando retoricamente i discorsi101) . Proviamo, in quest’ottica, a volgere uno sguardo d’insieme ai contesti delle riunioni, in relazione ai scc. che ne sono l’esito . Le scelte operate da Appiano sono coerenti con la visione d’insieme che egli vuole offrire ai suoi lettori: lo storico valorizza il racconto di periodi (anche lunghi) o di specifici momenti del dibattito politico che precedono conflitti armati o che conducono a svolte più o meno epocali: 1) il primo caso che incontriamo (s. s. 1) è quello della seduta del 5 dicembre del 63 . Il resoconto della seduta è sintetico, ma entra nel dettaglio menzionando i diversi interventi nell’ordine gerarchico in cui si erano tenuti dopo la relatio di Cicerone: esso era disponibile grazie a una diffusione voluta dello stesso console che lo aveva fatto appositamente ‘stenografare’102 . La seduta si concluse con la condanna dei Catilinari senza processo, che determinò a sua volta la messa in discussione della 97 App . BC 2 .5 .16–17 . La dinamica degli avvenimenti non coincide con quella presentata da Sallustio (Cat. 50 .1–3), che riferisce i tumulti e l’intervento di Cicerone al giorno precedente . Appiano riassume e monta diversamente, in modo da far risultare il senato sotto pressione a causa di quanto avveniva fuori dalla curia . 98 App . BC 2 .27 .106 . In questo caso il racconto di Appiano – l’unico tra le fonti, come si è già detto, a narrare distesamente degli avvenimenti occorsi tra la primavera del 51 e l’inverno del 49 – trova un riscontro nell’epistolario ciceroniano (Cic . Fam. 2 .12 .1), che riconferma l’attendibilità della sua testimonianza; sul caso specifico v . Carsana, Commento storico 2007, 115–116; in generale v . Carsana, Gli antefatti 2003, 251–283 . 99 App . BC 2 .28 .107–108 . 100 V . Carsana, Commento storico 2007, 20–23 . 101 V . Carsana, Discours 2013, 109–123 . 102 Cic . Sull. 41–44; Plut . Cato Min. 23 .3–4; v . Carsana, Commento storico 2007, 54 .

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liceità del senatus consultum ultimum e la condanna all’esilio di Cicerone; 2) La cronaca dei dibattiti senatori occorsi tra il 51 e l’inizio del 49 contribuisce a delineare i meccanismi che progressivamente conducono allo scontro: a fronte della maggioranza dei senatori che vorrebbe scongiurare la guerra e vota per le proposte dell’una o dell’altra factio che configurino una soluzione pacifica (determinando una situazione di empasse), a causare lo scoppio del conflitto è l’iniziativa di gruppi di pressione legati ai due generali; 3) la dettagliata rassegna delle fasi alterne del dibattito tenutosi il 17 marzo 44 concorre a evidenziare la molla degli interessi che determina la decisione finale di ratifica degli atti di Cesare: un successo abilmente ottenuto da Antonio, poi consolidato in occasione dei funerali del dittatore .

VI. Il ruolo del senato nei libri successivi (3–5) Le deliberazioni prese dal senato nel corso delle due sedute del 17 marzo del 44 pervennero alla definizione di un compromesso che, fra alterni equilibri (sui quali incide l’entrata in campo del giovane Ottaviano), si dissolse determinando lo scoppio di una nuova guerra civile . Al complesso intrecciarsi delle circostanze che condussero al progressivo alterarsi di tali equilibri, e al conseguente radicalizzarsi dei conflitti, è dedicata la prima parte del libro 3, che si conclude con l’avanzata di Antonio verso la Cisalpina contro Decimo Bruto, sostenuto dal senato103 . Il racconto della guerra di Modena, della marcia su Roma di Ottaviano e della sua successiva riconciliazione con Antonio occupa la seconda metà del libro, che si conclude con la morte di Decimo Bruto104 . Di questo, come dei due libri successivi, si presenterà in questa sede una valutazione di sintesi . Più della metà dei scc. menzionati nel libro 3 (19 su un totale di 29) sono provvedimenti riguardanti la distribuzione delle province105 e l’assegnazione dei comandi dell’esercito106 (o comunque in generale attinenti all’ambito militare107): i primi in ordine cronologico avvengono in deroga alla ratifica degli acta Caesaris, disattesi e modificati soprattutto per le manovre di Antonio108; i successivi sono approvati nel corso della guerra di Modena, e a seguito di essa . A questi scc. si affiancano i provvedimenti di emergenza (anch’essi di carattere militare), che si susseguono nel corso del 43, contro Dolabella, Antonio e infine contro Ottaviano, tra il febbraio e l’agosto del 43109 . 103 104 105 106 107 108 109

App . BC 3 .2–45 . App . BC 3 .46–98 . scc. 4, 5, 9, 12, 15, 16 . scc. 7, 10, 17, 19, 21, 24 . scc. 8, 11, 18, 20, 23, 25, 26 . V . in partic . i scc. 4 e 5 . scc. 13, 14, 27 .

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Per quanto al centro dello snodarsi dei conflitti politici ci sia la questione delle province e la definizione del controllo delle aree dell’impero, un particolare rilievo è dato a quanto avviene a Roma, dove si svolge gran parte dell’azione110 . L’attenzione di Appiano (che utilizza fonti di alta qualità, probabilmente autoptiche111) è rivolta a registrare i diversi orientamenti dell’opinione pubblica, mettendo in luce le irresolutezze e i tentennamenti della classe di potere (l’ordo senatorio, appunto) che non seppe imporre la propria linea politica112 . È significativo, per quanto riguarda la dichiarazione dello stato di tumultus contro Antonio, che nel racconto di Appiano esso sia preceduto da un rendiconto approfondito delle sedute senatorie tenutesi nei primi quattro giorni di gennaio113 . Intento dello storico è, ancora un volta, quello di mostrare come la risoluzione che avrebbe determinato la ripresa dei conflitti civili fosse stata il risultato di un graduale e complesso intrecciarsi di fattori: non solo la contrapposizione tra ciceroniani e antoniani all’interno della curia (con il veto del tribuno Salvio), ma anche i tentativi di manipolazione all’esterno114, determinarono una soluzione di compromesso (l’attribuzione ad Antonio della Macedonia e non della Cisalpina richiesta)115, che ritardò di un mese la dichiarazione di tumultus116. Anche in questo caso, come per la narrazione delle sedute senatorie del 17 marzo 44, è istruttivo un confronto con Cassio Dione . Mentre infatti lo storico severiano si concentra esclusivamente sui due lunghi contrapposti discorsi diretti di Cicerone117 e di Caleno118, Appiano costruisce un rendiconto mosso e articolato delle tre sedute, che offre particolari inediti119 e trova riscontri nella testimonianza contemporanea di Cicerone120 . Dopo la menzione dei scc. di conferimento delle province e del comando della guerra contro Dolabella a Bruto e Cassio121, e dei provvedimenti presi contro An110 Questa particolare attenzione per quanto avviene a Roma si evidenzia già nel libro 2: v . Carsana, Commento storico 2007, 20–21 . 111 V . Magnino, Appiani 1984, 15–16 . 112 Ibid. 113 s. s. 4–6 . 114 La presenza di familiari e di amici di Antonio vestiti a lutto all’entrata della curia il 3 gennaio (App . BC 3 .51 .211) è segnalata solo da Appiano, che ne sottolinea l’influenza su parte dei senatori . Cicerone (Phil. 12 .2) e Nepote (Att. 9 .2) confermano che la famiglia di Antonio in quei giorni si trovava a Roma: la notizia è dunque verosimile; v . Magnino, Appiani 1984, 166 . 115 sc. 12 . 116 sc. 14 . 117 CD 45 .18–47 . 118 CD 46 .1–28, che Appiano attribuisce erroneamente a Pisone . 119 V . in particolare App . BC 3 .50 .206–51 .208 (l’intervento del tribuno Salvio); App . BC 3 .51 .211 (sulla presenza dei familiari di Antonio fuori dal senato) . 120 V . commento di Magnino, Appiani 1984, 164–169 . 121 scc. 15–17 .

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tonio dopo la sua sconfitta a Modena122, i successivi rendiconti delle sedute senatorie riportati da Appiano sono quelli della primavera-estate del 43: il delicato momento della successione consolare, le cui elezioni vengono posticipate123, a partire dal quale si delinea il conflitto tra il senato e Ottaviano . Anche in questa fase, come in quella precedente allo scoppio della guerra di Modena, l’attenzione di Appiano su quanto avviene a Roma è motivata dalla svolta che si prepara, col definitivo imporsi di Ottaviano e degli altri stasiarchoi sul senato . Il racconto della riunione del senato, nel corso della quale Cicerone avrebbe prospettato una propria candidatura congiunta a quella di Ottaviano, rifiutata sdegnosamente dai patres124, riporta un episodio non menzionato altrove, forse derivato dall’Autobiografia di Augusto125 . La seduta senatoria in cui viene ricevuta l’ambasceria di centurioni inviata a chiedere il conferimento del consolato a Ottaviano126 viene anch’essa riferita da Appiano con una dovizia di particolari non presente in Cassio Dione e Svetonio127, che ne danno una versione più stringata . Questi sono gli ultimi segnali di dibattito politico vitale registrati dallo storico alessandrino . I contraddittori scc. emanati nell’estate del 43 (prima e durante la marcia su Roma di Ottaviano)128 ne segnano l’epilogo, insieme ai rendiconti delle sedute senatorie tenutesi in quel periodo129: di esse Appiano è il solo a presentare, in un drammatico crescendo, le opinioni e le reazioni espresse da diversi gruppi di senatori; ancora una volta è soprattutto il nostro autore a insistere sull’inadeguatezza di un ordo ormai allo sbando130 . Con la marcia congiunta di Ottaviano, Antonio e Lepido a Roma i scc. si interrompono131 . Non se ne trova traccia nel libro 4 . È significativo, tuttavia, come ha osservato Gabba sulla base di Appiano e Cassio Dione, in contrapposizione con la teoria di Mommsen sui pieni poteri attribuiti ai triumviri132, che nell’estate del 39 Antonio e Ottaviano risultano aver fatto ricorso al senato per ottenere una legittimazione del proprio operato133 . Si tratta di un momento delicato: dopo gli accordi presi a Miseno con Sesto Pompeo, entrambi si trovarono impegnati su 122 scc. 19, 21 . 123 App . BC 3 .83 .340; cfr . Cic. ad Brut. 1 .5 .4 . 124 s. s. 7 . 125 V . commento di Magnino, Appiani 1984, 189; cfr . CD 45 .42 .1–2, che però non racconta della seduta . 126 s. s. 9 . 127 CD 46 .42 .4–43 .1; Svet . Aug. 26 . 128 scc. 26 e 27 . 129 s. s. 10–11 . 130 V . commento di Magnino, Appiani 1984, 195–196 . 131 L’ultimo è quello dell’ottobre 43, col quale si annullano le deliberazioni precedentemente prese contro Antonio, Lepido e il loro eserciti: sc. 29 del libro 3 . 132 Gabba, Appiani 1970, LXXI, 128 . 133 scc. 5 e 6 del libro 5 .

I senatus consulta e le sedute del senato nelle Guerre Civili di Appiano

due diversi fronti militari; in particolare la spedizione di Antonio contro i Parti, intrapresa subito dopo, non avrebbe potuto aver luogo senza una pacificazione delle rotte marittime134 . In occasione dell’incontro con Pompeo, come è sempre Appiano a sottolineare, era stata anche pianificata la nomina delle coppie consolari dal 34 al 31; di queste, l’ultima (quella di Antonio e Cesare) «avrebbe restituito al popolo il governo dello stato»135 . In una fase in cui si prevedeva che i poteri dei Triumviri sarebbero andati ben oltre la scadenza prevista del 31 .12 .38, si può riscontrare uno sforzo, da parte di Ottaviano e Antonio, di vedere riconosciuti i propri atti dal senato . La ratifica dei patti di Miseno, d’altra parte, è menzionata da Appiano per denunciare come poi Ottaviano li avesse violati nel 36, dopo aver sconfitto Sesto Pompeo136 . È la parte finale del libro 5, dove subito prima compare notizia di un ultimo sc. col quale vengono attribuiti a Ottaviano, al ritorno dalla Sicilia, «onori smisurati, dei quali lasciava lui arbitro o di accettarli tutti o quelli che approvava»137 . Fa seguito il resoconto dell’unica seduta senatoria del libro 5, in cui Ottaviano tiene un discorso: «Proclamava pace e sicurezza, eliminate completamente le guerre civili, rimetteva il tributo a chi ancora lo doveva, ai pubblicani il versamento dei vectigalia, e ai debitori quanto dovevano …»138 . Le guerre civili non si sono ancora del tutto concluse, ma le parole di Ottaviano, che Appiano precisa «vennero scritte e pubblicate come libro»139, anticipano i contenuti delle Res Gestae e prefigurano l’avvento del sistema politico imperiale . Il percorso delineato nel Proemio del libro 1 si è concluso .

134 La ratifica degli acta passati e futuri di Antonio in Oriente viene riferita da Appiano proprio al momento della partenza per la spedizione partica . 135 App . BC 5 .73 .313: ἀπέφηναν δὲ τῆς ἐπιούσης ὑπάτους ἐς τετραετὲς Ἀντώνιον μὲν καὶ Λίβωνα πρώτους, ἀντικαθιστάντος ὅμως Ἀντωνίου, ὃν ἂν βούλοιτο, ἐπὶ δ’ἐκείνοις Καίσαρά τε καὶ Πομπήιον, εἶτα Ἀηνόβαρβον καὶ Σόσιον, εἶτ’αὖθις Ἀντώνιόν τε καὶ Καίσαρα, τρίτον δὴ τότε μέλλοντας ὑπατεύσειν καὶ ἐλπιζομένους τότε καὶ ἀποδώσειν τῷ δήμῳ τὴν πολιτείαν; v . Gabba, Appiani 1970, LXXII–LXXIII . 136 App . BC 5 .131 .544–545 . Il riferimento risulta in qualche modo polemico rispetto al modo in cui il medesimo episodio viene celebrato da Augusto nelle Res Gestae (25 .1) . 137 App . BC 5 .130 .538: Ἐρχομένῳ δ’ἥ τε βουλὴ τιμὰς ἐψηφίσατο ἀμέτρους, ὧν αὐτὸν ἐποίουν κριτήν, ἢ πάσας λαβεῖν ἢ ὅσας δοκιμάσειε (sc. 7) . 138 App . BC 5 .130 .540: κατήγγελλέ τε εἰρήνην καὶ εὐθυμίαν, ἐς τέλος τῶν ἐμφυλίων ἀνῃρημένων, καὶ τῶν εἰσφορῶν τοὺς ἔτι ὀφείλοντας ἀπέλυε καὶ φόρων τελώνας τε καὶ τοὺς τὰ μισθώματα ἔχοντας ὧν ἔτι ὀφείλοιεν . 139 App . BC 5 .130 .539: καὶ τὰ εἰρημένα συγγράψας τὸ βιβλίον ἐξέδωκε .

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VII. Qualche considerazione conclusiva All’interno dei cinque libri degli Emphylia Appiano delinea la trasformazione della res publica in una monarchia in conseguenza dei conflitti civili e della loro graduale (e periodica) radicalizzazione . L’impostazione della narrazione è congruente al quadro interpretativo offerto nel Proemio del libro 1 . In quanto tale, essa riflette la prospettiva dello storico alessandrino, che seleziona i materiali delle tradizioni e li struttura in vista del proprio obiettivo . Come spero di aver mostrato nel corso di questa disamina, le testimonianze sull’attività svolta dal senato e sulle risoluzioni che ne furono l’esito sono parte essenziale del disegno storiografico appianeo: la selezione dei scc., il lessico utilizzato per definirne il significato politico nel momento storico in cui sono emessi, l’attenzione posta al dibattito che ne è all’origine in periodi particolarmente critici, concorrono a costruire un quadro mosso e articolato, che non si limita a narrare i conflitti civili in senso evenemenziale, ma ne presenta le cause, attraverso il complesso intrecciarsi di voci, interessi, relazioni tra gruppi . Per le vicende narrate nel libro 1 non ci è pervenuta integralmente un’altra opera storica relativa all’intero periodo (133–70 a . C .) . Laddove è possibile effettuare una lettura sinottica con altre testimonianze su personaggi e avvenimenti (in particolar modo le Vite plutarchee) si possono però enucleare tracce di scelte autonome operate da Appiano rispetto alla tradizione che sembrano derivare dalla prospettiva d’insieme del suo lavoro . Due esempi mi sembrano particolarmente significativi: 1) il graduale imporsi dello strumento del senatus consultum ultimum, presentato attraverso scelte lessicali che sono peculiari di Appiano; 2) la descrizione di ambiti di scontro e sovrapposizione tra prerogative senatorie e assembleari attraverso la selezione di scc. che ne fossero espressione: Appiano fornisce su questo piano testimonianze inedite o privilegia questa categoria di risoluzioni senatorie rispetto ad altre . Per i libri successivi soccorre invece una maggiore ricchezza di materiale documentario e di opere relative al periodo di riferimento (63–35 a . C .): in particolare una grande messe di testimonianze contemporanee (in primis Cicerone), oltre all’opera storiografica di Cassio Dione (i cui libri relativi agli stessi anni ci sono giunti integri) che ci fornisce un profilo storico d’insieme almeno altrettanto ricco di quello appianeo140 . Questi termini di confronto ci permettono di ragionare meglio sulle peculiarità e sugli aspetti di originalità degli Emphylia. Un dato che risulta evidente è quello dell’attenzione per momenti di dibattito e scontro politico occorsi a Roma in fasi particolarmente delicate del processo storico, in relazione al radicalizzarsi dei conflitti . I rendiconti delle sedute senatorie si sviluppano in racconti mossi, fortemente drammatici e articolati, a più voci, che puntano a evidenziare la molteplicità di fattori, di correnti, di interazioni tra i soggetti in gioco che concorsero a determinare lo scoppio delle ostilità . Soccorre in questo senso il 140 Per un confronto generale tra i due storici, v . Gowing, The Triumviral Narratives 1992 .

I senatus consulta e le sedute del senato nelle Guerre Civili di Appiano

confronto con Cassio Dione . Lo storico severiano dimostra maggiore sensibilità e competenza sul piano istituzionale: è l’unico storico, per esempio, a scandire nelle sue distinte fasi i scc. relativi agli onori conferiti a Cesare tra il suo ritorno dall’Africa e il febbraio del 44, evidenziandone quegli aspetti che determinarono il fallimento del programma cesariano e quelli che concorsero invece alla definizione delle basi istituzionali del Principato . Appiano offre di questi fatti un racconto più sintetico e meno problematizzato, mentre dedica certamente una maggiore attenzione alle vicende occorse dopo la morte del dittatore, dedicando notevole spazio al rendiconto delle sedute senatorie del 17 marzo 44: mentre Cassio Dione si concentra esclusivamente sul lungo discorso di Cicerone a favore dell’amnistia, Appiano concorre a evidenziare l’articolarsi delle forze in gioco che sarebbero state all’origine della recrudescenza del conflitto civile nell’anno successivo . Sotto l’aspetto che interessa in questa sede, vale a dire l’ambito specifico delle risoluzioni senatorie, mi sembra di poter concludere che lo storico di Alessandria fornisca – attraverso un racconto che risponde ai suoi interessi storici e a un preciso disegno storiografico – notizie attendibili e dati storici in molti casi inediti e preziosi sull’attività svolta dal senato e sul ruolo da esso rivestito nel complicato secolo di passaggio delle guerre civili .

VIII. Prospetto a. Provvedimenti del senato: data

loca (bc

1)

decisioni senatorie

1

133 BC 1 .16 .68; cfr . Val . Max . 3 .2 .17; Plut . Gr. 19 .3–6

sc. contro Tiberio Gracco: (i senatori) κρίναντες δ’ὅσα ἔκριναν ἐς τὸ Καπιτώλιον ἀνῄεσα .

2

129 BC 1 .19 .79–80

sc.: su proposta di Scipione Emiliano si incarica il console Tuditano di decidere sulle contestazioni relative all’ager publicus: Τουδιτανὸς αὐτοῖς ὑπατεύων ἐδόθη δικάζειν .

3

123 BC 1 .22 .92; cfr . Plut . Gr. 27 .1

sc. di approvazione alla proposta di legge di Caio Gracco per trasferire ai cavalieri la quaestio de repetundis: ἅπερ ἡ βουλὴ μάλιστα αἰδουμένη ἐς τὸν νόμον ἐνεδίδου· καὶ ὁ δῆμος αὐτὸν ἐκύρου .

4

122 BC 1 .23 .100; cfr . Plut . Gr. 33 .2

sc.: (dopo la proposta di C . Gracco di concedere agli Italici il diritto di voto) il senato ordina ai consoli di emettere un editto che impedisse a chiunque non avesse diritto di voto di dimorare in città: ἡ βουλὴ διαταραχθεῖσα τοὺς ὑπάτους ἐκέλευσε προγράψαι μηδένα τῶν οὐ φερόντων ψῆφον ἐπιδημεῖν τῇ πόλει μηδὲ προσπελάζειν .

In questo caso la testimonianza è solo in Appiano

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data

loca (bc

1)

decisioni senatorie

5

122 BC 1 .23 .101; cfr . Plut . sc. di approvazione alla proposta di Livio Druso per Gr. 30–31 la fondazione di dodici colonie: (i senatori) ἔδωκαν δ’αὐτῷ καὶ φιλανθρωπεύσασθαι τὸν δῆμον δώδεκα ἀποικίαις·

6

122 BC 1 .24 .102; cfr . Plut . Gr. 31 .2

sc.: (dopo l’approvazione della lex Rubria) nomina di Caio Gracco e Fulvio Flacco a commissari per la deduzione di una colonia in Africa (perché il senato fosse sollevato dalle loro iniziative demagogiche): ἐψηφισμένης κατὰ δόξαν εὐκαρπίας ἐς Λιβύην ἀποικίας καὶ τῶνδε αὐτῶν οἰκιστῶν ἐπίτηδες ᾑρημένων, ἵνα μικρὸν ἀποδημούντων ἀναπαύσαιτο ἡ βουλὴ τῆς δημοκοπίας . Cfr . Plut .: ἐπεὶ δὲ Ῥουβρίου τῶν συναρχόντων ἑνὸς οἰκίζεσθαι Καρχηδόνα γράψαντος … κλήρῳ λαχὼν ὁ Γάιος ἐξέπλευσεν εἰς Λιβύην ἐπὶ τὸν κατοικισμόν …

7

121 BC 1 .24 .105; cfr . Plut . Gr. 34 .1; vir. ill. 65 .5; Flor . 2 .3 .4

sc.: il senato indice un’assemblea per l’abrogazione della lex Rubria (dopo la dichiarazione degli Auguri che la colonia era nata sotto cattivi auspici): ὅτι λύκοι τοὺς ὅρους Γράκχου τε καὶ Φουλβίου διέρριψαν ἀνασπάσαντες, καὶ τῶν μάντεων τὴν ἀποικίαν ἡγουμένων ἀπαίσιον, ἡ μὲν βουλὴ προέγραφεν ἐκκλησίαν, ἐν ᾗ τὸν νόμον ἔμελλε τὸν περὶ τῆσδε τῆς ἀποικίας λύσειν·

8

121 BC 1 .25 .113–115; cfr . Plut . Gr. 35 .3; Cic . Cat. 1 .4

Il senato, convocato dal console Opimio, chiama Caio e Flacco a discolparsi (ἡ μὲν βουλὴ Γράκχον καὶ Φλάκκον ἐκ τῶν οἰκιῶν ἐς ἀπολογίαν ἐς τὸ βουλευτήριον ἐκάλουν, οἳ δὲ σὺν ὅπλοις ἐξέθεον ἐπὶ τὸν Ἀβεντῖνον λόφον …) . Segue Ultimatum: (i senatori) οἳ δ’ἐκέλευον αὐτοὺς ἀποθεμένους τὰ ὅπλα ἥκειν εἰς τὸ βουλευτήριον καὶ λέγειν, ὅ τι θέλοιεν, ἢ μηκέτι πέμπειν μηδένα . Cfr . Plut: ἐψηφίσαντο καὶ προσέταξαν Ὀπιμίῳ τῷ ὑπάτῳ σῴζειν τὴν πόλιν ὅπως δύναιτο καὶ καταλύειν τοὺς τυράννους. ἐκείνου δὲ προειπόντος ἐπὶ τὰ ὅπλα; Cic .: decrevit quondam senatus uti L. Opimius consul videret ne quid res publica detrimenti caperet: nox nulla intercessit . Appiano riporta solo l’ultimatum che segue il sc. u. di cui parla Plutarco

9

121 BC 1 .26 .120; cfr . Plut . Gr. 38 .8

sc. per l’edificazione del tempio della Concordia: ἡ δὲ βουλὴ καὶ νεὼν Ὁμονοίας αὐτὸν (il console Opimio) ἐν ἀγορᾷ προσέταξεν ἐγεῖραι .

10

100 BC 1 .32 .144; cfr . Cic . (estate) Rab. 20; Cat. 1 .4; Phil. 8 .15

sc. u. contro Saturnino, Glaucia e i loro seguaci: καὶ αὐτοὺς τῆς βουλῆς ἀναιρεθῆναι ψηφισαμένης ὁ Μάριος (console) ἀχθόμενος ὅμως ὥπλιζέ τινας σὺν ὄκνῳ .

11

90 BC 1 .39 .176

ultimatum del senato agli ambasciatori italici: ἡ βουλὴ μάλα καρτερῶς ἀπεκρίνατο, εἰ μεταγινώσκουσι τῶν γεγονότων, πρεσβεύειν ἐς αὐτήν, ἄλλως δὲ μή .

I senatus consulta e le sedute del senato nelle Guerre Civili di Appiano

data

loca (bc

1)

decisioni senatorie

12

90 BC 1 .43 .195

sc. sulla sepoltura dei morti in battaglia durante la Guerra Sociale: καὶ ἀπὸ τοῦδε ἡ βουλὴ τοὺς ἀποθνήσκοντας ἐν τοῖς πολέμοις ἔκρινεν, ἔνθαπερ ἂν θάνωσι, θάπτεσθαι, τοῦ μὴ τοὺς λοιποὺς ἐκ τῆς ὄψεως ἀποτρέπεσθαι τῶν στρατειῶν .

13

90 BC 1 .44 .196; cfr . Liv . Per. 73

sc. de imperio C. Marii et Q. Caepionis: τῆς δ’ὑπ’αὐτῷ στρατιᾶς ἡ βουλὴ προσέταξεν ἄρχειν Γάιόν τε Μάριον καὶ Κόιντον Καιπίωνα .

14

90 BC 1 .44 .198

sc.: (dopo la sconfitta e l’uccisione di Cepione) il senato affida a Mario quanto restava delle truppe di Cepione: τὸ λοιπὸν τῆς στρατιᾶς Καιπίωνος ἡ σύγκλητος Μαρίῳ προσέζευξεν …

15

90 BC 1 .48 .210 (fine)

sc. sulla prorogatio imperii a Sesto Cesare: Σέξστος δὲ Καῖσαρ ἐξήκοντος αὐτῷ τοῦ χρόνου τῆς ἀρχῆς ἀνθύπατος ὑπὸ τῆς βουλῆς αἱρεθεὶς …

16

90 BC 1 .49 .212; cfr . Liv . Per. 74

sc. sulla difesa della costa del Tirreno: ἡ βουλή, … τὴν μὲν θάλασσαν ἐφρούρει τὴν ἀπὸ Κύμης ἐπὶ τὸ ἄστυ δι’ ἀπελευθέρων, τότε πρῶτον ἐς στρατείαν δι’ ἀπορίαν ἀνδρῶν καταλεγέντων .

17

90 (ott .) BC 1 .49 .212

sc . de civitate (precedente all’approvazione della lex Iulia): ἡ βουλή … Ἰταλιωτῶν δὲ τοὺς ἔτι ἐν τῇ συμμαχίᾳ παραμένοντας ἐψηφίσατο εἶναι πολίτας .

18

89 BC 1 .54 .239

sc.: il senato bandisce un premio per ottenere informazioni sull’uccisione del pretore Asellione (avvenuta mentre celebrava un sacrificio nel foro): καὶ ἡ σύγκλητος ἐκήρυσσεν, εἴ τίς τι περὶ τὸν Ἀσελλίωνος φόνον ἐλέγξειεν, ἐλευθέρῳ μὲν ἀργύριον, δούλῳ δὲ ἐλευθερίαν, συνεγνωκότι δὲ ἄδειαν .

19

89 BC 1 .55 .241

sc. de sortitione provinciarum (provincia d’Asia e guerra contro Mitridate al console Lucio Silla): Σύλλας μὲν ὑπατεύων ἔλαχε στρατηγεῖν τῆς Ἀσίας καὶ τοῦδε τοῦ Μιθριδατείου πολέμου (καὶ ἦν ἔτι ἐν Ῥώμῃ) .

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88 BC 1 .57 .253; cfr . 255; Plut . Sil. 9 .3

sc.: prima ambasceria a Silla: πρέσβεις δ’ἐν ὁδῷ καταλαβόντες ἠρώτων, τί μεθ’ὅπλων ἐπὶ τὴν πατρίδα ἐλαύνοι. ὃ δ’εἷπεν, ἐλευθερώσων αὐτὴν ἀπὸ τῶν τυραννούντων . Cfr . 255: Μάριος δὲ καὶ Σουλπίκιος … πρέσβεις ἑτέρους ἔπεμπον ὡς δὴ καὶ τούσδε ὑπὸ τῆς βουλῆς ἀπεσταλμένους … Plut .: ἡ δὲ σύγκλητος … πυθομένη δὲ τὸν Σύλλαν ἐπὶ τὴν πόλιν ἐλαύνειν ἔπεμψε δύο τῶν στρατηγῶν, Βροῦτον καὶ Σερουΐλιον, ἀπαγορεύσοντας αὐτῷ βαδίζειν . Queste tre ambascerie di cui parla Appiano, a differenza della quarta (255) sono inviate dal senato, presumibilmente in seguito a sc.

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*** BC 1 .57 .254; cfr . 255; Plut . Sil. 9 .9

decisioni senatorie

scc.: seconda e terza ambasceria a Silla: καὶ τοῦτο δὶς καὶ τρὶς ἑτέροις καὶ ἑτέροις πρέσβεσιν ἐλθοῦσιν εἰπὼν ἐπήγγελλεν ὅμως, εἰ θέλοιεν τήν τε σύγκλητον αὑτῷ καὶ Μάριον καὶ Σουλπίκιον ἐς τὸ Ἄρειον πεδίον συναγαγεῖν, καὶ πράξειν, ὅ τι ἂν βουλευομένοις δοκῇ . Cfr . 255: Μάριος δὲ καὶ Σουλπίκιος … πρέσβεις ἑτέρους ἔπεμπον ὡς δὴ καὶ τούσδε ὑπὸ τῆς βουλῆς ἀπεσταλμένους …

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88 BC 1 .60 .271–273; cfr . Cic . Brut. 168; Liv . Per. 77; Val . Max . 1 .5 . 5; 3 .8 .5; Flor . 2 .9 .8; Plut . Sul.10 .1; Vell . 2 .19 .1

sc. che dichiara Mario hostis rei publicae: (Mario e i suoi), ὅσοι μετ’αὐτῶν, ἐς δώδεκα μάλιστα, ἐκ Ῥώμης διεπεφεύγεσαν, ὡς στάσιν ἐγείραντας καὶ πολεμήσαντας ὑπάτοις καὶ δούλοις κηρύξαντας ἐλευθερίαν εἰς ἀπόστασιν πολεμίους Ῥωμαίων ἐψήφιστο εἶναι καὶ τὸν ἐντυχόντα νηποινεὶ κτείνειν ἢ ἀνάγειν ἐπὶ τοὺς ὑπάτους· τά τε ὄντα αὐτοῖς δεδήμευτο (271) … καὶ αὐτὸν οἱ τῆς πόλεως ἄρχοντες … δεδιότες μὲν τὸ κήρυγμα τοῦ δήμου … (273) . Cfr . Cic .: Q. Rubrius Varro, qui a senatu hostis cum C. Mario iudicatus est …; Liv .: … ex qua ii a senatu hostes, inter quos C. Marius pater et filius, iudicati sunt; solo Vell . parla di una lex (Tum Sulla, contracto exercitu, ad urbem rediit eamque armis occupauit, XII auctores nouarum pessimarumque rerum, inter quos Marium cum filio et P. Sulpicio, urbe exturbauit ac, lege lata, exules fecit) .

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87 BC 1 .65 .296; cfr . Vell . 2 .20 .3

sc. de abrogatione imperii (contro il console Cinna, privato anche della cittadinanza): Ἡ μὲν δὴ βουλὴ τὸν Κίνναν, ὡς ἐν κινδύνῳ τε τὴν πόλιν καταλιπόντα ὕπατον καὶ δούλοις ἐλευθερίαν κηρύξαντα, ἐψηφίσατο μήτε ὕπατον μήτε πολίτην ἔτι εἶναι . Cfr . Vell .: ex auctoritate senatus consulatus ei abrogatus est suffectusque in eius locum L. Cornelius Merula, flamen Dialis. Difficile dire se 21 e 22 siano un solo o 2 distinti scc.

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87 BC 1 .65 .296; cfr . Vell . 2 .20 .3

sc. de imperio Merulae (consul suffectus al posto di Cinna: v . supra): Λεύκιον Μερόλαν ἐχειροτόνησαν ἀντ’αὐτοῦ (Cinna), τὸν ἱερέα τοῦ Διός . cfr . Vell .: ex auctoritate senatus consulatus ei abrogatus est suffectusque in eius locum L. Cornelius Merula, flamen Dialis .

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87 BC 1 .69 .316; cfr . Vell . sc.: prima ambasceria a Cinna: ἡ βουλὴ ταραττομένη 2 .22 .2; Diod . 38–39 .1, καὶ πολλὰ καὶ δεινά, εἰ βραδύνειεν ἡ σιτοδεία, παρὰ τοῦ 3 δήμου προσδοκῶσα μετέπιπτε τῇ γνώμῃ καὶ πρέσβεις περὶ διαλύσεων ἐς τὸν Κίνναν ἔπεμπον. ὃ δὲ αὐτοὺς ἤρετο, πότερον ὡς πρὸς ὕπατον ἔλθοιεν ἢ πρὸς ἰδιώτην. ἀπορησάντων δ’ ἐκείνων καὶ ἐς τὸ ἄστυ ἐπανελθόντων …

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decisioni senatorie

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87 BC 1 .70 .319–320; cfr . Plut . Mar. 43 .1

sc.: seconda ambasceria a Cinna: ἡ δὲ βουλὴ πάνυ μὲν ἀποροῦσα, … αὖθις ἐς τὸν Κίνναν τοὺς πρέσβεις ἔπεμπεν ὡς πρὸς ὕπατον. οὐδέν τε χρηστὸν ἔτι προσδοκῶντες τοῦτο μόνον ᾔτουν, ἐπομόσαι σφίσι τὸν Κίνναν φόνον οὐκ ἐργάσεσθαι .

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87 BC 1 .70 .323; cfr . Plut . Mar. 43 .2

sc.: il senato accoglie le proposte di Cinna e invita Cinna e Mario a rientrare in città: δεξαμένης δὲ ταῦτα τῆς βουλῆς καὶ καλούσης ἐσελθεῖν Κίνναν τε καὶ Μάριον .

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87 BC 1 .73 .339–340; cfr . (nov .– 81 . 370; App . Mithr. dic .) 204; Plut . Sul. 22 . 2; Eutr . 5 .7 .3

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85 BC 1 .77 .353; cfr . Liv . (ultimi Per . 83 giorni)

sc.: 1) de legatione ad Sillam de pace: Ὧν ἀναγινωσκομένων δέος ἅπαντας ἐπεῖχε, καὶ πρέσβεις ἔπεμπον, οἳ συναλλάξειν αὐτὸν τοῖς ἐχθροῖς ἔμελλον καὶ προερεῖν, εἴ τινος ἀσφαλείας δέοιτο, τῇ βουλῇ τάχιστα ἐπιστεῖλαι . Cfr . Liv .: cum L. Cinna et Cn. Papirius Carbo, a se ipsis coss. per biennium creati, bellum contra Cinnam prepararent, effectum est per Valerium Flaccu, principem senatus qui orazione in senatu habuit, et per eos qui concordiae studebant, ut legati ad Syllam de pace mitterentur. 2) de legatione ad Cinnam: τοῖς δ’ἀμφὶ τὸν Κίνναν εἴρητο μὴ στρατολογεῖν, ἔστε ἐκεῖνον ἀποκρίνασθαι .

83 BC 1 .82 .372; cfr . Liv . (primi Per. 84 mesi)

sc. u. contro Silla: (gli avversari di Silla) συνίσταντο τοῖς ὑπάτοις ἐπὶ τὸν Σύλλαν μετὰ δέους ἔς τε τὴν Ἰταλίαν περιπέμποντες στρατιὰν καὶ τροφὰς καὶ χρήματα συνῆγον . Cfr . Liv .: quae condicio (posta da Silla) cum iusta senatui videretur, per Carbonem factionemque eius, cui bellum videbatur utilius, ne conveniret, effectum est.

sc. contro Silla, dichiarato hostis rei publicae: ἀνατροπαὶ τῶν ἐπὶ Σύλλα τεθέντων νόμων. αὐτοῦ τε Σύλλα φίλοι πάντες ἀνῃροῦντο, καὶ ἡ οἰκία κατεσκάπτετο, καὶ ἡ περιουσία δεδήμευτο, καὶ πολέμιος ἐψηφίζετο· Cfr . 81 .370: πολέμιον αὐτὸν ἐψηφίσατο Κίννας .; 81 .371: ἔτι ἔχοντες ἐν ὄψει τά τε ψηφίσματα, ἃ ἐπεκήρυξαν αὐτῷ . τά τε ψηφίσματα: forse non uno, ma più scc.

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83 BC 1 .86 .390 (estate)

sc. contro Metello e i senatori unitisi a Silla, dichiarati hostes rei publicae: Κάρβων δὲ ἐς τὸ ἄστυ προδραμὼν Μέτελλόν τε καὶ τοὺς ἄλλους, ὅσοι ὄντες ἀπὸ τῆς βουλῆς τῷ Σύλλᾳ συνῆσαν, ἐψηφίζετο εἶναι πολεμίους .

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82 BC 1 .97 .451–452; cfr . (nov .) Cic . Phil. 9 .13; Vell . 2 . 61 .3; Plut . Sul.33 . 2; 34 .3–4

decisioni senatorie

sc. di onori e ratifica degli atti precedenti di Silla: οἳ καὶ πάντα, ὅσα διῴκησεν ὁ Σύλλας ὑπατεύων τε καὶ ἀνθυπατεύων, βέβαια καὶ ἀνεύθυνα ἐψηφίζοντο εἶναι εἰκόνα τε αὐτοῦ ἐπίχρυσον ἐπὶ ἵππου πρὸ τῶν ἐμβόλων ἀνέθεσαν καὶ ὑπέγραψαν «Κορνηλίου Σύλλα ἡγεμόνος Εὐτυχοῦς» (451) … ἤδη δέ που γραφῇ περιέτυχον ἡγουμένῃ τὸν Σύλλαν . Ἐπαφρόδιτον ἐν τῷδε τῷ ψηφίσματι ἀναγραφῆναι . Plutarco attribuisce queste deliberazioni ai comitia, mentre Cicerone e Velleio confermano la notizia della dedica della statua per sc.

35

82 BC 1 .98 .458–459 (inizio dic .)

sc. de interrege: (Silla) τῇ δὲ βουλῇ προσέταξεν ἑλέσθαι τὸν καλούμενον μεταξὺ βασιλέα. Ἣ μὲν δὴ Οὐαλέριον Φλάκκον εἵλετο .

36

78 BC 1 .105 .494; cfr . (primi Liv . Per . 90 mesi)

sc. sui funerali di Silla: ἐξενίκα δ’ὁ Κάτλος καὶ οἱ Σύλλειοι, καὶ ἐφέρετο ὁ νέκυς ὁ τοῦ Σύλλα διὰ τῆς Ἰταλίας ἐς τὸ ἄστυ ἐπὶ κλίνης χρυσηλάτου καὶ κόσμου βασιλικοῦ … Cfr . Liv .: Sylla decessit, honosque ei a Senatu habitus est, ut in Campo Martio sepeliretur.

37

78 BC 1 .107 .502

sc. sul giuramento dei consoli: (dopo la morte di Silla) ἄμφω μὲν οὖν ἡ βουλὴ δείσασα ὥρκωσε μὴ πολέμῳ διακριθῆναι … ἐδόκουν γὰρ ἐς τὸ τῆς ἀρχῆς ἔτος ὡρκῶσθαι .

38

78 BC 1 .107 .502

sc. de sortitione provinciarum: κληρωσάμενος δ’ὁ Λέπιδος τὴν ὑπὲρ Ἄλπεις Γαλατίαν .

39

77 BC 1 .107 .503; cfr . Sall . Hist. 1 .77

sc. contro Lepido: (Lepido) οὐ λανθάνων δ’, ἐφ’οἷς ἐβούλευεν, ἐκαλεῖτο ὑπὸ τῆς βουλῆς . cfr . Sall . (discorso di Marcio Filippo): Quare ita censeo, quoniam Lepidus exercitum privato consilio paratum cum pessumis et hostibus rei publicae contra huius ordinis auctoritatem ad urbem ducit, uti Ap. Claudius interrex cum Q. Catulo pro consule et ceteris, quibus imperium est, urbi praesidio sint operamque dent, ne quid res publica detrimenti capiat. L’imposizione a Lepido di tornare a Roma coincise con l’emanazione di un sc. u.: cfr . Sallustio .

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77 BC 1 .108 .508

sc. per l’invio di un esercito contro Sertorio in Spagna: δείσασα ἡ βουλὴ στρατόν τε ἄλλον καὶ στρατηγὸν ἕτερον ἐπὶ τῷ προτέρῳ Πομπήιον ἔπεμψεν ἐς Ἰβηρίαν .

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63 BC 2 .3 .9; cfr . Sall . (21 ott .) Cat. 29 .2

decisioni senatorie

sc. u. contro Catilina: καὶ ὁ Κικέρων τήν τε πόλιν ἐκ διαστημάτων φρουραῖς διελάμβανε καὶ τῶν ἐπιφανῶν ἐξέπεμπε πολλοὺς ἐς πάντα τὰ ὕποπτα τοῖς γιγνομένοις ἐφεδρεύειν . Cfr . Sall .: senatus decrevit darent operam consules ne quid res publica detrimenti caperet. Appiano non menziona esplicitamente il sc. u., ma solo le conseguenti azioni di Cicerone .

2

63 BC 2 .5 .16; cfr . Sall . (3 dic .) Cat. 47 .3

sc. sulla deposizione di Lentulo e sulla custodia sua e degli altri congiurati: ἡ μὲν βουλὴ Λέντλον παρέλυσε τῆς ἀρχῆς, ὁ δὲ Κικέρων ἕκαστον ἐς τὰς οἰκίας τῶν στρατηγῶν διαθεὶς … Cfr . Sall: … senatus decernit, uti abdicato magistratu Lentulus itemque ceteri in liberis custodiis habeantur …

3

63 BC 2 .6 .21; cfr . Sall . (5 dic .) Cat. 53 .1

sc. di condanna a morte dei Catilinari: (Catone e Cicerone): ἔπεισαν (il senato) ὡς αὐτοφώρων ἄνευ κρίσεως καταγνῶναι . Cfr . Sall .: Cato clarus atque magnus habetur; senati decretum fit, sicuti ille censuerat.

4

60 BC 2 .8 .28

sc. de triumpho Caesaris (per le vittorie in Spagna): ἐφ’οἷς ἡ μὲν βουλὴ θριαμβεῦσαι παρέσχεν αὐτῷ .

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60 BC 2 .9 .31–32; cfr . Dio 37 .49 .2–5

sc. (?): negazione della convalida degli acta di Pompeo in Asia: (Pompeo) ἠξίου πολλά, ὅσα βασιλεῦσι καὶ δυνάσταις καὶ πόλεσιν ἐδεδώκει, τὴν βουλὴν βεβαιῶσαι (31) . φθόνῳ δ’αὐτῶν οἱ πολλοὶ καὶ μάλιστα Λεύκολλος … διεκώλυεν, ἴδιον ἔργον ἀποφαίνων τὸ Μιθριδάτειον. καὶ Λευκόλλῳ συνελάμβανε Κράσσος (32) . Cfr . Dio: οἵ τε γὰρ δυνατοί, μηδὲ ἐκ τοῦ πρὶν αὐτῷ ἀρεσκόμενοι, διεκώλυσαν αὐτὰ ψηφισθῆναι· È dubbia la redazione di un sc. specifico .

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52 BC 2 .23 .84; cfr . (ante 24 Ascon . in Mil. 31; del mese Plut . Pomp. 54 .5–8 intercala-re)

sc. su Pompeo consul sine collega: Κάτωνος δ’αὐτοὺς μεταδιδάξαντος ὕπατον εἵλοντο χωρὶς συνάρχου, ὡς ἂν ἔχοι τὴν μὲν ἐξουσίαν δικτάτορος, ἄρχων μόνος, τὴν δ’εὔθυναν ὑπάτου . Cfr . Ascon .: visum est optimatibus tutius esse eum (Pompeium) consulem sine collega creari, et cum tractata ea res esset in senatu, facto in M. Bibuli sententiam SC. Pompeius ab interrege Servio Sulpicio v Kal. Mart. mense intercalario consul creatus est statimque consulatum iniit; Plut .: δεξαμένης δὲ τῆς βουλῆς, καὶ ψηφισαμένης ὅπως ὕπατος αἱρεθεὶς ὁ Πομπήϊος ἄρχοι μόνος, εἰ δὲ αὐτὸς συνάρχοντος δεηθείη, μὴ θᾶττον δυοῖν μηνοῖν δοκιμάσας ἕλοιτο, κατασταθεὶς οὕτως καὶ ἀποδειχθεὶς διὰ Σουλπικίου μεσοβασιλέως ὕπατος .

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58 BC 2 .23 .85

decisioni senatorie

sc. sulla proquestura di Catone in Egitto: Κάτωνα μὲν ἐψηφίσατο, ἵνα μὴ παρὼν ἐνοχλοίη, Κύπρον ἀφελέσθαι Πτολεμαίου βασιλέως . Appiano posticipa questo provvedimento, avvenuto nel 58, attribuendolo all’iniziativa di Pompeo .

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52 BC 2 .24 .92; cfr . Dio 40 .56 .2; Plut . Pomp. 55 .12

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50 (fine BC 2 .29 .114; cfr . Cic . mag .– Fam. 2 .17 .5 inizio giu .)

sc. de legionibus in Syriam: διαλυόμενοι δὲ ὅμως τοσόνδε μόνον ἐψηφίσαντο, Καίσαρα καὶ Πομπήιον τέλος ἓν στρατιωτῶν ἐς Συρίαν ἑκάτερον πέμψαι, φυλακῆς οὕνεκα διὰ τὴν Κράσσου συμφοράν . Cfr . Cic . Fam. 2 .17 .5: de legionibus quae decretae sunt in Syriam.

10

50 BC 2 .30 .119; cfr . Cic . (autun- Att. 7 .7 .5 no-inverno)

sc. sul disarmo contemporaneo di Cesare e Pompeo: ἐπανερομένου δὲ τοῦ Κουρίωνος, εἰ ἀμφοτέρους δοκεῖ τὰ ἐν χερσὶν ἀποθέσθαι, δύο μὲν καὶ εἴκοσιν ἀνδράσιν ἀπήρεσκε, τριακόσιοι δὲ καὶ ἑβδομήκοντα ἐς τὸ συμφέρον ἀπὸ τῆς ἔριδος ἐπὶ τὴν τοῦ Κουρίωνος γνώμην ἀπέκλινον . Cfr . Cic .: senatum bonum putas, per quem sine imperio provinciae sunt (numquam enim Curio sustinuisset, si cum eo agi coeptum esset).

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49 BC 2 .32 .129; cfr . (8–11 Caes . BC 1 .6 .5 gen .)

sc. de prorogatione imperii Cn. Pompei: δύο τε ἄλλα τέλη καὶ χρόνον ἐς τὴν ἀρχὴν τῶν ἐθνῶν ἕτερον τῷ Πομπηίῳ προσεψηφίσαντο .

sc. de provinciis col quale si nomina Domizio come successore di Cesare in Gallia: ἐφ’ᾧ δὴ σφόδρα πάντες ἀνέκραγον, ὡς ἐπὶ πολέμου καταγγελίᾳ, διάδοχον εἶναι Λεύκιον Δομίτιον . Cfr . Caes .: de reliquis rebus senatus consulta perscribuntur. provinciae privatis decernuntur, duae consulares, reliquae praetoriae. Scipioni obvenit Syria, L. Domitio Gallia. Questo sc., che Appiano riferisce alla seduta del 1 gennaio in cui viene letta la lettera di Cesare, fu in realtà approvato tra l’8 e l’11 gennaio 49 .

12

49 BC 2 .33 .130; cfr . (7 gen .) 50 .207; Caes . BC 1 .5 .2; Cic . Fam. 16 .11 .2

sc. di iudicatio hostis rei publicae contro Cesare: ἡ βουλὴ φιλονικότερον ἔτι τὴν Πομπηίου στρατιὰν φύλακα σφῶν ἡγοῦντο εἶναι, τὴν δὲ Καίσαρος πολεμίαν . Cfr . 50 .207: ὃν ὑμεῖς μὲν ἐψηφίσασθε εἶναι πολέμιον (discorso di Pompeo a Tessalonica) . Caes .: decurritur ad illud extremum atque ultimum senatus consultum, quo nisi paene in ipso urbis incendio atque in desperatione omnium salutis latorum audacia numquam ante descensum est: dent operam consules, praetores, tribuni plebis, quique consulibus sunt ad urbem, nequid res publica detrimenti capiat. haec senatus consulto perscribun­ tur a. d. vii id. Ian .

I senatus consulta e le sedute del senato nelle Guerre Civili di Appiano

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49 BC 2 .34 .134–135 (8–11 gen .)

44 BC 2 .107 .445; cfr . (gen .– 106 .440–443; feb .) 144 .600–602; BC 3 .28 .106; Dio 43 .44–46, 44 .3–8; Svet . Iul. 45 .2, 76 .1; Plut . Caes. 57 .2–3; 60.2 .4

decisioni senatorie

sc.: si ordina a Pompeo di arruolare un esercito contro Cesare: ἡ δὲ βουλὴ … προσέτασσε Πομπηίῳ τρισκαίδεκα μυριάδας Ἰταλῶν ἀγείρειν, καὶ μάλιστα αὐτῶν τοὺς ἐστρατευμένους ὡς ἐμπειροπολέμους, ξενολογεῖν δὲ καὶ ἐκ τῶν περιοίκων ἐθνῶν ὅσα ἄλκιμα (134) . χρήματα δ’ἐς τὸν πόλεμον αὐτῷ τά τε κοινὰ πάντα αὐτίκα ἐψηφίζοντο καὶ τὰ ἰδιωτικὰ σφῶν ἐπὶ τοῖς κοινοῖς, εἰ δεήσειεν, εἶναι στρατιωτικά· ἔς τε τὰς πόλεις ἐφ’ἕτερα περιέπεμπον σύν τε ὀργῇ καὶ φιλονικίᾳ, σπουδῆς οὐδὲν ἀπολείποντες ὀξυτάτης (135) . scc. de honoribus Caesari: ὧδε δ’ἔχοντι καὶ χρηματίζοντι πρὸ τῶν ἐμβόλων, τὸ ψήφισμα τῶν προλελεγμένων τιμῶν ἡ βουλή, τῶν ὑπάτων ἡγουμένων, ἐν κόσμῳ τῷ πρέποντι ἑκάστῳ προσέφερον . Cfr . 106 .440–443 (onori tributati a Cesare): ὅθεν αὐτῷ τιμαὶ πᾶσαι, ὅσαι ὑπὲρ ἄνθρωπον, ἀμέτρως ἐς χάριν ἐπενοοῦντο, θυσιῶν τε πέρι καὶ ἀγώνων καὶ ἀναθημάτων ἐν πᾶσιν ἱεροῖς καὶ δημοσίοις χωρίοις, ἀνὰ φυλὴν ἑκάστην καὶ ἐν ἔθνεσιν ἅπασι, καὶ ἐν βασιλεῦσιν, ὅσοι Ῥωμαίοις φίλοι. σχήματά τε ἐπεγράφετο ταῖς εἰκόσι ποικίλα, καὶ στέφανος ἐκ δρυὸς ἦν ἐπ’ἐνίαις ὡς σωτῆρι τῆς πατρίδος, ᾧ πάλαι τοὺς ὑπερασπίσαντας ἐγέραιρον οἱ περισωθέντες. ἀνερρήθη δὲ καὶ πατὴρ πατρίδος, καὶ δικτάτωρ ἐς τὸν ἑαυτοῦ βίον ᾑρέθη καὶ ὕπατος ἐς δέκα ἔτη, καὶ τὸ σῶμα ἱερὸς καὶ ἄσυλος εἶναι καὶ χρηματίζειν ἐπὶ θρόνων ἐλεφαντίνων τε καὶ χρυσέων, καὶ θύειν μὲν αὐτὸν αἰεὶ θριαμβικῶς ἠμφιεσμένον, τὴν δὲ πόλιν ἀνὰ ἔτος ἕκαστον, αἷς αὐτὸς ἡμέραις ἐν παρατάξεσιν ἐνίκα, ἱερέας δὲ καὶ ἱερείας ἀνὰ πενταετὲς εὐχὰς δημοσίας ὑπὲρ αὐτοῦ τίθεσθαι, καὶ τὰς ἀρχὰς εὐθὺς καθισταμένας ὀμνύναι μηδενὶ τῶν ὑπὸ Καίσαρος ὁριζομένων ἀντιπράξειν. ἔς τε τιμὴν τῆς γενέσεως αὐτοῦ τὸν Κυϊντίλιον μῆνα Ἰούλιον ἀντὶ Κυϊντιλίου μετωνόμασαν εἶναι. καὶ νεὼς ἐψηφίσαντο πολλοὺς αὐτῷ γενέσθαι καθάπερ θεῷ καὶ κοινὸν αὐτοῦ καὶ Ἐπιεικείας, ἀλλήλους δεξιουμένων· οὕτως ἐδεδοίκεσαν μὲν ὡς δεσπότην, εὔχοντο δὲ σφίσιν ἐπιεικῆ γενέσθαι . 144 .600–602 (discorso di Antonio ai funerali di Cesare): ὅσα δὴ τῆς ἀρετῆς αὐτὸν ὑμεῖς ἀγάμενοι πάντες ὁμαλῶς, ἥ τε βουλὴ καὶ μετὰ αὐτῆς ὁ δῆμος, ἔτι περιόντι ἐψηφίσασθε … τῇ φωνῇ δ’ἐνσημαινόμενος ἕκαστα καὶ ἐφιστάμενος, οἷς μάλιστα αὐτὸν ἐν τῷ ψηφίσματι ἐξεθείαζον, ἱερὸν καὶ ἄσυλον ἢ πατέρα πατρίδος ἢ εὐεργέτην ἢ προστάτην οἷον οὐχ ἕτερον ὀνομάζοντες . Cfr . Svet . 45: ex omnibus decretis sibi a senatu populoque honoribus non aliud aut recepit aut usurpavit libentius quam ius lauteae coronae perpetuo gestandae; 76: non enim honores modo nimios recepit: continuum consulatum, perpetuam dictaturam praefecturamque morum, insuper praenomen

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decisioni senatorie

Imperatoris, cognomen Patris patriae, statuam inter reges, suggestum in orchestra; sed et ampliora etiam humano fastigio decerni sibi passus est: sedem auream in curia et pro tribunali, tensam et ferculum circensi pompa, templa, aras, simulacra iuxta deos, puluinar, flaminem, lupercos, appellationem mensis e suo nomine. Alcuni onori vennero solo decretati dal senato, altri necessitarono della ratifica popolare (App . BC 2 .144 .600; Svet . Iul. 45 .2) . 15

44 BC 2 .135 .563; cfr . BC (17 mar .) 3 .2 .2, 5 .6

sc. sull’amnistia e sulla convalida degli atti di Cesare: γίγνεται δόγμα, ἡσυχαζόντων ἤδη καὶ ἀγαπώντων ἁπάντων, φόνου μὲν οὐκ εἶναι δίκας ἐπὶ τῷ Καίσαρι, κύρια δὲ εἶναι τὰ πεπραγμένα αὐτῷ πάντα καὶ ἐγνωσμένα, «ἐπεὶ τῇ πόλει συμφέρει» . Cfr . BC 3 .2 .2: ὁ δῆμος ἐρεθισθεὶς ὑπερεῖδε τῆς ἄρτι ἐπεψηφισμένης ἀμνηστίας; 5 .16: ἐψηφισμένον δ’εἶναι κύρια, ὅσα Καίσαρι πέπρακτό τε καὶ γενέσθαι βεβούλευτο, τὰ ὑπομνήματα τῶν βεβουλευμένων .

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44 BC 2 .135 .565 (17 mar .)

2 scc.: uno per le colonie esistenti e un altro per coloro che stavano per recarsi nelle colonie: 1) ὅσοι τῶν κληρούχων ἡγεμόνες ἦσαν, ἠξίουν ἴδιον περὶ σφῶν ἐπὶ τῷ κοινῷ δόγμα ἕτερον γενέσθαι, βεβαιοῦν αὐτῶν τὰς κληρουχίας … γίγνεται μὲν δὴ καὶ τοῦτο; 2) καὶ ἕτερον αὖ περὶ τῶν ἐξιόντων ἐπὶ τὰς ἀποικίας ὅμοιον .

44 BC 2 .136 .569 (17 mar .)

sc. sulla pubblicazione del testamento e sui funerali di Cesare: τάς τε διαθήκας ἐς τὸ μέσον ἔδοξε προφέρειν καὶ θάπτειν τὸν ἄνδρα δημοσίᾳ .

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decisioni senatorie

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44 (13 apr . ?)

BC 3 .3 .6; cfr . Cic . Phil. 1 .5; Val . Max . 9 .15 .1

sc. su Amazio, ucciso da Antonio senza processo (?): ὁ Ἀντώνιος ἐπιβαίνων οἷα ὕπατος συλλαμβάνει καὶ κτείνει τὸν Ἀμάτιον χωρὶς δίκης, μάλα θρασέως· καὶ ἡ βουλὴ τὸ μὲν ἔργον ἐθαύμαζεν ὡς μέγα καὶ παράνομον, τὴν δὲ χρείαν αὐτοῦ προσεποιοῦντο ἥδιστα . Cfr . Cic . Phil.: liberatus caedis paucis post diebus senatus . Val . Max .: iussu patrum necatus in carcere .

2

44 (apr .– mag .?)

BC 3 .4 .13

sc. sulla guardia del corpo di Antonio: ἡ βουλὴ … ἔδωκε φρουρὰν περιστήσασθαι περὶ τὸ σῶμα, ἐκ τῶν ἐστρατευμένων καὶ ἐπιδημούντων ἑαυτῷ καταλέγοντα . Appiano è l’unico a farne menzione; la notizia sarebbe credibile se posta in relazione con il tumulto di Amazio (v . supra) .

I senatus consulta e le sedute del senato nelle Guerre Civili di Appiano

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44 (5 giu .)

BC 3 .6 .20; cfr . Cic . Att. 15 .9 .1

sc. de frumento emendo et ad urbem mittendo (incarico affidato a Bruto e Cassio): οὕτω δ’αὐτοῖς ἔχουσιν ἡ βουλὴ συνειδυῖα τὴν γνώμην ἔδωκε σίτου τῇ πόλει φροντίσαι, ἐξ ὅσης δύναιντο γῆς, μέχρις αὐτοὺς ὁ χρόνος τῶν ἐθνῶν τῆς στρατηγίας καταλάβοι . Cfr . Cic .: iiii Non. vesperi a Balbo redditae mihi litterae fore Nonis senatum, ut Brutus in Asia, Cassius in Sicilia frumentum emendum et ad urbem mittendum curarent.

4

44

BC 3 .8 .28; cfr . Dio 45 . 9 .3

sc. de provincia Macedoniae (attribuita ad Antonio): καὶ ἔδοσαν μὲν ἄκοντες καὶ ἐν θαύματι ἔχοντες . Cfr . Dio: τὴν μὲν Μακεδονίαν τὴν τῷ Μάρκῳ ἐκ τοῦ κλήρου δεδομένην .

5

44 (metà lug .– inizio set .)

BC 3 .8 .29; cfr . Cic . Phil. 2 .31

sc. de provinciis (a Bruto e a Cassio): ἐν καιρῷ (v . supra 28) … καὶ ἐδόθη Κυρήνη τε καὶ Κρήτη, ὡς δ’ἑτέροις δοκεῖ, τάδε μὲν ἀμφότερα Κασσίῳ, Βιθυνία δὲ Βρούτῳ .

6

44 (giu .?)

BC 3 .21 .78; cfr . 54 .224; Dio 45 . 24 .1

sc. sul denaro pubblico (in riferimento al testamento di Cesare, dopo l’arrivo di Ottaviano a Roma): τῆς βουλῆς ζήτησιν εὐθὺς εἶναι τῶν δημοσίων χρημάτων ψηφισαμένης .

7

44

BC 3 .25 .95; cfr . Dio 45 . 25

sc. sul comando della spedizione contro i Geti in Macedonia affidato ad Antonio: (Antonio) ᾑρέθη τῆς ἐν Μακεδονίᾳ δυνάμεως εἶναι στρατηγὸς αὐτοκράτωρ. καὶ ὃ μὲν ἔχων, ἃ ἐβούλετο, Γάιον τὸν ἀδελφὸν αὐτίκα σὺν ἐπείξει τὸ δόγμα φέροντα τῷ στρατῷ διεπέμπετο . Cfr . Dio (discorso di Cicerone): ὑμεῖς τὰ στρατεύματα ἐκ τῆς Μακεδονίας ἐδώκατε. ἐψηφίσθη μὲν γὰρ ταῦτα οὕτως …

8

44 (20 dic .)

BC 3 .47 .193; cfr . Cic . Phil. 3 .39

sc. che affida ai consoli designati per l’anno successivo le decisioni da prendere in ambito militare: ἔφασαν ὀλίγον ὕστερον ὅ τι χρὴ ποιεῖν αὐτοὺς ψηφιεῖσθαι, ὅταν αὐτοῖς αἱ νέαι ἀρχαὶ ἐς τὰ πράγματα παρέλθωσιν … στρατὸν δὲ οὐδένα πω ἔχοντες ἴδιον οὐδὲ καταλέξαι χωρὶς ὑπάτων δυνάμενοι ἐς τὰς νέας ἀρχὰς πάντα ἀνετίθεντο . Cfr . Cic .: senatui placere uti Pansa Hirtius consules designati cum magistratus inissent, si eis videretur, primo quoque tempore de his rebus ad hunc ordinem referrent .

9

43 (2 gen .)

BC 3 .50 . 209; cfr . Cic . Phil. 5 .36

sc. di lode all’operato di Decimo Bruto: μὲν ἡ βουλὴ … ἐψηφίσαντο ὅμως Δέκμον τε ἐπαινέσαι οὐκ ἐκστάντα Ἀντωνίῳ τῆς Κελτικῆς . Cfr . Cic: cum D, Brutus … provinciam Gallia in senatus populique Romani potestate teneat, … id eum recte et ordine exque re publica fecisse … Itaque senatum populumque Romanum existimare D. Bruti imperatoris, consulis designati opera, consilio, virtute … rei publicae … esse subventum.

decisioni senatorie

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Chiara Carsana

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3)

decisioni senatorie

10

43 (2 gen .)

BC 3 .50 . 209; cfr . Cic . Phil. 5 .45–46

sc. de C. Caesare Octaviano: (μὲν ἡ βουλὴ … ἐψηφίσαντο) τοῖς ὑπάτοις Ἱρτίῳ καὶ Πάνσᾳ Καίσαρα συστρατηγεῖν οὗ νῦν ἔχει στρατοῦ, ἐπίχρυσόν τε αὐτοῦ εἰκόνα τεθῆναι καὶ γνώμην αὐτὸν ἐσφέρειν ἐν τοῖς ὑπατικοῖς ἤδη καὶ τὴν ὑπατείαν αὐτὴν μετιέναι τοῦ νόμου θᾶσσον ἔτεσι δέκα . Cfr . Cic .: hoc autem tempore ita censeo decernendum: «quod C. Caesar, Gai filius, pontifex, pro praetore, summo rei publicae tempore milites veteranos ad libertatem populi Romani cohortatus sit eosque conscripserit, quodque legio Martia quartaque summo studio optimoque in rem publicam consensu C. Caesare duce et auctore rem publicam, libertatem populi Romani defendant, defenderint, et quod C. Caesar pro praetore Galliae provinciae cum exercitu subsidio profectus sit, equites, sagittarios, elephantos in suam populique Romani potestatem redegerit, difficillimoque rei publicae tempore saluti dignitatique populi Romani subvenerit, ob eas causas senatui placere, C. Caesarem, Gai filium, pontificem, pro praetore, senatorem esse sententiam­ que loco praetorio dicere, eiusque rationem, quae­ cumque magistratum petet, ita haberi ut haberi per leges liceret, si anno superiore quaestor fuisset».

11

43 (2 gen .)

BC 3 .50 . 209; cfr . Cic . Phil. 5 .53

sc. sul pagamento di una ricompensa alle legioni passate da Antonio ad Ottaviano: (μὲν ἡ βουλὴ … ἐψηφίσαντο) ἔκ τε τοῦ δημοσίου δοθῆναι τοῖς τέλεσι τοῖς ἐς αὐτὸν ἀπὸ Ἀντωνίου μεταστᾶσιν, ὅσον αὐτοῖς ὁ Καῖσαρ ἐπὶ τῇ νίκῃ δώσειν ὑπέσχετο . Cfr . Cic .: De exercitu autem C. Caesaris ita censeo decernendum: «senatui placere … quantamque pecuniam militibus earum legionum in singulos C. Caesar, pontifex, pro praetore pollicitus sit, tantam dari placere;…»

12

43 (4 gen .)

BC 3 .61 .250–251

scc.: 1) sulle province di Cisalpina e Macedonia: (i senatori) ἐψηφίσαντο δ’Ἀντωνίῳ προαγορεῦσαι Μακεδονίαν ἀντὶ τῆς Κελτικῆς ἔχειν; 2) altre disposizioni che Cicerone fu incaricato di scrivere e riferire ai messi: τὰς δὲ ἄλλας ἐντολάς … Κικέρωνα συγγράψαι τε καὶ δοῦναι τοῖς πρεσβεύουσι προσέταξαv . Queste sarebbero state travisate e riportate in modo non conforme: ὃ δὲ τὴν γνώμην παραφέρων συνέγραφεν ὧδε· Μουτίνης Ἀντώνιον εὐθὺς ἀπανίστασθαι καὶ Δέκμῳ τὴν Κελτικὴν μεθιέναι, ἐντὸς δὲ Ῥουβίκωνος ποταμοῦ, τοῦ τὴν Ἰταλίαν ὁρίζοντος ἀπὸ τῆς Κελτικῆς, ἡμέρᾳ ῥητῇ γενόμενον ἐπιτρέψαι τὰ καθ’ἑαυτὸν ἅπαντα τῇ βουλῇ. οὕτω μὲν φιλονίκως τε καὶ ψευδῶς τὰς ἐντολὰς ὁ Κικέρων συνέγραφεν … Cfr . Dio 46 .29 .4: ἐψηφίσαντο. πρός τε τὸν Ἀντώνιον πρεσβείαν ἔπεμψαν κελεύσουσάν οἱ τά τε στρατόπεδα καὶ τὴν Γαλατίαν ἀφεῖναι καὶ ἐς τὴν Μακεδονίαν ἀπελθεῖν .

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3)

decisioni senatorie

Cic . Phil. 6 .5: An ille id faciat quod paulo ante decretum est, ut exercitum citra flumen Rubiconem, qui finis est Galliae, educeret, dum ne propius urbem Romam cc milia admoveret? Huic denuntiationi ille pareat, ille se fluvio Rubicone cc milibus circumscriptum esse patiatur? La tradizione riportata da Appiano è anticiceroniana, e in parte confermata da Dio . Magnino (Appiani 1984, 170, e già Willems, Le Sénat 18852, II, 750) la ritiene falsa, in quanto non coincidente con quanto affermato da Cicerone . 13

43 (II metà di feb .)

14

43 (2 feb .)

BC 3 .61 .253; cfr . Cic . Phil . 11 .9, 15–16; Liv . Per. 119; Vell . 2 .69; Dio 47 .29 .4

sc. contro Dolabella dichiarato hostis rei publicae: (dopo che Trebonio fu ucciso e i suoi resti portati in città) οὐ δυσχερῶς ἡ βουλὴ τὸν Δολοβέλλαν ἔκρινεν εἶναι πολέμιον . Cfr . Cic . 11 .9: cunctis senatus sententiis hostis est iudicatus .

BC 3 .63 .258; cfr . Cic . sc. contro Antonio dichiarato hostis rei publicae: τάδε Phil. 8 .1–2, 33 μὲν ὁ Ἀντώνιος εἶπέ τε καὶ ἀντέγραψε, καὶ ἡ βουλὴ αὐτὸν αὐτίκα ἐψηφίζετο εἶναι πολέμιον καὶ τὸν ὑπ’ αὐτῷ στρατόν, εἰ μὴ ἀποσταῖεν αὐτοῦ . Cfr . Cic . 1–2: Victa est igitur propter verbi asperitatem te auctore nostra sententia: vicit L. Caesaris, amplissimi viri, qui verbi atrocitate dempta oratione fuit quam sententia lenior … At in quo fuit controversia? Belli nomen ponendum quidam in sententia non putabant: tumultum appellare malebant, ignari non modo rerum sed etiam verborum: potest enim esse bellum ut tumultus non sit, tumultus autem esse sine bello non potest. Quid est enim aliud tumultus nisi perturbatio tanta ut maior timor oriatur? Cic . 33: eorum qui cum Antonio sunt, qui ab armis discesserint … ante Idus Martias primas adierint, eis fraudi ne sit quod cum Antonio fuerint. In realtà Antonio venne dichiarato hostis r. p. successivamente, il 26 aprile (v . infra, BC 3 .74 .302– 304) . In questa occasione venne dichiarato lo stato di tumultus (v . Cic . 1–2); la differenza però era più terminologica che di sostanza .

15

43 (metà feb .)

BC 3 .63 .258–259; cfr . Cic . Phil. 10 .26

sc. sulle province concesse a Bruto: Μακεδονίας δὲ καὶ τῆς Ἰλλυρίδος αὐτῆς καὶ τῶν ἐν ἀμφοτέραις ὑπολοίπων στρατῶν Μᾶρκον Βροῦτον ἄρχειν, μέχρι κατασταίη τὰ κοινά. ὃ δὲ ἴδιόν τε εἶχεν ἤδη στρατὸν καὶ παρὰ Ἀπουληίου τινὰ προσειλήφει καὶ ναῦς εἶχε μακράς τε καὶ ὁλκάδας καὶ χρημάτων ἐς μύρια καὶ ἑξακισχίλια τάλαντα καὶ ὅπλα πολλά …· οἷς ἅπασιν αὐτὸν ἡ βουλὴ τότε ἐψηφίζετο ἐς τὰ συμφέροντα τῆς πατρίδος χρῆσθαι .

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Chiara Carsana

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3)

decisioni senatorie

Cfr . Cic .: Quae cum ita sint, quod C. Pansa consul verba fecit de litteris … de ea re ita censeo: «… utique Q. Caepio Brutus pro consule provinciam Macedoniam, Illyricum cunctamque Graeciam tueatur, defendat, custodiat incolumemque conservet, eique exercitui quem ipse constituit, comparavit, praesit». 16

43 (27 apr .)

BC 3 .63 .260; cfr . Cic . Brut. 1 .5 .1; Liv . Per. 121; Dio 47 .28 .5, 29 .6 .

sc. sulla provincia di Siria e il comando della guerra contro Dolabella attribuito a Cassio: ἐψηφίσαντο δὲ καὶ Κάσσιον ἄρχειν τε Συρίας καὶ πολεμεῖν Δολοβέλλᾳ· Cfr . Cic .: A. d. V Kal. Mai., cum de iis qui hostes iudicati sunt bello persequendis sententiae dicerentur, dixit Servilius … ut Cassius persequeretur Dolabellam,… Liv.: C. Cassius, cui mandatum a senatu erat, ut Dolabellam hostem iudicatum bello persequeretur, auctoritate rei p. adiutus Syriam cum tribus exercitibus, qui in eadem provincia erant …

17

43 (27 apr .)

BC 3 .63 .260; cfr . infra 78 .317; BC. 4 .248; Cic . Brut. 1 .5 .1; Dio 47 .28 .5

sc.: concessione di un imperium maius a Bruto e a Cassio: τούς τε ἄλλους, ὅσοι τινὸς ἔθνους ἢ στρατοῦ Ῥωμαίων ἄρχουσιν ἀπὸ τῆς Ἰονίου θαλάσσης ἐπὶ τὴν ἕω, πάντας ὑπακούειν ἐς ὅ τι προστάσσοι Κάσσιος ἢ Βροῦτος . Infra 78, 317: ἐψήφιστο γάρ, ὥς μοι προείρηται, πάντας ὑπακούειν Κασσίῳ τε καὶ Βρούτῳ . Cfr . Cic .: A. d. V Kal. Mai., cum de iis qui hostes iudicati sunt bello persequendis sententiae dicerentur, dixit Servilius … ut Cassius persequeretur Dolabellam, cui … decrevi hoc amplius ut tu, si arbitrarere utile exque re publica esse,persequerere bello Dolabellam … Nihil honorificentius potuit facere senatus quam ut tuum esset iudicium quid maxime conducere rei publicae tibi videretur.

18

43 (26 apr .)

BC 3 .74 .302; cfr . Dio 46 .39 .3; Cic . Phil. 14 .11, 29, 37

sc. sulle cerimonie di ringraziamento per la vittoria su Antonio: θυσίας τε ἐπ’ Ἀντωνίῳ πεντήκοντα ἡμερῶν ἱκεσίους ἐψηφίζετο … Cfr . Cic . 37: ob eas res senatum existimare et iudicare … uti ob eas res bene, fortiter feliciterque gestas C. Pansa A. Hirtius consules, imperatores, alter ambove, aut si aberunt, M. Cornutus, praetor urbanus, supplicationes per dies quinquaginta ad omnia pulvinaria constituat …

19

43 (27 apr .)

BC 3 .74 .302; cfr . Liv . Per. 120; Dio 46 .40 .1–6

sc. de Antonio persequendo: conferimento a Decimo Bruto del comando della guerra contro Antonio: (il senato) καὶ τὸν στρατὸν τῶν ὑπάτων ἐδίδου Δέκμῳ … στρατηγόν τε τὸν Δέκμον ἀπέφηνεν ἐπ’Ἀντωνίῳ μόνον εἶναι καὶ εὐχὰς δημοσίας ἐποιεῖτο Δέκμον Ἀντωνίου περιγενέσθαι … Cfr . Liv .: D. Brutus cui senatus ut persequeretur Antonium mandaverat.

I senatus consulta e le sedute del senato nelle Guerre Civili di Appiano

data

loca (bc

3)

decisioni senatorie

20

43 (27 apr .)

BC 3 .74 .303; v . supra, 50 . 209; cfr . Cic . Phil. 14 .29

sc.: rinnovo dell’impegno (preso il 2 gennaio) di ricompensare le legioni passate da Antonio ad Ottaviano: ἐβεβαίου τε αὖθις τοῖς δύο τέλεσι τοῖς ἀπὸ Ἀντωνίου μεταστᾶσι τὰς ἑκάστῳ προϋπεσχημένας παρὰ τοῦ κοινοῦ Ῥωμαίων ἐπινικίους δραχμὰς πεντακισχιλίας … καὶ στέφανον αὐτοὺς ἐν ταῖς ἑορταῖς αἰεὶ θαλλοῦ περιτίθεσθαι . Cfr . Cic .: promissa nostra atque ea quae legionibus … spopondimus … renovanda censeo.

21

43 (fine apr .– inizio mag .)

BC 3 .74 .304; cfr . Cic . Fam. 10 .33 .1

sc. de Antonio persequendo rivolto ai governatori Lepido, Planco e Asinio: ἔγραφον δὲ καὶ Λεπίδῳ καὶ Πλάγκῳ καὶ Ἀσινίῳ πολεμεῖν, ὅπως πλησιάσειαν Ἀντωνίῳ . Cfr . Cic .: senatus consulto, quo Plancum et Lepidum in Italiam arcessistis .

22

43 (ante 4 mag .)

BC 3 .83 .340; cfr . Cic . Brut. 1 .5 .4

sc. di rinvio delle elezioni consolari: ὑπερθέσεων δὲ ἐπὶ τῇ χειροτονίᾳ γιγνομένων ἐννόμων κατὰ ποικίλας αἰτίας … Cfr . Cic .: omnino Pansa vivo celeriora omnia putabamus. statim enim collegam sibi subrogavisset; deinde ante praetoria sacerdotum comitia fuissent. nunc per auspicia longam moram video. dum enim unus erit patricius magistratus, auspicia ad patres redire non possunt .

23

43 (post 6–9 giu .)

BC 3 .85 .350–351; cfr . Cic . Fam. 11 .14 .3

sc. sulle legioni per la guerra contro Antonio: (dopo la notizia del ricongiungimento di Lepido e Antonio) ἥ τε βουλὴ πάμπαν ἀποροῦσα, καὶ δεδιυῖα … μετεκάλει δὲ ἐκ Λιβύης ἀπὸ τριῶν τῶν ὑπὸ Σέξτιον δύο τέλη καὶ τὸ τρίτον ἐκέλευε Κορνιφικίῳ παραδοθῆναι, τῆς ἑτέρας ἄρχοντι Λιβύης καὶ τὰ τῆς βουλῆς φρονοῦντι … Cfr . Cic .: ex Africa legiones expectantur … In realtà il richiamo delle legioni dall’Africa aveva preceduto il ricongiungimento tra Lepido e Antonio (cfr . Cic . Fam. 11 .14 .3 del 29 maggio) .

24

43 (poco dopo il 6 giu .)

BC 3 .85 .352; cfr . Dio 46 .42 .1

sc. sul comando della guerra contro Antonio (conferita ad Ottaviano, congiuntamente a Decimo Bruto): ἡ δὲ ἀπορία σφᾶς ὧδε ἤπειγεν, ἐπεὶ καὶ τὸν νέον Καίσαρα … στρατηγὸν αὖθις ἐπὶ Ἀντωνίῳ μάλα ἀπρεπῶς ἐχειροτόνουν ἅμα Δέκμῳ .

25

43 (ante 20 mag .)

BC 3 .86 .355; cfr . Cic . Fam. 11 .20 .1

sc.: costituzione di una commissione di decemviri per la distribuzione dei donativi ai soldati di Ottaviano: καὶ δέκα ἄνδρας ἐς τὴν διανέμησιν ἐχειροτόνουν … Cfr . Cic .: veteranos … maxime indignari quod in decemviris neque Caesar neque ego habiti essemus …

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90

Chiara Carsana

data

loca (bc

3)

decisioni senatorie

26

43 (fine lug .– inizio ago .)

BC 3 .90 .370; cfr . Dio 46 .44 .2

sc. a favore di Ottaviano e del suo esercito: Ἀθρόα δὴ πάντων ἐς πάντα ἦν μετάθεσις, ἀντὶ μὲν δισχιλίων καὶ πεντακοσίων δραχμῶν τὰς πεντακισχιλίας, ἀντὶ δὲ τῶν δύο τελῶν τοῖς ὀκτὼ δοθῆναι Καίσαρά τε αὐτοῖς ἀντὶ τῶν δέκα ἀνδρῶν διανέμειν καὶ ἐς τὴν ὕπατον ἀρχὴν παραγγέλλειν ἀπόντα. πρέσβεις τε ἐξέτρεχον …

27

43 (ago .)

BC 3 .90 .373–374; cfr . Dio 46 .44 .4–5

sc. u. contro Ottaviano: Ἐπεὶ δὲ αὐτοῖς καὶ τὰ δύο τέλη τὰ ἐκ Λιβύης μετάπεμπτα ἐς τὸν λιμένα αὐτῆς ἡμέρας ἀφίκετο … ἡ μὲν δὴ μετάνοια ἐκεκύρωτο, καὶ μετεψηφίζετο ἅπαντα, Κικέρωνος αὖθις αὐτοῖς ἐπιφανέντος. ἥ τε στρατεύσιμος ἡλικία προεγράφετο πᾶσα καὶ τὰ δύο τέλη τάδε, τὰ ἐκ Λιβύης, καὶ οἱ σὺν αὐτοῖς ἱππεῖς χίλιοι καὶ τέλος ἕτερον, ὃ Πάνσας αὐτοῖς ὑπολελοίπει, πάντες οἵδε μερισθέντες οἳ μὲν τὸν λόφον τὸν καλούμενον Ἰάνουκλον, ἔνθα καὶ τὰ χρήματα ἐσώρευσαν, ἐφρούρουν, οἳ δὲ τὴν τοῦ ποταμοῦ γέφυραν, ἐπιδιῃρημένων σφίσι τῶν στρατηγῶν τῶν κατὰ τὴν πόλιν· ἄλλοι δὲ αὐτοῖς τὰ ἐν τῷ λιμένι σκάφη καὶ ναῦς καὶ χρήματα εὐτρέπιζον, εἰ δεήσειεν ἡττωμένους φυγεῖν διὰ θαλάσσης .

28

43

BC 3 .95 .395; cfr . Svet . Aug. 27 .3

sc.: condanna a morte di Quinto Gallio per aver attentato alla vita di Ottaviano: καὶ αὐτοῦ τὴν μὲν στρατηγίαν περιεῖλον οἱ σύναρχοι, τὴν δ’οἰκίαν διήρπασεν ὁ δῆμος, ἡ δὲ βουλὴ κατεγίνωσκε θάνατον . Cfr . Svet .: conloquio petito insidiatum sibi coniectumque a se in custodiam, deinde urbe interdicta … È più probabile – secondo quanto riporta Svetonio citando l’Autobiografia di Augusto – che la condanna fosse stata di aquae et igni interdictio.

29

43 (ott .)

data

BC 3 .96 .397; cfr . Dio 46 .52 .3

loca (bc

4)

sc.: annullamento delle deliberazioni prese contro Antonio, Lepido e i loro eserciti e invio di missive di contenuto pacifico: καὶ τὰ πολέμια δόγματα Ἀντωνίου τε καὶ Λεπίδου καὶ τῶν ὑπ’αὐτοῖς στρατῶν κατελύετο, εἰρηναῖα δὲ ἕτερα αὐτοῖς ἐπέμπετο .

decisioni senatorie

Solo riferimenti ai s. c. c. del 44–43 (di cui si parla in BC 2 e 3) .

I senatus consulta e le sedute del senato nelle Guerre Civili di Appiano

data

1–4

63/57/ 54/51

loca (bc

5)

BC 5 .10 .40

decisioni senatorie

scc. de provincia Syria . Excursus sulla Siria: περὶ Σύρων λέγοντι εἴρηται· Πομπηίου δ’ αὐτὴν Ῥωμαίοις προσλαβόντος καὶ στρατηγὸν αὐτῇ Σκαῦρον ἀποδείξαντος, ἡ βουλὴ μετὰ Σκαῦρον ἔπεμψεν ἑτέρους καὶ Γαβίνιον τὸν Ἀλεξανδρεῦσι πολεμήσαντα, ἐπὶ δὲ Γαβινίῳ Κράσσον … καὶ Βύβλον ἐπὶ τῷ Κράσσῳ . 63: Scauro; 57: Gabinio; 54: Crasso; 51: Bibulo .

5

39 (inizio estate)

BC 5 .131 .544; cfr . supra, 72 .306–73 .308

sc. di ratifica degli accordi tra i triumviri e Sesto Pompeo presi a Miseno (infranti poi da Ottaviano): καὶ ἦν τὰ ἐπεσταλμένα περὶ τῶν θεραπόντων, ὅσοι παρὰ τὴν στάσιν ἀποδράντες ἐστρατεύοντο, καὶ αὐτοῖς τὴν ἐλευθερίαν ᾐτήκει Πομπήιος, καὶ ἡ βουλὴ καὶ αἱ συνθῆκαι δεδώκεσαν. V . supra, 72 .306–73 .308: accordi .

6

39 (estate)

BC 5 .75 .318; cfr . Dio 48 .34 .1

sc. di approvazione degli atti passati e futuri di Antonio in Oriente emesso dopo l’accordo di Miseno: καὶ αὐτῷ τῆς βουλῆς ψηφισαμένης εἶναι κύρια, ὅσα ἔπραξέ τε καὶ πράξει . Cfr . Dio: τά τε ὑπὸ τῶν τριῶν ἀνδρῶν πραχθέντα ἀφ’οὗ ἐς τὴν ὀλιγαρχίαν ἐσῆλθον κῦρος παρὰ τῆς βουλῆς ἔλαβε … Secondo Dione la legittimazione senatoria non riguarda solo Antonio ma era estesa ai triumviri .

7

36

BC 5 .130 .538; cfr . infra, 130 .541–542; Dio 49 .15 .1

sc. de honoribus C. Caesari Octaviano: (dopo il ritorno di Ottaviano dalla Sicilia) ἐρχομένῳ δ’ἥ τε βουλὴ τιμὰς ἐψηφίσατο ἀμέτρους, ὧν αὐτὸν ἐποίουν κριτήν, ἢ πάσας λαβεῖν ἢ ὅσας δοκιμάσειε . V . infra, 541–542: ἐκ δὲ τῶν ἐψηφισμένων τιμῶν ἐδέχετο πομπήν, ἐτήσιόν τε ἱερομηνίαν εἶναι, καθ’ἃς ἡμέρας ἐνίκα, καὶ ἐπὶ κίονος ἐν ἀγορᾷ χρύσεος ἑστάναι μετὰ σχήματος οὗπερ ἔχων εἰσῆλθε, περικειμένων τῷ κίονι νεῶν ἐμβόλων. καὶ ἕστηκεν ἡ εἰκών, ἐπιγραφὴν ἔχουσα, ὅτι «τὴν εἰρήνην ἐστασιασμένην ἐκ πολλοῦ συνέστησε κατά τε γῆν καὶ θάλασσαν» . Cfr . Dio: onori decretati ad Ottaviano .

b. Riunioni del senato data

1

133

loca (bc

1)

BC 1 .12 .50–51; cfr . Plut . Gr. 11 .3–4

sedute

A Tiberio Gracco viene consigliato di portare in senato il contrasto con Ottavio sulla lex agraria (οἱ δυνατοὶ τοὺς δημάρχους ἠξίουν ἐπιτρέψαι τῇ βουλῇ περὶ ὧν διαφέρονται); ma dopo essere stato insultato ed essersi reso conto di essere in minoranza, decide di avanzare direttamente altre proposte alla plebe .

91

92

Chiara Carsana

data

loca (bc

1)

sedute

Cfr . Plut .: Μάλλιος καὶ Φούλβιος ἄνδρες ὑπατικοὶ προσπεσόντες τῷ Τιβερίῳ … ἐπιτρέψαι δὲ τῇ βουλῇ κελεύοντες καὶ δεόμενοι συνέπεισαν . In seguito al contrasto con Ottavio sul plebiscito da presentare, a Tiberio Gracco viene consigliato di porre la questione al senato per ottenere: 1) περὶ ὧν διαφέρονται: un arbitrato; 2) un parere probuleutico sulla proposta di legge . Forse è preferibile la prima ipotesi . È significativa la scelta di Tiberio di sottrarsi al senato presentando di nuovo la legge ai plebisciti: il sc. non ebbe luogo . 2

133

BC 1 .16 .66, 68; cfr . Plut . Gr. 19 .3–5; Val . Max . 3 .2 .17

Riunione del senato nel tempio della Fede (ove Appiano menziona solo il sc. finale, mentre Plutarco e Valerio Massimo ne danno una narrazione più ampia) .

3

129

BC 1 .19 .79–80; cfr . Macr . 3 .14 .6

Scipione propone che le controversie sulla distribuzione dell’ager publicus non vengano giudicate dai triumviri e convince il senato . Segue sc.

4

121 BC 1 .25 .113–26 .116; (fine cfr . Plut . Gr. 35 giu .)

Seduta del senato convocato dal console Opimio dopo i tumulti in Campigoglio e l’uccisione di Antillio . Segue ultimatum del senato.

5

100 BC 1 .30 .135; cfr . (giu .– Plut . Mar. 29 .3–6 lug .)

Discussione sul giuramento della lex agraria di Saturnino (prima seduta) .

6

100 BC 1 .30 .136–31 .138 (giu .– lug .)

Discussione sul giuramento della lex agraria di Saturnino (seconda seduta) .

1

data

loca (bc

2)

63 (5 dic .)

BC 2 .5 .17–6 .21; cfr . Sall . Cat. 46 .5–47 .3, 50 .3–53 .1; Cic . Cat. 4 .10

sedute

Vengono interrogati gli Allobrogi . Il senato toglie e Lentulo la sua magistratura . Lui e gli altri congiurati vengono dati in custodia ai pretori . Segue la discussione sulla condanna da infliggere ai Catilinari: interventi del console designato Silano, di Nerone, di Cesare e di Catone . In questo caso Appiano concentra in una gli avvenimenti di due sedute: quella del 3 e quella del 5 dicembre . La scansione degli eventi è corretta, ma l’espressione ἐπανῆλθεν αὐτίκα fa pensare che tutto sia avvenuto nel corso di una sola riunione .

2

60 (giu .)

BC 2 .8 .29–30

Si discute in senato la richiesta di Cesare di poter presentare la propria candidatura al consolato in absentia. Catone si oppone e prolunga il suo discorso in modo da far scadere l’ultimo giorno utile a presentare le candidature .

I senatus consulta e le sedute del senato nelle Guerre Civili di Appiano

data

loca (bc

2)

sedute

3

51 (primavera?)

BC 2 .25 .97

Cesare chiede al senato una piccola proroga al suo potere sulla Gallia, o su almeno una parte di essa . Opposizione del console Marcello .

4

51 (29 set .)

BC 2 .26 .99; cfr . Cic . Fam. 8 .8 .4–5; Caes . BG 8 .53 .1–2

Marcello propone di inviare in Gallia i magistrati che dovevano subentrare a Cesare prima della scadenza della carica . Pompeo si oppone .

5

50 (mar .)

BC 2 .27 .103–105; cfr . Cic . Fam. 2 .12 .1; Caes . BG 8 .52 .4

Discussione sull’invio dei successori nelle province di Cesare . Curione propone che anche Pompeo abbandoni le sue province e l’esercito . Seduta del 1 marzo 50 e successive nel corso del mese . V . BC 2 .27 .106: εὐπρεποῦς δὲ τῆς γνώμης οὔσης ὁ δῆμος ἐπῄνει τὸν Κουρίωνα . Il passo è importante perché riporta gli echi che le sedute del senato ebbero in pubbliche contiones in occasione della festa dei Quinquatri (cfr . Cic . Fam. 2 .12 .1) .

6

50 (metà apr .– fine mag .)

BC 2 .28 .109–111; cfr . Caes . BG 8 .52 .4

Discussione sulla deposizione dei rispettivi governatorati da parte di Cesare e Pompeo . Scontro tra Pompeo (presente alla seduta) e Curione .

7

50 (metà mag .– inizio giu .)

BC 2 .29 .112–114; cfr . Caes . BG 8 .52 .5

Discussione sulla deposizione dei rispettivi governatorati da parte di Cesare e Pompeo . Proposta di Curione: deposizione contemporanea . Successiva interruzione della seduta per veto di Curione (dopo che la sua proposta non è stata accolta) .

8

50 (aut .– inv ., forse 1 dic .)

BC 2 .30 .118–119; Caes . BG 8 .52 .4

Discussione sulla deposizione dei rispettivi governatorati da parte di Cesare e Pompeo . Tra la proposta di Marcello e quella di Curione, vince quest’ultimo .

9

49 (1 gen .)

BC 2 .32 .127–129; cfr . Caes . BC 1 .1 .1–1 .2 .8

Lettura della lettera di Cesare . Nomina di Lucio Domizio come successore di Cesare in Gallia . La nomina di Domizio in realtà ebbe luogo tra l’8 e l’11 gennaio (v . supra) .

10

49 (7 gen .)

BC 2 .33 .130–132; cfr . Caes . BC 1 .5, 32 .6; Cic . Fam. 16 .11 .2

I tribuni Antonio e Cassio appoggiano la proposta di Curione, opponendo il veto alle decisioni del senato (cfr . Cic .) fino a quando questo non dichiara lo stato di emergenza . Uscita di Antonio e Cassio, espulsi dall’aula .

11

49 (metà gen .)

BC 2 .36 .142

I consoli, informati del passaggio del Rubicone spingono Pompeo a muoversi in Italia e ad arruolare un esercito .

12

49 (17 gen .)

BC 2 .37 .146–148; cfr . Caes . BC 1 .6 .7–8; Cic . Att. 7 .11 .3; Plut . Caes. 33; Pomp. 57–61; Dio 41 .6

I consoli fanno opposizione a qualsiasi mediazione con Cesare – intervento del pretore Favonio – discorso di Pompeo sulla necessità di lasciare Roma – uscita di Pompeo dalla curia seguito dai consoli .

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Chiara Carsana

data

loca (bc

2)

sedute

Il discorso di Pompeo trova un preciso riscontro in Cicerone . Più circostanziato Cassio Dione, che parla di un δόγμα che garantiva l’impunità ai magistrati in carica, che non potevano lasciare Roma . *** 13

44 (15 mar .)

BC 2 .116–117 .488–491 Seduta senatoria in cui ebbe luogo l’uccisione di Cesare .

14

44 (17 mar .)

BC 2 .126–129 .525– 541; 132–135 .553–563, 565–566

Lunghissima e travagliata seduta del senato precedente ai funerali di Cesare . Appiano è in questo caso la fonte che ne restituisce il resoconto di gran lunga più circostanziato e articolato .

15

44 (17 mar .) data

BC 2 .136 .567–569

loca (bc

3)

Nuova riunione del senato, riaggiornata su richiesta di Pisone . sedute

1

44 (apr .)

BC 3 .4 .11–13

Antonio propone di richiamare dalla Spagna Sesto Pompeo e di nominarlo comandante della flotta . Lodi di Cicerone ad Antonio: il senato gli concede la guardia del corpo (v . supra sc.)

2

44 (kal . giu .)

BC 3 .27 .102–103; cfr . Cic . Att. 14 .22 .2; Phil. 1 .6

Antonio chiede al senato che in luogo della Macedonia gli si desse come provincia la Cisalpina . Reazione negativa dei senatori . Cfr . Cic . Att.: moneor a multis ne in senatu Kalendis; Phil.: kalendis Iuniis … nihil per senatum . Di fatto molti senatori non si presentarono e la richiesta finì in nulla: v . Cic .

3

44 (28 nov .)

4

43 (1 gen .)

BC 3 .45 .185–186

Antonio riunisce il senato per ottenere una dichiarazione di biasimo contro Ottaviano, ma dopo aver appreso che la legione Marzia e la IV erano passate a Ottaviano, turbato entrò in senato, come se lo avesse convocato per discutere di altro, pronunciò un breve discorso e si avviò alla porta della città e di lì ad Alba per far cambiare opinione ai disertori .

BC 3 .50 .202–206; cfr . Cic . Phil. 3 .37–39; Phil. 5 .28–29; Dio 45 .17–46 .28

I consoli Irzio e Pansa appena entrati in carica riuniscono il senato per prendere provvedimenti contro Antonio . Interventi di Cicerone e di Pisone . La seduta si protrae fino a notte e gli opposti pareri si bilanciano . In realtà dopo l’intervento dei consoli, parlarono Caleno e Cicerone (v . Cic . e Dio) . Ufficialmente si doveva discutere della situazione generale e de honoribus et de praemiis bene de re publica meritorum (v . Cic .) .

I senatus consulta e le sedute del senato nelle Guerre Civili di Appiano

data

loca (bc

5

43 (2 gen .)

BC 3 .50 .206–51 .210

Prosecuzione della seduta precedente . Prevale l’opinione dei ciceroniani, ma uno dei tribuni della plebe, Salvio, pone il veto . Si aggiorna la seduta al giorno successivo .

6

43 (3 gen .)

BC 3 .51 .211–61 .253; cfr . Cic . Phil. 5; Dio 46 .1–28

Discorso diretto di Cicerone (52 .213–53 .220) . Discorso diretto di Pisone (54 .222–60 .248): il suo intervento indusse a non dichiarare Antonio nemico; non ottenne però che gli si lasciasse la Cisalpina (v . supra sc.) .

7

43 (giu .)

BC 3 .82 .338–83 .340; cfr . Dio 46 .42 .1–2

Dopo la proposta privata ricevuta da Ottaviano di rivestire insieme la carica di consoli, Cicerone parla in suo favore . I senatori si oppongono . Per svariati motivi, comunque legittimamente, le elezioni furono rinviate: v . sc. supra.

8

43 (I metà di giu .)

BC 3 .86 .353

I soldati dell’esercito di Ottaviano inviano (dietro sue istruzioni) tribuni al senato per richiedere il pagamento delle 5000 dracme che erano state promesse loro dopo la sconfitta di Antonio a Modena .

9

43 (lug .)

BC 3 .88 .361–362; cfr . Dio 46 .42 .4–43; Svet . Aug. 26

Un’ambasceria di centurioni richiede al senato il consolato per Ottaviano .

10

43 (fine lug .– ini zio ago .)

BC 3 .89 .368–90 .370

Discussione tra i senatori dopo che Ottaviano ha passato il Rubicone . Cicerone è assente . Ampio mutamento di opinione di tutti in tutto .

11

43 (ago .)

BC 3 .91 .373–374

Riunione in cui, questa volta con la presenza di Cicerone, viene emesso il sc. u. contro Ottaviano (v . supra) .

data

1

36 (nov .)

loca (bc

3)

5)

BC 5 .131 .539–544

sedute

sedute Discorso di Ottaviano al senato (e contio al popolo): τῆς δ’ἐπιούσης αὐτὸς ἐβουληγόρησέ τε καὶ ἐδημηγόρησε, τὰ ἔργα καὶ τὴν πολιτείαν ἑαυτοῦ τὴν ἀπ’ἀρχῆς ἐς τότε καταλέγων· καὶ τὰ εἰρημένα συγγράψας τὸ βιβλίον ἐξέδωκε (539) .

Bibliografia BonneFond-Coudry m ., Le Sénat de la République romaine de la guerre d’Hannibal à Auguste, Rome 1989 . CanFora l ., Augusto figlio di Dio, Roma – Bari 2015 . Carsana C ., Commento storico al libro II delle Guerre Civili di Appiano (parte I), Pisa 2007 .

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Chiara Carsana

Carsana C ., Discours vrais ou inventés? Le cas d’Appien, in DHA 39, 2013, 103–123 . Carsana C ., Gli antefatti del conflitto tra Cesare e Pompeo nel libro II delle Guerre Civili di Appiano, in RIL 137, 2003, 251–283 . Carsana C ., Tre punti di vista sull’imperialismo romano: Polibio, Diodoro e il Libro Africano di Appiano, in DHA suppl. 9, 2013, 191–204 . Carsana C ., Représentation du pouvoir à Rome: modèles institutionnels et société dans les Histoires de Polybe, in MedAnt 11, 2010, 47–58 . Carsana C ., Riflessioni sulle leges Iuliae agrariae del 59 a. C., in RAL 9a .12, 2001, 259–274 . Coudry m ., Sénatus-consultes et acta senatus: rédaction, conservation et archivage des documents émanant du sénat, de l’époque de César à celle des Sévères, in La mémoire perdue: à la recherche des archives oubliées, publiques et privées, de la Rome antique, Paris 1994, 65–102 . de FranCisCi P ., Storia del diritto romano, Napoli 19382. de martino F ., Storia della Costituzione romana, I, Napoli 19722; II–III, Napoli 19732. gaBBa e ., Appiani Bellorum Civilium liber primus, Firenze 19672. gaBBa e ., Appiani Bellorum Civilium liber quintus, Firenze 1970 . gaBBa e ., Il senato romano nelle età dell’imperialismo e della rivoluzione (264–31 a. C.), in Il senato nell’età romana, Roma 1998, 85–127 . gaBBa e ., magnino d . (cur .), La Storia Romana. Libri XIII–XVII. Le guerre civili di Appiano, Torino 2001 . giuFFrè V . (cur .), Les Lois des Romains, Napoli 1977 . gowing a . m ., The Triumviral Narratives of Appian and Cassius Dio, Ann Arbor 1992 . hinard F ., Appien et la logique interne de la crise, in Franchet d’Espèrey S . et al. (eds .), Fondements et crises du pouvoir, Paris 2003, 318–324 . laFFi u ., Leggi agrarie e coloniali, in Ferrary J .-L . (cur .), Leges publicae. La legge nell’esperienza politica romana, Pavia 2012, 429–461 . magnino d ., Appiani Bellorum Civilium liber tertius, Firenze 1984 . malCoVati e ., Imperatoris Caesaris Augusti operum fragmenta. Editio quarta, Torino 1962 . mason h . j ., Greek Terms for Roman Institutions, Toronto 1974 . PePPe l ., I senatusconsulta come alternativa alla legge comiziale, in Ferrary J .-L . (cur .), Leges publicae. La legge nell’esperienza politica romana, Pavia 2012, 627–705 . reduzzi merola F ., Iudicium de iure legum, Napoli 2001 . sCardigli B ., Documenti in Appiano, in Biraschi A . M ., Desideri P ., Roda S ., Zecchini G . (cur .), L’uso dei documenti nella storiografia antica (Incontri perugini di storia della storiografia, 12), Napoli 2003, 391–412 . willems P ., Le Sénat de la République romaine, II, Paris 18852.

oliVier deVillers

Aspects de la représentation de l’activité du Sénat chez Tacite Remarques autour de l’évocation des sénatus-consultes

Le recours direct, par Tacite, aux archives sénatoriales, les acta senatus, est un point qui a été établi fermement par R . Syme, et globalement accepté depuis1 . Leur consultation impliquait la connaissance de toute une série d’informations : propositions faites par des sénateurs, discours, communications officielles, communications de l’empereur et, bien sûr, décrets du Sénat et de fonctionnaires sénatoriaux2 . L’examen de ces informations permettait à l’historien de porter une opinion sur l’activité du Sénat et sur l’attitude des sénateurs . Reste que cette documentation était orientée et que, comme le montre le Senatus Consultum de Pisone patre (SCPP), les sénatus-consultes, en particulier, véhiculaient une idéologie impériale3 . Tacite n’en était pas dupe et une partie de son travail consistait à rectifier cette part de propagande de façon à intégrer le document à sa narration4 : une narration qui, elle, n’était pas nécessairement favorable aux empereurs et qui engageait à dépasser la question du portrait individuel d’un prince pour s’interroger sur le fonctionnement des institutions . C’est sur ce point, plus spécifiquement en relation avec les sénatus-consultes, que je me concentrerai ; il s’agira principalement de mettre en

1 Par ex . Syme, Tacitus 1958, 186–188 (pour les Histoires), 278–285 (pour Ann . 1–6), 295–296 (pour Ann . 11–16) ; Some Sources 1982 ; Bérard, Tacite et les inscriptions 1991 . Bilan par Devillers, Sources 2003, 55–64 . 2 Synthèse par Coudry, Sénatus-consultes et acta senatus 1994 . 3 Suspène, Un ‹ procès politique › 2010, spéc . 862–870 ; Manni, Il senatus consultum de Cnaeo Pisone patre 2016, spéc . 56 . Sur le SCPP comme promouvant une exemplarité impériale, Cooley, Moralizing Message 1998 ; aussi Langlands, Exemplary Influences 2014, 114 . 4 Mastrorosa, Due processi di età tiberiana 2010, spéc . 129 .

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Olivier Devillers

évidence divers aspects de la représentation de ces textes par Tacite, dont le regard, la pensée et l’art seront au cœur de cette contribution5 . Parmi les éléments qui composent les acta senatus et qui touchent aux sénatus-consultes6, Tacite souligne peu les relationes, du moins de manière explicite7, et développe fréquemment les sententiae, qu’il amplifie le choix échéant en reproduisant, voire en élaborant, les discours tenus à l’assemblée, y mêlant à l’occasion quelques réflexions personnelles8 . Les sententiae, il est vrai, sont, par leur diversité, plus propres à faire apparaître l’attitude individuelle de chaque sénateur (cf . Ann . 3 .65)9 . Elles conduisent aussi à relativiser le sentiment de consensus qui émane du decretum lui-même . À cet égard, Tacite n’est d’ailleurs pas sans laisser s’installer quelque confusion, qu’on a peine à ne pas imaginer délibérée, entre les propositions de décrets et les décrets effectifs et, plus d’une fois, de nombreuses lignes sont consacrées à une proposition teintée d’adulation qui, en définitive, n’est pas retenue . Cette insistance sur les sententiae rend parallèlement nécessaire de s’arrêter sur l’attitude que Tacite préconise lors des débats au Sénat . Dans ce sens, nous retiendrons, pour le règne de Néron, une intervention, de Thrasea Paetus, lors de la discussion d’un sénatus-consulte relatif au nombre de gladiateurs autorisés à se produire lors des spectacles organisés à Syracuse (Ann . 13 .49)10 : 1 . Non referrem uulgarissimum senatus consultum, quo ciuitati Syracusanorum egredi numerum edendis gladiatoribus finitum permittebatur, nisi Paetus Thrasea contra dixisset praebuissetque materiem obtrectatoribus arguendae sententiae . 2 . Cur enim, si rem publicam egere libertate senatoria crederet, tam leuia consectaretur ? Quin de bello aut pace, de uectigalibus et legibus, quibusque aliis res Romana contineretur, suaderet dissuaderetue ? Licere patribus quotiens ius dicendae sententiae accepissent, quae uellent expromere relationem in ea postulare . 3 . An solum emendatione dignum ne Syracusis spectacula largius ederentur ? Cetera per omnes imperii partes perinde egregia quam si non Nero, sed Thrasea regimen eorum teneret ? Quod si summa dissimulatione transmitterentur, quanto magis inanibus abstinendum ! 4 . Thrasea contra rationem poscentibus amicis, non praesentium ignarum respondebat eius modi consulta corrigere, sed patrum honori dare ut manifestum fieret magnarum rerum curam non dissimulaturos, qui animum etiam leuissimis aduerterent . 5 Cf . déjà dans ce sens Cogitore, Les sénatus-consultes dans les Annales 2007 . 6 En dernier lieu, Buongiorno, Struttura 2016 . 7 Cogitore, Les sénatus-consultes dans les Annales 2007, 82 . 8 Cogitore, Les sénatus-consultes dans les Annales 2007, 87–88 . 9 Ainsi Cogitore, Les sénatus-consultes dans les Annales 2007, 88, « c’est de toute évidence l’aspect auquel Tacite s’est le plus intéressé, à la fois parce qu’il fut sénateur lui-même et parce que cette étape de la procédure est la plus révélatrice de l’attitude du sénat envers les empereurs » . 10 Il sera encore fait allusion à ces propos en Ann . 16 .22 .1 .

Aspects de la représentation de l’activité du Sénat chez Tacite

1 . Je ne rapporterais pas un sénatus-consulte des plus communs, qui permettait à la cité de Syracuse d’excéder le nombre fixé de gladiateurs pour les jeux si Thrasea Paetus n’avait parlé contre, fournissant à ses détracteurs matière à mettre en cause un de ses avis . 2 . À quoi bon, en effet, s’il pensait que l’État avait besoin d’un Sénat indépendant, critiquer des choses tellement futiles ? Pourquoi ne pas parler – en pour ou en contre – de la guerre et de la paix, des impôts et des lois, de tout ce qui tient en place l’État ? Il était permis aux Pères, chaque fois qu’ils recevaient le droit de rendre leur avis, d’exprimer ce qu’ils voulaient, de demander une délibération sur ces questions . 3 . Ou bien aucun autre changement ne lui semblait mériter d’être apporté que de veiller à ce que les Syracusains ne puissent se montrer plus prodigues en spectacles ? Tout le reste, dans tout l’empire, allait-il aussi bien que si Thrasea en exerçait la gestion au lieu de Néron ? Si on laisse faire, en cachant son opinion, sur les questions les plus importantes, à plus forte raison faut-il s’abstenir sur ce qui est sans intérêt ! 4 . Au contraire, Thrasea, à son cercle qui lui demandait des comptes, répondait que ce n’était pas en homme ignorant de la situation présente qu’il amendait des avis de ce type ; mais c’était contribuer au prestige des pères que de rendre clair à tous que ne cacheraient pas leur préoccupation pour les affaires importantes ceux qui prêtaient leur attention même aux questions les plus futiles .

C’est donc, pour Thrasea, la dignité des sénateurs de s’exprimer sur toutes les questions qui leur sont soumises ; selon lui, dans un régime où le dernier mot ne leur appartient pas sur les questions majeures, leur devoir est de se faire entendre sur les questions mineures et de maintenir ainsi une pluralité de voix au sein du Sénat . Cette position trouve des contradicteurs et ne semble pas être immédiatement comprise même des proches de Thrasea . Si, malgré cela, Tacite y fait écho, c’est pour rappeler qu’à ses yeux, il demeure une possibilité – que représente alors Thrasea – d’inscrire l’activité du Sénat dans un rapport qui ne soit pas seulement de verticalité, mais qui, pour certaines questions du moins, intègre une horizontalité . C’est précisément dans cette même problématique horizontalité/verticalité que semble s’inscrire son évocation des sénatus-consultes : ces textes, qui ont valeur normative, doivent-ils tout à l’autorité et à la volonté impériale ou continuent-ils de refléter un consensus plus large, issu d’un débat collectif ? Ou bien encore est-ce là un domaine où il ne faut pas généraliser et chaque sénatus-consulte doit-il être évalué au cas par cas, à la lumière des circonstances politiques ?

1. Exercice par le Sénat de ses prérogatives sous le contrôle de l’empereur Dans certains cas, et sur des domaines qui relèvent de ses prérogatives traditionnelles, le Sénat pourra donner l’image des temps anciens . On le voit tout particulièrement sous Tibère, qui semble avoir fait de la moderatio un enjeu de son principat, et ce y compris du point de vue institutionnel, dans l’affichage d’une sorte

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d’équilibre des pouvoirs . Claude, également, aurait, sur la forme, été respectueux des patres, et même si ce respect restait dans une certaine mesure théorique, le Sénat aurait sous son règne été un lieu privilégié pour la discussion de certaines de ses réformes11, le prince mobilisant alors à son profit le consensus attaché aux sénatus-consultes . La figure impériale ne reste en effet jamais très éloignée, comme le montre le SCPP, dans lequel Tibère est omniprésent, qui a pu être interprété comme l’expression de l’instrumentalisation des procès comme outils de contrôle aux mains du prince et qui, dans une certaine mesure, concourt à une redéfinition du régime et du pouvoir de l’empereur12 . Tacite est très attentif aux manifestations de ce contrôle impérial . Parfois, il se contente de signaler le rôle du prince qui, même silencieux, même s’il affiche le souci de ne pas influencer les sénateurs, pèse sur les délibérations, comme le montre le procès de Lepida sous Tibère (Ann . 3 .22–23)13 . Le plus souvent, néanmoins, la forme de son intervention est précisée, qu’une décision soit prise à son initiative, sur la base d’un rapport fait par lui14 ou après qu’il a rendu un avis : à propos des sénatus-consultes pour venir en aide à deux cités d’Asie ruinées par un tremblement de terre (Ann . 14 .13 .1)15, sur l’expulsion des histrions d’Italie (Ann . 4 .14 .2) ou sur le lieu d’exil de C . Silanus (Ann . 3 .69 .5–6) sous Tibère16 et, sous Claude, sur les haruspices (Ann . 11 .15) ou contre Lollia Paulina (Ann . 12 .22) . Sont ainsi reproduits des discours de l’empereur qui semblent destinés à clore le débat sur la question discutée au Sénat : celui de Tibère sur le culte impérial (Ann . 4 .37–38) ou celui de Claude sur les sénateurs gaulois (Ann . 11 .25 .1, orationem principis secuto pa-

11 Triggiano, L’imperatore Claudio e il processo 2013, 83 (à propos de l’action du prince dans le domaine judiciaire), « Il senato … risulta luogo privilegiato per la discussione delle proposte di riforma claudiana che in qualche caso scuotono e lasciano perplessi i senatori » . Aussi Michel, La cour sous l’empereur Claude 2015, 249–251 ; brièvement Cogitore, Les sénatus-consultes dans les Annales 2007, 84 . Sur la manière dont Claude traitait le Sénat, aussi Buongiorno, Senatus consulta Claudianis temporibus facta 2010, 42, 56–57 . 12 Suspène, Un ‹ procès politique › 2010, spéc . 261 . Aussi Manni, Il senatus consultum de Cnaeo Pisone patre 2016, 68–71, pour ce qui regarde une hiérarchisation des imperia . 13 Mastrorosa, Due processi di età tiberiana 2010, 129–132 . 14 Dans cinq des six cas où Tacite nomme l’auteur d’une relatio comme sujet du verbe referre, il s’agit de l’empereur (2 fois Tibère, trois fois Claude) ; cf . Cogitore, Les sénatus-consultes dans les Annales 2007, 83 . Sur la mention de la paternité de la relatio dans les sénatus-consultes sous le Principat, Buongiorno, Struttura 2016, 39–42 (qui souligne la mention croissante du prince comme auctor à partir de Claude) . 15 Ces sénatus-consultes sont associés au souci du prince de se préoccuper des affaires malgré la mort encore récente de son fils Drusus (Ann . 4 .13 .1), at Tiberius, nihil intermissa rerum cura, negotia pro solaciis accipiens, ius ciuium, preces sociorum tractabat . 16 Le Sénat attend également la réponse de Tibère, sollicité en tant que grand pontife, pour voir si le flamen Dialis pouvait se voir attribuer une province ; Ann . 3 .59 .1–2) . Sur la question du flamen Dialis, aussi Ann ., 4 .16 .

Aspects de la représentation de l’activité du Sénat chez Tacite

trum consulto)17 . D’autres fois, le prince corrige le travail préalable des sénateurs : Tibère critique l’admission par sénatus-consulte d’un livre sur la Sibylle, de sorte que le livre en question est soumis à un examen (Ann . 6 .12 .1–2) ; ou encore il réduit les cérémonies décrétées pour la puissance tribunicienne de Drusus (Ann . 3 .59 .2)18 . Dans le cas du débat sur l’application de la lex Cincia, il y a, sans doute à l’issue d’un débat ante relationem19, intervention de Claude qui permet aux avocats de plaider leur cause et finalement fixe à leurs honoraires une limite au-delà de laquelle ils seraient soumis à la loi sur les concussions (Ann . 11 .5–7 ; aussi 13 .42 .1) . Autre scénario, sous Néron : Thrasea met en avant les inconvénients que présente la pratique qui veut que des assemblées de province proposent au Sénat des votes d’actions de grâces pour les gouverneurs (Ann . 15 .21) ; il n’y a toutefois alors pas de vote sur ce point, la question n’étant pas à l’ordre du jour ; le vote lui-même semble avoir lieu plus tard, sur la base d’un rapport fait par l’empereur (Ann . 15 .20–22) . Certes, le contrôle impérial n’est pas explicitement mentionné dans chaque affaire . Toutefois, il est suffisamment souligné par l’historien pour que ce sentiment l’emporte . Cela est notamment le cas lorsque, selon un procédé de « compensation »20, une prise de décision du Sénat dans un de ses domaines de compétence est balancée par une initiative, une manœuvre, voire une pression, de l’empereur dans ce même domaine . On en trouve divers exemples21 : –



dans le cas de la destruction de douze villes d’Asie par un tremblement de terre en 17 p . C ., mesures prises personnellement par l’empereur et décisions du Sénat sont juxtaposées (Ann . 2 .47) ; le chap . Ann . 2 .85 voit le Sénat statuer dans deux de ses domaines de compétence : sur la répression des débauches féminines (Ann . 2 .85 .1), sur le bannisse-

17 Telle est en tout cas la première impression du lecteur . Cf . toutefois Buongiorno, Struttura 2016, 38, qui souligne qu’en l’occurrence le décret pris ne s’aligne pas sur le discours impérial, de sorte qu’on peut penser que l’historien fait l’impasse sur le débat qui eut lieu au Sénat (aussi Buongiorno, Senatus consulta Claudianis temporibus facta 2010, 54, 56, 270) . 18 De même, il semble que ce soit à l’instigation de Tibère que soit jugé pour majesté Antistius Vetus, absous dans un premier temps dans un procès d’adultère (Ann . 3 .38 .2) . 19 Buongiorno, Senatus consulta Claudianis temporibus facta 2010, 45, 223 . 20 Le procédé est notamment régulièrement opérant dans les Commentaires de César ; Rambaud, Art de la déformation historique 1953 . 21 Le procédé n’est toutefois pas systématique, ainsi qu’on l’observe dans le récit de l’année 57 : à un édit de Néron interdisant à tout magistrat ou procurateur, dans les provinces qu’il administrait de donner un spectacle de divertissement (Ann . 13 .31 .3), succède la mention d’un sénatus-consulte disant qu’en cas d’assassinat du maître les affranchis demeurant sous le même toit partageraient le supplice des esclaves (Ann . 13 .32 .1) . Dans ce cas, chacun reste dans sa sphère de compétences, le prince n’empiète pas sur le domaine sénatorial . Il semble y avoir là une illustration des propos que l’empereur avait tenus à la curie peu après avènement sur le fait que le Sénat garderait ses antiques fonctions (Ann . 13 .4 .2) .

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ment de 4000 affranchis adeptes des cultes égyptiens et judaïques (Ann . 2 .85 .4) ; toutefois, dès le chapitre suivant, on voit le prince intervenir dans ces mêmes domaines, à l’occasion du choix d’une vestale (Ann . 2 .86) ; en Ann . 3 .72 .1–2, se succèdent la restauration de la basilique de Paulus aux frais du sénateur Aemilius Lepidus et celle du théâtre de Pompée aux frais de Tibère ; en Ann . 4 .43, la décision du Sénat concernant un litige entre Lacédémone et Messène sur le statut juridique du temple de Diane Limnatis est suivie de la décision du prince de prendre en charge la restauration du temple de Vénus sur le Mont Éryx ; après l’écroulement de l’amphithéâtre de Fidènes, le Sénat prend un sénatus-consulte (Ann . 4 .63 .1), tandis que l’aristocratie renoue avec la tradition républicaine en ouvrant ses maisons aux blessés (Ann . 4 .63 .2, ueterum institutis similis, qui magna post proelia saucios largitione et cura sustentabant) ; mais, aussitôt après, une autre catastrophe, l’incendie du Caelius, est principalement gérée par l’empereur ; en Ann . 12 .58, diverses décisions prises par le Sénat sont réparties en deux groupes : celles qui ont été prises à la suite d’une intervention de Néron (immunité pour Troie, secours pour Bologne, qu’avait détruite un incendie), puis les autres (liberté pour les Rhodiens22, secours pour les habitants d’Apamée) ; en Ann . 12 .61–62, se succèdent deux exemptions de charge, l’une, pour Cos, l’autre pour Byzance ; si la seconde est accordée après un exposé « à l’ancienne » des mérites de la cité, la première l’est à la suite d’une intervention directe de Claude23 ; l’année 61 voit le Sénat rendre un sénatus-consulte pour combattre la corruption (Ann . 14 .41) et surtout réaffirmer les diverses stipulations du sénatus-consulte sur le supplice de l’ensemble des esclaves en cas de meurtre du maître par l’un d’entre eux (Ann . 14 .43) ; une sévérité toute empreinte de républicanisme marque ces deux décisions, qui se succèdent dans le récit d’une année dont il a été signalé qu’elle comportait dans les Annales plusieurs indices de la dégradation des mœurs de la cité24 . Néanmoins, dans le second cas, sur les esclaves, le prince est réintroduit à la fin de l’affaire, et deux de ses interventions paraissent déterminantes : il prend d’abord les mesures de sécurité qui permettent l’application du supplice au esclaves, il s’oppose ensuite à un durcissement du sénatus-consulte (Ann . 14 .45) . au début du règne de Vespasien, un sénatus-consulte pour semoncer les habitants de Sienne qui avaient maltraité un consul (Hist . 4 .45) vient juste après

22 Cette décision aurait, selon Suet . Ner . 7 .2, été prise aussi à la suite d’un discours de Néron . 23 Cf . Cogitore, Les sénatus-consultes dans les Annales 2007, 85 . 24 Devillers, Art de la persuasion, 1994, 89–90 .

Aspects de la représentation de l’activité du Sénat chez Tacite

que l’empereur, et surtout Mucien, ont fait en sorte que les sénateurs mettent un terme aux poursuites qu’ils engageaient contre les accusateurs de l’époque de Néron . Dans d’autres cas, encore, c’est tout un contexte général qui jette un doute sur l’indépendance des sénateurs : le débat sur le droit d’asile, longuement évoqué en Ann ., 3 .60–63, prend place alors que se renforce le pouvoir de Tibère (Ann . 3 .60 .1), sed Tiberius, uim principatus sibi firmans, imaginem antiquitatis senatui praebebat ; en 26, un autre débat a essentiellement pour but d’écarter les rumeurs selon lesquelles le prince aurait décidé la perte de la maison de Germanicus, sed Caesar, quo famam auerteret, adesse frequens senatui (Ann . 4 .55 .1)… Parfois la juxtaposition est ironique : sous Néron, la condamnation par le Sénat d’Octavius Sagitta, coupable d’un meurtre passionnel (Ann . 13 .44)25, est immédiatement suivie de la, naissance de la passion de Néron pour Poppée (Ann . 13 .45) ; sous Claude, celle pour adultère de L . Silanus et de sa sœur (Ann . 12 .8 .1) survient peu après les noces de Claude avec sa nièce Agrippine26 . L’adulation est un autre facteur propre à mettre en cause la crédibilité des sénatus-consultes27 . Le Sénat en effet est un espace public traditionnel à l’intérieur duquel le pouvoir encourage et arbitre la manifestation d’une compétition entre membres des élites (cf . Ann . 11 .23 .2, studiis diuersis apud principem certabatur)28 . Cette compétition prend alors pour objet la faveur du prince . Dans ce contexte, la principale pression qui pèse sur les travaux du Sénat vient des sénateurs euxmêmes qui, pour des motifs d’ambition ou de sécurité, proposent des décrets qui flattent l’empereur ou dont ils supputent qu’ils traduisent la politique voulue par celui-ci . Tel est du moins ce que veut montrer la narration tacitéenne dès le débat sur les honneurs funèbres à Auguste (Ann . 1 .8 .3–4)29, puis, sous Tibère après la chute de Séjan (spéc . Ann . 6 .2), sous Claude, après la mort de Messaline (Ann . 11 .38 .4) … Une décision telle que la désignation de Néron comme consul est ainsi présentée pratiquement comme une concession faite par Claude à l’adulation du Sénat (Ann . 12 .41 .1, et Caesar adulationibus senatus libens cessit ut …)30 . Les exemples les plus flagrants s’en trouvent pour le règne de Néron : après l’annonce de victoire militaires (Ann . 13 .41 .4, premiers succès de Corbulon en Orient) ou après l’élimi25 Sénatus-consulte rappelé en Hist . 4 .44 . 26 Par ex . Buongiorno, Senatus consulta Claudianis temporibus facta 2010, 280 . 27 Cf . Cogitore, Les sénatus-consultes dans les Annales 2007, 96, 98, sur le même lien entre sénatus-consultes et adulation ; aussi Bérard, Tacite et les inscriptions 1991, 3048–3049, sur le lien entre inscriptions et adulation . 28 Par ex . Hurlet, Aristocratie romaine 2014, 119 . 29 Autre exemple : supplications et jeux décrétés à l’occasion d’une maladie de Livie (Ann . 3 .64 .2–3 ; aussi 3 .71 .1) . 30 Voir toutefois commentaire de Buongiorno, Senatus consulta Claudianis temporibus facta 2010, 307 .

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nation d’adversaires de l’empereur ou d’instigateurs supposés de complots (Ann . 14 .64 .3, après la mort d’Octavie) . Après les morts de Sulla et de Plautus, Tacite souligne que de telles pratiques instaurent une mauvaise dynamique et encouragent l’empereur à la tyrannie (Ann . 14 .60 .1) : accepto patrum consulto, postquam cuncta scelerum suorum pro egregia accipi uidet … après qu’il a reçu le décret sénatorial, comme il voit que l’ensemble de ses crimes est tenu pour extraordinaire …

C’est cette forme de « cercle vicieux » qui mène Tacite à faire écho, dans les débats qu’il rapporte, à un certain nombre de propositions excessives . C’est alors aux plus raisonnables parmi les Pères de faire en sorte que les décisions prises gardent quelque indépendance et de « fléchir en mieux »31 les sénatus-consultes que rendait le Sénat . Pour prendre un seul exemple, au terme du procès pour concussion de Silius, alors que certains ont proposé de confisquer une partie des biens de l’épouse de celui-ci, Lepidus intervient pour qu’on laisse le maximum possible de ces biens à ses enfants . Il s’ensuit une réflexion de Tacite, restée célèbre, sur ce qu’est la meilleure attitude à suivre pour un sénateur face au prince, inter abruptam contumaciam et deforme obsequium … iter ambitione ac periculis uacuum (Ann . 4 .20 .3) . Dans le cadre du même procès, et dans un esprit différent, Cotta Messalinus propose un sénatus-consulte pour que les magistrats soient châtiés pour les fautes commises par leurs épouses dans leurs provinces, même s’ils étaient dans l’ignorance de ces fautes : At Messalinus Cotta, haud minus claris maioribus, sed animo diuersus, censuit cauendum senatus consulto ut quamquam insontes magistratus et culpae alienae nescii prouincialibus uxorum criminibus proinde quam suis plecterentur . Par contre, Messalinus Cotta, dont les ancêtres n’étaient pas moins illustres, mais qui n’avait pas le même caractère, fut d’avis de veiller par sénatus-consulte à ce que, même innocents, les magistrats, également ignorants d’une faute commise par autrui, soient, dans le cas d’accusations portées par les provinces contre leurs épouses, frappés de la même façon que s’ils étaient accusés eux-mêmes .

L’opposition avec Lepidus (at ; sed animo diuersus) laisse entendre que Tacite n’approuve guère Cotta . La proposition qu’il fait est pourtant dans un registre de compétence traditionnel du Sénat . Ce que peut en l’occurrence lui reprocher Tacite est le caractère excessif de sa motion . On le voit, si la question du domaine de compé31 Cf . Ann . 4 .20 .2 (à propos d’Aemilius Lepidus) : in melius flexit .

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tence intervient, elle n’épuise pas le problème, et il y a aussi matière à scruter les attitudes et les manières de faire .

2. Impérialisation des sénatus-consultes De nombreux sénatus-consultes, sont, au-delà de toute façade républicaine, directement au service de la politique impériale, voire ne s’inscrivent pas dans la tradition de l’assemblée . Il en va ainsi des décrets passés lors des changements de règne (cf . Ann . 12 .69 .2, à propos de l’avènement de Néron, sententiam militum secuta patrum consulta), de l’octroi de la puissance tribunicienne (Ann . 3 .57, à Drusus, fils de Tibère) . à l’occasion de la prise de la toge virile par les fils de Germanicus (Ann . 3 .29 ; 4 .4 .1) ou par Néron (Ann . 12 .41 .1–2) . Dans de tels cas, dans la lignée ce que fit Auguste pour honorer Caius et Lucius ou pour éliminer Agrippa Postumus (Ann . 1 .6 .2) le sénatus-consulte sert directement la politique dynastique . On y rattachera d’autres encore, qui semblent répondre à une sollicitation expresse de l’empereur : sous Tibère, celui qui accorde des funérailles nationales à un ami du prince, pourtant peu populaire auprès des membres de l’assemblée (Ann . 3 .48), ou celui qui permet que le prince soit accompagné du préfet et d’un petit nombre de tribuns et centurions quand il se rend à la curie (Ann . 6 .15 .2–3), sous Claude, celui qui est relatif au pouvoir des procurateurs du prince (Ann . 12 .60), celui qui décide la damnatio memoriae de Messaline (Ann . 11 .38 .3) ou encore, sous Othon, celui qui décide que soient remises en place les statues de Poppée (Hist . 1 .78) . D’autres affaires s’inscrivent dans une compétence républicaine, mais dont le sens se trouve modifié sous l’Empire . On pense en particulier à tout ce qui est lié à la maiestas ; le procès de Pison en est un exemple significatif, mais il y en a nombreux autres, qui voient des sénatus-consultes décider de la peine de personnes que l’empereur ou ses proches ressentent comme des adversaires (par exemple, Ann . 12 .22, Lollia Paulina ; 12 .52, Furius Camillus Scribonianus ; 16 .9 .1, Cassius et Silanus)32 sans oublier celui qui décide que soient brûlées les Histoires de Cremutius Cordus (Ann . 4 .35 .4) . C’est notamment dans un tel contexte de procès que Tibère mobilise un sénatus-consulte, qu’il associe à un texte d’Auguste, afin de faire passer une de ses décisions contre Silanus (Ann . 3 .68 .1) :

32 Cf . Mastrorosa, Due processi di età tiberiana 2010, 132, « un senato disponibile ad assumersi la responsabilità di verdetti predeterminati » . Aussi pour l’époque de Claude, Michel, La cour sous l’empereur Claude 2015, 249 : « la quasi-totalité des exécutions ou des exils sous Claude sont décidés par les sénateurs ou approuvés par ces derniers par le biais de sénatus-consultes pris en l’honneur des proches du prince qui sont intervenus au cours de la dénonciation du complot réel ou supposés » .

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Tiberius, quae in Silanum parabat quo excusatius sub exemplo acciperentur, libellos diui Augusti de Voleso Messalla, eiusdem Asiae pro consule, factumque in eum senatus consultum recitari iubet . Tibère voulait, en se plaçant sous un précédent, faire accepter sans davantage d’argument, ce qu’il préparait contre Silanus ; il fait lire les mémoires du divin Auguste contre Volesus Messala proconsul de la même Asie, ainsi que le sénatus-consulte passé contre celui-ci .

Dans un autre domaine que les procès, on citera, sous Claude, le décret qui légitime les noces entre oncles et nièces (Ann . 12 .7 .2)33, relevant certes d’un domaine qui était celui des sénateurs – celui du mos en matière matrimoniale –, mais conduisant à une rupture avec la coutume qui, à nouveau, n’avait de raison d’être – du moins à lire Tacite34 – qu’en fonction d’un projet dynastique . Enfin, il est des cas où l’action du Sénat, tout en restant dans la tradition républicaine, est en fait utilisée par le prince35 . Le plus souvent, du moins au début du règne de Tibère, il s’agit d’alimenter la fiction républicaine instaurée par Auguste, ce que nous désignons comme res publica restituta, ce qu’entend Tacite lorsqu’il parle d’imago libertatis36 . Parfois aussi, l’empereur s’abrite derrière l’assemblée pour faire passer des décisions dont il hésite à assumer pleinement l’initiative, recourant ainsi à ce que l’on peut appeler sa « réserve d’invisibilité »37 . Il en va ainsi de Tibère, lorsqu’il fait prendre par les sénateurs des mesures pour réprimer des troubles dus à la cherté du blé . Le peuple ne semble du reste pas dupe et le silence du prince en la circonstance est tenu pour de l’orgueil (Ann . 6 .13) : 1 . Isdem consulibus, grauitate annonae iuxta seditionem uentum, multaque et plures per dies in theatro licentius efflagitata quam solitum aduersum imperatorem . Quis commotus, incusauit magistratus patresque quod non auctoritate populum coercuissent, addiditque quibus e prouinciis et quanto maiorem quam Augustus rei frumentariae copiam aduectaret . 2 . Ita castigandae plebi compositum senatus consultum prisca seueritate, neque segnius consules edixere . Silentium ipsius non ciuile, ut crediderat, sed in superbiam accipiebatur .

33 Sur l’interaction entre cour sénatoriale et Sénat dans ce débat en particulier, Michel, La cour sous l’empereur Claude 2015, 250 . 34 D’autres considérations auraient en fait pu être avancées pour justifier la décision ; sur la question, Buongiorno, In fratrum filias coniugia 2016 . 35 Cf . aussi Cogitore, Les sénatus-consultes dans les Annales 2007, 86, « les empereurs qui font des relationes jouent sur les deux tableaux, républicain et impérial » . 36 Cf . Ann . 1 .81 .2 ; aussi par ex . 1 .74 .5 ; 1 .75 .1 ; 1 .77 .3… 37 Hurlet, Pouvoirs et autoreprésentation du prince 2010, 139 .

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1 . Sous les mêmes consuls, la cherté du blé amena au bord de l’émeute et c’est nombreuses, et pendant plusieurs jours, et avec plus de licence que de coutume, que des réclamations furent faites au théâtre contre l’empereur . Cela le fit réagir et il s’en prit aux magistrats et aux sénateurs pour n’avoir pas employé leur autorité à museler le peuple . Il précisa en outre de quelle province et en combien plus grande quantité qu’Auguste il amenait le blé . 2 . Pour châtier la plèbe, on élabora donc un sénatus-consulte d’une sévérité antique, et les consuls ne mirent pas moins d’énergie dans leur édit . Son propre silence ne fut pas populaire, comme il l’avait pensé, mais était tenu pour de l’orgueil .

On note la mention de la prisca seueritas, qui rappelle que les valeurs anciennes qu’incarne le Sénat sont bienvenues pour Tibère en vue de couvrir une répression qu’il souhaite en propre . Le règne de Néron voit la mise en échec d’une manipulation de ce type . Le prince espérait que le Sénat prononcerait la peine capitale contre Antistius, auteur de vers satiriques contre lui, de façon à faire montre de sa clémence en l’arrachant lui-même à la mort en vertu de son intercession tribunicienne . Thrasea Paetus intervient pour qu’Antistius soit simplement relégué après confiscation de ses biens, offrant un exemple de clémence publique (et non de clémence impériale) . Le Sénat suit l’opinion de Thrasea, ce qui provoque les critiques voilées de l’empereur (Ann . 14 .48–49)38 . L’affaire illustre la conception qui prévalait encore aux yeux de certains, à savoir qu’il fallait que le Sénat reste – du moins dans certaines limites – maître de ses anciennes prérogatives, une conception qui n’allait pas sans provoquer des tensions avec le prince . Chapeauté, instrumentalisé, voire imposé par l’empereur, inspiré par l’adulation envers celui-ci, le sénatus-consulte est donc toujours davantage focalisé autour de la figure et de la fonction impériale39 . Tant et si bien que, en définitive, un sénatus-consulte qui serait dépourvu de toute association, directe ou indirecte, avec la personne du prince et qui reposerait sur la seule tradition sénatoriale aurait peu de chance d’aboutir sur le moyen/long terme40, les valeurs qui l’inspireraient paraissant inadaptées à l’esprit du temps . Il en va ainsi d’une prescription sur la vente des terres qui semble venir du Sénat dans le cadre d’une tentative de règlement de la question de l’usure ; elle ne fut finalement pas totalement appliquée (Ann . 6 .17 .4) : Neque emptio agrorum exercita ad formam senatus consulti, acribus, ut ferme talia, incurioso fine . 38 Mention de cette affaire aussi en Hist . 4 .44 . 39 Cela explique du reste, du point de vue historique, pourquoi le sénatus-consulte prend alors le pas sur les lois comitiales . 40 Certains succès des sénateurs sont signalés, mais semblent essentiellement ponctuels ; par ex . l’expulsion de la curie de Tarquitius, qui a accusé Statilius Taurus ; Ann . 12 .59 .2 .

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Et l’achat des terres ne fut pas opéré selon la lettre du sénatus-consulte, la pratique en étant, comme presque toujours pour de telles affaires, intraitable au début, pleine de relâchement à la fin .

Les Histoires rendent de même compte de la fortune vacillante d’un sénatus-consulte, passé sous Galba, sur l’instruction par l’assemblée des procès des accusateurs (Hist . 2 .10 .1) : id senatus consultum uarie iactatum est et, prout potens uel inops reus inciderat, infirmum aut ualidum, retinebat adhuc terroris . ce sénatus-consulte fut appliqué de manière différenciée : sans effet ou efficace selon que l’accusé était puissant ou sans ressources, il gardait encore quelque capacité à inspirer la crainte .

Dans ce commentaire de Tacite le adhuc laisse penser que le sénatus-consulte gardait certes à ce moment du récit quelque vertu dissuasive, tout en entendant qu’elle avait déjà disparu au moment de la rédaction de l’ouvrage . L’évolution en ce sens, plus forte à certaines périodes, comme sous Néron, expliquerait du reste l’abstention de Thrasea : durant les trois années précédant sa condamnation à mort, il ne se rendit plus au Sénat (Ann . 16 .22 .1), dénonçant par son absence la vanité de la parole sénatoriale, même sur les sujets les plus futiles41 . Toutefois, l’échec des sénatus-consultes peut aussi être imputable au prince . Celui qui a été pris, sous Claude, sur l’expulsion d’astrologues, et qui resta, malgré sa dureté, sans effet (Ann . 12 .52 .3, De mathematicis Italia pellendis senatus consultum atrox et inritum) s’encadrait sans doute dans une politique voulue par l’empereur ; les mots atrox et inritum pourraient sans doute valoir pour l’ensemble du gouvernement de Claude, à la fois cruel et incapable de se faire entendre42 .

3. Du politique au littéraire : de quelques procédés Si, chez Tacite, les sénatus-consultes sont représentés comme étroitement associés à la figure de l’empereur, ils sont, dans sa narration, intégrés à la trame annalistique . Ils participent ainsi à un type de rubrique plus générale qu’on pourrait appeler « les

41 Sur lesquels pourtant il prenait auparavant la parole ; Ann . 13 .49 . Dans ce sens aussi, son accusateur, Cossutianus, lui reproche de ne pas reconnaître les décrets passés par l’assemblée ; Ann . 16 .28 .3 . Toujours dans ce même esprit, Thrasea jugera du reste vain qu’un tribun oppose son veto au sénatus-consulte le condamnant ; Ann . 16 .26 .4 . 42 Cf . Buongiorno, Senatus consulta Claudianis temporibus facta 2010, 309–311 .

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affaires sénatoriales »43 . En tant que catégorie traditionnelle, celle-ci est traitée de la même manière que les autres passages-types de l’annalistique sénatoriale (notices nécrologiques, prodiges …), à savoir, comme l’a signalé de manière générale J . Ginsburg, de manière à suggérer les tensions entre République et Principat44 . Ces tensions semblent du reste s’exacerber à mesure que s’enracine le régime, et sont en tout cas plus perceptibles pour le règne de Néron que pour celui de Tibère45 . Cette évolution n’est pas non plus sans avoir quelque incidence sur la manière dont l’historien traite les sénatus-consultes46 . Quoi qu’il en soit, l’existence de ces rubriques même a pu amener Tacite à opérer des regroupements ou des concentrations parmi sa matière sénatoriale . Ainsi, on n’exclut pas qu’il ait au sein de la même année déplacé certaines informations (cela serait le cas pour le SCPP) . Ou encore, on observe dans la seconde partie du livre 3 des Annales, un nombre élevé de propositions et de décrets sénatoriaux ; sans doute s’agit-il là de rendre plus saisissant le contraste avec le début du livre 4 qui annonce un tournant dans le règne de Tibère47 . En outre, au sein même de ces rubriques sont à l’œuvre un certain nombre d’effets48, témoins d’une élaboration qui vise le plus souvent à souligner l’« impérialisation » des sénatus-consultes . Un des principaux procédés, notamment pour le règne de Tibère – celui pour lequel une activité sénatoriale est le plus abondamment évoquée – est l’interpolation psychologique49 . Un autre est la mise en œuvre d’échos et d’interactions entre sénatus-consultes . C’est de cette seconde pratique, la plus caractéristique sans doute de l’insertion narrative des sénatus-consultes, que nous apporterons ci-dessous quelques exemples . 1) Dans la narration du procès de Libo Drusus50, accusé de comploter contre Tibère, deux mentions de sénatus-consultes se répondraient . La première concerne la manière dont Tibère contourne un sénatus-consulte défendant de mettre à la question des esclaves contre leurs maîtres (Ann . 2 .30 .3) : et quia uetere senatus consulto quaestio in caput domini prohibebatur, callidus et noui iuris repertor Tiberius mancipari singulos actori publico iubet, scilicet ut in Libonem ex seruis saluo senatus consulto quaereretur . 43 Pour quelques exemples, Devillers, Art de la persuasion 1994, 187–190 . 44 Ginsburg, Tradition and Theme 1981 . 45 À cet égard, au même titre que les notices nécrologiques, par ex ., les débats sénatoriaux deviennent moins nombreux pour le règne de Néron que pour celui de Tibère . 46 Buongiorno, Senatus consulta Claudianis temporibus facta 2010, 21–23 . 47 Sur la construction du livre 3, Gingras, Annalistic Format 1992 . 48 Sur le caractère subjectif, sélectif et pour tout dire réélaboré de ce type de document, par ex . De Vivo, Le parole ambiguë della storia 2003, 72 . Spéc . à propos du SCPP, Damon, The Trial of Cn. Piso 1999 ; Manni, Il senatus consultum de Cnaeo Pisone patre 2016, 64–67 . 49 Ainsi à propos du SCPP, Damon, The Trial of Cn. Piso 1999, par ex . 155 . 50 Sur le récit tacitéen de ce procès, par ex . Mastrorosa, Due processi di età tiberiana 2010, 119–129 .

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Et parce qu’un ancien sénatus-consulte défendait de mettre à la question quand la tête du maître était en jeu, Tibère, rusé et en pionnier d’une nouvelle justice, les fait vendre séparément à un agent du fisc ; selon toute apparence pour qu’on puisse mettre les esclaves à question contre Libo tout en sauvegardant le sénatus-consulte .

Quant au procès, comme souvent, il se termine par le chapelet des propositions adulatoires des sénateurs et des décisions prises par le Sénat pour signifier son attachement au prince . Sont ainsi signalés des sénatus-consultes sur l’expulsion des astrologues et des mages, lesquels avaient, par leurs prédictions, incité Libo à nourrir de hautes espérances (Ann . 2 .32 .3) : Facta et de mathematicis magisque Italia pellendis senatus consulta ; quorum e numero L . Pituanius saxo deiectus est, in P . Marcium consules extra portam Esquilinam, cum classicum canere iussissent more prisco aduertere . On prit aussi des sénatus-consultes sur l’expulsion des astrologues et des mages hors d’Italie . Au nombre de ceux-ci, L . Pituanius fut jeté du haut de la roche Tarpéienne, tandis que, pour ce qui est de P . Marcius, les consuls sévirent à son encontre en dehors de la Porte Esquiline après avoir fait sonner la trompette, selon l’antique coutume .

On note la mise en évidence, à la fin du chapitre, du priscus mos . Peut-être le trait est-il à rapprocher, sur le mode d’un contraste ironique, de l’expression repertor noui iuris, utilisée un peu plus haut51 : le procès qui a vu le prince contourner la tradition se termine par une sorte de démonstration, apparemment orchestrée à l’attention du même prince, du priscus mos . 2) Sur rapport de Claude, un sénatus-consulte est passé sur le châtiment des femmes qui auraient eu commerce avec des esclaves (Ann . 12 .53) . On aurait pu se trouver là dans une configuration qu’approuve Tacite52, si ce n’est que les sénateurs voulurent honorer Pallas, que le prince avait indiqué comme inspirateur du rapport et qui reçut alors les insignes de la préture, quinze millions de sesterces ainsi que des remerciements officiels53 . Cela provoque un commentaire indigné de Tacite, peut-être l’un de ses témoignages les plus explicites sur le discrédit des sénatus-consultes et de l’activité sénatoriale (Ann . 12 .53 .3)54 : 51 Discussion par Mastrorosa, Due processi di età tiberiana 2010, 125–126 . 52 Sur l’approbation qu’aurait rencontrée la mesure auprès des milieux sénatoriaux conservateurs, Buongiorno, Senatus consulta Claudianis temporibus facta 2010, 324 . 53 Cf . aussi Plin . nat . 35 .201 (selon lequel Pallas aurait été ainsi honoré iubente Agrippina) ; Michel, La cour sous l’empereur Claude 2015, 251 . 54 Pour ce passage, utilisation des acta senatus selon Bérard, Tacite et les inscriptions 1991, 3045–3047 (aussi 3024, spéc . sur 12 .53 .3) ; Storchi Marino, Tra fonti documentarie e letteratura 1995, 204–209 . Tacite ici fait porter son indignation sur le sénatus-consulte lui-même, alors

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Et fixum est in aere publico senatus consultum, quo libertinus, sestertii ter miliens possessor, antiquae parsimoniae laudibus cumulabur . Et l’on fixa dans le bronze un sénatus-consulte dans lequel un affranchi, possesseur de trois cents millions de sesterces, était couvert d’éloges pour un désintéressement digne des anciens .

On discerne à nouveau, à travers les mots antiquae parsimoniae, l’ironie qui touche au détournement par l’empereur et son entourage de la réputation de défenseur des traditions qui s’attache au Sénat55 . Dans le même sens, quelques chapitres plus loin, il est fait mention d’un autre sénatus-consulte, pour que les jugements rendus par ses procurateurs aient même force que les propres décisions du prince (Ann . 12 .60 .1) ; là encore, le chapitre se termine par un commentaire désabusé de l’historien sur le fait que Claude a rendu ses affranchis égaux à lui-même et aux lois (Ann . 12 .60 .3, cum Claudius libertos quos rei familiari praefecerat sibique et legibus adaequauerit) . Les deux passages, guère distants l’un de l’autre, se renforcent dans une même mise en scène, et une même condamnation, du pouvoir des affranchis . 3) Au moment de l’octroi de la puissance tribunicienne à Drusus, Haterius propose que les sénatus-consultes pris en ce jour soient affichés en lettres d’or (Ann . 3 .57 .2 ; aussi 3 .59 .1) ; Tacite n’y voit que ridicule et basse adulation : At Q . Haterius, cum eius diei senatus consulta aureis litteris figenda in curia censuisset, deridiculo fuit, senex foedissimae adulationis tantum infamia usurus . Par contre, Q . Haterius avait proposé que les sénatus-consultes du jour fussent affichés en lettres d’or à la curie ; il se tourna en ridicule, vieil homme qui n’allait en retirer que l’infamie qui s’attache à la plus vile des adulations .

Un peu plus loin, le débat sur le droit d’asile, qui voit le Sénat faire la démonstration d’un fonctionnement « à l’antique », s’achève sur la décision de graver les sénatus-consultes pris alors dans le bronze et de les afficher dans les temples mêmes (Ann . 3 .63 .4) : Factaque senatus consulta, quis multo cum honore tamen praescribebatur, iussique ipsis in templis figere aera sacrandam ad memoriam, neu specie religionis in ambitionem delaberentur .

que c’est une inscription privée, celle du monument funéraire de Pallas, qui suscitait l’indignation de Plin . Ep . 8 .6 sur le même événement . 55 Aussi Cogitore, Les sénatus-consultes dans les Annales 2007, 85 .

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On fit des sénatus-consultes dans lesquels, dans les termes les plus honorifiques, étaient fixées des limitations et on leur dit de les afficher, gravés dans le bronze, dans les temples pour en consacrer la mémoire et aussi pour ne pas que, sous couvert de religion, ils glissent dans les intrigues .

La proximité des deux passages conduirait à une pointe : l’or, évocateur de monarchie56, pour le clinquant de l’adulation destinée à l’empereur ; le bronze, selon le vieil usage romain, pour fixer la trace du travail sénatorial . 4) Dans le cadre de l’opposition entre Néron et Thrasea qui parcourt la troisième hexade, une similitude entre deux passages aurait valeur d’écho . Au livre 14, les sénatus-consultes après les morts de Sulla et Plautus sonnent comme un encouragement pour l’empereur (Ann . 14 .60 .1) : accepto patrum consulto, postquam cuncta scelerum suorum pro egregia accipi uidet … après qu’il a reçu le décret sénatorial, comme il voit que l’ensemble de ses crimes est tenu pour extraordinaire …

C’est la même formule qui vaut pour le décret qui signifie à Thrasea sa mort (Ann . 16 .35 .1) : Accepto dehinc senatus consulto, Heluidium et Demetrium in cubiculum inducit . Ensuite, après qu’il a reçu le sénatus-consulte, il fait entrer Helvidius et Demetrius dans sa chambre .

Pour le prince devenu tyran, le sénatus-consulte est un permis de tuer ; pour le sénateur, attaché à la tradition de l’activité sénatoriale, il est arrêt de mort . Comment mieux signifier la mainmise qu’a opérée le prince ?

Conclusion. Les sénatus-consultes et l’historien-sénateur La matière sénatoriale touchait Tacite, sénateur lui-même, au premier chef . En cette mesure, une étude comme celle-ci participe à une thématique aujourd’hui au cœur des études tacitéennes, l’auto-représentation . À travers la morale qui se dégage des divers passages sur le thème, l’historien voudrait mettre en valeur un modèle d’attitude qui, s’il n’était le sien, serait celui qu’il voulait qu’on lui prêtât en la matière . Le rapprochement entre deux passages, qui ne sont guère distants 56 Bérard, Tacite et les inscriptions 1991, 3048 .

Aspects de la représentation de l’activité du Sénat chez Tacite

l’un de l’autre et qui contiennent tous deux des mentions génériques de sénatus-consultes – l’un est attribué à un sénateur éminent, l’autre traduit une opinion de Tacite lui-même – apporte peut-être un indice à cet égard . Le premier passage se situe au début de l’intervention de Cassius sur la nécessité de ne pas revenir, malgré sa sévérité, sur l’antique sénatus-consulte punissant de mort l’ensemble des esclaves en cas de meurtre du maître par l’un d’eux (Ann . 14 .43 .1) : 1 . Saepe numero, patres conscripti, in hoc ordine interfui, cum contra instituta et leges maiorum noua senatus decreta postularentur ; neque sum aduersatus, non quia dubitarem super omnibus negotiis melius atque rectius olim prouisum et quae conuerterentur in deterius mutari, sed ne nimio amore antiqui moris studium meum extollere uiderer . 1 . Maintes fois, pères conscrits, j’ai été présent en ce cénacle alors même que, contre des institutions et lois ancestrales, de nouveaux sénatus-consultes étaient réclamés : sans que je m’y fusse opposé, non point que je doute qu’en toutes affaires l’on ait jadis pris de meilleures et plus justes mesures et que ce que l’on transformait soit changé en pire, mais pour ne pas sembler, par un amour trop grand pour l’antique tradition, exalter mon propre objet d’études .

Le second passage se trouve vers la fin du même livre, lorsqu’après les supplications et actions de grâces qui suivent la mort d’Octavie, l’historien souligne son propre principe de sélection des sénatus-consultes (Ann . 14 .64 .3) : 3 . Dona ob haec templis decreta quem ad finem memorabimus ? Quicumque casus temporum illorum nobis uel aliis auctoribus noscent praesumptum habeant quotiens fugas et caedes iussit princeps, totiens grates deis actas quaeque rerum secundarum olim, tum publicae cladis insignia fuisse . Neque tamen silebimus si quod senatus consultum adulatione nouum aut patientia postremum fuit . 3 . Les offrandes décrétées aux temples à ces occasions, à quelles fins les confierons-nous à la mémoire ? – Pour que tous ceux qui prendront connaissance des malheurs de ces temps, par nous ou par d’autres autorités, tiennent pour acquis que chaque fois que le prince ordonna exils et meurtres, chaque fois il y eut actions de grâces aux dieux et que ce qui jadis avait été le signe des succès, le fut alors de l’agonie de l’État . De notre côté pourtant nous ne resterons pas silencieux si quelque sénatus-consulte a innové dans l’adulation ou marqué un pic dans la servilité .

En privilégiant alors l’aspect moral, Tacite se configure certes en historien, dans la tradition de l’historiographie sénatoriale annalistique traditionnelle, et, tout comme Cassius dans le discours qui lui est prêté, il articule son propos sur une opposition ancien (olim)/nouveau (nouus) . En cela, il y a assurément entre les deux

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propos une communauté d’esprit qui confirme bien que Tacite s’exprime en sénateur, ou du moins comme certains des sénateurs qu’il fait apparaître dans sa narration . Toutefois, à y regarder de plus près, et dans une perspective politique dont on sait qu’elle anime Tacite, on perçoit une différence : alors que Cassius rejette la nouveauté par principe, Tacite laisse une porte ouverte et ne rejette la nouveauté des sénatus-consultes qu’au motif de leur caractère adulatoire et de leur lien avec des situations d’extrême servilité . Il y a sans doute l’indice d’une attitude plus nuancée et plus ouverte, qui reflète un positionnement politique plus pragmatique57 . Si Tacite invite à être critique envers les sénatus-consultes rendus sous l’Empire, il le fait surtout dans un esprit d’exigence quant aux formes que prennent d’une part l’exercice du pouvoir par le prince et d’autre part l’acceptation de ce pouvoir par les élites . C’est ce sentiment, qui engage de sa part une critique constructive du régime à travers l’examen du comportement de ses acteurs, autour de la notion d’exemplarité58, qui l’anime, plutôt qu’un rejet radical du Principat ou une vaine nostalgie de la République .

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57 De même Cogitore, Les sénatus-consultes dans les Annales 2007, 84, « il ne faudrait pas tomber dans l’excès qui consiste à prêter à Tacite une attitude toujours critique envers les empereurs » . 58 Turpin, Stoic Exempla 2008 .

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‚How to do things with senatus consulta‘ Die Autorität des Rechtsdokuments und die Stimme des Autors im Briefcorpus des Jüngeren Plinius*

Auf ein anderweitig nicht bezeugtes senatus consultum, das „zum Wohle des Staates festgelegt hat, es sollten aus dem Munde des Konsuls und in einer Form einer Danksagung gute Principes zu hören bekommen, was sie wirklich leisten, schlechte dagegen, was sie eigentlich leisten müßten“, beruft sich der jüngere Plinius am Ende des Exordiums seines Panegyricus1 . Sein Tun, also seine im Senat gehaltene Rede wie auch den daraus resultierenden, an eine Leserschaft adressier-

* Der vorliegende Text ist eine geringfügig überarbeitete und mit Anmerkungen versehene Version des Vortragstexts; der mündliche Vortragsstil ist weitgehend beibehalten . Es handelt sich notwendigerweise nicht um eine erschöpfende Behandlung des Themas – was insbesondere hinsichtlich rechtlicher Fragen gilt, sondern vielmehr um eine Skizze . Die Verweise auf die moderne Forschungsliteratur streben keine Vollständigkeit an, sondern beschränken sich auf die jeweils besonders wichtigen und jüngsten relevanten Beiträge . Texte und Übersetzungen (teilweise geringfügig modifiziert) der Briefe des Plinius sind der zweisprachigen Ausgabe von H . Kasten (Kasten, Plinius 1982) entnommen . Pierangelo Buongiorno gilt mein herzlicher Dank für die freundschaftliche Einladung ‚über die Aa‘; Anna-Sophie Aletsee danke ich für die kritische Lektüre des Manuskripts . 1 Plin . paneg . 4 .1 [= Talbert, Senate 1984, 452 Nr . 153] (Übers .: nach W . Kühn): Sed parendum est senatus consulto quod ex utilitate publica placuit, ut conculis voce sub titulo gratiarum agendarum boni principes quae facerent recognoscerent, mali quae facere debent – Hinsichtlich der Begründung für seinen Panegyricus äußert sich Plinius in einem seiner Briefe folgendermaßen (Plin . epist . 3 .18 .1): Officium consulatus iniunxit mihi, ut rei publicae nomine principi gratias agerem. quod ego in senatu cum ad rationem et loci et temporis ex more fecissem, … – „Mein Konsulat hat mir die Pflicht auferlegt, im Namen des Staates dem Prinzeps zu danken . Als ich das im Senat der Sitte gemäß, wie Ort und Zeit es erforderten, getan hatte, …“ – vgl . außerdem Plin . paneg . 90 .3; epist. 6 .27 .1 . Zu besagtem senatus consultum vgl . Römer, Senatus consultum 1970; Talbert, Senate 1984, 227 ff .

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ten Text, zu begründen und zu legitimieren, das ist dabei seine Intention2 . Der Verweis auf das in seiner Authentizität nicht unumstrittene senatus consultum gibt somit einerseits beredtes Zeugnis von der literarischen Strategie von Plinius, der diesem Dokument eine klare Funktion in Bezug auf seine Rolle als Autor des Pangeyricus zugeschrieben hat, und zeigt andererseits exemplarisch das argumentative Kapital auf, das diesem Ausdruck der Handlungskompetenz des Senats um das Jahr 100 unter den Bedingungen der römischen Monarchie zugeschrieben werden konnte3 . Auch wenn nachfolgend nicht dieses zwar keineswegs im Zentrum des Interesses der modernen Forschung, jedoch an herausgehobener Stelle im Panegyricus stehende senatus consultum, dem einzigen Zeugnis seiner Art in diesem Text, diskutiert werden soll, so wird es doch um diese Quellengattung und ihre argumentative Verwendung in einem anderen Œuvre des jüngeren Plinius gehen: um die senatus consulta im sorgfältig komponierten, für die Publikation redaktionell bearbeiteten Briefcorpus des Jüngeren Plinius,4 in dem sich insgesamt achtzehn Belege für den Begriff senatus consultum finden, die sich auf die Bücher III, V, VI, VII, VIII und X verteilen5 . Aus diesem rein quantitativen Befund ist, da er für sich genommen wenig Aussagekraft besitzt, nicht viel zu gewinnen . Nicht allzu viel ist auch in positivistischer Hinsicht zu gewinnen, wenn man fragt, was durch die in den plinianischen Briefen explizit erwähnten senatus consulta bezüglich verfahrenstechnischer oder inhaltlicher Aspekte konkret bekannt wird, von dem nicht auch anderweitig Kenntnis bestünde . Dieses gilt gleicherweise auch für eine Reihe von senatus consulta, die 2 Zu Plinius’ Panegyricus sei hier lediglich verwiesen auf Bartsch, Actors in the Audience 1994, 148 ff .; Seelentag, Taten und Tugenden Traians 2004, 214 ff .; Ronning, Herrscherpanegyrik 2007, 24 ff .; Roche, Pliny’s Thanksgiving 2011; Geisthardt, Zwischen Princeps und Res Publica 2015, 83 ff . – Zum Panegyricus in seinen verschiedenen Redaktionsstufen s . die Bemerkungen und Hinweise von Noreña, Self-fashioning in the Panegyricus 2011, 40 f . 3 Zur Frage der Authentizität des senatus consultum s . etwa die positive Einschätzung von Méthy, Éloge rhétorique et propaganda politique 2000, 368 f . sowie ablehnend Radice, Pliny and the Panegyricus 1968, 168 f .; vgl . auch Ronning, Herrscherpanegyrik 2007: 34 mit Anm . 49 . 4 Die ersten neun Bücher des Briefcorpus wurden zweifelsfrei von Plinius selbst zur Publikation gebracht; s . dazu zuletzt Bodel, Publication of Pliny’s Letters 2015 . Lange Zeit und bis heute dominiert in der Forschung die Position, dass die Korrespondenz zwischen Plinius und Traian, mithin also Buch X, zu einem unbekannten Zeitpunkt nach Plinius’ Tod von einer nicht mit Sicherheit benennbaren Person aus keineswegs eindeutigen Gründen veröffentlicht wurde; vgl . etwa Syme, Tacitus 1958, II 660; Williams, Pliny 1990, 2 ff .; Griffin, De Beneficiis 2003, 104 mit Anm . 80 . Hingegen haben in jüngerer Zeit beispielsweise zuerst Woolf, Becoming Roman 1994, 122, 139 Anm . 32 und dann insbesondere Noreña, Pliny’s Correspondence 2007, 261 ff . mit sehr bedenkenswerten Argumenten dafür optiert, dass Plinius absichtsvoll auch seine Korrespondenz mit Traian einer weiteren Leserschaft zugänglich machte . 5 Vgl . Jacques, van Ooteghem, Index 1965, 804 s. v. senatus consultum .

‚How to do things with senatus consulta‘

aus dem Text zu erschließen sind, obschon sie nicht entsprechend terminologisch explizit markiert sind6, oder die die Rechtsgrundlage für von Plinius erwähnte alltägliche Verfahren sind, ohne dass er in diesem Zusammenhang eigens auf das entsprechende senatus consultum verweisen würde, was für gewöhnlich nicht nötig gewesen sein wird, da Plinius’ Briefpartner mit den Grundzügen der Rechtsgrundlagen und der Verfahrensabläufe des Senats vertraut gewesen sein dürften7 . Nachfolgend wird keine (rechts-)historische Analyse der einzelnen senatus consulta in den plinianischen Briefen vorgenommen werden8, zumal Plinius mit einer Ausnahme kaum einmal ausführlicher den Inhalt eines senatus consultum referiert oder gar den Text in größerem Umfang wiedergibt, sondern es ist das Ziel, die Kontexte stärker mit in den Blick zu nehmen, in denen der Briefeschreiber in seinen Briefen auf senatus consulta verweist und auf welche Weise und zu welchem Zweck er dies tut . Die Frage lautet also schlicht: Was macht der Senator, bestens mit der Materie vertraut, mit senatus consulta in seiner Korrespondenz? Um diese Frage zu beantworten, bietet es sich an, zunächst sieben thematisch organisierte kurze Untersuchungen vorzunehmen, die in einem Resümee einmünden werden .

6 Man denke in diesem Zusammenhang etwa an Tacitus’ Leichenrede als Suffektkonsul für L . Verginius Rufus (PIR2 V 417; Birley, Onomasticon 2000, 99 [s. v. Verginius Rufus]) im Jahre 97 (Plin . epist . 2 .1 .6; s . dazu Sherwin-White, Letters of Pliny 1966, 144 ad loc .; Zehnacker, Pline le Jeune. Lettres 2009, 139 f .; Whitton Pliny. Epistles II 2013, 74 f . ad loc.), für die man auf Grundlage von Quint . inst . 3 .7 .2 ein senatus consultum wird annehmen dürfen . 7 Exemplarisch verwiesen sei einerseits auf den von Plinius in 2 .11 eingehend geschilderten Repetundenprozess gegen Marius Priscus (PIR2 M 315; Birley, Onomasticon 2000, 70 [s. v. Marius Priscus]; zu besagtem Brief s . Sherwin-White, Letters of Pliny 1966, 160 ff .; Zehnacker, Pline le Jeune. Lettres 2009, 143 ff .; Whitton, Pliny. Epistles II 2013, 154 ff .) aus dem Jahre 98, der auf der Grundlage des sogenannten SC Calvisianum de pecuniis repetundis erfolgte; zu diesem Verfahren vgl . Brunt, Charges of Provincial Maladministration 1961, 226 Nr . 36 [= 1990, 94 Nr . 36]; Bleicken, Senatsgericht 1962, 163 Nr . 23 . Auch in dem langen Brief 8 .14 (s . zu diesem Brief Sherwin-White, Letters of Pliny 1966, 461 ff .; Zehnacker, Méthy, Pline le Jeune. Lettres III 2012, 149 ff .), in dem der Autor dem Juristen Titius Ariston (PIR2 T 263; Birley, Onomasticon 2000, 92 [s. v. Titius Aristo]) die Senatsdebatte um den Umgang mit den Freigelassenen des Konsuls Afranius Dexter (PIR² A 442; Birley, Onomasticon 2000, 36 [s .v . Afranius Dexter]) schildert, der gewaltsam zu Tode gekommen war, wobei unklar war, ob er sich selbst umgebracht hatte oder ob er ermordet worden war, erwähnt Plinius das die Grundlage der Diskussion bildende senatus consultum, das SC Silanianum, mit keinem Wort . Zu diesem senatus consultum s . Harries, The Senatus Consultum Silanianum 2013; vgl . auch Whitton, Pliny, Epistles 8.14 2010; Ernst, Plinius, Epistulae 8,14 2014 . 8 Vgl . in diesem Zusammenhang grundsätzlich Mignot, Pline le Jeune, le juriste 2008 .

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I. Der legatus pro praetore provinciae Ponti et Bithyniae proconsulari potestate in eam provinciam ex senatus consulto ab Imperatore Caesare Nerva Traiano Augusto Germanico Dacico patre patriae missus9 und seine Kompetenzen – Bithynische Verfahrensfragen Im zweiten Jahr seiner Statthalterschaft in der Provinz Bithynien und Pontus sah sich Plinius mit der Frage der Anerkennung von Kindern und ihrer Wiedereinsetzung in ihren Geburtsstand konfrontiert (10 .72) – einem Problem, dem sich römische Autoritäten immer wieder konfrontiert sahen10 . Was Plinius in diesem Zusammenhang zu seinem Schreiben an Traian veranlasst, ist die Frage seiner Zuständigkeit: Ein ihm vorliegendes fallrelevantes senatus consultum behandelt nur diejenigen Provinzen, die von Prokonsuln verwaltet werden . Auf Grund dieses dahingehend singulären senatus consultum, als dass kein anderer allein die senatorischen, nicht aber auch die kaiserlichen Provinzen betreffender Senatsbeschluss bekannt ist11, fragt Plinius in seiner Funktion als kaiserlicher Legat im Zeitraum zwischen 28 . Januar und 18 . September 111 in Rom an, ob er entscheidungskompetent ist . Welche Entscheidung Traian in dieser Hinsicht gefällt hat, ist nicht bekannt, obschon eine Reaktion aus Rom vorliegt: Der Kaiser bittet Plinius nämlich (10 .73)12, ihm das erwähnte senatus consultum zuzusenden, um die Frage des Statthalters entscheiden zu können – eine Reaktion, die ein interessantes Schlaglicht auf die Ordnung im Archivwesen in Rom und die Praxis der Archivierung von Rechtsentscheidungen des Senates wirft, wenn es in vorliegendem Fall allem Anschein nach effektiver ist, sich das entsprechende Dokument aus Kleinasien zukommen zu lassen als es in Rom aufzufinden13 . Nur ein weiteres Mal geht es in der Korrespondenz zwischen Plinius und Traian um ein senatus consultum, auch wenn dieser Terminus keine Verwendung findet – das entsprechende Schreiben von Plinius datiert ebenfalls in den Zeit-

9 Dies nach Plinius’ cursus honorum in der berühmten Pliniusinschrift aus Comum (CIL . V 5262 [Z . 2 ff .]) in der Lesung von Alföldy, Inschriften des Jüngeren Plinius 1999, 29 ff . [= 1999, 227 ff .] und Eck, Pliniusinschrift aus Comum 2001, 229 [= 2010, 302]: … legat(us) pro pr(aetore) provinciae Pont[i et Bithyniae pro-] | consulari potesta[te] in ean provinciam e[x senatus consulto ab] | Imp(eratore) Caesar(e) Nerva Traiano Aug(usto) German[ico Dacico p(atre) p(atriae) missus] | … 10 Zu diesem Brief s . Sherwin-White, Letters of Pliny 1966, 659 f .; Williams, Pliny’s Correspondence 1990, 122 f .; Zehnacker, Méthy, Pline le Jeune. Lettres IV, 113 . 11 Vgl . Talbert, Senate 1984, 394; Millar, Roman Emperor 19922, 342 . 12 Zu diesem Brief vgl . Sherwin-White, Letters of Pliny 1966, 660; Williams, Pliny’s Correspondence 1990, 123; Zehnacker, Méthy, Pline le Jeune. Lettres IV, 113 . 13 Vgl . in diesem Zusammenhang Coudry, Sénatus-consultes et acta senatus 1994 . Zum Vorgang (= Talbert, Senate 1984, 451 Nr . 151) s . Evans Grubbs, Hidden in Plain Sight 2010, 301 .

‚How to do things with senatus consulta‘

raum zwischen 28 . Januar und 18 . September 111 (10 .56)14: Der Fall dreht sich um einen Mann, der von Iulius Bassus während dessen Prokonsulat verbannt worden war15 . In dem Wissen, dass im Rahmen eines Repetundenprozesses im Jahre 103 dessen Verfügungen aufgehoben worden waren16 und vom Senat allen, „gegen die jener etwas unternommen hatte, das Recht“ gegeben worden war, „binnen zweier Jahre ihre Sache neuerdings zur Verhandlung zu bringen“17 und wissend, dass der Verurteilte seinen Fall nicht binnen dieser Frist vorgebracht hatte, fragte Plinius nun Traian, wie er zu verfahren habe . Dessen Antwort trägt dem Statthalter auf (10 .57)18, den Verurteilten, da er sich nicht in der vorgegebenen Frist um eine Wiederaufnahme des Verfahren bemüht hat und obendrein in der Provinz verblieben war, aus der er verbannt worden war, nicht nur seiner ursprünglichen Strafe wieder zuzuführen, sondern ihn wegen Zuwiderhandlung – Traian spricht hier von contumacia – in Fesseln gelegt den Präfekten der kaiserlichen Leibgarde zu überstellen . Diese beiden bithynischen Verfahrensfragen zeigen – wenig verwunderlich –, dass Plinius hinsichtlich der senatus consulta genauso verfährt, wie man es auch sonst von ihm während seiner Amtszeit in Bithynien kennt: Bei der geringsten Unklarheit erbittet er sich kaiserliche Direktiven19 .

14 Zu diesem Brief s . Sherwin-White, Letters of Pliny 1966, 636 ff .; Williams, Pliny’s Correspondence 1990, 110 f .; Zehnacker, Méthy, Pline le Jeune. Lettres IV, 103 . 15 Zu C . Iulius Bassus s . PIR2 I 205; Birley, Onomasticon 2000, 63 f . (s. v. Julius Bassus) . Es mag der Erwähnung wert sein, dass er seitens der Nikaier geehrt worden ist, wie aus einer fragmentarischen Ehreninschrift hervorgeht (I. Iznik 53 [Z . 5 ff . (nach Şahin, Bithynische Studien 1978, 27)]: [Γ]αίῳ | [Ἰο]υλ[ί]ῳ Βάσσῳ | [τῷ] μ¢[εγά]λῳ κα[ὶ] | [λαμπροτ]ά¢τῳ ἀν- | [θυπά]τ¢ῳ) . 16 Zu diesem Prozess (Brunt, Charges of Provincial Maladministration 1961, 226 Nr . 39 [= 1990, 94 Nr . 39]; Bleicken, Senatsgericht 1962, 164 f . Nr . 26) vgl . Procchi, Plinio il Giovane 2012 . 17 Plin . epist . 10 .56 .4: est enim adductus ad me in perpetuum relegatus a Iulio Basso proconsule. Ego, quia sciebam acata Bassi rescissa datumque a senatu ius omnibus, de quibus ille aliquid constituisset, ex integro agendi dumtaxat per biennium, interrogavi hunc, quem relegaverat, an adisset docuissetque proconsulem. negavit . – „Da ist mir nämlich ein von dem Prokonsul Iulius Bassus auf Lebenszeit Relegierter vorgeführt worden . Ich wußte, daß die Amtshandlungen des Bassus für ungültig erklärt worden sind und der Senat allen, über die er etwas verfügt hatte, das Recht zugestanden hat, jedenfalls innerhalb zweier Jahre ihren Fall von neuem zur Verhandlung zu bringen, und so f ragte ich den von ihm relegierten Mann, ob er sich an den derzeitigen Prokonsul gewandt und ihm seinen Fall vorgetragen habe . Das verneinte er“ . 18 Zu Traians Antwortschreiben vgl . Sherwin-White, Letters of Pliny 1966, 638 f .; Williams, Pliny’s Correspondence 1990, 111; Zehnacker, Méthy, Pline le Jeune. Lettres IV, 103 f . 19 Vgl . dazu etwa Millar, Imperial Letters 2016, 64 .

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II. Iterum Bithyni20 – der Fall des Proconsuls Rufius Varenus und ein senatus consultum zwischen Rechtsgeplänkel und bewundernswertem Verhalten des Senats Einige Zeit nach dem Prozess gegen Iulius Bassus strengten die Bithynier Ende des Jahres 106 oder zu Beginn des Jahres 107 ein Repetundenverfahren gegen den Prokonsul Rufius Varenus an, der ihnen im Prozess gegen Bassus noch als Rechtsbeistand gedient hatte21 . Über das Verfahren gegen Varenus berichtet Plinius in mehreren Briefen an verschieden Adressaten22 – so in 5 .20, 6 .5 und 6 .13 an den nur aus dem plinianischen Briefcorpus bekannten Cornelius Ursus23 sowie in 7 .6 und 10 an einen nicht mit Sicherheit identifizierbaren Macrinus24 . In zwei dieser Briefe, nämlich in 6 .5 und 6 .13, erwähnt der Briefschreiber ein senatus consultum explizit, im ersten Schreiben, 5 .20, nimmt er auf dieses senatus consultum Bezug, ohne dass er den Terminus verwenden würde . Auch wenn es sich an allen drei Belegstellen um das gleiche senatus consultum im Kontext des gleichen Falles geht, so lassen sich doch zwei verschiedene argumentative Verwendungen ausmachen . Im ersten Fall geht es um die erneute Thematisierung des Varenusfalls unter verfahrenstechnischen Gesichtspunkten im Senat durch Licinius Nepos25 trotz anderslautender Tagesordnung26 . In der vorangegangenen Sitzung war durch ein senatus consultum dem Antrag des Varenus stattgegeben worden, auch als Beklagter Zeugen zu seiner Verteidigung vorzuladen, was in Plinius’ Worten „weder ge-

20 Vgl . Plin . epist . 5 .20 .1 . 21 Zu Rufius Varenus s . PIR2 V 261; Birley, Onomasticon 2000, 98 (s. v. Varenus Rufus) . Dass der Name wohl Rufius und nicht – wie handschriftlich überliefert – Rufus lautet, geht aus einer vor einigen Jahren entdeckten Inschrift aus Tavşankozu in der Nähe von Gökpınar hervor: Akyürek Şahin, Unter der Statthalterschaft des Rufius Varenus 2012, 94 f . (Z . 5 f .: Ῥουφίου Οὐαρη | νοῦ) . 22 Zum Verfahren (Brunt, Charges of Provincial Maladministration 1961, 226 Nr . 40 [= 1990, 94 Nr . 40; Bleicken, Senatsgericht 1962, 165 f . Nr . 27]) vgl . Magie, Roman Rule 1950, 601 f . 23 Zu Cornelius Ursus s . Birley, Onomasticon 2000, 54 (s. v. Cornelius Ursus) . – Zu den drei Briefen s . Sherwin-White, Letters of Pliny 1966, 351 ff ., 359 ff ., 369; Zehnacker, Méthy, Pline le Jeune. Lettres II 2011, 190 f ., 195 f ., 201 . 24 Zu Macrinus s . PIR2 M 31; Birley, Onomasticon 2000, 43 (s. v. Macrinus) . – Zu den zwei Briefen s . Sherwin-White, Letters of Pliny 1966, 407 ff ., 413 f .; Zehnacker, Méthy, Pline le Jeune. Lettres III 2012, 116 ff ., 120 . 25 Zu Licinius Nepos vgl . PIR2 L 220; Birley, Onomasticon 2000, 68 f . (s. v. Licinius Nepos); s . auch Groag, Licinius Nepos 1926 . Zu einem vermeintlichen Bildnis des Licinius Nepos s . die klärenden Bemerkungen von Panciera, Zanker, Il ritratto 1988–89 [= 2006] . 26 Plin . epist . 6 .5 .1: … Licinio Nipoti, qui sequenti senatu, cum de rebus aliis referretur, de proximo senatus consulto disseruit finitamque causam retractavit . – „In der folgenden Senatssitzung, als andere Dinge zur Debatte standen, brachte er (i . e . Licinius Nepos) den letzten Senatsbeschluß zur Sprache und rollte die abgetane Sache wieder auf .“

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setzlich geregelt noch eigentlich gebräuchlich, aber immerhin berechtigt“ war27 . Um seinem Anliegen Nachdruck zu verleihen, führt Licinius Nepos Plinius’ Darstellung gemäß aus, dass man die Konsuln bitten müsse, eine Revision des Repetundengesetzes im Senat zu diskutieren und darüber zu entscheiden, „ob für die Zukunft dies Gesetz nach dem Vorbild des Ambitusgesetzes den Zusatz erhalten solle, dass, wie der Ankläger, so auch der Angeklagte berechtigt sei, Nachforschungen anzustellen und Zeugen vorladen zu lassen“28 . Im zweiten Fall der Erwähnung der Begrifflichkeit senatus consultum in Plinius’ Briefen im Zusammenhang mit dem Varenusverfahren schildert der Autor Folgen der Initiative des Licinius Nepos . Dessen Vorgehen führte dazu, dass die Bithynier nun ihrerseits bei den Konsuln vorstellig wurden und, wie Plinius in ebenso ehrlicher wie statusbedingter Entrüstung ausführt, es wagten, das senatus consultum „vor den Konsuln zu bekritteln und anzufechten und sich sogar beim abwesenden Prinzeps zu beschweren“29 . Von Traian an den Senat zu zurückverwiesen, gaben sie ihre Forderung nicht Preis . Vielmehr sprach ein gewisser, anderweitig nicht bekannter und in den Augen des Briefautors zweifelsohne herkunftsbedingt sozial unqualifizierter Claudius Capito für sie30 – und zwar „eher unverschämt als standhaft, da er ein senatus consultum vor dem Senat anfocht“31 . Mit dieser seiner Einschätzung lag Plinius allem Anschein nach keineswegs allein, führte das bithynische Begehr doch dazu, dass der Senat seine Reihen weitestgehend schloss und mit Ausnahme von acht Senatoren, denen Plinius die Standeswürde abspricht32, nunmehr auch diejenigen, die zuvor Verenus’ Anliegen abgelehnt hatten, dafür eintraten, „dass man ihm gewähren müsse, was einmal bewilligt sei“33 . Diesem Verhalten des Senats, seinen peers und sich selbst, spendet Plinius in seinem Brief höchstes Lob, bezeichnet es als mirificus34 . Neben der unzweifelhaft wichtigen Standessolidarität für das Verhalten der Senatoren spielte nach Plinius auch noch 27 Plin . epist . 5 .20 .7: imperetravimus rem nec lege comprehensam nec satis usitatam, iustam tamen . 28 Plin . epist . 6 .5 .2: addidit etiam petendum a consulibus, ut referrent sub exemplo legis ambitus de lege repetundarum, an placeret in futurum ad eam legem adici, ut, sicut accusatoribus inquirendi testibusque denuntiandi potestas ex ea lege esset, ita reis quoque fieret . 29 Plin . epist . 6 .13 .2: Bithyni senatus consultum apud consules carpere ac labefactare sunt ausi atque etiam absenti principi criminari . 30 Zu dem anderweitig unbekannten Claudius Capito, vielleicht einem Bithynier, s . PIR2 C 825; Birley, Onomasticon 2000, 50 (s. v. Claudius Capito) . 31 Plin . epist . 6 .13 .2: egit Claudius Capito irreventer magis quam constanter, ut qui senatus con­ sultum apud senatum accusaret . 32 Plin . epist . 6 .13 .5 . Namentlich führt Plinius den Acilius Rufus an; vgl . PIR2 A 78; Birley, Onomasticon 2000, 35 (s. v. Acilius Rufus) . 33 Plin . epist . 6 .13 .3: nam illi quoque, qui prius negarant Vareno, quae petebat, eadem danda, postquam erant data, censuerunt. 34 Plin . epist . 6 .13 .3: senatus ipse mirificus .

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ein anderer Faktor eine Rolle: die Konsensorientierung . Denn die idealiter bemühte, realiter allerdings – so gilt es festzuhalten – keineswegs immer befolgte Handlungsmaxime sei, dass einzelne, wenn eine Angelegenheit verhandelt werde, anderer Meinung als die Mehrheit sein dürften, nach Beschlussfassung müssten jedoch alle den einmal gefassten Mehrheitsbeschluss stützen35 . An Hand von Plinius’ Umgang mit der Erwähnung eines senatus consultum in den Briefen im Zusammenhang mit dem Verfahren gegen Varenus lässt sich zweierlei aufzeigen: Einerseits ist die Erwähnung des senatus consultum eine gewisserweise sachnotwendige Einbindung in die Schilderung eines rechtlichen Verfahrens; andererseits nutzt Plinius die Möglichkeit, durch die Darstellung des Umgangs mit dem senatus consultum normativ motivierte Aussagen über das Verhalten des Senats als Kollektiv und der Senatoren als Individuen zu treffen .

III. Zwei senatus consulta und autoriales Selbstlob – Plinius’ Briefe an Caecilius Macrinus (III 4) und Cornelius Minicianus (III 9) und der Repetundenprozess gegen Caecilius Classicus Gegen den Prokonsul der Provinz Baetica in den Jahren 97 und 98, Caecilius Classicus36, einen laut Plinius geradezu verabscheuungswürdigen Charakter, erhoben die Baeticer, obschon er verstorben war, ebenso wie gegen seine socii und ministri Anklage37 . In diesem Mammutprozess fungierte Plinius als Rechtsbeistand der Baeticer38 – wie es dazu kam, das schildert Plinius in der ihm eigenen Bescheidenheit in einem Brief an Caecilius Macrinus aus dem Jahre 10039: „Um für ein auf meine Kosten zu errichtendes Bauwerk den Grundstein zu legen, war ich unterwegs nach Tuscien, nachdem ich als Schatzmeister mir hatte Urlaub geben lassen“, als, so der Briefautor weiter, Abgesandte der Provinz Baetica ihn vom Senat als Rechtsbeistand forderten40 . Diesem Ersuchen gab der Senat statt, und es wurde ein für Plinius außerordentlich ehrenvolles senatus consultum gefasst, dass er den 35 Plin . epist . 6 .14 .4: singulos enim integra re dissentire fas esse, peracta, quod pluribus placuisset, cunctis tuendum . 36 Zu Caecilius Classicus s . PIR2 C 32; Birley, Onomasticon 2000, 43 (s. v. Caecilius Classicus) . 37 Plin . epist . 3 .9 .1 ff . 38 Zum Prozess gegen Caecilius Classicus (Brunt, Charges of Provincial Maladministration 1961, 226 Nr . 38 [= 1990, 94 Nr . 38]; Bleicken, Senatsgericht 1962, 164 Nr . 25) vgl . González Román, El proceso de Caecilius Classicus 2000 . 39 Zu Caecilius Macrinus s . PIR2 C 54; Birley, Onomasticon 2000, 45 (s. v. Caecilius Macrinus) . – Zu besagtem Brief vgl . Sherwin-White, Letters of Pliny 1966, 213 ff .; Zehnacker, Pline le Jeune. Lettres 2009, 166 f . 40 Plin . epist . 3 .4 .2: Cum publicum opus mea pecunia incohaturus in Tuscos excurrissem accepto ut praefectus aerari commeatu, legati provinciae Baeticae questuri de proconsulatu Caecili Classici advocatum me a senatu petierunt.

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Provinzialen als Rechtsbeistand dienen solle, so ihn diese selbst dazu würden veranlassen können41 . Letzteres gelang und am Ende des Prozesses wurden, so schildert es Plinius in einem ausführlichen Brief an Cornelius Minicianus42 aus dem Jahre 100 oder 101, einige der Angeklagten freigesprochen und eine ganze Anzahl verurteilt oder auch religiert, die einen auf Zeit, die anderen für immer . Doch Plinius beschränkt sich in seinem Brief nicht darauf, nur das Urteil mitzuteilen, sondern er führt auch aus: „Derselbe Senatsbeschluß sprach unserer Energie, Gewissenhaftigkeit und Beharrlichkeit die vollste Anerkennung aus, der einzig würdige, allein angemessene Preis für die viele Mühe“43 . Senatus consulta als ehrendes Zeugnis für den Autor – dem immer auch um seine Selbstdarstellung bemühten Plinius dienten in den Briefen 3 .4 und 3 .9 die beiden senatus consulta im Zusammenhang mit dem Fall des Caecilius Classicus, die ihn lobend erwähnen, als autoritative Dokumente seiner peers zur Untermauerung seiner literarischen Inszenierung und sozialen persona .

IV. senatus consulta im Rechtsalltag In rechtlichen Verfahren war der Rekurs auf senatus consulta naturgemäß omnipräsent, und Plinius erwähnt in seinen Briefen verschiedentlich senatus consulta, die im Laufe von Gerichtsverfahren zitiert wurden . Beispielhaft genannt sei hier das Verfahren gegen Tuscilius Nominatus44, das Plinius in zwei Briefen, nämlich in 5 .4 und 5 .13, aus dem Jahre 105 Iulius Valerianus45 ausführlich schildert: Tuscilius Nominatus hatte es übernommen, als Anwalt die Interessen der Vicetiner gegen Bellicius Sollers46 in einer Auseinandersetzung um Marktrechte vor dem Senat zu vertreten – eine eigentlich unbedeutende Angelegenheit, wie Plinius zu Beginn des ersten Briefs bemerkt, die jedoch große Folgen 41 Plin . epist . 3 .4 .3: factum est senatus consultum perquam honorificum, ut darer provicialibus patronus, si ab ipso me impetrassent . 42 Zu Cornelius Minicianus s . PIR2 C 1406; Birley, Onomasticon 2000, 52 (s. v. Cornelius Minicianus) . – Zu besagtem Brief s . Sherwin-White, Letters of Pliny 1966, 230 ff .; Zehnacker, Pline le Jeune. Lettres 2009, 175 ff . 43 Plin . epist . 3 .9 .23: eodem senatus consulto industria, fides, constantia nostra plenissimo testimonio comprobata est, dignum solumque par pretium tanti laboris . 44 Zu Tuscilius Nominatus, der später Traian als seinen Erben einsetzte (CIL . IX 5746; s . dazu Horster, Bauinschriften römischer Kaiser 2001, 307 f . [V 7, 2]; Mayer i Olivé, Una vez más sobre Tuscilius Nominatus 2014), s . PIR2 T 419; Birley, Onomasticon 2000, 95 (s. v. Tuscilius Nominatus) . 45 Zu Iulius Valerianus s . PIR2 I 612; Birley, Onomasticon 2000, 66 (s. v. Julius Valerianus) . – Zu den beiden Briefen s . Sherwin-White, Letters of Pliny 1966, 318 ff ., 339 ff .; Zehnacker, Méthy, Pline le Jeune. Lettres II 2011, 168 f ., 183 f . 46 Zu Bellicius Sollers s . PIR2 B 103; Birley, Onomasticon 2000, 42 (s. v. [Bellicius] Sollers) .

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nach sich ziehen sollte47 . Diesem Vorgang entsprang ein Verfahren gegen den Anwalt der Vicetiner, in dem der bereits erwähnte Prätor Licinius Nepos eine treibende Rolle spielte und in dem zunächst das Verhalten des Tuscilius Nominatus im Rahmen der Prozessführung in der Auseinandersetzung zwischen den Vicetinern und Sollers im Zentrum stand, bevor die Frage nach Korruption in den Mittelpunkt rückte48 . In diesem Zusammenhang zitierte der Volkstribun Nigrinus49 in seiner Rede auch senatus consulta, über deren Inhalt Plinius nichts verlauten lässt, und da diese ebenso wie Gesetze nicht befolgt würden, forderte Nigrinus, sich an Traian zu wenden, damit dieser dafür Sorge trage, diesem Mißstand Abhilfe zu schaffen50 . Der Kaiser reagierte hierauf mit einem strengen und zugleich maßvollen Schreiben51, das dem Senat als Grundlage eines senatus consultum gedient haben dürfte52 und in dem eine Einschärfung von entsprechenden Verfahrens- bzw . Verhaltensregeln für anwaltliche Tätigkeiten erneut festgeschrieben worden sein wird53 . Angeführt sei an dieser Stelle noch ein anderer Fall, in dem wie im zuvor geschilderten Verfahren der Praetor Licinius Nepos eine zentrale Rolle spielt und der verdeutlicht, dass sein Vorgehen gegen Tuscilius Nominatus keineswegs als Einzelfall zu sehen ist, sondern als typisch für seine Amtsführung angesehen werden kann . In einem in den Februar des Jahres 105 datierenden Brief (5 .9) an Sempronius Rufus54 schildert Plinius die Folgen, die sich aus der Anwendung eines senatus consultum für ihn und das Gericht der Zentumvirn ergeben hatten: otium55 . Besagter Nepos, der gesetzmäßig die strafrechtlichen Untersuchungen leitete, hatte von 47 Plin . epist . 5 .4 .1: Res parva, sed initium non parvae . 48 Zu diesem Verfahren s . Yschard, La mission d’avocat dans la Rome impériale 2016, 6 . 49 Zu Nigrinus s . PIR2 A 1408; Birley, Onomasticon 2000, 41 (s. v. [Avidius] Nigrinus) . 50 Plin . epist . 5 .13 .7: recitavit capita legum, admonuit senatus consultorum, in fine dixit petendum ab optimo principe, ut, quia leges, quia senatus consulta contemnerentur, ipse tantis vitiis medertur. – „Er (i . e . Nigrinus) verlas die betreffenden Abschnitte der Gesetze, erinnerte an die Senatsbeschlüsse und erklärte schließlich, da die Gesetze und Senatsbeschlüsse nicht befolgt würden, müsse man den optimus princeps bitten, persönlich diesem schweren Schaden abzuhelfen“ . 51 Plin . epist . 5 .13 .8: pauci dies, et liber principis severus et tamen moderatus; leges ipsum, est in publicis actis . – „Wenige Tage später ein strenges, wenn auch maßvolles Schreiben des Prinzeps; Du wirst es selbst lesen, es ist im Amtsblatt .“ 52 Vgl . Sherwin-White, Letters of Pliny 1966, 342 . 53 Plinius wäre nicht Plinius, wenn er nicht die Gelegenheit beim Schopfe gegriffen hätte, um sich selbst ‚moralingesättigt‘ für sein regelkonformes Verhalten ‚avant le senatus consultum‘ (gemäß bestehender, jedoch nicht eigens erwähnter Maßgaben) ein bescheidenes Lob auszustellen; vgl . Plin . epist . 5 .13 .8 ff . 54 Zu Sempronius Rufus s . PIR2 S 364; Birley, Onomasticon 2000, 87 f . (s. v. Sempronius Rufus) . – Zu dem an ihn adressierten Brief vgl . Sherwin-White, Letters of Pliny 1966, 335 f .; Zehnacker, Méthy, Pline le Jeune. Lettres II 2011, 180 f . 55 Plin . epist. 5 .9 .5 .

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seinem Recht Gebrauch gemacht, eigene Verfahrensregeln unter Verweis auf ein senatus consultum festzulegen . Deswegen hatte er laut Plinius ein „kurzes Edikt erlassen, in welchem er die Ankläger ebenso wie die Angeklagten warnte, daß er sich an die Bestimmungen des senatus consultum halten werde“56 . Dieses, das SC de pecuniis donisve ob causas orandas accipiendis aus dem Jahre 47, das Tacitus in den Annalen referiert57, war, so Plinius weiter, dem Erlass beigefügt – und es ist auch in zentralen Bestimmungen im Brief wiedergegeben, die besagen, dass „jeder, der einen Rechtshandel habe, … vor Beginn des Prozesses schwören“ solle, „wegen seiner Vertretung vor Gericht niemandem etwas gegeben, versprochen oder garantiert zu haben . Mit diesen Worten und tausend weiteren“, führt Plinius weiter aus, „wurde Kauf und Verkauf der Advokatendienste verboten . Nach Ende eines Prozesses solle es jedoch gestattet sein, ein Honorar von höchstens 10000 Sesterzen zu zahlen“58 . Da der Prätor der Zentumvirn sich nicht im Klaren darüber war, ob er dem Edikt des Nepos Folge leisten solle oder nicht, verkündete er bis zu seiner Entscheidung kurzerhand ‚Gerichtsferien‘59 . Diese beiden Beispiele mögen illustrieren, wie Plinius einem Briefpartner über rechtsalltägliche Neuigkeiten aus Rom berichtet, in denen senatus consulta eine durchaus wichtige Rolle spielten .

V. senatus consulta studieren: Expertisenerwerb und Amtsvorbereitung zwischen Lob und Kritik in der stadtrömischen Öffentlichkeit – und Plinius’ Indifferenz Es ist instruktiv, an dieser Stelle Ausführungen von Plinius in den Blick zu nehmen, die über eine geteilte Meinung der in der Perspektive des Briefeschreibers qualifizierten, nicht jedoch näher spezifizierten stadtrömischen Öffentlichkeit handeln und die der unterschiedlichen Bewertung einer Person entspringen, von der schon mehrfach die Rede war: Licinius Nepos . Doch ist dieser hier nicht für sich genommen von vorrangiger Bedeutung; relevant wird der Prätor dadurch, dass sich seine unterschiedliche Bewertung auch auf seinem Umgang mit senatus consulta 56 Plin . epist . 5 .9 .3: proposuerat breve edictum; admonebat accusatores, admonebat reos exsecuturum se, quae senatus consulto continerentur . – „Er (i . e . Licinius Nepos) hatte ein kurzes Edikt erlassen, in welchem er die Ankläger, die Angeklagten warnte; er werde sich an die Bestimmungen des Senatsbeschlusses halten .“ 57 Tac . ann . 11 .5 .3 ff .; vgl . in diesem Zusammenhang Buongiorno, Senatus consulta 2010, 219 ff . (A 60) . 58 Plin . epist. 5 .9 .4 [= Talbert, Senate 1984, 442 Nr . 54]: suberat edicto senatus consultum; hoc omnes, qui quid negotii haberent, iurare, prius quam agerent, iubebantur nihil se ob advocationem cuiquam dedisse, promisse, cavisse. his enim verbis ac mille praeterea et venire advocationes et emi vetabantur. peractis tamen negotiis permittebatur pecuniam dumtaxat decem milium dare . 59 Plin . epist . 9 .5 .5 .

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gründet . Es ist mithin also der eher seltene Fall gegeben, den Umgang mit senatus consulta als Maßstab in der Beurteilung eines Magistrats im öffentlichen Diskurs der Hauptstadt einzufangen – und zwar respektive zumindest in der Brechung der plinianischen Darstellung . Im Anschluss an das vorrangehend über Licinius Nepos und sein besagtes Edikt Geschilderte führt Plinius in seinem Brief an Sempronius Rufus (5 .9) folgendes aus: Das von Nepos zu Beginn seiner Prätur erlassene Edikt habe für viel Aufsehen in der Bürgerschaft gesorgt – und nicht wenige hätten ihn ob seines Übereifers kritisiert und ihm anmaßendes Verhalten hinsichtlich seines Unterfangen der Besserung der Prozesssitten vorgehalten60 . Doch fanden sich laut Plinius auch lobende Stimmen, die hervorhoben, dass Nepos sich vor Amtsantritt in das Recht vertieft und senatus consulta studiert habe61 . Je nachdem für wie valide man diese Aussage einzuschätzen gewillt ist, ergibt sich hier ein Ausgangspunkt für die Frage nach der Relevanz von Sachkompetenz für die Konstruktion und Zuschreibung magistraler Autorität sowie für die Frage nach den Qualifikationen für die stets knappe Ressource an Ämtern für die Mitglieder der kaiserzeitlichen Führungsschichten . Plinius selbst enthält sich in dieser Angelegenheit einer eigenen Positionierung und belässt es bei der Bemerkung, dass zum Zeitpunkt der Abfassung des Briefes noch nicht entschieden sei, welche der beiden Ansichten recht behalten werde . Kritik äußert er hingegen daran, dass Absichten, seien sie nun positiver oder negativer Natur, stets nur nach ihrem Ausgang beurteilt würden – ein in der Sicht des Plinius keineswegs positives Phänomen seiner Zeit62 .

VI. Ein senatus consultum aus Zeiten von Zwang und Furcht: Das Verbot von Herennius Senecios Schrift über Helvidius Priscus In einem nicht sicher datierbaren Brief (7 .19) an einen nicht eindeutig identifizierbaren Priscus63 setzt Plinius der ihm auf das engste verbundenen Fannia, als Tochter des Thrasea Paetus, zweiter Ehefrau des älteren Helvidius Priscus und Stiefmutter des jüngeren Helvidius Priscus Angehörige der exponiertesten Familien 60 Plin . epist . 5 .9 .6 . 61 Plin . epist . 5 .9 .6: alii contra: „rectissime fecit; initurus magistratum iura cognovit, senatus consulta legit, reprimit foedissimas pactiones, rem pulcherrimam turpissime venire non patitur.“ – „Andere dagegen: „Er hat mehr als recht daran getan; vor Antritt seines Amtes hat er sich in das Recht vertieft, hat die Senatsbeschlüsse studiert und unterbindet jetzt die schandbaren Abmachungen, duldet nicht, daß die achtbarste Tätigkeitaufs schändlichste verhökert wird““ . 62 Vgl . Plin . epist . 5 .9 .7 . 63 Zu Priscus s . Birley, Onomasticon 2000, 83 (s. v. Priscus [3]) . – Zu besagtem Brief s . Sherwin-White, Letters of Pliny 1966, 424 ff .; Zehnacker, Méthy, Pline le Jeune. Lettres III 2012, 126 f .

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der sogenannten stoischen Senatsopposition64, ein Denkmal ihrer herausragenden virtus und stilisiert sie zu einem exemplum römischen Matronentums65 . Fannias immer wieder an den Tag gelegten herausragenden Qualitäten zeigten sich laut Plinius auch, „als Senecio angeklagt war, weil er eine Lebensbeschreibung des Helvidius verfaßt hatte, und bei seiner Verteidigung erklärte, Fannia habe ihn darum gebeten …“66 . Gefragt, ob dies stimme, bestätigte Fannia gemäß Plinius’ Darstellung die Aussage des Senecio und gestand auch, dass sie ihn mit schriftlichem Material über ihren hingerichteten Ehemann versorgt hätte, bestand jedoch darauf, ohne Wissen ihrer Mutter Arria67 gehandelt zu haben68 . Während das Schicksal des Herennius Senecio, der in der zweiten Hälfte des Jahres 93 oder im Jahre 94 laut Tacitus und Cassius Dio wegen seiner Schrift über Helvidius Priscus zum Tode verurteilt wurde69, von Plinius in seinem Brief an Priscus nicht thematisiert worden ist70, berichtet er über dessen Folgen für Fannia und ihr wiederum mustergültiges Verhalten, da sie – „obwohl jene Schrift (i . e . Senecios Vita des Helvidius Priscus) unter dem Zwang und Terror der Zeiten durch Senatsbeschluß unterdrückt worden war“ – das Manuskript bei der Konfiszierung ihres Besitzes zu retten vermochte, es behielt und letztlich „den Anlaß ihrer Verbannung mit in die Verbannung nahm“71 . Auch wenn vieles im Zusammenhang mit diesem Prozess (und den mit ihm verbundenen Prozessen), etwa hinsichtlich der Zahl der Angeklagten, in Bezug auf die 64 Zu Fannia s . PIR2 F 118; Birley, Onomasticon 2000, 59 (s. v. Fannia); zum amicitia-Verhältnis zwischen Plinius und Fannia sowie ihrer Mutter vgl . Carlon, Pliny’s Women 2009, 43 ff ., 52 ff . Zu Thrasea Paetus s . PIR2 C 1187; Birley, Onomasticon 2000, 92 (s. v. Thrasea); zu Helvidius Priscus s . PIR2 H 59; Birley, Onomasticon 2000, 61 (s. v. Helvidius [Priscus, C .]) . – Zur vermeintlichen stoischen Senatsopposition vgl . neben Brunt, Stoicism 1975, 25 ff . [= 2013, 297 ff .] beispielsweise Malitz, Helvidius Priscus und Vespasian 1985; vgl . in diesem Zusammenhang auch Shelton, Women of Pliny’s Letters 2013, 43 ff . 65 Vgl . Hemelrijk, Matrona docta 1999, 255 f . Anm . 157; Carlon, Pliny’s Women 2009, 175 ff . 66 Plin . epist . 7 .19 .5: num, cum Senecio reus esset, quod de vita Helvidi libros composuisset, rogatumque se a Fannia in defensione dixisset … 67 Zu Arria s . PIR2 A 1114; Birley, Onomasticon 2000, 38 (s. v. Arria, the Younger) . 68 Plin . epist . 7 .19 .5 . 69 Tac . Agr . 2 .1; Dio 67 .13 .2 . – Zum Datum des Prozesses gegen Senecio s . Whitton, Pliny’s Progress 2015, 13 ff . 70 Plinius erwähnt den politisch bedingten Tod des Senecio, mit dem er gemeinsam noch im Jahr 93 erfolgreich die Interessen der Provinz Baetica gegen Baebius Massa (PIR2 B 26; Birley, Onomasticon 2000, 41 [s. v. Baebius Massa]) vertreten hatte (Plin . epist . 7 .33 .4; Brunt, Charges of Provincial Maladministration 1961, 226 Nr . 34 [= 1990, 94 Nr . 34]; Bleicken, Senatsgericht 1962, 162 f . Nr . 22), verschiedentlich, ohne allerdings die Gründe dafür zu explizieren: epist . 1 .5 .3, 3 .11 .3 . Zu Senecio s . PIR2 H 128; Birley, Onomasticon 2000, 62 (s. v. Herennius Senecio); vgl . auch FRHist I, 575 f . Nr . 89 mit FRHist II, 1060 ff . Nr . 89 . 71 Plin . epist . 7 .19 .6: quin etiam illos ipsos libros, quamquam ex necessitate et metu temporum abolitos senatus consulto, publicatis bonis servavit, habuit tulitque in exilium exilii causam .

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Klage und in Hinblick auf die tatsächlichen Klagehintergründe im Dunkeln liegt – ein Umstand, zu dem Plinius keineswegs in geringem Maße beigetragen hat –72, so steht doch außer Zweifel, was er mit der Erwähnung des senatus consultum und dem Verweis auf dessen Entstehungsbedingungen bezweckt hat . Dass dieses senatus consultum dem Senat insbesondere aus der Perspektive der traianischen Zeit keineswegs zum Ruhme gereichte, ist evident – nicht umsonst formulierte Tacitus klagend im Agricola, dass es „uns mit unschuldigem Blute Senecio bespritzte“73 . Deswegen betont Plinius nachdrücklich die von Zwang und Furcht geprägte Stimmung, in der der Senatsbeschluss zustande kam . Deutlich führt dies vor Augen, was hier die Intention des Autors gewesen ist, der nicht allein seinen expliziten Adressaten im Blick hatte, sondern eine weitere Leserschaft, vor der er einerseits mit der Herrschaft Domitians abzurechnen wünschte und andererseits sein und seiner peers Verhalten zu exkulpieren trachtete – es liegt mithin also ein strukturelles Problem Plinius’ Ansinnen zugrunde: die in gewisser Weise korrumpierte Vergangenheit der Mitglieder der Reichselite nach dem Ende der Herrschaft eines unter die mali principes eingereihten Kaisers74 . Dass es in dieser Hinsicht wohl auch für Plinius Anlass gegeben hat, an seiner eigenen Vergangenheit zu arbeiten, dürften zwei seiner Briefe nahelegen, da sein Handeln in der zweiten Jahreshälfte des Jahres 93 und im Jahre 94 wohl weniger heldenhaft war als das von Angehörigen seines Freundeskreises: So bittet er in 7 .33 Tacitus, eine Begebenheit in die Historien aufzunehmen, die Plinius das Lob des späteren Kaisers Nerva einbrachte und die in Zusammenhang mit den Folgen von Plinius’ und Senecios gemeinsamer Prozesstätigkeit gegen Baebius Massa im Jahre 93 stand und die ihn, der anders als Senecio nicht von Massa mit einem Prozess überzogen wurde, in ein positives Licht setzt75 . Und in einem seiner Briefe an Iulius Genitor (3 .11) unterstreicht Plinius den großen Mut, den es für ihn gerade in seiner Position als Prätor bedeutet habe, dass er den stoischen Philosophen Artemidor besuchte76, nachdem die Philosophen aus Rom gewiesen und „sieben [s]einer Freunde hingrichtet oder verbannt worden waren, hingerichtet Senecio, Rusticus, Helvidius, verbannt Mauricus, Gratilla, Arria und Fannia“77 . 72 Vgl . in diesem Zusammenhang etwa Rogers, Group of Domitianic Treason-Trials 1960; Jones, Domitian and the Senatorial Order 1979, 43 ff .; Rutledge, Imperial Inquisitions 2001, 130 ff . 73 Tac . Agr . 45 .1: …, nos innocenti sanguine Senecio perfudit . 74 Zu Plinius’ Karriere unter Domitian s . nun Whitton, Pliny’s Progress 2015 . 75 Zum Prozess gegen Baebius Massa und zu diesem s . oben Anm . 69 . – Zu besagtem Brief vgl . Sherwin-White, Letters of Pliny 1966, 444 ff .; Zehnacker, Méthy, Pline le Jeune. Lettres III 2012, 138 ff . 76 Zu Iulius Genitor s . PIR2 I 341; Birley, Onomasticon 2000, 65 (s. v. Julius Genitor); zu Artemidor s . PIR2 A 1169; Birley, Onomasticon 2000, 39 (s. v. Artemidorus); s . auch Puech, Artémidore 1989 . – Zu besagtem Brief vgl . Sherwin-White, Letters of Pliny 1966, 239 ff .; Zehnacker, Pline le Jeune. Lettres 2009, 178 f . 77 Plin . epist . 3 .11 .3: atque haec feci, cum septem amicis meis aut occisis aut relegatis, occisis Senecione, Rustico, Helvidio, relegatis Maurico, Gratilla, Arria, Fannia … – Zu Rusticus s . PIR2 I

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VII. Zweifelhafte Ehren und indirektes Herrscherlob Traians: Das SC de poena feminarum quae servis coniungerentur et de honoribus M. Antonii Pallantis und Plinius’ Kommentierung In einem nicht mit Sicherheit zu datierenden Brief (7 .29) schildert Plinius seinem Briefpartner Montanus78, was er kürzlich auf der Straße nach Tivoli noch innerhalb des ersten Meilensteins entdeckt hatte – das Grabmal des Pallas, des Freigelassenen der Antonia Minor und a rationibus unter Claudius79 . Der Brief lautet folgendermaßen80: „[1] Du wirst lachen, dann empört sein, dann wieder lachen, wenn Du liest, was Du nicht glauben könntest, läsest Du es nicht . [2] An der Via Tiburtina befindet sich, noch innerhalb des ersten Meilensteins, das Grabmal des Pallas – ich habe es erst kürzlich bemerkt – mit folgender Inschrift: „Der Senat hat ihm wegen seiner Treue und Anhänglichkeit gegen seine Schutzherren die Insignien eines Prätors bewilligt, außerdem 15 Millionen Sestertien; bei letzterem Gnadengeschenk begnügte er sich mit der Ehre“ . [3] Ich habe mich niemals über etwas gewundert, was eher dem Glück als echtem Verdienst entsprungen war . Doch hat mir diese Inschrift so recht zu Bewußtsein gebracht, wie possenhaft und albern doch ist, was bisweilen für solchen Dreck, solchen Schmutz vertan wird, was schließlich dieser Galgenstrick teils anzunehmen, teils auszuschlagen und als Probe seiner Bescheidenheit gar der Nachwelt zu überliefern sich erdreistet hat . [4] Doch warum ärgere ich mich? Besser, man lacht darüber; sonst glaubt diese Gesellschaft wohl gar, etwas Besonderes erreicht zu haben, die es durch Glück so weit bringt, daß man über sie lacht . Leb’ wohl!“ .

Einige Zeit später kommt Plinius in einem Brief an Montanus erneut auf Pallas zu sprechen (8 .6) . Er hat sich in der Zwischenzeit das senatus consultum aus dem 730; Birley, Onomasticon 2000, 66 f . (s. v. [ Junius] Arulenus Rusticus); zu Mauricus s . PIR2 I 771 Birley, Onomasticon 2000, 67 (s. v. Junius Mauricus); zu Gratilla s . PIR2 V 424; Birley, Onomasticon 2000, 99 (s. v. [Verulana] Gratilla) . 78 Zu Montanus s . PIR2 M 682; Birley, Onomasticon 2000, 73 (s. v. Montanus) . 79 Vgl . dazu Lefebvre, Pline le Jeune et l’épigraphie 2016, 307 ff . 80 Plin . epist . 7 .29 .1 ff .: [1] Ridebis, deinde indignaberis, deinde ridebis, si legeris, quod, nisi legeris, non potes credere. [2] Est via Tiburtina intra primum lapidem (proxime adnotavi) monimentum Pallantis ita inscriptum: „Huic senatus ob fidem pietatemque erga patronos ornamenta praetoria decrevit et sestertium centiens quinquagiens, cuius honore contentus fuit“. [3] Equidem numquam sum miratus, quae saepius a fortuna quam a iudicio proficiscerentur; maxime tamen hic me titulus admonuit, quam essent mimica et inepta, quae interdum in hoc caenum, in has sordes abicerentur, quae denique ille furcifer et recipere aususest et recusare atque etiam ut moderationis exemplum posteris prodere. [4] Sed quid indignor? ridere satius, ne se magnum aliquid adeptos putent, qui hue felicitate perveniunt, ut rideantur. Vale. – Zu diesem Brief s . Sherwin-White, Letters of Pliny 1966, 438 f .; Zehnacker, Méthy, Pline le Jeune. Lettres III 2012, 135 f .

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Jahre 52, durch das Pallas nach dem älteren Plinius am Vortag des dies imperii des Claudius am 23 . Januar die ornamenta praetoria verliehen worden waren81 und auf das in Pallas’ Grabinschrift Bezug genommen wird, aus dem Archiv besorgt, zitiert es direkt wie indirekt in Teilen und kommentiert es . Das Resultat ist es wert, an dieser Stelle angeführt zu werden, da es in vielerlei Hinsicht in höchstem Maße instruktiv ist, sind Plinius’ Ausführungen doch ein überaus beredtes Zeugnis senatorischen Selbstverständnisses, ein Manifest der Rede über Standesgenossen und zugleich auch ein Kommentar zu Problemen zwischen Hierarchie und sozialer Ordnung unter den Bedingungen der Monarchie82: [1] Cognovisse iam ex epistula mea debes adnotasse me nuper monumentum Pallantis sub hac inscriptione: „Huic senatus ob fidem pietatemque erga patronos ornamenta praetoria decrevit et sestertium centiens quinquagiens, cuius honore contentus fuit“.

[2] Postea mihi visum est pretium operae ipsum senatus consultum quaerere. inveni tam copiosum et effusum, ut ille superbissimus titulus modicus atque etiam demissus videretur. conferant se misceantque, non dico illi veteres, Africani, Achaici, Numantini, sed hi proximi, Marii, Sullae, Pompei, nolo progredi longius; infra Pallantis laudes iacebunt. [3] urbanos, qui ilia censuerunt, putem an miseros? dicerem urbanos, si senatum deceret urbanitas; miseros, sed nemo tam miser est, ut ilia cogatur. ambitio ergo et procedendi libido? sed quis adeo demens, ut per suum, per publicum dedecus procedere velit in ea civitate, in qua hie esset usus florentissimae dignitatis, ut primus in senatu laudare Pallantem posset?

[1] „Aus meinem letzten Briefe mußt Du bereits wissen, daß ich kürzlich das Grabmal des Pallas mit folgender Inschrift entdeckt habe: „Ihm hat der Senat wegen seiner Treue und Anhänglichkeit gegen seine Schutzherrn die Insignien eines Prätors bewilligt, außerdem 15 Millionen Sestertien; bei letzterem begnügte er sich mit der Ehre“ . [2] Hernach schien es mir der Mühe wert, den entsprechenden Senatsbeschluß herauszusuchen . Ich fand ihn so wortreich und geschwollen, daß jene hochtrabende Inschrift daneben maßvoll oder gar bescheiden wirkte . Da mögen sich – ich will nicht sagen: die alten Helden, ein Africanus, Achaicus, Numantinus, sondern die jüngere Generation, ein Marius, Sulla, Pompeius – weiter will ich nicht gehen – neben ihn stellen und sich mit ihm vergleichen: ihr Ruhm wird unter dem des Pallas bleiben . [3] Soll ich die, die solches beschlossen haben, als Spaßvögel oder als unselige Kreaturen betrachten? Ich würde sie Spaßvögel heißen, wären Späße im Senat angebracht . Aber unselige Kreaturen? Niemand ist so

81 Plin . nat . 35 .201 . 82 Plin epist . 8 .6 . Zu diesem Brief s . Sherwin-White, Letters of Pliny 1966, 453 ff .; Zehnacker, Méthy, Pline le Jeune. Lettres III 2012, 144 ff .

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[4] Mitto, quod Pallanti servo praetoria ornamenta offeruntur, quippe offeruntur a servis; mitto, quod censent non exhortandum modo, verum etiam compellendum ad usum aureorum anulorum; erat enim contra maiestatem senatus, si ferreis praetorius uteretur. [5] levia haec et transeunda; illa memoranda, quod nomine Pallantis senatus (nec expiata postea curia est), Pallantis nomine senatus gratias agit Caesari, quod et ipse cum summo honore mentionem eius prosecutus esset et senatui facultatem fecisset testandi erga eum benevolentiam suam. [6] quid enim senatui pulchrius, quam ut erga Pallantem satis gratus videretur? additur: „ut Pallas, cui se omnes pro virili parte obligatos fa­ tentur, singularis fidei, singularis indust­ riae f ructum meritissimo ferat.“ prolatos imperii fines, redditos exercitus rei publicae credas. [7] adstruitur his: „cum senatui populoque Romano liberalitatis gratior repraesentari nulla materia possit, quam si abstinentissimi fidelissimique custodis principalium opum facultates adiuvare contigisset …“ hoc tunc votum senatus, hoc praecipuum gaudium populi, haec liberalitatis materia gratissima, si Pallantis facultates adiuvare publicarum opum egestione contingeret.

unselig, daß er sich zu so etwas zwingen ließe . Also Ehrgeiz und die Sucht, vorwärtszukommen? Wer ist denn so verrückt, daß er auf Kosten seiner und des Staates Ehre vorwärtskommen wollte in einem Gemeinwesen, in welchem das der Vorzug des höchsten Ranges wäre, einen Pallas als erster im Senat preisen zu können? [4] Ich sehe davon ab, daß Pallas, einem Sklaven, die Insignien eines Prätors angeboten werden – es sind ja Sklaven, die sie ihm anbieten; sehe davon ab, daß sie beschließen, man müsse ihn nicht nur auffordern, sondern zwingen, goldene Ringe anzulegen – es hätte ja gegen die Majestät des Senats verstoßen, wenn ein Prätorier eiserne getragen hätte . [5] Das alles wiegt leicht und kann beiseite bleiben; aber dies muß festgehalten werden, daß in Pallas’ Namen der Senat – und die Kurie ist hernach nicht entsühnt worden – in Pallas’ Namen der Senat dem Kaiser seinen Dank dafür ausspricht, daß er persönlich mit ehrenvollsten Worten seiner gedacht und dem Senat die Möglichkeit gegeben habe, ihm sein Wohlwollen zu bezeugen . [6] Was gibt es denn für den Senat auch Schöneres, als recht dankbar gegen Pallas zu erscheinen? „Damit Pallas“ heißt es weiter, „dem sich jeder für sein Teil eingestandenermaßen verpflichtet fühlt, die wohlverdiente Frucht seiner einzigartigen Treue, seiner einzigartigen Tatkraft erntet.“ Man könnte wirklich meinen, er habe die Reichsgrenzen vorgerückt oder dem Staate Armeen gerettet . [7] Es folgen die Worte: „Da sich dem Senat und dem Römischen Volke keine willkommenere Gelegenheit zur Betätigung ihrer Freigebigkeit bieten

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[8] Iam quae sequuntur: voluisse quidem senatum censere dandum ex aerario sestertium centiens quinquagiens et, quanto ab eius modi cupiditatibus remotior eius animus esset, tanto impensius petere a publico parente, ut eum compelleret ad cedendum senatui. [9] id vero deerat, ut cum Pallante auctoritate publica ageretur, Pallas rogaretur, ut senatui cederet, ut illi superbissimae abstinentiae Caesar ipse advocatus esset, ne sestertium centiens quinquagiens sperneret. sprevit, quod solum potuit tantis opibus publice oblatis adrogantius facere, quam si accepisset.

[10] Senatus tamen id quoque similis querenti laudibus tulit, his quidem verbis: „sed cum princeps optimus parensque publi­ cus rogatus a Pallante earn partem sen­ tentiae, quae pertinebat ad dandum ei ex aerario sestertium centiens quinquagiens, remitti voluisset, testari senatum, etsi li­ benter ac merito hanc summam inter reli­ quos honores ob fidem diligentiamque Pal­ lanti decernere coepisset, voluntati tamen principis sui, cui in nulla re fas putaret repugnare, in hac quoque re obsequi“.

könne, als wenn es ihnen gestattet sei, die Vermögensverhältnisse des uneigennützigsten, getreuesten Verwalters des kaiserlichen Schatzes aufzubessern …“ Das war damals der Wunsch des Senats, das das Hauptvergnügen des Volkes, das der willkommenste Anlaß zur Freigebigkeit, die Vermögensverhältnisse des Pallas durch Ausleerung der Staatskasse aufzubessern! [8] Höre, wie es weitergeht: Der Senat habe beschließen wollen, ihm aus dem Staatsschatz 15 Millionen Sestertien anzuweisen, und je abgeneigter der Mann in seiner Seele solchen Begierden sei, um so eindringlicher ersuche der Senat den Vater des Staates, ihn zu zwingen, dem Senat nachzugeben . [9] Wirklich, es fehlte nur noch, daß mit Pallas offiziell verhandelt wurde, daß Pallas gebeten wurde, dem Senat nachzugeben, daß der Kaiser selbst als Anwalt gegen diese überhebliche Uneigennützigkeit auftrat, damit er die 15 Millionen nicht verschmähte! Er hat sie verschmäht, und das war die einzige Möglichkeit, bei dem Angebot einer so großen Summe aus öffentlichen Mitteln noch anmaßender zu erscheinen, als wenn er sie angenommen hätte . [10] Jedoch der Senat quittierte auch diese Geste mit Lobeserhebungen, als ob er sie bedauerte, und zwar mit folgenden Worten: „Aber da der treffliche Prinzeps und Vater des Staates auf Bitten des Pallas hin wünschte, daß man auf den Teil des Antrages, der sich auf die Anweisung der 15 Millionen Sestertien aus dem Staatsschatze beziehe, verzichten möge, erkläre der Senat, obwohl er gern und verdientermaßen entschlossen gewesen sei, dem

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[11] Imaginare Pallantem velut intercedentem senatus consulto moderantemque honores suos ct sestertium centiens quinquagiens ut nimium recusantem, cum praetoria ornamenta tamquam minus recepisset; [12] imaginare Caesarem liberti precibus vel potius imperio coram senatu obtemperantem (imperat enim libertus patrono, quem in senatu rogat); imaginare senatum usquequaque testantem merito libenterque se hanc summam inter reliquos honores Pallanti coepisse decernere et perseveraturum fuisse, nisi obsequeretur principis voluntati, cui non esset fas in ulla re repugnare. ita, ne sestertium centiens quinquagiens Pallas ex aerario ferret, verecundia ipsius, obsequio senatus opus fuit in hoc praecipue non obsecuturi, si in ulla re putasset fas esse non obsequi.

[13] Finem existimas? mane dum et maiora accipe: „utique, cum sit utile principis benignitatem promptissimam ad laudem praemiaque merentium inlustrari ubique et maxime iis locis, quibus incitari ad imi­

Pallas wegen seiner Treue und Zuverlässigkeit neben den sonstigen Ehrungen auch diese Summe zu bewilligen, sich trotzdem dem Wunsche seines Prinzeps, dem zu widersprechen er in keinem Falle für erlaubt halte, auch in diesem Falle fügen zu wollen“. [11] Stell’ Dir vor, wie Pallas gleichsam Einspruch gegen einen Senatsbeschluß erhebt, die ihm zugedachten Ehrungen abschwächt und 15 Millionen als übertrieben ausschlägt, während er die prätorischen Insignien, als wären sie weniger erheblich, angenommen hat! [12] Stell’ Dir vor, wie der Kaiser den Bitten oder vielmehr: dem Befehl seines Freigelassenen im Angesicht des Senats willfahrt – ein Freigelassener, der seinen Schutzherrn vor dem Senat bittet, kommandiert ihn ja in Wirklichkeit; stell’ Dir vor, wie der Senat immerfort versichert, gern und verdientermaßen entschlossen gewesen zu sein, dem Pallas neben den sonstigen Ehrungen diese Summe zu bewilligen, und dabei geblieben wäre, hätte er sich nicht verpflichtet gefühlt, dem Wunsche des Prinzeps zu willfahren, dem zu widersprechen in jedem Falle unerlaubt sei! Damit Pallas die 15 Millionen Sestertien aus dem Staatsschatz nicht erhielt, bedurfte es somit seiner eigenen Zurückhaltung und der Hörigkeit des Senats, der sich vornehmlich in dieser Sache nicht hätte fugen wollen, wenn er es für erlaubt gehalten hätte, sich in irgendeinem Falle nicht zu fügen . [13] Du meinst, das sei alles? Warte nur, es kommt noch besser: „Da es auf jeden Fall nützlich sei, wenn die Güte des Prinzeps, immer bereit, ein Verdienst zu loben und zu belohnen, überall und

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tationem praepositi rerum eius curae possent, et Pallantis spectatissima fides atque innocentia exemplo provocare Stu­ dium tam honestae aemulationis posset, ea, quae X kal. Februarias, quae proximae fuissent, in amplissimo ordine optimus princeps recitasset senatusque consulta de iis rebus facta in aere inciderentur, idque aes figeretur ad statuam loricatam divi Iulii“.

[14] Parum visum tantorum dedecorum esse curiam testem; delectus est celeberrimus locus, in quo legenda praesentibus, legenda futuris proderentur. Placuit aere signari omnes honores fastidiosissimi mancipii, quosque repudiasset, quosque, quantum ad decernentis pertinet, gessisset. incisa et insculpta sunt publicis aeternisque monumentis praetoria ornamenta Pallantis, sic quasi foedera antiqua, sic quasi sacrae leges. [15] Tanta principis, tanta senatus, tanta Pallantis ipsius – quid dicam nescio, ut vellent in oculis omnium figi Pallas insolentiam suam, patientiam Caesar, humilitatem senatus! nec puduit rationem turpitudini obtendere, egregiam quidem pulchramque rationem, ut exemplo Pallantis praemiorum ad studium aemuladonis ceteri provocarentur. [16] ea honorum vilitas erat, illorum etiam, quos Pallas non dedignabatur; inveniebantur tamen honcsto loco nati, qui peterent cuperentque, quod dari liberto, promitti servis videbant.

besonders an den Stellen verherrlicht würde, wo die mit der Verwaltung seines Schatzes Betrauten zur Nachahmung aufgefordert und die langbewährte Treue und Uneigennützigkeit des Pallas durch ihr Vorbild den Willen zu einer so ehrenwerten Nachahmung wecken könnten, solle das, was der treffliche Prinzeps kürzlich am 23. Januar vor der erlauchten Körperschaft vorgetragen habe, sowie die über diese Materie ergangenen Senatsbeschlüsse in Erz geschlagen und diese Erztafeln bei der Panzerstatue des Divus Iulius angebracht werden“. [14] Die Kurie als Zeuge solcher Schändlichkeiten schien nicht auszureichen; man wählte den belebtesten Platz, wo Mitwelt und Nachwelt sie sollten lesen können . Man hielt es für angebracht, alle Ehrenämter des widerwärtigen Sklaven, sowohl die, die er ausgeschlagen, wie auch die, die er, soviel die Verleiher dazu tun konnten, angenommen hatte, auf dem Erz zu verzeichnen . Eingeschnitten und eingegraben sind auf öffentlichen, für die Ewigkeit bestimmten Monumenten die prätorischen Insignien eines Pallas, so, als handelte es sich um alte Verträge oder heilige Gesetze! [15] So groß war des Prinzeps, so groß des Senats, so groß des Pallas eigene – mir fehlt der passende Ausdruck; vor aller Augen wollten sie ihre Untugenden festgenagelt wissen, Pallas seine Überheblichkeit, der Kaiser seine Schlappheit, der Senat seine Unterwürfigkeit! Und man schämte sich nicht, die Schande mit einem Vorwand zu bemänteln, einem trefflichen, edlen Vorwand: durch Hinweis auf die Belohnungen des Pallas sollte jedermann aufgerufen werden, es ihm nachzutun .

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[17] Quam iuvat, quod in tempora ilia non incidi, quorum sic me, tamquam illis vixerim, pudet! non dubito similiter adfici te (scio, quam sit tibi vivus et ingenuus animus); ideo facilius est, ut me, quamquam indignationem quibusdam in locis fortasse ultra epistulae modum extulerim, parum doluisse quam nimis credas. Vale.

[16] So niedrig standen damals Ehren im Preise, selbst die, die Pallas nicht verschmähte! Trotzdem fanden sich hoch wohlgeborene Männer, die erstrebten und wünschten, was, wie sie sahen, einem Freigelassenen gewährt, Sklaven versprochen wurde . [17] Wie froh bin ich, nicht in jene Zeit geraten zu sein, deren ich mich so schäme, als hätte ich in ihr gelebt . Zweifellos fühlst Du Dich ähnlich betroffen . Ich kenne Dein empfindsames, freisinniges Gemüt; um so leichter wirst Du glauben, daß ich eher zu wenig als zu viel geklagt habe, mag ich mich vielleicht auch von meiner Empörung hier und da haben hinreißen lassen, das Maß eines Briefes zu sprengen . Leb’ wohl!“ .

Diese Ausführungen von Plinius sind ein überaus beredtes Zeugnis für die Problematik der Stellung des Freigelassenen Pallas83 . Seine herausragende Position unter Claudius entsprach nicht seinem sozialen Status, unter den Bedingungen des Prinzipats verkehrte sich die Ordnung der Welt: Das Verhältnis römischer Senatoren zu einem Freigelassenen war auf den Kopf gestellt84 . Neben der Empörung von Plinius ist aber ein weiterer Aspekt in vorliegendem Kontext von besonderem Interesse – und dieser Aspekt betrifft das, was Plinius in seinen Ausführungen verschweigt . Dass es sich dabei keineswegs lediglich um Adiaphora handelt, verdeutlicht ein Passus aus Tacitus’ Annalen85: 83 Zu Pallas (PIR2 A 858; Birley, Onomasticon 2000, 77 [s. v. Pallas]) vgl . Oost, Career of Pallas 1958 . 84 Vgl . in diesem Zusammenhang grundsätzlich Winterling, ‚Staat‘, ‚Gesellschaft‘ und politische Integration 2001, 107 f . [= 2011, 27 f .]; s . auch Gonzales, Esclaves, affranchis et «familia» 1997, 371 f . 85 Tac . ann . 12 .53 .1 ff . [Übers .: Städele, Tacitus: Annalen II 2011]: [1] Inter quae refert ad patres de poena feminarum, quae servis coniugerentur, statuiturque, ut ignaro domino ad id prolapsa in servitute, sin consensisset, pro libertis haberentur. [2] Pallanti, quem repertorem eius relationis ediderat Ceasar, praetoria insignia et centies quinquagies sestertium censuit consul designatus Barea Soranus. Additum a Scipione Cornelio grates publicae agendas, quod regibus Arcadiae ortus veterrimam nobilitatem usui publico postponeret seque inter ministros principis haberi sineret. [3] adseverarvit Claudius contentum honore Pallantem intra priorem paupertatem subsistere. Et fixum est publico senatus consultum, quo libertinus sestertii ter miliens possessor antiquae parsimoniae laudibus cumulabatur.

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„[1] Bei dieser Gelegenheit stellte er (i . e . Claudius) bei den Vätern den Antrag auf Bestrafung der Frauen, die eine Verbindung mit Sklaven eingingen, und man beschloss, dass diejenigen, die ohne Wissen des Besitzers so tief gesunken seien, als Sklavinnen, wenn er aber einverstanden war, als Freigelassene behandelt werden sollten . [2] Für Pallas, den der Caesar als Erfinder dieses Antrags bezeichnet hatte, beantragte die Verleihung der Abzeichen eines Prätors und 15 Millionen Sesterze der designierte Konsul Barea Soranus . Zusätzlich wurde von Scipio Cornelius vorgeschlagen, sich von Staats wegen dafür zu bedanken, dass er als Nachkomme der Könige Arkadiens seinen uralten Adel dem öffentlichen Nutzen unterordne und es zulasse, zu den Dienern des Princeps gezählt zu werden . [3] Claudius betonte, Pallas begnüge sich mit der Ehre und wolle bei seiner bisherigen Armut bleiben . Tatsächlich brachte man auf einer amtlichen Bronzetafel einen Senatsbeschluss an, dem zufolge ein freigelassener Besitzer von dreihundert Millionen Sesterzen mit Lobhudeleien für seine althergebrachte Sparsamkeit überhäuft wurde“ .

Was Plinius in seinem Brief an Montanus also ausblendet, ist die unmittelbar vor der Ehrung des Pallas im Senat auf Antrag des Claudius behandelte Angelegenheit der Frage nach der Bestrafung von Frauen, die sich mit Sklaven einließen, ein Antrag, den niemand anderes für den Kaiser vorbereitet hatte als Pallas .86 Dieser Fall zeigt noch einmal in aller Deutlichkeit, wie bewusst Plinius in seinen Briefen senatus consulta verwendete, um seine autorialen Intentionen zu erreichen – nicht ein rechtshistorischer Antiquarianismus bedingte sein Interesse an diesen Zeugnissen, sondern sein Wissen um ihr vielfältiges argumentatives Potential . So eröffnete ihm das Grabmonument des Pallas auch die Möglichkeit, durch seine Empörung über die Zustände unter Claudius die eigenen glücklichen Zeiten herauszustellen und Traian mit einem indirekten Herrscherlob zu bedenken, hatte doch dieser, wie Plinius nicht nur in seinem Brief an Montanus, sondern auch bereits im Panegyricus positiv vermerkt, die kaiserlichen Freigelassenen in ihre Schranken gewiesen und dafür Sorge getragen, dass diesen genau bewusst war, wo ihr angemessener sozialer Ort war87 .

VIII. Resümierende Bemerkungen Was lässt sich aus diesen sieben Fallstudien zu senatus consulta in Plinius’ Briefen nun schlussfolgern? Unzweifelhaft steht fest, dass Plinius, der als römischer Sena86 Vgl . zum SC de poena feminarum quae servis coniugerentur et de honoribus M. Antonii Pallantis Buongiorno, Senatus consulta 2010, 311 ff . (A 97); s . auch Talbert, Senate 1984, 441 Nr . 44–45; Pavis d'Escurac, Pline le Jeune 1985; MacLean, Freed Slaves 2018, 107 ff . 87 Plin . epist . 6 .31 .9 ff .; s . dazu Sherwin-White, Letters of Pliny 1966, 438 ad loc .; Zehnacker, Méthy, Pline le Jeune. Lettres II 2011, 194 ad loc . S . auch Plin . paneg . 88 .1–3 .

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tor mit der Materie bestens vertraut war, in seinen Texten auf ganz unterschiedliche Weise mit diesen Zeugnissen des Senats verfuhr: Ihres argumentativen Wertes bewusst, setzte er sie fallweise im Kontext von Erörterungen über die Zustände in Rom unter den Bedingungen der Alleinherrschaft ein, verwendete er sie zur Bewertung von boni und mali principes, führte er sie in Briefen mit Berichtscharakter ohne weitere semantische Aufladung an, erwähnte er sie in den Briefen an Traian unter rein administrativen Gesichtspunkten und nutzte sie immer wieder auch geschickt zu seinem self-fashioning . Diese Spannbreite spiegelt einerseits die mit den Briefen im Einzelnen verbunden Intentionen ihres Verfassers wieder88; andererseits liegt es auch in der Natur der Sache, dass der Inhalt eines senatus consultum partiell auch seine spätere Verwendbarkeit durch Plinius mit beeinflusste . Somit lässt sich abschließend nur die mitunter sehr unterschiedliche, Plinius’ vielschichtigen Absichten geschuldete Verwendung von senatus consulta mit sehr verschiedenener Thematik, Relevanz und Tragweite in seinen Briefen konstatieren .

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88 Vgl . in diesem Kontext Geisthardt, Zwischen Princeps und Res Publica 2015, 146 ff .; Whitton, Gibson, Introduction 2016 .

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dennis PausCh

Die senatus consulta bei Sueton zwischen historischer Authentizität und narrativer Funktionalisierung I. Einleitung: Sueton und seine Leser* Sueton greift in den unterschiedlichen biographischen Werken, die sich aus seiner Feder erhalten haben, verschiedentlich auf senatus consulta zurück und verwendet sie einerseits als Beleg und zur Authentifizierung seiner historischen Erzählung, andererseits aber auch als ein literarisches Mittel, das der utilitas ebenso wie der delectatio des Lesers dient . Für eine genauere Beschreibung der mit diesem Rekurs verbundenen Funktionen ist es nötig, Suetons Schriften vor dem Hintergrund der Zeit zu verstehen, in der sie entstanden sind . Es ist unstrittig, dass es sich dabei allgemein um die erste Hälfte des 2 . Jh . n . Chr . handelt . Allerdings zeigt sich bei genauerem Hinsehen, dass wir über die einzelnen Daten seines Lebens weniger wissen, als oft angenommen wird . Es war möglicherweise das später berühmte Vierkaiserjahr, 68/69 n . Chr ., also während der turbulenten Ereignisse, die Tacitus’ als longus et unum annum bezeichnen sollte1, in dem C . Suetonius Tranquillus das Licht der Welt erblickte2 . Auch sein Geburtsort ist nicht sicher bekannt, obwohl die Entdeckung einer Ehreninschrift für ihn in Hippo Regius dazu geführt hat, dass seit den 50er Jahren des letzten Jahrhun* Den Organisatoren und Teilnehmern der Tagung möchte ich für die anregende Atmosphäre in Münster und für die hilfreichen Hinweise in der Diskussion danken . Die schriftliche Fassung hat sehr von der kritischen Lektüre durch meine Dresdner Kolleginnen Dr . Antje Junhanß und Maria Kietz profitiert . 1 Vgl . Tac . dial. 17 .3 . 2 Die Lebensdaten müssen aus seinen Schriften erschlossen werden . Das wichtigste Zeugnis ist die eigene Bezeichnung als adulescens für 88 n . Chr .: vgl . Suet . Nero 57 .2 sowie ferner Dom. 12 .2 u . de gramm. 4 .6 .

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derts die nordafrikanische Stadt zumeist als seine Heimat (oder zumindest die seiner Familie) angegeben wird3 . Sicheren Boden betreten wir erst, wenn wir ihn als jungen scholasticus in den Briefen des Plinius Minor kennenlernen, der sich für ihn verwendet und zu dessen Bekanntenkreis in Rom er gehört zu haben scheint4 . In den Jahren danach absolvierte er eine erfolgreiche Karriere in der kaiserlichen Verwaltung, die ihn bis zur Stellung eines ab epistulis unter Hadrian führte5 . Diese soll er dann im Jahre 122 n . Chr . verloren haben, weil er zusammen mit seinem Förderer, dem Prätorianerpräfekten C . Septicius Clarus in Ungnade gefallen sei . Das ist jedenfalls die Geschichte, wie sie die sog . Historia Augusta überliefert6 . Wieviel davon tatsächlich stimmt, bildet einen beliebten Diskussionsgegenstand der Forschung7 . Dennoch stellt es auf der anderen Seite eine gängige Vermutung dar, dass Sueton diesen erzwungenen ‚Vorruhestand‘ zur Intensivierung seiner literarischen Tätigkeiten genutzt hat . Streng genommen wissen wir allerdings so gut wie nichts über die Abfassungszeit der einzelnen Werke8, sondern lediglich, dass er im Laufe seines Lebens und auch schon parallel zu seiner politischen Karriere eine ganze Reihe von Schriften verfasst hat, deren Spektrum von antiquarischen Schriften über eine Sammlung von Viten verschiedener viri illustres bis zu den Biographien der ersten zwölf römischen Kaiser reicht9 . Auch wenn unser Wissen über Suetons Leben also im Detail diskussionsbedürftig bleibt, lassen sich die groben Züge dennoch mit einiger Sicherheit rekonstruieren . Das ist nicht zuletzt deswegen wichtig, weil sich in der Beschäftigung mit Suetons Werken, vor allem mit seinen Kaiserbiographien, in den letzten Jahren ein fundamentaler Perspektivwechsel ereignet hat . Natürlich werden diese nach wie vor als Quellen für die Zeit gelesen, die in ihnen beschrieben wird, also ungefähr für das erste Jahrhundert der römischen Kaiserzeit . Spätestens aber seit Andrew Wallace-Hadrills Monographie „Suetonius . The scholar and his Caesars“, die in der erster Auflage 1983 erschienen ist10, hat man sich zusehends dafür zu interessieren begonnen, in welcher Zeit er geschrieben hat und wer seine intendierten Adressaten waren . Man hat seine Biographien daher stärker auf ihren Aussagewert für die Gesellschaft in der ersten Hälfte des 2 . Jh . n . Chr . hin befragt und ihren Autor in die Kontexte der sog . Zweiten Sophistik und der römischen Bildungskultur eingeordnet11 . In der Tat fügt sich Suetons doppelte Karriere, in der litera3 Vgl . AE 1953, 73 mit z . B . Wardle, Suetonius, 2002, 465–470 . 4 Vgl . v . a . Plin . ep. 1 .18, 1 .24, 5 .10 u . 10 .94 mit z . B . Power, Literary Career, 2010 . 5 Zu seiner Karriere vgl . Townend, Hippo inscription, 1961 . 6 Vgl . SHA Hadrian 11 .3 . 7 Vgl . zuletzt Wardle, Augustus, 2014, 1 f . (mit weiterer Literatur) . 8 Vgl . jetzt den guten Überblick bei Wardle, Augustus, 2014, 2–6 . 9 Auskunft über die nichterhaltenen Schriften gibt das Werkverzeichnis in der Suda: 4 .581 .18, Adler . 10 Vgl . Wallace-Hadrill, Suetonius, 19952 . 11 Vgl . Pausch, Biographie, 2004, 233–236 (mit zahlreichen weiteren Angaben) .

Die senatus consulta bei Sueton

rische und politische Erfolge Hand in Hand gehen, gut in das Bild der gestiegenen gesellschaftlichen Relevanz von Kultur und Bildung, das die Forschung für diese Jahrzehnte rekonstruieren konnte12 . Mit dieser veränderten Perspektive ist aber auch ein neuer Blick auf Suetons literarische Technik verbunden . Während man vor allem die Kaiserviten früher oft an den Maßstäben der antiken Geschichtsschreibung, zumal an denen des Tacitus gemessen hat, betont man heute den Umstand stärker, dass alle seine Schriften im Bereich der Wissensvermittlung angesiedelt sind und daher nicht zuletzt einem didaktischen Anspruch folgen . Wenn man seine Texte weniger mit dem Blick eines modernen Historikers liest, der enttäuscht ist, dass er Informationen nicht in der Form erhält, die er sich für seine Zwecke gewünscht hätte, sondern mit den Augen eines Rezipienten im 2 . Jh . n . Chr ., also der von Sueton vermutlich adressierten Zielgruppe13, erweisen sich die Eigenheiten seiner Schreibweise, die man früher gerne als defizitär wahrgenommen hat, als sinnvoll und funktional . Das gilt zunächst einmal auf der inhaltlichen Ebene, und zwar vor allem bei der Auswahl seiner Schwerpunkte . Hier ist Sueton lange Zeit zum Vorwurf gemacht worden, dass er den harten Fakten der großen Politik zu wenig und dafür beispielsweise dem Privatleben der Kaiser und anderen ‚weichen‘ Themen aus dem Bereich der Kulturgeschichte zu viel Aufmerksamkeit geschenkt habe14 . Noch deutlicher wird die gewandelte Wahrnehmung und Bewertung aber auf der formalen Ebene . Hier lässt sich die besondere Art und Weise, wie Vergangenheit in den Biographien präsentiert wird, besonders gut mit den vermuteten Bedürfnissen seiner primären Adressaten verbinden: So erlaubt etwa die Entscheidung, die einzelnen Angaben überwiegend thematisch und in Rubriken statt chronologisch und nach dem Lebenslauf des Protagonisten anzuordnen, seinen Lesern sowohl das gezielte Nachschlagen bestimmter Informationen als auch das Querlesen mehrerer Viten vor dem Hintergrund individueller Fragestellungen15 . Zugleich erleichtert die oft zu beobachtende Auf bereitung historischen Wissens in Form 12 Vgl . z . B . Schmitz, Bildung, 1997; Stein-Hölkeskamp, Lebensziele, 2003; Borg, Paideia, 2004, u . Whitmarsh, Second Sophistic, 2005 . 13 Umstritten ist in diesem Zusammenhang insbesondere die Frage, ob dieses Zielpublikum nur außerhalb der traditionellen Oberschicht zu suchen ist (vgl . v . a . della Corte, eques Romanus, 1967) oder ob Sueton auch Leser angesprochen hat, die bereits über eine gewisse Bildung verfügten (vgl . v . a . Wallace-Hadrill, Suetonius, 19952, 99–101) . Geht man davon aus, dass seine Werke unter anderem durch die Verwendung von Rubriken so angelegt sind, dass sie sowohl einer kontinuierlichen Lektüre unterzogen wie zum kursorischen Nachschlagen genutzt werden können, erweist sich letzteres als die plausiblere Annahme . 14 Vgl . z . B . Flach, Quellenwert, 1972, v . a . 285; für den Wandel zu einer positiveren Wahrnehmung vgl . Wallace-Hadrill, Suetonius, 19952, 8–10, u . Gascou, Suétone historien, 1984, 344 f . 15 Zum Wechselspiel zwischen der Anordnung per tempora und per species als Charakteristikum Suetons vgl . z . B . Gugel, Studien, 1977, Pausch, Biographie, 2004, 268–272, u . Hurley, Rubric Sandwich, 2014 .

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pointierter und daher leicht memorierbarer Anekdoten dem Leser nicht nur ihre Aneignung, sondern auch ihre Wiederverwendung in unterschiedlichen gesellschaftlichen Kontexten16 . Schließlich erweist sich auch seine Präferenz für einen vergleichsweise wenig ambitionierten Stil als ein Element, mit dem er die Benutzerfreundlichkeit seines Werkes steigert17 . Vor diesem Hintergrund, also einem Verständnis von Suetons biographischen Schriften, das die Interessen seiner primären Adressaten im 2 . Jh . n . Chr . in den Vordergrund rückt und daher den Gedanken der utilitas stark betont, aber auch durchaus Raum für delectatio lässt, soll nun im Folgenden seine Verwendung der senatus consulta untersucht werden . Dabei werden einerseits vor allem diejenigen Senatsbeschlüsse im Fokus stehen, die im Wortlaut zitiert werden, andererseits aber auch verbatim wiedergegebene Äußerungen im Senat, die nicht unbedingt Teil des offiziellen Beschlusses gewesen sein müssen, sondern vielleicht in den acta senatus enthalten waren oder auf anderem Wege überliefert wurden . Denn gerade an diesen beiden Textsorten lässt sich das Zusammenspiel von historischer Authentizität und narrativer Funktionalisierung gut aufzeigen . In Übereinstimmung mit der jüngeren Forschung, die die Gemeinsamkeiten zwischen den verschiedenen Teilen von Suetons Œuvres betont18, soll neben den Kaiserbiographien auch eine der längeren aus den viri illustres erhaltenen Passagen berücksichtigt werden .

II. Der Biograph und seine Dokumente: Die senatus consulta im Kontext Die senatus consulta bilden in methodischer Hinsicht die Untergruppe eines Phänomens, das für Sueton generell intensiv verhandelt wird, nämlich seiner Bereitschaft, Quellen im Wortlaut des Originals zu zitieren19 . Dieses Vorgehen erscheint auf den ersten Blick nicht weiter überraschend, weil es unseren eigenen Konventionen entspricht . Ein Vergleich mit der antiken Geschichtsschreibung im Allgemeinen und der seines Zeitgenossen Tacitus im Besonderen kann jedoch rasch zeigen, wie ungewöhnlich Suetons Entscheidung ist . Denn während Tacitus, um kurz auf ein bekanntes Beispiel zu verweisen, die Rede, die Kaiser Claudius 48 n . Chr . in Lyon gehalten hat und die unabhängig auf einer Inschrift überliefert wurde20, im 16 Vgl . z . B . Pausch, Biographie, 2004, v . a . 275 . 17 Das schließt anspruchsvollere Passagen (z . B . die exitus-Szenen; vgl . zuletzt Ash, Never say die, 2016) nicht aus, vielmehr gehört gerade die Variabilität zu Suetons Stil (vgl . z . B . Fry, De elocutione, 2009) . 18 Vgl . z . B . Wallace-Hadrill, Suetonius, 19952, v . a . 50–72; Poignault, Présence de Suétone, 2009, Power/Gibson, Suetonius the Biographer, 2014, u . Pausch, Types of life-writing (im Druck) . 19 Für eine Übersicht der wörtlichen Zitate vgl . De Coninck, Sources documentaires, 1991, 3683–3686 . 20 Vgl . CIL XIII 1668 = ILS 212 mit Riess, Rede des Claudius, 2003 .

Die senatus consulta bei Sueton

11 . Buch seiner Annalen nicht wortwörtlich wiedergibt21, sondern sie inhaltlich überarbeitet und vor allem stilistisch an den sie rahmenden Text angeglichen hat, um so dem literarischen Anspruch antiker Geschichtsschreibung gerecht zu werden, nimmt Sueton solche Brüche in Kauf, ja man könnte sagen, er sucht sie sogar geradezu22 . Dies ist einer der Gründe, warum man Suetons Schriften in den letzten Jahren stärker aus ihrer Nähe zur antiquarischen Literatur heraus verstanden hat . Lässt sich vor dieser Folie doch auch der Einsatz wörtlicher Zitate als Teil des (proto-) wissenschaftlichen Anspruchs verstehen und sogar in einen Gegensatz zum literarischen Anspruch der Historiographie rücken23 . Die damit einhergehende ungewöhnliche Genauigkeit hat dann sowohl Folgen für die Authentizität des überlieferten Materials, die in der Regel sehr hoch eingeschätzt wird24, wie auch für die Wirkung der Erzählung auf den Leser . Während antike Historiker ihre Überzeugungskraft nicht zuletzt aus der einheitlichen sprachlichen Durchdringung der vielfältigen Überlieferung aus der Vergangenheit gewinnen, greift Sueton für seine narrative Strategie ganz im Gegenteil gerade auf stilistische variatio zurück und integriert dabei bewusst auch fremde Stimmen in seine Erzählung . Für diesen Aspekt, der jüngst verstärkt in den Fokus der Forschung gerückt ist, hat Cynthia Damon mit dem Vergleich des suetonischen Erzählers mit einem Bauchredner ein einprägsames Bild gefunden25 . Zu diesem Zweck verwendet Sueton ganz unterschiedliche Arten von Dokumenten . Ihr Spektrum reicht von kürzeren Abschnitten, wie beispielsweise den zahlreichen facete dicta und Bonmots, die er seinen Protagonisten in den Mund legt und die sich natürlich in besonderer Weise zur Memorierung durch den Rezipienten eignen26, bis zu längeren Passagen aus Reden, wie etwa das berühmte Zitat aus der laudatio funebris, die Caesar in jungen Jahren für seine Tante gehalten hat27 . Großflächig werden von ihm hierfür auch Briefe herangezogen, zumal diejenigen des Augustus, auf die er dank seiner Funktionen in der kaiserlichen Verwaltung möglicherweise partiell exklusiven Zugriff hatte28 . Ein besonders ein21 Vgl . Tac . ann. 11 .24 . 22 Für den Gegensatz und das Beispiel vgl . Wallace-Hadrill, Suetonius, 19952, 19 f . 23 Vgl . v . a . Wallace-Hadrill, Suetonius, 19952, 19 f .: „Negatively Suetonius wrote not-history; positively he wrote scholarship“ . 24 Vgl . Gascou, Suétone historien, 1984, 545–567, v . a . 566, u . Kaster, De Grammaticis, 1995, xxix–xxxix, aber auch die skeptischere Haltung von Flach, Quellenwert, 1972 . 25 Vgl . Damon, Ventriloquist, 2014 . 26 Vgl . z . B . die Zusammenstellung für Augustus-Vita bei Wardle, Augustus, 2014, 26 f . 27 Vgl . Suet . Iul. 6 . 28 Vgl . de Coninck, Sources documentaires, 1991, 3688–3692; Wallace-Hadrill, Suetonius, 19952, 91–95, u . zuletzt Wardle 2014, 25 f .: „While … Suet’s unique access to Aug .’s private correspondence can be questioned, where he claims autopsy of original, autograph material he should not be doubted“ .

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drückliches Beispiel dafür, wie Sueton das narrative Potential von Briefen zu nutzen versteht, findet sich zu Beginn der Biographie des Claudius, wenn er der Frage nachgeht, warum dieser nicht schon vor seiner überraschenden Thronbesteigung nach der Ermordung Caligulas als Nachfolger angesehen wurde29 . Die heikle Diskussion, wie der spätere Kaiser von seinen nächsten Verwandten hinsichtlich seiner Eignung als Herrscher beurteilt wurde, gibt er als Gespräch zwischen mehreren Mitgliedern des Kaiserhauses mit ihren unterschiedlichen Interessen und Perspektiven wieder . Damit erhält der Leser einen faszinierenden Einblick in die Kommunikation innerhalb der kaiserlichen Familie . Die Inszenierung als Dialog führt zudem zur Dramatisierung der Handlung, die ebenfalls der Unterhaltung des Lesers dient . Sie erfüllt darüber hinaus aber auch einen didaktischen Zweck: Ein vielschichtiges Phänomen wie die Frage nach der Nachfolgeregelung in einer Erbmonarchie zwischen Abstammung und Eignung wird multiperspektivisch erörtert und damit in utramque partem diskutiert30 . Auf der Grundlage solcher Überlegungen und mit einer analogen Berücksichtigung ihrer narrativen Eignung greift Sueton, so die These für die folgenden Überlegungen, auch auf die senatus consulta zurück, auch wenn sie quantitativ gesehen nicht seine bevorzugte Quellengattung darstellen31 . Da im Weiteren vor allem die Verwendung wörtlicher Zitate im Vordergrund steht, wird ein oft zu beobachtender Fall keine weitere Berücksichtigung finden: Gelegentlich beruft sich Sueton auf seine Kenntnis von Quellen im Sinne unserer Fußnoten, um sozusagen seine Arbeit in den Archiven im Text sichtbar werden zu lassen . Ein Thema, bei dem dies häufiger der Fall ist, ist die Rekonstruktion der Geburtsumstände der einzelnen Kaiser, die für ihn wie vermutlich für seine Leser von besonderem Interesse waren . Hier erwähnt er hin und wieder explizit, dass er strittige Fragen durch einen Blick in die acta diurna32 oder die acta senatus33 geklärt habe . Das dient jedoch vor allem der Selbstdarstellung als gewissenhafter Gelehrter, hat aber wenig mit der Charakterisierung der Protagonisten oder der Wirkung des Textes auf den Leser zu tun . Genau damit sind aber bereits die beiden Punkte genannt, die im Folgenden im Vordergrund stehen werden .

29 Vgl . Suet . Claud. 3 .2–4 .7 . 30 Die sich hieraus ergebende ‚polyphone‘ Schilderung ähnelt dem Effekt, der durch die Verwendung von Reden in der antiken Geschichtsschreibung erzielt wird (vgl . hierzu Pausch, Stimmen, 2010), auch wenn es sich dort nur in seltenen Ausnahmefällen um wörtliche Wiedergaben originaler Reden handelt . 31 Vgl . v . a . Gascou, Suétone historien, 1984, 480–485, u . Buongiorno, Senatus consulta, 2010, 24 f . 32 Vgl . z . B . Suet . Iul. 20; Tib. 5 u . Claud. 41 .3 sowie möglicherweise Calig. 8 .2 (mit Lindsay, Caligula, 1993, 66) sowie ferner grundlegend Baldwin, Acta diurna, 1979 . 33 Vgl . v . a . Suet . Aug. 5: ut senatus actis continetur mit De Coninck, Archivalia, 1983, 184 f ., u . Wardle, Augustus, 2014, 97 f .

Die senatus consulta bei Sueton

III. Die Kaiser und ihre Senatsbeschlüsse: Charakterisierung und Unterhaltung Neben den didaktischen und unterhaltenden Funktionen, die für Suetons Biographien zu Recht geltend gemacht werden, gilt nach wie vor die grundsätzliche Beobachtung, dass alle Informationen, die in den einzelnen Lebensbeschreibungen angeführt werden, immer auch einen Beitrag zur Charakterisierung der Protagonisten leisten sollen oder zumindest von den Lesern so verstanden werden können . Diese grundsätzliche Annahme lässt sich bestätigen, wenn wir uns nun für die einzelnen Kaiser ansehen, welche Interaktionen mit dem Senat in ihren Viten nicht nur als Beleg erwähnt, sondern narrativ hervorgehoben werden und in welchen Zusammenhängen dies jeweils geschieht . So lässt sich in der vita divi Iulii beispielsweise ein enger Zusammenhang der prominenter erwähnten senatus consulta mit der Ermordung des Protagonisten beobachten . Zunächst bleibt Caesar, als der Senat ihm Ehrenbeschlüsse persönlich überbringen will, vor dem Tempel der Venus Genetrix sitzen und bringt seine Mitglieder so entscheidend gegen sich auf34: verum praecipuam et exitiabilem sibi invidiam hinc maxime movit. adeuntis se cum plurimis honorificentissimisque decretis universos patres conscriptos sedens pro aede Veneris Genetricis excepit35 . Dennoch wird gerade der Umstand, dass die Senatoren ihn auf diese Weise geehrt und sich zudem eidlich zu seinem Schutz verpflichtet hatten, von Marc Anton in seinem berühmtberüchtigten Auftritt an Caesars Leichnam als zentraler Vorwurf angeführt werden . Sueton geht sogar so weit, ihn gar keine Rede halten, sondern nur diesen Beschluss besonders effektvoll verlesen zu lassen36: laudationis loco consul Antonius per praeconem pronuntiavit senatus consultum, quo omnia simul ei divina atque humana decreverat, item ius iurandum, quo se cuncti pro salute unius astrinxerant37. Noch enger wird der Zusammenhang zwischen den Senatsbeschlüssen zu Caesars Ehren und seinem gewaltsamen Lebensende, wenn Sueton in einem 34 Zur Einordnung der Szene in die zunehmende Entfremdung zwischen Caesar und der senatorischen Oberschicht vgl . Lambrecht, Herrscherbild, 1984, 71 f ., u . Jehne, Staat, 1987, 279 f . 35 Vgl . Suet . Iul. 78 .1 („Aber in ganz besonderem Maße zog er sich den Haß, der sein tragisches Ende herbeiführen sollte, gerade durch folgendes Verhalten zu: Als die Senatoren vollzählig mit Beschlüssen, die allesamt für ihn äußerst ehrenvoll waren, an ihn herantraten, empfing er sie sitzend vor dem Tempel der Venus Genetrix“) . Hier wie im Folgenden: Lateinischer Text nach Kaster, Suetonius, Oxford 2016; deutsche Übersetzung nach Martinet, Suetonius, 20144 . 36 Vgl . dag . z . B . Dio, 44 .36–49 mit Brutscher, Divus Julius, 1958, 129 f . 37 Vgl . Suet . Iul. 84 .2 („An Stelle der Leichenrede ließ der Konsul Antonius durch den Herold den Beschluß des Senats verlesen, durch den er Caesar in demselben Moment alle göttlichen und menschlichen Ehren zuerkannt hatte; ferner den Eid, mit dem sich alle Senatoren verpflichtet hatten, das Leben dieses einen Mannes zu schützen“) .

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Rückblick am Ende der Vita die Meinung einiger Zeitgenossen wiedergibt, dass er gerade durch diese zur Entlassung seiner Leibwache bewogen wurde und auf diese Weise selbst seine Ermordung erleichtert habe38: sunt qui putent, confisum eum novissimo illo senatus consulto ac iure iurando etiam custodias Hispanorum cum gladiis adsectantium se removisse39 . An diesem Beispiel lässt sich gut eine narrative Funktion erkennen, die der Auswahl der senatus consulta zugrunde gelegen haben könnte . Sie dienen hier nicht zuletzt dazu, das vielschichtige Verhältnis des Diktators auf Lebenszeit zum Senat zu veranschaulichen, und zwar ganz bewusst aus unterschiedlichen Perspektiven: zunächst aus derjenigen der Senatoren selbst, dann aus derjenigen Marc Antons und schließlich aus der ‚eines Römers auf der Straße‘ . Dass inhaltliche Aussagen dieser Art für Sueton wichtiger waren als die systematische Beschäftigung mit einer spezifischen Quellengattung und ihrer Geschichte, wird gerade im Falle Caesars besonders deutlich . Denn hier hätte sich die Gelegenheit geboten, näher darauf einzugehen, dass er es war, der als eine der ersten Maßnahmen in seinem Konsulat die Veröffentlichung der acta diurna und acta senatus verfügte40 . Das ist Sueton aber nur eine kurze Notiz wert: inito honore [sc. consulatus] primus omnium instituit, ut tam senatus quam populi diurna acta confierent et publicarentur41. Dieselbe Beobachtung lässt sich geradezu spiegelbildlich für Augustus machen, bei dem er die Unterdrückung der Publikation der acta senatus auch lediglich en passant erwähnt, ohne dies mit einer umfangreicheren Erzählung zu verbinden oder damit eine Wertung zu verbinden42 . Auch insgesamt finden in dieser Vita nicht allzu viele Senatsbeschlüsse Erwähnung43 . Allerdings lässt sich auch hier ein Thema ausmachen, bei dem die senatus consulta eine dann doch eine Rolle spielen . Erneut ist es – naheliegenderweise – vor allem die Interaktion des Senats mit dem Kaiser und die Rückschlüsse, die sich daraus auf das jeweilige Herrschaftsverständnis ergeben, die den Biographen insbesondere interessieren . Im Falle von 38 Für weitere Belege vgl . Jehne, Staat, 1987, 453 . 39 Vgl . Suet . Iul. 86 .1 („Einige nehmen an, er habe im Vertrauen auf den erst kürzlich gefaßten Senatsbeschluß und den von den Senatoren abgelegten Eid auch seine spanische Leibgarde, die ihn mit ihren blanken Schwertern umringte, entlassen“) . 40 Vgl . ferner Talbert, Senate, 1984, 308 f . 41 Vgl . Suet . Iul. 20 .1 („Am Tag der Amtsübergabe regelte er als erster von allen Konsuln, daß die Beschlüsse sowohl des Senats als auch der Volksversammlung täglich zusammengestellt und veröffentlicht werden sollten“) . 42 Vgl . Suet . Aug. 36: auctor et aliarum rerum fuit, in quis ne acta senatus publicarentur, … („Auch andere Neuerungen gehen auf seine Initiative zurück, dazu gehören: das Verbot, die Beschlüsse des Senats zu veröffentlichen, …“) mit Talbert, Senate, 1984, 310: „… he offers neither date nor explanation for it . There is no sign that the prohibition was ever rescinded . In Suetonius’ reference the force of ‚publicarentur‘ remains unclear“ u . Wardle, Augustus, 2014, 285 . 43 Vgl . z . B . Wardle, Augustus, 2014, 20: „… the evidence from Augustus is meagre:…“ .

Die senatus consulta bei Sueton

Augustus scheint der Akzent vor allem darauf zu liegen, dass der Senat unter dem ersten princeps noch als eine vergleichsweise eigenständig handelnde Körperschaft auftritt, auch wenn damit natürlich keineswegs eine echte Opposition einhergeht . So berichtet Sueton, dass Augustus Auftritte römischer Ritter auf der Theaterbühne und sogar in der Arena lange geduldet, sich dann aber einem anderslautenden Beschluss des Senates gefügt hat44: ad scaenicas quoque et gladiatorias operas et equitibus Romanis aliquando usus est, verum priusquam senatus consulto interdiceretur45 . Auf der anderen Seite stellt es Sueton so dar, dass der Senat Cornelius Gallus, nachdem Augustus ihm seine Gunst entzogen hat, schneller verurteilt und damit in den Selbstmord getrieben hat, als es dessen Wunsch entsprochen habe: sed Gallo quoque et accusatorum denuntiationibus et senatus consultis ad necem conpulso laudavit quidem pietatem tanto opere pro se indignantium, ceterum et inlacrimavit et vicem suam conquestus est, quod sibi soli non liceret amicis, quatenus vellet, irasci46 . Die von Sueton hier aufgegriffene Tradition zielt offensichtlich auf die Entlastung des princeps, der den Tod seines ehemaligen Freunds angeblich nicht gewollt haben soll47 . Darüber hinaus trägt die Stelle zur vieldiskutierten Rekonstruktion des Prozesses zwar wenig bei, lässt sich aber innerhalb der Vita gut der ersten Passage an die Seite stellen: In beiden Fällen handelt der Senat selbstständig, wenn diesmal allerdings auch in einem Akt vorauseilenden Gehorsams . Die Senatoren werden aber zumindest selbst aktiv, spielen also eine Rolle, die sie unter den späteren Kaisern – jedenfalls nach Suetons Darstellung – mehr und mehr verlieren werden . Zur Betonung einer noch relativ großen Unabhängigkeit des Senats unter Augustus will dann allerdings sein programmatischer Verzicht auf die Wiedergabe der senatus consulta zu Ehren des ersten princeps als Beleg für seine Beliebtheit auf den ersten Blick nicht so recht passen: pro quibus meritis quanto opere dilectus sit, facile est aestimare. omitto senatus consulta, quia possunt videri vel necessitate expressa vel verecundia48 . Da aber die hier gegebene Begründung, dass solche Beschlüsse auf44 Zum historischen Hintergrund vgl . Wardle, Augustus, 2014, 326–328 . 45 Vgl . Suet . Aug. 43 .3 („Hin und wieder hat er sogar bei Theateraufführungen und Gladiatorenkämpfen auch römische Ritter mitwirken lassen, das war allerdings, bevor der Senat dies durch einen Beschluß untersagte“) . 46 Vgl . Suet . Aug. 66 .2 („Als aber Gallus durch die Anzeigen der Ankläger und die Beschlüsse des Senats sogar in den Selbstmord getrieben wurde, lobte er zwar deren Treue, daß sie sich so sehr für ihn entrüstet hätten, vergoß aber auch Tränen darüber und klagte über sein Los, daß er allein nämlich Freunden nicht so sehr zürnen dürfe, wie er wolle“) . 47 Vgl . Dio 53 .23 .6–24 .1 mit Carter, Augustus, 1982, 188; Galgiardi, Gallo, 2011, u . Wardle, Augustus, 2014, 428 f .: „In reality Aug . may have sacrified Gallus in the first few months of his newly established Principate to preserve relations with the senate, many of whose members despised the upstart eques“ . 48 Vgl . Suet . Aug. 57 .1 („Wie sehr er für diese Verdienste geliebt wurde, ist leicht zu erkennen . Ich lasse die Beschlüsse des Senats beiseite, weil es scheinen könnte, sie seien nur Ausdruck einer Zwangslage oder von Scheu“) .

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grund von Zwang oder aus übergroßer Ehrfurcht gefasst würden, in den übrigen Teilen der Vita wenig Entsprechung findet, ist bereits verschiedentlich und wohl mit Recht vermutet worden, dass Sueton hier anachronistisch die Praxis seiner Gegenwart vor Augen hat und ihm an dieser Stelle die mitschwingende Zeitkritik wichtiger gewesen sein dürfte, als das Ziel, die historische Entwicklung des Verhältnisses von Senat und Kaiser korrekt nachzuzeichnen49 . Eine Sonderstellung dieser Passage als einer gleichsam a parte zum Leser gesprochenen Bemerkung würde auch erklären, warum Sueton nur ein Kapitel später dann doch einen Senatsbeschluss in ebendiesem Zusammenhang anführt . Genaugenommen geht es um die Verleihung des Titels pater patriae an Augustus 2 v . Chr .50 . Die Bedeutung des Vorgangs wird von Sueton unter anderem dadurch markiert, dass er hier tatsächlich ein wörtliches Zitat verwendet51 . Es stammt aus dem Antrag des Valerius Messala im Senat: patris patriae cognomen universi repentino maximoque consensu detulerunt ei: prima plebs legatione Antium missa; dein, quia non recipiebat, ineunti Romae spectacula frequens et laureata; mox in curia senatus, neque decreto neque adclamatione, sed per Valerium Messalam . is mandantibus cunctis: „quod bonum“, inquit, „faustumque sit tibi domuique tuae, Caesar Auguste! sic enim nos perpetuam felicitatem rei p . et †laeta huic† precari existimamus: senatus te consentiens cum populo R . consalutat patriae patrem“ . cui lacrimans respondit Augustus his verbis – ipsa enim, sicut Messalae, posui: „compos factus votorum meorum, p . c ., quid habeo aliud deos immortales precari, quam ut hunc consensum vestrum ad ultimum finem vitae mihi perferre liceat?“52

49 Vgl . z . B . Carter, Augustus, 1982, 179; Wallace-Hadrill, Suetonius, 19952, 74, u . Wardle, Augustus, 2014, 387 . 50 Zum ganzen Vorgang vgl . Wardle, Augustus, 2014, 389–396 . 51 Zur Quellenfrage Wardle, Augustus, 2014, 395 . 52 Vgl . Suet . Aug. 58 .1–2 („Den Beinamen ‚Vater des Vaterlandes‘ hat ihm die Gesamtheit der Bürger plötzlich und mit der größten Zustimmung gegeben: zuerst tat es die Plebs, indem sie eine Gesandtschaft nach Antium schickte; weil er das Angebot abgeschlagen hatte, trug sie ihm den Ehrennamen in dem Moment an, als er in Rom gerade Schauspiele besuchte; sie war zahlreich zusammengeströmt und hatte sich mit Lorbeerkränzen geschmückt . Später der Senat in der Kurie, weder durch einen förmlichen Beschluß noch durch Akklamation, sondern auf die Initiative des Valerius Messala hin, der im Auftrag aller sagte: ‚Möge dies für dich und dein Haus gut und glückbringend sein, Caesar Augustus! So nämlich glauben wir, um ewiges Glück für das Staatswesen und um reichen Segen für diese unsere Stadt [urbi ist eine Konjektur von F . Oudendorpius, Leiden 1751] zu bitten: Der Senat in völliger Übereinstimmung mit dem römischen Volke begrüßt dich als Vater des Vaterlandes“ . Zu Tränen gerührt antwortete ihm Augustus wörtlich – ich habe die Worte genau, wie ich es auch bei Messala getan habe, angeführt – „Ich bin am Ziel meiner Wünsche, Senatoren; um was kann ich die unsterblichen Götter noch bitten, als daß es mir gestattet sei, diese eure allgemeine Zustimmung bis ans Ende meines Lebens zu genießen?‘“) .

Die senatus consulta bei Sueton

Das ist geradezu ein Musterbeispiel für die Möglichkeiten, die sich aus der Verwendung solcher Originaldokumente ergeben, auch wenn es sich strenggenommen nur um einen Ausschnitt aus dem Antrag und nicht aus dem Senatsbeschluss selbst handelt . Durch die ebenfalls im Wortlaut zitierte Antwort des Augustus ergibt sich sogar ein echter Dialog, der diesen in Suetons Augen offenbar besonders wichtigen Moment im Leben seines Protagonisten gebührend hervorhebt und die dem ersten princeps auch an anderen Stellen attestierte Bescheidenheit für den Leser anschaulich und dramatisch nacherlebbar macht . Zugleich aber hat der stilistische Bruch, der mit der wörtlichen Wiedergabe der deutlich gehobenen und nachgerade feierlichen Diktion beider Sprecher vor dem Hintergrund von Suetons ansonsten eher gedämpften Schreibweise einhergeht, zudem einen signifikanten ästhetischen Reiz . Wirkliche Multiperspektivität in Sinne widersprüchlicher Positionen zur vorgeschlagenen Ehrung wird hier allerdings zugegebenermaßen nicht angestrebt . Die Funktion der Wiedergabe von senatus consulta als einem wichtigen Gradmesser für gutes Regieren, die sich in den Biographien von Caesar und Augustus abzeichnet, wird ex negativo noch deutlicher . Dies zeigt sich gleich bei Augustus’ Nachfolger, in dessen Vita sogar besonders viele Senatsbeschlüsse erwähnt werden53: So bedient sich Sueton, wenn er zu Beginn von Tiberius’ Regierung dessen Zögern vor der vollen Übernahme der Machtbefugnisse als vorgetäuscht entlarven will, nicht zuletzt der pointierten Aussprüche zweier Senatoren, die ihn dazu auffordern, die Herrschaft endlich auch auszuüben: principatum, quamvis neque occupare confestim neque agere dubitasset, [et] statione militum, hoc est vi et specie dominationis assumpta, diu tamen recusavit, impudentissimo mimo nunc adhortantis amicos increpans ut ignaros, quanta belua esset imperium, nunc precantem senatum et procumbentem sibi ad genua ambiguis responsis et callida cunctatione suspendens, ut quidam patientiam rumperent atque unus in tumultu proclamaret: „aut agat aut desistat!“ alter coram exprobraret ceteros, quod polliciti sint tarde praestare, [se] ipsum, quod praestet tarde polliceri54 . 53 Vgl . De Coninck, Archivalia, 1983, 175–180, u . Talbert, Senate, 1984, 324 f .: „Only in the case of Tiberius may the suggestion be made with any confidence that Suetonius might have explored acta senatus at firsthand in order to determine emperor’s conduct in the senate“ . 54 Vgl . Suet . Tib. 24 .1 („Sich eiligst an die erste Stelle im Staate zu setzen und sie auch auszufüllen, hatte er nicht gezögert, und er hatte sich auch eine Wache aus Soldaten, das heißt die Gewalt und das äußere Zeichen eines Alleinherrschers zugelegt, dennoch wies er lange Zeit die Alleinherrschaft von sich, indem er ganz unverschämt schauspielerte und bald die Freunde, die ihn drängten, schalt, sie wüßten ja nicht, was für ein Ungeheuer die Herrschaft sei, bald den Senat, der sich aufs Bitten verlegte und sich vor ihm auf die Knie warf, mit zweideutigen Antworten und raffiniertem Hinhalten im Ungewissen ließ, so daß einigen Senatoren der Geduldsfaden riß und einer im Lärm rief: ‚Entweder soll er endlich als

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Es ist allerdings nicht klar, ob diese beiden dicta, von denen er eines sogar in wörtlicher Rede wiedergibt, tatsächlich aus einer Senatsdebatte stammen oder in anderen Kontexten geäußert wurden55 . Auch wenn Sueton im Anschluss Tiberius’ nur scheinbare Rückkehr zur republikanischen Freiheit verdeutlichen will, erwähnt er die Beteiligung des Senats, nennt aber nur Themenbereiche, ohne auf Details einzugehen56, wodurch das unscharfe das Bild einer Regierung sub specie libertatis, das er hier zeichnen will57, unterstützt wird . Die acta spielen dann wiederum eine wichtige Rolle bei der zunehmenden Entfremdung von Rom gegen Ende seines Lebens . So dienen sie beispielsweise dazu, seine willkürliche und auch auf Kleinigkeiten gerichtete Regelungswut zu illustrieren, wenn er etwa darauf besteht, griechische Wörter in Senatsbeschlüssen durch lateinische zu ersetzen58 . Zum anderen werden sie zum Beleg einer zunehmen gestörten Kommunikation zwischen dem princeps und seinen Senatoren, auf die dieser mit dem Rückzug nach Capri reagiert: interim cum in actis senatus legisset dimissos ac ne auditos quidem quosdam reos, de quibus strictim et nihil aliud quam nominatos ab indice scripserat, pro contempto se habitum fremens repetere Capreas quoquo modo destinavit, non temere quicquam nisi ex tuto ausurus59 .

Princeps handeln oder von dem Posten Abstand nehmen!‘ . Ein anderer erhob öffentlich den Vorwurf, andere Menschen täten, was sie versprochen hätten, säumig, er selbst aber verspreche nur säumig, was er bereits tue“) u . ferner Suet . Tib. 25–29 mit Lindsay, Tiberius, 1995, v . a . 116–118 . 55 Vgl . z . B . Lindsay, Tiberius, 1995, 9: „Some oft he relatively numerous quotations of the emperor’s words clearly could not have originated in prepared speeches, and it may be that we have to look further afield than the acta senatus in such instances“ . 56 Vgl . Suet . Tib. 30–34 . 57 Vgl . allg . z . B . Baar, Tiberius, 1990, 146–157 . 58 Vgl . Suet . Tib. 71: atque etiam cum in quodam decreto patrum ἔμβλημα recitaretur, commutandam censuit vocem et pro peregrina nostratem requirendam aut, si non reperiretur, vel pluribus et per ambitum verbarum rem enuntiandam („Ja, als in einem Senatsbeschluß einmal das Wort ‚Emblem‘ fiel, war er sogar der Meinung, das Wort gehöre abgeändert, und es müsse nach einem entsprechenden in der lateinischen Sprache gesucht werden und, sollte man keines finden, müsse der Sachverhalt eben durch mehrere und umschreibende Begriffe ausgedrückt werden“) mit Lindsay, Tiberius, 1995, 182 . 59 Vgl . Suet . Tib. 73 .1 („Als er in der Zwischenzeit in den Protokollen der Senatssitzungen gelesen hatte, daß man einige Angeklagte entlassen und nicht einmal verhört hatte, über die er nur eine ganz kurze schriftliche Notiz geschickt hatte und nichts mehr, als daß man ihm ihre Namen hinterbracht habe, war er über diese Geringschätzung, mit der man ihn behandelte, unwirsch und fest entschlossen, auf alle Fälle nach Capri zurückzugehen; denn es schien ihm angebracht, dagegen nur etwas nach reiflicher Überlegung und aus sicherer Entfernung zu unternehmen“) mit Lindsay, Tiberius, 1995, 184: „The present passage may suggest that they [sc. the acta senatus] again became available in published form under Tibe-

Die senatus consulta bei Sueton

In der Biographie Caligulas spielen senatus consulta hingegen eine untergeordnete Rolle . In den ersten Kapiteln, die dem konzilianten Beginn seiner Herrschaft gewidmet sind, werden zwar noch die Ehrungen für Familienangehörige erwähnt60, doch zur Schilderung des sich rasch verschlechternden und ungeahnte Eskalationsstufen erreichenden Verhältnisses zum Senat waren förmliche Beschlüsse in Suetons Augen offenbar kein geeignetes Mittel der Darstellung mehr61 . Ganz anders liegt der Fall bei seinem Nachfolger Claudius, der zu einer vergleichsweise traditionellen Interaktion mit dem Senat zurückkehrt . Zur Darstellung seiner Regierung greift Sueton daher auch auf eine vergleichsweise hohe Zahl von senatus consulta zurück, die Pierangelo Buongiorno im Zuge seiner Gesamtdarstellung der Senatsbeschlüsse aus claudianischer Zeit vor kurzem systematisch behandelt hat62 . An dieser Stelle sollen daher einige wenige Hinweise genügen . Der Rekurs auf diesen speziellen Typ von Dokumenten dient hier einerseits dem Zweck, das von Sueton vor allem für die ersten Jahre betonte Bemühen des Claudius, sich in die etablierte Rollenverteilung einzufügen, mit Beispielen zu belegen63 . Andererseits verwendet Sueton solche Schilderungen aber auch dazu, das Bild von Claudius als einem pedantischen und zugleich zerstreuten ‚Gelehrtenkaiser‘ zu verstärken . Das ist natürlich dann besonders effektvoll und für den Leser unterhaltsam, wenn es sich mit einem wörtlichen Zitat verbinden lässt, wie in diesem Beispiel aus einer Senatssitzung, die wahrscheinlich im Jahr 41 n . Chr . stattgefunden hat64: sermonis vero rerumque tantam saepe neglegentiam ostendit, ut nec quis nec inter quos, quove tempore ac loco verba faceret, scire aut cogitare existimaretur . cum de laniis ac vinariis ageretur, exclamavit in curia: „rogo vos, quis potest sine offula viuere?“ descripsitque abundantiam veterum tabernarum, unde solitus esset vinum olim et ipse petere65 .

rius (cf . Dio 57 .23 .2) . … However, it may be that Suetonian version is totally unhistorical and forms part of the dramatisation of the death of the emperor“ . 60 Vgl . Suet . Calig. 16 .2 (für seine Großmutter Antonia) . 61 Vgl . z . B . Suet . Calig. 26 .2, 28, 30 .2 u . 48 .2–49 .2 . 62 Vgl . Buongiorno, Senatus consulta, 2010, v . a . 24 f . u . 521 f . (Index, sub voce Suetonius, Claudius) . 63 Vgl . z . B . Suet . Claud. 12 .1–3 mit Hurley, Claudius, 2001, 107–111, u . Buongiorno, Senatus consulta, 2010, 106–110, sowie ferner Suet . Claud. 24 .1–25 .5 mit Hurley, Claudius, 2001, 164–180 . 64 Vgl . Dio 60 .6 .7 mit Hurley, Claudius, 2001, 224, u . Buongiorno, Senatus consulta, 2010, 115 f . 65 Vgl . Suet . Claud. 40 .1 („Häufig zeigte er sich dermaßen nachlässig in seiner Ausdrucksweise und ließ sein Gegenüber so außer acht, daß man glaubte, er sei sich weder bewußt, noch verschwende er einen Gedanken daran, wer er sei noch bei wem er sich gerade befinde oder wann und wo er spreche . Wenn über Metzger und Weinhändler debattiert wurde, rief er laut in der Kurie aus: „Ich bitte euch, wer kann denn ohne ein Stückchen

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Ebenso klar lässt sich ihre Funktionalisierung zur Charakterisierung und zur Erzeugung von delectatio auf Seiten des Rezipienten in der Nerovita beobachten . Noch stärker als bei Claudius geht es Sueton hier darum, die besondere Stellung der ersten fünf Jahre der Regierung unter dem Einfluss von Seneca, also des berühmten quinquennium Neronis, zu betonen . So wird sein bescheidenes Auftreten beispielsweise mit dem Verzicht auf die vom Senat beschlossenen Ehren veranschaulicht: agenti senatui gratias respondit: „cum meruero“66 . Im Hauptteil der Biographie treten jedoch – ähnlich wie im Falle Caligulas – die senatus consulta mehr und mehr zurück und werden durch wesentlich elementarere Formen der Konfrontation zwischen dieser Körperschaft und dem Kaiser ersetzt67 . Gegen Ende der Biographie greift Sueton aber noch einmal und besonders effektvoll auf dieses Mittel zurück . Wir befinden uns im Jahr 68 n . Chr . und hat C . Iulius Vindex seinen Aufstand gegen Nero in Gallien bereits begonnen, als dieser ihm Senat eine Rede verlesen lässt, in der er seine Sicht der Dinge darzustellen suchte . Die Reaktion der Mitglieder des hohen Hauses ist auf den ersten Blick auch ganz angemessen: cum ex oratione eius, qua in Vindicem perorabat, recitaretur in senatu daturos poenas sceleratos ac brevi dignum exitum facturos, conclamatum est ab universis: „tu facies, Auguste“68 .

Doch auf den zweiten Blick ist die Antwort der Senatoren nicht nur doppeldeutig und daher ein Beitrag zur delectatio des Lesers, sondern geradezu prophetisch, da am Ende ja beide Frevler, Vindex und Nero, ihr – zumindest aus der Sicht des Senates – verdientes Ende finden werden . Es ist genau eine solche Verbindung von Witz und Schlagfertigkeit, die Sueton und seine Leser in besonderer Weise fasziFleisch leben?“ . Dann schilderte er das reichhaltige Angebot der alten Weinschenken, von wo er einst sogar selbst seinen Wein zu holen pflegte“) . 66 Vgl . Suet . Nero 10 .2 („Dem Senat, der ihm seinen Dank abstatten wollte, antwortete er: ‚Erst wenn ich es verdient habe‘“) . 67 Vgl . v . a . Suet . Nero 37 .3: elatus inflatusque tantis velut successibus negavit quemquam principum scisse quid sibi liceret, multasque nec dubias significationes saepe iecit, ne reliquis quidem se parsurum senatoribus, eumque ordinem sublaturum quandoque e re p. ac provincias et exercitus equiti R. ac libertis permissurum („Oft erging er sich in vielen Andeutungen, die keinen Zweifel mehr offen ließen, daß er nicht einmal die Senatoren, die noch übrig geblieben seien, schonen werde, ja er werde diesen Stand irgendwann ganz aus dem Staatswesen vertilgen und römische Ritter und Freigelassene mit der Verwaltung der Provinzen und dem Kommando der Heere betrauen“) . 68 Vgl . Suet . Nero 46 .3 („Als im Senat der Passus seiner Rede, in der er [sc. Nero] über Vindex herzog, vorgelesen wurde, in dem es hieß, die Frevler würden bestraft und schon bald das ihnen gebührende Ende nehmen, da riefen alle zusammen: ‚Du wirst es schon dahin bringen, Augustus!‘“) .

Die senatus consulta bei Sueton

niert zu haben scheint und die ein wichtiges verbindendes Element beispielsweise mit den noctes Atticae des Aulus Gellius bildet, in denen facete dicta solcher Art ebenfalls eine Schlüsselstellung zukommen69 . In der zweiten Hexade von Suetons Caesares sind die einzelnen Viten bekanntermaßen deutlich kürzer und enthalten daher generell weniger Quellenmaterial, so dass auch die senatus consulta hier eine geringere Rolle spielen . Das gilt vor allem für die Biographien der drei letztlich nicht erfolgreichen Herrscher des Vierkaiserjahres, zumal während der Bürgerkriegswirren kaum Gelegenheit zu reguläres Sitzungen bestanden haben dürfte . Doch auch in den Viten der ersten beiden Flavier wird die Interaktion mit dem Senat bei der Beschreibung ihrer konkreten Regierungsarbeit nur selten erwähnt70 . Vespasian wird allerdings ausdrücklich dafür gelobt, dass er bei der Restaurierung des Kapitols, das im Zug der Kampf handlungen im Jahr 69 n . Chr . beschädigt worden war, den Bronzetafeln mit den senatus consulta ihren angestammten Platz zurückgegen hat71: ipse restitutionem Capitolii adgressus ruderibus purgandis manus primus admovit ac suo collo quaedam extulit, aerearumque tabularum tria milia, quae simul conflagraverant, restituenda suscepit undique investigatis exemplaribus, instrumentum imperii pulcherrimum ac vetustissimum, quo continebantur paene ab exordio urbis senatus consulta, plebi scita de societate et foedere ac privilegio cuicumque concessis72 .

Dieses ausführliche und explizite Lob ist deswegen umso auffälliger, weil Sueton sich im Falle von Caesar und Augustus – wie oben gesehen – für die Überlieferungsgeschichte dieser Quellengattung nur am Rande interessiert . Dass es ihm hier vor allem eine positive Würdigung Vespasians geht, wird noch deutlicher im Vergleich mit der Vita Domitians . Bei der Schilderung des vom ihm veranlassten erneuten Wiederauf baus des Kapitols, der durch dessen abermalige Zerstörung durch einen Großbrand im Jahr 80 n . Chr . notwendig geworden war, fehlt nämlich in auffälliger 69 Vgl . Pausch, Biographie, 2004, 33–42, u . Pausch, Gellius, 2013 . 70 Vgl . Suet . Vesp. 11: auctor senatui fuit decernendi, ut quae se alieno servo iunxisset, ancilla haberetur („Auf seine Initiative hin faßte der Senat den Beschluß, daß die Frau, die mit dem Sklaven eines anderen Umgang hatte, als Sklavin gelten solle“) u . ferner Suet . Titus 11 (Verleihung außergewöhnlicher Ehren nach seinem Tod) . 71 Vgl . Dio 65(66), 10 .1–2 mit Jones, Vespasian, 68 f . u . ferner allg . zum Bauprogramm und seinen Intentionen Pfeiffer, Auferstanden aus Ruinen, 2012, 14–55 . 72 Vgl . Suet . Vesp. 8 .5 („Er selbst nahm den Wiederauf bau des Kapitols in Angriff, legte als erster Hand an, den Schutt wegzuräumen, und schaffte einiges auf seinem Buckel fort . Er ließ 3000 bronzene Tafeln, die zur selben Zeit ein Raub der Flammen geworden waren, wiederherstellen, nachdem Kopien überall ausfindig gemacht worden waren: ein sehr schönes und altes Dokument für die Ausübung von Macht, welches die Senatsbeschlüsse fast seit der Gründung der Stadt enthielt, ferner die Beschlüsse des Volkes über Bündnisverträge und Verträge anderer Art sowie über Privilegien, die es irgendeinem eingeräumt hatte“) .

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Weise jeder Hinweis auf die senatus consulta, obwohl davon auszugehen ist, dass er sich um die Inschriften nicht weniger als sein Vater gekümmert hat73 . Dieses Schweigen passt aber gut dazu, dass Sueton sein großangelegtes Bauprogramm, das ein wichtiger Teil der Selbstdarstellung war, überhaupt nur en passant erwähnt, da es ihm vor allem darum geht, ein negatives Bild von Domitian zu erzeugen74 . Dazu tragen auch die beiden Auftritte Domitians im Senat bei, die im weiteren Verlauf der Vita geschildert werden . Der eine ist recht kurz und steht im Zusammenhang mit der Beschreibung seiner äußeren Erscheinung und dem heuchlerischen Gebrauch, den er von seinem angeblich schüchtern wirkenden Gesichtsausdruck gemacht hat: commendari se verecundia oris adeo sentiebat, ut apud senatum sic quondam iactaverit: „usque adhoc certe et animum meum probastis et vultum“75 . Der andere Aufritt ist schwerwiegender, und er wird von Sueton auch deutlich ausführlicher dargestellt76: quosdam maiestatis reos in curiam induxerat, et cum praedixisset, experturum se illa die quam carus senatui esset, facile perfecerat ut etiam more maiorum puniendi condemnarentur . [3] deinde atrocitate poenae conterritus ad leniendam invidiam intercessit his verbis – neque enim ab re fuit ipsa cognoscere: „permittite, patres conscripti, a pietate vestra impetrari – quod scio me difficulter impetraturum, ut damnatis liberum mortis arbitrium indulgeatis . nam et parcetis oculis vestris et intellegent me omnes senatui interfuisse .“77

Diese Schilderung ist für unsere Fragestellung in besonderer Weise aufschlussreich . Zum einen haben wir hier auf der narrativen Ebene eine sorgfältige konst73 Vgl . Suet . Dom. 5 .1 . 74 Vgl . z . B . Jones, Domitian, 20012, 49 f . 75 Vgl . Suet . Dom. 18 .2 („Er wußte genau, daß seine schüchterne Miene ihn beliebt machte, so daß er sich einmal vor dem Senat brüstete: ‚Bis heute habt ihr doch meine Gesinnung und meinen Gesichtsausdruck gutgeheißen‘“) . 76 Vgl . Jones, Domitian, 20012, 99 f .: „Support for Suetonius’ statement is provided by Dio who states that Domitian ‚murdered many men, hailing some of them before the senate, but bringing charges against others when they were not even present in Rome‘ (67 .4 .5)“ . 77 Vgl . Suet . Dom. 11 .2–3: („Einige, die der Majestätsbeleidigung angeklagt waren, hatte er in die Kurie führen lassen . Als er gleich vorweg bemerkte, das sei der Tag, an dem er erproben werde, wieviel er dem Senat wert sei, hatte er sehr leicht durchgesetzt, daß sie auch zu einer Strafe nach der alten, gewohnten Art verurteilt wurden . Dann hat ihm die unbeugsame Härte der Strafe Schrecken eingejagt, und er schritt ein, um die üble Stimmung zu beschwichtigen, und sagte folgendes – denn nur so läßt sich die Situation wohl voll erfassen [gemeint ist eher: denn ist es nicht nebensächlich, den genauen Wortlaut zu erfahren]: ‚Gestattet mir, Senatoren, angesichts eurer Loyalität mir gegenüber darum zu bitten, daß ihr, ich weiß ja, daß ihr mir diese Bitte nur schwer gewähren werden, die Verurteilten ihre Todesart frei wählen läßt . Dann ihr erspart euren Augen, Unangenehmes zu sehen, und alle werden auch erkennen, daß ich an der Sitzung des Senats teilgenommen habe‘“) .

Die senatus consulta bei Sueton

ruierte Peripetie, die mit einem gewissen Überraschungsmoment einhergeht . Das ‚Lesevergnügen‘ – insofern man angesichts des tragischen Inhalts davon sprechen kann – wird dann noch durch das Zitat aus der Ansprache Domitians an die Senatoren gesteigert, dessen Verwendung sogar noch eigens begründet wird (neque enim ab re fuit ipsa cognoscere) . Der Reiz, der mit dem ‚Einspielen‘ des Originalwortlautes verbunden ist, ergibt sich hier nicht zuletzt aus der stilistischen Differenz, die sich aus dem gehobenen Tonfall dieser Passage zu ihrem nüchternen Kontext ergibt . Dieser Wechsel des sprachlichen Registers einerseits und die überraschende inhaltliche Wendung anderseits legen die Vermutung nahe, dass hier die Unterhaltung des Lesers mit der Negativcharakteristik des Kaisers Hand in Hand geht78 . In diesem Beispiel zeigen sich also die beiden Funktionen, die sich mit der Verwendung von senatus consulta in Suetons Kaiserbiographien in der Mehrzahl der Fälle verbinden lassen, noch einmal besonders deutlich . Vor diesem Hintergrund soll nun abschließend ein vergleichender Blick auf die Verwendung der derselben Technik in Suetons anderen Werken geworfen werden .

IV. Der Senatsbeschluss in den viri illustres: eine ‚Tonspur‘ aus der Vergangenheit Dieser deutlich kürzere Abschnitt wird schlaglichtartig den Beitrag wörtlicher Zitate aus den senatus consulta zur literarischen Diversifizierung der Erzählung in Suetons anderen Werken beleuchten und sich dabei auf die viri illustres beschränken79 . Zu diesem Zweck wird auf ein umfangreiches und vergleichsweise bekanntes Beispiel zurückgegriffen, das aber den zusätzlichen Vorteil bietet, das sich an ihm auch die Zuverlässigkeit von Suetons Zitierweise im Allgemeinen überprüfen lässt, wenn auch leider nur in indirekter Form . Die betreffende Passage war ursprünglich Teil des Sammelwerks de viris illustribus, das die nach Tätigkeitsfeldern geordneten Kurzviten der wichtigsten Vertreter des jeweiligen Faches enthalten hat (also beispielsweise de poetis, de historicis etc .)80 . Während aber der Großteil des Werkes verloren ist, haben sich – durch

78 Es ist daher auch folgerichtig, wenn Sueton nach Domitians Tod die damnatio memoriae des Senats explizit erwähnt: vgl . Suet . Dom. 23 .1 mit Jones, Domitian, 20012, 155 f . (zur juristischen Einordnung) . 79 In der Regel wird davon ausgegangen, dass die viri illustres vor den Caesares entstanden sind; doch ist die relative Abfassungszeit von Suetons Schriften weniger eindeutig als oft angenommen wird (s . oben S . 144); für eine Frühdatierung der viri illustres vgl . zuletzt Power Literary Career, 2010 . 80 Für eine Rekonstruktion des Gesamtwerkes vgl . z . B . Wallace-Hadrill, Suetonius, 19952, 50–59 .

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Zufall oder nicht81 – gerade die zwei Abschnitte erhalten, die unter dem Titel de grammaticis beziehungsweise de rhetoribus nicht die Schöpfer von Literatur und Kultur, sondern ihre Vermittler präsentieren und die möglicherweise den innovativsten Teil des Gesamtwerks gebildet haben82 . Dort werden die bedeutendsten Grammatik- und Rhetoriklehrer vorgestellt, die in Rom seit der Späten Republik tätig waren . Zu Beginn der Kapitel findet sich jeweils eine Einführung, die einen historischen Überblick über die Entwicklung des Tätigkeitsfeldes in Rom gibt83 . Im Falle der Rhetorik geht es Sueton vor allem darum, den für einen Römer der Kaiserzeit sicherlich überraschenden Umstand herauszuarbeiten, dass rhetorische Kompetenzen in Rom lange Zeit kein selbstverständlicher Teil des schulischen Curriculums wie auch der Allgemeinbildung waren, sondern sich zunächst gegen große Widerstände durchzusetzen hatten . In diesem Zusammenhang möchte er für seine Leser offenbar ein eindrückliches Bild des Roms der Republik zeichnen, in dem dessen traditionsbewusste Stärken ebenso zum Tragen kommen wie eine gewisse exotische Rückständigkeit . Die Verwendung von zwei Originaldokumenten, bei denen es sich einerseits um ein senatus consultum aus dem Jahr 161 v . Chr . und andererseits um ein Edikt der Zensoren des Jahres 92 v . Chr . handelt, funktioniert vor diesem Hintergrund gleichsam wie eine Tonspur aus Vergangenheit, die Sueton dazu dient, seine These mit einer Quelle zu belegen . Zugleich kommen auf diese Weise aber auch die republikanischen Vorfahren in all ihrer Fremdheit selbst zu Wort, so dass diese Zitate neben der Wissensvermittlung auch der Unterhaltung des Lesers dienen: rhetorica quoque apud nos perinde atque grammatica sero recepta est, paululo etiam difficilius quippe quam constet nonnunquam etiam prohibitam exerceri . [2] quod ne cui dubium sit vetus item censorium edictum subiciam: „ Fannio Strabone M . Valerio Messala coss . M . Pomponius praetor senatum consuluit . quod verba facta sunt de philosophis et rhetoribus, de ea re ita censuerunt, ut M . Pomponius praetor animadverteret curaretque, uti ei e re publica fideque sua videretur, uti Romae ne essent .“ de eisdem interiecto tempore Cn . Domitius Ahenobarbus L . Licinius Crassus censores ita edixerunt: „renuntiatum est nobis esse homines qui novum genus disciplinae instituerunt, ad quos iuventus in ludum conveniat, eos sibi nomen imposuisse Latinos rhetoras, ibi homines adulescentulos dies totos desidere . maiores nostri, quae liberos suos discere et quos in ludos itare vellent, instituerunt . haec nova, quae praeter consuetudinem ac morem maiorum fiunt, neque placent neque recta videntur . 81 Zur Überlieferung vgl . Kaster, De Grammaticis, 1995, xlviii–liv, u . Kaster, Suetonius, 2016, xlviii–lvi . 82 Zur Tradition der Gattung vgl . z . B . Kaster, De Grammaticis, 1995, xxiv–xxvi, zur Einordnung in den Kontext der zeitgenössischen Bildungskultur vgl . z . B . Pausch, Types of lifewriting (im Druck) . 83 Vgl . Suet . de gramm. 1–4 u . 25 mit Viljamaa, Teachers, 1991, 3843–3846

Die senatus consulta bei Sueton

quapropter et iis qui eos ludos habent, et iis qui eo venire consuerunt, visum est faciundum ut ostenderemus nostram sententiam: nobis non placere84 .

Dieses Beispiel eignet sich aber nicht nur deswegen als Abschluss der hier vorgestellten Überlegungen, weil an ihm die narrativen Funktionen noch einmal deutlich zutage treten, sondern auch weil hier sich im Gegensatz zu den Passagen aus den Kaiserbiographien die Authentizität des Wortlautes und damit die für antike Verhältnisse ungewöhnlich genaue Zitierweise Suetons plausibel machen lässt . Die Parallelüberlieferung besteht in diesem Fall nämlich nicht nur aus der Erwähnung des Edikts der Zensoren durch Cicero85 und Tacitus86, sondern auch noch aus der ebenfalls verbatim erfolgenden Zitation beider Texte zusammen durch Aulus Gellius in den Noctes Atticae, die von minimalen Abweichungen abgesehen den identischen Wortlaut bietet87 . Nun könnte Gellius an dieser Stelle zwar zugegebenermaßen Sueton zitieren, doch angesichts der großen Bedeutung, die bei ihm der genauen wörtlichen Wiedergabe gerade des archaischen Lateins zukommt, kann man vermuten, dass er selbst dann seine Version noch einmal überprüft haben dürfte, so dass wir in diesem Fall insgesamt von einer sehr guten Überlieferungslage ausgehen können .

84 Vgl . Suet . de gramm. 25 .1–2 („Auch die Rhetorik hat bei uns genau wie die Philologie erst spät Aufnahme gefunden; es war für sie noch ein wenig schwieriger, gutgeheißen zu werden, da es bekanntlich sogar zeitweise verboten war, sie zu betreiben . Damit das auch niemand mehr bezweifelt, lasse ich hier einen alten Senatsbeschluß und auch noch ein Edikt der Zensoren folgen: C . Fannius Strabo und M . Valerius Messalla waren Konsuln, als der Praetor M . Pomponius an den Senat eine Anfrage richtete . Über die Philosophen und Rhetoren folgte eine Aussprache; hinsichtlich des Problems selbst war man der Meinung, der Praetor M . Pomponius möge ein Auge auf diese Leute haben und dafür sorgen, daß sie sich nicht mehr in Rom auf hielten, sobald es ihm im Interesse des Staates und nach seiner Überzeugung angebracht erscheine . In derselben Angelegenheit ließen sich, nachdem einige Zeit verflossen war, die Zensoren Cn . Domitius Ahenobarbus und L . Licinius Crassus vor versammeltem Volke folgendermaßen vernehmen: ‚Uns wurde gemeldet, es gebe ein paar Leute, die eine neue Kunst ins Leben gerufen hätten; zu diesen Leuten gehe unsere Jugend in die Schule . Sie hätten sich den Namen ‚Lateinische Rhetoren‘ zugelegt . Dort brächten junge Leute ganze Tage mit Nichtstun zu . Unsere Vorfahren regelten, was ihre Kinder zu lernen und in welche Schulen sie zu gehen hätten . Es ging dies alles nach ihrem Willen . Diese neuen Verfahrensweisen, die ganz an dem vorbeigehen, was unsere Vorfahren zu tun pflegten und was bei ihnen üblich war, finden weder unsere Zustimmung, noch scheinen sie uns richtig . Deshalb scheint es uns ein Muß, daß denjenigen, die solche Schulen betreiben, und denjenigen, die es sich zur Regel gemacht haben, dorthin zu gehen, unsere Meinung kundgetan wird: Uns gefällt das nicht‘“) . 85 Vgl . Cicero, de oratore 3 .93 . 86 Vgl . Tacitus, dialogus de oratoribus 35 . 87 Vgl . Gellius, noctes Atticae 15 .11 .

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V. Fazit: Kriterien der Auswahl und Verwendung Wenn man sich rückblickend die Stellen noch einmal anschaut, an denen senatus consulta bei Sueton ausführlicher erwähnt und zum Teil der Erzählung gemacht werden, und diese Passagen mit der Liste der Senatsbeschlüsse vergleicht, von denen wir aus der in seinen Biographien beschriebenen Zeit insgesamt Kenntnis haben, so zeigt sich keine allzu große Übereinstimmung88 . Diese geringe Übereinstimmung mit der Parallelüberlieferung legt die Vermutung nahe, dass historische Bedeutung nicht das ausschlaggebende Kriterium für seine Auswahl war . Vielmehr scheint er sich vor allem daran orientiert zu haben, wie sich die senatus consulta für die Zwecke, die er mit seiner Darstellung generell verfolgt, dienstbar machen lassen . In Übereinstimmung mit der jüngeren Forschung, die vor allem den Bezug auf die Interessen seiner primären Adressaten, also der Leser in seiner eigenen Zeit, herausgearbeitet und dabei vor allem auf die besonderen Rezeptionsbedingungen im Rahmen der sog . ‚Bildungskultur‘ des 2 . Jh . n . Chr . hingewiesen hat, ist hier eine Deutung der Verwendung von senatus consulta durch Sueton vorgeschlagen worden, die neben ihrem Beitrag zur Charakterisierung der Protagonisten vor allem auf die Steigerung der didaktischen utilitas und der literarischen delectatio der Rezipienten durch die Integration fremder Stimmen in die Erzählung abzielt . Beide Wirkungen können besonders dann gut erreicht werden, wenn solche Dokumente sogar in ihrem Originalwortlaut zitieren werden können . Suetons Bereitschaft, solche ‚Tonspuren‘ aus der Vergangenheit in seinen Text zu integrieren und dafür gegen das in der antiken Historiographie dominierende Prinzip der stilistischen Einheitlichkeit zu verstoßen, führt dazu, dass er eine aus der Perspektive heutiger Leser zwar willkürlich zusammengestellte, aber umso kostbarere Auswahl von senatus consulta überliefert hat .

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88 Vgl . z . B . die Zusammenstellung für den gesamten Zeitraum bei O’Brien Moore, Senatus consultum, 1935, 809, oder für die claudische Zeit bei Buongiorno, Senatus consulta, 2010 .

Die senatus consulta bei Sueton

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Senatsbeschlüsse in der kaiserzeitlichen römischen Rhetorik Seneca rhetor und Quintilian*

I. Einleitung: Quintilians „Rechtsquellenlehre“, Quint. inst. 12.3.6 f. Causa principii nulla alia est, quam ut auditorem, quo sit nobis in ceteris partibus accomodatior, praeparemus. Um den Worten Quintilians, mit denen er den Zweck des Beginns einer Gerichtsrede beschreibt1, für unsere Zwecke Rechnung zu tragen, könnte man gleich auf mehrere Topoi zurückgreifen . So wäre es bequem, sich aus rhetorisch-historischer Perspektive in den Chor derjenigen einzureihen, die den Rückzug der Beredsamkeit aus dem öffentlichen Leben in die Schulstube nach dem Ende der Republik und den Wandel vom orator hin zum declamator beklagen2; als chorführenden Deuter könnte man dafür den Tacitus des dialogus de oratoribus bemühen – Quintilians de causis corruptae eloquentiae ist bekanntlich verloren3 . Aus romanistischer Perspektive könnte man über die Überwindung der vom pandektistischen Bemühen um eine in sich geschlossene Systematik des römischen Rechts * Der Beitrag geht auf den Vortrag zurück, den ich am 6 .5 .2016 im Rahmen der Münsteraner Tagung halten durfte; die Vortragsform wurde beibehalten . Entsprechend dem Charakter des Beitrags als Skizze beschränken sich die Literaturhinweise auf eine Auswahl . Für zahlreiche Gedanken und Anregungen danke ich meinen – zum Teil ehemaligen – Mitarbeitern Dr . Benedikt Forschner, LL . M, Jeannine Url, Jan Gadinger, Felix Ray und Sanarya Weissi herzlich . Mein ganz besonderer Dank gilt Maria Kietz für ihre wertvollen Hinweise, die mich kurz vor der Drucklegung einige Überlegungen präziser fassen ließen und vor Irrtümern bewahrt haben . 1 Quint . inst. 4 .1 .5, vgl . auch 4 pr . 6 f . 2 Statt aller s . nur Schanz/Hosius 2, 336 (= § 334) . 3 Zum erschließbaren Inhalt dieses in Quint . inst. 6 pr . 3, 8 .6 .76 erwähnten Werks vgl . nur Schanz/Hosius 2, 747 f . (= § 482) .

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geprägten These von der Autonomie der Gedankenwelt der klassischen Juristen reflektieren und die Einbettung der Jurisprudenz in das gesamtkulturelle Umfeld ihrer Zeit mit den entsprechenden philosophischen, rhetorischen, religiösen, ökonomischen Konnotationen durch neuere Forschungen betonen . Ein derartiges Vorgehen würde sich freilich schnell dem naheliegenden Vorwurf aussetzen, offene Türen einzurennen und das – nicht nur von Quintilian vorgegebene – Ziel verfehlen, den Hörer benevolum, attentum und docilem zu machen4 . Daher soll dem folgenden Versuch, dem vielbearbeiteten Thema „Römisches Recht und Rhetorik“ eine weitere, eher skizzenhafte Variation hinzuzufügen, eine Paraphrase des 3 . Kapitels aus dem 12 . und damit letzten Buch von Quintilians institutio oratoria vorangestellt werden, dessen eigentliches Thema die mores und officia des – anhand des Lehrwerks des Autors erzogenen – Redners bilden . Dort beschreibt er die seiner Ansicht nach für den orator perfectus5 erforderliche Rechtskenntnis6 . Eingangs wird festgehalten: iuris quoque civilis necessaria huic viro (sc. oratori perfecto) scientia est et morum ac religionum eius rei publicae, quam capesset7 . Denn ansonsten könne er nicht als sachkundiger Ratgeber vor Gericht auftreten, wenn er nicht auf plötzliche Prozeßsituationen – ohne Hilfe von (möglicherweise gerade im entscheidenden Moment nicht anwesenden) „Experten“8 – zu reagieren wisse; der rechtsunkundige Redner wird insoweit verglichen mit dem im Kampf tüchtigen Feldherrn, der aber nichts von der Truppenaushebung, Heeresaufstellung, Versorgung mit Nachschub und Auswahl des Lagers versteht9 . Nach dieser Begründung hält Quintilian die Rechtskenntnis für nec tam sit arduum, quam procul intuentibus fortasse videatur10 . Denn: namque omne ius, quod est certum, aut scripto aut moribus constat, dubium aequitatis regula examinandum est . quae scripta sunt aut posita in more civitatis, nullam habent difficultatem, cognitionis sunt enim, non inventionis: at quae consultorum responsis explicantur aut in verborum interpretatione sunt posita aut in recti pravique

4 Quint . inst. 4 .1 .5 . 5 Quint . inst. 12 .2 .31 i . f . – Entsprechend dem Zweck dieser Skizze reicht es aus, für das Konzept des orator perfectus ohne weitere Vertiefungen Catos bekanntes Diktum vom orator als vir bonus dicendi peritus, Quintilians generelle Begeisterung für Cicero und dessen umfassende Ausarbeitung des Ideals vom Redner in de oratore in Erinnerung zu rufen . 6 Eine paraphrasierende Interpretation zu Quint . inst. 12 .3 gibt Martini, Lo studio 2007, 48–51 . 7 Quint . inst. 12 .3 .1 . 8 Zum von Quint . inst. 12 .3 .4 hier verwendeten Begriff pragmaticus s . Nörr, pragmaticus, in RE Suppl. X, 1965, 639–651, insb . 643 [= Nörr, HIA I, 2003, 461–466, insb . 463] . 9 Quint . inst. 12 .3 .2–5 . 10 Quint . inst. 12 .3 .6 .

Senatsbeschlüsse in der kaiserzeitlichen römischen Rhetorik

discrimine . vim cuiusque vocis intellegere aut commune prudentium est aut proprium oratoris, aequitas optimo cuique notissima11 .

Im folgenden wendet sich Quintilian der Frage zu, ob der Redner als vir bonus et prudens sich durch die von seiner Ansicht abweichende Meinung eines consultus erschüttern lassen wird12 . Quintilian verneint dies mit dem Argument, auch den consulti sei es ja gestattet, unterschiedlicher Ansicht zu sein . Der hier nicht interessierende weitere Fortgang des Kapitels betrifft dann die Frage, ob man sowohl ein guter Redner als auch ein guter Rechtskenner sein könne; als bestätigende exempla angeführt werden Cato, Scaevola, Servius Sulpicius und Cicero13 . Aus diesen Worten Quintilians, in denen zwar von Senatsbeschlüssen nicht die Rede ist, läßt sich aber zumindest vorläufig eine Position gegenüber dem, was wir als Rechtsquellen bezeichnen, vorsichtig erkennen14 . Im gedanklichen Ansatz beginnt er mit einer divisio des ius15 und trennt zwischen ius certum und ius dubium, die Auslegung von letzterem sei eine Frage der aequitas. Das ius certum bestehe aus dem ius scriptum und dem ius in moribus positum, letzteres kann hier außer Betracht bleiben . Rhetorisch ist das ius scriptum – was auch die Senatsbeschlüsse umfassen würde – aber weniger von Interesse: schriftlich niedergelegte Normen braucht der 11 Quint . inst. 12 .3 .6–7: Denn alles Recht, was feststeht, ist durch Schrift oder durch die Sitten festgelegt, was zweifelhaft ist, ist nach dem Maßstab der aequitas zu untersuchen . (7) Was geschrieben oder im Gebrauch der Bürgerschaft festgesetzt ist, bereitet keine Schwierigkeit, es ist Sache der Erkenntnis (cognitio), nicht der rednerischen Erfindung (inventio): was aber durch die Gutachten der Rechtsgelehrten ausgeführt wird, wird mittels Auslegung von Worten festgesetzt oder durch die Unterscheidung von recht und schlecht . Die Bedeutung eines jeden Wortes zu erfassen ist gemeinsame Angelegenheit der Gelehrten oder die eigentliche Angelegenheit des Redners, die aequitas ist gerade den Besten am besten bekannt . 12 Quint . inst. 12 .3 .8: nos porro et bonum virum et prudentem in primis oratorem putamus, qui cum se ad id, quod est optimum natura, derexerit, non magno opere commovebitur, si quis ab eo consultus dissentiet, cum ipsis illis diversas inter se opiniones tueri concessum sit. 13 Nur am Rande sei erwähnt, daß das finale Diktum von Quint . inst. 12 .3 .12 (philosophia enim simulari potest, eloquentia non potest) unter romanistischem Aspekt für die Interpretation der berühmten Aussage von Ulp . 1 inst., D . 1 .1 .1 .1 zur vera philosophia fruchtbar gemacht werden könnte; aus der reichen Literatur zu dieser vieldiskutierten Ulpianstelle sei nur exemplarisch hingewiesen auf Nörr, Iurisperitus sacerdos 1973, 569 ff . [= Nörr, HIA II, 2003, 865 ff .]; Schermaier, Ulpian 1993, 306 ff ., insb . 309; Waldstein, Römische Rechtswissenschaft 1994, 34–37, insb . 35 . 14 Remo Martinis Paraphrase von Quint . inst. 12 .3 .6 f . beschränkt sich leider auf den Aspekt, daß Quintilians Distinktionen der Bagatellisierung der Schwierigkeiten beim Erwerb von Rechtskenntnissen dienten, vgl . Martini, Lo studio 2007, 49 . 15 Zur grundsätzlichen Unterscheidung (und häufigen Vermengung) der definitorischen Konzepte von divisio und partitio s . nur die gleichnamige Monographie Dieter Nörrs, Divisio und Partitio 1972 [= Nörr, HIA II, 2003, 705–774] .

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Redner nicht als Argument zu erfinden – insoweit bereiten sie keine Schwierigkeit –, sondern er findet sie vor und braucht sie nur richtig zu deuten . Dies verbirgt sich hinter den Hinweisen auf die cognitio bzw . inventio; mit inventio ist also die spezifisch dem Redner zukommende Tätigkeit der Erfindung von Argumenten für die Beweisführung gemeint16 . Vor diesem Hintergrund wird deutlich, daß alles schriftlich niedergelegte Recht mit der nach dem Verständnis der Rhetorik ureigenen Aufgabe des Redners, Argumente zu erfinden, wenig zu tun hat17 . Für den Bereich des ius controversum gibt Quintilian ein interessantes Schema18: die responsa prudentium betreffen nach Quintilian entweder die Frage der Auslegung von Worten oder die Unterscheidung von rectum und pravum, vom Richtigen und vom Schlechten; die Erfassung der vis cuiusque vocis, der Bedeutung, vielleicht noch pointierter: der Wirkkraft der Worte19, sei das commune prudentium oder das proprium oratoris, die ureigene Aufgabe des Redners. Ausgehend von dieser Opposition kann commune sowohl im Sinne von „Gemeingut“ der prudentes verstanden werden wie auch im Sinne von „gemeinschaftlicher Angelegenheit“ bzw . „Aufgabe“ der Juristen20 . Zur Erhellung darf vielleicht der Fortgang des Argumentationsduktus in Quint . inst. 12 .3 .8 herangezogen werden21 . Dort ist – unter der Perspektive von Quintilians Rechtsquellenverständnis – der Hinweis auf die Erlaubtheit (concessum sit) unterschiedlicher Ansichten der Rechtsgelehrten bemerkenswert, denn hierin könnte eine versteckte Anspielung auf das – zu Quintilians Zeit noch recht junge – ius respondendi ex auctoritate principis liegen; das von Gai . 1 .7 zitierte Reskript Hadrians, nach welchem der Richter bei unterschiedlichen Auffassungen der Respondierjuristen der Ansicht folgen könne, welcher er wolle, existierte zu Quintilians Zeit noch nicht . Es ist nicht auszuschließen, daß 16 Zur rhetorischen Bedeutung von inventio vgl . Lausberg, Handbuch 19903, 146–150; Walde, inventio, in DNP 5, 1998, 1051 f . und natürlich Ciceros entsprechende Jugendschrift . 17 Daß den Hintergrund dieses Gedankens die alte aristotelische Unterscheidung zwischen „technischen“ und „untechnischen“ Beweismitteln (πίστεις ἔντεχνοι bzw . ἄτεχνοι) in einer Rede bildet, braucht nicht besonders betont zu werden, vgl . nur Arist . Rhet. 1 .2 .2 (= 1355b35– 40) oder Quint . inst. 5 .1 .1 . Zur Durchführung der probatio artificialis bzw. inartificialis in der institutio oratoria vgl . die Angaben bei Zundel, Clavis Quintilianea 1989, s. v. artificialis, 12 und s. v. inartificialis, 48 . 18 Durch die Worte at quae consultorum responsis explicantur wird der Übergang vom ius certum zum ius dubium bzw . controversum im Gedankengang Quintilians deutlich . Auf die Eigentümlichkeit des quintilianischen Schemas zum ius controversum hat schon Nörr, Divisio und Partitio 1972, 12 mit Fn . 40 [= Nörr, HIA II, 2003, 722 mit Fn . 40] hingewiesen . 19 Das sprachliche Bild der Erfassung der Wirkkraft findet sich mit leichter Variation (Gesetzeswortlaut vs . Gesetzeswirkung) auch im bekannten Ausspruch des Celsus 26 dig., D . 1 .3 .17: Scire leges non hoc est verba earum tenere, sed vim ac potestatem. 20 Helmut Rahn übersetzt sicher gut vertretbar die Passage mit „Gemeinbesitz der Verständigen“ und interpretiert in Fn . 45 „Verständige“ mit „Rechtskenner“, s . Rahn H . (hrsg . und übers . von), Quintilianus, Ausbildung des Redners, II, 19953, 723 mit Fn . 45 . 21 S . den Text oben bei Fn . 12 .

Senatsbeschlüsse in der kaiserzeitlichen römischen Rhetorik

Quintilian mit dem commune prudentium, auch wenn er von der Interpretationstätigkeit der consulti bzw . des orator her argumentiert, im Ergebnis das Produkt dieser Interpretationstätigkeit im Auge hatte, nämlich die übereinstimmende – und dann verbindliche – Meinung der Juristen auf der einen, die spezifische Meinung des Redners auf der anderen Seite . Ungeachtet der Frage, ob hier wirklich das ius respondendi anklingt und wie man sich die Stellung der in Quint . inst. 12 .3 .7 f . genannten consulti konkret – Juristen? Advokaten? pragmatici? – vorzustellen hat, gibt Quintilian jedenfalls dort nicht zu erkennen, daß ein Redner, der eine von der Ansicht eines consultus abweichende Meinung vertreten möchte, einen fatalen Kunstfehler machen würde22 . Für die zweite Frage des ius controversum im Sinne Quintilians, nämlich die Unterscheidung von Richtigem und Schlechtem23, wird die Argumentation schlichter: dies sei eine Frage der aequitas, deren Kenntnis sei aber Angelegenheit gerade der Besten . Betrachtet man das skizzierte Rechtsquellenverständis Quintilians aus juristischer Perspektive, so ist zunächst der Zeitpunkt der Abfassung der institutio oratoria zu bedenken . Im prooemium des 4 . Buchs findet sich der Hinweis darauf, daß Quintilian von Kaiser Domitian († 96 n . Chr .) zum Erzieher seiner Enkel ernannt worden war, zu diesem Zeitpunkt sei er bereits ein alter Mann gewesen; somit ist eine Entstehung in den neunziger Jahren des 1 . Jh . n . Chr . wahrscheinlich .24 In juristischen Epochen gerechnet, stehen wir somit kurz vor der Zeit der Hochklassik: das prätorische Edikt befand sich noch in der Entwicklung, denn der Redaktor des edictum perpetuum Julian war – ebenso wie dessen Zeitgenosse Celsus – gerade mal Kind; an Papinian, Paulus oder Ulpian war noch lange nicht zu denken, und auch Gaius’ epochemachende Systematik lag noch nicht vor . Man konnte zu dieser Zeit die Schriften Labeos, Sabinus’ und Proculus’ als Autoritäten zitieren, Respondierjuristen gab es vermutlich noch nicht in größerer Zahl . Ansätze zu Rechtsquellenkatalogen in der römischen Gesetzgebung hätte man in der zwischen 242 und 123 v . Chr . erlassenen lex Papiria de sacramentis oder der sog . lex Iulia municipalis finden können; in der ersteren ist von uti ex legibus plebeique scitis 22 Die Frage, ob ab eo in Quint . inst. 12 .3 .8 sich auf consultus oder dissentiet bezieht, dürfte im ersteren Sinne zu beantworten sein; es ginge dann um das Abweichen der Ansicht des Redners von der Ansicht eines von ihm konsultierten „Experten“ . 23 Das ein gewisses moralisches Unwerturteil beinhaltende Wort pravus wird in der Rechtssprache vermehrt erst in späteren kaiserlichen Konstitutionen ab der Zeit Konstantins verwendet . In den Digesten findet es sich nur bei Paul . 4 quaest., D . 17 .2 .79 . Dieser Text ist Teil der aus Proculus- und Paulus-Texten bestehenden Katene D . 17 .2 .76–80, in der es um die Wirksamkeit eines die Gesellschaftsanteile der socii bestimmenden arbitrium eines Dritten geht . Sei das arbitrium ita pravum …, ut manifesta iniquitas eius appareat, könne dies nach Paulus durch ein iudicium bonae fidei korrigiert werden . Auch dort also erscheint das Wort – wie bei Quintilian – im unmittelbaren Kontext der aequitas-Problematik . 24 Schanz/Hosius 2, 749 (= § 483) entscheiden für das Jahr 95; Wycisk, Quidquid in foro 2008, 27 denkt bereits an 93 oder 94 n . Chr .

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exigere iudicareque esseque oportet die Rede, die zweite spricht von Personen, quibus uteique legibus plebeive scitis senatusve consultis concessum permissumve est25. In der lex de imperio Vespasiani ist von leges rogationes plebisvescitas senatusveconsulta die Rede . Als spezifisch rhetorische Rechtsquellenkataloge26 hätte Quintilian den „empirischen“ Katalog von Cicero, top. 5 .28 heranziehen können, der als Beispiel einer partitio das ius civile nennt: ut, si quis ius civile dicat id esse, quod in legibus, senatus consultis, rebus iudicatis, iuris peritorum auctoritate, edictis magistratuum, more, aequitate constat. Er hätte auch auf den auctor ad Herennium, Rhet . Her . 2 .13 .19 zurückgreifen können, dort aber nichts zu Senatsbeschlüssen gefunden . Einen „systematischen“ Katalog, wiederum aber ohne senatus consulta hätte er ebenfalls in Ciceros Topica finden können; Cic . top. 7 .31 enthält die divisio des ius in lex, mos, aequitas. Ausführlicher ist stoisch beeinflußte, höchst komplizierte Darstellung des ius bei Cic . inv. 2 .22 .65 ff . Jedenfalls wäre es möglich gewesen, Senatsbeschlüsse als Teil von Auflistungen von Rechtsquellen zu identifizieren . Ob sich aber zu Quintilians Zeit irgend jemand noch für die Frage interessierte, ob der Senat überhaupt Recht setzten kann27 oder zumindest die gesetzesgleiche Wirkung von Senatsbeschlüssen bestritt28, kann mangels einschlägiger Quellen nicht gesagt werden . Für Quintilian jedenfalls stand fest: schriftlich fixiertes Recht ist feststehend; das zweifelhafte Recht betrifft Kontroversen um zweifelhafte Worte und die Frage von Richtig und Schlecht . Während letzteres zu (schwierigen) Fragen der aequitas führt, ist bei den ersteren Interpretationsspielraum für Rechtsgelehrte oder den Redner selbst eröffnet . Ein an den Digestentexten geschulter oder gar ein moderner Jurist hätte sicher Schwierigkeiten mit der Ansicht, alles schriftlich fixierte Recht sei certum, unterschlägt diese Idee doch sämtliche mit der Interpretation von Rechtstexten verbundene Auslegungsprobleme . Doch empfiehlt es sich, Quintilians Überlegungen zur Bedeutung der Rechtskenntnis für den Redner im folgenden zumindest im Hinterkopf zu behalten . Hinsichtlich der Senatsbeschlüsse ist Quint . inst. 12 .3 .6 f . freilich unergiebig: die nähere Qualifikation des ius scriptum interessiert Quintilian hier nicht, was von seinem Ausgangspunkt her aber konsequent ist .

25 Zu den Ansätzen von Rechtsquellenkatalogen in Gesetzen s . nur Nörr, Divisio und Partitio 1972, 4 f . [= HIA II, 2003, 714 f .] . 26 Hierzu vgl . ausführlich Nörr, Divisio und Partitio 1972, 10–13 [= HIA II, 2003, 720–723 f .] . 27 Vgl . Ulp . 16 ad ed., D . 1 .3 .9: non ambigitur senatum ius facere posse; mit Lenel, Palingenesia II 507 (Ulp . Nr . 540 f .) ist das Fragment zwischen Ulp . 16 ad ed., D . 5 .6 .1 und 3 pr . einzuordnen . Insgesamt zur Frage der Rolle des Senats im Rahmen der Gesetzgebung der entwickelten Republik und des Prinzipats noch immer nützlich ist das gesammelte Quellenmaterial bei O’Brien Moore, senatus, in RE Suppl. 6, 1935, 746 f ., 781–783 . 28 Vgl . Gai . 1 .4 idque legis vicem optinet, quamvis fuerit quaesitum. Quintilians Schüler Plinius, ep . 5 .13 .7 läßt 105 n . Chr . im Rahmen eines Berichts über den Senatsprozeß gegen Tuscilius Nominatus den Volkstribun Nigrinus bei dessen Senatsrede die Nichtbeachtung von Regelungen in Gesetzen und Senatsbeschlüssen „in einen Topf“ werfen .

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II. Senatsbeschlüsse bei L. Annaeus Seneca, controversiae II.1 Zum Werk Mit diesem ersten Negativbefund sei die rhetorische Theorie verlassen . Wenden wir uns kurz der Hauptquelle für die Historie der frühkaiserzeitlichen Rhetorik zu und gehen knapp 60 Jahre zurück in die Epoche des Kaisers Tiberius, in welcher das Werk von Seneca rhetor, dem Vater des berühmten Philosophen, entstand, dessen Lebenszeit nach den vorhandenen Zeugnissen auf etwa 55 v . – 39/40 n . Chr . zu datieren ist .29 Senecas Schrift gehört zu den eigenartigsten Zeugnissen der lateinischen Literatur . In ihr berichtet er in hohem Alter – auf Bitten seiner Söhne – über die zahlreichen Rhetoren, die er in Rom gehört hatte, was ihm sein augenscheinlich exzellentes Gedächtnis ermöglichte . In den hier interessierenden 10 Büchern controversiae finden sich in den einzelnen praefationes, soweit sie erhalten sind, Nachrichten über einzelne Redner, die anschließend behandelten „Rechtsfälle“ sind jeweils in drei Hauptgruppen untergliedert: Anfänglich wird eine Fallfrage aufgeworfen, etwa contr . 1 .5: Das – fiktive – Gesetz lautet: rapta raptoris aut mortem aut indotatas nuptias optet . Jemand raubt in derselben Nacht zwei Frauen . Die eine verlangt seine Tötung, die andere verlangt, daß er sie mitgiftfrei heiratet .30 Seneca teilt dann in einem ersten Abschnitt, sententiae, bemerkenswerte Abschnitte aus der Behandlung des Themas durch die einzelnen Redner mit; typischerweise wird das Pro und das Contra offengelegt . In einer zweiten Rubrik, divisio, wird ausgeführt, wie der Fall von den Rhetoren in Rechtsfragen (quaestiones) und Billigkeitsfragen (tractationes) zerlegt wird . Die abschließende Gruppe der colores behandelt die Kunst, die Sache ins jeweils für die rednerische Position rechte Licht zu rücken31 . Die einzelnen Themen der controversiae sind dabei typischerweise Schulthemen; es geht um verstoßene Söhne, geraubte und/oder zur Prostitution gezwungene Frauen, Piraten, Verschollenheit, Bruderzwist, Tyrannenmord und derartiges mehr32 . Mögen die Sachverhalte auch romanhafte Züge tragen, trotzdem könnten sie immerhin denkbare, dramaturgisch-narrativ verdichtete Fallkonstellationen von Streitigkeiten sein33 . Für den Zweck der Argumentationsschulung ist 29 Zur Person s . Schanz/Hosius 2, 338 ff . (§ 335); Calboli, Seneca, in DNP 11, 2001, 409 ff . 30 Zum rechtlichen Gehalt dieses beliebten Deklamationsthemas s . Wycisk, Quidquid in foro 2008, 270–273 . 31 S . nur Schanz/Hosius 2, 339 (§ 335) . 32 Zum Deklamationswesen aus juristischer Perspektive s . nur Wycisk, Quidquid in foro 2008, 21–23 . 33 Als – umgekehrte – Parallele aus dem modernen Strafrecht darf an den bekannten „Siriusfall“ erinnert werden: Kein unbefangener Beobachter würde glauben, daß der dort geschilderte Sachverhalt nicht der Phantasie eines esoterisch angehauchten, mäßigen Kriminalschriftstellers oder eines auf die Konstruktion von Absurditäten fixierten Strafrechtspro-

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es dabei ohne Bedeutung, ob dem Fall eine fiktive oder reale Entscheidungsnorm zugrunde gelegt wird . In den controversiae ist gelegentlich vom Senat oder Senatoren die Rede, doch meist in sehr unspezifischer Weise . So ist im Hinblick auf das Gedächtnis des Redners M . Porcius Latro als Beispiel stupender geschulter Merkfähigkeit ein von Pyrrhus geschickter Gesandter Cineas erwähnt, der nach einem Tag in Rom den ganzen Senat und die diesen umgebende Volksmenge namentlich begrüßen konnte34 . An anderer Stelle ist im Hinblick auf die dignitas davon die Rede, daß ein über 65 Jahre alter Senator nicht mehr in die curia kommen müsse, aber dürfe35 oder daß Caesar den durch den Bürgerkrieg geschrumpften Senat wieder aufgefüllt habe .36 Von Senatsbeschlüssen ist im Rahmen der Rechtsfälle der controversiae (und auch der suasoriae), wenn ich es recht sehe, explizit nicht die Rede .

II.2 Das senatus consultum gegen Titus Labienus Anders sieht es aber an zwei Stellen der praefatio zum 10 . Buch der controversiae aus . Beginnen wir mit dem historisch früheren Fall . Den Redner Titus Labienus37 beschreibt Seneca als berühmt-berüchtigte Persönlichkeit38 . Er verweigerte sich der öffentlichen Rede und pflegte eine Deklamationspraxis im privaten Bereich . Sein Redestil und seine politische Einstellung – er blieb Anhänger des Pompeius – widersprachen dem Zeitgeist der augusteischen Epoche, seine exzessive libertas trug ihm den Spitznamen „Rabienus“ ein . Seine Feinde – Cassius Severus39, Maecenas40, Asinius Pollio41 sind als solche genannt – bewirkten, daß gegen ihn erstmals eine neue Strafe ersonnen wurde: seine Bücher – vermutlich seine historischen Werke – wurden verbrannt: fessors entspringt, sondern Grundlage einer Entscheidung des Bundesgerichtshofs, BGHSt 32, 38–43, ist . 34 Sen . contr. 1 pr . 19 . 35 Sen . contr. 1 .8 .4 . 36 Sen . contr. 7 .3 .9 . 37 Zur Person Schanz/Hosius 2, 344 f . (= § 336 .1); Schmidt, Labienus, in DNP 6, 1999, 1033 . Zu den Verfahren gegen Labienus und Scaurus aus der Perspektive der Entwicklung der römischen Rhetorik Heldmann, Antike Theorien 1982, 232–235 . 38 Sen . contr. 10 pr . 4 ff . 39 Sen . contr. 10 pr . 8 . Zu dessen Person vgl . Walde, Cassius Severus, in DNP 2, 1997, 1017 f ., zu seiner Bedeutung für die lateinische Rhetorik Heldmann, Antike Theorien 1982, 163–198, zur hier diskutiertem Episode 166 f ., 195 . 40 Sen . contr. 10 pr . 8 nennt ein gegen den Pantomimen Bathyllus, einen engen Vertrauten des Maecenas, gerichtetes Pamphlet des Labienus . 41 Quint . inst. 9 .3 .13 berichtet von Pollios Kritik an der Wendung „rebus agentibus“ bei Labienus .

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In hoc primum excogitata est nova poena: effectum est enim per inimicos, ut omnes eius libri comburerentur . res nova et inusitata, supplicium de studiis sumi . bono hercules publico ista in poenas ingeni versa crudelitas post Ciceronem inventa est . quid enim futurum fuit, si triumviris libuisset et ingenium Ciceronis proscribere42?

Im Fortgang empört sich Seneca über derartige Strafen gegen geistige Schöpfungen43 . Wenigstens habe den Urheber einer solch schändlichen Idee – höchstwahrscheinlich war Cassius Severus die treibende Kraft – das gleiche Schicksal später getroffen: eius, qui hanc in scripta Labieni sententiam dixerat, postea viventis adhuc scripta combusta sunt, iam non malo exemplo, quia suo44. Labienus habe sich nach Verbrennung seiner Schriften im Grabmal seiner Ahnen lebendig einmauern lassen, wie Seneca schreibt, aus Sorge, ihn könne dasselbe Schicksal ereilen wie seine Bücher .45 Nach Sueton wurde er später rehabilitiert46, so daß sich seine von Seneca selbst gehörte Prophezeiung anläßlich einer Lesung aus seinen historischen Schriften, als er eine größere Anzahl Kapitel ausließ, letztlich erfüllen sollte: haec, quae transeo, post mortem meam legentur47 . In Bezug auf Labienus’ Feind Cassius Severus, der hämisch meinte, nun müsse man auch ihn verbrennen, da er die Schriften des Labienus auswendig gelernt habe, fällt nun die für unser Thema entscheidende Bemerkung Senecas: Cassi Severi, hominis Labieno invisissimi, belle dicta res ferebatur illo tempore, quo libri Labieni ex senatus consulto urebantur: nunc me, inquit, vivum uri oportet, qui illos edidici48. Beschränkt man sich vorläufig auf Senecas Bericht, läßt sich folgendes für die Verbrennung der Schriften des Labienus rekonstruieren: Seine Gegner setzten ein Verfahren in Gang, das zu der Verbrennung der Schriften ex senatus consulto führte; diese Strafmaßnahme war – für den Zeitgenossen Seneca – eine neuartige; aus heutiger Perspektive erinnert sie an eine Art symbolischer damnatio memoriae . Sozusagen im Wege der ausgleichenden Gerechtigkeit habe den Urheber des Verfahrens später das gleiche Schicksal getroffen . Zieht man weitere, spätere Quellen heran, so scheint sich folgender Hintergrund abzuzeichnen . Nach Tacitus49 hat 42 Sen . contr. 10 pr . 5 f . 43 Sen . contr. 10 pr . 6 f . 44 Walde, Cassius Severus, in DNP 2, 1997, 1017 nennt nur das Verbot der Schriften, vgl . Dio 55 .4 .3 . 45 Sen . contr . 10 pr . 7 . 46 Suet . Cal. 16 .1: Titi Labieni, Cordi Cremuti, Cassi Severi scripta senatus consultis abolita requiri et esse in manibus lectitarique permisit, quando maxime sua interesset, ut facta quaeque posteris tradantur. Zum Verfahren gegen Cremutius Cordus vgl . die Bemerkungen unten bei Fn . 69 . 47 Sen . contr . 10 pr . 8 . 48 ebd . 49 Tac . ann . 1 .72 .3 (für das Jahr 15 n . Chr .): Primus Augustus cognitionem de famosis libellis specie legis eius (sc. maiestatis) tractavit, commotus Cassii Severi libidine, qua viros feminasque inlustres procacibus scriptis diffamaverat; mox Tiberius consultante Pompeio Macro praetore, an iudicia

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Augustus als Erster Verfahren unter dem Vorwand eines wiederaufgenommenen, aber irgendwie „uminterpretierten“50 Maiestätsgesetzes (specie legis eius [sc. maiestatis]), veranlaßt durch Schmähschriften (famosi libelli) des Cassius Severus gegen hochrangige Personen, durchführen lassen, obwohl er ihn vorher noch gegen eine Anklage de moribus in Schutz genommen hatte51 . An anderer Stelle berichtet Tacitus, daß Cassius Severus (vor 24 n . Chr .) iudicio iurati senatus nach Kreta verbannt worden war, offen bleibt, ob dies gerade wegen dieser Sache geschah52 . Nach Sueton ordnete Augustus in Bezug auf Schmähschriften an, cognoscendum posthac de iis, qui libellos aut carmina ad infamiam cuiuspiam sub alieno nomine edant53 . Nach einer Bemerkung von Cassius Dio könnte die Verbrennung der Schriften des Labienus (und des Cassius Severus) in das Jahr 12 n . Chr . fallen54 . Es ist also durchaus möglich, daß von Cassius Severus ein Verfahren gegen T . Labienus wegen dessen oppositioneller Haltung gegenüber dem princeps Augustus in Gang gesetzt wurde und die Sache – wohl nicht gerade gegen den Willen des Kaisers55 – vor dem Senat behandelt wurde .56 Es würde den Rahmen dieses maiestatis redderentur, exercendas leges esse respondit . Bei der Interpretation der Aussagen der Historiker wie Tacitus, Sueton oder Cassius Dio sollte man freilich in Rechnung stellen, daß diese – anders als der unmittelbare Zeitzeuge Seneca – ihre Bewertungen der Geschehnisse vor dem Hintergrund ihrer Kenntnis der späteren Entwicklungen seit Augustus bzw . Tiberius verfaßt haben . 50 Vgl . nur Tac . ann.1 .72 .2: nam legem maiestatis reduxerat. cui nomen apud veteres idem, sed alia in iudicium veniebant: si quis proditione exercitum aut plebem seditionibus, denique male gesta re publica maiestatem populi Romai minuisset: facta arguebantur, dicta impune erant. 51 So Dio 55 .4 .3 . Ein Beispiel für eine solche Schmähschrift gibt Suet . Vit. 2 . 52 Tac . ann. 4 .21 .3: Relatum et de Cassio Severo exule, qui sordidae originis, maleficae vitae, sed orandi validus, per immodicas inimicitias ut iudicio iurati senatus Cretam amoveretur effecerat; atque illic eadem actitando recentia veteraque odia advertit, bonisque exutus, interdicto igni atque aqua, saxo Seripho consenuit . Zum Verfahren gegen Cassius Severus vgl . Kunkel, Entstehung des Senatsgerichts 1969, 37 f ., der mit Recht an einem förmlichen Gerichtsverfahren vor dem Senat zweifelt; Bauman, Impietas in principem 1974, 27–31, der das Verfahren gegen Cassius Severus – im Sinne seiner These – auf die Jahre 7–8 n . Chr . datieren will statt auf 12 n . Chr . 53 Suet . Aug. 55 . 54 Dio 56 .27 .1; Kunkel, Entstehung des Senatsgerichts 1969, 37 . 55 Zur Klärung der persönlichen Beteiligung des Kaisers an derartigen Verfahren müßte die literarische Absicht der Darstellungen der jeweiligen Autoren (Tacitus, Sueton) genauer unter die Lupe genommen werden, vgl . auch Kunkel, Entstehung des Senatsgerichts 1969, 37 . 56 Interessant ist, daß schon die vermutlich erste Erwähnung des Senats im lateinischen rhetorischen Schrifttum, die sich in Rhet . Her . 1 .12 .21 findet, sich anläßlich der Frage der definitio (i . S . d . richtigen Bezeichnung der Tat) mit der laesa maiestas beschäftigt: Auf Betreiben des quaestor urbanus Q . Caepio beschließt der Senat, daß eine von L . Saturninus (um 100 v . Chr .) geplante Einbringung eines Getreidegesetzes gegen das Staatsinteresse verstoße; die Abstimmung über den trotzdem eingebrachten Antrag verhindert Caepio gewaltsam durch Zerstörung der zum entsprechenden Abstimmungsplatz führenden pontes und Umwerfen der cistae und wird dann wegen Majestätsverletzung angeklagt

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Beitrags sprengen, sich an dieser Stelle eingehende Gedanken über den eigentlichen Tatvorwurf zu machen – man könnte an famosi libelli, iniuria oder die laesa maiestas denken, wobei das Verhältnis dieser Tatbestände zueinander vermutlich nicht trennscharf, sondern im Wege sich überlagernder Felder beschrieben werden müßte57 . Zu bedenken wäre dabei Quintilians Bemerkung iniuriam fecisti, sed quia magistratui, maiestatis actio est58, die anläßlich der generellen Überlegung fällt, daß Definitionsfragen von der jeweiligen Begründung abhängen können, wofür er als sinnfälliges Beispiel die Frage aufwirft, ob derjenige, der einen Tyrannen erschlägt, von dem er beim Ehebruch ertappt worden war, ein Tyrannenmörder sei59 . Vor allem aber müßte man sich Gedanken über das einschlägige Verfahren machen, wobei Kunkels kritischer Ansicht gegenüber einer etablierten Senatsjustiz noch zur Zeit des Augustus anders als zu der des Tiberius wohl das richtige Gespür zugrunde liegt60 . Die Novität des Verfahrens könnte vor dem Hintergrund der Offenheit sowohl der in Frage kommende Tatbestände als auch des Verfahrens gerade darin bestanden haben, daß eben kein reguläres Gerichtsverfahren stattfand und weder Todesstrafe noch Verbannung61 angeordnet wurden, sondern der Senat (und damit vielleicht letztlich auch der Kaiser) der Ansicht zuneigte, mit der Verbrennung der Schriften sei das Erforderliche in der causa Labieni getan62 . Im Verfahren gegen Cassius Severus hielt der damit befaßte Senat dagegen die Verbannung für das zweckmäßige Mittel . Die Frage, ob und ggf . wann und wie der Senat hier formell als zuständiges (Kriminal-)Gericht (anstelle einer quaestio) agieren konnte, ist daher m . E . vermutlich falsch gestellt: Wenn der Kaiser sich an den Senat in einer Angelegenheit wendet oder mit der Einschaltung des Senats einverstanden ist, reicht dies als Legitimation eines wie auch immer gearteten Verfahrens mit entsprechender Kundgabe der Senatsmeinung aus . Die Senatsent-

57 Insgesamt zur Problematik des unbotmäßigen Verhaltens in der augusteischen Zeit vgl . nur die Erwägungen bei Bauman, Impietas in principem 1974, 1–51 . Zur juristischen Problematik und Abgrenzung der im Raum stehenden Delikte mag hier der bloße Verweis auf die Digestentitel D . 47 .10 und D . 48 .4 genügen; die einschlägigen Texte stammen weitgehend aus der Feder spätklassischer Juristen . 58 Quint . inst. 5 .10 .39 . 59 Quint . inst. 5 .10 .36 . 60 S . Kunkel, Entstehung des Senatsgerichts 1969, 11–21, 33–39 . Zu den senatorischen „Eingriffen“ in die Gerichtsbarkeit vgl . das Quellenmaterial bei O’Brien Moore, senatus, in RE Suppl. 6, 1935, 748 f .,783–788 . 61 Vgl . nur Ov . trist . 2 .131 f .: nec mea decreto damnasti facta senatus, nec mea selecto iudice iussa fuga est. 62 Vom Fehlen von „formal charges“ geht offenbar auch Bauman, Impietas in principem 1974, 31 mit Fn . 42 aus, der mit Hinweis auf Bücherverbrennungen als „extra-forensic remedy“ in der Republik Senecas Bemerkung, Labienus sei der erste, den diese Strafe getroffen habe, relativiert .

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scheidung in Sachen Labienus bzw . Cassius Severus wird von Seneca (und Sueton) denn auch nicht als Urteil, sondern als senatus consultum bezeichnet .

II.3 Das senatus consultum gegen Mamercus Aemilius Scaurus Ist damit für Labienus ein senatus consultum zwecks Verbrennung von Schriften durch die Literatur mehrfach bezeugt, ist für einen Senatsbeschluß in Sachen des Redners Scaurus Seneca der einzige direkte Zeuge, wenn ich es recht sehe . Seneca schildert Mamercus Aemilius Scaurus63 als faule und schlampige Person, aber gleichzeitig irgendwie genial: pleraeque actiones malae, in omnibus tamen aliquod magni neglectique ingeni vestigium extabat . raro aliqua actio bona, sed quam fortunae imputares . eo illum longa, immo perpetua desidia perduxerat, ut nihil curare vellet, nihil posset . orationes septem edidit, quae deinde senatus consulto combustae sunt . bene cum illo ignis egerat, sed extant libelli64, qui cum fama eius pugnant, multo quidem solutiores ipsis actionibus; illas enim, cum destitueret cura, calor adiuvabat, hi caloris minus habent, neglegentiae non minus65 .

Dem Text zufolge wurden die Reden des Scaurus aufgrund eines Senatsbeschlusses verbrannt, was Seneca – anders als im Falle des Labienus – nicht wirklich bedauert . Im übrigen sind wir durch Nachrichten von Tacitus und Cassius Dio sowie inschriftliche Zeugnisse einigermaßen ausführlich über dessen nicht nur politische Karriere unterrichtet: Schon im Rahmen der „Thronbesteigung“ des Tiberius zog er sich dessen mit übergehendem Schweigen (silentio tramisit) ausgedrückten Unmut zu durch die ironische Bemerkung, es bestehe Hoffnung, daß die Bitten des Senats, daß Tiberius die Macht annehme, nicht vergeblich seien, schließlich habe dieser gegen den entsprechenden Antrag der Konsuln nicht aufgrund seiner tribunizischen Gewalt interzediert66 . Scaurus war Suffektkonsul wohl 21 n . Chr ., wurde 63 Zur Person s . von Rohden, Aemilius Nr. 139, in RE I 1, 1893, 583 f . 64 Zur Natur solcher schriftlichen Notizen vgl . Quint . inst. 10 .7 .30 . 65 Sen . contr . 10 pr . 3: Viele Reden waren schlecht, aber in allen fand sich irgendeine Spur einer großen und vernachlässigten Begabung . Selten war irgendeine Rede gut, wenn ja, muß man es dem Glück zuschreiben . So weit hatte ihn der lange, ja dauernde Müßiggang geführt, daß er für nichts sorgen wollte, ja konnte . Er gab sieben Reden heraus, die dann durch Senatsbeschluß verbrannt wurden . Gut hatte es das Feuer mit ihm gemeint, doch es existieren schriftliche Notizen, die gegen seinen Ruf kämpfen, um vieles nachlässiger als die Reden selbst: jenen nämlich, wenn es ihnen an Sorgfalt fehlte, half die Erregung, diese zeigen keine Erregung, sind aber um nichts weniger schlampig . 66 Tac . ann. 1 .13 .4: Scaurus quia dixerat spem esse ex eo non inritas fore senatus preces, quod relationi consulum iure tribuniciae potestatis non intercessisset.

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im Jahre 32 selbst wegen maiestas angeklagt, der Prozeß aber von Kaiser Tiberius mit „unheilvollen“ Bemerkungen gegen Scaurus verschoben67 . Zwei Jahre später erneut wegen einer von ihm verfaßten Tragödie denunziert, der Verse beigefügt waren, die man als gegen Tiberius gerichtet hätte interpretieren können, wurde er wegen angeblichen Ehebruchs mit Livi(ll)a und wegen Magieverbrechen angeklagt; einer Verurteilung kam er durch Selbstmord zuvor .68 Zwar ist, wie bereits gesagt, Seneca der einzige direkte Zeuge für einen Senatsbeschluß hinsichtlich des Scaurus, doch läßt sich das Verfahren gegen diesen mit dem gegen Cremutius Cordus vom Jahr 25 n . Chr . parallelisieren, von dem Tacitus berichtet .69 Danach war der Historiker Cremutius Cordus vor dem Senat wegen des neuen und damals zum ersten Mal gehörten Vorwurfs angeklagt, er habe Annalen veröffentlicht, M . Brutus gelobt und C . Cassius den letzten Römer genannt70; die Verteidigungsrede vor Kaiser und Senat ist ein schönes Beispiel des taciteischen Stils . Sie läßt erkennen, daß es auch hier letztlich um die laesa maiestas geht71 . Nach dieser Rede habe Cremutius Cordus den Senat verlassen und seinem Leben durch Verhungern ein Ende gesetzt: egressus dein senato vitam abstinentia finivit. libros per aediles cremandos censuere patres; ed manserunt, occultati et editi72. Daß Tacitus anschließend den Versuch einer solchen damnatio memoriae als auf den Urheber der Maßnahme zurückfallende Torheit geißelt, braucht hier nicht weiter diskutiert werden . Wichtiger erscheint die Senatsentscheidung: es gibt kein Urteil gegen die Person, sondern einen Beschluß gegen die, wenn man so will, „schadenstiftende Sache“, die Schriften: die Ädilen sollen sie verbrennen – damit 67 Tac . ann . 6 .9 .3 f . 68 Tac . ann . 6 .29 .3 f .; dort nennt ihn Tacitus insignis nobilitate et orandis causis, vita probrosus. Vgl . auch Suet . Tib. 61 .3 und Dio 58 .24 .3 ff .; dieser stellt den Ehebruch als Hauptanklagepunkt dar und betrachtet die Tragödienverse als Anlaß . Zum Umfeld der cognitiones senatus in Magieanklagen in der frühen Kaiserzeit s . die schöne Analyse von Buongiorno, Pronunce senatorie 2016, 252 ff ., der zu Recht auf die „ridefinizione“ des Majestätsverbrechens in der Zeit des Tiberius unter dem Aspekt der Divinisierung des Kaisers hinweist (ebd . 253) . 69 Tac . ann. 4 .34–35 .4, s . auch Senecas Trostschrift an Marcia, die Tochter des Cremutius Cordus, Sen . dial. 6 .1 .2–4; 22 .4–7; Suet . Tib. 61 .3 (der die im Text angedeutete Parallelisierung vornimmt); Dio 57 .24 .3; vgl . dazu Kunkel, Entstehung des Senatsgerichts 1969, 57; Bauman, Impietas in principem 1974, 99–104, Heldmann, Antike Theorien 1982, 240 f . 70 Tac . ann. 4 .34 .1: Cornelio Cosso Asinio Agrippa consulibus Cremutius Cordus postulatur, novo ac tunc primum audito crimine, quod editis annalibus laudatoque M. Bruto C. Cassium Romanorum ultimum dixisset. 71 Cremutius Cordus verteidigt sich mit dem Argument, ihm würden Worte, nicht Taten vorgeworfen; vgl . dazu die Worte in Tac . ann . 1 .72 .2 facta arguebantur, dicta impune erant (zu deren Kontext s . oben Fn . 50); diese Worte richteten sich zudem nicht gegen die vom Maiestätsgesetz erfaßten Personen (den Kaiser Tiberius oder dessen Vater Augustus) . 72 Tac . ann . 4 .35 .4 . Die Verbrennung durch die Ädilen erwähnt auch Dio 57 .24 .4 . Die Funktion von Senat und Kaiser Nero bei der Bücherverbrennung im bei Tac . ann. 14 .50 berichteten Verfahren gegen Fabricius Veiento bedürfte einer eigenen Untersuchung .

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ist der Quell des Übels beseitigt und (aus Sicht der verletzten Maiestät) die Ruhe wiederhergestellt . Glaubt man Tacitus, so ist eine solche Maßnahme auch im Verfahren gegen Scaurus73 als Inhalt des Senatsbeschlusses gut vorstellbar . Sie würde sich auch in die durch sonstige senatus consulta bezeugte generelle Praxis einfügen, nach welcher die zuständigen Magistrate dem Willen des Senats Geltung verschaffen sollten74 . Mit etwas spekulativer Phantasie ließe sich ein derartiger Beschluß in eines der Verfahren gegen Scaurus, wohl weniger das vom Jahre 32 als das von 34 n . Chr ., integrieren . Als Zwischenergebnis für Seneca rhetor können wir also festhalten: Er berichtet von zwei Senatsbeschlüssen zwecks Verbrennung von Schriften der Redner Labienus und Scaurus; im ersten Fall wohl von dessen historischen Schriften, im zweiten ausdrücklich von sieben Reden . Dabei handelte es sich um Senatsbeschlüsse im Umfeld von Maiestätsverfahren; als Inhalt zu vermuten ist eine Anweisung an die entsprechenden Magistrate, die Ädilen, die Schriften zu verbrennen .

III. Senatsbeschlüsse in Quintilians institutio oratoria? III.1 Der Beginn der instutio oratoria, Buch 1 und 2 Kehren wir zu Quintilian und seiner institutio oratoria zurück . Das Lehrbuch beschreibt bekanntlich die Ausbildung des Redners von den ersten Anfängen an bis zur Perfektion . So beginnt es im ersten Buch mit der Elementarbildung des Kindes: Hat es Lesen und Schreiben erlernt, soll es zum Grammatiklehrer, dem die Sprachlehre und Dichtererklärung (recte loquendi scientia et poetarum enarratio) obliegt75; das Wort senatus taucht bei der Behandlung der Analogiebildung im Rahmen der Deklination76 – lautet der Genitiv senati oder senatus? – oder bei spekulativen Etymologien auf, die Quintilian selbst als foedissima ludibria bezeichnet, wie etwa folgende Erwägung: dem Senat mag das Alter den Namen gegeben haben; die Senatoren heißen ja auch Väter77 . Im zweiten Buch geht es um die äußeren Umstände des spezifischen Rhetorikunterrichts, etwa den Zeitpunkt des Beginns, die Frage des geeigneten Lehrers oder der Lektüre, sowie um Wesen, Ziel und 73 Und auch gegen Labienus, obwohl dort nicht ausdrücklich von den Ädilen die Rede ist . 74 Vgl . die insoweit „offene“ Rechtsfolge des SC Velleianum, Ulp . 29 ad ed., D . 16 .1 .2 .1: … arbitrari senatum recte atque ordine facturos ad quos de ea re in iure aditum erit, si dederint operam, ut in ea re senatus voluntas servetur sowie allgemein O’Brien Moore, senatus, in RE Suppl. 6, 1935, 747 ff . 75 Quint . inst. 1 .4 .2 . 76 Quint . inst. 1 .6 .27 . 77 Quint . inst. 1 .6 .33 .

Senatsbeschlüsse in der kaiserzeitlichen römischen Rhetorik

Charakter der Rhetorik als ars . Bei der Erörterung der utilitas der Rhetorik fällt im Rahmen einer praeteritio die Bemerkung, wie nützlich und einem rechtschaffenen Manne zukommend es sei, seine Freunde zu verteidigen, Senat und Volk durch seinen Rat zu lenken und ein Heer dorthin zu führen, wo man es haben möchte78 . All das bringt für unser Thema nichts Substantielles .

III.2 Quint. inst. 3.6.87: lex als Chiffre für unterschiedliche schriftlich fixierte Normtexte? – Überlegungen zu Buch 3 Das dritte Buch der institutio oratoria kommt nach einem Überblick über die Geschichte der Rhetorik zu den denkbaren Einteilungen der Disziplin . In inst. 3 .3 beschreibt Quintilian die Einteilung nach den officia oratoris, d . h . nach den „Arbeitsstadien“ der inventio, dispositio, elocutio, memoria und pronuntiatio bzw . actio, bevor er auf die Einteilung nach den genera orationis, d . h . nach der Unterscheidung in genus laudativum (Lobrede), deliberativum (Beratungs- bzw . Volksrede) und iudiciale (Gerichtsrede) kurz eingeht79 . Für letztere wird in Kapitel 3 .6 die Statuslehre mit ihren Grundfragen non feci (an fecerit?; coniectura), non hoc feci (quid fecerit?; finitio), recte feci bzw . feci, sed iure (qualitas)80 erörtert, die Darstellung ist infolge der Wiedergabe der unterschiedlichen diesbezüglichen Lehren und Terminologien verschiedenster Autoren nicht gerade einfach; der um vollständige Darlegung aller Ansichten bemühte Quintilian sagt etwas resignierend selbst sed utrocumque modo sequetur summa confusio81 . Trotz der Erwähnung von Erscheinungen wie leges contrariae82, der Antinomie, oder den legales quaestiones des Hermagoras – nämlich scripti et voluntatis (Wortlaut und Wille), ratiocinativum (Schlußfall), ambiguitatis (Doppeldeutigkeit), legum contrariarum83 – ist im gesamten Kapitel 3 .6, selbst bei Quintilians eigenem Versuch, Ordnung in diese chaotische Materie zu bringen84, nie von Senatsbeschlüssen als denkbaren Quellen rechtlicher Streitigkeiten die Rede . Doch vielleicht gibt ein Text einen indirekten Hinweis: legalium plures sint species necesse est, propterea quod multae sunt leges et varias habent formas . alia est cuius verbis nitimur, alia cuius voluntate: alias nobis, cum ipsi 78 Quint . inst. 2 .16 .19: nam ut omittam, defendere amicos, regere consiliis senatum populum, exercitum in quae velit ducere, quam sit utile conveniatque bono viro … 79 Quint . inst. 3 .3 .14 f ., 3 .4 80 Quint . inst. 3 .6 .5, 9 . In dieser Passage beschäftigt sich Quintilian (noch) nicht mit dem status translativus, dessen Ausgangspunkt die Überlegung ist: feci aut non feci, sed non est actio . 81 Quint . inst. 3 .6 .29 . 82 Quint . inst. 3 .6 .43 . 83 Quint . inst. 3 .6 .61 . 84 Quint . inst. 3 .6 .66–104 .

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nullam habeamus, adiungimus, alias inter se comparamus, alias in diversum interpretamur85 .

Das für unsere Zwecke Bemerkenswerte an dieser Aussage ist die Wendung multae sunt leges et varias habent formas. Quintilians expliziter Hinweis auf die variae formae legis erlaubt, das Wort lex in diesem Kontext weniger als Indiz für eine Rechtsquelle bestimmter „verfassungsrechtlicher“ Qualität, d . h . als Volksgesetz oder auch als Plebiszit, zu betrachten, sondern als Chiffre zu verstehen, die auch andere schriftlich fixierte normative Aussagen einschließen könnte . Im Rahmen der Charakterisierung des genus laudativum im folgenden Kapitel 3 .7 läßt Quintilian eher en passant die Bemerkung fallen, daß nach römischer Sitte Grabreden durch Senatsbeschluß Amtsträgern übertragen werden, da sie mit einer öffentlichen Aufgabe zusammenhängen86 . Für das genus deliberativum erwähnt Quintilian die Notwendigkeit des Auffindens von Gründen wegen der Sache selbst oder von außerhalb herantretenden Gründen, als Beispiel für entsprechende Beratungssituationen nennt er Senatssitzungen zu den Fragen ‚deliberant patres conscripti an stipendium militi constituant‘ und ‚deliberant patres conscripti an Fabios dedant Gallis bellum minitantibus‘87. Schließlich kommt die institutio oratoria in Kapitel 3 .9 zur Aufzählung der partes orationis beim genus iudiciale, der Gerichtsrede, nämlich prooemium, narratio, probatio, refutatio, peroratio; diese Einteilung nach den Redeteilen88 bestimmt dann die Darstellung der Materienfolge in den folgenden Büchern . Bei der Unterscheidung von verschiedenen Arten der Prozeßrede bewegt Quintilian im (kurzen) Kapitel 3 .10 u . a . die Frage der Einheit und Mehrheit von Streitgegenständen; es findet sich der Hinweis, daß kombinierte Streitigkeiten, zwar nicht in iudicia publica vor dem Prätor, wohl aber bei cognitiones vor dem Senat oder dem Kaiser vorkommen89 . Der Text mag für die Ausgestaltung der Senatsgerichtsbarkeit von Interesse sein, nicht aber für Senatsbeschlüsse .

85 Quint . inst. 3 .6 .87 (in Anlehnung an die Übersetzung von Rahn): Die auf Gesetzestext beruhende (sc. Gattung der Grundfragen) muß mehrere Erscheinungsformen haben, weil ja die Gesetze zahlreich sind und verschiedene Formen haben: Bei einem stützen wir uns auf den Wortlaut, beim anderen auf die Absicht (des Gesetzgebers), manche ziehen wir, da wir selbst keines haben, für unsere Sache heran, andere vergleichen wir untereinander, wieder andere interpretieren wir verschieden . 86 Quint . inst. 3 .7 .2: nam et funebres laudationes pendent frequenter ex aliquo publico officio atque ex senatus consulto magistratibus saepe mandantur. 87 Quint . inst. 3 .8 .18 f . Ohne jeden Bezug zu Senatsbeschlüssen sind die Erwähnungen des Senats im Rahmen des genus deliberativum in Quint . inst. 3 .8 .7, 37, 70 . 88 Nur unwesentlich unterscheidet sich hiervon die bekannte Reihung exordium, narratio, divisio, argumentatio, peroratio . 89 Quint . inst. 3 .10 .1 .

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III.3 Die präjudizielle Wirkung von senatus consulta, Quint. inst. 5.2.5 Im vierten Buch behandelt Quintilian das prooemium, die narratio und die divisio, die Gliederung der Beweisführung, während sich das fünfte ausführlich mit der Beweisführung selbst beschäftigt . Daß der Senat im vierten Buch keine substanzielle Rolle spielt, dürfte nach dem bisher Gesagten nicht überraschen90 . Eine in der Miloniana referierte Senatsentscheidung gegen Milo91 nennt Quintilian im zweiten Kapitel des fünften Buch als Beispiel eines praeiudicium .92 Eben dieses Kapitel wird mit der Feststellung abgeschlossen: adversus consulta autem senatus et decreta principum vel magistratuum remedium nullum est, nisi aut inventa quantulacumque causae differentia aut aliqua vel eorundem vel eiusdem potestatis hominum posterior constitutio, quae sit priori contraria: quae si deerunt, lis non erit93. Hier verwendet Quintilian senatus consultum klar im Sinne einer tendenziell gerichtlichen Entscheidung, deren präjudizielle Wirkung nur durch Auffinden einer späteren Entscheidung oder eines (wenn auch minimalen) Unterschieds zum in Frage stehenden Fall bestritten werden könne94 . Ansonsten wird auf Senatsentscheidungen in der gesamten Beweislehre des 5 . Buchs nicht rekurriert . Im 6 . Buch, das sich mit dem Schluß der Rede, den zu erregenden Gefühlswirkungen, dem Wortwechsel mit dem Gegner und der Urteils- und Überlegungskraft des Redners befaßt, ist der Senat überhaupt nicht erwähnt .

III.4 Die Bewältigung von Antinomien im Verhältnis lex – senatus consultum, Quint. inst. 7.7.10 Das siebte Buch hat Quintilian der Stoffeinteilung (divisio) gewidmet; bei der Darstellung bezieht er sich ausdrücklich auf seine eigene praktische Erfahrung95 . Für die zweckmäßige Anordnung (dispositio) des Stoffs einer Gerichtsrede sei die umfassende Kenntnis der denkbaren strittigen Punkte, auch die der gegnerischen Ar90 Nur in einem Zitat aus Ciceros Miloniana, Cic . Mil . 10 .28 ist von Milos Anwesenheit im Senat die Rede, Quint . inst. 4 .2 .57; inhaltlich geht es um ein Exempel für das credibile bei der narratio . 91 Cic . Mil . 5 . 92 Quint . inst. 5 .2 .1 . 93 Quint . inst. 5 .2 .5 (Übersetzung in Anlehnung an Rahn): Gegen Senatsbeschlüsse aber und kaiserliche oder magistratische Dekrete gibt es kein Mittel, außer man findet einen auch noch so winzigen Unterschied im Fall oder irgend eine spätere Entscheidung derselben Personen oder solcher mit gleicher Amtsgewalt, die der früheren widerspricht: Fehlen solche, wird kein Rechtsstreit stattfinden . 94 Die Erwähnungen des Senats in Quint . inst. 5 .11 .16; 5 .13 .33 beruhen wiederum auf Cicero-Zitaten . Cic . Mil. 3 .8 bzw . Cluent. 48 .135 . 95 Quint . inst. 7 .1 .3 .

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gumente, erforderlich96 . Doch ist weder hier noch in den anschließenden Kapiteln 7 .2–4 über die Behandlung der maßgeblichen Gesichtspunkte im Rahmen des status coniecturalis, definitionis oder qualitatis von Senatsbeschlüssen die Rede97 . Auch bei der nur kurz behandelten Frage der nicht einschlägigen Klage98 in Kapitel 7 .5 ist davon keine Rede, doch am Ende dieses Kapitels beschreibt Quintilian allgemein die Wirkungsweise des Gesetzes: Porro lex omnis aut tribuit aut adimit, aut punit aut iubet, aut vetat aut permittit99; nach einer kurzen Bemerkung zur scriptum-voluntasProblematik heißt es dann: quod de legibus dico, idem accipi volo de testamentis, pactis, stipulationibus, omni denique scripto: quod de scripto, idem de voce .100 Senatsbeschlüsse können nach diesem Gedankengang „allem Geschriebenen“ zugeordnet werden . Insofern ließe sich diese Stelle ebenfalls im Sinne der oben zu Quint . inst. 3 .6 .87 vertretenen Sichtweise interpretieren . Im nächsten Kapitel 7 .6, das dem Gegensatz scriptum – voluntas als der Kernmaterie des strittigen Rechts101 gewidmet ist, ist der Senat nicht erwähnt . Als dieser Kontroverse nächstverwandt bezeichnet Quintilian in 7 .7 das Problem der leges contrariae, wobei bezeichnenderweise der Gedanke wiederkehrt, daß dies von Rechts wegen prinzipiell ein Ding der Unmöglichkeit sei, denn omnibus autem manifestum est numquam esse legem legi contrariam iure ipso, quia, si diversum ius esset, alterum altero abrogetur, sed eas casu collidi et eventu102 . Nach praktischen Ratschlägen zur argumentativen Bewältigung solcher im Einzelfall oder ex eventu möglichen Kollisionen schließt das Kapitel mit der Feststellung: quod de legibus, idem de senatus consultis dictum sit . quae aut inter se pugnent aut obstent legibus: non tamen aliud sit eius status nomen103 .

Damit wird nochmals ganz klar ausgedrückt, was sich aus der bisherigen Darstellung Quintilians eher andeutungsweise ergab: die Qualifikation einer Rechtsnorm als lex oder senatus consultum spielt für daraus entstehende Streitigkeiten unter rhetorischem Aspekt keine Rolle, für beide gilt das Gleiche . Ein auch nur irgendwie hierarchisches Verhältnis oder Unterschiede im Geltungscharakter zwischen bei96 Vgl . Quint . inst. 7 .1 .4 . 97 In Quint . inst. 7 .2 .20 wird für die ἀντικατηγορία gesagt, solche Prozesse seien im Rahmen der cognitio senatus aut principis denkbar; in 7 .4 .18 wird der Nutzen der deprecatio bei Reden vor Senat, Volk und Kaiser dargelegt; in 7 .4 .39 geht es um das beliebte Deklamationsthema, daß jemand vor dem Senat Rechenschaft für seinen (angekündigten) Selbstmord ablegt . 98 Quintilian vermeidet auch hier das Wort status translationis . 99 Quint . inst. 7 .5 .5 . Vgl . dazu Mod . 1 regul., D . 1 .3 .7: Legis virtus haec est imperare vetare permittere punire. 100 Quint . inst. 7 .5 .6 . 101 Quint . inst. 7 .6 .1: … pars magna controversi iuris hinc pendet … 102 Quint . inst. 7 .7 .2 . 103 Quint . inst. 7 .7 .10 .

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den läßt der Text nicht im Geringsten anklingen . Umgekehrt wird aber deutlich, daß Quintilian Senatsbeschlüsse als normative Texte geradezu selbstverständlich mitbedenkt, nur eben ihnen im Regelfall nicht eigene Bemerkungen widmet, weil sie rhetorisch keiner Sonderbehandlung gegenüber den leges bedürfen, was auch die Bemerkung zur fehlenden eigenständigen Statusbezeichnung klarstellt . An diesem Punkt sei ein kurzer Ausflug von der Theorie in das Deklamationswesen erlaubt . In der Argumentation von Quint . decl. 331 heißt es nam si accusatori licet constituere iura et leges ferre, si quod antea fieri per populum, per senatum licebat, constituitur inter subsellia pro dolore cuiusque vel pro auctoritate, supervacua erunt suffragia, supervacuus tantus ambitus in constituendo iure104. In dieser Deklamation geht es um folgenden fiktiven Gesetzeskonflikt: „Der falsch Beschuldigende erleidet die Strafe des vorgeworfenen Delikts“ vs . „Wer dreimal wegen iniuria verurteilt wurde, wird mit dem Tode bestraft“ . Nun wird ein bereits zweimal wegen iniuria Verurteilter angezeigt und freigesprochen . Dieser fordert dann den Tod des Anzeigenden105 . Für unser Thema ist nur interessant, daß Quintilian die Rechtssetzungsbefugnis des Senats als selbstverständlichen Ausgangspunkt für eine der Argumentationslinien in dieser Deklamation betrachtet .

III.5 Die letzten Bücher der institutio oratoria In den folgenden Kapiteln des siebten Buchs, die sich mit dem syllogistischen Schluß, der Amphibolie (Zweideutigkeit) und den Grenzen der Theorie der Einteilung der Rede befassen – hier warnt Quintilian vor repetitorartigem Kleben an Schemata106 – spielt der Senat wieder keine Rolle; ebensowenig finden sich Senatsbeschlüsse im achten Buch, das der Lehre vom Ausdruck (elocutio) gewidmet ist, speziell der perspicuitas, dem ornatum und der amplificatio bzw . minutio, den Sentenzen und Tropen107 . Die Behandlung der elocutio wird im 9 . Buch fortgesetzt mit der Lehre von den Rede-, Gedanken- und Wortfiguren und Wortfügungen . Hinsichtlich der sog . controversiae figuratae, in denen – in grober Vereinfachung – etwas anderes als das Gesagte eigentlich gemeint wird, weist Quintilian auf eine Eigenart der Schuldeklamationen hin: nam et pactiones deponentium imperium tyrannorum et post bellum civile senatus consulta finguntur108. Im übrigen ist der Senat nur unspezifisch erwähnt109 . 104 Quint . decl. 331 .17 . 105 Zu den einzelnen isolierbaren Rechtsgedanken der Deklamation vgl . Wycisk, Quidquid in foro 2008, 245, 289, 354 f . 106 Quint inst. 7 .10 .10–17 . 107 Nur unspezifisch ist der Senat erwähnt in Quint . inst. 8 .3 .14, 89, 8 .5 .18, 20 . 108 Quint . inst. 9 .2 .67 . 109 Quint . inst. 9 .3 .30, 44, 50 .

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Das 10 . Buch beschäftigt sich mit dem „Training“ des Rhetorikschülers durch Nachahmung, Stilübung, Verbesserung, Stegreifübung; das 11 . behandelt die passende Rede (das aptum), bevor die beiden letzten Arbeitsstadien des Redners, die memoria und die pronuntiatio bzw . actio erörtert sind; Senatoren und historische Zitate mit Bezug zum Senat spielen nur am Rand eine Rolle . Mit Bezug auf Unarten bei Schuldeklamationen warnt Quintilian den Redner hinsichtlich von Fallkonstellationen, in denen Personen vom Senat erbitten, sterben zu dürfen wegen eines schlimmen Unglücks oder aus Reue, vor singendem Lamentieren, Sich-Gehen-Lassen und einer Beweisführung, die nicht von den Gefühlen des Sprechers durchdrungen sei110 . Diese – fiktive – Norm zur Rechtfertigung des Selbstmords vor dem Senat ist ein beliebter Deklamationsgegenstand111 . So bildet sie den Ausgangspunkt der vierten der (Pseudo-)Quintilianischen declamationes maiores: Im „Mathematicus“ widerstreiten sich die Normen: Vir fortis optet praemium quod volet und Qui causas mortis in senatu non reddiderit, insepultus abiciatur112 . Der Fall liegt derart, daß ein Vater anläßlich der Schwangerschaft seiner Ehefrau einen Wahrsager befragt . Dieser antwortet, der Geborene werde erst ein tapferer Mann werden, dann Vatermörder . Der Herangewachsene erwarb sich Verdienste ums Vaterland im Krieg und erläutert im Senat die Gründe für seinen geplanten Selbstmord; der Vater widerspricht . Die Stelle ist, wenn ich nichts übersehen habe, im übrigen die einzige der declamationes maiores, in der vom Senat die Rede ist; freilich geht es weder um einen fiktiven noch gar realen Senatsbeschluß . Auf derselben fiktiven Norm baut die declamatio minor 337 auf113 . Dieser verquere Streitfall spielt zwischen einem reichen, erst erfolglosen, dann erfolgreichen Feldherrn und einem Armen, der wegen der Erfolglosigkeit des Feldherrn das Volk gegen ihn aufwiegelte, wobei erst die Familie des Reichen vom Volk, dann die des Armen vom Heer umgebracht wurde . Nun will der Arme Selbstmord begehen . Dabei geht es um die Frage, ob der Grund des beabsichtigten Selbstmord schändlich (Angst vor Bestrafung, schlechtes Gewissen wegen einer Untat) oder gewichtig (Verlust von Haus und Familie) ist, und um die „Aufrechnung“ des wechselseitig erlittenen Unglücks114 .

110 Quint . inst. 11 .1 .56; in 11 .3 .150, 153 ist auf das schickliche Verhalten vor dem Senat bzw . die Wahrung der persönlichen auctoritas durch den Redner hingewiesen . 111 S . nur die Nachweise bei Wycisk, Quidquid in foro 2008, 303 mit Fn . 623 . 112 Ps .-Quint . decl. 4 pr . 113 Dazu ausführlich Wycisk, Quidquid in foro 2008, 302–304 mit Lit . 114 In Quint . decl. 351 schreibt ein exul an den Senat, er werde einen dives der Tyrannei bezichtigen, wenn ihm die Rückkehr erlaubt werde . Diese wird vom Senat gegen die Stimme des dives gewährt, der exul dann im Staatsgebiet – gesetzeskonform – erschlagen und darauf hin der dives wegen Tyrannei angeklagt . Wycisk, Quidquid in foro 2008, 199 f . erwägt griechische Vorbilder für die Themenbildung .

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Zurück zur institutio oratoria! Das letzte Buch, das der sittlichen Bildung des Redners gewidmet ist und ganz auf das Erreichen des Ideals eines orator perfectus abzielt, nennt als Vorbild den Glanz von Männern, die Senatsberatungen lenken; senatus consulta findet man dort nicht115 .

IV. Inhaltliche Spuren von senatus consulta bei Quintilian? Sucht man, sich vom Begriff senatus consultum lösend, abschließend inhaltlich nach Spuren von Senatsbeschlüssen in Quintilians Werk, so darf auf die grundlegende Arbeit von Tonia Wycisk zum Thema verwiesen werden116 . In Quint . inst. 4 .2 .5: filius an frater debeat esse intestatae heres wird eine Frage zur Intestaterbfolge nach der Mutter aufgeworfen, die im 2 . Jh . n . Chr . dann durch die SCa Tertullianum und Orfitianum geregelt werden sollte117 . Quint . decl. 380 behandelt den moralischen Konflikt des testamentarisch freigelassenen Sklaven, in dem der Sklave dem Wunsch seines Herrn, ihm beim Selbstmord zu helfen, nicht nachkommt; in diesem Fall soll er laut Testament gemartert werden . Den Hintergrund dieses Konflikts bildet latent das hier nicht direkt anwendbare SC Silanianum von 10 . n . Chr ., nach welchem dem nicht nachweislich bei einem Mordanschlag Hilfe leistenden Sklaven der Tod drohte; Quintilian erwähnt diesen Senatsbeschluß freilich nicht118 . Über das Verhältnis des SC Turpillianum von 61 n . Chr . zur (An-)Klagerücknahme in Quint . decl. 355 (tutor lenocinii reus) könnte man zumindest spekulieren119 . Somit zeigt sich auch unter diesem Aspekt, daß Quintilian an Senatsbeschlüssen kein spezifisches Interesse hatte, mag auch der erfahrene Rhetoriklehrer Anleitungen geben für die Argumentation in zu seiner Zeit noch streitträchtigen Rechtsmaterien, die in der Folgezeit durch senatus consulta geregelt werden sollten .

V. Ein – desillusionierendes – Fazit Nach diesem Überblick kann das Fazit relativ knapp ausfallen: Wir begannen mit Quintilians Überlegungen zum ius certum und dubium120; dort fand sich eine für den Juristen recht ungewohnte Sichtweise auf die Rechtsquellen . Der Gang durch 115 Quint . inst. 12 .1 .26, 2 .21 spricht von consilia senatus bzw . in senatu. Die Erwähnungen in Quint . inst. 12 .2 .24, 10 .61, 70, 11 .1 sind unspezifisch . 116 Dazu vgl . die Wycisks Methode sehr klar analysierende Rezension von Ulrike Babusiaux, in SZ 127, 2010, 494–504 . 117 Wycisk, Quidquid in foro 2008, 155 . 118 Zu dieser Deklamation vgl . Wycisk, Quidquid in foro 2008, 52, 59, 304 f . 119 S . dazu Wycisk, Quidquid in foro 2008, 263 f . 120 Quint . inst. 12 .3 .6 f .

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das Werk des älteren Seneca zeigte zwei senatus consulta zwecks Verbrennung von Schriften zweier Redner im Umfeld von Verfahren wegen laesa maiestas, iniuria und Schmähschriften in den Zeiten des Augustus und Tiberius . Hier kam den Senatsentscheidungen in Form von senatus consulta – ungeachtet der nicht exakt rekonstruierbaren Verfahrenshistorie – wohl eher die Rolle zu, die Situation irgendwie zu befrieden, indem das anlaßgebende Übel vermutlich durch die zuständigen Ädilen aus der Welt geschafft werden sollte . Für das rhetorische Lehrbuch Quintilians spielen Senatsbeschlüsse nur eine untergeordnete und vereinzelte Rolle; wir finden sie weder bei der Vorstellung der Statuslehre im 3 . Buch noch bei der ebenso zentralen Beweislehre im 5 . Buch . Doch läßt sich Quint . inst. 3 .6 .87 so interpretieren, daß lex als Chiffre für schriftlich fixierte Normtexte verstanden werden könnte . Dafür spricht vor allem die Behandlung von Antinomien in Quint . inst. 7 .7 .10, wo Quintilian ausdrücklich festhält, daß für senatus consulta dasselbe gelte wie für leges . Ausdrücklich weist Quintilian auch auf die mögliche präjudizielle Wirkung von senatus consulta hin121 . Für die Eigenart des Deklamationswesens aufschlußreich ist ferner der Hinweis auf die Existenz fingierter Senatsbeschlüsse im Rahmen von Schuldeklamationen122 . Als Grund für die stiefmütterliche Behandlung der Senatsbeschlüsse dürfen wir die spezifische Sichtweise des Redners auf das Recht vermuten, die eingangs vorgestellt wurde: Der Umgang mit schriftlich niedergelegtem Recht ist Frage der cognitio, nicht der inventio. Für den Rhetor ist die rechtsquellentheoretische Qualifikation einer Norm letztlich irrelevant . Bevor aber diese ernüchternde Feststellung Anlaß zu pessimistisch gestimmten Reflexionen über das Spannungsverhältnis von Lehre, Theorie und Praxis in Rhetorik und Jurisprudenz bieten könnte, sei unser Streifzug durch die frühkaiserzeitlichen Quellen beendet .

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Conoscenza e criteri di utilizzazione dei senatus consulta nella Storia Romana di Cassio Dione

1. L’uso di fonti documentarie in Cassio Dione Fin dal 1979 ho richiamato l’attenzione sull’uso degli acta senatus nelle sezioni contemporanee dell’opera di Cassio Dione1 . A distanza di molti anni ho ripreso questa linea di ricerca in un articolo del 2003 e in tre contributi attualmente in corso di stampa2, in cui ho cercato di dimostrare che Dione fece un uso sistematico di fonti documentarie (acta senatus, acta urbis e iscrizioni esposte in pubblico) non solo per la storia contemporanea, ma anche per quella precedente, per lo meno a partire da Cesare, cioè dall’inizio degli acta senatus e degli acta urbis . Sono giunto a questa conclusione seguendo cinque diverse piste . Innanzi tutto ho considerato alcune notizie che risultano inesatte, perché danno per applicati dei senatus consulta che in realtà rimasero in tutto o in parte inattuati: la spiegazione migliore è che Dione si sia basato esclusivamente sul testo di quegli stessi SC . Questo vale per la sostituzione del nome di Lutazio Catulo con quello di Cesare nell’iscrizione del Capitolium restaurato (43 .14 .6); per l’ampliamento del pomerium ad opera di Cesare (43 .50 .1; 44 .49 .2) e per quello a opera di Augusto (55 .6 .6); per la fondazione di Lugdunum a opera non solo di Munazio Planco, ma anche di Emilio Lepido (46 .40 .4–5); per la costruzione di un tempio di Marte Ultore sul Campidoglio nel 20 a . C . (54 .8 .2–3) . Come vedremo più avanti, a questi esempi se ne può ora aggiungere un altro: quello del secondo tempio che sarebbe stato eretto a Caligola

1 Letta, La composizione 1979 . 2 Letta, Documenti 2003; Letta, Fonti 2016; Letta, L’uso 2016 . Per un caso particolarmente interessante di consultazione degli acta senatus da parte di Dione v . ancora Letta, Ritorno 2016 .

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nel 40 d . C ., distinto da quello all’interno del palazzo imperiale di cui parla anche Svetonio3 . In secondo luogo ho esaminato una serie impressionante di citazioni testuali da documenti ufficiali (SC, decreti, lettere ufficiali lette in senato, discorsi pronunciati in senato), non solo per il periodo di cui Dione è stato testimone diretto, ma anche per il periodo precedente, da Cesare a Marco Aurelio . Come credo di aver già dimostrato nel 1979, nella sezione contemporanea queste citazioni sono certamente basate sulla consultazione degli acta senatus in tutti i casi in cui siamo certi che Dione non fosse presente alle sedute senatorie di cui parla . Questo induce a ritenere che egli abbia esteso sistematicamente questa consultazione anche ai periodi precedenti, cercando e annotando i particolari per lui più interessanti illustrati da queste citazioni . In terzo luogo ho preso in considerazione un numero cospicuo di casi in cui Dione fornisce resoconti talmente particolareggiati e ricchi di alcune sedute senatorie, e talmente in linea coi suoi interessi prevalenti, da giustificare l’ipotesi che fossero frutto di ricerche mirate negli acta senatus . In quest’ottica ho rivolto una particolare attenzione ai βιβλία τέσσαρα di Augusto letti in senato dopo la sua morte (56 .33), ricavandone la convinzione che dalla loro consultazione diretta negli acta senatus Dione abbia tratto non solo le notizie che dà sui mandata del defunto imperatore, da considerare del tutto genuine e affidabili (56 .33 .3–6), ma anche la lista delle province (53 .12 .4–9) e quella delle legioni (55 .23 .2–7) . In quarto luogo ho analizzato i numerosi riferimenti (spesso espliciti) agli acta urbis, che in alcuni casi comprendono anche citazioni testuali che non sembrano riconducibili a fonti letterarie . Ho esaminato infine una serie di interessanti riferimenti a iscrizioni e perfino a monete, sottolineando in modo particolare casi come quelli delle iscrizioni dell’arco di Rimini (55 .22 .1–3) e della colonna Traiana (68 .16 .3), o gli epigrammi funerari di Verginio Rufo (68 .2 .4) e C . Sulpicio Simile, prefetto del pretorio “di Adriano” (69 .17 .3), che dimostrano in Dione da un lato la consapevolezza del valore politico e ideologico delle iscrizioni esposte in pubblico4 e dall’altro la disponibilità a cercare e trascrivere almeno in parte testi epigrafici in vista di una loro utilizzazione nella sua opera storica . Il bilancio complessivo appare molto interessante . Si ha l’impressione che Dione abbia avviato le sue ricerche d’archivio per colmare le lacune delle sue informazioni sull’età contemporanea, soprattutto per i periodi in cui era stato assente da Roma e non aveva potuto presenziare alle sedute del senato . Questo, però, deve aver sollecitato in lui alcune curiosità anche su epoche più lontane, soprattutto in un’ottica di raffronto col presente e coi suoi problemi, inducendolo a sondaggi negli archivi disponibili per gli argomenti che più lo interessavano . 3 V . oltre, § 2, brano n . 45: 59 .28 .2–3, p . 654 B . 4 Su questo aspetto v . ora Dalla Rosa, Quando l’epigrafia è politica 2017 .

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Questo potrebbe spiegare la particolare attenzione da lui riservata alla fase fondativa del principato, per la quale la documentazione degli acta senatus gli consentiva di approfondire gli aspetti istituzionali e amministrativi che gli stavano a cuore, anche in riferimento alle sue riflessioni politiche sui problemi del suo tempo . Più in generale, gli indizi che ho cercato di raccogliere mostrano in Dione un particolare interesse per il cerimoniale, il protocollo e il formulario della cancelleria imperiale .

2. Analisi dei brani più significativi dedicati a SC Partendo da questi risultati, in questa sede vorrei concentrarmi più specificamente sulle notizie relative a SC, per cercare di definire meglio i criteri con cui Dione li scelse e li utilizzò nella sua opera . Comincerò quindi da un’analisi di 64 brani significativi in cui Dione fornisce notizie non generiche e non riportabili ad altre fonti letterarie, per poi tentare di trarre delle conclusioni . Brano n. 1 (41 .2 .2 e 3 .1, p . 2 B .) [49 a . C .] περὶ γὰρ τῶν δημάρχων οὐδὲν λέγω, ὅτι μηδὲ ἐν ἀνάγκῃ τινὶ μεταστῆναι ἐποιήσαντο, ἅτε καὶ ἐξουσίαν ἔχοντες εἴτε ἐβούλοντό τινα γνώμην συμβαλέσθαι εἴτε καὶ μή. ἔδοξε μὲν οὖν ταῦτα, οὐ μὴν καὶ κυρωθῆναί τι αὐτῶν οὔτε ἐν ἐκείνῃ τῇ ἡμέρᾳ οὔτε ἐν τῇ ὑστεραίᾳ ὅ τε Ἀντώνιος καὶ ὁ Λογγῖνος ἐπέτρεψαν. ἀγανακτησάντων δὲ ἐπὶ τούτῳ τῶν ἄλλων καὶ ψηφισαμένων τὴν ἐσθῆτα ἀλλάξασθαι, κῦρος μὲν οὐδὲ τοῦθ’ὑπὸ τῶν αὐτῶν ἔλαβεν, ἡ μέντοι γνώμη συνεγράφη καὶ τὸ ἔργον τὸ ἀπ’αὐτῆς ἐγένετο· πάντες γὰρ παραχρῆμα ἐξελθόντες ἐκ τοῦ συνεδρίου καὶ τὴν στολὴν μεταβαλόντες ἐσῆλθον αὖθις καὶ περὶ τιμωρίας αὐτῶν ἐβουλεύοντο.

Il brano si riferisce a due SCC del 49 a . C ., non ratificati per il veto opposto dai tribuni ma egualmente registrati negli acta senatus5: l’uno sul disarmo del solo Cesare, l’altro sull’assunzione delle vesti di lutto da parte dei senatori . Dione fornisce qui una serie di particolari procedurali e cerimoniali che non trovano riscontro in nessuno dei loci paralleli6: il voto per il disarmo di Cesare non fu individuale, ma per discessionem; i tribuni si avvalsero della facoltà di non votare; dopo il secondo voto non ratificato i senatori indossarono egualmente le vesti di lutto e tornarono nella curia per deliberare contro i tribuni .

5 Vd . Letta, Fonti 2016, 252 . 6 Caes . b. c . 1 .5; Cic . fam . 16 .11 .2; Plut . Caes . 31; App . b. c. 2 .32–33 .

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Brano n. 2 (42 .23 .1, p . 51 B .) [48 a . C .] ὁ οὖν Σερουίλιος στρατιώτας τέ τινας ἐς Γαλατίαν κατὰ τύχην παριόντας μετεπέμψατο, καὶ τὴν βουλὴν τῇ παρ’αὐτῶν φρουρᾷ συναγαγὼν προέθηκε γνώμην περὶ τῶν παρόντων, καὶ κυρωθέντος μὲν μηδενός (δήμαρχοι γὰρ ἐκώλυσαν) συγγραφέντος δὲ τοῦ δόξαντος ἐκέλευσε τοῖς ὑπηρέταις καθελεῖν τὰ πινάκια.

Nel brano, relativo a un altro SC non ratificato ma registrato nel 48 a . C .7, Dione precisa il nome del proponente (il console P . Servilio Isaurico, che aveva fatto presidiare il senato da soldati di passaggio) e cita la formula della relatio: προέθηκε γνώμην περὶ τῶν παρόντων, forse corrispondente al latino de re praesenti . Brano n. 3 (43 .14 .3–7, p . 80 B .) [46 a . C .] τεσσαράκοντά τε γὰρ ἡμέρας ἐπὶ τῇ νίκῃ αὐτοῦ θύειν ἔγνωσαν, καὶ τὰ ἐπινίκια τὰ προεψηφισμένα ἐπί τε λευκῶν ἵππων καὶ μετὰ ῥαβδούχων τῶν τότε αὐτῷ συνόντων καὶ ἑτέρων ὅσοις ἐν τῇ πρώτῃ δικτατορίᾳ ἐκέχρητο, ἄλλων τε αὖ ὅσους ἐν τῇ δευ4 τέρᾳ ἐσχήκει, πέμψαι οἱ ἔδοσαν. τῶν τε τρόπων τῶν ἑκάστου ἐπιστάτην (οὕτω γάρ πως ὠνομάσθη ὥσπερ οὐκ ἀξίας αὐτοῦ τῆς τοῦ τιμητοῦ προσρήσεως οὔσης) ἐς τρία αὐτὸν ἔτη καὶ δικτάτορα ἐς δέκα ἐφεξῆς εἵλοντο. καὶ προσέτι ἐπί τε ἀρχικοῦ δίφρου μετὰ τῶν ἀεὶ ὑπάτων ἐν τῷ συνεδρίῳ καθίζειν καὶ γνώμην ἀεὶ πρῶτον ἀποφαίνεσθαι, ἔν τε ταῖς ἱπποδρομίαις ἁπάσαις ἀποσημαίνειν, καὶ τὰς ἀρχὰς τά τε ἄλλα ὅσα τισὶν ὁ δῆμος πρότερον ἔνεμεν ἀποδεικνύναι ἐψηφίσαντο. ἅρμα τέ τι αὐτοῦ ἐν τῷ Καπιτωλίῳ ἀντιπρόσωπον τῷ Διὶ ἱδρυθῆναι, καὶ ἐπὶ εἰκόνα αὐτὸν τῆς οἰκουμένης χαλκοῦν ἐπιβιβασθῆναι, γραφὴν ἔχοντα ὅτι ἡμίθεός ἐστι, τό τε ὄνομα αὐτοῦ ἐπὶ τὸ Καπιτώλιον ἀντὶ τοῦ Κατούλου [γραφῆναι], ὡς καὶ τὸν νεών, ἐφ’οὗ τῇ ἐκποιήσει εὐθύνειν ἐκεῖνον ἐπεχείρησεν, ἐκτελέσαντος, ἀντεγγραφῆναι ἐκέλευσαν. ταῦτα δὲ μόνα κατέλεξα οὐχ ὅτι καὶ μόνα ἐψηφίσθη (παμπληθῆ τε γὰρ ἐσεφέρετο καὶ δῆλον ὅτι καὶ ἐκυροῦτο) ἀλλ’ὅτι τὰ μὲν ἄλλα παρήκατο, ταῦτα δὲ προσεδέξατο.

Il brano riporta gli onori per Cesare votati dal senato nel 46 a . C ., dopo la battaglia di Tapso8: quaranta giorni di supplicationes, il diritto di celebrare il trionfo (già vo7 Cfr . Letta, Fonti 2016, 252 . 8 Cfr . Letta, Fonti 2016, 269 .

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tato in precedenza) su un carro tirato da cavalli bianchi e preceduto da 72 littori, la praefectura morum per tre anni9 e la dittatura per dieci, il diritto di sedere in senato su una sella curulis insieme ai consoli e di parlare per primo, il diritto di presiedere tutti i ludi e di nominare i magistrati senza il voto dei comizi, il suo carro nel tempio di Giove Capitolino, una statua di bronzo che lo ritraeva sull’ecumene, cioè probabilmente su un globo, con la scritta semideus (ἡμίθεος)10, la sostituzione del nome di Lutazio Catulo con quello di Cesare nell’iscrizione dedicatoria del tempio di Giove Capitolino restaurato . Ho già ricordato che quest’ultima notizia riveste una particolare importanza, perché è smentita da Tacito, secondo il quale Lutatii Catuli nomen inter tanta Caesarum opera usque ad Vitellium mansit11, e quindi dimostra che Dione qui non si basa su fonti letterarie, ma solo sul testo di un SC di cui dà per scontata la piena applicazione . D’altra parte al § 7 Dione precisa di aver riportato solo le decisioni che Cesare accettò; è quindi probabile che egli riassuma i verbali di almeno due sedute: quella (o quelle) in cui furono votati questi e altri onori, prima ancora dell’arrivo di Cesare a Roma, e quella in cui Cesare ne accettò alcuni e ne rifiutò altri, evidentemente dopo il suo arrivo a Roma . In effetti Dione parla di SC al plurale (τοῖς τῇ βουλῇ δόξασι) e usa separatamente cinque verbi diversi col senso di deliberare: ἔγνωσαν, ἔδοσαν, εἵλοντο, ἐψηφίσαντο, ἐκέλευσαν . In questa scelta di riportare solo una parte delle decisioni senatorie troviamo una prima applicazione di un principio di metodo che Dione ribadirà continuamente in molti dei brani che esamineremo, e anche in altri12 . Brano n. 4 (43 .44–46, pp . 98–101 B .) [45 a . C .]

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ἐπὶ δὲ δὴ τῇ νίκῃ ἐκεῖνά τε ὅσα εἶπον ἡ γερουσία ἔγνω, καὶ προσέτι αὐτόν τε Ἐλευθερωτὴν καὶ ἐκάλουν καὶ ἐς τὰ γραμματεῖα ἀνέγραφον, καὶ νεὼν Ἐλευθερίας δημοσίᾳ ἐψηφίσαντο. τό τε τοῦ αὐτοκράτορος ὄνομα οὐ κατὰ τὸ ἀρχαῖον ἔτι μόνον, ὥσπερ ἄλλοι τε καὶ ἐκεῖνος [ὡς] πολλάκις ἐκ τῶν πολέμων ἐπεκλήθησαν, οὐδ’ὡς οἵ τινα αὐτοτελῆ ἡγεμονίαν ἢ καὶ ἄλλην τινὰ ἐξουσίαν λαβόντες ὠνομάζοντο, ἀλλὰ καθάπαξ τοῦτο δὴ τὸ καὶ νῦν τοῖς τὸ κράτος ἀεὶ ἔχουσι διδόμενον ἐκείνῳ τότε πρώτῳ τε καὶ πρῶτον, ὥσπερ τι κύριον, προσέθεσαν. 3 καὶ τοσαύτῃ γε ὑπερβολῇ κολακείας ἐχρήσαντο ὥστε καὶ τοὺς παῖ-

9 Cfr . Suet . Caes . 76 .2, che però non precisa la durata . 10 La notizia è apparsa spesso poco credibile e sono state avanzate varie ipotesi per ricostruire il termine latino corrispondente; ma semideus, presente già in Ovidio (met . 1 .192), non avrebbe nulla di strano . 11 Tac . hist . 3 .72 .3 . 12 Oltre a 43 .14 .7 (brano n . 3), ricordo 43 .22 .4; 43 .25 .1; 43 .46 .1 (brano n . 4); 48 .13 .1; 53 .21 .1–2; 54 .23 .8 (brano n . 12); 55 .28 .2–3 (brano n . 17); 57 .23 .1; 60 .11 .6; 62[63] .18 .3 (brano n . 52) .

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δας τούς τε ἐγγόνους αὐτοῦ οὕτω καλεῖσθαι ψηφίσασθαι, μήτε τέκνον τι αὐτοῦ ἔχοντος καὶ γέροντος ἤδη ὄντος. ὅθενπερ καὶ ἐπὶ πάντας τοὺς μετὰ ταῦτα αὐτοκράτορας ἡ ἐπίκλησις αὕτη, ὥσπερ τις ἰδία τῆς ἀρχῆς αὐτῶν οὖσα καθάπερ καὶ ἡ τοῦ Καίσαρος, ἀφί4 κετο. οὐ μέντοι καὶ τὸ ἀρχαῖον ἐκ τούτου κατελύθη, ἀλλ’ἔστιν ἑκάτερον· καὶ διὰ τοῦτο καὶ δεύτερον ἐπ’αὐτῶν ἐπάγεται, ὅταν νίκην τινὰ τοιαύτην ἀνέλωνται. οἱ μὲν γὰρ αὐτὸ τοῦτο αὐτοκράτορες ἅπαξ τῇ προσηγορίᾳ ταύτῃ, ὥσπερ [ἐν] ταῖς ἄλλαις, καὶ 5 πρώτῃ γε χρῶνται· οἳ δ’ἂν καὶ διὰ πολέμων ἄξιόν τι αὐτῆς κατορθώσωσι, καὶ ἐκείνην τὴν ἀπὸ τοῦ ἀρχαίου προσλαμβάνουσι, κἀκ τούτου καὶ δεύτερόν τις καὶ τρίτον πλεονάκις τε, ὁσάκις ἂν παράσχῃ οἱ, αὐτοκράτωρ ἐπονομάζεται. 6 ταῦτά τε οὖν τότε τῷ Καίσαρι, καὶ οἰκίαν ὥστε ἐν τῷ δημοσίῳ οἰκεῖν, ἱερομηνίαν τε ἐξαίρετον ὁσάκις ἂν νίκη τέ τις συμβῇ καὶ θυσίαι ἐπ’αὐτῇ γίγνωνται, κἂν μήτε συστρατεύσηται μήθ’ 45 ὅλως ἐπικοινωνήσῃ τῶν καταπραχθέντων, ἔδοσαν. οὐ μὴν ἀλλ’ ἐκεῖνα μὲν εἰ καὶ ὑπέρογκα ἔξω τε τοῦ καθεστηκότος σφίσιν ἐδόκει εἶναι, οὔτι γε καὶ ἀδημοκράτητα ἦν· ἕτερα δὲ δὴ τοιάδε ἐψηφίσαντο δι’ὧν καὶ μόναρχον αὐτὸν ἄντικρυς ἀπέδειξαν. τάς τε γὰρ ἀρχὰς αὐτῷ καὶ τὰς τοῦ πλήθους ἀνέθεσαν, καὶ ὕπατον αὐτὸν ἐπὶ 2 δέκα ἔτη, ὥστε καὶ δικτάτορα πρότερον, προεχειρίσαντο· στρατιώτας τε μόνον ἔχειν καὶ τὰ δημόσια χρήματα μόνον διοικεῖν ἐκέλευσαν, ὥστε μηδενὶ ἄλλῳ μηδετέρῳ αὐτῶν, ὅτῳ μηδὲ ἐκεῖνος ἐπιτρέψειεν, ἐξεῖναι χρῆσθαι. καὶ τότε μὲν ἀνδριάντα αὐτοῦ ἐλεφάντινον, ὕστερον δὲ καὶ ἅρμα ὅλον ἐν ταῖς ἱπποδρομίαις μετὰ τῶν 3 θείων ἀγαλμάτων πέμπεσθαι ἔγνωσαν. ἄλλην τέ τινα εἰκόνα ἐς τὸν τοῦ Κυρίνου ναὸν Θεῷ ἀνικήτῳ ἐπιγράψαντες, καὶ ἄλλην ἐς τὸ Καπιτώλιον παρὰ τοὺς βασιλεύσαντάς ποτε ἐν τῇ Ῥώμῃ ἀνέθεσαν. 4 καί μοι θαυμάσαι τῆς συντυχίας ἐπέρχεται· ὀκτὼ γὰρ ἅμα αὐτῶν (ἑπτὰ μὲν ἐκείνοις, ὀγδόης δὲ τῷ γε Βρούτῳ τῷ τοὺς Ταρκυνίους καταλύσαντι) οὐσῶν παρὰ ταύτην τότε τὴν τοῦ Καίσαρος ἔστησαν, καὶ δῆτα καὶ ἐκ τούτου ὅτι μάλιστα ὁ Βροῦτος ὁ Μᾶρκος κινηθεὶς ἐπεβούλευσεν αὐτῷ. 46 ταῦτ’ἐπὶ νίκῃ (λέγω δὲ οὐ πάντα, ἀλλ’ὅσα ἀξιόλογα εἶναί μοι ἔδοξεν) οὐκ ἐν μιᾷ γε ἡμέρᾳ, ἀλλ’ὥς που καὶ ἔτυχεν, ἄλλο ἄλλῃ ἐκυρώθη· καί σφων ὁ Καῖσαρ τοῖς μὲν χρῆσθαι ἤρξατο 2 τοῖς δὲ ἔμελλεν, εἰ καὶ τὰ μάλιστά τινα αὐτῶν παρήκατο. τὴν δ’οὖν ἀρχὴν τὴν ὕπατον παραχρῆμα μέν, καὶ πρὶν ἐς τὴν πόλιν ἐσελθεῖν, ἀνέλαβεν, οὐ μέντοι καὶ διὰ τέλους ἔσχεν, ἀλλ’ἐν τῇ Ῥώμῃ γενόμενος ἀπεῖπέ τε αὐτὴν καὶ τῷ Φαβίῳ τῷ Κυίντῳ τῷ τε Τρεβωνίῳ τῷ Γαΐῳ ἐνεχείρισε. καὶ ἐπειδή γε ὁ Φάβιος τῇ τελευταίᾳ τῆς ὑπατείας ἡμέρᾳ ἀπέθανεν, εὐθὺς ἀντ’αὐτοῦ ἕτε-

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ρον πρὸς τὰς περιλοίπους ὥρας Γάιον Κανίνιον Ῥήβιλον ἀνθείλετο. πρῶτον μὲν δὴ τότε τοῦτο παρὰ τὸ καθεστηκὸς ἐγένετο, τὸ μήτε ἐτησίαν μήτε ἐς πάντα τὸν λοιπὸν χρόνον τοῦ ἔτους τὴν ἀρχὴν ἐκείνην τὸν αὐτὸν ἔχειν, ἀλλὰ ζῶντά τινα αὐτῆς καὶ μὴ ἀναγκασθέντα μήτε ἐκ πατρίων μήτε ἐξ ἐπηγορίας τινὸς ἐκστῆναι, καὶ ἕτερον ἀντ’αὐτοῦ ἀντικαταστῆναι. δεύτερον δὲ ὅτι ὁ Κανίνιος ἀπεδείχθη τε ἅμα ὕπατος καὶ ὑπάτευσε καὶ ἐπαύσατο· ὅπερ καὶ ὁ Κικέρων διασκώπτων τοσαύτῃ ἔφη τὸν ὕπατον καὶ ἀνδρείᾳ καὶ φροντίδι ἐν τῇ ἀρχῇ κεχρῆσθαι ὥστε μηδὲ τὸ βραχύτατον ἐν αὐτῇ κεκοιμῆσθαι. ἐκ δ’οὖν τοῦ χρόνου ἐκείνου οὐκέτι οἱ αὐτοὶ διὰ παντὸς τοῦ ἔτους, πλὴν ὀλίγων πάλαι γε, ὑπάτευσαν, ἀλλ’ὥς που καὶ ἔτυχον, οἱ μὲν ἐπὶ πλείους οἱ δὲ ἐπ’ἐλάττους, οἱ μὲν μῆνας οἱ δὲ ἡμέρας, ἐπεὶ νῦν γε οὐδεὶς οὔτε ἐπ’ἐνιαυτὸν οὔτε ἐς πλείω διμήνου χρόνον ὡς πλήθει σὺν ἑτέρῳ τινὶ ἄρχει. καὶ τὰ μὲν ἄλλα οὐδὲν διαφέρομεν ἀλλήλων, τὴν δὲ ἐξαρίθμησιν τῶν ἐτῶν οἱ κατὰ πρώτας αὐτῶν ὑπατεύοντες καρποῦνται. καὶ ἐγὼ οὖν τῶν μὲν ἄλλων τοὺς τοῖς πράγμασιν ἀναγκαίους ὀνομάσω, πρὸς δὲ δὴ τὴν τῶν ἀεὶ πραττομένων δήλωσιν τοὺς πρώτους ἄρξαντας, κἂν μηδὲν ἔργον ἐς αὐτὰ παράσχωνται.

Dopo aver ricordato, senza esplicita menzione del senato, le prime reazioni alla vittoria di Cesare a Munda nel 45 a . C . (43 .42 .2–3 e 43 .1, pp . 97–98 B .: trionfo, cinquanta giorni di supplicationes e ludi alle Parilia per celebrare la vittoria), nel brano n . 4 Dione riporta una serie di onori per Cesare13, precisando che non furono votati in un’unica seduta e che menziona solo ὅσα ἀξιόλογα εἶναί μοι ἔδοξεν (43 .46 .1): Cesare indosserà κατὰ δόγμα la toga trionfale in tutte le celebrazioni14 e la corona d’alloro sempre e dovunque (43 .43 .1), porterà il titolo di Liberator (mentre un tempio sarà eretto a Libertas: 43 .44 .1) e il praenomen Imperatoris, col diritto di trasmetterlo a figli e nipoti (43 .44 .2–5)15, disporrà di una residenza pubblica e ci saranno supplicationes e sacrifici per ognuna delle sue vittorie, anche quelle a cui non ha preso direttamente parte (43 .44 .6) . Dione prosegue parlando di altri SCC che fecero di Cesare un vero e proprio monarca (δι’ὧν καὶ μόναρχον αὐτὸν ἄντικρυς ἀπέδειξαν: 43 .45 .1), conferendogli il tribunato della plebe, il consolato per dieci anni (in aggiunta alla dittatura), l’esclusiva sull’esercito e sull’erario . Gli furono inoltre decretate una tensa tutta rivestita d’avorio e una statua d’avorio da far sfilare tra quelle degli dei nella pompa circensis

13 Cfr . Letta, Fonti 2016, 269 . 14 Cfr . App . BC 2 .106 .442 . 15 Cfr . Suet . Caes . 76 .2, che però non parla della trasmissione ai figli .

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(43 .45 .2)16, una statua nel tempio di Quirino con la dedica deo invicto (θεῷ ἀνικέτῳ), come per Alessandro ad Atene (43 .45 .3)17, e un’altra da collocare insieme a quelle dei sette re di Roma e di Bruto sul Campidoglio18 . Come si vede, Dione è molto più diffuso delle altre fonti in nostro possesso e pur riassumendo in modo selettivo vari SCC, doveva conoscerli bene tutti, se è stato in grado di scegliere, in base ai propri interessi, quelli che ritenne ‘degni di menzione’ . Brano n. 5 (43 .50 .1–2, p . 103 B .) [44 a . C]

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ταῦτά τε ἐποίει καὶ νόμους ἐσέφερε τό τε πωμήριον ἐπὶ πλεῖον ἐπεξήγαγε. καὶ ἐν μὲν τούτοις ἄλλοις τέ τισιν ὅμοια τῷ Σύλλᾳ πρᾶξαι ἔδοξεν· ἐκ δὲ τοῦ τοῖς τε περιλειφθεῖσι τῶν ἀντιπολεμησάντων οἱ τάς τε αἰτίας ἀφεῖναι καὶ ἄδειαν ἐπί τε τῇ ἴσῃ καὶ ἐπὶ τῇ ὁμοίᾳ δοῦναι, καὶ ἐκείνων τε τὰς ἀρχὰς προαγαγεῖν καὶ ταῖς γυναιξὶ τῶν ἀπολωλότων τὰς προῖκας ἀποδοῦναι, τοῖς τε παισὶν αὐτῶν μέρη τῶν οὐσιῶν χαρίσασθαι, τήν τε τοῦ Σύλλου μιαιφονίαν μεγάλως ἤλεγξε, καὶ αὐτὸς οὐκ ἐπ’ἀνδρείᾳ μόνον ἀλλὰ καὶ ἐπὶ χρηστότητι ἰσχυρῶς εὐδοκίμησεν, καίτοι χαλεπὸν ὂν ὡς πλήθει τὸν αὐτὸν καὶ ἐν πολέμῳ καὶ ἐν εἰρήνῃ διαπρέψαι.

Il brano è quello già ricordato in cui si dà per attuato un ampliamento del pomerium da parte di Cesare nel 44 a . C .19 . A quanto ho già detto vorrei solo aggiungere che il confronto con Silla potrebbe riecheggiare elementi ideologici della ‘propaganda’ cesariana confluiti nella motivazione del SC che autorizzava Cesare ad ampliare il pomerium e che molto probabilmente fu l’unica fonte utilizzata dal nostro autore per questa notizia . Brano n. 6 (44 .4–7, pp . 108–110 B .) [44 a . C .]

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ἐγένετο δὲ τὰ δοθέντα αὐτῷ μετ’ἐκεῖνα ὅσα εἴρηται τοσάδε καὶ τοιάδε· καθ’ἓν γάρ, εἰ καὶ μὴ πάντα ἅμα μήτε ἐσηνέχθη μήτε ἐκυρώθη, λελέξεται. τὰ μὲν γὰρ πρῶτα φαίνεσθαί τε αὐτὸν ἀεὶ

16 Cfr . Suet . Caes . 76 .2: tensam et ferculum circensi pompa . Dione, tuttavia, è più preciso e distingue tra questo primo provvedimento e quello dell’anno successivo che accentuava ulteriormente l’equiparazione con gli dei (v . oltre, brano n . 6: 44 .6 .3) . 17 Cfr . Cic . Att . 12 .45 .2 (del 17 maggio del 45 a . C .) e 13 .28 .3 (del 26 maggio), che però si limita a definire Cesare σύνναος o contubernalis di Quirino, senza accennare all’iscrizione . 18 Dione dice espressamente che le statue dei re erano sette e che quella di Bruto era l’ottava: evidentemente tra i re c’era anche Tito Tazio, ma non Tarquinio il Superbo; cfr . Suet . Caes . 76 .2, più generico: statuam inter reges . 19 Cfr . anche 44 .49 .2, p . 137 B . (nell’orazione funebre per Cesare pronunciata da Antonio); vd . Letta, Fonti 2016, 250, con rimando a Maccari, Quid sit pomerium 2015, 320–322 .

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καὶ ἐν αὐτῇ τῇ πόλει τὴν στολὴν τὴν ἐπινίκιον ἐνδεδυκότα, καὶ καθέζεσθαι ἐπὶ τοῦ ἀρχικοῦ δίφρου πανταχῇ πλὴν ἐν ταῖς πανηγύρεσιν, ἐψηφίσαντο· τότε γὰρ ἐπί τε τοῦ δημαρχικοῦ βάθρου καὶ μετὰ τῶν ἀεὶ δημαρχούντων θεᾶσθαι ἔλαβε. σκῦλά τέ τινα ὀπῖμα ἐς τὸν τοῦ Διὸς τοῦ Φερετρίου νεὼν ἀναθεῖναί οἱ ὥσπερ τινὰ πολέμιον αὐτοστράτηγον αὐτοχειρίᾳ [ποῖ] πεφονευκότι, καὶ τοῖς ῥαβδούχοις δαφνηφοροῦσιν ἀεὶ χρῆσθαι, μετά τε τὰς ἀνοχὰς τὰς Λατίνας ἐπὶ κέλητος ἐς τὴν πόλιν ἐκ τοῦ Ἀλβανοῦ ἐσελαύνειν ἔδοσαν. πρός τε τούτοις τοιούτοις οὖσι πατέρα τε αὐτὸν τῆς πατρίδος ἐπωνόμασαν καὶ ἐς τὰ νομίσματα ἐνεχάραξαν, τά τε γενέθλια αὐτοῦ δημοσίᾳ θύειν ἐψηφίσαντο, καὶ ἐν ταῖς πόλεσι τοῖς τε ναοῖς τοῖς ἐν τῇ Ῥώμῃ πᾶσιν ἀνδριάντα τινὰ αὐτοῦ εἶναι ἐκέλευσαν, καὶ ἐπί γε τοῦ βήματος δύο, τὸν μὲν ὡς τοὺς πολίτας σεσωκότος τὸν δὲ ὡς τὴν πόλιν ἐκ πολιορκίας ἐξῃρημένου, μετὰ τῶν στεφάνων τῶν ἐπὶ τοῖς τοιούτοις νενομισμένων ἱδρύσαντο. νεών τε Ὁμονοίας καινῆς, ὡς καὶ δι’αὐτοῦ εἰρηνοῦντες, οἰκοδομῆσαι, καὶ πανήγυριν αὐτῇ ἐτησίαν ἄγειν ἔγνωσαν. ὡς δὲ ταῦτα ἐδέξατο, τά τε ἕλη οἱ τὰ Πομπτῖνα χῶσαι καὶ τὸν ἰσθμὸν τὸν τῆς Πελοποννήσου διορύξαι βουλευτήριόν τέ τι καινὸν ποιῆσαι προσέταξαν, ἐπειδὴ τὸ Ὁστίλιον καίπερ ἀνοικοδομηθὲν καθῃρέθη, πρόφασιν μὲν τοῦ ναὸν Εὐτυχίας ἐνταῦθ’οἰκοδομηθῆναι, ὃν καὶ ὁ Λέπιδος ἱππαρχήσας ἐξεποίησεν, ἔργῳ δὲ ὅπως μήτε ἐν ἐκείνῳ τὸ τοῦ Σύλλου ὄνομα σώζοιτο καὶ ἕτερον ἐκ καινῆς κατασκευασθὲν Ἰούλιον ὀνομασθείη, ὥσπερ που καὶ τόν τε μῆνα ἐν ᾧ ἐγεγέννητο Ἰούλιον κἀκ τῶν φυλῶν μίαν τὴν κλήρῳ λαχοῦσαν Ἰουλίαν ἐπεκάλεσαν. καὶ αὐτὸν μὲν τιμητὴν καὶ μόνον καὶ διὰ βίου εἶναι, τά τε τοῖς δημάρχοις δεδομένα καρποῦσθαι, ὅπως, ἄν τις ἢ ἔργῳ ἢ καὶ λόγῳ αὐτὸν ὑβρίσῃ, ἱερός τε ᾖ καὶ ἐν τῷ ἄγει ἐνέχηται, τὸν δὲ δὴ υἱόν, ἄν τινα γεννήσῃ ἢ καὶ ἐσποιήσηται, ἀρχιερέα ἀποδειχθῆναι ἐψηφίσαντο. ὡς δὲ καὶ τούτοις ἔχαιρε, δίφρος τέ οἱ ἐπίχρυσος, καὶ στολὴ ᾗ ποτε οἱ βασιλῆς ἐκέχρηντο, φρουρά τε ἐκ τῶν ἱππέων καὶ ἐκ τῶν βουλευτῶν ἐδόθη· καὶ προσέτι καὶ εὔχεσθαι ὑπὲρ αὐτοῦ δημοσίᾳ κατ’ἔτος ἕκαστον, τήν τε τύχην αὐτοῦ ὀμνύναι, καὶ τὰ πραχθησόμενα αὐτῷ πάντα κύρια ἕξειν ἐνόμισαν. κἀκ τούτου καὶ πενταετηρίδα οἱ ὡς ἥρωι, ἱεροποιούς τε ἐς τὰς τοῦ Πανὸς γυμνοπαιδίας, τρίτην τινὰ ἑταιρίαν [ἣν] Ἰουλίαν ὀνομάσαντες, κἀν ταῖς ὁπλομαχίαις μίαν τινὰ ἀεὶ ἡμέραν καὶ ἐν τῇ Ῥώμῃ καὶ ἐν τῇ ἄλλῃ Ἰταλίᾳ ἀνέθεσαν. καὶ ἐπειδὴ καὶ τούτοις ἠρέσκετο, οὕτω δὴ ἔς τε τὰ θέατρα τόν τε δίφρον αὐτοῦ τὸν ἐπίχρυσον καὶ τὸν στέφανον τὸν διάλιθον καὶ διάχρυσον, ἐξ ἴσου τοῖς τῶν θεῶν, ἐσκομίζεσθαι κἀν ταῖς ἱπποδρομίαις ὀχὸν ἐσάγεσθαι ἐψηφίσαντο. καὶ τέλος Δία τε αὐτὸν ἄντικρυς Ἰούλιον προσηγόρευσαν, καὶ ναὸν αὐτῷ

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τῇ Ἐπιεικείᾳ αὐτοῦ τεμενισθῆναι ἔγνωσαν, ἱερέα σφίσι τὸν Ἀντώνιον ὥσπερ τινὰ Διάλιον προχειρισάμενοι. καὶ ἅ γε μάλιστα τὴν διάνοιαν αὐτῶν ἐξέφηνεν, ἅμα τε ταῦτα ἐψηφίζοντο καὶ τάφον αὐτῷ ἐντὸς τοῦ πωμηρίου ποιήσασθαι ἔδοσαν· τά τε δόγματα τὰ περὶ τούτων γιγνόμενα ἐς μὲν στήλας ἀργυρᾶς χρυσοῖς γράμμασιν ἐνέγραψαν, ὑπὸ δὲ δὴ τοὺς πόδας τοῦ Διὸς τοῦ Καπιτωλίου ὑπέθεσαν, δηλοῦντές οἱ καὶ μάλα ἐναργῶς ὅτι ἄνθρωπος εἴη. ἤρξαντο μὲν γὰρ τιμᾶν αὐτὸν ὡς καὶ μετριάσοντα· προχωροῦντες δέ, ἐπειδὴ χαίροντα τοῖς ψηφιζομένοις ἑώρων (πλὴν γὰρ ὀλίγων τινῶν πάντα αὐτὰ ἐδέξατο), ἀεί τι μεῖζον ἄλλος ἄλλο καθ’ὑπερβολὴν ἐσέφερον, οἱ μὲν ὑπερκολακεύοντες αὐτὸν οἱ δὲ καὶ διασκώπτοντες. ἀμέλει καὶ γυναιξὶν ὅσαις ἂν ἐθελήσῃ συνεῖναί οἱ ἐτόλμησάν τινες ἐπιτρέψαι, ὅτι πολλαῖς καὶ τότε ἔτι, καίπερ πεντηκοντούτης ὤν, ἐχρῆτο. ἕτεροι δέ, καὶ οἵ γε πλείους, ἔς τε τὸ ἐπίφθονον καὶ ἐς τὸ νεμεσητὸν προάγειν αὐτὸν ὅτι τάχιστα βουλόμενοι τοῦτ’ἐποίουν, ἵνα θᾶσσον ἀπόληται. ὅπερ που ἐγένετο, καίτοι τοῦ Καίσαρος καὶ δι’αὐτὰ ταῦτα θαρσήσαντος ὡς οὐκ ἄν ποτε οὔθ’ὑπ’ἐκείνων τοιαῦτά γε ψηφιζομένων οὔθ’ὑπ’ἄλλου τινὸς δι’αὐτοὺς ἐπιβουλευθησομένου, κἀκ τούτου οὐδὲ σωματοφύλαξιν ἔτι χρησαμένου· τῷ γὰρ δὴ λόγῳ τὸ πρός τε τῶν βουλευτῶν καὶ πρὸς τῶν ἱππέων τηρεῖσθαι προσέμενος, καὶ τὴν ἐκ τοῦ πρὶν φρουρὰν προσκατέλυσεν.

Un altro caso di sintesi selettiva delle decisioni contenute in una serie di SCC è offerta dal brano n . 6, con l’incredibile crescendo di onori per Cesare votati nei primi mesi del 44 a . C .20; Dione, infatti, dice espressamente che non furono votati tutti in una volta (44 .4 .1) . Non è possibile qui analizzare una per una tutte le notizie; quello che mi preme sottolineare è che in confronto con le altre fonti letterarie Dione dice molto di più, fornendo particolari che nessuna di esse conserva, come il diritto di offrire spolia opima a Giove Feretrio e di avere fasci coronati d’alloro (44 .4 .3), l’attribuzione del nome Iulia a una tribù scelta per sorteggio (44 .5 .2), il pontificato per il suo eventuale figlio, anche se adottivo (44 .5 .3), il giuramento per il suo genius (τύχη: 44 .6 .1), l’istituzione di ludi quadriennali in suo onore e la dedica a lui di un giorno in tutti i ludi gladiatorii sia a Roma che in Italia (44 .6 .2), il diritto di essere sepolto all’interno del pomerium (44 .7 .1), l’incisione di questi SCC in lettere d’oro su tavolette d’argento da deporre ai piedi di Giove Capitolino (44 .7 .1) . Dione conclude ricordando anche proposte ridicole (probabilmente rimaste allo stadio di proposte, ma registrate comunque negli acta senatus), come il diritto di andare con quante donne volesse, e

20 Cfr . Letta, Fonti 2016, 269 .

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osservando che questo parossismo fu anche una trappola studiata per far crescere l’invidia e l’odio nei confronti di Cesare (44 .7 .3) . Ma la decisione più importante, riportata dal solo Dione, mi sembra quella di proclamare Cesare Iuppiter Iulius (Δία … Ἰούλιον) e di dedicare a lui e alla Clementia Caesaris un tempio (44 .6 .4)21 . A volte si è pensato che dietro il Δία Ἰούλιον di Dione, per fraintendimento suo o per corruzione testuale, si celi il nome divus Iulius, che sarebbe stato dato a Cesare già da vivo, in una fase in cui divus non si sarebbe ancora specializzato in riferimento esclusivo a defunti divinizzati22 . In realtà la corruzione testuale va esclusa perché poi Dione accosta espressamente il nuovo flamen di Cesare al flamen Dialis, il che non avrebbe senso se il nuovo dio non si chiamasse anch’egli Iuppiter; un fraintendimento da parte di Dione è del tutto improbabile, perché egli non poteva certo ignorare il senso di divus, né in relazione al nome del divus Iulius, che infatti rende con ἥρωα Ἰούλιον (50 .20 .6), né in relazione alla lunga serie dei divi successivi di cui parla più volte . Va dunque escluso che Cesare fosse detto divus già da vivo23; è vero che nel linguaggio informale e metaforico di alcune fonti letterarie c’è qualche oscillazione, per cui talvolta divus viene usato per un vivo, ma mi sembra quanto mai improbabile che questo potesse avvenire nel linguaggio ufficiale e calibratissimo di un SC . Questo particolare, quindi, conferma che Dione conosce perfettamente tutte queste delibere e che non dipende da fonti letterarie . Inoltre, mentre Svetonio (Caes . 76 .2) e Appiano (b. c. 2 .106 .440–443) elencano le diverse decisioni del senato alla rinfusa, Dione è l’unico in grado di distinguere al loro interno tre serie coerenti in progressione dal 46 al 44 a . C ., che mostrano su alcuni temi un preciso crescendo: nell’iscrizione apposta sulla statua del 46 a . C . Cesare era definito semideus (43 .14 .6), in quella del 45 deus invictus (43 .45 .3) e nel 44 era invocato addirittura come Iuppiter Iulius (44 .6 .4)24; nel 46 a . C . era autorizzato a sedere in senato su una sella curulis insieme ai consoli (43 .14 .5), nel 44 la sua sella curulis divenne d’oro (44 .6 .1); nel 45 una sua statua d’avorio doveva sfilare tra le statue degli dei nella pompa circensis (43 .45 .2), nel 44 dovevano sfilare anche la sua sella d’oro e la sua corona dorata con gemme, come per i sellisternia degli dei (44 .6 .3); nel 45 Cesare era autorizzato a indossare la toga trionfale solo ἐν πάσαις ταῖς πανηγύρεσι (43 .43 .1), nel 46 ἀεὶ καὶ ἐν αὐτῇ τῇ πόλει (44 .4 .2) .

21 Cfr . App . BC 2 .106 .443, che parla solo del tempio, dedicato «a lui e alla Clemenza in atto di stringersi la destra» . 22 Così propose per primo Eduard Meyer, seguito poi da molti altri studiosi (Taylor, Alföldi, Weinstock, Fishwick etc .) . 23 Così Clauss, Kaiser und Gott, 1999, 50, nt . 58, in riferimento a ILLRP 408 . 24 Questo crescendo è la migliore conferma della piena attendibilità delle notizie fornite da Dione, sia per quanto riguarda il termine ἡμίθεος, sia per quanto riguarda Iuppiter Iulius.

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Brano n. 7 (46 .50 .3–6, p . 206 B .) [43 a . C .]

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οἱ γὰρ βουλευταὶ ἐπειδὴ ἐπύθοντο τὸν Σιλανὸν τὰ τοῦ Ἀντωνίου πράξαντα, ἐφοβήθησαν τόν τε Λέπιδον καὶ τὸν Πλάγκον [καὶ] τὸν Λούκιον, μὴ καὶ ἐκεῖνοι αὐτῷ συνάρωνται, καὶ πέμψαντες πρὸς αὐτοὺς οὐδὲν ἔτι δεῖσθαί σφων ἔφασαν. ἵνα τε μηδὲν ὑποτοπήσωσι κἀκ τούτου τι κακουργήσωσιν, ἐκέλευσαν αὐτοῖς τοὺς ἐκ Οὐιέννης τῆς Ναρβωνησίας ὑπὸ τῶν Ἀλλοβρίγων ποτὲ ἐκπεσόντας καὶ ἐς τὸ μεταξὺ τοῦ τε Ῥοδανοῦ καὶ τοῦ Ἀράριδος, ᾗ συμμίγνυνται ἀλλήλοις, ἱδρυθέντας συνοικίσαι. καὶ οὕτως ἐκεῖνοι ὑπομείναντες τὸ Λουγούδουνον μὲν ὀνομασθὲν νῦν δὲ Λούγδουνον καλούμενον ἔκτισαν, οὐχ ὅτι οὐ καὶ ἐς τὴν Ἰταλίαν σὺν τοῖς ὅπλοις ἠδυνήθησαν ἂν ἐλθεῖν, εἴπερ ἠθελήκεσαν (ἀσθενέστατα γὰρ ἤδη τὰ ψηφίσματα πρὸς τοὺς τὰς δυνάμεις ἔχοντας ἤγετο), ἀλλ’ὅτι τὴν ἔκβασιν τοῦ Ἀντωνιείου πολέμου περισκοποῦντες τῇ τε βουλῇ πεπειθαρχηκέναι δόξαι καὶ τὰ σφέτερα ἅμα κρατύνασθαι ἐβούλοντο.

Per questo brano, che attribuisce la fondazione di Lugdunum (43 a . C .) all’opera congiunta di Munazio Planco ed Emilio Lepido, come stabilito da un SC, mi limito a richiamare quanto ho già detto: Dione deve essersi basato solo sul SC che conferiva ad entrambi questo incarico, ignorando che Lepido si fosse poi defilato25 . Brano n. 8 (47 .18–19, pp . 223–224 B .) [42 a . C .]

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ταῦτά τε οὖν οὕτως οἱ ἄνδρες ἐκεῖνοι οἱ τρεῖς ἐποίουν, καὶ ἅμα καὶ τὸν Καίσαρα τὸν πρότερον ἐπὶ πλεῖστον ἐσέμνυνον. ἅτε γὰρ τῆς μοναρχίας ἐφιέμενοι καὶ πρὸς αὐτὴν ἐπειγόμενοι τούς τε σφαγέας αὐτοῦ τοὺς λοιποὺς ὀργῇ μετῄεσαν, ὡς καὶ ἐκ τούτου τήν τε ἄδειάν σφισιν ὧν ἐποίουν καὶ τὴν ἀσφάλειαν πόρρωθεν προπαρασκευάσοντες, καὶ πάνθ’ὅσα ἐς τιμὴν αὐτοῦ ἔφερε, προθύμως ἔπραττον ἐς ὑποδοχὴν τοῦ καὶ αὐτοί ποτε τῶν ὁμοίων ἀξιωθῆναι· καὶ διὰ τοῦτο τοῖς τε ἐψηφισμένοις ἤγαλλον αὐτὸν καὶ ἑτέροις ἃ τότε προσέθεσαν. ἔν τε γὰρ τῇ πρώτῃ τοῦ ἔτους ἡμέρᾳ αὐτοί τε ὤμοσαν καὶ τοὺς ἄλλους ὥρκωσαν βέβαια νομιεῖν πάντα τὰ ὑπ’ ἐκείνου γενόμενα (καὶ τοῦτο καὶ νῦν ἐπὶ πᾶσι τοῖς τὸ κράτος ἀεὶ ἴσχουσιν, ἢ καὶ ἐπ’αὐτοῦ ποτε γενομένοις καὶ μὴ ἀτιμωθεῖσι, γίγνεται), καὶ ἡρῷόν οἱ ἔν τε τῇ ἀγορᾷ καὶ ἐν τῷ τόπῳ ἐν ᾧ ἐκέκαυτο προκατεβάλοντο, καί τι καὶ ἄγαλμα αὐτοῦ ἐν ταῖς ἱπποδρομίαις μεθ’ἑτέρου Ἀφροδισίου ἔπεμπον. εἴ τε νίκη τις ἠγγέλθη ποθέν, χωρὶς μὲν τῷ κρατήσαντι χωρὶς δὲ ἐκείνῳ καὶ τεθνεῶτι τιμὴν ἱερο-

25 Cfr . Letta, Documenti 2003, 605–606; Letta, Fonti 2016, 251 .

Conoscenza e criteri di utilizzazione dei senatus consulta nella Storia Romana di Cassio Dione

μηνίας ἔνεμον. τά τε γενέσια αὐτοῦ δαφνηφοροῦντας καὶ εὐθυμουμένους πάντας ἑορτάζειν ἠνάγκασαν, νομοθετήσαντες τοὺς μὲν ἄλλους τοὺς ἀμελήσαντας αὐτῶν ἐπαράτους τῷ τε Διὶ καὶ αὐτῷ ἐκείνῳ εἶναι, τοὺς δὲ δὴ βουλευτὰς τούς τε υἱεῖς σφων πέντε καὶ εἴκοσι μυριάδας ὀφλισκάνειν. καὶ συνέβαινε γὰρ ἐν τῇ αὐτῇ ἡμέρᾳ καὶ τὰ Ἀπολλώνια γίγνεσθαι, ἐψηφίσαντο τῇ προτεραίᾳ τὰ γενέσια ἀγάλλεσθαι, ὡς καὶ λογίου τινὸς Σιβυλλείου ἀπαγορεύοντος μηδενὶ 19 θεῶν τότε πλὴν τῷ Ἀπόλλωνι ἑορτάζεσθαι. ταῦτά τε οὖν αὐτῷ ἔδωκαν, καὶ τὴν ἡμέραν ἐν ᾗ ἐφονεύθη, κυρίαν ἀεί ποτε ἕδραν βουλῆς ἔχουσαν, ἀποφράδα ἐνόμισαν. τό τε οἴκημα ἐν ᾧ ἐσφάγη, παραχρῆμά τε ἔκλεισαν καὶ ὕστερον ἐς ἄφοδον μετεσκεύασαν· καὶ τὸ βουλευτήριον τὸ Ἰούλιον ἐπ’αὐτοῦ κληθὲν παρὰ τῷ Κομιτίῳ 2 ὠνομασμένῳ ᾠκοδόμουν, ὥσπερ ἐψήφιστο. πρὸς δὲ τούτοις ἀπεῖπον μὲν μηδεμίαν εἰκόνα αὐτοῦ, καθάπερ θεοῦ τινος ὡς ἀληθῶς ὄντος, ἐν ταῖς τῶν συγγενῶν αὐτοῦ ἐκφοραῖς πέμπεσθαι, ὅπερ ἐκ τοῦ πάνυ ἀρχαίου καὶ τότε ἔτι ἐγίγνετο· ἀπηγόρευσαν δὲ μηδένα ἐς τὸ ἡρῷον αὐτοῦ καταφυγόντα ἐπ’ἀδείᾳ μήτε ἀνδρηλατεῖσθαι 3 μήτε συλᾶσθαι, ὅπερ οὐδενὶ οὐδὲ τῶν θεῶν, πλὴν τῶν ἐπὶ τοῦ Ῥωμύλου γενομένων, ἐδεδώκεσαν. καίτοι καὶ ἐκεῖνο τὸ χωρίον ὀνόματι τὴν ἀσυλίαν, μετὰ τὴν τῶν ἀνδρῶν ἄθροισιν, ἄνευ τοῦ ἔργου αὐτῆς ἔσχεν· οὕτω γὰρ περιεφράχθη ὥστε μηδένα ἔτι τὸ παράπαν ἐσελθεῖν ἐς αὐτὸ δυνηθῆναι. 4 τῷ μὲν δὴ Καίσαρι ταῦτ’ἔδωκαν, ταῖς δὲ ἀειπαρθένοις ῥαβδούχῳ ἑνὶ ἑκάστῃ χρῆσθαι, ὅτι τις αὐτῶν ἀπὸ δείπνου πρὸς ἑσπέραν οἴκαδε ἐπανιοῦσα ἠγνοήθη τε καὶ ὑβρίσθη. τάς τε ἀρχὰς τὰς ἐν τῇ πόλει ἐπὶ πλείω ἔτη προαπέδειξαν, τούς τε ἐπιτηδείους σφίσιν ἅμα δι’αὐτῶν τιμῶντες, καὶ τὰ πράγματα ἐπὶ μακρότερον ταῖς τῶν ἀρξόντων διαδοχαῖς κρατυνόμενοι.

La stessa ricchezza di particolari riscontrata per gli onori resi a Cesare vivo si ritrova nel brano n . 8 per gli onori postumi decisi per Cesare defunto nel 42 a . C .26 Il soggetto delle varie iniziative sono sempre i triumviri e in un caso si allude espressamente a una loro legge (47 .18 .5: νομοθετήσαντες) . Si può quindi pensare che in molti casi essi abbiano agito tramite decreti e leggi comiziali, ma mi sembra molto probabile che tutto questo avvenisse su esplicito mandato del senato, come appare sicuro almeno per quanto riguarda la costruzione della nuova curia (47 .19 .1: ὥσπερ ἐψήφιστο) . Un voto del senato era certo indispensabile anche per il tempio (47 .18 .4) e gli interventi sul calendario (47 .18 .6 e 19 .1) .

26 Cfr . Letta, Fonti 2016, 269 .

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Ritengo dunque che anche in questo caso Dione ricavi da una documentazione molto ampia attinta agli acta senatus una sintesi selettiva delle decisioni a suo giudizio più significative assunte in questa fase . Brano n. 9 (51 .25 .2, p . 376 B .) [29 a . C .] καὶ τότε μέν (χειμὼν γὰρ ἦν) ἐς τὴν φιλίαν ἀνεχώρησε, πολλὰ μὲν ὑπὸ τοῦ ψύχους πολλῷ δὲ ἔτι πλείω ὑπὸ τῶν Θρᾳκῶν, δι’ὧν ὡς φίλων ἐπανῄει, παθών· ὅθενπερ γνώμην ἔσχεν ἀρκεσθῆναι τοῖς κατειργασμένοις. καὶ γὰρ καὶ θυσίαι καὶ νικητήρια οὐχ ὅτι τῷ Καίσαρι ἀλλὰ καὶ ἐκείνῳ ἐψηφίσθη· οὐ μέντοι καὶ τὸ τοῦ αὐτοκράτορος ὄνομα, ὥς γέ τινές φασιν, ἔλαβεν, ἀλλ’ὁ Καῖσαρ μόνος αὐτὸ προσέθετο.

Brano n. 10 (54 .8 .2–3, pp . 449–450 B .) [20 a . C .]

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καὶ αὐτοὺς ἐκεῖνος ὡς καὶ πολέμῳ τινὶ τὸν Πάρθον νενικηκὼς ἔλαβε· καὶ γὰρ ἐφρόνει μέγα, λέγων ὅτι τὰ πρότερόν ποτε ἐν ταῖς μάχαις ἀπολόμενα ἀκονιτὶ ἐκεκόμιστο. ἀμέλει καὶ θυσίας ἐπ’αὐτοῖς καὶ νεὼν Ἄρεως Τιμωροῦ ἐν τῷ Καπιτωλίῳ, κατὰ τὸ τοῦ Διὸς τοῦ Φερετρίου ζήλωμα, πρὸς τὴν τῶν σημείων ἀνάθεσιν καὶ ψηφισθῆναι ἐκέλευσε καὶ ἐποίησε, καὶ προσέτι καὶ ἐπὶ κέλητος ἐς τὴν πόλιν ἐσήλασε καὶ ἁψῖδι τροπαιοφόρῳ ἐτιμήθη.

Anche per il brano n . 9 sul titolo di Imperator riconosciuto dal senato ad Ottaviano, ma non a M . Licinio Crasso nel 29 a . C ., e per il brano n . 10 (54 .8 .2–3, pp . 449–450 B .) sulla costruzione di un tempio di Marte Ultore sul Campidoglio nel 20 a . C . basti il rimando a quanto ho detto altrove27 . Brano n. 11 (54 .11 .6, p . 453 B .) [19 a . C .] οὐ μὴν οὔτε ἐπέστειλέ τι τῇ βουλῇ περὶ αὐτῶν, οὔτε τὰ ἐπινίκια καίτοι ἐκ τῆς τοῦ Αὐγούστου προστάξεως ψηφισθέντα προσήκατο, ἀλλ’ἔν τε τούτοις ἐμετρίαζεν ὥσπερ εἰώθει, καὶ γνώμην ποτὲ ὑπὸ τοῦ ὑπάτου ὑπὲρ τοῦ ἀδελφοῦ αὐτοῦ ἐρωτηθεὶς οὐκ ἔδωκε.

Nel brano n . 11 Dione parla del mancato trionfo di Agrippa nel 19 a . C ., fornendo una serie di particolari sulla seduta in cui il senato lo decretò e Agrippa lo rifiutò, 27 Cfr . Letta, Fonti 2016, 249 (Imperator) e 251–252 (Marte Ultore) .

Conoscenza e criteri di utilizzazione dei senatus consulta nella Storia Romana di Cassio Dione

che sembrano basati sulla consultazione diretta del verbale . Dione, infatti, è in grado di precisare che Agrippa non aveva inviato rapporti scritti al senato sulla sua campagna contro i Cantabri, ma che il senato, su proposta di Augusto, aveva egualmente decretato il trionfo . Evidentemente dagli atti della seduta risultava che le notizie sulle operazioni il senato le aveva avute dallo stesso Augusto, perché Agrippa le aveva comunicate a lui anziché al senato . Che lo storico avesse consultato gli acta senatus di quell’anno risulta anche da una notizia che figura nello stesso passo e che riguarda certamente una seduta senatoria, forse la stessa in cui fu discusso il trionfo28: richiesto dal console di esprimere il proprio parere a proposito del fratello, Agrippa rinunciò a pronunciarsi . Nella prospettiva che qui ci interessa non cambia gran che se si corregge il tràdito ὑπέρ in πρό29, intendendo che il console abbia interrogato Agrippa prima del proprio fratello, a cui sarebbe spettata la precedenza, e che Agrippa, ostentando moderazione, si sia rifiutato di parlare prima che fosse il suo turno30 . Quel che conta è che Dione si mostra ben informato sulla procedura seguita nel dibattito in senato . Brano n. 12 (54 .23 .7–8, p . 464 B .) [15 a . C .]

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τοῦτο μὲν οὖν ὕστερον ἐποίησε, τότε δὲ πόλεις ἔν τε τῇ Γαλατίᾳ καὶ ἐν τῇ Ἰβηρίᾳ συχνὰς ἀπῴκισε, καὶ Κυζικηνοῖς τὴν ἐλευθερίαν ἀπέδωκε, Παφίοις τε σεισμῷ πονήσασι καὶ χρήματα ἐχαρίσατο καὶ τὴν πόλιν Αὔγουσταν καλεῖν κατὰ δόγμα ἐπέτρεψε. ταῦτα δὲ ἔγραψα οὐχ ὅτι καὶ ἄλλαις πόλεσι πολλαῖς καὶ πρότερον καὶ μετὰ τοῦτο καὶ αὐτὸς ὁ Αὔγουστος ἐφ’ὁμοίαις συμφοραῖς καὶ οἱ βουλευταὶ ἐπεκούρησαν, ὧν εἴ τις ἁπάντων μνημονεύοι, ἀπέραντον ἂν τὸ ἔργον τῆς συγγραφῆς γένοιτο· ἀλλ’ὅτι καὶ τὰς ἐπωνυμίας ταῖς πόλεσιν ἡ γερουσία ἐν μέρει τιμῆς ἔνεμε, καὶ οὐχ ὥσπερ νῦν αὐτοὶ ἑαυτοῖς ἕκαστοι καταλόγους ὀνομάτων οὓς ἂν ἐθελήσωσιν ὡς πλήθει ποιοῦνται.

Nel brano n . 12 lo storico ricorda, a titolo di esempio, l’epiteto di Augusta concesso dal senato a Paphos nel 15 a . C ., per mostrare che allora era necessario un SC, e non bastava, ὥσπερ νῦν, l’iniziativa della singola città . Con l’usuale dichiarazione di metodo, egli segnala che dà solo un esempio fra i tanti possibili di interventi di Augusto e del senato in favore di città, perché «se si volesse ricordarli tutti, il lavoro per scrivere quest’opera non finirebbe più»; vuole così far capire che cono28 Secondo Rich, The Augustan Settlement 1990, 188 ποτε «indicates that this incident did not take place in 19», ma la cosa non mi sembra così sicura . 29 Vd . nell’edizione Loeb la nota 1 ad loc . 30 Rich, The Augustan Settlement 1990, 188 pensa che τοῦ ἀδελφοῦ αὐτοῦ si riferisca a un fratello di Agrippa, ma è più probabile che si tratti di un fratello del console .

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sce molto più di quel che dice, perché ha riscontrato negli acta senatus molte altre delibere dello stesso tipo . È significativo poi il richiamo per contrasto alla prassi del suo tempo, da cui possiamo arguire che anche in questo caso, come credo di aver dimostrato per il breviarium totius imperii di Augusto, la spinta alle ricerche nell’archivio del senato nasce dal desiderio di leggere il passato in riferimento alle realtà e ai problemi del presente31 . Brano n. 13 (54 .25 .3, p . 466 B .) [13 a . C .] ἥ τε γὰρ βουλὴ ἠθροίσθη, καὶ ἔδοξέ σφισιν ἄλλα τε καὶ βωμὸν ἐν αὐτῷ τῷ βουλευτηρίῳ ὑπὲρ τῆς τοῦ Αὐγούστου ἐπανόδου ποιήσασθαι, τοῖς τε ἱκετεύσασιν αὐτὸν ἐντὸς τοῦ πωμηρίου ὄντα ἄδειαν εἶναι. οὐ μέντοι καὶ ἐδέξατο οὐδέτερον, ἀλλὰ καὶ τὴν ἀπάντησιν τοῦ δήμου καὶ τότε ἐξέστη·

Come onori decisi per Augusto al suo rientro dalla Spagna nel 13 a . C .32 il brano ricorda solo quelli che Augusto rifiutò (un altare da erigere all’interno della curia e l’impunità per chi si fosse rivolto a lui come supplice all’interno del pomerium), ma sorprendentemente ignora l’ara Pacis33 . Evidentemente Dione qui non si basa su fonti letterarie, ma solo sugli acta senatus, in cui dovevano figurare due distinti SCC, il secondo dei quali gli è sfuggito . In effetti sappiamo che l’ara Pacis fu votata il 4 luglio del 13 a . C ., probabilmente il giorno stesso dell’ingresso di Augusto a Roma, mentre il SC di cui parla Dione dev’essere della fine dell’inverno o dell’inizio della primavera, perché egli dice che fu approvato nei giorni di una piena straordinaria del Tevere (54 .25 .2), del tutto inverosimile in piena estate34 . Si può supporre che quella prima delibera sia stata votata quando Augusto era ancora lontano da Roma e che in seguito al suo rifiuto il senato sia stato costretto a deliberare di nuovo . Quel che è certo è che sul primo SC Dione fornisce molti particolari, anche procedurali: la seduta era presieduta da Tiberio, il quale volle che il primo a prendere la parola fosse Cornelio Balbo, che aveva appena inaugurato il suo teatro, nonostante la piena del Tevere .

31 Cfr . Rich, The Augustan Settlement 1990, 200–201 . 32 Cfr . Letta, Fonti 2016, 269 . 33 Cfr . Rich, The Augustan Settlement 1990, 203 . 34 Aldrete, Floods 2007, 67 data la piena al 4 luglio, giorno del rientro a Roma di Augusto, perché pensa ad un unico SC . In realtà il primo voto dovette precedere l’arrivo di Augusto . Del resto, dalla tabella 2 .2 data dallo stesso Aldrete a p . 68 risulta chiaramente che non sono altrimenti note piene del Tevere nel mese di luglio, né in epoca antica né per il periodo meglio documentato fino all’anno 2000 . È particolarmente significativo il confronto con la situazione di altri mesi registrata per il periodo tra 1700 e 2000: 34 piene in novembre-dicembre, 25 in gennaio-febbraio, 13 in marzo-aprile, 2 in maggio-giugno, 0 in luglio-agosto .

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Brano n. 14 (55 .6 .6, p . 484 B .) [8 a . C .] αὐτὸς γὰρ ἐκεῖνα μὲν οὐκ ἠθέλησε πέμψαι, ἐς δὲ δὴ τὰ γενέθλια ἱπποδρομίαν ἀίδιον ἔλαβε. τά τε τοῦ πωμηρίου ὅρια ἐπηύξησε, καὶ τὸν [μὲν] μῆνα τὸν Σεξτίλιον ἐπικαλούμενον Αὔγουστον ἀντωνόμασε·

Ho già accennato al brano n . 14, che per l’8 a . C . parla di un ampliamento del pomerium da parte di Augusto che in realtà non ci fu . Come nel caso del presunto intervento di Cesare, si può ritenere che Dione si sia basato esclusivamente su un SC che autorizzava in linea di principio quell’ampliamento35 e non si rese conto che esso non aveva avuto seguito36 . A giudicare dalle parole dello storico, quello stesso SC stabiliva anche la ridenominazione del mese Sextilis come Augustus, e la certezza che questa parte della delibera fosse stata attuata indusse Dione a ritenere attuato anche il resto . Brano n. 15 (55 .8 .1–2, pp . 485–486 B .) [7 a . C .]

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Τιβέριος δὲ ἐν τῇ νουμηνίᾳ ἐν ᾗ ὑπατεύειν μετὰ Γναίου Πίσωνος ἤρξατο, ἔς τε τὸ Ὀκταουίειον τὴν βουλὴν ἤθροισε διὰ τὸ ἔξω τοῦ πωμηρίου αὐτὸ εἶναι, καὶ τὸ Ὁμονόειον αὐτὸς ἑαυτῷ ἐπισκευάσαι προστάξας, ὅπως τό τε ἴδιον καὶ τὸ τοῦ Δρούσου ὄνομα αὐτῷ ἐπιγράψῃ, τά τε νικητήρια ἤγαγε καὶ τὸ τεμένισμα τὸ Λίουιον ὠνομασμένον καθιέρωσε μετὰ τῆς μητρός· καὶ αὐτὸς μὲν τὴν γερουσίαν ἐν τῷ Καπιτωλίῳ, ἐκείνη δὲ τὰς γυναῖκας ἰδίᾳ που εἱστίασε.

Molto precise, anche sul piano procedurale, sono le notizie fornite dal brano n . 15 sul SC che nel 7 a . C . affidò a Tiberio il compito di restaurare il tempio di Concordia . Dione è in grado di indicare il giorno, il luogo e il presidente della seduta («il primo giorno dell’anno in cui era console Cn . Pisone, Tiberio convocò il senato nella curia Octavia, perché era fuori del pomerium»)37 e di precisare che le decisioni furono prese su proposta di Tiberio e che già nella delibera era specificato che il restauro sarebbe stato fatto anche a nome del defunto Druso .

35 Così anche Rich, The Augustan Settlement 1990, 224, mentre Swan, The Augustan Succession 2004, 66 sembra incline ad ammettere la storicità dell’ampliamento augusteo . 36 D’altra parte anche secondo Tac . ann . 12 .23 .5 e HA Aurel . 21 .11 Augusto aveva ampliato il pomerium; per una possibile spiegazione v . Maccari, Quid sit pomerium 2015, 322–324 . 37 Cfr . Rich, The Augustan Settlement 1990, 225–226; Swan, The Augustan Succession 2004, 73, secondo cui Dione avrebbe attinto la notizia dell’iscrizione «from an historical source» .

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Brano n. 16 (55 .27 .3, p . 511 B .) [6 a . C .] καὶ διὰ τοῦτο ζήτησίς τε αὐτῶν ἐψηφίσθη καὶ μήνυτρα προετέθη· μηνύσεις τε ἐγίγνοντο, καὶ ἡ πόλις καὶ ἐκ τούτων ἐταράττετο, μέχρις οὗ ἥ τε σιτοδεία ἐπαύσατο, καὶ μονομαχίας ἀγῶνες ἐπὶ τῷ Δρούσῳ πρός τε τοῦ Γερμανικοῦ τοῦ Καίσαρος καὶ πρὸς Τιβερίου Κλαυδίου Νέρωνος, τῶν υἱέων αὐτοῦ, ἐγένοντο.

Brano n. 17 (55 .28 .1–3, p . 512 B .) [6 a . C .]

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κἀν τοῖς αὐτοῖς τούτοις χρόνοις καὶ πόλεμοι πολλοὶ ἐγένοντο. καὶ γὰρ λῃσταὶ συχνὰ κατέτρεχον, ὥστε τὴν Σαρδὼ μηδ’ἄρχοντα βουλευτὴν ἔτεσί τισι σχεῖν, ἀλλὰ στρατιώταις τε καὶ στρατιάρχαις ἱππεῦσιν ἐπιτραπῆναι· καὶ πόλεις οὐκ ὀλίγαι ἐνεωτέριζον, ὥστε καὶ ἐπὶ δύο ἔτη τοὺς αὐτοὺς ἐν τοῖς τοῦ δήμου ἔθνεσι, καὶ αἱρετούς γε ἀντὶ τῶν κληρωτῶν, ἄρξαι· τὰ γὰρ τοῦ Καίσαρος καὶ ἄλλως ἐπὶ πλείω χρόνον [ἐν] τοῖς αὐτοῖς προσετάττετο. οὐ μέντοι καὶ περὶ πάντων αὐτῶν ἀκριβῶς ἐπεξάξω· πολλά τε γὰρ ὡς ἑκάστοις καὶ οὐκ ἀξιόλογα συνηνέχθη, καὶ οὐδὲν ἂν λεπτολογηθέντα ὠφελήσειε. τά γε μὴν μνήμης τινὸς ἄξια κεφαλαιώσας, πλὴν τῶν μεγίστων, ἐρῶ.

Nella narrazione delle vicende del 6 d . C ., poco significativo appare il brano n . 16 sulla decisione di aprire un’inchiesta sui libelli attribuiti a (P . Plauzio) Rufo38, ma molto più interessante appare il brano n . 17, che riassume una serie di decisioni amministrative certamente formalizzate in senato, anche se Dione non lo dice esplicitamente: in Sardegna venne inviato un procuratore equestre, altrove proconsoli nominati anziché sorteggiati e con un mandato di due anni anziché uno solo . Dione non scende in particolari, ma vuol far capire al lettore che li conosce perfettamente e che rinuncia a riportarli per ragioni di metodo: «Non mi dilungherò su tutti costoro; per ciascuno di loro, infatti, le cose che si verificarono furono molte e non degne di menzione e non sarebbero di alcuna utilità se si disquisisse minuziosamente su di esse . Fatta eccezione per i fatti più importanti, nella mia esposizione riassumerò solo le cose che meritano in qualche misura di essere ricordate» .

38 Cfr . Swan, The Augustan Succession 2004, 184 .

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Brano n. 18 (56 .31 .2–33 .6, pp . 544–546 B .) [14 d . C .] τὸ δ’οὖν σῶμα τὸ τοῦ Αὐγούστου ἐκ μὲν τῆς Νώλης οἱ πρῶτοι καθ’ἑκάστην πόλιν ἐκ διαδοχῆς ἐβάστασαν, πρὸς δὲ δὴ τῇ Ῥώμῃ γενόμενον οἱ ἱππῆς παραλαβόντες νυκτὸς ἐς τὸ ἄστυ ἐσεκόμισαν. τῇ τε ὑστεραίᾳ βουλὴ ἐγένετο, καὶ ἐς αὐτὴν οἱ μὲν ἄλλοι τὴν ἱππάδα στολὴν ἐνδεδυκότες συνῆλθον, οἱ δ’ἄρχοντες τὴν βουλευτικὴν πλὴν 3 τῶν ἱματίων τῶν περιπορφύρων· ὁ δὲ δὴ Τιβέριος καὶ ὁ Δροῦσος ὁ υἱὸς αὐτοῦ φαιάν, τὸν ἀγοραῖον τρόπον πεποιημένην, εἶχον. καὶ τοῦ μὲν λιβανωτοῦ καὶ αὐτοὶ ἔθυσαν, τῷ δ’αὐλητῇ οὐκ ἐχρήσαντο. ἐκαθέζοντο δὲ οἱ μὲν πολλοὶ ὥς που ἕκαστος εἰώθει, οἱ δ’ὕπατοι κάτω ἐν τοῖς βάθροις ὁ μὲν τῷ τῶν στρατηγῶν ὁ δὲ τῷ τῶν δημάρχων. καὶ μετὰ τοῦτο τῷ τε Τιβερίῳ ἄδεια ἐδόθη, ὅτι τοῦ τε νεκροῦ, οὐκ ἐξὸν δή, ἥψατο καὶ συμπαρέπεμψεν αὐτόν (καίτοι τὰς | … 32 1a … τὰς διαθήκας αὐτοῦ ὁ Δροῦσος ἐκ τῶν ἀειπαρθένων τῶν τῆς Ἑστίας ἱερειῶν, αἷς παρετέθειντο, εἰληφὼς εἰς τὸ συνέδριον εἰσήνεγκε, καὶ τὰς σφραγῖδας οἱ κατασημηνάμενοι ἐπεσκέψαντο, καὶ ἀνεγνώσθησαν ἐν ἐπηκόῳ τοῦ συνεδρίου. Zon. 10.38 p. 429, 19–430, 1 B. (p. 454, 27–455, 2 D.) 1 Xiph. 120.7–121.32: … τὰς διαθήκας αὐτοῦ Πολύβιός τις καισάρειος ἀνέγνω ὡς μὴ πρέπον βουλευτῇ τοιοῦτόν τι ἀναλέγεσθαι. κατελέλειπτο δὲ ἐν αὐταῖς τὰ μὲν δύο μέρη τοῦ κλήρου τῷ Τιβερίῳ, τὸ δὲ λοιπὸν τῇ Λιουίᾳ, ὥς τινες λέγουσιν· ἵνα γάρ τι καὶ ἐκείνη τῆς οὐσίας αὐτοῦ ἀπόνηται, παρὰ τῆς βουλῆς ᾐτήσατο τοσοῦτον αὐτῇ καὶ παρὰ 2 τὸν νόμον καταλιπεῖν δυνηθῆναι. κληρονόμοι μὲν δὴ οὗτοι ἐγεγράφατο· κτήματα δὲ καὶ χρήματα πολλὰ πολλοῖς καὶ τῶν προσηκόντων οἱ καὶ τῶν ἀλλοτρίων, οὐχ ὅπως βουλευταῖς καὶ ἱππεῦσιν ἀλλὰ καὶ βασιλεῦσι, τῷ τε δήμῳ χιλίας μυριάδας, καὶ τοῖς στρατιώταις τοῖς μὲν δορυφόροις κατὰ πεντήκοντα καὶ διακοσίας δραχμάς, τοῖς δ’ἀστικοῖς τὴν ἡμίσειαν, τῷ 3 τε λοιπῷ τῷ πολιτικῷ πλήθει πέντε καὶ ἑβδομήκοντα δοθῆναι ἐκέλευσε. καὶ προσέτι καὶ τοῖς παισὶν ὧν μικρῶν ἔτι ὄντων τοὺς πατέρας τῶν οὐσιῶν ἐκεκληρονομήκει, προσέταξε πάντα μετὰ τῶν προσόδων, ἐπειδὰν ἀνδρωθῶσιν, ἀποδοθῆναι. ὅπερ που καὶ ζῶν ἐποίει· εἰ γάρ τινα τέκνα ἔχοντα διεδέξατο, τοῖς παισὶν αὐτοῦ πάντως, εἰ μὲν ἤδη τότε τέλειοι ἦσαν, 4 εὐθύς, εἰ δὲ μή, μετὰ τοῦτο πάντα ἀπεδίδου. τοιοῦτος μέντοι περὶ τοὺς ἀλλοτρίους παῖδας ὢν τὴν θυγατέρα οὔτε κατήγαγε, καίπερ καὶ δωρεῶν ἀξιώσας, καὶ ταφῆναι ἐν τῷ αὑτοῦ μνημείῳ ἀπηγόρευσε. 33 τοσαῦτα μὲν αἱ διαθῆκαι ἐδήλουν, ἐσεκομίσθη δὲ καὶ βιβλία τέσσαρα· καὶ αὐτὰ ὁ Δροῦσος ἀνέγνω. ἐγέγραπτο δὲ ἐν μὲν τῷ πρώτῳ ὅσα τῆς ταφῆς εἴχετο, ἐν δὲ τῷ δευτέρῳ τὰ ἔργα ἃ ἔπραξε πάντα, ἃ καὶ ἐς χαλκᾶς στήλας πρὸς τῷ ἡρῴῳ αὐτοῦ σταθείσας ἀναγραφῆναι

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ἐκέλευσε· τὸ τρίτον τά τε τῶν στρατιωτῶν καὶ τὰ τῶν προσόδων τῶν τε ἀναλωμάτων τῶν δημοσίων, τό τε πλῆθος τῶν ἐν τοῖς θησαυροῖς χρημάτων, καὶ ὅσα ἄλλα τοιουτότροπα ἐς τὴν ἡγεμονίαν φέροντα ἦν, εἶχε, καὶ τὸ τέταρτον ἐντολὰς καὶ ἐπισκήψεις τῷ Τιβερίῳ καὶ τῷ κοινῷ, ἄλλας τε καὶ ὅπως μήτ’ἀπελευθερῶσι πολλούς, ἵνα μὴ παντοδαποῦ ὄχλου τὴν πόλιν πληρώσωσι, μήτ’αὖ ἐς τὴν πολιτείαν συχνοὺς ἐσγράφωσιν, ἵνα πολὺ τὸ διάφορον αὐτοῖς πρὸς τοὺς ὑπηκόους ᾖ. τά τε κοινὰ πᾶσι τοῖς δυναμένοις καὶ εἰδέναι καὶ πράττειν ἐπιτρέπειν, καὶ ἐς μηδένα ἀναρτᾶν αὐτὰ παρῄνεσέ σφισιν, ὅπως μήτε τυραννίδος τις ἐπιθυμήσῃ, μήτ’αὖ πταίσαντος ἐκείνου τὸ δημόσιον σφαλῇ. γνώμην τε αὐτοῖς ἔδωκε τοῖς τε παροῦσιν ἀρκεσθῆναι καὶ μηδαμῶς ἐπὶ πλεῖον τὴν ἀρχὴν ἐπαυξῆσαι ἐθελῆσαι· δυσφύλακτόν τε γὰρ αὐτὴν ἔσεσθαι, καὶ κινδυνεύσειν ἐκ τούτου καὶ τὰ ὄντα ἀπολέσαι ἔφη. τοῦτο γὰρ καὶ αὐτὸς ὄντως ἀεί ποτε οὐ λόγῳ μόνον ἀλλὰ καὶ ἔργῳ ἐτήρησε· παρὸν γοῦν αὐτῷ πολλὰ ἐκ τοῦ βαρβαρικοῦ προσκτήσασθαι οὐκ ἠθέλησε.

Il brano n . 18 non riporta alcuna delibera del senato, ma un resoconto della seduta che esso tenne all’indomani dell’arrivo a Roma della salma di Augusto nel 14 d . C .39; in queste pagine Dione fornisce una tale quantità di particolari cerimoniali, assenti nelle altre fonti disponibili, da farci ritenere che si sia basato sulla conoscenza diretta del verbale, da lui riscontrato negli acta senatus40 . Il contenuto del testamento di Augusto (56 .32 .1–4) si ritrova anche in altre fonti41, ma Dione fornisce alcuni particolari in più, come la disposizione per cui i beni lasciati in eredità ad Augusto da privati dovevano essere restituiti ai figli dei testatori al compimento della maggiore età42 . Per la verità un inciso potrebbe a tutta prima far pensare che Dione conosca il contenuto del testamento solo da fonti letterarie: «nel testamento si lasciavano due terzi dell’eredità a Tiberio e il resto a Livia, come affermano alcuni (ὥς τινες λέγουσιν)» (56 .32 .1)43 . In realtà qui Dione, o meglio il sunto di Xifilino, vuole segna39 Cfr . Swan, The Augustan Succession 2004, 306–319 . 40 I senatori, in segno di lutto, indossano la veste equestre e i magistrati rinunciano alla toga praetexta (56 .31 .2); Tiberio e Druso minore indossano la toga pulla (φαιάν) e offrono personalmente incenso, senza accompagnamento di flauti; i consoli siedono l’uno sul banco dei pretori e l’altro su quello dei tribuni; a Tiberio è concesso di toccare il cadavere e di accompagnarlo (56 .31 .3); il testamento di Augusto è portato in senato da Druso, i sigilli vengono verificati dai firmatari (56 .32 .1a = Zon . 10 .38) e la lettura è affidata al liberto imperiale Polibio (56 .32 .1 [Xiph .]) . 41 Suet . Aug . 101; Tac . ann . 1 .8 .2 . 42 Cfr . anche 56 .42 .4 (nel discorso funebre pronunciato da Tiberio) . Swan, The Augustan Succession 2004, 313 ricorda che Suet . Aug . 66 .4 «gives a parallel account»; ma in realtà Svetonio non parla di una disposizione testamentaria ma di una prassi seguita da Augusto quando era in vita (consueverat) . 43 Cfr . Swan, The Augustan Succession 2004, 311 .

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lare che solo alcune delle fonti letterarie riportano la notizia giusta, che è quella data da lui . A riprova dell’esattezza di questa notizia (γάρ) Dione aggiunge un particolare che non è né in Tacito né in Svetonio, ma che era certamente presente negli acta senatus: Augusto aveva chiesto espressamente al senato l’autorizzazione a lasciare a Livia una quota così alta (un terzo) nonostante fosse vietato dalla legge (καὶ παρὰ τὸν νόμον) . Il resoconto di Dione continua con la lettura dei βιβλία τέσσαρα (le disposizioni per i funerali, le res gestae, il breviarium totius imperii e i mandata) effettuata da Druso minore (56 .33 .1), un particolare che egualmente manca in Tacito e Svetonio; e, come ho già detto, Dione ha ricavato da questi testi, sicuramente trascritti nel verbale della seduta, molte notizie . Brano 19.a (56 .34 .4, p . 546 B .) [14 d . C .] προτεθείσης δὲ τῆς κλίνης ἐπὶ τοῦ δημηγορικοῦ βήματος, ἀπὸ μὲν ἐκείνου ὁ Δροῦσός τι ἀνέγνω, ἀπὸ δὲ τῶν ἑτέρων ἐμβόλων τῶν Ἰουλιείων ὁ Τιβέριος δημόσιον δή τινα κατὰ δόγμα λόγον ἐπ’αὐτῷ τοιόνδε ἐπελέξατο·

Brano 19.b (56 .42 .1–43 .1, p . 553 B .) [14 d . C .] Τιβέριος μὲν ταῦτα ἀνέγνω, μετὰ δὲ τοῦτο τήν τε κλίνην οἱ αὐτοὶ οἵπερ καὶ πρότερον ἀράμενοι διὰ τῶν ἐπινικίων πυλῶν κατὰ τὰ τῇ βουλῇ δόξαντα διεκόμισαν, παρῆν δὲ καὶ συνεξέφερεν αὐτὸν ἥ τε γερουσία καὶ ἡ ἱππάς, αἵ τε γυναῖκες αὐτῶν καὶ τὸ δορυφορι2 κόν, οἵ τε λοιποὶ πάντες ὡς εἰπεῖν οἱ ἐν τῇ πόλει τότε ὄντες. ἐπεὶ δὲ ἐς τὴν πυρὰν τὴν ἐν τῷ Ἀρείῳ πεδίῳ ἐνετέθη, πρῶτοι μὲν οἱ ἱερῆς πάντες περιῆλθον αὐτήν, ἔπειτα δὲ οἵ τε ἱππῆς, οἵ τε ἐκ τοῦ τέλους καὶ οἱ ἄλλοι, καὶ τὸ ὁπλιτικὸν τὸ φρουρικὸν περιέδραμον, πάντα τὰ νικητήρια, ὅσα τινὲς αὐτῶν ἐπ’ἀριστείᾳ ποτὲ παρ’αὐτοῦ 3 εἰλήφεσαν, ἐπιβάλλοντες αὐτῇ. κἀκ τούτου δᾷδας ἑκατόνταρχοι, ὥς που τῇ βουλῇ ἐδόκει, λαβόντες ὑφῆψαν αὐτήν· καὶ ἡ μὲν ἀνηλίσκετο, ἀετὸς δέ τις ἐξ αὐτῆς ἀφεθεὶς ἀνίπτατο ὡς καὶ δὴ τὴν ψυχὴν αὐτοῦ ἐς τὸν οὐρανὸν ἀναφέρων. πραχθέντων δὲ τού4 των οἱ μὲν ἄλλοι ἀπηλλάγησαν, ἡ δὲ δὴ Λιουία κατὰ χώραν πέντε ἡμέραις μετὰ τῶν πρώτων ἱππέων μείνασα τά τε ὀστᾶ αὐτοῦ συνελέξατο καὶ ἐς τὸ μνημεῖον κατέθετο. 43 τὸ δὲ δὴ πένθος τὸ μὲν ἐκ τοῦ νόμου οἱ μὲν ἄνδρες οὐ πολλαῖς ἡμέραις αἱ δὲ γυναῖκες ἐνιαυτῷ ὅλῳ κατὰ ψήφισμα ἐποιήσαντο, τὸ δ’ἀληθὲς ἐν μὲν τῷ παραχρῆμα οὐ πολλοὶ ὕστερον δὲ πάντες ἔσχον.

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Quanto ho detto finora ci dà la certezza che Dione abbia ricavato da quello stesso verbale anche le notizie sulle decisioni relative al funerale di Augusto che dovettero essere prese in quella stessa occasione dal senato, in aggiunta alle disposizioni lasciate dallo stesso Augusto nel primo dei quattro βιβλία, come si apprende da una serie di accenni compresi nella descrizione del funerale e del lutto44 (brani 19a e 19b): l’orazione funebre fu tenuta da Tiberio κατὰ δόγμα (56 .34 .4, p . 546 B .); il feretro passò attraverso la porta triumphalis κατὰ τὰ τῇ βουλῇ δόξαντα (56 .42 .1, p . 553 B .)45; la pira fu accesa dai centurioni ὥς που τῇ βουλῇ ἐδόκει (56 .42 .3, p . 553 B .); la durata del lutto fu stabilita κατὰ ψήφισμα (56 .43 .1, p . 553 B .) . Da quel SC potrebbe quindi venire anche il particolare dell’aquila fatta volare simbolicamente dalla pira (56 .42 .3, p . 553 B .), anche se per esso non si cita espressamente la decisione del senato46 . Brano n. 20 (56 .46–47 .1, pp . 555 .556 B .) [14 d . C .]

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ταῦτα μὲν δὴ οὖν ὕστερον διαθροεῖν ἤρξαντο, τότε δὲ ἀθανατίσαντες αὐτόν, καὶ θιασώτας οἱ καὶ ἱερὰ ἱέρειάν τε τὴν Λιουίαν τὴν Ἰουλίαν τε καὶ Αὔγουσταν ἤδη καλουμένην ἀπέδειξαν. καὶ οἱ μὲν καὶ ῥαβδούχῳ χρῆσθαι ἐν ταῖς ἱερουργίαις αὐτῇ ἐπέτρεψαν· ἐκείνη δὲ δὴ Νουμερίῳ τινὶ Ἀττικῷ, βουλευτῇ ἐστρατηγηκότι, πέντε καὶ εἴκοσι μυριάδας ἐχαρίσατο, ὅτι τὸν Αὔγουστον ἐς τὸν οὐρανόν, κατὰ τὰ περί τε τοῦ Πρόκλου καὶ περὶ τοῦ Ῥωμύλου λεγόμενα, ἀνιόντα ἑορακέναι ὤμοσε. καὶ αὐτῷ ἔν τε τῇ Ῥώμῃ ἡρῷον ψηφισθὲν μὲν ὑπὸ τῆς γερουσίας οἰκοδομηθὲν δὲ ὑπό τε τῆς Λιουίας καὶ ὑπὸ τοῦ Τιβερίου ἐποιήθη, καὶ ἄλλοθι πολλαχόθι, τὰ μὲν ἑκόντων δὴ τῶν δήμων τὰ δὲ ἀκόντων οἰκοδομουμένων. καί οἱ καὶ ἡ ἐν τῇ Νώλῃ οἰκία, ἐν ᾗ μετήλλαξεν, ἐτεμενίσθη. ἐν ᾧ δ’ οὖν τὸ ἐν τῇ Ῥώμῃ ἡρῷον ἐγίγνετο, εἰκόνα αὐτοῦ χρυσῆν ἐπὶ κλίνης ἐς τὸν τοῦ Ἄρεως ναὸν ἔθεσαν, καὶ ἐκείνῃ πάντα ὅσα τῷ ἀγάλματι αὐτοῦ μετὰ τοῦτο χρήσεσθαι ἔμελλον ἐνόμισαν. ταῦτά τε αὐτῷ ἐψηφίσθη, καὶ ὅπως μήτ’εἰκὼν αὐτοῦ ἐν ἐκφορᾷ τινος πομπεύῃ, καὶ τὰ γενέσια οἱ ὕπατοι ἐξ ἴσου τοῖς Ἀρείοις ἀγωνοθετῶσι, τά τε Αὐγουστάλια οἱ δήμαρχοι ὡς καὶ ἱεροπρεπεῖς ὄντες διατιθῶσι. καὶ οἱ τὰ μὲν ἄλλα ὥσπερ εἰώθει γίγνεσθαι ἔπραξαν (καὶ γὰρ τῇ ἐσθῆτι τῇ ἐπινικίῳ ἐν τῇ ἱπποδρομίᾳ ἐχρήσαντο), οὐ μέντοι καὶ τοῦ ἅρματος ἐπέβησαν. χωρὶς δὲ τούτων καὶ ἡ Λιουία

44 Sul funerale vd . Swan, The Augustan Succession 2004, 319–345 . 45 Cfr . Tac . ann . 1 .8 .3, che ricorda anche l’autore della proposta, e Suet . Aug . 100 .4, con ulteriori particolari . 46 Per l’attendibilità di questo particolare, spesso ingiustificatamente messo in dubbio, v . Letta, Fonti 2016, 275 e nt . 98 .

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ἰδίαν δή τινα αὐτῷ πανήγυριν ἐπὶ τρεῖς ἡμέρας ἐν τῷ παλατίῳ ἐποίησεν, ἣ καὶ δεῦρο ἀεὶ ὑπ’αὐτῶν τῶν ἀεὶ αὐτοκρατόρων τελεῖται. 47 ἐπὶ μὲν οὖν τῷ Αὐγούστῳ τοσαῦτα, λόγῳ μὲν ὑπὸ τῆς γερουσίας ἔργῳ δὲ ὑπό τε τοῦ Τιβερίου καὶ ὑπὸ τῆς Λιουίας, ἐνομίσθη· ἄλλων γὰρ ἄλλα ἐσηγουμένων, ἔδοξέ σφισι βιβλία παρ’αὐτῶν τὸν Τιβέριον λαβόντα ἐκλέξασθαι ὅσα ἐβούλετο.

Col brano n . 20, relativo agli onori divini decisi per Augusto nel 14 d . C ., troviamo di nuovo un elenco lungo e articolato47 . Alcune delle decisioni ricordate si ritrovano anche in altre fonti48, ma Dione ne aggiunge molte altre: un’imago aurea fu collocata su un letto nel tempio di Marte Ultore perché ricevesse lo stesso culto riservato al dio, in attesa che fosse pronto il tempio sul Palatino (56 .46 .4)49, tutti particolari che dovevano essere espressamente ricordati nel SC; fu vietato di far sfilare l’imago di Augusto nei funerali (56 .46 .4)50; i ludi per il natalis di Augusto furono riorganizzati sul modello dei ludi Martiales del 12 maggio e affidati ai consoli (56 .46 .4)51; della riorganizzazione degli Augustalia, che furono affidati ai tribuni della plebe, parla anche Tacito, che però non può essere la fonte di Dione, che indica come fondamento dell’attribuzione ai tribuni la loro sacrosanctitas52 . Dione menziona infine anche i ludi Palatini allestiti da Livia ἐν τῷ παλατίῳ (56 .46 .5); si trattava di ludi scaenici ‘privati’ (cfr . Tac . ann . 1 .73 .3), ma probabilmente anche per essi fu necessaria un’autorizzazione del senato, così come, in un caso simile, per volontà di Tiberio un’iniziativa di Livia dovette passare attraverso l’autorizzazione del senato53 . Un importante indizio per ritenere che questa notizia provenga da quel SC del 14 d . C . è proprio nel fatto che Dione ne parli nella narra-

47 Cfr . Letta, Fonti 2016, 276 . 48 Per i sodales Augustales v . Tac . ann . 1 .54 .1; per Livia sacerdos Augusti Tac . ann . 1 .14 .2; per il tempio del divus Augustus sul Palatino Suet . Tib . 47 .1; Tac . ann . 6 .45; Ios . Fl . ant . 19 .1 .2 (che però non menziona Livia) . 49 Cfr . Swan, The Augustan Succession 2004, 355 . 50 Cfr . quanto stabilito per Cesare (47 .19 .2), confermato nella descrizione dei funerali di Augusto, in cui l’imago di Cesare non sfilò (56 .34 .2) . 51 In precedenza erano stati affidati agli edili, come nel 20 a . C . (54 .8 .5), e negli anni successivi ai pretori, come risulta ad esempio per il 13 a . C . (54 .26 .2), in base alla norma generale introdotta appunto nel 20 a . C . che affidava ai pretori l’organizzazione di tutti i ludi (54 .2 .3); cfr . Swan, The Augustan Succession 2004, 356 . 52 Così giustamente Swan, The Augustan Succession 2004, 357, nt . 286, che riconosce quindi gli acta senatus come fonte ultima delle notizie di Dione, ma nega che egli possa aver attinto direttamente ad essi . 53 Cfr . 57 .12 .5 (brano n . 22): un banchetto per senatori e cavalieri offerto nella dimora imperiale (οἴκοι) per la dedica di una statua di Augusto .

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zione degli eventi del 14 d . C ., sebbene i primi ludi Palatini fossero stati celebrati dal 17 al 19 gennaio del 15 d . C .54 Su questo SC è significativo il commento che Dione aggiunge all’inizio del cap . 17: si trattò di decisioni a parole del senato, in realtà di Tiberio e di Livia, perché tra le altre cose il senato decise di consegnare il testo della delibera (τὰ βιβλία) a Tiberio affinché tra gli onori votati scegliesse quelli che preferiva . Dione mostra dunque di aver letto anche questa clausola del SC e può precisare che in esso il nome di Livia non compariva, ma lo aveva aggiunto lui conoscendo la situazione reale: προσέθηκα δὲ τὸ τῆς Λιουίας ὄνομα, ὅτι καὶ αὐτὴ τῶν πραγμάτων ὡς καὶ αὐταρχοῦσα ἀντεποιεῖτο . Brano n. 21 (57 .6 .4, p . 564 B .) [14 d . C .] οὐ μὴν καὶ προσεποιεῖτο ἄχθεσθαί σφισιν, ἀλλὰ καὶ ἐπαίνους ἐν τῇ βουλῇ τοῦ Γερμανικοῦ πολλοὺς ἐποιήσατο, καὶ θυσίας ἐπὶ τοῖς πραχθεῖσιν ὑπ’αὐτοῦ, ὥσπερ καὶ ἐπὶ τοῖς ὑπὸ τοῦ Δρούσου, γενέσθαι ἐσηγήσατο. τοῖς τε στρατιώταις τοῖς ἐν τῇ Παννονίᾳ τὰ αὐτὰ τοῖς ὑπ’ἐκείνου δοθεῖσιν ἐδωρήσατο.

Il successivo brano n . 21 ricorda le supplicationes che su proposta di Tiberio il senato votò nel 14 d . C . per le imprese di Germanico; anche Tacito (ann . 1 .52 .2) parla della seduta in cui Tiberio rettulit ad senatum de rebus gestis, ma non menziona le supplicationes e quindi non può essere la fonte di Dione . Brano n. 22 (57 .12 .4–5, p . 569 B .) [14 d . C .]

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ὅθεν ἄλλα τε ἔξω τοῦ νενομισμένου ἐσεφέρετο, καὶ πολλοὶ μὲν μητέρα αὐτὴν τῆς πατρίδος πολλοὶ δὲ καὶ γονέα προσαγορεύεσθαι γνώμην ἔδωκαν. ἄλλοι καὶ τὸν Τιβέριον ἀπ’αὐτῆς ἐπικαλεῖσθαι ἐσηγήσαντο, ὅπως ὥσπερ οἱ Ἕλληνες πατρόθεν, οὕτω καὶ ἐκεῖνος μητρόθεν ὀνομάζηται. ἀγανακτῶν οὖν ἐπὶ τούτοις οὔτε τὰ ψηφιζόμενα αὐτῇ πλὴν ἐλαχίστων ἐπεκύρου, οὔτ’ἄλλο τι ὑπέρογκον ποιεῖν ἐπέτρεπεν. εἰκόνα γοῦν ποτε αὐτῆς οἴκοι τῷ Αὐγούστῳ ὁσιωσάσης, καὶ διὰ τοῦτο καὶ τὴν βουλὴν καὶ τοὺς ἱππέας μετὰ τῶν γυναικῶν ἑστιᾶσαι ἐθελησάσης, οὔτ’ἄλλως συνεχώρησέν οἱ τοῦτο πρᾶξαι πρὶν τὴν γερουσίαν ψηφίσασθαι, οὔτε τότε τοὺς ἄνδρας δειπνίσαι, ἀλλ’αὐτὸς μὲν τούτοις ἐκείνη δὲ ταῖς γυναιξὶν εἱστίασε.

54 Non coglie questo aspetto Swan, The Augustan Succession 2004, 357, che pensa a un errore di Dione: «In registering the first celebration among other posthumous honors to Augustus, Dio ignores the fact that it fall in January of the next year, 15» .

Conoscenza e criteri di utilizzazione dei senatus consulta nella Storia Romana di Cassio Dione

Il brano n . 22 riguarda gli onori che nel 14 d . C . il senato votò per Livia e che non furono approvati da Tiberio55; Dione ricorda solo la proposta di chiamarla mater patriae o parens patriae (πολλοὶ μὲν μετέρα αὐτὴν τῆς πατρίδος, πολλοὶ δὲ γονέα προσαγορεύεσθαι γνώμην ἔδωκαν) e di introdurre nella formula onomastica di Tiberio il metronimico, così come i Greci usano il patronimico (ὅπως ὥσπερ οἱ Ἕλληνες πατρόθεν, οὕτω καὶ ἐκεῖνος μητρόθεν ὀνομάζηται) e aggiunge che Tiberio non approvò gli onori già votati, tranne pochi: è chiaro, dunque, che le due proposte ricordate sono solo un piccolo campione desunto da una documentazione assai più ampia che Dione preferì non utilizzare integralmente . Brano n. 23 (57 .18 .2, p . 576 B . [Xiph .] = Exc. Vat. 5) [18 d . C .] τῷ δὲ Τιβερίῳ τῆς βουλῆς ἐγκειμένης, καὶ τὸν γοῦν μῆνα τὸν Νοέμβριον, ἐν ᾧ τῇ ἕκτῃ ἐπὶ δέκα ἐγεγέννητο, Τιβέριον καλεῖσθαι ἀξιούσης, «καὶ τί» ἔφη «ποιήσετε, ἂν δεκατρεῖς Καίσαρες γένωνται;»

Secondo il brano n . 23 nel 18 d . C . il senato propose di ridenominare ‘Tiberio’ il mese di novembre, perché appunto in quel mese l’imperatore era nato56 . Non credo che questa notizia sia smentita da Svetonio quando afferma (Tib . 26 .3) che Tiberio intercessit … ne mensis September Tiberius, October Livius vocaretur . Ritengo infatti che si tratti di due distinte proposte avanzate in tempi diversi . Quella di cui parla Svetonio deve risalire già al 14 d . C ., al momento stesso della successione: la scelta di settembre e ottobre, che sono i mesi immediatamente successivi a quello già ridenominato in onore di Augusto57, voleva sottolineare che Tiberio era il successore legittimo di Augusto, e l’estensione dell’intervento a Livia doveva servire a mettere ancor più in rilievo la continuità . La proposta di cui parla Dione, invece, è di quattro anni dopo, e non è più centrata su Augusto, ma sullo stesso Tiberio: per questo si pensò a novembre, il mese della sua nascita, e si lasciò cadere l’omaggio a Livia . Brano n. 24 (57 .20 .3–4, pp . 582–583 B . [Zon .]) [20 d . C .] ἐκδημοῦντος δὲ τοῦ Τιβερίου Γάιος Λουτώριος Πρίσκος ἱππεύς, ἄλλως τε μέγα ἐπὶ ποιήσει φρονῶν καὶ ἐπιτάφιον ἐπὶ τῷ Γερμανικῷ ἐπιφανῆ συγγράψας, ὥστε καὶ

55 Cfr . Letta, Fonti 2016, 279, nt . 110 . 56 Cfr . Letta, Fonti 2016, 253, nt . 36, dove non escludo che la notizia possa provenire da una fonte letteraria, da cui Dione potrebbe aver tratto la battuta ironica con cui Tiberio giustificò il suo rifiuto . 57 Nello stesso spirito Caligola in memoriam patris Septembrem mensem Germanicum appellavit (Suet . Cal . 12 .2), sebbene Germanico fosse nato in maggio; cfr . Wardle, Commentary 1993, 161 .

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χρήματα δι’αὐτὸν πολλὰ λαβεῖν, αἰτίαν ἔσχεν ὡς καὶ ἐπὶ τῷ Δρούσῳ ποίημα παρὰ τὴν νόσον αὐτοῦ συντεθεικώς, καὶ ἐκρίθη τε διὰ τοῦτο ἐν τῇ βουλῇ καὶ κατεδικάσθη καὶ ἀπέθανεν. ὁ οὖν Τιβέριος ἀγανακτήσας, οὐχ ὅτι ἐκεῖνος ἐκολάσθη ἀλλ’ὅτι τις ὑπὸ τῶν βουλευτῶν ἄνευ τῆς ἑαυτοῦ γνώμης ἐθανατώθη, ἐπετίμησέ τε αὐτοῖς, καὶ δόγματι παραδοθῆναι ἐκέλευσε μήτ’ἀποθνήσκειν ἐντὸς δέκα ἡμερῶν τὸν καταψηφισθέντα ὑπ’αὐτῶν, μήτε τὸ γράμμα τὸ ἐπ’αὐτῷ γενόμενον ἐς τὸ δημόσιον ἐντὸς τοῦ αὐτοῦ χρόνου ἀποτίθεσθαι, ὅπως καὶ ἀποδημῶν προπυνθάνηται τὰ δόξαντά σφισι καὶ ἐπιδιακρίνῃ.

In margine alla condanna di Clutorio Prisco nel 20 d . C ., il brano n . 24 ricorda con precisione le clausole del SC (δόγματι) approvato su pressione di Tiberio: tra una sentenza di morte pronunciata dal senato e la sua esecuzione dovevano passare almeno dieci giorni e la sentenza poteva essere archiviata e resa pubblica solo dopo quel termine . Le stesse notizie si ritrovano in Tacito58, che però non può essere la fonte di Dione, perché non dice che Tiberio era irritato per il fatto che la sentenza contro Clutorio fosse stata emessa ed eseguita ἄνευ τῆς ἑαυτοῦ γνώμης e che il SC da lui voluto aveva lo scopo di consentire in futuro all’imperatore di porre il veto in casi simili . Brano n. 25 (58 .2 .1–3 e 6, pp . 589–590 B . [Xiph .]) [29 d . C .]

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τοῦτο μὲν τοιοῦτον ἐγένετο, ἐν δὲ τῷ αὐτῷ τούτῳ χρόνῳ καὶ ἡ Λιουία μετήλλαξεν, ἓξ καὶ ὀγδοήκοντα ἔτη ζήσασα. καὶ αὐτὴν ὁ Τιβέριος οὔτε νοσοῦσαν ἐπεσκέψατο οὔτ’ἀποθανοῦσαν αὐτὸς προέθετο· οὐ μὴν οὐδὲ ἐς τιμὴν ἄλλο τι αὐτῇ πλὴν τῆς δημοσίας ἐκφορᾶς καὶ εἰκόνων ἑτέρων τέ τινων οὐδενὸς ἀξίων ἔνειμεν. ἀθανατισθῆναι δὲ αὐτὴν ἄντικρυς ἀπηγόρευσεν. οὐ μέντοι καὶ μόνα οἱ ἡ βουλή, ὅσα ἐκεῖνος ἐπέστειλεν, ἐψηφίσατο, ἀλλὰ πένθος ἐπ’αὐτῇ παρ’ὅλον τὸν ἐνιαυτὸν ταῖς γυναιξὶν ἐπήγγειλαν, καίπερ τὸν Τιβέριον ἐπαινέσαντες ὅτι τῆς τῶν κοινῶν διοικήσεως οὐδὲ τότε ἀπέσχετο· καὶ προσέτι καὶ ἁψῖδα αὐτῇ, ὃ μηδεμιᾷ ἄλλῃ γυναικί, ἐψηφίσαντο, ὅτι τε οὐκ ὀλίγους σφῶν ἐσεσώκει, καὶ ὅτι παῖδας πολλῶν ἐτετρόφει κόρας τε πολλοῖς συνεξεδεδώκει, ἀφ’ οὗ γε καὶ μητέρα αὐτὴν τῆς πατρίδος τινὲς ἐπωνόμαζον. ἐν δὲ τῷ μνημείῳ ἐτάφη τῷ τοῦ Αὐγούστου. τοιαύτη μὲν ἡ Λιουία ἐγένετο, ἡ μέντοι ψηφισθεῖσα αὐτῇ ἁψὶς οὐκ ᾠκοδομήθη διὰ τὸ

58 Tac . ann . 3 .51 .3; dal suo racconto del processo di Clutorio Prisco ricaviamo la forma esatta del suo nome, che nel passo di Dione (conservato solo nell’epitome di Zonara) figura come C . Lutorio .

Conoscenza e criteri di utilizzazione dei senatus consulta nella Storia Romana di Cassio Dione

τὸν Τιβέριον τοῖς ἑαυτοῦ τέλεσι κατασκευάσειν αὐτὴν ὑποσχέσθαι· κατοκνήσας γὰρ τῷ λόγῳ τὸ δόγμα λῦσαι, τοῦτον τὸν τρόπον ἀνέτρεψεν αὐτό, μήτ’ἐκ τῶν δημοσίων χρημάτων ἐπιτρέψας τὸ ἔργον γενέσθαι μήτ’αὐτὸς ποιήσας.

Nel brano n . 25, dedicato agli onori deliberati per Livia alla sua morte, nel 29 d . C .59, Dione accenna a una lettera di Tiberio al senato (ἐπέστειλεν) con le poche cose che chiedeva per sua madre e segnala poi le decisioni prese di sua iniziativa dal senato (lutto di un anno per le donne ed erezione di un arco, onore mai prima di allora concesso a una donna), registrando anche altri particolari che sembrano desunti dagli acta senatus: le lodi rivolte a Tiberio per non aver interrotto la sua attività pubblica e le motivazioni per l’erezione dell’arco, presumibilmente presenti nella delibera come testo stabilito per l’iscrizione dedicatoria (58 .2 .3) . Anche Tacito parla di una lettera inviata da Tiberio al senato, ma solo dopo la seduta, visto che con essa interveniva su honores già decretos (Tac . ann . 5 .2) . Questa divergenza indica che Dione non si è basato su Tacito, ma piuttosto sugli acta senatus, e probabilmente si spiega ammettendo che Tiberio abbia scritto al senato sia prima che dopo quella delibera . Dione parla solo della lettera scritta prima per chiedere il minimo indispensabile, Tacito solo di quella scritta dopo, per accettare una piccola parte degli onori votati e ribadire la ferma opposizione a un’eventuale consecratio60 . D’altra parte Dione si riferisce implicitamente anche a questa seconda lettera quando dice che Tiberio (assente da Roma) non osò annullare la decisione di erigere un arco, ma la vanificò promettendo di erigerlo a sue spese, cosa che poi in realtà non fece (58 .2 .6) . Tra le decisioni da lui rifiutate con questa seconda lettera potrebbe esserci anche il conferimento del titolo di mater patriae a Livia, visto che viene presentato come un’iniziativa ‘di alcuni’ . Poiché questa iniziativa viene considerata una conseguenza delle benemerenze di Livia addotte come motivazione dell’arco, si potrebbe supporre che nella formulazione originaria del SC il titolo figurasse come parte del testo predisposto per l’iscrizione dedicatoria dell’arco, ma dovette sparire nella formulazione definitiva per il veto opposto da Tiberio . Brano n. 26 (58 .4 .4, p . 593 B . [Xiph .]) [30 d . C .] τούτοις οὖν οἱ ἄνθρωποι ἀπατώμενοι καὶ πιστεύοντες χαλκοῦς τε αὐτοὺς ἁπανταχοῦ ἐκ τοῦ ἴσου ἵστασαν, κἀν ταῖς γραφαῖς συνέγραφον, δίφρους τε ἐπιχρύσους ἐς τὰ θέατρα 59 Cfr . Letta, Fonti 2016, 276, nt . 101 . 60 Forse nel SC la consecratio non era stata formalmente decisa, a causa della contrarietà già espressa da Tiberio, ma poteva esserci una preghiera rivolta all’imperatore perché recedesse dalla sua decisione e consentisse al senato di votarla .

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ἀμφοῖν ἐσέφερον· καὶ τέλος ἐψηφίσθη ὑπάτους τέ σφας διὰ πέντε ἐτῶν ἅμα ἀποδείκνυσθαι, καὶ ἀπάντησιν, ὁπότε ἐς τὴν Ῥώμην ἐσίοιεν, ἀμφοτέροις ὁμοίως γίγνεσθαι. καὶ τέλος καὶ ταῖς εἰκόσιν αὐτοῦ ὥσπερ καὶ ταῖς τοῦ Τιβερίου ἔθυον.

Brano n. 27 (58 .7 .4, p . 596 B .) [31 d . C .] καὶ ἰδίᾳ μὲν τῆς ἑαυτῶν ἀσφαλείας διεσκόπουν, κοινῇ δὲ δὴ ἐθεράπευον αὐτὸν διά τε τἆλλα καὶ ὅτι καὶ ὁ Τιβέριος ἱερέας μετ’αὐτοῦ τε καὶ ἐκεῖνον καὶ τὸν υἱὸν αὐτοῦ ἐποίησε, καὶ τήν τε ἀνθυπατικὴν ἐξουσίαν αὐτῷ ἔδωκαν, καὶ προσεψηφίσαντο πᾶσιν ἀεὶ τοῖς ὑπατεύουσι παραγγέλλεσθαι κατὰ τὸ ἐκείνου ζήλωμα ἄρξαι.

Nei brani nn . 26 e 27 sono elencati gli onori decretati per Seiano dal senato rispettivamente nel 30 d . C . e nel 3161 . Per il consolato deliberato nel 30 e per l’imperium proconsulare deliberato nel 31 c’è anche la testimonianza di Svetonio (Tib . 65 .2–3), ma la raccomandazione rivolta a tutti i consoli di esercitare la propria funzione prendendo Seiano a modello è solo in Dione e dev’essere basata sul testo del SC, da cui sembrano derivare anche le indicazioni cerimoniali sull’equiparazione all’imperatore per la sella dorata nei luoghi di spettacolo e per l’adventus . Brano n. 28 (58 .11 .4, p . 600 B .) [31 d . C .] τότε μὲν γὰρ ἐς τὸ δεσμωτήριον ἐνεβλήθη· ὕστερον δ’οὐ πολλῷ, ἀλλ’αὐθημερὸν ἡ γερουσία πλησίον τοῦ οἰκήματος ἐν τῷ Ὁμονοείῳ, ἐπειδὴ τά τε τοῦ δήμου τοιαῦτα ὄντα ᾔσθετο καὶ τῶν δορυφόρων οὐδένα ἑώρα, ἀθροισθεῖσα θάνατον αὐτοῦ κατεψηφίσατο.

Per la condanna di Seiano nel 31 d . C ., nel brano n . 28 Dione è in grado di precisare il giorno e il luogo (il tempio di Concordia) in cui il senato deliberò . Brano n. 29 (58 .12 .4–6, p . 601 B .) [31 d . C .] τά τε γὰρ συμβεβηκότα σφίσιν ἐς τὸν ἀπολωλότα, ὥσπερ που φιλεῖ γίγνεσθαι, ἔτρεπον, καὶ ἐκεῖνον ἢ οὐδενὸς ἢ ὀλίγων ᾐτιῶντο· τὰ γὰρ πλείονα τὰ μὲν ἠγνοηκέναι, τὰ δὲ καὶ ἄκοντα κατηναγκάσθαι πρᾶξαι ἔλεγον. ἰδίᾳ μὲν δὴ ὡς 61 Cfr . Letta, Fonti 2016, 276 .

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ἕκαστοι οὕτω διετίθεντο, κοινῇ δὲ δὴ ἐψηφίσαντο, ὡς καὶ δεσποτείας τινὸς ἀπηλλαγμένοι, μήτε πένθος τινὰ ἐπ’αὐτῷ ποιήσασθαι, καὶ Ἐλευθερίας ἄγαλμα ἐς τὴν ἀγορὰν ἀνατεθῆναι, ἑορτήν τε διά τε τῶν ἀρχόντων καὶ διὰ τῶν ἱερέων ἁπάντων, ὃ μηπώποτε ἐγεγόνει, ἀχθῆναι, καὶ τὴν ἡμέραν ἐν ᾗ ἐτελεύτησε καὶ ἵππων ἀγῶσι καὶ θηρίων σφαγαῖς ἐτησίοις διά τε τῶν ἐς τὰς τέσσαρας ἱερωσύνας τελούντων καὶ διὰ τῶν τοῦ Αὐγούστου θιασωτῶν ἀγάλλεσθαι, ὃ οὐδέποτε ἐπεποίητο. ὃν γὰρ αὐτοὶ ταῖς τε ὑπερβολαῖς καὶ ταῖς καινότησι τῶν τιμῶν πρὸς τὸν ὄλεθρον προήγαγον, κατὰ τούτου καὶ τοῖς θεοῖς ξένα τινὰ ἐψηφίζοντο. οὕτω γάρ τοι σαφῶς ἠπίσταντο ὅτι ὑπ’ἐκείνων μάλιστα ἐξεφρόνησεν, ὥστ’ἀπαγορεῦσαι παραχρῆμα διαρρήδην μήτε τιμὰς μηδενὶ ὑπερόγκους δίδοσθαι μήτε τοὺς ὅρκους ἐπ’ἄλλου τινὸς πλὴν τοῦ αὐτοκράτορος ποιεῖσθαι.

Dietro il brano n . 29, sui festeggiamenti decisi per la morte di Seiano62, s’intravede un SC molto articolato . Sono notizie presenti solo in Dione, su temi a lui cari, soprattutto cerimoniali, che potrebbe aver desunto dagli acta senatus . In due casi, come aveva fatto per l’arco di Livia, egli sottolinea che si tratta di novità assolute: la processione e il sacrificio solenne con tutti i magistrati e tutti i sacerdoti e l’istituzione di ludi annuali con corse di carri e venationes a cura dei quattuor amplissima collegia e dei sodales Augustales nel giorno della morte di Seiano (58 .12 .5) . Brano n. 30 (58 .12 .7, p . 601 B .) [31 d . C .] καὶ μέντοι ταῦθ’οὕτω, καθάπερ ἐκ θείας τινὸς ἐπιπνοίας, ψηφισάμενοι καὶ τὸν Μάκρωνα καὶ τὸν Λάκωνα κολακεύειν οὐ πολλῷ ὕστερον ἤρξαντο· χρήματά τε γὰρ αὐτοῖς πολλὰ καὶ τιμάς, Λάκωνι μὲν τὰς τῶν τεταμιευκότων Μάκρωνι δὲ τὰς τῶν ἐστρατηγηκότων, ἔδωκαν, καὶ αὐτῷ καὶ συνθεᾶσθαί σφισι καὶ ἱματίῳ περιπορφύρῳ ἐν ταῖς εὐκταίαις πανηγύρεσι χρῆσθαι ἐπέτρεψαν.

In quella stessa seduta del 31 d . C . erano stati proibiti onori eccessivi per chicchessia (58 .12 .6), ma il brano n . 30 racconta che in una seduta tenutasi poco dopo (οὐ πολλῷ ὕστερον) il senato aveva votato onori che Dione giudica eccessivi per Nevio Macrone e Grecinio Lacone, che però li avevano rifiutati63: oltre agli ornamenta (praetoria per Macrone, quaestoria per Lacone), c’erano il diritto di sedere nei posti 62 Cfr . Letta, Fonti 2016, 276 . 63 Cfr . Letta, Fonti 2016, 276 . Nel testo tràdito di Dione il prefetto del pretorio figura come Ναιουίου Σερτορίου Μάκρωνος, ma dall’iscrizione dell’anfiteatro di Alba Fucens sappiamo che si chiamava Q. Naevius Cordus Sutorius Macro: cfr . De Visscher, L’amphithéâtre 1957; De Visscher, La caduta 1960, 245–257; Bogazzi, Macrone 2012, 77–91 . L’errore probabilmente non

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riservati ai senatori negli edifici per spettacoli e quello di indossare la toga praetexta in occasione dei ludi votivi . Vediamo dunque che ancora una volta la molla che indusse il nostro autore a documentarsi fu il suo interesse per il cerimoniale . Brano n. 31 (58 .12 .8, pp . 601–602 B .) [31 d . C .] οὐ μέντοι καὶ ἐκεῖνοι ἐδέξαντο αὐτά· τὸ γὰρ παράδειγμά σφας ὑπόγυον ὂν ἐθορύβει. οὐ μὴν οὐδ’ὁ Τιβέριος προσήκατό τι ἄλλων αὐτῷ πολλῶν ψηφισθέντων, καὶ ὅπως αὐτός τε πατὴρ τῆς πατρίδος τότε γε ἄρξηται ὀνομάζεσθαι, καὶ τὰ γενέθλια αὐτῷ δέκα τε τῶν ἵππων ἁμίλλαις καὶ ἑστιάσει τῆς γερουσίας τιμῷτο· ἀλλὰ καὶ προηγόρευσεν αὖθις μηδένα μηδὲν τοιοῦτον ἐσηγεῖσθαι.

Il brano n . 31 ricorda che nel 31 d . C ., dopo la caduta di Seiano, il senato votò anche vari onori per Tiberio, che egli rifiutò64 . Si trattava del titolo di pater patriae, già da lui rifiutato nel 14 d . C . (57 .8 .1, p . 565 B .), e di festeggiamenti speciali per il suo natalis, che cadeva nel giorno centrale dei ludi plebei (16 novembre): dieci missus nel circo e un epulum per i senatori . Anche Svetonio parla dei circenses per il natalis di Tiberio, precisando che vix unius bigae adiectione honorari passus est (Suet . Tib . 26 .2), e menziona anche il mancato conferimento del titolo di pater patriae, ma senza distinguere tra i due rifiuti, rispettivamente nel 14 e nel 31 d . C . (Tib . 26 .4) . È chiaro dunque che Dione non dipende da Svetonio ed era molto ben documentato . Brano n. 32 (58 .18 .3–6, pp . 605–606 B .) [32 d . C .]

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ἔστι μὲν γὰρ ὅτε καὶ τοὺς βουλευτὰς αὖθις ἐπῄνεσεν, ἐπεί σφισιν ἐκ τοῦ δημοσίου τὸ ἀργύριον δοθῆναι ἐψηφίσαντο· οὕτω δὲ δὴ ἀκριβῶς τοὺς μὲν τῷ λόγῳ ἀντεξηπάτα τοὺς δὲ τῷ ἔργῳ προσηταιρίζετο, ὥστε καὶ Ἰούνιον [Γαλλῆνον] Γαλλίωνα, θέαν τοῖς διαστρατευσαμένοις αὐτῶν ἐν τῇ τῶν ἱππέων ἕδρᾳ δίδοσθαι ἐσηγησάμενον, μὴ μόνον φυγαδεῦσαι, αὐτὸ τοῦτο ἐπικληθέντα ὅτι σφᾶς ἀναπείθειν ἐδόκει τῷ κοινῷ μᾶλλον ἢ ἑαυτῷ εὐνοεῖν, ἀλλὰ καὶ ἐπειδὴ ἔγνω αὐτὸν ἐς Λέσβον ἀπαίρειν, τῆς τε ἐκεῖ ἀσφαλοῦς εὐδαιμονίας ἀφελέσθαι καὶ ἐς φυλακὴν τοῖς ἄρχουσιν, ὥσπερ ποτὲ τὸν Γάλλον, παραδοῦναι. καὶ ἵνα γε ἐπὶ μᾶλλον ἑκατέρους πείσῃ ὅπως περὶ ἀμ-

va attribuito a Dione, ma alla tradizione manoscritta, che ha confuso il secondo gentilizio con quello ben più noto del mariano Q . Sertorio . 64 Cfr . Letta, Fonti 2016, 276 .

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φοτέρων αὐτῶν φρονοίη, ᾐτήσατο παρὰ τῆς βουλῆς οὐ πολλῷ ὕστερον ἀρκεῖν οἱ τόν τε Μάκρωνα καὶ χιλιάρχους ἐς τὸ συνέδριον ἐσάγεσθαι. οὐ γάρ που καὶ ἐδεῖτό τι αὐτῶν, ὅς γε οὐδὲ ἐς τὴν πόλιν ἔτι ἐσελθεῖν ἐνενόει, ἀλλὰ τό τε ἐκείνων μῖσος καὶ τὴν τῶν στρατιωτῶν εὔνοιαν ἐνδείξασθαί σφισιν ἠθέλησε. καὶ τοῦτο καὶ αὐτοὶ οἱ βουλευταὶ ὡμολόγησαν· τῷ γοῦν δόγματι προσενέγραψαν ὥστε ἔρευνάν σφων συνιόντων, μὴ καὶ ξιφίδιόν τις ὑπὸ μάλης ἔχῃ, γίγνεσθαι.

Il brano n . 32 parla di alcuni SCC approvati nel 32 d . C . Innanzi tutto il senato decise che i pretoriani fossero pagati dall’aerarium . Tiberio lodò a parole i senatori per questa decisione, ma mandò in esilio Iunio Gallione che aveva proposto di far sedere tra i cavalieri i pretoriani congedati65; poco dopo (οὐ πολλῷ ὕστερον) Tiberio costrinse il senato a deliberare che quando veniva in senato l’imperatore disponesse di una scorta armata, formata da Macrone e da alcuni tribuni dei pretoriani, e il senato, di sua iniziativa, aggiunse anche l’obbligo di perquisire i senatori . La notizia sulla richiesta di una scorta armata è data in modo sensibilmente diverso da Tacito (ann . 6 .2), secondo il quale Tiberio scrisse a uno dei consoli perché facesse in modo che l’imperatore potesse tornare a Roma da Capri in piena sicurezza . Il senatore Togonio Gallo propose allora che fosse lo stesso Tiberio a scegliere un certo numero di senatori perché tra essi se ne estraessero a sorte venti che gli facessero da scorta armata quando voleva intervenire in senato . Tiberio ringraziò, ma respinse la proposta, evidentemente perché non si fidava . È probabile che siano vere entrambe le versioni, anche se ciascuna di esse è solo parziale . Dione riassume molto la vicenda, sorvolando sulla proposta di Togonio Gallo su cui invece insiste Tacito, mentre Tacito non dice quale fu poi la decisione effettivamente presa, per lui trascurabile essendo rimasta inapplicata per il protrarsi dell’assenza di Tiberio da Roma . Forse prima ci fu una generica richiesta di Tiberio a uno dei consoli, da cui scaturì la proposta di Togonio Gallo (vd . Tacito); nella sua risposta Tiberio, oltre a bocciare la proposta di Gallo (vd . ancora Tacito), diceva che poteva bastare far entrare con lui nella curia Μάκρωνα καί τινας χιλιάρχους (vd . Dione); a questo punto il senato approvò il SC di cui parla Dione, aggiungendo l’obbligo di perquisire i senatori . La conclusione è che qui Dione non può dipendere da Tacito; entrambi devono aver attinto agli acta senatus, scegliendo con criteri diversi che cosa riportare e che cosa omettere .

65 Si tratta evidentemente di una proposta formulata nella stessa seduta, ma bloccata dal veto di Tiberio; cfr . Tac . ann . 6 .3 .

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Brano n. 33 (58 .21 .3, p . 608 B .) [33 d . C .] καὶ πολλὰ περὶ τούτου καὶ τοῖς ὑπάτοις ἐπέστελλε, καί ποτέ τινα ὑπ’αὐτῶν καὶ ἀναγνωσθῆναι ἐκέλευσεν. ὃ καὶ ἐπ’ἄλλων πραγμάτων ἐποίει, καθάπερ μὴ δυνάμενος αὐτὰ ἄντικρυς τῇ βουλῇ γράψαι. ἐσέπεμπε δὲ ἐς αὐτὴν οὐ μόνον τὰ βιβλία τὰ διδόμενά οἱ παρὰ τῶν μηνυόντων τι, ἀλλὰ καὶ τὰς βασάνους ἃς ὁ Μάκρων ἐποιεῖτο, ὥστε μηδὲν ἐπ’αὐτοῖς πλὴν τῆς καταψηφίσεως γίγνεσθαι.

Nel brano n . 33, inserito nella narrazione delle vicende del 33 d . C ., Dione dice che Tiberio inviava lettere ai consoli con l’ordine di leggerle essi stessi in senato e inviava al senato le denunce (βιβλία) dei delatori e le confessioni estorte con la tortura da Macrone, così che al senato restava solo il compito di emettere il voto di condanna . Si tratta di affermazioni generiche perché riassuntive; secondo un principio di metodo più volte ribadito, lo storico rinuncia a riportare tutti i casi documentati, ma fa capire di conoscerli, e di conoscere anche particolari procedurali come il fatto che in tutte le sue lettere ai consoli Tiberio ordinava loro di leggerle personalmente in senato anziché affidare il compito al quaestor Augusti . Brano n. 34 (59 .1 .2, pp . 617–618 B .) [37 d . C .] ὁ δὲ δὴ Γάιος τὰς διαθήκας αὐτοῦ ἐς τὸ συνέδριον διὰ τοῦ Μάκρωνος ἐσπέμψας ἀκύρους ὑπό τε τῶν ὑπάτων καὶ ὑπὸ τῶν ἄλλων τῶν προπαρεσκευασμένων οἱ, ὡς καὶ παραφρονήσαντος, ἐποίησεν, ὅτι παιδίῳ, ᾧ μηδὲ ἐσελθεῖν ἐς τὸ βουλευτήριον ἐξῆν, ἄρχειν σφᾶς ἐπέτρεψε.

Col brano n . 34 siamo ormai nel 37 d . C ., all’indomani dell’ascesa al potere di Caligola66 . Dione racconta che il nuovo imperatore inviò al senato il testamento di Tiberio, che nominava erede anche Tiberio Gemello, e lo fece invalidare (evidentemente attraverso un SC), in base al pronunciamento dei consoli e τῶν ἄλλων τῶν προπαρεσκευασμένων, che dichiararono non sano di mente il testatore che aveva affidato il comando sui senatori a un ragazzo minorenne a cui non era ancora consentito nemmeno di mettere piede in senato .

66 Per una rassegna sistematica dei senatus consulta dell’età di Caligola (di cui qui nei brani nn . 34–45 si dà solo una campionatura) si veda ora Buongiorno, Materiali 2016 . L’autore prende in considerazione anche altri passi dionei, enumerando in tutto 33 SCC testimoniati dal nostro autore, più due di dubbia emanazione e di incerta origine senatoria . Il SC che annullò il testamento di Tiberio è quello A2 di Buongiorno .

Conoscenza e criteri di utilizzazione dei senatus consulta nella Storia Romana di Cassio Dione

L’episodio è ricordato anche da Svetonio (Calig . 14 .1), che fornisce un altro particolare (la pressione della folla che irruppe nella curia), ma non parla né dell’iniziativa di Caligola di inviare il testamento al senato, né delle prese di posizione determinanti dei consoli e degli altri sostenitori del nuovo imperatore in senato . È quindi probabile che Dione abbia utilizzato come fonte il SC stesso, da cui poté desumere anche la motivazione con cui fu invalidato il testamento di Tiberio67 . Brano n. 35 (59 .4 .4, p . 621 B .) [37 d . C .] πρὸς δὲ τούτοις εἰκόνας τε ἀπαγορεύσας κατ’ ἀρχὰς μηδένα αὑτοῦ ἱστάναι, καὶ ἐς ἀγαλμάτων ποίησιν προεχώρησε, καὶ ψηφισθέν ποτε τῇ τύχῃ αὐτοῦ θύεσθαι παρέμενος, ὥστε καὶ ἐς στήλην αὐτὸ τοῦτ’ἐγγραφῆναι, καὶ ναοὺς ἑαυτῷ καὶ θυσίας ὡς καὶ θεῷ γίγνεσθαι ἐκέλευσε.

Brano n. 36 (59 .6 .5, p . 623 B .) [37 d . C .] ἐψηφίσθη μὲν οὖν καὶ παραχρῆμα αὐτὸν ὑπατεῦσαι, καταλυθέντων τοῦ τε Πρόκλου καὶ τοῦ Νιγρίνου τῶν τότε ἀρχόντων, καὶ μετὰ τοῦτο κατ’ἔτος ὑπατεύειν· οὐ μὴν καὶ προσεδέξατο αὐτά, ἀλλ’ἐπειδὴ ἐκεῖνοι τὸν ἕκμηνον ἐς ὃν ἀπεδεδείχατο διῆρξαν, οὕτω δὴ καὶ αὐτὸς ὑπάτευσε, τὸν Κλαύδιον τὸν θεῖον προσλαβών·

Brano n. 37 (59 .6 .7, p . 624 B .) [37 d . C .] ὁ δ’οὖν Γάιος ταῦτά τε ἐπιεικῶς ποιῆσαι ἔδοξε, καὶ τοιαῦτα ἐπιβὰς τῆς ὑπατείας ἐν τῷ βουλευτηρίῳ ἐδημηγόρησε, τοῦ τε Τιβερίου καθ’ἕκαστον ὧν ᾐτιάζετο κατατρέχων καὶ περὶ ἑαυτοῦ πολλὰ ἐπαγγελλόμενος, ὥστε τὴν γερουσίαν, φοβηθεῖσαν μὴ μεταβάληται, δόγμα ποιῆσαι κατ’ἔτος αὐτὰ ἀναγιγνώσκεσθαι.

Segue tutta una serie di riferimenti a delibere del 37 d . C . Nel brano n . 35 Dione narra che Caligola aveva posto il veto a un SC che ordinava sacrifici al suo genius (τῇ τύχῃ αὐτοῦ) e il ricordo di questo suo gesto venne inciso su una stele68: anche se lo storico non lo dice esplicitamente, la stele dovette essere decisa da un SC, come in altri casi (vd . ad esempio il brano n . 50) . Secondo il brano n . 36 il senato decise che Caligola diventasse console al posto dei consoli in carica e fosse poi console 67 Anche secondo Buongiorno, Materiali 2016, 99, «il testo di Dio 59 .1 .2 sembra dipendere in modo chiaro dalle argomentazioni sostenute dai patres» . 68 Cfr . Letta, Fonti 2016, 276 e nt . 102; Buongiorno, Materiali 2016, A7 .

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tutti gli anni, ma Caligola rifiutò e attese che fosse terminato il loro mandato di sei mesi per entrare in carica insieme allo zio Claudio69 . Secondo il brano n . 37 (59 .6 .7, p . 624 B .) il senato deliberò che ogni anno fosse letto pubblicamente il discorso programmatico pronunciato da Caligola per la sua entrata in carica come console, in cui denunciava tutte le malefatte di Tiberio e faceva molte promesse70: come al solito, Dione non scende in particolari, ma ci tiene a far sapere che conosce perfettamente il documento a cui accenna . Brano n. 38 (59 .7 .1–7, pp . 624–625 B .) [37 d . C .]

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ἐκ δὲ τούτου τὸ ἡρῷον τὸ τοῦ Αὐγούστου ὡσίωσε, τὴν ἐπινίκιον στολὴν ἐνδύς. καὶ οἵ τε εὐγενέστατοι παῖδες, ὅσοι γε καὶ ἀμφιθαλεῖς ἦσαν, μετὰ παρθένων ὁμοίων τὸν ὕμνον ᾖσαν, καὶ ἡ βουλὴ σὺν ταῖς γαμεταῖς σφων ὅ τε δῆμος εἱστιάθη, θέαι τε παντοδαπαὶ ἐγένοντο. τά τε γὰρ τῆς μουσικῆς ἐχόμενα ἐσήχθη, καὶ ἵπποι δύο ἡμέραις ἠγωνίσαντο, τῇ μὲν προτέρᾳ εἰκοσάκις, τῇ δ’ὑστέρᾳ καὶ τετταρακοντάκις διὰ τὸ τὰ γενέθλια αὐτοῦ τὴν ἡμέραν ἐκείνην εἶναι· ἦν γὰρ ἡ τελευταία τοῦ Αὐγούστου. καὶ τοῦτο μὲν καὶ ἐπ’ἄλλων πολλῶν, ὥς που καὶ ἔδοξεν αὐτῷ, ἐποίησε· πρότερον γὰρ οὐ πλείω τῶν δέκα ἄθλων ἐτίθετο, τότε δὲ καὶ ἄρκτους τετρακοσίας μεθ’ἑτέρων Λιβυκῶν θηρίων ἴσων ἀπέκτεινε. καὶ οἵ τε εὐγενεῖς παῖδες τὴν Τροίαν ἵππευσαν, καὶ τὸ ἅρμα τὸ πομπικὸν ἐφ’οὗ ἤχθη ἓξ ἵπποι εἵλκυσαν· ὃ μηπώποτε ἐγεγόνει. οὐ μέντοι καὶ αὐτὸς τοῖς ἡνιόχοις ἀπεσήμηνεν, ἀλλ’ἐκ προεδρίας μετά τε τῶν ἀδελφῶν καὶ μετὰ τῶν συνιερέων τῶν Αὐγουστείων συνεθεάσατο. ὅπως τε μηδεμία τινὶ τοῦ μὴ συμφοιτᾶν ἐς τὰ θέατρα πρόφασις εἴη (καὶ γὰρ ἤσχαλλε δεινῶς εἴ τις αὐτῶν ἀπελείπετο ἢ καὶ μεσούσης τῆς θέας ἐξανίστατο), τάς τε δίκας ἁπάσας ἀνεβάλετο καὶ τὰ πένθη πάντα ἐπέσχεν, ὥστε καὶ ταῖς γυναιξὶ ταῖς τῶν ἀνδρῶν ἐστερημέναις γαμεῖσθαι καὶ πρὸ τοῦ καθήκοντος χρόνου, ἄν γε μὴ ἐν γαστρὶ ἔχωσιν, ἐξεῖναι. καὶ ἵνα μετὰ ῥᾳστώνης βαδίζοιεν καὶ μὴ πράγματα ἔχοιεν ἀσπαζόμενοί τινες αὐτόν (πρότερον γὰρ καὶ ἐν ταῖς ὁδοῖς τὸν αὐτοκράτορα οἱ συντυγχάνοντές οἱ προσηγόρευον), ἀπεῖπε μηδένα ἔτι τοῦτο ποιεῖν. καὶ ἐξῆν καὶ ἀνυποδήτοις βουλομένοις θεάσασθαι, νομιζόμενον μέν

69 Suet . Calig . 17 .1 dice solo che questo suo primo consolato durò ex kal(endis) Iul(iis) per duos menses; Dione (59 .7 .9, p . 625 B .) precisa che Caligola depose il consolato dopo due mesi e dodici giorni, lasciando il posto a coloro che erano stati eletti in precedenza per il secondo semestre di quell’anno . Cfr . Buongiorno, Materiali 2016, A5, che pensa a una secunda relatio del principe . 70 Cfr . Buongiorno, Materiali 2016, A8 .

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που ἀπὸ τοῦ πάνυ ἀρχαίου καὶ δικάζειν τινὰς ἐν τῷ θέρει οὕτως, καὶ πολλάκις καὶ ὑπὸ τοῦ Αὐγούστου ἐν ταῖς θεριναῖς πανηγύρεσι γενόμενον, ἐκλειφθὲν δὲ ὑπὸ τοῦ Τιβερίου.

Il brano n . 38 descrive con molti particolari le cerimonie e gli spettacoli che seguirono alla dedica del tempio del divus Augustus il 30 e 31 agosto del 37 d . C .71 Questa descrizione, che trova riscontro solo in minima parte in Svetonio (Calig . 18 .2 e 5), comprende una serie di disposizioni dell’imperatore volte a favorire la partecipazione di tutti, che Dione sembra riportare fedelmente, compresi i richiami ai precedenti72 . Si può quindi pensare a un SC che recepiva disposizioni di Caligola: negli acta senatus Dione poteva trovare sia una lettera o un discorso di Caligola, sia la delibera vera e propria . Non si può tuttavia escludere che Dione abbia attinto almeno in parte queste notizie agli acta urbis, come potrebbe far pensare l’accenno al fatto che in giorni particolarmente caldi gli spettacoli si svolsero nel diribitorium in Campo Marzio, che era un edificio coperto . La perdita di Tacito lascia qualche margine d’incertezza sulla possibilità che Dione abbia attinto a fonti letterarie . Il fatto, però, che in tutti i casi in cui il confronto con Tacito è possibile (vd . i brani nn . 18, 20, 21, 25, 32, 50) si possa dimostrare che Dione non dipende da lui, induce a ritenere più probabile che anche per queste notizie lo storico di Nicea dipenda da fonti documentarie . Brano n. 39 (59 .10 .1–2, pp . 627–628 B .) [37 d . C .]

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ἐπαίτια δὲ δὴ πρὸς πάντων ὁμοίως τάδε ἐξειργάσατο. πλείστους ὅσους ὁπλομαχῆσαι ἐποίησε. καὶ γὰρ καὶ καθ’ἕνα καὶ ἀθρόους, ὥσπερ ἐν παρατάξει τινί, ἀγωνίσασθαί σφας ἠνάγκασε, παρὰ τῆς βουλῆς δὴ τοῦτο αἰτήσας· τὸ δὲ καὶ ἔξω τοῦ νενομοθετημένου πάνθ’ὅσα βούλοιτο δρᾶσαι, καὶ ἀποκτεῖναι τῶν τε ἄλλων πολλοὺς καὶ τῶν ἱππέων ἓξ καὶ εἴκοσι, τοὺς μὲν τὰς οὐσίας κατεδηδοκότας, τοὺς δὲ καὶ ἄλλως ὁπλομαχίαν ἠσκηκότας. ἦν δὲ οὐ τὸ πλῆθος τῶν ἀπολλυμένων οὕτω τι δεινόν, καίπερ δεινὸν ὄν, ἀλλ’ὅτι τοῖς τε φόνοις αὐτῶν ὑπερέχαιρε καὶ τῆς τοῦ αἵματος θέας ἀπλήστως εἶχεν.

71 Buongiorno, Materiali 2016, A9, seguendo M . Gelzer (RE X .1, 1919, c . 388), intende ἡ τελευταία τοῦ Αὐγούστου non come il 31 agosto, ma come il giorno della morte di Augusto (19 agosto) e quindi pensa che Dione abbia fatto confusione invertendo la successione rispetto al natalis di Caligola (30 agosto) . 72 Vd . ad esempio il richiamo ad Augusto per il permesso di partecipare scalzi nei giorni più caldi .

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Secondo il brano n . 39, ancora nel 37 d . C ., con l’autorizzazione del senato (παρὰ τῆς βουλῆς δὴ τοῦτο αἰτήσας), Caligola costrinse molti uomini liberi a combattere come gladiatori e morirono così ben 26 cavalieri73 . Dione precisa che l’autorizzazione del senato gli consentiva καὶ ἔξω τοῦ νενομοθετημένου πάνθ’ὅσα βούλοιτο δρᾶσαι, cioè probabilmente di violare il divieto stabilito sotto Tiberio col cosiddetto SC di Larinum del 19 d . C .74 Il numero delle vittime potrebbe invece essere desunto dagli acta urbis . Brano n. 40 (59 .11 .1–5, pp . 629–630 B .) [38 d . C .]

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τῇ δὲ Δρουσίλλῃ συνῴκει μὲν Μᾶρκος Λέπιδος, παιδικά τε ἅμα αὐτοῦ καὶ ἐραστὴς ὤν, συνῆν δὲ καὶ ὁ Γάιος· καὶ αὐτὴν ἀποθανοῦσαν τότε ἐπῄνεσε μὲν ὁ ἀνήρ, δημοσίας δὲ ταφῆς ὁ ἀδελφὸς ἠξίωσε· καὶ οἵ τε δορυφόροι μετὰ τοῦ ἄρχοντός σφων καὶ χωρὶς οἱ ἱππῆς τὸ τέλος …, οἵ τε εὐγενεῖς παῖδες τὴν Τροίαν περὶ τὸν τάφον αὐτῆς περιίππευσαν, καί οἱ τά τε ἄλλα ὅσα τῇ γε Λιουίᾳ ἐδέδοτο ἐψηφίσθη, καὶ ἵν’ἀθανατισθῇ καὶ ἐς τὸ βουλευτήριον χρυσῆ ἀνατεθῇ, καὶ ἐς τὸ ἐν τῇ ἀγορᾷ Ἀφροδίσιον ἄγαλμα αὐτῆς ἰσομέτρητον τῷ τῆς θεοῦ ἐπὶ ταῖς ὁμοίαις τιμαῖς ἱερωθῇ, σηκός τε ἴδιος οἰκοδομηθῇ, καὶ ἱερῆς εἴκοσιν οὐχ ὅτι ἄνδρες ἀλλὰ καὶ γυναῖκες γένωνται, αἵ τε γυναῖκες αὐτήν, ὁσάκις ἂν μαρτυρῶσί τι, ὀμνύωσι, καὶ ἐν τοῖς γενεσίοις αὐτῆς ἑορτή τε ὁμοία τοῖς Μεγαλησίοις ἄγηται καὶ ἡ γερουσία ἥ τε ἱππὰς ἑστιᾶται. τότε οὖν Πάνθεά τε ὠνομάζετο καὶ τιμῶν δαιμονίων ἐν πάσαις ταῖς πόλεσιν ἠξιοῦτο, Λίουιός τέ τις Γεμίνιος βουλευτὴς ἔς τε τὸν οὐρανὸν αὐτὴν ἀναβαίνουσαν καὶ τοῖς θεοῖς συγγιγνομένην ἑορακέναι ὤμοσεν, ἐξώλειαν καὶ ἑαυτῷ καὶ τοῖς παισίν, εἰ ψεύδοιτο, ἐπαρασάμενος τῇ τε τῶν ἄλλων θεῶν ἐπιμαρτυρίᾳ καὶ τῇ αὐτῆς ἐκείνης· ἐφ’ᾧ πέντε καὶ εἴκοσι μυριάδας ἔλαβε. τούτοις τε οὖν αὐτὴν ὁ Γάιος ἐτίμησε, καὶ τῷ τὰς πανηγύρεις τὰς τότε ὀφειλούσας γενέσθαι μήτε ἐν τῷ νενομισμένῳ χρόνῳ, πλὴν τῆς ὁσίας ἕνεκα, μήτ’ αὖθίς ποτε ποιηθῆναι. αἰτίαν τε πάντες ὁμοίως εἶχον, εἴθ’ἥσθη-

73 Suet . Calig . 18 .5 ricorda solo, senza precisare la data, senatori fatti esibire nel circo come aurighi . 74 AE 1978, 145 . Vd . soprattutto Levick, Larinum 1983; Baltrusch, Regimen morum 1989, 195– 206; Lebeck, Standeswürde 1990; Lebek, Das SC 1991, 41–70; Buonocore, Il senatus consultum 1992, 293–307; Stelluti, Epigrafi II 1997; Ricci, Gladiatori 2006 . Diversa è l’interpretazione delle parole di Dione 59 .10 .2 proposta da Buongiorno, Materiali 2016, nel commento a A2: non si tratterebbe di una deliberazione ad hoc, ma di un impreciso riferimento all’uso del ius arbitriumque omnium rerum che sarebbe stato conferito a Caligola fin dall’inizio del suo principato .

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σαν ἐπί τινι ὡς λυπούμενοι, εἴτε καὶ ὡς χαίροντες ἔπραξαν· ἢ γὰρ μὴ πενθεῖν αὐτὴν ὡς ἄνθρωπον ἢ θρηνεῖν ὡς θεὸν ἐνεκαλοῦντο.

Il brano n . 40 enumera le decisioni prese dal senato alla morte di Drusilla nel 38 d . C .75 Questo elenco preciso e particolareggiato non trova riscontro nelle altre fonti letterarie76; anche se non è possibile un confronto con Tacito, il cui testo per questi anni è perduto, anche in questo caso sembra probabile che Dione abbia attinto direttamente agli acta senatus . Brano n. 41 (59 .16 .9–11, p . 635 B .) [39 d . C .] καὶ τότε μὲν ὑπό τε τῆς ἐκπλήξεως καὶ ὑπὸ τῆς ἀθυμίας οὔτε φθέγξασθαι οὔτε τι χρηματίσαι ἠδυνήθησαν· τῇ δ’ ὑστεραίᾳ αὖθις ἀθροισθέντες ἐπαίνους τε αὐτοῦ πολλοὺς ὡς καὶ ἀληθεστάτου καὶ εὐσεβεστάτου ὄντος ἐποιήσαντο, χάριν οἱ μεγάλην 10 ἔχοντες ὅτι μὴ προσαπώλοντο· καὶ διὰ τοῦτο καὶ τῇ φιλανθρωπίᾳ αὐτοῦ βουθυτεῖν κατ’ἔτος ἔν τε ἐκείνῃ τῇ ἡμέρᾳ ἐν ᾗ ταῦτα ἀνεγνώκει καὶ ἐν ταῖς τῷ παλατίῳ προσηκούσαις, εἰκόνος τε αὐτοῦ χρυσῆς ἐς τὸ Καπιτώλιον ἀναγομένης καὶ ὕμνων ἐπ’αὐτῇ διὰ 11 τῶν εὐγενεστάτων παίδων ᾀδομένων, ἐψηφίσαντο. τά τε ἐπινίκια τὰ σμικρότερα ὡς καὶ πολεμίους τινὰς νενικηκότι πέμψαι αὐτῷ ἔδωκαν.

Le stesse considerazioni possono farsi per il brano n . 41, che illustra le decisioni prese dal senato nel 39 d . C ., all’indomani della seduta in cui Caligola aveva ripristinato i processi di maiestas77 . Il SC si apriva con le lodi di Caligola ὡς καὶ ἀληθεστάτου καὶ εὐσεβεστάτου ὄντος (verissimus in riferimento alla sua sincerità e piissimus in riferimento alla sua pietas), che Dione sembra riportare alla lettera e che dovevano costituire la motivazione delle decisioni che seguono . Erano quindi istituiti sacrifici annuali alla Clementia Caesaris, in occasione dei quali un’imago aurea dell’imperatore doveva essere portata sul Campidoglio mentre i fanciulli più nobili cantavano inni in suo onore, ed era decretata per lui un’ovatio (τά τε ἐπινίκια τὰ σμικρότερα) «come se avesse riportato una vittoria su nemici esterni»78 . La ricchezza di partico75 Cfr . Letta, Fonti 2016, 276; Buongiorno, Materiali 2016, A17 . 76 Suet . Calig . 24 .3 parla solo del iustitium; Sen . apocol . 1 .2 solo della testimonianza giurata del senatore Livio Gemino sull’ascesa al cielo di Drusilla, ma a differenza di Dione non ne precisa il nome . 77 Cfr . Buongiorno, Materiali 2016, A25 . 78 Così credo che vadano intese le parole di Dione; non c’è quindi bisogno di pensare al trattato con Artabano III (Humphrey, Commentary 1976, 172) o a qualche congiura (Rohde,

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lari cerimoniali e forse anche testuali (verissimus, piissimus) depone per una derivazione diretta dal testo del SC . Certo Dione non può dipendere da Svetonio (Cal . 16 .4), che parla solo della processione e del coro (precisando anche che il ritratto era su un clipeus aureus), ma cela tutto il resto dietro un vago inter ceteros honores . Brano n. 42 (59 .23 .1–2, p . 643 B .) [39 d . C .]

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τότε μὲν δὴ ταῦτα, ὡς καὶ μεγάλην τινὰ ἐπιβουλὴν διαπεφευγώς, ἐπέστειλε· πάνυ γὰρ δὴ καὶ ἄλλως προσεποιεῖτο ἐν δεινοῖς τε εἶναι καὶ ταλαιπώρως διάγειν. ἐπεὶ δὲ μαθόντες αὐτὰ οἱ βουλευταὶ ἄλλα τέ τινα αὐτῷ καὶ τὰ ἐπινίκια τὰ σμικρότερα ἐψηφίσαντο, πρέσβεις τε ἐπ’αὐτοῖς ἄλλους κλήρῳ καὶ τὸν Κλαύδιον αἱρετὸν ἔπεμψαν, τοῦτό τε ἐδυσχέρανεν, ὥστε καὶ αὖθις ἀπειπεῖν μήτε ἐπαίνου τι μήτε τιμῆς ἐχόμενον τοῖς συγγενέσιν αὐτοῦ γίγνεσθαι, καὶ ὅτι μὴ κατ’ἀξίαν τετιμῆσθαι ἐδόκει.

Ancora al 39 d . C . si riferisce il brano n . 42, secondo il quale dopo l’uccisione di M . Emilio Lepido, marito di Drusilla, il senato decise un’ovatio per Caligola e nominò una legazione per annunciargliela, ai cui membri estratti a sorte aggiunse anche Claudio79 . Dione aggiunge che Caligola non gradì e proibì di nuovo che venissero decretati onori per i suoi familiari . Seguono considerazioni generali sulle reazioni di Caligola agli onori votati dal senato, che fanno ancora capire che Dione sa molto più di quello che dice . In ogni caso è in grado di fornire particolari importanti come la composizione della legazione, su cui invece Svetonio (Cl . 9 .3) sorvola . Brano n. 43 (59 .24 .7–8, pp . 645–646 B .) [40 d . C .]

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τότε γὰρ παραλαβόντες αὐτὴν οἱ ἐς τὸ ἔπειτα κεχειροτονημένοι διῴκουν τὰ προσήκοντα σφίσι, καὶ ἐψηφίσθη ἄλλα τε καὶ ἵνα τοῖς τοῦ Τιβερίου καὶ τοῖς τῆς Δρουσίλλης γενεσίοις τὰ αὐτὰ ἅπερ καὶ τοῖς τοῦ Αὐγούστου γίγνηται. καί τινα καὶ οἱ ἐκ τῆς ὀρχήστρας ἄνδρες πανήγυρίν τε ἐπετέλεσαν καὶ θέαν παρέσχοντο, εἰκόνα τοῦ τε Γαΐου καὶ τῆς Δρουσίλλης στήσαντες ὡσίωσαν. ταῦτα δὲ ἐξ ἐπιστολῆς που τῆς τοῦ Γαΐου ἐπράχθη· καὶ γὰρ τἆλλα ὅσα χρηματίζεσθαι ἐβούλετο, ὀλίγα μὲν πᾶσι τοῖς βουλευταῖς, τὰ δὲ δὴ πλείω τοῖς ὑπάτοις γράφων, καὶ ἐκεῖνα ἔστιν ὅτε ἐν τῷ συνεδρίῳ ἀναγιγνώσκεσθαι ἐκέλευε.

Ovatio 1942) . 79 Cfr . Buongiorno, Materiali 2016, A30 .

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Il brano n . 43 parla delle decisioni prese dal senato nel 40 d . C . per celebrare i natales di Tiberio e di Drusilla80 . Dione precisa che si basarono sulle richieste contenute in una lettera di Caligola che doveva essere riportata negli acta senatus e aggiunge una considerazione generale e riassuntiva: per rendere note le sue volontà Caligola in qualche caso scriveva al senato, ma per lo più scriveva ai consoli e a volte ordinava loro di dare personalmente lettura del suo messaggio in senato81 . Come abbiamo già visto per Tiberio nel brano n . 33, Dione è in grado di precisare i destinatari di queste lettere imperiali e di segnalare che prevalevano quelle indirizzate ai consoli . In questo modo vuol far capire che ne ha lette molte e non solo quella citata come campione per questo SC del 40 d . C . Brano n. 44 (59 .26 .3, p . 650 B . [Xiph .] + Exc. Vat. 211) [40 d . C .] ἡσθέντος τε ἐπὶ τούτῳ τοῦ Γαΐου καὶ φήσαντος αὐτοῖς κατηλλάχθαι πανηγύρεις τέ τινας ἐψηφίσαντο καὶ ὅπως καὶ βήματι ὑψηλῷ καὶ ἐν αὐτῷ τῷ βουλευτηρίῳ, ὥστε μηδένα ἐξικνεῖσθαι, καὶ φρουρᾷ στρατιωτικῇ καὶ ἐκεῖ χρῷτο· καὶ τοὺς ἀνδριάντας αὐτοῦ φρουρεῖσθαι ἔγνωσαν. Exc. Vat. 211 ὅτι οἱ βουλευταὶ καὶ πανηγύρεις τινὰς τῷ Γαΐῳ ἐψηφίσαντο, καὶ ὅπως βήματι ὑψηλῷ ἐν τῷ βουλευτηρίῳ ὥστε – χρῷτο. καὶ τοὺς ἀνδριάντας – ἐτίμησεν.

Il brano n . 44 riporta alcune misure approvate nel 40 d . C .82: ludi in onore di Caligola; tribunal sopraelevato per lui anche in senato; scorta armata anche in senato; sentinelle anche a guardia delle sue statue . Sono notizie molto specifiche che sembrano tratte dagli acta senatus . Anche la genericità di quel πανηγύρεις τέ τινας (presente anche nell’Excerptum) sembra l’usuale ammiccamento al lettore che potrebbe esprimersi più o meno con queste parole: «Riassumo per non dilungarmi e non annoiarti, ma ti assicuro che conosco bene tutti i particolari» . Brano n. 45 (59 .28 .2–3, p . 654 B . [Xiph ., cfr . Exc. Vat. 214]) [40 d . C .] τότε δὲ ἐπὶ πλέον ἐξήχθη, ὥστε καὶ ἐν αὐτῇ τῇ Ῥώμῃ ναὸν ἑαυτοῦ, τὸν μὲν ὑπὸ τῆς βουλῆς ψηφισθέντα 80 Cfr . Letta, Fonti 2016, 277; Buongiorno, Materiali 2016, A33 . 81 Cfr . le considerazioni di Buongiorno, Materiali 2016, 90 ss . 82 Cfr . Buongiorno, Materiali 2016, A34 .

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τὸν δὲ ἰδίᾳ ἐν τῷ παλατίῳ, ποιήσασθαι. ἐτεκτήνατο μὲν γὰρ καὶ ἐν τῷ Καπιτωλίῳ κατάλυσίν τινα, ἵν’, ὡς ἔλεγε, τῷ Διὶ συνοικοίη· ἀπαξιώσας δὲ δὴ τὰ δευτερεῖα ἐν τῇ συνοικήσει αὐτοῦ φέρεσθαι, καὶ προσεγκαλέσας οἱ ὅτι τὸ Καπιτώλιον προκατέλαβεν, οὕτω δὴ ἕτερόν τε νεὼν ἐν τῷ παλατίῳ σπουδῇ ᾠκοδομήσατο, καὶ ἄγαλμα ἐς αὐτὸν ἠθέλησε τὸ τοῦ Διὸς τοῦ Ὀλυμπίου ἐς τὸ ἑαυτοῦ εἶδος μεταρρυθμίσαι.

Secondo il brano n . 45, nel 40 d . C . Caligola costruì a Roma due templi dedicati a lui stesso, uno per voto del senato e l’altro a sue spese sul Palatino83 . La notizia di Svetonio (Calig . 22 .4–7) è molto più particolareggiata, ma parla di un tempio solo, che dev’essere quello che secondo Dione l’imperatore costruì ἰδίᾳ ἐν τῷ Παλατίῳ, visto che viene presentato come un’iniziativa del solo Caligola (instituit) e non si menziona il senato . È legittimo, dunque, il sospetto che in realtà il tempio votato dal senato, di cui parla solo Dione, sia rimasto sulla carta e non sia stato mai realizzato84 . Non credo che un passo di Seneca (de tranq. an . 14 .9) possa dimostrare l’esistenza di un tempio di Caligola al di fuori del palazzo imperiale . Nel descrivere la fermezza d’animo di Giulio Cano mentre veniva portato all’esecuzione, Seneca scrive: nec iam procul erat tumulus in quo Caesari deo nostro fiebat cotidianum sacrum; ma non credo che qui tumulus possa indicare il tempio e cotidianum sacrum il sacrificio giornaliero di excogitatissimae hostiae (fenicotteri, pavoni e altri animali esotici) di cui parla Svetonio; mi pare evidente dal contesto il sarcasmo di Seneca, che presenta le continue esecuzioni capitali come immolazioni quotidiane di vittime umane a Caligola . Il tumulus sarà quindi semplicemente il luogo destinato alle esecuzioni capitali . Potrebbe quindi essere un caso del tutto simile a quello del tempio di Marte Ultore sul Campidoglio, votato dal senato nel 20 a . C . e mai realizzato; come in quel caso, anche qui Dione darebbe per realmente avvenuta la costruzione di un tempio votato dal senato, perché la sua unica fonte per la notizia è lo stesso SC, ma in realtà questa decisione, presa solo pochi mesi prima della morte di Caligola, non dovette trovare mai pratica applicazione . Brano n. 46 (60 .5 .4–5, p . 668 B .) [41 d . C .] ἔν τε οὖν τούτοις ἐμετρίαζε, καὶ προσαπηγόρευσε μήτε προσκυνεῖν τινα αὐτὸν μήτε θυσίαν οἱ μηδεμίαν ποιεῖν. τά τε ἐπιβοήματα τὰ πολλὰ καὶ ὑπέρογκα ἔπαυσε· καὶ εἰκόνα μίαν, καὶ ταύτην ἀργυρᾶν, ἀνδριάν83 Cfr . Buongiorno, Materiali 2016, A35 . 84 Mi sembrano dunque vani i tentativi di identificazione proposti: v . Humphrey, Commentary 1976, 280; Simpson, The Cult 1981, 504–505 .

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τας τε δύο χαλκοῦ τε καὶ λίθου ψηφισθέντας αὐτῷ τὰ πρῶτα ἔλαβε. μάταια γὰρ πάντα τὰ τοιαῦτα ἀναλώματα εἶναι, καὶ προσέτι πολλὴν μὲν ζημίαν πολὺν δὲ καὶ ὄχλον τῇ γε πόλει παρέχειν ἔλεγε· πάντες μὲν γὰρ οἱ ναοὶ πάντα δὲ καὶ τὰ ἄλλα ἔργα καὶ ἀνδριάντων καὶ ἀναθημάτων ἐπεπλήρωτο, ὥστε καὶ περὶ ἐκείνων βουλεύσεσθαι ἔφη ἃ χρὴ πρᾶξαι.

Col brano n . 46 siamo ormai al momento dell’ascesa di Claudio nel 41 d . C .85 Apprendiamo che tra i molti onori votati per lui dal senato, egli accettò solo un’imago argentea e due statue, una di bronzo e una di marmo . Svetonio (Cl . 12 .1) è molto più generico: nimios honores recusavit . Dione, invece, aggiunge anche che le decisioni del senato furono accompagnate da adclamationes eccessive, che Claudio bloccò . Lo storico rinuncia a riferire questi ἐπιβοήματα ὑπέρογκα e ad elencare minuziosamente tutti gli onori votati dal senato e rifiutati da Claudio, ma vuole far sapere al lettore di essersi documentato bene sugli uni e sugli altri, come dimostra, al § 5, la citazione testuale delle parole con cui Claudio giustificò il suo rifiuto, che Dione deve aver tratto dagli acta senatus86 . Brano n. 47 (60 .6 .8–9, pp . 669–670 B .) [41 d . C .]

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ἀπέδωκε μὲν οὖν καὶ ταῖς πόλεσι τοὺς ἀνδριάντας οὓς ὁ Γάιος ἐξ αὐτῶν μετεπέπεμπτο, ἀπέδωκε δὲ καὶ τοῖς Διοσκόροις τὸν νεὼν τῷ τε Πομπηίῳ τὴν τοῦ θεάτρου μνήμην· καὶ αὐτῷ καὶ τὸ τοῦ Τιβερίου ὄνομα ἐν τῇ σκηνῇ προσθεὶς ἔγραψεν, ἐπειδὴ καυθεῖσαν αὐτὴν ἀνῳκοδομήκει. τὸ γὰρ ἑαυτοῦ ἐκείνῃ μέν, οὐχ ὅτι κατεσκεύασεν ἀλλ’ὅτι καὶ καθιέρωσεν αὐτήν, ἄλλῳ δὲ οὐδενὶ ἐνεκόλαψεν. οὐ μὴν οὐδὲ τῇ στολῇ τῇ ἐπινικίῳ παρὰ πᾶσαν τὴν πανήγυριν, καίτοι ψηφισθέν, ἐχρήσατο, ἀλλ’ἔθυσεν ἐν αὐτῇ μόνον, τὰ δὲ ἄλλα ἐν τῷ περιπορφύρῳ ἱματίῳ διῴκησεν.

Egualmente fondato su una buona documentazione risulta il brano n . 47, secondo il quale nel 41 d . C ., in occasione dell’inaugurazione del teatro di Pompeo, restaurato dopo un incendio, Claudio non indossò la toga trionfale per tutta la durata dei festeggiamenti, come aveva deliberato il senato, ma solo mentre offriva

85 Anche per i SCC dell’età di Claudio, qui presenti con un campione di soli quattro esempi, disponiamo ora di un’ottima rassegna sistematica (Buongiorno, Una palingenesi 2010) . In essa i SCC testimoniati da Dione sono ben 43 . Quello a cui si riferisce C . D . 60 .5 .4 è A1 (pp . 93–99, in particolare p . 99) . 86 Cfr . Letta, Fonti 2016, 255 .

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il sacrificio, indossando negli altri momenti semplicemente la toga praetexta87 . Svetonio fornisce altri particolari, ma tace sulle vesti indossate dall’imperatore88 . Sembrerebbe che Dione abbia appreso dagli acta senatus che Claudio era stato autorizzato a indossare la veste trionfale per tutta la durata dei festeggiamenti, mentre dagli acta urbis ricavò che l’aveva indossata solo mentre offriva il sacrificio di apertura . Brano n. 48 (60 .22 .1–2, p . 683 B .) [43 d . C .]

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μαθοῦσα δ’ ἡ γερουσία τὰ κατειργασμένα Βρεττανικόν τε αὐτὸν ἐπεκάλεσε καὶ τὰ ἐπινίκια αὐτῷ πέμψαι ἔδωκε. πανήγυρίν τε ἐτησίαν καὶ ἁψῖδας τροπαιοφόρους, τὴν μὲν ἐν τῇ πόλει τὴν δὲ ἐν τῇ Γαλατίᾳ, ὅθεν ἐς τὴν Βρεττανίαν ἐξαναχθεὶς ἐπεραιώθη, γενέσθαι ἐψηφίσαντο· τῷ τε υἱεῖ αὐτοῦ τὴν αὐτὴν ἐπωνυμίαν ἐπέθεσαν, ὥστε καὶ κυρίως τρόπον τινὰ Βρεττανικὸν αὐτὸν ὀνομασθῆναι, καὶ τῇ Μεσσαλίνῃ τὴν προεδρίαν ἣν καὶ ἡ Λιουία ἐσχήκει καὶ τὸ καρπέντῳ χρῆσθαι ἔδοσαν.

Dione si mostra meglio informato di Svetonio anche nel brano n . 48 sugli onori votati nel 43 d . C . per Claudio e i suoi in occasione della vittoria britannica89 . Svetonio, infatti, ricorda solo che currum eius Messalina uxor carpento secuta est (Cl . 17 .3), ma non fa cenno né al posto in prima fila che le fu riservato né al precedente di Livia per l’uso del carpentum, che molto probabilmente era citato nel SC . Brano n. 49 (60 .22 .3, pp . 683–684 B .) [43 d . C .] ἐκείνους μὲν δὴ τούτοις ἐτίμησαν, τῇ δὲ δὴ τοῦ Γαΐου μνήμῃ ἀχθόμενοι τὸ νόμισμα τὸ χαλκοῦν πᾶν, ὅσον τὴν εἰκόνα αὐτοῦ ἐντετυπωμένην εἶχε, συγχωνευθῆναι ἔγνωσαν. καὶ ἐπράχθη μὲν τοῦτο, οὐ μέντοι καὶ ἐς βέλτιόν τι ὁ χαλκὸς ἐχώρησεν, ἀλλ’ἀνδριάντας ἀπ’αὐτοῦ ἡ Μεσσαλῖνα τοῦ Μνηστῆρος τοῦ ὀρχηστοῦ ἐποιήσατο.

Molto interessante è anche la notizia che troviamo nel brano n . 49: il senato decise che fossero fuse tutte le monete con l’immagine di Caligola e col bronzo ricavato 87 Cfr . Buongiorno, Una palingenesi 2010, 119–120 (A11) . 88 Suet . Cl . 21 .3: Ludos dedicationis Pompeiani theatri, quod ambustum restituerat, e tribunali posito in orchestra commisit, cum prius apud superiores aedes supplicasset perque mediam caveam sedentibus ac silentibus cunctis descendisset. 89 Cfr . Buongiorno, Una palingenesi 2010, 159–169 (A 35), in particolare 164–165 .

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Messalina fece realizzare delle statue del mimo Mnester . La notizia è presente solo in Dione, che è in grado di datarla al 43 d . C . e di collegarla non già alla morte di Caligola, come ci si aspetterebbe, ma alle celebrazioni della vittoria britannica di Claudio, evidentemente contrapposta alla spedizione abortita del predecessore . Questo fatto, lungi dal rendere sospetta la notizia, a torto revocata in dubbio da molti studiosi90, farebbe pensare che Dione abbia realmente tratto questa notizia dagli acta senatus, in cui doveva essere anche specificato che il bronzo ricavato dalla fusione di quelle monete veniva messo a disposizione dell’imperatore per l’uso che avesse voluto farne . È poi Dione che, malignamente, attribuisce a Messalina l’idea di usarlo per statue di un mimo come Mnester . In realtà l’iniziativa potrebbe essere stata dello stesso Claudio, come gesto simbolico contro la memoria di Caligola, nella stessa logica di contrapposizione che aveva spinto il senato ad abbinare le celebrazioni della vittoria di Claudio e la cancellazione dell’effigie di Caligola attraverso la fusione delle sue monete: la decisione voleva segnalare che quel bronzo era meglio usato per onorare un bravo attore piuttosto che il buffone Caligola, che aveva disonorato la porpora imperiale con l’indecorosa ‘sceneggiata’ della finta spedizione britannica e l’esibizione delle spolia Oceani91 . Brano n. 50 (61 .3 .1, p . 20 B . [Xiph .]) [54 d . C .] ἑπτὰ δὲ καὶ δέκα ἔτη ἦγεν ὅτ’ἦρξεν, ἔς τε τὸ στρατόπεδον ἐσῆλθε, καὶ ἀναγνοὺς ὅσα ὁ Σενέκας ἐγεγράφει, ὑπέσχετο αὐτοῖς ὅσα ὁ Κλαύδιος ἐδεδώκει. τοσαῦτα δὲ καὶ πρὸς τὴν βουλήν, πρὸς τοῦ Σενέκου καὶ αὐτὰ γραφέντα, ἀνέγνω ὥστε καὶ ἐς ἀργυρᾶν στήλην ἐγγραφῆναι καὶ ἐν ταῖς νέαις τῶν ἀεὶ ὑπάτων ἀρχαῖς ἀναγινώσκεσθαι ψηφισθῆναι. καὶ οἱ μὲν ἐκ τούτων ὡς καὶ κατὰ συγγραφήν τινα καλῶς ἀρχθησόμενοι παρεσκευάζοντο.

Passando a Nerone e al suo discorso programmatico pronunciato nel 54 d . C . all’atto del suo insediamento, nel brano n . 50 Dione ricorda una delibera del senato in base alla quale esso doveva essere inciso su una stele d’argento ed essere letto in pubblico ogni volta che dei nuovi consoli fossero entrati in carica . Questo particolare manca in Tacito, che pure riporta in modo molto preciso il contenuto di quel discorso, ed è quindi con ogni probabilità desunto direttamente dagli acta senatus .

90 Vd . Rollin, Untersuchungen 1979, 165; cfr . Buongiorno, Una palingenesi 2010, 165–166, nt . 232 . 91 Cfr . Suet . Cl . 45–46 .

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Brano n. 51 (62[63] .6 .1–2, pp . 70–71 B . [Xiph .]) [66 d . C .]

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ἐγένετο δὲ κατὰ ψήφισμα καὶ πανήγυρις θεατρική. καὶ τὸ θέατρον, οὐχ ὅτι ἡ σκηνὴ ἀλλὰ καὶ ἡ περιφέρεια αὐτοῦ πᾶσα ἔνδοθεν ἐκεχρύσωτο, καὶ τἆλλα ὅσα ἐσῄει χρυσῷ ἐκεκόσμητο· ἀφ’οὗ καὶ τὴν ἡμέραν αὐτὴν χρυσῆν ἐπωνόμασαν. τά γε μὴν παραπετάσματα τὰ διὰ τοῦ ἀέρος διαταθέντα, ὅπως τὸν ἥλιον ἀπερύκοι, ἁλουργὰ ἦν, καὶ ἐν μέσῳ αὐτῶν ἅρμα ἐλαύνων ὁ Νέρων ἐνέστικτο, πέριξ δὲ ἀστέρες χρυσοῖ ἐπέλαμπον.

Nel brano n . 51, relativo alle celebrazioni per l’incoronazione di Tiridate d’Armenia nel 66 d . C ., Dione dà una minuziosa descrizione degli addobbi dorati e del velarium ricamato teso sul teatro di Pompeo, con l’immagine di Nerone sul carro del Sole tra le stelle, senza riscontro nelle altre fonti letterarie92 . La fonte del nostro autore sarà piuttosto da riconoscere nello ψήφισμα a cui fa riferimento, che doveva descrivere in modo particolareggiato tutta la messa in scena descritta da Dione . D’altra parte, la citazione testuale delle formule pronunciate da Tiridate e da Nerone nel foro non può derivare da un SC che precedeva la celebrazione, ma potrebbe rimandare piuttosto al ‘reportage’ che doveva figurare negli acta urbis . Brano n. 52 (62[63] .18 .3, p . 82 B . [Xiph .]) [67 d . C .] τῶν δὲ Αὐγουστείων ἄγαλμα αὐτοῦ χιλίων λιτρῶν ποιήσειν ὑποσχομένων, πᾶν τὸ ἱππικὸν ἠναγκάσθη συντελέσαι σφίσι τὸ ἀνάλωμα. τὰ δὲ δὴ τῆς γερουσίας ἔργον καθ’ἕκαστον ἐπεξελθεῖν· τοσαῦται γὰρ αἵ τε θυσίαι καὶ ἱερομηνίαι ἐπηγγέλθησαν ὥστε μηδ’ὅλον τὸν ἐνιαυτὸν ἐξαρκέσαι.

Nella convulsa fase che precede la caduta di Nerone colpisce l’affermazione che Dione fa nel brano n . 52: è impossibile elencare uno per uno tutti i SC che decretarono sacrifici straordinari e supplicationes (θυσίαι καὶ ἱερομηνίαι) per Nerone scampato a una serie di congiure . Questo parossismo segnalato dallo storico è pienamente confermato dai commentarii degli arvales, che in poco più di un anno tra 66 e 67 d . C . registrano almeno sette azioni rituali diverse tra sacrifici straordinari, nuncupationes votorum e relative solutiones, quasi tutte votate dal senato ob

92 Suet . Ner . 13 dà una descrizione accurata sia della cerimonia nel foro che di quella nel teatro, ma non descrive gli addobbi né riporta le parole pronunciate .

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detecta nefariorum consilia93 . Si spiega così la scelta di Dione, che di fronte a una documentazione così ricca e ripetitiva, rinuncia a τὰ … τῆς γερουσίας … καθ’ἕκαστον ἐπεξελθεῖν, ma ci tiene a far sapere che sarebbe perfettamente in grado di farlo . Brano n. 53 (63 .23 .2, pp . 89–90 B . [Xiph .] + Exc. Vat. 76) [68 d . C .] [Xiph.] λέγεται δὲ ὅτι τοῦ Νέρωνος διακοσίας καὶ πεντήκοντα μυριάδας ἐπικηρύξαντος τῷ Οὐίνδικι ἀκούσας ὁ Οὐίνδιξ ἔφη ὅτι «ὁ Νέρωνα ἀποκτείνας τήν τε κεφαλὴν αὐτοῦ κομίσας μοι τὴν ἐμὴν ἀντιλήψεται».

[Exc. Vat.] ὅτι ἡ γερουσία μαθοῦσα τοῦτο τὸ περὶ τοῦ Βίνδικος καὶ Γάλβα πάντα τὰ εἰωθότα ἐπὶ τοῖς νεωτερίζουσι κατὰ Βίνδικος ἐψηφίζετο· ἐπηγγείλατο δὲ Νέρων τῷ ἀναιροῦντι τὸν Βὶνδικα καὶ κομίζοντα πρὸς αὐτὸν τὴν κεφαλὴν αὐτοῦ διακοσίας καὶ πεντήκοντα μυριάδας ἐπιδόσειν δραχμῶν· ὅπερ μαθών ὁ Βίνδιξ ἀπεκρίνατο τοῖς εἰρηκόσιν ὅτι· «ἐγὼ δὲ τῷ φέροντι τὴν κεφαλὴν Δομιτίου τὴν ἐμαυτοῦ ἀντιδίδωμι».

93 Con riferimento a Scheid, Recherches 1998, si vedano: 1) CFA, fr . 30, cd, I .2–3 (data imprecisata del 66 d . C ., posteriore all’11 gennaio): nuncupatio di vota straordinari [ob det]ecta [nefariorum consilia], probabilmente in relazione alla coniuratio Viniciana; 2) CFA, fr . 30, cd, I .4–6 (nello stesso giorno): sacrifici straordinari, probabilmente con la stessa motivazione; 3) CFA, fr . 30, cd, I .8–14 (in data successiva): sacrifici straordinari ob laurum dell’imperatore, cioè probabilmente per l’incoronazione di Tiridate; 4) CFA, fr . 30, cd, I .17–18 (in data ancora successiva): sacrifici straordinari [in] Capitolio ob supplica[tiones a senatu decretas], probabilmente ancora per una congiura sventata (cfr . Scheid, Romulus 1990, 404–405); 5) CFA, fr . 30, cef, II .21–22 (tra il 19 giugno e il 25 settembre del 66 d . C .): sacrifici come solutio dei vota straordinari precedenti: reddito sacrifici[o quod – – – fratres arvales voverant ob detecta nefariorum con]silia; 6) CFA, fr . 30, cef, II .22–26 (nella stessa data): nuncupatio di nuovi vota straordinari, probabilmente rinnovo dei precedenti con la stessa motivazione . A questi già noti va aggiunto ora un nuovo frammento, che mi accingo a pubblicare, conservato nella Collezione Heikamp presso la Bibliotheca Hertziana di Roma, che alle linn . 4–10 ricorda sacrifici straordinari celebrati in Campidoglio in una data imprecisabile tra il 23 gennaio e il 23 maggio del 67 d . C . ob supplicatio[nes a senatu decretas] / [post nefar(iorum) con]silia detecta ex s(enatus) c(onsulto).

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Secondo il brano n . 53 nel 68 d . C . il senato, nel dichiarare hostis Vindice, pose sulla sua testa una taglia di 2 .500 .000 denari (= dieci milioni di sesterzi) . Sia Xifilino che Zonara e l’Exc. Vat. 76 dicono che la taglia fu posta da Nerone, ma l’Exc . Vat . dice anche preliminarmente che il senato πάντα τὰ εἰωθότα ἐπὶ τοῖς νεωτερίζουσι κατὰ Βίνδικος ἐψηφίζετο . È probabile, quindi, che già nel SC si facesse riferimento anche alla taglia e che questa venga attribuita direttamente a Nerone semplicemente perché fu lui a proporla e perché il SC specificava che il pagamento promesso avrebbe dovuto gravare sui fondi dell’imperatore anziché sull’aerarium . Il fatto che Dione fosse in grado di precisarne l’esatto ammontare fa pensare che egli abbia attinto il particolare a una fonte documentaria piuttosto che alla fonte letteraria da cui potrebbe aver tratto la battuta ad effetto che avrebbe pronunciato Vindice quando apprese la notizia («Darò la mia testa a chi mi porterà quella di Nerone») . Brano n. 54 (68 .10 .3–4, p . 197 B . [Xiph .]) [104 d . C .]

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ἐπεὶ δὲ ὁ Δεκέβαλος πολλὰ παρὰ τὰς συνθήκας ἀπηγγέλλετο αὐτῷ ποιῶν, καὶ ὅπλα τε κατεσκευάζετο, καὶ τοὺς αὐτομολοῦντας ἐδέχετο, τά τε ἐρύματα ἐπεσκεύαζε, παρά τε τοὺς ἀστυγείτονας ἐπρεσβεύετο, καὶ τοῖς τἀναντία οἱ φρονήσασι πρότερον ἐλυμαίνετο, καὶ τῶν Ἰαζύγων καὶ χώραν τινὰ ἀπετέμετο (ἣν μετὰ ταῦτα ἀπαιτήσασιν αὐτοῖς Τραϊανὸς οὐκ ἀπέδωκεν), οὕτω δὴ καὶ αὖθις πολέμιον αὐτὸν ἡ βουλὴ ἐψηφίσατο, καὶ ὁ Τραϊανὸς δι’ ἑαυτοῦ καὶ αὖθις, ἀλλ’οὐ δι’ἑτέρων στρατηγῶν, τὸν πρὸς ἐκεῖνον πόλεμον ἐποιήσατο.

Sospetto poi che nel brano n . 54, secondo cui nel 104 d . C . il senato dichiarò hostis Decebalo, il lungo elenco delle violazioni al precedente trattato di pace messe in atto da Decebalo sia tratto dal testo stesso del SC, che doveva motivare in questo modo la decisione . Brano n. 55 (68 .29 .2–3, pp . 217–218 B . [Xiph .]) [116 d . C .]

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καὶ ἐπ’αὐτῷ ἄλλα τε ἔλαβε, καὶ ἐπινίκια ὅσων ἂν ἐθελήσῃ ἐθνῶν πέμψαι· διὰ γὰρ τὸ πλῆθος τῶν ἀεί σφισι γραφομένων οὔτε συνεῖναί τινα αὐτῶν οὔτε ὀνομάσαι καλῶς ἐδύναντο. καὶ οἱ μὲν ἁψῖδα αὐτῷ τροπαιοφόρον πρὸς πολλοῖς ἄλλοις ἐν αὐτῇ τῇ ἀγορᾷ αὐτοῦ παρεσκεύαζον, καὶ ἡτοιμάζοντο ὡς πορρωτέρω ἀπαντήσοντες εἰ ἐπανίοι· ἔμελλε δ’ἄρα μήτε ἐς τὴν Ῥώμην ἔτι ἀφίξεσθαι μήτε ἄξιόν τι τῶν προκατειργασμένων πράξειν, καὶ προσέτι καὶ αὐτὰ ἐκεῖνα ἀπολέσειν.

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Nel brano n . 55, con le decisioni prese nel 116 d . C . dal senato per celebrare le vittorie partiche di Traiano, rimaste inattuate per la morte dell’imperatore, abbiamo un altro esempio degli elenchi a campionatura selettiva a cui ci ha abituato Dione: egli ricorda solo l’autorizzazione a celebrare quanti trionfi volesse, l’erezione di un arco nel foro di Traiano e il solenne occursus fino a grande distanza da Roma in occasione dell’atteso reditus dell’imperatore, ma come al solito afferma di riportare solo alcune delle decisioni prese . Particolarmente interessante è la motivazione addotta dal senato per lasciare a Traiano la decisione di quanti trionfi celebrare e su quali popoli: «giacché, per il gran numero di popoli continuamente menzionati nei suoi resoconti scritti al senato, essi (i senatori) non erano in grado né di seguire né di nominare correttamente alcuni di essi» . Si tratta molto probabilmente della motivazione che Dione poté leggere nel testo del SC . Brano n. 56 (72[71] .31 .1–2, p . 172 B . [Xiph .]) [176 d . C .]

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ἐνομοθετήθη δὲ τότε μηδένα ἐν τῷ ἔθνει ὅθεν τὸ ἀρχαῖον ἔστιν ἄρχειν, ὅτι ὁ Κάσσιος ἐν τῇ Συρίᾳ τὴν πατρίδα αὐτοῦ ἐχούσῃ ἡγεμονεύων ἐνεόχμωσε. τῷ δὲ Μάρκῳ καὶ τῇ Φαυστίνῃ ἐψηφίσατο ἡ βουλὴ ἔν τε τῷ Ἀφροδισίῳ τῷ Ῥωμαίῳ εἰκόνας ἀργυρᾶς ἀνατεθῆναι καὶ βωμὸν ἱδρυθῆναι, καὶ ἐπ’αὐτοῦ πάσας τὰς κόρας τὰς ἐν τῷ ἄστει γαμουμένας μετὰ τῶν νυμφίων θύειν, καὶ ἐς τὸ θέατρον χρυσῆν εἰκόνα τῆς Φαυστίνης ἐπὶ δίφρου ἀεί, ὁσάκις γ’ ἂν ἐκεῖνος θεωρῇ, ἐσφέρεσθαί τε καὶ ἐν τῇ προεδρίᾳ ἐξ ἧς ζῶσα ἐθεᾶτο τίθεσθαι, καὶ περὶ αὐτὴν τὰς γυναῖκας τὰς δυνάμει προεχούσας συγκαθίζεσθαι.

Anche per le decisioni prese nel 176 d . C . per onorare Faustina defunta, cui è dedicato il brano n . 56, Dione fornisce un’esemplificazione molto precisa che non trova riscontro in altre fonti94: imagines argenteae di Marco e Faustina saranno collocate nel tempio di Venere e Roma e un’ara all’esterno di esso; tutte le spose dovranno sacrificare su quest’ara insieme ai loro sposi; un’imago aurea di Faustina dovrà essere portata su una sella nel teatro ogni volta che allo spettacolo assista l’imperatore, dovrà essere collocata in prima fila nel posto che ella soleva occupare da viva e dovrà essere attorniata dalle matrone più illustri .

94 Nell’Historia Augusta (v. Marci, 26 .5–9) si dice genericamente che Marco petiit a senatu ut honores Faustinae aedemque decernerent e si parla della consecratio, dell’istituzione delle puellae Faustinianae e dell’elevazione a colonia del villaggio alle pendici del Tauro dove era morta .

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Brano n. 57 (73[72] .15 .6, p . 297 B .) [192 d . C .] καὶ ἀνδριάντες αὐτοῦ παμπληθεῖς ἐν Ἡρακλέους σχήματι ἔστησαν. καὶ τὸν αἰῶνα τὸν ἐπ’αὐτοῦ χρυσοῦν τε ὀνομάζεσθαι καὶ ἐς τὰ γράμματα πάντα ὁμοίως ἐσγράφεσθαι ἐψηφίσθη.

Il brano n . 57 ricorda un SC che nel 192 d . C . stabilì che l’età di Commodo fosse definita ‘età dell’oro’ in tutti i documenti ufficiali (ἐς τὰ γράμματα πάντα ὁμοίως ἐσγράφεσθαι) . Qui Dione, che certamente attinge alla sua memoria di testimone diretto in senato, mostra ancora una volta il suo particolare interesse per i formulari oltre che per il cerimoniale, come credo di aver dimostrato altrove analizzando la sua attenzione alla corrispondenza imperiale . Brano n. 58 (76[75] .15 .2b, p . 354 B . = Exc. Vat. 133) [200 d . C .] Ὄτι καὶ πολλῶν εἰς τιμὴν αὐτοῦ ψηφισθέντων παρὰ τῆς συγκλήτου ὀλίγα ἐδέξατο εἰπὼν αὐτοῖς «ὅτι ταῖς ψυχαῖς με φιλεῖτε καὶ μὴ τοῖς ψηφίσμασιν».

Nel brano n . 58, inserito nella narrazione del 200 d . C ., si parla genericamente di vari SCC in onore di Plauziano . L’accenno è brevissimo, ma citando testualmente le parole con cui Plauziano dichiarò di accettare solo pochi tra gli onori votati per lui, Dione mostra di aver consultato gli acta senatus; in questo modo segnala di conoscere bene la documentazione e di essere perfettamente in grado di elencare partitamente gli onori deliberati dal senato e quelli accettati dall’interessato: se non lo fa, è solo per non appesantire troppo la narrazione e non tediare il lettore . Brano n. 59 (77[76] .6 .1–2, p . 361 B .) [205 d . C .]

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Σατορνῖνος μέντοι καὶ Εὔοδος τότε μὲν ἐτιμήθησαν, ὕστερον δὲ ὑπὸ τοῦ Ἀντωνίνου ἐθανατώθησαν. ψηφιζομένων δὲ ἡμῶν ἐπαίνους τινὰς τῷ Εὐόδῳ ὁ Σεουῆρος ἐκώλυσεν εἰπὼν «αἰσχρόν ἐστιν ἐν δόγματι ὑμῶν τοιοῦτό τι περὶ Καισαρείου ἀνδρὸς γεγράφθαι»· καὶ οὐ τοῦτον μόνον ἀλλὰ καὶ τοὺς ἄλλους ἅπαντας τοὺς βασιλικοὺς ἀπελευθέρους οὔθ’ὑβρίζειν οὔθ’ὑπεραυχεῖν εἴα· ἐφ’ᾧ καὶ καλῶς ἤκουεν. ἡ δ’αὖ γερουσία ὑμνοῦσά ποτε αὐτὸν καὶ αὐτὸ τοῦτο ἄντικρυς ἐξεβόησεν, ὅτι «πάντες πάντα καλῶς ποιοῦσιν, ἐπειδὴ σὺ καλῶς ἄρχεις».

Conoscenza e criteri di utilizzazione dei senatus consulta nella Storia Romana di Cassio Dione

Allo stesso modo nel brano n . 59 si parla in modo cursorio di un SC del 205 d . C . in lode del liberto imperiale Euodo . Anche in questo caso Dione parla genericamente di ἐπαίνους τινάς, ma segnalando con la prima persona plurale la propria partecipazione alla seduta e citando testualmente le parole con cui Settimio Severo bloccò l’iniziativa, mostra di conoscere anche i particolari che volutamente trascura . Brano n. 60 (79[78] .17 .1, p . 421 B .) [217 d . C .] τῆς δ’οὖν πρώτης ἐπιστολῆς ἀναγνωσθείσης καὶ ἐκείνῳ, ὅσα εἰκὸς ἦν, καὶ τῷ υἱεῖ αὐτοῦ ἐψηφίσθη· εὐπατρίδης τε γὰρ καὶ πρόκριτος τῆς νεότητος Καῖσάρ τε ἀπεδείχθη. καὶ ὃς τὰ μὲν ἄλλα προσεδέξατο, τὴν δὲ δὴ ἱπποδρομίαν τὴν ἐπὶ τῇ ἀρχῇ τῆς ἡγεμονίας αὐτοῦ ψηφισθεῖσαν παρῃτήσατο, εἰπὼν αὐτάρκως αὐτὴν τῇ τῶν Σεουήρου γενεσίων θέᾳ τετιμῆσθαι.

Il brano n . 60 illustra il SC con cui, nel 217 d . C ., fu riconosciuto Macrino . Dione non sembra aver partecipato alla seduta, perché non parla dei senatori in prima persona plurale, ma si mostra ben informato sul contenuto della delibera, che comprendeva il conferimento del rango di patrizio e dei titoli di princeps iuventutis e Caesar al figlio di Macrino e anche l’istituzione di ludi (ἱπποδρομίαι) per il suo dies imperii . Particolare ancora più significativo, Dione è in grado di riportare anche la motivazione con cui Macrino rifiutò l’ultima proposta: per il suo dies imperii bastavano i ludi già previsti per il natalis di Settimio Severo . È ragionevole dunque supporre che Dione abbia attinto agli acta senatus le notizie che dà . Brano n. 61 (79[78] .17 .4–18 .2, pp . 421–422 B .) [217 d . C .] οὐ μέντοι καὶ ἐτόλμησέ τις δημοσίᾳ τι τοιοῦτο κατ’αὐτοῦ θρασύνασθαι ὥστε καὶ πολέμιον αὐτὸν ψηφίσασθαι, δεδιὼς μὴ καὶ παραυτίκα ὑπὸ τῶν ἐν τῇ πόλει στρατευομένων φθαρῇ· ἀλλὰ ἄλλως μὲν καὶ ἐλοιδόρουν αὐτὸν καὶ ὕβριζον ὅσα ἐδύναντο, τάς τε μιαιφονίας αὐτοῦ ὀνομαστὶ καταλέγοντες, καὶ πρὸς πάντας αὐτὸν τοὺς πώποτε κακῶς τυραννήσαντάς σφων παραδεικνύντες, τήν τε ἱπποδρομίαν τὴν τοῖς γενεθλίοις αὐτοῦ τελουμένην 18 καταλυθῆναι, καὶ τοὺς ἀνδριάντας τούς τε χρυσοῦς καὶ τοὺς ἀργυροῦς πάντας ἁπλῶς δι’ἐκεῖνον συγχωνευθῆναι, τούς τε μεμηνυκότας τι αὐτῷ πολλῇ σπουδῇ καὶ φανερωθῆναι καὶ κολασθῆναι 2 δεόμενοι· πολλοὶ γὰρ οὐχ ὅτι δοῦλοί τε καὶ ἐξελεύθεροι καὶ στρατιῶται καὶ Καισάρειοι, ἀλλὰ καὶ ἱππῆς βουλευταί τε καὶ γυναῖκες τῶν [τε] ἐπιφανεστάτων συχναὶ καὶ ἐνδείξεις λαθρίους ἐπ’αὐτοῦ πεποιῆσθαι καὶ σεσυκοφαντηκέναι τινὰς ἐνομίζοντο.

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Nel brano n . 61, sulle misure approvate dal senato nel 217 d . C . contro Caracalla ormai defunto, Dione sottolinea che per paura dei militari nessuno dei senatori osò spingersi fino a proporre che fosse dichiarato hostis (πολέμιον αὐτὸν ψηφίσασθαι), ma tutti cercarono di oltraggiarne la memoria (ἐλοιδόρουν αὐτὸν καὶ ὕβριζον) elencando uno per uno tutti i suoi delitti coi nomi delle sue vittime e paragonandolo a tutti i peggiori tiranni del passato e chiedendo (δεόμενοι) che fossero aboliti i ludi per il suo natalis, fossero fuse tutte le sue statue d’oro e d’argento e fossero resi noti e puniti tutti i delatori . Le parole di Dione sembrano riecheggiare il verbale di una seduta del senato (a cui non partecipò) in cui furono scandite adclamationes contro Caracalla e approvate una serie di misure contro la sua memoria . Anche se non si usa il verbo ψηφίζω, ritengo molto probabile che Dione riassuma qui il testo di un SC in cui il senato decise direttamente le misure sull’abolizione dei ludi e la fusione delle statue, mentre per la divulgazione dei nomi dei delatori e la loro punizione doveva per forza di cose rivolgersi all’imperatore, chiedendogli (δεόμενοι) di provvedere al più presto aprendo gli archivi . È appunto in risposta a questa richiesta che Macrino dichiarerà di non aver trovato negli archivi imperiali alcun elemento utile per incriminare i delatori del passato regime (79[78] .21 .1, p . 425 B .) . Brano n. 62 (79[78] .38 .1, pp . 446–447 B .) [218 d . C .] ταῦτα μὲν οὕτως ἔσχεν, καὶ νὴ Δία καὶ ὅτε περὶ τῆς τοῦ Ψευδαντωνίνου ἐπαναστάσεως ἐπέστειλεν, εἶπον μέν τινα οἱ ὕπατοι κατ’αὐτοῦ, ὥσπερ εἴωθεν ἐν τοῖς τοιούτοις γίγνεσθαι, εἶπεν δὲ καὶ τῶν στρατηγῶν τις τῶν τε δημάρχων ἕτερος· καὶ ἐκείνῳ μὲν τῷ ἀνεψιῷ αὐτοῦ καὶ ταῖς μητράσι τῇ τε τήθῃ πόλεμός [τε] ἐπηγγέλθη καὶ ἐπεκηρύχθη, τοῖς δὲ συνεπαναστᾶσιν αὐτῷ ἄδεια ἂν γνωσιμαχήσωσιν, ὥσπερ καὶ ὁ Μακρῖνος αὐτοῖς ὑπέσχητο, ἐδόθη.

La stessa aderenza a un verbale riscontrato negli acta senatus si riscontra nel brano n . 62 sul SC che nel 218 d . C . decise la guerra contro Elagabalo e le donne della famiglia . Anche in questo caso Dione non aveva partecipato alla seduta perché si trovava ancora in Asia95, ma è in grado di fornire tutta una serie di particolari procedurali su ciò che seguì alla lettura della lettera di Macrino e sfociò nel SC: per primi i consoli pronunciarono invettive contro Elagabalo, seguiti da uno dei pretori e da uno dei tribuni . Anche sul contenuto del SC Dione è molto preciso: la dichiarazione di guerra era non solo contro Elagabalo, ma anche contro suo cugino (Severo Alessandro), le rispettive madri (Iulia Sohemias e Iulia Mamaea) e la nonna (Iulia Maesa); c’era anche la promessa d’impunità per i loro sostenitori 95 Cfr . Letta, Fonti 2016, 266 .

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se si fossero sottomessi, in conformità con quanto dichiarava Macrino nella sua lettera . Lo storico fornisce infine un ulteriore particolare procedurale: dopo l’approvazione del SC la dichiarazione di guerra fu solennemente proclamata da un araldo (ἐπεκηρύχθη) . Brano n. 63 (80[79] .2 .5–6, p . 455 B .) [218 d . C .]

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ἀφ’οὗ δὴ … σια καὶ ἄκουσα πάντα ἐκείνοις δ . ἀνέγνω . τῇ γὰρ ἐπαρτηθείσῃ ἀνάγκῃ οὐδὲν οὔτε τῶν δεόντων οὔτε τῶν συμφερόντων σφίσι πρᾶξαι ἠδυνήθησαν, …, ἀλλὰ ὑπὸ τοῦ φόβου ἐξεπλάγησαν … | … καὶ τόν τε Μακρῖνον, ὃν πάμπολλα ἐπῃνέκεσαν, ἐν πολεμίου μοίρᾳ σύν τε τῷ υἱεῖ ἐλοιδόρησαν, καὶ τὸν Ταραύταν, ὃν καὶ πολέμιον ἀποδεῖξαι πολλάκις ἠθελήκεσαν, τότε ἐσέμνυνον, καὶ τὸν υἱὸν δῆθεν αὐτοῦ ηὔχοντο ὅμοιον γενέσθαι αὐτῷ.

Anche a proposito del SC con cui, nel 218 d . C ., Macrino fu a sua volta dichiarato hostis, Dione, che non era presente alla seduta, fornisce nel brano n . 63 un particolare di grande interesse, da cui si deduce che poté conoscere il testo esatto di quella delibera . Lo storico, infatti, rileva con sdegno che quello stesso senato che poco prima aveva esaltato Macrino e oltraggiato Caracalla, ora dichiarava nemico pubblico Macrino ed esaltava Elagabalo, formulando l’augurio che potesse essere simile a Caracalla, di cui si proclamava figlio (καὶ τὸν υἱὸν δῆθεν αὐτοῦ ηὔχοντο ὅμοιον αὐτῷ)96 . Brano n. 64 (80[79] .18 .4–5, p . 471 B . [Exc. Vat . 153 e 154]) [221 d . C .]

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ὅτι ποτὲ ὁ αὐτὸς τοῦτο εἶπεν «οὐδὲν δέομαι ὀνομάτων ἐκ πολέμου καὶ αἵματος· ἀρκεῖ γάρ μοι καὶ εὐσεβῆ καὶ εὐτυχῆ παρ’ὑμῶν καλεῖσθαι». ὅτι Ψευδαντωνῖνος ἐπαινούμενός ποτε παρὰ τῆς βουλῆς εἶπεν ὅτι «ὑμεῖς μὲν ἀγαπᾶτέ με καὶ νὴ Δία καὶ ὁ δῆμος καὶ τὰ ἔξω στρατόπεδα. τοῖς δὲ δορυφόροις οἷς τοσαῦτα δίδωμι οὐκ ἀρέσκω.»

Per concludere ricordo il brano n . 64 e in particolare l’Exc. Vat . 154 su un SC in lode di Elagabalo approvato nel 221 d . C . Sul contenuto Dione è molto generico (ἐπαινούμενός ποτε παρὰ τῆς βουλῆς), ma cita testualmente la risposta di Elagabalo97 . Questo fa capire che Dione, ancora assente da Roma, ha letto il verbale di quella seduta e conosce bene quali fossero le lodi su cui preferisce sorvolare . 96 Più generica è la notizia dell’Historia Augusta (Heliog . 3 .3): Denique ubi in senatu lectae sunt litterae Heliogabali, statim fausta in Antoninum et dira in Macrinum eiusque filium dicta sunt. 97 Cfr . Letta, Fonti 2016, 268 .

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D’altra parte è molto probabile che anche l’altra dichiarazione di Elagabalo riportata nell’Exc . Vat . 153 («Non desidero titoli tratti dalla guerra e dal sangue; mi basta che voi mi chiamiate Pius e Felix», dove quel ‘voi’ allude palesemente ai senatori) sia la sua risposta a un’iniziativa del senato, forse nella stessa occasione . Tra le ‘lodi’ a cui allude l’Exc. Vat . 154 poteva quindi anche esserci il conferimento di una serie di titoli; da parte sua, in base all’Exc. Vat . 153, Elagabalo avrebbe accettato solo quelli di Pius e Felix, rifiutandone altri (Invictus?) legati alla sua vittoria su Macrino98 .

3. Criteri di scelta e di utilizzazione della documentazione raccolta Partendo dall’analisi di questi 64 brani possiamo ora tentare di trarre qualche conclusione, innanzi tutto sui criteri in base ai quali Dione decise di parlare di determinati SCC anziché di altri . Salta subito all’occhio la netta prevalenza di delibere riguardanti onori e celebrazioni, a cui vengono dedicati i brani più numerosi e più ampi . Si va dagli onori per personaggi viventi, come Cesare (brani nn . 3, 4, 6), Seiano (n . 26), Macrone e Lacone (n . 30), Tiberio (n . 31), Caligola (n . 41), Claudio (n . 47), Traiano (n . 55), a quelli per personaggi defunti, come ancora Cesare (n . 8), Augusto (n . 20), Livia (n . 25), Drusilla (n . 40), Faustina (n . 56); ma ci sono anche festeggiamenti per la morte di Seiano (n . 26), per la dedica del tempio del divo Augusto (n . 38), per l’inaugurazione del teatro di Pompeo restaurato (n . 47), per l’incoronazione di Tiridate (n . 51) . Questa scelta solo in parte è giustificabile col restringersi della sfera di competenza e del margine d’iniziativa del senato all’avvento del principato; essa, in realtà, sembra riflettere soprattutto specifici interessi di Dione, che spesso indugia su particolari cerimoniali anche relativi allo svolgimento di alcune sedute senatorie, come si vede in particolare nei brani n . 1 (assunzione delle vesti di lutto da parte dei senatori nel 49 a . C .) e n . 18 (seduta che precedette il funerale di Augusto) . Coerente con questo interesse appare anche l’attenzione riservata a particolari procedurali sullo svolgimento delle sedute: Dione segnala un voto per discessionem e la facoltà di non votare di cui potevano avvalersi i tribuni della plebe (n . 1), anomalie nell’ordine gerarchico degli interventi (nn . 11 e 13), interventi di particolare 98 Secondo Kienast, Kaisertabelle 19962, 172 sarebbe attestato anche Invictus . In realtà sulle monete, oltre al semplice Pius, è attestato solo Pius Felix (v . ad esempio RIC IV, 2, nn . 167, 175, 187–189, 195, 196, 198, 201, 202, 319), ben attestato anche su iscrizioni (vd . ad esempio ILS 467, 468, 471–474; da ultimo vd . Camodeca, Nuove dediche 2011, 387–391) . Invictus è attestato solo sporadicamente in iscrizioni che sembrano risalire ai primissimi tempi del regno, prima che fosse noto il rifiuto dell’imperatore, oppure che nascevano da iniziative locali: vd . ad esempio AE 1986, 684 = 2001, 1915 (miliario dalla Galazia, c . 218–220 d . C .); 1991, 1542 (miliario dalla Cappadocia del 218 d . C .) .

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peso (n . 34), casi in cui delle lettere imperiali vennero lette in senato non da un quaestor Augusti, ma da un console (nn . 33 e 43), e un caso in cui di un SC fu data solenne lettura da un araldo (n . 62) . Come indicano già questi esempi, Dione fornisce particolari di questo tipo solo quando rappresentano uno scarto dalla prassi abituale, in ossequio al suo principio metodologico di trascurare quelle che ai suoi occhi sono minuzie insignificanti . Per questo motivo solo sporadicamente egli indica la data più o meno esatta di una seduta (nn . 13, 15, 28) o il luogo in cui si svolse (nn . 15 e 28) o chi la presiedeva e propose il SC (nn . 2, 11, 13, 15, 21), o fornisce un dato numerico preciso come l’ammontare della taglia su Vindice (n . 53) . Tuttavia in vari casi egli è in grado di citare particolari come la formula della relatio di un SC (n . 2) o le motivazioni che nel testo erano addotte per determinate decisioni, come l’ampliamento del pomerium da parte di Cesare (n . 5), l’arco in onore di Livia (n . 25), l’annullamento del testamento di Tiberio (n . 34), le celebrazioni della Clementia di Caligola, definito perciò verissimus e piissimus (n . 41), la dichiarazione di guerra a Decebalo (n . 54), la decisione di lasciare a Traiano la scelta di quanti e quali trionfi celebrare (n . 55), il rifiuto opposto da Macrino all’istituzione di ludi nel suo dies imperii (n . 60) . Allo stesso modo, un paio di volte Dione riporta anche i precedenti che in un SC erano espressamente richiamati per una decisione: in uno del 37 d . C . (n . 38) una disposizione di Augusto per favorire la partecipazione ai ludi, in un altro del 43 d . C . (n . 48) la concessione dell’uso del carpentum a Livia . Ricordo infine che in un caso Dione riporta anche uno degli augurî espressi nei confronti di un imperatore nell’ambito di adclamationes ritualizzate (n . 63, per Elagabalo) . Ma per lo più Dione è avaro di particolari, che mostra di conoscere, e sembra farsi un punto d’onore di non fornire mai un resoconto completo e minuzioso . Ho già mostrato altrove che nelle citazioni testuali di discorsi e lettere imperiali egli non fornisce mai il testo integrale o stralci molto ampi, ma tende a isolare singole espressioni; allo stesso modo, quando parla di un SC, per lo più trascura come minuzie irrilevanti particolari del formulario che rientrino nella normale ‘routine’, mentre per quanto riguarda il contenuto, spesso articolato e complesso, preferisce limitarsi ad accenni riassuntivi, come vediamo nel caso specifico delle adclamationes nei brani n . 46 (in lode di Claudio) e n . 61 (contro la memoria di Caracalla) . Affermazioni generali presentate esplicitamente come riassuntive si riscontrano anche in diversi altri brani, in cui altri indizi ci fanno capire che Dione sarebbe in grado di scendere in particolari: così è nel brano n . 12 per gli epiteti imperiali attribuiti a città, nel n . 17 per la nomina di proconsoli nel 6 a . C ., nei nn . 33 e 43 per le lettere inviate al senato rispettivamente da Tiberio e Caligola, nel n . 42 per le reazioni di Caligola agli onori votati dal senato, nel n . 52 per i sacrifici e i vota straordinari per Nerone, nei nn . 58 e 59 per gli onori tributati a Plauziano e al liberto imperiale Euodo, nel n . 64 per gli onori ad Elagabalo . Anche quando esce dal generico e riporta notizie precise, Dione tende a fornire solo una campionatura selettiva, e lo ribadisce più volte come scelta consa-

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pevole . Così, in relazione agli onori votati per Cesare, nel brano n . 3 riporta solo quelli da lui accettati, nel n . 4 solo quelli che ritiene ‘degni di menzione’, nel n . 6 segnala di riassumere le delibere di più sedute . Lo stesso criterio selettivo è applicato sistematicamente agli onori postumi per Cesare (n . 8), Augusto (n . 20), Livia (n . 25) e Faustina (n . 58), e a quelli in vita per Livia (n . 22), Caligola (n . 44), Claudio (n . 46) e Traiano (n . 55) . Per tutti questi brani possono valere le dichiarazioni di metodo presenti nei brani nn . 12, 17 e 52, che in sostanza possono riassumersi nel desiderio di non annoiare il lettore e non far crescere oltre misura l’opera, senza per questo perdere nulla di sostanziale . Ma molti sono i segnali da cui si ricava che le omissioni sono volontarie e che le notizie date sono solo una campionatura, che Dione ritiene significativa e sufficiente, a partire da una documentazione assai più ampia e, almeno ai suoi occhi, completa . Che questa documentazione derivi dalla consultazione diretta dei SCC negli acta senatus non può essere sistematicamente dimostrato per ogni singolo brano, ma resta a mio giudizio l’ipotesi più probabile, dal momento che già per altra via credo di aver dimostrato che Dione utilizzò l’archivio del senato non soltanto per l’età contemporanea . Per i brani presi in esame in questa sede un indizio importante è dato dal confronto con le altre fonti letterarie disponibili . In tutti i casi in cui questo confronto è possibile, si può dimostrare che Dione non dipende da alcuna di esse . Questo vale in modo particolarmente evidente per Svetonio (brani nn . 3, 4, 18, 20, 23, 26, 27, 31, 34, 36, 40, 41, 45, 46, 47, 48 e 51), ma anche per Tacito (nn . 18, 20, 21, 24, 25, 32 e 50), e questo induce a ritenere altamente improbabile che Dione possa dipendere da Tacito nei casi in cui la narrazione corrispondente di quest’ultimo sia per noi perduta (nn . 38–49) . Ricordo, inoltre, che il brano n . 45, registrando per il 40 d . C . la costruzione di un tempio di Caligola che probabilmente fu votato ma non fu mai realizzato, fornisce un ulteriore esempio di notizia inesatta, perché basata esclusivamente su una delibera letta negli acta senatus, riportata senza verificare se fosse stata effettivamente applicata . Analogamente, registrando i ludi Palatini tra gli eventi del 14 d . C . anziché tra quelli del 15 (brano n . 20), Dione tradisce la propria fonte, che deve essere il SC del 14 che autorizzava Livia a organizzare quei ludi . Altrettanto significativi sono i casi in cui la conoscenza diretta di SCC sul cui contenuto non dà particolari è rivelata dal fatto che Dione possa fornire comunque particolari importanti sullo svolgimento delle sedute in cui furono approvati, come quando inserisce citazioni testuali delle parole pronunciate da Claudio (n . 46), Plauziano (n . 58), Settimio Severo (n . 59), Elagabalo (n . 64) . La presenza costante in Dione di materiali attinti a fonti d’archivio potrebbe essere confermata, infine, dagli indizi di un suo ricorso anche agli acta urbis che si possono riscontrare non solo nei numerosi brani che ho esaminato altrove, ma anche in almeno tre dei brani presi in considerazione in questa sede: nel n . 38 per il numero dei cavalieri morti in combattimenti gladiatorî nel 37 d . C .; nel

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n . 47 per la moderazione ostentata da Claudio nell’uso della veste trionfale in occasione dell’inaugurazione del teatro di Pompeo restaurato; infine nel n . 51 per le parole pronunciate da Nerone e Tiridate in occasione dell’incoronazione di quest’ultimo .

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Far a nasti

I senatus consulta nella Historia Augusta Provvedimenti senatori e opere giurisprudenziali

I. Il problema Manca ancora oggi, nonostante la secolare Quellenforschung, un lavoro esauriente e complessivo sui provvedimenti senatori nella Historia Augusta1; e si tratta di una mancanza della quale dolersi . Sono sicura infatti che il lavoro impegnativo, ancora da fare, su questo tema sia molto utile, su due versanti: da un lato, esso contribuisce alla migliore conoscenza del Biografo e della sua opera; dall’altro, ed è forse l’aspetto più inatteso di questa ricerca, può indurre ad una nuova riflessione anche su provvedimenti senatori già noti, sia per quanto attiene ai contenuti, sia in rapporto al loro processo di formazione, come credo di poter sostenere – limitatamente ad un piccolo campione di esempi – nelle pagine che seguono . Parto dal presupposto che il Biografo, nella voluta complessità della sua opera, non fornisce indicazioni chiare sui provvedimenti dei quali tratta e che sottopone, in alcuni casi, ad un processo di distorsione e alterazione, pur mostrando spesso di conoscerli in maniera approfondita; per questa ragione le biografie, se opportunamente interrogate, possono rivelare informazioni preziose . Quali siano le fonti adoperate dall’Auctor è, quindi, un altro quesito, al quale si potrà in qualche caso cercare di dare una risposta . Non avrei dubbi nel sostenere che egli, accanto alle fonti letterarie e, probabilmente, agli archivi senatori e imperiali, utilizza alcune * Il § 3 è stato pubblicato, con alcuni cambiamenti, in SDHI 83, 2017, 591 ss . 1 Senza alcuna pretesa di completezza indico di seguito alcuni lavori nei quali viene affrontato il tema della conoscenza e dell’utilizzazione, da parte del Biografo, di fonti giuridiche; penso a Straub, Juristische Notizen 1975–76, 195 ss .; Chastagnol, Introduction générale 1994, spec . CXXVII ss .; Bauman, The Resumé of Legislation 1977, 43 ss .; Honoré, Scriptor 1987; e ora Marotta, Legalità repubblicana 2016, 179 ss ., spec . 186 nt . 25 sulle informazioni giuridiche che si leggono nelle Vitae . Altri lavori saranno ricordati nelle prossime pagine .

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opere giurisprudenziali: l’ipotesi, avanzata da Honoré2 – che il Biografo avesse conosciuto il de officio praefecti urbi, il de appellationibus e forse anche il de officio proconsulis di Ulpiano – mi sembra convincente ed efficacemente dimostrabile, anche alla luce delle riflessioni che seguono . Bisogna peraltro tener presente l’intento narrativo dell’Autore3: egli scrive biografie e cerca di seguire Svetonio, al quale talvolta si ispira; vuole che l’attenzione dei suoi lettori sia incentrata sugli imperatori e le rispettive vite, ed è quindi interessato a descrivere i provvedimenti di governo nella misura in cui essi contribuiscano a caratterizzare in maniera forte, netta, l’immagine dei diversi principi . Avverte, di conseguenza, la necessità di trasmettere ai suoi lettori notizie sintetiche e semplificate su temi più complessi come, appunto, i provvedimenti senatori e, insieme, di rendere fruibili le informazioni che possiede, inserendole – è risaputo – in un contesto narrativo spesso deformato da anacronismi e falsificazioni .

II. Senatus consultum, oratio principis, constitutiones: questioni procedurali e terminologiche Una ricerca come quella che qui si propone deve tener conto della profonda trasformazione che ha interessato i provvedimenti senatori nel corso del principato, e deve passare attraverso le conseguenti indagini terminologiche . Nel rinviare ad un contributo molto recente di P . Buongiorno sulla struttura, le formulazioni linguistiche e tecniche dei senatus consulta fra il 189 a . C . e la fine del principato di Adriano4, mi soffermo solo su alcuni punti che interessano più da vicino questa indagine e che, peraltro, saranno richiamati anche in seguito . Penso, in primo luogo, alla scomparsa dell’indicazione del magistrato qui senatum consuluit che sembra emergere dai senatoconsulti di questa epoca, e all’attività del verba facere, che «risulta appannaggio del magistrato dotato di imperium (o del princeps) che ha con2 Mi riferisco, in specie, a Honoré, Scriptor 1987, 156 ss . spec . 166; lo studioso si soffermava sull’interesse del Biografo per i documenti, sulla sua capacità di comporre lettere, discorsi, senatus consulta; si pronunciava, inoltre, sull’uso delle opere giurisprudenziali . Su questo punto le sue osservazioni, per la verità, restavano ancorate per lo più a possibili allusioni testuali piuttosto che a elementi contenutistici (ad es . Vita Prob . 5 .1 et haec quidem epistula declaratur rifletterebbe l’espressione ulpianea constitutionibus/rescripto/epistula senatoconsulto etc . declaratur) . Egli sosteneva che lo Scriptor conoscesse almeno le Institutiones di Gaio, i codici Gregoriano ed Ermogeniano e una o più opere di Ulpiano; in specie pensava, sulla base di alcuni confronti, al de officio praefecti urbi, forse anche al de officio proconsulis e al de appellationibus . 3 Non prendo posizione sulla tesi sostenuta da Ratti, L’Histoire Auguste 2016, secondo il quale il Biografo dovrebbe essere identificato con Nicomaco Flaviano senior . Sul punto si v . comunque, infra, § V . 4 Buongiorno, Senatus consulta 2016, 17 ss .

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vocato l’assemblea senatoria»5 . Bisogna poi bisogna aver presente il ruolo rivestito dal princeps, che dovrebbe trarsi dall’uso di considerarlo ‘auctor’ dei provvedimenti, e che deve essere riferito alle sue diverse modalità di intervento in senato: dalla pronuncia di una oratio all’invio di un libellus, allo svolgimento di una relatio in quanto magistrato convocante, alla possibilità di incidere in diversi modi sull’approvazione del provvedimento stesso6 . Non dovrebbe stupire, in questo quadro, la circolazione delle orationes principis parallelamente al testo del senatoconsulto7, e neanche la possibilità, da parte dei giuristi, di commentare l’oratio, che sarebbe divenuta parte essenziale del senatoconsulto8, senza che essa debba essere considerata del tutto coincidente con il testo della delibera senatoria9, almeno fino al principato di Antonino Pio o di M . Aurelio10 . Sarebbe questa la via che avrebbe condotto alla identificazione delle orationes con le constitutiones principis e che in effetti potrebbe risultare già compiuta nel corso del II secolo . Ma si tratta di un tema di ricerca controverso, che non è ora 5 Buongiorno, Senatus consulta 2016, 41 . 6 Buongiorno, Senatus consulta 2016, 41 . 7 Buongiorno, Senatus consulta 2016, 43 che rinvia al contributo di Grelle, L’autonomia cittadina 1972, 86, secondo cui, a mio avviso significativamente, «Una raccolta di orazioni in senatu adrianee doveva circolare fra i giuristi severiani, che attribuiscono a tali interventi del principe carattere normativo» . 8 In questi termini, che condivido, Volterra, Senatus consulta 1969 [1993] 224, secondo cui «l’oratio diventa [scil . in età imperiale] la parte essenziale della disposizione normativa, mentre il senatoconsulto è un’aggiunta formale alla medesima»: questo, secondo lo studioso, spiegherebbe l’uso di citare l’oratio e non il senatoconsulto – o, come invece credo, di citare sia l’oratio sia il senatoconsulto – dal momento che la prima acquisterebbe il carattere di un vero e proprio provvedimento normativo dell’imperatore . In un senso forse un po’ diverso, Buongiorno, Senatus consulta 2016, 43 . Va peraltro ricordato che, nella ricostruzione di Volterra, Senatus consulta 1969 [1993] 224, le orationes non sarebbero da ricomprendere nel novero delle constitutiones, almeno fino a Giustiniano, che chiama invece indifferentemente constitutio l’oratio . Come si dirà subito dopo, ciò risulta essere invece relativamente frequente già nei testi giurisprudenziali almeno di III secolo . 9 Si v . infra, D . 38 .17 .9 . Viene spesso ricordato come esempio il sc. Iuventianum del 129: secondo quanto riportato da Ulpiano, un libellus di Adriano del 3 marzo sarebbe stato presentato in senato dai consoli, il 14 marzo . Paolo invece, che allude a una oratio del principe, consente di verificare la non precisa sovrapponibilità, almeno formale, del testo della oratio con quella del senatoconsulto . Mi sembra dunque che nello stesso senso indicato da Volterra, secondo Spagnuolo Vigorita, Le nuove leggi 1992, 57 entrambi i giuristi di sarebbero serviti «sia del senatoconsulto sia dell’oratio per ricostruire il tenore della norma, quasi come se si trattasse di testi autonomi e reciprocamente integrantisi» . 10 Per Spagnuolo Vigorita, Le nuove leggi 1992, 57 la coincidenza anche verbale del senatoconsulto con l’oratio sarebbe divenuta più frequente soprattutto dall’età di Marco Aurelio; Buongiorno, Senatus consulta 2016, 43 indica come linea di demarcazione per il fenomeno il principato di Antonino Pio, in una fase posteriore, se ben intendo, all’emanazione del sc. de nundinis saltus Beguensis .

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in esame . Va detto però che il discusso avvicinamento della oratio principis/senatus consultum alle constitutiones, in quanto manifestazione della volontà imperiale, non può essere disgiunto dall’osservazione dell’uso, che si riscontra nelle opere giurisprudenziali, ma anche nella Historia Augusta11, di verbi che si riferiscono alla produzione legislativa imperiale e che vengono adoperati anche in riferimento ai provvedimenti senatori12 . Conosce il Biografo la sottile distinzione fra oratio principis e senatus consultum? Utilizza con accuratezza i termini che si riferiscono ai provvedimenti senatori di età imperiale e, nella sua opera, risulta confermata e consolidata l’identificazione del senatoconsulto/oratio principis con le costituzioni imperiali? Si tratta di quesiti che, come è evidente, sono anche legati al problema delle fonti adoperate nelle biografie e alla rielaborazione delle stesse . Il ben noto lessico della HA, compilato a suo tempo da Lessing13, è potenzialmente di grande aiuto in questa indagine, ma il problema è contenutistico: le occorrenze della voce Senatus consultum, ad esempio, solo in pochi casi sono da riferire a delibere senatorie (reali o presunte che siano)14 . Nella maggior parte delle attestazioni, invece, si tratta di cenni diretti o indiretti ad una qualche attività del senato . Allo stesso modo, anche l’espressione oratio principis viene spesso adoperata, nelle biografie, in senso generale, per alludere ad un discorso in senato, non ad un provvedimento normativo . Un esempio può essere utile . Prendo in considerazione il principato di Adriano; una scelta tutt’altro che casuale: in primo luogo perché quella di Adriano è la biografia che apre la raccolta; poi, perché si tratta di una delle cd . Vite principali, caratterizzate cioè dall’utilizzazione, da parte del Biografo, di fonti ritenute complessivamente attendibili; inoltre, fra le cd . Vite principali, essa viene considerata di gran lunga la più accurata . La voce Senatus consulta di Volterra e la raccolta di Talbert registrano per gli anni 117–138 un numero cospicuo di senatus consulta, almeno 2615 .

11 La cui utilizzazione per dimostrare la coincidenza anche verbale del sc. con l’oratio credo debba essere decisamente esclusa, data la complessità testuale della raccolta di biografie; anzi, si tratta di un punto, come si è appena detto, tutto da indagare . 12 Sul punto rinvio ad Arcaria, Oratio Marci 2003, 157 s ., con alcuni esempi . Sul significato di constituere si v . Giodice Sabbatelli, Giuristi poteri istituzioni 2013, 67 ss . 13 Lessing, SHA Lexicon 1906 (r . 1964) . 14 L’HA riporta una grande quantità di lettere, orationes, decreti senatori acclamazioni etc .; Lecrivain, Études sur l’HA 1904, ne aveva contati circa 150 (di cui una ventina di decreti senatori) . Sul punto si v . da ult . Marotta, Legalità repubblicana 2016, 180 s . con prec . lett . 15 Volterra, Senatus consulta 1969 [1993] 193 ss .; in specie, i senatus consulta degli anni di Adriano sono ricordati alle pagine 277–283 . Diciotto sarebbero i senatus consulta in materia ereditaria nel principato di Adriano secondo l’esame di González Roldán, Il diritto ereditario 2014, con elenco dei provvedimenti a p . 289 s .

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Né Volterra, né Talbert, però, ricordano fra le fonti dei senatoconsulti di età adrianea la Historia Augusta . E in effetti, una lettura della biografia conferma questo dato: anche sulla base del lessico di Lessing, la ricerca della voce senatus consultum nella Vita Hadriani non dà alcun esito positivo; sono indicate, invece, due citazioni di orationes principis rispettivamente in Vita Hadr . 3 .1 e in 4 .916 . A prescindere dall’attendibilità dell’informazione trasmessa dal primo brano, che costituirebbe una testimonianza del ruolo di ab actis senatus nella parte iniziale della carriera di Adriano17, in entrambi i casi non si fa riferimento a delibere senatorie . Viene da chiedersi, dunque, se il dato che sembra emergere sia davvero attendibile o non sia opportuno procedere ad una ricerca più approfondita . Nella HA, infatti, analogamente a quanto possiamo leggere nelle biografie svetoniane, le informazioni relative all’attività legislativa degli imperatori sono contenute in alcune rubriche, che sono state definite ‘legal résumes’18 . Nella vita di Adriano una serie di provvedimenti di governo, senza specificazione della tipologia, si legge, ad esempio, nel capitolo 18 . Si dovrà allora ipotizzare, anche alla luce di quanto ricordato sopra, che nella Vita Hadriani, come in altre biografie, il riferimento ad alcuni senatoconsulti – evidentemente ricondotti dal Biografo (o dalla sua fonte) all’attività legislativa imperiale – sia nascosta in queste righe?

III. Vita Hadriani 18.2, i scc. Osidiano, Aciliano e l’ad Sabinum di Ulpiano La lettura del paragrafo 18 .2 della Vita Hadriani può essere di grande aiuto per riflettere sulle fonti del Biografo e sulla loro utilizzazione, ma anche per la migliore conoscenza di alcuni provvedimenti senatori, e non solo di età adrianea: Vita Hadr . 18 .2 . Constituit, inter cetera, ut in nulla civitate domus aliqua transferendae ad aliam urbem ullius materiae causa diruetur. Stabilì, tra le altre disposizioni, che in nessuna città si demolissero case con lo scopo di trasportare materiale alcuno in altra città .

16 Vita Hadr . 3 .1 Quaesturam gessit Traiano quater et Articuleio consulibus, in qua cum orationem imperatoris in senatu agrestius pronuntians risus esset, usque ad summam peritiam et facundiam Latinis operam dedit . Vita Hadr . 4 .9 Et multi quidem dicunt Traianum in animo id habuisse, ut exemplo Alexandri Macedonis sine certo successore moreretur, multi ad senatum eum orationem voluisse mittere petiturum, ut, si quid ei evenisset, principem Romanae rei publicae senatus daret … 17 PIR2 A 184; Kienast, Kaisertabelle 19962, 128 ss .: Adriano sarebbe stato quaestor Traiani nel 101; concorda anche Coudry, Sénatus-consultes et Acta senatus 1994, 65 ss ., spec . 88 ss . sulla carica di ab actis senatus, 96 sulla carriera di P . Aelius Hadrianus . 18 Si v . sul punto Bauman, The Resumé of Legislation 1977, 43 ss .

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In primo luogo, sulla falsariga di quanto si è detto in precedenza, è opportuno soffermarsi sull’uso del verbo constituit, piuttosto anodino, che il Biografo riferisce all’imperatore; di per sé quel verbo, che farebbe pensare ad una constitutio principis, temo non aiuti, in realtà, a comprendere la natura della disposizione: un editto, un rescritto o una oratio principis/senatus consultum? Quanto poi alla ricostruzione del provvedimento e alla sua identificazione essa non è, in realtà, semplice . Se, infatti, il riferimento alla demolizione di edifici potrebbe far pensare sia al senatoconsulto Osidiano del 47 sia al connesso sc. Volusiano del 5619, l’accenno al trasferimento di materiali lascia perplessi . La disposizione alla quale il Biografo allude non è infatti coerente con gli intenti perseguiti dai senatus consulta di I secolo: quei provvedimenti, come è ben noto, vietavano e dichiaravano nulle le compravendite di immobili effettuate a fini speculativi, per guadagnare cioè dall’abbattimento degli edifici più di quanto pagato al momento dell’acquisto . Il passo della vita Hadriani non si riferisce alla demolizione degli edifici e al commercio che ne poteva derivare . Esso, piuttosto, ricorda un divieto di demolizione allo scopo di trasportare il materiale edilizio da una città a un’altra, un obiettivo che né il sc. Osidiano né il Volusiano, che pure conosciamo direttamente, si pongono . Anziché pensare all’inattendibilità o all’inesattezza delle informazioni trasmesse dal Biografo, è opportuno provare ad approfondire l’indagine, sia perché proprio il passo della Vita Hadriani, insieme con la lettura di altre fonti, induce a nuove riflessioni sul sc. Osidiano, sulla sua interpretatio e sulle deroghe stabilite in età severiana, sia in considerazione del fatto che ritengo possibile individuare una connessione tra il provvedimento ricordato nella HA e il sc. Aciliano del 122 d . C .: quest’ultimo che, come è risaputo, vietava di disporre legati aventi ad oggetto le cose unite agli edifici (ea quae aedibus iuncta sunt legari non possunt), ci è in parte

19 Il testo del sc. Osidiano è in parte trasmesso dalla stessa tavola bronzea che riporta il sc. Volusiano, CIL X 1401 = AE 2000, 68 = AE 2001, 72 . Sul senatus consultum Osidiano si v . da ultimo Buongiorno, SCC. Claudianis temporibus facta 2010, 236 ss . con prec . bibliografia; Buongiorno, CIL X 1401, 2010, 234 ss . e, da ult . Franchini, La tutela dei beni immobili 2016, 693 ss . In anni recenti, in Italia, hanno sollevato l’attenzione sui due provvedimenti senatori e, più ampiamente, sulla politica edilizia di Adriano a difesa del patrimonio immobiliare cittadino, partendo dal ruolo dei curatores rei publicae, i lavori di Camodeca, Ricerche sui curatores 1980, 453 ss ., spec . 468; Camodeca, Curatores: note di aggiornamento 2008, 507 ss ., e, con un divera impostazione, quelli di Sargenti, La disciplina urbanistica 1983 [= 2011] 1015 ss .; Sargenti, Due senatoconsulti 1984 [= 2011] 1038 ss . Una parziale traduzione dei due senatoconsulti, insieme ad alcune considerazioni, in Spagnuolo Vigorita, Le nuove leggi 1992, 142 s .

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noto dai Digesta, grazie ad alcuni passi dell’ad Sabinum di Ulpiano richiamati anche in seguito20, che consentono di ricostruire il contenuto della delibera senatoria . Conviene, ad ogni modo, partire da una nota costituzione di Severo Alessandro: C . 8 .10 .2 Imp. Alexander A. Diogeni. Negotiandi causa aedificia demoliri et marmora detrahere edicto divi Vespasiani et senatus consulto vetitum est. ceterum de alia domo in aliam transferre quaedam licere exceptum est: sed nec dominis ita transferre licet, ut integris aedificiis depositis publicus deformetur adspectus. Pp. XI k. Ian. Alexandro A. cons. Imp . Alessandro Aug . a Diogene . Demolire gli edifici a scopo di negoziazione e sottrarre marmi è stato vietato con l’editto del divo Vespasiano e con il senatoconsulto . D’altronde è stato permesso trasportare qualcosa da una casa all’altra: ma non è consentito ai proprietari trasportare (il materiale) in modo tale che, abbandonati edifici intatti, venga danneggiato l’aspetto pubblico [222 d . C .] .

Il testo richiama più provvedimenti: premesso che va accolta, anche a mio parere, l’idea di una struttura espositiva a chiasmo nelle proposizioni iniziali21, ne consegue che l’editto dell’imperatore Vespasiano avrebbe vietato la sottrazione di marmi . Si è discusso, invece, a quale provvedimento si riferisca l’espressione iniziale (negotiandi causa …)22 . 20 Si v . Ulp . 21 ad Sab ., D . 30 .41 .1, L . 2622 Sed ea quae aedibus iuncta sunt legari non possunt, quia haec legari non posse senatus censuit Aviola et Pansa consulibus. 2. Tractari tamen poterit, si quando marmora vel columnae fuerint separatae ab aedibus, an legatum convalescat. et si quidem ab initio non constitit legatum, ex post facto non convalescet, quemadmodum nec res mea legata mihi, si post testamentum factum fuerit alienata, quia vires ab initio legatum non habuit – Ma quelle cose che sono congiunte agli edifici non si possono legare perché il senato, sotto il consolato di (M . Acilio) Aviola e (Corellio) Pansa, stabilì che non si potessero legare . 2 . Tuttavia si potrà discutere se il legato si sani quando i marmi e le colonne siano stati separati dall’edificio . E se il legato dall’inizio non può sussistere, per un fatto successivo non si potrà sanare, come quando viene legata a me una cosa già mia se sia stata venduta dopo la redazione del testamento, poiché il legato non ebbe forza fin dall’inizio . Sul sc. del 122, cd . Aciliano, si v . Murga, El senado consulto Aciliano 1976, 155 ss . Alcune osservazioni in Grosso, I legati nel diritto romano 1962, 241; Voci, Diritto ereditario romano II, 19652, 252 nt . 5, 261 . 21 Seguendo Procchi, Si quis negotiandi causa 2001, 429 s .; già dello stesso parere in Nasti, L’attività normativa 2006, 194 e nt . 88 . 22 In linea generale, la parte maggiore della dottrina sostiene, con diverse argomentazioni, di poter identificare il sc . ricordato nella constitutio di Severo Alessandro con il sc. Osidiano . Un ampio resoconto della precedente riflessione viene fornito da Procchi, Si quis negotiandi causa 2001, 428 s . e nt . 69 secondo il quale la c. di Severo Alessandro si richiamerebbe a un non meglio precisato sc .; in questa ipotesi, secondo lo studioso, si dovrebbe ipotizzare che il provvedimento dell’età di Vespasiano abbia iterato i divieti sanciti dall’Osidiano . Di diverso avviso era stato Sargenti, La disciplina urbanistica 1983 [= 2011], 1033 secondo cui l’e-

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Ma se si rilegge con attenzione la costituzione di Severo Alessandro, si potrà forse pervenire a qualche risultato utile; ritengo infatti che, a prescindere dalle due disposizioni appena ricordate, la cancelleria imperiale nella seconda parte del rescritto presupponga l’esistenza di un altro provvedimento, che non viene esplicitamente menzionato, ma che credo si celi nell’uso dell’infinito transferre, nell’espressione ceterum de alia domo in aliam transferre quaedam exceptum est: «D’altronde è stato consentito trasportare qualcosa da una casa all’altra»23 . L’eccezione alla quale si allude nel testo, infatti, relativa al trasporto di cose, non deve essere messa in rapporto, a rigore, né con l’editto di Vespasiano né con il senatoconsulto Osidiano: è noto – benché si tratti di un punto al quale non mi pare sia stata prestata molta attenzione – che quest’ultimo rassicurava i proprietari degli immobili con la disposizione ricordata alla fine del provvedimento: niente veniva stabilito dal senatoconsulto contro coloro che avessero modificato, trasformato (mutaverint) parte degli edifici, sempre che ne rimanessero futuri possessori e purché ciò non avvenisse a scopo di speculazione: Ceterum testari senatum domini[s nihil] / constitui qui rerum suarum possessores futuri aliquas [partes] / earum mutaverint dum non negotiationis causa id factum [sit]. / Censuere. In senatu fuerunt CCCLXXXIII …)24: si tratta di una clausola ripresa poi dal sc. Volusiano (CIL X 1401, ditto di Vespasiano avrebbe esteso il contenuto dei senatus consulta Osidiano e Volusiano: il divieto di demolizione negotiandi causa è quello dell’Osidiano completato dal Volusiano . L’editto di Vespasiano potrebbe aver introdotto il divieto di asportare dall’edificio anche senza demolirlo gli elementi marmorei che lo ornavano . Più di recente anche Buongiorno, SC Claudianis temporibus facta 2010, 240 sembra propendere per la paternità vespasianea del provvedimento, benché lo studioso ricordi che non abbiamo notizia di un simile sc. emanato sotto Vespasiano . È molto utile, a mio avviso, soffermarsi sulla riflessione di Orestano, Gli editti imperiali 1936–37, 219 ss . spec . 285, che in maniera significativa avvicinò il provvedimento del quale si tratta al sc . Aciliano: a suo avviso cioè, non possiamo sapere a quale sc. Severo Alessandro intendesse riferirsi; lo studioso ritenne però probabile che l’imperatore si riferisse al sc. Aciliano e che l’indicazione precisa fosse stata soppressa dai compilatori . Il sc. del 122 avrebbe trattato dei legati, ma potrebbe aver avuto un contenuto più ampio, regolato ex novo tutta la materia e aver avuto portata generale per tutte le città dell’impero; secondo lo studioso – a mio avviso significativamente – un cenno al provvedimento di Adriano si troverebbe anche in Vita Hadr . 18 .2 della HA . Più di recente sembrerebbe non escludere un’identificazione del sc. ricordato nella constitutio di Severo Alessandro con il sc. Aciliano Arcaria, Senatus censuit 1992, 271 nt . 67 . 23 In Nasti, L’attività normativa 2006, 196 pur soffermandomi sul riferimento alla possibilità di trasferre cetera de alia domo in aliam, ritenevo che non si potesse individuare la fonte e la datazione del provvedimento . 24 Secondo Sargenti, La disciplina urbanistica 1983 [= 2011], 1030; Sargenti, Due senatoconsulti 1984 [= 2011], 1047 s . la clausola consentiva forse ai proprietari anche di demolire gli edifici nella parte mutata; ad avviso di Procchi, Si quis negotiandi causa 2001, 413 con prec . letteratura, grazie ad essa sarebbe stata fatta salva la possibilità di vendere parti accessorie e scorporabili degli edifici sempre dum non negotiationis causa .

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= FIRA I 45, linn . 30 ss . (…) de iis autem qui rerum | suarum possessores futuri aliquas partes earum mutassent, dummodo | non negotiationis causa mutassent, nihil esset novatum; et necessari | Alliatoriae Celsillae (…) . La riflessione sull’uso del verbo adoperato nella disposizione finale del sc. Osidiano è a mio parere importante; muto ha infatti un significato molto ampio: mutare, trasformare, cambiare posizione . Non avrei dubbi nel ritenere che, nel contesto del senatoconsulto del 47, il verbo si riferisse a trasformazioni, cambiamenti, effettuati nell’ambito della domus; alla possibilità cioè di cambiare qualcosa, di effettuare delle modifiche agli edifici, sempre alle condizioni dette . La cancelleria di Severo Alessandro (e l’Autore della HA), invece, utilizza un verbo diverso, transferre, che ha un significato molto più specifico: quello di trasferire, trasportare . Si tratta di un termine che, peraltro, lascia pensare al trasferimento di materiali, non, come invece il mutare, alla modifica (di strutture, di parti) della domus . L’uso di un verbo più specifico ad opera della cancelleria di età tardo severiana mi sembra sia di rilievo e credo debba essere messo in rapporto con qualche provvedimento posteriore ai senatoconsulti di I secolo e anteriore a Severo Alessandro, e che ritengo possa essere ragionevolmente identificato . A mio avviso, infatti, il segretario a libellis di Severo Alessandro avrà avuto in mente una o due costituzioni di Settimio Severo e di Caracalla, delle quali ci informa indirettamente Ulpiano in altri passi dell’ad Sabinum (nei quali, come si è detto in precedenza, veniva commentato il sc. Aciliano) . Credo, più precisamente, che si debba pensare alla costituzione ricordata in D . 30 .41 .5, riportata anche nell’undicesimo libro dei Responsa di Papiniano, oppure alla constitutio ricordata in D . 30 .41 .3: Ulp . 21 ad Sab ., D . 30 .41 .5 L . 2622 Sed si quis ad opus rei publicae faciendum legavit, puto valere legatum: nam et Papinianus libro undecimo responsorum refert imperatorem nostrum et divum Severum constituisse eos, qui rei publicae ad opus promiserint, posse detrahere ex aedibus suis urbanis atque rusticis et id ad opus uti, quia hi quoque non promercii causa id haberent. sed videamus, utrum ei soli civitati legari possit, in cuius territorio est, an et de alia civitate in aliam transferre possit. et puto non esse permittendum, quamquam constitutum sit, ut de domu, quam aliquis habet, ei permittatur in domum alterius civitatis transferre. 6 . Hoc senatus consultum non tantum ad urbem, sed et ad alias civitates pertinet . Ma se qualcuno lasciò un legato affinché fosse fatta un’opera di pubblico interesse, reputo che il legato sia valido: infatti anche Papiniano nel libro undicesimo dei Responsi riferisce che il nostro imperatore e il divino Severo stabilirono in una costituzione che coloro i quali abbiano promesso un’opera di pubblico interesse potessero rimuovere (materiali) dai loro edifici urbani e rustici ed impiegarli in quell’opera, poiché anche costoro non si considerano farlo per commercio . Ma vediamo se si possa legare solo alla città nel cui territorio si trova la casa o anche trasportare (le cose rimosse) da una

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città all’altra . E reputo che non si debba permettere, benché sia stato stabilito che a uno sia permesso trasportare da una casa che ha, in una casa di un’altra città . 6 . Questo senatoconsulto si riferisce non soltanto a Roma, anche alle altre città .

Ulpiano sta commentando il sc. Aciliano (come è chiaro fin dalla prima proposizione del brano dell’ad Sabinum [si v . anche sopra, nt . 20]) e procede per comparazione: poiché Severo e Caracalla avevano stabilito la possibilità di rimuovere materiali da edifici al fine di costruire un’opera di pubblico interesse, allo stesso modo deve essere ritenuto valido il legato di materiali disposto con l’intento di costruire un’opera pubblica . Nella seconda parte del brano il giurista va oltre: egli si chiede se sia possibile disporre un legato solo all’interno del territorio nel quale si trova la città oppure se si possa trasportare materiale da una città a un’altra . Infatti, aggiunge, è stato stabilito (verosimilmente con una costituzione imperiale: constitutum sit) che sia permesso trasportare (materiali) da una casa a un’altra . Evidentemente, quindi, un’altra costituzione doveva aver consentito il trasferimento di materiali edili da una città a un’altra . Ma a quale costituzione allude qui Ulpiano? Credo che si stesse riferendo alla costituzione ricordata in D . 30 .41 .3 – il brano che segue – un altro passo dell’ad Sabinum: Ulp . 21 ad Sab . D . 30 .41 .3 L . 2622 Item quaeri potest, si quis binas aedes habens alteras legaverit et ex alteris aliquid iunctum ei cui aedes legavit, an legatum valebit? movet quaestionem, quod ex senatus consulto et constitutionibus licet nobis ab aedibus nostris in alias aedes transferre possessoribus earum futuris, id est non distracturis: et ita imperator noster et divus Severus rescripserunt. numquid ergo et legari possit ei, cui aliam domum legem? sed negandum erit, quia cui legatum est non est possessor futurus . Parimenti si può porre la questione se varrà il legato di uno che, avendo due case, ne abbia legata una ed al legatario di questa lasciò in legato anche qualche cosa congiunta all’altra . La questione nasce perché in forza del senatoconsulto e delle costituzioni ci è consentito trasportare cose da nostri edifici ad altri edifici restandone possessori, cioè non alienandoli: così il nostro imperatore e il divus Severus disposero con rescritto . Dunque: si potrà legare anche a colui al quale lego un’altra casa? si dovrà negarlo perché il legatario non sarà un futuro possessore .

Anche qui Ulpiano procede per confronto: in considerazione del fatto che è stato consentito dal senatoconsulto e da un rescritto di Severo e Caracalla trasportare materiali da edifici ad altri edifici, purché se ne restasse possessori, si potrà porre il quesito sulla validità del legato di una casa e di materiali congiunti a un’altra domus . Ritengo dunque che la cancelleria di Severo e Caracalla debba aver riflettuto sulla clausola finale del sc. Osidiano a partire dalla quale derogava in parte alle disposizioni del provvedimento del 47 .

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Per quanto riguarda il primo brano ulpianeo, D . 30 .41 .5, il ragionamento doveva essere stato il seguente: se, in base al sc. Osidiano, era possibile mutare qualcosa, sempre che ciò non avvenisse a scopo di commercio, doveva essere possibile detrahere qualcosa, se ciò non avveniva negotiandi causa, ma anzi con una finalità chiaramente favorevole al pubblico interesse . Il verbo mutare infatti, include, per così dire, il significato di detrahere . Quanto all’altro brano: anche qui, in D . 30 .41 .3, non vi è esplicita menzione né del senatoconsulto né delle costituzioni imperiali alle quali ci si sta riferendo . E questo, a mio avviso, si spiega bene: a rigore, infatti, non può dirsi che il giurista stia pensando al provvedimento del 47; egli si vuole riferire al sc. Osidiano modificato dalle successive interpretazioni; e sta parlando di costituzioni di età severiana nelle quali doveva essere stato elaborato (o doveva emergere) il principio del mutare > detrahere > transferre25 . Provo a sintetizzare l’intero ragionamento: bisogna partire dalla clausola finale del sc. Osidiano che stabiliva una deroga al dispositivo del senatoconsulto a queste due condizioni: 1) si può mutare qualcosa purché non lo si faccia a scopo di commercio . L’interpretazione che ne derivava era la seguente: si può detrarre qualcosa purché non a scopo di commercio; 2) si può mutare qualcosa se si resti futuri possessori delle parti sottoposte a mutamento . L’interpretazione di età severiana prevedeva la possibilità di detrarre e di trasportare qualcosa purché si restasse futuri possessori dei materiali e sempre che il trasferimento non avvenisse a scopo di commercio . Alla base, quindi, c’è a mio parere sempre la deroga esposta nel sc. Osidiano, ma sottoposta ormai all’interpretazione giurisprudenziale: non si trattava più delle parole di quel senatoconsulto, ma della disposizione trasformata, estesa dalle costituzioni imperiali . Facciamo un passo indietro; la generica menzione di un senatoconsulto nella parte iniziale della constitutio di Severo Alessandro riportata in C . 8 .10 .2 e la seconda parte del rescritto trovano a questo punto spiegazione: essi non si riferiscono, a rigore, al solo sc. Osidiano, ma anche alle deroghe disposte dalle costituzioni di Severo e Caracalla di cui in D . 30 .41 .3 e D . 30 .41 .5, che avevano inciso sulla portata del sc. Osidiano . Se ci si limitasse a pensare che C . 8 .10 .2 si basava sul provvedimento senatorio del 47, si trascurerebbe il significato e l’uso tecnico delle parole, come anche la forza innovativa dei rescritti di Severo e Caracalla .

25 Se si volesse provare a ragionare seguendo anche un ordine cronologico, bisognerebbe sostenere che il rescritto ricordato in D . 30 .41 .3 presupponga la costituzione ricordata in D . 30 .41 .5 .

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Dunque, in D . 30 .41 .3 come anche in C . 8 .10 .2 il senatoconsulto al quale si allude – e, comprensibilmente, senza che se ne venga ricordato il nome – è il sc. Osidiano trasformato dall’interpretazione della cancelleria imperiale . Ma forse si può andare ancora un po’ oltre . Se ci si chiede quando e su quali basi interpretative sia stato possibile restringere il significato del verbo mutare > detrahere, la risposta potrebbe trovarsi in un brano di Marcello: Ulp . 21 ad Sab ., D . 30 .43 .1, L . 2622 Marcellus etiam scribit, si maritus diaetam in uxoris hortis, quos in dotem acceperat, fecerit, posse eum haec detrahere, quae usui eius futura sint, sine mulieris tamen damno, nec ad hoc senatus consultum futurum impedimento. ergo si non est ei obfuturum, quo minus detrahat, dici oportebit posse eum haec legare, quae detrahere potest . Marcello, inoltre, scrive che se un marito abbia fatto un padiglione nei giardini della moglie, giardini che aveva ricevuto in dote, egli potrà rimuovere quelle cose che gli saranno utili in futuro, peraltro senza danno per la moglie; né a ciò il senatoconsulto sarà d’impedimento . Se dunque il senatoconsulto non gli sarà di ostacolo per rimuovere (tali cose) bisognerà dire che egli potrà anche legare ciò che può rimuovere .

Ulpiano, nel passo ancora una volta tratto dal libro 21 dell’ad Sabinum, nel contesto dell’interpretazione del sc. Aciliano, riporta il parere di Marcello che, a sua volta, sta commentando – o si sta basando su – un senatoconsulto . Qual è il sc. al quale Marcello si riferisce, l’Osidiano o invece l’Aciliano, come potrebbe far pensare la parte finale del passo ulpianeo? Benché, a una prima lettura, si potrebbe affermare che ci siano elementi che consentano di avvalorare entrambe le ipotesi – basti pensare alla collocazione cronologica del giurista antonino, oppure al fatto che si sta trattando della rimozione di una diaeta, di un padiglione di un giardino, di un’opera, cioè, non congiunta a un edificio, il che, invece, farebbe pensare al sc. Aciliano, credo si debba sostenere che Marcello si stesse riferendo al più antico provvedimento, quello del 47 . Induce a questa considerazione il riferimento all’uso futuro e personale della diaeta da parte del marito, il che rimanda al sc. Osidiano: sulla base di questo presupposto, dunque, che non contrastava con quel dispositivo, la rimozione del padiglione sarebbe stata possibile . Peraltro, che Marcello stesse riferendosi al sc. Osidiano lo conferma in primo luogo un’osservazione: Ulpiano sta commentando il sc. del 122 e sta sostenendo la possibilità di disporre in legato ciò che si può rimuovere . Se Marcello avesse alluso al sc. Aciliano allora la riflessione ulpianea non avrebbe avuto ragione di esistere . Ma soprattutto lo conferma un’importante testimonianza (che elimina ogni dubbio, oltretutto, sull’eventuale ipotesi che l’espressione nec ad hoc senatus consultum futurum impedimento sia ulpianea): l’opinione di Marcello ha una duplice utilizzazione nelle opere di Ulpiano e nella trasmissione dei Digesta . Il testo appena riportato, infatti, è noto anche dal libro 17esimo dell’ad edictum del giurista

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severiano26 . Il brano venne collocato dai compilatori di Giustiniano in D . 24 .1 .45, nella rubrica de donationibus inter virum et uxorem27: Ulp . 17 ad ed . D . 24 .1 .45, L . 89 Marcellus libro septimo digestorum scribit etiam eum detrahere sine mulieris damno et citra metum senatus consulti, quod detrahentibus negotiationis causa occurrit . Marcello nel libro settimo dei digesta scrive che anche costui possa detrarre senza danno per la donna e senza timore del senatoconsulto che si oppone a coloro che detraggono materiale a scopo di commercio .

È dunque esplicito, qui, che sia Marcello (e non Ulpiano) a riferirsi a un senatoconsulto; ed è anche evidente che il provvedimento che il giurista commentava era il sc. Osidiano . Ne consegue dunque che, dal punto di vista della ricostruzione ‘stratigrafica’ del brano, il commento di Marcello in D . 30 .43 .1 si fermava a … futurum impedimento . La frase che segue, da ergo …, deve invece essere attribuita a Ulpiano, come del resto lascia intendere il valore esplicativo dell’avverbio . L’interpretazione di Ulpiano è conseguente; il giurista severiano sta commentando il sc. Aciliano, che stabilisce, come è stato già ricordato, il divieto di legare ea quae iuncta sunt aedibus . Nei casi in cui il sc. (Osidiano) non sarà di ostacolo a questo tipo di rimozione, allora si può sostenere che si potrà disporre con legato ciò che si può rimuovere . È possibile, a questo punto, provare a ricostruire il complesso percorso che aveva portato solo in età severiana all’individuazione di alcune deroghe alla disposizione del sc. Osidiano: una prima tappa deve collocarsi in età vespasianea; l’editto di quell’imperatore doveva aver fornito una risposta negativa a un primo tentativo di ampliare l’interpretazione del significato del verbo mutare; Vespasiano, infatti, aveva vietato la sottrazione di marmi e il suo editto doveva aver avuto l’effetto di rafforzare ulteriormente il divieto del provvedimento del 47 (nonostante la deroga finale) . È appena il caso di ricordare, peraltro, la portata generale della costituzione imperiale: non mi sentirei di escludere che, con quell’editto, il principe avesse ritenuto necessario arginare le spoliazioni di marmi che potrebbero essere state conseguenti ad una interpretazione ‘libera’ della clausola finale del sc. Osidiano .

26 Che, peraltro, riporta anche il riferimento al libro, il settimo, dei digesta di Marcello nel quale era originariamente collocato . 27 Esso, secondo la ricostruzione di Lenel, doveva trattare de re uxoria .

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Certo è, del resto, che le uniche deroghe sarebbero state quelle previste da Severo e Caracalla – non prima di allora – e che esse si riferivano, significativamente, a costruzioni per pubblica utilità28 . Il brano di Marcello costituisce, poi, una testimonianza estremamente significativa, utile a individuare una nuova tappa del processo in esame, in un contesto cronologico che deve essere collocato evidentemente non troppo lontano dall’emanazione del sc. Aciliano – se solo si pensi che i Digesta del giurista potrebbero essere stati composti al tempo di M . Aurelio e Lucio Vero, dopo il 16629 – o degli altri provvedimenti adrianei in materia . Ma ciò che ancora merita una riflessione è che il processo di interpretazione dell’Osidiano credo sia stato stimolato dalla delibera senatoria del 122 . Il sc. Aciliano, che di fatto trasferiva ai negozi mortis causa le disposizioni che l’Osidiano aveva riferito ai negozi inter vivos, vietava di legare ea quae iuncta sunt aedibus . Non impediva, invece, di legare cose non unite agli edifici . Dunque, se ciò che è disgiunto dagli edifici si può legare, se ne deve dedurre che si può anche trasportare . Ed è quanto viene esplicitamente sostenuto da Ulpiano almeno nei già ricordati D . 30 .41 .1–2 [nt . 20], D . 30 .41 .5, D . 30 .43 .1, come anche nel brano che segue: Ulp . 21 ad Sab . D . 30 .41 .9, L . 2622 Item hoc prohibetur haec legari, quod non alias praestari potest, quam ut aedibus detrahatur subducatur, id est marmora, vel columnae. idem et in tegulis et in tignis et ostiis senatus censuit: sed et in bibliothecis parietibus inhaerentibus . Così è proibito legare ciò che non si può dare se non rimuovendolo o portandolo via da un edificio, come i marmi o le colonne . Lo stesso stabilì il senato per le tegole, le travi e le porte, ma anche per gli scaffali, per i libri inseriti nelle pareti .

Nell’ottica del commento del sc. Aciliano appare chiara la riflessione di Ulpiano: il divieto di legare si deve riferire a tutto ciò che debba essere rimosso o portato via da un edificio . Per converso bisognerà escludere dal divieto quelle cose che non dovranno essere rimosse per essere trasferite e disposte in un legato30 . 28 In nessuno dei brani qui esaminati vi è un esplicito riferimento alla utilitas publica, ma è chiaro che il concetto vi deve essere presupposto . Rinvio dunque all’ampia trattazione di Scevola, Utilitas publica 2012, con particolare riferimento al tomo II sulla elaborazione della giurisprudenza severiana . 29 In considerazione di D . 28 .4 .3, Marc . 29 dig ., verbale di una seduta del consilium principis, Pudente et Pollione consulibus . Sul giurista, si v . da ult . Querzoli, Ulpio Marcello 2013; sul passo appena citato, interessante per molti versi, si v . la recente lettura di Brutti, Il dialogo tra giuristi e imperatori 2012, 97 ss ., spec . 175 ss . 30 Nello specifico, poi, questo passo rende anche evidente che il sc. Aciliano riprendeva l’editto di Vespasiano riferendolo alle disposizioni mortis causa, sempre che si rimanesse all’interno della previsione della detrazione di cose congiunte agli edifici . Non escluderei – ma non credo ci si possa esprimere con sicurezza – che la seconda proposizione (idem et in

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Provo a questo punto a ricostruire il pensiero di Ulpiano nel suo commento al sc. Aciliano . La sua interpretazione presuppone le precedenti disposizioni imperiali: –



Severo e Caracalla (a detta di Papiniano), basandosi sul sc. Osidiano, avevano consentito di detrahere quaedam, nel caso di promessa di opera pubblica, purché non lo si facesse a scopo di commercio; se ne deve dedurre che sarà valido anche il legato di materiali, se destinato ad un’opera di pubblico interesse . Una o più costituzioni avevano consentito di transferre qualcosa da una casa di una città a un’altra, se si trattasse del medesimo proprietario; in questa ipotesi se ne deve dedurre invece, secondo Ulpiano, che non è possibile legare da una città a un’altra .

La prospettiva del giurista severiano mi sembra interessante e sarebbe meritevole di ulteriori approfondite riflessioni, alla luce del contesto all’interno del quale egli aveva elaborato il commento al sc. del 122 d . C . L’interpretazione dell’Aciliano determinava, nella scrittura di Ulpiano (e non in anni precedenti, per quanto se ne sappia), una reinterpretazione dell’Osidiano in chiave più permissiva, si potrebbe dire, soprattutto nel caso di interventi finalizzati ad accrescere le opere pubbliche . Si intravede tutta la necessità di superare i confini di un senatoconsulto, quello del 47, che doveva aver garantito per oltre un secolo una rigida tutela del patrimonio immobiliare, in un’epoca, quella severiana, nella quale molto forti dovevano essere le esigenze di dare impulso all’edilizia pubblica, anche come ulteriore manifestazione della maestà imperiale31 . Si deve ritornare, a questo punto, al passo della Vita Hadriani della HA . L’espressione che il Biografo adopera (Constituit, inter cetera, ut in nulla civitate domus aliqua transferendae ad aliam urbem ullius materiae causa diruetur) piuttosto che lasciar pensare a una precisa disposizione senatoria o imperiale da attribuire ad Adriano, sembra rimandare a quanto leggiamo nei passi di Ulpiano in precedenza riportati (in specie D . 30 .41 .3 e 5) che fanno riferimento ad una serie di provvedimenti (setegulis et in tignis et ostiis senatus censuit …) si debba riferire al medesimo sc. Aciliano e non, invece, a un successivo provvedimento giudiziario senatorio, di integrazione della disposizione precedente, come ritenuto da Arcaria, Senatus censuit 1992, 269 ss ., spec . 273 con prec . letteratura . 31 Naturalmente ho solo accennato a temi di indagine che meriterebbero studi accurati e da compiersi leggendo insieme le testimonianze giuridiche e quelle materiali rinvenibili ad esempio nella documentazione epigrafica (per questo tipo di approccio metodologico rinvio ai già citati lavori di Camodeca, Curatores 1980 e Curatores: note di aggiornamento 2008) . In questo contesto, se l’età adrianea è di certo basilare, non è meno interessante quella severiana; mi riprometto, comunque, di ritornare almeno su alcuni di questi temi, che ho in parte affrontato in Nasti, L’attività normativa 2006, 161 ss . ove anche precedenti indicazioni bibliografiche .

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natoconsulto Osidiano e costituzioni imperiali) che consentivano il trasporto di materiali edili da una domus all’altra o da una città a un’altra solo a determinate condizioni . Il Biografo non scrive di mutare parti di edifici (e dunque non si sta riferendo al sc. Osidiano), e neanche di detrahere materiali; egli non allude al sc. del 47, ma credo abbia in mente il sc. Aciliano; non lo cita direttamente ed è verosimile che non abbia alcun interesse a soffermarsi su quelle disposizioni, verosimilmente troppo tecniche per i suoi lettori . L’idea che ne traggo è che egli abbia voluto dar notizia di un provvedimento di età adrianea così come lo leggeva – o meglio, come voleva trasmetterlo, manipolandolo – dalla sua fonte . Lo lascia pensare sia l’uso del verbo transferre, sia il contenuto della disposizione: il riferimento alla distruzione di case allo scopo di trasportare materiale da una casa a un’altra sembra presupporre le riflessioni giurisprudenziali di Marcello e soprattutto di Ulpiano che, partendo dal provvedimento del 47, interpretava in maniera ampia e articolata quello del 122 . Quale, dunque, la fonte del Biografo? Se il percorso che è stato finora tracciato è credibile, allora bisognerà pensare che egli abbia utilizzato un’opera giurisprudenziale dalla quale emergevano sia l’esistenza di uno o più provvedimenti di età adrianea, sia anche l’interpretazione che portava a collegare le disposizioni di I secolo d . C . alle deroghe di età severiana e, conseguentemente, a trattare del trasporto del materiale edilizio . La connessione fra le parole adoperate dal Biografo e i testi di Ulpiano dell’ad Sabinum in precedenza riportati mi sembra forte . E credo sia verosimile che il Biografo possa essersi basato proprio sull’ad Sabinum di Ulpiano o, eventualmente, su un’analoga opera che, come quel trattato, menzionava sia il sc. Aciliano di età adrianea, ricordandone la data consolare e dunque il contesto cronologico di riferimento, sia anche le deroghe di età severiana sul trasferimento di materiali . Solo così, a mio avviso, si spiegano bene le parole che sembrano alludere all’interpretazione ulpianea del sc. del 122 . Ancora un’osservazione, sulla denominazione dei provvedimenti finora ricordati, sul loro proponente e sul ruolo del princeps . Nel 1983 Manlio Sargenti faceva riferimento al senatoconsulto «che si è soliti chiamare Osidiano, dal nome di uno dei consoli sotto i quali fu approvato» . Egli osservava che autore del provvedimento non poteva essere il console proponente, in considerazione del fatto che manca, nel testo epigrafico che ha trasmesso il dispositivo, la formula quod … consules verba fecerunt etc . Inoltre – egli ricordava – il successivo sc. Volusiano fa riferimento al sc. quod factum est Hosidio Geta et L. Vagellio coss … auctore divo Claudio . Ne traeva la conclusione che il senatoconsulto Osidiano era stato invece frutto dell’attività personale dell’imperatore Claudio . Si è detto in precedenza (§ 2) quale risulta essere la più recente riflessione su questi aspetti e quali le considerazioni da trarne: premesso il (graduale?) venir meno, nella praescriptio, dell’espressione consules … verba fecerunt, la convocazione del senato e l’approvazione del provvedimento sarebbero dunque da riferirsi ai consoli del 47, Cn . Osidio Geta e L . Vagellio,

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ma ciò non esclude una forte partecipazione dell’imperatore Claudio che viene esplicitamente ricordato, nel sc. Volusiano, come auctor e che, in altri termini, potrebbe essere intervenuto in vario modo nella elaborazione della delibera senatoria del 4732 . In questo modo, quindi, nessun problema si porrebbe nell’attribuire, nella denominazione, il provvedimento tanto al princeps, reale ispiratore, quanto ai consoli del 47 . Mi chiedo se un’analoga considerazione non possa farsi anche a proposito del sc. che comunemente denominiamo Aciliano . Esso ci è noto direttamente dai brani ulpianei dell’ad Sabinum in precedenza ricordati e, come credo, anche dalla Vita Hadriani della HA, nella maniera volutamente confusa della quale si è appena detto33 . Ulpiano, come si è visto, fa riferimento in effetti a un provvedimento approvato al tempo del consolato di Acilius Aviola e Corellius Pansa (… quia haec legari non posse senatus censuit Aviola et Pansa consulibus) . Credo sia quindi ragionevole ipotizzare che, come nel caso del sc. di Claudio, l’Osidiano, anche nel provvedimento che vietava il legato di cose congiunte agli edifici, approvato nel 122, sotto il consolato di Aviola e Pansa, non possa escludersi un ruolo importante svolto dall’imperatore Adriano, in una materia, quella edilizia, nella quale l’intervento imperiale era stato ampio e significativo34 . Se così fosse, e se il Biografo stava accennando – come credo – proprio a questo senatoconsulto, potremmo forse avere dalla Historia Augusta un indizio del ruolo svolto dall’imperatore . In questo caso l’attribuzione, da parte del Biografo, del provvedimento ad Adriano sarebbe del tutto corretta e così anche l’uso di constituit, che lascerebbero pensare alla compiuta parificazione – nel lessico del Biografo – fra oratio principis e constitutiones .

IV. Vita Pertinacis 7.2–4 e le Institutiones Iustiniani Quello appena ricordato non credo sia l’unico caso in cui il Biografo può aver attinto informazioni sui senatoconsulta dalle opere giurisprudenziali . L’esempio che segue mostra una conoscenza approfondita, da parte del Biografo, del senatoconsulto in esame . Mi riferisco ad un brano della Vita Pertinacis che ho avuto occasione di esaminare in precedenza35, e che qui richiamerò, con

32 Alla relatio di Claudio fa esplicitamente riferimento, da ultimo, Buongiorno, SC Claudianis temporibus facta 2010, 236 ss . 33 Non mi risulta che la sua denominazione sia ricordata esplicitamente da altre fonti . 34 Molti altri, a parte quelli ricordati nelle pagine precedenti, sono i contributi scientifici in tema; per ulteriori indicazioni bibliografiche rinvio in specie ai contributi di Sargenti, Procchi e Buongiorno . 35 Nasti, Intorno alla politica fiscale di Pertinace 2014, 357 ss .

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l’aggiunta di alcune nuove considerazioni, limitatamente agli aspetti che interessano . Si tratta, anche in questo caso, di una delle cd . Vite principali benché, in questo caso, non ci troveremmo di fronte a una delle biografie più informate: Vita Pert . 7 .1–4 . Delatores cunctos grauiter puniri iussit et tamen mollius quam priores imperatores, unicuique dignitati, si delationis crimen incurreret, poenam statuens . 2 . Legem sane tulit, ut testamenta priora non prius essent irrita quam alia perfecta essent, neue ob hoc fiscus aliquando succederet; 3 . ipseque professus est nullius se aditurum hereditatem, quae aut adulatione alicuius delata esset aut lite [aut] perplexa, ut legitimi heredes et necessarii priuarentur. Addiditque senatus consulto haec uerba: 4 . ‘Satis est, p. c. inopem rem p. optinere quam ad diuitiarum cumulum per discriminum atque dedecorum uestigia peruenire’ . 1 . Ordinò che tutti i delatori fossero severamente puniti, e tuttavia in maniera più mite rispetto ai precedenti imperatori, stabilendo una pena in rapporto alla dignitas di ciascuno che incorresse nel reato di delazione . 2 . Promulgò una legge per la quale i vecchi testamenti non potessero essere annullati prima che ne fossero stati perfezionati dei nuovi, e non per questo motivo il fisco succedesse talvolta nell’eredità . 3 . Ed egli stesso affermò solennemente che non avrebbe accettato l’eredità di nessuno che gli fosse stata offerta per adulazione di qualcuno o per una controversia, di modo da privarne gli eredi legittimi e i necessari . E aggiunse al senatoconsulto queste parole: 4 . «è meglio o senatori avere una res publica povera che giungere ad accumulare ricchezze per vie pericolose e disonorevoli» .

Abbiamo la possibilità di confrontare le informazioni che leggiamo nella HA con quelle tramandate dalle Institutiones Iustiniani . Nel secondo libro del Manuale imperiale, infatti, nella rubrica Quibus modis testamenta infirmantur, il provvedimento di Pertinace viene ampiamente trattato: I . 2 .17 .7–8 Ex eo autem solo non potest infirmari testamentum, quod postea testator id noluit valere: usque adeo ut et, si quis post factum prius testamentum posterius facere coeperit et aut mortalitate praeventus, aut quia eum eius rei paenituit, id non perfecisset, divi Pertinacis oratione cautum est, ne alias tabulae priores iure factae irritae fiant, nisi sequentes iure ordinatae et perfectae fuerint. nam imperfectum testamentum sine dubio nullum est. 8. Eadem oratione expressit non admissurum se hereditatem eius, qui litis causa principem heredem reliquerit, neque tabulas non legitime factas, in quibus ipse ob eam causam heres institutus erat, probaturum neque ex nuda voce heredis nomen admissurum neque ex ulla scriptura, cui iuris auctoritas desit, aliquid adepturum. Secundum haec divi quoque Severus et Antoninus saepissime rescripserunt: licet enim inquiunt legibus soluti sumus, attamen legibus vivimus . Un testamento non può essere invalidato per il solo fatto che dopo la sua redazione il testatore abbia voluto che esso non valesse: al punto che, anche se uno, fatto un primo

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testamento, abbia cominciato a farne un altro e, o perché prevenuto dalla morte, o perché pentitosene, non lo abbia portato a termine, è stabilito da un’orazione del divino Pertinace che non diventino irritae le prime tavole, legalmente fatte, salvo che le successive non siano state legalmente ordinate e perfezionate . Infatti un testamento imperfetto è senza dubbio nullo . 8 . Con la stessa orazione precisò che non avrebbe accettato l’eredità di colui che avesse lasciato erede il principe a causa d’una lite, né avrebbe approvato testamenti non legalmente fatti in cui egli era stato per questo istituito erede, e che non avrebbe accolto la qualifica d’erede sulla base di una semplice espressione verbale, né avrebbe acquisito alcunché in forza di alcuna scrittura cui difettasse l’autorità del diritto . Secondo queste direttive anche i divini Severo e Antonino rescrissero molto spesso: «sebbene infatti», dicono, «non siamo vincolati dalle leggi, delle leggi però viviamo» .

Benché la lettura della HA possa lasciar pensare all’emanazione di più provvedimenti, credo si debba ammettere che il testo del senatoconsulto qui in esame abbia contenuto più disposizioni sulla stessa materia, come, peraltro, risulta testimoniato per altri senatoconsulti36 e come, del resto, conferma il testo delle Institutiones Iustiniani dalle quali emerge con chiarezza che, quello descritto, doveva essere il contenuto di un unico provvedimento senatorio (eadem oratione …) . Più precisamente, poi, il Manuale imperiale esplicitamente scrive di una oratio principis laddove, invece, nella Historia Augusta, il provvedimento viene considerato come una lex emanata dall’imperatore37 . Pertinace dunque – come conferma anche il brano delle Institutiones – avrebbe pronunciato in Senato una oratio, nella quale veniva disposto che, in caso di redazione di un nuovo testamento non perfezionato, le precedenti tavole testamentarie avrebbero conservato la loro validità . Ciò, secondo il Biografo, costituirebbe un misura antidelatoria – e dunque molto apprezzabile – dal momento che impedirebbe la sottrazione (ereptio) dei beni ereditari a vantaggio del fisco . È noto, infatti, che un testamento non poteva essere revocato da un altro, posteriore e imperfetto: per il ius civile soltanto la redazione e la perfezione di un secondo testamento avrebbe determinato la ruptio, la revoca, delle prime disposizioni testamentarie . Pertanto, nel caso in cui un secondo testamento per una qualche ragione di invalidità fosse stato inefficace a revocare il primo, e il primo, invece, conservasse la sua validità, nessuna attribuzione poteva essere fatta all’heres scriptus che risultava istituito contro la volontà del testatore successivamente manifestata e che per questo veniva considerato indegno a succedergli . Con la conseguenza che la hereditas, che non poteva essere devoluta all’erede menzionato nelle seconde tavole, veniva sottratta anche all’erede indicato nel primo testamento, ri36 Buongiorno, Senatus consulta 2016, 22 . 37 Ulteriori considerazioni sul testo delle Institutiones, confrontato anche con quello della Parafrasi di Teofilo, sono in Nasti, Intorno alla politica fiscale di Pertinace 2014, spec . 359 s .

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tenuto indegno . Poteva quindi aver luogo la vindicatio caducorum, l’azione istigata dai delatori allo scopo di provocare la sottrazione fiscale (ereptio) ai danni del primo erede e allo scopo di far acquistare l’eredità al fisco . Anche per quanto riguarda la seconda parte del provvedimento, che pure viene presentato nella HA come una misura antidelatoria, vi è identità contenutistica fra quanto riportato nella Vita Pertinacis e nel Manuale imperiale . Pertinace, come è detto esplicitamente in Institutiones Iustiniani 2 .17 .8, avrebbe deliberato di non accettare alcuna eredità che gli fosse stata offerta a causa di una lite (in Vita Pert . si fa riferimento ad eredità offerte per adulazione o a causa di lite), né avrebbe approvato testamenti non legalmente confezionati in cui il princeps fosse stato istituito erede; e nemmeno avrebbe ammesso di essere istituito erede in caso di sola pronuncia verbale da parte del testatore; niente, in breve, egli avrebbe ricevuto a titolo di erede, in base a scritture non legalmente prodotte . Si tratta dunque di una serie di ipotesi, ben note, relative al comportamento da tenersi, da parte del principe, in relazione a disposizioni testamentarie fatte a suo favore o che, pur non osservando le necessarie forme, venissero riconosciute valide nel caso in cui il principe fosse stato istituito erede . Per quanto riguarda la prima ipotesi ricordata, quella delle disposizioni testamentarie fatte a favore del principe litis causa (cioè per ottenere una decisione favorevole in una controversia, con il proposito che l’avversario si trovasse di fronte, nel processo, l’amministrazione imperiale, non un privato), esse devono essere ritenute nulle in considerazione della illiceità della causa; ed è quanto una serie di testi giurisprudenziali e di costituzioni imperiali chiariscono38 . Vale la pena di leggere un passo di Marciano, tratto dal liber singularis de delatoribus – un’opera di certo contenutisticamente connessa con il tema che il Biografo stava trattando: Marcian . l. s. delat ., D . 49 .14 .22 .2, L . 7 Lites donatas se non suscipere divus Pius rescripsit, licet bona relicturum se quis profiteatur: vel partem bonorum donatam non suscipere. et adiecit et illum dignum fuisse puniri pro tam turpi tamque invidioso commento, et nisi durum esse videbatur in ultro venientem poenam statuere .

Nel brano emerge con chiarezza che già Antonino Pio, come avrebbe fatto poi Pertinace, si era impegnato a non accettare eredità da colui che litis causa aveva istituito erede il principe39 . Dal punto di vista della composizione del testo, Marciano distingue la disposizione imperiale dal commento, che andava ad integrare e a motivare il precetto; proprio come avrebbe fatto, secondo la narrazione del Biografo, Pertinace .

38 Penso a 49 .14 .22 .2 Marc ., l. s. delat . Nasti, Intorno alla politica fiscale di Pertinace 2014, 365 ss . 39 Una decisione alla quale si sarebbe aggiunta in seguito quella di Gordiano nel 241 . Sul punto rinvio a Nasti, Intorno alla politica fiscale di Pertinace 2014, 367 s . con letteratura .

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Nell’ambito delle disposizioni testamentarie fatte a favore del principe litis causa si dovrebbe quindi ammettere che il provvedimento di Pertinace possa essere consistito in un leggero ampliamento rispetto a quanto disposto negli anni precedenti . Altre testimonianze possediamo poi per le altre ipotesi: penso, ad esempio, alla istituzione testamentaria ex nuda voce, che viene ritenuta possibile nel corso del principato di Domiziano, a giudicare da un brano di Svetonio, Domit . 12 .440 e che sarebbe stata abolita da Pertinace . In breve, non vi è ragione di dubitare dell’attendibilità delle informazioni riportate nelle Institutiones Iustiniani oltre che, in maniera sintetica, nella Historia Augusta41 . L’oratio di Pertinace da un lato ribadiva quanto sicuramente era stato in precedenza stabilito, dall’altro avrebbe contenuto una dichiarazione del principe sul comportamento che egli stesso avrebbe tenuto in relazione alle ipotesi ricordate: in caso di heredis institutio litis causa, nell’eventualità di testamento in cui la forma fosse stata difettosa, in caso di istituzione d’erede ex nuda voce, cioè in mancanza di scrittura testamentaria . Non voglio soffermarmi oltre sul contenuto della oratio nella quale Pertinace avrebbe avuto modo di mostrare il suo atteggiamento moderato in relazione ai delatori: è, del resto, quanto, evidentemente, il Biografo voleva mettere in evidenza . Mi sembra invece opportuno analizzare, benché brevemente, la struttura del § 7 .4 di Vita Pertinacis . Secondo l’Autore, Pertinace avrebbe aggiunto al senatoconsulto, forse come parte del provvedimento42, un’espressione moraleggiante: Satis est, p. c., inopem rem publicam … Anche nelle Institutiones Iustiniani, dopo l’indicazione della oratio principis, si legge un’espressione notissima, esemplificativa dei rapporti fra il princeps e la legge, i cui artefici sarebbero stati Settimio Severo e Caracalla: Secundum haec divi quoque Severus et Antoninus saepissime rescripserunt: licet enim inquiunt legibus soluti sumus, attamen legibus vivimus. È di tutta evidenza che nel brano delle Institutiones l’aggiunta non deve essere ricondotta alla oratio di Pertinace, ma costituisce, da parte degli antecessores (o, meglio, della loro fonte), la maniera per collegare il provvedimento di Pertinace alle più recenti direttive di Severo e Antonino .

40 Suet ., Domit . 12 .4: Confiscabantur alienissimae hereditates vel uno existente, qui diceret audisse se ex defuncto, cum viveret, heredem sibi Caesarem esse; si v . Nasti, Intorno alla politica fiscale di Pertinace 2014, 368 s . e nt . 37 con bibl . 41 Sul punto, con l’esame dei testi, rinvio a Nasti, Intorno alla politica fiscale di Pertinace 2014, 365 ss .; 372 ss . 42 Escluderei che possa essere inteso come possibile motivazione dello stesso, se si pensi alla collocazione delle motivazioni, che comincia ad emergere proprio dall’inizio del principato e che si trovano dopo la formula q. d. e. r. f. p. d. e. r. i. c .: sul punto Buongiorno, Senatus consulta 2016, 37 ss .

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In sintesi: non si può dubitare che il Biografo avesse una conoscenza chiara e particolareggiata del senatoconsulto che ricordava . Se, dunque, come si è detto, dal punto di vista contenutistico i provvedimenti ricordati nelle Institutiones Iustiniani sono i medesimi trasmessi dal Biografo che, peraltro, li riferisce anche in maniera abbastanza accurata, non mi sembra neanche casuale l’identica successione degli argomenti e addirittura la presenza della clausola finale . Quest’ultima, anzi, credo costituisca un indizio della fonte utilizzata dal Biografo . Né Cassio Dione, né Erodiano, Aurelio Vittore, l’Epitome de Caesaribus o gli altri storici o biografi43 dei quali si servì il Biografo ricordano o citano la decisione di Pertinace relativa ai testamenti . Si deve pensare, dunque, che da altra fonte egli abbia tratto le informazioni particolareggiate che cita . Quanto poi alle Institutiones Iustiniani è praticamente sicuro che nel riferire del provvedimento di Pertinace, i commissari giustinianei si siano basati su un passo giurisprudenziale: il problema delle fonti del Manuale imperiale non può essere in questa sede ripercorso, ma bisogna ricordare la derivazione certa di molta parte di quello scritto da opere giurisprudenziali di II e III secolo; in specie dalle Institutiones di Gaio, dalle Res cottidianae, ma anche da più recenti opere isagogiche, fra le quali un posto di assoluto rilievo deve essere attribuito alle Institutiones di Marciano . Il passo sul quale ci siamo soffermati, in specie, deriverebbe appunto da quest’ultima opera marcianea, come peraltro lascia pensare la citazione finale del rescritto di Severo e Caracalla44 . Non si può certo escludere che il Biografo abbia letto da archivi imperiali o senatori il testo del senatoconsulto e ne abbia riassunto puntualmente l’originale, ma credo sia ragionevole ipotizzare che egli possa aver avuto come modello un brano giurisprudenziale nel quale alla descrizione del provvedimento faceva seguito una clausola dal contenuto sentenzioso, proprio come quella che leggiamo nel brano del Manuale di Giustiniano . Difficile dunque non pensare a Marciano e a uno dei suoi scritti; per esempio a un brano come quello che ho riportato in precedenza, tratto dal liber singularis de delatoribus, o magari a un passo a noi non pervenuto delle Institutiones del giurista severiano (confluito poi nel Manuale imperiale) . In definitiva: non possiamo averne la certezza, ma ritengo estremamente ragionevole che la lettura congiunta di questo passo della Vita Pertinacis e delle Institutiones Iustiniani costituisca un ulteriore indizio della conoscenza del Biografo di opere della letteratura giurisprudenziale .

43 Alcune considerazioni sulle fonti, in relazione ai capitoli 7–9 della Vita Pertinacis sono tracciate in Nasti, Intorno alla politica fiscale di Pertinace 2014, 375 ss .; 385 ss . sul ruolo di Mario Massimo, che credo debba essere di molto ridimensionato . Sulla carriera di Mario Massimo v . Christol, Marius Maximus 2016, 447 ss . 44 I §§ 7 e 8 del brano delle Institutiones imperiali sarebbero tratti, dunque, dalle Institutiones di Marciano: così, senza dubbi, Ferrini, Sulle fonti 1901 [1929] spec . 370 .

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V. Su Vita Marci 10.1 e 11.8 Sempre in questa stessa direzione mi sembra conduca la lettura di un paio di provvedimenti ricordati nella Vita di Marco Aurelio: vita Marci 10 .1 e 11 .8 . Non esaminerò in maniera analitica il primo brano, nel quale la questione discussa è particolarmente intricata; mi soffermo solo sugli essenziali dati interpretativi e su quelle che ritengo essere le possibili fonti del Biografo: Vita Marci 10 .1 Senatum multis cognitionibus et maxime ad se pertinentibus iudicem dedit. de statu etiam defunctorum intra quinquennium quaeri iussit . Pose il senato a giudice di molte cognitiones che sarebbero spettate a lui . Ordinò che si potesse agire sullo stato dei defunti entro un quinquennio .

Il brano ricorda due diverse disposizioni, forse riconducibili45 ad una stessa oratio Marci, un importante e articolato provvedimento che avrebbe introdotto numerose riforme processuali . Non entro nel merito della ricostruzione complessiva della oratio e nella discussione se, effettivamente, siano ricostruibili tanti capita, sei, e tanti diversi argomenti in uno stesso senatoconsulto46; mi interessa in questa sede la maniera in cui il Biografo menziona, nella seconda frase, il provvedimento di Marco Aurelio (o la parte del provvedimento) . Non ci sono dubbi, infatti, nella comprensione dei suoi contenuti, nonostante la brachilogia47 . Siamo nell’ambito delle controversie di stato . Per questo tipo di liti il termine per la prescrizione sarebbe stato introdotto da Nerva, come esplicitamente ricorda Callistrato, e sarebbe stato fissato in cinque anni; la disposizione viene poi ripresa, con un’importante precisazione, da Marciano48: 45 Secondo Arcaria, Oratio Marci 2003, passim spec . 199 ss . e 252, con prec . lett ., che se è ne interessato qualche anno fa . 46 Comunque, sulla pluralità di argomenti nei senatoconsulti, riconducibili ad uno stesso tema, rinvio a Buongiorno, Senatus consulta 2016, 17 . 47 Questo passo della HA non viene ricordato fra le fonti della oratio Marci né da Talbert, Senate 1984, né da Volterra, s. v. Senatus consulta 1969, nr . 178, che però di certo conosce e cita altri passi della oratio Marci ricordati dalla HA . Giustamente, invece, non ne dubita Arcaria, Oratio Marci 2003, spec . 252, 275 . 48 Sulla disposizione, relativa alle prescrizioni delle azioni di stato si v . Arcaria, Oratio Marci 2003, 199 ss . Si sofferma sulle coincidenze tematiche e dello schema stesso delle opere di Callistrato e di Marciano Puliatti, Il «De iure fisci» 1992, spec . 124 ss . e nt . 144 sui testi qui in esame . Lo studioso ripercorre peraltro il principio ne de statu defunctorum post quinquennium quaeratur che si afferma da Nerva ad Adriano e che viene mantenuto in vigore in età severiana: Puliatti, Il «De iure fisci» 1992, 236 ss ., spec . 238 ss . Sulle prescrizioni della extraordinaria cognitio Amelotti, La prescrizione 1958, 107 ss . spec . 110 ss . per il tema che qui interessa . Sulla

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D . 40 .15 .4, Call . 1 de iur. fisc ., L . 80, Primus omnium divus Nerva edicto vetuit post quinquennium mortis cuiusque de statu quaeri, sed et divus Claudius Claudiano rescripsit, si per quaestionem nummariam praeiudicium statui videbitur fieri, cessare quaestionem . D . 40 .15 .1, Marc . l. s. de delat., L . 15 De statu defunctorum post quinquennium quaerere non licet neque privatim neque fisci nomine .

Più precisamente, poi, M . Aurelio sembra aver stabilito che, nel caso di processi di schiavitù (vindicatio de libertate in servitutem) cioè di retractatio di una sentenza di ingenuità del sedicente ingenuo defunto, il processo non avrebbe dovuto aver luogo o, se iniziato, avrebbe dovuto estinguersi: è quanto si ricava da un altro passo di Marciano, riportato subito dopo . La disposizione avrebbe avuto una finalità ben precisa: quella di salvaguardare la posizione dei falsi ingenui morti da cinque anni contro chi la contestasse49 . D . 40 .15 .1 .2–3 Marc . l. s. de delat ., L . 15 Immo nec de vivi statu quaerendum est, si quaestio huius praeiudicium facit ei, qui ante quinquennium decessit: et ita divus Hadrianus constituit. 3. Sed interdum et intra quinquennium non licet de statu defuncti dicere: nam oratione divi Marci cavetur, ut, si quis ingenuus pronuntiatus fuerit, liceat ingenuitatis sententiam retractare, sed vivo eo qui ingenuus pronuntiatus est, non etiam post mortem, in tantum, ut etiam, si coepta quaestio fuit retractationis, morte eius extinguatur, ut eadem oratione cavetur .

Qui, il riferimento alla oratio Marci è esplicito, anche se la disposizione ricordata non sembra essere precisamente la stessa alla quale si allude nella Vita dell’imperatore: per il Biografo, infatti, è possibile agire entro il quinquennio; egli scrive, cioè, come se stesse riferendosi alla situazione più generale ricordata da Callistrato e da Marciano in D . 40 .15 .1 che si basava, come si è detto, sul termine introdotto da Nerva in riferimento alle azioni de statu defunctorum e mantenuto in linea generale fino all’età dioclezianea50 . Allo stesso provvedimento – ma senza riferirsi alla condizione specifica dei defunti – rimanderebbe anche il brano ulpianeo trascritto subito dopo, D . 40 .16 .2pr . seguito da D . 40 .16 .2 .4, benché nel primo passo esso non venga ricordato come una oratio (divus Marcus constituit)51: legittimazione del delatore in questo tipo di controversie, con riflessione sui testi qui in esame, Spagnuolo Vigorita, Exsecranda pernicies 1984, 178 ss . 49 Sul punto Amelotti, La prescrizione 1958, 111 ss ., Arcaria, Oratio Marci 2003, 200 s . (spec . su D . 40 .15 .1 .3) . 50 Si v . Puliatti, Il «De iure fisci» 1992, 238 s . 51 Sul brano, oltre alla bibliografia in precedenza ricordata, si v . Amelotti, La prescrizione 1958, 113 s . e, per quanto attiene l’ammissione all’accusa di extranei purché dotati di ius postu-

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D . 40 .16 .2pr . Ulp . 2 de off. cons ., L . 2061 Conlusionem detegere ingenuitatis post sententiam intra quinquennium posse divus Marcus constituit . D . 40 .16 .2 .4, Ulp . 2 de off. cons ., L . 2061 Oratione divi Marci cavetur, ut etiam extraneis, qui pro altero postulandi ius haberent, liceret detegere collusionem .

Credo, in breve, che la modalità di stesura di Vita Marci 10 .1 sia confrontabile con quella del brano della Vita Hadriani ricordato in precedenza: anche in questo caso il Biografo attribuisce all’imperatore in maniera imprecisa un provvedimento, pur mostrando di essere a conoscenza della disposizione della quale vuole trattare . Mi sembra verosimile che, anche in questo caso, le fonti adoperate possano essere individuate in una o più opere giurisprudenziali: forse in quello stesso de officio consulis ulpianeo che, un po’ intuitivamente, Honoré ha ritenuto potesse essere un’opera nota al Biografo (alludo, in particolare a D . 40 .16 .2pr . Ulp . 2 de off. cons .); ma soprattutto nel liber singularis de delatoribus di Marciano (e mi riferisco a D . 40 .15 .1 .1–3), dai quali il Biografo sembra aver tratto le informazioni che in maniera estremamente sintetica attribuisce a Marco Aurelio; del resto, si è detto in precedenza che anche in base al passo della Vita Pertinacis si può ipotizzare una conoscenza da parte del Biografo di alcune opere di Marciano . Un po’ diversa la riflessione sull’altro testo della biografia di M . Aurelio: Vita Marci 11 .8 Leges etiam addidit de vicensima hereditatum, de tutelis libertorum, de bonis maternis et item de filiorum successionibus pro parte materna … Emanò inoltre nuove leggi concernenti l’imposta sulle eredità, sulla tutela dei liberti, sui beni materni e parimenti sulla successione dei figli nell’eredità materna …

Almeno due delle tre disposizioni ricordate si riferiscono ad ambito successorio, il primo – in maniera indiretta – e il terzo . Non possiamo dire se il Biografo alludesse qui a provvedimenti della stessa tipologia; ancora una volta il generico riferimento a leges ne rende difficile, o quanto meno dubbia, l’identificazione . Qualche osservazione però va fatta sul terzo provvedimento: l’espressione ‘emanò leggi … sulla successione dei figli nell’eredità materna’ lascia infatti pensare al sc. Orfiziano, come aveva già ipotizzato, con ragione, Volterra52 .

landi pro alio, Botta, La legittimazione 1996, 113 s . Secondo Arcaria, Oratio Marci 2003, 199 ss . giustamente, nel principium il giurista illustra il contenuto della oratio Marci, nonostante l’uso del verbo constituit, mentre nel paragrafo quarto tratta dell’iniziativa processuale che, come si è accennato, era stata consentita, oltre che agli interessati, anche agli estranei, sempre che costoro avessero il ius postulandi pro alio . 52 Volterra, Senatus consulta 289 s . nr . 186 con indicazione delle fonti .

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Il sc. Orfiziano si data al 178 d . C .: in base a questa disposizione53, i figli – nati da diversi matrimoni o anche adottati o che fossero rimasti nella famiglia di origine – succedevano alla madre . Prima di quel provvedimento, secondo il ius civile i figli potevano succedere alla madre solo se agnati (e quindi se la madre avesse contratto matrimonio cum manu, il che era di certo molto raro nel corso del principato); per il ius honorarium, invece, i figli potevano succedere alla madre nell’ambito dell’ordo unde cognati, di modo che, comunque, questa successione era sempre preceduta da quella degli agnati . Dopo il provvedimento del 178 i figli succedono alla madre come eredi civili e appartengono alla seconda categoria dei successibili, quella dei legitimi . L’aspetto interessante, nel passo della Historia Augusta, mi sembra essere l’attribuzione del provvedimento54 . Le rubriche del Digesto e del Codex Iustinianus, rispettivamente D . 38 .17 e C . 6 .57 ricordano la disposizione come senatus consultum Orphitianum (opp . Orfitianum) e così le opere di commento al senatoconsulto scritte sia da Gaio, sia da Paolo; così, infine, esso viene ricordato esplicitamente in alcuni passi giurisprudenziali e nelle costitituzioni imperiali . Eppure, nel brano della Historia Augusta qui in esame, la presenza dell’imperatore emerge, ancora una volta, nel meccanismo di elaborazione del provvedimento . E non si tratta di una forzatura del Biografo perché un passo di Gaio e uno dei Tituli Ulpiani ne forniscono conferma: D . 38 .17 .9, Gai . l. s. sc. Orphitianum L . 507 Sacratissimi principis nostri oratione cavetur, ut matris intestatae hereditas ad liberos, tametsi in aliena potestate erunt, pertineat .

Si tratta dell’unico frammento che ci è pervenuto da quest’opera gaiana . Il riferimento a una oratio principis nostri è esplicito e certo indicativo se non della identificazione della oratio principis con il senatus consultum, quanto meno dell’importanza della oratio che doveva costituire la parte essenziale della delibera senatoria (si pensi all’oratione cavetur …) . Non vi è dubbio che, in questo come in altri casi, le parole di Gaio confermino la duplice circolazione della oratio principis e della delibera senatoria e dimostrino la centralità dell’intervento imperiale . Il fatto, poi, che nel brano dei Tituli Ulpiani 26 .7 il provvedimento venga attribuito a M . Aurelio e Commodo, se per un verso sembra contraddire Gaio, che lo riferisce al solo Marco Aurelio, per un altro conferma la datazione del provve-

53 Sulla quale si v . per tutti Voci, Diritto ereditario romano 19652, II, 22 ss . 54 Non credo sia un caso se l’espressione de bonis maternis et materni generis che leggiamo nella HA sia la stessa che troviamo nella rubrica 60 del sesto libro del Codex Iustinianus, De bonis maternis et materni generis . E c’è da chiedersi se una possibile connessione non debba individuarsi nella presunta conoscenza del Biografo del Codex Gregorianus .

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dimento, se si tiene conto del principato congiunto, negli anni 177–180, dei due principi55: Tit . Ulp . 26 .7 Ad liberos matris intestatae hereditas ex lege duodecim tabularum non pertinebat, quia feminae suos heredes non habent; sed postea imperatorum Antonini et Commodi oratione in senatu recitata id actum est, ut sine in manum conventione matrum legitimae hereditates ad filios pertineant, exclusis consanguineis et reliquis agnatis.

Dunque: il passo di Gaio, quello dei Tituli, ma anche il racconto del Biografo consentono di individuare un ruolo svolto dal principe (o dai principi) nell’emanazione del provvedimento . Ma è altrettanto chiaro che il Biografo doveva avere anch’egli una conoscenza diretta del testo del sc. oppure doveva utilizzare una fonte (un’opera giurisprudenziale?) nella quale veniva ricordata l’oratio principis . Si tratta di un dato che mi sembra debba far riflettere positivamente, e ancora una volta, sull’attendibilità (e la complessità) delle informazioni fornite dal Biografo .

VI. L’Historia Augusta, i senatus consulta e le opere giurisprudenziali I casi finora ricordati costituiscono solo un esempio molto piccolo dell’ampiezza dell’indagine che può essere condotta sulle biografie della Historia Augusta . Ci si può ora soffermare su alcuni punti meritevoli di qualche riflessione, in primo luogo sulle fonti adoperate dal Biografo per la conoscenza dei provvedimenti senatori . Pur senza voler dare un peso eccessivo alle considerazioni svolte nelle pagine precedenti, e senza voler escludere, come è ovvio, l’utilizzazione di fonti di diversa natura (penso agli archivi, agli acta senatus), mi sembra doversi ammettere che anche le opere giurisprudenziali romane abbiano giocato un ruolo importante . Si tratta di un dato significativo che credo possa alimentare la discussione sia sulla formazione intellettuale del Biografo (e dunque sulla sua identificazione), sia rispetto al metodo di elaborazione delle Vitae stesse e al loro pubblico, sia, infine, rispetto a quanto conosciamo sulla circolazione delle opere giurisprudenziali nel corso del IV, V secolo d . C .

55 Come rilevava già Arcaria, Oratio Marci 2003, 228 in considerazione del fatto che non è infrequente che gli scritti giurisprudenziali attribuiscano al solo M . Aurelio provvedimenti che invece da altre fonti sappiamo con certezza doversi attribuire ad uno dei periodi di correggenza . Si tratta, ad ogni modo, di un’attribuzione che coincide perfettamente con la data del consolato di Scipione Orfito e non deve essere messa in discussione . Sulla mancanza del titolo di divus per M . Aurelio, in questo passo, che invece compare in 22 .34, si v . Avenarius, Liber singularis regularum 2005, 495 .

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Non prendo posizione nella recente e complessa querelle sull’identificazione dell’autore della Historia Augusta; che possa essersi trattato o meno di Nicomaco Flaviano senior56, ritengo debba darsi per certo che il Biografo non solo ebbe dimestichezza con i documenti e con il linguaggio della cancelleria, ma anche con le opere giurisprudenziali se, come credo si possa sostenere, conobbe e si servì almeno delle Institutiones di Marciano e del liber singularis de delatoribus dello stesso autore, ma anche dell’ad Sabinum di Ulpiano57 . Benché non sia sempre facile pronunciarsi sulla circolazione delle opere giurisprudenziali, e di alcune di queste in particolare, nel corso del IV e soprattutto del V secolo d . C .58, esse dovevano però di certo essere utilizzate nella prassi giuridica e amministrativa ed essere note ad un pubblico di addetti ai lavori; la loro conoscenza, dunque, non deve stupire se si ammette, come anch’io credo, che il Biografo debba aver avuto dimestichezza con gli ambienti della corte imperiale e con l’amministrazione . Non vi è dubbio, inoltre, che l’emersione nella HA di tracce delle opere giurisprudenziali costituisca un tassello importante nelle vicende della circolazione di quei testi in un’epoca, come quella nella quale il Biografo visse, che costituisce uno dei momenti più problematici nella storia della diffusione di quelle opere . Ciò che mi sembra, peraltro, desti ulteriore interesse, è l’uso disinvolto che il Biografo sembra fare dei contenuti, anche molto tecnici, di questi scritti; egli manipola le informazioni che trae dalle opere giurisprudenziali, le plasma a seconda della necessità narrativa, e trasmette ai suoi lettori notizie riassunte talvolta correttamente, in altri casi fortemente deformate . Viene da chiedersi se ciò dipenda da una conoscenza superficiale o inadeguata dei provvedimenti esaminati e commentati nelle opere dei giuristi, o invece, come ritengo probabile, trovi spiegazione nelle esigenze descrittive del Biografo, nella sua volontà di dissimulare le sue competenze e i contenuti precisi dei provvedimenti, di depistare, in un certo senso, i suoi lettori . 56 L’identificazione di Nicomaco Flaviano senior (studioso del diritto, quaestor sacrii palatii) con l’autore della Historia Augusta è stato proposto, già da qualche anno, da S . Ratti, che è di recente ritornato sull’argomento: Ratti, L’Historie Auguste 2016 . Le polemiche storiografiche sull’Auctor, tuttavia, sono tutt’altro che esaurite; ripercorre le principali linee interpretative, da ultimo, Marotta, Legalità repubblicana 2016, spec . 186 nt . 25 . 57 E, in base all’analisi condotta su Vita Marci 10 .1, forse anche il de officio consulis dello stesso giurista, come si è ipotizzato in precedenza . 58 Siamo meglio informati, ad esempio, grazie alle testimonianze dirette o alle riutilizzazione tarde, sulla sicura divulgazione dell’ad edictum o dell’ad Sabinum di Ulpiano . I dati, ancora fondamentali, raccolti a suo tempo da Wieacker, Textstufen 1960 (r . 1975) 139 ss ., 153 s . saranno di certo aggiornati alla luce delle nuove edizioni dei testi giurisprudenziali pervenuti per via diretta: penso al progetto ERC Redhis, diretto da D . Mantovani . Per gli aspetti paleografici e diplomatici dei papiri con contenuto giuridico e giurisprudenziale si v . di recente Ammirati, Sul libro latino antico 2015 .

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Si deve riflettere, inoltre, sul fatto che le allusioni che si possono cogliere nella HA, le sintesi, le falsificazioni, per sortire un qualche effetto, dovevano essere colte dalla cerchia dei suoi lettori, il che lascia pensare ad un pubblico colto e competente, ma insieme anche ad una divulgazione delle opere giurisprudenziali forse ben più ampia di quanto si potrebbe a prima vista credere; il che getta una luce anche sul contesto culturale nel quale il Biografo visse e operò . Si può provare a istituire un confronto con Svetonio, per esempio, o con Cassio Dione: anche in questi casi ci troviamo di fronte a funzionari imperiali o senatori esperti, inevitabilmente, degli ambienti di corte e del funzionamento delle strutture dell’impero e di certo capaci di riportare o massimare provvedimenti legislativi o senatori . E però non mi sembra che emerga dalle loro opere alcuna conoscenza degli scritti giurisprudenziali o del ruolo rivestito dai giuristi: segno, certo, di una finalità e di un pubblico delle loro opere diverso da quello della Historia Augusta, ma forse anche di una conoscenza della letteratura giurisprudenziale molto accentuata dell’Auctor; segno, infine, forse anche di un diverso ruolo dei giuristi e delle loro opere, che mi chiedo se non possa dirsi in un certo senso fuoriuscito dal contesto più ristretto degli operatori del diritto, almeno in alcuni ambienti, ma insieme anche sminuito nella sua immagine . Si può, infine, provare a riflettere con maggiore consapevolezza sull’osservazione che ponevo all’inizio di queste pagine, sulla scarsa attenzione prestata negli studi alla trasmissione dei provvedimenti senatori attraverso l’HA . Non ci si può nascondere, in primo luogo, un problema di interpretazione delle notizie fornite dal Biografo e di identificazione: volutamente il Biografo non rende quasi mai esplicite le disposizioni alle quali vuole riferirsi . Sembra invece possibile il procedimento inverso, e cioè procedere alla ricerca di senatoconsulti nella Historia Augusta grazie alla conoscenza dell’attività normativa e legislativa degli anni di volta in volta in esame . Il che deve indurre ad estrema cautela nell’uso delle Vitae . Un altro problema è costituito dall’attribuzione dei provvedimenti: negli esempi finora discussi anche se solo per campione, essi risultano sempre riferiti all’imperatore . Nonostante i problemi terminologici dei quali si è detto all’inizio di queste pagine, il Biografo non sembra aver dubbi; anche quei provvedimenti che con certezza o in maniera ambigua nelle fonti di II e III secolo vengono attribuiti al senato o ricondotti al nome di un senatore, nella raccolta di biografie vengono considerati come frutto dell’attività legislativa imperiale . Posto che, come è risaputo, non può essere messo in discussione l’atteggiamento filosenatorio del Biografo, e che quindi il sostegno che l’autore della HA credette di tributare all’amplissimus ordo non passa di certo per la descrizione dell’attività senatoria e dei suoi provvedimenti, se ne deve forse dedurre che egli trovasse nelle sue fonti – e dunque anche nelle opere della giurisprudenza – riferimenti ad orationes principis molto più numerosi di quanto risulti dai testi a nostra disposizione? Si tratta, come si vede, di spunti ulteriori di riflessione, e di quesiti che si intrecciano a quelli preesistenti . Del resto, la disamina dei casi è tutt’altro che conclusa e l’indagine deve restare aperta .

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Fara Nasti

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275

Indice delle fonti I. Fonti di tradizione manoscritta Appianus Bella civilia 1

1.1 1.1.1 1.1.5 1.2.4–6 1.2.6 1.2.7 1.12.50–51 1.12.51–54 1.16.66 1.16.67 1.16.67–68 1.16.68 1.19.79–80 1.22.92 1.23.100 1.23.101 1.24.102 1.24.105 1.25.113–1.26.116 1.25.113–115 1.25.115–116 1.26.120 1.30.135 1.30.135–1.31.138 1.30.136–1.31.138 1.32.144 1.34.151 1.39.176 1.43.195 1.44.196 1.44.198

56.16; 56.23; 56.25; 56.26; 56.28; 57; 57.29; 57.30; 57.31; 57.32; 57.33; 57.34; 57.35; 57.38; 63; 74 57; 59; 59.50 55.7 59.51 55.8 61.58 55.9 58.42; 91 58.44 92 60.53 60 75; 92 58; 75; 92 75 59; 75 58; 76 76 58; 76 92 76 60 76 92 64.73 92 60; 76 61; 62.65 76 77 77 77

1.48.210 1.49.212 1.54.236 1.54.239 1.55.241 1.56.249 1.57.253 1.57.254 1.57.255 1.60.271 1.60.271–272 1.60.271–273 1.60.273 1.65.296 1.69.316 1.70.319–320 1.70.323 1.73.339–340 1.77.353 1.81.370 1.82.372 1.86.390 1.97.451–452 1.97.452–453 1.98.458–459 1.99.463 1.100.470 1.105.494 1.107.502 1.107.503 1.108.508 2

2.3.9 2.5.16

77 77 59.50 59.50; 77 61; 77 61 77 78 77; 78 60 54.6 78 60 78 78 79 79 79 79 79 79 79 80 53.1 80 62 64.74 80 80 80 80 55.13; 56.14; 56.16; 56.17; 56.19; 56.27; 57.32; 57.34; 57.36; 57.37; 61.57; 63; 65; 66.84; 90 65; 80 65; 81

278

Indice delle fonti

2.5.16–17 2.5.17–2.6.21 2.6.21 2.8.28 2.8.29–30 2.8.30 2.9.31–32 2.10.35 2.10.36 2.11.37 2.11.41 2.12.42 2.23.84 2.23.85 2.24.92 2.25.97 2.26.99 2.27.103–105 2.27.106 2.28.107–108 2.28.109–111 2.29.112–114 2.29.114 2.30.118–119 2.30.119 2.32–33 2.32.127–129 2.32.129 2.33.130 2.33.130–132 2.34.134–135 2.36.142 2.37.146–148 2.50.207 2.106.440–443 2.106.442 2.106.443 2.107.445 2.116–2.117.488–491 2.126–2.129.525–541 2.128.534 2.128.535–537 2.132–2.135.553–563 2.133.555–2.134.562 2.135.563 2.135.565 2.135.565–566

69.97 92 65; 81 65; 81 92 65.81 81 64.75 64.76; 64.77 65.80 65.79 65.78 65; 81 66.83; 82 82 93 93 93 69.98; 93 69.99 93 93 82 93 82 191.6 93 82 82 93 83 93 93 82 83; 199 195 199 83 94 94 68.93 68.94 94 68.95 84 84 94

2.136.567–569 2.136.569 2.144.600 2.144.600–602 3

3.2.2 3.2.17 3.2–45 3.3.6 3.4.11–13 3.4.13 3.5.6 3.6.20 3.8.29 3.8.28 3.21.78 3.25.95 3.27.102–103 3.28.106 3.45.185–186 3.46–98 3.47.193 3.50.202–206 3.50.206–3.51.208 3.50.206–3.51.210 3.50.209 3.51.211 3.51.211–3.61.253 3.52.213–3.53.220 3.54.222–3.60.248 3.54.224 3.61.250–251 3.61.253 3.63.258 3.63.258–259 3.63.260 3.74.302 3.74.302–304 3.74.303 3.74.304 3.78.317 3.82.338–3.83.340 3.83.340

94 84 84 83 56.15; 56.17; 56.23; 56.26; 57.29; 57.30; 57.32; 57.33; 57.34; 57.36; 57.37; 61.57; 70; 72.131; 90 55.13; 84 60.56 70.103 84 94 84 84 85 85 85 85 85 94 83 94 70.104 85 94 71.119 95 85; 86; 89 71.114; 71.119 95 95 95 85 86 87 87 87 88 88 87 89 89 88 95 72.123; 89

Indice delle fonti

3.85.350–351 3.85.352 3.86.353 3.86.355 3.88.361–362 3.89.368–3.90.370 3.90.370 3.90.373–374 3.91.373–374 3.95.395 3.96.397 4.8.31–11.45 4.248 5 5.10.40 5.45.191 5.72.306–5.73.308 5.73.313 5.75.318 5.130.538 5.130.539 5.130.540 5.130.541–542 5.131.539–544 5.131.544 5.131.544–545 6

89 89 95 89 95 95 90 90 95 90 90 54 88 54; 56.26; 57.34; 72.133 91 54.4 91 73.135 91 73.137; 91 73.139 73.138 91 95 91 73.136 62.67

Mithridatica 204

79

Apuleius Florida 16.40–41

12.17

Aristoteles Rhetorica 1.2.2 (= 1355b 35–40)

168.17

Asconius Pedianus (ed. Stangl) In Milonianam 31St. 81 Caesar Bellum civile 1.1.1–1.2.8 1.2.6

93 67.88

1.5 1.5.2 1.6.5 1.6.7–8 1.32.6

93; 191.6 82 82 93 93

Bellum Gallicum 8.52.4 8.52.5 8.53.1–2

93 93 93

Cassius Dio Historiae Romanae 10.1–2 37.49.2–5 38.2–7 38.4.1 40.56.2 41.2.2 41.3.1 41.6 42.23.1 43.14.3–7 43.14.5 43.14.6 43.14.7 43.22.4 43.25.1 43.42.2–3 43.43.1 43.44.1 43.44.2–5 43.44.6 43.44–46 43.45.1 43.45.2 43.45.3 43.46.1 43.50.1 43.50.1–2 44.3–8 44.4 44.4.1 44.4.2 44.4.3 44.4–7 44.5.2 44.5.3

157.71 81 65.77 64.77 82 191 191 93 192 192 199 189; 199 193.12 193.12 193.12 195 195; 199 195 195 195 83; 193 195 196; 199 196; 199 193.12; 195 189 196 83 49 198 199 198 196 198 198

279

280

Indice delle fonti

44.6.1 44.6.2 44.6.3 44.6.4 44.7.1 44.7.3 44.22–34 44.23–33 44.36–49 44.49.2 45.9.3 45.17–46.28 45.18–47 45.24.1 45.25 45.42.1–2 46.1–28 46.29.4 46.39.3 46.40.1–6 46.40.4–5 46.42.1 46.42.1–2 46.42.4–46.43 46.42.4–46.43.1 46.44.2 46.44.4–5 46.50.3–6 46.52.3 47.18.4 47.18.5 47.18.6 47.18–19 47.19.1 47.19.2 47.28.5 47.29.4 47.29.6 48.13.1 48.34.1 49.15.1 50.20.6 51.25.2 53.12.4–9 53.21.1–2 53.23.6–53.24.1 54.2.3

198; 199 198 196.16; 199 199 198 199 67.91 67.91 149.36 189; 196.19 85 94 71.117 85 85 72.125 71.118; 95 86 88 88 189 89 95 95 72.127 90 90 200 90 201 201 201 200 201 211.50 88 87 88 193.12 91 91 199 202 190 193.12 151.47 211.51

54.8.2–3 54.8.5 54.11.6 54.23.7–8 54.23.8 54.25.2 54.25.3 54.26.2 55.4.3 55.6.6 55.8.1–2 55.22.1–3 55.23.2–7 55.27.3 55.28.1–3 55.28.2–3 56.27.1 56.31.2 56.31.2–56.33.6 56.31.3 56.32.1 [Xiph. 120.7– 121.32] 56.32.1a [Zon. 10.38] 56.32.1–4 56.33 56.33.1 56.33.3–6 56.34.2 56.34.4 56.42.1 56.42.1–56.43.1 56.42.3 56.42.4 56.43.1 56.46.4 56.46.5 56.46–56.47.1 57.6.4 57.8.1 57.12.4–5 57.12.5 57.18.2 [Xiph. + Exc. Vat. 5] 57.20.3–4 [Zon.] 57.23.1 57.23.2 57.24.3

189; 202 211.51 202 203 193.12 204 204 211.51 173.44; 174.51 189; 205 205 190 190 206 206 193.12 174.54 208.40 207 208.40 207; 208; 208.40 207; 208.40 208 190 209 190 211.50 209; 210 210 209 210 208.42 210 211 211 210 212 218 212 211.53 213 213 193.12 155.59 177.69

Indice delle fonti

57.24.4 58.2.1–3 [Xiph.] 58.2.3 58.2.6 58.2.6 [Xiph.] 58.4.4 [Xiph.] 58.7.4 58.11.4 58.12.4–6 58.12.5 58.12.6 58.12.7 58.12.8 58.18.3–6 58.21.3 58.24.3 59.1.2 59.4.4 59.6.5 59.6.7 59.7.1–7 59.7.9 59.10.1–2 59.10.2 59.11.1–5 59.16.9–11 59.23.1–2 59.24.7–8 59.26.3 [Xiph. + Exc. Vat. 211] 59.28.2–3 59.28.2–3 [Xiph. Cfr. Exc. Vat. 214] 60.5.4 60.5.4–5 60.6.7 60.6.8–9 60.11.6 60.22.1–2 60.22.3 61.3.1 [Xiph.] 62[63].6.1–2 [Xiph.] 62[63].18.3 62[63].18.3 [Xiph.] 63.23.2 [Xiph. + Exc. Vat. 76] 65[66]

177.72 214 215 215 214; 215 215 216 216 216 217 217 217 218 218 220 177.68 220; 221.67 221 221 221; 222 222 222 223 224.74 224 225 226 226 227 190 227 229.85 228 155.64 229 193.12 230 230 231 232 193.12 232 233 157.71

67.4.5 67.13.2 68.2.4 68.10.3–4 [Xiph.] 68.16.3 68.29.2–3 [Xiph.] 69.17.3 72[71].31.1–2 [Xiph.] 73[72].15.6 76[75].15.2b [= Exc. Vat. 133] 77[76].6.1–2 79[78].17.1 79[78].17.4–79 [78].18.2 79[78].21.1 79[78].38.1 80[79].2.5–6 80[79].18.4–5 [Exc. Vat. 153 e 154]

158.76 129.69 190 234 190 234 190 235 236 236 236 237 237 238 238 239 239

Cicero I. Epistulae Ad Atticum 7.7.5 7.11.3 12.45.2 13.28.3 14.22.2 15.9.1

82 93 196.17 196.17 94 85

Ad Brutum 1.5.4

72.123

Ad familiares 2.12.1 2.17.5 8 8.8.4–5 10.33.1 11.14.3 11.20.1 16.11.2

69.98; 93 82 66 93 89 89 89 82; 93; 191.6

II. Orationes De domo sua ad pontifices 79 64.74

281

282

Indice delle fonti

In Catilinam 1.4 4.10

60.54; 76 92

Philippicae 1.1 1.5 1.6 2.31 3.37–39 3.39 5 5.28–29 5.36 5.45–46 5.53 6.5 8.1–2 8.15 8.33 9.13 10.26 11.9 11.15–16 12.2 14.11 14.29 14.37

46.5 84 94 85 94 85 95 94 85 86 86 87 87 76 87 80 87 87 87 71.114 88 88; 89 88

Pro Cluentio 48.135

181.94

Pro Milone 3.8 5 10.28

181.94 181.91 181.90

Pro P. Cornelio Sulla 41–44

69.102

Pro Rabirio perduellionis reo 20 76 III. Philosofica Topica 5.28 7.31

170 170

IV. Rhetorica Brutus 1.5.1 1.5.4 61 80 168

88 89 18.26 18.26 78

De inventione 2.22.65

170

De oratore 3.93

161.85

Corpus Iuris Civilis Codex 6.57 270 6.60 270.54 8.10.2 251; 255; 256 Digesta 1.1.1.1 1.3.7 1.3.9 1.3.17 5.6.1 5.6.3 14.6.1 16.1.2.1 17.2.76–80 17.2.79 24.1.45 28.4.3 30.41.1 30.41.1–2 30.41.3 30.41.5 30.41.9 30.43.1 38.17 38.17.9 40.15.1 40.15.1.1–3 40.15.1.2–3 40.15.1.3 40.15.4 40.16.2pr.

167.13 182.99 170.27 168.19 170.27 170.27 23.61 178.74 169.23 169.23 257 258.29 251.20 258 253; 254; 255; 255.25; 256; 259 253; 255; 255.25; 258; 259 258 256; 257; 258 270 247.9; 270 268 269 268 268 268 268; 269

Indice delle fonti

40.16.2.4 47.10 48.4 48.16 49.14.22.2

268; 269 175.57 175.57 16.18 264; 264.38

Institutiones 2.17.7–8 2.17.8

262; 266.44 264

De viris illustribus 65.5 76 Diodorus Siculus Bibliotheca historica 38–39.1 39.3

78 78

Eutropius Breviarium ab urbe condita 5.7.3 79 Florus Epitoma de Tito Livio 2.3.4 76 2.9.8 78 Fronto Ad Antoninum imperatorem 1.2.5–6 11.16 Ad M. Caesarem 2.4 4.3.6

11.16 11.16

Ad Verum imperatorem 2 11.16 Gaius Institutiones 1.4 2.253–259

170.28 16.17

Gellius Noctes Atticae 2.24.3 15.1 15.11

23.57 9.7 161.87

Herodianus Ab excessu Divi Marci 2.3.2–11 2.12.4–7 5.5.2 7.6.3 7.7.2 7.7.5

12.18 12.18 12.18 12.18 12.18 12.18

Iosephus (Flavius) Antiquitates Iudaicae 12.138–153 14 14.147–155 14.186–188 14.187 14.190–195 14.192–193 14.196–198 14.196–212 14.197 14.198 14.199 14.213–216 14.219–222 14.200–201 14.202 14.202–204 14.202–210 14.204 14.205 14.205–210 14.207 14.209 14.211–212 14.219–222 14.221 14.225–227 14.228–229 14.228–240 14.230 14.231–232 14.234 14.235 14.237–240 14.241–243 14.244–246

35.12 31; 32; 34; 36; 41; 42 35.7 32 35; 36 31; 37 39 37 31 37 37 37 31 31 37 38 38 37 37 38 38 38 38 38 38 38 31 31 35.8 31 31 31 31 31 31 31

283

284

Indice delle fonti

14.256–267 14.265–266 14.267 16 16.49 16.162–165 16.167–173 16.171 16.174–178 16.175 19 19.1.2 19.280–291 19.303–311

31 33 33 32; 39; 41 34 32 32 32 33 35 32; 39 211.48 32 32

De bello Iudaico 7.448

34

Livius Ab Urbe condita 9.17.14 39.45–55 39.54–55

47.16 21.44 21.44

Periochae 73 74 77 83 84 90 119 120 121

77 77 78 79 79 80 87 88 88

Macrobius Saturnalia 3.14.6

92

Nepos Atticus 9.2

71.114

Oracula Sibyllina 5 5.40–41

41 41

Ovidius Metamorphoses 1.192

193.10

Tristia 2.131

175.61

Plinius Maior Naturalis Historia 2 praef. 2.4 2.11 2.238 3 3.1 3.30 3.131 7 7.120 7.143 8.14 8.64 8.135 10.71 11.11 11.36 13 13.64 13.68 13.84–87 13.89 14.2 15.72–74 15.119 15.120–121 16.11–13 18.22–23 18.23 18.39 20–21 21.8 21.70 22.7 22.10 22.13 24 24.4

14.6 27.78 119.7 21.43 26.75 21.45 16.20 21.44 15.11 23.54 19.34 119.7 15.12; 23.55 15.8; 23.56; 23.58 23.57 13.4 23.58 27.79 20.41 27.80 27.77 16.13; 17.24 17.25 17.26 19.32 18.31 24.62 27.82 27.83 21.42 24.63 24.62 27.79 24.62 24.62 24.62 24.64 23.58

Indice delle fonti

24.21 28.148 29 29.6.1 29.16 29.28 30 32 33.11 33.14 33.20–21 33.32 33.33 33.34 33.100 33.125 33.127 33.128 34 34.24 34.30 35.201 36 36.5 36.24 36.113 37.85 37.169 37.195 37.201

24.64 24.66 24.63 22.51 22.49 22.50; 23.60 24.64 24.63 24.63 24.68 24.66 24.67; 25.70 25.73 26.74 23.58 23.58 23.58 23.58 24.63 16.15 16.14 11.14; 110.53; 132.81 26.75 23.60 20.39 20.40 24.65 23.58 23.58 26.76

Plinius Minor Epistulae 1.5.3 1.18 1.24 2.1.6 3 3.4 3.4.2 3.4.3 3.9 3.9.1 3.9.23 3.11 3.11.3 3.18.1

129.70 144.4 144.4 119.6 118 124; 125 124 125 124; 125 124 125 130 129.70; 130.77 117.1

5 5.4 5.4.1 5.9 5.9.3 5.9.4 5.9.5 5.9.6 5.9.7 5.10 5.13 5.13.7 5.13.8 5.20 5.20.1 5.20.7 6 6.5 6.5.1 6.5.2 6.13 6.13.2 6.13.3 6.13.5 6.14.4 6.27.1 6.31.9 7 7.6 7.19 7.19.5 7.19.6 7.29 7.29.1 7.29.2 7.33 7.33.4 8 8.6 8.6.1 8.6.2 8.6.3 8.6.4 8.6.5 8.6.6 8.6.7

118 125 126.47 126; 128 127.56 127.58 126.55 128.60; 128.61 128.62 144.4 125 126.50; 170.28 126.51; 126.53 122 122.20 123.27 118 122 122 123.28 122 123.29; 123.31 123.33; 123.34 123.32 124 117.1 138.87 118 122 128 129.66; 129.68 129.71 131 131.80 11.15 130 129.70 118 11.15; 111.54; 131; 132; 132.82 132 132 132 133 133 133 133

285

286

Indice delle fonti

8.6.8 8.6.9 8.6.10 8.6.11 8.6.12 8.6.13 8.6.14 8.6.15 8.6.16 8.6.17 9.5.5 10 10.56 10.56.4 10.57 10.72 10.73 10.94

134 134 134 135 135 135 136 136 136 137 127.59 118; 118.4; 122 121 121 121 120 120 144.4

Panegyricus 4.1 88.1–3 90.3

117.1 138.87 117.1

Plutarchus Moralia De fortuna Romanorum 12.1.324e 49.26 Praecepta gerendae reipublicae 11.1.805f 50 15.812c 50.29 15.812e–f 50.30 824c–ss. 50 Quaestiones graecae 11.3–4 19.3 19.3–5 19.3–6 27.1 30–31 31.2 33.2 34.1 35 35.3 38.8

91 60.56 92 75 75 76 76 75 76 92 60.54; 76 76

Quaestiones romanae 8

9.8

Vitae parallelae Antonius 14.3

46.6

Brutus 19

46.6

Caesar 31 33 57.2–3 60.2.4 60.4–5 67.8

191 93 83 83 49.27 46.6

Cato Minor 23.3–4

69.102

Cicero 42.3

46.5; 46.6

Demosthenes 2.2

48

Galba 10.4–6

47

Marius 29.3–6 30.3 30.3–5 43.1 43.2

92 63.72 63.71 79 79

Pompeius 54.5–8 55.12 57–61

81 82 93

Pyrrus 19.6

47.16

Sulla 9.3 9.9 10.1 22.2 33.2 34.3–4

77 78 78 79 80 80

Indice delle fonti

Quintilianus Declamationes minores 331 331.17 337 351 355 380

183 183.104 184 184.114 185 185

Institutio oratoria 1 1.4.2 1.6.27 1.6.33 2 2.16.19 3 3.3 3.3.14 3.4 3.6 3.6.5 3.6.29 3.6.43 3.6.61 3.6.66–104 3.6.87 3.7 3.7.2 3.8.7 3.8.18 3.8.37 3.8.70 3.9 3.10 3.10.1 4 4.1.5 4.2.5 4.2.57 4.6 5 5.1.1 5.2.1 5.2.5 5.10.36 5.10.39 5.11.16

178 178.75 178.76 178.77 178 179.78 179; 186 179 179.79 179.79 179 179.80 179.81 179.82 179.83 179.84 179; 180.85; 182; 186 180 119.6; 180.86 180.87 180.87 180.87 180.87 179.80; 180 180 180.89 169 165.1; 166.4 185 181.90 165.1 181; 186 168.17 181.92 181; 181.93; 186.121 175.59 175.58 181.94

5.13.33 6 6.3 7.1.3 7.1.4 7.2–4 7.2.20 7.4.18 7.4.39 7.5 7.5.5 7.5.6 7.6 7.6.1 7.7 7.7.2 7.7.10 7.10.10–17 8.3.14 8.3.89 8.5.18 8.5.20 8.6.76 9 9.2.67 9.3.13 9.3.30 9.3.44 9.3.50 10 10.7.30 10.61 10.70 11 11.1 11.1.56 11.3.150 11.3.153 12.1.26 12.2.21 12.2.24 12.2.31 12.3 12.3.1 12.3.2–5 12.3.4

181.94 165.1; 181 165.3 181.95 182.96 182 182.97 182.97 182.97 182 182.99 182.100 182 182.101 182 182.102 181; 182.103; 186 183.106 183.107 183.107 183.107 183.107 165.3 183 183.108; 186.122 172.41 183.109 183.109 183.109 184 176.64 185.115 185.115 184 185.115 184 184 184 185.115 185.115 185.115 166.5 166; 166.6 166.7 166.9 166.8

287

288

Indice delle fonti

12.3.6 12.3.6–7 12.3.7 12.3.8 12.3.12

165; 166.10; 167.14; 170; 185.120 167.11 169 167.12; 168; 169.22 167.13

Pseudo-Quintilianus Declamationes maiores 4 184.112 Rhetorica ad Herennium 1.12.21 174.56 2.13.19 170 Sallustius De coniuratione Catilinae 1.4 76 29.2 81 46.5–47.3 92 47.3 81 50.1–3 69.97 50.3–53.1 92 53.1 81 Historiae 1.77

80

Scriptores Historiae Augustae Vita Aureliani 21.11 205.36 Vita Hadriani 3.1 4.9 11.3 18 18.2

249; 249.16 249; 249.16 144.6 249 249; 252.22

Vita Heliogabali 3.3

239.96

Vita Marci 10.1 11.8 26.5–9

267; 269; 272.57 267; 269 235.94

Vita Pertinacis 7.1–4

262

7.2–4 7.4 7–9

261 265 266.43

Vita Probi 5.1

246

Seneca Philosophus Apocolocyntosis 1.2 225.76 De clementia 1.4.1–3 1.19.2

13.2 13.2

De tranquillitate animi 14.9 228 Dialogi 6.1.2–4 22.4–7 Seneca Rhetor Controversiae 1.19 1.5 1.8.4 7.3.9 10 10.3 10.4 10.5 10.6 10.7 10.8

177.69 177.69

172.34 171 172.35 172.36 172 176.65 172.38 173.42 173.43 173.45 172.39; 172.40; 173.47; 173.48

Servius Grammaticus In Vergilii Aeneida 11.787 21.46 Suetonius De grammaticis et rhetoribus 1–4 160.83 4.6 143.2 25 160.83 25.1 9.7 25.1–2 161.84

Indice delle fonti

De vita Caesarum Caligula 8.2 12.2 14.1 16.1 16.2 16.4 17.1 18.2 18.5 22.4–7 24.3 26.2 28 30.2 48.2–49.2

148.32 213.57 221 173.46 155.60 226 222.69 223 223; 224.73 228 225.76 155.61 155.61 155.61 155.61

Divus Augustus 5 26 27.3 36 43.3 55 57.1 58.1–2 66.2 66.4 100.4 101

148.33 72.127; 95 90 150.42 151.45 174.53 151.48 152.52 151.46 208.42 210.45 208.41

Divus Claudius 3.2–4.7 9.3 12.1 12.1–3 17.3 21.3 24.1–25.5 40.1 41.3 45–46

148.29 226 229 155.63 230 230.88 155.63 155.65 148.32 231.91

Divus Iulius 6 20 20.1 45.2

147.27 148.32 150.41 83; 84

76.1 76.2 78.1 84.2 86.1

83 193.9; 195.15; 196.16; 196.18; 199 149.35 149.37 150.39

Divus Vespasianus 8.5 9.2–3 11

157.72 15.10 24.61; 157.70

Domitianus 5.1 11.2–3 12.2 12.4 18.2 23.1

158.73 158.77 40.24; 143.2 265; 265.40 158.75 159.78

Galba 3

25.71

Nero 7.2 10.2 13 37.3 46.3 57.2

102.22 156.66 232.92 156.67 156.68 143.2

Tiberius 5 24.1 26.2 26.3 26.4 30–34 47.1 61.3 65.2–3 71 73.1

148.32 153.54 218 213 218 154.56 211.48 177.68; 177.69 216 154.58 154.59

Vitellius 2

174.51

Suida 4.581.18 (ed. Adler)

144.9

289

290

Indice delle fonti

Tacitus Agricola 2.1 45.1

129.69 130

Annales 1–6 1.6.2 1.8.2 1.8.3 1.8.3–4 1.13.4 1.14.2 1.52.2 1.54.1 1.72.2 1.72.3 1.73.3 1.74.5 1.75.1 1.77.3 1.81.2 2.30.3 2.32.3 2.33 2.47 2.85 2.85.1 2.85.4 2.86 3 3.51.3 3.22–23 3.29 3.38.2 3.48 3.57 3.57.2 3.59.1 3.59.1–2 3.59.2 3.60.1 3.60–63 3.63.4 3.64.2–3 3.68.1 3.69.5–6 3.71.1

97.1 105 208.41 210 103 176.66 211.48 212 211.48 174.50; 177.71 173.49 211 106 106 106 106 109 110 18.29 101 101 101 102 102 109 214.58 100 105 101.18 105 105 111 111 100.16 101 103 103 111 103.29 105 100 103

3.72.1–2 4.4.1 4.13.1 4.14.2 4.16 4.20.2 4.20.3 4.21.3 4.34.1 4.34–4.35.4 4.35.4 4.37–38 4.43 4.55.1 4.63.1 4.63.2 5.2 6.2 6.3 6.9.3 6.12.1–2 6.13 6.15.2–3 6.17.4 6.29.3 6.45 11.5.3 11.5–7 11–16 11.15 11.23.2 11.24 11.25.1 11.38.3 11.38.4 12.7.2 12.8.1 12.22 12.23.5 12.41.1 12.41.1–2 12.52 12.52.3 12.53 12.53.1 12.53.3 12.58

102 105 100.15 100 100.16 104.31 104 174.52 177.70 177.69 105; 177.72 100 102 103 102 102 215 103; 219 219.65 177.67 101 106 105 107 177.68 211.48 127.57 101 97.1 100 103 147.21 100 105 103 106 103 100; 105 205.36 103 105 105 108 110 137.85 110 102

Indice delle fonti

12.59.2 12.60 12.60.1 12.60.3 12.61–62 12.69.2 13.4.2 13.31.3 13.32.1 13.41.4 13.42.1 13.44 13.45 13.49 14 14.13.1 14.41 14.43 14.43.1 14.45 14.48–49 14.50 14.60.1 14.64.3 15.20–22 15.21 16.9.1 16.22.1 16.26.4 16.28.3 16.35.1

107.40 105 111 111 102 105 101.21 101.21 101.21 103 101 103 103 98; 108.41 112 100 102 102 113 102 107 177.72 104; 112 104; 113 101 101 105 98.10; 108 108.41 108.41 112

Dialogus de oratoribus 17.3 143.1 35 161.86

Historiae 1.78 2.10.1 3.72.3 4.44 4.45

105 108 193.11 103.25; 107.38 102

Tituli ex corpore Ulpiani 22.34 271.55 26.7 270; 271 Valerius Maximus Facta et dicta memorabilia 1.5.5 78 3.2.17 75; 92 3.8.5 78 9.15.1 84 Varro De lingua Latina 5.154

19.32

Velleius Paterculus Historiae Romanae 2.19.1 78 2.20.3 78 2.22.2 78 2.61.3 80 2.69 87 Vergilius Aeneis 11.787–788

21.47

Georgica 4

13.2

291

292

Indice delle fonti

II. Fonti epigrafiche e papirologiche L’Année épigraphique 1978, 145 224.74 1986, 684 [= AE 2001, 1915] 240.98 1991, 1542 240.98 2000, 68 [= AE 2001, 72 = CIL X, 1401] 250.19 Commentarii Fratrum Arvalium (ed. Scheid) fr. 30, cd, I.2–3 233.93 fr. 30, cd, I.4–6 233.93 fr. 30, cd, I.8–14 233.93 fr. 30, cd, I.17–18 233.93 fr. 30, cef, II.21–22 233.93 fr. 30, cef, II.22–26 233.93 Corpus Inscriptionum Latinarum V, 5262 120.9 IX, 5746 125.44 X, 1401 [= AE 2000, 68 = AE 2001, 72] 250.19 X, 1401 [= FIRA2 1.45] 252–253 XIII, 1668 [= ILS 212] 146.20 FIRA2 1.31 1.32 1.34 1.35 1.36 1.45 [= CIL X, 1401]

56.18 9.7 56.18 56.18; 56.22 56.18 252–253

Inschriften Iznik (IK 9–10.1–3) 53 121.15 Inscriptiones Graecae 9.89 56.18 Inscriptiones Latinae Liberae Rei Publicae (ILLRP, ed. Degrassi) 408 199.23 Inscriptiones Latinae Selectae 212 [= CIL XIII, 1668] 146.20 467 240.98 468 240.98 471–474 240.98 Res Gestae Divi Augusti 25.1 73.136 Roman Imperial Coinage IV, 2, n. 167 240.98 IV, 2, n. 175 240.98 IV, 2, nn. 187–189 240.98 IV, 2, n. 195 240.98 IV, 2, n. 196 240.98 IV, 2, n. 198 240.98 IV, 2, n. 201 240.98 IV, 2, n. 202 240.98 IV, 2, n. 319 240.98