Pensiero negativo e razionalizzazione
 8831704052, 9788831704052

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I saggi raccolti in questo volume, saitti tra il 1972 e il 1976, .svolgono diun · . .

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gativo da Nietuche a Wittgenstein, Fel­ .... ·, Milano 1976. Ha curato l'edizioSim­ ne italiana di opere di mel, Lukics e, reccltcmente l , presso Mar­ silio, la nuova edizione del Nietucbe di Fink. E

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assolu unttano mtomo a questa domanda: quale rapporto esiste tra la critica del sistema dialettico, in­ teso come metodo ·di «rappresentazione sintetica � e «governo • del rapporto so­ ciale borghese, e le «nuove figure» del Politico contetnporanco: l'organizz azione monopolistica, la struttura del partito mo­ derno di massa, le trasforrnazioni della composizione di classe, il processo di spe­ cializzazione disciplinare e la sussunzione alla Tecnica che investono questo stesso Politico? Lungi dall'essere pensiero utopico della liberazione o della dis-incarnazione dalla Tecnica, la critica del sistema dialettico riflette queste «nuove figure», la loro complessità e contraddittorietà, alla luce della storia della filosofia e della metafi· sica europee. Ciò significa leggere Essere e Tempo di Heidegger nella tragedia del­ la Repubblica di Weimar, e, viceversa, la « razionalizzazione» weberiana nella cri· si della filosofia occidentale annunciata (o conclusa?) da Nietzsche. Lo spazio che si apre alle · «tecniche» del Politico e dell'Economico risulta impensabile al di fuori di tale crisi e di tale critica. La «funzione strutturale » di questa cri­ tica, il suo essere «spirito concreto» e per nulla semplice «ideologia» dei rap­ porti sociali e di classe che si vanno for­ mando nei punti più av ant.ati del capita­ lismo europeo tra '800 e '900, çostituisce il problema che questo librò esplora.

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MAssiMO CACCIAIU, è nato a Venezia nel 1944. :S stato condirettore di «Angelus

Novus» dal 1964 al 1966 e di «Contro­ piano» dal 1968 al 1971. � autore di nu­ merosi saggi su problemi di storia e teoria del movimento operaio italiano e europeo, tra i quali Ristruttura%ione e analisi di classe, Marsilio, Padova 1973 e, con Paolo Pendii, Piano e composizione di classe, Feltrinelli, Milano 1975. Intorno ai terni affrontati anche in questo volume, oltre a saggi e articoli in varie riviste, ha pub­ blicato Metropolis, Officina, Roma 1973, OIKOS. Da Loos a Wittgenstein, Offici.. na, Roma 1975 (con F. Amendolagine) e Krisis. Saggio sulla crisi del pensiero neDigitized by

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Prima edizione: fehlwllio 1977















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Proprietà letteraria riservata Copyright 1977 by Marsilio Editmi- S. Croce J18/a- Venezia Stampa della Tipo-lito Poligraftca Moderna - Via Vigonovese '2/a - Padova ·

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Introduzione

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Pensiero negativo e �azionalizzazione. Problemi e funzione della critica al· sistema dialettico 13 29 40 .59

Utilità e Entsagung Dis essione sul « W· le %Ur Macbt Heideggcr e i trostsucbentle Menschen ·



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Confronto con Heidegger

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Sul problema dell'organizzazione. Gertnania 1917-1921 8.5 101 120 140

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Socialdemocrazia e Kommunismus Luxcmburg & Michela Da Weber a I,enin diirftiger Politikcr ,

All'origine del concetto di innovazione.. SchtJinpeter e Weber

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INTRODUZIONE

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Keine trostsuchende Mutter

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Il nucleo centrale di questo volume è costituto dai due saggi Pensiero negativo e razionalizzazione. Problemi e funzione della cri­ tica al sistema dialettico, appa·rso come Introduzione alla prima edizio­ ne italiana del libro di E. Fink, La filosofia di Nietzsche (Padova, Mar­ silio, 1973), e Sul problema dell'organizzazione. Germania 1917-1921, apparso la prima volta come Introduzione all'edizione italiana da me curata degli articoli che Lukacs pubblicò sulla rivista > tra il 1920 e il 1921 (G. Lukacs, Kotnmunismus, Padova, Marsilio, 1972). L'ordine col quale vengono ora ristampati è capovolto rispetto a quello della loro prima edizione per motivi di coerenza cro­ nologica e storica. I due saggi sono stati ampiàt11ente rivisti, ma quasi ip nessun punto per questioni di sostanza. Ciò deriva sia dal fatto che soprattutto il secondo, essi sono già entrati in un certo dibattito , ·sia perché. credo di aver proce­ di assai più facile divulgazione duto successiva111ente oltre i loro risultati, ma non contro. Su alcuni aspetti del dibattito intorno ai problemi affrontati anche dal mio saggio sulla Organisationsfrage (che venne tradotto in Germania a cura di V. Hunecke nel 197 3 ), Sergio Bologna ha richiamato recen­ temente su « Primo Maggio» >> l'attenzione 1: sono d'accordo con la sostanza delle cose che egli dice, il senso delle sue nei miei confronti invece mi rimane assolutamente misterioso. Confronto con Heidegger è una versione molto atnpliata del mio articolo apparso su «Rinascita», 27, 1976 con lo strano titolo reda­ assai equivoco, perché sembra zionale Heidegger: noi, i Soggetti voler riferire a Heidegger, in positivo, le parole di Husserl. Lo pub­ blico qui anche a spiegazione ulteriore dell'ultimo paragrafo del primo saggio, Heidegger e· i trostsuchende Menschen. La problematica in esso affrontata è già tutta all'interno dei miei lavori più recenti, in particolare di Krisis. Saggio sulla crisi del pensiero negativo da Nietz­ sche a Wittgenstein, Milano, Feltrinelli, 1976, ma vi appaiono anche S. Bologna, Il dibattito sull'«altro» movimento operaio in Germania, in «Primo Maggio », n. 6, 1975. t

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Massimo Cacciali

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ensioni nuove di ricerca: in particolare, a differenza che in Krisis, è qui esplicito, non solo i111plicito, il riferimento pro---�&. tico al rapporto tra pensiero negativo, «fine della filosofia » e il « co 111plesso>> del Politico contemporaneo. Questo riferimento muove i primissimi passi di ·un'analisi con­ creta nell'·ulti1no saggio del libro, All'origine del concetto di innova­ zione. Schumpeter e Weber, che è un lavoro complessivatnente itle­ dito, pur traendo alcuni spunti dal mio precedente saggio Teorie del­ l'innovazione, apparso in Ristrutturazione e analisi di classe, Padova, . Marsilio 1973 (anche questo libro, come gli altri da cui ho tratto i saggi precedenti, è esaurito ·o in via di esaurimento, ma non ho rite­ nuto opportuna una sua nuova edizione, dato il carattere contin­ gente di molte delle cose che vi avevo raccolto). Forse, occorrerebbe tentare in questa introduzione di chiarire il significato dei saggi qui raccolti. Ma sono certissimo che non è attra­ verso spiegazioni e chiaritnenti che si possono evitare gli attacchi, gli errori, gli equivoci e, .più spesso fortunatamente, le rimozioni e i silenzi, cui essi hanno già dato luogo. Sergio Bologna ne ha parlato a sufficienza nel suo articolo già citato. Sarà necessario ripetere che nel mio saggio il discorso· leninista non è ; essi rimandano costantemente ad altri momenti di sintesi, ad altre funzioni di dominio. Il Politico > una nuova dimensione > come Tecnica di comprensione-governo delle aporie e delle contraddizioni economico­ sociali. Ma sul concetto di tale > va fatta assoluta chia­ rezza. > vale anche come ri-definizione del Politico stes­ so:· non solo gli !Ùtri linguaggi non sono più intrinsecamente >� ma lo stesso Politico non è più intrinsecamente omogeneo alle logiche .degli altri linguaggi. Autono�ia significa sia rifondazione che separazione. L'autonomia ridefinisce il Politico, nel senso che ne evi­ denzia gli attuali limiti. Lungi dal farne dunque apparire la struttura come nuova totalità sintetica, il concetto di autonomia definisce i limiti del Politico: esso è costantemente di fronte a > stande ma per­ Tali oggetti richiedono il suo governo, il suo dominio mangono strutturalmente altri rispetto alla sua logica. Se gli altri lin­ neppure il Poli­ guaggi non sono più > in Politico tico è « traducibile » esaustivamente in essi. La sussunzione formale ·

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Cfr. M. Cacciati e P. Perulli, Piano economico e composizione di classe, MiOriginai from lano, 197.5, . -35. Digitized ny e UNIVERSITY OF CALIFORNIA 3

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Introduzione

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del Politico conserva la loro autonomia. ·E dunque conserva la possi­ bilità reale di soggetti irrappresentabili all'interno dei limiti delle proprie strutture, delle proprie istituzioni, del proprio linguaggio. Nell'idealismo come filosofia politica, filosofia della Politica, nella > pensata ancora come sintesi dialettica nel Poli­ tico, esiste certamente il momento della molteplicità dei soggetti. Ma se Hegel è già il critico definitivo della filosofia politica rousseauiana e della tradizione giacobina 4, altrettanto chiaramente I'operari di quei soggetti è, per lui, ancora intrinsecamente sistematico, si svolge nel quadro di una . Ma la vera sintesi è qui, come dicevamo, proprio l'idea dell'universale traducibilità dei diversi lin­ guaggi dell'universale possibilità di > tra i diversi sog­ getti. Se non sarà certo la tradizione giacobina a spiegarci la crisi contemporanea del Politico, il problema storico attuale dei rapporti dubito che tale spiega­ tra il Politico e i suoi « Gegen »-stande zione possa venirci da riattualizzazioni hegeliane. Autonomia del Politico e sua ri-definizione (nel senso suddetto del termine) costituiscono, dunque, il tema obbligato di ogni intro­ duzione al problema storico del Politico. L'> di cui > delle funzioni, che esso è chiamato a svolgere nei confronti e a causa delle limitazioni intrinseche agli altri elementi del sistema. Senza tali limi­ tazioni, e dunque senza tali elementi, non si darebbe > del Politico. Un sistema complesso di « autonomie>>, del quale dif­ ferenze-conflitti-contraddizioni non sono .che « altri nomi», subentra alla struttura omogenea e centripeta della Rationalisierung dialettica. Il Politico è-in questo universo. Il suo è Da-sein non sostanza, non Soggetto come sostanza, non estremo linguaggio metafisica, ma lin­ guaggio del Da-sein e dunque intrinsecamente partecipe delle tecniche, del Da-sein. delle specializzazioni, delle differenze della caducità Tutto ciò esso non > potrebbe farlo sol­ tanto ancora come ideologia, al sommo dell'Ohnmacht. Tutto ciò il tentare di trasformare. Politico può lavorare soltanto, trasformare Ma esattamente nella misura in cui tecniche, specializzazioni, diffela molteplicità storica concreta ·del Da-sein e dei suoi linguagrenze trasformano costantemente il Politico, le sue funzioni e le sue gi possibilità, producono costantemente vuoti all'interno del suo « potere 4 M. Tronti, Hegel Digitized by

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MllSsimo Cacciari

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che • del suo rappresentativo», incolmabili attraverso mere «m assetto precedente. Non riconoscere tali vuoti, mistificarli, rimuoverli o credere di poterli correggere > nel Politico, ma nella critica del Politico. Se qui riscontriamo le«assenze » tive nella stessa teoria marxiaria 5, a maggior ragione più concepire tale critica è oggi finalmente il problema. In questo libro non ne vengono offerte che «briciole storiche», disperata1nente 2• La storia di quest'etica coincide con quella dell'imperativo categorico, della legge morale. Superarla significa liquidare il me­ liquidare ogni pretesa fondazione meta­ tafisica che la sorregge fisica dell'etica, per riportarla alla « natura umana>>. Kant non spiega Kant non spiega se e come il com­ il fatto del comportamento etico portamento etico può essere un fatto ma ciò che l'etica deve essere, la missione della ragione nel campo pratico. Questa impostazione > 3: la ne è la traduzione moderna. La dottrina del Sollen integra nello sviluppo della filosofia critica moderna la forma teologica della prescrizione, universalmente valida a priori da qualsiasi sua effettualità. Il > schopenhaueriano della > dell'etica filosofica moderna ha un respiro paragonabile soltanto alle pagine nietzschiane sullo stesso argomento. La critica di Schopenhauer è tutta condotta dal punto di vista del­ l'effettualità. Il rovesciamento di prospettiva storica che ciò coni­ porta è implicito nel discorso sul rapporto tra Sollen e morale teo­ logica: la prescrizione metafisica non funziona ormai ·più nella spie­ gazione dei contenuti dell'etica, nella comprensione dei rapporti mo­ rali concreti e degli istituti che su di essi si fondano. L'infinità kan­ tiana del Dovere scontava già al suo interno questa>; Goethe ne farà il tema primo della sua opera dopo il Meister. Ma questa « auto-coscienza >> si trasforma ora nel progetto di un'etica radica!·

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2 A. Schopenhauer, Memoria sul fondamento della morale, in I due problemi fondamentali dell'etica, trad. it. di G. Faggio, Torino, 19702, p. 189. 96. 3 lvi, p Originai from Digitized by

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mente anti-metafisica, e quindi tale da permettere un continuo con­ trollo empirico dei suoi principi, una verifìcabilità scientifica dei suoi contenuti. Questa impostazione è comprensibile soltanto passando attraverso quella hegeliana, ed è perciò stesso del tutto estranea a quella illuministico-empirista, con la quale è stata a volte confusa. Esattamente come per Hegel, anche . per Schopenhauer sono due le domande fondamentali da porre all'etica kantiana: 4• , né suquel­ lo della dimostrazione empirica. Essa non si rivela né agisce positi­ vamente. La condotta effettiva dell'uomo rimane inconoscibile in base ai principi della morale kantiana. Il centro di tutto il ragionarnento è qui davvero, come in Hegel, l'efficacia del discorso etico. Da questo punto di vista, nessun ritorno alla mo�ale illuministica, nelle sue va­ rianti empiristiche, è pensabile. Il problema non è la spiegazione psi­ cologica del comportamento individuale. Non si supera kantiana e proprio a tale ipoteticità Kant intendeva rispondere. Nessun relativi­ smo, dunque, nessuna Entsagung irrazionalistica nei confronti della possibilità di un'etica. Il problema sta, come già abbia1no accennato, nel fondarla sulla reale , la sua efficacia nel compren­ dere i moviJnenti di quest'ultima. Si tratta del deciso superamento di qualsiasi utopicità morale. Ma proprio nella direzione specifica di e cioè al di là di ogni «.regno dei fini>>, questo superamento Schopenhauer contrasta violente­ di ogni teleologia razionalistica mente con Hegel. Certo, è Hegel che dim.ostra l'ineffettualità dell'> etica kantiana. Ma dove ne riscrive i contenuti? Certo, è Hegel che attacca. il concetto centrale del Sollen: l'> lvi, p. 211. s Ivi, p. 217.

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del soggetto morale, come miseria di realtà. Ma dove si effettua la nuova direzione del comportamento etico? Il superamento della Kultur etica, si effettua, per Hegel, nelle grandi sintesi politiche del sistema dialettico. L'« autonomia >> del volere non esiste perché la morale è appunto un fatto dialettico. Morale esiste soltanto nel campo dei contenuti e delle motivazioni dell'agire storico effettuale. Morale si­ . ca capacità di comprendere le forme del processo storico e inter­ venirvi, alla loro altezza, portandone avanti il destino. Non ci siano equivoci: intervenirvi, non adattarvisi. Non è qui che potrebbe reggere la critica schopenhaueriana a Hegel: non è certo > l'etica hegeliana. All'opposto: soltanto l'azione etica .èonsapevole realizza il destino del momento e crea gli istituti fondamentali che ·ne manife­ stano la dialettica. La differenza decisiva tra Hegel e Schopenhauer sta altrove, e precisan1ente nel concetto stesso di effettualità, para­ metro della nuova impostazione morale. Effettualità è per Hegel la sintesi dialettica, successiva all'epoca della Kultur, il nesso dei rapporti istituzionali che hanno « tolto>> l'individuale e il formalismo della ragione. Per Schopenhauer questa effettualità è altrettanto utopica dell'a priori kantiano. La sintesi dialettica è ineffettuale nei confronti dei soggetti reali. I suoi , > ecc. I con­ cetti etici tradizionali verranno appunto rifondati su un principio di motivazione-bisogno, l'unico a garantire l'effettualità della morale. L'etica soddisfa un bisogno: ecco ·ciò che la giustifica, o, meglio, che ci rende conto della sua effettualità. Essa non è deducibile altrimenti. La differenza con Hegel è colossale. Qui la deduzione dell'etica av.. viene tutta dal punto di vista della soddisfazione soggettiva del bi­ sogno. In Hegel, la deduzio�e dell'etica era contestuale alla defini­ zione della sintesi dialettica e degli organi del suo potere. La sua de­ duzione avveniva dal punto di vista della filosofia del diritto. Qui essa avviene a partire dal concetto di soggettività� Ma unicamente perché Schopenhauer vede in tale concetto l'effettuale autentico, e quindi il fondatnento di un'analisi non utopica del fatto morale. Ma unica­ mente perché Schopenhauer vede nella dialettica l'illusione della sintesi, e riscopre il momento del bisogno soggettivo, non a priori determinato alla sintesi. Ebbene, come può ripartire da qui la storia deli'Entsagung? Come può quest'etica effettuale unirsi alla forma dell'Entsagung? come si concilia questa deduzione dell'etica con il processo conclusivo del sistema schopenhaueriano? C'è forse un rapporto, ancora tutto da analizzare, tra etica dell'effettualità, bisogno e rinuncia, tra sod­ disfazione, ricerca della soddisfazione e Ascesi? E questo rapporto è in quello dialettico: il massimo di divisione fenomenica > nel massimo di universalità, di sintesi. Ed ..



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è soltanto per ciò che un'etica risulta possibile. Dunque, Hegel vede l'operari che consegue al bisogno nella prospettiva dell�universale che nasce dal concorso di .tutti i suoi . Il giudizio di valore confermerà que­ sta sua posizione. Valore del lavoro è il grado della soddisfazione che esso permette assolutamente non il grado in cui supera il suo stato strumentale, l'intensità della sua mediazione dialettica tra i soggetti del sistema, della sua integrazione al sistema. i: valore del lavoro sarà il grado di autocoscienza che esso raggiunge del proprio stato reale, e cioè della propria tragedia: l'essere assolutaJnente necessitato, l'assenza di libertà del s.uo operare: l'essere mero fenomeno e, quindi, della propria strumentalità. Dall'Arbeit come figura dialettica originaria, ail'Arbeit come mero fenomeno. Dal Lavoro come misura del rapporto sociale, al Lavoro come misura della soddisfazione sog­ gettiva. È il rovesciamento dell'ipotesi «classica». La dialettica hege­ liana non > nella misura in cui è colpita la dottrina classica 9 del valore, e viceversa • Schopenhauer è comprensibile soltanto in questo contesto. Ma ciò è solo una parte, quella introduttiva, dd superamento della teoria classica del valore. Non si è spiegato ancora lo sviluppo di queste posizioni:. come è possibile il passàggio dell'eti­ ca motivazionale-strumentale dell'operari all'Entsagung-Askese che conclude il Mondo? e quali nuove funzioni assolve la c�nclusione sistematica del pensiero schopenhaueriano?. Il bisogno che determina la natura umana ha una direzione: questa coincide con il superarnento dello stato di dolore che il bisogno determina. Ma nella Volontà questo s·uperatnento è chiaratnente iln­ possibile. Anche uno stato di gioia non sarebbe che « il negativo » del bisogno. Non si dà, nella vita, soddisfazione senza bisogno. Nella Volontà, cioè nella vita, quel 11• I concetti morali tradizionali vengono dedotti da questo nuovo punto di vista. Se la fondazione dell'etica sta nell'effet­ tualità del mondo dei bisogni, detern1inati dalla Volontà, la sua dire­ zione va verso l'evanescenza del mondo, proprio nella misura in cui tende alla piena soddisfazione. La simpatia, che è al centro del siste1na etico shopenhauèriano, è esattamente l'opposto della definizione di un legame dialettico intramondano, storico: essa significa annullamen­ to di qualsiasi inter-esse. Sim·patia è riconoscimento dell'equivalenza del m�ndo del bisogno e del dolore, dell'impotenza dell'operari. Sim­ patia è riconoscimento disincantato dell'esse che determina i fenomeni della vita. Allora, non si potrà aver inter-esse nei confronti di nessun fenomeno, di nessun operari. Da nessuna parte, nel mondo, si po­ tranno vedere ostacoli o aiuti alla ricerca della soddisfazione. Da nes­ suna parte, nel mondo, apparirà un« destino >>.La simpatia, come ogni esercizio di nullificazione del mondo, determina il contenuto dell'etica Originai from

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dopo che se ne è definita l'effettualità di origine, sulla base della >. Ma l'evanescenza del mondo non è ancora il suo superamento. Al massimo delle sue possibilità, l'etica porta alla consapevolezza che la ·prospettiva della soddisfazione reale non è della Volontà-alla-vita. La sua funzione rimane introduttiva. Certo, se, a questo punto, giunti al disincanto che la simpatia permette, abbandonassimo la prospettiva stessa della ricerca della soddisfazione, tutto il sistema risulterebbe irrimediabilmente contraddittorio. La sua effettualità verrebbe ne­ gata; l'origine dell'operari stesso soppressa. Se, a questo punto, si p�o­ pendesse a un pessimismo radicale, e, quindi, all'asseverazione del­ l'insuperabilità del dolore, oppure alla nullificazione immediata, midella direzione effettuale stica, dei fondamenti stessi della volontà non ci sarebbe rapporto della natura umana che essa ha definito tra quella critica della ragione ·pratica da cui siamo partiti e la parte conclusiva del Mondo. Il problema è un'etica, che, in quanto ricerca della soddisfazione, pone la necessità di una Vernichtung del suo con­ tenuto mondano, la necessità dell'Ascesi. In altri termini: il problema è > 12• Rimaniamo nel campo della virtù finché definiamo l'operari per mezzo della simpatia. Ma giun­ giamo all'ascesi allorché scopriamo la tendenza nullificante implicita nella simpatia stessa. Questa nullificazione non è affatto abbandono e superamento di tutti i presupposti della ricerca, negazione ·mistica della loro effettualità. Questa nullificazione afferma, all'opposto, che la realizzazione del ·presupposto sistematico stesso della ricerca etica è possibile soltanto rivolgendo la volontà contro se stessa, non-vo­ lendo la vita. Il superamento del dolore, la soddisfazione del bisogno, comportano la soppressione dell'essenza stessa della volontà, in quanto ad essa appartiene quell'insopprimibile tendenza al fenomeno dell' operari. Il Nulla afferma l'effettualità della soddisfazione. Che questa sia la prospettiva di Schopenhauer lo affermano le ultime parole ·del Mondo, inequivocabilmente: al colrno dell'Ascesi siamo giunti al ma per.coloro che Nulla soltanto per coloro ancora pieni di volontà questo Nulla hanno realmente voluto, il mondo della volontà è il Nulla: al colmo dell'Ascesi sta, invece, la pienezza della soddisfa­ zione 13• L'affermazione del processo di Vernichtung è quindi positiva realizzazione del motivo originario dell'operari etico. Paradossalmente, ma solo per chi continua a vedere nel pensiero negativo il semplice momento della « reazione » o l'> soltanto dalla volontà, è la volontà si ricono· sce finalmente nella sua vera essenza soltanto nell'ascesi. Finalmente, la volontà riconosce che « nulla nel mondo esterno possiede un valore assoluto>> 15, che la ricerca della soddisfazione completa è realizzabile pertanto solo attraverso un processo di ascesi. Ma questo processo 16 e la volontà è consumo del mondo • attraversa tutta la volontà L'ascesi rende perfetto tale consumo. Il Nirvana è il mondo tutto con­ sumato: piena soddisfazione proprio in quanto realizzazione perfetta del presupposto stesso della ricerca etica: com-prensione totalizzante .

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L. Robbin.s, Saggio sulla natura e l'importanza della scienza economica, trad. it., Torino, 1947, p. 21. 1S H. H. Gossen, Entwicklung der Gesetze des menschlicben Verkehrs und der daraus gliessenden Regeln fiir menschlicbes HanJeln [l ed., 1854; II ed., 1889], trad. it., Padova, 1950. 16 Cfr. il rapporto tra questo «consumo • e quello implicito nello spleen baudelai riano. L'ascesi è strettamente affine, da questo punto di vista, alla vita «este­ tica». Saggio schopenhaueriano e blasè. forrnano un contesto ideologico-culturale . inscindibile. C&. il mio tro olis Roma, 1973. Originai from 0 Digitized by e ·

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del mondo. Tutti i bisogni sono stati soddisfatti. Ciò significa: -il ma in Nirvana finale è il compimento di un processo effettuale nessun stadio gi questo processo è possibile arrestarsi. Nessun con­ Stlmo si accompagna costantemente alla coscienza > della sua nullità il consumo non soddisfa, va supera�o, va tolto. Soddisfa:.. zione e rinuncia di questa, contingente soddisazione sono elementi in­ scindibili. Si rinuncia costantemente alla soddisfazione hic-et-nunc, per ottenere la perfetta soddisfazione dei bisogni, che non può essere nella volontà, nel mondo come volontà. L'utilità soggettiva misurava il valore del lavoro. Ora, il sottuno dell'utilità risulta ottenibile attra­ verso un processo di ascesi da ogni soddisfazione limitata, contingente, derivante da un consumo. Il son11no dell'utilità, ovvero la perfetta ·comprensione del mondo, quindi il suo perfetto superamento, deriva dalla forza di non-esaurirsi mai a uno stadio, a un livello del processo totale nel portarlo a termine, attraverso è oltre la volontà. . Soltanto a questo punto il sistema si compie. Soltanto a questo punto se ne· comprende il significato e· la collocazione. Il valore del lavoro non risiede più nella dialettica del , cioè: il lavoro non è più principio · universale di mediazione ma prin­ cipio strumentale· di soddisfazione. Se ci fermassimo qui, cadremmo in una disaggregazione ancora micro-empirica, incapace di resistere al sistema delle forze dialettiche, senza potere. Ma quel lavoro si colloca in un sistema di necessità ben preciso: esso non è libero,. la sua soddi­ sfazione non è libera, si definisce in un processo irreversibile. Per rag­ giungere la perfetta comprensione del mondo, restando sulle basi ef­ fettuai� dell'etica, ·senza tradirne, cioè, la prospettiva, occorre supe­ rare il ripetersi in-finito e itiUilediato del rapporto soddisfazione-lavo­ ro. Non c'è soltanto questo rapporto stru.mentale, diretto e semplice. Esiste un rapporto, strumentale sempre nella misura in cui è il colmo della soddisfazione l'oggetto della sua ricerca, ma non più iiD:mediato­ contingente, tra lavoro e soddisfazione. Un rapporto .mediato dalla forma dell'Entsagung. Se volontà sarà sempre bisogno, e ogni sod­ disfazione, nella volontà, ripeterà sempre il bisogno, occorrerà porre in ·atto forme di comportamento, e di lavo-ro, tali da non-volere la vita mentre se ne consumano gli 'aspetti, da liberarsi dal fenomeno mentre lo si afferra, rappresenta e trasforma. Insomtna: ogni soddisfazione qui non sarà mai completa. Ma non di semplice riconoscimento si tratta. Si tratta di un lavoro, una forma specifica di attività e operari, che non vuole esaurirsi nel rapporto di utilità immediato, che stru­ mentalizza il suo rapporto contingente col mondo oltre tale contin­ che lavora per la soddisfazione completa di tutti i bisogni­ genza che può il Nirvana. Per affermare questo potere, la forza capace di tal� �perari ovrà t:·nunciare alla soddisfazie�Th �ediata. Astenersi .

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da essa, non per nullificarsi, ma per nullificare il mondo della volontà, per soddisfarsi compiutamente. L'utilità non è qui un rapporto dato, è un rischio, un ·progetto, che si fonda- su un'Entsagung, sulla forrna in generale dell'Entsagung. Questa forma ritorna come essenza di un lavoro che si astiene dalla soddisfazione imn1ediata e usa il pro­ prio carattere. necessariamente strumentale in vista di una compren­ sione, di un dominio-consumo completo del mondo. Dall'etica effet­ tuale, ma senza « astrazioni>> mistiche, si stacca la figura di un Arbeit che mira alla sintesi piena di Entsagung e soddisfazione. Ascesi· non ma differim·ento della soddisfazione, per rag­ è semplice rinuncia la compiutamente 17• La strun1entalità del lavoro si trasforma gi ed esalta in quella dell'astinenza. Il Nirvana è l'interesse dell'Entsa­ gung . del lavoro che su di essa si è fondato. Il sistema schopenhaueriano è l'ideologia neo-classica dispie.gata a priori. Esso ne prefigura gli aspetti e i problemi. Il suo contesto è identico a quello dell'altro , di Gossen. L'analisi del godimento, dell'utilità, come fondamento della determinazione del valore, non è che il calcolo del principio schopenhaueriano dell'etica effettuale. Il fine del massimo. godimen�o che Gossen propone era già compreso nel Nirvana di Schopenhauer. Ma, soprattutto, nell'o­ pera di Schopenhauer era già apparsa la dialettica Entsagung-soddi­ sfazione che spiega il movimento essenziale tra virtù e Nirvana, che spiega il processo intra-mondano reale delle forme dell'operari e il loro rapporto. Il valore dell'operari è direttamente proporzionale alla mi­ sura dell'ascesi che esso incorpora. Più un operari è capace di aste­ nersi dalla soddisfazione immediata e accumulare-verso il Nirvana, più esso. è potente, più esso ha valore. Il passaggio tra virtù e ascesi è, in effetti, il passaggio tra etica ed economica. Siamo nel campo del­ l' etica finché il lavoro semplice­ mente, finché il meccanismo del consumo riproduce le condizioni di origine del lavoro, finché la strumentalità del lavoro è funzionale a questa riproduzione semplice. Siamo, invece, nel campo dell'econo­ mica quando il lavoro, oltre a riprodursi, è in grado di creare dei quali .non gode immediatamente, ma che sa e può usare per la « ri­ produzione allargata>> della soddisfazione. Che ciò corrisponda a un preciso schema di�tributivo è ovvio. L'« arte>> del Nirvana è di po­ chi, la forza di astenersi, di il godimento, è solo del Questo è il centro ideologico del concetto-chiave neo-classico di astinenza. Esso si va approfondendo in tutto il pericx;lo storico che va da An outline of the science of political economy di N. W. Seoior, nel 1836, fino ai Principles di Marshall, nel 1890. L'affinità di questo concetto con il contesto dell'etica protestante andrebbe ap­ profondito. Pare che il tratto di differenziazione più rilevante riguardi la strumentalità dell'astinenza Originai from 17

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> del valore altrui: la simpatia etica stessa è, come abbiamo visto, funzionale a questi esiti e basta: non si sofferma con gli altri per un attimo; all'opposto, vuole renderli « evanescenti », vuole rapidamente consumarli. Il Fine non nasce da nessun « concorso » ma è il Fine della soggettività, riconosciuta come unico metro effettuale di valore. Non più la soggettività senza , la soggettività del bisogno, e quindi dell'Entsagung come ma la soggettività che scopre dal bisogno la « via inter­ sofferenza na >> alla soddisfazione, e quindi deli'Entsagung come ·perfetto godi­ mento. Nessuna sintesi, nessun « concorso », bensl un'assoluta dif­ ferenza: tra il lavoro che è costretto a riprodursi e basta attraverso la soddisfazione puntuale dei suoi bisogni, e il lavoro capace di astenersi da una parte del godimento che potrebbe ottenere, e che, con ciò stesso, si r·vela su eriore alla volontà-alla v - ita 1 sutJeriore al mondo 0 ng1n from Digitized by 0 e UNIVERSITY OF CALIFORNIA

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che tale volontà intenziona, padrone del mondo nella misura in cui può nullificarlo. Questa nullificazione non nasce, come nel sistema dialettico, dalle capacità di trasformazione proprie di ogni specie di lavoro, ma soltanto da questo tipo di operari che spezza la ripetizione del rapporto semplice e in1mediato di consumo. Questa nullificazione espritne un rapporto politico-economico; non una mera prassi: una forma dell'operari, non semplicemente il fatto del lavoro. La non obiettività della Gesellschaft per Gossen esprime appunto ento del vincolo dialettico:· la misura del valore non nasce questo fa più da un «accordo >> universale 18• Il Nirvana schopenhaueriano è l'idea-lirnite di tale non obiettività: è la nullificazione della Gesellschaft come legge. La legge diventa il processo «interno >> che dall'etica porta al riconoscitnento dell'essenza della volontà e da questa al suo stesso superamen�o. L'analisi economica è per Gossen il calcolo del quantum di utilità·, del rap · porto di utilità, delle trasformazioni che subisce l'utilità di un bene nel tempo e in rapporto ad altri beni. Schopenhauer costruisce su basi analoghe l'ideologia della soggettività, come perno di un sistema antidialettico. Gossen «astrae >> dal si­ stema classico la figura dell'imprenditore-astinente e la spiegazione . della genesi del profitto industriale. Schopenhauer rovescia l'intera storia pre-hegeliana dell'Entsagung, positivizzandola in quanto somma coscienza dell'inscindibilità di volontà e bisogno, e in quanto potere di togliere questa contraddizione, attraverso un processo di autentica ascesi intramondana che porta alla pienezza della soddisfazione. Ma c'è molto di più. La prefigurazione schopenhaueriana avverte contrad­ dizioni e problemi che Gossen ignora, che i neo-classici in genere igno­ reranno: la problematicità e caducità della > che questo schema ha proposto. Schopenhauer denuncia la dipendenza del movimento dell'ascesi dalle condizioni dell'etica effettuale, dalla necessità dell operari Il Nirvana del «saggio >> non sa né può distri­ carsi dalle condizioni dell'operari. Vi è tra i momenti del sistema un'identità fondamentale, che già abbiamo indicato. Ma ciò comporta l'evanescenza della stessa divisione: una minaccia continua di rove­ sciamento e di dialettica. Viceversa, Schopenhauer incorre in aporie che i neo-classici rimuoveranno: se anche il processo dialettico non vale più sul piano della Gesellschaft, i passaggi tra virtù e ascesi sono dialettici, es�ttamente come quello tra la strumentalità immediata dell'operari e la strumentalità mediata dell'Entsagung, che riffiane una ·

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Cfr. F. Behrens, H. H. Gossen, Leipzig, 1949. Sulle origini e il significato dell'economia neo-classica, l'analisi più vivace e stimolante rimane quella di J. A. Schumpeter in Storia dell'analisi economica, III, trad. it. di P. Sylos-Labini e L. Occhionero, Torino, 1960; e in Epoche di storia delle dottrine e dei metodi, trad. it. di G. Bruguier Pacini, � · o, 1953. Originai from ·

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forma specifica dell'operari. Ma a.nche la presenza dei contenuti etici tradizionali rovesciati nell'etica effettuale, è un «paradosso» dia­ lettico. Schopenhauer non abbandona il terreno del sistema. Alla fine egli ricerca l'equilibrio delle forze analizzate, la possibilità della loro sintesi. Schopenhauer è ancora teoria generale. Non cosl Gossen quan­ do analizza le curve di utilità non coslla logica economica, la razio­ nalità economica dei neo-classici. La soggettività schopenhaueriana non un calcolo -fonda un sistema, una Weltanschauung complessiva o un comportamento imprenditoriale. Schopenhauer tnira alla «com­ prensione>> del Inondo. Le funzioni di potere e dominio implicite nel­ l'analisi neo-classica, sono esplicite nel suo sistema. Da razionalità micro-economica quei concetti divengono strategia devono diven­ tare tali: dall'economica alla politica. Ma qui, appunto, vengono alla luce nodi e contraddizioni non formali. Come quelli riguardanti la forma della divisione del lavoro e il processo dialettico. Come, an­ cor più, la definizione stessa della sintesi di rinuncia e soddisfazione, che dovrebbe perficere il sistema. :È vero che essa proviene da un pro­ cesso di «accumulazione >>, di > questo processo, che per i marginalisti dopo il '70 descriverà, invece, soltanto le rela­ zioni di scambio contingenti, formazione dei prezzi e meccanismi di­ stributivi. La logica del sistema recupera ancora una forma dialettica, impossibile per il calcolo marginalista. In Schopenhau_er il calcolo di utilità si accompagna costantemente a una progressiva nullificazione del suo stesso oggetto. Ogni valutazione è insieme ricerca di soddisfa­ zione e consapevolezza di nullità. Ogni godimento è insieme rinuncia. E la dialettica della rinuncia conclude in una posizione di somma sod­ disfazione -che è insieme nullificazione di ogni ulteriore ricerca, auto­ consumo continuo, esattamente come il lavoro all'origine. Sarebbe im­ possibile trovare in Schopenhauer, come in Jevons o in Menger, una dipendenza lineare, esplicita e diretta tra valore e utilità, tra valuta­ zione soggettiva e valore. Il principio di utilità dipende dalla sua col. locazione sistematica:· la valutazione ne definisce il rapporto con il •

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., cit., p. 167.

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processo dell'operari etico, dell'Entsagung, dell'ascesi, della misura della nullificazione del volere. Un giudizio di valore dipende da tut­ t'intero questo contesto. La sotntna soddisfazione come Nulla insiste ancora su un terreno dialettico. Soltanto la soddisfazione come misura contingente, determinante un « prèzzo >> contingente e un meccanismo specifico di distribuzione, supera tale terreno. t l'effettua­ zione, anti-metafisica, del principio di utilità. Esso cessa di basarsi sulla distinzione schopenhaueriana di fenomeno e in-sé. Finché l'utilità è relegata al mondo fenomenico dell'operari, necessariamente il suo principio dovrà « togliersi » all'interno di una visione sistematica. Ma se, invece, rimuoviamo ogni considerazione dell'in-sé, la via dell'a­ scesi non concluderà affatto al Nirvana, ma servirà unicamente alla spiegazione concreta della determinazione del profitto, meglio: del > imprenditoriale, e, soprattutto, della sua superiorità nei confronti sia della rendita che del salario. t esattamente in questi ter­ mini, e , l'« attesa » dell'imprenditore neo-clas­ sico è uno specifico meccanismo economico, uno specifico mezzo di razionalizzazione del mercato. Bohm-Bawerk realizza la superiorità an­ cora ideale dell'ascesi schopenhaueriana nella superiorità del capitale, in quanto direzione econotnica, forza storico-sociale in grado di > il periodo di produzione, di progettare le funzioni di mer­ cato nel tempo. Schopenhauer non assegnava alcun futuro all'ascesi final�ente compiuta. Proprio ·per questo, essa doveva ritrovarsi come immediata soddisfazione, ripetizione, lavoro, di nuovo.· All'opposto, Bohm-Bawerk assegna alla , e si pone su quel terreno .di effettualità anti-metafisica, in quanto alternativa alla sintesi dialettica, proprio dei neo-classici e che Schopenhauer per primo aveva delineato. Nel dibattito intorno al metodo, Schmoller > anche l'inscindibilità di scuola storica e analisi neo-classica: una volta abbandonato l'a priori dialettico, il metodo storico, fondato sulla relatività e condizionalità degli eventi sociali, teso alla definizione dell'individualità organica di un periodo, si collega necessariamente al metodo di quell'analisi che fonda appunto la sua validità > della sintesi dialettica, è il punto di partenza di Brentano il fallimento del liberalismo smithiano, sul piano teorico 28• I « partiti >> della teoria del valore, della sintesi di capitale e lavoro, sono falliti nella loro funzione specifica di integra­ zione di classe. Gli >, le motivazioni, i bisogni non si in­ contrano naturalmente nel processo economico-istituzionale. L'effet­ tualità della contraddizione: questo è il dato di partenza. La sintesi è voluta può essere soltanto strategia politica, che coglie la pecu26 M. Blaug, op. cit., p. 391. n Sull'industrializzazione tedesca nella sua s

cità, dr. W. O. Henderson, La rivoluzione industriale in Germania, Francia e Russia 1800-1914, trad. it. di A. Oli­ vieri, Napoli, 1971. 28 F. Volkerling, Der deutsche Kathedersozialismus, Berlin, 19.59. Brentano «nasce • da Eisenach e, ancor più, dalla crisi dopo il 73. Cfr. L. Brentano, Mein 1931. Ai nostri Leben im Kampf um die soziale Entwiclelung Deutschlands, J fini, i suoi saggi più importanti sono Die Arbeiter unti tlie Produlttionskrisen, in «Jahrbuch fiir Gesetzgebung, Verwaltung und Volkswirtschaft im deutschen Reich •• Leipzig, 1878, e Vber die Ursachen der heutigen sozialen Not, Lei�s, 1889. Ong1nal from Digitized by 0 e UNIVERSITY OF CALIFORNIA ·



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che sa di non poliarità, l'individualità di questo momento storico terlo armonizzare alla tradizione, ridurre alla dimensione del >. Anche la critica di Brentano all'intervento statale è compren­ sibile soltanto da questo punto di vista. Questa critica ribadisce l'inef­ fettualità dello Stato dialettico, della funzione dialettica dello Stato, e non è in alcun modo confondibile con le posizioni liberali classiche del laissez-faire. Anzi, Brentano conduce fin dall'inizio una battaglia durissima contro questo principio. È la :figura di uno Stato come inter­ vento > delle istanze teoriche del movimento operaio. Questa « com-prensione » non è, ovviamente, lineare. L'influenza non è quasi mai diretta. Ma altrettanto significativa e importante del­ l'influenza è la critica che da parte di alcuni settori socialisti si muove ai presupposti della scuola storica e di quella neo-classica, critica co­ stretta al « tempo perduto >>, senza portata alternativa. Esempio ti­ pico di ciò è l'ignoranza sistematica e completa della prospettiva e del significato storico dell'analisi neo-classica. L'uso del I Libro del Ca·



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Die neue Zeit », n. l, 1899, ribadisce che l'idea di un potere statale sopra le parti è « ein Beischloses und blutleeres Phantasiegebilde ». 30 Il « Verein fiir Sozialpolitik » è la creatura più importante di Schmoller. Dal suo interno verranno i Weber, i Naumann, l'ideologia monopolistica di Rathenau, alcuni elementi essenziali della Verfassung weimariana. Cfr. F. BOse, Geschicbte des Vereins fur Sozialpolitik 1872-19)2, in Scbriften, Leipzig, 1939.

� Brentano che, proprio su

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pitale contro. Jevons, Menger e, poi, soprattutto, Bohm-Bawerk, è patetico. È tragico, invece, l'attacco all'analisi neo-classica in nome del

l'> che il capitalismo gli attribuisce 32; È l'esatto capovolgimento della· direzione della ricerca marxiana dell'analisi del carattere rivolu­ zionario che riveste la sintesi capitalistica di alienazione e lavoro, del­ l'affermazione della strumentalità del lavoro come fondamento dell'ir­ recuperabilità dell'accordo tra funzione di valorizzazione e compor­ tamento di classe, movimento di classe nel suo complesso. È proprio dalla e per la scissione che i socialisti intendono conciliare, che Marx delinea l'intero sviluppo del rapporto di produzione capitalistico nelle sue contraddizioni. Ma ciò che qui conta affermare non è soltanto l'impotenza di chi recupera la teoria del valore, e la generalizza come funzione etico-ideo­ logica, nei confronti della consapevolezza, che muove i neo-classici, ·

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Jt L. Bernstein (I presupposti del socialismo e i compiti della socialdemocrazia, trad. it. di· E. Grillo, prefazione di L. Colletti, Bari, 1968) è tra i pochi a «diffidare,.

di tali posizioni. Tipica la sua preferenza per le cooperative di consumo, e la sua analisi critica sulle effettive possibilità di quelle di produzione. Che in questa posi­ zione sia chiara l'influenza brentaniana e, più in là, della teoria neo-classica, non sta che a conferma dell'arretratezza, da una parte, delle tesi « ortodosse» della social­ democrazia, e, dall'altra, della dipendenza di quelle « riformistiche» dalle posizioni maturate nell'ambito dell'economia politica post-classica. 32 Ciò costituiva l'idea stessa del socialismo. Dall'affermazione di tale idea al recupero dello schema kantiano, il passo sarà breve. Anche in ciò Bernstein vedeva più lontano dei suoi compagni, in fondo, nell'accettare radicalmente il « destino» della socialdemocrazia. Cfr. K. Kauts ky, Etica e concezione materialistica della storia, trad. it., Milano, 1958, che è lo sforzo più consapevole di mediazione tra etica for­ male e dialettica, sullo sfondo del pensiero storicista contemporaneo, compiuto nell'ambito della socialdem ia d II Internazionale. Originai from Digitized by

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esattamente come i più maturi esponenti della scuola storica, sulla ir­ reversibilità dell'integrazione strumentalità-lavoro, e dunque della con­ traddizione tra il carattere concreto del lavoro e la posizione del sog­ getto in esso, dell'operaio in esso. g chiaro che il riconoscimento di quella strumentalità comportava scelte pratico-organizzative all'altez­ za di fenomeni e comportamenti di cla�se inattingibili da parte del so­ cialismo . Comportava l'attenzione di Brentano verso l'orga­ nizzazione sindacale inglese, ancora negli anni '60 33• Comportava l'a­ nalisi della funzione della contrattazione collettiva, all'interno di una strategia di sviluppo e di razionalizzazione-massificazione delle strutture industriali. Comportava l'esame dei rapporti tra Stato e ca­ e dei partiti politici in grado di pitale alla luce di questi problemi rappresentarli e dirigerli. Ed è, ancora una volta, fondamentale notare che senza il discorso-quadro, la , dell'analisi neo-classica, questi nodi non avrebbero potuto essere affrontati da parte capita­ lista. La critica socialista ortodossa mancava proprio su questo punto, clamorosa1nente, il bersaglio. Sul piano politico generale, essa giu­ stificava la propria adesione ai principi (elementari) della teoria del valore in base all'idea che questa soltanto permetteva di progratnJnare i rapporti economici, dando una base certa· ai processi di detertnina­ zione del prezzo. In realtà, la dottrina neo-classica ha proprio alla sua origine il problema della Rationalisierung dei rapporti sociali di pro­ duzione. Essa attacca proprio su questo te"eno le tesi liberali clas­ siche, e non · certo con le armi di un irrazionalismo soggettivistico. ! dalla fonda1nentalità del momento del consumo· nei meccanismi del ciclo, che prende l'avvio l'analisi neo-classica o, meglio: dall'impo­ tenza della teoria classica nel« sistemare » adeguatamente al suo inter­ no questo momento. La teoria del prezzo e della distribUzione che l'analisi marginale compie negli ultimi decenni del secolo, è tutta tesa alla ricerca delle leggi obbiettive di determinazione delle variabili economiche e dei loro rapporti, all'interno dell'andamento ciclico dello sviluppo. Soltanto sulla base di una teoria del prezzo. fondata sull'ana­ lisi marginale, c'è, per i neo-classici, possibilità di « piano », possi­ bilità di superare quello che Brentano definisce il nihilismo del laissez faire. La teoria neo-classica è una fas·e del processo di Rationalisierung una > alle contraddizioni di classe, proprio nella misura in cui elabora� una strategia teorico-politica e svolge una funzione con­ creta di integrazione e di sintesi. La difesa ortodossa della teoria del valore impediva a priori di cogliere i nuovi problemi che nell'> neo-classico venivano ogget�ivamente alla luce: il problema del ­

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Brentano compie un viaggio, che risulterà decisivo per la sua forn1azione, in Inghilterra n 868. M ·n Leben, cit., p. 49. Originai from 33

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ciclo-crisi, il problema, al suo interno, della determinazione dei prezzi, alla il carattere strumentale-massificato del lavoro che si accom ristrutturazione industriale. Bernstein soltanto, forse, intuiva la draJn­ ma per scontare, maticità della situazione che si andava delineando in fondo, e teorizzare addirittura, la dipendenza teorico-pratica del > del soggetto economico, o del rentier addirittura, come più tardi volgarizzerà Bucharin 37, della scuola storica si apprezzano le ori­ gini borghesi progressiste, senza cogliere il fatto nuovo e decisivo: l'integrazione funzionale delle due prospettive, e quindi il supera­ mento di quelle origini: integrazione e superamento prospettati da Schmoller, teorizzati,·come vedremo, da Wagner, Alfred e Max We­ ber. La scuola storica per i suoi motivi più arretrati: il mo­ vinlento operaio sottolinea come il s·uo polo più obso­ leto e vi si confonde. Basterebbe leggere i saggi di etica di ,.o quelli eU metodologia delle scienze sociali, per comprendere le origini della scelta storicistico-razionalista del movimento operaio europeo della II Internazionale. La scissione tra scuola storica e marginalismo la mancata analisi dell'attuale teoria capitalista nel suo complesso permette l'accettazione dell'Historismus come « metodo>>, come razionalismo progressivo, all'interno del quale collo­ care anche gli obiettivi e le rivendicazioni specifiche del movimento. Dove in Brentano il riconoscimento della funzione sindacale, della dinamica salariale, della necessità di riforme sociali, dipendeva da una strategia precisa di classe, tatticamente individuata, alternativa all'autonomia operaia, opposta a ogni per i socialisti quegli stessi obiettivi si inserivano per incanto nel vec­ chio Sollen del lavoro dis-alienato, del progresso sociale. Essi si ridu­ cevano alla ideologia della strategia capitalistica. Che in questa situazione, non appena si passasse ad analisi par� ticolari, dovessero filtrare molti strumenti e contenuti anche della dot­ trina neo-classica, è ovvio. L'elemento più significativo e drammatico è che, anche qui, sono le istanze più arretrate, difensive e contraddit­ torie a passare. Abbiamo sottolineato in più occasioni l'origine neo­ classica sul piano analitico della posizione socialista nei confronti del­ l'organizzazione monopolistica. Eppure, come vedremo, all'interno della stessa scuola e, in modo ancor più accentuato, nel gruppo del « Verein », le posizioni erano tutt'altro che omogenee, il dibattito era asprissimo. Di questo dibattito c'è pallida eco nella socialdemo­ crazia: la posizione anti-monopolistica che si appella alle « leggi » della continuità del rapporto di sfruttamento capitalistico, è in schiaccia�te maggioranza 38• 37 N. Bucharin, L'economia politica del rentier, trad. it. di A. G. Ricci, Roma, 1970. La prima edizione dell'opera è del 1919, ma il lavoro era terminato fin dal 1914. 38 Le teorie del crollo e della fase suprema si inseriscono in questo contesto. In quanto non supera «le» contraddizioni del capitalismo, l'organizzazione monopo­ listico-imperialista ne costituisce l'ultimo momento. � un'analisi regressiva, e chiara­ mente di impostazione storicista, dell'org anizzazione monopolistica. Da tutt'altro pun­ to di vista, Schmoller diceva le stesse cose. Egli· denunciava come un pericolo, ciò oria: il rollo del capitalismo. Ma ciò dffJ� llfrcY?Pdo, anche che per i soci��ti era . D1g1t1zed by

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Ma tutti i motivi fin qui ricordati si possono sintetizzare in uno. La ricerca teorica socialista riprende, media, confonde gli elementi della scuola storica e dell'analisi neo-classica in una direzione precisa. La sua > ha un senso: il socialismo come sistema sociale di equilibrio, come lotta per l'affermazione di tutte le istanze di equi­ librio all'interno dello svilùppo econ9mico. Il monopolio è rifiutato ma per non solo perché si ignora cos'è da questo punto di vista ché la sua forma appare alternativa all'idea dell'equilibrio distribu­ tivo. Ogni analisi delle trasformazioni-Crisi del sistema viene cosl bandita dal «socialismo scientifico». L'analisi marginalista .è criti­ cata come soggettivismo, irrazionalismo ecc., e�attamente perché non è piano, non prefigura equilibri di lungo periodo, non dispone di forme universali di organizzazione dello sviluppo. Neppure l'analisi marginalista, sia chiaro, possiede gli strumenti necessari a una teoria delle trasformazioni-crisi del sistema. Ma, a differenza del « socialismo scientifico •, essa lascia impregiudicato il problema: il suo equilibrio è sempre di breve periodo, è sempre l'equilibrio che si detern1ina tra una domanda e una offerta. Il processo di Rationalisierung si deter­ mina, nella scuola neo-classica, sul piano della individualità storica e del microcosmo economico: ogni pretesa aprioristica, ogni Forma del divenire è rifiutata dalla sua analisi. Nel > generale con e con lo sviluppo in quanto crisi, in quanto squilibrio. lo sviluppo Su questa base e da questo presupposto, neo-classici, scuola storica, > potevano e dovevano essere attaccati. Il punto di vista della fondazione di un sistema in equilibrio non per1netteva, invece, che il recupero di un hegelismo ridotto a storicismo raziona­ lista-progressista, sul piano della rnetodologia storica, e l'accettazione sostanziale dei principi di equità distributiva contro la razionalizza­ zione monopolistica, la stessa �aridiera della > neo-classica e del >. ·

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Wille zur Macht

Abbiamo la possibilità di leggere e verificar� lo scontro di que­ gli anni in uno specchio per molti aspetti definitivo. Nello stesso moper Bernstein. � vero che egli rifiuta l'idea del crollo; ma � altrettanto vero che anch'egli vede l'organizzazione monopolistica in armonico sviluppo con le «leggi,. del sistema. Non la vede, cioè, come salto, come crisi ·come di crisi. - Non ne vede l'originalità specifica. Più che . per l'analisi interna, Bernstein si differenzia da Kautsky per le conseguenze che trae dalla tendenza al monopolio tendenza che in rnstein, me visto, appare Alauantof sfocata. ·

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mento in cui la scuola neo-classica pretende ancora di sintetizzare la valutazione meramente strumentale dell'operaTi con la determina­ zione dell'equa retribuzione del lavoro, Nietzsche distrugge ogni par­ venza di eticità in tale rapporto dimostra la scontata ineffettualità dell'etica in quanto tale. Quella valutazione è economica, quel ·rap­ esso non dipende da alcuna «forma>> di equità. porto di potere Nello stesso momento in cui i neo-classici scoprivano l'insostenibilità delle tesi tradizionali nella spiegazione dell'attuale fase di sviluppo, .nella spiegazione dei meccanismi di crisi e di ciclo, Nietzsche compie uno sforzo colossale per abbattere l'idea stessa di equilibrio, la forma dell'equilibrio, sia sul piano teorico che su quello storico, come forma tipica del > si apre lo scon- . tro intorno all'assunzione, da parte capitalistica, del punto di vista ,. della lotta di classe, dell'opposizione. esplicita per il potere con il movimento operaio, Nietzsche traccia una teoria della negazione del si­ stema dialettico. � l'esplicitazione radicale dei temi prima indicati - la ricostruzione della loro genesi la consapevolezza perfetta del­ la loro forza negativa.

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Già il fatto che Schopenhauer sia, fin dall'inizio, soltanto >, dimostra che l� direzione di Nietzsche ne costituisce il rove­ ma sciamento. La critica schopenhaueriana è «attraversata>> tutta essa rimane la critica degli anni di apprendistato, gli anni della ricerca qella conciliazione e della consolazione, gli anni delle nozze. Già nella Nascita della tr.llgedia, in effetti, non esiste più spazio per tale «mae­ stro>>. In Schopenhauer come educatore, Nietzsche non parla di Scho­ penhauer: parla della sua educazione alla concezione della volontà e della tragedia. Schopenhauer è soltanto la figura che evoca questo ap­ prendistato, il primo affermarsi del «dolore della verità>> 39, della contraddizione e negazione. Più ancora, il problema Schopenhauer è perfettamente centrato sulla questione della forma dell'Entsagung : > sintesi tentata da Schopenhauer, è immediatamente colta da Nietzsche. .

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Centrare il discorso di Schopenhauer sul problema della > significa già di per sé rifiutare il movimento speci­ fico del suo sistema: il passaggio dalla tragedia alla «consolazione me•



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F. Nietzsche, $chopenhauer come educatore, in Opere, ed. it. a cura di G. Colli e M. Montinari, III, l, Milano, 1972, p. 396. Originai from 40 lvi, p. 398. Digitized by Q e UNIVERSITY OF CALIFORNIA·

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tafisica >>, al Sollen che postula il superamento del conflitto. �esatta­ mente qui che avviene il rovesciamento nietzschiano. Dalla ascesi alla vita, all'incarnarsi di nuovo. L'ascesi è >, non rifiutata in quanto tale. L'ascesi e-duca. Essa pone la soggettività isolata. Ma la via dell'ascesi riconduce alla vita. La posizione schopenhaueriana è un presupposto: la definizione astratta dell'isolamento per la verità, del dolore per la verità, la contemplazione della contraddizione e del con­ flitto. Ma la posizione successiva dovrà vivere la verità di questa con­ esserci e agirla. Nietzsche è certamente incomprensibile traddizione senza l'educazione schopenhaueriana. Ma quella Forma che essa po­ va negata stulava, separata dalla vita, va tolta dal suo isolamento la sua pretesa utopica di essere-oltre la vita. La tragedia schopenhaue­ riana è ancora estasi. Si fonda ancora su una differenza metafisica, tra fenomeno e in-sé; e la sua direzione è il superamento del fenomeno, la ricerca dell'in-sé. La tragedia riassume ancora la prospettiva meta­ fisica, anche se questo in-sé, alla fine, si dà come Nulla. Anche se la sostanza, alla fine, è qui il Nulla. È l'estrema sostanza, infatti la conclusione della metasica. Ma ciò che conta è ora sapere che questa conclusione è stata: che l'inversione di tendenza è ormai necessaria. L'educatore ha condotto, e non poteva altrimenti, fino ai limiti estre­ mi della tradizione. Ora, noi la vediamo per intero, e, proprio per questo, sappiamo di. non avere più spazio al suo interno. Siamo sradicati dal processo di ascesi, poiché ne abbiamo visto fino in fondo l'utopicità. La domanda che Nietzsche pqne all'ascesi schopenhaueriana è analoga a quella di Schopenhauer alla « ragion pratica » di Kant: essa verte sull'effettualità del sistema. E l'utopia nasconde. l'impotenza sul mondo. Cosl è del non-volere la volontà, che è non-volere la vita. Cosl è della posizione stessa di un in-sé oltre la volontà e la vita. Utopia è tutto il contenuto dell'etica schopenhaue­ riana: la riaffern1azione di valori inter-soggettivi disinteressati, la simpatia. Ciò è doppiamente utopico: nei confronti dei rapporti so­ ciali effettuali e nei confronti della pretesa forza i"ealizzante della sirn­ patia stessa. Ma l'utopia schopenhaueriana che tutto comprende è quella di un'estrema Freiheit. È una libertà disperata una libertà al Nulla. Anche qui si�mo all'estremo della tradizione: dove essa si presenta tutta consumata, tutta detta. Eppure tale libertà ancora questa scoperta, > dalla metafisica della Freiheit 41• Il concetto di libertà disincarna, irrealizza l'operari. Fa dell'ope-· rari- un Sollen, di nuovo. La critica nietzschiana ha questa direzione precisa: la libertà non viene attaccata perché sia utopistico il fare che essa pe�mette, ·ma esattamente per l'opposto: è ·mistificante e illusoria l'idea che il fare dipenda dalla libertà. Schopenhauer era giunto a in­ tuire questo rapporto. L'operari veniva infatti relegato nell'ambito della necessità ma esso, poi, svolgendosi nel processo ascetico, si > dal suo contesto originario. Ora, questa liberazione è esattamente l'opposto del fare. Tra operari e libertà c'è contraddizione irrisolvibile. Se c'è Freiheit, non può esserci operari effettuale ma ascesi soltanto e l'ascesi non conduce al mondo, all'operari di nuo­ vo. Il concetto di Freiheit, in tutta la tradizione metafisica occidentale, ha avuto un valore opposto all'agire nellJesserci. Freiheit ha sempre significato 4istricarsi dall'esserci, porre la possibilità di andare-oltre. Freiheit ha avuto da sempre un'affinità inscindibile con il concetto di sostanza e in-sé. Freiheit è irrealizzazione del mondo, estasi per la sostanza strumento della comprensione dell'in-sé. Se c'è Freiheit, non c'è possibilità di agire. A priori, il mondo dell'operari e l'idea di Freiheit si escludono. È il rovesciamento della prospettiva tr�dizionaie: esiste ·possibilità di operare soltanto n dove si afferma la neces­ sità. Poiché qui soltanto siamo, è il mondo, sono i suoi contenuti ef­ fettuali, l'interesse effettuale che motiva, condiziona e delimita ogni ri­ cerca. Il passo successivo potrebbe già essere avvertito: l'operari come comprensione effettuale del mondo, come potere, è possibile soltanto sulla necessità. Potere è comprendere la necessità. Non solo il potere non è libero, ma esclude il concetto stesso di libertà. Il è in effetti liberazione da qualsiasi potere, è ex-stasis. La coincidenza di operari e Dasein determina il fatto che il potere sia qu�Il'operari in grado effettualmente di comprendere il Dasein in tutte le sue determtnaztoru. L'Unfreiheit des Willens, dunque, è la posizione originaria per l'operari e il ·potere 42• Volere il potere significa e comporta liquidare •





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Cfr. F. Nietzsche, Frammenti postumi 1887-1888, in Opere, cit., VIII, 2, Milano, 1971, pp. 16 e 182; e Tentativo di autocritica, ivi, III, l, ivi, 1972, p. 12. In questa critica della Freiheit come fondamento del sistema dell'idealismo, Nietzsche è davvero oltre la tradizione della metafisica dell'Ichheit. Per l'idealismo come System der Freiheit e le sue dilaceranti aporie, dr. M. Heidegger, Schellings Abhandlung uber das Wesen der menschlichen -Freiheit, Tiibingen, 1971. 42 H. Heimsoeth, Metaphysische Voraussetzungen und Antriebe in Nietzsches « Immoralismus », in « Abhandlungen der Geistes- und Sozialwissenschaftlichen Klasse », n. 6, 1955. Originai from

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la Freiheit. Non c'è contraddizione in questo passaggio, ma uno sche­ ma di trasparente coerenza lega il pensiero nietzschiano. L'Unfreiheit des Willens fonda l'antologia della necessità. L'analisi, la teoria della necessità come coincidente con il mondo della vita nei suoi irrisolvibili conflitti questa teoria è tragedia. Questo primo passaggio era già in nuce nella Nascita. Su questa consapevolezza tragica disincantata intervengono le opere « illuministe>>. La visione tragica demolisce i valori tradizionali e quello centrale, anzitutto: la libertà del volere, la Freiheit come superamento del mondo fino alla mistificazione schopenhaueriana della tragedia nell'ascesi. Il Freigeist di queste opere è libero appunto dalle mistificazioni della Freiheit è libero dalla tradizione, è libero dalle utopie dell'ascesi schopenhaueriana. Egli è l'eroe tragico nel momento della sua contrapposizione alle forze che vorrebbero negare o mistificare la necessità. È Aufklarung. Questa opera negativa, questo primo operari, permette la conoscenza del Dasein, il riconoscitnento della necessità. La libertà del. Freigeist è Daseinsfreiheit: rovesciamento dell'idea metafisica di libertà. Qui non può esserci simpatia, morale, Sollen. I cont�nuti di questa « li­ bertà>> sono i contenuti del Dasein non della sua irrealizzazione. Freigeist è chi si> al Fatum. Etica effettuale è un non-senso logico. L'effettualità è coerenza col Dasein distruzione dell'ipotesi metafisica di una volontà soggettivamente libera nelle sue forme ergo: di un'etica. distrugge l'idea di Dunque, il Freigeist teorizza la tragedia Libertà concilia al Fatum. In questa conciliazione, egli scopre il contesto effettuale del Volere la direzione effettuale della Volontà. È una volontà nello spazio della vita, costretta in esso, nella e dalla consapevolezza che la vita, l'esserci, è tutto. È la volontà come operari, e basta. Se il primo gradino dell'operari è negativo-illumini­ stico, questo secondo è positivo. Conosciuta la possibilità dell' operari ora ne mettiamo in atto la forma, ora interveniamo nel Dasein, in quanto Dasein. Il Willen si realizza nel potere: il potere è il contenuto effettuale della volontà. Tra potere e idea di libertà sussiste una con­ traddizione mortale. È impossibile potere attraverso i contenuti della essi condannano all'isolamento e all'impotenza nei con­ Freiheit fronti del mondo. Freiheit e Sollen si richiamano a vicenda contra Necessità e Potere. Soltanto chi sa la tragedia, e, divenuto Freigeist, ha superato anche questa posizione conciliando�i positivamente al Fato, soltanto costui può potere. Nessun >, nessuna improvvisa apertura metafisica conduce al Wille zur Macht. Il Macht è l'inevita­ bile contenuto del Willen > finalmente dalle forme della Freiheit. Un Willen che scopre come sua unica effettuale direzione quella del ein, n n può che voler-potere. Qij1Yi%f�owlontà di potenza Digitized by 00 e UNIVERSITY OF CALIFORNIA ,

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che incarna il semplice volere, ancora schopenhaueriano, quello alla­ vita, assume in Nietzsche il peso di comprensione generale dell'epoca -di idea-guida dell'ideologia occidentale, dopo la «morte di Dio>>. Essa ha una genesi che Nietzsche va delineando. Una serie di intuizio­ ni, ancora sparse. nelle var�e discipline, ancora « molteplici >>, prefi.gura­ no all'interno della storia stessa della metafisica, l'annuncio nietzschia­ no. Ma -è qui-e-ora che questa storia si conclude e lo schema della Umwertung si chiarisce radicalmente.· Non basta, allo�a, la semplice posizione del Macht derivante dalla teoria tragica. Sarebbe semplicemente prassi il Wille zur Macht ridotto a operari > 45• Non potrebbe essere espressa in termini più espliciti la condanna nietzschiana della forma del saggio della Verbindung teorizzata da. Sinunel vent'anni dopo del Nietzsche-George. Nessun ponte tra volontà e morale tra po­ tere e siptesi. In queste mistificaz�oni yive chi « trans-cresce >>, chi frena e ritarda, chi nasconde. Ma 1a sintesi non si riduce a due sponde, a due elementi sepa­ rati, con un ponte nel mezzo. La sintesi è una forma che si sostiene su concetti determinati, è una metafisica. Essa va distrutta alla radice. L'essere, anzitutto, è perno della logica sintetica 46• Di fronte al dive­ nire del mondo, non formulabile nelle categorie metafisiche tradizio­ nali, si configura un mondo fittizio, la credenza dell'in-sé, di un ele­ mento-sostanza di ogni divenire, nel quale questo si acquieti. Questo mondo dell'essere ha il compito di allineare i fenomeni secondo. de­ terminate categorie. Dunque, anche in esso si intuisce la volontà di potenza. Ma qui la sua direzione va > dal a vicenda conoscenza dell'essere, della sostanza, o dell'Ego come divenire l'intuizione del Wille zur Macht si rovescerà sempre nel sostanza Sollen. Tale rovesciarsi dipende appunto dall'idea di una sostanza del divenire, di una verità « profonda>> del mondo e cioè dalla ten­ denza alla sintesi e dall'idea della verità come sintesi, come supera­ mento dell'effettuale-temporale-molteplice, del Dasein. La direzione della metafisica è il superamento del contraddittorio in quanto falso la direzione del Wille zur Macht è l'integrazione tragica nella vita del la contraddizione in quanto esistente. Ma la stessa costrizione sinte­ tica che la metafisica pretende di imporre alla vita, la ritroviamo sul piano della spiegazione scientifica. Il rapporto di causa ed effetto è de­ ducibile soltanto in base a un'idea di armonia naturale: noi introdu­ ciamo questa logica deterministica per allineare i fenomeni nel tempo, per costringere anche la dimensione temporale dentro l'idea di sintesi, cosl come prima vi avevamo costretto il concetto di mondo. È il me­ desimo ·processo logico: ridurre a unità, ridurre a un soggetto e vedere la contraddittorietà del divenire come un'antitesi logica, da 45

F. Nietzsche, Cosi parlò Zarathustra, in Opere, cit., VI, l, Milano. 1968,

pp. 348 ss. 46 lvi, pp. 40 ss. c"' il mio Digitized by

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risis, cit., Cap. Il.

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superare. Ma, ora, rifiutare l'idea di un soggetto che unifichi il dive­ nire significa altresl rinunciare all'idea tradizionale di divenire e di mondo. �ssa non è più in alternativa all'essere. Il· processo prima descritto, dal divenire, al potere, all'Eterno Ritorno, è tutto. costantemente garantendo, alla fine, piena ade­ è guazione di domanda e offerta. Il tempo qui è ancora forma ancora idea del tempo. I fenomeni di crisi sono allineati anche qui secondo la « sostanza comune » dell'idea di equilibrio. La crisi come e crisi carattere della realtà nella quale il Wille deve intervenire autentica, in quanto contraddizione tra forze, conflitto tra posizioni questa direzione strategica della ricerca nietzschiana, fin di potere dalle pagine della Nascita, nega non tanto e non solo la spiegazione neo-classica della crisf, quanto proprio la « filosofia» di quella spie­ gazione: il primo, incerto, pallido apparire di una « filosofia >> capi­ talista della crisi incapace di affrontarla apertamente. L'indica­ zione nietzschiana è, anche qui, radicale: sviluppo è crisi le strut­ ture effettuali della temporalità, alle quali e nelle quali si dirige il Wille, sono crisi e null'altro. La crisi non è un momento, come per i neoclassici. La crisi risulta costantemente dal Wille zur Macht e nella tnisura in cui questo si ripete, essa non giungerà mai, come l'ascesi schopenhaueriana, a una fine, a una sintesi perfetta, la crisi sarà il di­ venire stesso, irrimediabilmente. Nes- suno della scuola storica intorno a Schmoller o a Brentano · giungerà a comprendere fino a questo punto la crisi, questa crisi del­ dalle sue origini metafisiche, ai l'ideologia complessiva borghese suoi rapporti inscindibili con l'economia politica, con Schopenhauer, con i neo-classici. Certo, Brentano demistificava la concezione equa­ neutrale dello Stato ppneva il problema del rapporto col movi­ mento operaio in termini di integrazione e di potere, tali da scontare implicitamente la rottura della > al suo interno, sulle > 52• Qui razionalizzazione è ancora intesa come semplice e non, nietzschianamente, disvelamento della sua : Wille zur Macht. La colossale Umwertung dell'econo1nia guglielrnina si pre­ senta, in una prima fase, ridotta in questo schema. La Rationalisierung che l'organizzazione monopolistica produce appare come « allinea­ è la sin­ mento», Regelung, « Ordnung, in das Chaos zu brigen» tesi sperata di ragione e vita, forma e vita. Il Monopolio ne è lo sche­ ma. L'attacco alla dottrina liberale si svolge ancora tutto per linee « classiche»: fondare lo stato onnicomprensivo degli> del capitale, riduceva la sua critica a critica interna, in­ capace di comprendere la totalità del processo. Su due aspetti fondamentali si formava il distacco tra socialde­ su mocrazia e processi reali. Sul piano dello Stato, da una parte quello della struttura di classe, dall'altra. La denuncia dell', o a richiederne la >, o a sollecitarne l'>. Non esiste una teoria socialdemocratica dello Stato: essa o è parte di « filosofie>> precedenti il periodo di questa Umwer, tung, o è parte delle teorie proprie di questa Umwertung: mai auto­ noma e mai in grado di raggiungere la complessità e globalità dell'irn­ postazione che al problema daranno A. Weber, Naumann e Max Weber, infine. Sul piano, poi, della struttura di classe 1a posizione reazionaria della socialdemocrazia è ancora più evidente. Analisi e proposta po­ litica sono qui tutte centrate sulla difesa della composizione di classe propria del rapporto sociale di produzione precedente la Rationali­ sierung ·monopolistica. La posizion·e > essa distrugge l'« aristocrazia>> delle « avanguardie>>, possibili ancora nell'azienda capitalista. Concentrazione e organizzazione del capitale è concentra­ zione e organizzazione universale del lavoro. Esso perde qualsiasi >, qualsiasi « simpatia>> ma è appunt. o questa > che la socialdemocrazia denuncia-e vuoi recuperare. Fin dall'inizio: l'ideo­ logia dell'alienazione è alle origini delle sconfitte del movimento ope­ raio occidentale. Su questi limiti colossali delle organizzazioni operaie, la teoria capitalista gioca molte delle sue carte decisive. L'attenzione che il monopolio presta immediatamente ai problemi dell'organizza­ zione del lavoro, lo testimonia. L'esaltazione dell'universalità del la­ voro che apre la Verfassung weimariana si trova già, in nuce, nei dibattiti del « Verein » alla fine del secolo. Si tratta di liberare il lavoro dalle sue_ organizzazioni tradizionali, dalle sue « famiglie >>, farlo ele­ mento integrato e integrante della Gesellschaft a tutti i livelli, ag­ giungerà Max Weber, da quelli manuali a quelli politici, a quelli in­ tellettuali. È l'ultima parola del programma dal quale anéhe Schmoller e Brentano erano partiti, all'alba del '70: teorizzare senza più conso­ lazioni dialettiche il distacco tra liberalismo e classe operaia, per ri­ montare tale distacco imponendo la frattura tra classe operaia e orga­ nizz�ione, imponendo la non autonomia dell'organizzazione operaia. Badare bene: è l'opposto di un tentativo di fondazione di partiti bor­ partito del cae azion7 del operai È il problema della fon ng ghesi per 1 n a fìrom . . . D1g1t1zed by 0 e UNIVERSITY OF CALIFORNfA ·



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pitale in grado di impedire il partito operaio. Da qui, come· sappiamo, nascono Max Weber e Lenin 54• Il primo· tentativo di superare sia la concezione sintetico-etica che quella meramente congiunturale della nuova organizzazione e sulla sua strategia. In effetti, l'obiettivo dell'attacco è la posizione statale nei confronti delle trasformazioni della struttura eco­ nomica. I. motivi ·liberali di questa polemica passano in sott'ordine (la > monopolistica ecc.). Come per il stndacalismo social­ democratico, il problema non è più la difesa della piccola industria >, bensl il fine sociale dell'organizzazione la necessità di permettere, sulla sua base, una più «equa>> distribuzione. Ora è ap­ punto il sussistere di tale «equità » a venir contestato. Nella sostanza,





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Tutta questa parte introduce al mio Sul problema dell'organizzazione. Ger­ mania 1917-1921, in questo stesso libro. ss Vber wirtschaftliche Kartelle in Deutschland und im Ausland, in « Schriften des Vereins fiir Sozialpolitik », LX-LXI, Leipzig, 1894. L'inB.uenza di questi saggi, soprattutto sulla « destra » socialdemocratica, fu enorme. 56 Das Verhaltnis der Kartelle zum Staate, in « Schriften des Vereins fiir Sozialpolitik », CXVl, Leipzig, 06. Originai from

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la posizione di Schmoller è molto vicina a quella socialdemocratica non se ne differenzia per nulla sul piano fondamentale dell'analisi og­ gettiva della struttura monopolistica, ma soltanto sulle ipotesi >. Essa non è una « grossa azienda », ma un'organizzazione econo­ tnica diversa. Essa non può muoversi in termini puramente « mar­ ginali ». Da questo punto di vista, aderente alla logica stessa del mo­ nopolio, va affrontato il problema del suo rapporto con lo Stato. Que­ sto rapport'? non può risolversi in appelli etici da parte statale. Lo Stato deve rientrare nella struttura della nuova organizzazione. Per controllarla, deve esserci. L'intervento econoMico diretto da parte ma è richiesto come statale, non è rivendicato solo genericamente intervento di carattere monopolistico. Di fronte al monopolio privato devono sorgere monopoli statali, con la funzione esplicita di entrare in concorrenza con i privati, sul piano dei prezzi, dell'economie di scala, dei liv�lli tecnologici. Come si vede, è l'opposto ·di un Sollen « armonico ». L'intervento statale è l'apertura di un conflitto non la soluzione delle contraddizioni già emerse nel precedente sviluppo monopolistico. E ancora: Alfred Weber non nutre nessuna utopia sulla e neppure si sogna di rivendicarla, anche . Da una parte, la. ricerca della neue Verfas­ rung in grado di integrare compiutamente l'organizzazione statale alle for1ne e ai processi dello sviluppo economico, in senso attivo, con capacità effettuali di decisione. Dall'altra, lo stato inteso ancora come dal­ istituzione di controllo, di equilibrio. Da una parte, politica l'altra, etica. E con ciò sia1no al 1905. Non poteva essere altrimenti. Da una parte, il problema dello stato e del partito capitalistici, della Rationalisierung in questo senso, che sarà il tema di Marx Weber. Dall'alt�a, l'ideologia dialettica borghese� già allora condannata. Sarà,. infatti, inutile aspettarne la fine durante la storia della Repubblica weimariana. Il tracollo dello storicismo razionalista schmolleriano e, in parte, brentaniano, è già tutto segnato nel dibattito del propone e realizza. La socializ­ zazione del rapporto di produzione è ·la socializzazione piena del la­ voro. Qualsiasi prospettiva politica da parte del capitale deve fondarsi sulla rottura delle basi storiche dell'organizzazione operaia. La Ratio­ nalisierung diviene veramente strategica solo allorché conduce i pro..

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W. Rathenau, Von kommenden Dingen, Berlin, 1917; e Die neue Wirtscha/t,

Berlin, 1918. L'esaltazione della nuova economia, segue da vicino Io schema ideolo­ gico della saggistica tedesca dei primi decenni: l'interpretazione georgiana di Nietzsche. Basterebbe confrontare il motto « Denn alle Produktion ist Bewegung » con l'analisi simmeliana dell'economia monetaria. Ma sotto il filosofo alla moda, sta il capo del­ l'AEG, sta il superatore del « chiuso • del monopolismo privato originario il grande attacco capitalistico del primo dopoguerra. Quella Bewegung è, allora, demolizione . Quella Produktion è piano come volontà di po­ e superamento, non tere, non armonia liberale di interessi Su W. Rathenau, cfr. il recente saggio di L. Villari, Crisi del capitalismo e autocritica borghese: W. Rathenau, in « Studi Storici ,., n. l, 1976. Digitized by

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blemi della trasformazione economico-istituzionale fino a reagire sui problemi della composizione di classe. C'è una Rationalisierung di tale composizione: l'integrazione di essa alla nuova socialità del rap­ porto capitalistico di produzione. Ed è proprio sul nodo Rationali­ sierung-politica complessiva (il nodo Stato-composizione di classe, ope­ rai-Stato), che il movimento operaio fallisce. La tragedia weimariana, piaccia o no, si prefigura già tutta nel 1905. Già nel 1905 c'è un distacco incolmabile da superare. L'ideologia del monopolio certifica Nietzsche. Essa è embodie­ ment di ogni Ratio) tecnicizzazione di ogni Ratio. È interesse che si afferma sul piano storico-sociale, che afferma il proprio potere attra­ verso e nel conflitto. La sua Vergesellschaftung non è sintesi, non ri­ sulta da un progresso dialettico, non è il prodotto di un riconoscersi inter-soggettivo, di una simpatia. Anzi, è il fallimento di tutto ciò. la Tutta la neue Verfassung nasce dalla Unfreiheit des Willens visione tragica della necessità it11pone l'organizzazione monopolistica, quindi: il problema del rapporto con Io stato, quindi: la nuova costi­ tuzione. Perché il sistema ritorni eternamente, tutto ciò è necessario. Lo stesso rapporto· necessità Wille zur Macht domina in Nietzsche, in Rathenau e in Max Weber. Quando Weber parla del rapporto inscindibile politico-burocratico è a ciò che pensa. Il politico, la re­ sponsabilità, sarebbe nulla senza l'« inerzia» della struttura buro­ cratica, che riflette. « passivamente>> la Rationalirierung. L'intervento innovativo-politico è parte della necessità della Rationalisierung. Un'azione· al di fuori di tale contesto è « religiosa», è teleologia an­ cora, edificazione', Libertà. L'« autonomia» dell'as�esi schopenhaue­ riana nei confronti della teoria tragica è definitivamente trapassata. Tutti i materiali dell'ascesi, ,dal Sollen alla « simpatia>> per la tradizione etica tutte le possibilità di « dire oltre il-necessario», di essono consumati. sere Unsinn La musica di tale consumo è Mahler 58• Qui è la morte dei mate­ riali semantici la realizzazione della distruzione nietzschiana di Wagner. La « commistione>> è il primo passo del consumo: di Nietzsche Mahler di Nietzsche e di Weber, sta l'essere-capaci del« ciclo>> Dasein­ morte e ripetizione del Dasein che è l'autentico Angelo della finale della Seconda. Ma > anche oltre 1'extrema philosophia della > tra valore obiettivo, tra quaestio essendi e sog­ gettività 59• Il recupero della filosofia come senso delle scienze, il recu­ pero della tradizione filosofica, della filosofia come risposta-salvezza alla clisi questa è la direzione della ricerca fenomenologica, espli­ cita nella Krisis, ma evidente già con le prime Vorlesungen sul tempo e definita con Ideen nel 1913 60• Il problema della fondazione tra­ scendentale, della sua riattualizzazione, non comporta .una generica riacquisizione di autonomia soggettiva, ma la. definizione autonoma dell'ambito formale-a priori della soggettività, nel suo rapporto con il fenomeno 61• Il punto husserliano è il dis-vela•nento di tale origine. Philosophia _perennis è sistemazione delle scienze sulla base del tra­ scendentale della soggettività. Il rifiuto, l'obnubilamento· di questa fondazione è all'origine della crisi attuale 62• Una scienza « senza ori� gine » comporta la liquidazione della funzione Sinn-gebende della filo' i E.

a M., 1962, pp. 296 ss. Bloch, Erbschaft dieser Zeit, Fr 60 E. Husserl, La crisi delle scienze europee e la filosofia trascendentale, trad. it. di E. Filippini, Milano, 1961; Idee per una fenomenologia pura e per una filosofia fenomenologica, a cura di E. Filippini, Torino, 196.5; e Zur Phanomenologie des in­ neren Zeitbewusstseins 1893-1917, L'Aia, 1966. 61 E. Husserl, La crisi .. , cit., pp. 118-128; Logica formale e trascendentale, trad. it. di G. D. Neri, Bari, 1966, pp. 281-286 e 314-327: «La critica della cono­ scenza in tutti i tipi di scienze [ ..] è autoesplicazione della soggettività che diviene cosciente delle sue funzioni trascendentali » (p. 336 ); e Esperienu e giudizio, trad. it. di E. M. Forni, Milano, 1960, sez. Il, cap. ?. 62 E. Husserl, La crisi ..., cit., pp. .51-111, e, soprattutto, La crisi dell'umanità europea e la filosofia, testo fondamentale del 193.5 (ivi, pp. 328-3.58), Logica formale e trascendentale (ivi, pp. 33&.340). Tutto il lavoro di epoché e di « intenzione » con­ clude nel grande Finale delle ldeen: «I soggetti non possono risolversi in natura [ ...] La natura è un campo di integrali relatività ,e può essere tale perché esse sono sempre appunto relative a un assoluto, il quale perciò sostiene tutte le relatività: lo spirito [ ...]. Ma se cancelliamo la natura [. . ] resta sempre qualcosa: lo spirito . 68.5. come spirito individuale Originai from .

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sofia ·dell'umanità, insom­ del punto di vista della soggettività ma 63• g la direzione opposta a quella nietzschiana. Che la ricerca :filo­ sofica sia stata definizione trascendentale dell'ambito della soggettività per la sistemazione scientifica dei fenomeni, non è dubbio. Questa è la storia stessa della metafisica moderna. Ma è nella direzione stessa che questo processo ha assunto la piena di tale ori­ gine l'incarnazione della soggettività. La soggettività è compren­ sione del mondo, non visione del mondo. Il fine del processo è la pie­ il superamento di entra1nbi. Disin­ na integrazione dei due termini carnare il trascendentale di nuovo è, all'opposto, il fine dell'epoché, come strumento di riattualizzazione della dimensione trascendentale. è impossiCerto, le categorie hanno un valore intenzionale bile definirle come condizione logica pura 64• Le categorie sono atto della soggettività per la sistemazione della scienze. Ma la direzione autentica della ricerca kantiana non era affatto diversa, se andiatno t a rileggere· i formidabili problemi che, all'estremo, si pongono a nell Opus postumum. Non c'è, nella definizione husserliana di logica ma, appunto, la riat­ trascendentale, un mutamento di direzione tualizzazione piena di quel programma. Piena e perfettamente dispe­ rata. Si tratta del ritrovamento della coscienza e dei suoi correlati, si tratta del rifiuto del come fondamento ultimo dell'esperienza risultato complessivo del processo di Rationalisierung, fin qui analiz­ zato. La soggettività è soltanto all'origine di tale processo il ritro­ vamento dell'origine non coincide affatto con la definizione del suo senso attuale. Nella tècne scientifica attuale c'è senza dubbio la sog­ gettività ma tale soggettività è da sempre in questa direzione: nella direzione della tecnicizzazione-razionalizzazione del mondo. L'effet­ tuazione di tale direzione era il punto di Nietzsche: nessuna , nessuna stasi ma la tragedia del fatto che qualsiasi succes­ sivo. processo dovrà avvenire nell'ambito di tale avvenuta effettua­ zione, nell'ambito del pieno superamento della soggettività trascendentale come ancora in ciò, nessuna mistificazione. È la rea­ lizzazione dell'Ego per questo il suo concetto aveva definito, in opposizione alla logica classico-formale, l'ambito della sua mathesis 65• La storia della funzione della soggettività dimostra che la dis-incar­ nazione husserliana non rappresenta nulla dell'Ego· fondante davvero la ricerca scientifica. La definizione husserliana, di fatto, cerca �no spazio per la soggettività ·per la filosofia attuale, contra l' della soggettività concreta, mette. capo an­ che a un tempo della soggettività, a una storia come prodotto dell'in­ tenzionalità del soggetto. Ridefinire la soggettività Alla soggettività qui spetta ancora l'ambito del significato e dell'uto­ pia l'ambito del Sollen teso alle « origini>> trapassate e a ripro­ porre tali « origini» come senso teleologico del divenire, l'elogio mi­ tico della filosofia che chiude Krisis, è l'extrema Ratio: la proposta spettrale di un della metafisica moderna 66• Ma con la differenza storica essenziale che quell'ambito utopico significava, vo­ leva significare esattamente l'integrazione e l'embodiement attuale. Nel volerlo recuperare Husserl è obbligato a mistificarne . il senso. Le Meditazioni cartesiane riassumono, al punto più alto, tutta una direzione della Kultur weimariana 67• Tradizione, sintesi, magi­ stero filosofico come salvezza. Conservare il potere della Ratio bor­ ghese, della sua etica e del suo tempo, come unica salvezza. E la con­ sapevolezza che questo programma, per essere, deve essere sistematico deve presentarsi con la forza dell'organizzazione concettuale-ge­ rarchica, con un programma generale e articolato, disteso su ogni di­ sciplina deve rifiutare qualsiasi estetismo intuitivo o psicologismo o storicismo, cosl come l'ambito puramente logico formale. Sogget­ valore tività e ordine della soggettività, intenzionalità e valore effettuale, vincolante: questa è la sintesi e il programma husserliano. Ma quella soggettività non è più, non è più disincarnabile dal sistema che ha voluto realizzare, che è suo fino in fondo e quindi le del programma husserliano è il negativo di quella nietzschiana, eppure sarebbe impensabile senza quest'ultima. Non solo perché ne costituisce l'unica risposta sistematica, dal punto di vista della filosofia e della tradizione metafisica occidentale, ma anche perché ne affronta all'interno moltissimi e fondamentali motivi. -

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Questa « impotenza � della philosophia perennis non ha compreso T. W. Adorno in Sulla metacritica della gnoseologia, trad. it. di A. B. Cori, Milano, 1964, che ne riduce quindi la problematicità dandone per buone le intenzioni sinteticocomprenstve. . 67 E. Husserl, Meditazioni cartesiane e i discorsi parigini, trad. it. di F. Costa, Milano, 1960: « tutta la razionalità del "fatto" sta infatti nell'a priori », p. 40. Questo è il programma di una filosofia universale in senso cartesiano (ivi, p. 209). È lo stesso periodo nel quale Cassirer traccia la sua storia del razionalismo trascen­ dentale. L'Aufkliirung weimariana, in questo disperato « deutsche-franzOsisches Jahr­ buch », ricapitola l'intera storia della soggettività borghese come modello culturale. t l'ideale, anch del seco o Mann. •

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Pensiero negativo e raz.ionaliu.az.ione

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Questo è stato perfettamente compreso da· Bloch 68• All'integrazione nietzschiana sarebbe impensabile tentare di rispondere con la sem­ plice etica > della soggettività. Lo spirito protestante è ripreso e ordinato da Husserl con furor« cattolico>>. Dello spirito pro­ testante egli ne porta a termine la completa dissoluzione Il fine del si fa nòmos. È l'Abgrund della soggettività, dell'impe­ rativo del Beruf, della monade. Eppure la soggettività deve permanere! E permane cqme fondazione. Insomma: la soggettività è origine del della gerarchia che la proprio nòmos dell'ordine che la liquida realizza. Ma questa origine può e deve essere costantemente rivelata nessuna proposizione ha senso se non deriva dalla verità dell'origine. In questo modo, Husserl ripropone il pertnanere della soggettività. È una riproposta perfettamente disperata. La riproposizione continua della soggettività come origine è del t·utto non-incidente al piano dell' organizzazione sistematica. La soggettività che ordina riesce esattamen­ te nel sistema nietzschiano. Saperne l'origine non può essere che la sto­ ria nietzschiana della metafisica moderna. È conoscere, i modi e il pro­ cesso della sua integrazione-realizzazione irreversibile. È conoscerne, quindi, l'attuale impotenza« semantica ». Il potere della fondazione fi­ il tempo della sog.gettività è il tempo perduto. losofica è il passato Non perché la scienza «traligni>>, ma, all'opposto, perché essa è perfet­ tamente fedele alle sue origini, ne compie la teleologia. Il potere del magistero razionale, proprio del liberalismo weimariano, si risolve nell'appello al sistema, e in un appello fondato sulla profonda misti­ ficazione della sua natura, del suo significato, del suo destino storico. La critica al sistema nel nome della soggettività si risolve· in mistifi­ cazione, e perciò difesa, del sistema stesso. Seguire l'appello delle origi- . ni, il Sollen della philosophia perennis, è condamiare alla idea di sintesi è condannare al Wille contro l'organizzazione del Wille zur Macht zur Ohnmacht. ma spiega· N�ssuna >, dunque e distruzione irre­ zione della storia della Ratio, del suo destino ver$ihile della speranza fenomenologica, distruzione interna, capillare questo distruzione, necessariamente, nel nome di Nietzsche è Heidegger. « La rimozione » di Heidegger è uno degli aspetti più squallidi delle infinite, trasformistiche variazioni degli epigoni della philosophia perennis, fino a oggi. Heidegger mette alla prova il potere della soggettività fenomenologica in Essere e tempo: questa è la data di nascita. L'autodissolvimento di tale potere in quanto sua afferma-

68 E. Bloch, op. cit., pp. 306 ss. Bloch vede, però, lo scindersi delle due anime del Magister nella scuola: Heidegger e Scheler. In realtà, come vedremo, il problema di Heidegger è di tutt'altra natura. Digitized by

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zione, è il tema delle opere successive, dei saggi del Nietzsche anzitutto. Il problema di Essere e tempo nas.ce dall'« eccezionalità • della domanda sul Sein 69• Ma l'Umwertung fondamentale della metafisica moderna consiste nel rovesciare il Sein da 70• Il Sein non appartiene alla >. La .matematica è la Position pt/.ra della cosa. Mathèmata sono le cose in quanto cono­ sciute, in quanto apprese e comprese 74• �la ·piena riduzione all'Ichheit. Non solo in essa sparisce l'Esse, il Sein come tale sparisce anche la ·

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M. Heidegger, Essere e tempo, trad. it. di P. Chiodi, Milano, 19.53, Introduzione, pp. 13-50. , 1o M. Heidegger, Kants These uber das. Sein, Frankfurt a. M., 1962, pp. 9-10. 71 lvi, p. 11. 72 M. Heidegger, Der Satz vom Grund, Pfullingen, 19.57, cap. X. 73 M. Heidegger, Dell'essenza del fondamento, trad. it. di P. Chiodi, Milano, 1952. 74 M. Heidegger, ·Die Frage nach dem Ding, Tubinsenr 1962, p. .54. .

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qualità>> particolare della cosa. L3 matematica è negazione della metafisica classica e del relativismo empirista. Matèrilatica è sussun­ zione piena: legislazione e definizione: Gesetzgebung e Eingrenzung 15• E perciò: comprensione piena dominio. Finalmente qui l'esperienza �iesce ad applicarle (rapporto ha trovato le forme della sua legge riesce non solo a «ve­ matematica-fisica->) dere>> ma a usare il mondo per loro mezzo. Logica trascendentale si­ gnifica tutt'intero questo processo: è trascendentale la logica che ela­ bora forme in grado di dire l'essere della cosa in generale, il Da-sein ma la logica che comprende esaustivamente il Da-sein, può anche · e della logica, in quanto trascendentale, sta il Wille. usarlo. Al ·all'elaborazione delle forme dell'Ichheit Dalla riduzione all'1chheit come forme della matematica · alla strutturazione trascendentale di queste forme al loro uso come fondamento non solo della Visione, ma della comprensione-sussunzione del mondo. L'a priori trascenden­ tale deve fondare la Gegen-stiindlichkeit il mondo come Gegen­ stand. La critica nietzschiana afferma > che quest'opera di sussunzione è stata fondata in modo contraddittorio e riduttivo afferma . che. non è ancora compiuta, che solo Zarathustra. può compierla. Zarathustra per Heidegger, è la piena effettuazione di questa storia. � lo stesso schema fondamentale che: interessa Max Weber, allorché. traccia il processo della Rationalisierung. Il ritiro del Sein nella Icheit è la vicenda dell'Umwertung del­ l'idea di sostanza. La sostanza > è il soggetto. E se so­ stanza è divenuta la soggettività, tutto l'Essere è appunto Gegen-stand, è fenomeno, vale perché appare al soggetto. lnsomt11a: tutto il Sein diviene «valore>> nel senso di valutato, oggetto della Anschauung di una Visione che ma di una Anschauung more mathematico ordine, allinea categoricamente, sintetizza, può 16• Questo è già il lato positivo della critica nietzschiana. Il compimento, la soluzione radi­ cale della metafisica è il Sein. come Valutato, come oggetto dell'Ego. � il Sein come scientia. Proporre da questa scientia il ritorno alla soggettività originaria, è Unsinn semplicemente regressivo. La soggettività è tutta incarnata è il soggetto ad aver rovesciato il concetto classico nella scientia di sostanza, ad aver quindi fatto il Sein, ad averlo ridotto a Valore e perciò a fenomeno usabile-manipolabile 77• Il soggetto che pone l'Essere è tutto presente nella scientia. O l' epoché non ha senso > antologica del fenomeno non interroga ancora il proprio unico possibile fondamento: la questione dell'Essere in quanto tale né la possibilità dello , alle « accuse>> del pensiero. Le > dell'Esserci gridano in der Wuste, in the Waste Land. Il passaggio dal Tempo all'Essere che doveva concludere la parte teoretica di Essere e Tempo non vi�ne compiuto. Non può esserlo. Parafrasando ciò che Heidegger dirà della teologia, in una conferenza che risale allo stesso '27, si può affermare che Essere e Tempo appare un'opera sistematica non perché costruisca un sistema ma ·perché lo evita 5• Il sistema non può più essete concepito, in quanto non appare più· esprimibile l'oggetto della forma sistematica: lo > di Essere e Esserci, la traspa­ renza dell'Esserci. Ciò costituisce l'alienazione fondamentale dell'Es­ serci. L'opera che per ultima si annuncia come grande sintesi meta­ fisica, si interrompe problematicizzando la forma metafisica come tale, e non soltanto il suo oggetto, l'Essere. Già con Essere e Tempo entria­ mo nel bosco· per sentieri inte"otti. Solo per questi sentieri è per­ corribile il bosco; le grandi utopie della Kultur guglielmina non danno piàs�nali. L'analitica dell'Esserci contenuta in Essere e Tempo, diventata cosl >, permanenza, costanza di una disciplina cosl «intitolata>> di cui possano ·darsi interpretazioni storicistiche. Gli stessi nomi, Heidegger non si stanca di ripetere, possono significare questioni assolutamente opposte. La «storia>> heideggeriana della «filosofia>> va diretta alle cose che le diverse epoche pensano, alla definizione delle soluzioni di continuità tra epoca e epoca. Il passag­ è, come gio tra esse è sempre crisi, mai rappacificante continuità dicevamo, dislocazione dei problemi, loro ri-proposizione su nuovi e diversi terreni: -il loro confronto con territori sconosciuti. Tra le svolte del tempo che caratterizzano questa «storia » della filosofia occide-ntale, quella decisiva riguarda la subordinazione dell'ontologia alla logica, che si compie a partire dalla dissoluzione dell'universo in­ tellettuale scolastico. A condizione di ogni atto percettivo è posto ora l'Io-che-pensa. Ciò che sta al fondo, il Grund, il subjectum, è tra­ dotto nel concetto moderno di soggettività. Il fondamento della ve­ rità sta nel Soggetto come lo; le condizioni della verità sono funzioni dell'Io. «La coscienza della cosa è essenzialmente e nel suo fonda­ mento anzitutto auto-coscienza » 10• L'Essere, dirà ancora Heidegger in Tesi di Kant sull'essere ( 1963), non è la cosa, ma la posizione di to M. Heidegger, Nietzsche, cit., II, p. 155. Heidegger sviluppa in ogni suo scritto, a partire dal Kant, il problema delle trasformazioni di questo principio fon­

damentale della metafisica moderna (che per Heidegger « comprende » anche Nietzsche, come posizione estrema noi riteniamo invece Nietzsche già esplicitamente critico nei confronti di tale tradizione, dr. Krisis, Milano, 1976). Un passaggio fondamentale in queste trasformazioni è segnato dall'idealismo classico tedesco, che, come System der Freiheit, radicalizza l'lo-penso cartesiano in una Auflosung alles Seieden in die Ichheit, ma altresl ne problematizza ulteriormente i rapporti con la « natura » (in Schelling) e con la « storia » (in Hegel): dr. M. Heidegger, Schellings Abhandlung, cit., pp. 109 ss. Si tratta di Lezioni risalenti" al 1936, che formano un autentico penropria introduzione storica tdr� f� Nietzsche. dant e, per certi as ·

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una cosa. Sta alla ragione soggettiva stabilire a priori la possibilità degli oggetti. Questa «svolta • per la quale «fondarnento del fondaJnento • divengono le categorie della ragione soggettiva, è indistricabilmente connessa, nella Er-orterung heideggeriana, allo sviluppo della scienza moderna. La metafisica moderna appare come il metodo della fonda­ zione della scienza, la strada per cui la scienza, e la ricerca scientifica, giungono a fondarsi assolutamente. Il pensiero in se conversus, la co­ gnitio reflexiva, il mente concipio del discorso sul metodo, rappresenta­ no l'orizzonte trascendentale che fonda la matematica in quanto modo specifico di vedere-porre le cose da parte della scienza moderna. Il me­ todo fonda l'afferrnazione galileiana: la natura ci parla in lingua mate­ come· dirà Husserl, con matica. Noi, i Soggetti (wir, die Subiekt� nostalgia disperata), conosciaano cose soltanto in quanto mateanatizza­ bili. La «potenza dello Spirito» (come si esprime Hegel a proposito esio) tien� la natura sub cogitatione: la deterrni­ appunto di na matematicamente. La logica del conoscere (il metodo) fonda la matematizzazione del mondo fisico. E in ciò si manifesta la nuova po­ tenza dello Spirito. La sussunzione matematica del mondo fisico è la forma universale dell'operari dello Spirito moderno come Sogget­ tività. La metafisica moderna si risolve senza residui nel probleana del metodo. Il completarnento (Vollendung) di questa sua storia av­ viene, per Heidegger, in. Nietzsche, . da tJna parte con la ridtJzione esplicita dell'Essere a. Valore, a valutato, a corrispettivo della vo­ lontà di potenza che costituirebbe l'autentico orizzonte trascendentale del progetto scientifico; dall'altra, con il riconoscimento ctitico della metafisica moderna come fondantentalmente nihilismo, in quanto la sua storia conduce all'annulla1nento del proprio stesso problema ori­ ginario: quello dell'Essere dell'Ente. Appartiene all'essenza �tessa della storia della metafisica moderna la � della Soggettività dis-alienata. Nella misura in cui par­ la del Soggetto e annichilisce l'Essere, la ·metafisica è la storia del com­ piinento della alienazione scientifica come forza produttiva caratteri­ stica dell'epoca .moderna. La concezione heideggeriana del rapporto tra Tecnica e «fine della filosofia>>, condotta con· particolare rigore in opere come Die Technik und die Kehre, del 1963, approfondisce il si cato e la portata storica di questa > o.«dimenticata >> dallo sviluppo della scienza, ma per­ ché si è in questo sviluppo pienamente effettuata. La filosofia termina allorché ha compiuto il proprio destino· fondamentale: annichilire l'Es­ sere dell'Ente, traducendolo senza· residui in soggettività, in valutato della soggettività. La filosofia finisce perché perfetta. Il fondamentale nihilismo della filosofia moderna non ha alcun carattere; perciò, nella conceZione heideggeriana, ma ancor prima nietzschiana, «irraziona­ listico ». Non solo tale nihilismo non distrugge la ragione; ma ne costituisce il fondamento, il metodo. Né la fine della filosofia è il pro­ dotto di un'epoca di « decadenza>> (secondo un'ottica pessimistica spengleriana, che ritroviamo nella losofia reazionaria tedesca della ·crisi, in Jiinger, in Baumler, ma non in Heidegger). All'opposto, la fine della filosofia si presenta in Heidegger come progetto: essa esiste «positivamente>> come analisi delle forme storiche della volontà .di potenza e della sua Tecnica. Originai from Digitized by QQ e UNIVERSITY OF CALIFORNIA ·



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Heidegger non dà alcun « giudizio di valore», nèll'accezione etica tradizionale del termine, di questo progetto (come, invece, anche Lowith gli fa dire) 11: egli ne segue la genesi, lo teorizza, .lo assu111e come il problema. Egli interroga, cio�, il fondamento non-tecnico della Tecnica, il suo fondo non meramente strumentale. La Tecnica non esiste come insieme tecnico-stru·mentale « neutrale» di funzioni e organistni che >, ma nel fatto· che tale sradicamento è conce- , ed esso va sop­ pito come destino dello stesso discorso sull'Essere non portato fino alle sue conseguenze estreme: wir, die Zeichen wir, die Subjekte. E allora giungiamo finalmente alla domanda: per­ ché qui il «dialogo produttivo >> col marxismo? In Lettera sull'uma­ nesimo Heidegger lo pone esplicitamente sotto ir segno della holder­ liniana > di critica dell'incongruenza tra discorso e realtà, positivisticamente?

A condizione della critica marxiana sta la rottura, la cesura, la crisi della tradizione filosofica europea la cui vicenda, dall'interno della filosofia, si riproblematizzerà in Nietzsche e in Heidegger. Questa cri­ tica va assunta radicalmente.: in quanto tale, essa esclude qualsiasi > sono in realtà l'it11t11agine speculare .del platonismo occidentale 12• Il marxismo, come è concepito essenzialmente da Heidegger (e si apre qui il pro­ blema storico e teorico di praticarlo in questa dimensione, di farne un 12

M. Heidegger, Le';,S.I.I;;ra sull''�""anismo, cit., pp. 92 Digitized by

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che non è stata e non è la problema di nuovo in questa direzione direzione del marxismo in quanto tale) riguarda il problema ·d ell'indi­ stricabile rapporto tra soggettività e Tecnica, dell'essenza di Heidegger, il suo .Pensiero, eh� inizia nel nome di Holderlin (Holderlin e l'essenza della poesia, del 1936), può essere qui analiticamente affrontato. Abbiamo messo in luce « soltanto » ·tà significa: un richiamarsi a vicenda al un'affinità di condizioni. di sopra di ogni storiografismo (Historie), essere indistricabilmente connessi per qualsiasi Er-orterung non solo (Heidegger), ma di questo storico stesso. Ma l'affinità, come sapeva il Goethe più pericolosamente vicino alla tra­ gedia holderliniana, è significativa per le sue differenze. Di due cose si scopre l'affinità quando esse appaiono come due, quand'esse si divi­ dono. Cosi avviene tra la critica marxiana dell'indistricabile connes­ sione di Tecnica e Politico, già presente ma lungi dall'esaurirsi nella specifica deterffiinazione della politica/ economy, e il pensiero hei­ deggeriano come ripetizione, Andenken. Che un'affinità fondamentale (nel senso letterale del termine: che sta al fondo) possa dimostrarsi in una radicale differenza, che nulla sia meno paradossale per un di� ·tà, dello spiega­ scorso che ha dimostrato, o inteso dimostrare, tale ciò può stupire soltanto gli innumerevoli fa­ re anche tale differenza citori di tandem dell'ideologia contemporanea: fenomenologia e marxismo, Freud-Marx ecc. t sulla storia che Heidegger traccia che il confronto p�r noi deve porsi. Non è. ormai necessario riconsiderare la storia della filosofia moderna come intrecci� indissolubile di metafisica, scienza e pro­ getto dell,ulti·

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Confronto con Heidegger

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mo? Come non .sussiste tecnica «neutrale», cosl non sussiste. fonda­ zione filosofica autonoma della scienza. Ma non è forse già avvenuta tale fondazione?· il compimento storico della metafisica moderna non è già stato «perfetto »? Ora non. sopravvivono che ripetizioni car­ tesiane o discorsi a vanvera. Il progetto di matematizzazione porta con sé la specializzazione delle discipline scientifiche: esse han­ no in sé la .propria logica e gli strumenti per verificarsi: un discorso sui fondamenti della matematica può ormai essere un discorso di matematica. Ed è in questo contesto, nell'universo della Tecnica cosl intesa, della molteplicità dei suoi linguaggi, alla fine della filosofia, che si svolge la teoria-prassi marxista. L'ultima parola, a questo punto, del marxismo come «erede>> delle grandi sintesi logiche, come , ritardi, che soltanto ideologicamente possono essere coperti? Il pensiero heideggeriano interroga (e sfida) qui il marxismo: è an­ cora ideologia il marxismo, una ideologia, per quanto storicamente decisiva, per quanto totalmente diversa dalle altre ideologie contem­ poranee, dagli >. Qualsiasi critica sul terreno teorico deve pertanto muoversi dall'individuazione del rapporto og­ gettivo tra struttura di classe, rapporto � produzione è proposta orga­ nizzativa. Da questo punto di visto, è possibile cogliere, alla radice, le ragioni della « sconfitta» del movimento operaio: dal 1917 al 1923 l'iniziativa capitalistica sul terreno della ristrutturazione globale del rapporto di produzione ne scavalca tutte le articolazioni: ciò che non viene in alcun modo neppure avvertito dal movimento operaio. La ric­ chezza ideologica del dibattito e dello scontro politico di quel periodo è direttamente proporzionale alla sua estrema miseria teorica: incapacità di analisi di classe, di lettura delle trasformazioni dell'organiz­ zazione del lavoro e dei rapporti di produzione. Ultimo, operaia, ma in base al ruolo oggettivo che un determinato settore gioca, nel suo com­ plesso, nell'ambito dell'economia nazionale. La crescita del rapporto operai-impiegati ( 1/20 nel 1882, 1/9 nel 1907) 3 va anche riportata, a partire almeno dall'inizio della guerra, all'interno di questa ten­ denza complessiva. L'« economia di guerra» massifica l'organizza­ zione del lavoro, predispone alla liquidazione della struttura di classe, sulla cui base si era organizzato il movimento operaio tedesco. Su questi processi fa leva l'iniziativa capitalistica. Ma nuova stratificazione di classe significa nuovo rapporto di· produzione. Dietro gli indici ge­ nerali di produzione di quegli arini, si cela un movimento generale, ra­ dicale, di ristrutturazione. Il processo di accumulazione e riproduzione procede senza soluzioni di continuità, a partire dal 1918. La compo­ sizione organica dell'industria tedesca avanza « inesorabilmente>>, e soprattutto nei settori più innovativi, quello chimico e quello elettro­ tecnico. La posizione previlegiata, nel ciclo complessivo, dell'operaio qualificato, di mestiere, viene sistematicamente smantellata, non solo, appunto, attaccandone il livello salariale, ma· i meccanismi stessi di riproduzione. Una certa struttura di classe, una determinata domanda di forza-lavoro non viene più prodotta. L'« avanguardia» politica de-. gli operai qualificati cessa di svolgere la propria tradizionale funzione egemone, esattamente nella misura in cui precipita la sua per il ciclo produttivo, per il processo di valorizzaziòne. I nuovi meccanismi di divisione di classe concludono cosl un ci­ clo dell'organizzazione operaia stessa. La parola d'ordine del grande ca­ esprime questo attacco, espli­ la Rationalisierung pitale tedesco. cito a partire dagli anni della guerra, contro le « avanguardie >> poli­ tiche della classe operaia tedesca. Ristrutturazione tecnica e ricompo­ sizione di classe si collegano indi·ssolubilmente nell'iniziativa del capi­ tale, e forse per la prima volta con tanta chiare�za. :È un piano coml

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Fluctuation des salaires dans différents pays de 1914 a 1921, Genève, lu­ glio 1923; e J. Kuczynski, Darstellung der Lage der Arbeiter in Deutschland von 1900 bis 1917-18, Band IV di Dic Geschichte der Lage der Arbeiter unter dem Kapitalismus, Berlin, 1967, p. 372. Ma sulla dinamica salariale del periodo dr., soprattutto, G. Bry, Wages in Germany 1871-1945, Princeton, 1960. 2 J. Kuczynski, op. cit., p. 329. 3 Ivi, � Originai from Digitized by

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Sul problema dell'organizzazione

plessivo per aumentare il potenziale 4 dell'industria battendo insieme incentivando qualsiasi possibile riproposta di « controllo � operaio la riproduzione degli strati di classe ungelernte, contrapponendoli ai « privilegi » tradizionali degli operai di mestiere, fondando su di essi i nuovi processi di produzione. Non solo: si tratta di realizzare i nuovi livelli di organizzazione, sindacale e politica, attraverso i quali control­ lare tali processi di ricomposizione di classe si tratta di seguirne gli effetti fino ai livelli istituzionali. Il piano di Rationalisierung pre­ senta anzitutto questa valenza politica: dalla ristrutturazione tecnica del rapporto di produzione fino al nuovo ordinamento politico, che la deve esprimere e garantire. Il momento della > operaie dell'ante-guerra e, in una seconda, la difesa delle loro posi­ zioni sia ideologico-politiche che produttive 6• L'organizzazione del movimento è bloccata, fin dagli anni della guerra, e drammaticatnente .

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La diminuzione degli indici globali di produzione cela il processo complessivo di innovazione tecnologica e «ringiovanimento» della struttura economica. Fatto in_. dice 100 1913, le industrie vecchie passano a 19 nel 1932, le industrie giovani a 262 ( er�o a 405 prima della crisi del 1929! ). Cfr. J. Kuczynski, Darstellung der Lage der Arbeiter in Deutschland von 1917-18 bis 1932-33, Band. V dell'op. cit., Berlin, 1966, pp. 9-23. Ma dr. anche Imperialismus beute,· der staatsmonopolistiche Kapitalismus in Westdeutschland, Berlin, 1968, pp. 2644. s E. L. Bogart, Storia economica d'Europa 1760-1939, trad. it., Torino, 193.5, e, pp. 609-614. L'importanza della politica finanziaria di Shacht, a partire dal '23 è sottolineata da Bogart, op. cit., in genere, sostenuta dalle autorità della Repubblica pp. 707-712. Cfr. M. Niveau, Histoire des faits économiques contemporains, Paris, 1966, per la comparazione dei vari cicli nazionali. 6 Il movimento comunista come organizzazione di Lumpenproletariat ·è una pura leggenda sociologica, in parte anche dovuta agli sforzi del movimento stesso per celare la propria autentica struttura di classe. O. K. Flechtheim, Die KPD in der Weimarer Republik [1948], Frankfurt, 1969, pp. 311-321, ci pare essere il primo a rivesciare questa posizione, seppure in sede meramente storiografica. Fondamentale, per tutta la nostra impostazione, il saggio di S. Bologna, Composizione di classe e teoria del partito alle origini del mo lo co e, in AA.vv., Operai e Starn-igMM�.&rn 1972. 4

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dal 1918, intorno ai dati di una struttura di classe che lo sviluppo capitalistico sta direttamente demolendo. Nulla di questo sviluppo è colto e rovesciato nell'organizzazione. Essa, al più, descrive i falli1ne nti ai quali cQnduce il baratro che si è aperto tra progra1nma politico e composizione di classe. La Geschichtsphilosophie deve cedere il passo .a questa constatazione elementare: la spinta « rivoluzionaria» 1918-21 fallisce oggettivamente nella misura in cui è espressione di strati di classe, e quindi di prospettive ed esigenze arretrati rispetto ai pro­ cessi della Rationalisierung; d'altronde la linea di difesa 192.3-29 non fa che ribadire quella posizione centrale che nella strategia del movi­ mento operaio essi avevano continuato a mantenere. Espulsi dalla terra dei rapporti di produzione, essi continuano a vivere nel cielo delle ideologie del movimento. Da questo punto di vista le differenze che intercorrono tra le varie articolazioni del movimento. operaio organizzato vanno comple­ tamente ridefinite. ·Rappresentante per· eccelle�a di quella composi­ zione di classe in via di liquidazione, organo di discorso dell'avan­ guardia operaia di classe, mirante alla conservazione di tale « aristocrazia », rimane quella comunista. Ciò significa che il controllo e l'egemonia politica su questi processi di ricomposizione è in mano all'iniziativa capitalistica, perché Il dove esiste rapporto organizzativo-politico con i nuovi strati di classe, con le nuove forrne di divisione del lavoro, questo rapporto è comunque gestito dal punto

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La posizione del grande capitale tra 1918 e 1921 non può essere diversamente spiegata. Assurda l'immagine di un capitalismo fin da allora «rivolto • al nazional­ socialismo, che «subisca • la Repubblica, secondo lo schema della storiografia liberale anti-fascista. E. Nolte La crisi dei regimi liberali e � movimenti fascisti, trad. it., Bo­ logna, 1970, illustra bene la capacità da parte .del grande capitale di «adattarsi • al nuovo Stato. � soltanto grazie a questo «adattamento » che esso sconfigge ogni potenzialità di 9Qe di classe. Originai from ·

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di vista della ristrutturazione e razionalizzazione capitalistica. La scelta capitalistica dell'organizzazione socialdemocratica per realizzare questa > tra piano di sviluppo e processi di ricom­ posizione di classe, è evidente fin dall'ultimo periodo della guerra. Si tratta di ben altro che di una mera accettazione della fine del « vec­ chio ordine>>, della Parlamentarisierung, ecc. Siamo in presenza infatti di una strategia politica complessiva in grado di egemonizzare l'ini­ ziativa dei livelli maggioritari .del movimento operaio. Il contrattacco capitalistico, alla fine del1918, assume per sé e ridefinisce gli elementi fondamentali della strategia >. Socialismo come accumu­ lazione accelerata, ricostruzione industriale, intervento statale nel ci­ clo economico, ma soprattutto: come difesa universale del lavoro vivo. Alla ideologia socialista classica della programmazione economica, l'i­ niziativa capitalistica aggiungeva il problema attuale e decisivo del­ l'orgnizzazione della forza-lavoro massificata, della > dei suoi interessi materiali, della valorizzazione del lavoro in quanto tale, uni­ versale, astratto, compiutamente capitalistico. Il Sozialismus del gran­ de. capitale tedesco tra il 11 9 8 e il 19218 si garantisce così .u n rap­ porto organico, nei fatti, con l'organizz�ione operaia, politica e. sin­ dacale. Ed è inevitabile che questa fase venga inesorabilmente spaz­ zata via allorché, distrutto ogni pericolo di organizzazione autonoma a livello operaio, il capitale può riassumere direttamente gestione e organizzazione sociale del proprio ciclo. A partire dal 1923, allorché il proces�o di razionalizzazione può uscire allo scoperto, l'organizza­ zione socialdemocratica cessa di esp�etare una funzione reale: la fase acuta della contrapposizione all'avanguardia comunista è terminata. Paradossalmente, socialdemocrazia e comunismo si muovono· cosl al­ l'unisono. Né socialdemocrazia né comunismo sono in grado di orga­ nizzare autonomamente i nuovi livelli di composizione di classe. Il 8

Illustrierte Geschichte der deutschen Revolution [1929], Berlin, 1970, p. 21.5. Il grande teorico di questo Sozialismus è W. Rathenau, nel suo Die neue Wirtschaft, Berlin, 1918. Il direttore dell'AEG vi condensava tutta la sua esperienza di organizza­ tore dell'economia di guerra e tutta la critica dell'economia liberale già sviluppatasi intorno ·a F. Naumann fin dai primi anni del secolo. 2 la prima intuizione dell'orga- . come società cap�tali­ nizzazione capitalistica come organizzazione di classe sociale stica. Le stesse parole d'ordine socialdemocratiche, «plf:Znvolle Ordnung », «bewusster Organisation », tornano in ogni pagina del libro. Ma ciò che è tipico di Rathenau è l'esaltazione esplicita dell'Arbeit massificato, perfettamente «libero •· 2 il rovescia­ mento dell'ideologia liberale neo-classica volta a «nascondere » la funzione valorizzante del lavoro. L'ideologia è ora tutta Arbeitsideologie. E il capitale, il grande capitale monopolistico tedesco, la assume senza riserve. n capitale riconosce esplicitamente e attacca, e wol liquidare, ogni forma pre il lavoro come propria parte essenziale o paleo-capitalistica di produzione in quanto « attacco » al lavoro, «spreco » di la­ voro. La Industriewissenschaft che Rathenau sente ancora mancare, sarà appunto la «nuova scienza» di questa sintesi indissolubile capitale-lavoro. Dai dottori dell'anima alla scienza del managem . Digitized by

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comunismo continua a rifletterli unicamente come momenti del capitale, da abbattere in quanto tali. In modo assolutamente analogo la socialdemocrazia non riesce a leggerli che come variabili dipendenti dello sviluppo complessivo. Dal punto di vista teorico, le due posi­ zioni coincidono: difesa sempre più regressiva delle avanguardie e ri­ duzione dei processi di ricomposizione alla nuovà configurazione> della struttura di classe, significano che l'iniziativa capitalistica sta battendo, a ogni livello, organizzativo, politico e teorico, il movi, mento operato. I momenti di questo processo sono facilmente rilevabili. Il So­ zialismus capitalistico, attraverso la socialdemocrazia, rende a priori fallimentare qualsiasi disegno «soviettista >>. Il «Consiglio >> in Ger­ mania nasce come ideologia. Consigli dei contadini e dei soldati sono oggettivamente portatori di interessi ed esigenze di classe contrapposti a quelli dei Consigli operai «d'av�nguardia » 9• Ma è all'interno degli stessi Consigli operai che non può esistere omogeneità. Il processo di ricomposizione è già da tempo in atto, allorché si sviluppano i Con­ sigli. Nella misura in cui, al loro interno, non matura nessuna strate­ gia che legga chiaramente tale fenomeno, essi si limitano a registrarne oggettivamente gli effetti di stratificazione e divisione. Non solo Ber­ lino è incommensurabile a un Consiglio di contadini � soldati, ma, come risulta subito evidente, l'esperienza dei delegati non è >, XXXXVII, 1920-1921. Su tutta la vicenda, cfr. G. D. H. Cole, Comu­ nismo e soc· emocr 1914-1931, Parte prima, tr�tg�� tJhr.fli, 1968, pp. 1.54-1n.

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spartakisti a Berlino, la sconfitta del Linkskommunismus a Monaco, Brema, Amburgo nel giro dei mesi successivi, tutto ciò ha una precisa matrice di classe, nel caratere oggettivamente conservativo che il mo­ vimento comunista presenta nei confronti della ri�rganizzazione pro­ duttiva capitalistica. I tentativi insurrezionali di Spartakus nel mar­ zo 11, il tentativo di usare l'agitazione della Ruhr per riaprire il movi­ mento rivoluzionario, possono cosl intrecciarsi, senza minimamente incidervi, con il maturare dei progetti capitalistici di riorganizzazione produttiva e istituzionale: mentre tutta l'organizzazione dei delegati di Berlino, tutta l'organizzazione comunista, Linkskommunismus e la stessa sinistra USPD sono impegnati nella > della lotta, l'Assemblea di Weimar raggiunge l'accordo sui Consigli Operai, definisce il concetto di Mitbestimmung, « realizza » il Sozialismus dei 12• Stadler e dei Goldschmidt « Sozialismus ist Arbeit » 13, la bandiera del novembre è la ban­ diera socialdemocratica. Il Sozialismus non è che difesa e organizza­ zione del lavoro come elemento imprescindibile del rapporto di pro­ duzione capitalistico. Ebert e Heilmann chiarivano con assoluto ri­ gore logico le conseguenze di questa itnpostazione allorché afferma­ vano: > 14• La difesa del lavoro come tale, l'esaltazione della sua funzione produttiva-valoriz­ zante, non può disgiungersi dal rapporto di produzione capitalistico, dalle sue scadenze di riorganizzazione e sviluppo. Ma il lato fonda­ mentale è ancora un altro: questo Stato del Lavoro che si vuole fon­ dare è ormai lo Stato del lavoro universale massificato, dell'ugua­ glianza nel nome dell'Arbeit: del lavoro perfettamente libero, non solo cioè oggettivamente spossessato ma soggettivamente « senza qua­ lità >>, quel lavoro che, appunto, costituisce la base di massa del sin­ dacato dei Leigen, dell'ADGB. Allora, essere socialisti antirivoluzionari, antirivoluzionari in quanto socialisti, significa aver compreso che la ricomposizione organica del capitale coincide, fa tutt'uno, con questa che lo sviluppo capitalistico « liberazione » definitiva del lavoro come tale tende a questa uguaglianza del lavoro universale-astratto - e che perciò l'obiettivo di sviluppo coincide con le istanze di pro­ grammazione e razionalizzazione proprie del Sozialismus. ·

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Cfr. E. Lucas, Miirz Revolution 1920, Frankfurt, 1974. 12 Sui lavori dell'Assemblea, dr. A. Rosenberg, Storia della Repubblica tedesca, trad. it., Roma, 1945; G. D. H. Cole, op. cit., pp. 172-173'; E. Eyck, Storia della Re­ pubblica di Weimar, trad. it., Torino, 1966, cap. II e III. enti sul periodo e sul dibattito intorno a questi temi sino riportati in Die deutsche Revolution, a cura di G. A. Miller, Frankfurt, 1968 e in Dokumente z.ur deutschen Verfassungsgeschichte, 1918-1933, a cura di E. R. Huber, Stuttgart, 1966. Sul problema della Mitbestim­ mung, cfr. D. Schneider, R. F. Kuda, Mitbestimmung, Miinchen, 1969. 13 Cit. in Illustrierte Geschichte . ., cit., p. 248. 1 4 Cit. ivi, p. 222. .

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Se è vero che la socialdemocrazia definiva con ciò stesso il suo ruolo come assolutamente transitorio all'interno dello sviluppo capi­ talistico è altrettanto vero che la risposta comunista a tali posizioni non riesce per un momento a «toccare terra�. I postulati fondaanen­ tali del Sozialismus rimangono inalterati: prograrJttltazione-razionaliz­ liberazione del Lavoro dalle «irrazionalità , del zazione e Lavoro sistema. Di fatto, la differenza è nel modo in cui si qualifica, politica­ mente, tale Arbeit. Per il comunismo tedesco, e per il Linkskotmnu­ nismus in modo particolare, esso è ancora precedente il rapporto di produzione fondato sull'organizzazione del lavoro di massa, il rap­ porto di produzione che diviene don1inante nelle grandi concentra­ zioni chitniche e metalmeccaniche degli anni venti. Il lavoro che co­ munismo e Linkskommunismus ancora esprimono e cercano di orga­ nizzare è il lavoro indipendente, autonomo rispetto a questi processi, maturatosi a «coscienza » prima che essi divenissero politicaanente egemoni. Se per la socialdemocrazia tali processi rappresentano la fine dell'organizzazione operaia, per il co1nunismo organizzazione ope­ raia può darsi comunque soltanto al di fuori e al di qua di essi. Per entrambi, il problema dell'organizzazione di classe è coniugato esclu­ sivamente al passato, finisce oggettivamente col diventare patrilnonio­ tradizione del movirnento. Sia per socialdemocrazia che per comuni­ smo all'interno dei nuovi rapporti di produzione può esistere soltanto egemonia capitalistica e integrazione di classe. L'accettazione da parte della prima di questo «dato >> è, alla fine, altrettanto «utopica », rivela altrettanta miseria teorica e incapacità di analisi, della difesa regressiva che il secondo opera di strutture di classe e comportamenti politici operai definitivamente trascorsi. Noi ritroviamo tutto ciò nelle Tesi e soprattutto nello svolgi­ mento del dibattito del Congresso di fondazione del KPD 15• Le sue linee teoriche di fondo tracciate dalla Luxemburg non si discostano dalla contrapposizione socialdemocratica classica tra Barbarei capita­ listica e programmazione socialista. Su questo tronco fondamentale, la Luxemburg sviluppa le proprie tesi specifiche, su cui torneremo, a proposito del carattere democratico del processo rivoluzionario, del­ l'organizzazione di classe e della costituzione socialista. Sulle questioni reali, e decisive, della ristrutturazione organica del capitale tedesco, dei rapporti tra forme organizzative del movimento operaio e trasfor15

Der Grundungsparteitag der KPD, a cura di H. Weber, Frankfnrt1 1968. Tutte le storie citate parlano a lungo di questo Congresso. Ma il tentativo più riuscito cato sotto l'aspetto organizzativo e teorico è quello di H. M. Bock di chiarirne il si Gian, nel suo Syndaka ismus und Linkskommunismus von 1918-1923, Meisenheim 1969, libro vasto e documentatissimo sull'intero dibattito del periodo al quale ri · tte. una volta Originai from ·

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mazioni della composizione di classe, né Tesi né Congresso si esprimeranno. Il Valore etico-istituzionale del Fine socialista si oppone al dis-Valore dell'organizzazione capitalista, e la sua realizzazione è com­ pito der Arbeiterklasse selbst. Tale der Ar­ beiterklasse selbst si traduce itn111ediatamente nel 1nito statico-unitario della Repubblica consiliare. Il rapporto reale classe operaia-Consigli, la questione reale della loro organizzazione, vengono capovolti nel carattere 16• Non solo il punto di vista . classico, del socialismo come nuovo rapporto di produzione, compe­ ma la descrizione che di netra interamente l'ideologia consiliare essa si fa rivela direttamente la propria matrice di classe nell'ambito degli strati opèrai cui lo sviluppo capitalistico il carattere intellettuale-libero·autonomo del lavoro. Allorché si propone l'obiet­ tivo , non c'è che il ritorno all'organizzazione del lavoro politicamente egemonizzata dalle operaie. È vero che la Luxemburg tenta una correzione di questa linea nel dibattito con­ gressuale 17• Le contraddizioni in seno ai Consigli, l'andamento del congresso nazionale appena tenuto, la valutazione complessiva della situazione politica spingono la Luxemburg a problematicizzare, al­ meno, la funzione egemone del Consigli e a tentare di collocare l'ini­ ziativa del partito all'interno dei processi di ristrutturazione del capi­ tale tedesco. Ma il punto di vista dal quale questa par­ tiva era altrettanto e più mistificante del progranu11a di origine. Un piano compiutamente consiliare, un disegno politico che riflettesse fe­ delmente l'ideologia del partito, era tatticamente i1npossibile per l'im­ maturità del movimento in Germania. Si doveva aprire una fase di preparazione: il problema dell'organizzazione si traduceva, in ultima istanza, in quello di educazione della . La com­ pleta i1npotenza del movimento operaio nel leggere ed organizzare le trasformazioni della composizione di classe, il disegno di ristrutturazio-· ne capitalistico, si capovolge nel mito dell'immaturità della massa .ope­ raia. Il fallimento politico del partito > in ·un progranuna di Bildung illuniinistica. Ma quel mito riflette in ogni sua articolazione il comportamento dell'avanguardia classica nei confronti dello sviluppo e questo programma non è che il suo della forza-lavoro massificata .

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Spartakusprogramm, pubblicato il 14 dicembre. All,inizio del 1918 il programma 'di Spartakus parlava di Demokratisierung: ·

la Luxcniburg cerca una mediazione tra questa « tradizione • e spinta delle avanguar­ die. Cfr. P. Frolich, op. cit., pp . .338 ss. Cfr. ancora P.]. Netd, Rosa Luxemburg, trad. it., Milano, 1970. Originai from Digitized by

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estremo tentativo di conservare la propria egemonia politica. Impo­ stata in questi termini, è ovvio che la correzione di tiro proposta dalla Luxemburg non potesse passare al Congresso. Se la sua diagnosi era esatta, ai suoi compagni non si presentava alcuna ragione oggettiva per un cambiamento di linea: il loro compito di « avanguardia>> ne veniva, anzi, esaltato, la loro funzione di chiarificazione e propaganda degli obiettivi socialisti fatta più urgente ed essenziale. Nulla di ciò contraddiceva o esigeva una revisione dell'impostazione tradizionale della sinistra socialdemocratica. Soltanto il capovolgimento della dia­ gnosi: il problema del superamento delle avanguardie, e non del su­ peramento della massificazione dei rapporti di produzione, la denuncia del carattere oggettivamente illuminista-conservatore del partito soltanto l'apertura del dibattito sulla questione reale dell'organizza­ zione politica dei nuovi rapporti di classe, avrebbe potuto cambiare segno ai momenti successivi della lotta nel partito. Ma per ciò non esisteva nessuna condizione: né sul piano teorico, né su quello pra­ tico-organizzativo. Tutte le vicende del 1919 testimonieranno tale impermeabilità della > del partito nei confronti degli > dei movimenti di classe·. Anche al momento della rot­ tura la chiarificazione è del tutto illusoria 18• Levi riprende le ultime indicazioni della Lu�emburg, !imitandole ancor più strettamente al piano tattico. Nessun tentativo è. compiuto da parte della direzione per spiegare diversamente i rovesci del partito nei mesi precedenti. Neppure, e siamo ormai nell'ottobre, si cerca di analizzare il > della Germania, dopo la definitiva promulgazione della Costituzione. La ripresa del processo rivoluzionario è confidata unicamente nell'acutizzarsi della crisi economica. Tutta la strategia del partito appare, nel discorso di Levi, variabile dipendente della possi­ bile crisi del sistema. Dal punto di vista teorico generale, ciò è asso­ lutamente identico alla impostazione socialdemocratica alla stra­ tegia socialdemocratica in quanto variabile dipendente dello sviluppo del sistema. D'altrode, ciò riflette perfettamente la posizione che ormai nel ciclo complessivo vanno assumendo le avanguardie storiche: posi­ zione di difesa e sopravvivenza, le cui condizioni non possono che essere dettate dalle scadenze e dai ritmi della . Rationalisierung capi­ talistica. L'opposizione di sinistra non riesce minimamente a quali­ ficare l'esigenza « sindacalista>> sul terreno dei nuovi rapporti di classe, dei nuovi interessi operai che questi esprimono. ·11 > della sinistra è riedizione delle tesi anti-istituzionali già lar. ts

Cfr. 2. Parteitag der KPD 20-24 oktober 1919, Verlag Kommunist, con le risoluzioni, la relazione di Levi e brevi sommari del dibattito. Per la posizione di Paul Levi, che andrebbe studiata a parte, vedi i suoi scritti e discorsi in Zwische11 Spartakus und Sozialdemokratie, a cura di C. Beradt, �r. 1969. !t Digitized by

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gamente circolate, come vedremo, nel dibattito sull'organizzazione del movimento operaio tedesco, mai individuazione dei nuovi comporta­ menti di classe 19• Tant'è vero che il dibattito può svolgersi in termini del tutto omogenei, sia intorno alla definizione della> che attra­ versa il processo rivoluzionario, che sul carattere del parlamentarismo e sulla democrazia nel partito. Qui i parametri politici non mutano tra direzione e opposizione. Solo valutazioni tattiche e ideologiche si con­ trappongono al II Congresso: né · capitale né operai presenziano ai suoi lavori. Il pulito di vista consiliare, in quanto lotta per una « nuova>> organizzazione del lavoro, rispecchiante fino in fondo l'opposizione degli strati operai > che domina sul piano politico la tematica consiliare è, alla radice, volontà di conservazione del con­ trollo effettivo del processo di produzione che, nella fase precedente del rapporto capitalistico di produzione, poteva esercitare la forza-la­ voro qualificata 21• Più nascosta, per ovvi motivi ideologici, nei discorsi del movimento comunista, questa difesa della funzione produttiva, e quindi del ruolo politico della forza-lavoro qualificata, esplode nelle elaborazioni delle avanguardie berlinesi. Tra chi prospettava un « dop­ pio potere >> capitale-lavoro, e chi era risolutamente, come i comunisti, . per « tutto il potere ai Soviet >> 22, la differenza sotto questo aspetto, era del tutto marginale: compartecipazione o potere, in entrambi i casi l'eserèizio del controllo economico-politico del ciclo sarebbe na19

Il dibattito su tali «comportamenti» si è molto sviluppato in Germania nei primi anni '70. Cfr., in particolare, K. H. Roth, Die andere Arbeiterbewegung, Frank­ furt, 1974. 20 P. von Oertzen, Betriebsriite in der Novemberrevolution, Diisseldorf, 1954. Cfr. D. Schneider, R. F. Kuda, op. cit., pp. 116 ss. 21 Né questa posizione era esclusiva del movimento consiliare tedesco. Alla pri­ m a Conferenza di tutti i Soviet di Pietrogrado vi è chi afferma esplicitamente che il compito del Consiglio sta «nel ristabilire l'ordine nella disorganizzazione della pro­ duzione». Tutti i delegati insistono sulla riorganzzazone del lavoro, sulla necessità di salvare la produzione dal «caos». Nell'aprile del 1918, N. Assinski parla dell'orga­ nizzazione del lavoro sovietica come fondata sul lavoro «concreto» e cosciente, sul­ l'«onore professionale». Questi documenti si possono leggere in Contrale ouvrier, conseils ouvriers, autogestion, a cura di E. Mandel, Paris, 1970. 22. A ragione Nolte (op. cit., p. 40) afferma che entrambi i corni di questa con­ trapposizione sono «ineffettuali» a meno di non intendere direttamente «doppio potere» per quel particolare stato borghese-socialista che We ber proporrà, proprio alla fine del 1918. � un fatto, però, che questa molto illusoria contrapposizione sfianca tutto il dibattito e la lotta politica all'interno delle forze che si richiamavano, comun­ que, all'esperienza cons · ·�Digitized by

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turalmente toccato a « cooperatori>> del pr9(:esso di produzione, a « soggetti>> dell'ordinarnento economico e sociale. Soltanto cosl, co­ me scriveva l' la gioia e l'ardore per il lavoro avrebbe di nuovo preso radici nel popolo tedesco 23• Tra chi voleva la conser­ vazione dell'imprenditore capitalista, ma a scopo unicattlente di orga­ nizzazione-sorveglianza, e chi, invece, indicava lo sviluppo della so­ cializzazione come completa sostituzione delle funzioni della direzione capitalistica privata da parte del Consiglio di fabbrica, la differenza non toccava né l'obiettivo finale (liquidazione dei processi di massifi­ cazione in atto, reazione al modo di produzione irreversibile della grande fabbrica capitalista) né gli agenti di questo movirnento di (gli strati di classe ancora rispetto a quei processi). Sarà Korsch, e il Linkskommunismus in genere, che porterà alle estreme conseguenze questo punto di vista utopico-regressivo, dove la sintesi idealizzata (e cosl mantenuta assolutamente) tra classe operaia e lavoro, si fonde in modo indistricabile alle tesi da tempo circolanti nel movimento operaio europeo sull'organizzazione anti­ burocratica, sia in sede produttiva che politica, di tale Arbeit ciò che significa, ancora, difesa e conservazione della sua >, della sua 24• L'imprenditorialità del lavoro comunque, dal capitalista singolo è lasciata in eredità all'operaio ge­ lernte, alla coscienza di classe. E nessuna proprietà è stata, dal movimento operaio europeo, fin qui più gelosamente custodita� •

L'organizzazione socialdemocratica realizza il lato > dell'ideologia consiliare ·

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Cit. da P. von Oertzen, op. cit., p. 100. 24 K. Korsch, Consigli di fabbrica e sociali%zazione, trad. it., Bari, 1970. Per la liquidazione dei multiforn1i recuperi korschiani, quanto conta è già stato detto: dr. P. Perulli, Note sui delegati, in « Contropiano », n. 2, 1970. Su Korsch si legga ssimi a intuire le ragioni della scon­ la feroce pagina di Henryk Grossman (tra i fitta del movimento operaio tedesco) in una sua lettera a Pau! Mattick, del 1933, trad. it. in H. Grossmann, Marx, l}economia classica e il problema della dinamica, Bari, 1971, p. 140. 25 Questo è ancora, incredibile!, il punto di vista di E. Mandel nella sua Intro­ duzione al vol. antologico già cit. Cose non dissimili diceva, anni-luce fa, A. Rosen­ berg, op. cit., pp. 74-78. Ma tutta la pubblicistica del Unkskommunismus è fern1a a queste semplificazioni etico-manichee. .

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significa, quindi, ricondurre il Lavoro alla totalità del rapporto capi­ talistico di produzione, vedere il Lavoro come elemento del capitale, esattamente nella misura in cui è effettivamente lavoro produttivo. Sotto questo aspetto, la socialdemocrazia può rispondere subito, e in maniera definitiva, al movimento comunista e alla sinistra dei Con­ sigli. La socialdemocrazia svolge i presupposti dell'ideologia consiliare: lo Stato dell'Arbeit prefigurato da comunismo e Linksko·mmunismus non può essere altro che Io Stato del dominio compiuto del rapporto capitalistico di produzione, della fase matura dello sviluppo, nella quale anche il momento dell'Arbeit è. riuscito a struttrirarsi come > sindacale e politica. L'impotenza del movimento comunista nei confronti del Sozializierungsprogramm, della crescita dei sindacati li­ beri, del dibattito intorno ai nodi organizzativo-economici della Co­ stituzione, va· intesa anche secondo questo punto di vista: capitale e la socialdemocrazia spiegano effettivamente l'ideologia consiliare assumono effettivamente, nei suoi momenti di con il mezzo di produzione, con la forma complessiva di produzione. Al Lavoro come funzione egemone e razionalizzante dello sviluppo, corrisponde l'esal­ tazione socialdemocratica del suo ruolo valorizzante. Dove il Linksdipendente kommunismus concepisce tale ruolo come variahile . cJella qualità soggettiva del lavoro, del suo Valore etico, la socialde­ mocrazia lo fa «correttamente >> derivare dall'organizzazione > del movimento operaio: lavoro produttivo autonomo, cosciet;tza di classe, socializza­ zione e partecipazione. Ma questo > er� già tutto iln­ plicito, tutto potenziale in quelle elaborazioni. Starà all'iniziativa ca-. pitalistica decidere tempi e modi della su� assunzione. Mentre all'interno della sinistra del movimento operaio la lotta ·



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si insacca intorno alla , alla contrapposizione tra dei Consigli e Assemblea di Weimar, l'organizzazione co-gestionistica dell'ideologia consiliare, lo Stato dell'Arbeit uberhaupt, prende forma sotto la spinta degli strati più « innovativi >> del grande capitale e della sua intellighentsia 26• Le > nella varietà delle situaz�oni settoriali e della relativa organizzazione del lavoro. L'articolazione dei Consigli ricalcava la struttura del ciclo, la organizzava sul piano del rapporto di lavoro. Questa dipendenza del programma di socializzazione dal grado di > della composizione organica dei vari settori, è espressa > nel primo paragrafo della legge del 23 marzo 1919: « Die Arbeitskraft als h&hstes wirtschaftliches Gut>>. L'espressione foto­ grafa una fase dello sviluppo fondato sullo sfruttamento della forza­ nella quale il processo di valoriz­ lavoro « universale », di massa zazione e riproduzione poggia sull'omogenizzazione e m·assificazione del rapporto di lavoro. La tematica consiliare era riportata in questo alveo in quanto problema di organizzazione del lavoro. Il Consiglio come strumento per l'organizzazione del lavoro nella fase della mas­ sificazione dei rapporti di produzione, dove, cioè, la forza-lavoro di ·

29 W. Richter, Gewerkschaften, Monopolkapital und Staat im ersten Weltkrieg und in der Novembe"evolution, Berlin, 19.59; G. W. F. Hollgarten, Hitler, Reichswehr

und Industrie. Zur Geschichte der ]ahre 1918-1933, Frankfnrt, 196.54• JO Per la storia del dibattito sulla socializzazione, dr. Dokumente

p p. 7�0.

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. . , cit.,

Cit. in P. von Oertzen, op. cit., p. 102. Per la posizione del SPD sulla socializzazione, dr. D. Schne· r, R. F. uda, op. cit., pp. 88 ss. Originai from 31

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massa è egemone dei processi di valorizzazione: ·ecco l'obiettivo della socialdemocrazia. Il Consiglio non solo come arma di difesa > dei > di questa forza-lavoro massificata, ma come garanzia in­ terna della sua omogeneità: la democrazia consiliare, l'ideologia demo­ cratica del Consiglio, divenivano cosl strUmento importante nella lotta contro le avanguardie storiche, da un lato, e per l'affermarsi di nuovi strumenti di organizzazione e direzione· politica, dall'altro. La demo­ cra · zia del Consiglio > l'omogeneità, l'uguaglianza, del­ l'organizzazione capitalistica del lavoro i� questa fase del suo sviluppo. Nella misura in cui, da parte del movimento comunista, non esisteva materiale possibilità di svolgere una critica a tali >, il legame socialdemocratico, organizzazione del lavoro-sua rap­ presentanza sindacale nella fabbrica-produttività del lavoro stesso, poteva rapidamente passare dalla fase dei programmi a quella del suo riconoscimento istituzionale. Dalla legge del marzo, che fissa il discor­ so-quadro sulla socializzazione e l'organizzazione futura delle rappre­ sentanze operaie, agli articoli economici della Costituzione, matura un vasto schema di pianificazione, disaggregata al· suo interno, attenta, come abbiamo visto, ai > del ciclo, e soprattutto, cen­ trata tutta sul riconoscimento del ruolo del lavoro vivo. Dallo scon­ tro che il capitale conduce con le avanguardie storiche di classe, alla elaborazione dello Stato capitalistico del Lavoro 32: il passaggio, si sconta per intero dal novembre all'estate del 1919. Esperienza capita­ listica assolutamente di « avanguardia>> risposta capitalistica che sarebbe� stata assolutamente impensabile nell'esperienza rivoluzio­ naria russa. È Wissell, in tutta la prima fase, il cervello economico della iniziativa 33: da lui deriva il piano di socializzazione per set­ tori, in base alla loro maturità e alla loro funzione nel ciclo comples­ sivo. Queste idee di disaggregazione si fondevano direttamente con la valòrizzazione delle autonomie consiliari, da una parte, e di direzione aziendale capitalistica, dall'altra. Questa fase di passa·ggio dell'econo­ mia e della teoria economica -capitalistica dalle posizioni liberali-margi­ nalistiche· ai processi sociali di .pianificazione, è disegnata con molta chiarezza da Wissell, e, in genere� si ritrova all'interno del dibattito economico nell'Assemblea. Questa impostazione, d'altronde, rifletteva per larga parte anche il punto di vista dei settori più avanzati del •

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Sul significato complessivo della ristrutturazione istituzionale che si compie a Weimar, cfr. G. Schulz, Zwischen Demokratie und Diktatur. Verfassungspolitik und Reichsreform in der Weimarer Republik, Berlin, 1963 Sempre dello stesso . autore, Revolutionen und Friedenscblusse, Miinchen, 1967. Di notevole interesse, inoltre, i saggi contenuti in Staat, Wirtschaft und Politik in der Weimarer Republile, Berlin, .

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1967.

33

Cfr. E. L. Bogart, op. cit., p. 610. Di Wissell vedi Ohne Planwirtschaft, leein

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. Centro e dei Democratici. La « Costituzione democratica >> che isti­ tuzionalizza cosi quell'alleanza capitale-lavoro necessariamente deri­ vante dalla difesa-esaltazione delle funzioni produttive dell'Arbeits­ kraft, trova la propria struttura economica in questo primo abbozzo di , in quanto calcolo dell'interdipendenza in­ scindibile capitale-lavoro. Certo, Wissell mira alla istituzione di mec­ canismi di controllo sulla formazione dei prezzi, sulle pratiche mono­ polistiche di mercato e sui profitti che ne derivano, in grado di l'aumento della produttività operaia e il rela­ tivo controllo della dinamica salariale. Ma tale politica dei redditi, tén­ denzialmente globale, non ·passa 34• Sono gli stessi rapporti di forza che i socialdemocratici hanno finito col determinare a renderla impos­ sibile. Da processo decisionale sui meccanismi di crescita, cosl come Wissellla concepiva, la politica dei redditi sancita si ri­ duCe a meccanismo distributivo, a controllo degli effetti inflazionistici, a tattica economica. La liquidazione di Wissell segna la completa assun­ zione del controllo della situazione da parte capitalistica. Esito scon­ tato: la socialdemocrazia non aveva svolto altra funzione che quella della riorganizzazione capitalistica del lavoro a questo punto: tempi e for�e della ricostruzione capitalistica dovevan·o essere rispettati in quanto tali. Ma la possibilità di contrattacco a ques.ta strategia si era fermata per la sinistra del movimento operaio assai prima, fin dal no.. vembre, fin dalla scelta di far quadrato intorno a un'interpretazione utopica del Consiglio ancor prima, fin dalle elaborazioni ante-guerra del problema organizzativo, da un lato, e dalle analisi sul tutta questa interpretazione dello svitutta questa luppo dell'organizzazione di classe e delle sue esigenze è per la sua morte. alternativa alla ristrutturazione capitalistica Tra il 1919 e il 1921 l'iniziativa teorica e pratica capitalistica la li­ quida definitivamente.· E si può allora rintracciare il ·filo che, anche i momenti negli anni precedenti, conduceva a questa liquidazione le dello scontro reale, le utopie positive della scienza del capitale possibilità concrete dell'organizzazione di classe. Operai e capitale nello sviluppo, disfatte le mediazioni ideologiche che abbiamo fin qui ana­ lizzato (e che si ripeteranno e si ripetono ancora, ormai come pura « filosofia della reazione » ), scoprono un diverso terreno di scontro. E i parametri per analizzarlo ed usarlo politicamente devono mu­ tare in modo radicale. A questo punto, conta la consapevolezza del­ l' dei processi di organizzazione di classe rispetto alle sca­ denze istituzionali del sistema, di cui il capitale in que­ sto periodo. Conta la· consapevolezza disincantata che è impossibi­ le batterlo strategicamente in nome della democrazia pre-burocra­ tica, in nome della ideologia liberale. Questa ideologia è funzio­ nale all'esplosione delle contraddizioni interne del movimento ope­ raio, ma non serve alla strategia del contrattacco capitalistico: è arma tattica che il novembre liquida. Questo contrattacco deve ri­ definire i principi dell'organizzazione, del sistema partitico, della struttura democratica del nuovo stato capitalistico 64• � progetto complessivo di ristrutturazione sul terreno reale dello sviluppo dei rapporti di produzione. Su q·uesto terreno l' da par­ te del movimento operaio, minacciosamente nel 1905, va battuto. Contro questo programma, che ripropone i temi dello scontro di classe al loro attuale livello, che li teorizza in quanto tali, la democrazia libera dei notabili, le > dei Geistige Ar63

Sein und Zeit, Halle, 1927, è la fine di Weimar: il tempo non scientifico del­ l'Individualiti:it non può ornJ ai «intenzionare,. che la propria morte sapersi in essa. Né la speranza chiliastica, blochiana, del nuovo Reich né la «possibilità oggettiva,. lukacsiana. Sein und Zeit è il libro meno «mistico,. apparso nella Gerrnania di Wei­ mar; esso metteva drasticamente, brutalmente, a nudo le ragioni oggettive della di­ sfatta di un'ideologia etico-storicistica e ·di una utopia ne denunciava la morte. Non è forse Heidegger chi comprenderà Nietzsche più a fondo? 64 Su questa riorganizzazione complessiva rimandiamo ai due fondamentali vo­ lumi: H. A. Turner, Stresemann and the Politics o/ the Weimar Republic, Princeton, 196.3 e S. Newmann, Di arteien weimarer Republik, Miin� i:l�� m

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beiter, gli strati di classe storicamente battuti, i professori della Lebensphilosophie, il marxismo dell'itnperativo categorico, conducono le ultime battaglie della propria inutile angoscia. Contro questo pro­ grarntna occorre ben altro, e c'è dell'altro, fin da allora. Di fronte alla riorganizzazione capitalistica, c'è il tentativo di affertnarne la prospet­ tiva, di combatterla al suo livello, di impadronirsi dei suoi strumenti teorici e di rovesciarli, sul piano concreto dell'organizzazione del movimento, della sua struttura e della sua tattica. Sono i rapporti e gli scontri decisivi di quegli anni , in tutti i modi mistificati dalla Kultur che abbiamo fin qui tratteggiato, ma che dobbiamo finalmente saper vedere e leggere, per poter da essi ripar­ tire: da Weber e Lenin 65•

3.

Da Weber a Leni n «

In uno Stato moderno il potere reale sta [ ...] necessariamente e inevitabilmente nelle mani della burocrazia. Della militare come della civile. Infatti, è dall'ufficio che l'alto ufficiale moderno dirige perfino le battaglie» 66• Misura della moderr•izzazione dello Stato, a sua volta misura del grado di Zivilisation, l'organizzazione burocratica è irreversibile espressione della sintesi tra Stato moderno, itnpresa e or­ ganizzazione politico-produttiva della grande fabbrica contemporanea: >, viene teorizzato in quanto tale: nessuna nostalgia e nessuna prefigurazione può >. Ma questo destino significa Zivi­ lisation, significa divisione del lavoro, potenza economica e atnmini­ strativa. Di più: soltanto su questo terreno possono nascere e svilup­ parsi le contraddizioni specificatamente contemporanee dei rappor­ ti sociali e di produzione. Uscirne è mistificare le ragioni oggettive dei conflitti stessi attuali. Non «riconoscere>> l'organizzazione buro­ cratica è itnpotenza nei confronti delle forme moderne della lotta poli­ tica. La weberiana della burocrazia si oppone alla letteratu­ ra anti-capitalistica non certo in base a un principio > di integrazione. Il punto di vista > queste fratture: organizza la scissione come tale. Essa rappresenta, quindi, la forma organizzativa stretta­ mente connessa allo sviluppo capitalistico moderno proprio nella mi­ sura in cui ne riflette la contraddittorietà oggettiva, e quindi gli stessi potenziali conflitti. La burocrazia« comanda >> una dinamica conflittua­ le che essa come insuperabile.·

Integrazione nella forma burocratica è, anzitutto, per Weber, collocarsi nella dimensione moderna reale dello scontro politico, della lotta per il potere, oggi. L'immagine statica dell'organizzazione come integrazione semplice, liquidazione del conflitto, propria dei Michels come della sinistra socialdemocratica, viene brutalizzata dall'analisi contraddittorietà del sistema come weberiana: integrazione e lotta forma specifica della sua razionalità. Ciò comporta l' di forme istituzionali capaci di fondarsi su questa dinamica, di espri­ merla, di usar/a fino in fondo. La burocrazia come forma dell'orga­ nizzazione è concepibile soltanto in questo contesto politico comples­ sivo. Questo contesto si articola e > attraverso la forma 68

lvi, p. 311. Digitized by

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burocratica, ma non può esaurirsi in essa. Il suo potere dirige e strut­ tura tale forma, non vi si identifica. La riduzione dell'organizzazione sociale contemporanea al principio burocratico, riduzione operata da tutta la Soziologie borghese, mistifica il problema fondamentale del rapporto burocrazia-potere, il problema politico della burocrazia ne dà un'immagine infantile, distorta, dove il momento strutturale della Zivilisation capitalistica è affidato al momento « tattico • del suo sistema di potere. Vi è, quindi, non « dell'altro>> rispetto all'or­ ganizzazione burocratica ma il livello della sua direzione e del suo significato politico.. Non ha senso chiedersi né in che modo > resti di Individualitat, né dove trovare le forze in grado di rap. presentare istanze > difronte al principio burocratico. Ad esso va posto un limite interno alla sua struttura, storicatnente con­ genito ad essa. Un limite razionale-calcolato, prodotto dalle stesse esi­ genze di efficienza e socializzazione, dalle stesse condizioni di divi"'! sione sociale del lavoro, che generano la forma burocratica. Occorre, difronte alla burocrazia, considerare che cosa essa, come tale, > del dirigente. La differenza non è qualitativa. La differenza sta nella natura della re­ sponsabilità che una determinata funzione coinvolge. Il lavoro del diri­ gente è funzionale alla decisione. Questo momento, per essere razio­ nalizzato e controllato, ha bisogno di un livello specifico di respon­ sabilità, funzionalmente diverso da quello della semplice discussione o, poi, della realizzazione del progetto. Nulla è più lontano dall'analisi weberiana che l'> qell'lmprenditore 70• Qui c'è la dissacrazione fiJ

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Ivi, p. 322.

La prima edizione di La teoria dello sviluppo economico di J. Schun1peter esce nel 1911. In Schumpeter l'esaltazione dei meccanismi di trasformazione va contro la Sekuritat positivista-borghese, ma recupera in pieno, sul piano « letterario •, l'idea dell'imprenditore, dell'imprenditorialità libera. Schumpeter non analina t•interdipcn­ denza strutturale innovazione-sistema amministrativo-economico, che è il vero proble­ llla di Weber. Manca in Schumpeter il problema dello stato. Le convergenze analitiche profonde tra i due massimi teorici capitalistici di allora, vanno viste in questa pro­ spettiva più articolata e complessa. Cfr., in proposito, l'ultimo del presente volume. Digitized by

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del 1nito del lavoro autonomo e indipendente anche al livello di dire­ zione, di assunzione irreversibile di responsabilità. Lo spirito dirigente è incarnato nel rapporto sociale di divi�ione del lavoro. Soziologie e sinistra socialdemocratica sono, in effetti, gli apologeti più > del mito imprenditoriale, nella misura in cui astraggono l'uno dall'altro i due termini del sistema capitalistico moderno di dotninio, burocrazia e direzione. Riducendo tale sistema alla forma burocratica, esse esaltano indirettamente . come autonomo il potere politico del dirigente mistificano sia la forma burocratica, sia il Jeitender Geist. Tale è, invece, prodotto dello Stato razionale-burocratico, esattatnente quanto la struttura atlitninistrativa. La burocrazia come tale non può occuparsi di , è funzione della maturità del sistema di divisione del lavoro che la burocrazia permette, è direttamente proporzionale all'efficacia e tempestività del­ l'amitlinistrazione, alle sue capacità di controllo, al suo , ma sul terreno specifico che le compete. Aufkli:irung completa - dissacrazione dei miti borghesi di op­ posta a lavoro ripetitivo, modello di integrazione funzionale che non trova corrispondente nelle elaborazioni sociologico-politiche di allora. E modello di integrazione per la lotta. Nessun 1nito di liquidarla. Nessun mito che nel leitender Geist, attraverso il suo potere, cessi la dinamica conflittuale che accompagna il processo di Zivilisation. Il dirigente è lotta opposizione continua ad altre decisioni vo­ lontà di potenza. La struttura dello sviluppo capitalistico si riflette e riorganizza costantemente nella conflittualità delle proprie istituzioni. Tener fronte a questa dinamica, collocarsi in essa, esserne responsa­ bile: questo è il livello del Politico. Ma affermarsi in essa, potere in essa, è possibile soltanto se il Politico ha realizzato efficacemente la ha imparato ad usarlo, e propria integrazione con il Burocratico quest'ultimo a essere usato. Dunque: burocrazia, direzione e sviluppo intorno al rapporto tra questi tre termini è possibile la riorganizzazione dello Stato capitalistico. Ma ancora non basta. Che cosa è in effetti quel Superuo­ mo completamente emancipato da ogni incanto di autonomia, com­ pletarnente «freddo >> nel teorizzare il proprio Arbeit, perfettamente > prodotta dal « riconoscimento >> dei conflitti, delle loro ra­ gioni, e non dalla loro soppressione. Tutto il·modello weberiano della democrazia parlamentare si basa su queste premesse. Nessuna 72) è per Weber àncora di salvezza dello sviluppo capitalistico: attuazione razio­ nale della divisione del lavoro, rapporto corretto con la burocrazia, dissacrazione del dirigente autonomo, riconoscimento e uso del con­ flitto sociale. Anche l'intervento di Weber per il presidente eletto a suffragio universale conferma questa prospettiva del suo discorso teo­ rico-politico 73: porre una scadenza di lotta generalizzata, ma rea­ lizzabile soltanto attraverso i più sofisticati meccanismi anmlinistra­ tivo-burocratici, dalla quale emerga, quindi, non lI ' ndividualitiit in sé, ma il dirigente politico nuovo, che è nel sistema burocratico per usarlo fino in fondo: insomma, illeitender Geist naturaliter democra­ tico. Dunque·, né soltanto amministrazione, né soltanto potere del governo. Un'autentica integrazione istituzionale si crea soltanto dele­ gando al Parlamento un controllo costante e capillare sia dell'ainmini­ strazione che del governo. In questo controllo, che deve essere reso· possibile attraverso la pubblicità degli atti, si realizza la responsabilità politica del Parlamento, l'atto decisionale, e, soprattutto, la batta­ glia politica che lo precede. Questo controllo dipende, nelle sue mo­ dalità. e nei suoi fini, dal punto di vista politico della > al potere. La «solidarietà » si realizza non > sui programmi, ma, all'opposto, nel «riconoscimento>> della funziona­ lità della struttura parlamentare cosl intesa per «organizzare>> uno scontro dal quale emerga un potere effettuale. Nessuna Bruderlich­ keit 74! La solidarietà è, all'opposto, identità di terreno di scontro, scelta dello stesso terreno. Anche qui: razionalizzazione delle «moda­ lità >> conflittuali. Ma come è possibile ridurre al Parlamento la complessità dei conflitti sociali dello sviluppo? Quali organi funzionalizzare a ·questo scopo? In che modo garantirsi che il conflitto parlamentare esprima realmente le contraddizioni intrinseche al rapporto di produzione e allo sviluppo capitalistici? Tutto viene a dipendere dalle forme nelle quali si organizzano le diverse forze politiche, dalla struttura delle «rappresentanze » parlamentari. Si ritorna necessariamente alla Or­ ganisationsfrage: al problema del partito. Secondo lo schema weben Ivi, p. 338. 73 Fu questo il punto sul quale Weber esercitò la massima influen7.a sull'Assemblea di Weimar e, quindi, sulla Costituzione che ne uscl. K. Jaspers, Max Weber politico,

scienziato� filosofo [1932], trad· . it., Napoli, 1969; W.]. Mommsen, Max Weber und die deutsche Politik 1890-1920, Tubingen, 1959, che rimane il testo fondamentale sui rapporti politici di Weber; importanti notizie biografiche in M. Weber, Max Weber. Ein Lebensbild, Tubingen, 1926; Max Weber, Werk und Person, a cura di E. Baum­ garten, Tubingen, 1964; R. Bendix, Max Weber. An intellectual portrait, New York, 1960. und 74 M. Weber, Parlam ng, cit., p. 354. Originai from Digitized by

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riano, se viene a mancare l'organizzazione partitica come istanza effet­ tiva di deterttlinati interessi in lotta per la propria affer1nazione se questa organizzazione è « sfasata >> rispetto agli interessi che rappre­ senta tutto il processo di Parlamentarisierung si rivela illusorio. Il Parlamento integra le componenti della dinamica sociale unicatnen­ te nella misura in cui ne rappresenti la collocazione reale nello svilup­ po. Un ritardo dell'organizzazione partitica su questo punto deter1nina la inoperatività, alla fine, del Parlamento nel suo complesso. Da questo punto di vista si spiega la critica serrata eh� Weber conduce alle istanze tradizionali dei partiti tedeschi > da Bi­ smarck e corresponsabili della « politica negativa >> condotta dal Par­ lamento della Germania. Ma da questo punto di vista si spiega anche il riconoscitnento weberiano dell'« anticipo >> socialdemocratico, per quanto, come abbiamo già visto, costantemente contraddetto, da una parte, dall'« eroica etica apolitica e antipolitica >> del sindacalismo, e, dall'altra, dalla struttura di classe effettiva del partito. Weber non analizza quest'ultimo aspetto; indica, però, a più riprese, i tentativi socialdemocratici di « sintesi >> tra apparato atnlninistrativo e direzione politica, il carattere democratico di massa del partito come tratto ca­ ratteristico dell'organizzazione partitica, oggi. Così deve essere: l'or­ ganizzazione partitica o è analoga alla struttura politica complessiva one. del sistema, o è coincidenza oggettiva di reazione e p Affermare la propria volontà di potenza nel sistema è possibile sol­ tanto se l'organizzazione di cui si dispone ha afferrato in sé fino in fondo i processi di burocratizzazione e si colloca nel loro sviluppo. Anche l'organizzazione partitica, dunque, presenta quella dialettica burocrazia-direzione che abbiamo già analizzato. Ma questa dialettica ha una funzione sua specifica: collegamento efficace con determinati loro efficace rappresentan%11. interessi e strati di classe Nel modello istituzionale weberiano, per la prima volta, il pal'tito assume questa funzione essenziale di mediazione del conflitto attra­ verso la sua traduzione sul piano della battaglia parlatitentare per il potere. E) per Weber) così deve essere: se l'organizzazione partitica è volontà di potenza, essa deve collocarsi nella struttura reale dei pro­ cessi istituzionali poiché tale struttura si è venuta espritnendo nella sintesi funzionale di burocrazia e, alla fine, Parlamentarisierung, !,or­ ganizzazione partitica è, in modo vincolante, funzione esplicita di tale Parlamentarisierung. Partiti «nazionali», dunque, perché esprimono i reali processi di lotta della nazione burocratizzati per poter controllare ed espri­ mere questi processi: i «nuovi partiti» di Weber dissacrano 1,« au­ ra » armonica del concetto di democrazia, e lo rifondano su un terreno allora oggettivamente irraggiungibile da par�� della teoria del movi­ .

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mento operaio. Anzi, Weber giunge ad assumerne l'ottica per dimo­ strarne l'assoluta contraddittorietà delle conclusioni 75• L'appello so­ cialdemocratico, del Sozialismus in genere, all'organizzazione demo­ cratica in quanto «dis-alienazione>> dell'Individualitat, contraddice il suo programma di organizzazione economica, la idea socialista fonda­ mentale di : liberalismo etico e dell'economia si confondono nell'elaborazione del movimento operaio, senza mai giungere a specifìcarsi storicamente, ad articolarsi tatticamente. Questa contraddizione si presenta in termini assoluti nel Linkskommunismus . È nella teoria del Linkskommunismus che struttura /capitalistica privata, che «teoria marginale », e sviluppo capitalistico sono una cosa. Ed è invece Weber che dimostra non .solo la diversità, ma la contrapposizione, oggi, tra queste fasi dello sviluppo e del rapporto capitalistico di produzione. Questo rapporto, questo meccanismo può essere salvato soltanto ormai a partire dalla liquidazione del suo «essere-privato>>. D'altra parte, l'ideale comunista della produzione secondo i «bisogni », questa prefigurazione antropologica, è soltanto «musica dell'avvenire>> 76• Non tanto va criticata per la sua miseria teorica, quanto per la sua impotenza politica: lottare per la > effettivo 77• Esso ne ha delegato la gestione al Governo e/o all'amministrazione. Durante tutta l'epoca bismarckiana e l'inizio dell'epoca gueglielmina, il partito borghese è il partito della conservazione pura, dell'obbe­ dienza. Incapace di esprimere dirigenza politica, incapace di esercitare le sue funzioni di controllo, massimo responsabile della sconfitta te­ desca. Insomma: modello di Volontà di Impotenza: del primo scritto spariscono nel secondo. In Parlament und Re­ gierung la dialettica parlamentare appariva ancora come garanzia di effettivo potere _per tutti, come espressione di un > delle organizzazioni avversarie, sia sul piano tattico che su quello strategico. Nessuna illusione di giustificare idealmente vittoria o sconfitta: il partito moderno tiene al risultato effettivo. Questo conta ormat. :È la morte del borghese. Ed è la morte dell'alternativa del movi· mento operaio al borghese. Il modello > borghese-socia­ lista che Weber tratteggia non è, in positivo, che il progetto di ristrut­ turazione capitalistico, nelle concrete condizioni di allora 81• Ma que­ sto progetto ha bisogno di una nuova «volontà di potenza>>, di un nuovo organismo politico, di nuovi partiti, nei quali I� politica venga intesa come lotta effettiva, sintesi di direzione e amt11inistrazione, cll strategia e tattica. Partiti nei quali l'ideale venga sostituito dalla pro­ fessione disincantata, attenta al risultato effettuale. Soltanto cosl la ·Parlamentarisierung sarà· in grado di svolgere la propria funzione di classe. Politik als Beruf 82• . Certo, questo progratnma neppure è sfiorato dalle critiche della sinistra del movimento operaio; eppure, tra 1917 e 1919 qualcosa si spezza anche dentro la logica del discorso weberiano·. Nel1917, Weber •

st M. Weber, Deutschlands kunftige Staatsform, cit., p. 470. 82 Questa conferenza, tenuta a Monaco in questo stesso anno (trad. it., Torino, 1966), forma, con i due saggi già citati, la grande triade weberiana del 1918. L'etica della responsabilità, che appartiene al politico, distrugge la «convinzione religiosa •, distnJgge l'«aura borghese ,. primitiva. Il politico calcola le proprie azioni, e ne ri­ sponde direttamente: perciò usa della forza. La «vocazione,. politica non può essere che volontà di potere. Certo, la «risoluzione,., della tradizione etico-protestante, «originaria», del capitalismo non è mai in Weber netta sul piano della critica ideo­ logica, quanto, invece, è esplicita nelle conclusioni complessive del suo discorso. Su questo limite ho insistito già nel mio Sulle origini del pensiero negativo, in «Contro­ pano», n. l, 1969.

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propone la Parlamentarisierung universalmente. Nell918, invece, es­ sa è costretta a esprimere un progra1nma rivoluzionario di classe. Ma il precedente modello, che rimane sostanzialmente inalterato nel1918, si fondava sul presupposto della piena rappresentanza nel Parla111ento degli interessi di classe, dei conflitti sociali emergenti nel processo di sviluppo. Indirettamente, si riconosce, dunque, l'irrappresentabi­ lità di quei comportamenti di classe, che, a ragione, Weber non identifica affatto con le loro tradizionali organizzazioni. Ma, allora, o nel Parlamento si ripresentano partiti , astratti dal oppure al suo interno si apre un vuoto in corri­ movimento reale spondenza alla dinamica conflittuale determinante nello sviluppo e dello sviluppo. Viene, cioè, a sussistere una funzionale, coinin­ cia qui a cedere. Weber è troppo del suo sviluppo. Qui non esistono possibilità di incontro con le ideologie. luxemburghiane e del Linkskommunismus, poiché è esatta1nente que­ sta > che esse considerano impossibile, mistificante. Qui esi­ ste soltanto la possibilità dell'incontro con le teorie più disincantate sulla organizzazione._ Incontro oggettivo e non tanto, non necessaria­ mente, di lettura, di critica. Era il problema politico dell'organizza­ zione del p�rtito di classe a imporsi, a Weber come a Lenin. E in termini analoghi: partito per il potere, nello sviluppo, sintesi di nuovo partito. strategia e tattica, fondato sul risultato effettuale Ma la prospettiva leninista .fuoriusciva dal modello di Weber: -non partito della « solidarietà nazionale>>, non organo di lotta per e nella Parlamentarisierung ma partito che, nella e grazie alla sua strut­ tura burocratica, spezza il collegamento istituzioni-movimento di clas­ se, > isti­ tuzionale, esprime e organizza la contraddizione. L'organizzazione del nuovo partito deve scontare, per Lenin co­ me sarà per Weber, una fase di « dissacrazione>> della > del > 83• Questa critica costi­ tuisce un :filo conduttore di tutta la teoria leninista, ma è soprattutto nelle opere intorno al 1905 che essa si va elaborando nella sua strut­ tura definitiva. Né poteva essere altrimenti per chi già aveva sepolto il « romanticismo economico » 84 : comprendere lo sviluppo economico capitalistico doveva significare anche afferrarne i modelli organizzativi. Abbandonare il terreno liberale della contraddizione produzione-con­ sumo, della spiegazione sismondiana della crisi, comportava necessa­ riamènte principi organizzativi completamente estranei alle tradizioni V. Lenin, Che fare?, in Opere, V, trad. it., Roma, 1958, p. 411. Gli anni deci­ sivi dell'elaborazione leninista del discorso sul partito vanno dal 1902 al 1904. Le tesi leniniste verranno _fissate al III Congresso del POSDR. Sul Che fare?, dr. l'importante Introduzione di V. Strada all'ed. it. dell'opera, Torin(), 1971. 84 Cfr. i foranidabili scritti del « giovane » Leni n, Lo sviluppo del capitalismo in Russia, in Opere, III, trad. it., Roma, 1956; Caratteristiche del romanticismo eco. nomico, in Opere, Il, ivi, 1955. Su quest'ultimo ho soprattutto richiamato l'attenzione nel mio saggio Le teorie llo svil po, « Contropiano •, n. l, J8�a· al from 83

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«democratiche» del Sozialismus. È solo mistificando il carattere so­ ciale del rapporto di produzione capitalistico, che l'Organisationsfrage può essere ridotta al problema della «presenza» nella lotta, dell'« in­ citaJJlento >> ad essa, della solidarietà. Ma se il ciclo ha, appunto, quel carattere sociale che Lenin aveva descritto nelle sue precedenti opere di­ economiche, il problema dell'organizzazione diviene politico viene il problema della sintesi tra movimen�o, comporta1nento di clas­ se e struttura istituzionale. A questo punto, qualsiasi appello alla· Spontaneitat o all'intervento «iintnediato >> nella lotta cela, dietro alla sua «purezza» operaia, il Wille zur Ohnmacht weberiano 85• Ma se il principio di organizzazione, per potere, deve >. La necessità di i1npostare politicamente necessità imposta dalla fase dello svilup­ il programma di lotta si ca direzione e burocrazia. Significa liquidare la «pu­ po il «·giudizio puro>> della coscienza rezza>> della S pontaneitiit il romanticismo economico. L'organizzazione la disaggregazione della burocrazia. La « divisione del lavoro >> funziona qui in termini ancor più radicali. Strutturalmente, il Politico è definito come assolutamente 89• L'« organizzazione democratica» o è pendant esatto del roman­ ticismo economico, o scientifica difesa degli interessi borghesi nel. partito. Lenin collega la proposta organizzativa democratica alla sua oggettiva funzione di classe 90• Questa è la domanda che egli si pone: se l'organizzazione democratica corrisponda a strati sociali non solo strategicamente avversari del movimento di classe, ma, prima ancora, superati dal processo stesso di sviluppo, storicamente itnpotenti. La democrazia riflette una posizione difensiva del partito, corrisponde alla difesa borghese della propria Individualitat. Direbbe Weber: nel > il borghese cela la propria esigenza di , ante­ rem. La necessità di responsabilità per l'iniziativa, la necessità della si trasforma scelta politica univoca, viene costantemente rimandata in Dovere. Il momento tattico-effettuale è sempre « immaturo >> per la situazione non è mai >, del rapporto popolo-classe ecc ., incarnati, come abbiamo visto, nelle esigenze dello scontro che si an­ dava organizzando si trasformano nell'autonot11ia politica .del Gelernte, in mistificazione della struttura organizzati va: la coscienza­ per-l'organizzazione di Lenin in coscienza versus il principio orga­ nizzativo. Né poteva essere div.ersamente: quell'avanguardia operaia, reale nella Russia del piano rivoluzionario leninista, e quindi real­ mente determinata a organizzarsi per la propria egemonia, necessitata a programmare la propria lotta, non è più tale nella Gertnania di Weimar: l ua po izione si trasforma in · ·�W� conservatrice. Il Digitized by 0 e UNIVERSITY OF CALIFORNIA ·

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suo momento è definitivamente passato. Il principio organizzativo serve unicamente nella direzione dello sviluppo, non ha senso per forze politiche scollegate da esso. Non ha senso per l)Arbeit creativo, dis-alienato, del Linkskommunismus. Sta di fatto che, malgrado questo abisso teorico-politico tra le due posiZioni, la composizione di classe, e quindi la situazione comples­ siva del rapporto sociale capitalistico, che esse sottendono, può sem­ brare analoga. La strategia « ·uniformante >> della terza internazionale, gli stessi lavori di Lenin dopo il 1917, spingono oggettivamente verso 102• questa interpretazione Tanto bastava perché la tradizione successiva del movimento ope­ raio europeo ricucisse, geschichtsphilosophisch come sempre, Lenin e Luxemburg, rivoluzione sovietica e ideologie consiliari, avanguardia leninista e avanguardia Linkskommunismus. Lukacs, il Lukacs di quegli anni , inaugurerà la serie. Lenin imponeva a Weber il problema del tra organiz­ zazione-partito e Parlamentarisierung. Ma, a sua volta, il Weber del 1917-18 impone a Lenin il problema del rapporto, sul piano storico generale, tra organizzazione rivoluzionaria, obiettivo di piano e si­ stema cap�talistico il problema dell'integrazione reale da parte dello sviluppo capitalistico dell'obiettivo di piano. Certo, Weber no·n ri­ sponde a Lenin sulla contraddizione del proprio schema, sulla della nuova di.natnica di classe da parte della struttura parlamentare. Ma neppure Lenin potrebbe capovolgere la strategia di sviluppo che Weber propone come attacco politico alle· basi mate­ riali di classe del movimento operaio. È il che delimita e determina una situazione economica e istituzionale. L'integrazione ancora parlamentare propo­ sta da Weber risponde validamente alle « avanguardie>> della socialdemocrazia, non ai processi di ricomposizione di classe. Weber vive del paradosso di fondare l'efficacia pratica del suo schema su un processo di ricomposizione i cui effetti politici complessivi gli sfug­ gono. E l'organizzazione di Lenin è un formidabile strumento ancora Sui limiti de L'Imperialismo di Lenin, dr. l'importante contributo di L. Iraci, Lenin e l'imperialismo, «Il segnalatore », n. l, 1971; inoltre, P. Forcellini, Per una riconsiderazione dei problemi del sottosviluppo, in «Contropiano », n. 3, 1970. Im­ portanti documenti sui modi reali della « omogenizzazione bolscevica • all'interno del­ la Terza Internazionale si leggono nell'antologia curta da T. Pirker, Utopie und Mythos der Weltrevolution, Miinchen, 1964; e in quella, specifica per la Germania, a cura di H. Weber, Volker hort die Signale, der deutsche Kommunismus 1916-1966, Miinchen, 1967. Sui rapporti all'interno dell'Internazionale, dr. A. Rosenberg, Storia del bolsce­ vismo [1933], trad. it., Firenze, 1969. Molto importante il recente volume di H. Weber, Die Bolschewisierung der KPD 1924-1929, Frankfurt, 1969. Sull'lnternazi va, quindi, tutta coanmisurata a questa struttura del rapporto sociale. Ma è innegabile, d'altra parte, che il senso com­ plessivo della strategia leninista consiste nel generalizzare la forma industriale del rapporto di produzione, quindi nell'allargare e massi­ ciò· che significa fìcare 1a riproduzione di forza-lavoro industriale e comporta distruggere le > di classe. Il partito stesso potrebbe essere interpretato come primo strumento per la riprodu­ zione allargata di forza-lavoro. Ciò è evidentemente l'opposto della disperata conservazione del mito delle > 104• Ma lo sviluppo concreto di quelle « premesse economiche oggettive» non viene, poi, affatto analizzato. Il problema. dei rapporti organiz­ e, quindi, su questa base, l'impostazione di un zazione-sviluppo non è neppure presente. Il saggio rimane discorso critico su Leniti sul piano interpretativo. Per questo, Lukacs poteva anche non avver­ tirne la contraddittorietà profonda delle conclusioni rispetto a quello dell'anno prima, sempre su Rosa Luxemburg 105• Qui la Luxemburg può essere esaltata come teorica, in nome del suo metodo totale­ dialettico in contrapposizione a quello >, il carattere utopico del suo modello organiz­ zativo, senza affrontare di nuovo le conclusioni del 1921. Ma ciò è possibile, lo ripetia1no, perché anche il. saggio «più leninista» non coglie affatto il problema di Lenin e quindi l'analisi di Lenin non vi agisce mai complessivamente. Qui sta la ragione della mistifica­ zione fondamentale che il Lukacs di questi anni svolge: sposare la Luxemburg teorica al Lenin tattico-politico. 104

lvi, p. 349. , 105 G. Lukacs, Rosa Luxemburg marxista, in in Storia e coscienza di cl se, cit. Digitized by ·

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Ciò dipendeva dalla sostanziale accettazione da parte di Lukacs dell'« economia politica>> luxembur ·ana 106• Questa rappresentava il tentativo più radicale di riduzione della critica marxiana a Zusam­ menbruchstheorie: la critica mariana dell'economia politica ridotta a invenzione-prefigurazione della crisi finale del sistema. La lettura di Marx era bloccata agli schemi di riproduzione, ben prir11a che la Lu­ xemburg la rendesse canonica con il suo volurne fondamentale. L'ilo­ la costante tendenza possibilità di realizzare il plusvalore prodotto e, quindi, la insuperabile contraddizione produ­ al sotto-consumo zione-mercato: questa impostazione caratterizzava da tempo il dibat­ tito nella socialdemocrazia. Le conclusioni che la « destra>> socialèleprogrammazione e integrazione produzione-mermocratica ne trae cato sul piano distributivo non si discostano dall'idea-base dello schema luxemburghiano: che, cioè, la crisi di sovra-produzione è in­ scihdibile dal sistema capitalistico. La socialdemocratica muove dagli stessi presupposti: lo stesso obiettivo da raggiungere è qui im­ condizioni liberali-concorrenziali di mercato potente non solo a registrare i nuovi fenomeni; ma, quel che più conta, a individuarli comunque come più alto terreno di scontro ideni, tifica > socialdemocratica e Linkskommunismus. questo discorso viene dal Linkskommunismus pro­ prio nei suoi elementi di massima arretratezza. Tutto il peso dell'ana­ lisi, cosi come tutto Io sforzo organizzativo di lotta, andrebbe portato su queste : Tutto l'asse dell'intervento an­ dr�bbe spostato >! Lenin non farebbe che « collegare concretamente e organicamente la teoria econo1nica del­ l'imperialismo con tutte le questioni politiche contemporanee>> 1•. Ma l'analisi luxemburghiana sull'imperialismo stesso è «insuperabile>>. 110 Soltanto lo > alla «lotta quotidiana>> ·o le manca. che, da questo punto di vista, tutto il discorso di Lenin sull'organiz­ zazione venga mistificato. Esso discende da presupposti teorici, da un discorso complessivo sullo sviluppo capitalistico, a livello economico cosi come a livello istituzionale, opposto a quello luxemburghiano e alla sua «tradizione>> successiva. Se, invece, ne viene fatto dipen­ dere, verranno n�cessariamente «astratti>> dal suo complesso unica­ mente i momenti di storica arretratezza o di più acuta contradditto­ rietà. Il concetto di «avanguardia>> assolutizzato, il tema della , il principio della di classe proveniente > di Lenin da parte della sinistra della Terza Internazionale, consa­ pevolmente condotta da Lukacs, approda alla «categoria filosofica» .

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G. Lukacs, Lenin [1924], trad. it., Torino, 1970. Ivi, p. .50. Ivi, p .51. .

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Lenin. Lenin è lo « strumento dialettico »: la realizzazione della sin­ tesi tra universale e particolare, sul piano storico,« sfuggita>> a Hegel. Lenin è, perciò, la « totalità>>; il suo punto di vista: la capacità di cogliere in ogni momento l'agibilità. concreta, effettuale, dell'ide.a; l'in­ scindibilità di teoria e prassi; E il partito di Lenin si riduce a riflesso 111 dell'> • Il formidabile discorso (e pro­ blema!) di Lenin pare dipendere unicamente da un « giudizio sulla situazione », oppure, peggio, dall'adagio estreJnista del >. In questa « ricchezza ideologica>> non rimane nulla di quell'ana­ lisi interna dei processi di trasformazione delle strutture organizzative, non rimane nulla delle che è il problcn1a sia di Lenin che di Weber intuizioni leniniste sulla deter1ninatezza del rapporto tra organizza­ zione e movimento di classe (e quindi tutte le lacerazioni che proprio allora si aprivano nel leninista: i rapporti operai-stato sovietico, operai-contadini, esulano complessivamente dallo schema lukacsiano) non rimane nulla della critica leninista dell'ideologia consiliare all'interno del Linkskommunismus. t proprio Lukacs, anzi, uno dei massi1ni responsabili, in questo periodo, della traduzione di Soviet ( cosl come si presenta all'interno della strategia bolscevica) in Consiglio. Ed è estremarnente significativo come il tardo Lukacs non , egli si limita a sottolineare i propri . L'impotenza da· parte del movimento operaio sul­ l'Organisations/rage, sull'analisi dello sviluppo, sul rapporto con le trasformazioni della composizione di classe, è molto più dura a morire della confusione ·tra aggettivazione ·e alienazione. Lo stesso punto di vista domina negli scritti di 112� anni E quando segue le intervento politico del Lukacs di quegli possibilità di ristrutturazione del movimento operaio tedesco nel cielo 113 dei • E quando critica l'esperienza italiana dell'occu­ pazione delle fabbriche da un punto di vista sostanzialmente bordi­ 114 ghiano senza netru11eno intuire la contraddizione enorme, che allora anche in Italia si apre, tra consiliare (produttivi­ stico-pianificatoria, tipicamente di , sganciata dai mec­ canismi concreti di organizzazione e contrattazione) e processi di mas­ sificazione del lavoro, di omogenizzazione rivendicativa e anche di comportamento politico, che quelle lotte, nei fatti, vanno esprimen•

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lvi, p. 31.

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G. Lukacs, Fruhschri/ten, in Werke, Il, Berlin, 1968. 113 Cfr. l'articolo Kassel und Halle, in Kommunismus, Padova, 1972. 114 Cfr. l' ticolo crisi del sindacalismo in Italia .in1 Kommunismus, cit. an lna fròm Digitized by 0 e UNIVERSITY OF CALIFORNIA uz



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do • Il tema vero dell� riflessioni lukacsiane (sempre meno lucide, poi, nella misura in cui più evidente. si fa l'impotenza nell'afferrare le ragioni del fallimento del movimento in Europa) è Neue Kultur 116• - non Nuova Classe Questa è oggi l'unica lettura proponibile di Lukacs del Lukacs « politico >>: vederlo nel suo contesto storico, riportarlo all'Organi­ sationsfrage complessiva, ai problemi del rapporto socialdemocrazia­ Linkskommunismus, alle origini del Linkskommunismus, all'incontro­ scontro oggettivo tra Lenin e Weber. Certo, tutto ciò è « introdut­ tivo >>: fa ancora parte dei >, già ne sappiamo, fino in fondo, la necessità. 11s Questa impostazione critica è stata condotta per la prima volta in Italia da G. De Caro nella sua Introduzione a P. Gobetti, La rivoluzione liberale, Torino, 1966. Cfr. inoltre, E. Soave, Appunti sulle origini teoriche e pratiche dei Consigli di fab­ brica a Torino, in «Rivista storica del socialismo», gennaio- aprile 1964 e L. Scarcia, L'Ordine Nuovo e la rivoluzione tedesca '18-20, in «Rivista di storia contemporanea», n. 4 1974. Importantissimo il saggio di G. Maione, Il biennio rosso: autonomia e spon­ taneità operaia 1919-1920, in « Storia contemporanea», n. 4, 1970, fortemente critico, mio avviso con ragione, nei confronti dell'interpretazione del periodo e dell'espe­ rienza consiliare proposta da P. Spriano in, L'occuptn.ione delle fabbriche. Settembre 1920, Torino, 1964. 116 G. Lukacs, Alte und neue Kultur, in op. cit. a



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L'ideologia progressista della tradizione liberale classica convive strettamente con un concetto > di innovazione 1• L'in­ novazione viene vista come articolazione meramente tecnica dello sviluppo economico complessivo e disaggregata nei suoi risultati «fisici >> settoriali. L'attenzione sulle condizioni sociali e politiche ge­ nerali dei processi innovativi e sulle loro conseguenze in tertnini eco­ nomici, di teoria economica, di composizione di classe e istituzionali, � pressocch� assente nella letteratura classica. Sarà Marx, nei Grund­ risse più che nel Capitale, a tematizzare esplicitamente questi pro­ blemi. Ma il quadro concreto dei meccanismi innovativi era già andato mutando nel corso della seconda metà del secolo. ·Il grande > viene prodotto, ancora una volta, dalla crisi degli anni '70. Negli Stati Uniti prirna, in Europa poi, i processi innovativi vanno assu� me11do una fisionomia emergente, una ensione strutturale. Essi non possono più venire considerati come dinamica intrinseca, >, dello sviluppo capitalistico, ma si trasformano in problema. Da effetto quasi spontaneo della > capitalistica, i processi innovativi divengono problema sociale, esigono forme di direzione e di controllo politico sia delle loro pre-condizioni che delle loro conseguenze. I nuovi > tecnologici-organizzativi della se­ conda metà del secolo non sono più rapportabili a logiche meramente aziendali o settoriali, né corrispondono a sçhemi omogenei-lineari di «progresso>> tecnico-scientifico. Essi corrispondono a meccanismi complessi e profondi di riorganizzazione deli 'operari scientifico, di ti­ definizione, in termini di classe, del ruolo e della funzione della ricerca scientifica e, in termini politico-istituzionali più vasti, a nuove



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Riprendo questa definizione dall'importante saggio di E. Schiawta, Scienza, innovazione, ciclo, in « Contropiano », n. 2, 1971; lo stesso autore ha recentemente ripreso e approfondito questa problematica in Trasformazione della scienza nel pas­ saggio dall'Europa agli Stati Uniti, apparso in U. Curi (a cura di), Tendenze della ricerca americana 1900-194(1 Padova, 1976. Digitized by

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forme di intervento dello Stato, di controllo e di direzione del ciclo da parte dello Stato. Stati Uniti e Germania trascinano questo pro­ cesso, che coinvolge però, profondamente, anche In ·terra, Francia e Impero asburgico. I nuovi « salti» tecnologico-organizzativi hanno, per cosi dire, assai poco di meratnente attraverso operazioni di trasformazione degli istituti, de­ gli organi e delle funzioni della ricerca. Questi progran1toi non ap­ paiono più settorialmente orientati, non si dispongono .più in termini lineari rispetto ai problemi di strutturazione aziendale-settoriale, ma tendono alla massima generalizzazione dei risultati ottenuti, al mas. simo di e di « mobilità >>. Il. problema del controllo politico complessivo dei processi di innovazione nasce soltanto a que­ sto punto, a questa > storica, per questo tipo di innovazione. La rottura dei ingenua di una > i1n1nediata della ri­ cerca scientifica. Il problema verte sulle condizioni per cui la ricerca scientifica, nella sua complessità, si fa oggettiva. Oggettività in un duplice significato: la ricerca scientifica si integra efiettualmente a in­ teressi detern1inati (nel senso suddetto), ma soltanto nella 1nisura in cui il suo operari sia integrante, abbia portata e · ensione efiet­ ·,lngibile se la ritualmente strutturanti. Tale dimensione non è ·

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cerca espleta funzioni di carattere prioritariamente ; essa non deve infatti rispondere a esige�e « congiunturali >> di ristrut­ turazione ma porre domande all'assetto tecnologico-produttivo-orga­ nizzativo, problematizzarne costantemente l'assetto. Ma porre doman­ de a tale assetto non in vacuo: porre domande alle quali sia effetti­ vamente possibile dare risposta, porre domande che già. chiariscano termini e soggetti della risposta. Questa « metodologia>> si colloca esplicita1nente sul terreno dello sviluppo capitalistico. Per gli autori suddetti, come per Weber o Schumpeter, soltanto nel rapporto sociale capitalistico la scienza spezza il della sua autonomia, di­ viene « valore>> nel senso di orientamento prat. ico e inter-esse, ma anche in quello di innovazione, di meccanismo-fattore innovativo. La direzione integrata-integrante della scienza è la sua. funzione innova­ tiva, la sua forza trasformante. Ciò non significa qualcosa di diverso dal suo essere-integrata. Non vi è una sostanza > della scienza mistificata e oppressa dalle catene dell'inter-esse capitalistico. La scienza del mondo contemporaneo è rivoluzionaria-innovativa in. quan­ to si sviluppa all'interno e attraverso processi, trasformazioni e con­ traddizioni che appartengono al rapporto economico-sociale capitali­ stico. Più esplicitamente ancora: in quanto � essa stessa elemento­ fattore di tali processi, soggetto di trasformàzioni-contraddizioni del rapporto di produzione capitalistico. Il problema dell'oggettività della ricerca scientifica tendeva, dun­ que, a risolversi in due direzioni complementari. Per la pri1na, la più « semplice >> da seguire, le ioni scientifiche andavano riorganiz­ zate in tern1ini produttivi non settoria]izzabili a priori, attraverso un vasto intervento dello Stato che trasformasse gli stessi « statuti » so­ ciali della ricerca e del ricercatore. Per la seconda, occorreva invece « riattualizzare >> l'oggettività specifica del sistema fisico-matematico moderno, ridefinire il sistema di fortne a priori in base al quale i dati divengono conoscibili, meglio: si trasforlnano in fenomeni, oggetti­ per noi, mathémata 2• Un concetto scientifico di innovazione (non, cioè, ·meratnente tecnologico) non è astraibile da questo contesto problematico più generale. L'oggettività delle forme scientifiche, nel senso appena formulato, non è infatti che pre-condizione del loro essere valori, espressione del >. sul dato, defini­ zione di norme per la sua trasformazione. La spiegazione sintetica delle due direzioni sta, secondo me, alla --

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L'uso di questo linguaggio non è casuale. Si intende con esso indicare che cosa pensava la riflessione filosofica tedesca contemporanea degli sviluppi della sociologia e della litica weberiana: i contenuti di quest'ultime sono traducibili nella prolile­ matica osofica che si distende da Husserl a Heidegger. La storia delle università nei fat ·, la storia di queste connessie, · ·nal f�om tedesche di questo period Digitized by

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base del saggio weberiano fondamentale del 1904, L'« oggettività>> conoscitiva della scienza sociale e della politica sociale. Nel tracciare le· linee del superamento della «scuola storica>>, Weber definisce i es­ concetti «mezzo in vista della conoscenza delle connessioni si tive sotto punti di vista individuali>> 3• In questa definizione, come del resto in tutto il saggio weberiano, il carattere stru·mentale delle forme concettuali a priori dalla ricerca empirico-induttiva fa tutt'uno col loro carattere normativa, di valori orientanti atteggiamenti-com­ portamenti pratici storicamente definiti; valori relativi perciò, ma appunto in quanto intendono essere effettuali-detertninanti, porre do­ mande non >. Si tratta di un grande progetto sintetico: la strumentalità della forma a· priori non sta qui a significare una sua particolare «strumentalizzazione »: la forma a priori scientifica non viene >, ma è intrinsecamente strumentale è fat­ tore intrinseco dell'operari complessivo del sistema economico-politico capitalistico. Tale strumentalità non solo non volatizza i contenuti normativi-valutativi dell operari scientifico, ma, all'opposto, li deter­ mina, li fissa, li incarna. Il carattere strumentale della forma· a priori definisce, cioè, un sistema legale effettivo. Esistono norme effettuali soltanto in senso storico-relativo.. Norme assolute cessano ·di essere tali, non disponendo di alcun potere, di alcuna che ne curi l'applicazione. È facile vedere come qui faccia ritorno il problema kantiano originario, contro la filosofia dei valori degli epigoni neo-kantiani. Il problema non consiste più nella determinazione di un tra forma a priori, categorie fondative dei concetti, e mondo della esperienza ma nella comprensione della caratteristica di tali categorie, della loro intrinseca storicità-relatività e perciò ef­ fettualità.. L'idea esiste soltanto nelle sue possibilità di espressionein altri termini: soltanto in quanto linguaggio comprensibile e > di un mondo. Ciò è l'opposto di ogni relativismo-pragma­ tismo. Qualsiasi forma effettuale di comprens�one (perciò storica, sto­ ricamente relativa) non può che essere normativa, non può che espri­ mersi coQle valore. Deve essere conoscenza, teoria delle «connessioni ·

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Ciò risponde alla domanda «quale è la funzione e la struttura logica dei con­ cetti con cui la nostra scienza lavora? » (ivi, trad. it., Torino, 1958) La teoria webe­ . riana del «tipo » si sviluppa dalla risposta che ad essa viene data. Si tenga ben fermo che «connessioni significative» e «realtà» non si riflettono pittograficamente: « l'og­ gettività della conoscenza della scienza sociale dipende piuttosto da questo, che il dato empirico è costantemente indirizzato in vista di quelle idee di valore che sole gli conferiscono un valore conoscitivo [ . ] E la fede, che è sempre in qualche forma presente in tutti noi, nella validità sovraempirica delle ultime e supreme idee di va­ lore,· non esclude ma reca con sé l'incessante mutabilità dei punti di vista concreti em da cui la re deriva un significato» (ivi, cR�n 5. .

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significative>>: deve, ancora, determinare tali connessioni in vista di progetti complessivi di trasformazione del dato e, quindi, di po·tere sopra i suoi assetti. Nei termini che qui più direttamente ci interes­ sano: ogni processo innovativo (trasformazione di questi assetti.­ «formarsi di una nuova funzione di produzione>>, come dirà Schuln­ peter) non potrà non fondarsi sulla base di una ricerca scientifica «aperta>>, altamente indeterminata, non tecnologicatnente orientata a priori, ma tantomeno o astrattamente autonom�. Se tale ri­ cerca al risultato effettuale, questa sua > non ha nulla di empirico-pragmatico, ma deriva dal potere di trasforma­ zione-innovazione intrinseco alle fortne della conoscenza, al Soggetto, alla logica della sua ricerca, alla significatività delle connessioni che il Soggetto opera. E, d'altra parte, proprio l'alto grado di problematicità insito in tali rapporti rimanda alla questione delle ioni di controllo e di comando che su di essi vanno stabilite funzioni che funzioni stanon possono essere che di· carattere politico-sociale tua/i, inco1ntnensurabili a problemi di ca�colo e di economicità azien­ dale-settoriale. La sintesi formale pura, o la definizione dei valori a priori della Weltanschauung soggettiva, non possono neppure accostarsi al pro­ blema dell'innovazione cosl intesa. Definire una statica degli sche­ mi regolanti la ricerca scientifica in un determinato periodo e, dall'al­ tra parte, i dati del suo contesto economico-sociale, è cosa affatto di­ versa dal definire la produttività della ricerca, le caratteristiche intrinseche in base alle quali essa innova il proprio contesto economicosociale, anzi: il proprio esserci econotnico-sociale, il proprio inter-esse, .

il proprio operari, i propri valori. � la �grande della sogget­ tività moderna, a cavallo dei due secoli: il formarsi di un'unica dire­ zione di sviluppo, nella quale le forme della �oggettività sono fun­ zione di processi complessivi di trasformazione, nella quale, in altri termini, il perde qualsiasi caratterizzazione meramente tecnica e, insieme, la forma scientifica qualsiasi statuto >. Il modo in cui le scuole neo-classiche affrontano la problematica dell'innovazione è ancora completamente estraneo a queste conside� razioni teorico-ideologiche generali. L'organizzazione del sistema eco­ notnico i processi scientifici come funzioni esogene. Scienza e innovazione rimanevano una sorta di a priori: processi da « assumere>> come dati, non un probletna vitale della -struttura del ciclo. Soltanto « a valle>> rispetto all'assunzione di q·uesto dato, l'anamodelli di equilibrffii �r!}>�riodali, i p lisi economica svolge g Digitized by 0 UNIVERSITY OF CALIFORNIA ·

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micro-economici 4• Assetto produttivo-economico e sviluppo economico si sentivano, per cosl dire, > dagli effetti innovativi-trasfor­ manti della ricerca scientifica. Essa non appariva mai come fattore complessivo di contraddizione, squilibrio, trasformazione della forma del ciclo, ma, quasi, predestinata e p�cifica « ancilla» del progresso tecnologico o funzione, altrettanto rassicurante, della crescita > delle u·mane conoscenze. Lo sviluppo del rapporto di .produzio­ ne capitalistico si immaginava (e rappresentava) che il suo rapporto con la ricerca e i meccanismi innovativi fosse naturaliter li­ neare, sintetico, versohnendes. È· un elemento, fondamentale, di quel­ la Sekuritat borghese che abbiamo analizzato nel saggio precedente, cogliendola all'epoca del suo crollo, intorno al 1905. In Teoria dello sviluppo economico 5 Schu·mpeter registra tale crollo. Quest'opera non è però comprensibile che nell'atnbito di quel­ la crisi più vasta, scientifico-epistemologica e filosofico-culturale com­ plessiva, che vive la cultura mitteleuropea, viennese in particolare, tra . . '800 e '900. Di tale sua origine Schumpeter rimase sempre consa­ pevole custode 6• Il superamento della it11postazione statica neo-clas­ sica, e delle sue necessarie basi filosofico-ideologiche, cui abbiarno prima accennato, si realizza nella· Teoria schutnpeteriana attraverso una geniale applicazione dei concetti-chiave della sociologia tedesca contemporanea, da Weber a Sombart a Simmel, ai problemi dell'inter­ pretazione del ciclo, inteso come forma propria dello sviluppo economico capitalistico. Sombart aveva tentato di analizzare strutturalmente , 'le trasformazioni del capitale tedesco e la funzione in esso· del movi­ mento operaio, fin da Sozialismus und soziale Bewegung del 1896; Simt11el, i « tipi >> della moderna ricerca sociologica, Weber aveva chi e delle orbite sociali degli > pre-capita­ listici,· fin da Ober soziale Differenzierung che esce nel 1890; indivi­ duando nei concetti di realizzazione e integrazione, già presenti in S�mmel, i « tipi >> della moderna ricerca sociologica, Weber aveva storicizzato .il processo di > della « idea >>, e risolto nei termini che abbiamo visto il problema-cardine della riflessione epi­ stemologica kantiana e neo-kantiana, assumendo i fattori eti�o-spiri·.

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Cfr., per questa critica alle concezioni neo-classiche dello sviluppo economico, ·c. Napoleoni, Il pensiero economico del '900, Torino, 1963; M. Blaug, Storia e critica della teoria economica, trad. it., Torino, 1970; oltre ai più recenti saggi specificamente dedicati alla teoria dell'innovazione (cfr. gli autori cit. nel mio Teorie dell'innova­ zione, in R.istrutturazione e analisi di classe, Padova, 1973). s ]. Schumpeter, Teoria dello sviluppo economica, trad. it., Firenze, 1971. 6 Cfr. P. Sylos-Labini, ]."A. Schumpeter, in I maestri dell'economia moderna, Milano, 1970. Sui legami di Schumpeter con l'ambiente tedesco, cfr. F. C. I..ane, Some heirs of G. Sçhmoller: Sombart, Spiethoff, Schumpeter, Eucken, in « Festschrift fiir Usher », ingen, .56. Originai freni

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tuali come soggetti integrati-integranti della Rationalisierung capita­ listica. Ciò che qui si compiva sul terreno �osofico e sociologico, Schum­ peter tenta di compiere sul piano dell'analisi economica. Superare il modello statico neo-classico comporta l'individu�ione delle forze in­ terne allo sviluppo che lo pongono come dinamica irriducibile a u� sistema di equazioni completamente determinato. Tali forze realizzano il sistema come ciclo, esprimendosi continuamente in meccanismi in­ novativi «inguaribili>>. Il loro Sollen consiste nel superare la statica micro-economica, il > della riproduzione semplice 7• La loro > non consiste nella mera applicazione tecnica delle «forme>> concettuali-scientifiche, ma nel nesso compiutamente dispie­ gato di scienza e innovazione, ricerca e sviluppo. : il processo innovativo esprime «volontà di potenza>> detertninate, >, ma . i un' «avanzata armoniosa>> (Schumpeter), dunque individualità e pro­ getti assolutamente irriducibili all'> che era il Fine del neo-kantismo come del Kathedersozialismus di quegli anni. Se per il meccanismo intrinseco del modello stazionario, il saggio di interesse tende inevitabilmente a ristagnare > lo· zero, l'accu· mulazione semplice non potrà procedere indefinitalnente. � necessa­ rio intervenga un atto in grado di scompaginare l'assetto produttivo fino a quel punto vigente, di determinare nuove combinazioni organiz­ zative, produttive e di mercato. Questo atto è assolutamente indissolu­ bile dal rapporto ricerca-sviluppo che abbia-mo prima individuato. Ri­ petiatnolo ancora: il suo tratto > non sta, essenzial­ mente, nel poter « applicare >> più efficacemente i > del pr� gresso conoscitivo-scientifico, ma nell'essere espressione di tale pro­ gresso. Tale atto non è che l'esistenza storica attuale delle forme orga­ nizzative e .epistemologiche della ricerca scientifica. Perciò l'atto im­ prenditoriale assume la > universale di cui Schumpeter lo avvolge. Esso non è semplicemente·>: ponte gettato tra l'> della ricerca scientifica e la > dell'inter-esse produt. ·

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Teoria . , cit., quanto condizionato da rapporti dati. a P. Sylos-Labini, op. it., p. 2 . Digitized by

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tivo capitalistico. L'atto imprenditoriale riassutne in sé i nuovi tratti del weberiano e della problematica econotnico-sociale connessa alle nuove forme del ciclo dopo il '70. Non « applicatore », dunque, appare l'atto imprenditoriale, ma sintesi tra l'essere innova­ tivo della ricerca scientifica in quanto tale e l'essere-scienza del ciclo economico giunto alla sua attuale fase di maturità e sviluppo. Per questo, l'imprenditorialità non è lavoro semplicemente, ma Beruf, il cui contenuto essenziale consiste nel porre come innovazione l' delle forme sientifiche, nella piena consapevolezza de�a irri­ ducibilità a del rapporto tra scienza e sviluppo e, dun­ que, del carattere discontinuo, contraddittorio, indeterminato e stori. camente relativo che tale rapporto riveste. Il Beruf schumpetariano forma con i due saggi di Weber sul lavoro intellettuale e sul politico del 1918 un trittico indissolubile: imprenditore, scienziato e politico. In fondo, l'atto che Schumpeter si sforza di definire in Teoria dello sviluppo voleva dimostrare la sintesi dei tre fattori: l'unicità del Sog­ getto e della sua in essi. Ma giunge davvero a esistenza questo in Schumpe� ter? e il fatto che Weber, sei anni dopo, di esso parli e non, priorita­ riamente, dell'imprenditore,· significa soltanto che la di que­ st'ultimo era già stata rappresentata in modo soddisfacente? Certo, l'atto imprenditoriale, in Schumpeter, si oppone alla routine del ma­ nager marshalliano, quanto alla Geistesgeschichte storicistica, poi­ ché è sede del giudizio weberiano: afferma valori normativi soltanto in quanto relativi al progetto dell'individualità storica che li assume. Tale soggetto, tale individualità è, in Schumpeter, il potere del capi­ talismo imprenditoriale, il cui valore consiste nel rilancio del processo di accumulazione e di profitto attraverso lo sviluppo massimo delle forze produttive intrmseche al sistema e la liquidazione violenta delle corporative e ideologiche che a tale valore si oppongo­ no. Ma questa dell'imprenditore schumpeteriano si sviluppa per intero nell'ambito della teoria neo-classica dell'interesse elaborata, in particolare,da Bohm--Bawerk e dalla sua scuola. Nel saggio dedicato a Bohm-Bawerk in Dieci grandi economisti, cosl come in Epoche di storia delle dottrine e dei metodi, pubblicato soltanto due anni dopo la Teoria, non solo è del tutto evidente l'ammirazione di Schutnpeter per l'economista austriaco, ma anche il fatto che egli ritenga proprio la teoria dell'interesse il massimo contributo di Bohm-Bawerk all'Eco­ nomics. La intrinseca alla concezione neo-classica dell'inDigitized by

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teresse e del profitto è stata oggetto del primo saggio qui pubblicato: Schumpeter la recupera integralmente. Se il contenuto del lavoro i1n· prenditoriale appare mutato rispetto alla >, tale lavoro continua però a caratterizzarsi per la sua irriducibilità a qualsiasi cal­ colo edonistico, per la sua forza di differire la soddisfazione, di non calcolare il risultato attraverso la disutilità immediata dello sforzo. Anzi, Schumpeter porta anche oltre, proprio. nella Teoria, questa ideo­ logia dell'atto imprenditoriale. Se l'imprenditore schumpeteriano rompe la routine, trasforma l'assetto tradizionale del mercato, ciò non mut1t la natura essenziale del s�o operari, che consiste- nella partico­ lare «irrazionalità� del suo comportamento: porre il massimo della soddisfazione oltre ogni godimento ittunediato-mondano. L'atto im­ prenditoriale schumpeteriano è l'esponente più radicale di quell'> che rappresenta l'orizzonte ideologico della concezione neo-classica del profitto. Proprio il suo essere soggetto innovante­ trasformante radicalizza la necessità dell'astinenza e della ascesi. Proprio l'ampiezza del terreno che copre la nuova definizione schumpeteriana dell'Imprenditore, le nuove funzioni sintetiche che il suo > è chiamato a svolgere, fanno del Beruf imprenditoriale una vo­ cazione fondata sull'astinenza neo-classica ancora più profondarnente di quantò non avvenisse nella precedente ideologia neo-classica. Si può affermare con Sylos-Labini che Schumpeter esalti l'iln­ prenditore in quanto individuo, «in quanto persona animata da moti­ vazioni individualistiche [non edonistiche, sia chiaro! N.d.A.] e non in quanto prodotto di una determinata società>> 9? -Questo rilievo cri­ tico è senz'altro corretto, nella misura, però, in cui si tenga conto della « storicità>> profonda della > schumpeteriana nel suo com­ plesso.. Ma il punto è un altro. Non si tratta tanto di cogliere i limiti intrinseci alla posizione di Schumpeter 10, quanto comprendere le cose .



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cit., p. XVI. Come lo stesso Sylos-Labini spiega in Il P?oblema dello sviluppo economico in Marx ed in Schumpeter (1954), ora in Problemi dello sviluppo economico, Bari, Laterza, 1970, il « quadro » schumpeteriano appare assai più coerente con ottiche di tipo soggettivo­ aziendale che con un tentativo di spiegazione della nuova fase dei rapporti di produ· zione. � proprio « grazie ,. a tale limite di fondo della sua impostazione che Schum· peter può « accordare » l'impostazione dinamica marxiana alla teoria walrasiana del­ l'equilibrio (dr. l'Introduzione di Schumpeter, del 1937, all'edizione giapponese della Teoria). IO II limite fondamentale, a questo proposito, sta nel fatto che l'analisi schwn· peteriana dello sviluppo non affonda le proprie radici in una nuova analisi delle forme del mercato. Un abisso divide, da questo punto di vista, la critica « implicita » di Schumpeter ai neo-classici da quella, demolitoria, di Sraffa, quindici anni dopo. Schumpeter colloca il processo innovativo, di cui pure coglie le nuove caratteristiche, e le funzioni imprenditoriali che lo realizzano, all'interno di una spiegazione del mer­ cato ancora prettamente co correnzi . Certo, come ha spiegato N aPQleoni (op. cit.) 0 rrg1na1 rrom

9 P. Sylos-Labini, Introduzione a J. Schumpeter, Teoria

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che Schumpeter non vede a differenza dei -Rathenau, dei Naumann, dei Weber. Schumpeter sviluppa Ja concezione neo-classica, ne appro­ fondisce e trasfot;nla profondamente i contenuti tradizionali, ma ciò che egli non vede sono i problemi politici derivanti dal nuovo rapporto che nell'atto imprenditoriale si realizza tra scienza, ricerca e sviluppo - pri1na ancora: sono le contraddizioni e aporie, sul piano epistemo­ logico complessivo, delle teorie dell'interesse e del profitto fondate sul­ l'astinenza imprenditoriale. Nella sua. economia-sociologia Schumpeter non chiarisce che per linee generalissime le condizioni storiche generali dell'operal'i irnpren­ ditoriale. La sua originalità su questo punto appare assai discutibile: in effetti, anche per quanto riguarda i « recuperi » marxiani, egli non si discosta dalle linee interpretative precedentemente elaborate da Sombart e Siiniilel. Dal punto di vista della « filosofia ,. generale del suo approccio al problema del profitto e del capitalista come suo Trager, poi, egli non si allontana da quelle neo-classiche. Più che di una sintesi tra la problematica classica dello sviluppo econornico, teo­ ria dell'equilibrio generale e critica marxiana, a me pare che Schuin­ peter, almeno fino a Teoria, Sociologia degli imperialismi e Grandi epoche, tenti piuttosto l'accordo tra scuola storica tedesca (Schmoller) e il Marx di Simmel e Sombart, da un lato, teoria bOhm-bawerkiana dell'interesse e equilibrio generale walrasiano, dall'altro. Il carattere > che tali operazioni e mediazioni assumono non per­ mettono nella Teoria la tematizzazione consapevole e diretta dei pro­ blemi e delle aporie più gravi emergenti dalla rappresentazione neo­ classica, ma anche per molti aspetti simmeliana e sombartiana, del­ l'atto imprenditoriale. La consapevolezza, cosl sviluppata in Weber a proposito del Politico, del carattere strumentale-funzionale che ogni operari viene necessariamente ad assumere, il rapporto intrinseco che Weber fonda tra leitender Geist e burocrazia, non costituiscono un problema nella Teoria schumpeteriana. Ma si tratta del vero proble­ ma: della questione decisiva delle condizioni organizzative e funzio­ nali che esprimono l'atto imprenditoriale e nelle quali quest'atto si esprime. Weber traccerà questa dialettica sul piano politico-istituzio­ nale con1plessivo. Ma in Schumpeter questa non è presente neppure su . il conflitto non è più tra imprese che producono gli stessi beni. Comunque, il mo­ mento monopolistico, derivante dalla innovazione, non è che una si tuazione assoluta­ mente transitoria nello schema schumpeteriano. Vi è sviluppo economico unicamente grazie al ristabilirsi di condizioni concorrenziali poiché, a causa dei profitti decre­ scenti, riemergono imprese traenti-innovative che reinnescheranno il processo di ripro­ duzione. La condizione concorrenziale si ristabilisce alla fine di ogni ciclo. I mecca­ e quindi nismi di innovazione interna ai complessi già in posizione monopolistica la stessa analisi del monopolio, che abbiamo visto dominare nel Verein ..., roblema al quale Schumpeter può soltAnto accennare. costituisce u . tJ'flg1na 1 -rrom Digitized by

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quello immediato della figura itnprenditoriale.. Se Schompeter com­ prende la nuova forma del ciclo economico'; l'emergere del processo in­ novativo come meccanismo scientifico, il carattere capitalistico, non (anche se ciclicamente soltanto) dalla burocrazia stessa. L'imprenditore schumpeteriano è in un conflitto costante con la burocrazia, con la sua « scienza normale >>, non tanto, weberiana­ mente, poiché _è costretto continuamente al problema del suo uso, del suo >, della sua funzionalizzazione, ma piuttosto perché deve >. La burocrazia è vista in Schumpeter come un sem­ come una necessità malvagia, perversa plice limite negativo non, come avviene per Weber, come elemento imprescindibile di di­ rezione e controllo, intrinseco alle funzioni attuali _della direzione po­ litica. Inevitabilmente, quindi, la stessa analisi sulle contraddizioni insite in tali rapporti non può aver luogo in Schutnpeter, me�tre sarà al centro del magnum opus postumo weberiano. In Economia e So­ cietà il problema sarà costituto appunto dal processo di socializzazione della vita economica. In termini meno scientificamente avvertiti, que­ sto stesso problema era al centro della > simmeliana cosl come dell'attività imprenditoriale di un Rathenau. Solo all'interno del contesto definito dalla Vergesellschaftung della scelta economico­ imprenditoriale ha un senso storico determinato la stessa definizione schumpeteriana di>.Ma è proprio questo>, che conferisce-senso al concetto di innovazione, l'> fonda­ mentale dell'analisi schumpeteriana. Anche, quindi, rispetto ai livelli raggiunti dal dibattito sociologico-economico in Germania, essa -si ri­ vela assai meno > irrisolvibile connessione weberiana di direzione-burocrazia costituente la dinamica intrinseca del processo di socializzazione. Questa differenza fondamentale ne trascina con sé un'altra, che risponde alla domanda: perché quello weberiano del 1918 è « sol­ tanto >> un dittico? perché « manca>> la figura schumpeteriana dell'iln­ prenditore? Qui, appunto nei confronti dell'elaborazione weberiana, la Teoria rivela in pieno i suoi elementi di maggior debolezza, la sua Ohnmacht fondamentale rispetto alla « risposta >>capitalistica al1905. Il problema della innovazione scientifica, le questioni espistemologiche e organizzative che essa poneva, i nuovi rapporti tra scienza, ricerca e sviluppo ebbene, tutti i temi che Schumpeter tra i primi affronta esplicitamente appaiono irriducibili non solo, come Schutnpeter stesso vide benissimo,· a logiche o calcoli aziendali-settoriali, ma anche alle forme concettuali e alle scelte socio-economiche dell'Imprenditore. Il processo dell'« innovazione scientifica >> richiama forme di direzione e di controllo incommensurabili all'ottica imprenditoriale, e sia pure all'ottica dell'imprenditore schumpeteriano. Schumpeter stesso, nelle sue opere più tarde, e soprattutto in Capitalismo, Socialismo} Demo­ crazia, sviluppando il concetto di >, intul tale con­ traddizione,· ma il nocciolo teorico della Teoria non venne più radical­ mente ridiscusso. Mentre è propria anche della fase storica che la Teoria esprime l'esigenza-necessità crescente di fondare politicamente la direzione del processo innovativo. Esso non può dipendere dall'atto imprenditoriale semplice. Non solo, e non tanto, perché le condizioni del rapporto ricerca-sviluppo esulano dalle possibilità concrete della « volontà di potenza >> imprenditoriale ma soprattutto perché il controllo degli effetti socio-economici > dell'innovazione è impossibile tout-court all'imprenditore. Egli determina uno scarto, una svolta nell'uso e nella combinazione dei fattori. Da ciò derivano rias­ setti complessivi dei rapporti intersettoriali e di mercato. Ma chi può dirigere tale riassetto? chi può mantenere tali ,processi nella logica complessiva del mercato e permetterne cosl il costante ripetersi? chi ne comprende, a priori, le conseguenze socio-politiche e ne predispone coslle risposte? Questo è un altro Soggetto rispetto all'imprenditore, svolge altre funzioni, anche se co·mprehende il lavoro, la scelta irn­ prenditoriale: fonda il terreno sul quale essi avvengono, pone l'atto imprenditoriale schumpeteriano, ma sussumendolo nel proprio orizzonte. Ecco �erché Weber parla del Politiker, non dell'Imprenditore. •

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Egli non diinentica l'imprenditore: ne aveva già ricercato le origini Ma, tra il 1905 e il 1918, il problema decisivo diviene la scelta poli­ tica s·ulla forma e sui tempi del rapporto scienza-sviluppo, le istituzioni politiche atte a sussumere gli effetti dell'innovazione. In realtà, nessun mercato può più funzionare in forma schumpeteriana . In ter- ' mini espliciti: nessun Imprenditore potrebbe più esistere senza Stato. Non solo egli non avrebbe di che innovare, ma non potrebbe realiz­ zare il suo « destino>> di innovazione senza scardinare la logica di mer­ cato alla cui luce è avvenuta la sua stessa scelta di innovare. Il rapporto ricerca scientifica-innovazione-ciclo non si risolve in se stesso: è co­ stretto a riconoscere un momento di crisi. Tale crisi è l'oggetto speci­ fico dell'analisi weberiana: vi è un limite insormontabile all'atto im­ prenditoriale schumpeteriano. Questo limite � il vero problema. Occorre >. Ma, sia chiaro, qui si tratta del Soggetto come leitender Geist in senso weberiano: non dell'Impren­ ditore, ma superan1ento proprio degli elementi ancora > bismarckiana! ). �Soltanto cosi si rappresenta conflittualità e sviluppo come essenza del rapporto di produzione capitalistico. L'Imprenditore . ne costituisce una forza. Senza governo politico tale forza, sviluppandosi, provoche­ rebbe effetti contraddittori rispetto al suò stesso sopravvivere. Una diversa forza ancora è costituita ·dalla burocrazia; essa > del sistemà. Il massimo del suo potere consiste di tali contraddizioni e relatività. Dunque, il Politico non le contraddizioni prodotte dagli effetti del nuovo nesso ricerca-sviluppo costituente il contenuto proprio dell'atto imprenditoriale schumpeteriano. Il Politico non è ·

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ch·e l'unico Soggetto in grado di rappresentarsi compiutamente tali· contraddizioni e di cercare di rispondervi. Il Politico non «annulla», ' ma dirige e governa. Che cosll dirige e governa? I risultati, gli effetti, le dinamiche della molteplicità delle forze e dei del sistema. Dunque, il suo stesso contenuto, la sua stessa >, ai Soggetti tradizionali, per ·

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Weber si tratta di far chiaro che mai i Soggetti tradizionali sapranno rispondere alle nuove domande, che è perciò necessario oranai puntare · uovo Imprenditore, ma alla nuova Verfas­ non solo e non tanto al n sung del sistema. Il concetto weberiano del Politico insiste per in­ tero su questo ambito problematico. Sia chiaro: definirlo non è risol­ verlo. Weber non dispone degli strumenti per dare articolazione teo­ rico-economica a questi esiti della -sua riflessione. Chiarisce il proble­ ma, smaschera le soluzioni fittizie. Ma dov'è la teoria economica capi­ talistica della innovazione? chi ha condotto l'analisi rigorosa delle sue condizioni e dei. suoi contraddittori effetti? Più ancora: vi può essere tale soluzione? può darsi tale risposta all'interno· dell'analisi econo­ mica? Weber è > a questo proposito, si · ·ta a indicare il p·eso decisivo del Politico nei suoi confronti. Ma come è raggiungi­ bile la sintesi, ormai ,tra questo Politico e il terreno di quella analisi, una volta dimostrata l'infondatezza dello « schema>> schu1npeteriano? E tutti i > al Politico di cui oggi vivia1110 non alludono a un'impotenza assai più radicale di quella predicata dai latnenti con­ giunturalisti degli editoriali quoti4iani? · L'i1nprenditore �chumpeteriano è ancora a sintetica: il Politiker weberiano non più. Egli ·governa, ma non nel senso di accor­ dare-armonizzare, né, tantomeno, in quello di negare-sopprimere. L'imprenditore, in senso weberiano, sa di intenzionare costantemente, nei suoi atti concreti, forme di controllo e progratJlJilazione delle quali il proprio linguaggio specifico non può parlare. Il Politiker, d'altra ·parte, riconosce l'atto imprenditoriale e la stessa struttura organizza­ tiva burocratica, come a priori della sua direzione. Egli può tentare di ·modifìcarli soltanto nella 1nisura in cui li riconosca e vi. si riconosca. Ma vi è traccia in Weber del problema istituzionale-politico decisivo che tale schema solleva? Qui il discorso si ricollega ai limiti di fondo del Politico weberiano, che nel saggio precedente abbiatno visto in contro-luce, secondo l'ottica leninista. Si tratta del problema che solo a questo punto può essere sollevato. Finché il discorso verte intorno a Soggetti unitari e sintetici, > tra le teorie e le prassi .fondamentali del sistema, mediatori anche nelle loro apparenze più rivo, la questione che Weber luzionarie come nel caso di Schumpeter chiadisvela non può neppure essere formulata ... Ma n dove si faccia . ro il limite intrinseco, organico dell'atto itnprenditoriale, e n dove, d'altra parte, appaia l'irriducibilità reciproca di burocrazia e Politico -n dove si faccia chiaro che l'I·mprenditore scatena crisi e non inne· sca semplicemente cicli, e che queste crisi postulano sistetni di gover­ no irriducibili agli strumenti del controllo ciclico, ma appaia, d'altro canto, che .le funzioni di .direzione, controllo e di tali pro­ •

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cessi non ne costituiscono nessuna negazione-superamento, bensl le ebbene, a questo condizioni fondamentali per il loro ripetersi punto, deve riesplodere il problema decisivo, e più attuale, che ci è imposto dal pensiero weberiano. Schumpeter ricerca ancora la soggettività del sistema, del rap­ porto sociale di produzione capitalistico: l'elemento fondamentale che sta alla radice di tutte le sue manifestazioni, la sua sostanza, ciò che ne spiega le forme . Una simile direzione di ricerca risulta impossibile in Weber. La soggettività schumpeteriana si spez­ za definitiva1nente. Come abbiamo a .lungo visto, il Politiker non è soltanto nuovo Soggetto, Soggetto da Schumpeter, ma non può più essere interpretato come soggettività, come sostanza. Weber può mutare denominazione ai soggetti fondatnentali del rap­ porto sociale di produzione proprio perché egli non ricerca nuove sog­ gettività sintetiche, orullcomprensive. La soggettività schumpeteriana si spezza in una molteplicità di soggetti, collegati l'un l'altro da rap­ porti e valori relativi-funzionali. Il linguaggio del sistema è questa complessità di idiotni, o meglio, non c'è un Linguaggio del sistetna: esistono questi idiomi.- La loro funzionalità fa tutt'uno con la loro diversità o rispetto all'antica sostanza, all'antica . Ma allora ecco il problema. Uno è il soggetto che decide l'inno­ vazio�e e uno è il soggetto che deve gli effetti una è l'istanza che deve sostenere il processo innovativo e una l'istanza che deve rispondere alle sue conseguenze sul piano della composizione di classe o dell'assetto istituzionale o dell'equilibrio eco­ notnico complessivo uno è il linguaggio del leitender Geist che riconosce le > e i valori effettualmente nor­ mativi, e uno sarà· quello dell'at11ministrazione economica o della burocrazia statuale. Il leitender Geist comprenderà la necessità di una certa strategia econonnca, ma non. potra essere esso stesso a articolarla e realiz�arla. Può essere, d'altro canto, che l'irnprenditore com­ prenda l'urgenza di una nuova svolta complessiva del rapporto scienza­ sviluppo, ma. mai disporrà direttamente degli stru·menti. atti a prati­ carla. I centri decisionali del sistema sono qualitativamente diversi: le scelte significative possono essere ricomprese teoricamente in modo unitario, ma non potranno ex ante essere unitariamente assunte. La diversità dei soggetti (delle >) è politica, istitu­ zionale, carne e sangue del funzionamento di ·mercato e delle forme «mature >> di democrazia capitalistica. Tale concezione comporta una fondatnentale conseguenza: l'intrinsecità della crisi nel funzionamento del sistema. Nella stessa teoria keynesiana, più tardi, nulla logica­

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� mente riporta dalla crisi al semplice andamento ciclico, pur essendo questo il fine esplicito del discorso. E Keynes qui sta forse la sua spregiudicatezza >. Weber è all'assillante ricerca (co­ me Husserl sul piano logico-6lqsofico) di> nel sistema delle relazioni storico-funzionali della> ogni ele­ mento, ogni soggetto. Per quanto espressamente relativo-funzionale, per quanto espressamente fondato sulla molteplicità dei ]ll.tguaggi, il suo sistema tende a esprimersi come fenomenologia completa: scienza rigorosa, sen%a eccezione. Divi�ione del lavoro, Ration4lisierung, Par­ lamentarisierung: in questi>, non in altri, in queste dinami­ che, non altrove, si pongono i soggetti dello sviluppo capitalistico. Ec­ co che quei concetti possono essere fatti di nuovo valere come « for­ me»: essi descrivono a priori i luo dove avvengono le «connessioni s tive » del mondo econo1nico-politico contemporaneo. È il trat­ to utopico-sistematico, non nietzschiano, di Weber, più affine alla filo­ sofia generale del discorso schumpeteriano. In altri termini, Weber non opera· il passaggio obbligato tra re­ latività-funzionalità dei rapporti di divisione del lavoro e relatività del sistema, del quadro istituzionale che li comprende o pretende di comprenderli; tra la non universalità dei soggetti del sistema e la non univer-salità del sistema stesso. Il quadro istituzionale del processo di razionalizzarjone della democrazia parlatnentare funziona ancora come una sorta di meta-linguaggio rispetto al mondo d�lla divisione del lavoro e ·dei suoi conflitti. Ma ciò è ipotizzabile soltanto riducendo ancora ad apparenza transeunte la contraddittorietà delle funzioni con­ crete del sistema, disponendole teleologicamente. La stessa fenome­ nologia politica che W eber analizza si rivela però estranea a questa « logica�. Le soluzioni cui può dar luogo la dialettica tra i diversi del sistema sono necessariamente indetetlninate. Qualsiasi __ ti previsione esaustiva, e dunque qùalsiasi > effettuale, non possono aver luogo. Nulla potrà mai permetterei di affermare che l'intero universo di variabili prodotto dal rapporto-conflitto tra i sog­ getti della divisione del lavoro e della battaglia democratica possa risultare interatttente determinato. Si darà sempre dell'Altro rispetto alla .sintesi che il .risultato istituzionale tende a operare: un negativo irriducibile gli si ·oppone. Non solo, allora, è conflittuale il rapporto tra i diversi soggetti del sistema, non solo non esiste una pacifica ·

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divisione del lavoro, ma vi è conflitto anche tra processi e dina1oiche che i diversi soggetti nel loro insieme scatenano e le forme istituzio­ nali che di volta in volta ne tentano una sistematizzazione. La non-universalità del sistema corrisponde alla sua caducità. Forse è proprio questo esito l'elemento « ritnosso >> in Weber, come lo è ancora in Capitalismo, socialismo, democrazia, malgrado le appa­ renze contrarie, se è vero, come diceva un allievo di Schumpeter, che il discorso sul socialismo assomiglia a quello di Antonio su Bruto. Il « socialismo >> schumpeteriano ha i rassicuranti tratti anglosassoni di quello dei Dickinson, dei Taylor e anche dei Lange nei loro saggi degli anni '30. D'altra parte, Weber stesso accettava completamente la logica delle prime critiche neo-classiche alla . Questo ridurre la dimensione del alla