Omelie sui Salmi e altre omelie esegetiche 9783631738269, 9783631738696, 9783631738702, 9783631738719, 3631738269

La traduzione delle Omelie sui Salmi di Basilio e di altre quattro omelie esegetiche è per la prima volta corredata di a

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Table of contents :
Cover
Finalità del lavoro
Avvertenze
Testo e rimandi biblici
Struttura e contenuto dei testi basiliani
Riferimenti e ricorrenze dei testi basiliani
Citazioni delle opere di Basilio e degli altri autori antichi
Indice Generale
Introduzione
Prima Parte: La figura e l’opera di Basilio
1. Prima formazione nella paideia greca
2. Conversione
3. In cerca della vita perfetta e della vera filosofia
3.1 Il contesto spirituale e formazione culturale di Basilio
3.2 Incontro con la ‘filosofia monacale’ di Eustazio di Sebaste
3.3 Impronte eustaziane in Basilio
3.4 Scelta decisiva e cambiamento di vita di Basilio
4. Monachesimo e vita cristiana. Il compito dell’uomo: diventare come Dio, anzi Dio
Seconda Parte: Le omelie sui salmi
Premesse
Il contributo esegetico di Basilio
I. Sguardo complessivo sulle omelie sui salmi
I.1 Numero e datazione delle omelie
I.2 Salmi con o senza titolo
Senza titolo
Con titolo
I.3 Con e senza Dossologia
I.4 Il testo salmico commentato
I.5 Vario trattamento di commento ai salmi
II. Orizzonte esegetico-ermeneutico
II.1 La santa/divina Scrittura ispirata
II.2 I Pagani e le loro scritture sacre
III. La posizione di Basilio
III.1 Esegesi basiliana delle Omelie esegetiche
1. Conoscenza esegetica di Basilio
2. L’esegesi cristiana prima di Basilio. Un accenno sommario
III.2 La scelta di Basilio: utilità della scrittura e criteri esegetici fondamentali
1. Spiegare la Scrittura con la Scrittura
2. Esegesi come forma di cristologia
3. Le due vie
4. Salmi voci di Chiesa. L’uditorio cristiano
5. Una scrittura una per un disegno unico
6. La Scrittura ispirata è utile
7. Il linguaggio delle cose create
8. Il linguaggio delle arti umane
9. Nulla è inutile nella Bibbia
10. L’akolouthia - La concatenazione
III.3 Alcuni elementi strutturanti di metodo nelle omelie sui salmi
1. Precisare la lexis testuale
2. Congiunzione Paolo e Giovanni
III.4 Dischiudere il senso antropologico cristiano totale
1. Antropologia basiliana
2. Il destino dell’uomo: sua somiglianza partecipativa con Dio
2.1 Senso ultimo dell’uomo: diventare ‘dio’ con/in Dio
2.2 I tre gradi/gradini del cammino della vita spirituale: dal mercenario all’amore puro
2.3 Dal dis/stacco negativo alla perfezione dell’amore
III.5 La mistica epoptica-unitiva e la sua cifra nuziale
Conclusione
Testi
Omelie sui Salmi
I. SALMO 1
I. Natura e finalità del Salterio: sintesi dei libri biblici e riserva di cure appropriate per l’uomo
Funzione educatrice della melodia
Molteplici esiti positivi del canto dei salmi
Salmi sintesi di ogni insegnamento
Lo strumento musicale del salterio
II. Commento
Il proemio: sua finalità e natura
[premessa giustificativa del proemio]
Il vero Bene cui tutto tende
I falsi beni sono vani e non rendono buoni
Il salmista considera insieme uomini e donne
Distinzione tra chi ha concluso il viaggio e chi è per strada
Un’aporia: l’allontanamento dal male è principio del progresso. Scala e divina pedagogia
Le tre cose da evitare per raggiungere la perfetta virtù
L’empietà contro Dio
La via dei peccatori
- La vita è una strada e l’uomo un viandante che va verso la fine. Mobile fugacità del tempo e delle cose
- La doppia via dei peccatori
- Le due vie dell’uomo
Non soffermarsi nella peste del male
III. Conclusione
II. SALMO 7
Il titolo: tra storia ed etimologia
Salvezza e liberazione dell’uomo
Salvezza per il debole e liberazione per lo schiavo. Combattimento e giudizio finale
Non rendere in cambio il male
Variazione neotestamentaria delle due vie: il giusto e il peccatore. Il nemico dell’anima
L’innalzamento del Signore: croce e resurrezione salvezza dell’uomo
Dalla contingenza storica del profeta alla Resurrezione del Cristo e al Giudizio finale
Il giudizio del Signore: criterio ermeneutico e confronto esistenziale
Varietà di giudizio relativo alle situazioni
a. delle singole persone
b. dei popoli: Giudei e Sciti
Vari gradi di giustizia
Circoscrivere il peccato e guidare il giusto
L’esame del cuore, sede delle decisioni, e dei reni, sede delle concupiscenza
Lasciare il giusto giudizio ultimo al Cristo
L’aiuto dal Signore e i retti di cuore
La giustizia di Dio che spinge l’uomo al pentimento
Le doglie dell’iniqua irrazionalità
Fosse e pozzi
III. SALMO 14A
Il perfetto che cerca la beatitudine è un forestiero
Dimensioni diverse e sensi letterale e spirituale del forestiero
Condizione dell’uomo caduto dal bene e le tre cose da cui staccarsi
La tenda di Dio
Mettere la tenda sul monte: senso storico e spirituale
Chi può attendarsi sul monte
Due significati della verità: salvifica e scientifica
L’inganno e l’oltraggio
La figura evangelica del prossimo: ogni uomo lo è
Doppia accezione di oltraggio e indicazione cristiana del giusto atteggiamento
Disprezzare chi fa il male e onorare chi teme il Signore
Varie forme di giuramento e l’invito del Cristo a non giurare
Rassicurazione come forma di giuramento
Giuramento come rispetto per altri
Dare a chi chiede
IV. SALMO 14B
Omelia dello stesso su una parte del salmo 14 e contro gli usurai
Proemio
Condanna del prestito ad interesse. L’usuraio e il debitore
Le ansie del debitore. Evitare il prestito ad interesse
L’interesse: bestia prolifica
Esortazione ai ricchi
V. SALMO 28
Il titolo: analisi e letture diverse
a. Riferimento storico liturgico/biblico giudaico
b. Comprensione intellettuale
c. Interpretazione cristiana
I figli di Dio portano il dono con cuore puro
I vari doni da portare a Dio
Come portare al Signore gloria e onore
Il disonore delle cattive azioni dona onore ai nemici di Dio
L’adorazione e il suo giusto luogo
a. Il recinto della Chiesa
b. il recinto come dimora celeste
La voce del Signore, il tuono e le acque
Paralleli biblici
Fisiologia della voce. Voce del Signore nel mondo creato e nel Battesimo
Manifestazioni della voce
1. il tuono
a. senso letterale/fisiologico
b. senso spirituale ecclesiale
2. le acque
3. la forza
4. magnificenza dell’uomo e di Dio
La doppia valenza simbolica dei cedri
L’unicorno e il suo duplice senso cristologico
La fiamma del fuoco
Senso e richiamo storico e fisico
Senso spirituale
Il deserto
I cervi
Il santo
Scoprire le selve del male
Nel tempio di Dio
- dire gloria con le preghiere
- richieste sbagliate
- il chiasso
Il diluvio e la pace
VI. SALMO 29
Il titolo
- i generi di salmo
- salmo di cantico e inaugurazione di casa: senso storico, cristico, ecclesiologico
L’uomo che tende alla beatitudine innalza Dio
L’uomo proietta su Dio la propria azione e condizione
‘Afferrato da sotto’: due paragoni e due esempi
La guarigione e l’intimità con Dio
Essere salvati dalla fossa e suo significato letterale
Salmodiare con cuore puro
Confessione e ringraziamento
Ira e indignazione di Dio
Dal lamento all’esultanza
La bellezza: virtù teoretica distinta dalle virtù pratiche
- La bellezza dell’anima e necessità della Grazia di Dio
- La bellezza originaria avanti la caduta
- La vera bellezza, propria della natura divina, trasforma l’uomo
Vizi teoretici: turpitudine e debolezza
Lo Sposo Logos/Verbo cerca la bellezza della Sposa
Il turbamento che nasce quando Dio allontana il suo volto
Il peso della carne e grido dell’anima e giusto uso del corpo
Libertà per la lode e la verità
Esperienza del soccorso di Dio. Il pianto mutato in gioia. La luce cristica illumina anche la vicenda del profeta
a. Mutamento del pianto in gioia
b. lamenti per i peccati
Effetti dell’intervento di Dio
VII. SALMO 32
L’esultanza e onore del giusto servo e intimo di Dio
L’esultanza occasionale è stabile nel giusto
La lode appartiene ai retti di cuore
Confessione, canto nuovo e salmodia di tutto l’uomo
L’uomo nuovo e sua condizione escatologica in Cristo
La creazione e le vicende della vita guidano alla fede in Dio
Pietà e giudizio di Dio vanno insieme
Il giudizio di Dio si accompagna alla sua pietà
Il Logos e il divino Santo Spirito cooperano nella creazione dei cieli
Creazione specifica degli angeli, santi dall’inizio del loro essere
Gli abissi dei disegni divini
Abissalità dei giudizi di Dio
Gli otri
Ruolo del timore del Signore
Nascita e creazione
L’azione di Dio verso le genti e i popoli
Il disegno del Signore e le varie dottrine delle genti
Rapporto tra i due Testamenti: Giudei/Israele e cristiani/genti
L’occhio di Dio alto spettatore sulle vicende umane
La salvezza viene solo da Dio, non dalle strategie dell’uomo
- non salva l’esercito
- non salva la forza del gigante
- non salva la prestazione del cavallo
L’uomo umile che spera attira lo sguardo del Signore
Speranza in Dio e pazienza
Mantenere in pazienza la speranza nel Dio santo
VIII. SALMO 33
Due ipotesi storiche di interpretazione
Abimelech come nome comune
Anchis nome proprio e il dato storico
Benedire Dio in ogni circostanza vivendola a sua gloria
Bocca dell’uomo e lode perenne a Dio
La vera gloria dell’uomo è in Dio
La mitezza
Chi e come può magnificare il Signore e darsi alla contemplazione
Ricercare il Signore
Dio libera dalle tribolazioni
L’illuminazione del Signore e il giudizio finale
Il povero autentico
a. Il discepolo di Cristo che ha scelto la povertà
b. Cristo il vero povero
La protezione dell’angelo del Signore
Gustare la dolcezza della parola celeste
Il timore perfetto
A chi cerca Dio non manca il vero Bene
I santi ricercano il riposo eterno
Paternità spirituale
Due tipi di timore:
- quello nemico: terrore e spavento suscitati dall’incredulità
- il timore salvifico del giudizio finale porta alla santità
La vita tra giorni cattivi e giorni buoni
Usare bene della lingua lontani dal male
Ricerca della vera pace
Occhi e orecchie: sguardo e giudizio di Dio
Il vero umile
Il simbolismo delle ossa
a. inadeguatezza del senso letterale
b. sensi e organi dell’uomo nascosto/spirituale
c. simbolismo delle ossa e sua dimensione ecclesiale
Morte dei giusti e dei peccatori che li odiano
IX. SALMO 44
Proemio
1. Finalità e natura del salmo: per gli uomini pro-tesi alla perfezione
L’uomo è un essere in perenne mutazione
a. mutazione fisica-corporale. Le età della vita
b. mutazione interiore nell’anima
c. ultima e migliore mutazione spirituale: la resurrezione
2. Intestazione: canto per il Diletto. Enunciazione del tema cristologico
a. Frasi di transizione
b. Il Diletto: l’Unigenito del Padre e il sommo Bene
c. Sintesi del paragrafo e transizione al nuovo tema
I. parte
Ruolo del profeta ed azione dello Spirito Santo
a. Il versetto va riferito al profeta
b. Applicazione morale all’uditore
c. Ancora il profeta: confessione del peccato e azione dello Spirito
II. parte
Sezione cristologica
Il cambiamento di persona Introduzione del tema cristologico
a. La percezione della Bellezza-divinità del Cristo
b. La benedizione all’uomo del Salvatore e alla sua Chiesa, suo corpo
c. L’economia della In-umanizzazione del Verbo: suo splendore e sua potenza
d. Premura del Cristo verso l’umanit
La divina gloria dell’Unigenito
a. Il regno del Cristo
b. Il Cristo: la sua unzione divina
L’umanità del Cristo: coinvolta nell’adesione al Bene
L’economia del Cristo e il tempo della passione
III. parte. Sezione ecclesiologica
a. Le figlie dei re, le anime nobili e grandi
b. La regina, la Chiesa e l’anima congiunta al Verbo nuziale
c. La Chiesa figlia chiamata alla contemplazione e al rifiuto dei cattivi insegnamenti dei demoni
d. La gloria intima della Chiesa e l’intreccio di teoria ed azione
e. Le anime portate al re, seguendo la Chiesa sposa
f. I figli della Chiesa e la celebrazione dei popoli
X. SALMO 45
La vita ha un proprio fine
Unità sinfonica dei profeti: il silenzio dei e sui misteri
Ricerca del vero salvatore e della vera salvezza
Evitare il peccato confidando in Dio
Totale confidenza in Dio che solo può salvare
Tribolazioni occasione di vanto per il giusto
Piena fiducia in Cristo in ogni circostanza
Sconvolgimento dei cuori e dei monti
- realtà naturali
- realtà spirituali e mondane: la potenza del Cristo nell’agone contro la morte
Il dono dell’acqua viva dello Spirito nel cammino verso la Gerusalemme celeste
La carne come tenda del Verbo
Il Cristo Risorto sole di giustizia: dall’ignoranza alla conoscenza
L’aiuto all’uomo: la venuta del Verbo fatto uomo
Arrivare alla conoscenza del Dio Salvatore Re di pace
- puri e vicini
- trovare tempo lasciando da parte le cose mondane
- trovare tempo libero non per fare il male
- trovata la pace trovare tempo per la preghiera
Passione del Cristo innalzato sulla croce
Confidenza ed esultanza per l’aiuto del Signore che dà la pace
XI. SALMO 48
Il fine dell’esistenza umana
Concezioni filosofiche greche e visione cristiana
L’uditorio chiamato a raccolta dallo Spirito
Cammino di perfezione e sinergia di bocca e cuore
Il profeta uditore dello Spirito. Il salterio pneumatico
Non temere il giorno cattivo
Il riscatto da pagare per ottenere la salvezza
L’uomo santo perfetto non può salvare l’anima propria e altrui
Solo l’Uomo Dio Gesù Cristo offre un sacrificio espiatorio
Vita eterna dei virtuosi e morte dei ‘sapienti’
Doppia categoria dei ‘sapienti’: stolti e insensati
- i sapienti
- gli stolti
- gli insensati
Accezione ‘giudaica’ di insensato e ‘pagana’ di stolto
Il cristiano erede dei beni ebraici
Abitazioni: sepolcri per gli stolti e case per i leali
I corpi come sepolcri: abitazione corrotta e transeunte
- per malvagi ed empi
- per uomini terrestri
Situazione dell’uomo
- creato a immagine di Dio: preminenza e onore
- l’uomo decaduto: insensato e schiavo delle passioni
L’uomo si ritrova in Cristo che muore per lui
Dio pone ostacoli all’uomo per richiamarlo
Cristo libera l’uomo
- dalla prigione alla luce
- dal pascolo della morte: a Cristo vero pastore che dà vita
Discesa di Cristo nell’Ade: condanna la morte e libera i prigionieri
Credere nella divina Provvidenza
- Il non credente si sdegna in pensieri dubbiosi
- Il povero, senza avvilirsi, confida in un futuro cambiamento
L’uomo insensato: nel benessere loda Dio nella ristrettezza lo bestemmia
Falsa e oziosa fedeltà
Trista condizione dell’uomo fuori dalla condizione originaria
XII. SALMO 59 (60)
Proemio autobiografico: disposizione materna di Basilio
Significato complessivo del salmo
Esegesi dal salmo: puntualizzazione letterale storica
Contrasto tra il tenore triste del titolo e i fatti gloriosi cui fa riferimento
La diversa situazione umana tra ‘fine’ e ‘mutamento’
a. Continua mutazione degli uomini nella costituzione corporea e nel pensiero
b. mutamento per chi accoglie il Vangelo: cristiani e Chiesa
Mantenere la memoria delle parole del salmo
Dio chiama tutti alla sottomissione a lui
Dio respinge e ha pietà
L’alleanza con Israele è divisa con tutti i popoli
La salvezza in Cristo è anche per tutti gli stranieri
Calzare della divinità la carne teofora di Cristo
Rifugiarsi in Dio che sempre offre il suo aiuto
Funzione probativa delle tribolazioni: rifugiarsi in Dio con speranza
XIII. SALMO 61
Titolo e indicazione storica: presenza di Iditum nei Sal 38 e 61
Il vero umile è paziente
Richiamo del Sal 38
L’anima trova la salvezza
- sottomettendosi a Dio
- accogliendo il Signore fatto uomo
La vera salvezza
Vita burrascosa per mali e peccati e la mano del Salvatore
Caduta e resurrezione: l’uomo è restaurato dal Cristo
Prezzo per la salvezza dell’uomo: il sangue di Cristo
La doppiezza dell’uomo: benedice e maledice
La sottomissione a Dio procura esultanza e gloria
Molteplici forme di vanità della gloria mondana/terrena
La vera nuova dignità dell’uomo
L’anima ha sue bilance per soppesare le azioni
Non attaccarsi alla vana e passeggera ricchezza
Nel suo giudizio Dio manifesta potenza e misericordia
Dio darà a ciascuno secondo le sue azioni
XIV. SALMO 114
Proemio
Basilio si giustifica del ritardo alla liturgia dei Martiri
Commento
Chi ama veramente Dio accoglie con gioia i patimenti conseguenti
Dio si porta vicino all’uomo per ascoltarlo
Invocare Dio in ogni circostanza anche dolorosa della vita
In Dio pietà e giudizio non sono disgiunti
La piccolezza umana e la salvezza divina
a. Accezione fisica
b. Accezione spirituale
Verso il riposo eterno nella ‘terra dei viventi’ oltre le molteplici morti
XV. SALMO 115 (PG 30)
Il mistero della teologia richiede l’assenso della fede senza dimostrazione
Non si arriva alla verità con mezzi umani
L’estasi di David e non un ragionamento circolare
L’uomo ‘rende in cambio’ a Dio per i Suoi benefici
La morte ‘preziosa’ dei santi
Il sacrificio della lode
Omelie Esegetiche
XVI. Sull’inizio dei Proverbi
Proemio. Gli scritti di Salomone
Commento
Il significato del termine ‘Proverbi’
- L’autore del libro
- Il proverbio popolare e quello cristiano
Sapienza e disciplina
La prudenza
Comprendere i giri di parole
La giustizia
L’innocenza e l’astuzia
Senso e intelligenza
Tenere il timone della nave nel mare della vita
XVII. Omelia sul detto del Vangelo secondo Luca
Premessa: duplice genere delle prove
La parabola evangelica
Filantropia di Dio e misantropia dell’uomo ricco
La figura del ricco
- Le sue preoccupazioni
- La sua voracità
- Esortazioni al ricco
Le sofferenze del povero
I progetti del ricco
La ricompensa del generoso
Ancora i progetti fallaci del ricco
L’ingiustizia del ricco
Conclusione esortatoria
XVIII. Omelia su Presta attenzione a te stesso (Dt 15, 9)
Introduzione. Necessità del silenzio per ascoltare la parola
Doppia premessa:
a. giusto rapporto tra chi parla e ascolta
b. Faticosa ricerca della verità e il peccato col pensiero
Trattazione del tema
L’impulso a fuggire il peccato e ricercare la giustizia
Prestare attenzione a se stessi con l’occhio dell’anima
Prestare attenzione solo all’anima, non alla carne e ai beni transeunti
Prestare attenzione a se stessi, precetto utile per tutti per riconoscere malattia e salute dell’anima
Tenere a freno le vane speranze e non trascurare ciò che è già presente
L’esame di se stessi: indagare non le cose altrui ma le proprie
Il precetto Presta attenzione a te stesso utile sia per chi prospera che per chi è in circostanze avverse
Elogio della grandezza e della dignità dell’uomo
Prestare attenzione a se stessi per dominare le passioni
Dalla contemplazione dell’anima all’Artefice
Dalla contemplazione del corpo all’Artefice
XIX. Omelia su In principio era il Logos (Gv 1, 1)
Potenza del Prologo giovanneo e difficoltà a comprenderlo
La bellezza del vangelo e del prologo giovannei
I filosofi pagani ammirano il prologo di Giovanni, tanto più lo devono i cristiani
Non si possono guardare direttamente né il sole né il ‘principio’
I sofismi degli avversari anticipati dalla Parola
Polisemia del termine ‘principio’
Il ‘principio’ primo
Generazione del Logos ‘in principio’ prima e fuori del tempo
Varie valenze concettuali del «logos»
Il logos umano soggiace al tempo
Il vero Logos quale Monogenito: suoi caratteri divini
«Presso Dio
Il Logos/Dio in principio presso Dio
Conclusione
Appendice
Testi greci strutturati
I. SALMO 1
III. SALMO 14A
IV. SALMO 14B
V. SALMO 28
VI. SALMO 29
VII. SALMO 32
VIII. SALMO 33
IX. SALMO 44
X. SALMO 45
XI. SALMO 48
XII. SALMO 59 (60)
XIII. SALMO 61
XIV. SALMO 114
XVIII. Omelia su Presta attenzione a te stesso (Dt 15, 9)
XIX Omelia su In principio era il Logos (Gv 1, 1)
Bibliografia
Opere di Basilio
Omelie
Trattati
Opere Ascetiche
Opere Liturgiche
Lettere
Commenti
Edizioni delle opere di Basilio
Abbreviazioni delle opere di Basilio
Bibliografia Generale
Indici
1. Indice ricorrenze
Abitudine/Consuetudine della Scrittura (ethos/synetheia/synethes)
Accuratezza/acribia/cura/precisione/rigore (akribeia/akribes/akribōs)
Agone/atleta/combattimento/combattente
Bene il più perfetto: Cristo, Dio
Concatenazione/Consequenzialità/Successione (akolouthia)
Dalla creazione all’Artefice
Dio spettatore
Discesa di Cristo/venuta/epifania di Cristo
Discesa nell’Ade/Inferi
Due vie
Egemonico
Esercizio (askēsis/gymnasion/meletē)
Un’espressione al posto di un’altra
Fermezza/Stabilità (eustatheia/eustathes/eustathōs)
Filantropia
Il fine/la fine
Gradini del progresso spirituale
Impressione di verità/insegnamenti
Incarnazione (sarkōsis) / Insomatizzazione (ensōmatōsis) / Inumanizzazione
Intimità, familiarità con Dio (oikeiōsis)
Mutamento/Rinnovamento della vita
Passioni della carne
Pensiero della carne
Prove del giusto
Provvidenza divina ed interrogativi su di essa
Purezza
Salterio
Scelta deliberata/Valutazione (proairesis)
Sensi spirituali
Uomo interiore/nascosto/esteriore
Vanto per beni effimeri
Varietà delle passioni
Vita/azioni/esercizio/fatiche/lotte della virtù/secondo virtù
Zelo/zelante (spoudē/spoudaios)
2. Indice esegetico
a. Esegesi: metodi e termini
b. Terminologia retorico-grammaticale
c. Caratteristiche proprie del testo Scritturistico
3. Indice tematico
Angeli
Antropologia
Arte medica-medico
Ascetismo morale, concetti chiave
Cristiano combattente ed atleta
Cristologia
Giudizio
Le passioni
Morale
Provvidenza e prove del giusto
Salmo-salterio-strumenti musicali
Spiritualità e mistica
Spirito Santo
4. Indice onomastico
autori antichi
autori moderni
5. Indice biblico
Antico Testamento
Nuovo Testamento
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PATROLOGIA BEITRÄGE ZUM STUDIUM DER KIRCHENVÄTER

XXXVII GIORGIO MAZZANTI (ED.)

BASILIO DI CESAREA – OMELIE SUI SALMI E ALTRE OMELIE ESEGETICHE INTRODUZIONE, COMMENTO E REVISIONE

Umschlaggestaltung: © Olaf Gloeckler, Atelier Platen, Friedberg Cover Design: © Olaf Gloeckler, Atelier Platen, Friedberg Conception de la couverture du livre: © Olaf Gloeckler, Atelier Platen, Friedberg

La nuova traduzione italiana delle Omelie sui Salmi di Basilio, le più neglette degli scritti del Cappadoce, è per la prima volta corredata di ampie note che inquadrano puntualmente il testo nel rapporto con altri autori cristiani precedenti, contemporanei e posteriori e nel confronto tra cultura greca e fede cristiana. Affiancano le Omelie sui Salmi altre quattro omelie esegetiche. L’insieme delle omelie fa emergere la finezza e l’originalità dell’interpretazione di Basilio, l‘importanza del suo ruolo nella storia dell’esegesi ma anche la rilevanza del suo pensiero nelle molteplici componenti (teologia, antropologia, ecclesiologia, morale, ascetica e mistica).

Dopo lo studio di Teologia, Giorgio Mazzanti ha conseguito il Dottorato in Teologia Patristica nell’Institutum Patristicum Augustinianum di Roma con tesi sulla cristologia di Basilio Magno. Ora è professore presso la Pontificia Università Urbaniana, Città del Vaticano. Ha pubblicato sulla teologia simbolica sacramentale e sulla teologia nuziale.

www.peterlang.com

Basilio di Cesarea – Omelie sui Salmi e altre omelie esegetiche

PATROLOGIA BEITRÄGE ZUM STUDIUM DER KIRCHENVÄTER Herausgegeben von Andreas Spira †, Hubertus R. Drobner, Christoph Klock

Band 37

GIORGIO MAZZANTI (ED.)

BASILIO DI CESAREA – OMELIE SUI SALMI E ALTRE OMELIE ESEGETICHE INTRODUZIONE, COMMENTO E REVISIONE. TRADUZIONE E INDICI DI SIMONA GIANI

Bibliografische Information der Deutschen Nationalbibliothek Die Deutsche Nationalbibliothek verzeichnet diese Publikation in der Deutschen Nationalbibliografie; detaillierte bibliografische Daten sind im Internet über http://dnb.d-nb.de abrufbar. P-Initiale zum weihnachtlichen Introitus aus dem Abdinghofer Graduale fol. 12V, Bibliotheca Theodoriana Hs. Ba 1 aus dem Jahr 1507. Abdruck mit freundlicher Genehmigung der Erzbischöflichen Akademischen Bibliothek Paderborn. Umschlaggestaltung: © Olaf Gloeckler, Atelier Platen, Friedberg

ISSN 0940-4015 ISBN 978-3-631-73826-9 (Print) E-ISBN 978-3-631-73869-6 (E-PDF) E-ISBN 978-3-631-73870-2 (EPUB) E-ISBN 978-3-631-73871-9 (MOBI) DOI 10.3726/b12617 © Peter Lang GmbH Internationaler Verlag der Wissenschaften Frankfurt am Main 2017 Alle Rechte vorbehalten. Peter Lang Edition ist ein Imprint der Peter Lang GmbH. Peter Lang – Frankfurt am Main ∙ Bern ∙ Bruxelles ∙ New York ∙ Oxford ∙ Warszawa ∙ Wien Das Werk einschließlich aller seiner Teile ist urheberrechtlich geschützt. Jede Verwertung außerhalb der engen Grenzen des Urheberrechtsgesetzes ist ohne Zustimmung des Verlages unzulässig und strafbar. Das gilt insbesondere für Vervielfältigungen, Übersetzungen, Mikroverfilmungen und die Einspeicherung und Verarbeitung in elektronischen Systemen. Diese Publikation wurde begutachtet. www.peterlang.com

Basilio di Cesarea Omelie sui Salmi e altre omelie esegetiche

Traduzione e indici

Simona Giani

Introduzione, commento e revisione

Giorgio Mazzanti

Ἐμοί τε γὰρ ἔσται τοῦτο χρέος ἱκανῶς ἀφωσιωμένον Gregorio di Nazianzo Orazione 43, 1 Epitaffio per il grande Basilio «Per me questo sarà il modo di saldare il debito» verso Basilio e verso p. Jean Gribomont osb eccellente maestro (H.U. von Balthasar) Veramente icone delle anime sono le parole Basilio Ep 9, 1 Basilio, uomo di intelligenza fine e profonda (Averincev)

Finalità del lavoro

Quanto accompagna i testi basiliani qui presentati costituisce solo un lavoro introduttivo per un ulteriore approfondimento della teologia di Basilio e del suo apporto culturale anche per quanto riguarda il suo rapporto con altri autori cristiani a lui precedenti, contemporanei e posteriori e per quanto concerne il confronto tra cultura greca/ellenica e fede biblica/cristiana. Il presente lavoro non ha altra pretesa che quella di aver predisposto nel miglior modo possibile una piattaforma per ulteriori ricerche e approfondimenti anche da parte di altri e diversi studiosi. Desidero rievocare qui la figura di p. Jean Gribomont, gioioso e grande maestro. Gli devo molto per l’amicizia mostratami e per la passione comunicatami per i Padri della Chiesa. Ringraziamenti Non posso non ringraziare la professoressa Simona Giani, senza la sua competente collaborazione questo lavoro non avrebbe mai visto luce in questa veste. Giorgio Mazzanti

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Avvertenze Testo e rimandi biblici Il testo biblico che Basilio commenta è pressoché sempre quello della LXX ed è formattato ad esempio: testo biblico commentato. Le omelie basiliane sono disposte secondo il numero dei salmi e non seguendo la loro eventuale cronologia. Abbiamo cercato di rintracciare nei testi basiliani le citazioni esplicite ma anche gli echi della Scrittura. In alcuni casi, pur mettendo cfr. davanti al rimando scritturistico, abbiamo introdotto comunque tra le virgolette il testo biblico richiamato per segnalare la evidente ripresa della fonte, sia pur con lievi modifiche esplicative aggiunte da Basilio, tese per lo più a far ‘concordare’ la forma biblica con il passaggio omiletico corrispondente. Rientrano in questi casi ad es. il cambiamento della persona relativo a un verbo o a un termine (ad es. ‘voi’ invece di ‘noi’; ‘loro’ invece di ‘suo’; ‘tuo’ invece di ‘vostri’); il cambiamento del tempo della forma verbale (ad es. dal futuro al presente, dall’imperativo all’infinito; dall’imperfetto indicativo al participio presente); e anche l’inversione dell’ordine dei termini/frasi all’interno di un medesimo versetto (ad es. nominare prima la ‘terra’ prima del ‘cielo’ nella citazione di Col 1, 20, passo altre volte citato da Basilio in modo puntuale).

Struttura e contenuto dei testi basiliani Il dettato omiletico basiliano è testo di alta e essenziale retorica. Per rilevare questo fatto abbiamo messo in evidenza (anche con un semplice rientro) solo alcuni testi chiaramente strutturati, collocandone in appendice il corrispondente testo greco. Per lo più il commento di Basilio affronta di volta in volta i singoli versetti biblici dei testi in questione; solo in alcuni casi le omelie appiano più strutturate nel loro insieme. Anche per questo motivo, per facilitare la lettura del testo, abbiamo introdotto dei titoli, che sono solo indicativi dei temi affrontati da Basilio.



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Riferimenti e ricorrenze dei testi basiliani Per non appesantire le note di rimandi tra le diverse omelie basiliane oggetto del presente lavoro si è optato per mettere un asterisco a singole parole, segnalando in questo modo la presenza di esse nell’indice delle ricorrenze per questo predisposto. All’interno dei testi basiliani si è ritenuto opportuno indicare tra parentesi quadre il rimando alle colonne della Patrologia Greca (PG) del Migne.

Citazioni delle opere di Basilio e degli altri autori antichi Per le opere di Basilio, visto il gran numero delle citazioni, si è preferito utilizzare le abbreviazioni dei titoli latini, per i quali si rimanda al relativo elenco. Le opere degli altri autori antichi sono state invece citate, per esigenze di chiarezza, coi titoli italiani.

Indice Generale Finalità del lavoro ............................................................................ 9 Avvertenze ..................................................................................... 10 Testo e rimandi biblici .................................................................................. 10 Struttura e contenuto dei testi basiliani ..................................................... 10 Riferimenti e ricorrenze dei testi basiliani................................................. 11 Citazioni delle opere di Basilio e degli altri autori antichi ...................... 11

Indice Generale ............................................................................. 13 Introduzione .................................................................................. 29 Prima Parte: La figura e l’opera di Basilio .................................... 29

1. Prima formazione nella paideia greca .......................................................... 36 2. Conversione ..................................................................................................... 38 3. In cerca della vita perfetta e della vera filosofia........................................... 40 3.1 Il contesto spirituale e formazione culturale di Basilio...................... 42 3.2 Incontro con la ‘filosofia monacale’ di Eustazio di Sebaste ............... 50 3.3 Impronte eustaziane in Basilio .............................................................. 51 3.4 Scelta decisiva e cambiamento di vita di Basilio ................................. 54 4. Monachesimo e vita cristiana. Il compito dell’uomo: diventare come Dio, anzi Dio ............................... 55

Seconda Parte: Le omelie sui salmi ............................................... 61

Premesse ............................................................................................................... 61 Il contributo esegetico di Basilio ....................................................................... 61 I. Sguardo complessivo sulle omelie sui salmi................................................. 62 I.1 Numero e datazione delle omelie .......................................................... 62 I.2 Salmi con o senza titolo .......................................................................... 67 Senza titolo .............................................................................................. 67 Con titolo ................................................................................................. 67 I.3 Con e senza Dossologia .......................................................................... 68 I.4 Il testo salmico commentato .................................................................. 69 I.5 Vario trattamento di commento ai salmi ............................................. 70 II. Orizzonte esegetico-ermeneutico ................................................................ 72 II.1 La santa/divina Scrittura ispirata ......................................................... 72 II.2 I Pagani e le loro scritture sacre ........................................................... 73 III. La posizione di Basilio ................................................................................. 75 III.1 Esegesi basiliana delle Omelie esegetiche ......................................... 76

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1. Conoscenza esegetica di Basilio........................................................ 77 2. L’esegesi cristiana prima di Basilio. Un accenno sommario .......... 78 III.2 La scelta di Basilio: utilità della scrittura e criteri esegetici fondamentali............................................................................................ 81 1. Spiegare la Scrittura con la Scrittura ................................................ 82 2. Esegesi come forma di cristologia .................................................... 83 3. Le due vie ............................................................................................. 83 4. Salmi voci di Chiesa. L’uditorio cristiano ........................................ 84 5. Una scrittura una per un disegno unico .......................................... 86 6. La Scrittura ispirata è utile................................................................. 87 7. Il linguaggio delle cose create ........................................................... 88 8. Il linguaggio delle arti umane ........................................................... 89 9. Nulla è inutile nella Bibbia ................................................................ 92 10. L’akolouthia - La concatenazione.................................................... 94 III.3 Alcuni elementi strutturanti di metodo nelle omelie sui salmi...... 94 1. Precisare la lexis testuale .................................................................... 94 2. Congiunzione Paolo e Giovanni ....................................................... 96 III.4 Dischiudere il senso antropologico cristiano totale......................... 96 1. Antropologia basiliana ....................................................................... 97 2. Il destino dell’uomo: sua somiglianza partecipativa con Dio ..... 101 2.1 Senso ultimo dell’uomo: diventare ‘dio’ con/in Dio............. 101 2.2 I tre gradi/gradini del cammino della vita spirituale: dal mercenario all’amore puro ................................................ 102 2.3 Dal dis/stacco negativo alla perfezione dell’amore .............. 104 III.5 La mistica epoptica-unitiva e la sua cifra nuziale .......................... 106

Conclusione ................................................................................. 115 Testi .............................................................................................. 117 Omelie sui Salmi.......................................................................... 117 I. SALMO 1 .................................................................................. 117 I. Natura e finalità del Salterio: sintesi dei libri biblici e riserva di cure appropriate per l’uomo ........... 117 Funzione educatrice della melodia ........................................................... 120 Molteplici esiti positivi del canto dei salmi ............................................. 122 Salmi sintesi di ogni insegnamento .......................................................... 125 Lo strumento musicale del salterio ........................................................... 126

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II. Commento .................................................................................................... 127 Il proemio: sua finalità e natura ................................................................ 127 [premessa giustificativa del proemio] ............................................... 127 Il vero Bene cui tutto tende........................................................................ 129 I falsi beni sono vani e non rendono buoni ............................................. 131 Il salmista considera insieme uomini e donne ........................................ 132 Distinzione tra chi ha concluso il viaggio e chi è per strada ................. 133 Un’aporia: l’allontanamento dal male è principio del progresso. Scala e divina pedagogia ...................................................................... 134 Le tre cose da evitare per raggiungere la perfetta virtù .......................... 138 L’empietà contro Dio ................................................................................... 138 La via dei peccatori ..................................................................................... 139 - La vita è una strada e l’uomo un viandante che va verso la fine. Mobile fugacità del tempo e delle cose .............................................. 139 - La doppia via dei peccatori ..................................................................... 141 - Le due vie dell’uomo ................................................................................ 142 Non soffermarsi nella peste del male........................................................ 145 III. Conclusione ................................................................................................. 149

II. SALMO 7 ................................................................................ 151

Il titolo: tra storia ed etimologia ...................................................................... 151 Salvezza e liberazione dell’uomo ..................................................................... 153 Salvezza per il debole e liberazione per lo schiavo. Combattimento e giudizio finale ........................................................ 154 Non rendere in cambio il male .................................................................. 155 Variazione neotestamentaria delle due vie: il giusto e il peccatore. Il nemico dell’anima ............................................................................. 156 L’innalzamento del Signore: croce e resurrezione salvezza dell’uomo ............................................ 157 Dalla contingenza storica del profeta alla Resurrezione del Cristo e al Giudizio finale .............................................................. 157 Il giudizio del Signore: criterio ermeneutico e confronto esistenziale ......................................... 158 Varietà di giudizio relativo alle situazioni................................................ 159 a. delle singole persone ........................................................................ 159 b. dei popoli: Giudei e Sciti .................................................................. 160 Vari gradi di giustizia.................................................................................. 161 Circoscrivere il peccato e guidare il giusto .............................................. 161 L’esame del cuore, sede delle decisioni, e dei reni, sede delle concupiscenza ....................................................................................... 162 Lasciare il giusto giudizio ultimo al Cristo .............................................. 165

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L’aiuto dal Signore e i retti di cuore........................................................... 166 La giustizia di Dio che spinge l’uomo al pentimento ................................... 167 Le doglie dell’iniqua irrazionalità ............................................................. 169 Fosse e pozzi ................................................................................................ 169

III. SALMO 14A .......................................................................... 173

Il perfetto che cerca la beatitudine è un forestiero ........................................ 173 Dimensioni diverse e sensi letterale e spirituale del forestiero ............. 173 Condizione dell’uomo caduto dal bene e le tre cose da cui staccarsi ................................................................. 174 La tenda di Dio .................................................................................................. 174 Mettere la tenda sul monte: senso storico e spirituale ........................... 175 Chi può attendarsi sul monte .................................................................... 176 Due significati della verità: salvifica e scientifica .......................................... 178 L’inganno e l’oltraggio ....................................................................................... 180 La figura evangelica del prossimo: ogni uomo lo è ................................ 180 Doppia accezione di oltraggio e indicazione cristiana del giusto atteggiamento ...................................................................... 180 Disprezzare chi fa il male e onorare chi teme il Signore ........................ 181 Varie forme di giuramento e l’invito del Cristo a non giurare.............................................................. 183 Rassicurazione come forma di giuramento ............................................. 184 Giuramento come rispetto per altri .......................................................... 184 Dare a chi chiede ............................................................................................... 185

IV. SALMO 14B ........................................................................... 187 Omelia dello stesso su una parte del salmo 14 e contro gli usurai ....................................................................... 187 Proemio ........................................................................................................ 187 Condanna del prestito ad interesse. L’usuraio e il debitore ................... 187 Le ansie del debitore. Evitare il prestito ad interesse .............................. 189 L’interesse: bestia prolifica.......................................................................... 193 Esortazione ai ricchi ................................................................................... 196

V. SALMO 28 ............................................................................... 199 Il titolo: analisi e letture diverse....................................................................... 199 a. Riferimento storico liturgico/biblico giudaico .................................... 199 b. Comprensione intellettuale ................................................................... 199 c. Interpretazione cristiana ........................................................................ 200 I figli di Dio portano il dono con cuore puro ................................................ 201 I vari doni da portare a Dio ....................................................................... 201

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Come portare al Signore gloria e onore ................................................... 202 Il disonore delle cattive azioni dona onore ai nemici di Dio................. 204 L’adorazione e il suo giusto luogo .................................................................... 205 a. Il recinto della Chiesa ............................................................................. 205 b. il recinto come dimora celeste............................................................... 206 La voce del Signore, il tuono e le acque .......................................................... 206 Paralleli biblici ............................................................................................. 206 Fisiologia della voce. Voce del Signore nel mondo creato e nel Battesimo ........................ 207 Manifestazioni della voce ................................................................................. 209 1. il tuono ..................................................................................................... 209 a. senso letterale/fisiologico ................................................................. 209 b. senso spirituale ecclesiale ................................................................ 209 2. le acque ..................................................................................................... 210 3. la forza ...................................................................................................... 210 4. magnificenza dell’uomo e di Dio .......................................................... 210 La doppia valenza simbolica dei cedri............................................................ 211 L’unicorno e il suo duplice senso cristologico ......................................... 213 La fiamma del fuoco ......................................................................................... 214 Senso e richiamo storico e fisico ............................................................... 214 Senso spirituale............................................................................................ 215 Il deserto ............................................................................................................. 215 I cervi .................................................................................................................. 216 Il santo .......................................................................................................... 217 Scoprire le selve del male ........................................................................... 217 Nel tempio di Dio .............................................................................................. 218 - dire gloria con le preghiere...................................................................... 218 - richieste sbagliate...................................................................................... 219 - il chiasso..................................................................................................... 219 Il diluvio e la pace.............................................................................................. 220

VI. SALMO 29 ............................................................................. 223

Il titolo ................................................................................................................ 223 - i generi di salmo ....................................................................................... 223 - salmo di cantico e inaugurazione di casa: senso storico, cristico, ecclesiologico ................................................. 224 L’uomo che tende alla beatitudine innalza Dio ............................................. 225 L’uomo proietta su Dio la propria azione e condizione ......................... 225 ‘Afferrato da sotto’: due paragoni e due esempi....................................... 226

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La guarigione e l’intimità con Dio .................................................................. 227 Essere salvati dalla fossa e suo significato letterale ................................. 228 Salmodiare con cuore puro........................................................................ 230 Confessione e ringraziamento ................................................................... 230 Ira e indignazione di Dio ........................................................................... 231 Dal lamento all’esultanza ............................................................................ 232 La bellezza: virtù teoretica distinta dalle virtù pratiche ............................... 233 - La bellezza dell’anima e necessità della Grazia di Dio ......................... 234 - La bellezza originaria avanti la caduta ................................................... 234 - La vera bellezza, propria della natura divina, trasforma l’uomo ........ 235 Vizi teoretici: turpitudine e debolezza...................................................... 235 Lo Sposo Logos/Verbo cerca la bellezza della Sposa .................................... 236 Il turbamento che nasce quando Dio allontana il suo volto.................. 236 Il peso della carne e grido dell’anima e giusto uso del corpo ...................... 237 Libertà per la lode e la verità ..................................................................... 238 Esperienza del soccorso di Dio. Il pianto mutato in gioia. La luce cristica illumina anche la vicenda del profeta ............................ 238 a. Mutamento del pianto in gioia .............................................................. 239 b. lamenti per i peccati ............................................................................... 239 Effetti dell’intervento di Dio ...................................................................... 240

VII. SALMO 32 ............................................................................ 243

L’esultanza e onore del giusto servo e intimo di Dio..................................... 243 L’esultanza occasionale è stabile nel giusto ..................................................... 244 La lode appartiene ai retti di cuore ................................................................. 245 Confessione, canto nuovo e salmodia di tutto l’uomo ................................. 246 L’uomo nuovo e sua condizione escatologica in Cristo ................................ 248 La creazione e le vicende della vita guidano alla fede in Dio ...................... 250 Pietà e giudizio di Dio vanno insieme ............................................................ 252 Il giudizio di Dio si accompagna alla sua pietà ............................................. 253 Il Logos e il divino Santo Spirito cooperano nella creazione dei cieli............................................................................... 254 Creazione specifica degli angeli, santi dall’inizio del loro essere ................ 255 Gli abissi dei disegni divini .............................................................................. 256 Abissalità dei giudizi di Dio ............................................................................. 257 Gli otri................................................................................................................. 258 Ruolo del timore del Signore ........................................................................... 259 Nascita e creazione ............................................................................................ 261 L’azione di Dio verso le genti e i popoli .......................................................... 262

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Il disegno del Signore e le varie dottrine delle genti ..................................... 264 Rapporto tra i due Testamenti: Giudei/Israele e cristiani/genti .................. 265 L’occhio di Dio alto spettatore sulle vicende umane ..................................... 266 La salvezza viene solo da Dio, non dalle strategie dell’uomo ...................... 268 - non salva l’esercito .................................................................................... 268 - non salva la forza del gigante .................................................................. 268 - non salva la prestazione del cavallo ....................................................... 269 L’uomo umile che spera attira lo sguardo del Signore .................................. 270 Speranza in Dio e pazienza .............................................................................. 271 Mantenere in pazienza la speranza nel Dio santo ......................................... 271

VIII. SALMO 33 ......................................................................... 273

Due ipotesi storiche di interpretazione .......................................................... 273 Abimelech come nome comune ................................................................ 273 Anchis nome proprio e il dato storico...................................................... 274 Benedire Dio in ogni circostanza vivendola a sua gloria ............................. 275 Bocca dell’uomo e lode perenne a Dio ..................................................... 276 La vera gloria dell’uomo è in Dio .............................................................. 278 La mitezza .......................................................................................................... 279 Chi e come può magnificare il Signore e darsi alla contemplazione ........................................................................ 281 Ricercare il Signore ..................................................................................... 283 Dio libera dalle tribolazioni ....................................................................... 283 L’illuminazione del Signore e il giudizio finale........................................ 284 Il povero autentico ............................................................................................ 285 a. Il discepolo di Cristo che ha scelto la povertà ..................................... 285 b. Cristo il vero povero ............................................................................... 287 La protezione dell’angelo del Signore ....................................................... 288 Gustare la dolcezza della parola celeste .......................................................... 289 Il timore perfetto ............................................................................................... 291 A chi cerca Dio non manca il vero Bene .................................................. 292 I santi ricercano il riposo eterno ............................................................... 294 Paternità spirituale ...................................................................................... 295 Due tipi di timore: ............................................................................................ 295 - quello nemico: terrore e spavento suscitati dall’incredulità................ 295 - il timore salvifico del giudizio finale porta alla santità ........................ 296 La vita tra giorni cattivi e giorni buoni .......................................................... 298 Usare bene della lingua lontani dal male ................................................. 299 Ricerca della vera pace ............................................................................... 301 Occhi e orecchie: sguardo e giudizio di Dio ............................................ 301 Il vero umile ....................................................................................................... 304

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Il simbolismo delle ossa.................................................................................... 307 a. inadeguatezza del senso letterale .......................................................... 307 b. sensi e organi dell’uomo nascosto/spirituale ....................................... 307 c. simbolismo delle ossa e sua dimensione ecclesiale............................. 308 Morte dei giusti e dei peccatori che li odiano ......................................... 309

IX. SALMO 44 ............................................................................. 311

Proemio .............................................................................................................. 311 1. Finalità e natura del salmo: per gli uomini pro-tesi alla perfezione ..................................................... 311 L’uomo è un essere in perenne mutazione ............................................... 312 a. mutazione fisica-corporale. Le età della vita ................................. 312 b. mutazione interiore nell’anima ....................................................... 314 c. ultima e migliore mutazione spirituale: la resurrezione .............. 317 2. Intestazione: canto per il Diletto. Enunciazione del tema cristologico .......................................................... 319 a. Frasi di transizione.................................................................................. 319 b. Il Diletto: l’Unigenito del Padre e il sommo Bene .............................. 319 c. Sintesi del paragrafo e transizione al nuovo tema............................... 322 I. parte ................................................................................................................. 323 Ruolo del profeta ed azione dello Spirito Santo ............................................ 323 a. Il versetto va riferito al profeta .............................................................. 323 b. Applicazione morale all’uditore ............................................................ 325 c. Ancora il profeta: confessione del peccato e azione dello Spirito ..... 326 II. parte ............................................................................................................... 327 Sezione cristologica ........................................................................................... 327 Il cambiamento di persona Introduzione del tema cristologico ........................................................... 327 a. La percezione della Bellezza-divinità del Cristo ................................. 327 b. La benedizione all’uomo del Salvatore e alla sua Chiesa, suo corpo ................................................................. 330 c. L’economia della In-umanizzazione del Verbo: suo splendore e sua potenza ................................................................ 332 d. Premura del Cristo verso l’umanità...................................................... 336 La divina gloria dell’Unigenito ........................................................................ 339 a. Il regno del Cristo ................................................................................... 339 b. Il Cristo: la sua unzione divina ............................................................. 341 L’umanità del Cristo: coinvolta nell’adesione al Bene ................................... 343 L’economia del Cristo e il tempo della passione ............................................ 345

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III. parte. Sezione ecclesiologica ..................................................................... 347 a. Le figlie dei re, le anime nobili e grandi ............................................... 347 b. La regina, la Chiesa e l’anima congiunta al Verbo nuziale ................ 347 c. La Chiesa figlia chiamata alla contemplazione e al rifiuto dei cattivi insegnamenti dei demoni ............................... 349 d. La gloria intima della Chiesa e l’intreccio di teoria ed azione .......... 351 e. Le anime portate al re, seguendo la Chiesa sposa ............................... 353 f. I figli della Chiesa e la celebrazione dei popoli .................................... 355

X. SALMO 45 ............................................................................... 357

La vita ha un proprio fine................................................................................. 357 Unità sinfonica dei profeti: il silenzio dei e sui misteri .......................... 357 Ricerca del vero salvatore e della vera salvezza ............................................. 358 Evitare il peccato confidando in Dio ........................................................ 359 Totale confidenza in Dio che solo può salvare ........................................ 360 Tribolazioni occasione di vanto per il giusto........................................... 361 Piena fiducia in Cristo in ogni circostanza .............................................. 362 Sconvolgimento dei cuori e dei monti............................................................ 362 - realtà naturali ............................................................................................ 362 - realtà spirituali e mondane: la potenza del Cristo nell’agone contro la morte .............................. 362 Il dono dell’acqua viva dello Spirito nel cammino verso la Gerusalemme celeste .................................................................... 364 La carne come tenda del Verbo ................................................................. 366 Il Cristo Risorto sole di giustizia: dall’ignoranza alla conoscenza........ 367 L’aiuto all’uomo: la venuta del Verbo fatto uomo.................................... 368 Arrivare alla conoscenza del Dio Salvatore Re di pace ................................ 369 - puri e vicini ............................................................................................... 369 - trovare tempo lasciando da parte le cose mondane ............................. 370 - trovare tempo libero non per fare il male ............................................. 371 - trovata la pace trovare tempo per la preghiera ..................................... 372 Passione del Cristo innalzato sulla croce ....................................................... 373 Confidenza ed esultanza per l’aiuto del Signore che dà la pace ............ 374

XI. SALMO 48 ............................................................................. 375

Il fine dell’esistenza umana ............................................................................... 375 Concezioni filosofiche greche e visione cristiana ................................... 375 L’uditorio chiamato a raccolta dallo Spirito ................................................... 376 Cammino di perfezione e sinergia di bocca e cuore..................................... 379 Il profeta uditore dello Spirito. Il salterio pneumatico ................................. 379 Non temere il giorno cattivo...................................................................... 380

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Il riscatto da pagare per ottenere la salvezza.................................................. 381 L’uomo santo perfetto non può salvare l’anima propria e altrui ........... 383 Solo l’Uomo Dio Gesù Cristo offre un sacrificio espiatorio .................. 384 Vita eterna dei virtuosi e morte dei ‘sapienti’ ................................................ 388 Doppia categoria dei ‘sapienti’: stolti e insensati ........................................... 390 - i sapienti ..................................................................................................... 390 - gli stolti ...................................................................................................... 390 - gli insensati ................................................................................................ 391 Accezione ‘giudaica’ di insensato e ‘pagana’ di stolto ................................... 391 Il cristiano erede dei beni ebraici .................................................................... 392 Abitazioni: sepolcri per gli stolti e case per i leali ......................................... 392 I corpi come sepolcri: abitazione corrotta e transeunte ............................... 393 - per malvagi ed empi ................................................................................. 393 - per uomini terrestri .................................................................................. 394 Situazione dell’uomo ........................................................................................ 394 - creato a immagine di Dio: preminenza e onore ................................... 394 - l’uomo decaduto: insensato e schiavo delle passioni ........................... 397 L’uomo si ritrova in Cristo che muore per lui ......................................... 398 Dio pone ostacoli all’uomo per richiamarlo ............................................ 398 Cristo libera l’uomo ......................................................................................... 399 - dalla prigione alla luce ............................................................................. 399 - dal pascolo della morte: a Cristo vero pastore che dà vita .................. 399 Discesa di Cristo nell’Ade: condanna la morte e libera i prigionieri .... 400 Credere nella divina Provvidenza ................................................................... 400 - Il non credente si sdegna in pensieri dubbiosi ..................................... 400 - Il povero, senza avvilirsi, confida in un futuro cambiamento ............ 401 L’uomo insensato: nel benessere loda Dio nella ristrettezza lo bestemmia............................................................ 402 Falsa e oziosa fedeltà ................................................................................... 403 Trista condizione dell’uomo fuori dalla condizione originaria............. 404

XII. SALMO 59 (60) .................................................................... 405

Proemio autobiografico: disposizione materna di Basilio ........................... 405 Significato complessivo del salmo ................................................................... 405 Esegesi dal salmo: puntualizzazione letterale storica ................................... 406 Contrasto tra il tenore triste del titolo e i fatti gloriosi cui fa riferimento ....................................................... 407 La diversa situazione umana tra ‘fine’ e ‘mutamento’ ................................... 409 a. Continua mutazione degli uomini nella costituzione corporea e nel pensiero ........................................ 409 b. mutamento per chi accoglie il Vangelo: cristiani e Chiesa ................ 410

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Mantenere la memoria delle parole del salmo .............................................. 411 Dio chiama tutti alla sottomissione a lui.................................................. 411 Dio respinge e ha pietà ............................................................................... 412 L’alleanza con Israele è divisa con tutti i popoli............................................. 413 La salvezza in Cristo è anche per tutti gli stranieri ....................................... 414 Calzare della divinità la carne teofora di Cristo ...................................... 414 Rifugiarsi in Dio che sempre offre il suo aiuto ........................................ 415 Funzione probativa delle tribolazioni: rifugiarsi in Dio con speranza ............................................................. 415

XIII. SALMO 61 .......................................................................... 417 Titolo e indicazione storica: presenza di Iditum nei Sal 38 e 61 ............................................................ 417 Il vero umile è paziente .................................................................................... 418 Richiamo del Sal 38..................................................................................... 419 L’anima trova la salvezza .................................................................................. 419 - sottomettendosi a Dio .............................................................................. 419 - accogliendo il Signore fatto uomo.......................................................... 420 La vera salvezza ................................................................................................. 420 Vita burrascosa per mali e peccati e la mano del Salvatore ................... 421 Caduta e resurrezione: l’uomo è restaurato dal Cristo ........................... 421 Prezzo per la salvezza dell’uomo: il sangue di Cristo ................................... 422 La doppiezza dell’uomo: benedice e maledice ........................................ 423 La sottomissione a Dio procura esultanza e gloria ....................................... 423 Molteplici forme di vanità della gloria mondana/terrena ..................... 423 La vera nuova dignità dell’uomo ..................................................................... 424 L’anima ha sue bilance per soppesare le azioni .............................................. 425 Non attaccarsi alla vana e passeggera ricchezza ............................................ 427 Nel suo giudizio Dio manifesta potenza e misericordia .............................. 428 Dio darà a ciascuno secondo le sue azioni..................................................... 429

XIV. SALMO 114 ......................................................................... 431

Proemio ............................................................................................................ 431 Basilio si giustifica del ritardo alla liturgia dei Martiri................................. 431 Commento ........................................................................................................ 432 Chi ama veramente Dio accoglie con gioia i patimenti conseguenti .............................................. 432 Dio si porta vicino all’uomo per ascoltarlo.................................................... 433 Invocare Dio in ogni circostanza anche dolorosa della vita ........................ 434 In Dio pietà e giudizio non sono disgiunti .................................................... 436 La piccolezza umana e la salvezza divina ....................................................... 436

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Indice Generale

a. Accezione fisica ....................................................................................... 436 b. Accezione spirituale ................................................................................ 437 Verso il riposo eterno nella ‘terra dei viventi’ oltre le molteplici morti.............................................................................. 437

XV. SALMO 115 (PG 30) ............................................................. 443 Il mistero della teologia richiede l’assenso della fede senza dimostrazione.................................................................. 443 Non si arriva alla verità con mezzi umani ..................................................... 445 L’estasi di David e non un ragionamento circolare ....................................... 446 L’uomo ‘rende in cambio’ a Dio per i Suoi benefici ...................................... 449 La morte ‘preziosa’ dei santi ............................................................................. 450 Il sacrificio della lode ........................................................................................ 452

Omelie Esegetiche ....................................................................... 455 XVI. Sull’inizio dei Proverbi ....................................................... 455

Proemio. Gli scritti di Salomone ..................................................................... 455 Commento ......................................................................................................... 458 Il significato del termine ‘Proverbi’ ................................................................. 458 - L’autore del libro........................................................................................ 458 - Il proverbio popolare e quello cristiano ................................................ 458 Sapienza e disciplina ......................................................................................... 460 La prudenza ....................................................................................................... 466 Comprendere i giri di parole ........................................................................... 467 La giustizia ......................................................................................................... 468 L’innocenza e l’astuzia ....................................................................................... 474 Senso e intelligenza ........................................................................................... 476 Tenere il timone della nave nel mare della vita ............................................. 480

XVII. Omelia sul detto del Vangelo secondo Luca....................................................... 485

Premessa: duplice genere delle prove ............................................................. 485 La parabola evangelica...................................................................................... 486 Filantropia di Dio e misantropia dell’uomo ricco ......................................... 486 La figura del ricco.............................................................................................. 487 - Le sue preoccupazioni.............................................................................. 487 - La sua voracità .......................................................................................... 488 - Esortazioni al ricco................................................................................... 489 Le sofferenze del povero ................................................................................... 491 I progetti del ricco ............................................................................................. 492 La ricompensa del generoso ............................................................................ 493

Indice Generale 

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Ancora i progetti fallaci del ricco .................................................................... 493 L’ingiustizia del ricco ........................................................................................ 496 Conclusione esortatoria.................................................................................... 497

XVIII. Omelia su Presta attenzione a te stesso (Dt 15, 9) ............. 499

Introduzione. Necessità del silenzio per ascoltare la parola ........................................... 499 Doppia premessa: ....................................................................................... 499 a. giusto rapporto tra chi parla e ascolta .................................................. 499 b. Faticosa ricerca della verità e il peccato col pensiero ......................... 501 Trattazione del tema.......................................................................................... 503 L’impulso a fuggire il peccato e ricercare la giustizia ............................. 503 Prestare attenzione a se stessi con l’occhio dell’anima ............................ 504 Prestare attenzione solo all’anima, non alla carne e ai beni transeunti ............................................................................... 505 Prestare attenzione a se stessi, precetto utile per tutti per riconoscere malattia e salute dell’anima ...................................... 510 Tenere a freno le vane speranze e non trascurare ciò che è già presente ............................................................................ 513 L’esame di se stessi: indagare non le cose altrui ma le proprie .............. 514 Il precetto Presta attenzione a te stesso utile sia per chi prospera che per chi è in circostanze avverse ....................... 515 Elogio della grandezza e della dignità dell’uomo.................................... 517 Prestare attenzione a se stessi per dominare le passioni ........................ 519 Dalla contemplazione dell’anima all’Artefice ........................................... 520 Dalla contemplazione del corpo all’Artefice ............................................ 522

XIX. Omelia su In principio era il Logos (Gv 1, 1) ....................................................................................... 525

Potenza del Prologo giovanneo e difficoltà a comprenderlo ....................... 525 La bellezza del vangelo e del prologo giovannei ..................................... 525 I filosofi pagani ammirano il prologo di Giovanni, tanto più lo devono i cristiani ............................................................. 525 Non si possono guardare direttamente né il sole né il ‘principio’......... 526 I sofismi degli avversari anticipati dalla Parola ....................................... 526 Polisemia del termine ‘principio’ .............................................................. 527 Il ‘principio’ primo ...................................................................................... 528 Generazione del Logos ‘in principio’ prima e fuori del tempo ............................................................................. 529 Varie valenze concettuali del «logos» ....................................................... 529

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Indice Generale

Il logos umano soggiace al tempo ............................................................. 529 Il vero Logos quale Monogenito: suoi caratteri divini ........................... 530 «Presso Dio» ................................................................................................ 533 Il Logos/Dio in principio presso Dio .............................................................. 534 Conclusione ....................................................................................................... 535

Appendice .................................................................................... 537

Testi greci strutturati ......................................................................................... 537 I. SALMO 1 .................................................................................................. 537 III. SALMO 14A .......................................................................................... 540 IV. SALMO 14B ........................................................................................... 541 V. SALMO 28 ............................................................................................... 542 VI. SALMO 29 ............................................................................................. 543 VII. SALMO 32 ........................................................................................... 543 VIII. SALMO 33 .......................................................................................... 545 IX. SALMO 44 ............................................................................................. 545 X. SALMO 45 .............................................................................................. 545 XI. SALMO 48 ............................................................................................. 546 XII. SALMO 59 (60) ................................................................................... 547 XIII. SALMO 61 .......................................................................................... 548 XIV. SALMO 114 ........................................................................................ 549 XVIII. Omelia su Presta attenzione a te stesso (Dt 15, 9)..................... 549 XIX Omelia su In principio era il Logos (Gv 1, 1) ................................. 551

Bibliografia .................................................................................. 553

Opere di Basilio ................................................................................................. 553 Omelie ................................................................................................................ 553 Trattati ................................................................................................................ 554 Opere Ascetiche................................................................................................. 554 Opere Liturgiche ............................................................................................... 555 Lettere ................................................................................................................. 555 Commenti .......................................................................................................... 555 Edizioni delle opere di Basilio ......................................................................... 555

Abbreviazioni delle opere di Basilio ........................................... 556 Bibliografia Generale .................................................................. 558

Indice Generale 

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Indici ............................................................................................ 579 1. Indice ricorrenze ..................................................................... 579

Abitudine/Consuetudine della Scrittura (ethos/synetheia/synethes) ............................................................ 579 Accuratezza/acribia/cura/precisione/rigore (akribeia/akribes/akribōs) ............................................................. 579 Agone/atleta/combattimento/combattente ....................................... 579 Bene il più perfetto: Cristo, Dio .......................................................... 580 Concatenazione/Consequenzialità/Successione (akolouthia) ........ 580 Dalla creazione all’Artefice................................................................... 580 Dio spettatore ........................................................................................ 580 Discesa di Cristo/venuta/epifania di Cristo ...................................... 580 Discesa nell’Ade/Inferi.......................................................................... 580 Due vie ................................................................................................... 580 Egemonico ............................................................................................. 580 Esercizio (askēsis/gymnasion/meletē) ............................................... 581 Un’espressione al posto di un’altra ...................................................... 581 Fermezza/Stabilità (eustatheia/eustathes/eustathōs) ....................... 581 Filantropia.............................................................................................. 581 Il fine/la fine........................................................................................... 581 Gradini del progresso spirituale.......................................................... 581 Impressione di verità/insegnamenti ................................................... 582 Incarnazione (sarkōsis) / Insomatizzazione (ensōmatōsis) / Inumanizzazione (enantrōphēsis) ................................................ 582 Intimità, familiarità con Dio (oikeiōsis) ............................................ 582 Mutamento/Rinnovamento della vita ................................................ 582 Passioni della carne .............................................................................. 582 Pensiero della carne .............................................................................. 582 Prove del giusto ..................................................................................... 582 Provvidenza divina ed interrogativi su di essa .................................. 583 Purezza ................................................................................................... 583 Salterio.................................................................................................... 583 Scelta deliberata/Valutazione (proairesis) ......................................... 583 Sensi spirituali ....................................................................................... 583 Uomo interiore/nascosto/esteriore..................................................... 583 Vanto per beni effimeri ........................................................................ 584 Varietà delle passioni ............................................................................ 584 Vita/azioni/esercizio/fatiche/lotte della virtù/secondo virtù .......... 584 Zelo/zelante (spoudē/spoudaios)........................................................ 584

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Indice Generale

2. Indice esegetico........................................................................ 585

a. Esegesi: metodi e termini ............................................................................. 585 b. Terminologia retorico-grammaticale ......................................................... 597 c. Caratteristiche proprie del testo Scritturistico........................................... 603

3. Indice tematico ........................................................................ 607

Angeli .................................................................................................................. 607 Antropologia ...................................................................................................... 609 Arte medica-medico ......................................................................................... 620 Ascetismo morale, concetti chiave .................................................................. 623 Cristiano combattente ed atleta....................................................................... 626 Cristologia .......................................................................................................... 628 Giudizio .............................................................................................................. 636 Le passioni .......................................................................................................... 641 Morale ................................................................................................................. 647 Provvidenza e prove del giusto ........................................................................ 657 Salmo-salterio-strumenti musicali ................................................................. 662 Spiritualità e mistica ......................................................................................... 665 Spirito Santo ....................................................................................................... 668

4. Indice onomastico .................................................................. 673

autori antichi ...................................................................................................... 673 autori moderni................................................................................................... 678

5. Indice biblico ........................................................................... 683

Antico Testamento ............................................................................................ 683 Nuovo Testamento ............................................................................................ 690

Introduzione Prima Parte: La figura e l’opera di Basilio Basilio vescovo di Cesarea di Cappadocia (329-378/9) - chiamato ben presto con diversi appellativi: il Maestro, santo e il grande santo, Basilio il grande (Gregorio di Nazianzo e Gregorio di Nissa,1 Teodoreto di Ciro,2 e Concilio di Calcedonia),3 la «colonna della Verità» (Evagrio Pontico),4

Il fratello Nisseno e l’amico Nazianzeno hanno steso due orazioni funebri, due elogi postumi di Basilio, Gregorio di Nissa, In lode del fratello Basilio (PG 46) e Gregorio di Nazianzo, Orazioni 43. Probabilmente il Nisseno ha tenuto il discorso ‘panegirico’ su Basilio nel secondo anniversario della morte del fratello (381), mentre il Nazianzeno lo farà nell’anno successivo, nel 382; R. Pouchet, Basile le Grand et son univers d’amis d’après sa correspondance. Une strategie de communion, Roma 1992, 83. Il Nisseno presenta in vari modi il fratello: il grande Basilio (PG 46, 796D e 813A; GNO X/I 115, 19 e 130, 7-8); il maestro (797D; GNO X/I 117, 6); maestro nostro non inferiore a Giovanni il Battista (801B; GNO X/I 120, 6-7); nostro maestro paragonato ad Elia (804B; GNO X/I 122, 3-5); maestro nostro paragonato a Mosé (808D; GNO X/I 126, 2-4); il suo insegnamento è accompagnato dalle opere che ne attestano la parola (816D; GNO X/I 133, 5-9). L’elogio del ‘grande Basilio’ compare anche in Gregorio di Nissa, La vita di Macrina 6 (SCh 178, 160, 1-162, 13). Nella orazione qui citata (43, 59 e 80, SCh 384, 252, 1 e 300, 1) e anche nella lettera 115 (PG 37, 212C) -scritta a Teodoro verso il 382-383 e posta dai manoscritti in apertura del testo della Filocalia origeniana.-, il Nazianzeno qualifica Basilio come «santo». WI due encomi restano - con le Lettere dello stesso Cappadoce - fonti insuperabili per cogliere l’immagine di Basilio, anche se influenzati, specie il Nazianzeno, dalla preoccupazione di gestirne la figura pubblica, ufficiale ed ecclesiale, come richiama F. Fatti, Nei panni del vescovo, Gregorio, Basilio e il filosofo Eustazio, in Rita Lizzi Testa (ed.), Le trasformazioni delle élites in età tardo antica, Roma 2006, 178-179. Attestano pure la precoce instaurazione del culto di Basilio a Cesarea dopo la sua morte. È segno del culto basiliano la frase iniziale della omelia pseudocrisostomica In annuntiatonem Deiparae (PG 62, 763770); cfr. Sever J. Voicu, Basilio e Pseudocrisostomo: Nuovi accostamenti, in AaVv, Basilio di Cesarea. La sua età, la sua opera e il basilianesimo in Sicilia, Vol. I, Messina 1983, 661-662. 2   Teodoreto di Ciro, Lettera a Elladès e Teofilo IV, 2 (SCh 575, 326: «il grande Basilio, in verità astro dell’ecumene»; Nostro Signore Gesù Cristo è un solo Figlio anche dopo l’incarnazione 7 (SCh 575, 357, 27-28: «Basilio l’illustrissimo luminare della pietà»). Teodoreto di Ciro, Storia ecclesiastica IV, 19 (SCh 530, 252, 4 («luce dell’ecumene»), 252, 15 (il grande). Filostorgio, Storia ecclesiastica VIII, 11 (SCh 564, 446, 1: Basilio il grande). 3   Così il Concilio del 451 richiamando la dottrina di Basilio sullo Spirito Santo, come ricorda Pouchet, Basile le Grand, 431. 4   Si tratta di 1Tm 3, 15 riferita a Basilio da Evagrio Pontico, Lo gnostico 45 (SCh 356, 178, 1). 1 

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Prima Parte: La figura e l’opera di Basilio

theophrōn partecipe del sentire di Dio5 - rappresenta, fin dai primi secoli del cristianesimo, un punto di riferimento autorevole per tutto l’Oriente cristiano e un elemento ragguardevole e influente per molta parte dell’Occidente cristiano, protestante compreso,6 fino ai nostri tempi.7 La sua figura e la sua azione culturale ed ecclesiale si stagliano nette all’interno della Patristica e della vita della Chiesa. Basilio, forte personalità, con un notevole bagaglio culturale greco e una vasta e profonda conoscenza biblica, ha operato in più campi di pensiero e di azione, stabilendo svariati rapporti, amichevoli e conflittuali, occasionali e duraturi, con persone legate al potere, con la gente del popolo e con personaggi della cultura.8 Egli, per doti innate e per la sua preparazione filosofica e teologica, culturale e spirituale - pressoché unanimemente   Gregorio di Nazianzo Epitaffio 119, 7 (PG 38, 72).   Rufino di Aquileia (345 circa-411) ha tradotto in latino alcuni suoi scritti, cominciando (nel 397) proprio dall’Asceticon di Basilio. Ambrogio di Milano ha utilizzato più volte alcuni testi di Basilio. Certamente il De Spiritu Sancto, di cui Basilio gli aveva mandato una copia verso il 376 e che Ambrogio ha utilizzato nel suo De Spiritu Sancto (del 381), prima che Rufino traducesse (399/400) le omelie di Basilio. Il vescovo di Milano si è pure servito di alcune omelie basiliane sui Salmi (In Ps 1 e 14b); cfr. L.F. Pizzolato, La “Explanatio Psalmorum XII”. Studio letterario sulla esegesi di Sant’Ambrogio (Archivio Ambrosiano 17), Milano 1965, 76-87. Ha tenuto presenti anche l’Hexaemeron 1-9, Adversus Eunomium 1-3, le Omelie De Ieiunio I-II; l’Omelia 13 Exhortatoria ad sanctum baptisma, l’Omelia In ebriosos e l’Omelia In divites e In illud: Destruam horrea mea. Cfr. Pouchet, Basile le Grand, 518, in cui è richiamato lo studio di Fedwick. Un influsso monastico e culturale Basilio ha esercitato anche nella cultura siciliana dell’XI sec., cfr. M. Forlin Patrucco, Agiografia basiliana e agiografica siciliana in Salvatore Pricoco (a c. di), Storia della Sicilia e tradizione agiografica nella tarda antichità, Soveria Mannelli 1988 (Atti del Convegno di Catania 20-22 maggio 1986), 57-50. Anche san Simeone il Nuovo Teologo cita spesso san Basilio la cui «la presenza implicita è ancora maggiore» nei suoi scritti, afferma Aldo Moda, Simeone il Nuovo Teologo il rinnovatore della vita mistica in Nicolaus (2003, 1-2), 227. Nel periodo della riforma e della controriforma cattolici e protestanti curano l’edizione greca delle opere di Basilio fornendo delle stesse più traduzioni latine, cogliendo nei testi basiliani i principi di una autentica vita evangelica, cfr. Irena Backus, Quelques observations à propos des versions latins ‘protestants’ (1540) del ‘Ascetiques’ de saint Basile, in Mémorial Dom Jean Gribomont (1920-1986), Institutum Patristicum ‘Augustinianum’, Roma 1988, 85-96. Cfr. anche I. Backus (ed.), The Reception of the Church Fathers in the West: From the Carolingians to the Maurists, Leiden 1997. 7   Si richiami Patres Ecclesiae, la lettera Apostolica di Giovanni Paolo II per il XVI centenario di san Basilio scritta il 2 gennaio 1980. 8   R. Pouchet si è adoperato per precisare i molteplici contatti del Cappadoce, contatti amichevoli e paterni, faticosi e sofferti, pieni di consolazione ma anche di amarezza, R. Pouchet, Basile le Grand. 5

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Introduzione 

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riconosciutagli dalle fonti antiche - ha avuto un ruolo determinante nelle relazioni umane, generando intense amicizie ma anche grandi tensioni, alcune delle quali si sono trasformate in insistite accuse e calunnie9 e ostilità nei suoi confronti.10 Per il suo ruolo in Cappadocia e all’interno della Chiesa orientale nel suo complesso, ha dovuto assumersi dolorose responsabilità11 senza smettere di orientare le esperienze ‘monastiche’ emergenti. Occorreva formare nella fede e nella giusta scelta di vita i cristiani tenendo unita la Chiesa di Dio -vescovi e fedeli- proteggendola da insidie e attacchi esterni, provenienti dal potere imperiale (Giuliano e poi Valente) 12 e dai vari loro funzionari, cui seppe opporsi con forza e dignità. Ma si trattava anche di difendere la Chiesa dalle minacce interne, non meno pericolose, legate a questioni dottrinali e a rivalità ‘politiche’ ecclesiali.

  Cfr. De Spir s VI, 13 e l’Ep 244, 5, III, 79, 36-38, lettera del 376 al vescovo Patrofilo in cui dice di essere accusato di muoversi subdolamente e di tendere insidie sotto la parvenza della carità. 10   Basilio è stato accusato di tutto: vuota arroganza, alterigia, vigliaccheria, misantropia e mancanza di socievolezza, di essere borioso/orgoglioso e superbo/sprezzante; di guardare dall’alto in basso, di innalzarsi al di sopra delle nuvole convinto che nessuno possa pervenire alla sua altezza, così riferisce Gregorio di Nazianzo, Orazioni 43, 64 (SCh 384, 264-268). Certi difetti fisici di Basilio hanno offerto il fianco a critiche, come quella di essere arcigno, e anche a false imitazioni (molti Basili, come statue fra le ombre), Orazioni 43, 77 (SCh 384, 294-296). I difetti, di cui è accusato, caratterizzano i cattivi ‘capi’, cfr. ibid. 26 (SCh 384, 184, 13-186, 15: alla carica di vescovo si giunge più per frode che per virtù, più per potenza che per merito); ibid 48 (SCh 384, 226, 1-2: sul prefetto del pretorio); ibid 56 e 57 (SCh 384, 242-248: sull’assessore della prefettura). Gli eustaziani/messaliani - accusati di superbia (hyperēfania), Fatti, Nei panni del vescovo 182 n.12; 192 n. 40 - muovono analoghe accuse e altre calunniose contro Basilio, da lui richiamate più volte nelle sue lettere come in quella scritta (nel 375) al sacerdote Genetlio (Ep 224, 1, III, 18, 9: accusa di pienezza di orgoglio, hyperēfanias! mossa proprio da parte di chi assume l’atteggiamento di molta umiltà) e in quella del 376 l’Ep 244, 5 (III, 79, 36-38) a Patrofilo vescovo d’Egea. La cosa ha il suo peso se si richiama che una delle caratteristiche richiesta al vescovo dalle lettere paoline è di non essere orgoglioso (1Tm 3, 6: mē typhotheis). Basilio, reagendo all’accusa mossagli da una donna - fare ‘filosofia’ sulla sofferenze altrui, Ep 289 (III, 160, 44) - dice che non ama mettersi in mostra, Ep 210, 1 (II, 189, 3-4); non per questo è vile, Ep 210, 2 (II, 191, 4). 11   Siamo in un tempo (da Costantino alla morte di Teodosio) in cui i vescovi tendono a sostituire i curiales nella leadership cittadine e molti curiales diventano vescovi, fenomeno documentato specie in Cappadocia; sull’argomento cfr. Adele Monaci Castagno, L’agiografia cristiana antica, Brescia, 2010, 150. 9

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Prima Parte: La figura e l’opera di Basilio

La situazione della chiesa, descritta spesso da Basilio,13 è drammatica e disarmante insieme. La chiesa sembra un mare, dove le imbarcazioni sono tutte contro tutti, 14 dove ognuno procede per conto proprio e dove la massima soddisfazione e premura pare sia quella di colpire l’altro, rompendo la comunione perfino per cose banali,15 preferendo la menzogna e proferendo calunnie (cfr. Ep 226, 1, III, 24, 22-23 e 29-31). Così dilaniata, essa non appare la Chiesa ‘di Cristo’. Vi prevalgono la lotta fra i suoi membri e il disaccordo, anche sulle Scritture; perfino i capi della Chiesa la lacerano opponendosi ai comandi del Signore, rivendicando la propria autorità anche in contrasto col Signore stesso.16 Questa accesa conflittualità vale anche, per gli stessi motivi, nei rapporti tra le Chiese d’Oriente e d’Occidente, guidata questa dalla difficile personalità di Papa Damaso (1 ottobre 366-11 dicembre 384), che siede in chi sa quali altezze, incapace di ascoltare quanti da terra gli dicono la verità, come dice Basilio nel 375 scrivendo al presbitero Doroteo (Ep 215, II, 207, 18-20).

12   Il Nazianzeno (Orazioni 43, 44-57, SCh 384, 218-248) dà molto spazio allo scontro emblematico tra Basilio e l’imperatore Valente. Questi manda contro il vescovo il prefetto Domizio Modesto, che esce sconfitto nel confronto, ammettendo che «l’uomo [Basilio] è superiore alle minacce, più saldo dei discorsi, più forte della persuasione»; Gregorio di Nazianzo, Orazioni 43, 51 (SCh 384, 237, 7-8). Poi Valente si determina a entrare nella Chiesa mentre Basilio sta celebrando (probabilmente) la festa dell’Epifania (nel 371), rimanendone sorpreso. Infine Valente decide di mandare in esilio Basilio; nel frattempo gli si ammala il figlio e allora chiede le preghiere di Basilio e sospende la condanna all’esilio. Modesto, deciso a condannare un donna rifugiatasi presso il vescovo, dovrà ancora una volta cedere davanti al Cappadoce che lo salva dalla folla minacciosa (Orazioni 43, 57, SCh 384, 244-248). 13   Cfr. ad es. Ep 226, 1 (III, 24, 19-24). 14   Cfr. ad es. il superbo quadro del conflitto navale-ecclesiale delineato da Basilio, che rende la terrificante realtà dei fatti, dove tutto è confuso e dove ognuno è avversario dell’altro, poiché dominano il rifiuto dell’autorità e la brama del potere in De Spir s XXX, 76-79. Un’immagine analoga, per descrivere la situazione della Chiesa, è ripresa in anni successivi (431/432) da Teodoreto di Ciro, Epistola IV, 4 ai Monaci (SCh 429, 96-98). 15   Cfr. ad es. Ep 258, 1 (III, 101, 18-20). 16   De iudicio (Prologo 7) 653A-660A.

Introduzione

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In questo clima così teso, Basilio si vuole ‘uomo di pace’ vera,17 esortando a trovarla e custodirla,18 disposto anche a sacrificare la propria vita (Ep 128 del 372/373 a Eusebio di Samosata) e deciso a tessere reti di amicizia tra le chiese cristiane. Importanti sono anche la sua riflessione sulla realtà di Israele e la sua relazione con gli ebrei, come risulta da alcuni aneddoti riferiti nelle vite di san Basilio, descritto attento a quanto appartiene ai Giudei.19 Certe sue espressioni, severe contro i giudei o utilizzanti l’epiteto di ‘giudei’ per caratterizzare alcuni eretici ma anche per stigmatizzare analoghi comportamenti dei cristiani,20 non hanno impedito ad alcuni di loro di stimarlo.21 Puntuale il suo impegno nell’ambito delle indicazioni morali. Ha fornito elementi decisivi per precisare la disciplina ‘canonica’ ecclesiale. Le tre lettere 188, 199 e 217, indirizzate a Amfilochio di Iconio, sono state chiamate ‘canoniche’ avendo acquistato un valore sempre più ufficiale nella Chiesa d’Oriente.22 Basilio ha espresso il suo genio anche innovatore in ambito liturgico23 introducendo, non senza polemiche, una   Basilio era avvertito come l’araldo capace di annodare il vincolo della nobile pace, Gregorio di Nazianzo, Epitafio119, 11-12 (PG 38, 72). 18   Nel 375 al clero di Samosata nell’Ep 219, 2 (III, 2, 3-8 e 16-17) esorta: pur di fare la pace nella Chiesa essere disposti ad accettare su di sé anche false accuse e rivaleggiare nell’essere giudicati per primi figli di Dio, lavorando alla pace degli uni con gli altri. 19   Basilio sa che l’antica legge conosceva il sabato dei sabati detto la festa di feste, Ep 232 (III, 38, 3-5). 20   Cfr. In Ps 28, 2 § 3 [288AB]; Ep 226, 4 (III, 28, 18); Ep 263, 5 (III, 125, 11); Ep 210, 3 e 5 (II, 192, 13 e 195, 28); in riferimento all’apollinarismo Ep 263, 4 (III, 124, 11-12 e 125, 16); Ep 265, 2 (III, 130, 48). 21   Ai funerali di Basilio erano presenti anche alcuni Giudei, Gregorio di Nazianzo, Orazioni 43, 80 (SCh384, 300, 13). 22   Pouchet, Basile le Grand, 419. 23   Cfr. il c. V La liturgie et le culte in B. Gain, L’Église de Cappadoce au IVe siècle d’après la correspondance de Basile de Césarée (OCP 225), Pontificium Institutum Orientale, Roma 1985, 163-225. Basilio ricorda uno degli inni più antichi cantati dal popolo al vespro quando si accendevano le lampade, il famoso phōs hilaron (luce ridente/radiosa), De Spir s XXIX, 73. Ne riportiamo una nostra traduzione: «Luce gioiosa della santa gloria / del Padre immortale, celeste / santo, beato, o Cristo Gesù. / Giunti al tramonto del sole, e vista la luce vespertina, / cantiamo il Padre, il Figlio e il Santo Spirito Dio. / È cosa degna cantarti in ogni momento con voci armoniose, / o Figlio di Dio tu che dai la vita: / perciò a te dà gloria il mondo». Da notare che per Basilio le consolazioni degli inni procurano all’anima una condizione di allegrezza (hilaron) e di assenza di tristezza, Ep 2, 2 (CP 64, 42-43) e si dà una gioia (hilaron) dell’umana prosperità, pur molto breve (Hex V, 2, 8). Si richiamino ‘Liturgia basiliana alessandrina’ (sulla cui autenticità cfr. B. Gain, L’Église de Cappadoce, 163-164) e l’introduzione della festa del Natale in Oriente. Oggi gli studiosi 17

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Prima Parte: La figura e l’opera di Basilio

nuova maniera di cantare i salmi in cori alternati, che contemplava la declamazione di versetti di salmi da parte di un singolo.24 Come sua madre Macrina, anche Basilio favorisce il culto dei martiri (vedi proemio a In Ps 114 § 1 [484A]), adoperandosi a far costruire templi per custodire le loro reliquie e favorendo le celebrazioni festive in loro onore.25 È significativo che Basilio tenne da vescovo il panegirico in onore di Mamante proprio nel martyrion che Giuliano l’Apostata e suo fratello Gallo si erano prefissi di fare erigere nei pressi di Cesarea in onore del martire locale, anche se poi la parte dell’edificio affidata a Giuliano non fu portata a termine.26 sono propensi a ritenere di Basilio l’omelia natalizia In sanctam Christi generationem, la quale allora attesta uno dei suoi ultimi gesti significativi, ecclesiali ed ecumenici: quello di introdurre nella Chiesa orientale una festa tipica dell’Occidente cristiano. Scrivendo nel 376 al suo giovane amico vescovo Amfilochio, Basilio ringrazia Dio perché questi, seguendo la sua decisione, ha potuto celebrare, in un momento di pace per la Chiesa, la memoria dell’economia del Salvatore, che pare essere la festa del Natale, Ep 232 (III, 38, 6-7). 24   Si veda l’Ep 207, 2-3-4 (II, 184, 31-34; 186, 1-187, 9; 188, 30-33) inviata nel 375 al clero di Neocesarea. Anche Diodoro di Tarso avrebbe promosso il canto alternato dei salmi tra due cori radunando i fedeli presso le tombe dei martiri per fare cantare inni a Dio; cfr. Teodoreto di Ciro, Storia ecclesiastica II, 24, 9 (SCh 501, 448, 51-57). Lo stesso Diodoro vi si riferirebbe nel suo Commentario ai Salmi: Sal 23, 7-8; 84 prol.; 113, 19-23; 117, 2-3. L’uso alternato sarebbe di derivazione nisibena, cfr. L. Mariès, Études préliminaires à l’édition de Diodore de Tarse sur les Psaumes, Paris 1933, 151-152. Cfr. anche G. Rinaldi, Diodoro di Tarso, Antiochia e le ragioni della polemica antiallegorista, in Augustinianum 33 (1993), 424. Anche Giuliano l’Apostata pensava di stabilire, rinnovando la religione pagana, un modo di pregare a voci alterne prevedendo, per chi sbagliava, pene corrispondenti, Gregorio di Nazianzo, Orazioni 4, 111 (SCh 309, 266, 5-6). Egli indicava anche le letture e gli inni da eseguire, come nell’Epistola 89b (Bidez I, 2partie, 169) scritta ad Antiochia all’inizio del 363; intervenendo pure su musica sacra, servizi e abiti, Epistola 109 a Ecdicio, prefetto d’Egitto (Bidez I, 2partie, 186-187). La pratica della melodia in quanto tale sarebbe venuta dalla Siria orientale (fine del II sec.) con Bardesane di Edessa e suo figlio Armonio, ai cui inni ‘ereticali’ si oppone Efrem il Siro; cfr. ancora Teodoreto di Ciro, Storia Ecclesiastica IV 30(29), 2 (SCh 530, 310). Flaviano, il futuro vescovo di Antiochia (381-404), che aveva riunito una moltitudine di monaci, avrebbe promosso l’acclamazione (dossologia) ‘Gloria al Padre al Figlio e allo Spirito Santo’, Filostorgio, Storia ecclesiastica III, 13 (SCh 564). Si tenga presente J. Gelineau, Antiphona. Recherches sur les formes liturgiques de la psalmodie dans les églises syriaque au IVe et Ve siècles, Paris 1968. 25   Nell’Ep 252 (III, 93, 1-6) scritta nel 376 ai vescovi della provincia del Ponto Basilio caldeggia che gli onori pubblici dei martiri, come Eupsichio e Damas, siano oggetto di grande premura per quanti sperano nel Signore, dato anche che la perfezione da loro raggiunta per forza d’animo è analoga alla vita trascorsa diligentemente. 26   F. Fatti, Giuliano a Cesarea. La politica ecclesiastica del principe apostata, Roma, 2006, 63-64; 135-136, col richiamo delle interpretazioni dell’incompiutezza giulianea.

Introduzione

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È lo stesso Basilio che manda delle reliquie di martiri a Ambrogio di Milano.27 Con tale impegno egli mirava anche a suscitare atteggiamenti e gesti con cui contrastare quelli di Giuliano. Questi - influenzato dal pensiero filosofico di Giamblico e di Eustazio di Sebaste - riteneva che molti luoghi, anche sacri quale Dafne, un sobborgo di Antiochia di Siria, fossero stati desacralizzati dalle chiese-tombe dei martiri cristiani, cadaveri impuri e contaminanti,28 chiese che, essendo una forma di assedio, dovevano essere tolte.29 Tale programma era parte della ‘politica religiosa’ di Giuliano,30 che aveva care alcune città rimaste fedeli al paganesimo resistendo al cristianesimo più a lungo che del resto della Siria settentrionale. Tra le città (Emesa, Aretusa, Heliopolis) emergeva Apamea di Siria con maggiori tracce della volontà di Giuliano, come risulta anche dai reperti archeologici.31 In ambito teologico Basilio ha favorito la terminologia più appropriata per dire la realtà del Dio uno e Trino, con pertinenti interventi sullo Spirito Santo, da onorare e glorificare col Padre e col Figlio, perché partecipe della loro stessa natura divina. Senza riferire allo Spirito l’appellativo ‘Dio’, egli   Cfr. l’Ep 197, 2 (II, 151, 1-152, 46).   Fatti, Giuliano a Cesarea, 136-137. 29   Un accenno al male delle tombe si trova in Giuliano, Orazione (contro Eracleio il Cinico) VII, 228c (Bidez I, 2partie, 76); cfr. (in Giuliano Imperatore, Alla madre degli dei e altri discorsi, a c. di J. Fontaine, C. Prato e A. Marcone, Milano 1987) Misopogon 10 (192, 14); 28 (222, 18-20: Giuliano non prende provvedimenti contro gli Emesani che hanno dato fuoco alle «tombe dei Galilei»); 33 (228, 5-8) (alcune città hanno subito restaurato i santuari degli dei e «hanno rovesciato tutte le tombe degli atei secondo l’ordine che è stato dato da me di recente»); 33 (230, 12-13: «quando abbiamo allontanato il cadavere dal santuario di Dafne» dove erano stati posti i resti del morto). Si tratta delle reliquie di san Babila, vescovo e martire antiocheno. Giuliano fa spostare in un cimitero cittadino le reliquie che erano state messe in una cappella nel bosco sacro ad Apollo, cfr. nota di A. Marcone a Misopogon 33, 12-13, in Giuliano Imperatore, Alla Madre degli dei e altri discorsi, 342. 30   Giuliano preferiva essere chiamato «pontefice massimo secondo la tradizione» (Giuliano, Epistola 88, 451b; Bidez I, 2partie, 151), in opposizione a Costantino «vescovo designato da Dio» secondo quanto dice Eusebio di Cesarea, Vita di Costantino IV, 24. Si compiaceva di essere chiamato sacerdote non meno di re, Giuliano, Orazione XII, 80. 31   A. Marcone ricorda che Apamea, città di Zeus, vantava la scuola di filosofia diretta da Giamblico e poi da Sopatro. L’influsso decristianizzante e ripaganizzante di Giuliano appare nei mosaici che raffigurano Socrate circondato dai filosofi, come Cristo dai discepoli, cfr. quanto richiamato nella nota a Misopogon 33, 2-3 in Giuliano Imperatore, Alla Madre degli dei e altri discorsi, 341. Sotto i resti della Cattedrale, che doveva essere stata la scuola di Giamblico, ci sono tracce di restauro compiuto in età giulianea e di una decorazione musiva di grande interesse, che riprendeva motivi iconografici cristiani in chiave pagana. Cfr. L. Lugaresi, Introduzione a Gregorio di Nazianzo, Contro Giuliano l’Apostata. Orazione IV, Firenze 1993, 21-22. 27 28

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Prima Parte: La figura e l’opera di Basilio

ne ha mostrato la specifica e relazionale divinità, collocandolo sullo stesso piano delle altre due persone Trinitarie. La singolarità della relazione delle persone non intacca la loro comunanza di natura né l’unità dell’essere divino. Il concilio di Costantinopoli (381) fa propria l’impostazione di Basilio; senza dirlo formalmente ‘Dio’, riconosce tale lo Spirito che è Signore e dà la vita e che va con/glorificato col Padre e col Figlio.32

1. Prima formazione nella paideia greca Basilio, nato (nel 329/330) in famiglia e ambiente cristiani che gli hanno fatto conoscere fin da bambino le Scritture,33 non ha abbracciato immediatamente la fede cristiana differendo il proprio battesimo. La sua prima educazione è stata decisiva per la sua vita, forgiandone il futuro volto politico e culturale, come mostra la critica più recente.34 Frequentata la scuola del padre insegnante a Neocesarea del Ponto (Turchia) negli anni 342-348, ha la sua formazione giovanile a Cesarea, dove incontra Giuliano, il futuro imperatore (361-363 dC), che vive nella residenza imperiale di 32   Basilio non ha mai fatto questione di ‘termini’ ma di realtà: una medesima realtà può essere espressa in forme e modi diversi. Senza dire che lo Spirito è ’dio’ si può ben sostenere che è ‘Dio’. 33   I genitori di Basilio sono il retore Basilio e Emmelia; i nonni paterni, subita la confisca dei beni, erano stati costretti all’esilio nelle montagne del Ponto. La nonna Macrina, che aveva conosciuto Gregorio Taumaturgo vescovo di Neocesarea del Ponto, ebbe un grande ruolo nell’educazione dei nipoti, di Basilio stesso, di sua sorella Macrina e degli altri due fratelli Pietro e Gregorio (il Nisseno), tutti venerati come santi. Così Basilio evoca quei giorni: «Quale prova più chiara si potrebbe avere della nostra fede, se non il fatto d’esser stati allevati da una nonna che era una donna santa uscita dal vasto popolo [di Neocesarea]? Intendo parlare di Macrina, che ci ha insegnato le parole del beato Gregorio [‘il Taumaturgo’], tutte quelle che la tradizione orale aveva conservate, che ella stessa custodiva e di cui si serviva per educare e formare ai dogmi della pietà il bimbo infante che noi ancora eravamo», Ep, 204, 6 (II, 178, 1-7). Nel Prologo 6 alle sue opere ascetiche egli afferma di essere stato allevato dalla prima età da genitori cristiani, apprendendo da loro le Sacre Lettere che lo hanno condotto alla conoscenza della verità, De iudicio 653A. Nell’Ep 223, 3 (III, 12, 35-38) del 375, rievocando la propria formazione, dice di dovere alla sua beata madre e alla nonna Macrina quella idea (ennoia) di Dio che ha conservato e fatto crescere in sé dalla sua infanzia in poi. Intenso deve essere stato il legame con la madre se ne sente fortemente la mancanza quando gli viene meno (nel 369 o più probabilmente nel 371), come confida a Eusebio vescovo di Samosata: «E ora anche quella che avevo come sola consolazione della vita, la madre, anche questa mi è stata tolta a causa dei peccati. E non farti gioco di me che a questo punto della mia età lamento la condizione di orfano, ma comprendimi nel mio non sopportare la separazione da un’anima, con la quale vedo che nulla regge al confronto tra le cose che restano», Ep 30 (CP 166, 6-10). 34   F. Fatti, Giuliano a Cesarea.

1. Prima formazione nella paideia greca

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Macellum35 non distante da Cesarea, metropoli dell’eloquenza,36 «città felice e illustre che si dà cura di saper parlare». In seguito Basilio studia dialettica e filosofia interessato alla cultura greca e alla sua sapienza. Prima si porta a Costantinopoli (verso il 348/349) dove trascorre cinque anni frequentando le lezioni del pagano Libanio;37 poi va nella dimora dell’eloquenza, ad Atene (da cui ritornerà verso la fine del 35538 o all’inizio del 356) dove si lega in amicizia con il cappadoce Gregorio, figlio del vescovo di Nazianzo, e dove conosce anche il retore filosofo Imerio (315-Atene 386) e ritrova lo stesso Libanio.39 Proprio ad Atene avviene la sua conversione a Cristo, forse anche per la spinta del suo   Macellum, presidio imperiale, sarebbe stato costruito nei pressi dell’attuale Hlisarcak a 7 Km a sud/sud-est di Cesarea; Fatti, Giuliano a Cesarea 54. In tale residenza Giuliano, insieme al fratellastro Gallo, passa sei anni della sua adolescenza (dal 342 al 348), lì mandato dall’imperatore Costanzo. Nell’ottobre 361, indirizzando la Lettera al Senato e al popolo di Atene (pubblicata da Bidez tra i Discours), Giuliano rievoca quel periodo descrivendolo come tempo di prigionia e di esclusione da tutti gli incontri (Giuliano Orazione V Al Senato e al popolo di Atene Bidez I, 1re 217, 23-35). È una esagerazione interessata di Giuliano per presentarsi vittima di Costanzo II; Fatti, Giuliano a Cesarea, 54. Di fatto, a Macellum Giuliano ha potuto incontrare diverse persone, tra insegnanti e amici adolescenti (tra i dodici e diciotto anni), tra cui il Nazianzeno e Basilio, appunto, adolescente anch’egli essendo nato nel 329/330. Giuliano li incontra di nuovo ad Atene per un brevissimo periodo nell’estate del 355. Sempre a Cesarea Giuliano incontra il fratello di Gregorio di Nazianzo, Cesario, il futuro medico di corte, che egli terrà sempre accanto a sé. Si ricordi che è a Cesarea che Giuliano viene fatto lettore (quando egli giunse nella Chiesa di Nicomedia era già lettore), probabilmente insieme a Basilio. Fatti ritiene che si possa abbandonare la supposizione che Basilio avrebbe ricevuto il grado di lettore dopo il suo ritorno da Atene (355/356); Fatti Giuliano a Cesarea, 96 nn. 179-180. Si ricordi che l’incarico di lettore non necessariamente coincideva con un impegno specifico nella vita ‘ecclesiastica’. È sorprendente, ma significativo, che Basilio non parli mai di Giuliano. Potrebbero darsi, incerte anche queste, allusioni a Giuliano nelle Epp 17, 3-7; 18, 16-17 e 46, 2, 6-9, Fatti, Giuliano a Cesarea, 91 n. 167. L’epistolario Basilio-Giuliano è una invenzione che ha alimentato la leggenda di san Mercurio che avrebbe profetizzato la morte di Giuliano e che lui stesso avrebbe inferto all’imperatore; F. Fatti, Dai quaderni di Nicobulo. Sull’autore “bizantino” di Bas. epp. 40-41 e sulle strane amicizie di Basilio, in Antiquité Tardive 17 (2009), 251-268; sempre F. Fatti, Giuliano a Cesarea, 90-91 con relative note di documentazione e bibliografia. 36   Gregorio di Nazianzo, Orazioni 43, 13 (SCh 384, 144, 7-8). 37   Libanio insegna a Costantinopoli tra il 340 e il 349, ma soprattutto nella vicina città di Nicomedia tra il 344 e il 349. 38   Cfr. di Basilio l’Ep 1 (del 357), con evidenti tracce della cultura greca appena appresa, e l’Ep 223, 2 (III, 10-11). 39   A Libanio il Nisseno riferisce di essersi messo per breve tempo a scuola di Basilio, Gregorio di Nissa, Lettera 13 (GNO VIII/II, 45, 26). 35

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Prima Parte: La figura e l’opera di Basilio

ambiente familiare e in particolare della sorella Macrina,40 che, dedita alla vita ascetica, aveva incontrato l’esperienza ‘monastica’ legata al vescovo Eustazio di Sebaste/Sebastia (356-380), metropoli dell’Armenia minor.41

2. Conversione La scelta di seguire Cristo rappresenta per Basilio un momento decisivo, sul quale va dato credito a quanto scrive proprio ad Eustazio nel 375.42 Lasciata la suggestione per la gloria mondana (Ep 210, 2, II, 190, 5-191, 14), dove i successi retorici odorano di cenere43 e richiedono di   Gregorio di Nissa, Vita di Macrina 6 (SCh 178, 160, 1-162, 13).   Non è certo che Eustazio sia stato il fondatore di quella esperienza monastica, ma sicuramente egli l’ha praticata e diffusa. Si ricordi che la prima lettera, che apre la raccolta delle lettere di Basilio, è diretta proprio «A Eustazio filosofo» (Ep 1) ed è databile all’anno 357, quando forse Eustazio non è ancora vescovo. Cfr. Pouchet, Basile le Grand, 88-93. 42   «Io ho sciupato molto tempo per la vanità e ho speso quasi tutta la mia giovinezza nel vano lavoro cui mi applicavo per l’apprendimento degli insegnamenti della sapienza resa follia da Dio; dopodiché allora, come svegliandomi da un sonno profondo, guardai verso la mirabile luce della verità del vangelo, e vidi l’inutilità della sapienza degli arconti di questo mondo che stanno per essere annientati (1Cor 2, 6), avendo pianto molto la mia pietosa vita, pregavo che mi fosse dato di essere condotto per mano per essere introdotto ai dogmi della pietà. E avanti tutto mi era di premura che venisse operato un certo raddrizzamento del comportamento, pervertito per molto tempo dalla frequentazione dei malvagi. E allora dunque, avendo letto il Vangelo e avendo visto lì che un grande avvio verso la perfezione era la vendita dei beni e la comunione verso i bisognosi tra i fratelli, e non avere alcuna preoccupazione per questa vita e non avere l’anima deviata da alcuna simpatia verso le cose di qui, pregavo di trovare qualche fratello che avesse scelto questa strada di vita, così che insieme con lui potessi attraversare il breve (o ‘profondo’) flutto di questa vita. E di fatto molti ne trovai a Alessandria, molti nella parte restante d’Egitto e altri in Palestina e nella Celesiria e nella Mesopotamia; di loro ammiravo l’astinenza nel cibo e ammiravo la resistenza in fatiche, fui colpito per la costanza nelle preghiere e di come non venivano affatto vinti dal sonno, non essendo piegati da nessuna necessità fisica sempre alto e non schiavo conservando il sentire dell’anima in fame e in sete, in freddo e in nudità, senza rivolgersi al corpo, e senza acconsentire a prendere per esso alcuna preoccupazione, ma come vivendo in una carne d’altri, nei fatti mostrarono che cosa è l’essere stranieri nelle cose di qui e che cosa avere l’abitazione in cielo (cfr. Fil 3, 20). Avendo ammirato quelle cose e avendo detto beata la vita degli uomini virtuosi, perché in concreto mostrano di portare nel corpo la morte di Gesù (2Cor 4, 10), anch’io desideravo, nella misura a me possibile, di essere imitatore zelante di quegli uomini» (Ep 223, 2, III, 10, 1-11, 35). 43   C. Spuntarelli, scartata l’ipotesi di Gribomont (Basilio tornato da Atene cerca subito Eustazio), condivide la posizione di Lazzati: Basilio avrebbe esercitato la professione di retore, C. Spuntarelli, Oratore divino. Linguaggio e rappresentazione retorica nella controversia tra Cappadoci e Anomei, Roma 2012, 363. Ma forse Basilio, senza aprire la scuola di retore a Neocesarea, si è accontentato, per un breve tempo, di iniziare a Libanio 40

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2. Conversione

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sacrificare «qualcosa al mondo e al suo teatro»,44 lascia l’amico Gregorio di Nazianzo e Atene (355/356), torna a Cesarea e riceve il Battesimo.45 Dopo di che si mette in cerca della maniera di attualizzare la ‘vita perfetta’. Spera certo di incontrare Eustazio di Sebaste, ma vuole vedere di persona anche le realtà del nuovo genere di vita monastica cristiana allora diffusosi in più regioni geografiche (Ep 1 e Ep 223 ad Eustazio di Sebaste). Così visita - verso il 356-35746 - Siria, Egitto e Alessandria (Ep 1, 2, CP 58, 9-60, 15); Alessandria, l’Egitto, la Palestina, la Siria, la Mesopotamia (Ep 223, 2, III, 10, 21-23). Egli è in cerca di ‘padri’ nella fede e di guide nel cammino verso Dio (Ep 204, 6, II, 178, 10-13; e ancora l’Ep 223, 2, III, 10, 20-11, 35).

e a Imerio il fratello Gregorio, che poi ha proseguito per suo conto. Cfr. Gregorio di Nissa, Lettera 13 a Libanio (GNO VIII/II, 45, 28-46, 10). Avanti negli anni Basilio dirà allo studente Massimo che l’eloquenza, che pure è la cosa più ricercata da tutti, mantiene la sua grazia solo fino alle orecchie, Ep 277 (III, 150, 25-26). 44   Gregorio di Nazianzo, Orazioni 43, 25 (SCh 384, 180, 1-2). 45   Cfr. De Spir s XXIX, § 71. La data del suo battesimo, per mano di Diano di Cesarea, oscilla tra il 356 (H. Rahner), immediatamente dopo il suo ritorno da Atene, e il 357-358 (U. Neri). 46   Sono gli anni (verso il 358) in cui Atanasio di Alessandria scrive la vita di Antonio (morto il 17 gennaio del 356) per presentare un modello alternativo a quello di Origene il didaskalos alessandrino, descrivendo l’impegno di vita ascetica di Antonio, la sua ricerca del martirio e il suo rapporto con le Scritture; cfr. Annick Martin, Athanase, Antoine et Origène. D’un modèle chrétien à un autre, Origeniana nona. Origen and the religious practice of his time. (Papers of the 9th International Origen Congress, Pécs, Hungary, 29 August - 2 September 2005), Leuven u.a., (2009), 577-595; cfr. anche Id., Athanase d’Alexandrie, l’Église et les moines. A propos de la Vie d’Antoine in Revue des sciences religieuses 71 n° 2 (1997), 171-188.

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Prima Parte: La figura e l’opera di Basilio

3. In cerca della vita perfetta e della vera filosofia47 Dopo quei viaggi Basilio si stabilisce nella proprietà familiare ad Annesi nel Ponto vicino alla sorella Macrina. Qui, nel silenzio, si dedica all’approfondimento della fede cristiana, maturando la consapevolezza che diversi elementi positivi della scienza profana propri della cultura/paideia greca possono tornare utili nel delineare una paideia legata al Cristo e illuminata dallo Spirito.48 Gregorio di Nissa rileva tale convinzione: il grande Basilio durante la sua giovinezza ha accumulato quei tesori ‘egiziani’ che poi gli sono serviti per l’ornamento della vera tenda/tabernacolo della Chiesa; formato fin dall’infanzia nelle sacre lettere ha fatto sua anche la saggezza dei pagani, acquisendo così una doppia cultura.49 Ricevuto il diaconato, Basilio è ordinato sacerdote nel 362 dal vescovo Eusebio di Cesarea, da cui si allontana per un periodo di tempo (363-364) per evitare uno scisma interno alla Chiesa di Cesarea. Forse è proprio il suo stesso vescovo ad allontanarlo, non accettando di buon grado il successo del suo nuovo sacerdote.50 Morto Eusebio, Basilio viene eletto vescovo di 47   Filone parla di vera filosofia, Sui sogni XXXIX, 226. L’imperatore Giuliano amava grandemente che gli fosse attribuito il titolo di filosofo, Giuliano, Misopogon 29 (224, 2728); nel Panegirico di Eusebia dice di essere pieno di passione per la filosofia, entusiasta per essere chiamato filosofo anche se questo non corrisponde a realtà, Giuliano, Orazione II, 120bc (Bidez I, 1re II (III) 93-94). Il Nisseno paragona Basilio a Mosè quando lascia i tumulti e le occupazioni cittadine insieme agli insegnamenti materiali per dedicarsi alla filosofia rapportata a Dio (prosphilosophōn tōi theōi), Gregorio di Nissa, Elogio di Basilio (PG 46, 809BC; GNO X/I 127, 2-6). 48   Questo aveva tentato di fare in modo sistematico Clemente Alessandrino. 49   Si confronti quanto dice di Mosè e di Basilio Gregorio di Nissa, La vita di Mosé II, 112.115-116 (SCh 1bis, 63-64) e Elogio di Basilio 1 e 20 (PG 46, 789B; 809ABC; GNO X/I 125-127; SCh 573, 230 e 270-276). Il Nisseno rilegge con Origene (cfr. Lettera a Gregorio Taumaturgo PG XI, 88-90) la vicenda di Mosé che lascia l’Egitto portando con sé le ricchezze di quel paese. Si tratta del motivo delle ‘spoglie degli Egiziani’. Anche sant’Agostino dopo i Padri greci e dopo Cipriano, Lattanzio e Ilario- riprenderà tale motivo: gli ebrei hanno preso dagli egiziani tutte quelle conoscenze utili alla vera religione, Agostino, Sulla dottrina cristiana II, 40, 60 t. 43 col. 63 (esempio dei Padri greci e latini ibid. 61 col. 63). 50   Il Nazianzeno presenta l’allontanamento di Basilio come sua scelta personale per non divenire indegno della sua filosofia e non perdere la pace, Gregorio di Nazianzo, Orazioni 43, 29 (SCh 384, 192, 11-14). Non va escluso tuttavia il motivo della gelosia e della rivalità da parte di Eusebio. Nel 362, alla morte di Diano vescovo di Cesarea, venne eletto come suo successore appunto Eusebio, il principalis che non era neppure battezzato. Giuliano -che nella tarda primavera del 362 (fine maggio e la prima metà di giugno) si dirigeva verso Cesarea per ragioni militari in vista della spedizione militare contro la Persia- aveva

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Cesarea nel 370. Questa nuova responsabilità gli richiede grande impegno e dispendio di energie fino alla sua morte, avvenuta il 1 gennaio del 379 o forse il 20 settembre 378, secondo una recente proposta.51 Negli ultimi anni di vita egli si prodiga in una intensa attività ecclesiale pastorale e sociale, compresa, tra il 372 e il 374, la costruzione della città/ospizio e ‘casa dei poveri’, l’imponente complesso denominato Basiliade disposto per la cura dei poveri e dei malati,52 inaugurato nel settembre 374. Nel 375 Basilio rompe in modo definitivo con Eustazio di Sebaste, prende apertamente le distanze da Apollinare di Laodicea e scrive il De Spiritu Sancto. Prima della morte commenta i primi capitoli della Genesi e introduce in Oriente la festa del Natale, di cui testimonia la sua omelia In sanctam Christi generationem.

pensato di eleggere vescovo di Cesarea Basilio; per questo voleva fare indire, dal governatore Candidiano - il quale aveva attriti con il neoeletto vescovo Eusebio - una nuova Sinodo che ne invalidasse la nomina e eleggesse al suo posto Basilio.Tale situazione è il frangente in cui nasce l’attrito tra Eusebio e Basilio, il presbitero dissidente che crea uno ‘scisma’, databile dunque nel 362 e non nel 364 (Bernardi) né nel 363 (Gallay, Fedwick). Morto Giuliano (23 giugno 363), a Basilio non restava che mettersi in disparte e ritirarsi. Forse è a questo periodo che Basilio si riferisce nel 375 scrivendo Ai primi cittadini di Neocesarea che, per fuggire i torbidi politici, si è ritirato nei luoghi di Neocesarea da lui conosciuti nella sua infanzia, per dedicarsi alla filosofia, propiziato in questo dalla solitudine che la favorisce, Ep 210, 1 (II, 190, 13-19). Nell’estate del 365 Basilio ritornò a Cesarea, chiamato dallo stesso Eusebio che capì di averne bisogno per motivi politici e teologici, anche su suggerimento di Gregorio di Nazianzo senior e di suo figlio, Gregorio di Nazianzo, che ci tiene a presentare così le cose. 51   Nel 1988 P. Maraval suggerì come data della morte di Basilio l’agosto del 377 (e per quella della sorella Macrina il 19 luglio del 378). Nel 1992 J.-R. Pouchet la pose verso il 20 settembre 378 (e quella di Macrina il 19 luglio 379). Nel 2004 Maraval accolse la posizione di Pouchet e la riconferma nel 2014 come ribadisce nell’introduzione a Grégoire de Nysse, Éloge de Grégoire le Thaumaturge. Éloge de Basile, Paris 2014, 16-17; così ha fatto anche Anna Silvas, Gregory of Nyssa: Letters (Supplements to Vigiliae Christianae 83), Leiden 2007, 35-39; mentre Moreschini ha optato per la data tradizionale (1 gennaio 379), C. Moreschini, Introduzione a Basilio il Grande, Brescia 2005, 38. Cfr. P. Maraval, La date de la mort de Basile in Revue des Études Anciennes 34 (1988), 25-38; J.-R. Pouchet, La date de l’élection épiscopale de saint Basile et celle de sa mort, in RHE 87 (1992), 5-33; P. Maraval, Retour sur quelques dates concernant Basile de Césarée et Grégoire de Nysse, in RHE 90 (2004), 153-157. Si richiami anche l’appendice The date of Basil’s death and of the Hexaemeron in Ph. Rousseau, Basil of Caesarea, Berkeley-Los Angeles-Oxford 1994, 360-363. 52   Per una descrizione sommaria fatta da Basilio stesso cfr. ad es. Ep 94 (I, 205, 30-206, 45) scritta nell’anno 372, dove tra l’altro dice di «aver trasformato i deserti in città» (I, 206, 48-49). Sull’argomento cfr. Stefania Scicolone, Basilio e la sua organizzazione dell’attività assistenziale a Cesarea, in Civiltà Classica Cristiana (CCC) 3 (1982), 353-372.

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3.1 Il contesto spirituale e formazione culturale di Basilio Basilio si è trovato a doversi confrontare con la cultura greca (retorica, dialettica e filosofia) attiva a Atene e Costantinopoli, occupata dalle riflessioni sul fine dell’esistenza umana e del cosmo e, quindi, sull’esistenza e la natura di Dio, e sulla perfezione perseguibile. In quell’epoca si era imposta una filosofia aperta alla dimensione salvifica-religiosa, con una scuola di filosofia intesa sempre più come ‘esercizio spirituale’53 attenta alla religione, al culto dei misteri,54 dando spazio alla sapienza egiziana e alla teurgia, protesa alla percezione del divino, ansiosa per la propria salvezza. Tutto questo caratterizza gli ultimi neoplatonici55 che vedevano nei riti il mezzo più idoneo per raggiungere i propri obiettivi metafisici, specie quello della contemplazione noetica divina.56 Si è potuto dire che «al tempo di Porfirio ogni filosofo era anche mago, ierofante, taumaturgo o sacerdote: si adoperava per la diretta comunione con Dio, sapeva compiere miracoli, e aveva facoltà divinatorie».57 Tutto ciò avveniva mentre prendeva sempre più campo e forma il cristianesimo, con cui il paganesimo dovette confrontarsi. Si determinarono così rapporti conflittuali tra un ‘galileo’ regionale e la cultura greca58 che   P. Hadot, Exercises spirituels et philosophie antique, Études Augustiniennes, Paris 1987, tr. it. Esercizi spirituali e filosofia antica, Bari 1988; O’Meara D. J., La science métaphysique (ou théologie) de Proclus comme exercise spirituel, in Segonds A.-Ph., Steel C. (éds), Proclus et la théologie platonicienne, Leuven-Paris (2000), 179-190. 54   Plutarco ricorda che lo spartano Cleombroto raccoglieva materiale per una filosofia il cui fine (telos) fosse la teologia, Plutarco, Il tramonto degli oracoli, 2. 55   Plotino (202-270), Porfirio (233-305), -essi cercavano l’unione (henōsis) con il Divino-, seguiti e superati da Giamblico (250-330) e anni dopo da Proclo (412-17 aprile 485), discepolo di Plutarco figlio di Nestorio (350-431/432) e di Siriano che continuò l’insegnamento di Plutarco (450). 56   Così si esprime, parafrasando André-Jean Festugière, Sergio Knipe, Filosofia, religione, teurgia in R. Chiaradonna (a c. di), Filosofia tardoantica, Roma 2012, 253 e 255. 57   G. Girgenti, Introduzione a Porfirio, Roma-Bari 1997, 96. 58   In questo ambito si muove l’imperatore filosofo Giuliano qualificato come l’Apostata dai cristiani costretti a confrontarsi con lui. Questi (Lettera 61c Bidez), data l’incompatibilità tra la cultura greca neoplatonica (con Libanio suo alto rappresentante, cfr. l’articolo di HeinzGünther Nesselrath, Libanio e Basilio di Cesarea: un dialogo interreligioso? in Adamantius 16 (2010), 338-339 e la fede dei cristiani, sostiene che questi non vi dovevano avere accesso. Tale determinazione suscitò la presa di posizione dei cristiani, quali appunto Basilio e Gregorio di Nazianzo (Gregorio di Nazianzo, Contro Giuliano l’Apostata, Orazione IV e La morte di Giuliano l’Apostata, Orazione V a c. di L. Lugaresi, Firenze 1993 e 1997), convinti di poter avvicinare la cultura greca senza doverne fare propria la religione. Della cultura greca, come delle noci, non tutto è commestibile dice Clemente Alessandrino, Stromati I, 1, 7, 3 e I, 1, 18, 1. 53

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diede vita ad un’autodifesa aggressiva del paganesimo per rinnovarlo nella ‘credenza’ e nel ‘rito’. Dopo un periodo razionalistico ‘illuministico’, la filosofia - influenzata dai movimenti legati all’ermetismo - si orientava verso la ricerca e la percezione attualizzante del divino, concepite come eventi di salvezza. L’ambiente filosofico del tardo impero si caratterizza per un afflato profondamente religioso. Molti dei filosofi greci, già costretti - prima dall’influsso dei movimenti ermetici e poi ancora più decisamente dall’imporsi della figura di Cristo e quindi dal diffondersi della religione cristiana - a mettere in crisi il primato della ragione, si erano fatti più attenti in particolar modo agli oracoli di Apollo e di Ecate (Porfirio) e agli Oracoli Caldaici (soprattutto Giamblico e, più tardi, Proclo) collegandoli agli scritti del divino Platone e agli dei dell’Ellenismo. Nello stesso tempo (cfr. Giamblico con il suo scritto I misteri egiziani), avevano preso in considerazione l’arte magicoteurgica, attività al di sopra dell’intelletto e della ragione dell’uomo, e che tuttavia assicurava all’uomo di sperimentare e percepire il divino.59 Basilio deve aver conosciuto questo tratto ‘misterico/teurgico’ della filosofia greca, se nelle omelie sui salmi due volte introduce il termine epoptico col significato tecnico noto a lui60 e ad altri autori cristiani.61   Damascio sa che «alcuni, come Porfirio e Plotino e molti altri filosofi, tengono in maggior pregio la filosofia; altri invece l’arte ieratica, come Giamblico e Siriano e Proclo e tutti i cultori della ieratica», Damascio, Sul Fedone I, 172, 1-3; tale abbozzo storiografico è citato da Elena Gritti, Orientamenti e scuole nel neoplatonismo, in R. Chiaradonna (a c. di), Filosofia tardoantica, 73. 60   Il termine compare nel De Spir s XVIII, 47 (PG 32.153A). Interpretando Es 7, 1 («ti diedi come dio al Faraone»), Basilio dice che l’espressione oracolare indica un potere epoptico e energetico, Ep 189, 8 (II, 140, 4-8). Nell’Ep 233, 1 (III, 40, 32-36) afferma: che la mente sia ‘mescolata’ alla divinità dello Spirito, è momento epoptico delle grandi visioni; la mente allora contempla le bellezze divine nella misura in cui naturalmente la grazia le fa dono e la sua ‘costituzione/struttura’ può ricevere. Anche nell’omelia al Sal 33, commentandone il v. 16 «Gli occhi -dunque- del Signore sui giusti e le sue orecchie alla loro preghiera» (Sal 33, 16), Basilio dice: «Ora dunque ha chiamato occhi e orecchie la potenza capace di osservarci (tēn epoptikēn hēmōn dynamin), e quella atta a accogliere le preghiere», (In Ps 33, 16, § 11 [377A]). Il Proemio dello pseudo basiliano Commento a Isaia (Is 6 PG 30, 129A), parlando di Mosè, contrappone il tempo dato alla vita epoptica a quello speso nella vita pratica; più oltre dice che, salendo oltre le belle cose visibili e pervenendo a quelle superiori, che alcuni definiscono ‘metafisiche’, si arriva a vedere il vero Bello diventando epoptici, acquisendo l’energia epoptica, Commento a Isaia V, 162 (385A). 61   Si richiamino alcune testimonianze. Ippolito ne fa cenno (il grande e mirabile e perfettissimo mistero epoptico) in rapporto al terzo o al più alto livello previsto nei Misteri eleusini, Ippolito, Confutazione delle eresie, 5.8, 39-40 (PG 16 3150C). Diverse 59

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Nell’omelia In Ps 32, 11, § 7 [341A] parla di «dottrine dogmatiche, quelle dette (legomenois) epoptiche» e In Ps 44, 10, § 9 [408C] di argomenti «quelli detti (legomenous) ‘epoptici’ dopo quelli morali e fisici». L’espressione ‘così dette/i’, avanti il lemma epoptico, evoca l’ambito culturale greco-pagano, Platone e Aristotele compresi, come testimonia verso il 120 d.C. Plutarco nel suo Iside e Osiride (evocazione del famoso mito egiziano): «È sempre puro il principio, non può essere mescolato ciò che è primo e intelligibile. […]. E l’intuizione (noēsis) dell’intelligibile, del puro e del semplice, che lampeggia attraverso l’anima come un fulmine, permette talvolta di toccarlo (thigein) e di contemplarlo (prosidein) tutto d’un tratto (hapax). È per questo che Platone e Aristotele chiamano epoptica (epoptikon)62 tale settore della filosofia: alludendo cioè al fatto che quanti sono riusciti a superare con la ragione (tōi logōi) il mondo dell’opinabile, del composto, del multiforme, si slanciano verso ciò che è primo, semplice e immateriale; e se giungono a toccare direttamente (thigontes haplōs) la verità pura riguardo ad esso, ritengono di possedere la filosofia come nel sommo grado dell’iniziazione (ohion en teletēi telos)».63 Girgenti ricorda che «la tradizione medio- e neoplatonica aveva adottato una tripartizione progressiva della filosofia, articolata in etica-fisica-epoptica, il punto più alto del sapere».64 Al riguardo è significativa la testimonianza del platonico Teone di Smirne, vissuto al tempo di Adriano (70-135 d.C.), per il quale si dà una stretta relazione tra conoscenza filosofica e iniziazione misterica come espone nella Prefazione alla sua opera: per giungere all’«imitazione di Dio» l’uomo percorre una scala a cinque gradi, rapportabili all’iniziazione strutturata in cinque discipline (matematica, geometria, scienza dei solidi, musica e astronomia). La trasmissione delle dottrine filosofiche logiche, le attestazioni addotte da Clemente Alessandrino, Stromati I, 1, 13, 1; I, 1, 15, 2 (theōria epoptikē; cfr. Platone Simposio 210a); I, 28, 176, 2 (Platone Fedro 250c; Simposio 209e-210a; cfr. anche Plutarco, Moralia 382d); II, 10, 47, 4; V, 11, 73, 2; V, 14, 138, 3 (cfr. Platone Fedro 250bc); VII, 11, 68, 4 (il progresso - prokopē - conduce alla conoscenza epoptica di Dio); Protrettico, II, 19, 1; SCh 2, 74: se vuoi contemplare (epopteusai) le orge dei Coribanti; Protrettico XII, 120, 1; SCh 2, 189: contemplare (epopteusai) i cieli e Dio. 62   Platone, Simposio 209e-210a (misteri preliminari e perfetti/epoptici); Fedro 250bc (myoumenoi kai epopteuontes). 63   Plutarco, Iside e Osiride 382 de. 64   G. Girgenti, Porfirio negli ultimi cinquant’anni: bibliografia sistematica e ragionata della letteratura primaria e secondaria riguardante il pensiero porfiriano e i suoi influssi storici, Milano 1994.

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etiche (politikōn) e fisiche è identica alla iniziazione (riti misterici) con relativa trasmissione dei misteri, anche se le tappe non corrispondono perfettamente all’iter iniziatico con le sue cinque fasi: la purificazione; la trasmissione della perfezione (rito misterico dell’iniziazione); segue la terza chiamata epopteia (contemplazione), il cui fine è l’intreccio (fasciatura) e l’imposizione delle ghirlande (corona), con la quale si è in grado di trasmettere le iniziazioni acquisite; infine la felicità (eudaimonia), in cui si ha l’amore per Dio (theophiles) e la vita con gli dei (theois syndiaiton). Teone poi ricorda che «[Platone] chiama epopteia lo studio delle cose intelligibili, degli esseri reali e delle proprietà (pragmateia) delle idee. Per ‘intreccio’ e ‘coronazione’ bisogna intendere il divenire capaci, in seguito all’apprendimento, di instradare anche gli altri nella stessa theōria. La quinta fase, la più perfetta, è rappresentata dalla felicità risultante dalle fasi precedenti e da quella che secondo Platone è la somiglianza con Dio per quanto è possibile».65 Platone, per il quale la contemplazione filosofica è vera e propria iniziazione, utilizza il linguaggio dei misteri66 vedendo nella «somiglianza a Dio per quanto è possibile» il fine supremo dell’uomo.67 Plutarco stabilisce una equivalenza tra epopteia e conoscenza/visione filosofica.68 Si può dunque asserire che i medioplatonici qualificassero come epoptica la metafisica utilizzando il linguaggio dei misteri eleusini come testimoniano appunto i testi di Teone di Smirne e di Plutarco (De Iside   Teone di Smirne, Expositio rerum mathematicarum ad legendum Platonem utilium, Esposizione delle conoscenze matematiche utili per la lettura di Platone 14, 18-16, 23 Hiller= 20-23 Dupuis. Si veda ora l’edizione curata da Federico M. Petrucci, Introduzione Traduzione Commento, Sankt Augustin 2012, che divide l’opera, dopo l’Introduzione, in tre parti (Aritmetica, Musica, Astronomia) dove si tratta appunto della Teoria dei numeri e della musica dei numeri, musica strumentale, musica delle sfere. 66   Platone, Fedro 249c7-8; 250b8-c1; 250c4; Simposio 209e-210a1; Fedone 69c5-7; cfr. anche S. Lilla, Clement of Alexandria, Oxford 1971, 149-150. 67   Al riguardo il passo più importante è in Platone, Teeteto 176ab1-2 («Bisogna cercare di fuggire di qui il più presto. Ora la fuga è la somiglianza con Dio nella misura del possibile e la somiglianza consiste nel divenire giusto e santo con consapevolezza»); cfr. anche Fedro 253b8-c1; Repubblica X 597e; 613b1; Timeo 90d4; Leggi IV 716d2; Liside 214ab. Questi testi platonici, riuniti in sistema da Eudoro d’Alessandria, attraverso Ario Didimo hanno trasmesso la dottrina della somiglianza come il ‘fine’ platonico a Albino e a Plotino (Enneadi I, 2, 1, 3-4). Tra loro due sta Clemente Alessandrino, che più volte richiama l’espressione platonica, come in Stromati II, 18, 80, 5; II, 19, 100, 3-4. Si noti che ‘Per quanto è possibile’ è divenuto un concetto continuamente ripreso e ripetuto, anche da Basilio stesso (ad es. Ep 233, 1 III, 40, 18-19 e 34-36). Cfr. Massimo il Confessore, Ambigua 10, 2b [112D]. 68   Plutarco, Questioni conviviali VIII, 2, 2. 65

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et Osiride., 382c).69 Porfirio si muoveva in tale ambito culturale.70 Proclo, - data anche la sua formazione iniziale71 - combinando insieme elementi della sua metafisica con altri desunti dagli Oracoli caldaici, sostiene che ogni anima è dotata di un corpo immateriale eterno, il ‘veicolo’ (ochēma), imparentato a quelli luminosi degli dei. Qui subentra la teurgia, come ben descrive Trouillard.72   Plutarco, ne Le vite parallele in riferimento alla Metafisica di Aristotele parla di insegnamenti epoptici; cfr. anche Plutarco, Iside e Osiride e Dialoghi delfici (La E delfica - I responsi della Pizia - Il tramonto degli oracoli), Introduzione, traduzione e note di V. Cilento, Milano 2002, 138 e n. 4; F. Adorno, La filosofia antica. IV. Cultura, filosofia, politica e religiosità. II-VI secolo d.C., Milano 1992, 36. 70   Per Porfirio (Sentenze sugli intelligibili, ‘Sentenza 32’) le quattro virtù cardinali sono rapportate a quattro progressivi gradi di profondità; le virtù 1. Politiche 2. Catartiche (quattro virtù) 3. Contemplative 4. Paradigmatiche corrispondono alle relative realizzazioni: uomo onesto, uomo demonico; cfr. G. Girgenti, Introduzione a Porfirio, 112-115; a c. di G. Girgenti Porfirio, Sentenze sugli intelligibili, Milano 1996. 71   Marino richiama che Proclo, nel periodo della sua formazione ateniese (432-434), aveva seguito i primi due cicli del cursus scolastico neoplatonico; il primo prevedeva lo studio del pensiero di Aristotele assimilato ai riti iniziatici preliminari e ai ‘Piccoli misteri’; il secondo, più avanzato e paragonato ai ‘Grandi misteri’, contemplava lo studio del pensiero di Platone, presentato come una mistagogia culminante nella suprema epopteia, Marino, Vita di Proclo 13, 1-10. Al riguardo cfr. Eva Di Stefano, Introduzione a Proclo, Elementi di Teologia, Firenze 1994, 23-24; Valerio Napoli, Le denominazioni della Metafisica e della sua scienza nella filosofia tardoantica, in Peitho/Examina antiqua 1 (3)/2012, 51-83. Per Giuliano il pensiero di Aristotele è incompleto e va integrato con le teorie di Platone e ancor più con gli oracoli caldaici donati dagli dei, Giuliano Imperatore, Alla Madre degli dei 3 (54, 36-38). 72   «La teurgia provoca le loro apparizioni (o la loro audizione) risvegliando questi sensi interiori. È questo, infatti, che toccano, prima di tutto, i procedimenti teurgici. Liberandola dalla sua stretta prigione empirica, essi permettono all’anima particolare di sorpassare la prospettiva del suo periodo presente, di divinare certi segreti dell’avvenire nonché certi segreti dell’arte medica, e infine di rivivere le divine esperienze epoptiche», J.Trouillard, L’Un et l’Âme selon Proclos, Paris 1972, 186-189. Cfr. Id., La mystagogie de Proclos, Paris 1982. Si dà un primo livello di iniziazione (iniziazione secondo Hestia) con il conferimento dei ‘piccoli misteri’ (primo grado di purificazione verso la vera e propria iniziazione). Poi seguono ‘i grandi misteri’ (epopteia) perfezionati fino al raggiungimento della felicità (eudaimonia). L’iniziazione misterica comprendeva tre passaggi: 1. Il primo grado è il katharmos, la purificazione rituale; 2 il secondo la paradosis, ossia la trasmissione delle dottrine esoteriche in una comunicazione fatta da persona a persona; 3 il terzo grado consiste nell’epopteia, cioè ‘visione’ quando il percorso è giunto alla fine e l’adepto può pervenire alla suprema beatitudine divina, quando «non c’è più nulla da imparare». Anche Empedocle si è mosso in questo clima. Si veda il poema Katharmoi (Purificazioni) indirizzato ai cittadini di Olimpia e quello a Pausania, il quale, raggiunta la purificazione del pensiero e dell’azione, può assimilare il contenuto iniziatico. Su tutto ciò un accenno si trova in Clemente Alessandrino, che richiama delle cerimonie purificatrici 69

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Filone e Clemente paragonano la conoscenza filosofica superiore al processo iniziatico in cui la ‘purificazione’ è come la premessa della contemplazione. In Origene e Gregorio di Nissa si riscontra la medesima tendenza. Lo ps. Dionigi presenterà i tre momenti della purificazione illuminazione e perfezione, corrispondenti alle prime tre fasi descritte da Teone. Nel Neoplatonismo e nei Padri il fine supremo della vita umana è, quindi, raggiungere la somiglianza con Dio, equivalente alla deificazione dell’uomo, possibile grazie alla contemplazione.73 Riguardo a tutto questo, nelle due omelie salmiche richiamate Basilio mostra un doppio atteggiamento. Da una parte abbandona la categoria propria dell’epoptica greca, dall’altra l’assume nella sua più alta possibilità e la invera in Cristo, come aveva fatto anche Origene.74 Giunto a Sal 32, 11 (Il disegno del Signore rimane in eterno; i pensieri del Suo cuore di generazione in generazione), afferma: «Non vedi le dottrine dogmatiche delle genti, questa vana filosofia, come sono sottili ed acute riguardo alle scoperte dei ‘dogmi, sia nelle speculazioni logiche sia nei precetti morali sia in alcuni questioni di scienze naturali sia in altre dottrine dogmatiche, quelle dette epoptiche? Come tutte sono state disperse e sono divenute inutili, mentre ora dimora nel mondo solo la verità del Vangelo?» (In Ps 32, 11, § 7 [341A-B]). Basilio commenta il versetto salmico delineando un quadro dei quattro rami della scienza filosofica del suo tempo, vicino al già ricordato Teone di Smirne ed anche a Clemente Alessandrino, che, rifacendosi a Filone, descrive la filosofia di Mosè divisa in quattro momenti:75 storico dei misteri eleusini, cui segue il passaggio dai ‘piccoli misteri’ ai ‘grandi misteri’, raggiunti i quali «qui non c’è più da imparare, ma da contemplare e meditare profondamente sulla natura e sulla realtà», Clemente Alessandrino, Stromati V, 11, 71, 1. 73   Cfr. Plotino, Ennadi I, 2, 3, 19-21; I, 2, 6, 3; VI, 9, 9, 58. Clemente Alessandrino, Stromati VI, 14, 113, 3 e VII, 16, 101, 4. Per lo ps.Dionigi cfr. La mistica I, Roma 1984, 395-396. Cfr. ancora S. Lilla, Clement of Alexandria, 172. Anche per Filone la vera oikeiōsis è concetto analogo alla homoiōsis theōi, cfr. C. Lévy, Étique dell’immanence, étique de la trascendence. Le problème de l’oikeiosis chez Philon d’Alessandrie, in C. Lévy (éd.), Philon d’Alessandrie et le langage de la philosophie, Turnhout 1998, 157-158. 74   Così mostra nel suo saggio La terminologia misterica nel linguaggio della rivelazione in Origene pubblicato come c. IX G. Sfameni Gasparro, Origene e la tradizione origeniana in Occidente. Letture storico-religiose, Roma 1998, 195-236. 75   Tale ripartizione rimanda anche ai quattro sensi della Scrittura, come dice lo stesso Clemente poco dopo parlando di una quadruplice lettura interpretativa della Legge di Mosè, Stromati I, 28, 179, 3.

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e legislativo, propri del campo etico; liturgico (appartenente alla teoria della natura) e, superiore a tutti, quello teologico, l’epopteia dei misteri ‘veramente augusti’; epoptico lo chiama Platone mentre Aristotele lo denomina come metafisica.76 Il Cappadoce, mentre richiama la successione degli insegnamenti della Scuola filosofica tesa a raggiungere una iniziazione analoga a quella misterica, evoca anche la propria vicenda: i vari dogmi ‘culturali’ greci, dopo l’incontro col Cristo, li ha avvertiti come vani pensieri umani da lasciar perdere, secondo la puntuale esperienza che san Paolo espone nella prima lettera ai Corinti (1Cor 1, 18-25). La Verità cercata coincide ora col Vangelo di Cristo e il disegno di Dio sull’uomo che avverte appagato anche il proprio cuore. Basilio così evidenzia i due livelli di ricerca: il piano intellettivo della mente (la Verità) e il piano affettivo del cuore (l’Amore), ammettendo che si dà una sorta di doppia verità, legata al cuore e alla lingua, come lascia capire commentando Sal 14A, 2-3 (Dicendo la verità nel suo cuore, colui che non ha ingannato nella sua lingua) nell’ In Ps 14A, 2-3, § 3 [256BC]. Il secondo richiamo alla dimensione epoptica greca Basilio lo fa in un contesto mistico/nuziale in riferimento alla Chiesa, qualificata con un’espressione del Cantico dei Cantici: «unica è la perfetta colomba (cfr. Ct 6, 9 ) del Cristo», colomba-sposa che egli identifica con la regina/anima «congiunta al Verbo nuziale», collocata alla sua destra «in una veste ricamata d’oro con ricami variopinti », veste fatta di ‘dottrine spirituali’, «varie e molteplici visto che abbracciano argomenti morali e fisici e quelli detti ‘epoptici’» (In Ps 44, 10, § 9 [408C]). Attraverso la ‘triplice’ distinzione delle scienze/dogmi,77 adduce la positiva caratterizzazione   Clemente Alessandrino, Stromati I, 28, 176, 1-3. Qui epopteia (contemplazione) ha un’accezione religiosa-misterica; cfr. anche Stromati I, 1, 13, 1; I, 1, 15, 2; I, 15, 66, 2-3 (filosofia mistica, appresa dagli Egizi); V, 11, 73, 1-2: Abramo al terzo giorno alzò gli occhi e vide il luogo da lontano. Il primo giorno fa riferimento alla vita delle cose belle; il secondo al desiderio del bene sommo da parte dell’anima; nel terzo l’intelletto discerne le realtà spirituali con gli occhi del pensiero. Quest’ultimo passo, sull’ascesa dal sensibile allo spirituale, ha colore platonico (cfr. Simposio 210a-211c). Si vedano ancora V, 14, 138, 3 (contemplazione e iniziazione alla più beata delle iniziazioni) e VII, 10, 56, 5 (sarà concesso ai puri di cuore di vedere Dio). Ippolito parla della più perfetta visione misterica, Ippolito, Confutazione delle eresie, 5.8, 39-40. 77   Ciò richiama la tripartizione del dogma cristiano operata ad es. da Evagrio: esso si compone della pratica, della fisica e della teologica, Evagrio Pontico, Trattato pratico 1 (SCh 171, 498); tripartizione che allude alla tre tappe della vita spirituale. Non per nulla nel Prologo al ‘Trattato pratico’ Evagrio aveva detto che l’agape è la porta della scienza fisica, cui succedono la teologia e la beatitudine escatologica (SCh 171, 492, 50-51). Si

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epoptica della conoscenza filosofica-iniziatica e della sua natura strettamente umana, indicante il momento più alto dell’esperienza del divino da parte dell’uomo, teso alla ‘verità’ e all’unione con ‘Dio’ fino a raggiungere la ‘somiglianza con Dio’ ‘per quanto possibile’. Con ciò Basilio, oltre a trasferire la dimensione greca misterica/perfettiva nel luogo più intimo e più alto della mistica cristiana, - come hanno fatto altri Padri della Chiesa78 - fa comprendere che la contemplazione più alta coincide col momento unitivo nuziale della persona umana/ecclesiale col Cristo Salvatore. Basilio tuttavia sa che il Vangelo di Cristo gli illumina la mente con la sua Verità, la quale gli tocca il cuore aprendolo al disegno di Dio e sa che un tale evento gli fa sembrare sbiadita e ‘stolta’ ogni altra scienza ed esperienza (Ep 223, 2, III, 10, 1-8; del 375 a Eustazio) e lo spinge a ricercare la vita perfetta e la ‘vera filosofia’ (Filone) col visitare le varie esperienze cristiane, come ricordato, e a confrontarsi con l’esperienza monastica di Eustazio.

tenga presente che la ‘fisica’ coincide con la theōria, con la contemplazione delle cose create. 78   Clemente Alessandrino afferma: «Contempla i misteri dell’amore ed avrai contemplazione epoptica [mistica] del seno del Padre che solo il Dio unigenito ha spiegato, ed anche Dio stesso è amore ed è stato contemplato da noi grazie all’amore», Clemente Alessandrino, Quis dives salvetur 37, 1; Protrettico I, 10, 3 (SCh 2, 66: solo attraverso Cristo si vede epopteuetai - Dio); Pedagogo I, 3, 8 e I, 6, 28 (SCh 67, 124 e 162; PG 8.260A e 284A: si dà un insegnamento spirituale, più sottile, l’epoptico; e grazie allo Spirito possiamo vedere - epopteuomen - il divino). Origene, Contro Celso III, 37 (SCh 136, 88, 21-22: spiegazioni esoteriche e epoptiche, come direbbe un Greco); VII, 10 (SCh 150, 38, 19); fr. 73 in Lc 15, 23 (PG 17 365A: mangiare il vitello grasso; un significato epoptico legato al ‘gioiamo’ collegato al vino ‘inizio di letizia’, Eccle 31, 33); Giustino parla di Dio il giusto osservatore (epoptēs) di tutti, Giustino, Apologia II, 12, 6. Terminando l’orazione su Basilio, il Nazianzeno gli chiede di essere da lui accolto per vivere insieme e per insieme essere epoptici della santa e beata Triade nel modo più puro e perfetto, Gregorio di Nazianzo, Orazioni 43, 82 (SCh 384, 304, 12-306, 14). Anche il Nisseno evoca la filosofia teoretica e quella epoptica, Gregorio di Nissa, Sui titoli dei salmi, II, 3, 32 (SCh 466, 280, 33-34), dicendo ‘epoptica’ la potenza della divinità ma anche quella dell’uomo che può così vedere come presente quanto è previsto per i buoni, ivi I, 6, 13 (SCh 466, 198, 1-4 e 200, 19-27). Il Nisseno parla anche di capacità/ potenza (dynamis) epoptica dell’anima, Gregorio di Nissa, Sull’anima e la resurrezione II, 2 (PG 46, 57B; GNO III/3, 39, 12), ma anche di Dio, Contro Eunomio III, 10 (GNO II, 292.23-25); caratterizza Dio come epoptēs, Gregorio di Nissa Contro Eunomio II, 149 (GNO I, 268, 30-269, 2): cfr. ancora ivi II, 585 (GNO I, 397, 8-16) e III, 10 (GNO II, 292, 26). Vedi anche Cirillo di Gerusalemme, Sui salmi 10 (PG 69.793A: parliamo di Dio in maniera umana; dunque l’energia epoptica di Dio è espressa attraverso le palpebre e quindi gli occhi).

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3.2 Incontro con la ‘filosofia monacale’ di Eustazio di Sebaste Eustazio aveva introdotto una singolare pratica di vita cristiana in alcune zone dell’Anatolia romana centro-settentrionale e forse anche nella Grande Armenia;79 esperienza definita dallo storico Sozomeno «filosofia monacale» (Storia ecclesiastica III, 14, 31, SCh 418, 132), come a segnalare in essa la presenza di convinzioni e pratiche neoplatoniche non cristiane. Del resto la ‘filosofia’ greca si qualificava sempre di più come uno stile di vita, come ha più volte ribadito Pierre Hadot e a suo modo anche Foucault.80 Eustazio tentava un connubio tra l’ascesi cristiana e elementi della vita ‘filosofica’ del suo tempo, proponendo una vita cristiana da vivere con rigore (akribeia) in privato e in pubblico. Assumere quello stile ‘filosofico’ impegnava ad una ascesi (askēsis) pronta a rompere (anachōrein) col mondo: rinunciare alle nozze per la verginità perpetua, rinunciare al lusso e ai beni materiali scegliendo la povertà e un cibo sobrio escludente la carne. Tale stile aveva un suo risvolto visibile. Chi aderiva a quella ‘filosofia monastica’, -i vari adepti, uomini donne e giovani-, doveva adottare un abbigliamento particolare qualificato dallo storico Socrate come ‘abbigliamento da filosofo’. 81 Oltre a ciò gli eustazioni avevano assunto un modo di incedere e di camminare per denotare il loro zelo (spoudē), la loro vita zelante (spoudaia agōgē), congiunta al rigore (akribeia) esistenziale. Elementi tutti, questi, che favorivano l’affermarsi di una élite spirituale che si percepiva ‘santa’ e ‘appartata’ e quindi abilitata a giudicare quanti, in ambiente cristiano, non si mantenevano all’altezza dell’ideale evangelico che proponeva la verginità e non le nozze, la povertà di contro alla vita lussuosa e alla ricchezza.82 Si determinava, così, una gerarchia 79   F. Fatti, Monachesimo anatolico. Eustazio di Sebastia e Basilio di Cesarea, in G. Filoramo (a c. di), Monachesimo orientale. Un’introduzione, Brescia 2010, 55; sempre qui l’autore ricorda che Eulalio, padre di Eustazio, nel 338/339 sarebbe stato presule di Cesarea di Cappadocia, nella stessa chiesa in cui Eustazio era stato fatto presbitero tra il 325 e il 337. Per questa parte teniamo presenti le considerazioni di Fatti su Eustazio e sul suo influsso su Basilio. 80   Cfr. G. Agamben, L’uso dei corpi, Vicenza 2014, 133-148. Al riguardo della concezione greca della filosofia come ‘vera vita’, come ‘occuparsi di sé’, Agamben mostra l’incomprensione di Hadot nei confronti di Michel Foucault. 81   Socrate, Storia ecclesiastica II, 43, 4 (SCh 493, 226, 15-16): «Portava [Eustazio] la veste del filosofo e voleva che i suoi seguaci vestissero un abito estraneo», estraneo all’uso ecclesiale. Per questa parte si veda ancora F. Fatti, Giuliano a Cesarea, 130 con relative note e bibliografia. 82   Che l’asceta possa sentirsi superiore alla stessa gerarchia ecclesiale si è sempre verificato nella Chiesa già dal tempo di Ignazio di Antiochia che ha dovuto avvertire che ‘il vergine’ che

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spirituale alternativa a quella costituita nella Chiesa.83Ciò produsse un’acuta ‘frizione’ tra le due gerarchie - monastica ed ecclesiastica - che è all’origine della Sinodo riunitasi nella Paflagonia, a Gangra (odierna Çankiri, in Turchia) tra il 341 e il 343. Sinodo che non mise fine a tutte le tensioni e le polemiche tra questo movimento e l’insieme della vita ecclesiale. Di fatto la gerarchia spirituale eustaziana si contrapponeva, anche fattivamente, ad una gerarchia ‘ecclesiastica’ composta anche di persone ‘ambiziose’ legate al loro ruolo ecclesiale.84 Per gli eustaziani, decisi a vivere l’ideale evangelico, non è stato facile mantenere un vero equilibrio spirituale. Eustazio e il suo entourage sono stati coinvolti più volte in conflitti per ragioni dogmatiche ma anche per ragioni di ‘politica’ interna alla Chiesa, in quanto miravano a fare ’occupare’ le sedi episcopali da persone da loro designate.

3.3 Impronte eustaziane in Basilio Basilio, come la sua famiglia prima di lui,85 sentì il fascino di quei testimoni di una filosofia teorica ed ‘esistenziale’; ma ne rifiutò le punte ‘estremistiche’ e alla fine, sia pure dolorosamente, si staccò da Eustazio e dai suoi seguaci. Questi, mossi da ambizione, non risparmiarono al metropolita di Cesarea critiche e calunnie,86 opposizioni e manovre, fino a usare la violenza, disprezza il vescovo è perduto. La cosa si rinnova in occasione di ogni movimento monastico riformatore; si pensi anche solo all’epoca dei movimenti francescano e domenicano. 83   Si pensi alla tensione tra Origine - che poneva l’opera del didaskalos sulla scia della profezia e dell’apostolato facendo sorgere una ‘gerarchia spirituale’ - e la gerarchia vera e propria; al riguardo cfr. ad es. G. Bendinelli, Il didaskalos origeniano tra amore delle lettere e ricerca del Logos. Teoria e prassi di un ministero ecclesiale in L.F. Pizzolato - M. Rizzi (a c. di), Origene maestro di vita spirituale, Milano 2001, 191. 84   Sozomeno, lo storico della Chiesa, caratterizza l’agire di Giuliano l’imperatore (Apostata) come pieno di zelo: egli si impegna con zelo (spoudazōn) nella sua strategia anticristiana per fare ritornare in auge il paganesimo, Storia Ecclesiastica (V 2, 7; V 5, 1; V 16, 1; V, 16, 4; VI 2, 12 SCh 495, 88.112.168.170.254). Cfr. Stefano Trovato, Un antieroe di molti volti. Giuliano a Bisanzio come Apostata, scrittore, imperatore e in una particolare interpretazione “ratzingeriana” dello storico Sozomeno in Incontri di filologia classica 10 (2010-2011), 15-18. Tale caratterizzazione non è fortuita se si pensa che l’adolescente Giuliano, a Macellum vicino a Cesarea di Cappadocia, è stato formato da alcuni filosofi zelanti (seguaci del movimento eustaziano). Ciò fa credere che l’Imperatore, per emulazione, abbia trasferito in azione politica quanto ha appreso da quelli (nella filosofia e nella pratica) per far rivivere la religione pagana nell’impero romano. 85   Macrina, la sorella di Basilio, ha condotto un autentico bios philosophikos, come ricorda Gregorio di Nissa, Vita di Macrina 1; 9; 11; 37 (SCh 178, 142, 28-29; 168, 1-2; 174, 6-7 e 180, 48; 258, 10). 86   Eustazio e i suoi lo accusano di triteismo divulgando un testo anonimo,

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per ricoprire le sedi episcopali e spartirsi la presidenza delle chiese (cfr. De Spir s XXX, 77, 56-57.60-61).87 Ciò non gli impedì di mantenere alcune chiare impronte eustaziane. Il Cappadoce, ripensando il suo passato, si riferisce a Eustazio (come già nella sua prima lettera a lui indirizzata verso il 355-356 di ritorno dai suoi studi),88 con il pertinente appellativo di filosofo,89 sottolineandone la ricerca della vera sapienza; ricorda anche come quegli indossasse «lo spesso mantello» tipico dei filosofi dell’epoca (Ep 223, 3 III, 11, 7).90 Anche Basilio, colpito dalla filosofia di Eustazio (Ep 1) e attratto dalla sorella Macrina «allo scopo della filosofia» (Gregorio di Nissa, Vita di Macrina 5, SCh 178, 160, 47), cui avevano aderito i fratelli Pietro e Nancrazio,91 si dedicò alla ‘vera’ filosofia.92 Inoltre, egli stesso adotterà, pure da vescovo, i segni caratterizzanti ‘il monaco filosofo’, optando per la barba e per il tribōnion. Per il Cappadoce, fatto imitatore di Cristo - riferisce il Nazianzeno - «oggetto di orgoglio era una sola tunica e tribōnion e il dormire steso a terra e la veglia e

improntato a Sabellio e Apollinare, facendone risalire l’ispirazione se non la stesura allo stesso Basilio, Ep 131 a Olimpio (II, 44-46), in cui si difende da una lettera eustaziana inviata a Daziza. Cfr. Pouchet, Basile le Grand, 468-469. 87   Caso emblematico la riuscita nomina del presbitero eustaziano Frontone a vescovo di Nicopoli (nel 375) contro Eufronio di Colonia, presentato da Basilio (come si evince dalle Epp 227-229). Eustazio fa intronizzare Frontone manu militari attraverso Demostene (Epp 238, 240 e 247), R. Pouchet, Basile le Grand, 386-392; 393-404; quest’ultimo richiama opportunamente che i contrasti di Eustazio con Basilio non erano dovuti a semplici questioni dogmatiche ma anche a contenziosi di amministrazione ecclesiastica. Cfr. anche M. Simonetti, La crisi ariana nel IV secolo, Roma 1973, 411-418 (sintesi dei rapporti tra Basilio ed Eustazio dal 357 al 376). Che gli eustaziani impongano propri presbiteri e diaconi agendo sempre per interesse personale Basilio lo notifica anche nell’ Ep 226, 2 (III, 25, 30-33). 88   Ep 1 (CP 58). Si tenga presente il puntuale intervento di J. Gribomont, Eustathe le philosophe et les voyages du jeune Basile in RHE 54 (1959), 115-124, ora in Id., Saint Basile I, 107-116 e quanto osserva F. Fatti, Nei panni del vescovo, 185 n. 20. 89   Con il termine ‘filosofia’ - cfr. Sozomeno (Storia ecclesiastica III, 14, 31 SCh 418, 132 - gli eustaziani indicavano la propria identità di ‘filosofia monastica’ con un tipo di ascesi implicante anche la rinuncia alla vita coniugale; cfr. F. Fatti, Giuliano a Cesarea, 130. Questo aspetto verrà preso di mira nel sinodo di Gangra, in Paflagonia, nel 343. 90   Si trattava del tribonio, mantello ruvido e grezzo, di colore scuro di provenienza spartana, che lasciava scoperte le gambe. Fu adottato dai filosofi come loro abito. Gli eustaziani volevano che anche le donne e gli schiavi indossassero quel mantello. Cfr. F. Fatti, Nei panni del vescovo, 188-189. 91   Questi era andato a vivere vicino alla sorella Macrina portando con sé null’altro che se stesso (Vita di Macrina 8, SCh 178, 166, 8-10); morirà dopo solo cinque anni in un incidente.

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la mancanza di bagno».93 Già elemento centrale per gli eustaziani, la conoscenza delle Scritture94 anche per Basilio costituirà un programma di vita, come attestano le sue Regole morali e il suo così detto ‘biblicismo’: ovvero il suo costante e puntiglioso riferimento nelle diverse omelie, al dato scritturistico. I suoi testi sono letteralmente ‘intessuti’ di citazioni bibliche esplicite e di allusioni più o meno dirette. Egli ha assimilato talmente la lettera e lo spirito biblico-evangelico che il suo dettato riflessivo è intriso di Scrittura. Le omelie sui salmi e le altre omelie esegetiche (comprese quelle sulla Genesi) lo attestano con chiarezza. Basilio, che non ne fa un uso strumentale come gli eustaziani, pondera la Scrittura e la rispetta nella sua intenzione profonda. Per lui i testi biblici non rappresentano un’aggiunta posteriore al suo discorrere teologico, ma ne sono il fondamento e il punto di partenza. La Scrittura è luogo e ispirazione della ‘filosofia’. 95

  Nella Lettera ai primi cittadini di Neocesarea (375) Basilio ricorda i molti anni trascorsi a Neocesarea per fuggire i tumulti politici e dedicarsi alla filosofia nella quiete della solitudine, Ep 210, 1 (II, 190, 16-19). Accenna alla ‘filosofia’ di Basilio Gregorio di Nazianzo Orazioni 43, 10 (SCh 384, 136, 25); per lui anche suo fratello Cesario, secondo l’uomo interiore, è un ‘filosofo’, Gregorio di Nazianzo Orazioni 7, 11 (SCh 405, 206, 1-4). Per i riferimenti basiliani cfr. Gribomont, Eustathe le Philosophe, 117, senza ignorare A.M. Malingrey, “Philosophia”. Étude d’un groupe de mots dans la littérature grecque, des Présocratiques au IVe siècle après J.-C. in Études et Commentaires, 11, Paris 1961. 93   Gregorio di Nazianzo, Orazioni 43, 61 (SCh 384, 258, 13-15). La scelta di vestire in quel modo rappresentava un criterio di condotta qualificato come ‘filosofico’, Gregorio di Nissa, Sulla verginità XXIII, 1 (SCh 119, 520, 2). Basilio, trattando del vestito, dà l’indicazione di avene uno solo e ne descrive la funzione rivelativa/pedagogica in Rf 22 PG 31, 980BC; si deve indossare un vestito adatto e appropriato per le varie situazioni e posizioni sociali (qui il Cappadoce sta specificando l’abito decoroso della donna di cui parla la 1Tm 2, 9), cfr. Rb 210 PG 31, 1221D. 94   F. Fatti, Monachesimo anatolico.60; 68; 70; 80-81. Quanto al battesimo, approdo finale di un percorso di rigida obbedienza evangelica, e non mero titolo da spendere per accedere alla carriera ecclesiastica, cfr. Basilio, De Bapt. 95   I Libri dei Maccabei sono definiti «il libro che insegna la filosofia per cui il ragionamento domina le passioni» da Gregorio di Nazianzo, Orazioni 15, 2. Ciò attesta che essi sono dunque noti in ambito cappadoce; anche Basilio li cita nelle omelie sui salmi. 92

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Ciò in contrasto anche con Apollinare di Laodicea, le cui trattazioni teologiche appaiono al Cappadoce non costruite a partire dalle Scritture, ma dall’argomentazione dell’intelligenza umana.96 In forza di questo raggiunto equilibrio, per Basilio è istintivo mettere insieme AT e NT, collegandoli con gli apporti più genuini della filosofia greca, e muoversi naturalmente tra i vari ambiti religiosi e filosofici. Tutti questi tratti evocati manifestano il suo zelo nel percorrere la via e la verità evangelica anche nelle omelie salmiche in cui insiste sulla necessità della vita zelante (vedi indice ricorrenze).97

3.4 Scelta decisiva e cambiamento di vita di Basilio Il deciso orientamento delle sue ricerche si verifica in Basilio dopo il suo incontro con Cristo, che getta luce sul suo atteggiamento esistenziale e sulla sua lettura delle Scritture, salmi compresi. Da allora, il Basilio filo-sofo, in cerca della vera e viva filosofia,98 legge in luce nuova la filosofia pagana e la relativa cultura greca, che egli, senza rifiutarla in toto, apprezza e utilizza in più di un aspetto,99 perché segnata comunque, almeno nelle sue espressioni più alte, dalla ricerca del bene, della Bellezza, dell’Uno al di sopra di tutto.   Ep 263, 4 (III, 124, 8-10).   Basilio parla di akribeia anche per quanto riguarda l’osservanza dei canoni ecclesiastici, Ep 127 (II, 37, 16); Ep can 188 (II, 121, 7-8); Ep can 54 (I, 139, 2). Lui stesso si è impegnato in una scrupolosa e zelante custodia delle tradizioni dei padri, Ep 243, 2 (III, 69, 7). Cfr. anche Ep 204, 7 (II, 180, 14); Ep 25, 1 (I, 62, 19); Ep 258, 3 (III, 103, 35); Ep 263, 2 (III, 122, 10). 98   Per Basilio anche le parole minacciose offrono l’occasione per un esercizio in filosofia, Hom de ira 364D-365A.Che il fare filosofia sia la via per iniziare a distruggere alla radice il rancore e l’ira per poi incamminarsi sulla strada della virtù è ribadito (verso il 381 o 386) da Giovanni Crisostomo, Sulla verginità XLIX, 6 (SCh 125, 280, 81-87). Con La vita di Antonio Atanasio raffigura Antonio come il vero ‘uomo santo’ e il vero ‘filosofo’ ma anche il vero iniziato ai misteri (cfr. Vita di Antonio 14, 2-4) di contro ai santi e ai filosofi pagani, di cui allora si scrivevano le vite presentate come esemplari: La vita di Pitagora scritta da Giamblico e da Porfirio, La vita di Apollonio di Tiana scritta da Filostrato, La vita di Proclo scritta da Marino suo discepolo. Anche gli Stoici avevano un culto per le figure del ‘saggio ideale’, cfr. Seneca Epistola 82, 21; De otio 1, 1. Gregorio di Nissa si muove in tale direzione quando scrive La vita di Mosè e La vita di Macrina per mostrare la superiorità della ‘santità’ cristiana su quella pagana. Nello stesso clima veniva favorito, anche da parte di Basilio, il culto dei martiri presentati come modelli alternativi agli ‘uomini divini’ pagani, come avremo modo di richiamare. 99   Per Origene è impossibile che un uomo, non esercitato nella sapienza umana, possa poi comprendere quella più divina e ritenerla follia; di fatto alcuni personaggi biblici - come ha fatto Mosè in rapporto alla saggezza degli Egiziani - hanno appreso le discipline straniere per poi superarle di molto; ma anche alcune persone della Chiesa sono passate dalla saggezza umana a quella divina, Origene, Contro Celso VI, 14 (SCh 147, 212, 14-17 e 21-25). 96 97

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Anche per Basilio il sopraggiungere del Cristo - parola di Verità, anzi Verità stessa - è paragonabile all’avvento del sole, che mette in luce lo scarso valore delle cose credute valide perché abbaglianti. Questo dice un calzante passo del Commento a Isaia: «Temibile infatti per demoni la venuta del Cristo per la salvezza del cosmo intero; e ora i famosi luoghi, le officine dell’inganno sono abbandonati. Non più Delfi, non più gli oracoli; e tace la profetessa; si beve ancora alla fonte di Castalia, e quanti ne bevono divengono saggi; Anfiorao fuggito; Amfiloco non più, e le statue sparite; e le potenze invisibili si sono ritirate dal volto del temibile Signore, e dalla gloria della sua potenza. Da quando si nomina la Croce, gli idoli sono stati fatti fuggire. Oltre a ciò sono scoperte le false, idolatriche idee e immagini concernenti Dio e le questioni dibattute nelle ricerche filosofiche. Il Cristo mette allo scoperto gli errori che ognuno nasconde come in delle caverne. Anche l’uomo è chiamato a passare dall’immagine iconica del terrestre a quella del celeste».100

4. Monachesimo e vita cristiana. Il compito dell’uomo: diventare come Dio, anzi Dio Quanto detto fin qui ci porta a considerare in breve la concezione di vita cristiana e di monachesimo di Basilio basandoci sulle Regole morali (risalenti al 360), le Regole brevi (364-370) e le Regole ampie ( scritte verso il 375). Va subito rilevato che in esse il Cappadoce non usa il termine ‘monaco’;101 e che il termine ‘regola’ compare nel titolo (horoi, regole) e solo cinque volte nel De fide che ne è l’introduzione.102 Quanto espone lo identifica con la vita cristiana in quanto tale, tanto che il testo finale delle Regole morali, estrema loro sintesi, coincide con una 100   Cfr. Commento a Isaia 96. Il passo ricorda Clemente Alessandrino, Protrettico II, 11, 1-2-3 (SCh 2, 67-68) 101   Pouchet ritiene familiare a Basilio il termine monazōn/solitario, ma di fatto richiama solo tre casi: nell’Ep 199, 19 (II, 157, 2): Basilio introduce il termine per precisare lo statuto dei ‘solitari’ (monazontōn); l’Ep 262 (III, 119) è indirizzata a Urbicio monazonti; l’Ep 284 è rivolta a un censore evocando una regola già in vigore riguardante i ‘monaci’ (monazontōn, III, 155, 2), Pouchet, Basile le Grand, 420 n. 6. Sembra invece che Basilio eviti il termine ‘monaco’; per prendere le distanze, in modo elegante ma deciso, dalla posizione sempre più radicale, anarchica e separatista di Eustazio di Sebaste e dei suoi seguaci? 102   J. Gribomont, Obéissance et Évangile selon S. Basile le Grand in Supplement de la Vie spirituelle 21 (1952), 192-215, qui 196.

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reiterazione del medesimo interrogativo: «cosa è proprio del cristiano?».103 Per Basilio il ‘monachesimo’ è vita cristiana e questa, a suo modo - se si vuole usare il termine - è ‘monastica’;104 forse anche per questo il suo influsso sul monachesimo orientale e occidentale è stato determinante. In fondo egli ha prospettato quello che oggi si chiama ‘monachesimo di strada’. Il cristiano per lui non è un ‘a parte’ in senso fisico, sociale e spaziale/geografico come era per i Terapeuti egiziani, che, anticipando forme monastiche del IV secolo, vivevano lontani dalla vita sociale e separati dai centri urbani.105 Egli ritiene, con Origene,106 che ai cristiani non è chiesta alcuna fisica ‘fuga dal mondo’ né un distanziamento ‘aristocratico’ dalla vita della polis o dalla gente in genere.107 L’unica esigenza avanzata da Cristo è la rinuncia a se stessi, il distacco dalla vita per consegnarsi totalmente al Regno.108 Per il resto, il cristiano sta nella città, tra la folla,   Nel Nisseno, che di preferenza parla di «comunità di fratellanza», «vita filosofica» e «un cristiano», ci sarebbero solo due allusioni monastiche nelle Omelia sul Cantico dei Cantici; si veda la voce’monachesimo’ a cura di J. Naumowicz in L.F. Mateo-Seco - G. Maspero (edd.), Gregorio di Nissa. Dizionario, Roma 2007, 402. 104   Pavel Evdokimov al fine di trattare delle nozze, quale sacramento dell’amore, iniziava a parlare della scelta monastica; cfr. P. Evdokimov, Il matrimonio, sacramento dell’amore, Bose-Magnano 2008 (or. fr. 1944 e 1962). 105   F. Vecoli, L’Egitto tra IV e V secolo in G. Filoramo (a c. di), Monachesimo orientale. Un’introduzione, 23. 106   Così commenta l’uscita di Mosè dall’Egitto Origene, Omelie sull’Esodo III, 3 (SCh 321, 98, 11-13): va lasciato il mondo non in quanto luogo spaziale, ma nell’anima; non progredendo nel viaggio ma nella fede («non loco sed animo, non itinere … sed fide»). Cfr. anche Commento a Matteo 12, 36 (GCS X, 150-151); Commento a Giovanni XIX, XXI, 139 (SCh 290, 130, 13-22); Commento a Romani IV, 8 (PG 14, 980); Esortazione al martirio 39. Cfr. M. Rizzi, «Non loco sed animo, non itinere… sed fide». La prima Omelia nel quadro dell’esegesi origeniana sull’Esodo in M. Maritano e E. dal Covolo (a c. di), Omelie sull’Esodo. Lettura origeniana, Roma 2002, 13-37. 107   Aspetto evidenziato anche da Platone; cfr. Platone Apologia 29e; Fedone 65e; 66c; 67c; 79c; 81b; 83 b-d; 84a. Egli suggerisce un esercizio di morte al fine di liberarsi dalle passioni e raggiungere la purezza dello spirito, Platone Fedone 67cd; 80e; Teeteto 176a-b; cfr. anche Albino, Didascalico I 1, 1, 3, la filosofia come liberazione dell’anima dal corpo. Il Nazianzeno suggerisce l’esercizio di morte all’amico Filagrio, Gregorio di Nazianzo, Lettera 31, 2-5 (PG 37, 68C).Cfr. anche Plotino, Enneadi I, 2, 1, 1-4; I, 6, 5, 54-58 e 6, 6-8; I, 8, 6, 9-12; VI, 9, 11, 49-51. 108   Cfr. ad es. Rf 8 ed anche Adolesc IX 12. Sulla stessa linea si muove Ambrogio quando tratta della fuga saeculi. Cfr. ad es.: «Fuga autem est non terras delinquere, sed esse in terris, iustitiam et sobrietatem tenere, renuntiare vitiis, non usibus elementorum», De Isac vel anima (Isacco o l’anima), 3, 8; cfr. 8, 78-79. Cose analoghe anche in Plotino Enneadi I, 8, 5, 29-30 (cit. di Platone, Fedone 107d1) e 6, 9-12 (cit. di Platone Teeteto176a-177a). Plotino stesso si rifà dunque a Platone, per il quale la somiglianza 103

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immischiato nella vita di tutti, vivendo una vita ‘paradossale’ - come aveva intuito l’autore dello scritto A Diogneto (V, 4) - che non è di tutti ma è per tutti. In tal modo Basilio dà alla vita monastica forma comunitaria ed ecclesiale secondo la carità evangelica, evitando quella valutazione illusoria di sé che rischia il solitario, al quale ricorda che la virtù e la perfezione hanno l’espressione più autentica nell’amore fraterno (cfr. Rf 3). Oltre a ciò, Basilio apre la vita ecclesiale all’attenzione al povero, al bisognoso, al malato, coniugando ricerca della perfezione e impegno caritativo sociale, parte anch’esso della sequela di Cristo. Questa è stata la prima intuizione di Basilio al tempo della sua conversione a Cristo: vendere quanto si possiede e condividerlo con i bisognosi (Ep 223, 2, III, 10, 13-15). In tal modo fa sì che le esperienze ascetiche, estatiche e carismatiche, connesse al Cristo e al dono dello Spirito Santo, si inseriscano a pieno titolo nella grande Chiesa. Questo Basilio ha tentato anche con gli eustaziani che avevano finito per concepirsi come una élite spirituale/monastica che, pensata all’inizio in alternativa ma complementare alla gerarchia ecclesiastica, pian piano le si pose in opposizione frontale perseguendo interessi privati109 (cfr. ad es. Ep 226, 2, III, 25, 31-32; Ep 244, 6, III, 80, 22-23). Gli eustaziani, infatti, pretesero i privilegi della gerarchia ecclesiastica, mirando a occupare sedi episcopali. Così agendo Basilio evita pure l’esicasmo estremo e il quietismo che sfuggono impegno ascetico e carità effettiva. Certo, il dono dello Spirito Santo, della Grazia, è prioritario e indispensabile e Basilio ne fa un punto cardine della sua teologia.110

con Dio sta nel fuggire dal mondo. Dodds ha fatto osservare, nel cap. I della sua opera, che il ritirarsi dal mondo era esigenza comune di pagani e cristiani nel primi secoli dell’era cristiana, E.R. Dodds, Pagan and Christian in an age of anxiety, London 1965. 109   Cfr. ad es. Ep 226, 2 (III, 25, 25-33); Ep 227 (III, 31, 52-58). 110   Basilio afferma il ruolo primario della Grazia perché sa che l’uomo ne ha bisogno (vedi In Ps 29, 8 § 5 [317A]). Tutto e prima di tutto è Grazia. L’uomo non può essere Dio senza Dio; riconosciuto ciò può aprirsi e impegnarsi all’infinito. Il Nisseno fa sua la convinzione basiliana della sinergia della grazia e dell’impegno dell’uomo, della sua volontà, Gregorio di Nissa, La preghiera del Signore III GNO 35, 1-2; Sull’anima e la resurrezione IV, 3 (PG 46, 101A; GNO III/3, 74, 14-75, 2); Omelie sul Cantico IX (GNO VI, 264, 18-265, 1).

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Prima Parte: La figura e l’opera di Basilio

Non per questo l’uomo è dispensato dall’impegno ascetico. Il dono dall’Alto esige che si impegni a raggiungere ‘la somiglianza con Dio’. Se questa destinazione ultima è presente nel mondo greco platonico, gnostico e orfico-teurgico, il Cappadoce radicalizza il fine della divinizzazione dell’uomo fondandolo sul Cristo e sull’azione ‘santificante’ dello Spirito Santo. Infatti l’uomo - che non vive senza uno scopo111- è chiamato da Dio ad un solo compito essenziale: divenire come Lui, anzi divenire Dio,112 nella misura in cui è possibile alla natura umana. Asserendo, come già Origene113 e come ripeterà il Nisseno,114 che la ‘somiglianza’ con Dio non si dà senza la di Lui conoscenza (gnosi, teoria)115 e che questa a sua volta non si dà senza l’effettiva somiglianza con Dio, che richiede all’uomo un cammino da affrontare in piena libertà e con la pratica della virtù orientato a quella compiuta perfezione che appartiene in proprio a Dio.116 Del resto - appunto - solo una raggiunta somiglianza con Dio permette di conoscerlo. Perché solo il simile conosce il simile.117 Questo non riduce l’atto conoscitivo a   Cfr. Adolesc VIII, 4.   Basilio parla di ‘somiglianza con Dio’ (presente in Platone Teeteto 176b; Repubblica 613ab) ma anche del più alto desiderio, quello di ‘divenire Dio’; va conosciuto «lo scopo della nostra chiamata, che a noi è proposto d’essere simili a Dio, per quanto è possibile a natura d’uomo (cfr. Platone Repubblica 613b)», De Spir s I, 2; cfr. anche IX, 23: è lo Spirito che adempie il più sublime desiderio, diventare Dio; Contra Eun II.4; III, 5 (SCh, 305, 22, 40-41 e 163, 11-12; 164, 20-21; PG 29, 580B e 665B). Basilio parla anche dello scopo della ‘chiamata in alto’ nel De Bapt 1589A. Sul ‘divenire dio’ cfr. Plotino Enneadi VI, 9, 9, 50-59. Sullo scopo ultimo erano già intervenuti Ireneo, Clemente Alessandrino, Origene, Atanasio; lo stesso ripete Gregorio di Nissa; per un accenno a tale tematica cfr. J. Gross, La divinisation du chrétien d’après les Pères grecs, Paris 1938, 239. Emblematica l’espressione di Clemente Alessandrino: «il Logos di Dio [è] divenuto uomo, affinché anche tu apprenda da un uomo come l’uomo possa diventare Dio», Clemente Alessandrino, Protrettico I, 8, 4 (SCh 2, 63). Questa realtà verrà riproposta da Massimo Confessore, Mystagogia 24 (PG 91, 704D); Nicola Cabasilas, Vita in Cristo I, III, 505B; Teofane di Nicea, Epistola 3 (PG 150, 332C; 337CD: l’uomo diviene Dio per grazia). 113   Secondo l’Alessandrino le anime, per raggiungere la perfezione, devono avere una conoscenza profonda ed esatta di Dio, Origene, I Principi IV, 2, 7 (SCh 268, 328, 227-229). 114   Cfr. ad es. Gregorio di Nissa, La preghiera del Signore V, 1. 115   De Spir s I, 2 con l’eco di Platone, Repubblica 613B. Cfr. anche De malo 6; In Ps 1, 1 § 3 [216BC]; In Ps 114, 1§1 [484C]. 116   Si richiami, a mo’ di luogo tipico di questa ricerca, quanto dice G. Pini a commento di Clemente Alessandrino Stromati II, 18, 80-81, in Clemente di Alessandria, Gli Stromati, Milano 2006, n.13, 245-247, anche con riferimento alla problematica ellenica sul ‘fine’ dell’uomo. 117   Espressione risalente a Empedocle di Agrigento (V sec a.C. 492-432?), presente in più autori cristiani e non; ad es. in Giuliano l’Apostata, Lettera a Temistio 10 (34, 55-56). Si ricordi 111

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atto intellettualistico o moralistico. Familiarità e intimità conoscitiva con Dio sono possibili solo nell’agape. È netta l’affermazione di Basilio: «Non di tutti il Dio è Dio, ma di quelli che gli sono divenuti intimi (oikeiōsis) mediante l’amore (agapē)» (In Ps 29, 3 § 3 [309C]), analoga a quelle di Clemente Alessandrino.118

Platone, Liside 214ab; Timeo 90d (l’uomo deve curare la sua parte divina per rendere simile il contemplante al contemplato e affinché così, resolo simile, raggiunga il fine della vita). 118   Dio amore, si lascia conoscere da chi lo ama, «e noi dobbiamo familiarizzarci con lui attraverso l’amore divino, proprio per contemplare il simile col simile», Clemente Alessandrino, Stromati V, 1, 13, 1-2; cfr. anche II, 18, 80, 5-81, 1; V, 3, 18, 5; VI, 9, 72, 1.

Seconda Parte: Le omelie sui salmi Premesse Gli studiosi si sono concentrati prevalentemente sull’azione sociale di Basilio, costruzione della città-ospizio (la Basiliade) compresa, sulle sue formulazioni giuridiche e liturgiche, sugli impegni e gli interventi in ambito monastico, evidenziando le sue doti eccezionali, ma non dando la dovuta attenzione alla sua dimensione teologica. Si apprezzano il suo intervento sul riconoscimento della divinità dello Spirito Santo e il suo apporto a formulare la teologia trinitaria in modo pressoché decisivo per la giusta professione di fede cristiana.119 Ma nelle questioni cristologiche si dà poco peso alla sua posizione privilegiando la riflessione di Gregorio di Nissa e di Gregorio di Nazianzo. Questa valutazione si deve in parte anche al modo sintetico con cui Basilio formula i suoi pensieri ed elabora i suoi interventi. Certamente non è stato valutato in giusta misura il suo contributo esegetico. Vi si era applicato Mario Girardi120 - recentemente scomparso - incoraggiando l’edizione critica delle omelie basiliane sui salmi. Non va ignorato lo studio di Mieczyslaw Celestyn Paczkowski ofm.121

Il contributo esegetico di Basilio Certo, Basilio, in confronto con altri Padri della Chiesa, ha lasciato poche opere esegetiche. I suoi testi esegetici si riducono ad alcune omelie relative ad un esiguo numero di testi biblici. L’In Hexaemeron, sui primi capitoli 119   Cfr. ad es. M. Simonetti, La crisi ariana nel IV secolo; Lino Cignelli, Studi basiliani sul rapporto Padre-Figlio, Jerusalem 1982; Bernard Sesboüé, Saint Basile et la Trinité. Un acte théologique au IVe siècle, Paris 1998. 120   M. Girardi, Basilio di Cesarea interprete della Scrittura. Lessico, principi ermeneutici, prassi, Bari 1998, che richiama la tesi P. Sciarma, L’esegesi di Basilio di Cesarea nelle omelie sui salmi, Roma 1983. Relatore della tesi è stato M. Simonetti, correlatrice M. Grazia Mara. 121   Mieczyslaw Celestyn Paczkowski, Esegesi, teologia e mistica. Il prologo di Giovanni nelle opere di s. Basilio Magno, Jerusalem 1995. Mieczyslaw Celestyn Paczkowski ofm, Esegesi prosopografica di s. Basilio Magno, Liber Annuus 44 (1994). Lo studio sull’esegesi basiliana, positivo ma un po’ generico, coglie bene lo ‘spirito’ di Basilio, di cui ripete però il solito cliché: «soprattutto uomo di azione», «egli può esser considerato un ‘romano di spirito’» e «l’esegesi basiliana si distingue per il suo pragmatismo ascetico»; anche se poi lo scagiona dall’accusa di ‘antimisticismo’ riconoscendogli di avere il sensus spiritualis della Scrittura.

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Seconda Parte: Le omelie sui salmi

della Genesi; l’In principium Proverbiorum; l’In illud: Destruam horrea mea (Lc 12, 18); l’In illud: In principio erat Verbum (Gv 1, 1); e l’In Illud: Attende tibi ipsi su Dt 15, 9. Accanto a questi sta il gruppo delle omelie salmiche qui presentate sulle quali concentreremo le nostre riflessioni. Ma anche in questi esigui interventi viene in luce la metodologia esegetica basiliana emergente specie nelle omelie sui salmi. Queste, tra gli scritti di Basilio, sono state le più neglette; eppure sono rilevanti per contributo ermeneutico e per ricchezza teologica,122 spirituale, antropologica, ecclesiale, e per l’attenzione alla vita ascetica e all’esperienza mistica. Questo non sorprende più di tanto se si ha presente che il genere dell’omelia - data la sua periodicità e la sua funzione esegetica ed esortativa - era diventato un luogo nevralgico123 dell’impegno ecclesiale a formare i credenti, raggiunti nella loro condizione sociale.124

I. Sguardo complessivo sulle omelie sui salmi I.1 Numero e datazione delle omelie Delle 18 omelie sui salmi attribuite a Basilio di Cesarea si ritenevano spurie -specie per motivi di lingua e di stile- le omelie sui Salmi 14 (a), 28 (b), 37, 115, 132. 125 Oggi solo 14 sono considerate basiliane: le omelie sui salmi 1, 7, 14a, 14b, 28A, 29, 32, 33, 44, 45, 48, 59, 61, 114; è probabilmente basiliana (Gribomont, Bernardi, Ceresa122   Esse trattano in modo mirabile di Dio, di Cristo, della Chiesa, dei sacramenti dice J. Gribomont, In tomum 29 Patrologiae Graecae ad editionem operum s. Basilii Magni adnotationes, Turnhout 1959, 11. 123   Giuliano ne aveva colto il valore. Egli infatti, riferisce il Nazianzeno, aveva progettato di chiedere al ‘clero’ pagano di tenere regolarmente, su un apposito palco, letture e spiegazioni delle dottrine dogmatiche elleniche. Gregorio di Nazianzo, Orazioni 4, 111 (SCh 309, 266, 2-4); Sozomeno, Storia ecclesiastica V, 16, 2-4 (SCh 495, 170). Ciò è confermato dalle così dette ‘lettere pastorali’ (Epp 84-89 ediz. Bidez) che l’imperatore, in quanto ‘Sommo pontefice’, aveva scritto ai sacerdoti pagani con lo scopo di creare cattedre per il clero pagano e favorire l’insegnamento della lettura e della esegesi dei testi sacri pagani. 124   Origene a Cesarea di Palestina per un decennio (238-248) quasi ogni giorno teneva un’omelia, Panfilo, Apologia di Origene 9, 6-7. 125   Sull’autenticità delle omelie basiliane sui salmi cfr., dopo J. Bernardi, La prédication des Pères Cappadociens. Le prédicateur et son auditoire, Paris 1968, 22-23, la messa a punto di M.J. Rondeau, Les commentaires patristiques du Psautier (IIIe- Ve siècles), I, (OCA 219), Pont. Institutum Studiorum Orientalium, Roma 1982, 107-112.

I. Sguardo complessivo sulle omelie sui salmi

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Gastaldo) anche la breve omelia sul salmo 115;126 meno sicura quella sul salmo 132.127 Abbiamo quindi un complesso di 15 omelie autenticamente di Basilio. Alla loro datazione, per quanto difficile da stabilire, ci si può approssimare128 rintracciando qualche elemento che permetta di collocarle temporalmente.129 Puntualizzazioni antieustaziane e elementi antropologici e cristologici antiapollinaristi concorrono a collocare le omelie verso una data risalente o di poco successiva al 375, anno in cui Basilio, rotto il prolungato silenzio davanti alle accuse e calunnie mossegli contro, critica apertamente le posizioni di Eustazio (375) e dei suoi seguaci ed anche le tesi cristologiche e millenariste di Apollinare e dei suoi discepoli (377). L’omelia In Ps 114 è ritenuta da Maran e Bernardi la più antica, databile all’epoca del sacerdozio di Basilio.130 Quella In Ps 7 può risalire agli ultimi anni del sacerdozio o ai primi dell’episcopato. Le due omelie In Ps 14A e B, pronunciate a distanza di 24 ore, si possono collocare verso il 372 o poco prima; l’espressa preoccupazione di intervenire verso forme di povertà denota che la ‘casa dei poveri’, la Basiliade (372374), non è ancora avviata. Bernardi colloca le omelie In Ps 1 e In Ps 61 al tempo dell’episcopato verso il 372. L’omelia In Ps 32, 6 [333AD], puntualizzando, contro i pneumatomachi, la natura divina dello Spirito in modo corrispondente a quanto espone nel Trattato pubblicato nel 375, il De Spiritu sancto XVI, 38 - in cui riporta appunto Sal 32, 6- può essere collocata attorno a quella data. Il fatto che In Ps 32, 3 § 2 [328C] compare   Che si trova in PG 30.   Non sono autentiche le omelie sul Sal 28b e sul Sal 37. 128   Troppo perentorio il giudizio di Rondeau: «Quant aux dates de ces homélies, on en ignore tout», M-J. Ronseau, Les commentaires patristiques des Psautier, I, 111. 129   Bernardi, abbandonata la prima ipotesi - tutte le omelie sarebbero state pronunciate da Basilio prima di essere vescovo - le colloca nel suo periodo episcopale o tutt’al più negli ultimi tempi del suo sacerdozio, Bernardi, La prédication, 23-29; con ciò abbandona esplicitamente la sua prima ipotesi secondo cui tutte le omelie sarebbero state pronunciate da Basilio prima dell’episcopato; P.J. Fedwick, A Chronology of the Life and Works of Basil of Caesarea, in Id. (ed.), Basil of Caesarea: christian, humanist, ascetic, I, 9-10, Toronto 1981. Sarisky, che dedica la prima parte del suo lavoro all’esegesi di Basilio, si limita a richiamare questi dati in una nota sulla datazione delle omelie sui salmi, D. Sarisky, Scriptural interpretation. A Theological Exploration, Wiley-Blackwell 2013, 40 n.9. 130   Bernardi, La prédication 25-26. L’autore deduce tale ipotesi dal fatto che Basilio dice che era impegnato in un’altra chiesa dello stesso rango di quella del martyrium in cui - arrivato tardi dove i fedeli hanno vegliato la notte in canti e preghieresta tenendo l‘omelia ([484A]). Può essere un indizio, non così determinante. 126 127

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il termine enanthrōpēsis (invece di sarkōsis), indice della presa di posizione del Cappadoce contro gli apollinaristi, conferma la datazione dell’omelia verso il 375. Nell’omelia sul Sal 33 viene detto uomo «l’anima e la mente quella umana», (In Ps 33, 21 § 13 [384A]); tale distinzione tra anima e mente (intelletto) e la specificazione che si tratta di mente umana ha il tenore di una puntualizzazione antiapollinarista, databile dunque attorno agli anni 375-377.131 Anche nell’In Ps 44 Basilio esprime affermazioni antiapollinariste. In In Ps 44, 4 § 5 [400B] e 44, 8 § 8 [405A] introduce il termine enanthrōpēsis - che di fatto sostituisce sarkōsis presente nell’intero suo corpo omiletico solo in In Ps 44, 1 § 2 [389C] - per rilevare la pienezza umana del Cristo messa in crisi da Apollinare, che interpreta in un ‘ristretto’ senso letterale il giovanneo Logos sarx egeneto (Gv 1, 14). Nell’In Ps 44, 8 § 8 [405A]) un altro passaggio ha un timbro antiapollinarista: «Poiché bisognava dar ‘figura’ (schēmati) al crisma ‘tipo’ (1Cor 10, 11) e ai sacerdoti e re tipi, la carne del Signore fu unta col vero crisma, con la venuta in essa dello Spirito Santo». È su ‘tipo’ e su ‘vero’ che cade l’insistenza di Basilio che, nella lettera del 377 indirizzata ai Vescovi d’Egitto, riferisce che Apollinare avrebbe pensato il millenarismo (la fine del mondo) come riproposizione di forme giudaiche (restaurazione del Tempio, un sacerdote ecc): «Chi ha oscurato e cancellato il carattere di tipo132 delle promesse [dell’AT], così tanto quanto la mitologia di questo [uomo]?» (Ep 265, 2 III, 130, 43-44). Basilio biasima la ‘povera e debole’ posizione di Apollinare quale «racconto di vecchia donna (cfr. 1Tm 4, 7)» e come «favole/mitiche giudaiche» (Ep 265, 2 III, 130, 46-48), come un tornare indietro dal cristianesimo a forme giudaiche (Ep 265, 2 III, 130, 48-59); quegli ha smarrito il senso profeticotipologico delle realtà giudaiche - quali ad es. il tempio e il sacerdozio- che hanno trovato compimento e realizzazione in Cristo. Apollinare prospetta perfino il sorgere «di nuovo un sommo sacerdote tipico dopo il vero sommo   L’omelia sarebbe posteriore al 372 secondo Bernardi; egli vi scorge un richiamo all’Hexaemeron; ma forse è troppo vago e generico, Bernardi, La prédication 26-27. 132   Qui seguiamo Pouchet che sostituisce ‘topon’ (un errore del copista) con typos, rendendo più chiara la posizione di Apollinare che anche in questo caso opta per una esegesi ‘rigidamente’ letterale, per una ermeneutica letteralista cui sfugge il senso tipologico delle realtà giudaiche; di fatto il Laodicense, osserva Pouchet, «assolutizza la figura e abolisce la realtà, prende la figura per realtà», al contrario di Rm 5, 14 (Adamo tipo di Cristo) e 1 Cor 10, 11 (ciò accadde typikōs); posizione questa richiamata anche da Epifanio di Salamina e da Girolamo; cfr. Pouchet, Basile le Grand, 497-502. 131

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sacerdote» (Ep 265, 2 III, 130, 50-51). Non è dunque a caso che nell’omelia salmica Basilio contrapponga ‘la figura’ del sacerdote al suo ‘tipo’, e lo faccia con cognizione di causa avendo già affrontato il tema dei tipi nel cap. XIV del De Spir s, collegando ombra e tipo (he tōn typōn skiagraphia) e fornendo una definizione di ‘tipo’: «Il tipo è significazione di cose attese mediante imitazione, manifestando in anticipo il futuro in modo intelligibile» (De Spir s XIV, 31, 16-17, 121C). Chiarendo che con la venuta del Cristo i tipi dell’AT sono stati trasformati in verità, De Spir s XXI, 52, 165A, in rapporto all’olio tipico. Medesima attenzione antiapollinarista si registra in altre tre omelie. Mentre nell’In Ps 48, 8-9 § 4 [441B] Basilio tratta della discesa del Verbo pros ton anthrōpinon, In Ps 45, 8 § 6 [425C] ne parla utilizzando il verbo enanthrōpēsanta. L’omelia In Ps 61, 2 § 2 [472C] registra la presenza di enanthrōpēsis. Tali omelie, per i contenuti cristologici vicini all’omelia In Ps 44, possono essere datate attorno agli anni 375-377. Anche l’omelia In Ps 29, registrando (§ 1 [305C]) ensōmatōsis (insomatizzazione) al posto di sarkōsis (in-carnazione) con finalità anti apollinarista, la si può datare verso il 375377. Incerta la data dell’omelia In Ps 115 collocata da Bernardi nel periodo dell’episcopato di Basilio. Il numero ristretto di queste omelie lascia credere che Basilio abbia preso in considerazione alcuni salmi, senza la pretesa di affrontare l’intero salterio in un commento continuo e sistematico. Non è agevole stabilire la ragione per la quale ha commentato solo quei salmi. Se la scelta di alcuni è stata motivata con evidenza dalla celebrazione liturgica da lui presieduta, per gli altri è difficile stabilirlo.133 Va osservato tuttavia che alcuni salmi si prestano meglio ad una lettura cristologica, altri ad una parenesi più specifica. Si può credere che Basilio abbia tenuto e scritto omelie anche su altri salmi, senza riuscire, forse, a metterle a punto - nel contenuto e nella forma - in vista di una loro pubblicazione, e così, per non prestare il fianco a critiche eventuali, ha preferito eliminarle.134   Bernardi osserva che i salmi commentati da Basilio sono per lo più brevi e ritiene che gli stessi ruoterebbero attorno al comune tema del ‘giusto’ isolato, tribolato o perseguitato, in corrispondenza alla sua situazione storica personale; richiamando che solo alla fine del 377 Valente mette fine alle persecuzioni ancora in atto negli anni 375-376, Bernardi, La prédication, 32. Tale opinione ci pare riduttiva, perché trascura le dimensioni dottrinali e pastorali del Cappadoce. 134   J. Gribomont ha opinato che Basilio abbia volontariamente non ‘pubblicato’ alcune sue omelie sui salmi perché potevano prestare il fianco ad alcune critiche se non proprio accuse nei suoi confronti, quale quella di un collegamento troppo stretto con Apollinare di Laodicea, che aveva commentato l’intero salterio -come ricorda anche san Girolamo (Uomini illustri 133

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Comunque anche solo queste omelie, proprio in quanto ‘selezione’ da altre possibili o eliminate, dicono bene l’orizzonte teologico ed anche umano e sociale di Basilio, che in esse ha finito per dare un quadro complessivo del proprio pensiero e del proprio impegno apostolico e sociale. Anche da sole mostrano un disegno intenzionale, soprattutto quello di stimolare e accompagnare il cammino formativo dottrinale, e specie ascetico-spirituale, dei suoi vari uditori, tenendo fuori, per il momento, tutto quanto lo impegna nelle relazioni politiche ecclesiali, di cui sono testimonianza le sue Epistole.135

99)-; e forse Basilio, che ha ricercato tale lavoro, ne ha subito in qualche parte un influsso. 135   Nel prologo De fide Basilio dice che non va usato lo stesso modo di esprimersi nelle controversie contro gli eretici e nella confessione/manifestazione della fede; chi esorta nella sana dottrina non deve dire le stesse cose di chi confuta i contraddittori, perché altro è il genere del discorso della confutazione, altro quello della esortazione; altra è la semplicità della fede, altro è la lotta sudata contro le opposizioni; nelle parole si devono sempre usare gli strumenti adeguati, De fide 680BCD. Nelle omelie salmiche Basilio sceglie la finalità formativa/esortativa senza trascurare elementi dottrinali.

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I.2 Salmi con o senza titolo Senza titolo Alcune omelie basiliane affrontano salmi (1, 32, 14, 114 e 115) assenti di iscrizione (anepigrafi) e titolo. Per quanto riguarda il Sal 1, il modo con cui Basilio lo affronta fa pensare che anche per lui funga, nel suo complesso, da titolo introduttivo all’intero salterio, non diversamente dal Nisseno, per il quale il Sal 1 fa da titolo al Sal 2 e a tutto il salterio.136 A proposito dei salmi 114 e 115 Origene attesta che alla sua epoca (III sec. d.C.) esistevano due tipi di manoscritti greci: in alcuni i Sal 114-115 sono uniti come un unico salmo; in altri, data l’inserzione dell’Alleluia dopo 114, 8, sono considerati due salmi distinti. Osservando che i manoscritti ebraici univano i Sal 114115, l’Alessandrino opta per questa soluzione.137 Nelle omelie su questi salmi Basilio non fa alcuna osservazione al riguardo, per cui resta difficile stabilire se anch’egli li consideri come un salmo unico o due salmi distinti.

Con titolo Le altre omelie basiliane affrontano salmi con il loro titolo: sono i salmi 7, 28, 29, 33, 44, 45, 48, Sal 59138 e infine il salmo 61. Il Cappadoce di norma si sofferma sui titoli dei salmi, mostrando così di ritenerli ‘parte’ del salmo e non aggiunte posteriori di qualche ‘scriba’. Egli ne discute ma non li mette in discussione ritenendoli elementi biblici di cui far emergere le indicazioni che veicolano. Il Nisseno si attiene a questo sentire di Basilio: i titoli appartengono al testo ispirato della Scrittura.139 La cosa è notevole perché Diodoro di Tarso, nella sua Prefazione al commento 136   Sorprende che il Sal 14 non compaia mai in Gregorio di Nissa, Sui titoli dei salmi; anche i salmi 114 e 115 sono da lui praticamente ignorati. 137   Che dopo 114, 8 inizi un nuovo salmo è dovuto all’usanza liturgica ebraica che con 114, 8 fa terminare la recitazione della prima parte dell’Hallel -che si canta avanti di bere la terza coppa di vino - e che poi fa riprendere il salmo da 115, 1. Alcuni manoscritti iniziano un nuovo salmo a 115, 12 (o 116, 12). Cfr. Donatella Scaiola, «Una cosa ha detto Dio, due ne ho udite». Fenomeni di composizione appaiata nel salterio masoretico, Città del Vaticano-Roma 2002, 64-65; con rimando a Dominique Barthélemy op, Études d’histoire du texte de l’Ancien Testament, Göttingen 1978, 194-202. 138   Basilio accenna al titolo del Sal 59 senza mai riportarlo per esteso; ne cita solo una parte e secondo la LXX in In Ps 59, 1 § 2 [464A]. 139   Così J. Reynard nell’introduzione al volume di Gregorio di Nissa Sui titoli dei salmi, SCh 466, 31-32.

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dei salmi, aveva espresso riserve sull’esattezza dei ‘titoli’ dei salmi.140 Sant’Agostino considera i titoli come ‘le targhe’ poste davanti alle case patrizie per indicarne il proprietario: così «in superliminari psalmi huius habemus inscriptum…»;141 e ritiene consuetudine della Scrittura mettere nei titoli dei salmi i misteri e decorare la fronte del salmo con la sublimità del sacramento (In Ps 80, 1); per cui tutto il mistero sta nel titolo (In Ps 95) che quindi va interpretato misticamente.142

I.3 Con e senza Dossologia Basilio, secondo l’usanza consolidata in Origene,143 termina alcune sue omelie con una dossologia: a Gesù Cristo «la gloria e la potenza nei secoli dei secoli. Amen», mutuata dalla prima lettera di Pietro (1Pt 4, 11) o dall’Apocalisse (Ap 1, 6); sono le otto omelie sui salmi 1, 14a, 14b, 28, 59, 61, 114, 115 (considerata autentica). Le altre - sui salmi 7, 29, 32, 33, 44, 45, 48 - non recano alcuna dossologia. Forse le prime erano legate ad un contesto liturgico,144 diversamente dalle altre, che potrebbero caratterizzarsi come relazioni alla comunità basiliana. Il caso dell’omelia In Ps 59 è emblematico: Basilio la tiene a partire dal verso 13 del salmo appena cantato-recitato («poco fa dicevamo: Da’ a noi aiuto da tribolazione e vana la salvezza di un uomo»), e la conclude con la dossologia petrina-apocalittica. La stessa cosa si ripete con l’omelia In Ps 114: Basilio, arrivato in ritardo alla celebrazione 140   Diodoro di Tarso, Commentarii in Psalmos I-L, CSG 6, ed. J.M. Olivier, TurnhoutLouvain 1980, 6 l. 120; cosa già rilevata da L. Mariès, Études préliminaires à l’édition de Diodore di Tarse sur les Psaumes, 76. Eustazio di Antiochia (324-345?) aveva composto un trattato In stelographiam (PG 18, 685-686; 695-698). 141   Agostino, In Ps 55, 1; 58, 1 142   Per mettere in chiaro i titoli dei salmi, Esichio di Gerusalemme (+451/459), che ha scritto due commenti ai salmi, compone delle glosse Sui titoli dei salmi (editi sotto il nome di Atanasio, PG 27, 849-1344). 143   Origene termina pressoché tutte le sue omelie, quali le Omelie al vangelo di Luca, Omelie sul Genesi, Esodo, sul Levitico, sui Giudici, su Geremia, sui Salmi (3638) sempre con la citazione di 1Pt 4, 11 o Ap 1, 6; così anche la maggior parte delle Omelie sui Numeri, alcune delle quali terminano con la citazione di Gal 1, 5; termina con una dossologia anche il Dialogo con Eraclide 28 (110, 17). Si richiami H. Crouzel, Les dossologies finales des homélies d’Origène selon le texte grec et les versions latines, in Augustinianum 20 (1980), 95-107. Basilio ricorda che Origene in molte delle sue conversazioni sui salmi rende gloria con il santo Spirito, De Spir s XXIX, 73. 144   Come certamente lo erano le omelie sui martiri, tenute in occasione della festa commemorativa del martire.

I. Sguardo complessivo sulle omelie sui salmi

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in onore dei Martiri dove si sta cantando quel salmo, la conclude ancora una volta con la dossologia petrina-apocalittica. Il dato potrebbe far supporre una diversità di uditorio delle omelie. Quelle terminanti con la dossologia lascerebbero pensare ad un pubblico più vario, ampio e popolare - comunque attento alla fede cristiana145- che obbliga Basilio a tenerne presenti le situazioni esistenziali e i livelli culturali. Per cui, senza ignorare la generale paideia greca dell’uditorio, espone e propone quella cristiana.

I.4 Il testo salmico commentato Il testo dei salmi commentati da Basilio è di fatto, come per Origene, quello dei Settanta;146 solo a volte confrontato con le versioni-interpretazioni greche di Aquila,147 Simmaco148 e Teodozione (In Ps 32, 7 § 5 [336A]; In Ps 44, 1 § 2 e 44, 3 § 4 [389A e 396B]; In Ps 59, 10 § 4 [468A] e 59, 11§ 4 [468B]), versioni presenti negli Hexapla origeniani. Basilio, che pure poteva utilizzare la trascrizione greca della versione ebraica operata da Origene,149 di fatto ignora l’ebraico, che mostra di non conoscere.150 Solo in qualche rarissima eccezione ne tiene conto151 e solo in casi sporadici rileva   Girardi parla di «maggioranza incolta di fedeli», Girardi, Basilio, 86.   Che Basilio di norma segua la LXX appare con chiarezza nell’omelia In Ps 28, 1 §1 [281C]; vedi nota relativa al passo. È stato rilevato che nel De Spir s le divergenze tra le citazioni bibliche e la LXX (edita da A. Rahlfs) si riducono a 4, cfr. Guillaume Bady, Bibles et canons de Basile de Césarée, Grégoire le Théologien et Jean Chrysostome, in Smaranda Marculescu Badilita et Laurence Mellerin (dir.), Le Miel des Écritures, Turnhout 2015, 125. Il Vaticano II attribuisce alla versione greca della LXX una considerazione maggiore rispetto ad ogni altra antica versione delle Sacre Scritture, compresa la Vulgata, cfr. Dei Verbum 22. 147   Nel Commento a Isaia VII, 200 è richiamata probabilmente la traduzione greca di Aquila di Is 7, 13. 148   Or igene, nel s og g ior no in C appado cia press o la verg ine Giu liana, avrebbe avuto modo di conoscere un libro di Simmaco, il giudeo traduttore dell’AT. Questo fatto attesterebbe la presenza culturale dell’alessandrino in Cappadocia, M. Simonetti, Origene esegeta e la sua tradizione, Brescia 2004, 302. 149   Cfr. Epifanio di Salamina, Panarion 64, 3, 5. Si sa che per i Salmi gli Esapla origeniani presentavano due colonne supplementari contenenti altre due versioni greche la Quinta e la Sesta; cfr. G. Dorival, Esapla in A. Monaci Castagno (a c. di ), Origene. Dizionario. La cultura, il pensiero, le opere, Roma 2000, 138. 150   Sulla familiarità con le Scritture da parte di Basilio il grande, di Gregorio il Teologo e di Apollinare di Laodicea Filostorgio precisa che solo quest’ulltimo sapeva l’ebraico, Filostorgio, Storia Ecclesiastica VIII, 11 ( 564, 448, 14-15). 151   J. Gribomont, Les lemmes de citations de s. Basile, indice de niveau littéraire in Augustinianum 14 (1974), 516. Va comunque rilevato che in due passaggi omiletici Basilio richiama l’etimologia del nome ebraico; In Ps 7, 1 § 1 [229A]: ‘Figlio di Jemene’ viene 145

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Seconda Parte: Le omelie sui salmi

i semitismi del testo scritturistico.152 Anche Eusebio di Cesarea per ragioni ecclesiali e liturgiche dava la precedenza alla LXX; ricorreva all’ebraico se lo riteneva più attinente alle sue prospettive.153

I.5 Vario trattamento di commento ai salmi Commentando i salmi Basilio mostra di avere una propria visione antropologica che egli delinea alla luce dell’orizzonte escatologico della vita dischiuso da Cristo di cui i salmi sono profezia. La sua antropologia trae ispirazione dalla cristologia, la quale delinea il destino perfettivo ed ultimo dell’uomo e ne indica il percorso. Per cui l’escatologica cristiana diviene il criterio ermeneutico della sua lettura cristologica e antropologica dei singoli salmi e della sua proposta di spiritualità. In tal modo Basilio mostra una visione unitaria dell’uomo dalla sua costituzione originaria alla sua destinazione cristologica/escatologica. Pertanto la sua esegesi mira a illuminare questa prospettiva cristologica-antropologica suggerendo interpretato ‘figlio della destra’; In Ps 28, 8b § 6 [297C]: Cades significa santificazione. In polemica con Eunomio Basilio, affermando la preferenza per il dettato biblico, nota che in certi casi chi ha tradotto dall’ebraico al greco ha preferito la semplice trascrizione dell’ebraico (ad es. Adonai, Sabaoth e Eloi) per non alterarne il senso, Contra Eunomium II, 7. Ad Amfilochio Basilio accenna alla problematica della traduzione letterale o a senso dall’ebraico, Ep 188, 15; sempre a lui richiama Filone e la tradizione giudaica sull’interpretazione della manna, Ep 190, 3 (II, 143, 1-9). Commentando Gen 1, 2 (lo Spirito di Dio -‘fecondava’-‘aleggiava sulle acque’) Basilio riferisce che un dotto Siro (Diodoro di Tarso o Eusebio d’Emesa tramite Diodoro?) riteneva la versione siriaca più espressiva perché più vicina a quella ebraica, cfr. Hex II, 6, 2-3. Cfr. M. Naldini, Sull’interpretazione esamerale di Gen. 1, 2 “Spiritus Dei ferebatur super aquas”, in Mémorial Dom Jean Gribomont (1920-1986), Institutum Patristicum ‘Augustinianum’, Roma 1988, 445-452; ma cfr. anche Gain, L’Église de Cappadoce, 337, con rimando a H. Lehmann, El Espiritu de Dios sobre las aguas (…) Genesis I, 2, in Augustinus 21 (1981), 127-139; in De Spir s XXIX, 74 è evocato un uomo (sant’Efrem?) della Mesopotamia. Per Pouchet Diodoro di Tarso ha comunicato a voce o per scritto a Basilio l’interpretazione di Eusebio di Emesa suo maestro, Pouchet, Saint Basile, 358. Si ricordi che il ‘pagano’ Porfirio (†305 d.C.) richiama Gen 1, 2 a conferma che le acque sono simbolo della vita; Porfirio, L’antro delle Ninfe 10, 18. 152   Per Gribomont, in Le paulinisme de saint Basile del 1963, sono almeno una quarantina i casi in cui Basilio accenna ai semitismi del greco biblico, J. Gribomont, Saint Basile. Évangile et Église. Melanges, T. I. Spiritualité Orientale n. 36, Abbaye de Bellefontaine 1984, 192. Gribomont riteneva, basandosi sull’edizione dei Maurini, che nelle Omelie sui salmi su 175 citazioni bibliche quelle paoline siano 93, e quindi il 52%; dato da rivedere, perché molte citazioni paoline non sono segnalate nelle edizioni dei testi basiliani. 153   M. Simonetti, Lettera e/o allegoria. Un contributo alla storia dell’esegesi patristica, Institutum Patristicum ‘Augustinianum’, Roma 1985, 113.

I. Sguardo complessivo sulle omelie sui salmi

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all’uditorio le indicazioni esistenziali e spirituali, adeguando le singole espressioni dei salmi alla nuova e completa paideia per ‘la giusta vita’ (In Ps 1, § 1 [212A]). Tale unitarietà di visione è favorita anche da altri due presupposti: l’assunzione del motivo delle due vie che indica due modalità opposte di intendere e di vivere, di leggere il testo biblico. Inoltre si mantiene fedele all’intuizione teologica/metodica, già presente in sant’Ireneo: nel fatto cristiano vanno sempre considerati in modo congiunto lo sviluppo di un corretto pensiero, il dogma, e il giusto comportamento, l’etica. La verità e la virtù conseguente procedono insieme. Questa impostazione di fondo dà unitarietà alle omelie del Cappadoce, anche se non tratta in modo uniforme i salmi considerati. Di alcuni commenta ogni singolo versetto preso a sé. Di altri considera solo i versetti che lo hanno ispirato o che gli davano l’occasione per trattare argomenti che gli premevano. È in tale orizzonte che vanno inquadrate le omelie senza lasciarsi fuorviare dalla diversa modalità omiletica di Basilio. Nell’omelia In Ps 1 tratta solo i primi due versetti, rimandando la spiegazione degli ulteriori ad un secondo momento, che non c’è stato o di cui almeno non si ha traccia. L’omelia In Ps 7 commenta il salmo fino al v. 16, tralasciando i vv. 17-18 (senza un apparente motivo). Nelle due omelie al Sal 14 Basilio ne commenta solo i primi cinque versetti. Nella prima In Ps 14A commenta solo Sal 14, 1-4; nell’In Ps 14, B, pur dicendo di volerne proseguire il commento fatto, affronta solo uno stico del versetto 5 (non prestare a interesse il denaro) per trattare il tema scottante dell’usura. Al Sal 59 dedica un trattamento singolare. Comincia commentando il v. 13 ed anticipando qui il v. 3. Solo dopo considera il titolo del salmo (59, 1), evocando a suo modo 59, 2 (che non riporta mai integralmente). Poi riprende il commento continuato dei restanti versetti tralasciando i vv. 4, 5a, 7, 12 e 14. Basilio commenta integralmente i restanti dieci salmi: 28, 29, 32,154 33,155 44, 45, 48,156 61,157 114, 115 ma non in modo uniforme. Mentre ad es. l’omelia sul Sal 114 è omogenea nel cogliere la concatenazione delle parti del salmo, l’omelia sul Sal 61 è frammentata in trattazioni di singole espressioni salmiche.   Basilio omette Sal 32, 14b giudicandolo forse ripetizione del v. 13ab.   Non compare Sal 33, 4b (e innalziamo insieme il suo nome). 156   Sono omessi i vv. 18b e 19a. 157   Non compaiono minimi elementi di tre vv.: Sal 61, 7 (che forse Basilio sente come una ripetizione di Sal 61, 3); Sal 61, 9c Dio nostro aiuto; Sal 61, 10c essi tutti insieme dalla vanità. 154 155

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II. Orizzonte esegetico-ermeneutico Basilio ha naturalmente alle spalle una ‘tradizione’ di commenti ai salmi - compresi quelli di Apollinare di Laodicea andati perduti158- tra cui emerge quello di Origene, tradizione che aveva maturato delle tecniche esegetiche, che egli conosce159 come si evince anche da alcune lettere, in cui risponde a questioni sull’interpretazione dei passi biblici, sottopostegli dai suoi corrispondenti, quali Amfilochio d’Iconio160 e Ottimo vescovo. Questi, su suggerimento dello stesso Amfilochio, propone quesiti biblici al Cappadoce, che gli risponde nell’Ep 260 (del 377), che ha l’andamento di un’omelia esegetica, tanto che figura, assieme all’Ep 243, nel corpo omiletico basiliano.161 Anche da solo, questo scarno scambio epistolare attesta che ci si poteva rivolgere al vescovo di Cesarea pure per questioni ermeneutiche bibliche.

II.1 La santa/divina Scrittura ispirata Per Basilio - che si rifà alla Chiesa primitiva e alla tradizione della vita liturgica ecclesiale che aveva ‘selezionato’ i testi da proclamare162- la Scrittura, quale insieme di AT e NT, è divina in quanto ispirata da Dio stesso 158   Gribomont ha offerto un quadro della situazione dei commenti ai salmi da parte dei padri della Chiesa orientali e occidentali, sapendo la difficoltà, non eliminata, di riconoscere la paternità di molti di essi, J. Gribomont, Salmi (libro dei) in DPAC 2 (1984), 3063-3066; id., Tituli Psalmorum in ib. 3467-3468. Straordinaria la scoperta (aprile del 2012), fatta da Marina Molin Pradel, di manoscritti contenenti 27 omelie sui salmi attribuibili ad Origene; cfr. Adamantius 18 (2012) su Nuovi testi di Origene: 29 Omelie inedite sui salmi; e la recente edizione critica a cura di L. Perrone in collaborazione con M.Molin Pradel, E. Prinzivalli e A. Cacciari, Origenes XIII Die neuen Psalmenhomilien (GCS Neue Folge Band 19), Berlino 2015. 159   In Hex IV, 5, Basilio confronta esemplari del testo genesiaco e evoca la tecnica dell’obelo che segna le lezioni spurie; cfr. la nota di Naldini in Basilio di Cesarea, Sulla genesi, Milano 1980, 348. 160   Specie le Epp 232-236 ad Amfilochio affrontano l’esegesi di testi scritturistici (ad es.: Gv 1, 18; 9, 38; Mt 9, 28; 1Cor 13, 9-10; Gal 4, 9; Sal 78, 6; Es 25, 21). L’Ep 160 a Diodoro (del 373) è una discussione esegetica morale e canonistica che tiene conto di tradizioni e di testi del VT e del NT. 161   Pouchet, Basile le Grand, 443, n.4. 162   Louis Bouyer aveva più volte fatto riferimento al luogo liturgico come criterio del formarsi del ’canone’ scritturistico nella Chiesa, aspetto evidenziato da Lewis Ayres, “There’is Fire in That Rain”: on reading the letter and reading allegorically, in Hans Boersma and Matthew Levering (eds), Heaven on Earth?, Wiley-Blackwell 2013, 33-51. Atanasio nella Lettera festale 39 del 367, distinguendo i libri ispirati da Dio (theopneustoi) dagli apocrifi, puntualizza numero e titoli dei libri canonici dell’AT e i libri prescritti dai Padri da leggere (tra i quali: Sapienza di Salomone, la Sapienza di Sirach, Esther, Giuditta, Tobia; Dottrina degli Apostoli e il Pastore), cfr a c. di A. Camplani, Atanasio di Alessandria, Lettere festali, Milano, 2003.

II. Orizzonte esegetico-ermeneutico

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mediante lo Spirito Santo.163 In ciò segue Clemente Alessandrino, Origene e Atanasio. Egli parla abitualmente di «Scrittura/e ispirata/e»,164 di «sacra/e Scrittura/e», di «divina scrittura» e anche solo di «scrittura».165 Caratterizza i testi biblici come hieroi logoi166 (Ad Adolesc II, 7), usa semplicemente ho logos (Ep 223, 1 III, 9, 18 e Ep 260, 9 III, 114, 1) frequentissimo nelle omelie riferito al testo salmico ‘profetico’ ma anche alla sola Scrittura, che è «la parola dell’insegnamento»: De Bapt 1541C; Prologo 6, 1512D. Questa posizione di Basilio non va data così facilmente per scontata.

II.2 I Pagani e le loro scritture sacre Nel III e IV secolo il ‘paganesimo’ fissò un corpus di testi ‘rivelati’ per giustificare la propria credenza ‘dogmatica’, in alternativa e in opposizione polemica alla nuova ‘religione’ cristiana,167 che si fondava sulla rivelazione divina per stabilire la verità.168 Risalì ai testi di Omero169 e a quelli sacri egiziani per restituire valore ai responsi ‘divini’, riprendendo gli Oracoli in genere, quali quelli di Apollo legati al tempio di Delfi,170 Oracoli Sibillini 163   Come ha fatto il Concilio Vaticano II con la Dei Verbum 11 (rimando biblico a Gv 20, 31; 2Tm 3, 16; 2Pt 1, 19-21; 3, 15-16). 164   Vedi In Ps 28, 1 § 1 [281A] e relativa nota. 165   Vedi In Ps 7, 5 § 3 [233C] e relativa nota. 166   L’espressione, già in Origene Contro Celso VI, 47 (SCh 147, 298, 20-21) e Filone, dice anche il riferimento ai libri sacri orfici, A.D. Nock, La conversione. Società e religione nel mondo antico, Bari 1974, 27. A Pitagora è attribuito fin dall’antichità uno Hieros Logos. 167   Franz Cumont affermava che gli Oracoli Caldaici «in qualche modo divennero la Bibbia dei tardi Neoplatonici», coniando un‘espressione ormai corrente, ma che va valutata secondo la saggia osservazione di Agosti, che ritiene ‘spendibile’ l’espressione «purché si eviti di fare di queste rivelazioni in versi il corrispondente neoplatonico delle Scritture cristiane», G. Agosti, Annotazioni per uno studio letterario degli Oracoli Caldaici in Dignum laude virum. Studi di cultura classica e musica offerti a Franco Serpa, Edizioni Università di Trieste 2011, 3. Reale rileva più volte, nel suo Saggio Introduttivo alle opere di Proclo, che gli Oracoli caldaici per i tardi Neoplatonici e per Proclo costituivano una specie di Bibbia pagana, cfr. ad es. Proclo, I manuali. I testi magico-teurgici, Milano 1983, CLXXII. 168   Cfr. lo studio di A. Busine, Des logia pour philosophie. À propos du titre de la Philosophie tirée des oracles de Porphyre, in Philosophie Antique, n.° 4 (2004), 155, col richiamo di E.R. Dodds, H.-D. Saffrey, P. Athanassiadi, L. Brisson. 169   Platone cita Omero (oltre che Esiodo, Simonide, Pindaro e i tre tragici greci Eschilo Sofocle e Euripide), ma non lo considera un’autorità, come annota H.U. von Balthasar, Gloria. IV. Nello Spazio della metafisica. L’antichità, Milano 1977, 158. Dai più Omero era ritenuto un egiziano, dice Clemente Alessandrino, Stromati I, 15, 66, 1. 170   Risalirebbe al 362 d.C. l’ultima risposta ufficiale dell’oracolo di Delfi/Apollo, consultato dall’imperatore Giuliano l’Apostata; cfr. Passio sancti Artemii PG 96,

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compresi, ed elaborando gli Oracoli Caldaici171 e quelli confluiti nella così detta Theosophia Tubigensis.172 In tal senso si era mosso ad es. Porfirio (233305) ne La filosofia rivelata dagli oracoli (Peri tēs ek logiōn philosophias),173 opera databile nella maturità del filosofo pagano (274 circa). Con gesto ‘innovatore’174 elaborò una filosofia ‘traendola’ dai testi rivelati dagli dei175 ed introducendo la teosofia nel Neoplatonismo, per stabilire la rivelazione di dogmi filosofico-religiosi concessa dalla divinità.176 Sulla stessa linea, in maniera ancora più decisa, si era mosso il teurgo mistico Giamblico (250330), anche con un suo probabile commento sugli Oracoli Caldaici. Giuliano imperatore, nel 361, farà propria la posizione di entrambi i neoplatonici; in particolare ammira Giamblico in filosofia e soprattutto il suo omonimo Giuliano il teurgo in teosofia.177 Nella stessa direzione si mosse l’Ermetismo con due forme, una più popolare (risalente anche al III sec. a.C.) e l’altra più dotta (databile al II-III secolo dell’era cristiana) che si è espressa nel Corpus 35D cit. da Carmine Pisano, La voce della Pizia tra mito, rito e antropologia, in I Quadermi del Ramo d’oro on-line n. 6 (2013/2014), 8-20, qui 17 n. 64. 171   Probabile silloge di responsi oracolari in esametri, la cui composizione sarebbe da attribuire a Giuliano il Caldeo e Giuliano il Teurgo e databili al II sec. d.C.; essi assunsero una posizione centrale nel neoplatonismo specie con Giamblico, per il quale si sale al divino con l’impegno dell’intelletto ma anche tramite precise pratiche rituali. Al riguardo cfr. I. Tanaseanu Döbler, Theurgy in Late Antiquity. The Invention of a Ritual Tradition, Göttingen 2013. 172   Così denominato un manoscritto scoperto nel 1881 nella Biblioteca dell’Università di Tubinga. Si tratta di un’epitome bizantina (forse fine del V sec. d.C.), posta in appendice a un trattato (non conservato) in sette libri dal titolo Peri tēs orthēs pisteōs contenenti oracoli (molti di Apollo, uno di Serapide e uno di Artemide), testi attribuiti a tre figure mitiche reimpiegate nell’apologetica cristiana (Hermes, Orfeo e la Sibilla) e detti sapienziali, testi poetici e massime filosofiche; cfr. Lucia Maddalena Tissi, Un oracolo tratto da Porfirio nella Teosofia di Tubinga (§ 27 Erbse=I 24 Beatrice), Firenze University Press 2013. 173   Opera conosciuta e criticata da Eusebio di Cesarea e poi da Agostino, Teodoreto, Firmico Materno, come ricorda A. Busine, Des logia pour philosophie, 151. 174   Per Plutarco dio non era meno filosofo che divinatore, Plutarco, L’E di Delfi 385b, come ricorda A. Busine, Des logia pour philosophie, 155. 175   Così dimostra Busine, Des logia pour philosophie, 149-166. 176   Si consulti la ‘Monografia introduttiva’ di G. Girgenti, il ‘Saggio interpretativo’ e le note di commento di Giuseppe Muscolino in Porfirio, Filosofia rivelata dagli oracoli, Milano, 2011, che richiama (532-533) il citato saggio di A. Busine, Des logia pour philosophie, 151-168: gli oracoli rivelano agli uomini le principali dottrine filosofiche pagane, ciò in alternativa alla ricerca della verità nei logia della Bibbia, come era sostenuto da Clemente e Origene. Si veda ancora A. Busine, Paroles d’Apollon. Pratiques et traditions oracolaires dans l’Antiquité Tardive (IIe-Vie siècles), Leiden-Boston 2005. 177   Cfr. R. Chiaradonna, La Lettera a Temistio di Giuliano Imperatore e il dibattito filosofico nel IV secolo, in A. Marcone (a c. di), L’imperatore Giuliano, Firenze 2015, 163.

III. La posizione di Basilio

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Hermeticum. Abbandonata la fiducia nella ragione, ci si affida ad un oracolo o ad una rivelazione divini, confidando nel culto e nell’azione magica; in cerca dell’illuminazione diretta fino all’estasi, vero e proprio ‘indiamento’, su cui insistono Numenio di Apamea178 (seconda metà del II sec. d.C. ) e in particolare Plotino.179

III. La posizione di Basilio Basilio, conscio di tale clima culturale, cura la prassi liturgica-sacramentale180 e si impegna a definire il carattere ispirato delle Scritture, che sono i discorsi/verbi dello Spirito (In Gordion 3), confermandolo con 2Tm 3, 16 citato ad inizio dell’omelia In Ps 1 (§1 [209A]) e nel De Spir s, a ribadire che la Scrittura è ispirata perché «conscritta mediante il soffio dello Spirito Santo» (De Spir s XXI, 52 [75]; cfr. XXX, 77, 48). Stessa cosa egli fa nel De fide 677C, il Prologo della sua opera ascetica.181 È a tale Scrittura che occorre rifarsi nella ricerca della Verità (teologia), per cogliere il senso ultimo dell’uomo (spiritualità) e per motivarne l’impegno esistenziale, perché la Parola gli indica il giusto comportamento (dimensione ascetica ed etica).182 Per Basilio è chiaro il carattere proprio della fede: «Piena e indubbia certezza della verità delle parole ispirate da Dio, non soggetta a oscillazione dovuta a qualsiasi pensiero, sia esso indotto da necessità fisica o camuffato sotto aspetto di pietà»; [per cui è proprio del fedele] «il conformarsi con tale piena certezza al significato delle parole della Scrittura». (Mor LXXX, 178   Per Numenio l’anima, liberata dalla prigione del corpo, può raggiungere l’Assoluto e «entra in unione col Bene, da solo a Solo», cfr. fr. 2 in (a c. di È. Des Places) Numenius, Fragments, Paris 1973. Qui Numenio usa il verbo omilēsai (conversare, stare insieme). Plotino caratterizza la vita degli uomini divini e felici (i filosofi) presentandola come «fuga/esilio del solo verso il solo» (phygē monou pros monon), Plotino, Enneadi VI, 9, 11, 51. Plotino fa uso di una formula della sfera dell’intimità privata o intima (Erik Peterson) che è anche di quella giuridico-politica, così osserva G. Agamben, L’uso dei corpi, 298-299, richiamando che Platone definiva la separazione dell’anima dal corpo (Fedone 67a) con la metafora politica dell’apodēmia (emigrazione, abbandono del dēmos); ma anche che caratterizzava l’assimilazione a Dio come una forma di esilio (phygē de homoiōsis theōi kata to dynaton), così in Teeteto 176a-b, su cui torneremo più avanti. 179   Sull’Ermetismo cfr. una sintesi in Giovanni Reale, Storia della filosofia greca e romana 7, Rinascita del Platonismo e del Pitagorismo, Corpus Hermeticum e Oracoli Caldaici, Milano 20103, 293-308, che rimanda a A.J. Festugière, Hermétisme et mystique païenne, Paris 1967, sintesi dei risultati del suo monumentale lavoro La Révelation d’Hermès Trismégiste, 4 voll., Paris 1944-1954. 180   Si ricordino il De Bapt e la sua Anafora liturgica. 181   Se ne veda la trad. it. a c. di U. Neri, in Basilio, Opere, Torino 1980, 86-91. 182   Rimane aperto il problema della canonicità.

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22, 868C). Anche i salmi sono «parole dello Spirito» (Ep 207, 4 e 3, II, 186), che ne recano l’insegnamento (In Ps 28, 9, § 7, [304A]). Per cui il «santo profeta [il salmista] va chiamato tropicamente ‘flauto’, a causa del movimento [suscitato] dal Santo Spirito» (In Ps 29, 12, §7 [321B]); Spirito che ne muove la lingua (In Ps 44, 2, § 3 [396A]). Di conseguenza davanti alla Parola, prima di tutto, occorre lasciarsi guidare dallo Spirito che l’ha ispirata (Ep 204, 5 II, 177, 23-27), In Ps 29, 1, § 1 [416BC], De Spir s XXI, 52 (citazione di 2Cor 3, 14-18).183 Pertanto, dice, risalendo a Origene:184 se la parola biblica è profezia del Cristo mediante lo Spirito, pure la sua interpretazione è atto profetico, sempre nel medesimo Spirito,185 anche se non chiunque può esaminare le cose dette, ma solo chi, come ritiene Paolo (1Cor 12, 8-10), possiede lo spirito di discernimento (Ep 204, 5 III, 177, 23-31), dono anch’esso dello Spirito, che trasforma l’uomo illuminandone il cuore per la contemplazione pneumatica. Come le cose poste vicino a colori vivi ne prendono la tonalità, così chi guarda lo Spirito viene trasformato dalla sua gloria in qualcosa di più luminoso, essendo il suo cuore illuminato dalla verità che viene dallo Spirito come da una luce (De Spir s XXI, 52 165BC, SCh 17bis, 437). La concezione basiliana è proseguita dal Nisseno, Omelie sul Cantico IX (GNO VI, 294, 18-19 e 295, 13); Contro Eunomio III, 1, 42 (GNO II, 18, 11-21).

III.1 Esegesi basiliana delle Omelie esegetiche Le omelie di Basilio sui salmi e su alcuni passi biblici non sono un commento sistematico degli stessi né contengono una esposizione formale del suo metodo esegetico; questo va dedotto, nei suoi elementi fondamentali, dalle stesse omelie.

  Basilio ha percepito quanto ribadirà la Costituzione Dogmatica del Vaticano II sulla divina Rivelazione del 1965: la Scrittura va letta e interpretata in quel medesimo Spirito che l’ha scritta, «eodem Spiritu quo scripta est etiam legenda et interpretanda» (Dei Verbum 12). 184   Origene, Commento a Giovanni I, IV, 24 (SCh120, 72); X, XLI, 286 (SCh 157, 560, 21-25); Commento a Matteo XV, 30; XVII, 13; compaiono 1Cor 2, 16 (avere la mente di Cristo) e 1Cor 2, 13 («parliamo con parole non insegnateci dalla sapienza umana ma insegnateci dallo Spirito confrontando cose spirituali con cose spirituali»). Lo Spirito dunque ispira i profeti e accompagna l’azione degli interpreti della Parola scritta. 185   Per Origene un autentico lettore della Scrittura può percepire o, meglio, esperire un fatto analogo all’ispirazione biblica, Origene, I Principi IV, 1, 6 (SCh 268, 282-168-172). 183

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1. Conoscenza esegetica di Basilio Basilio ha frequentato la scuola greca (Neocesarea, Atene, Costantinopoli) che dava spazio al lavoro esegetico, riconoscendone la propria funzione specifica, come ricordato. Così ha conosciuto gli indirizzi e i metodi esegetici (letterale, allegorico)186 utilizzati dalla Scuola greca Nel Discorso ad Adolescentes richiama il lavoro di esegesi, allegorica compresa, messo in atto dalla ‘Scuola’ di ‘quelli di fuori’ (Costantinopoli e Atene) in ambienti intellettuali su testi ritenuti sacri o classici quali appunto gli scritti di Omero, i vari Oracoli, i Dialoghi di Platone e le tragedie.187 Poi ha incontrato e tenuto presente lo straordinario impegno filologico ed esegetico cristiano di Origene, che ha esercitato il suo influsso sulla chiesa della Cappadocia fin dal suo impiantarsi grazie a Gregorio Taumaturgo, che vi ha introdotto la fede cristiana esercitando una forte influenza sulla famiglia di Basilio. Va anche ammesso un qualche interessamento e forse anche apporto di Basilio alla stesura della Filocalia, raccolta di testi origeniani.188 Anche in questo caso, come è suo tipico, Basilio ha accolto di Origene quanto è valido.189   Nell’Esamerone Basilio sembra rifiutare l’interpretazione allegorica, poggiando sull’esegesi di Diodoro di Tarso, cui viene attribuito l’opuscolo Sulla differenza tra allegoria e teoria, che Pouchet pensa di poter identificare con il ‘Prologo’ al Salmo 118, confortato in questo dal parallelo con Teodoro di Mopsuestia il cui breve trattato Contro gli allegoristi è posto avanti il suo commento al salmo 118; Pouchet, Saint Basile, 358. Di fatto l’esegesi allegorica era divenuta un emblema dell’esegesi pagana (Giuliano l’Apostata e Salustio), tesa a trarre un significato dai miti pagani negandone la storicità in favore di un senso ‘etico’. Per cui i cristiani temevano che l’esegesi allegorica finisse per intaccare il fondamento e la portata storici della vita e dell’insegnamento del Cristo. Cfr. anche G. Rinaldi, Diodoro di Tarso, Antiochia e le ragioni della polemica antiallegorista, in Augustinianum 33 (1993), 424. 187   Nell’Ep 135, 1 (II, 50, 28-32) a Diodoro presbitero d’Antiochia, Basilio, mentre accenna ad Aristotele e a Teofrasto, richiama elementi ‘prosopografici’ dei dialoghi platonici: Platone, mentre mette in ridicolo persone ben caratterizzate, introduce personaggi (prosōpa) indeterminati per bene esporre i soggetti trattati.come fa nelle Leggi. 188   Cfr. il saggio Origene dalla Cappadocia ai Cappadoci di M. Simonetti, Origene esegeta, 299-312. A 310 n.28 lo studioso italiano, pur ammettendo che si possa escludere l’apporto materiale di Basilio e di Gregorio di Nazianzo nella cura dell’antologia dei testi origeniani, considera eccessive le riserve di M. Harl a proposito della partecipazione di Basilio a tale opera. Cfr. la recente messa a punto di Jean Paul Lieggi, La cetra di Cristo, Le motivazioni teologiche della poesia di Gregorio di Nazianzo, Roma 2009, 159-163. 189   Il capitolo 2 del IV libro de I principi ha come titolo quello della Filocalia origeniana: Come bisogna leggere e interpretare la sacra Scrittura. Anche il cap. 3 reca come titolo quello della Filocalia (non presente in Fozio): Qual è nella sacra Scrittura il significato dei passi oscuri e di ciò che in alcuni punti, secondo il senso letterale, è impossibile o irrazionale. Di questo capitolo origeniano la Filocalia riporta solo i paragrafi 1-11 (con significative omissione) 186

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Comunque stiano le cose, di fatto sa dei molti interventi di Origene sui salmi (De Spir s XXIX, 73). Come pure sa dell’apporto di Diodoro di Tarso, il cui maestro d’esegesi era Eusebio di Emesa. Con l’allora sacerdote di Antiochia, incontrato fin dal 372/373, mantiene contatti personali ed epistolari fedele a tale amicizia, grazie pure al comune legame con Melezio e Silvano di Tarso.190 Va detto che l’eventuale determinazione di ogni singola ‘fonte’ di Basilio non riuscirebbe a spiegare il risultato della sua essenziale esegesi, che fonde in un’armoniosa originalità gli apporti ricevuti.

2. L’esegesi cristiana prima di Basilio. Un accenno sommario I cristiani dovettero ben presto individuare il corpus scritturistico del NT rapportandolo al VT; stabilendo il carattere divino delle Scritture in quanto rivelate e ispirate da Dio e evidenziando la loro unitarietà. L’insieme di tali problemi occupò in modo particolare il II e III secolo.191 Ciò li portò a maturare un specifica lettura delle Scritture, integrando l’apporto interpretativo delle Scuole esegetiche greche e della tradizione rabbinica rappresentata da Filone d’Alessandria (15/10 a.C.-41d.C.?; rabbino anch’egli?), esponente principale del giudaismo ellenistico,192 affiancando l’esegesi letterale e morale con l’uso dell’allegoria, singolare strategia di lettura esegetica dei testi, finalizzata all’interpretazione mistica. Un ruolo determinante lo ebbe il cristiano Origene anch’egli di Alessandria d’Egitto (183/187- morto a 69 anni verso il 251/255). Col suo sterminato lavoro di filologia di esegesi e di commento ha dato un contributo che - nonostante le varie polemiche antiorigeniste - ha esercitato un duraturo influsso su molti autori cristiani (esegeti e teologi) fino ai nostri giorni. Conoscitore della tradizione esegetica greca, si fa attento al testo ebraico da cui non tralasciando i paragrafi12-15 che contengono le parti più ‘ipotetiche’ dell’Alessandrino, in cui tratta della preesistenza delle anime, dei limiti della conoscenza degli esseri creati e dell’opportunità di giudicare la scrittura non secondo le parole ma secondo i concetti. Al riguardo cfr. le relative note di commento di M. Simonetti in Origene, I Principi. Di certo non si può equiparare la (mirata) selezione di testi origeniani con la condivisione in toto del suo metodo e del suo sistema di pensiero. Questo vale certo in Basilio. 190   Pouchet parla perfino di dipendenza dell’esegeta Basilio da Diodoro, Pouchet, Saint Basile, 358-359. Pur fatto oggetto di diverse accuse, Basilio non rifiuta la stima e l’amicizia nei confronti di Diodoro; cfr. ad es. l’Ep 244, 3, scritta nel 376 (III, 77, 21-25). 191   Su questo si veda il c. 3 Culture e letterature di F.M. Young, Esegesi biblica e cultura cristiana, Brescia 2014 (Cambrige 1997, rist. 2007), 57-80. 192   Uno sguardo globale in G. Reale, Storia della filosofia greca e romana 7, 9-33.

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può prescindere, avvicinando dei rabbini grazie ai quali conosce l’esegesi giudaica caratterizzata, tra l’altro, dalla formula «spiegare la Scrittura con la Scrittura»,193 equivalente a quella classica «spiegare Omero con Omero».194 Assume dalla tradizione giudaica il metodo di interpretazione allegorica operante in nella Scuola Greca greca. Questa nel IV e V secolo aveva consolidato alcuni indirizzi ermeneutici di cui Proclo (412-485) ha fornito un quadro con lo status culturale del suo tempo, che ben rispecchia quello precedente (II-IV sec.). Nel commento dell’Alcibiade primo, illustra - sia pure per denunciarne l’inadeguatezza - quattro indirizzi esegetici: 1. storico-letterale; 2. logico-formale; 3. teologico e infine 4. allegorico, i quali evocano esegeti come Numenio, Origene e Amelio. All’interno di questo quadro Proclo propone la sua esegesi teologica articolandola su quattro livelli: enteatico, dialettico, simbolico e iconico.195 Quelle correnti ermeneutiche-esegetiche, pur diversificate, avevano in comune alcuni elementi interpretativi quali l’apporto ‘prosopografico’ di Aristarco e il criterio esegetico di interpretare Omero con Omero.196 I cristiani, affermata l’ispirazione divina delle Scritture, ne stabilirono e difesero la loro unità grazie al Cristo in quanto compimento della profezia dell’AT: la Scrittura (salmi compresi) ha tutta intera significazione cristologica. Questo fecero Giustino, Ireneo e Origene197 contro i tentativi divisivi di Gnostici, Valentiniani e Marcioniti, mostrando in Cristo l’oggetto e la realizzazione di ogni tipo di prefigurazione.198 Quanto Simonetti dice di Origene - per l’Alessandrino   Cfr. M. Simonetti, Origene esegeta, 143.   Si tratta di un procedimento caro agli allegoristi ma anche a letteralisti come Diodoro di Tarso; M. Simonetti, Lettera e/o allegoria, 165. 195   Al riguardo cfr. F. Filippi, L’immaginario e il simbolico nell’uomo, Il commentario di Proclo all’“Alcibiade primo” di Platone, Milano, 2012, 178 e 526, con il rimando a A. Ph. Segonds, Proclus, Sur le premier Alcibiade de Platon, 2 voll., Paris, 1985, 130 n.5; G. Gersch, Proclus’ Theological Methods: The Programme of Theol. Plat. I, 4 in A. Ph. Segonds, - C. Steel (éds), Proclus et la Théologie platonicienne, Actes du Colloque International du Louvain (13-16 Mai 1998), Leuven, 2000, 15-27; J. Pepin, Les modes de l’enseignement théologique dans la Théologie platonicienne, ivi, 1-14. 196   Vedi n. 718 a In Ps 44 [396B]. 197   Vedi rimandi ad Origene in In Ps 14B § 5 [280C]. 198   Cfr. M. Harl, Les théories des Pères grecs sur le texte de la Septante, in G. Dorival, M. Harl, O. Munnich, La Bible grecque des Septante, Paris 1988, 297-298; cfr. anche sempre M. Harl, Le rôle déterminant de la Septante dans l’expression de la foi chrétienne dans l’expression de la foi chrétienne: quelques exemples, in La Bible grecque, 307-308. Anche per Origene il Cristo, pur unico, è indicato tipologicamente nelle Scritture sotto molteplici e variegate figure, 193 194

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la Scrittura ha tutta intera significazione cristologica199- vale anche per la lettura interpretativa cristologica del VT da parte di Giustino, Ireneo, Clemente, esponenti di una tradizione pressoché univoca. Qui l’allegoria serviva bene alla lettura cristiana delle Scritture nel suo complesso e in particolare di tutti i salmi, non solo di quelli avvertiti come messianici anche dalla tradizione giudaica. Così si espressero Origene e Atanasio con la lettera A Marcellino nel 360/363,200 che in parte ha ispirato Basilio,201 come quando caratterizza i salmi, appunto, come profezia del Cristo.202 Pure Eusebio di Cesarea, più filologo che speculativo e più attento alla economia che alla dimensione teologica del Cristo, segue questa lettura cristologica origeniana-atanasiana, specie nel Commento a Isaia e nel Commento ai Salmi.203 Da questa doppia convinzione - carattere ispirato delle Scritture e loro unità - prende vita la tradizione esegetica cristiana di cui qui richiamiamo, senza pretesa di farne la storia dettagliata, gli elementi riscontrabili in varia misura negli scritti basiliani. Si scopre il rimando continuo tra gli scritti della Scrittura che è dunque autotestimoniante; la Scrittura si spiega con la Scrittura. Ciò rende possibile decifrarne i passi più ‘oscuri’. La Scrittura può risultare oscura, non certo vana come pensava Celso.204 Va colta ogni volta la concatenazione letterale e concettuale dei testi.205 Le Scritture, inoltre, non solo non contengono nulla di inutile ma offrono all’uomo una molteplice utilità, riconoscono via via Ireneo,

Origene, Omelie sul Genesi XIV, 1 (SCh 7bis 334, 3-6). Sulla stessa linea si muove Giovanni Crisostomo, Panegirico di S. Paolo V, 1. Cfr. ancora M. Harl, Le rôle déterminant de la Septante dans l’expression de la foi chrétienne: quelques exemples, in La Bible grecque, 307-308. 199   M. Simonetti, Origene esegeta, 19. 200   Atanasio di Alessandria, Epistola a Marcellino sulla interpretazione dei salmi (Ad Marcellinum in interpretationem psalmorum in PG 27, 12B). 201   Cfr. M. Girardi, Basilio, 70-71. 202   Cfr. Atanasio, Epistola a Marcellino (cfr. da §5 in poi). 203   Su questo si vedano i saggi Eusebio e Origene. Per una storia dell’origenismo e Esegesi e ideologia nel Commento a Isaia di Eusebio di M. Simonetti, Origene esegeta, 313-322 e 323-356. 204   «Soltanto ogni uomo che è veramente sapiente in Cristo potrebbe esporre tutto il concatenamento delle affermazioni espresse nelle profezie con significato nascosto, confrontando ‘cose spirituali con cose spirituali’ (1Cor 2, 13) e dimostrando tutto quello che scopre in base a quello che le Scritture sono solite dire», Origene, Contro Celso VII, 11 (SCh 150, 40, 15-19). 205   Cfr. anche T. Todorov, Symbolisme et interprétation, Paris 1978, 91-124 (tr. it. Simbolismo e interpretazione, Napoli, 1986, 87-115.

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Origene,206 Atanasio (lettera A Marcellino) e Teodoreto di Ciro (Antiochia di Siria 393-466) per il quale «risulta chiaro, per chi ha una mente saggia e pia, che nulla di ciò che è compiuto dallo Spirito divino si può definire inutile e vano».207 Il diverso approccio esegetico delle ‘Scuole’, allegorico o letterale, non ha loro impedito di insistere sull’utilità della Parola. Tutto questo rappresenta l’ambito religioso e culturale in cui Basilio si muove nelle sue omelie esegetiche.

III.2 La scelta di Basilio: utilità della scrittura e criteri esegetici fondamentali Nei suoi commenti omiletici - dunque - Basilio segue la LXX, richiama a volte le traduzioni greche di Simmaco, Aquila e Teodozione e sporadicamente il testo ebraico. Conosce l’esegesi di Diodoro di Tarso discepolo di Eusebio di Emesa, col quale mantiene il contatto, come ricordato.208 Non si pone come maestro d’esegesi, ma neppure come uno che si limita al semplice studio filologico delle Scritture.209 Gli preme non lo sfoggio del proprio sapere ma la comune utilità210- così suggerisce a Diodoro nell’Ep 135, 1 (II, 49, 8-9)211 - dando la precedenza alla cura pastorale ed utilizzando   Per Origene la Bibbia è utile per l’esegeta, i suoi uditori e lettori, Omelia sull’Esodo III, 2 (SCh321, 94, 47-49; e il passo successivo applicato alla Chiesa); Omelie sui Re 5, 2; Omelie sui Numeri XXVII, 1, 1-7 (SCh 461, 270, 272, 274, 276, 278); I Principi IV 1, 7 (SCh 268, 284-292: scoprire il significato dell’intera divina Scrittura); IV, 2, 6 e 9 (SCh 268, 318, 161-163 e 334, 263-264). Per chi non è può pervenire ad un senso più profondo in questo caso anche la ‘lettera’ si rivela utile, I Principi IV, 2, 6 e 8 (SCh 268, 318, 161-163 e 332, 245-334, 262). Anche i molteplici titoli dati alla Parola di Dio non si contraddicono, ma sono relativi all’attitudine o alla capacità di chi quella parola ascolta, Origene, Omelie sull’Esodo XII, 4 (SCh 321, 366, 29-44). L’utilità di cui parla l’alessandrino è insieme contemplativa e soteriologica, propria di chi, come Cristo, non cerca il proprio tornaconto (1Cor 13, 5), ma si pone a servizio degli altri fino al dono di sé sulla croce; anche Pietro non resta sul monte della trasfigurazione/contemplazione ma scende tra quelli che non sono saliti sul monte, Origene, Commento a Matteo XII, 41. 207   Teodoreto di Ciro, Commento al cantico dei cantici I, 1, 1. 208   Rispondendo a Ottimo il Cappadoce dice di avere consultato alcuni autori-esegeti, Ep 260, 5 (III, 112, 20-21). 209   Per Basilio non basta il semplice studio delle divine Scritture per correggersi, né basta il solo udire la Parola, occorre anche farla; altrimenti è come imparare a fabbricare e mai fare nulla, imparare l’arte del fabbro e mai metterla in opera, cfr. Rf 7; De Bapt 1540D; Mor IX. 210   Protagora (e ogni sofista con lui) potrebbe essere chiamato ‘maestro di utilità’, M. Bonazzi (a c. di), I Sofisti, Roma 2015 (3° ristampa), 35-36. 211   Basilio segue il criterio dell’utilità (ōpheleia) anche nelle non facili relazioni tra le 206

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le metodologie ermeneutiche per rendere fruibile il testo biblico. Solo raramente esplicita alcuni criteri esegetici da lui utilizzati.

1. Spiegare la Scrittura con la Scrittura Anche Basilio fa uso del criterio di «spiegare la Scrittura con la Scrittura», ritenendolo come la strada principale per scoprire il proprio compito/ destino esistenziale e per interpretare (Ep 2, 3 CP 66, 1-2) - come usava Origene212 - qualche passo biblico ambiguo e oscuro.213 Avendo Dio collegato tra loro i molteplici scritti biblici, si può dire, come aveva indicato Origene, che «tutta la Scrittura è un unico libro» (Filocalia 5, 6, SCh 302, 296, 26-27). Per questo Basilio - che può utilizzare le concordanze bibliche in uso da almeno 150 anni nella scuola teologica d’Alessandria214- fa il confronto (collatio) di passi biblici analoghi o corrispondenti nell’ottica della fede di chi cerca il Signore scrutandone il disegno e il volere.215 Che cosa sono le sue giovanili ‘regole’ (horoi) Morali se non un richiamo continuo di passi del NT (circa 1542 versetti) attorno a temi specifici? Egli raccoglie quanto di proibito o approvato per l’uomo si trova sparso nel NT, segnalando i relativi capitoli della Scrittura neotestamentaria (Vangelo, Apostolo, Atti).216 E anche nel Contra Eunomium più volte raccoglie tematicamente passaggi biblici per confermare la sua scelta teologica - come nel caso di attribuire al Verbo di Dio l’appellativo di ‘figlio’. 217 chiese (Ep 172, II, 107, 19) 212   Si veda sopra. 213   Cfr. Rb 267; De Bapt 1516A; 1588B-D: va attribuita a se stessi la colpa se non si comprendono alcuni passi biblici, da confrontarsi sempre con altri simili. Idee analoghe in Origene, Omelie su Geremia XXXIX (SCh 238, 372-376; Filocalia 10, 1-2 SCh 302, 366-370); per l’Alessandrino non va ricercato il senso delle Parole di Dio in modo sconsiderato; né si deve avere fretta di parlarne, Origene, Omelie su Geremia frammento (SCh 238, 368-370; Filocalia 1, 28, SCh 302, 200-202); cfr. anche Prologo, Frammenti sui Salmi PG 12, 1080A: è temerario e rischioso (cfr. sentenza di Sesto) parlare di Dio. 214   Cfr. G.J.M. Bartelink, Observations de saint Basile sur la langue biblique et théologique, in Vigiliae Christianae 17 (1963), 85-104, qui 87. Eusebio di Cesarea, ad es., aveva ideato una singolare sinossi del Vangeli. I Canoni evangelici (da un vangelo ritrovare i luoghi corrispondenti degli altri), l’Onomasticon (dizionario dei luoghi nominati nella Bibbia), le Eclogae propheticae (passi del VT di significazione cristologica), cfr. M. Simonetti, Lettera e/o allegoria, 113-114. 215   Ad una domanda non del tutto pertinente risponde riconoscendo che è consequenziale (akolouthon) ricorrere alla testimonianza di uno o di due dai molti (cfr. Mt 18, 16; 2Cor 13, 1; 1Tm 5, 19; Eb 10, 28), De Bapt 1588B. 216   Prologo 6 de fide 692A. 217   Cfr. Contra Eunomium II, 7.

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Nel commento ai salmi quasi ogni volta raccoglie dalla Scrittura i loci paralleli di singoli termini o di intere espressioni per determinare il senso dei versetti. In tutto ciò Basilio non rifiuta l’apporto di ‘quelli di fuori’, dei maestri pagani, né - in misura decisamente minore - dell’esegesi ebraica, ma se ne serve per meglio comprendere la persona (ontologia) e la vicenda (economia e soteriologia) del Cristo,218 che è il vero criterio esegetico alla cui luce il Cappadoce legge VT e NT. Del resto Cristo stesso si era posto come continuità e compimento della parola veterotestamentaria.

2. Esegesi come forma di cristologia Il Cappadoce pertanto considera la Parola biblica funzionale alla conoscenza di Cristo, per cui anche in lui - come per Ireneo, Giustino Clemente Origene e Atanasio - l’esegesi biblica diviene una forma di cristologia: Cristo, pienezza della rivelazione, illumina e compie anche il testo del VT sorreggendo e abitando il NT. Anche i salmi parlano di Cristo della sua persona, in relazione col Padre e lo Spirito (Trinità), e della sua economia salvifica ed ecclesiale. Da quanto richiamato si vede che anche in ambito esegetico il Cappadoce tiene lo ‘stile’ che ha nel rapporto con le persone: dalle scuole assume quanto è valido e necessario, senza smarrirsi in tecnicismi e polemiche e discussioni infinite,219 mirando all’essenziale220 che per lui è la fede in Cristo, che ispira la sua esegesi ricca di apporti diversi e in diversa misura, seguendo l’azione dello Spirito senza il quale, Basilio lo sa, è impossibile conoscere e dire Cristo.221

3. Le due vie L’atteggiamento di Basilio emerge quando richiama -a partire dal Sal 1, 1il motivo delle due vie possibili alla libera scelta umana. L’immagine delle due vie, l’una larga ed agevole, l’altra stretta e faticosa, conducenti la prima alla perdizione e la seconda al fine beato (In Ps 1, 1 § 5 [221D-224ABC]; In Ps 29, 2 § 1 [308B]; In Ps 45, 2 § 2 [420A]), egli la riprende da Mt 7, 13-14,   Questo Basilio fa ad es. con la cultura profana nel famoso scritto Ad adolesc come accennato più sopra. 219   Atteggiamento assunto nel curare la Filocalia di testi origeniani, molti dei quali concernono l’esegesi. 220   Basilio «resterà il nemico di ogni intransigenza inutile ed inopportuna. Ecco una tattica che è uno dei tratti salienti del suo volto umano e cristiano», riconosce Pouchet, Basile, 120. 221   Cfr. ad es. De Spir s 218

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ma anche dalla tradizione ebraica (cfr. Ger 21, 8 e Sir 15, 17; Qo 10, 2 la mente del sapiente va a destra e quella dello stolto a sinistra), che ha il suo fondamento in Dt 30, 15.19. Basilio sa della presenza di tale motivo anche nella tradizione greca; cita infatti Esiodo che, per esortare i giovani alla virtù, avrebbe composto versi che sono sulla bocca di tutti: «All’inizio la strada che conduce alla virtù è scabrosa e impraticabile, piena d’abbondanti sudori e fatica, e ripida», mentre quella che porta al vizio, come dice ancora lo stesso poeta, è facile prenderla da vicino e comodo accesso.222 Ma fonda il tema sulla parola del Cristo (Mt 7, 13-14) e motivandolo con l’orientamento escatologico verso quel Bene da raggiungere che occhio non vide e orecchio non udì (1Cor 2, 9), invitando a fare propria la speranza cristiana (In Ps 1, 1 § 5 [224BC]). Anche qui Basilio tutto accoglie e tutto riferisce a Cristo.

4. Salmi voci di Chiesa. L’uditorio cristiano Quanto detto si ritrova nelle omelie o ‘conferenze’esegetiche salmiche, che Basilio tiene in un ambito liturgico o comunque comunitario ecclesiale per un uditorio esplicitamente cristiano costituito da uomini, donne,223 adolescenti e giovani che - sappiamo - erano soliti cantare i salmi in forme melodiche e corali.224 Ormai il popolo (ho laos) partecipa alla salmodia, terminandola con il salmo della confessione (Ep 207, 3 II, 186, 13-18). A guidare la salmodia sono persone diverse e a turno, purché capaci e umili e senza disprezzo verso gli altri (Rb 307). La liturgia cristiana aveva già allora una consolidata struttura che, oltre letture tratte dal VT e dal NT, si serviva dei salmi come di autorevoli preghiere anche ‘cristiane’,225 che i ‘monaci’, compresi quelli analfabeti, dovevano imparare a memoria.226 Cosi 222   Basilio Ad adolesc V, 3-4; cfr. anche IV, 7 (strada diritta e vera) e V, 14: a Eracle, quando si trova al bivio e deve scegliere tra due strade, si accostano due donne, la Virtù e il Male/Vizio. 223   Vedi nota a In Ps 1 §1[212C]. 224   Vedi nota In Ps 32 §3[329A]. 225   Cfr. V. Desprez, Le Monachisme primitif. Des origine jusqu’au concile d’Éphèse, Abbaye de Bellefontaine, 1998, 365-367 226   Cfr. Rb 61. Si consigliava di imparare a memoria anche i quattro vangeli (cfr. Rb 236). Basilio ricorda che, durante il processo contro di lui, il martire Gordio ripeteva alla sua anima i salmi (Sal 117, 6; 22, 4), In Gordion 5 (PG 31, 500C). Origene nella sua Esortazione al martirio consigliava di richiamare la parola della Scrittura per contrastare gli avversari. Antonio aveva imparato i salmi a memoria per recitarli e cantarli, Atanasio Vita di Antonio 9, 3; 13, 7. Per lui richiamare le parole bibliche era un modo per contrastare le tentazioni demoniache, così anticipando l’uso antirretico della Scrittura (alla parola del demonio contrapporre la parola biblica), metodo precisato poi da Evagrio Pontico,

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i salmi, che sono «voce di Chiesa» (In Ps 1 § 2 [213 A]),227 costituivano il criterio ispiratore e formativo della ‘pietà’, della religiosità cristiana. La loro recita orante è già esegesi in atto, frutto della lettura cristiana ed ecclesiale che considera anche quei canti profezia del Cristo. Cantandoli, gli oranti li assimilano liberando il cuore dalle distrazioni (Ep 207, 3; II, 186, 15-18). Così agendo la comunità ecclesiale non monopolizza i testi veterotestamentari; solo vive ed esprime la propria coscienza: compie in sé, accogliendola, la parola profetica salmica grazie al Cristo Risorto e all’opera dello Spirito (cfr. Lc 24, 13-33 e 44-45).228 Quei testi, e in modo specifico i Salmi, diventano parte della liturgia dei cristiani, che il Cappadoce invita a Salmeggiare con intelligenza (Sal 46, 8), passo che egli illustra con echi di Origene e di Evagrio Pontico229 e presentando l’anima umana come strumento musicale da accordarsi con la parola biblica: «Come per i cibi vi è una percezione particolare a seconda della qualità di ciascun cibo, così è per l’intelligenza riguardo alle parole della sacra Scrittura. È detto infatti: “Il palato gusta i cibi, e la mente discerne le parole” (Gb 12, 11). Se dunque uno accorda la propria anima al significato di ogni parola, così come accorda il gusto alla qualità di ciascun cibo, costui adempie il precetto che dice salmeggiate con intelligenza» (Rb 279 [1280A]). È come Pastore che Basilio pone i rilievi esegetici quale ‘premessa’ per un discorso finalizzato a spronare e ad accompagnare i suoi uditori cristiani230 verso il telos della vita,

Contro i pensieri malvagi. Antirrheticos, intr. di G. Bunge e note a c. di V. Lazzeri, Magnano (BI), 2005. Sull’importanza e la funzione dei salmi nella vita monastica cfr. Luke Dysinger, Psalmody and Prayer in the Writing of Evagrius Ponticus, Oxford 2005. 227   Avvicinando la Parola, Basilio di fatto attiva il criterio dell’eodem Spiritu quo (cfr. n. 70) e quello del sensus Ecclesiae, del sentire cum Ecclesia: risalire allo Spirito che l’ha ispirata e rifarsi alla Chiesa che la Parola ha riconosciuto, accolto pregato e interpretato. 228   Questo ‘metodo’ di lettura - autorizzato da Cristo stesso - vige nelle tradizioni evangeliche e apostoliche, e nelle lettere di Paolo o a lui ispirate e rapportate. È emblematico l’episodio in cui Filippo spiega alla luce delle vicende di Cristo il profeta Isaia ad un etiope, eunuco e ministro di Candace, regina di Etiopia (At 8, 27). 229   Origene, attento ai sensi spirituali e consapevole della molteplicità dei cibi e dei gusti presenti nella Scrittura, afferma ad es. che: «c’è nell’anima la facoltà… di gustare e di percepire la qualità dei cibi intelligibili», Origene, Commento a Giovanni XX, XLIII, 405 (SCh 290, 352, 28-29). Anche Evagrio Pontico afferma: «Prega come si deve e senza turbamento; “salmeggia con intelligenza” (Sal 46, 8) e armonia; e tu sarai il piccolo dell’aquila che plana nelle altezze», Evagrio Pontico, Trattato sulla preghiera 82. 230   Vedi nota a In Ps28, 9 § 7 [304A].

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Seconda Parte: Le omelie sui salmi

l’unione/assimilazione con Dio verso cui muoversi in un continuo progresso.231 Egli si rivolge certo al popolo cristiano fatto per lo più di persone semplici;232 non per questo trascura il pubblico dotto, preparato culturalmente, come si arguisce da certe sue puntualizzazioni più formali. Anche così emerge quel suo stile pastorale tenuto nelle discussioni teologiche sulle realtà della fede: tener conto dei semplici nella fede, senza rendere il discorso meno puntuale ma mantenendolo alto e profondo.

5. Una scrittura una per un disegno unico Anche per Basilio le ‘divine/ispirate’ Scritture trovano in Cristo la loro unità costituendo un unico ‘macrotesto’ che autorizza la lettura cristiana del VT, anche quando certi passaggi entrano in collisione con la relativa lettura ebraica. Così, attraverso un discernimento spirituale, transita normalmente dal VT al NT e viceversa, riconoscendo la sinfonia delle Scritture ispirate (prologo De fide 692B) in accordo con Giustino, Ireneo, Clemente e Origene. Questi, in testo presente nella Filocalia, riporta la beatitudine sui ‘pacifici’ a quanti capiscono l’armonia tra VT e NT, collegandola all’arte musicale di Dio e alle corde della cetra,233 un’immagine che può aver ispirato l’interpretazione musicale del salterio (prologo In Ps 1 § 1-2) offerta da Basilio, che ha fatto propria la visione unitaria della Scrittura dell’Alessandrino attestata mediante l’ampia categoria della profezia234 e mediante la tipologia235 quando quella si esprimeva in eventi e personaggi   L’idea di progresso, prokopē, nella vita morale, punto forte dello Stoicismo, poggia anche su Fil 1, 12 e 1Tm 2, 16 e su Lc 2, 52 sulla crescita del giovane Gesù. Basilio ritorna più volte sul ‘progresso’, oltre che in In Ps 44, 1 § 2 [389BC], anche in Hom de fide 464C; de fide 681B (con riferimento a Paolo) e 684A (progressiva conoscenza di misteri divini); Mor LXX 14, 828C. Il progresso diverrà una chiave di volta della teologia spirituale di Gregorio di Nissa. 232   Origene prestava attenzione soprattutto ai piccoli, perché non venissero scandalizzati né distolti dalla fede e dal raggiungimento della salvezza, Origene, Omelie sul Levitico XII, 2; restando fedele al dettato evangelico, allo stile semplice delle divine Scritture che ha fatto entusiasmare chi le legge con amore per la verità, Origene, Contro Celso VI, 1-2 e 5 (SCh 147, 178-182 e 190, 31-33). 233   Origene, Filocalia VI, 1-2, SCh 302, 308-310. Per l’armonia tra AT e NT tener presente Origene Omelie sull’Esodo XI, 4 (SCh 321, 332, 4-334.13). 234   Basti ricordare Origene, I Principi, Prefazione 1 (SCh 252, 76, 9-10: Cristo è Parola anche in Mosè e nei profeti); Commento a Giovanni VI, III, 15-16; IV, 17 (SCh 157, 140-142 ); cfr. anche Clemente Alessandrino, Stromati VII, 16, 95, 3. 235   Origene, I Principi IV, 2, 6 (SCh 268, 320, 182=Filocalia 1, 13: typikōs). Isacco era definito typos da Clemente Alessandrino, Stromati I, 5, 31, 3. L’interpretazione tipologica, inaugurata da Paolo (Rm 5, 14; 1Cor 10, 6) è già evento intrascritturistico. 231

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‘storici’e non fittizi, attraverso elementi collegati a persone e eventi effettivi, avvertiti come simboli anticipatori del Cristo o delle cose da Lui realizzate, contrariamente a quanto riteneva Apollinare, come ricordato.236 Notevole in tal senso un passo dell’ omelia sul salmo 45: il profeta ha visto in anticipo il Dio inumanizzato, l’Emanuele generato da Vergine santa; tale ‘Dio con noi’ è lo stesso che è apparso ai patriarchi e ai profeti e da questi tramandato; è il Dio di Giacobbe, che ha detto al proprio servo: “Io sono il Dio di Abramo e il Dio di Isacco e il Dio di Giacobbe” (Es 3, 6).237

6. La Scrittura ispirata è utile La Scrittura, perché ispirata, è anche «utile a insegnare, a riprendere, a correggere, a educare alla giustizia» (2Tm 3, 16). Su questo Basilio fonda il suo compito educativo e formativo dell’uomo e del credente, individuando nell’utilità o, meglio nella molteplice utilità della Scrittura il vero criterio anche dell’esegesi biblica operata a beneficio dell’ascoltatore credente238 raggiunto nelle sue situazioni di vita.239

Cfr. P. Grech, La reinterpretazione intra-biblica e l’ermeneutica moderna, in Studia Patavina 49 (2002), 641-662; P. Grech, Il messaggio biblico e la sua interpretazione, Bologna 2005. Origene era circospetto verso ll’allegoria per timore del suo uso pagano: Origene, Contro Celso I, 17-18 (SCh 132, 120-122); IV, 38 e 44-45 (SCh 136, 278-282 e 296-302); cfr. M. Simonetti, Origene esegeta, 15; 25-26; 52-65; 104-105. 236   Si ricordi la definizione di ‘tipo’ data da Basilio anche in opposizione alle posizioni apollinariste. 237   In Ps 45 § 6 [425C]. 238   Basilio adotta il criterio dell’utilità anche in ambito pastorale-omiletico (cfr. Ep 135, 1, II, 49, 9 e 2, II, 50, 2-3), come pure nel favorire il culto dei martiri cristiani, il cui ricordo spinge a imitarli quali imitatori della passione/martirio del Cristo. La testimonianza del martire Gordio è utile per chi si incammina per la via della virtù, In Gord 2 (PG 31, 492BC e 493A); cfr. anche In XL mart 1 (PG 31, 508CD). Il ricordo del martire è anche motivo di gioia del popolo, stando anche all’enigma di Pr 29, 2 (quando il giusto è lodato i popoli si rallegrano) citato da Basilio all’inizio della sua omelia (In Gord 1 492B); passo questo ripreso e citato espressamente da Simeone il nuovo Teologo, cfr., a c. di Irénée Hausherr, Niceta Stethatos, Vie de Syméon le Nuoveau Théologien (949-1022), 85, p. 116-119. 239   L’attenzione al carattere dell’utilità, perfino del testo preso alla lettera, compare anche nel Commento a Isaia 123 (316D; 152; 368A); rilievo presente anche in Origene (I Principi IV, 2, 6 e 8, SCh 268, 318, 161-163 e 332, 245-334, 262), come più sopra richiamato.

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Seconda Parte: Le omelie sui salmi

In questo egli si rifà anche a Diodoro di Tarso, il quale - scrupolosamente e sistematicamente attento al senso letterale e storico dei salmi - evoca il criterio dell’utilità per avallare il riferimento dei salmi a Cristo senza stravolgere il senso storico della Scrittura.240 Il Nisseno fa sue queste idee.241 Ma questo era un punto fermo per Origene.242

7. Il linguaggio delle cose create Per Basilio anche le cose create,243 in terra in cielo e sottoterra, venendo da Dio, come le Scritture, sono linguaggio di Dio244 e sono riferimento a Cristo, il Verbo attraverso il quale Dio le ha create. Cose della natura, eventi naturali, mondo animale - richiamate nei primi capitoli della Genesi sui quali si soffermano le omelie di Basilio - sono una prolungata parola di Dio rivolta all’uomo ma anche una specifica profezia del Cristo. I testi di riferimento di tale prospettiva sono anche per Basilio il libro della Sapienza 240   Terminando il commento al Sal 24 (23) e affrontando gli appellativi ‘re di gloria’ e ‘Signore delle potenze’, Diodoro osserva che alcuni riferiscono queste parole a Cristo Signore e precisa: «ma noi, noi diciamo che quanti interpretano così interpretano utilmente e che nello stesso tempo questo noi lo accettiamo ma non abbiamo maltrattato la storia», Sul salmo 24 CCSG 6, 142, 1.90-94. Quindi Diodoro, -che polemizza contro l’uso ‘allegorico’ della Scrittura degli alessandrini - accoglie l’interpretazione cristologica del salmo, forse anche per il peso della liturgia cristiana; cfr. F. Vinel, Interpréter le Psaume 23 (22): sens littéral, sens historique, in Revue des sciences religieuses n° 3 (2009), 341. 241   Il Nisseno nel Contra Eunomium riprende questo inizio basiliano: «La Scrittura ispirata da Dio, come la chiama il divino apostolo, è Scrittura dello Spirito Santo e suo intento (skopos) è l’utilità (ōpheleia) degli uomini: “Tutta la Scrittura infatti, scrive, è ispirata da Dio e utile” e variegata e multiforme è l’utilità, come dice l’Apostolo: “per insegnare, convincere, correggere e formare alla giustizia” (2Tm 3, 16)», Gregorio di Nissa, Contro Eunomio III, V, 8 (GNO II, 163, 3-9). Anche introducendo il Commento al Cantico dei Cantici, richiama di frequente l’utilità della Scrittura opposta alla sua utilizzazione solo letterale; e, difendendosi dalla possibile accusa di fare qualcosa di disdicevole, afferma: «noi non facciamo niente di sconveniente, se cerchiamo con ogni mezzo di scovare il nostro utile (to ōphelimon) nella Scrittura divinamente ispirata (cfr. 2Tm 3, 16)», riprendendo l’Apostolo Paolo che ha di mira la nostra utilità, Gregorio di Nissa, Prologo al Commento del Cantico (GNO VI, 4, 13-17; 5, 2.3.9.17; 7, 4-5). Al riguardo cfr. I. Gargano, La teoria di Gregorio di Nissa sul cantico dei Cantici (OCA 216), Roma 1981, 154-167. 242   Origene, I Principi IV, 2, 6 (SCh 268, 318, 161-162); Commento al Cantico III, 14, 1 (SCh 376, 656). Cfr. H. de Lubac, Histoire et Esprit, l’intelligence de l’Écriture d’après Origène, Paris 1950, 131; M. Harl, Origène et la function révélatrice du Verbe Incarné, Paris 1958; 157; J. Daniélou, Origene, Paris, 183-184 (è richiamato anche Filone). 243   Esemplare in tal senso l’Esamerone, il commento di Basilio all’opera creatrice di Dio. 244   Si può elevarsi alla conoscenza di Dio o mediante le nozioni fisiche, risalendo dalle creature al creatore, o attraverso l’insegnamento della legge, Commento a Isaia 212 [213]; 485AB.

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e la lettera di Paolo ai Romani (cfr. Rm 1, 20).245 Origene aveva espressa questa interpretazione, sia pure in un orizzonte che risente l’influsso del pensiero platonico (cfr. Origene Commento al Cantico III, 13, 9, SCh 376, 628-630). Se del creato l’uomo apprende il linguaggio, egli allora, liberato dalle passioni, può anche anche di lì udire la Parola di Dio, asserisce Basilio transitando anche in questo caso dal dato fisico/naturale all’applicazione spirituale. Su questa strada verrà seguito da Gregorio di Nissa.

8. Il linguaggio delle arti umane Anche le arti umane - quali l’agricoltura, la tessitura, la costruzione delle navi, l’edilizia - sono ‘parole umane’ che possono farsi ‘profezia’ di Dio, che di quelle ha fatto dono all’uomo. Per Basilio le arti offrono simultaneamente conoscenza e utilità all’uomo il quale proprio di lì può ‘risalire’ a Dio: «Ciascuna delle arti ci è stata gratificata da Dio quale aiuto per la debolezza della natura… Fu Dio stesso a concederci l’intelligenza e la percezione di tale arte [agricoltura]».246 Questo si applica in particolare all’arte medica, alla quale Basilio dedica un’attenzione privilegiata, condividendo l’opinione di chi la ritiene la prima delle scienze (Ep 189, 1; II, 132, 3-5 diretta all’archiatra Eustazio), perché essa è qualcosa di donato da Dio all’uomo perché affianchi la sua stessa creazione.247 Persino le erbe, le radici, le foglie, i fiori, i succhi sono stati prodotti per volontà di Dio a vantaggio anche della nostra mente (Rf 55, 1045AB). Si tratta di farne un uso retto senza mai dimenticare di rendere grazie a Dio. L’arte medica illumina la vita spirituale dell’uomo perché trovi la salute/salvezza e giunga a Dio, essendo consequenziali la cura del corpo e la cura dell’anima (cfr. ancora Ep 189, 1, II, 132, 10-12).   Cfr. il recente articolo di E. Cattaneo SJ, La contemplazione naturale in san Basilio di Cesarea, in Mysterion anno 3 N. 2 (2010), 3-12; ripreso in parte in E. Cattaneo, Il Commento a Isaia di Basilio di Cesarea, attribuzione e studio teologicoletterario, Institutum Patristicum ‘Augustinianum’, Roma 2014, c. 33, 345-356. 246   Rf 55 1044B-D. Le arti tecniche, necessarie per la vita, furono inventate per migliore l’esistenza (Ep 94). Ogni arte è e va resa funzionale al suo scopo, dice Basilio in Ad adolesc VIII, 3-6, adducendo alcuni esempi classici della cultura greca. Dio ha dato arti e mestieri, In Iulittam 6. La sapienza umana è esperienza delle cose della vita cui sono connesse le arti utili, Princ Prov § 4 [392B]. Per Clemente Alessandrino l’invenzione delle arti e delle scienze viene da Dio, Clemente Alessandrino, Stromati I, 4, 25, 4. La stesso affermava Origene, Omelie sui Numeri XVIII, 3, 2-3 (SCh 442, 320, 117-322, 120). Pensieri analoghi anche nell’Ermetismo, cfr.Asclepio 8: Dio non volle che il mondo fosse perfetto senza la conoscenza e l’uso delle arti e delle discipline. Sul molteplice e provvidenziale lavoro umano in Basilio cfr. M. Girardi, Il lavoro nell’omiletica di Basilio di Cesarea, in Vetera Christianorum 31 (1994), 79-110. 245

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La medicina, ‘immagine della cura delle anime’ ha molto da insegnare all’anima: l’acquisizione delle virtù della temperanza e della sobrietà ed anche la possibilità che l’anima ritorni alla sua integrità mediante la penitenza.248 Naturalmente, poiché non tutti sono in grado di curare, non sta a chiunque castigare per curarla.249 Basilio sa, come scrive nel 375 agli asceti che dirigeva nell’Ep 226, 3 (III, 27, 15-19), che alcuni, come gli ‘eustaziani’, fanno un uso strumentale della medicina per adattarsi ‘interessatamente’ alle situazioni per profitto personale; questo è un sofisma escogitato per avallare i propri continui cambiamenti di espressione di fede giustificandoli come forme di adattamento medicale. Tuttavia un suo uso scorretto non deve far rifuggire i vantaggi provenienti dalla medicina.250 Il riferimento a tale arte, quasi continuo nelle sue omelie sui salmi,251 ha grande spazio anche nelle altre omelie di Basilio e nei suoi scritti,252 come del resto in Clemente Alessandrino e Origene253 e poi nel Nisseno;254 segno questo della diffusa attenzione verso di essa da parte della cultura e della filosofia popolare di allora.255 247   Il Siracide ammira l’arte dei medici (Sir 10, 10 e 38, 1-15). Il ricorso ai medici è criticato in 2Cr 16, 12 potendo rappresentare una mancanza di fede. Gribomont ricorda, seguendo la Storia della medicina di Castiglioni, che la medicina antica era sia religiosa o magica che profana e che in genere i Padri non vi erano molto favorevoli, J. Gribomont, Histoire du texte, 186. In Hex 1, 7.1-2 Basilio distingue tra arti creative pratiche e teoriche. Qui arte è espressa e identificata con technē. Tale visione è ripresa da Ambrogio, Esamerone 1.1.5.17. Cfr. Ireneo Contro le eresie II.32.2 (SCh 294, 336) sulle discipline scientifiche. 248   Si veda ad es. Rf 55. Basilio, nella lotta contro le eresie, si è comportato come lo costringeva a fare la necessità dei malati, Prologo De fide 677B. 249   Cfr. Rf 53 1044A: ou pantos estin… to iatreuein. 250   Rf 55 [1048A]. 251   Rimandiamo all’indice tematico. 252   Un richiamo alla medicina anche in Ad adolesc IX, 16 e all’inizio di De ira 1, 353AB. 253   Vedi nota a In Ps 33, 19 § 12 [380B]. 254   Cfr. ad es. Gregorio di Nissa, Sulla verginità III, 10; XXII, 1; XXIII, 2 (SCh 119, 300, 27-30; 512, 16-514, 1; 526, 17-27). 255   Cfr. M. Spanneut, Le stoïcisme des Pères de l’Église, Patristica Sorboniensia I, Paris 1957, 197-198. Per Giuliano l’Apostata la medicina di Mosè non è paragonabile a quella greca di Ippocrate e delle altre scuole a lui posteriori, Giuliano Imperatore, Contra Galileos Fr. 53. Per lui il modello rimane Esculapio, il guaritore dei mali fisici e spirituali del genere umano, ‘il dio che ama gli uomini’ (philanthrōpos theos), il dio cui Socrate si riferì in punto di morte («O Critone, siamo debitori di un gallo a Esculapio»), il dio di cui lui, l’imperatore, era l’incarnazione. Con tale scelta Giuliano non solo voleva opporsi alla figura del Cristo, ma intendeva favorire l’intera paideia greca, P. Athanassiadi, Giuliano. Ultimo degli imperatori pagani, Genova 1994, 150-151. Cfr. anche E. dal Covolo e G. Sfameni Gasparro (a c. di),

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Basilio si è interessato alla medicina in parte per le malattie che lo hanno raggiunto, in parte anche per il suo impegno a costruire nella Basiliade un complesso ospedaliero, che ha richiesto la sua vicinanza esistenziale ed assistenziale a situazioni di malattia, mansione alla quale non si sottrae, deciso a porsi al servizio dei bisognosi, secondo la parola del Signore: quanto si fa per i più piccoli, lo si fa per Lui (Mt 25, 40).256 Del resto «è proprio di chi tende alla perfezione lavorare giorno e notte per avere di che dare a chi ha bisogno».257 Il Vangelo stesso narra molte guarigioni operate dal Cristo presentatosi come medico (ad es. Mt 9, 12; Mc 2, 17) e che Basilio, come lo Pseudo Macario,258 considera come il vero Medico. Non è fuori posto il rilievo del Nisseno che presenta Basilio come medico mandato da Dio per l’umanità della sua epoca.259

Cristo e Asclepio. Culti terapeutici e taumaturgici nel mondo mediterraneo antico fra cristiani e pagani, Roma 2008; sulle varie arti (ad es. architettura, cucina) e sull’arte medica greca consultare anche A.-J. Festugière, Hippocrate, L’Ancienne Médecine, Paris 1948, 29-32. 256   Rf 42. 257   Rf 42. 258   Ps. Macario, Omelie spirituali (II) XXX, 9; XLVI, 2: il Cristo Signore è il vero medico venuto a guarire le anime degli uomini. 259   Gregorio di Nissa, Elogio di Basilio 3 (SCh 573, 236); Contro Eunomio I, 133..

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9. Nulla è inutile nella Bibbia Poiché anche per lui, come per Ireneo, Origene e Gregorio di Nazianzo,260 nulla è inutile nella Bibbia e i nomi e le singole parole ivi presenti hanno un loro peso e una loro valenza,261 Basilio si sofferma su ogni singolo versetto dei salmi preso per se stesso, spiegando solo sporadicamente più versetti tra loro collegati o che lui stesso collega. In modo costante, senza limitarsi a ciò,262 prima fa la esposizione letterale (lexis) del versetto;263 poi propone la propria interpretazione, articolata pressoché sempre su due livelli: l’approfondimento teoretico-teologico e la conseguente applicazione morale ed esistenziale.264 Così fa un esame scrupoloso delle ‘lettere’ e dei ‘termini’, ponendo attenzione, più che alla melodia delle voci, «al significato dei nomi» (Hex VI, 2, 4), perché «nulla c’è di inutile, neanche una sillaba, nelle parole divinamente ispirate» (Hex VI, 11, 4) senza tuttavia forzare la semplice parola biblica (Hex VI, 5, 1-2). Occorre «ricercare il senso esatto dei termini e indagare quali sono i grandi significati delle semplici voci, tōn mikrōn phōnōn» (Hex I, 1); perché nelle «piccole parole» sta nascosta la profondità del pensiero (Hex II, 1, 1). Queste sembrano ridursi ad alcune piccole sillabe (come per Gen 1, 20); ma scoperto il loro senso interno, si arriva a vedere la meraviglia della sapienza del Creatore (Hex VIII, 8). Basilio da molto presto ha messo questa stessa attenzione nella ricerca teologica, obbligato a ciò dal confronto con posizioni ‘ereticali’, che si facevano forti col rimando alle Scritture (Eustaziani e Pneumatomachi, Eunomio e Apollinaristi...). Perciò si fa attentissimo ad ogni parola biblica, si tratti pure di preposizioni e semplici particelle (De Spir s I, 2, 72AB). La polemica con i Pneumatomachi lo convince a non prendere alla leggera le voci teologiche ma a «indagare il senso noetico nascosto in ogni lectio (lexis) e in ogni sillaba» restando vigile per riconoscere «lo scopo della nostra chiamata che è poi quello di divenire simili a Dio, secondo quanto   Gregorio di Nazianzo, Orazioni 2, 105 (SCh 247, 224).   A prova di ciò alcuni autori rimandano al passo di Hex IX, 5 (SCh 26, 516-517); ma qui il riferimento non è alle parole della Scrittura ma alle membra degli animali di cui nessuna è superflua. 262   Per Clemente Alessandrino non ci si può fermare al senso letterale (psilēi tēi lexei) delle parole bibliche ma occorre cogliere il significato (sēmainomenon), Clemente, Stromati VII, 16, 96, 2; cfr. III, 4, 38, 1. 263   Basilio mostra attenzione alla lexis anche nel De Spir s V, 7. 264   Basilio è attento alla akolouthia delle considerazioni. 260 261

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è possibile alla natura di uomo». Ora si dà «somiglianza ma non senza conoscenza; e la conoscenza [viene] dalle cose apprese. Ora (una) parola è principio di insegnamento; e parti di parola [sono] sillabe e termini (lexeis).265 Per cui non fuori dello scopo è avvenuta la ricerca delle sillabe», De Spir s I, 2, 69B. Certo - s’avvede Basilio - tutte queste analisi sembrano questioni da nulla; ma, data la difficoltà nella ricerca della verità, ogni più piccolo apporto torna utile per raggiungerla. Medesimo atteggiamento ‘esegetico’ Basilio assume verso le realtà create, in cui contempla la sapienza di Dio,266 premurandosi di rilevare un fatto: «Semplicemente lette le parole della Scrittura sono alcune piccole sillabe (Gen 1, 20); ma scoperto il senso nelle parole, allora sorge la grande meraviglia della saggezza del creatore» (Hex VIII, 8, 1). In sintesi questo è il convincimento complessivo di Basilio: «Ora ritengo che sia necessario intendere e considerare mediante la fede la forza di ciascuna parola. [...] Poiché credo che l’uso dei nomi e delle parole e delle cose per consuetudine sia assunto non semplicemente come capita, a caso, nella Scrittura divinamente ispirata da parte di Dio e del suo Cristo, dei santi profeti ed evangelisti e apostoli [1536B] ma in modo provato nello Spirito Santo, allo scopo di un sentire conforme alla pietà - e questo non integralmente ma in parte e per quanto ciascuna giova al sano discorso qui esaminato e a sentire in modo conforme a pietà e a condurre la mente alla considerazione dei giudizi e dei dogmi della pietà. È necessario, pertanto, che anche noi investigando con cura prestiamo attenzione a ciascuna parola, e scegliamo il significato secondo lo scopo della chiamata verso l’alto» (De Bapt 1536A-B). Il tutto si presenta come un dato coerente: se gli scritti biblici sono frutto di ‘ispirazione’, lo sono anche le loro singole parole; pertanto è proprio della fede - sappiamo (cfr. sopra) - la «piena e indubbia certezza della verità delle parole ispirate da Dio, non soggetta a oscillazione dovuta a qualsiasi pensiero», Mor LXXX 22, 868C.267

  Nell’ultima lettera basiliana a Urbicio è detto che «ogni termine (lexis) è un concetto (nous)» Ep 366 (III, 229, 45). 266   «Nulla senza una causa; nulla a caso; ogni cosa ha una certa sapienza indicibile», Hex V, 2. 267   Concetti analoghi nel Commento a Isaia: 70 (delle cose dello Spirito nulla è ozioso); 286[287]; 620B; 127; 325A. 265

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10. L’akolouthia - La concatenazione Anche in ambito esegetico, come nella riflessione teologica-trinitaria,268 Basilio mette in atto il principio della akolouthia, della coerente concatenazione e consequenzialità logica del pensiero come aveva fatto Origene, sia per giungere alla comprensione della Scrittura sia per esporre l’applicazione consequenziale della Parola alla vita del cristiano.269

III.3 Alcuni elementi strutturanti di metodo nelle omelie sui salmi 1. Precisare la lexis testuale Anche Basilio considera fondamentale nell’avvicinare il senso della Scrittura stabilire i termini di un testo, fornendone il significato letterale sulla base della LXX e confrontandola, se occorre, con altre traduzioni greche della Bibbia ebraica e con elementi ebraici. Vanno fatte da subito osservazioni puntuali senza esagerare, sostiene Basilio in un Canone riportato nell’Ep 188, 15 (II, 131, 1-5) ad Amfilochio. Per la lettura dei salmi va precisato da subito se il salmo sia un semplice salmo o invece un canto o una profezia, osservando se è prevista la presenza o meno dello ‘strumento’ (organo) che accompagna la recitazione o il canto del salmo; o se invece il salmo è affidato alla sola voce. Naturalmente il salmo va collocato nel suo contesto, fornendo una puntuale ricognizione del suo radicamento storico.270 Così, mentre viene stabilito il significato dei termini, viene pure identificata la situazione concreta che origina il salmo o alla quale esso fa riferimento. 268   Basilio se ne serve (CEun I, 20, 23-26; 22, 29-31) per criticare la non consequenzialità logica delle affermazioni di Eunomio e per mostrare la intima concatenazione delle relazioni tra le Persone trinitarie, quasi a dire che la realtà Trinitaria fondi ed esiga in rapporto alle Scritture una specifica akolouthia esegetica e spirituale. In questo sarà seguito dal Nisseno che fa largo uso della akolouthia (concatenazione, consequenzialità), come riconosce A. Cortesi o.p., Le omelie sul Cantico dei Cantici di Gregorio di Nissa. Proposta di un itinerario di vita battesimale, Institutum Patristicum ‘Augustinianum’, Roma 2000, 25 e 73-75 con rimando agli studi di B. De Margerie, Introduzione alla storia dell’esegesi I: I Padri greci e orientali, Roma 1983, 217-242. 269   L’akoulouthia è elemento discriminante di continuità nelle consacrazioni episcopali, cfr. Ep can 188, 1(II, 123, 54-55). Essa inoltre è determinante quale ‘concatenazione della memoria’ per rifarsi alla tradizione orale dei Padri: Ep 70 (I, 165, 35-37); Ep 204, 6 (II, 178, 5); de Spir s XXIX, 71 (SCh 17, bis, 500), in cui sono richiamati 1Cor, 11, 2 e 2Ts 2, 15. 270   Questo era importante per Eusebio di Cesarea ma anche per Diodoro di Tarso, la cui sistematica contestualizzazione storica dei salmi rappresenta un dato singolare e innovativo nell’ambito esegetico patristico, Simonetti, Lettera e/o allegoria, 161-162.

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Ciò permette ed esige, tra l’altro - sfruttando il metodo suggerito in altro ambito da Aristarco - di individuare la persona (prosōpon) che proferisce il salmo o quella che di volta in volta parla o quella alla quale si riferisce il profeta/salmista.271 Si tratta di un metodo largamente e diffusamente utilizzato, quello della specifica esegesi prosopografica.272 Non tutti i salmi recano un titolo, ma quando compare va attentamente analizzato perché ritiene Basilio - esso è parte del testo biblico e non una semplice aggiunta redazionale, come ricordato più sopra (il paragrafo Con o senza titolo). Il Cappadoce stabilisce sempre il significato dei titoli dei salmi, scorgendo in essi la giusta chiave per la loro lettura. È importante tuttavia per Basilio un altro principio esegetico, quello di ‘collazionare’ i luoghi biblici in cui una storia e una parola compaiono.273 Pertanto egli raccoglie i loci biblici di parole e frasi simili - come richiamato - convinto come altri che la Scrittura medesima offra l’interpretazione di se stessa274 in quanto autotestimoniante: «Ogni parola o cosa deve essere confermata dalla Scrittura divinamente ispirata, perché si possa compiere il bene con piena certezza, e avere vergogna del male», Mor XXVI, 1.275 Tutto ciò rende possibile stabilire la portata esatta d’un termine e di un episodio,276 ed anche suggerire al lettore il giusto comportamento da assumere nella vita.

  Stessa attenzione nel De Spir s (V, 8; XXI, 52) in cui compare ‘prosōpon’ senza il preciso significato tecnico/teologico opposto a ipostasi. Vedi anche commento ai salmi. 272   Si vedano i lavori di Rondeau. 273   Questo Basilio fa ad es. nel De Spir s e nel De Bapt fin dalle prime pagine. 274   Cfr. ad es. Rb 234; Sabell 608B; De Bapt 1581D. 275   Cfr. anche Rb 1: si può dire e fare solo quanto è guidato ed ispirato da quello stesso Spirito Santo che neppure parla da sé ma prende dal Cristo (Gv 16, 13), che a sua volta prende dal Padre (Gv 12, 49). 276   Cfr. ad es. De Bapt 1516AB; 1528B-1529A (regno dei cieli), 1589B; e l’intera questione IX (1612B-1617B); Gratiarum act 224D-225A; Rb 267, 1264C; Ep 188, 648B. Allo stesso modo Basilio affronta la questione della divinità dello Spirito Santo: raccoglie i passi biblici (e quelli provenienti dalla Tradizione) riferiti allo Spirito, De Spir s V, 9; IX, 22. Lo stesso dice nell’omelia sui Proverbi: «E, insomma, ti è possibile conoscere la verità del discorso se raccogli a tutt’agio le cose dette da Salomone riguardo alla sapienza», Princ Prov § 4 [393B]. Anche il Nisseno segue lo stesso metodo; cfr. ad es. quanto fa a proposito di ‘sottomettere’, Gregorio di Nissa, In illud: tunc et Filius ipse (4) [1304] tr. it. 689. 271

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2. Congiunzione Paolo e Giovanni Un ulteriore strumento interpretativo cui Basilio ricorre spesso nelle sue omelie sui Salmi è l’accostamento quasi sistematico di testi giovannei e paolini. Ciò non rappresenta solo una collatio ma uno specifico criterio ermeneutico per meglio cogliere il significato autentico della Parola di Do. Marco Rizzi ipotizza che alla base dell’epistemologia e della dottrina spirituale di Clemente Alessandrino ci sia una combinazione fondamentale di testi paolini e giovannei, integrati di volta in volta da altre formule (in specie veterotestamentarie), combinazione che costituisce un programma al tempo stesso gnostico e mistico; si tratterebbe di uno schema ermeneutico paolino giovanneo.277 Schema questo frequentissimo nelle omelie basiliane sui salmi. Oltre a ciò, Basilio ricorre anche alla sua formazione retorica e filosofica per stabilire la portata delle singole parole a meglio comprendere la Parola biblica-cristiana. Richiama ad esempio le affermazioni dei filosofi sul fine della vita umana, sul compito che ha l’uomo di acquisire tutte le virtù tra loro strettamente connesse; sulla sua tensione al bene, anzi al Bene supremo e il suo protendersi alla Bellezza. Fa riferimento non solo alla medicina ma anche ai dati biologici ed anatomici (come funzionano la voce, la digestione, il rutto, il parto....); ma anche ai dati zoologici (api, ariete, unicorno, ecc.) e alle conoscenze botaniche (cedro, vite). Basilio non si esime neppure dal richiamare elementi bellici, concernenti ad es. le tattiche e le modalità di condurre le guerre e le battaglie navali; convinto che tutto può concorrere a meglio illustrare il senso della Parola.278

III.4 Dischiudere il senso antropologico cristiano totale Precisato tutto ciò, Basilio lo rapporta alla vita degli uditori cristiani, evidenziando le conseguenti implicazioni etiche del testo salmico, il suo possibile ed effettivo portato morale e la sua tensione spirituale. Egli opera cioè il passaggio dal letterale/storico al significato più alto o spirituale, da intendersi in senso ampio, e lo fa basandosi su una conoscenza profonda della condizione umana, cioè su una sua visione antropologica.

  Marco Rizzi, Il fondamento epistemologico della mistica in Clemente Alessandrino, in L. F. Pizzolato - M. Rizzi (a c. di), Origene maestro di vita spirituale, 96 e 108. 278   Vedi In Ps 7, 13 § 7 [245C]. Cfr. anche Commento a Isaia XVI, 315. 277

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1. Antropologia basiliana Tale passaggio di significati può richiamare la concezione ‘platonica’ dei due livelli della realtà (materiale e spirituale/intelligibile), ma di fatto è ispirato da un testo dell’apostolo Paolo: «egli ci ha anche resi idonei a essere ministri di un nuovo patto, non di lettera, ma di Spirito; perché la lettera uccide, ma lo Spirito vivifica» (2Cor 3, 6).279 Un’indicazione decisiva in tal senso Basilio la offre nel De Spir s, citando 2Cor 3, 17, 2Cor 3, 18 e 2Cor 3, 14-16-17, per dire che occorre non fermarsi alla dimensione grammaticale e legale, come fa spesso la lettura giudaica, come non in grado di distaccarsi dalla pura interpretazione ed attuazione ‘somatica’ della Legge, venuta meno con la venuta del Cristo. Questi ha tolto il velo - l’oscurità della Legge - che copre il volto di Mosè introducendo alla contemplazione pneumatica, cui si accede mediante conversione al Signore. Del resto anche a Mosè è stato concesso di scendere nel senso profondo della Legge passando dal senso grammaticale/letterale allo spirituale.280 Occorre dunque transitare dalla lettera allo spirito per pervenire al significato ultimo del testo e del reale; indicazione ermeneutica, questa, costante in Origene e che Basilio fa sua, quella per cui la Scrittura (VT e NT) è un pozzo da cui occorre togliere la terra - rimuovere cioè la superficie della lettera - per farne sgorgare i sensi spirituali quale acqua viva dalla pietra interiore ove è il Cristo.281   Basilio vi fa riferimento anche nel prologo De fide 677A; De Bapt 1545C-1548A; 1557BC. 2Cor 3, 6 è il testo/programma ampiamente diffuso di esegesi, che Basilio cita espressamente nel De Bapt per stabilire la radicale differenza tra la lettera (la Legge), e lo spirito, e cioè l’insegnamento del Signore, le cui parole sono spirito e vita (Gv 6, 63), De Bapt 1557BC. Tuttavia nelle omelie salmiche non vi fa ricorso esplicito, anche se ne condivide il pensiero, come mostra a suo modo il commento a Sal 32, 3, in cui però richiama Rm 7, 6 (In Ps 32, 3 § 2 [328B]). Origene aveva presente 2Cor 3, 6 nel lavoro esegetico, Origene, Omelie sul Genesi VII, 4 (SCh 7bis 206, 35-36); Omelie su Levitico I, 1; VII, 5; Omelie sui Numeri XI, 2, 1 (SCh 442, 22, 132-135: uno scriba sapiente -Mt 13, 52- sa distinguere lettera e spirito); Commento a Giovanni, V, VIII, 1 (SCh 120, 390). Secondo Origene la situazione del doppio sguardo secondo la carne e secondo lo spirito si ripete davanti a ogni parola biblica e davanti al Cristo, Origene Omelie su Levitico I, 1; XVI, 1. Il Nisseno, avviando il commento del Cantico, richiama esplicitamente 2Cor 3, 16 per separare nettamente l’interpretazione carnale della Scrittura da quella spirituale, Gregorio di Nissa, Omelie sul Cantico. Prologo (GNO VI, 7, 1-2 e 12-14). Resta valido quanto osserva de Lubac sull’utilizzo patristico-medievale di 2Cor 3, 6, H. de Lubac, Exégèse Médiéval. Les quatre sens de l’Écriture, Première partie II, Paris 1959, 439-451. 280   Cfr. De Spir s XXI, 52 164C-165AB. 281   Origene, Omelie sui Numeri XII, 2, 5 (SCh 442, 256-260).

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Ancora Clemente Alessandrino - trattando del destino ultimo del corpo di Mosè - ricorda platonicamente che «non di tutti è la gnosi»; per cui accade che, mentre gli uni vedono il corpo delle Scritture, le frasi e i nomi (cfr. corpo di Mosè), gli altri distinguono il pensiero e il significato dalla lettera, occupati a contemplare Mosè fra gli angeli.282 Lo Ps. Macario parla dei sensi interni riferendosi a 1Cor 3, 13:283 si può leggere e recitare le Scritture senza capirne il senso; a chi non s’è spogliato dell’uomo vecchio (Col 3, 9) essendo ancora prigioniero dello spirito del mondo, non è dato di percepire le Scritture e coglierne «il vero senso ivi racchiuso».284 Anche per Basilio, insomma, è questione di scorgere i due sensi somatico e noetico, (In Ps 29, 1 §1 [305C]), mediante la contemplazione (theōria), passando dal piano letterale e fattuale/storico del dettato del salmo a quello noetico, mistico spirituale. Egli stesso come d’istinto trascorre - con repentini e formidabili trapassi esegetici - dal testo salmico a un passo paolino (vedi In Ps 32 §2 [328B], dall’analisi letterale all’esegesi spirituale, all’applicazione cristica, cristiana-spirituale (vedi In Ps 29 §1 [305C-308A]),285 sapendo che «spesso infatti la Parola trasferisce gli aspetti somatici dei nomi anche a nozioni pneumatiche in vista di maggiore chiarezza», De Spir s XXVI, 62. Naturalmente Basilio, che commenta i salmi avendo di vista l’uomo nella sua realtà esistenziale, non ne ignora la doppia dimensione alla quale il platonismo aveva posto particolare attenzione, ma la affronta alla luce del dualismo etico oppositivo giovanneo: la storia è perenne confronto ed affronto tra luce e tenebra, tra verità e menzogna; ma anche tra carne e spirito, tra sarx e pneuma (Gv 3, 5-6; cfr. Gv 1, 13). Dualismo rimarcato anche dai testi paolini. L’uomo, teso tra due poli opposti, vive in una situazione oscillante, che richiede un suo libero determinarsi. Basilio raffigura tale condizione umana con l’immagine della bilancia286 posta dentro il cuore dell’uomo: «nel segreto (Mt 6, 2) di ognuno di noi è stata   Clemente Alessandrino, Stromati VI, 15, 132, 3.   Cfr. ad es. Ps. Macario, Omelie spirituali (III) XV, 1, 2 (SCh 275, 172, 14-15.17), in cui parla degli «occhi interni dell’anima» come anche degli «orecchi interni». 284   Ps. Macario, Omelie spirituali (III) XVI, 3, 3-4 (SCh 275, 188, 42-190, 44; 190, 49-55). 285   Ciò obbliga a relativizzare le unilaterali considerazioni sull’esegesi di Basilio, basata su intenzioni programmatiche nel suo commento al libro della Genesi, in cui si limita alla sua scelta esegetica in rapporto al singolo testo della creazione presentata dalla Genesi. 286   All’immagine della bilancia allude anche Gregorio di Nissa, Omelie sulle Beatitudini II, 3.2 e 3.3: la natura pende verso il peggio; beati quanti non pendono verso le passioni dell’anima. 282 283

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preparata da Colui che ci ha creati una certa bilancia, grazie alla quale è possibile valutare la natura delle azioni» (In Ps 61, 10 § 4 [477D-480A]). Nella sua prima omelia aveva affermato che le azioni e le scelte umane vengono valutate come con una bilancia inclinantesi verso il bene o verso il male (Princ Prov § 10, [408A- B-C]). Tale visione ‘duale’ - variazione continua della dottrina delle due vie - è la struttura sistematica e portante delle omelie salmiche in cui Basilio presenta la doppia valenza di ogni scelta umana, rapportabile alla duplice condizione dell’uomo e alla sua costituzione di pensiero e di azione. Per tale ragione all’uomo virtuoso è richiesto di mostrare il giusto compimento delle opere (retto comportamento) e la perfetta conoscenza (retta dottrina). Questa sua situazione oscillante, ‘fluttuante ed estranea’, coglie l’uomo nella condizione di forestiero, pellegrino e viatore, condizione non originaria cui è pervenuto dopo il suo libero e peccaminoso allontanamento da Dio, finendo per essere come un muro attraversato da una frattura che lo rende periclitante. Per questo Basilio lo ribadisce più volte - l’uomo non qui, nel tempo e sulla terra, ha la sua stabile dimora; in questa vita è solo di passaggio (In Ps 14A, 1 § 1 [252A-252B]; la sua stessa vita è continuo cammino. L’uomo è un essere in viaggio; è in se stesso cammino, processo, tale da vivere una perenne modificazione connaturata alla suo attuale essere mutevole (bilancia) e viatore.287 Soggetto in trasformazione, si trova a dover esperire molteplici morti e vivere un distacco dall’attuale condizione di pellegrino tra giorni e ore (Ep 267 III, 136, 13-14) fino all’esodo definitivo, alla dissoluzione ultima (Ep 269, 1 III, 140, 26). Il destino definitivo dell’uomo dipende dal tipo delle sue scelte.288 Pertanto egli può o raggiungere la beatitudine o sprofondare nella dannazione, nella distruzione totale di sé. Ciò significa affrontare il giudizio escatologico in rapporto alla vita abbracciata. Ogni uomo deve comparire davanti a Dio per il giudizio finale, che Basilio presenta   Le caratteristiche dell’uomo, evidenziate da Basilio, richiamano le categorie antropologiche-metafisiche dell’instabilità, dell’instabile bilanciamento introdotte da Georg Simmel e quella del viatore re-introdotta dal pensatore francese Gabriel Marcel, nel suo libro Homo viator del 1944, e da Martin Buber, Il problema dell’uomo, Leumann (Torino), 1985. Per quest’ultimo, il nostro tempo è il tempo del viandante, di chi non ha un tetto sicuro, come ricorda F. Miano, Responsabilità, Napoli, 2009, 98, facendo riferimento al testo di Buber risalente agli anni 1938-42. Per uno sguardo sulla posizione di Simmel cfr., a c. di Laura Boella, il notevole saggio pubblicato nel 1925 di Vladimir Jankélévich, Georg Simmel filosofo della vita, Milano-Udine, 2013. 288   Così Basilio dice anche in Ad adolesc V. 287

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in modo severo e spietato nel prologo De iudicio ma anche nell’Ep 46, 5 (CP 240, 15-242, 44); in un modo un po’ meno drammatico nell’Hom in divites 8 31, 301B. L’uomo è libero, è libertà di scelta; posto a dover sempre decidere. Ed è solo tale dimensione che avvalora il suo gesto e la sua azione. Abbracciando la fede, l’uomo si impegna nel progresso della vita ‘secondo pietà’ e ‘secondo virtù’; facendo propria ‘la misura dell’Incarnazione’ (Rf 43; De Bapt 1552C; 1553A), nella misura della potenza infusa in noi dallo Spirito (Rf 2, 908C), nell’assunzione continua della vita ‘religiosa’ rapportata a Dio.289 Di conseguenza gli è richiesto di osservare tutti i comandi che il Signore gli ha dato, nessuno escluso, anche perché l’osservanza virtuosa di un comandamento comporta con sé l’osservanza di tutti gli altri (cfr. ad es. Rf proem 893A); il possesso di una virtù implica necessariamente quello delle altre virtù. Questa convinzione stoica della coimplicanza delle virtù, è anche convincimento cristiano con un proprio fondamento.290 Naturalmente non basta un solo atto virtuoso; occorre una vita virtuosa (vedi In Ps 14, 2 § 3 [256A]). Anche per lo Ps. Macario - per il quale il cammino/progresso spirituale coincide con la tensione alla ‘sublime virtù percorrendo la beata e divina ma stretta strada della giustizia (Mt 7, 14)291 - tutte le virtù sono legate e appese l’una all’altra come in una catena spirituale.292 Per cui trascurare un solo comando è trascurare l’intero comando di Dio. Una sola mancanza determina la mancanza del tutto,293 impedisce l’integrale osservanza dei comandamenti, che Dio ha dati all’uomo per la sua divinizzazione. Cristo ha confermato e radicalizzato questo progetto di Dio Padre.

289   Ciò stacca dai demoni e dai falsi oracoli; conta l’elevazione dell’anima, il suo cammino mediante virtù in una vita moderata e secondo natura, scegliendo quanto è più vantaggioso e utile, questo ribadiva Origene in contrasto con Celso, Origene, Contro Celso VII, 3 (SCh 147, 18, 21-25 e 20, 41-45). L’Alessandrino puntualizza che quanto caratterizza i cristiani è una vita secondo natura con la saggezza e le altre virtù, Origene, Contro Celso II, 29 (SCh 132, 358, 13-14). 290   In tal senso si muove l’intera Rf 1 (col 905b-908B). Per Crisippo (SVF III, 280) le virtù sono inseparabili, condividendo gli stessi principi e il medesimo fine (telos). 291   Ps. Macario, Omelie spirituali (III) XVI, 1, 1 (SCh 275, 178, 1-12). 292   Ps. Macario Discorsi (I) IV, 1 (tr. it. 83). 293   Cfr. De Bapt 1616A; Rf proem 892C. Basilio ha appreso dalla saggezza stoica che «non è poco nella vita, sbagliare di poco» (Sesto, Sentenziario, Chadwick 12, n. 10; cfr. Origene Commento a Ezechiele VII GCS 8, 334), Basilio De Bapt 1528A. Pertanto dalla mancanza anche solo di un poco, tutto viene compromesso, De Bapt 1612B.

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2. Il destino dell’uomo: sua somiglianza partecipativa con Dio 2.1 Senso ultimo dell’uomo: diventare ‘dio’ con/in Dio L’uomo, diceva Basilio, è uno che ha avuto l’ordine di diventare ‘dio’; è uno il cui più grande desiderio non è solo quello di raggiungere la familiarità con Dio (hē pros Theon homoiōsis) ma quello di ‘divenire Dio’.294 Questa affermazione richiama il linguaggio platonico presente anche in Giuliano;295 ma in Basilio tale prospettiva ha fondamento e contenuto totalmente diversi. L’uomo, diversamente dal Figlio di Dio perfetto fin dall’inizio,296 deve tendere alla perfezione, secondo il comando di Cristo (Mt 5, 48); deve raggiungere la perfezione (cfr. De Bapt 1516A) agendo in ordine allo scopo della pietà (skopon tēs eusebeias) (De Bapt 1541A; Rf 8, 936B; 16, 960B; Rb 74, 1133C; cfr. anche Rf proem 889A; Rb 264, 1261C), impostando la vita secondo Dio e in vista di Dio, in un cammino di perfezione. L’uomo di Dio deve essere perfetto (Rf proemium 900B), lasciandosi condurre alla perfezione nell’esercizio della pietà (De Spir s XIV, 33), cercandola imitando Cristo (De Spir s XV, 35), vivendo «secondo la misura dell’Incarnazione» del Verbo, facendola propria. In modo non dissimile si esprimeva lo Ps. Macario: avere «lo scopo della perfezione» e attendere «la libertà mediante lo spirito dell’adozione, che è la piena liberazione dell’uomo vecchio (cfr. Ef 4, 22)».297

294   De Spir s IX, 23; cfr. anche CEun II, 3, 5 e 4 e In Ps 29, 6 4 [313C].Si richiami Plotino, Enneadi VI, 9, 9, 50-59. 295   Tra i benefici di Helios agli uomini c’è quello di elevarli alle sostanze apparentate (syggeneis) a Dio, Giuliano, A Helios re 37, 5-6. 296   De Spir s VIII, 20. 297   Ps. Macario, Omelie spirituali (III) X, 1, 2 (SCh 275, 154, 15-18).

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2.2 I tre gradi/gradini del cammino della vita spirituale: dal mercenario all’amore puro Con quanto precede Basilio ha di fatto delineato la sua visione dell’uomo, correlata alla presentazione dei tre gradini da salire per giungere alla perfezione, alla somiglianza con Dio, che è effettiva partecipazione alla sua realtà divina. Ciò richiede, prima di tutto, che l’uomo prenda posizione davanti a Dio, assumendo liberamente di determinarsi per il cammino verso la piena realizzazione della perfezione umana e spirituale (‘divina’) nello stesso tempo. Il percorso da compiere prevede per Basilio tre momenti fondamentali, corrispondenti non a tre categorie di uomini come riteneva il convincimento gnostico,298 ma a tre atteggiamenti della stessa persona che tale cammino intraprende, atteggiamenti che di fatto corrispondono ai tre gradi successivi di innalzamento verso la perfetta virtù, passando dal livello della prestazione servile all’amore puro. Questo sguardo complessivo è determinante nella visione spirituale di Basilio, il quale, oltre che nel paragrafo 2 dell’omelia In Ps 1 [213A],299 ne parla esplicitamente fin dal Proemium delle sue Regola ampie: «Insomma io vedo queste tre disposizioni d’animo di fronte alla inevitabile necessità di ubbidire: (1) o si teme300 il castigo e perciò si evita il male, e allora siamo nella disposizione di schiavi; (2) oppure, perseguendo il guadagno della retribuzione, adempiamo i precetti per il vantaggio che ne proviene, e in questo siamo simili ai mercenari. (3) Oppure agiamo a motivo del bene in sé e per amore verso colui che ci ha dato la legge, con letizia per essere stati fatti degni di servire a Dio tanto glorioso e buono; e in tal modo siamo nella disposizione di figli » (Rf Proemium 896B).301

  Per gli gnostici si danno tre categorie di uomini, tali per natura; per cui l’umanità va suddivisa in uomini spirituali, psichici e materiali, in riferimento alla parabola evangelica del lievito che parlava delle tre misure di farina (Lc 13, 21). Un riscontro in Ireneo, Contro le eresie I, 8, 3; e in Clemente Alessandrino cit. in M. Simonetti, Testi gnostici cristiani, Bari, 1970, 206 e 225. Per l’Ambrosiaster (De Mathaeo Evangelio III, 19) si danno nel tempo tre generi di uomini: empi, peccatori e santi («Nunc enim tria genera hominum sunt, impiorum, peccatorum, sanctorum»); si tratta di tre gradi, di tre parti e misure di un unico corpo; ed è così che va interpretata la parabola del lievito (IV De tribus mensuris), cfr. a c. di A. Pollastri, Ambrosiaster, Frammenti esegetici su Matteo, Bologna, 2014, 248 e 254. 299   I salmi rappresentano «per gli inizianti insegnamento dei primi elementi; dei progredienti accrescimento; dei perfetti solido sostegno», In Ps 1 § 2 [213A]. 300   Sul timore cfr. Rf 4 e In Ps 32, 8 § 6 [337B]. 298

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L’uomo, per assumere il giusto atteggiamento davanti a Dio, deve salire dal timore tipico dello schiavo e dall’atteggiamento interessato del mercenario, al puro amore proprio di chi vive nell’attesa del ‘riposo eterno’: chi veramente ama, anche se deve lottare, non lo attende come ricompensa delle opere ma come puro dono del Dio munifico (In Ps 114, 7 § 5 [492AB]).302 L’amore è necessario in tutte le cose (cfr. 1Cor 13), essendo il carattere proprio del cristiano (prologo De fide 688B e D); tanto che a volte Dio stesso provoca il timore nell’uomo per avviarlo all’agape, al vero amore.303 Anche per Evagrio il bene va scelto per null’altro che per se stesso.304 Gregorio di Nissa riprende questa prospettiva alla fine della Vita di Mosè305 e all’inizio del suo Commento al Cantico dei Cantici: si dà la paura da schiavi che teme la geenna; chi spera una ricompensa in contraccambio; chi ama Dio la fonte del bene.306 Questa prospettiva è rapportata alle tre età della vita umana secondo la carne (l’infanzia, l’uomo cresciuto, l’uomo adulto), cui corrisponde la lettura successiva dei tre libri biblici: Proverbi, Ecclesiaste, Cantico dei Cantici. Tale realtà di cose era stata presentata da Ireneo307 e in particolare da Origene per il quale il percorso asceticospirituale dell’uomo è rappresentato dalla successione dei tre libri biblici: Proverbi, Ecclesiaste e Cantico dei Cantici. L’Alessandrino, che distingueva l’atteggiamento dello schiavo da quello del figlio nei confronti di Dio,308 aveva collegato -non sempre esplicitamente - la dottrina dei tre gradini con

  Cfr. anche Rb 10, 1088BC; 163, 1188C-1189A. Il Commento a Isaia afferma che la purificazione completa termina con la carità perfetta, In Is 196A. 302   Tale prospettiva supera la riduzione moderna della fede, quella che -dopo Nietzsche, Freud e Marx- la considera nascere, dipendendone, o dalla paura della punizione o dall’attesa del premio. La posizione basiliana mostra il luogo autentico della fede che evita quegli estremi riduttivi e inautentici. 303   De malo 4, 337A. 304   Evagrio Pontico, Trattato pratico prologo (SCh 171, 486, 23-24). 305   Gregorio di Nissa, Vita di Mosè II, 320 (SCh 1, 326, 6-15); Omelie sul Cantico XV (GNO VI, 460, 20-462, 9). 306   Gregorio di Nissa, Omelie sul Cantico I (GNO VI, 15, 18-16, 13). 307   Di una crescita graduale dell’uomo attraverso un triplice passaggio parlava Ireneo, Contro le eresie IV, 11, 1 (in augmentum et incrementum) e 11, 2: ciò che è creato riceve un inizio, uno stato intermedio e una maturità (akmē). 308   Si veda nota a In Ps 32, 8 §6 [337B]. 301

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le tre virtù teologali,309 con la progressiva comprensione della Scrittura, correlata alla progressiva somministrazione dei tipi di cibo.310 2.3 Dal dis/stacco negativo alla perfezione dell’amore Basilio ha continuamente presente questo schema tripartito del progresso spirituale, anche se non sempre lo esplicita.311 1. All’inizio del percorso di perfezione c’è sempre un momento negativo di stacco e di rottura, come insegna l’arte medica: per la piena salute del corpo, si esige prima di tutto la separazione da quanto è estraneo e nocivo al corpo umano (Rf 55 1045CD). Anche chi si incammina verso la perfezione virtuosa deve distaccarsi dal male col quale non può convivere.312 Lo stesso propone Plotino richiamando l’allontanamento di Ulisse da Calipso e da Circe, per illustrare il distacco dell’anima umana dai piaceri del mondo sensibile;313 questo proponevano i vari ‘esercizi spirituali’ della ricerca filosofica e i vari riti iniziatici, come più sopra ricordato. Per avere la vita nascosta in Cristo (Col 3, 3) prima di tutto dunque bisogna ‘morire’ purificandosi dall’attaccamento alla vita

  «Ritengo che la fede costituisca il primo inizio della salvezza e il suo stesso fondamento, la speranza poi costituisce il progresso e la crescita dell’edificio; la carità infine la perfezione e il culmine di tutta l’opera», Origene, Commento alla lettera ai Romani IV, 6 (PG 14, 981A). 310   Vedi nota a Princ Prov § 1 [388A]. 311   Basilio, interpretando 1Cor 13, 11, paragona il culto giudaico all’animo infantile e la conoscenza del vangelo all’uomo perfetto in tutto, De fide 681B. Nell’Ep 207, 2 (II, 185, 18-19) si considera egli stesso bambino se confrontato con i veri perfetti nell’ascesi sparsi in diverse regioni della terra. 312   Rf 5, 920B-921A; De Bapt 1516D; In Ps 33, 15 [376]. Già per Origene non si dà alcun rapporto tra i due estremi di vizio/male e di virtù/bene né si danno spazi intermedi per un eventuale progresso. «Non c’è niente di mezzo infatti tra il fare peccato e il non fare peccato», dice Origene, Commento a Giovanni XX, XIII, 107 (SCh 290, 212, 64-65); e questo in consonanza con egli Stoici i quali «ritengono che non ci sia niente in mezzo tra la virtù e il vizio, mentre i peripatetici dicono che tra la virtù e il vizio c’è il progredire», Diogene Laerzio, Vite dei filosofi, VII, 127 (SVF III, 536). 309

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(pros to zēn prospatheias)314 in perfetta rinuncia al diavolo, a questo mondo e anche a sé stessi ricevendo in sé la sentenza di morte. (Rf 8, 936C). 2. Si avanza poi nel cammino con una lotta continua. Non per nulla Basilio, come già Origene, paragona il progrediente ad un atleta, ad un combattente (In Ps 33, 2a § 1 [353A]), basandosi su 2Tm 2, 5 (l’atleta riceve la corona soltanto se ha lottato secondo le regole, nomimōs)315 e anche su 1Tm 6, 12 e 2Tm 4, 7 (va combattuta la buona battaglia per ricevere la corona). Si esige un combattimento continuo con le forze avverse. «È necessaria una lotta grande e condotta secondo le regole» (De Bapt 1540C).316 Per questa visione Basilio deve molto all’esperienza monastica propria e altrui317 ma anche alla figura del martire, l’atleta per eccellenza cui spetta la corona di gloria. 3. Alla fine si può diventare ‘perfetti’ secondo il comando di Cristo (Mt 5, 48) raggiungendo lo stato di perfezione del ‘rivestire’ il Cristo (cfr. 1Cor 2, 6; 14, 20). Chi è giunto a questo livello «avendo rivestito il Figlio di Dio, è fatto degno del grado perfetto…; è il Signore Gesù che dà il potere di diventare figli di Dio (Gv 1, 12)», De Bapt1565AB. Ciò è possibile grazie all’azione indispensabile dello Spirito Santo (cfr. Eb 10, 14-15; 13, 21).318 Naturalmente, Basilio ne è consapevole, tale stato non è ancora la condizione definitiva. La misura di perfezione raggiunta prepara a quella compiuta, alla gioia escatologica nel Regno di Dio. Nell’omelia In Ps 1, 1 § 4 [217CD-220A] Basilio evoca il simbolo della scala senza riferimento a Cristo,319 solo al fine di descrivere il cammino della pietà: esso inizia con lo stacco da terra (allontanamento dal male), prosegue con la salita (cammino di perfezione), porta in cielo (stadio della perfezione) introducendo alla vita beata (dimensione escatologica). Il cammino di fede verso l’incontro   Plotino, Enneadi I, 6, 8, 18-20.   Cfr. Rb 234; De Bapt 1520A. 315   Cfr. Rb 76 1136C; 197 1213A; 256 1253B; De Bapt 1600B; 1616A; Rf Proemium 892C; Attende § 4 [208A]. 316   Cfr. anche Ad adolesc II, 8; Ep 173 (II, 109, 25-26); De iudicio 676A; Rf Proemium 900A. 317   Cfr. Ps. Macario, Discorsi (I) II, 3 (tr. it. 41); (I) V, 2 (tr. it.125); Omelie spirituali (III) XII, 1-2 (SCh 275, 164-170: si deve attraversare prove e combattimenti per ottenere la corona). 318   È lo Spirito Santo che dona il perfezionamento agli esseri razionali, De Spir s XXVI, 61 319   Per Origene la strada/via è il Cristo; chi si incammina con/su di lui non abbisogna di bisaccia né di mantello né di bastone né di calzari: «La strada è sufficiente, da sola, a sostituire ogni equipaggiamento. E chi cammina su di essa non ha bisogno di nulla, se è rivestito di quella veste che deve ornare chi prende parte ad un invito a nozze; né troverà lungo la strada impedimenti che possano impedirlo», Origene, Commento a Giovanni I, XXVII, 183-184 (SCh 120, 150) 313 314

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con Dio, si sviluppa secondo uno schema fatto di tre momenti, 320 che Basilio varia all’infinito. Egli può dire ad es.: «Dunque chi 1) ha ascoltato la chiamata e 2) si è avvicinato e 3) si è unito saldamente a colui che ha rivolto l’invito, vedrà Colui che ha pacificato tutte le cose attraverso la Croce, sia quelle sulla terra, sia quelle nei cieli (Col 1, 20)», In Ps 45, 9 §7 [428AB]. Ora tale cammino per l’uomo dura tutta la vita, paragonata infatti ad una ‘strada’. Ma la vera strada per la perfezione è Cristo, dice Basilio nel De Spir s mostrando il significato alto e tutt’altro che disonorevole del titolo ‘strada/via’ riferito a Cristo. «Infatti chiamiamo ‘strada/via’ il progresso verso la perfezione fatto in continuità e ordine mediante la giustizia delle opere e la conoscenza della illuminazione, sempre procedendo in avanti e sospingendo noi stessi oltre, fino a raggiungere il fine beato, la comprensione di Dio, di cui il Signore ci fa grazia mediante se stesso a quanti hanno creduto in lui. È realmente strada buona, che non fa sviare né deviare, il Signore nostro, conducendo verso il realmente buono, il Padre».321 Il Bene supremo cui l’uomo aspira, ha ora il nome che il Cristo ha rivelato: Dio Padre. In tal modo, ritiene Basilio, l’aspirazione greca alla somiglianza con Dio ha la sua piena attuazione perché si arriva ad essere come Dio per sempre (non solo in un momento fuggitivo) e con la totalità del proprio essere, corpo compreso (non solo con il pensiero). La legge della spiritualità basiliana resta l’Incarnazione: un corpo di carne ha potuto contenere e portare la divinità. Questo, proprio del Cristo, è un mistero aperto a quanti lo seguono e divengono uno in lui nella potenza dello Spirito.

III.5 La mistica epoptica-unitiva e la sua cifra nuziale Qui va aperto un nuovo fronte nella presentazione usuale della teologia di Basilio: quello della mistica, da intendersi non certo nella sua accezione legata a fenomeni straordinari (come quella impostasi nel XV-XVI, epoca in cui l’aggettivo ‘mistico’ si sostantiva in ‘mistica’ dando vita alla ‘scienza mistica’), ma in riferimento alla consapevolezza della presenza esperienziale di Dio - l’infinito, il non delimitabile, l’Assoluto - nel cuore dell’uomo, nell’intimo della sua persona. In tale prospettiva vanno colti i riferimenti di Basilio al Cantico dei Cantici, - libro ormai ‘tradizionalmente’   È ancora utile, al di là di certe forzature schematiche, il libro di Pierre Humbertclaude, La doctrine ascétique de saint Basile de Césarée, Paris 1932. 321   De Spir s VIII, 18. 320

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connesso con quelli dei Proverbi e dell’Ecclesiaste322 - perché, col richiamo di alcuni snodi centrali o comunque significativi del Cantico, egli arriva a toccare elementi basilari dell’esperienza mistica.323 I testi del Cantico citati espressamente da Basilio nelle omelie sui salmi sono i seguenti: 1. Tutta bella, o mia vicina e macchia non c’è in te (Ct 4, 7), In Ps 29, 8 § 5 [317C]; 2. io dormo ma il mio cuore veglia (cfr. Ct 5, 2), In Ps 33, 2 § 1 [353C]; cfr. anche Hex VII, 6, 70-71: che la notte sia occupata dalla gioia delle cose udite durante il giorno; 3. «ferito nell’anima da questa bellezza» (cfr. Ct 4, 9), In Ps 44, 3 § 4 [396C]; 4. Io sono ferita dall’agape (Ct 2, 5), In Ps 44, 6 § 6 [401D-404A]; 5. «unica è la perfetta colomba» (cfr. Ct 6, 9 ) del Cristo, In Ps 44, 10 § 9 [408C]; 6. si può evocare anche Ct 1, 4 Dietro di te, corriamo nell’odore dei tuoi profumi; post te in odorem unguentorum tuorum curremus, In Ps 44, 15 § 11 [412C], quando Basilio afferma, richiamando Origene, «Seguono la sposa del Signore alcune anime». Attraverso due passi del Cantico evocanti la Bellezza (4, 7; 4, 9) Basilio ne tratta in modo emblematico in due omelie sui salmi. Nell’omelia In Ps 29, 8 § 5, stabilito che la bellezza va collocata tra le virtù, evoca la convinzione di scuola che distingue le virtù teoretiche da quelle pratiche, alle quali appartiene appunto la bellezza congiunta alla forza (316C-317A). Naturalmente per Basilio si tratta del fascino dell’anima, dell’armonia esistente tra le sue facoltà e del raggiungere tale virtù, dal momento che l’uomo ha perso la propria bellezza originaria nella quale era stato costituito. Con tale ultimo rilievo, Basilio si riferisce alla Rivelazione biblica quando dice che l’uomo deve raggiungere di nuovo la bellezza e lo può mediante l’intervento della Grazia di Dio.324   Basilio, proseguendo Ippolito e Origene, considera strettamente collegati e in ordine di successione i libri dei Proverbi dell’Ecclesiaste e del Cantico dei Cantici attribuiti a Salomone (Princ Prov § 1 [388A-B]). Gregorio di Nissa si muoverà sulla stessa linea. Cfr. anche Cristina Simonelli, La vita perfetta ed il suo esercizio. Le Omelie sull’Ecclesiaste di Gregorio di Nissa come itinerario ascetico, in G. Angelini et alii, Ascesi e figura cristiana dell’agire, Milano 2005, 97-134. 323   Basilio dunque non ignora il Cantico, come ritenevano Gribomont e Girardi; cfr. M. Girardi. Basilio, 66. Certo sono esigue le sue citazioni ma non irrilevanti; cfr. Maria Antonietta Barbàra, Basilio di Cesarea e il libro del Cantico dei cantici in Radici Colace P.- Zumbo A. (edd.), Atti del Convegno “Itinerari Basiliani”, Messina, 24-25 marzo 2006, Messina-Napoli 2006, 59-72. Il tema nuziale è ispirato a Basilio certo dal Cantico ma anche dal vissuto esperienzale di Macrina sua sorella. Non a caso il Nisseno descrive anche la morte di Macrina come un suo andare incontro al Cristo Sposo, Gregorio di Nissa, Vita di Macrina 22-24 (SCh 178, 212-224). 324   Basilio coniuga insieme l’impegno della libertà umana e l’apporto gratuito della Grazia di Dio che sostiene quello dell’uomo. Idea non diversa da quella che sarà di san Bernardo 322

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Va aggiunto che per il Cappadoce la bellezza dell’anima non è ancora quell’autentica; la vera bellezza è quella di Dio, il quale la partecipa alla persona umana, al fine di realizzare le nozze con essa. Tale affermazione è una torsione mistica. È il Logos Sposo che desidera congiungersi con l’anima sposa, chiamata a divenire bella per Lui. Sapendo la sua destinazione, l’anima/persona umana deve preoccuparsi della bellezza affinché lo Sposo Logos/Verbo le dica: Tutta bella….e macchia non c’è in te (Ct 4, 7). Con tali affermazioni Basilio dà una connotazione relazionale e personalista al tema della bellezza. Non conduce l’anima/persona a un ripiegamento su di sé né avalla una concezione astratta del bello, ma la guida al Bello in sé, che coincide con il Logos persona desideroso di stabilire una relazione personale-nuziale con la creatura umana. Per l’anima umana si tratta di «riacquistare la propria bellezza per apparire desiderabile allo Sposo e re» (In Ps 44, 11 § 10 [409B]). Bellezza che la sposa deve possedere al suo interno (Sal 44, 14) acquisendo la purezza intima (§ 11 [412A]). Ciò è possibile stante il dettato nuziale (cfr. Gen 2, 24 ) - se si lascia il proprio padre cioé metaforicamente il passato paganesimo - coi suoi miti (favole pagane), col suo ethos (cattivi costumi) e con le sue dottrine (insegnamenti paterni), con i suoi sacrifici, danze notturne e favole dissolute (§ 10 [409AB]) - ma anche l’opera e gli insegnamenti ‘demonici/demoniaci’ che portano alla perdizione. Abbandonare queste realtà - il primo gradino degli ‘esercizi’ della filosofia greca e della iniziazione misterica - significa per la sposa «essere purificata dagli antichi insegnamenti della malvagità» (§ 11 [412A]), per accogliere il nuovo insegnamento e dedicarsi alla contemplazione del creato e, di qui secondo la linea sapienziale ripresa da san Paolo -, a quella del Creatore ( § 10 [409A]). Tutto questo Basilio esplicita commentando la seconda parte del salmo 44 (44, 9-18) e in particolare il v. 10 che legge in chiave ecclesiale: la regina che sta alla destra del re è la Chiesa e l’anima ecclesiale; è la sposa di Cristo divenuta figlia del re (Sal 44, 14) per adozione (§ 11 [412A]). La Chiesa-anima vive questo passaggio decisivo in quanto è la donna del Cantico, l’unica perfetta colomba (Ct 6, 9). di Chiaravalle, De gratia et libero arbitrio XIV, 4: «Non partim gratia, partim liberum arbitrium; sed totum singula opere individuo peragunt: totum quidem hoc, et totum illa, sed ut totum in illo, sic totum ex illa (Non una parte la grazia, una parte il libero arbitrio; ma tutto agiscono ciascuno singolarmente con apporto proprio; tutto certo quello e tutto quella, ma come tutto in quello, così tutto da quella)». Frase ripresa da Maurice Blondel, L’Azione, IV cap. 1, Cinisello Balsamo 1993, 511.

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Il richiamo al Cantico, non casuale, è in linea con quanto il Cappadoce dice nell’omelia sui Proverbi: «Il Cantico dei Cantici mostra il modo della perfezione delle anime. Contiene infatti la sinfonia di sposa e sposo; cioè un’intimità dell’anima con il Dio Logos» (Princ Prov § 1 [388B]). Inoltre Basilio associa il versetto di Sal 44, 10 (alla tua destra) con la scena del giudizio finale (Mt 25, 32) in cui Cristo pone le pecore alla sua destra (cfr. Mt 25, 33 versetto non citato ma chiaramente evocato). Con tale associazione può considerare la Sposa/Chiesa già nella situazione escatologica definitiva senza ritenerla avulsa dalla condizione drammatica dell’umanità. Lo sposo è il Cristo, che Basilio caratterizza come Logos nuziale il quale vuole congiungere a sé la sposa. Questa, a tale fine, deve essere pronta moralmente (la prassi) e dottrinalmente (la gnosi, la teoria), facendosi trovare libera dal peccato e dalle false dottrine e ornandosi invece di dottrine spirituali. Da una parte la sposa deve avere una gran quantità di profumi (§ 9 [408B]), dall’altra deve indossare una veste «ricamata con ricami variopinti» (Sal 44, 10), metafora della molteplice ricchezza dottrinale che Basilio identifica con i rami di insegnamenti della Scuola greca. La Sposa cristiana (la Chiesa e l’anima) deve assumere gli insegnamenti morali, fisici e quelli detti epoptici (In Ps 44, 10 § 9 [408C]);325 deve far sua la totalità degli ‘esercizi’ della filosofia greca fino a raggiungere l’apice della contemplazione del divino, di Dio stesso. Così essa può andare incontro a Dio, che è quello stesso Sposo che non per nulla la chiama figlia avendola generata nell’agape per renderla intima a sé. Anche in questa considerazione Basilio opera un’autentica torsione mistica personalizzante, mostrando vera esperienza unitiva tra il Verbo nuziale e la creatura umana che egli stesso ha resa Sposa. E questa si unisce a Lui contemplandolo come colui che l’ha generata (§ 10 [409A]). La Sposa, chiamata a farsi bella - per attrarre a sé il Verbo Sposo -abbracciando la totalità dell’esistente (il cosmo creato) e dell’esperienza-ricerca umana (la cultura, la ricerca filosofica con i suoi riti d’iniziazione), fa suo il cammino progressivo dell’uomo che aspira ad assimilarsi a Dio. Tutto questo si compie grazie all’intervento personale e diretto di Dio fattosi Uomo (cfr. la prima parte del commento basiliano al Sal 44) per unire a sé in Nozze l’Umanità. Questo nodo misterico Basilio lo esprime in un sintetico passaggio dell’omelia sul salmo 29, 8a che ora acquista tutto il suo spessore e la giusta luce: «Dobbiamo dunque aver   Passo questo già richiamato.

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premura della bellezza, affinché anche lo Sposo Logos/Verbo, dopo averci accolti, dica: Tutta bella, o mia vicina e macchia non c’è in te (Ct 4, 7)» (§ 5 [317D]). Raggiunto il momento unitivo, Basilio osserva che la Sposa, profondamente cambiata, vive per lo Sposo; nulla può staccarla da Lui perché dedita a Lui e col pensiero costantemente rivolto a Lui anche durante il sonno. Perché anche dormendo il suo cuore veglia proteso allo Sposo, come suggerisce il passo del Cantico dei Cantici che Basilio riporta (In Ps 32 [353C]) richiamando le parole dell’Amata: io dormo ma il mio cuore veglia (Cfr. Ct 5, 2). Ancora, affrontando il testo di Sal 33, 2b (Sempre la lode di lui sulla mia bocca), Basilio lo interpreta col paolino fare tutto per la gloria di Dio, per indicare l’atteggiamento di adesione nuziale dell’anima Sposa a Cristo (§ 1 [353C]). L’uomo è chiamato quindi a mantenere costante la memoria di Dio. Così il Cappadoce trasfigura anche gli influssi stoici e le ascendenze filoniane, trasformandoli in motivo relazionale/personale e sponsale/nuziale, giustificando tale lettura in un notevole passaggio speculativo: «Il pensiero su Dio, impresso una volta e come sigillato nell’egemonico dell’anima, può essere chiamato lode di Dio, la quale inabita completamente l’anima» (In Ps 33, 2b § 1 [353BC]). Accolto il dato che l’anima è guidata da una potenza egemonica (Scuola greca filoniana), precisa che in essa è impresso e sigillato il pensiero di Dio, cui va l’atto della sua lode in un esercizio che l’occupa inabitandola completamente. Il pensiero di Dio è tutt’uno col pensiero del Verbo Sposo, per cui il ricordo di Dio coincide con l’atteggiamento di veglia del cuore della Sposa/Amata che si rapporta al suo Amato/Sposo. Quindi l’atto della lode si costituisce con la presenza dello Sposo nel cuore dell’amata. Stando così le cose, è possibile dire che ora l’egemonico dell’anima, tutt’uno col cuore, è occupato, anzi sigillato da questo amore sponsale, grazie al quale la Sposa vive a lode del suo sposo. Per lei avere memoria di Lui è rimemorare il suo sposo; è vegliare sempre pensando allo Sposo, a tal punto che anche il suo sonno è occupato dal suo amore diurno per lo Sposo «dal momento che, infatti, per lo più le visioni fantasmatiche durante il sonno sono risonanze del pensiero diurno» (§ 1 [353C]). Inevitabilmente questo tipo di realtà - la relazione sponsale tra il Verbo e l’anima/Chiesa - accende quell’eros che si stabilisce nel cuore della Sposa come una sua ferita sempre aperta, la ferita dell’amore. Ferita che rimedia e sana la ferita originaria del cuore umano che Dio aveva creato «senza mescolanza col male. Semplice lo plasmò, il cuore capace di conservare in sé la [Sua] immagine, il Dio demiurgo degli

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uomini. Poi noi rendemmo il cuore stesso vario e molteplice per l’intreccio con le passioni della carne (cfr. Gal 5, 24, Rm 7, 5), distruggendo il carattere divino e semplice ed unitario di esso» (In Ps 32, 15 § 8 [344B]). L’uomo così passa da una odiosa ferita di male alla ferita d’amore, evento che costituisce un’esperienza totalizzante e travolgente, perché tiene sempre desta l’anima sposa rapita dalla bellezza del Cristo. Certo essa non si ferma alla sua bellezza terrena, anche perché Egli ha dovuto come sfigurarsi nel tempo dell’economia della sua passione salvifica. Il profeta Isaia lo sapeva e l’anima credente non si lascia sconvolgere da questo passaggio doloroso della carne del Cristo, ma tiene fisso lo sguardo sulla sua divinità. Così si lascia raggiungere dai fulgori della sua bellezza, del suo ‘splendore intelligibile’ subendone attrazione e ferita nello stesso tempo, una ferita che la rapisce verso di Lui con la potenza propria dell’eros divino. Esperienza che fa sbiadire ogni altra realtà umana che possa averla attratta: tutte le cose amate fino a quel momento appaiono turpi e spregevoli. Paradigmatica l’esperienza di Paolo: quando vide Colui che è splendido di bellezza (Sal 44, 3a), «ritenne tutte le cose spazzatura, al fine di guadagnare Cristo» (cfr. Fil 3, 8). Esperienza che si rinnova in ogni uomo rapito dalla bellezza del Cristo, come nei santi i quali «sopportavano a fatica, come un carcere, questa vita, così irrefrenabili erano gli impeti di coloro la cui anima era stata toccata dal desiderio di Dio. Ed essi, insaziabili di contemplare la divina bellezza, pregavano perché tale contemplazione delle delizie del Signore si estendesse a tutta la vita eterna» Rf 2, 912A. Queste considerazioni dicono il vertice della visione se non anche dell’esperienza mistica di Basilio stesso, che ne parla muovendo dal versetto salmico le tue frecce aguzze (Sal 44, 6a) (§ 6 [401C]). Dio e Cristo sua immagine - Parola e Sapienza, Sposo e Bellezza, agape ed eros - divengono un tutt’uno unito, generando un unico movimento che attrae totalmente a sè la creatura umana destinata a divenire sua sposa: «Inenarrabile e ineffabile la bellezza (kallos) della Parola [401D] e lo splendore della sapienza e la forma di Dio nell’immagine di Lui (cfr. Col 1, 15; 2Cor 4, 4; Fil 2, 6). Beati dunque coloro che sono bramosi di vedere la vera bellezza. Come infatti legati ad essa attraverso la carità agapica ed amando l’amore (erōntes erōta) celeste e beato, si dimenticano di parenti ed amici; si dimenticano della casa e di tutti i beni; avendo dimenticato poi anche la necessità del corpo326 per il mangiare e   Stare alla necessità (anankē) del corpo e a quanto gli serve (tēs chreias ) è il criterio che

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Seconda Parte: Le omelie sui salmi

bere» (In Ps 44, 6a § 6 [401CD-404A]). Il rapimento provato è ferita d’amore che fa ardere le anime verso Dio, ferita tipica della sposa provocata dallo sposo; tutto accade «similmente alla sposa: io sono ferita dall’agape» (Ct 2, 5). Sta qui il cuore dell’esperienza mistica/amorosa, che, mentre si impone, sorpassa ogni possibilità del dirla, perché inesprimibile. Il pensiero di Basilio è chiaro. Quando la creatura umana contempla Cristo, essa coglie e ama la totalità del suo essere Parola, Sapienza e immagine di Dio, dimensioni tutte avvertite nella loro vera e assoluta bellezza. L’amore stesso dell’anima sposa è intensificato all’ennesima potenza, dice Basilio con una forte espressione, «erōntes erōta, amando l’amore celeste e beato» (§ 6 [404A]), per rendere tutta la passionalità dell’adesione dell’umana persona/ sposa a Dio. Si tratta di un amore ‘rapinoso’ che fa dimenticare i legami coi familiari ma anche quelli col proprio corpo, perché trasportati in altra dimensione. La sposa e la sua vita si consumano nel solo eros divino e puro (§ 6 [404A]).327 Siamo nel cuore stesso dell’esperienza mistica 328: Dio diviene il luogo dell’uomo e per l’uomo, ma anche l’uomo diviene il luogo di Dio. Commentando Esultate - dunque - o giusti, nel Signore (Sal 32, 1a), Basilio afferma: «Il Signore è come un luogo capace di contenere i giusti; chi si trova in esso è assolutamente necessario che stia di buon animo (cfr. At 27, 22.25; Gc 5, 3) e si allieti (cfr. At 2, 26). Anche il giusto diventa un luogo per il Signore, poiché Lo riceve in se stesso», (§ 1 [324CD]). Questa è la ragione vera dell’esultanza, come aveva detto in precedenza: «[È] consueta alla Scrittura la voce della ‘esultanza’, che manifesta una condizione assai ilare e gioiosa dell’anima nei degni di allegrezza. Esultate -dunque- o giusti, nel Signore (Sal 32, 1); non quando vi vanno bene le cose di casa; né quando state bene nel corpo; né quando i campi sono pieni dei più svariati frutti, ma perché possedete il Signore; tale nella bellezza, tale nella bontà, tale nella sapienza. Vi basti la letizia (cfr. Sal 16, 11; At 2, 28; più volte Basilio fornisce a indicare la misura di quanto si debba concedere alle necessità biologiche per poi, liberi, dedicarsi all’anima e alle realtà spirituali, evitando le cure eccessive, le inutili ricercatezze; così in Adolesc IX, 1-7. 327   Il Nisseno segue Basilio: non solo amare (agapēson) ma amare con passione (erasthēti), Gregorio di Nissa, Omelie sul Cantico I (GNO VI, 23, 7-9). Evidente la portata misticopassionale di Basilio nel sottolineare l’amore erotico quale componente della tensione umana verso Dio e la sua bellezza di Dio. Anche nell’In Ps 44, 3 § 4 [396C] egli introduce l’eros. Lo stesso tono/contenuto compare in Rf 2, una delle sue regole più rappresentative. 328   Il linguaggio mistico seguiterà a parlare di ‘canto d’amore’, ‘amore puro’, amore mistico, notizia amorosa, amare sempre più, desiderio amoroso.

III. La posizione di Basilio

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14, 17) quella [che viene] da Lui» (§ 1 [324B]). Basilio individua il fondamento della nuova condizione nel dato cristologico: il Verbo di Dio, facendosi carne, ha reso il proprio corpo tenda in cui abitare. Pertanto ogni corpo umano è una tenda che può farsi spazio per Dio: «Se la carne è degna di Dio, diventa davvero tenda di Dio come abitazione di Lui presso i santi», (In Ps 14A § 1 [252C]). Certamente «l’autentica bellezza e la più amabile - dice Basilio nell’omelia In Ps 29, 8 § 5 [317B]- [è] quella che concerne la divina e beata natura (cfr. 2Pt 1, 4)»; che l’uomo può contemplare da vicino a Dio facendosi spazio per Lui in una sua vera trasmutazione: «Chi ha fissato i fulgori e le grazie di tale bellezza viene a partecipare di qualcosa di essa, colorandosi, come da un bagno [in una tinta], di un certo fulgore fiorente nel proprio aspetto»329 (§ 5 [317B]). Accade per l’uomo lo stesso che per Mosè: «Così anche il volto di Mosè fu riempito di gloria (cfr. Es 34, 30.35), per l’aver mutato la sua bellezza nell’intrattenersi con Dio». Evento questo che provoca in lui un canto di ringraziamento a Dio: «Chi dunque ha percepito la propria virtù, emette questa voce di ringraziamento: Signore, nel tuo volere hai procurato potenza alla mia bellezza (Sal 29, 8a)» (In Ps 29 § 5 [317B]). L’uomo infine può vivere la divinizzazione resa possibile dal Cristo e da comprendere in chiave personale nuziale. Tale esito finale - dice Basilio commentando il versetto salmico Hai lacerato il mio sacco e mi hai circondato di letizia (Sal 29, 12b) - dà all’uomo la vera allegrezza, perché fatto uno con/in Dio nella peculiarità propria della realtà nuziale: «Ad un uomo tale dunque viene lacerata la veste del lutto, nella quale si era avvolto mentre piangeva il proprio peccato. Gli vengono fatti indossare, invece, la tunica della letizia e il mantello della salvezza, questi abiti luminosi e nuziali, ornato dei quali non verrà allontanato dal talamo nuziale (cfr. Mt 9, 15 e Mt 22, 11-13)» (§ 7 [321C]). La tematica nuziale, col suo fulcro nel Cantico dei Cantici, ha guidato la riflessione basiliana sulla destinazione ultima dell’Umanità: la sua divinizzazione consiste nel suo unirsi nuziale con Dio che per tale scopo l’ha creata.

  Idee analoghe Basilio esprime in De Spir s IX, 23 [109BC].

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Conclusione La concezione di vita cristiana di Basilio ha motivi ‘francescani’ ante litteram. La cosa può sorprendere. Ma di fatto per lui è vero povero chi abbraccia la povertà in modo radicale ed effettivo sperimentando di possedere il mondo intero e che tutto gli appartiene. E questo fa in letizia, in esultanza, capace anche di mettersi al servizio dei poveri, lebbrosi compresi. Questo in Basilio convive con la capacità di riflessione teologica e di esercizio di autorità apostolica, avvicinandosi così alla figura dell’apostolo Paolo. Egli quindi unisce in sé la personalità di san Paolo e la spiritualità di san Francesco d’Assisi. Il suo è un paolinismo francescano o un francescanesimo paolino. Agendo da vescovo, non smette di tendere alla povertà, all’essenzialità della vita e alla comunione fraterna, né tralascia l’attenzione al ’lebbroso’, al povero e all’indigente. Grande ‘organizzatore’ e teologo, non perde la spiritualità del vangelo sine glossa. Il tutto sorretto dalla teologia giovannea, che spesso Basilio accosta a quella paolina. Basilio si trova a vivere una sorte singolare. Durante la sua vita è venuto a contatto con persone che hanno segnato la sua formazione-visione anche di fede cristiana, ma dalle quali ha dovuto e voluto staccarsi per trovare la propria strada ed anche la giusta sintesi cristiana di quei vari valori espressi e proposti in modo particolare-settoriale proprio da quelle persone. Con Giuliano l’Apostata ha condiviso la formazione ‘retorica’ e quella religiosa comprendendo l’approfondimento delle Scritture e della esperienza monastica-filosofica di Eustazio di Sebaste e dei suoi seguaci. Ha visto la corruzione ‘ecclesiastica’ come Giuliano - segnato maggiormente dall’aver appreso dell’uccisione di suo padre da parte diretta o indiretta di Costanzo, un imperatore che si presentava come cristiano330- ma non ha abbandonato né Cristo né la sua Chiesa. Non per questo ha rifiutato l’apporto culturale della paideia greca, non solo per quanto riguarda l’aspetto formale-retorico ma anche per il suo apporto etico e per la ‘provocazione’ suscitata dall’iniziazione ai misteri e alle esperienze ‘misteriche-teurgiche’. È sorprendente e geniale che Basilio ogni volta, in ogni ambito, trova la giusta via, non per una scelta tattica ma per quell’atteggiamento di schietto   Per un richiamo sintetico delle posizioni al riguardo dello storico Sozomeno, di Festugière e di papa Ratzinger (enciclica Deus caritas est) cfr. Stefano Trovato, Un antieroe di molti volti. Giuliano a Bisanzio, 18-20. 330

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Conclusione

discernimento mediante il quale conserva lo specifico cristiano senza per questo annullare o rifiutare l’apporto umano. Basilio ha condiviso l’esigenza di radicalismo evangelico avanzata da Eustazio in ambito etico ed ecclesiastico e quella dello studio approfondito delle Scritture. Ha ricercato anch’egli l’autentica ‘filosofia’. Ha accolto la critica a ‘forme ecclesiastiche’ corrotte e deviate dal vangelo autentico del Cristo. Ha però rifiutato il fatto che la ricerca della ‘nobiltà’ spirituale sconfinasse in una creazione di comunità di ‘eletti’ talmente ‘zelanti’ da finire per concepirsi ‘separati’ dalla grande Comunità ecclesiale. La ricerca dell’autentico spirituale non autorizza alcuna separazione sprezzante, nessun tipo di vita appartata ed elitaria.Basilio ha mostrato la sensibilità fattiva per gli ultimi, i poveri, i semplici fedeli. La severità ascetica e ‘canonica’ non gli ha impedito di usare misericordia (esemplare la lettera alla vergine caduta e quanto dice nell’omelie ai salmi: il giudizio di Dio non è mai senza misericordia). Tutto è grazia; e la Grazia ha un ruolo primario e fondamentale nella vita di fede, nella sequela del Cristo, nell’azione dello Spirito santo. Basilio ha fatto sintesi tra lati opposti. Non con tattiche varie, ma con gesto diretto e maturo nello stesso tempo. Ha tentato di non rompere le relazioni con nessuno; meglio il silenzio della rottura, non per coprire ma per lasciare ad Altri il giudizio sui cuori e sulla storia. Il puro gioco politico non esaurisce la lettura degli atteggiamenti e delle scelte di Basilio, che sono ogni volta un tentativo di porsi nel cuore della fede cristiana. In questo senso vanno riconsiderate le regole e le omelie. Tale suo equilibrio è sicuramente frutto del discernimento dello spirito.

Testi Omelie sui Salmi I. SALMO 1 I. Natura e finalità del Salterio: sintesi dei libri biblici e riserva di cure appropriate per l’uomo331 >1.  [209A] Tutta la Scrittura divinamente ispirata332 [è] anche utile (2Tm 3, 16);333 per questo con-scritta334 dallo Spirito, affinché, come in un ospedale comune delle anime, tutti gli uomini scegliamo ciascuno il medicamento della nostra particolare passione.335 Un medicamento [212A] -dice infatti  Tale omelia basiliana è stata tradotta in latino da Rufino di Aquileia dopo il 399 (PG 31, 1723C-1733C); cfr. ora l’ed. critica a c. di C. Lo Cicero, Rufino di Aquileia. Versione delle omelie di Basilio (I-III), Roma 1996, 5-22. Il salmo primo non reca alcun titolo. Per cui si può ritenere che lo stesso salmo faccia da titolo all’intero Salterio. Leggendo e commentando in tale prospettiva il Sal 1, Basilio offre un notevole impianto omiletico con l’intento di presentare una chiave di lettura globale del libro dei Salmi. 332   Per la natura ispirata della Scrittura in Basilio vedi nota all’In Ps 59 [460C]. 333   Sul criterio della molteplice utilità della Scrittura utilizzato da Basilio e da altri autori, quali Origene, Atanasio, Gregorio di Nissa, si rimanda all’Introduzione. Vedi anche Princ Prov § 1 [388A]. 334   Si è cercato di mantenere nella traduzione il valore del prefisso syn nel participio syngrapheisa. Basilio riconosce che nel sacro salmista Davide è lo Spirito che agisce con la sua energia (De malo 1, 329A). 335   Si osservi, prima di tutto, che il fatto e il modo con cui Basilio congiunge 2Tm 3, 16 e Eccle/Qo 10, 4c LXX indica già di suo la prospettiva unitaria in cui il Cappadoce considera l’intera Scrittura. Il richiamo a 2Tm 3, 16 ricorre anche in Com Is VII, 198. Per quanto riguarda il contenuto dell’affermazione, Basilio dice la stessa cosa, e pressoché negli stessi termini, nella lettera all’amico Gregorio: «Via maestra verso la scoperta del dovere è lo studio delle Scritture ispirate da Dio (cfr. 2Tm 3, 16). In esse infatti si trovano anche i precetti che regolano le azioni, e le vite degli uomini beati... E dunque ciascuno, dedicandosi a ciò in cui si renda conto di essere carente, come in una farmacia a disposizione di tutti (oion apo tinos koinou iatreiou), scopre il rimedio adatto alla malattia», (Ep 2, 3 CP 66, 1-8). Anche nell’omelia De invidia 2 (373C) Basilio richiama la molteplicità dei medicamenti offerti dalle Sacre Scritture. Naturalmente ognuno deve scegliere la medicina giusta: De Bapt 1536B e 1541A; cfr. 1589A; In Lac 1444B. Cfr. anche Ep 46, 5 (CP 240, 6-8): la divina Scrittura difende dal male, ma ha pure «molti farmaci per la salvezza dalla rovina, polla ex apōleias eis sōtērian pharmaka»; espressione questa che richiama pharmaka eis sōtērian di 331

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I. SALMO 1

farà cessare grandi peccati (Eccle/Qo 10, 4c LXX). Alcune cose le insegnano dunque i profeti e altre i [libri] storici e altre diverse la legge e altre il genere dell’esortazione del libro dei Proverbi.336 Ma il Libro dei salmi ha assunto l’utile da tutti. Profetizza le cose venienti; rievoca storie; stabilisce leggi per la vita; presenta le cose da farsi; e in sintesi è una comune riserva337 di buoni insegnamenti (cfr. Pr 24, 4), Euripide, Fenicie 893. L’insegnamento delle Scritture è certo sempre utile ma soprattutto in alcune circostanze dolorose come può essere la morte di un marito, scrive Basilio nell’Ep 269, 1 (III, 140, 22-23) del 378 per consolare la moglie di Arinteo; le divine Scritture, infatti, sono fonte di consolazione, Ep 283 scritta a una vedova. Vedi anche Attende § 4 [205B]: il precetto Poni attenzione a te stesso da un lato guarisce i malati, dall’altro porta a perfezione i sani. L’idea della Scrittura come medicamento per l’anima, che Basilio riprende da Eccle/Qo 10, 4c LXX (testo non così presente nei Padri della Chiesa), è stata espressa prima di lui da Origene, Omelie su Levitico VIII, 1 (SCh 287, 8-10); Omelie sui Numeri XXVII, 1, 7 (SCh 461, 276-278: anche dai salmi si può raccogliere un qualche rimedio alla propria infermità, come dice lo stesso Sal 103, 3: Dio guarisce tutte le malattie dell’anima); Omelie sui Numeri XXVII, 2 (SCh 461, 278-282: le cose scritte a causa della Parola del Signore arrecano utilità e salvezza); Omelia I sul salmo 36, I e Omelia I sul salmo 37, I (SCh 411, 50 e 258); Omelie su Geremia II, 2 (GCS 3, 18). Anche Ambrogio parla di medicina quaedam salutis humanae, Ambrogio, Commento ai salmi I, 7. Romano il Melode parlerà della farmacia/ospedale aperto di Cristo: Romano il Melode, Cantico 21, 1 (in riferimento al sepolcro di Cristo); 52.1-2 (l’ospedale del pentimento è aperto a tutti); 54, 1 (ospedale delle anime aperto dal solo Medico, la cui immagine ritorna in Cantico 19, 13). Per ulteriori approfondimenti e referenze patristiche sulla doppia dimensione della Scrittura (utilità e dispensa, medicina) cfr. M. Girardi, Basilio, 70-77. 336   Basilio fa proprio il modo di riferirsi a tutta la Scrittura, tipico anche di Origene, nominando i profeti, i libri storici e la legge e evocando il genere dei Proverbi, cfr. ad es. Origene, Omelie sull’Esodo VII, 8 (SCh 321, 232); cfr. anche V, 1 (SCh 321, 233). Vedi Princ Prov § 1 [388AB] in cui Basilio richiama i tre scritti di Salomone, Proverbi, Ecclesiaste (Qoelet) e Cantico dei Cantici. 337   Il termine (tamieion) qui tradotto con ‘riserva’, può essere reso anche con ‘dispensa’; la medesima espressione ritorna più avanti § 2 [213B] e compare al plurale in Attende §1 [197C] in riferimento ai segreti del cuore. Nel NT il termine ricorre in Lc 12, 24 e in Mt 6, 6 (eiselthe eis to tameion sou, «entra nella tua camera»), cui fa riferimento la domanda a Basilio, che risponde richiamando prima di tutto il senso usuale di tale lemma: «La consuetudine (synētheia) suole chiamare ‘cella’ una camera vuota e separata nella quale riporre ciò che vogliamo tenere in serbo, oppure una camera nella quale sia possibile nascondersi (cfr. Is 26, 20)», Rb 277 (1277A). Il Nisseno riferisce la modalità con cui Cristo nel deserto dispensa i suoi beni con indicibili dispense (arrētōn tameiōn) superando il dono della manna fatta agli ebrei, Gregorio di Nissa, La grande catechesi XXIII, 2 (GNO III/4, 59, 13). Un pensiero

I. Natura e finalità del Salterio: sintesi dei libri biblici

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poiché fornisce ciò che è adatto per ciascuno secondo la cura.338 Sana infatti le antiche ferite delle anime339 e a colui che è stato ferito di recente procura veloce il risanamento e cura quanto è malato e conserva la parte intatta; e estirpa completamente le passioni,340 per quanto è possibile, quelle che in modo vario* tiranneggiano*341 le anime analogo lo presenta, senza soffermarcisi sopra, Eusebio di Cesarea nella sua premessa al commento dei salmi: «Tutto è stato tesaurizzato nel Libro dei Salmi come in una sola riserva comune (en megalōi tini kai koinōi tameiōi)», Eusebio di Cesarea, Commento ai salmi Libro I. 338   Il testo è organizzato in due sezioni costruite in modo analogo. Nella prima («Alcune cose…l’utile da tutti») quattro versetti scanditi dal polisindeto di kai, dall’anafora di alla e dal chiasmo alla historikoi…ho nomos hetera enumerano la varietà degli scritti veterotestamentari e sono seguiti da un versetto che presenta il libro dei Salmi come una ‘sintesi’ dell’utilità dei diversi generi; nella seconda («Profetizza… secondo la cura») sono richiamate quattro funzioni del Salterio che corrispondono esattamente a quelle dei libri veterotestamentari sopra citati, più un versetto conclusivo che ribadisce come tale libro sia assimilabile ad una riserva di buoni insegnamenti. 339   Questo passo dell’omelia e i successivi sulla varia utilità offerta dai salmi possono aver trovato ispirazione in un notevole passo di Origene. Riferendosi alla natura della manna donata da Dio - dispensata agli ebrei nella misura della loro necessità durante il cammino nel deserto (eco di Filone?) -, egli dice che la Parola di Dio, se predicata in chiesa e ricevuta con grande fede e piena devozione, si adatta ad ogni persona divenendo «tutto ciò che desideri» come mostra la varietà dei salmi: «Se sei tribolato ti consola dicendo: Dio non trascura un cuore contrito e umiliato (Sal 50(51), 19). Se ti rallegri per la futura speranza, accresce la tua gioia e ti dice: rallegratevi nel Signore ed esultate, o giusti (Sal 31(32), 11). Se sei adirato ti placa con queste parole: cessa dall’ira, lascia l’indignazione (Sal 36(37), 8). Se sei afflitto, ti guarisce dicendo: il Signore guarisce tutte le tue malattie (Sal 102(103), 3). Se sei logorato dalla povertà ti consola così: il Signore solleva dalla terra il debole, e toglie dallo sterco il povero (Sal 112(113), 7)», Origene, Omelie sull’Esodo VII, 8 (SCh 321, 236, 67-74). 340   In questa sezione («Sana infatti le antiche ferite…estirpa completamente le passioni») la struttura in versetti coordinati per polisindeto con kai evidenzia i molteplici effetti prodotti dal libro dei Salmi in ambito morale. Che siano molti i modi dell’insegnameno salmico, in rapporto ai mali e alle prove che l’uomo deve affrontare, Basilio lo afferma anche nell’omelia De malo 1, 329ABC; qui vengono citati Sal 3, 2; 4, 2; 6, 2; 12, 4; 13, 1. 341   L’idea della tirannia passionale sull’anima è presente in Platone, Repubblica IX, 560C; 573D; 577D; in Filone, Sulla Genesi II, 8; in Clemente Alessandrino, Stromati II, 20, 120, 2; ritorna in Gregorio di Nissa, Sulle Beatitudini III, 5.4; Contro Eunomio III, I, 31 (GNO II, 14, 17-24); Sull’anima e la resurrezione II, 2 (PG 46, 61C; GNO III/3, 43, 1-5); Per Pulcheria (GNO IX, 466, 24-26): ogni passione, quando prende il sopravvento, diviene il tiranno della nostra anima, perché ha reso schiavi i ragionamenti. La tirannia delle forze irrazionali fa sì che l’uomo divenga schiavo delle passioni che attizzano la più terribile delle guerre: Filone, Sui sogni II, 147.151; L’erede delle cose divine LIV, 267-270; Clemente Alessandrino, Stromati III, 13, 93, 2; II 238, 32.

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nella vita degli uomini; e questo fa unitamente a qualche appropriato diletto dell’anima [212B] e piacere che ingenerano un saggio pensiero.

Funzione educatrice della melodia Poiché infatti lo Spirito Santo ha visto che il genere umano è difficile da guidare verso la virtù342 e che, per l’inclinazione al piacere, noi ci allontaniamo dalla giusta vita, cosa fa? Ha mescolato la dolcezza della melodia agli insegnamenti, affinché con la piacevolezza e la dolcezza dell’ascolto potessimo ricevere senza accorgercene l’utilità delle parole;343 alla maniera dei medici saggi, i quali, dando da bere a quelli che rifiutano il cibo, i farmaci troppo amari, spesso cospargono col miele la coppa.344 Per questo tali armoniche melodie dei salmi sono state escogitate per noi, affinché coloro che sono fanciulli per età o anche in generale quelli che sono come giovani immaturi per tipo di vita,345 mentre sembrano cantare, in verità vengano educati nelle anime.346 Infatti dei molti [212C] e incuranti nessuno se ne ritornò conservando facilmente nella memoria né un detto   L’ideale del vivere per la ‘virtù’ (personale e sociale), familiare al mondo greco fin dai suoi inizi, trova espressione negli scritti omerici e nelle varie ‘scuole’ filosofiche con accentuazioni e metodiche diverse anche apparentemente contrastanti ma miranti tutte allo stesso fine, quello di poter raggiungere la vera felicità, una vita riuscita. 343   L’ideale pedagogico di miscere utile dulci è richiamato da Orazio, Arte poetica 343 344   Il gesto del medico è evocato da Platone, Leggi II, 659e-660a e da Lucrezio, La natura I, 936-942; Temistio, Orazione 5, 63b; cfr. anche Orazio, Satire I, 1, 24-26. Vi fanno ricorso anche Origene, Omelie su Geremia XX, 3 (GCS VI, 180, 15; SCh 238, 260, 13-14); Gregorio di Nissa, Sui titoli dei Salmi I, 2, 4 (SCh 466, 170, 20-23 e 32-34). Il Nazianzeno vi fa riferimento per giustificare e caratterizzare il suo scritto poetico mosso dall’intento di fornire ai giovani, che si dilettano di letteratura, una sorta di piacevole e suadente farmaco (vv.38-39), Gregorio di Nazianzo, Carme II, 1, 38-39; cfr. Jean Paul Lieggi, La cetra di Cristo, 88 e 129-130. 345   Sull’accezione spirituale della qualifica di bambini/fanciulli delle persone ancora immature cfr. lo stesso Basilio Rf 15 (952CD: non differisce dai bimbi per età chi lo è quanto al senno); Hex I, 5, 3 e anche Gregorio di Nissa, Sui titoli dei Salmi I, 2, 4 (SCh 466, 170, 33). Va tenuto sempre presente che le comunità basiliane contemplavano la presenza di fanciulli e adolescenti. 346   Proprio l’ultima affermazione fa cadere l’ipotesi di Celica Milavanovic-Barham, che Basilio cioè si atterrebbe al pensiero di Platone (i modi ‘rilassati’ non sono adatti ad installare la disciplina) e non a quello di Aristotele (che ne ammette l’uso occasionale); cfr. J.P. Lieggi, La cetra di Cristo. 131. Di fatto Basilio è più vicino alla posizione aristotelica. L’insieme di questa caratterizzazione della poesia salmica, - l’aspetto di farmaco, di dolcezza/piacevolezza unito all’intento pedagogico, compresa la ragione ‘mnemotecnica’ qui appena richiamata e ripresa più sotto - ritorna, come segnalato qui sopra, in Gregorio di Nazianzo, quando adduce la motivazione del suo fare poesie, mettendo in ‘versi’ il messaggio cristiano. 342

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apostolico né profetico; le parole dei salmi invece e le fanno risuonare a casa e le portano in giro nella piazza; e talvolta qualcuno di coloro che sono stati trasformati con veemenza in fiere dalla collera,347 dopo che ha iniziato ad essere acquietato348 dal salmo, subito se ne ritornò, dopo aver placato la parte furente dell’anima con la melodia.

  Giamblico riferisce che i primi pitagorici facevano uso della musica al fine di neutralizzare le passioni e specialmente la collera (thymos); e questo già in epoca preplatonica e poi al tempo di Empedocle. Era abituale servirsi in modo magico di un verso di Omero come incantesimo per calmare le passioni. Anche Empedocle usava in modo curativo magico la pronunzia di parole; era uno dei metodi da lui impiegati per operare la guarigione; Peter Kingsley, Misteri e magia nella filosofia antica. Empedocle e la tradizione pitagorica, Milano 2007 (orig. inglese 1995), 243. 348   Sulla funzione acquietante della musica giusta ed adatta per l’uomo vedi anche In Ps 29, 1 § 1 [308A]. Per il verbo katepaidesthai vedi In Ps 7, 9 § 5 [240C] e Attende § 5 [209C]. Il verbo, che significa ‘incantare’, ‘acquietare col canto’, rimanda ad un termine tecnico del pitagorismo: certe malattie ed affezioni erano guarite dai pitagorici «incantando» (epaidontes) ed è verosimile che da qui sia entrato nell’uso il termine ‘incanto’ (epoidē) (Giamblico, Vita di Pitagora XXV, 114; cfr. anche XXIX, 164). In generale quanto affermato qui da Basilio sul valore terapeutico della musica richiama da vicino l’aneddoto su Pitagora narrato da Giamblico. Pitagora acquietò la frenesia di un giovane ubriaco, che, eccitato da un’aria frigia per il flauto, stava per appiccare il fuoco alla porta di casa del suo rivale in amore, ordinando al flautista di trasporre la melodia in ritmo spondaico; il giovane ritornò subito a casa (proprio come l’uomo imbestialito dalla collera qui citato da Basilio) in perfetta calma (Vita di Pitagora XXV, 112-113). Basilio cita un episodio assai simile in Adolesc IX, 9: un gruppo di ubriachi rientrarono in sé dopo che l’auleta che guidava la brigata, per ordine di Pitagora, cambiò l’armonia e suonò il tono dorico: gli ubriachi, vergognandosi, se ne tornarono a casa. Rilevante anche il fatto che l’aneddoto riguardante Pitagora è messo in parallelo con quanto si racconta di David, che sottraeva il re Saul alla follia tramite la musica «che porta al meglio» (Adolesc IX, 8). Basilio conosce anche il termine ‘catarsi’ come purificazione dell’anima che si realizza disprezzando i piaceri dei sensi, fra cui quello derivante da una melodia corruttrice (Adolesc IX, 7); il termine era usato da Pitagora per indicare la cura attraverso la musica (Giamblico, Vita di Pitagora, XXV, 110). 347

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Molteplici esiti positivi del canto dei salmi >2.  Salmo bonaccia di anime,349 arbitro di pace, capace di acquietare la parte tumultuosa e agitata dei pensieri.350 Da una parte infatti mitiga la collera dell’anima, dall’altra tempera la sfrenatezza. Salmo che congiunge in amicizia, unione di divisi, atto a riconciliare nemici.351 Chi infatti può ancora ritenere nemico colui con il quale ad una sola voce si è rivolto [212D] a Dio? Così che la salmodia procura anche l’agape il massimo dei beni, poiché ha escogitato il canto comune come un certo legame al fine dell’unità e armonizza il popolo verso una sinfonia di un solo coro.352 Salmo che allontana i demoni, che richiama il soccorso degli angeli; scudo per terrori notturni, sollievo di fatiche giornaliere; sicurezza per fanciulli, strumento di bellezza per quanti sono nel fiore dell’età, conforto per vecchi, 349   La situazione di bonaccia dell’anima ricorre anche In Ps 28, 11 §8 [305A], In Ps 33, 15 §10 [376B] e In Ps 45, 11 § 8 [429C]; Attende § 7 [213C]. Nell’omelia Princ Prov §15 [417C] indica la situazione in cui le cose procedono «secondo corrente». In Attende § 1 [200A] la bonaccia è la condizione di tranquillità necessaria agli ascoltatori, anche grazie al silenzio, perché il discorso di chi parla approdi alle loro orecchie. Basilio parla pure di ‘bonaccia pneumatica’ nell’Ep 220 (III, 4, 27). 350   Per Evagrio la salmodia, al contrario dei canti demoniaci, calma la collera (thymon) dell’anima, Evagrio Pontico, Trattato pratico 15; 71. Idee analoghe sulla potenza dei nomi e delle invocazioni bibliche compaiono in Origene, Omelie su Giosuè XX, 1 (SCh 71, 406-412); Omelie sui Numeri XVIII, 3 (SCh 442, 322-324); Gregorio di Nazianzo, Carmi II, 2, 8, 273 (PG 37, 1595A): il libro dei salmi rimedio melodioso per l’anima. 351   Insistita in questa sezione («Salmo bonaccia di anime…a riconciliare nemici») la costruzione del testo in cola paralleli costituiti da sostantivo più genitivo o organizzati secondo la figura del chiasmo (malassei men gar tēs psychēs to thymoumenon, to de akolaston sōphronizei). 352   Vedi, per l’aspetto comunitario della fede e della vita cristiana, In Ps 32, 3 §3 [329A]; In Ps 33, 4 § 3 [357B]; In Ps 48, 2-3 §1 [433D]; Hex IV, 7, 5-6. Sul carattere sinfonico della comunità ecclesiale si ricordi Ignazio di Antiochia, Efesini 4, 1-2.

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ornamento assai adatto per donne.353 [213 A] Rende abitabili i deserti, modera le piazze; per gli inizianti insegnamento dei primi elementi; dei progredienti accrescimento; dei perfetti* solido sostegno,354   Sul piano retorico-stilistico la struttura ripetuta dativo più sostantivo con cui sono costruiti gli ultimi quattro versetti («sicurezza per fanciulli…assai adatto per donne») vuole evidenziare come il salmo sia strumento utile per persone di diversa età e sesso. Il riferimento alle donne rimanda certo all’esperienza di Macrina, la sorella maggiore di Basilio, e al fatto della presenza delle donne nelle comunità basiliane. Il fratello di Basilio, il Nisseno, ricorda il ruolo e la presenza dei salmi nell’esistenza di sua sorella: Gregorio di Nissa, La vita di santa Macrina 3 (SCh 178, 150, 19-26; cfr. la tr. it. di E. Giannarelli, La vita di santa Macrina, Milano 1988). Il Nisseno riprende tutto il passo basiliano (212D-213A), sulla musicalità e popolarità dei salmi e sulla loro utilità per ogni persona, donne comprese, e in ogni circostanza di vita, Gregorio di Nissa, Sui titoli dei salmi I, 3, 5 (SCh 466, 172, 1-174, 23) Epicuro fondò una Scuola filosofica, una specie di comunità di amici, uomini e donne senza discriminazione di genere, D. Fusaro, La farmacia di Epicuro. La filosofia come terapia dell’anima, Saonara (PD), 2013, 18. Anche attorno a Plotino si radunavano donne e giovani, ragazzi e ragazze, Porfirio, Vita di Plotino 9, 1-12. L’imperatore Giuliano criticava aspramente la presenza delle donne nelle comunità cristiane per la loro opera nella diffusione del cristianesimo, per la loro presenza ai riti di culto e per il loro apporto in opere sociali filantropiche, Giuliano, Misopogon (in Giuliano Imperatore, Alla Madre degli dei e altri discorsi a c. di J. Fontaine, C. Prato, A. Marcone) 27 (218, 18-220, 28); 35 (232, 18-234, 22); Epistola 84 (430b) a Arsacio: le spose cristiane trascurano il culto degli dei e preferiscono l’ateismo alla religione. 354   Si tratta dei tre gradini, delle tre tappe della vita spirituale, del cammino verso la compiuta divinizzazione (theōsis). Vedi anche in proposito Princ Prov § 14 [416D]. Questa suddivisione funge da criterio guida dell’ammaestramento di Basilio e della sua esegesi morale-spirituale dei salmi. Del resto, ritiene Basilio, ogni libro della Scrittura ha il suo proprio scopo: i Proverbi sono adatti per guarire le malattie dell’anima; l’Ecclesiaste/Qoelet insegna la filosofia e la vanità delle cose; il Cantico dei Cantici vuole indicare la maniera della perfezione, Princ Prov § 1 [388AB]. Per il progresso graduale verso la perfezione si vedano: Attende § 4 [205B]; In Ps 44, 1 § 1 [388A]; De Spir s VIII, 18, 37-49; IX, 23, 9-20; XVI, 38-, 90-103; ed anche il De Bapt 1589A: ci sono precetti che curano la malattia e quelli che stimolano a un progresso che conduce alla perfezione del compiacimento di Dio. Sulla successione pedagogica dei tre libri biblici ritorna anche Gregorio di Nissa, Omelie sul Cantico I (GNO VI, 17, 12-18, 10); Omelie su Qoelet I, 1 120, 1-122, 18 (GNO V, 277, 3-278, 10; qui non è evocato il Cantico dei Cantici). Per le Omelie su Qoelet rimandiamo, di qui in poi, all’ed. a c. di F. Vinel, Bologna 2011 indicando il paragrafo delle omelie, la pagina e le righe delle singole citazioni. Si è soliti far risalire a Epitteto e Filone la divisione degli uomini in incipienti, proficienti e perfetti; G. Büttner, Beitrag zur Ethik Basileios’ des Grossen, Limburg 1913, 12 cit. da U. Neri in Basilio di Cesarea, Il Battesimo, Brescia 1976, 332. Anche G. Reale e R. Radice fanno risalire a Filone la classica divisione tripartita 353

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voce di Chiesa.355 Esso rallegra le feste, esso produce la tristezza secondo Dio (cfr. 2Cor 7, 10). Un salmo infatti estrae lacrime anche da un cuore di pietra (cfr. Ez 11, 19; Ez 36, 26); un salmo [è] opera degli angeli, cittadinanza celeste (cfr. Fil 3, 20), profumo dello Spirito. O sapiente escogitazione del Maestro, capace di conseguire contemporaneamente e di farci cantare e di farci imparare le cose utili. In tal modo anche maggiormente gli insegnamenti vengono impressi*356 nelle anime. Un insegnamento forzato infatti non è fatto per durare, mentre ciò che entra con dolcezza e grazia si insedia in un modo più stabile nelle nostre anime. degli uomini, -sia pure affiancati da una quarta categoria, quella degli ‘stolti’ a loro volta divisa tra recuperabili e irrecuperabili-, nel c. VI della loro Monografia introduttiva a Filone d’Alessandria, Tutti i Trattati del Commentario allegorico della Bibbia, Milano, 2005, CXVIII-CXX. La divisione in categorie delle persone in rapporto al progresso individuale la si deve agli stoici, cfr. G. Stählin, prokopē, prokoptō in ThWNT, VI, 1959, 703-719; E.R. Dodds, The Ancient Concept of Progress and other Essays on Greek Literature and Belief, Oxford 1973. Dopo Filone tale prospettiva ha avuto ampio spazio presso i Padri della Chiesa specie in Origene, F. Cocchini, Il progresso spirituale in Origene in J. Driscoll - M. Sheridan (eds), Spiritual progress. Studies in the Spirituality of Late Antiquity and Early Monasticism, Roma 1994, 29-45; G. Lettieri, “Progresso” in A. Monaci Castagno (a c. di), Origene. Dizionario, 379-392. Idee analoghe sui Salmi compaiono nell’omelia di Gregorio di Nissa Sull’Ascensione di Cristo (GNO IX, 323, 6-11: le preghiere dei Salmi di David sono come un dolce compagno della vita umana in tutte le età spirituali). Va tenuto presente che anche nel Nisseno, che riprende il tema certamente anche da Basilio, lo schema tripartito è dominante e assorbe in sé altri possibili schemi (quello che ad es. prevede cinque gradini in rapporto ai cinque libri del libro dei salmi). Per un ragguaglio in proposito cfr. il cap. V I livelli del progresso spirituale in Giuseppe Ferro Garel, Gregorio di Nissa. L’esperienza mistica, il simbolismo, il progresso spirituale, Torino, 2004, 152-240. 355   Tale affermazione richiama il momento liturgico della Chiesa; in quanto tale, esso è già atto di esegesi, esegesi in atto. 356   Qui compare entypoutai, termine proprio della dottrina stoica della conoscenza, ricorrente altre volte nelle omelie salmiche. Altrove Basilio esprime lo stesso concetto ma con un vocabolario di ispirazione platonica: gli insegnamenti vengono segnati (ensēmainomena) in modo indelebile nelle anime, Adolesc V, 2; cfr. anche Rf 15 (956A). Idee analoghe in Platone, Repubblica II, 377b e 378e. Anche Origene parlava dell’impressione (entypōthēsetai) della sapienza in noi mediante la rivelazione del mistero, Origene, I Principi IV, I, 7 (SCh 268, 290, 217-219); cfr. anche Commento a Giovanni I, XXVIII, 195 (SCh 120, 156); VI, VI, 38 (SCh 157, 156, 53); X, XXXIX, 270 (SCh157, 548, 60); XIX, VII, 44 (SCh 290, 74, 37).

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Salmi sintesi di ogni insegnamento Cosa infatti non puoi imparare di lì? non la grandezza della fortezza? non la precisione* della giustizia? non [213B] la gravità della temperanza357 ? non la perfezione della prudenza?358 non un modo di conversione? non un giusto limite della sopportazione? non qualunque fra i beni tu potresti citare?359 Qui è presente perfetta teologia: annuncio della venuta di Cristo mediante la carne*,360 minaccia di giudizio, speranza di resurrezione, timore di condanna,   La temperanza associata alla gravità/serietà anche in In Ps 7, 9 § 5 [240B] e In Ps 7, 10 § 6 [244C] (to semnon tēs sōphrosynēs come nel passo in esame); Princ Prov § 14 [417A]. 358   Sono le quattro virtù teoretiche che compaiono anche in In Ps 29, 8 § 5 [316C-317A] e che richiamano le virtù cardinali del canone platonico e stoico (contrapposte alle quattro passioni) come appare anche nell’Ep 2, 2 (CP 64, 56-57: temperanza e fortezza, rettitudine/giustizia e prudenza). Vedi anche Princ Prov § 14 [417A] in cui ne vengono citate tre (con esclusione della giustizia). Al riguardo un testo chiave è rappresentato quello di Sap 8, 7: «Se uno ama la giustizia, le virtù sono il frutto delle sue fatiche. Essa insegna la temperanza e la fortezza, la giustizia e la prudenza» (Sap.8, 7), testo citato da Clemente Alessandrino, Stromati, VI, 11, 95, 4 il quale parla delle quattro virtù (prudenza, temperanza, fortezza, giustizia); cfr. anche II, 18, 96, 2 come pure Stromati I, 20, 97, 3 con riferimenti a Platone. Quest’ultimo, che tratta delle quattro virtù (Fedone 69bc), sosteneva che la Polis perfetta doveva essere sapiente, forte, temperante e giusta, Platone, Repubblica IV, 427d; cfr. anche Leggi XII, 963cd, testo anche questo richiamato più volte da Clemente Alessandrino, Stromati II, 18, 78, 1; 80, 5; IV, 23, 151, 1; VI, 11, 95, 4; VII, 3, 17, 3. Per Filone le virtù «sono quattro: prudenza, temperanza, fortezza, giustizia», Filone, Le allegorie delle Leggi I, 63 (cit. in SVF III, 263) e I, 70 (sull’ordine delle virtù); come del resto quattro sono le passioni (il piacere, la brama, l’affanno doloroso e la paura), L’erede delle cose divine LIV, 269, secondo la celebre distinzione stoica (SVF III 378.386.392). Plotino parla delle quattro virtù ‘politiche’, Plotino, Enneadi I, 2, 1. In genere il trattato filosofico delle virtù distingueva le quattro virtù ‘cardinali’, come nella sezione etica dell’Epitome di Albino e di Apuleio, cfr. Giuseppe Invernizzi, Il Didaskalikos di Albino e il medioplatonismo: Saggio introduttivo, Roma 1976. Vedi anche la nota a In Ps 1, 1 §4 [217D]. 359   Si noti in questa parte («non la grandezza…tu potresti citare») l’insistito polisindeto della congiunzione ou per evidenziare i molteplici insegnamenti del libro dei Salmi in ambito morale. 360   Medesima espressione ricorre in Com Is II, 96. Per espressioni simili vedi, oltre le omelie sui salmi (vedi indice ricorrenze), In Christi gen 3 (1464C). 357

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annunci di gloria, rivelazione di misteri; tutto, come in una grande e comune riserva,361 si trova tesaurizzato (cfr. Mt 13, 44) nel libro dei Salmi.

Lo strumento musicale del salterio [Libro] che il profeta, pur essendo molti gli strumenti musicali, ha adattato al cosiddetto salterio*, mostrando la grazia che, a me sembra, in esso risuona dall’alto [veniente] dallo Spirito, per il fatto che solo questo tra gli strumenti musicali ha l’origine dei suoni dall’alto.362 Nella cetra infatti e nella lira [213C] il bronzo risponde al plettro dal basso, mentre questo salterio ha dall’alto gli stimoli dei ritmi armonici; affinché anche noi ci preoccupiamo di cercare le cose che stanno in alto (cfr.   Medesima espressione già presente in [212A], collegata con il termine ‘tesaurizzato’ che può richiamare - così ritiene Girardi, Basilio, 81 n.50- sia pure lontanamente, Mt 13, 44. Si può leggere in questo passaggio come uno schema, un indice delle verità teologiche cristiane da ritenere e professare. 362   Per il salterio che ha l’origine dei suoni dall’alto vedi In Ps 32, 2 § 2 [328A]. Vedi anche In Ps 45, 1 § 1 [416C] e relativa nota. Tale passo è ripreso da Gregorio di Nissa, Sui titoli dei salmi II, 3, 32 (SCh 466, 278, 16-280, 19). Anche Origene parla di salterio (nabla), Origene, In Ps. Praef. (GCS 1/2, 140, 21). Per Eusebio di Cesarea il salmo sembra derivare il suo nome dal salterio, «un certo strumento musicale» diverso rispetto alla forma alla cetra. Esso si chiama nabla, «unico degli strumenti musicali che sta completamente diritto e non ha cassa di risonanza nella parte bassa, ma al contrario ha il bronzo risonante nella parte superiore», Eusebio di Cesarea, Sui titoli dei salmi e Premessa al Commento, Eusebio di Cesarea, Commento ai salmi/1. Nel Prologo al suo commento ai salmi, Ilario afferma che il testo dei salmi è una profezia, -detta anche questa dallo Spirito- e che è importante osservare la forma con cui questa profezia viene insegnata; e la forma è data dallo strumento musicale del ‘salterio’ (in ebraico nabla); questo è l’unico strumento diritto, che viene toccato dall’alto, cosa che rimanda allo strumento del corpo che il Cristo ha preso per sé animato dal soffio superiore dello Spirito. «Attraverso questo soffio superiore, dunque, Dio è cantato nei Salmi nella forma del corpo del Signore, nel quale ha parlato lo Spirito celeste, mentre anche la forma di questo strumento terrestre è paragonata a quella di uno strumento musicale che risuona dall’alto», Ilario di Poitiers, Istruzione sui salmi 7. Cfr. anche Ambrogio, Commento ai salmi I, 11-12; Girolamo, Omelie sui Salmi 149, 3: «Fra il salterio e la cetra c’è questa differenza: la cetra si pizzica con un movimento verso il basso, il salterio si pizzica verso l’alto, con un effetto che comunemente si chiama vibrazione. Questo è il salterio». L’interpretazione in senso allegorico degli strumenti musicali, in riferimento all’uomo è ben attestata nella tradizione pitagorica tarda; cfr. ad es. Eurifamo, Sulla vita, che paragona la vita dell’uomo ad una lira (H. Thesleff, The Pythagorean Texts of the Hellenistic period, Åbo 1965, 86, 15-27) e Callicratida, Sulla felicità domestica, che stabilisce un paragone fra la casa ed un salterio (The Pythagorean Texts 104, 3-8). 361

II. Commento

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Col 3, 1) e non ci lasciamo trasportare dal piacere della melodia verso le passioni della carne* (cfr. Gal 5, 24, Rm 7, 5).363 Penso anche questo, che il discorso profetico mediante la struttura dello strumento ci abbia mostrato profondamente e saggiamente che quanti sono ordinati e ben armonizzati nell’anima hanno facile il cammino verso le cose che stanno in alto.364

II. Commento Il proemio: sua finalità e natura Vediamo, dunque, anche l’inizio dei Salmi. >3.  Beato l’uomo, il quale non ha proceduto nel volere di empi (Sal 1, 1).

[premessa giustificativa del proemio] Dunque i costruttori che innalzano grandi edifici, gettano le pietre per le fondamenta in analogia all’altezza; [213D] anche i costruttori di navi, che costruiscono una nave da carico (olcade) di grande capacità, erigono la carena proporzionata alla pesantezza delle merci. 365 Anche nella generazione dei viventi il cuore, primo ad essere plasmato dalla natura,366 prende il fondamento dalla natura analogica col vivente che sta per essere formato; per questo, venendo il corpo organizzato in modo commisurato ai propri principi, si producono le diversità dei viventi a seconda della grandezza. Quello che è dunque il fondamento in una casa367 e [216A] in una nave la carena e il cuore nel corpo di un vivente, a me sembra che tale funzione in rapporto all’impianto totale dei Salmi368 ce l’abbia anche

  Cfr. anche De Spir s XXII, 53, 24-25.   Pertanto anche gli strumenti musicali salmici, la loro strutturazione e funzione, sono indicativi degli atteggiamenti spirituali da assumere. 365   Anche nelle omelie sulla creazione Basilio, presentando le varie accezioni del termine ‘principio’, esemplificando quella dell’inizio da cui una cosa trae l’esistenza, richiama le fondamenta (themelios) per la casa e la carena (tropis) per la nave, Hex I, 5, 7. 366   Secondo Galeno, i seguaci di Crisippo e molti stoici e peripatetici ritenevano che il cuore fosse la prima parte dell’animale a formarsi (SVF II, 761). Vedi anche Attende § 1 [200B]. 367   Esempio analogo in Giovanni Crisostomo, In Ps 3 (PG 55, 35), iniziando il commento al salmo per precisarne lo scopo. 368   Anche all’inizio del suo commento all’Esamerone, Basilio rileva l’importanza strutturale del ‘principio’ funzionale ad avviare la descrizione della costituzione del mondo, Hex I, 1, 1. Il tutto lascia pensare che Basilio consideri l’intero Salterio come una costruzione ben compaginata. 363 364

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questo breve proemio.369 Poiché infatti, procedendo il discorso, sta per raccomandare molte cose e difficoltose e cariche di innumerevoli sudori e fatiche, ai combattenti* per la pietà (cfr.1Tm 6, 12; 2Tm 4, 7) ha mostrato in anticipo il fine* beato,370 affinché per la speranza dei beni riservati (cfr. Col 1, 5)371 sopportiamo senza lamenti le sofferenze della vita.372 Del resto anche per quanti sono in via procedendo su una strada sassosa e impraticabile procura sollievo alla fatica un atteso albergo loro adatto; e la brama delle merci rende i commercianti capaci di rischiare il mare; e la speranza del raccolto occulta le fatiche di contadini.373 Per questo anche il comune raddrizzatore della vita, il grande Maestro, lo Spirito della [216B] verità374 (Gv 14, 17; Gv 16, 13; 1Gv 4, 6), in maniera saggia e con arte ha posto avanti a tutto le ricompense, affinché, volgendo lo sguardo oltre le fatiche [che si hanno] fra mano, con il pensiero ci affrettiamo verso la fruizione dei beni eterni.

369   Si notino le tre similitudini, prima espresse in modo più ampio e poi condensate in un’unica immagine, che spiegano la funzione del proemio in rapporto all’intero libro dei Salmi. 370   Quando Basilio presenta l’atto creatore di Dio nel suo insieme dice che il mondo, da lui predisposto, è per un fine utile - telos ōphelimon - in particolare per le anime razionali, Hex I, 6, 2. Clemente dice che una delle maniere educatrici del Pedagogo è quella di proclamare ‘beato’ una persona, Clemente Alessandrino, Pedagogo I.X, 92, 1 (SCh 70, 272); la cosa presente nella retorica classica (Aristotele, Retorica 1367b, 33) acquista una connotazione cristiana (Rm 4, 6; 1Clemente 50, 7) a partire anche dall’uso salmico (Sal 1, 31, 40, 111, 118, 127). 371   Ripresa simile in Gregorio di Nissa, Discorso sui defunti 2 (CP 36, 17; GNO IX, 29, 5-6). Ci pare più appropriato il richiamo a Col 1, 5 che a 2Tm 4, 8. 372   Dio promette i premi ad Abramo perché non si scoraggi, «proponenda praemia, ne forte desperaret», dice Ambrogio, Abramo I, 2, 3. 373   Anche qui tre esempi tratti dalla vita quotidiana per chiarire un concetto morale. 374   Vedi anche In Ps 48, 2-3 §1[433A].

II. Commento

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Il vero Bene cui tutto tende Beato l’uomo, che non ha proceduto nel volere di empi (Sal 1, 1). È dunque in senso proprio e primario proclamato beato, il vero bene*. E questi è Dio.375 Per cui anche Paolo, quando sta per far menzione di Cristo, secondo l’epifania -dice- del beato376 Dio e Salvatore nostro Gesù Cristo (cfr. Tt 2, 13). Davvero beato377 infatti il bello in sé,378 verso il quale tutto si rivolge, verso il quale tutto tende,379   Una definizione dal timbro platonico che compare pressoché identica nel Nisseno: Gregorio di Nissa, Sulla verginità Proemio 1 (SCh 119, 248, 23-24); X, 1 (SCh 368, 1-2 e 372, 34-35); Vita di Mosè Prologo 7 (SCh 1, 50, 1-2: il Bene in senso primo e proprio, la cui natura è il bene, è lo stesso Dio); Omelie sulle Beatitudini I, 3 (il veramente beato è il divino stesso); Omelie su Qoelet VIII, 9 448, 21-24 (GNO V 441, 20-442, 2); cfr. anche Discorso sui defunti 2 (CP 36, 15-22; GNO IX, 29, 3-14). A proposito del Bene in sé Clemente Alessandrino riporta un’affermazione di Platone secondo il quale è possibile avere una intuizione di Dio anche a condizione che non ci si allontani dall’essere «prima che si sia afferrato con la sola intellezione quello che è il bene in sé… giungendo proprio al limite dell’intellegibile» Platone, Repubblica VII 532ab, citato da Clemente Alessandrino, Stromati V, 11, 74, 2. 376   Con ‘beato’ Basilio sostituisce il paolino ‘grande’. 377   Vedi stessa espressione, anche se in un contesto diverso, in In Ps 14A, 1 §1 [252B]. 378   Basilio compie una decisa interpretazione: trasferisce direttamente a Dio quello che i filosofi e il pensiero greco in generale riferivano al Bene in quanto tale e alla Bellezza vera, identificati con Dio stesso, Bene e Bellezza in sé. Il Cappadoce si muove in un ambito culturale greco stoico/platonico che ha valorizzato grandemente la triade BeneBello- Essere; cosa che non ha potuto non influenzare anche il suo proprio ambiente sociale e culturale. Ma, una volta abbracciata la fede cristiana, egli non fa che trasporre -correggendolo e completandolo come fa anche qui con la cifra profezia del salmo (Beato=Bene) su altro piano e realtà quanto il pensiero umano aveva percepito ed espresso riguardo al fine ultimo della vita dell’uomo. Con ciò si vuol dire che è difficile trovare sempre la citazione letterale, il riscontro preciso dei pensatori e/o dei filosofi cui Basilio allude nei suoi scritti. Del resto questo si verifica anche per quanto concerne l’ambito biblico: sembra sempre di potere trovare il riscontro puntuale delle sue affermazioni, ma questo sfugge. Egli opera una continua variatio del contenuto biblico, che ripropone facendo per lo più uso di termini ricercati, appropriati, comunque adatti alla sua epoca-temperie culturale. Già Eusebio di Cesarea aveva detto che Dio è auto-bellezza, Eusebio di Cesarea, La teologia ecclesiastica 2, 14 (PG 24, 928D). Il Nisseno può arrivare a dire a Dio «tu sei l’essenza stessa del bello, sempre rimani tale, essendo completamente ciò che sei», Gregorio di Nissa, Omelie sul Cantico IV (GNO VI, 107, 1-2). Del resto, trattando dei titoli dei salmi, il Nisseno afferma che scopo dell’insegnamento ispirato (cfr 2Tm 3, 16) è di introdurre «al realmente beato», Gregorio di Nissa, Sui titoli dei salmi II, 1, 29 (SCh 466, 264, 7-9) 379   Per la tensione al bene vedi In Ps 44, 1 § 2 [392A], In Ps 114, 1 §1 [484C], De Spir s IX, 22, 20-23. Si tenga presente anche In Ps 33, 11 § 7 [368B-369A] unitamente ad altri luoghi 375

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la immutabile natura,380 la dignità sovrana, la vita imperturbata, l’esistenza senza dolore, nella quale non c’è alterazione (cfr. Ml 3, 6), che il mutamento381 non intacca; basiliani. La conoscenza di Dio, «per quanti sono stati ritenuti degni, è il più alto dei beni, cui tende ogni natura razionale e voglia Iddio che anche noi possiamo raggiungerlo, purificati dalle passioni della carne», In Iulittam 7 (256A). In tale orizzonte egli annota che Elia stava in una caverna cercando Dio, «fino a quando vide la cosa la più desiderabile, cioè vedere Dio per quanto possibile a uomo (cfr. 1Re 19, 1ss)», In Gordium 2 (496B). L’importante è arrivare vicini a Dio, ma questo è possibile tramite la conoscenza di Lui e la familiarità con Lui, cui si perviene grazie alla mente purificata, con gli occhi dell’anima/mente purificati (In Ps 45, 9 § 7 [428A]; In Gordium 3 (496C): purificare udito, occhio e soprattutto il cuore). Anche nell’omelia sul digiuno Basilio richiama che Elia ottenne di vedere il Signore, per quanto è possibile ad un uomo, Ieiun 1, 6, 172BC. Occorre aver cura per la contemplazione dell’anima e curare gli occhi coi quali vedere Dio, dice Basilio vescovo a una vedova nell’ Ep 283 (III, 155, 10-12). Concetti analoghi compaiono nel Com Is V, 162: solo alle anime pure è concessa la visione del realmente buono e amabile. Per Clemente Alessandrino il vero gnostico procede nel suo avanzamento fino a raggiungere il bene in se stesso, Clemente Alessandrino, Stromati VII, 7, 45, 3. Attraverso le virtù, dice Clemente Alessandrino, si cerca di arrivare al comportamento di piena adesione a Dio, per cui «ci assimiliamo al Signore per quanto ci è possibile», il che è la meta della vita gnostica, il più alto grado dell’ascesi, Clemente Alessandrino, Stromati II, 18, 80, 5; cfr. anche I, 11, 52, 3; II, 9, 45, 7; 19, 97, 1; 100, 3-4; 22, 131, 5; 136, 6; III, 5, 42, 1 e 5; 10, 69, 3; IV, 4, 14, 2; 6, 30, 1; 14, 95, 1; 22, 137, 1; 139, 4; 23, 152, 3; 26, 168, 2; 171, 4; V, 14, 94, 4-95, 1; VI, 9, 77, 4-5; 12, 104, 2; 14, 114, 4-6; 15, 115, 1; 17, 150, 3; VII, 3, 13, 2-3; cfr. anche Pedagogo I.II, 4, 1-2; I.III, 9.1; I.XII, 99, 1 (SCh 70, 114.124.286); Quale ricco si salverà 7, 3. Origene sa dell’«inclinazione delle anime verso ciò che è meglio», Origene, Commento a Giovanni I, XXVII, 190 (SCh 120, 154); ma anche per lui, come del resto dichiarano la beatitudine evangelica (Mt 5, 8) e la preghiera salmica (Sal 50, 12), non è l’occhio del corpo che arriva a conoscere Dio ma la mente e il cuore purificati, Origene, Contro Celso VII, 33 (SCh 150, 88, 10-90, 18). Sull’esigenza della purificazione e sulla tensione/attrazione vero il Bene/bello vero ritornerà il Nisseno, cfr. Gregorio di Nissa, Sull’anima e la resurrezione IV, 2 (PG 46, 89B-92C; GNO III/3, 66-68). Va sempre tenuto presente Platone, Teeteto 176ab; Repubblica X, 597e; 613b. Per quanto riguarda la definizione del Bene offerta anche da altri autori greci profani vedi nota a In Ps 44, 1 §2 [392A]. 380   Vedi In Ps 114, 8 § 5 [492C] dove l’aggettivo aperitreptos con suffisso indica l’immutabilità della vita nel futuro riposo. 381   Sono qui riprese tre caratteristiche (impassibile, inalterabile, immutabile) con le quali la mentalità greca definisce Dio, la natura divina; esse hanno un ruolo importante nella discussione antiapollinarista di Basilio: la divinità ‘immutabile’ non va mai compromessa né a livello ontologico né a livello etico. Vedi nota a In Ps 44, 1 § 2 [392A]. Il Nisseno ricorda che solo la natura divina è superiore all’alterazione (tropēs) e al cambiamento (alloiōseōs) non avendo bisogno di passare al meglio, Gregorio di Nissa, Sui titoli dei Salmi II, 4, 34 (SCh 466, 288, 2-7).

II. Commento

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la ricolma sorgente, la grazia senza invidia,382 [216C] il tesoro inesauribile.

I falsi beni sono vani e non rendono buoni Ma uomini senza istruzione e amanti del mondo, senza conoscere la natura del bene stesso, stimano spesso beate cose degne di nulla*: ricchezza, salute, appariscenza di vita; cose delle quali nessuna è bene per natura propria;383 non solo per il fatto che hanno una facile mutazione nel loro contrario, ma perché non possono rendere buoni quanti le possiedono. Chi infatti giusto, grazie alle ricchezze? Chi saggio, grazie alla salute? Al contrario ognuna di queste cose si trasforma sovente anche in occasione di peccato per quelli che se ne servono male.384 Beato dunque chi possiede cose degne di più alto valore, colui che è partecipe di beni che non possono essere sottratti.385 Questo come lo riconosceremo? Colui che non ha proceduto nel volere di empi (Sal 1, 1).

382   Vedi In Ps 44, 3 § 4 [397A]. Già i filosofi pagani avevano criticato la visione mitica della ‘invidia degli dei’ (phthonos theōn). Ireneo (Contro le eresie III, 25, 5), dopo averne citato Leggi IV, 715e, riprende Platone: «nessun essere buono ha mai invidiato nulla a nessuno» (Platone, Timeo 29e). Lo Ps. Dionigi lo riferisce all’opera di salvezza di Dio che rende l’uomo partecipe della sua divinità: Ps. Dionigi, Nomi divini VIII 6 (PG 3, 893cd); Gerarchia Ecclesiastica II, 3, 3 (PG 3, 397d); Epistola IX, 5 (PG 3, 111, 3a). Cabasilas (1322-1591), continuando la tradizione dei Padri, vede la suprema caratteristica di Dio nel fatto che egli partecipa a tutti «senza invidia» i suoi beni facendo dono della comunione alla sua beatitudine, Nicolas Cabasilas, Vita in Cristo I, 3 (PG 150, 508A). 383   Cfr. Ep 236, 7 (III, 34, 5-6). 384   Tutto sta nella modalità e nella finalità dell’uso. Questo è un criterio discriminante continuamente presente in Basilio. Si richiami l’uti agostiniano. 385   Dell’amico Gregorio di Nazianzo Basilio ammira l’anima la quale ritiene nulle tutte le cose di quaggiù in rapporto alla beata felicità (makariotēta) promessa, Ep 2, 1 (CP 60, 6-7). Cfr. anche Adolesc II, 6. Giulitta abbandona i beni corruttibili per acquisire i beni celesti, Basilio, In Iulittam 2 (240BC). Basilio ritiene inoltre che si possa imparare il senso del futuro anche dagli animali irragionevoli: «perciò anche noi non dobbiamo lasciarci assorbire dalla vita presente, ma avere ogni premura per il secolo a venire», Hex IX, 3, 8.

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Il salmista considera insieme uomini e donne E naturalmente, prima di dire cosa sia il non procedere nel volere di empi, voglio sciogliere per voi una questione insita nel passo. [216D] Perché, dice, il profeta si limita a scegliere e a proclamare beato solo l’uomo? Forse che ha escluso dalla beatitudine le donne? No di certo.386 Unica [è] infatti la virtù di maschio e di donna, poiché anche la creazione ha per ambedue lo stesso onore, ragion per cui anche la ricompensa [è] la stessa per ambedue.387 Ascolta la Genesi: fece [217A] -dice- Dio l’uomo; secondo l’icona di Dio lo fece; maschio e femmina li fece (Gen 1, 27). Di quelli la cui natura [è] unica, anche le ‘energie’ [sono] le stesse; di coloro dei quali [è] identica l’azione, anche la ricompensa [è] la stessa.388 Per quale ragione dunque, avendo nominato l’uomo, ha sottaciuto la donna? Perché ha ritenuto che fosse sufficiente, essendo una la natura, indicare il tutto dalla parte più atta alla funzione egemonica.389   È notevole questa positiva presa di posizione di Basilio nei confronti della donna; ulteriore attestazione del fatto che nelle comunità basiliane erano presenti anche le donne. 387   La virtù è anche della donna, cfr. Omero, Odissea 2, 206; Plutarco, Virtù delle donne (a c. di F. Chiossone), Genova, 2010. È molto stoico tutto questo passaggio. Basta ricordare il titolo di un’opera di Cleante: La virtù nell’uomo e nella donna è la stessa, Diogene Laerzio, VII, 175. Siccome uomo e donna hanno la medesima natura, ambedue devono partecipare alla stessa virtù, alla stessa filosofia, dice Crisippo SVF III, 253-254. Sul fatto che uomo e donna hanno la stessa natura e anche la stessa virtù, che una e identica è la virtù della stessa natura, insiste anche Clemente Alessandrino, Stromati IV, 8, 58, 2-4; 59, 1-5; 60, 1; Pedagogo I.IV, 10, 1 (SCh 70, 129 con relativa nota di H.-H. Marrou); Basilio di Ancira, Sulla verginità IV.LI (PG 30, 676D. 772BC); Gregorio di Nissa, Sulla verginità XX, 4 (SCh 119, 502, 35-37); Gregorio di Nazianzo, In lode di Gorgonia XIV (PG 35, 805B); Sul vangelo di Matteo, XIX, 1-12, VI (PG 36, 289B). Si tenga conto che in Ap 14, 4 parthenos (vergine) è usato al maschile. Basilio fonda la sua argomentazione su Gen 1, 27 che qui si limita a citare senza ulteriori approfondimenti e specificazioni. 388   La martire Giulitta diceva nel suo discorso di commiato: «Noi donne siamo fatte della medesima massa corporea (phyrama) degli uomini. Come loro, anche noi siamo state create a immagine di Dio (Gen 1, 27). Similmente al maschio la femmina è stata fatta dal Creatore capace di virtù. Non siamo forse affini in tutto agli uomini? Infatti non solo carne fu presa per la creazione della donna ma anche osso dalle ossa (Gen 2, 23). Sicché costanza, fortezza e sopportazione sono dovute al Signore in egual modo sia dagli uomini che da noi donne». Le estreme parole di Giulitta richiamano quelle iniziali sulla finalità (hypothesis) dell’omelia basiliana tesa a ricordare il grande combattimento che la martire combatté più che virilmente in un corpo femminile, Basilio, In Iulittam 2 e 1 (241A e 237AB). Per l’uguaglianza della donna con l’uomo per quanto riguarda la natura, la virtù e la ricompensa (o la condanna) cfr. anche Ps. Basilio Sull’origine dell’uomo, I, 18 (SCh 160, 212, 8-10). 389   Quest’ultima affermazione fa sorgere il sospetto che comunque per Basilio la donna 386

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Distinzione tra chi ha concluso il viaggio e chi è per strada Beato -dunque- l’uomo che non ha proceduto nel volere di empi (Sal 1, 1). Osserva la acribia* dei termini, come ciascun termine è pieno di insegnamenti. Non ha detto colui che non procede nel volere di empi, ma colui che non ha proceduto (Sal 1, 1). Colui infatti che è in vita non può essere ancora proclamato beato, a causa dell’incertezza dell’esito; colui invece che ha compiuto i doveri e che ha concluso la vita con una fine su cui non c’è nulla da eccepire, questi viene già proclamato beato in modo sicuro. Perché allora [217B] beati quelli che procedono nella legge del Signore (cfr. Sal 1, 2)?390 Qui il ‘discorso salmico’ definisce ‘beati’ non quelli che vi hanno proceduto, ma quelli che ancora procedono; perché quanti operano il bene (cfr. Rm 2, 10), nell’opera stessa hanno l’approvazione; mentre quelli che fuggono il male, se una volta o anche una seconda evitano il peccato, non sono da lodare, ma solo se sono capaci di superare fino alla fine la esperienza del male.391

sia per certi versi inferiore all’uomo ma anche che ci sia qualcosa di virile (egemonico) nella donna stessa. Intanto va notato che il Cappadoce considera la donna come parte e momento dell’umanità in quanto tale; e che sempre in quanto tale essa è a immagine di Dio, e dunque nella totalità e radicalità costitutiva del suo essere, e non per una qualche ‘facoltà’ e neppure per la sua ‘tensione’ a realizzarsi. Qui Basilio non evoca l’essere creati ‘a somiglianza’, si limita a registrare solo il dato costitutivo-ontologico dell’umano. Resta che la sua posizione teorica riconosce dunque la completa parità di uomo e donna davanti a Dio. Sempre nel panegerico sulla martire Giulitta Basilio presenta in modo molto positivo la donna anche come sposa: offre ogni piacere della vita al marito, dà gioia, procura delizia, accresce i beni, sa dare sollievo nella maggior parte delle molestie Basilio, In Iulittam 5 (248C). Questo va tenuto presente per quanto si dirà nella nota all’omelia In Ps 45, 11a § 8 [429B]. Sull’uso biblico di indicare e comprendere con la parte il tutto cfr. anche Gregorio di Nissa, Confutazione della professione di fede di Eunomio 180 (GNO II, 388, 24-25: facendosi carne il Logos ha assunta tutta la natura umana). 390   Basilio generalizza l’affermazione salmica esprimendola al plurale. 391   Non basta dunque un solo attimo eroico per vivere nella virtù.

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Un’aporia: l’allontanamento dal male è principio del progresso. Scala e divina pedagogia Dalla concatenazione*392 del discorso ancora un’altra aporia emerge. Perché non proclama beato chi mantiene la virtù, ma quello che non ha operato il peccato? Così infatti anche un cavallo, un bue, una pietra potranno essere proclamati beati. Quale essere senza anima, infatti, si fermò in una strada di peccatori (Sal 1, 1), o quale essere privo di ragione sedette su una cattedra di pestilenze (Sal 1, 1)? Se dunque attendi un poco, troverai il medicamento risolutivo.393 Prosegue infatti: ma il suo volere sta nella legge del Signore (Sal 1, 2). [217C] Premura di legge divina è presente solo nell’essere fornito di facoltà logica.394 E noi anche questo diciamo: che l’avvio verso l’acquisizione di ciò che è bello/bene, [è] l’allontanamento dal male.395 Fuggi -dice infatti- dal 392   L’akolouthia (concatenazione, consequenzialità logica) è uno dei principi fondamentali del metodo esegetico di Basilio, implicante una relazione concettuale di tipo logico, non cronologico. Anche per Clemente Alessandrino era determinante la consequenzialità testuale, argomentativa ma anche teologica; egli vi ritorna continuamente: Clemente Alessandrino, Stromati I, 1, 15, 2; I, 13, 57, 4; I, 28, 179, 4; IV, 1, 3, 2-3; VI 11, 90, 4; VI, 12, 103, 1; VII, 4, 27, 6; VII, 11, 59, 7; VII, 15, 89, 1 e 91, 7. L’akolouthia dice anche la corrispondenza tra fede e ‘gnosi’, II, 4, 16, 2. Essa è equiparata anche a ‘somiglianza a Dio’, II, 19, 100, 4; V, 14, 94, 6; per cui rompere la ‘fisica akolouthia - concatenazione’ con il Logos-Cristo è finire nell’eresia, I, 13, 57, 4. Lo stesso vale anche per Origene; cfr. ad es. Origene, Omelie su Levitico XIII, 1 (SCh 287, 200, 44). Alcuni autori parlano della akolouthia, connessa con lo skopos unitario, come di un espediente esegetico di cui Gregorio di Nissa si serve per porre rimedio alla dispersione interpretativa in favore di una sistematizzazione dei significati e che impone in qualche modo una forzatura delle modalità esegetiche, come dice E. Prinzivalli nell’Introduzione a Didimo il Cieco, Lezioni sui salmi. Il commento ai salmi scoperto a Tura, Milano 2005, 36, con riferimento a I. Gargano, La teoria di Gregorio di Nissa sul cantico dei Cantici, 40-44. J. Daniélou, Ἀκολουθία chez Grégoire de Nysse, in Revue des sciences religieuses 27 (1953), 219-249. Si tenga presente che il Nisseno fa uso del termine anche per rappresentare l’armonia stabile di tutto ciò che si muove nel cielo, Gregorio di Nissa, Omelie sulle Beatitudini VIII, 2. 393   Basilio introduce qui lo stesso termine (iama) con cui inizia l’omelia richiamando Qo 10, 4cLXX. 394   Tale affermazione - che ha di mira la persona umana senza alcun riferimento esplicito agli angeli - è quella che fonda la possibilità della proairesis elemento decisivo per la qualifica etica delle sue scelte. Su tale peculiarità ‘logica’ e deliberativa dell’uomo Basilio ritorna nelle omelie In Ps 48, 2-3 §1 [433B] e In Ps 48, 13 §8 [449BC] cui si rimanda con relative note; vedi anche In Ps 115, 3-4 § 4 [109B] e Attende § 6 [212B]. 395   Abbiamo qui tradotto con «allontanamento» il termine anachōrēsis. Vedi in In Ps 33, 4 § 3 [357C] in cui viene usato con la stessa accezione il verbo anachōreō. L’inizio effettivo

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male e fa’il bene (Sal 36, 27).396 del cammino spirituale coincide con un avvio ‘negativo’ ma inevitabile. Pertanto il primo passo positivo è costituito da un gesto negativo, primo e fondamentale momento del cammino verso la perfezione. Lo stesso concetto Basilio ripete subito dopo: l’inizio del bello è l’allontanamento dal male. Del resto, e il Cappadoce lo sa fin dai primi momenti della sua esperienza spirituale: se si vuole scrivere su una tavoletta di cera occorre cancellare prima ogni segno già tracciato; così va fatto per l’anima che vuole accogliere gli insegnamenti di Dio, Ep 2, 2 (CP 64, 25-28). Certo l’evitare il male (ekklisis tou kakou), l’infermità dell’anima, è un moto automatico non appreso ma insito nell’anima, come del resto l’attaccamento al bene, Hex IX, 4, 1-3. Spetta all’uomo, per libera scelta, determinarsi o per l’uno o per l’altro moto. Tuttavia è anche vero che è frutto dell’azione dello Spirito l’allontanamento dalle passioni della carne legate all’amore per la carne, ricorda Basilio nel De Spir s IX, 23, 3-5. Che occorre staccarsi dalle cose sensibili per avvicinarsi al Verbo stesso è convinzione pure di Atanasio, Discorsi contro gli ariani III, 52 (PG 26, 432). Il Nisseno riprende questa convinzione basiliana sull’allontanamento dal male (con analoga terminologia anachōresis apostasis allotriōsis) come primo passo/gradino del cammino/progresso ascetico/spirituale (cfr. subito dopo anche al § 4); cfr. Gregorio di Nissa, Sui titoli dei salmi I, 1, 2 (SCh 466, 166, 35-36); I, 5, 12 (SCh 194, 10-12: il primo ingresso verso il bene è il distacco dalle cose contrarie); Omelie sulle Beatitudini VIII, 3. Idee analoghe ritornano in altre sue opere: Omelie sul Cantico XI (GNO VI, 322, 9-323, 9; ivi, 323, 18); XIV (GNO VI, 407, 17-408, 4: purificare le mani del corpo della Chiesa alla stregua del gesto dello scultore di statue, come ricordava Plotino, Enneadi I, 6, 9); Discorso sui defunti 11 (CP 50, 35-52, 4; GNO IX, 42, 11-21); Sulla verginità XII, 2 (SCh 119, 408, 60-64); Vita di Mosè II, 313 (PG 428A) GNO VII/1 141, 2-5 (interpretazione spirituale col richiamo ancora dell’opera dello sculltore di statue); Commento a 1Cor 15, 28 (16) [1316] (testo critico in GNO III/2, 3-28; riprodotto e tradotto da I. Ramelli in Gregorio di Nissa, Sull’anima e la resurrezione, Milano 2007, 688-721). Cfr. anche J. Daniélou, Platonisme et théologie mystique, Paris 19542, 19 e 23. Anche per Didimo il Cieco l’avvio della vita spirituale è l’allontanamento dal male, come afferma, citando Sal 33, 15 mentre commenta Sal 24, 7a e Sal 26, 6c (per avere il bene ci si deve allontanare dal male), Didimo il Cieco, Lezioni sui salmi 24, 7a; 26, 6c (tr. it. 286; 348). Naturalmente vale anche il contrario, come dice espressamente Gregorio di Nissa, Vita di Mosè II, 299 (SCh 1, 310, 3-4): la familiarità col male coincide col distacco/allontanamento dal bello. Non si dimentichi che tale concezione dell‘’evitare il male’ è presente nello stoicismo; così per Epitteto, cfr. M. Pohlenz, La Stoa II, Firenze 1967, 107. Plotino si serve dell’immagine dello scultore che deve togliere quanto impedisce la vera forma, per affermare che il primo passo, la prima tappa del progresso spirituale sta nella purificazione dell’anima dalle passioni, Plotino, Enneadi I 6, 9, 7. Già Platone presenta la figura di Glauco per parlare dell’anima umana ricoperta dai corpi estranei delle passioni, Platone, Repubblica X 611d. L’esercizio della filosofia e l’iniziazione misterica vedevano nell’allontanamento dal male/ignoranza il primo gradino del progresso spirituale. 396   Pensieri analoghi aveva svolto Origene: «Non vi è infatti perfezione nell’astenersi dal male, mentre ve ne è nel compiere il bene...secondo quanto apprendiamo dal salmo quando si dice “Distogliti dal male” e non ci si è fermati qui, ma si è aggiunto “E fa’ il bene” (Sal 36, 27).... Nessuno infatti può essere perfetto se non ha compiuto niente di male, ma lo è se ha compiuto qualcosa di bene», Origene, Commento alla

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>4.  Conducendoci dunque a virtù in maniera saggia e con arte, ha posto quale inizio del bello/bene l’allontanamento dalla malvagità. Se infatti ti avesse posto innanzi immediatamente le cose perfette, ti saresti ritirato dal tentare l’impresa; ora invece ti abitua alle cose più semplici, affinché tu abbia coraggio per affrontare anche ciò che segue.397 Io direi che certamente l’esercizio* della pietà è simile a una scala; a quella scala, che una volta vide il beato Giacobbe, le cui estremità le une erano vicine a terra e basse, mentre le altre penetravano già nel cielo stesso (cfr. Gen 28, 12).398 [217D] Per cui occorre che quanti si incamminano verso la vita secondo virtù*399 lettera ai Romani, II, XII (899B). Il Sal 36, 27 compare nel Frammento 68 greco a Lc 9, 62, nel commento origeniano a Luca, Origene, Omelie su Luca (SCh 87, 516). 397   Il Nisseno riprende questo discorso basiliano nel commento al Qoelet, quando dice che nei Salmi Davide non comincia col dire che è beato chi ha successo ma fa consistere il principio della beatitudine nell’allontanamento (apostasin) dal male; mostrando che anche l’Ecclesiaste si muove sulla stessa linea parlando in primo luogo della necessità di eliminare le cose vane, Gregorio di Nissa, Omelie su Qoelet, V, 1 276, 10-278, 25 (GNO V, 354, 2-16). 398   Si noti il simbolo della scala, legato al sogno di Giacobbe, su cui si concentrerà l’opera famosa La scala del paradiso di Giovanni Climaco (579-649), che, rifacendosi al sogno di Giacobbe e ai 30 anni del Cristo, distingue i vizi (1-23) dalle virtù (24-30). Riguardo al motivo letterario della scala si consulti quanto dice R.M. Parinello in Giovanni Climaco, La scala del paradiso, Milano 2007, 53-73. L’immagine della scala serve a Basilio a fotografare l’iter del cammino di perfezione nei tre gradi (principianti, proficienti, perfetti), attraverso cui si perviene alla vita eterna, alla condizione gloriosa. Con l’immagine della scala il Nisseno caratterizza l’iter delle Beatitudini evangeliche e il relativo cammino dell’uomo teso all’alto, collegandolo anch’egli al sogno di Giacobbe, Gregorio di Nissa, Omelie sulle Beatitudini II, 1.1 e V, 1. Per affermare che la Scrittura parla ‘del cielo’ di Dio, Origene aveva richiamato il sogno della scala di Giacobbe, sulla quale -egli sa- Filone ha composto un valido libro, Origene, Contro Celso VI, 21 (SCh 147, 230, 7-232, 15). 399   È mediante la virtù che si entra «nella nostra vita», dice Basilio ai giovani, ai quali poi richiama l’elogio della virtù fatto dai poeti e specie dai filosofi, Adolesc V, 1. Per lo più la trattazione morale era affidata al trattato delle virtù (cfr. Zenone e Crisippo), che considerava insieme la dimensione parenetica e quella teorica, sulla scia dell’Etica Nicomachea di Aristotele. Si tenga presente il testo di Filone Sulle virtù. Si richiami anche Plotino Enneadi I, 2, 1-7, in linea con Platone che considera la virtù come somiglianza con Dio, Teeteto 176a; ripreso poi da Porfirio, Sentenze sugli intelligibili 32. Si operava una distinzione tra le virtù divine e quelle politiche/sociali, come ad es. in Plotino, Enneadi I, 2, 1. Platone aveva collegato la virtù col Bene, per cui è proprietà dell’essere dell’uomo comprendersi nella propria aretē e così, possedendo la virtù, può divenire un ‘cittadino’ e cioè un uomo. Ciò sta a dire che tensione al Bene e alla virtù è ciò che fa di un uomo un uomo. Questo ha visto Gadamer in alcuni dialoghi platonici, nel Filebo, ma anche nel Protagora, nel Carmide e nel Gorgia. Cfr. Piergiorgio Della Pelle, La filosofia di Platone nell’interpretazione di Hans-Georg Gadamer, Milano 2014, 97-99. Basilio parla anche della vita secondo il cielo (Ep 204, 2 II, 174, 9) che richiama Fil 3, 20. Comunque egli ha chiaro che tutte le

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mettano il piede sui primi gradini, e di lì sempre proseguano sui seguenti, fino a quando pervengano a quella altezza conseguibile dalla natura umana mediante il progresso* graduale.400 Come dunque sulla [220A] scala prima salita [è] la separazione dalla terra, così, per la condotta di vita secondo Dio, principio del progresso [è] la separazione dal male.401 realtà che vivono secondo virtù desiderano lo Spirito Santo, De Spir s IX, 22, 21-22. Idee simili in rapporto al Figlio, con la citazione di Rm 11, 36, in De Spir s V, 7, 41-42. Questa prospettiva è ripresa da Gregorio di Nissa nel Prologo delle sue omelie sul Cantico: dalle cose carnali dirigersi verso la condizione spirituale e immateriale dell’anima, Gregorio di Nissa, Omelie sul Cantico Prologo (GNO VI, 4, 7-8). Per il Nisseno tutta la vita dell’uomo si caratterizza per essere o vita secondo virtù o secondo il male; in rapporto a ciò avverrà il giudizio e la purificazione finale, Gregorio di Nissa, Sull’anima e la resurrezione VI, 7 e 9 (GNO III/3, 116, 5-7 e 121, 4-122, 6; PG 46, 152A e 157BCD); cfr. anche IV, 1 (GNO III/3, 65, 14-66, 2; PG 46, 89A). La stessa cosa ripete più volte trattando delle Beatitudini evangeliche, Gregorio di Nissa, Omelie sulle Beatitudini I, 5; III, 4. L’insegnamento della Scrittura e quello dei Salmi in particolare è finalizzato a spingere alla vita secondo virtù, Gregorio di Nissa, Sui titoli dei salmi II, 2, 30 (SCh 466, 272, 17-18); Vita di Mosé II, 319 (SCh 1, 324, 1-2: si tratta di raggiungere la perfezione della vita secondo virtù). La vita secondo virtù era un cardine fondamentale anche dell’esperienza monastica di s. Antonio Abate, Atanasio, Vita di Antonio 7. Si integri questa nota con quella a In Ps 44, 1 §1 [388A]. 400   Basilio collega il progresso col raggiungimento della perfezione, vedi Ep 226, 1 (III, 23, 4-5), scritta nel 375 agli asceti che dirigeva. Sul progresso dell’uomo si sofferma Origene in rapporto al suo avvicinamento al Logos: da una condizione di semplice introduzione (1) a un progresso (2), a una vicinanza alla virtù (3) o al suo raggiungimento (4), Origene, Contro Celso IV, 16, 1-19 (SCh 136, 220, 1-222, 19). 401   È questo un motivo ricorrente della spiritualità e della pedagogia pastorale basiliana. Sul distacco/rinuncia cfr. la chiarificatrice Rf 8; e anche De Bapt 1520A: è assolutamente necessario «prima essere strappato dall’oppressione del Diavolo, che sospinge colui che è posseduto dal peccato ai mali che non vuole, e poi, dopo aver rinunciato a tutte le cose presenti e a se stesso, ed essersi distaccato dall’attaccamento alla vita...(Mt 16, 24)». Cfr. anche De Bapt 1524C. Si tenga presente la nota in relazione a In Ps 1, 1 § 3 [217C]; vedi anche In Ps 1, 1 § 6 [228B]; In Ps 32, 11 § 7 [341AB]; In Ps 33, 4 § 3 [357BC]; In Ps 33, 15 § 10, [376AB]; In Ps 45, 11, § 8 [428CD-429ABC]; In Ps 61, 9 § 4 [477BC]; In Ps 114, 7 § 5 [492B]; Princ Prov § 4 [393BC]. Questa, del resto, è anche l’originaria esperienza di Basilio: non basta allontanarsi dalle cose mondane/cittadine, ma occorre staccarsi anche dalle proprie passioni, in definitiva da se stessi, secondo la regola della sequela evangelica (Mt 16, 24); si richiede un completo allontanamento (chōrismos) dal mondo, che non comporta un mero allontanarsi fisico da questi, ma implica uno strappare dall’anima quanto la tiene unita al corpo, Ep 2, 1-2 (CP 60-64). Gregorio di Nissa riprende e amplia il discorso di Basilio; partendo sempre dal Sal 1, 1 prosegue a indicare ciò che va realmente desiderato e scelto, Gregorio di Nissa, Omelie su Qoelet V, 1 276, 10-278, 33 (GNO V, 354, 2-23). Il richiamo a Fedone 67d di Platone, -ripreso da Plotino Enneadi III, 6, 5- come fa qualche autore, non pare qui molto appropriato; il contesto del dialogo platonico riguarda la morte come separazione dell’anima dal corpo, separazione che

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In senso assoluto ogni astensione è più agevole di qualsivoglia tipo di azione; così non uccidere; non fornicare, non rubare (Es 20, 13-15; Mt 19, 18). Ognuno di questi [precetti] necessita di astensione e di inattività. Invece Amerai il prossimo tuo come te stesso (Mt 19, 19) e vendi i tuoi averi e distribuiscili ai poveri (Mt 19, 21); e se uno ti costringerà a un miglio, fanne con lui due (Mt 5, 41), sono azioni che si addicono a atleti* e che hanno bisogno di un’anima già vigorosa per la buona riuscita. Perciò ammira la sapienza di Colui che ci guida verso la perfezione* attraverso le opere piuttosto agevoli e leggere.

Le tre cose da evitare per raggiungere la perfetta virtù Ci ha messo innanzi, dunque, tre cose riguardo alle quali bisogna stare in guardia: non procedere in un volere di empi, non fermarsi in una strada di peccatori, non sedersi [220B] su una cattedra di pestilenze (Sal 1, 1). Seguendo la natura delle cose, ha posto tale ordine a ciò che è stato detto. Prima, infatti, decidiamo, poi rafforziamo la decisione, poi ci fermiamo su ciò che è stato deciso.402 Prima dunque è detto ‘beato’ quanto è puro* nella nostra mente, poiché radice delle azioni compiute attraverso il corpo [è] la decisione del cuore.403

L’empietà contro Dio L’impurità infatti, che prima è stata accesa nell’anima dell’amante dei piaceri, è così che opera la corruzione mediante il corpo (cfr. Gal 6, 8). Per cui anche il Signore dice che è dentro ciò che rende immondo l’uomo (cfr. Mt 15, 18). Poiché empietà appropriatamente è detto il peccato verso Dio, non avvenga mai che noi accogliamo per la mancanza di fede un dubbio riguardo a Dio! il filosofo desidera vivere per raggiungere puramente la sapienza. Sull’argomento cfr. J. Gribomont, Le renoncement au monde in Saint Basile. Èvangile et Èglise, 288-306. L’allontanamento dal mondo, il secessus mundi, è luogo comune nella spiritualità monastica, cfr. S. Pricoco, L’isola dei santi. Il cenobio di Lerino e le origini del monachesimo gallico, Roma 1978, 131-154. Tale richiamo platonico-plotiniano ha il suo luogo più pertinente nell’omelia In Ps 114, 8 § 5 [493B] dove Basilio stesso accenna a diverse forme di morte. 402   I tre comandi al negativo di Sal 1, 1 immediatamente rapportati, con un’altra triplice struttura verbale, al processo decisionale tipico dell’uomo. 403   Anche qui viene evocata la proairesis. Vedi In Ps 33, 4 § 3 [357B] e Attende § 1 [197C] per il cuore come sede della deliberazione. Analogamente, secondo Galeno, i seguaci di Crisippo e molti stoici e peripatetici ritenevano che nel cuore si collocasse la parte volitiva (bouleuomenon meros) dell’anima, SVF, II, 761.

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Questo è infatti procedere nel volere di empi (Sal 1, 1a), qualora dica in cuore tuo: C’è forse un Dio che governa tutti gli eventi? * C’è forse un Dio in cielo [220C] che dispensa le cose per ciascuno? Forse un giudizio? Forse una ricompensa ad ognuno secondo la sua opera (cfr. Pr 24, 12; Rm 2, 6)? Perché dunque giusti sono poveri e peccatori si arricchiscono? Questi indeboliscono, quelli si rafforzano? Questi disprezzati, quelli glorificati? L’universo non procede forse da sé e alcuni eventi irrazionali non distribuiscono a caso le vite a ciascuno senza ordine? Se pensi tutte queste cose, hai proceduto nel volere di empi. Beato dunque colui che non ebbe un dubbio riguardo a Dio, che non si lasciò intimidire dalle cose presenti, ma aspetta pazientemente il futuro sperato; che non ebbe un pensiero empio riguardo a Colui che ci ha creati (cfr. Sal 94, 6; 3Mac 2, 3.9; Sir 24, 8; Col 1, 16; Ap 4, 11).

La via dei peccatori Beato allora anche colui che non si fermò in una strada di peccatori (Sal 1, 1b).

- La vita è una strada e l’uomo un viandante che va verso la fine. Mobile fugacità del tempo e delle cose ‘Strada’ è poi detta la vita404 a causa dell’acceleramento verso la fine di ciascuno dei nati. Come infatti [220D] quelli che dormono nelle navi vengono condotti automaticamente dal vento verso porti e, anche se essi stessi neppure se ne accorgono, tuttavia la corsa li spinge verso la fine*;405 così anche noi, mentre il tempo della nostra vita ci scorre accanto, come con un movimento continuo e incessante,406 veniamo condotti ciascuno verso   Più volte Basilio identifica la vita con la strada; cfr. ad es. Adolesc I, 2.   Il termine greco telos significa comunque sia ‘la fine’ che ‘il fine’; vedi In Ps 45, 1 § 1 [416A] e In Ps 48, 1 § 1 [432AB]. Cfr. Origene, Omelia V sul Salmo 36, 5 (SCh 411, 242-244). 406   Dichiarandolo affine al mondo, agli animali e alle piante, Basilio presenta il corso del tempo che «sempre incalza e scorre e mai si arresta nella sua corsa (hē tou chronou diexodos… kai mēdamou pauomenē tou dromou). Non è tale il tempo cronologico il cui passato è scomparso, mentre il futuro non compare ancora e il presente sfugge alla percezione prima ancora di essere conosciuto? Tale del resto anche la natura degli esseri divenienti, tutta tesa o a crescere o a estinguersi, non avendo evidente ciò che è fermo e stabile. Era dunque conveniente ai corpi dei viventi e delle piante, legati per necessità ad una sorta di flusso, costretti da un movimento che li trascina alla nascita o alla morte, essere contenuti dalla natura del tempo, che possiede la peculiarità affine a quella degli esseri soggetti al mutamento», Hex I, 5, 4-5. Sulle tre dimensioni del tempo cfr. anche Gregorio di Nissa, Sulla preghiera del Signore Omelia I (PG 44, 1124D-1125A; GNO VII/2, 9, 23-25). 404

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il proprio termine dalla corsa della nostra vita di cui non ci accorgiamo.407 Per esempio, dormi e il tempo ti passa accanto; sei sveglio e non stai in riposo [221A] con la tua mente, ma ugualmente la vita si consuma, anche se si sottrae alla nostra attenzione.408 Tutti noi uomini facciamo, dunque, una qual certa corsa affrettandoci ciascuno verso la propria fine; per questo siamo tutti per strada. E così dunque potresti intendere il significato della strada. Viandante sei in questa vita; tutto attraversi, tutto resta dietro di te.409 Hai visto sulla strada un germoglio, o erba o acqua, o qualunque cosa ti capiti di quelle degne di essere notate; per un breve attimo l’hai goduta, poi sei passato oltre. Ancora, ti sei imbattuto in pietre e valli e burroni e scogli e tronchi, o anche in fiere e serpi e rovi e alcune altre cose di quelle moleste;410 per un attimo te ne sei addolorato, e poi hai lasciato andare.411   L’immagine basiliana non è lontana dalla coscienza dell’uomo del Cinque-Seicento ad es.: «La vita dell’uomo segue un corso prevedibile nella media esattamente come è possibile farlo per quello di un fiume. La danza privata di ogni singola goccia diviene irrilevante: quello che conta è la velocità media del volume d’acqua... L’uomo, egli stesso diviene goccia, rivolo, vortice isolato», Ruggero Pierantoni, Forma fluens, Torino, 1987, 356. 408   Per illustrare la condizione dell’homo viator il discorso in questo passaggio («Per esempio dormi…nostra attenzione») si articola in cola paralleli e prevalentemente paratattici, di assoluta semplicità stilistica, perché descrivono il sonno e la veglia, condizioni abituali dell’uomo, che, anche se non consapevole, assiste allo spettacolo della vita che scorre inesorabilmente verso il proprio termine. 409   L’immagine è presente nella cultura greca e in quasi tutte le esperienze religiose. L’uomo è sempre in viaggio; è in esilio. Sulla condizione di viandante anche per gli sposi insiste Basilio In Iulittam 5 (250BC). Il filosofo francese Gabriel Marcel, ad es., dirà che l’uomo è essenzialmente Homo viator (titolo di un suo libro del 1944); mentre in un testo degli anni 1938-42 Buber descrive il nostro tempo come quello del viandante, di colui che non ha un tetto sicuro, Martin Buber, Il problema dell’uomo, 35. Cfr. Introduzione. 410   Le spine sono collegate-identificate con cose moleste, come pure In Ps 45, 11 §8 [428C] (vedi anche nota relativa). 411   Di nuovo in questa parte («Hai visto…hai lasciato andare») un richiamo all’esperienza comune dell’uomo, che si imbatte nel suo viaggio in cose gradevoli o moleste (esemplificate attraverso l’enumerazione di elementi naturali positivi o negativi, 407

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Tale è la vita, che non ha né gioie stabili né dolori durevoli. Tua non è la strada, ma neppure le cose ivi presenti [sono] tue. Per quanto riguarda i viandanti, [221B] ugualmente il primo ha mosso la pianta del piede e subito quello dopo di lui ha mosso il passo e così colui che viene dopo di quello.412 >5.  E osserva anche le cose della vita se non [sono] simili. Oggi hai lavorato tu la terra e domani un altro e dopo quello un altro ancora. Vedi questi campi e le case molto sfarzose? Quanti nomi ciascuna di queste cose ha già mutato da quando esiste! Veniva detta del tale, poi mutò nome in altro; pervenne sotto un altro tale, poi ora è detta di un altro ancora. Non è dunque una strada la nostra vita, che riceve ora l’uno ora l’altro e vede tutti susseguirsi gli uni agli altri?413*

- La doppia via dei peccatori Beato, dunque, colui che non si fermò sulla strada dei peccatori414 (Sal 1, 1b). [221C] Il non si fermò, cosa significa? Finché quali uomini siamo nella prima età, non siamo né in male né in virtù (tale età essendo infatti incapace dell’una e dell’altra disposizione); ma dopo che la nostra ragione ha raggiunto la pienezza, allora si realizza lo scritto: essendo sopraggiunto il coordinati rispettivamente col polisindeto della congiunzione ē o kaí). La reazione dell’uomo è descritta in entrambi i casi con un versetto fatto di due semplici verbi accostati in una struttura paratattica, il primo che esprime una temporanea sensazione di piacere o dolore, il secondo il veloce superamento della sensazione stessa perché l’uomo si lascia riassorbire dal consueto ritmo della vita che comunque va oltre. 412   La sintassi qui («Per quanto riguarda…dopo di quello») riproduce il cammino ripetitivo dell’uomo: la coordinazione con kai di versetti paralleli corrisponde all’immagine descritta, quella degli uomini che seguono uno dopo l’altro le orme dei predecessori. 413   Sul mutamento della vita umana vedi indice ricorrenze. Idee analoghe Basilio esprime in In Iulittam 4 (245CD-248A); Adolesc V, 10: i beni passano da un possessore all’altro come in un gioco di dadi, aspetto per il quale vedi In Ps 61, 11 §5 [480D-481A]. 414   Qui il versetto del salmo è reso con gli articoli determinativi.

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comandamento, sorse il peccato, e io morii (Rm 7, 9). Sorgono infatti pensieri malvagi (cfr. Mt 15, 19), generati nelle nostre anime dalle passioni della carne* (cfr. Gal 5, 24, Rm 7, 5). Di fatto, il sopraggiunto comandamento, la determinazione cioè di ciò che è bene, se non ha dominato il malvagio pensiero, ma ha permesso che il pensiero venga assoggettato dalle passioni, sorse il peccato, e la mente morì, venendo uccisa dalle iniquità.415

- Le due vie dell’uomo416 Beato dunque chi non si è soffermato sulla strada di quanti peccano, ma con un più retto pensiero si è rivolto verso la religiosa condotta di vita. [221D] Due sono infatti le vie opposte l’una all’altra*: una larga e agevole, e l’altra stretta e faticosa (cfr. Mt 7, 13-14).417 E due [sono] le guide, che cercano ciascuna di attirare a sé. Ha dunque la via liscia e declive una guida ingannevole, un demone malvagio, che trascina alla distruzione quelli che lo seguono attraverso il piacere; invece quella difficile e erta [ha] un angelo buono, che conduce attraverso le fatiche* della virtù verso il fine* beato [224A] quelli che lo seguono. Finché dunque ognuno di noi è un fanciullo (cfr. 1Cor 13, 11; Gal 4, 3), che insegue il piacere del momento, non fa alcun conto del futuro; ma, divenuto ormai uomo (cfr. 1Cor 13, 11), dopo la maturazione del giudizio,418 gli sembra come di vedere la vita divisa tra virtù e vizio e, volgendo spesso l’occhio* dell’anima419 verso   Per Basilio il male in sé (physei) dipende da noi, dalle nostre passioni; cfr. De malo 3, 333A.   Basilio, riprendendo tale motivo, riconferma la sua visione dell’uomo: questi sta in una posizione oscillante, a mezz’aria, e dunque instabile. Ciò dice la libertà di scelta dell’uomo e l’esigenza che egli sappia far buon/corretto uso delle energie e delle cose. La ‘piega’ del discorso di Basilio è quella morale/etica (non moralistica); ma questa è dimensione inevitabile inerente alla costituzione stessa dell’uomo. Origene legava la libertà dell’uomo alla sua anima: diversamente dal corpo «l’anima in noi ha i principi e la libertà dell’arbitrio per essere grande o piccola», Origene, Omelie su Levitico XII, 2 (SCh 287, 170, 50-52). Ciò giustifica l’attenzione data da Basilio al tempo, realtà che ‘impasta’ l’uomo e che come tale è il luogo della sua scelta discriminante, del suo tendere dal ‘temporale’ al ‘duraturo’ (per non legarsi al transeunte). Egli sa - come dice in tutta questa sezione [221C-224C]- che le cose visibili durano un attimo, mentre quelle invisibili permangono echeggiando il testo di san Paolo: «giacché noi non fissiamo lo sguardo sulle cose visibili, ma su quelle invisibili. Le cose visibili sono d’un momento, quelle invisibili eterne» (2Cor 4, 18). 417   Per l’immagine delle due vie vedi anche l’Introduzione. 418   Gli stoici pensavano che tale maturazione del logos avvenisse alla fine del secondo ciclo di sette anni, vedi In Ps 114, 8, § 5, [493A]; cfr. SVF I, 149 e Pohlenz, La Stoa, I, 103. 419   La medesima espressione ricorre anche in C Eun I, 3, 14. E di ‘occhi dell’anima’ parla anche il Com Is Proemio 3. Dunque si dà una capacità visiva dell’anima. Per l’interpretazione 415 416

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in senso spirituale del senso della vista, oltre che qui In Ps 1, 1, § 5, [224A], vedi anche In Ps 33, 4 § 3 [357B], In Ps 33, 21 § 13 [384A], In Ps 45, 5 § 4 [424A], In Ps 45, 9 § 7 [428A], Princ Prov § 14 [413C]; Attende § 2 [201C] e § 5 [209B]; In Christi gen. 6 (1473D). Cfr. anche De iudicio 657B. L’espressione ‘occhi dell’anima’ è presente in Platone, cfr. ad es. Platone Repubblica VII, 527de; 533d (l’occhio dell’anima viene liberato dal fango in cui è caduta); Simposio 219a; Alcibiade I 129a-133c (l’anima come occhio rimanda la propria immagine; e come ma il luogo privilegiato dell’occhio è la pupilla così c’è una parte privilegiata dell’anima ed è quella divina legata al pensiero); Sofista 254a; Fedone 99e. Cfr. anche Plotino, Enneadi I, 6, 9, 25. Empedocle aveva detto divino il suo intelletto. Cfr. anche J. Pepin, Idées grecques sur l’homme et sur Dieu, Paris 1971, 72-73. Filone, riflettendo sull’attività della conoscenza umana, paragona il nous, che gioca un ruolo egemonico sul corpo e sull’anima ‘appetitiva’, all’occhio dell’anima o anche - se la psichē è paragonata all’occhio - alla sua pupilla, essendo l’intelletto come un’anima dell’anima, Filone, La creazione del mondo XVII, 53; XXI, 66; L’immutabilità di Dio X-XI, 45-46. Clemente, 1Corinti 19, 3 dice che con gli occhi dell’anima si può guardare il grande volere di Dio; nella stessa lettera (1Corinti 36, 2; 59, 3) compare anche ‘occhi del cuore’. Anche Clemente Alessandrino parla dell’occhio dell’anima, Clemente Alessandrino Stromati I, 1, 10, 1; in Stromati III, 5, 44, 3 paragona la gnosi nella mente all’occhio nel corpo; concetto presente in Aristotele, Etica Nicomachea I 4 1096 b 29; Topici I 18, 108a11 e, come opinione di Celso, in Origene, Contro Celso VII, 45 (SCh 150, 120, 15-16). Origene conosce l’espressione ‘occhi del cuore’, Origene, Principi I, 1, 9 (cfr. Ef 1, 18) (SCh 252, 110, 299); Omelie sull’Esodo X, 3 (SCh 321, 312, 10 con relativa nota complementare 9 a 417-418 sui sensi spirituali); Contro Celso VII, 39 (SCh 150, 104, 34-36: gli occhi dell’anima di Adamo ed Eva si chiusero in seguito al peccato); egli dice che occorre convertire «gli occhi della nostra mente», Omelie sui Numeri XXVII, 1, 7 (SCh 461, 276).Origene spesso rapporta il motivo platonico degli occhi dell’anima al biblico ‘cuore puro’ (Mt 5, 8), col quale si puo ‘vedere Dio’; Origene, Contro Celso VI, 4 (SCh 147, 188, 35-36). L’Alessandrino riferisce del fatto che si diceva che Platone vide di possedere il terzo occhio, Origene, Contro Celso VI, 8 (SCh 147, 196, 23-24); molto probabilmente si trattava di quell’organo dell’anima degno di essere protetto più di infiniti occhi, perché con esso soltanto si vede la verità, di cui parla Platone (cfr. i passi qui sopra richiamati). L’immagine è frequente in Gregorio di Nissa, Discorso sui defunti 12 (CP 56, 17-18; GNO IX, 47, 10-12); Sulla verginità IV, 1; V e X, 1 (SCh 119, 302, 10; 334, 6-7 e 370, 5-6); Sull’anima e la resurrezione I.2 (PG 46, 28A; GNO III/3, 12, 19-20); Vita di Gregorio (PG 46, 908D); Sulla morte prematura (GNO III/2, 71, 8; 79, 16-24; 81, 10-21); Sulla verginità, XI, 1 (SCh 119, 382, 21-22), dove il Nisseno parla di colui che ha purificato l’occhio dell’anima; Sui titoli dei salmi II, 5, 35 (SCh 466, 300, 36-50); Sul Salmo sesto (GNO V 189, 19-190, 1); Vita di Mosè II, 19 (SCh 1, 116, 1-5); Omelie su Qoelet VII, 2 410, 70-71 (GNO V 420, 5-6); Omelie sul Cantico Prologo (GNO VI, 4, 4). San Massimo Confessore legge il peccato di Adamo nel fatto di non aver rivolto l’occhio dell’anima alle cose divine, Massimo Confessore, Ambigua PG 91, 1156C-1157A. Oltre a ciò in In Christi gen 6 (1473D) Basilio parla di ‘occhi del cuore’ purificati capaci di cogliere la luce della divina potenza; cfr. anche De Spir s XXII, 53, 12-16. ‘Occhio del cuore’ compare anche in Gregorio di Nissa, Sulla verginità X, 1 (SCh 119, 370, 5-6). Lo Ps. Macario parla di ‘occhio noetico’, di ‘occhio invisibile e noetico’, di ‘occhi del mio cuore’, Ps. Macario (III), Omelie spirituali XVI, 6, 1; 8, 2; XXVIII, 4, 1. Conosce l’espressione ‘occhio del cuore’ anche il Corpus Hermeticum IV 11; VII 1, 2. Il riferimento biblico è Ef 1, 18; cfr. anche 2Cor 4, 6 e 2Pt 1, 19.

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l’una e l’altro, valuta* in parallelo ciò che conviene all’una e all’altro.420 E la vita dei peccatori mostra tutti i diletti del tempo presente, mentre quella dei giusti mostra solo i beni del futuro.421 E la strada di quanti si salvano, quanto belle promette le cose future tanto faticose mostra le cose presenti; mentre la vita dolce e dissoluta non si protende verso il godimento sperato per il futuro, ma verso quello già presente.422 420   Per un accenno sulle età della vita, in riferimento a Cristo, cfr. Origene, Contro Celso VI, 77 (SCh 147, 374, 45-46). 421   A partire dalle parole del Signore Gesù (Gv 10, 12-13) sul mercenario (ho misthōtos), Basilio rileva che possono dirsi mercenari «coloro che curano il proprio tornaconto inseguendo il presente, anziché mirare al futuro», Basilio, In Mamantem 4 (596C). 422   Carchia ritiene che lo Stoicismo veda nel ‘presente’ il punto di contrazione dell’eterno nell’evento, per cui si dà solo una totalità istantanea che si oppone all’eterno che è un non essere; di conseguenza l’etica stoica diviene un esercizio della virtù guidata da una finalità interna (telos) senza skopos. Immagine portante di ciò è la danza con una sua regola interna che sta nella sua stessa realizzazione; pertanto, -dice Cicerone, Sui termini estremi del bene e del male, De finibus bonorum et malorum III, 24- è inadeguato richiamarsi all’arte della medicina e del pilota della nave, perché di fatto è esclusa ogni idea di crescita e di maggiorazione (ivi, III, 45), Gianni Carchia, L’estetica antica, Bari 1999, 136-138. Questa posizione stoica è portata all’estremo da Lucrezio; è in lui, afferma Agamben, «ben più radicalmente che nella Stoa, che l’uso sembra emanciparsi completamente da ogni relazione a un fine predeterminato, per affermarsi come la semplice elezione del vivente con il proprio corpo, al di là di ogni finalità. Spingendo all’estremo la critica epicurea di ogni finalismo, Lucrezio afferma così che nessun organo è stato creato in vista di un fine; ciò che è nato genera il suo uso («quod natum est id procreat usum»)… le membra precedettero il loro uso… Il rovesciamento della relazione fra organo e funzione equivale, in realtà, a liberare l’uso da ogni teleologia prestabilita», Giorgio Agamben, L’uso dei corpi, 80-81. Quanto all’esclusione di ogni idea di crescita o maggiorazione, in effetti per gli stoici il vero bene non è tale per aggiunta o accrescimento o confronto con il resto, ma per la sua stessa essenza e la valutazione di esso è qualitativa, non quantitativa (Cicerone, Sui termini estremi del bene e del male, De finibus bonorum et malorum III, 34). Se i peripatetici ritengono suscettibile di accrescimento l’estremo limite del bene, arrivando a pensare che uno sia più sapiente di un altro e parimenti che uno pecchi o agisca rettamente più che un altro, per gli stoici questo è impossibile. Chi è immerso nell’acqua in vicinanza della superficie non respira come se fosse ancora sul fondo; così chi è avanzato alquanto verso la condizione della virtù non è meno in una condizione di miseria di chi non è avanzato affatto (Cicerone, Sui termini estremi del bene e del male, De finibus bonorum et malorum III, 48; cfr. anche Crisippo, che sosteneva che «quelli che progredendo si sono avvicinati alla virtù sono nel vizio non meno di quelli che ne distano alquanto [...] chi è in progresso, finché non attinge alla virtù, continua ad essere nell’ignoranza e nella miseria», SVF III, 539). Il vero bene, così come la felicità, non ammette neppure una variazione in rapporto alla durata: «Lo scorrere del tempo non fa crescere il bene, ma se uno sarà saggio anche per un breve istante, non perde niente, in termini di felicità, rispetto a chi goda eternamente della virtù vivendo in essa una vita felice» (SVF III, 54); «Crisippo ha più volte affermato che la nostra

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Così dunque l’anima tutta ha le vertigini423 e [224B]si smarrisce nei ragionamenti, quando considera le cose eterne, scegliendo* la virtù, e quando invece rivolge lo sguardo alle cose presenti, referendo il piacere. Qui vede il buon piacere della carne, là il condurre a schiavitù la carne; qui ubriachezza, là digiuno; qui risa incontenibili, là lacrime abbondanti; qua danze, e là preghiera; suono di flauti qui, e là lamenti; qui lussuria, e là verginità. Poiché dunque il vero bene* è percepibile attraverso ragione mediante fede -infatti abita molto lontano e occhio non vide e orecchio non udì (1Cor 2, 9)- e invece il piacere del peccato ha l’appagamento molto vicino e che si diffonde attraverso ogni sensazione; beato chi non è stato portato alla distruzione dalle attrattive del piacere, ma mantiene mediante sopportazione la speranza della salvezza e nella [224C]scelta delle due vie non si è messo sulla strada che porta al male.

Non soffermarsi nella peste del male >6.  E non si sedette su una cattedra di pestilenze (Sal 1, 1c). Forse che chiama ‘cattedre’ queste sulle quali riposiamo i nostri corpi? E quale comunanza tra legno e peccato, tanto che io devo fuggire come pericolosa la cattedra occupata in precedenza da un peccatore? O bisogna che crediamo che sia detta ‘cattedra’ la prolungata e ferma permanenza nella scelta del male?424 Da questo dobbiamo guardarci, che il rimanere felicità non aumenta col passare del tempo, ma che è precisa ed identica a quella di chi ne goda per una frazione indivisibile di tempo» (SVF III, 54); «Non c’è dubbio, gli uomini buoni sono sempre felici, e i malvagi infelici, e la felicità dei buoni non differisce da quella degli dei, né quella di un istante - parola di Crisippo - è diversa da quella di Zeus; anzi, la felicità dei saggi non ha nulla da invidiare alla felicità di Zeus, né quest’ultima la supera in bellezza e nobiltà» (SVF III 54); «La realizzazione della rettitudine o parimenti l’accordo o infine il bene stesso, che consiste nel trovarsi in armonia con la natura, non comporta alcun supplemento di crescita» (Cicerone, Sui termini estremi del bene e del male, De finibus bonorum et malorum III, 45); «La felicità nella vita non è da desiderare né da ricercare maggiormente se è lunga che se è breve» (Cicerone, Sui termini estremi del bene e del male, De finibus bonorum et malorum III, 46). Stando così le cose la logica cristiana-basiliana si oppone a tale impostazione di fondo dello Stoicismo, al di là dei medesimi richiami verbali. 423   Vedi anche C Eun I, 12, 22-24, in riferimento alle vertigini provate da Paolo davanti allo snodarsi dell’economia salvifica, con successivo richiamo di Rm 11, 33 ). Il Nisseno parla anch’egli di vertigini quando si procede oltre la ragione per cogliere la realtà che è oltre lo spazio e il tempo, Gregorio di Nissa, Omelie su Qoelet VII, 8 396, 103 (GNO V, 414, 5). 424   Notevole passaggio esegetico interpretativo sulla scia di Origene: il senso letterale del passo si mostra insufficiente e anche insostenibile (defectus litterae); ciò denota che occorre andare oltre fino a scoprire la portata poetica e simbolica del testo biblico.

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I. SALMO 1

accanitamente nei peccati induce nelle anime una certa disposizione difficile da rimuovere. Una vecchia passione dell’anima425 infatti e una pratica del male rafforzatasi nel tempo è difficile da guarire, o anche totalmente inguaribile, poiché l’abitudine si trasforma, come nella maggior parte delle cose, in natura.426 Vale dunque la pena di pregare di non venire a contatto [224D] col male. C’è una seconda navigazione:427 subito dopo l’esperienza (del male) fuggirlo come una ferita di animale velenoso, secondo quanto è scritto da Salomone a riguardo della donna immorale: non gettare il tuo occhio verso di lei, ma fuggi via; non passarvi del tempo (Pr 9, 18). Ora io lo so: alcuni in gioventù sono caduti nelle passioni della carne* (cfr. Gal 5, 24, Rm 7, 5) [225A] e fino alla vecchiaia stessa restano nei peccati a causa della familiarità col male. Come infatti i maiali si rotolano nel loto (cfr. 2Pt 2, 22) e sempre più si sporcano di fango;428 così questi   Vedi In Ps 61, 1 § 1 [469B] (in cui si parla di «passioni nell’anima») e relativa nota.   Per l’abitudine (ethos) che rende difficile liberarsi dal male vedi In Ps 48, 20 § 11 [457C] e Princ Prov § 8 [401D]. La stessa idea sul peso e la resistenza della cattiva abitudine (synētheia) contratta è espressa dal Nisseno, Gregorio di Nissa, Sulla verginità IX, 1 (SCh 119, 362, 1-364, 16). 427   L’espressione rievoca la ‘seconda navigazione’, quella a remi decisa da Socrate, di cui parla Platone, Fedone 99e-101d. I presocratici avevano compiuto la prima navigazione a vela affidandosi al vento che però può cessare; Platone arrischia la navigazione afferrandosi come ad una zattera e affidandosi all’aiuto di un qualche soccorso divino (Fedone 85cd). Su questo argomento cfr. G. Reale, Per una nuova interpretazione di Platone, Milano, 1993, 137-158. 428   I riti iniziatici alludono al fatto che gli impuri anche nell’Ade «staranno in un pantano»; perché prediligono il fango come «godono i porci» del corpo immondo, Plotino, Enneadi I, 6, 6 (cfr. anche I, 6, 5); con richiamo di Eraclito 22B9 (gli asini preferiscono lo strame all’oro); 22B13 (i porci godono più del fango che non dell’acqua pura). Già per Platone le passioni sono melma, fango: Platone, Fedone 69c; Repubblica VII, 533d (a poco a poco il principio dialettico guida in alto l’occhio dell’anima sepolto in una specie di fango, di melma). Cfr. anche Clemente Alessandrino, Stromati II, 20, 118, 5. Secondo Origene Gesù chiama ‘porci’ (Mt 7, 6: « non gettare le perle ai porci») quelli che si dilettano dei fetori dei peccati alla maniera dei porci che ricercano ogni fetore quale soavissimo profumo; anche il peccatore, che si compiace dei suoi peccati ed è lieto dei propri mali, si voltola nello sterco puzzolente; Origene, Omelia I sul Salmo 37, 4 (SCh 411, 286, 23-29). Molti non accettano di fare penitenza; caduti, non vogliono rialzarsi dilettandosi nell’avvoltolarsi in quel fango cui si sono attaccati, Origene, Omelie sul Levitico XI, 2 (SCh 287, 156, 83-86). Per Basilio l’uomo carnale, che ha la mente non esercitata alla contemplazione/teoria, non fa altro che affondare la mente nel «pensiero della carne» (Rm 8, 6) come in un fango, De Spir s XXII, 53, 20-23. Egli richiama Mt 7, 6 alla conclusione dello scritto sullo Spirito santo, per spiegare il lasso di tempo lasciato passare prima di divulgare le sue ricerche e affermazioni teologiche, De Spir s XXX, 79, 20-21. Cfr. anche Rf 8 (940B): la mente sepolta in un pantano; Adolesc IX, 12 (non sprofondare nei piaceri come nel fango). Babilonia è paragonata al pantano e al fango nel Com Is XIV, 284. Un’immagine analoga compare anche in Gregorio 425 426

II. Commento

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di giorno in giorno si imbrattano della bruttura derivante dal piacere. Beatitudine dunque [è] non aver prestato attenzione al male; e se per insidia del nemico hai accolto nell’anima consigli di empietà, non rimanere fermo nel peccato. E se questo hai sofferto, non soffermarti nel male. Non sederti dunque su una ‘cattedra delle pestilenze’. Se hai compreso quale cattedra indichi ‘il discorso salmico’, una troppo lunga permanenza cioè nel male, ricerca ancora chi ha chiamato le ‘pestilenze’.429 Gli esperti in queste cose dicono che la pestilenza, dopo essersi attaccata ad un solo uomo o animale, passa per trasmissione su [225B] tutti quelli che sono vicini; [dicono] infatti che tale è la natura della malattia, il contagiarsi tutti gli uni dagli altri del morbo. Tali all’incirca sono anche quelli che fanno il male (cfr. Sal 6, 9; Mt 7, 23). Scambiandosi infatti l’un l’altro la malattia, insieme si ammalano l’un l’altro e insieme si distruggono. O non vedi che i fornicatori, che siedono sulla piazza, sia deridono i saggi sia si raccontano le proprie azioni vergognose, enumerando le opere della tenebra e le passioni indegne (cfr. Rm 1, 26) come imprese onorevoli o altre prove di valore? Questi sono ‘le pestilenze’ che combattono per portare a tutti il proprio male e bramano che molti diventino simili a loro stessi, affinché nella comunanza dei mali sfuggano la vergogna. Né è possibile infatti [225C] che il fuoco, una volta attaccatosi ad una materia infiammabile, non si propaghi investendola totalmente, specialmente se si imbatte in un vento che soffia trasportando la fiamma; né che il peccato, attaccatosi a uno, non passi a tutti quelli che sono vicini, poiché gli spiriti della malvagità (cfr. Ef 6, 12) lo trasmettono.430 Lo spirito della fornicazione infatti non sopporta che l’iniquità sia in uno solo, ma di Nazianzo Orazioni 27, 3; Gregorio di Nissa, Vita di Macrina 11 (SCh178, 180, 41-43); 40-41; Vita di Mosè II, 69 (SCh 1, 144, 2-3); Omelia sulla santa Pasqua 3 (GNO IX, 248); Omelie su Qoelet VI, 9 346, 45-46 (GNO V, 387, 18-19: in connessione con la follia erotica); VII, 4 372, 43-44 (GNO V, 399, 17-18: in contrapposizione alla purezza); Sulla verginità XII, 2 (SCh 119, 408, 55-58; come conseguenza del peccato del primo uomo). Amfilochio di Iconio richiama l’immagine del fango ricordando il passato della peccatrice che incontra il Cristo, Amfilochio di Iconio, Omelia 4, 5, 8-9 (SCh 552, 322). Cfr. M. Aubineau, Le thème du bourbier dans la littérature grecque profane et chrétienne in RecSR 47 (1959), 185-214; J. Daniélou, Platonisme, 211-213. 429   Consequenzialità esegetica del passaggio dal letterale al senso ulteriore più profondo. Recuperando poi il dato fisiologico Basilio trapassa al mondo psichico e spirituale dell’uomo. 430   L’immagine del peccato, che a guisa di fuoco si propaga anche a chi non ha commesso peccato, è richiamata da Basilio nel ‘prologo’ De iudicio 661C riferendosi alla storia veterotestamentaria di Alcan (Gs 7).

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I. SALMO 1

subito i coetanei ne sono stati contagiati: gozzoviglie e ubriachezze (Rm 13, 13) e turpi narrazioni; una etera che beve, a questo sorridendo e quello provocando e tutti infiammando verso lo stesso peccato.431 [È] questo forse una lieve pestilenza, o di poco conto la trasmissione del male? Che dunque? Colui che invidia l’ambizioso o quello che, divenuto famoso per una qualche altra malvagità, ha rivestito una carica pubblica o ha il comando di popoli [225D] o è capo di eserciti e poi si macchia delle più turpi passioni, non ha accolto nell’anima stessa la peste, facendo proprio il male di chi era invidiato? Gli splendori della vita infatti illuminano insieme a se stessi le vite di coloro che sono ammirati; e i soldati per lo più divengono simili ai comandanti militari; [228A] e i popoli nelle città imitano quelli che sono al potere. E insomma, dopo che il male di uno è stato ritenuto dai molti degno di imitazione, appropriatamente e convenientemente si potrà dire che una peste delle anime travolge la vita. Ciò che è infatti ammirato nel male spinge verso la stessa brama molti di coloro che scivolano facilmente. Poiché dunque l’uno dall’altro sono riempiti di corruzione, si dica che costoro si appestano le anime. Dunque non sederti su una cattedra di pestilenze, o non partecipare al consesso di uomini corrotti e pestiferi, o non fermarti sui cattivi consigli.432

  L’incisiva immagine dell’etera viene vivacizzata dalla strutturazione in quattro versetti conclusi dal participio al nominativo femminile. La figura dell’etera richiamata anche in Destruam § 8 [277A]. 432   Torna utile ricordare qui quanto ha detto Ireneo su Sal 1, 1, richiamato per confermare che si va a Dio con la purezza del corpo e con l’integra verità dello spirito: «Perciò dice lo Spirito Santo per bocca di Davide: Beato l’uomo che non ha camminato nel consiglio degli empi, cioè il consiglio delle genti che non conoscono Dio. Poiché empi sono quelli che non adorano l’Ente veracemente Dio. E perciò la Parola dice a Mosé: Io sono l’Ente (Es 3, 14). E così coloro che non adorano l’Ente Dio, costoro sono empi. E non è stato nella via dei peccatori; e peccatori sono quelli che hanno la conoscenza di Dio, ma non osservano i suoi comandamenti, cioè quelli che li disprezzano e li violano. E non s’è seduto sulla cattedra degli scellerati; e scellerati sono coloro che corrompono non solo se stessi, ma anche gli altri con la loro perversa e tortuosa dottrina. Giacché la cattedra è il simbolo della scuola e tali sono tutti gli eretici: seggono sulla cattedra degli scellerati e vanno in perdizione quelli che ricevono il veleno della loro dottrina», Ireneo, Esposizione della predicazione apostolica 2. Il richiamo di Ireneo mostra che Basilio alla interpretazione ‘dottrinale’ di Sal 1, 1 ha preferito quella morale. 431

III. Conclusione

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III. Conclusione Ma il discorso [è] ancora sul proemio, e vedo che la sua lunghezza eccede la giusta proporzione; per cui a voi non è facile tenere a memoria troppe cose, né a me la diaconia della parola,433 poiché mi viene meno la voce a causa della abituale infermità.434 [228B] E anche se l’argomento è stato esposto in modo incompiuto, dal momento che è stata trattata la fuga dal male, ma è stata tralasciata ‘la perfezione’* attraverso le buone opere,435 nondimeno, lasciando a orecchie benevoli le parole presenti, ci ripromettiamo, se Dio lo concede, di completare anche le rimanenti, a meno che non dobbiamo poi per il futuro rimanere completamente in silenzio. Che il Signore dia e a noi la ricompensa per ciò che abbiamo detto (cfr. Mt 5, 12) e a voi il frutto di ciò che avete ascoltato, per la grazia dello stesso Cristo, perché a lui la gloria e la potenza nei secoli dei secoli. Amen (1Pt 4, 11; Ap 1, 6).436

  Vedi In Ps 33, 14 § 9 [373D].   Espressione analoga ricorre in s. Agostino: «iam fatigatus loqui non possum», Agostino, Commento a Giovanni 19, 20, 7-8 (CSEL 36, 202). 435   Basilio esprime ancora una volta la sua prospettiva: nel cammino della vita spirituale, prima si dà lo ‘stacco’, la separazione dal male e poi il camminare verso la perfezione. In questo Basilio riprende Origene. Per Origene e Basilio il progresso inizia dopo lo stacco dal male. Tuttavia lo stesso Origene ammette che si possa ad es. «essere soggetti a Dio (1Cor 15, 28) secondo lo spirito, e cioè per l’intenzione e la volontà; ma fino a che in me “la carne combatte contro lo spirito e lo spirito contro la carne” (cf. Gal 5, 17) e ancora non ho potuto sottomettere la carne allo spirito, certo sono soggetto a Dio, ma in verità non integralmente, bensì per una parte (1Cor 12, 27). Ma se potrò portare anche la mia carne e tutte le mie membra a consonanza con lo spirito, allora apparirò perfettamente assoggettato (1Cor 15, 28)», Origene, Omelie sul Levitico VII, 2 (SCh 286, 314, 74-82). Nella Omelia quarta I sul salmo 36 Origene afferma che non si arriva a contemplare i misteri se prima non si viene via da tutte le cose mondane e profane; per intraprendere il cammino che porta alla virtù attraverso progressi graduali occorre prima di tutto scavalcare il luogo della malizia, cfr. a c. di E. Prinzivalli Origene, Omelie sui salmi, 165 (SCh 411, 180-182). 436   Origene termina pressoché tutte le sue omelie, quali le Omelie al vangelo di Luca, Omelie sul Genesi, Esodo, sul Levitico, su Geremia, sui Salmi (36-38) sempre con la citazione di 1Pt 4, 11 o Ap 1, 6; come anche la maggior parte delle Omelie sui Numeri (a volte Gal 1, 5). 433 434

II. SALMO 7 [228C] Salmo di David, che cantò al Signore per le parole di Cusi figlio di Jemene (Sal 7, 1).437

Il titolo: tra storia ed etimologia >1.  Sembra essere come in contrasto con la storia438 narrata nel [libro] dei Re, in cui sono scritti gli eventi su David [229A], il titolo del salmo settimo. Là infatti Cusi viene presentato nella storia come l’amico primo di David (2Sam 15, 32; 2Sam 16, 16)439 e come figlio di Araco (2Sam 17, 5.14), mentre qui Cusi [come] figlio di Jemene. Ma né questi né alcun altro di quelli che là compaiono è figlio di Jemene. Non potrebbe darsi che, poiché ha mostrato grande valore e coraggio con la simulazione dell’amicizia, essendo cioè passato dalla parte di Assalonne (cfr. 2Sam 16, 16) e mandando a vuoto e macchinazioni di Achitofel (cfr. 2Sam 15, 3134),440 uomo assai abile e atto a comandare capace di suggerire piani, che proprio per questo sia stato nominato figlio di Jemene? ‘Figlio di Jemene’ viene interpretato ‘figlio della destra’.441 Poiché infatti quegli (Assalonne) era consigliato di non frapporre nessun intervallo di tempo alle imprese, ma di portarsi subito contro il padre mentre era impreparato (cfr. 2Sam 17, 1-3), non permise che il piano di Achitofel fosse eseguito affinché il Signore, dice [la Scrittura], gettasse [229B] tutti i mali contro Assalonne (2Sam 17, 14); ma sembrò che producesse per loro dilazioni piuttosto credibili e ritardi per dare tempo a David di raccogliere le forze militari (cfr. 2Sam 17, 8-13). Perciò era gradito anche ad Assalonne che diceva: Il consiglio di Cusi figlio di Araco è più buono di quello di Achitofel (2Sam 17, 14). Certo rivelava a   Mentre Eusebio di Cesarea dedica un veloce e succinto commento al Sal 7, questo non compare né nel commentario di Ilario di Poitiers né in quello di Didimo il Cieco. 438   Basilio, come Origene, non trascura nel suo commento esegetico, nella sua ermeneutica, la dimensione storica degli eventi narrati dalla Scrittura né il suo defectus litterae, le sue ‘contraddizioni’; questo egli fa anche al fine di coglierne ulteriori significati. 439   Va qui segnalato che Basilio non legge 2Sam 15, 32 come nel testo della LXX Chousi ho Archi hetairos Dauid ma ho Chousi archietairos; conosce comunque, come dice subito dopo, la lettura «Cousi figlio di Araco», che compare in 2Sam 17, 5.14 (così anche nella LXX). 440   La figura di Achitofel è richiamata anche in In Ps 32, 10 § 6 [340 CD]. 441   Per l’interpretazione etimologica dei nomi ebraici, cfr. omelia In Christi gen 4 (1465 BC) e Girardi, Basilio, 33. Qui Basilio pone congiunta attenzione all’etimologia ma anche al dato storico per cercare di dipanare il testo salmico per stabilirne il referente effettivo. 437

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II. SALMO 7

David attraverso i sacerdoti Sadoc e Abiathar ciò che era stato ordinato e gli comandò di non accamparsi nel deserto arabo, ma lo spingeva al passaggio (cfr. 2Sam 17, 15-16). Poiché dunque per il buon consiglio divenne “destro” di David, ha ottenuto quel titolo per effetto del suo buon agire. Per questo è stato chiamato ‘figlio di Jemene’, cioè ‘figlio della destra’. Questa [è] la consuetudine* della Scrittura,442 di nominare i peggiori [figli] a partire dal peccato piuttosto che dai padri e di chiamare i migliori figli [229C] a partire dalla virtù che li caratterizza. Perciò l’Apostolo chiama il diavolo ‘figlio della perdizione’: Se -infatti- non fosse stato rivelato il figlio iniquo della perdizione (2Ts 2, 3).443 E nel Vangelo il Signore chiamò Giuda ‘figlio della perdizione’; dice infatti: Nessuno perì, se non il figlio della perdizione (Gv 17, 12); (chiamò) invece ‘figli di sapienza’ coloro che si sono formati nella conoscenza di Dio. Dice infatti: La sapienza fu giustificata [232A] dai figli di essa (Mt 11, 19); e, ancora: Se c’è lì un figlio di pace (Lc 10, 6).444 Non c’è dunque da meravigliarsi affatto che anche ora sia passato sotto silenzio il padre fisico di lui e invece l’amico primo di David (2Sam 15, 32; 2Sam 16, 16) sia chiamato ‘figlio della destra’, poiché ha preso dalla sua opera il titolo a se stesso conveniente.   Basilio è sempre attento alla consuetudine (synētheia) della Scrittura, la quale può anche contrapporsi all’uso comune, vedi indice esegetico; cfr. Rf 17 (961C); Rb 226 (1233A), 255 (1253A), 277 (1277A); De fide 684BC; De Bapt 1516A; 1536AB; 1593D; De Spir s IV, 6; XIV, 33. Il Commento ad Isaia parla dell’uso (ethos) della Scrittura (Com Is II, 82). La cosa diviene formale quando si tratta di Dio: i termini ‘dio’ ‘padre’ ‘creatore’ introdotti secondo l’uso comune (ēmeteran chrēsin) non dicono la realtà misterica di Dio, cfr. Prologo De fide 684BC. Basilio ribadisce con ferma chiarezza: «Ritengo che nella sacra scrittura... l’uso dei nomi e delle parole e delle cose abituali non sia assunto...con il loro significato integrale, ma per quella parte per cui ciascuna... conduce la mente a sentire in modo pio nella considerazione delle... dottrine della pietà», De Bapt 1536AB. Si tenga presente che Basilio fa uso di synētheia anche per indicare una consuetudine peccaminosa da cui ritrarsi, cfr. Rf 8 (936C e 940D). Il termine indica il consueto, la normalità, come in Rb 135, dove è posta la domanda: chi è affaticato può chiedere qualcosa in più del ‘consueto’ (synētheia)? Esso indica anche lo stile normale della vita degli uomini contrapposta a quello richiesto a quanti hanno come regola di vita il comandamento del Signore; così si esprime Basilio nell’Ep 206 (II, 183, 23-25) consolazione a Elpidio Vescovo (scritta nel 375). Anche gli eretici fanno ricorso alla synētheia cui Basilio contrappone la propria; in tal caso decide la Scrittura ispirata cui si deve ricorrere per cogliere il legame tra i dogmi e le divine parole, così dice il Cappadoce (verso il 375) all’archiatra Eustazio nell’Ep 189, 3 (II, 134, 9-18). 443   Vedi In Ps 44, 11 § 10 [409B]. 444  Vedi In Ps 28, 11ab § 8 [305B]. Si noti che anche qui agisce lo schema e la contrapposizione delle due vie (figlio di perdizione o di sapienza). 442

Salvezza e liberazione dell’uomo

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Salvezza e liberazione dell’uomo >2.  Signore Dio mio, in te ho sperato, salvami (Sal 7, 2). Il versetto Signore Dio mio, in te ho sperato, salvami si crede che sia semplice e che possa essere espressa a buon diritto da chiunque,445 ma forse non è tale. Infatti colui che spera nell’uomo (cfr. Ger 17, 5) o si inorgoglisce per un altro dei beni della vita, come per il potere o per le ricchezze o per uno dei beni* che si ritiene presso i più che siano fulgidi (di gloria), non può dire: Signore Dio mio, in te ho sperato. Infatti è comandamento non sperare nei potenti (cfr. Sal 117, 9); e Maledetto l’uomo [232B] che ripone la speranza nell’uomo (Ger 17, 5). Come non bisogna venerare niente altro che Dio (cfr. At 18, 13; 2Mac 1, 3; 4Mac 5, 24),446 così neppure [si deve] sperare in nessun altro che in Dio Signore di tutto. Infatti dice: Mia speranza e mia invocazione il Signore (Sal 70, 5-6; cfr. Sal 117, 14). Perché prima prega di essere salvato da coloro che lo perseguitano e poi di essere liberato?447 La distinzione renderà chiaro il discorso. Infatti [dice]: Salvami da coloro che mi perseguitano e liberami (Sal 7, 2) affinché come un leone non afferri la mia anima (Sal 7, 3). Qual [è] dunque la differenza fra ‘essere salvato’ ed ‘essere liberato’ ? Che hanno bisogno della salvezza propriamente coloro che sono deboli, mentre hanno bisogno di essere liberati coloro che sono tenuti in schiavitù.

445   Questa espressione che dice una chiara convinzione - non al primo che capita è data la conoscenza del mistero - ricorre in altri passi delle omelie di Basilio: In Ps 44, 1 § 2 [392A]; In Ps 45, 1 § 1 [416B]. Vedi anche In Ps 14, 2 § 3 [256C]; In Ps 28, 1 § 1 [281C] e [281D], In Ps 28, 3 § 3 [292B]; In Ps 29, 12 § 7 [321A]; In Ps 44, 2 § 3 [393C]; In Ps 44, 7 § 7 [404C], In Ps 44, 16 § 11 [413A]. L’espressione compare più volte in Origene come ad es. Commento a Matteo X, 6 (SCh 162, 158, 15). L’atteggiamento esegetico di Basilio è costante: si tratta di evitare la prima facile impressione letterale di un testo biblico. 446   Conceda a voi cuore per adorare lui e compiere i suoi voleri con cuore grande e anima volonterosa (2Mac 1, 3); (la legge) insegna la pietà così da venerare con magnificenza solo il Dio che esiste, (4Mac 5, 24). 447   Effettiva domanda retorica fuzionale a introdurre il commento del versetto.

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Salvezza per il debole e liberazione per lo schiavo. Combattimento e giudizio finale Perciò colui che ha in sé la debolezza, ma ha accolto in sé la fede, è guidato all’essere salvato dalla propria fede. Dice infatti: La tua fede ti ha salvato (Lc 7, 50) [232C] e Avvenga di te secondo come hai avuto fede (Mt 8, 13). Colui che deve essere liberato, invece, attende dal di fuori il prezzo dovuto perché sia riscattato. Pertanto questi, essendo vicino alla morte, sapendo che uno solo è Colui che salva, uno solo Colui che riscatta,448 dice: In te ho sperato, salvami (Sal 7, 2) dalla debolezza e liberami (Sal 7, 2) dalla schiavitù*. Credo che i nobili atleti* di Dio, che per tutta la propria vita hanno combattuto adeguatamente contro i nemici invisibili,449 dopo che sono sfuggiti a tutte le loro persecuzioni, giunti al termine della vita, vengano esaminati dal Signore del tempo, affinché, qualora siano trovati con delle ferite effetto delle lotte o alcune macchie e segni del peccato, siano trattenuti; qualora invece siano trovati senza ferite e senza macchie, poiché [232D] sono invitti, poiché sono liberi, trovino la pace in Cristo.450 Prega dunque e per la vita presente e anche per quella futura. Infatti dice: Salvami qui [233A] da coloro che mi perseguitano (Sal 7, 2); e poi: Liberami (Sal 7, 2) allora, nel momento del giudizio, affinché non afferri come un leone la mia anima (Sal 7, 3). E questo potresti imparare anche dal Signore stesso, che dice al momento della Passione: Ora viene il Principe di questo mondo e su di me non avrà451 alcun potere (Gv 14, 30). Ma Egli, che non aveva commesso peccato (cfr. 2Cor 5, 21),452 diceva che [quello] ‘non aveva alcun potere’; invece per l’uomo [è] sufficiente se ardisce dire che ‘viene il Principe di questo mondo’ e su di me avrà poco e piccolo potere. C’è pericolo di patire questo se non abbiamo chi ci riscatta né chi ci salva (cfr Sal 7, 3b). Alle due espressioni in esame seguono queste due: Salvami dalla moltitudine di coloro che mi perseguitano e liberami (Sal 7, 2), affinché io non sia afferrato, poiché non c’è chi mi riscatta (Sal 7, 3b).

448   Si possono richiamare due passi biblici corrispondenti: 2Cor 5, 14 e 1Tm 2, 5. Anche qui Basilio, come al suo solito, attraverso l’eco biblico neotestamentario opera il passaggio dall’AT al NT. 449   Vedi In Ps 7, 11 § 7 [244C], In Ps 29, 2 § 2, [309B] e Attende § 4 [208B]. 450   Solita doppia situazione. 451   Basilio rende al futuro il presente («ha») giovanneo. 452   Si noti il congiungimento di testo giovanneo con testo paolino.

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Non rendere in cambio il male >3.  Signore Dio mio, se ho fatto questo, se c’è [233B] iniquità nelle mie mani (Sal 7, 4), se ho reso in cambio il male a coloro che me ne facevano, possa io cadere dunque spogliato per mano dei miei nemici (Sal 7, 5) Insegua il nemico la mia anima e l’afferri (Sal 7, 6a). [È] consuetudine* per la Scrittura adottare il termine ‘rendere in cambio’ non solo per ciò che è d’uso, come quando è iniziato un bene o un male, ma anche per ciò di cui si prende iniziativa, come in Rendi in cambio al tuo servo (Sal 118, 17). Invece di dire* ‘da’’ è stato detto rendi in cambio.453 Dunque il ‘dare’ è l’iniziativa del fare del bene, il ‘compenso’ invece è il dare l’uguale da parte di colui che è stato beneficato; il ‘rendere in cambio’ è come un secondo inizio454 ed un succedersi dei beni o dei mali resi ad alcuni. Credo dunque [che] quando ‘il discorso salmico’ ricerca il ‘rendere in cambio’, utilizzando invece* del chiedere’ come un ‘chiedere indietro’, mostri tale senso: il debito di cura dovuto per natura necessariamente[233C] dai genitori ai figli, questo a me offri. Infatti si deve ai figli da parte del padre secondo l’amore naturale la cura per quanto riguarda la vita. Dice infatti: I genitori devono mettere in serbo per i figli (cfr. 2Cor 12, 14) affinché procurino loro, oltre alla vita, anche le risorse per la vita. Con tale senso spesso nella Scrittura455 è adottato ‘il compenso’ o ‘il rendere in cambio’ per le azioni che iniziano. Ora chi parla sembra essere fiducioso per il fatto di non aver reso in cambio il male a coloro che glielo facevano, per non aver reso in cambio cose simili.

  Per l’uso di un’espressione al posto di un’altra, oltre che i salmi, cfr. anche In Christi gen 4 (1468A). Con tale osservazione metodologica Basilio fa simultaneamente opera esegetica e teologica. 454   Sul paradossale ‘contraccambio’ al Signore cfr. In Iulittam 7 (253C). 455   Molto spesso Basilio per indicare le Scritture usa solo il lemma ‘Scrittura’: Prologo De fide 680B, Prologo 6, 1512C, De Bapt 1513C; si riscontra l’espressione «santa» o anche solo «Scrittura/e» in: Ep 159, 2 (II, 86, 5), Ep 188, 15 (II, 131, 2); Ep 189, 3.5.8 (II, 134, 8; 137, 54; 140, 3), Ep 217, 75 (II, 214, 10), Ep 260, 3 (III, 107, 5), Ep 261, 1 e 2 (III, 115, 11 e III, 117, 17), Ep 269, 1 (III, 140, 23); De iudicio 656D; Prologo De fide 684D; Prologo 6 1512C. Nelle omelie sui salmi, «Scrittura ispirata» ricorre solo in In Ps 1, § 1, [209A] come esplicita citazione di 2Tm 3, 16; mentre compare10 volte (la) «Scrittura», [229B], [244 A e D], [384A], [397A], [401A], [409C], [445B], [472C], [489A]; in [248D] si parla delle «divine Scritture» al plurale. 453

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Se dunque ho fatto questo (Sal 7, 4a) e se ho reso in cambio il male a coloro che me ne facevano, possa io cadere dunque spogliato per mano dei miei nemici (Sal 7, 5). Cade spogliato per mano dei nemici colui che è caduto dalla Grazia [derivante] dalla pienezza di Cristo (cfr. Gv 1, 16).456

Variazione neotestamentaria delle due vie: il giusto e il peccatore. Il nemico dell’anima Insegua [233D] il nemico la mia anima e l’afferri e calpesti a terra la mia vita (Sal 7, 6ab). L’anima del giusto (cfr. 2Pt 2, 8), separata dal legame simpatetico con il corpo, ha la vita nascosta con Cristo [236A] in Dio (cfr. Col 3, 3); perciò è possibile dire con l’Apostolo: Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me (Gal 2, 20) e Ciò che ora vivo nella carne, lo vivo nella fede (Gal 2, 20). Al contrario l’anima del peccatore, che vive secondo la carne (cfr. Rm 8, 1213) e che si è macchiato con i piaceri del corpo, si è rotolata nelle passioni della carne* come nel fango (2Pt 2, 22)457 il nemico anche calpestandola si sforza di imbrattarla sempre di più e come di ricoprirla di terra, salendo su colui che è caduto e calpestando con i propri piedi a terra, cioè in direzione del corpo, la vita di colui che è scivolato. E pianti come tenda la mia gloria nella polvere della terra (Sal 7, 6c). Dei santi che hanno la dimora nei cieli (cfr. Fil 3, 20) e tesaurizzano per se stessi i beni nei tesori eterni (cfr. Mt 6, 20) la gloria è nei cieli; invece di quelli impastati di polvere458 (cfr. 1Cor 15, 47-48) e che vivono secondo la carne459 (cfr. Rm 8, 12-13) si dice che la loro gloria mette la tenda nella polvere della terra (Sal 7, 6c). [236B] Infatti colui che si vanta* della

  Solito e normale passaggio metodico basiliano: dall’AT al dato evangelico. Basilio ritiene dunque che l’uomo possa decadere dalla Grazia. 457   Vedi. n. a In Ps 1, 1 §6 [225A]. 458   Didimo, commentando Sal 21, 16c, parla di polvere di morte collegandola a ‘corpo di morte’ (Rm 7, 24), che è tale non in assoluto -afferma riferendosi a Sal 37, 7- ma in conseguenza del peccato dell’uomo, che si serve male del corpo e dei suoi organi; la parola ‘corpo’ infatti è equivoca, Didimo il Cieco, Lezioni sui salmi 21, 16c; 37, 7a. 459   Basilio collegato insieme le due immagini della polvere e del carnale per caratterizzare la vita dell’uomo non santo; la stessa connessione ritorna nell’In Ps 29, 10 §6 [320C]; opposta questa alla condizione dei santi nei cieli. 456

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ricchezza terrena460 e insegue il fugace onore degli uomini e che confida nei vantaggi materiali, ha per sé una fama che non guarda verso il cielo, ma si pianta sulla polvere della terra.

L’innalzamento del Signore: croce e resurrezione salvezza dell’uomo Sorgi, o Signore, nella tua ira; sii innalzato entro i confini dei miei nemici (Sal 7, 7ab). Il Profeta prega già che si compia il mistero della Resurrezione per la cancellazione del loro peccato;461 oppure l’innalzamento sulla Croce462 (cfr. Gv 3, 14-15) che doveva avvenire dopo che la malvagità dei nemici si fosse innalzata fino all’estremo limite. Oppure il [versetto] Sii innalzato entro i confini dei miei nemici (Sal 7, 7b) suggerisce anche tale senso: che, quanto più la malvagità si gonfia e avanza diffondendosi verso l’immenso e l’illimitato, tu puoi, con la sovrabbondanza della forza, [236C] come un bravo medico che ha arrestato prima i confini della diffusione, fermare la malattia che si diffonde e striscia e interromperne la continuità con i tuoi colpi correttivi.463

Dalla contingenza storica del profeta alla Resurrezione del Cristo e al Giudizio finale >4.  E sorgi, Signore Dio mio, nel comando che hai imposto (Sal 7, 7c). ‘Il discorso salmico’ si può riferire al mistero della Resurrezione, poiché il Profeta supplica che il giudice sorga per la punizione di ogni peccato e che siano compiuti i comandamenti per noi prima stabiliti; può anche essere inteso in riferimento alla situazione di quel momento del Profeta, che supplica che Dio sorga per la vendetta del comando che aveva imposto.

460   Basilio usa di nuovo, anche per la ricchezza, l’aggettivo choikos (letteralmente ‘impastato di terra’), di derivazione paolina. L’aggettivo compare anche in In Ps 48, 19 § 10 [456C]. 461   Il richiamo alla preghiera del profeta e il riferimento alla resurrezione del Cristo compaiono anche in Gregorio di Nissa, Sui titoli dei Salmi II, 10, 51 (SCh 466, 366, 26-368, 36). 462   Vedi In Ps 45, 11 § 8 [429D]. 463   Si noti l’immagine del Cristo medico, già presente in Origene che a sua volta dava rilievo all’arte della medicina.

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Il comando era: Onora tuo padre e tua madre (Es 20, 12), [comando] dato da Dio, che suo figlio aveva violato. [236D] Perciò esorta Dio a non pazientare, per la correzione (cfr. 2Tm 3, 16) del figlio stesso e l’ammonizione dei molti, ma a sorgere nell’ira e, alzatosi, a vendicare il proprio comandamento. Non me, dice, vendicherai, ma il tuo comandamento disprezzato, che tu stesso imponesti. E l’assemblea dei popoli ti circonderà (Sal 7, 8a). [È] chiaro che, se anche un solo ingiusto è stato punito, molti [237A] si pentiranno. Dunque punisci la malvagità di quello, affinché una grande assemblea di popoli ti circondi. E al di sopra di questa volgiti in alto (Sal 7, 8b). Al di sopra dell’assemblea che ti circonda, che hai adunato attraverso la discesa* per grazia e l’economia (incarnazionistica), volgiti all’altezza della gloria che avevi prima che il mondo fosse creato (cfr. Gv 17, 5).

Il giudizio del Signore: criterio ermeneutico e confronto esistenziale Il Signore giudicherà i popoli (Sal 7, 9a). In molte parti della Scrittura è disseminato il discorso sul giudizio, come assai necessario e essenziale per l’insegnamento della pietà (cfr. 1Tm 6, 3) per coloro che hanno avuto fede in Dio attraverso Gesù Cristo. Poiché il discorso sul giudizio è stato scritto in molti modi, a coloro che non distinguono con precisione* ciò che viene indicato sembrerà che abbia anche una certa confusione. Infatti Chi crede in me464 non è giudicato; chi non crede è già stato giudicato (Gv 3, 18). Se chi non crede è simile all’empio, come mai [237B]è stato detto che gli empi non risorgeranno nel giudizio? (cfr. Sal 1, 5). E se coloro che credono sono diventati figli di Dio attraverso la fede (cfr. Gal 3, 26), e per questo sono degni di essere chiamati essi stessi dei (cfr. Sal 82, 6; Gv 10, 34), come mai Dio si è alzato nell’assemblea di dei e giudicherà, [stando] nel mezzo, degli dei (Sal 81, 1)? Ma sembra che ‘l’essere giudicato’ sia inteso dalla Scrittura ora nel senso di ‘essere saggiato’, ora nel senso di ‘essere condannato’; nel senso di ‘essere saggiato’ come il passo Giudicami, o Signore, poiché ho camminato nella mia innocenza (Sal 25, 1); infatti lì aggiunge: Saggiami, Signore, e mettimi alla prova (Sal 25, 2). Nel senso   Basilio rende con «in me» il giovanneo «in lui».

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invece di ‘essere condannato’ come il passo Se infatti giudicassimo noi stessi, non saremmo giudicati (1Cor 11, 31); se infatti esaminassimo noi stessi, dice, non saremmo sottoposti a condanna (cfr. Mt 7, 1-3). Di nuovo è stato detto che il Signore sarà giudicato relativamente ad ogni carne (cfr. Ger 32, 31), cioè, nell’esame delle opere compiute in vita da ciascuno [237C] si sottopone al giudizio e mette a confronto i suoi comandamenti con le azioni compiute da coloro che hanno peccato, difendendosi con l’argomento che Egli ha fatto tutto ciò che stava in Lui per la salvezza dei giudicati, affinché coloro che hanno peccato, convinti di essere asserviti alle [loro] colpe, accogliendo la punizione divina, accettino di buon grado la punizione che spetta loro.

Varietà di giudizio relativo alle situazioni a. delle singole persone >5.  C’è anche un altro concetto indicato dalla voce ‘essere giudicato’, secondo quanto dice il Signore: La regina del sud sorgerà nel giudizio e giudicherà questa generazione (Mt 12, 42). Dice infatti che coloro che respingono l’insegnamento divino e che non amano il bene e che hanno rifiutato del tutto gli istruttivi precetti della sapienza, [237D] a paragone e in confronto con quelli della propria generazione che si sono distinti nello zelo* per il bene, ricevono una condanna più pesante per ciò che è stato trascurato [240A]. Credo che non allo stesso modo saranno giudicati dal Giudice giusto (cfr. Sal 7, 12) tutti coloro che hanno ricevuto questo corpo di terra, perché le vicende molto differenti che capitano dall’esterno a ciascuno di noi fanno sì che muti il giudizio su ciascuno. Infatti il concorso degli eventi che ci stanno intorno non dipendenti da noi ma contro la nostra volontà appesantisce per noi i peccati o anche li alleggerisce. Si ipotizzi infatti che ciò che viene giudicato sia la fornicazione. Ma l’uno ha peccato in questa educato fin dall’inizio in cattivi costumi; e infatti è stato portato alla vita da genitori dissoluti ed è stato educato nell’abitudine al male, in ubriachezze e gozzoviglie (cfr. Rm 13, 13) e turpi discorsi. Un altro invece, che aveva molte circostanze che lo spingevano alle cose migliori, educazione, maestri, ascolto di discorsi più divini, letture salutari, [240B]

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ammonimento di genitori, discorsi che improntano* a serietà e a temperanza,465 stile di vita moderato, poi, trascinato allo stesso peccato del primo e rendendo conto delle opere della vita, come questo non sarà giustamente ritenuto degno di una punizione più pesante in confronto al primo ? Infatti l’uno sarà accusato per i soli principi salutari seminati nei suoi pensieri, in quanto non si è servito rettamente di essi;466 invece l’altro in confronto a questo [sarà accusato] sia perché ha ottenuto in sorte molto aiuto per salvarsi sia perché ha tradito se stesso per l’intemperanza e la negligenza [manifestata] in un brevissimo momento.467 Ugualmente anche colui che è allevato (cfr. 1Tm 4, 6) fin dall’inizio nella pietà e che ha fuggito ogni traviamento nei dogmi su Dio, educato anche nella legge di Dio la quale rende odioso ogni peccato ed esorta a ciò che è contrario, non avrà la stessa giustificazione della colpa di idolatria di colui che è stato allevato da genitori senza legge [240C] e da popoli che hanno imparato dall’inizio a adorare gli idoli.

b. dei popoli: Giudei e Sciti Il Signore giudicherà i popoli (Sal 7, 9a). In un modo [giudicherà] il Giudeo e in un altro modo lo Scita. Infatti l’uno riposa nella legge e si gloria in Dio e sa discernere ciò che è importante (cfr. Rm 2, 17-18). Poiché è istruito dalla legge (Rm 2, 18) e oltre le comuni nozioni468 sempre è educato al canto469 e istruito nelle scritture profetiche e della legge, qualora si trovi che è caduto andando contro la legge, si vedrà peccati molto più pesanti [a lui] imputati. Invece gli Sciti nomadi, allevati in costumi selvaggi e disumani, abituati a rapine e violenze gli uni contro gli altri, che sono intemperanti nell’ira e facilmente sono spinti ai dissensi reciproci, abituati a dirimere ogni contesa col ferro e che hanno imparato a risolvere le battaglie nel sangue, [240D] qualora mostrino un po’ di umanità e bontà gli uni verso gli   Per l’associazione fra temperanza e gravità/serietà vedi anche in In Ps 1, § 2 [213B], In Ps 7, 10 § 6 [244C] e Princ Prov § 14 [417A]. 466   La stessa espressione compare in Princ Prov § 9 [404C]. Vedi subito dopo in [240C], ma anche in In Ps 7, 16 § 8 [249B] e In Ps 32, 7 § 5 [336B]. Gli Stoici chiamano koinai ennoiai i più importanti criteri di verità che gli uomini hanno dalla natura, a cui si richiama anche Origene come segnala Pohlenz, La Stoa, II, 316. 467   Un passo molto simile in Princ Prov § 9 [404B-C]. 468   Di nuovo le koinai ennoiai degli Stoici. 469   Per il verbo katepaidesthai vedi In Ps 1 §1 [212C] con relativa nota e Attende § 5 [209C]. 465

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altri, ci rendono più grave la punizione per le proprie buone azioni.470 Giudicami, Signore, secondo la mia giustizia e l’innocenza che è in me (Sal 7, 9bc). Sembrerà che ‘il discorso salmico’ abbia qualcosa di vanitoso e simile alla preghiera del Fariseo che esalta se stesso (cfr. Lc 18, 11-12); ma per chi esamina con prudenza il Profeta apparirà lontano da tale disposizione.

Vari gradi di giustizia Giudicami, [241A] Signore secondo la mia giustizia (Sal 7, 9b). Il discorso sulla giustizia, dice, è ampio e difficili a comprendere [sono] i confini della perfetta giustizia. C›è infatti anche una giustizia degli angeli che ha superato quella degli uomini e, se c’è una potenza al di sopra degli angeli, ha anche la supremazia della giustizia analoga alla grandezza; e c’è la giustizia di Dio stesso che supera ogni intelletto (Fil 4, 7),471 che è indicibile ed incomprensibile per ogni natura generata. >6.  Giudicami dunque, Signore, secondo la mia giustizia (Sal 7, 9b); cioè quella accessibile agli uomini e possibile per coloro che vivono nella carne (cfr. 1Pt 4, 2.6; Fil 1, 22; Gal 2, 20). E secondo l’innocenza che è in me (Sal 7, 9c). Così infatti si dichiara al massimo grado che la disposizione di chi parla è molto lontana dalla tracotanza farisaica. Chiama dunque propria innocenza [241B]per così dire la semplicità e l’inesperienza di ciò che è utile alla conoscenza, secondo quanto detto nei Proverbi: L’innocente crede in ogni parola (Pr 14, 15; cfr. Pr 1, 4). Poiché dunque noi uomini cadiamo incautamente in molti [errori] per inesperienza, supplica Dio e chiede di ottenere perdono per l’innocenza. Da ciò è chiaro che le parole dette mostrano l’umiltà piuttosto che la tracotanza di chi parla. Infatti dice: Giudicami secondo la mia giustizia e giudicami secondo l’innocenza che è in me. Da un lato, confrontando la mia azione giusta alla debolezza umana, così giudicami; dall’altro, poiché hai conosciuto la semplicità dei miei costumi, giudicami non come uomo esperto né prudente nelle cose del mondo ma come peccatore.

Circoscrivere il peccato e guidare il giusto Sia condotta a termine la malvagità dei peccatori (Sal 7, 10a). [241C]   Un concetto simile in In Ps 32, 7 § 5 [336C].   Basilio rapporta alla giustizia quello che Paolo riferisce alla pace.

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Colui che prega così è direttamente discepolo dei precetti evangelici. Prega infatti per coloro che lo vessano chiedendo che la malvagità dei peccatori sia circoscritta con un limite ed un termine. Come se uno, pregando per coloro che soffrono nel corpo, dicesse: Sia condotta a termine la malattia di coloro che soffrono. Infatti, affinché il peccato serpeggiando non si diffonda sempre di più come la cancrena, chiede a Dio che la diffusione sempre maggiore del peccato si fermi e sia circoscritta, colui che ama i suoi nemici e vuole far del bene a coloro che lo odiano, e per questo prega per coloro che lo vessano (cfr. Mt 5, 44). E guiderai rettamente il giusto (Sal 7, 10b). Il giusto è chiamato retto; e retto il cuore che è stato ben indirizzato. Cosa dunque vuole qui la preghiera per il Profeta? Prega infatti che colui che ha già la rettitudine sia guidato rettamente. Infatti nessuno potrebbe dire che ci sia nel giusto qualcosa di obliquo [241D] né di distorto né di tortuoso.472 Forse la preghiera per il giusto è necessaria affinché la di lui rettitudine secondo scelta* e la saldezza dell’animo, questo sia guidato rettamente da Dio per mano, così che egli né per debolezza mai devii dal ‘canone’, per così dire, della verità473 né sia danneggiato dal nemico della verità [244A] con dogmi distorti.474

L’esame del cuore, sede delle decisioni, e dei reni, sede delle concupiscenza Dio che esamini giustamente cuori e reni (Sal 7, 10c). Poiché in molti luoghi la Scrittura adotta cuore per l’egemonico*475 e   Vedi In Ps 32, 1 §1 [325A].   Basilio parla di canone della pietà in Mor LXXX, 14 (864D), di canone apostolico in Rf 14 (952A). Il Nisseno parla della sacra Scrittura come canone e legge del dogma/dottrina, Gregorio di Nissa, Sull’anima e la resurrezione II, 1 (PG 46, 49C; GNO III/3, 33, 11-12). Va richiamato quanto Ireneo dice sul ‘canone della verità’ (regula veritatis); espressione presente anche in Clemente Alessandrino Stromati IV, 1, 3, 2 (cfr. anche I, 1, 15, 2); al riguardo cfr. Silvio Barbaglia, Ireneo di Lione e la comunicazione della fede cristiana in una coscienza canonica delle Sacre Scritture in E. Cattaneo e L. Longobardo (a c. di), Consonantia salutis. Studi su Ireneo, Trapani 2005, 81-158. 474   Cfr. anche De Bapt 1536B; Ieiun II, 189A; Attende § 4 [205C]; Quadraginta 524B; Ep 92, 2 (I, 200); 204, 6 (II, 178). Nell’omelia In Ps 32, 1, § 1, [325A] Basilio parla di cuori distorti. 475   Così dicendo Basilio compie un significativo passaggio culturale rapportando tra loro pensiero biblico e concezione stoica. È notorio infatti che il termine ‘egemonico’ per indicare la parte superiore e dominante dell’anima -sede delle impressioni ma anche del ragionamento- è di origine stoica (Crisippo, Panezio), Pohlenz, La Stoa I, 99, 173-174, 472 473

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179-180, 404; cfr. Zenone SVF I, 150; Crisippo SVF II, 836 (l’egemonico è la parte superiore dell’anima; sta nella sfera della nostra testa, come il sole sta nel cosmo). La categoria di ‘egemonico’ ha sostituito ad un certo punto quella di ‘logico/razionale’ (to logistikon, dianoētikon), grazie all’intervento di Alcinoo, che è stato il primo a trasformare il termine logiston in hegemonikon, come ricorda Dainese richiamando H. Dörrie, Davide Dainese, Passibilità divina. La dottrina dell’anima in Clemente Alessandrino, Roma, 2012, 44. Basilio del resto parla più volte e in più ambiti dell’egemonico; osserva ad es. che, a differenza che nei pesci, negli animali terrestri, essendo la loro vita più perfetta, l’anima esercita tutta l’egemonia, Hex VIII, 1, 6. Vedi anche Attende § 1, [200B] e § 7 [216AB]: l’egemonico è presentato come una specie di colonna di bronzo; Princ Prov § 15 [420B]: l’intelletto siede come un timoniere sopra le passioni; Ep 2, 2 (CP 62-64). Un ricorso all’immagine della mente/timoniere che sa tenere l’anima a galla sulla tempesta in In Iulittam 4 (245C). Parlando dello Spirito Santo Basilio lo caratterizza come ‘Spirito egemonico’, C Eun III, 2, 27; De Spir s IX, 22; XIX, 48; Ep 189, 5 (II, 136, 10-11). Si noti che qui egli riferisce direttamente allo Spirito Santo l’espressione salmica pneumati hegemonikōi (Sal 50, 14) strettamente congiunta a Sal 50, 13 (to pneuma to agion sou). Il richiamo all’egemonico è frequente nel Com Is (Proemio, 2; I, 9; VI, 185; VI, 188; VII, 194). Filone ritiene che ‘immagine’ (Gen 1, 26) vada riferito all’intelletto guida dell’anima, a quello che Platone e stoici chiamano egemonico, Filone Alessandrino, Sulla creazione del mondo 69; per lui inoltre l’egemonico nel corpo è la vista, Filone Alessandrino, L’immutabilità di Dio 45; l’intelletto è egemone, I sogni sono mandati da Dio XXII, 153. Clemente Alessandrino tratta dell’egemonico, della parte-guida dell’anima, presentandolo, alla maniera stoica, come suo timoniere, Clemente Alessandrino, Stromati II, 11, 51, 6; 20 (126: il Signore unico auriga); IV, 6, 39, 4; 22, 139, 3; V, 8, 52, 5-53, 1; 14, 94, 4; VI, 6, 44, 3; VI, 16, 134, 2-135, 1, 2, 4; 136 1, 3, 4. Anche Origene conosce l’egemonico: Gesù illumina l’egemonico di Simone, Origene, Commento a Giovanni II, XXXVI, 222 (SCh 120, 360); la parte dominante della nostra anima non è pura, Origene, Commento a Giovanni X, XXVIII, 173 (SCh 157, 488, 4-5); Dio semina con gioia i suoi semi nell’egemonico della nostra anima, Origene, Omelie su Geremia I, 14 (SCh 232, 228; eco della dottrina stoica secondo la quale nella ragione umana risiede il seme di ogni virtù e verità); l’egemonico (principale cordis) è il luogo della conoscenza di Dio, Omelie sui Numeri X, 3, 2 (SCh 415, 286, 192-193); cfr. anche «de principali mentis» in I, 1, 4 (SCh 415, 36, 55); sulla capacità della ragione di giudicare tra bene e male cfr. anche I Principi III, 1, 3 (SCh 268, 22-24); l’Amato riposa tra le mammelle (Ct 1, 13), cioè «in principali cordis», Omelie sul Cantico II, 3 (SCh 37bis, 112); il santuario è anche identificato con l’egemonico di Cristo, Sul Cantico 1, 4c fr.5 in a c. di Maria Antonietta Barbàra Origene, Commentario al Cantico dei Cantici Bologna 2005, 154. Parlano dell’egemonico Gregorio di Nazianzo, Orazioni 27, 3; dell’egemonico dell’anima Gregorio di Nissa, Omelie su Qoelet V, 3 284, 15-17 (GNO V, 357, 10-12); e La creazione dell’uomo 12. Anche Ambrogio parla del principale hominis, Ambrogio, De Isac vel anima (Isacco o l’anima), 3, 8; cfr. anche Su Noe 4, 10; 6, 14; 11, 38. San Massimo Confessore sa che la passione della carne ottenebra come nube l’egemonico, Massimo il Confessore, Ambigua 10, 2 [1112B]. Il Cappadoce comunque non è il primo a collegare cuore ed egemonico. Per Crisippo la sede dell’egemonico sta nel cuore (SVF II, 879; 885). Già Origene aveva affermato che è ampiamente attestato in tutte le scritture del vecchio e del nuovo Testamento che in luogo dell’intelligenza, e cioè della facoltà intellettiva, è nominato il cuore, Origene, I Principi I, 1, 9 (SCh 252, 110, 312-314). Trattando del tempio

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in molti luoghi invece reni per la parte concupiscente dell’anima,476 anche qui indica lo stesso: Dio, giudicami (Sal 7, 9b) per i dogmi che ho riguardo alla pietà e per i moti quelli passionali; tu sei infatti colui che esamina cuore e reni (Sal 7, 10c). Un esame è propriamente la ricerca condotta con tutti i tormenti da parte dei giudici nei confronti di coloro interno all’anima dell’uomo, l’Alessandrino dice che può esercitare il pontificato la parte che in essa è la più preziosa di tutte, «quello che alcuni chiamano principale cordis», Origene, Omelie sull’Esodo IX, 4 (SCh 321, 300, 76-77); qualcosa di molto simile dice in Omelie sui Numeri X, 3, 2 (SCh 415, 286; GCS VII, 73, 14-74, 6). Interessante un altro passaggio origeniano: «Cor in quo est mens et principalis intellectus», Frammenti sui Salmi PG 12, 1216A; parlando delle mammelle (ubera), Origene specifica che esse vanno comprese come principale cordis, Origene, Commento al Cantico dei Cantici I, 2, 3; II, 10, 11 (SCh 375, 192 e 450-452; cfr. la nota complementare 11. L’hégémonique (I, 2, 3) in SCh 376, 764-765.); Commento a Giovanni I, XXX, 206 (SCh 120, 160: il cuore è capacità intellettiva, dianoētikon, che sta per egemonico); XIII, XXIII, 138 (SCh 222, 104, 22). Altri testi origeniani in cui l’egemonico è ricondotto al cuore in K. Rahner, Coeur de Jesus chez Origene? RevAscMyst 15 (1934) 171-174. Anche Tertulliano colloca l’egemonico nel cuore - scartando tutte le altre ipotesi - anche sulla base della Scrittura (Sap 1, 6, Mt 9, 4; Sal 50, 12; Rm 10, 10; Mt 5, 28), Tertulliano, Sull’ anima 15, 1-6 (mentre richiama le posizioni sull’egemonico, anche negative, dei filosofi precedenti o estranei allo stoicismo, afferma con chiarezza che per i cristiani esiste l’egemonico e che sta nel cuore in quel tesoro del corpo che Dio guarda). Un medesimo collegamento è operato da Gregorio di Nissa, Vita di Mosè II, 215 (SCh 1, 252, 3-4), quando rapporta l’egemonico dell’anima con le tavole del cuore di 2Cor 3, 3. Del resto il Nisseno ha fatto sua la concezione secondo la quale per la Scrittura non solo il nous o il pneuma ma anche il cuore è simbolo dell’egemonico e l’egemonico è equivalente al cuore: Gregorio di Nissa, Confutazione della dottrina di Apollinare (Antirrheticus) GNO III/1 172, 24-25; Sui titoli dei salmi I, 4, 9 (SCh 466, 186, 35-36); Omelie sul Cantico XIV (GNO VI, 413, 16.22-414, 2); ivi VII (GNO VI, 242, 8-9); ivi III (GNO VI, 94, 19-21); Sul triduo tra la morte e la resurrezione (GNO IX, 281, 1-2). Stesso tema in collegamento con l’immagine platonica (Fedro 246A) delle redini e dell’auriga in Sull’anima e la resurrezione II, 2 (PG 46, 61BC; GNO III/3, 42-43); Sulle Beatitudini II, 3.3; Sulla verginità XXII, 2 (SCh 119, 516, 5-518, 16; qui è il nous che deve guidare il corpo). Per questo cuore e anima hanno la capacità di conoscere, cfr. Sull’anima e la resurrezione III, 2 (PG 46, 76AB; GNO III/3, 54, 16-17); Contro Eunomio I, 14 (GNO I, 26, 18-19). Per lo Ps. Macario il cuore è l’auriga che aggioga il carro dell’anima, tenendo le redini dei pensieri e correndo contro il carro di satana, Ps. Macario, Omelie spirituali (II), XL, 5. Girolamo si muove nella stessa direzione quando, rifacendosi a Cristo, si oppone alla posizione platonica che vede nel cervello la sede dell’egemonico: «Quaeritur ubi sit animae principale. Plato in cerebro, Christus monstrat esse in corde», Girolamo, Epistola 64, 1. 476   ‘Concupiscibile dell’anima’ è espressione importante nella polemica cristologica sulle passioni del Cristo. Alcuni autori, come Alcinoo e il suo discepolo Galeno, ritengono fondamentale la corrispondenza tra tripartizione dell’anima e organi del corpo, in accordo con Platone, Timeo 69c-71c, così ricorda, richiamando gli studi di H. Dörrie, D. Dainese, Passibilità divina, 43.

Il giudizio del Signore: criterio ermeneutico e confronto esistenziale

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che sono esaminati, affinché coloro che nascondono in se stessi ciò che viene ricercato attraverso la costrizione dei travagli portino alla luce quanto è nascosto.

Lasciare il giusto giudizio ultimo al Cristo Infatti nelle ricerche infallibili del giudice sono esaminati i nostri pensieri, ma sono esaminate anche le nostre azioni.477 Nessuno dunque prevenga il vero Giudice, né [244B] giudichi prima del tempo (cfr. 1Cor 4, 5), finché venga il Signore, che metterà in luce i segreti della tenebra e manifesterà le intenzioni dei cuori (1Cor 4, 5). Dunque nell’esaminare cuore e reni il Signore rivela la propria giustizia. Fu così esaminato il cuore di Abramo, se amava Dio con tutta la sua anima e con tutto il suo cuore (cfr. Dt 6, 5; Mt 22, 37), quando gli fu comandato di offrire in olocausto Isacco (cfr. Gen 22, 2), affinché fosse chiaro che non amava il figlio più di Dio.478 Fu esaminato anche Giacobbe, insidiato dal fratello, affinché in tanti peccati di Esaù risplendesse il suo amore fraterno non offuscato (cfr. Gen 32, 19). Di questi dunque furono esaminati i cuori; furono invece esaminati i reni di Giuseppe, quando, poiché la padrona dissoluta era impazzita d’amore per lui, [244C] preferì al piacere vergognoso la serietà della temperanza479 (cfr. Gen 39, 7-10). A questo scopo fu esaminato, affinché gli spettatori del giudizio di Dio convenissero che giustamente era assegnato a lui l’onore, per il fatto che in grandi prove480 era brillata fulgida la sua dignità.

  Si richiede dunque una doppia integrità di pensiero e di condotta. È quanto anche Ireneo aveva prospettato: la vera fede cristiana implica correttezza di dottrina (la regola/canone della verità) e correttezza di costumi; all’uomo si richiede la purezza del corpo e quella dell’anima e quindi occorre che vi sia in lui la verità nello spirito e la purezza nel corpo, Ireneo, Esposizione della predicazione apostolica 1-2. Sull’unione di retta fede (ortodossia) e retta azione (ortoprassi) Basilio insiste anche altrove come nel commento al sal 32. Tale convinzione è presente anche nello scritto attribuito a Gregorio Taumaturgo, Encomio di Origene (SCh 148, 144-148). 478   Basilio richiama il fatto che l’agnello è stato sostituito a Isacco, tipi ambedue della offerta/ passione gloriosa del Cristo, De Spir s XIV, 32. Cfr. Ps. Amfilochio di Iconio, Omelie VII, 4.1-13: un agnello al suo posto è stato sgozzato. 479   La temperanza associata alla gravità/serietà anche in In Ps 1 § 2 [213B], In Ps 7, 9 § 5 [240B] e Princ Prov § 14 [417A]. Giuseppe ricordato come modello di temperanza anche in Ep 2, 3 (CP 66, 9-12). 480   Dokimastērion significa letteralmente ‘mezzo per esaminare’. 477

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II. SALMO 7

L’aiuto dal Signore e i retti di cuore >7.  Il mio aiuto dal Signore (Sal 7, 11a). In senso proprio chiedono aiuto i combattenti* nelle guerre di fronte agli attacchi dei nemici. E qui pertanto colui che si accorge dei suoi invisibili nemici481 e vede il pericolo che incombe su di lui da parte dei nemici che gli sono accampati intorno, dirà: il mio aiuto [non viene] da ricchezza né da risorse materiali né da mia potenza e forza né da parentela umana,482 ma il mio aiuto dal Signore. Quale tipo d’aiuto manda il Signore a coloro che lo temono, lo abbiamo appreso in un altro passo [244D] dal salmo, che dice: Entrerà un angelo del Signore in cerchio attorno a coloro che lo temono e li salverà (Sal 33, 8) e in un altro passo: L’angelo che mi salva (Gen 48, 16).483 Da colui che salva i retti di cuore (Sal 7, 11b). È retto di cuore colui che non ha una mente che inclina verso eccesso né verso mancanza, ma che si volge dritta verso il mezzo della virtù. Infatti colui che ha deviato allontanandosi dal coraggio verso ciò che è inferiore stravolge il suo cammino verso la viltà; invece colui che si è innalzato di più piega verso la temerarietà.484 Per questo la Scrittura chiama storti   Vedi In Ps 7, 2 § 2 [232C], In Ps 29, 2, §2, [309B] e Attende § 4 [208B].   Cfr. Adolesc II, 2. Si noti l’espressione ek syngeneias anthrōpinēs che avrà un ruolo nelle controversie cristologiche. Si noti anche lo stretto collegamento tra cuore e mente. 483   Solito criterio esegetico: richiamare altri luoghi biblici (collazione) per chiarire un singolo passaggio testuale. 484   A questa situazione di opposte ‘virtù’ che finiscono per essere vizi si richiama Basilio per caratterizzare le opposte posizione eretiche che sono comunque contro la verità nell’omelia Sabell 2 (601B). Vedi anche Attende § 4 [205C] e Princ Prov § 9 [405A]. La stessa idea ricorre nel Com Is IX, 232: la temerarietà (thrasytēs) e la viltà (deilia), opposte fra loro per eccesso o per difetto, insieme si oppongono al coraggio (andreia) che giace nel mezzo (en mesōi). Si tratta della nota teoria aristotelica della virtù mediana. I due difetti opposti della viltà e della temerarietà sono introdotti dallo stesso Aristotele, Etica Nicomachea II, 2 1104a; II, 6-8; 1107a-1109a; La grande etica I, 24; 1191b 39. Anche Filone vi fa riferimento. Egli asserisce che occorre prendere ‘la via regale’ della sophia che è la via di mezzo che evita l’eccesso e il difetto: il coraggio (tra temerarietà e vigliaccheria) così pure la moderazione, la saggezza, la religiosità, L’immutabilità di Dio XXXIV, 159-163 e XXXV, 164-165; nello stesso tempo egli richiama che alcuni filosofi qualificano come ‘mediane’ le virtù perché stanno nel mezzo tra ad es. orgoglio e atteggiamento dimesso, Filone La migrazione di Abramo XXVI, 147. Il Nisseno, che ha un passaggio molto simile a questo di Basilio sulla viltà e il coraggio (Gregorio di Nissa, Sulla verginità VII, 2 cfr. anche XXII, 2, (SCh 119, 352, 2-5; 516, 1-520, 25) ritorna spesso su tale dimensione, Vita di Mosè II, 288 (SCh 1, 302, 1-6); Omelie sul Cantico IX (GNO VI, 284, 5-6); Omelie su Qoelet VI, 2 320, 12-13 (GNO V, 375, 4-5: la 481

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questi (cfr. Pr 21, 8), [245A] coloro che non raggiungono il mezzo per gli eccessi e le mancanze. Come infatti una linea diventa storta quando il tratto retto si è infranto ora in una linea convessa ora in una linea concava, così anche il cuore [è] storto, quando ora si innalza per arroganza, ora si abbassa per travagli e restrizioni.485 Perciò l’Ecclesiaste dice: Ciò che è storto non sarà raddrizzato486 (cfr. Eccle/Qo 1, 15).

La giustizia di Dio che spinge l’uomo al pentimento Il Signore giudice giusto e forte e paziente e non accende l’ira ogni giorno (Sal 7, 12). Il Profeta sembra dire questo scagliandosi contro coloro che un giorno saranno turbati dagli eventi accaduti, come calmando il turbamento degli uomini, affinché mai mettano in dubbio la provvidenza riguardo a tutti gli eventi*, pur vedendo un padre invendicato per la rivolta del figlio e la malvagità di Assalonne487 [245B] procedere con felici risultati in ciò che si era proposto. Correggendo dunque ciò che era insensato nei loro pensieri, testimoniò loro: Dio giudice giusto e forte e paziente e non accende l’ira ogni giorno (Sal 7, 12). Niente di ciò che accade, accade senza giudizio ma Dio misura secondo la misura con cui ciascuno prima misurò le azioni nella vita (cfr. Lc 6, 38; Mt 7, 2). Poiché dunque è stato commesso da me un peccato, ricevo la mia ricompensa secondo il merito. Perciò Non parlate vanamente contro l’ingiustizia di Dio (Sal 74, 6); infatti Dio è giudice giusto (Sal 7, 12). E non abbiate pensieri tanto meschini riguardo a Dio da credere che Egli sia debole nella azione di giustizia; infatti è anche forte (Sal 7, 12). Qual [è] dunque la causa del fatto che non velocemente la punizione viene inflitta ai peccatori? Perché è paziente non accendendo l’ira ogni giorno (Sal 7, 12). Qualora non vi convertiate, [245C] farà risplendere la sua spada (Sal 7, 13a). virtù possiede la misura del giusto mezzo); Sui titoli dei salmi II, 9, 45 (SCh 466, 346, 52-56). 485   È impossibile rendere bene in italiano il doppio significato di systolē: restrizione ma anche sistole cardiaca. Gli stoici parlavano del pneuma psichico che nell’affezione si restringe o si espande, usando proprio il termine systolē per la restrizione (cfr. SVF I, 209). Per questo ideale di mantenimento dell’equilibrio dell’anima in ogni circostanza evitando gli opposti eccessi vedi Destruam § 1 [261B] e relativa nota; vedi anche Princ Prov § 15 [417CD-420A] e Attende § 5 [209C]. 486   Vedi nota a In Ps 32, 1 §1 [325B] a proposito del tenere retta la mente. 487   Per la figura di Assalonne che si ribella al padre vedi Princ Prov § 12, [412A].

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‘Il discorso salmico’ [è] minaccioso e spinge alla conversione coloro che sono tardi al pentimento. Non subito minaccia le ferite e i colpi e le morti, ma splendore di armi e come una preparazione alla vendetta. Come infatti coloro che ripuliscono le armi mostrano attraverso questo comportamento l’ardore per la guerra, così ‘il discorso salmico’, volendo far vedere anche il moto di Dio verso la punizione, ha detto che fa risplendere la sua spada. Tese il suo arco e lo preparò (Sal 7, 13b) e in [248A] esso preparò strumenti di morte (Sal 7, 14a). Non è una corda quella che tende l’arco di Dio, ma una potenza punitiva, ora tesa, ora allentata.488 Al peccatore dunque il discorso minaccia che sono pronti per essere inviati per lui gli eventi futuri per la punizione, qualora resti nel peccato (cfr. Rm 6, 1). Infatti nell’arco sono stati preparati strumenti di morte. Strumenti di morte sono potenze distruttive dei nemici di Dio. Costruì i suoi dardi per coloro che bruciano (Sal 7, 14b). Come il fuoco è stato fatto dal Creatore per la materia che brucia; infatti non fu creato per il diamante che non viene consumato dal fuoco ma per la legna che brucia; così anche i dardi di Dio489 furono fatti da Lui per le anime facili a bruciarsi, delle quali grande [è] l’elemento materiale ed è stato ammassato ciò che è incline alla perdizione. Dunque coloro che hanno accolto prima ed [248B] hanno in sé i dardi infuocati del diavolo (cfr. Ef 6, 16), questi ricevono i dardi di Dio. Per questo dice: Costruì i suoi dardi per quelli che già bruciano (Sal 7, 14b). Bruciano l’anima amori carnali desideri di ricchezze e ire ardenti e travagli che infiammano e consumano l’anima e paure estranee a Dio.490 Invece colui che non è ferito dai dardi del nemico ed è rivestito dell›armatura di Dio (cfr. Ef 6, 11), resta senza aver fatto prova dei dardi portatori di morte.

  Solito passaggio dal letterale al senso simbolico spirituale.   Per i dardi di Dio vedi anche In Ps 44, 6 § 6 [401BC]. 490   Ira e desiderio richiamano la parte irascibile e concupiscibile, le due parti inferiori dell’anima secondo Platone, Repubblica IV 441E-442B; Fedro 246B (immagine della biga); cfr. Gregorio di Nissa, Sull’anima e la resurrezione II, 2 (PG 46, 61BC; GNO III/3, 43). Vedi anche In Ps 44, 1 § 1 [388D] per l’associazione fra ira e desiderio. I miti, per Clemente, sono quelli che, per libera scelta (kata proairesin) hanno posto termine all’implacabile battaglia dell’anima contro l’ira e i desideri, e le passioni a queste conseguenti, Clemente Alessandrino, Stromati IV, 6, 36, 1. 488 489

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Le doglie dell’iniqua irrazionalità >8.  Ecco, partorì ingiustizia, concepì dolore e generò iniquità (Sal 7, 15). Sembra alquanto confusa quanto all’ordine la lectio;491 poiché le donne incinte prima concepiscono, poi soffrono per il parto, infine generano; qui prima c’è il dolore di doglia, poi il concepimento, infine l’evento generativo; e per quanto riguarda il concepimento del cuore assume espressioni molto enfatiche. Infatti gli impulsi irrazionali degli incontinenti e i desideri pazzi e furenti sono stati chiamati ‘doglie’492 per il fatto che nascono nell’anima con acutezza e dolore. Per tale impulso colui che non è stato capace di dominare i cattivi [248C] consigli concepì dolore; e colui che ha acceso la malvagità nel cuore attraverso le cattive azioni generò iniquità. Sembra che dica queste parole vergognandosi per il fatto di essere padre di un figlio iniquo. Non [è] mio figlio, dice, ma è diventato figlio di quel padre dal quale si fece adottare attraverso il peccato. Infatti secondo Giovanni Colui che commette il peccato dal diavolo è (1Gv 3, 8) stato generato.493 Ecco, lo partorì dunque attraverso l’ingiustizia e lo concepì, per così dire lo portò nelle proprie parti più intime nelle viscere della propria disposizione e ne fu gravido il diavolo; poi lo generò, avendo reso evidente la sua iniquità, perché a tutti fu resa nota la rivolta contro il padre.

Fosse e pozzi Scavò una fossa e l’ha fatta profonda (Sal 7, 16a)494 [248D] Nelle divine495 Scritture non troviamo assolutamente il nome della fossa 491   Solita strategia del defectus litterae: il dato fisiologico realistico è contraddetto dal testo biblico. 492   Il Nisseno riporta Sal 7, 15 alla cupidigia, alla passione del guadagno, Gregorio di Nissa, Omelie su Qoelet IV, 3 258, 38-42 (GNO V, 344, 21-345, 2). 493   Vedi In Ps 44, 11 § 10 [409B] e In Ps 114, 3 §2 [488C]. Si noti ancora la strategia esegetica: dal letterale immediato del testo biblico al senso spirituale evangelico. Basilio mantiene il testo giovanneo (1Gv 3, 8) esplicitandolo ogni volta, dove esso ricorre, con la figura della generazione del peccatore da parte del diavolo. Per la paternità divina o diabolica vedi In Ps 44, 17 § 12 [413B]. 494   Qui Basilio riporta solo la prima parte del v. 16 (Sal 7, 16a); fa riferimento a Sal 7, 16b (e cadrà - empeseitai- nella fossa che ha scavato) solo verso la fine dell’omelia a [249C] attraverso il verbo empesōmen, «cadiamo». 495   Con tale aggettivo Basilio intende meglio qualificare il carattere divino delle scritture in netta distinzione dalle Scritture sacre del mondo pagano (Porfirio). Vedi Introduzione. Ciò suggerisce la certezza del metodo esegetico: registrare le modalità espressive della Scrittura per interpretarne di volta in volta il senso.

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usato in senso buono; e neppure il pozzo dell’acqua in senso cattivo. Fossa è infatti [249A] quella in cui fu gettato Giuseppe dai suoi fratelli (cfr. Gen 37, 24). E quando [l’Egitto] è colpito dal primogenito del Faraone al primogenito della schiava nella fossa (Es 12, 29). E nei Salmi: Fui annoverato fra coloro che scendevano nella fossa (Sal 87, 5). E in Geremia dice: Lasciarono me fonte di acqua viva e scavarono per sé fosse crettate, che non potranno contenere acqua (Ger 2, 13). Ma anche in Daniele è stata descritta la fossa dei leoni, in cui Daniele viene gettato (cfr. Dn 6, 18).496 Invece Abramo scava un pozzo (cfr. Gen 21, 30); e così i figli di Isacco (cfr. Gen 26, 25); e Mosè, uscito fuori, riposava presso un pozzo (cfr. Es 2, 15). E prendiamo da Salomone il comando di bere acqua dai nostri vasi e dalla fonte dei nostri pozzi (cfr. Pr 5, 15). E il Salvatore parla alla Samaritana dei misteri divini presso il pozzo (cfr. Gv 4, 24).497 [249B] Crediamo che sia questa la causa per cui le fosse sono state intese in senso cattivo, i pozzi invece in senso buono: l’acqua nelle fosse non [è] naturale, in quanto cade dal cielo; al contrario nei pozzi le vene d’acqua riempite, prima che i luoghi siano scavati, appaiono quando sono stati tolti i mucchi di terra che le coprivano e qualunque tipo di materia che stava sopra, che è tutta terra. E pertanto c’è come una cavità nelle anime,498 nelle quali cade il meglio, che però si trasforma e si altera quando uno respinge i pensieri riguardo al bene499 che sono caduti in lui, distorcendoli verso le cattive azioni e verso le cose contrarie alla verità, poiché ha deciso di non tenere niente di buono come proprio. E al contrario [ci sono nelle anime] pozzi, quando, tolto il male che ricopriva, risplende una luce e [249C] una fonte   Per l’interpretazione della fossa vedi In Ps 29, 3 §3 [312AB].   Il discorso di Basilio sui pozzi è molto origeniano. Cfr. Origene, Omelie sui Numeri XII, 1 (SCh 442, 72-94); Omelie sul Genesi VII, 5 (SCh 7bis 206-208): c’è il popolo carnale che beve dall’otre, che è la lettera della legge e la lettura ‘storica’ della Bibbia; e c’è chi beve dai pozzi come Isacco, come la Chiesa che beve dalle fonti dei Vangeli e degli Apostoli e segue la interpretazione spirituale che è vasta e profonda; cfr. anche Omelie sul Genesi X, 2-3; XIII (sui pozzi di Isacco). 498   Anche nell’anima di ciascuno di noi c’è un pozzo d’acqua viva, c’è un senso celeste ed un’immagine nascosta di Dio, dice Origene, Omelie sul Genesi XII, 5; XIII, 3 (SCh 7bis, 306, 64-70; 315, 14-16); Omelie sui Numeri XII, 1 (SCh 442, 74, 22-23: «Habet ergo unusquisque nostrum in semetipso puteum; ciascuno di noi ha un pozzo in se stesso»). Criterio esegetico: c’è rispondenza tra il mondo esterno e il mondo interiore dell’uomo, come avviene per i sensi del suo corpo, che sono esterni ed interni; constatazione questa che permette poi a Basilio di fornire l’applicazione morale rivolta a suggerire ai destinatari i giusti comportamenti. 499   Per questo concetto stoico vedi sopra In Ps 7, 9 § 5 [240C]. 496 497

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di acqua buona a bersi nella parola e nei dogmi. Per questo [è] necessario che ciascuno prepari per sé un pozzo, affinché osservi il comando prima menzionato che dice: Bevi l’acqua dai tuoi vasi e dalla fonte dei tuoi pozzi (Pr 5, 15).500 Così infatti saremo chiamati figli di coloro che hanno scavato pozzi, Abramo, Isacco e Giacobbe. Non bisogna invece scavare una fossa, affinché non cadiamo nella cavità (cfr. Sal 7, 16b; Eccle/Qo10, 8), secondo quanto è detto qui e non ascoltiamo ciò che è stato scritto in Geremia a rimprovero dei peccatori, quando Dio dice riguardo a loro ciò che anche poco prima abbiamo esposto: Lasciarono me [249D] fonte di acqua viva e scavarono per sé fosse crettate, che non potranno contenere acqua per loro (Ger 2, 13).501

  Anche Origene, ricordando i pozzi dei Patriarchi, richiama Pr 5, 15-17; Origene, Omelie sui Numeri XII, 1, 2 (SCh 442, 74). Il passo dei Proverbi è richiamato in altro contesto, in riferimento alle risorse personali a cui ricorrere per evitare di rivolgersi agli usurai, in In Ps 14B § 2 [269A]. 501   L’omelia termina qui senza che vengano richiamati e affrontati i vv. 17 e 18 del Sal. 7. Manca una parte dell’omelia? O Basilio ha intenzionalmente terminato qui? 500

III. SALMO 14A [249D] Signore, chi abiterà come forestiero nella tua tenda o chi si attenderà sul tuo santo monte ? (Sal 14, 1ab).

Il perfetto che cerca la beatitudine è un forestiero >1.  Il discorso salmico, volendo delineare per noi la figura del perfetto* [252A], destinato a raggiungere la beatitudine,502 servendosi di un certo ordine e metodo503 in ciò che si vede attorno a lui, ha preso l’avvio a partire dalle cose più vicine e prime. Signore, chi abiterà come forestiero nella tua tenda? (Sal 14, 1a).

Dimensioni diverse e sensi letterale e spirituale del forestiero L’abitare come forestiero è un soggiorno temporaneo,504 che mostra non una vita consolidata, ma di passaggio, nella speranza di una migrazione verso ciò che è migliore. E’ di uomo santo, essere di passaggio in questa vita ed affrettarsi verso l’altra vita.505 Perciò anche David dice di se stesso: Io sono forestiero presso di te e pellegrino, come i miei padri (Sal 38, 13). Forestiero infatti [era] Abramo (Gen 23, 4; Dt 26, 5; Eb 11, 9), che non possedeva neppure un passo di piede di terra propria; ma quando gli 502   Sull’intento di delineare la figura dell’uomo perfetto teso alla vita serena Basilio ritorna pure in In Ps 14B, § 1 [265A]. Anche qui è soggiacente lo schema ‘tripartito’ del cammino di perfezione spirituale, che ha il suo compimento nella destinazione escatologica. Vedi Introduzione. Vedi nota a In Ps 1 § 2 [213A]. 503   La stessa espressione in In Ps 115, 1-2 §1 [105A]. L’espressione fornisce un preciso criterio esegetico: cogliere l’intenzionalità ultima del testo biblico rilevandone ordine e metodo discorsivo/propositivo. 504   Il concetto di paroikia di per sé indica la condizione dello straniero residente, distinto dal cittadino a pieno diritto e dallo straniero di passaggio; cfr. M. Alexandre (ed.), Philon. De congressu eruditionis gratia, Paris 1967, 65. Nel 375 in una lettera diretta a Eustazio di Sebaste, rievocando il suo incontro con gli uomini dediti all’ascetismo, Basilio ricorda che essi mostravano nella pratica cosa significhi vivere come stranieri (paroikein) qui e avere la cittadinanza in cielo (cfr. Fil 3, 20), Ep 223, 2 (III, 1130-31). 505   Cfr. Hex IX, 3, 8. Basilio offre una definizione di ‘altra vita’ in Adolesc II, 2. Egli continua dicendo che quanto l’anima è più preziosa in tutto del corpo, tanta è la differenza delle due vite (questa e l’eterna), Adolesc II, 6 e soprattutto X, 3-4. Vedi anche In Ps 33, 13 § 9 [373A]. Secondo Filone le anime dei saggi si trovano in terra nella condizione del forestiero, Filone La confusione delle lingue 78.

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III. SALMO 14A

abbisognò una tomba, risulta che l’ha comprata con il denaro (cfr. Gen 23, 13, At 7, 16); poiché la Parola mostra che, vivendo nella carne (cfr. Fil 1, 22; Gal 2, 20; 1Pt 4, 2.6), conviene essere forestiero (cfr 1Pt 2, 11; 2Cor 5, 6; Eb 13, 14),506 [252B] invece, trapassando da questa vita (cfr. Gv 5, 24), conviene riposarsi nei luoghi propri. Perciò [Abramo] in questa vita abita presso gli uomini di altra razza, invece nella sepoltura rese di sua proprietà la terra che avrebbe accolto il suo corpo.

Condizione dell’uomo caduto dal bene e le tre cose da cui staccarsi È realmente beatitudine507 non mettersi davanti alle cose di questa terra come a proprie né attaccarsi alle cose di qui come ad una patria naturale, ma essere consapevoli della caduta dal bene508 e, sopportando il soggiorno qui, derivante da condanna, così abitare come forestiero come coloro che per alcune colpe sono stati cacciati da certi giudici dalla propria patria in terra straniera. (cfr. Eb 11, 13; 1Pt 1, 1). Raro un tale uomo509 che non considera proprie le cose presenti; che sa temporaneo l’uso della ricchezza; che ritiene precaria la forza del corpo; che sa instabile il fiore della gloria umana (cfr. Gv 12, 43).510

La tenda di Dio Chi dunque abiterà come forestiero [252C] nella tua tenda? (Sal 14, 1a). Tenda di Dio è chiamata la carne (cfr. 2Pt 1, 13-14); data da Lui all’anima 506   Tutto il passo basiliano è come l’eco 1Pt 2, 11, di 2Cor 5, 6 e Eb 13, 14. L’abitare come stranieri pur nella propria patria è indicato come condizione del cristiano in A Diogneto V, 5. 507   Vedi stessa espressione in In Ps 1, 1 3 [216B]; vedi anche nota relativa. 508   Per questo tema vedi anche In Ps 114, 5 § 3 [489BC]. 509   Medesima espressione in 253B. 510   Vedi In Ps 44, 1 §2 [389A] con relativa nota. Basilio modula qui a suo modo il luogo classico sui tre beni ‘mondani’ da cui staccarsi e sulle quali non si deve fare affidamento. Clemente Alessandrino ricorda che per i Peripatetici (cfr. Aristotele, Etica Nicomachea I 9 1098 b 12; Crisippo frammenti morali III, 117) si danno tre specie di beni che quanto è contrario ad essi è male, Clemente Alessandrino, Stromati II, 7, 34, 1; IV, 22, 166, 1. Anche per Cicerone, che rimanda ai peripatetici e evoca Platone, si danno tre beni: quelli più grandi riguardano l’anima, poi il corpo e ci sono i beni esteriori, Cicerone, Tuscolane V 30, 85; cfr. J. Pepin, Idées grecques sur l’homme et sur Dieu, 56, 63, 74-75.

La tenda di Dio

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dell’uomo come abitazione.511 Chi considererà questa carne come se fosse altrui?512 Come i forestieri, prendendo in affitto terra di altri, coltivano la terra secondo la volontà di colui che l’ha concessa; così anche a noi è stata data la cura della carne secondo il patto, così che, dopo averla lavorata con fatica, la restituiamo piena di frutti a Colui che ce l’ha data. Se la carne è degna di Dio, diventa davvero tenda di Dio come abitazione di Lui presso i santi (cfr. Lv 26, 11-12; Ez 37, 27; 2Cor 6, 16).513 Tale è quella di colui che abita come forestiero. Per questo, Signore, chi abiterà come forestiero nella tua tenda? (Sal 14, 1a).

Mettere la tenda sul monte: senso storico e spirituale Poi progresso e avanzamento verso ciò che è più perfetto*.514 E chi si attenderà sul tuo santo monte? (Sal 14, 1b). [252D] Il Giudeo terreno, quando sente parlare di monte, corre al Sion. Chi si attenderà sul [253A] tuo santo monte ? (Sal 14, 1b). Colui che ha abitato come forestiero nella carne si attenderà sul santo monte. Quel monte, la regione celeste, splendente e luminosa; di esso l’Apostolo dice che Voi vi siete accostati al monte di Sion e alla città del Dio vivente, alla Gerusalemme celeste (Eb 12, 22), nella quale (ci sono) l’adunanza festosa degli angeli e la Chiesa (assemblea) dei primogeniti iscritti nei cieli (Eb 12, 23). >2.  Appena uno passa oltre questa carne abitandola senza affezione da forestiero come terra altrui, e non attaccandovisi come a propria, questi, per il fatto di aver mortificato le sue membra quelle sulla terra (cfr. Col 3, 5),   Vedi In Ps 28, 1§1[281B]; In Ps 48, 12 §7 [448B]. È noto che la Bibbia parla del corpo umano come tenda (cfr. 2Pt 1, 13-14; 2Cor 5, 4; Sal 90, 10 - passi cui Basilio si ispira come anche Sap 9, 15). Skēnōma è riferito alla carne ‘theophora’ del Cristo in In Ps 45, 5 § 4 [424B]. Qui il Cappadoce formula un’affermazione antropologica molto impegnativa qualificando il naturale corpo umano come ‘tenda di Dio’. Su questa specifica dimensione Didimo ha un notevole passaggio in cui afferma che Dio santifica tutti quelli presso i quali si attenda e che sono chiamati ‘tenda di Lui’, Didimo Ps. Cat. 45; 5b (E.Mühlenberg, Psalmenkommentare aus der Katenenüberlieferung, Berlino1975, I, frg.475, 345). 512   Motivo ripreso qui sotto subito dopo all’inizio del § 2 [253A]. Scrivendo a Eustazio di Sabaste Basilio dice di avere incontrato asceti che vivevano «come in carne altrui», Ep 223, 2 (III, 11, 30). 513   Per Basilio quindi la vita presso Dio contempla la presenza stessa della carne. Questa convinzione è molto vicina a quelle di Ireneo e di Metodio di Olimpo che danno molto peso alla carne dell’uomo in seguito anche all’incarnazione del Verbo di Dio. 514   Di nuovo: è qui soggiacente lo schema tripartito: dopo lo stacco-avvio iniziale, il progresso e l’arrivo alla perfezione. 511

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III. SALMO 14A

condotta a buon termine la santificazione, è degno di attendarsi sul santo monte; poiché desiderava ciò, il Salmista diceva: Avanzerò nel luogo della mirabile tenda (Sal 41, 5); e: Quanto sono amabili le tue tende, Signore delle potenze (Sal 83, 2). Lì ci fa attendare sia l’amicizia per il prossimo in ragione di quell’attendarsi sul monte sia l’amicizia nata dalla ricchezza dell’ingiustizia. Procurate [253B] infatti a voi stessi amici con la ricchezza dell’ingiustizia, affinché, quando verrete meno, vi accolgano nelle tende eterne (Lc 16, 9). Riguardo a quella permanenza515 il Signore diceva in forma di preghiera: Padre santo, concedi che, dove sono io, ci siano anche loro (Gv 17, 24; cfr. Gv 17, 11; Gv 14, 3).

Chi può attendarsi sul monte [È] raro da trovare516 anche colui che abita come forestiero nel corpo e colui che si attenda sul monte. Per questo, come essendo in dubbio, il discorso salmico dice: Chi abiterà come straniero ? (Sal 14, 1a) e Chi si attenderà ? (Sal 14, 1b) come nelle espressioni Chi ha conosciuto la mente del Signore? (Is 40, 13) e Chi annuncerà a voi che il fuoco brucia ? (Is 33, 14) e Chi annuncerà a voi il luogo eterno? (Is 33, 14) e Chi dunque il fedele e saggio amministratore ? (Lc 12, 42).517 Forse il “chi” è anche interrogativo,518 come di chi chiede una risposta al Signore santo, al quale parla. A lui la voce divina, [253C] rispondendo alla domanda, che cosa dice?: Colui che cammina irreprensibile ed opera la giustizia (Sal 14, 2a). Se è irreprensibile colui che non manca di nessuna delle cose buone,519 trascorrendo la propria vita lontano da ogni malvagità senza cadere (cfr. Gd 24), quale differenza ha rispetto a chi opera la giustizia?   Lo stesso termine diagōgē, indicante il beato soggiorno nel secolo futuro come fine dei cristiani, compare in In Ps 48, 1 §1 [432A]. 516   Ripresa e richiamo di [252B]. 517   Ritorna il solito metodo esegetico di fare la ‘collazione’ di altri luoghi simili per spiegare il senso di un passo preso in considerazione. 518   Si noti l’attenzione-applicazione esegetica: qui Basilio esplicita la differenza tra dubbio e interrogativo. 519   La presenza di una virtù implica di per sé la presenza di tutte le altre virtù. Si tratta di un noto elemento della teoria della reciproca connessione delle virtù degli Stoici; cfr. SVF III, 275; 280 ripreso ad es. da Clemente Alessandrino, Stromati II, 9, 45, 1 con riferimenti a autori stoici e a Filone; Stromati II, 18, 80, 2 (attraverso le virtù si ha l’adesione a Dio, così «ci assimiliamo al Signore per quanto ci è possibile»). 515

La tenda di Dio

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Forse dunque indica il medesimo senso in due espressioni: Colui che cammina irreprensibile ed opera la giustizia (Sal 14, 2a). Oppure ciascuna delle due cose dette presenta un proprio significato? Affinché l’irreprensibile sia colui che è compiuto nell’uomo nascosto* (cfr. 1Pt 3, 4) in ogni perfezione di virtù, mentre chi opera la giustizia sia colui che porta a perfezione* la sua dimensione pratica attraverso le energie somatiche.520 Infatti bisogna non solo fare l’azione giusta, [253D] ma anche compierla secondo la disposizione giusta; secondo quanto è stato detto: Cercherai giustamente il giusto (Dt 16, 20) [256A] cioè condurre a termine perfettivo* l’azione secondo la dottrina della giustizia. Come infatti il profano compie certo un atto da medico teso al vantaggio dei malati, ma non anche in modo medico ha agito questo tale perché non aveva nulla dell’arte congiunto all’azione.521 Dunque cammina irreprensibile colui che è perfetto* nell’intenzione; ed opera la giustizia l’operaio senza vergogna del Signore, secondo la voce dell’Apostolo (2Tm 2, 15). >3.   Presta attenzione alla precisione* della lectio.522 Non ha detto ‘colui che ha camminato irreprensibile’, ma colui che cammina irreprensibile (Sal 14, 2a); né ‘colui che ha operato la giustizia’ ma colui che opera (Sal 14, 2a). Infatti non una sola azione porta a perfezione lo zelante*, ma bisogna che per tutta la vita si estendano523 le azioni secondo virtù*.524   È soggiacente anche qui l’idea basiliana secondo cui per raggiungere la perfezione non basta l’astensione dal male ma occorre l’opera della giustizia, l’attività rivolta al bene, come dice Clemente Alessandrino, Stromati VI, 12, 103, 1-4. Anche se, subito dopo, Basilio chiarisce che l’azione giusta va fatta nella giusta disposizione. Non basta dunque la ‘pratica’ della virtù, ma occorre la virtuosa intenzione. 521   Idea presente in Aristotele, Etica Nicomachea II, 3, 1105a. 522   Sulla accuratezza/precisione della lexis, importante per Basilio, cfr. Com Is II, 68. 523   Per il verbo symparateinō vedi In Ps 48, 12 § 7 [449A]. 524   Ricorrente convinzione di Basilio: non basta un atto virtuoso per avere la virtù, occorre tutta la vita (cfr. Aristotele, Etica Nicomachea I, 6, 1098a). Non basta un’azione di coraggio né una breve fatica a dimostrare la forza dell’anima; e Dio non dà la corona della giustizia se non dopo una lunga verifica, così scrive Basilio alla Chiesa di Antiochia nel 373 nell’Ep 140, 1(II, 61, 26-30). Per Antonio la virtù non va misurata dal tempo trascorso e dal ritiro dal mondo ma col desiderio e la decisione: «non enim dignum arbitrabatur ut in transacto tempore deputari possit virtutis via. Neque enim in secessum, quod secessit propter illam, sed indicium virtutis dicebat deificae in desiderio et voluntate» («Infatti non riteneva degno che si potesse misurare il cammino della virtù a partire dal tempo passato. E diceva che non nell’allontanamento - poiché si era allontanato per essa- stava l’indizio della virtù deifica ma nel desiderio e nella volontà»), Atanasio, Vita di Antonio 7. La ‘vita secondo virtù’ comporta quindi la presenza di ‘azioni secondo virtù’. 520

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III. SALMO 14A

Dicendo la verità nel suo cuore (Sal 14, 2b) [256B] colui che non ha ingannato nella sua lingua (Sal 14, 3a). Di nuovo anche qui hanno lo stesso rapporto l’uno con l’altro il dire la verità nel cuore e il non ingannare nella propria lingua; lo stesso rapporto che aveva l’essere irreprensibile con l’operare la giustizia. Come infatti lì il discorso indica sia il perfetto* nel nascosto [uomo] (cfr. 1Pt 3, 4)525 sia colui che bene procede nella pratica, così anche qui, poiché ciò che viene detto deriva dalla pienezza del cuore (Mt 12, 34), scorrendo la parola dalla disposizione interna come da una fonte,526 prima ha citato la verità nel cuore, poi l’assenza di inganno nella parola generata attraverso la lingua.

Due significati della verità: salvifica e scientifica Troveremo poi due significati della verità: uno l’apprendimento delle cose che portano alla vita beata, l’altro la retta conoscenza riguardo a qualunque delle cose della vita. Dunque quella verità, quella sinergica alla salvezza (cfr. Rm 8, 28) che è nel [256C] cuore del perfetto* bisogna trasmetterla senza inganno in tutte le circostanze al prossimo;527 mentre invece nelle faccende di questa vita, anche se in qualche modo lo zelante* cade fuori dalla verità, per niente sarà di impedimento a lui verso ciò che gli è posto davanti. Infatti quanti sono gli stadi della terra o del mare, e quanti degli astri si muovono, e quanto l’uno sovrasta l’altro in velocità, anche se non conosciamo la verità riguardo a ciò, [questo] non ci impedirà affatto di raggiungere la beatitudine contenuta nelle promesse.528 525   Traduciamo in questo modo con il richiamo della 1Pt 3, 4 in rapporto a quanto Basilio dice poco sopra in [253C] in riferimento a colui che è compiuto nell’uomo nascosto (cfr. 1Pt 3, 4). Si tenga conto inoltre dell’omelia Princ Prov §13 [412C], dove Basilio parla di ‘doppio uomo’; vedi anche In Ps 33, 21 § 13 [384A]. 526   Un pensiero simile con citazione di Mt 12, 34 in Princ Joannis § 3 [477C]. Di nuovo: l’intenzione, il giusto atteggiamento va coniugato con la giusta pratica esteriore. 527   Nel trattare dello Spirito Santo Basilio afferma che la propria sicurezza non deve essere valutata più della verità, dovesse questo comportare la reazione violenta di chi è contro, De Spir s XXI, 52, 4-9. 528   Questo passaggio omiletico è chiarificatore della prospettiva di Basilio. Quel giudizio drastico sulle varie scienze da lui espresso nella prima omelia sulla Genesi (Hex I, 10, 1-4) non va letto come un netto rifiuto degli apporti di quelle scienze, ma come una sottolineatura formativa spirituale analoga a quanto esprime in questa omelia. Oggi diremmo che egli distingue la verità ‘salvifica’ (che porta alla vita beata) da quella ‘scientifica’ e la verità che più preme a Basilio pastore è quella salvifica. Sulla stessa linea si muoverà sant’Agostino quando affermerà, alla fine di un ragionamento serrato, che «Spiritus Dei,

Due significati della verità: salvifica e scientifica

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Forse il discorso salmico ci indica anche qualcosa di questo genere, che delle cose riguardanti la verità, cioè quelle ‘mistiche’, conviene parlare, non a tutti, ma a chi è prossimo (cfr. Zc 8, 16; Ef 4, 25); che sta per *: non rivelare a chi capita,529 ma a coloro che hanno partecipato ai misteri.530 Se il nostro Signore è verità (cfr. Gv 14, 6), teniamo ciascuno questa verità impressa* e come sigillata nel proprio cuore [256D];531 e, parlando di essa nei cuori a noi stessi, non falsifichiamo la parola del Vangelo (cfr. 2Cor 4, 2)532 nel riferire al nostro prossimo l’annuncio kerigmatico.

qui per ipsos loquebatur, noluisse ista docere homines nulli saluti profutura; lo Spirito di Dio, che parlava attraverso di loro [gli autori sacri] non ha voluto insegnare agli uomini queste cose [cognizioni scientifiche] che non servivano per nulla per la salvezza», Agostino, La Genesi alla lettera 2, 9, 20. Agostino dice questo dopo aver criticato con schiettezza e nettezza quei cristiani temerari e presuntuosi che pretendono che la Scrittura dica cose ‘scientifiche’, e questo contro ‘scienziati’ provocati così a deriderli. Ciò che è più grave non è la derisione ma il fatto doloroso che venga compromessa l’accoglienza dell’annuncio sulle cose più essenziali della fede cristiana, Agostino, La Genesi alla lettera 1, 19, 39. Si tratta di un brano famoso che Galileo Galilei riporta per intero nella lettera a Madama Cristina di Lorena, Granduchessa di Toscana. La stessa cosa ribadisce Agostino opponendosi al manicheo Felice: «Non si legge nel Vangelo che il Signore abbia detto: Mando il Paracleto per insegnarvi il corso del sole o della luna. Il Signore voleva fare dei cristiani non degli scienziati [Christianos facere volebat non mathematicos]» (Agostino, Dibattito con FeliceManicheo 1, 10 PL 42, 525). 529   Risuona qui - e anche nell’In Ps 45, 1 § 1 [416 BC] - la pedagogia del Didascalo Origene che sa, anche per influsso dell’insegnamento della scuola greca, non si deve parlare a tutti delle verità mistiche, per le quali occorre un atteggiamento di saggio silenzio, come ha mostrato nel suo recente lavoro Emmanuel Albano, I silenzi delle sacre Scritture. Limiti e possibilità di rivelazione del Logos negli scritti di Filone, Clemente e Origene, Roma 2014. 530   Col richiamo dei ‘misteri’Basilio allude certamente ai sacramenti del Battesimo e dell’Eucaristia e pensa anche di distinguerli dai ‘riti iniziatici’ (teletai) pagani al fine di distanziarsene. Solo dunque a quanti hanno partecipato a tali misteri/sacramenti è possibile accennare alla realtà mistiche. Qui Basilio richiama a suo modo la legge/regola del mistero, che non va svelato a chiunque. E forse è troppo scorgere in questo passo il segno che anche Basilio è fautore di un certo esoterismo. 531   Per l’accoppiamento di ‘impresso’ e ‘sigillato’ si veda la definizione stoica della rappresentazione (phantasia), SVF II, 60; vedi anche In Ps 59, 1 § 2 [464C]; Attende § 7 [216B]; Princ Joannis § [481B]. Si noti ancora come Basilio congiunge dato cristologico e atteggiamento del credente, il quale deve a sua volta armonizzare l’interiore del cuore con la giusta azione esteriore. 532   Si noti il congiungimento di testo giovanneo con testo paolino.

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III. SALMO 14A

L’inganno e l’oltraggio Colui che non ha ingannato nella sua lingua (Sal 14, 3a). In molti luoghi533 nella Scrittura [257A] l’inganno è stato condannato come nemico di Dio. Disperda -dice- il Signore tutte le labbra ingannatrici (Sal 11, 4); e: Inganno nel cuore di coloro che tramano i mali (Pr 12, 20). Si dice poi che tutto ciò che è buono sia falsificato nella mescolanza con il peggiore, come il vino si adultera mescolando ad esso qualcosa di peggiore o mescolando con esso l’acqua; e l’oro si falsifica nell’unione con l’argento e il bronzo; così anche la verità viene falsificata se le maldicenze sono state mescolate coi discorsi santi.

La figura evangelica del prossimo: ogni uomo lo è >4.  Né ha fatto del male al suo prossimo (Sal 14, 3). Chi indica come prossimo il discorso salmico, nessuno è in dubbio fra coloro che hanno ascoltato il Vangelo in riferimento a colui che aveva chiesto: E chi è il mio prossimo? (Lc 10, 29). A lui il Signore raccontò la parabola di quello che scendeva da Gerusalemme a Gerico; a lui anche chiese: Chi di questi ti sembra [257B]che sia stato il prossimo? (Lc 10, 36). Ed egli rispose: Colui che ha avuto pietà di lui (Lc 10, 37). Infatti in questo modo ha insegnato a ritenere prossimo ogni uomo. Anche questo è difficile da conseguire e richiede molta attenzione, il non danneggiare il prossimo né in una cosa piccola né in una più grande: non danneggiarlo nella parola; non privarlo di qualcosa fra quelle che gli spettano; non volere per lui il male; non provare invidia per i successi dei vicini.534

Doppia accezione di oltraggio e indicazione cristiana del giusto atteggiamento E non ha accolto oltraggio nei confronti dei più vicini a lui (Sal 14, 3c). La lectio ha un senso doppio: che egli stesso non ha compiuto azioni degne di essere rinfacciate da parte dei più vicini e per questo non ha accolto da loro oltraggio; oppure che egli stesso non ha oltraggiato nessuno dei più   Alcuni manoscritti hanno pantachou (‘dappertutto’) invece di pollachou. Ma il criterio esegetico è lo stesso: occorre raccogliere le varie ricorrenze di un termine/dato biblico. 534   Della parola salmica Basilio fornisce un’immediata esegesi evangelica; per cui identificato il prossimo ne trae immediata applicazione etica. Anche il Cappadoce non fa distinzioni tra offesa piccola e grande; sempre di offesa/peccato si tratta. 533

L’inganno e l’oltraggio

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vicini, quelli che sono caduti in colpe tipiche degli uomini o sono trovati in condizioni di mutilazione del corpo o in alcuni altri difetti della carne. Infatti non bisogna oltraggiare il peccatore [257C] secondo quanto è stato scritto: Non oltraggiare l’uomo che si converte dal peccato (Sir 8, 5). Infatti abbiamo appreso che mai l’oltraggio è stato accettato per il vantaggio dei peccatori, poiché l’Apostolo negli insegnamenti al suo discepolo Timoteo ha permesso la riprovazione e l’esortazione e il rimprovero (cfr. 2Tm 4, 2, 1Tm 4, 13), ma in nessun luogo accetta l’oltraggio, come atteggiamento ostile. E sembra che la riprovazione abbia come fine la correzione del peccatore, mentre l’oltraggio miri alla vergogna di chi è caduto. Oltraggiare povertà535 o ignobiltà della stirpe, o ignoranza o malattia del corpo [è] del tutto irrazionale ed estraneo allo zelante*. Infatti ciò che ci capita non per scelta deliberata*, non dipende dalla nostra volontà; [257D] e conviene che gli sfortunati siano compatiti per i difetti involontari [260A] piuttosto che ingiuriati.

Disprezzare chi fa il male e onorare chi teme il Signore >5.  Sia disprezzato davanti a lui chi fa il male; egli onora invece coloro che temono il Signore (Sal 14, 4ab). [È] proprio di una mente nobile e non inchinatasi a nessuna delle cose umane per bisogno e di un uomo che ha condotto al massimo grado la sua disposizione alla giustizia l’attribuire a ciascuno quanto corrisponde al merito;536 il disprezzare quanti fanno il male, anche se per caso si sono impadroniti di grandi poteri, anche se si vantano della ricchezza e della fama della loro stirpe*, anche se attribuiscono a se stessi gloria, ma si scopre che in loro c’è solo malvagità, disprezzare persone tali, cioè non tenerle in nessun conto. Al contrario quanti temono il Signore, 535   Anche In Ps 14B, § 2, [272B] Basilio sottolinea che la povertà, male che non dipende dalla volontà, non può essere oggetto di rimprovero. 536   Quanto qui detto richiama la definizione della giustizia quale virtù cardinale presente in In Ps 29, 8 § 5 [316C]; vedi anche Princ Prov § 8 [401B].

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III. SALMO 14A

anche se sono poveri, anche se sono di oscura origine,537 anche se sono rozzi [260B] nel linguaggio, anche se sono malati nel corpo,538 onorarli ed esaltarli e considerarli beati, ammaestrato dallo Spirito a ritenere beate persone di questo tipo.   Nell’antichità, a partire da Omero, l’uso del patronimico indicava la nobiltà di nascita e di stirpe (eugeneia) e quindi era occasione di grande onore; ciò creava una élite. Al riguardo W. Meyer, De Homeri Patronymicis, Gottingen, 1907; D. Costantino, Ulisse e l’altro: itinerari della differenza nell’Odissea, Milano, 2007, 94-113. Basilio rompe l’usanza del richiamo agli avi; l’esperienza cristiana fa ritenere nullo il legame coi propri nobili antenati/genitori. Specie nelle omelie sui martiri, facendo le loro lodi, egli precisa di voler prescindere dalle norme degli encomi profani (evocare la patria, la parentela e l’educazione) perché ciò che conta è la testimonianza dei fatti e dei meriti di ciascuno, cfr. In Gordium 2 (492BC). Lo stesso ribadisce narrando di Mamante che va lodato non per padri e avi, ma secondo la legge della verità, perché è vergognoso illustrare con meriti altrui chi è già illustre per virtù propria, con una vita conforme al vangelo di Cristo, In Mamantem 2 (592AB). Vedi anche In Ps 61, 1 § 1 [469D] e relativa nota. Il Nazianzeno, nella sua orazione funebre per l’amico, coglie bene l’atteggiamento di Basilio: questi era convinto che la nobiltà vada valutata in rapporto al singolo uomo e non per qualità a lui esterne; e riteneva non gran cosa il ricorso agli antenati, essendo meglio portare il proprio contributo, Gregorio di Nazianzo, Orazioni 43, 4 e 8; anche per il Nazianzeno non conta tanto la nobiltà di nascita ma la presenza delle virtù religiose della famiglia, Gregorio di Nazianzo, Orazioni 8, 6. La stessa idea è richiamata da Gregorio di Nissa, Sulla verginità XX, 4 (SCh 119, 498, 11-17); ed è quanto dice, a proposito del fratello Basilio defunto, Gregorio di Nissa, Sul fratello Basilio, (GNO X/1 132, 5-6). Si tenga presente che Plotino non festeggiava il compleanno, perché riteneva inutile farlo per i suoi propri compleanni mentre festeggiava quelli di Socrate e di Platone, Porfirio, Vita di Plotino II, 37. Origene richiama che, diversamente dai peccatori, nessuno dei santi ha fatto grande festa o un grande convitto per il giorno anniversario della propria nascita. Anzi, i ‘santi’ mossi dallo Spirito, come Geremia, Giobbe e Davide il salmista hanno deprecato il giorno della loro nascita, perché nasconde un arcano e un qualche collegamento col male e col peccato; Origene, Omelie su Levitico VIII, 3 (SCh 287, 16-18, 18-77). L’idea di fondo è la stessa: la vera aristocrazia dell’uomo non è legata alla parentela, ma al suo spirito, al suo tipo di vita. Altri autori cristiani si muoveranno su questa scia per staccarsi dal topos della lode della nobiltà di stirpe. Paolino di Nola, nella lettera scritta nel 400 all’amico Severo, iniziando a tratteggiare la vita di santa Melania senior di stirpe senatoria, precisa di non voler far uso «di una regola altrui più che della nostra» (Paolino di Nola, Lettera 29, 7). Anche il vescovo Ilario, presentando il Vescovo Onorato di Arles (già nel 431, nella prima ricorrenza della sua morte), mira ad una laudatio che tenga conto della fede cristiana facendo solo un breve accenno alla nobilitas della sua famiglia che aveva raggiunto il consolato, Ilario d’Arles, Vita di san Onorato 4, 2 (SCh 235, 76-78). 538   Basilio presenta quattro situazioni diametralmente opposte alla ricerca mondana della propria riuscita: ricchezza, nobili natali, cultura e corpo florido. La stessa quadruplice considerazione egli la riprende e la ribadisce subito dopo. 537

Varie forme di giuramento e l’invito del Cristo a non giurare

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Beati - dice infatti - tutti quelli che temono il Signore (Sal 127, 1). E’ proprio della stessa mente [nobile] disprezzare chi fa il male, anche se si esalta per lo splendore, ed onorare chi teme il Signore, anche se è meschino, anche se è povero nella vita, anche se è disprezzato, anche se non possiede nessuna delle cose che si chiedono all’esterno per essere accettati con favore.

Varie forme di giuramento e l’invito del Cristo a non giurare539 Colui che presta giuramento al suo prossimo, e senza violarlo (Sal 14, 4c). Perché in questo passo la fedeltà al giuramento è ammessa fra le azioni buone che sono convenienti per l’uomo giunto a perfezione*, mentre nel Vangelo [il giuramento] è stato proibito del tutto? Chi abiterà come forestiero e chi si attenderà? (Sal 14, 1a) Colui che presta giuramento al suo prossimo, e senza [260C] violarlo (Sal 14, 4c). Lì, invece, Io vi dico di non giurare assolutamente (Mt 5, 34). Che cosa dunque diciamo? Che in ogni luogo il Signore si attiene al medesimo scopo, prevenendo il compimento dei peccati e tagliando la malvagità fin dal suo primo inizio. Mentre la legge antica infatti diceva non commetterai adulterio (Es 20, 13, Mt 5, 28); invece il Signore neppure desidererai (cfr. Mt 5, 28); e quella non ucciderai (Es 20, 15, Mt 5, 21); invece lui, che stabilisce come legge cose più perfette: neppure ti adirerai (cfr. Mt 5, 22); così anche qui l’uno è soddisfatto della fedeltà al giuramento, mentre l’altro elimina il punto di partenza del falso giuramento. Infatti chi è fedele al giuramento, forse una volta potrebbe anche deviare involontariamente; invece chi non giura ha evitato il pericolo del falso giuramento.540

  Il giuramento ha rappresentato un vero problema per la prima comunità cristiana; molti Padri della Chiesa hanno combattuto la pratica del giuramento, presente anche in chi aveva abbracciato la fede cristiana. 540   Per il falso giuramento vedi In Ps 14B §1 [265C]. 539

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III. SALMO 14A

Rassicurazione come forma di giuramento Inoltre in molti luoghi chiama il giuramento anche la ferma rassicurazione riguardo a ciascuna cosa; come Ho giurato [260D] e ho confermato di custodire i precetti della tua giustizia (Sal 118, 106) e Il Signore ha giurato e non [261A] si pentirà (Sal 109, 4). Non perché a testimonianza delle cose dette ha introdotto Dio che sorregge la sua incertezza ma perché ha rassicurato la grazia della promessa a David con dogmi immutabili e inamovibili. Così dunque anche qui è possibile che sia stato detto: Colui che giura al suo prossimo (Sal 14, 4c); cioè che ha rassicurato il suo prossimo e senza violarlo; affinché concordi con quanto detto dal Signore: Sia il vostro parlare sì sì e no no (Mt 5, 37). Riguardo a tali cose di’ di sì rassicurando; e riguardo alle cose non esistenti, anche se tutti gli uomini ti esortano, non lasciarti mai persuadere a rassicurare contro la verità della natura. La cosa non è stata, segua la negazione; la cosa è stata, l’assenso confermi. Senza l’unione con [qualcosa d’] altro [261B] tenta di dimostrare la verità di per se stessa, servendoti di semplici rassicurazioni. Chi non è credibile abbia il danno della diffidenza. Infatti [è] cosa del tutto turpe ed irrazionale accusare se stesso come indegno di fede e offrire la sicurezza dei giuramenti.

Giuramento come rispetto per altri Ci sono poi alcuni discorsi che hanno la forma di giuramenti ma che non sono giuramenti, bensì rispetto per coloro che ascoltano. Come Giuseppe, rendendosi amico l’Egizio, giurava per la salute del Faraone (cfr. Gen 42, 15). Anche l’Apostolo, mostrando il suo amore per i Corinzi, disse: Per il vanto di voi, che ho in Cristo Gesù nostro Signore (1Cor 15, 31). Non ha infatti trascurato l’insegnamento evangelico, colui a cui è stato affidato il Vangelo ma ha trasmesso un semplice discorso in forma di giuramento, mostrando in tale modalità il vanto per loro [261C] come se fosse assolutamente un merito per lui.

Dare a chi chiede

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Dare a chi chiede >6.  Da’ a chi ti chiede; e non volgere le spalle a chi vuole avere un prestito541 (Mt 5, 42). Il discorso salmico ci esorta alla socialità e all’amore reciproco e a ciò che è proprio della nostra natura. Infatti l’uomo è animale sociale e che vive in compagnia. Nella comune società e nella relazione degli uni verso gli altri [è] necessaria la generosità per il raddrizzamento di chi ha bisogno. Da’ a chi ti chiede (Mt 5, 42). Vuole che tu per l’agape sia disponibile in semplicità verso coloro che chiedono, ma con il ragionamento [261D] tu valuti le necessità di ciascuno di coloro [264A] che chiedono.542 E questo abbiamo appreso negli Atti, in che modo è possibile che ciò sia compiuto rettamente da coloro che conseguono con saggezza l’obiettivo della pietà. Quanti infatti -dice- erano possessori di terreni o case, vendendoli, portavano il ricavato dei beni venduti e lo ponevano ai piedi degli Apostoli. Era dato a ciascuno secondo il bisogno che uno aveva (At 4, 34-35). Poiché infatti molti, andando oltre l’uso543 di ciò che è necessario, fanno della richiesta un’occasione di traffici ed un principio di lusso dissoluto, necessariamente la raccolta dei beni avveniva presso coloro a cui era stata affidata la cura dei poveri, così che da lì veniva fatta con saggezza e buona amministrazione la distribuzione del necessario per i bisogni di ciascuno. Come infatti per i malati c’è spesso necessità [264B] di vino, ma non è proprio di chiunque indovinare il tempo opportuno e la misura e la qualità; c’è invece bisogno di un medico per la dose del vino; così anche il compito di amministrare a riguardo della cura dei bisognosi non può essere svolto da tutti in modo vantaggioso. Infatti per coloro che si abbandonano a canti

541   Il testo matteano riportato da Basilio modifica la seconda parte del versetto che recita: e il richiedente da te un prestito non respingere. 542   La Didaché dice di valutare bene a chi si fa l’elemosina, ricordando che è stato detto: la tua elemosina si bagni di sudore nella tua mano; finché tu non abbia ponderato bene a chi dare, Didaché 1. 543   Il criterio dell’‘uso’negli scritti di Basilio gioca un ruolo determinante nella valutazione morale degli atti dell’uomo; tale considerazione valutativa è ripresa dal Nisseno; cfr. ad es. Gregorio di Nissa, Sull’anima e la resurrezione II, 3 (PG 46, 65C-68A; GNO III/3, 46, 6-21).

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III. SALMO 14A

lamentosi per l’inganno delle donne e mettono davanti le mutilazioni del corpo e le ferite come pretesto per i traffici, la generosità dell’elemosina non [è] affatto utile. Infatti per loro l’abbondanza sarà punto di partenza per la malvagità. Ma con una piccola elargizione bisogna allontanare da sé il latrato di questi individui, mostrando la compassione e l’amore fraterno nei confronti di coloro che hanno imparato a sopportare con pazienza544 l’afflizione; riguardo a ciò sarà detto per loro anche che Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare (Mt 25, 35) e ciò che segue. E non volgere le spalle a chi vuole avere un prestito (Mt 5, 42). [264C] Anche questo comando si lega ai precedenti. E infatti colui che lì chiede, essendo povero, chiede un prestito a te, mostrandoti Colui che è ricco nei cieli, che ti paga il debito per lui. Colui che fa l’elemosina - dice infatti - al povero, presta denaro a Dio (Pr 19, 17).545 Garanzia del prestito il Regno dei cieli.546 Che avvenga che tutti noi siamo ritenuti degni di esso per la grazia e la filantropia* del Signore nostro Gesù Cristo, per mezzo del quale al Padre e allo Spirito Santo la gloria e la potenza nei secoli dei secoli. Amen (1Pt 4, 11; Ap 1, 6).

  Per la pazienza da esercitare nelle prove vedi nota a In Ps 33, 5 § 4 [360A].   Stesso concetto con richiamo a Pr 19, 17 in In Ps 14B § 5 [277CD]. 546   L’intera omelia emerge come un dettato compatto, maturo e coordinato; mostra anche una maggiore attenzione all’esegesi. In particolare questi passaggi omiletici mostrano che Basilio unisce insieme saggezza pratica e autentico discernimento, senza trascurare la piena verità cristiana. La sua lucidità di giudizio - anche spietato - lascia sempre spazio al genuino amore e alla giustificazione ultima dell’atteggiamento da assumere, quella della presenza di Cristo nel povero, nell’indigente. 544 545

IV. SALMO 14B Omelia dello stesso su una parte del salmo 14 e contro gli usurai Proemio >1.  [264C] Ieri, parlando a voi del salmo quattordicesimo, [264D] non ci è stato permesso dal tempo di giungere alla conclusione del discorso. [265A] Ora veniamo, come onesti debitori, a pagarvi i debiti di ciò che è stato tralasciato.547 L’udire ciò che resta è cosa breve, a quanto sembra, e forse alla maggior parte di voi è anche sfuggito, tanto che neppure pensate che sia stata tralasciata qualche parte del salmo. Ma, poiché abbiamo compreso che questa breve lectio ha grande rilevanza nelle faccende della vita, non abbiamo creduto di dover trascurare l’utilità [derivante] dall’esame [di essa].

Condanna del prestito ad interesse. L’usuraio e il debitore Il Profeta [salmista], delineando col discorso la figura dell’uomo perfetto*, destinato a raggiungere la vita non agitata,548 ha annoverato fra le buone azioni il non aver prestato ad interesse il proprio denaro (cfr. Sal 14, 5a; Ez 18, 8). In molti passi della Scrittura questo peccato è stato condannato. Infatti Ezechiele pone fra i mali più grandi il riscuotere l’interesse e l’usura (cfr. Ez 22, 12) e la legge proibisce in termini precisi[265B]: Non presterai ad interesse a tuo fratello (Dt 23, 20) e al tuo prossimo. E di nuovo dice: Inganno su inganno e interesse su interesse (Ger 9, 5). E riguardo ad una città che prospera in una massa di mali che cosa dice il salmo? Non cessarono nelle sue piazze interesse ed inganno (Sal 54, 12). Ed ora il Profeta ha introdotto come tratto caratteristico della perfezione* nell’uomo questa stessa cosa, dicendo: Non ha prestato il suo denaro ad interesse (Sal 14, 5). In realtà infatti è il massimo della disumanità che l’uno che è bisognoso   Basilio inserisce qui una metafora che anticipa il tema del debito, oggetto dell’omelia.   Vedi l’inizio molto simile del salmo 14A (In Ps 14A, 1 § 1 [249D-252A]), relativamente alla figura dell’uomo perfetto teso alla beatitudine.

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IV. SALMO 14B

del necessario ricerchi un prestito per sollievo della vita, l’altro invece non si accontenti del capitale, ma si sforzi di trarre guadagni e ricchezze per sé dalle disgrazie del povero. Il Signore dunque ci dette un comando con chiarezza dicendo: e non volgere le spalle a chi vuole avere un prestito (Mt 5, 42); invece l’avaro, quando vede un uomo piegato dalla necessità [265C] che lo supplica alle ginocchia che cosa non facendo di umiliante? che cosa non dicendo? non ha pietà di colui che agisce contro la propria dignità, non tiene conto della natura,549 non cede alle suppliche, ma resta rigido ed aspro,550 non cedendo alle preghiere, non mosso a compassione dalle lacrime,551 rimanendo fermo nel diniego, giurando e maledicendo se stesso che è assolutamente privo di denaro552 e anche lui sta cercando se potesse trovare qualcuno di quelli che prestano denaro e rafforzando la menzogna tramite i giuramenti, guadagnandosi lo spergiuro553 come cattivo sottoprodotto della disumanità. Ma quando colui che cerca il prestito ricorda gli interessi e nomina i pegni, allora, spianato il sopracciglio, sorride e ricorda forse anche le amicizie fra i padri e lo chiama familiare [265D]ed amico554 e ‘Vedremo’ - dice - ‘se abbiamo da qualche parte un po’ di denaro posto in serbo. C’è un deposito [268A]di un amico a noi affidato per investimento. Ma egli ha fissato su di esso pesanti interessi; noi invece condoneremo almeno qualcosa e lo daremo ad interessi minori’. Inventando tali cose e carezzando e adescando l’infelice con tali discorsi, dopo averlo legato con contratti di obbligazione e dopo aver portato via anche la libertà dell’uomo, in più alla povertà che ancora lo tormenta, se ne va. Infatti colui che si è assoggettato ad interessi, di cui non sostiene il pagamento, ha accettato per la vita una schiavitù scelta volontariamente*.

  Così si comporta anche il ricco in Destruam § 1 [264A]. Vedi anche più avanti in In Ps 14B § 5 [280A], in cui si parla di «comunanza di specie». Per il tema della comune natura umana vedi anche Attende § 1 [197C], In Ps 32, 13 § 8 [344A], In Ps 48, 7 § 3 [437B] e In Ps 48, 17 § 10 [456B]. 550   La stessa coppia di aggettivi akamptos e ameiliktos in Destruam § 4 [269B]. 551   Atteggiamento simile quello del ricco descritto in Destruam § 4 [269B]. 552   Per questa falsa giustificazione vedi Destruam § 6 [276A]. 553   Sui rischi legati al giuramento Basilio si sofferma anche in In Ps 14A, 4, § 5 [260BCD-261AB]. 554   Si noti nella successione dei versetti («non ha pietà…familiare ed amico») il completo ribaltamento dell’atteggiamento dell’usuraio una volta che ha capito la disponibilità dell’indigente a pagare gli interessi; prima inflessibile e disumano, si atteggia ora ad un falso ed ipocrita sorriso, pronto ad ingannare il supplice che ha davanti. 549

Le ansie del debitore. Evitare il prestito ad interesse

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Dimmi,555 ricerchi ricchezze e guadagni dal povero? E se potesse renderti più ricco, che cosa cercherebbe alle tue porte?556 Giunto per un’alleanza, ha trovato un nemico. Ricercando dei contravveleni, è incappato in veleni. Mentre bisognerebbe sollevare la povertà dell›uomo, [268B] tu moltiplichi la sua condizione di bisogno, cercando che il deserto produca frutti. Come se un medico, andando dai malati, invece di portare loro la salute, togliesse anche il piccolo rimasuglio della forza; così anche tu fai delle disgrazie dei miseri un’occasione di guadagni. E come i contadini invocano le piogge per la moltiplicazione dei semi, così anche tu ricerchi necessità e miserie di uomini per avere per te i capitali produttivi.557 Non sai che ti stai procurando un accrescimento ai tuoi peccati maggiore di quanto tu immagini di accrescere la ricchezza con gli interessi? E chi cerca il prestito, bloccato in mezzo all’incertezza, se guarda alla povertà, dispera del pagamento, se guarda invece alla presente necessità, osa chiedere il prestito. [268C] Poi l’uno è rimasto sconfitto, poiché si è piegato al bisogno; l’altro se ne va, dopo averlo imprigionato con contratti di obbligazione e garanzie.

Le ansie del debitore. Evitare il prestito ad interesse >2.  Preso il denaro, dapprima è raggiante e pieno di gioia, risplendente per un vigore altrui, e si fa notare per il mutamento della vita: tavola abbondante, veste più sontuosa; servitori mutati nell’aspetto nel senso di un maggior splendore, adulatori, convitati; parassiti delle case innumerevoli;558 quando al contrario le ricchezze scorrono via ed il tempo, avanzando, fa avanzare insieme a sé gli interessi, le notti non portano più riposo a lui, né il giorno [è] luminoso, né il sole gradito, ma [268D]detesta la vita, odia i giorni che si affrettano verso la scadenza, teme i mesi come padri di interessi.559 Anche se dorme, vede in sogno il creditore (terribile sogno),   Qui Basilio si rivolge direttamente al ricco, come farà nella parte finale dell’omelia (§ 5), mentre in tutto il resto del testo i destinatari sembrano coloro che potrebbero essere indotti a chiedere un prestito. 556   Atteggiamento tipico del povero, vedi più avanti § 2 [269B] e Destruam § 6 [276A]. 557   Anche in Destruam § 3 [268B] si invita il ricco a non attendere una situazione di comune indigenza per accrescere i propri beni. 558   Si noti che la richiesta di prestito ad interesse è avanzata anche da coloro che non si trovano in condizioni di indigenza reale, ma vogliono solo mantenere un elevato tenore di vita (vedi più avanti § 4 [276C]). 559   È qui anticipata l’etimologia della parola tokos (letteralmente ‘parto/figlio’ e poi, in 555

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IV. SALMO 14B

che gli sta presso la testa; anche se veglia, l’interesse è per lui pensiero e preoccupazione.560 Quando il creditore [269A] - dice - ed il debitore si incontrano l’uno con l’altro, il Signore fa una visita a entrambi (Pr 29, 13). L’uno piomba sulla preda come un cane;561 l’altro, come una preda pronta, teme quel caso disgraziato. L’essere povero elimina la sua libertà di parola. Per entrambi il conto [è] sulle dita;562 l’uno si rallegra per l’accrescimento degli interessi, mentre l’altro geme per la crescita delle disgrazie. Bevi acqua dai tuoi vasi (Pr 5, 15);563 cioè esamina le tue risorse, non avvicinarti a fonti altrui ma dalle tue proprie sorgenti raccogli per te stesso le consolazioni della vita. Hai utensili di bronzo, vesti, una bestia da soma, suppellettili di vario genere; vendili; accetta di cedere tutto, tranne la libertà. ‘Ma mi vergogno di vendere all’asta queste cose’, dice.564 Non sai dunque che fra poco tempo [269B] un altro le trarrà fuori e metterà all’asta i tuoi beni e davanti ai tuoi occhi li venderà abbassandoli di prezzo? Non avvicinarti a porte altrui. Il pozzo altrui [è] stretto in verità (Pr 23, 27). Meglio alleviare il bisogno con progetti graduali piuttosto che, dopo essersi risollevato di colpo con mezzi altrui, essere spogliato in seguito di tutte le proprietà nel medesimo tempo. Se hai dunque di che pagare, perché non risolvi il bisogno presente con queste risorse ? Se invece sei in difficoltà per il pagamento, curi un male con un male. Non accettare un creditore che ti assedia. Non tollerare di essere ricercato e spiato come un’altra preda. Infatti il prendere denaro a prestito[è] inizio della menzogna; occasione di ingratitudine, malafede, spergiuro. Le parole di chi prende il denaro a prestito [sono] di un tipo e quelle di colui a cui viene richiesta la senso traslato, ‘interesse’ in quanto denaro ‘parto’ di altro denaro) su cui Basilio sarà più esplicito più avanti, nel paragrafo 3 ([273C]). Se l’interesse è il frutto di un ‘parto’, i mesi che sanciscono le scadenze di esso possono essere definiti ‘padri’. 560   Le ansie del debitore qui descritte sono paragonabili al pensiero ossessivo dell’oro che occupa la mente del ricco notte e giorno in Destruam § 4 [269B]. 561   Il creditore è qui assimilato ad un cane, come poco più avanti a [269C-D], ad evidenziare che l’usura è atto che va contro la natura umana (vedi supra § 1 [265B-C] e § 5 [277B]). 562   Analoga espressione in Ambrogio, Tobia 7, 25: «Ambobus (l’usuraio e il creditore) in digitus usurarum repetitur saepius calculatio». 563   Il passo dei Proverbi è richiamato in contesto del tutto diverso in In Ps 7, 16 § 8 [249A e C]. 564   Per tre volte in questo paragrafo vengono riportate tre battute di un ipotetico debitore che giustifica la sua scelta di chiedere un prestito (le obiezioni introdotte da un interlocutore fittizio sono elemento tipico della diatriba stoico-cinica, che in questo caso vivacizzano l’omelia con un richiamo ad una casistica di situazioni reali, creando quasi un dialogato fra autore e destinatario).

Le ansie del debitore. Evitare il prestito ad interesse

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restituzione del denaro sono di un altro tipo. ‘Oh se non ti avessi incontrato allora, ormai [269C] avrei trovato i mezzi per liberarmi dalla necessità. Non mi hai messo in mano il denaro anche se io non volevo? E poi il tuo oro [era] adulterato e la moneta falsificata’. Se dunque chi presta il denaro [è] un amico, non soffrire danno nell’amicizia di lui; se [è] un nemico, non diventare sottomesso ad uno che ti è ostile. Dopo esserti pavoneggiato per un po’ con i beni altrui, poi perderai anche i beni paterni. Ora sei povero, ma libero. Dopo aver preso in prestito denaro, invece, non sarai ricco e sarai privato della libertà. Chi ha preso denaro in prestito [è] schiavo di chi gli ha prestato il denaro, e schiavo mercenario, che sopporta la servitù irrimediabile. I cani, quando ricevono qualcosa, diventano mansueti; invece il creditore, se riceve qualcosa, si eccita di più. Infatti non cessa di latrare, [269D] ma chiede di più. Se giuri, non ti crede; indaga dentro il tuo, si intromette nei tuoi affari [272A]. Se esci di casa, ti tira da lui e ti trascina; se ti nascondi dentro, sta davanti la casa e batte alla porta. Ti disonora davanti alla moglie, ti ingiuria davanti agli amici, ti soffoca565 nelle piazze - cattivo incontro nella festa -; ti rende la vita invivibile. ‘Ma grande’ - dice - ‘[è] la necessità e non [c’è] nessun altro mezzo per procurarmi denaro’. Quale dunque il vantaggio di rimandare l’oggi? Infatti di nuovo la povertà ti raggiungerà come un valido corridore (Pr 6, 11; Pr 24, 34) e la stessa necessità sarà presente con un accrescimento. Del resto il prestito non offre una liberazione completa ma solo una piccola dilazione dell’incertezza. Sopportiamo oggi le difficoltà [derivanti] dall’indigenza e non rimandiamo a domani. Se non avrai preso denaro in prestito, sarai ugualmente povero e oggi e in futuro; ma, se avrai preso denaro in prestito, 565   Il verbo anchō nel senso di «soffocare, strangolare» compare al passivo in riferimento al debitore anche in Destruam § 6 [276A].

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IV. SALMO 14B

[272B] sarai logorato più aspramente, poiché l’interesse accresce la povertà. Ed ora nessuno ti rimprovera il fatto di essere povero; infatti [è] un male involontario*;566 se invece sei assoggettato agli interessi, non si dà uno che non ti biasimerà per la stupidità. >3.  Dunque non procacciamoci, oltre ai mali involontari, anche un male liberamente scelto, a causa della nostra stoltezza. [È] proprio di un animo ingenuo non aver cura di se stesso con i beni [al momento] presenti ma, essendosi affidato a speranze incerte, osare andare incontro ad un danno evidente ed inconfutabile. Decidi ora con quali mezzi pagherai il debito. Con quei denari che guadagni? Ma non bastano sia per il bisogno che per il pagamento. Se poi calcoli anche gli interessi, come il denaro si moltiplicherà a tal punto da sopperire da una parte [272C] al tuo bisogno, da una parte completare il capitale, dal di fuori anche produrre interessi? Ma con ciò che guadagni non restituirai neppure il prestito. Con altri mezzi? Dunque differiamo quelle speranze e non andiamo come i pesci incontro all’esca. Come infatti quelli inghiottono l’amo insieme con il cibo, così anche noi siamo trafitti dagli interessi a motivo delle ricchezze. L’essere povero non procura alcuna vergogna. Perché dunque ci attiriamo i biasimi [derivanti] dall’essere debitori? Nessuno cura le ferite con una ferita567 né guarisce il male con un male né ripara alla povertà con gli interessi. Sei ricco? Non prendere denaro a prestito [273A]. Sei povero? Non prendere denaro a prestito. Se infatti hai i mezzi, non hai bisogno di un prestito; se invece non hai niente, non ripagherai il debito. Non consegnare la tua vita ad un pentimento tardivo568 perché tu giammai debba considerare felici i giorni prima degli interessi. Distinguiamoci noi poveri dai ricchi solo in questo, nell’assenza di preoccupazioni. E ridiamo di loro insonni, noi che riposiamo; e di loro che sempre sono pensierosi e si preoccupano, noi che non abbiamo pensieri e siamo distesi. Invece il debitore è povero e pieno di preoccupazioni: insonne di notte,   Vedi In Ps 14A, 3 § 4 [257CD-260A]: ciò che è involontario e che ci capita non per scelta deliberata (come la povertà, l’ignobiltà della stirpe, l’ignoranza o la malattia del corpo) non può essere oggetto di oltraggio. 567   L’espressione è ripresa da Ambrogio, Tobia 21, 82: «numquam enim malum malo corrigitur nec vulnus curatur vulnere, sed exasperatur ulcere». 568   Lo stesso termine, raro, compare in Gregorio di Nissa, Sulla verginità III, 1 (SCh 119, 274, 21). 566

L’interesse: bestia prolifica

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insonne di giorno,569 ansioso tutto il tempo; ora valuta i propri averi, ora invece le case sontuose, i campi dei ricchi, le vesti di quelli in cui che incontra, le suppellettili di chi lo invita. ‘Se questi beni fossero miei’ - dice - ‘li venderei a tanto e a tanto e mi libererei dall’interesse’.570 Queste idee [273B] e di notte si accampano nel suo cuore e di giorno occupano la sua mente. Se bussi alla sua porta, il debitore [subito] sotto il letto. Uno si avvicina con impeto: il suo cuore sobbalza. Il cane abbaia? Egli si bagna di sudore571 ed è preda d’agonia e scruta una via di fuga. Quando giunge la scadenza, si dà pensiero di cosa inventare; quale pretesto escogitare per allontanare il creditore. Pensa che tu non solo ricevi denaro, ma che anche ti si chiede di restituirlo.

L’interesse: bestia prolifica Perché ti unisci ad una bestia così feconda? Dicono che le lepri nello stesso tempo generino e allevino la prole e concepiscano un secondo feto. E per gli avidi usurai il denaro nello stesso tempo è prestato ed è generato e viene su. Infatti non hai ancora ricevuto il denaro in mano e già ti è stato chiesto il profitto nel mese presente. E di nuovo questo denaro [273C] preso in prestito ha allevato un altro male e quello un altro ancora ed il male [va avanti] all’infinito.   Per le ansie che tormentano il debitore notte e giorno vedi nota a supra, § 2 [268D].   Di nuovo una battuta di un anonimo debitore, che invidia i beni altrui come mezzi per liberarsi dagli interessi del debito. 571   Ripreso poi da Ambrogio, Tobia 7.26: «Canis latrat, et cor tuum palpita, sudor effunditur». 569 570

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IV. SALMO 14B

Per questo tale tipo di guadagno è stato ritenuto degno anche di questo nome. Infatti è stato chiamato parto,572 come credo, per l’abbondante riproduzione del male. Infatti per quale altra ragione? Oppure forse è detto parto per le doglie e le sofferenze che è solito procurare alle anime dei debitori. Come infatti la doglia incombe sulla donna che partorisce, così la scadenza sul debitore. Interesse su interesse, cattiva prole di cattivi genitori. Questi siano chiamati razza di vipere (Mt 3, 7; Mt 12, 34; Mt 23, 33; Lc 3, 7), quei figli partoriti dagli interessi. Dicono che le vipere, siano generate mangiando il ventre della madre.573 E gli interessi sono generati divorando le case dei debitori. [273D]. I semi crescono col tempo e gli animali sono portati a maturità col tempo; invece l’interesse [276A] oggi è generato e oggi comincia a generare. Quelli fra gli animali che generano presto, presto cessano di generare; invece il denaro, che incomincia presto a generare l’usura, riceve l’incremento verso il di più, all’infinito. Ciascuna delle cose che crescono, quando è giunta alla propria particolare misura, cessa la crescita; invece il denaro degli avidi cresce insieme ad ogni tempo. Gli esseri animati, quando hanno dato ai figli la facoltà di generare, essi stessi cessano il concepimento; invece i soldi degli usurai quelli che nascono dopo generano e i vecchi ringiovaniscono. Non cadere nell’esperienza di questa bestia orribile. >4.  Tu guardi il sole liberamente.574 Perché neghi [276B] a te stesso la   Basilio gioca qui sul doppio significato del termine tokos, che significa in senso proprio ‘parto/figlio’ ed in senso traslato ‘interesse’. L.F. Pizzolato, La cura del povero e l’onere della ricchezza. Testi dalle Regole e dalle Omelie di Basilio di Cesarea, Milano 2013, 80 richiama a questo proposito Aristotele, Politica I, 10, 1258b. Un accenno a questo tema in Destruam § 5 [269C]. Gregorio di Nissa, giocando sul doppio senso del termine tokos, ‘interesse’ e ‘parto’, - come già Platone, Repubblica VI, 507A; Aristofane, Thesmoforiazuse v. 843 - mostra il maligno abbinamento dei due significati; Gregorio di Nissa, Omelie su Qoelet IV, 3 256, 27-, 258, 32 (GNO V, 344, 11-15). 573   Per la vipera come immagine di potenze malvagie ed ostili, contrapposta alla cerva, vedi In Ps 28, 9 § 6 [300A]. Da notare che l’espressione evangelica «razza di vipere», utilizzata metaforicamente sia dal Battista che dal Cristo in riferimento a scribi, farisei e sadducei ed in generale ad uomini malvagi, viene invece riferita da Basilio agli interessi generati da altri interessi, cattiva prole di genitori anch’essi cattivi. Richiamando poi una diffusa credenza relativa alla vipera in senso letterale, come animale, Basilio sviluppa di seguito un’altra interpretazione metaforica: come la vipera nel momento della generazione mangia il ventre della madre, così gli interessi, generandosi, divorano le case dei debitori. 574   Si è qui accolto il parere dei curatori della Patrologia graeca, che suggeriscono di intendere in senso avverbiale l’aggettivo nella forma eleutheron, in quanto attestata da tutti i mss., mentre il Ducaeus ed il Combefis proponevano di leggere eleutheros al nominativo, 572

L’interesse: bestia prolifica

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libertà della vita? Nessun pugile evita i colpi dell’avversario così come chi ha preso in prestito il denaro gli incontri col creditore, nascondendo la testa contro colonne e muri. ‘Come dunque posso nutrirmi?’575 dice. Hai mani, hai un’arte; lavora da salariato, vai a servizio; molti [sono] i progetti per [portare avanti] la vita, molte le occasioni. Ma sei impossibilitato? Chiedi a chi possiede. Ma il chiedere [è] vergognoso? [È] però più vergognoso, dopo aver preso denaro in prestito, non restituire il, dovuto. Non dico ciò assolutamente come se stessi dettando leggi, ma per mostrare che tutto [è] per te più sopportabile del prendere in prestito denaro. La formica riesce a nutrirsi senza né chiedere né prendere a prestito; e un’ape concede ai re i resti del proprio cibo; eppure ad esse la natura non ha dato né mani né arti. Tu invece, [che sei] l’uomo, l’animale ben dotato di mezzi, [276C] non troverai un solo mezzo fra tutti per condurre la vita? Eppure vediamo che non ricorrono al prestito coloro che hanno bisogno del necessario (ed infatti non hanno chi dà loro fiducia), ma prendono in prestito denaro uomini che si danno a spese smodate e a lussi inutili, quelli che sono schiavi di mollezze femminili. ‘A me’ - dice - ‘[occorrono] vesti sontuose ed ornamenti d’oro, per i figli un ornamento di vestiti conveniente a loro ma anche per i servi vesti ricamate e variopinte, abbondanza a tavola’. Chi serve in tali cose ad una donna, va dal banchiere e, prima di aver utilizzato ciò che ha ricevuto, muta un padrone dopo l’altro e, legandosi sempre a nuovi creditori, fugge il biasimo della povertà con la continuità del male. [276D] E come degli idropici si suppone che siano obesi, così anche costui apparentemente sembra ricco, sempre prendendo denaro e sempre dando e pagando col denaro più recente [277A] i debiti contratti precedentemente, procurandosi la credibilità per prendere denaro in prestito con la continuità del male. Poi, come per il colera coloro che vomitano sempre ciò che è stato prima assunto e introducono una seconda porzione di cibo prima di da intendere come predicativo del soggetto («guardi il sole da [uomo] libero»), lezione a cui i curatori avrebbero dato il loro assenso se almeno un solo manoscritto l’avesse riportata, PG 29, 275, n.54; cfr. anche L.F. Pizzolato, La cura del povero 394, nota 87. 575   La solita obiezione di un anonimo debitore, come nelle due successive battute fra virgolette in questo paragrafo.

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essersi purgati completamente, di nuovo vomitano con dolore e spasmi, così anche questi, poiché mutano interessi con interessi e, prima di essersi liberati dei precedenti, contraggono un secondo debito, anche se si vantano per poco tempo dei beni altrui, poi piangono anche per il loro patrimonio. O quanti uomini i beni altrui hanno mandato in rovina! Quanti, dopo essersi arricchiti in sogno, hanno stragoduto del castigo! ‘Ma molti’ - dice - ‘si sono arricchiti anche grazie ai debiti’. Un maggior numero, credo, si sono anche attaccati alle corde. Tu guardi coloro che si sono arricchiti, ma non conti coloro che si sono impiccati, i quali, non sopportando la vergogna a causa[277B] delle richieste di restituzione, preferirono la morte per impiccagione al vivere con disonore. Io ho visto uno spettacolo degno di compassione, figli liberi trascinati al mercato per i debiti dei padri.576 Non hai la possibilità di lasciare denaro ai figli? Non togliere loro anche la nobiltà della nascita. Custodisci per loro questo solo, il possesso della libertà, l’eredità che hai ricevuto dai genitori. Nessuno mai è stato accusato per la povertà del padre; invece il debito del padre conduce in carcere. Non lasciare un contratto di obbligazione come una maledizione paterna che scende su figli e discendenti.

Esortazione ai ricchi >5.  Ascoltate, o ricchi, quali cose consigliamo ai poveri per la vostra disumanità: resistere [277C] ai mali peggiori piuttosto che sopportare le disgrazie [che derivano] dagli interessi. Se voi obbediste al Signore, che bisogno [ci sarebbe] di questi discorsi? Qual è il consiglio del Sovrano? Prestate a coloro da cui non sperate di ricevere nulla (Lc 6, 34-35). E qual è - dice - questo prestito a cui non è unita la speranza della restituzione? Intendi la forza del detto577 e ammirerai la filantropia*578 del legislatore. Quando stai per dare al povero per il Signore, lo stesso gesto è sia dono che prestito; dono perché non speri nella restituzione, prestito per la generosità del Sovrano, che ripaga per lui; Egli, pur avendo ricevuto poco attraverso il povero, restituirà grandi cose in cambio di quelle. Infatti colui   Il tema della vendita dei figli è ampiamente trattato in Destruam § 4 [268CD-269AB].   Anche in In Ps 32, 10 § 6 [340B] si parla della forza (dynamis) del detto (rhēton); vedi anche Attende § 5 [208B] e Princ Joannis § 1 [472C]. 578   La filantropia di Dio, di cui l’uomo deve diventare imitatore, si contrappone alla disumanità (apanthrōpia) del creditore, evidenziata in § 1, [265BC] e in questo stesso § 5, [277B]; più avanti a [280A] si parla anche di misanthrōpia. 576 577

Esortazione ai ricchi

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che ha pietà del povero presta denaro a Dio (Pr 19, 17).579 Non vuoi [277D] avere a tua disposizione per il pagamento il Sovrano di tutte le cose (Sap 6, 7; Sap 8, 3)?580 Forse, qualora uno dei ricchi della città ti prometta il pagamento per altri, tu non accetti la garanzia di lui? Eppure non accetti Dio come colui che pagherà per i poveri. Da’ il denaro che giace senza essere utilizzato[280A] senza appesantirlo con aggiunte ed andrà bene per entrambi. Per te infatti ci sarà la sicurezza della custodia; per chi lo ha ricevuto invece il vantaggio dell’utilizzo. Se poi cerchi anche un’aggiunta, accontentati di ciò che viene dal Signore. Egli stesso pagherà il sovrappiù usurario per i poveri.581 Aspetta gli atti filantropici da chi è veramente filantropo*. Infatti il denaro che prendi non tralascia alcun eccesso di misantropia.582 Guadagni dalle disgrazie, raccogli denaro dalle lacrime, soffochi583 il nudo, colpisci quello che ha fame. Non [c’è] in nessun modo pietà; nessuna considerazione della comunanza di specie584 con colui che soffre; e chiami i guadagni così ottenuti ispirati da filantropia. Guai a quelli che chiamano l’amaro dolce e il dolce amaro (Is 5, 20)585 e a coloro che chiamano filantropia la misantropia. Neppure gli enigmi di Sansone [280B] erano tali, quelli che proponeva ai commensali: Da colui che mangia è uscito un cibo e dal forte è uscito il dolce (Gdc 14, 14); e da un misantropo è uscita filantropia. Non raccolgono uva dalle spine né fichi dai rovi (Mt 7, 16) né dagli interessi filantropia. Infatti ogni albero marcio produce cattivi frutti (cfr. Mt 12, 33). [Vi sono] alcuni esattori delle centesime e esattori delle decime, nomi orribili anche ad udirsi; esattori mensili che, come i demoni che provocano l’epilessia, piombano sui poveri secondo i cicli della luna. [È] una cattiva elargizione per entrambi, sia per chi dà che per   Vedi in proposito anche In Ps 14A § 6 [264C].   L’espressione ‘Sovrano di tutte le cose’ di Sap 6, 7 e 8, 3 ricorre anche In Ps 61, 1 § [472B]; In Ps 114, 1 §1 [485B]; In Ps 115, 4 § 4 [112A]. Espressione analoga ma con kyrios in 2Mac 14, 35. Per l’uso dell’appellativo Despotēs si rimanda alla nota a In Ps 29, 3 § 3 [309D]. 581   Vedi in proposito Destruam § 3 [265C]. 582   La misantropia come carattere del ricco anche in Destruam § 1 [264A]. 583   Per il verbo anchō vedi nota a supra, § 2 [272A]. 584   Sulla comune natura umana vedi nota a In Ps 14B § 1 [265C]. 585   Il passo di Isaia è richiamato anche in In Ps 61, 10, § 4, [480A], sempre per indicare lo scambio fra bene e male; lo stesso passo è citato in un contesto simile anche in Princ Prov § 9 [405D-408AB]. In generale per l’errata valutazione del bene e del male vedi In Ps 28, 9 § 7 [301AB], In Ps 33, 11 § 7 [368BCD-369A], In Ps 61, 5 §3 [476AB], In Ps 61, 10 § 4 [480A-B], Princ Prov § 9 [405CD-408A], Attende § 3 [204C]. 579 580

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chi riceve; essa porta il danno alle ricchezze per l’uno, all’anima stessa per l’altro. Il contadino, raccolta la spiga, non cerca di nuovo il seme sotto la radice. Tu invece hai i frutti e non rinunci [280C] ai vecchi capitali. Pianti senza terra; mieti senza aver seminato (cfr. Mt 25, 24). Non [è] chiaro per chi raccogli. Colui che piange per gli interessi, [è] manifesto; invece colui che è destinato a godere della ricchezza da essi [derivante], [è] incerto.586 Infatti non [è] chiaro se non lascerai ad altri il godimento della ricchezza, mentre tu hai tesaurizzato per te stesso il male [derivante] dall’ingiustizia.587 Dunque non volgere le spalle a chi vuole avere un prestito (Mt 5, 42) e non prestare ad interesse il tuo denaro (Dt 23, 20; Sal 14, 5), affinché, ammaestrato in ciò che è utile dall’Antico e dal Nuovo Testamento,588 vada con la buona speranza dal Signore, per ricevere lì gli interessi delle buone opere, in Cristo Gesù nostro Signore, al quale la gloria e la potenza nei secoli dei secoli. Amen.

586   Anche in Destruam § 5 [272A] si evidenzia come la trasmissione dell’eredità potrebbe avvenire prima del previsto. 587   C’è dietro un’eco, per contrapposizione, di Mt 6, 19.20 («Non tesaurizzate per voi tesori sulla terra […]Tesaurizzate per voi stessi tesori in cielo»)., passo richiamato anche in Destruam § 6 [273C]. 588   Significativa, oltre l’idea dell’utilità delle Scritture, anche quella dell’unità fra Antico e Nuovo Testamento, ribadita anche da Origene. In un passo perduto tratto dal V libro del suo Commento a Giovanni riportato nel capitolo quinto della Filocalia (cfr. SCh 302, 284), afferma che tutti i libri della Scrittura compongono un solo libro; per lui ancora - come recita il titolo di Filocalia 6 che riporta un passo del perduto libro II del Commento a Matteo - tutta la Scrittura è «un solo perfetto e armonico strumento musicale di Dio»; con suoni diversi questa produce una sola e salutare melodia che può apprendere chi realmente lo vuole, percependo un accordo pacifico tra tutte le Scritture Origene, Filocalia 6 (SCh 302, 308). Vedi Introduzione.

V. SALMO 28 Il titolo: analisi e letture diverse589 [280C] Salmo di David, di uscita di tenda (Sal 28, 1a) >1.  [280D] Il salmo ventottesimo ha, per quanto riguarda il titolo, sia un elemento comune, salmo -dice infatti- di David sia un elemento proprio; viene aggiunto infatti di uscita [281A] di tenda. Che cosa è questo? Cerchiamo di intendere cosa sia l’uscita e quale sia la tenda, affinché possiamo stare all’intento voluto del salmo.

a. Riferimento storico liturgico/biblico giudaico Per quanto dunque concerne la storia, sembrerà che ai sacerdoti e ai leviti, che sono usciti dal servizio, venga dato tale ordine, così che si ricordino delle cose che devono essere preparate da loro per il culto. In seguito ‘il discorso salmico’ richiama infatti a coloro che si muovono dalla tenda e escono fuori quali cose conviene che essi abbiano preparato, quali avere per presentarsi il giorno dopo; e cioè figli di arieti (Sal 28, 1c), e ancora gloria e onore (Sal 28, 1d); cioè gloria al Suo nome (Sal 28, 2a) e ancora che non si deve compiere mai il servizio cultuale altrove che nel recinto del Signore e nel luogo della santificazione.

b. Comprensione intellettuale Per quanto concerne invece il nostro intelletto che contempla le cose sublimi e che, mediante la comprensione più alta e conveniente alla divina Scrittura,590 [281B] ci rende familiare la Legge, 589   Questa omelia è molto complessa ma anche molto decisa nell’esegesi, nel tono e nella esposizione del contenuto omiletico. 590   Basilio parla spesso di «Scrittura ispirata», «sacra/e Scrittura/e», e di «divina scrittura»: Ep 2, 3 (CP 66, 2); Ep 22, 1, 1 (2Tm, CP 134, 1); Ep 189, 3 (II, 134, 15-16); Ep 244, 3 (III, 77, 14); De iudicio (prologo 7) 664C; 673D; 676A; Prologo (8) De fide 677A; 677C; 681A; 684A, 684C; 692B; Prologo 6 1512B; Rf Proemium (Prologo 4) 900C; Mor LXXX, 22 (868C: parole divinamente ispirate); Temp famis 312C (parola divinamente ispirata). «Divina/e Scrittura/e» si riscontra in: Ep 46, 5 (CP 240, 7), Ep 160, 3 (II, 90, 49), Ep 189, 5 (II, 137, 45. 57-58), Ep 260, 1 (III, 105, 8), Ep 283 (III, 155, 12-13), Ep 291 (III, 163, 19); In Ps 7, 16, § 8 [248D]; De iudicio 653BC; 661B; 668A; Prologo De fide 677C; in De Bapt 1616C si parla di «Scrittura divinamente ispirata». L’espressione «Scritture divinamente ispirate»

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questo ci viene presentato: né ariete è inteso il maschio fra le pecore, né tenda l’abitazione messa su con questa inanimata materia, né uscita di tenda l’allontanamento dal tempio.

c. Interpretazione cristiana Invece tenda [è] per noi questo corpo,591 come ci ha insegnato l’Apostolo che dice: Noi che siamo nella tenda gemiamo (2Cor 5, 4). E di nuovo il salmo: e flagello non si avvicinerà alla tua tenda (Sal 90, 10). Mentre uscita di tenda [è] l’allontanamento da questa vita biologica,592 per la quale ‘il discorso salmico’ ci invita a essere preparati, portando al Signore queste cose ed altre, se appunto l’opera di ora è viatico593 verso il futuro. E colui che qui con buone azioni porta gloria e onore al Signore (Sal 28, 1d), questi tesaurizza per sé gloria e onore secondo la giusta ricompensa 594 (cfr. Col 3, 24) del Giudice.

(2Tm 3, 16) compare anche nelle omelie In Is 197 [198], 457C. Per dire il carattere ispirato della Scrittura Basilio usa, come nelle regole Extravagantes, le formule para tou theou dia tou prophētou e para tou theou; ma si dà anche dia tou prophētou (Rb 13, 212, 227, 261) e para tou Kyriou (Rf 23), J. Gribomont, Histoire du texte des Ascetiques de saint Basile, Bibliothèque du Muséon (vol. 32), Louvain 1953, 189. Un collegamento tra Scrittura e Spirito è presente anche in Hex I, I, 6; 3, 1; III, 4, 11; IV, 1, 3; VI, 1, 3; IX, 1, 7; Ep 2, 3 (CP 66, 2) e Ep 22, 1 (CP 134, 1); De Bapt 1524D. Gribomont, consapevole di non essere esaustivo, aveva contato nell’Asceticon basiliano almeno 18 ricorrenze di «Scrittura ispirata», 4 o 6 «santa scrittura» ma più spesso solo «scrittura», J. Gribomont, Histoire du texte 180.188189. Neri aveva aggiunto altri luoghi nel commento a Basilio di Cesarea, Il Battesimo, 124. 591   Vedi anche In Ps 14A1, § 1 [252C] e In Ps 48, 12 § 7 [448B-C]. 592   Il termine anachōrēsis non ha dunque solo un senso ascetico, come in In Ps 1, 1 § 3 [217C] (vedi anche In Ps 33, 4 § 3 [357C]) dove compare il verbo anachōreō) ma anche fisico/naturale; cfr. anche la basiliana Ep 302 (III, 180, 26). Origene usa il verbo anachōreō per indicare il morire, Origene, Frammenti sul Deuteronomio 1, 9 (PG 12, 805B). La partenza dei figli d’Israele dall’Egitto può anche indicare il momento in cui l’anima se ne va dalla dimora di questo corpo, Origene, Omelie sui Numeri XXVII, 2, 2 (SCh 461, 280: «cum anima de corporis huius habitatione discedit»). 593   Sul tema della vita terrena come viatico verso il futuro vedi In Ps 48, 7, §3, [437C], Princ. Prov §6 [400B]; Adolesc X, 4 (a c. di M. Naldini Basilio di Cesarea, Discorso ai giovani, Firenze1984, 41-42). 594   Il termine antapodosis è discusso in In Ps 7, 4-6 § 3 [233B-C].

I figli di Dio portano il dono con cuore puro

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I figli di Dio portano il dono con cuore puro In [281C] molti codici infatti abbiamo trovato l’aggiunta: Portate al Signore, figli di Dio (Sal 28, 1b).595 E del resto non di ognuno [è] gradito il dono a Dio, ma di chi lo porta con un cuore puro* (1Tm 1, 5; 2Tm 2, 2);596 non pure, -dice infatti- le preghiere da guadagno di etera (Pr 19, 13); e anche Geremia non preghiere -dice- né carni sacre ti cancelleranno le tue malvagità (Ger 11, 15) o grazie a queste sarai puro. Per questo il salmo prima vuole che noi siamo figli di Dio (Sal 28, 1b), dopo che ci presentiamo allora per recare i doni a Dio, e anche questi non di qualsiasi tipo, ma quali Lui stesso ha stabilito. Prima dì ‘Padre’, poi chiedi le [altre] cose che seguono.597 Esamina te stesso da quale vita sei venuto, se sei degno di chiamare Dio il santo (cfr. Is 10, 20) ‘Padre’ tuo. Mediante la santificazione viene a noi l’intimità* con il Santo. Se vuoi essere sempre figlio del Santo [281D], la santificazione ti adotti come figlio. Portate dunque al Signore non chiunque né quelli nati da chiunque, ma figli di Dio (Sal 28, 1b).

I vari doni da portare a Dio Sta per esigere grandi i doni; per questo sceglie grandi quelli che li portano. Infatti, perché non ti faccia volgere in basso598 i tuoi ragionamenti, né ti faccia ricercare un ariete, questo animale irrazionale quadrupede e belante, come se con il sacrificio di questo [284A] ti attendessi di renderti propizio Dio, portate -dice- al Signore, figli di Dio (Sal 28, 1b). Non c’è necessità infatti di un figlio, così che tu porti il figlio stesso, ma se grande cosa [è] il figlio, occorre che quello che viene offerto sia qualcosa di grande e degno della condizione di figlio e della dignità paterna. Figli -dice dunque- portate di arieti (Sal 28, 1c); affinché anche quelli stessi che da parte vostra sono offerti passino dall’essere figli di arieti a divenire figli di Dio. 595   Basilio fa un rilievo di critica testuale. Eusebio di Cesarea rileva il fatto che l’espressione Portate al Signore, figli di Dio è segnata dai Settanta con un obelo, per indicare che essa non compare né nel testo ebraico né in altre traduzioni; Eusebio di Cesarea, Commento ai salmi.Libro I sal 28, 1b-2. Basilio dunque, come si vede poco dopo, segue e commenta la versione dei Settanta, che riscontra in più codici. 596   Sulla purezza di cuore vedi indice ricorrenze; cfr. De Bapt 1581C. 597   Il richiamo è alla preghiera del Signore Mt 6, 9-13. 598   Lo stesso invito a non cadere in basso col pensiero con interpretazioni meramente letteraliste in Princ Joannis § 3 [477B].

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>2.  L’ariete dunque è animale egemonico, che conduce i greggi a pingui pascoli e a ristori di acque e di nuovo verso recinti e stalle. Tali [sono] anche alcuni che presiedono il gregge di Cristo, che guidano verso i fioriti e profumati nutrimenti dell’insegnamento spirituale e con acqua viva (cfr. Gv 4, 10; Gv 7, 38) per elargizione dello Spirito (cfr. Fil 1, 19)599 [284B] bagnano e sollevano e alimentano fino al portar frutto; conducono poi al ristoro e alla sicurezza da quanti tendono insidie.600 Dunque ‘il discorso salmico’ vuole che i figli di questi siano condotti al Signore da parte dei figli di Dio. Se arieti [sono] i capi degli altri, i figli di questi potrebbero essere coloro che si sono formati per una vita secondo virtù* attraverso lo zelo* nelle opere buone, secondo l’insegnamento di quanti presiedono.

Come portare al Signore gloria e onore Dunque: Portate al Signore, figli di Dio, portate al Signore figli di arieti (Sal 28, 1bc). Hai capito a chi parla? Hai capito di chi? Dice: Portate al Signore gloria ed onore (Sal 28, 1d). Come dunque noi, terra e cenere (Gen 18, 27), portiamo gloria al grande Signore? E come e onore? Gloria attraverso le buone opere, quando risplendono le nostre opere davanti agli uomini [284C] così che gli uomini, dopo aver visto le nostre opere, glorifichino il Padre nostro che è nei cieli (Mt 6, 9; cfr. Mt 5, 16).601 E attraverso la temperanza e la santificazione, che conviene a coloro che professano la pietà, è possibile glorificare Dio secondo l›esortazione di Paolo, che dice: Glorificate Dio nelle vostre membra (cfr. 1Cor 6, 20).602 Anche questa gloria il Signore richiede a coloro che hanno fede in lui e che sono stati onorati con la grazia dell’adozione a figli (cfr. Rm 8, 15). Dice infatti: Il figlio glorifica il padre e Se io sono il padre, dov’è la mia gloria ? (Ml 1, 6). Porta poi onore a Dio colui che secondo il libro dei Proverbi onora Dio   Si noti il congiungimento di testo giovanneo con testo paolino.   «Arietes duces sunt gregum, qui sunt ergo duces gregis Christi nisi apostoli?» («Arieti sono i capi dei greggi, quali sono dunque i capi del gregge di Cristo se non gli apostoli?»), Origene, Omelie sui Numeri XXVII, 11, 1 (SCh 461, 318); gli arieti sono i capi delle Chiese (cfr. anche Sal 64, 14), Eusebio di Cesarea Commento ai salmi. Libro II, sal 65, 15. 601   Questa, -con la citazione di Mt 5, 16- è l’esegesi di Eusebio di Cesarea, Commento ai salmi. Libro I, sal 28, 1b-2. 602   Basilio rende con «vostre membra» il paolino «vostro corpo». 599 600

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con le proprie giuste fatiche e che gli offre le primizie dei frutti della sua giustizia (cfr. Pr 3, 9). E chiunque teologizza603 in giusto ordine,604 così da non allontanarsi dalla retta nozione605 riguardo al Padre e riguardo [285A] alla divinità del Monogenito e riguardo alla gloria dello Spirito Santo,606 questi607 porta al Signore gloria ed onore.608 E accresce la gloria di Dio colui che può esporre le ragioni secondo cui tutte le cose sono state create609 e secondo cui sono conservate, poiché la Sua provvidenza* giunge fino alle cose più piccole,610 e secondo cui saranno condotte al giudizio a conclusione dell’economia di qui. Colui che ha potuto, con ragionamenti chiari e non confusi, e considerare egli stesso le cose ad una ad una e, dopo aver considerato egli stesso, può mostrare anche ad altri quanto concerne la bontà di Dio ed il giusto giudizio di Lui, questi è colui che porta al Signore gloria ed onore e anche colui che ha vissuto una vita in armonia con tale ‘teoria’.611

  Probabilmente qui Basilio -come nell’ambito del neoplatonismo accadeva in Porfirio influenzato dagli Oracoli Caldaici- fa un uso tecnico del termine ‘teologia’ in contrapposizione a ‘teurgia’. 604   Traduciamo in questo modo il lemma epitetagmenōs sostituito in alcuni codici con epiteteugmenōs («con efficacia») presente nell’omelia Princ Prov § 3 [389C]. Cfr. Girardi, Basilio, 118 n.18. 605   Eusebio di Cesarea richiama le sane dottrine come una maniera di rendere onore a Dio, Eusebio di Cesarea, Commento ai salmi. Libro I, sal 281b-2. 606   L’accenno alla ‘gloria’ dello Spirito orienta a datare l’omelia attorno al 373-375, epoca del De Spir s, o subito dopo. 607   In In Ps 48, 11-12 § 6 [445B] sono definite in modo simile le caratteristiche distintive dell’uomo. 608   Basilio sviluppa, e poi integra, l’interpretazione di Eusebio per il quale si rende gloria a Dio esponendo le sane dottrine e obbedendo al comando di Pr 3, 9. 609   Si veda più avanti in [293A]. Commentando Gen 1, 2 (In principio Dio creò il cielo e la terra) Basilio accenna al graduale e possibile riferimento del ‘Principio’ all’Unigenito grazie al quale tutto è stato creato, Hex III, 2, 3-5. 610   Per questo concetto vedi In Ps 32, 4, § 3, [329C]. Cfr. anche Hex VI, 11, 9 e IX, 5, 11; Com Is X, 237. Aristotele esortava a studiare tutti gli esseri viventi, anche quelli più umili, perché in tutte le cose naturali vi è qualcosa di meraviglioso, Aristotele, Sulle parti degli animali, I, 645a 15-17. In questo atteggiamento, vicino a quello aristotelico, Basilio si distanzia dai filosofi tardoantichi che avvertivano come un qualcosa di inutile i dettagli su cui Aristotele si soffermava, cfr. Andrea Falcon, Filosofia della natura, in R. Chiaradonna, Filosofia tardoantica, 160. 611   Per il rapporto fra teoria e prassi vedi indice tematico ed in particolare In Ps 29, 1 § 1 [305BC], In Ps 44, 14-15 § 11 [412BC] e In Ps 48, 11-12 § 6 [448B]. 603

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Infatti di un uomo tale risplende la luce davanti agli uomini (cfr. Mt 5, 16) e in parola e in azione e [285B] attraverso ogni genere d’opera buona venendo glorificato il Padre che è nei cieli (cfr. Mt 5, 16). 612

Il disonore delle cattive azioni dona onore ai nemici di Dio Non porta al Signore gloria ed onore colui che brucia per la gloria umana (cfr. Gv 12, 43); né colui che onora il denaro; né colui che onora i piaceri del corpo;613 né colui che ammira dogmi estranei alla pietà religiosa. Come infatti attraverso le buone azioni portiamo gloria al Signore, così attraverso le cattive azioni (cfr. Gv 3, 10; 1Gv 3, 12) il contrario. Cosa dice infatti ai peccatori? Il mio nome è oltraggiato per causa vostra fra i popoli (Ez 36, 21; Rm 2, 24). E di nuovo l’Apostolo: Offendi Dio attraverso la trasgressione della legge (Rm 2, 23). Infatti è un oltraggio per il legislatore la trascuratezza e il disprezzo delle leggi. E di una casa male amministrata in cui [ci sono] ira e grida (cfr. Ef 4, 31), oltraggio e riso (cfr. Gc 4, 9), lusso (cfr. Lc 7, 25) e sregolatezza (cfr. Ef 5, 18), impurità e dissolutezza (cfr. Gal 5, 19; Ef 4, 19),614 il disonore e la [285C] vergogna per ciò che succede ricade su chi la governa. È consequenziale* che noi intendiamo che, come nelle opere buone Dio è glorificato, così nelle cattive il nemico è glorificato. Quando infatti, avendo preso le membra di Cristo, ne farò le membra di una meretrice (1Cor 6, 15), ho trasferito la gloria da colui che mi salva a colui che mi manda in rovina. E chi non crede muta la gloria di Dio incorruttibile in immagine di uomo corruttibile e di volatili e di quadrupedi e di rettili (cfr. Rm 1, 23), che strisciano sulla terra (cfr. Gen 7, 8). E chi onora e venera la creatura invece del Creatore (cfr. Rm 1, 25), non porta gloria a Dio, ma alle creature. Perciò chi dice che la creatura è qualcosa, fino ad adorarla, conosca la propria parte con la quale sarà schierato. Dobbiamo temere dunque che, portando gloria e vanto al diavolo attraverso il nostro peccato, siamo consegnati con lui alla vergogna (Fil 3, 19) eterna. [285D]

612   Lo spunto per collegare l’onore con il richiamo di Mt 5, 16, senza sviluppo ulteriore, è presente in Eusebio di Cesarea, Commento al salmo 28, 1b-2. 613   I «piaceri del corpo» richiamano le «passioni del corpo» di Adolesc IX, 2. 614   Si noti il congiungimento di testo giovanneo con vari testi paolini.

L’adorazione e il suo giusto luogo

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Quanto al fatto che il nostro peccato diventi gloria per chi lo causa in noi, intendi attraverso l’immagine iconica ciò che viene detto. Quando due comandanti si scontrano l’uno con l’altro, se vince questo schieramento, il suo comandante riporta la gloria; se invece vince l’altro, a sua volta l’onore ricade su quello. Così nelle tue buone opere è il Signore che viene glorificato[288A], in quelle contrarie il nemico. E non pensarmi che i nemici siano lontani, e non guardare da lontano i comandanti, ma esamina te stesso e troverai tutta la verità dell’immagine.615 Quando infatti la mente616 combatte* con la passione, se vince attraverso il vigore e la costanza, riceve il premio della vittoria contro la passione e per così dire incorona Dio attraverso se stessa. Quando invece, rammollita, si sottomette al piacere, divenuta schiava* e prigioniera a causa dei peccati, procura al nemico vanto e boria e orgoglio.

L’adorazione e il suo giusto luogo a. Il recinto della Chiesa >3.  Adorate il Signore nel Suo santo recinto (Sal 28, 2b)617 Dopo aver prodotto i frutti richiesti, [è] necessaria l’adorazione. Adorazione compiuta non al di fuori della Chiesa, ma nel recinto stesso di Dio. Non immaginate per me, dice, recinti privati e sinagoghe.618 Uno solo è il recinto santo di Dio (cfr. Gv 10, 16-17). Prima il recinto era [288B] la sinagoga dei Giudei, ma dopo il peccato contro Cristo la loro abitazione divenne   La lotta è dunque dentro l’uomo stesso, autentico campo di battaglia; vedi indice tematico.   Qui Basilio vede nella mente/intelletto la potenza che vince le passioni; mentre fa riferimento al ragionamento nell’omelia De ira 5 (PG 31, 365A: fare intervenire il logos che controlli e freni la passione come si fa con il cavallo); 7, 369D: un saggio logismos può sradicare l’ira). Alla stessa maniera si esprime Gregorio di Nissa, Omelie su Qoelet VIII, 4 430, 42 (GNO V, 430, 21: schieramento di logismoi per combattere l’avversario); Omelie sul Cantico IX (GNO VI, 287, 11-12: spente le passioni col ragionamento), XIII (GNO VI, 376, 12-13); Sulle Beatitudini II, 3.3; Sull’anima e la resurrezione II, 1.3 (PG 46, 53B; 65B-C; GNO III/3, 45, 1946, 4); Gregorio Taumaturgo (PG 46, 905A); Vita di Macrina 9 (SCh 178, 170, 19-20: logismos). 617   Qui non è citato 28, 2a (portate al Signore gloria al nome di lui) ma è richiamato più sopra in [281A]. 618   Cfr. anche Ep can 188, 1 (II, 121, 16-20): coloro che lasciano la Chiesa e si riuniscono tra loro sono una parasinagoga. Anche gli encratiti per Basilio costituivano una parasinagoga; cfr. B. Gain, L’Église de Cappadoce, 361. Emerge qui la passione di Basilio per l’unità ecclesiale dei credenti, quella che l’ha guidato in tutte le sue scelte monastiche e politiche. 615

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deserta (cfr. Sal 68, 26). Per questo anche il Signore [dice]: Ho anche altre pecore, che non sono di questo recinto (Gv 10, 16). Nominando quelli fra i popoli che sono stati predestinati alla salvezza, mostra un proprio recinto oltre quello dei Giudei. Pertanto non fuori di questo santo recinto bisogna onorare Dio, ma standovi dentro; affinché qualcuno, né stando fuori di esso, né essendo trascinato da quanto è fuori, non perda lo stare nel recinto del Signore. Molti infatti stanno in un atteggiarsi di preghiera ma non sono nel recinto per la dispersione della loro mente e per il fatto che il loro pensiero è tratto fuori dalla sollecitudine per le vanità. [288C]

b. il recinto come dimora celeste [È] possibile poi in senso più elevato intendere recinto come la dimora celeste. Per questo quelli qui piantati nella casa del Signore (Sal 91, 14), che è la Chiesa del Dio vivente (1Tm 3, 15), lì fioriranno nei recinti del nostro Dio (Sal 91, 14). Ma colui che fa un dio del ventre o della gloria (cfr. Fil 3, 19), o del denaro, o di qualcos’altro che ha onorato più di tutto, né adora il Signore né è nel santo recinto, anche se sembra essere degno delle adunanze religiose percepibili coi sensi.

La voce del Signore, il tuono e le acque Voce del Signore al di sopra delle acque (Sal 28, 3a).

Paralleli biblici In diversi luoghi potresti trovare presente il termine voce. Perciò, per comprendere qual è la voce del Signore, è bene che noi raccogliamo, per quanto è possibile,619 dalla divina Scrittura ciò che è stato scritto riguardo alla ‘voce’: come nella profezia ad Abramo: E subito sorse una voce che diceva [289A]: “Questo non sarà tuo erede” (Gen 15, 4); e in Mosè: E tutto il popolo vedeva la voce e le lampade (Es 20, 18) e di nuovo in Isaia: Voce di colui che dice: “grida” (Is 40, 6).

619   Quello di radunare più testi e passi attorno a un unico testo o lemma era già il metodo di Origene; vedi Introduzione.

La voce del Signore, il tuono e le acque

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Fisiologia della voce. Voce del Signore nel mondo creato e nel Battesimo Dunque la voce presso di noi o è aria percossa o l’immagine che si verifica nell’aria, a cui, chi parla, vuole dare forma. Che cosa è dunque la voce del Signore? Potrebbe essere intesa come un colpo nell’aria? Oppure aria percossa che giunge prima fino all’ascolto di colui a cui la voce è rivolta? O nessuna di queste due cose, ma essa è di altro genere,620 venendo indotto l’egemonico* degli uomini che Dio vuole che ascoltino la propria voce, a costruire rappresentazioni?621 Perciò questa rappresentazione ha una analogia con quella che spesso si verifica nei sogni.622 Come infatti, anche   Basilio tratta della voce che giunge all’ascoltatore attraversando l’aria nell’omelia Attende § 1 [197D-200A]; vedi anche Princ Joannis § 3 [477A]. Origene, mentre chiarisce che la Scrittura utilizza i nomi delle parti del corpo per manifestare le potenze di Dio, spiega che la voce umana come «aria spinta fuori o urto d’aria o una specie di aria» non appartiene a Dio, come mostra Es 20, 18, passo nel quale si afferma che il popolo ‘vede’ la voce di Dio, Origene, Contro Celso VI, 62 (SCh 147, 334, 9-13); cfr. anche II, 72 (SCh 132, 456, 7-18) dove l’Alessandrino dà una definizione identica riferendosi alla voce di Dio emersa al battesimo e alla Trasfigurazione di Cristo (Mt 3, 17; 17, 5). Della voce umana come vibrazione dell’aria Origene parla anche nell’Omelia sul Genesi III, 2 (SCh 7bis, 118, 49-60). Per Zenone la voce è come «aria spinta fuori» (SVF I, 74); per gli stoici la voce costituisce un fenomeno fisico (un corpo) che movendo da chi emette voci giunge a colpire gli ascoltatori (SVF II, 140-142.144; 387). Per la teoria stoica dell’udito cfr. SVF II, 872. Di voce come di «urto dell’aria» inspirata dall’anima contro la trachea parla anche Aristotele, Sull’anima II, 8 420b, 27-29; cfr. anche Platone, Timeo 67b. 621   Phantasioumenou tou hegemonikou è tipica espressione stoica (Cfr. SVF II, 56, to hegemonikon poikilōs phantasioumenon) per indicare le rappresentazioni che si formano nell’egemonico. Basilio se ne serve per illustrare la modalità del sorgere della profezia biblica. 622   Secondo gli stoici le rappresentazioni formatesi nella memoria e rimaste in essa in seguito ad una percezione sensibile possono riaffiorare anche non in concomitanza con tale percezione, ad esempio in sogno (SVF II, 65). È rilevante che Basilio stabilisca una analogia tra ciò che si verifica nel sogno e la profezia: Dio si adatta ad una forma umana di rappresentazione (phantasia) per stabilire una comunicazione con gli uomini. Del resto, riconosce il Cappadoce, l’uomo non è nuda anima, la quale invece è coperta dalla carne come da una cortina, vedi Attende §1 [197CD]. Qui ‘analogia’ va interpretata nella sua originaria etimologia, intendendo ana non come ripartizione (in senso distributivo) ma come riproduzione (in senso iterativo), cfr. Evanghélos Moutsopoulos, La filosofia della musica nel sistema di Proclo, Milano 2010, 217. Che il parlare di Dio non vada interpretato alla stregua del parlare umano Basilio l’afferma anche in Hex III, 2, 2-3. La Scrittura porta gradualmente a concepire in Dio il Verbo, il Figlio Unigenito; ma in rapporto a ciò va precisato che anche in tal caso non era necessaria alla natura incorporea la parola espressa. Nell’ambiente divino dove non si danno né aria né lingua né orecchio con i suoi organi non c’è bisogno di parole, dice ancora il Cappadoce Hex III, 2, 5-6. 620

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se l’aria non è percossa, manteniamo qualche memoria di alcune parole [289B] e voci nelle rappresentazioni durante il sonno, senza aver sentito la voce attraverso l’udito, ma poiché si è impressa* nel nostro stesso cuore, bisogna credere [che sia] una tale voce anche quella che nasce per i Profeti da parte di Dio. Voce del Signore al di sopra delle acque (Sal 28, 3a). Come nel mondo sensibile, poiché le nuvole, quando sono piene di acqua, producono strepito e rumore scontrandosi le une con le altre, dice: Voce del Signore al di sopra delle acque. Ma se in qualche modo si verificasse uno strepito di acque che si infrangono contro alcuni degli ostacoli rigidi e se il mare, sconvolto da venti, si gonfiasse e producesse un violento fragore, queste cose inanimate hanno la voce dal Signore, poiché il discorso salmico mostra che ogni creatura quasi con un solo grido grida annunciando il proprio Demiurgo (cfr. Sal 18, 2). E se un tuono [289C] erompe dalle nuvole, non si deve pensare altro che il Dio della gloria tuonò (Sal 28, 3b) e che è il Signore che tiene insieme da sé la natura umida. Il Signore al di sopra di molte acque (Sal 28, 3c). Infatti abbiamo conosciuto nella cosmogonia un’acqua al di sopra dei cieli, acqua di nuovo quella dell’abisso, altra ancora la massa dei mari (cfr. Gen 1, 7-10). Chi è dunque colui che governa queste cose e non lascia che esse si portino verso il basso per il peso naturale se non il Signore che è avanzato su tutto, che ha anche il dominio delle acque?623 Forse, e più misticamente, Voce del Signore al di sopra delle acque quando per Gesù che era stato battezzato sorse una voce dall’alto: Questo è il mio Figlio prediletto (Mt 3, 17). Allora infatti il Signore era al di sopra di molte acque, santificando le acque attraverso il battesimo; [289D] e il Dio della gloria tuonò da sopra con l’alta voce della testimonianza. E per coloro che sono battezzati viene pronunciata la voce lasciata dal Signore; dice infatti: Andando battezzate624 nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo (cfr. Mt 28, 19).

  Nel commento alla Genesi Basilio ha espresso tale concetto: il comando del Signore ha potere sulle acque; cfr. Hex IV, 2. 624   Qui Basilio, tralasciando l’espressione fate mie discepoli tutte le genti, su cui si sofferma a lungo in modo specifico nel De Bapt, trasforma il participio matteano («battezzando») in modo imperativo, «battezzate». 623

Manifestazioni della voce

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Manifestazioni della voce 1. il tuono Dunque voce de Signore al di sopra delle acque.

a. senso letterale/fisiologico Il tuono si forma[292A], quando un vento secco e violento, vrinchiuso nelle cavità della nuvola e volgendosi con vigore nelle cavità delle nuvole, cerca un’uscita verso l’esterno. Le nuvole, dunque, opponendosi per la loro eccessiva condensazione, producono quell’aspro strepito come effetto dello sfregamento del vento; ma quando, come bolle d’acqua tese, non possono più resistere al vento e trattenerlo, rompendosi con violenza e lasciando uscire il vento perché soffi all’esterno, producono i fragori dei tuoni. Ciò per natura può produrre anche un fulmine. Il Signore è dunque Colui che sta sulle acque e Colui che causa i grandi fragori del tuono, producendo nella molle natura dell’aria tale eccesso di fragore.

b. senso spirituale ecclesiale [È] possibile per te anche chiamare tuono, secondo il linguaggio ecclesiastico, [292B] la consegna (traditio) che viene effettuata dopo il battesimo tramite la grande voce del Vangelo nelle anime di coloro che hanno già compiuto l’iniziazione*. Che infatti il Vangelo [sia] un tuono, lo mostrano i discepoli a cui fu cambiato nome da parte del Signore e che sono chiamati figli del tuono (Mc 3, 17). Per questo la voce di tale tuono non [è] nel primo venuto, ma qualora qualcuno sia degno di essere chiamato ‘ruota’. Dice: Voce del tuo tuono infatti nella ruota (Sal 76, 19).625 Qualora uno sia proteso verso ciò che è avanti (Fil 3, 13), come la ruota, e tocchi in piccola parte la terra e [sia] completamente tale, quale era quella di cui parlava Ezechiele: E vidi, ed ecco una ruota a terra attaccata a quattro degli esseri animati (Ez 1, 15) e il loro aspetto e la loro fattura come l’aspetto di Tarsi626 (Ez 1, 16)627 [292C]. 625   Anche qui Basilio fa uso di una tecnica esegetica consolidata: spiegare il salmo con i salmi. In questa circostanza il lemma ‘tuono’ del Sal 28 gli richiama il Sal 76, 19. 626   Qui Basilio segue il testo della LXX dove compare ‘Tarsi’ e non topazio. 627   Nel commentare il Sal 76, 19 anche Eusebio di Cesarea richiama Mc 3, 17 e parte di Ez 1, 16; ma Basilio offre una interpretazione assai diversa e distante da quella di Eusebio, che è molto più erudita-tecnica (richiama l’ebraico di ‘nella ruota’) e allegorica nello stesso

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2. le acque >4. Dunque il Dio della gloria tuonò, Signore al di sopra di molte acque (Sal 28, 3bc). Acque sono anche i santi, poiché fiumi scorrono dai grembi di loro (cfr. Gv 7, 38), cioè insegnamento spirituale che bagna le anime degli ascoltatori. E, di nuovo, accolgono l’acqua che zampilla per la vita eterna, la quale [acqua] diventa in coloro che l’accolgono rettamente sorgente d’acqua che zampilla per la vita eterna (Gv 4, 14). Dunque sopra tali acque [è] il Signore. Ricordati anche della storia di Elia, quando il cielo stette chiuso per tre anni e sei mesi (cfr. 1Re 17, 1; 1Re 18, 1; Gc 5, 17); quando, essendo il cielo sereno sulla cima del Carmelo, udì voce di molte acque (cfr. 1Re 18, 41), poi seguì che vi fu un tuono dalle nuvole e cominciò a scorrere acqua.628

3. la forza Il Signore dunque al di sopra di molte acque (Sal 28, 3c) Voce del Signore nella forza (Sal 28, 4a). Come la voce sorge nella ruota, così[292D] nella forza si trova la voce del Signore. Infatti colui che tutto può in Cristo che lo fortifica (cfr. Fil 4, 13), questi ascolta i comandamenti del Signore e li compie. Voce del Signore, dunque, non nell’anima debole e infiacchita ma in quella che compie il bene con vigore e forza. Voce del Signore nella magnificenza (Sal 28, 4b).

4. magnificenza dell’uomo e di Dio La magnificenza è per eccellenza grande virtù. Dunque colui che convenientemente impiega le energie nelle grandi [293A] azioni, uno così è considerato magnifico. Quando l’anima non è schiava* nel pensiero della carne*629 (Rm 8, 5-7) e accoglie grandezza ed onore che le spettano dalla percezione di quanto è presente in essa che viene da Dio, in questa sorge c’è la voce del Signore. Dunque coloro che hanno nobili nozioni riguardo a Dio tempo (ruota immagine del mondo; il tuono, segno del Vangelo, è legato ai fulmini che sono i carismi donati dallo Spirito Santo). Come al suo solito, Basilio sta all’essenziale. Eusebio, Commento ai salmi. Libro III sal. 76, 19. 628   Cfr. 1Re 18, 45; anche se qui non si parla di ‘tuono’ e lo si può solo presupporre. 629   Questo concetto paolino ritorna più volte in Basilio. Anche il Nisseno insiste sulla liberazione dal «pensiero della carne», Gregorio di Nissa, Sulla verginità XII, 4; XIII, 1 (SCh 119, 416, 2-3; 422, 11-13); Sulla perfezione, GNO VIII/1, 187, 3-4.

La doppia valenza simbolica dei cedri

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e che hanno altamente meditato le parole riguardo alla Creazione630 e che hanno potuto fino ad un certo punto certamente pervenire alla bontà della provvidenza* di Dio ed ancora [sono] generosi nelle spese e liberali nel portare ristoro alle necessità dei fratelli, questi sono i magnifici, nei quali abita la voce del Signore. Infatti chi è davvero magnifico disprezza tutte le cose materiali, giudicandole degne di nessuna considerazione a paragone di quelle invisibili.631 Chi è magnifico, nessuna circostanza lo rattristerà; [293B] né minimamente una passione lo turberà né lo smuoveranno i peccati di omiciattoli vili e spregevoli; né l’impurità della carne (cfr. Rm 6, 19; Gal 5, 19) lo umilierà. Infatti è inaccessibile alle passioni umilianti, le quali neppure possono guardare a lui per l’altezza della sua mente. Si parla anche di una magnificenza di Dio, come: Fu innalzata la tua magnificenza al di sopra dei cieli (Sal 8, 2). Dunque coloro che glorificano le grandi cose riguardo a Dio (cfr. Lc 2, 20), questi innalzano la sua magnificenza.

La doppia valenza simbolica dei cedri >5. Voce del Signore che spezza i cedri (Sal 28, 5a). Il cedro ora è lodato dalla Scrittura come saldo e non toccato dalla putrefazione e profumato e capace di offrire riparo; ora invece è biasimato come sterile e difficile a piegare, così da rendere pienamente anche l’immagine iconica dell’empio. [293C] Infatti Vidi l’empio esaltato ed innalzato come i cedri del Libano (Sal 36, 35).632 In base a ciò anche ora tale accezione è stata assunta. Infatti la voce del Signore spezza i cedri. Come

  Vedi qui sopra a [285A].   Questo rappresenta il supremo ideale da raggiungere (cfr. anche Ep 2, 1, CP 60, 6-7), riproposto da Gregorio di Nissa, Per Pulcheria (GNO IX, 467, 5-24); Omelie sul Cantico XIV (GNO VI, 404, 22-24: il disprezzo della vita materiale, quando tutte le cose ricercate con impegno quaggiù diventano morte e prive di efficacia perché si desiderano i beni che stanno in alto). Su questo aspetto si era già espresso Filone, Il connubio con gli studi preliminari 25, III 77, 17. 632   Il Nazianzeno richiama Sal 36, 35 in riferimento alla disfatta dell’imperatore Giuliano l’apostata: dopo essere stato innalzato, l’imperatore è stato ridotto a nulla, Gregorio di Nazianzo, Orazioni 4, 12. 630 631

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dunque si fa sentire nell’anima magnifica, così si dice che spezza coloro che si gonfiano di orgoglio senza criterio, coloro che si esaltano in quelli che sono ritenuti motivi di grandezza di questo mondo, ricchezza, o gloria, o dominio, o bellezza del corpo, o potenza, o forza*.633 E il Signore spezzerà634 i cedri del Libano (Sal 28, 5b). Coloro che sopravanzano grazie ai mezzi altrui e da quelli traggono il vanto per se stessi, questi sono cedri del Libano. Come infatti i cedri, pur essendo alti di per se stessi, per l’essere nati su un alto monte, con [293D] l’aiuto del monte diventano più visibili; così coloro che si appoggiano alle cose corruttibili (cfr. 1Pt 1, 18) del mondo, da un lato sono cedri per il vanto e l’innalzamento della mente, dall’altro sono chiamati cedri del Libano per il fatto che si insuperbiscono per l’altrui altezza e si innalzano con vanto dalla terra e dalle cose della terra, come dalla cima del Libano. Tuttavia non tutti i cedri il Signore spezza, ma quelli del Libano. Poiché infatti il Libano è luogo di idolatria, quelle anime che si innalzano contro la conoscenza [296A] di Dio (cfr. 2Cor 10, 5), queste sono chiamate cedri del Libano e sono ritenute degne di spezzamento.635 Ci sono infatti alcuni cedri di Dio, che gli arbusti della vite portata dall’Egitto ricoprono, come abbiamo appreso nei Salmi: La sua ombra ricoprì i monti ed i suoi arbusti i cedri di Dio (Sal 79, 11).636

  Mentre si osserva che ritorna ancora una volta nel testo basiliano l’elenco delle cose disprezzabili, si ricordi che l’intera paideia socratica tendeva a questo: disprezzare i beni effimeri, apparenti; vedi nota a In Ps 33, 3 § 2 [356A]. 634   Il verbo al futuro è nella LXX. 635   Tutta la trattazione sui cedri e sui cedri del Libano ha un netto riscontro in un passo del commento isaiano ‘basiliano’: «Il Libano era in antico un monte di idolatria. Per mostrare a noi le potenze distruttrici che lì abitano, chiamò cedri del Libano le altezze di malvagità, che si innalzano contro la conoscenza di Dio (2Cor 10, 5)», Com Is II, 90; cfr. anche IX, 229 con la citazione di Sal 28, 5. 636   La caratterizzazione di alcuni cedri in senso negativo, per colpevole arroganza (Sal 36, 35), distinti dai ‘cedri di Dio’, collegati questi al Sal 79 (80), 9-11, è già in Origene, Omelie sui Numeri XVII, 4, 9 (SCh 442, 296-298) qui ripreso da Basilio. Nell’omelia XIV al Cantico il Nisseno svolge un’ampia trattazione sui cedri, distinguendo anch’egli il cedro malvagio che verrà distrutto (richiamando appunto Sal 28, 5-6) dal buon cedro con riferimento a Sal 91, 13, Gregorio di Nissa, Omelie sul Cantico XIV (GNO VI, 422, 12.18-423, 1-2). 633

La doppia valenza simbolica dei cedri

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Poiché dunque, fra gli altri nomi di Cristo,637 il nostro Signore è chiamato anche vite; dice infatti: Io sono la vite, voi i tralci (Gv 15, 5); sono cedri di Dio coloro che, fino a quel momento sterili e adatti al fuoco, entrati sotto il riparo di Cristo e come rivestiti di Lui (cfr. Gal 3, 27), con la Grazia che da Lui proviene ricoprono la sterilità della propria vita.638 Dunque da un lato arbusti fruttuosi avviluppati intorno custodiscono i cedri di Dio; dall’altro il Signore spezza i cedri del Libano. E li farà in pezzi [296B] come un vitello, il Libano639 (Sal 28, 6a). Ricordati del vitello nell’Esodo (cfr. Es 32, 4), che forgiarono per idolatria, che Mosè fece a pezzi e diede da mangiare al popolo (cfr. Es 32, 20). Pertanto similmente a quel vitello annienterà tutto il Libano e l’abitudine dell’idolatria che domina in esso.

L’unicorno e il suo duplice senso cristologico E il diletto come figlio degli unicorni (Sal 28, 6b). Il Figlio Unigenito (cfr. Lc 9, 38), Colui che dà la vita per il mondo (Gv 6, 33), quando offre se stesso come sacrificio ed offerta a Dio (Ef 5, 29) per i nostri peccati (1Cor 15, 3; Gal 1, 4; Eb 5, 1: 1Gv 2, 2.12; 1Gv 4, 10),640 è chiamato ‘Agnello di Dio’ e ‘pecora’. Ecco -infatti- l’Agnello di Dio (Gv 1, 29), dice, e di nuovo: Come una pecora fu condotto al macello (Is 53, 7; At 8, 32). Quando invece deve punire e distruggere il potere che attacca il genere umano [296C], potenza inferocita ed inselvatichita, allora è chiamato figlio degli unicorni. Infatti l’unicorno, come abbiamo appreso in Giobbe, è un animale invincibile nella forza, non sottomesso agli uomini. Dice infatti: Non lo   Per i vari nomi attribuiti a Cristo In Ps 44, 4 § 5 [400A] e Princ Joannis § 3 [477B]. Si richiami la dottrina origeniana delle epinoiai, dei vari titoli dati a Cristo. Cfr. H. Crouzel, Origene, Paris 1985, 133; e il cap. VI Les noms du Fils in Michel Fedou, La Sagesse et le Monde, Paris 1995, Lettieri ritiene che la ‘dottrina’ di Origene delle epinoiai abbia la sua origine dagli ‘eretici’ valentiniani; pur combattendoli, l’alessandrino ne assume l’intuizione di fondo. Gaetano Lettieri, ‘Reductio ad unum’. Dialettica cristologica e ‘retractatio’ dello Gnosticismo valentiniano nel ‘Commento a Matteo´di Origene, in Teresa Piscitelli (ed.), Il Commento a Matteo di Origene. Atti del X Convegno di Studi del gruppo italiano di ricerca su Origene e la tradizione alessandrina, Brescia 2011, 254-259. 638   Basilio basa questa sua interpretazione spirituale-cristologica - che può sembrare forzata - collegando ‘la vite’, uno dei titoli di Cristo, alla vite portata dall’Egitto e che ora copre i cedri di Dio, i veri uomini spirituali. 639   Il termine ‘Libano’ compare qui in caso in caso accusativo e non genitivo. 640   Si noti il congiungimento di testo giovanneo con testo paolino. 637

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V. SALMO 28

legherai con redini né dormirà nella mangiatoia (cfr. Gb 39, 9-10). E in quella parte della profezia sono state dette molte cose sul fatto che l’animale ha attitudine alla libertà e non si sottomette agli uomini. Ed è stato osservato che la Scrittura si è servita dell’immagine iconica dell’unicorno in entrambi i sensi: ora per lodare, altre volte per biasimare.641 Dice infatti: Libera la mia anima dalla spada e dai corni degli unicorni la mia umiltà (Sal 21, 21-22). Dice queste cose biasimando il popolo autore delle guerre che si è sollevato contro di lui nel momento [296D] della passione.642 Di nuovo dice: Il mio corno sarà innalzato come quello dell’unicorno (Sal 91, 11). [297A] Dunque sembra che per il carattere vendicativo dell’animale spesso sia usato per la rappresentazione delle cose peggiori, invece per l’altezza del corno e l’attitudine alla libertà sia introdotto per la rappresentazione del bene. E in generale, poiché è possibile trovare il corno usato dalla Scrittura in molti luoghi al posto* della gloria, come Esalterà il corno del suo popolo (Sal 148, 14) e Il suo corno sarà esaltato in gloria (Sal 111, 9); o anche poiché il corno è usato spesso nel senso di potenza, come: Mio scudiero e corno della mia salvezza (Sal 17, 3). Cristo poi [è] potenza del Padre (cfr. 1Cor 1, 24); per questo, poiché ha un solo corno, cioè una sola potenza, quella del Padre, è stato chiamato unicorno.

La fiamma del fuoco >6.  Voce del Signore che taglia la fiamma del fuoco (Sal 28, 7).

Senso e richiamo storico e fisico Fu tagliata la fiamma del fuoco secondo la storia dei tre fanciulli in Babilonia, quando la fiamma di quarantanove cubiti fu riversata e bruciava tutti quelli che stavano intorno (cfr. Dn 3, 47); tagliata per ordine del Signore, accolse in se stessa un vento, procurando ai fanciulli dolcissima

641   Anche Didimo il Cieco, commentando il salmo 21, ricorda questa doppia valenza dell’unicorno; egli collega il senso negativo alla ferocia dell’animale, menttre lega il senso elogiativo al fatto che il regno del Cristo Salvatore, fatto uomo, è assoluto e dunque senza divisione perché non ha un fratello. Poi richiama le sommità della croce perché sono a forma di corna, Didimo il Cieco, Lezioni sui salmi 21, 22b-23a. Per il simbolo dell’unicorno/ rinoceronte riferito a Cristo cfr. M.P. Ciccarese, «Formam Christi gerere». Osservazioni sul simbolismo cristologico degli animali in Annali di storia dell’esegesi (ASE) 8/2 (1991) 565-587. 642   Tale passo richiama a suo modo il discorso di Pietro in At 4, 26 che cita il Sal 2, 1-2.

Il deserto

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respirazione e refrigerio, come all’ombra di piante, in una condizione di pace.643 Dice: Ci fu infatti come un vento di rugiada [297B] che sibilava (Dn 3, 50). E che sia stata tagliata la natura del fuoco [è] cosa molto più mirabile che il Mar Rosso sia stato diviso in parti (Sal 135, 13). Ma ugualmente la voce del Signore taglia e la continuità naturale e l’unità del fuoco. Eppure sembra alle menti umane che il fuoco non possa essere tagliato e diviso, ma ugualmente per ordine del Signore viene tagliato e viene diviso.

Senso spirituale Credo che il fuoco, quello preparato per punizione per il diavolo ed i suoi angeli (cfr. Mt 25, 41), sia tagliato dalla voce del Signore; affinché, poiché ci sono due potenze nel fuoco, quella che brucia e quella che illumina, l’asprezza e la capacità di punire del fuoco resti per coloro che sono degni di bruciare, mentre la capacità di illuminare e [297C] lo splendore sia destinato alla gioia dei beati (cfr. Ap 12, 12). Voce del Signore, dunque, che taglia la fiamma del fuoco e la divide,644 così che il fuoco della punizione sia senza luce,645 mentre il fuoco della pace resti privo della capacità di bruciare.

Il deserto Voce del Signore che scuote il deserto (Sal 28, 8a). Per beneficio del deserto il terremoto è utilizzato per esso dal Signore, affinché, mutata la propria condizione, dall’essere deserto diventi terra abitata e, deposta la vergogna della sterilità, ottenga la lode della fecondità - infatti Molti i figli della donna sola, più di colei che ha marito (Is 54, 1) e, riempito delle acque dello spirito, quello che prima era deserto diventi [297D] terre irrigate (cfr. Sal 106, 35). 643   Basilio richiama tale episodio per evidenziare il fatto che i tre fanciulli lodavano Dio anche dentro la fornace accesa (Dn 3, 12), De Spir s XXX, 79, 4-8; ed anche per evidenziare la protezione di Dio verso i suoi santi, come fa nell’Ep 268 (III, 138). 644   Si può tenere presente un passaggio dell’opera sullo Spirito Santo in cui Basilio, richiamando e interpretando Mt 24, 51 (il padrone dividerà in due, dichotomēsei, il servo malvagio), asserisce che nel giudizio finale chi ha rifiutato lo Spirito sarà da questi completamente tagliato, separato per sempre, De Spir s XVI, 40. 645   Vedi In Ps 33, 12 § 8 [372A]. Per il fuoco della punizione che brucia ma è privo di luce, si può richiamare Florenskij, il quale parla del fuoco punitivo che non illumina né riscalda, Pavel Florenskij, La colonna e il fondamento della verità, Cinisello Balsamo (Milano), 2010, 225.

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E il Signore scuoterà il deserto di Cades (Sal 28, 8b). Il Signore scuoterà non tutto il deserto, ma quello di Cades, cioè la santificazione; Cades è infatti interpretato come santificazione.

I cervi Voce del Signore che prepara cervi (Sal 28, 9a). Bisogna che siano di valore pari alle precedenti [300A] anche le spiegazioni date riguardo alla preparazione delle cerve, che la voce del Signore opera. Poiché pertanto la cerva ha ottenuto in sorte una costituzione tale, da essere superiore al danno dei serpenti, -ma anche che è purgativo per essa, come dicono coloro che hanno osservato queste cose, il cibarsi della vipera 646-e tutti gli animali velenosi sono usati per la raffigurazione iconica di potenze malvagie ed ostili -poiché il Signore dice: Vi ho dato il potere di camminare sopra i serpenti e gli scorpioni e su ogni potenza del nemico (Lc 10, 19) -; e poiché il salmo di nuovo annuncia al Profeta: Camminerai sull’aspide e sul basilisco (Sal 90, 13)- è necessario, quando udiamo il nome cerva nella Scrittura, portare il discorso verso la raffigurazione migliore. Infatti: Gli alti monti per le cerve (Sal 103, 18) e [300B] la cerva anela alle fonti delle acque (Sal 41, 2). Perciò dunque ogni giusto ha la dimora nei luoghi alti, correndo verso la meta per il premio della chiamata lassù (cfr. Fil 3, 14), e corre alle fonti delle acque buone a bersi, ricercando i primi principi della teologia. La cerva poi aspirando con la bocca attrae quelli degli animali velenosi che stanno nascosti e li trae fuori dai nascondigli con la forza del fiato. 647   Un richiamo alla vipera, sia pure in un contesto diverso, già in In Ps 14B §3 [273C].   Che il cervo fosse nemico dei serpenti, era un’opinione diffusa di molti autori dell’antichità, quali Plinio, Teofrasto, Senofonte, Eliano, Marziale e Lucrezio, Giuseppe Flavio. Tra questi va annoverato anche Plutarco, il quale, oltre a dire che il cervo è il nemico più agguerrito contro i serpenti, aggiunge che è abile, col soffio delle sue narici, a far uscire i serpenti dalle loro dimore sotterranee per poi mangiarli ottenendo nuova giovinezza; cfr. Louis Charbonneau-Lassay, Le bestiaire du Christ, 1940, reimpressione3, Milano 1980, 241-244. Per Teofrasto cfr. Ed. Francesco Sbordone, Physiologus, Hildesheim 1991, (30), 97-101 con cit. di Sal 41, 2 e altre testimonianze a 297; Plinio, Storia Naturale VIII 118; XI, 279; XXVIII, 149. Per Origene «cervus.... inimicus serpentum atque bellator est; il cervo…è nemico dei serpenti e combattente» e Cristo è il cervo che schiaccia i serpenti, Origene, Omelie sul Cantico dei Cantici II, 11 (SCh 37bis, 140; PG 13, 56C); cfr. anche Id. Commento al Cantico dei Cantici III, 11, 12 (SCh 376, 602; GCS 201.30; PG 13, 167D); Commento al Cantico dei Cantici III, 13, 31-43 (SCh 376, 642-648); Contro Celso II, 48 (SCh 132, 394, 43-44: il cervo è nemico dei serpenti e più forte del veleno delle 646

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I cervi

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Il santo Come dunque il santo è chiamato aquila per il fatto di volare alto e di essersi sollevato di più da terra; e pecora per la mitezza e la disponibilità a donare ciò che ha; e ariete per la capacità di comandare; e colomba per la sua innocenza; così [è chiamato] anche cerva per la sua opposizione al male. Perciò anche Salomone dice: Cerva di amicizia e puledra delle tue [300C] grazie conversi con te (Pr 5, 19), insegnando a noi che i cervi prima nominati648 sono adatti all’insegnamento della teologia.649 >7.  Voce del Signore che prepara cervi (Sal 28, 9a). Quando dunque vediamo un uomo di Dio (cfr. 1Tm 6, 11) perfetto* e preparato, dobbiamo cercare il vantaggio che deriva dalla familiarità con lui! Dove infatti [c’è] la presenza di cervo, è messa in fuga tutta la malvagità dei serpenti. Infatti gli animali velenosi non sopportano l’odore dell’animale, quando appunto si ritirano anche davanti alle sue corna piene di profumo.

Scoprire le selve del male E scoprirà le selve (Sal 28, 9b). Dapprima la voce del Signore prepara le cerve; poi scopre le selve, quei luoghi costipati e ripieni di una materia selvaggia e sterile, in cui soprattutto gli animali velenosi hanno per natura la disposizione a fuggire. [300D] Poiché dunque la cerva è giunta ormai a perfezione* dopo la preparazione avvenuta da parte del Signore, il giusto, che è paragonato ad essa, scopre le selve, affinché i corruttori della nostra vita siano consegnati nudi ed alla portata. vipere). Anche il Nisseno richiama il fatto che il cervo si ciba di bestie velenose e elimina i serpenti, Gregorio di Nissa, Sui titoli dei salmi I, 5, 12 (SCh 466, 194, 21-196, 22) e II, 12, 58 (SCh 394, 28-29). Anche per Ambrogio il cervo è immagine di Cristo, non solo perché ha grande capacità visiva ma anche perché è nemico del serpente che lo teme (Sal 28, 9 e 90, 13), Ambrogio, Commento al salmo 118, VI lettera vav, 12-13 e X lettera ioth, 10. 648   Basilio si riferisce probabilmente alla prima citazione di Sal 28, 8 [279D] dove si ha il plurale di ‘cervi’ senza articolo. Anche se subito dopo [300A] introduce ‘la cerva’. La vulgata traduce il v. 8 con cervos. 649   È usuale introdurre gli animali come tipi degli uomini in bene e in male; Vedi più avanti nota a In Ps 44, 1 § 1 [388D]. Cfr. anche, con relative indicazioni di fonti e bibliografia, a c. Maria Pia Ciccarese, Animali simbolici. Alle origini del bestiario cristiano I, Bologna, 2002. Il richiamo al cervo serve a Basilio per ribadire che può insegnare agli altri solo chi si è ben preparato, cosa da lui affermata anche in In Ps 44, 2 §3 [396B]. Aspetto su cui insiste, in modo critico e polemico, anche Gregorio di Nissa, Vita di Mosè II, 55 (SCh 1, 136, 1.4-138, 8.10).

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E poiché ogni legno che non produce [301A] buon frutto è tagliato dalla scure e gettato nel fuoco (Mt 3, 10), necessariamente le selve, le anime selvatiche, nelle quali, come certe fiere, si nascondono le varie* passioni dei peccati650 (cfr. Rm 7, 5), sono ripulite dalla Parola, che è più tagliente di ogni spada a doppio taglio (Eb 4, 12). Poiché molti degli uomini, gravati dalle preoccupazioni della vita (Lc 21, 34), hanno le loro anime simili a una terra che produce spine e non permettono che esse siano nutrite per portare il frutto della parola (cfr. Mt 13, 7.22, Mc 4, 7.18-19, Lc 8, 7.14),651 il Signore scopre le selve, cioè il brutto e l’indecente e il dannoso delle cure in questa vita, affinché, reso chiaro il tema del bene e del male, gli uomini per ignoranza non formulino giudizi scambiati sulle cose. Molti infatti considerano i beni come mali, quando sono associati a fatica; [301B] ricercano invece i mali come beni per il piacere che è in essi.652 E non si può esprimere a parole l’errore fra gli uomini riguardo a ciò. Sono dunque della natura dei beni gli alberi fruttiferi e tutti i cedri, che sono citati anche per la lode; invece della natura dei mali le selve che, perché non siano ingannati coloro che credono che troveranno in esse qualche frutto utile, la voce del Signore scopre e rende manifeste.

Nel tempio di Dio E nel tempio di Lui ognuno dice gloria (Sal 28, 9c).

- dire gloria con le preghiere Ascoltino le parole del salmo e si vergognino coloro che si abbandonano ai prolissi discorsi. Che cosa dice il salmo? Colui che è nel tempio del Signore non pronuncia maldicenze o discorsi vani (cfr. Sal 143, 8.11) né parole piene di cose cattive (cfr. Ef 5, 12) [301C] ma nel tempio di Lui ognuno dice   Per questa espressione vedi In Ps 33, 10 § 6 [365C]. Clemente Alessandrino paragonava le passioni a fiere selvagge, Clemente Alessandrino, Stromati IV, 3, 12, 4; VI, 15, 115, 2. Questo era già il pensiero di Platone, Repubblica IX, 588c; 589b. 651   Basilio, nell’Ep 207, 2 (II, 185, 5-9), scritta verso il 375, afferma -anche se ciò è preso come pretesto per muovergli contro delle accuse- di avere con sé uomini divenuti asceti della pietà, staccati dal mondo e dalle preoccupazioni della vita (Lc 21, 34), che il Signore paragona alle spine che non permettono alla parola di portare frutto. 652   Sulla erronea valutazione del bene e del male vedi In Ps 14B § 5 [280A], In Ps 33, 11 § 7 [368BCD-369A], In Ps 61, 5 § 3 [476AB], In Ps 61, 10 § 4 [480AB], Princ Prov § 9 [405CD408A], Attende § 3 [204C]. Ricompare di nuovo lo schema interpretativo della doppia via. 650

Nel tempio di Dio

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gloria (Sal 28, 9c). Ci sono santi angeli che trascrivono le parole; è presente il Signore, che esamina le disposizioni di coloro che entrano.

- richieste sbagliate La preghiera di ciascuno è nota a Dio: chi con disposizione; chi ricerca le cose celesti con consapevolezza; chi pronuncia le parole rituali per salvare le apparenze a fior di labbra, ma il suo cuore è ben lontano da Dio (cfr. Mt 15, 8). Anche se prega, richiede salute del corpo e ricchezza materiale e gloria umana653 (cfr. Gv 12, 43; Gc 4, 3). Non bisogna [chiedere] niente di ciò, come insegna ‘il discorso salmico’, ma nel tempio di Lui ognuno dice gloria (Sal 28, 9c). I cieli narrano la gloria di Dio (Sal 18, 2). [È] compito d’angeli rendere gloria a Dio. A tutto l’esercito dei celesti (cfr. Lc 2, 13; At 7, 42) questo unico compito: rendere gloria al Creatore. Tutta la creazione, sia quella [301D] che tace che quella che parla, sia celeste che terrestre, glorifica il Creatore.

- il chiasso Invece uomini miseri, dopo aver lasciato le case ed essere corsi al tempio, come per giovare in qualcosa a loro stessi, non prestano ascolto alle parole di Dio, non si accorgono della propria natura, né si addolorano di essere stati afferrati in precedenza dal peccato; non si addolorano [304A] di giungere alla memoria dei peccati, non temono il giudizio; ma, ridendo e stringendosi l’un l’altro la destra, fanno della casa della preghiera un luogo di loquacità,654 ascoltando senza attenzione il salmo 653   Per questa preghiera in cui si richiedono beni effimeri vedi In Ps 29, 9 § 6 [320BC], In Ps 33, 7 § 5 [361D-364A] e In Ps 33, 18 § 12 [377CD-380A]. Si noti ancora l’elenco delle cose disprezzabili. 654   Tali rilievi critici denotano la varietà del pubblico che ascolta le omelie di Basilio; ma anche il fatto che non sempre l’assemblea è partecipe: Ep 213, 1 (II, 200, 6-8); Temp famis 3 (309C): alcuni non vedono l’ora che sia tutto finito, aspettano la fine del canto dei versetti per sentirsi liberati dall’assemblea e dall’obbligo di pregare, come da una prigione. A volte l’omelia poteva durare anche tre quarti d’ora, Gain, L’Église de Cappadoce, 189.

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che testimonia e dice che: Nel tempio di Dio ognuno dice gloria (Sal 28, 9c). Tu non solo non dici, ma diventi impedimento anche per un altro, attirandolo verso te stesso e sovrastando con il tuo chiasso655 l’insegnamento dello Spirito. Bada che tu non ti allontani condannato656 insieme con coloro che bestemmiano il nome di Dio (cfr. Lv 24, 16; Gc 2, 7), invece di ricevere la ricompensa per averlo glorificato. Hai il salmo, hai la profezia, i precetti evangelici, le predicazioni degli Apostoli.657 La lingua salmeggi, la mente mediti sul senso delle cose dette, affinché tu salmeggi anche con lo spirito e salmeggi anche con la mente (cfr. 1Cor 14, 15). [304B] Infatti Dio non ha bisogno di gloria, ma vuole che tu sia degno di essere glorificato. Perciò quello che l’uomo semina, questo anche raccoglierà (Gal 6, 7). Semina glorificazione, affinché tu possa raccogliere corone e onori658 e lodi nel Regno dei cieli. Ciò è stato detto non senza utilità nel passo Nel tempio di Lui ognuno dice gloria (Sal 28, 9), a causa di coloro che nel tempio di Dio chiacchierano senza sosta ed entrano inutilmente; oh se inutilmente e non con loro danno!

Il diluvio e la pace >8.  Il Signore manderà il diluvio (Sal 28, 10a). Il diluvio è un’inondazione di acqua che distrugge tutto ciò che giace sotto e purifica tutto ciò che prima era stato corrotto. Dunque chiama diluvio la grazia del battesimo (cfr. 1Pt 3, 20-21), così che l’anima, lavata dai peccati   In Attende § 1 [200A] il chiasso (thorybos) degli ascoltatori provoca il naufragio del discorso di chi parla che si scioglie nell’aria. 656   Il testo può richiamare la vicenda evangelica del pubblicano (Lc 18, 14). 657   Con la successione di tali testi biblici si vuole indicare l’intera sacra Scrittura. 658   Vedi Rf proem 892C. 655

Il diluvio e la pace

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[304C] e purificata* del vecchio uomo (cfr. Rm 6, 6), sia pronta per il futuro a divenire abitazione di Dio nello Spirito (Ef 2, 22). Concorda con ciò anche quanto viene detto nel trentunesimo salmo. Dopo aver detto: Ho reso nota la mia iniquità e non ho nascosto il mio peccato (Sal 31, 5) e Per questo ti pregherà ogni santo (Sal 31, 6), aggiunse: Tuttavia nel diluvio di molte acque non si avvicineranno a lui (Sal 31, 6). Infatti non si avvicineranno i peccati a colui che ha ricevuto il battesimo della remissione delle colpe attraverso l’acqua e lo Spirito (cfr. Gv 3, 5; 1Gv 5.6-7). Qualcosa di simile a questo si trova anche nella profezia di Michea: Poiché vuole misericordia, tornerà e avrà pietà di noi; sommergerà i nostri peccati e saranno gettati nelle profondità del mare (Mi 7, 19). [304D]E il Signore si assiderà, re in eterno (Sal 28, 10b). Dio, stabilitosi nell’anima che risplende per effetto del diluvio, fa di essa come un trono per Sé.659 Il Signore darà forza al suo popolo; il Signore benedirà il suo popolo nella pace (Sal 28, 11). Dal popolo peccatore il Signore porterà via l’uomo forte [305A] e la donna forte (Is 3, 1)660 e dà forza a chi opera giustamente. Perciò a chiunque ha sarà dato (Mt 25, 29). Rafforzato dunque per il compimento delle buone opere, diventa degno della benedizione di Dio.

  Sulla luce/luminosità dell’anima in seguito al battesimo cfr. Baptisma 433A; De Bapt 1544C. Se l’uomo non avesse peccato, si sarebbe rivestito di luce come gli angeli, De malo 9, 349B. 660   Basilio finalizza il testo di Isaia alla sua prospettiva cristiana. 659

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Sembra che la più perfetta delle benedizioni sia la pace, che è una fermezza*661 dell’egemonico* [dell’anima] così che l’uomo pacifico viene caratterizzato nell’aver moderato i suoi costumi; invece l’uomo combattuto dalle passioni non è stato ancora partecipe della pace che viene da Dio (cfr. Rm 1, 7; Fil 4, 7), che il Signore diede ai suoi discepoli (cfr. Gv 14, 27; Gv 20, 19; Lc 24, 36), la quale, superando ogni intelletto, custodirà (Fil 4, 7)662 le anime dei degni.663 Questa pace chiede anche l’Apostolo per le Chiese dicendo: La grazia e la pace si moltiplichino per voi (1Pt 1, 2). Tocchi dunque a noi, dopo che abbiamo combattuto* strenuamente e abbiamo vinto il pensiero della carne* (Rm 8, 5-7), che è inimicizia con Dio (Rm 8, 7), quando l’anima ha raggiunto bonaccia664 e condizione non agitata, [305B] di essere chiamati figli della pace (cfr. Lc 10, 6)665 e di partecipare della benedizione di Dio in pace, in Cristo Gesù nostro Signore, al quale la gloria e la potenza ora e sempre e nei secoli dei secoli. Amen (1Pt 4, 11; Ap 1, 6).666

  L’espressione eustatheia richiama una terminologia epicurea, ma soprattutto stoica (ad es. in Epitteto il termine indica la sicura salute dell’anima del saggio, Pohlenz, La Stoa, II, 112 e n.14). 662   Si noti il congiungimento di testo giovanneo con testo paolino. 663   Si noti la congiunzione di testo giovanneo e testo paolino. 664   Vedi In Ps 1 § 2 [212C]; In Ps 33, 15 §10 [376B]; In Ps 45, 11 § 8 [429C]; Princ Prov 15 [417C]; Attende § 1 [200A] e § 7 [213C]. 665   Vedi In Ps 7, 1 § 1 [232A]. 666   Questo modo di concludere l’omelia ne denota l’ambito liturgico. Il testo di commento salmico, che non reca tale conclusione, potrebbe allora richiamare il modulo di una ‘conferenza’, di una lectio biblica. 661

VI. SALMO 29 [305B] Salmo di cantico della inaugurazione della casa di David (Sal 29, 1)667

Il titolo - i generi di salmo >1. Salterio* in modo tropico e strumento musicalmente accordato in vista di inni del Dio nostro, è la struttura del corpo; mentre salmo [sono] le azioni mediante il corpo,668 quelle compiute a gloria di Dio, quando nei movimenti nulla compiamo di discordante mediante il logos ben accordato. E cantico è quanto partecipa di sublime contemplazione e teologia.669 Dunque il salmo è un discorso musicale, quando euritmicamente secondo i logoi armonici [305C] si suona con lo strumento, mentre cantico è una voce regolata emessa armoniosamente, indipendentemente dalla consonanza dello strumento.670 Qui dunque, poiché è scritto nel titolo salmo di cantico, riteniamo che ‘il discorso salmico’ faccia allusione all’azione conseguente* alla contemplazione.671

  Cfr. Ilaria Trabace, Le fonti dell’Hom. In Ps. 29 di Basilio di Cesarea in Vetera Christianorum 44 (2007), 283-304; il saggio si propone di individuare e precisare i rapporti tra il commento basiliano e quelli forniti da Origene, Eusebio di Cesarea, Commento di Tura di Didimo il Cieco. 668   Vedi In Ps 32, 2 §2 [325C]. 669   Questo passo è ripreso da Didimo il Cieco che, facendo riferimento a Sal 26, 6c (Canterò e salmodierò al Signore) vede nel canto la cifra della contemplazione e nel salmodiare l’utilizzo del corpo come strumento, Didimo il Cieco, Lezioni sui salmi 26, 6c; cfr. anche Girolamo, Commento a Efesini 5, 19 (PL 26, 528BC). Già da queste annotazioni iniziali sui termini appare l’atteggiamento di Basilio che fa subito esegesi spirituale/morale a partire dal dato realistico fisiologico. Si noti pure il tipico abbinamento di azione e contemplazione. 670   Vedi In Ps 32, 2 § 2 [325CD- 328AB] e In Ps 48, 5 § 2 [436C], dove però si propongono altre interpretazioni del salterio. Per la differenza fra ‘canto’ e ‘salmo’ vedi In Ps 44, 1 § 2 [392A]. Il passo in esame ha un riscontro in un frammento catenario attribuito a Origene, J.B. Pitra, Analecta sacra II, Romae 1884, 434. 671   Vedi indice tematico e in particolare In Ps 28, 1 § 2 [285A], In Ps 44, 14-15 § 11 [412BC] e In Ps 48, 11-12 § 6 [448B] per il rapporto fra teoria e prassi. Anche in Didimo compare questo concetto a proposito del Sal 29, 1: «Se comincia dall’azione è un Salmo di cantico; se invece inizia dalla contemplazione è un cantico di Salmo», Didimo il Cieco, Lezioni sui salmi 29. 667

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VI. SALMO 29

- salmo di cantico e inaugurazione di casa: senso storico, cristico, ecclesiologico Questo salmo del cantico, secondo il titolo, abbraccia alcuni discorsi della inaugurazione della casa. E pare, secondo il senso somatico, che ‘il discorso salmico’ sia recitato ai tempi di Salomone, quando fu innalzato il famoso tempio, essendo modulato in vista del salterio; secondo il senso noetico,672 invece, che il titolo significhi l’insomatizzazione*673 del Dio Verbo e mostri la inaugurazione della sua casa predisposta in modo nuovo e paradossale.674 [308A] Molte cose infatti abbiamo trovato dette in questo salmo a partire dalla persona del Signore.675 O forse conviene intendere casa la Chiesa edificata (cfr. Mt 7, 24) da Cristo; come anche Paolo scrive nella Epistola a Timoteo: Affinché tu sappia come si debba comportarsi in casa di Dio, la quale è Chiesa di Dio vivente (1Tm 3, 15). Inaugurazione della Chiesa si deve poi supporre il rinnovamento* della mente (Rm 12, 12), quello realizzato dal Santo Spirito (cfr. Ef 4, 23) in   Chiaro riferimento al criterio esegetico della doppia lettura della Scrittura per cui Basilio, nel suo affrontare il testo biblico, non si limita al solo suo senso letterale. Al riguardo si veda l’Introduzione. 673   Si noti che, introducendo ‘in-somatizzazione’ (ensōmatōsis) al posto di ‘incarnazione’ (sarkōsis, termine che nelle omelie sui salmi compare solo in In Ps 44, 1, § 2, [389C]), Basilio evita il termine sarx; ha già sentore delle polemica antiapollinarista? Parlando così di sōma intende già dire che si tratta di un corpo ‘umano’ e quindi dotato anche di anima umana? ‘Insomatizzazione’ compare nelle omelie sui salmi solo nel passo che si sta esaminando; il termine più comune è infatti ‘inumanizzazione’ (enanthrōpēsis), per il quale vedi nota a In Ps 32, 3 2 [328C]. 674   La terminologia fa riferimento a Maria come nell’omelia In Christi gen 4 (1465D). Per il termine ‘paradosso’ vedi nota a In Ps 61, 12 § 5 [481B]. 675   Compare anche qui il noto criterio retorico/esegetico del prosōpon per il quale si rimanda all’indice esegetico. Origene aveva individuato una forte caratterizzazione cristologica del Sal 29; indicando la chiave di tale lettura nel v. 4 del salmo stesso: «Che questo salmo è detto dal prosōpon di Cristo, emerge con chiarezza dal “hai liberato la mia anima dall’Ade” (Sal 29, 4)», Origene, Frammenti sui Salmi 29, 2 (PG 12, 1292B). Medesima lettura cristologica l’Alessandrino ripropone in Frammenti sui Salmi 29, 3 (1293A) in riferimento a Sal 21, 2 e a Sal 68, 6; ma anche a Sal 29, 8 e 10. Ora sorprende che Basilio, consapevole della portata cristologica del salmo, qui eviti di trattare il tema cristologico. Probabilmente non vuole entrare nell’intrico delle questioni cristologiche, che il commento stesso origeniano aveva sollevato parlando dell’anima del Cristo e delle sue passioni proprio in rapporto al Sal 29. Per la relativa esegesi origeniana cfr. Rondeau M.J., Les commentaires patristiques du Psautier (IIIe- Ve siècles), II, 112-122. Ciò fa ritenere che Basilio, all’epoca di questa omelia, abbia già iniziato a percepire la problematica apollinarista. 672

L’uomo che tende alla beatitudine innalza Dio

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ognuno di quelli che completano il corpo della Chiesa del Cristo (cfr. Ef 1, 22-23; Ef 4, 13; Col 1, 24).676C’è infatti la divina e musicale armonia, non contenente parole che accarezzano l’udito, ma che placano e acquietano gli spiriti malvagi (cfr. Ef 6, 12) che molestano le anime facili ad essere danneggiate.677 [308B]

L’uomo che tende alla beatitudine innalza Dio Ti innalzerò, Signore, perché mi hai afferrato da sotto e non hai rallegrato i miei nemici su di me (Sal 29, 2). Come colui che abita nelle altezze (cfr. Sal 112, 5) viene innalzato da coloro che hanno ricevuto in sorte la bassa terra? Se infatti Dio è nell’alto in cielo (1Re 8, 23; Sal 113, 11) e tu in basso in terra (cfr. Es 20, 4; Dt 5, 8), in quale modo potresti innalzare Dio? Che cosa dunque vuole la promessa per il profeta? Non si dice forse che viene innalzato da quanti possono pensare su di Lui cose grandi e a Dio convenienti678 e nel vivere a gloria di Dio (1Cor 10, 31) ? Colui infatti che tende con consapevolezza alla beatitudine, innalza Dio;679 mentre colui che si rivolge verso la via contraria,680 il che neppure [è] lecito nominare, per quanto dipende da lui abbassa Dio.

L’uomo proietta su Dio la propria azione e condizione >2.  E ogni condizione che si rapporta alle nostre azioni in un certo modo la conferiamo a Dio. Per [308C] questo, quando noi veniamo vinti dal sonno (cfr. Mt 25, 5) e agiamo con lentezza (cfr. Eb 5, 11; Eb 6, 12), si dice che Dio dorme, giudicando noi stessi indegni della sua vigilante provvidenza* su noi. Quando poi talvolta, percependo il danno [derivante] dal sonno, 676   In questo lungo passaggio Basilio mostra di conoscere, facendone uso, i 4 sensi della Scrittura: storico/letterale, cristico, mistico/anagogico, ecclesiale e personale (ogni singola persona/anima credente). 677   Ritorna qui il richiamo basiliano sulla funzione acquietante dei salmi e sul tipo di musicalità giusta e adatta per l’uomo; vedi In Ps 1, 1 [212ABC]. 678   Per il lemma ‘a Dio conveniente’ vedi la nota relativa a In Ps 33, 11 § 7 [368B]. Ricompare la convinzione di Basilio: la vera teologia è proprio di chi può esercitarla nella vita. 679   Questa affermazione basiliana è notevole: con la ricerca della beatitudine, nel momento in cui l’uomo giunge al colmo della propria beatitudine esalta Dio. Perché, per dirla con Ireneo, «la gloria di Dio è l’uomo vivente, vita dell’uomo la visione di Dio», Ireneo, Contro le eresie, IV, 20, 7. 680   Ritorna ancora la dottrina e la prospettiva delle due vie, che gioca un ruolo determinante nell’orizzonte teologico/spirituale di Basilio.

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diciamo: Sorgi, a che dormi, Signore? (Sal 43, 24), Non sarà vinto dal sonno né dormirà allora colui che custodisce Israele (Sal 120, 4). E alcuni altri è come se allontanassero gli occhi di Dio, per il carattere turpe (cfr. Ef 5, 12) delle cose che fanno ed indegno degli occhi di Dio; ed essi, pentitisi, dicono: A che distogli il tuo volto? (Sal 43, 25). E vi sono altri oltre questi, coloro che sono stati scacciati dalla memoria di Dio e quasi insinuano in Lui l’oblio di se stessi (cfr. Sal 34, 17; Sir 10, 20.21); questi tali dicono che: Dimentichi la nostra povertà e la nostra tribolazione (Sal 43, 25). E insomma quanto di passionale tipicamente umano viene detto di [309A] Dio sono gli uomini che lo compiono forgiando Dio per se stessi tale, quale ognuno da sé configura prima se stesso.681 Ti innalzerò -dunque- Signore, perché mi hai afferrato da sotto e non hai rallegrato i miei nemici su di me (Sal 29, 2), non sopportando nella mia vita niente né di misero né di abietto. E da dove mi viene la potenza di innalzare? Poiché tu prevenendo mi hai afferrato da sotto. In modo enfatico ha detto mi hai afferrato da sotto (Sal 29, 2a), invece che* mi hai elevato (cfr. Sal 87, 8) e mi hai fatto più alto di coloro che insorgono contro di me (cfr. Sal 26, 12; Sal 53, 5; Sal 85, 14).

‘Afferrato da sotto’: due paragoni e due esempi Come se un bambino che è inesperto nel nuotare, uno, avendolo afferrato da sotto per mano, lo reggesse più alto dell’acqua. Colui dunque che, grazie all’aiuto di Dio (cfr. Sal 146, 6), si è sollevato dalla caduta (cfr. Sal 116, 8), questi per nobiltà di sentimento, mediante le buone opere (cfr. Mt 5, 16), promette innalzamento a Dio. Oppure come se uno, avendo sostenuto un debole lottatore* contro il [309B] rischio di una caduta e avendolo reso più alto di quello con cui lotta, a quello procurò l’occasione della vittoria, a questo tolse la gioia per la caduta di lui. Non le sofferenze, inflitte ai santi per saggiarli*, procurano soddisfazione ai nostri nemici invisibili; 682 ma quando soccombiamo, afflitti, e i nostri pensieri sono angustiati, se noi abbiamo rinunciato a   Vedi anche In Ps 33, 17 §11 [377B]; In Ps 114, 2 § 2 [485B]. Cfr. anche Ps. Basilio Sull’origine dell’uomo I, 5 (SCh 160, 178, 4-24). In tutta questa prima parte del § 2 Basilio rifiuta ogni proiezione antropomorfica sull’essere di Dio. Il principio che regola tale atteggiamento basiliano è quello di riferire a Dio quello che solo gli è conveniente, vedi nota a In Ps 33, 11 § 7 [368B]. 682   Per questa espressione vedi In Ps 7, 2 §2 [232 C], In Ps 7, 11 § 7 [244C] e Attende § 4 [208B]. 681

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causa della frequenza incessante dei mali, allora gioiscono e battono le mani e si rallegrano. Come con Giobbe. Aveva perduto beni (cfr. Gb 1, 14-17); era stato privato di figli (cfr. Gb 1, 18-19), pus e vermi la carne gli emetteva (cfr. Gb 2, 7-8); non questo [fu] di rallegramento all’avversario. Ma se, avendo ceduto ai mali, avesse detto qualche parola blasfema secondo il suggerimento della moglie, allora certo si sarebbero rallegrati i nemici su di lui.683 Questo [309C] anche con Paolo Affamato e assetato e denudato e schiaffeggiato e affaticato e errante (cfr. 1Cor 4, 11-12); non si rallegrava il nemico; al contrario invece si rammaricava vedendolo sopportare in tal modo i combattimenti*, da dire in modo sprezzante: Chi ci separerà dall’agape di Cristo? (Rm 8, 35).

La guarigione e l’intimità con Dio >3.  Signore Dio mio, ho gridato verso di te e mi hai guarito (Sal 29, 3). Beato chi riconosce la propria profonda ferita, a tal punto da poter presentarsi al medico e dire: Guariscimi, Signore, perché le mie ossa sono   Vedi anche In Ps 48, 10 § 5 [441C e 444A]; 48, 19 § 10 [457A]. Anche nelle Regole Basilio fa ricorso al caso di Giobbe. La sua vicenda attesta che certi ostacoli, provocati da Satana (Gb 2, 6) possono presentarsi perché si manifesti la pazienza, spinta fino agli estremi, di qualcuno che così emerge come grande lottatore, come è avvenuto per Giobbe, Rf 55 (1049BC); Rb 275 (1273BC): la prova è per manifestare la pazienza come in Giobbe, che non peccò (Gb 1, 22). Il caso di Giobbe è addotto come esempio di fortezza in De malo 5, 340A e come conferma del fatto che la tentazione sopraggiunge per saggiare il cuore dell’uomo in Destruam § 1 [216B]. A Giobbe che stette per del tempo in silenzio fino a quando aprì la bocca per dire le cose a tutti note si richiama Basilio all’inizio della lettera scritta a Eustazio di Sebaste, Ep 223, 1 (III, 8, 4-10). Giobbe compare come esempio di fortezza anche in Ep 2, 3 (CP 66, 13-18). A Giobbe che dopo del tempo rompe il silenzio si rifa Basilio nel 375 per giustificare la sua presa di posizione pubblica contro Eustazio di Sebaste, Ep 223, 1 (III, 8, 4-10). Origene aveva espresso un concetto analogo sempre riferendosi a Giobbe: le cose che si oppongono ai santi sono un bene per loro, perché avendole superate e vinte, secondo le regole (2Tm 2, 5) essi diventano più gloriosi presso Dio, Origene, Omelie sul Genesi I, 10 (SCh 7bis 48-50, 14-25).

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turbate (Sal 6, 3); e Io dissi: Signore, abbi pietà di me, guarisci l’anima mia perché ho peccato contro di te (Sal 40, 5). Qui in realtà si tratta di rendimento di grazie per la guarigione a lui apportata. Signore -dice infatti- Dio mio (Sal 29, 3). Non di tutti il Dio è Dio, ma di quelli che gli sono divenuti intimi (cfr. Ef 2, 19)*684 mediante l’agape. Dio infatti di Abramo e Dio di Isacco e Dio di Giacobbe (cfr. Es 3, 6; Mt 22, 32). Se fosse Dio di tutti, non avrebbe testimoniato loro questo come un privilegio. E di nuovo Giacobbe: Ti ha soccorso il Dio quello mio (Gen 49, 25). [309D] E Tommaso, raggiunta la convinzione, abbracciando il sovrano:685 Il Signor mio -dice- e il Dio mio (Gv 20, 28). Intima dunque la voce, quella Signore il Dio mio (Sal 29, 3) [312A] e conveniente alla profetica disposizione. Ho gridato verso di te, e mi hai guarito (Sal 29, 3). Nessun intervallo ci fu tra la mia voce e la tua grazia, ma insieme ho gridato ed è sopraggiunta la guarigione. Mentre tu starai ancora parlando -dice infatti- dirò: ecco, ci sono (Is 58, 9). Bisogna dunque che chi prega il Signore gridi fortemente, affinché veloce a noi pervenga la guarigione. Signore, hai ricondotto dall’Ade (inferi) l’anima mia (Sal 29, 4a). Riguardo a questa guarigione ringrazia Dio colui che per la debolezza è pervenuto all’Ade (inferi), ma è stato riportato via dall’Ade* (inferi) mediante la potenza di colui che ha combattuto per noi quello che ha il potere della morte (Eb 2, 14).686

Essere salvati dalla fossa e suo significato letterale Mi hai salvato da coloro che scendono nella fossa (Sal 29, 4b). In molti luoghi sono chiamate fosse i cunicoli sotterranei, approntati a custodia di schiavi. Così è detto infatti nell’Esodo: Dal primogenito [312B]   Altrove Basilio parla della familiarità con la virtù, Adolesc V, 2; cfr. Platone, Repubblica II, 377b, 378e. 685   Invece che Kyrios che forse nel suo tempo aveva perso un po’ di forza, Basilio, come appellativo per Dio e Cristo preferisce usare Despotēs, sulla linea attestata dalla lettera di Giuda 4 (cfr. Ap 6, 10); cfr. anche In Ps 14B § 5 [277C]; In Ps 32, 1 § 1 [324B]; In Ps 33, 3 § 2 [356A]; In Ps 61, 2 § 1 [472B]; In Ps 61, 13 § 5 [481C]; In Ps 114, 1 §1 [485B]; In Ps 114, 8 § 5 [492C]; In Ps 115, 3-4 § 4 [109B]; In Ps 115, 6 § 4 [112A], §5 [112D, 113A]; Destruam § 3 [265D]; Princ Joannis § 1 [472B] e § 4 [481B]. Per Despotēs unito anche ad altri titoli cristologici (re medico maestro…) cfr. anche De malo 3, 333C (medico salvatore); De iudicio 656A (re Dio), 672A (anche Kyrios); Rb 301, 1296B (Despotēs Dio maestro); De Spir s VIII, 17, 27-28 (re e medico); Ep 105 (II, 7, 29: regno e divinità). 686   Vedi In Ps 45, 4 § 3 [421A] e In Ps 48, 15 § 9 [453B], sempre collegati con Eb 2, 14. 684

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del Faraone fino al primogenito della schiava che è nella fossa (Es 12, 29). Ma anche Geremia gettarono nella fossa (cfr. Ger 38, 6); e anche Giuseppe per invidia i fratelli chiusero in una fossa che era senza acqua (cfr. Gen 37, 24).687 Ogni azione dunque o ci conduce verso le cose in basso, rendendoci pesanti a causa del peccato,688 o ci alleggerisce verso le cose in alto (Col 3, 1) fornendoci di ali689 verso Dio. Hai dunque salvato me che prima ero in   Vedi per il tema della fossa In Ps 7, 16 § 8 [248D-249ABCD].   In rapporto a tale aspetto, collegato col motivo delle ali, Basilio descrive gli uomini preoccupati delle cose mondane come uccelli grossi e pesanti che, nonostante le ali, non possono alzarsi nell’aria ma vengono trascinati in basso, Ep 293, 3 (III, 167); cfr. anche Ep 2, 2 (CP 62). Al riguardo egli fa pure dell’humour; vorrebbe avere le ali come dice il salmista (Sal 54, 7), ma gli mancano non solo le ali ma anche il corpo per volare, Ep 140, 1 (II, 60, 1-5), alla Chiesa di Antiochia. Anche qui va colto il motivo delle due vie. 689   Il motivo delle ali rappresenta una eco di Platone, Fedro 246a3-249d3 (in particolare 248be) ma anche del Sal 54, 7; cfr. anche Plotino, Enneadi VI, 7, 22 (l’anima mette le ali e si eleva); Enneadi I, 8, 14 (citazione di Platone, Fedro 246b7-c1: le anime sono alate e perfette). Le persone nutrite con le autentiche parole della verità mettono le ali per volare al cielo, dice Clemente Alessandrino, Stromati I, 1, 4, 3. Metodio di Olimpo riporta l’opinione di Aglaofone, cristiano platonizzante, per il quale si brucia nella voluttà l’ala spirituale della ragione, Metodio di Olimpo, La risurrezione I, VI, 2. Si vedano ancora Basilio di Ancira, Sulla verginità II PG 30, 672B; Gregorio di Nissa, Sulla verginità II, 3; XI, 4 (SCh 119, 270, 6-7; 386, 2-3); Omelie sulle beatitudini II, 1.2; Vita di Mosè II, 224-225-226 (SCh 1, 260262); Sui titoli dei salmi II, 65 (SCh 466, 434, 23-24); Omelie sul Cantico XV (GNO VI, 448, 2-16). In questo ultimo testo il Nisseno, muovendo da Ct 6, 5 (nella versione della LXX), pensa alata la condizione originaria dell’uomo a immagine di Dio in cui le ali rappresentano potenza beatitudine e incorruttibilità, Omelie sul Cantico XV (GNO VI, 448, 2-16). Anche lo Ps. Macario fa spesso riferimento alle ali per caratterizzare la condizione dell’anima che il Signore ha fatto alata, Ps. Macario, Omelie spirituali (II) 47, 5; (II) 2, 3: lo Spirito, fornendole le ali (Sal 54, 7), fa volare l’anima; cfr. anche (II) 1, 9; 44, 5; 47, 2. Per Ambrogio le ali ci portano alle regioni superiori, Ambrogio, De Isac vel anima (Isacco o l’anima), 8, 78. Sulle ali dell’anima nel Nisseno cfr. M. Harl, Références philosophiques et références bibliques du langage de Gregoire de Nysse dans ses ‘Orationes in Canticum canticorum nel La langue de Japhet. Quinze études sur la Septantte et le grec des chrétiens, Paris 1992, 238239. Cfr. A. d’Alès, Les ailes de l’âme in Ephemerides Theologicae Lovanienses 10 (1933), 63-72; P. Courcelle, Tradition néoplatonicienne et tradition chrétienne du ‘vol de l’âme’, in Annuaire du Collège de France 1963, 376-388 e 1964, 392-404; Id., Flügel der Seele in RAC VIII (1972), 40-50. Anche l’olandese Erasmo da Rotterdam (1466/69-1536) nel libro Enchiridion militis Christiani (1501-1505) richiamerà tale dato platonico quando dirà: «O fratello, non strisciare sul suolo come una bestia. Assumi le ali che, secondo Platone, il fuoco d’amore fa crescere nell’anima. Superando il corpo elevati sino allo spirito, passa dal visibile all’invisibile, dalla lettera al senso mistico, dal sensibile all’intelligibile, da ciò che è involuto a ciò che è semplice e schietto», cit. in Roland H. Bainton, Erasmo della cristianità, Firenze, 1970, 72. Riconoscendo il debito della cultura europea nel suo insieme verso Platone e i suoi Dialoghi, il russo Florenskij poteva affermare: «Non esiste uomo che, seppur per un 687 688

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una vita malvagia, avendomi strappato da quelli che scendono in un luogo tenebroso e freddo. Questo è dunque il mi hai afferrato da sotto (Sal 29, 2a). Cioè a dire, mi ha portato via dal moto verso il basso, per non dare occasione che i nemici si rallegrino su di me (cfr. Sal 13, 4; Sal 35, 19; Sal 38, 17). Cosa dunque che ha detto altrove, che predisponendo i miei piedi come di cervo e collocandomi sulle alture (Sal 17, 34), chiama il salire sulle alture scampo dalla fossa [312C] e afferrare da sotto.

Salmodiare con cuore puro Salmodiate al Signore, o fedeli suoi (Sal 29, 5a). Non se uno con la bocca proferisce i termini del salmo, questi salmodia al Signore; ma quanti da un cuore puro emettono le salmodie e quanti sono fedeli, salvaguardando la giustizia verso Dio, questi possono salmodiare a Dio seguendo in modo armonico i ritmi spirituali. Quanti dopo la fornicazione stanno qui, quanti dopo il furto! Quanti stanno nascondendo nei cuori inganno, quanti falsità! Credono di salmodiare, senza in realtà salmodiare. Infatti ‘il discorso salmico’ chiama il fedele alla salmodia. Non può un albero malvagio fare frutti buoni690 (cfr. Mt 7, 18), né cuori malvagi mandare fuori parole di vita. Rendete -dunque- bello/buono l’albero e belli/buoni anche i suoi frutti (Mt 12, 33). Purificate* i cuori (cfr. At 15, 10), affinché portiate frutto (cfr. Gv 15, 1-4) nello spirito e possiate, divenuti fedeli, salmodiare assennatamente al Signore. [312D]

Confessione e ringraziamento >4.  E confessate alla memoria della sua [313A] santità (Sal 29, 5b). Non disse ‘confessate alla sua santità’, ma alla memoria della sua santità (Sal 29, 5b), e cioè rendete grazie (cfr. 1Ts 5, 18). Qui infatti la confessione è assunta al posto di* rendimento di grazie. Rendete grazie dunque, poiché nella memoria della sua santità vi trovate; voi che in precedenza, a causa dell’addentrarvi profondamente nel male e per l’essere imbrattati dalle attimo, non sia stato seguace di Platone. Chi può dire di non essersi sentito spuntare le ali dell’anima? Chi non l’ha sentita levarsi verso la contemplazione diretta, immediata di ciò che la grigia coltre di nuvole del quotidiano nasconde alla vista? Chi, grazie all’eros, non ha toccato profondità della conoscenza alle quali la ragione non ha accesso?», P.A.Florenskij, Realtà e mistero, Milano, 2013, 16. 690   Basilio sostituisce con ‘buoni’ il matteano ‘belli’.

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impurità della carne (cfr. Gal 5, 19; Rm 6, 19), siete incappati nell’oblio della santità di Colui che vi ha creati (cfr. Sal 94, 6; 3Mac 2, 3.9; Sir 24, 8; Col 1, 16; Ap 4, 11). Dunque per ‘l’espiazione dei peccati’ (cfr. Es 30, 10; 1Gv 4, 10), confessate riguardo alle azioni da voi compiute prima non rettamente.

Ira e indignazione di Dio Perché ira nella sua indignazione e vita nel suo volere (Sal 29, 6ab). Prima ha detto la cosa spaventevole, ira nella indignazione di Dio; in seguito la cosa più lieta, la vita nel suo volere. Sembra essere una tautologia691 per quanti non sono capaci di afferrare la precisione* dei significati, [313B] poiché il Profeta dice che c’è ira nella indignazione di Dio, come se fossero la stessa cosa ira e indignazione; quando [c’è] moltissima differenza. Indignazione è infatti la decisione che siano inflitte alcune di queste punizioni spaventevoli a chi ne è degno, mentre ira è già il travaglio e la punizione inflitte dal giusto giudice (cfr. 2Tm 4, 8) secondo la misura dell’ingiustizia.692 Da un esempio diventerà più comprensibile quanto dico. Il medico, dopo aver esaminato la parte infiammata e ulcerosa all’interno, giudica essere necessario al malato il taglio. Questo la Scrittura chiama indignazione. Dopo il giudizio del medico sull’intervento tiene dietro per il resto l’attività che traduce in fatto concreto ciò che è stato deciso, il ferro che taglia e che procura dolore a colui che viene operato.693 [313C] Questo è stato chiamato ira di Dio. Vieni dunque al soggetto e scoprirai la consequenzialità* del pensiero.694 Perché ira nella sua indignazione (Sal 29, 6a). Pena secondo il giusto giudizio di Dio; vita nel suo volere (Sal 29, 6b). Che dice dunque? Che quello che vuole Dio è questo, che tutti partecipino alla sua vita;695 le circostanze dolorose non sono affatto suscitate dal suo volere, ma vengono prodotte a castigo di quelli che hanno peccato. 691   L’attenzione alla ‘tautologia’ è specifica di Basilio, diversamente da Origene, Eusebio, Didimo (cfr. I. Trabace, Le fonti dell’Hom. In Ps. 29 di Basilio di Cesarea, 295-296). Qui appare ancora l’attenzione esegetica basiliana alla precisione terminologica. 692   Sia pure in un contesto diverso, ossia in riferimento alle reazioni dell’uomo davanti alle offese, Basilio opera la medesima distinzione tra ira e indignazione anche nell’omelia De ira § 6 369A. 693   Cfr. De malo 3, 333B: Dio agisce come un bravo medico, anche quando deve incidere e tagliare. Anche in Massimo Confessore, Centurie sulla carità III, 82 (PG 90, 1041C): dolori e afflizioni come farmaci di un medico; Nicola Cabasilas, Vita in Cristo I, 5 (513C). 694   Basilio esplicita il criterio base dell’impianto della sua esegesi. 695   Secondo Basilio l’uomo è uno che ha avuto l’ordine e la grazia di diventare ‘dio’. Vedi l’Introduzione.

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Dio dunque per suo proprio volere fa grazia della vita ad ognuno, l’ira ciascuno tesaurizza per sé nel giorno di ira e di rivelazione e di giusto giudizio di Dio (Rm 2, 5). [È] abituale* per la Scrittura collocare prima le cose dolorose di quelle più piacevoli; perché è più dolce il godimento, se si è verificato prima di esso ciò che procura dolore. Io infatti ucciderò -dice- e [313D] farò vivere (Dt 32, 39). Il beneficio [viene] per secondo, dopo la punizione. Percuoterò, e io stesso guarirò (Dt 32, 39). Egli stesso infatti fa soffrire e di nuovo ristora; colpì e le sue mani guarirono (Gb 5, 18).696 Viene prima ciò che fa soffrire, affinché per noi le grazie diventino più durevoli, poiché ci siamo sforzati a nostra volta con impegno per custodire ciò che è stato donato.697

Dal lamento all’esultanza Al vespro si accamperà lamento e all’alba esultanza (29, 6cd). Ricordati del momento della [316A] passione del Signore e troverai ciò che viene indicato. Al vespro infatti si accampò il lamento nei discepoli del Signore, quando lo vedevano appeso (cfr. At 5, 30; Gal 3, 13) alla croce; all’alba esultanza, quando dopo la resurrezione correvano con gioia (cfr. Mt 28, 8) dando gli uni agli altri gli annunci della visione del Signore.698 O forse anche in senso globale vespro è detto questo tempo, nel quale quelli che hanno pianto secondo le beatitudini, quando sarà giunta l’alba, verranno consolati.699 Beati -infatti- quelli che sono afflitti, perché essi   Compare il richiamo alla medicina, cui Basilio dà sempre attenzione e rilievo, per asserire che certi castighi di Dio sono come dolorose terapie e come amare medicine; vedi indice tematico ed anche Rb 158; Rf 55 (1045D-1048A). Sul valore della ‘disciplina’ divina (con l’esempio questa volta del maestro che infligge frustate ai fanciulli) vedi Princ Prov § 5 [396ABCD-397A]. Il ricorso all’arte del medico per ‘giustificare’ l’atteggiamento ‘di ira’ di Dio compare già in Origene che conosce l’‘economia dei castighi” e che, per fini parenetici, richiama insieme anche Dt 32, 39 e Gb 5, 18; cfr. I. Trabace, Le fonti dell’Hom. In Ps. 29 di Basilio di Cesarea, 295. In generale per l’Alessandrino occorre cogliere la disciplina pedagogica di Dio in quelli che sembrano suoi castighi e punizioni, Origene, Omelie sull’Esodo III, 3 (SCh 321, 100-102). 697   Basilio esprime qui la consapevolezza che nella vita umana tutto è stato donato. 698   Basilio rapporta la resurrezione del Cristo all’alba (cfr. Mc 16, 2; Gv 20, 1) anche in In Ps 45, 6 § 5 [425A] e in In Ps 48, 15 § 9 [453A]. 699   Questo passo basiliano sul v. 6b, -come segnala M. Girardi, Basilio, 94-95- si ispira a Origene, Omelie sul Genesi 10, 3 (SCh 7bis 264-266); Omelie sull’Esodo VII, 7-8 (SCh 321, 228-234). Per la sera come simbolo della vita terrena cfr. sempre in Origene, Omelie su Levitico 5, 5; 13, 2 (SCh 286, 230; SCh 287, 204); Commento al Cantico dei Cantici 2, 4, 28 696

La bellezza: virtù teoretica distinta dalle virtù pratiche

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verranno consolati (Mt 5, 4). Beati quelli che piangono perché essi rideranno (cfr. Lc 6, 21). Quelli dunque che hanno trascorso i giorni di questo tempo, che è già alla fine (cfr. Mt 13, 39.40.49; Mt 24, 4) e già è inclinato verso il proprio tramonto, nel piangere i propri peccati, questi esulteranno quando sopraggiungerà quella vera alba. Quelli che ora -infatti- seminano nelle lacrime, mieteranno in allegrezza (Sal 125, 5); chiaramente per il secolo a venire.700 [316B] >5.  La prosperità dell’anima Io ho detto nella mia prosperità: non vacillerò in eterno (Sal 29, 7). Come prosperità di una città è l’abbondanza delle merci sul mercato e diciamo che una regione è prospera perché ha ben prodotto molti frutti; così anche si dà una certa prosperità dell’anima, di quella ricolmata di ogni genere di opere; [anima] che occorre prima di tutto che sia coltivata accuratamente e allora che venga ingrassata di abbondanti irrigazioni di acque celesti, così che porti frutti il trenta e il sessanta e il cento per cento (Mc 4, 8.20; cfr. Mt 13, 8), e ottenga quella benedizione che dice: Sono benedetti i tuoi magazzini e le tue provviste (Dt 28, 5). Colui dunque che avverte la propria stabilità, dirà con confidenza e potrà confermare che non sarà travolto dall’avversario, come un campo pieno, che il Signore ha benedetto: [316C]

La bellezza: virtù teoretica distinta dalle virtù pratiche Signore nel tuo volere hai procurato potenza alla mia bellezza (Sal 29, 8a). Coloro che si sono dedicati alla ricerca sul tema delle virtù, hanno affermato che alcune si costituiscono derivando da speculazioni teoriche, altre non teoretiche; come ad esempio la prudenza è costituita di speculazioni sul tema delle cose buone e cattive; mentre la saggezza dalla ricerca sulle cose da scegliere e da fuggire; e la giustizia dalla ricerca sulle cose che vanno distribuite e non distribuite; e la fortezza dalla ricerca sulle cose che (SCh 375, 344); Omelia III sul salmo 36, III; Commento a Giovanni X, XVIII, 108 (SCh 157, 446, 38-42); Commento alla lettera ai Romani IX, XXXII (1233B). 700   Basilio non mette in primo piano l’esegesi cristica; la vicenda del Cristo fa solo da sfondo alla reazione degli apostoli. È a partire di qui che poi introduce l’interpretazione mistica/ anagogica applicata ad ogni singola anima alla luce della prospettiva escatologica. In ciò egli si distanza dall’interpretazione di Origene, che comunque sa che certe espressioni, come queste del Sal 29, 7, sono dette dall’umanità del Salvatore (tou Sōtēros…to anthrōpinon), Origene, Frammenti sui Salmi 29, 7 (PG 12, 1296A).

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intimoriscono e non intimoriscono;701 e [hanno detto] che invece bellezza e forza sono virtù [317A] non teoretiche, che sono conseguenti a quelle derivanti dalle speculazioni.

- La bellezza dell’anima e necessità della Grazia di Dio In relazione infatti alla simmetria e all’armonia delle speculazioni dell’anima, alcuni dei sapienti hanno inteso la bellezza;702 mentre hanno inteso la forza in relazione al portare a compimento ciò che viene indicato dalle virtù teoretiche. Tuttavia, affinché e bellezza sopraggiunga nell’anima e potenza sia capace di portare a compimento le cose dovute, abbiamo bisogno a tal fine della grazia di Dio.703 Come dunque ha detto sopra che vita nel tuo volere (Sal 29, 6b), così ora innalza Dio mediante il rendimento di grazie dicendo che nel tuo volere hai procurato potenza alla mia bellezza (Sal 29, 8a).

- La bellezza originaria avanti la caduta Bello ero infatti secondo la natura, ma debole per l’essere morto col peccato   Per le quattro virtù teoretiche vedi anche In Ps 1, § 2, [213AB] e Princ Prov § 14 [417A]. La prudenza (phronēsis) è definita in modo simile nell’omelia Princ Prov § 6, [397C]; per la definizione della giustizia vedi In Ps 14A, 4 § 5 [260A] e Princ Prov § 8 [401B]. Per Basilio anche negli uomini ci sono ‘virtù secondo natura’, e la protensione familiare (oikeiōsis) dell’anima verso di esse non viene da insegnamento di uomini, ma dalla natura stessa. Pertanto la temperanza (sōphrosynē) è lodata da tutti; e la giustizia (dikaiosynē) approvata, e la fortezza (andreia) è ammirata e la prudenza (phronēsis) ricercata, Hex IX, 4, 1-2. Anche nell’Ep 2, 3 (CP 66, 13-24) egli si riferisce a queste quattro virtù adducendo alcuni esempi di personaggi biblici (Giobbe, Davide, Mosè). Chiaramente la virtù ‘secondo natura’ si oppone alla passione dell’anima che è movimento contro natura; cfr. Crisippo, SVF III, 476. La definizione delle quattro virtù ‘teoretiche’ riprende analoghe definizioni dello stoico Crisippo, SVF III, 262: prudenza (phronēsis), temperanza (sōphrosynē), giustizia (dikaiosynē), fortezza (andreia). Nella Sentenza 32 Porfirio distingue le virtù catartiche, contemplative, paradigmatiche e politiche che egli analizza prima di tutte; a queste politiche appartengono la prudenza (anima razionale), la fortezza (anima irascibile), la temperanza (concordia tra concupiscibile e razionale) e la giustizia (attribuzione del giusto compito), che mirano alla moderazione delle passioni e al vivere secondo natura. Cfr. G. Girgenti, Porfirio, 112-113. Basilio richiama anche virtù ‘non teoretiche’ come bellezza e forza, conseguenti alle precedenti, secondo una distinzione operata dallo stoicismo più recente (cfr. Pohlenz, La Stoa, I, 498-499). 702   Per la bellezza come simmetria delle parti cfr. SVF III, 471a. Vedi anche In Ps 44, 4 § 5 [400C] in cui si parla di bellezza come armonia nella composizione delle membra. 703   Basilio sottolinea la presenza della Grazia che precede l’uomo e il suo impegno nella virtù; un altro modo per confermare l’indispensabilità della Grazia e che tutto è dono. 701

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in seguito all’insidia del serpente704 (cfr. Gen 3, 13). Alla mia bellezza, dunque, che ricevetti da te nella prima creazione, hai aggiunto potenza, quella che realizza le cose dovute. [317B]

- La vera bellezza, propria della natura divina, trasforma l’uomo Bella certo [è] dunque ogni anima che viene contemplata nella giusta proporzione delle proprie capacità; ma autentica bellezza e la più amabile, contemplabile da quello solo che tiene puro* il proprio intelletto, [è] quella che concerne la divina e beata natura (cfr. 2Pt 1, 4).705 Chi ha fissato i fulgori e le grazie di tale bellezza viene a partecipare di qualcosa di essa, colorandosi, come da un bagno [in una tinta], di un certo fulgore fiorente nel proprio aspetto.706 Così anche il volto di Mosè fu riempito di gloria (cfr. Es 34, 30.35), per l’aver mutato la sua bellezza nell’intrattenersi con Dio.707 Chi dunque ha percepito la propria virtù, emette questa voce di ringraziamento: Signore, nel tuo volere hai procurato potenza alla mia bellezza (Sal 29, 8a).

Vizi teoretici: turpitudine e debolezza Come dunque alla virtù teoretiche seguono quelle non teoretiche, la [317C] bellezza e la potenza; così ci sono alcuni vizi non teoretici, la turpitudine e la debolezza. Che cosa infatti di più deforme e orripilante di un’anima preda di passioni? Guardami l’iroso e la ferocia in lui. Osserva la persona triste   Vedi In Ps 45, 2 § 1 [416D].   Su questo aspetto della bellezza/divinità e sull’esigenza della purificazione per essere in grado di contemplare la bellezza Basilio ritorna più volte; vedi ad es. In Ps 45, 9, § 7, [428A] e anche In Ps 33, 4 §3 [357BC]; vedi inoltre indice ricorrenze. Il tema ricorre anche nel Com Is V, 175, 412CD: «Chi non crede nel Signore, non si incontra con la natura della vera bellezza, né accoglie la sua contemplazione. Non è infatti un godimento che si prova nell’armonia delle membra, o nel colorito di un corpo fiorente; ma la Bellezza per eccellenza presente nella divina natura si conosce solo con la mente purificata in modo perfetto, come dice il Salmo: A motivo del tuo splendore e della tua bellezza (Sal 44, 4). Colui dunque che non percepisce con l’occhio interiore i raggi della divina bellezza, chiama brutto il bello e, se nega questo, aderisce evidentemente al suo contrario». Il Nisseno dirà che il Bello è necessariamente amabile, Gregorio di Nissa, Sull’anima e la resurrezione IV, 2 (PG 46, 96C; GNO III/3, 70, 21-71, 1). Sul «Bello in sé e veramente amabile, la cui visione è riservata solo alle anime pure» cfr. Com Is V, 162, 385A. 706   Idee analoghe Basilio esprime in De Spir s IX, 23, 15-20. 707   Origene aveva posto attenzione alla gloria di Mosè, Origene, Omelie sull’Esodo XII, 3 (SCh 321, 358-362). 704 705

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e la miseria e l’abbattimento dell’anima [che sono] in lui. Quello caduto nelle voluttà o nelle voracità, o atterrito dalle paure, chi potrebbe anche solo sostenere di guardarlo? La disposizione dell’anima infatti si diffonde fino alle estremità del corpo; come pure dunque le tracce della bellezza dell’anima traspaiono nell’atteggiamento del santo.

Lo Sposo Logos/Verbo cerca la bellezza della Sposa Dobbiamo dunque aver premura della bellezza, affinché anche lo Sposo Logos/Verbo,708 dopo averci accolti, dica: Tutta bella, o mia vicina e macchia non c’è in te (Ct 4, 7). [317D]

Il turbamento che nasce quando Dio allontana il suo volto >6.  Hai allontanato il tuo volto e sono rimasto turbato (Sal 29, 8b). Fino a quando, dice, i raggi del tuo sguardo hanno brillato su di me, mi conducevo in una disposizione ferma* [320A] e non turbata; ma, dopo che hai allontanato il tuo volto, la passionalità e lo sconvolgimento dell’anima sono stati denunciati. Viene detto che Dio allontana il proprio volto, quando nei momenti delle difficoltà abbandona esposti alle prove*, perché sia conosciuta la forza di chi combatte*.709 Se dunque la pace,710 la quale sorpassa ogni intendimento, custodirà i nostri cuori (Fil 4, 7), possiamo sfuggire il turbamento e la confusione delle passioni.711 Poiché dunque l’allontanamento si contrappone al volere di Dio, alla bellezza e allo splendore e alla potenza il turbamento; il turbamento sarebbe turpitudine e debolezza712 d’anima sopraggiunta per l’estraneità a Dio. 708   Vedi In Ps 44, 10 § 9 [408C] e In Ps 44, 11-13 § 10 [409B]. Espressioni nuziali compaiono più avanti: gamika endymata, nymphōn, «vesti nuziali», «stanza nuziale»; vedi in In Ps 29, 11 § 7 [321C]. Parla dello «sposo vero, il Dio Logos» il Com Is X, 233. 709   Qui si trovano uniti concetti base della spiritualità basiliana: prova e combattimento. 710   Il fine della lotta contro le passioni è il raggiungimento della pace; stessa idea in Ieiun II 2, 5, 193A (pace profonda, atarassia); 3, 7, 213C (calma, serenità), 10, 5, (364B fermezza, calma). Tale prospettiva ricorre anche in Clemente Alessandrino, Stromati IV, 6, 40, 2; II, 20, 108, 1-4; in Origene: «Si vero principali cordis tranquillitas, serenitas, pax fructum fecerit, sciamus quia Hierusalem versetur in ea; visio quippe pacis intrinsecus est», Origene, Omelie su Ezechiele XII, 2 (SCh 352, 384, 43-46; GCS VIII 433, 18); Sul martirio 31, I 27, 15. Cfr. anche Gregorio di Nissa, Sulla perfezione, GNO VIII/1, 183, 19-184, 21. 711   Le passioni causa di ‘confusione’ e ‘turbamento’ anche in In Ps 33, 4 § 3 [357B]. 712   Basilio vede la passione come molteplice debolezza presente nella conoscenza, come si esprime nel De Bapt 1601B; cosa questa vicina al concetto di passione dello Stoicismo,

Il peso della carne e grido dell’anima e giusto uso del corpo

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Preghiamo dunque che sempre risplenda su di noi il volto di Dio, affinché possiamo essere in una disposizione [320B] conveniente al sacro e miti e in ogni modo imperturbati grazie all’essere preparati al bene/bello.713 Mi preparai -dice infatti- e non fui turbato (Sal 118, 60).

Il peso della carne e grido dell’anima e giusto uso del corpo Verso di te, Signore, griderò e il mio Dio supplicherò (Sal 29, 9). Spesso viene detto riguardo al gridare verso il Signore, che il gridare è proprio soltanto di chi brama cose grandi e del cielo. Per cui, se qualcuno chiede a Dio cose piccole e terrene (cfr. Gc 4, 2),714 fa uso di una piccola e misera voce, non capace di sollevarsi in alto, né capace di pervenire alle orecchie del Signore.715 Quale utilità nel mio sangue, nel precipitare di me nella corruzione? (Sal 29, 10ab). Perché -dice- ho gridato? E riguardo a cosa ho supplicato te, il Signore mio e il Dio mio? Quale utilità per me, dice, da salute di corpo e da abbondanza di sangue, quando il corpo sta [320C] per essere dato in breve tempo alla comune dissoluzione? Ma io colpisco il mio corpo e lo riduco a schiavitù (1Cor 9, 27), perché, se il mio sangue è vigoroso e ribolle fortemente,716 la pinguedine carnale non si trasformi in occasione di peccato.717 cfr. SVF I, 205, 206, 207, 208, 209. 713   Vedi anche In Ps 33, 4 § 3 [357C] e Princ Prov § 15 [420B]. Compito dell’uomo è dunque raggiungere la tranquillità, come del resto Basilio dice in Ep 2, 2 (CP 62, 22). A tal fine occorre essere preparati al bello; cosa questa ripresa e sviluppata da Gregorio di Nissa, Omelie su Qoelet VIII, 2 406, 22-410, 48 (GNO V, 418, 6-419, 8: se fin dall’inizio la natura umana fosse stata educata a discernere il bello da quello che non lo è, le passioni non avrebbero avuto accesso nella nostra vita. Naturalmente è vero anche il contrario: quando l’irrazionale è il criterio del bene, allora subentrano le passioni); Contro Eunomio III, IV, 29 (GNO II, 145, 1-2); Sull’anima e la resurrezione II, 2 (PG 46, 61ABC; GNO III/3, 42, 4-43, 16); Discorso sui defunti 21 (CP 76, 35-78, 11; GNO IX, 67, 2-20). 714   Il testo omiletico basiliano, che non ha nulla in comune con Eusebio né con Didimo, richiamerebbe un agraphon presente in Origene e Clemente Alessandrino, cfr. I. Trabace, Le fonti dell’Hom in Ps 29 di Basilio di Cesarea, 299. 715   Vedi In Ps 28, 9 § 7 [301C], In Ps 33, 7 § 5 [361D-364A] e In Ps 33, 18 § 12 [377CD380A]. Anche dopo nel commento al v.11 Basilio ritorna al gridare dell’uomo a Dio. 716   Diversamente da Basilio, Origene, Didimo e Eusebio danno del sangue una interpretazione cristologica, cfr. I. Trabace, Le fonti dell’omelia In Ps 29 di Basilio, 301. Sul sangue che ribolle vedi De ira § 2 356C (il sangue ribolle intorno al cuore). 717   Il richiamo a 1Cor 9, 27 ritorna nella lettera di Basilio al prete Melezio (Ep 205, II, 181, 5); cfr. anche Ep 207, 2 (II, 185, 9) con richiamo di 2Cor 4, 10; Mt 16, 24 e Gal 5, 24. In questa

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Non blandire la tua carne con sonni e bagni e con molli giacigli, sempre ripetendoti questa parola: Quale utilità nel mio sangue, nel mio precipitare nella corruzione? (Sal 29, 10ab). Perché curi quanto tra breve tempo si corromperà?718 Perché ti porti all’ingrasso e ti ricopri di carne?719 O ignori che, quanto più ti rendi spessa la carne, tanto più gravoso prepari all’anima il carcere?720

Libertà per la lode e la verità Non ti attribuirà lode la polvere o annunzierà la tua verità? (Sal 29, 10cd). Come l’uomo impastato di polvere721 (1Cor 15, 47-48) e carnale (cfr. 1Cor 3, 1.3) attribuirà lode [320D] a te Dio? E come anche annuncerà la verità colui che non ha mai dato spazio agli insegnamenti e che ha la sua mente incassata in tanto peso della carne?722 Per questo consumo la mia carne e non risparmio il sangue, il quale suole trasformarsi in carne, affinché nulla mi impedisca sia la confessione di lode sia l’ intelligenza della verità.723

Esperienza del soccorso di Dio. Il pianto mutato in gioia. La luce cristica illumina anche la vicenda del profeta >7.  Udì il Signore e ebbe pietà di me; il Signore è divenuto [321A] il mio aiuto (Sal 29, 11). Dopo aver esposto quali erano le cose che ha gridato a Dio, subito avvertendo il soccorso di Dio, esortandoci alla richiesta di cose simili,

prospettiva si comprende il frequente richiamo al digiuno (cfr. ad es. Ep 223, 2, III 20, 23). 718   Anche in Attende § 3 [204C] Basilio sottolinea la necessità di disprezzare la carne che passa e di prendersi cura dell’anima immortale. 719   Il passo richiama Origene (?), Frammenti sui Salmi 29, 10 (PG 12, 1296CD). 720   Basilio contrappone retoricamente pachyteran a baryteron. L’idea di corpo/carcere, di derivazione orfico-pitagorica, è presente in Origene, I Principi I, 1, 5; (SCh 252, 98, 125127); Omelie su Luca XV, 1 (GCS 49, 92; SCh 87, 232). Basilio altrove afferma che occorre trascinare il corpo come un’ombra sulla terra e custodire l’anima come concittadina dei celesti, De Bapt 1561C. 721   Vedi In Ps 7, 6 § 3 [236B] per il medesimo collegamento tra polvere e carnale. Per l’aggettivo choikos vedi anche In Ps 48, 19 § 10 [456C]. 722   Vedi In Ps 32, 17 § 9 [345C] e Attende § 3 [204D]. 723   Per tali concetti si possono richiamare Origene, Eusebio e Didimo; ma ciò che li accomuna è il richiamo al testo di Paolo di 1Cor 15, 47-48.

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Udì -dice- il Signore ed ebbe pietà di me; il Signore è divenuto il mio aiuto (Sal 29, 11).

a. Mutamento del pianto in gioia Preghiamo dunque anche noi e emettiamo il grido spirituale, chiedendo cose grandi,724 senza affaticarci per la carne, quanti -infatti- sono nella carne, a Dio non possono piacere (Rm 8, 8), affinché il Signore ascolti anche noi, avendo avuto pietà della nostra debolezza, e dopo aver beneficiato dell’aiuto divino, anche noi possiamo dire: Hai mutato il mio pianto725 in gioia per me (Sal 29, 12a). Non per un’anima qualsiasi sorge la gioia di Dio, ma se uno ha molto pianto sul proprio peccato, con forti gemiti e incessanti lamenti, come se avesse fatto lamento sulla propria morte, di questo tale il pianto viene mutato in gioia. [321B] Che si dia un piangere lodevolmente, lo mostrano i ragazzi che stanno seduti sulle piazze, i quali dicono: Abbiamo cantato lamenti per voi e non avete pianto; abbiamo suonato il flauto per voi e non avete danzato (cfr. Lc 7, 32).726 Il flauto è uno strumento musicale che si serve dello spirito come sinergico per la melodia. Per cui ritengo che ogni santo profeta venga tropicamente chiamato flauto, a causa del movimento [suscitato] dal Santo Spirito.727 Per questo, dice, Abbiamo suonato il flauto per voi e non avete danzato (Lc 7, 32). Le parole profetiche, infatti, ci esortano verso l’azione ben armoniosa della santa profezia, la quale [azione] è detta ‘danza’.

b. lamenti per i peccati Ma fanno anche lamenti per noi i profeti, richiamandoci al pianto, affinché, pervenuti mediante le parole profetiche alla percezione dei nostri propri peccati,728 piangiamo [321C] la nostra rovina, dopo aver mortificato la   Si veda quanto Basilio dice qui sopra commentando il v. 9.   Si è qui tradotto con ‘pianto’ il sostantivo kopetos (letteralmente il ‘picchiarsi il petto gemendo’, collegato etimologicamente al verbo koptomai nel senso di ‘battersi il petto’). 726   Qui Basilio cita per prima la seconda parte del versetto; inoltre egli sostituisce il verbo lucano eklausate (da klaiō) col il verbo ekopsasthe da koptomai (‘battersi il petto’, qui tradotto comunque per comodità con ‘piangere’) che riprende il sostantivo del Sal 29, 12 727   Per il movimento suscitato dallo Spirito nell’anima vedi In Ps 45, 1 § 1 [416C]. 728   È determinante per Basilio giungere alla conoscenza e alla formulazione del proprio o dell’altrui peccato: «La malizia che si tace è nell’anima una malattia occultamente suppurante... e il nascondere il peccato vuol dire contribuire a dare la morte al malato. È detto… sono meglio i rimproveri fatti apertamente dell’amicizia nascosta (Pr 27, 5)», Rf 46. 724 725

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VI. SALMO 29

nostra carne in travagli e fatiche. Ad un uomo tale dunque viene lacerata la veste del lutto, nella quale si era avvolto mentre piangeva il proprio peccato. Gli vengono fatti indossare, invece, la tunica della letizia e il mantello della salvezza, questi abiti luminosi e nuziali, ornato dei quali non verrà allontanato dal talamo nuziale (cfr. Mt 9, 15 e Mt 22, 11-13).729

Effetti dell’intervento di Dio Hai lacerato il mio sacco e mi hai circondato di letizia (Sal 29, 12b). Il sacco coopera alla conversione, essendo simbolo di umiltà. Da tempo sedendo nel sacco -dice infatti- e nella cenere si sarebbero convertiti (Lc 10, 13; cfr. Mt 11, 21). E poiché l’ Apostolo a faccia scoperta si trasforma nella medesima immagine di gloria in gloria (cfr. 2Cor 3, 18), chiama propria gloria la grazia datagli [321D] dal Signore. Affinché salmeggi a te la mia gloria (Sal 29, 13a). Gloria di giusto lo spirito [che è] in lui. Colui dunque che salmeggia nello spirito, dica: Affinché [324A] salmeggi a te la mia gloria, e io non sia trafitto (Sal 29, 13a). Non farò più, dice, cose che meritano che il cuore sia trafitto e perforato a causa del ricordo del mio peccato.

  Giunge come improvviso un balzo mistico nella riflessione omiletica basiliana. Si osservi che Basilio, mentre qui collega il talamo nuziale di Mt 9, 15 con la parabola degli invitati a nozze (Mt 22, 11-13), nell’omelia Princ Prov § 6 [400C] lo collega alla parabola delle vergini (Mt 25, 1-13). Anche nel Com Is VII, 195 vien detto che chi ha pronta la veste nuziale non verrà gettato fuori del talamo dello sposo (Mt 22, 13). Origene, facendo riferimento alla parabola matteana, interpreta la veste nuziale in chiave morale: la buona condotta permette di accedere al banchetto nuziale e di andare incontro a Cristo sposo: Origene, Commento a Matteo 17, 16.24 (GCS 10/2, 631.650); Omelie sui Giudici VIII, 5 (commentando la lavanda dei piedi da parte di Cristo e con riferimento a Ct 5, 3 SCh 389, 200-202; GCS 30, 514-515); Omelie sull’Esodo XI, 7 (SCh 321, 350). Cfr. C. Noce, Vestis varia. L’immagine della veste nell’opera di Origene, Institutum Patristicum ‘Augustinianum’, Roma 2002, 273-283. Il commento di Eusebio In Ps 29, 11-13 (PG 23, 264B) è più vicino a Basilio, il quale richiama l’immagine del talamo nuziale narrando il momento della morte della martire Iulitta: mentre questa si lancia sulla pira, la fiamma, come un talamo luminoso, ne abbraccia il corpo, In Iulittam 2 (241A).

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Esperienza del soccorso di Dio

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Signore il Dio mio, canterò lode a te nei secoli (eoni) (Sal 29, 13b); questo sta per* ‘ti renderò grazie’.730 Poiché infatti mi hai donato il perdono [scaturito] dalla conversione e mi hai condotto alla gloria, dopo aver cancellato la vergogna dei peccati,731 per questo per tutti i secoli canterò lode a te. Infatti quale intervallo di tempo sarebbe tale che possa causare alla mia anima l’oblio di tali benefici?732

  Vedi sopra In Ps 29, 5 § 4 [313A].   Qui Basilio esprime la convinzione che nella vita gloriosa non permangano i segni dei peccati in chi per essi ha chiesto perdono. Questo si avvererà tanto più per il giusto, In Ps 48, 6 § 2 [437A]. Invece le orme dei peccati restano come una tintura indelebile nella memoria delle anime degli empi, In Ps 33, 6 § 4 [361A]. 732   Si noti qui la conclusione senza dossologia. 730 731

VII. SALMO 32 [324A] Esultate, o giusti, nel Signore; ai retti si addice la lode (Sal 32, 1ab)733

L’esultanza e onore del giusto servo e intimo di Dio >1.  [È] consueta* alla Scrittura la voce della ‘esultanza’, [324B] che manifesta una condizione assai ilare e gioiosa dell’anima nei degni di allegrezza.734 Esultate -dunque- o giusti, nel Signore (Sal 32, 1); non quando vi vanno bene le cose di casa; né quando state bene nel corpo; né quando i campi sono pieni dei più svariati frutti,735 ma perché possedete il Signore; tale nella bellezza, tale nella bontà, tale nella sapienza.736 Vi basti la letizia (cfr. Sal 16, 11; At 2, 28; At 14, 17) quella [che viene] da Lui. E sembra che chi con letizia e gioia esulta per una delle cose verso le quali ha zelo*, così esulti per questo.

733   Il salmo non ha iscrizione, è senza alcun titolo. Si sa che il Sal 32 ha 22 versetti tanti quante le lettere dell’alfabeto ebraico. 734   Basilio affronta immediatamente il commento del salmo senza far osservare che si tratta di un salmo senza titolo (anacefalo). Se si prescinde dal Sal 1, questo è l’unico salmo senza titolo affrontato da Basilio. Il Nisseno si soffermerà sui salmi che nel testo ebraico sono senza titolo (e che invece lo riportano in quelli di uso Ecclesiale) e ne darà una spiegazione ‘antigiudaica’: gli ebrei rifiutano ogni accenno al mistero cristiano, Gregorio di Nissa, Sui salmi VIII, 40 (SCh 466, 318-320). 735   Basilio modula in forme diverse l’invito a non vantarsi per beni effimeri. Per l’esultanza e la lode del Signore non solo quando le cose vanno bene vedi In Ps 33, 2 § 1 [352C-353A], In Ps 48, 19 § 10 [456D-457A], In Ps 114, 3 § 2 [485D-488A]. 736   Cfr. Origene, Frammenti sui Salmi 32, PG 12, 1304B: se il Signore è sapienza, i giusti esultano sempre nella sapienza.

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VII. SALMO 32

Perciò ‘il discorso salmico’ esorta i giusti perché prendano coscienza con dignità che sono stati ritenuti degni di essere servi di un tale Sovrano737 e perché esultino del servizio a Lui con gioia indicibile e sobbalzi (cfr. 1Pt 1, 8; Lc 6, 23), quasi che il cuore salti per l’entusiasmo dell’[324C] amore del Bene.

L’esultanza occasionale è stabile nel giusto Se talvolta come una luce scesa nel tuo cuore ha generato un repentino pensiero su Dio ed ha illuminato la tua anima, così da amare Dio e da disprezzare invece il mondo e tutto ciò che è materiale (somatico), da quella immagine iconica poco chiara e fuggevole riconosci l’intera condizione dei giusti, che godono della letizia [derivante] da Dio sempre con la stessa intensità e senza interruzioni.738 A te infatti capita qualche volta e raramente quella esultanza secondo il piano di Dio, affinché attraverso un piccolo assaggio ti richiami alla memoria di quali cose sei stato privato; invece per il giusto è perenne la letizia divina e celeste, poiché una volta per tutte abita in lui lo Spirito; e il primo frutto dello Spirito è amore, gioia, pace (Gal 5, 22). Esultate - dunque - o giusti, nel Signore (Sal 32, 1a). [324D] Il Signore è come un luogo capace di contenere i giusti; chi si trova in esso è assolutamente necessario che stia di buon animo (cfr. At 27, 22.25; Gc 5, 3) e si allieti (cfr. At 2, 26). Anche il giusto diventa un luogo per il Signore, poiché Lo riceve in se stesso.739 Invece chi commette peccato ‘concede un luogo al diavolo’, trascurando colui che dice: Non concedete un luogo al diavolo (Ef 4, 27) e l’Ecclesiaste: Se lo spirito di colui che ha la potestà sale in te, non lasciare il tuo posto (Eccle/Qo 10, 4).   Per questo aspetto vedi In Ps 33, 3 § 2 [353CD-356AB]; In Ps 33, 22 § 14 [385C]; In Ps 61, 8 § 4 [477A]. Nell’omelia In Iulittam 2 (240C) la vedova martire Iulitta è presentata come serva del Signore da Basilio consapevole che si può dare gloria al Sovrano attraverso i martiri suoi servi, In Gordium 1 (492B). Per i quaranta martiri è grande cosa che un servo soffra i patimenti del padrone Quadraginta 6. Per Giovanni Crisostomo il massimo dei beni è essere servi di Cristo... liberi dal peccato e servi di nessun altro, Giovanni Crisostomo, Omelie su Filippesi 1, 1 (PG 62, 181-182). Per l’uso del termine Despotēs vedi nota a In Ps 29, 3 § 3 [309D]. 738   Basilio ribadisce che da un’esperienza occasionale e momentanea si può risalire ad un dato di fondo dell’esperienza di Dio. 739   C’è qui un suggerimento di una convinzione mistica: se il Signore diviene luogo che contiene i giusti, anche l’uomo può a sua volta divenire ‘spazio’ per Dio. Basilio afferma chiaramente che lo Spirito è veramente il luogo dei santi e il santo luogo proprio per lo Spirito disponendo se stesso per l’abitazione con Dio e chiamandosi tempio suo, De Spir s XXVI, 62, 22-24. Il Nisseno afferma che «Ciò che può essere contenuto da te (to gar soi chōrēton) diventa in te la misura della conoscenza di Dio», Gregorio di Nissa, Omelie sulle beatitudini VI, 4. 737

La lode appartiene ai retti di cuore

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Dunque [325A] stando nel Signore stesso ed osservando, per quanto siamo capaci, i suoi prodigi (cfr. Mt 21, 15), procuriamo così letizia ai nostri cuori come effetto della contemplazione!

La lode appartiene ai retti di cuore Ai retti si addice la lode (Sal 32, 1b). Come un piede storto non si adatta ad una scarpa diritta, così neppure la lode di Dio si addice a cuori distorti.740 Per questo, credo, poiché non è conveniente alla bocca dei demoni il discorso sul Salvatore, toglie loro il potere [di parlare], affinché non lo manifestino (Mc 1, 34; Mc 3, 12; cfr. Lc 4, 41).741 E Paolo rimprovera Pitone (cfr. At 16, 18) affinché il santo non sia raccomandato da un impuro. Così anche: Dio disse al peccatore: perché tu ripeti i miei decreti? (Sal 49, 16; cfr. Sir 15, 9). Dunque sforziamoci di fuggire ogni azione storta e tortuosa742 e manteniamo retta, come un regolo dritto, la nostra mente e [325B] il giudizio dell’anima*,743 affinché a noi, se siamo divenuti retti, convenga la lode del Signore (cfr. Sal 32, 1b). Come infatti il serpente che ha introdotto il peccato è chiamato tortuoso (cfr. Is 27, 1), anche la spada di Dio è diretta sul ‘dragone, il serpente’ (cfr. Ap 12, 9) tortuoso, poiché fa molte deviazioni e rivolgimenti nel cammino.

740   Anche il termine italiano retti-tudine permette un singolare gioco di parole. Vedi In Ps 7, 10 § 6 [244A] (dogmi distorti). In C Eun I, 4, 80-82 Basilio si chiede come può il regolo della rettitudine adattarsi a quanti sono distorti nell’anima. 741   Cfr. Atanasio, Vita di Antonio 26, in cui sono richiamati Lc 4, 41; Mc 3, 11 e Sal 49, 16. 742   Espressioni identiche ricorrono anche In Ps 7, 10b §6 [241CD]. 743   Anche in In Ps 61, 10 § 4 [480A] si parla di criteri dell’anima; cfr. anche Princ Prov § 9 [405C] e §10 [408AB]. Dei criteri della verità Basilio parla polemizzando con Eunomio, C Eun 1, 4, 86-89, richiamando Eccle/Qo 1, 15, citato in In Ps 7, 11 § 7 [245A] a proposito del cuore distorto. Anche in Attende § 4 [205C] Basilio invita a non deviare dalla strada e a non inclinare a destra o a sinistra; bisogna invece avanzare per la via regia (cfr. Gen 6, 12; Nm 20, 17). Vedi anche Princ Prov § 9 [405A]. L’immagine basiliana del ‘regolo’ - che poi prosegue ritorna anche in Gregorio di Nissa, Omelie su Qoelet II, 4 176, 4-7 (GNO V, 303, 14-17). Per Basilio occorre custodire insieme rettitudine di mente (fede) e rettitudine di azione (prassi).

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VII. SALMO 32

Infatti il movimento strisciante del serpente si trascina sulla terra in modo anomalo, poiché le parti anteriori procedono in un modo e le posteriori seguono obliquamente ed ancora la coda si piega in senso contrario.744 Così chi segue il serpente mostrerà la propria vita tortuosa ed irregolare e piena di contraddizioni;745 chi cammina dietro al Signore, invece, rende rette le vie (cfr. Is 40, 3; Pr 2, 19; Sap 9, 18) e diritti i passi dei suoi piedi (cfr. Pr 4, 26; Eb 12, 13). [325C] Retto - infatti - il Signore il Dio nostro (Sal 91, 16) ed il Suo volto vide la rettitudine (Sal 10, 7). Se due regoli746 sono posti l’uno accanto all’altro, la loro direzione retta li adatta l’uno con l’altro; se invece un legno storto viene posto accanto ad un regolo, si trova che quello curvo non si adatta al diritto. Poiché dunque la lode di Dio è retta, c’è bisogno di un ‘cuore retto’ (cfr. Gb 33, 3; Sal 118, 7), affinché la lode convenga e si adatti ad esso. E se nessuno può dire ‘Signore Gesù’ se non nello Spirito Santo (1Cor 12, 3), come potresti recare lode se non hai lo spirito retto, rinnovato nelle tue viscere? (cfr. Sal 50, 12)

Confessione, canto nuovo e salmodia di tutto l’uomo >2.  Confessate al Signore sulla cetra, salmodiate a Lui sul salterio dalle dieci corde (Sal 32, 2ab). Prima bisogna confessare sulla cetra al Signore; cioè compiere azioni attraverso il corpo armoniosamente.747Poiché infatti abbiamo peccato nel corpo, quando abbiamo offerto le nostre membra come schiave* al peccato per l’iniquità (cfr. Rm 6, 19),748 col corpo anche dobbiamo confessare, servendoci del medesimo strumento per la liberazione dal [325D] peccato. 744   Il richiamo al serpente ingannevole che striscia a terra compare in Hex VII, 3, 8 e nella lettera a Ottimo vascovo in cui Basilio paragona il non credente al serpente che striscia a terra, Ep 260, 7 (III, 113, 12-13). Anche il Nazianzeno collega il demonio al serpente tortuoso/sinuoso (skolios), Gregorio di Nazianzo Poemi II, 1, 83, 5-12. Cfr. ps. Aristotele, Sulla locomozione degli animali 707a. 745   Per il procedere tortuoso di chi segue il serpente rappresentante il male vedi In Ps 33, 19 § 12 [380D-381A]. 746   Per l’immagine del regolo collegato all’idea della ‘rettitudine’ vedi anche In Ps 33, 22 § 14 [385B]. 747   Vedi In Ps 29, 1 titolo §1 [305B]. 748   Basilio sostituisce tēi akatharsiai kai tēi anomiai («all’impurità e all’iniquità», Rm 6, 19) con tēi amartiai («al peccato») come a sintetizzare i due termini paolini. Origene, commentando Rm 6, 19, aveva richiamato Sal 32, 2, Origene, Commento alla lettera ai Romani VI, IV (1063BC).

Confessione, canto nuovo e salmodia di tutto l’uomo

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Hai oltraggiato? Benedici.749 Hai frodato? Restituisci. Ti sei ubriacato? Digiuna. Ti sei vantato? Umiliati. Hai invidiato? Prega. Hai ucciso? Offriti al martirio O equivalente al [328A] martirio, affliggi il tuo corpo attraverso la ‘prassi penitenziale’750 (confessione). E allora, dopo la ‘prassi penitenziale’ (confessione), sei degno di salmodiare a Dio sul salterio dalle dieci corde (Sal 32, 2b). Bisogna infatti prima correggere le azioni del corpo, così da condurle a termine in armonia con la parola divina ed in questo modo ascendere alla contemplazione delle realtà spirituali. Forse è stata chiamata salterio*751 la mente752 che ricerca le cose di lassù (cfr. Col 3, 1), per il fatto che la struttura di questo strumento trae la capacità di risuonare da ciò che è in alto.753 Dunque le opere del corpo confessano Dio come dal basso; invece i misteri che sono annunciati attraverso la mente traggono le mosse dall’alto, come se essa risuonasse all’interno attraverso lo Spirito.754 Colui che dunque osserva tutti i comandamenti e produce come un concento ed una sinfonia di essi, questi salmodia a Dio sul salterio dalle dieci corde, [328B] poiché sono dieci i comandamenti di generale applicazione, scritti secondo la prima (cfr. Eb 8, 13) trasmissione della legge.

749   Un simile modo di esprimersi (la domanda seguita dall’imperativo) è presente in In Ps 59, 13 § 5 [468C-469A] e in In Ps 61, 13 § 5 [481D]. Per la penitenza proporzionale alla colpa vedi Attende § 4 [205AB]. Notevole anche un passaggio dell’omelia De ira §3 360A: «Ha lanciato offese? Tu benedici. Ha colpito? Tu pazienta. Ti sputa addosso e non ti considera nulla? Prendi consapevolezza di te stesso, che sei venuto dalla terra e in terra ritornerai». 750   Traduciamo con ‘prassi penitenziale’ il greco exomologēsis che si rapporta al Sal 32, 2 e non con ‘confessione’ per evitare facili fraintendimenti. 751   Altre interpretazioni del salterio in In Ps 29, 1 § 1 [305B] e in In Ps 48, 5 § 2 [436C]. 752   Si dà subito una esegesi spirituale a partire da una premessa antropologica che distingue la mente dal corpo, identificando la prima col salterio e il corpo con la cetra. Gli strumenti musicali sono avvertiti da Basilio come paradigma dell’uomo. 753   Vedi In Ps 1 § 2 [213B] e In Ps 45, 1 § 1 [416C] con relative note. 754   Anche qui Basilio collega la rettitudine del comportamento (prassi) con la giusta adesione ai misteri (fede). Vedi In Ps 7, 10c §6 [244A].

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VII. SALMO 32

L’uomo nuovo e sua condizione escatologica in Cristo Cantate a Dio un canto nuovo (Sal 32, 3a). Cioè non nel regime vecchio della lettera, ma nella novità dello Spirito (cfr. Rm 7, 6)755 servite Dio.756 Colui che intende non letteralmente la legge757 ma ne riconosce il senso pneumatico, questo canta un canto nuovo. Perciò il vecchio e l’antico del Testamento è tramontato; è subentrato invece il canto nuovo e che ci rinnova dell’insegnamento del Signore, il quale [insegnamento] rinnova la nostra giovinezza come quella dell’aquila (cfr. Sal 102, 5), quando distruggiamo l’uomo esteriore* e ci rinnoviamo* giorno per giorno (cfr. 2Cor 4, 16).758 Ma anche colui che è proteso verso le cose che stanno davanti (Fil 3, 13),759 sempre diventa più nuovo in se stesso. Perciò chi è divenuto più nuovo in se stesso canta un canto più nuovo a Dio. Si dice ‘più nuovo’ [328C] o ciò che è paradossale in rapporto alla consuetudine o ciò che è arrivato alla generazione da poco. Quando dunque della inumanizzazione * del Signore esponi il modo straordinario e che supera tutta la natura,760 canti un canto più nuovo ed insolito; e quando tu esponi la rigenerazione e il rinnovamento di tutto il mondo invecchiato dal peccato e annunci i misteri della Resurrezione, anche così canti il canto nuovo ed inusitato.   Basilio inverte l’ordine della frase paolina.   È già esegesi ‘cristiana’ in atto. H. de Lubac, nella sua Esegesi Medievale ha più volte osservato che non sempre gli autori cristiani percorrevano passo passo la strutturazione in quattro gradini dell’interpretazione, ma che spesso la presupponevano nel trattare anche solo una dimensione, un aspetto. 757   Vedi In Ps 48, 11 § 6 [445C], in cui si parla di chi vive alla maniera giudaica secondo la semplice osservanza della legge. Qui Basilio contrappone in modo paolino la lettera al pneuma, lasciando intendere che la vera lettura della parola biblica è quella pneumatica, spirituale. 758   Basilio parla anche di ‘bel insegnamento’ (kalēs didaskalias) come quello che porta pace nel nous dell’uomo e di calmare le passioni che sorgono contro l’anima (De malo 4, 336B). Nel trattato sullo Spirito Santo Basilio lega Sal 102, 5 all’evento del Battesimo, De Spir s XIV, 33, 25-26. Anche Proclo parla dell’uomo esteriore. Porfirio in Stobeo, Antologia III, 21.28.28-34. 759   Vedi In Ps 44, 1, § 2, [389B] e Attende § 4 [208B]. 760   Per il carattere prodigioso e paradossale dell’Inumanizzazione del Signore cfr. In Christi gen 4 (1465 A e D) e 5 (1468D-1469A). Optiamo per rendere enanthrōpēsis con in-umanizzazione sia per accentuare sia la presa di posizione nei confronti di Apollinare sia per esprimere il senso del movimento del gesto del Verbo incarnato. A Basilio preme salvaguardare il fatto che Cristo è uomo perfetto: santo e completo. Il termine enanthrōpēsis, presente nelle omelie sui salmi e collegato con Gv 8, 56, compare anche nel Com Is LXVII, 755 756

L’uomo nuovo e sua condizione escatologica in Cristo

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>3.  Bene salmodiate a Lui nel clamore (Sal 32, 3b). Ascoltate il comando. Bene salmodiate: con mente costante, con disposizione sincera. Nel clamore salmodiate. Come alcuni buoni combattenti* dopo i premi della vittoria sui nemici, innalzate inni all’autore della vittoria. Abbiate fiducia - dice- io ho vinto il mondo (Gv 16, 33).761 Chi degli uomini è capace di far guerra al maligno (cfr. 1Gv 2, 13) se, dopo esserci rifugiati sotto il riparo del comandante in capo dell’esercito (cfr. Gs 5, 14), da lì con [329A] la fede in Lui non colpiamo e saettiamo il nemico? Bene - dunque - salmodiate nel clamore (Sal 32, 3b). Il clamore è una voce indistinta, quando coloro che fanno insieme un assalto in guerra fanno echeggiare insieme la voce in sinfonia gli uni con gli altri. In sinfonia,762 dunque, ed in accordo di spirito ed unione attraverso l’amore (agape) salmodiate. Che cosa dunque bisogna dire salmodiando?

96; IX, 224. Il termine è presente anche in Amfilochio di Iconio, Omelia 4, 35 (SCh 552, 316). Anche Didimo il Cieco fa uso preferenziale del termine enanthrōpēsis, ad es. nel commento al Sal 21, 1, Didimo il Cieco, Lezioni sui salmi 21, 1. 761   Immediata esegesi cristiana: trasferire l’inno salmico alla vittoria escatologica del Cristo. 762   Vedi In Ps 1 § 2 [212D], In Ps 33, 4 § 3 [357B], In Ps 48, 2-3 §1 [433D] per l’aspetto comunitario della fede e della vita cristiana. Questo passo può richiamare la modalità di presenza dell’assemblea liturgica che Basilio a volte richiama esplicitamente: cfr. In Ps 59 § 1 [460AB] e In Ps 114 § 1 [484ABC]. Basilio ne offre una immagine viva nel commentare la Genesi: «Se il mare è bello e degno di lode davanti a Dio, quanto più non è bella l’assemblea qui riunita, nella quale il suono delle voci miste di uomini, di donne e di fanciulli, come quello dei flutti che si frangono sulla riva, s’innalza nelle nostre preghiere rivolte a Dio. Una calma profonda la conserva imperturbata, perché gli spiriti del male si trovano impotenti a turbarla con le dottrine ereticali», Hex IV, 7, 5-6. Cfr. B. Gain, L’Église de Cappadoce, 168-183.

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VII. SALMO 32

Che retto il logos del Signore (Sal 32, 4a). Per questo prima chiama i retti alla lode, poiché è retto anche il Logos destinato a essere glorificato, quello del Signore, quello in principio essente presso Dio ed essente763 Dio (cfr. Gv 1, 1). Retto dunque il Padre; retto il Figlio; retto lo Spirito Santo.764

La creazione e le vicende della vita guidano alla fede in Dio E tutte le sue opere nella fede (Sal 32, 4b). Che cos’è ciò che dice? Opera il cielo, opera la terra, opera il mare, l’aria, gli esseri inanimati, gli [329B] esseri animati, gli esseri dotati di ragione, gli esseri senza ragione. Come dunque tutte nella fede? Quale fede negli esseri inanimati? Quale fede degli esseri senza ragione? Quale fede nella pietra? Quale fede nel cane? Né un essere inanimato né uno senza ragione nella fede. Tuttavia la dichiarazione non ha eliminato niente, ma tutto ha abbracciato dicendo: Tutte le sue opere nella fede (Sal 32, 4b). Che cos’è dunque ciò che dice? Se tu, dice, guardi il cielo e l’ordinamento (cfr. Gb 38, 12) [presente] in esso, è guida verso la fede; mostra infatti attraverso sé l’artefice (cfr. Eb 11, 10)*; se guardi gli assetti ordinati sulla terra, di nuovo anche per mezzo di essi si accresce in te la fede in Dio.765 Infatti non per aver percepito Dio con   Basilio rende col participio presente i due imperfetti («era») del prologo giovanneo.   B. offre una puntualizzazione trinitaria, riconoscendo l’uguaglianza delle persone trinitarie. 765   Più volte Basilio richiama il fatto che dall’osservazione della bellezza e dell’ordine della Creazione l’uomo può risalire alla contemplazione dell’Artefice, vedi indice ricorrenze; cfr. anche De Spir s XVI, 38. 763 764

La creazione e le vicende della vita guidano alla fede in Dio

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gli occhi di carne766 abbiamo avuto fede in Lui, ma, tramite la potenza della mente, attraverso le cose visibili contempliamo l’invisibile (cfr. Rm 1, 20).767 Tutte le sue opere - dunque - nella fede (Sal 32, 4b). Anche se consideri la pietra, essa pure mostra [329C] in qualche modo la potenza di Colui che l’ha creata; anche se [consideri] una formica, una zanzara, un’ape. Spesso anche nelle cose più piccole si mostra la sapienza del demiurgo. Infatti Colui che ha dispiegato il cielo e ha diffuso l’immensa grandezza dei mari, questo è anche Colui che ha reso cavo, come un flauto, il sottilissimo pungiglione dell’ape, così che il veleno sia versato attraverso di esso.768 Tutte le sue opere dunque nella fede (Sal 32, 4b). Niente per te sia occasione769 di incredulità. Non dire: ‘come capita, ciò è accaduto’, e ‘questo è avvenuto accidentalmente’*.770 Niente senza ordine, niente senza determinazione, niente è accaduto a caso, né procede come capita, in ciò che esiste. Oppure ‘cattiva sorte’ o ‘momento sfortunato’. Queste le espressioni di ignoranti. Due passeri non si vendono forse per un asse? Eppure uno di essi non [329D] cadrà (Mt 10, 29) senza la volontà divina. Quanti [sono] i capelli della testa (cfr. Mt 10, 30; Lc 12, 7)? Non uno solo di essi è stato dimenticato. Vedi l’occhio divino*,771 come nessuna delle creature più piccole sfugge al suo esame?

  Il ‘mondo’, come lo concepisce il vangelo giovanneo, può indicare anche le persone che conducono una vita terrena e carnale e che affidano ai soli occhi la valutazione della verità; mancando di fede nella resurrezione non potranno vedere con gli ‘occhi del cuore’ il Signore nostro, De Spir s XXII, 53, 12-16. 767   Vedi Princ Prov § 3 [392A] passo paolino introdotto in un contesto concettuale simile. 768   Per l’attenzione alle cose più piccole vedi In Ps 28, 1 § 2 [285A] con relativa nota. In riferimento agli animali più piccoli si richiami anche Hex IX, 5, 11-12 dove Basilio parla del topo e pure dello scorpione di cui descrive l’aculeo con cui l’animale inocula il veleno in modo simile a quello qui descritto per l’ape. Un accenno al pungiglione dell’ape anche in Com Is VII, 204. Per l’ape simbolo di capacità di vita sociale e di lavoro comune, di sapienza e laboriosità - da cui i cristiani dovrebbero imparare - cfr. Hex VIII, 4; per la capacità di prevedere il futuro da parte della formica che sa così organizzare il lavoro cfr. Hex IX, 3, 9-10. 769   Si noti qui il valore negativo del termine ephodion (come in In Ps 45, 2 § 1 [417A]), altre volte usato invece per indicare il ‘viatico’ verso il futuro rappresentato dalle opere compiute nella vita terrena (vedi nota a In Ps 28, 1 § 1 [281B]). 770   In tutto questo passaggio c’è polemica antifatalista contro chi sostiene l’assenza della Provvidenza e contro chi parla di fato e di determinismo. Contro il fatalismo astrologico cfr. Hex VI, 5-7. Contro questo atteggiamento insipiente e ateo Basilio si esprime anche nell’omelia De malo 1, 329CD. 771   Anche questa espressione richiama la realtà del Dio spettatore. 766

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VII. SALMO 32

Pietà e giudizio di Dio vanno insieme Il Signore ama pietà e giudizio; della pietà del Signore è piena la terra (Sal 32, 5ab). Se fosse assoluto il giudizio di Dio, che rendesse a noi precisamente secondo il merito, per ciò che abbiamo fatto, quale speranza ci sarebbe? Chi fra tutti si salverebbe? Ora ama [332A] pietà e giudizio (Sal 32, 5a). Dopo aver fatto della pietà come una compagna per sé e collocata davanti al trono regale del giudizio, così conduce ciascuno al giudizio (cfr. Sal 88, 15). Se osservi le iniquità, Signore, Signore, chi resisterà? (Sal 129, 3). Né la pietà senza giudizio, né il giudizio senza pietà.772 Prima del giudizio dunque ama la pietà e dopo la pietà viene al giudizio. Queste qualità sono congiunte l’una con l’altra, la pietà con il giudizio; affinché la sola pietà non generi debolezza né il solo giudizio procuri disperazione.773 Il giudice vuole avere pietà di te e renderti partecipe dei suoi sentimenti di pietà; pertanto, se ti trova umile dopo il peccato, contrito (cfr. Sal 50, 19), che hai versato molte lacrime per le cattive azioni (cfr. Col 1, 21; 1Gv 3, 12), che hai denunziato senza vergogna le colpe avvenute di nascosto, [332B] che hai pregato fratelli di venirti in aiuto per la guarigione, insomma se ti vede divenuto degno di pietà, ti offre senza invidia774la sua pietà; se invece [vede] un cuore non pentito (Rm 2, 5), una mente superba, incredulità nella vita futura, mancanza di timore per il giudizio, allora ama per te il giudizio. Come infatti un medico775 bravo ed filantropo* prima tenta di far diminuire il rigonfiamento con bagni caldi ed unzioni leggere; invece, dopo che vede che il rigonfiamento resiste senza cedere ed ostinatamente, 772   Vedi In Ps 61, 13 § 5 [481C] e In Ps 114, 5 § 3 [489A]. Basilio, nel Proemium delle Rf (897CD), afferma che Dio non fa misericordia in modo indiscriminato, né giudica senza misericordia (Sal 100, 1), che unisce pioggia e fuoco, benignità e severità. Anche in Rb 12, alludendo a Sal 114, 5 -ripete che i giudizi della giustizia di Dio sono accompagnati dalla sua misericordia che si compie nella remissione dei peccati. Tale congiunzione di misericordia e giudizio, di giustizia e bontà di Dio è ribadita da Ireneo, Contro le eresie III, 25, 2-3; ripresa da Nicolas Cabasilas, Vita in Cristo I, 4 (PG 150, 508A). Clemente Alessandrino aveva detto buona la giustizia di Dio e giusta la sua bontà, Clemente Alessandrino, Stromati VI, 14, 109, 5; VII, 3, 15, 4. 773   Eusebio di Cesarea riferisce tale versetto all’uomo: questi non deve mai essere senza misericordia e senza giudizio e discernimento. 774   Per questo concetto vedi In Ps 1, 1 § 3 [216B-C]. 775   Per la similitudine del medico vedi l’indice tematico. Dio è paragonato a un buon medico che combatte la malattia non il malato anche nell’omelia De malo 3, 333B.

Il giudizio di Dio si accompagna alla sua pietà

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dopo aver abbandonato l’olio776 e la cura morbida, sceglie per il futuro l’uso del bisturi. Ama dunque pietà per coloro che si pentono; ama invece anche il giudizio per quelli che non cedono. Una cosa simile anche Isaia dice a Dio: La tua pietà [332C] sul peso (Is 28, 17). Ed infatti anch’egli mostra la pietà insieme con il giudizio, di colui che compensa secondo il merito di ciascuno con la bilancia ed il numero ed il peso (cfr. Sap 11, 20).777

Il giudizio di Dio si accompagna alla sua pietà >4.   Della pietà del Signore [è] piena la terra (Sal 32, 5b). Qui la pietà è disgiunta dal giudizio. Infatti la terra [è] piena della sola pietà del Signore, poiché il giudizio è stato riservato al tempo stabilito. Qui dunque la pietà è senza giudizio; infatti non è venuto per giudicare il mondo, ma per salvare il mondo (cfr. Gv 3, 17). Lì invece non c’è il giudizio senza pietà, per il fatto che non si può trovare un uomo puro da sporcizia, neppure se fosse uno solo il giorno della sua generazione.778 Perciò, se uno vede la malvagità che si estende ogni giorno e la [332D] fragile stirpe degli uomini degna di innumerevoli morti,779 quanto accade per i peccati, ammirerà la ricchezza della bontà di Dio e della sua pazienza e longanimità (Rm 2, 4). Sicuramente, stando sulla terra, abbiamo bisogno della pietà. Infatti coloro [che sono] in cielo sono meritevoli di essere ritenuti beati, ma non di essere oggetto di compassione. O forse, per la condanna arrecataci dal peccato [333A], siamo chiamati ‘terra’, noi che abbiamo udito da Dio le parole Sei terra e in terra tornerai (Gen 3, 19); noi che siamo pieni delle misericordie di Dio (cfr. Sal 50, 1; Sal 68, 17): Infatti Dio, avendo avuto pietà (cfr. Ef 2, 4) di noi che eravamo morti per i peccati e per i delitti (Ef 2, 1; cfr. Ef 2, 5; Col 2, 13), ci vivificò per mezzo del Cristo (Ef 2, 5; cfr. Col 2, 13).

776   Per il collegamento olio-misericordia cfr. G. Bartelink, Le jeu de mots ἔλαιον - ἔλεος chez les auteurs chrétiens in Sileno 2 (1976), 189-202. 777   Basilio sa che Dio dispensa ogni cosa con misura e peso, così dice nel 375 al clero di Samosata nell’Ep 219, 1 (III, 1, 1). 778   Vedi Attende § 5 [209C]: l’esame di noi stessi porta inevitabilmente a trovare nella nostra vita molti peccati, data la nostra condizione di uomini. 779   Vedi In Ps 114, 8 § 7 [493B] e relativa nota.

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VII. SALMO 32

Il Logos e il divino Santo Spirito cooperano nella creazione dei cieli I cieli furono consolidati dalla parola del Signore e dallo spirito della Sua bocca ogni loro potenza (Sal 32, 6).780 Dove gli sprezzanti lo Spirito? Dove quanti lo separano dalla potenza creatrice? Dove quanti lo recidono dalla congiunzione col Padre e col Figlio?781 Ascoltino il Salmo che dice: I cieli furono consolidati dalla parola del Signore e dallo spirito della Sua bocca ogni loro potenza (Sal 32, 6). Né infatti sarà creduto Logos quel comune parlare [333B] che ha sussistenza da nomi e parole, né lo Spirito un vapore diffuso nell’aria; ma e il Logos [è] quello essente782 in principio presso Dio (cfr. Gv 1, 2)783 e lo Spirito Santo quello che ha ottenuto per parte propria questa denominazione.784 Come dunque il Logos demiurgo consolidò il cielo, così lo Spirito quello da Dio, che procede dal Padre (Gv 15, 26) (cioè dalla Sua bocca, affinché tu non lo giudichi come qualcosa delle realtà esterne e delle creature ma lo glorifichi in quanto ha la ipostasi da Dio) riuniva tutte le potenze in esso   Gli esegeti moderni suddividono il restante salmo in tre parti: vv. 6-9; vv. 10-15; vv. 16-22.   Tutto il passo in questione è una sintesi della teologia di Basilio sullo Spirito Santo, già esposta nel de Spir s (del 375) contro i così detti pneumatomachi, che finivano per ridurre lo Spirito a una semplice creatura, privandolo del medesimo onore e della medesima adorazione portati e dovuti al Padre e al Figlio. Basilio poggiava la sua esposizione teologica proprio sul Sal 32, 6 (De Spir s XVI, 38, 29-31). Questa particolarità può far collocare l’omelia In Ps 32 attorno al 375. Basilio fa uso frequente del lemma synapheia (unione) nel trattato sullo Spirito Santo per caratterizzare la relazione dello Spirito col Padre e il Figlio, cfr. De Spir s VI, 14, 6; X, 24, 13.14.16); XVI, 40, 44; XXV, 59, 41; XXVI, 63, 8. Il termine è usato con accezione trinitaria anche in In Ps 45, 5 § 4 [424B] e in Princ Joannis § 3 [477D]; è introdotto invece per esprimere la duplice composizione dell’uomo in In Ps 48, 13 § 8 [449B] e Attende § 7 [216A]. 782   Anche qui Basilio rende col participio presente l’imperfetto giovanneo. 783   Eusebio offre un’interpretazione cristologica di Sal 32, 6, collegandolo con Gv 1, 1 anche per dire che il Logos non è quella comune parola fatta di aria e sillabe ma quella che ha la sua propria ipostasi, Eusebio di Cesarea Dimostrazione Evangelica V, 5 (GCS 23, 227-228); cfr. M.J. Rondeau Les commentaires patristiques du Psautier, II, 178-179. 784   Tutta questa ‘sezione’, compresa la citazione di Sal 32, 6, è simile a quanto Basilio dice in De Spir s XVI, 38: non si tratta di una semplice parola come modulazione fonetica d’aria né di semplice soffio/alito della bocca ma della Parola che era in Principio presso Dio (Gv 1, 1) e dello Spirito di verità che procede dal Padre (Gv 15, 15, 26). Sal 32, 6 faceva parte del dossier degli apologisti concernente il Verbo; è presente già in Ireneo e in Eusebio di Cesarea; cfr. M.J. Rondeau Les commentaires patristiques du Psautier II, 177-178. 780

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Creazione specifica degli angeli, santi dall’inizio del loro essere

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[presenti]. Dunque dallo Spirito fu consolidata tutta la potenza celeste; cioè hanno il vigore e la saldezza e la costanza nella santificazione e in ogni virtù che conviene alle sacre potenze dall’aiuto dello Spirito.785 Qui dunque è stato scritto ‘Spirito della Sua bocca’, ma in altri luoghi troveremo [333C] detto anche ‘Logos della Sua bocca’, affinché si intenda il Salvatore e il Suo Santo Spirito [quelli] dal Padre. Poiché dunque ‘Logos del Signore’ [è] il Salvatore e ‘Spirito della Sua bocca’ lo Spirito Santo ed entrambi cooperarono alla creazione dei cieli e delle potenze in essi786 [presenti], per questo è stato detto: I cieli furono consolidati dalla parola del Signore e dallo Spirito della Sua bocca ogni loro potenza (Sal 32, 6).

Creazione specifica degli angeli, santi dall’inizio del loro essere Niente infatti viene santificato, se non per la presenza dello Spirito. Cosi il Logos demiurgo, il Facitore di tutto quanto, produceva l’ingresso nell’esistenza degli Angeli; lo Spirito Santo invece conferiva loro la santificazione. Infatti gli Angeli, non in quanto creati inesperti e poi perfezionati* attraverso l’esercizio* a poco a poco, sono stati in questo modo [333D] degni di ricevere lo Spirito, ma nella prima creazione e, per così dire, nell’impasto787 della loro essenza ebbero infusa la santità.788 Perciò

  Il passo da («Dunque dallo Spirito» 333B) fino a quello sugli angeli («Infatti gli angeli…» 333) richiama molto da vicino il commento di Eusebio di Cesarea: «Dal Padre, dunque, tutto l’esercito dei cieli è stato consolidato: vale a dire che il vigore, la sicurezza e la stabilità, insieme alla santità e a tutte le virtù che si addicono alle sacre potenze, sono state loro date, con l’aiuto dello Spirito. Qui è scritto: Spirito della sua bocca. Troveremo altrove anche: Parola della sua bocca, perché si pensi sia al salvatore che al suo santo Spirito. Entrambi hanno cooperato alla creazione dei cieli e delle potenze che sono in essi. Per questo è detto: Dalla parola del Signore sono stati consolidati i cieli, e dallo spirito della sua bocca, tutto il loro esercito. Nulla infatti viene santificato senza la presenza dello Spirito. Gli angeli, appunto, vengono all’essere per opera del Verbo creatore, autore di tutte le cose, e lo Spirito, contemporaneamente attribuisce la santificazione, poiché gli angeli non sono stati creati bambini», Eusebio di Cesarea, Commento ai salmi 32, 6. 786   Qui B. collega i cieli e ogni loro potenza alla presenza degli angeli richiamati subito dopo. 787   Basilio introduce il termine phyrama eco paolino (1Cor 5, 6; Gal 5, 9; Rm 1, 26; 11, 16) ma soprattutto della teologia di Ireneo di Lione. 788   Vedi In Ps 44, 1 § 1 [388C]; cfr. anche Hex I, 5, 1 sulla condizione al di sopra del tempo e eterna degli angeli. Anche la santità del corpo del Cristo, Basilio - polemizzando contro l’apollinarismo - la concepisce tale fin dal suo concepimento grazie al santo Spirito e alla santa Vergine. Vedi In Christi gen 4 (1465AB). 785

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VII. SALMO 32

sono difficili a volgersi al male,789 in quanto subito, come in un bagno,790 furono temperati con la santificazione, e hanno la stabilità nella virtù per dono dello Spirito Santo. [336A]

Gli abissi dei disegni divini >5.  Raccogliendo come un otre le acque del mare, ponendo nei tesori abissi (Sal 32, 7ab). Non ha detto ‘raccogliendo le acque del mare come in un otre’, ma come un otre, così raccogliendo le acque del mare. Considerami791 dunque la natura dell’otre, che ora si gonfia, quando la pelle si tende per l’aria racchiusa dentro, ora si restringe, quando ciò che [la] tende si ritira. Così pertanto il mare ora si agita e ribolle, quando è reso selvaggio e si gonfia per i venti, ora di nuovo si calma tornando basso per effetto della bonaccia. Dunque, come un otre, così il Signore restringe ed abbassa l’acqua del mare. Ma abbiamo trovato in alcuni dei manoscritti792 raccogliendo come in un otre le acque del mare (Sal 32, 7), poiché ‘il discorso salmico’ ci riporta alla 789   Il Nazianzeno riprende e fa suoi il vocabolario e l’idea di Basilio: il caso di Lucifero divenuto tenebra per sua scelta lo convince del fatto che [le potenze angeliche] siano non immobili ma difficili a muoversi verso il male, Gregorio di Nazianzo, Orazione 38, 9. 790   Basilio evoca il gesto del fabbro quando immerge il ferro incandescente nell’acqua. Riguardo agli angeli, correggendo in certo senso le possibili incertezze e deviazioni della riflessione teologica di Origene - il quale prevede un ‘progresso’ anche degli angeli li considera ‘perfetti’ fin dall’inizio, per la loro scelta immediata quasi fusa con l’atto stesso che li ha creati e santificati. Su ciò il Cappadoce si esprime in modo simile anche nel De Spir s XVI, 38: la santità delle potenze sovracosmiche è infusa dallo Spirito; la perfezione degli angeli è la santità e la stabilità in essa; ed è sempre nella potenza dello Spirito che compiono in modo irreprensibile il loro ufficio. La posizione di Origene oscilla tra il ritenere che gli angeli siano rimasti nella loro condizione iniziale e il sostenere che gli angeli hanno progredito nel bene nell’imitazione e nell’amore di Dio, Origene, I Principi I, 5, 3.5 (SCh 252, 178, 74-182, 137; SCh 252, 192, 282-291); I, 8, 4 (SCh 252, 228, 115230, 130); II, 9, 6 (SCh 252, 364-366); tutto dipende dalla loro libera scelta. Naturalmente l’Alessandrino conosce il tema della caduta di alcuni angeli, segnalando la possibilità per alcuni di ritornare alla primitiva condizione di beatitudine (I Principi I, 6, 2; SCh 252, 200, 84-90). Si veda al riguardo la voce Angelo curata dalla stessa A. Monaci Castagno (a c. di), Origene, 6-13. Metodio di Olimpo afferma la libera scelta degli angeli, anche quella del diavolo che è divenuto tale per la sua libera disobbedienza, Metodio di Olimpo, La risurrezione I, XXXVII, 4-5. 791   Si noti il dativo etico. 792   Si noti l’attenzione di Basilio alla varie traduzioni di un medesimo testo come in In Ps 44, 1 § 2 [389A], In Ps 44, 3 § 4 [396B], In Ps 48, 1 § 1 [432C], In Ps 59, 10 § 4 [468A] e In Ps 59, 11 § 4 [468B].

Abissalità dei giudizi di Dio

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storia antica, quando il Mar Rosso, senza che nessuno lo [336B] dividesse e lo trattenesse, spontaneamente si raccolse in se stesso, come stretto in un otre, poiché il comando divino non gli permetteva di riversarsi (cfr. Es 14, 21; Sal 77, 13; Sal 135, 13; Sap 10, 18; Sap 19, 7-8).793

Abissalità dei giudizi di Dio Ponendo - dice - nei tesori abissi (Sal 32, 7b). Era più consequenziale* al pensiero comune794 dire: ‘ponendo in abissi i tesori’; cioè chiudendo la sua ricchezza nel mistero. Ora dice che gli abissi sono come alcuni beni preziosi degni dei tesori divini. Dunque non sono forse chiamati ‘abissi’ i disegni riguardo al divino giudizio che sono inesprimibili a parole e incomprensibili alle nozioni umane, poiché solo nella conoscenza di Dio sono riposte le ragioni in base alle quali governa ciascuna cosa?* Che infatti i giudizi riguardo a ciascuna cosa siano state chiamati ‘abisso’, lo abbiamo appreso in un altro salmo che dice: I tuoi giudizi un grande abisso (Sal 35, 7). Se dunque tu indaghi [336C] perché si prolunga la vita del peccatore, mentre sono ridotti i giorni del pellegrinaggio del giusto, perché l’ingiusto prospera ed invece il giusto è angustiato, perché il fanciullo prima di giungere alla maturità795 è stato rapito da dove le guerre, perché i naufragi, i terremoti, le siccità, le inondazioni, perché creati gli eventi rovinosi per gli uomini, perché l’uno schiavo, l’altro libero,   Anche qui Basilio fa il suo solito lavoro esegetico: prima presenta il valore letterale dell’espressione; poi affronta quello ‘biblico-spirituale’ (Mar Rosso). In questo caso considera una differenza di manoscritti, la cui ambiguità è presente nel testo ebraico, come osserva G. Nigro, Origenismo e polemiche trinitarie: Didimo e Basilio su Ps 32 in Vetera Christianorum 44 (2007), 120 n. 57, richiamando G. Ravasi, Il libro dei salmi I, Bologna 1985, 594 n. 1 e 600. Sull’acqua che si raccoglie in un sol luogo con riferimento anche al Mar Rosso cfr. pressoché l’intero Hex IV. 794   Per l’espressione koinē ennoia vedi In Ps 7, 9 § 5 [240C] e In Ps 7, 16 § 8 [249B]. 795   Basilio rispecchia un dato abbastanza frequente e inquietante, quello della morte prematura, su cui si sofferma Gregorio di Nissa, Sulla morte prematura. 793

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VII. SALMO 32

l’uno ricco, l’altro povero796 (c’è grande differenza anche nei peccati o nelle buone azioni; infatti colei che è stata venduta ad un lenone è nel peccato per necessità; invece colei a cui è toccata subito una buona padrona è stata allevata nella verginità),797 perché questa è beneficata, quella invece è condannata; e quale la ricompensa per ciascuno di questi da parte del [336D] giudice; dopo aver preso in considerazione tutte queste cose, pensa che i giudizi di Dio sono abisso e, per il fatto di essere state chiusi nei tesori divini, non facili da comprendere per il primo che capita.798 E per colui che ha fede [337A] è stata fatta da Dio una promessa: Ti darò tesori nascosti, invisibili (Is 45, 3). Poiché dunque siamo stati reputati degni della conoscenza faccia a faccia (cfr. 1Cor 13, 12), vedremo anche gli abissi nei tesori di Dio.

Gli otri Raccogliendo ciò che è stato detto nella Scrittura riguardo agli otri,799   Anche in Destruam § 7 [276C] la disuguale distribuzione delle ricchezze è citata come fonte di dubbio relativamente alla giustizia divina. 797   Un esempio simile, pur con elementi di diversità, in Princ Prov § 9 [404AB]. Per il concetto in generale vedi anche In Ps 7, 9 § 5 [240ABC]. 798   Con questo lungo periodo Basilio richiama i vari dubbi espressi da più parti sull’agire provvidenziale di Dio. 799   Tipico gesto esegetico: registrare i passi in cui ricorre il termine, per poi trarne le conseguenze spirituali. Qui Basilio trascura il VT e passa subito al testo per farne immediatamente l’esegesi spirituale. Sembra quasi una ripresa del motivo della novità in precedenza affrontato (vedi supra In Ps 32, 3 §2 [328BC]). Tale gesto era già di Origene, attento a precisare la corretta lettura del testo e a trovare molteplici richiami intrascritturistici di uno stesso lemma biblico per trarne - secondo una logica deduttiva familiare alla halaka giudaica - un significato spirituale e morale per l’impegno esistenziale delle persone cristiane credenti. In tal modo si innalza dal senso letterale della Scrittura a quello morale e spirituale, secondo uno schema che discende dalla sua impostazione platonica e dall’influsso giudaico ma che ha pure una propria specifica finalità schiettamente cristiana; cfr. cfr. F.M. Young, Esegesi biblica e cultura cristiana, Brescia 2014, 81-98. L’Alessandrino di fatto fonda il suo metodo in particolare su 1Cor 2, 13 («confrontare cose spirituali con cose spirituali») e sulla libera citazione di Dt 19, 15 e Mt 18, 16 ripresa dalla 2Cor 13, 1: «sulla bocca di due o tre testimoni starà ogni parola». L’attenta raccolta di passi biblici corrispondenti - diversa dalla modalità gnostica - è per Origene una forma di testimonianza che certifica il vero, cfr. il saggio Lo scriba di Matteo 13, 52 di M. Simonetti, Origene esegeta, 143-146. Origene 796

Ruolo del timore del Signore

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comprenderai di più l’intenzione del discorso profetico. Coloro che dunque si rinnovano di giorno in giorno (cfr. 2Cor 4, 16) e contengono il vino nuovo [derivante] dalla vite vera (Gv 15, 1), si dice nel Vangelo che sono otri nuovi (cfr. Mt 9, 17; Mc 2, 22; Lc 5, 37-38); invece coloro che non hanno ancora deposto l’uomo vecchio (cfr. Ef 4, 22)800 sono otri vecchi, a cui non si può affidare il ricevere vino nuovo.801 Infatti nessuno mette vino nuovo in otri vecchi (Mc 2, 22) affinché anche il vino non si versi e quegli otri non si rovinino completamente (cfr. Mt 9, 17), non essendo più ritenuti degni di alcun perdono, se [337B] versano il vino bello (cfr. Gv 2, 10) e nuovo. Infatti bisogna mettere il vino nuovo in otri nuovi (Lc 5, 38).802 Il vino nuovo e spirituale, che ribolle per lo Spirito Santo803 (cfr.At 18, 25; Rm 12, 11), la comprensione noetica della verità che mai invecchia, bisogna mettere nell’uomo nuovo (cfr. Ef 4, 24; Ef 2, 15), il quale, per il fatto di portare sempre la morte di Gesù nel corpo (2Cor 4, 10) giustamente potrebbe essere chiamato ‘otre nuovo’.

Ruolo del timore del Signore >6.   Tema il Signore tutta la terra; da Lui siano mossi tutti coloro che abitano l’ecumene (Sal 32, 8ab). Poiché inizio di sapienza il timore del Signore (Pr 1, 7), coloro che pensano le cose terrene804 (cfr. Fil 3, 19) siano educati attraverso il timore. Dal momento infatti che il timore è assunto necessariamente come ciò che introduce alla pietà religiosa, poi l’amore/agape, che prende coloro che sono stati preparati adeguatamente dal timore, quello che ingenera fu sempre attento a confrontare singole espressioni con altre simili e facenti parti dell’uso comune; Commento a Giovanni I, XXVII, 188 (SCh 120, 154): sul termine ‘principio’, archē; II, XIV, 103 (SCh 120, 274): sull’espressione «per mezzo di cui, di’ ou»; VI, LI, 264 (SCh 157, 330, 1-7): sull’agnello del sacrificio; Omelie sul Levitico XI, 1 e 3 (SCh 287 142-150 e 158-162) sulla varia accezione di santo e di padre; Omelie su Geremia L. II, 4 (SCh 238, 344-346) su ‘scacciare’, ‘rigettare’; Commento al Cantico III, 13, 1-7 (SCh 376, 624-628): in rapporto al cervo e al capriolo; III, 5, 10-19 (SCh 376, 528-534): ombra. Per Clemente si dovevano confermare le prove delle Scritture sulla base dei passi paralleli delle Scritture stesse, Clemente Alessandrino Stromati VII, 16, 96, 4. Cfr. G.J.M. Bartelink, Observations de Saint Basile sur la langue biblique et théologique. 800   Si noti il congiungimento di testo giovanneo con testo paolino. 801   La prospettiva è la stessa di quella delle due vie. 802   Basilio richiama la parabola evangelica con l’apporto specifico dei singoli sinottici. 803   Per questa espressione vedi Princ Prov § 13 [413A]. 804   Vedi In Ps 48, 2-3 § 1 [433B], In Ps 48, 12 § 7 [449A] e Destruam § 6 [273A].

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conoscenza, li perfeziona*.805Dunque ‘il discorso salmico’ ordina il timore a tutta la terra. Siano mossi - dice - da Lui tutti coloro che abitano l’ecumene (Sal 32, 8b). 805   Per il concetto espresso in questa sezione sulla funzione del timore vedi Princ Prov § 4, [393C]. Vedi anche In Ps 33, 8 § 5 [364B], In Ps 33, 10 § 6 [365B] e In Ps 114, 1 § 1 [484C] e Rf 4 (920A). Del resto Basilio sa che la carità perfetta è compimento di tutta la legge (Rm 13, 10), Ep 227 (III, 29, 2). Sarà seguito dal Nisseno: «Questo infatti è come la vera perfezione, il non separarsi più dalla vita secondo il male alla maniera dello schiavo per paura della punizione, né operare il bene con la speranza delle ricompense, mercanteggiando la vita virtuosa con una disposizione mentale pragmatistica e calcolatrice, ma, guardando oltre tutti quei beni riposti/promessi in speranza, solo ritenere temibile l’essere gettati fuori dell’amicizia di Dio, e solo apprezzabile e amabile/desiderabile per sé l’essere giudicati amico a Dio, cosa che è, secondo la mia convinzione, la perfezione della vita», Gregorio di Nissa, Vita di Mosè II, 320 (SCh 1, 326, 6-15). Cfr. anche Omelie sul Cantico XV (GNO VI, 460, 20-462, 9). Anche questo aspetto era tradizionale. Clemente Alessandrino conosce il passaggio dal timore all’agape e sa che si dà un timore sbagliato, diverso da quello buono che fa da pedagogo verso Cristo e che è salvifico, Clemente Alessandrino, Estratti profetici 19-20; si danno due tipi di timore: «Duplice è la forma del timore... l’una è legata al rispetto... l’altra legata all’odio, quella dei servi verso i padroni...», Clemente Alessandrino, Pedagogo I.IX, 87, 1 (SCh 70, 262-264). Egli sa che per la maggior parte degli uomini motivo a non peccare è il timore e l’attesa della ricompensa, Stromati VI, 12, 98, 3-99, 1. Origene. partendo dall’analisi dei due figli di Abramo, quello nato dalla schiava e quello dalla libera (Gal 4, 22), dice - citando 1Gv 4, 18- che alcuni aderiscono a Dio per timore e altri per amore; nel primo caso l’uomo è ancora parvulus e non differisce dallo schiavo (Gal 4, 1-2) e si nutre ancora di latte non potendo ricevere il cibo solido (cfr. Eb 5, 14) non essendo ancora diventato uomo (1Cor 13, 11); chi diviene perfetto riceve l’adozione a figlio abbandonando lo spirito di schiavitù nel timore (Rm 8, 15) per cui non legge più le Scritture secondo la lettera che uccide ma secondo lo spirito che dà vita (2Cor 3, 6), Origene, Omelie sul Genesi VII, 4 (SCh 7bis 204-206). L’Alessandrino afferma che la sapienza divina «vuole che tu custodisca i precetti non per timore della pena, ma per devoto amore del Padre», Origene, Omelie sul Levitico XI, 2 (SCh 287, 152, 23-25). L’importante è di non limitarsi al semplice timore, perché può esserci un timore che non nasce davanti al volto di Dio (Ger 4, 1) e che è allora un timore senza scienza (Rm 10, 2), dice ancora Origene, Omelie su Geremia V, 11 (SCh 232, 306, 24-27). Sono qui richiamati da Basilio i tre gradi/ordini del cammino/progresso spirituale, dal timore iniziale, al percorso progressivo fino alla perfezione. Nel Com Is VIII, 215 è detto che è sommamente utile per la perfezione un saggio ed educativo timore; e viene ribadito che è con la carità perfetta che termina la purificazione. Clemente l’aveva detto esplicitamente e con chiarezza: «si comincia con la paura, seconda è la speranza per mezzo della quale desideriamo le cose migliori e l’’agape è quella che perfeziona», Clemente Alessandrino Stromati IV, 7, 53, 1. Ambrogio dice con efficacia: «Servus est qui timet», Ambrogio, Commento al salmo 118, littera He 46. Cfr. anche Origene-Girolamo, Omelie sui salmi 66, 8 e 111, 1. Anche la Regola di san Benedetto prende l’avvio dal timore fin dal suo Prologo, che cita Sal 33, 12. Si tenga presente comunque che Basilio sa di un timore errato, In Ps 33, 12 § 8 [369C].

Nascita e creazione

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Come a dire che ogni movimento compiuto sia con la mente, sia con l’energia del corpo, [337C] sia compiuto da loro secondo la volontà di Dio.806 Così infatti intendo siano mossi da Lui (Sal 32, 8b). Come a dire che né un occhio sia mosso senza Dio né una mano sia agitata senza Dio né il cuore pensi le cose che non piacciono a Dio. Ed insomma da niente altro siano mossi né alcuna cosa li agiti, se non il timore di Dio.

Nascita e creazione Perché Egli parlò, e nacquero; Egli ordinò, e furono creati (Sal 32, 9ab). Alle due precedenti, ha aggiunto le due espressioni: Tema il Signore tutta la terra (Sal 32, 8a) e siano mossi tutti coloro che abitano l’ecumene (Sal 32, 8b); poi: Egli parlò, e nacquero; Egli ordinò, e furono creati (Sal 32, 9ab). Poiché l’uomo [è] composto807 dall’impasto di terra e dall’anima che abita nel corpo,808 si dice terra ciò che è stato impastato dalla terra, invece   Ancora l’abbinamento di contemplazione e di azione richiesto per il raggiungimento umano della perfezione virtuosa, esemplificata poi subito dopo con la compresenza della mano e del cuore.. 807   Per questo concetto della natura composita (synthetos) dell’uomo vedi In Ps 61, 4 §3 [473C] e In Ps 114, 8 § 5 [492CD]. 808   L’espressione richiama, in qualche modo, la classica definizione di uomo, espressa da Platone, Alcibiade I, 130a-c e ripresa da Proclo: «anima che usa un corpo», Proclo, Sul Timeo., III, 307.15-20D; Sull’Alcibiade. 45, 14-15; 73, 14-15; 77, 7; anche in uno dei Tria opuscola, il De decem dubitationibus circa Providentiam (Dieci questioni sulla provvidenza) VI, 36. Cfr. Francesco Paparella, Proclo. Tria opuscola, Provvidenza, Libertà, Male, Milano, 2004. Anche Plutarco parla esplicitamente del ‘corpo che si serve dell’anima’, come un cavaliere si serve del cavallo, Plutarco, Contro Colote 21, 1119A. L’espressione compare in Plotino, Enneadi I, 1; cfr. I, 3, ma anche in Origene, I Principi IV, 2, 7 (SCh 268, 328, 223224: uomini, le anime che si servono dei corpi); Contro Celso VII, 38 (SCh 147, 100, 15); Omelie (?) sulla prima lettera ai Corinti 30 (Opere di Origene XIV/4, 130-131); è richiamata anche da Eusebio di Cesarea, Preparazione evangelica, VII, 48, GCS, II 134 e 166. Basilio la riporta integralmente scrivendo agli abitanti di Sozopoli nel 377 nell’Ep 261, 3 (III, 117, 4) trattando delle passioni proprie «dell’anima che si serve del corpo». Egli se ne serve per stabilire - contro la rigidità di Epifanio - che non tutte le ‘passioni’ sono necessariamente negative e per polemizzare contro la visione apollinarista che non distingue nell’uomo la dimensione costitutiva da quella etica. Per il Cappadoce la negatività delle azioni dipende non dalla libertà - elemento oscillante che porterebbe necessariamente al male - ma dall’uso libero che l’uomo animato fa del corpo. Il corpo è definito «strumento dell’uomo, strumento dell’anima» anche nella prima omelia in Ps. Basilio, Sull’origine dell’uomo I, 7(SCh 160, 182, 15-16). Su Origene cfr. Jaques Dupuis, L’esprit de l’homme. Étude sur l’anthropologie religieuse d’Origène, Bruges 1967. Si ricordi che Aristotele si rifa a suo modo a tale definizione trattando della natura dello schiavo quando parla de «l’uso del corpo» (he tou sōmatos 806

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abitante l’ecumene, l’anima che ha avuto in sorte la permanenza nel corpo.809 Convenientemente dunque alla terra è stata attribuita il [versetto] Egli parlò e nacquero (Sal 32, 9a); riguardo al nostro impasto [340A] di terra il nacque; riguardo invece a quella creata ad immagine iconica di Dio (cfr. Gen 1, 27) il fu creata.810 Inoltre, poiché spesso la creazione è intesa come trasformazione e miglioramento, come nel [passo] Se uno è in Cristo, è una creatura nuova (2Cor 5, 17) e nel [passo] Affinché creasse dei due un solo uomo nuovo (Ef 2, 15), forse il nacque è usato per il primo dare sostanza all’uomo, mentre il fu creata per la seconda rigenerazione ad opera della grazia del Cristo. Quanto l’ordine di Dio differisce da un semplice discorso, tanta è la differenza di creazione rispetto a nascita.

L’azione di Dio verso le genti e i popoli Il Signore disperde i disegni delle genti; rende vani i pensieri dei popoli (Sal 32, 10ab). È esegesi di ciò che precede, come Dio abbia creato coloro che hanno avuto fede in Lui, col disperdere i disegni stolti dei popoli, [disegni] che avevano riguardo all’idolatria [340B] e ad ogni cosa vana, e col rendere vani i disegni dei capi.811[È] possibile innalzare812 queste parole anche al tempo della Passione, quando gli uni credevano di crocifiggere il Re della gloria (cfr. 1Cor 2, 8),813 mentre Egli rinnovava l’umanità attraverso l’economia della Croce.814 Infatti nella Resurrezione veniva disperso il disegno delle genti, di chrēsis), Aristotele, Politica 1245b 18; si vedano le pagine dedicate a tale definizione dello schiavo da Giorgio Agamben, L’uso dei corpi, 21-47. 809   Per analoga concezione vedi Attende §7 [216A]. 810   Con tale espressione sembra che anche Basilio alluda alla doppia creazione. Origene distingueva tra essere ‘creato‘a icona/immagine’ e ‘a somiglianza (kat’homoiōsin)’; cfr. Origene, Contro Celso IV, 30 (SCh 136, 254, 4-9). Posizione ripresa dal cristiano platonico Aglaofone per il quale l’anima dell’uomo arriva a peccare solo per la presenza della tunica di pelle, del corpo dato al primo Uomo dopo il peccato come sua punizione; così riporta Metodio di Olimpo, La risurrezione I, V, 1-2. 811   Si richiami Pr 19, 21: «Ci sono molti disegni nel cuore dell’uomo, ma il piano del Signore è quello che sussiste». 812   Con il verbo anagagein Basilio intende risalire al tempo storico della passione del Cristo anche al fine di trovare un senso più elevato dell’espressione salmica. 813   Basilio richiamando il testo paolino sostituisce Kyrios con Basileus, eco di Sal 23, 7 (il re della gloria). 814   Dopo una forma di esegesi ‘allegorica-morale’ Basilio passa all’esegesi cristica. Il salmo è profezia di Cristo. In ciò Basilio si inserisce in una lunga tradizione che vedeva l’AT

L’azione di Dio verso le genti e i popoli

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Pilato e dei soldati e di quanti si davano da fare intorno alla Croce; venivano poi resi vani i disegni dei capi, sacerdoti e scribi, e dei re del popolo. Infatti la Resurrezione annullò ogni loro progetto.815 Leggendo inoltre ciò che in ciascuna storia816 Dio operò presso le genti infedeli, troverai che ciò che è stato detto ha molta forza817 anche secondo il senso somatico. Quando infatti Gioram figlio [340C] di Acab regnò in Israele, allora il re di Siria, figlio di Ader, avendo guidato una spedizione con un grande esercito ed una pesante schiera, assediava la Samaria (cfr. 2Re 6, 24), così che mancava ad essi il necessario e una testa di asino valeva cinquanta sicli di argento ed un quarto di cado di sterco di volatili cinque sicli di argento (2 Re 6, 25). Allora, pertanto, affinché si compisse la profezia di Eliseo, furono dispersi i disegni della Siria e, dopo aver lasciato le loro tende e ogni loro sostanza, fuggirono e lasciarono in Samaria tanta abbondanza che una misura di fior di farina era venduta ad un siclo e due misure di orzo ad un solo siclo (cfr. 2 Re, 7, 1.16.18). Così dunque il Signore seppe disperdere i disegni delle genti. Come rende vani i progetti dei capi (Sal 32, 10c), lo abbiamo appreso riguardo ad Achitofel, quando David pregò dicendo [340D]: Disperdi il disegno di Achitofel (2Sam 15, 31).818 Quando dunque senti uno che fa grandi minacce e ti preannuncia che come profezia di Cristo e questi come suo compimento, in quanto oggetto di ogni tipo di prefigurazione; cfr. M. Harl, Les théories des Pères grecs sur le texte de la Septante, in La Bible grecque des Septante, 297-298; cfr. anche sempre M. Harl, Le rôle déterminant de la Septante dans l’expression de la foi chrétienne dans l’expression de la foi chrétienne: quelques exemples, in La Bible grecque, 307-308. Anche per Origene il Cristo, pur unico, è indicato tipologicamente nelle Scritture sotto molteplici e variegate figure, Origene, Omelie sul Genesi XIV, 1 (SCh 7bis 334, 3-6). Sulla stessa linea si muove Giovanni Crisostomo, Panegirico di S. Paolo V, 1. Cfr. ancora M. Harl, Le rôle déterminant de la Septante dans l’expression de la foi chrétienne: quelques exemples, La Bible grecque, 307-308. Vale anche per la lettura interpretativa cristologica del VT da parte di Giustino, Ireneo, Clemente - momenti di una tradizione pressoché univoca - quanto Simonetti dice di Origene - per l’Alessandrino la Scrittura ha tutta intera significazione cristologica, M. Simonetti, Origene esegeta, 19. 815   Origene aveva citato Sal 32, 10 riferendosi in modo sintetico alla resurrezione del Cristo al fine di affermare che il Signore ha superato ogni ostacolo, Origene, Commento a Giovanni XXVIII, XII, 91 (SCh 385, 108-110); realtà da Cristo dimostrata nella cacciata dei venditori al Tempio, illustrata dall’Alessandrino sempre col richiamo di Sal 32, 10-11, Origene, Commento a Giovanni X, XXV, 148 (SCh 157, 476, 30-40). 816   La storia del popolo di Israele e quella del Cristo. 817   Espressione analoga in In Ps 14B §5 [277C]; vedi anche Attende § 5 [208B] e Princ Joannis § 1 [472C]. 818   Per la figura di Achitofel vedi In Ps 7, 1 § 1 [229A-B].

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porterà patimenti di tutti i tipi, pene o colpi o morti, guarda al Signore che disperde i disegni delle genti e rende vani i pensieri dei popoli (Sal 32, 10ab).819 [341A]

Il disegno del Signore e le varie dottrine delle genti >7.   Il disegno del Signore rimane in eterno; i pensieri del Suo cuore di generazione in generazione (Sal 32, 11ab). Non vedi i dogmi delle genti, questa vana filosofia, come sono sottili ed acute sulle scoperte dei ‘dogmi’, e nelle speculazioni logiche e nei precetti morali e in alcuni questioni di scienze naturali e in altri dogmi, i così detti epoptici?820 819   Cfr. Origene, Frammenti sui salmi 32 (PG 12, 1305C). In questa frase non si può non cogliere un richiamo autobiografico. 820   Vedi l’In Ps 44, 10 §9[408C] con relativa nota. Questo passo omiletico richiama i quattro rami della scienza filosofico in modo molto simile a quanto riportato nel manuale ‘scolastico’ del platonico Teone di Smirne, vissuto al tempo di Adriano (70-135 d.C.) e contemporaneo di Origene: «La filosofia potrebbe essere definita una iniziazione alla vera perfezione (riti misterici) e una trasmissione dei veri misteri. Vi sono cinque parti/fasi della iniziazione. Quella preliminare è la purificazione […]. Dopo la purificazione la seconda è la trasmissione della perfezione (rito misterico dell’iniziazione). Terza è quella chiamata epopteia (contemplazione). Quarta, che è anche il fine della epopteia (contemplazione), è intreccio (fasciatura) e imposizione delle ghirlande (corona), con la quale si è in grado di trasmettere agli altri le iniziazioni acquisite, sia attraverso il portare le fiaccole, sia attraverso il mostrare le cose sacre (hierophantias) o qualche altro ufficio sacerdotale. Al quinto la felicità (eudaimonia) risultante da queste (fasi precedenti) secondo l’amore per Dio (theophiles) e dalla vita con gli dei (theois syndiaiton)». Precisato che la trasmissione delle dottrine platoniche è preceduta da una purificazione realizzata mediante cinque discipline (matematica, geometria, scienza dei solidi, musica e astronomia), è stabilito un parallelo tra rito iniziatorio e trasmissione delle dottrine filosofiche (logiche, etiche (politikōn) e fisiche). Poi si ricorda che «[Platone] chiama epopteia lo studio delle cose intelligibili, degli esseri reali e delle proprietà (pragmateia) delle idee», Teone di Smirne, Expositio rerum mathematicarum ad legendum Platonem utilium, Esposizione delle conoscenze matematiche utili per la lettura di Platone 14, 18-16, 23 Hiller= 20-23 Dupuis. Tutto questo permette di capire la cultura del tempo di Basilio ma anche il passaggio esistenziale da lui vissuto abbracciando la fede in Cristo. Per questa parte si veda l’Introduzione (prima parte).

Rapporto tra i due Testamenti: Giudei/Israele e cristiani/genti

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Come tutte sono state disperse e sono divenute inutili, mentre ora dimora nel mondo solo la verità del Vangelo?821 Molti infatti i disegni nel cuore degli uomini, ma il disegno del Signore ha prevalso. Ed [è] necessario certamente, se il disegno di Dio deve rimanere nelle nostre anime duraturo e fermo, che siano prima dispersi in noi i pensieri umani (cfr. Pr 19, 21). Come infatti colui che ha intenzione di scrivere sulla cera [341B], prima la liscia e poi vi imprime i caratteri che vuole,822 così occorre che anche il cuore che deve ricevere chiaramente le parole divine823 si mostri puro* dei pensieri contrari.824

Rapporto tra i due Testamenti: Giudei/Israele e cristiani/genti I pensieri del Suo cuore di generazione in generazione (Sal 32, 11b). Poiché due sono i popoli eletti e due sono i testamenti (cfr. Gal 4, 24) loro donati, secondo il [versetto] i pensieri del Suo cuore di generazione in generazione (Sal 32, 11), visto che due volte è nominata la generazione, si possono intendere due anche i pensieri: uno quello per il quale abbiamo ricevuto il primo Testamento; l’altro che ci ha concesso il nuovo e salvifico insegnamento (cfr. At 17, 19) del Cristo. Beata la gente di cui è Signore il suo Dio, il popolo che Egli ha scelto per la sua eredità (Sal 32, 12ab). Nessuno chiama beato [341C] il popolo dei Giudei, ma quel popolo scelto di fra tutti i popoli secondo il merito. Noi siamo quella gente di cui è Signore il Dio nostro; noi siamo anche il popolo che Egli ha scelto per la sua eredità (Sal 32, 12b; cfr. 1Pt 2, 9); una gente (ethnos) per l’essere stati raccolti fra molte genti; un popolo (laos) per l’essere stati chiamati al posto del popolo 821   Giustino aveva definito il messaggio cristiano «unica filosofia sicura e utile», Giustino, Dialogo con Trifone 8, 1. 822   La stessa similitudine della tavoletta di cera in un contesto concettuale simile in Ep 2, 2 (CP 64, 25-28). 823   Data la sua vicinanza immediata alle varie scienze, qui l’espressione «parole divine» (theia logia) acquista un valore specifico contrapposto anche agli ‘oracoli’ pagani. La medesima espressione compare in situazione analoga in Princ Prov § 6 [397B]; ma anche in In Ps 44, 1 § 2 [389B] (con lieve variazione, logia tou Theou, «parole di Dio») e In Ps 59, 1 § 2 [464C]. 824   Per questo concetto vedi In Ps 1, 1 § 3-4 [217CD]; In Ps 1, 1 § 6 [228B]; In Ps 33, 4 § 3 [357BC]; In Ps 33, 15 § 10, [376AB]; In Ps 45, 11, § 8 [428CD-429ABC]; In Ps 61, 9 § 4 [477BC]; In Ps 114, 7 § 5[492B]; Princ Prov § 4 [393BC]. Basilio non fa che ribadire la propria convinzione: una dimensione negativa (il distacco, l’’allontanamento) è sempre necessaria premessa come avvio di un cammino di progresso proteso verso la perfezione.

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rifiutato (cfr. Sal 43, 10; Sal 59, 12; Sal 88, 39-40).825 E poiché molti i chiamati, pochi gli eletti (Mt 22, 14), proclama beato non il chiamato, ma l’eletto. Beato infatti chi ha scelto. Qual [è] la causa dello stimare felice? L’attesa eredità dei beni eterni. O forse, secondo l’Apostolo, poiché, quando la totalità delle genti entrerà dentro (Rm 11, 25), allora tutto Israele sarà salvato (Rm 11, 26), dapprima proclama beata la totalità delle genti e poi Israele salvato dopo? È salvato, è chiaro, non chiunque capita, ma solo il resto, secondo la scelta della Grazia (Rm 11, 5). Per questo dice: Il popolo che ha scelto per la sua eredità (Sal 32, 12b).826 [341D]

L’occhio di Dio alto spettatore sulle vicende umane >8.  Dal cielo guardò il Signore; vide tutti i figli degli uomini (Sal 32, 13) dalla sua abitazione preparata (32, 14). Coloro che restano nella propria dignità [344A] e fanno ciò che conviene alla natura umana827 il Signore li osserva dall’alto; invece coloro che sono stati trascinati al sommo della malvagità li esamina diversamente per il fatto che scende Egli stesso. Il grido - dice infatti - contro Sodoma e Gomorra si è moltiplicato ed i loro peccati sono molto grandi. Dunque scenderò e vedrò se portano a termine [le loro azioni] secondo il grido contro di loro che giunge fino a me (Gen 18, 20-21); e di nuovo: Scese per vedere la città e la torre, che avevano costruito i figli degli uomini (Gen 11, 5). Considera l’alto spettatore828*, considera Colui che abbassa la testa dall’alto sulle vicende   Il Com Is dice che Dio ai Moabiti ha parlato raramente; a Israele sempre senza interruzione, ai Gentili, non eletti, non ha sottratto in modo assoluto la parola ma ha dato loro qualche assaggio della sua filantropia, Com Is XVI, 316. 826   Basilio lega dunque la salvezza ultima - del cristiano e dell’ebreo - non a un fattore di razza ma a un atto di fede che risponde alla chiamata amando. Egli afferma chiaramente che anche tra i cristiani non si salverà che il ‘resto della pietà’ (cfr. Is 10, 22 e Rm 9, 5) quando Cristo tornerà e che non sono i nomi (‘cristiani’, vescovi, clerici) a salvarci, Ep 257, 2 (III, 99, 3-10). Per il Cappadoce è chiaro: «Se qualcuno, avendo assunto il nome del cristianesimo offende il Cristo, non gli viene nessun aiuto dall’appellativo», Ep 199, 45 (II, 162, 7-163, 2). In tal senso ebreo e cristiano si trovano in una medesima situazione. 827   Per la comune natura umana vedi In Ps 14B § 1 [265C] e § 5 [280A]; In Ps 48, 7 § 3 [437B]; In Ps 48, 17 § 10 [456B]; Attende § 1 [197C]; Destruam § 1 [264A]. 828   Stesso concetto nell’omelia De humilitate 540A: Dio è grande spettatore, occorre cercare la gloria davanti a Dio. Basilio dice che, anche per evitare la dissipazione, occorre raggiungere la certezza di avere Dio come spettatore che scruta i cuori e i reni (Sal 7, 10) 825

L’occhio di Dio alto spettatore sulle vicende umane

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umane. Dovunque tu vada, qualunque cosa tu faccia, sia nella tenebra, sia nella luce del giorno, hai l’occhio di [344B] Dio che sorveglia. Dalla sua abitazione preparata (Sal 32, 14a).829 Non sono aperte le porte (cfr. Gb 38, 17); non sono tirate le cortine; l’abitazione di Dio è pronta per l’osservazione. Osserva tutti i figli degli uomini (cfr. anche Zc 9, 1) Neppure uno sfugge alla sua vista; non tenebra, non muri che coprono, niente è di impedimento per gli occhi di Dio. Egli anzi è tanto lontano dal non osservare ad uno ad uno che osserva anche i cuori,830 che Egli stesso ha plasmato831 (cfr. Sal 32, 15a) senza mescolanza con il male. Semplice lo plasmò,832 il cuore capace di conservare in sé la [Sua] immagine (cfr. Gen 1, 26-27),833 il Dio demiurgo degli uomini.Poi noi rendemmo il cuore stesso vario* e molteplice per l’intreccio con le passioni della carne* (cfr. Gal 5, 24, Rm 7, 5), distruggendo il carattere divino e semplice ed unitario di esso.834 Poiché [344C] dunque è demiurgo di cuori, per questo anche intende tutte le nostre azioni (Sal 32, 15b).835 Chiamiamo azioni le parole e i pensieri e in generale ogni movimento dell’uomo. Pertanto con quale disposizione e con quale proposito, se per compiacenza verso gli uomini836 o per compiere in Rb 21 (1097B); cfr. Rb 29 (1101C) (si evita la collera col sapersi osservati come in uno specchio da Dio (cfr. ancora Sal 7, 10) e dal Signore che è presente (cfr. Mt 18, 20); Rb 306 (1300D-1301A). Si possono gestire le passioni mantenendo il pensiero di Dio nella propria anima come in un tempio santo (Ep 146 II.67). Sul fatto che Dio scruta i cuori, che svela le profondità Basilio ritorna più volte scrivendo a Eustazio di Sebaste per difendersi dalle calunnie al suo riguardo, Ep 224, 7 (III, 17, 25). Cfr. anche Hex III, 10, 7. 829   Non compare Sal 32, 14, b. 830   Sul fatto che Dio conosce/scruta il cuore cfr. Lc 16, 15; At 15, 8; Rm 8, 27. 831   Per Evagrio Pontico «Solo Dio ci ha fatto conoscere la mente, e lui stesso non ha bisogno di simboli per conoscere le cose nascoste nel cuore», Evagrio Pontico, Trattato pratico 47. Concetto questo da raffrontare con Frammenti sui Salmi 32, 15 (PG 12, 1305C). Per questo i demoni non conoscono il cuore e la mente dell’uomo (Frammenti sui Salmi 55, 7 PG 12, 1469C; Pensieri 27). 832   Per Dio che plasma i cuori vedi Attende § 1 [200B]. 833   È Eusebio di Cesarea che collega Sal 32, 15 con la creazione dell’uomo a immagine di Dio. 834   Basilio sa che per conoscere Dio e avere di lui una degna idea in rapporto alla creazione occorre purificare l’anima dalle ‘passioni della carne’, Hex I, 1, 2. Concetto analogo, in rapporto alla vicenda di Mosè, anche in Com Is VII, 195 (uscire dalle preoccupazioni umane e dalle passioni della carne). Vedi anche nota a In Ps 29, 8 § 5 [317B]. Questa situazione umana è analoga a quella che Cabasilas presenterà caratterizzando gli uomini come morti e corrotti, Nicola Cabasilas, Vita in Cristo I, 3 (PG 150, 504A). 835   Basilio applica l’atteggiamento di Dio alle azioni umane, qui da lui appositamente introdotto come una forma di esegesi ‘morale’ del versetto salmico. 836   Nella Rb 298 (1293AB) Basilio dice che il piacere agli uomini è una grave passione;

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gli ordini a noi dati da Dio, solo sa Colui che intende tutte le nostre azioni (Sal 32, 15b). Per questo rendiamo conto anche di ogni parola vana (cfr. Mt 12, 36). E non perdiamo la ricompensa perfino di un bicchiere di acqua fresca (cfr. Mt 10, 42), per il fatto che il Signore intende in837 tutte le nostre azioni (Sal 32, 15b).

La salvezza viene solo da Dio, non dalle strategie dell’uomo >9.   Non si salva il re per un numeroso esercito (Sal 32, 16a). Non difesa della forza militare, non mura di città, non falange di fanti, non potenza di cavalieri, non allestimento di forza navale procura la salvezza al re. Infatti il Signore insedia i re e li destituisce (Dn 2, 21), e non c’è potere se non ordinato da Dio (Rm 13, 1).838

- non salva l’esercito Si salva [345A] dunque il re non per un numeroso esercito, ma per la grazia divina. Perciò è vera anche per questi la parola: Per grazia siete stati salvati (Ef 2, 5). Così un contadino ottiene il frutto della coltivazione non tanto grazie alla cura della terra, quanto grazie a Dio che fa crescere ciò che viene coltivato. Infatti né chi pianta né chi irriga è qualche cosa, ma Dio che fa crescere (1Cor 3, 7). Se il cuore del re [è] nella mano di Dio (Pr 21, 1) non si salva per la potenza delle armi, ma per il divino condurre per mano.839 Nella mano di Dio, poi, non c’è chiunque, ma colui che è degno del nome di re. Alcuni hanno definito che regno è il dominio legittimo840 oppure il potere su tutti, non sottoposto al peccato.

- non salva la forza del gigante essa finisce per essere un ‘piacere a sé’ e quindi per divenire la passione contraria alla pietà (theosebeia), mentre si dovrebbe rendere culto solo a Dio, Rb 277 (1277B). Anche il Nisseno mette in guardia dalla compiacenza degli uomini (eis anthrōpinēn arescheian), Gregorio di Nissa, Sulla verginità, IX, 2 (SCh 119, 366, 9-17). 837   Solo qui Basilio introduce la preposizione eis presente nel testo della LXX. 838   Vanno notate la portata critica e la valenza politica di tale affermazione, già formulata da Basilio nella sua prima omelia tenuta da sacerdote, vedi Princ Prov § 2 [389B]. 839   C’è qui un termine cheiragōgia che avrà molto spazio nella vita monastica. 840   Anche tale improvvisa definizione del regno ribadisce la convinzione che Basilio aveva espresso qui sopra e anche nella già richiamata Princ Prov § 2 [389B]. Non va esclusa una sua implicita critica alla politica imperiale del suo tempo.

La salvezza viene solo da Dio, non dalle strategie dell’uomo

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E il gigante non si salverà nella grandezza della sua forza (Sal 32, 16b). Chiama ‘gigante’ colui che si serve della forza fisica e del vigore del corpo. [345B] Né dunque il re ha l’aiuto sufficiente per la salvezza dagli armati né l’[uomo] forte è capace di soccorrere se stesso in tutto. Infatti debolezza (cfr. 1Cor 2, 3) ed impotenza [sono] le realtà umane tutte insieme se paragonate alla vera potenza. Per questo Dio ha scelto ciò che nel mondo è debole per far vergognare ciò che è forte (1Cor 1, 27); e dalla bocca degli infanti e dei lattanti compì la lode, affinché distruggesse il nemico e il vendicatore (cfr. Sal 8, 3). Infatti risplendette soprattutto la grazia divina che agiva negli infanti e nei semplici.

- non salva la prestazione del cavallo Vano il cavallo per la salvezza, nella grandezza della sua potenza non si salverà (Sal 32, 17ab). Il cavallo è stato escluso dall’uso dei santi e né Israele, quando aveva successo nelle guerre, [345C] sembra che si sia mai servito di una schiera di cavalieri, né privatamente alcuno dei santi accettò l’uso dei cavalli come conveniente; invece il Faraone si serve della cavalleria (cfr. Es 14, 9, 23) e il superbo Sennacherib si gloria del gran numero dei suoi cavalli (cfr. 2 Re 19, 23). Perciò gettò in mare cavallo e cavaliere del Faraone (Es 15, 1; cfr. Es 14, 28);841 mentre tutti quelli 841   Basilio condanna la passione sfrenata per la corsa dei cavalli, cfr. Hex IV, 1, 3; In divites 2. Un accenno alla gara/corsa dei cavalli ritorna nel panegirico in onore del martire Gordio, In Gordium 3 (497A). Basilio descrive quello che prova all’arrivo di una lettera inattesa paragonandolo all’aiuto insperato dell’acqua che giunge ai cavalli di corsa costretti a correre tra la polvere dello stadio, Ep 222 agli abitanti di Calcide, scritta nel 375 (III, 6, 1-5). Un analogo e lungo passo sui cavalli (il non uso dei cavalli da parte dei santi e il vano riporre fiducia nei cavalli) è presente nel Com Is II, 81-82. Ambrogio ha ancora la preoccupazione di mettere in guardia: «Vanitas circus est, quia nihil prodest; vana est equorum velocitas, quia mendax ad salutem est (Sal 32, 17); vanitas theatrum est, vanitas ludus omnis; vanità è il circo, perché non giova a nulla; vana la velocità dei cavalli, perché ingannevole per la salvezza; vanità è il teatro, vanità ogni evento ludico», Ambrogio, La fuga dal mondo I, 4. Una corsa di cavalli era prevista in epoca repubblicana nella festa in onore di Marte nel mese di marzo a lui dedicato. Si richiami un lungo passo di Giorgio di Pisidia, Carme 7, 8093; cfr. a c. di Luigi Tartaglia Giorgio di Pisidia, Carmi, Torino, 1998, 255-257. Il contesto, tuttavia, col richiamo del Faraone e del superbo Sennacherib, lascia pensare che Basilio si riferisca al cavallo da guerra usato nelle battaglie. Del resto la Cappadocia era allora terra di cavalli e in particolare di cavalli da guerra; cfr. M. Cassia, Cappadocia romana. Strutture urbane e strutture agrarie alla periferia dell’Impero (Testi e Studi di Storia Antica), Catania 2004, 72-74, 298; S. Métivier, La Cappadoce (IVe-Ve siècle. Une histoire provinciale de l’Empire

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di Sennacherib che erano saliti sui cavalli si addormentarono (Sal 75, 7); perciò anche la legge [trasmessa] attraverso Mosè, stabilendo i doveri dei re, dice: Non accrescerà per sé la cavalleria (Dt 17, 16). Nella grandezza della sua potenza non si salverà (Sal 32, 17b). Quando infatti sono debole - dice - allora sono forte (2Cor 12, 10). Invece la grande abbondanza della potenza somatica è di impedimento alla salvezza dello spirito.842

L’uomo umile che spera attira lo sguardo del Signore >10.  Ecco gli occhi del Signore su coloro che lo temono (Sal 32, 18a). In un altro passo è stato detto: Gli occhi del Signore sui giusti (Sal 33, 16); qui invece: su coloro che lo temono (Sal 32, 18) [348A]. Quando noi guardiamo al Signore e i nostri occhi sono rivolti a Lui, così che diciamo: Ecco, come gli occhi dei servi verso le mani dei loro signori, così i nostri occhi verso il Signore nostro Dio (Sal 122, 2), allora, per così dire, attiriamo l’occhio del Signore all’osservazione di noi*.

romain d’Orient (Byzantina Sorboniensia 22), Paris 2005, 133-135. Si può inoltre richiamare il fatto che il profeta Zaccaria, mentre vede il futuro re andare verso Gerusalemme su un asino, su un puledro d’asina, profetizza che Dio farà sparire il carro da guerra da Efraim e il cavallo da Gerusalemme (Zc 9, 9-10). Va poi ricordato che i cristiani, come attestano anche pitture e sculture del III-VI sec. d.C., contrapporranno l’uso dell’asino da parte del Cristo nel suo ingresso a Gerusalemme all’uso del cavallo da parte degli imperatori o dei capi di eserciti. Cfr. l’interessante capitolo 2 Il carro e l’asino di Thomas F. Mathews, Scontro di dei. Una reinterpretazione dell’arte paleocristiana, Milano, 2005, 19-33; qui 29. Tener presente N. Thierry, La Cappadoce de l’Antiquité au Moyen Âge, Turnhout 2002, 15. In un testo ebraico pseudoepigrafico (risalente ai secoli I-II dC), Pirke de Rabb Eliezer, è detto che «il Signore riderà del cavallo e del suo cavaliere» riferendosi alla tradizione che vede il serpente cavalcare il cammello per potere avvicinarsi a Eva e tentarla, cfr. Fernanda de’ Maffei, Bisanzio e l’ideologia delle immagini, Napoli, 2011, 87. 842   Se il corpo vive nei piaceri ed è appesantito dall’abbondanza di carne, necessariamente l’intelletto è debole, afferma Basilio in Attende § 3 [204D]. Vedi anche In Ps 29, 10 § 6 [320CD].

Speranza in Dio e pazienza

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Speranza in Dio e pazienza Coloro che sperano nella sua pietà (Sal 32, 18b). L’umiltà di coloro che servono il Signore (cfr. Rm 12, 11) mostra come essi sperino nella sua pietà. Infatti colui che non ha confidato nelle sue grandi imprese né si aspetta di essere giustificato dalle opere (cfr. Rm 3, 20; Rm 4, 2; Gal 2, 16), ha come sola speranza di salvezza (cfr. 1Ts 5, 8) la misericordia di Dio. Quando infatti considera il [passo] Ecco il Signore e la sua ricompensa (Is 40, 10), restituire a ciascuno secondo la sua opera, e riflette sulle proprie cattive opere, teme la [348B] punizione e trema per ciò che viene minacciato. Ma, per non essere divorato dal dolore, ha buona speranza guardando alle misericordie di Dio (cfr. Sal 24, 6; Sal 50, 1; Sal 68, 17) 843 e alla sua filantropia*.

Mantenere in pazienza la speranza nel Dio santo Spera che la sua anima sarà salvata dalla morte e sarà nutrita da Lui nella fame (Sal 32, 19).844 La nostra anima sopporterà nel Signore perché è nostro aiuto e nostro difensore (Sal 32, 20ab). Il discorso contiene un’esortazione alla pazienza, 845 così che, anche se siamo oppressi da qualcuno di coloro che ci affliggono, non siamo separati dall’amore agapico di Dio in Cristo Gesù (cfr. Rm 8, 39), ma con tutta l’anima sopportiamo i travagli*, aspettando l’aiuto da parte di Dio (cfr. Sal 7, 10). Perché in Lui si rallegrerà il nostro cuore e nel suo santo nome abbiamo sperato (Sal 32, 21ab). Questo concorda con le parole [348C] all’inizio del salmo: Esultate, o giusti, nel Signore (Sal 32, 1a); e in Lui si rallegrerà il nostro cuore (Sal 32, 21a). E mi sembra che l’Apostolo in conformità a questo con queste parole abbia detto: In tutte queste cose riportiamo vittoria grazie a Colui che ci ha amato (Rm 8, 37); e: Non solo, ma anche vantandoci nelle tribolazioni (cfr. Rm 5, 3). Infatti il Salmista, dopo aver detto che la nostra anima sopporterà nel Signore (Sal 32, 20a) per indicare che non a forza né oppresso dalle afflizioni mostra la pazienza, ma con   Basilio ripete più volte che Dio minaccia e promette insieme, cfr. De iudicio (673A); Rf 2 (913C); De Bapt 1556D). Sulla stessa linea Massimo Confessore, Liber asceticus (PG 90, 912B; 920D; Nicola Cabasilas, Vita in Cristo VII, 1 (688B). 844   Basilio richiama il v. 19 del Sal 32, variandone la struttura sintattica. 845   Sulla pazienza da esercitare nelle prove vedi nota a In Ps 33, 5 § 4 [360A]. 843

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VII. SALMO 32

tutta la gioia (cfr. Gc 1, 2) accoglie i mali in nome del Signore (cfr. At 9, 16), non solo, dice, ‘sopportiamo’, ma anche in Lui si rallegrerà il nostro cuore e nel suo santo nome abbiamo sperato (Sal 32, 21ab). Ci basta essere chiamati cristiani per sfuggire ad ogni offesa da parte dei nemici. [349A] Si dice che è santo il nome di Dio (cfr. Is 6, 3), non certo perché abbia nelle lettere un qualche potere santificante,846 ma perché tutto ciò che è un carattere specifico di Dio e la cognizione delle cose meditate esclusivamente su di Lui è santo e puro. Sia, o Signore, la tua pietà su di noi, secondo quanto abbiamo sperato in Te (Sal 32, 22). Vedi come ha pregato con saggezza? Ha fatto della propria disposizione la misura della elargizione della misericordia di Dio. Tanto grande, dice, sia la tua pietà su di noi, quanto noi prima abbiamo riposto in Te la speranza. E tutta la nostra speranza si volga al riposo, affinché, trasformato il corpo della nostra bassezza, vediamo questo stesso divenuto conforme al corpo della gloria (cfr. Fil 3, 21).

846   Basilio esclude un ‘crasso’ letteralismo ‘magico’. Così prende posizione contro diffuse forme magiche egiziane e greche.

VIII. SALMO 33 [349B] A David quando mutò il suo volto davanti ad Abimelech ed egli lo mandò via e (David) se ne andò (Sal 33, 1).

Due ipotesi storiche di interpretazione A due ipotesi porta la comprensione del salmo.847 >1.  Sia le cose operate da David a Nob (Nomba), la città dei sacerdoti, sembrano adattarsi appropriatamente al titolo (cfr. 1Sam 21, 2) sia quelle [operate] a Gat presso Anchis, il re degli stranieri (cfr.1Sam 21, 14). Infatti mutò il suo volto (Sal 33, 1; 1Sam 21, 14) sia quando conversava con Abimelech il sacerdote, occultando la fuga, ma simulando di aver zelo* nel prestar servizio all’ordine del re (cfr. 1Sam 21, 2-3), sia anche quando prese i pani della proposizione (cfr. 1Sam 21, 7) e la spada di Golia (cfr.1Sam 21, 10). Mutò il suo volto (Sal 33, 1; 1Sam 21, 14) anche quando [era] preso in mezzo ai nemici, poiché avvertì [349C] che quelli stavano parlando tra loro e si apprestavano alla vendetta. Dissero - dice infatti - i servi di Anchis tra loro: non è questi David il re della terra? Non per questo cantavano in coro [le donne] dicendo ‘colpì David i suoi diecimila e Saul i suoi mille’? (1Sam 21, 12). E fu spaventato -dice- David dal volto di Anchis e mutò il suo volto davanti ai loro occhi (1Sam 21, 13-14).848

Abimelech come nome comune Come dunque il titolo fa il nome di Abimelech, mentre la storia tramanda Anchis, il re degli abitanti di Gat? Abbiamo come proveniente dalla tradizione fino a noi una simile attestazione, che i re degli stranieri avevano come nome comune Abimelech, mentre ognuno [aveva] il proprio col quale veniva chiamato. Come anche si può vedere nell’impero Romano, [349D] che vengono comunemente detti Cesari e Augusti, ma possiedono   Le due ipotesi sono contemplate già da Eusebio di Cesarea, che richiama che la singolare vicenda di David è stata evocata anche dal Salvatore, il Signore Gesù, sia pure attestata da due diverse narrazioni evangeliche (Mt 12, 3-4; Mc 2, 25-26), Eusebio di Cesarea, Com Sal I Sal 33, 1. Basilio è fedele al metodo esegetico anche origeniano: prima stabilire la veridicità e l’esattezza del dato storico del passo biblico in questione; perché solo di qui è possibile proporne una esatta significazione. Qui Basilio dà prova di dotta e raffinata esegesi. 848   L’episodio di David che si finge folle di fronte ad Anchis è richiamato anche in In Ps 115, 2 § 3 [108B]. 847

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altri nomi propri di loro stessi. Tale anche presso gli Egiziani è Faraone. [352A] Sembra infatti che anche quello ai tempi di Giuseppe fosse detto Faraone; Faraone anche il re dell’Egitto levatosi ai tempi di Mosè dopo quattro generazioni; Faraone anche quello al tempo di Salomone; prese -dice infatti- la figlia del Faraone (1Re 5, 14a); anche quello ai tempi della profezia di Geremia era denominato Faraone. Così anche Abimelech c’era ai tempi di Abramo e ai tempi di Isacco; anche quello nominato ora ai tempi di David. Sotto Abramo è stato detto infatti: e disse Abimelech e il suo paraninfo Ocozat849e Filoch, capo del suo esercito, ad Abramo, con queste parole (Gen 21, 22). E di nuovo riguardo ad Isacco: Era là da molto tempo. Avendo Abimelech, il re dei Filistei, guardato attraverso la finestra, vide Isacco scherzare [352B] con Rebecca (Gen 26, 8). Così anche qui ai tempi di David è stato detto nel titolo Abimelech, il nome comune del regno.

Anchis nome proprio e il dato storico Anchis invece è stato tramandato dalla storia come quello che propriamente era stato a lui imposto dalla nascita.850 Davanti a questo, dunque, mutò il suo proprio volto, essendo condotto nelle mani dei servi e strepitando presso le torri della città e versando -dice- la sua saliva sulla barba (cfr. 1Sam 21, 14); così che Anchis disse ai servi: perché lo conducete a me? Io non ho bisogno ancora di folli, perché portate anche questo a folleggiare davanti a me? (cfr.1Sam 21, 15). E così, liberato di colà, si rifugiò -dice- nella grotta di Odolla (Adullam) (cfr. 1Sam 22, 1).

  Il nome del paraninfo Ozocat non compare nella traduzione italiana di Gen 21, 22 della CEI.   Basilio avverte la problematicità della presenza di Abimelech, davanti al quale non sembra che David abbia mutato volto. Eusebio di Cesarea l’aveva puntualizzato, tentando una spiegazione filologica e suggerendo una interpretazione ‘morale’: David ha nascosto ad Abimelech il vero motivo della sua propria presenza. Basilio si avventura in una spiegazione tutta sua (così sembra): dicendo che Anchis e Abimelech sono la stessa persona e che Abimelech è solo un titolo onorifico (come Faraone, Cesare) riferito ad Anchis, che invece è un nome proprio. Va osservato che per Didimo il Cieco le cose stanno esattamente all’opposto: è Anchis che è titolo onorifico e non Abimelech che è un nome proprio, Didimo il Cieco, Lezioni sui salmi 33 (tr. it. 441). Gli esegeti contemporanei ritengono improbabile il riferimento ad Abimelech. Per alcuni l’intestazione recava akis melek gat reso facilmente con akis melek e poi abimelek denotando la tendenza degli scribi a storicizzare il testo. C’è anche chi ritiene che effettivamente Abimelech fosse il nome del re di Gath. Cfr. ad es. i commenti ad locum di Gianfranco Ravasi e Louis Jacquet. 849

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Benedire Dio in ogni circostanza vivendola a sua gloria

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Benedire Dio in ogni circostanza vivendola a sua gloria Poiché, dunque, era sfuggito ad un grande pericolo, 851 manda questo ringraziamento a Dio che l’aveva salvato. Benedirò -dice- il Signore [352C] in ogni occasione (Sal 33, 2a). Essendo sfuggito alla morte, pone a se stesso come dei confini della vita, improntando* la propria anima al rigore* della condotta di vita,852 così da non lasciarsi sfuggire nessuna occasione della benedizione, ma da riportare a Dio l’inizio dei grandi eventi e di quelli più piccoli. Non riterrò -dice- che avvenga per la mia premura, né che accada per il caso fortuito*, ma in ogni occasione benedirò il Signore (Sal 33, 2a), non solo nei giorni felici della vita, ma anche nei momenti dolorosi. Di qui ammaestrato, l’Apostolo sempre -dice- rallegratevi, pregate incessantemente, in tutto ringraziate (1Ts 5, 16-18). 853 Vedi quanto grande l’amore agapico dell’uomo? Non si scoraggiava davanti alla serie ininterrotta dei mali*, quando non solo era stato allontanato dalla patria e dai parenti dai familiari e dai possedimenti, [352D] ma anche [quando], consegnato dalla necessità ai nemici, per poco stava per essere fatto a pezzi da quelli. Non disse ‘fino a quando la catena incessante di mali?’; non si scoraggiò davanti al prolungamento della tribolazione, sapendo [353A] che la tribolazione produce pazienza, e la pazienza virtù provata, e la virtù provata speranza854 (Rm 5, 3-4). In realtà, infatti, per quanti son ben preparati le tribolazioni* sono come alimenti per gli atleti e esercizi ginnici*, che sospingono avanti il combattente alla gloria patria; quando oltraggiati benediciamo, calunniati consoliamo, oppressi ringraziamo (cfr. 1Cor 4, 12-13), tribolati (cfr. 2Cor 4, 8) ci vantiamo della tribolazione (cfr. Rm 5, 3). [È] turpe infatti che   Basilio ritiene che David ringrazi solo per lo scampato pericolo di morte; pertanto tralascia totalmente -diversamente da Eusebio di Cesarea - l’episodio in cui David mangia i pani della proposizione. 852   Il rigore (akribes) della vita rappresenta una delle caratteristiche della vita filosofica/ monastica anche del movimento di Eustazio di Sebaste. 853   Di qui in poi Basilio intercala al commento salmico di Sal 33, 2A, alcune citazioni tratte dal NT; con ciò trapassa immediatamente, senza soluzione di continuità, dall’esegesi del VT all’esegesi/applicazione cristiana. 854   Per la pazienza da esercitare nelle prove vedi nota a In Ps 33, 5 § 4 [360A]. Si noti come Basilio spieghi la parola salmica con la citazione di un testo paolino. Così egli con una citazione inattesa fa virare il senso del testo veterotestamentario. 851

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noi benediciamo nelle condizioni più prospere, e che stiamo in silenzio nelle situazioni più tristi e faticose.855 Ma allora ancora di più bisogna ringraziare, sapendo che quello che il Signore ama, corregge, sferza ogni figlio che accoglie (Eb 12, 6).

Bocca dell’uomo e lode perenne a Dio Sempre la lode di lui sulla mia bocca (Sal 33, 2b). Sembra che il profeta annunci qualcosa di impossibile.856 Come può infatti la lode di Dio essere sempre sulla bocca dell’uomo? Quando intrattiene [353B] discorsi su cose abituali e inerenti alla vita, non ha la lode di Dio sulla bocca. Quando dorme, tacerà assolutamente. Mentre mangia e beve, come la bocca metterà in azione la lode? Al riguardo diciamo che esiste anche una bocca noetica*857 dell’uomo interiore* (cfr. Ef 3, 16; 2Cor 4, 16; Rm 7, 22),858 con cui è nutrito assumendo   Vedi In Ps 32, 1 § 1 [324B], In Ps 48, 19 § 10 [456D-457A] e In Ps 114, 3, § 2 [485D-488A].   Il fatto di attirare l’attenzione su tale dato fa parte della tecnica esegetica. 857   Per l’interpretazione in senso spirituale della bocca o del senso del gusto vedi In Ps 33, 9 § 6 [364CD- 365A], In Ps 33, 21 § 13 [384B] Princ Joannis § 4 [481C] e Princ Prov § 14 [413CD-416A]. La dottrina dei sensi interiori, formulata da Origene -su cui ritorneremo più avanti a In Ps 33, 9 § 6 [364CD]- è strettamente connessa con la concezione dell’uomo interiore, come fa qui Basilio. 858   In più luoghi Basilio parla dell’uomo interiore, che richiama l’espressione paolina di Ef 3, 16: eis ton esō anthrōpon. Idea analoga in 1Pt 3, 4. Per Basilio si danno anche persone, ‘i poveri’, che non hanno ancora in sé formato l’uomo interiore e che quindi, tanto meno hanno raggiunto la misura perfetta dell’età; questo dice nella lettera scritta a Eustazio di Sebaste Ep 223, 1 (III, 9, 19-26). Filone Alessandrino e poi Origene parlano dell’uomo interiore. Per quest’ultimo cfr. ad es. Origene, Commento al Cantico dei Cantici, Prologo 2, 4-5 (SCh 375, 92-94; qui sono citati i passi di 2Cor 4, 16 e Rm 7, 22); Omelie su Levitico I, 1 (SCh 286, 66, 18-19: in riferimento alle orecchie richiamate dopo gli occhi); Omelie su Levitico XII, 2 (SCh 287, 168, 30-37: mentre il peccato fa decrescere si ha crescita dell’uomo interiore in rapporto alla virtù e all’età); Omelie su Levitico XIV, 3 (SCh 287, 240, 88-93 uomo che vede Dio; il vero giudeo è quello interiore/nascosto, quello creato a immagine di Dio); Commento alla lettera ai Romani IX, XXXVI (1235B-1236C in collegamento coi sensi interiori/spirituali; cfr. Rm 2, 29). Cfr. anche H. Crouzel, Théologie de l’image de Dieu chez Origène, Paris 1956, 148. Anche il Nisseno ne tratta più volte, Gregorio di Nissa, Discorso sui defunti 8 (CP 48, 25-26; GNO IX, 40, 6-7: uomo interiore e uomo esteriore); Sulla verginità XX, 1; XXIII, 7 (SCh 119, 492, 1-5; 556, 32-33); Sulla creazione dell’uomo 29 (GNO IV/2 PG 44, 236 A; Istituto cristiano (GNO VIII/1 59, 11); Sulla perfezione (GNO VIII/1, 183, 9-10); Omelie Sul Cantico I (GNO VI, 21, 16); II (GNO VI, 63, 18-66, 7: si guardano le cose esteriori e non se stessi); XIV (GNO VI, 399, 18); Ep II, 17 (GNO VIII/2 18, 14). Gli stoici definivano ‘uomo interiore’ l’anima come inguainata nel corpo tanto da riceverne la forma, cfr. M. Spanneut, Le stoïcisme des Pères de l’Église, 164. La contrapposizione tra 855

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Benedire Dio in ogni circostanza vivendola a sua gloria

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il Verbo della vita (1Gv 1, 1), che è il pane disceso dal cielo (Gv 6, 51.58). Di quella bocca anche il profeta dice che la mia bocca ho aperto e ho sorbito spirito (Sal 118, 131). Quella anche il Signore ci esorta a tenere aperta per l’accoglienza sempre più abbondante dei nutrimenti della verità. Spalanca -dice infatti- la tua bocca e la riempirò (Sal 80, 11). Dunque il pensiero su Dio, impresso*859 una volta e come sigillato* nell’egemonico* dell’anima, [353C] può essere chiamato lode di Dio, la quale inabita completamente l’anima. Ma, secondo l’insegnamento dell’apostolo, lo zelante* può anche tutto fare a gloria di Dio (cfr. 1Cor 10, 31),860 così che ogni attività e ogni parola e ogni azione noetica861 assumano potenza di lode. Il giusto -infattisia che mangi sia che beva, tutto fa a gloria di Dio (cfr. 1Cor 10, 31). Di uno così, anche quando dorme, il cuore veglia, secondo colui che dice nel Cantico dei Cantici: io dormo ma il mio cuore veglia862 (cfr. Ct 5, 2).863 Dal momento che, infatti, per lo più le visioni fantasmatiche durante il sonno sono risonanze del pensiero diurno. uomo esterno e interiore (homo interior o verus homo), presente nel pensiero greco, è un tema diffusissimo nella cultura platonica e neoplatonica; Platone, Repubblica IX 589A; Fedro 279B; Proclo, Sull’Alcibiade IV, 25. Su questo aspetto cfr. P. Courcelle, Conosci te stesso. Da Socrate a san Bernardo, presentazione di G. Reale, introduzione e traduzione di F. Filippi, Milano, 20102 [ed. orig. Connais-toi toi même. De Socrate à saint Bernard, 3 voll., Paris: Études Augustiniennes, 1975-76], 83; 124 n.10; 164; 199; 388; 525-528. 859   Analogamente gli stoici definivano la phantasia «un›impronta (typōsis) nell’anima e nell’egemonico», SVF II, 59. 860   Il testo paolino è riportato anche da Didimo il Cieco, che però vede la ragione della possibilità della preghiera continua nella richiesta, nel desiderio dell’uomo perché «il desiderio stesso è preghiera», Didimo il Cieco, Lezioni sui salmi 33, 2ab. 861   Basilio richiama qui la tipica tripartizione di azione, parola e pensiero; cfr. De Bapt 1541D; Attende § 5 [209B]; Mor XX, 1 (736D); Rb I (1081A); Rb 274 (1272CD); Rf proem 892A; Rf 37(1016A); Ep 46, 5 (CP 242, 1) 862   Basilio ha il verbo gregorei invece di agrypnei. 863   Ct 5, 2 è citato anche nell’Hex VII, 6, 70-71: che la notte sia occupata dalla gioia delle cose udite durante il giorno. La citazione del Cantico appare in maniera inattesa nel contesto dell’omelia. Potrebbe essere l’indizio di una datazione tarda dell’omelia sul Salmo 33? Tutto questo passaggio è come una variazione del tema della ‘memoria di Dio’ su cui Basilio insiste spesso, seguendo una tradizione che lo precede, con influssi stoici e ascendenze filoniane; cfr. I. Hausherr, Noms du Christ et voies d’oraison (OCA 176), Roma 1960, 157160. Ma c’è anche l’accenno alla situazione ossimorica di sonno-veglia, di sonno vigilante che è un elemento che caratterizza la condizione estatica dell’uomo inabissato in Dio. Al riguardo si veda quanto dice il Nisseno partendo da Ct 5, 2, Gregorio di Nissa, Omelie sul Cantico dei Cantici X (GNO VI, 311, 19-20; 312, 11-12); da collegare con l’altro ossimoro della sobria ebbrezza, Gregorio di Nissa, Omelie sul Cantico dei Cantici X (GNO 309, 9-14).

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VIII. SALMO 33

La vera gloria dell’uomo è in Dio >2.  Nel Signore si glorierà l’anima mia (Sal 33, 3a). Nessuno, dice, lodi la mia premura per la quale sono stato salvato dai pericoli. Non infatti in potenza d’uomo, né in sapienza, ma nella grazia di Dio sta la salvezza.864 Non si vanti - dice- il ricco della sua ricchezza, né il sapiente della sua sapienza, né il forte della sua fortezza; [353D] ma solo di questo si vanti chi si vanta, di comprendere e conoscere il Signore il Dio suo (Ger 9, 22-23). Vedi come l’Apostolo loda i collaboratori del Vangelo? Il quale è vostro conservo e diacono nel Signore (Col 4, 7).865 Se uno infatti si gloria della bellezza del corpo [356A] o della celebrità dei natali*,866 la sua anima non si gloria nel Signore, ma ognuno di questi simili sta nella vanità. Le arti medie,867 infatti, non posseggono la autentica gloria, comandanti   Vedi anche In Ps 48, 7 § 3 [437BCD-440A].   Ancora una volta Basilio interpreta passi dell’AT con citazioni del NT, in questo caso illumina Geremia con un testo paolino. 866   Anche in Adolesc II, 2 Basilio richiama che: «Non nobiltà di natali, non forza di corpo, non bellezza o grandezza, non gli onori da parte di tutti gli uomini, non la regalità stessa, né qualunque cosa qualcuno degli uomini ritiene grande, ma neppure auspicabile, riteniamo degno…»; cfr. De humilitate 528A. A Massimo studente l’anziano Basilio dirà che non è un guadagno da poco il fatto che lui sia passato da una grande famiglia e da una illustre stirpe alla vita evangelica, Ep 277 (III, 149, 8-10). I rilievi di Basilio ricordano in qualche modo l’opera formativa di Socrate, come afferma Proclo commentando l’Alcibiade primo di Platone; Proclo, Sull’Alcibiade XVII, 105-110. Vedi nota a In Ps 28, 5 § 5 [293C]. Cfr. Gregorio di Nissa, Omelie su Qoelet VI, 4 330, 26-27 (GNO 379, 4-5). 867   «Ci sono tre arti che corrispondono a ciascun oggetto: l’arte che si serve, quella che lo costruisce, quella che l’imita», Platone, Repubblica X, 601d. L’arte ‘media’, quella che costruisce/fabbrica «non merita la lode», perché costruisce secondo l’ordine di chi se ne serve, che «ha la scienza» (602a). Basilio scrive (nel 376) ad Amfilochio di sapere che esistono nell’uomo due potenze una cattiva legata ai demoni e l’altra più divina e buona che ci conduce alla somiglianza di Dio; tale realtà costitutiva determina tre tipi di condizione di vita in rapporto all’attività dell’intelligenza noetica; oltre alla prima negativa e alla terza aperta alla divinità dello Spirito, si dà la seconda energia/azione appunto, quella ‘media’ (mesē) che si esprime nella varie arti medie (pilota, medico), le quali non sono né lodabili né condannabili, perché la loro valutazione etica dipende dall’uso libero che ne fa il soggetto umano, Ep 233, 1 (III, 40-41). Proclo aveva osservato che, in rapporto alla conoscenza di sé e della propria essenza, il dialogo platonico Alcibiade non può non condurre alla «disapprovazione delle molte arti che ignorano tanto se stesse quanto i propri oggetti», Proclo, Sull’Alcibiade 9, 11-13. Al riguardo Francesca Filippi fa notare che il rilievo sull’insufficienza delle ‘arti’ cui allude Proclo è da intendersi nel senso chiarito da Socrate in Platone, Apologia di Socrate 22ce; cfr. F. Filippi, L’immaginario e il simbolico 864 865

La mitezza

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di navi, medici, oratori, o architetti che costruiscono città o piramidi o labirinti o certe altre strutture abitative dispendiose o immense. 868 Quanti si gloriano in queste cose, non hanno la loro anima nel Signore. A noi per la somma dignità basta essere chiamati servi di un tale Sovrano.869 Sicuramente, infatti, chi serve un re se ne andrà superbo, per essere stato posto a tale grado del servizio; invece colui che è stato ritenuto degno di servire Dio, ricercherà per sé le lodi d’altrove, come se non gli fosse sufficiente la chiamata del Signore per il massimo di gloria [356B] e fama?870

La mitezza Nel Signore -dunque- si glorierà l’anima mia. Odano i miti e si rallegrino (Sal 33, 3ab). Dal momento che senza guerra, dice, è riuscita per me la salvezza dal solo mutamento del volto (Sal 33, 1) essendo stati ingannati i nemici grazie all’azione sinergica di Dio, odano i miti che è possibile anche stando quieti innalzare un trofeo e non combattendo riuscire vincitori; e si rallegrino, nell’uomo, 527 n.27. Si tratta del fatto che le ‘arti tecniche’ non dispongono della scienza del bene e del male a orientamento delle proprie attività produttrici; su questo aspetto l’autrice rinvia a un altro suo volume: F. Filippi, Socrate nell’età dell’ermeneutica. Rilettura del pensiero socratico alla luce dell’ontologia ermeneutica di H.G. Gadamer, Milano, 2003, 196-209. Nell’etica stoica aveva gran peso la categoria delle cose medie/indifferenti, che stanno in mezzo tra cose buone e cattive: cfr. ad es. Stobeo II, 79 (SVF III, 118). Categoria conosciuta dagli Alessandrini: Clemente Alessandrino, Stromati VII, 3, 17, 3; II, 20, 109, 4; Origene, Commento alla lettera ai Romani VI, VI (PG 14, 1068A: «neque mala neque bona dici potest, est enim media, quae dicitur indifferens»). Per Origene anche il matrimonio e la verginità rientrano nella categoria delle cose indifferenti (adiaphora), Origene, Sulla prima lettera ai Corinti 37 (Origene, Esegesi paolina. I testi frammentari, Roma 2009, 150-151). Anche Basilio conosce tale categoria. Rispondendo alla domanda di Amfilochio sui tipi di vita legati ai tipi di intelligenza, egli vede che tra le attività malvagie e quelle positive, legate allo Spirito Santo e giunte alla contemplazione, si dà un tipo medio di energia/attività (mesē energeia) della mente che non inclina né al bene né al male: «Dove infatti il male del pilota e del medico?». In queste arti non è questione di virtù; la valutazione etica dipende dalla scelta (proairesis) di coloro che ne fanno uso, Ep 233, 1 (III, 40, 19-36). Cfr. anche, quanto Basilio scrive sempre nel 376 ad Amfilochio, Ep 236, 7 (III, 54, 1-8). Cfr. anche Princ Prov § 6 [397C] e § 11 [409C]; De Bapt 1597C. 868   L’esempio dell’architetto e dell’oratore anche in In Ps 61, 8 § 4 [476D-477A]. Per la gloria effimera dell’oratore vedi Attende § 5 [209D]. 869   Per l’uso del termine Despotēs vedi nota a In Ps 29, 3 § 3 [309D]. 870   La gloria che deriva dal servire Dio anche in In Ps 32, 1 § 1 [324B]; In Ps 33, 22 § 14 [385C]; In Ps 61, 8 § 4 [477A].

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VIII. SALMO 33

confermati nella mitezza dal mio esempio.871 Ho ricevuto questa grazia da parte di Dio, poiché ho mantenuto la mitezza. Ricordati, Signore, di David e di tutta la sua mitezza (Sal 131, 1). La mitezza [è] infatti la più grande delle virtù; per questo è nominata anche tra le beatitudini. Beati -dice infatti- [356C] i miti, perché questi avranno in eredità la terra (Mt 5, 5). Quella terra infatti, la celeste Gerusalemme (cfr. Eb 12, 22),872 non diventa preda di quanti fanno guerra, ma viene data in eredità ad uomini pazienti e pieni di mitezza. Quel odano i miti può equivalere a ’ascoltino i discepoli di Cristo’. Forse in modo profetico vuole che pervenga sino a noi il miracolo del beneficio di Dio verso di lui. Odano infatti quelli che dopo molte generazioni diverranno discepoli del Cristo. Infatti ha chiamato miti quelli ai quali il Signore dice: imparate da me, perché sono mite e umile di cuore (Mt 11, 29).873 Quanti hanno acquietato il carattere e si sono distaccati da ogni passione, così da non avere alcuno turbamento che abita nelle loro anime, questi vengono definiti miti. Per questo anche Mosè è stato testimoniato essere mite al di sopra di tutti gli uomini sulla terra (cfr. Nm 12, 3)874 [356D].

871   Per David come modello di mitezza cfr. anche Ep 2, 3 (CP 66, 18-22). Basilio vede nel richiamo dell’esempio di altri un modo per superare le passioni e raggiungere le virtù. Il motivo dell’esempio è presente in Clemente Alessandrino, Pedagogo I, I, 3, 1; I, X, 91, 3 (SCh 67, 112, 272); compare in Gregorio di Nissa, Sui titoli dei salmi II, 15, 76 (SCh 466, 476, 65-66): addolcire le passioni col desiderio di imitare quelli simili. Vedi In Ps 48, 5 § 2 [436C] e In Ps 115, 9 § 5 [113C]. Naturalmente l’esempio sommo è Cristo, vedi In Ps 33, 7 § 5 [361C] e In Ps 44, 5 § 6 [401B]. 872   Basilio compie qui uno stretto giro esegetico identificando ‘la terra’ con Gerusalemme. Riferendosi alla medesima beatitudine, il Nisseno discorrerà di terra superiore/iperurania, di terra dei viventi, di terra celeste, Gregorio di Nissa, Omelie sulle Beatitudini II, 1.1-2.2. 873   Cfr. Rb 80; i cristiani siano discepoli di Cristo modellati su di lui (Mt 11, 29); soprattutto le guide (Rf 43). Basilio richiama Mt 11, 29 anche nell’Ep 277 (III, 150, 16-17; l’epistola risale agli ultimi anni, 377-378), a proposito dell’umiltà propria del cristiano. Origene contrappone ai greci la sorprendente e grande dottrina dell’umiltà, vissuta dal nostro Salvatore stesso al momento dell’incarnazione (Fil 2, 6-8) e durante la sua esistenza (Mt 11, 29), Origene, Contro Celso VI, 15 (SCh 147, 216, 26-40). 874   Basilio richiama Mosè per la mitezza anche in De ira 360B e in Ep 2, 3 (CP 66, 22-24). Si noti ancora come Basilio intrecci AT e NT in modo così armonico e coerente come se la cosa andasse da sé, mentre è sua bravura esegetica.

Chi e come può magnificare il Signore e darsi alla contemplazione

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Chi e come può magnificare il Signore e darsi alla contemplazione >3.  Magnificate il Signore con me (Sal 33, 4a). Prende un coro a lui conveniente in vista della dossologia del Signore. [357A]. Nessun turbolento, né che sia in preda al tumulto, né che sia furente nell’anima a causa delle passioni della carne* (cfr. Gal 5, 24, Rm 7, 5) si unisca a me; ma voi miti, che avete raggiunto la stabilità e la fermezza* dell’anima, che scuotete via la lentezza (cfr. Eb 5, 11; Eb 6, 12) e il torpore nel compimento dei doveri, voi magnificate il Signore con me. Magnifica il Signore colui che con grande sentire e con animo esultante e sollevato sopporta le prove (cfr. Gc 1, 12) per la pietà*. Poi anche colui che con grande sentire e profondissime considerazioni osserva le grandezze della creazione, affinché dalla grandezza e dalla bellezza delle creature contempli chi ha dato origine ad esse (Sap 13, 5)*.875 Quanto più infatti uno va in profondità nelle ragioni secondo le quali le realtà esistenti sono state fatte e secondo le quali sono governate, tanto più contempla la magnificenza del Signore e, per quanto dipende da [357B] lui stesso, magnifica il Signore. Poiché dunque un solo intelletto e la meditazione di un solo uomo, neppure per un breve istante basta da sé alla percezione delle grandezze di Dio, raduna insieme tutti i miti alla comunanza876 di questa azione. Bisogna infatti essere in un riposo totale dai tumulti esteriori e dopo aver realizzato la totale quiete nella nascosta sede decisionale del cuore,877 così dedicarsi 875   Cfr. Atanasio, Sull’incarnazione del Verbo 12, 3: «Era dunque possibile che essi [gli uomini] sollevandosi a guardare verso la grandezza del cielo e considerando l’armonia della creazione, ne conoscessero il capo, il Logos del Padre...». 876   Basilio insiste sempre sull’aspetto comunitario della fede e della vita cristiana, come in In Ps 1 §2 [212D]; In Ps 32, 3 §3 [329A]; In Ps 48, 2-3 §1 [433D]; cfr. anche Rf 2. 877   Vedi In Ps 1, 1, § 4, [220B], in cui si parla di to en kardiai bouleuma, «la decisione nel cuore». Vedi anche Attende § 1 [197C] per il cuore come sede della deliberazione; a [200D] si parla di «nascosto laboratorio del cuore» (kryphaiōi tēs kardias ergastēriōi). Occorre uscire dai tumulti esteriori delle cose del mondo, come è detto subito dopo in [357C]. Vedi In Ps 1, 1 § 3-4 [217CD]; In Ps 1, 1 § 6 [228B]; In Ps 32, 11 § 7 [341AB]; In Ps 33, 15 § 10, [376AB]; In Ps 45, 11, § 8 [428CD-429ABC]; In Ps 61, 9 § 4 [477BC]. ]; In Ps 114, 7 § 5 [492B]; Princ Prov § 4 [393BC]. Dice la stessa cosa - uscire dalla consuetudine mondana - nella sua opera giovanile Gregorio di Nissa, Sulla verginità XVII, 1 (SCh 119, 454, 1-456, 17); Sulla preghiera del Signore V (GNO VII/2, 73, 5-22), PG 44, 1192C: vivere fuori delle cose del mondo che è in potere del maligno, Gv 3, 19. Del resto è impossibile conciliare l’amore del mondo con quello per Dio, dice espressamente Origene, Commento

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VIII. SALMO 33

alla contemplazione della verità. Senti quello che confessa il peccato, cosa dice? Il mio occhio è stato turbato dall’ira (Sal 6, 8). Non solo ira,878 ma anche concupiscenza (cfr.2Pt 1, 4; 1Gv 2, 16-17; Gc 1, 15) e viltà e invidia (cfr. 1Tm 6, 4) turbano l’occhio dell’anima*;879 e insomma tutte la passioni confondono e turbano880 la capacità visiva dell’anima.881 E come a un occhio guastato non [è] possibile avere l’accurata percezione delle cose visibili882 [357C], così neppure a un cuore guastato [è possibile] pervenire alla comprensione noetica della verità.883 Occorre dunque separarsi884 dalle cose del mondo885 e non introdurre nell’anima pensieri estranei né mediante gli occhi, né mediante le orecchie né mediante nessun’altra sensazione.886 Le guerre* suscitate dal pensiero della carne * (cfr. Rm 8, 5-7) riempiono l’interno di tumulti incessanti e di rivolte irriconciliabili.887 a Giovanni XIX, XXI, 138-139); cui fanno eco lo stesso Basilio Ep 223, 2 (III, 10, 16-17) e poi Gregorio di Nissa, Sulla verginità VI, 1 (SCh 119, 338, 5-340, 21: separarsi dalla consuetudine della vita umana); IX, 2; XVII, 2 (SCh 119, 366, 9-17; 456, 1-458, 9); Omelie sul Cantico IV (GNO VI, 106, 1-2); Sulla preghiera del Signore III (PG 44, 1153D; GNO VII/2, 36, 3-15). 878   Cfr. ad es. Ef 4, 31. 879   Per l’interpretazione in senso spirituale del senso della vista vedi In Ps 1, 1 § 5 [224A], In Ps 33, 21 § 13 [384A], In Ps 45, 5 § 4 [424A], In Ps 45, 9 § 7 [428A], Princ Prov § 14 [413C], Attende § 2 [201C] e § 5 [209B]; cfr. anche In Christi gen 6 (1473D); De iudicio 657B. 880   Per le passioni causa di ‘confusione’ e ‘turbamento’ vedi anche in In Ps 29, 8 § 6 [320A]. 881   La medesima espressione ricorre in Gregorio di Nissa, Sulla verginità X, 1; XI, 1 (SCh 119, 370, 11-12; 380, 9); Omelie sul Cantico IV (GNO VI, 106, 4); Omelie su Qoelet V, 3 284, 21-22 (GNO V, 357, 16): Sulla morte prematura, GNO III/2, 80, 3. Compare in Clemente Alessandrino, Pedagogo II.IX, 81, 1 (SCh 108, 160). 882   Il paragone fra la vista fisica e quella spirituale anche in In Ps 45, 9 § 7 [428A]: come gli occhi del corpo possono avere una percezione confusa a causa della distanza, allo stesso modo non si possono vedere le opere di Dio con gli ‘occhi dell’intelletto’ puri se non si è divenuti intimi a Lui con le opere. Cfr. pure (Ps.) Amfilochio di Iconio, Omelie VII, 2. 883   In questo brano compaiono tutti i termini - cari agli Alessandrini -per esprimere la ‘gnosi’, la capacità della conoscenza nelle sue varie forme: contemplazione (theōria) della verità, capacità visiva (to dioratikon) dell’anima, percezione (katalēpsis) delle cose visibili, comprensione (katanoēsis) della verità. 884   Il verbo anachōreō è qui usato in senso ascetico; vedi la stessa accezione del termine anachōrēsis in In Ps 1, 1 § 3 [217C]. 885   Ulteriore richiamo al primo passo ‘negativo’ del cammino di perfezione. 886   Per questo concetto vedi In Ps 32, 11 § 7 [341B] e In Ps 45, 11 § 8 [428C-D-429A]. 887   L’espressione to phronēma tēs sarkos si contrappone a to phronēma tou pneumatos come nel passo paolino di Rm 8, 5-7. Occore dunque raggiungere una condizione di non turbamento come già detto in In Ps 29, 8 § 6 [320A], tenendo sotto controllo le passioni insorgenti, come ripete più volte Basilio stesso (In Ps 1, 1§ 5 [221C]), per evitare le malsane doglie che portano al peccato (In Ps 7, 15 § 8 [248BC]).

Chi e come può magnificare il Signore e darsi alla contemplazione

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Ricercare il Signore Ricercai il Signore e mi ascoltò (Sal 33, 5a). Queste cose, dice, odano i miti, che io in quella difficile situazione, quando tutta l’ira dei vendicatori era mossa contro di me, * e ogni mano era armata contro di me, e io nudo e senz’armi ero esposto ai nemici pronto ad ogni oltraggio, allora non fui confuso nei ragionamenti dalla paura, non fui allontanato dal pensiero di Dio, non disperai [357D] della mia salvezza, ma ricercai il Signore.888 Non cercai solo una semplice e temporale speranza nel Signore, ma ricercai. Qualcosa di più del ‘cercare’ infatti dimostra l’enfasi889 di ‘ricercare’, come anche l’investigazione è più della semplice indagine.890 Quelli che investigavano -infatti- abbandonarono le investigazioni (Sal 63, 7). Molta quiete e tranquillità dunque mostra il discorso salmico grazie alla ricerca. [360A]

Dio libera dalle tribolazioni >4.  E da tutte le mie tribolazioni mi liberò (Sal 33, 5b). Tutta la vita del giusto è tribolata e stretta e tribolata la strada (Mt 7, 14)*; e molte le tribolazioni dei giusti (Sal 33, 20). Per questo anche l’apostolo dice in ogni cosa tribolati (2Cor 4, 8) e che attraverso molte tribolazioni bisogna che noi entriamo nel regno di Dio (At 14, 22).891 Dio libera dalla tribolazione i suoi santi, non lasciandoli senza prova*, ma facendo loro grazia della pazienza. Se infatti la tribolazione produce la pazienza, e la pazienza virtù provata (Rm 5, 3-4), chi evita la tribolazione ha privato se stesso della virtù provata. Come dunque nessuno viene incoronato (cfr. 2Tm 2, 5) senza avversario*,892 così neppure può essere presentato come saggiato se non   Questo passaggio interpretativo ha una forte coloritura autobiografica.   Tale lemma esegetico compare anche in Princ Prov. § 4 [393A]; C Eun II, 7, 36 e II, 24, 8-9. Cfr. anche Gregorio di Nissa, Omelie sul Cantico Prologo (GNO VI, 4, 1) 890   Qui Basilio, dando prova di attenzione alla ‘acribia’ letterale del dettato biblico, fornisce un ulteriore esempio di come il prefisso ek possa rafforzare il concetto in modo enfatico introducendo la differenza di significato (intraducibile in italiano) fra ereuna e exereunēsis. La puntualizzazione linguistica è anche un modo specifico della sua esegesi. 891   Anche qui Basilio segue il criterio esegetico di spiegare la scrittura con la Scrittura raccogliendo più testi attorno ad un unico testo, in questo caso attorno al lemma ‘tribolazione’. 892   Vedi più avanti In Ps 33, 20 § 12 [381B] con relativa nota e Attende § 4 [208A]. Sulla pazienza da esercitare nelle prove fino alla fine senza pregare di essere liberati cfr. Rb 261 (1257C-1260A). Vedi anche In Ps 14A § 6 [264B], In Ps 32, 20 § 10 [348BC], In Ps 33, 2 § 888 889

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VIII. SALMO 33

mediante le tribolazioni. Da tutte le tribolazioni -dunque- mi liberò (Sal 33, 5b), non permettendo che venissi tribolato [360B] ma donando con la prova anche la via di uscita, di poter sopportare (1Cor 10, 13).

L’illuminazione del Signore e il giudizio finale Avvicinatevi a Lui e siate illuminati e i vostri volti non siano confusi (Sal 33, 6). Quelli che siedono nella tenebra e nell’ombra di morte (Lc 1, 79), questi invita ad avvicinarsi al Signore e accostarsi ai raggi della sua divinità, affinché, resi splendenti dalla verità per effetto della vicinanza, per grazia accolgano in se stessi la sua luce. Come infatti questa luce sensibile non per tutti sorge ugualmente, ma per coloro che hanno occhi e vegliano e che senza alcun impedimento possono godere della apparizione del sole, così anche il sole della giustizia (Ml 3, 20), la luce vera, che illumina ogni uomo che viene nel mondo (Gv 1, 9), [360C] non a tutti fa grazia del proprio splendore, ma a quelli che vivono in maniera degna di Lui (cfr. Fil 1, 27).893 La luce -dice infatti- è sorta non per il peccatore ma per il giusto (Sal 96, 11). Come infatti il sole è sorto, ma non per le nottole, né per gli altri animali notturni; così anche la luce è per sua propria natura splendente e illuminante, ma non tutti partecipano del suo splendore. Così anche chiunque compie cose vane, odia la luce e non viene alla luce, perché non siano manifestate le sue opere (Gv 3, 20). Avvicinatevi a lui -dunque- e siate illuminati e i vostri volti non siano confusi (Sal 33, 6). Beato chi, nel giorno del giusto giudizio di Dio (cfr. Rm 2, 5), quando viene il Signore a illuminare le cose nascoste delle tenebre e a svelare i voleri dei cuori (cfr. 1Cor 4, 5), avrà avuto il coraggio di subire il giudizio sotto quella luce [360D] e sarà tornato senza vergogna (cfr. 2Tm 2, 15)894 per avere la coscienza non macchiata da cattive azioni. Quanti infatti hanno operato le cose stolte risorgeranno al disonore e alla confusione, scorgendo in se stessi la vergogna e le impronte dei peccati. E forse più temibile [361A] della tenebra e del fuoco eterno è la confusione, con la quale sono destinati a convivere eternamente i peccatori, avendo sempre negli occhi le orme 1 [352CD-353A], In Ps 45, 2 § 2 [420AB], In Ps 59, 13 § 5 [468C], In Ps 61, 1 § 1 [469C] e In Ps 114, 3 § 2 [488BC]. 893   Si noti il congiungimento di testo giovanneo con testo paolino. 894   Vedi In Ps 14A, 2 §2 [256A]. Si noti l’accostamento di testo giovanneo con testi paolini.

Il povero autentico

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del peccato nella carne (cfr. Rm 8, 3) come di una tintura indelebile, permanenti nella memoria della loro anima per sempre.895 È di pochi avvicinarsi alla luce vera e scoprire [le cose nascoste], e, dopo la scoperta delle cose nascoste, non ritrarsi confusi in volto.896

Il povero autentico a. Il discepolo di Cristo che ha scelto la povertà >5.  Questo povero gridò e il Signore lo ascoltò (Sal 33, 7a). Non [è] sempre lodevole la povertà,897 ma quella praticata per scelta

895   Questa permanenza delle tracce dei peccati non vale per chi ha chiesto perdono né per il giusto che non ha commesso iniquità, vedi In Ps 29, 13 §7 [324A] e In Ps 48, 6 §2 [437A]. L’idea della tintura preparata con un mordente al fine di fissare certe proprietà era un’immagine diffusa nella retorica greca del tempo di Clemente Alessandrino, che si rifà a Musonio. Per questi ciò che importa è il permanere del bello dopo la fatica e della vergogna dopo il piacere, Musonio fr 51. Clemente fa suo questo concetto: sparendo il piacere rimane impresso l’aspetto vergognoso, Clemente Alessandrino Stromati VI, 12, 103, 5-6. D. Dainese, Passibilità divina, 62 Basilio conosce l’arte dei tintori e l’adduce in senso positivo rivolgendosi agli adolescenti: «Come i tintori, che prima predispongono con certe cure una stoffa atta a ricevere la tinta, così vi portano il colore, o purpureo o di altro genere; allo stesso modo anche noi, se si vuole che l’idea del bene/bello resti a noi indelebile, dopo esserci dedicati appunto a questi profani, allora capiremo gli ammaestramenti sacri e indicibili; e come abituati a guardare il sole nell’acqua, così getteremo gli occhi sulla luce stessa», Adolesc II, 9-10, con le relative note di M. Naldini che richiama vari riferimenti di autori greci e latini (Platone, Giamblico, l’Ortensio di Cicerone ma anche il Nisseno La creazione dell’uomo PG 44, 137A), Basilio di Cesarea, Discorso ai giovani, 153-154. Basilio ricorre allo stesso esempio del guardare il sole riflesso nell’acqua nel De Spir s XIV, 33. Cfr. R.J. Forbes, Studies in ancient technology, vol. IV, Leiden 1956. Il Nisseno, mutuando termini e prospettive dall’Alcibiade primo (Alcibiade I, 132d-133c). ricorre all’immagine dello specchio per dire che lo sguardo sul sole è indiretto, come lo è quello dell’uomo che guardando alla propria anima/specchio (purificata) vede il modello divino alla cui immagine è stata fatta, Gregorio di Nissa, Omelie sulle Beatitudini VI, 4. 896   In questo passaggio Basilio amalgama il Sal 33, 6 e testi paolini. 897   Per la concezione secondo la quale può essere lodata solo la povertà di spirito scelta di proposito, vedi più avanti In Ps 33, 19 § 12 [380D-381A]. Questo criterio fa sì che anche ‘il povero’ possa essere condannato se non ha scelto il proprio stato di povertà.

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VIII. SALMO 33

deliberata*898 in conformità allo scopo evangelico.899 Molti certamente infatti sono poveri nelle sostanze, ma sono avarissimi nella loro scelta deliberata; questi l’indigenza non li salva, ma li condanna la scelta deliberata. [361B] Non dunque in assoluto l’indigente deve essere stimato beato, ma colui che ha ritenuto il comando di Cristo superiore ai tesori del mondo. Questi tali anche il Signore li dichiara beati dicendo: Beati i poveri in spirito (Mt 5, 3); non i poveri nelle sostanze, ma quanti dall’anima hanno deliberatamente scelto* la povertà.900 Nulla di non scelto deliberatamente è oggetto di beatitudine901. Per questo ogni virtù, soprattutto questa avanti tutte, è caratterizzata dalla volontarietà.902 Questo povero -dice dunque- gridò (Sal 33, 7). Con la voce deittica903 richiama la tua attenzione su chi è povero secondo Dio e chi ha fame e ha sete ed è nudo; questo povero, quasi mostrandolo col dito; questo discepolo di Cristo.   Cfr. Aristotele, Etica Nicomachea. III, 1, 1109 b, 30-33: la lode e il biasimo hanno luogo solo per gli atti volontari. In In Ps 114, 3 § 2 [488B] si sostiene che niente di ciò che ci viene imposto è lodevole. Il concetto ricorre anche nell’omelia De malo 7, 345B in cui Basilio afferma che la virtù deriva dalla scelta deliberata e non dalla necessità. Clemente Alessandrino aveva detto cose analoghe: l’essere privi di ricchezze non è un valore; occorre la libera scelta come quella provocata da Cristo al giovane ricco (‘se vuoi’), Clemente Alessandrino, Quale ricco si salverà 10, 3-5. Per il concetto di proairesis (‘scelta deliberata’) come tratto distintivo dell’uomo forgiato secondo l’immagine del Creatore, a differenza degli astri schiavi della necessità incombente (convinzione platonica), vedi In Ps 48, 13-14 § 8 [449C]; in In Ps 61, 10 § 4 [480B] si parla di ‘autodeterminazione dell’anima’ che si esercita nelle scelte della vita; esse vengono valutate come con una bilancia che può inclinare verso il bene o verso il male. Più avanti, in questa stessa omelia (In Ps 33, 12 § 8 [372B]) si parla della ‘scelta deliberata’ di coloro che hanno deciso di ascoltare il Signore. Ciò che decide è dunque la scelta di fede. In generale, per il concetto di proairesis, vedi indice ricorrenze ed indice tematico. Basilio esprime la stessa convinzione sulla libera scelta, sia pure in contesto polemico, nell’Hex VI, 7, 4 e 9. Per lui i principi causanti le azioni buone o virtuose sono dentro di noi, Hex VI, 7, 8. 899   Il riferimento allo scopo della chiamata dall’alto e all’alto è il criterio per capire la Scrittura, De Bapt 1589A. È importante per Basilio richiamare lo scopo ultimo della vita: De Bapt 1516A, 1532A, 1604B, 1608A; Mor LXXIII, 6 (853A), LXXX, 22 (869C); Rf 5 (921A, 924D) Rf 7 (928B).Vedi anche nota a Princ Prov § 1 [388A]. 900   La stessa idea è ripresa da Gregorio di Nissa, Omelie sulle Beatitudini I, 4. 901   Un’espressione simile in Eth. Nic.III, 5, 1113 b 15-16: makarios oudeis akōn, «nessuno è involontariamente beato». 902   Per Aristotele la virtù è la disposizione permanente da scegliere tenendosi nel giusto mezzo stabilito dalla ragione, Aristotele, Etica Nicomachea II, 6; e virtù e vizio sono volontari (Etica Nicomachea III, 5, 1114 b, 21-24). 903   La stessa espressione nell’omelia Princ Joannis § 4 [481A]. 898

Il povero autentico

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b. Cristo il vero povero [È] possibile innalzare il discorso anche a Cristo, il quale, pur essendo ricco per natura,904 perché tutto ciò che è del Padre è di Lui (cfr. Gv 17, 10), per [361C] noi si è fatto povero, affinché noi diventassimo ricchi nella sua povertà (cfr. 2Cor 8, 9).905 Infatti il Signore stesso ha iniziato quasi ogni azione che conduce alla beatitudine, proponendo ai discepoli se stesso come esempio906 (cfr. Gv 13, 15; 1Pt 2, 21). Ripensa alle beatitudini e, dopo averle passate in rassegna una a una, troverai che anticipò con le opere l’insegnamento della parola.907 Beati i miti (Mt 5, 5). Come dunque possiamo imparare la mitezza? Imparate da me -dice- perché sono mite e umile di cuore (Mt 11, 29). Beati gli operatori di pace (Mt 5, 9). Chi ci insegnerà la bellezza della pace?   Si tratta di una notevole precisazione cristologica che riconosce l’identità di natura del Verbo col Padre, identità che permane nell’evento economico del suo farsi uomo per la salvezza dell’umanità. 905   Si noti ancora l’accoppiamento di testo giovanneo con testo paolino. 906   In generale, per il valore dell’esempio, vedi nota a In Ps 33, 3 § 2 [356B]. 907   Vedi anche In Ps 44, 5 § 6 [401B].In riferimento all’umiltà Basilio fa lo stesso rilievo in rapporto a Cristo che la propone e la attua nell’omelia De ira § 7 369B. Si tratta di un ‘nodo’ cristologico importante che ha il punto di partenza biblico in At 1, 1, in cui Luca afferma di aver narrato tutto quello che Gesù ha iniziato e a fare e a insegnare. Ne segue pertanto che può essere vero maestro solo chi fa ciò che insegna e che agisce in modo conforme al suo parlare. Idea presente già in Didaché 11, 10: Clemente, 1Corinti 38, 2. Per Clemente Alessandrino il vero gnostico è quello che imita Dio, per quanto è possibile; ed è grande nel Regno chi opera e insegna (Mt 5, 19), Clemente Alessandrino, Stromati II, 19, 97, 1-2. Sul tema ritorna anche Didimo il Cieco, Lezioni sui salmi 21, 23b; Commento a Giobbe (Tura) 183, 31-32; Commento a Zaccaria (Tura) 183, 24-25. Questo tema attraversa tutto il primitivo cristianesimo (fino al IV sec.), come lasciano intuire anche dipinti di catacombe, sarcofagi e statue tese a mostrare che Cristo, dopo e oltre tanti ‘maestri’ pagani, è il vero autentico maestro perché è anche il vero theios anēr, cfr. i paragrafi 4 (Cristo come maestro della “vera filosofia”) e 5 (Il duplice volto di Cristo) del Cap. VI di Paul Zanker, La maschera di Socrate. L’immagine dell’intellettuale nell’arte antica, Torino, 1997, 325-342. Già Seneca riteneva necessaria l’unione della teoria con la prassi nel vero maestro: «Verba rebus proba», Seneca, Lettera a Lucilio 20, 1. Per una puntualizzazione recente sulla figura di Cristo come maestro cfr. l’intervento di Silvia Pellegrini, Gesù, il maestro. Unicità e modello in Annali di studi religiosi (Fondazione Bruno Kessler) 12/2011, 213-228. Va qui osservato l’esplicito ancoraggio e carattere cristico delle Beatitudini, che per questo vengono presentate come momenti del cammino del cristiano che segue e imita il Cristo. Questi, avendole tutte vissute, si presenta come modello da imitare. Tale caratterizzazione cristica non è così evidente nelle omelie del Nisseno sulle Beatitudini. La connessione tra insegnamento e sua attuazione è valevole anche per l’uomo pneumatico; vedi In Ps 48, 5 § 2 [436C]. 904

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VIII. SALMO 33

Lui stesso l’operatore della pace, quello che fa pace e congiunge i due in un solo uomo nuovo (cfr. Ef 2, 15); che ha pacificato mediante il sangue della sua croce sia ciò che è in cielo sia ciò che è in terra (cfr. Col 1, 20).908 Beati i poveri (Mt 5, 3). [361D] Lui stesso è colui che si è reso povero (cfr. 2Cor 8, 9) e ha svuotato se stesso nella forma del servo (cfr. Fil 2, 7), affinché noi tutti possiamo prendere dalla sua pienezza e grazia su grazia (cfr. Gv 1, 16).909 Se dunque uno, condotto dallo Spirito Santo e filantropo, non esaltandosi di se stesso, ma facendosi povero, per innalzare gli altri,910 grida nello spirito invocando cose grandi e non grida nessuna parola né indegna né bassa per il fatto di cercare cose terrene e [364A] mondane911, il grido di uno simile viene ascoltato dal Signore (cfr. Sal 40, 1) Qual [è] dunque il fine dell’ascolto? L’essere liberato, senza essere ferito, da tutte le tribolazioni* (Sal 33, 7b), senza essere piegato né essere schiavizzato* dal pensiero della carne * (Rm 8, 5-7). Quale dunque il modo mediante il quale il povero viene liberato?

La protezione dell’angelo del Signore Un angelo del Signore si getterà in cerchio [364B] attorno a quelli che Lo temono, e li libererà (Sal 33, 8ab). Ha fatto l’ermeneusi di chi dice povero: quello che teme il Signore (Sal 33, 8a). Perché colui che teme è ancora nell’ordine/rango del servo. Invece chi è stato reso perfetto* dall’agape è pervenuto d’ora in poi alla dignità del figlio (cfr. 1Gv 4, 18).912 Per questa ragione lo schiavo è pure detto povero, per il non aver nulla di proprio; mentre il figlio [è detto] essere ormai anche   Qui Basilio riporta prima l’espressione paolina sui cieli e poi quella sulla terra. Col 1, 20 ricorre anche in In Ps 33, 15 § 10 [376C], In Ps 45, 9 § 7 [428B] e in In Ps 59, 8 § 3 [465C]. 909   Cristo dunque vive in prima persona la beatitudine proclamata. Origene aveva osservato che tutte le beatitudini di cui Cristo ha parlato nel vangelo, egli le ha confermate col suo esempio; il Signore mostra in sé tutte le beatitudini («Omnes igitur beatitudines in semetipso Dominus ostendit»), Origene, Omelie su Luca XXXVIII, 2 (SCh 87, 442). Si noti che anche qui Basilio intreccia Paolo con Giovanni, testi paolini con testi giovannei. 910   Il portato e il riferimento sono cristici. 911   Per questo concetto vedi In Ps 28, 9 § 7 [301C], In Ps 29, 9 § 6 [320B-C], In Ps 33, 18 § 12 [377C-D-380 A] 912   Per il passaggio dal timore all’agape e per lo schema tripartito del cammino di perfezione vedi In Ps 32, 8 § 6 [337B] con relativa nota. Si ricordi anche Rf Proemium. Per il tema vedi l’Introduzione. Ciò non toglie che il timore abbia un suo valore positivo come dirà subito dopo commentando Sal 33, 10 (365BC) e Sal 33, 12 (369B-372C). 908

Gustare la dolcezza della parola celeste

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ricco per il fatto di essere erede dei beni paterni. Un angelo del Signore -dunque- si getterà in cerchio attorno a quelli che Lo temono (Sal 33, 8a). Ad ognuno che crede nel Signore un angelo sta accanto, a meno che noi non lo cacciamo con cattive azioni. Come infatti un fumo caccia via le api e un cattivo odore allontana le colombe;913 così anche il peccato causa di molte lacrime e di cattivo odore allontana l’angelo custode della nostra vita. Se tieni nell’anima opere degne ell’angelica custodia e se una mente ricca nelle contemplazioni della verità abita in te mediante la ricchezza delle onorate opere della virtù*, necessariamente Dio ti fa stare accanto sorveglianti e custodi e ti costruisce attorno un muro con custodia di angeli. Osserva qual è la natura degli angeli: che un solo angelo è paragonato a un intero esercito e ad una numerosa schiera. Dunque, per la grandezza di chi ti custodisce, il Signore ti dona una schiera; [364C] per la forza dell’angelo, poi, ti circonda per così dire con un muro da ogni parte grazie alla sicurezza derivante da lui. Questo infatti significa ‘in cerchio’. Come infatti le mura di cinta delle città, essendo poste intorno a tutte, respingono da ogni parte gli assalti dei nemici; così anche l’angelo e protegge dagli assalti frontali e custodisce da quelli da dietro e non lascia affatto incustoditi i due fianchi. Per questo cadranno al tuo fianco mille e diecimila alla tua destra (Sal 90, 7); e a te neppure il colpo di alcuno dei nemici si accosterà (cfr. Sal 90, 7; Sal 10) perché ai suoi angeli ordinerà in tuo favore (Sal 90, 11).

Gustare la dolcezza della parola celeste >6.  Gustate e vedete che è buono il Signore (Sal 33, 9a). Spesso abbiamo osservato che ‘le potenze’ dell’anima vengono chiamate con gli stessi nomi riferiti alle membra esteriori.914   Il Nisseno afferma che la colomba detesta gli odori fetidi, Gregorio di Nissa, Sulla verginità XI, 4 (SCh 119, 388, 11-12). 914   Vedi In Ps 33, 21 § 13 [384A] e Princ Prov § 14 [413BCD-416A]. Già Origene aveva espresso tale convinzione ad es. nella ‘Prefazione’ al Cantico: «... nelle sacre Scritture per mezzo di omonimie, cioè per mezzo di appellativi simili, anzi per mezzo dei medesimi vocaboli sono indicate le membra dell’uomo esteriore e le parti e i sentimenti di quello interiore; ed esse sono messe a confronto fra loro non soltanto con le parole ma con le realtà stesse», Origene, Commento al Cantico dei Cantici, Prol 2, 6 (cfr. anche 2, 6-16, SCh 375, 94 e 94-102); Commento a Giovanni XX XLIII, 405 (SCh 290, 352, 24-29). La stessa idea l’Alessandrino espone nel Dialogo con Eraclide: l’uomo esteriore ha lo stesso nome di quello interiore, questo vale per le sue membra: a quelle esteriori corrispondono quelle 913

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VIII. SALMO 33

Poiché pane vero (cfr. Gv 6, 32) è il Signore nostro e la [364D] sua carne è vero nutrimento (Gv 6, 55), di necessità il piacere della letizia del pane sorge in noi mediante il gusto ‘noetico’*.915 Come la natura del miele916 non può essere spiegata tanto con la parola a quelli che non l’hanno sperimentato quanto dalla stessa sensazione tramite il gusto; così neppure la bontà della parola celeste può essere trasmessa in modo vivido con insegnamenti, se, dopo aver saggiato più volte i dogmi della verità 917 [365A], non possiamo con la nostra personale esperienza comprendere la bontà del Signore. Gustate ha detto infatti e non ‘riempitevi’; perché ora conosciamo in parte e vediamo la verità mediante uno specchio e in enigma (1Cor 13, 9.91812); verrà una volta un tempo in cui la caparra (cfr. Ef 1, 14) di ora e questo assaggio della grazia arriverà per noi alla perfetta pienezza del godimento. Come quelli che hanno lo stomaco in subbuglio e gli inappetenti, rifuggendo via dai cibi, vengono curati nella disappetenza dai medici, i quali risvegliano i desideri mediante qualche ricerca dei cibi, così che, avvivato il senso da quella prelibatezza, i desideri siano stimolati sempre più; così, anche per quanto concerne il verbo della verità (Col 1, 5; Gc 1, 18), la stessa esperienza -dice- [365B] sempre vi chiamerà verso un’inappagata brama. Per questo dice gustate, affinché diventiate beati sempre avendo fame e sete della giustizia (cfr. Mt 5, 6). Beato l’uomo che spera in Lui (Sal 33, 9b). Colui che è sempre bramoso del Verbo, in nessun’altra cosa porrà la speranza se non nel Signore (cfr. 1Tm 5, 5).

interiori, Origene, Dialogo con Eraclide 15-24, (SCh 67, 88-102). Cfr. ancora Origene, I Principi I, 1, 9 (26-27) (SCh 252, 108, 298-110, 314). Ciò è relazionato e coerente con la dottrina dei sensi esterni e interni dell’uomo. 915   Per l’interpretazione in senso spirituale della bocca o del senso del gusto vedi In Ps 33, 2 § 1 [353B], In Ps 33, 21 § 13 [384B], Princ Prov § 14 [413CD-416A] e Princ Joannis § 4 [481C]. 916   Il collegamento del Sal 33, 9 con il miele è presente anche in Princ Prov 14 [413CD-416A]. 917   L’approfondimento noetico della verità è solo premessa per un godimento più ampio, che avrà la sua pienezza nella condizione escatologica. La lettura di Völker è ‘tendenziosa’ quando nega ogni dimensione mistica nella riflessione teologica di Basilio, W. Völker, Gregorio di Nissa filosofo e mistico, Milano, 1993, 151 e 75n.152. L’intero commento basiliano di Sal 33, 9 è misticamente centrato sul Gustate. 918   Il testo di 1Cor 13, 9 compare nell’ Ep 235, 3 a Amfilochio di Iconio.

Il timore perfetto

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Il timore perfetto Temete il Signore, voi tutti suoi santi; perché non c’è privazione per quelli che lo temono (Sal 33, 10ab). Se il timore non educa la nostra vita, [è] impossibile raggiungere la santificazione nel corpo. Inchioda -dice infatti- con il tuo timore le mie carni (Sal 118, 120).919 Come infatti quelli che sono trafitti dai chiodi hanno le membra del corpo immobili per l’azione, così quelli presi nell’anima dal timore divino920 [365C] fuggono ogni molestia [derivante] dalle passioni del peccato921(cfr. Rm 7, 5). Per chi teme, dunque, non c’è privazione (Sal 33, 10b); e cioè non è mancante in nessuna virtù chi dal timore è impedito da ogni folle azione, ma è perfetto*,922 non essendo privo di nessuna delle cose belle che convengono alla natura umana (cfr. Gc 1, 4). Come infatti non è perfetto nel corpo chi è mancante in qualche parte delle cose necessarie, ma è imperfetto in rapporto a ciò che gli manca; così anche colui che si comporta in modo trascurato in un solo dei comandi per l’esser privo di esso, è imperfetto in rapporto a ciò in cui è mancante.923

919   Per il timore di Dio paragonato a dei chiodi con citazione di Sal 118, 20 cfr. anche Princ Prov § 4 [393C]. Per il timore come introduttivo alla pietà religiosa vedi anche In Ps 32, 8 § 6 [337B]. 920   Vedi In Ps 33, 12 § 8 [369B] e Princ Prov § 4 [393B] per il timore divino. 921   Per questa espressione vedi In Ps 28, 9 § 7 [301A]. 922   Anche per Origene il timore di Dio rende l’uomo perfetto come anche attesta il Sal 33, 10, Origene, Commento alla lettera ai Romani III, V (937B). Per cui il timore, che non è fine a se stesso né è solo una ‘passione’, ha una sua valenza positiva non solo introduttiva al cammino verso la virtù, verso la gioia della beatitudine. Basilio conferma questo dato poco dopo a [369C]. Su questa linea si muovono Gregorio di Nazianzo, Orazione 39, 8 (PG 36, 344A); Gregorio di Nissa, Omelie sul Cantico I (GNO VI, 15, 18.19-16, 1). 923   Dopo il Cristo, stando al precetto evangelico, è sacrificio mutilo e mancante quello non compiuto in modo perfetto, ricorda Basilio in De Bapt 1584A.

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VIII. SALMO 33

Ma colui che ha assunto il timore perfetto e che tutto teme per la pietà, non peccherà in nulla per il fatto che non trascura nulla; 924 non avrà mancanza, per l’essere ininterrottamente presente in lui il timore per ogni cosa.925 [365D]

A chi cerca Dio non manca il vero Bene >7.  Ricchi impoverirono ed ebbero fame; ma quelli che ricercano il Signore non mancheranno di alcun bene (Sal 33, 11ab). Ci edifichi anche al disprezzo della ricchezza materiale ‘il discorso salmico’, insegnandoci l’instabilità dell’abbondanza dei beni. Soggetta a mutamento infatti la ricchezza e come flutto [368A] per la violenza dei venti scorre per sua natura ora da una parte, ora dall’altra. E ‘ricco’ chiama forse Israele; di loro l’adozione a figli e l’adorazione, di loro le promesse, da loro i padri (Rm 9, 4-5). Questi dunque, a causa del peccato contro il Signore, impoverirono. Coloro che, invece di quei beni, ricercarono il Signore non mancheranno di alcun bene (Sal 33, 11b). E impoverirono in qualche modo ed ebbero fame (Sal 33, 11a). Poiché infatti uccisero il pane della vita (Gv 6, 48), venne su di loro la fame di pane; e poiché tramarono contro la sorgente dell’acqua, quella viva (cfr. Ger 2, 13; Gv 4, 14), venne a loro la sete e precipitò su di loro la punizione della sete; fame naturalmente non di pane sensibile, né sete di acqua, ma fame di ascoltare la parola del Signore (Am 8, 11). Impoverirono -dunque- e ebbero fame (Sal 33, 11a).

924   Che anche una sola mancanza o imperfezione intacca comunque la perfezione richiesta è un tema ricorrente in Basilio, che lo mutua dallo Stoicismo (cfr. Zenone SVF I 224-225) inserendolo nell’orizzonte ultimo cristiano; Rb 4; Rb 293. Cfr. anche Sesto, Enchiridion 12 n. 11: ogni peccato è empietà. 925   Quindi il timore è importante per la vita secondo pietà. Basilio lo afferma anche nelle sue Regole, pur sapendo bene che il timore da solo non è sufficiente per il cammino nella pietà. Naturalmente non ogni timore è perfetto; lo è il vero timore di Dio, distinto dal timore per la sola punizione, tipica dello schiavo; cfr. Rf Proemium 896BC. Anche per Clemente Alessandrino, -che sa che il timore è una passione, come dicono gli stoici (Crisippo SVF III, 408-409 e 411; Plutarco, La superstizione 2, 165b) - non ogni timore è passione, e il timore di Dio è una paura frenante, Clemente Alessandrino, Stromati II, 8, 40, 1. In tal senso si esprime anche Didimo il Cieco commentando Sal 21, 24a e distinguendo i due timori, Didimo il Cieco, Lezioni sui salmi 21, 24a.

Il timore perfetto

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Quelli invece che, [venendo] dalle genti [368B], hanno imparato a ricercare il Signore (cfr. Sal 33, 11b), non mancheranno di alcun bene (Sal 33, 11b).926 Il bene totalmente perfetto* è lo stesso Dio;927 di Lui non mancheranno mai tutti coloro che Lo ricercano. Né dunque alcun ignorante, che è incapace di fare distinzione sulla questione del bene e del male,928 mi929 chiami buono chi ha un piacere temporaneo e che se ne va via con la corruzione del corpo. Chi infatti colloca la ricchezza materiale e i vantaggi materiali nella classe del bene, attribuisce il nome, venerando e conveniente solo a Dio,930 926   Basilio affronta la dialettica della relazione ebrei e cristiani partendo dal confronto biblico del ricco divenuto povero (Israele) e il povero reso ricco (i pagani fattisi cristiani). Egli non si limita a registrare i dati storici, ma legge il tutto alla luce della fede come quando precisa che gli ebrei avranno fame della Parola di Dio, rifacendosi ad Origene, Omelie sul Genesi VII, 6 (SCh 7bis, 208). Si noti che Basilio evita l’esplicita e formale accusa di ‘deicidio’ rivolta ai Giudei, preferendo parlare dell’uccisione del ’pane della vita’. Per l’accusa di deicidio a Israele cfr. Ps. Barnaba, Lettera di Barnaba 5, 11; 14, 5 (SCh 172, 112 e 178); Melitone di Sardi, Sulla Pasqua 92-96 (SCh 123, 112-118); Eusebio, Dimostrazione evangelica 1, 1, 7 (GCS 23, 4); Preparazione evangelica 1, 3, 13 (SCh 206, 116); Storia ecclesiastica 1, 1, 2; 2, 6, 8; 3, 5, 3 (GCS 9/1, 6, 122.196). 927   Vedi In Ps 1, 1 § 3 [216B], In Ps 114, 1 § 1 [484C]. Con tale espressione Basilio offre una suprema sintesi di un motivo filosofico-greco e biblico/cristiano. Per il Nisseno si tratta, al sommo della vita spirituale perfetta, di amare non più dei beni eventuali, ma proprio colui che è la fonte delle cose buone; colui che ci invita a partecipare a lui stesso, Gregorio di Nissa, Omelie sul Cantico I (GNO VI, 16, 10-13). 928   Per questo concetto vedi In Ps 14B § 5 [280A], In Ps 28, 9 § 7 [301A-B], In Ps 61, 5 § 3 [476A-B]; In Ps 61, 10 § 4 [480A-B]; Princ Prov § 9 [405CD-408A]; Attende § 3 [204C]. 929   Dativo etico. 930   Origene osserva che, grazie al raggiungimento delle ‘facoltà esercitate’, sarà possibile «comprendere in modo più accurato e conveniente a Dio (theoprepesteron ), per quanto ciò è recepibile dalla natura umana, in che modo Dio è luce, fuoco e ‘spirito’», Origene, Commento a Giovanni XIII, XXIV, 144 (SCh 222, 108, 22-24). La categoria di ‘a Dio conveniente’ compare più volte in Basilio: In Ps 29, 2 § 1 [308B], Princ Joannis § 3 [477B]; C Eun II, 7, 26; II, 24, 12, De Spir s VIII, 20, 11-12; Hom 24 Contra Sabellianos 608B (in rapporto al Logos icona del Padre e a lui unito). Nella lettera al filosofo Massimo, egli dice che Dionigi di Alessandria riguardo allo Spirito ha usato termini/voci poco convenienti (hēkista prepousas), Ep 9, 2 (CP 114, 23-24). Si devono usare nomi e concetti a Dio convenienti ribadisce Basilio (verso il 375) a Eustazio archiatra nell’Ep 189, 3 e 5 (II, 134, 20-21 e 136, 13-14). L’anima umana deve fare in modo di avere un’idea degna di Dio (axian ennoian tou theou), dice ancora iniziando a commentare il racconto della creazione, Basilio, Hex I, 1, 2. Anche il Nisseno parla di caratteristiche proprie convenienti a Dio, Gregorio di Nissa, Sull’anima e la resurrezione VI, 9 (PG 46, 157A; GNO III/3, 120, 16); Commento a 1Cor 15, 28 (18) [1317]; Sulla preghiera del Signore V (GNO VII/2, 59-60; PG 44, 1177-1180); Omelie su Qoelet VII, 2 356, 4 (GNO V, 391, 18); VII, 8 392, 52-53 (GNO V, 411, 13-14: avere un concetto theoprepes riguardo all’essere reale). La

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a cose vili e degne di nessuna considerazione e nello stesso tempo cadrà nella più insolubile contraddizione. O infatti dirà che gli apostoli, per non aver ricercato il Signore, non ebbero beni materiali; o se, pur cercandoLo, [368C] non conseguirono tali beni, accuserà la stessa Scrittura che dice che coloro che ricercano il Signore non mancano di nessun bene.

I santi ricercano il riposo eterno Ma i santi e ricercavano il Signore e non mancavano della percezione di Colui stesso che veniva ricercato, né furono privati dei beni che sono riposti nel riposo eterno (cfr. Sir 30, 17). Riguardo a quelli, infatti, si potrebbe dire in senso proprio quel di alcun bene. I godimenti materiali infatti hanno più afflizione che piacere; le nozze [hanno] le sterilità, le vedovanze, le corruzioni;931 i lavori agricoli l’assenza di frutti; i commerci i naufragi; le ricchezze le insidie; le mollezze e le sazietà e i continui piaceri la varietà delle malattie e le svariate forme di passioni*. Ma Paolo e ricercava il Signore e non gli veniva meno alcun [368D] bene. Eppure chi potrebbe enumerare le molestie del corpo*, con le quali convisse lungo tutta la sua esistenza? Tre volte fu bastonato, una volta fu lapidato, tre volte fece naufragio, un giorno e una notte stette nell’abisso marino, spesso in viaggio [369A], in fame e in sete, spesso in digiuni, in fatica e travaglio (cfr. 2Cor 11, 25-27), spesso in necessità. verità sta nell’esaminare che cosa sia perfettamente proprio e conveniente al Signore e Dio onnipotente, dice Clemente Alessandrino, Pedagogo II.I, 10, 2 (SCh 108, 28: quello che è conveniente a un cristiano), Stromati VII, 16, 96, 2-4. In modo analogo in Stromati VI, 15, 132.3 è detto che non da tutti è la gnosi (capace di cogliere quanto è degno della maestà divina). Si tratta di una strategia esegetica ‘allegorica’ (‘terapia esegetica’) tesa a relativizzare i tratti antropomorfici riferiti a Dio, senza fermarsi alla lettera delle Scritture. Anche Filone polemizzava contro le connotazioni antropomorfiche di Dio, che tutt’al più hanno solo carattere didattico essendo funzionali alla massa, Filone, L’immutabilità di Dio XI-XI § 51-57. Giuliano accenna a elementi e persone preparate nel modo più conveniente a dio (theoprepestata), Giuliano, Misopogon (in Giuliano Imperatore, Alla Madre degli dei e altri discorsi a c. di J. Fontaine, C. Prato, A. Marcone) 34 (230, 15). Il primo a riferire a Dio il termine ‘conveniente’ sembra che sia stato Senofane. Platone ritiene che la saggezza sia confacente (theōi prepein) solo alla divinità Platone, Fedro 278D. Platone distingue due tipi di armonia, la prima si addice a Dio (theoprepēs) e salva le anime elevandole, la seconda trascina le anime verso le realtà materiali, questo richiama Proclo, Commento alla Repubblica di Platone II, 68, 1-5. Poi il lemma theoprepēs divenne pressoché familiare nei Padri della Chiesa. Il termine verrà usato, ad es., in opposizione alla posizione di Apollinare di Laodicea da Teodoreto di Ciro, Epistola IV, 4 Ai Monaci (SCh 429, 100, 55). 931   Cfr. Basilio Ep 2, 2 (CP 62, 10-15).

Due tipi di timore:

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Fino all’ultima ora uomo affamato e assetato e nudo e colpito (cfr. 1Cor 4, 11), come non mancava dei beni materiali? Dunque innalzami932 la mente a ciò che è veramente bene*, affinché da un lato tu possa conoscere la sinfonia della Scrittura e dall’altro non lasci cadere te stesso nell’ambiguità della comprensione.

Paternità spirituale >8.  Orsù, figli, ascoltatemi; timore del Signore vi insegnerò (Sal 33, 12ab). Voce di maestro interiore, che esorta all’apprendimento mediante viscere paterne. E infatti è figlio spirituale del maestro il discepolo. Chi dunque riceve da qualcuno la formazione della pietà, questi è come plasmato da quello e viene condotto alla [sua] costituzione, come anche dalla gestante i figli che vengono formati in lei. Di qui anche [il fatto che] Paolo chiamava ‘figli’ l’intera chiesa dei Galati, che era decaduta dai primi insegnamenti e come abortita, di nuovo accogliendola e formando [369B] di nuovo in loro il Cristo; e poiché mediante travaglio e tribolazione operava il raddrizzamento di coloro che erano caduti, diceva di avere travagli nell’anima a causa della sofferenza per coloro che erano caduti. Figli miei, che di nuovo partorisco, fino a quando Cristo sia formato in voi (Gal 4, 19). Orsù figli -dunque- ascoltatemi (Sal 33, 12a). Cosa sta dunque per insegnarci il nostro padre spirituale?

Due tipi di timore: - quello nemico: terrore e spavento suscitati dall’incredulità Timore -dice- del Signore vi insegnerò (Sal 33, 12b). Poiché sopra ha comandato di temere il Signore e ha mostrato il guadagno derivante dal timore, dicendo che non c’è privazione per quelli che lo temono (Sal 33, 10), ora ci offre anche un insegnamento sul timore divino.933 Infatti che bisogna star sani, è proprio di ognuno dirlo, anche dell’ ignorante; ma come bisogna raggiungere la sanità, questo è proprio [369C] di chi già possiede l’arte medica. Non ogni timore è buono e salvifico,934 ma esiste anche un certo timore   Anche qui dativo etico.   Vedi sopra In Ps 33, 10 § 6 [365B]. 934   Non ogni timore è in sé negativo. Il timore può avere una sua funzione positiva. Si 932 933

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nemico, quello che il profeta prega che non nasca nella sua anima, dicendo: Dal timore nemico libera l’anima mia (Sal 63, 2). Timore nemico quello che genera in noi il terrore della morte, quello che ci induce a spaventarci per superiorità di apparenze. Come infatti chi teme queste cose potrà in tempo di martirio resistere al peccato fino alla morte (cfr. Eb 12, 4)935 e dare al Signore quello che gli spetta, a Lui che per noi è morto ed è risorto (cfr. 2Cor 5, 15)? E colui che è spaventato facilmente dai demoni ha in sé un timore nemico. E in sintesi un tale timore sembra essere una passione nata da incredulità.936 Nessuno infatti che crede che intervenga per lui stesso il potente aiuto viene intimorito [369D] da uno di quelli che tentano di turbarlo.

- il timore salvifico del giudizio finale porta alla santità Mentre il timore salvifico e il timore che procura santità, timore che sorge nell’anima in seguito a stile di vita e non in seguito a passione, vuoi che ti esponga quale sia? [372A] Quando stai per cadere in qualche peccato, rappresentami937 quel terribile e insostenibile giudizio del Cristo,938 durante il quale il giudice si siede su un trono altissimo e sollevato (Is 6, 1), e si presenta l’intera creazione tremando alla sua gloriosa epifania; stiamo per essere introdotti uno ad uno all’esame delle opere della nostra vita. Poi939 accanto a colui che durante l’esistenza ha compiuto molti mali si collocano alcuni angeli terrificanti e minacciosi, con sguardo di fuoco e spiranti fuoco, a causa della durezza del (loro) proposito, dai volti simili alla notte, a causa della minaccia e della misantropia. Poi un abisso profondo e tenebra impenetrabile e fuoco senza luce;940 che ha nella tenebra la capacità di bruciare, ma privato della luce. Poi razza velenosa di vermi (cfr. Is 66, 24; Mc 9, 48)941 e carnivora, che divora insaziabilmente e tratta di acquisire un timore salvifico e saggio, Com Is VIII, 215. Vedi Princ Prov § 5 [396A]. 935   Medesima citazione di Eb 12, 4 anche in In Ps 115, 4 § 4 [109B], in riferimento alle sofferenze nei combattimenti della pietà al fine di giungere alla perfezione del martirio. 936   Di fatto Dio ha vinto il demonio; cfr. De malo 9, 348B-349C. 937   Di nuovo il dativo etico. 938   Per il timore del giudizio finale che distoglie dal peccato vedi Attende § 7 [213BC]. 939   Si noti l’insistita anafora di eita («poi») allo scopo di enfatizzare gli elementi terrificanti che accompagnano il giudizio finale. 940   In In Ps 28, 7 § 6 [297B-C] si distingue il fuoco che illumina destinato alla gioia dei beati e privato della capacità di bruciare dal fuoco della punizione, senza luce ma capace di bruciare. 941   Il riferimento a Is 66, 24 e Mc 9, 40 compare anche nel prologo De fide 685B.

Due tipi di timore:

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[372B] mai si sazia,942 che causa travagli insopportabili con il morso. Poi la più intollerabile punizione di tutte, quel disonore e la vergogna eterna.943 Queste cose temi; e lasciandoti educare da questo timore, come attraverso delle briglie944 trattieni la tua anima dalla concupiscenza delle cose vane. Questo timore del Signore il padre ha promesso di insegnarci; non insegnare in assoluto [a tutti], ma a quelli che scelgono deliberatamente*945 di ascoltarlo; non a quelli che da tempo sono caduti, ma a quelli che accorrono per la brama di essere salvati; non gli estranei ai patti (Ef 2, 12), ma quelli che diventano intimi* col Logos mediante il battesimo di adozione. Per questo dice Orsù venite (Sal 33, 12a); e cioè avvicinatevi a me mediante le buone opere, figli, essendo stati reputati degni mediante la rinascita (cfr. Tt 3, 5) di diventare figli della luce (cfr. 1Ts 5, 5). [372C] Ascoltate, quanti avete aperte le orecchie del cuore*;946 timore del Signore vi insegnerò (Sal 33, 12b); questo che poco prima ‘il discorso salmico’ vi ha descritto.

  L’immagine del verme velenoso anche in Attende § 7 [213C].   Un quadro simile, col richiamo del fuoco e del verme, compare nell’Ep 46, 5 (CP 240, 33-242, 44). Per il fedele provare vergogna dei propri errori è la massima pena dice Clemente Alessandrino, Stromati VI 14, 109, 5. 944   Eco di Platone, Fedro 254cde. 945   Di nuovo un riferimento al concetto di proairesis; vedi sopra nota a In Ps 33, 7 § 5 [361A]. 946   Per un’interpretazione in senso spirituale del senso dell’udito vedi In Ps 33, 21 §13 [384B], In Ps 44, 1 § 2 [389B] e Princ Prov § 14 [413C]. 942 943

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La vita tra giorni cattivi e giorni buoni >9.  Chi è l’uomo che vuole vita, bramoso di vedere giorni buoni? (Sal 33, 13). Se uno vuole -dice- vita, non questa comune che anche gli esseri non dotati di ragione vivono,947 ma l’autentica vita che non viene distrutta dalla morte. Ora infatti -dice- morite (cfr. Sal 81, 7; Col 3, 3) e la nostra vita è nascosta con Cristo in Dio; ma quando Cristo si manifesterà, la nostra vita, allora anche voi sarete manifestati con Lui nella gloria (Col 3, 3-4). Perciò dunque e la vita autentica è il Cristo e la nostra maniera di vivere in Lui è vita vera. Similmente anche gli altri giorni sono buoni, quelli che il profeta presenta nell’annuncio. [372D] Chi è l’uomo che vuole vita, bramoso di vedere giorni buoni? (Sal 33, 13). I giorni infatti di questo secolo [sono] cattivi948 (Ef 5, 16), perché anche questo secolo, essendo misura del mondo, riguardo al quale è stato detto che il mondo intero giace nel maligno (1Gv 5, 19), viene assimilato alla natura del mondo che misura. Parti di questo tempo [sono] questi giorni. Per questo l’apostolo dice: riscattando il tempo presente poiché i [373A] giorni sono cattivi (Ef 5, 16). E pure Giacobbe dice: i giorni dei miei anni pochi e cattivi (Gen 47, 9). Dunque ora non siamo nella vita, ma nella morte. Per questo anche l’apostolo pregava dicendo: Chi mi salverà dal corpo di questa morte ? (Rm 7, 24). Ma c’è un’altra vita,949 alla quale ci chiama ‘il discorso salmico’; e ora i nostri giorni sono cattivi, mentre ce ne sono alcuni altri buoni, che la notte non distrugge; la loro luce eterna sarà infatti Dio, che li illuminerà con la luce della sua propria gloria (cfr. Is 60, 19). Pertanto, quando senti dire ‘i giorni buoni’,950 non ritenere che sia indicata per te nell’annuncio questa vita di qui. Corruttibili sono infatti questi giorni che genera il sole sensibile; nulla di corruttibile potrebbe essere un dono che convenga all’incorruttibile. Se l’anima [è] infatti incorruttibile, incorruttibili [sono] anche i doni divini di essa. E passa [373B] l’immagine di questo mondo (1Cor 7, 31). E se la Legge ha un’ombra dei beni futuri (cfr. Eb 10, 1), pensami alcuni Sabati   Vedi Princ Joannis § 3 [477B].   Vedi nota a In Ps 48, 6 §2 [436D] e Princ Prov § 13 [413A] § 14 [416A]. 949   Vedi In Ps 14A §1 [252A] e cfr. Adolesc II, 2. 950   Affrontando, nel commento al Sal 36, il tema dei giorni ‘degli immacolati’, di quanti sono senza macchia, Origene richiama la distinzione dei giorni cattivi da quelli buoni, Origene, Omelia III sul salmo 36, 9 (SCh 411, 156-158). 947 948

La vita tra giorni cattivi e giorni buoni

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gioiosi, santi, dai giorni eterni, noviluni, feste (cfr. Is 1, 13); e pensami951 in modo degno della legge spirituale (cfr. Rm 7, 14).

Usare bene della lingua lontani dal male Tieni lontana la lingua tua dal male, e le tue labbra dal pronunciare inganno (Sal 33, 14ab; cfr. 1Pt 3, 10). Se vuoi stare in giorni buoni, se brami la vita, compi il comandamento della vita (cfr. Rm 7, 10). Colui che mi ama -dice- custodirà i miei comandamenti (cfr. Gv 14, 21.23). Il primo comandamento [è] Tenere lontana la lingua dal male e le labbra dal pronunciare inganno (Sal 33, 14ab). Quello operato mediante la lingua è probabilmente il più comune e multiforme peccato. Ti sei adirato? Anche la lingua corre avanti.952 Sei nelle concupiscenze? Hai anche la lingua [373C] avanti tutto come un lenone e seduttore, che ti aiuta con il peccato, che inganna il prossimo. E la lingua [è] per te un’arma per l’ingiustizia, se non fa risuonare le cose [che vengono] dal cuore, ma proferisce le cose [che servono] per l’inganno. E perché bisogna dare con la parola spiegazione di tutti i peccati che si compiono mediante la lingua? La nostra esistenza è riempita dagli errori [derivanti] dalla lingua. Turpiloquio, scurrilità, parole stolte, le cose non convenienti (cfr. Ef 5, 4), maldicenze, discorso vano, spergiuri, testimonianze false, tutte queste cose cattive e anche più di queste, sono opere della lingua.953 Quanti aprono la bocca contro la gloria di Dio e pronunciano ingiurie verso l’alto, con cosa altro se non con l’organo della lingua operano l’empietà? Poiché dunque dalle tue parole sarai giustificato e dalle tue parole sarai condannato (Mt 12, 37), tieni lontana la lingua tua dal [373D] male (Sal 33, 14a) e non produrre vani tesori con una falsa lingua. E tieni lontane anche le tue labbra dal pronunciare inganno (Sal 33, 14b);   Si notino i due dativi etici.   Vedi Attende § 5 [209B]: la lingua scivola correndo avanti alla mente. 953   Cfr. Rb 24-28; Rb 23 (1097D-1100A) in riferimento alle parole oziose (Mt 12, 36) quelle proferite senza alcuna utilità ed edificazione; su queste vedi anche Mor XXV, 2 (744B). Per conseguenza la consuetudine a discorsi cattivi è come una via verso le azioni corrispettive, dice Basilio, Adolesc IV, 3.. 951 952

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questo sta per*: fa’ in modo che l’intero organo a te donato per la diaconia della parola (At 6, 4),954 stia lontano dall’azione malvagia. È l’inganno un’azione cattiva nascosta in simulazione di cose buone rivolta contro il prossimo. [376A] >10.  Fuggi dal male e fa’ il bene; cerca la pace e inseguila (Sal 33, 15ab). Elementari le esortazioni e che introducono alla pietà; che dispongono con cura*955 a dominare la lingua, ad astenersi dalle insidie piene di inganni, a fuggire dal male. Infatti il ritrarsi dal male non si addice al perfetto*, ma a chi è introdotto da poco tempo ai primi elementi956 conviene sottrarsi al trasporto verso il male e, allontanatosi dalla consuetudine nella vita malvagia, come da una cattiva strada, così applicarsi all’operare il bene. [È’] impossibile infatti che si applichi al bene chi in precedenza non si è staccato completamente e si è sottratto dal male; come [è] impossibile che riconquisti la salute chi non è uscito fuori dalla malattia; o che sia nel caldo chi non ha cessato nettamente dal raffreddamento; queste realtà infatti si oppongono le une alle altre. Così anche conviene che colui che sta per [376B] stabilirsi nella buona esistenza si allontani da ogni connivenza col male.

  Per questa espressione vedi In Ps 1, 1, § 6, [228A].   Akribousai nel testo greco. 956   È il primo dei gradini della vita spirituale. Impossibile per Basilio, come continua a dire con chiarezza subito dopo, intraprendere il cammino della virtù e della perfezione senza un effettivo distacco dal male; impossibile salire per la scala della perfezione senza staccare il piede da terra. Questo è un motivo ricorrente nella visione di Basilio, vedi In Ps 1, 1 § 3-4 [217CD]; In Ps 1, 1 § 6 [228B]; In Ps 32, 11 § 7 [341AB]; In Ps 33, 4 § 3 [357BC]; In Ps 45, 11, § 8 [428CD-429ABC]; In Ps 61, 9 § 4 [477BC]; In Ps 114, 7 § 5 [492B]; Princ Prov § 4 [393BC]. Basilio è attento alla situazione di chi è in cammino verso la perfezione, atteggiamento simile a quello di Origene che lo considerava parte del suo compito esegetico e di insegnamento, quello di: «esporre le motivazioni di questi singoli punti, e adattarli alcuni ai principianti, altri a quelli che già progrediscono nella fede nel Cristo, altri a quelli che ormai sono perfetti nella sua scienza e nel suo amore... Inoltre: colui che sa mostrare quali siano stati i principi della Legge, quale progresso vi si aggiunga nei Profeti, infine quale pienezza di perfezione sia contenuta nei Vangeli; o chi può insegnare con quale latte della parola si debbano nutrire i piccoli in Cristo (cfr. Eb 5, 12ss), con quale legume della parola siano da ristorarsi i deboli nella fede (cfr. Rm 14, 1-2), e quale sia il cibo solido e robusto (cfr. Eb 5, 12ss) mediante il quale devono ingrassarsi gli atleti di Cristo; chi sa dividere questi singoli elementi con una spiegazione spirituale, un simile dottore può essere considerato come il sacerdote che pone sull’altare l’olocausto diviso membro a membro» (cfr. Lv 1, 6.8-9), Origene Omelie sul Levitico I, 4 (SCh 286, 80, 28-82, 42). 954 955

La vita tra giorni cattivi e giorni buoni

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Ricerca della vera pace Cerca la pace e inseguila (Sal 33, 15b). Riguardo ad essa ha detto il Signore: Vi lascio la mia pace, la mia pace do a voi; non come il mondo dà la pace io [la] do a voi (Gv 14, 27). Cerca dunque la pace del Signore e inseguila. La inseguirai non altrimenti che correndo alla meta verso il premio della chiamata dall’alto (cfr. Fil 3, 14).957 In alto sta infatti la pace vera. Perché, per tutto il tempo che siamo stati legati alla carne, siamo stati anche soggiogati a molti eventi che ci turbano. Cerca dunque la pace, liberazione dai tumulti di questo mondo; procurati una mente che sta in bonaccia,958 una condizione d’anima non agitata e imperturbata, non scossa da passioni, [376C] né trascinata da quei falsi dogmi,959 che hanno il potere di sedurre all’assenso mediante fascinazione (cfr. Col 2, 4), affinché tu possa acquistare la pace di Dio, quella che sorpassa ogni intendimento, [e] che custodisce il tuo cuore (cfr. Fil 4, 7). Chi cerca pace, cerca Cristo, poiché Lui stesso è la pace (Ef 2, 14), Lui che ha fatto dei due in un unico uomo nuovo, facendo pace (cfr. Ef 2, 15) avendo rappacificato, mediante il sangue della sua croce, sia le cose nei cieli sia quelle sulla terra (cfr. Col 1, 20).960

Occhi e orecchie: sguardo e giudizio di Dio >11.  Gli occhi del Signore sui giusti, e le sue orecchie alla loro preghiera (Sal 33, 16). Come i santi sono corpo di Cristo e membra secondo la loro parte (cfr. 1Cor 12, 27); e Dio pose nella Chiesa (1Cor 12, 28) alcuni come occhi e alcuni come lingue, altri che svolgono il ruolo delle mani e altri quello dei piedi (cfr. 1Cor 12, 12-26); così anche le sante potenze, quelle pneumatiche e quelle che sono [377A] nel luogo celeste, alcune sono dette occhi, per   Notare anche qui la connessione di testo giovanneo con testo paolino.   Vedi In Ps 1 §2 [212C]; In Ps 28, 11 §8 [305A]; In Ps 45, 11 § 8 [429C]; Princ Prov 15 [417C]; Attende § 1 [200A] e § 7 [213C]. 959   Le omelie sui salmi, dato il loro tenore omiletico esortativo, insistono sull’impegno della persona umana a raggiungere la pace interiore, quella propria dell’anima e del cuore. Non per questo Basilio ignora il risvolto comunitario di una tale pace; egli è consapevole, ad es., che essa non può restare un nome, perché il suo bene implica che venga messa in comunione con tutti senza discriminazioni, Ep 250 (III, 88, 10-14) a Patrofilo vescovo di Egea. 960   Anche qui Basilio fa precedere il cielo alla terra. Col 1, 20 ricorre anche in In Ps 33, 7 §5 [361C], In Ps 45, 9 § 7 [428B] e in In Ps 59, 8, § 3, [465C]. 957 958

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il fatto che a loro è stata affidata l’osservazione di noi*, altre orecchie, per il fatto che accolgono di noi le richieste. Ora dunque ha chiamato occhi e orecchie la potenza inspettiva961 e quella atta a percepire le preghiere. Gli occhi -dunque- del Signore sui giusti e le sue orecchie alla loro preghiera (Sal 33, 16). Poiché ogni azione del giusto [è] degna dello sguardo di Dio e ogni parola, per il fatto che niente è detto in modo vano dal giusto, è operante e efficace, per questo ‘il discorso salmico’ dice che il giusto è sempre oggetto di sguardo e di ascolto. Il volto del Signore su quanti operano il male, per eliminare dalla terra il loro ricordo (Sal 33, 17ab). Penso che venga detto volto la venuta pienamente libera e manifesta del Signore nel momento del giudizio. Per questo è stato detto che gli occhi del Signore, come ancora [377B] da lontano riguardandoci, osservano il giusto*; e che lo stesso volto diverrà manifesto (cfr. Eb 9, 24), per eliminare dalla terra ogni ricordo della malvagità (Sal 33, 17b). Non intendermi962 infatti, ti prego, plasmato in modo materiale il volto del Signore;963 poiché altrimenti così anche alogico sembrerà essere quanto è stato detto dalla Scrittura, che a sé stanno gli occhi che rifulgono sul giusto, e a sé sta il volto che si posa sui malvagi. Certamente né ci sono occhi senza un volto, né un volto è privo di occhi. E dunque un uomo non può guardare il volto del Signore e vivere (Es 33, 20); e gli angeli dei piccoli nella Chiesa vedono continuamente il volto del Padre nostro [377C] che è nei cieli (cfr. Mt 18, 10). Di fatto ora [è] impossibile che noi raggiungiamo la visione della gloriosa epifania (cfr. Tt 2, 13) a causa della debolezza della carne che ci circonda (cfr. Rm 6, 19; Eb 5, 2); infatti gli angeli, per il fatto di non avere nessun velo di natura tale da assomigliare alla nostra carne,964 da nulla sono impediti di contemplare continuamente il volto della gloria di Dio. Così anche noi, dopo che siamo divenuti figli della resurrezione (cfr. Lc 20, 36), allora saremo ritenuti degni della conoscenza di volto a volto (1Cor 13, 12).   Rendiamo con ‘inspettiva’ il lemma greco epoptikēn.   Di nuovo un dativo etico. 963   Vedi per la critica alla rappresentazione antropomorfica di Dio anche In Ps 29, 2 § 2 [308C-309A] e relativa nota; In Ps 114, 2 § 2 [485B]. 964   Un possibile richiamo biblico dell’affermazione di Basilio che fa uso di prokalymma («velo») è Eb 10, 20 che parla del «velo» (katapetasma) della carne del Cristo. La carne umana paragonata ad una cortina (parapetasma) che copre l’anima anche in Attende § 1 [197C]. 961 962

La vita tra giorni cattivi e giorni buoni

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Allora mentre i giusti saranno ritenuti degni della visione del volto nella esultanza; i peccatori invece nel giudizio*,965 quando ogni peccato (cfr. 1Gv966 1, 7) sarà eliminato dal giusto giudizio di Dio (cfr. Rm 2, 5; 2Ts 1, 5). >12.  Gridarono i giusti, e il Signore li ascoltò, e da tutte le loro tribolazioni li liberò (Sal 33, 18ab). Noetico è il grido dei giusti, che ha una forte voce nel [377D]segreto del cuore (cfr.1Cor 14, 25; 1Pt 3, 4),967 e che può pervenire anche alle stesse orecchie di Dio. Colui infatti che chiede grandi cose e prega per doni celesti, questi grida e invia [380A] la preghiera che può essere udita da Dio. Gridarono -dunque- i giusti (Sal 33, 18a); non ricercarono niente né di meschino, né di terreno, né di misero.968 Per questo il Signore accolse la loro voce e da tutte le loro tribolazioni li liberò (Sal 33, 18b); non tanto liberandoli dalle sventure*, quanto rendendoli vittoriosi sugli eventi. Vicino il Signore ai contriti di cuore e salverà gli umili di spirito (Sal 33, 19ab). Con la sua bontà è vicino a tutti; noi invece ci allontaniamo a causa del peccato. Ecco -dice infatti- quanti si allontanano da te, andranno in rovina (Sal 72, 27). Per questo Mosè è detto esser vicino a Dio (cfr. Es 24, 2); e se qualcun altro [è] simile a lui, per opere valorose e per azioni buone diviene vicino di Dio. ‘Il discorso salmico’ contiene una chiara profezia della venuta* del Signore [380B] ed [è] consonante con quanto detto prima. Là infatti era detto: volto del Signore su quanti operano il male (Sal 33, 17a); e cioè: la sua epifania (cfr. 1Tm 6, 14) al tempo del giudizio sarà per la distruzione di ogni malvagità; qui invece vicino il Signore ai contriti di cuore (Sal 33, 19a) preannuncia la venuta del Signore nella carne*969 (cfr. 2Gv 7), già vicina e non molto lontana. E questo diventi per te credibile dalla profezia di Isaia: Spirito -infatti- del Signore su di me, per questo mi ha unto; mi ha inviato per portare il lieto annuncio ai poveri, per sanare i contriti di cuore, proclamare la liberazione ai prigionieri e la vista ai ciechi (Is 61, 1).

965   Anche qui è presente la doppia via, la doppia possibilità del destino umano. Questa distinzione è schiettamente evangelica e dipende dalla libera scelta della persona umana. 966   Si noti il congiungimento di testo giovanneo con testo paolino. 967   L’espressione, qui al singolare, compare al plurale come nel testo paolino (ta krypta tēs kardias) in Attende § 1 [197C]. 968   Per questa preghiera in cui si richiedono beni effimeri vedi In Ps 28, 9 § 7 [301C], In Ps 29, 9 § 6 [320BC], In Ps 33, 7 § 5 [361D-364A]. 969   Per espressioni simili vedi Indice ricorrenze.

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Il vero umile Poiché infatti come medico970 veniva mandato per i contriti di cuore, vicino [380C] -dice- è il Signore (Sal 33, 19a); [lo] dico a voi umili e a quanti hanno spezzato la loro superbia, rasserenandovi e inducendovi alla pazienza con la gioia delle cose che si aspettano.   L’appellativo di medico riferito a Cristo era tradizionale. Il Logos di Dio viene chiamato «il terapeuta delle passioni dell’anima» da Clemente Alessandrino, Pedagogo, I.II, 6, 1(SCh 70, 118). «Il Logos/Pedagogo a volte biasima, ma ci sono volte in cui anche minaccia; o compiange qualche uomo, mentre per altri canta; e inoltre guarisce, proprio come un buon medico per i corpi malati, ora fa loro degli impacchi, ora li calma o li bagna, talora li apre anche col ferro, altri li cauterizza, o può capitare che, se è mai possibile che l’uomo si risani anche così, senza una parte o un arto, egli lo amputi. Il Salvatore è polifonico e multiforme per la salvezza degli uomini», Clemente Alessandrino, Protrettico I, 8, 2-3 (SCh 2, 62). «Così dunque il Logos è detto anche Salvatore: lui che, per dotare gli uomini di una corretta percezione e dare loro la salvezza, ha inventato per loro questi farmaci razionali, attendendo la buona sorte e rimproverando i torti, esponendo le cause delle passioni, estirpando le radici dei desideri irrazionali, prescrivendo le cose da cui bisogna tenersi lontani, somministrando ai malati tutti gli antidoti salutari», Clemente Alessandrino, Pedagogo I.XII, 100, 1 (SCh 70, 286-288). Cfr. J.J. Sanguineti, La antropología educativa de Clemente Alejandrino. El giro del paganesimo al cristianesimo, Ciencias de la educatiòn 42, Pamplona 2003. Il Logos di Dio viene chiamato «medico dell’anima» (iatros psychēs) da Origene, Omelie sull’Esodo (PG 12, 269B), passo riportato nella Filocalia 27, 4 (SCh 226, 278 con relativa nota che richiama il fatto che Origene riprende un’idea molto diffusa nella cultura greca Platone Gorgia 525bc; Repubblica II, 380b-c; Filone, Sulla Genesi IV, 51; Sull’Esodo II, 25; Il malvagio tende a sopraffare il buono 144-149 (sullla punizione come correzione); L’immutabilità di Dio 65-68 e soprattutto Plutarco, La tarda vendetta del dio 549f-550a). Ciò è in linea col rilievo che l’Alessandrino ha dato alla medicina: cfr. Origene, Omelie sui Numeri XVIII, 3, 2-3 (SCh 442, 320, 118-322, 120.132-139.142; 324, 148-151); in a c. di E. Prinzivalli Origene, Omelie sui salmi. Homiliae in psalmos XXXVI-XXXVII-XXXVIII, Firenze, 1991, Omelia I sul salmo 37, 1 (SCh 411, 258, 1-7). Cfr. ancora Origene, Omelie su Luca I, 5 (SCh 87, 106); Contro Celso II, 24 (SCh 132, 350, 31-36: incide e ferisce per guarire); Omelie su Geremia XIV, 1 (SCh 238, 64-66: l’atteggiamento dei profeti è simile a quello dei medici); I principi I, 1, 3 (SCh 252, 94, 70-84: la scienza medica). Ancora nel cap. 27 della Filocalia origeniana ci sono due passi ripresi dal Commento di Origene a Matteo che trattano della medicina; cfr. A. Rosselli, ῾Ο τεχνίτης θεὸς: la pratica terapeutica come paradigma dell’operare di Dio in Phil. 27 e PA III 1, in L. Perrone (ed.), Il cuore indurito del Faraone. Origene e il problema del libero arbitrio, Genova, 1992, 65-83. Per tale motivo ricorrente in Origene si veda S. Fernández, Cristo médico, según Orígenes. La actividad médica como metáfora de la acción divina, Institutum Patristicum ‘Augustinianum’, Roma1999. Gesù è detto medico delle anime e dei corpi da Cirillo di Gerusalemme, Catechesi, X, 13. Gesù viene riconosciuto come vero medico dei corpi, contro la tendenza gnostica al deprezzamento del corpo (cfr. Gervais Dumeige, Le Christ médecin dans la littérature chrétienne des premiers siècles, in Rivista di archeologia cristiana 48 (1972), 127-128). Vedi anche nota a Attende § 1 [200C].

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Il vero umile

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Contrizione di cuore è l’annullamento dei pensieri umani. Colui che ha disprezzato le cose di qui e si è consegnato alla Parola di Dio e mantiene il suo proprio egemonico* nei pensieri che superano l’uomo e più divini, questi sarebbe chi ha il cuore contrito e che ne fa un sacrificio non disdegnato dal Signore: Cuore -infatti- contrito e umiliato il Signore non disdegnerà (Sal 50, 19). Vicino -dunque- il Signore ai contriti di cuore e salverà gli umili di spirito (Sal 33, 19ab). Chi non ha nessuna altezzosità né si inorgoglisce per alcuna cosa umana, questi è e contrito [380D] di cuore e umile di spirito. In realtà è umile [a suo modo] anche chi cammina nel peccato, perché il peccato [è] la realtà più umiliante di tutte. Come del resto diciamo essere umiliata quella donna che si è corrotta e ha perduto la santità della verginità. Come Ammone -dice- quando si pose su Tamar la umiliò (2Re 13, 14). Quanti dunque hanno perduto l’elevatezza e l’innalzamento dell’anima, essendo stati gettati a terra dal peccato e come abbattuti al suolo, stanno curvati procedendo come [381A] il serpente,971 non potendo affatto essere raddrizzati (cfr. Lc 13, 11), questi, sì, sono ‘umili’, ma non certo nello spirito; non [è] infatti lodabile la loro condizione umiliata.972 Quanti invece hanno la grazia dello Spirito Santo, spontaneamente*973 umiliano se stessi davanti ai più bassi, dicendo in conformità all’apostolo di essere essi stessi servi di chi è in Cristo (cfr. 2Cor 4, 5) e di tutti il rifiuto fino al presente (1Cor 4, 13); e di nuovo: siamo divenuti come spazzatura del mondo (1Cor 4, 13); quelli che possiedono l’umiltà spiritualmente, fanno di se stessi gli ultimi di tutti, per divenire i primi di tutti nel regno dei cieli (cfr. Mt 20, 16). Questi anche il Signore dichiara beati dicendo: Beati i poveri in spirito (Mt 5, 3). Molte sono le tribolazioni dei giusti, e da tutte queste il Signore li libererà (Sal 33, 20). In tutto -dice- [381B] tribolati, ma non angustiati (2Cor 4, 8). Per questo anche il Signore dice ai suoi propri discepoli: nel mondo avete tribolazione;   Per il cammino tortuoso di chi segue il serpente rappresentante il male vedi In Ps 32, 1 § 1 [325AB]. 972   Per la concezione secondo la quale può essere lodata solo la povertà di spirito scelta di proposito, vedi sopra In Ps 33, 7 § 5 [361AB]. 973   È presente la solita doppia situazione dipendente dalla libera scelta della persona umana. 971

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ma fatevi coraggio, io ho vinto il mondo (Gv 16, 33).974 Ragion per cui, se vedi che i giusti stanno a volte in malattie, in mutilazioni di corpo, in perdita dei cari, in ferite, in disonori, in ogni necessità e privazione delle cose necessarie*, ricordati che molte sono le tribolazioni dei giusti, e da tutte queste il Signore li libererà (Sal 33, 20). Chi dice che al giusto non si addice la tribolazione*, nient’altro dice che l’antagonista non si armonizza con l’atleta. Un atleta* che non combatte, quali possibilità di corone (cfr. 2Tm 2, 5) avrà?975 Già per la quarta volta è detto in questo salmo in quale modo il Signore libera dalla tribolazione, [381C] quelli che vuole liberare. La prima volta infatti: Ricercai il Signore e mi ascoltò e da tutte le tribolazioni mi liberò (Sal 33, 5); di nuovo una seconda volta: Questo povero gridò e il Signore lo ascoltò e da tutte le sue tribolazioni lo salvò (Sal 33, 7); e una terza volta: Gridarono i giusti e il Signore li ascoltò e da tutte le loro tribolazioni li liberò (Sal 33, 18); e infine: molte sono le tribolazioni dei giusti e da tutte queste il Signore li libererà (Sal 33, 20).

  Ancora una volta connessione-collegamento di testo giovanneo con testo paolino.   Vedi più sopra In Ps 33, 5 § 4 [360A]. Si veda anche In Ps 114, 7 § 5 [492A]; De ira § 3 360AB (la corona della pazienza) e § 4 361A (né corone senza antagonisti). Tale concetto è eco di un testo paolino: «Nessuno riceve la corona, se non chi ha lottato secondo le regole» (2Tm 2, 5), passo richiamato anche in Rf proemium 892c (perché non basta vincere), in Attende § 4, [208A]; in De Bapt 1616A. La vita della fede, come quella degli abitanti di Calcide, è un combattimento che richiede di affrontare le fatiche dell’atleta nella speranza di essere incoronati vittoriosi (cfr. 1Cor 9, 24); ad essi spera di associarsi lo stesso Basilio, Ep 222 (III, 6, 15-18) scritta nel 375. Sulla corona che si riceve dopo il combattimento Basilio ritorna anche nell’Ep 220 (III, 4, 27-33), scritta nel 375 a quelli di Berea. Clemente parla di veri lottatori che affrontano il combattimento per pervenire alla corona, Clemente Alessandrino, Stromati II, 20, 110, 1-3. Origene, che richiama il testo paolino nell’Omelia IV sul salmo 36, 2 (SCh 411, 196, 111-112), rapporta il medesimo passo alla vicenda di Giobbe, Origene, Omelie sul Genesi I, 10 (SCh 7bis, 21-22). La corona è data non per il posto che si occupa ma a seconda degli atti compiuti, Atanasio, Epistola a Draconio 9. Lo Ps. Macario invita a combattere e a gareggiare per diventare degni della corona secondo quanto detto in 2Tm 2, 5, Ps. Macario, Discorso V, 2 [I Collectio]; Omelie spirituali (III), XXVIII, 4, 4. Anche il Nisseno richiama 2Tm 2, 5, Gregorio di Nissa, Sui titoli dei salmi II, 2, 31 (SCh 466, 274, 34); e si rifà al motivo della corona, collegando il confessare la fede all’atleta anche nelle Omelie sulle Beatitudini VIII, 3.1; VIII, 4; VIII, 6 epilogo. 974 975

Il simbolismo delle ossa

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Il simbolismo delle ossa a. inadeguatezza del senso letterale >13.  Custodisce il Signore tutte le loro ossa, non uno di loro sarà spezzato (Sal 33, 21). Forse bisogna rimanere alla lectio e limitarsi alla comprensione che giunge alle nostre orecchie secondo il senso ordinario, che queste ossa qui, che reggono la carne, non saranno spezzate ai giusti per la custodia riservata loro dal Signore?976 E forse le ossa del giusto saranno custodite illese solo finché vive e si trova nella vita biologica; [381D] o anche, quando sarà liberato da questo carcere del corpo, non si verificherà più per il giusto alcun motivo di spezzamento? Ma abbiamo appreso dall’esperienza che molte ossa dei giusti sono state spezzate, di coloro che, nelle cose per la testimonianza al Cristo, hanno consegnato se stessi a ogni genere di tormenti. Già infatti i persecutori spezzarono anche le gambe di alcuni, e mani [384A] e cranio trapassarono spesso coi chiodi. Eppure chi contesterà che quanti sono stati perfezionati* nel martirio non sono i più giusti di tutti?

b. sensi e organi dell’uomo nascosto/spirituale Ma forse, come viene detto uomo e cioè l’anima e l’intelletto quello umano;977 così pure le sue membra vengono chiamate coi nomi simili a quelle della carne;978 come spesso la Scrittura le nomina dell’uomo nascosto (1Pt 3, 4)979 nel dire: gli occhi del saggio nel suo capo (Eccle/Qo 2, 14); e cioè provvida e circospetta è la parte nascosta del saggio. 976   Compare anche qui la figura retorica chiamata defectus litterae. La contraddizione letterale della Scrittura orientava a cercare un senso ulteriore. 977   Che Basilio caratterizzi l’uomo in quanto compresenza di anima e mente umana, rivela in lui la percezione della questione apollinarista. Egli infatti non si limita a evocare la semplice presenza dell’anima o anche della mente ma avverte l’esigenza di specificarla precisando che essa è ‘quella umana’ quasi a fornire un elemento supplementare di fronte alla tendenza apollinarista, che può anche ammettere la presenza di un’anima o un nous in Cristo ma non umani. Anche in Attende § 3 [204A] Basilio afferma che «noi siamo l’anima e l’intelletto»; vedi anche nota relativa. 978   Per l’interpretazione dei sensi e/o di altre parti del corpo con significato spirituale vedi In Ps 33, 9 § 6 [364CD-365A] e Princ Prov § 14 [413BCD-416A]. 979   L’espressione di Pietro, che compare anche più avanti [384B], in In Ps 14A, 2 § 2 [253C] e in Princ Prov § 13 [412C], è usata da Basilio sostanzialmente con lo stesso valore dell’espressione paolina ‘uomo interiore’.

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VIII. SALMO 33

E di nuovo con medesimo nome dice occhi quelli dell’anima*980 e della carne, non solo nella lectio nella quale eravamo, ma anche nell’asserire che il comando del Signore è splendente da lontano e illumina gli occhi (cfr. Sal 18, 9). Che cosa si deve dire poi su chi ha orecchi per ascoltare, ascolti (Lc 8, 8, Mt 11, 15)? È chiaro infatti che alcuni hanno [384B] orecchie migliori capaci di ascoltare discorsi di Dio. A quelli che non possiedono tali orecchie cosa dice? Sordi, ascoltate e voi ciechi, osservate (Is 42, 18). E ho aperto la mia bocca e ho sorbito spirito981 (Sal 118, 131); e hai spezzato i denti di peccatori (Sal 3, 8). Tutte queste cose sono state dette delle facoltà che cooperano al cibo noetico982 e al logos noetico. Anche questo è simile: sto male nel mio ventre (Ger 4, 19); ed anche il piede del giusto non inciamperà (Pr 3, 23). Le espressioni simili*983 sono state tutte riferite infatti all’uomo interiore*984 (Ef 3, 16; 2Cor 4, 16; Rm 7, 22).

c. simbolismo delle ossa e sua dimensione ecclesiale In conformità a questo medesimo discorso [vanno intese] anche alcune ossa dell’uomo nascosto* (cfr. 1Pt 3, 4) nelle quali è saldato il legame e l’armonia delle facoltà psichiche. E come le ossa con il proprio vigore sostengono la mollezza delle carni, [384C] così anche nella Chiesa vi sono alcuni i quali, mediante la propria robustezza, possono sostenere le mancanze dei deboli (cfr. Rm 15, 1). E come le ossa si congiungono le une alle altre secondo le articolazioni con i nervi e i legamenti cresciuti sopra, così sarebbe anche il legame dell’agape e della pace (cfr. Ef 6, 23; Gd 1, 2), che produce una certa coesione e unione delle ossa pneumatiche nella Chiesa di Dio. Riguardo a queste ossa sciolte dall’armonia e come divenute disarticolate, dice il profeta: Sono state disperse le nostre ossa presso l’Ade (Sal 140, 7). E anche se talvolta 980   Per l’interpretazione in senso spirituale del senso della vista vedi In Ps 1, 1 § 5 [224A], In Ps 33, 4 § 3 [357B], In Ps 45, 5 § 4 [424A], In Ps 45, 9 § 7 [428A], Princ Prov § 14, [413C], Attende § 2 [201C] e § 5 [209B]; In Christi gen 6 (1473D); De iudicio 657B. 981   Per l’interpretazione in senso spirituale della bocca o del senso del gusto, vedi In Ps 33, 2 § 1 [353B], In Ps 33, 9, § 6 [364CD-365A], Princ Prov § 14 [413CD-416A] e Princ Joannis § 4 [481C]. 982   In In Ps 44, 2 § 3 [393B] e in Princ Prov §4 [393A] compare l’espressione ‘cibo logico’. 983   Cioè relative ai sensi spirituali. 984   Per l’espressione paolina - con riferimento anche al pensiero greco- vedi sopra nota a In Ps 33, 2 § 1 [353B].

Il simbolismo delle ossa

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turbamento e agitazione le ha prese, supplicando dice: Risanami, Signore, perché le mie ossa sono state turbate (Sal 6, 3). Quando invece salvano la propria armonia, essendo custodite dal Signore, nessuno di loro sarà spezzato, ma sono degne di rendere gloria [384D] a Dio. Tutte -dice infattile mie ossa infatti diranno: ‘Signore, Signore, chi simile a te?’ (Sal 34, 10). Vedi [385A] la natura delle ossa ‘logiche’? Forse anche la Chiesa potrebbe dire questo, tutte le mie ossa diranno (Sal 34), 10), in rapporto al mistero della resurrezione. Queste cose -dice infatti- dice il Signore a queste ossa: ecco io porto in voi uno spirito di vita e darò a voi nervi e vi rivestirò di carne e vivrete e conoscerete che io sono Signore (Ez 37, 5-6). Queste ossa dunque, ricevendo di nuovo su di sé la vita, ringraziando Colui che le ha resuscitate, diranno: Signore, Signore chi simile a te? (Sal 34, 10).

Morte dei giusti e dei peccatori che li odiano >14.  In modo preciso*985 segue morte di peccatori pessima (Sal 33, 22a); perché c’è una morte anche dei giusti (cfr. Nm 23, 10), non malvagia per natura, ma buona. Quanti infatti sono morti insieme con Cristo (cfr. Col 2, 20), sono stati in una buona morte; e i morti al peccato (cfr. Rm 6, 11) sono morti della buona e salvifica morte.986 La [morte] dei peccatori è certamente invece pessima. Li prende infatti la punizione, come [ha preso] anche il ricco rivestito di porpora e bisso [385B] e banchettante ogni giorno lautamente (cfr. Lc 16, 19). E quelli che odiano il giusto cadranno in errore (Sal 33, 22b). Costoro anche per il vivere negli sbagli odiano il giusto; come dalla rettitudine nel regolo,987 dal modo di vita del giusto, così questi stessi sono biasimati dal confronto con chi è migliore.E poiché vivono nei peccati, con odio si comportano contro il giusto per timore dei biasimi; e poiché odiano, di nuovo si circondano di peccati. Molti [sono] infatti i pretesti per i quali il giusto potrebbe essere odiato; e certo la libertà di parola nei biasimi. Odiano infatti chi biasima alle porte (cfr. Is 29, 21) e aborriscono il suo santo discorso (cfr. Is 5, 24). E l’amore del primo posto e l’amore per il dominio (cfr. Mt 26, 3) spinsero molti ad odiare i migliori; talvolta si dà anche ignoranza del discorso sul giusto e su chi [è] il giusto.   È un richiamo all’akribeia della Scrittura.   Ancora una volta è presente la doppia possibile qualificazione delle realtà umane. 987   Per la rettitudine rappresentata dall’immagine del regolo vedi In Ps 32, 1 § 1 [325C]. 985

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La morte dei peccatori pessima (Sal 33, 22a). [385C] O forse chiama ‘morte’ anche l’intera vita; poiché l’apostolo ha definito morte questa carne, dicendo: chi mi libererà da questo corpo di morte? (Rm 7, 24).988 Quanti si servono in modo errato di questo corpo989 e lo rendono schiavo di ogni peccato si procurano una morte pessima. Il Signore riscatterà le anime dei suoi servi e non cadranno in errore tutti quelli che sperano in Lui (Sal 33, 23). Poiché erano tenuti sotto la prigionia del nemico quelli creati per servire il Signore (cfr. 2Cr 33, 16; 2Cr 34, 33; Sal 101, 23),990 le anime di questi riscatterà col suo sangue991 prezioso (cfr. 1Pt 1, 19). Per cui nessuno di coloro che sperano in Lui (Sal 17, 31) verrà trovato negli errori (Sal 67, 22).

  La Vulgata traduce il testo paolino in questo modo: «quis me liberabit de corpore mortis huius» (dal corpo di questa morte). 989   È implicita l’usuale definizione origeniana-basiliana dell’uomo come anima che si serve del corpo, vedi nota a In Ps 32, 9 § 6 [337C]. 990   Basilio contrappone l’essere schiavi del diavolo all’essere schiavi/servi del Signore anche altrove: De Bapt 1517A; Ep 217 (III, 216, 5-6). Ora essere schiavi del diavolo è tutt’uno con l’essere schiavi del peccato (Cfr. Gv 8, 34; 2Pt 2, 19), dal momento che il diavolo non solo è peccatore ma è «il peccato stesso», autoamartia, Rb 268 (1268B). Per questo tema vedi In Ps 32, 1§1[324B]; In Ps 33, 3 § 2 [353CD] e [356AB]; In Ps 61, 8 § 4 [477A]; In Ps 115, 7 § 5 [112D-113A]. 991   Più volte Basilio ritorna su questo aspetto soteriologico, In Ps 48, 8-9 § 4 [440C]; In Ps 48, 8 § 4 [441AB]; In Ps 48, 13 § 8 [452B]; In Ps 59, 6 § 3 [465AB]; In Ps 61, 5 § 3 [476A]. Cfr. anche De Bapt 1517A. Al riguardo si tenga presente J. Gribomont, Il prezioso sangue in san Basilio, in F. Vattioni (a c. di), Sangue e antropologia biblica nella Patristica, Roma 1982, 413-431; C. Riggi, Ascetica e sangue in Basilio, in F. Vattioni (a c. di), Sangue e antropologia nella Liturgia, Roma 1984, 1125-1146. 988

IX. SALMO 44 Proemio 1. Finalità e natura del salmo: per gli uomini pro-tesi alla perfezione [388A] Per il fine, per coloro che muteranno, ai figli di Core992 per la conoscenza, canto per il diletto (Sal 44, 1) >1.  Anche questo salmo sembra che sia uno che conduce a perfezione* la natura umana e offre l’utilità per il fine* proposto a coloro che hanno scelto* di vivere secondo virtù*.993 Infatti per coloro che progrediscono* 992   Basilio, mentre qui collega Core col verbo greco (chōreō) nel senso di avanzare, progredire, all’inizio del Sal 45 (In Ps 45, 1 § 1 [416B]) lo rapporta al verbo (choreuō), danzare in coro. 993   Anche in Rf 2 (909A) Basilio invita a vivere piamente conforme alla virtù consistente nel giusto uso dei doni ricevuti (909B). Si tratta di conseguire ogni virtù (Rb 198). Ora la virtù è virtus deifica; ed è compito dell’uomo impegnarsi nella virtù della religione («virtutem religionis velle nostrum opus est; volere la virtù della religione è nostro compito») che è dentro di noi, facendo in modo di attenersi a quanto è razionale secondo natura: «Anima enim intellectum suum dum habet secundum proprietate, virtus constituitur; quando l’anima ha il suo intelletto secondo la propria natura, nasce la virtù», cfr. Atanasio, Vita di Antonio 20. Nelle Mor LXVI (804C) Basilio parla di quanti lottano per la pietà (eusebeia); in Rb 74 di quanti hanno come unico scopo quello di vivere secondo pietà, Rf Proemium 889A; Rf 8 (936B); 16 (960B); De Bapt 1541A; 1617C (la verità conforme alla pietà). A ciò corrispondono «i dogmi della pietà», De Bapt 1536D; Ieiun II, 189A; Attende § 3 [204C]; Quadraginta 524B. Si tenga presente l’espressione del libro dei Proverbi: eusebeia eis theon archē aisthēseōs, «pietà verso Dio principio di conoscenza» (Pr 1, 7). Anche il Nisseno ritorna continuamente sul vivere secondo virtù. Vedi Introduzione. Per Ambrogio la devotio è la prima delle virtù, Ambrogio, Abramo I, 2, 3. Eco di Filone Alessandrino, Il Decalogo 52; Abramo 60; Leggi speciali IV, 147; Mosè I, 146. Vivere secondo virtù era anche uno dei capisaldi dello stoicismo. Zenone, nel trattato Sulla natura di uomo, sarebbe stato il primo a dire che il fine (telos), il sommo bene (summum bonum) è vivere in conformità alla natura, ossia vivere secondo virtù, SVF I, 179-181. Per Aristotele la felicità è una qualche perfetta energia e uso di virtù (estin eudaimonia aretēs energeia kai chrēsis tis teleia), Aristotele, Politica 1328a 38; affermazione analoga a quella secondo cui la felicità è in un certo uso e energia (en chrēsei tini kai energeiai), in La grande etica 1184b 13-32. Perciò la felicità dell’uomo è rapportata alla virtù e viceversa. Clemente Alessandrino ricorda che per gli Aristotelici e per lo stoico Zenone il fine è vivere secondo virtù, Clemente Alessandrino, Stromati II, 21, 128, 3-129, 1. Si veda anche la nota a In Ps 1, 1 § 4 [217D].

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IX. SALMO 44

c’è necessità dell’insegnamento per giungere alla perfezione,994 che offre questo salmo, che ha come titolo per il fine, per coloro che muteranno (Sal 44, 1).995 Nascostamente ha detto “per gli uomini”.

L’uomo è un essere in perenne mutazione a. mutazione fisica-corporale. Le età della vita Noi infatti siamo, fra tutti gli esseri razionali, i più soggetti a mutazioni* e rivolgimenti996 ogni giorno e quasi ogni ora.997 Non siamo infatti gli stessi per noi stessi né nel corpo né nella mente,998 [388B] ma il nostro corpo, che sempre passa e si disperde, è in movimento e mutamento,999 o crescendo dal piccolo al più grande o riducendosi dalla compiutezza al meno. Infatti non è uguale al bambino appena nato il bambino che va già a scuola ed è pronto all’apprendimento delle arti e delle discipline; è a sua volta diverso rispetto   Pure qui Basilio, anche se non lo dice esplicitamente, ha presente i tre gradi del cammino di perfezione, percepito e presentato come relativo ad un progressivo insegnamento. Anche altrove Basilio parla della perfezione: De Bapt 1516A; Mor XLI, 2 (761A); LXXX, 22 (869C); Rf 42 (1025B); Rb 224 (1232A); Ep 101 (II, 2, 25). Alla triplice distinzione di principianti, proficienti e perfetti, e al progresso fino alla perfezione (il fine) nel cammino secondo virtù e in quello della scienza/sapienza accenna anche Didimo il Cieco, Lezioni sui salmi 44, (tr. it. 824-825). 995   Lo stesso titolo in In Ps 59, 1 § 2 [464A]. In generale, per tutto questo paragrafo 1, si tenga presente In Ps 59, 1 § 2 [464AB] (il mutamento dell’uomo in relazione all’età ed agli eventi). 996   Lo stesso concetto con gli stessi termini (tropē e alloiōsis), in rapporto al medesimo versetto salmico, esprime Gregorio di Nissa, Sui titoli dei salmi II, 3, 34 (SCh 466, 288, 7-8); e ivi I, 7, 15 (SCh 466, 210, 9-14). Si veda anche Girolamo, Ep LXV Ad Principiam virginem, Didimo il Cieco, Sul salmo 44, 1 (Mühlenberg, Psalmenkommentare); Commento a Zaccaria (SCh 84, 711). Già Seneca aveva affermato che i nostri corpi vengono portati via come i fiumi, Seneca, Epistola 58, 22. Anche per Filone la sostanza corporea è in perpetuo movimento, Filone, La posterità di Caino 163 (OPA 6, 142). Si veda Origene, Sul Salmo 1, 5 (PG 12, 1092B): gli esseri corporei, per la loro natura, crescono e deperiscono, ricevono ogni mutazione e ogni mutamento. Cfr. Alain Le Boulluec, De la croissance selon les Stoïciens à la résurrection selon Origène, in Revue des Études Grecques (1975 Vol. 88 N. 419), 143-155. 997   Basilio legge ne «il mondo» giovanneo (Gv 17, 25) questa vita che perisce ed è soggetta a miriadi di cambiamenti, De Spir s XXII, 53, 9-10. 998   Che l’uomo sia mutevole nel corpo e nell’anima/mente è detto anche da Platone, Simposio 207d, che riprende a suo modo Eraclito, cfr. note relative a c. di G. Reale in Platone, Simposio, Milano 2001, 239. 999   Gregorio di Nissa dirà che gli uomini sono sempre in movimento, per l’essere la loro natura sempre assolutamente in movimento, a seconda della spinta della loro scelta/determinazione, Gregorio di Nissa, Sull’anima e la resurrezione IV, 2 (PG 46, 92A; GNO III/3, 67, 10-14). 994

1. Finalità e natura del salmo: per gli uomini pro-tesi alla perfezione

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a questo, per comune riconoscimento, il giovane, che può già intraprendere le occupazioni giovanili. Ed è diverso dal giovane l’uomo sia per solidità e grandezza di corpo sia per la pienezza della ragione. Giunto poi al fiore degli anni ed ottenuta la stabilità dell’età, di nuovo comincia a poco a poco a decrescere verso il meno, poiché furtivamente scorre via a lui la buona costituzione del corpo e le forze fisiche diminuiscono, finché, incurvato dalla vecchiaia, [388C] subisce la diminuzione della forza fino al limite estremo.1000 Siamo pertanto noi coloro che mutano e saggiamente il salmo ha alluso a noi uomini attraverso questa voce. Infatti gli angeli non accolgono

  Basilio presenta le quattro fasi fondamentali della vita umana: infanzia, giovinezza, maturità adulta, vecchiaia. Anche altrove Basilio affronta le varie fasi del mutamento della vita. Presentando quelle mutevoli della luna, «il vario cambiamento delle forme», vi scorge «l’arcana ragione del sapiente Creatore. E forse è per offrirci un chiaro esempio della nostra natura: nulla nelle cose umane rimane stabile, ma alcune vanno dal non essere alla perfezione, altre, raggiunto il loro pieno sviluppo e giunta la loro crescita al più alto grado, per lenta decrescita si corrompono e si distruggono, e diminuiscono fino a dissolversi. In tal modo dallo spettacolo della luna noi veniamo educati per le nostre cose, e presa consapevolezza del rapido mutamento delle cose umane, non ci inorgogliamo della prosperità della vita, non ci gloriamo della potenza, non ci esaltiamo di fronte all’incerta ricchezza (1Tm 6, 17), ma disprezziamo la carne soggetta al mutamento, e abbiamo cura dell’anima il cui bene è immutabile»; e se tristezza per il cambiamento deve esserci, ci deve [essere] maggiormente per quell’anima che perde la sua virtù per sconsideratezza, confermando il detto «l’insensato cambia come la luna» (Sir 27, 11), Basilio Hex VI, 10, 4-6. Origene accenna alle differenti età della vita di Cristo, collegandole con le diverse forme del suo corpo, Origene Contro Celso, VI, 77 (SCh 147, 374, 45-46). In fondo Basilio non fa che richiamare le ‘classiche’ quattro età della vita, - che già Ippocrate avrebbe presentato legandole ai quattro elementi dell’universo (fuoco aria acqua terra) e alle quattro stagioni -; ad esse fa riferimento anche Ambrogio: «quattuor quoque aetates sunt hominis: pueritia adulescentia iuventus maturitas», Ambrogio, Abramo II, 9, 65. Cfr. Cicerone, Catone sulla vecchiaia 33; Orazio, Arte poetica 158-176; Ovidio, Metamorfosi 15, 199-236; Seneca, Epistole 121, 16; Zeno di Verona, Trattati I, 38, 5. Al passsaggio dell’uomo da bambino giovane e vecchio e poi la trasformazione ultima con la morte fa riferimento Aglaofone come riporta Metodio di Olimpo, La risurrezione I, IX, 3. Basilio conosce un altro schema interpretativo delle età dell’uomo che prevede una suddivisione in 3 o - meglio - in sei fasi, vedi In Ps 114, 9 § 5 [493AB]. Queste osservazioni sul cambiamento dell’uomo lungo le fasi della vita sono riprese da Gregorio di Nissa, Discorso sui defunti 14 (CP 60, 33; GNO IX, 51, 25-26: morte, vecchiaia, gioventù, fanciullezza e formazione del feto) e 20 (CP 74, 18-24; GNO IX, 64, 4-11). Il poeta italiano per il testo Stanze della funicolare Giorgio Caproni prevede dieci fasi della vita dell’uomo a partire dalla sua condizione iniziale nell’utero, Elisa Donzelli, Giorgio Caproni e gli altri, Venezia 2016, 131. 1000

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IX. SALMO 44

il mutamento. Nessuno infatti presso di loro è bambino né giovinetto né vecchio ma restano nella condizione in cui furono creati dal principio, poiché la loro costituzione si conserva incorrotta ed immutabile.1001

b. mutazione interiore nell’anima Noi invece mutiamo, sia nel corpo, come è stato mostrato, sia nell’anima e nell’uomo interiore* (Ef 3, 16; 2Cor 4, 16; Rm 7, 22), cambiando i pensieri insieme con gli eventi che sempre capitano. Infatti siamo in un certo modo quando siamo lieti e tutte le cose della vita procedono per noi secondo corrente;1002 siamo diversi invece nelle circostanze calamitose, quando cadiamo in qualcosa di ciò che non vogliamo.1003 Poi mutiamo [388D] anche nei momenti di ira, assumendo un atteggiamento da belva (cfr. 2Mac 10, 35; 4Mac 12, 13).1004 Mutiamo anche per i desideri ‘passionali’,1005 divenendo animaleschi (Sal 73, 22) attraverso la vita secondo il piacere. Diventarono cavalli pazzi per le femmine coloro che impazzivano per le donne del prossimo (cfr. Ger 5, 8).1006 E l’uomo falso è assimilato alla volpe, come Erode (cfr. Lc 13, 32);1007 e l’impudente è chiamato cane, come Nabal Carmelio (cfr. 1 Re 25, 3).1008   Vedi In Ps 32, 6 § 4 [333CD] e relativa nota.   Un’espressione simile, in riferimento alla necessità di non esaltarsi nelle circostanze liete né abbattersi nelle disgrazie, compare in Princ Prov § 15 [417C]. Vedi anche In Ps 114, 2 § 2 [488A] e Attende § 5 [209C]. 1003   Il cambiamento in relazione alle diverse circostanze, liete o luttuose, anche in In Ps 59, 1 § 2 [461AB]. 1004   Sulla passione dell’ira che fa assumere all’uomo aspetti e forme animalesche Basilio si sofferma nell’omelia De ira 354C-356A; 356C (animale velenoso)-D (maiali). 1005   Abbiamo aggiunto la specificazione di ’passionali’, perché questo tipo di desideri porta gli uomini ad essere animaleschi. Con ciò si vuol dire che per Basilio si danno anche desideri positivi, distinti da quelli «insensati e nocivi» di 1Tm 6, 9, passo richiamato in In Ps 48, 11-12 § 6 [445B-C]. Comunque qui Basilio avvicina ‘ira’ e ‘desiderio passionale’ (epithymia), le due passioni fondamentali riconosciute tali dall’antichità; vedi nota a In Ps 7, 13-14 § 7 [248B]. 1006   Basilio rende al plurale quanto Geremia dice al singolare. 1007   I due esempi tratti da Geremia e Luca compaiono anche in In Ps 48, 13 § 8 [452A]. Basilio si sofferma più volte sulle espressioni dei salmi per asserire che le passioni trasformano gli uomini in animali bestiali come in In Ps 1 § 1 [212C], In Ps 1, 1 § 6 [224D-225A], In Ps 7, 4-6 § 3 [236A], e in particolare In Ps 48, 13 § 8 [449CD-452AB], In Ps 48, 20 § 11 [457B], In Ps 48, 13 § 11 [460A]. Nel canone 52 Basilio caratterizza di animalesco il gesto della donna che si libera del feto durante un viaggio, Ep 217, 52 (III, 2106, 1-4), lettera scritta ad Amfilochio di Iconio nel 375. 1008   Anche Ireneo attira l’attenzione sul fatto che l’uomo per sua colpa si rende simile alle bestie, come attesta pure la Scrittura (Ger 5, 8 e Sal 48, 13.21): «del resto anche noi 1001 1002

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abitualmente diciamo che gli uomini così fatti sono come le bestie da soma e i bruti», Ireneo di Lione, Contro le eresie V, 8, 2. Il tema è presente in Clemente Alessandrino, Protrettico I, 4, 1 (SCh 2, 56: volatili, serpi, maiali, lupi); Stromati II, 20, 112, 1; IV, 3, 12, 4; V, 8, 52, 5. Origene vi aveva accennato; cfr. in riferimento alla natura degli animali e agli istinti delle fiere, cui ha fatto cenno anche Gesù Cristo, Origene, Commento al Cantico dei Cantici III, 13, 23 (SCh 376, 636). Servirsi delle ‘favole’ sugli animali e addurre «una galleria di animali come emblemi oggettivi del bene e del male morale» era divenuto normale, anche negli ambienti colti, nella cultura greca del III e IV secolo, come si può evincere dalla prolissa opera di Claudio Eliano Sulla natura degli animali, ma anche dalla fisiognomica tardoantica e antico-bizantina. In questo ambito l’«aspetto dell’uomo e l’aspetto dell’animale sono equiparati in sede di principio, come materializzazioni del ‘carattere’ e della ‘natura’». Questo aspetto compare ad es. nella Physiognomica di Adamanzio Sofista (330 circa); «Per il pensiero fisiognomico l’ethos è altrettanto oggettivo e immutabile dell’eidos: .. la volpe è astuta, il serpente perfido», Sergej Averincev, L’anima e lo specchio. L’universo della poetica bizantina, Bologna 1988, 228-229. Idee analoghe si ritrovano nel Corpus Hermeticum XII, 4 (alcune anime umane finiscono nelle stesse condizioni degli animali irrazionali); Asclepio 7. Basilio si muove in questo contesto, come si può arguire anche dalle sue omelie sulla Genesi; se ne veda una notevole esemplificazione in Hex VII, 2-6, dove sfilano, in un «flusso di esempi incontenibile» (Averincev) diversi animali e pesci di varie specie: dai crostacei ai molluschi, ai tonni. Basilio considera in particolare il granchio nel suo confronto con l’ostrica, il polpo, il lupo rapace, il serpente ingannevole, il riccio marino, la vipera. Tutti sono emblemi di atteggiamenti e situazioni umane. L’uomo, dotato di ragione e parola, dovrebbe imparare dagli animali che sono senza ragione e ‘voce’ (Hex VII, 3). Vedi anche Attende § 2 [201D], in cui si fa menzione della gazzella e della sua vista acuta che le consente di sfuggire ai lacci, emblema dell’uomo che, mantenendo insonne l’occhio dell’anima, può evitare i lacci del nemico. Vedi anche note a In Ps 28, 9 § 6 [300BC]. In Adolesc IX, 26 e 29 richiama l’astuzia e la doppiezza della volpe in Archiloco e il polpo che cambia colore a seconda del terreno dove si trova (per indicare chi muta giudizio a seconda delle opinioni di coloro che frequenta). Nel prologo De iudicio 656BC ricorda il buon ordine e l’accordo delle api che seguono un unico re, contrapponendolo al disordine e disaccordo degli uomini di Chiesa. Cfr. anche Hex VIII, 4, 1-9 e In Gordium 1(489B). Anche chi si fa prendere dall’ira diviene simile alle bestie (Is 56, 101; Mt 23, 32), De ira 353C. Che il male rende gli uomini simili alle fiere lo sa anche il Com Is IX, 232 e XIV, 284 che insiste su questa dimensione animalesca degli uomini corrotti, richiamando anche Lc 13, 32 (Erode la volpe) Ger 5, 8 (cavalli smanianti per la femmina), soffermandosi poi sul riccio. Che l’uomo col suo peccato subisce una vera trasformazione in belva lo sa anche Gregorio di Nissa, Sui titoli dei salmi II, 16, 85 (SCh 466, 510, 35-36); Omelie sul Cantico VIII, 251, 2-3. Ambrogio si esprime in maniera analoga, Ambrogio, Commento al salmo 118, IV, 8; X, 11: cavallo che nitrisce per le donne (Ger 5, 8); serpente, cavallo, piccola volpe, bestia da soma, mulo: Commento ai salmi XXXVI, 32; I sei giorni della creazione VI, 10; Abramo II, 43. Il simulatore, il subdolo è paragonato alla vipera da Teofrasto (IV-III a.C.), Caratteri, La simulazione 7. Il motivo dell’animale concupiscente è presente in Plauto, La commedia della cesta (Cistellaria) 306; Cicerone Contro Pisone 28, 69; Ovidio, Rimedi dell’amore 634, Arte d’amare I, 279; cfr. P. Courcelle, Le hennissement de concupiscence in La Ciudad de Dios, 181 (1968 Homenaje al P. A.C. Vega), El Escorial 529-534. Per le api cfr. Aristotele Storia degli animali V 21-22,

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IX. SALMO 44

Vedi il carattere vario e molteplice della nostra mutazione?1009 Ammira dunque colui che ha adattato a noi questa denominazione convenientemente. [389A] >2.  Perciò mi sembra che uno degli interpreti abbia espresso lo stesso pensiero bene e con esattezza attraverso un’altra denominazione, dicendo, invece di* per coloro che muteranno (Sal 44, 1), per i gigli.1010 La breve durata dei fiori ritenne giusto che fosse paragonata alla fragilità dell’umana natura.1011

553a-554b. A tale uso farà ricorso anche Dante, ad es. in Inferno I, 88-90 dove la lonza indica la lussuria, il leone la superbia e la lupa l’avarizia. 1009   Cfr. anche Ps. Basilio Sull’origine dell’uomo I, 6 (SCh 160, 178-180) in cui l’uomo è presentato come mutevole in relazione a diversi fattori (età della vita, stato di salute, passioni come timore e gioia, situazioni come bisogno ed abbondanza, pace e guerra, veglia e sonno). 1010   Vedi per le diverse traduzioni di uno stesso testo In Ps 32, 7 § 5 [336B], In Ps 44, 3 § 4 [396B], In Ps 48, 1 § 1 [432C], In Ps 59, 10 § 4 [468A] e In Ps 59, 11 § 4 [468B]. La resa greca del versetto salmico con «per i gigli» è di Teodozione, conosciuta da Origene, che vede nella fragilità dei gigli l’immagine di quella della natura umana, una delle interpretazioni che l’Alessandrino aveva dato di Mt 6, 28-30: E perché siete così ansiosi per il vestire? Osservate come crescono i gigli della campagna: essi non faticano e non filano; eppure io vi dico che Salomone stesso, con tutta la sua gloria, non fu vestito come uno di loro, Origene, Commento a Matteo. Questo passo dell’omelia di Basilio compare nella catena di Niceta di Eraclea su Mt 6, 28-30. Su questo e sull’esegesi del passo matteano cfr. Maria Antonietta Barbàra, Alla ricerca dell’esegesi origeniana su Mt 6, 28-30 in Teresa Piscitelli (ed.), Il Commento a Matteo di Origene, 147-161; qui 155-156. Il richiamo alla resa del versetto con «gigli», -accostato a quella di Simmaco con «fiori»è presente anche in Gregorio di Nissa, Sui titoli dei salmi II, 4, 34 (SCh 466, 294, 75). 1011   Si veda In Ps 14A, 1 §1 [252B]. In Hex V, 2, 7-8 Basilio riporta la citazione di Is 40, 7 (ogni carne come l’erba e la gloria dell’uomo come un fiore del campo), per dire che il sapiente Isaia ha visto nel fragile fiore l’icona della natura umana e della sua gloria: «Il poco tempo della vita, e la felicità e la radiosità dell’umana prosperità in poca misura, ha trovato presso il profeta la più appropriata icona»; infatti dopo la massima floridezza e il massimo splendore, continua Basilio, in una notte tutto è sfiorito, segno evidente che quella gloria è un sogno. Pertanto è riuscita al profeta la somiglianza del fiore fragilissimo con la gloria umana, Hex V, 2, 11. All’immagine di Is 40, 6-8 Basilio fa riferimento nell’omelia De humilitate 527B ricordando alcune persone storiche (i giganti, Golia, Adonia) ad esemplificazione del testo profetico; la stessa omelia ribadisce che la gloria è più fragile del sogno (528A). Le cose umane sono più imprendibili di un’ombra e più ingannevoli di sogni, la giovinezza sfiorisce veloce come i fiori, dice Basilio a Massimo studente nell’Ep 277 (III, 150, 19-21).

1. Finalità e natura del salmo: per gli uomini pro-tesi alla perfezione

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c. ultima e migliore mutazione spirituale: la resurrezione Poiché poi la voce è stata coniugata nel tempo futuro (infatti è stato detto per coloro che muteranno poiché questa trasformazione si mostra a noi nel futuro), consideriamo se non alluda per noi al discorso della resurrezione, nella quale ci sarà data la mutazione; mutazione verso il meglio e lo spirituale.1012 È seminato - dice infatti - in corruzione, risorge in incorruttibilità (1Cor 15, 42).1013 Vedi la mutazione? È seminato in debolezza, risorge in potenza. È seminato corpo animale, [389B] risorge corpo spirituale (1Cor 15, 43-44);1014 quando anche ogni creatura corporea si muta* insieme con noi.1015 Ed infatti anche i cieli invecchieranno come un mantello e come una veste Dio li muterà ed essi muteranno (cfr. Sal 101, 27). Allora il sole sarà sette volte più grande di se stesso, secondo Isaia; e la luna secondo la grandezza di ora del sole (cfr. Is 30, 26). Poiché non per tutti sono state scritte le parole di Dio,1016 ma per coloro che hanno orecchie* nell’uomo interiore*1017 (Ef 3, 16; 2Cor 4, 16; Rm 7, 22), ha   Didimo respinge questa interpretazione, Didimo il Cieco, Lezioni sui salmi 44, (tr. it. 828-829), con le relative note giustificative di tale scelta esegetica addotte da E. Prinzivalli. Il Nisseno proseguirà in qualche modo questo sguardo essenziale di Basilio, riprendendo lo stesso testo paolino di 1Cor 15, 42 al fine di illustrare il destino ultimo della natura umana, che passerà «ad una situazione pneumatica e senza passioni. Questa infatti è la caratteristica propria del corpo psichico, quella di sempre trasformarsi e mutare (alloiousthai kai metaballein) dallo stato in cui si trova in altro, per un certo flusso e movimento», Gregorio di Nissa, Sull’anima e la resurrezione VI, 8 (PG 46, 156B; GNO III/3, 119, 13-16). Per Basilio l’atto stesso del Creatore, come lascia intendere il verbo stesso (ektise) usato dalla Scrittura (Dt 33, 6), è in vista di un miglioramento (De malo 4, 336C); per cui anche quando ‘crea’ i mali in realtà li trasforma e li porta al miglioramento al fine di fare prendere la natura del bello (336B). Basilio fonda tale affermazione sul fatto che in Dt 33, 6 prima compare il verbo epoiēsen (che è il verbo della creazione) e poi ektise che indica l’atto del trasformare (336C). Non per nulla segue a dire che Dio ha creato (ektise) il corpo e ha fatto (epoiēsen) l’anima (344B). 1013   In In Ps 59, 1 §2 [464B] la coniugazione al futuro del verbo viene invece spiegata nel senso che l’espressione si riferisce non ai giudei di allora ma ai cristiani. 1014   Il passo paolino è citato anche in In Ps 115, 6 § 4 [112B] per indicare che è preziosa la morte e non la nascita degli uomini. 1015   Origene si chiede se è possibile parlare di movimento/mutamento in rapporto alla dissoluzione dei corpi, Origene, I Principi III, I, 2 (SCh 268, 18, 17-18). 1016   Per questa espressione (logia tou Theou) vedi nota a In Ps 32, 11 § 7 [341B]. 1017   Per l’interpretazione in senso spirituale del senso dell’udito vedi In Ps 33, 12 § 8 [372C], In Ps 33, 21 §13 [384B] e Princ Prov § 14 [413C]. Qui ‘uomo interiore’, -dal momento che immediatamente prima Basilio parla della resurrezione/mutazione dei corpi-, non può essere preso come indice di una forma di ‘spiritualizzazione’ quale quella criticata da Ireneo 1012

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IX. SALMO 44

scritto per coloro che muteranno; come credo, per coloro che hanno cura di se stessi e sempre progrediscono* verso ciò che è più grande attraverso gli esercizi* della pietà.1018 Questa infatti è la più bella mutazione, che la destra dell’Altissimo (Sal 76, 11)1019 concede come grazia; di questa fece prova anche il beato David, quando, dopo aver gustato i beni della virtù, si protendeva verso ciò che gli stava davanti (cfr. Fil 3, 13).1020 Cosa [389C] dice infatti? E dissi: ora ho cominciato; questa è la mutazione della destra dell’Altissimo (Sal 76, 11).1021 Perciò colui che progredisce* verso la virtù non c’è volta che non muti*. Quando ero infatti - dice - bambino, parlavo da bambino, pensavo da bambino, ragionavo da bambino. Quando sono divenuto uomo, ho abbandonato ciò che era da bambino (1Cor 13, 11). E di nuovo, divenuto uomo, non desistette dall’attività ma dimenticando ciò che è dietro e protendendosi verso ciò che è davanti, correva verso la meta al premio della chiamata lassù (cfr. Fil 3, 13-14).1022 Dunque è mutazione dell’uomo interiore* che si rinnova giorno per giorno (cfr. 2Cor 4, 16).

secondo cui «alcuni dicono che né la carne né la loro anima né il loro corpo possono ricevere la vita eterna; ma soltanto l’uomo interiore, e pretendono di identificarlo con l’intelletto che è in loro, il quale soltanto, a loro giudizio, può salire alla perfezione», Ireneo, Contro le eresie V, 19, 2; criticata anche da Metodio di Olimpo, La risurrezione I Origene, come sappiamo, parla dell’esigenza di orecchie pure dell’uomo interiore, Origene, Omelie su Levitico I, 1 (SCh 286, 66, 18-19); e anche di udito superiore e di orecchie superiori per ascoltare Dio, Origene, Contro Celso, II, 72 (SCh 132, 456, 17-18). 1018   Si tengano presenti i due testi di Pierre Hadot, Exercises spirituels et philosophie antique, Paris 20022 e La filosofia come modo di vivere, Torino, 2005 (or. fr. 2001). 1019   Coerentemente Basilio evita una lettura cristologica anche del Sal 76, 11. 1020   Per un’espressione simile con riferimento a Fil 3, 13 vedi In Ps 32, 3 § 2 [328B]; vedi anche Attende § 4 [208B]. 1021   Didimo riferisce Sal 76, 11 (autē hē alloiōsis tēs dexias tou hypsistou) al Verbo di Dio che si fa uomo al fine di salvarlo (economia salvifica), anche se il verso contiene l’ambiguo lemma alloiōsis che può dar adito a erronee concezioni del divino che non può mutare, Didimo il cieco, Lezioni sui salmi 44 (tr. it. 826). 1022   Qui Basilio, dato il contesto, trasforma in terza persona quanto il testo paolino esprime in prima persona.

2. Intestazione: canto per il Diletto. Enunciazione del tema cristologico 319

2. Intestazione: canto per il Diletto. Enunciazione del tema cristologico a. Frasi di transizione Poiché sta per annunciarci le cose sul Diletto, che per noi ha accolto l’economia dell’Incarnazione*,1023 per quelli degni di questa grazia [392A] questo canto il Profeta dice di aver dedicato ai figli di Core (Sal 44, 1). Infatti è un canto e non un salmo; poiché lo ha trasmesso con la nuda voce, senza che lo strumento risuonasse insieme ad essa, con l’armonica pronuncia.1024

b. Il Diletto: l’Unigenito del Padre e il sommo Bene Canto per il diletto (Sal 44, 1). Ti spiegherò forse il diletto chi il discorso dice che sia?1025 Oppure lo sai anche prima delle mie parole, ricordandoti della voce nel Vangelo: Questo è il mio Figlio diletto, nel quale mi compiacqui; ascoltatelo (Mt 17, 5)? Diletto infatti per il Padre, come Unigenito;1026 poi per ogni creatura, come padre

  Il termine sarkōsis, presente nella confessione di fede di Nicea (325), di cui fa uso anche Apollinare, non ha altre ricorrenze nelle presenti omelie basiliane sui salmi. Cfr. De Spir s XVI, 39. Ciò denota la crescente cautela di Basilio che intende evitare quel termine dato l’uso ambiguo che ne facevano gli apollinaristi. Anche Origene parla dell’economia assunta per noi dal Cristo (tēn oikonomian…hyper hēmōn anedexato), Origene, Frammenti sui Salmi 4, 2 (PG 12, 1133D-1136A). 1024   Per questa differenza fra ‘canto’ e ‘salmo’ vedi In Ps 29, 1 § 1 [305BC] Anche il Nisseno vi si sofferma offrendo la sua applicazione morale, Gregorio di Nissa, Sui titoli dei salmi II, 3, 32(SCh 466, 280, 19-282, 45). 1025   Anche Origene aveva visto In Ps 44, 1 una profezia del Cristo: Origene, I Principi IV, 1, 5 (SCh 268, 274, 116-118) Solo a partire dalla seconda dedica (per il diletto) Basilio, in pieno accordo con Eb 1, 8-9 (che cita Sal 44, 7-8) e col richiamo di Mt 17, 5, afferma che il Sal 44 è cristologico fin dalla sua intestazione. Del resto era già tradizionale la lettura messianica del Sal 44, accolta anche da Diodoro di Tarso, il quale nega valore alle inscriptiones dei salmi, cfr. Simonetti, Lettera e/o allegoria, 162-163. 1026   Basilio, come Origene, è attento all’equivalenza di ‘Diletto’ (agapētos) e ‘Unigenito’ (monogenēs) della traduzione dei LXX i quali rendono con unigenito e diletto l’ebraico yâhyid, il figlio unico; si veda la voce monogenēs a c. di Büchsel in GLNT. L’espressione giovannea ‘il Figlio Unigenito’ (ho Monogenēs uios) viene resa dai Sinottici (Mc 1, 11; Mt 3, 17; Lc 3, 22; Mc 9, 7 e Mt 15, 5) con ‘il mio Figlio diletto’ (ho uios mou agapētos). 1023

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IX. SALMO 44

filantropo*1027 e buon comandante.1028 Diletto e buono sono la stessa cosa per natura. 1029 Perciò già alcuni 1027   Qui il Cristo è presentato come padre. Il titolo di ‘padre’ era stato riferito al Cristo da Melitone di Sardi, Omelia sulla Pasqua 9; si richiami A Diogneto IX, 6. Origene, partendo dall’espressione del Cristo «figlioletti miei» rivolta agli apostoli (Gv 13, 33)¸ invitava ad «avere il coraggio di dire che di alcuni il salvatore è Padre», Origene, Commento a Giovanni XXXII, XXX, 368; cfr. Omelie sull’Esodo VI, 2 (SCh 16, 149). Il tema è presente nello Ps. Macario: il Signore vuole generare da se se stesso i propri figli per opera dello Spirito facendoli rinascere dall’alto (Gv 3, 3.7), generandoli dal ventre dello Spirito, Ps. Macario, Omelie spirituali (II), 30, 2. Egli chiama il Signore «il padre sovraceleste», ho epouranios patēr, Ps. Macario, Omelie spirituali (III) XX, 2. Cfr. G. Racle, A propos du Christ-père in RSR 30 (1962), 400-408; R. Cantalamessa, Il Cristo ‘Padre’ negli scritti del II-III sec. in RSLR 3 (1967), 1-27; V. Grossi, Il titolo cristologico ‘Padre’ nell’antichità cristiana, in Augustinianum 16 (1976), 237-268. Basilio presenta Cristo come filantropo anche nell’Ep 46, 6 (CP 242, 17-18). 1028   Con riferimento a Dn 9, 25-26, Cristo è detto «condottiero» da Origene I Principi IV, 1, 5 (SCh 268, 278, 140). È notevole che Basilio, pur riferendo «diletto» al Cristo, non si sofferma a farne un’esegesi specificatamente cristologica, come fa invece Eusebio di Cesarea, il quale, collegando il Diletto con la realtà del mutamento di cui parla l’intestazione del Sal 44, dice che il Cristo ha voluto vivere un proprio svuotamento volontario, Eusebio di Cesarea, Sul salmo 44 (PG 23, 392B); cfr. Devresse R., Les anciens commenteurs grecs des Psaumes, Città del Vaticano 1970, 111. In tale esegesi cristologica Sal 44, 1 era collegato con Questo è mutamento della destra dell’Altissimo di Sal 76, 11, cfr. Ps. Atanasio, Orazione IV contro gli Ariani PG 26, 509A. Basilio propone una lettura antropologica di Sal 44, 1 evitandone intenzionalmente una esegesi cristologica per non riferire al Cristo il verbo alloioō divenuto ‘equivoco’ per l’uso che ne facevano gli Ariani e gli Apollinaristi (cfr. Ep 262, 1, III, 120, 17-20). Del resto il testo del profeta Malachia è perentorio: dioti egō kyrios ho theos hymōn kai ouk ēlloiōmai, perché io [sono] Signore il vostro Dio e non muto (Ml 3, 6). Al riguardo Basilio si esprime con chiarezza nell’Ep 262, 2 (III, 120, 1-12). Già Origene, polemizzando con Celso, aveva addotto Ml 3, 6 - unitamente a Sal 101, 28 («Tu sei sempre lo stesso») - per negare ogni mutazione in Dio, il quale, pur regolando le cose mutevoli, rimane sempre lo stesso, Origene, Contro Celso IV, 14 (SCh 136, 216, 20-22); VI, 62 (SCh 147, 334, 24-29). Anche per il Nisseno Dio è sempre lo stesso; all’essere di Dio nulla si aggiunge e nulla viene meno, essendo al di là di ogni crescita e declino, Gregorio di Nissa, Contro Eunomio III, VI, 3 (GNO II, 186, 13-15); ivi I, 666 (GNO I, 217, 26-29); stessa idea in Sui titoli dei salmi II, 4, 34(SCh 466, 288, 1-7). L’immutabilità è una delle caratteristiche essenziali di Dio, affermata più volte anche da Origene, Contro Celso IV, 14 (SCh 136, 216, 20-22) in cui egli cita espressamente Sal 101, 28 e Ml 3, 6 (Io non muto/ cambio). Anche Didimo introduce una lettura cristologica del passo, per affermare che Cristo da ricco si è fatto povero per arricchire gli uomini e che si è fatto maledizione per la benedizione degli uomini, precisando che la destra di Dio, che è il Cristo, nella sua economia e ‘inumanizzazione’ (enanthrōpēsis), ha mantenuto la propria perfezione divina senza subire alcun mutamento sostanziale, Didimo il Cieco, Lezioni sui salmi 44. 1029   Nella polemica contro Eunomio Basilio afferma che il Figlio è «autovita» e «autobene» (autoagathon) procedente dalla sorgente vivificante e dalla bontà paterna, C Eun II, 25, 5-6.

2. Intestazione: canto per il Diletto. Enunciazione del tema cristologico

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definirono correttamente che è buono ciò cui tutto tende.1030 Non è poi proprio del primo venuto giungere alla perfezione* della carità agapica e riconoscere il vero Diletto; [392B] ma è proprio di colui che ormai si è spogliato dell’uomo vecchio, quello corrotto secondo i desideri dell’inganno (Ef 4, 22), e si è rivestito del nuovo, quello rinnovato per la conoscenza secondo l’icona del Creatore (cfr. Col 3, 10).1031 Dunque colui che ama le ricchezze e si appassiona per la bellezza corruttibile dei corpi e onora sommamente questa gloria meschina*,1032 poiché ha speso la sua capacità di amare in cose   Vedi In Ps 1, 1 § 3 [216B] - con relativa nota -, In Ps 114, 1 § 1 [484C]. Sul Bene-Diletto, come luogo di tensione ultimo del vivere umano, Basilio ritorna in Rf 2 (912A: «Gli uomini sono naturalmente bramosi di ciò che è bello. Ma propriamente parlando è amabile e bello ciò che è buono. E Dio è buono. Ora tutte le cose anelano al bene; tutto dunque anela a Dio»); Rb 212; Adolesc II, 5-6 (i beni eterni fonte di una felicità incomparabile con quella prodotta dai beni terreni). Commentando Gen 1, 1 il Cappadoce introduce e qualifica il Dio creatore in questi termini: «La beata natura, la bontà senza invidia, il diletto - to agapēton da tutti gli esseri ragionevoli, la bellezza molto bramata, il principio degli enti, la sorgente della vita, la luce noetica, l’inaccessibile sofia, - questi fece il cielo e la terra», Basilio Hex I, 2, 7. Basilio probabilmente ha presente Plotino, Enneadi I, 7, 1 (to ou pant’ephietai); I, 6, 7; VI, 8, 24. Comunque la definizione del bene come «ciò a cui tutto tende» (ou pant’ephietai) compare in Aristotele, Etica Nicomachea 1094a2-3 (cfr. Etica Nicomachea, 1094a14-15; Topici, 116a19-20; Retorica, 1362a23-1363b) e deriva da Platone Repubblica VI, 505de (le cose veramente buone sono la meta perseguita da ogni creatura vivente); Filebo, 20d e 22b. Epitteto identifica l’essenza di Dio con quella del bene, Epitteto II, 8; Crisippo dice cose analoghe in SVF III, 229 e III, 260; Cicerone ripete la stessa cosa (Le leggi I, 25); per questi e altri riferimenti cfr. M. Pohlenz, Stoa, passim. Cfr. anche Salustio, Sugli dèi e il mondo, c. 12, 5, 12 in a c. di Riccardo di Giuseppe Salustio, Sugli dèi e il mondo, Milano 2000, 148 e 206. Cfr. anche Hans Krämer, Dialettica e definizione del bene in Platone, Milano1989. Qualcosa di analogo aveva detto Origene commentando Ef 1, 6c (en tōi ēgapēmenōi), Origene, Sulla lettera agli Efesini 8 in Esegesi paolina. I testi frammentari (242-243): tutti tendono al Cristo sotto l’aspetto dell’amato, uno dei tanti titoli (epinoiai) riferiti a Cristo. Anche il Nisseno si esprime più volte in tal senso: «l’impulso che porta a desiderare le cose belle e migliori fa parte integrante dell’essenza e della natura dell’uomo», Gregorio di Nissa, Istituto cristiano GNO VIII/I, 40, 7-8; Confutazione della professione di fede di Eunomio 8 (GNO II, 315, 26-27: alla maniera di Basilio il Nisseno identifica il bene con l’Unigenito); Sui titoli dei salmi II, XI, 56 (SCh 466, 386, 40-41: tensione al bene); Sull’anima e la resurrezione IV, 2 (PG 46, 93C; GNO III/3, 69, 18: «il bene, quello il solo che è veramente degno di essere amato e bramato»; cfr. ivi PG 46, 96C; GNO III/3, 71, 2-3). Ambrogio si muove nello stesso ambiente di pensiero, Ambrogio, De Isac vel anima (Isacco o l’anima), 8, 78. 1031   Tutto questo è legato al Battesimo; cfr. anche De Spir s XIV, 32. Anche qui si ha prima il distacco, la rottura con l’uomo vecchio (momento negativo) cui segue il rivestimento del nuovo (momento positivo). Tutto questo ha il suo momento cruciale nell’evento del martirio, come accade per i quaranta martiri, evento in cui ci si spoglia dell’uomo vecchio, Quadraginta 6. 1032   Cfr. anche Proclo, Sull’Alcibiade XVII, 105-110. Sulla ricerca vana della bellezza 1030

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IX. SALMO 44

che non sono convenienti, è stato accecato nella contemplazione del vero Diletto. Per questo dice: Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore e tutta la tua anima e tutta la tua mente (Mc 12, 30; cfr. Dt 6, 5). Il con tutta non ammette una spartizione in cose diverse. Quanto infatti dell’amore agapico sciupi malamente nelle cose di quaggiù, tanto a te verrà meno [392C] necessariamente dal tutto. Per questo pochi fra tutti furono chiamati amici di Dio; come è stato tramandato che Mosè fosse amico (cfr. Es 33, 11). Come Giovanni: L’amico - dice infatti - dello sposo, che sta, esulta di gioia (Gv 3, 29); cioè colui che ha la stabilità e l’immutabilità dell’amicizia con Cristo, questo [è] degno dell’amicizia di Lui. Perciò anche ai suoi discepoli, ormai giunti alla perfezione*, il Signore dice: Non vi chiamo più servi, ma amici, perché il servo non sa che cosa fa il suo padrone (Gv 15, 15).

c. Sintesi del paragrafo e transizione al nuovo tema Perciò è proprio di chi è giunto a perfezione il riconoscere il vero diletto. E in realtà i soli amici di Dio e gli uni con gli altri [sono] i santi; invece nessuno dei malvagi e degli ignoranti [è] amico. Né infatti il bene dell’amicizia cade in una cattiva disposizione; perciò niente di turpe né di conveniente può venire all’armonia dell’amicizia. Infatti ciò che è malvagio non è solo contrario al bene, [392D] ma anche esso stesso a se stesso. Ormai procediamo anche all’esame delle parole.

(eumorphia) dei corpi insiste anche l’omelia De humilitate 528A.

I. parte

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I. parte Ruolo del profeta ed azione dello Spirito Santo >3.  Eruttò il mio cuore una buona parola (Sal 44, 2a).

a. Il versetto va riferito al profeta Già alcuni credettero che queste parole fossero dette dalla persona del Padre1033 [393A] riguardo al Logos essente1034 in principio presso di Lui (cfr. Gv 1, 2), che Egli generò quasi dal cuore e dalle viscere stesse, dicono; e dal cuore buono uscì una parola buona (cfr. Mt 12, 35);1035 a me invece sembra   Per questa espressione ek prosōpou vedi indice esegetico.   Traduciamo con «essente» la forma participiale con cui Basilio rende l’imperfetto «era» del testo giovanneo. 1035   Diversi sono gli autori che hanno introdotto questa lettura. I primi apologisti Giustino Taziano Atenagora Teofilo- facevano uso anche di Sal 44, 2 per sostenere la libera generazione del Logos/Figlio da parte del Padre. I monarchiani si servivano di Sal 44, 2 per sostenere l’insussistenza del Logos, che invece ha una propria personale sussistenza, come afferma Origene, Principi I, 2, 2; Omelie sul Genesi 14, 1 (SCh 7bis 334, 1-6); Commento a Giovanni I, XXIV, 151 (SCh 120, 136). Ario (Lettera 1, 3) aveva rifiutato l’uso e l’interpretazione di Sal 44, 2 (erygē); mentre Alessandro lo utilizza per opporsi ad Ario. Eusebio conosce questa interpretazione, Eusebio di Cesarea, Dimostrazione evangelica IV, 15, 51-52. Sulla stessa linea si sono mossi Ippolito, Benedizione di Giacobbe 27; Origene, Commento a Giovanni I, XXXIX, 284 (SCh 120, 202); Alessandro di Alessandria, Epistola enciclica 12; Atanasio, Esposizioni sui salmi 44, 2 (PG 27, 207B); Atanasio, Epistola a Serapione II, 6; I decreti del concilio di Nicea 21, 4; Discorsi contro gli ariani 2, 57; 3, 59. Anche Didimo propende per questa interpretazione, Didimo il Cieco, Lezioni sui salmi 44, 3a (tr. it. 836-840). Non a caso allora Tertulliano cita spesso Sal 44, 2 in contesto trinitario con intento antimonarchiano: Tertulliano Contro Prassea 7, 1 («et unigenitus, ut solus ex deo genitus, proprie de vulva cordis ipsius secundum quod et pater ipse testatur, Eructavit cor meum sermonem optimum, e l’unigenito, come il solo genito da Dio, propriamente dell’intimo del cuore stesso secondo quanto testimonia il padre stesso Eruttò il mio cuore una ottima parola ») e 11, 2 («sicut ego profero dictum a deo, Eructavit cor meum sermonem optimum, come io asserisco detto da Dio Eruttò il mio cuore una ottima parola »); Contro Ermogene 18, 3; Contro Marcione II, 4, 1; IV, 14, 1; Novaziano, Trinità 13, 67; Lattanzio, Le Istituzioni divine. IV, 8; Ambrogio, La verginità 11, 63; Le vergini III, 1, 3: «ex utero generavit ut Filium, ex corde eructavit ut Verbum; dal seno lo generò come Figlio, dal cuore eruttò quale Verbo». Girolamo riporta come opinione di altri l’interpretazione trinitaria del Verbo da parte del Padre; ma, diversamente da Basilio, la ritiene possibile, Girolamo Epistola LXC, 5. Si noti che questa è anche la lettura interpretativa di Atanasio, Epistola a Marcellino 5 (il salmista fa risuonare la voce del Padre), lettura dalla quale Basilio, che pure conosce la lettera, si distanzia. Ilario tralascia Sal 44, 2 per non prestare il fianco alle posizioni di Fotino che 1033

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IX. SALMO 44

che queste parole siano riferite alla persona del Profeta.1036 Infatti ciò che segue di ciò che è stato detto non ci spiega più in ugual modo l’esegesi riguardo al Padre. Infatti il Padre non avrebbe potuto dire della propria lingua che la mia lingua penna di scrivano che scrive veloce (Sal 44, 2c). Splendido di bellezza al di sopra dei figli degli uomini (Sal 44, 3a). Infatti non ha la supremazia della bellezza dal confronto con gli uomini.1037 Ed andando avanti dice: Per questo ti unse Dio, il tuo Dio, con olio di esultanza (Sal 44, 8bc; Eb 1, 9). Infatti non disse: Io Dio ti unsi ma ti unse;1038 perciò da questo è dimostrato che è diversa la persona che parla. [393B] Qual è dunque questa persona se non il Profeta che ha contenuto la forza dello Spirito Santo che venne in lui?1039 Eruttò - dice - il mio cuore una buona parola (Sal 44, 2a). Poiché infatti l’eruttazione è un soffio nascosto che svapora verso l’alto durante il ribollimento del cibo quando si rompono le bolle,1040 colui che vedeva il Logos come realtà che si dilatava e poi si restringeva. Egli intendeva evitare tutto ciò che dava l’idea di extensio, protentio, fluxus con inerente il rischio di fare smarrire la sussistenza personale e distinta del Figlio dal Padre. Per alcuni rilievi sul diverso uso di Sal 44, 2, cfr, M. Simonetti, La crisi ariana nel IV secolo. Seguirà la lettura basiliana Giovanni Crisostomo nel suo commento al Sal 44 (PG 55, 183). 1036   Detto ciò Basilio distingue i primi versetti riferiti al profeta da quelli riferiti a Cristo (Sal 44, 3-9a) e da quelli rapportati alla Chiesa (Sal 44, 9b-18); a tal fine egli si serve del noto principio esegetico del ‘cambiamento di persona’ (Sal 44, 396B), collaudato da Origene, ripreso dalla prosopografica greca. 1037   Nel De Bapt, trattando dei sacrifici, Basilio asserisce la superiorità di quello del corpo del Cristo sui capri storici precisando appunto che questo non si stabilisce tramite un confronto, «la superiorità è incomparabile», De Bapt 1584A. Cfr. anche C Eun I, 26, 16-17. 1038   Eusebio legge nel passaggio di Sal 44, 8 (il Dio, il tuo Dio) un vocativo e un nominativo, Eusebio di Cesarea, Dimostrazione evangelica IV, 15, 55-64; in questo segue la lettura tradizionale che vedeva nel versetto in questione la presenza di due soggetti distinti e diversi, Giustino, Dialogo con Trifone 56, 14-15; Origene, Contro Celso I, 56 (SCh 132, 228, 24-25). 1039   Basilio opta per la posizione di Origene, Commento a Giovanni I, XXXIX, 284-285 (SCh 120, 202-204), di riferire Sal 44, 2 al profeta adducendo a prova di tale attribuzione il richiamo di Sal 44, 8 ed anche Sal 44, 2-3. In tal modo evita la possibilità di privare di una reale consistenza la Parola divina, come già paventava lo stesso Alessandrino: alcuni, muovendo appunto da Sal 44, 2, negano al Figlio e ipostasi e una sostanza (ousia) qualsiasi, Origene, Commento a Giovanni I, XXIV, 151 (SCh 120, 136). Anche Ario criticava l’equiparazione del Figlio con l’eructatio (erygē) del Padre, Ario Lettera ad Eusebio 3. Anche Eusebio scorge In Ps 44, 2 l’allusione non al Logos di Dio ma al profeta, Eusebio di Cesarea, Dimostrazione evangelica V, 1, 28 pur conoscendo la interpretazione tradizionale (Ibid. IV, 15, 51-52). Anch’egli vede nel Sal 44 la prova della divinità del Cristo ma la fonda sui vv. 7-8 (Ibid V, 1, 28). 1040   Basilio sta richiamando Origene, Commento a Giovanni I, XXXVIII, 283 (SCh 120, 200-202), che dopo la definizione del fenomeno dell’eruttare prosegue a dire che il Padre

I. parte

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si è nutrito del Pane vivo sceso dal cielo e che dà la vita al mondo (Gv 6, 51; Gv 6, 33)1041 e colui che si è riempito di ogni parola che procede dalla bocca di Dio (Dt 8, 3; Mt 4, 4), secondo la consueta* tropologia1042 della Scrittura, l’anima nutrita con santi insegnamenti, emette l’eruttazione consona ai cibi.1043 Per questo, poiché il cibo era logico1044 e buono, il Profeta erutta una buona parola. Infatti l’uomo buono dal buon [393C] tesoro del suo cuore trae il bene (Lc 6, 45; cfr. Mt 12, 35).

b. Applicazione morale all’uditore Ricerchiamo dunque anche noi il nutrimento che viene dal Logos per il riempimento delle nostre anime -il giusto - dice infatti - mangiando sazia la sua anima (Pr 13, 25)-, affinché secondo la analogia con ciò di cui ci nutriamo, emettiamo non una parola qualunque, ma una parola buona. Infatti l’uomo malvagio, nutrito da dottrine cattive, erutta dal cuore una parola malvagia (cfr. Mt 12, 35; Lc 6, 45). Non vedi quali cose eruttano le bocche degli eretici? Come [sono] maligne e fetide, che denunciano la grande malattia nell’intimo degli sventurati? Infatti l’uomo malvagio dal malvagio tesoro del suo cuore trae il male (Lc 6, 45; cfr. Mt 12, 35). Dunque per il fatto di sentire prurito nell’udito, non accumulare per te maestri (cfr. 2Tm 4, 3)1045 che possono procurare malattia alle tue viscere e causarti erutta i teoremi della verità e ne crea l’impronta (typos) nel Logos chiamato appunto icona del Dio invisibile (Col 1, 15). 1041   Didimo richiama ‘il pane di vita’ (Gv 6, 35), Didimo il Cieco, Lezioni sui salmi 44, 2a (tr it 834) 1042   Espressione metaforica. 1043   Basilio preferisce prima proporre una esegesi realistica, ripresa poi da Giovanni Crisostomo nei Commenti ai salmi 44 (PG 55, 183) e anche da Agostino, Esposizioni sui Salmi 144, 9 (CCL 40, 2094) e da Gregorio Magno, Omelie su Ezechiele I, 5 e 10 (SCh 327, 186 I.33 e 384 4, I.7). Solo in un secondo momento trasferisce all’anima gli elementi evidenziati. La stessa esegesi ritorna in Bernardo Abate di Clairvaux; al riguardo cfr. Denis Farkasfalvy, L’Inspiration de l’Écriture sainte, Roma 1964, 63. 1044   Per l’espressione «cibo logico» vedi Princ Prov §4 [393A] ma anche più avanti, nel corso della stessa omelia, si parla di «latte logico» (§13 [413 B] sulla base di 1Pt 2, 2). In In Ps 33, 21 §13 [384B] si parla di «cibo noetico». Vedi anche le espressioni «ossa logiche» in In Ps 33, 21 § 13 [384BCD-385A] (coloro che nella Chiesa mediante la robustezza possono sostenere le mancanze dei deboli); «frecce logiche» più avanti in In Ps 44, 6, § 6, [401C], «salterio logico» in In Ps 48, 5 § 2 [436C] (quando le azioni sono prodotte in armonia con le parole). Per l’uso di logikos in Basilio per introdurre un’esegesi di tipo spirituale e allegorico, cfr. M. Girardi, Basilio, 22 e n.60. 1045   Il testo basiliano inverte l’ordine delle parole del testo paolino: Verrà il tempo, infatti, in cui non sopporteranno la sana dottrina ma, secondo le proprie voglie, si accumuleranno

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il vomito di malvagie [393D] parole, per le quali sarai condannato nel giorno del giudizio. Dai tuoi discorsi infatti - dice - sarai giustificato e dai tuoi discorsi sarai condannato (Mt 12, 37).

c. Ancora il profeta: confessione del peccato e azione dello Spirito Io dico le mie opere al re (Sal 44, 2b). Ci conducono perfettamente all’interpretazione della persona del Profeta anche questa parola Io dico le mie opere al re (Sal 44, 2b); invece di* ‘confesserò al giudice’ e di ‘prevengo l’accusatore’, tramite l’esposizione delle mie proprie opere. Infatti abbiamo ricevuto un comando [396A] che dice: Di’ tu per primo le tue iniquità, affinché tu sia giustificato (Is 43, 26). La mia lingua penna di scrivano che scrive veloce (Sal 44, 2c). Come la penna è uno strumento per scrivere, se la muove la mano dell’esperto nella annotazione di ciò che viene scritto, così anche la lingua del giusto, poiché la muove lo Spirito Santo,1046 scrive le parole della vita eterna nei cuori dei credenti (cfr. 2Cor 3, 2); intinta non nell’inchiostro, ma nello Spirito del Dio vivente (2Cor 3, 3).1047 Dunque scrivano [è] lo Spirito Santo, perché è sapiente e capace di istruire tutti; inoltre scrive veloce, perché veloce [è] il movimento del pensiero. Lo Spirito scrive in noi i pensieri, non su tavole di pietra, ma sulle tavole di carne del cuore (2Cor 3, 3). Secondo poi la corrispondenza analogica dell’ampiezza del cuore, lo Spirito scrive nei [396B] cuori più o meno cose, o chiare a tutti, o più oscure, secondo la preparazione precedente della purezza*.1048 Per la velocità di coloro che scrivono già è divenuta piena del Vangelo tutta l’ecumene.1049

maestri sentendo prurito nell’udire, 2Tm 4, 3. 1046   Origene dà una interpretazione cristologica del Sal 44, 2: la lingua del Cristo è come canna di scriba che scrive velocemente, Origene Commento al Cantico dei Cantici I, 3, 8 (SCh 375, 212). 1047   Cfr. 2Cor 3, 3: È manifesto che voi siete una lettera di Cristo procurata da noi, scritta non con inchiostro ma con lo Spirito del Dio vivente, non su tavole di pietra ma sulle tavole di carne del cuore. Interessante il modo di ‘estrapolare’ il testo biblico da parte di Basilio che poco dopo completa la citazione di 2Cor 3, 3. 1048   Vedi nota a In Ps 28, 9 § 6 [300C]. 1049   Vedi sotto In Ps 44, 3 § 4 [397A]. Cfr. anche quanto dice Origene sull’inattesa e davvero strepitosa diffusione dell’annuncio del Cristo, ad es. in Origene, I Principi IV, 1, 2-3 (SCh 268, 264-270).

II. parte

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II. parte Sezione cristologica Il cambiamento di persona Introduzione del tema cristologico Il seguito del discorso ci è sembrato opportuno prenderlo come da un proprio inizio e non collegarlo con le parole precedenti, ma accostarlo a ciò che segue. Infatti il ‘splendido di bellezza’ crediamo che sia detta per il Signore, secondo il cambiamento della persona.1050

a. La percezione della Bellezza-divinità del Cristo >4.  Splendido di bellezza al di sopra dei figli degli uomini. La grazia si è riversata- sulle tue labbra (Sal 44, 3ab). Ci conducono a questa interpretazione Aquila e Simmaco;1051 il primo dicendo: sei stato ornato di bellezza al di sopra dei figli degli uomini; e Simmaco bello sei di bellezza al di sopra dei figli degli uomini. Splendido dunque di bellezza definisce il Signore, colui che ha fissato attentamente [396C] la divinità di Lui. Infatti non esalta la bellezza della carne. L’abbiamo visto, infatti, e non aveva appariscenza, né bellezza, ma il suo aspetto era senza onore, mancante davanti (Is 53, 2-3)1052 ai figli degli uomini.   Linguaggio tecnico della retorica e della esegesi di scuola nell’affrontare i testi di Omero e Platone, ripreso quasi di continuo da Origene, Commento a Giovanni I, XXIII, 146 (SCh 120, 134); I, XXVIII, 196 (SCh 120, 156); I, XXXIX, 287 (SCh 120, 204); II, XXXV, 213 (SCh 120, 352); VI, XXIV, 128 (SCh 157, 228, 7-11); VI, XXXIX, 196 (SCh 157, 276, 12-18); X, XXXIV, 222 (SCh 157, 514, 28-34); vedi anche indice esegetico. Si può qui ricordare che nelle scuole di retorica antica si dava molta attenzione ad Omero; oltre ad accurati commenti filologici si operava una interpretazione allegorica dell’Iliade e dell’Odissea. Porfirio proponeva una esegesi allegorica per scoprire la sapienza degli antichi dietro i miti e dietro le favole; ma anche con l’intento di interpretare Omero partendo da Omero stesso, Porfirio, Questioni omeriche I, XI, 47 (tr. it. di A.R. Sodano); cfr. G. Girgenti, Introduzione a Porfirio, Roma-Bari, 1997, 27.37.39.43; cfr. anche R. Lamberton, Homer the Theologian, Berkeley-Los Angeles 1986, 95. 1051   Anche qui, come in In Ps 32, 7 § 5 [336A], In Ps 44, 1 § 2 [389A], In Ps 48, 1 § 1 [432C], In Ps 59, 10 § 4 [468A] e In Ps 59, 11 § 11 [468B], Basilio, basandosi sul metodo di Origene, seguito da Eusebio di Cesarea, confronta più traduzioni di un unico testo biblico. Anche per Pr 8, 22 Basilio si era rifatto a Aquila, Simmaco e Teodozione, C Eun II, 20, 38-41. 1052   Il testo di Isaia termina con l’espressione «davanti a tutti gli uomini», che Basilio non 1050

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[È] chiaro, dunque, che il profeta, avendo fissato lo sguardo sullo splendore di Lui ed essendo stato colmato dei fulgori che ne derivano, 1053 ferito nell’anima da questa bellezza (cfr. Ct 4, 9),1054 fu spinto verso il divino eros riporta sostituendola con quella del salmo 44, 3 «ai figli degli uomini». Il passo di Is 53, 2-3 prestava il fianco alle critiche di Celso il quale così poteva negare la divinità del Cristo: se questi era veramente Dio il suo corpo avrebbe dovuto essere superiore a quello di tutti gli altri. Al testo di Isaia Origene affiancava, come a contrappunto, la profezia salmica di Sal 44, 4-5 collegandola all’evento della Trasfigurazione quando anche il corpo di Cristo era apparso nella sua totale bellezza, Origene, Contro Celso VI, 75-77 (SCh 147, 366-374), testo questo ripreso dalla Filocalia (SCh 302, 433). Basilio introduce il testo di Isaia dandone già la chiave interpretativa, asserendo cioè che il profeta non esalta la bellezza della carne; in tal modo aggira la critica pagana, riferendo la bellezza alla divinità del Signore. Ciò non gli impedisce di riconoscere che si può parlare pure di una bellezza dell’anima nell’atto stesso in cui si ribadisce che il vero bello è proprio della natura divina, coma fa nell’In Ps 29, 8 §5 317B. Clemente Alessandrino aveva osservato che «Egli stesso, il ‘capo della Chiesa’ venne sulla terra nella carne, benché ‘brutto e malformato nell’aspetto’ (cfr. Is 53, 2-3), insegnandoci così a volgere lo sguardo alla natura invisibile e incoporea della Causa divina», Clemente Alessandrino, Stromati III, 17, 103, 3. Eusebio collegava la ‘bellezza’ del Sal 44 alla virtù (aretē) del Cristo (PG 23, 396D), seguito da Girolamo, Epistola LXV, 8 («hic pulchritudo virtutum in sacro et venerando corpore»). Apollinare, commentando Sal 44, 3, richiama Is 53, 3 e 33, 17 distinguendo due venute del Cristo, la seconda assieme con la gloria, la prima senza (cfr. frammento 66 in Mühlenberg, Psalmenkommentare I). Identica connessione appare nelle tre omelie pubblicate da P. Nautin, Omelie pasquali (SCh 36, 93, 20-95, 2); l’omelista, inoltre, spiegando Es 12, 9 (l’agnello deve essere arrostito al fuoco con la testa, le gambe e le viscere) collega «la parusia con la seconda, affinché tu accolga il Signore quando è ‘Agnello condotto al macello’ (Is 53, 7) e quando tu lo vedi ‘Re’ che appare ‘nella gloria’ (Is 33, 17) seguendo la doppia profezia del profeta Isaia» (Ibid. pp. 93-95). Già Origene, citando Is 53, 2-3, aveva parlato di due venute mistiche del Cristo (nell’anima peccatrice che non può vedere la bellezza del Verbo e nell’anima dei perfetti i quali invece possono contemplarla) collegandole alla sua prima venuta nella carne e alla sua seconda nella consumazione del mondo, Origene, Commento a Matteo 32 (GCS XI, 58-59). Basilio si limita a collegare la ‘bellezza’ salmica alla divinità del Cristo. Qualcosa di analogo aveva espresso Clemente Alessandrino: «Il nostro salvatore supera ogni umana natura. Egli è bello, tanto che Egli solo da noi è amato, da noi che aspiriamo alla bellezza vera», Clemente Alessandrino, Stromati II, 5, 21, 1. Sulla bruttezza di Gesù (a partire dal testo isaiano) si veda ancora di Clemente Alessandrino, Protrettico X, 110, 1 (SCh 2, 178); Pedagogo III.I, 3, 3 (SCh 158, 16 con citazione di Is 53, 2-3), Stromati II, 5, 22, 8; III, 17, 103, 3; VI, 17, 151, 3; Estratti da Teodoto IV, 2; ma anche Giustino, Dialogo con Trifone 88, 8 (cfr. anche 85, 1; 100, 2); Ireneo, Contro le eresie III, 19, 2 (Cristo è anche uomo e quindi è senza bellezza e soggetto al dolore); Tertulliano, La carne di Cristo 9, 6; Origene, Contro Celso VI, 75 (SCh 147, 366, 1-6). Al riguardo si tenga presente quanto osserva Selene M. Benedetta Zorzi O.S.B., Desiderio della bellezza, Roma 2007, 269-292. 1053   Si noti la disposizione a chiasmo dei participi e dei sostantivi. 1054   Vedi oltre In Ps 44, 6 § 6 [401C]. Basilio esprime idee analoghe, citando Ct 2, 5, nella Rf 2 (909C). Cfr. Hom de fide 465AC: giunta a considerare la divinità, l’anima ne vede la

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dello splendore intellegibile, apparso il quale, all’anima umana1055 tutte le cose amate fino a quel momento appaiono turpi e spregevoli. Per questo anche Paolo, quando vide Colui che è splendido di bellezza (Sal 44, 3a), ritenne tutte le cose spazzatura, al fine di guadagnare Cristo (cfr. Fil 3, 8).1056 Coloro che sono fuori dal verbo della verità (Col 1, 5; Gc 1, 18) chiamano stoltezza l’annuncio del Vangelo (cfr. 1Cor 1, 21), disprezzando la semplicità dello stile delle [396D] Scritture;1057 noi invece, che ci gloriamo nella [397A] croce del Cristo (cfr. Gal 6, 14), ai quali sono state manifestate le cose di cui ci ha fatto grazia Dio (1Cor 2, 12) attraverso lo Spirito, non con insegnamenti di umana sapienza (1Cor 2, 13), sappiamo che ricca è la grazia riversata da Dio nelle parole riguardanti Cristo. Per questo in poco tempo l’annuncio ha percorso quasi tutta l’ecumene,1058 poiché ricca e bellezza inconcepibile e, da questa ferita, le si attacca appassionatamente. Si tratta della ferita d’amore su cui si era soffermato Origene che per primo già affianca Is 49, 2 e Ct 2, 5 Origene, Commento al cantico III, 12-13 (SCh 376, 574). Cfr. anche H. Crouzel, Origène, 168 e Idem, DSp XI, 1982, col. 946. Lo Ps. Macario torna su tale aspetto, Ps. Macario, Omelie spirituali (II) 4, 15; 5, 6-7; 9, 9; 10, 1.4; 25, 5; 28, 5. Anche il Nisseno si sofferma su tale passo del Cantico evidenziando la bella e dolce ferita/trafittura, Gregorio di Nissa, Omelie sul Cantico IV (GNO VI, 127, 7.18-128, 5). Ilario collega Ct 2, 5 col Sal 119, 4, Ilario di Poitiers, Commento ai salmi/3, Sal 119, 15. Richiama la ferita d’amore anche Gregorio di Nazianzo, Orazioni 37, 11, il quale qui non si riferisce a Ct 2, 5 ma alla «freccia appuntita» (belos eklekton) di Is 49, 2 collegandola con Ct 5, 16; distanziandosi dunque da Origene che collega appunto Is 49, 2 e Ct 2, 5. 1055   La traduzione latina del Migne di questo passo considera l’anima umana parte del genitivo assoluto, per cui è lo splendore che appare all’anima. Basilio trasferisce esegeticamente sulla persona del profeta quanto considera ideale per ogni vero cristiano come emerge da Rf 2, 5 e 17. Origene, riferendosi alla Sapienza creata da Dio (Pr 8, 22), aveva detto che il Padre si allietò della sua multiforme bellezza noetica/intellegibile contemplata da occhi intelligibili, bellezza che incita all’eros colui che comprende la divina bellezza celeste (cfr. Sap 8, 2), Origene Commento a Giovanni I, IX, 55 (SCh 120, 88). Conta qui osservare che l’Alessandrino fa uso non del termine agape ma di erōs perché autorizzato dalla sua presenza nel testo di Sapienza 8, 2 (sono divenuto erastēs della sua bellezza), cui fa egli riferimento nel Commento al Cantico (SCh 375, 22). 1056   Questo passaggio dell’omelia richiama quanto Basilio dice nella seconda Regola ampia: i santi «sopportavano a fatica, come un carcere, questa vita, così irrefrenabili erano gli impeti di coloro la cui anima era stata toccata dal desiderio di Dio. Ed essi, insaziabili di contemplare la divina bellezza, pregavano perché tale contemplazione delle delizie del Signore si estendesse a tutta la vita eterna», Rf 2 (912A). 1057   Si tratta del Sacrae Scripturae sermo humilis che non per questo non ha decoro e forma anche letteraria. 1058   Vedi sopra In Ps 44, 2 § 3 [396B]. Anche Clemente Alessandrino aveva detto cose analoghe, affermando chela potenza divina brillò sulla terra e riempì del seme della salvezza

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senza invidia1059 la grazia si è riversata sugli annunciatori del vangelo, che la Scrittura ha chiamato anche labbra di Cristo.1060 Per questo1061 l’annuncio del Vangelo, pur in parole povere e semplici, possiede grande capacità di attirare e trarre alla salvezza. Ed ogni anima è stata conquistata da insegnamenti immutabili, fortificata attraverso la grazia nella fede stabile in Cristo. Perciò dice l’Apostolo: Per mezzo di Lui ricevemmo la grazia e l’apostolato per [ottenere] l’obbedienza alla fede (Rm 1, 5); e [397B] di nuovo: Più di tutti loro ho faticato; non io, ma la grazia di Dio che è con me (1Cor 15, 10).

b. La benedizione all’uomo del Salvatore e alla sua Chiesa, suo corpo >5.  La grazia si è riversata sulle tue labbra; per questo Dio ti benedisse in eterno (Sal 44, 3bc). È scritto nel Vangelo che erano meravigliati per le parole di grazia che uscivano dalla sua bocca (Lc 4, 22). Per questo il salmo, volendo mostrare l’abbondanza della grazia delle parole [provenienti] dal nostro Signore, disse in modo enfatico la grazia si è riversata sulle tue labbra (Sal 44, 3), per l’abbondanza1062 della grazia nella parola. Ti benedisse - dice - Dio in eterno (Sal 44, 3c). [È] chiaro che bisogna riferire queste cose all’umano,1063 secondo [il

tutta la terra e questo avvenne in breve tempo, Clemente Alessandrino, Protrettico X, 110, 1 (SCh 2, 178; GCS I, 78). 1059   Vedi In Ps 1, 1 § 3 [216B]. 1060   I riferimenti scritturistici possono essere Lc 10, 16: Chi ascolta voi ascolta me; e 2Cor 5, 20: Noi fungiamo quindi da ambasciatori per Cristo, ed è come se Dio esortasse per mezzo nostro. Vi supplichiamo in nome di Cristo: riconciliatevi con Dio. Più avanti (In Ps 44, 3 § 5 [397C]), a conferma dell’essere i ministri della Parola «le labbra del Cristo», Basilio richiama 2Cor 13, 3, che ricorre anche nel De Bapt 1529B e 1537C. 1061   L’anafora insistita di dia touto («per questo») evidenzia il collegamento fra la bellezza e la grazia di Cristo e l’irresistibile attrazione esercitata sugli uomini da Lui e dal suo vangelo. 1062   Di nuovo il termine aphthonos, letteralmente ‘senza invidia’ (vedi nota a In Ps 1, 1 § 3 [216B]). Tertulliano, partendo da Sal 44, 3, parla della bellezza del Cristo non di quella terrena ma di quella della sua grazia spirituale (in allegorico illo statu gratiae spiritualis), cosa che emerge quando si cinge della spada della parola, che è veramente la bellezza e il decoro della gloria sua, Tertulliano, Contro Marcione III, 17. In altro luogo egli collega Sal 44, 3-5 alla bellezza legata al secondo avvento di Cristo nella gloria, Tertulliano, Contro i Giudei 14, 1-3.

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versetto] progredisce in sapienza e in età e in grazia (Lc 2, 52).1064 Secondo ciò [397C] [è] chiaro che noi pensiamo che la grazia gli sia stata data anche come ricompensa di azioni coraggiose. Simile a questo [è] hai amato la giustizia ed hai odiato l’iniquità; per questo ti ha unto Dio, il tuo Dio, con olio di esultanza al di sopra dei tuoi compagni (Sal 44, 8). A ciò è affine anche ciò che è stato scritto da Paolo ai Filippesi: umiliò se stesso diventando obbediente fino alla morte, morte di croce, per questo Dio lo ha innalzato (Fil 2, 8-9).1065 Perciò è chiaro che queste parole sono dette riguardo all’uomo del Salvatore1066 oppure, poiché la Chiesa è il corpo del Signore (cfr. Ef 1, 23) ed Egli stesso è il capo della Chiesa (Ef 5, 23);1067 come abbiamo interpretato che sono labbra di Cristo coloro che prestano servizio alla parola del cielo   Il richiamo della grazia e della benedizione salmica conduce Basilio alla considerazione dell’aspetto umano del Cristo in analogia al richiamo di altri passi biblici quali Lc 2, 52; Sal 44, 8 e Fil 2, 8-9. 1064   Tali parole lucane (Lc 2, 52) vanno riferite a Gesù ma anche a quelli che Lo accolgono e Lo seguono, dice Origene: «Vanno applicate a Gesù le parole: “Gesù progrediva...”, ma è in ciascuno di quelli che accettano di progredire in sapienza e in età e grazia che Gesù progredisce in sapienza e in età e in grazia presso Dio e gli uomini», Origene Omelie su Geremia XIV, 10 (SCh 238, 86, 13-19). Il Nisseno vi ritornerà sopra coniugando insieme la crescita progressiva (infanzia, giovinezza, maturità) con l’intuizione di Ireneo di Lione per cui Cristo ha attraversato tutte le età (Contro le eresie II, 22, 4; III, 18, 7; Epideixis 97), Gregorio di Nissa, Commento a 1Cor 15, 28 (7-8) [1308]. 1065   Compaiono qui testi biblici presenti nella controversia ariana: Sal 44, 3 Lc 2, 52 e Fil 2, 8-9, sempre in riferimento all’umanità di Cristo. Didimo riporta anche Sal 44, 8 tra quelli utilizzati dagli ariani, Didimo Sulla Trinità PG 39, III, 796C e 860D-816A. In questo passo Basilio presenta la benedizione - e dunque anche l’unzione di Sal 44, 8 - come una realtà donata all’umanità del Verbo di Dio come una ‘ricompensa’ (athlon) per il fatto di avere compiuto opere meritevoli. In un secondo momento, attento all’umanità del Cristo, egli sente però il bisogno di relativizzare questa lettura di Sal 44, 3 e di smussare l’aspetto della ricompensa in rapporto al Verbo; affrontando Sal 44, 5bc dice che lo si può certo riferire al Kyrios terreno ma ‘quasi’ (hōsperei) una ricompensa, In Ps 44, 5bc §6 [401A]. Si veda la nota relativa al passo. 1066   Con tali rilievi Basilio salta di sana pianta la questione-posizione di Origene sull’anima umana preesistente di Cristo; tale anima avrebbe meritato di unirsi a Cristo perché ha scelto di amare la giustizia (Sal 44, 8), scegliendo il bene prima di conoscere il male (Is 7, 15-16); ed è per tale motivo che Dio l’ha unta con l’olio della esultanza più dei suoi compagni (Sal 44, 8), Origene, I Principi II, 8, 2-4 (SCh 252, 340-350; IV, 4, 4 (SCh 268, 410, 140-146). Basilio, col suo silenzio, mostra di non volere entrare nel dibattito sulla posizione di Origene riguardo all’anima umana del Cristo. Del resto la posizione dell’Alessandrino non era così chiara e puntuale; cfr. quanto osserva I. Ramelli, Saggio introduttivo in Gregorio di Nissa, Sull’anima e la resurrezione, 203-204. 1067   Cfr. De Spir s V, 9, con altri riferimenti biblici (Ef 1, 22). 1063

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-come Paolo che aveva in sé Cristo che parlava (cfr. 2Cor 13, 3)1068 e se qualcuno [è] simile a lui per virtù-; [397D] così anche le altre membra del corpo di Cristo siamo noi che abbiamo creduto, ciascuno singolarmente. Dunque chi riferisce al Signore la benedizione data alla Chiesa non sbaglierà.1069 Quindi il Ti benedisse Dio, sta a dire [benedisse] le tue membra e riempì il tuo corpo dei beni [che provengono] da Lui stesso [400A] in eterno (Sal 44, 3c), cioè all’infinito.

c. L’economia della In-umanizzazione del Verbo: suo splendore e sua potenza Cingi la tua spada al tuo fianco, o Potente, nel tuo splendore e nella tua bellezza (Sal 44, 4ab). Pensiamo pertanto che in senso tropico [questo] sia riferito alla parola vivente di Dio (Eb 4, 12), così che si unisce alla carne,1070 la quale [parola] è efficace e più tagliente di ogni spada a doppio taglio e penetrante fino al punto di divisione dell’anima e dello spirito, delle giunture e delle midolla, e capace di giudicare sia sentimenti che pensieri del cuore (Eb 4, 12).1071 Perciò il fianco è simbolo dell’attività della generazione.

  Sui ‘ministri’ come labbra di Cristo vedi sopra, In Ps 44, 3 § 4 [397A].   Modulo retorico ricorrente, vedi più avanti In Ps 44, 17 §12 [413B] e In Ps 59, 1 § 2 [464C]. Cfr. De Spir s XV, 35. 1070   Basilio giunge a interpretare in accezione incarnazionistica i vv 4 e 5 di Sal 44 attraverso una elaborata esegesi di ‘spada’ e fianco’ e mediante la doppia citazione di Eb 4, 12 e Gen 46, 26. Prima di tutto collega ‘spada’ di Sal 44, 4 (tēn romphaian) con ‘spada’ (machaira) di Eb 4, 12 uno degli appellativi della «Parola vivente di Dio». In tal modo ‘spada’ diviene il soggetto dell’«esser cinta» (Sal 44, 4) da lui interpretato teologicamente con un «essere unita alla carne». Con ciò iil Cappadoce stabilisce che è il Verbo-Parola a unirsi alla carne. Questa è la prima citazione-mediazione della sua esegesi cristologica. Si tenga presente che nell’Ep 260, 9 (III, 114, 1-3) egli cita Eb 4, 12 (parola machaira) ricordando che la Scrittura chiama romphaian (cfr. Mt 10, 34: sono venuto a portare la spada) la parola. 1071   Eb 4, 12 compare anche nell’Anafora di Basilio; cfr. Scazzoso P., Introduzione all’ecclesiologia di san Basilio, Milano 1975, 149. 1068 1069

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Queste - dice infatti - [sono] le anime uscite dai fianchi di Giacobbe (cfr. Gen 46, 26; Es 1, 5).1072 Come dunque è vita e via (Gv 14, 6) e pane (Gv 6, 35) e vite (Gv 15, 1) e luce vera (Gv 1, 9) e in altri innumerevoli modi è chiamato il nostro Signore Gesù Cristo,1073 così anche [viene detto] ‘spada’ (cfr. Mt 10, 34; Ap 1, 16; Ap 2, 12.16) che taglia la parte passionale [400B] dell’anima1074 e fa morire i moti verso la concupiscenza.1075 Poi, poiché il Dio Verbo sta per unirsi alla debolezza della carne, 1076 giustamente viene aggiunto il Potente (Sal 44, 4) poiché il fatto che Dio   Idea analoga in rapporto alla potenza generativa, pur veicolata attraverso ‘il lombo (osfos), ricorre nel Com Is XV, 298. Il termine ‘fianco’ richiama a Basilio Es 1, 5 e Gen 46, 26 (seconda mediazione biblica dell’esegesi basiliana del passo in questione), dove si parla delle anime ‘uscite’ da Giacobbe e da questi generate. Egli forza il collegamento dei due passi veterotestamentari (‘femore’ compare solo in Gen 46, 26 in cui non si ha ‘le anime’ come in Es 1, 5). In Gdc 8, 30 è detto che Gedeone ebbe settanta figli «usciti dai suoi fianchi». ‘Femore’ simboleggia dunque l’energia della generazione che denota l’incarnazione del Verbo che si unisce alla debolezza della carne. 1073   Per i vari nomi attribuiti a Cristo vedi In Ps 28, 5 § 5 [296A] e Princ Joannis § 3 [477B]. Evidente ripresa della dottrina delle epinoiai di Origene che la introduce più volte. 1074   Per la parte passionale dell’anima vedi Attende § 7 [213C]. La medesima espressione compare anche in Evagrio Pontico, Trattato pratico 49, 74, 78 e 84; egli identifica tale parte con la concupiscenza e l’irascibile (thymos) come in Frammenti sui Salmi 25, 2 (PG 12, 1273A). 1075   Tale espressione è presente nelle questioni cristologiche affrontate da Basilio. 1076   Per il riferimento alla debolezza umana verso cui il Signore è disceso con l’Incarnazione cfr. In Christi gen 2 (1461A): «‘Come dunque, -dice ancora qualcuno-, il Dio Verbo non è stato riempito della debolezza somatica?’». Basilio trasforma ‘la spada’in soggetto di un’azione riferendola al soggetto divino -del cui versante sta ancora trattando - la spada/ Parola che si congiunge alla debolezza della carne. In tal modo privilegia l’iniziativa del Verbo/Dio offrendo un’esegesi originale che lo differenzia da quella di altri, pur muovendo da Origene: «Hi autem perfecti (1Cor 2, 6) amatores facti sunt pulchritudinis eius et rogant Verbum, ut accingat se rationabilem gladium suum et circumponat eum super mysterium nativitatis carnalis, quae appellata est mysterialiter femura», Origene, Commento a Matteo GCS XI, 58). Si tenga presente il testo sul Sal 44 attribuito a Origene (PG 12, 1429B, 1-11): cfr. anche fragm 456 su Sal 44, 4 in Mühlenberg, Psalmenkommentare I, 337. Didimo, citando Sal 44, 4, ricorda che spesso il termine ‘femore’ indica la realtà della generazione (ta geneseōs pragmata) e conferma tale dato richiamando Ez 7, 17 e Gen 24, 2; subito dopo parla della Vergine, Didimo il Cieco, Lezioni sui Salmi 44, 4 (Psalmenkommentar, ed. Gronewald III (PTA 8), 304 e IV (PTA 6), 224-226. Didimo contempla la possibilità che Sal 44, 4 si riferisca alla nascita del Salvatore: «E poiché mediante la generazione umana il Salvatore ha preso il tempio, dice a lui che è ‘potente’, il Logos infatti è Dio», Didimo il Cieco, Lezioni sui Salmi 44, 4 (tr. it. 847) Ibid. IV, 228. Egli sostiene che ‘femore’ designa la inumanizzazione, la generazione da donna, Didimo il Cieco, Lezioni sui Salmi 44, 4; Psalmenkommentar ed. Gronewald, V (PTA 12), p. 228. 1072

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sia potuto nascere in natura di uomo contiene una dimostrazione di grandissima potenza. Infatti la formazione del cielo e della terra e del mare e dell’aria e la generazione dei più grandi elementi e se si pensa qualcosa al di sopra del mondo e se [si pensa] qualcosa di sotterraneo non manifestano la potenza del Dio Verbo in modo così rilevante quanto l’economia riguardante l’Inumanizzazione* e la discesa* verso l’umiltà e la debolezza dell’umanità.1077 Nel tuo splendore e nella tua bellezza (Sal 44, 4b). Lo splendore differisce dalla bellezza in quanto splendido è detto ciò che è stato completato fino al proprio apice al tempo opportuno; come [è] splendido [400C] il grano, quello già maturo per la mietitura; e splendido il frutto della vite che ha raggiunto la propria maturazione per la sua perfezione durante la stagione dell’anno ed [è] pronto perché si possa goderlo;1078 bellezza invece è quanto, ben armonizzato nella composizione delle membra, ha la grazia che fiorisce in sé.1079

  Basilio articola la sua esegesi cristologica insistendo sulla dimensione della ‘potenza’ (in questo passaggio potenza potente compare tre volte), forse tenendo presente Eusebio di Emesa: la potenza del Verbo signoreggia l’evento paradossale della sua inumanizzazione, la sua discesa dal divino verso la debolezza umana. E lo fa in modo da superare la misura della potenza esplicata nell’atto della creazione. La presenza del Verbo nell’umano supera di gran lunga la sua presenza nel creato. Che la potenza divina si manifesti in modo singolare nel mistero dell’incarnazione testimoniando l’amore per l’umanità lo ribadisce anche Gregorio di Nissa, La grande catechesi XXIV, 1(GNO III/4, 61, 1-4). 1078   Lo splendore (to ōraion) è illustrato con categorie botaniche quali quelle di Esiodo, Le opere e i giorni 307; Erodoto, Storie I, 202; Teofrasto, Storia delle piante 9, 1.6. Si tratta della bellezza propria di qualcosa che è pervenuta alla sua piena maturazione. 1079   Commentando Gen 1, 4 (E Dio vide che la luce era bella), Basilio parla della bellezza del corpo dovuta alla simmetria delle sua membra tra loro (ek tēs pros allēla tōn merōn symmetrias), diversa dalla bellezza della luce e della stella del vespro considerate realtà semplici, Hex II, 7, 6-7. Basilio ritorna sulla bellezza delle opere del Dio artefice anche in Hex III, 101-3: il bello è relazionato anche a un fine e a uno scopo. Per la definizione di bellezza come simmetria ed armonia delle speculazioni dell’anima vedi In Ps 29, 8 § 5 [317A]. Per Aristotele la bellezza è una certa simmetria delle membra, Aristotele Topici III, 1; Plotino riprende e discute tale definizione: «È opinione universale, per così dire, che la proporzione delle parti, tra di loro e col tutto, congiunta con la grazia del colore, crei la bellezza che si riferisce alla vista; in questa e, del resto, in ogni altra cosa, ‘essere bello’ consisterebbe nell’essere ‘proporzionato’ e nell’avere misura», Plotino, Enneadi I, 6, 1. Filone, trattando della perfezione anche fisica del primo uomo, aggiungeva una terza ragione di tale dato: grazie al Demiurgo «ognuna delle parti del corpo ricevette per sé le proporzioni che le si convenivano e fu compiuta con precisione, in armonia col ruolo che doveva assolvere rispetto all’insieme», Filone, Sulla creazione del mondo XLVII, 138. 1077

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Cingi dunque la spada al tuo fianco o Potente. Nel tuo splendore (Sal 44, 4ab) cioè nella pienezza dei tempi1080 (cfr. Gal 4, 4) e nella tua bellezza (Sal 44, 4b), nella divinità1081 contemplabile ed intellegibile. Ciò infatti [è] realmente bello*, quello che supera ogni percezione umana e potenza e si può contemplare solo con la mente.1082 E conoscevano la bellezza di Lui i discepoli, ai quali spiegava le parabole in privato (Mc 4, 10-12). Poi Pietro e i figli del tuono (Mc 3, 17) sul monte videro la bellezza   Basilio collega la maturazione botanica con la pienezza dei tempi (Gal 4, 4) in cui Cristo si è fatto uomo. Tale esegesi rientra nella prospettiva di Basilio, che non a caso nella sua Anafora rielabora un testo egiziano, cfr. B. Cappelle, Les liturgies ‘basiliennes’ et saint Basile in E. Lanne - J. Doresse, Un témoin arcaïque de la liturgie copte de s. Basile (Bibliothèque du Muséon 47), Louvain 1960, 61-64. 1081   Anche ora, come nell’esegesi di Sal 44, 3 e in accordo con Atanasio (Sul Sal 44 PG 27, 209A, 11-12, Basilio legge nella bellezza l’indiazione della divinità del Verbo. 1082   L’espressone basiliana è vicina a Porfirio Lettera a Marcella 8, 10 che richiama l’«essenza...contemplabile solo dall’intelletto (nous)» di Fedro 247c 6-8 di Platone. Ma si veda Plotino Enneadi I, 1, 10, 4-9; e di Trismegisto Corpus Hermeticum XIII 3, 19-20 e 6, 15-17. Per tutto questo cfr. a c. di Angelo Raffaele Sodano, Porfirio, Un vangelo di un pagano, Milano 1993, 54-55 con relativa n. 16. Anche del cieco Omero, lontano dalle bellezze sensibili, si è detto che ha raggiunto con l’intelletto dell’anima (ton tēs psychēs noun) la vera bellezza (to alēthinon kallos) nascosta ma reale, Proclo, Commento alla Repubblica di Platone I, 174, 4-12. Anche per Origene, Principi II, 6, 1(SCh 252, 308-310) lo splendore della bellezza divina sfugge sempre a qualsiasi tentativo di intellezione dell’uomo, non elastico al paradosso divino. Per l’Alessandrino la sapienza che Dio ha creato ha una multiforme bellezza noetica contemplabile dai soli occhi noetici, Origene, Commento a Giovanni I, IX, 55 (SCh 120, 88). Sulla stessa linea si muove il Cappadoce per il quale la bellezza divina tutt’al più si lascia fissare e contemplare dalla mente: «con la sola mente (dianoia) guarda la bellezza di lassù», Hom de fide 465B, «quella bellezza invisibile agli occhi della carne e afferrata dall’anima soltanto e dalla mente», Rf 2 (909CD). Aristotele considerava la theōria come il più piacevole e grande bene della vita, Aristotele, Metafisica XII, 8; per Plotino chi vuole salire alla contemplazione del bene deve «lasciar fuori le visioni dei suoi occhi mortali», Plotino Enneadi I, 6, 8. Anche san Massimo Confessore insisterà sulla theōria, ripreso da Giovanni Scoto che ne tradusse le opere. Si tratta di ammirare la bellezza dell’anima attraverso il corpo, trascendendo ancora verso l’Artefice, verso ciò che è veramente bello, dice Clemente Alessandrino, Stromati IV, 18, 116, 2, riecheggiando il discorso sull’amore di Socrate-Diotima, Platone, Simposio 201d-212c. La medesima espressione basiliana e lo stesso concetto compaiono in Gregorio di Nissa, Sulla verginità X, 2 (SCh 119, 374, 2-376, 9). Per il Nisseno anche la rigenerazione può essere percepita tramite la mente e non con gli occhi, Gregorio di Nissa, Sul battesimo di Cristo (GNO IX/1, 224, 6-7). Anche se poi per Basilio solo Dio è la suprema Bellezza, quella che si può intuire per analogia dalle cose belle da lui create; Dio è dunque ‘il superiore ad ogni bellezza’, Hex I, 11, 7. Questo è possibile perché il mondo è l’opera d’arte di Dio (Hex I, 7, 3). 1080

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di Lui, [400D] che superava in splendore il fulgore del sole1083 (cfr. Mt 17, 2) e furono ritenuti degni di percepire con gli occhi un anticipo della sua gloriosa parusia (cfr. 2Pt 1, 16-17).1084

d. Premura del Cristo verso l’umanità E vieni - dice - e fa’ felice viaggio e regna (Sal 44, 5a). Cioè, avendo avviato la premura verso gli uomini attraverso la carne,1085 rendi la premura intensa e stabile e che mai si allenta1086 [401A]. Questo infatti preparerà strada e corso all’annuncio e sottometterà tutti al tuo regno (cfr. 1Cor 15, 27-28;1087 Eb 2, 8). Non ci sconcerti il fatto che sia detto a mo’ di comando fa’ felice viaggio (Sal 44, 5a) per la consuetudine* della Scrittura, che sempre in tal modo dà figura ai desideri. Si compia infatti la tua volontà (Mt 6, 10) invece di* ‘possa compiersi’; e venga il tuo regno (Mt 6, 10) invece di* ‘possa venire’.1088

1083   Qui Basilio sembra far suo l’appunto polemico fatto più volte da Origene contro Celso, come già ricordato. Qui basti richiamare un solo passaggio: «Igitur apostoli ipsi viderunt sermonem, non quia adspexerunt corpus Domini Salvatoris sed quia Verbum viderunt», Origene Omelie su Luca 1, 4 (SCh 87, 104-106); altri riferimenti in M. Harl, Origène et la fonction révélatrice du Verbe incarné, Paris 1958, in particolare 175. Cose simili aveva scritto Basilio nel 376 ad Amfilochio: «E i discepoli quando lo adorarono? Non forse quando videro la creazione a lui sottomessa? Riconobbero infatti la sua divinità dal fatto che i mari e i venti gli obbedivano. Pertanto dalle azioni [viene] la conoscenza e dalla conoscenza l’adorazione», Ep 234 (III, 43, 9-13). Anche secondo Atanasio gli uomini possono risalire alla divinità del Verbo, Atanasio, Sull’Incarnazione 16 (SCh 199, 322). 1084   L’esperienza del Tabor ha dunque una connotazione escatologica, della parousia ultima del Cristo. Anche Origene citava spesso e in tal senso l’episodio della Trasfigurazione del Cristo, Origene, Contro Celso, IV, 16 (SCh 136, 220, 6-9); VI, 68.76 (SCh 147, 348, 21-350, 24; SCh 147, 368, 4-370, 8). Gregorio Palamas ricorda che Basilio parla della Trasfigurazione come del preludio della seconda venuta del Cristo (un anticipo della sua gloriosa venuta), Gregorio Palamas, Difesa degli esicasti I, 3, 26 (vol. I, 167 in a c. di J. Meyendorff Défense des saints hésychastes 2 voll. Louvain 1959). 1085   Per espressioni simili vedi In Ps 1 § 2 [213B], In Ps 33, 19 § 12 [380B], In Ps 45, 5 § 4 [424B], In Ps 59, 11 § 4 [468B] e In Christi gen 3 (1464C). 1086   L’inumanizzazione del Cristo non si riduce ad un momento né ad una semplice dimostrazione di potenza da parte del Verbo. Cristo continua ad avere premura per l’umanità e lo fa sempre attraverso la carne umana. 1087   Su 1Cor 15, 28 cfr. Gregorio di Nissa, Commento a 1Cor 15, 28 già richiamato. 1088   Notevole notazione esegetica: non deve destare meraviglia che il salmista si rivolga alla divinità con un imperativo, perché la Scrittura è solita esprimere imperativamente quanto è semplice richiesta ottativa.

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>6.  Per verità e mansuetudine e giustizia; e meravigliosamente ti guiderà la tua destra (Sal 44, 5bc). Di nuovo ‘il discorso salmico’ è stato reso ugualmente in figura, come se il Signore ricevesse queste cose come ricompensa,1089 il fare buon viaggio e regnare, per verità e mansuetudine e giustizia (Sal 44, 5ab). Bisogna pensare così: che, poiché le realtà umane sono state precedentemente pervertite dalla menzogna, affinché tu semini la verità, regna fra gli uomini retti1090 [401B] dal peccato (cfr. Rm 5, 14.21; Rm 6, 12); tu infatti sei la verità (cfr. Gv 14, 6). E per mansuetudine (Sal 44, 5b), affinché tutti secondo il tuo esempio1091 siano spinti a mitezza e bontà. Per questo anche il Signore diceva: Imparate da me, che sono mite e umile di cuore (Mt 11, 29). E dava dimostrazione della mitezza con le stesse azioni:1092 offeso, taceva; flagellato, sopportava (cfr. 1Pt 2, 23). E meravigliosamente ti guiderà la tua destra (Sal 44, 5c). Non colonna di nube né splendore di fuoco (cfr. Es 13, 21; Ne 9, 12; Is 4, 5), ma la tua stessa destra. Le tue frecce [sono] aguzze, o Potente (Sal 44, 6a). Frecce aguzze del Potente sono i discorsi che vanno a segno,1093 quelli che raggiungono il cuore di coloro che ascoltano, colpiscono e feriscono le anime sensibili. I discorsi dei sapienti - dice infatti - come i pungoli (Eccle/ Qo 12, 11).1094 [401C] Perciò anche il salmista, pregando di essere liberato una buona volta dagli ingannatori della sua generazione, ricerca le frecce   Qui Basilio teme una riduzione della divinità del Cristo, per cui relativizza e smussa il concetto di ricompensa in rapporto a Cristo. Con l’aggiunta di ‘quasi’ egli vuole escludere ogni strada verso gli ariani e verso gli Ebioniti. I primi presentavano il Cristo come un asceta mentre i secondi attribuivano la divinizzazione del Cristo alla sua ‘virtù’; si vedano rispettivamente J. Roldanus, Le Christ et l’homme dans la théologie d’Athanase d’Alexandrie, Leiden 1968, 275-276 e Epifanio Panarion 30, 18; GCS I, 358, 9; PG 41, 436C. Basilio sarà seguito da Girolamo, il quale, commentando Sal 44, 2-3, cita tra altri Lc 2, 52 e Fil 2, 8-9 riferendoli all’aspetto umano del Cristo precisando che Is 53, 3 riguarda la passione di Cristo, Girolamo, Epistola LXV, 9: «Et nota ut omnium quae dicentur intelligentiam ad personam eius referas qui adsumptus ex Maria est, quod propter gratiam labiorum in Aeternum benedictus dicatur…». 1090   Si noti il poliptoto del verbo basileuō prima all’imperativo e poi al participio, intraducibile in italiano. Vedi anche più avanti In Ps 44, 10 § 9 [408C]. 1091   In generale per il valore dell’esempio vedi nota a In Ps 33, 3 § 2 [356B]. 1092   Vedi anche In Ps 33, 7, §5, [361C], con relativa nota. 1093   Diversa l’interpretazione delle frecce di Dio in In Ps 7, 13-14 § 7 [248A-B]. 1094   Questo tratto basiliano ‘esegetico’ e ‘mistico’ (la ferita ricorda Ct 2, 5 citato poco più sotto) nello stesso tempo, compresa la citazione di Qo 12, 11, richiama un passo di Origene presente nella Filocalia con la stessa citazione biblica, Filocalia 6, 1 (SCh 302, 308-309 con relativo commento a 315-318). 1089

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IX. SALMO 44

aguzze del Potente per la cura di una lingua ingannatrice (cfr. Sal 52, 4; Sal 109, 2; Sal 120, 2). Cerca che siano presenti anche i carboni quelli desertici (Sal 119, 4); così che quanti non toccano le frecce ‘logiche’1095 per la durezza del cuore (cfr. Mc 3, 5), per questi sia pronta la punizione, che ha chiamato anche carboni desertici. Quanti infatti hanno reso se stessi deserti di Dio, per questi è necessaria la preparazione dei carboni desertici. Ora dunque le tue frecce aguzze (Sal 44, 6a). Da queste frecce sono ferite le anime che hanno accolto la fede e dicono di ardere della carità agapica per Dio al sommo grado, similmente alla sposa: Io sono ferita dall’agape (Ct 2, 5).1096 Inenarrabile e ineffabile la bellezza della Parola [401D] e lo splendore della sapienza e la forma di Dio nell’icona di Lui (cfr. Col 1, 15; 2Cor 4, 4; Fil 2, 6).1097 Beati dunque i bramosi di vedere la vera bellezza. Come infatti legati ad essa da agape ed amando l’amore1098 celeste e beato, dimentichi di parenti ed amici; dimentichi della casa (cfr. Sal 44, 11) e dei beni tutti; dimentichi anche della cura del corpo1099 del mangiare [404A] e bere, solo si consumano nell’eros divino e puro.1100 1095   Per l’interpretazione dell’aggettivo logikos vedi nota all’espressione «cibo logico» a In Ps 44, 2 § 3 [393B]. 1096   Vedi sopra In Ps 44, 3, § 4, [396C] con relativa nota. All’’interno dell’esegesi cristologica Basilio offre una indicazione ecclesiologica col richiamo del Cantico. 1097   Qui Basilio sintetizza in riferimento a Cristo: Col 1, 15 (hos estin eikōn tou theou, «il quale è immagine di Dio»); 2Cor 4, 4 (hos estin eikōn tou theou) con Fil 2, 6 (hos en morphēi theou hyparchōn, «il quale pur essendo in forma di Dio»). 1098   Basilio introduce qui una forte espressione (erōntes erōta), richiamata poco dopo [404A] per dire tutta la passionalità dell’adesione dell’umana persona/sposa a Dio. 1099   Stare alla necessità (anankē) del corpo e a quanto gli serve (tēs chreias ) è il criterio più volte evocato da Basilio per stabilire la misura di quanto si debba concedere alle necessità biologiche per poi essere liberi di dedicarsi alla premura dell’anima e alle realtà spirituali, evitando le cure eccessive, le inutili ricercatezze; così si esprime in Adolesc IX, 1-7. 1100   Il Nisseno riprenderà questa posizione di Basilio: occorre non solo amare (agapēson) ma amare con passione (erasthēti), Gregorio di Nissa, Omelie sul Cantico I (GNO VI, 23, 7-9). Va qui notata in Basilio la tonalità ma anche la portata mistico-passionale della sottolineatura della qualità dell’amore erotico come componente della tensione dell’uomo verso Dio, verso la bellezza di Dio. Già più sopra (396C) aveva introdotto l’eros. Lo stesso tono e lo stesso contenuto lo ritroviamo in Basilio in Rf 2, una delle sue regole più rappresentative.

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Intenderai frecce aguzze anche coloro che sono inviati a seminare il Vangelo in tutta l’ecumene;1101 ed essi, per il fatto di essere stati resi aguzzi, risplendevano nelle opere della giustizia (cfr. Eb 11, 33) e sottilmente penetravano nelle anime di quanti erano istruiti; infatti queste frecce, dovunque scagliate, preparavano i popoli a cadere sotto (cfr. Sal 44, 6b) il Cristo. 1102 Mi sembra che la lectio sia ristabilita in modo più consequenziale*1103 attraverso un iperbato, così che tale sia il senso: Vieni e fa’ felice viaggio e regna (Sal 44, 5a) e meravigliosamente ti guiderà la tua destra (Sal 44, 5c) e popoli cadranno sotto di te (Sal 44, 6b); per il fatto che le tue frecce sono aguzze (Sal 44, 6a) nel cuore dei nemici del re1104 (Sal 44, 6c). Nessuno che combatte Dio e arrogante e superbo cade [404B] sotto Dio, ma coloro che hanno accolto1105 la sottomissione derivante dalla fede. Le frecce, cadute nei cuori di coloro che erano una volta nemici del re, li trascinano al desiderio della verità,1106 li trascinano verso il Signore, così che, pur essendo nemici di Dio, sono riconciliati con Lui attraverso gli insegnamenti (cfr. Rm 5, 10).

La divina gloria dell’Unigenito a. Il regno del Cristo >7.  Il tuo trono, o Dio, nei secoli dei secoli; scettro di rettitudine lo scettro del tuo regno (Sal 44, 7). Hai amato la giustizia ed hai odiato l’iniquità; per questo ti ha unto Dio, il tuo Dio, con olio di esultanza, al di sopra dei tuoi compagni (Sal 44, 8). Poiché molte cose sono state dette rivolgendosi all’umano, sposta ora il discorso alle altezze della gloria dell’Unigenito.1107   Qui Basilio si rifà ad Origene e anche ad Atanasio il quale qualifica come saette di Cristo i suoi Apostoli i quali vanno ad annunziare il vangelo, Atanasio, Sul salmo 44 (PG 27, 209BC), 1102   Cfr. Origene, Omelia II sul salmo 36, 8; Omelia III sul salmo 36, 3; Omelia I sul salmo 37, 2 (SCh 411, 120, 134, 274). 1103   L’akolouthia, termine tecnico in Basilio, gioca un ruolo anche nella dinamica concettuale come ad es. in De Spir s VI, 15, 55-58 (un’opzione sbagliata è gravida di conseguenze) 1104   Solo qui Basilio cita l’intero v. 6 comprendente anche nel cuore dei nemici del re. 1105   Basilio parla di ‘accogliere/accettare’ di confessare il Signore Gesù; cfr. De Bapt 1585C. 1106   In Ep 2, 4 (CP 66, 2-3) parla del «desiderio (proteso) verso Dio», aiutato dalla preghiera che aiuta ad avere nell’anima una chiara concezione (ennoian) di Dio. 1107   Di fatto Basilio ha considerato l’aspetto umano del Cristo solo trattando del v. 3; con la presente affermazione egli intende mettere ancora in primo piano la divinità dell’Unigenito. 1101

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IX. SALMO 44

Il tuo trono - dice - Dio nei secoli dei secoli (Sal 44, 7a); cioè il tuo regno si estende oltre i secoli e [404C] più antico di ogni intelligenza. E giustamente, dopo la sottomissione dei popoli, celebra la magnificenza del regno di Dio. Scettro di rettitudine lo scettro del tuo regno (Sal 44, 7b). Per questo ha anche attribuito a Lui il nome appropriato, chiamandolo con chiarezza ‘Dio’: Il tuo trono, o Dio (Sal 44, 7a).1108 Lo scettro di Dio è atto a correggere; e, correggendo, emette i giudizi retti e non alterati. Per questo scettro di rettitudine è stato chiamato lo scettro del suo regno. Se infatti abbandonano i suoi figli la mia legge e non camminano nei miei precetti, visiterò con lo scettro le loro iniquità (Sal 88, 31.33). Vedi il giusto giudizio di Dio (cfr. Rm 2, 5; 2Ts 1, 5)? Non è emesso contro chiunque, ma contro coloro che peccano. Questo è chiamato anche ‘scettro di consolazione’ [404D]: Il tuo scettro - dice infatti - ed il tuo bastone, questi mi consolarono (Sal 22, 4). Questo è anche scettro di contrizione. Li guiderai -infatti- con uno scettro di ferro, li spezzerai come un vaso del vasaio (Sal 2, 9).1109 Sono spezzati i vasi di terra e di argilla (cfr. Is 45, 9) per il beneficio di quanti sono guidati; così anche sono consegnati per la distruzione della carne, affinché sia salvato lo spirito (1Cor 5, 5).

1108   Basilio esplicita che l’effettivo soggetto della sua esposizione cristologica è il Dio-Verbo, il Logos-Theos inumanizzato. In tal modo si inserisce in una tradizione esegetica già confermata. Sal 44, 7-8 (citato forse a partire da Eb 1, 8-9, insieme ad altre testimonianze bibliche: Is 35, 7-8; Is 45, 14-15; Rm 9, 5; Os 11, 9-10) è ripreso dai sei Vescovi che scrivono una lettera a Paolo di Samosata, prima che venga deposto, per asserire che il Cristo è Dio, come confessano in modo sinfonico tutte le chiese cattoliche, Epistola dei sei vescovi in G. Bardy, Paul de Samosate, Louvain 1929, 14.24. Giustino si serviva di Sal 44, 7-8 per dimostrare la divinità del Cristo, Giustino, Dialogo con Trifone 56, 14-15; faceva lo stesso Ireneo, Dimostrazione apostolica 47, 3. Anche Eusebio vedeva Sal 44, 7-8 un’allusione alla divinità del Cristo e all’unzione di un personaggio superiore a quella degli uomini ma anche a quelle dei giudei, Eusebio di Cesarea, Dimostrazione evangelica IV, 15, 55-64. In ciò si rifaceva a Origene, Omelie sul Levitico XII, 3 (SCh 287, 172); Commento al Cantico I, 3, 11 (SCh 375, 214); I Principi II, 6, 4 (SCh 252, 316-318). Origene per primo si serve di Sal 44, 7-8 per dimostrare il carattere divino dell’unzione del Cristo. 1109   Basilio si dilunga sull’esegesi di rabdos (scettro o virga nella Vulgata), ricercando i luoghi biblici dove appare il termine. Si veda Origene, Commento a Matteo 125 (GCS XI, 262). Quanto fa il Cappadoce è la tipica esegesi intertestuale, mutuata dalla Scuola e da Origene; cfr. Introduzione.

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b. Il Cristo: la sua unzione divina >8.  Per questo ti ha unto Dio, il tuo Dio, con olio di esultanza, al di sopra dei tuoi compagni (Sal 44, 8bc). [405A] Poiché bisognava dar ‘figura schematica’ (Cfr Fil 2, 7) al crisma ‘tipo’ (cfr. 1Cor 10, 11) e ai sacerdoti e re tipi,1110 la carne del Signore fu unta col vero crisma,1111 con la venuta in essa dello Spirito Santo, il quale appunto è chiamato olio di esultanza.1112   Basilio sa che con la venuta del Cristo i tipi dell’AT sono stati trasformati in verità, De Spir s XXI, 52, 48-49. In questo passaggio si potrebbe cogliere una puntualizzazione antiapollinarista di Basilio in quanto Apollinare intende riattualizzare le forme di vita religiosa del giudaismo. 1111   Basilio pone al passivo l’azione attiva espressa dal versetto salmico: egli considera l’unzione ricevuta da parte della carne del Cristo. 1112   Il Sal 44, 7-8 veniva introdotto spesso per dimostrare la divinità di Cristo: Giustino Dialogo con Trifone 56, 14-15; Esposizione della predicazione apotolica 47, 3: «Il Figlio, come ch’egli è Dio, riceve dal Padre ciò che è da Dio, il trono del semptiterno regno e l’olio dell’unzione più che i suoi compartecipi. E l’olio dell’unzione è lo Spirito col quale egli viene unto, e i compartecipi suoi (sono) i profeti ed i giusti e gli apostoli e tutti quelli che ricevono la compartecipazione del suo regno ». Cirillo di Gerusalemme dice: «Vuoi sapere perché è Dio colui che fu generato dal Padre e che poi è divenuto uomo?... Accogli anche una seconda testimonianza della divinità del Cristo... affinché dunque, per la sua venuta nella carne, non si pensasse che in seguito a ciò egli fosse giunto ad un progresso della divinità dice apertamente (segue citazione di Sal 44, 8; Eb 1, 9). Vedi che Cristo è stato crismato Dio dal Padre Dio?», Cirillo di Gerusalemme, Catechesi XI, 15. Basilio tralascia questa prospettiva ma anche l’interpretazione intratrinitaria di tale versetto (tesa a dimostrare contro gli ariani la divinità del Verbo e contro i pneumatomachi la divinità dello Spirito santo), - interpretazione che verrà ripresa in chiave antiapollinarista da Gregorio di Nissa, Confutazione della dottrina di Apollinare (Antirrheticus) GNO III/1, 220, 17-221, 5; cfr. E. Bellini Su Cristo. Il grande dibattito nel IV secolo, Milano 1978, 264 - per concentrarsi sull’unzione della carne del Cristo. Pertanto qui, dove neppure nomina il Padre, riferisce l’espressione «Dio, tuo Dio» non al Verbo e al Padre -come fanno ad es. Giustino, Dialogo con Trifone 56, 14-15; Origene Contro Celso I, 56 (SCh 132, 228-230 in polemica con una interpretazione giudaica) e Eusebio di Cesarea, Dimostrazione Evangelica IV, 15, 55-64ma alla divinità stessa del Verbo la cui presenza fa sì che scenda sulla carne del Cristo lo stesso Spirito, lasciando intendere che lo Spirito è stato sempre con la carne del Cristo, e non solo al momento del Battesimo. L’espressione giovannea di Gv 1, 32 serve solo per affermare una costante della condizione del Cristo: fin dal suo concepimento la carne del Cristo è stata unta dallo Spirito santo. Questa è almeno la prospettiva del De Spir s XVI, 39, SCh 17bis, 384-386: «Le economie riguardanti l’uomo, quelle realizzate dal grande Dio e Salvatore nostro Gesù Cristo (cfr. Tt 2, 13) secondo la bontà di Dio, chi sosterrebbe che non per la grazia di Dio si siano compiute?... anche le economie concernenti la parusia del Signore nella carne [sono avvenute] mediante lo Spirito». Basilio richiama poi il Battesimo di Cristo, le tentazioni affrontate, i miracoli compiuti, il periodo dopo la sua 1110

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IX. SALMO 44

Fu unto poi al di sopra dei compagni (Sal 44, 8c) di Lui; cioè al di sopra di tutti gli uomini che erano partecipi del Cristo. Infatti a quelli veniva data una comunione parziale dello Spirito, mentre, sceso sul Figlio di Dio, lo Spirito Santo, come dice Giovanni, rimase su di Lui (Gv 1, 32).1113 Bene lo Spirito è chiamato ‘olio di esultanza’, poiché anche uno dei frutti coltivati dallo Spirito Santo è la gioia (cfr. Gal 5, 22).1114

resurrezione, per affermare che lo Spirito l’ha sempre accompagnato in ogni sua opera. Per il Cappadoce dunque, come è espresso in questa omelia ma anche nel De Spir s XII, 28, la carne di Cristo è santa fin dalla sua formazione grazie a Maria e allo Spirito santo, realtà questa confermata esplicitamente nell’omelia In Christi gen. L’unzione della carne del Cristo si è dunque verificata fin dal suo concepimento, dato questo presente in Eb 1, 9. Il NT contempla l’unzione del Cristo in diverse occasioni: 1. al momento della sua resurrezione (At 2, 36); 2. al momento dell’incarnazione (Eb 1, 9 con citazione di Sal 44, 8) e 3. al momento del suo Battesimo (At 10, 38). Di incerto riferimento rimane At 4, 26-27. Basilio fa sua la posizione della lettera Agli Ebrei. In tal modo il Battesimo, pur nella sua effettuale realtà storica, non fa che rendere manifesta quella realtà che segna l’umanità del Cristo fin dalla sua formazione; l’evento al Giordano sarebbe la pubblica epifania della piena e continua permanenza dello Spirito sull’umano del Cristo. La ‘genesi’ della carne del Cristo comporta già l’unzione da parte dello Spirito. La posizione di Basilio ricorda Origene, Commento al Cantico I, 3, 1-11 (SCh 375, 208-214); Contro Celso VI, 79 (SCh 147, 377-379); e Cirillo di Gerusalemme, Mistagogie 1-5 III, 2 (PG 33 1090B; SCh 126, 123-125) . 1113   Basilio sottolinea l’unicità dell’unzione del Cristo facendola derivare dalla permanenza in lui dello Spirito santo (Gv 1, 32) donatogli totalmente, in maniera radicalmente diversa dalla sua presenza parziale sui sacerdoti e i re (non sono qui nominati i profeti). Tale rilievo ha anche un intento apologetico-polemico contro chi, come Fotino, finisce per collocare il Cristo nel gruppo dei tanti inviati dell’AT, compromettendone l’unicità di persona e di missione. 1114   Origene vedeva nell’olio di esultanza/allegrezza del Sal 44, 8 il riferimento allo Spirito santo la cui unzione era opposta all’unzione materiale dei sacerdoti giudaici; pertanto l’unzione del Cristo è unzione celeste divina, Origene, Omelie su Levitico XII, 3-4 (SCh 287, 172-184, con citazione di Sal 44, 8). Sempre per l’Alessandrino, il vero olio di esultanza (Sal 44, 8) è il profumo dello Spirito Santo con cui è stato unto il Cristo...; ben a ragione è chiamato olio di esultanza/letizia, perché la gioia è frutto dello Spirito (Gal 5, 22), Origene, Commento al Cantico dei Cantici I, 3, 11(SCh 375, 214); cfr. anche I, 3, 4 (SCh 375, 210); I Principi II, 6, 4 (SCh 252, 316). La stessa interpretazione ritorna in Eusebio di Cesarea.

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L’umanità del Cristo: coinvolta nell’adesione al Bene E poiché è composito il discorso riguardo al Salvatore per la natura della divinità e l’economia dell’Inumanizzazione*,1115 [405B] di nuovo guardando all’umano di Dio,1116 dice: Hai amato la giustizia ed hai odiato l’iniquità1117 (Sal 44, 8a); invece di* dire: gli altri uomini con fatica ed esercizio ed applicazione spesso conducono a buon termine la disposizione al bene e l’allontanamento dalle cose malvagie;1118

1115   Basilio fa una precisa affermazione teologica cristologica, che introduce come mediazione metodologica della sua esegesi. 1116   Simile espressione in Gregorio di Nazianzo, Orazioni 45, 22. 1117   Mentre in altre parti di questa omelia Basilio cita normalmente Sal 44, 8 (397C e 404B), qui invece tratta per primo il tema dell’unzione (Sal 44, 8b) e solo ora affronta il v. 8a prendendone in considerazione la dimensione etica. Ciò indica che a Basilio preme la considerazione del comportamento etico del Cristo considerandolo come conseguenza alla sua unzione. Probabilmente egli si fa attento al fatto che nel testo ebraico le affermazioni del v. 8 sono semplicemente giustapposte e non è così immediato cogliere quella consequenzialità espressa dal testo greco con il ‘perché’ (dioti). Questo egli forse lo deve a Diodoro di Tarso, il quale considera ‘per questo’ (dioti) di Sal 44, 3 3 44, 8 come una ridondanza che si spiega con gli idiomatismi della lingua ebraica, L. Mariès, Etudes préliminaires à l’edition du Commentaire de Diodore de Tarse sur les Psaumes, 108. Ma forse Basilio sollecita il testo salmico per affermare la sua concezione teologica; sfruttando il fatto che la lingua ebraica fa scarso uso delle congiunzioni subordinate e invertendo la trattazione delle due parti del v. 8, lascia alla frase salmica un certo carattere di indefinibilità e così può sostenere che l’unzione precede la scelta etica evitando ogni equivoco ebionita arianeggiante, in conformità a quanto ha detto più sopra a 401A. 1118   In questa circostanza Basilio introduce come un correttivo all’incondizionato ottimismo verso l’uomo quale quello professato dagli Stoici, per i quali «la virtù è opera dell’uomo»; essi «credettero fermamente con un incondizionato ottimismo al fatto che egli [l’uomo] possieda la forza necessaria per raggiungere la virtù», Pohlenz, La Stoa I, 250. Rilevare la mancanza in Cristo di una simile sofferenza-fatica umana non pregiudica tuttavia l’integrità dell’umanità del Cristo; a Basilio preme riconoscere in Lui una dimensione etica in linea con il pensiero biblico-liturgico secondo cui Cristo ha condiviso in tutto la condizione dell’uomo eccetto il peccato (cfr. 2Cor 5, 21). Così facendo il Cappadoce pone una necessaria premessa al discorso soteriologico: Cristo deve essere senza peccato al fine di operare la salvezza degli uomini peccatori.

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Tu1119 invece hai una qual certa fisica intimità* col bene1120 e l’avversione per l’iniquità.1121   Il ‘tu’ si riferisce chiaramente all’umanità del Cristo, messa a confronto appunto con quella degli uomini. Questo dato permette di vedere in Cristo colui che assume e rinnova la capacità di bene del primo uomo creato da Dio e posto nel paradiso. 1120   Vedi più sotto In Ps 44, 17 § 12 [413C]. Con l’espressione ‘una qual certa fisica intimità col bene’ Basilio evita e scarta la radicale posizione apollinarista che non contempla la dimensione etica del Cristo. Apollinare che sa - lo ripete più volte - che l’oikeiōsis (una delle parole più ricorrenti nei suoi scritti), la partecipazione alla stessa vita di Dio, è il destino dell’uomo, afferma che in Cristo l’adesione al bene avverrebbe per natura, kata physin; in polemica contro l’arianesimo egli afferma: «al Signore apparteneva secondo natura adempiere tutte quelle cose che piacciono al Padre e a ciò non c’è in lui nessuna fatica (ponos), nessuna premura (epimeleia), nessuna ascesi (askēsis); a noi invece il retto compimento è possibile attraverso la fatica. Inoltre egli esegue i voleri del Padre non con la speranza di ricompensa, mentre noi affrontiamo la fatica e ci sforziamo nella osservanza dei comandamenti in vista della ricompensa», Apollinare, Commento a Giovanni 15, 9-10 in Reuss framm 114, 10-14, p. 46. Apollinare salda così strettamente in Cristo l’umanità e la divinità tanto da eliminare in lui la dimensione etica della scelta del bene. Basilio si stacca da questa posizione e in rapporto al Cristo parla di una qual certa fisica adesione al bene; così può fare spazio in lui alla libera scelta, che in quanto tale non è male, né necessaria (ontologica) fonte di male. Tale dato è decisivo per illuminare e distinguere la cristologia di Basilio da quella di Apollinare e dei suoi discepoli. 1121   Cristo aderisce al Bene certo grazie alla presenza-unzione dello Spirito Santo, ma anche per il fatto che la sua umanità è fisicamente unita alla sua divinità. Questa unione è opera dello Spirito Santo ma nello stesso tempo è essa stessa a favorire la presenza/unzione dello Spirito. Ora, se la divinità coincide col Bello/Bene cui tutti gli uomini tendono, e se il Diletto/Figlio Unigenito - in quanto Bene per eccellenza - è di fatto Lui quello al quale tutti gli uomini tendono, se lo Spirito - presente in modo unico nel Cristo - fa sì che l’umano del Cristo aderisca al bene, la personale umanità del Cristo non può che aderire ‘in un certo senso (tis) fisicamente’ alla divinità alla quale è congiunta, quasi da essa trascinata grazie anche allo Spirito. Per cui si può dire che la divinità del Cristo esercita sull’umanità, alla quale è unita fisicamente, come un risucchio esercitando un tale impulso sull’umano del Cristo - già orientato al divino come ogni altra umanità - che questi vi aderisce quasi come fisicamente. L’adesione morale del Cristo al Bene si innesta sulla realtà fisica e costitutiva della sua carne, la quale così vive la medesima dinamica degli uomini senza sperimentare quella pesantezza da loro sperimentata. San Massimo confessore farà sua, in certo modo, la soluzione di Basilio citando esplicitamente pressoché alla lettera proprio questo passaggio dell’In Ps 44. Dopo aver affermato che Cristo non va considerato come un semplice uomo (dotato quindi di volontà di scelta) e che la sua umanità non sussiste in modo semplice come per noi ma in modo divino, prosegue dicendo: «Il suo stesso essere, il sussistere cioè divinamente, possedeva in modo fisico e l’adesione al bello (in Basilio: bene) e l’avversione verso il male (in Basilio: peccato), come affermava il grande occhio della Chiesa Basilio nell’interpretazione del salmo 44», Massimo il Confessore, Disputa con Pirro, PG 91, 308D-309A. Si noti che Massimo lascia cadere il tis (quasi) basiliano. Al riguardo va modificata l’interpunzione, già presente nel Migne, posta nella traduzione italiana da 1119

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E [in realtà] non [è] difficile per noi, se lo abbiamo voluto, assumere l’agape per la giustizia e l’odio per l’iniquità. Infatti Dio ha dato vantaggiosamente ogni potenza all’anima razionale; come quella dell’amare, così anche quella dell’odiare; affinché, diretti dalla ragione, amiamo la virtù ed odiamo la malvagità.1122 Infatti talvolta è possibile anche dar luogo all’odio in modo lodevole: Non ho forse odiato quanti odiano Te, Signore, e non mi struggevo per i tuoi nemici? Di odio perfetto li ho odiati (Sal 138, 21-22). [405C] L’economia del Cristo e il tempo della passione >9.  Mirra e statte1123 e cassia dalle tue vesti da palazzi di avorio, dai quali ti allietarono (Sal 44, 9ab) le figlie dei re nel tuo onore (Sal 44, 10a). Il discorso profetico, poiché procede in modo consequenziale*ed ha affrontato prima tutti gli argomenti riguardo all’economia, con lo sguardo intento dello Spirito che sta svelandogli le cose nascoste1124 è giunto alla Passione:1125 mirra infatti - dice - e statte e cassia dalle tue vesti (Sal 44, 9a). Ceresa-Gastaldo, del testo del Confessore, Disputa con Pirro (PG 91, 308D-309A); il punto va messo dopo ‘disse’ (ephē) che conclude la citazione del passo basiliano. È san Massimo, non Basilio, che in analogia al Sal 44 cita Is 7, 15con l’espressione kata touto. Cfr. Aldo CeresaGastaldo (a c. di) Massimo il Confessore, Umanità e divinità di Cristo, Roma 1979, 119. 1122   Basilio manifesta così una positiva valutazione della costituzione più vera della natura umana; essa ha ricevuto da Dio sufficiente forza per aderire al bene. Non per nulla egli afferma: «non è possibile imparare dal di fuori l’amoroso desiderio di Dio. Ma insieme al formarsi dell’essere vivente - dell’uomo intendo - è posta in noi una qualche ragione germinale, che ha insiti in sé i presupposti della connaturalità dell’amore. E la scuola dei comandamenti di Dio, una volta intrapresa, è fatta per coltivare questo germe con cura, per nutrirlo con sapienza e per condurlo alla perfezione con la grazia di Dio», Rf 2(908C); «gli uomini sono naturalmente bramosi di ciò che è bello. Ma, propriamente parlando, è amabile e bello ciò che è buono. E Dio è buono. Ora tutte le cose anelano al bene; tutto dunque anela a Dio», Rf 2 (912A). Questa prospettiva è anche di Atanasio: «La virtù nasce quando l’anima si attiene a ciò che è razionale e secondo natura. Ed essa ha ciò che è secondo natura quando resta come è stata fatta; poiché è stata fatta molto bella e retta», Atanasio, Vita di Antonio 20. Il Nisseno parla del «non passionale e beato amore insito nella nostra natura», Gregorio di Nissa, Istituto cristiano (GNO VIII/I 40, 10). Il Confessore manifesterà convinzioni simili, Massimo il Confessore, Ambigua 7 (PG 91, 1073C-1076BC); Disputa con Pirro PG 91, 308D; cfr. J.M. Garrigues, Maxime le Confesseur. La charité avenir divin de l’homme, Paris 1976. 1123   Liquore oleaceo stillante dalla mirra. 1124   Basilio caratterizza così l’azione dello Spirito nel profeta. Può essere questa una delle modalità con cui egli concepisce l’ispirazione dello Spirito santo. La possibilità di comprendere e riferire agli altri le cose nascoste è data alle anime che portano lo Spirito e dallo Spirito sono illuminate, dice Basilio nel De Spir s IX, 23, 15-20. 1125   Anche Basilio parla della economia della passione - sempre in rapporto all’umanità

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Dunque la mirra perché è simbolo di sepoltura1126 e lo ha insegnato a noi l’evangelista Giovanni, dicendo che è stato preparato per la sepoltura con mirra ed aloe da Giuseppe di Arimatea (cfr. Gv 19, 39).1127 La statte è anch’essa una forma più sottile della mirra. Infatti, spremuta la pianta aromatica, quanto [è] fluido di essa si divide (dando luogo) alla statte; invece la parte più spessa che rimane è chiamata mirra [408A]. Dunque anche spira il buon profumo del Cristo (cfr. 2Cor 2, 15), di mirra per la Passione, di statte per l’essere rimasto non immobile né inattivo nei tre giorni e nelle tre notti, ma per l’essere disceso agli inferi* per l’economia della Resurrezione, affinché portasse a compimento tutte le sue cose (Ef 4, 10).1128 del Cristo - richiamandone solo gli elementi essenziale evocati da Sal 44, 9 con cui inizia l’esegesi della parte più propriamente ecclesiologia dell’omelia. 1126   Basilio ha presente l’esegesi di Origene. Questi, infatti, commentando Ct 1, 3 ricorda che il profumo destinato al pontefice (Es 30, 22) era preparato anche con mirra e, poiché l’unguento indica l’incarnazione del verbo di Dio («quod ex quattuor elementis compaginatus corpus assumpsit»), la mirra evocherà la sua morte, Origene, Commento al cantico I, 3, 6-7 (SCh 375, 210-212). L’alessandrino ripropone la stessa idea quando commenta Ct 1, 13 (sacchetto di mirra profumato) adducendo Sal 44, 9: la mirra è «mortis indicium pro humano generi susceptae», Ibid II, 10, 10 (SCH 375, 450). Qui Basilio prende spunto da Origene, ma poi imposta la propria esegesi per soffermarsi sulla discesa agli inferi del Cristo. Nell’omelia In Christi gen 6 (1472B) Basilio si limita a collegare la mirra alla sepoltura del Cristo. Quest’ultimo aspetto è presente in Ambrogio, Sulla verginità 61-62, PL 16, 281-282 (è richiamato anche Gv 19, 38-40); in Cirillo Alessandrino, Commento al Cantico (PG 69, 1289B). Commentando Ct 3, 6 e 4, 6 (mirra e incenso) e 5, 1 (mirra e aromi) alcuni Padri accennano anche alla resurrezione del Cristo della quale colgono un simbolo nell’incenso. Così in Ippolito, Sul Cantico 26, 3; Gregorio di Nissa, Omelie sul Cantico 7 (GNO VI 242-243); Aponio, Commento al Cantico I (PLS I, 885); Nilo di Ancira, Sul Cantico 5, 1 (PG 87/2, 1672C; cfr. P. Meloni, Il profumo dell’immortalità. L’interpretazione patristica di Cantico I, 3, Roma 1975. Cromazio di Aquileia soffermandosi sulla mirra, uno dei doni dei Magi (Mt 2, 11) richiama sal 44, 9, Ct 5, 1 e Sap 24, 30 per indicare la sepoltura del Cristo, il cui soavissimo e divino profumo si è diffuso su tutto l’orbe, Cromazio di Aquileia, Su Matteo 5, 1 (CCL 9A, 217). Parlava già di mirra simbolo di morte Origene, Commento al Cantico dei Cantici I, 3, 7 (SCh 375, 210-212). La relazione tra mirra e sepoltura dei corpi è richiamata anche da Gregorio di Nissa, Commento al Cantico VI GNO 189, 2-4. 1127   Per questa interpretazione della mirra in relazione alla Passione, cfr. In Christi gen 6 (1472AB). Chi effettivamente porta mirra e aloe è Nicodemo, anche se questi va con Giuseppe di Arimatea a prendere il corpo di Cristo per avvolgerlo con bende unite ad aromi (Gv 19, 40). 1128   Basandosi su testi biblici (1Pt 3, 18-22 e At 2, 34-31) e su probabili elementi liturgici Basilio si limita a nota che la discesa e la permanenza del Cristo negli inferi non ha comportato per lui assoluta immobilità. Non dice di più né si preoccupa di determinare il soggetto (l’anima, il corpo o la divinità del Cristo) dell’attività nell’abisso infero. Ciò lascia pensare che in lui qui operi una spontanea reminiscenza di professioni di fede o di passi liturgici.

III. parte

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Poi spira cassia, perché la cassia è una corteccia sottilissima e profumata che si distende intorno ad un fuscello di legno. Dunque forse ‘il discorso salmico’ attraverso il nome della cassia con profondità e sapienza ha alluso per noi alla Passione della croce, affrontata per il bene di ogni creatura.1129 Hai quindi la mirra a causa del sepolcro, la statte a causa della discesa agli inferi (poiché ogni goccia tende verso ciò che sta in basso), la cassia a causa dell’economia della carne sul legno.

III. parte. Sezione ecclesiologica a. Le figlie dei re, le anime nobili e grandi Per questo motivo1130 ti allietarono (Sal 44, 9b)- dice - [408B] le figlie dei re nel tuo onore (Sal 44, 10a). Chi potrebbero essere le figlie dei re se non anime nobili e grandi e regali? Esse, avendo conosciuto il Cristo per la discesa* verso le realtà umane, lo allietarono nell’onore, in fede vera e perfetta* agape, onorando la sua divinità. Poi dice che non in piccola quantità questi profumi erano presenti nelle vesti del Cristo (cioè la ‘parabola’ dei discorsi e la disposizione delle dottrine); ma soffiavano da interi edifici. Infatti chiama palazzi (Sal 44, 9a) le più grandi delle case e dice che queste sono ornate di avorio (Sal 44, 9a), volendo il Profeta, credo, insegnare la ricchezza dell’agape del Cristo verso il mondo.

b. La regina, la Chiesa e l’anima congiunta al Verbo nuziale Sta la regina alla tua destra, rivestita in una veste ricamata d’oro, in variopinti ricami (Sal 44, 10bc). [408C] Parla già della Chiesa, riguardo alla quale abbiamo appreso nel Cantico che unica è la perfetta colomba (cfr. Ct 6, 9 ) del Cristo,1131 la quale alla destra   Parlando del serpente di bronzo, Basilio dice che esso è tipo «della passione salvifica, quella compiuta mediante la croce», De Spir s XIV, 31, 22. Per la passione come evento di lotta vedi anche In Ps 45, 4 § 3 [421AB]. 1130   Basilio conclude l’esegesi cristologica. La presenza del termine ‘figlie’ (Sal 44, 10) gli richiama, sulla scia di Origene, la realtà della Chiesa insieme alle anime in essa viventi, ed è di loro che tratta fino alla fine dell’omelia. 1131   Anche Basilio, come poi farà il Nisseno nel suo Commento al Cantico, identifica la sposa del Cantico con la Chiesa e con l’anima, seguendo in particolare la posizione di Origene, Commento al Cantico. Prologo 3, 4 (SCh 375, 130). 1129

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del Cristo accoglie coloro che si fanno riconoscere per le opere buone (Ef 2, 10), separandoli dai malvagi, come il pastore separa gli agnelli1132 dai capretti (cfr. Mt 25, 32). Sta allora la regina, l’anima congiunta al Verbo nuziale,1133 quella non retta dal peccato (cfr. Rm 5, 21; Rm 6, 12),1134 ma che partecipa del regno del Cristo, alla destra del Salvatore in una veste ricamata d’oro, cioè ornando se stessa magnificamente e piamente in dottrine spirituali intessute sopra e ricamate con ricami variopinti. Poiché i dogmi non sono di una sola specie, ma vari e molteplici, visto che abbracciano argomenti morali e fisici e quelli detti ‘epoptici’,1135 per questo ‘il discorso salmico’ dice che la veste della sposa è ricamata con ricami variopinti. [408D]   Basilio sostituisce ‘pecore’ con ‘agnelli’. Il richiamo alla scena matteana del giudizio finale (Mt 25, 32) in realtà è dovuto all’espressione ‘alla destra’ di Mt 25, 33 - qui non citata esplicitamente da Basilio - che riprende alla lettera il versetto di Sal 44, 10b. 1133   Qui nymphikos Logos, nymphios Logos in In Ps 29, 8 § 5, [317C]; solo nymphios più avanti, in In Ps 44, 11-13 § 10 [409B]. Espressioni nuziali (gamika endymata, nymphōn, «vesti nuziali», «stanza nuziale») in In Ps 29, 11 § 7 [321C]. Trattando dei vari titoli cristologici, Basilio afferma che il Cristo si presenta come Sposo quando si unisce all’anima, che non ha né macchia né ruga, come vergine pura (Ef 5, 27), De Spir s VIII, 18. Basilio parla del Cristo Sposo nella lettera 46: Ep 46, 2 (CP 232, 7 e 234, 33); 46, 3 (CP 238, 41-42: «il vero santo sposo delle anime»); 46, 5 (CP 240, 3). Sempre nella stessa lettera presenta «la vergine» come «la sposa del Sovrano (Despotou)» e parla del «sacro talamo del Signore», Ep 46, 1 (CP 232, 18.31). 1134   Vedi In Ps 44, 5 § 6 [401A-B]. 1135   Vedi In Ps 32, 11 §7 [341A]. Tipica tripartizione dell’insegnamento filosofico greco, ripresa da Clemente Alessandrino e da Origene (si veda l’Introduzione). Qui ci limitiamo a qualche richiamo. Secondo Imerio, maestro di Basilio, l’intera filosofia si divide in tre parti: la prima si occupa delle azioni (praxeis), la seconda della natura (physis) e la terza delle cose sovracelesti (ta hyper ouranon), così richiama Y. Courtonne, Saint Basile et l’hellénisme, Paris 1934, 6. La morale riguarda i costumi, la fisica insegna a contemplare Dio attraverso le creature e quella epoptica (cfr. l’iniziazione pagana) riguarda la contemplazione dei misteri cristiani. Sempre Girgenti, presentando la strutturazione delle Enneadi plotiniane (il primo blocco 3 Enneadi, il secondo 2 Enneadi, il terzo 1 Enneade, la sesta in cui si affronta l’henologia in senso stretto: l’uno-il Bene, Uno l’Essere e l’Intelligenza, i numeri) ricorda che in epoca imperiale vigeva la tripartizione (anche neoplatonica) della filosofia in etica (purificazione iniziale), fisica (conoscenza delle cose sensibili) ed epoptica (contemplazione dei principi primi); cui corrispondeva la tripartizione delle opere di Platone: la Repubblica (l’etica, la virtù), il Timeo (la fisica, la genesi), e il Parmenide (dialogo metafisico, il problema dell’Uno), G. Girgenti, Il pensiero forte di Porfirio: mediazione fra henologia platonica e ontologia aristotelica, Milano 1996, 98. Su questa tripartizione neoplatonica della filosofia cfr. Les divisions des parties de la philosophie dans l’Antiquité in P. Hadot, Études de philosophie ancienne, Paris 1998, 145-151. Con ‘epoptico’-partendo da 1132

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c. La Chiesa figlia chiamata alla contemplazione e al rifiuto dei cattivi insegnamenti dei demoni >10.  Ascolta, figlia, e guarda, e china il tuo orecchio, e dimentica il tuo popolo, e la casa di tuo padre (Sal 44, 11); e il re desidererà la tua bellezza; perché egli è il tuo Signore (Sal 44, 12), e [409A] si prostreranno davanti a Lui (Sal 44, 13a).Chiama la Chiesa all’ascolto ed alla custodia di ciò che viene ordinato e la rende intima* attraverso il nome, chiamandola figlia; come se la generasse1136 attraverso l’amore (agape). Ascolta, figlia, e guarda (Sal 44, 11a). Attraverso guarda, le insegna ad avere la mente esercitata* alla contemplazione. Considera, dice, la creazione e, aiutata dall’ordine* di essa, così sali alla contemplazione di Colui che ha creato (cfr. Sal 94, 6;

Platone- si voleva indicare la teologia, cfr. P. Hadot, Les introductions aux commentaires exégétiques chez les auteurs néplatoniciens et les auteurs chrétiens in a c. di M. Tardieu, Les Règles de l’interpretation, Paris 1987, 99-122; ripreso in Simplicius. Commentaire sur les Catégories, traduzione commentata sotto la direzione di P. Hadot, fasc. I, Leyde-New York-København-Köln 1990, 21-47. Origene sa che i Greci mirano a pervenire alla scienza delle cose attraverso tre discipline che «ethicam, physicam, enopticen appellaverunt; has nos dicere possumus moralem, naturalem, inspectivam», Origene, Commento al Cantico Prologo 3, 1 (SCh 375, 128). A ciò corrisponde la successione - anche iniziatica misterica - nel leggere e avvicinare i libri biblici dei Proverbi, dell’Ecclesiaste e infine del Cantico dei cantici, evidenziata da Origene -cfr. Commento al Cantico, Prologo 3, 1-3 (SCh 375, 128-130; Omelie sul Genesi 14, 3 (SCh 7 bis, 343) - e ripresa da Basilio nell’omelia Princ Prov §1, 388AB. I vari profumi del Cantico rievocano per Origene il passaggio dell’anima dalla Legge e dai Profeti al Cristo Sposo; e anche il fatto che l’anima «ex moralibus... ex naturalibus scholis» viene «exercitata et erudita» fino a quando perviene alla conoscenza del Cristo («ante agnitionem Verbi dei»); ne consegue pertanto che l’intelligenza spirituale e mistica supera il profumo della filosofia morale e naturale, Origene, Commento al Cantico dei Cantici I, 3, 12 (SCh 375, 214); cfr. Origene, Omelie sull’Esodo III, 3 (SCh 321, 100). Stessa cosa ripete Origene, Commento al Cantico dei Cantici I, 4, 7 (SCh 375, 224): prima l’anima è stata erudita «in moralibus» (filosofia morale); poi, esercitata «in naturalibus» (conoscenza della natura), può accedere al terzo livello potendo attrarre a sé il Verbo. Tali ripartizione ritorna in Isacco della Stella, Sermone 19, 9 (SCh 207, Paris 1974, 28; cfr. nota di G. Salet 333-335); in Bernardo di Chiaravalle, Sermone XIV, 2 (Etica, logica e Fisica che si possono chiamare scienza Morale, Inspettiva e Naturale). 1136   Dati i rilievi immediatamente precedenti sul Cristo il Salvatore, si può ritenere che sia lui il soggetto generante della Chiesa, diversamente da Origene che ritiene che, da Sal 44, 11 in poi, sia il Padre a parlare, Origene, Commento a Giovanni, I, XXXIX, 287 (SCh 120, 204). Giustino asseriva che In Ps 44, 11-13 è il Verbo che parla alla Chiesa come a sua figlia, Giustino, Dialogo con Trifone 63, 5.

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3Mac 2, 3.9; Sir 24, 8; Col 1, 16; Ap 4, 11).1137 Poi, piegando l’alto collo della sua superbia, china - dice - il tuo orecchio (Sal 44, 11). Non correre ai miti pagani (cfr. 2Pt 1, 16), ma accogli l’umiltà della voce nel racconto evangelico;1138 china il tuo orecchio (Sal 44, 11a) a questo insegnamento qui, affinché tu dimentichi quei cattivi costumi e [409B] gli insegnamenti paterni. Per questo dimentica il tuo popolo e la casa di tuo padre (Sal 44, 11b). Infatti, Chiunque commette il peccato dal diavolo è (1Gv 3, 8) stato generato.1139 Respingimi,1140 dice, gli insegnamenti dei demoni (1Tm 4, 1), dimentica sacrifici, danze notturne, favole che infiammano a lussuria e ad ogni dissolutezza.1141 Per questo ti ho chiamato mia figlia, affinché tu odiassi il padre (cfr. Lc 14, 26) che prima ti aveva generato alla perdizione (cfr. 2Ts 2, 3).1142 Se infatti, grazie all’oblio, tu lasci le macchie dei cattivi

  Salire dalle creature al Creatore,   Sottolineatura del sermo humilis del vangelo nel confronto critico con la cultura greco/ pagana e nel passaggio da questa (coi suoi miti e riti) alla fede cristiana. Anche nell’omelia Princ Prov §6 [397B] Basilio invita a distaccarsi dai miti pagani e da tutto quanto è ad essi connesso: la poetica e la retorica e la ricerca dei sofismi, perché «la poetica non può consistere senza il mito né la retorica senza l’arte del dire né la sofistica senza i falsi ragionamenti». 1139   Vedi, con relativa nota, In Ps 7, 15 § 8 [248C] e In Ps 114, 3 §2 [488C]. Vedi anche nota a In Ps 44, 17 § 12 [413B] per la paternità divina o diabolica. 1140   Dativo etico. 1141   C’era sempre il pericolo che dopo le Veglie della Pasqua e delle feste annuali in onore dei martiri molte persone del popolo, donne comprese, si dessero alle orge, a feste licenziose; cfr. al riguardo l’omelia In ebriosos 445B-448A. Non a caso Basilio ai membri della Comunità impedisce perfino di fare compere presso i santuari, sapendo che spesso si facevano mercati e riunioni festive, Rf 40. Anche il Crisostomo ritorna sul tema, Giovanni Crisostomo, Omelia sui martiri 1 (PG 50, 663). I Valentiniani con un editto (9 settembre 364) avevano abolito i sacrifici notturni; M. Regali, Intenti programmatici e datazione delle “Invectivae in Iulianum” di Gregorio di Nazianzo, in CrSt 1 (1980), 404; 408, in riferimento a CTh 9, 16, 7 cui alluderebbe Gregorio di Nazianzo, Orazioni 5, 32. 1142   Vedi In Ps 7, 1, § 1, [229C], dove si parla di «figlio della perdizione» in riferimento al diavolo (con citazione di 2Ts 2, 3) e a Giuda (in questo secondo caso richiamando Gv 17, 12). 1137 1138

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insegnamenti,1143 dopo aver riacquistato la tua propria bellezza, apparirai desiderabile allo sposo1144 e re. Perché Egli è il tuo Signore (Sal 44, 12b), e si prostreranno davanti a Lui (Sal 44, 13a). Attraverso Egli è il tuo Signore (Sal 44, 12b) mostra la necessità della sottomissione. Si prostreranno davanti a Lui (Sal 44, 13a), [cioè] tutta la creazione. Perché [409C] nel nome di Gesù Cristo ogni ginocchio si piegherà nel cielo e sulla terra e sotto terra (Fil 2, 10). Anche la figlia di Tiro con doni, supplicheranno il tuo volto i ricchi del popolo (Sal 44, 13ab). Sembra che l’idolatria sia stata praticata al massimo grado nella regione Cananea. La capitale della terra di Canaan [è] Tiro. Dunque ‘il discorso salmico’, esortando la Chiesa all’obbedienza, anche la figlia di Tiro, dice, verrà un giorno con doni. E i ricchi del popolo adoreranno con doni il tuo volto. Non ha detto ‘adoreranno con doni Te’, ma il tuo volto. Infatti non è adorata la Chiesa ma il capo della Chiesa, il Cristo (Ef 5, 23), che la Scrittura ha chiamato ‘volto’.1145 [409D]

d. La gloria intima della Chiesa e l’intreccio di teoria ed azione >11.  Tutta la gloria della figlia del re è all’interno (Sal 44, 14a), rivestita in frange d’oro, in variopinti ricami (Sal 44, 14b). Saranno portate al re vergini dopo di lei (Sal 44, 15a). Dopo che è stata purificata dagli [412A] antichi insegnamenti della malvagità, essendosi sottomessa all’insegnamento e dimenticatasi del suo 1143   Questo oblio è una forma di distacco, di allontanamento in cui cui consiste il primo negativo passo per il cammino verso la perfezione; elemento richiesto anche nell’iter scolastico greco. Abbracciare la fede cristiana è accogliere simultaneamente un insegnamento (dogma) e un comportamento (etica); pertanto anche l’allontanamento dalla condizione precedente va vissuto a livello di pensiero (il mito) e di comportamento (l’etica). Questo è un punto fermo della visione basiliana. 1144   Vedi In Ps 29, 8 § 5 [317C] e sopra In Ps 44, 10 § 9 [408C]. Basilio richiama la categoria della bellezza propria della donna/figlia a partire da Sal 44, 12 ponendosi nella scia della più schietta tradizione cristiana nella lettura del Cantico dei Cantici e nel risalire alla condizione originaria della umanità creata da Dio. All’umanità è chiesto di uscire da insegnamenti dottrinali e comportamentali errati, per recuperare la sua bellezza originaria ed essere degna di andare incontro al Cristo Sposo. 1145   Con tale affermazione Basilio esclude ogni idolatria della Chiesa e ogni ecclesiocentrismo: il suo punto di riferimento primo e ultimo resta il Cristo.

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popolo e della casa di suo padre (cfr. Sal 44, 11), lo Spirito Santo espone le caratteristiche di lei. E poiché ha visto la purezza* nell’intimo, dice: tutta la gloria della figlia del re (Sal 44, 14a) -cioè della sposa di Cristo, quella divenuta d’ora in poi, per l’adozione, figlia del re-, è all›interno. Il ‘discorso salmico’ esorta a penetrare nei misteri più intimi della gloria della Chiesa, poiché la bellezza della sposa è all’interno. Infatti colui che si orna per il Padre che guarda nell’intimo (Mt 6, 4) e prega e fa ogni cosa non per essere visto dagli uomini (Mt 6, 1) ma per rendersi noto solo a Dio, questi ha tutta la gloria all’interno, come anche la figlia del re. E pertanto le frange [412B] d’oro, di cui è rivestita e tutta ornata in variopinti ricami, [sono] all’interno. Non cercare affatto nell’oro esteriore e nel ricamo materiale, ma pensa ad una veste degna di adornare colui che è secondo l’icona del Creatore (Col 3, 10; cfr. Gen 1, 27), come dice l’apostolo: essendovi spogliati dell’uomo vecchio (Col 3, 9) ed essendovi rivestiti del nuovo, quello rinnovato per la conoscenza, secondo l’icona del Creatore (Col 3, 10).1146 E colui che si è rivestito di viscere di misericordia, di bontà, di umiltà, di pazienza, di mansuetudine (Col 3, 12), si è rivestito all’interno e si è ornato nell’uomo interiore* (Ef 3, 16; 2Cor 4, 16; Rm 7, 22).Anche Paolo esorta a rivestirsi del Signore Gesù (cfr. Rm 13, 14), non secondo l’uomo esteriore* (2Cor 4, 16), ma affinché la memoria di Dio 1147 protegga la nostra mente. Credo inoltre che la veste pneumatica sia tessuta quando alla parola atta a istruire si intreccia l’azione conseguente.1148 [412C] Come infatti, quando la trama si intreccia con l’ordito, viene tessuta la veste materiale, così, quando preesiste il logos, se si aggiungessero le azioni in modo conseguente, nascerebbe una veste splendida al massimo grado dell’anima, 1146   Il testo paolino ricorre nella sintesi finale delle regole Morali, Mor LXXX, 22 (869AB); Rf 8 (936A); De Bapt 1537B; 1565A. 1147   La ‘memoria di Dio’ è per/in Basilio la forma della preghiera continua. Cfr. Rf 2 (912C); Ep 22, 2 (CP 134, 3-5). Nelle Rf 2 Basilio dice che occorre tenere la memoria di Dio come un bambino che sta attaccato alla mammella della madre. Se con la continua memoria teniamo in noi stessi la presenza di Dio, terremo lontani il nemico e i peccati, dice Basilio in Hex III, 10, 7. Anche il Nisseno dirà la stessa cosa: se resta salda la memoria di Dio, sono vane le trame del nemico, Gregorio di Nissa, Sulla preghiera del Signore I (GNO VII/2, 8, 1-3). Sul conservare nella memoria insiste pure Nicola Cabasilas, Vita in Cristo VI, 4 (653C). 1148   Anche in ambito morale/spirituale l’akoulouthia gioca un ruolo importante in Basilio (vedi anche In Ps 48, 11-12, § 6, [448B]). Per il rapporto teoria e pratica vedi indice tematico ed in particolare In Ps 28, 1 § 2 [285A], In Ps 29, 1 § 1 [305BC] e In Ps 48, 11-12 § 6 [448B]; si richiami anche Filone, Le allegorie delle leggi I, 57

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che ha la vita secondo virtù* compiuta nel logos e nella azione.1149 Frange poi pendono dalla veste, anche queste noetiche; perciò si dice anche che sono d’oro. Poiché il logos è più grande della pratica, è come una frangia che sopravanza dall’abito per l’azione.

e. Le anime portate al re, seguendo la Chiesa sposa Seguono la sposa del Signore alcune anime,1150 quelle che non hanno accolto semi di dottrine estranee, le quali saranno portate al re, seguendo la sposa. Ascoltino anche quelle [anime] che promettono la verginità [412D] al Signore, perché saranno portate al re come vergini (Sal 44, 15a); vergini,   La congiunzione di logos e ergon è anche un’eco del discorso di Platone (Epistola VII 328c). Origene più volte mette a confronto la vita pratica e quella contemplativa: Origene, Commento a Matteo XII, 41 e XVI, 7. Egli parla anche della strada compiuta dai salvati nella sapienza (sophia) e nella pratica, Origene, Commento a Giovanni I, XXVII, 183 (SCh 120, 150). Anche nel commento a Luca l’alessandrino distingue tra teoria (doctrina, theōria) e pratica (opera, praxis, to praktikon), Origene, Omelie su Luca I, 5 (SCh 87, 106). Egli coglie il loro rispettivo emblema simbolico in Maria e in Marta e per lui il fine ultimo del mistero dell’agape resta la contemplazione, ma questa non sta senza l’azione, Origene, Frammenti su Luca 72, (SCh 87, 520-522). In questo contesto Marta rappresenta anche il senso somatico del Cristo mentre Maria quello pneumatico; per cui Marta, sta ‘ai piedi’ del Cristo, è all’inizio ed è come un bambino (1Cor 13, 10), mentre Maria accede all’insegnamento perfetto e cerca le cose dell’alto non quelle della terra (Col 3, 1-2). A tale simbolismo, che avrà una lunga storia in ambito cristiano, ritorna Origene, Frammenti su Giovanni 80 (GCS 4, 547). Cfr. Ambrogio, Esposizione del vangelo secondo Luca VII, 85 SC 52, 36. Cfr. anche Origene, Frammenti su Luca 62 (SCh 87, 508) e 60 (SCh 87, 506) (lacrime e poi unzione ai piedi del Cristo per poi accedere alla testa del Cristo, alla perfezione). Anche il Nisseno distingue logos e ergon, la filosofia etica dalla teoretica, Gregorio di Nissa, Sui titoli dei salmi II, 3, 32 (SCh 466, 280, 40); Omelie sul Cantico XIII (GNO VI, 394, 1-6). Nel IV secolo era un luogo comune la distinzione bipartita della filosofia in teoretica e in etica/pratica. Essa è conosciuta anche da Gregorio di Nazianzo, Orazione IV, 113 SCh 309, 270 e dall’imperatore Giuliano, cfr. Jean Bouffartigue, L’Empereur Julien et la culture de son temps, Paris 1992, 211. Nella lettera al filosofo Massimo Basilio contrappone la vita pratica di chi vive in città tra le genti teso a trovare azioni secondo virtù, alla propria vita fatta di esichia, di quiete, che è apporto sinergico per la contemplazione e per impegnare l’energia della mente, Ep 9, 4 (CP 116, 10-13). In In Ps 45, 2 § 2 [417CD] Basilio parla del comportamento di chi a parole chiama Dio ‘rifugio’, ma nei fatti ricerca l’aiuto di cose inutili e vane. Basilio sembra voler specificare ‘la vita secondo virtù’ per collegarla al vissuto della fede cristiana. San Massimo il Confessore legherà contemplazione e azione a ‘immagine’ (eikōn) e ‘somiglianza’ (homoiōsis) di Gen 1, 26, Massimo il Confessore, Questioni a Talassio 53, 505A. 1150   Quest’affermazione evoca quanto dice Origene a proposito di Ct 1, 3-4 (le fanciulle corrono dietro la sposa) scorgendo in loro quelle persone che seguono la sposa (sponsae pedissequae), Origene, Omelie sul Cantico I, 5 (SCh 37bis, 82). 1149

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quelle che sono vicine (Sal 44, 15b) alla Chiesa, quelle che seguono dopo di lei (Sal 44, 15a) e non deviano dalla disciplina della Chiesa.1151 Saranno portate le vergini in letizia ed esultanza, saranno condotte nel tempio del re (Sal 44, 16ab). Non quelle che sono entrate nella verginità forzatamente* né quelle [413A] che per dolore o necessità hanno accolto la vita venerabile,1152 ma coloro che in letizia ed esultanza (Sal 44, 16a) si rallegrano di tale condizione virtuosa, queste saranno portate (Sal 44, 16a) al re e saranno condotte (Sal 44, 16b) non in un luogo qualunque, ma nel tempio del re (Sal 44, 16b). Infatti i vasi sacri,1153 che l’uso umano non ha sporcato, saranno introdotti nel Santo dei   In tale passaggio, come nella lettera alla vergine caduta, emerge la preoccupazione di Basilio perché le vergini non tradiscano il loro impegno. Ma poiché il passo fa riferimento a ‘semi di dottrine estranee’, vi si potrebbe scorgere un velato riferimento agli eustaziani e messaliani, che rischiano di ‘estraniarsi’ dalla consuetudine e dall’insegnamento della vita della Chiesa. Con ciò Basilio mostra ancora una volta la sua preoccupazione di tenere uniti alla Chiesa i vari movimenti ascetici/entusiastici. Nello stesso tempo Basilio mostra di avere un’ampia concezione della verginità, non ridotta a semplice integrità fisiologica. Anch’egli lega la verginità alla integrità dottrinale, come già aveva fatto a suo modo Ireneo, Esposizione della predicazione apostolica, Prologo 1. Si tenga presente che nell’Apocalisse giovannea ‘i vergini’ sono i non idolatri, quelli nei quali non è stata trovata menzogna (Ap 14, 4-5). 1152   Chiarendo alcuni canoni ecclesiastici ad Amfilochio di Iconio, Basilio così definisce la vergine: «È definita vergine quella che liberamente si è offerta al Signore e ha rinunciato alle nozze e ha preferito la vita in santità»; e che non è stata costretta a tale scelta dai familiari, Ep 199, 18 (II, 156, 33-36; 156, 44-157, 3). Anche nella Rf 15 (956B) Basilio per la professione della verginità di vita richiede maturazione di giudizio e di libertà in chi ne fa richiesta. Occorre richiamare anche l’Ep 207: «Le donne che scelgono la vita evangelica, che preferiscono la verginità al matrimonio, che riducono a schiavitù le pretese della carne; e che vivono in quel pentimento che viene proclamato beato, sono beate a causa della loro scelta, in qualunque luogo della terra si trovino. Noi abbiamo fatto ben poco in questo ambito. Ma voglio che lo sappiate: noi ci vantiamo d’avere dei raggruppamenti (syntagmata) di uomini e di donne, che conducono una vita da cittadini dei cieli… e che, al riparo delle distrazioni e assidui presso il Signore, perseverano notte e giorno nella preghiera… Essi ‘salmeggiano’ continuamente inni a nostro Dio, e lavorano con le loro mani per potere condividere con gli indigenti», Ep 207, 2, (II, 185, 19-186, 39). Il testo rappresenta e conferma presso Basilio la presenza di comunità miste di uomini e donne. Ciò spiega, ancora una volta, il motivo dell’attenzione posta da Basilio alle donne anche nelle sue omelie sui salmi. Per Origene era già chiaro che la sola continenza della carne, come accade per le vergini stolte (Mt 25, 1ss) non introduce al talamo dello Sposo Cristo, Origene Omelie su Levitico I, 5 (SCh 286, 86, 36-45). 1153   Il contesto non può non collegare «vasi» (skeuē) con la prima lettera di Pietro: «Anche voi, mariti, vivete insieme alle vostre mogli con il riguardo dovuto alla donna, come a un vaso più delicato (hōs asthenesterōi skeuei)» (1Pt 3, 7). Del resto Basilio nell’Ep 199, 18 (II, 156, 20-21) definisce la vergine «vaso sacro consacrato al Sovrano». Comunque per Basilio, partendo da Rm 9, 22, per ‘vaso’ va inteso ciascuno di noi creato per qualcosa di 1151

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Santi ed avranno la facoltà dell’accesso alla parte sacra (del tempio), dove piedi profani non cammineranno. Quanto è importante l’essere condotto al tempio del re, il Profeta lo mostra, pregando per se stesso e dicendo: ho chiesto una sola cosa al Signore, questa cercherò: che io abiti nella casa del Signore tutti i giorni della mia vita, perché io contempli la dolcezza del Signore e visiti il suo tempio (Sal 26, 4).

f. I figli della Chiesa e la celebrazione dei popoli >12.  Invece dei tuoi padri sono stati generati i tuoi figli; li costituirai principi su tutta la terra (Sal 44, 17). Poiché sopra è stato ordinato di dimenticare [413B] il popolo e la casa del padre, in cambio dell’obbedienza, ora, invece dei padri riceve dei figli, che splendono di tali pregi da stabilirsi come principi su tutta la terra. Chi [sono] dunque i figli della Chiesa? Certamente i figli del Vangelo, coloro che hanno preso il dominio su tutta la terra. In tutta l’ecumene - dice infatti - si è diffusa la loro voce (Sal 18, 5); e saranno posti su dodici troni e giudicheranno le dodici tribù di Israele (cfr. Mt 19, 28). Se uno intende come padri della sposa i patriarchi,1154 anche così il discorso degli apostoli non cade. Infatti invece di quelli le furono generati dei figli attraverso il Cristo, coloro che compiono le opere di Abramo (cfr. Gv 8, 39);1155 e per questo sono chiamati degni di onori pari a quelli, [413C] per aver compiuto le stesse opere di quelli, [opere] dalle quali i padri furono ritenuti degni dei grandi onori. Sono principi di tutta la terra pure i santi per l’intimità* con il bene,1156 poiché la stessa natura del bene conferisce loro il primato, come conferì a Giacobbe il potere su Esaù. Diventa - dice infatti - Signore di tuo fratello (Gen 27, 29). Pertanto coloro che sono divenuti degni di onori pari ai padri ed hanno acquisito la superiorità su tutti attraverso l’esercizio* della virtù, e sono figli della sposa di Cristo e dalla propria madre sono utile (De malo 5, 340B). 1154   Modulo retorico, vedi In Ps 44, 3 § 5 [397D] e In Ps 59, 1 § 2 [464C]. 1155   Basilio adduce Gv 8, 39 per precisare che il Signore chiama ‘figli’ di qualcuno, il quale può essere buono o cattivo, quelli che ne compiono la volontà, cfr. Rb 268 (1265D-1268A). Quindi può darsi una paternità divina ma anche una diabolica (cfr. Gv 8, 44) come Basilio stesso esplicita nell’omelia In Ps 7, 15 § 8 [248C] mediante la citazione di 1Gv 3, 8, che compare anche In Ps 44, 11 §10 [409B]; In Ps 114, 3 § 2 [488C]. 1156   Cfr. sopra nella discussione cristologica (In Ps 44, 8 § 8 [405B]).

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costituiti principi su tutta la terra. Esaminami1157 poi il potere della regina, quanto è in lei; eleggerli principi su tutta la terra. Farò ricordare il tuo nome di generazione in generazione. Per questo [413D] i popoli ti celebreranno in eterno e nei secoli dei secoli (Sal 44, 18abc). In conclusione la parola salmica è stata detta come dalla persona1158 della Chiesa: Farò ricordare il tuo nome di generazione in generazione (Sal 44, 18a). Qual è il ricordo della Chiesa? La celebrazione dei popoli.

  Dativo etico.   Vedi indice esegetico per l’interpretazione in base al prosōpon.

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X. SALMO 45 La vita ha un proprio fine [416A] Per la fine per i figli di Core; salmo riguardo le cose segrete (Sal 45, 1) >1.  Mi sembra che il salmo contenga una profezia riguardo alle realtà connesse alla fine. Conoscendo questa fine anche Paolo, dice: Poi la fine, quando consegnerà il regno a Dio e Padre (1Cor 15, 24). Oppure, poiché le nostre azioni ci conducono al fine,1159 ciascuna al suo particolare, quella buona alla beatitudine, la malvagia invece alla condanna eterna (cfr. Eb 6, 2)*;1160 ed i consigli dati dallo Spirito in questo salmo conducono al fine buono coloro che obbediscono; per questo è stato scritto nel titolo per il fine (Sal 45, 1), dal momento che il riferimento degli insegnamenti è al fine* beato della vita umana.

Unità sinfonica dei profeti: il silenzio dei e sui misteri Per i figli di Core (Sal 45, 1). Anche questo salmo è stato detto per i figli di Core, [416B] i quali lo Spirito Santo non divide, poiché come con una sola anima (At 4, 32) ed una sola voce (Gen 11, 1) con tutta la sinfonia gli uni con gli altri1161 proferivano i discorsi profetici (cfr. 2Pt 1, 19); visto che l’uno di loro non profetizzava niente oltre gli altri, ma era stato dato loro l’uguale dono profetico per l’uguaglianza della loro disposizione gli uni verso gli altri verso il bene. Riguardo le cose segrete (Sal 45, 1) è stato detto il salmo; cioè riguardo a cose che non si possono dire e nascoste nel mistero. Entrando nelle parole   Basilio ha presente il doppio significato di telos come la fine ed anche come il fine (vedi In Ps 1, 1 § 4 [220D], In Ps 48, 1 § 1 [432AB]). I due significati in qualche modo vengono poi a coincidere perché il fine dei cristiani, la beatitudine, sarà raggiunto “alla fine”. Anche Origene conosce il doppio senso della parola ‘fine’, come termine dei giorni e come scopo della vita, come si dà il fine delle varie arti; Origene, Omelia I sul Salmo 38, 8 (SCh 411, 356) Basilio si sofferma in modo più ampio sulle varie concezioni del ‘fine’ all’inizio dell’omelia In Ps 48 §1 [432AB]; per cui vedi relativa nota. 1160   Si tratta di una estensione della dottrina delle due vie. 1161   Mentre all’inizio del Sal 44 Basilio collega Core col verbo chōreō nel senso di avanzare, progredire, qui collega Core col verbo choreuō evocando l’idea del coro, dell’armonia corale. Su questo aspetto ‘corale’ della profezia e della loro non divisione grazie allo Spirito cfr. Origene, Commento a Matteo 14, 1. 1159

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X. SALMO 45

del salmo considerate volta volta, imparerai ciò che è nascosto dei discorsi; e che volgere lo sguardo ai misteri divini non è proprio di uno qualsiasi, ma solo di colui che può diventare strumento armonioso dell’annuncio, [416C] cosicché invece del salterio* sia mossa l’anima di lui dallo Spirito Santo che agisce (cfr. Ef 2, 2) in essa.1162

Ricerca del vero salvatore e della vera salvezza Dio [è] nostro rifugio e forza, aiuto nelle tribolazioni che ci hanno visitato duramente (Sal 45, 2ab). Ogni uomo ha bisogno di molto aiuto, per la debolezza che è presente in lui per natura, quando su di lui si abbattono molti eventi tristi e penosi. Dunque, ricercando il rifugio da tutte le calamità, come fuggendo in un territorio inviolato oppure rifugiandosi su una aguzza cima circondata da un forte muro, a causa dell’assalto dei nemici; così trova rifugio in Dio, ritenendo che la dimora in Lui sia la sola quiete. Poiché dunque è stato riconosciuto presso tutti il rifugio in Dio, [416D] il nemico (cfr. Mt 13, 39) ha prodotto molti errori e confusione riguardo alla scelta di colui che salva. Infatti, mentre tende insidie come un belligerante, inganna (cfr. 1Tm 2, 14) di nuovo coloro che sono stati insidiati,1163 così che si rifugino da lui come da un difensore, in modo tale che un male doppio li sovrasta: o presi con forza o andati in rovina per inganno.1164 1162   Vedi In Ps 29, 12 § 7 [321B] (il Profeta paragonato ad un flauto per il movimento che deriva dallo Spirito). Questa immagine presuppone quello che altre volte Basilio ha detto paragonando il salterio all’uomo: il salterio strumento è suonato dall’alto; così anche l’uomo è chiamato a lasciarsi guidare dall’alto, dallo Spirito. Vedi In Ps 1, § 2 [213B] e In Ps 32, 2 § 2 [328A]. In questo tratto dell’omelia è l’anima non tanto del profeta quanto dell’interprete a fungere da ‘salterio’ mossa dallo Spirito! È dunque ancora l’azione di quel medesimo Spirito che, avendo accompagnato il profeta, adesso permette di leggere e ben comprendere la parola biblica che contiene i misteri divini. La stessa convinzione Basilio esprime nell’Ep 204, 5 (II, 177, 23-25). Questa convinzione - che Basilio ha espresso anche nell’In Ps 14, A 2 § 3 [256C] - è propria di Origene, come ha mostrato recentemente il già citato E. Albano, I silenzi delle sacre Scritture. 1163   Sull’insidia del diavolo/serpente cfr. In Ps 29, 8 § 5 [317A]. 1164   L’attenzione all’inganno originario, che può accadere di nuovo, richiama Gen 3, 13; 1Tm 2, 14. Si vedano Giustino, Apologia I 54 (PG 6, 408C); Atanasio, Sull’Incarnazione 6, 6 e 7 (PG 25, 108A.D); Contro i Pagani III, 10, 10; Gregorio Taumaturgo, Per Origene16 (PG 10, 1096C). Anche il Nisseno afferma che l’uomo si è perduto in seguito a un inganno, Gregorio di Nissa, Omelia sulla Pasqua 3 (GNO IX 248, 20-21); Discorso sui defunti 15 (CP 62, 33-34; GNO IX, 53, 21-23: per l’inganno del nemico della nostra vita); ivi 16 (CP 68,

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Per questo presso i demoni e [417A] gli idoli si rifugiano coloro che non credono, privati della conoscenza del vero Dio (1Cor 14, 25; 2Cor 10, 5) dalla confusione generata in loro dal diavolo. Anche coloro che conoscono Dio, poi, si ingannano nel giudizio sulle cose, poiché fanno richieste di ciò che è utile in modo stolto e chiedono come beni alcune cose, che spesso non giovano loro, e fuggono come mali altre cose che talvolta recano loro molto giovamento (cfr. Gc 4, 2-4). C’è uno che è malato? Fuggendo la fatica della malattia, invoca la salute. Ha perso le ricchezze? È molto addolorato per il danno. Anche la malattia è spesso utile, se serve a educare il peccatore; e la salute dannosa, se è occasione1165 di peccato per chi la possiede. Così anche le ricchezze ormai sono divenute per alcuni aiuto per la sfrenatezza;1166 [417B] e la povertà ha fatto rinsavire molti di coloro che si erano gettati verso il male.1167

Evitare il peccato confidando in Dio Non fuggire dunque ciò che non devi e non rifugiarti in chi non devi. Ma una sola cosa va da te evitata, il peccato, ed uno solo il rifugio dai mali, Dio. Non confidate nei potenti (Sal 145, 3); non insuperbitevi per l’incertezza della ricchezza (1Tm 6, 17); non inorgoglitevi* per la forza del corpo; non ricercate la visibilità della gloria umana (cfr. Gv 12, 43). 1-2; GNO IX, 57, 21-22: per l’inganno dell’avversario). Il Nisseno qualifica il diavolo come ingannatore: Gregorio di Nissa, Sulla verginità XII, 2 (SCh 119, 402, 18-19); XII, 4 (ivi 418, 11-12; 418, 16-420, 17); XIII, 1 (ivi, 424, 17-18); Discorso sui defunti 15 (CP 62, 33; GNO IX, 53, 21); Sulla creazione dell’uomo 20 (PG 44, 200BC); La grande catechesi XXVI, 3-4 (GNO III/4, 65, 6.21-22; PG 45, 68D). 1165   Per il valore negativo che qui assume il termine ephodion vedi nota a In Ps 32, 4 § 3 [329C]. 1166   Per temi analoghi vedi Destruam § 1 [261ABC]. 1167   Cfr. De malo, 3, 333B (ci sono dei ‘mali’ salutari per l’anima).

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X. SALMO 45

Nessuna di queste cose salva; tutte provvisorie, tutte ingannevoli. Solo rifugio, Dio. Maledetto l’uomo che ripone la speranza in un uomo (Ger 17, 5), o in qualcuna delle cose umane.

Totale confidenza in Dio che solo può salvare >2. Dunque Dio [è] nostro rifugio e forza (Sal 45, 2a). Per colui che può dire tutto posso nel Cristo1168 che mi dà forza (cfr. Fil 4, 13) forza è Dio. È dunque proprio di molti dire Dio è nostro rifugio (Sal 45, 2a) e Signore, sei diventato rifugio per noi (Sal 89, 1); [417C] ma dire ciò con la stessa disposizione del Profeta [è] di pochissimi.1169 Pochi [sono] infatti coloro che non hanno ammirato le cose umane ma si sono attaccati interamente a Dio ed aspirano a Lui e ripongono [in Lui] ogni speranza e confidenza. E proprio i fatti ci accusano, quando nelle tribolazioni ricorriamo a ogni cosa piuttosto che a Dio. Il bambino è malato? E tu cerchi in giro il mago, o colui che pone caratteri magici sul collo dei bambini innocenti; oppure certo alla fine ricorri al medico ed alle medicine, avendo [di fatto] trascurato colui che può salvare (Eb 5, 7; Gc 4, 12).1170 E se un sogno ti turba, corri dall’interprete dei sogni.1171 E se temi un nemico, pensi ad uno degli uomini come difensore. Ed insomma sei accusato in ogni necessità, poiché a parole [417D] chiami Dio rifugio, mentre nei fatti ricerchi l’aiuto di cose inutili e vane.1172 Invece per il giusto il vero aiuto è Dio (cfr. Sal 7, 11; Sal 120, 1-2; Sal 123, 8).   Al v. paolino Basilio aggiunge ‘Cristo’.   Si noti in questo periodo («è dunque proprio…di pochissimi») la disposizione delle parole a chiasmo. 1170   Tale passaggio omiletico reca la traccia di un possibile legame tra superstizione e medicina. Cosa che può spiegare il rifiuto della medicina da parte di certi ambienti cristiani come quelli legati a Macario, come si evince da un’omelia dello Ps. Macario, Omelia 48 § 4 (PG 35, 809D). In alcuni canoni Basilio condanna queste pratiche magiche dei Gentili/ Pagani, Ep can 217, 72 (II, 213, 1-2) e 83 (II, 216, 1-4). 1171   Per le visioni che si hanno nel sonno, se corrispondono ai comandi del Signore, è inutile e pericoloso andare dagli interpreti, Ep 210, 6 (II, 196, 4 e 197, 29-32); cfr. anche Ep 211 (II, 198, 5); Hex IX, 1, 3. 1172   La contrapposizione fra quanto si dice a parole ed il comportamento ‘di fatto’ compare anche in Princ Prov § 8 [401C]. Al contrario in In Ps 44, 14-15 §11 [412C] si parla della vita compiuta nella parola (logos) e nella pratica (ergon), vedi anche nota relativa. In generale 1168 1169

Ricerca del vero salvatore e della vera salvezza

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Tribolazioni occasione di vanto per il giusto Come un comandante che si è fornito di un esercito valoroso [è] sempre pronto ad aiutare la parte che è in difficoltà; così Dio è nostro aiuto e [420A] alleato per chiunque combatte*1173 contro l’ insidia del diavolo (cfr. Ef 6, 11), inviando gli spiriti ministranti per la salvezza (cfr. Eb 1, 14) di coloro che hanno bisogno. Inoltre la tribolazione visita ogni giusto* per il suo genere di vita. Infatti colui che scansa la via larga e spaziosa e percorre invece la via stretta ed angusta* (cfr. Mt 7, 13-14), è visitato dalle tribolazioni. Il Profeta ha dato forma al discorso in modo animato,1174 dicendo: nelle tribolazioni che ci hanno visitato duramente (Sal 45, 2b). Come esseri animati infatti ci sorprendono [le tribolazioni], producendo pazienza e, attraverso la pazienza, virtù provata e, attraverso la virtù provata, speranza (cfr. Rm 5, 3-4). 1175 Perciò anche l’apostolo dice: Attraverso molte tribolazioni bisogna che noi giungiamo al regno di Dio (At 14, 22); e Molte le tribolazioni dei giusti (Sal 33, 20).1176 Ma colui che ha sopportato la prova dell’afflizione* con forza (cfr. Gc 1, 12) e [420B] senza lasciarsi turbare dirà che in tutte queste cose siamo più che vincitori grazie a Colui che ci ha amato (Rm 8, 37). Ed è tanto lontano dallo scoraggiarsi e dall’indietreggiare nelle tribolazioni che considera il gran numero dei mali anche occasione di vanto, dicendo: Non solo, ma anche vantandoci nelle tribolazioni (cfr. Rm 5, 3).

vedi indice tematico per la necessità che la teoria sia accompagnata dalla prassi. 1173   Si richiama la figura del cristiano come combattente. 1174   Le tribolazioni sono qui paragonate ad esseri animati. 1175   Per la pazienza da esercitare nelle prove vedi nota a In Ps 33, 5 § 4 [360A]. 1176   Questo passo ha addentellati con Origene, Frammenti sui salmi PG 12, 1432.

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X. SALMO 45

Piena fiducia in Cristo in ogni circostanza >3.  Per questo non temeremo se la terra si sconvolge e i monti si spostano nei cuori dei mari (Sal 45, 3ab). Il Profeta mostra [che è] grande il fondamento della fiducia in Cristo (cfr. Col 2, 5), perché, anche se tutto è voltato sottosopra, anche se la terra sconvolta si capovolge, anche se i monti, abbandonata la propria sede, si spostano nel mezzo del mare: non [420C] temeremo (Sal 45, 3a), per il fatto di avere Dio come rifugio e forza e aiuto nelle tribolazioni che ci hanno visitato duramente (Sal 45, 2ab). Di chi il cuore [è] così intrepido, di chi i pensieri così imperturbabili che in tale confusione si tenda con la mente a Dio e per la speranza in Lui non si spaventi per niente di ciò che accade? Noi invece non sopportiamo l’ira di un uomo: o se un cane ci corre incontro, o qualche altro animale feroce, non guardiamo a Dio come nostro aiuto nelle tribolazioni ma, atterriti, ci rivolgiamo a noi stessi.

Sconvolgimento dei cuori e dei monti - realtà naturali Rumoreggiarono e furono sconvolte le acque di essi (Sal 45, 4a). Ha parlato dello sconvolgimento della terra e dello spostamento dei monti; ora cita anche l’agitazione ed il rivolgimento del mare, quando i monti piombano in mezzo ai mari. Rumoreggiarono e furono sconvolte le acque di essi (Sal 45, 4a); certamente dei mari. [420D] Anche di più producono lo sconvolgimento nelle acque proprio i monti non fondati nel mare, ma che con la propria agitazione producono molto tumulto nelle acque. Quando pertanto la terra è sconvolta, le acque dei mari rumoreggeranno ed usciranno gorgogliando dagli abissi, mentre i monti si spostano e subiscono un gran sconvolgimento, per la troppa potenza del Signore; allora, dice, il nostro cuore [è] intrepido per il fatto di avere sicure [421A] e ferme le speranze in Dio.

- realtà spirituali e mondane: la potenza del Cristo nell’agone contro la morte Furono sconvolti i monti nella forza di Lui (Sal 45, 4b). Puoi anche prendere in modo tropico il senso del detto, chiamando ‘monti’

Sconvolgimento dei cuori e dei monti

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quanti si inorgogliscono per la propria grandezza, ignorando tuttavia la forza di Dio e esaltandosi oltre modo contro la conoscenza di Dio, vinti in seguito da coloro che con potenza e sapienza annunciano come ambasciatori il verbo della sapienza (1Cor 12, 8) e, dopo aver acquisito consapevolezza della propria povertà, temono il Signore e si umiliano dinanzi alla sua forza (cfr. 1Pt 5, 6; Gc 4, 10). O forse anche i potenti di questo secolo (1Cor 2, 6.8) e padri della sapienza che perisce (cfr. 1Cor 1, 19), anche loro sono detti monti, che vengono sconvolti nella forza del Cristo, [forza] che mostrò nella lotta agonica1177 per mezzo della Croce contro colui che ha il potere della morte (Eb 2, 14).1178 Avendo[li] svestiti, [421B] infatti, come un valoroso lottatore vinse nel   Nella passione Cristo è un autentico agonista; nella debolezza mostra la potenza (Sal 45, 2) nell’affrontare la morte e il diavolo che ne ha il potere; si veda anche De Spir s VIII, 18, 5-36 e l’In Ps 44, Nella prospettiva teologica di Basilio potenza e forza si richiamano a vicenda ed indicano l’opera redentrice di Cristo qui descritta secondo lo schema guerriero evidenziato da Origene a partire da Col 2, 15; cfr. Origene, Omelie su Giosuè I, 1 (SCh 71, 96); Omelie sul Cantico II, 11 (SCh 37bis 138-140); Omelie su Geremia IX, 1 (SCh 232, 380, 60-63); Omelie sui Numeri III, 3, 2 (SCh 415, 84); XVIII, 4, 3 (SCh 442, 332); Omelie sull’Esodo XI, 4 (SCh 321, 332); Commento ai Romani V, X; cfr. J.A. Alcain, Cautiverio y redención del hombre en Orígenes, Bilbao 1973. Tale lotta ‘mediante la croce’ è per Basilio anche un fare la pace (428D), come si apprende da Col 1, 20 e Ef 2, 14. 1178   Vedi In Ps 29, 3 § 3 [312A] e In Ps 48, 15 § 9 [453B], sempre in rapporto a Eb 2, 14. Sorprende che in Com Is VII, 206 i monti siano identificati con l’anima innalzata dall’insegnamento di Cristo; o che il monte rappresenti la persona che è cresciuta nelle opere buone e che per logos e gnosi supera gli altri, Com Is XIV, 285. Eusebio di Cesarea, mentre riferisce il singolare ‘il monte’ (Sal 14, 1) al Cristo Verbo che si incarna nel suo corpo- tabernacolo, commentando Sal 45, 4 collega il plurale ‘i monti’ agli ‘spiriti maligni’ che Gesù caccia dall’indemoniato (Mt 17, 20), Eusebio di Cesarea, Commento ai salmi (PG 23, 408B); interpreta invece monti e colli (Sal 71, 3) come coro degli angeli e come potenze divine (PG 23, 796D). Origene distingue i ‘monti’, identificati con gli dei adorati dai pagani, dai ‘colli’ identificati con gli eroi, persone umane divinizzate; chi arriva alla fede in Cristo valuta tutto ciò come menzogna, Origene, Omelie su Geremia V, 3 (SCh 232, 288). Anche nelle omelie sull’Esodo Origene distingue il colle dal monte: Origene, Omelie sull’Esodo III, 2 (SCh 321, 96-98: il monte di Dio indica anche il senso elevato della legge, la vetta dell’intelligenza spirituale); XI, 4 (SCh 321, 332-334: Mosè prima sale sul ‘colle’, poi sale sul monte nell’evento della Trasfigurazione del Cristo). Didimo interpreta i monti come potenze malvage che piombano sulle anime turbate dalle passioni, Didimo, Ps. Cat. 45, 3b (Mühlenberg, Psalmenkommentare, I, frg. 472, 344) Il Nisseno, che conosce il testo di Is 40, 4 (le montagne si devono abbassare), contrappone l’altezza (hypsos) del vizio al suolo pianeggiante della vita con Dio, Gregorio di Nissa, Sui titoli dei salmi II, 9, 45(SCh 466, 346, 49); II, 16, 85 (SCh 506, 12-13). Anche nel Commento al Cantico dei Cantici con le montagne il Nisseno indica spesso il male. 1177

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X. SALMO 45

combattimento1179 i principati e le potestà e li espose in pubblico dopo aver trionfato pienamente su di loro (Col 2, 15)1180 nel legno.1181

Il dono dell’acqua viva dello Spirito nel cammino verso la Gerusalemme celeste >4.  I ruscelli del fiume allietano la città di Dio (Sal 45, 5a). Le acque marine, fortemente scosse dai venti, rumoreggiarono e furono sconvolte (Sal 45, 4a); invece i ruscelli del fiume che avanzano senza far rumore e si versano quietamente su coloro che sono degni di riceverli, allietano la città di Dio. Ed ora il giusto beve l’acqua viva (Gv 4, 10; Gv 7, 38; cfr. Ger 2, 13) e poi berrà più abbondantemente quando sarà iscritto come cittadino nella città di Dio (cfr. Fil 3, 20) Ma ora beve1182 attraverso uno specchio e in enigma (1Cor 13, 12)1183 per la limitata percezione delle divine contemplazioni; allora invece riceverà ad un tempo il fiume che trabocca, che può inondare tutta la città di Dio attraverso la letizia. [421C] Quale potrebbe essere il fiume di Dio se non lo Spirito Santo, scaturente per i degni dalla fede di quanti hanno creduto in Cristo. Colui che crede in me -dice infatti- fiumi scorreranno dal suo seno (Gv 7, 38); e di nuovo:   Qui Basilio introduce il verbo katepalaise che può lontanamente richiamare il sostantivo palē di Ef 6, 12. 1180   Per Basilio dunque il momento della croce per Cristo non è stato un momento di debolezza ma ha rappresentato un evento di lotta - in potenza e forza (la dynamis di Sal 45, 2 e la krataiotēs di Sal 45, 4) - contro il diavolo e la morte di cui quello teneva il potere (Eb 2, 14). La sua agonia è stata un agone di vittoria; non per nulla Basilio presenta il Cristo come un ‘valoroso agonista’. Cose analoghe egli dice nel De Spir s VIII, 18, 5-36 e In Ps 44, 9-10, § 9, [408A]. Il Cappadoce si sente autorizzato a tale lettura dal testo paolino di Col 2, 15. Ciò corrisponde allo schema guerriero, uno degli schemi con cui Origene qui sopra richiamato; cfr. in particolare Origene, Commento ai Romani V, X (1051C-1052B), in cui l’alessandrino collega insieme -come fa qui Basilio- Col 2, 14-15 e Eb 2, 14. Il tema paolino della vittoria del Cristo mediante il legno sulle potenze esposte al pubblico spettacolo (Col 2, 15) era divenuto caro al primitivo monachesimo, come emerge da Atanasio, Vita di Antonio 35, 3. 1181   Questo aspetto della teologia paolina era caro al primitivo monachesimo come mostra Atanasio, Vita di Antonio 35, 3. Origene tratta il tema della vittoria del Cristo sul diavolo fondandosi in particolare su Col 2, 14-15 collegando con altri testi biblici tra cui Eb 2, 14; cfr. Origene, Commento ai Romani V, X. 1182   Basilio applica al ‘bere’ la frase paolina legata al ‘vedere’. 1183   Si noti il congiungimento di testo giovanneo con testo paolino. 1179

Il dono dell’acqua viva dello Spirito

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Se uno beve dell’acqua che io do, nascerà in lui una fonte di acqua che zampilla per la vita eterna (cfr. Gv 4, 14). Pertanto questo fiume allieta ad un tempo tutta la città di Dio (Sal 45, 5a), cioè l’assemblea di coloro che hanno la cittadinanza nei cieli (Fil 3, 20);1184 oppure bisogna intendere come città allietata dal flusso dello Spirito Santo ogni creatura intelligente, dalle potenze al di sopra del mondo fino alle anime umane. Infatti alcuni definiscono ‘città’ una società stabile, [421D] governata secondo la legge.1185 La definizione data della città si adatta anche alla Gerusalemme in alto (Gal 4, 26), la città celeste (cfr. Eb 12, 22). Infatti anche lì [vi è] una società dei primogeniti, iscritti nei cieli (Eb 12, 23); e questa [è] stabile per l’immutabilità della condotta di vita dei santi e governata secondo la legge celeste.1186 Pertanto apprendere l’ordinamento di quella città e tutto l’assetto non è proprio di nessuna umana [424A] natura. Infatti quelle sono le cose che occhio non vide né orecchio udì né entrarono in cuore di uomo, che Dio preparò per coloro che Lo amano (1Cor 2, 9); eccetto che [sappiamo che] lì [ci sono] miriadi di angeli e adunanza festosa di santi (Eb 12, 22) e assemblea di primogeniti iscritti nei cieli (Eb 12, 23). Riguardo a quella dice David: Cose gloriose sono state dette di te, o città di Dio (Sal 86, 3). A quella città Dio promette attraverso Isaia che io farò di te esultanza eterna,   Anche qui il testo giovanneo è congiunto con testo paolino.   Aristotele, Politica III, 3. Una definizione simile anche in In Ps 59, 11 § 4 [468B]. 1186   Un richiamo alla Gerusalemme celeste, alla tensione che l’uomo deve vivere verso l’alto, Basilio introduce anche mentre commenta la Genesi, confrontando la natura dell’animale e quella dell’uomo: «Un’altra cura ti si addice: “cercate le cose di lassù, dove è Cristo” (Col 3, 1), essere con la mente sopra le realtà terrene. Come sei stato strutturato, così regola di te stesso anche la vita. Hai la cittadinanza nei cieli (cfr. Col 3, 20). Tua vera patria è la Gerusalemme che è in alto, cittadini e compatrioti i primogeniti, quelli scritti nei cieli (Eb 12, 22-23)», Hex IX, 2, 1. L’uomo è dunque una pianta che ha una costituzione celeste (Hex IX, 2, 5); per cui deve comportarsi come una formica…in vista della sua collocazione in cielo.(Hex IX, 3, 8-9). Basilio si augura che il Signore accordi i beni della Gerusalemme dell’alto agli Eveseniesi cui scrive verso il 376 l’Ep 251, 1 (III, 89, 11-12). Cfr. anche Origene, I Principi IV, 2, 2 (SCh 268, 300, 55-56); Ireneo parla della Chiesa come della città madre dei cittadini della nuova alleanza, Ireneo, Contro le eresie III, 12, 5; egli dice inoltre che il primo Testamento doveva mostrare una figura delle cose celesti e poi prefigurare le immagini delle cose che sono nella Chiesa e contenere la profezia delle cose future, Ireneo Contro le eresie IV, 32, 2. Cfr. anche Cromazio di Aquileia, Omelie sul vangelo di Matteo 10, 3, 4. Troverà per propria madre la Gerusalemme di lassù figli come Paolo, dice il Com Is VIII, 222. Gerusalemme, dimora celeste, è lo stato virtuoso libero da passioni, dirà Massimo il Confessore, A Talassio, Scholion 7, PG 90, 561B. 1184

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letizia di generazione in generazione (Is 60, 15); e non ci sarà1187 afflizione né pena nei tuoi confini, ma le tue mura saranno chiamate strumento di salvezza (cfr. Is 60, 18). Avendo dunque alzato gli occhi dell’anima*,1188 in modo degno delle realtà superiori, ricerca ciò che riguarda la città di Dio. Che cosa poi uno potrebbe pensare di degno della beatitudine di lì, che il fiume di Dio allieta [424B] e [di cui] Dio è artefice e demiurgo (Eb 11, 10)?

La carne come tenda del Verbo Santificò la sua tenda l’Altissimo (Sal 45, 5b). Forse intende la carne1189 quella teofora,1190 santificata attraverso l’unione con Dio.1191 Perciò intenderai per tenda1192 dell’Altissimo l’epifania* di Dio (cfr. 1Tm 6, 14; 2Tm 1, 10) attraverso la carne.1193 >5.  Dio in mezzo ad essa e [essa] non sarà scossa. Dio l’aiuterà, dai primi albori del mattino (Sal 45, 6ab).   Basilio sostituisce ‘non si udrà’ con ‘non ci sarà’.   Sull’espressione vedi nota a In Ps 1, 1 §5 [224A]. Per l’interpretazione in senso spirituale del senso della vista vedi In Ps 1, 1§ 5 [224A], In Ps 33, 4 § 3 [357B], In Ps 33, 21 § 13 [384A], In Ps 45, 9 § 7 [428A], Princ Prov § 14 [413C] e In Christi gen 6 (1473D); Attende § 2 [201C] e § 5 [209B]; De iudicio 657B. 1189   Vedi In Ps 28, 1 § 1 [281B] e In Ps 48, 12 § 7 [448B-C] per il corpo umano paragonato alla tenda; cfr. anche 2Cor5, 4 e 2Pt 1, 13-14; per sarx theophoros vedi In Ps 59, 10 § 4 [468A] e In Christi Gen 3 (1464B). 1190   L’espressione compare anche in De Spir s V, 12, 16-24. 1191   Basilio esprime in forma estremamente succinta quanto ha esposto nel commento al Sal 44, 8: è per la sua unione con la divinità del Verbo che la carne del Cristo è santificata. Il termine synapheia compare anche nel De Bapt 1604B a indicare l’intima comunione tra credenti in Cristo; cfr. Rf 36 (1009A); C Eun I, 20, 9; Ep 28, 1 (CP 156, 5: unione di Basilio con la Chiesa di Neocesarea); Ep 46, 2 (CP 232, 1; qui synapheias è variante registrata nell’apparato critico rispetto a koinōnias che è la lezione accolta nel testo e si riferisce all’unione della vergine allo Sposo divino). Per l’accezione trinitaria del termine vedi In Ps 32, 6 § 4 [333A] e Princ Joannis § 3 [477D]; per esprimere la duplice composizione dell’uomo vedi In Ps 48, 13 § 8 [449B] e Attende § 7 [216A]. 1192   Un’espressione simile, skēnōma tou Theou, in In Ps 14A, 1 § 1 [252C], interpretato però in riferimento alla carne umana in cui inabita l’anima e Dio stesso. 1193   La stessa espressione in In Christi gen 3 (1464 C). Interpretando ’tenda’ come manifestazione di Dio mediante la carne, Basilio mostra di avere una immagine dinamica dell’incarnazione del Cristo. Questa non è solo un luogo, ma un evento; né riguarda solo la costituzione del Cristo ma contempla la sua vicenda storica e terrena. Pertanto anche qualificare la carne di Cristo come ‘teofora’ significa non soffermarsi sulla sola dimensione ontologica della carne unita alla divinità, ma evidenziarne pure la dimensione storicaesistenziale del suo farsi continuo luogo epifanico del Verbo di Dio. 1187 1188

Il dono dell’acqua viva dello Spirito

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E poiché Dio è nel mezzo della città, le concederà come grazia il non essere scossa, procurandole l’aiuto al primo sorgere della luce. Sia dunque che il nome di città si adatti alla Gerusalemme in alto (Gal 4, 26) sia alla Chiesa quaggiù, santificò in essa la sua tenda l’Altissimo (Sal 45, 5b). E per mezzo di questa tenda, nella quale Dio abitò (cfr. Gv 1, 14), nel mezzo di essa [424C] stette concedendole come grazia il non essere scossa. Nel mezzo della città è dunque Dio, che manda da ogni parte uguali i raggi della sua provvidenza fino ai confini del globo. Così infatti è mantenuta la giustizia di Dio, che distribuisce la stessa misura della bontà a tutti.

Il Cristo Risorto sole di giustizia: dall’ignoranza alla conoscenza Dio l’aiuterà dai primi albori del mattino (Sal 45, 6b). Dunque il sole sensibile fa sorgere il mattino presso di noi, quando si alza sopra il nostro orizzonte; invece il Sole della giustizia (Ml 3, 20) produce il mattino nell’anima con il sorgere della luce noetica, generando giorno in colui che l’ha accolto.1194 Infatti noi uomini siamo nella notte durante il tempo dell’ignoranza (cfr. At 17, 30). Quando dunque, dopo aver aperto il nostro egemonico*, accogliamo lo splendore della gloria (Eb 1, 3) e [424D] siamo illuminati dalla luce eterna, Dio l’aiuterà dai primi albori del mattino (Sal 45, 6b). Quando diventiamo figli della luce (cfr. Lc 16, 8; Ef 5, 8; 1Ts 5, 5) e per noi la notte avanza, mentre il giorno si avvicina1195 (cfr. Rm 13, 12), allora diveniamo degni dell’aiuto di Dio. Dunque Dio aiuta la città, producendo in essa mattino con il suo sorgere e manifestarsi. Ecco un uomo1196 - dice infatti - Oriente il suo nome (cfr. Zc 6, 12). In coloro dunque per cui sorge la luce noetica, quando si scioglie [425A] l’oscurità derivante dall’ignoranza e dalla malvagità (cfr. 1Gv 2, 8),1197 il mattino nasce in questi.1198 Poiché dunque la luce è venuta nel mondo (Gv 3, 19), affinché colui che cammina in essa non inciampi (cfr. Gv 11, 9), è l’aiuto di   Origene riporta Sal 45, 6b e Ml 3, 20 commentando il Cantico dei Cantici e collega l’alba/mattino con gli íncipientes e la luce meridiana con i perfecti; Origene, Commento al Cantico dei Cantici 2, 4, 25-26 (SCh 375, 342-344). 1195   In Paolo i verbi sono all’aoristo indicativo ed al perfetto indicativo. 1196   Basilio rende con anthrōpos l’anēr di Zaccaria. 1197   Per il ‘greco’ Basilio la salvezza apportata dal Cristo ha anche una dimensione gnoseologica. Cristo permette ed opera, per dirlo con la teologia paolina, la vera gnosi. 1198   Per Origene, se Cristo si trova nel nostro cuore, egli produce in noi il giorno, Origene, Commento alla lettera ai Romani IX, XXXII (1233BC). 1194

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essa ciò che causa il mattino. O forse, poiché la resurrezione era sul fare del giorno molto presto (Lc 24, 1), aiuterà la città dai primi albori del mattino il Dio, quello che ha riportato la vittoria sulla morte (cfr. 1Cor 15, 54-57) al mattino nel terzo giorno della resurrezione.1199

L’aiuto all’uomo: la venuta del Verbo fatto uomo >6.  Furono sconvolte genti, tremarono regni, fece sentire la sua voce l’Altissimo, la terra fu scossa (Sal 45, 7). Pensami1200 ad una città insidiata dai nemici che prendono le armi contro di essa, essendo molte genti che la assediano da gran tempo e i re che hanno ottenuto in sorte lo scettro per ciascuna gente; poi [pensa] ad un comandante, invincibile nella forza, apparso improvvisamente [425B] in aiuto per questa città, che da un lato pone fine all’assedio, dall’altro disperde la moltitudine delle genti e spinge in fuga i re col solo gridare contro di loro con forza e con lo spaventare i loro cuori con la durezza della voce. Quanto sconvolgimento, dunque, [è] verosimile che si produca quando le genti sono inseguite e i re si sono volti in fuga? che si levi un clamore confuso e un fragore incessante per la loro fuga disordinata, e che ogni luogo sia pieno di coloro che sono stati scacciati per la viltà, così che nasca agitazione ovunque nelle città o nei villaggi che li accolgono? Presenta dunque un tale aiuto alla città di Dio da parte del Salvatore nel dire: [425C] Furono sconvolte genti, tremarono regni, fece sentire la sua voce l’Altissimo, la terra fu scossa (Sal 45, 7). Il Signore delle potenze [è] con noi, nostro difensore il Dio di Giacobbe (Sal 45, 8ab). Ha visto il Dio che si è inumanizzato*, ha visto generato da (cfr. Gal 4, 4) Vergine Santa l’Emmanuel; ciò è stato interpretato: “Dio con noi” (Mt 1, 23); e per questo grida profeticamente: Il Signore delle potenze [è] con noi (Sal 45, 8a), mostrando che questo è Colui che è apparso ai santi profeti ed ai patriarchi.1201

  In In Ps 29, 6 § 4 [316A] e In Ps 48, 15 § 9 [453A] Basilio collega l’alba (mattino) con la resurrezione di Cristo. L’opera salvifica del Cristo non termina sulla croce ma nella resurrezione, con quanto ne consegue. 1200   Si noti il dativo etico. 1201   Come Ireneo (Epideixis 43-46) ed altri Padri della Chiesa Basilio ritiene che nelle teofanie del VT era sempre Cristo a presentarsi. 1199

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Nostro difensore (Sal 45, 8b) dice, non un Dio diverso da quello tramandato dai profeti; ma il Dio di Giacobbe, Colui che ha detto nella profezia al proprio servo: Io sono il Dio di Abramo e il Dio di Isacco e il Dio di Giacobbe (Es 3, 6). [425D]

Arrivare alla conoscenza del Dio Salvatore Re di pace - puri e vicini >7.  Venite e vedete le opere di Dio, quali prodigi fece sulla terra (Sal 45, 9ab) facendo sparire le guerre fino ai confini della terra (Sal 45, 10a). Quanti dunque sono molto lontani dal verbo della verità (Col 1, 5; Gc 1, 18) ‘il discorso salmico’ chiama alla vicinanza (cfr. Ef 2, 13) attraverso la conoscenza [428A] dicendo: Venite e vedete (Sal 45, 9a). Come infatti riguardo agli occhi del corpo le grandi distanze rendono la percezione di ciò che viene visto confusa, mentre l’avvicinamento di coloro che osservano rende chiaro il riconoscimento di ciò che viene guardato, così, anche riguardo alle visioni attraverso la facoltà noetica, colui che attraverso le opere non è divenuto intimo* e non si è avvicinato a Dio non può vedere le opere di Lui con gli occhi della mente* puri*.1202 Per questo Venite, prima avvicinatevi, poi vedete le opere del Signore che sono prodigiose e straordinarie; e le genti colpite da queste, prima nemiche e litigiose, le fece passare alla pace. Venite, figli, ascoltatemi (Sal 33, 12); e Venite, tutti voi che siete affaticati e oppressi (Mt 11, 28).1203 [È] la voce di un padre, che chiama

  Il paragone fra la vista fisica e quella spirituale anche nel commento a Sal 33, 4: come un occhio guastato non può avere una precisa percezione delle cose, così le passioni possono turbare la capacità visiva dell’anima. Per i vari richiami si rimanda alla nota a In Ps 33, 4 § 3 [357B]. L’espressione ‘occhio della mente/nous’ - che compare in Com Is V, 161 (PG 30, 381C-384A) - ricorre anche nel Corpus Hermeticum V 2; X 4, 5; XIII 14, 18; cfr. anche Platone, Repubblica VII, 519b; 533d; 540a; Aristotele, Sul mondo 391a 15. Apuleio richiama che per Platone ci sono due realtà e che la prima è colta solo dagli occhi della mente, Apuleio, Su Platone e la sua dottrina (De Platone et eius dogmate 1, 193. Cfr. Claudio Moreschini, Studi sul “De dogmate Platonis” di Apuleio, Pisa 1966. È il farsi intimo a Dio e a lui simile attraverso le opere, dopo essersi purificati, che permette la vera conoscenza di Dio e delle sue opere. Per l’interpretazione in senso spirituale del senso della vista vedi In Ps 1, 1§ 5 [224A], In Ps 33, 4 § 3 [357B], In Ps 33, 21 § 13 [384A], In Ps 45, 5 § 4 [424A], Princ Prov § 14 [413C] e. In Christi gen 6 (1473D); Attende § 2 [201C] e § 5 [209B]; De iudicio 657B. 1203   Anche qui Basilio salda immediatamente il testo salmico con la citazione evangelica. 1202

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a sé a braccia aperte coloro che da lungo tempo recalcitrano.1204 Dunque chi ha ascoltato la chiamata [428B]e si è avvicinato e si è unito saldamente a colui che l’ha richiesto, vedrà Colui che ha pacificato tutte le cose attraverso la Croce,1205 sia quelle sulla terra, sia quelle nei cieli (Col 1, 20).1206 Romperà l’arco e spezzerà le armi e brucerà gli scudi nel fuoco (Sal 45, 10bc). Vedi il carattere pacifico del Signore delle potenze (Sal 45, 8a.12a), dal momento che ha con sé invisibili schiere di milizie angeliche? Vedi ad un tempo il valore e la filantropia* del comandante supremo delle potenze, che, pur essendo Signore delle potenze (Sal 45, 8a.12a) e avendo tutte le schiere delle milizie angeliche, in nessun modo ferisce uno dei nemici, non getta a terra nessuno, non attacca nessuno; ma rompe gli archi e le armi e brucia gli scudi nel fuoco. Rompe l’arco, così che i dardi infuocati non siano più scagliati attraverso di essi; spezzerà le [428C] armi per combattere da vicino, così che non possano subire ferite, insidiati, coloro che sono vicini. E brucerà gli scudi nel fuoco, spogliando gli avversari delle difese e facendo tutto per il beneficio dei nemici.

- trovare tempo lasciando da parte le cose mondane >8.  Prendete tempo e riconoscete che io sono Dio (Sal 45, 11a). Finché prendiamo tempo1207 per le cose al di fuori di Dio, non possiamo contenere la conoscenza di Dio.1208 Chi infatti, affannandosi per le cose del   Un’espressione simile col verbo aphēniazō in In Christi gen 6 (1473 C). Forse, anche in questo passaggio, è possibile riferire ‘padre’ anche al Cristo. 1205   Facendo riferimento al testo paolino, Basilio lascia cadere il richiamo del ‘sangue’: rappacificando con il sangue della sua croce, per mezzo di lui le cose sulla terra e le cose nei cieli (Col 1, 20). 1206   Vedi In Ps 33, 7 §5 [361C], In Ps 33, 15§ 10 [376C] e In Ps 59, 8 § 3 [465C] per il richiamo a Col 1, 20. 1207   In questo tratto dell’omelia Basilio usa insistentemente i termini scholazō e scholē ed altri termini riconducibili alla stessa radice, nei loro vari significati (scholazō significa ‘essere libero da, essere ozioso, dedicarsi’). 1208   Vedi In Ps 1, 1 § 3-4 [217CD]; In Ps 1, 1 § 6 [228B]; In Ps 32, 11 § 7 [341AB]; In Ps 33, 4 § 3 [357BC]; In Ps 33, 15 § 10, [376AB]; In Ps 61, 9 § 4 [477BC]; In Ps 114, 7 § 5 [492B]; Princ Prov § 4 [393BC]. La Vulgata traduce: Vacate et videte quia ego sum Deus. «V’è bisogno di ozio (scholē) per conoscere Dio», Scholion di Evagrio Pontico al Sal 45, 11; cfr. M.-J. Rondeau, Le commentaire sur les Psaumes d’Évagre le Pontique, in Orientalia Christiana Periodica 26 (1960), 307-348. Nello ‘schizzo’ da lui predisposto Evagrio raccomanda di fare di tutto per potere stare in quiete e in ozio, Evagrio, Ragioni delle osservanze monastiche e loro presentazione secondo la quiete 5. Per il tema dell’ozio, presente nella filosofia greca, Evagrio richiama la lettera giovanile di Basilio Ep 2, 2 (CP 64, 29: qui compare il termine scholē). Su scholē si veda la nota di M.Forlin Patrucco, Basilio di Cesarea, Le Lettere, Torino 1204

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mondo (1Cor 7, 33) e sprofondandosi nelle distrazioni della carne, può prestare attenzione ai discorsi su Dio e sostenere la cura rigorosa* di tali dottrine? Non vedi che la parola che è caduta sulle spine viene soffocata dalle spine (cfr. Mt 13, 7.22; Mc 4, 7.19; Lc 8, 7.14, )? Le spine sono i piaceri della carne e la ricchezza (cfr. Lc 8, 14) e la fama e preoccupazioni della vita (Lc 21, 34).1209 Bisognerà dunque che colui che manca della conoscenza di Dio sia interamente al di fuori di queste cose [428D] e, liberatosi dalle passioni, così acquisisca la conoscenza di Dio.1210 Come infatti potrebbe giungere all’anima resa angusta dai ragionamenti che prima l’hanno occupata il pensiero di Dio [429A]?

- trovare tempo libero non per fare il male Anche il Faraone sa che ricercare Dio è specifico di colui che prende tempo1211 e per questo rinfaccia a Israele: Prendete tempo, siete a prendere tempo e dite: pregheremo il Signore Dio nostro (cfr. Es 5, 17).1212 Questa ‘libertà di tempo’ dunque [è] buona per chi la possiede ed utile, perché procura quiete per accogliere gli insegnamenti di salvezza; malvagia invece la ‘libertà di tempo’ degli Ateniesi, i quali non avevano nessun altro passatempo che dire o ascoltare qualcosa di più nuovo (At 17, 21). Alcuni 1983, I, 265. Anche il Nazianzeno ripete lo stesso motivo, con riferimento al Sal 45, 11, Gregorio di Nazianzo, Orazioni 27, 3, 13-15. 1209   Vedi In Ps 1, 1 § 4 [221A]. Basilio ne parla anche in Ep 207, 2 (II, 185, 3-4) Ai chierici di Neocesarea (scritta nel 375). L’interpretazione negativa delle spine, in riferimento a Sal 57, 10a, è presente in Gregorio di Nissa, Sui titoli dei salmi II, 15, 78 (SCh 466, 484, 48-49), II, 15, 79 (SCh 486, 4-7) e Sul Natale (PG 46, 1136C: la spina indica il peccato) e prima in Atanasio, Esposizioni sui salmi (PG 27, 161C e 264A; Filone vede nelle spine di Gen 3, 18 il simbolo delle passioni mosse dalla spinta irrazionale (hē alogos hormē) Filone di Alessandria, Le allegorie delle leggi III, 248. Il Nisseno richiama la presenza degli affanni e dei piaceri della vita come elementi che offuscano la visione del Regno di Dio, del benebello presente nell’anima umana, Gregorio di Nissa, Sulla verginità XII, 3 (SCh 119, 410, 1-412, 13). Per Atanasio gli uomini che si abbandonano al peccato sembrano non essere più razionali ma irrazionali (alogous), Atanasio, Sull’ incarnazione del Verbo 12, 6. Anche Pietro paragona i falsi dottori a bestie prive di ragione (2Pt 2, 12). 1210   Qui Basilio usa il termine epignōsin; idee analoghe anche con diversa terminologia compaiono in In Ps 33, 4 § 3 [357BC]; cfr. De fide 464C e 684C. 1211   Allusione all’identificazione Faraone-diavolo; già Origene vedeva nel Faraone la figura del Diavolo, Origene, Omelie sull’Esodo III, 3 (SCh 321, 102-106). 1212   Idee analoghe, anche con citazione di Es 5, 17, compaiono in Eusebio di Cesarea, Commento al salmo 45, 11 PG 23, 412D; e in Didimo il Cieco, Ps. Cat. 45, 11a (Mühlenberg, Psalmenkommentare I, frg. 483, 348).

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imitano questa anche ora, servendosi del ‘tempo libero’ dalla vita pratica per scoprire sempre qualche dottrina più nuova. Tale ‘tempo libero’ è caro agli spiriti immondi e malvagi. Quando lo spirito immondo - afferma - esce dall’uomo, dice: ‘Tornerò al luogo da cui sono uscito’. E, giunto, trova quella casa libera [429B] e spazzata (cfr. Mt 12, 43-44). Non avvenga dunque che noi abbiamo tempo libero per il nemico per la sua entrata, ma teniamo occupata la nostra dimora interiore, introducendo prima in noi il Cristo attraverso lo Spirito.

- trovata la pace trovare tempo per la preghiera Dopo aver dunque elargito la pace a coloro che erano da molto tempo turbati dai nemici, allora dice: Rendetevi liberi1213 dai nemici che vi traggono altrove, affinché in quiete meditiate i discorsi riguardo alla verità. Per questo anche il Signore dice: Chiunque non si separa da tutti i beni non può essere mio discepolo (Lc 14, 33). Dunque bisogna rendersi liberi dalle azioni proprie della coppia, affinché ci dedichiamo alla preghiera (cfr. 1Cor 7, 5);1214 rendersi liberi dallo zelo* riguardo alla ricchezza (cfr. Lc 8, 14), dalla brama di questa meschina gloria, dai piaceri mirati al godimento (cfr. Lc 8, 14), dall’invidia e da ogni malvagità verso il nostro prossimo,   È sempre il versetto Sal 45, 11 ma col verbo scholazō usato in altro senso.   Si ha qui un fugace richiamo alla realtà sponsale, illuminato da 1Cor 7, 5. Ciò lascia capire che Basilio non condanna il matrimonio, che resta legittimo, né rifiuta le nozze come facevano gli eustaziani e gli encratiti. Nella regola LXXIII delle Morali Basilio accoglie come realtà positiva la vita degli sposi, dei genitori e dei figli dando loro quei suggerimenti di vita che prevede il NT. Nell’Ep 235, 3 (III, 47, 35-36) richiama che con il verbo ‘conoscere’ la Scrittura abitualmente si riferisce alle relazioni coniugali, senza addurre alcuna valutazione negativa al riguardo È interessante la valutazione positiva, sia pure essenziale, espressa in alcune lettere ‘basiliane’ quali Ep 301 (III, 178, 42-43) e 302 (III, 179, 13-14). Resta che anche Basilio elogia la scelta della verginità considerando la ‘solitudine’ utile (ophelos) alla esichia spirituale e richiamando le molestiae nuptiarum come realtà da fuggire (Ep 2, 2, CP 62, 8-17; Patrucco 261 e 275), su cui insiste anche Gregorio di Nissa, Sulla verginità III, 9-10 (SCh 119, 296-300). Ma questo non porta a irrigidire l’opinione di Gain il quale, in più luoghi del suo lavoro, asserisce che in Basilio si nota un certo discredito e finanche un certo ‘disprezzo’ per il matrimonio, e una certa durezza verso le donne, B. Gain, L’Église de Cappadoce, 115, 239, 249. Si tenga presente quanto detto alla n. 59 nell’omelia In Ps 1, 1 [217A] col richiamo anche dell’omelia In Iulittam. Al riguardo è utile richiamare che Amfilochio colloca la realtà complessiva del matrimonio a dopo il peccato, legando l’unione sessuale alla generazione di figli e riconoscendo onorevole il matrimonio con citazione di Eb 13, 4; e che inoltre egli presenta la peccatrice in tutta la sua positività nell’incontro con Cristo, Amfilochio di Iconio, Omelia 4, 4, 1-31; 4, 32-7, 33 (SCh 552, 318-320 e 320-332). 1213 1214

Passione del Cristo innalzato sulla croce

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[429C] affinché, se la nostra anima sta in bonaccia1215 e non è turbata da nessuna passione, la luce di Dio come in uno specchio diventi pura e non ottenebrata.1216

Passione del Cristo innalzato sulla croce Sarò innalzato fra le genti, [429D] sarò innalzato sulla terra (Sal 45, 11b). Il Signore dice chiaramente queste cose riguardo alla sua Passione, come è scritto nel Vangelo: Ed io, quando sarò innalzato, attirerò tutti a me (Gv 12, 32). E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo sulla terra (Gv 3, 14).1217 Poiché dunque doveva essere innalzato per le genti sulla Croce e doveva accettare l’innalzamento per tutta la terra, per questo dice: Sarò innalzato fra le genti, sarò innalzato sulla terra.1218

1215   Vedi In Ps 1, § 2 [212C]; In Ps 28, 11 § 8 [305A]; In Ps 33, 15 § 10 [376B]; Princ Prov § 15 [417C]; Attende § 1 [200A] e § 7 [213C]. 1216   È l’anima a divenire specchio della luce divina; essa lo può solo se non turbata da nessuna passione. 1217   Basilio vi fa allusione nel De Spir s XIV, 31, 22. Vedi anche In Ps 7, 7 § 3 [236B]. Facendo propria la concezione teologica del vangelo giovanneo, anche Basilio avverte che la passione di Cristo si è rivelata potente. La sua passione è stata la sua vittoria. 1218   L’opera salvifica del Cristo è universale: coinvolge tutti gli uomini ma anche l’intera realtà cosmica.

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X. SALMO 45

Confidenza ed esultanza per l’aiuto del Signore che dà la pace Il Signore delle potenze [è] con noi, nostro difensore il Dio di Giacobbe (Sal 45, 12ab). Esultando per l’aiuto di Dio, due volte gridò le stesse parole: Il Signore delle potenze [è] con noi (Sal 45, 12a); come gettandosi e slanciandosi contro il nemico*, per la perfetta confidenza nel Salvatore delle nostre anime, con la certezza di non subire alcun male da lui.1219 Se infatti Dio è per noi, chi [è] contro di noi? (Rm 8, 31). Colui che ha concesso a Giacobbe [432A] la vittoria e dopo la lotta lo ha designato Israele (cfr. Gen 32, 29), questo è il nostro difensore; proprio lui combatte per noi (cfr. Dt 3, 22). Noi invece stiamo in pace, poiché Egli è la nostra pace, Colui che di due popoli ne ha fatto uno, affinché creasse dei due un solo uomo nuovo (Ef 2, 14-15).1220

  Il contesto porta a riferire a par’autou a Cristo, in cui si ha piena confidenza. Un frammento origeniano avvalora tale lettura, Origene, Frammenti sul salmo 45, 11 (Pitra 1884). 1220   In questa totale confidenza cristiana si può leggere l’etica della politica ecclesiale di Basilio, che, nei vari conflitti ecclesiali ed extra ecclesiali, si è lasciato guidare da questa consapevolezza di fede. 1219

XI. SALMO 48 [432A] Per la fine,1221 salmo per i figli di Core (Sal 48, 1)

Il fine dell’esistenza umana Concezioni filosofiche greche e visione cristiana >1.  Alcuni anche fra i filosofi pagani si sono fatti immagini attorno al fine* umano ed in modo diversificato sono pervenuti alla concezione relativa al fine. Infatti alcuni dichiararono che fine è la conoscenza, altri l’azione pratica; altri l’utilizzo differenziato della vita e del corpo; altri, simili ad animali, dichiararono che il fine è il piacere.1222 Per noi invece il fine, per il quale facciamo ogni cosa1223 e a cui aspiriamo, [è] la beata permanenza1224 [432B] nel secolo futuro (cfr. Mt 12, 32; Ef 1,   Per il doppio significato di telos (la fine, il fine) vedi In Ps 1, 1 § 4 [220D] e In Ps 45, 1 § 1 [416A].   Basilio illustra qui quattro diverse posizioni sul fine. Il concetto che il telos della vita umana sia la conoscenza è, ovviamente, platonico. La seconda posizione rimanda all’etica aristotelica, per cui il fine di tutte le azioni che si compiono è il bene pratico (to prakton agathon), cioè non il bene in sé, ma quello per l’uomo (Etica Nicomachea I, 4-5, 1097a 4-23); opera propria dell’uomo è l’attività dell’anima secondo ragione (psychēs energeia kata logon, Etica Nicomachea I, 6, 1098a 7-8) e il bene umano è attività dell’anima secondo virtù (psychēs energeia...kat’aretēn, Etica Nicomachea I, 6 1098a15-16).È chiaramente epicurea (o almeno propria di un epicureismo ‘degenerato’) la quarta posizione. «L’utilizzo differenziato della vita e del corpo» dovrebbe invece essere un riferimento alla morale relativistica e “situazionistica” dei sofisti, secondo i quali, nel vuoto di verità assolute, ci si può attenere solo ad un criterio di utilità pubblica e privata delle credenze e non esistono azioni buone o cattive in sé ma ciascuna azione dovrà essere valutata caso per caso (ad es. «tutto è bello al momento opportuno, turpe nel momento sbagliato», Ragionamenti duplici 2.20, in I Sofisti, a c. di M. Bonazzi, 435). 1223   Chiara eco della formula stoica: telos estin ou heneka panta prattetai kathēkontōs (SVF III, 2); definizione che a suo modo riprende quella aristotelica. Al riguardo si noti che Origene, quando spiega la rubrica ‘sul fine’ (presente anche nel Sal 36), riporta la definizione aristotelica (Metafisica I, 994b) di telos: fine è ‘ciò per cui’ tutte le altre cose, ma esso per nessuna cosa; telos estin ou heneken ta alla, auto de mēdenos heneken; cfr. frammento in Origene, Commento ai salmi PG 12, 1053A. Questa medesima definizione, - riconosciuta come vera anche se formulata da autori esterni al mondo della fede- verrà ripresa e richiamata da Massimo Confessore, Ambigua 7 (PG 91, 1072C). Didimo richiama la definizione aristotelica di fine unendola a quella stoica; così fa in Sul Sal 35 1-2a; ma in Sul Sal 20, 4b richiama più chiaramente la definizione stoica di fine come eschaton orektōn: «si dice fine l’ultima delle cose desiderate, a cui tutto il resto si riconduce», SVF III, 3. 1224   Lo stesso termine diagōgē con il medesimo valore ricorre in In Ps 14A, 1 §2 [253B]. 1221

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XI. SALMO 48

21). Questa ha il pieno compimento nell’essere governati da Dio. Infatti nulla migliore di ciò potrebbe essere trovato in un pensiero dalla natura razionale; e verso questa ci spinge l’Apostolo, dicendo: poi la fine, quando consegnerà il regno a Dio e Padre (1Cor 15, 24). La qual cosa anche Sofonia presenta nella profezia, dicendo dalla persona1225 di Dio: Perché il mio giudizio per raccolta di genti, per accogliere re, per riversare su di loro la mia ira. Nel fuoco del mio zelo, infatti, tutta la terra sarà consumata; perché allora volgerò su molti popoli la lingua sulla sua generazione, perché tutti invochino il nome del Signore, perché servano a Lui sotto un solo giogo (Sof 3, 8-9). A tale fine, dunque, credo che si riferiscano gli utili apporti [derivanti] dai salmi [432C] che hanno questo titolo. Concordano con questa concezione anche quelli che intitolano Per la vittoria o Epinicio o Per il vincitore;1226 poiché infatti la morte è stata ingoiata per la vittoria (1Cor 15, 54) ed è stata dissipata da Colui che ha detto: Io ho vinto il mondo (Gv 16, 33); e poiché tutto è stato vinto dal Cristo e nel nome di Lui ogni ginocchio si piegherà, nei cieli, e sulla terra, e sotto terra (Fil 2, 10),1227 a ragione lo Spirito Santo nei canti epinici preannuncia ciò che è in serbo.

L’uditorio chiamato a raccolta dallo Spirito Ascoltate queste cose, genti tutte, prestate orecchio, tutti coloro che abitano l’ecumene (Sal 48, 2); e quelli nati da terra e i figli degli uomini, in uno ricco e povero (Sal 48, 3). Grandissimo [è] l’uditorio, poiché il salmo convoca all’ascolto tutte le genti e tutti coloro che riempiono l’ecumene con le abitazioni.1228 [432D]   Vedi indice esegetico per l’interpretazione in base al prosōpon.   Questo richiamo di una triplice traduzione dall’ebraico -‘per la vittoria’, ‘epinicio’, ‘per il vincitore’, fatta risalire rispettivamente a Teodozione, a Simmaco e a Aquila - viene poi chiaramente ripresa da Gregorio di Nissa, Sui titoli dei salmi II, 2, 31 (SCh 466, 272, 4-6). Vedi In Ps 32, 7 § 5 [336B], In Ps 44, 1 § 2 [389A], In Ps 44, 3 § 4 [396B], In Ps 59, 10 § 4 [468A] e In Ps 59, 11 § 4 [468B] per l’attenzione prestata da Basilio alle varie traduzioni di un medesimo testo. 1227   Si noti il congiungimento di testo giovanneo con testo paolino. Quello che qui importa a Basilio è il riconoscimento giovanneo e paolino della vittoria assoluta del Cristo sulla morte e sul ‘mondo’, certezza questa che regge e sorregge la fede del credente in Cristo. 1228   Con Sal 48, 2 il Nazianzeno apre la sua prima invettiva contro Giuliano; Gregorio di Nazianzo, Contro Giuliano l’Apostata. Orazione IV, 1, 1. Ciò che preme al Nazianzeno è quanto Basilio evidenzia come prerogativa di questo salmo: avere un pubblico sterminato cui rivolgersi. 1225 1226

L’uditorio chiamato a raccolta dallo Spirito

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Trascina, credo, sia nati da terra sia figli degli uomini sia ricchi sia poveri e con questo alto annunzio li convoca all’ascolto.1229 Quale vedetta s’innalza tanto su tutta la terra [433A] da vedere da lontano tutte le genti e da abbracciare con l’occhio tutto l’ecumene? Quale araldo [è] dotato di voce così forte da gridare ciò che può essere udito contemporaneamente da tante orecchie? Qual [è] la regione che può accogliere coloro che si radunano? Quanto grande [è] il maestro e di che qualità quanto a sapienza da trovare gli insegnamenti degni di una simile assemblea? Attendi un poco ed imparerai che le cose che seguono sono degne della promessa. Infatti Colui che chiama a raccolta1230 e convoca tutto con l’annuncio è il Paraclito, lo Spirito della verità1231 (Gv 14, 17; Gv 16, 13; 1Gv 4, 6), che raduna quanti vengono salvati mediante profeti ed apostoli; poiché di essi in tutta la terra è uscita la loro voce e nei confini dell’ecumene le loro parole (Sal 18, 5); [433B] per questo dice: Ascoltate, genti tutte, e tutti coloro che abitano l’ecumene (Sal 48, 2). Per questo anche la Chiesa è composta da uomini delle più diverse condizioni, affinché nessuno sia lasciato fuori del beneficio. Tre infatti sono le coppie dei chiamati, nei quali l’intero genere degli uomini è contenuto: genti e1232 coloro che abitano l’ecumene (Sal 48, 2); nati da terra e i figli degli uomini; ricchi e poveri (Sal 48, 3).1233 Chi dunque ha lasciato fuori dall’ascolto? Quelli che sono estranei alla fede sono stati indicati mediante le genti. Quelli che sono nella Chiesa, coloro che abitano l’ecumene. Nati da terra coloro che pensano le cose terrene (cfr. Fil 3, 19)1234 e si   Eusebio osserva che, poiché l’intero genere umano è chiamato alla salvezza e deve presentarsi al giudizio finale di Dio, tutti sono chiamati all’ascolto dell’insegnamento sul giudizio di Dio. 1230   Qui Basilio usa il termine ekklēsiazōn per qualificare l’azione dello Spirito Santo. Senza l’azione dello Spirito è impossibile, nell’ambito intellettuale, condurre una vita conforme alla legge, come è impossibile tenere un buon ordine in un esercito senza comandante e l’accordo in un coro senza direttore; così non si dà l’economia in favore dell’uomo senza lo Spirito Santo, De Spir s XVI, 38 e 39. 1231   Vedi In Ps 1, 1 § 3 [216AB]. 1232   Nel testo greco c’è però un gar («infatti»). 1233   Eusebio osserva che il testo salmico specifica la rispettiva categoria degli abitanti del mondo; ma si limita a fare la semplice distinzione tra ‘cittadini’ e ‘terreni’; tra i liberi che ha avuto nobili natali e quelli rozzi; Eusebio, Commento ai salmi II. L’intero passo (con attenzione alla moltitudine degli uditori, alla triplice ‘coppia/sigizia e all’intera umanità) è ripreso da Gregorio di Nissa, Sui titoli dei salmi II, 12, 61 (SCh 466, 404, 4-19). 1234   Vedi anche In Ps 32, 8 § 6 [337B], In Ps 48, 12 § 7 [449A] e Destruam § 6 [273A]. Si noti il congiungimento di testo giovanneo con testo paolino. 1229

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attaccano ai voleri della carne (cfr. 1Gv 2, 16). Figli degli uomini coloro che praticano una certa premura ed esercizio* della ragione; infatti la facoltà logica [è] propria dell’uomo.1235 Ricchi e poveri [433C] hanno in se stessi dichiarata la peculiarità: gli uni superano il possesso delle cose necessarie, gli altri stanno nell’indigenza di queste. Poiché il Medico (cfr. Mt 9, 12) delle anime1236 non è venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori (cfr. Mt 9, 13) alla conversione, ha posto prima nella chiamata, in ciascun gruppo, la parte condannata. Peggiori [sono] infatti le genti di quelli che abitano l’ecumene, ma nondimeno sono state anteposte per la chiamata, affinché coloro che stanno male partecipino prima del beneficio [che viene] dal medico. Di nuovo i nati da terra sono stati collocati avanti ai figli degli uomini; e i ricchi avanti ai poveri. La categoria respinta e per cui è difficile la salvezza (cfr. Lc 18, 24) è stata chiamata prima dei poveri. Tale [è] infatti la filantropia* del medico verso i più deboli; ad essi per primi [433D] concede il beneficio. Nello stesso tempo la comunanza della chiamata è anche conciliatrice di pace, così che coloro che fino ad allora erano in opposizione gli uni contro gli altri per le loro condizioni, questi mediante la Chiesa si abituano gli uni agli altri alla carità.1237 Il ricco riconosca infatti che è stato chiamato con un annuncio dello stesso onore del povero. In uno - dice infatti - ricco   Vedi In Ps 1, 1 § 3 [217C] e più sotto In Ps 48, 13-14 § 8 [449BC]. Cfr. anche Rf 2 (913B); Hex IV, 5, 5: «il ‘logico’ è proprio dell’uomo, e la voce ‘uomo’ è semantica del vivente al quale appartiene tale proprietà»; Hex V, 4, 2-3: la ragione abita nell’uomo, fornito di ragione; vedi anche In Ps 115, 3-4 § 4 [109B] e Attende § 6 [212B]. In questa espressione si può scorgere un molteplice influsso: Aristotele definisce l’uomo zōon logon echon e zōon politikon, Aristotele, Topici V, 128 b 35; 130 b 9; Etica Nicomachea V, 1138 b 9 e Politica I 2, 1253 a 4. Crisippo, SVF III, 200 (Seneca Lettere a Lucilio 76, 9: in homine quid proprium est? Ratio); Zenone, SVF I, 149. Proclo, Sull’Alcibiade 18, 5-6; 73, 14; 157, 10; 168, 10W; cfr. sempre di Proclo, Elementi di Teologia §206D. Tale elemento è presente in Clemente Alessandrino, Stromati VIII, 6, 18, 7; 21, 1. Origene riconosce che ogni uomo è logico, Origene, Omelie su Geremia XIV, 10 (SCh238, 84, 8); anche se poi l’Alessandrino, a partire dal prologo giovanneo che parla del Logos-Dio, arriva a dire che in realtà «potremmo affermare che solo il santo è logico», Origene, Commento a Giovanni II, XVI, 114 (SCh 120, 284); cfr. X, XLV, 316-317 (SCh 157, 576, 7-9 e 12). Il Nisseno, con la voce di Macrina, definisce aristotelicamente l’uomo animale razionale/logico, Gregorio di Nissa, Sull’anima e la resurrezione II, 1 (PG 46, 52C GNO III/3, 35, 2-3). 1236   Cristo è il grande medico delle anime, vedi In Ps 33, 19 § 12 [380B]; Attende § 1 [200C] (con relativa nota) e § 4 [205A]; cfr. Ep 46, 6 (CP 242, 11).a 1237   Vedi In Ps 1 § 2 [212D]; In Ps 32, 3 §3 [329A]; In Ps 33, 4 § 3 [357B] per l’aspetto comunitario della fede e della vita cristiana. 1235

Cammino di perfezione e sinergia di bocca e cuore

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e povero (Sal 48, 3). Dopo aver abbandonato fuori il senso di superiorità verso gli inferiori e l’arroganza [derivante] dalla ricchezza*, così [436A] entra tu nella Chiesa di Dio. Né dunque il ricco disprezzi il povero, né il povero tremi davanti alla potenza di coloro che hanno abbondanza di mezzi; né i figli degli uomini stimino nulla quelli nati da terra, né i nati da terra a loro volta si estranino da questi. E le genti si abituino a quelli che abitano l’ecumene e quelli che abitano l’ecumene accolgano con carità coloro che sono estranei ai Testamenti.

Cammino di perfezione e sinergia di bocca e cuore >2.  La mia bocca parlerà sapienza, e la meditazione del mio cuore prudenza (Sal 48, 4). Poiché, secondo l’Apostolo, con il cuore si crede per la giustizia, con la bocca si professa la fede per la salvezza (Rm 10, 10)1238 e l’attività di ambedue in queste cose indica la perfezione*; per questo ‘il discorso salmico’ ha raccolto ambedue in uno, l’attività della bocca e la meditazione del cuore.1239 Se infatti il bene non è messo in serbo prima nel cuore (cfr. Lc 6, 45), come può metter fuori il tesoro attraverso la bocca (cfr. Lc 6, 45) colui che non lo possiede nel segreto (cfr. Mt 6, 4.6.18)? Se, [436B] pur avendo i beni del cuore, non li rende pubblici con la parola, gli verrà detto: Sapienza nascosta e tesoro non manifesto, quale utilità in ambedue? (Sir 20, 30). Perciò per il bene degli altri la mia bocca parli sapienza, e per il progresso* di noi stessi il cuore mediti prudenza.

Il profeta uditore dello Spirito. Il salterio pneumatico Inclinerò alla parabola il mio orecchio, aprirò nel salterio il mio tema (Sal 48, 5). Raccomanda ancora la sua stessa persona (prosopon) il Profeta, affinché non siano disprezzati i discorsi come proferiti da umana invenzione. Le cose che imparo, dice, da parte dello Spirito, queste a voi annuncio, non dicendo niente di mio, niente di umano; ma, poiché sono diventato uditore dei temi dello Spirito, che in mistero dà a noi la sapienza di Dio (cfr. 1Cor 2, 7), apro [436C] a noi e rendo manifesto il tema, e lo apro non altrimenti   Vedi sotto In Ps 48, 14 § 8 [452B].   Anche qui Basilio legge il salmo con un testo paolino: è una precisa esegesi.

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che col salterio. È il salterio* uno strumento musicale, che riproduce i suoni in armonia con la melodia della voce. Pertanto il salterio ‘logico’ si apre soprattutto allora, quando le azioni sono prodotte in armonia con le parole. E quegli è un salterio pneumatico,1240 colui che ha agito ed insegnato (cfr. At 1, 1).1241 Questi nei salmi apre il tema, ponendo davanti la possibilità degli insegnamenti dal suo stesso esempio.1242

Non temere il giorno cattivo Poiché dunque è in se stesso consapevole di nessuna cosa discordante né stonata nella vita, così in piena sicurezza pronuncia le parole che seguono: Perché avrò timore nel giorno cattivo? L’iniquità del mio calcagno [436D] non1243 mi circonderà (Sal 48, 6). Chiama ‘giorno cattivo’1244 quello del giudizio[437A], riguardo al quale è stato detto: il giorno del Signore è implacabile (cfr. Is 13, 9) per tutte le genti, giorno nel quale il profeta dice che ciascuno circonderanno le sue deliberazioni (cfr. Os 7, 2). Allora, dunque, poiché niente di iniquo è stato da me compiuto nel cammino della vita, non temo il giorno cattivo. Infatti non mi staranno intorno le impronte degli errori1245 né mi circonderanno adducendo contro di me la prova nell’accusa silenziosa.1246 Infatti nessun altro accusatore di te ci sarà che le stesse azioni, ciascuna presentandosi col suo proprio aspetto: l’adulterio, il furto, la lussuria, con la notte, con il modo, con le particolarità proprie che la caratterizzano e, in una parola, ciascun peccato si presenterà portando chiaro il   Altre interpretazioni del salterio in In Ps 29, 1 § 1 [305B] e in In Ps 32, 2 § 2 [325CD- 328AB].   Sono anche i caratteri del vero Maestro/Didascalo che si trovano perfetti in Cristo e che quindi il discepolo fa propri; per Cristo Maestro vedi anche In Ps 33, 7 § 5 [361C] e In Ps 44, 5 § 6 [401B]. 1242   In generale per il valore dell’esempio vedi nota a In Ps 33, 3 § 2 [356B]. 1243   Basilio deve avere trovato in qualche codice il ‘non’ di questo emistichio; pare improbabile che l’abbia aggiunto lui stesso di sua iniziativa. In Eusebio si ha «L’iniquità del mio calcagno mi circonderà» che egli interpreta in due modi: per Cristo il calcagno è Giuda, per noi è il peccato di Adamo, contro il cui calcagno il serpente ha potere, Eusebio, Commento ai Salmi, Sal 48, 6. 1244   Vedi Princ Prov § 14 [416A] per l’espressione «giorno cattivo» in riferimento al giorno del giudizio. Tale espressione, pur riferendosi al tempo terreno, ricorre in Ef 6, 13; al plurale è presente in Ef 5, 16, testo questo che compare in In Ps 33, 13 § 9 [372D] e Princ Prov § 13 [413A] 1245   Su questa convinzione di Basilio sulla permanenza o meno delle impronte dei peccati vedi anche In Ps 29, 13 § 7 [324A] e In Ps 33, 6 § 4 [361A]. 1246   Il libro della Sapienza prevede che le iniquità biasimeranno gli empi (Sap 4, 21). 1240 1241

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ricordo, insieme con il proprio carattere distintivo. Dunque non mi circonderanno le vestigia degli errori; perciò inclinavo alla parabola il mio orecchio, ho aperto nel salterio il mio tema (Sal 48, 5). [437B]

Il riscatto da pagare per ottenere la salvezza >3.  Quanti confidano nella propria potenza e si vantano della moltitudine della loro ricchezza (Sal 48, 7). Il discorso del profeta si rivolge a due ‘persone’: ai nati da terra e ai ricchi.1247 Agli uni parla atterrando la presunzione per la loro potenza, agli altri la superbia per l’abbondanza delle ricchezze*. Voi, dice, quanti confidano nella propria potenza (Sal 48, 7). Questi [sono] infatti i nati da terra, coloro che ripongono speranze nella forza del corpo e credono che la natura umana1248 sia sufficiente per raggiungere potentemente ciò che vuole. E voi, dice, quanti confidano nell’incertezza della ricchezza (1Tm 6, 17), ascoltate. A voi necessita il prezzo del riscatto per riavere la libertà, di cui siete stati privati poiché siete stati vinti dalla violenza del diavolo, il quale, avendovi presi come schiavi*,1249 non libera dalla propria tirannide prima che, persuaso da un prezzo del riscatto [437C] considerevole, preferisca scambiarvi.1250 Bisogna dunque che il prezzo del riscatto non sia della stessa specie1251 di coloro che sono trattenuti in prigionia, ma che di molto   Basilio legge già il v. 7 del Sal 48 alla luce della possibilità o meno per l’uomo di versare il ‘riscatto’ per la propria liberazione espressa da Sal 48, 8-9 che egli commenterà successivamente. 1248   Per il tema della comune natura umana vedi anche In Ps 14B § 1 [265C] e § 5 [280A]; In Ps 32, 13 § 8 [344A]; In Ps 48, 17 § 10 [456B]; Attende § 1 [197C]; Destruam § 1 [264A]. 1249   Sulla condizione dell’uomo che ha subito e subisce la tirannide di satana che lo rende suo schiavo, Basilio interviene più volte: De malo 7-8, 344-348 e 10, 352C; Baptisma 428B. Solo Cristo può liberare da tale condizione, dice qui Basilio, ma anche in De Spir s XIV, 31, 30-48. 1250   Basilio introduce così il discorso sulle prerogative del vero riscatto, che riesca a convincere il diavolo a liberare l’uomo. Pensieri analoghi erano già stati espressi da Origene, che così attivava lo schema mercantile per illustrare l’opera redentrice del Cristo e su cui ritorna più volte: Origene, Commento alla lettera ai Romani II, XIII (911C); Commento a Giovanni VI, LIII, 274 (SCh 157, 336, 9-338, 15) (Ap 5, 9); Omelie sull’Esodo VI, 9 (SCh 321, 192, 26-196, 72); Omelie su Levitico XV, 2 (SCh 287, 254, 21-36). Tale schema prevede che il lytron va dato al nemico che tiene schiavi gli uomini e che li lascia andare solo se può prendersi, al posto dei prigionieri, un consistente, tēlikouton kai tosouton, prezzo di riscatto, come dice appunto Origene, Commento a Matteo XVI, 8 GCS XI, 500. Anche il Nisseno asserisce che il diavolo, in vista del riscatto dell’uomo, non si accontenta di un prezzo qualsiasi per soddisfare il proprio orgoglio, Gregorio di Nissa, La grande catechesi XXIII, 1 (GNO III/4, 58, 4-16). 1251   Questa espressione, come l’altra che troveremo in seguito (non cercare ‘un fratello’), 1247

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differisca nella misura, se avesse in animo di liberare volontariamente dalla schiavitù i prigionieri.1252 Perciò un fratello non può riscattare voi (cfr. Sal 48, 8a).1253 Infatti nessun uomo1254 è in grado di convincere il diavolo a lasciare andar via dal suo potere colui che una volta gli si era sottomesso; e quest’uomo neppure è capace di offrire a Dio un sacrificio espiatorio per i propri peccati.1255 Come dunque avrà la forza di realizzare ciò per un altro? Che cosa anche potrebbe possedere di tanto prezioso in questo secolo da avere un prezzo di scambio valevole per l’anima (cfr. Mc 8, 37) [che è] preziosa (cfr. Pr 6, 26) per natura, poiché è stata fatta ad icona di Colui che l’ha creata (Col 3, 10; cfr. Gen 1, 27)? Quale fatica del presente secolo [è] un viatico1256 sufficiente del secolo futuro per l’anima umana? è paradossale e può prestarsi ad essere equivocata. Ma dal contesto risulta chiaro che per Basilio Cristo, se vuole operare la salvezza dell’uomo, non può essere semplicemente uomo, altrimenti ricadrebbe nella condizione dell’umanità impossibilitata a liberarsi dalla prigionia del diavolo e della morte. 1252   Origene sa che per noi uomini peccare è divenire prigionieri di satana; cfr. ad es. Origene, Omelie su Geremia I, 3-4 (SCh 232, 200-202). 1253   Basilio anticipa qui il v. 8a del Sal 48. 1254   Dunque né un uomo né un fratello può operare la salvezza dell’uomo. Per cui nessun uomo può salvare se stesso e neppure lo possono il legame umano e il legame di fratellanza; anche questi sono impotenti a riscattare l’uomo. 1255   L’impianto stesso del discorso di Basilio obbliga a porsi una decisiva domanda: A chi il riscatto? Il Nazianzeno si pone la domanda: versare il sangue al diavolo/ malvagio sarebbe assurdo: questi riceverebbe una ricompensa straordinaria per la sua tirannide; se a Dio, sarebbe se non altro sorprendente perché Dio non ne ha bisogno, lui che ha preferito l’ariete a Isacco. Egli risponde che Dio riceve il riscatto solo per l’economia di salvezza, dal momento che bisognava santificare l’uomo con l’umanità di Dio. E questo per poterci liberare dal tiranno, sopraffatto con la forza, e ricondurci a sé attraverso la mediazione del Figlio, che ha versato il suo sangue in onore del Padre, alla cui volontà è evidente che si rimette in ogni circostanza», Gregorio di Nazianzo Orazioni 45, 22. R. Schwager, Der Sieg Christi über den Teufel, in Zeitschr. F. Kath. Theol. 103(1981), 156-177 (160-168: il primo a parlare del versamento del giusto prezzo del riscatto al diavolo è stato Marcione, Origene si è rifiutato di aderire a tale prospettiva). Basilio rimane sulle generali parlando di sacrificio espiatorio da offrire a Dio. 1256   Per il termine ephodion vedi nota a In Ps 28, 1 § 1 [281B]. Emerge in questo tratto dell’omelia la consapevolezza di Basilio per il quale l’uomo va visto e dunque valutato nella sua interezza, considerandone il suo inizio (protologia) e il suo destino ultimo (escatologia). Il suo valore è di essere stato fatto a immagine di Dio e di essere destinato alla comunione con Lui. L’uomo riceve questo ‘destino’ da Dio e quindi non è in suo possesso; lo ha solo in quanto donato. Se questa è la sua condizione creaturale, anche la sua eventuale salvezza è solo dono e dono di Dio.

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Dunque abbiamo compreso queste cose in modo tanto [437D] più semplice. Anche se sembrasse essere uno di coloro che hanno molto potere in questa vita, anche se fosse circondato da una moltitudine di possessi, ‘il discorso salmico’ insegna a abbassare la presunzione*e ad umiliarsi sotto la potente mano di Dio (cfr. 1Pt 5, 6) e a non confidare in una presunta potenza né vantarsi per la moltitudine della ricchezza.

L’uomo santo perfetto non può salvare l’anima propria e altrui Tuttavia [è] possibile anche innalzarsi un po’ nel pensiero e considerare quanti confidano nella loro potenza [440A] e si vantano della moltitudine della loro ricchezza in relazione alle potenze dell’anima, poiché neppure essa è autosufficiente per la salvezza.1257 Ed infatti, anche se ci fosse qualcuno di perfetto fra i figli degli uomini,1258 non essendoci la sapienza che viene da Dio,1259 sarà valutato un nulla (Sap 9, 6). Ed anche se si fosse procurato una massa di teorie derivanti dalla sapienza del mondo1260 (1Cor 1, 20; 1Cor 3, 19) e possedesse una certa ricchezza di conoscenza, ascolti tutta la verità della cosa: che ogni anima umana è caduta sotto il cattivo giogo della schiavitù (Gal 5, 1)1261 del comune nemico di tutti; e, privata della libertà [ricevuta] da Colui che l’ha creata, è stata fatta prigioniera a causa del peccato (cfr. Gv 8, 34; Rm 6, 17-20). E ad ogni prigioniero è necessario il prezzo del riscatto per la libertà.1262   Vedi In Ps 33, 3 § 2 [353C]: la salvezza non sta in potenza di uomo né in sapienza, ma nella grazia di Dio. 1258   Tale espressione appartiene sia al Sal 48, 3 che a Sap 9, 6. 1259   Con «da Dio» Basilio sostituisce l’espressione orante «da te» del testo della Sapienza. 1260   L’espressione paolina richiamata anche in In Ps 115, § 1, [104C] e Princ Joannis § 1 [472C]. 1261   Come per Ireneo (cfr. Contro le eresie IV, 37, 4ss), per Gregorio di Nissa (ad es. La creazione dell’uomo PG 44, 184B) e per Gregorio di Nazianzo (ad es. Sulla santa Pasqua 3 PG 36, 632C), anche per Basilio l’uomo è stato creato ad immagine di Dio perché Questi gli ha fatto dono della libertà, della facoltà di autodeterminarsi. Ed è proprio tale facoltà che l’uomo ha perso col peccato e, poiché essa è divina, nessun uomo può restituirgliela se non Dio stesso. Ora l’umanità tutta è prigioniera del diavolo trovandosi dunque in una amarissima schiavitù (In Ps 48, 453A) avendo assunto l’immagine del terrestre (Ibid 452A). Solo Dio può salvarla. 1262   Si tratta di un ‘dato popolare’ entrato nella riflessione teologica, già a partire da affermazioni del NT, quelle evangeliche espresse in Mt 20, 28 e Mc 10, 45 e soprattutto quelle paoline quali Col, 14; Ef 1, 17; 1Tm 2, 6 e Tt 2, 13-14. In tal senso si erano espressi autori conosciuti da Basilio: Ireneo (ad es. Contro le eresie V, 1, 1 e V, 2, 1-2) e Origene, che aveva affermato: «Questo è l’Agnello, che secondo certe ragioni ineffabili, è diventato sacrificio di espiazione per l’universo mondo, avendo accettato perfino di essere immolato per esso secondo la misura dell’amore del Padre verso gli uomini: con il suo sangue ci 1257

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XI. SALMO 48

Dunque né il fratello può riscattare il proprio fratello né ciascuno se stesso con le proprie forze; perché occorre che colui che riscatta sia molto migliore [440B] di colui che è stato fatto prigioniero ed ormai è in stato di schiavitù. Ma anche neppure l’uomo in generale ha il potere presso Dio da offrire anche un sacrificio espiatorio per colui che ha peccato, poiché anche lui stesso [è] reo di peccato. Tutti infatti hanno peccato e sono privi della gloria di Dio, giustificati gratuitamente per la sua grazia in forza della redenzione in Cristo Gesù (Rm 3, 23-24) nostro Signore.1263

Solo l’Uomo Dio Gesù Cristo offre un sacrificio espiatorio >4.  Non darà dunque a Dio un sacrificio espiatorio per se stesso (Sal 48, 8b) ed il prezzo della redenzione della sua anima (Sal 48, 9). Non cercare dunque il fratello per la redenzione, ma Colui che supera la tua natura; né un semplice uomo1264 ma l’Uomo Dio Gesù Cristo (cfr. 1Tm 2, 5-6),1265 che, anche da solo, [440C] può offrire un sacrificio espiatorio a Dio per tutti noi, perché Lui Dio pose davanti quale propiziatorio grazie alla fede nel suo stesso sangue1266 (Rm 3, 25). ha ricomprati (cfr. Ap 5, 9) da colui che ci aveva comprati, in quanto ci eravamo corrotti per i peccati», Origene, Commento a Giovanni VI, LIII, 274 (SCh 157, 338, 10-15). 1263   Basilio imposta l’argomentazione soteriologica (l’uomo non viene salvato dall’uomo) dal dato cristologico sviluppando il pensiero biblico (cfr. Rm 8, 3) e risalendo al dato tradizionale come quello espresso da Ireneo che aveva sostenuto che «il bene della nostra salvezza non viene da noi (l’umana impotenza!) ma da Dio», Ireneo, Contro le eresie III, 20, 3. L’A Diogneto IX, 1 esprime un’identica convinzione: «era impossibile, per quanto fosse in noi, entrare nel regno di Dio… e solo per la sua potenza ne siamo capaci». Il Nisseno riprende il discorso basiliano sottolinenando anch’egli l’impossibilità dell’uomo a procurarsi la salvezza; si serve anch’egli dell’esemplificazione del riscatto da versare: quanti hanno ceduto e venduto la propria libertà sono diventati schiavi dei compratori e «e non è consentito né a loro e nessun altro per loro, reclamare la libertà, fossero pure di nobile famiglia quelli che si sono implicati in questa mala sorte», Gregorio di Nissa, La grande catechesi XXII, 1 (GNO III/4, 57, 14-19). Cabasilas dirà cose analoghe, Nicola Cabasilas, Vita in Cristo I, 5 (516B): nessun uomo è puro da colpa; nessuno può pagare il debito per sé solo anche se morisse più volte. 1264   L’espressione ricorre anche in Amfilochio d’Iconio, Omelie V, 2 (SCh 552, 364). 1265   In questo passaggio Basilio si ispira a 1Tm 2, 5-6 -vi è un solo mediatore tra Dio e gli uomini «l’uomo Gesù Cristo che ha dato se stesso in riscatto per tutti» - aggiungendo ‘Dio’ accanto a ‘uomo’ per cui il paolino ‘l’uomo Gesù Cristo’ diviene ‘l’uomo Dio Gesù Cristo’. Con tale intervento mentre fornisce la giusta esegesi del brano, si oppone anche a quanti riducono Cristo a un semplice uomo. Nello stesso tempo evidenzia in Cristo la presenza della divinità la sola capace di riscattare l’umanità. 1266   Per la ricorrenza del riscatto operato da Cristo mediante il sangue vedi nota a In Ps 33, 23 § 14 [385C]. Basilio precisa il suo pensiero: egli non esclude l’umanità dal Cristo,

Il riscatto da pagare per ottenere la salvezza

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Mosè era fratello di Israele; ed ugualmente non poté riscattarlo. Come dunque un uomo qualunque riscatterà? Perciò da un lato dichiara apertamente: il fratello non riscatta (Sal 48, 8a); dall’altro in maniera interrogativa, con gravità, inferisce: riscatterà un uomo? (Sal 48, 8a)1267 Non liberò infatti [Mosè] il popolo dal peccato, ma scongiurò lo sdegno di Dio per il peccato. Questi dunque neppure poté dare un sacrificio espiatorio per se stesso, essendo incorso in peccato; infatti, dopo tanti e tali prodigi e segni che vide, emise quella voce dubbiosa: Ascoltatemi, increduli. Forse da questa pietra faremo scaturire acqua per voi? (Nm 20, 10). Per questo anche il Signore per [440D] questa parola disse a Mosè ed Aronne: Poiché non avete creduto in me,1268 per santificarmi davanti ai figli di Israele, per questo voi non guiderete questa adunanza nella terra che ho dato a loro (Nm 20, 12). Non darà dunque1269 a Dio un sacrificio espiatorio per se stesso (Sal 48, 8b). anzi lo definisce pienamente uomo; ma pone l’accento sulla sua divinità. Per lui Cristo è l’Uomo Dio, anche se il suo farsi Uomo appartiene non all’umano ma al suo essere Dio. Non per nulla nell’In Ps 32, 3 (cantate al Signore un canto nuovo) Basilio precisa che ‘nuovo’ va interpretato come ‘paradossale’ riferendosi all’inumanizzazione (enanthrōpēsis) del Cristo avvenuta in maniera prodigiosa superando ogni natura (328C), rilievo questo presente anche nell’omelia In Christi gen 4 (1465A). Non per questo il Cappadoce misconosce la vera umanità del Cristo; sua premura è non ridurre il Cristo a semplice uomo. 1267   Mentre alcuni leggono i due enunciati di 48, 8ab con una negativa che li ingloba entrambi, Basilio legge come una interrogativa retorica il secondo enunciato, cfr. L. Alonso Schökel, Salmi /1, Roma 1992, 785. La figura di Mosè rappresenta per Basilio l’intero popolo di Israele ma anche l’umanità nel suo insieme. Con ciò egli asserisce che un uomo, per quanto grande e santo, non può far nulla presso Dio a favore di sé e degli altri uomini. 1268   Basilio ha aggiunto «in me». 1269   Con questo «dunque» inserito nel versetto Basilio conclude la descrizione della situazione dell’umanità la quale da sé non può trovare alcun modo di salvarsi. Con ciò esclude l’eventualità che non ci sarebbe stato bisogno di salvezza se tutti gli uomini fossero stati della levatura spirituale di un Mosé di un Elia o di un san Paolo. L’ipotesi è stata presentata dal Nisseno in un testo scritto contro gli apollinaristi: «Dunque, se tutti, alla maniera di Mosé potessero entrare nell’oscurità dove Mosé vide le cose invisibili; o come l’eccelso Paolo, essere elevati sopra tre cieli ed apprendere nel paradiso le verità ineffabili circa le realtà che stanno al di sopra della parola; o come l’ardente Elia, essere elevati alla regione celeste senza essere appesantiti dal bagaglio del corpo; o come Ezechiele ed Isaia vedere sul trono della gloria colui che si eleva al di sopra dei Cherubini ed è glorificato dai Serafini, allora non ci sarebbe stato bisogno della manifestazione del nostro Dio nella carne […]; per questo il vero medico […] in certo qual modo si fece debole della debolezza della nostra natura e divenne carne», Gregorio di Nissa, Lettera a Teofilo (PG 45, 1273C; Müller 124; Bellini, Su Cristo, 330). Sorprende questa ipotesi, anche se il Nisseno sta trattando della visione della natura superiore. Comunque anch’egli afferma che tutti gli uomini, senza eccezione alcuna, hanno peccato, per cui nessuno può rifiutare l’invocazione della Preghiera

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XI. SALMO 48

Che cosa può trovare infatti l’uomo di così prezioso per darlo in riscatto della propria anima? (cfr. Mc 8, 37)1270 Ma una sola cosa è stata trovata per tutti gli uomini insieme di eguale valore, che è stata data in [441A] prezzo di riscatto per la nostra anima, il santo e preziosissimo sangue1271 (cfr. 1Pt 1, 19) del Signore nostro Gesù Cristo, che versò per tutti noi; per questo anche siamo stati comprati a caro prezzo (cfr. 1Cor 6, 20; 1Cor 7, 23).1272 Se dunque un fratello non riscatta, riscatterà un uomo? (Sal 48, 8a)1273 E se un uomo non può riscattarci, Colui che ci ha riscattati (cfr. Tt 2, 14; 1Pt 1, 18) non [è] un uomo.1274 Dunque, per il fatto che è vissuto fra noi in somiglianza di carne di peccato (Rm 8, 3), non supporre del Signore «rimetti a noi i nostri debiti», neppure chi penasse di essere grande «come quel famoso Elia o quel grande tra i nati di donna simile ad Elia nello spirito e nella potenza, o Pietro o Paolo o Giovanni o qualcun’altro egli uomini ricordati dalla divina scrittura per i loro meriti»; tale invocazione va fatta «con disposizione di animo tale che se qualcuno fosse Mosé o Samuele o un altro degli uomini che si distinguono per la loro virtù, nondimeno consideri adatta a sé questa espressione, perché essendo uomo è partecipe della natura di Adamo e quindi della caduta», Gregorio di Nissa, Sulla preghiera del Signore V(GNO VII/2, 64-66; PG 44, 1184AD). Basilio insiste sempre nella propria convinzione: pure Mosè è peccatore, incapace dunque di redimere se stesso e tanto meno gli altri; vedi anche De Bapt 1624A. 1270   Clemente Alessandrino, richiamando il fatto che Euripide parlava di un sacrificio raro a trovarsi -espressione che compare anche in Platone in Fedone 66, 4, - afferma che per i cristiani l’olocausto, la vittima rara, è il Cristo, Clemente Alessandrino, Stromati V, 11, 70, 3-4. 1271   Vedi poco sopra [440C]. 1272   Basilio, ispirandosi alla dottrina della redenzione di Origene (cfr. Commento a Matteo XVI, 8 in cui sono collegati 1Pt 1, 19 e 1Cor 6, 20 e 7, 23), risolve finalmente l’interrogativo sulla possibilità della salvezza presentando con enfasi retorica la persona di Cristo come il vero hilasterion, l’unico propiziatorio per la salvezza e la liberazione degli uomini. Egli ripete più volte questa affermazione generale: «Bisogna infatti che il Signore ‘gustasse la morte per tutti’ (Eb 2, 9) e divenendo hilasterion del cosmo, giustificasse tutti ‘nel suo sangue’ (cfr. Rm 3, 25; 5, 9)», Ep 260, 9 (III, 114, 12-115, 1). La stessa idea ripete in Rb 271; Rb 10 (con allusione a 2Cor 7, 1); De Bapt 1520B: libertà dal peccato e riscatto); I, 2 (1540AB: impossibile essere generati di nuovo senza essere prevenuti dalla Grazia di Dio [Rm 5, 8-10] e senza il dono della remissione dei peccati [Rm 5, 18 e 6, 3]); In Ps bb59 465AB; Ep 229, 1 (III, 34, 10-11) del 375 scritta ai chierici di Nicopoli (il sangue di Cristo versato per le Chiese). 1273   Basilio solo ora riporta il v. 8 del Sal 48; ma di fatto è tale versetto ha ispirato l’impostazione dell’omelia basiliana. 1274   Si tratta di una affermazione scandalosa e paradossale ma voluta ad effetto da Basilio con le sottili armi della retorica e del sillogismo: se Cristo ha operato la salvezza degli uomini non può averla compiuta da semplice uomo. Il grande Vescovo, di fatto, non fa esprimere una realtà tradizionale già presentata da Origene: «Risponde a verità chiamarlo [Gesù] uomo, uomo in rapporto al poter accogliere la morte, non uomo secondo quello che è più divino dell’uomo», Origene, Commento a Giovanni X, VI, 23 (SCh 157, 396, 4-7; GCS IV, 176).

Il riscatto da pagare per ottenere la salvezza

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che il nostro Signore sia soltanto un uomo, ignorando la potenza della sua divinità1275 (cfr. Mt 22, 29; Rm 1, 20); Egli non ebbe necessità di dare a Dio il sacrificio espiatorio per se stesso ( Sal 48, 8b) né di riscattare la propria anima, perché non fece peccato né fu trovato inganno sulla sua bocca (1Pt 2, 22; Cfr. Is 53, 9).1276 Nessuno dunque [è] in grado di redimere se stesso, se non viene colui che allontana la schiavitù* del suo popolo (cfr. Am 9, 14), non con prezzo di riscatto né con doni, [441B] come è scritto in Isaia (cfr. Is 52, 3), ma nel suo stesso sangue (Rm 3, 25; cfr. Ap 5, 9). Egli, noi che non eravamo fratelli ma eravamo divenuti nemici a causa dei peccati (cfr. Col 1, 21 Rm 5, 10; Ef 2, 1.5), pur non essendo un semplice uomo,1277 ma Dio, dopo la libertà di cui ci fa grazia (cfr. Gal 5, 1), ci chiama anche suoi fratelli (Eb 2, 12).1278 Annuncerò -dice infatti - il tuo nome ai miei fratelli (Eb 2, 12; cfr. Sal 21, 23). Colui che dunque ci ha riscattati, se consideri la sua natura, non [è] né fratello né uomo; ma se consideri la sua discesa* presso di noi per effetto della sua grazia, e ci chiama fratelli e all’umano discende, Lui che non darà a Dio un sacrificio espiatorio per se stesso (Sal 48, 8b) ma per tutto il mondo. Infatti non ha bisogno di sacrificio espiatorio, ma è Egli stesso il propiziatorio (cfr. Rm 3, 25).1279 [441C] Tale infatti era il sommo sacerdote che ci occorreva, santo, innocente, senza macchia, separato dai peccatori ed elevato sopra i cieli; Egli non ha bisogno ogni giorno, come i sommi sacerdoti, di offrire sacrifici prima per i propri peccati, poi per le colpe del popolo (Eb 7, 26-27).1280   Origene sa che alcuni rifiutano la divinità del Cristo limitandosi ad affermarne solo l’umano e viceversa, Origene, Commento a Giovanni X, VI, 24 (SCh 157, 396, 8-398, 16). Chi nega la divinità del Cristo è meno scusabile dei doceti, i quali non ammettono la realtà umana del Signore, e incorre nella maledizione di Geremia (Ger 17, 5) per chi confida nell’uomo, Origene, Omelie su Geremia XV, 6 (GCS III, 130; SCh 238, 126). A Basilio preme mettere le giuste basi per il suo discorso soteriologico: solo Dio può redimere l’umanità peccatrice. 1276   A Basilio preme affermare che Cristo è senza peccato, che la sua umanità è santa; per cui egli può salvare pur avendo una carne che comunque è senza peccato. 1277   Basilio esplicita qui la sua convinta certezza che ha fatto da supporto all’intero suo argomentare soteriologico-cristologico: Cristo non è un semplice uomo. 1278   L’esito dell’opera redentrice del Cristo è che gli uomini possono diventare fratelli di Cristo e dunque figli di Dio. Trattando della connessione dello Spirito Santo con l’evento del Battesimo, Basilio aveva affermato che attraverso il battesimo stesso e la conoscenza di Dio l’uomo era divenuto figlio di Dio, essendo fino ad ora nemico di Dio a causa del peccato, De Spir s X, 26. 1279   L’opera salvifica di Cristo non è esterna alla costituzione personale del Cristo. 1280   Questa ulteriore e determinante citazione dello scritto Agli Ebrei mostra che non solo Basilio ignora tale scritto ma che anzi lo introduce nei passaggi decisivi della sua riflessione teologica. 1275

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XI. SALMO 48

Poi dice: E si affaticò nel secolo, e vivrà fino alla fine (Sal 48, 10a). La vita-in-se-stessa,1281 la potenza, l’infaticabile1282 natura, si affaticò in questo secolo (1Cor 3, 18; Ef 1, 21), quando affaticato per il cammino, si sedeva presso la sorgente (Gv 4, 6).1283

Vita eterna dei virtuosi e morte dei ‘sapienti’ >5.  Egli non vedrà la corruzione, mentre vede morire i sapienti (Sal 48, 10b) Infatti il Padre non permetterà che il suo santo veda la corruzione (Sal 15, 10; At 2, 27) quando moriranno quanti si vantano della sapienza che viene annullata (cfr. 1Cor 2, 6). E se vuoi prendere le cose dette come riferite anche agli uomini giusti, ricordati di Giobbe quando dice: Un uomo nasce alla fatica (Gb 5, 7); ed [441D] ancora dell’Apostolo: Ho faticato più di tutti loro (1Cor 15, 10) e di più in fatiche (2Cor 11, 23).1284 Colui dunque che si affaticò in questo secolo, questo vivrà fino alla fine (Sal 48, 10a); chi invece trascorre la vita in mollezza ed ogni rilassatezza, è vestito di porpora e bisso nella vita molle e banchetta ogni giorno lautamente (Lc 16, 19) e fugge le fatiche* per la virtù, non si affaticò in questo secolo né vivrà nel futuro, ma guarderà da lontano (cfr. Lc 16, 23) la vita, mentre è tormentato nella fiamma (cfr. Lc 16, 24) della fornace (cfr. Ap 9, 2). Colui che invece ha sudato nelle [444A] infinite lotte* per la virtù ed è stato provato* di più in fatiche (2Cor 11, 23) per ottenerla, questi è colui che potrà vivere fino alla fine, come Lazzaro che molto si era affaticato in sofferenze (cfr. Lc 16, 20); come Giobbe1285 che si era molto affaticato nelle lotte contro l’avversario, Lì - dice infatti - riposarono gli affaticati (Gb 3, 1281   Cfr. Atanasio, Epistola a Serapione I, 23; 4, 20 (PG 26, 584B; 669B); Gregorio di Nissa, Contro Eunomio III, VI, 76 (GNO II, 212, 25). 1282   Cfr. pseudo Basilio, Exhortatio de renuntiatione saeculi 6, (2.208A; PG 31, 640B), in altro contesto. 1283   L’affermazione di Basilio va accolta in tutta la sua coerenza e paradossalità. Se la salvezza è opera divina, la divinità del Cristo non può non aver patito. È la vita stessa, la Potenza divina che si affatica nel tempo dell’esistenza storica del Cristo. Tale affermazione va collegata con quanto Basilio aveva espresso nel De Spir s VIII, 18, 5-36. Con ciò Basilio cambia radicalmente il concetto greco di ‘passione’: solo con la sua ‘passione’ la Divinità ha potuto mostrare la sua onnipotenza e la sua filantropia. 1284   Solita tecnica esegetica: collegare-interpretare il VT col NT, con un testo di Paolo. 1285   Per la figura di Giobbe vedi anche In Ps 29, § 2 [309B] (e relativa nota), In Ps 48, 19 § 10 [457A] e Destruam §1 [216B].

Vita eterna dei virtuosi e morte dei ‘sapienti’

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17). Per questo anche il Signore chiama al riposo quelli che sono affaticati e gravati, (cfr. Mt 11, 28). Come dunque quelli che si affaticano nelle buone azioni sono detti ‘gravati’? Perché procedendo procedevano e piangevano, gettando1286 i propri semi; ma ritornando verranno in esultanza, portando i loro covoni (Sal 125, 6), pieni di frutti, ridati a loro in corrispondenza a quanto seminato. Dunque sono detti ‘gravati’ (cfr. Mt 11, 28) quelli che, per il fatto di aver seminato [444B] in abbondanza, in abbondanza anche mietono (cfr. 2Cor 9, 6) e raccolgono con letizia eterna per se stessi i covoni dei frutti pneumatici. Dunque colui che è stato riscattato per il sacrificio espiatorio di Dio che [lo] ha offerto per lui, questo si affaticò in questo secolo ma dopo queste cose vivrà fino alla fine. Egli anche non vedrà la corruzione, mentre vede morire i sapienti (Sal 48, 10b). Chi ha scelto la via stretta e faticosa invece di quella piana e comoda* (cfr. Mt 7, 13; Lc 13, 24), nel momento della visita di Dio (cfr. 1Pt 2, 12), mentre verranno condotti all’eterna punizione (Mt 25, 46) quelli che non hanno creduto alle parole di Dio, poiché sono andati dietro ai voleri del loro stolto cuore (cfr. Sal 13, 1), egli non vedrà l’eterna corruzione, la sofferenza senza fine. Chiama ‘sapienti’ o quanti sono addestrati in astuzia, dei quali Geremia dice [444C] che sapienti sono nel fare il male, ma non conoscono1287 il fare il bene (cfr. Ger 4, 22) o sapienti dice anche i discepoli dei principi di questo secolo che saranno annientati (1Cor 2, 6) i quali, vantandosi di essere sapienti, divennero stolti (Rm 1, 22).1288 Per questo la sapienza di questo mondo è follia presso Dio (1Cor 3, 19). E per il fatto che questa sapienza rende folli, Dio dice che distruggerà la sapienza dei sapienti e rifiuterà la prudenza dei prudenti (cfr. 1Cor 1, 19; Is 29, 14). La convinzione di questa falsa conoscenza procura dunque causa di morte a coloro che l’hanno accolta; questa morte non vedrà chi è stato riscattato da Colui che si è compiaciuto di salvare nella follia dell’annuncio coloro che credono (1Cor 1, 21).

  Basilio sostituisce «portando» del salmo con «gettando», che appare più idoneo al gesto richiamato. 1287   Basilio sostituisce col presente l’aoristo di Geremia. 1288   Rm 1, 22 è citato da Basilio nell’omelia De humilitate 528CD: divengono stolti i discepoli del principe di questo mondo maestro dell’umana sapienza. 1286

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XI. SALMO 48

Doppia categoria dei ‘sapienti’: stolti e insensati >6.  Lo stolto e l’insensato periranno insieme, e lasceranno ad estranei la loro ricchezza (Sal 48, 11). E i loro sepolcri, case loro per l’eternità. Loro tende di generazione in generazione. [444D] Hanno scritto i loro nomi sulle terre (Sal 48, 12). Sopra con un solo nome, quello generico, ha chiamato ‘sapienti’ quelli che ora, distinguendoli, dice ‘stolti’ ed ‘insensati’.

- i sapienti [È] chiaro che li ha detti ‘sapienti’ servendosi del nome [derivante] dalla loro opinione. E come anche [445A] chiama ‘dei’ coloro che non lo sono per natura (cfr. 1Cor 8, 5), seguendo l’uso abituale1289 di quelli che hanno errato, così pure ha chiamato ‘sapienti’ gli stolti ed insensati. [È] possibile dunque con il pensiero distinguere lo stolto dall’insensato.

- gli stolti Infatti stolto è colui che è privo di prudenza1290 e che non si rapporta con capacità di distinzione verso le cose comuni ed umane. Del resto anche il linguaggio abituale chiama ‘prudenti’1291 coloro che nelle cose della vita sanno distinguere l’utile ed il dannoso; come è stato detto anche nel Vangelo: poiché i figli di questo secolo sono più prudenti dei figli della luce verso la loro stessa generazione (Lc 16, 8). Non infatti semplicemente ‘più prudenti’, ma in rapporto al modo di vivere questa vita nella carne (cfr. 1Pt 4, 2.6; Fil 1, 22; Gal 2, 20). Questi sono detti anche amministratori di ingiustizia (Lc 16, 8) per la prudenza dell’amministrazione della loro vita. Secondo [445B] questo significato, prudenti sono pure i serpenti (cfr. Mt 10, 16) perché preparano nascondigli per loro stessi e nei pericoli in ogni modo evitano i colpi alla testa.1292   Da contrapporre a quella biblica.   Si noti il gioco di parole (intraducibile in italiano) per cui aphrōn è colui che privo di phronēsis. Questa virtù è definita in In Ps 29, 8 § 5 [316C] come costituita da speculazioni sul tema (topos) delle cose buone e cattive. 1291   Phronimos in contrapposizione a aphrōn, sempre in rapporto all’etimologia dei due termini. 1292   Questo passaggio omiletico (445AB) in riferimento al serpente e alle due citazioni bibliche di Lc 16, 8 e Mt 10, 16 ha un suo corrispondente nell’omelia Princ Prov § 6 [397C-400A]. 1289 1290

Accezione ‘giudaica’ di insensato e ‘pagana’ di stolto

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- gli insensati Invece è detto ‘insensato’ chi non ha le caratteristiche distintive dell’uomo.1293 Queste sono1294 la conoscenza di Dio Padre1295 e l’accettazione1296 del Logos essente1297 in principio presso Dio (cfr. Gv 1, 2) e l’illuminazione che sgorga dallo Spirito Santo;1298 hanno questo pensiero coloro che possono dire con Paolo: Noi abbiamo il pensiero di Cristo (1Cor 2, 16).1299 La consuetudine della Scrittura del resto si serve anche scambievolmente di queste parole, quando dice stolto l’a/teo nel passo: disse lo stolto in cuor suo: non c’è Dio (Sal 13, 1); e di nuovo quando chiama insensato ciò che è dannoso per la vita, come l’Apostolo riguardo a coloro che cadono nei desideri [445C] insensati e nocivi (cfr. 1Tm 6, 9). Così dunque lo stolto e l’insensato vengono trascinati all’unico fine comune, la perdizione (1Tm 6, 9).

Accezione ‘giudaica’ di insensato e ‘pagana’ di stolto Qualcuno può dire che è stato chiamato ‘stolto’ colui che vive come ‘i gentili’, ‘insensato’ colui che invece vive alla maniera giudaica secondo la semplice osservanza della legge.1300 A questo stolto infatti disse Dio a causa dell’a/teismo in lui insito: Stolto, in questa notte portano via1301 da te la tua anima (cfr. Lc 12, 20). Insensato è stato chiamato Israele secondo la carne (1Cor 10, 18) secondo il profeta, che dice: ed era Efraim come colomba insensata; chiamava Egitto ed andava1302 verso gli Assiri (cfr. Os 7, 11). 1293   Come subito qui sopra (445A) ha fatto con aphrōn in rapporto a phronēsis, anche qui Basilio sfrutta le possibilità offerte dall’alpha privativo nella composizione degli aggettivi: l’‘insensato’ (a/nous) è colui che è privo di quel nous che invece hanno quanti hannno il nous di Cristo. 1294   In In Ps 28, 1 § 2 [284C-285A] sono definite in modo simile le caratteristiche di chi parla nell’ordine dovuto di Dio. 1295   Riferimento alla teologia giovannea. 1296   Si noti che il termine paradochē in Basilio compare qui e In Ps 115, 1-2 § 1 [104B] (in riferimento all’accettazione della divinità dell’Unigenito). 1297   Compare ancora il participio presente «essente» invece dell’imperfetto «era». 1298   Su questo percorso (hodos) di conoscenza cfr. De Spir s XVIII, 47, 17-19; Ep 226, 3 (III, 27, 28-40). Già Ireneo mostrava tale dato; cfr. Ireneo, Dimostrazione apostolica VII, 41; Contro le eresie IV, 20, 5; V, 36, 2. Si vedano poi ad es. Nicola Cabasilas, Vita in Cristo II, 9 (565C); Giovanni Damasceno, Sulle immagini III, 18 (PG 95, 1340AB). 1299   Si noti il congiungimento di testo giovanneo con testo paolino. 1300   Vedi In Ps 32, 3 § 2 [328B]. 1301   Basilio sostituisce il lucano «chiedono» con «portano via». Il testo lucano è invece citato alla lettera in Destruam § 6 [273A]. 1302   La LXX ha il plurale «andavano».

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XI. SALMO 48

Il cristiano erede dei beni ebraici Dal momento dunque che questi insieme sono puniti per la propria ignoranza, noi gli estranei1303 (cfr. Ef 2, 12) diventiamo eredi della loro ricchezza. [445D] Infatti di noi i comandamenti, nostri i profeti, [448A] di noi i patriarchi;1304 di noi1305 i giusti dall’eternità. A noi hanno lasciato la loro ricchezza quanti si rovinano nella propria stoltezza.

Abitazioni: sepolcri per gli stolti e case per i leali Le case di questi, dello stolto e dell’insensato, sono sepolcri per l’eternità. Di coloro infatti la cui vita è riempita di opere morte (Eb 6, 1) [derivanti] da ogni peccato, di questi le case per l’eternità sono sepolcri (Sal 48, 12a) Infatti colui che è morto a causa dei peccati (cfr. Ef 2, 1.5; Col 2, 13) non abita una casa, ma un sepolcro, essendo stata necrotizzata la sua stessa anima. Abita infatti una casa Giacobbe,1306 leale di carattere e semplice, riguardo al quale è stato scritto che era un uomo sincero e buono, che abitava una casa (Gen 25, 27); invece abita un sepolcro colui che è assai malvagio, che non mette il fondamento della conversione con opere morte (cfr. Eb 6, 1), ma è simile ad un sepolcro imbiancato, il quale di fuori è splendente, ma dentro [448B] è pieno di ossa morte e di ogni impurità (cfr. Mt 23, 27). Per questo, quando un simile uomo parla, non apre la bocca con la parola di Dio, ma ha la sua gola come un sepolcro spalancato (cfr. Sal 5, 10; Sal 13, 3).

  Il termine compare sopra [444C] nella citazione del verso 11.   Basilio sta come richiamando Rm 9, 4-5 trasferendo quanto è detto degli ebrei ai cristiani eredi degli ebrei. 1305   Si noti l’insistenza sul pronome e aggettivo possessivo di prima persona plurale ad evidenziare il passaggio di eredità dagli ebrei ai cristiani. 1306   Per la figura di Giacobbe come esempio di innocenza con richiamo di Gen 25, 27 vedi Princ Prov § 11 [409A]. 1303

1304

I corpi come sepolcri: abitazione corrotta e transeunte

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I corpi come sepolcri: abitazione corrotta e transeunte - per malvagi ed empi Se dunque uno crede in Cristo, ma non produce le azioni conseguenti*1307 alla fede (Gc 1, 22-25; Gc 2, 14-26), questi, per aver prestato ascolto a malvagi insegnamenti e per aver inteso male il volere della Scrittura, scava da sé nella pietra il monumento funebre.1308 >7.  Loro tende di generazione in generazione (Sal 48, 12b); cioè i sepolcri sono le loro case per l’eternità. Poi, facendo l’ermeneusi di quali ritiene essere i sepolcri, per mostrare che parla dei corpi, nei quali abitano le anime necrotizzate a causa della malvagità, ha aggiunto a queste cose: Loro tende di generazione in generazione (Sal 48, 12b), secondo la consuetudine*, poiché sono sempre detti ‘tende’ i corpi degli uomini (cfr. 2Pt 1, 13-14).1309 [448C]

  Per l’uso del concetto di akolouthia in senso spirituale vedi In Ps 44, 14-15 § 11 [412BC]. Per il rapporto fra teoria e prassi vedi indice tematico ed in particolare In Ps 28, 1 § 2 [285A], In Ps 29, 1 § 1 [305BC] e In Ps 44, 14-15 § 11 [412BC]. 1308   Basilio più sopra (449C-448A) ha dichiarato stolto l’ebreo che si limita all’osservanza letterale della Legge e insensato il pagano. Da questi si distinguono i cristiani divenuti eredi delle ricchezze dei Giudei. Ma qui fa capire che ciò non dà nessuna garanzia di salvezza al cristiano, se questi non vive in modo conseguente alla sua fede. Così raggiunge la sua convinzione secondo cui il solo nome di cristiano non salva chi lo porta (Ep 257, 2 e Ep 199, 45, citate qui sopra, commentando Sal 32, 12b § 8 [341D]). 1309   Cfr. anche 2Cor 5, 4 (en tōi skēnei) e Sal 90, 10 (tōi skēnōmati sou) (passi citati esplicitamente da Basilio in In Ps 28, 1 § 1 [281B]). In questi casi l’uso di ‘tenda’ è schiettamente antropologico, diversamente da In Ps 14, 1§ 1 [252C] dove il corpo umano viene specificato come ‘tenda di Dio’; diversamente ancora dall’uso cristologico di In Ps 45, 5 § 4 [424B]. 1307

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XI. SALMO 48

- per uomini terrestri Questi inoltre hanno scritto i loro nomi sulle terre (Sal 48, 12c). Infatti il nome dell’empio non viene registrato nel libro dei viventi (cfr. Sal 68, 29), né viene contato insieme con i primogeniti della Chiesa che sono contati nei cieli (cfr. Eb 12, 23); ma sulla terra restano fermi i loro nomi, perché alle tende eterne (Lc 16, 9) hanno preposto questa vita transeunte e di breve durata. Non vedi coloro che costruiscono nelle città piazze e palestre, che erigono mura, che allestiscono acquedotti, come i loro nomi sono stati affidati a queste costruzioni terrene? Alcuni già, anche su mandrie di cavalli imprimendo i propri nomi [449A], pensarono che la loro memoria si estendesse per la vita1310 per molto; e, ostentando magnificenza nei sepolcri, impressero i loro nomi sui monumenti. Questi sono coloro che pensano le cose terrene1311 (cfr. Fil 3, 19) e ritengono sufficienti per se stessi per la beatitudine la gloria di qui e l’essere ricordati presso gli uomini*. E se vedi uno di quelli che vanno orgogliosi per la falsa scienza (1Tm 6, 20) e si dedicano all’adesione ad alcuni dannosi insegnamenti e che, invece del nome di Cristiani (cfr. At 11, 26), chiamano se stessi da uno di coloro che hanno iniziato l’eresia, Marcione o Valentino, o uno di coloro che ora emergono, riconosci che anche questi hanno scritto i loro nomi sulle terre (Sal 48, 12), poiché hanno consegnato se stessi ad uomini corrotti (cfr. 1Tm 6, 5; 2Tm 3, 8) e completamente terreni.1312 [449B]

Situazione dell’uomo - creato a immagine di Dio: preminenza e onore >8.  E l’uomo, pur essendo in onore, non comprese; si mise al pari dei giumenti irragionevoli e si fece simile ad essi (Sal 48, 13). Questa loro strada [è] scandalo per essi; e dopo queste cose nella loro bocca si compiaceranno (Sal 48, 14). Grande cosa [è] l’uomo, e cosa degna di onore l’uomo misericordioso

  Per il senso di symparateinō vedi Sal 14A, 2 § 3 [256A]. Per l’effimera gloria degli «splendidi allevatori di cavalli» vedi Attende § 5 [209D]. 1311   Vedi In Ps 32, 8 § 6 [337B], In Ps 48, 2-3 § 1 [433B] e Destruam § 6 [273A]. 1312   Per questa espressione, vedi sotto, In Ps 48, 20 § 11 [457B]. 1310

Situazione dell’uomo

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(Pr 20, 6),1313 che ha l’onore nella costituzione fisica.1314 Infatti quale altro degli esseri sulla terra è stato fatto secondo l’ icona del Creatore (Col 3, 10; cfr. Gen 1, 27)?1315 A chi è stato concesso per grazia il potere su tutte le cose ed il dominio sugli esseri terrestri ed acquatici e su quelli dell’aria (cfr. Gen 1, 28)? Di poco è stato posto al di sotto della dignità degli angeli (cfr. Sal 8, 6; Eb 2, 7.9)1316 per l’unione1317 con il corpo di terra. Creò dunque l’uomo dalla terra (cfr. Gen 2, 7) e i suoi liturghi come fiamma di fuoco (Sal 103, 4; Eb 1, 7; cfr. Gen 3, 24); ma nondimeno la capacità di intendere e comprendere1318 il proprio Creatore e Demiurgo [449C] è presente anche negli uomini.1319 Alitò infatti sul volto (Gen 2, 7); cioè pose nell’uomo una parte della propria grazia, affinché conoscesse il simile dal simile.1320   Vedi sotto, In Ps 48, 13 § 11 [460A]. Per la citazione del passo dei Proverbi cfr. Ps. Basilio Sull’origine dell’uomo II, 1 (SCh 16, 2264). 1314   Vedi In Ps 115, 3-4 § 4 [109B]. 1315   Vedi sopra In Ps 48, 2-3 § 1 [433B] (con relativa nota) e Attende § 3 [204A]; cfr. anche Ps. Basilio Sull’origine dell’uomo I, 11 (SCh 160, 194, 6-7): «l’uomo è creatura di Dio ‘logica’ fatta secondo l’icona di Colui che lo ha creato». 1316   Vedi sotto, In Ps 48, 13 § 11 [457D-460A]. 1317   Il termine synapheia usato per esprimere la duplice composizione dell’uomo in Attende § 7 [216A]; con accezione trinitaria in In Ps 32, 6 § 4 [333A], In Ps 45, 5 § 4 [424B] e Princ Joannis § 3 [477D]. 1318   Vedi In Ps 1, 1 § 3 [217C] e In Ps 48, 2-3 § 1 [433B] con relative note; vedi inoltre In Ps 115, 3-4 § 4 [109B]. Cfr. anche Rf 2 (913B). Si sa che nella filosofia classica greca si riconosceva che solo l’uomo fra tutti i viventi ha la ragione, come richiamato nella nota relativa a In Ps 48, 2-3, Ma Basilio lega ciò al dato biblico della creazione dell’uomo a immagine di Dio. Idea ripresa poi da Nicola Cabasilas, Vita in Cristo II, 10 (586B). 1319   Tutta questa parte ha un suo corrispettivo in Attende § 6 [212BC]. 1320   Anche in Attende § 7 [216A] si evidenzia come è possibile comprendere dall’anima incorporea il Dio incorporeo. Questo è il fondamentale e notissimo assioma della metafisica della conoscenza greca di derivazione presocratica attribuito alla tradizione pitagorica; esso è fatto risalire a Filolao (fr. 44A 29DK) o ad Empedocle (fr. 31B 109, FVS, I, 351, 20ss), è presente in Platone (Teeteto 176a7-b2; Timeo 45 c 4; Leggi X 904d6-a2; Liside 214b; Gorgia 510b) e in Aristotele (Sull’anima I 404b 17-18; Metafisica B 1000B 5-G); compare in Plotino (Enneadi I, 2, 3; I, 2, 4; I, 2, 6; I, 6, 9, 29 2 32-34; I, 8, 1; VI, 9, 11), in Porfirio (Sentenze 25 (15, 1-6); Sull’astinenza II, 43 (172, 18-19 Nauck) e in Proclo (La Provvidenza. 31, 7-9; 141; Sul Parmenide. 810, 39; Teologia Platonica. I, 3, 6, 51ss; Sul Timeo II 298, 24-31). Compare nel manuale medio platonico di Albino (o Alcinoo: Albino, Didascalico 14, 1). È presente nel Corpus Hermeticum (XI, 20) e in Filone, che cita espressamente il Teeteto (La creazione del mondo 144) per richiamare il fatto che l’uomo ha potere di divenire simile a Dio per quanto gli è possibile. È richiamato da Clemente Alessandrino, Stromati V, 1, 13, 2; V, 3, 18, 5. Perché l’oikeiōsis, la prosoikeiōsis, l’abitare vicino a Dio, il diventare familiare a Dio, l’unirsi intimamente a lui permette di conoscerlo; come richiama Gregorio di Nissa, Discorso sui 1313

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XI. SALMO 48

Tuttavia, pur essendo in tale onore, perché forgiato secondo l’icona del Creatore (Col 3, 10; cfr. Gen 1, 27), al di sopra del cielo, al di sopra del sole, al di sopra dei cori degli astri onorato (quale dei cieli infatti è detto icona del Dio altissimo? Quale icona del Creatore conserva il sole? Quale la luna? Quale gli altri astri?1321 Possiedono corpi inanimati e materiali, solo diafani, nei quali non [c’è] alcuna mente, non movimenti liberamente scelti, non libertà di autodeterminarsi*;

defunti 11 (CP 50, 32; GNO IX, 42, 8-9); ivi 11 (CP 50, 36; GNO IX, 42, 13-14: familiarità al bene); La preghiera del Signore II 1141B; V 1177C VII/2, ; Omelie sul Cantico II (GNO VI, 68, 8); Sulla morte prematura, GNO III/2, 79, 21-24. Si tenga presente M. Harl, Origène et la fonction révélatrice du Verbe incarné, 92 n. 90; C. W. Müller, Gleiches zu Gleichem. Ein Prinzip frühgriechischen Denkens, Wiesbaden 1965, 3-7; S.G. Pembroke, Oikeiosis in A. A. Long (ed.), Problems in Stoicism, London, 1971, 114-149. Qui Basilio riprende l’assioma della filosofia platonica ma gli dà un fondamento ontologico, asserendo che la possibilità che ha l’uomo di conoscere Dio e di divenirgli simile viene proprio dal gesto creatore di Dio, che ha messo in lui qualcosa di sé. Pertanto il discorso economico/soteriologico non annulla, come qualche autore pensa, il fondamento ontologico. Ciò in Ireneo era già chiaro: se non ci fosse stato un fondamento ontologico non sarebbe stato possibile nessun intervento salvifico; perché può realmente e radicalmente salvare l’uomo solo colui che l’ha creato; e di fatto il Salvatore si rivolge con premura alla sua creatura (suum idium plasma); cfr. Ireneo, Contro le eresie IV, 33, 4; vedi anche quanto dice ad es. in rapporto alla guarigione del cieco nato da parte del Cristo mediante del fango postogli sugli occhi, Ireneo Contro le eresie V, 15, 2-3. Mentre Basilio fonda la possibilità conoscitiva dell’uomo sull’alito di Dio (Gen 2, 7), il Nisseno, dell’atto creatore di Dio, richiama il suo aver creato l’uomo a sua immagine (Gen 2, 27), Gregorio di Nissa, Sulla morte prematura GNO III/2 79, 23-24. 1321   Il Nisseno ribadirà tale concetto: «riconosci quanto al di sopra della restante creazione sei stata onorata dal creatore. Non il cielo è stato fatto come immagine di Dio, non la luna, non il sole, non la bellezza delle stelle, né alcuna delle altre cose che appaiono nella creazione», Gregorio di Nissa, Omelie sul Cantico II (GNO VI, 68, 1-4).

Situazione dell’uomo

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ma sono schiavi della necessità incombente,1322 secondo la quale girano sempre inesorabilmente attorno alle stesse cose);1323

- l’uomo decaduto: insensato e schiavo delle passioni dunque l’uomo, elevato negli onori al di sopra di questi, non comprese (Sal 48, 13a), [449D] ma, per aver abbandonato il seguire Dio e l’essere simile al Creatore, divenuto schiavo* delle passioni della carne* (cfr. Gal 5, 24; Rm 7, 5), si mise al pari dei giumenti irragionevoli [452A] e si fece simile ad essi (Sal 48, 13b);1324 ora come un cavallo pazzo per le femmine nitrisce per la donna del suo prossimo (cfr. Ger 5, 8); ora come un lupo rapace tende insidie alle cose altrui (cfr. Ez 22, 27); altre volte a causa dell’inganno contro il fratello si rende simile all’astuzia della volpe (cfr. Ez 13, 4; Lc 13, 32).1325 Il colmo della insensatezza e della irrazionalità animalesca [è] in realtà il fatto che né prenda coscienza della sua stessa costituzione dal principio, uno forgiato secondo l’icona del Creatore (Col 3, 10; cfr. Gen 1, 27), né voglia considerare tali disegni fatti per lui e riconoscere dunque il proprio onore da essi; ma invece dimentichi che, avendo perduto l’icona di ciò che è celeste, ha acquisito l’icona di ciò che è terreno/terrestre (cfr. 1Cor 15, 49).1326

  È platonico il motivo degli astri assoggettati alla necessità (Repubblica X, 616 c).   In questa parentesi, sia pure espressa in forma ‘negativa’ è sintetizzata l’intera antropologia basiliana: l’uomo è ed ha quanto non appartiene né alle realtà cosmiche né alle realtà animali. 1324   Basilio collega Sal 48, 13 alle passioni della carne anche in Hex IX, 2, 1. 1325   Vedi In Ps 44, 1 §1 [388D] con relativa nota. 1326   Un richiamo di 1Cor 15, 49: «E come abbiamo portato l’icona del terrestre, così porteremo anche l’icona del celeste». Anche nel De Bapt Basilio richiama Sal 48, 13 in collegamento con la perdita da parte dell’uomo del suo essere creato a immagine di Dio (Gen 1, 27), De Bapt 1537AB. Il passo paolino è richiamato anche in In Ps 115, 3 § 4 [109B]. Stesso argomento ricorre nel Com Is VIII, 216. Cfr. anche Ps. Basilio Sull’origine dell’uomo II, 4 (SCh 160, 234, 13-15), in cui compare un invito all’uomo a ricordare come è stato plasmato e a non contaminare con la malvagità e a non alterare col peccato ciò che è stato plasmato da Dio. Anche Massimo il Confessore descrive il peccato del primo uomo, allontanatosi dalla luce divina, citando Sal 48, 13, Massimo il Confessore, Ambigua 10 (PG 91, 1156C-1157A). 1322 1323

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XI. SALMO 48

L’uomo si ritrova in Cristo che muore per lui E, affinché non rimanesse nel peccato, per lui il Logos si è fatto carne e pose la tenda fra noi (Gv 1, 14) e a tal punto si abbassò [452B] da divenire ubbidiente fino alla morte, morte di croce (Fil 2, 8).1327 Se non ricordi la tua prima origine, prendi consapevolezza della dignità dal prezzo (1Cor 6, 20; 1Cor 7, 23) che è stato pagato per te; guarda al tuo prezzo di scambio e conosci la tua propria dignità. Sei stato comprato (cfr. 1Cor 6, 20; 1Cor 7, 23) con il preziosissimo sangue del Cristo1328 (cfr. 1Pt 1, 19); non diventare schiavo del peccato* (Gv 8, 34).1329 Presta attenzione al tuo ‘prezzo’, affinché tu non ti renda simile a giumenti irragionevoli (Sal 48, 13b).

Dio pone ostacoli all’uomo per richiamarlo Questa loro strada, scandalo per essi (Sal 48, 14a). Dio che amministra le nostre cose ci ostacola quando camminiamo nella malvagità, ponendoci davanti impedimenti ed inciampi, affinché, allontanatici da una vita irrazionale, dopo queste cose nella nostra bocca ci compiacciamo (Sal 48, 14b), avendo creduto col cuore per la giustizia ed avendo professato la fede con la bocca per la salvezza (cfr. Rm 10, 10).1330 Paolo perseguitava, [452C] devastava la Chiesa di Cristo (cfr. At 8, 3; At 9, 4; 1Cor 15, 9; Gal 1, 13), accelerò la sua corsa verso il male; dopo queste cose nella sua bocca si compiacque (cfr. Sal 48, 14b), annunciando nelle sinagoghe che questi è il Cristo (At 9, 22).

  Si noti il congiungimento di testo giovanneo con testo paolino.   Per la ricorrenza del riscatto operato da Cristo mediante il sangue vedi nota a In Ps 33, 23 §14 [385C]. 1329   Cfr. qui sopra In Ps 48, 7 § 3 [437B]; De Bapt 1517AC. Mor XXIII (741C); Rb 16 e 293. Concetti analoghi in Gregorio di Nissa¸ Sulla preghiera del Signore V (GNO VII/2, 63, 1-10; PG 44, 1181B); Nicola Cabasilas, Vita in Cristo I, 5 (513A). 1330   Vedi la citazione paolina in In Ps 48, 4 § 2 [436A]. Si noti che Basilio trasforma le due forme verbali paoline (indicativi presenti) in due participi aoristi plurali, al fine di fare concordare l’espressione paolina con il contesto salmico che sta commentando. 1327

1328

Cristo libera l’uomo

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Cristo libera l’uomo - dalla prigione alla luce >9.  Come pecore li pose nell’Ade, la morte li pascolerà1331 (Sal 48, 15a). Coloro che sono come animali e si sono messi al pari dei giumenti irragionevoli (Sal 48, 13b), come pecore che non hanno intelligenza, né la forza per difendersi, colui che li rapisce (cfr. Gv 10, 12; Mt 12, 29) per la prigionia, poiché è nemico, già li ha gettati nella propria fortezza e li ha dati da pascolare alla morte (Sal 48, 15a). Infatti la morte li pascolava da Adamo fino al governo di Mosè (cfr. Rm 5, 14), finché venne il pastore vero, [452D] che ha dato la sua vita per le pecore (cfr. Gv 10, 15) e, dopo averli così fatti resuscitare con sé (cfr. Col 2, 12)1332 ed averli condotti fuori dal [453A] carcere dell’Ade* verso l’alba della resurrezione,1333 li diede ai giusti, cioè ai suoi santi angeli, perché li pascolassero. Ed avranno signoria su di loro i giusti all’alba (Sal 48, 15b). Infatti a ciascuno dei credenti è congiunto un angelo, degno di guardare il Padre che è nei cieli (cfr. Mt 18, 10).1334 Questi giusti dunque avranno signoria su coloro che sono stati liberati all’amarissima schiavitù e avranno signoria su quelli generati all’alba, cioè coloro che si sono avvicinati all’oriente della luce (cfr. Sap 16, 28).

- dal pascolo della morte: a Cristo vero pastore che dà vita Osserva tutta la serie delle parole della Scrittura. L’uomo, pur essendo in onore, non comprese; si mise al pari dei giumenti irragionevoli (Sal 48, 13ab). Colui che ha l’onore per la costituzione, non avendo coscienza di sé a causa del peccato che dimorava in lui (cfr. Rm 7, 7), questo si mise al pari dei giumenti. Poi, per il divenire ostile alla [453B] parola di Dio, divenuto privo di ragione, il nemico, dopo averlo rapito come una pecora senza pastore (cfr. Mt 9, 36; Mc 6, 34), lo pose nell’ Ade e lo dette alla morte da   Per tale v. 15 Basilio non si attiene al testo della LXX («come pecore sono stati posti nell’ade; la morte li pascolerà») seguito dalla Vulgata. 1332   Si noti il congiungimento di testo giovanneo con testo paolino. 1333   Basilio collega la resurrezione del Cristo all’alba anche in In Ps 29, 6 § 4 [316A] e In Ps 45, 6 § 5 [425A]. 1334   Che ciascuno abbia un proprio angelo Basilio lo dice anche altrove: Hex V, 6, 8; Anaphora 325; C Eun III, 1, 46-48 («sta con ciascun dei fedeli, guidandone la vita come pedagogo e pastore»); Rf 2 (913C); Rb 306 (1301A). 1331

400

XI. SALMO 48

pascolare (Sal 48, 15). Per questo, chi è stato liberato da lì ed è sfuggito al malvagio pastore, dice: Il Signore mi pascola (Sal 22, 1). E non più morte, ma vita; non più caduta, ma resurrezione, non più la menzogna, ma la verità.

Discesa di Cristo nell’Ade: condanna la morte e libera i prigionieri E la loro forza invecchierà nell’Ade (Sal 48, 15c).1335 Certamente lo dice della morte che non ha potuto con tutta la sua forza attaccarsi a coloro che erano da lei pascolati a causa di Colui che vince quello che ha il potere della morte (Eb 2, 14); 1336 di essi ogni forza è invecchiata e debole. Ed allora sarà confutata la forza degli uomini che sono stati ingannati nella mente, che si inorgogliscono per la ricchezza e gloria e potere*. Nell’Ade invecchierà (Sal 48, 15c) [453C], poiché la loro debolezza viene messa a nudo. O forse la forza dei giusti riscattati dal Signore sarà manifestata nell’Ade. Quelli che erano venuti prima non ancora infatti avevano ricevuto le promesse poiché Dio aveva predisposto per noi qualcosa di meglio, affinché non raggiungessero la perfezione senza di noi (Eb 11, 39-40). Ma il Signore riscatterà la mia anima dalla mano dell’Ade, quando mi afferrerà (Sal 48, 16). Profetizza chiaramente la discesa nell’Ade* del Signore, il quale, insieme con le anime degli altri, riscatterà anche l’anima del profeta stesso, in modo che non rimanga in quel luogo.

Credere nella divina Provvidenza - Il non credente si sdegna in pensieri dubbiosi >10.  Non temere, quando un uomo si arricchisce, o quando prospera la gloria della sua casa (Sal 48, 17). Non temere - dice - quando un uomo si arricchisce (Sal 48, 17). [È] necessario anche questo annuncio kerigmatico per coloro che abitano l’ecumene, per i nati da terra e per i figli degli uomini, [453D] ricchi e poveri insieme (Sal 48, 2).   Viene tralasciato la parte finale di Sal 48, 15c dalla loro gloria.   Vedi In Ps 29, 3 § 3 [312A] e In Ps 45, 4 § 3 [421A], sempre in rapporto ad Eb 2, 14.

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Non temere, quando un uomo si arricchisce (Sal 48, 17). Quando vedi, dice, che un ingiusto si arricchisce, mentre un giusto è povero, non temere per te stesso; non spaventarti nel pensiero, come se [456A] non ci fosse affatto una provvidenza di Dio che osserva le vicende umane*; o c’è forse la divina cura provvidenziale, ma essa certamente non giunge prima anche verso il luogo terreno così da poter vedere anche le nostre cose. Se infatti ci fosse la provvidenza, distribuirebbe a ciascuno ciò che gli conviene, così che si arricchiscano i giusti, coloro che sanno fare uso della ricchezza, invece siano poveri i malvagi, coloro che considerano la ricchezza come uno strumento della propria malvagità. Poiché dunque sono molti fra le genti ed i nati da terra coloro che hanno tali opinioni e che suppongono, a causa dell’apparente anomalia, che l’ordine della distribuzione delle cose della vita sia senza provvidenza, a questi parla ‘il discorso salmico’, reprimendo il loro sdegno ignorante; questi anche nel proemio chiamava all’ascolto degli insegnamenti.

- Il povero, senza avvilirsi, confida in un futuro cambiamento O forse si rivolge particolarmente anche alla sola ‘persona’ [456B] del povero dicendo: Non temere, quando un uomo si arricchisce (Sal 48, 17a). Questi infatti soprattutto hanno bisogno1337 di consolazione per non tremare davanti a coloro che sono superiori.1338 Nessuna utilità, infatti, dice, per il ricco che muore, che non può prendere con sé la ricchezza;1339 egli appunto dal godimento [dei beni] ha guadagnato solo questo, che la sua anima è stata proclamata beata in questa vita dagli adulatori. Tuttavia Nel morire non prenderà, dice, tutto (Sal 48, 18a)1340 questo contorno; a stento prenderà un indumento che nasconda le sue nudità; e questo se piacerà ai servi che lo rivestono. Si deve contentare di avere in sorte poca terra; e questa donatagli per pietà dagli incaricati del servizio funebre, che a lui procurano queste cose per rispetto della comune ed   Basilio forse inserisce la forma plurale per spiegare il singolare collettivo della figura complessiva del povero. 1338   Per il povero che teme i potenti e trema di paura davanti a tutti e che deve invece consolarsi pensando ai beni che ha da parte di Dio e a quelli che sono in serbo per lui vedi Attende § 6 [212ABCD-213A]. 1339   Anche in Attende § 5 [209D-212A ] si insiste sul fatto che nella morte e nella sepoltura vengono meno tutte le distinzioni sociali. 1340   Viene tralasciato Sal 48, 18b non scenderà con lui la sua gloria. 1337

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umana natura,1341 non facendo a lui grazia ma rispettando l’umanità. [456C] Dunque non avvilirti per le cose presenti, ma attendi quella vita beata e senza fine. Allora infatti vedrai trasformarsi in bellezza per il giusto la povertà ed il disonore e la privazione del lusso. E non turbarti ora per quelli che sono ritenuti beni, in quanto ingiustamente distribuiti. Sentirai infatti come sarà detto al ricco: Hai ricevuto i tuoi beni nella tua vita (Lc 16, 25); al povero invece che ha i mali nella sua vita (cfr. Lc 16, 25). Perciò conseguentemente*l’uno viene consolato, mentre l’altro è afflitto (cfr. Lc 16, 25).

L’uomo insensato: nel benessere loda Dio nella ristrettezza lo bestemmia Ti darà lode, quando gli avrai fatto del bene (Sal 48, 19b).1342 Riguardo all’uomo impastato di polvere (1Cor 15, 47-48)1343 e che crede che siano beni solo i vantaggi di questa vita, ricchezza e salute e potere, riguardo a questo dice che darà lode a Dio, quando riceve benefici, ma nelle circostanze dolorose lascia uscire qualunque [456D] bestemmia. Dopo aver lasciato il povero, infatti, ormai [il salmista] rivolge la parola a Dio; nella condanna della ricchezza considera anche il fatto che ringrazia Dio solo nel benessere [457A], ma, quando lo circondano alcune circostanze più spiacevoli, non resta più lo stesso.1344 Tale è infatti anche l’argomento del diavolo proferito contro Giobbe per l’accusa, che Giobbe onora il Signore non gratuitamente (Gb 1, 9), ma ha la ricchezza come ricompensa della pietà religiosa; ed il seguito. Perciò, anche per dimostrazione della virtù dell’uomo, Dio lo denudò di quanto aveva, affinché si mostrasse attraverso ogni cosa la riconoscenza dell’uomo verso Dio.1345

  Per il tema della comune natura umana vedi anche In Ps 14B § 1 [265C] e § 5 [280A], In Ps 32, 13 § 8 [344A], In Ps 48, 7 § 3 [437B]; Destruam § 1 [264A]; Attende § 1 [197C]. 1342   Viene tralasciato Sal 48, 19a perché la sua anima nella sua vita sarà benedetta. 1343   L’espressione paolina anche in In Ps 7, 6 § 3 [236B] e in In Ps 29, 10 § 6 [320C]. 1344   Vedi In Ps 32, 1 § 1 [324B], In Ps 33, 2 § 1[352C-353A] e In Ps 114, 3 § 2 [485D-488A]. 1345   Per la figura di Giobbe vedi In Ps 29, § 2 [309B] (con relativa nota), In Ps 48, 10§ 5 [441C] e [444A] e Destruam §1 [216B]. 1341

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Falsa e oziosa fedeltà >11.  Andrai1346 fino alla generazione dei tuoi padri (Sal 48, 20a). Credo che parli del peccatore, che tanto conosce Dio, quanto gli ha tramandato la consuetudine dei suoi padri; invece con la propria capacità di pensare niente di più acquisisce né aggiunge a se stesso per la conoscenza della verità (cfr. 1Tm 2, 4). Tanto dunque, dice, o Dio, gli sei vicino e tanta è in lui la [457B] nozione riguardo a te, quanta era presente nella generazione dei suoi padri. E qui mostra il molto ozio (cfr. Mt 12, 36) della mente ed il carattere tutto terreno1347 ed amante della carne di colui che si rotola in ricchezza e mollezza (cfr. Lc 7, 25) e di colui che ha la mente soffocata (cfr. Lc 8, 14; Mt 13, 22; Mc 4, 19) dalle preoccupazioni della vita (Lc 21, 34). Per questo fino all’eternità non vedrà luce (Sal 48, 20b). Infatti quelli che hanno affidato la propria guida a maestri ciechi (Cfr Mt 15, 14; Lc 6, 39; Rm 2, 19), si sono privati del godimento della luce. L’Andrai fino alla generazione dei tuoi padri (Sal 48, 20a) ha anche un tale significato. Cioè coloro che sono stati sorpresi nella vita malvagia ed in insegnamenti ereditati dai padri, ma che sono ostili alla pietà religiosa, non solo tu punisci questi, ma ricerchi pure gli autori dei cattivi insegnamenti. E questo è ciò [457C] che viene detto: Andrai fino alla generazione dei tuoi padri (Sal 48, 20a). Infatti non solo colui che ha pensieri malvagi riguardo a Dio è colpevole, ma anche colui che ha guidati loro a questa rovina. Tali anche quelli che hanno accolto la malvagità degli avi e hanno difficoltà a liberarsene, per l’essersi essa consolidata a causa della lunga abitudine.1348 Fino all’eternità non vedrà luce (Sal 48, 20b). Sono mandati infatti nella tenebra più lontana; lì ci sarà pianto e stridore di denti (Mt 8, 12); e questo subiscono secondo il giusto giudizio di Dio (2Ts 1, 5), perché in questa vita per il fare il male, odiavano la luce (cfr. Gv 3, 20).

  Nel testo della LXX il verbo è alla terza persona singolare.   Vedi sopra, In Ps 48, 12 § 7[449A]. 1348   Per la difficoltà di liberarsi dal male a causa del potere dell’abitudine vedi In Ps 1, 1 § 6 [224C] e Princ Prov § 8 [401D]. 1346 1347

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XI. SALMO 48

Trista condizione dell’uomo fuori dalla condizione originaria L’uomo, pur essendo in onore, non comprese; si è messo al pari dei giumenti irragionevoli (Sal 48, 21ab). Parola di sdegno.1349 [457D] L’uomo, colui che era stato fatto di poco inferiore agli angeli (cfr. Sal 8, 6; Eb 2, 7.9) [460A], riguardo al quale Salomone dice: Grande cosa è l’uomo e cosa degna di onore l’uomo misericordioso (Pr 20, 6),1350 questo, per il fatto di non avere avuto coscienza della propria dignità, ma di essersi assoggettato alle passioni della carne* (cfr. Gal 5, 24; Rm 7, 5) si mise al pari dei giumenti irragionevoli* e si rese simile ad essi (Sal 48, 21bc).1351

  Qui Basilio nel commento del v. 21a, identico al v.13a, richiama di nuovo Sal 8, 6, Eb 2, 7.9 e Pr 20, 6 come all’inizio del § 8 [449B], creando un effetto di circolarità. 1350   Vedi più sopra In Ps 48, 13 § 8 [449B]. 1351   Un pensiero analogo Basilio esprime nel De Bapt facendo riferimento a tale versetto salmico: l’uomo ha perso la prima gloria d’essere stato fatto a immagine e somiglianza di Dio (Gen 1, 27), rendendosi simile alle bestie (Sal 48, 13). È stato il Signore Gesù, col dono del suo sangue (Mt 26, 28), a donare all’uomo la remissione delle colpe (Ef 1, 5-8). Una statua spezzata, che ha perduta la forma gloriosa del re, è formata di nuovo dall’artista e dall’artefice venendo riplasmata e ricostituita nell’antica gloria. Così ha fatto Cristo con l’uomo; De Bapt 1537AB; immagine questa che ritorna in Nicola Cabasilas, Vita in Cristo II, 2 (524C). 1349

XII. SALMO 59 (60) Proemio autobiografico: disposizione materna di Basilio >1.  [460A] Guardando alla bramosia del vostro ascolto e alla debolezza della mia forza, mi è venuta in mente l’immagine di un fanciullo per il resto abbastanza robusto, ma non ancora slattato, che molesta la mammella materna inaridita per debolezza; e la madre, anche se sente che ha le sorgenti del latte prosciugate, tirata e lacerata da lui gli porge la mammella, non per nutrire il bimbo, ma per farlo smettere di piangere. E pertanto, anche se le nostre forze sono state prosciugate da questa grande e molteplice infermità del corpo,1352 ugualmente esse sono a vostra disposizione, [460B] non offrendo un considerevole conforto, ma una qualche rassicurazione, poiché la sovrabbondanza del vostro amore si accontenta di placare anche con la sola voce il desiderio di noi.1353

Significato complessivo del salmo Pertanto sia invitata ancora la Chiesa di Dio ed impari a dire ciò che poco fa dicevamo: Da’ a noi aiuto da tribolazione e vana la salvezza di un uomo (Sal 59, 13). Perciò forse il significato del salmo non ci consente neppure l’allegare   Spesso Basilio fa riferimento alle proprie malattie. A volte è affaticato nella voce (cfr. In Ps 1 § 6 [228B]). Cosa che accade anche a s. Agostino: «iam fatigatus loqui non possum», Agostino, Commento a Giovanni 19, 20, 7-8 (CSEL 36, 202). Il Cappadoce dice spesso di essere aggredito da malattie diverse; Ep 34 (autunno 369?, CP 172, 10-11) a Eusebio di Samosata; ad Amfilochio dice di essere ormai allo stremo Ep 161, 2 (II, 94, 10-11); lo stesso ripete a Eusebio vescovo di Samosata nell’Ep 162 (II, 95, 15), a Iobino nell’Ep 163 (II, 96, 11); Ep 194 a Zoilo (II, 147, 14-148, 21). Questo ripete in molte lettere del 373. Ha da tempo problemi di fegato (Ep 138, 1, II, 54, 12-55, 16); con Amfilochio, che gli aveva mandato dei dolci, scherza in modo bonario sul non potere masticare a causa della caduta dei denti ma anche del tempo che passa e della malattia, Ep 232 (III, 39, 19-21). Sul fatto che Basilio fosse continuamente malato e sulle lettere in cui riferisce le proprie malattie cfr. il § VI del I. capitolo e l’appendice 3 ‘Maladies de Basile’ in B. Gain, L’Église de Cappadoce, 48-53 e 397-398. Cfr. un riferimento alla debolezza fisica in Ps. Basilio Sull’origine dell’uomo I, 1 (SCh 160, 166, 1-4). 1353   Anche altrove Basilio adduce analoghe motivazioni: In Mamantem 4 (597D-599A); Hom de fide 464C-465A: «In un primo momento esitavo a rispondere perché consapevole della mia piccolezza e debolezza...mi è parso cosa rischiosa contraddirvi e passare sotto silenzio la confessione salvifica»; De Bapt 1625A; Mor IX, 4; Ep 7 (CP 84, 15-18).

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come pretesto l’infermità, e appunto la tribolazione è procuratrice di aiuto, ma non occasione di debolezza. Dunque, per coloro che sono stati allontanati a causa del peccato, poi di nuovo accolti per la filantropia* di Dio, [è] opportuno dire: Dio, ci hai respinti e ci hai abbattuti; ti sei adirato ed hai avuto pietà [460C] di noi (Sal 59, 3). O piuttosto, poiché per concatenazione* è sopraggiunto il discorso del significato del salmo, orsù applichiamoci convenientemente all’esegesi di esso.

Esegesi dal salmo: puntualizzazione letterale storica >2.  La circostanza storica del presente salmo si dice da sé, secondo il titolo,1354 tuttavia non si trova ancora, allo stato presente, riportata in alcun luogo delle narrazioni storiche divinamente ispirate.1355   Di fatto Basilio, mentre riferisce più avanti elementi di 59, 1 (tralasciando «Di Davide, ad insegnamento»), non riporta affatto 59, 2 ma lo dà per ‘letto’ e ascoltato: «Per la fine. Per coloro che muteranno. Per stelografia. Di Davide, ad insegnamento (59, 1). Quando mise a fuoco la Mesopotamia di Siria e la Siria di Zoba, e Ioab, ritornando, colpì nella Valle delle Saline dodicimila uomini (59, 2)». Tuttavia il riferimento a Sal 59, 2 è evidente col richiamo che Basilio fa di «e la Siria di Zoba» e di Ioab, quando cerca l’esatto ancoraggio storico biblico di tale versetto. 1355   Mentre notifica lo stato insufficiente della individuazione degli eventi storici cui fa riferimento il salmo, di nuovo Basilio richiama la caratterizzazione della sacra Scrittura come divina e ispirata, due aspetti strettamente congiunti e coimplicati. Il carattere ispirato della Scrittura era già stato enunciato da altri autori. Clemente Alessandrino, Protrettico IX, 87, 1 (SCh 2, 154): gli scritti, ispirati da Dio, sono capaci di rendere santi e simili a Dio, come lascia capire 2Tm 3, 16-17; cfr. anche Stromati VI, 7, 54, 1. Origene aveva mostrato l’ispirazione e la divinità delle Scritture tramite la realizzazione in Cristo delle varie profezie ivi contenute e mediante la straordinaria diffusione della ‘semplice’ parola del Cristo in tutte le parti del mondo, fra tutti i popoli, dei quali era divenuta la nuova parola di vita, Origene, I Principi IV, 1, 1-7 (SCh 268, 256-292). Per quanto riguarda la formazione e l’ispirazione delle Scritture, l’Alessandrino riconosceva il ruolo fondamentale dello Spirito Santo, Origene, Contro Celso I, 36 e 44 (SCh 132, 174, 2-3 e 192, 9-13); III, 3 (SCh136, 20, 20-24); V, 60 (SCh 147, 162, 3-4); Omelie sull’Esodo II, 1 e IV, 2 (SCh 321, 72, 61-63 e 120, 1-3); Omelie sui Numeri I, 1, 4 e II, 1, 2 (SCh 415, 36, 53-56 e 56, 23-25); Omelie su Giosuè VIII, 6 (SCh 71, 232); Omelie sul I Libro dei Re 5, 4; Omelie sul Genesi VII, 1 (SCh 7 bis 194, 11-16); Commento a Matteo 12, 4; cfr. anche I Principi I, 3, 1 (SCh 252, 144, 16); IV 1, 1 (SCh 268, 256-262); IV, 2, 1 (SCh 268, 292, 1-2); IV, 2, 2 (SCh 268, 300, 52-54); IV, 2, 7 (SCh 268, 326, 219-328, 221); IV, 3, 14 (SCh 268, 392, 412-413). Al riguardo cfr. M. Simonetti, Origene esegeta, 13-14; A. Monaci Castagno (a c. di), Origene Dizionario, 425. Cfr. anche il sintetico ma puntuale intervento di L. Perrone, ἴχνος ἐνθουσιασμοῦ: Origene, Platone e le scritture ispirate, in A.M. Mazzanti - F. Calabi (a c. di), La rivelazione in Filone di Alessandria: Natura, legge, storia, Villa Verucchio (RN), 2004, 231-248. Atanasio, introducendo alla ‘lettura’ dei 1354

Esegesi dal salmo: puntualizzazione letterale storica

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Comunque le vicende equivalenti ad essa saranno trovate da coloro che ricercano faticosamente nel secondo libro dei Re,1356 nel quale è scritto: David sconfisse anche Hadad-Ezer, figlio di Raab (Recòb), re di Zoba, mentre egli andava ad imporre la sua mano sul fiume Eufrate. E David prese mille carri dei suoi e settemila cavalieri e ventimila fanti. E David separò tutti i carri e lasciò di essi cento [461A] carri (2Sam 8, 3-4). E dopo poco dice: E regnò David su Israele ed era David che rendeva giudizio e giustizia (2Sam 8, 15) e Ioab figlio di Zeruià era a capo dell’esercito (2Sam 8, 16). E dopo poco: E i figli di Ammon mandarono messi e assoldarono la Siria di Roab (2Sam 10, 6) e la Siria di Zoba (Sal 59, 2) per ventimila uomini (cfr. 2Sam 10, 6);1357 e Ioab vide che la guerra si faceva a lui sfavorevole e scelse fra tutti i figli di Israele e si disposero contro la Siria (2Sam 10, 9). E videro i servi di Hadad-Ezer che cadevano di fronte ad Israele e disertarono passando ad Israele e si fecero loro servi (2Sam 10, 19).1358

Contrasto tra il tenore triste del titolo e i fatti gloriosi cui fa riferimento Troviamo che il titolo del salmo si accorda con questa sezione della storia, e non che il tempo di questa stelografia1359 è quello nel quale [461B] David salmi, aveva affermato che tutta la Scrittura, antica e nuova, è ispirata da Dio (2Tm 3, 16), Atanasio, A Marcellino 2: «Tutta la Scrittura nostra... è ispirata e utile per l’insegnamento». Il Nisseno parla di Scrittura divina e divinamente ispirata, Gregorio di Nissa, Sull’anima e la resurrezione II, 1 (PG 46, 52A; GNO III/3, 34, 5); Omelie sul Cantico. Prologo (GNO VI, 4, 16); IX (GNO VI, 269, 12-13); XV(GNO VI, 436, 1-2; 447, 3); Sulla verginità XII, 1 (SCh 119, 398, 7); Contro Eunomio III, I, 11.19.22 (GNO II, 7, 16-17; 10, 7; 11, 15-16); III, II, 43 (GNO II, 66, 9-10); III, V, 8.15 (GNO II, 163, 3; 165, 13). 1356   Si tratta del secondo libro di Samuele. 1357   Il lemma «Siria di Zoba» di 2Sam 10, 6 assente nella LXX, compare in Origene. 1358   Qui Basilio riprende e riassume quanto dice Eusebio di Cesarea che, iniziando il commento al salmo 59, ne delinea il contesto storico, Eusebio di Cesarea, Commento ai salmi, Libro II Sal 59. Le citazioni del libro di Samuele fatte da Basilio sono quelle stesse riferite da Eusebio. 1359   Eusebio di Cesarea spiega che la caratteristica dei salmi detti ‘stelografia/incisione sulla colonna’ (che sono sei: il Sal 15 e i Sal 55-59) richiama la consuetudine di incidere su stele di pietra il ricordo di imprese vittoriose di atleti nelle gare nello stadio e di mettere dei trofei di guerre vinte su una stele, e questo per perpetuare la memoria di tali eventi. In tal senso la ‘stelografia’ viene vista come profezia dell’opera valorosa del Cristo Salvatore che ha vinto la morte; Eusebio di Cesarea, Commento ai salmi Libro I Sal 15 e inizio del commento al Sal 60. Eusebio conosce Origene, Egloghe sul Salmo 15, che ha un riscontro nel commento ‘origeniano’ sul Sal 15 in Origene-Girolamo, 74 omelie sul libro dei salmi, Milano 1993, 582.584: i salmi che iniziano col titolo ‘iscrizione su stele/stelografia’ sono sei, il 15 e poi quelli dal 55 al 59.

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era al massimo del suo fulgore e della fama nelle azioni di guerra.1360 Perciò [è] degno di ricerca perché inizi da gemiti e lamenti, mentre doveva essere lietissimo e felice per i successi. Altre infatti [sono] le voci di coloro che fanno festa e altre quelle di coloro che sono tristi. Gli epinici poi [sono] argomento di festa di tutto un popolo, non solo per soldati, ma anche per contadini e commercianti e artigiani e per tutti coloro che partecipano dei beni della pace. Perché dunque Dio, ci hai respinti e ci hai abbattuti (Sal 59, 3)? Eppure accolse coloro che avevano vinto. Perché dunque ha abbattuto coloro che tanto ha arricchito, donando loro armi e carri e cavalli e sudditi e come terra tributaria tutta l’Arabia, la Fenicia, la Mesopotamia? Vale la pena di esaminare se le parole non contengano una forma di ingratitudine. Colui che infatti aveva distrutto prima Hada-Ezer [461C] re di Zoba e aveva preso da lui mille carri e settemila cavalieri e ventimila fanti (cfr. 2Sam 8, 3-4), poi aveva reso schiavo il re di Siria che veniva in aiuto a quello che era caduto e lo aveva reso tributario ed aveva ucciso in un solo momento ventiduemila dei suoi (cfr. 2Sam 8, 5-6) e aveva riportato una terza vittoria sui figli di Ammon, che si erano schierati presso la porta della città, grazie al comandante in capo Ioab, il quale, dopo aver diviso in due l’esercito, contro gli uni avanzava di fronte, gli altri invece li domò aggirandoli a sud; (cfr. 2Sam 10, 8-14) come dopo tali azioni valorose pronuncia parole così amare e tristi, dicendo: Dio, ci hai respinti [461D] e ci hai abbattuti; ti sei adirato ed hai avuto pietà di noi (Sal 59, 3)?

1360   Con tale affermazione Basilio riassume la ricordata esegesi di Eusebio di Cesarea. In questo passaggio omiletico diviene evidente il suo atteggiamento esegetico. Per affrontare la parte più tecnica e storica del testo del salmo, Basilio si rifà a Eusebio di Cesarea. Tiene presenti Origene e Ilario di Poitiers, accostati al fine di ‘precisare’ il tenore del testo col rispettivo contesto. Dopo di che prosegue per la propria strada, inseguendo l’essenziale da cogliere dai salmi e da comunicare ai suoi ascoltatori. Non si perde in interpretazioni un po’ avventate, un po’ sopra le righe. Rimane aderente al testo. Non così si muove Gregorio di Nissa quando affronta il titolo del Sal 59. Egli ritiene faticoso e alla fin fine inutile soffermarsi sul referente storico del salmo; da questa ricerca non ne deriverebbe nessuna vera utilità: «sarebbe lungo e inutile esporre dettagliatamente il susseguirsi dei fatti storici: che vantaggio potremmo mai avere nell’apprendere quanto è accaduto nel suo ordine storico?», Gregorio di Nissa, Sui titoli dei salmi II, 4, 34 (SCh 466, 292, 37-40). Così egli si limita a analizzare la portata simbolica e moraleggiante del titolo.

La diversa situazione umana tra ‘fine’ e ‘mutamento’

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La diversa situazione umana tra ‘fine’ e ‘mutamento’ Eppure l’occasione della stelografia era questa dei successi; mentre la forza di ciò che è stato scritto ha riferimento a per la fine* (Sal 59, 1a);1361 [464A] chiama ‘fine’ quanto nel compimento dei tempi (Eb 9, 26) sta per accadere. Perciò dice che il salmo è stato scritto anche per coloro che muteranno (Sal 59, 1a).1362

a. Continua mutazione degli uomini nella costituzione corporea e nel pensiero È possibile riferire [l’espressione salmica] in generale a tutto il genere degli uomini, poiché l’utilità derivante dal salmo si estende su tutti. Infatti coloro che mutano e muteranno [sono] coloro che né mantengono la stessa costituzione1363 del corpo né sempre rimangono fermi sulla stessa opinione, ma mutano* nel corpo secondo i cambiamenti dell’età e si trasformano nel pensiero in relazione alla varietà degli eventi.1364 In un modo infatti siamo da bambini e altri da giovinetti e diversi divenuti uomini e divenuti 1361   Qui compare per la prima volta il lemma «per la fine», eis to telos, presente appunto nel titolo del salmo. Anche queste considerazioni sul contrasto tra il tenore gioioso del ‘titolo’ (stelografia) e l’iniziale grido angoscioso del salmo risalgono a quelle già esposte da Eusebio di Cesarea. Anche Ilario di Poitiers nota il contrasto tra il titolo e il contenuto del salmo (triste e doloroso) e la situazione storica in cui si trova Davide, uscito vittorioso dalle guerre: l’intero salmo non concorda con la storia; Ilario di Poitiers, Commento ai salmi/1 (tr. it. 300-301). 1362   Questa («per coloro che muteranno») è la rubrica registrata nella versione greca della LXX, diversa dalle traduzioni di Aquila e Simmaco, che hanno reso l’ebraico il primo con «per i gigli» e il secondo «per i fiori»; versioni ben note a Origene e ad Eusebio di Cesarea il quale, -sulla base di Mt 6, 28-30 (i gigli e l’erba del campo)-, riferisce il testo del salmo in questione alla distruzione di Israele avvenuta a causa del suo comportamento negativo verso Cristo. A questa versione, che qui abbandona, Basilio si è richiamato nell’ omelia In Ps 44, 1 § 2 [389A]. 1363   Basilio introduce qui il lemma exis. 1364   Il Nisseno fa una doppia osservazione sul ‘mutamento’. La prima ‘metafisica-ontologica’: la divinità non è soggetta a mutamento (34, 1-7). Con la seconda, restringendo il mutamento alla sola accezione etica/morale, afferma che il mutamento umano è verso il bene o verso il male (34, 7-13; ma già anche in 31, 39-40). E per quanto riguarda la ricostruzione degli eventi storici, preferisce non addentrarvisi, Gregorio di Nissa, Sui titoli dei salmi II, 4, 34 (SCh 466, 292, 37-40). Ritiene forse sufficiente quanto ha esposto Basilio o lo considera una congettura insostenibile e comunque lungo e superfluo e dunque inutile (cosa apporta in più la precisione storica per quanto concerne l’insegnamento salmico?). Di fatto egli si limita a una ‘forzata’ interpretazione simbolica per trarre qualche insegnamento per il cambiamento in meglio della nostra vita: gli eventi storici insegnano la liberazione dalle passioni (II, 4, 34; SCh 466, 292, 40-294, 72). Sul non mutamento del divino Basilio si sofferma in In Ps 1, 1§ 3 [216B].

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XII. SALMO 59 (60)

vecchi di nuovo mutiamo completamente.1365 E altri siamo negli stati più lieti delle cose; diventiamo invece altri da altri [che eravamo] quando sperimentiamo la più aspra congiuntura dei tempi; altri quando siamo malati ed altri [464B] in buona salute; altri nelle nozze e altri nei lutti.1366

b. mutamento per chi accoglie il Vangelo: cristiani e Chiesa Oppure, per il fatto che non è stato detto ‘per coloro che mutano’ma per coloro che muteranno (Sal 59, 1) e la voce ha un aspetto di profezia, poiché il tempo è stato coniugato al futuro, [è] più consequenziale* intendere coloro che muteranno come coloro che, abbandonata la consuetudine alle vanità propria dei padri, avrebbero regolato la loro condotta di vita secondo il rigore* del Vangelo.1367 Pertanto il salmo non è stato scritto per i Giudei di allora,1368 ma per noi che muteremo, che mutiamo il politeismo in pietà, l’ errore riguardo agli idoli nella conoscenza di Colui che ci ha creati (cfr. Sal 94, 6; 3Mac 2, 3.9; Sir 24, 8; Col 1, 16; Ap 4, 11).1369per noi che scegliamo*, invece del piacere contrario alla legge, la saggezza secondo la legge; per noi che sostituiamo   Di questa realtà, delle varie fasi/età della vita Basilio parla più volte nelle omelie sui Salmi: In Ps 1, 1 § 5 [221B], In Ps 44, 1 § 1 [388ABC] e In Ps 114, 8 § 5 [492CD-493AB]. 1366   In modo simile in In Ps 44, 1 1 [388ABCD] si insiste sul mutamento dell’uomo nel corpo e nella mente nelle varie fasi della vita ed anche nelle diverse circostanze, liete o luttuose. 1367   In In Ps 44, 1 §2 [389AB] la coniugazione del verbo al futuro è invece interpretata come un riferimento alla resurrezione dei corpi, col richiamo di 1Cor 15, 42-44. Tutta la prima parte del primo libro del De Bapt (fino a 1560ABC) non fa che sviluppare e descrivere quanto qui Basilio dice in modo sintetico. 1368   Con questa annotazione Basilio enuncia un principio esegetico di notevole valore: lo stesso AT contempla la possibilità che anche gli stranieri possano partecipare all’eredità dei Giudei; ciò sta a dire che anche gli strnieri sono considerati come destinatari del dono e della parola di Dio offerti a Israele. Ciò è significativo per delineare i rapporti tra Giudei e i cristiani quali nuovi credenti. Poco dopo Basilio espliciterà il dato: le parole divine sono anche per noi, anche per la Chiesa. Quindi l’eredità giudaica è anche per i cristiani. A ciò si aggiunge la convinzione basiliana secondo la quale i cristiani possono ereditare la paideia greca. Il cristiano assomma dunque in sé la totalità della ‘preparazione evangelica’ greca e giudaica. 1369   Anche altrove Basilio tratta di tale passaggio dall’idolatria alla vera conoscenza: De iudicio 653A; C Eun II, 19, 22-30; Anaphora 326; De Bapt II, 6, 1596A (Cristo toglie l’errore). 1365

Mantenere la memoria delle parole del salmo

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flauti e danze ed ubriachezza con salmo [464C] e digiuno e preghiera (Mt 17, 21). Dunque uno che affermasse che il salmo è stato scritto per noi, non sarebbe lontano dalla verità.1370 Perciò le parole divine1371 sono anche nostre e sono lette alla Chiesa di Dio, come doni mandati da Dio, in ogni adunanza, quasi come un nutrimento delle anime fornito dallo Spirito.

Mantenere la memoria delle parole del salmo Ma il salmo è stato scritto anche per stelografia (Sal 59, 1), cioè, non sia trascurato l’ascolto di esso; e, come le cose scritte in una materia facilmente corruttibile velocemente spariscono, così, se le hai incise nella tua mente per breve tempo con la memoria,1372 non lasciare in seguito che esse siano confuse e cancellate; ma tienile scolpite nella tua anima come su una colonna; cioè fondate nella memoria irremovibili e salde per tutto il tempo. [464D]

Dio chiama tutti alla sottomissione a lui E se il Giudeo ci respinge come estranei alle cose scritte, confondiamolo grazie alle cose scritte, mostrando il carattere composito della chiamata; raduna le parti separate, chiama insieme ciò che è distante, fa dei molti uno (cfr. Ef 2, 15) attraverso la fede1373 in Cristo.   Modulo retorico, vedi In Ps 44, 3 § 5 [397D] e In Ps 44, 17 § 12 [413B].   Per l’espressione theia logia vedi nota a In Ps 32, 11 § 7 [341B]. 1372   Anche in Attende § 7 [216B] l’egemonico dell’anima è paragonato ad una colonna di bronzo su cui si conservano scolpite le memorie, non confuse e ben distinte; vedi anche In Ps 14A, 2-3 § 3 [256C] e Princ Joannis § [481B]. Facendo riferimento al titolo del Sal 59 il Nisseno precisa che «‘Per l’incisione sulla colonna’ mostra che la parola deve essere incancellabilmente impressa nella memoria, come se la facoltà mnemonica dell’anima fosse una colonna mentre i caratteri impressi su di essa fossero i contrassegni dei beni», Gregorio di Nissa, Sui titoli dei salmi II, 4, 34 (SCh 466, 290, 27-30). Qui il Nisseno riprende lo spunto basiliano, per poi farne un’applicazione morale. Quando poi avvicina il titolo del Sal 57, 1 («Alla fine, non uccidere, di Davide, per l’incisione della colonna») egli rapporta l’iscrizione sulla colonna (in cui si intagliano le lettere scavando ripetutamente) alla registrazione sulla colonna della memoria per favorire la continua ripetizione di ciò che si deve ricordare, come ad es. le azioni compiute dai santi, specie nel momento dell’assalto delle passioni, Gregorio di Nissa, Sui titoli dei salmi II, 15, 76 (SCh 466, 474, 48-476, 59). 1373   Anche se alcuni codici hanno la lezione klēseōs, manteniamo la lezione tēs eis Christon pisteōs (cfr. n. 52 PG 29 464-465), che ha frequenti riscontri nei testi del NT (At 20, 21 e 24, 24; Col 2, 5). Ma cfr. anche 2Tt 3, 15: dia pisteōs tēs en Christōi Iēsou. Emerge qui un aspetto 1370 1371

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XII. SALMO 59 (60)

È mio - dice - Galaad e mio è Manasse (Sal 59, 9). E ha nominato Efraim [465A] e ha accolto Giuda; e ha annoverato Moab.1374 E minaccia di assalire l’Idumea; e annuncia ugualmente la sottomissione di tutti: A me gli stranieri furono sottomessi (Sal 59, 10).

Dio respinge e ha pietà >3.  Dio - dunque - ci hai respinti (Sal 59, 3). Hai respinto (59, 3) coloro che si sono allontanati da te (Sal 72, 27) in corrispondenza dei peccati. Hai abbattuto (59, 3) il complesso della nostra malvagità. [beneficiandoci nella debolezza].1375 Ti sei adirato (59, 3; cfr. Is 37, 29; Is 64, 4), quando eravamo per natura figli dell’ira (Ef 2, 3), non avendo speranza e senza Dio nel mondo (Ef 2, 12). Hai avuto pietà di noi (59, 3) quando hai posto il tuo Unigenito (cfr. Gv 3, 16; 1Gv 4, 9) come propiziatorio per i nostri peccati, affinché trovassimo la redenzione nel suo sangue1376 (cfr. Rm 3, 25; Ef 1, 7). Questi benefici non avremmo conosciuto, pur essendo beneficiati, se non ci avessi dato da bere il vino della compunzione (Sal 59, 5b). Chiama ‘vino’ il discorso che conduce il cuore indurito (Mc 8, 17) alla consapevolezza.Hai dato a coloro che ti temono un segno, per sfuggire al faccia a faccia con l’arco (Sal 59, 6). Mosè contrassegnò le porte degli Israeliti con il sangue della pecora [465B] (cfr. Es 12, 7); ma tu hai dato a noi un segno, il sangue stesso dell’Agnello senza macchia (1Pt 1, 19) sgozzato (cfr. Ap 5, 6) per il peccato

importante del pensiero e dell’atteggiamento di Basilio quello verso il mondo giudaico. Il Cappadoce affronta con chiarezza e precisione, ma anche con molta tensione quasi mistica, la questione del rapporto col popolo dei Giudei. L’obiettività con cui percepisce la situazione di tensione tra cristiani e giudei, tra Chiesa e Sinagoga, non toglie in lui il rispetto profondo per la chiamata dei Giudei, cui riconosce permanente l’alleanza con Dio, il quale non smette di rapportarsi con loro. Non per questo misconosce quanto è accaduto ai ‘pagani’ divenuti Chiesa. Così osservando, egli si dimostra consapevole del fatto che tutto questo ha voluto dire da parte di Dio aver unito in Cristo le parti disgiunte. 1374   Basilio anticipa qui il richiamo del verso 9b del Sal 59. 1375   Il testo posto tra parentesi quadre risulta così edito dalla PG. Si noti in questo passaggio omiletico il notevole intreccio di testi dell’AT con quelli del NT. 1376   Per la ricorrenza del riscatto operato da Cristo mediante il sangue vedi nota a In Ps 33, 23 §14 [385C].

L’alleanza con Israele è divisa con tutti i popoli

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del mondo.1377 E Ezechiele dice che il segno è stato posto sulla fronte dei volti. Camminate - dice infatti - dietro a quello e colpite; non risparmiate né abbiate pietà. Uccidete vecchio e giovane e bambino e vergine e donne fino allo sterminio; ma non avvicinatevi a tutti coloro sui quali è il segno (Ez 9, 5-6).

L’alleanza con Israele è divisa con tutti i popoli Dio ha parlato nel suo santuario: esulterò e dividerò Sichima1378 (Sal 59, 8). Sichima è la fortezza scelta, data da Giacobbe a Giuseppe (cfr. Gen 48, 22), figura tipica dell’alleanza che appare essere stata donata al solo Israele. Pertanto condurrò a divisione questa scelta alleanza ed eredità del popolo e la renderò comune a tutti gli altri. Dunque, dopo che l’alleanza sarà stata divisa [465C] fra tutti e l’utilità derivante da essa sarà diventata comune a tutti coloro che sono beneficiati da Dio, allora anche la valle dei tabernacoli sarà misurata (Sal 59, 8), cioè tutto l’ecumene sarà distribuito, come per sorte, alle comunità che soggiornano in ciascun luogo. Allora anche le parti distanti unirà Colui che rappacifica sia le cose sulla terra sia quelle nei cieli (cfr. Col 1, 20).1379 E, avendo abbattuto il muro di separazione che era frammezzo, dei due ne farà uno solo (cfr. Ef 2, 14-15). >4.  Mio è Galaad e mio è Manasse (Sal 59, 9). Galaad è discendente di Manasse; per mostrare che discende da Dio la concatenazione* dei patriarchi, dai quali [viene] il Cristo per quanto si riferisce alla carne (Rm 9, 5; cfr. Cor 5, 16). E Efraim [465D] difesa del mio capo; Giuda mio re (Sal 59, 9). Unisce le parti spezzate mediante la concordia [468A].

  Il sangue dell’agnello era tipo del sangue di Cristo, cfr. De Spir s XIV, 31.   Sichem luogo tradizionale dell’Alleanza, cfr. M. Girardi, Basilio, 202 n. 10. 1379   Vedi In Ps 33, 7 §5 [361C]; In Ps 33, 15 § 10 [376C]; In Ps 45, 9 § 7 [428B] per la citazione di Col 1, 20. 1377

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XII. SALMO 59 (60)

La salvezza in Cristo è anche per tutti gli stranieri Moab catino della speranza (Sal 59, 10). Oppure un altro degli interpreti dice ‘catino di lavacro’;1380 oppure ‘catino di sicurezza’; cioè l’uomo spregevole, colui che è minacciato di non entrare nella Chiesa del Signore (cfr. Dt 23, 4). Infatti Non entrerà un Moabita e un Ammonita fino alla terza e fino alla decima generazione e fino alla fine dei secoli (cfr. Dt 23, 4).1381 Tuttavia, poiché il battesimo procura remissione dei peccati (cfr. Ef 1, 7; Col 1, 14) e conferisce sicurezza1382 a coloro che sono oberati di debiti,1383 mostrando la redenzione (cfr. Ef 1, 7; Col 1, 14) attraverso il battesimo e la intimità* con Dio (cfr. Ef 2, 19), Moab - dice - è catino di lavacro o catino di sicurezza. Tutti gli stranieri dunque furono sottomessi (cfr. Sal 59, 10) poiché si assoggettarono al giogo del Cristo (cfr. Mt 11, 29-30); per questo porrà il suo calzare sull’Idumea (Sal 59, 10).

Calzare della divinità la carne teofora di Cristo Calzare della divinità la carne teofora,1384 attraverso la quale mise piede* [468B] fra gli uomini. Chiamando beato per questa speranza il tempo della venuta del Signore, il Profeta dice: Chi mi condurrà in città di fortificazione? (Sal 59, 11). Forse si riferisce alla Chiesa: città, per il fatto di essere un complesso governato legalmente;1385 di fortificazione per la cintura della fede.1386 Perciò uno degli interpreti rese in modo assai chiaro ‘in città recintata’.1387 Chi dunque mi offrirà di vedere questa grande visione, Dio che si fa presente agli uomini*   Vedi per le diverse traduzioni di uno stesso testo In Ps 32, 7 § 5 [336B], In Ps 44, 1 § 2 [389A], In Ps 44, 3 § 4 [396B], In Ps 48, 1 § 1 [432C] e In Ps 59, 11 § 4 [468B]. 1381   Il testo di Dt 23, 4 citato da Basilio non corrisponde puntualmente al testo della LXX perché introduce «fino alla terza» ivi assente. 1382   Letteralmente: diventa procuratore di sicurezza. 1383   In senso metaforico, vedi G.W.H. Lampe, A Patristic Greek Lexicon, che cita proprio questo passo di Basilio. 1384   Vedi In Ps 45, 5 § 4 [424B] e In Christi gen 3 (1464B); cfr. anche Com Is II, 72. Questo passo di Basilio è citato da Teodoreto di Ciro Dialogo 1. 1385   Vedi l’analoga definizione di città in In Ps 45, 5 § 4 [421CD]. 1386   Qui Basilio riferisce l’immagine di Ef 6, 14 (la verità come cintura) alla fede che il testo paolino associa allo scudo (Ef 6, 16). 1387   Vedi per le diverse traduzioni di uno stesso testo poco sopra nota a In Ps 59, 10 § 4 [468A]. 1380

La salvezza in Cristo è anche per tutti gli stranieri

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(cfr. Bar 3, 38)?1388 Questo è ciò che è stato detto dal Signore: che Molti profeti e giusti desiderarono vedere quello che vedete, e non lo videro (Mt 13, 17).

Rifugiarsi in Dio che sempre offre il suo aiuto >5.  Da’ a noi aiuto, da tribolazione (Sal 59, 13). Non cerchiamo l’aiuto dalla forza; non dalla buona salute della carne; da nessuno di quelli ritenuti illustri presso gli uomini. valuteremo conveniente ricevere il [468C] soccorso. Non nell’abbondanza dei beni, non nel peso della potenza, non nell’altezza di gloria, riesce il vincere ma dall’eccesso della tribolazione (cfr. 2Cor, 1, 8) il Signore fa grazia dell’aiuto (cfr. 2Tm 4, 17) a coloro che lo cercano (Eb 11, 6).1389 Tale era anche Paolo, che riteneva un suo vanto le tribolazioni* (cfr. Rm 5, 3). Per questo poteva dire: quando sono debole, allora sono forte (2Cor 12, 10).

Funzione probativa delle tribolazioni: rifugiarsi in Dio con speranza Dunque Da’ a noi, Signore, aiuto da tribolazione (Sal 59, 13); poiché la tribolazione produce pazienza, la pazienza virtù provata, la virtù provata speranza, e la speranza non delude (Rm 5, 3-5).1390 Vedi dove ti conduce la tribolazione? Alla speranza che non delude (cfr. Rm 5, 5). Sei ammalato? Fatti animo, perché colui che il Signore ama, lo corregge (Pr 3, 12; Eb 12, 6: cfr. Ap 3, 19).1391 Sei povero? [469A] Rallegrati, perché i beni di Lazzaro ti riceveranno (cfr. Lc 16, 22.23.25). Sei disprezzato per il nome del Cristo? Sei beato, perché il tuo disonore sarà mutato in gloria di angelo. Convinciamoci, fratelli, nel momento di prova (Lc 8, 13), di non rifugiarci in umane speranze, né di ricercare da lì per noi i gli aiuti, ma di rivolgere   Il riferimento a Bar 3, 38 (Dio sulla terra, Dio fra gli uomini) è più volte presente nell’omelia In Christi gen (2, 1460B e 1461B; 4, 1465C) 1389   Espressione ricorrente anche nei Salmi. 1390   Per la pazienza da esercitare nelle prove vedi nota a In Ps 33, 5 § 4 [360A]. 1391   Un simile modulo stilistico (la domanda seguita dall’imperativo) anche in In Ps 32, 2 § 2 [325D] e In Ps 61, 13 § 5 [481D]. 1388

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XII. SALMO 59 (60)

le preghiere in lacrime e lamenti e orazione perseverante e veglia attiva. Questo infatti riceve aiuto da tribolazione, colui che disprezza come vano il l’aiuto umano (Sal 59, 13) e si fonda saldamente sulla speranza in Colui che può salvarci (Eb 5, 7; cfr. Eb 7, 25), in Cristo Gesù il Signore nostro, al quale la gloria e la potenza nei secoli dei secoli. Amen (1Pt 4, 11; Ap 1, 6).

XIII. SALMO 61 [469A] Per la fine* per Iditun, salmo di David (Sal 61, 1).

Titolo e indicazione storica: presenza di Iditum nei Sal 38 e 61 >1.  Conosciamo due salmi con il titolo per Iditun; il 38 e quello fra le mani. E riteniamo che sia di David l’opera della composizione;1392 e che certamente è stato donato a Iditun per l’utilità di lui, per il raddrizzamento delle passioni nell’anima1393 e per il canto davanti al popolo, mediante il quale e Dio veniva lodato e quanti ascoltavano l’armonia raddrizzavano i costumi. Anche Iditun era infatti un cantore del tempio, come ci testimonia la storia dei Paralipomeni, che dice E con loro erano Eman e Iditun (1Cr 16, 41) e trombe e cembali per suonare e gli organi dei canti [469C] di Dio (1Cr 16, 42). E poco dopo dice: E David il re e i capi dell’esercito stabilirono per il servizio i figli di Asaf, di Eman e di Idutun, che eseguivano la musica con cetre e arpe e timpani1394 (1Cr 25, 1).

  Basilio opta per Davide, escludendo l’ipotesi, contemplata da Eusebio di Cesarea, che il salmo sia stato proferito da Iditum in quanto ‘profeta’. Anche questo salmo è ignorato dal Nisseno unitamente al Sal 38. 1393   In In Ps 1, 1 § 6 [224C] ricorre l’espressione pathos psychēs. Si parla di passioni dell’anima in Rf 19 (968A). Basilio vede nel libro dei Proverbi la funzione di raddrizzamento delle passioni, Princ Prov § 1 [388A]. Sappiamo che Clemente qualifica le passioni come malattie dell’anima, Clemente Alessandrino, Protrettico XI, 115, 2; parla anche di «un movimento dell’anima contro natura per la sua disobbedienza alla ragione» in Stromati II, 13, 59, 6. La psicologia stoica aveva stabilito l’equivalenza tra passione e malattia, Stobeo Antologia 2, 7, 10, in Stobeo, Anthologion: Ioannis Stobei anthologium, edd. O. Hense - C. Wachsmuth, Berolini 19582. Cfr. anche Posidonio, lo stoico platonizzante, e Galeno, De Placitis 4, 5; 5, 2.3-7 in Galeno De Placitis Hippocratis et Platonis: On the doctrines of Hippocrates and Plato, ed. P.H. de Lacy, Berlin 1978. Qui Basilio parla solo di «passioni nell’anima» senza addurre ulteriore qualifica; con ciò forse intende precisare che si danno diversi tipi di passioni, non necessariamente negative in sé, e che quindi non necessariamente l’anima è passionale, ma che lo diventa solo per la libera scelta dell’uomo. 1394   Basilio sostituisce «cembali» con «timpani». 1392

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XIII. SALMO 61

Il vero umile è paziente Ambedue i salmi dunque trattano per lo più della pazienza1395 mediante la quale viene calmato lo sdegno dell’anima1396 e, eliminata ogni arroganza, viene raggiunta l’umiltà.1397 [È] impossibile infatti che chi non ha accettato l’infimo e ultimo posto (cfr. Lc 14, 9-10) davanti a tutti possa mai1398 o insultato (cfr. 1Pt 2, 23) dominare lo sdegno o afflitto (cfr. 2Cor 1, 6; Eb 11, 37) superare le prove* mediante la costanza. Chi ha raggiunto infatti l’apice dell’umiltà, e certamente negli oltraggi (cfr. 1Pt 3, 9) ha riconosciuto per primo la sua maggiore meschinità, non sarà mosso nell’anima dalle [469D] parole del disprezzo; ma, se sentirà dirsi ‘povero’, sa di essere lui stesso misero (cfr. Ap 3, 17) e mancante di tutto e bisognoso del sostentamento giornaliero dal Signore; e, se sentirà dirsi ‘pezzente’ e ‘di oscuri natali’ [472A],1399 ha già giudicato in anticipo nel proprio cuore d’essere stato formato dal fango (cfr. Gb 10, 9).1400   Per il tema della pazienza vedi nota a In Ps 33, 5 § 4 [360A].   Per Basilio si tratta ovviamente di una passione negativa dell’anima, cfr. Rf 15; si richiami la preghiera di Giuditta: «Guarda la loro superbia, fa scendere la tua ira sulle loro teste; infondi a questa vedova la forza di fare quello che ha deciso» (Gdt 9, 9). 1397   Cfr. Rf 21; Rf 15 (953B): «l’abitudine all’umiltà quasi estirpa dall’anima l’iracondia (tēs psychēs to thymoumenon), poiché molte volte l’ira (tēn orgēn) si produce in noi a causa dell’alterigia». Idee simili Basilio esprime -verso gli ultimi anni della sua vita- a Massimo studente nell’Ep 277 (III, 150, 13-15). 1398   Cfr. Rb 198. 1399   Nei ‘proemi’ dei martirologi Basilio ribadisce che non serve la gloria altrui, ma la propria virtù. Questo era uno degli aspetti determinati dalla rivoluzione cristiana, su cui si veda la nota a In Ps 14A, 4 § 5 [260A]. Torna utile qui ricordare che la tensione platonica all’assimilazione a Dio (homoiōsis Theōi) e la tensione etica stoica propugnavano l’estirpazione delle passioni, caratteristica questa propria del sapiente che era quindi il virtuoso per eccellenza. Per tale ragione Clemente ha potuto identificare gli antichi virtuosi-sapienti con i martiri cristiani, il cui prototipo era Cristo, il Logos modello del vero gnostico e del martire, Clemente Alessandrino, Stromati IV, 1-9, 1-75; 21, 130, 1-2; V, 11, 69, 1-6. Questo sta a dire che per Clemente Alessandrino il progresso continuo nella vita gnostica/spirituale coincide con una forma di martirio, che, pertanto, è metafora di un progresso. Per cui la condizione del vero gnostico è il martirio e il martire coincide con il vero gnostico, il vero perfetto e viceversa; sia il martire che lo gnostico devono confessare la propria fede in piena loro responsabilità. Cfr. D. Dainese, Passibilità divina, 96 e 158. 1400   Per questo e per i passi immediatamente precedenti cfr. De ira §3 360AB («Ha detto ‘oscuro’ e ‘senza fama’ e ‘uomo da nulla’ ‘nato da nulla’? Tu di’ di te stesso ‘terra’ e ‘cenere’ (Gen 18, 27). Non sei più autorevole del nostro padre Abramo che chiamava così se stesso. Ha detto ‘ignorante’ e ‘degno di nulla’? Tu di’ di te stesso ‘verme’ e che hai la generazione dal letame, dicendo le parole di Davide (Sal 21, 7)»); cfr. anche Ps. Basilio Sull’origine dell’uomo 1395

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L’anima trova la salvezza

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Richiamo del Sal 38 Per questo là dice Ho detto, custodirò le mie vie (Sal 38, 2)1401 e espone la congiura del peccatore e la propria costanza. Mentre il peccatore congiura contro di me -dice- rimasi muto ed umiliato e tacqui privo di beni (Sal 38, 2-3); poi proseguendo dice: Per altro tutto quanto è vanità, ogni uomo vivente (Sal 38, 6); e ancora accumula ricchezze e non conosce per chi le ammasserà (Sal 38, 7).

L’anima trova la salvezza - sottomettendosi a Dio Nel salmo che abbiamo sottomano inizia con una domanda, come rivolgendosi alla sua propria anima, come in concatenazione* con le cose dette in precedenza. Affinché l’anima, sottomessasi al pensiero della carne*1402 (Rm 8, 5-7) non venga eccitata a ire e tristezze, a che scopo, dice, rendo l’anima schiava* di passioni malvagie, dal momento che è stata affidata ad essa, dal Dio che l’ha creata, [472B] l’egemonia del corpo e delle sue passioni?1403 Deve dunque comandare alle passioni e servire Dio (1Ts 1, 9). [È] impossibile, infatti, che essa venga retta dal peccato (cfr. Rm 5, 21; Rm 6, 12) e da Dio; ma deve vincere il male e sottomettersi al Sovrano1404 di tutte le cose (Sap 6, 7; Sap 8, 3). Per questo il profeta, inveendo contro colui che introduce le tentazioni e

II, 12 (SCh 160, 260, 19-24). 1401   Il sal 38, 2 è richiamata in un contesto simile nel De ira §4 360A. 1402   Più avanti, in In Ps 61, 1 §1 [472B], l’espressione to phronēma tēs sarkos si contrappone a to phronēma tou pneumatos come nel passo paolino di Rm 8, 5-7. 1403   In Attende § 7 [213C] viene evidenziato come alla parte intellettiva e razionale dell’anima sia stato dato per natura il dominio sulla parte passionale ed irrazionale. Cfr. anche Ps. Basilio Sull’origine dell’uomo I, 8 (SCh 160, 184, 4; 186, 27). Basilio conferma di ritenere, come accennato all’inizio di questa omelia, che non tutte le passioni sono negative, come afferma con chiarezza in alcune sue lettere. In questo tratto Basilio finisce per identificare l’anima con l’egemonico, che dunque qui non è considerato come una sua parte, sia pure fondamentale. Pertanto è l’anima in quanto tale ad essere chiamata a gestire il corpo e le sue passioni. Questo coincide col fatto che, nelle questioni con l’apollinarismo, Basilio ritiene sufficiente parlare di ‘anima umana’ al fine di asserire la costituzione completa dell’uomo (anche dell’umanità del Cristo) e per riconoscerne la facoltà di operare le scelte. 1404   In generale, per l’uso del termine Despotēs, vedi nota a In Ps 29, 3 § 3 [309D].

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che fa sorgere contro di lui una gran quantità di mali e che ha zelo1405* per ridurre a schiavitù il sentire dello spirito (Rm 8, 6.27) e di assoggettarlo alla carne, come denunciando che è vano il suo disegno contro di lui, dice queste cose: Perché mi costringi a servire a chi non [è] lecito? Ho un Sovrano1406 e riconosco il vero Re. >2.  Non a Dio sarà sottomessa la mia anima? Da Lui infatti la mia salvezza (Sal 61, 2). Ha detto il motivo dello zelo* della sottomissione: che la salvezza [472C] [viene] dal Signore.1407 È proprio infatti del Demiurgo preoccuparsi della sicurezza delle sue creazioni.

- accogliendo il Signore fatto uomo Oppure da lui la salvezza, poiché profeticamente ha visto in anticipo che verrà la grazia dell’inumanizzazione* del Signore, dice queste cose: che bisogna servire Dio (1Ts 1, 9) e amare Lui (cfr. Mt 22, 37), il quale ha procurato un così grande beneficio verso il genere degli uomini, da non risparmiare il proprio Figlio, ma da darlo per tutti noi (cfr. Rm 8, 32). [È] costume* della Scrittura infatti denominare ‘Salvezza’ il Cristo di Dio; come in un luogo anche Simeone dice: Ora lascia, Signore, che il tuo servo se ne vada, perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza (Lc 2, 29-30; cfr. Lc 3, 6). Sottomettiamoci dunque a Dio (cfr. Eb 12, 9), poiché da Lui la salvezza. [472D]

La vera salvezza Fa l’ermeneusi di che cosa è la salvezza. Non una semplice azione, che ci procura una certa grazia in vista della rimozione della debolezza e della vigoria di corpo. Ma cosa è la salvezza?

  Il vocabolo che caratterizza l’atteggiamento del ‘filosofo’ cristiano è qui introdotto da Basilio per caratterizzare quello del demonio. 1406   Qui Basilio unisce re a Despotēs - cfr, anche C Eun III, 4, 42 - confermando la sua preferenza che per tale appellativo al fine di esprimere la regalità, la signoria del Cristo; cfr. nota a In Ps 29, 3 §3 [309D]. 1407   Basilio dice in modo stringato quello che poi il Nisseno svilupperà maggiormente, trattando dei vari sensi del lemma ‘sottomissione’: «Quanto invece alla nostra sottomissione a Dio, il suo fine è la salvezza, come abbiamo appreso dalla profezia che dice “Sottomettiti a Dio, anima mia: poiché presso di Lui la mia salvezza” (Sal 61, 2)», Gregorio di Nissa, Commento a 1Cor 15, 28 (6) [1305], (20) [1320 ]. 1405

La vera salvezza

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E infatti Egli è Dio mio e mio Salvatore, mio protettore, non potrò essere sballottato di più (Sal 61, 3). Nostro Dio è il Figlio da Dio. Lo stesso [è] anche Salvatore del genere degli [473A] uomini (cfr. 1Tm 4, 10), colui che sostiene la nostra debolezza, colui che placa la burrasca sollevata nelle nostre anime dalle tentazioni.

Vita burrascosa per mali e peccati e la mano del Salvatore Non potrò essere sballottato di più (Sal 61, 3b): in modo umano confessa la burrasca. Di più, [è] impossibile infatti che in un’anima di uomo non venga provocata qualche burrasca dalle tentazioni. Fin quando dunque pecchiamo in piccole e poche cose, venendo agitati come gli alberi da un mite vento, siamo sballottati in certo modo blandamente; ma quando i mali sono più abbondanti e maggiori, allora accade che anche la burrasca è portata naturalmente ad aumentare in corrispondenza (analogia) dell’aumento dei peccati. E quindi alcuni sono sballottati di più; altri fino ad essere abbattuti, rovesciati anche con tutte le radici, quando in modo più violento di ogni turbine gli spiriti della malvagità (Ef 6, 12) hanno spezzato come le radici dell’anima, con le quali aderiva alla fede quella [473B] secondo Dio. Io dunque, dice, sono stato sballottato in quanto uomo; ma non potrò essere sballottato di più, poiché mi appoggio saldamente alla mano destra del Salvatore.

Caduta e resurrezione: l’uomo è restaurato dal Cristo >3.  Fino a quando vi scaglierete contro un uomo? tutti voi insieme cercate di ucciderlo, come [si fa] a un muro inclinato e a una palizzata sospinta (Sal 61, 4). Di nuovo combatte* con i malvagi ministri del diavolo (cfr. 2Cor 11, 15), ‘il discorso salmico’ accusando la dismisura dell’attacco da quelli sferrato. Perché, mentre gli uomini sono un essere debole, voi vi scagliate contro, non limitandovi al primo attacco, ma ne sferrate un secondo e un terzo, fino a quando così finirete l’anima di chi è caduto in voi, così che diventa simile ad un muro inclinato e ad una palizzata abbattuta. Un muro, pertanto, finché mantiene la posizione diritta, rimane saldo; ma dopo che si è inclinato, in modo assolutamente necessario [473C] disgregatosi finirà per cadere. I pesi compatti infatti, dopo aver subito una inclinazione, si possono raddrizzare, ma quelli composti di più elementi, se hanno subito

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una inclinazione su una parte, non possono ricevere alcun raddrizzamento. Mostra, dunque, ‘il discorso salmico’ che la natura dell’uomo, essendo composita,1408 è stata inclinata dal peccato e bisogna che assolutamente venga disciolta; così che, una volta che sia stata di nuovo restaurata dall’artefice che dall’inizio l’aveva edificata,1409possa ricevere la stabilità e l’indissolubilità e l’immunità dall’insidia di una seconda caduta. Siete campo -dice- siete costruzione di Dio (1Cor 3, 9). Questa costruzione il nemico ha fatto crollare; le brecce che si sono prodotte in essa il Demiurgo ha riparato. Così dunque [è] inevitabile la caduta (cfr. Mt 7, 27) a causa del peccato, ma grande [è] [473D] la resurrezione a causa dell’immortalità (cfr. 1Cor 15, 53-54).1410

Prezzo per la salvezza dell’uomo: il sangue di Cristo Del resto hanno tramato di togliere il mio prezzo; corsero [476A] nella sete, con la loro bocca benedicevano e con il loro cuore maledicevano (Sal 61, 5). Il prezzo di un uomo [è] il sangue di Cristo; A caro prezzo - dice infatti siete stati comprati; non fatevi schiavi di uomini (1Cor 7, 23).1411 Questo prezzo dunque hanno tramato di rendercelo inutile, i soldati del male, sospingendo a una nuova schiavitù* quelli che una volta erano stati liberati. Corsero nella sete. Indica [il salmista] la veemenza dell’insidia dei demoni, perché corrono contro di noi, assetati della nostra rovina.1412   Per questo concetto della natura composita (synthetos) dell’uomo vedi In Ps 32, 9 § 6 [337C] e In Ps 114, 8 § 5 [492CD]. 1409   Si può richiamare l’immagine biblica del vasaio (cfr. Ger 18, 2-6). Abbiamo più sopra accennato che per Ireneo solo il Creatore può essere il redentore della propria creatura (suum plasma). Il Medesimo crea e redime (Unus et idem). Sta qui l’unità dei ‘testamenti’ e della Storia della salvezza. 1410   Basilio mostra di avere una propria chiara visione antropologica. L’uomo è di natura composita; per ciò stesso, come è proprio di ogni composizione, non dura, non persiste; vive l’evento della separazione che è evento di morte (Cfr. In Ps 114, 2 § 2 [488A] ). Oltre a ciò egli è realtà minacciata, come un muro: è sufficiente una crepa o una inclinazione perché cada. L’uomo può giungere ad essere se stesso e trovare salvezza solo in Dio. 1411   Per la ricorrenza del riscatto operato da Cristo mediante il sangue vedi nota a In Ps 33, 23 §14 [385C]. 1412   Eusebio vede in ‘con sete’ il desiderio degli insidiatori «assetati di vedere la mia rovina», quella del salmista. Ma registra che, anziché ‘con sete’, Aquila dice ‘con frode’, Simmaco ‘con falsità’, la quinta edizione ‘con menzogna’, un’altra edizione ancora ‘’con inganno’; spiegando il fatto con una svista grafica: en pseudei è stato letto en dipsei. Di questa situazione Basilio non fa parola. 1408

La sottomissione a Dio procura esultanza e gloria

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La doppiezza dell’uomo: benedice e maledice Con la loro bocca benedicevano e con il loro cuore maledicevano (Sal 61, 5b). Molti sono coloro che approvano le cattive azioni (cfr. Rm 1, 32) e piacevole dicono lo scurrile, socievole quello che parla turpemente; chiamano non disprezzabile chi è acerbo e l’iracondo; lodano come economo quello che è gretto e egoista, lo [476B] sregolato come libero, l’immorale e licenzioso come un tale dedito al piacere e rilassato; e insomma chiamano ogni male con termini derivanti dalla vicina virtù.1413 Questi tali con la bocca benedicono, ma con il cuore maledicono. Con l’eufemismo delle parole, infatti, portano ogni maledizione contro la vita di quelli, sottoponendoli come rei all’eterna condanna (cfr. Eb 6, 2)1414 a causa delle cose [viziose] che approvano.

La sottomissione a Dio procura esultanza e gloria Poi di nuovo dialoga con l’anima, stimolando la sottomissione di essa a Dio; Ma sottomettiti a Dio -dice- anima mia, poiché da Lui la mia pazienza (Sal 61, 6). Mostra la grandezza delle prove* e dice le parole dell’apostolo, e cioè che non lascerà che noi siamo provati al di là di quello che possiamo sopportare (cfr. 1Cor 10, 13).1415 Da Lui infatti la [476C] mia pazienza (Sal 61, 6b).1416 >4.  In Dio la mia salvezza e la mia gloria; il Dio della mia difesa e la mia speranza in Dio (Sal 61, 8). Beato chi non esulta per nessuna delle cose eccelse della vita*, ma che ha Dio come sua propria gloria; che ha come proprio vanto il Cristo (cfr. Fil 1, 26; Fil 3, 3); che può dire come l’apostolo: non mi accada di vantarmi se non nella croce di Cristo (Gal 6, 14).

Molteplici forme di vanità della gloria mondana/terrena Ora invece molti si gloriano* di un corpo, quelli che si sono applicati negli agoni ginnici, o in generale quelli che sono nel pieno vigore dell’età; molti 1413   Per un concetto simile vedi In Ps 14B §5 [280A]; In Ps 28, 9 § 7 [301AB], In Ps 33, 11 § 7 [368BCD-369A] e sotto In Ps 61, 10 § 4 [480AB]; Princ Prov § 9 [405CD-408A]; Attende § 3 [204C]. 1414   Il riferimento a Eb 6, 2 compare anche in In Ps 45, 1 §1 [416A]. 1415   Basilio trasforma il «voi» della lettera paolina con il «noi» attualizzante e orante in rapporto alla natura del salmo commentato. 1416   Non compare Sal 61, 7; forse Basilio lo sente come una ripetizione di Sal 61, 3?

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altri per il coraggio [mostrato] nelle guerre, quelli che stimano virtù anche l’uccidere quelli della stessa stirpe. [476D] Il valore nelle guerre e i trofei innalzati da un comandante1417 e da città sorgono secondo la quantità delle uccisioni. Altri si gloriano per il fatto di circondare le città di mura; [477A] e altri per l’allestimento di acquedotti e per l’erezione di grandi palestre ginniche.1418 Un tale altro, spendendo la sua ricchezza in combattimenti d’animali ed esultando per le vane voci dei popoli, si gonfia per le lodi e si ritiene grande, ponendo la gloria nella propria vergogna (cfr. Fil 3, 19); questi, per altro, mostra anche per scritto nei luoghi pubblici della città il proprio peccato sulle tavole pubbliche. Un altro si gloria* della ricchezza, ed un altro perché è un oratore1419 abile ed invincibile oppure esperto nella sapienza secondo il mondo (1Cor 1, 20; 1Cor 3, 19). Di tutti questi conviene compiangere la gloria e dire beati quelli che fanno di Dio la propria gloria.

La vera nuova dignità dell’uomo Se infatti un tale si ritiene grande perché è servo di un re, venendo molto onorato da lui, quanto più conviene a te avere un alto sentire di te stesso, perché sei servo del grande Re,1420 essendo stato chiamato da [477B] Lui alla più alta intimità*, avendo ricevuto lo Spirito della promessa, (Ef 1, 13) così che, essendo stato segnato (cfr. Ef 1, 13) in Lui, sei stato reso figlio di Dio? E avendo conosciuto in sé l’utilità della pura speranza in Dio, chiama il popolo al suo stesso zelo dicendo: Sperate in Lui, adunanza tutta di popoli, effondete davanti a Lui i vostri cuori (Sal 61, 9ab).1421 È impossibile infatti che noi possiamo divenire partecipi della grazia divina se non dopo aver allontanato le passioni [derivanti] dalla malvagità che occupavano in precedenza le nostre anime.1422   I comandanti citati in un contesto concettuale simile in Attende § 5 [209D].   L’esempio dell’architetto ed anche quello successivo dell’oratore ricorrono in In Ps 33, 3 § 2 [356A]. 1419   Per la gloria effimera dell’oratore vedi Attende § 5 [209D]. 1420   Cfr. poi l’espressione agostiniana «Deus, quem nosse, vivere est, cui servire regnare est», Agostino, Meditazione XXXVII, 32. Per questo tema vedi In Ps 32, 1§1 [324B]; In Ps 33, 3 § 2 [353CD] e [356A-B]; In Ps 33, 22 § 14 [385C]. 1421   Non compare Sal 61, 9c Dio nostro aiuto. 1422   È leitmotiv basiliano: In Ps 1, 1 § 3-4 [217CD]; In Ps 1, 1 § 6 [228B]; In Ps 32, 11 § 7 [341AB]; In Ps 33, 4 § 3 [357BC]; In Ps 33, 15 § 10 [376AB]; In Ps 45, 11 § 8 [428CD429ABC]; In Ps 114, 7 § 5 [492B]; Princ Prov § 4 [393BC]. 1417

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L’anima ha sue bilance per soppesare le azioni

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Io ho visto medici che somministrano farmaci salutari non prima di aver con sostanze emetiche svuotato la sostanza ingenerante male, che gli intemperanti avevano ingerito a causa di una cattiva dieta. Ma anche un vaso occupato in precedenza da un maleodorante liquido, se non ripulito, non può ricevere l’effusione del myron.1423 Bisogna dunque che venga espulso ciò [477C] che c’era prima, perché possa essere ricevuto ciò che viene introdotto.

L’anima ha sue bilance per soppesare le azioni Certo vani i figli degli uomini (Sal 61, 10a). Ha visto che non tutti seguono il suo invito, né accettano di sperare in Dio, ma che hanno la speranza nelle cose vane dell’esistenza biologica. Per questo dice Certo vani i figli degli uomini, falsi i figli degli uomini (Sal 61, 10ab). Perché vani? Perché falsi. In che cosa soprattutto viene biasimata la loro falsità di essi? In bilance, dice, per ingannare (Sal 61, 10b). Di quali bilance parla? Forse che tutti gli uomini, infatti, sono addetti ai pesi delle bilance? Forse che tutti [sono] mercanti di lana, o di carne o mettono in vendita argento o oro, o insomma si occupano con zelo di queste materie che i commercianti sono soliti permutare con bilance e pesi legali? Ma vasto [è] il genere degli artigiani che non abbisogna affatto di bilance per la loro attività; [477D] molti quelli che si danno alla navigazione, molti quelli che si volgono ai tribunali e al governare, [attività] presso cui esiste il falso, ma l’inganno con le bilance non viene praticato. Cos’è allora quello che dice? Che nel segreto (Mt 6, 4.6.18) di ognuno di noi è stato preparata da Colui che ci ha creati (cfr. Sal 94, 6; 3Mac 2, 3.9; Sir 24, 8; Col 1, 16; Ap 4, 11) una certa bilancia, [480A] grazie alla quale è possibile valutare la natura delle azioni. Ho posto davanti al tuo volto la vita e la morte*, il bene e il male (Dt 30, 15);1424 due nature opposte l’una all’altra; controbilanciale col tuo proprio criterio;1425 soppesa precisamente* che cosa ti è più utile, eleggere* il momentaneo piacere e per causa di esso ottenere la morte eterna, o, eleggendo la sofferenza inerente all’esercizio*   Vedi per un esempio simile Princ Prov § 4 [393BC].   Evidente richiamo delle due vie. 1425   Rispondendo nel 376 all’amico Amfilochio, Basilio afferma che a noi è stato dato il criterio dell’intelligenza noetica (nous) per apprendere la verità, Ep 233, 2 (III, 40, 3-4). 1423 1424

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della virtù, servirsi di questa come procuratrice dell’eterno diletto.1426 Falsi dunque gli uomini, che hanno corrotti i criteri dell’anima; questi il Profeta anche stima infelici dicendo: guai a quelli che chiamano luce la tenebra e tenebra la luce, quelli che dicono l’amaro dolce e il dolce amaro (cfr. Is 5, 20).1427 A me, dice, il presente; [480B] chi conosce le cose future? Male soppesi, scegliendo* cose cattive invece delle buone, apprezzando le cose vane invece delle vere, anteponendo le cose transitorie a quelle eterne (cfr. 2Cor 4, 18), scegliendo il piacere che passa invece della inesauribile e duratura letizia. Falsi dunque i figli degli uomini in bilance per ingannare (Sal 61, 10b).1428 Ingannano prima di tutto se stessi questi, e poi anche i vicini, coloro che diventano cattivi consiglieri anche di se stessi nelle azioni e sono per altri un malvagio esempio. Non ti è possibile dire nel giorno del giudizio (Mt 10, 15; 2Pt 2, 9 ecc.): non conoscevo il bene. Ti vengono presentate le tue stesse bilance che offrono un idoneo discernimento di bene e male. Valutiamo infatti i pesi del corpo con l’inclinazione dell’ago della bilancia, ma soppesiamo le scelte della vita con l’autodeterminazione dell’anima, che ha chiamato anche ‘bilancia’ per il fatto che può prendere uguale l’inclinazione da ambo le parti.1429 [480C]

1426   Contrapposto al ‘piacere di un giorno’ (2Pt 2, 13). Tryphē è termine usato in senso negativo nel greco classico, ma nella patristica può significare ‘gioia, diletto’ (cfr. alla voce in Lampe). Anche in Princ Prov § 9 [405C ] e § 10, [408ABC] la natura delle azioni e le scelte della vita vengono valutate attraverso criteri dell’anima come attraverso una bilancia che può inclinare verso il bene o verso il male. Il ricorso alla bilancia compare anche nel Com Is V, 179, 420A. In Attende § 3 [204CD] sui due piatti della bilancia vi sono corpo ed anima; la sovrabbondanza di uno dei due elementi determina l’indebolimento dell’altro. 1427   Il passo di Isaia è richiamato anche in In Ps 14B § 5 [280A] e Princ Prov § 9 [405D-408A]. In generale per questo concetto dell’errata valutazione del bene e del male vedi In Ps 14B §5 [280A]; In Ps 28, 9 § 7 [301A-B], In Ps 33, 11 § 7 [368BCD-369A], In Ps 61, 5 §3 [476AB]; Princ Prov § 9[405CD-408A]; Attende § 3 [204C]. 1428   Non compare Sal 61, 10c essi tutti insieme dalla vanità. 1429   Anche qui Basilio riferisce all’anima umana, in quanto tale, la facoltà deliberativa, senza fare alcun cenno alla facoltà dell’egemonico.

Non attaccarsi alla vana e passeggera ricchezza

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Non attaccarsi alla vana e passeggera ricchezza >5.  Non sperate nell’ingiustizia e non attaccatevi bramosamente alla rapina (Sal 61, 11ab). Sopra ha detto: Sperate in Lui, adunanza tutta di popoli (Sal 61, 9a). Vide l’esitazione dell’ascolto e aggiunse ancora che certo vani i figli degli uomini (Sal 61, 10a). Di nuovo esorta a non sperare nell’ingiustizia. Colui che ritiene che la ricchezza raccolta con l’ingiustizia costituisca per lui stesso un sostegno adatto per avere forza e dominare è simile al malato che pone la buona salute nel culmine della malattia. Non sperate nell’ingiustizia (Sal 61, 11a). Questa ti intralcia in ogni attività. E non attaccatevi bramosamente alla rapina (Sal 61, 11b). [Il salmista] esorta a non essere desiderosi delle cose altrui. La ricchezza se scorre, non attaccatevi nel cuore (Sal 61, 11c). Se vedi uno di coloro che sono oltremodo ricchi, non dire beata la sua [480D] vita. Se a te da molte parti e da sorgenti abbondanti scorrono i beni, non accettare l’eccesso di essi. La ricchezza se scorre (Sal 61, 11c). Ammira la voce. Fluida la natura della ricchezza; attraversa quelli che l’hanno più veloce di un torrente, passa per natura dall’uno all’altro. [481A] Come un fiume che scende dall’alto si avvicina a quelli che stanno sulla riva, ma ad un tempo li sfiora e subito se ne separa, così anche la speditezza della ricchezza ha un presentarsi assai celere e sdrucciolevole avendo per natura di passare da alcuni ad altri. Oggi il campo [è] di questo e domani di un altro e poco dopo di un altro ancora. Osserva le case nella città, quante già, da quando sono state edificate, hanno mutato nomi, venendo chiamate dall’uno all’altro coi nomi dei possessori. E l’oro, sempre scivolando via tra le mani di chi lo possiede, passa ad un altro e da quello a un altro. Puoi più facilmente, afferrandola con la mano, trattenere dell’acqua che custodire per te durevolmente la ricchezza.1430 Bene dunque è stato detto: Se la ricchezza scorre, non attaccatevi nel cuore (Sal 61, 11c). Non aver passione per essa nella tua anima; ma accogli l’utilità che ne deriva, [481B] senza amarla oltremodo e ammirarla come uno dei beni, ma assumendo l’aiuto di essa come strumentale.

  Per il luogo comune della natura mutevole della ricchezza e del possesso dei beni vedi anche In Ps 1, 1 § 5 [221B]; Sal 61, 11 è richiamato anche in Destruam § 1 [264C] e § 5 [269D-272A].

1430

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Nel suo giudizio Dio manifesta potenza e misericordia Poi fa seguire a tutte le cose precedentemente dette un’affermazione, non [fatta] di proprie parole, ma quella che ha udito dallo stesso Dio. Una volta sola - dice infatti - ha parlato Dio, queste due cose ho udito (Sal 61, 12). E il detto non turbi nessuno come per un paradosso:1431 come, mentre Dio ha parlato una sola volta, il Profeta ha udito due cose? E’ possibile infatti che uno abbia parlato una sola volta, ma che in quella sola volta le cose dette siano molte. Un uomo infatti, incontrando un tale una sola volta, discusse su molte cose; e colui che ha ascoltato le sue parole può dire che mi ha intrattenuto una sola volta, ma ha parlato di molte cose. Questo è quello che è detto ora. La manifestazione di Dio avvenne per me una sola volta, ma sono due le cose che ha detto. Non disse ‘una cosa ha detto [481C] Dio, queste due ho udito’; in tal modo infatti sarebbe sembrato che il discorso avesse in sé stesso una certa contraddizione. Quali erano dunque le due cose che ha udito? Che la potenza [è] di Dio, e tua, Signore, la misericordia (Sal 61, 13a). Dio, dice, è potente nel giudizio e al tempo stesso compassionevole.1432 Dunque non sperate nell’ingiustizia (Sal 61, 11a) né attaccatevi (Sal 61, 11c) alla ricchezza; né scegliete la vanità, né portate rovinato il criterio dell’anima. Sapendo che [è] potente il nostro Sovrano,1433 temete la sua forza e non disperate della sua filantropia*. Per non compiere dunque ingiustizie, il timore [è] buono; perché colui che è scivolato una volta in un peccato non lasci andare se stesso per la disperazione, buona [è] la speranza nella misericordia. La potenza, infatti, di Dio e da Lui la misericordia (Sal 61, 13a).

  Qui «paradosso» ha connotazione retorica (come in In Ps 114, 7 § 5 [492D-493A]) e viene superato tramite una interpretazione letterale del versetto biblico. In genere Basilio riferisce il termine paradosso al mistero dell’Inumanizzazione verginale del Cristo: Hex VIII, 6, 6, In Ps 29, 1 § 1 [305C], In Christi gen 4 (1465D), 5 (1468D-1469A). Cfr. a c. di G. Mazzanti, Basilio, Testi cristologici, Roma 1991, 175-177. 1432   Per il collegamento di giudizio e misericordia vedi In Ps 32, 5 § 3 [332AB] (con relativa nota) e In Ps 114, 5 § 3 [489A]. 1433   Per l’uso del termine Despotēs vedi nota a In Ps 29, 3 § 3 [309D]. 1431

Dio darà a ciascuno secondo le sue azioni

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Dio darà a ciascuno secondo le sue azioni Perché tu darai a ciascuno secondo la sue azioni (Sal 61, 13b). [481D] Con la misura con cui infatti misurate, sarà contromisurato a voi (Lc 6, 38; Cfr. Mt 7, 2). Hai afflitto il fratello? Aspettati lo stesso. Hai rapito quanto appartiene alle persone inferiori? Hai colpito a pugni i poveri? Hai svergognato con insulti? Hai calunniato? Hai mentito? Hai insidiato nozze altrui? Hai spergiurato? Hai spostato confini paterni? Ti sei impossessato di beni di orfani? Hai maltrattato vedove? Hai preferito il piacere transitorio ai beni promessi? Aspettati la contromisura di queste cose.1434 [484A] Quali cose infatti ciascuno ha seminato, tali pure raccoglierà (cfr. Gal 6, 7-8). E naturalmente, anche se alcune cose buone sono state fatte da te, anche di quelle aspettati le ricompense molto più abbondanti. Poiché tu darai a ciascuno secondo le sue azioni (Sal 61, 13). Ricordando questa affermazione per tutta la tua vita, potrai evitare la maggior parte dei peccati, in Cristo Gesù il Signore nostro, al quale la gloria e la potenza nei secoli dei secoli. Amen, (1Pt 4, 11; Ap 1, 6).

  Un simile modulo stilistico (la domanda seguita dall’imperativo) anche in In Ps 32, 2 § 2 [325D] e In Ps 59, 13 § 5 [468C-469A].

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XIV. SALMO 114 Proemio Basilio si giustifica del ritardo alla liturgia dei Martiri >1.  [484A] Dopo aver preso posto da tempo in questo sacro tempio dei Martiri,1435 propiziandovi da mezzanotte il Dio dei martiri con gli inni, avete perseverato fino a questo mezzogiorno, nell’attesa del nostro arrivo. [484B] Dunque, per voi che preferite al sonno ed al riposo l’onore ai martiri e il culto di Dio, pronta [è] la ricompensa. Se poi bisogna che anche noi parliamo in difesa di noi stessi per l’indugio e per l’avervi abbandonato per molto tempo, diremo il motivo, che, poiché abbiamo in affido1436 un’altra Chiesa di Dio di pari dignità rispetto a questa,1437 che è non poco separata da voi per la distanza,1438 abbiamo impiegato questo tempo del giorno. Poiché dunque il Signore ha concesso sia di compiere l’atto liturgico per quelli sia di non venire meno al vostro amore, rendete grazie con noi al Benefattore, che guida questa nostra debolezza visibile del corpo con la sua potenza invisibile. Tuttavia, affinché vi lasciamo liberi senza trattenervi di più, dopo aver parlato in breve del salmo da voi cantato da quando siamo sopraggiunti [484C] e dopo aver nutrito le vostre anime col discorso della consolazione secondo la forza che è in noi, lasceremo andare ciascuno alla cura del corpo.1439   Basilio è stato un grande fautore del culto dei cristiani martirizzati e delle loro reliquie. Cfr. M. Girardi, Basilio di Cesarea e il culto dei martiri nel IV secolo. Scrittura e tradizione, Quaderni di Vetera Christianorum, Università di Bari, Bari 1990. 1436   Rendiamo con «abbiamo in affido» il termine oikonomountes. 1437   Questo rilievo offre lo spunto per stabilire la datazione della presente omelia. Vedi Introduzione. 1438   Compare qui il termine diastēma che indica una estensione spazio-temporale; essa avrà un ruolo centrare nel pensiero di Gregorio di Nissa, che ne farà la cifra della condizione di tutte le creature circoscritte in una dimensione finita in movimento verso un fine; il diastēma altro non è che la stessa realtà, Gregorio di Nissa, Omelie su Qoelet VII, 8 394, 76-77 (GNO V, 412, 14). Solo Dio sfugge a tale condizionamento spazio-temporale, Gregorio di Nissa, Contro Eunomio III, VII, 32-33 (GNO II, 226, 22-29); cfr. ancora ivi I, 344-345-346-347 (GNO I, 129, 1-28). 1439   Anche la ‘cura’ è valutata in base al criterio della sua utilità e del suo uso, criterio a 1435

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XIV. SALMO 114

Commento Chi ama veramente Dio accoglie con gioia i patimenti conseguenti Che cos’era dunque ciò che veniva cantato? Ho amato - dice - perché il Signore ascolterà la voce della mia preghiera (Sal 114, 1). Non è di chiunque dire Ho amato ma di chi è già perfezionato* e supera il timore della schiavitù (cfr. 1Gv 4, 18) ed è giunto nello spirito della figliolanza divina (Rm 8, 15).1440 Dunque non è aggiunto a Ho amato il chi?, ma è sottinteso da noi che [è] il Dio di tutte le cose (cfr. 2 Mac 14, 35). Infatti ciò che [è] in senso proprio amabile [è] Dio; dal momento che definiscono che è amabile ciò cui tutto tende.1441 Bene [è] Dio1442 ed il primo e più perfetto dei beni*. Ho amato dunque Dio stesso (cfr. Gs 23, 11; 1Gv 4, 20), che è l’ultimo dei beni desiderabili,1443 [484D] ed ho accettato i patimenti* per Lui con gioia (cfr. 1Ts 1, 6) [485A]. Quali siano questi, poco dopo espone: le doglie della morte (At 2, 24), i pericoli dell’Ade (cfr. Sal 15, 10; At 2, 27.31), la tribolazione (cfr. Rm 8, 35; 1Ts 1, 6), il dolore, le quali cose tutte gli sembravano amabili per l’amore agapico verso Dio e per la speranza, che è riservata (Col 1, 5) a coloro che accettano le sofferenze per la pietà. Infatti non senza scelta deliberata*, né a forza né per costrizione ho sopportato, dice, le lotte*, ma con un certo amore affettuoso e disponibilità1444 ho accettato le fatiche, così da poter dire: Poiché per causa cui più volte Basilio fa riferimento nelle sue indicazioni ascetiche. In questo preambolo, proposto con grande eleganza, Basilio mostra premura e attenzione per l’uditorio. 1440   Si noti ancora l’accostamento di un testo giovanneo con uno paolino. Si ha qui un chiaro riferimento al progresso spirituale dal timore all’amore. Vedi Introduzione e nota a In Ps 32, 8 § 6 [337B]. La visione di Basilio è precisa e costante: la vita spirituale di fede è un progressivo sviluppo a tappe che 1. parte da un distacco iniziale, 2. procede in un continuo combattimento fino 3. a giungere allo stato di perfezione che precede la vita futura. 1441   Anche per richiami delle varie fonti vedi In Ps 1, 1 §3 [216B] e In Ps 44, 1 § 2 [392A]. 1442   Il NT, quando parla di Dio ‘buono’, ne parla in accezione ‘etica’ (Mc 10, 18); qui Basilio ne dà una lettura ontologica, presentando Dio come il massimo bene per l’Uomo, come dirà poco dopo e come spesso ripete, ad es. in In Ps 1, 1 § 3 [216B]; In Ps 33, 11 §7 [368B]. 1443   Nota definizione stoica di fine, cfr. SVF III, 3; vedi In Ps 48, 1 § [432AB]. Riferimento a Dio come il Bene supremo desiderabile. 1444   Si richiami quanto Basilio dice in Rf Proemium 896D e Rf 2.

Dio si porta vicino all’uomo per ascoltarlo

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tua siamo messi a morte tutto il giorno (Sal 43, 23; Rm 8, 36). E sembra che queste parole abbiano lo stesso valore di quelle dell’apostolo e [che]ciò venga detto dalla medesima disposizione presente anche in lui: Chi ci separerà dall’amore del Cristo? Tribolazione? O angustia? O persecuzione? O fame? O nudità? O pericolo? O spada? (Rm 8, 35). Ho amato dunque [485B] tutte queste cose, sapendo che sopporto i pericoli (cfr. 2Cor 11, 26) per la pietà sotto uno spettatore* elargitore di premi, il Sovrano di tutte le cose (Sap 6, 7; Sap 8, 3).1445 Perché il Signore ascolterà la voce della mia preghiera (Sal 114, 1). Così infatti anche ciascuno di noi può superare la fatica [insita] nei precetti, quando mostra la propria condotta al ‘Dio di tutte le cose’, come ad uno spettatore*.1446

Dio si porta vicino all’uomo per ascoltarlo >2.  Poiché ha inclinato il suo orecchio verso di me (Sal 114, 2a). Ha inclinato, ha detto, non affinché tu ti formi un’idea somatica riguardo a Dio1447 come se avesse orecchie ed inclinasse queste verso la fievolezza della voce, cosa che noi facciamo avvicinando il nostro udito a coloro che parlano sommessamente, affinché da vicino con la percezione riceviamo ciò che viene detto, ma Ha inclinato, ha detto, per [485C] mostrare la sua propria debolezza. Infatti scese per filantropia* verso me che giacevo a terra; come, quando un malato per la molta debolezza non può neppure parlare distintamente, un medico filantropo, dopo aver accostato il suo udito, apprende da vicino ciò che è necessario all’infermo. Ha inclinato - ha detto - il suo orecchio verso di me (Sal 114, 2). Il divino udito, infatti, non ha bisogno di voce per la percezione; sa certo riconoscere anche nel moto del cuore ciò che si richiede. Non apprendi forse che Mosè, senza aver detto niente, ma rivolgendosi al Signore con i suoi gemiti inesprimibili1448 (cfr. Rm 8, 26), era udito dal Signore che diceva: Perché gridi a me? (Es 14, 15). Dio sa udire anche il 1445   Dato il richiamo a Rm 8, 35 si ha qui ulteriore conferma del fatto che Basilio a Kyrios preferisce Despotēs, come a nota a In Ps 29, 3 §3 [309D]; e per ‘sovrano di tutte le cose’ vedi nota In Ps 14B, § 5 [277D]. 1446   Anche in Seneca Dio osserva lo spettacolo del saggio che lotta, Seneca, La provvidenza, 2, 8-9. 1447   Per la critica alla rappresentazione antropomorfica di Dio vedi anche In Ps 29, 2 § 2 [308C-309A] e relativa nota; In Ps 33, 17 §11 [377B]. 1448   Basilio applica a Mosè quello che il testo paolino riporta allo Spirito.

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sangue giusto (Mt 23, 35; cfr. Gen 4, 10),1449 che non ha lingua né voce che attraversa l’aria. Presenza di opere giuste è voce forte presso Dio.

Invocare Dio in ogni circostanza anche dolorosa della vita E nei miei giorni invocherò (Sal 114, 2b). Noi, [485D] quando abbiamo pregato in un sol giorno o in una sola ora ci siamo sdegnati per breve tempo per i nostri peccati, siamo tranquilli come se già avessimo fatto qualcosa che può stare a fronte della nostra malvagità. Invece il santo dice di rendere la confessione commisurata a tutto il tempo della propria vita: Infatti nei miei giorni, [488A] tutti, dice, invocherò (Sal 114, 2b). Poi, affinché tu non creda che invocava Dio mentre era lieto in questa vita e tutte le cose procedevano per lui secondo corrente,1450 espone la grandezza delle prove calamitose*, versando nelle quali non dimenticò il nome di Dio. Mi circondarono - dice infatti - doglie di morte, pericoli dell’Ade mi trovarono (Sal 114, 3). In senso proprio le ‘doglie’ sono applicate ai dolori del parto, quando il ventre, sollevato per il peso, spinge fuori il feto; poi le parti genitali compresse e tese attorno al feto con spasmi e contrazioni dei muscoli producono sofferenze acutissime e dolori violenti alle partorienti.1451 Ha trasferito poi le doglie anche alla morte (cfr. At 2, 24), quelle doglie che circondano il vivente nella separazione dell’anima e del corpo. 1452 Dice dunque di non aver sofferto niente di misurato, [488B] ma di aver sperimentato fino anche alle stesse doglie della morte e di essere giunto al pericolo della discesa nell’Ade.   Basilio richiama certamente la vicenda di Caino che uccide il fratello Abele, la voce del cui sangue grida a Dio (cfr. Gen 4, 8-10). 1450   Per questo concetto vedi In Ps 32, 1 § 1 [324B], In Ps 33, 2 § 1 [352C-353A] e In Ps 48, 19 § 10 [456D-457A]. Per l’espressione «secondo corrente» vedi In Ps 44, 1§ 1[388C], Princ Prov § 15 [417C] e Attende § 5 [209C]. 1451   Basilio mostra sempre attenzione e precisione per il dato naturale-fisiologico della natura umana, in questo caso della donna. 1452   Si tratta della morte ‘mediana’ definita appunto dagli stoici come “separazione dell’anima dal corpo” (Cfr. SVF II, 790-791 I, 38, 17 e II, 185, 45); presente in Platone, Fedone 67d citato da Clemente Alessandrino, Stromati VII, 12, 71, 3; cfr. anche V, 11, 67, 2; in Filone, Allegoria delle Leggi I, 105; e in Origene, il quale sa che essa è conosciuta da cristiani e giudei ma anche da molti altri Greci e barbari, Origene, Contro Celso VII, 5 (SCh 147, 22, 1-4); cfr. anche Commento ai Romani VI, VI (1068C). 1449

Invocare Dio in ogni circostanza anche dolorosa della vita

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Dunque ha sofferto anche solo queste cose per le quali si vanta oppure queste spesso anche non volute? Niente di ciò che è stato imposto [è] degno di lode.1453 Ma guarda la nobiltà dell’atleta*. Poiché infatti mi circondarono doglie di morte (Sal 114, 3a), e pericoli dell’Ade mi trovarono (Sal 114, 3b), fui tanto lontano dal cadere sotto simili tentazioni che mi sottoposi volontariamente a prove anche molto maggiori di queste. Tribolazione e dolore (Sal 114, 3c), come volontariamente per me stesso andai a trovare (Sal 114, 3c), non fui afferrato da queste involontariamente. Infatti nei versi precedenti pericoli dell’Ade mi trovarono (Sal 114, 3b); qui invece tribolazione e dolore trovai (Sal 114, 3c). Poiché infatti lì fui trovato inflessibile verso gli attacchi sferrati dal tentatore, [488C] per mostrare la grandezza dell’amore verso Dio, ho aggiunto tribolazione alla tribolazione* e dolore al dolore; non levandomi contro le sofferenze con la mia forza, ma perché ho invocato il nome del Signore (cfr. Gl 3, 5; At 2, 21; Rm 10, 13). Tale è anche ciò che dice l’apostolo: in tutte queste cose siamo più che vincitori grazie a Colui che ci ha amato (Rm 8, 37). Vince infatti colui che non cede a ciò che viene di necessità recato contro; è più che vincitore colui che di propria scelta* si attira dolori a dimostrazione della pazienza.1454 Colui che è stato in un peccato, che conduce alla morte (1Gv 5, 16), dica: Mi circondarono doglie di morte (Sal 114, 3a). Chiunque -infatti, dice- compie il peccato dal diavolo è (1Gv 3, 8)1455 stato generato. Quando [488D] dunque ero, dice, operatore del peccato ed ero tenuto in gestazione dalla morte, allora anche fui trovato dai pericoli dell’Ade. Come dunque risanai me stesso? Poiché tribolazione e dolore trovai (Sal 114, 3c), quello attraverso la conversione. Corrispondente infatti alla grandezza del peccato [489A] escogitai per me il patimento della conversione e così osai invocare il nome del Signore (Sal 114, 4a). Quali erano le cose che ho detto? O Signore, libera l’anima mia (Sal 114, 4b). Sono trattenuto in questa prigionia, tu da’ il riscatto per me (cfr. Mt 20, 28) e libera l’anima mia.   La lode caratterizza solo le azioni volontarie: vedi In Ps 33, 7 § 5 [361B]; cfr. Aristotele, Etica Nicomachea III, 1, 1109 b, 30-33. 1454   Per la pazienza da esercitare nelle prove vedi nota a In Ps 33, 5 § 4 [360A]. 1455   Vedi In Ps 7, 15 § 8 [248C] e In Ps 44, 11 § 10 [409B]. Vedi anche nota a In Ps 44, 17 § 12 [413B] per la paternità divina o diabolica. 1453

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In Dio pietà e giudizio non sono disgiunti >3.  Pietoso il Signore e giusto (Sal 114, 5a). Ovunque la Scrittura unisce ai sentimenti di misericordia di Dio la giustizia, insegnandoci che né la pietà di Dio [è] senza giudizio, né il giudizio [è] privo di pietà.1456 Ma, anche quando ha pietà, secondo giudizio misura i sentimenti di misericordia a coloro che ne sono degni; e, quando giudica, dà il giudizio in rapporto alla nostra debolezza, punendoci più con filantropia* che con compenso pari. E Dio [489B] ha pietà di noi (Sal 114, 5b). Pietà è commozione (pathos) verso coloro che sono stati umiliati oltre il giusto, che viene da parte di coloro che sono disposti in modo simpatetico. Abbiamo pietà di colui che da grande ricchezza è passato all’estrema indigenza, di colui che da perfetta salute del corpo si è ridotto nell’estrema debolezza, di colui che esultava* per bellezza e vigoria del corpo ed è stato distrutto dalle più vergognose malattie. Poiché dunque anche noi eravamo, un tempo, gloriosi per la permanenza in paradiso e siamo divenuti privi di gloria e miserevoli per la caduta,1457 Dio ha pietà di noi (Sal 114, 5b), guardando noi quali siamo da quelli che eravamo. Per questo chiamava anche Adamo con la voce della pietà, dicendo: Adamo, dove sei? (Gen 3, 9). Non desiderava infatti di essere informato Colui che sa tutte le cose, ma voleva che egli considerasse quale era divenuto da quello che era. Dove sei? invece di*: ‘in quale rovina sei precipitato [489C] da tale altezza’?

La piccolezza umana e la salvezza divina a. Accezione fisica >4.  Custode dei piccoli il Signore; sono stato umiliato e mi ha salvato (Sal 114, 6). Stando al senso fisico, la natura umana non sussisterebbe se non fossero custoditi dal Signore i bambini in tenerissima età e ancora viventi nel seno della madre. Come infatti quelli portati nel grembo materno potrebbero nutrirsi o muoversi in spazi così stretti e che non danno nessuna possibilità   Vedi In Ps 32, 5 § 3 [332ABC], con relativa nota sul tema in questione e In Ps 61, 13 § 5 [481C]. Buona è la giustizia di Dio e giusta la sua bontà afferma Clemente Alessandrino, Stromati VI, 14, 109, 5; cfr. II, 18, 86, 1; VII, 3, 15, 4; Pedagogo I.IX, 88, 2 (SCh 70, 266). 1457   Vedi In Ps 14A, 1 § 1 [252B]. 1456

Verso il riposo eterno nella ‘terra dei viventi’ oltre le molteplici morti

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di girarsi, trascorrendo la vita in luoghi tenebrosi ed umidi e non potendo né respirare né vivere la vita degli uomini, anzi muovendosi nel liquido come pesci, se non fossero sorretti dalla custodia provvidenziale* di Dio? E come, caduti in questo luogo non noto e dal calore del grembo materno raffreddati dall’aria, potrebbero anche per breve tempo sopravvivere, se non fossero salvati da Dio? [489D] Custode - dunque - dei piccoli il Signore; sono stato umiliato e mi ha salvato (Sal 114, 6).

b. Accezione spirituale Oppure intenderai il discorso anche così: che, poiché mi sono convertito e sono diventato come un bambino ed ho accolto il regno dei cieli come un fanciullo (cfr. Mc 10, 15; Lc 18, 17) e attraverso l’innocenza ho abbassato me stesso fino all’umiltà (cfr. Lc 1, 48) dei bambini [492A], il Signore che è custode dei piccoli, poiché sono stato umiliato, mi ha salvato (Sal 114, 6).

Verso il riposo eterno nella ‘terra dei viventi’ oltre le molteplici morti >5.  Volgiti, anima mia, verso il tuo riposo, perché il Signore ti ha beneficato (Sal 114, 7). Il bel combattente* rivolge a se stesso le parole consolatorie, dicendo in modo simile a Paolo: Ho combattuto il bel combattimento, ho compiuto la corsa, ho conservato la fede; ora è in serbo per me la corona della giustizia (2Tm 4, 7-8). Anche il profeta dice a se stesso queste cose; poiché in modo adeguato hai compiuto la lunga corsa nello stadio di questa vita,1458 volgiti ormai verso il tuo riposo, perché il Signore ti ha beneficato (Sal 114, 7). E’ pronto infatti il riposo eterno (cfr. Sir 30, 17) per coloro che secondo regola hanno passato la vita di qui lottando (cfr. 2Tm 2, 5)1459*, non dato come ricompensa delle opere, ma concesso come grazia del Dio munifico [492B] a coloro che hanno sperato in Lui (cfr. Is. 25, 9).1460 Poi, prima di esporre   Il Nisseno dice: lo stadio è la comune vita degli uomini, Gregorio di Nissa, Sui titoli dei salmi II, 2, 31 (SCh 466, 274, 18-19). 1459   Per altri riferimenti in Basilio del testo di 2Tm 2, 5, con relativi rimandi, vedi nota a In Ps 33, 20 § 12 [381B]. 1460   Il peccato più grave, per Origene, -in cui è caduto anche satana- è quello di credere ‘merito’ quanto ci vien dato solo per Grazia celeste. Pertanto i veri ‘piccoli’ sono quelli che dopo l’infanzia hanno progredito nel bene «e tengono presente che non tanto per loro merito, quanto per Grazia ineffabile essi sono giunti al massimo possibile di beatitudine», 1458

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i beni di là, descrivendo la fuga dalle molestie del mondo,1461 per queste cose ringrazia il Liberatore delle anime, che lo libera dalla molteplice ed inesorabile schiavitù* delle passioni*. Quali sono queste? Poiché ha strappato l’anima mia da morte, i miei occhi da lacrime e miei piedi da caduta (Sal 114, 8). Attraverso un confronto con le realtà di qui descrive il futuro riposo. Qui infatti, dice, mi circondarono doglie di morte (Sal 114, 3a); là ha strappato l’anima mia da morte (Sal 114, 8a; cfr. anche Sal 56, 14). Qui gli occhi versano il pianto per la tribolazione; là non più pianto a coprire di oscurità le pupille di coloro che si allietano della contemplazione della bellezza della gloria di Dio. Tolse [492C] - infatti - Dio ogni pianto da ogni volto (Is 25, 8). Qui molto pericolo della caduta; perciò anche Paolo diceva: Chi ritiene di stare in piedi, veda di non cadere (1Cor 10, 12). Là, invece, sicuri i passi; immutabile la vita.1462 Non più pericolo di venire trascinati al peccato. Né infatti ribellione di carne, né concorso di donna al peccato. Poiché non c’è più né maschio né femmina (Gal 3, 28) nella resurrezione (cfr. Lc 20, 35), ma un sola è la vita e di un solo modo, poiché piacciono (Sal 114, 9) al loro Sovrano1463 coloro che si trovano ad abitare nella terra dei viventi (Sal 114, 9; cfr. Sal 141, 6). Questo stesso mondo è mortale e terra di morenti. Poiché infatti la costituzione delle cose visibili è composta e tutto ciò che è composto1464 è portato per natura a decomporsi, noi che siamo nel mondo, essendo parti del mondo, necessariamente [492D] partecipiamo della natura del tutto. Per questo, anche prima che l’anima per la morte venga separata dal corpo, Origene, I Principi III, 1, 12 (SCh 268, 74, 346-76, 349). Certo c’è sempre la libera volontà, ma conta soprattutto la Grazia di Dio, I Principi III, 1, 3 (SCh 268, 24, 50-54); III, 1, 19 (SCh 268, 114-122); Omelie su Luca XXXIX, 7 (SCh 87, 458); Omelie sui Numeri VII, 6, 2 (SCh 415, 196-198). 1461   Compare il tema della ‘fuga del mondo’ che per Basilio è soprattutto evento e atteggiamento morale-spirituale e non spaziale; vedi anche l’Introduzione e In Ps 1, 1 § 3-4 [217CD]; In Ps 1, 1 § 6 [228B]; In Ps 32, 11 § 7 [341AB]; In Ps 33, 15 § 10, [376AB]; In Ps 45, 11, § 8 [428CD-429ABC]; In Ps 61, 9 § 4 [477BC]; Princ Prov § 4 [393BC]. 1462   Lo stesso aggettivo nella forma non composta con prefisso (atreptos) per definire l’immutabilità della natura divina in In Ps 1, 1, § 3, [216B]. 1463   In questo tratto Basilio sembra voler sostituire Kyrios di Sal 114, 9 con despotēs. Per l’uso del termine Despotēs vedi nota a In Ps 29, 3 § 3 [309D]. 1464   Per questo concetto della natura composita (synthetos) dell’uomo vedi In Ps 32, 9 § 6 [337C] e In Ps 61, 4 § 3 [473C].

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più volte noi uomini moriamo.1465 E non ti appaia un paradosso1466 [493A] ciò che viene detto, ma osserva la verità della cosa. Infatti in tre periodi di sette anni1467l’uomo per natura si trova a sottostare a tre mutamenti* e trasformazioni di età e di vite e in ciascun periodo di sette anni [c’è] un proprio termine che delimita le cose passate e rende manifesta la mutazione. L’età del bambino piccolo è circoscritta dalla caduta dei denti nel primo periodo di sette anni. Poi la scadenza del fanciullo atto all’apprendimento è fino all’adolescenza.1468 L’adolescente, fino a quando ha compiuto ventuno anni, quando comincia ad adombrare le gote di lanugine, sparisce impercettibilmente, poiché il giovane comincia ormai a trasformarsi in uomo. Quando pertanto vedi che un uomo ha cessato la tendenza all’accrescimento secondo l’età ed è giunto ormai ai [493B] ragionamenti e non porta nessuna traccia della giovinezza, non penseresti che in lui il passato è morto? A sua volta il vecchio, mutato in un diverso aspetto e disposizione dell’anima, è chiaramente un altro rispetto ai precedenti.1469   Ricompare il concetto di morte come separazione dell’anima dal corpo, richiamato poco più sopra ([488A]), come conferma del mutamento della vita umana con le sue varie fasi della vita. Ma Basilio è consapevole, come dirà anche poco dopo, del fatto che l’esistenza umana attraversa morti successive; per cui la morte non è ridotta a un momento puntuale, ma ad una successione di momenti. 1466   Vedi nota a In Ps 61, 12 § 5 [481B]. 1467   Tale suddivisione è tipica degli stoici, cfr.Pohlenz, La Stoa, I, 103; cfr. SVF I, 149; II, 835. 1468   Vedi in In Ps 1, 1 § 5 [224A] in cui si parla della maturazione del giudizio (che per gli stoici avveniva alla fine del secondo ciclo di sette anni); quando il fanciullo diventa uomo è in grado di scegliere fra virtù e piacere. 1469   Con quanto seguita a dire, Basilio di fatto vede, oltre alle prime tre fasi di vita, anche quella dello stato adulto e quello della vecchiaia. Nell’omelia al Sal 44 Basilio caratterizza la vita umana come un processo che si sviluppa in quattro fasi, vedi In Ps 44, 1 §1 [388BC]. Filone descrive dieci età della vita, di sette anni ciascuna, età, egli dice, già descritte in versi elegiaci da Solone, il legislatore degli Ateniesi (cfr. Antologia lyrica graeca Diehl vol. I frammento 19, 31-32), Filone Alessandrino, Sulla creazione del mondo 103-106. Nello stesso luogo (105) egli cita anche il medico Ippocrate che enumera sette età, testo molto vicino a quello di Basilio. Per Isidoro di Siviglia sono sei i gradi della vita: infantia, puerizia, adolescenza, giovinezza, gravità (adulto) e vecchiaia: «Prima aetas infantia est pueri nascentis ad lucem, quae porrigitur in septem annis. Secunda aetas pueritia, id est pura et necdum ad generandum apta, tendens usque ad quartumdecimum annum. Tertia adolescentia ad gignendum adulta, quae porrigitur usque ad viginti octo annos. Quarta iuventus firmissima aetatum omnium, finiens in quinquagesimo anno. Quinta aetas senioris, id est gravitas, quae est declinatio a iuventute in senectutem; nondum senectus sed iam nondum iuventus, quia senioris aetas est, quam Graeci ‘presbuten’ vocant. Nam senex apud Graecos non presbyter, sed geron dicitur. Quae 1465

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Così anche la vita degli uomini è destinata per natura a raggiungere la pienezza attraverso molte morti, non solo nel mutamento secondo i passaggi da un’età all’altra ma anche nelle cadute delle anime nel peccato.1470 aetas a quinquagesimo anno incipiens septuagesimo terminatur. Sexta aetas senectus, quae nullo annorum finitur; sed post quinque illas aetates quantumcumque vitae est, senectuti deputatur. Senium autem pars est ultima senectutis, dicta quod sit terminus sextae aetatis. In his igitur sex spatiis philosphi vitam descripserunt humanam, in quibus mutatur et currit et ad mortis terminum pervenit», Isidoro di Siviglia, Etimologie Lib. XI, 2. 1470   Basilio sa di innumerevoli morti, vedi In Ps 32, 5 § 4 [332D]. Si veda nota a In Ps 1 § 4 [220A]. Basilio riconosce che «le morti vengono da Dio; ma non certo la morte è assolutamente male, a meno che non si parli di quello dei peccati» (De malo 3, 332C). Anche Metodio di Olimpo distingue la morte del peccato dalla morte fisica intesa come separazione dell’anima dal corpo, dalla carne Metodio di Olimpo, La risurrezione I, XXXVIII, 2 In un suo trattato Plutarco afferma che gli uomini devono subire ‘infinite morti’ come quelle che ogni uomo vive nel passagio tra le diverse età: «l’uomo maturo muore quando nasce il vecchio; ed il giovane morì per dar luogo all’uomo maturo; e così il fanciullo per il giovane e il poppante per il fanciullo. L’uomo di ieri è morto per l’uomo di oggi; e l’uomo di oggi muore per l’uomo di domani», Plutarco, Sulla E di Delfi, 392a-393b. Per Plotino Enneadi I, 9 ma specialmente per Porfirio (Sentenze sugli intelligibili 8-9) si danno due tipi di morte, quella naturale e quella voluta dai filosofi. Anche Filone distingueva due tipi di morte, una, comune, propria dell’uomo (separazione dell’anima dal corpo) e l’altra, quella che il testo biblico caratterizza come ‘morirete di morte’, morte propria dell’anima sepolta da vizi e passioni, Filone, L’allegoria delle Leggi I, 105-107. Clemente Alessandrino conosce il concetto di morte come separazione dell’anima dal corpo, ma sa che la vera morte è la separazione dell’anima dalla verità, Clemente Alessandrino, Stromati II, 7, 34, 2; VI, 11, 92, 2. Origene a sua volta distingueva tre tipi di morte: 1. la morte fisica (come quella di Balaam) 2. la morte (spirituale) a Dio e 3. la morte al peccato, come fu quella di Cristo, Origene, Dialogo con Eraclide 24-25 (SCh 67, 102-104); Commento ai Romani V, 10 (1050CD) in cui è ipotizzato un estremo tipo di morte del diavolo/inferno; VI, 6. Ma nel Commento alla lettera ai Romani l’Alessandrino dà dei tre tipi di morte una interpretazione mistica/morale legandola all’esperienza di una triplice morte esperita dal Cristo; si tratta di un ‘itinerarium mortis’ che porta alla novità di vita in Cristo risorto dai morti, Origene Commento ai Romani V, 10 (1048C-1049A). Una sintesi di questi tipi di morte, compresa quella ‘mediana’ come separazione dell’anima dal corpo, è offerta dall’Alessandrino più oltre, Origene, Commento ai Romani VI, VI (1068A-1069A). Che ‘morte’ abbia molteplici sensi è detto ancora da Origene, Commento a Giovanni XIII, LXI, 427 (SCh 222, 266, 1-5); cfr. XIX, XIII, 79 (SCh 290, 96, 1-7) per un breve accenno. Le stesse idee compaiono in Gregorio di Nissa, Discorso sui defunti 14 (CP 60, 23-25; GNO IX, 51, 11-15): varie età della vita e avvicinamento alla morte; (CP 62, 2-7; GNO IX, 52, 6-13): la natura si esercita di continuo alla morte; la morte è connaturata allo svolgimento della vita nel tempo; l’esistenza scorre; la morte segue sempre l’energia vitale. Anche Evagrio collega la morte fisica con quella richiesta alla vita virtuosa; per lui infatti la separazione del corpo dall’anima appartiene a Dio, ma tale gesto può divenire proprio anche di chi tende alla virtù, perché in effetti «i Padri hanno chiamato separazione (anachōrēsis) l’esercizio della morte e la fuga dal corpo», Evagrio Pontico, Trattato pratico 52. A questo riguardo cfr. F. Refoulé, Rêves et vie spirituelle d’après

Verso il riposo eterno nella ‘terra dei viventi’ oltre le molteplici morti

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Dove invece non c’è mutamento né di corpo né di anima -infatti non c’è deviamento di pensiero né modificazione di opinione, poiché nessun evento doloroso toglie la fermezza* e l’imperturbabilità dei pensieri-, quella è veramente terra di viventi (Sal 114, 9; cfr. Sal 141, 6), poiché essi sono sempre uguali a se stessi.1471 Ed in essa il profeta promette che piacerà al Dio (cfr, Sal 114, 9a) di tutte le cose, [493C] poiché non sarà più impedito da alcuna delle cose esterne nell’obiettivo del servizio vero e di dignità pari a quello degli angeli.1472 Ci sforziamo - dice - sia dimorando nel corpo sia esulando dal corpo di essere a Lui graditi (2Cor 5, 9). Terra di viventi1473 quella, in cui non c’è notte (cfr. Ap. 21, 25; Ap 22, 5), non c’è sonno, l’immagine della morte;1474 Évagre le Pontique in Supplément de la Vie spirituelle 59 (1961), 470-516 e RSPT 47 (1963), 402 n. 13. Il motivo dei tre tipi di morte, ripreso da Origene, ricorre più volte in Ambrogio, Caino e Abele II, 9, 35; De excessu fratris II, 37-38.47; Il bene della morte 2, 3; Sul vangelo di Luca VII, 35-39; La fuga del mondo 2, 13 (la vera morte); Sul salmo 118 3, 11; 3, 18; 4, 9; 5, 47 (vera vita). Può essere suggestivo richiamare che la poetessa fiorentina Margherita Guidacci parlava di «grappoli di morti»; che Cristina Campo in Passo d’addio parlava de «il mio palmo segnato da tutte le mie morti», C. Campo, La tigre assenza, Milano 1991, 28. 1471   C’è qui un richiamo di un motivo filosofico-platonico: la realtà divina-spirituale rimane sempre se stessa. A questa Basilio affianca, anzi aggiunge, la resurrezione del Cristo, evocata in [492D], tramite il richiamo dell’Apocalisse e la ‘terra dei viventi’, che fa sì che anche il credente in Lui partecipi con la totalità di sé alla qualità della natura divina. In tal senso vedi In Ps 44, 1 §2 [389AB]. 1472   Si può richiamare il modello della vita angelica (bios angelikos), isangelos; Gregorio di Nissa, Sulla verginità, XIV, 4 (SCh 442, 15); Vita di Macrina 11 (SCh 178, 174, 1-180, 48); cfr. introduzione di E. Giannarelli a Gregorio di Nissa, Vita di Macrina 4, 39 n. 33. Cfr. anche Giovanni Crisostomo, Catechesi battesimali VIII, 4 (SCh 50bis 249 e 250). 1473   L’espressione «terra di viventi» è richiamata anche in In Ps 115, 1 § 2 [105BC] per indicare una terra che non viene vista e di cui si può parlare solo per fede. 1474   Il collegamento fra sonno morte è presente anche In Ps 13, 3 e Gv 11, 11-13. Il motivo del sonno rapportato alla morte è ricorrente nella cultura pagana finendo per divenire un topos retorico; cfr. Omero, Iliade XIV, 231 (sonno fratello della morte); Esiodo, Teogonia 116 (sonno e morte gemelli); 755-766 (morte e sonno fratelli); Platone, Apologia di Socrate 40cd (la morte come un sonno); Aristotele, Del sonno I 454a 32; Inno Orfico 85 (il sonno come preparazione della morte); Lucrezio, De rerum natura III 919-930 (il sonno, riproduzione della morte); Marco Tullio Cicerone, Le discussioni di Tuscolo (Tusculanae disputationes) I, 38; Virgilio Eneide VI, 278 (« consanguineus Leti Sopor; il Sonno, consanguineo della Morte»). Questo motivo arriva fino a G. Leopardi, Cantico del gallo silvestre (il sonno come una particella di morte che rende sopportabile il peso della vita). Naturalmente il tema del risveglio come immagine della resurrezione dai morti diventa tipico del cristianesimo come in Atenagora, Sulla resurrezione 17 (PG 6, 100B); Metodio, La resurrezione I 37 (con riferimento

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XIV. SALMO 114

in cui non c’è cibo, non c’è bevanda, i sostegni alla nostra debolezza, non c’è malattia, non ci sono dolori, non medicina, non tribunali, non commerci, non arti, non ricchezze, l’origine dei mali, il presupposto delle guerre, la radice dell’inimicizia (cfr. 1Tm 6, 10; Gc 4, 1-2); ma terra di viventi, non morenti per il peccato, ma viventi la vita vera quella in Cristo Gesù,1475 al quale la gloria e la potenza nei secoli dei secoli. Amen, (1Pt 4, 11; Ap 1, 6).

ad Atenagora) e 53 (GCS 27, 309, 7-9); Gregorio di Nissa, Discorso sui defunti 14 (CP 62, 21-23; GNO IX, 53, 5-8); Sulla santa Pasqua (GNO IX 262, 24-263, 2 dove viene richiamato che il sonno viene definito dei pagani fratello della morte). L’equivalenza del sonno con la morte viene evocata dal Nisseno anche nel Commento al Cantico X (GNO VI 311, 19-20). 1475   Entrati nell’ambito della resurrezione del Cristo, nella vita vera, non ci saranno più quei mutamenti legati al peccato e alla corporeità. Il Nisseno dirà cose analoghe: si entrerà in una vita non più legata alle proprietà naturali del corpo psichico soggetto al mutare e a trasformarsi; tali caratteristiche umane, e non solo, non ci saranno più nella vita di allora, Gregorio di Nissa, Sull’anima e la resurrezione VI, 8 (PG 46, 156AB; GNO III/3, 119, 3-18).

XV. SALMO 115 (PG 30) Il mistero della teologia richiede l’assenso della fede senza dimostrazione >1.  [104B] Ho creduto, perciò ho parlato;1476 io sono stato eccessivamente umiliato; io ho detto nella mia estasi:1477 ogni uomo [è] menzognero (Sal 115, 1-2).1478 Fede guidi i discorsi su Dio; fede e non dimostrazione. Fede, quella che porta l’anima all’assenso più che i metodi razionali; fede, non quella che nasce dentro per necessità geometriche, ma per le energie dello Spirito.1479 Nel nome di Gesù Cristo Nazareno, alzati e cammina (At 3, 6). A questa voce seguiva l’opera attraverso lo Spirito. al prodigio diveniva necessaria l’accettazione della divinità dell’Unigenito1480 in quelli che guardavano. Che cosa di più costringe all’assenso, (dimmi): intrecci di premesse che si tirano dietro la conclusione ad esse stesse conseguente* o un prodigio tanto grande visto in modo chiaro, che supera ogni [104C] potenza di uomo? Eppure anche ora queste cose non sono apprezzate né le opere dello Spirito danno fede al discorso su Dio, ma dimostrazioni artificiose, che pongono la speranza nella capacità di persuasione (cfr. Col 2, 4) della sapienza del mondo (1Cor 1, 20; 1Cor 3, 19),1481 non nella forza e chiarezza della rivelazione dello Spirito, [rivelazione] che, attraverso coloro che in semplicità di cuore (Ef 6, 5) senza ricercatezze curiose credono in Dio, [lo Spirito] mostra per la salvezza dei molti.   Questo versetto del salmo è richiamato da Paolo in 2Cor 4, 13.   Si è preferito tradurre alla lettera il termine greco ekstasis, sul cui significato Basilio si sofferma più avanti (§ 3, 108A-B). 1478   Basilio accoglie la lettura della LXX (seguita dalla Vulgata) che fa iniziare il Sal 115 al v. 10 del Sal 116 nel testo masoretico con l’aggancio dell’Alleluia. Cosa di cui è consapevole Eusebio di Cesarea che segue la tradizione ebraica e considera Sal 115, 1 come Sal 114, 10 e quindi quale continuazione del Sal 114, 1-9. 1479   Si noti l’anafora insistita del termine fede, pistis. 1480   In In Ps 48, 11-12 § 6 [445B] l’accettazione del Logos, che era all’inizio presso Dio, insieme alla conoscenza di Dio Padre e all’illuminazione che sgorga dallo Spirito Santo, è carattere distintivo dell’uomo. 1481   L’espressione paolina richiamata anche in In Ps 48, 7 3 [440A] e Princ Joannis § 1 [472C]. 1476 1477

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XV. SALMO 115 (PG 30)

Oh se anche a me toccasse di credere in modo degno, perché ora a questa grande Chiesa di Dio1482 dicessi cinque parole nella mia mente (1Cor 14, 19)!1483 E nessuno derida il discorso, come se noi conducessimo gli ascoltatori all’assenso su ciò che diciamo senza alcuna prova. [E’] necessario infatti che i principi di ciascuna disciplina siano non investigati [105A] per coloro che imparano, poiché [è] impossibile che quelli che litigano sulle prime cose possano con metodo ed ordine1484 procedere fino alla fine. E questo potresti apprendere dalle stesse discipline profane. Se infatti tu non concedessi al geometra i primi principi, [sarebbe] impossibile che egli portasse a compimento ciò che segue. E chi si oppone alle cose prime ed elementari dell’aritmetica, taglia la strada verso ciò che sta oltre. Similmente anche i principi medici [sono] indimostrabili per i medici. E insomma, in qualunque occupazione di coloro che procedono con metodo ed ordine verso la fine, [è] impossibile cercare dimostrazioni dei primi fondamenti, ma [è] necessario, dopo aver accolto i principi delle arti logiche senza investigazione, considerare ciò che consegue* da quanto posto a fondamento nelle cose che vengono successivamente.1485 Così anche ora il mistero della teologia richiede l’assenso [derivante] dalla fede non provata.1486[105B] Infatti bisogna credere, dice, che c’è Dio (Eb   Chiaro riferimento all’uditorio e quindi ad un contesto liturgico; data anche la conclusione esortatoria unita alla dossologia finale dell’omelia stessa. 1483   Sorprende che questo testo paolino sia assente nelle opere ascetiche-monastiche di Basilio. 1484   La stessa espressione ricorre qui subito dopo e in In Ps 14A, 1 § 1 [252A]. Su questa espressione -presente in Anassagora e negli Stoici Cleante e Crisippo e diversi altri autori cristiani- cfr. Panayiotis Tzamalikos, Anaxagoras, Origen, and Neoplatonism I-II, BerlinBoston 2016, 397-398 1485   Qualcosa di analogo aveva detto Giuliano l’Imperatore: riguardo ai benefici concessi dal dio Helios egli preferisce credervi piuttosto che dimostrarlo, Giuliano, A Helios re (in Giuliano Imperatore, Alla Madre degli dei e altri discorsi a c. di J. Fontaine, C. Prato, A. Marcone) 37 (152, 9). Tale atteggiamento può denotare a suo modo la situazione di separazione del sapere scientifico dalla rivelazione religiosa, tipica del quarto secolo che si affida agli Oracoli come testi da accogliere con fede come rivelazione. 1486   Questo passaggio argomentativo ne richiama uno del Timeo 40de in cui Platone dice che occorre credere ai figli di dei anche se parlano senza dimostrazioni logiche e rigorose. Testo questo riportato da Clemente, Stromati V, 13, 84, 1-2; conosciuto e ripreso da Atenagora, Supplica per i cristiani XXIII, 5 (SCh 379 con rinvio a Timeo 39e-41a); Eusebio di Cesarea, Preparazione evangelica II, 7, 1 (SCh 228, 120-122); XIII, 1, 1; 14, 5 (SCh 307, 242.400); Teodoreto di Ciro, Cura delle malattie elleniche I, 59; III, 34 (SCh 57, 120; 179).. Clemente Alessandrino distingue la fede che ha la funzione di elemento primo (che segue ‘lettera per lettera’ la Scrittura) dalla fede che ha fatto progressi (capace della spiegazione 1482

Non si arriva alla verità con mezzi umani

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11, 6), non cercare né disputare su che cosa è.1487 E insomma, se la fede è sostanza delle cose che si sperano e prova di quelle che non si vedono (Eb 11, 1), non contendere ormai per vedere ciò che si trova lontano e non porre come ambigue le cose che si sperano (Eb 11, 1) per il fatto di non poterle ancora toccare secondo la conoscenza. Questo dunque in generale riguardo alla fede per coloro che combattono coi discorsi (cfr. 1Tm 6, 4; 2Tm 2, 14) e collocano la speranza in parole vuote (cfr. Ef 5, 6).

Non si arriva alla verità con mezzi umani >2.  Mi sembra che il salmo [che abbiamo] sotto mano abbia consequenzialità* come con il significato precedente nel salmo [che si trova] dietro. Ha detto infatti lì: Piacerò al Signore in terra di viventi (Sal 114, 9).1488 Poiché dunque parla riguardo ad un terra che non viene vista, come se la conoscesse chiaramente, esprime la causa [105C] della definizione riguardo alle cose occulte dicendo: Ho creduto (Sal 115, 1a) che c’è una terra di viventi (Sal 114, 9); perciò ho parlato (Sal 115, 1a) [dicendo] che Piacerò in essa al Signore (Sal 114, 9). Insomma, l’anima che giunge senza fede al parlare, ciarlerà a vuoto, visto che mette fuori il discorso a partire da nessun fondamento. Pertanto principio di un discorso saggio [è] fede stabilita fortemente nel cuore di chi parla. Poi aggiunge da dove [è] possibile per noi conseguire la perfezione* riguardo alla fede, successivamente, dicendo: Io sono stato eccessivamente umiliato (Sal 115, 1b). Infatti chi non ha umiliato la propria mente e non dice, ad imitazione dell’Apostolo, Fratelli, io non credo di averlo ancora afferrato (Fil 3, 13) ma rivolge nella mente la comprensione dell’essenza di Dio e misura col proprio ragionamento ciò che è irraggiungibile e calcola che Dio è tanto quanto egli stesso ha afferrato col ragionamento [105D]; e insomma chi fa del proprio intelletto la misura di ciò che è, non calcolando che è più facile misurare tutto il mare con una piccola ciotola che con l’intelletto gnostica della Scrittura ‘secondo le sillabe’), Clemente Alessandrino Stromati VI, 15, 131, 3. 1487   Basilio ripete questa convinzione più di una volta. In ciò sarà seguito dal Nisseno, il quale sa, come Basilio, che solo mediante la fede si ha accesso alla natura incomprensibile che lo spirito cerca, Gregorio di Nissa, Contro Eunomio II, 91 (GNO I, 253, 25-28) e III, 11 (GNO II, 242, 19-25): Sulle Beatitudini VI, 3-4 (sulla possibilità della conoscenza/visione di Dio). 1488   L’espressione «terra di viventi» di Sal 114, 9 è interpretata da Basilio in riferimento alla condizione della beatitudine eterna, vedi In Ps 114, 9 § 5 [492C-493BC].

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umano afferrare l’indicibile grandezza di Dio, invano gonfiandosi ed esaltandosi (cfr. 2Cor 10, 5) per la vanità del proprio intelletto (Ef 4, 17),1489 non può dire Ho creduto, perciò ho parlato (Sal 115, a1; cfr. 2Cor 4, 13), perché non gli [è] possibile neppure aggiungere ciò che segue, Io sono stato eccessivamente umiliato (Sal 115, 1b); infatti vive insieme con boria e superbia e [108A]si esalta con parole vuote, mentre non possiede la forza [derivante] dalla fede.1490 Poi non solo umilia se stesso, ma anche tutta insieme l’umanità della sua stessa specie e compagna di natura. Io dissi infatti - dice - nella mia estasi: ogni uomo [è] menzognero (Sal 115, 2). Perciò colui che non è aiutato dalla fede, ma giunge al discorso coi propri mezzi, confidando nei preparativi umani per la comprensione della verità, è menzognero, in quanto si allontana molto dalla verità.

L’estasi di David e non un ragionamento circolare >3.  Del resto dice che ha pronunciato questo discorso nell’estasi. Che cos’è dunque l’‘estasi’? O perché, dopo aver osservato la natura umana ed aver indagato se da qualche parte c’è verità negli uomini, [108B] non avendo potuto trovare da nessuna parte questa senza l’aiuto da parte di Dio, stupito1491 per il carattere   Convinzioni analoghe, già espresse da Origene, ritornano in Gregorio di Nazianzo e specialmente nel Nisseno; questi ritiene impossibile una delimitazione e una spiegazione della natura infinita di Dio per mezzo del significato di un nome; chi pensasse così «è come un che pensasse di poter contenere l’intero mare nel palmo della propria mano», Gregorio di Nissa, Contro Eunomio, III, V, 55 (GNO II, 180, 1-10). L’immagine del mettere il mare in una ciotola-conchiglia ritorna in una leggenda comparsa in uno scritto del XIII secolo di Cesare d’Heisterbach. L’attribuzione dell’episodio a Sant’Agostino è del 1263 basata su una lettera apocrifa a Cirillo dove Agostino ricorda una rivelazione divina con queste parole: «Augustine, Augustine, quid quaeris ? Putasne brevi immittere vasculo mare totum? «Agostino, Agostino che cerchi? Pensi di poter mettere tutto il mare in una piccola nave?». Un giorno, sant’Agostino mentre in riva al mare riflette sulla Trinità pensando di poterla comprendere con la ragione, vede un bambino che con una conchiglia versa l’acqua del mare in una buca. Incuriosito Agostino interroga il bambino «Che fai?» e questi risponde: «Voglio travasare il mare in questa mia buca». A sant’Agostino che gli dice l’impossibilità del gesto, il bambino dice: «Anche a te è impossibile scandagliare con la piccolezza della tua mente l’immensità del Mistero trinitario». E detto questo sparì. 1490   Si noti l’incalzante successione dei participi del testo greco, che delineano in modo incisivo la presunzione intellettuale di chi pretende di comprendere Dio con il solo intelletto umano, su cui vedi anche In Ps 32, 11, § 7, [341A]. 1491   Il tema dell’estasi compare anche nel Com Is Proemio 5, 126BCD-128A); citando Sal 1489

L’estasi di David e non un ragionamento circolare

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paradossale1492 della cosa, ho gridato che ogni uomo [è] menzognero (Sal 115, 2b). Oppure in quell’estasi che assunsi davanti ad Anchis,1493 fingendo epilessia e delirio, dopo che mi vidi giunto alla necessità di mentire contro me stesso e di inventare ciò che non era, allo scopo di sfuggire al pericolo dei nemici, allora dissi che ogni uomo [è] menzognero (Sal 115, 2b); anche se non per scelta deliberata* né a danno del prossimo ma certo per alcune cause calamitose mi rifugiai nel mentire. E il Profeta non si contraddice nel discorso, come alcuni dei sofisti tentano di confutarlo, dicendo che il Profeta è caduto nella ignominia di un ragionamento circolare. Se infatti ogni uomo [108C] [è] menzognero,1494 uomo anche David, era menzognero anche lui evidentemente; ma se [è] menzognero, non si deve prestare fede a lui riguardo a ciò che dichiara. Se poi questo discorso non è vero ed ogni uomo non è menzognero, assolveremo anche David dall’accusa della menzogna. Ma se non mente, dobbiamo prestar fede a lui riguardo a ciò che dichiara; avendo dunque fede, di nuovo saremo condotti alla necessità di non aver fede. Perciò, se David dice la verità, distrugge il proprio discorso, perché e è uomo e non mente; se invece mente, da sé ha il non poter essere creduto; chi infatti terrà conto di uno che dice menzogne? Perciò, poiché una volta ha dichiarato che ogni uomo è menzognero, David deve mentire per dar fede al discorso: o, se egli dice il vero, ha distrutto la dichiarazione. Tuttavia queste cose sono proprie di quelli che giocano e con i giri delle parole1495 [108D] si esaltano davanti agli inesperti; ma 115, 2 evidenzia come in tale passo l’’essere fuori di sé’ (ekstasis) va inteso come ‘stupore’ (ekplēxis), in quanto è impossibile che il contatto con lo Spirito provochi la perdita dell’intelletto. L’‘estasi’ del versetto 115, 2 è citata anche nello pseudobasiliano Liber de virginitate (PG 30, 26, 726A di Basilio di Ancira?) per indicare la condizione della vergine che trascura tutto ciò che si vede con gli occhi, rende tutte le sue facoltà serve del proprio sposo e con la mente nuda si sazia dell’amore in se stessa. 1492   Vedi nota a In Ps 61, 12 § 5 [481B]. 1493   L’episodio di David che si finge folle davanti al re Anchis (1Sam 21, 11-15) è dettagliatamente richiamato in In Ps 33, 1 § 1 [349BC-352B]. 1494   Si tratta del celeberrimo paradosso del mentitore attribuito a Epimenide, il quale, essendo originario di Creta, affermò che «i Cretesi sono bugiardi» (frase famosa citata anche da Paolo, 1Tt 12). 1495   L’espressione strophai nel senso di ‘raggiri’, di ascendenza platonica (Repubblica III, 14, 405c) si trova in unione a logōn (‘giri di parole’) in Pr 1, 3 nella traduzione della LXX; i ‘giri di parole’ intesi come un artificio di cui ci si serve per allontanare dalla verità sono ampiamente discussi in Princ Prov § 7 [400CD-401AB].

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la verità non sta così. Infatti sono detti uomini coloro che ancora sono trattenuti dalle passioni umane; ma colui che è ormai più alto1496 delle passioni carnali* (cfr. Gal 5, 24, Rm 7, 5) e per la perfezione* dell’intelletto è passato alla condizione degli angeli, questo, quando parla delle cose umane, [109A] si separa chiaramente dagli altri. Infatti [è] senza menzogna colui che dice: Io ho detto: siete dei e tutti figli dell’Altissimo; voi però morite come uomini (Sal 81, 6-7 Col 3, 3).1497 Siete dei. Certamente, se a qualche altro, anche a David conviene tale appellativo. Infatti [è] e figlio dell’Altissimo, colui che è diventato intimo* a Dio (cfr. Ef 2, 19) attraverso la virtù, e non muore come un uomo, ma ha in se stesso il Dio vivente.1498 >4.  Io ho detto - dice dunque - nella mia estasi: ogni uomo [è] menzognero (Sal 115, 2ab). Odano coloro che sono impastati con la carne attraverso le passioni, ma che innalzano la loro mente oltre le cose celesti; abbattere i pensieri di questi e l’elevazione del loro cuore che si solleva contro Dio1499 (cfr. 2Cor 10, 4-5; 2Ts 2, 4), sia scopo comune per coloro che si sforzano per la pietà*.

  Basilio fa uso dello stesso termine/concetto - il battezzato è più alto degli esseri che strisciano per terra- in De Bapt 1549D; - i cristiani calpestano le cose terrene portati più in alto di quelle- in De Spir s XXII, 53, 35-37. Idea analoga ripresa da Nicola Cabasilas, Vita in Cristo II, 10 (568C). 1497   Il passo è richiamato anche in In Ps 33, 13 § 9 [372C]. 1498   Il salmo 115, 2 gioca un ruolo importante nella considerazione mistica del Nisseno. 1499   Cfr. anche De Bapt 1557D-1560. 1496

L’uomo ‘rende in cambio’ a Dio per i Suoi benefici

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L’uomo ‘rende in cambio’ a Dio per i Suoi benefici Che cosa renderò in cambio al Signore per tutte le cose che mi ha dato? (Sal 115, 3) [109B] Prenderò il calice di salvezza (Sal 115, 4). Giunto alla consapevolezza degli innumerevoli doni da parte di Dio, perché dal non essere fu condotto all’essere; perché plasmato dalla terra,1500 è stato onorato con la ragione,1501 nella quale può portare anche l’immagine del celeste (cfr. 1Cor 15, 49); ;1502 poi, guardando anche all’economia a vantaggio del genere degli uomini, perché il Signore dette se stesso come prezzo del riscatto per tutti noi (cfr.Mt 20, 28),1503 è in dubbio e ricerca, in tutto ciò che ha, quale dono possa trovare di degno del Sovrano.1504 Che cosa - dice dunque - renderò in cambio al Signore? (Sal 115, 3a) Non sacrifici, né olocausti (cfr. Eb 10, 5-6.8) né l’ossequio secondo il culto legale, ma tutta la mia stessa vita e per questo, dice, Prenderò il calice di salvezza (Sal 115, 4a), chiamando ‘calice’ la sofferenza nei combattimenti per la pietà* (cfr. 1Tm 6, 12; 2Tm 4, 7), il resistere al peccato fino alla morte (cfr. Eb 12, 4).1505 [109C] Questo poi sarebbe ciò che lo stesso Salvatore ha insegnato nei Vangeli: Padre, se possibile, passi questo calice (Mt 26, 39); e di nuovo ai discepoli:   In In Ps 32, 8-9 § 6 [337C-340A] si sottolinea la natura composita dell’uomo, fatto di un impasto di terra e dell’anima che ha avuto in sorte la permanenza nel corpo. 1501   Vedi le voci Definizione di uomo ed Eccellenza dell’uomo nell’Indice tematicoAntropologia. Vedi anche In Ps 1, 1 § 3 [217C], In Ps 48, 2-3 §1 [433B] e In Ps 48, 13 §8 [449BC] cui si rimanda con relative note. Vedi anche Attende § 6 [212B]. Occorre tenere presente che per un cristiano richiamare la dignità dell’uomo legata al logos, significava riandare al prologo giovanneo, per cui il logos umano implica sempre la sua relazione col Logos Figlio di Dio, che si è fatto carne, uomo. Pertanto l’onore dell’uomo non può alla fin fine essere disgiunto dalla sua carne, dal suo corpo. Si veda nota a Attende 3 [204A]. Un richiamo ai benefici ricevuti da Dio, compresa soprattutto la conoscenza di Dio, ricorre anche in In Iulittam 7. 1502   Il passo paolino è richiamato anche in In Ps 48, 13 § 8 [452A]. 1503   Vedi la voce Cristo che riscatta l’umanità nell’Indice tematico-Cristologia. Vedi In Ps 48 § 4 [437B-431C] sul riscatto da pagare per ottenere la salvezza. 1504   Per l’uso del termine Despotēs vedi nota a In Ps 29, 3 § 3 [309D]. Il termine è presente anche più avanti a [112A e D]. 1505   Il passo di Eb 12, 4 è richiamato in In Ps 33, 12 § 8 [369C] in rapporto alle sofferenze del martirio. Si noti la strutturazione in versetti di tutta questa parte («Giunto alla consapevolezza degli innumerevoli doni da parte di Dio…il resistere al peccato fino alla morte») allo scopo di evidenziare prima i benefici di cui l’uomo è stato oggetto da parte di Dio e poi gli sforzi dell’uomo di ‘rendere in cambio’ al Signore attraverso il dono della propria vita. 1500

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XV. SALMO 115 (PG 30)

Potete bere il calice che io sto per bere? (Mt 20, 22); intendeva la morte, che accoglieva per la salvezza del mondo (cfr. Gv 3, 17; 1Gv 4, 9). Per questo, dice, Prenderò il calice di salvezza (Sal 115, 4a), cioè, avendo sete, giungo alla perfezione* del martirio, considerando i supplizi che si producono nei combattimenti per la pietà* riposo di anima e corpo, non dolori. Dunque, dice, offrirò me stesso come sacrificio e offerta al Signore, poiché considero ogni cosa inferiore alla dignità di Colui che ha operato benefici.1506 E sono pronto ad adempiere queste promesse con tutto il popolo testimone. Infatti adempirò i miei voti di fronte [109D] a tutto il suo popolo (Sal 115, 5).

La morte ‘preziosa’ dei santi Poi esortazione agli ascoltatori perché non temano la morte. Preziosa dice - di fronte al Signore la morte dei suoi santi (Sal 115, 6). Non esitate, dice, di fronte al bel combattimento* (2Tm 4, 7),1507 voi uomini, e non abbiate paura [112A] della morte; infatti non è corruzione, ma occasione di vita; non è un completo sparire, ma passaggio ad onore.1508 Dunque presso gli uomini amanti delle ricchezze alcune piccole pietre, risplendenti di smaglianti colori, vengono di solito chiamate preziose; invece Preziosa veramente la morte dei suoi santi (Sal 115, 6). Quando un’anima purificata* nella vita, libera dalle lordure della carne (cfr. 2Cor 7, 1),1509 che non ha macchia o ruga, (Ef 5, 27) glorificata dai combattimenti per la pietà* e coronata della corona della giustizia (2Tm 4, 8) e che per tutto ciò risplende della bellezza della virtù, si presenta al Sovrano e giudice di tutto (cfr. Sap 6, 7; Sap 8, 3; Eb 12, 23) possedendo lo splendore [che deriva] dalla grazia più luminoso di ogni pietra di gran costo,1510 come la morte di un tale uomo non [è] preziosa di fronte al Signore? (Sal 115, 6)   Proprio Sal 115, 3 è messo in bocca da Basilio ai quaranta martiri in procinto di subire il martirio, Quadraginta 6. Lo stesso versetto è richiamato nell’omelia In Iulittam 7. 1507   Il bel combattimento di Paolo richiamato con ampia citazione della lettera a Timoteo anche in In Ps 114, 7, § 5, [492A]. 1508   Basilio ribalta così la comune concezione della morte come corruzione ed annullamento. 1509   Concetto analogo (lordura, molysmatos) in Gregorio di Nissa, Sulle Beatitudini VI.4. Per quanto concerne il significato e il ruolo della ‘lordura della carne’ cfr. G. Ferro Garel, Gregorio di Nissa, 158-162. 1510   La lunga serie dei participi enumera le qualità dell’anima purificata. 1506

La morte ‘preziosa’ dei santi

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Pertanto non piangiamo le uscite da qui degli uomini santi (Sal 115, 6), ma piuttosto [112B] le nascite e gli ingressi in questa vita. Infatti l’entrata in questo mondo avviene attraverso ignominia di sporcizia e di fetore e di cose di cui neppure la vista facilmente sopporterebbe uno di coloro che sono autori della nostra vita; infatti l’ingresso della nascita carnale è stato stabilito per la necessità della natura attraverso tali cose. L’uscita e la dipartita da qui preziosa ed illustre; non di tutti gli uomini, ma di quelli che hanno sopportato in santità e giustizia (cfr. Lc 1, 75) la vita di qui. Preziosa dunque la morte, (Sal 115, 6) non preziosa la nascita degli uomini. È seminato - dice infatti - in disonore, risorge in gloria; è seminato in corruzione, risorge in incorruttibilità (1Cor15, 43-42). 1511 Confronta pertanto la morte alla nascita e cessa di compiangere colui che si allontana dall’ignominia. Quando morivano alla maniera giudaica (cfr. Gal 2, 14), 1512 erano abominevoli [112C] i cadaveri; quando la morte [è] per Cristo, preziose le reliquie dei suoi santi.1513 Prima di questo si diceva ai sacerdoti ed ai Nazarei: Non contaminatevi con nessun morto e Qualora uno tocchi un morto, sarà impuro fino a sera e Laverà le sue vesti (cfr. Lv 11, 24.39-40). Ora colui che ha toccato ossa di un martire riceve una certa partecipazione alla santificazione dalla grazia che risiede nel corpo.1514 Preziosa dunque di fronte al Signore la morte dei suoi santi (Sal 115, 6). Non preferite le cose vilissime a quelle molto preziose e non divenite cattivi negoziatori, preferendo la vita che si corrompe alla condizione incorruttibile e beata. 1515 Infatti senza le passioni dell’ignominia (cfr. Rm 1, 26), a cui soggiacciono la maggior parte degli amanti dei piaceri, ancora anche le necessità della vita, che piegano la grandezza naturale dell’anima, [112D] per così dire la rendono schiava*, trascinandola al servizio della carne. Dove c’è schiavitù, è chiaro che lì [c’è] anche ignominia. Dunque si deve fuggire la vita, alla quale per natura è congiunta l’ignominia.   Basilio inverte l’ordine dei versetti paolini. Il passo di Paolo è citato anche in In Ps 44, 1, § 2, [389A-B] a commento dell’espressione ‘per coloro che muteranno’ in riferimento alla resurrezione dei corpi. 1512   Basilio applica al morire il generale riferimento alla modalità giudaica del vivere. 1513   Sull’importanza di questo passo per la venerazione delle reliquie dei martiri cfr. M. Girardi, Basilio di Cesarea e il culto dei martiri nel IV secolo, 169. 1514   Evidente la contrapposizione fra la concezione della morte prima e dopo la venuta di Cristo. 1515   Per questo tema cfr. Adolesc II, 1-6. 1511

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Il sacrificio della lode >5.  Niente, dice, faccio di grande, dando in cambio me stesso a te Sovrano. Infatti, essendo tuo schiavo (cfr. Sal 115, 7), offro a te [113A] il tuo possesso. Ciò che è creato è completamente schiavo del Creatore. Perciò schiavo non solo per scelta deliberata*, ma anche per natura. Infatti sono figlio della tua ancella (Sal 115, 7b) che, infante e proprio fanciulla,1516 il nemico, avendola sviata ed allontanata dalla tua schiavitù, rese schiava* del peccato (cfr. Gv 8, 34; Rm 6, 16). Ma mi rivolgo indietro e corro di nuovo al Sovrano [che era] dal principio e riconosco l’antica schiavitù. Hai spezzato le mie catene (Sal 115, 7c). Poiché mi liberasti dalle catene del peccato, essendo sceso nell’Ade* e avendo liberato l’umanità che era sotto le catene della morte e tenuta nelle prigioni dell’Ade da cui non si può fuggire, per questo ti sacrificherò, non quadrupedi che hanno l’unghia fessa e ruminanti (cfr. Lv 11, 3) né volatili puri o fior di farina preparata con olio o incenso limpido (cfr. Lv 2, 1-2) o quell’aroma [che deriva] dalla composizione [113B] (infatti a te Sovrano queste cose sono offerte dalla terra) ma, ciò che è il mio peculiare possesso e frutto del mio cuore, la tua glorificazione (dossologia) offrirò da esso stesso [cuore] come da un’ara della mia mente.1517 E sacrificherò a te il sacrificio della lode (Sal 115, 8), più prezioso di innumerevoli olocausti, a te, Dio che non manchi di nulla e perfetto*, che non chiedi sacrifici somatici, nei quali i più ricchi primeggiano, ma la confessione [derivante] da disposizione e da cuore vero, di cui in modo uguale partecipano coloro che vogliono. Adempirò i miei voti al Signore di fronte a tutto il suo popolo (Sal 115, 9). Sacrificando a te la lode, non come vergognandomi, di nascosto e in segreto sacrificherò, fuggendo i biasimi degli empi, ma compirò un sacrificio pubblico, avendo assunto tutto il popolo come compagno del culto.[113C] Luogo del sacrificio sarà costituito da noi la parte mediana e più scoperta di Gerusalemme (cfr. Sal 115, 10). Date ascolto, -voi che lasciate la Chiesa e vi riunite in case comuni, i miseri frammenti del corpo prezioso (cfr. Ef 1, 23)-, al fatto che bisogna adempiere i voti nel mezzo di Gerusalemme (cfr. 115, 10; Gv 4, 20), cioè della Chiesa di Dio.1518 Infatti neppure secondo   Evidentemente si parla dell’anima dell’uomo.   Anche qui all’articolata economia salvifica del Signore corrisponde un tentativo di ‘contraccambio’ adeguato da parte dell’uomo. 1518   Vedi In Ps 28, 2 § 3 [288A-B], in cui Basilio insiste nel dire che l’adorazione non va 1516

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Il sacrificio della lode

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l’antico culto era consentito a ciascuno di costruire una propria ara, ma una sola era stata costituita per coloro che sceglievano deliberatamente* di sacrificare. Tu invece innalzi un altare contro l’ara dei padri ed accendi su di essa un fuoco estraneo (Lv 10, 1; Lv 16, 1; Nm 3, 4; Nm 26, 61) e, non rinsavito dall’antico esempio1519 attirando uomini corrotti nell’intelletto (cfr. 2Tm 3, 8) e contaminando te stesso insieme con loro.[113D] Di questi fuggite l’imitazione, voi popolo del Signore, [116A] e non separatevi dalla parte dei salvati, rimanendo nella fede (cfr. Col 1, 23; At 14, 22), perfetti* nei comandamenti del Signore (cfr. Lc 1, 6; Col 4, 12), al quale la gloria e la potenza nei secoli dei secoli. Amen (1Pt 4, 11; Ap 1, 6).

compiuta in recinti privati o sinagoghe al di fuori della Chiesa, ma nel recinto stesso di Dio, che è uno solo. Cfr. Girardi, Basilio 120-121; 137-141: il passo in esame dell’omelia sul salmo 115 avrebbe di mira le celebrazioni separatiste degli eustaziani; di conseguenza, secondo Girardi, 141, l’omelia sarebbe da porsi dopo il 375, dopo l’aperta rottura con Eustazio. 1519   Si può richiamare l’intero capitolo di Nm 16, cui Basilio allude anche nel De Bapt 1605B. In generale, per il valore attribuito all’esempio, vedi nota a In Ps 33, 3 § 2 [356B].

Omelie Esegetiche XVI. Sull’inizio dei Proverbi Proemio. Gli scritti di Salomone >1.  [385C] Eccellente [è] la ricompensa dell’obbedienza (cfr. Mt 5, 12). Pertanto obbediamo al benigno Padre,1520 che ci mette davanti delle gare [385D] in base alle parole dello Spirito;1521 egli, al modo dei cacciatori esperti in luoghi di difficile accesso, come di un cagnolino vuole sperimentare la corsa. Ci ha messo davanti allora per l’esegesi il proemio dei Proverbi. Che [sia] difficile da raggiungere1522 [388A] il senso di questa lectio,1523 [è] chiaro ad ognuno che anche per un poco [vi] abbia prestato l’attenzione. Tuttavia non si deve indugiare nel metter mano all’impresa,   Si tratta del vescovo Eusebio. Questi, secondo Federico Fatti, avrebbe fatto rientrare a Cesarea lo scomodo-rivale sacerdote Basilio, reintegrandolo nelle sue funzioni liturgiche nell’estate del 365 (giugno) e facendogli fare questa sua prima omelia sui versetti iniziali del libro dei Proverbi. Cfr. F. Fatti, Giuliano a Cesarea, 208-210; lo studioso modifica così la cronologia indicata da Bernardi (dopo la Pasqua del 364 e prima dell’attrito con Eusebio). Con tale omelia Basilio intendeva riabilitarsi davanti a Eusebio e davanti al potere imperiale. Si tenga anche conto che Giuliano andò a Pergamo a studiare filosofia presso Edessio di Cappadocia, A.R. Sodano, Porfirio, Un Vangelo di un pagano, 234 n. 69. Davanti al dissidio con il vescovo Eusebio, Basilio aveva preferito ritirarsi nel Ponto, forse dietro suggerimento anche del Nazianzeno, Gregorio di Nazianzo, Orazione 43, 28-29. 1521   Cioè le parole dello Spirito nel proemio dei Proverbi. Si noti il termine logia, ‘parole’, in rapporto allo Spirito, termine che compare anche più avanti (§ 6 [397B]) in unione all’aggettivo theios (‘parole divine’). Può essere un modo con cui Basilio intende esprimere che il testo biblico, anche quello dei Proverbi, è un testo ispirato dallo Spirito/Pneuma. 1522   Prosegue la metafora della caccia: dysthēratos significa letteralmente ‘difficile da raggiungere a caccia’. Lo stesso aggettivo, in riferimento alla difficoltà di cogliere il Verbo della verità, si riscontra in Attende § 1 [200A] e compare anche quasi all’inizio del De Spir s I, 2. Anche Origene, trattando della difficoltà di investigare i sensi della Scrittura ricorre alla metafora della caccia, Origene, Commento al Cantico III, 14, 1 (SCh 376, 656). 1523   Per Girardi è un riferimento alla «difficoltà» e, più oltre, alla «dichiarata impossibilità di dare un significato accettabile e coerente alla lettera del testo dei Proverbi» (Basilio, 43). Rileva Girardi che il termine lexis usato col valore ‘espressione letterale’ è raro nella terminologia esegetica di Basilio, vedi comunque In Ps 33, 21, §13, [381C] (Basilio, 43, n.10). Il termine ricorre in diverse omelie sui salmi per indicare l’espressione oggetto dell’esegesi (In Ps 1, 1, § 3, [217A], In Ps 7, 15, § 8, [248B], In Ps 14A, 2, § 3, [256A], In Ps 14A, 3, § 4, [257B], In Ps 14B, § 1, [265A], In Ps 33, 21, § 13, [381C], In Ps 33, 21, § 13, [384A], In Ps 44, 6, § 6, [404A]). 1520

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XVI. Sull’inizio dei Proverbi

riponendo la speranza nel Signore (cfr. At 24, 15), il quale, attraverso le preghiere del pastore, ci darà una parola in apertura della nostra bocca (cfr. Ef 6, 19). Conosciamo in tutto tre opere del sapientissimo Salomone: quella di questi Proverbi e quella dell’Ecclesiaste e quella del Cantico dei Cantici; ciascuna composta per un proprio scopo;1524 tuttavia tutte furono scritte per utilità1525 degli uomini. I Proverbi infatti sono un’educazione di costumi ed un raddrizzamento di passioni,1526 ed insomma un ammaestramento di vita, poiché offrono accorti precetti di ciò che si deve fare; l’Ecclesiaste si occupa della fisiologia e ci rivela la vanità di ciò [che è] in questo mondo (cfr. Ef 4, 17), così da [388B] non ritenere che le cose che passano siano desiderabili e da non applicare le cure dell’anima alle cose vane (cfr. At 14, 15).

  Anche Basilio, come certe pratiche scolastiche neoplatoniche e come anche Origene, conosce il metodo ermeneutico dello scopo alla cui luce leggere un intero testo, un’intera opera. Poi il Nisseno vi insisterà in maniera più metodica e costante. Al riguardo cfr. l’articolo del 1961 della Harl Le guetteur et la cible: le deux sens de skopos dans la langue religieuse des chrétiens ristampato in M. Harl, La langue de Japhet, 215-233; l’articolo di M.J. Rondeau, D’ou vient la technique exégétique utilisée par Gregoire de Nysse dans son traité ‘Sur le Titres des Psaumes’?, in Mélanges d’histoire des religions offerts à H. Ch. Puech, Paris 1974, 263-287; A. Le Boulluec, L’unité du text: la visée du Psautier selon Gregoire de Nysse in Le texte et ses représentations. Études de littérature ancienne, t. 3, Paris 1987, 159-166. 1525   Si ha qui una eco di 2Tm 3, 16. Vedi Introduzione e In Ps 1 § 1 [209A] e relativa nota. 1526   La stessa funzione di ‘raddrizzamento delle passioni’ è attribuita ai salmi 38 e 61, In Ps 61, 1 § 1 [469B]. 1524

Proemio. Gli scritti di Salomone

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Il Cantico dei Cantici mostra il modo della perfezione* delle anime. Contiene infatti la sinfonia di sposa e sposo; cioè un’intimità* dell’anima con il Dio Logos.1527 Ma ritorniamo all’argomento proposto. 1527   Basilio riprende l’ormai classica opinione (presente in Ippolito, Sul Cantico I, 5 (CSCO 264, 23) e in Origene, Commento al Cantico. Prologo 3, 1-23 (SCh 375, 128-142) secondo cui Salomone è ritenuto l’autore dei tre libri, Proverbi Ecclesiaste e Cantico dei Cantici e secondo cui, inoltre, la successione progressiva dei libri biblici corrisponde alla successione dei tre Patriarchi (Abramo, Isacco e Giacobbe) ed al progresso spirituale della persona, indicando il triplice grado del cammino di chi, volendo vivere secondo virtù e pietà, tende alla perfezione. Origene, operando tale suddivisione dei tre libri di Salomone, l’aveva collegata alla distinzione delle tre scienze, la theoria pratica, la theoria fisica e la teologia, indicanti anch’esse un percorso perfettivo teoretico-esistenziale, un itinerario di ‘esercizi spirituali’ (P. Hadot). Cfr. Omelie sul Cantico, Prologo 3, 1-3 (SCh 375, 128-130); Omelie sul Genesi 14, 3 (SCh 7 bis, 343). Più volte nella Tradizione della Chiesa il triplice grado del percorso spirituale è stato collegato con l’approfondimento della comprensione della Parola di Dio, transitando dal senso letterale-storico a quello allegorico fino a quello anagogico, mistico-spirituale. Origene aveva esplicitato tale intuizione, Origene Omelie sul Levitico I, 4 (SCh 286, 80, 28-32 ). L’Alessandrino contrappone il fanciullo/piccolo nella fede (cfr. Rm 14, 1) a chi è progredito/cresciuto in età e sapienza, per il quale si adatta il cibo solido (cfr. Eb 5, 14), Origene, Omelie sul Levitico, XVI, 2 (SCh 287, 272, 97-274, 101). Cfr. anche quanto dice nel commento alla lettera ai Romani: «Il cibo solido è dei perfetti, di quelli che hanno i sensi esercitati al discernimento del bene e del male (Eb 5, 14)», Origene, Commento alla lettera ai Romani IX, XXXVI (PG 14, 1235B). Per l’Alessandrino si dà un cammino di perfezione che passa dalle cose buone alle migliori e dalle migliori alle più alte; per questo anche distingue il perfetto (rappresentato dal leone) dai principianti e novizi (rappresentati dal leoncello), Origene Omelie sui Numeri XVII, 6, 3 (SCh 442, 304, 441-443). Trattando della varietà dei cibi adatti per la natura razionale, Origene presenta il latte, immagine della dottrina morale, come cibo adatto per i principianti (il bambino e il debole compresi), Origene, Omelie sui Numeri XXVII, 1, 2 (SCh 461, 272, 25-30). Egli è consapevole delle diversità dei cibi che possono essere assunti dagli uomini in base al loro livello di maturazione, cosa questa che si rinnova nella vita spirituale: si dà il bambino-debole e l’adulto-perfetto, il quale può nutrirsi del cibo solido perché è capace di distinguere il bene dal male, sa eliminare ciò che è dannoso e si nutre del pane e del vino intelligibili, Origene, Commento a Giovanni XIII, XXXIII, 203-214 (SCh 222.144, 146, 148). Alla fin fine per l’Alessandrino sono divenuti perfetti quelli che sono viventi in Cristo, Origene, Commento a Giovanni XX, XXVI, 232 (SCh 290, 272, 14-16). Anche Abelardo attesterà tale consuetudine: il senso storico è per i piccoli, quello mistico per gli adulti e per i perfetti quello morale; cfr. in più luoghi H. de Lubac, Exégèse Médiéval. Les quatre sens de l’Écriture, Première partie II, qui 556. Per la tripartizione della filosofia in fisica, etica e logica cfr. SVF II, 37 (Zenone e Crisippo), 38 e 42 (Crisippo). Cfr. J. Daniélou, Platonisme, 18; M. Girardi, Basilio, 43-44. Il Nisseno si muove nella medesima prospettiva. Cfr. Girardi, Basilio, 44 n.16. Vedi Introduzione e anche nota a In Ps 1 § 2 [213A]. Alla intimità umana con Dio richiama Gregorio di Nissa, Sulla verginità II, 3 (SCh 119, 270, 8).

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XVI. Sull’inizio dei Proverbi

Commento Il significato del termine ‘Proverbi’ - L’autore del libro >2.  Proverbi di Salomone figlio di David che regnò in Israele (Pr 1, 1).

- Il proverbio popolare e quello cristiano Il nome dei Proverbi è stato usato riguardo ai discorsi più popolari da quelli [che sono] al di fuori1528 e riguardo a ciò che si dice per le strade, per lo più; infatti oimos presso di loro è chiamata la strada, da cui definivano anche il proverbio,1529 parola [usata] sulla strada1530 logorata nell’uso dei molti e che permette che cose simili siano trasferite dal poco al più. Presso di [388C] noi [cristiani], invece, proverbio è un discorso utile, espresso con un moderato occultamento, che contiene di per sé molto vantaggio, ma nasconde insieme anche molto significato nella profondità. Perciò anche il Signore dice: Vi ho detto queste cose in proverbi. Giunge l’ora in cui vi parlerò non più in proverbi, ma apertamente (Gv 16, 25), poiché il discorso proverbiale non ha il significato espresso con parola aperta e popolare ma fa capire il suo intento in maniera obliqua a quelli maggiormente esperti.1531 Per questo proverbi di Salomone, cioè discorsi esortativi, che sono vantaggiosi per tutta la strada della vita. Ha aggiunto poi il nome dello scrittore affinché, con la chiara conoscenza della persona, attirasse l’uditore. Infatti la credibilità [388D] di chi insegna da un lato rende il discorso facile da accogliere, dall’altro fa più attenti coloro che sono istruiti. Dunque proverbi di Salomone, di quel Salomone a cui il Signore disse: Ecco, ti ho dato un cuore [389A] prudente e sapiente; come te non ci fu prima di te; e dopo di te non sorgerà simile a te (1Re 3, 12).   Cioè i pagani.   Proverbio è in greco ‘paroimia’ cioè ‘sulla strada’, secondo l’etimologia proposta da Basilio. La letteratura scientifica contemporanea parla di ‘detto popolare’, che poi nel tempo si è esteso ad altre forme quali l’aforisma, l’enigma, l’allegoria, il paragone e la similitudine. 1530   ‘Parodion’ nel testo greco; si ripropone la stessa etimologia usando però il termine hodos (‘strada’, ‘via’). 1531   Per questa interpretazione del genere del Proverbio in altri passi di Basilio stesso e nei Padri cfr. Girardi, Basilio, 45-48, n. 19, 20, 21, 22, 24, 26, 27, 29, 30, 31. 1528 1529

Il significato del termine ‘Proverbi’

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E di nuovo: Il Signore dette sapienza e prudenza molto grandi a Salomone e ampiezza d’anima come la sabbia presso il mare. E la sapienza di Salomone crebbe al di sopra della prudenza di tutti gli uomini antichi e al di sopra di tutti i prudenti di Egitto (1Re 5, 9-10). Così è necessaria l’aggiunta del nome: Proverbi di Salomone figlio di David. È aggiunto anche il padre, così che tu conosca che Salomone era sapiente da padre sapiente e profeta, educato fin da bambino nelle scritture sacre (2Tm 3, 15) e che non aveva ottenuto il comando per sorte e non era entrato a forza nel regno che per niente a lui spettava, ma per giusto giudizio del padre e per deliberazione di Dio1532 aveva assunto lo scettro paterno. [389B] Questi diventò re di Gerusalemme. E neppure ciò [è] senza efficacia, soprattutto per la distinzione delle omonime, poi anche per l’edificazione del celebre tempio, affinché tu conosca l’artefice di esso e l’autore di tutta l’amministrazione della città e dei decreti e del buon ordine. Giova molto all’accoglimento delle esortazioni anche il fatto che era re l’autore del discorso. Se infatti il regno è un dominio legittimo,1533 [è] chiaro che i precetti dati da un re degno veramente di questo appellativo hanno molto carattere di legalità, mirando all’interesse comune per tutti e non stabiliti per lo scopo dell’utile privato. In questo infatti un tiranno differisce da un re, che l’uno mira al suo [utile] da ogni parte, l’altro invece provvede all’utile per i sudditi.1534 Sono enumerate anche le cose vantaggiose del libro, quali e quanto grandi giungono a coloro che sono istruiti.

  Tale passaggio è un astuto escamotage di Basilio per opporsi non tanto a Valente (come riteneva Bernardi) quanto alla propaganda (eredità giulianea e stato di necessità) di Procopio che pretendeva il diritto al trono; cfr. F. Fatti, Giuliano a Cesarea, 210. Così facendo, Basilio tace completamente di Giuliano, il suo ‘amico’ imperatore che aveva abbandonato la fede cristiana; atteggiamento questo che egli terrà per tutta la vita, come per non rivangare il proprio passato. Il Nazianzeno elogia Basilio che non ha rubato l’autorità, né l’ha strappata con forza, né ha inseguito la carica ma l’ha accettata come grazia divina ricevuta da Dio, Gregorio di Nazianzo Orazioni 43, 27. 1533   La stessa definizione del regno in In Ps 32, 16 § 9 [345A]. Per le origini platonico-stoiche di queste definizioni cfr. [Platone] Definizioni 415e e SVF III, 267. 1534   Girardi (Basilio, 49) ricorda l’interpretazione di Bernardi secondo la quale vi sarebbe qui un’allusione alla recente ascesa al trono dell’imperatore Valente dopo la morte di Giuliano l’Apostata (363), elemento contraddetto da F.Fatti, come richiamato nella nota subito qui sopra. Allusioni al tipo di legittimo e saggio potere Basilio le presenta anche in Hex VIII, 4, 3-4 prendendo spunto dalla vita delle api. 1532

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XVI. Sull’inizio dei Proverbi

Sapienza e disciplina >3.  [389C] E in primo luogo dai Proverbi è possibile conoscere sapienza e disciplina (Pr 1, 2). La sapienza è conoscenza delle cose umane e divine, e delle cause di queste.1535 Colui che dunque, nell’ordine dovuto, teologizza con efficacia1536 ha conosciuto la sapienza, come dice anche il beato Paolo: Parliamo di sapienza fra i perfetti: sapienza non di questo secolo né dei dominatori di questo secolo che vengono ridotti al nulla; ma parliamo della sapienza di Dio nel mistero, quella rimasta nascosta, che Dio prestabilì prima dei secoli (1Cor 2, 6-7). E chi comprende l’artefice sulla base della struttura del mondo*, [392A] ha conosciuto Dio anche da sé attraverso la sapienza del mondo. Infatti le cose invisibili di Lui a partire dalla creazione del mondo, comprese con l’intelletto attraverso le opere, sono contemplate (Rm 1, 20).1537 Ci conduce alla cognizione di Dio attraverso ciò che dice: Dio con la sapienza fondò la terra (Pr 3, 19); e Quando preparava il cielo, ero con Lui (Pr 8, 27); e Ero presso di Lui accordando; ed io ero quella di cui si dilettava (Pr 8, 30). Personificando per noi la sapienza, dice infatti tutto ciò a partire da questa, per presentare chiaramente la conoscenza di essa. E, in una parola, Il Signore mi creò come inizio delle sue vie (Pr 8, 22), dice riguardo alla sapienza che appare al mondo, che quasi ha emesso voce [dicendo] attraverso ciò che viene visto che è nata da Dio e non accidentalmente* una tanto grande sapienza risplende tra le cose compiute. Come infatti I cieli narrano [392B] la gloria di Dio e l’opera delle sue mani annunzia il firmamento (Sal 18, 2) (narrano dunque senza voce); non è linguaggio né parole di cui non si oda il suono (Sal 18, 4); così ci sono anche alcune parole

  Definizione stoica, cfr. SVF II 35-36. Cfr. anche 4Mac 1, 16. Si tratta di una definizione diffusa in età imperiale e in ambiente cristiano. 1536   Ho oun epiteteugmenōs theologōn. Per un’espressione simile cfr. In Ps 28, 1 § 2 [284C], dove Girardi, Basilio, 118 n.18, propone di leggere epiteteugmenōs, lectio difficilior rispetto a epitetagmenōs, la lectio facilior accettata dal Migne, proprio sulla base del passo dell’omelia Princ Prov che stiamo esaminando. 1537   Dall’osservazione della bellezza e dell’ordine della Creazione si può dunque risalire alla contemplazione dell’Artefice. Vedi in particolare In Ps 32, 4 § 3 [329ABC], dove c’è un riferimento al passo paolino di Rm 1, 20. 1535

Sapienza e disciplina

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della sapienza primigenia gettata come fondamento insieme alla creazione prima delle altre cose nell’opera di costruzione (cfr. Pr 8, 22-23). Questa, tacendo, grida il suo Creatore e Signore, affinché attraverso essa ti affretti correndo alla cognizione del solo Sapiente. >4.  C’è anche una sapienza umana: l’esperienza delle cose riguardanti la vita, in base alla quale diciamo sapienti gli esperti in ciascuna delle arti utili. Perciò anche gran parte del libro è stata impiegata dall’autore per l’esortazione alla sapienza. La sapienza nelle uscite è cantata, esercita la libertà di parola nelle piazze [392C]; sulla cima delle mura è esaltata (Pr 1, 20-21). Vedendo infatti la premura degli uomini e che tutti per natura bramiamo lo splendore chiaramente visibile di essa, attraverso le lodi della sapienza incita le anime a non sforzarsi per questa pigramente né trascuratamente. Dice che ovunque è grande il discorso di essa, nelle strade, nelle piazze, nelle fortezze della città. Per questo cita porte e piazze e mura, mostrando attraverso le uscite e le piazze la manifestazione lo splendore chiaramente visibile di questa, attraverso le mura invece l’utilità di essa e l’autosufficienza per ogni sicurezza della vita. E, volendo renderci intimi ad essa, dice: Di’ che la sapienza è tua sorella (Pr 7, 4) e di nuovo: Amala e ti custodirà (Pr 4, 6). Poi, [392D] mostrandone la comune utilità e che a tutti ugualmente si estende la sua utilità: Sacrificò - dice - le [393A] sue vittime (Pr 9, 2); cioè preparò un cibo solido per coloro che si sono esercitati nei sensi dell’anima per la [loro] consuetudine (cfr. Eb 5, 14). Mescolò nel cratere il proprio vino (Pr 9, 2) che rallegra il cuore dell’uomo (cfr. Sal 103, 15). Chiama ‘cratere’ la comune e generale partecipazione ai beni; da lì è consentito a tutti attingere in pari misura quanto è possibile e appropriato per ciascuno. E preparò la sua tavola (Pr 9, 2). Dice tutto attraverso enfasi,1538 mostrandoci attraverso le cose materiali quelle pneumatiche. Chiama infatti il cibo logico1539 dell’anima ‘tavola’, 1538   Singolare uso esegetico di tale lemma; cfr. anche C Eun II, 7, 36 e II, 24, 8-9; In Ps 33, 5 § 3 [357D]. Cfr. anche Gregorio di Nissa, Omelie sul Cantico Prologo (GNO VI, 4, 1). Cfr. anche Girardi, Basilio, 51 n.46. 1539   Si introduce così la necessità di un’interpretazione di tipo spirituale, come più avanti riguardo alle età e ai sensi dell’uomo (§13-§14). L’espressione ‘cibo logico’ compare in In Ps 44, 2 §3 [393B], ma anche nel corso della presente omelia si parla di ‘latte logico’ (§13 [413 B] sulla base di 1Pt 2, 2). In In Ps 33, 21 § 13 [384B] si parla di ‘cibo noetico’. Per altre ricorrenze dell’aggettivo logikos nelle Omelie sui Salmi per introdurre un’esegesi di tipo spirituale e allegorico, cfr. Girardi, Basilio, 22, n.60 e nostro indice esegetico.

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XVI. Sull’inizio dei Proverbi

verso la quale invita con un alto annuncio (Pr 9, 3), cioè con insegnamenti che non hanno niente di basso né di abietto. Chi è inesperto, si volga verso di me (Pr 9, 4). Come infatti i malati hanno necessità dell’arte medica, così gli inesperti necessitano della sapienza. E l’espressione: È meglio [393B] infatti acquistare quella che tesori d’oro e d’argento (Pr 3, 14). E ancora: È più di valore di pietre preziose; tutto ciò che è di valore non è degno di essa (Pr 3, 15); e ancora: Figlio, qualora tu sia sapiente per te stesso, sarai sapiente anche per il tuo prossimo1540 (Pr 9, 12); e: Al figlio1541 sapiente le azioni avranno buona riuscita (Pr 13, 13a). E, insomma, ti è possibile conoscere la verità del discorso se raccogli a tutt’agio le cose dette da Salomone riguardo alla sapienza. Poiché - infatti - in un’anima malevola non entrerà la sapienza (Sap 1, 4), [l’autore] purifica prima attraverso il timore divino1542 le anime di coloro che stanno per avere relazione con la sapienza. Infatti il gettare i misteri della salvezza a quelli che capitano (cfr. Mt 7, 6) e accogliere tutti ugualmente, quelli che non hanno condotto una vita pura e non si sono serviti di una ragione saggiata e accurata*,1543 è come se [393C] qualcuno mettesse l’unguento preziosissimo in un vaso sporco. Per questo Inizio di sapienza il timore del Signore (Pr 1, 7). Il timore è un purificatore* dell’anima1544 secondo la preghiera del profeta che dice: Inchioda col timore di te le mie carni (Sal 118, 120). Infatti, dove   Sembra che Basilio abbia un testo diverso rispetto a quello tradizionale («Se sei sapiente, lo sei a tuo vantaggio»). 1541   Oiketēi nel testo della LXX; Basilio ha invece la lezione huiōi, ‘figlio’. 1542   Per il ‘timore divino’ vedi In Ps 33, 10 § 6 [365B] e In Ps 33, 12 § 8 [369B]. 1543   Un richiamo alla necessità dell’akribeia. 1544   Si dà quindi un timore positivo. Nella Rf 4 sul timore di Dio, Basilio asserisce che esso conviene a quanti sono ancora nello stato d’infanzia spirituale ma non si addice ai perfetti in Cristo. Del resto ai perfetti neppur più si addice l’allontanamento dal male, che è come il gesto specifico richiesto ai principianti, a chi inizia cioè il cammino della pietà, In Ps 33, 15 § 10 [376AB]. Questo non impedisce a Basilio di riconoscere e ammettere anche la presenza di un timore perfetto. Parlando dello Spirito Santo, Basilio afferma che è grazie a lui che si ha «innalzamento di cuori, guida per mano di quanti sono deboli, perfezione compiuta dei proficienti», De Spir s IX, 23, 12-13. Il giovane e il bambino abbisognano del latte e di essere guidati a poco a poco a vedere la luce del mistero, imparando all’inizio a guardare il sole riflesso nell’acqua, dice ancora Basilio nel De Spir s XIV, 33, 28-41. Stessa cosa nel De Bapt 1589A; Attende § 4 [205AB]; Princ Prov § 14 [416D]. Clemente Alessandrino, specie in Stromati II, 7, 32, 3 ha operato per non ridurre il timore a semplice passione; egli aveva scorto nel timore un fattore fondamentale del cristianesimo da opporre allo gnosticismo; in tal senso ha sfruttato i testi della letteratura giudaica-sapienziale; cfr. D. Dainese, Passibilità divina, 42. Vedi In Ps 32, 8, § 6, [337B] e relativa nota con altri riferimenti basiliani. 1540

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abita il timore, lì tutta la purezza dell’anima risiede poiché ogni malvagità ed empia azione fugge e le membra del corpo non possono essere spinte ad azioni indecenti per il fatto di essere state inchiodate dal timore.1545 Come infatti colui che ha in se stesso i chiodi materiali conficcati è inattivo in quanto trattenuto dai dolori; così chi è stato preso dal timore di Dio non può servirsi dell’occhio per ciò per cui non si deve, né muovere le mani per azioni vietate né in generale compiere una cosa piccola o grande contro il dovere,1546 come trafitto da un dolore [393D] per l’aspettazione di ciò che è stato minacciato. >5.  Tiene poi lontani dai divini insegnamenti i profani e volgari dicendo: Quelli senza paura resteranno alle porte (cfr. Pr 19, 23)1547 e Cercherete presso i malvagi la sapienza e non la troverete1548 (Pr 14, 6) e di nuovo [396A]: Mi cercheranno i malvagi e non mi troveranno (Pr 1, 28) per non essere stati purificati dal divino timore. Perciò, stando per avvicinarsi all’apprendimento della sapienza, si accosti purificato* dal timore salvifico1549 dalle vergogne [derivanti] dalla malvagità. Si è presentato dunque per noi anche un altro bene [derivante] dall’insegnamento dei Proverbi, l’apprendimento del timore, che è stato a noi introdotto attraverso la sapienza. La seconda fra le promesse era conoscere la disciplina (Pr 1, 2). La disciplina è un’istruzione utile all’anima, purificandola spesso con fatica dalle macchie [derivanti] dalla malvagità, la quale Nel presente non sembra essere [causa] di gioia, ma di tristezza; poi rende un frutto pacifico a quelli esercitati attraverso di essa1550(Eb 12, 11) per la salvezza. Perciò conoscere questa disciplina non è proprio della mente del primo venuto, poiché molti, rinunciando per la fatica di ciò che è [da farsi] [396B], non aspettano l’utilità dell’esito per ignoranza ma, sopportando a malincuore   Il timore di Dio paragonato a dei chiodi con citazione di Sal 118, 20 anche in In Ps 33, 10 §6 [365B]. Per il timore come introduttivo alla pietà religiosa vedi anche In Ps 32, 8 § 6 [337B]. 1546   Noto concetto stoico. 1547   Basilio utilizza al plurale una parte del v. 23 secondo il testo della LXX. Il termine ‘porta’ compare anche in Pr 12, 13a. Su questa citazione di Pr 19, 23 adattata da Basilio con probabile richiamo anche a Pr 12, 13a, cfr. Girardi, Basilio 51 n.50. 1548   Basilio esprime in terza persona plurale il testo della LXX che ha la seconda persona singolare. 1549   Per il timore salvifico che trattiene dal desiderio delle cose vane (distinto dal timore nemico di chi ha paura della morte o di una superiorità apparente) vedi In Ps 33, 12 § 8 [369CD-372AB]. 1550   Basilio ha omesso il genitivo finale dikaiosynēs, «di giustizia» del testo paolino, da congiungere a «frutto pacifico». 1545

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per la severità dell’impegno, rimangono nelle infermità dell’ignoranza. Per questo sono degne di ammirazione le parole dei giusti che dicono: Signore, non accusarmi nel tuo sdegno e non correggermi1551 nella tua ira (Sal 6, 2). Infatti non la disciplina cercano di allontanare pregando, ma l’ira. È simile a questa anche l’espressione: Correggici,1552 Signore, tuttavia col giudizio e non nello sdegno (Ger 10, 24). E ancora: La disciplina del Signore apre le mie orecchie (Is 50, 5). Come infatti i piccoli fra i fanciulli, che trascurano gli studi, dopo le frustate che infliggono loro i maestri o i pedagoghi, divenuti più attenti, accolgono gli insegnamenti e lo stesso discorso prima dei colpi non era ascoltato, invece dopo [396C] i dolori delle frustate, come essendosi aperte le orecchie appunto ora, sia è accolto con l’udito sia è conservato dalla memoria, così accade anche per quelli che ascoltano in modo trascurato l’insegnamento divino e che hanno un atteggiamento sprezzante verso i comandamenti.1553 Dopo che infatti è giunta a loro la disciplina da parte di Dio, allora soprattutto fra i comandi di Dio quelli sempre enunciati a parole e ascoltati in modo trascurato sono accolti come se per la prima volta fossero venuti alle loro orecchie. Per questo la disciplina del Signore - dice - apre le mie orecchie (Is 50, 5). Poiché dunque la disciplina ammonisce lo sregolato, come faceva Paolo, che consegnava a Satana (cfr. 1Tm 1, 20), come a un carnefice che tortura e frusta, affinché fossero educati a non bestemmiare (1Tm 1, 20); riporta poi indietro il ribelle, come colui di cui è stato detto: Dopo la sua prigionia si pentì1554(cfr. Ger 38, 19); è necessario conoscere la forza della disciplina per quante cose è utile. [396D] Sapendo dunque l’utilità di essa, Salomone ammonisce: Non cessare di correggere un fanciullo poiché, qualora tu lo percuota con il bastone, non morirà. Tu infatti con il bastone lo colpirai, ma libererai la sua anima dalla morte (Pr 23, 13-14). Qual [è] infatti il figlio che il padre non corregge? (Eb 12, 7).1555 Questa disciplina è più preziosa di molte ricchezze per quelli che ragionano rettamente. Per questo Salomone dice [397A]: Accettate la disciplina e non   Si tratta naturalmente di una forma del verbo paideuō, da collegare a paideia, disciplina.   Di nuovo una forma di paideuō.. 1553   Vedi sul tema della disciplina divina (questa volta con l’esempio del medico) In Ps 29, 6 § 4 [313BCD]. 1554   In Geremia l’espressione è alla prima persona singolare («dopo la mia prigionia mi pentii»). 1555   In entrambe le citazioni si è tradotto con ‘correggere’ il verbo paidueō. 1551

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l’argento (Pr 8, 10), affinché nel tempo delle avversità, o quando il corpo è malato o le cose nella casa si sono trovate in angustie, tu non concepisca un cattivo pensiero riguardo a Dio* ma in molta pazienza accolga i suoi colpi, in quanto sei corretto in ciò in cui hai peccato e dica anche tu, per l’aver conosciuto la disciplina: Sopporterò l’ira del Signore, perché ho peccato contro di Lui (Mi 7, 9); e: [È] un bene per me poiché mi hai umiliato (Sal 118, 71). Quale era Paolo quando diceva: Corretti e non consegnati alla morte (2Cor 6, 9); e: Rimproverati,1556 siamo corretti dal Signore, affinché non siamo condannati con il mondo (1Cor 11, 32). >6.  Poiché anche l’apprendimento delle dottrine è detto disciplina, secondo quanto è stato scritto riguardo a Mosè, che Fu istruito in ogni sapienza degli Egiziani (At 7, 22),1557 il non [397B] gettarsi nelle scienze che capitano ma conoscere la disciplina più utile, non poco [giova] alla salvezza. Infatti già alcuni o dedicandosi alla geometria, che scoprirono gli Egiziani, o all’astrologia onorata dai Caldei o in generale tenendo l’elevato discorso riguardo figure ed ombre,1558 disprezzarono la disciplina [derivante] dalle parole divine.1559 Ma anche la poetica e la retorica e la ricerca dei sofismi occupò molti e la materia di queste è menzogna. E infatti la poetica non può consistere senza il mito1560 né la retorica senza l’arte del dire né la sofistica senza i   Basilio sostituisce il paolino krinomenoi («giudicati») con elenchomenoi («rimproverati»).   In Adolesc III, 3 lo studio delle scienze egizie da parte di Mosè è considerato preparatorio alla sua contemplazione dell’Essere. Sul tema del ‘prestito’ egiziano ritornano il Nisseno (Vita di Mosè e Encomio di Basilio) e il Nazianzeno (encomio di Basilio) per caratterizzare l’atteggiamento dei cristiani, Basilio compreso, nei confronti delle discipline pagane e delle varie scienze. Vedi Introduzione. 1558   Passo dubbio nella tradizione manoscritta, cfr. Girardi, Basilio, n. 54 (52-53). 1559   Theia logia, come in In Ps 32, 11, § 7, [341B]; nel passo ([341AB]) si sostiene che i disegni delle genti, la loro vana filosofia sono stati dispersi e sono divenuti inutili mentre ora dimora nel mondo solo la verità del Vangelo; il cuore che deve ricevere theia logia deve essere puro dei pensieri umani. L’espressione theia logia anche in In Ps 59, 1 § 2 [464C]; in In Ps 44, 1 § 2 [389B] si parla con lieve variazione di logia tou Theou, «parole di Dio». Vedi per la rilevanza del termine la nota a In Ps 32, 11 § 7 [341B]. 1560   La condanna dei miti, che presentano un gran numero di divinità per di più in disaccordo fra loro o travolte da passioni peccaminose, compare anche in Adolesc, IV, 5-6; giovani che però sono invitati ad apprezzare nella poesia i testi che presentano fatti o detti di uomini eccellenti degni di imitazione (IV, 2). Il testo dell’omelia riporta l’eco dell’esperienza ancora recente del passaggio di Basilio dalla cultura pagana alla scelta deliberata della ‘filosofia’ cristiana. Porfirio parlava insistentemente di retta filosofia incentrandovi tutta la sua concezione di vita, Porfirio, Lettera a Marcella 1.3 (due volte).8. Anche nell’In Ps 44, 1556

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XVI. Sull’inizio dei Proverbi

falsi ragionamenti. Poiché dunque molti, per l’impegno in queste cose, trascurarono la conoscenza riguardo a Dio, invecchiando nella ricerca di cose vane, [è] necessaria la conoscenza della disciplina, per scegliere [397C] la disciplina utile e fuggire quella insensata e dannosa.

La prudenza È possibile anche intendere i discorsi della prudenza (Pr 1, 2) a chi si dedica ai Proverbi e accoglie senza pigrizia l’utilità di essi. Pertanto sappiamo che la prudenza1561 è una delle virtù generali, per la quale noi uomini diveniamo esperti di beni e di mali e di ciò che non è né l’uno né l’altro.1562 Il prudente infatti è stato chiamato per derivazione dalla prudenza. Come dunque è stato testimoniato che il serpente è il più prudente di tutte le bestie (Gen 3, 1)?1563 [400A] E di nuovo il Signore: Siate prudenti, come i serpenti (Mt 10, 16). E l’amministratore della ingiustizia [è] ‘prudente’ (cfr. Lc 16, 8). O non è chiaro che il nome della prudenza è di doppio significato? L’una infatti è una tutela del proprio interesse con la macchinazione contro il prossimo, quale quella del serpente, che custodisce la propria testa.1564 Questa sembra essere la malvagità di costumi, che procura il proprio utile celermente e depreda i più semplici; quale quella dell’amministratore della ingiustizia (Lc 16, 8). Invece la vera prudenza è il discernimento di ciò che si deve fare e che non si deve fare; chi la segue mai uscirà dalle opere della virtù né mai sarà trafitto dal flagello del vizio. Perciò chi intende i discorsi della prudenza (Pr 1, 2) sa quali [sono] sofistici e ingannatori e quali invece quelli che ci consigliano le cose migliori riguardo

11 § 10 [409A] Basilio invita ad abbandonare i miti pagani. 1561   Questa virtù teoretica compare insieme a fortezza, giustizia e saggezza in In Ps 1, §2 [213AB ] e in In Ps 29, 8 § 5 [316C] (in quest’ultimo passo con un definizione simile, «la prudenza è costituita di speculazioni sul tema delle cose buone e cattive», di derivazione stoica). Per richiami alla prudenza nella filosofia greca, nell’esegesi giudaico-alessandrina e in ambito cristiano prima di Basilio cfr. Girardi, Basilio 53-54, n.58. 1562   Ѐ la nota distinzione stoica fra beni, mali e ‘indifferenti’; cfr. anche il §11 [409C]. Si veda la nota sulle arti medie nell’In Ps 33, 3 §2 [356A]. 1563   Qui ed anche successivamente Basilio gioca sul doppio significato di phronimos, che significa ‘prudente’ ma anche ‘scaltro’, ‘astuto’. 1564   Il richiamo al serpente che protegge la testa dai colpi e a Mt 10, 16 e Lc 16, 8 a proposito della prudenza anche in In Ps 48, 11 § 6 [445AB]

Comprendere i giri di parole

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a ciò che si deve fare nella vita [400B] e come un esperto banchiere1565 terrà ciò che buono e si asterrà da ogni specie di male1566 (cfr. 1Ts 5, 21). Questa prudenza concede a chi edifica la propria casa di porre le fondamenta di essa sulla roccia (cfr. Mt 7, 24-25), cioè di fondarsi sulla fede in Cristo così che resti immota in piogge e venti e incursioni dei fiumi (cfr. Mt 7, 27). Infatti attraverso tali parole della parabola il Signore ci mostrò l’immobilità nelle tentazioni, quelle umane e quelle che sono a noi recate dall’alto. Insegna anche a non trascurare ciò che è necessario, ma, preparati prima del tempo i viatici1567 della vita, ad aspettare nella preparazione del cuore (Sal 9, 38; cfr. Sir 2, 17; 1Sam 7, 3) prontezza del cuore l’avvento dello sposo. Infatti le vergini prudenti - dice - poiché avevano nelle lampade l’olio, [400C] entrarono con lo sposo; le stolte invece, per la loro impreparazione, furono escluse dalla gioia del talamo nuziale1568 (cfr. Mt 9, 15 e Mt 25, 10-13).

Comprendere i giri di parole >7.  Dopo ciò vediamo che cos’è comprendere i giri di parole (Pr 1, 3). Infatti il discorso vero e che parte da una mente sana è semplice e uniforme, dicendo sempre le stesse cose sulle stesse cose;1569 invece quello vario e artificioso, che ha molto di intrecciato e elaborato, si configura in molteplici forme e si avvolge in giri1570 inesprimibili, trasformandosi per il piacere degli interlocutori. Dunque, perché noi possiamo resistere fortemente all’assalto [che viene] dai discorsi costruiti ad arte, grande giovamento offrono i Proverbi. Perciò chi si dedica ad essi [400D] e non pigramente accetta le loro esortazioni, come armato dall’esperienza, comprende senza danno i giri di parole, non essendo né pervertito [401A] da questi né mai allontanandosi dalla verità. Quando infatti le cose stanno diversamente per natura, mentre i discorsi   Agraphon autenticamente basiliano, cfr. Girardi 54 n.61.   In Paolo si tratta di un’esortazione espressa all’imperativo seconda persona plurale. 1567   Per il termine ephodion vedi nota a In Ps 28, 1 § 1 [281B]. 1568   Il termine compare anche in In Ps 29, 11 § 7 [321C]. 1569   Basilio accenna già alle caratteristiche della retorica cristiana, di cui offre una più ampia caratterizzazione nell’Ep 2, 5 (CP 68, 1-22). 1570   Espressione platonica (Repubblica III, 14, 405c). Per la critica ai sofisti che giocano e con i giri di parole si esaltano davanti agli inesperti vedi In Ps 115, 2 § 3 [108BCD]. La critica potrebbe raggiungere anche gli ariani. 1565 1566

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riguardo ad esse persuadono in senso diverso, c’è un giro o piuttosto uno stravolgimento, prodotto dal discorso, riguardo alla verità. E colui che appare uno essendo in verità un altro, si serve di giri di parole, ingannando quelli che sono con lui, come lepri e volpi [ingannano] i cani, mostrando una strada e volgendosi verso un’altra. Oppure sono giri di parole le obiezioni [che derivano] dalla falsa scienza (1Tm 6, 20). Infatti, non accogliendo la semplicità dell’insegnamento spirituale, quelli aguzzati dalla dialettica alle antilogie1571 spesso stravolgono la forza della verità con la credibilità dei sofismi. Dunque comprende questi giri di parole colui che è stato fortificato dai Proverbi. [401B] Anche se trova talvolta temi che hanno le argomentazioni in un senso e nell’altro di pari valore [nella contesa], in cui ritrovare ciò che è più credibile [è] difficile da discernere, tuttavia per l’essersi esercitato nei Proverbi non sarà confuso nella mente, anche se coloro che discutono sembrano infliggersi al massimo gli uni contro gli altri alla pari i colpi sulla base delle argomentazioni.

La giustizia >8.  Il libro dei Proverbi consente anche il comprendere la vera giustizia (Pr 1, 3). Poiché dunque la giustizia è una disposizione a distribuire secondo il merito,1572 ciò [è] difficile da raggiungere,1573 poiché gli uni per la carenza riguardo alla prudenza non trovano come distribuire a ciascuno ciò che è equo, mentre altri, per l’essere occupati prima dalle passioni umane, annientano la giustizia, quando disprezzano i poveri e non biasimano i potenti che compiono ingiustizia, il libro dei Proverbi promette che darà [401C] ai suoi discepoli la conoscenza della vera giustizia. E poiché molti, andando a caccia1574 della lode dei più, di fatto onorano l’ingiustizia e l’avidità come utile, mentre in apparenza e a parole1575 ammirano l’equità   È anche il titolo di un’opera del sofista Protagora, in cui si ammetteva la possibilità di due discorsi contrari fra loro. 1572   Questa virtù teoretica compare insieme a fortezza, giustizia e saggezza in In Ps 1, § 2 [213AB ] e in In Ps 29, 8 § 5 [316C]. In quest’ultimo passo è definita in modo simile come la ‘ricerca delle cose che vanno distribuite e non distribuite’. Girardi (Basilio, 56, n.65) rileva la derivazione di origine aristotelica e stoico-platonica di tale definizione. 1573   Dysthēratos: prosegue l’uso del linguaggio metaforico della caccia, cfr. sopra § 1 [385CD-388A]. 1574   Cfr. nota precedente. 1575   La contrapposizione fra quanto si dice a parole e il comportamento ‘di fatto’ anche in In Ps 45, 2 § 2 [417CD]. Al contrario in In Ps 44, 14-15 § 11 [412C] si parla della vita 1571

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e la giustizia, neppure questi ignorerà l’uomo istruito nei Proverbi, ma conoscerà qual [è] falsa e spuria e quale la vera e non ingannevole giustizia. Poiché poi anche i sapienti al di fuori [pagani] hanno diffuso discorsi sulla giustizia e verosimilmente ingannano quelli che non possono seguire il vero discorso su questo oggetto di ricerca, il libro promette che farà conoscere la vera giustizia, così che noi evitiamo il danno [derivante] dai sofismi. Già anche le leggi dei popoli, [401D] che hanno molta differenza le une dalle altre, generano confusione nelle menti di coloro che non hanno compreso il preciso* discorso della giustizia.1576 Infatti alcuni dei popoli ritengono giusta l’uccisione del padre; altri dei popoli respingono invece ogni uccisione come empia. E gli uni onorano massimamente la pudicizia; altri impazziscono di libidine per madri e figlie e sorelle. Ed in generale molti, dominati da un’antica abitudine,1577 non discernono l’ignominia di ciò che accade. Ma questo libro, che ci insegna le cose intorno alla vera giustizia, libera gli uomini dalle passioni [derivanti] dalla insensatezza. [C‘è] poi una giustizia, [404A] quella che si trova presso di noi, la distribuzione dell’equo. Anche se infatti non la raggiungiamo con precisione*, tuttavia, agendo con giustissimo consiglio, non ci allontaniamo dallo scopo. Poi [ce n’è] una introdotta dal cielo dal giudice giusto (2Tm 4, 8), quella correttrice e quella remunerativa, della quale molta [è] l’oscurità per l’altezza degli insegnamenti riposti in essa. Questo infatti credo che dica il Salmista: La tua giustizia come monti di Dio (Sal 35, 7). Promette dunque che questa realmente vera e divina giustizia renderà manifesta a quelli esercitati nell’insegnamento dei Proverbi. >9.  Di nuovo, poiché dei peccati alcuni sono involontari, mentre altri sono compiuti per effetto di un animo malvagio, anche la definizione della giustizia non è la stessa riguardo a questi. Poniamo infatti che l’oggetto del giudizio sia la prostituzione e che ci siano due meretrici [404B]. Ma l’una, venduta a un lenone, è nel male per necessità e procura il guadagno col corpo al malvagio padrone; l’altra invece si è data volontariamente

secondo virtù compiuta nel logos e nella pratica (ergon). 1576   Vedi Cicerone, Lo Stato III, 14-17, in cui si riporta la tesi, illustrata con molti esempi, del filosofo neoaccademico Carneade a proposito della varietà di credenze religiose, di costumi e di leggi fra i vari popoli. 1577   Per l’influenza esercitata in senso negativo dall’abitudine vedi In Ps 1, 1 § 6 [224C] e In Ps 48, 20 § 11 [457C].

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al peccato per il piacere.1578 In un modo dunque le azioni involontarie ottengono il perdono e in altro modo quelle [che derivano] da una scelta deliberata* malvagia sono condannate. Di nuovo l’uno ha peccato in quanto educato malvagiamente fin dall’inizio; ed infatti fu condotto alla vita da genitori ingiusti e fu allevato con parole ed azioni inique; l’altro invece, che aveva molte cose che lo incitavano alla virtù, un’educazione eccellente, l’ammonimento di genitori, l’accuratezza* di maestri, l’ascolto di discorsi più divini, il genere di vita moderato, le altre cose con cui l’anima è educata alla virtù; poi anche lui è scivolato nel peccato simile: come uno tale non sarà giustamente ritenuto degno della punizione più pesante? Infatti l’uno [404C] sarà accusato per i soli principi salutari seminati nei nostri pensieri in quanto non si è servito rettamente di essi;1579 l’altro, oltre a questo, sia perché ha tradito tutto l’aiuto a lui dato sia perché per la negligenza è stato trascinato nella vita malvagia.1580 Dunque il comprendere la vera giustizia è proprio di una mente realmente grande e di un animo perfettissimo*. Forse ha anche la promessa che colui che è stato educato nei Proverbi potrà in futuro arrivare all’accuratezza* della teologia. Infatti la vera giustizia è il Cristo, che è diventato per noi sapienza per opera di Dio, giustizia e santificazione e redenzione (1Cor 1, 30). È stato poi congiunto al conoscere la vera giustizia il raddrizzare il giudizio (Pr 1, 3). Infatti [è] impossibile che colui che non è stato prima educato riguardo al giusto possa rettamente giudicare le questioni ambigue. [404D] Neppure infatti lo stesso Salomone, se non avesse avuto le nozioni precise* riguardo al giusto in se stesso, avrebbe potuto esprimere così rettamente e avvedutamente quel celeberrimo giudizio che pronunciò per le prostitute riguardo al bambino (cfr. 1Re 3, 16-28). Poiché infatti erano senza testimoni le cose dette dall’una e dall’altra, ricorse alla natura ed attraverso essa scoprì ciò che si ignorava; poiché l’estranea [405A] accettava impassibilmente l’uccisione del bambino, mentre la vera madre per l’amore naturale neppure tollerava l’udire la disgrazia. Dunque chi conosce la vera giustizia ed attraverso di essa è stato istruito a distribuire a ciascuno ciò che è conveniente, questo può raddrizzare il   Un esempio simile, pur con elementi di diversità, in In Ps 32, 7 § 5 [336C].   La stessa espressione, con riferimento alle koinai ennoiai degli stoici, in In Sal 7, 9 § 5 [240B]; vedi anche relativa nota. 1580   Ѐ forte la somiglianza di questo passo con In Ps 7, 9 § 5 [240AB]. 1578 1579

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giudizio. Come infatti l’arciere1581 indirizza la freccia verso il bersaglio non facendo deviare il tirar d’arco né per eccesso né per difetto né per deviazioni verso l’una o l’altra parte,1582 così il giudice prende di mira il giusto non valutando le persone (infatti non [è] bene conoscere una persona nel giudizio) né agendo secondo predilezione ma emettendo giudizi retti e non deviati. E, se due sono giudicati presso di lui, l’uno che ha di più, l’altro di meno, il giudice sta [fra i due] uguagliando l’uno con l’altro [405B] e privando chi è al di sopra di tanto di quanto trova che chi subisce ingiustizia manca. Invece chi non ha la vera giustizia fissata nella propria anima ma o è stato corrotto da ricchezze o rende favore all’amicizia o si vendica dell’inimicizia o teme il potere, non può raddrizzare il giudizio (cfr. anche Pr 24, 23). A lui il salmo dirà: Se veramente parlate di giustizia, giudicate rettamente, figli degli uomini (Sal 57, 2). Infatti è prova della disposizione del giusto la rettitudine nel giudicare. Perciò anche lui stesso andando avanti proibisce con le parole: Il peso grande e piccolo [sono] abominevoli presso il Signore (cfr. Pr 20, 10.23) intendendo copertamente in modo ‘proverbiale’1583 l’ineguaglianza nel giudizio attraverso il nome dei pesi. Non solo questo [è] utile a chi amministra la giustizia, ma anche alle scelte riguardo ciascuna delle cose della vita. [405C] Poiché abbiamo in noi stessi un criterio naturale,1584 attraverso il quale distinguiamo le cose buone dalle cattive, ci [è] necessario nella scelta di ciò che si deve fare formulare rette distinzioni fra le azioni; e, come un giudice che decide con equa e giustissima sentenza delle cose contrarie, da un lato obbedire alla   Il paragone con l’arciere è già in Aristotele, Etica Nicomachea 2 1094a 22-24 (gli arcieri che conoscono il bersaglio simboleggiano chi ha la conoscenza del bene e può scoprire meglio ciò che si deve); la similitudine con l’arciere è stata poi usata nello stoicismo, visto che Antipatro distingueva fra azioni virtuose e scopo esterno ad esse, designando come telos l’attività conforme a ragione e come skopos l’oggetto di tale attività. Tale rapporto fra telos e skopos era reso attraverso l’immagine dell’arciere che deve colpire il bersaglio (skopos); il telos non consiste nel colpire il bersaglio, ma nel fare tutto ciò che è nelle proprie possibilità per colpirlo (cfr. Cicerone, Sui termini estremi dei beni e dei mali 3, 22 e Plutarco, Delle nozioni comuni contro gli Stoici, 26, 1070 f-1071c). 1582   Vedi In Ps 7, 11 § 7 [244D], In Ps 32, 1 § 1 [325AB] e Attende § 4 [205C] per la necessità della rettitudine e del non deviare né verso l’eccesso né verso il difetto. 1583   Vedi sopra § 2 [388BC] a proposito del senso nascosto tipico dello stile dei Proverbi. 1584   Anche in In Sal 61, 10 §4 [480A] si parla di criteri dell’anima in riferimento all’immagine della bilancia (cfr. nota immediatamente successiva). Per i criteri naturali di giudizio in Clemente ed Origene cfr. Girardi, Basilio 59 n.75. 1581

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virtù, dall’altro condannare il vizio. Come se prostituzione e pudicizia sono giudicate presso di te e alto il tuo intelletto presiede essendogli stato affidato il giudizio in tribunale; e il piacere sostiene la causa della prostituzione, il timore di Dio invece si unisce con la pudicizia. Se dunque, condanni il peccato e permetti che vinca la pudicizia, hai dato retto il giudizio della azione; se invece, avendo inclinato la bilancia verso il piacere, dichiari più onorevole il peccato, hai fatto il giudizio storto,1585 sottoponendoti [405D] alla maledizione di colui che ha detto: Guai a coloro che dicono [408A] l’amaro dolce e il dolce amaro; a coloro che dicono la luce tenebra e la tenebra luce (Is 5, 20).1586 >10.  Poiché dunque, secondo lo stesso Salomone I pensieri dei giusti sono giudizi (Pr 12, 5), bisogna impegnarsi nel nascosto criterio dei pensieri per fare giudizi stabili riguardo all’azione e avere l’intelletto simile a una bilancia, che pesa ciascuna delle cose da farsi senza oscillare. Qualora ciascun comandamento presso di te sia giudicato in confronto al vizio ad esso contrapposto, da’ la vittoria sul peccato alla legge di Dio. Sono giudicati profitto e equità? Pronunciati contro la brama delle cose altrui, da’ il voto migliore alla virtù. Oltraggio e tolleranza si contrappongono? Fa’ vergognare [408B] l’oltraggio e anteponi la tolleranza. Odio e amore? Disonorato l’uno, bandiscilo più lontano possibile; esaltato invece l’amore, rendilo intimo a te stesso. Simulazione e sincerità, coraggio e viltà, prudenza e stoltezza, giustizia ed ingiustizia, pudicizia ed intemperanza e, per dirlo in breve, ogni virtù è giudicata a confronto con ogni vizio? Mostra allora la rettitudine dei giudizi, nel nascosto criterio della tua anima e, reso il comandamento per così dire un compagno per te stesso, mostra odio per la malvagità, allontanandoti dal peccato ed onorando invece sommamente le virtù. Se infatti in ogni azione fai vincere presso di te il meglio, sarai beato in   Anche in In Ps 61, 10 § 4 [477D-480AB] la natura delle azioni e le scelte della vita vengono valutate come con una bilancia che può inclinare verso il bene o verso il male. Vedi anche Attende § 3 [204CD]: sui due piatti della bilancia vi sono qui il corpo e l’anima. L’immagine del declinare del piatto della bilancia ha una lunga tradizione in ambito filosofico (E. Livrea, Studi cercidei, Bonn 1986, 44-45); in ambito stoico la norma che serve per valutare le opinioni è paragonata alla bilancia usata per determinare i pesi, Epitteto Dissertazioni 2, 11, 13 e K.H. Rolke, Bildhafte Vergleiche bei den Stoikern, Hildesheim-New York 1975, 47-48. 1586   Vedi per questo concetto dell’errata valutazione In Ps 14B § 5 [280A], In Ps 28, 9 § 7 [301AB], In Ps 33, 11 § 7 [368BCD-369A], In Ps 61, 5 § 3 [476AB], In Ps 61, 10 §4 [480AB]. Il passo di Isaia richiamato anche in In Ps 14B § 5 [280A] e In Ps 61, 10 § 4 [480A] 1585

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quel giorno quando Dio giudicherà i segreti degli uomini [408C] secondo il nostro1587 Vangelo e quando i pensieri tra di loro e accusano o anche difendono (Rm 2, 16, 15)1588 tu non vai condannato per l’inclinazione1589 al male ma sarai onorato con le corone della giustizia1590 (cfr. 2Tm 4, 8) con le quali hai coronato la virtù per tutta la tua vita. Di quanto grandi beni sarà per te procuratore il libro dei Proverbi, che insegna la vera giustizia e a raddrizzare il giudizio?

  «Mio» nel testo paolino.   Basilio qui inverte l’ordine del testo paolino, collocando dopo il genitivo assoluto del versetto 15. 1589   Ropē, di nuovo un riferimento all’inclinazione del piatto della bilancia. 1590   L’espressione è al singolare in Paolo. 1587

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L’innocenza e l’astuzia >11.  Che dunque ancora oltre ciò? Affinché dia - dice - agli innocenti astuzia e al fanciullo giovane senso e intelligenza (Pr 1, 4). Intendiamo l’innocenza in doppio senso. O infatti accettiamo la denominazione di innocenza come l’ostilità verso il peccato condotta a buon termine attraverso la ragione e tagliando come una radice della malvagità attraverso una lunga attenzione e meditazione di ciò che è bene [408D] per la privazione completa di essa; oppure innocenza è non avere ancora esperienza del male, per la giovinezza spesso o per un genere di vita di alcuni che non hanno esperienza di certi vizi. Per esempio il fanciullo non conosce superbia, non conosce inganno e slealtà. Di nuovo ci sono alcuni di quelli che hanno dimora in campagna che non conoscono le frodi dei mercanti né le dispute in tribunale. Chiamiamo innocenti questi tali, non perché per scelta deliberata* [409A] si sono allontanati dal male, ma perché non sono ancora giunti all’esperienza della malvagia disposizione. Invece innocente in senso proprio [è] quale era David, che diceva: Io ho camminato nella mia innocenza (Sal 25, 11); colui che aveva allontanato ogni malvagità dalla propria anima con l’esercizio secondo virtù*, il quale è ritenuto degno anche dell’eredità dei beni. Perciò il Signore non priverà dei beni quelli che camminano nell’innocenza (Sal 83, 12). Uno tale dirà fiducioso: Giudicami, Signore, poiché io ho camminato mia innocenza (Ps 25, 1) e di nuovo: Giudicami secondo la mia giustizia e secondo la mia innocenza che [è] in me (Sal 7, 9). Caratterizzano poi l’innocente la semplicità del costume, la generosità, la mancanza di artificio.1591 Quale era Giacobbe: Sincero - dice - che abita una casa (Gen 25, 27);1592 cioè, servendosi della semplicità [derivante] dalla natura, cingendosi di nessuna apparenza simulata ad arte come una maschera [409B] per l’ingannare quelli che [gli] si facevano incontro Qui tuttavia sembra dire innocente l’inesperto del male, che dice che ha anche necessità dell’astuzia lodevole, affinché, oltre l’integrità [derivante] dalla natura, acquisti anche la prudenza [derivante] dall’esperienza e, cinto della buona astuzia come di un’arma, sia difficile da prendere da parte delle   Vedi In Ps 7, 9 § 6 [241AB], dove l’innocenza è definita come la semplicità e l’inesperienza di ciò che è utile alla conoscenza. 1592   La figura di Giacobbe presentata in modo simile anche in In Ps 48, 11-12 § 6 [448A]. 1591

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insidie degli avversari. Bisogna infatti, credo, che il perfetto* sia prudente riguardo al bene, integro riguardo al male. Da qui come da una fonte gli innocenti attingano l’astuzia che salva. L’uomo astuto1593 - infatti - trono del senso (Pr 12, 23) e: L’astuto, sopraggiungendo i mali, si nasconde (Pr 27, 12) e Colui che si guarda dai biasimi,1594 [è] più astuto (Pr 15, 5). È dunque l’astuzia il fare tutte le cose con impegno ad arte, come la malvagità è fare solo il male.1595 [409C] Poiché dunque l’astuto accoglie ogni azione,1596 e in tutte le cose c’è anche il male, due cose indica la denominazione dell’astuto. E chi si serve del progetto delle opere per danno degli altri [è] malvagio;1597 l’astuto degno di lode [è] invece chi procura il proprio bene con acutezza e prudenza e respinge i danni macchinati con inganno ed insidia a lui da parte di altri. Poni dunque attenzione con cura*1598 al nome dell’astuzia; e sappi che è una disposizione mediana,1599 per la quale colui che si serve di essa per proposito sano per vantaggio di se stesso e del prossimo si può approvare, invece chi la maneggia per danno del prossimo [è] biasimato poiché si serve dell’attività come occasione per mandare in rovina. [409D] >12.  La storia è piena dell’uso in una delle due direzioni [412A] dell’attività. Bella l’astuzia degli Ebrei che ingannarono gli Egiziani e presero la ricompensa del lavoro delle città (cfr. Es 11, 2; Es 12, 35) e si procurarono materiali per il tabernacolo. In modo degno di lode usarono l’astuzia le levatrici che salvavano i maschi degli Ebrei (cfr. Es 1, 17-19). Bella l’astuzia di Rebecca che procurò la grande benedizione al figlio (cfr. Gen 27, 1-29). Bene usò l’astuzia Raab (cfr. Gs 2, 1-6), bene Rachele (cfr. Gen 31, 34-35); l’una perché salvò gli esploratori, l’altra perché ingannò il padre e liberò dall’idolatria. Male invece usarono l’astuzia i Gabaoniti

  Il testo della LXX ha synetos (intelligente) e non panourgos (astuto), probabilmente introdotto da Basilio per richiamare panourgia (astuzia) di Pr 1, 4. 1594   Diverso il senso del versetto nella LXX (ho...phylassōn entolas, colui che osserva i comandamenti, con un diverso valore del verbo phylassō). 1595   Qui Basilio gioca sull’etimologia di panourgia, lett. ‘fare tutte le cose’, e di kakourgia, lett. ‘fare il male’. 1596   Sempre in rapporto all’etimologia di panourgia, . 1597   Analogo linguaggio nel De Bapt 1620A: ci si può servire di identiche parole come occasione di perdizione. 1598   Akribōs nel testo greco. 1599   Cfr. [397C]. 1593

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contro gli Israeliti (cfr. Gs 9, 3-15). Cattiva l’astuzia di Assalonne1600 che con la finzione di bontà attirava i sudditi e raccolse una massa di ribelli per insidiare il padre (cfr. 2Sam 15, 1-12). Alcuni poi sono rimproverati [412B] perché intrapresero un piano astuto anche contro il popolo di Dio (cfr. Sal 82, 4). Qui tuttavia il discorso approva l’astuzia usata per utilità, come se fosse un’arma per le cose della vita e fortificasse attraverso se stessa le anime dei più ingenui. Se infatti Eva avesse avuto questa astuzia, non sarebbe stata facile preda degli inganni del serpente (cfr. Gen 3, 1-13; 2Cor 11, 3). Dunque il presente insegnamento fortifica l’innocente, quello disponibile ad essere corrotto nei pensieri per il prestar fede ad ogni discorso, procurandogli l’utilità [derivante] dall’astuzia come un’alleanza per le cose della vita.

Senso e intelligenza >13.  C’è dopo da indagare come al fanciullo giovane dia senso e intelligenza (Pr 1, 4). Poiché l’uomo [è] doppio come dice l’Apostolo: uno che è fuori, l’altro che è [412C] dentro* (cfr. 2Cor 4, 16, Ef 3, 16, Rm 7, 22), secondo colui che è visto e secondo colui che è pensato nel nascosto (cfr. 1Pt 3, 4),1601 è necessario che noi intendiamo le cose dell’età similmente nell’uno e nell’altro senso. Dunque il dire che il fanciullo appena nato assume un senso materiale non è molto lontano dal ridicolo. Quale infatti dei sensi il libro può concedere, poiché e vista e udito e olfatto e gusto e tatto subito sono generati con noi e non sono derivati dall’insegnamento ma la natura attraverso questi porta a compimento l’essere vivente? Né dunque fanciullo si deve intendere in modo materiale e neppure il senso come uno di questi enumerati, ma bisogna prendere le età in riferimento all’uomo interiore*. Abbiamo imparato infatti in molti luoghi della Scrittura anche una disposizione infantile dell’anima; e un’altra di pieno vigore; e un’altra ormai da vecchio. Per esempio, come abbiamo appreso in Paolo, quelli di Corinto [412D] erano bambini; perciò ancora avevano bisogno di latte, dell’insegnamento introduttivo e più semplice del Vangelo, non   Assalonne infedele al padre è presente in In Ps 7, 1 § 1 [229AB] e In Ps 7, 12 § 7 [245A].   L’espressione di Pietro, che compare anche in In Ps 14A, 2 § 2 [253C] e in In Ps 33, 21 § 13 [384A] e [384B] è usata sostanzialmente con lo stesso valore dell’espressione paolina ‘uomo interiore’.

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potendo ancora digerire il cibo solido, quello nei dogmi (cfr. 1Cor 3, 1-2). È giovinetto nell’anima colui che, fornito di tutte le parti della virtù [413A] per la perfezione*, colui che ribolle nello spirito1602 (At 18, 25; cfr. Rm 12, 11), colui che è pieno di desiderio nelle opere della pietà e fiorisce in ogni vigore di buone azioni; quello che il Vangelo chiama anche violento (cfr. Mt 11, 12), capace di afferrare il Regno dei cieli (cfr. Mt 11, 12);1603 questo lo Spirito Santo assume per gli inni come idoneo: Giovani - dice infatti - e vergini lodino il nome del Signore (Sal 148, 12-13). E nella promessa di Gioele i giovani possono vedere le visioni (Gl 3, 1). Vecchio nell’anima colui che è perfetto* nella prudenza; quale era Daniele, che mostrava in un corpo giovane la venerabilità [derivante] dalla assennatezza più degna di rispetto di ogni vecchiaia. Per questo gli dicono quelli pieni di giorni cattivi (Ef 5, 16; cfr. Ef 6, 13):1604 Orsù, siedi in mezzo a noi e riferisci a noi perché Dio ti ha dato il privilegio per anzianità (cfr. Dn 13, 50). Pertanto [413B] anche qui dice fanciullo giovane quello che è generato attraverso il lavacro della rigenerazione (Tt 3, 5) e allevato e diventato come un fanciullo e attraverso tale stato è ben disposto per il regno dei cieli (cfr. Mt 18, 3). Al fanciullo così nato da poco che desidera il latte logico1605 e senza inganno (1Pt 2, 2), il libro dei Proverbi dà, una volta che si è educato attraverso di esso, senso e intelligenza; senso delle cose presenti, intelligenza delle future. Infatti educa nelle cose umane e rende capaci di sentire le cose così da non essere schiavo di piaceri turpi (cfr. Tt 3, 3) né da restare attonito davanti alle glorie vane di questo mondo. Fornisce anche una intelligenza del secolo futuro e avvia attraverso ciò che dice alla fede in ciò che è stato promesso (cfr. Gal 3, 22). >14.  Poiché abbiamo trasferito le differenze di età [413C] all’ uomo interiore*, ne consegue il trasferire anche i nomi dei sensi*1606 alle potenze dell’anima. Perciò quando dice Avvicina il tuo orecchio alle mie parole (cfr.

  Per questa espressione vedi In Ps 32, 7 § 5 [337B].   Di questo passo variamente interpretato (vedi Bibbia di Gerusalemme) Basilio dà dunque un’interpretazione positiva (la ‘santa violenza’ di coloro che si impadroniscono del regno di Dio con le più dure rinunce). 1604   In Ef 6, 13 l’espressione è al singolare («giorno cattivo»); questa con riferimento al giorno del giudizio, compare più volte in In Ps 48, 6 § 2 [436CD-437A]. 1605   Cfr. l’espressione ‘cibo logico’ a § 4 [393A] e nota relativa. 1606   I sensi sono dunque interpretati in chiave spirituale. 1602

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Pr 22, 17),1607 bisogna che noi sappiamo che ricerca l’ ascolto obbediente dell’anima*, come il Signore: Chi ha orecchie per ascoltare, ascolti (Mt 13, 9) e l’espressione: Discorso saggio per orecchio obbediente (Pr 25, 12). Attraverso queste parole e simili dà al fanciullo giovane il senso sano dell’udito.1608 Quando dice: Non prestare attenzione ad una donna malvagia (Pr 5, 3) e di nuovo: Non poggiare il tuo occhio in lei (Pr 9, 18a) e I tuoi occhi guardino cose rette (Pr 4, 25), è chiaro che fornisce al fanciullo come una vista dell’anima*.1609 E quando esorta: Mangia il miele, figlio, affinché la tua gola sia addolcita (Pr 24, 13) (chiamando metaforicamente miele l’insegnamento divino: Come [sono] dolci - dice infatti - al [413D] mio palato le tue parole, più del miele per la mia bocca (Sal 118, 103); attraverso questa esortazione prepara il gusto spirituale* dell’anima,1610 riguardo al quale è stato detto: [416A] Gustate e vedete quanto è buono il Signore (Sal 33, 9).1611 C’è anche un tatto dell’anima*, con il quale la sapienza la tocca, come abbracciando la propria virtù. Amala - dice infatti - affinché ti abbracci (Pr 4, 6, 8). E di nuovo l’Ecclesiaste: [C’è] un tempo per abbracciare e un tempo per allontanarsi dall’abbraccio (Eccle/Qo 3, 5). Infatti i corpi sono contaminati da abbracci impuri; invece l’anima, unita tutta ad essa in tutto con l’abbraccio della sapienza, si riempie di santificazione e di purezza. Così dunque al fanciullo giovane dà il senso (Pr 1, 4). Come genera poi l’intelligenza (Pr 1, 4)? Quando dice: Non gioveranno le ricchezze nel giorno cattivo1612 (Pr 11, 4). Introduce infatti nel tuo cuore un pensiero riguardo a quel giorno in cui la massa [416B] delle ricchezze non ti soccorrerà né ti sottrarrà dalla pena eterna. O quando dice: Gli innocenti erediteranno la terra1613 (Pr 2, 21); quella terra di cui anche i miti sono   In realtà il versetto della LXX suona «Avvicina il tuo orecchio alle parole dei saggi ed ascolta la mia parola». 1608   Per l’interpretazione in senso spirituale del senso dell’udito vedi In Ps 33, 12 § 8 [372C]; In Ps 33, 21 § 13 [384B]; In Ps 44, 1 § 2 [389B]. 1609   Per l’interpretazione in senso spirituale del senso della vista vedi In Ps 1, 1 § 5 [224A], In Ps 33, 4 § 3 [357B], In Ps 33, 21 § 13 [384AB], In Ps 45, 5 § 4 [424A], In Ps 45, 9 § 7 [428A], Attende § 2 [201C] e § 5 [209B]; cfr. anche In Christi gen. 6 (1473D), De iudicio 657B. 1610   Per l’interpretazione in senso spirituale della bocca o del senso del gusto vedi In Ps 33, 2 § 1 [353B], In Ps 33, 9 § 6 [364CD-365A], In Ps 33, 21 § 13 [384B]. 1611   Anche in In Ps 33, 9, § 6, [364D-365A] la bontà della parola celeste è paragonata a quella del miele. 1612   Nel versetto della LXX si parla di «giorno dell’ira» (hēmera thymou) e non di «giorno cattivo» (quest’ultima espressione è forse un’eco di Sal 48, 6 e di Ef 5, 16; 6, 13, vedi sopra § 13, [413A]). 1613   Il versetto della LXX suona in modo un po’ diverso: i buoni saranno abitatori della terra, 1607

Senso e intelligenza

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eredi, secondo il salmista che dice: I miti erediteranno la terra (Sal 36, 11) e secondo la beatitudine del Signore: Beati - dice infatti - i miti perché essi erediteranno la terra (Mt 5, 5) e di nuovo: I sapienti erediteranno gloria (Pr 3, 35). Stimola l’anima al desiderio dei beni [contenuti] nelle promesse. Dà al fanciullo giovane questa intelligenza, il timore di ciò che è stato minacciato ai peccatori, il desiderio invece di ciò che è stato preparato per i giusti. Infatti, udite queste cose, il sapiente sarà più sapiente (Pr 1, 5). Il discorso testimonia una grande forza ai Proverbi [416C], perché superano la sapienza dei sapienti e gli [ammaestramenti] trasmessi da questo libro sono più grandi di quelli ammaestramenti che sono riposti in loro [i sapienti]. Perciò degli altri maestri gli ignoranti sono discepoli; di questo libro invece ascoltatori sono i sapienti. Poiché è omonimo il nome dei sapienti (sapienti infatti sono detti anche quelli di questo mondo (cfr. 1Cor 1, 20), sapienti anche quelli che hanno acquisito la vera sapienza, il nostro Signore Gesù Cristo (cfr. 1Cor 1, 24. 30) grazie alla fede in Lui), il discorso promette che coloro che sono estranei alla nostra dottrina, dopo che si saranno avvicinati al sano insegnamento dei Proverbi, saranno più sapienti, disprezzando la conoscenza delle cose vane e trasferendo l’ammirazione alla verità. Oppure, [416D] poiché in molteplici maniere è definito il sapiente (infatti sia colui che desidera la sapienza sia colui che è già nel progresso delle meditazioni della sapienza sia chi è perfetto* nella disposizione,1614 allo stesso modo sono chiamati), il sapiente, udito ciò, sia l’amante della sapienza, sia colui che è già avanzato in essa, saranno più sapienti, essendo stati educati in molte cose riguardo agli insegnamenti divini, essendo istruiti poi in molte cose anche riguardo a quelli umani, poiché il libro in vari modi allontana la malvagità e in molti modi [417A] di nuovo introduce [al posto di essa] la virtù. Tiene a freno la lingua ingiusta, educa l’occhio che guarda cose malvagie, non permette di usare per primo violenza; respinge la pigrizia, punisce i desideri malvagi, insegna prudenza, insegna fortezza,

gli innocenti resteranno in essa; Basilio ha sostituito con «erediteranno» (klēronomēsousi) probabilmente per creare un’analogia con le successive citazioni di Sal 36, 11, Mt 5, 5 e Pr 3, 35. 1614   Si tratta, già qui, dei tre momenti, gradini/tappe della vita spirituale, della theōsis (vedi In Ps 1 § 2 [213A]). Eco della tripartizione origeniana degli uomini in principianti, progredenti e perfetti. Unitamente a ciò Basilio mostra l’attenzione origeniana-alessandrina al molteplice significato di un medesimo lemma.

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onora1615 temperanza.1616 Dunque chi è stato educato in queste cose e che ha in sé forte l’avversione verso il male e che ha acquisito inoltre il desiderio del bene con più forte impulso come attraverso un’acclamazione, pur essendo sapiente per il proprio impulso, diviene più sapiente per la perfezione* [derivante] dall’insegnamento.

Tenere il timone della nave nel mare della vita >15.  L’intelligente otterrà il governo [della nave]1617 (Pr 1, 5). Bisogna che colui che sta per avvicinarsi all’apprendimento di qualche arte abbia le qualità [derivanti] dalla natura ben preparate: il lottatore la conformazione del corpo e la forza; il corridore la giusta proporzione delle membra [417B] e la leggerezza; così anche il timoniere l’acutezza e della mente e la facilità ad essere seguito. Per questo il discorso chiama al governo non il primo venuto, ma l’intelligente. Che cosa è dunque l’arte del governo se non certamente la conoscenza dell’anima riguardo l’instabile natura delle cose umane, come conviene che essa sia traghettata? In molti luoghi infatti troviamo questa vita chiamata dalla Scrittura ‘acque’ e ‘mare’ come nel salmo: Mandò dall’alto e mi prese; mi accolse da molte acque (Sal 17, 17). [È] chiaro infatti che chiama ‘acque’ il turbamento della vita. Né infatti le cose favorevoli e desiderate con ardore dai più hanno la fermezza e stabilità né fra le cose quelle avverse e tristi sono fondate fermamente ma tutte sono sottoposte ad un’agitazione [del mare] e movimento e mutamenti [417C] inaspettati. Come dunque è 1615   Il verbo aposemnynei (qui tradotto con «onora») si ricollega all’aggettivo semnos (‘dignitoso, serio, grave’). Per l’associazione fra temperanza e gravità/serietà vedi anche in In Ps 1, § 2 [213B], In Ps 7, 9 § 5 [240B] e In Ps 7, 10 § 6 [244C]. 1616   Sono le virtù teoretiche (con esclusione della giustizia) che compaiono in In Ps 1, § 2 [213AB ] e in In Ps 29, 8 § 5 [316C]. 1617   L’immagine dell’uomo che si muove come un timoniere nel mare della vita, - presente in Basilio in In Iulittam 4 (245C) e nell’Ep 2, 2 - ha una lunga tradizione in ambito filosofico e diatribico. In particolare cfr. Platone, Fedro 247 c (l’intelletto, nous, come timoniere dell’anima, vedi più avanti [420B]). Il paragone fra la virtù del saggio e l’arte del timoniere era ammesso da Carneade e, dopo di lui, da Antioco nella tradizione platonica: se la prudentia è vivendi ars, essa può essere paragonata alla medicina, arte della salute, o alla gubernatio, arte della navigazione, e come questa deve avere un fine diverso da raggiungere; paragone escluso invece dagli stoici, per cui la sapientia è piuttosto simile alla recitazione o alla danza, arti il cui extremum è insito in esse stesse (Cicerone, Sui termini estremi del bene e del male, III, 24-25). In Filone il timoniere è il logos che conduce l’uomo alla felicità (Le leggi speciali 4, 95; Le allegorie delle leggi III, 80).

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impossibile che il mare per molto tempo resti lo stesso (infatti vedrai quello ora liscio e stabile poco dopo irritato dalle violenze dei venti e nondimeno anche quello infuriato e scosso dall’ondata una profonda bonaccia presto lo calma), così anche le cose della vita facilmente hanno rivolgimenti nell’una e nell’altra direzione. Per questo [c’è] bisogno di un timoniere, affinché anche nella bonaccia della vita,1618 quando tutte le cose procedono secondo corrente,1619 accolga i mutamenti e non riposi nelle cose presenti come immortali né disperi di sé nella condizione più difficile né, ingoiato dalla tristezza più forte (1Cor 2, 7) sia portato sott’acqua. Né infatti salute del corpo [417D], né fiore di giovinezza, né floridezza della casa, né la restante prosperità della vita dura a lungo, ma, se stai in questa serenità della vita, accogli anche un giorno la tempesta delle cose. Giungerà infatti malattia e giungerà povertà, poiché il vento non sempre si leva da poppa ma spesso ignominie inaspettate colpiscono anche l’uomo ammirato presso tutti e invidiato e eventi non voluti turbano tutta la prosperità della vita, come delle bufere. E la continuità dei mali [420A] è per te come ondate che sorgono le une sulle altre, ti rendono aspra la vita e collocano intorno a te temibile la tempesta della vita. Vedrai che una buona volta anche queste sono passate e la vita è cambiata in allegrezza e in veramente gioconda bonaccia. Dunque questo è il timoniere intelligente, che ha preso di mira la natura sottomessa dirigendo ciò che accade e restando sempre uguale a se stesso, non esaltandosi nelle circostanze liete né abbattendosi nelle disgrazie.1620 Di nuovo ci è utile anche per altre cose il bene [che deriva] dal governo. So infatti che anche altre onde e temibile tempesta si abbatte sull’anima, quella [che deriva] dalle passioni della carne* (cfr. Rm 7, 5, Gal 5, 24). Infatti ire e paure e piaceri e tristezze, abbattutisi come da un uragano violento dal pensiero della carne* (Rm 8, 5-7), [420B] spesso sommergono l’anima non governata. Bisogna pertanto che l’intelletto, come un timoniere che siede sopra le passioni e salito sulla carne come su una nave e muovendo i ragionamenti in modo esperto come timoni, 1618   L’immagine della bonaccia in riferimento alla pace dell’anima si riscontra in In Ps 28, 11, § 8, [305A-B], In Ps 33, 15, § 10, [376B-C] e In Ps 45, 11 § 8 [429C]. In In Ps 1, § 2, [212C] il salmo è definito «bonaccia di anime». Vedi anche Attende § 1 [200A] e § 7 [213C]. 1619   Un’espressione simile in In Ps 44, 1, § 1, [388C], in cui si accenna al cambiamento tipico dell’uomo in relazione alle circostanze liete o calamitose. Vedi anche Attende § 5 [209C]. 1620   Questo ideale di equilibrio è proposto anche in Attende § 5 [209C]. Vedi anche Destruam § 1 [261B].

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XVI. Sull’inizio dei Proverbi

fortemente calpesti le onde e, restando in alto e essendo di difficile accesso per le passioni,1621 non si riempia affatto dell’amarezza [derivante] da esse come di salsedine ma sempre preghi dicendo: Che io sia liberato da quelli che mi odiano e dalle profondità delle acque. Non mi sommerga la tempesta d’acqua né la profondità mi faccia andar giù (Sal 68, 15, 16). >16.  Tu vuoi che ti narri anche un’altra navigazione, per la quale ci è necessario il dono del governo? Il [420C] regno dei cieli è simile ad un uomo mercante (Mt 13, 45). Dunque tutti noi che camminiamo nella strada del Vangelo siamo mercanti, che ci affatichiamo per l’acquisto per noi stessi delle cose celesti attraverso il compimento dei comandamenti. Bisogna dunque che noi raccogliamo grande e varia la ricchezza celeste, se non vogliamo vergognarci nell’esibizione dell’opera, come quelli che hanno ricevuto i talenti, e non udire: Servo malvagio e pigro (Mt 25, 26); e, dopo aver posto dentro le merci,1622 sforzarsi di traversare questa vita in sicurezza. Molti infatti, raccolte molte cose dalla giovinezza, giunti a metà della vita, levatesi contro di loro tentazioni dagli spiriti della malvagità (Ef 6, 12), non sostennero il peso della tempesta, per il fatto che il governo non era presso di loro, ma sopportarono la punizione di tutte quelle cose. Perciò alcuni fecero naufragio riguardo alla fede (1Tm1, 19); [420D] altri persero la pudicizia, che avevano raccolto dalla giovinezza, essendo [loro] piombato addosso come una bufera inaspettata [421A] il piacere malvagio.

  Si tratta della nota lotta contro le passioni, tema presente anche in Filone e in Clemente Alessandrino, Stromati IV, 151, 1, II 315, 15; cfr. anche Gregorio di Nissa, Sull’anima e la resurrezione, II, 3 (GNO III/3, 45-18-46, 14). Vedi inoltre In Ps 29, 8, § 6 [320AB] e In Ps 33, 4 § 3 [357BC]. 1622   In Attende § 1 [200A] il discorso è paragonato ad una barca che può trasportare merci utili e la navigazione è da chi parla alle orecchie dell’ascoltatore. 1621

Tenere il timone della nave nel mare della vita

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Spettacolo davvero misero dopo digiuno, dopo un genere di vita severo, dopo preghiera costante, dopo pianto abbondante, dopo continenza di venti o anche di trenta anni, per la negligenza dell’anima e la trascuratezza essere mostrato privo di tutto (cfr. 2Cor 5, 3) e diventare simile, colui che prosperava per il compimento dei comandamenti, ad un mercante ricchissimo che, celebrato per l’abbondanza delle merci, mentre la nave gli procede con vento favorevole, dopo aver percorso i mari temibili, essendosi squarciata la nave presso gli stessi porti, viene mostrato privo di tutto insieme; qualora anche questo abbia perso per un solo assalto del diavolo i beni acquistati con innumerevoli fatiche e sudori, sprofondato nel peccato come in una selvaggia tempesta.1623 La voce è conveniente a chi ha perso col naufragio tutta la virtù ad un tempo: [421B] Giunsi nelle profondità del mare e una tempesta mi sommerse (Sal 68, 3). >17.  Tieni dunque saldamente i timoni della vita: governa il tuo occhio, affinché non cada mai in te attraverso gli occhi impetuosa l’onda del piacere; l’udito, la lingua, affinché tu non accolga qualcosa di dannoso, né dica qualcosa di ciò che è proibito. La tempesta dell’ira non ti rovesci; non ti circondino i colpi delle paure, non ti sommerga il peso della tristezza. Le passioni sono onde,1624 ponendoti più in alto delle quali sarai sicuro timoniere della vita. Se dunque non allontani con saggezza e fermezza* ciascuna di queste cose, come una nave non zavorrata trasportata da ciò che sempre sopraggiunge, sparirai nel mare del peccato.

  Per tutto questo passaggio cfr. Filone, I sogni sono mandati da Dio II, 147-148: l’autore richiama l’esperienza di uomini che sono arrivati alla vecchiaia senza alcun turbamento ma, al tramonto della vita, sono naufragati contro una lingua senza freno o un ventre insaziabile o una lussuria incontrollata. 1624   Cfr. De ira §1 353B e §5 365A. 1623

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XVI. Sull’inizio dei Proverbi

Ascolta pertanto come ti giunga anche la [421C] conoscenza del governo. [È] costume per i naviganti guardare in alto al cielo e da lì prendere la guida della navigazione, di giorno dal sole, di notte dall’Orsa maggiore o da qualche altra delle stelle che sempre rilucono visibili; e in base a queste sempre fissare la direzione in linea retta. Anche tu perciò tieni l’occhio al cielo secondo colui che dice: Alzai i miei occhi a te, che abiti nel cielo (Sal 122, 1). Volgi lo sguardo sul sole della giustizia (Ml 3, 20) e, indirizzato dai comandamenti del Signore come da alcuni astri visibili da ogni parte, mantieni l’occhio senza sonno, senza dare sonno ai tuoi occhi né sopore alle tue palpebre (cfr. Pr 6, 4; Sal 131, 4), affinché tu abbia permanente la guida [derivante] dai comandamenti. Lucerna - dice infatti - ai miei piedi la tua legge, e luce per i miei sentieri (Sal 118, 105). Se infatti [421D] non sonnecchierai mai sopra i timoni, finché sei in questa vita, nella natura instabile delle cose del mondo, tu prenderai anche l’aiuto dallo Spirito, [424A] che ti spinge in avanti e ti conduce con sicurezza con brezze miti e pacifiche finché tu sia condotto sano e salvo a quel porto senza onde e sereno1625 della volontà di Dio, al quale la gloria e la potenza negli eterni secoli dei secoli. Amen (1Pt 4, 11; Ap 1, 6).1626

  In Attende § 1 [200A] i porti sereni (limesin eudiois) sono le orecchie degli ascoltatori a cui approda il discorso se trova una condizione di bonaccia e di tranquillità e non di chiasso. 1626   Per la dossologia finale vedi nota a In Ps 1, 1 § 6 [228B]. 1625

XVII. Omelia sul detto del Vangelo secondo Luca Distruggerò i miei magazzini e ne costruirò di più grandi (Lc 12, 18) e sull’avidità

Premessa: duplice genere delle prove >1.  [261A]Duplice [è] il genere delle prove. O infatti le afflizioni saggiano i cuori come oro in un crogiuolo (cfr. Sap 3, 6), dimostrando attraverso la pazienza il carattere provato di essi (cfr. Rm 5, 3; Gc 1, 3; Gc 1Pt 1, 7); oppure spesso anche le stesse prosperità della vita tengono per i più il posto della tentazione.1627 È ugualmente arduo infatti [261B] in circostanze difficili mantenere l’anima non abbattuta e in situazioni di splendori non essere spinti alla tracotanza.1628 È esempio paradigmatico del primo genere delle prove il grande Giobbe,1629 l’atleta* invincibile;1630 egli, che aveva sostenuto tutta la violenza del diavolo, come impeto di torrente, con cuore non scosso e pensieri costanti, si mostrò tanto più grande a causa1631 delle prove*, quanto più grandi e inestricabili sembravano gli assalti sferrati contro di lui da parte del nemico. Invece esempi delle prove inerenti alla prosperità della vita [sono] e alcuni altri e questo ricco di cui ora ci è stato letto;1632 egli la ricchezza questa la teneva, l’altra la sperava, poiché Dio filantropo* non lo aveva condannato dall’inizio per la sconsideratezza del modo di vita ma sempre alla ricchezza preesistente [261C] aggiungeva altra ricchezza [per vedere] se in qualche

  Per temi analoghi vedi In Ps 45, 2 § 1 [417A].   Questo ideale di mantenimento dell’equilibrio dell’anima in ogni circostanza ritorna in In Ps 7, 11 § 7 [245A], in Princ Prov § 15 [417CD-420A] e in Attende § 5 [209C]. È concetto stoico, cfr. ad es. Seneca, Consolazione alla madre Elvia 5. 1629   Per la figura di Giobbe vedi anche In Ps 29, § 2 [309B] e relativa nota; In Ps 48, 10 § 5 [441C e 444A]; In Ps 48, 19 § 10 [457A]. 1630   Termine riferito anche al saggio stoico, cfr. SVF I, 216. 1631   Si accoglie la variante ek segnalata nella nota 5 in PG 31, 262. 1632   Il richiamo è a Lc 12, 16-21. Nelle sue omelie sul vangelo di Luca Origene non commenta tale episodio; Ambrogio ne fa appena un fugace richiamo, per dire che un tale aveva deciso di costruire nuovi spazi perché i suoi granai scoppiavano, senza sapere per chi accumulasse (Cfr. Sal 38 (39), 7), Ambrogio, Sul vangelo di Luca VII, 122. 1627 1628

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XVII. Omelia sul detto del Vangelo secondo Luca

modo una buona volta, generando in lui sazietà,1633 potesse richiamare la sua anima alla socievolezza e alla mansuetudine.

La parabola evangelica Filantropia di Dio e misantropia dell’uomo ricco La terra di un uomo ricco - dice infatti - portò buoni frutti e ragionava1634 fra sé: Cosa farò? Distruggerò i miei magazzini e ne costruirò di più grandi (Lc 12, 16-18). Perché dunque produsse buoni frutti la terra di un uomo che non aveva intenzione di fare niente di buono dall’abbondante raccolto? Affinché maggiormente apparisse la longanimità di Dio (cfr. 1Pt 3, 20), poiché la sua benevolenza (cfr. Rm 11, 22) si estende anche a persone tali: infatti Fa piovere su giusti ed ingiusti e fa nascere il suo sole su malvagi e buoni (Mt 5, 45).1635 Tale bontà di Dio prepara maggiore la punizione per quanti operano in modo malvagio. Portò le piogge sulla terra coltivata dalle mani avide; [261D] fece sì che il sole riscaldasse i semi e moltiplicasse i frutti attraverso l’abbondante raccolto. E tali le cose [che provengono] da Dio, buona qualità di terra, [264A] condizioni temperate di aria, abbondanza di semi, aiuto di buoi, le altre cose grazie alle quali l’agricoltura prospera. Quali invece quelle [provenienti] all’uomo? La durezza del carattere, la misantropia,1636 la scarsa propensione a donare. Tali cose ricambiava al Benefattore. Non si ricordò della comune natura;1637 non ritenne di dover far parte agli indigenti dell’eccesso; non tenne in alcuna considerazione il comandamento: Non astenerti dal fare del bene all’indigente (Pr 3, 27); e: Elemosine e fede non ti abbandonino (Pr 3, 3); e: Spezza all’affamato il tuo pane (Is 58, 7).1638   In realtà l’intervento pedagogico di Dio si rivelerà inefficace nell’avaro, che non prova nessun senso di sazietà (koros), anzi più beni ha più ne brama (§ 5 [269C]). 1634   Pizzolato accoglie la lezione dienoeito («progettava»), L.F. Pizzolato La cura del povero ad loc. 1635   Basilio inverte l’ordine delle azioni di Dio del testo di Matteo. 1636   Carattere anche dell’usuraio in In Ps 14B § 5 [280A]. 1637   In modo analogo si comporta l’usuraio in In Ps 14B § 1 [265C] e § 5 [280A]. Per la comune natura umana vedi anche In Ps 32, 13 § 8 [344A], In Ps 48, 7 § 3 [437B], In Ps 48, 17 § 10 [456B] e Attende § 1 [197C]. 1638   Questa sezione del testo («E tali cose…il tuo pane») evidenzia nella sua strutturazione la contrapposizione fra la bontà di Dio e l’atteggiamento dell’uomo che risponde con un comportamento avido e disumano. Cfr. per l’analisi strutturale e retorico-stilistica di questo 1633

La figura del ricco

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E tutti i profeti, e tutti i maestri che gridavano, non erano ascoltati, ma i magazzini si spezzavano ristretti dalla massa di ciò che vi giaceva, tuttavia il cuore1639 avaro non si saziava. Infatti, aggiungendo sempre cose nuove alle vecchie ed accrescendo l’agiatezza con le aggiunte di ogni anno, [264B] cadde in questa incertezza da cui era impossibile uscire, non accettando di liberarsi delle cose vecchie per l’avidità e non potendo accogliere quelle nuove per la grande quantità. Per questo i suoi propositi [erano] inefficaci, le preoccupazioni piene di imbarazzo.

La figura del ricco - Le sue preoccupazioni Che farò? Chi non avrebbe compassione di uno così assediato? Infelice per l’abbondante raccolto, degno di compassione per i beni presenti, più degno di compassione per quelli aspettati. Infatti la terra non gli porta proventi, ma gli genera lamenti; non mette insieme per lui buon raccolto di frutti, ma preoccupazioni e dolori e terribile incertezza. Si lamenta in modo simile ai poveri. O non emette questa voce anche colui che è in ristrettezza per la povertà? Che farò? Da dove cibi? Da dove vestiti? (cfr. Lc 12, 22-23; 1Tm 6, 8)1640 Questo dice anche il ricco. Si tormenta nel cuore, [264C] mangiato testo Carla Lo Cicero, La struttura delle omelie sulla ricchezza di Basilio, in Basilio di Cesarea, la sua età, la sua opera e il basilianesimo in Sicilia. Atti del congresso internazionale (Messina 3-6 dicembre 1979), Messina 1983, vol.I, 425-487. 1639   Il cuore è una delle parole chiave del testo. Se all’inizio (§ 1 [261AB]) si insiste sul cuore saggiato mediante le afflizioni come nel caso di Giobbe, che mantenne il cuore «non scosso» di fronte alla violenza del diavolo, qui invece viene delineata l’insaziabilità del cuore dell’avaro, un cuore che di conseguenza è da un lato tormentato (§ 1 [264BC]) e dall’altro (§ 4 [269B]) diviene rigido ed aspro, incapace di commuoversi di fronte al lamento del povero perché attaccato solo alla ricchezza (§ 5[269D]). Il punto di partenza di questo leit-motiv del cuore potrebbe essere ritrovato nelle stesse parole di Gesù sempre in Lc 12, 34: «Dove infatti è il vostro tesoro, lì sarà anche il vostro cuore». 1640   Cibi e vestiti sono richiamati (sempre con riferimento al passo paolino) come ciò che si deve dare alla carne in Attende § 3 [204C]. È evidente tuttavia anche un richiamo di Lc 12, 22-23 (Non preoccupatevi per l’anima di che cosa mangerete né per il corpo di che cosa indosserete; infatti l’anima vale più del cibo e il corpo più del vestito). Questo passo segue immediatamente quello che Basilio sta commentando. Nell’omelia si trovano infatti diversi spunti che rimandano sempre a Lc 12, quasi a costituire una trama ‘sotterranea’ di riferimenti al testo lucano che vanno oltre i versetti esplicitamente citati.

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XVII. Omelia sul detto del Vangelo secondo Luca

dall’affanno. Ciò che infatti allieta gli altri, questo consuma l’avido. Non si rallegra dunque che tutti gli ambienti di casa gli si siano riempiti, ma trafigge la sua anima la ricchezza che scorre1641 e trabocca dalle dispense; che in qualche modo, facendo capolino anche verso quelli di fuori, non diventi occasione di qualche bene per gli indigenti.

- La sua voracità >2.  E mi sembra che la passione della sua anima sia simile a quella dei golosi, che preferiscono scoppiare per voracità1642 che far partecipi gli indigenti dei resti. Abbi consapevolezza, o uomo, di Colui che ha elargito. Ricordati di te stesso, chi sei, che cosa amministri, da chi hai ricevuto, per quale motivo sei stato preferito ai molti. Sei divenuto servitore del buon Dio, amministratore dei compagni di servitù(cfr. Lc 12, 42);1643 non credere che tutto sia stato preparato per il tuo ventre. Delibera di ciò che hai in mano come di cose altrui; ti allietano per poco tempo, poi scorrendo via [265A] se ne andranno, ma ti sarà chiesto conto di esse con rigore. Tu invece tieni tutto insieme chiuso dentro con porte e con chiavistelli; e dopo aver chiuso con sigilli, sei insonne per gli affanni, e tieni consiglio con te stesso, servendoti di te stesso come insensato consigliere.

  Eco di Sal 61, 11, citato più avanti (§ 5 [269D]). Da evidenziare però il diverso senso assunto qui dal verbo perirreō, scorrere; non la ricchezza che passa da un possessore all’altro, come nel salmo 61, ma che, come un essere animato, trabocca e fa capolino dalle dispense in cui è stata rinchiusa verso gli indigenti che avrebbero diritto ad essa. 1642   La voracità è un altro dei leit-motiv dell’omelia. Lo spunto è offerto dal testo stesso di Luca (12, 19), in cui il ricco invita la sua anima a mangiare, bere e rallegrarsi pensando ai molti beni in serbo; in questo modo viene degradata la dignità stessa dell’anima, a cui si offre quanto è destinato alla latrina (§ 6 [273A]). Si vedano le due similitudini con i golosi (quella in esame e l’altra a § 5 [269C]) e la scena drammatica del povero (§ 4 [269B]) che vende il più caro dei figli quasi offrendo le sue viscere all’insaziabile ricco. 1643   Ancora un riferimento al vangelo lucano. Lc 12, 42 presenta un amministratore fidato e saggio che il padrone porrà a capo della sua servitù per distribuire a tempo debito la misura di cibo. Tale figura potrebbe costituire un modello positivo per il ricco (vedi anche più avanti § 3 [268A] e § 7 [276C]). 1641

La figura del ricco

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Che farò? Era alla portata dire: ‘Sazierò le anime degli affamati, aprirò i magazzini e chiamerò tutti gli indigenti. Imiterò Giuseppe nell’annuncio della filantropia (cfr. Gen 47, 13-26); emetterò una voce magnanima: Quanti mancate di pani, venite a me,1644 per partecipare ciascuno quanto basta della grazia data da Dio, come da fonti comuni’. Ma tu non [sei] tale; come mai? In verità tu invidi agli uomini il godimento e, preparando nell’anima un cattivo consiglio, ti preoccupi non per distribuire [265B] a ciascuno ciò [che serve] per la necessità, ma, dopo aver ricevuto tutte le cose, per privare tutti dell’utilità [derivante] da esse. Erano presenti coloro che avrebbero richiesto la [sua] anima (cfr. Lc 12, 20) e quello parlava all’anima dei cibi. In questa notte (Lc 12, 20) era portato via, ed immaginava il godimento per molti anni. [Gli] fu concesso di deliberare su tutto e rendere manifesto il suo disegno, perché ricevesse la sentenza degna della scelta deliberata1645*.

- Esortazioni al ricco >3.  Tu non patire ciò. Per questo infatti è stato scritto, perché evitiamo la somiglianza. Imita la terra, o uomo; porta frutti come quella, non apparire peggiore di essa [che è] inanimata. Quella dunque nutrì i frutti non per il proprio godimento, ma per il tuo servizio; tu invece prepari per te stesso quel frutto del buon agire che mostri, [265C] poiché le ricompense delle buone azioni si rivolgono indietro su quelli che danno.1646 Hai dato

  Questo modo di esprimersi può richiamare Is 55, 1; Pr 9, 5; Mt 11, 28.   Centrale anche in questa omelia il tema della proairesis, della scelta deliberata dell’uomo, di fronte al quale si aprono le due vie del bene e del male; del resto lo stesso testo lucano era incentrato sulla riflessione del ricco che si poneva interrogativi sul ‘cosa fare’. Dio ha concesso il tempo e la possibilità di compiere una scelta all’insegna dell’amore per il prossimo e della giustizia, ma tutte le deliberazioni del ricco hanno come unico obiettivo l’accumulo ed il godimento personale ed egoistico dei beni, senza nulla concedere a chi ha bisogno. Da notare anche i numerosi riferimenti al giudizio di Dio che segue alla scelta libera dell’uomo (§1 [261C], § 2 [265B], § 3 [268A], § 5 [272A], § 6 [273B], § 8 [277BC]). 1646   Per questo confronto fra la terra e l’uomo, con lo slittamento dal senso letterale a quello metaforico, vedi anche più avanti § 5 [272BC]. 1644

1645

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XVII. Omelia sul detto del Vangelo secondo Luca

all’affamato e ciò che è stato dato diventa tuo tornando indietro con l’aggiunta.1647 Come infatti il grano, caduto sulla terra, diventa guadagno per chi lo getta, così il pane, gettato all’affamato, in futuro restituisce molta utilità (cfr. Mc 4, 26-29).1648 Sia dunque per te il termine dell’agricoltura principio della semina celeste. Seminate - dice infatti - per voi stessi per la giustizia (Os 10, 12). Perché dunque sei inquieto, perché tormenti te stesso sforzandoti di rinchiudere1649 dentro la ricchezza con fango e mattoni? Meglio un nome buono che molta ricchezza (cfr. Pr 22, 1; Sal 36, 16). Se ammiri le ricchezze per l’onore [che deriva] da esse, considera quanto [è] più utile per la fama essere chiamato padre di innumerevoli figli [265D] che avere innumerevoli stateri in borsa.1650 Lascerai infatti qui i beni, anche se non vuoi; porterai invece al Sovrano la stima per le buone opere, quando tutto il popolo, stando intorno a te davanti al giudice comune, ti chiamerà nutritore e benefattore1651 e tutti i nomi della filantropia. Non vedi quelli nei teatri che versano la ricchezza a pancratiasti e mimi e [268A] ad alcuni uomini che combattono contro le fiere, anche se uno proverebbe disgusto a vederli, per l’onore di poco tempo e gli strepiti e gli applausi del popolo? E tu sei taccagno nelle spese essendo destinato ad ottenere tale gloria? Sarà Dio ad accoglierti; angeli che lodano; gli uomini dalla Creazione che ti proclamano beato; gloria eterna, corona di giustizia (2Tm 4, 8), Regno dei cieli (cfr. Mt 25, 34)1652 saranno premi per te della amministrazione1653 di questi beni corruttibili; eppure non ti curi di nessuno di essi, trascurando le cose sperate per lo zelo*1654 per quelle presenti. Orsù dunque, distribuisci in modo differenziato la ricchezza, divenendo   In In Ps 14B § 5 [277CD-280A] si evidenzia che sarà il Signore che ripagherà per il povero.   Il contesto sembra rimandare alla parabola marciana del seme che cresce dove compare il congiuntivo aoristo del verbo ballō (Mc 4, 26). 1649   Da notare nell’omelia i numerosi riferimenti all’idea della ‘chiusura’: chiudere la ricchezza nei magazzini equivale a chiudere il proprio cuore agli altri, con un atteggiamento duro, sospettoso e malevolo (vedi ad es. § 5 [272C]). Il contrario di quell’apertura al prossimo che si richiede secondo l’esempio biblico di Giuseppe (§ 2 [265A]). 1650   Possibile richiamo di Lc 12, 33 (Fate per voi borse che non invecchiano). 1651   Attributo riferito nell’omelia a Dio stesso (§ 1 [264A] e § 6 [276A]). 1652   Corone di giustizia e regno dei cieli sono citati insieme ad indicare i premi di una vita virtuosa anche in Attende § 6 [213A]. 1653   Di nuovo il ricco viene presentato come amministratore di beni per i poveri (vedi nota a § 2 [264C]). 1654   Si noti il termine spoudē con accezione negativa. 1647

1648

Le sofferenze del povero

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amante dell’onore e splendido nelle spese per i bisognosi. Si dica anche su di te: Sparse, dette ai poveri; la sua giustizia resta in eterno (Sal 111, 9). Non essere troppo caro di prezzo [268B] piombando addosso alle necessità. Non aspettare la carestia per aprire i granai. Infatti colui che vende grano a prezzo troppo caro [è] maledetto per il popolo (cfr Pr 11, 26).1655 Non attendere la fame per l’oro né una comune indigenza per una abbondanza privata.1656 Non diventare bottegaio di disgrazie umane. Non fare dell’ira di Dio occasione di sovrabbondanza di ricchezze. Non esulcerare ferite di persone colpite dalle fruste. Tu tieni lo sguardo sull’oro, ma non vedi il fratello; e conosci il conio della moneta e distingui quella falsa da quella genuina, ma ignori del tutto il fratello nella necessità.

Le sofferenze del povero >4.  [268C] E il bel colore dell’oro ti rallegra fortemente, ma non consideri quanto grande ti segue il lamento dell’indigente. Come ti potrò condurre davanti alla vista le sofferenze del povero?1657 Quello, osservato ciò che è in casa, vede che né lui ha oro, né mai ne avrà; suppellettili e vesti tali, quali sono possesso di poveri, tutte dal valore di pochi oboli. E che dunque? Pone poi l’occhio sui figli così che, dopo averli condotti al mercato per venderli, da lì trovi un sollievo dalla morte.1658 Considera qui la battaglia tra la costrizione della fame e il sentire paterno. L’una minaccia la morte più miserevole, la natura invece tira in senso contrario, persuadendo a morire insieme con i figli; e spesso avanzato e spesso arrestatosi, infine viene vinto, costretto con la forza dalla necessità obbligante e inesorabile. [268D] E quali cose medita il padre? ‘Chi per primo venderò? Chi il mercante di grano guarderà con piacere? Andrò dal più grande? Ma temo le prerogative dell’età di lui. Oppure dal più piccolo? Ma ho compassione della sua età che non percepisce le [269A] disgrazie. Questo mantiene evidenti i caratteri dei genitori; quello ha attitudine per gli studi. Ohimè che incertezza! Chi   Al riguardo della citazione biblica si rimanda a Pizzolato, La cura del povero, 233 n. 84.   Nel testo greco compare un chiasmo di aggettivi e sostantivi che evidenzia la preoccupazione per il guadagno privato in una situazione di pubblica indigenza. Anche in In Ps 14B § 1 [268B] si stigmatizza l’atteggiamento di chi ricerca la miseria altrui per accrescere il proprio capitale. 1657   Identica espressione si riscontra più avanti (§ 8 [277A]). 1658   Il dramma di chi è costretto a vendere i figli anche in In Ps 14B § 4 [277B]. 1655

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XVII. Omelia sul detto del Vangelo secondo Luca

diventare? Contro chi di questi urterò? Quale anima di fiera assumerò? Come potrò dimenticarmi della natura? Se mi attacco a tutti, tutti vedrò consumati dalla sofferenza. Se ne cedo uno, con quali occhi guarderò quelli rimasti, essendo divenuto ormai sospetto per loro per il tradimento della fede? Come abiterò la casa, dopo aver predisposto per me la mancanza di figli? Come andrò alla tavola, che ha l’abbondanza da tale motivo?’ Ed egli con innumerevoli lacrime va a vendere il più caro dei figli; ma te la sofferenza non piega, non tieni in considerazione la natura. Ma la fame opprime lo sventurato, tu invece tiri in lungo e [269B] fingi, rendendo più lunga a lui la disgrazia. E quello porge le viscere come prezzo dei cibi, invece non solo la tua mano non è paralizzata accogliendo i prezzi di tali disgrazie, ma anche lotti per il di più e contendi affinché, dopo aver ricevuto molto, tu dia di meno, da ogni parte appesantendo la disgrazia allo sventurato. La lacrima non [è] per te compassionevole, il lamento non ammorbidisce il cuore ma resti rigido ed aspro.1659 Vedi oro in tutto, immagini oro; questo è per te sogno quando dormi e cruccio1660 quando sei sveglio.1661 Come infatti quelli alienati dalla follia non vedono le cose reali, ma immaginano quelle [che derivano] dalla passione, così a te l’anima, presa dall’amore per le ricchezze, vede in tutto oro, in tutto argento. Vedresti più volentieri l’oro1662 che il sole. [269C] Preghi che tutto si trasformi nella natura dell’oro e fai progetti per quanto [è] possibile.

I progetti del ricco >5.  Quale macchinazione non muovi per l’oro? Il grano per te diventa oro, il vino si muta in oro, le lane per te si convertono in oro; ogni commercio, ogni progetto ti porta oro. Proprio l’oro genera se stesso moltiplicandosi nei prestiti con interesse;1663 e non c’è sazietà e non si trova fine del desiderio.   Atteggiamento simile quello dell’usuraio descritto in In Ps 14B § 1 [265C], in cui ricorre la stessa coppia di aggettivi akamptos e ameiliktos. 1660   Si noti l’omoteleuto enypnion/enthymion. 1661   Interessante rilevare che in In Ps 14B § 2 [268D] e § 3 [273AB] la situazione qui descritta di un pensiero ossessivo che occupa la mente notte e giorno è tratteggiata in rapporto alle ansie ed alle preoccupazioni del debitore. 1662   Evidente in questa parte l’insistenza sul termine ‘oro’ ad indicare una visione alterata della realtà da parte del ricco; la concentrazione esclusiva sulla ricchezza lo rende del tutto incapace di vedere le sofferenze del prossimo (vedi supra § 3-4 [268BC]). 1663   Tema trattato in In Ps 14B § 3 [273BCD-276A]. 1659

La ricompensa del generoso

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Infatti ai bambini golosi spesso concediamo di riempirsi copiosamente di ciò che desiderano di più, così da produrre con la sazietà eccessiva la ripugnanza; l’avido invece non così [si comporta], ma di quante più cose si riempie, più ne brama.1664 [269D] La ricchezza se scorre, non attaccatevi nel cuore (Sal 61, 11). [272A] Tu trattieni quella che scorre e chiudi intorno le uscite. Poi, trattenuta e stagnante, quali cose ti produce? Spezza gli ostacoli ed ora certo, chiusa dentro con la forza e gonfiando, distrugge i magazzini del ricco, eguaglia al suolo le dispense, come un nemico che si è introdotto.1665 Ma ne costruirà di più grandi? E’ incerto se non li lascerà distrutti a quello dopo di lui.1666 Infatti potrebbe andarsene, rapito via, più rapidamente di quanto quelli potrebbero essere innalzati secondo l’avido progetto.

La ricompensa del generoso Ma egli ha la fine conseguente delle malvagie deliberazioni; voi invece, se mi prestate ascolto, aperte tutte le porte delle dispense, procurerete abbondanti le uscite alla ricchezza; come ad un grande fiume che attraversa una terra dai molti frutti attraverso innumerevoli canali, così voi stessi, [272B] permettendo alla ricchezza di distribuirsi verso le case dei poveri attraverso molteplici vie. I pozzi, se si attinge ad essi, diventano più copiosi; se invece sono lasciati andare, si imputridiscono; e della ricchezza l’immobilità [è] inutile, invece il movimento ed il passaggio dall’uno all’altro [sono] di comune utilità e portatori di frutti. O quanto grande da parte di coloro che vengono beneficati [è] la lode, che tu non devi disprezzare! Quale la ricompensa da parte del giudice giusto (Sal 7, 12), della quale tu non devi dubitare!

Ancora i progetti fallaci del ricco Da ogni parte ti si presenti l’esempio del ricco accusato; egli, custodendo i beni già presenti, essendo in ansia per quelli sperati ed essendo incerto   Come la lupa dantesca che «dopo ’l pasto, ha più fame che pria» (Inferno I, 99).   Come si è rilevato sopra (vedi § 1 [264C] e relativa nota), l’eco del salmo 61 sulla ricchezza che scorre consente a Basilio un sapiente impiego del linguaggio metaforico: la ricchezza accumulata, come un fiume in piena, travolge proprio per la sua abbondanza le dispense costruite per contenerla, ritorcendosi contro il ricco che l’ha imprigionata. 1666   Anche in In Ps 14B § 5 [280C] si sottolinea come il passaggio all’erede potrebbe avvenire prima del previsto. 1664 1665

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XVII. Omelia sul detto del Vangelo secondo Luca

se sarebbe stato vivo l’indomani, l’indomani oggi lo precorse nel peccato. Non era ancora giunto il supplice e prevenendo mostrava la ferocia; non aveva ancora messo insieme i frutti e già aveva la condanna dell’avidità. La terra [272C] salutava1667 con i suoi frutti, mostrando fitta la messe nei campi, facendo vedere molti grappoli sui tralci, presentando l’olivo ricolmo di frutto e promettendo ogni delizia dai frutti degli alberi; ma quello era privo di saluto e privo di frutti,1668 poiché non aveva ancora e guardava di malocchio i bisognosi. Eppure quanti pericoli prima della raccolta dei frutti! E infatti la grandine spezza e il calore ardente li porta via in mezzo alle mani e l’acqua, scesa giù dalle nubi inopportunamente, rovina i frutti. Non preghi dunque il Signore che giunga a perfezione la sua grazia? Ma prevenendo rendi te stesso indegno dell’accoglienza di quanto è stato mostrato. >6.  [272D] E tu parli a te stesso nel segreto (Mt 6, 4.6.18), ma le tue parole vengono esaminate in cielo. Per questo da lì ti giungono le risposte. Quali sono [273A] anche le cose che dice? Anima, hai molti beni che giacciono in serbo; mangia, bevi, rallegrati (Lc 12, 19) ogni giorno. O stoltezza! Se avessi un’anima da maiale, che cos’altro che questo avresti promesso ad essa? Sei così animalesco, così incapace di comprendere i beni dell’anima, che la saluti1669 con i cibi della carne; e quanto la latrina riceve, questo destini all’anima?1670 Se ha virtù, se è piena di buone opere, se è diventata intima a Dio, ha molti beni e si allieti della bella gioia dell’anima. Ma poiché pensi le cose terrene1671 (cfr. Fil 3, 19) e hai come dio il ventre (cfr. Fil 3, 19) e sei tutto carnale, reso schiavo dalle passioni, ascolta il nome a te conveniente, che nessun uomo ti ha attribuito, ma il Signore stesso: Stolto, questa notte ti chiedono la tua anima, [273B] ciò che hai preparato, di chi sarà? (Lc 12, 20). Più grande della punizione eterna la derisione della stupidità. Colui che infatti sta per essere rapito, cosa medita? Distruggerò i miei magazzini e ne   Il verbo edexiouto è richiamato poco più avanti, per contrapposizione, dall’aggettivo adexios riferito al ricco. 1668   I due aggettivi con alpha privativo adexios e akarpos attribuiscono in senso metaforico al ricco caratteristiche opposte a quelle attribuite subito prima alla terra. Vedi sopra § 3 [265BC]. 1669   Di nuovo una forma del verbo dexioomai poco sopra riferito alla terra. 1670   Rufino così traduce: «et ea quae in secessum egeruntur animae praeparet ad utendum» (PG 31, 1750D). Con i termini tecnici egerere/egestio si indicava l’evacuazione dei rifiuti organici. 1671   Per questa espressione vedi In Ps 32, 8 § 6 [337B], In Ps 48, 2-3 § 1 [433B] e In Ps 48, 12 § 7 [449A]. 1667

Ancora i progetti fallaci del ricco

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costruirò di più grandi (Lc 12, 18). Stai facendo bene, io potrei dire a quello. Infatti le dispense dell’ingiustizia [sono] degne di distruzione. Abbatti con le tue mani ciò che male hai costruito. Distruggi i granai, da cui nessuno una volta si è mai allontanato dopo aver ottenuto consolazione. Fai sparire l’intera casa custode di avidità, demolisci tetti, togli mura, mostra al sole il grano muffito, conduci fuori dal carcere la ricchezza prigioniera, porta in trionfo gli oscuri alloggi di mammona.1672 Distruggerò i miei magazzini e ne costruirò di più grandi (Lc 12, 18). Ma se riempi anche questi, che cosa [273C] escogiterai? O di nuovo li distruggerai e di nuovo li costruirai? E che cosa [è] più insensato di questo, faticare senza limite, costruire con zelo*1673 e con zelo* distruggere? Hai come magazzini, se vuoi, i ventri1674 dei poveri. Tesaurizza per te un tesoro in cielo (Mt 6, 20).1675 Ciò che è posto lì le tignole non mangiano, la putrefazione non consuma, i ladri non rubano (cfr. Lc 12, 33; Mt 6, 20). ‘Ma darò ai bisognosi allora, quando riempirò i secondi magazzini’. Hai prefissato per te stesso lunghi i tempi della vita. Guarda che il [tempo] che ti incalza secondo il giorno prestabilito non ti sorprenda. Ed infatti la promessa non [è] dimostrazione di benevolenza, ma di malvagità. Infatti prometti non per dare dopo questi eventi, ma per allontanare il presente. Poiché ora che cosa [c’è] che ti impedisce nella distribuzione? Non è presente [273D] l’indigente? Non [sono] pieni i magazzini? Non [è] pronta la ricompensa? Non [è] chiaro il comandamento? L’affamato è consumato, [276A] il nudo è intirizzito, colui da cui si richiede il pagamento è strangolato;1676 e tu rimandi l’elemosina a domani? Ascolta Salomone: Non dire: ‘Una volta tornato, ritorna e darò domani’ (Pr 3, 28). Infatti non sai che cosa genererà il giorno successivo (Pr 27, 1). Quali precetti trascuri, essendoti tappato le orecchie per l’avidità di denaro! Quanta riconoscenza dovevi avere verso il Benefattore ed essere raggiante   Qui Basilio rovescia le motivazioni per le quali i magazzini dovrebbero essere distrutti: non certo per ricostruirne altri più grandi ed accumulare altri beni, ma per liberare la ricchezza dal carcere in cui il ricco l’ha ingiustamente rinchiusa. 1673   Anche qui il termine spoudē ha accezione negativa ed il suo valore è accentuato dal chiasmo fra infinito e nome. 1674   Si è accolta la lezione koilias («ventri») invece di oikias («case») della PG. 1675   Il passo di Matteo è richiamato per descrivere per contrapposizione il comportamento dell’usuraio in In Ps 14B § 5 [280C]. 1676   Il verbo anchō che indica lo strangolamento o il soffocamento descrive l’azione dell’usuraio verso il debitore in In Ps 14B § 2 [272A] e § 5 [280A]. 1672

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XVII. Omelia sul detto del Vangelo secondo Luca

e risplendere nell’onore perché non picchi tu stesso alle porte di altri,1677 ma altri occupano le tue! Ora sei cupo e inaccessibile, respingendo gli incontri, perché tu non sia costretto a gettare fuori qualcosa anche di piccolo dalle mani. Tu conosci una sola voce: ‘Non ho; neppure darò; infatti sono povero’.1678 Sei povero in realtà, e mancante di ogni bene; povero di filantropia, povero di fede in Dio, povero di speranza [276B] eterna. Rendi [almeno] i fratelli compartecipi delle tignole;1679 distribuisci al bisognoso oggi ciò che imputridirà domani. Il peggior genere di avidità [è] non distribuire agli indigenti neppure ciò che si corrompe.

L’ingiustizia del ricco >7.  A chi’ - dice - faccio ingiustizia conservando le mie cose?’ Quali, dimmi, di te stesso? Prendendole da dove le hai introdotte nella vita? Come se uno, avendo occupato un posto in un teatro, poi tenesse lontano quelli che entrano, giudicando proprio quanto fissato in comune1680 per tutti per l’uso; tali sono anche i ricchi. Infatti, avendo occupato prima le cose comuni, le rendono proprie per il fatto di averle prese prima. Poiché se ciascuno, portando via ciò che serve per sollievo del proprio bisogno, lasciasse al bisognoso il superfluo, nessuno sarebbe ricco, nessuno sarebbe indigente. Non sei uscito nudo dal ventre? Non tornerai di nuovo nudo alla terra? (cfr. Gb 1, 21; Gen 3, 19) I tuoi beni presenti [276C] da dove [vengono]? Se dici dal caso, sei ateo, non riconoscendo Colui che ha creato, né essendo grato a Colui che ha dato; se ammetti che sono da Dio, rendi conto a noi per chi li hai ricevuti. [È] forse ingiusto Dio, che in modo disuguale distribuisce i beni della vita? Perché tu sei ricco, quello invece è povero?1681 O in ogni caso affinché tu riceva ricompensa di benevolenza e fidata amministrazione (cfr. Lc 12, 42) e quello sia onorato con i grandi premi della sopportazione ?

  Anche in In Ps 14B § 1 [268A] e § 2 [269B] l’avvicinarsi alle porte altrui è descritto come atteggiamento caratteristico del povero. 1678   Questa falsa giustificazione compare anche in In Ps 14B § 1 [265C]. 1679   Si è accolta la lezione sētōn («delle tignole) invece di sitōn («dei cibi») della PG anche per il vicino richiamo (a [273C]) di Lc 12, 33 e Mt 6, 20. 1680   Di nuovo la contrapposizione proprio-privato/comune. 1681   Vedi In Ps 32, 7 § 5 [336C] per la disuguale distribuzione delle ricchezze che può determinare dubbi sull’agire provvidenziale di Dio. 1677

Conclusione esortatoria

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Ma tu, chiudendo tutto nell’insaziabile grembo dell’avidità, credi di non fare ingiustizia a nessuno spogliando così tante persone? Chi è l’avido? Chi non rimane saldo nell’autosufficienza.1682 Chi è quello che spoglia? Chi porta via le cose di ciascuno. Tu non [sei] avido? Tu non [sei] uno che spoglia? Tu che, ciò che hai ricevuto per l’amministrazione, rendi possesso privato di te stesso? O forse chi [277A] denuda uno vestito sarà chiamato ladro di abiti e chi non riveste il nudo, potendo farlo, è degno di qualche altro nome? E’ dell’affamato il pane che tu trattieni; del nudo il mantello, che tu custodisci nei ripostigli; di quello senza calzari il calzare che presso di te marcisce; di chi è in condizione di necessità il denaro che tieni sotterrato. Perciò tu fai ingiustizia a tanti, a quanti potevi provvedere.

Conclusione esortatoria >8.  Belle’ - dice - ‘le parole, ma più bello l’oro’. Come quelli che parlano ai dissoluti riguardo alla temperanza. Ed infatti quelli, quando l’etera1683 viene estromessa, sono stimolati ai desideri dal [solo] ricordo. Come ti potrò condurre davanti alla vista le sofferenze del povero, 1684 affinché tu conosca da quali gemiti tu tesaurizzi per te stesso1685 (cfr. Lc 12, 21; Mt 6, 19)? [277B] O quanto ti sembrerà degno nel giorno del giudizio quella parola: Venite, benedetti del Padre mio, ereditate il regno pronto per voi dalla fondazione del mondo. Infatti ebbi fame e mi deste da mangiare; ebbi sete e mi deste da bere; ero nudo, e mi rivestiste (Mt 25, 34-36).

  Cfr. SVF III, 272 e 276 per la autosufficienza intesa come capacità di accontentarsi di ciò che è necessario e di procurarsi quanto serve per la vita. 1683   La figura dell’etera presente anche in In Ps 1, 1 § 6 [225B]. 1684   Vedi per questa espressione § 4 [268C]. 1685   Si noti come Basilio sviluppa sapientemente lo spunto di Lc 12, 21 (Così è chi tesaurizza per se stesso e non arricchisce davanti a Dio), evidenziando che l’accumulare beni per se stessi è in realtà un accumulare i gemiti dei poveri, di cui si dovrà rendere conto nel giorno del giudizio, in contrapposizione al vero tesoro inesauribile nei cieli (Lc 12, 33); vedi anche supra § 6 [273C]. 1682

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XVII. Omelia sul detto del Vangelo secondo Luca

Quale orrore e sudore e oscurità ti circonderanno quando ascolterai la condanna: Andate via da me, maledetti, verso l’oscurità al di fuori,1686 preparata per il diavolo e i suoi angeli. Infatti ebbi fame e non mi deste da mangiare; ebbi sete, e non mi deste da bere; ero nudo e non mi rivestiste (Mt 25, 41-43). Né infatti chi rapina viene accusato, ma chi non ha messo in comune [277C] viene condannato. Io ho detto ciò che credevo che fosse utile e per te che sei stato persuaso [sono] chiari i beni proposti nelle promesse; per chi non ha ascoltato è scritta la minaccia, della quale prego che tu fugga l’esperienza, avendo adottato una migliore opinione, affinché la tua ricchezza privata diventi per te prezzo del riscatto e tu possa camminare verso i premi celesti preparati; per la grazia di Colui che ha chiamato tutti al proprio Regno, al quale la gloria e la potenza nei secoli dei secoli. Amen. (1Pt 4, 11; Ap 1, 6).

1686   Basilio ha sostituito «il fuoco eterno» di Mt 25, 41 con «l’oscurità al di fuori» di Mt 8, 12; 22, 13; 25, 30.

XVIII. Omelia su Presta attenzione a te stesso (Dt 15, 9)1687

Introduzione. Necessità del silenzio per ascoltare la parola Doppia premessa: a. giusto rapporto tra chi parla e ascolta >1.  [197C] L’uso1688 della parola l’ha dato a noi il Dio che ci ha creati (cfr. Sal 94, 6; 3Mac 2, 3.9; Sir 24, 8; Col 1, 16; Ap 4, 11) affinché riveliamo gli uni   Si è deciso di rendere con questa espressione piuttosto generale il precetto del Deuteronomio proseche seautōi, visto che esso, nel corso dell’omelia, assume vari significati in relazione al contesto; Basilio ne sviluppa infatti con grande abilità sia l’accezione morale (vegliare/vigilare su di sé) che quella conoscitiva (esaminare/osservare se stessi), sempre strettamente correlate. In un primo momento si insiste sul fatto che l’attenzione si deve concentrare sulla propria anima, in una sorta di vigilanza che porta ad evitare il peccato e a ricercare la giustizia [201ABC-204A]. Tale attenzione rivolta all’anima nasce dall’esame di se stessi e dalla consapevolezza che l’uomo creato secondo l’icona del Creatore è anima immortale e intelletto e solo su questi ultimi si deve concentrare la cura, non sulla carne e sui beni transeunti [204ABCD-205A]. Ma ‘prestare attenzione’ significa anche, se si è ‘malati’, avere consapevolezza della gravità maggiore o minore delle proprie colpe perché il pentimento sia adeguato oppure, se si è ‘sani’, operare in modo conveniente in relazione all’ambito ed alle situazioni in cui si trascorre la propria vita e si svolge il proprio compito [205ABCD-208AB]. Il precetto del Deuteronomio è poi interpretato come un invito a custodire ed utilizzare ciò che è presente, evitando di fantasticare sul futuro e di perdersi in vane speranze ed anche a concentrarsi sull’esame di sé e delle proprie colpe invece che di quelle altrui [208ABCD-209ABC]. L’attenzione a se stessi porta anche a rilevare da un lato la fragilità della nostra condizione umana, e dall’altro la grande dignità di creature plasmate secondo l’icona del Creatore, salvate dal Cristo e destinate alla Resurrezione: la considerazione di queste due opposte caratteristiche da un lato deve tenere a freno l’orgoglio nelle situazioni di prosperità e dall’altro indurre anche il povero alla più alta giocondità [209CD-212ABCD-213AB]. Dopo una sezione che di nuovo insiste sulla necessità del predominio della parte intellettiva e razionale dell’anima sulla parte passionale ed irrazionale, anche in considerazione della condanna che ci attende se ci abbandoniamo ai desideri malvagi [213BC], Basilio conclude l’omelia interpretando «poni attenzione a te stesso» come un invito alla contemplazione sia dell’anima che del corpo per risalire all’Artefice di entrambi [213D-216ABCD-217AB]. 1688   Il lemma ‘uso’ gioca un ruolo decisivo in tutta la concezione di vita di Basilio, come emerge anche dalla sue Regole: tutto il compito dell’uomo sta nell’uso positivo 1687

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agli altri i disegni dei cuori (1Cor 4, 5) e per la comunanza della natura1689 conferiamo ciascuno col prossimo, portando fuori le deliberazioni dei segreti del cuore (1Cor 14, 25),1690 come da alcune dispense/riserve1691 (cfr. Lc 12, 24). Se infatti vivessimo della nuda anima, subito ci incontreremmo gli uni con gli altri per effetto dei pensieri; invece, poiché la nostra anima produce i pensieri coperta da una cortina,1692 dalla carne, [197D] necessita di termini e di nomi per manifestare ciò che [giace] nella profondità. Dopo che dunque il nostro pensiero acquisisce una voce che indica [qualcosa], trasportata dalla parola come da una barca, [200A] attraversando l’aria, passa da chi parla a chi ascolta;1693 e se trova bonaccia1694 profonda e tranquillità, la parola approda alle orecchie di quelli che apprendono come a porti sereni1695 e senza tempesta; se invece come una tempesta aspra il chiasso1696 [sollevato] dagli ascoltatori soffia contro, scioltasi in mezzo

delle cose che Dio gli ha dato e delle cose che l’uomo stesso ha inventato (le varie arti). 1689   Per il tema della comune natura umana vedi In Ps 14B § 1 [265C], In Ps 14B § 5 [280A], In Ps 32, 13-14 § 8 [344A], In Ps 48, 7 §3 [437B]; In Ps 48, 17 § 10 [456B] e Destruam § 1 [264A]. 1690   L’espressione al singolare tōi kryptōi tēs kardias compare in In Ps 33, 18 § 12 [377D]. Per il cuore come sede della deliberazione vedi In Ps 1, 1 § 4 [220B] e In Ps 33, 4 § 3 [357B]. 1691   Il termine tameion compare in In Ps 1 § 1 [212A] e § 2 [213B] per indicare il libro dei Salmi come una comune riserva di buoni insegnamenti e di perfetta teologia, vedi nota a [212A]. 1692   Il termine parapetasma, qui tradotto con «cortina», compare anche in Ps. Basilio Sull’origine dell’uomo I, 18 (SCh 160, 214, 28 e 29), in riferimento al corpo delicato della donna. La carne umana paragonata ad un «velo» (prokalymma) che rende impossibile in questa vita «la visione della gloriosa epifania» anche in In Ps 33, 17 § 11 [377C]; vedi anche nota relativa. In certo senso si può dire, precisa Basilio, che la percezione diretta dei pensieri e della volontà del cuore si può verificare solo in Dio, perché non è legato alla corporeità, Hex III, 2, 6. 1693   Per la fisiologia della voce, aria percossa che giunge fino all’orecchio dell’ascoltatore, vedi In Ps 28, 3 § 3 [289A]; Princ Joannis § 3 [477A]. 1694   Il termine galēnē («bonaccia»), - che non può non ricordare la ‘grande bonaccia’ operata dal Cristo (Mt 8, 26) - qui riferito al silenzio e alla condizione di tranquillità necessaria agli ascoltatori, perché il discorso giunga alle loro orecchie, è spesso usato nelle Omelie sui salmi per indicare la condizione dell’anima non turbata dalle passioni; vedi nota a In Ps 1 § 2 [212C]. Con questa seconda accezione compare più avanti (§ 7 [213C]). 1695   Lo stesso aggettivo eudios è riferito al porto della volontà di Dio a cui si approda dopo la navigazione nel mare della vita in Princ Prov § 17 [424A]. 1696   La necessità di non sovrastare col proprio chiasso (thorybos) l’insegnamento dello Spirito è affermata anche in In Ps 28, 9 § 7 [304A].

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all’aria, fa naufragio. Fate perciò bonaccia per la parola attraverso il silenzio. Potrebbe darsi infatti che ci sia qualcosa di utile fra le merci1697 trasportate.1698

b. Faticosa ricerca della verità e il peccato col pensiero Il verbo della verità (Col 1, 5; Gc 1, 18; 2Tm 2, 15) è difficile da catturare,1699 in quanto può facilmente sfuggire a coloro che non prestano attenzione, dal momento che così lo Spirito ha stabilito che esso fosse ristretto e breve, in modo che mostrasse molte cose con poche parole e per la concisione fosse agevole ad essere trattenuto dalla memoria. Ed infatti per natura [è] virtù della Parola non nascondere con mancanza di chiarezza quanto viene significato né essere eccessivo e vano scorrendo avventatamente intorno agli argomenti. [200B] Quale è dunque anche la parola a noi da poco letta dai libri di Mosè, di cui vi ricordate certamente almeno voi che non vi sottraete alla fatica,1700 a meno che per la brevità non sia sfuggito alle vostre orecchie. La lezione sta così: Presta attenzione a te stesso affinché non nasca una parola nascosta nel tuo cuore, un’iniquità (Dt 15, 9).1701   In Princ Prov § 16 [420C] le merci (ta agōgima) sono la grande e varia ricchezza celeste da raccogliere e porre dentro la nave prima di affrontare la navigazione della vita. 1698   Anche Basilio, come ogni altro maestro/oratore (cfr. i vari ‘interventi’ di Origene per invitare gli ascoltatori a farsi attenti) ha a che fare con le reazioni del suo pubblico, di cui deve attirare l’attenzione per un ascolto profondo e proficuo. 1699   L’aggettivo dystheratos, letteralmente ‘difficile da raggiungere a caccia’, si riscontra in riferimento alla difficoltà di cogliere il senso della lectio in Princ Prov § 1 [385D]. 1700   Traduciamo con ‘senza sottrarsi alla fatica’l’aggettivo philoponoi che ha la sua forma avverbiale nell’omelia In Princ §4 [481C]. Basilio parla dell’«amore per la fatica» di Amfilochio cui scrive nel 376 l’Ep 236, 2 (III, 49, 1). 1701   Il vangelo di Luca, il più greco tra gli evangelisti, conosce l’espressione prosechete eautois (Lc 17, 3; 21, 34; cfr. At 5, 35; 20, 28). Anche il Nisseno richiama Dt 15, 9, Gregorio di Nissa, Sui defunti 8 (CP 48, 21); Omelie sul Cantico II (GNO VI, 63, 18-68, 1); III (GNO VI 72, 5-12). Cfr. anche Gregorio di Nazianzo, Orazioni 7, 22. L’intonazione e la finalità dell’omelia di Basilio è morale/spirituale, dettata quasi obbligatoriamente dal testo stesso del Deuteronomio: «affinché non nasca una parola nascosta nel tuo cuore, un’iniquità». Solo in qualche momento - almeno qui - Basilio va alla costituzione profonda dell’uomo, e richiama la realtà della sua anima. Giustamente Hadot nel suo saggio Esercizi spirituali e ‘filosofia cristiana’ annota: «Basandosi sulla versione greca di un passo del Deuteronomio (Dt 15, 9) Basilio sviluppa tutta una teoria della prosochē, fortemente influenzata dalle tradizioni stoica e platonica… Se Basilio commenta l’espressione del Deuteronomio, è perché essa evoca, per lui, un termine tecnico della filosofia antica», P. Hadot, Esercizi spirituali e filosofia antica, 1697

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Noi uomini siamo facili ai peccati nel pensiero. 1702 Perciò Colui che ha plasmato uno per uno i cuori di noi1703 (Sal 32, 15), sapendo che la maggior parte del peccato si compie nell’impulso quello [attivato] nella deliberazione, ha costituita per prima per noi la purezza nell’egemonico *.1704 Ciò in cui infatti pecchiamo assai facilmente, questo ritenne degno di maggiore custodia e cura. Come infatti i medici più previdenti [200C] fortificano i corpi più deboli molto prima con regole di condotta cautelative,1705 così il curatore comune e vero medico delle anime,1706 ciò che sa che di noi [è] più facile a scivolare verso il peccato, questo prevenne con presidi più forti. Infatti le azioni attraverso il corpo hanno bisogno di tempo e di opportunità e di fatiche e di aiutanti e del restante apparato; invece i moti della mente si realizzano in qualsiasi tempo, si portano a compimento senza fatica, si producono senza alcuno sforzo, hanno ogni momento come opportuno. E uno di quelli che sono altezzosi e che hanno uno sguardo sdegnoso per la gravità, assumendo all’esterno una immagine di saggezza, stando seduto spesso in mezzo a coloro che lo ritengono beato per la virtù, corre col pensiero al luogo del peccato nell’invisibile [200D] moto del cuore. Vede con l’immaginazione le cose desiderate, si rappresenta1707 un discorrere non conveniente e insomma, nel nascosto laboratorio del cuore,1708 avendo dipinto chiaro in sé il piacere, commette il peccato dentro senza testimoni, sconosciuto a tutti, finché giunga colui che rivela 74-75. Atanasio, quando, verso il 357, racconta la conversione di Antonio, dice che egli si mise a «fare attenzione a se stesso»; non per nulla poi, quando stava per morire, Antonio disse ai suoi discepoli: «vivite quasi cotidie morituri, adtendentes vosmetipsos, et mementote quanta vobis persuasi; Vivete come se doveste morire ogni giorno, facendo attenzione a voi stessi e ricordandovi delle mie esortazioni», Atanasio, Vita di Antonio 3, 1 e 91, 3. 1702   Una convinzione analoga compare in Evagrio Pontico, Pratico 48 (non solo per la solitudine ma anche perché è più difficile gestire la mente); cfr. anche Antierretico prologo. Inoltre che la guerra più difficile sia quella immateriale lo ribadisce anche Evagrio, Pratico 34. 1703   Per Dio che plasma i cuori vedi In Ps 32, 12 § 8 [344BC]. 1704   Vi è dunque un’identità sostanziale fra cuore ed egemonico, vedi In Ps 7, 10 § 6 [244A] e relativa nota. Inoltre il cuore è la prima parte dell’uomo ad essere plasmata, In Ps 1, 1 § 3 [213D]. 1705   È abituale per Basilio ricorrere ad esempi tratti dal mondo della medicina. 1706   Per Cristo medico delle anime vedi In Ps 33, 19 §12 [380B]; In Ps 48, 2-3, § 1, [433C] e Ep 46, 6 (CP 242, 11). Vedi anche in generale indice tematico sotto voce ‘arte medica’. 1707   Il verbo anetypōsato può rimandare alla teoria stoica della conoscenza per cui la rappresentazione (phantasia) è un’impronta (typōsis) nell’anima (cfr. ad es. SVF II, 55). 1708   Vedi In Ps 33, 4 § 3 [357B] in cui si parla di «nascosta sede decisionale del cuore».

Trattazione del tema

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i segreti delle tenebre e manifesta i disegni dei cuori (cfr. 1Cor 4, 5).1709 Dunque sta’ in guardia, affinché non nasca una parola nascosta nel tuo cuore, un’iniquità (Dt 15, 9). Infatti colui che ha guardato una donna per desiderarla ha già compiuto adulterio nel suo cuore (cfr. Mt 5, 28). [201A] Perciò le azioni del corpo sono impedite da molte cose, invece chi pecca nell’intenzione produce il peccato in modo concomitante con la velocità dei pensieri. Dove dunque repentina la caduta, rapida è stata data a noi la messa in guardia. Infatti lo testimonia: affinché non nasca una parola nascosta nel tuo cuore, un’iniquità (Dt 15, 9). Ma ormai corriamo piuttosto allo stesso inizio del discorso.

Trattazione del tema L’impulso a fuggire il peccato e ricercare la giustizia >2.  Presta attenzione, dice, a te stesso (Dt 15, 9). Ciascuno degli esseri viventi ha in sé dalla nascita, dal Dio che ha costituito tutte le cose, gli impulsi verso la custodia della propria costituzione. E potresti trovare, se osservassi diligentemente, che la maggior parte degli esseri irrazionali [201B] ha l’avversione verso ciò che danneggia senza averla imparata; e, al contrario, per una spinta quasi naturale è condotta al godimento di ciò che è utile.1710 Perciò anche a noi il Dio che ci educa (cfr. Tt 2, 12) ha dato questo precetto, affinché, ciò che a quelli [viene] dalla natura, questo a noi venga dall’aiuto della ragione; e ciò che dagli esseri irrazionali è realizzato senza ponderazione, questo sia portato a compimento da noi attraverso l’attenzione e la continua ponderazione dei ragionamenti;1711 e affinché   Basilio usa il verbo apokalyptō («rivelare») invece del verbo phōtizō («illuminare») presente nel testo paolino. 1710   È teoria stoica, cfr. ad esempio SVF III, 178. In rapporto al Cristo Basilio parla di una qual certa fisica familiarità col bene In Ps 44, 8 §8 [405B] Basilio conferma il fatto che l’amore non si insegna richiamando l’attaccamento che si determina tra il generante e il generato (nel mondo animale e in quello umano) e che si deve stare attaccati alla memoria di Dio come il bimbo appena nato si attacca alla mammella della madre, Rf 2 (909B e 912B). 1711   Cfr. SVF III, 181: ogni uomo, appena vede la luce, prova attrazione per le realtà ‘prime per natura’ che consistono nel godere di tutto ciò che giova al corpo e rifuggire da tutto ciò che nuoce; in seguito si sviluppano ragione, discernimento nell’uso dell’intelletto, cognizione di ciò che è onesto e veramente utile ed una più sottile e motivata capacità di scelta fra ciò che giova e ciò che non giova. 1709

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siamo custodi accurati* degli impulsi datici da Dio, da un lato fuggendo il peccato, come gli esseri irrazionali fuggono fra i cibi quelli che nocciono, dall’altro ricercando la giustizia (cfr, 1Tm 6, 11; 2Tm 2, 22; Rm 9, 30) come anche essi ricercano il nutrimento della pastura.1712 Presta dunque attenzione a te stesso (Dt 15, 9), affinché tu sia capace [201C] di distinguere ciò che danneggia da ciò che salva.

Prestare attenzione a se stessi con l’occhio dell’anima Poiché duplice [è] il prestare attenzione: da un lato tenere fissi gli occhi corporali sulle cose visibili (cfr. Col 1, 16); dall’altro, con la potenza intellettiva dell’anima, applicarsi alla contemplazione delle cose incorporee;1713 qualora invece diciamo che il precetto riguarda l’attività degli occhi, subito ne denunceremo l’impossibilità. Come infatti uno potrebbe afferrare tutto se stesso con l’occhio? Infatti neppure l’occhio stesso si serve per se stesso del vedere;1714 non giunge alla testa, non conosce il dorso, non il volto, non la disposizione delle viscere nella profondità. Dunque [è] empio dire che sono impossibili i precetti dello Spirito. Resta pertanto da intendere il precetto in relazione all’attività noetica.1715 Presta dunque attenzione a te stesso (Dt 15, 9), cioè, osserva te stesso da ogni parte. Mantieni insonne [201D] l’occhio dell’anima*1716 per la custodia di te stesso. Tu passi in mezzo alle reti (Sir 9, 13). Nascosti lacci sono stati conficcati in molti luoghi dal nemico. Dunque osserva ogni cosa, affinché tu sia salvato come una gazzella da lacci e come un uccello da rete (Pr 6, 5). Infatti la gazzella non può essere presa coi lacci per l’acutezza della vista; perciò anche trae il nome dalla propria vista acuta;1717 invece l’uccello   Qualcosa di analogo Basilio dice in In Ps 44, 8 §8 [405B].   Basilio contrappone le cose visibili non alle invisibili (come in Col 1, 16) ma alle incorporee, le quali allora, di per sé, sono invisibili. 1714   La stessa idea espressa quasi con le stesse parole in Hex IX, 6, 3. Nel Discorso sui defunti IX (CP 50, 4-6; GNO IX, 41, 1-2) Gregorio osserva come l’occhio vede tutto ma non se stesso, e per vedersi deve guardare la propria immagine riflessa in uno specchio. 1715   Si confronti questo passaggio con quanto Basilio dice Adolesc IX, 1-6 richiamando filosofi pagani. L’uomo non è quello che appare visibilmente. 1716   Vedi nota a In Ps 1, 1 § 5 [224A]. Per l’interpretazione in senso spirituale del senso della vista vedi In Ps 1, 1 § 5 [224A], In Ps 33, 4 § 3 [357B], In Ps 33, 21, § 13 [384A], In Ps 45, 5, § 4 [424A], In Ps 45, 9 § 7 [428A], Princ Prov § 14 [413C] e In Christi gen 6, (1473D). 1717   La parola dorkas, «gazzella», è qui collegata etimologicamente al verbo derkomai, 1712

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con l’ala leggera è più in alto dell’insidia [204A] dei cacciatori se presta attenzione. Guarda dunque di non apparire inferiore agli esseri irrazionali per la custodia di te stesso1718 e di non diventare, catturato dalle reti, preda del diavolo, da lui assoggettato alla sua volontà (2Tm 2, 26).1719

Prestare attenzione solo all’anima, non alla carne e ai beni transeunti >3.  Presta dunque attenzione a te stesso (Dt 15, 9), cioè non alle tue cose né alle cose intorno a te, ma presta attenzione solo a te stesso. Una cosa siamo infatti noi stessi e un’altra le nostre cose e un’altra le cose intorno

«vedere». Tale etimologia era stata proposta da Origene, Omelie sul Cantico dei cantici, II, 11 (SCh 37, 98-99). Per l’acuta vista della gazzella cfr. anche Gregorio di Nissa, Sulla creazione dell’uomo 7, 141A. Per il valore attribuito agli animali come ‘tipi’ degli uomini in bene e in male vedi In Ps 28, 9 § 6 [300BC] e In Ps 44, 1 § 1 [388D] con relative note. 1718   Questo aspetto è richiamato spesso da Basilio. 1719   Nel testo paolino il participio è però al plurale.

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a noi.1720 Noi dunque siamo l’anima e l’intelletto,1721 in quanto siamo stati   Si noti che Basilio pone una triplice caratterizzazione della persona umana. Distinguendo tra ciò che è nostro, il corpo’ e ciò che si trova intorno a noi, ossia le nostre proprietà, Basilio si sta rifacendo ad una celebre distinzione stoico-platonica, afferma nel suo saggio già citato P. Hadot, Esercizi spirituali e filosofia antica, 75. Olga Alieva - che sostiene che il modo in cui Basilio interpreta Dt 15, 9 (in sostanza come un equivalente biblico della massima delfica «conosci te stesso») sia stato determinato dalla letteratura protrettica, in particolare dall’Alcibiale I pseudo platonico - richiama qui Alcibiade I, 133d 5-8 e Porfirio (cfr. Stobeo, Anthologia III, 21.28.21-5 in cui è riportato un testo dallo scritto di Porfirio dal titolo Sul conosci te stesso), O. Alieva, Protreptic motifs in St Basil’s Homily On the words ‘Give heed to thyself ’ in Studia Patristica 62 (2013), 69-78, qui 71-73. Al riguardo va comunque richiamata la precisa puntualizzazione di Hadot: anche se resta difficile individuare il significato profondo del ‘conosci te stesso’, si possono indicare tre interpretazioni: o conoscersi come non sapiente ma solo come filo-sofo o conoscersi nel proprio essere essenziale (separare ciò che non è noi da ciò che è noi stessi) oppure conoscersi nel proprio stato morale autentico (esaminare la propria coscienza), P. Hadot, Esercizi spirituali e filosofia antica, 45. A noi sembra che in questa omelia Basilio si muova maggiormente in questo terzo ambito interpretativo. Il Nisseno riprenderà molti di questi passaggi del fratello nel Discorso sui defunti: .«O uomo, ognuno che partecipa della natura, “fa attenzione a te stesso” (Dt 15, 9) secondo il comando di Mosè, e ‘conosci te stesso’ accuratamente chi sei, distinguendo col ragionamento cosa tu sei veramente, e che cosa quanto si vede attorno a te. Non pensare affatto di vedere te stesso guardando le cose fuori di te»; occorre imparare da Paolo che distingue l’uomo esteriore (che è effimero e si corrompe) da quello interiore, Gregorio di Nissa, Discorso sui defunti 8 (CP 48, 21-35). Il Nisseno cerca di ‘amalgamare’ il passo biblico con la massima delfica. Sul ‘conoscere se stessi’ delfico aveva attirato l‘attenzione anche Clemente Alessandrino, Stromati I, 14, 60, 3; I, 28, 178, 1-2; II, 15, 70, 5; III, 5, 44, 2-3; IV, 6, 27, 3; V, 4 23, 1; VII, 3, 20, 7. Porfirio presenta una gamma di attribuzione a persone diverse (Femonoe, Fanotea, Biante, Talete, Chilone, Aristotele Giamblico) della massima ‘conosci te stesso’ come si evince da un frammento della sua opera, Porfirio, Sul conosci te stesso in A.R. Sodano, Porfirio, Un Vangelo di un pagano 188. Qualcosa di analogo compare in Ps. Basilio, Sull’origine dell’uomo I, 7 (SCh 160, 182, 12-16: «l’io infatti [è] secondo l’uomo interiore. Le cose esterne non [sono] io, ma mie. Io infatti non sono mano, ma io [sono] la dimensione logica dell’anima. La mano invece è parte dell’uomo. Così che il corpo è organo dell’uomo, organo d’anima, ma l’uomo in modo appropriato è secondo l’anima stessa»). 1721   Anche in In Ps 33, 21 § 13 [384A] Basilio caratterizza l’uomo in quanto compresenza di anima e intelletto; altrove parla solo di nous, in Rebus mundanis 5 (549A). La nostra anima si deve conformare a Cristo, dice Basilio (nel 373) a Eupaterio nell’Ep 159, 1 (II, 86, 8-9). Scrivendo ad Amfilochio nel 376 dice espressamente che nel nous abbiamo l’essere a immagine del Creatore, Ep 233, 1 (III, 39, 3-4). È l’anima ad essere stata creata a immagine del creatore, afferma Basilio in De malo 3, 333A. Stessa cosa anche in Ps. Basilio, Sull’origine dell’uomo I, 7 (SCh 160, 182). Si ricordi che Platone definisce l’uomo anima/psychē, Alcibiade I 129e-130c. Filone legava l’essere ‘a immagine’ di Dio alle facoltà dell’anima e soprattutto dell’intelletto egemonico, Filone, La creazione del mondo, XXIII, 69. La somiglianza con Dio (Gen 1, 26), afferma Clemente Alessandrino, non è a livello di corpo, relativa alla 1720

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fatti secondo l’icona del Creatore1722 (Col 3, 10; cfr. Gen 1, 27); nostro invece il corpo e le percezioni sensibili attraverso di esso; intorno a noi, poi, ricchezze, arti, e il restante apparato della vita.1723 Che cosa dice dunque la parola? Non prestare attenzione alla carne e non figura umana; è l’elemento spirituale che fa l’uomo simile a Dio, Clemente Alessandrino, Protrettico X, 98, 4 (SCh 2, 166); Stromati II, 16, 72, 2; II, 18, 80, 5-81, 1; VI, 9, 72, 2; VI, 14, 114, 4-6; VI, 16, 136, 3-4 (l’uomo è a immagine non per la forma della sua struttura ma per la presenza del logos perché Dio crea col Logos); la somiglianza con Dio è legata al nous, alla mente umana creata a immagine dell’immagine, del Logos, Stromati V, 14, 94, 5. A suo modo anche Origene sosteneva che l’uomo è fatto ad immagine di Dio non per la figura del corpo che è corruttibile [presa di posizione contro posizioni come quella di Ireneo?], ma per la facoltà razionale della sua intelligenza, per il complesso delle virtù e per il potere progredire nella conoscenza, Origene I Principi IV, 4, 10 (SCh 268, 426, 391-428, 410); Contro Celso VI, 63 (SCh 147, 334-336); Disputa con Eraclide 12 (SCh 67, 80); Frammenti su Genesi I, 26 PG 12, 93A (occorre ricercare se ‘a immagine’ si riferisca all’anima o al corpo; è assurdo attribuire organi corporali a Dio); 95A: anima logica). Anche per Porfirio conoscere se stessi è conoscere la propria anima e il proprio intelletto, come risulta da una citazione fatta da Stobeo, Antologia III, 21.28.23. Non diversamente penserà san Tommaso d’Aquino (III, q 65, a 2, ad 1um; e IV Sent., d 2, a 3, ad 1): il matrimonio, ordinato alla vita corporale, non è sacramento, ma officium naturale; è sacramento perché ha un minimo di spiritualità («quia minimum habet de spiritualitate»), ragion per cui è messo all’’ultimo posto di tutti i sacramenti; Super Sent., lib. 4 d. 26 q. 2 a. 4 expos: «et ideo illud sacramentum quod habet minimum de spiritualitate, ultimo debet inter sacramenta ordinari». Diversa era la posizione di Ireneo, Esposizione della predicazione apostolica 22 (l’immagine è il Figlio di Dio, alla cui immagine fu fatto l’uomo; per questo si è manifestato per dimostrare che l’immagine assomigliava a lui); Contro le eresie IV, 33, 4 (facendosi uomo il Figlio di Dio ha assunto in sé l’antica plasmazione); V, 6, 1 (l’uomo e non una parte dell’uomo è fatto a immagine e somiglianza di Dio); V, 16, 1-2: l’uomo, opera plasmata, è fatto a immagine del Verbo che si è fatto carne; il Verbo di Dio si fece uomo, rendendo se stesso simile all’uomo e l’uomo simile a sé. Quindi l’uomo (il tipo) è stato fatto conforme a Cristo (l’antitipo). A questa posizione ireniana Basilio si avvicinerà poi, nell’In Ps 44, 13 § 8 [449B], in cui afferma che l’uomo è grande cosa (cit. di Pr 20, 6) perché ha l’onore nella costituzione fisica. Vedi anche In Ps 115, 3-4 § 4 [109B]. Qui Basilio afferma certo che l’uomo è a immagine del celeste (cfr. 1Cor 15, 49) perché onorato con la ragione; ma questa non è disgiunta dalla corporeità dell’uomo «plasmato dalla terra». 1722   Rispondendo nel 376 al suo amico vescovo Amfilochio, Basilio afferma di conoscere la costituzione degli uomini e sa che il nous (l’intelligenza) è cosa bella perché è nell’intelligenza noetica che abbiamo ciò per cui siamo ad icona del creatore (Col 3, 10); come pure è bella l’energia/attività di quella; anche se poi si dà una doppia potenza dinamica, una negativa e quella più divina e più positiva che ci conduce alla somiglianza con Dio, Ep 233, 1 (III, 39, 1-11). Vedi In Ps 48, 13-14 §8 [449BC] e relativa nota. Clemente riporta un frammento di una tragedia greca secondo cui «immagine divina e simile a Dio» è l’anima del giusto, Clemente Alessandrino, Stromati VII, 3, 16, 5. 1723   Cfr. per questa distinzione anche Ps. Basilio Sull’origine dell’uomo I, 7 (SCh 160, 182, 12-14).

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inseguire il bene di questa in ogni modo, salute e bellezza e godimento dei piaceri [204B] e lunga vita; e non ammirare ricchezze e gloria e potere*; e quanto per te compie il servizio della vita temporale, dopo aver ritenuto grande ciò, non trascurare per lo zelo*1724 riguardo a queste cose la tua vita superiore, ma presta attenzione a te stesso (Dt 15, 9), cioè alla tua anima.1725 Adorna questa e prenditi cura di questa,1726 così da allontanare attraverso l’attenzione tutta la sporcizia che insorge in essa per effetto della malvagità, da purificarla da tutta la vergogna [derivante] dal vizio, da ornarla e renderla splendente con la bellezza [che proviene] dalla virtù.1727 Esamina te stesso chi sei, conosci la tua natura;1728 che il tuo corpo [è] mortale (cfr. Rom 6, 12; Rom 8, 11; 1Cor 15, 53), mentre l’anima immortale; e che duplice in un certo senso è la nostra vita:1729 quella congiunta alla carne, che passa veloce, e quella congenita1730 all’anima, che non accetta un limite. [204C] Presta dunque attenzione a te stesso (Dt 15, 9)   Qui il termine spoudē tipico della spiritualità ascetica assume una connotazione negativa.   Scrivendo nel 375 a Eustazio di Sebaste Basilio ricorda l’incontro con quegli uomini che conservavano il pensiero dell’anima sempre alto e non schiavo, senza prestare attenzione al corpo e vivendo come in una carne estranea, Ep 223, 2 (III, 10, 25-11, 30). 1726   In un passaggio di una lettera canonica ad Amfilochio (scritta nel 375) Basilio richiama Gen 19, 17: salvando salva la tua anima, Ep 217, 84 (II, 216, 9). Alieva rileva qui il motivo protrettico della cura dell’anima stabilendo un confronto con Alcibiade I, 124 a8-b3, 129a 7-9, 130 c3, 8-9, 133d 5-8 (la conoscenza di sé è prerequisito per la cura di sé), O. Alieva Protreptic motifs 70-71. Il prendersi cura di sé, la cura per e dell’anima era una costante di Socrate, il quale così invitava a non darsi pensiero delle ricchezze, della fama, degli onori, del denaro, dei beni, dei comandi militari, dei successi oratori, delle magistrature; così ricorda Platone, Apologia di Socrate 20d, 29de, 30a; 31b, 36c; Alcibiade davanti a Socrate deve ammettere di persistere a non curarsi di se stesso, Platone, Simposio 216a. Per questo aspetto cfr. P. Hadot, Esercizi spirituali e filosofia antica, 44-45. 1727   Si noti in tutta questa sezione («Noi dunque siamo...cioè alla tua anima») la presenza di strutture sintattiche ternarie, a partire dalla distinzione di base per cui noi uomini siamo anima e intelletto, mentre il corpo è solo nostro, ha cioè un valore strumentale, come del resto le cose che sono intorno a noi. 1728   Qui Basilio richiama e varia la formula socratica «conosci te stesso»; cfr. anche Adolesc IX, 6-7 in cui si sottolinea che per conoscere se stessi e per capire che l’uomo non è ciò che è visibile è necessaria una sapienza superiore e purezza dell’anima. 1729   Per il tema dell’altra vita a cui dobbiamo tendere con tutta la nostra forza considerando cosa da nulla ciò che non serve per il raggiungimento di essa cfr. Adolesc II, 1-6. Sulla doppia composizione dell’uomo, espressa col termine synapheia, vedi In Ps 48, 13 § 8 [449B]. Il Nisseno afferma che ogni uomo è doppio/duplice (diplous) visibile e interiore, Gregorio di Nissa, Sulla verginità XX, I (SCh 119, 492, 1-5). 1730   Il termine syngenēs rimanda al concetto platonico di syngeneia fra l’anima e ciò che è eterno, immortale ed invariabile (Platone, Fedone 79d). 1724

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e non fermarti sulle realtà mortali come eterne e non disprezzare le cose eterne come transeunti.1731 Disprezza la carne, infatti passa; prenditi cura dell’anima, elemento immortale.1732 Vigila su te stesso con ogni cura*, affinché sappia assegnare a ciascuna il conveniente, alla carne cibi e vesti1733(1Tm 6, 8), all’anima insegnamenti di pietà (cfr. 1Tm 6, 3), fine educazione, esercizio* di virtù,1734 correzione di passioni;1735 né ingrassare all’eccesso il corpo e non darti premura per la massa delle carni. Poiché infatti la carne desidera contro lo spirito e lo spirito contro la carne e queste cose si oppongono le une alle altre (Gal 5, 17), guarda di non procurare molto potere a ciò che è peggiore affidandoti alla carne. Come infatti nelle inclinazioni delle bilance,1736 se appesantisci un piatto, [204D] renderai certamente più leggero quello opposto; così anche riguardo al corpo ed all’anima, la sovrabbondanza dell’uno rende necessaria la diminuzione dell’altro. Infatti, se il corpo è gaudente ed è appesantito dalla pinguedine, necessariamente l’intelletto è debole e spossato per le proprie attività;1737 1731   Per questa erronea valutazione vedi In Ps 14B § 5 [280A], In Ps 33, 11, § 7, [368B-C-D369A], In Ps 61, 5, § 3, [476A-B] e In Ps 61, 10, § 4, [480A-B], Princ Prov § 9 [405CD-408A]. 1732   In questa sezione («che il tuo corpo [è] mortale... cosa immortale») predominano invece strutture sintattiche binarie in relazione al dualismo corpo-anima. Il concetto dell’anima come realtà immortale è greco Platone, Repubblica IV Fedone 1733   Anche in Destruam § 1 [264B] cibo e vestiti sono esemplificativi dell’attenzione per la dimensione corporea/carnale. Scrivendo (verso il 375) all’archiatra Eustazio Basilio lo elogia perché non si limita a donare il beneficio della sua arte ai corpi ma si prende cura di correggere anche le malattie delle anime, attraverso consolanti parole, cosa di cui Basilio stesso ha fatto esperienza Ep 189, 1 (II, 132, 10-12 e 17-19). 1734   Luogo comune degli ‘esercizi filosofici’ greci. 1735   Utili per questo scopo di correzione delle passioni il libro dei Proverbi (Princ Prov §1 [388A]) e il salmo 61 (In Ps 61, 1 § 1 [469A]). 1736   In Princ Prov § 10, [408ABC] e in In Ps 61, 10 §4 [477D-480AB] la natura delle azioni e le scelte della vita vengono valutate come con una bilancia che può inclinare verso il bene o verso il male. 1737   Anche in In Ps 29, 10 § 6 [320CD] Basilio afferma che la carne non va blandita ed ingrassata, in quanto è destinata alla corruzione e può diventare carcere per l’anima; inoltre la pinguedine carnale può trasformarsi in occasione di peccato. In più chi ha la mente incassata nel peso della carne è ostacolato nell’intelligenza e nell’annuncio della verità (vedi anche In Ps 32, 17, § 9, [345C], la grande abbondanza di forza somatica è di impedimento alla salvezza dello spirito).

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se invece l’anima è vigorosa e attraverso la pratica del bene si innalza alla propria grandezza, [205A] ne segue che la condizione del corpo languisce.

Prestare attenzione a se stessi, precetto utile per tutti per riconoscere malattia e salute dell’anima >4.  Questo stesso ordine [è] e utile per i deboli e adattissimo per i forti.1738 Nelle malattie certamente i medici esortano i malati a prestare attenzione a se stessi e a non trascurare niente di ciò che riguarda la cura. Ugualmente anche il Logos medico delle nostre anime1739 guarisce l’anima danneggiata dal peccato con questo piccolo aiuto. Presta dunque attenzione a te stesso (Dt 15, 9), per ricevere anche l’aiuto [derivante] dalla cura in analogia con la colpa. Grande e grave il peccato: hai bisogno di molta penitenza, di lacrime amare,1740 di intensa veglia, di digiuno continuato. [205B] Leggera e tollerabile la caduta: anche il pentimento sia in egual misura.1741 Solo Presta attenzione a te stesso (Dt 15, 9), perché tu riconosca la salute dell’anima e la malattia dell’anima. Molti infatti, ammalandosi per l’eccessiva mancanza di attenzione di malattie gravi ed inguaribili, non sanno neppure questo, che sono ammalati.1742 Grande è l’utilità [che viene] dal precetto anche per i valenti nelle azioni, così la stessa cosa e guarisce i malati1743 e porta a perfezione* i sani.1744 Infatti ciascuno di noi che siamo discepoli del Logos è ministro di una   Paolo parla di deboli e di ‘non forti’ nella 1Cor 11, 30.   Vedi sopra § 1 [200C] e relativa nota. 1740   L’aggettivo richiama l’avverbio «amaramente» (pikrōs) che caratterizza il pianto di Pietro in Lc 22, 62. 1741   Per la penitenza proporzionale alla colpa vedi In Ps 32, 2 § 2 [325D-328A]. Qualcosa di analogo Basilio dice nella stesura dei ‘canoni’ quando richiama la possibilità di divenire clementi verso chi ha peccato e quindi di potere diminuire il tempo delle pene inflitte, Ep 217, 74 (II, 213, 74) scritta nel 375 a Amfilochio di Iconio. 1742   Tipico dello stoicismo il parallelismo fra le malattie del corpo e quelle dell’anima; sul malato grave che non si rende conto della malattia cfr. ad es. Seneca, Lettere a Lucilio 53.7-8. 1743   Per l’idea della Scrittura come ospedale comune delle anime in cui ognuno sceglie il medicamento per la propria particolare passione vedi In Ps 1 § 1 [209A] e relativa nota. 1738 1739

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sola azione di quelle prescritte a noi secondo il Vangelo. Nella grande casa, questa Chiesa, infatti, non ci sono solo vasi di molti tipi, di oro ed argento, di legno e di coccio (2Tm 2, 20), ma anche arti molteplici. Infatti la casa di Dio, che [205C] è la Chiesa del Dio vivente (1Tm 3, 15), ha cacciatori, viandanti, architetti, costruttori, contadini, pastori, atleti, soldati. A tutti questi si adatterà questa breve espressione, procurando a ciascuno sia accuratezza* dell’opera sia zelo* della scelta deliberata*. Sei stato mandato come cacciatore dal Signore che dice: Ecco, io mando molti come cacciatori, e cacceranno quelli sopra ogni monte (Ger 16, 16). Presta dunque attenzione (Dt 15, 9) con cura che la preda non ti sfugga, perché tu, prendendoli col verbo della verità (Gc 1, 18), conduca a Colui che salva quelli inselvatichiti dal male. Sei un viandante simile a colui che prega: Raddrizza i miei passi (Sal 118, 133). Presta attenzione a te stesso (Dt 15, 9), per non deviare dalla strada e non inclinare a destra o a sinistra (cfr. Dt 17, 20);1745 avanza per la via regia1746 (cfr. Gen 6, 12; Nm 20, 17; Nm 21, 22).1747 L’architetto getti con sicurezza il fondamento [205D] della fede, che è Gesù il Cristo (cfr. 1Cor 3, 10.11). Il costruttore guardi a come costruisce (1Cor 3, 10): non legname, non fieno, non paglia, ma oro, argento, pietre preziose (cfr. 1Cor 3, 11.12).1748 Se pastore, presta attenzione (Dt 15, 9) a non trascurare alcuna delle cose   Vedi In Ps 1 § 1 § [213A] (il salmo è sia accrescimento dei progredienti che solido sostegno dei perfetti) e relativa nota. 1745   In In Ps 32, 1 § 1 [325AB], commentando il versetto 32, 1 (Ai retti si addice la lode), Basilio sottolinea la necessità di fuggire ogni azione storta e tortuosa e di mantenere retti come un regolo la mente e il giudizio dell’anima. In contrapposizione al cammino tortuoso di chi segue il serpente, chi cammina dietro il Signore rende rette le vie e diritti i movimenti dei suoi piedi. 1746   Vedi In Ps 7, 11 §7 [244D] in cui viene definito «retto di cuore» chi ha una mente che non si inclina né verso l’eccesso né verso la mancanza ma che si volge dritta verso il mezzo della virtù. Vedi anche Princ Prov § 9 [405A]. Tra le diverse vie Clemente Alessandrino nomina la ‘via regia’ (basilikē hodos), Clemente Alessandrino, Stromati I, 5, 29, 3; I, 7, 38, 6; IV, 2, 5, 3 (collegata con la via stretta di Mt 7, 14); VII, 12, 73, 5; VII, 15, 91, 5. Di via regia, collegandola alla sofia, parla anche Filone Alessandrino, L’immutabilità di Dio XXXIII, 159. La ‘via regia’ diverrà poi un tema monastico; cfr. J. Campos, La via regia. Prefiguración bíblica de la ascesis monástica in Helmantica 20 (1969), 275-295. 1747   Costituzioni Ascetiche 4.2 1349B. 1748   Basilio anticipa legname, fieno e paglia escludendo con la negazione questi materiali che invece nel testo paolino fanno parte della ‘lista’ e sono collocati dopo oro, argento e pietre preziose. 1744

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che convengono [208A] all’arte pastorale. Quali sono queste? Riconduci la [pecora] errabonda, fascia quella ferita,1749 (cfr. Ez 34, 16),1750 risana quella malata. Se agricoltore, scava intorno il fico sterile e getta ciò che è di aiuto per la generazione dei frutti (cfr. Lc 13, 8). Se soldato, soffri insieme per il Vangelo (2Tm 1, 8; cfr. 2Tm 2, 3),1751 milita la bella milizia (cfr. 1Tm 1, 18) contro gli spiriti della malvagità (Ef 6, 12), contro le passioni della carne* (cfr. Gal 5, 24, Rm 7, 5) indossa1752tutta l’armatura di Dio (Ef 6, 13); non immischiarti nelle faccende della vita per piacere a Colui che ti ha arruolato (cfr. 2Tm 2, 4).1753 Se atleta*, presta attenzione a te stesso (Dt 15, 9), per non trasgredire alcuna delle regole atletiche. Nessuno infatti è incoronato, se non combatte secondo le regole1754 (2Tm 2, 5). Imita Paolo, che correva e lottava e combatteva con i pugni (cfr. 1Cor 9, 26); e tu stesso, come un buon pugile, tieni stabile1755 lo sguardo dell’anima. Proteggi le [208B] parti vitali mettendo innanzi le mani; sia l’occhio fisso sull’avversario. Nelle corse protenditi verso le cose che stanno davanti (cfr. Fil 3, 13).1756 Corri in modo tale da conquistare (1Cor 9, 24; cfr. Fil 3, 12).1757 Nella lotta* combatti contro i nemici invisibili (Ef 6, 12).1758 La Parola vuole che tu sia tale nella vita, che tu non ti adagi né che tu dorma (cfr. 1Ts 5, 6), ma governi te stesso sobriamente e con vigilanza1759 (cfr. 1Ts 5, 6; 1Pt 5, 8).   Polisemico il participio syntetrimmenon che significa sia «ferito, spezzato» che «contrito».   È assente la parola probaton (pecora) che si evince però dalla citazione di Ezechiele e dall’uso dei participi neutri. Si tengano presenti anche Is 53, 6; 61, 1; 1Pt 2, 25. 1751   Qui Basilio ha sapientemente unito due passi paolini; «soffri insieme per il Vangelo» è citazione letterale di 2Tm 1, 8 ma lo stesso imperativo synkakopathēson ricorre in 2Tm 2, 3, dove Timoteo è invitato, come un buon soldato di Cristo, a soffrire insieme con Paolo. 1752   Nel testo paolino l’imperativo è al plurale. 1753   Il testo paolino dice: nessuno che combatte si immischia nelle faccende della vita; Basilio ha trasformato questo concetto in una esortazione. 1754   In In Ps 33, 5-7 § 4 [360A] e In Ps 33, 20 § 12 [381B] si sottolinea che nessun atleta è incoronato se non combatte, in riferimento al giusto che deve affrontare le tribolazioni. Per il passo paolino, richiamato anche in In Ps 114, 7 § 5 [492A], vedi nota a In Ps 33, 20 § 12 [381B]. 1755   Possibile derivazione dal verbo presente in Lc 12, 29 (mē meteōrizesthe). 1756   Vedi In Ps 32, 3 § 2 [328B] e In Ps 44, 1 § 2 [389B]. 1757   Anche in questo caso nel testo paolino l’imperativo è al plurale. 1758   Qui Basilio usa solo l’aggettivo aoratos; l’espressione completa aoratoi echthroi compare in In Ps 7, 2 § 2 [232C], In Ps 7, 11 § 7 [244C] e In Ps 29, 2 § 2 [309B]. 1759   Basilio ha utilizzato due avverbi al posto dei verbi «essere sobrio» e «vigilare» che compaiono sia nel testo paolino che in quello di Pietro. 1749

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>5.  Mi verrà meno il giorno nel raccontare (cfr. Eb 11, 32)1760 e le occupazioni la maniera di comportarsi di coloro che collaborano al Vangelo di Cristo e la forza del precetto,1761 come si adatta a tutti.

Tenere a freno le vane speranze e non trascurare ciò che è già presente Presta attenzione a te stesso (Dt 15, 9): sii sobrio (cfr. 1Tm 3, 2; Tt 2, 2), atto a decidere, custode delle cose presenti, previdente del futuro.1762 Non trascurare ciò che è già presente per pigrizia e non mettere davanti il godimento delle cose che non sono e che forse non saranno come se fossero fra le mani. O i giovani non hanno forse per natura questa debolezza, [208C] di credere di avere già ciò che si è sperato per leggerezza dell’opinione? Quando infatti ottengono tranquillità o quiete notturna, foggiano per sé fantasie senza consistenza, trasportati a ogni cosa dalla speditezza della mente; mettendosi davanti splendore di vita, nozze illustri, felice figliolanza, lunga vecchiaia, gli onori da parte di tutti. Poi, non potendo rimanere stabili su alcuna delle speranze, si gonfiano verso le cose più grandi fra gli uomini. Si procurano case belle e grandi;1763 dopo averle riempite di suppellettili di ogni genere, si impossessano della terra, quanta la vanità dei pensieri taglia per loro da tutta la creazione. Di nuovo chiudono nei magazzini della vanità le ricchezze [che provengono] da lì. Aggiungono a queste greggi, una massa di servi, traboccante, cariche [208D] politiche, comandi di genti, comandi militari, guerre, trofei, il regno stesso. Passate in rassegna tutte queste cose con le vuote costruzioni della mente, per la [209A] loro eccessiva stoltezza sembrano godere delle cose sperate come già presenti e poste ai loro piedi. Debolezza propria questa di anima pigra ed oziosa, vedere sogni quando il corpo è sveglio. La Parola, comprimendo pertanto questa inconsistenza della mente e l’enfiagione dei ragionamenti e come con una briglia tenendo a freno l’instabilità della mente,1764 annuncia questo grande e saggio precetto: A te stesso, dice, presta attenzione (Dt 15, 9); non mettendoti davanti cose che non esistono ma disponendo all’utilità le cose presenti. 1760   Per questo modo di esprimersi cfr. anche Ps. Basilio, Sull’origine dell’uomo II, 17 (SCh 160, 276, 1-2). 1761   Vedi per espressioni simili In Ps 14B § 5 [277C], In Ps 32, 10 § 6 [340B] e In Princ § 1 [472C]. 1762   Si noti la disposizione a chiasmo di nominativi e genitivi. 1763   Ovviamente solo nella loro immaginazione. 1764   Eco platonica (Fedro 254cde).

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L’esame di se stessi: indagare non le cose altrui ma le proprie Credo che, eliminando anche quella passione1765 comunemente diffusa, il legislatore si sia servito di questa esortazione. Poiché è più facile per ciascuno di noi occuparsi delle cose altrui che indagare le proprie;1766 affinché non soffriamo questo, cessa, dice, di investigare curiosamente i vizi di un tale; [209B] non dare tempo ai ragionamenti per esaminare l’altrui debolezza, ma presta attenzione a te stesso (Dt 15, 9), cioè volgi l’occhio dell’anima* all’esame personale di te. Molti infatti, secondo il discorso del Signore, notano la pagliuzza nell’occhio del fratello, ma non vedono la trave nel proprio occhio (cfr. Mt 7, 3). Non cessare di esaminare te stesso, se per te la vita proceda secondo il comandamento (cfr. 2Gv 6), ma non guardare in giro ciò che è fuori, se tu possa trovare da qualche parte motivo di biasimo di qualcuno come quel Fariseo duro ed arrogante1767 che stava eretto giustificando se stesso e disprezzando il pubblicano (cfr. Lc 18, 11), ma non cessare di investigare te stesso, se hai peccato in qualcosa nei pensieri, se la lingua è scivolata correndo davanti1768 alla mente, se nelle opere delle mani è stato fatto qualcosa di non voluto.1769 Anche se trovi nella tua vita [209C] molti peccati (cfr. Lc 7, 7) - li troverai assolutamente in quanto sei uomo1770 -, di’ le parole del pubblicano: Dio, abbi misericordia di me peccatore (Lc 18, 13).

  Cioè quella di esaminare i difetti degli altri senza vedere i propri, di cui si parla subito dopo.   Cfr. Hex IX, 6, 3: il nostro intelletto vede con acutezza il peccato altrui ma è lento a riconoscere le proprie mancanze. 1767   Basilio richiama la parabola del Fariseo anche nell’omelia De humilitate 533AB: il fariseo duro/tremendo (barys) e superbo oltre ogni misura. 1768   Anche in In Ps 33, 14 § 9 [373B], a proposito del peccato della lingua, definito come il più comune e multiforme, si evidenzia come la lingua corra avanti quando ci si adira. 1769   Basilio sa che non tutti i mali sono manifesti a tutti, neppure a chi li porta, come avviene per i beni; occorre dai segni percepire il male sia nella medicina che nel cammino verso la perfezione, Rb 28. Per la tripartizione pensiero-parola-azione vedi In Ps 33, 2 § 1 [353C] e relativa nota. 1770   In In Ps 32, 5 § 4 [332C] Basilio afferma che non si può trovare un uomo che sia puro dalla sporcizia, anche se fosse uno solo il giorno della sua generazione. 1765

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Il precetto Presta attenzione a te stesso utile sia per chi prospera che per chi è in circostanze avverse Presta dunque attenzione a te stesso (Dt 15, 9). Questa espressione ti verrà in mente utilmente anche se prosperi splendidamente e tutta la vita procede secondo corrente,1771 come un buon consigliere che porta memoria delle cose umane. E nondimeno, anche ad uno oppresso dalle circostanze avverse, opportunamente [questa espressione] potrebbe essere cantata al cuore,1772 così che non si sollevi con vanità verso un’arroganza smisurata né cada per disperazione in un vile abbattimento.1773 Ti pavoneggi per la ricchezza ed hai un alto sentire di te per gli antenati? E ti esalti per patria e bellezza del corpo e gli onori da parte di tutti*? Presta attenzione a te stesso (Dt 15, 9), perché sei mortale (cfr. Sap 7, 1; Sap 15, 17), perché sei terra e in terra ritornerai (Gen 3, 19).1774 Osserva quelli che prima di te sono stati trovati nei [209D] simili splendori. Dove quanti si sono impossessati di cariche politiche? Dove gli oratori ultra invincibili1775 ? Dove gli organizzatori di solenni celebrazioni? Dove gli splendidi allevatori di cavalli,1776 i comandanti,1777 i satrapi, i tiranni?1778   Un’espressione simile in In Ps 44, 1 § 1 [388C] e in Princ Prov § 15 [417C].   Per il verbo katepaidesthai vedi In Ps 1, §1, [212C] e relativa nota; vedi anche In Ps 7, 9, § 5, [240C]. 1773   Concetti analoghi sono espressi in Princ Prov § 15 [417CD-420A]: la vita è paragonata ad una navigazione in cui si è soggetti a continui mutamenti; come un timoniere intelligente, bisogna restare sempre uguale a se stessi, non esaltandosi nelle circostanze liete né abbattendosi nelle disgrazie. Vedi anche Destruam § 1 [261B] (con relativa nota) e In Ps 7, 11 § 7 [245A]. L’immagine della mente umana come timoniere della vita dell’uomo ricorre in Filone, Le Leggi III, 224; I sacrifici di Abele e Caino 45. 1774   Basilio esprime lo stesso concetto sempre col richiamo di Gen 3, 19 nel De ira § 3 360A. 1775   La gloria effimera dell’oratore anche in In Ps 33, 3 § 2 [356A] e In Ps 61, 8 § 4 [477A]. 1776   In In Ps 48, 12 § 7 [448C-449A] Basilio ricorda come alcuni hanno impresso i loro nomi sulle mandrie di cavalli, nella vana speranza di far durare la loro memoria. 1777   Una critica alla vanagloria dei comandanti militari il cui valore si misura col numero delle uccisioni si riscontra in In Ps 61, 8 § 4 [476D]. 1778   È il topos biblico ma anche classico dell’Ubi sunt. Probabile eco di Baruch 3, 16-19 («Dove sono i capi delle genti e coloro che dominano le fiere che sono sulla terra, quelli che giocano con gli uccelli del cielo e accumulano l’argento e l’oro, in cui gli uomini confidano, e non c’è fine del loro possesso, quelli che lavorano l’argento e si affannano e non c’è scoperta 1771

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XVIII. Omelia su Presta attenzione a te stesso (Dt 15, 9)

Non tutto cenere? Non tutto mito? Non in poche ossa il ricordo della loro vita? [212A] Piegati sui sepolcri, se puoi distinguere chi il servo e chi il padrone, chi il povero e chi il ricco.1779 Distingui, se hai la capacità, lo schiavo incatenato dal re, il forte dal debole, il bello dal deforme. Ricordandoti così della natura mai ti inorgoglirai; Ti ricorderai di te stesso se fai attenzione a te stesso >6.  Al contrario, sei uno di bassi natali e senza gloria, povero da poveri, senza focolare, senza città, debole, bisognoso del vitto quotidiano, che teme quelli al potere, che trema di paura davanti a tutti per miseria di vita? Il povero infatti, dice, non sostiene una minaccia (Pr 13, 8). Non per questo devi disperare di te stesso e, poiché nel presente non possiedi niente di invidiabile, non gettare via [212B] ogni buona speranza (2Ts 2, 16), ma solleva la tua anima ai beni che già hai da parte di Dio e a quelli che stanno in serbo per il dopo attraverso la promessa (cfr. Col 1, 5).1780

delle loro opere? Scomparvero e scesero nell’Ade ed altri si sollevarono al loro posto»). Cfr. anche Gregorio di Nissa, Omelie sulle Beatitudini I, 6.2. 1779   Anche in In Ps 48, 17 § 10 [456B] si afferma che il ricco nel momento della morte non potrà prendere con sé la ricchezza e dovrà contentarsi di avere in sorte poca terra. 1780   Per il povero che trema di fronte a chi è superiore e che deve invece consolarsi con la prospettiva della vita beata vedi In Ps 48, 17 § 10 [456BC].

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Elogio della grandezza e della dignità dell’uomo In primo luogo dunque sei uomo, solo fra gli esseri viventi plasmato da Dio (cfr. Gen 2, 7); non basta questo forse alla più alta giocondità se ragioni saggiamente, il fatto di essere stato plasmato dalle stesse mani del Dio (cfr. Gb 10, 8; Sal 118, 73) che ha costituito tutte le cose? Poi anche che, fatto secondo l’icona di Colui che ti ha creato, puoi innalzarti alla stessa dignità degli angeli attraverso una buona condotta di vita? Hai ricevuto un’anima intellettiva, attraverso la quale pensi su Dio, esplori col ragionamento la natura delle realtà esistenti, cogli il frutto dolcissimo della sapienza. Tutti a te gli animali della terra, domestici e selvatici, tutti quelli che vivono nelle acque e quanti volano attraverso questa aria, sono servi [212C] e sottomessi1781 (cfr. Gen 1, 26.28). Non hai poi tu scoperto le arti e hai fondato città e hai escogitato quanto [è] necessario e quanto [serve] al lusso? Non [sono] da te percorribili i mari grazie alla ragione? Non sono al servizio della tua vita terra e mare? Aria e cielo e danze corali delle stelle non ti mostrano il proprio ordine*? Perché dunque sei pusillanime, perché non hai un cavallo dalle briglie d’argento? Ma hai il sole, che con velocissimo corso ogni giorno accende per te la luce come una fiaccola. Non hai splendori di argento e di oro, ma hai la luna che ti illumina con la sua immensa luce. Non sali su carri ricchi d’oro, ma hai i piedi come mezzo di trasporto proprio e nato insieme a te.

  Si noti in tutta questa parte come Basilio riesca ad operare una mirabile sintesi fra l’antropocentrismo biblico ed il pensiero stoico sullo stesso argomento (cfr. su questo tema Pohlenz, La Stoa, I, 197). Per tutta la parte successiva dell’omelia con l’elogio degli elementi naturali può essere utile il confronto con le tesi stoiche richiamate da Cicerone nel trattato Sulla natura degli dei II, 91-119. La stessa concezione e convinzione Basilio esprime più volte nelle omelie sui salmi (In Ps 1, 1 § 3 [217C], In Ps 48, 2-3 § 1 [433B], In Ps 48, 13 § 8 [449BC], In Ps 115, 3-4 § 4 [109B]).

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XVIII. Omelia su Presta attenzione a te stesso (Dt 15, 9)

Perché dunque ritieni beati quelli che possiedono una borsa piena ed hanno bisogno di piedi altrui per lo spostamento? Non [212D] dormi su un letto d’avorio (cfr. Am 6, 4), ma hai la terra più preziosa di molti avori, e il dolce [213A] riposo su di essa, il sonno veloce e privo di preoccupazione.1782 Non giaci sotto un tetto d’oro, ma hai il cielo che risplende delle bellezze indicibili delle stelle. Queste [sono] le cose umane, ma ve ne sono di ancora più grandi. Per te Dio fra gli uomini (cfr. Bar 3, 38),1783 distribuzione dello Spirito Santo (cfr. Eb 2, 4), distruzione della morte (cfr. 1Cor 15, 26.55),1784 speranza di resurrezione (cfr. 1Cor 15, 12.22), divini precetti che portano a perfezione* la tua vita, cammino verso Dio attraverso i comandamenti (cfr. Mt 19, 17), preparato il Regno dei cieli (cfr. Mt 25, 34), corone di giustizia1785 (cfr. 2Tm 4, 8) pronte per chi non fugge le fatiche* per la virtù.1786 >7.  Se presti attenzione a te stesso, troverai queste cose ed anche di più intorno a te stesso e godrai delle cose presenti, [213B] non sarai pusillanime per ciò che manca.

  Eco di motivi sapienziali (Qo 5, 11) ma anche motivo presente nella diatriba stoico-cinica.   Basilio cita più volte Bar 3, 38: Proemium de fide 685A; In Christi gen 2 (1460B; 1461B); In Iulittam 7 (253C). Il testo di Baruc serve a Basilio per contrapporsi all’antropologia riduttiva-doceta di Apollinare di Laodicea. 1784   Che la morte è stata riassorbita dalla vita compare anche in Tres deos 1496A. 1785   Corona di giustizia e Regno dei cieli premi delle buone opere anche in Destruam § 3 [268A] e In Iulittam 7 (253C). 1786   Il passo ha un andamento simile all’inizio del paragrafo 7 dell’In Iulittam (503C).

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Prestare attenzione a se stessi per dominare le passioni Il precetto, stando accanto a te, dappertutto procurerà grande aiuto. Ad esempio, la collera ha vinto i ragionamenti e sei trascinato dall’ira alle parole sconvenienti e ad azioni dure e animalesche selvagge? Se presti attenzione a te stesso, terrai a freno l’ira come un puledro disobbediente e stizzoso, investendola con il colpo della Parola come una frusta (cfr. Eb 12, 6).1787 Dominerai anche la lingua, non metterai le mani addosso a chi ti ha esasperato.1788 Di nuovo malvagi desideri, che rendono furente l’anima, ti spingono ad impulsi sregolati e dissoluti. Se tu presti attenzione a te stesso e ricordi che questo dolce presente per te giungerà ad una fine amara e il solletico che nasce ora nel nostro corpo dal piacere, questo [213C] genererà il verme velenoso1789 (cfr. Is 66, 24; Mc 9, 48) che per l’eternità ci punisce nella geenna (cfr. Mc 9, 43.45.47), e la fiamma della carne sarà madre del fuoco eterno (Mt 25, 41), subito se ne andranno messi in fuga i piaceri1790e nascerà attorno all’anima una meravigliosa bonaccia1791 interiore e tranquillità, come se fosse stato messo a tacere il chiasso di ancelle dissolute dall’arrivo di una padrona saggia. Presta pertanto attenzione a te stesso (Dt 15, 9), e sappi che da un lato c’è la parte intellettiva e razionale dell’anima, dall’altro quella passionale1792 ed irrazionale. Ed alla prima è dato per natura il dominare,1793 a quelle l’assoggettarsi alla ragione ed obbedire. Non lasciare dunque che l’intelletto assoggettato diventi schiavo delle passioni e non permettere a loro volta alle passioni di sollevarsi contro la ragione e di trasferire a se stesse il dominio dell’anima.

  Eco platonica (Fedro 253e-254a); v. anche De ira §5 365A e In Ps 33, 12 §8 [372B].   Cfr. De ira §1 356A e §2 357A. 1789   Anche in In Ps 33, 12 § 8 [372AB] si parla di vermi velenosi e carnivori. 1790   Per il timore del giudizio finale come ostacolo al peccato vedi In Sal 33, 12 § 8 [372AB]. 1791   Per l’immagine della bonaccia in riferimento alla pace dell’anima vedi nota a In Ps 1 § 2 [212C]. Supra § 1 [200A] la bonaccia (galēnē) invece è la condizione di tranquillità necessaria agli ascoltatori, anche grazie al silenzio, perché il discorso di chi parla approdi alle loro orecchie. 1792   Per la parte passionale dell’anima vedi In Ps 44, 4 § 5 [400AB]. Si ha qui una eco della tripartizione platonica dell’anima. 1793   Per l’egemonia data da Dio all’anima sul corpo e le sue passioni vedi In Ps 61, 2, § 1, [472A-B]. 1787 1788

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XVIII. Omelia su Presta attenzione a te stesso (Dt 15, 9)

Dalla contemplazione dell’anima all’Artefice Insomma l’accurata* [213D] considerazione di te stesso procurerà a te una sufficiente guida per mano anche per la conoscenza di Dio Se infatti presti attenzione a te stesso, per ricercare il Demiurgo non avrai per niente bisogno di tracce muovendo dalla organizzazione del tutto, ma in te stesso, [216A] come in un microcosmo,1794 vedrai la grande sapienza di Colui che ti ha creato*.1795 Pensa incorporeo Dio muovendo dall’incorporea anima a te immanente né circoscritto in un luogo;1796 dal momento che neppure il tuo intelletto ha la sua dimora primaria in un luogo ma è mediante l’unione1797 col corpo che si porta in un luogo. Credi che Dio è invisibile (cfr. Col 1, 15), dopo aver considerato la tua anima, poiché anche essa non può essere afferrata con occhi corporei. Infatti né è stata colorata né le è stata data figura né è compresa in qualche carattere somatico, ma è conosciuta solo dalle attività. Pertanto non cercare riguardo a Dio la cognizione attraverso gli occhi ma, concessa la fede alla mente, abbi la noetica comprensione riguardo a Lui.1798 Ammira l’Artefice*, come abbia legato la potenza della tua anima al corpo, [216B] così che, giunta fino ai confini di esso, conduca ad un unico

  Cfr. Ps. Basilio Sull’origine dell’uomo I, 2 (SCh 160, 168, 13-170, 15). Il tema dell’uomo microcosmo, proprio dello stoicismo, è presente in Gregorio di Nissa, Sull’anima e la resurrezione I, 3 (GNO III/3, 13, 10-14, 4); Sui titoli dei salmi (SCh 466, 6, 11). Lo sviluppo del discorso basiliano si fonda sull’anima le cui caratteristiche, anche in rapporto alla potenza che esercita sul corpo al quale essa è unita, fanno risalire a Dio. Per cui qui è soggiacente l’idea che l’anima dell’uomo è creata da Dio a sua somiglianza. Alieva (Protreptic motifs 73) cita Porfirio in Stobeo Anthologia III 21, 27, 10-1. 1795   Cfr. Ps. Basilio Sull’origine dell’uomo I, 2 (SCh 160, 170, 19-22). Si può richiamare qui la possibilità della conoscenza del simile dal simile, per la quale vedi In Ps 48, 13 § 8 [449C], che vale per tutto il presente passaggio riflessivo. 1796   Cfr. Ps. Basilio, prima omelia Sull’origine dell’uomo I, 5 (SCh 160, 178, 19-20). 1797   Per l’unione (synapheia) col corpo che pone l’uomo di poco al di sotto della dignità degli angeli vedi In Ps 48, 13 § 8 [449B]. Il termine è usato con accezione trinitaria in In Ps 32, 6 § 4 [333A], In Ps 45, 5 § 4 [424B] e Princ Joannis § 3 [477D]. 1794

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respiro1799 ed alla comunanza le membra più distanti.1800 Osserva qual [è] la potenza data dall’anima alla carne; quale l’affezione del compatire1801 che rifluisce dalla carne sull’anima; come il corpo riceve la vita dall’anima mentre l’anima riceve sofferenze dal corpo; quali magazzini ha degli apprendimenti; per quale motivo l’aggiunta di ciò che viene dopo non getta oscurità sulla conoscenza di ciò che precede, ma le memorie sono conservate non confuse e ben distinte, scolpite nell’egemonico* dell’anima come su una colonna di bronzo;1802 come, scivolando a poco a poco verso le passioni della carne*, corrompe la propria bellezza; come invece di nuovo, purificata della turpitudine [derivante] dal vizio, attraverso la virtù corre su alla somiglianza del Creatore.1803 [216C] 1798   Tutto questo passo ha come un corrispettivo in Hex IX, 6, 3-4: «In realtà infatti conoscere se stessi sembra essere la cosa più difficile, Non solo infatti l’occhio che vede le cose esterne su di sé non fa uso del vedere, ma anche la nostra stessa mente, che pur vede prontamente e con accuratezza il peccato altrui, è lento nella conoscenza delle proprie imperfezioni. Per questo anche ora il discorso, avendo accuratamente esaminate le realtà altrui, è tardo e pieno di timore riguardo alla conoscenza delle proprie; eppure non è dato di conoscere Dio maggiormente da cielo e terra, di quanto lo si possa dalla nostra propria costituzione, per chi almeno si esamina con intelligenza; come dice il profeta: “mirabile la conoscenza di te [a partire] da me” (Sal 138, 6); cioè: conoscendo me stesso ho appreso la sovreminenza della tua sofia/sapienza». 1799   Il termine sympnoia compare in riferimento alle vie intrecciate (ad es. dell’aria e del sangue) del corpo umano che appunto mirano ad un unico respiro in Ps. Basilio Sull’origine dell’uomo I, 2 (SCh 160, 168, 6). 1800   Cfr. la dottrina stoica dell’egemonico, da cui scaturiscono sette parti dell’anima (i cinque sensi, lo sperma, la voce) che si estendono in direzione del corpo come i tentacoli di un polipo (SVF II, 836 [1]; cfr. anche SVF II, 879). 1801   La sympatheia nello stoicismo indica la relazione che tiene unito il cosmo percorso da un unico pneuma (cfr. ad es. SVF II, 912) ma anche quella fra anima e corpo (cfr. a questo proposito Pohlenz, La Stoa I, 473 riguardo al pensiero di Posidonio). 1802   Cfr. SVF II, 56 [2]: Crisippo criticava la dottrina di Cleante secondo la quale la rappresentazione si imprimerebbe nell’anima come un’impronta in rilievo sulla cera, perché ne seguirebbero conseguenze assurde, in quanto l’ultima rappresentazione arrivata oscurerebbe la precedente sovrapponendosi ad essa. Si perderebbe così la memoria, deposito di rappresentazioni. Di conseguenza Crisippo definiva la rappresentazione come un’alterazione qualitativa nell’egemonico. Cfr. anche Pohlenz, La Stoa, I, 113-114. Anche in In Ps 59, 1 § 2 [464C] l’anima è paragonata a una colonna su cui devono essere scolpite le parole del salmo in modo che siano ricordate per tutto il tempo. Vedi anche In Ps 14A, 2-3 § 3 [256C] e Princ Joannis § 4 [481B]. 1803   Tale formulazione fa credere che Basilio distingua fra «ad icona» e «a somiglianza»: il primo concetto si riferisce all’anima ed alla ragione; il secondo è legato alla proairesis con cui l’uomo compie scelte che lo possono rendere effettivamente somigliante a Dio;

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XVIII. Omelia su Presta attenzione a te stesso (Dt 15, 9)

Dalla contemplazione del corpo all’Artefice Presta attenzione (Dt 15, 9), se ti sembra opportuno, dopo la contemplazione dell’anima, anche alla costituzione del corpo ed ammira come l’ottimo Artefice l’abbia forgiato* come alloggio conveniente all’anima razionale. Plasmò l’uomo eretto solo fra gli esseri animati, affinché dalla stessa figura tu sappia che la tua vita deriva dalla comunanza di origine dall’alto. Infatti tutti i quadrupedi guardano alla terra e sono chinati verso il ventre; per l’uomo invece [è] preparato il guardare in alto verso il cielo,1804 così che non si dedichi al ventre, né alle passioni sotto il ventre, ma tenga rivolto l’impulso tutto al cammino verso l’alto. Poi, posta la testa nelle parti più alte, collocò in essa quelli più degni fra i sensi.1805 Lì vista e udito e gusto e odorato, che abitano tutti vicini gli uni agli altri. E così, anche se si trovano in uno spazio ristretto, [216D] ciascuno non impedisce affatto l’attività del vicino. Gli occhi hanno preso la vedetta più alta,1806 così che nessuna delle parti del corpo faccia loro da schermo, ma, [217A] stando sotto una piccola sporgenza delle sopracciglia, si tendano dalla prominenza in alto in linea retta.1807 Invece l’udito non si apre in linea retta, ma afferra i suoni

cfr. Ps. Basilio Sull’origine dell’uomo I, 16 e 17 (SCh 160, 206-212); Distinzione non così chiara in Gregorio di Nissa, che non distinguerebbe tra ‘immagine’ e ‘somiglianza’ come riconosce G. Maspero, Antropologia in L.F. Mateo-Seco - G. Maspero (edd.), Gregorio di Nissa. Dizionario, 82. 1804   Concetti analoghi esprime Basilio in Hex IX, 2, 6; per la posizione eretta dell’uomo cfr. anche Ps. Basilio Sull’origine dell’uomo II, 15 (SCh 160, 268, 1-13) e Gregorio di Nissa, Sulla creazione dell’uomo 7, 140D e 8, 144AB. Cfr. le idee degli stoici su questo tema in Cicerone, Sulla natura degli dei II, 140 (gli dei vollero che gli uomini avessero la posizione eretta perché potessero ricavare dalla contemplazione dei fenomeni celesti la nozione della divinità). Cfr. anche Sallustio, La congiura di Catilina I, 1 (bisogna impegnarsi col massimo sforzo se vogliamo emergere sugli altri esseri animati per non trascorrere la vita oscuri, come le pecore, che la natura ha creato prone a terra e schiave del ventre). 1805   Per gli organi di senso collocati nel capo come in una cittadella per meglio esercitare le loro funzioni cfr. Cicerone Sulla natura degli dei II, 140. 1806   Per gli occhi come vedette cfr. Cicerone, Sulla natura degli dei II 140. 1807   Per la fisiologia dell’occhio e in particolare per l’orientamento della vista in linea retta cfr. Ps. Basilio Sull’origine dell’uomo II, 16 (SCh 160, 270-276).

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nell’aria con il cammino a spirale.1808 Anche questo [è] proprio della più alta sapienza, così che la voce senza impedimenti passi in mezzo o anche maggiormente risuoni, rotta dalle tortuosità, mentre niente di ciò che sopravviene dall’esterno può essere di impedimento al senso. Apprendi la natura della lingua, come è tenera e facile a volgersi e sufficiente ad ogni uso di parola con la varietà del movimento.1809 Nel medesimo tempo i denti strumenti della voce, che procurano forte la resistenza alla lingua,1810 ed al tempo stesso anche ministri del cibo, gli uni tagliandolo, gli altri triturandolo.1811 E così, percorrendo tutto col ragionamento conveniente ed apprendendo [218B] l’attrazione dell’aria attraverso il polmone, la conservazione del calore nel cuore, organi di digestione, canali del sangue;1812 da tutte queste cose vedrai la sapienza inscrutabile (cfr. Rm 11, 33) di Colui che ti ha fatto, così che tu stesso possa dire col Profeta: mirabile è la conoscenza di te a partire da me (Sal 138, 6).1813 Presta dunque attenzione a te stesso (Dt 15, 9), perché tu presti attenzione a Dio, al quale la gloria e la potenza nei secoli dei secoli. Amen.

  Sull’udito e sul suo percorso tortuoso ed involuto cfr. Cicerone, Sulla natura degli dei II, 144.   Per le straordinarie qualità della lingua nell’articolazione della voce cfr. Cicerone, Sulla natura degli dei II, 149. 1810   Cfr. Cicerone, Sulla natura degli dei II, 149 1811   Cfr. Cicerone, Sulla natura degli dei II, 134. Anche in Ambrogio i denti sono legati non solo alla prima elaborazione del cibo ma anche al dare piena espressione alla voce, Ambrogio, Noe 7, 22; Esamerone 6.9.9.66. 1812   Cfr. Ps. Basilio Sull’origine dell’uomo I, 2 (SCh 160, 168, 7-8), in cui vengono elencate simili caratteristiche fisiologiche del corpo umano al fine di mostrare la sapienza del Creatore. 1813   Passo salmico richiamato, in un contesto simile in Hex IX, 6, 4; cfr. anche Ps. Basilio Sull’origine dell’uomo I, 2 (SCh 160, 170, 16). 1808

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XIX. Omelia su In principio era il Logos (Gv 1, 1)

Potenza del Prologo giovanneo e difficoltà a comprenderlo La bellezza del vangelo e del prologo giovannei >1.  [472B] Tutta la voce dei Vangeli [è] più elevata dei restanti insegnamenti dello Spirito, per il fatto che in quelli ci parlò attraverso i servi, i profeti, mentre nei Vangeli nella sua stessa persona si rivolse a noi il Sovrano.1814 Nondimeno del kerygma evangelico stesso quello dalla voce più grande e che fa risuonare cose più grandi di ogni udito e più alte di ogni intelligenza è Giovanni,1815 il figlio del tuono (cfr. Mc 3, 17); di lui abbiamo ascoltato, letto poco fa, il proemio della evangelica scrittura [472C]: In principio era il Logos, e il Logos era presso Dio, e il Logos era Dio (Gv 1, 1).

I filosofi pagani ammirano il prologo di Giovanni, tanto più lo devono i cristiani So che molti anche di coloro che, al di fuori del Logos della verità (Col 1, 5; Gc 1, 18), si gloriano della sapienza mondana1816 (cfr. 1Cor 1, 20; 1Cor 3, 19), hanno sia ammirato, sia avuto l’audacia di mescolare nelle proprie opere tali parole. Infatti il diavolo [è] ladro e divulga ciò che è nostro ai suoi vati. Se dunque la sapienza carnale (2Cor 1, 12) ha ammirato così tanto la potenza delle parole, 1817 che faremo noi, i discepoli dello Spirito, se ascoltiamo trascuratamente e stimiamo che sia una esigua potenza quella 1814   Per l’uso dell’appellativo Despotēs (che compare anche più avanti § 3 [481B]) vedi nota a In Ps 29, 3 § 3 [309D]. 1815   Cfr. Origene, Commento a Giovanni I, IV, 22 (SCh 120, 68-70). Qualcosa di analogo riconosce il Nisseno quando afferma che Matteo parla della generazione del corpo di Cristo lasciando al grande Giovanni di dire quale sia il principio che è dall’eternità e il Logos pensato insieme a quel Principi, Gregorio di Nissa, Commento al Cantico dei cantici XIII (GNO VI, 386-387). 1816   Basilio sostituisce l’aggettivo «mondano» al genitivo del testo di Paolo («del mondo, di questo mondo»). L’espressione paolina richiamata anche in In Ps 48, 7 3 [440A] e in In Ps 115, 1§ 1 [104C]. 1817   Vedi per espressioni simili In Ps 14B § 5 [277C], In Ps 32, 10 § 6 [340B] e Attende § 5 [208B].

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XIX. Omelia su In principio era il Logos (Gv 1, 1)

presente in esse? E chi è così ammalato di insensibilità che non resti colpito da tale bellezza di pensiero e profondità dei dogmi così inafferrabile e non desideri la vera comprensione di essi? Tuttavia [472D] l’ammirare le cose belle non [è] difficile, ma l’essere in una precisa* cognizione delle cose ammirate, questo [è] arduo e difficile da raggiungere.

Non si possono guardare direttamente né il sole né il ‘principio’ Poiché anche questo sole sensibile non c’è nessuno che non lo lodi oltre misura [473A], dilettandosi della sua grandezza e della bellezza e della simmetria dei raggi e della sua irradiante luce; nondimeno, se si sforza con troppa veemenza di indirizzare verso il disco gli sguardi dei suoi occhi, non solo non vedrà le cose ricercate, ma se ne andrà avendo rovinato l’acutezza della vista. Qualcosa di simile mi pare che subisca la mente che si sforza di fare il preciso* esame delle parole in questione: In principio era il Logos (Gv 1, 1). Chi comprenderà degnamente quanto riguarda il principio? Quale potenza di parole si potrebbe trovare che possa esprimere con pari onore il pensato? Volendo trasmetterci quanto concerne la teologia1818 del Figlio di Dio, non ha dato al discorso nessun altro principio che il principio di tutto.

I sofismi degli avversari anticipati dalla Parola Lo Spirito Santo conosceva quanti avrebbero attaccato la gloria dell’Unigenito [473B]; conosceva in anticipo quelli che avrebbero prodotto contro di noi i sofismi,1819 quelli da loro macchinati per stravolgere quanti ascoltano. ‘Se è stato generato, non era’;1820 e ‘Prima di essere stato generato, non era’;1821 e ‘Prese l’ipostasi da ciò che non era’.1822 Tali cose predicano lingue affilate più di qualunque spada a doppio taglio1823   Qui teologia viene intesa come discorso sulla dimensione intratrinitaria del Verbo, avanti la sua incarnazione (economia) 1819   Basilio parla di ripetutamente di ‘sofisma’ nel Contra Eunomium come in C Eun II, 14, 19, in cui si riferisce ad Ario e ad Eunomio. 1820   La stessa obiezione compare in In Christi gen 1 (1460A). Il concetto ereticale è presente in C Eun II, 14, 14-15; 31-32; ma cfr. anche la lettera di Ario a Eusebio di Nicomedia richiamata in Epifanio di Salamina, Panarion III, 69, 6 (GCS 37, 3). 1821   L’affermazione ‘è stato generato’ indica l’inizio dell’Unigenito senza per questo doverlo pensare posteriore al tempo, dice con chiarezza Basilio in In Christi gen §1, 1460A. 1822   Basilio dovrebbe qui riferirsi alle posizioni del neoarianesimo di Eunomio. 1823   L’espressione è però riferita in Paolo alla parola di Dio. 1818

Potenza del Prologo giovanneo e difficoltà a comprenderlo

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(Eb 4, 12) attraverso discorsi speciosi (cfr. 1Cor 2, 4). Perché pertanto a nessuno sia possibile dire tali cose, lo Spirito Santo, prevenendo attraverso il Vangelo, In principio - dice - era il Logos. Se tieni saldamente questa voce, non c’è da temere che tu subisca niente di pericoloso da parte di coloro che usano male arti. Se infatti quello dice: ‘Se è stato generato, non era’, tu di’: In principio era. ‘Ma - dice - prima di essere stato generato come era’? Tu non trascurare Era; non lasciare In principio.1824 Il culmine del principio non è afferrabile; ciò che è fuori e oltre il principio non [473C] si trova.

Polisemia del termine ‘principio’ Non ti faccia sragionare qualcuno con la polisemia della lectio. Infatti [ci sono] molti principi di molte cose in questa vita, ma un [solo] principiouno al di sopra di tutto, quello [che è] al di là.1825 Infatti Principio di strada buona, ha detto il libro dei Proverbi (Pr 16, 7). Ma principio di strada [è] il primo movimento, da cui principiamo il viaggio, di cui è possibile trovare ciò che è dietro prima. E Principio di sapienza il timore del Signore (Sal 110, 10; Pr 1, 7). C’è anche qualcos’altro che sta prima di questo principio; infatti principio dell’apprendimento delle arti tecniche è la dottrina degli elementi primi. Dunque è elemento primo della sapienza il timore del Signore; ma c’è qualcosa di più antico di questo principio, la condizione dell’anima, di colui che non è stato ancora istruito nella sapienza e non ha appreso il timore di Dio. Principi sono detti anche i poteri politici, le dignità eccelse. Ma questi principi sono principi di alcune cose [473D] e ciascuno in relazione a qualcosa. Infatti principio della linea [476A] [è] il punto; e principio della superficie [è] la linea; e principio del corpo la superficie; e 1824   Anche in ambito di riflessione teologica, e non solo quindi nell’ambito del combattimento spirituale (l’uso antirretico della Parola; cfr. Introduzione), vale il principio di trovare il passo biblico da opporre all’errore. 1825   Richiama la definizione platonica del bene come ciò che sta al di là dell’essenza (epekeina tēs ousias), Platone Repubblica VI, 509b. Una eco, anche per il riferimento al prologo (Gv 1, 18), è presente anche in Gregorio di Nissa, Confutazione della professione di fede di Eunomio 8 (GNO II, 315, 26-28).

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XIX. Omelia su In principio era il Logos (Gv 1, 1)

del discorso strutturato principi [sono] gli elementi primi.

Il ‘principio’ primo >2.  Non certo tale [è] anche quel principio. A niente infatti è legato, a niente è asservito; con niente viene investigato; al contrario è libero, senza padrone, sciolto dalla relazione con altro; invalicabile con la mente, che non è possibile valicare coi ragionamenti, di cui non è possibile trovare ciò che sta al di là. Se infatti ti sforzi con la rappresentazione dell’intelletto di andare oltre1826 il principio, troverai che esso ti corre avanti e muove per primo incontro ai ragionamenti. Lascia che il tuo intelletto corra quanto vuole e tenda fino alle cose in alto (Col 3, 1); poi troverai che esso ha errato in innumerevoli ambiti e ha molto camminato nel vuoto e di nuovo ha fatto ritorno a sé, per il fatto che esso non può [476B] portare il principio ad essere posteriore ed inferiore a sé. Per questo motivo, che sempre il principio viene trovato fuori e oltre e più grande rispetto a ciò che viene pensato.

  Il verbo paratrechō compare con significato analogo nell’omelia In Christi gen §1 1457C.

1826

Generazione del Logos ‘in principio’ prima e fuori del tempo

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Generazione del Logos ‘in principio’ prima e fuori del tempo In principio - dunque - era il Logos. (Gv 1, 1). O meraviglia! Come tutte le voci si rapportano le une alle altre con pari onore! Era può essere equivalente a In principio. Dove [è] il blasfemo? Dove la lingua che combatte con Cristo? Quella che dice: ‘C’era un tempo, in cui non era’? Ascolta il Vangelo. In principio era. Se In principio era, quando non era? Compiangerò l’empietà di essi o proverò disgusto per la stoltezza ? Ma ‘prima di essere stato generato, non era’. Sai infatti quando è stato generato tanto da poter ricondurre al tempo il prima? Infatti il ‘prima di’ è voce temporale, che pone una cosa prima dell’altra per antichità. Come è ragionevole che l’autore del tempo abbia la generazione soggetta alle denominazioni temporali?1827 [476C] In principio - dunque - era. Se non ti allontani dall’era, non darai nessun accesso alla malvagia blasfemia. Come infatti quelli che vanno per mare, quando oscillano fra due ancore, disprezzano la tempesta, così anche tu riderai di questo malvagio turbamento, quello suscitato nella vita dagli spiriti della malvagità (Ef 6, 12) e che sballotta la fede dei molti, se tieni ormeggiata l’anima alla sicurezza di queste parole.

Varie valenze concettuali del «logos» >3.  La nostra mente poi ricerca chi era in principio?

Il logos umano soggiace al tempo Il Logos, dice. Quale logos? Il logos umano? O il logos degli angeli? E infatti ci fece intuire [476D] l’Apostolo che anche gli angeli hanno una propria [477A] lingua, dicendo: Se anche parlassi con le lingue degli uomini e degli angeli (1Cor 13, 1). Ma anche del logos c’è un duplice concetto. Infatti il primo è quello proferito attraverso la voce - questo svanisce nell’aria dopo

  Cfr. In Christi gen 1 (1460A) e C Eun II, 13. In questa prima trattazione Basilio si oppone all’idea antropomorfica di Eunomio (cfr. C Eun II, 14, 23-32) per il quale la generazione implicherebbe di per sé un passaggio dall’eterno al tempo, e dunque la fuoriuscita del Figlio dalla divinità. La semplice presenza dell’ era (e non dell’è, che per Platone si addice all’eternità) nel prologo giovanneo attesta la continua presenza del Figlio nel e col Padre. 1827

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XIX. Omelia su In principio era il Logos (Gv 1, 1)

che è stato proferito1828 -; il secondo invece è uno interiore, che sta nei nostri cuori: quello del pensiero.1829 E un altro, il logos tecnico. Sta’ attento che l’omonimia della voce non ti inganni. Come infatti era in principio il logos umano, dell’uomo che ha ricevuto il principio della generazione più tardi? Prima dell’uomo le bestie selvagge; prima dell’uomo il bestiame, tutti i rettili; quanti terrestri e quanti acquatici, uccelli del cielo (cfr. Gen 1, 26), stelle, sole, luna, piante, semi, terra, mare, cielo. Non dunque in principio era il logos umano, ma neppure quello degli angeli. Infatti tutta [477B] la creazione è posteriore ai secoli, avendo preso il principio dell’essere dal Creatore. Il logos nel cuore, poi, anche questo è più recente di ciascuna delle cose pensate.

Il vero Logos quale Monogenito: suoi caratteri divini Ma ascolta del Logos in modo conveniente a Dio.1830 Infatti, parlandoti del Monogenito, lo disse ‘Logos’. Come dunque poco dopo dirà e ‘luce’ (cfr. Gv 8, 12) e ‘vita’ e ‘resurrezione’ (cfr. Gv 11, 25)1831 e, udendo luce, non ti dirigi verso questa sensibile e visibile con gli occhi, né, udendo vita, intendi

  Vedi In Ps 28, 3. § 3 [289A]: la voce dell’uomo «o è aria percossa o l’immagine che si verifica nell’aria, a cui, chi parla, vuole dare forma». Per questo Basilio può dire che la voce di Dio non è come quella umana, suono emesso dagli organi fonetici né aria modellata mediante la lingua, Hex II, 7, 28-30; III, 2, 9-15; vedi anche Attende § [197D-200A]. 1829   In questo passo Basilio richiama come di passaggio la nota distinzione fra logos endiathetos e prophorikos (cfr. SVF II, 135 [2] e 223); M. Pohlenz, La Stoa I, 61-65; ma non vi si sofferma più di tanto. Ma si può scorgere anche un richiamo aristotelico-plotiniano, Plotino, Enneadi IV, 3, 26; cfr. Y.. Courtonne, Saint Basile et l’Hellénisme, 55-56. La sua considerazione comunque rimane ancora a livello antropologico, premendogli di ribadire che il fenomeno della parola umana si caratterizza per il suo essere sottomessa dal tempo e ad esso condizionata. 1830   Per la categoria del ‘a Dio conveniente’ vedi nota a In Ps 33, 11 § 7 [368B]. 1831   Per i vari nomi attribuiti a Cristo e il richiamo alla dottrina origeniana delle epinoiai vedi In Ps 28, 5 § 5 [296A] e In Ps 44, 4 § 5 [400A] e relative note. 1828

Generazione del Logos ‘in principio’ prima e fuori del tempo

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questa comune, che [vivono] anche gli esseri irrazionali;1832 così anche, udendo Logos, guardati dal cadere in pensieri raso terra1833 e bassi per la tua debolezza della mente. Indaga invece il senso della parola. Perché Logos? Affinché si mostri che è proceduto dall’intelletto1834. Perché Logos? Perché è stato generato in modo impassibile.1835 [477C] Perché Logos? Perché icona di Colui che ha generato (cfr. Col 1, 15), che mostra in sé interamente il Genitore, senza nulla separare da lì, ed permanendo perfetto in se stesso; come anche il nostro logos rappresenta tutto il nostro pensiero. Ciò che infatti avevamo pensato nel cuore, questo abbiamo proferito con la parola e ciò che viene detto è rappresentazione del pensiero nel cuore. Infatti dalla pienezza del cuore (Mt 12, 34) il logos viene proferito. E mentre il nostro cuore è come una fonte,1836 il logos proferito [è] come un rivolo che scorre

  Per la distinzione fra la vita comune propria anche degli esseri razionali e la vita autentica che è il Cristo vedi anche In Ps 33, 13 § 9 [372C]. 1833   Per lo stesso invito a non cadere in interpretazioni meramente letteraliste, di basso livello, vedi In Ps 28, 1 § 1 [281D]. 1834   Basilio sa che è più conforme a pietà affermare che il volere divino e la prima spinta (impulso) del movimento noetico è il Logos di Dio, Hex III, 2, 17-19. 1835   Anche qui l’affermazione di Basilio ha di mira le posizioni di Eunomio, che concepisce la generazione del Verbo in modo passionale (Cfr. C Eun II, 5, 25-30; II, 23, 94). 1836   La disposizione interna, da cui scorre la parola, paragonata ad una fonte, con citazione di Mt 12, 34, anche in In Ps 14A, 2-3 § 3 [256B]. Per la corrispondenza fra il cuore e la parola vedi In Ps 29, 5 § 3 [312C], In Ps 33, 14 § 9 [373C], In Ps 44, 2 § 3 [393BC], In Ps 48, 4 § 2 [436AB]. 1832

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XIX. Omelia su In principio era il Logos (Gv 1, 1)

da questa fonte. Tanto grande dunque ciò che sgorga quanto ciò che prima viene su; e quale il nascosto, tanto grande anche il manifesto.1837 Dunque disse ‘Logos’ per presentarti la impassibile generazione da parte del Padre1838 e per dirti teologicamente la perfetta sussistenza del Figlio, e per indicare con ciò [477D] l’unione1839 senza tempo del Figlio col Padre. E infatti il nostro logos [è] generazione dell’intelletto, generato in modo impassibile; né infatti è tagliato, [480A] né è separato, né scorre, ma, restando intero l’intelletto nella propria costituzione, produce intero il logos e completo; ed il logos, proceduto, abbraccia in sé tutta la potenza dell’intelletto che [lo] ha generato.1840 Avendo dunque ricavato tanto per la teologia dell’Unigenito a partire dalla voce1841 ‘logos’, quanto [è] religioso, evita e supera con ogni mezzo quanto tu trovi apparire incongruente e sconveniente. In principio era il Logos. Se invece avesse detto: ‘In principio era il Figlio’, con la denominazione del Figlio sarebbe insieme entrato in te il concetto della passione. Poiché infatti presso di noi ciò che genera, genera nel tempo, e genera con modalità passionale, per questo, prevenendo, disse ‘Logos’, correggendo in anticipo le supposizioni sconvenienti, per preservare la tua anima illesa.1842

1837   Se in un primo momento Basilio sembrava escludere qualsiasi rapporto tra logos umano e Logos divino, qui in tutta questa sezione egli assume il fenomeno della ‘parola umana’ come espressione analogica della generazione e della identità della Parola divina. 1838   Per l’esigenza che la generazione del Figlio non vada pensata secondo le modalità somatiche della generazione, vedi anche In Christi gen §1, 1457C. 1839   Per il termine synapheia per indicare l’unione dello Spirito con il Padre e il Figlio vedi In Ps 32, 5 § 4 [333A] e relativa nota. 1840   Quindi la dynamis del nous è presente nel logos, da quello generato. 1841   Nel senso di ‘termine’. 1842   Basilio legge come una scelta strategica quella del testo giovanneo di introdurre il termine Logos al posto di ‘figlio’; in tal modo ribadisce, contro la posizione eunomiana, l’inadeguatezza della modalità generativa umana per spiegare la generazione del Figlio che avviene fuori del tempo e fuori del corpo, generazione che non intacca né compromette la divinità del Padre col quale il Figlio resta unito condividendone la natura.

Generazione del Logos ‘in principio’ prima e fuori del tempo

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«Presso Dio» >4.  [480B] E il Logos era presso Dio. (Gv 1, 1). Di nuovo era, a motivo di quelli che dicono in modo blasfemo che non era. Dove era il Logos? Non in un luogo; infatti ciò che è incircoscritto non è contenuto da un luogo. Ma dove era? Presso Dio. Né il Padre in un luogo, né il Figlio contenuto in un limite e in una misura stabilita, ma infinito il Padre e infinito il Figlio. Tutto ciò che tu pensi e dovunque tu vada con il tuo spirito, lo troverai pieno di Dio; da ogni parte troverai l’ipostasi del Figlio parimenti coestesa. E il Logos era presso Dio. Ammira la precisione* di ciascuna voce; non ha detto ‘In Dio’ era il Logos, ma presso il Dio, per mostrare il carattere proprio dell’ipostasi. Non ha detto ‘In Dio’, per non offrire un pretesto alla confusione dell’ipostasi. [480C] Malvagia infatti anche quella blasfemia di coloro che cercano di mescolare tutto e dicono uno il substrato, Padre e Figlio e Spirito Santo, e che sono attribuiti a una sola realtà nomi diversi.1843 Malvagia empietà e da fuggire non meno di quanti dicono in modo blasfemo che per sostanza il Figlio di Dio è dissimile1844 da Dio e Padre. E il Logos era presso Dio. (Gv 1, 1).

  Il passaggio richiama da vicino la lettera scritta da Basilio nel 375 Agli asceti che dirigeva, l’Ep 226, 4 (III, 28, 15-17); chi sostiene un tale errore si avvicina al pensiero giudaico. Riferimento all’eresia del modalismo. 1844   Riferimento ad Eunomio ed alla corrente degli ‘anomei’ che consideravano il Figlio dissimile dal Padre. 1843

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XIX. Omelia su In principio era il Logos (Gv 1, 1)

Il Logos/Dio in principio presso Dio In seguito, usando la voce 1845 del Logos per la dimostrazione della impassibilità nella generazione, celermente ha riparato anche il danno che poteva nascere in noi dal [termine] Logos. E come strappandosi dalla blasfemia dei falsi accusatori, Che cosa - dice - è il Logos? Il Logos era Dio. (Gv 1, 1). Non mi fare ‘tecnologia’1846 su alcune distinzioni di discorsi e per la [480D] tua mala arte non attribuire una blasfemia all’[481A] insegnamento dello Spirito. Hai la spiegazione; sta’ sottomesso al Signore. Il Logos era Dio; questo era in principio presso Dio. (Gv 1, 1-2). Di nuovo ricapitola in poche parole tutta la sua teologia, che l’Evangelista ci ha trasmesso riguardo al Monogenito. Questo chi? Questo, il Logos il Dio. Poiché infatti articolò per te la nozione riguardo a Lui ed ha per così dire impresso nella tua anima attraverso l’insegnamento ciò che era ignorato ed ha introdotto il Logos Cristo nel tuo cuore come in una casa, Questo, dice. Quale questo? Non guardare fuori, ricercando colui che è indicato con la voce deittica,1847 ma entra nel segreto (cfr Mt 6, 4.6.18; cfr. 1Pt 3, 4; Rm 2, 16; 1Cor 14, 25) della tua anima e il Dio riguardo al quale sei stato istruito, quello che era in principio, quello proceduto come Logos, quello che era presso Dio, - questo avendo conosciuto ed essendone rimasto sbigottito ed avendo adorato il tuo [481B] Sovrano, quello stabilito in te attraverso l’insegnamento, sappi che Questo era in principio; cioè, sempre presso Dio, suo Padre.

  Vedi nota immediatamente precedente.   Basilio accusa Eunomio di fare tecnologia, di tenere discorsi ‘tecnici’ invece di stare alla fede dei semplici, C Eun I, 9, 30-31; II, 5, 13; III, 1, 12. 1847   ‘Voce deittica’ compare anche in In Ps 33, 7 § 5 [361B]. 1845 1846

Conclusione

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Conclusione Conservatemi queste poche voci, imprimendole come un sigillo nelle vostre memorie.1848 Queste saranno un muro assai solido contro gli assalti di coloro che tendono insidie; queste sono una difesa salvifica delle anime contro coloro che le accusano. Se qualcuno, venendo avanti contro di te, dicesse: ‘Non essendo, fu generato; se infatti era, come fu generato?’ respingi come voce di demoni la blasfemia contro la gloria dell’Unigenito. Tu stesso, tornato indietro, vai alle voci dei Vangeli: In principio era il Logos, e il Logos era presso Dio, e il Logos era Dio. Questo era in principio presso [481C] Dio. Di’ per la quarta volta era e annullerai il loro non era. Questi fondamenti della fede (cfr. 1Cor 3, 11) restino non scossi. Con questi edificheremo (cfr. 1Cor 3, 10.12), se Dio lo concede, anche il resto. Non è possibile infatti parlarvi di tutto in una volta sola affinché giammai rendiamo inutili per voi le cose raccolte senza risparmiarci la fatica1849 per la mancanza di misura del discorso. Infatti la mente spossata nell’afferrare tutto nello stesso tempo, sopporta la stessa cosa di un ventre che per la sazietà all’eccesso non riesce a condurre a digestione le cose ingerite. Prego dunque che voi abbiate provato dolcezza col gusto e abbiate tratto utilità con l’assimilazione.1850 Io stesso sto pronto per voi per il servizio di ciò che resta, in Cristo Gesù il Signore nostro, al quale la gloria e la potenza nei secoli dei secoli. Amen (1Pt 4, 11; Ap 1, 6).

  Cfr. la dottrina stoica per cui la rappresentazione è come un sigillo ed un’impronta della realtà (SVF II, 60); vedi anche In Ps 14A, 2-3 § 3 [256C], In Ps 59, 1 § 2 [464C], Attende § 7 [216B]. 1849   Traduciamo con ‘senza risparmiarci la fatica’ l’avverbio philoponōs che nella forma aggettivale si ritrova in Attende §1 [200B]. 1850   Il termine anadosis significa letteralmente la distribuzione del cibo (qui la Parola) nel corpo. L’interpretazione in senso spirituale del gusto si ritrova in In Ps 33, 2 § 1 [353B], In Ps 33, 9 § 6 [364CD-365A], In Ps 33, 21 § 13 [384B] e Princ Prov § 14 [413CD-416A]. 1848

Appendice Testi greci strutturati I. SALMO 1 [212A] Ἄλλα μὲν οὖν προφῆται παιδεύουσι, καὶ ἄλλα ἱστορικοὶ, καὶ ὁ νόμος ἕτερα, καὶ ἄλλα τὸ εἶδος τῆς παροιμιακῆς παραινέσεως. Ἡ δὲ τῶν Ψαλμῶν βίβλος τὸ ἐκ πάντων ὠφέλιμον περιείληφε. Προφητεύει τὰ μέλλοντα· ἱστορίας ὑπομιμνήσκει· νομοθετεῖ τῷ βίῳ· ὑποτίθεται τὰ πρακτέα· καὶ ἁπαξαπλῶς κοινὸν ταμιεῖόν ἐστιν ἀγαθῶν διδαγμάτων, τὸ ἑκάστῳ πρόσφορον κατὰ τὴν ἐπιμέλειαν ἐξευρίσκουσα. Τά τε γὰρ παλαιὰ τραύματα τῶν ψυχῶν ἐξιᾶται, καὶ τῷ νεοτρώτῳ ταχεῖαν ἐπάγει τὴν ἐπανόρθωσιν, καὶ τὸ νενοσηκὸς περιποιεῖται, καὶ τὸ ἀκέραιον διασώζει· καὶ ὅλως ἐξαιρεῖ τὰ πάθη [212C] Ψαλμὸς γαλήνη ψυχῶν, βραβευτὴς εἰρήνης, τὸ θορυβοῦν καὶ κυμαῖνον τῶν λογισμῶν καταστέλλων. Μαλάσσει μὲν γὰρ τῆς ψυχῆς τὸ θυμούμενον, τὸ δὲ ἀκόλαστον σωφρονίζει. Ψαλμὸς φιλίας συναγωγὸς, ἕνωσις διεστώτων, ἐχθραινόντων διαλλακτήριον. [212D] Ψαλμὸς δαιμόνων φυγαδευτήριον, τῆς τῶν ἀγγέλων βοηθείας ἐπαγωγή· ὅπλον ἐν φόβοις νυκτερινοῖς, ἀνάπαυσις κόπων ἡμερινῶν· νηπίοις ἀσφάλεια, ἀκμάζουσιν ἐγκαλλώπισμα,

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Appendice

πρεσβυτέροις παρηγορία, γυναιξὶ κόσμος ἁρμοδιώτατος. Τὰς ἐρη|μίας [213A] οἰκίζει, τὰς ἀγορὰς σωφρονίζει· εἰσαγομένοις στοιχείωσις, προκοπτόντων αὔξησις, τελειουμένων στήριγμα, Ἐκκλησίας φωνή. Οὗτος τὰς ἑορτὰς φαιδρύνει, οὗτος τὴν κατὰ Θεὸν λύπην δημιουργεῖ. Ψαλμὸς γὰρ καὶ ἐκ λιθίνης καρδίας δάκρυον ἐκκαλεῖται· ψαλμὸς τὸ τῶν ἀγγέλων ἔργον, τὸ οὐράνιον πολίτευμα, τὸ πνευματικὸν θυμίαμα. [213A] Τί γὰρ οὐκ ἂν μάθοις ἐντεῦθεν; οὐ τῆς ἀνδρίας τὸ μεγαλοπρεπές; οὐ τῆς δικαιοσύνης τὸ ἀκριβές; οὐ [213B] σωφροσύνης τὸ σεμνόν; οὐ τὸ τῆς φρονήσεως τέλειον; οὐ μετανοίας τρόπον; οὐχ ὑπομονῆς μέτρα; οὐχ ὅ τι ἂν εἴποις τῶν ἀγαθῶν; Ἐνταῦθα ἔνι θεολογία τελεία, πρόῤῥησις τῆς διὰ σαρκὸς ἐπιδημίας Χριστοῦ, ἀπειλὴ κρίσεως, ἀναστάσεως ἐλπὶς, φόβος κολάσεως, ἐπαγγελίαι δόξης, μυστηρίων ἀποκαλύψεις· πάντα, ὥσπερ ἐν μεγάλῳ τινὶ καὶ κοινῷ ταμιείῳ, τῇ βίβλῳ τῶν Ψαλμῶν τεθησαύρισται. [216B] Μακάριον γὰρ τῷ ὄντι τὸ αὐτόκαλον, πρὸς ὃ πάντα ἀποβλέπει, οὗ πάντα ἐφίεται, ἡ ἄτρεπτος φύσις,

Testi greci strutturati

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τὸ δεσποτικὸν ἀξίωμα, ἡ ἀόχλητος ζωὴ, ἡ ἄλυπος διεξαγωγὴ, περὶ ἣν οὐκ ἔστιν ἀλλοίωσις, ἧς οὐχ ἅπτεται μεταβολή· ἡ βρύουσα πηγὴ, ἡ ἄφθο|νος [216C] χάρις, ὁ ἀδαπάνητος θησαυρός [220D] Οἷον, καθεύδεις, καὶ ὁ χρόνος σε παρατρέχει· ἐγρήγορας, καὶ ἄσχολος εἶ [221A] τὴν διάνοιαν· ἀλλ᾽ ὅμως ἡ ζωὴ δαπανᾶται, κἂν τὴν αἴσθησιν ἡμῶν διαφεύγῃ. Δρόμον οὖν τινα τρέχομεν πάντες ἄνθρωποι, πρὸς τὸ οἰκεῖον τέλος ἕκαστος ἐπειγόμενοι· διὰ τοῦτο πάντες ἐσμὲν ἐν ὁδῷ. Καὶ οὕτω δ᾽ ἂν λάβοις τῆς ὁδοῦ τὴν ἔννοιαν. Ὁδοιπόρος ἐφέστηκας τῷ βίῳ τούτῳ· πάντα παρέρχῃ, πάντα κατόπιν σου γίνεται. Εἶδες ἐπὶ τῆς ὁδοῦ φυτὸν, ἢ πόαν ἢ ὕδωρ, ἢ ὅτι ἂν τύχῃ τῶν ἀξίων θεάματος· μικρὸν ἐτέρφθης, εἶτα παρέδραμες. Πάλιν ἐνέτυχες λίθοις, καὶ φάραγξι, καὶ κρημνοῖς, καὶ σκοπέλοις, καὶ σκόλοψιν, ἤ που καὶ θηρίοις, καὶ ἑρπετοῖς, καὶ ἀκάνθαις, καί τισιν ἄλλοις τῶν ὀχληρῶν· μικρὸν ἠνιάθης, εἶτα κατέλιπες.. Τοιοῦτος ὁ βίος, οὔτε τὰ τερπνὰ μόνιμα, οὔτε τὰ λυπηρὰ διαρκῆ κεκτημένος. Ἡ ὁδὸς οὐκ ἔστι σὴ, ἀλλ᾽ οὐδὲ τὰ παρόντα σά. Ἐπὶ τῶν ὁδευόντων, [221B] ὁμοῦ τε ὁ πρῶτος τὸ ἴχνος ἐκίνησε, καὶ εὐθὺς ὁ μετ᾽ αὐτὸν τὴν βάσιν ἤνεγκε, καὶ μετ᾽ ἐκεῖνον ὁ ἐφεπόμενος. Σκόπει δὲ καὶ τὰ τοῦ βίου εἰ μὴ παραπλήσια. Σήμερον τὴν γῆν σὺ ἐγεώργησας,

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Appendice

καὶ αὔριον ἄλλος, καὶ μετ᾽ ἐκεῖνον ἕτερος. Ὁρᾷς τοὺς ἀγροὺς τούτους καὶ τὰς πολυτελεῖς οἰκίας; Πόσα ἤδη ὀνόματα ἀφ᾽ οὗ γέγονε τούτων ἕκαστον ἤμειψε! Τοῦ δεῖνος ἐλέγετο, εἶτα μετωνομάσθη πρὸς ἕτερον· πρὸς τὸν δεῖνα μετῆλθεν, εἶτα νῦν ἄλλου λέγεται. Ἆρ᾽ οὖν οὐχ ὁδὸς ἡμῶν ὁ βίος, ἄλλοτε ἄλλον μεταλαμβάνων, καὶ πάντας ἔχων ἀλλήλοις ἐφεπομένους;

III. SALMO 14A [252B] Σπάνιος δὲ ὁ τοιοῦτος, ὁ μὴ ὡς ἰδίοις προσέχων τοῖς παροῦσιν· ὁ τοῦ πλούτου τὴν χρῆσιν πρόσκαιρον ἐπιστάμενος· ὁ τοῦ σώματος τὴν εὐεξίαν ὀλιγοχρόνιον τιθείς· ὁ γνωρίζων τῆς ἀνθρωπίνης δόξης τὸ ἄνθος ἀβέβαιον. [260A] τούς τε πονηρευομένους ἐξουδενοῦν, κἂν τὰς μεγάλας τύχωσι δυναστείας περιβεβλημένοι, κἂν πλούτῳ κομῶντες κἂν περιφανείᾳ γένους, κἂν λαμπρότητα ἑαυτοῖς ἐπιφημίζοντες, πονηρία δὲ μόνη ἐνυπάρχουσα αὐτοῖς φωραθῇ, ἐξουδενοῦν τοὺς τοιούτους, τουτέστιν ἀντ᾽ οὐδενὸς λογίζεσθαι. Ἔμπαλιν δὲ, τοὺς φοβουμένους τὸν Κύριον, κἂν πένητες ὦσι, κἂν ἀγενεῖς, κἂν ἰδιῶται[260B] τῷ λόγῳ, κἂν ἀσθενεῖς τῷ σώματι, δοξάζειν καὶ ὑπεραίρειν καὶ μακαρίους ἡγεῖσθαι, δεδιδαγμένον παρὰ τοῦ Πνεύματος μακαρίζειν τοὺς τοιούτους. Μακάριοι γὰρ, φησὶ, πάντες οἱ φοβούμενοι τὸν Κύριον. Τῆς αὐτῆς δέ ἐστι διανοίας τόν τε πονηρευόμενον ἐξουδενῶσαι, κἂν ὑπεραίρηται λαμπρότητι, καὶ τὸν φοβούμενον τὸν Κύριον δοξάζειν, κἂν εὐτελὴς ᾖ, κἂν πένης ἐν τῷ βίῳ,

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κἂν εὐκαταφρόνητος, κἂν μηδὲν τῶν ἐκτὸς προκαλουμένων εἰς ἀποδοχὴν κεκτημένος.

IV. SALMO 14B [269D] Ἐὰν ὀμνύῃς, οὐ πιστεύει· ἐρευνᾷ τὰ ἔνδον, τὰ συναλλάγματά σου [272A] πολυπραγμονεῖ. Ἐὰν προΐῃς τοῦ δωματίου, ἕλκει πρὸς ἑαυτὸν καὶ κατασύρει· ἐὰν ἔνδον σεαυτὸν κατακρύψῃς, ἐφέστηκε τῇ οἰκίᾳ, καὶ θυροκρουστεῖ. Ἐπὶ γαμετῆς καταισχύνει, ἐπὶ φίλων καθυβρίζει, ἐν ταῖς ἀγοραῖς ἄγχει· κακὸν συνάντημα ἑορτῆς· ἀβίωτόν σοι κατασκευάζει τὸν βίον. [273A] Ὁ μέντοι ὀφείλων καὶ πένης ἐστὶ καὶ πολυμέριμνος· ἄϋπνος νύκτωρ, ἄϋπνος μεθ᾽ ἡμέραν, σύννους πάντα τὸν χρόνον· νῦν μὲν τὴν ἑαυτοῦ οὐσίαν ἀποτιμώμενος, νῦν δὲ τὰς οἰκίας τὰς πολυτελεῖς, τοὺς ἀγροὺς τῶν πλουσίων, τὰς ἐσθῆτας τῶν ἐντυγχανόντων, τὰ σκεύη τῶν ἑστιώντων. [273B] Ἐὰν τὴν θύραν πατάξῃς, ὁ χρεώστης ὑπὸ τὴν κλίνην. Σφοδρῶς εἰσέδραμέ τις· τοῦ δὲ ἐπάταξεν ἡ καρδία. Ὑλακτεῖ ὁ κύων; ὁ δὲ ἱδρῶτι περιῤῥεῖται, καὶ ἀγωνίᾳ συνέχεται, καὶ περισκοπεῖ πόθεν φύγῃ.

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Ὅταν ἡ προθεσμία προσάγῃ, μεριμνᾷ τί ψεύσεται· ποίαν πλασάμενος πρόφασιν τὸν δανειστὴν διακρούσεται.

V. SALMO 28 [301D] Ἄνθρωποι δὲ ἐλεεινοὶ, καταλιπόντες τοὺς οἴκους καὶ ἐπὶ τὸν ναὸν συνδραμόντες, ὡς δή τι ἑαυτοὺς ὠφελήσοντες, οὐχ ὑπέχουσι τὰς ἀκοὰς λόγοις Θεοῦ, οὐ λαμβάνουσιν αἴσθησιν τῆς ἑαυτῶν φύσεως, οὐ λυποῦνται προληφθέντες ὑπὸ τῆς ἁμαρτίας· οὐ λυποῦνται εἰς [304A]μνήμην τῶν ἁμαρτιῶν ἀφικνούμενοι, οὐ τρέμουσι τὴν κρίσιν· ἀλλὰ μειδιῶντες, καὶ τὰς δεξιὰς ἀλλήλοις ἐμβάλλοντες, τόπον μακρολογίας τὸν οἶκον ποιοῦνται τῆς προσευχῆς, παρακούοντες τοῦ ψαλμοῦ τοῦ διαμαρτυρομένου καὶ λέγοντος, ὅτι Ἐν τῷ ναῷ τοῦ Θεοῦ πᾶς τις λέγει δόξαν. Σὺ δὲ οὐ μόνον οὐ λέγεις, ἀλλὰ καὶ ἑτέρῳ ἐμπόδιον γίνῃ ἐπιστρέφων πρὸς ἑαυτὸν, καὶ τῷ ἰδίῳ θορύβῳ ὑπερηχῶν τὴν διδασκαλίαν τοῦ Πνεύματος. Ὅρα μή ποτε ἀπέλθῃς, ἀντὶ τοῦ μισθὸν λαβεῖν ἐπὶ δοξολογίᾳ, τοῖς τὸ ὄνομα τοῦ Θεοῦ βλασφημοῦσι συγκαταδικασθείς. Ψαλμὸν ἔχεις, προφητείαν ἔχεις, εὐαγγελικὰ παραγγέλματα, τὰ τῶν ἀποστόλων κηρύγματα. Ἡ γλῶσσα ψαλλέτω, ὁ νοῦς ἐρευνάτω τὴν διάνοιαν τῶν εἰρημένων, ἵνα ψάλλῃς τῷ πνεύματι, ψάλλῃς δὲ καὶ τῷ νοΐ.

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VI. SALMO 29 [309B] Οἷον ἐπὶ τοῦ Ἰώβ. Ἀπολωλέκει τὴν κτῆσιν· τέκνων ἐστέρητο· ἰχῶρας αὐτῷ καὶ σκώληκας ἡ σὰρξ ἀπέζεσεν· οὔπω τοῦτο εὐφροσύνη τῷ ἀντιπάλῳ. Τοῦτο [309C] καὶ ἐπὶ Παύλῳ πεινῶντι, καὶ διψῶντι, καὶ γυμνητεύοντι, καὶ κολαφιζομένῳ, καὶ κοπιῶντι, καὶ ἀστατοῦντι· οὐκ εὐφραίνετο ὁ ἐχθρός· [320C] Τί περιέπεις τὸ μικρὸν ὕστερον φθαρησόμενον; τί καταπιαίνεις σεαυτὸν καὶ περισαρκοῖς; ῍Η ἀγνοεῖς, ὅτι ὅσῳ παχυτέραν τὴν σάρκα σεαυτῷ ποιεῖς, τοσούτῳ βαρύτερον τῇ ψυχῇ κατασκευάζεις τὸ δεσμωτήριον;

VII. SALMO 32 [324B] Ἀγαλλιᾶσθε οὖν, δίκαιοι, ἐν Κυρίῳ· μὴ ὅταν ὑμῖν εὐθηνῆται τὰ κατὰ τὸν οἶκον, μὴ ὅταν εὐεκτῆτε τῷ σώματι, μὴ ὅταν αἱ ἄρουραι πληθύνωσι καρπῶν παντοδαπῶν· ἀλλ᾽ ὅτι Κύριον ἔχετε, τοιοῦτον μὲν τὸ κάλλος, τοιοῦτον δὲ τὴν ἀγαθότητα, τὴν σοφίαν τοιοῦτον. [325D] Ἐλοιδόρησας; εὐλόγησον. Ἐπλεονέκτησας; ἀπόδος. Ἐμεθύσθης; νήστευσον. Ἠλαζονεύσω; ταπεινώθητι. Ἐφθόνησας; παρακάλεσον. Ἐφόνευσας; μαρτύρησον· [329A] Τί ἐστιν ὃ λέγει;

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Ἔργον ὁ οὐρανὸς, ἔργον ἡ γῆ, ἔργον ἡ θάλασσα, ὁ ἀὴρ, τὰ ἄψυχα πάντα, τὰ[329B] ἔμψυχα, τὰ λογικὰ, τὰ ἄλογα. Πῶς οὖν ἐν πίστει πάντα; ποία πίστις ἐν τοῖς ἀψύχοις; ποία πίστις ἡ τῶν ἀλόγων; Ποία δὲ πίστις ἐν τῷ λίθῳ; ποία δὲ πίστις ἐν τῷ κυνί; Οὔτε ἄψυχον, οὔτε ἄλογον ἐν πίστει. [333A] Ποῦ οἱ τὸ Πνεῦμα ἐξουθενοῦντες; ποῦ οἱ χωρίζοντες αὐτὸ ἀπὸ τῆς δημιουργικῆς δυνάμεως; ποῦ οἱ τῆς πρὸς Πατέρα καὶ Υἱὸν συναφείας αὐτὸ διατέμνοντες; [336B] Ἐὰν οὖν ἐπι|ζητῇς, [336C] διὰ τί τοῦ μὲν ἁμαρτωλοῦ ἡ ζωὴ παρατείνεται, τοῦ δὲ δικαίου αἱ ἡμέραι τῆς παροικίας συντέμνονται, διὰ τί ὁ μὲν ἄδικος εὐθηνεῖται, ὁ δὲ δίκαιος θλίβεται, διὰ τί τὸ παιδίον πρὶν εἰς τελείωσιν ἐλθεῖν ἀνηρπάσθη, πόθεν πόλεμοι, διὰ τί τὰ ναυάγια, οἱ σεισμοὶ, οἱ αὐχμοὶ, αἱ ἐπομβρίαι, διὰ τί τὰ φθαρτικὰ τῶν ἀνθρώπων δεδημιούργηται, διὰ τί ὁ μὲν δοῦλος, ὁ δὲ ἐλεύθερος, ὁ μὲν πλουτεῖ, ὁ δὲ πένεται διὰ τί αὕτη μὲν εὐηργετήθη, ἐκείνη δὲ κατεδικάσθη· καὶ τίς ἡ ἐφ᾽ ἑκάστου τούτων παρὰ [336D] τοῦ κριτοῦ ἀνταπόδοσις· [341A] Οὐχ ὁρᾷς τὰ τῶν ἐθνῶν δόγματα,

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τὴν ματαίαν ταύτην φιλοσοφίαν, ὅπως λεπτοὶ καὶ περιττοὶ περὶ τὰς εὑρήσεις τῶν δογμάτων εἰσὶν ἔν τε λογικοῖς θεωρήμασι καὶ ἠθικαῖς διατάξεσι, καὶ φυσιολογίαις τισὶ καὶ δόγμασιν ἄλλοις τοῖς ἐποπτικοῖς λεγομένοις; πῶς διεσκέδασται πάντα, καὶ ἠχρείωται

VIII. SALMO 33 [373B] Ὠργίσθης; καὶ ἡ γλῶσσα προτρέχει. Ἐν ἐπιθυμίαις εἶ; καὶ τὴν γλῶσ|σαν[373C] ἔχεις πρὸ πάντων οἱονεί τινα μαστρωπὸν καὶ προαγωγὸν, συγκαταπρασσομένην τῇ ἁμαρτίᾳ, καθυποκρινομένην τοὺς πλησίον.

IX. SALMO 44 [401C] Ἀνεκδιήγητον δὲ καὶ ἄῤῥητον τὸ τοῦ λόγου κάλλος, [401D] καὶ ἡ τῆς σοφίας ὡραιότης, καὶ ἡ τοῦ Θεοῦ ἐν τῇ εἰκόνι αὐτοῦ μορφή. Μακάριοι οὖν, οἱ τοῦ ἀληθινοῦ κάλλους φιλοθεάμονες. Οἱονεὶ γὰρ προσδεθέντες αὐτῷ διὰ τῆς ἀγάπης, καὶ τὸν ἐπουράνιον καὶ μακαριστὸν ἐρῶντες ἔρωτα, ἐπιλανθάνονται μὲν οἰκείων καὶ φίλων· ἐπιλανθάνονται δὲ οἴκου καὶ περιουσίας ἁπάσης· ἐκλαθόμενοι δὲ καὶ τῆς σωματικῆς εἰς τὸ ἐσθίειν [404A]καὶ πίνειν ἀνάγκης, μόνῳ τῷ θείῳ καὶ καθαρῷ προστετήκασιν ἔρωτι.

X. SALMO 45 [417A] Οἷον, νοσεῖ τις;

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Appendice

Φεύγων τὸ ἐκ τῆς νόσου ἐπίπονον, εὔχεται τὴν ὑγίειαν. Ἀπέβαλε χρήματα; Περιώδυνός ἐστι τῇ ζημίᾳ. Ἔστι δὲ πολλάκις καὶ ἡ νόσος ὠφέλιμος, ὅταν παιδαγωγεῖν μέλλῃ τὸν ἁμαρτάνοντα· καὶ ἡ ὑγίεια βλαβερὰ, ὅταν ἐφόδιον γίνηται πρὸς ἁμαρτίαν τῷ ἔχοντι. [417B] Μήτε οὖν φύγῃς ἃ μὴ δεῖ, μήτε προσφύγῃς ᾧ μὴ δεῖ. Ἀλλ᾽ ἕν σοι φευκτὸν ἤτω, ἡ ἁμαρτία, καὶ μία καταφυγὴ ἐκ τῶν κακῶν, ὁ Θεός. Μὴ πεποίθετε ἐπ᾽ ἄρχοντας· μὴ ἐπαίρεσθε ἐπὶ πλούτου ἀδηλότητι· μὴ φρονεῖτε ἐπὶ δυνάμει σώματος· μὴ τῆς ἀνθρωπίνης δόξης τὸ περιφανὲς διώκετε. Οὐδὲν τούτων σώζει· πάντα πρόσκαιρα, πάντα ἀπατηλά. Μία καταφυγὴ, ὁ Θεός.

XI. SALMO 48 [445D] Ἡμῶν γὰρ αἱ ἐντολαὶ, ἡμέτεροι οἱ προφῆται, [448A] ἡμῶν οἱ πατριάρχαι· ἡμῶν οἱ ἀπ᾽ αἰῶνος δίκαιοι. Ἡμῖν κατέλιπον τὸν πλοῦτον ἑαυτῶν οἱ ἐν τῇ ἀφροσύνῃ ἑαυτῶν ἀπολλύμενοι. [449C] Ἀλλ᾽ ὅμως ἐν τιμῇ ὢν τηλικαύτῃ, ἐκ τοῦ δεδημιουργῆσθαι κατ᾽ εἰκόνα τοῦ κτίσαντος, ὑπὲρ οὐρανὸν, ὑπὲρ ἥλιον, ὑπὲρ τὰς τῶν ἀστέρων χορείας τετιμημένος (τίς γὰρ τῶν οὐρανῶν εἰκὼν εἴρηται τοῦ Θεοῦ τοῦ ὑψίστου; ποίαν δὲ ἥλιος εἰκόνα σώζει τοῦ κτίσαντος;

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τί ἡ σελήνη; τί οἱ λοιποὶ ἀστέρες; ἄψυχα μὲν καὶ ὑλικὰ, διαφανῆ δὲ μόνον τὰ σώματα κεκτημένοι, ἐν οἷς οὐδαμοῦ διάνοια, οὐ προαιρετικαὶ κινήσεις, οὐκ αὐτεξουσιότητος ἐλευθερία· ἀλλὰ δοῦλά ἐστι τῆς ἐπικειμένης ἀνάγκης, καθ᾽ ἣν ἀπαραλλάκτως ἀεὶ περὶ τὰ αὐτὰ ἀναστρέφεται)· ὑπὲρ οὖν ταῦτα ταῖς τιμαῖς προηγμένος ὁ ἄνθρωπος, οὐ συν|ῆκεν, [449D] ἀλλὰ καταλιπὼν τὸ ἕπεσθαι Θεῷ, καὶ ὁμοιοῦσθαι τῷ κτίσαντι, δοῦλος γενόμενος τῶν παθῶν τῆς σαρκὸς, Παρασυνεβλήθη τοῖς κτήνεσι τοῖς ἀνοή|τοις, [452A]καὶ ὡμοιώθη αὐτοῖς· νῦν μὲν ὡς ἵππος θηλυμανὴς χρεμετίζων ἐπὶ τὴν γυναῖκα τοῦ πλησίον αὐτοῦ· νῦν δὲ ὡς λύκος ἅρπαξ ἐφεδρεύων τοῖς ἀλλοτρίοις· ἄλλοτε δὲ διὰ τοῦ πρὸς τὸν ἀδελφὸν δόλου τῇ πανουργίᾳ τῆς ἀλώπεκος εἰκαζόμενος. [453B] Καὶ οὐκέτι θάνατος, ἀλλὰ ζωή· οὐκέτι πτῶσις, ἀλλ᾽ ἀνάστασις· οὐκέτι τὸ ψεῦδος, ἀλλ᾽ ἡ ἀλήθεια

XII. SALMO 59 (60) [464B] Οὐ τοίνυν τοῖς τότε Ἰουδαίοις ὁ ψαλμὸς γέγραπται, ἀλλ᾽ ἡμῖν τοῖς ἀλλοιωθησομένοις, τοῖς τὴν πολυθεΐαν εἰς εὐσέβειαν διαμείβουσι, τὴν περὶ τὰ εἴδωλα πλάνην εἰς τὴν τοῦ ποιήσαντος ἡμᾶς ἐπίγνωσιν· τοῖς ἀντὶ ἡδονῆς παρανόμου σωφροσύνην ἔννομον αἱρουμένοις·

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ἀντὶ αὐλῶν, καὶ χορῶν, καὶ μέθης, ψαλ|μὸν, [464C] καὶ νηστείαν, καὶ προσευχὴν μεταλαμβάνουσιν. [468C] Νοσεῖς; εὐθύμει, ὅτι Ὃν ἀγαπᾷ Κύριος, παιδεύει. Πτω|χεύεις; [469A] εὐφραίνου, ὅτι Λαζάρου σε τὰ ἀγαθὰ διαδέξεται. Ἀτιμάζῃ διὰ τὸ ὄνομα τοῦ Χριστοῦ; Μακάριος εἶ, ὅτι σου ἡ αἰσχύνη εἰς ἀγγέλου δόξαν μεταβληθήσεται.

XIII. SALMO 61 [480A] Ἐμοὶ, φησὶ, τὰ παρόντα· [480B] τίς δὲ οἶδε τὰ μέλλοντα; Κακῶς ζυγοστατεῖς, πονηρὰ τῶν ἀγαθῶν ἀνθαιρούμενος, τὰ μάταια τῶν ἀληθινῶν προτιμῶν, τὰ πρόσκαιρα τῶν αἰωνίων προτάσσων, τὴν παρερχομένην ἡδονὴν ἀντὶ τῆς ἀπαύστου εὐφροσύνης καὶ διηνεκοῦς ἐκλεγόμενος. [481D] Ἔθλιψας τὸν ἀδελφόν; ἐκδέχου τὸ ἴσον. ῞ Ηρπασας τὰ τῶν ὑποδεεστέρων, κατεκονδύλισας πένητας, κατῄσχυνας ἐν λοιδορίαις, ἐσυκοφάντησας, κατεψεύσω, ἀλλοτρίοις ἐπεβούλευσας γάμοις, ἐπιώρκησας, ὅρια πατέρων μετέθηκας, κτήμασιν ὀρφανῶν ἐπῆλθες, χήρας ἐξέθλιψας, τὴν παροῦσαν ἡδονὴν τῶν ἐν ἐπαγγελίαις ἀγαθῶν προετίμησας; ἐκδέχου τού|των [484A]τὴν ἀντιμέτρησιν

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XIV. SALMO 114 [493C] Ζώντων ἐκείνη χώρα, ἐν ᾗ οὐκ ἔνι νὺξ, οὐκ ἔνι ὕπνος τὸ τοῦ θανάτου μίμημα· ἐν ᾗ οὐκ ἔνι βρῶσις, οὐκ ἔνι πόσις, τὰ τῆς ἀσθενείας ἡμῶν ὑπερείσματα, οὐκ ἔνι νόσος, οὐκ ἔνι ἀλγήματα, οὐκ ἰατρεία, οὐ δικαστήρια, οὐκ ἐμπορίαι, οὐ τέχναι, οὐ χρήματα, τῶν κακῶν ἡ ἀρχὴ, ἡ τῶν πολέμων ὑπόθεσις, ἡ ῥίζα τῆς ἔχθρας· ἀλλὰ χώρα ζώντων, οὐκ ἀποθνησκόντων διὰ τῆς ἁμαρτίας, ἀλλὰ ζώντων τὴν ἀληθῆ ζωὴν

XVIII. Omelia su Presta attenzione a te stesso (Dt 15, 9) [204C] Πρόσεχε οὖν σεαυτῷ, μήτε τοῖς θνητοῖς ὡς ἀιδίοις ἐναπομείνῃς, μήτε τῶν ἀιδίων ὡς παρερχομένων καταφρονήσῃς. Ὑπερόρα σαρκός, παρέρχεται γάρ· ἐπιμελοῦ ψυχῆς, πράγματος ἀθανάτου. Ἐπίστηθι μετὰ πάσης ἀκριβείας σαυτῷ, ἵνα εἰδῇς ἑκατέρῳ διανέμειν τὸ πρόσφορον, σαρκὶ μὲν διατροφὰς καὶ σκεπάσματα, ψυχῇ δὲ δόγματα εὐσεβείας, ἀγωγὴν ἀστείαν, ἀρετῆς ἄσκησιν, παθῶν ἐπανόρθωσιν· μὴ ὑπερπιαίνειν τὸ σῶμα, μηδὲ περὶ τὸν ὄχλον τῶν σαρκῶν ἐσπουδακέναι. [205A] Μέγα καὶ χαλεπὸν τὸ ἁμάρτημα·

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πολλῆς σοι χρεία τῆς ἐξομολογήσεως, δακρύων πικρῶν, συντόνου τῆς ἀγρυπνίας, ἀδιαλείπτου νη|στείας. [205B] Κοῦφον καὶ φορητὸν τὸ παράπτωμα· ἐξισαζέσθω καὶ ἡ μετάνοια. [209D] Ποῦ οἱ τὰς πολιτικὰς δυναστείας περιβεβλημένοι; ποῦ οἱ δυσμαχώτατοι ῥήτορες; ποῦ οἱ τὰς πανηγύρεις διατιθέντες, οἱ λαμπροὶ ἱπποτρόφοι, οἱ στρατηγοί, οἱ σατράπαι, οἱ τύραννοι; Οὐ πάντα κόνις; οὐ πάντα μῦθος; Οὐκ ἐν ὀλίγοις ὀστέοις τὰ μνημόσυνα τῆς ζωῆς αὐ|τῶν; [212A] Ἔγκυψον τοῖς τάφοις, εἰ δυνήσῃ διακρῖναι, τίς ὁ οἰκέτης καὶ τίς ὁ δεσπότης, τίς ὁ πτωχὸς καὶ τίς ὁ πλούσιος. ∆ιάκρινον, εἴ τίς σοι δύναμις, τὸν δέσμιον ἀπὸ τοῦ βασιλέως, τὸν ἰσχυρὸν ἀπὸ τοῦ ἀσθενοῦς, τὸν εὐπρεπῆ ἀπὸ τοῦ δυσειδοῦς. Μεμνημένος οὖν τῆς φύσεως οὐκ ἐπαρθήσῃ ποτέ. Μεμνήσῃ δὲ σαυτοῦ, ἐὰν προσέχῃς σεαυτῷ. [212B] Ψυχὴν ἔλαβες νοεράν, δι› ἧς θεὸν περινοεῖς, τῶν ὄντων τὴν φύσιν λογισμῷ καθορᾷς, σοφίας δρέπῃ καρπὸν τὸν ἥδιστον. Πάντα μέν σοι τὰ χερσαῖα ζῷα, ἥμερά τε καὶ ἄγρια, πάντα δὲ τὰ ἐν ὕδασι διαιτώμενα, καὶ ὅσα τὸν ἀέρα διαπέταται τοῦτον, δοῦλά[212C] ἐστι καὶ ὑποχείρια. [213A] ∆ιὰ σὲ θεὸς ἐν ἀνθρώποις,

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πνεύματος ἁγίου διανομή, θανάτου κατάλυσις, ἀναστάσεως ἐλπίς, θεῖα προστάγματα τελειοῦντά σου τὴν ζωήν, πορεία πρὸς θεὸν διὰ τῶν ἐντολῶν, βασιλεία τῶν οὐρανῶν εὐτρεπής, στέφανοι δικαιοσύνης ἕτοιμοι τοὺς ὑπὲρ τῆς ἀρετῆς πόνους μὴ ἀποδράντι.

XIX Omelia su In principio era il Logos (Gv 1, 1) [473B] Ἐὰν γὰρ λέγῃ ἐκεῖνος, Εἰ ἐγεννήθη, οὐκ ἦν· σὺ εἰπὲ, Ἐν ἀρχῇ ἦν. Ἀλλὰ, φησὶ, πρὶν ἢ γεννηθῆναι πῶς ἦν; Σὺ μὴ ἀφῇς τὸ, Ἦν· μὴ καταλίπῃς τὸ, Ἐν ἀρχῇ. Ἀρχῆς ἡ κορυφὴ οὐ καταλαμβάνεται· ἀρχῆς τὸ ἐξώτερον οὐχ [473C] εὑρίσκεται. [476A] Οὐ μὴν κἀκείνη τοιαύτη ἡ ἀρχή. Οὐδενὶ γὰρ προσδέδεται· οὐδενὶ δουλεύει· μετ› οὐδενὸς θεωρεῖται· ἀλλ› ἐλευθέρα ἐστίν· ἀδέσποτος, λελυμένη τῆς πρὸς ἕτερον σχέσεως· ἀνυπέρβατος διανοίᾳ, ἣν οὐκ ἔστιν ὑπερβῆναι τοῖς λογισμοῖς, ἧς οὐκ ἔστιν ἐξευρεῖν τὰ ἐπέκεινα. [477B] Διὰ τί Λόγος; Ἵνα δειχθῇ, ὅτι ἐκ τοῦ νοῦ προῆλθε. Διὰ τί Λόγος; Ὅτι ἀπαθῶς [477C] ἐγεννήθη. Διὰ τί Λόγος; Ὅτι εἰκὼν τοῦ γεννήσαντος, ὅλον ἐν ἑαυτῷ δεικνὺς τὸν γεννήσαντα, οὐδὲν ἐκεῖθεν ἀπομερίσας, καὶ τέλειος ὑπάρχων καθ› ἑαυτόν· [477C] Λόγον οὖν εἶπεν,

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ἵνα τὴν ἀπαθῆ σοι γέννησιν τοῦ Πατρὸς παραστήσῃ, καὶ τὴν τελείαν ὕπαρξίν σοι τοῦ Υἱοῦ θεολογήσῃ, καὶ [477D] τὴν ἄχρονον συνάφειαν τοῦ Υἱοῦ πρὸς Πατέρα διὰ τούτων ἐνδείξηται. [480B] Οὔτε ὁ Πατὴρ ἐν τόπῳ, οὔτε ὁ Υἱὸς ἐν περιοχῇ τινι καὶ περιγραφῇ ὁμολογουμένῃ κατειλημμένος· ἀλλ› ἄπειρος μὲν ὁ Πατὴρ, ἄπειρος δὲ ὁ Υἱός. [481A] τὸν ἐν ἀρχῇ ὄντα, τὸν ὡς Λόγον προελθόντα, τὸν πρὸς τὸν Θεὸν ὄντα, τοῦτον γνωρίσας καὶ καταπλαγεὶς, καὶ προσκυνήσας τὸν σεαυτοῦ [481B] Δεσπότην, τόν σοι διὰ τῆς διδασκαλίας ἐνιδρυθέντα, γνώριζε, ὅτι οὗτος ἦν ἐν ἀρχῇ· τουτέστιν, ἀεὶ πρὸς τὸν Θεὸν τὸν ἑαυτοῦ Πατέρα.

Bibliografia Opere di Basilio Omelie

In Hexaemeron I-IX Super Psalmos In Ps 115 I De ieiunio I II De ieiunio II III In illud: Attende tibi ipsi (Dt 15, 9) IV De gratiarum actione V In martyrem Iulittam VI In illud: Destruam horrea mea (Lc 12, 18) VII In divites VIII Dicta tempore famis et siccitatis (Tempore famis) IX Quod Deus non est auctor malorum (De malo) X Adversus eos qui irascuntur (De ira) XI De invidia XII In principium Proverbiorum (1, 1-5) XIII Exhortatoria ad sanctum baptisma XIV In ebriosos XV De fide XVI In illud: In principio erat Verbum (Gv 1, 1) XVII In Barlaam martyrem XVIII In Gordium martyrem

PG 29, 3-208 PG 29, 209-493 PG 30, 104-116 PG 31, 163-184 PG 31, 185-197 PG 31, 197-217 PG 31, 217-237 PG 31, 237-261 PG 31, 261-277 PG 31, 277-304 PG 31, 304-328 PG 31, 329-353 PG 31, 353-372 PG 31, 372-385 PG 31, 385-424 PG 31, 424-444 PG 31, 444-464 PG 31, 464-472 PG 31, 472-481 PG 31, 481-488 PG 31, 489-508

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Bibliografia

XIX

In sanctos quadraginta martyres

PG 31, 508-525

XX

De humilitate

PG 31, 525-540

XXI

Quod rebus mundanis adhaerendum non sit

PG 31, 540-564

XXIII

In Mamantem martyrem

PG 31, 589-600

XXIV

Contra Sabellianos et Arium et Anomaeos

PG 31, 600-617

XXVI

Dicta in Lacizis (Prov 12, 13; 22, 24; 23, 6 e 10)

PG 31, 1437-1457

XXVII

In sanctam Christi generationem

PG 31, 1457-1476

XXIX

Adversus eos qui per calumniam



dicunt dici a nobis tre deos

PG 31, 1488-1496

Trattati Adversus Eunomium

PG 29, 497-669

Ad adolescentes de legendis libris gentilium

PG 31, 564-589

De Spiritu Sancto

PG 32, 68-217

Opere Ascetiche Prologus Proemio Regulae fusius Prologus VI

PG 31, 889 PG 31, 1509-1513

De iudicio

PG 31, 653-676

Prologus VIII De fide

PG 31, 676-692

Moralia

PG 31, 692-869

Regulae fusius tractatae

PG 31, 889-1052

Regulae brevius tractatae

PG 31, 1052-1305

Extravagantes (=Regulae brevius 314-318) in Gribomont, Histoire du texte De Baptismo

180-186 PG 31, 1513-1628

Epistula 2

PG 32, 224-233

Epistula 22

PG 32, 288-293

Epistula 173

PG 32, 648

Bibliografia

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Opere Liturgiche Anaphora: in Brightman,

Liturgies 321-328

Lettere Epistulae

PG 32, 220-1112

Commenti Commentarius in Isaiam prophetam (c. 1-16)

PG 30, 118-670.

Edizioni delle opere di Basilio L’homelie sur le mot “Observe-toi-meme”, ed. critique par ST. Y. Rudberg, Stockholm-Göteborg-Upsala 1962; Lettres a c. di Y. Courtonne, voll. I-III, Paris 1957-1966; Traité du Saint-Esprit, a c. di B. Pruche, Paris 1968 (SCh 17bis); Il battesimo testo, traduzione, introduzione e commento a c. di U. Neri, Brescia 1976; Sulla Genesi (Omelie sull’Esamerone), a c. di M. Naldini, Milano 1980; Opere ascetiche a c. di U. Neri, tr. di M.B. Artioli, Torino 1980; Contre Eunome I-II suivi de Eunome, Apologie a c. di B. Sesboüé, G.M. de Durand et L. Doutreleau, Paris 1982-1983 (SCh 299 e 305); Le lettere I (1-46), a c. di M. Forlin Patrucco, (Corona Patrum) Torino 1983; Discorso ai giovani (Oratio ad adolescentes), con la versione latina di Leonardo Bruni, ed. M. Naldini, Firenze 1984 (BP 3).

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Abbreviazioni delle opere di Basilio

Abbreviazioni delle opere di Basilio Adolesc: Anaphora: Attende: Baptisma: C Eun: Com Is: De Bapt: De fide: De humilitate: De invidia: De ira: De iudicio: De malo: De Spir s: Destruam: Ep: Extravagantes: Gratiarum act: Hex: Hom de fide: Ieiun: In Barlaam: In Christi gen: In divites: In ebriosos: In Gordium: In Iulittam: In Lac: In Mamantem: In Ps: Mor: Princ Ioannis: Princ Prov: Quadraginta:

Ad adolescentes de legendis libris gentilium Anaphora: in Brightman, Liturgies 321-328 In illud: Attende tibi ipsi (Dt 15, 9) Exhortatoria ad sanctum baptisma Adversus Eunomium Commento a Isaia De Baptismo Prologus VIII De fide De humilitate De invidia Adversus eos qui irascuntur Prologus VI De iudicio Quod Deus non est auctor malorum De Spiritu Sancto In illud: Destruam horrea mea (Lc 12, 18) Epistulae Regulae brevius 314-318 De gratiarum actione In Hexaemeron De fide De ieiunio I-II In Barlaam martyrem In sanctam Christi generationem In divites In ebriosos In Gordium martyrem In martyrem Iulittam Dicta in Lacizis (Prov 12, 13; 22, 24; 23, 6 e 10) In Mamantem martyrem Super Psalmos Moralia In illud: In principio erat Verbum (Gv 1, 1) In principium Proverbiorum (1, 1-5) In sanctos quadraginta martyres

Abbreviazioni delle opere di Basilio

Rb: Rebus mundanis: Rf: Rf Proemium: Sabell: Temp famis: Tres deos:

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Regulae brevius tractatae Quod rebus mundanis adhaerendum non sit Regulae fusius tractatae Prologus IV Proemio Regole ampie Contra Sabellianos et Arium et Anomaeos Dicta tempore famis et siccitatis Adversus eos qui per calumniam dicunt dici a nobis tres deos

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Indici 1. Indice ricorrenze Abitudine/Consuetudine della Scrittura (ethos/synetheia/synethes) In Ps 7, 1 § 1 [229B], In Ps 7, 4-6 § 3 [233B], In Ps 29, 6, § 4 [313C], In Ps 32, 1 § 1 [324A], In Ps 44, 2 § 3 [393B], In Ps 44, 5 § 5 [401A], In Ps 48, 11-12 § 6 [445B], In Ps 48, 12 § 7 [448B], In Ps 61, 2 § 2 [472C]. Accuratezza/acribia/cura/precisione/rigore (akribeia/akribes/akribōs) In Ps 1 § 2 [213A], In Ps 1, 1 § 3 [217A], In Ps 7, 9 § 4 [237A], In Ps 14A, 2 § 3 [256A], In Ps 29, 6 § 4 [313A], In Ps 33, 2 § 1 [352C], In Ps 33, 15 § 10 [376A], In Ps 33, 22 § 14 [385A], In Ps 45, 11 § 8 [428C], In Ps 59, 1 § 2 [464B], In Ps 61, 10 § 4 [480A], Princ Prov § 4 [393B], Princ Prov § 8 [401D], Princ Prov § 8 [404A], Princ Prov § 9 [404B], Princ Prov § 9 [404C], Princ Prov § 9 [404D], Princ Prov § 11 [409C], Attende § 2 [201B], Attende § 3 [204C], Attende § 4 [205C], Attende § 8 [213CD], Princ Joannis § 1 [472D] e [473A], Princ Joannis § 4 [480B]. Agone/atleta/combattimento/combattente In Ps 1, 1 § 3 [216A], In Ps 7, 2 § 2 [232CD], In Ps 7, 11 § 7 [244CD], In Ps 28, 1 § 2 [288A], In Ps 28, 11 § 8 [305AB], In Ps 29, 2 § 2 [309A], In Ps 29, 2 § 2 [309BC], In Ps 29, 8 § 6 [320A], In Ps 32, 3 § 3 [328C], In Ps 32, 3 § 3 [328D-329A], In Ps 33, 2 § 1 [353A], In Ps 33, 3 § 2 [356B], In Ps 33, 4 § 3 [357A], In Ps 33, 4 § 3 [357C], In Ps 33, 5-7 § 4 [360A], In Ps 33, 7 § 5 [364A], In Ps 33, 8 § 5 [364C], In Ps 33, 20 § 12 [381B], In Ps 45, 2 § 1 [416C], In Ps 45, 2 §, [417D-420A], In Ps 45, 2 § 2 [420AB], In Ps 45, 11-12 § 8 [429D], In Ps 48, 10 § 5 [441D-444A], In Ps 61, 4 § 3 [473B], In Ps 114, 3 § 1 [485AB], In Ps 114, 3 § 2 [488B], In Ps 114, 7 § 5 [492A], In Ps 115, 2 § 4 [109A], In Ps 115, 4 § 4 [109B], In Ps 115, 4 § 4 [109C], In Ps 115, 6 § 4 [109D], In Ps 115, 6 § 4 [112A], Destruam § 1 [261B], Attende § 4 [208A], Attende § 4 [208AB], Attende § 6 [213A].

580

1. Indice ricorrenze

Bene il più perfetto: Cristo, Dio In Ps 1, 1 § 3 [216B], In Ps 1, 1 § 5 [224B], In Ps 33, 11 § 7 [368B e 369A], In Ps 44, 1 § 2 [392A], In Ps 44, 4 § 5 [400C], In Ps 114, 1 § 1 [484C], In Ps 115, 8 § 5 [113B]. Concatenazione/Consequenzialità/Successione (akolouthia) In Ps 1, 1 § 3 [217B], In Ps 28, 1 § 2 [285C], In Ps 29, 1 § 1 [305C], In Ps 29, 6 § 4 [313C], In Ps 32, 7 § 5 [336B], In Ps 44, 6 § 6 [404A], In Ps 44, 9-10 § 9 [405C], In Ps 44, 14-15 § 11 [412BC], In Ps 44, 14-15 § 11 [412C], In Ps 48, 11-12 § 6 [448B], In Ps 48, 17 § 10 [456C], In Ps 59, 1 § 13 [460C], In Ps 59, 1 § 2 [464B], In Ps 59, 9 § 4 [465C], In Ps 61, 2 § 1 [472A], In Ps 115, 1-2 § 1 [104B], In Ps 115, 1-2 § 1 [105A], In Ps 115, 1-2 § 2 [105B], Princ Prov § 14 [413C]. Dalla creazione all’Artefice In Ps 32, 4 § 3 [329B-C-D], In Ps 33, 4 § 3 [357AB], In Ps 44, 11-13 §10 [409A], Princ Prov § 3 [389C-392A], Attende § 7 [213D-216A], Attende § 7 [216AB], Attende § 8 [216CD-217AB]. Dio spettatore In Ps 32, 4 § 3 [329D], In Ps 32, 13-14 § 8 [344 AB], In Ps 32, 18 § 10 [345C-348A], In Ps 33, 16 § 11 [377AB], In Ps 114, 1 § 1 [485B]. Discesa di Cristo/venuta/epifania di Cristo In Ps 1 § 2 [213B], In Ps 7, 8 § 4 [237A], In Ps 33, 19 § 12 [380AB], In Ps 44, 4 § 5 [400B], In Ps 44, 9-10 § 9 [408B], In Ps 45, 5 § 4 [424B], In Ps 48, 8-9 § 4 [441B], In Ps 59, 10-11 § 4 [468AB]. Discesa nell’Ade/Inferi In Ps 29, 4 § 3 [312A], In Ps 44, 9 § 9 [408A], In Ps 48, 15 § 9 [452CD-453A], In Ps 48, 16 § 9 [453C], In Ps 115, 7 § 5 [113A]. Due vie In Ps 1, 1 § 5 [221D-224A], In Ps 33, 5-7 § 4 [360A], In Ps 33, 17 § 11 [377C], In Ps 45, 1 § 1 [416A], In Ps 45, 2 § 2 [420A], In Ps 48, 10 § 5 [444B], In Ps 61, 10 § 4 [480AB], Princ Prov § 9 [405CD-408A]. Egemonico In Ps 7, 10 § 6 [244A], In Ps 28, 3 § 3 [289A], In Ps 28, 11 § 8 [305A], In Ps 33, 2 § 1 [353BC], In Ps 33, 19 § 12 [380C], In Ps 45, 6 § 5 [424C], Attende § 1 [200BC], Attende § 7 [216B].

1. Indice ricorrenze

581

Esercizio (askēsis/gymnasion/meletē) In Ps 1, 1 § 4 [217C], In Ps 32, 6 § 4 [333C], In Ps 33, 2 § 1 [353A], In Ps 44, 1 § 2 [389B], In Ps 44, 8 § 8 [405B], In Ps 44, 11 § 10 [409A], In Ps 44, 17 § 12 [413C], In Ps 48, 1 § 1 [433B], In Ps 61, 10 § 4 [480A], Princ Prov § 11 [409A], Princ Prov § 7 [401B], Princ Prov § 8 [404A], Attende § 3 [204C]. Un’espressione al posto di un’altra In Ps 7, 4-6 § 3 [233B]; In Ps 14A, 3 § 3 [256C]; In Ps 28, 6 § 5 [297A]; In Ps 29, 2 § 2 [309A]; In Ps 29, 5 § 4 [313A]; In Ps 29, 13 § 7 [324A]; In Ps 33, 14 § 9 [373D]; In Ps 44, 2 § 2 [389A]; In Ps 44, 2 § 3 [393D]; In Ps 44, 5 § 5 [401A]; In Ps 44, 8 § 8 [405B]; In Ps 114, 5, § 3, [489B]. Fermezza/Stabilità (eustatheia/eustathes/eustathōs) In Ps 28, 11 § 8 [305A], In Ps 29, 8 § 6 [317D], In Ps 33, 4 § 3 [357A], In Ps 114, 8 § 5 [493B], Princ Prov § 17 [421B]. Filantropia In Ps 14A, 5 § 6 [264C], In Ps 14B § 5 [277C; 280A], In Ps 32, 5 § 3 [332B], In Ps 32, 18 § 10 [348B], In Ps 33, 7 § 5 [361D], In Ps 44, 1 § 2 [392A], In Ps 45, 10 § 7 [428B], In Ps 48, 2-3 § 1 [433C], In Ps 59, 3 § 1 [460B], In Ps 61, 13 § 5 [481C], In Ps 114, 2 § 2 [485C], In Ps 114, 5 § 3 [489A], Destruam § 1 [261B]. Il fine/la fine In Ps 1, 1 § 3 [216A], In Ps 1, 1 § 4 [220D], In Ps 1, 1 § 5 [221D-224A], In Ps 44, 1 § 1 [388A], In Ps 45, 1 § 1 [416A], In Ps 48, 1 § 1 [432AB], In Ps 59, 1 §2 [461D], In Ps 61, 1 [469B] (titolo) Gradini del progresso spirituale In Ps 1, § 2 [213A], In Ps 1, 1 § 4 [217CD-220A], In Ps 1, § 6, [228B], In Ps 14A, 1 § 1 [249D-252A], In Ps 14A § 1 [252C], In Ps 14A, 2 § 2 [253C], In Ps 14A, 2 § 2 [256A], In Ps 14A, 2 § 3 [256A], In Ps 14A, 2 § 3 [256B], In Ps 14A, 2-3 § 3 [256BC], In Ps 14A, 4 § 5 [260B], In Ps 14B, § 1 [265AB], In Ps 28, 3 § 4 [292AB], In Ps 28, 9 § 7 [300C], In Ps 28, 9 § 7 [300D], In Ps 32, 6 § 4 [333C], In Ps 32, 8 § 6 [337B], In Ps 33, 8 § 5 [364A], In Ps 33, 10 § 6 [365C], In Ps 33, 15 § 10 [376AB], In Ps 33, 21 § 13 [384A], In Ps 44, 1 § 1 [388A], In Ps 44, 1 § 2 [389BC], In Ps 44, 1 § 2 [392A e C], In Ps 44, 9-10 § 9 [408B], In Ps 44, 14 § 11 [412BC], In Ps 48, § 1, [432AB], In Ps 48, 4 § 2 [436AB], In Ps 114, 1 § 1 [484C], In Ps 115, 1 § 2 [105C], In Ps 115, 2 § 3 [108D], In Ps 115, 4 § 4 [109C], In Ps 115, 10 § 5 [116A], Princ Prov § 1 [388B], Princ Prov § 9 [404C], Princ Prov § 11 [409B], Princ Prov § 13 [413A], Princ Prov § 14 [416D], Princ Prov § 14 [417A], Attende § 4 [205B].

582

1. Indice ricorrenze

Impressione di verità/insegnamenti In Ps 1 § 2 [213A], In Ps 7, 9 § 5 [240B], In Ps 14A, 2-3 § 3 [256D], In Ps 28, 3 § 3 [289B], In Ps 33, 2 § 1 [352C], In Ps 33, 2 § 1 [353B], Princ Joannis § 4 [481A]. Incarnazione (sarkōsis) / Insomatizzazione (ensōmatōsis) / Inumanizzazione (enantrōphēsis) In Ps 29, 1 § 1 [305C], In Ps 32, 3 § 2 [328C], In Ps 44, 1 § 2 [389C], In Ps 44, 4 § 5 [400B], In Ps 44, 8 § 8 [405A], In Ps 45, 8 § 6 [425C], In Ps 61, 2 § 2 [472C]. Intimità, familiarità con Dio (oikeiōsis) In Ps 28, 1 § 1 [281C], In Ps 29, 3 § 3 [309C], In Ps 33, 12 § 8 [372B], In Ps 44, 8 § 8 [405B], In Ps 44, 11 § 10 [409A], In Ps 44, 17 § 12 [413C], In Ps 45, 9-10, § 7, [428A], In Ps 59, 9 § 4 [468A], In Ps 61, 8 § 4 [477B], In Ps 115, 2 § 3 [109A], Princ Prov § 1[388B], Princ Prov § 4 [392C], Destruam § 6 [273A]. Mutamento/Rinnovamento della vita In Ps 1, 1 § 5 [221B], In Ps 29, 1 § 1 [308A], In Ps 32, 3 § 2 [328B], In Ps 44, 1 § 1 [388ABC], In Ps 44, 1 § 2 [389BC], In Ps 44, 14-15 § 11 [412B], In Ps 59, 1 § 2 [464AB], In Ps 114, 8 § 5, [492CD-493AB], In Ps 115, 6 § 4 [112B]. Passioni della carne In Ps 1 § 1, 2 [213C], In Ps 1, 1 § 5 [221C], In Ps 1, 1 § 6 [224D], In Ps 7, 6 § 3 [236A], In Ps 32, 13-14 § 8 [344B], In Ps 33, 4 § 3 [357A], In Ps 48, 13 § 8 [449D], In Ps 48, 21 § 11 [460A], In Ps 115, 2 § 3 [108D], Princ Prov § 15 [420A], Attende § 4 [208A], Attende § 8 [216B]. Pensiero della carne In Ps 28, 4 § 4 [293A], In Ps 28, 11 § 8 [305A], In Ps 33, 4, § 3 [357C], In Ps 33, 7 § 5 [364A], In Ps 61, 2 § 1 [472A], Princ Prov § 15 [420A]. Prove del giusto In Ps 29, 2 § 2 [309BC], In Ps 29, 8 § 6 [320A], In Ps 32, 20 § 10 [348BC], In Ps 33, 2 § 1 [352C-D-353A], In Ps 33, 4 § 3 [357AB], In Ps 33, 5-7 § 4 [360AB], In Ps 33, 7 § 5 [364A], In Ps 33, 11 § 7 [368CD-369A], In Ps 33, 18 § 12 [380A], In Ps 33, 20 § 12 [381AB], In Ps 45, 2 § 2 [417BCD-420AB], In Ps 48, 10 § 5 [441CD-444A], In Ps 48, 19 § 10 [456CD-457A], In Ps 59, 13 § 5 [468C-469A], In Ps 61, 1 § 1 [469C], In Ps 61, 6 § 3 [476B], In Ps 114, 1 § 1 [484CD-485AB], In Ps 114, 3 § 2 [488ABC], In Ps 115, 4 § 4 [109C], Destruam § 1 [261AB]

1. Indice ricorrenze

583

Provvidenza divina ed interrogativi su di essa In Ps 1, 1 § 4 [220BC], In Ps 7, 12 § 7 [245AB], In Ps 28, 1 § 2 [285A], In Ps 28, 3-4 § 4 [293A], In Ps 29, 2 § 2 [308C], In Ps 32, 4 § 3 [329BCD], In Ps 32, 7 § 5 [336BCD], In Ps 33, 2 § 1 [352CD-353A], In Ps 33, 20 § 12 [381AB], In Ps 48, 17 § 10 [453CD-456A], In Ps 114, 6 § 4 [489C], Princ Prov § 3 [389C-392A], Princ Prov § 5 [397A] Attende § 7 [213D-216A]. Purezza In Ps 1, 1 § 4 [220B], In Ps 28, 1 § 1 [281C], In Ps 28, 10 § 8 [304BC], In Ps 29, 5 § 3 [312C], In Ps 32, 11 § 7 [341B], In Ps 44, 2 § 3 [396B], In Ps 44, 14-15 § 11 [409D-412A], In Ps 45, 9 § 7 [428A], In Ps 115, 6 § 4 [112A], Princ Prov § 4 [393C], Princ Prov § 5 [396A], Princ Prov § 14 [416A], Attende § 1 [200B], Attende § 3 [204B], Attende § 8 [216B]. Salterio In Ps 1 § 2 [213BC], In Ps 29, 1 § 1 [305BC], In Ps 32, 2 § 2 [328A], In Ps 45, 1 § 1 [416C], In Ps 48, 5 § 2 [436C]. Scelta deliberata/Valutazione (proairesis) In Ps 1, 1-2 § 3 [217BC], In Ps 1, 1 § 4 [220B], In Ps 1, 1 § 5 [224A], In Ps 1, 1 § 5 [224B], In Ps 7, 10 § 6 [241D], In Ps 14A, 3 § 4 [257CD-260A], In Ps 14B § 1 [268A], In Ps 14B § 2 [272B], In Ps 32, 1 § 1 [325AB], In Ps 33, 7 § 5 [361AB], In Ps 33, 12 § 8 [372B], In Ps 33, 19 § 12 [381A], In Ps 44, 1 § 1 [388A], In Ps 44, 14-15, § 11, [412D-413A], In Ps 48 13-14 § 8 [449C], In Ps 59, 1 § 2 [464B], In Ps 61, 10 § 4 [477D-480AB], In Ps 114, 3 § 1 [485A], In Ps 114, 3 § 2 [488BC], In Ps 115, 2 § 3 [108B], In Ps 115, 7 § 5 [113A], In Ps 115, 8 § 5 [113C], Princ Prov § 9 [404B], Princ Prov § 9 [405CD], Princ Prov § 11 [408D-409A], Destruam § 2 [265B]. Sensi spirituali In Ps 1, 1 § 5 [224A], In Ps 33, 2 § 1 [353B], In Ps 33, 4 § 3 [357B], In Ps 33, 9 § 6 [364CD-365A], In Ps 33, 12 § 8 [372C], In Ps 33, 21 § 13 [384A], In Ps 33, 21 § 13, [384B], In Ps 44, 1 § 2 [389BC], In Ps 45, 5 § 4 [424A], In Ps 45, 9 § 7 [428A], Princ Prov § 14 [413C], Princ Prov § 14 [413CD-416A]. Uomo interiore/nascosto/esteriore In Ps 14A, 2 § 2 [253C], In Ps 32, 3 § 2 [328B], In Ps 33, 2 § 1 [353B], In Ps33, 21 § 13 [384B], In Ps 44, 1 §1 [388C], In Ps 44, 1 § 2 [389B], In Ps 44, 14-15 § 11 [412B] Princ Prov § 13 [412BC], Princ Prov § 14 [413BC].

584

1. Indice ricorrenze

Vanto per beni effimeri In Ps 1, 1 § 3 [216C], In Ps 7, 2 § 2 [232A], In Ps 7, 6 § 3 [236B], In Ps 14A, 4 § 5 [260A], In Ps 28, 5 § 5 [293C], In Ps 32, 1 § 1 [324B], In Ps 33, 2 § 2 [353CD-356A], In Ps 33, 19 § 12 [380CD], In Ps 45, 2 § 1 [417B], In Ps 48, 2-3 § 1 §7 [433D], In Ps 48, 7 § 3 [437B], In Ps 48, 7 § 3 [437D], In Ps 48, 12 § 7 [448C-449A], In Ps 48, 15 § 9 [453B], In Ps 61, 8 § 4 [476CD-477A], In Ps 114, 5 § 3[489B], Attende § 5 [209C]. Varietà delle passioni In Ps 1 § 1 [212A], In Ps 28, 9 § 7 [301A], In Ps 32, 13-14 § 8 [344B], In Ps 33, 11 § 7 [368C], In Ps 114, 7 § 5 [492B]. Vita/azioni/esercizio/fatiche/lotte della virtù/secondo virtù In Ps 1, 1 § 4 [217D], In Ps 1, 1 § 5 [221D-224A], In Ps 14A, 2 § 3 [256A], In Ps 28, 1 § 2 [284B], In Ps 33, 8 § 5 [364B], In Ps 44, 1 § 1 [388A], In Ps 44, 14-15 § 11 [412C], In Ps 44, 17 § 12 [413C], In Ps 48, 10 § 5 [441D-444A], Princ Prov § 11 [409A], Attende § 6 [213A]. Zelo/zelante (spoudē/spoudaios) In Ps 7, 9 § 5 [237D], In Ps 14A, 2 § 3 [256A], In Ps 14A 2-3 § 3 [256C], In Ps 14A, 3 § 4 [257C], In Ps 28, 1 § 2 [284B], In Ps 32, 1 § 1 [324B], In Ps 33, 1 § 1 [349B], In Ps 33, 2 § 1 [353C], In Ps 61, 2 § 2 [472B], Attende § 4 [205C].

2. Indice esegetico a. Esegesi: metodi e termini Accuratezza nell’esegesi ἀκριβεῖ Princ Joannis § 1 [472D] ἀκριβῆ Princ Joannis § 1 [473A] ἀκριβῶς In Ps 7, 9 § 4 [237A] Collazione/raccolta di testi ἀναλεγόμενος In Ps 32, 10 § 6 [340B] ἀναλεξαμένῳ Princ Prov § 4 [393B] συναγαγεῖν In Ps 28, 3 § 3 [288C] συνάγων In Ps 32, 7 § 5 [337A] συνειλεγμένα Princ Joannis § 4 [481C] Consequenzialità (akolouthia) -In senso esegetico/logico ἀκολουθίαν In Ps 59, 1 § 13 [460C], In Ps 115, 1-2 § 2 [105B] ἀκολουθίας In Ps 1, 1 § 3 [217B], In Ps 61, 2 § 1 [472A] ἀκόλουθον In Ps 28, 1 § 2 [285C], In Ps 29, 6 § 4 [313C], In Ps 115, 1-2 § 1 [104B], In Ps 115, 1-2 § 1 [105A], Princ Prov § 14 [413C] ἀκολουθότερον In Ps 32, 7 § 5 [336B], In Ps 44, 6 § 6 [404A], In Ps 59, 1 § 2 [464B] ἀκολούθως In Ps 44, 9-10 § 9 [405C] -In senso morale-spirituale ἀκολουθίαν In Ps 59, 9 § 4 [465C] ἀκόλουθον In Ps 29, 1 § 1 [305C] ἀκόλουθος In Ps 44, 14-15 § 11 [412BC] ἀκολούθως In Ps 44, 14-15 § 11 [412C], In Ps 48, 11-12 § 6 [448B], In Ps 48, 17 § 10 [456C] Consuetudine della Scrittura/luoghi e modi scritturistici -Consuetudine/consueto nella Scrittura ἔθος In Ps 61, 2 § 2 [472C] συνήθεια In Ps 7, 1 § 1 [229B], In Ps 48, 11-12 § 6 [445A] (comune consuetudine), In Ps 48, 11-12 § 6 [445B] συνηθείᾳ In Ps 48, 11-12 § 6 [445A] (in contrapposizione a quella biblica)

586

2. Indice esegetico

συνήθειαν In Ps 44, 5 § 5 [401A], In Ps 48, 12 § 7 [448B] συνήθη In Ps 44, 2 § 3 [393B] συνήθης/σύνηθες In Ps 7, 4-6 § 3 [233B], In Ps 29, 6 § 4 [313C], In Ps 32, 1 § 1 [324A] -In altri luoghi ἀλλαχοῦ In Ps 7, 11 § 7 [244C], In Ps 29, 4 § 3 [312B], In Ps 32, 6 § 4 [333C], In Ps 32, 18 § 10 [345C] -In molti luoghi πολλαχοῦ In Ps 7, 9 § 4 [237A], In Ps 7, 10 § 6 [244A], In Ps 14A, 3 § 3 [256D], In Ps 14A, 4 § 5 [260C], In Ps 14B § 1 [265A], In Ps 28, 3 § 3 [288C], In Ps 28, 6 § 5 [297A], In Ps 29, 4 § 3 [312A], In Ps 33, 9 § 6 [364C], Princ Prov § 13 [412C], Princ Prov § 15 [417B] -In nessun luogo οὐδαμοῦ In Ps 14A, 3 § 4 [257C] οὐ πάνυ In Ps 7, 16 § 8 [248D] -La Scrittura chiama... ὀνομάζει In Ps 7, 11 § 7 [244D], In Ps 33, 21 § 13 [384A] ὠνόμασεν In Ps 44, 3 § 4 [397A], In Ps 44, 13 § 10 [409C] -Ora…ora/Ora…altre volte ποτὲ μὲν...ποτὲ δέ In Ps 7, 9, § 4, [237B], In Ps 28, 5, § 5, [293B] ποτὲ μὲν...ἄλλοτε δέ In Ps 28, 6, § 5, [296C] -Ovunque πανταχοῦ In Ps 14A, 4 § 5 [260C], In Ps 114, 5 § 3 [489A] -Spesso πολλάκις In Ps 7, 4-6 § 3 [233C], In Ps 28, 6 § 5 [297A], In Ps 29, 9 § 6 [320B], In Ps 32, 9 § 6 [340A], In Ps 33, 21 § 13 [384A] Critica testuale -Varianti dei codici Ἐν πολλοῖς… τῶν ἀντιγράφων In Ps 28, 1 § 1 [281BC] ἔν τισι τῶν ἀντιγράφων In Ps 32, 7 § 5 [336A] -Differenti traduzioni προσάγεται τῇ διανοίᾳ ταύτῃ ὅ τε Ἀκύλας καὶ ὁ Σύμμαχος In Ps 44, 3 § 4 [396B] τις τῶν ἑρμηνευσάντων In Ps 59, 10 § 4 [468A], In Ps 59, 11 § 4 [468B] τις τῶν ἑρμηνευτῶν In Ps 44, 2 § 2 [389A]

a. Esegesi: metodi e termini

587

Ermeneutica/interpretazione ἑρμηνεύει In Ps 61, 2 § 2 [472D] ἑρμηνεύεται In Ps 7, 1 § 1 [229A], In Ps 28, 8 § 6 [297D] ἑρμήνευσε In Ps 33, 8 § 5 [364A] ἑρμηνεύων In Ps 48, 12 § 7 [448B] μεθερμηνευόμενον In Ps 45, 7-8, § 6 [425C] Esame/Ricerca (della lectio/delle parole) ἐξετάσεως In Ps 14B § 1 [265A] ἐξέτασιν In Ps 44, 1 § 2 [392D], Princ Joannis § 1 [473A] ζητήσεως In Ps 59, 1 § 2 [461B] Esegesi ἐξηγήσεως In Ps 59, 1 § 13 [460C] ἐξήγησιν In Ps 44, 2 § 3 [393A], Princ Prov § 1 [385D] ἐξήγησις In Ps 32, 10 § 6 [340A] Immagine/Esempio εἰκασίαν In Ps 28, 6, § 5, [297A] εἰκόνα In Ps 28, 5 § 5 [293B], In Ps 28, 9 § 6 [300A] εἰκόνι In Ps 28, 6 § 5 [296C] εἰκόνος In Ps 28, 1 § 2 [285D], In Ps 28, 1 § 2 [288A], In Ps 32, 1 § 1 [324C] παραδείγματος In Ps 29, 6 § 4 [313B] Intendere/prendere un’espressione in una certa accezione o in riferimento ad una certa realtà ἐξακούειν Attende § 2 [201C] ἐκλαβεῖν In Ps 45, 4 § 3 [421A] λαβεῖν In Ps 48, 10 § 5 [441C] λάβῃ In Ps 44, 17 § 12 [413B] λάβοις In Ps 1, 1, § 4, [221A] λαμβάνειν In Ps 7, 4-6 § 3 [233B], In Ps 44, 3 § 3 [396B], Princ Prov § 13 [412BC] λαμβάνεσθαι In Ps 7, 7 § 4 [236C] λαμβάνεται In Ps 28, 9 § 6 [300A], In Ps 29, 5 § 4 [313A], In Ps 32, 9 § 6 [340A] παραλαμβάνει In Ps 7, 10 § 6 [244A], In Ps 33, 4, § 3, [356D] παραλαμβάνεσθαι In Ps 7, 9 § 4 [237B], In Ps 28, 6 § 5 [297A] παραλαμβάνεται In Ps 28, 6 § 5 [297A], In Ps 28, 9 § 7 [301B] παραλαμβανόμενον In Ps 7, 4-6 § 3 [233C] παρειλημμένον In Ps 28, 6 § 5 [297A] παρελήφθη In Ps 28, 5 § 5 [293C] ὑποληπτέον In Ps 29, 1 § 1 [308A]

588

2. Indice esegetico

ἐννοεῖν In Ps 59, 1 § 2 [464B] ἐνόησας In Ps 1, 1 § 6 [225A] νενοήκαμεν In Ps 48, 7 § 3 [437D] νόει In Ps 33, 13 §9 [373B], In Ps 44, 14-15 § 11 [412B] νοεῖν In Ps 28, 1 § 2 [285C], In Ps 44, 5 § 6 [401A], In Ps 45, 5 § 4 [421C] νοεῖσθαι In Ps 32, 11 § 7 [341B] νοεῖται In Ps 28, 1 § 1 [281B] νοηθῇ In Ps 32, 6 § 4 [333C] νοῆσαι In Ps 28, 2 § 3 [288C], In Ps 29, 1 § 1 [308A], In Ps 59, 1 § 2 [464A] νοήσεις In Ps 44, 6 § 6 [404A], In Ps 45, 5 § 4 [424B], In Ps 114, 6 § 4 [489D] νοήσῃς In Ps 33, 17 § 11 [377B] νόησον In Ps 14B § 5 [277C], In Ps 28, 1 § 2 [285D], In Ps 32, 7 § 5 [336A], In Ps 45, 7 § 6 [425A] νοήσωμεν In Ps 28, 1 § 1 [281A] νοητέον Princ Prov § 13 [412C] νοοῖτο In Ps 28, 3 § 3 [289A] νοοῦμεν In Ps 44, 3 § 5 [397C], Princ Prov § 11 [408C] νοῶ In Ps 32, 8 § 6 [337C] περινόει In Ps 28, 1 § 2 [288A]

Intenzione/scopo del Salmo/Scrittura βούλεται In Ps 33, 3 § 2 [356C] βούλημα In Ps 48, 11-12 § 6 [448B], Princ Prov § 2 [388C] βουλήματι In Ps 28, 1 § 1 [281A] βουλήματος In Ps 32, 7 § 5 [337A] σκοπόν Princ Prov § 1 [388A] Interpretazione in base al prosōpon/prosopografia πρόσωπα In Ps 48, 7 § 3 [437B] πρόσωπον In Ps 44, 2 § 3 [393A], In Ps 44, 2 § 3 [393B], In Ps 48, 5 § 2 [436B], In Ps 48, 17 § 10 [456A] προσώπου In Ps 44, 2 § 3 [393D], In Ps 44, 3 § 3 [396B], Princ Prov § 2 [388C] ἐκ προσώπου In Ps 29, 1 § 1 [308A], In Ps 44, 2 § 3 [392D], In Ps 44, 18 § 12 [413D], In Ps 48, 1 § 1 [432B] προσωποποιήσας Princ Prov § 3 [392A] Interpretazione pezzo per pezzo (kata meros) κατὰ μέρος In Ps 45, 1 § 1 [416B]

a. Esegesi: metodi e termini

589

Lemmi rilevanti introduttivi dell’esegesi -Adattarsi ἐφαρμόζει In Ps 45, 5 § 4 [421D] ἐφαρμόσει In Ps 45, 5 § 5 [424B] -Apprendere/imparare ἔγνωμεν In Ps 14A, 3 § 4 [257C] δεδιδάγμεθα In Ps 32, 7 § 5 [336B] ἐδιδάχθημεν Princ Prov § 13 [412C] ἔμαθες In Ps 28, 1 § 2 [284B] μαθήσῃ In Ps 45, 1 § 1 [416B], In Ps 48, 2-3 § 1 [433A] μάθοις In Ps 7, 2-3 § 2 [233A] μεμαθήκαμεν In Ps 7, 11 § 7 [244C], In Ps 14A § 6 [264A], In Ps 28, 3 § 3 [289C], In Ps 28, 5 § 5 [296A], In Ps 28, 6 § 5 [296C], Princ Prov § 13 [412C]

-Cioè τουτέστι(ν) In Ps 1, 1 § 5 [221C], In Ps 7, 1 § 1 [229B], In Ps 7, 6 § 3 [236A], In Ps 7, 9 § 4 [237B], In Ps 7, 9 § 6 [241A], In Ps 14A, 2 § 2 [256A], In Ps 14A, 2-3 § 3 [256C], In Ps 14A, 4 § 5 [260A], In Ps 14A, 4 § 5 [261A], In Ps 14B § 2 [269A], In Ps 28, 3 § 4 [292C], In Ps 28, 6 § 6 [297A], In Ps 28, 8 § 6 [297D], In Ps 28, 9 § 7 [301A], In Ps 29, 2 § 3 [312B], In Ps 29, 5 § 4 [313A], In Ps 32, 2 § 2 [325C], In Ps 32, 3 § 2 [328B], In Ps 32, 6 § 4 [333B], In Ps 32, 7 § 5 [336B], In Ps 33, 10 § 6 [365C], In Ps 33, 12 § 8 [372B], In Ps 33, 17 § 12 [380B], In Ps 33, 21 § 13 [384A], In Ps 44, 1 § 2 [392C], In Ps 44, 3 § 5 [397D], In Ps 44, 3 § 5 [400A], In Ps 44, 4 § 5 [400C], In Ps 44, 5 § 5 [400D], In Ps 44, 7 § 7 [404B], In Ps 44, 8 § 8 [405A], In Ps 44, 9-10 § 9 [408B], In Ps 44, 10 § 9 [408C], In Ps 44, 14 § 11 [412A], In Ps 45, 1 § 1 [416B], In Ps 48, 12 § 7 [448B], In Ps 48, 13 § 8 [449C], In Ps 48, 15 § 9 [453A], In Ps 48, 20 § 11 [457B], In Ps 59, 1 § 2 [464C], In Ps 59, 8 § 3 [465C], In Ps 59, 10 § 4 [468A], In Ps 115, 4 § 4 [109C], In Ps 115, 10 § 5 [113C], Princ Prov § 1 [388B], Princ Prov § 2 [388C], Princ Prov § 4 [393A], Princ Prov § 6 [400B], Princ Prov § 11, [409A], Attende § 2 [201C], Attende § 3 [204A], Attende § 3 [204B], Attende § 5 [209B], Princ Joannis § 4 [481B] -Credere/Opinione personale ἐνθυμήθητι In Ps 32, 7 § 5 [336D ἡγούμεθα In Ps 29, 1 § 1 [305C], In Ps 44, 4 § 5 [400A] λογιζόμεθα In Ps 61, 1 § 1 [469B] νομίζειν In Ps 1, 1 § 6 [224C] νομίζομεν In Ps 7, 16 § 8 [249B] νομίσῃς In Ps 33, 13 §9 [373A]

590

2. Indice esegetico

νομισθήσεται In Ps 32, 6 § 4 [333A] οἶμαι In Ps 1, § 2 [213C], In Ps 7, 2 § 2 [232C], In Ps 7, 4-6 § 3 [233B], In Ps 28, 7 § 6 [297B], In Ps 29, 12 § 7 [321B], In Ps 32, 1 § 1 [325A], In Ps 33, 17 § 11 [377A], In Ps 44, 1 § 2 [389B], In Ps 44, 9 § 9 [408B], In Ps 44, 14-15 § 11 [412B], In Ps 48, 1 § 1 [432B], In Ps 48, 2-3 § 1 [432D], In Ps 48, 20 § 11 [457A], Princ Prov § 8 [404A], Attende § 5 [209A] φαίην In Ps 1, 1 § 4 [217C] -E’ chiaro/chiaramente δηλαδή In Ps 29, 6 § 4 [316A] δῆλον In Ps 7, 8 § 4 [236D], In Ps 7, 9 § 6 [241B], In Ps 33, 21 § 13 [384A], In Ps 44, 3 § 4 [396C], In Ps 44, 3 § 5 [397B], In Ps 44, 3 § 5 [397C], In Ps 48, 11-12 § 6 [444D], Princ Prov § 6 [400A] δῆλος Princ Prov § 14 [413C] δηλονότι In Ps 32, 12 § 7 [341C], In Ps 45, 4 § 3 [420D] πρόδηλον Princ Prov § 15 [417B] -E’ degno di ἄξιον In Ps 59, 1 § 2 [461B], In Ps 59, 3 § 2, [461B] -E’ necessario ἀνάγκη In Ps 28, 9 § 6 [300A], Princ Prov § 13 [412C] δεῖ In Ps 44, 5 § 6 [401A] προσήκει In Ps 29, 1 § 1 [308A] χρή In Ps 1, 1 § 6 [224C], In Ps 28, 3 § 3 [289B e C], In Ps 45, 5 § 4 [421C], Princ Prov § 14 [413C] -Forse, modalità per introdurre una propria esegesi ἆρα In Ps 1, 1 § 3 [216D], In Ps 1, 1 § 5 [221B], In Ps 1, 1 § 6 [224C], In Ps 1, 1 § 6 [225C], In Ps 14A, 2, § 2, [253C] μήποτε In Ps 7, 1, § 1, [229A], In Ps 32, 7 § 5 [336B], In Ps 33, 21 § 13 [384A], In Ps 44, 9 § 9 [408A], Princ Prov § 9 [404C] τάχα In Ps 7, 2 § 2 [232A], In Ps 7, 10 § 6 [241D], In Ps 14A, 1 § 2 [253B], In Ps 14A, 3 § 3 [256C], In Ps 28, 3 § 3 [289C], In Ps 32, 2 § 2 [328A], In Ps 32, 9 § 6 [340A], In Ps 33, 3 § 2 [356C], In Ps 33, 6 § 4 [360D], In Ps 33, 11 § 7 [368A], In Ps 33, 21 § 13 [385A], In Ps 45, 5 § 4 [424B], In Ps 48, 17 § 10 [456A], In Ps 59, 13 § 1 [460B], In Ps 59, 11 § 4 [468B] ἢ τάχα In Ps 14B § 3 [273C], In Ps 29, 1 § 1 [308A], In Ps 29, 6 § 4 [316A], In Ps 32, 5 § 4 [332D], In Ps 45, 4 § 3 [421A], In Ps 45, 6 § 5 [425A]

a. Esegesi: metodi e termini

591

-Innalzare la mente ἀνάγαγε... τὴν διάνοιαν In Ps 33, 11 § 7 [369A] -o/oppure, modalità per introdurre una propria esegesi ἢ In Ps 1, 1 § 6 [224C], In Ps 7, 7 § 3 [236B], In Ps 14A, 2 § 2 [253C], In Ps 14A, 3 § 4 [257B], In Ps 28, 3 § 3 [289A], In Ps 28, 6 § 5 [297A], In Ps 29, 2 § 1 [308B], In Ps 29, 2 § 2 [309A], In Ps 29, 10 § 6 [320C], In Ps 32, 12 § 7 [341C], In Ps 33, 11 § 7 [368B], In Ps 33, 22 § 14 [385C], In Ps 44, 3 § 5 [397C], In Ps 45, 1 § 1 [416A], In Ps 45, 5 § 4 [421C], In Ps 48, 10 § 5 [444C], In Ps 48, 13 § 9 [453C], In Ps 48, 17 § 10 [456A], In Ps 59, 1 § [464B], In Ps 59, 10 § 4 [468A], In Ps 61, 2 § 2 [472C], In Ps 114, 6 § 4 [489D], In Ps 115, 2 § 3 [108B], Princ Prov § 6 [400A], Princ Prov § 7 [401A], Princ Prov § 7 [409A], Princ Prov § 11 [408 C e D], Princ Prov § 14 [416C] ἢτοι In Ps 48, 15 § 9 [453B], In Ps 115, 2 § 3 [108A] -Osservare θέασαι In Ps 48, 13 § 9 [453A] ἀποσκόπει In Ps 28, 1 § 2 [288A] σκόπει In Ps 1, 1 § 3 [217A], In Ps 1, 1 § 5 [221B], In Ps 44, 17 § 12 [413C], In Ps 114, 7 § 5 [493A] -Portare/Condurre ἐπανάγει In Ps 44, 7-8 § 7 [404B] προσάγει In Ps 44, 2 § 3 [393D] προσάγεται In Ps 44, 3 § 4 [396B] ἕλκει In Ps 33, 1 § 1 [349B] ἕλκειν In Ps 28, 9 § 6 [300A] -Potere/è possibile δύνανται In Ps 32, 11 § 7 [341B] δύνασαι In Ps 45, 4 § 3 [421A] δύναται In Ps 7, 7 § 4 [236C], In Ps 33, 2 § 1 [353B], In Ps 33, 3 § 2 [356C], In Ps 48, 11-12 § 6 [445C] δυνατόν In Ps 14A, 4 § 5 [261A], In Ps 28, 2 § 3 [288C], In Ps 28, 3 § 3 [292A], In Ps 32, 10 § 6 [340B], In Ps 33, 7 § 5 [361B], In Ps 48, 7 § 3 [437D], In Ps 48, 11-12 § 6 [445A], In Ps 61, 12 § 5 [481B] ἔστι In Ps 59, 1 § 2 [464A] -Prestare attenzione πρόσχες In Ps 14A, 2, § 3, [256A]

592

2. Indice esegetico

-Ricercare ἐξέτασον In Ps 1, 1 § 6 [225A] ζήτει In Ps 44, 14-15, § 11, [412B]

-Ricordare μνήσθητι In Ps 28, 3 § 4 [292C], In Ps 28, 5 § 5 [296B], In Ps 29, 6 § 4 [313D], In Ps 48, 10 § 5 [441C] -Sembra δοκεῖ In Ps 1, 1 § 3 [216A], In Ps 7, 1 § 1 [228C], In Ps 7, 15 § 8 [248B], In Ps 29, 6 § 4 [313A], In Ps 32, 21 § 10 [348C], In Ps 33, 1 § 1 [349B], In Ps 33, 2 § 1 [353A], In Ps 44, 2 § 2 [389A], In Ps 44, 2 § 3 [393A], In Ps 44, 6 § 6 [404A], In Ps 45, 1 § 1 [416A], In Ps 115, 1-2 § 2 [105B] δόξει In Ps 7, 9 § 4 [237A], In Ps 7, 9 § 5 [240D], In Ps 28, 1 § 1 [281A] ἔδοξε In Ps 44, 3 § 3 [396B], In Ps 61, 12 § 5 [481C] ἔοικε In Ps 7, 9 § 4 [237B], In Ps 7, 12 § 7 [245A], In Ps 7, 15 § 8 [248C], In Ps 14A, 3 § 4 [257C], In Ps 28, 6 § 5 [297A], In Ps 28, 11 § 8 [305A], In Ps 29, 1 § 1 [305C], In Ps 114, 1 § 1 [485A], Princ Prov § 11 [409B] φαίνεται In Ps 44, 1 § 1 [388A] φανῇ In Ps 114, 7 § 5 [492D-493A] -Trovare εὑρήσεις In Ps 1, 1 § 3 [217B], In Ps 28, 1 § 2 [288A], In Ps 29, 6 § 4 [313C] e [316A], In Ps 32, 10 § 6 [340B], In Ps 33, 7 § 5 [361C] εὑρήσομεν In Ps 14A, 3 § 3 [256B], In Ps 32, 6 § 4 [333B] εὑρίσκομεν In Ps 59, 1 § 2 [461A], Princ Prov § 15 [417B] εὕροις In Ps 28, 3 § 3 [288C] εὕρομεν In Ps 28, 1, § 1, [281C], In Ps 29, 1, § 1, [308A], In Ps 32, 7, § 5, [336A] -Un altro senso ἄλλη In Ps 33, 13 § 9 [373A] ἄλλο In Ps 7, 9 § 5 [237C] Presentazione di un concetto/significato παραστῆσαι In Ps 44, 3 § 5 [397B] παριστᾷ In Ps 7, 4-6 § 3 [233B] παρίστασθαι In Ps 44, 8 § 3 [393A] παρίστησι In Ps 7, 9 § 6 [241B], In Ps 14A, 2 § 2 [253C], In Ps 14A, 3 § 3 [256C], In Ps 33, 5 § 3 [357D], In Ps 45, 7-8 § 6 [425B], In Ps 48, 1 § 1 [432B]

a. Esegesi: metodi e termini

593

Rapporto/connessione tra passi biblici -Accordarsi συγγενές In Ps 28, 10 § 8 [304C] συμβαίνουσαν In Ps 59, 1 § 2 [461A] συμφωνίαν In Ps 33, 11 § 7 [369A] σύμφωνον In Ps 14A, 4 § 5 [261A] σύμφωνος In Ps 33, 19 § 12 [380B] συνᾴδει In Ps 28, 10 § 8 [304C], In Ps 32, 21 § 10 [348B] συνᾴδουσι In Ps 48, 1 § 1 [432C] -Legarsi ἔχεται In Ps 14A, 5 § 6 [264C] -Essere equivalente/Avere lo stesso valore ἰσοδυναμεῖν In Ps 114, 1 § 1 [485A] ἰσοδυναμοῦντα In Ps 59, 1 § 2 [460C] κατὰ ταῦτα In Ps 32, 21 § 10 [348C] ὁμότιμα In Ps 28, 9 § 6 [297D] -Essere simile Ὅμοιον In Ps 44, 3 § 5 [397C] ὁμοίως In Ps 44, 5 § 6 [401A] παραπλήσιον In Ps 44, 3 § 5 [397C] τοιοῦτον In Ps 32, 1 § 1 [325A], In Ps 32, 5 § 3 [332B], In Ps 33, 21 § 13 [384B], In Ps 48, 19 § 10 [457A], In Ps 114, 3 § 2 [488C] -Simile rapporto fra due elementi τὴν αὐτὴν ἔχει κοινωνίαν πρὸς ἄλληλα In Ps 14A, 3 § 3 [256B] Ricondurre/riferire a ἄγεσθαι In Ps 28, 6 § 5 [297A] ἀνάγαγε In Ps 33, 11 § 7 [369A] ἀναγαγεῖν In Ps 32, 10 § 6 [340B] ἀνάξαι In Ps 33, 7 § 5 [361B] ἐπανάγει In Ps 44, 7-8 § 7 [404B] προσάγει In Ps 44, 2 § 3 [393D] προσάγεται In Ps 44, 3 § 4 [396B] ἀνατεινόμενος In Ps 44, 7-8 § 7 [404B] ἀναφέρεσθαι In Ps 7, 7 § 4 [236C], In Ps 44, 2 § 3 [393A], In Ps 44, 3 § 5 [397B], In Ps 44, 4 § 5 [400A], In Ps 48, 1 § 1 [432BC] ἀναφέρων In Ps 44, 3 § 5 [397D] ἀναφοράν In Ps 59, 1 § 2 [461D] ἀναφορᾶς In Ps 45, 1 § 1 [416A]

594

2. Indice esegetico

Senso ecclesiologico κατὰ τὸν ἐκκλησιαστικὸν λόγον In Ps 28, 3 § 3 [292AB] Senso ‘più elevato’ ἐπαναβεβηκότως In Ps 28, 2 § 3 [288C] προσαναβῆναι In Ps 48, 7 § 3 [437D] ἀνάγαγε In Ps 33, 11 § 7 [369A] ἀναγαγεῖν In Ps 32, 10 § 6 [340B] ἀνάξαι In Ps 33, 7 § 5 [361B] ἐπανάγει In Ps 44, 7-8 § 7 [404B] Senso letterale e storico -In modo ordinario κατὰ τὸ πρόχειρον In Ps 33, 21 § 13 [381C] -In modo più semplice ἁπλούστερον In Ps 48, 7 § 3 [437D] -Sensibile αἰσθητόν In Ps 28, 3 § 3 [289B], Princ Joannis § 3 [477B] αἰσθητός In Ps 45, 6 § 5 [424C] αἰσθητοῦ In Ps 33, 11 § 7 [368A] αἰσθητῶν In Ps 28, 2 § 3 [288C] -Somatico/Letterale σωματικάς In Ps 115, 8 § 5 [113B] σωματικῇ In Ps 44, 14-15 § 11 [412B] σωματικήν In Ps 114, 2 § 2 [485B], Princ Prov § 13 [412C] σωματικόν In Ps 29, 1 § 1 [305C], In Ps 32, 10 § 6 [340B], In Ps 44, 14-15 § 11 [412C] σωματικούς Princ Prov § 4 [393C] σωματικῶν Princ Prov § 4 [393A] σωματικῶς In Ps 32, 3 § 2 [328B], In Ps 33, 17 § 11 [377B], Princ Prov § 13 [412C] φυσικόν In Ps 114, 6 § 4 [489C] -Storico ἱστορία In Ps 33, 1 § 1 [349C], In Ps 59, 1 § 2 [460C], In Ps 61, 1 § 1 [469B], Princ Prov § 12 [409D] ἱστορίαν In Ps 7, 1 § 1 [228C], In Ps 28, 1 § 1 [281A], In Ps 28, 7 § 6 [297A], In Ps 32, 7 § 5 [336AB] ἱστορίας In Ps 1 § 1 [212A], In Ps 28, 3 § 4 [292C] In Ps 32, 10 § 6 [340B], In Ps 33, 1 § 1 [352B], In Ps 59, 1 § 2 [461A] ἱστοριῶν In Ps 59, 1 § 2 [460C]

a. Esegesi: metodi e termini

595

Senso logico/noetico/pneumatico -Logico λογικά In Ps 44, 6 § 6 [401C] λογική In Ps 44, 2 § 3 [393B] λογικήν Princ Prov § 4 [393A] λογικόν In Ps 48, 5 § 2 [436C], Princ Prov § 13 [413B] λογικῶν In Ps 33, 21 § 13 [385A] -Noetico νοητή In Ps 33, 18 § 11 [377C] νοητήν In Ps 33, 21 § 13 [384B] νοητῆς In Ps 33, 9 § 6 [364D] νοητοί In Ps 44, 14-15 § 11 [412C] νοητόν In Ps 29, 1 § 1 [305C], In Ps 33, 2 § 1 [353B], In Ps 33, 21 § 13 [384B], In Ps 45, 6 § 5 [424D] νοητοῦ In Ps 45, 6 § 5 [424C] νοῦν In Ps 28, 1 § 1 [281A] -Pneumatico πνευματικά Princ Prov § 4 [393A] πνευματικήν In Ps 29, 11 § 7 [321A], Princ Prov § 14 [413D] πνευματικόν In Ps 32, 3 § 2 [328B], In Ps 32, 7 § 5 [337B], In Ps 33, 12 § 8 [369A], In Ps 44, 14-15 § 11 [412B], In Ps 48, 5 § 2 [436C] πνευματικός In Ps 33, 12 § 8 [369B] πνευματικοῦ In Ps 33, 13 § 9 [373B] πνευματικῶν In Ps 33, 21 § 13 [384C], In Ps 48, 11 5 [444B] Senso metaforico e tropico μεταφέρειν Princ Prov § 14 [413C] μετήνεγκε In Ps 114, 3 § 2 [488A] μεταληπτέον Princ Prov § 13 [412C] μεταληφθῆναι Princ Prov § 2 [388B] μετελάβομεν Princ Prov § 14 [413C] τροπικῶς In Ps 29, 1 § 1 [305B], In Ps 29, 12 § 7 [321B], In Ps 44, 4 § 5 [400A], In Ps 45, 4 § 3 [421A], Princ Prov § 14 [413C] τροπολογίαν In Ps 44, 2 § 3 [393B]

596

2. Indice esegetico

Senso mistico/mistero/nascosto/obliquo -Alludere αἰνίσσεσθαι In Ps 29, 1 § 1 [305C] αἰνισσόμενος Princ Prov § 9 [405B] ᾐνίξατο Princ Joannis § 3 [476C] παραινίσσεται In Ps 44, 2 § 1 [389A] παρῃνίξατο In Ps 44, 1 § 1 [388C], In Ps 44, 9-10 § 9 [408A] -Mistero/mistico μυστήριον In Ps 7, 7 § 3 [236B], In Ps 7, 7 § 4 [236C] μυστηρίῳ In Ps 45, 1 § 1 [416B] μυστικώτερον In Ps 28, 3 § 3 [289C] -Nascondere/nascosto ἐπικρύψεως Princ Prov § 2 [388C] κεκρυμμένον In Ps 45, 1 § 1 [416B] κεκρυμμένων In Ps 45, 1 § 1 [416B] κεκρυμμένως In Ps 44, 1 § 1 [388A] κρυπτὰ In Ps 44, 9-10 § 9 [405C] συγκαλύπτων Princ Prov § 2 [388C] -Obliquamente πλαγίως Princ Prov § 2 [388C]

Senso profetico προαγγέλλει In Ps 33, 19 § 12 [380B] προαναφωνεῖ In Ps 48, 1 § 1 [432C] προφητείαν In Ps 33, 19 § 12 [380A], In Ps 45, 1 § 1 [416A] προφητείας In Ps 59, 1 § 2 [464B] προφητεύει In Ps 48, 16 § 9 [453C] προφητικῶς In Ps 33, 3 § 2 [356C], In Ps 45, 7-8 § 6 [425C], In Ps 61, 2 § 2 [472C] σαφῶς... λέγει In Ps 45, 11 § 8 [429C] Senso universale/generale καθολικῶς In Ps 29, 6 § 4 [316A] Significare σημαίνει In Ps 7, 9-10 § 6 [244A], In Ps 33, 8 § 5 [364C], Princ Prov § 11 [409C] σημαίνειν In Ps 29, 1 § 1 [305C] σημαινόμενα In Ps 7, 9 § 4 [237A], In Ps 14A, 3 § 3 [256B], In Ps 29, 6 § 4 [316A], Attende § 1 [200A]

b. Terminologia retorico-grammaticale

597

σημαινόμενον In Ps 7, 9 § 5 [237C], In Ps 28, 5 § 5 [293C], In Ps 48, 11-12 § 6 [445B] σημαινομένων In Ps 29, 6, § 4, [313A] σημαντικῆς Attende § 1 [197D] Significato/significazione/senso διάνοια In Ps 59, 1 § 13 [460B] διανοίᾳ In Ps 44, 2 § 3 [393D], In Ps 44, 3 § 4 [396B], In Ps 48, 7 § 3 [437D] διάνοιαν In Ps 14A, 2 § 2 [253C], In Ps 28, 9 § 7 [304A], In Ps 33, 11 § 7 [369A], In Ps 44, 2 § 2 [389A], In Ps 45, 4 § 3 [421A], In Ps 115, 1-2 § 2 [105B], Princ Prov § 2 [388C], Princ Joannis § 3 [477B] διανοίας In Ps 28, 1 § 1 [281AB], In Ps 59, 1 § 13 [460C], Princ Prov § 2 [388C] ἔννοια In Ps 33, 1 § 1 [349B], Princ Joannis § 3 [477A], Princ Joannis § 3 [480A] ἐννοίᾳ In Ps 33, 21 § 13 [381C], In Ps 48, 1 § 1 [432C] ἔννοιαν In Ps 1, 1 § 4 [221A], In Ps 32, 7 § 5 [336B], In Ps 114, 2 § 2 [485B] ἐννοίας In Ps 29, 6 § 4 [313C], In Ps 33, 11 § 7 [369A] νοῦν In Ps 7, 4-6 § 3 [233B], In Ps 7, 7 § 3 [236B], In Ps 14A, 2 § 2 [253C], In Ps 32, 10 § 6 [340B], In Ps 44, 6 § 6 [404A], In Ps 48, 20 § 11 [457B] νοῦς Princ Prov § 1 [388A] Simbolo/tipo σύμβολον In Ps 29, 12 § 7 [321C], In Ps 44, 4 § 5 [400A], In Ps 44, 9-10 § 9 [405C] τυπικόν In Ps 44, 8 § 8 [405A] τυπικούς In Ps 44, 8 § 8 [405A] τύπος In Ps 59, 8 § 3 [465B] Usare un’espressione in riferimento ad una certa realtà τεταγμένον In Ps 7, 16 § 8 [248D] τέτακται Princ Prov § 2 [388B] τετάχθαι In Ps 7, 16 § 8 [249B]

b. Terminologia retorico-grammaticale Ambiguità ἀμφιβάλλει In Ps 14A, 3 § 4 [257A] ἀμφιβολίᾳ In Ps 33, 11 § 7 [369A] ἀμφίβολος In Ps 14A, 3 § 4 [257B] Analogia ἀναλογίαν In Ps 44, 2 § 3 [393C] Antilogia ἀντιλογίας Princ Prov § 7 [401A]

598

2. Indice esegetico

Antitesi/obiezione ἀντιθέσεις Princ Prov § 7 [401A] Aporia ἄπορον In Ps 1, 1 § 3 [217B] ἀπορῶν In Ps 14A, 1 § 2 [253B] διαπορητικῶς In Ps 61, 2, § 1, [472A] ἐπαπορεῖ In Ps 115, 3 § 4 [109B]

Argomentazione (epicheirēma) ἐπιχειρημάτων Princ Prov § 7 [401B] ἐπιχειρήσεις Princ Prov § 7 [401B] Confusione συγκεχυμένως In Ps 7, 15 § 8 [248B] σύγχυσιν In Ps 7, 9 § 4 [237A] Contraddizione/ragionamento circolare ἀπεμφαῖνον Princ Joannis § 3 [480A] ἐναντιώματι In Ps 33, 11 § 7 [368B] ἐναντίως In Ps 7, 1 § 1 [228C] ἐναντίωσιν In Ps 61, 12 § 5 [481BC] περιπίπτει In Ps 115, 2 § 3 [108B] περιτροπὴν In Ps 115, 2 § 3 [108B] Dare forma (schematica) εἴδει In Ps 14A, 1 § 2 [253B] ἐσχημάτισεν In Ps 45, 2 § 2 [420A] ἐσχημάτισται In Ps 44, 5 § 6 [401A] σχηματιζούσης In Ps 44, 5 § 5 [401A] σχηματίσαι In Ps 44, 8 § 8 [405A] σχήματι In Ps 14A, 4 §5 [261B] Definizione ὁρίζονται In Ps 45, 5 § 4 [421C], In Ps 114, 1 § 1 [484C] ὡρίζοντο Princ Prov § 2 [388B] ὡρίσαντο In Ps 32, 16 § 9 [345A], In Ps 44, 1 § 2 [392A] διορισμοῦ In Ps 115, 1 § 1 [105C] ὅρος Princ Prov § 9 [404A]

b. Terminologia retorico-grammaticale

599

Denominazione προσηγορία In Ps 115, 2 § 3 [109A], Princ Prov § 11 [409C] προσηγορίᾳ Princ Prov § 9 [405B], Princ Joannis § 3 [480A] προσηγορίαις Princ Joannis § 2 [476B] προσηγορίαν In Ps 44, 1 § 1 [388D], In Ps 44, 7 § 7 [404C], Princ Prov § 11 [408D] προσηγορίας In Ps 7, 1 § 1 [229B], In Ps 14B § 3 [273C], In Ps 32, 6 § 4 [333B], In Ps 32, 16 § 9 [345A], In Ps 44, 1 § 2 [389A], In Ps 44, 11 § 10 [409A], Princ Prov § 2 [389B], Princ Joannis § 4 [480C] Detto ῥητοῖς In Ps 45, 1 § 1 [416B] ῥητόν In Ps 32, 10 § 6 [340B] ῥητοῦ In Ps 14B § 5 [277C], In Ps 44, 2 § 3 [393A], In Ps 44, 3 § 3 [396B], In Ps 45, 4 § 3 [421A] Dichiarazione/affermazione ἀπόφασιν In Ps 61, 12 § 5 [481B], In Ps 115, 2 § 3 [108C] ἀπόφασις In Ps 32, 4 § 3 [329B] Digressione παρεκβάσει In Ps 28, 9 § 7 [304B] παρεκβάσει In Ps 28, 9 § 7 [304B] Diminutivo ὑποκορίζονται In Ps 61, 5 § 3 [476B] Dimostrativo δεικτικῇ In Ps 33, 7 § 5 [361B] δεικτικῆς Princ Joannis § 4 [481A] Discorso strutturato τοῦ κατὰ σύνθεσιν λόγου Princ Joannis § 1 [476A] Distinzione διάκρισιν Princ Prov § 2 [389B] διαστολή In Ps 7, 2-3 § 2 [232B] διαφέρει In Ps 32, 9 § 6 [340A], In Ps 44, 4 § 5 [400B] διαφορά In Ps 7, 2-3 § 2 [232B] διαφοράν In Ps 14A, 2 § 2 [253C] διάφορον In Ps 29, 6 § 4 [313B], In Ps 32, 9 § 6 [340A] διελεῖν In Ps 48, 11-12 § 6 [445A] ὑποδιαιρῶν In Ps 48, 11-12 § 6 [444D]

600

2. Indice esegetico

Domanda ἐπερώτημα In Ps 14A, 1 § 2 [253C] ἐρωτηματικόν In Ps 14A, 1 § 2 [253B] ἐρωτηματικῶς In Ps 48, 8 § 4 [440C]

Duplicità di significato διπλῆ Princ Joannis § 3 [477A] διπλοῦν Princ Prov § 6 [400A], Attende § 2 [201C] διπλοῦς Princ Prov § 13 [412B] διττῶς Princ Prov § 11 [408C] δύο σημαίνει Princ Prov § 11 [409C] Enfasi ἐμφαντικῶς In Ps 29, 2 § 2 [309A], In Ps 44, 3 § 5 [397B] ἐμφαντικώτατα In Ps 7, 15 § 8 [248B] ἐμφάσεως Princ Prov § 4 [393A] ἔμφασις In Ps 33, 5 § 3 [357D] Eufemismo εὐφημίᾳ In Ps 61, 5 § 3 [476B] Impossibilità ἀδύνατον In Ps 33, 2 § 1 [353A], Attende § 2 [201C] In generale/insomma/in sintesi/in una parola ἁπαξαπλῶς In Ps 1 § 1 [212A], In Ps 29, 2 § 2 [308C], In Ps 32, 13-14 § 8 [344C], In Ps 33, 4 § 3 [357B], In Ps 48, 6 § 2 [437A], In Ps 59, 1 § 2 [464A], In Ps 61, 5 § 3 [476B] καθολικῶς In Ps 29, 6 § 4 [316A] καθόλου In Ps 115, 1-2 § 2 [105B] ὅλως In Ps 1 § 1 [212A], In Ps 1 § 1 [212B], In Ps 1 § 4 [220A], In Ps 1, 1 § 6 [228A], In Ps 28, 6 § 5 [297A], In Ps 32, 5 § 3 [332B], In Ps 32, 8 § 6 [337C], In Ps 33, 12 § 8 [369C], In Ps 45, 2 § 2 [417C], In Ps 48, 7 § 3 [440B], In Ps 61, 8 § 4 [476C], In Ps 115, 1-2 § 1 [105A], In Ps 115, 1-2 § 1 [105B], In Ps 115, 1 § 2 [105C], In Ps 115, 1 § 2 [105D], Princ Prov § 1 [388A], Princ Prov § 3 [392A], Princ Prov § 4 [393B], Princ Prov § 6 [397B], Princ Prov § 8 [401D], Attende § 7 [213C] In senso proprio κυρίως In Ps 1, 1 § 3 [216B], In Ps 1, 1 § 4 [220B], In Ps 7, 2-3 § 2 [232B], In Ps 7, 10 § 6 [244A], In Ps 7, 11 § 7 [244C], In Ps 33, 11 § 7 [368C], In Ps 114, 1 § 1 [484C], In Ps 114, 3 § 2 [488A], Princ Prov § 11 [409A]

b. Terminologia retorico-grammaticale

601

Iperbato ὑπερβατοῦ In Ps 44, 6 § 6 [404A] Ipotesi ὑποθέσεις In Ps 33, 1 § 1 [349B]

Lectio (Lexis)/Voce λέξει In Ps 33, 21 § 13 [384A] λέξεως In Ps 14A, 2 § 3 [256A], In Ps 33, 21 § 13 [381C], Princ Prov § 1 [385D] λέξιν In Ps 14B § 1 [265A] λέξις In Ps 1, 1 § 3 [217A], In Ps 7, 15 § 8 [248B], In Ps 14A, 3 § 4 [257B], In Ps 44, 6 § 6 [404A], Attende § 1 [200B], Princ Joannis § 1[473C] λεξειδίοις In Ps 44, 3 § 4 [397A] αὐτολεξεί In Ps 59, 1 § 2 [460C] Luogo/tema τόπου In Ps 28, 9 § 7 [301A] τόπῳ In Ps 1, 1 § 3 [216CD] Moduli retorici -Invece di ἀντί In Ps 7, 4-6 § 3 [233B], In Ps 14A, 3 § 3 [256C], In Ps 28, 6 § 5 [297A], In Ps 29, 2 § 2 [309A], In Ps 29, 5 § 4 [313A], In Ps 29, 13 § 7 [324A], In Ps 33, 14 § 9 [373D], In Ps 44, 2 § 2 [389A], In Ps 44, 2 § 3 [393D], In Ps 44, 5 § 5 [401A], In Ps 44, 8 § 8 [405B], In Ps 114, 5 § 3 [489B] -Veridicità dell’esegesi/affermazione οὐχ ἁμαρτήσει In Ps 44, 3 § 5 [397D] οὐκ ἂν ἁμάρτοι In Ps 59, 1 § 2 [464C] οὐ διαπίπτει In Ps 44, 17 § 12 [413B] Nome derivato παρωνύμως Princ Prov § 6 [397C] Omonimia ὁμωνυμιῶν Princ Prov § 2 [389B] ὁμώνυμον Princ Prov § 14, [416C], Princ Joannis § 3 [477A] ὁμωνύμως In Ps 33, 9 § 6 [364C], In Ps 33, 21 § 13 [384A] Paradosso/irrazionalità ἄλογον In Ps 33, 17 § 11 [377B]

602

2. Indice esegetico

παράδοξον In Ps 61, 12 § 5 [481B], In Ps 114, 7 § 5 [492D] παραδόξῳ In Ps 115, 2 § 3 [108B] Parola ῥῆμα In Ps 29, 10 § 6 [320C], In Ps 44, 2 § 3 [393D], Princ Prov § 2 [388B], Attende § 4 [205C], Attende § 5 [209C] ῥήμασι In Ps 14A, 2 § 2 [253C], In Ps 48, 11-12 § 6 [445B], Princ Joannis § 4 [481A] ῥήματα In Ps 29, 5 § 3 [312C], In Ps 59, 3 § 2 [461B] ῥήματος Princ Joannis § 3 [477B] ῥημάτων In Ps 28, 9 § 7 [301B], In Ps 44, 1 § 2 [392D], In Ps 48, 13 § 9 [453A], In Ps 61, 5 § 3 [476B], In Ps 61, 12 § 5 [481B], Attende § 1 [197D], Princ Joannis § 1 [472C], Princ Joannis § 1 [473A], Princ Joannis § 2 [476C] Polisemia πολλαχῶς Princ Prov § 14 [416D] πολυσήμῳ Princ Joannis § 1[473C] Proemio προοιμίοις In Ps 1, 1 § 6 [228A], In Ps 48, 17 § 10 [456A] προοίμιον In Ps 1, 1 § 3 [216A], Princ Prov § 1 [385D], Princ Joannis § 1 [472B] Tautologia ταυτολογία In Ps 29, 6 § 4 [313A] Voce φωναί Princ Joannis § 2 [476B] φωνάς Princ Joannis § 4 [481B] φωνή In Ps 29, 3 § 3 [309D], In Ps 32, 1 § 1 [324A], In Ps 33, 12 § 8 [369A], In Ps 44, 1 § 2 [389A], In Ps 45, 9 § 7 [428A], Princ Prov §16 [421A], Princ Joannis § 2 [476B] φωνῇ In Ps 33, 7 § 5 [361B], Princ Joannis § 4 [480C] φωνήν In Ps 59, 1 § 2 [464B], In Ps 61, 11 § 5 [480D], Princ Joannis § 1 [473B] φωνῆς In Ps 7, 9 § 5 [237C], In Ps 44, 1 § 1 [388C], Attende § 1 [197D], Princ Joannis § 3 [477A], Princ Joannis § 3 [480A], Princ Joannis § 4 [480B], Princ Joannis § 4 [481A]

c. Caratteristiche proprie del testo Scritturistico

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c. Caratteristiche proprie del testo Scritturistico Accuratezza delle scelte stilistiche (akribeia e uso di un’espressione più appropriata di un’altra, ‘non ha detto...ma’) ἀκριβείᾳ In Ps 14A, 2 § 3 [256A] ἀκρίβειαν Princ Joannis § 4 [480B] ἀκριβείας In Ps 29, 6 § 4 [313A] ἀκριβές In Ps 1, 1 § 3 [217A] ἀκριβῶς In Ps 33, 22 § 14 [385A] Οὐκ εἶπε...ἀλλά In Ps 1, 1 § 3 [217A], In Ps 14A, 2 § 3 [256A], In Ps 29, 5 § 4 [313A], In Ps 32, 7 § 5 [336A], In Ps 44, 2 § 3 [393A], In Ps 44, 13 § 10 [409C], Princ Joannis § 4 [480B] Οὐχὶ ἐζήτησα…ἀλλ᾽ ἐξεζήτησα In Ps 33, 5 § 3 [357D] Arte ἐντέχνως In Ps 1, 1 § 3 [216B], In Ps 1, 1 § 4 [217C] Bene/bellezza κάλλος Princ Joannis § 1 [472C] καλῶς In Ps 44, 1 § 2 [389A], In Ps 44, 1 § 2 [392A], In Ps 44, 4 § 5 [400B], In Ps 44, 7-8 § 7 [404C], In Ps 44, 8 § 8 [405A], In Ps 61, 11 § 5 [481A] Chiarezza σαφῶς In Ps 44, 7 § 7 [404C], In Ps 45, 11 § 8 [429C], In Ps 48, 16 § 9 [453C] Convenienza εἰκότως In Ps 48, 1 § 1 [432C] εὐθυβόλως In Ps 44, 1 § 2 [389A] καταλλήλως In Ps 32, 9 § 6 [337D] οἰκείως In Ps 1, 1 § 6 [228A] προσηκόντως In Ps 1, 1 § 6 [228A] προσφόρως In Ps 44, 1 § 1 [388D] Forza δύναμιν In Ps 14B § 1 [265A], In Ps 14B § 5 [277C], In Ps 32, 10 § 6 [340B], Princ Prov § 14 [416B], Attende § 4 [205C], Attende § 5 [208B], Princ Joannis § 1 [472C] Ordine logico-cronologico -Taxis/heirmos (Ordine/serie) τάξει καὶ ὁδῷ In Ps 14A, 1 § 1 [252A] τάξιν In Ps 1, 1 § 4 [220B], In Ps 7, 15 § 8 [248B] εἱρμόν In Ps 48, 13 § 9 [453A]

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2. Indice esegetico

-Dopo μετά In Ps 28, 2 § 3 [288A], In Ps 29, 11 § 7 [321A], In Ps 32, 2 § 2 [328A], In Ps 45, 11 § 8 [429B], In Ps 44, 7-8 § 7 [404C] -Prima...poi πρὸ… μετά In Ps 32, 5 § 3 [332A] πρότερον In Ps 32, 2 § 2 [325C], In Ps 32, 2 § 2 [328A], In Ps 32, 4 § 3 [329A] πρότερον …εἶτα In Ps 1, 1 § 4 [220B], In Ps 14A, 3 § 3 [256B], In Ps 28, 1 § 1 [281C], In Ps 29, 6 § 4 [313A], In Ps 45, 9-10 § 7 [428A] πρῶτον In Ps 48, 2-3 § 1 [433C] πρῶτον … εἶτα In Ps 7, 2-3 § 2 [232B], In Ps 7, 15 § 8 [248B] -Qui...lì/sopra...ora ἐνταῦθα … ἐκεῖ In Ps 7, 2-3 § 2 [232D-233A], In Ps 14A, 3 § 3 [256B], In Ps 33, 19 § 12 [380B], In Ps 114, 3 § 2 [488B] ἐπειδὴ … νῦν In Ps 44, 7-8 § 7 [404B-C] ἄνω In Ps 61, 11 § 5 [480C] ἄνω … νῦν In Ps 33, 12 § 8 [369B], In Ps 44, 17 § 12 [413AB] Profondità βαθέως In Ps 1 § 2 [213C], In Ps 44, 9-10 § 9 [408A] βάθος Princ Joannis § 1 [472C] Saggezza ἐπιστημόνως In Ps 32, 22 § 10 [349A] σοφῆς In Ps 1 § 2 [213A] σοφίαν In Ps 1, 1 § 4 [220A] σοφόν Attende § 5 [208D] σοφῶς In Ps 1 § 2 [213C], In Ps 1, 1 § 3 [216B], In Ps 1, 1 § 4 [217C], In Ps 44, 1 § 1 [387C], In Ps 44, 9-10 § 9 [408A] Semplicità εὐτέλειαν In Ps 44, 3 § 4 [396C] Utilità/adattamento ad una categoria di persone -Utilità/vantaggio λυσιτελῆ In Ps 1 § 2 [213A] ὄφελος In Ps 61, 9 § 4 [477B], Princ Prov § 7 [400C], Attende § 4 [205B] πρόξενος ἀγαθῶν Princ Prov § 10 [408C] συμφέροντα In Ps 14B § 5 [280C] οὐκ ἀχρήστως In Ps 28, 9 § 7 [304B]

c. Caratteristiche proprie del testo Scritturistico

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χρησιμεύοντες Princ Prov § 2 [388C] χρήσιμα Princ Prov § 2 [389B] χρήσιμον In Ps 14B § 1 [265A], Princ Prov § 2 [388C], Princ Prov § 9 [405B], Attende § 1 [200A], Attende § 4 [205A] χρησίμως Attende § 6 [209C] ὠφελείᾳ Princ Prov § 1 [388A] ὠφέλειαν In Ps 44, 1 § 1 [388A], In Ps 61, 1 § 1 [469B], Princ Prov § 12 [412B] ὠφελείας In Ps 48, 1 § 1 [432B], In Ps 59, 1 § 2 [464A] ὠφεληθῆναι Princ Joannis § 4 [481C] ὠφέλιμον In Ps 1 § 1 [212A], In Ps 1 § 1 [212B], In Ps 48, 4 § 2 [436B], Princ Prov § 6 [397C] ὠφέλιμος In Ps 1 § 1 [209A], Princ Prov § 2 [388C] -Adattamento ἁρμοδιώτατον Attende § 4 [205A] Πανταχοῦ …τὸ παράγγελμα …παρέξεται τὴν βοήθειαν Attende § 7 [213B] ἐν καιρῷ Attende § 6 [209C] εὐαρμόστως Attende § 5 [208B] ἐφαρμόζει Attende § 4 [205C]

3. Indice tematico Angeli Natura e caratteri degli angeli. C’è una giustizia degli angeli che ha superato quella degli uomini e c’è la giustizia di Dio che supera ogni intelletto, indicibile e incomprensibile per ogni natura generata, In Ps 7, 9 § 5 [241A]. I cieli narrano la gloria di Dio (Sal 18, 2): è compito di angeli rendere gloria a Dio. A tutto l’esercito dei celesti spetta l’unico compito di rendere gloria al Creatore, In Ps 28, 9 § 7 [301C]. Il Logos demiurgo produceva l’ingresso nell’esistenza degli Angeli, identificati con le potenze presenti nei cieli; lo Spirito Santo invece conferiva loro la santificazione. Gli Angeli non sono stati creati inesperti e perfezionati attraverso l’esercizio a poco a poco, ma hanno avuto infusa la santità nella prima creazione e nell’impasto della loro essenza; sono dunque difficili a volgersi al male in quanto da subito temperati con la santificazione ed hanno la fermezza nella virtù per dono dello Spirito Santo, In Ps 32, 6 § 4 [333CD]. Natura degli angeli: un solo angelo che custodisce per la sua grandezza è paragonato ad un intero esercito e ad una numerosa schiera, In Ps 33, 8 § 5 [364B]. Gli angeli dei piccoli nella Chiesa vedono continuamente il volto del Padre. A differenza degli uomini, gli angeli, poiché non hanno nessun velo di natura che assomigli alla nostra carne, non sono impediti da nulla nella continua contemplazione del volto della gloria di Dio, In Ps 33, 17 § 11 [377BC]. A differenza degli uomini, gli angeli non accolgono il mutamento; nessuno presso di loro è bambino né giovinetto né vecchio ma restano nella condizione in cui furono creati da principio, conservando incorrotta ed immutabile la loro costituzione, In Ps 44, 1 § 1 [388C]. Le potenze al di sopra del mondo creature intelligenti allietate dal flusso delle Spirito Santo, In Ps 45, 5 § 4 [421C]. Carattere pacifico del Signore delle potenze che pure ha con sé invisibili schiere di milizie angeliche, In Ps 45, 10 § 7 [428B]. Dio Signore delle potenze, In Ps 45, 11-12 § 8 [429D]. Gli angeli hanno una propria lingua (cfr. 1Cor 13, 1), Princ Joannis § 3 [476CD-477A]. Angeli e uomini. Il salmo richiama il soccorso degli angeli, In Ps 1 § 2 [212D]. Il salmo è opera degli angeli, In Ps 1 § 2 [213B]. La via difficile ed erta ha un angelo buono, che conduce attraverso le fatiche della virtù verso il fine beato quelli che lo seguono, In Ps 1, 1 § 5 [221D-224A].

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3. Indice tematico

L’angelo inviato in aiuto dal Signore agli uomini che Lo temono (Sal 33, 8; Gen 48, 16), In Ps 7, 11 § 7 [244D]. Nel tempio del Signore ci sono santi angeli che trascrivono le parole (degli uomini), In Ps 28, 9 § 7 [301C]. Un angelo custode della nostra vita cammina accanto ad ognuno che crede nel Signore, ma viene allontanato dal peccato. Se ci sono nell’anima opere degne della angelica custodia e se la mente è ricca nelle contemplazioni della verità, Dio fa stare accanto all’uomo sorveglianti e custodi che costituiscono come un muro, In Ps 33, 8 § 5 [364AB]. La forza dell’angelo circonda l’uomo come con un muro per la sicurezza che deriva da lui; l’angelo protegge da assalti che arrivano dalla fronte, da dietro e dai fianchi, In Ps 33, 8 § 5 [364BC]. Angeli terrificanti e minacciosi, con sguardi di fuoco e spiranti fuoco, dai volti simili alla notte, si collocano nel momento del giudizio accanto a colui che durante l’esistenza ha compiuto molti mali, In Ps 33, 12 § 8 [372A]. Le sante potenze, quelle pneumatiche e quelle che sono nel luogo celeste, sono dette alcune ‘occhi’ perché è stata loro affidata l’osservazione degli uomini, altre ‘orecchie’ perché accolgono le preghiere, In Ps 33, 16 § 11 [376C-377A]. Dio è aiuto ed alleato per chiunque combatte contro le insidie del diavolo, inviando gli spiriti che prestano soccorso per la salvezza di coloro che hanno bisogno, In Ps 45, 2 § 2 [417D-420A]. Di poco l’uomo è stato posto al di sotto della dignità degli angeli (Sal 8, 6; Eb 2, 7.9) per l’unione con il corpo di terra. Dio creò dunque l’uomo dalla terra (Gen 2, 7) e i suoi liturghi come fiamma di fuoco (Eb 1, 7), In Ps 48, 13-14 § 8 [449B]. Il pastore vero, dopo aver fatto resuscitare con sé gli uomini prigionieri del nemico ed averli condotti fuori dal carcere dell’Ade verso l’alba della resurrezione, li diede ai giusti, cioè ai suoi santi angeli, perché li pascolassero, In Ps 48, 15 § 9 [452CD-453A]. Il profeta promette che nella terra di viventi (Sal 116, 9) piacerà a Dio poiché non sarà più impedito da alcuna delle cose esterne nell’obiettivo del servizio vero e di dignità pari a quello degli angeli, In Ps 114, 8 § 5 [493BC]. Colui che è più alto delle passioni carnali e per la perfezione dell’intelletto è passato alla condizione degli angeli si separa dagli altri uomini, In Ps 115, 2 § 3 [108D-109A]. Il ricco generoso verso i poveri sarà accolto al momento del giudizio sarà accolto da angeli che lodano, Destruam § 3 [268A].

Antropologia

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Antropologia Anima. Anima fatta secondo l’icona del Creatore, In Ps 48, 7 § 3 [437C], In Ps 48, 13-14 § 8 [449B], In Ps 48, 13 § 8 [452A], Attende § 3 [204A], da cui ha ricevuto bellezza, In Ps 29, 8 § 5 [317A], ed anche libertà, In Ps 48, 7 § 3 [437B]. Scivolando verso le passioni della carne l’anima corrompe la propria bellezza, ma, purificata dalla turpitudine del vizio, attraverso la virtù può risalire alla somiglianza col Creatore, Attende § 7 [216B]. Grandezza naturale dell’anima, piegata però dalle stesse necessità della vita, anche senza le passioni dell’ignominia, In Ps 115, 6 § 4 [112CD]. Anima immortale, di cui bisogna prendersi cura, disprezzando invece la carne transeunte, Attende § 3 [204BC]. Nell’anima si individua una parte chiamata ‘egemonico’, che è identificata dalla Scrittura con il cuore, In Ps 7, 10 § 6 [244A] (vedi anche Attende § 1 [200B]), capace di formare rappresentazioni, In Ps 28, 3 § 3 [289A], di acquisire fermezza ed imperturbabilità, In Ps 28, 11 § 8 [305A], di contenere ‘impresso e sigillato’ il pensiero su Dio, In Ps 33, 2 § 1 [353BC], di mantenersi in pensieri superiori all’umano, In Ps 33, 19 § 12 [380C], di aprirsi per accogliere la luce divina, In Ps 45, 6 § 5 [424C], luce di cui ci si priva se ci si affida a maestri ciechi, In Ps 48, 20 § 11 [457B]. Dio ha costituito per prima per noi la purezza nell’egemonico, ritenendo degno di maggior custodia e cura e di presidi più forti ciò che in noi scivola più facilmente verso il peccato, Attende § 1 [200BC]. Le memorie sono scolpite nell’egemonico dell’anima come su una colonna, Attende § 7 [216B] (vedi anche In Ps 59, 1 § 2 [464C] e Princ Joannis § 4 [481B]). Al tempo stesso esiste nell’anima una parte concupiscente, chiamata ‘reni’ dalla Scrittura, In Ps 7, 10 § 6 [244A]; Cristo ‘spada’ interviene sulla parte passionale dell’anima e fa morire i moti verso la concupiscenza, In Ps 44, 4 § 5 [400AB]. La parte passionale e irrazionale dell’anima per natura deve assoggettarsi alla ragione ed obbedire, Attende § 7 [213C] All’anima razionale è stata data da Dio ogni potenza, come quella di amare la virtù, così quella di odiare la malvagità, anche se per l’uomo questo è frutto di fatica, esercizio ed applicazione, In Ps 44, 8 § 8 [405B]; è stata data da Dio anche la potenza di compiere ciò che si deve, In Ps 29, 7 § 5 [317A]. Alla parte intellettiva e razionale dell’anima è stato dato per natura di dominare, Attende § 7 [213C]. L’anima ha avuto l’egemonia sul corpo e le sue passioni, In Ps 61, 2 § 1 [472AB]; può contemplare Dio perché il

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3. Indice tematico

simile può conoscere il simile, In Ps 48, 13-14 § 8 [449C], può riflettere pura la luce di Dio, In Ps 45, 11 § 8 [429C], partecipare della Sua bellezza, In Ps 29, 8 § 5 [317B], essere allietata dal flusso dello Spirito Santo, In Ps 45, 5 § 4 [421C] e prosperare ricolma di ogni genere di opere grazie ad abbondanti irrigazioni di acque celesti, In Ps 29, 7 § 5 [316B]. Può entrare in intimità con Dio attraverso il battesimo, In Ps 33, 12 § 8 [372B], In Ps 59, 9 § 4 [468A], l’amore/agape, In Ps 29, 3 § 3 [309C], la santificazione, In Ps 28, 1 § 1 [281C], le buone opere, In Ps 45, 9-10 § 7 [428A] (vedi anche Destruam § 6 [273A]) e l’aver ricevuto lo Spirito della promessa, In Ps 61, 8 § 4 [477AB]; riceve da Dio il dono incorruttibile della vita eterna perché è essa stessa incorruttibile, In Ps 33, 13 § 9 [373A]. L’anima, purificata attraverso il battesimo, diventa abitazione di Dio e quasi un trono per Lui, In Ps 28, 10 § 8 [304D]; la casa interiore va tenuta occupata introducendo in noi stessi il Cristo attraverso lo Spirito, In Ps 45, 11 § 8 [429B]. L’anima del giusto, se separata dal legame simpatetico col corpo, ha la vita nascosta con Cristo in Dio, In Ps 7, 6 § 3 [233D-236A] ed è in essa presente la voce del Signore se, non schiavizzata dal pensiero della carne, percepisce ciò che è presente in essa che viene da Dio, In Ps 28, 3-4 § 4 [293A]. L’anima incorporea non può essere afferrata con occhi corporei, è conosciuta solo dalle attività. Il corpo riceve la vita dall’anima che, giunta fino ai confini di esso, conduce le membra più distanti ad un unico respiro; l’anima riceve invece sofferenze dal corpo, Attende § 7 [216AB]. Carne. Uomini definiti come coloro che vivono nella carne, In Ps 7, 9 § 6 [241A]; la carne non va blandita ed ingrassata, in quanto è destinata alla corruzione e può diventare carcere per l’anima, In Ps 29, 10 § 6 [320C] (vedi anche Attende § 3 [204C]); è la debolezza della carne che ci impedisce di contemplare continuamente il volto della gloria di Dio, a differenza degli angeli privi di ogni impedimento, In Ps 33, 17 § 11 [377C]. La carne è definita morte’ (Rm 7, 24), In Ps 33, 22 § 14 [385C]. Anche senza le passioni dell’ignominia le stesse necessità della vita rendono schiava l’anima, trascinandola al servizio della carne, In Ps 115, 6 § 4 [112CD]. La carne, paragonata ad una cortina, impedisce quella comunicazione diretta dei pensieri che avverrebbe fra gli uomini se vivessero della nuda anima, Attende § 1 [197C]. Poiché carne e spirito sono in opposizione (cfr. Gal 5, 17) non si deve procurare potere a ciò che è peggiore affidandosi alla carne, Attende § 3 [204C]. Corpo. E’ spesso associato alla ‘terra’ ed alla ‘polvere’, In Ps 7, 6 § 3 [236A],

Antropologia

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In Ps 7, 9 § 5 [240A], In Ps 28, 1 § 2 [284B], In Ps 29, 10 § 6 [320C], In Ps 32, 5 § 4 [332D-333A], In Ps 32, 8 § 6 [337D-340A], In Ps 48, 13-14 § 8 [449B], In Ps 61, 1 § 1 [472A]. La grande abbondanza di forza somatica è di impedimento alla salvezza dello spirito, In Ps 32, 17 § 9 [345C] e, se il corpo è gaudente ed appesantito, necessariamente l’intelletto è debole e spossato (e viceversa), Attende § 3 [204D-205A]. I ‘nati da terra’ ripongono speranze nella forza del corpo e credono erroneamente che la natura umana sia sufficiente per raggiungere potentemente ciò che vuole, In Ps 48, 7 § 3 [437B]. E’ solo l’unione (synapheia) con il corpo di terra che rende l’uomo di poco al di sotto della dignità degli angeli, In Ps 48, 13-14 § 8 [449B]. Coloro che si servono in modo errato di questo corpo e lo rendono schiavo di ogni peccato si procurano una morte pessima, In Ps 33, 22 § 14 [385C]. Il corpo è chiamato ‘tenda di Dio’, da Lui data all’anima dell’uomo come abitazione in questa vita in cui siamo forestieri e di passaggio; se la carne è degna di Dio, diventa davvero ‘tenda’ come abitazione di Lui presso i santi, In Ps 14A, 1 § 1 [252C]; corpo detto ‘tenda’, In Ps 28 § 1 [281B], In Ps 48, 12 § 7 [448BC]. Il corpo può essere anche un ‘sepolcro’ se l’anima che vi abita è perita a causa della malvagità, In Ps 48, 12 § 6-7 [448B]. L’allontanamento dalla vita biologica è ‘uscita di tenda’, In Ps 28, 1 § 1 [281B]. La morte è la separazione dell’anima e del corpo, In Ps 114, 3 § 2 [488A], In Ps 114, 8 § 5 [492D]. Mortalità del corpo, Attende § 3 [204B]. Dignità del corpo umano, alloggio conveniente all’anima razionale (posizione eretta, occhi, udito, lingua, denti, cuore, organi di digestione, canali del sangue): da tutto ciò si può vedere la sapienza inscrutabile del Creatore, Attende § 7 [216CD-217AB]. Cuore. La Scrittura spesso usa ‘cuore’ per intendere l’egemonico, In Ps 7, 10 § 6 [244A]; vi è dunque un’identità sostanziale fra cuore ed egemonico, Attende § 1 [200B]. E’ il primo ad essere plasmato nei viventi dalla natura ed è proporzionato a vivente che sta per essere formato, In Ps 1, 1 § 3 [213D]; è radice della decisione delle azioni compiute attraverso il corpo, In Ps 1, 1 § 4 [220B], infatti esiste una nascosta sede decisionale del cuore, In Ps 33, 4 § 3 [357B] o un nascosto laboratorio del cuore, Attende § 1 [200D]; si può avere la verità, che è il Signore, impressa e sigillata nel cuore, In Ps 14A, 2-3 § 3 [256CD]; dalla verità nel cuore si genera la parola che non inganna, In Ps 14A, 2-3 § 3 [256B], parola che è in relazione al cibo introdotto nel cuore, In Ps 44, 2 § 3 [393B-C] (per il cuore come fonte da cui scaturisce come rivolo il logos proferito vedi anche Princ Joannis

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3. Indice tematico

§ 3 [477C]). Il cuore è plasmato da Dio (vedi anche Attende § 1 [200B]) senza mescolanza col male in modo semplice e unitario e conserva la Sua immagine, ma l’abbiamo reso vario e molteplice per l’intreccio con le passioni della carne, In Ps 32, 14 § 8 [344B]; la sua maggiore o minore ampiezza (in relazione alla purezza) accoglie in misura proporzionale ciò che scrive lo Spirito in esso, In Ps 44, 2 § 3 [396A-B]. Il cuore è retto se mantiene rettitudine e saldezza d’animo e non devia dalla regola della verità, In Ps 7, 10 § 6 [241CD-244A] e se la mente si volge dritta verso il mezzo della virtù non inclinando verso eccesso né verso mancanza e se si cammina dietro il Signore, In Ps 7, 11 § 7 [244D-245A], In Ps 32, 1 § 1, [325BC]; il cuore può diventare distorto se segue il movimento tortuoso del serpente, In Ps 32, 1 § 1 [325AB]. Facilità di commettere il peccato con l’invisibile moto del cuore, Attende § 1 [200CD]. Debolezza della natura umana segnata dal peccato; necessità del riscatto da parte di Dio. Il genere umano è difficile da guidare alla virtù e si allontana dalla giusta vita per l’inclinazione al piacere, In Ps 1 § 1 [212B]. Per la collera l’uomo si trasforma in fiera, In Ps 1 § 1 [212C]; le passioni della carne avvicinano l’uomo ai maiali che si rotolano nel fango, In Ps 1, 1 § 6 [224D-225A]. L’uomo è essere debole, ha bisogno di salvezza e viene salvato dalla fede; al tempo stesso è tenuto in schiavitù ed ha bisogno di essere liberato e quindi attende da fuori il prezzo del proprio riscatto, In Ps 7, 2 § 2 [232BC]. L’anima del peccatore si rotola nelle passioni della carne come nel fango e il nemico si sforza di imbrattarla sempre di più calpestandola a terra, cioè in direzione del corpo, In Ps 7, 6 § 3 [236A]. Nella preghiera il profeta chiede a Dio di giudicarlo confrontando la sua azione giusta alla debolezza umana, In Ps 7, 9 § 6 [241B]. Ci sono anime facili a bruciarsi, in cui è grande l’elemento materiale ed è stato ammassato ciò che è incline alla perdizione, In Ps 7, 13-14 § 7 [248A]. Impeti irrazionali e desideri pazzi e furenti procurano travaglio all’anima come doglie del parto, In Ps 7, 15 § 8 [248B]. Nelle anime c’è come una cavità in cui cadono i pensieri riguardo al bene, che però possono essere respinti e ricoperti dal male, come se fosse terra, In Ps 7, 16 § 8 [249B]. La ragione combatte con la passione e può vincere e ricevere il premio della vittoria, ma anche cadere in schiavitù a causa dei peccati, In Ps 28, 1 § 2 [288A]. Le anime selvatiche in cui si nascondono le varie passioni dei peccati, come certe fiere nelle selve, sono ripulite dalla Parola più tagliente di ogni spada a doppio taglio; coloro che sono gravati dalle preoccupazioni della vita

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hanno le loro anime simili ad una terra che produce spine, In Ps 28, 9 § 7 [301A]. L’uomo ha ricevuto in sorte la bassa terra ma innalza Dio se vive a gloria di Dio, In Ps 29, 2 § 1 [308B]. Per debolezza l’uomo può pervenire agli inferi ma può essere riportato via dalla potenza del Cristo che ha combattuto per noi quello che ha il potere della morte, In Ps 29, 4 § 3 [312A]. L’uomo ha ricevuto la bellezza da Dio nella prima creazione, ma a tale bellezza naturale si è accompagnata la debolezza per l’essere morto col peccato in seguito all’inganno del serpente, In Ps 29, 8 § 5 [317A]. Necessaria la pietà del Signore perché non si può trovare nessun uomo puro da sporcizia, anche se fosse uno solo il giorno della sua generazione e considerando la malvagità che si estende ogni giorno e la fragile stirpe degli uomini degna di innumerevoli morti per i peccati, In Ps 32, 5 § 4 [332CD]. Le realtà umane tutte insieme, se paragonate alla vera potenza, sono debolezza ed impotenza, In Ps 32, 16 § 9 [345B]. E’ la debolezza della carne che ci impedisce di contemplare continuamente il volto della gloria di Dio, In Ps 33, 17 § 11 [377C]. Le anime create per servire il Signore ma tenute in schiavitù dal nemico sono riscattate dal sangue prezioso di Cristo, In Ps 33, 23 § 14 [385C]. Le passioni possono mutare l’uomo portandolo ad assumere il comportamento di vari animali, In Ps 44, 1 § 1 [388D]. Gli uomini necessitano di fatica, esercizio ed applicazione per condurre a termine la disposizione al bene e l’allontanamento dalle cose malvagie, In Ps 44, 8 § 8 [405B]. Ogni uomo, debole per natura, ha bisogno di molto aiuto nelle circostanze dolorose, In Ps 45, 2 § 1 [416C]. L’anima è resa angusta dalle spine costituite da piaceri della carne, ricchezza, fama e preoccupazioni per la vita, In Ps 45, 11 § 8 [428CD-429A]. Non c’è prezzo di scambio che possa riscattare l’anima poiché essa è preziosa per natura e fatta ad icona del Creatore, In Ps 48, 7, § 3, [437C]. L’anima, caduta sotto il giogo della schiavitù del comune nemico e privata della libertà ricevuta dal Creatore, è stata fatta prigioniera a causa del peccato, In Ps 48, 7 § 3 [440A]; quindi un uomo non può riscattare un altro uomo né ciascuno se stesso con le sue forze e solo il sangue di Cristo, l’Uomo Dio che supera la natura umana, può riscattare l’anima, In Ps 48, 7-8-9 § 3-4 [440ABC], In Ps 48, 8 § 4 [440D-441A], In Ps 48, 13-14 § 8 [452AB]. L’uomo, divenuto schiavo delle passioni della carne, perde coscienza della propria dignità e delle economie fatte da Dio per Lui, si mette al pari dei giumenti irragionevoli e si rende simile ad essi, assumendo il comportamento di vari animali, In Ps 48, 13 § 8 [449CD-452AB], In Ps 48, 21 § 11 [457D-460A]; coloro che sono come

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animali e si sono messi al pari dei giumenti irragionevoli sono come pecore che non hanno intelligenza e forza per difendersi; il nemico che li ha ridotti in prigionia li dà a pascolare alla morte, ma sono stati condotti fuori dal carcere dell’Ade dal Pastore vero che ha dato la Sua vita per le pecore, In Ps 48, 15 § 9 [452C-D-453A]. Dio ha avuto pietà degli uomini ponendo il suo Unigenito come propiziatorio per i nostri peccati, perché trovassimo la redenzione nel suo sangue, In Ps 59, 3 § 3 [465A]. Il Salvatore sostiene la debolezza degli uomini contro la burrasca delle tentazioni impedendo che l’anima sia abbattuta come accade quando gli spiriti della malvagità hanno spezzato le sue radici, In Ps 61, 3 § 2 [472D-473A]. L’uomo è essere debole e soggetto a innumerevoli attacchi da parte dei malvagi ministri del diavolo; se la natura umana composita, come un muro inclinato o una palizzata sospinta, è stata inclinata dal peccato, deve essere disciolta e poi restaurata dall’artefice che l’aveva all’inizio edificata, In Ps 61, 4 § 3 [473BC]. Il prezzo di un uomo è il sangue di Cristo, In Ps 61, 5 § 3 [476A]. Il giudizio di Dio è in rapporto alla nostra debolezza, In Ps 114, 5 § 3 [489A]. Dio ha pietà degli uomini un tempo gloriosi per la permanenza in paradiso ed ora miserevoli per la caduta, In Ps 114, 5 § 3 [489B]. L’anima resa schiava, anche senza le passioni dell’ignominia, dalle stesse necessità della vita, è piegata nelle sua grandezza naturale e trascinata al servizio della carne, In Ps 115, 6 § 4 [112CD]. L’anima fanciulla, schiava originariamente del Creatore, è stata resa dal nemico schiava del peccato e poi liberata dal Signore sceso nell’Ade, In Ps 115, 7 § 5 [113A]. Il ricco della parabola lucana è animalesco ed incapace di comprendere i beni dell’anima e le destina i cibi della carne, quello che la latrina riceve, Destruam § 5 [273A]. Nell’anima insorge la sporcizia per effetto della malvagità, Attende § 3 [204B]. Definizione di uomo. Essere dotato di ragione, In Ps 1, 1-2 § 3 [217C]; uomini coloro che vivono nella carne, In Ps 7, 9 § 6 [241A]; animale sociale e che vive in compagnia, In Ps 14A, 5 § 6 [261C]; uomo l’anima e l’intelletto quello umano, In Ps 33, 21§ 13 [384A], Attende § 3 [204A]; coloro che si servono in modo errato di questo corpo e lo rendono schiavo di ogni peccato si procurano una morte pessima (è implicita la concezione origeniana dell’uomo come anima che si serve del corpo), In Ps 33, 22 § 14 [385C]. La facoltà razionale è propria dell’uomo, In Ps 48, 1 § 1 [433B]; caratteri distintivi dell’uomo sono la conoscenza di Dio Padre, l’accettazione del Logos che era all’inizio presso Dio e l’illuminazione che sgorga dallo Spirito Santo, In Ps 48, 11-12 § 6 [445B]. Sono detti uomini

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coloro che ancora sono trattenuti dalle passioni umane; invece colui che è ormai più alto delle passioni carnali per la perfezione dell’intelletto è passato alla condizione degli angeli, In Ps 115, 2 § 3 [108D]. Donna. La creazione della donna ha lo stesso onore di quella dell’uomo; unica la natura di maschio e di donna, quindi azioni e ricompensa di esse sono le stesse; se poi si nomina solo l’uomo nel versetto Beato l’uomo che non ha proceduto nel volere di empi, è perché la parte egemonica, l’uomo, indica qui il tutto, In Ps 1, 1 § 3 [216D-217A]. Eccellenza dell’uomo. Il Signore osserva dall’alto coloro che restano nella loro dignità e fanno ciò che conviene alla natura umana, In Ps 32, 13-14 § 8 [341D-344A]. Essere umano forgiato secondo l’icona del Creatore, In Ps 44, 14-15 § 11 [412B], In Ps 48, 7 § 3 [437C], In Ps 48, 13 § 8 [449B], In Ps 48, 13 § 8 [452A]; è grande cosa, ha onore nella costituzione fisica al di sopra del cielo, del sole e dei cori degli astri, ha il potere su tutte le cose ed il dominio sugli esseri terrestri, acquatici e su quelli dell’aria, è di poco inferiore agli angeli, In Ps 48, 13 § 8 [449BC]; l’uomo fatto di poco inferiore agli angeli, In Ps 48, 21 § 11 [457D-460A]. Uomo fatto secondo l’icona del Creatore, può correre in alto alla stessa dignità degli angeli attraverso una buona condotta di vita, è il solo fra gli esseri viventi plasmato dalle stesse mani di Dio, ha il dominio su animali terrestri, acquatici e che volano nell’aria, sono al suo servizio terra e mare, Attende § 6 [212BC]. Dio ha creato l’uomo dalla terra (Gen 2, 7) ma gli ha dato anche la capacità di comprendere ed intendere il proprio Creatore e Demiurgo; infatti Dio alitò sul volto dell’uomo (Gen 2, 7) cioè pose nell’uomo una parte della propria grazia, affinché conoscesse il simile dal simile, In Ps 48, 13 § 8 [449BC]. L’uomo, plasmato dalla terra, è stato onorato con la ragione, nella quale può anche portare l’immagine del celeste, In Ps 115, 3-4, § 4, [109B]. Con l’anima intellettiva si può pensare su Dio, Attende § 6 [212B]. L’uomo microcosmo che mostra la grande sapienza del Creatore, Attende § 7 [213D-216A]. Fragilità, mutamento e rinnovamento dei caratteri dell’uomo e della vita umana. Uomo viandante, in una vita che può essere paragonata ad una strada che conduce verso la fine, in cui tutto passa e che non ha gioie stabili né dolori durevoli, In Ps 1, 1 § 4-5 [220CD-221AB]. L’uomo muta ogni giorno e quasi ogni ora, passa attraverso cinque età dalla nascita alla vecchiaia mutando sia nel corpo che nell’uomo interiore in relazione agli eventi, a differenza degli angeli non soggetti a mutamento, In Ps 44, 1 § 1

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[388ABCD]; la breve durata dei gigli può essere paragonata alla fragilità dell’umana natura, In Ps 44, 1 § 2 [389A]; l’uomo muta nel corpo per l’età e nel pensiero in relazione agli eventi, In Ps 59, 1 § 2 [464A]: l’uomo passa attraverso cinque età, le prime tre in cui si compie il processo di crescita, dalla durata di sette anni ciascuna; è soggetto a continui cambiamenti per i passaggi da una età all’altra e per la caduta dell’anima nel peccato; di conseguenza, prima della morte finale, che segna la separazione dell’anima dal corpo, passiamo attraverso mille ‘morti’, In Ps 114, 8 § 5 [492D-493AB]. Rinnovamento della mente realizzato dallo Spirito Santo in ognuno di quelli che costituiscono il corpo della Chiesa del Cristo, In Ps 29, 1 § 1 [308A]; canto nuovo di chi è rinnovato dall’insegnamento del Signore, quando distruggiamo l’uomo esteriore e ci rinnoviamo ogni giorno, In Ps 32, 3 § 2 [328B]; mutazione continua dell’uomo interiore in chi progredisce verso la virtù, In Ps 44, 1 § 2 [389BC]; rinnovamento quando ci si spoglia dell’uomo vecchio e ci si riveste del nuovo (Col 3, 10), In Ps 44, 14-15 § 11 [412B]; mutazione anche con la resurrezione dei corpi, quando il corpo animale risorge corpo spirituale, (1Cor 15, 43-44), In Ps 44, 1 § 2 [389A-B] (vedi anche In Ps 115, 6 § 4 [112B]) Impulsi e ragione. Con l’aiuto della ragione possiamo essere custodi accurati degli impulsi datici da Dio fuggendo il peccato (come gli esseri irrazionali fuggono seguendo gli impulsi naturali i cibi nocivi) e ricercando la giustizia (come gli esseri irrazionali ricercano il nutrimento utile), Attende § 2 [201B]. Logos interiore e logos proferito. Esiste un logos interiore, quello del pensiero, che sta nei nostri cuori, e un logos proferito attraverso la voce, che svanisce nell’aria dopo che è stato proferito, Princ Joannis § 3 [477A]. Natura umana. Esistono dei caratteri comuni della natura umana: unica è la natura di uomo e donna, In Ps 1, 1 § 3 [217A]; natura razionale dell’uomo, In Ps 48, 1 § 1 [432B]; l’uomo è bello secondo la natura, In Ps 29, 8 § 5 [317A]; alla natura umana convengono le cose belle e chi non manca di nessuna di esse è perfetto (teleios), In Ps 33, 10 § 6 [365C]; coloro che fanno ciò che conviene alla natura umana restano nella loro dignità, In Ps 32, 13-14 § 8 [341D-344A]. L’uomo schiavo del Creatore non solo per scelta deliberata ma anche per natura, In Ps 115, 7 § 5 [113A]. La natura umana può essere condotta a perfezione, In Ps 44, 1 § 1 [388A] e giungere mediante il progresso graduale all’altezza che è da essa conseguibile, In Ps 1, 1 § 4 [217D]. Siamo spinti dalla natura alla socialità ed all’amore reciproco,

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In Ps 14A, 5 § 6 [261C]; per l’amore naturale per i figli i genitori devono procurare loro le risorse per la vita, In Ps 7, 4-6 § 3 [233BC] (sull’amore naturale per i figli vedi anche Destruam § 4 [268C e 269A]). La comune umana natura impone uffici di pietà come la sepoltura dei morti, In Ps 48, 17 § 10 [456B] o l’aver pietà di un uomo piegato dal bisogno, In Ps 14B § 1 [265C] (vedi anche In Ps 14 B § 5 [280A] e Destruam § 1 [264A]). Dio ci ha dato l’uso della parola perché conferiamo col prossimo per la comunanza della natura, Attende § 1 [197C]. Bisogna conoscere la propria natura, che il corpo è mortale e l’anima immortale e che duplice è la vita, quella transeunte congiunta alla carne e quella congenita all’anima che non accetta un limite, Attende § 3 [204B]. Se ci si ricorda della propria natura, cioè della propria mortalità, del carattere effimero delle glorie passate e della impossibilità di distinguere, una volta morti, il povero dal ricco, lo schiavo dal re, il forte dal debole, il bello dal deforme, non si sarà spinti all’orgoglio, Attende § 5 [209CD-212A] Risultano anche evidenti i limiti della natura umana: la natura umana è composita e quindi sottoposta al peccato, In Ps 61, 4 § 3 [473C] e raggiunge il compimento attraverso molte ‘morti’, non solo nel mutamento nel passaggio da un’età all’altra ma anche nelle cadute delle anime nel peccato, In Ps 114, 8 § 5 [493A-B]; natura umana caratterizzata da fragilità, In Ps 44, 1 § 2 [389A], e debolezza, In Ps 45, 2 § 1 [416C]; la natura umana non può raggiungere ciò che vuole con la forza del corpo, In Ps 48, 7 § 3 [437B]; la natura umana non sussisterebbe se non fossero custoditi dal Signore i piccoli nel seno della madre, In Ps 114, 6 § 4 [489C]; la nascita carnale per necessità di natura avviene attraverso ignominia di sporcizia e fetore, In Ps 115, 6 § 4 [112B]; limiti conoscitivi: la giustizia di Dio stesso che supera ogni intelletto è indicibile ed incomprensibile per ogni natura generata, In Ps 7, 9 § 5 [241A]; apprendere l’ordinamento della città di Dio non è proprio di nessuna umana natura, In Ps 45, 5 § 4 [421D-424A]. Nozioni comuni nell’uomo. Esistono negli uomini delle nozioni comuni, principi salutari che possono orientarlo verso il bene, In Ps 7, 9 § 5 [240B], In Ps 7, 16 § 8 [249B]. Proairesis (scelta deliberata) dell’uomo. Radice delle azioni compiute attraverso il corpo è la decisione del cuore, In Ps 1, 1 § 4 [220B]. Nel segreto di ciascuno di noi esiste una ‘bilancia’, intesa come la capacità di discernere il bene dal male, In Ps 61, 10 § 4 [477D-480A], Princ Prov § 9 [405CD], un criterio che va mantenuto retto, In Ps 32, 1 § 1 [325AB], anche se è frequente

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un’errata valutazione di essi, In Ps 28, 9 § 7 [301AB], In Ps 33, 11 § 7 [368B], In Ps 61, 5 § 3 [476AB], In Ps 61, 10 § 4 [480AB], Princ Prov § 9 [405CD408A]. Tale capacità di discernimento arriva quando la ragione raggiunge la pienezza, In Ps 1, 1 § 5 [221 C e 224A]. Di conseguenza solo l’essere fornito di ragione può avere premura della legge divina, In Ps 1, 1-2 § 3 [217BC] e fede, In Ps 32, 4 § 3 [329B]. Esiste dunque un’autodeterminazione dell’anima, In Ps 61, 10 § 4 [480B] e l’uomo ha fra i suoi tratti distintivi la libertà di autodeterminarsi, a differenza degli astri che seguono la necessità, In Ps 48, 13-14 § 8 [449C]. La ‘scelta deliberata’ è ciò che rende lodevole l’azione compiuta, In Ps 33, 7 § 5 [361AB], In Ps 114, 3 § 2 [488B]. Viceversa ciò che è involontario e che ci capita non per scelta deliberata (come la povertà, l’ignobiltà della stirpe, l’ignoranza o la malattia del corpo) non può essere oggetto di oltraggio, In Ps 14A, 3 § 4 [257CD-260A]; la povertà, male che non dipende dalla volontà, non è oggetto di rimprovero, In Ps 14B § 2 [272B]. In un modo le azioni involontarie ottengono il perdono e in altro modo quelle che derivano da una scelta deliberata malvagia sono condannate, Princ Prov § 9 [404B]. Un fanciullo o uno che dimora in campagna, che non conosce le frodi dei mercanti né le dispute in tribunale, sono detti ‘innocenti’ non perché si sono allontanati dal male per scelta deliberata ma perché non hanno esperienza della malvagia disposizione, Princ Prov § 11 [408D-409A]. Anche la scelta della verginità, per essere meritevole, non deve essere indotta da costrizione, dolore o necessità, In Ps 44, 14-15 § 11 [412D-413A]. Il profeta dice di aver sopportato le lotte per scelta deliberata, non per forza o costrizione, accettando le fatiche con un certo amore e disponibilità, In Ps 114, 3 § 1 [485A]. Il profeta David ha mentito non per scelta deliberata né a danno del prossimo ma perché costretto da circostanze calamitose, In Ps 115, 2 § 3 [108B]. Proairesis di coloro che scelgono la virtù, In Ps 1, § 5 [224AB] e la rettitudine, In Ps 7, 10 § 6 [241D], che hanno deciso di ascoltare il Signore, In Ps 33, 12 § 8, [372B], di umiliare se stessi, In Ps 33, 19 § 12 [381A], di vivere secondo virtù, In Ps 44, 1 § 1 [388A], di sottoporsi volontariamente a tribolazione e dolore, In Ps 114, 3 § 2 [488BC] e hanno scelto invece del piacere contrario alla legge la saggezza secondo la legge, In Ps 59, 1 § 2 [464B]. Viceversa ci si può scegliere volontariamente anche la schiavitù, se ci si assoggetta ad interessi che non si è poi in grado di pagare, In Ps 14B § 1 [268A], o scegliere deliberatamente di non rendere partecipi gli altri dei beni ricevuti, Destruam § 2 [265B].

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La scelta fra vizio e virtù rappresentata con l’immagine delle due vie, la prima larga ed agevole, la seconda stretta e faticosa, In Ps 1, 1 § 5 [221D-224A], In Ps 33, 5-7 § 4 [360A], In Ps 45, 2 § 2 [420A], In Ps 48, 10 § 5 [444B]. La fatica della scelta della virtù, In Ps 59, 1 § 2 [464B]. La duplice scelta è anche rappresentata con l’immagine evangelica (Mt 9, 17) degli otri vecchi e nuovi, In Ps 32, 7 § 5 [337AB] e della bilancia (criteri dell’anima) grazie alla quale possiamo scegliere fra bene e male, In Ps 61, 10 § 4 [477D-480AB], Princ Prov § 9 [405CD-408A]. Struttura composita dell’uomo. Sua struttura composta di impasto di terra e di anima che abita nel corpo, creata ad immagine di Dio, In Ps 32, 9 § 6 [337C-340A]; natura composita dell’uomo, In Ps 61, 4 § 3 [473C], che l’uomo condivide con tutte le cose visibili portate per natura a decomporsi, In Ps 114, 8 § 5 [492CD]. Uomo interiore e sensi spirituali. Uomo interiore (Ef 3, 16, 2Cor 4, 16, Rm 7, 22) e uomo nascosto (1Pt 3, 4), espressioni sostanzialmente equivalenti, che fondano la possibilità di riferire all’uomo interiore gli stessi nomi propri della dimensione carnale: occhio dell’anima che può valutare ciò che conviene alla virtù o al vizio dopo la maturazione del giudizio, In Ps 1, 1§ 5 [224A]; l’irreprensibile è colui che è compiuto nell’uomo nascosto in ogni perfezione di virtù, In Ps 14A, 2 § 2 [253C]; canto nuovo di chi è rinnovato dall’insegnamento del Signore, quando distruggiamo l’uomo esteriore e ci rinnoviamo ogni giorno, In Ps 32, 3 § 2 [328B]; bocca spirituale dell’uomo interiore che può accogliere il nutrimento del Verbo di vita e della verità, In Ps 33, 2 § 1 [353B]; occhio dell’anima che può essere ostacolato dalle passioni nella contemplazione della magnificenza del Signore, In Ps 33, 4 § 3 [357B]; senso del gusto noetico che permette di provare la bontà del Signore, sperimentabile attraverso il nutrimento della Sua carne e della Sua parola, In Ps 33, 9 § 6 [364CD-365A]; orecchie del cuore, In Ps 33, 12 § 8 [372C]; occhi dell’anima, In Ps 33, 21 § 13 [384A]; orecchie, occhi, bocca, denti, ventre, piede, tutte espressioni riferite all’uomo interiore; ossa in riferimento all’uomo nascosto, In Ps 33, 21 § 13 [384B]; mutamento tipico dell’uomo sia nel corpo che nell’anima e nell’uomo interiore, In Ps 44, 1 §1 [388C]; orecchie nell’uomo interiore e mutazione dell’uomo interiore in colui che progredisce verso la virtù e che si rinnova giorno per giorno, In Ps 44, 1 § 2 [389BC]; rinnovamento quando ci si spoglia dell’uomo vecchio e ci si riveste del nuovo (Col 3, 10), In Ps 44, 14-15 § 11 [412B];

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uomo interiore rivestito di veste spirituale, rivestirsi del Signore Gesù come ci esorta a fare Paolo (Rm 13, 14), non secondo l’uomo esteriore, In Ps 44, 14-15 § 11 [412B]; occhi dell’anima, In Ps 45, 5 § 4 [424A]; solo chi si è diventato intimo a Dio attraverso le opere può osservare le opere di Lui con occhi dell’intelletto puri, In Ps 45, 9 § 7 [428A]. L’uomo è doppio, come dice l’Apostolo, uno che è fuori, l’altro che è dentro, secondo colui che è visto e colui che è pensato nel nascosto, Princ Prov § 13 [412BC]. Né dunque ‘fanciullo’ si deve intendere in senso letterale/corporale e neppure il senso come uno di questi enumerati (scil. vista, udito etc.) ma bisogna prendere le età in riferimento all’uomo interiore, Princ Prov § 13 [412C]. Di conseguenza dobbiamo trasferire anche i nomi dei sensi alle potenze dell’anima, Princ Prov § 14 [413C]. Udito, vista, gusto, tatto interpretati in senso spirituale, Princ Prov § 14 [413CD-416A].

Arte medica-medico Classificazione della medicina fra le arti. La medicina annoverata, come le attività di comandanti di navi, retori ed architetti, fra le arti medie che non possiedono l’autentica gloria, In Ps 33, 3 § 2 [356A]. Specificità dell’arte medica. Bisogna non solo fare l’azione giusta, ma anche compierla secondo la disposizione giusta. Il profano può infatti compiere un singolo atto da medico che porta al vantaggio dei malati, ma non ha agito da medico perché non aveva alcuna cognizione dell’arte medica che accompagnasse l’opera, In Ps 14A, 2, § 2, [253CD-256A]. L’usuraio come un medico che, invece di portare la salute ai malati, toglie loro la poca forza rimasta, In Ps 14B § 1 [268B]. La distribuzione del necessario per i bisogni di ciascuno nella Chiesa primitiva veniva fatta con saggezza e buona amministrazione da coloro cui era stata affidata la cura dei poveri; allo stesso modo c’è bisogno che sia un medico a stabilire il tempo opportuno, la misura e la qualità del vino da dare ai malati, In Ps 14A, 5 § 6 [264AB]. Il nostro padre spirituale col versetto Timore del Signore vi insegnerò sta per offrirci un preciso insegnamento sul timore divino (esiste infatti anche un timore ‘nemico’ accanto a quello ‘buono e salvifico’); allo stesso modo che bisogna star sano può essere detto da chiunque, anche dall’ignorante, ma come bisogna raggiungere la sanità può essere detto solo da chi già possiede

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l’arte medica, In Ps 33, 12 § 8 [369BC]. Medicina e passioni/vizi come malattie. La Scrittura è ‘conscritta’ dallo Spirito, affinché, come in un ospedale comune delle anime, scegliamo il medicamento della nostra particolare passione. Il libro dei salmi fornisce ciò che è adatto a ciascuno secondo la cura; sana le antiche ferite delle anime e a chi è stato ferito di recente procura veloce risanamento, cura quanto è malato e conserva la parte intatta; estirpa completamente le passioni che in vario modo tiranneggiano le anime, In Ps 1§ 1 [209A-212A]. Come gli ammalati di peste si contagiano gli uni gli altri, secondo quanto dicono gli esperti in queste cose, così i viziosi contagiano i vicini per sfuggire la vergogna nella comunanza dei mali, In Ps 1, 1§ 6 [225AB]. Come un occhio guastato non può avere accurata percezione delle cose visibili, così neppure un cuore guastato può giungere alla comprensione della verità, In Ps 33, 4 § 3 [357BC]. E’impossibile che si applichi al bene chi in precedenza non si è staccato completamente dal male, come non può riconquistare la salute chi non è uscito fuori dalla malattia (malattia e salute si oppongono infatti l’una all’altra), In Ps 33, 15 § 10 [376A]. Basilio afferma di aver visto medici che somministrano farmaci salutari non prima di aver espulso la sostanza che ingenerava il male, ingerita dagli intemperanti a causa di una cattiva dieta. Allo stesso modo è impossibile che noi diventiamo partecipi della grazia divina se non abbiamo allontanato dalla nostra anima le passioni [derivanti] dalla malvagità, In Ps 61, 9 § 4 [477B]. Dio-medico delle anime. Come i medici saggi per far assumere agli inappetenti i farmaci troppo amari cospargono col miele la coppa, così lo Spirito Santo, vedendo che il genere umano è difficile da guidare alla virtù, ha mescolato la dolcezza della melodia del salmo agli insegnamenti, In Ps 1 § 1 [212B]. Il Signore è come un medico che, con la sovrabbondanza della forza, può arrestare la malattia della malvagità che si diffonde, con i suoi colpi correttivi, In Ps 7, 7 § 3, [236BC]. Il Profeta, che ama i suoi nemici e vuole far del bene a coloro che lo odiano, chiede a Dio che la diffusione del peccato, simile a quella della cancrena, si arresti e sia circoscritta, In Ps 7, 10 § 6 [241C]. Beato chi riconosce la propria profonda ferita a tal punto da potersi presentare da Dio come ad un medico e chiederGli la guarigione dell’anima. Il versetto 29, 3 è un rendimento di grazie del salmista per la guarigione a lui apportata, In Ps 29, 3 § 3 [309C]. ‘Ira’ ed ‘indignazione’ di

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Dio non sono la stessa cosa: ‘indignazione’ è la decisione che siano inflitte punizioni spaventevoli a chi ne è degno; ‘ira’ è il travaglio e la punizione inflitte dal giusto giudice. Allo stesso modo il medico, dopo aver esaminato la parte infiammata ed ulcerosa all’interno, decide che è necessario al malato il taglio (‘indignazione’); segue il taglio col ferro che procura dolore a chi viene operato e che traduce in fatto concreto ciò che è stato deciso (‘ira di Dio’), In Ps 29, 6 § 4 [313AB]. Dio ama la pietà per coloro che si pentono; ama invece il giudizio per quelli che non cedono, come un medico filantropo che prima cerca di far diminuire il rigonfiamento con bagni caldi ed unzioni leggere ed interviene col bisturi solo dopo che vede che il rigonfiamento resiste ostinatamente senza cedere, In Ps 32, 5 § 3 [332B]. L’assaggio della Grazia genera una brama inappagata di arrivare al pieno godimento del Logos della verità, come i medici risvegliano i desideri degli inappetenti attraverso qualche prelibatezza, in modo tale che i desideri siano stimolati sempre di più, In Ps 33, 9 § 6 [365A]. Il Signore è stato mandato come medico per i contriti di cuore, In Ps 33, 19 § 12 [380B]. Il Medico delle anime, che è venuto a chiamare non i giusti, ma i peccatori alla conversione (cfr. Mt 9, 12-13), ha posto nei tre gruppi di chiamati (‘genti’ e ‘coloro che abitano l’ecumene’, ‘nati da terra’ e ‘figli degli uomini’, ‘ricchi’ e ‘poveri’) per prima la parte più debole, In Ps 48, 2-3 § 1 [433C]. Il Signore, come un medico filantropo che avvicina l’orecchio al malato debole, che non può neppure parlare distintamente, per apprendere ciò che è necessario all’infermo, è sceso per benevolenza verso il salmista che giaceva a terra, In Ps 114, 2 § 2 [485BC]. Come i malati hanno necessità dell’arte medica, così gli inesperti (aphrones) necessitano della sapienza, Princ Prov § 4 [393A]. Come i medici previdenti fortificano i corpi deboli molto prima con regole di condotta cautelative, così il curatore comune e vero medico delle anime ha prevenuto con presidi più forti quella parte di noi più facile a scivolare verso il peccato (l’egemonico), Attende § 1 [200BC]. Come nelle malattie i medici esortano i malati a prestare attenzione a se stessi e a non trascurare niente di ciò che riguarda la cura, il Logos medico delle nostre anime guarisce l’anima danneggiata dal peccato con l’aiuto del precetto Presta attenzione a te stesso; in tal modo si riceverà l’aiuto della cura in analogia con la colpa e si potranno riconoscere la salute dell’anima e la malattia. Molti infatti, ammalati di gravi ed inguaribili malattie per la mancanza di attenzione, non si rendono neppure conto di essere ammalati, Attende § 4 [205AB].

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Ascetismo morale, concetti chiave Akribeia (accuratezza/cura/precisione/rigore) Dai salmi si può imparare la precisione della giustizia, In Ps 1, § 2, [213A]. Improntare la propria anima al rigore nella condotta di vita, così da non lasciarsi sfuggire nessuna occasione per benedire Dio, a cui va riportato l’origine di ogni evento, In Ps 33, 2 § 1 [352C]. Cura nel dominare la lingua, nell’astenersi dalle insidie piene di inganni, nel fuggire dal male si addice a chi è all’inizio del cammino spirituale, In Ps 33, 15 § 10 [376A]. Chi ancora si affanna per le cose del mondo e si sprofonda nelle distrazioni della carne non può prestare attenzione ai discorsi su Dio e sostenere la cura di tali dottrine, In Ps 45, 11 § 8 [428C]. ‘Coloro che muteranno’ sono quelli che, abbandonata la consuetudine alla vanità propria dei padri, avrebbero regolato la loro condotta di vita secondo l’esatta indicazione del Vangelo, In Ps 59, 1 § 2 [464B]. Bisogna soppesare con rigore se è più utile scegliere il piacere momentaneo che porta alla morte eterna o la sofferenza dell’esercizio della virtù che procura l’eterno diletto, In Ps 61, 10 § 4 [480A]. Il gettare i misteri della salvezza a quelli che capitano e l’accogliere tutti ugualmente, quelli che non hanno condotto una vita pura e non si sono serviti di una ragione saggiata e accurata, è come mettere l’unguento prezioso in un vaso sporco, Princ Prov § 4 [393BC]. La diversità delle leggi dei popoli genera confusione nelle menti di coloro che non hanno compreso il preciso discorso della giustizia, Princ Prov § 8 [401CD]. Anche se infatti non raggiungiamo con precisione la giustizia intesa come distribuzione dell’equo, tuttavia, agendo con giustissimo consiglio, non ci allontaniamo dallo scopo, Princ Prov § 8 [404A]. Chi aveva molte cose che lo incitavano alla virtù, fra cui l’accuratezza di maestri, e poi scivola nel peccato sarà giustamente ritenuto degno di una punizione più pesante, Princ Prov § 9 [404B]. Forse c’è anche la promessa che colui che è stato educato nei Proverbi potrà in futuro arrivare all’accuratezza della teologia, Princ Prov § 9 [404C]. Neppure lo stesso Salomone, se non avesse avuto le nozioni precise riguardo al giusto in se stesso, avrebbe potuto esprimere così rettamente e avvedutamente quel celeberrimo giudizio che pronunciò per le prostitute riguardo al bambino, Princ Prov § 9 [404D]. Se si pone attenzione con cura al nome dell’astuzia, si troverà che il termine ha un doppio significato, Princ Prov § 11 [409C]. Bisogna essere custodi accurati degli impulsi datici da Dio, fuggendo il peccato e ricercando la giustizia,

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Attende § 2 [201B]. Bisogna vigilare su se stessi con ogni cura per assegnare ad anima e corpo ciò che è opportuno, Attende § 3 [204C]. La casa di Dio ha cacciatori, viandanti, architetti, costruttori etc. A tutti questi si adatterà il precetto Presta attenzione a te stesso procurando a ciascuno accuratezza dell’opera, Attende § 4 [205C]. L’accurata considerazione di se stessi procurerà una sufficiente guida per la conoscenza di Dio, Attende § 8 [213CD]. (In relazione alla bellezza ed alla profondità del prologo giovanneo) l’ammirare le cose belle non è difficile, ma è arduo essere in una precisa cognizione delle cose ammirate, Princ Joannis § 1 [472D]. La mente che si sforza di fare il preciso esame delle parole In principio era il Logos subisce qualcosa di simile a colui che indirizza lo sguardo con troppa veemenza verso il disco solare, Princ Joannis § 1 [473A]. Esercizio (askēsis/meletē/gymnasion) L’esercizio della pietà è simile ad una scala, In Ps 1, 1 § 4 [217C]. Gli Angeli hanno avuto la santità nella prima creazione, non si perfezionano con l’esercizio a poco a poco (a differenza degli uomini), In Ps 32, 6 § 4 [333C]. Le tribolazioni sono come alimenti per gli atleti ed esercizi ginnici, In Ps 33, 2 § 1 [353A]. Le rivelazioni di Dio non sono state scritte per tutti, ma per coloro che muteranno, cioè per coloro che hanno cura di se stessi e sempre progrediscono verso ciò che è più grande attraverso gli esercizi della pietà, In Ps 44, 1 § 2 [389B]. Gli altri uomini (a differenza di Cristo che ha una qual certa fisica intimità col bene) con fatica ed esercizio ed applicazione conducono a buon termine la disposizione al bene e l’allontanamento dalle cose malvagie, In Ps 44, 8 § 8 [405B]. Con l’imperativo ‘guarda’ il profeta insegna alla Chiesa ad avere la mente esercitata alla contemplazione, In Ps 44, 11 § 10 [409A]. I santi sono divenuti degni di onori pari ai padri ed hanno acquisito la superiorità su tutti attraverso l’esercizio della virtù, In Ps 44, 17 § 12 [413C]. ‘Figli degli uomini’ coloro che praticano una certa cura ed esercizio della ragione, In Ps 48, 1 § 1 [433B]. Si può eleggere la sofferenza inerente all’esercizio della virtù e servirsi di questa come procuratrice dell’eterno diletto, In Ps 61, 10, § 4 [480A]. Colui che si è esercitato nei Proverbi non sarà confuso nella mente di fronte ai giri di parole, Princ Prov § 7 [401B]. La vera e divina giustizia sarà resa manifesta a quelli esercitati nell’insegnamento dei Proverbi, Princ Prov § 8 [404A]. Innocente in senso proprio David, che aveva allontanato ogni malvagità dalla propria anima con l’esercizio secondo virtù, Princ Prov § 11 [409A]. All’anima si deve assegnare esercizio di virtù, Attende § 3 [204C].

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Vita/azioni/fatiche secondo virtù Occorre che quanti si incamminano verso la vita secondo virtù mettano i piedi sui primi gradini della scala (che rappresenta il cammino spirituale) e da lì proseguano sui seguenti, In Ps 1, 1 § 4 [217D]. La via difficile ed erta del bene ha un angelo buono che conduce attraverso le fatiche della virtù verso il fine beato coloro che lo seguono, In Ps 1, 1 § 5 [221D-224A]. Bisogna che per tutta la vita si estendano le azioni secondo virtù, In Ps 14A, 2 § 3 [256A]. ‘Figli degli arieti’ coloro che si sono formati per una vita secondo virtù attraverso lo zelo nelle opere buone, In Ps 28, 1 § 2 [284B]. Dio dà la custodia dei suoi angeli a colui che ha una mente ricca nelle contemplazioni della verità mediante la ricchezza delle onorate opere della virtù, In Ps 33, 8 § 5 [364B]. Il salmo 44 conduce a perfezione la natura umana ed offre l’utilità per il fine proposto a coloro che hanno scelto di vivere secondo virtù, In Ps 44, 1 § 1 [388A]. Veste splendida dell’anima che ha la vita secondo virtù compiuta nel logos e nella pratica, In Ps 44, 14-15 § 11 [412C]. Chi trascorre la vita nella mollezza e fugge le fatiche per la virtù non vivrà nel futuro, a differenza di chi ha sudato nelle infinite lotte per la virtù, In Ps 48, 10 § 5 [441D-444A]. Corone di giustizia (2Tm 2, 48) pronte per chi non fugge le fatiche per la virtù, Attende § 6 [213A]. Zelo Coloro che respingono l’insegnamento divino a paragone di quelli della propria generazione che si sono distinti nello zelo per il bene ricevono una condanna più pesante, In Ps 7, 9 § 5 [237D]. Non una sola azione porta a perfezione lo zelante, ma bisogna che per tutta la vita si estendano le azioni secondo virtù, In Ps 14A, 2 § 3 [256A]. Nelle faccende di questa vita lo zelante, anche se cade fuori dalla verità ‘scientifica’, non troverà un impedimento nel proprio cammino spirituale, In Ps 14A, 2-3 § 3 [256C]. Rinfacciare la povertà o l’ignobiltà della stirpe o l’ignoranza o la malattia de corpo è del tutto irrazionale ed estraneo allo zelante, In Ps 14A, 3 § 4 [257C]. ‘Figli degli arieti’ coloro che si sono formati per una vita secondo virtù attraverso lo zelo nelle opere buone secondo l’insegnamento di quanti presiedono, In Ps 28, 1 § 2 [284B]. Chi con letizia e gioia esulta per una delle cose per cui ha zelo, esulta per la letizia che viene da Dio, In Ps 32, 1 § 1 [324B], In Ps 33, 1 § 1 [349B]. Lo zelante può tutto fare a gloria di Dio così che ogni attività e ogni parola ed ogni azione noetica assumano potenza di lode, In Ps 33, 2 § 1 [353C]. Zelo della sottomissione in chi sa che la salvezza viene dal Signore, In Ps 61, 2 § 2 [472B]. La casa di Dio ha

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cacciatori, viandanti, architetti, costruttori etc.. A tutti questi si adatterà il precetto Presta attenzione a te stesso procurando a ciascuno zelo della scelta deliberata, Attende § 4 [205C].

Cristiano combattente ed atleta Ai cristiani combattenti per la pietà (1Tm 6, 12; 2Tm 4, 7) viene mostrato in anticipo il fine beato, In Ps 1, 1 § 3 [216A]. I nobili atleti di Dio, che hanno combattuto per tutta la vita contro i nemici invisibili, nel giudizio saranno trattenuti se conservano ferite effetto delle lotte o macchie e segni del peccato; se invece sono senza ferite e senza macchie, liberi ed invitti, troveranno la pace in Cristo, In Ps 7, 2 § 2 [232CD]. Chi si accorge dei nemici invisibili e vede il pericolo che incombe su di lui da parte dei nemici che gli sono accampati intorno, dirà che il suo aiuto viene dal Signore; un angelo entrerà nel cerchio di coloro che temono il Signore e li salverà, In Ps 7, 11 § 7 [244CD]. Combattimento fra ragione e passione; se la ragione vince attraverso la fermezza e la costanza, riceve il premio della vittoria e incorona Dio attraverso se stessa; se invece si sottomette al piacere, procura vanto al nemico, In Ps 28, 1 § 2 [288A]. Chi è combattuto dalle passioni non partecipa ancora della pace derivante da Dio; saremo chiamati ‘figli della pace’ solo se avremo combattuto strenuamente ed avremo vinto il pensiero della carne (Rm 8, 5-7), In Ps 28, 11, § 8 [305AB]. Cristiano debole lottatore sostenuto dall’aiuto di Dio, In Ps 29, 2 § 2 [309A]. Esempi di Giobbe e di Paolo, che con la sopportazione dei combattimenti, non hanno rallegrato l’avversario, In Ps 29, 2 § 2 [309BC]. Nei momenti di difficoltà Dio ci abbandona esposti alle prove perché sia conosciuta la forza di chi combatte, In Ps 29, 8 § 6 [320A]. Il salmodiare paragonato agli inni rivolti dai buoni soldati all’autore della vittoria sui nemici, In Ps 32, 3 § 3 [328C]. Non si può fare guerra al maligno se non rifugiandosi sotto il riparo del comandante dell’esercito, In Ps 32, 3 § 3 [328D-329A]. Per coloro che sono ben preparati le tribolazioni sono come alimenti per gli atleti ed esercizi ginnici che sospingono avanti il combattente alla gloria patria, In Ps 33, 2 § 1 [353A]. E’ possibile con l’azione sinergica di Dio innalzare un trofeo stando quieti e riuscire vincitori non combattendo, In Ps 33, 3 § 2, [356B]. Magnifica il Signore chi sopporta le prove per la pietà con alto sentire e con animo esultante e sollevato, In Ps 33, 4 § 3 [357A]. Guerre suscitate dal pensiero della carne che riempiono l’interiorità di tumulti incessanti

Cristiano combattente ed atleta

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e rivolte irriconciliabili, In Ps 33, 4 § 3 [357C]. Come nessuno viene incoronato senza avversario, così nessuno può essere dichiarato provato se non attraverso le tribolazioni, In Ps 33, 5-7 § 4 [360A]. Si grida a Dio per essere liberati da tutte le tribolazioni senza essere feriti e schiavizzati dal pensiero della carne (Rm 8, 5-7), In Ps 33, 7 § 5 [364A]. L’angelo protegge chi crede in Dio dagli assalti frontali, posteriori e laterali, In Ps 33, 8 § 5 [364C]. Chi dice che al giusto non si addice la tribolazione, dice che non si armonizza con l’atleta l’antagonista. Un atleta che non combatte non avrà possibilità di corone, In Ps 33, 20 § 12 [381B]. L’uomo per la sua debolezza di fronte alle tribolazioni trova rifugio in Dio come in un territorio inviolato o in una cima aguzza circondata da un forte muro, In Ps 45, 2 § 1 [416C]. Dio aiuto ed alleato di chi combatte contro le insidie del diavolo; invia gli spiriti che prestano soccorso per la salvezza di coloro che hanno bisogno, In Ps 45, 2 § 2 [417D-420A]. Chi ha sopportato la prova dell’afflizione con forza e senza lasciarsi turbare dirà: in tutte queste cose siamo più che vincitori in virtù di colui che ci ha amato (Rm 8, 37), In Ps 45, 2 § 2 [420AB]. Si esulta per l’aiuto di Dio gettandosi contro il nemico, con la certezza di non subire danno da quest’ultimo, In Ps 45, 11-12 § 8 [429D]. Colui che ha sudato in infinite lotte per la virtù ed è stato provato di più in fatiche (2Cor 11, 23) come Lazzaro, che molto si era affaticato in sofferenze (Lc 16, 20) e Giobbe, che molto si era affaticato nelle lotte contro l’avversario, questi potrà vivere fino alla fine, In Ps 48, 10 § 5 [441D-444A]. I malvagi ministri del diavolo si scagliano contro l’uomo, essere debole, sferrando più attacchi contro di lui e riducendolo ad ‘un muro inclinato’ e ad ‘una palizzata abbattuta’, In Ps 61, 4 § 3 [473B]. Il profeta dice di aver sopportato le lotte non per costrizione o necessità ma per scelta deliberata e di aver accettato con un certo amore e disponibilità le fatiche; ha amato tutte queste cose sapendo di sopportare i pericoli per la pietà sotto uno spettatore, elargitore di premi, il Signore di tutte le cose, In Ps 114, 3 § 1 [485AB]. Il profeta come un atleta di cui si apprezza la nobiltà perché si è sottoposto volontariamente a tribolazione e dolore, In Ps 114, 3 § 2 [488B]. Riposo eterno per chi ha passato la vita di qui lottando secondo le regole; il profeta è come un bel combattente che può dire in modo simile a Paolo: Ho combattuto la bella battaglia, ho compiuto la corsa, ho conservato la fede; ora è in serbo per me la corona della giustizia (2Tm 4, 7-8), In Ps 114, 7 § 5 [492A]. Abbattere i pensieri di coloro che sono impastati con la carne attraverso le passioni, ma che innalzano la loro mente oltre le cose

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celesti, e l’elevazione del loro cuore che si solleva contro Dio, sia scopo comune per coloro che si sforzano per la pietà, In Ps 115, 2 § 4 [109A]. E’ chiamata ‘calice’ la sofferenza nei combattimenti per la pietà, In Ps 115, 4 § 4 [109B]. Si giunge alla perfezione del martirio considerando riposo di anima e di corpo, non dolori, i supplizi che si producono nei combattimenti per la pietà, In Ps 115, 4 § 4 [109C]. Non si deve esitare di fronte al bel combattimento e non si deve aver paura della morte, In Ps 115, 6 § 4 [109D-112A]. Quando un’anima glorificata dai combattimenti per la pietà e coronata della corona della giustizia (2Tm 4, 8) si presenta al Sovrano e giudice di tutto, la morte di un tale uomo è preziosa di fronte al Signore, In Ps 115, 6 § 4 [112A]. Giobbe atleta invincibile che ha sostenuto con cuore non scosso e pensieri costanti gli assalti violenti del diavolo, Destruam § 1 [261B]. Se si è soldati, bisogna seguire i precetti di Paolo: soffri insieme per il Vangelo (2Tm 1, 8; cfr. 2Tm 2, 3), presta il buon servizio militare (1Tm 1, 18) contro gli spiriti della malvagità (Ef 6, 12), contro le passioni della carne indossa tutta l’armatura di Dio (Ef 6, 13); non immischiarti nelle faccende della vita per piacere a Colui che ti ha arruolato (Cfr. 2Tm 2, 4), Attende § 4 [208A]. Se si è atleti, bisogna prestare attenzione a se stessi per non trasgredire nessuna delle regole atletiche, poiché nessuno è incoronato se non combatte secondo le regole (2Tm 2, 5). Si deve imitare Paolo che correva e lottava e combatteva coi pugni (1Cor 9, 26), tenere stabile lo sguardo dell’anima come un buon pugile e proteggere le parti vitali con l’occhio fisso sull’avversario; nella corsa ci si deve protendere verso quanto sta davanti (cfr. Fil 3, 13) e nella lotta combattere contro i nemici invisibili, Attende § 4 [208AB]. Corone di giustizia (2Tm 2, 48) pronte per chi non fugge le fatiche per la virtù, Attende § 6 [213A].

Cristologia Divinità di Cristo. Cristo Logos ed Unigenito del Padre. Dio vero bene, che può essere definito beato in senso proprio, identificato con Cristo sulla base di Tt 2, 13, In Ps 1, 1 § 3 [216B]. Gloria che il Cristo aveva prima che il mondo fosse creato (Gv 17, 5), In Ps 7, 8 § 4 [237A]. Porta onore e gloria al Signore chi non si allontana dalla retta nozione riguardo alla divinità dell’Unigenito, In Ps 28, 1 § 2 [284D-285A]. Figlio Unigenito, Colui che dà la vita per il mondo (Gv 6, 33), In Ps 28, 6 § 5 [296B]. Cristo, potenza del Padre (1Cor 1, 24), ha una sola potenza, quella del Padre, In

Cristologia

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Ps 28, 6 § 5 [297A]. Dio Logos, In Ps 29, 1 § 1 [305C]. Tommaso abbraccia il Sovrano e lo chiama Il Signor mio e il Dio mio (Gv 20, 28), in parallelo col Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe (Es 2, 6; Mt 22, 32), In Ps 29, 3 § 3 [309CD]. Sposo Logos, In Ps 29, 8 § 5 [317C]. Logos che in principio era presso Dio ed era Dio (Gv 1, 1), In Ps 32, 4 § 3 [329A]. Logos che era in principio presso Dio (Gv 1, 1), demiurgo che consolidò il cielo, che ha fatto tutte le cose e ha prodotto l’ingresso nell’esistenza degli Angeli, cooperando con lo Spirito Santo alla creazione dei cieli e delle potenze in essi presenti; Logos della bocca del Padre, Salvatore Logos del Signore, In Ps 32, 6 § 4 [333ABC]. Logos della vita che è il Pane sceso dal cielo (Gv 6, 33), In Ps 33, 2 1 [353B]. Cristo ricco per natura, perché tutto ciò che è del Padre è suo (Gv 17, 10), In Ps 33, 7 § 5 [361B]. Logos della verità (Gc 1, 18), di cui si diventa bramosi attraverso l’esperienza; chi è bramoso del Verbo porrà la speranza solo nel Signore (1Tm 5, 5), In Ps 33, 9 § 6 [365AB]. Si diventa intimi col Logos mediante il battesimo di adozione, In Ps 33, 12 § 8 [372B]. Diletto per il Padre come Unigenito e per ogni creatura come padre filantropo e buon comandante, In Ps 44, 1 § 2 [392A]. Interpretazione (esclusa da Basilio) del versetto in riferimento al Logos che nel principio era presso il Padre (Gv 1, 1) come generato dal cuore e dalle viscere stesse di Lui, In Ps 44, 2 § 3 [392D-393A]. Logos nutrimento dell’anima (nutrimento costituito dal Pane vivo disceso dal cielo e che dà la vita al mondo, Gv 6, 38, e da sacri insegnamenti), In Ps 44, 2 § 3 [393BC]. ‘Splendido di bellezza’, espressione riferita non alla carne, ma alla divinità del Signore, In Ps 44, 3 § 4 [396BC]. Dio Logos che manifesta la sua potenza nell’unirsi alla debolezza della carne, In Ps 44, 4 § 5 [400B]. Divinità del Signore contemplabile con la mente, in riferimento anche alla Trasfigurazione, In Ps 44, 4 § 5 [400CD]. Bellezza ineffabile del Logos, splendore della sapienza e forma di Dio nell’immagine di Lui (Col 1, 15, 2Cor 4, 4; Fil 2, 6), In Ps 44, 6 § 6 [401CD]. Altezza della gloria dell’Unigenito, chiamato con chiarezza Dio, In Ps 44, 7-8 § 7 [404C]. Misto il discorso sul Salvatore per la natura della divinità e l’economia dell’Inumanizzazione, In Ps 44, 8 § 8 [405A]. Le anime nobili e grandi e regali onorano la divinità di Cristo, In Ps 44, 9-10 § 9 [408B]. Logos nuziale, In Ps 44, 10 § 9 [408C]. Logos della sapienza, In Ps 45, 4 § 3 [421A]. Carne teofora santificata attraverso l’unione con Dio, In Ps 45, 5 § 4 [424B]; Dio abitò nella tenda (Gv 1, 14), In Ps 45, 6 § 5 [424B]. Il Dio che si è inumanizzato, l’Emmanuel generato da Vergine santa (Dio con noi, Mt 1, 23) non è Dio diverso da quello apparso ai profeti

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ed ai patriarchi, In Ps 45, 8 § 6 [425C]. Logos della verità (Gc 1, 18), In Ps 45, 9-10 § 7 [425D]. Cristo prezzo del riscatto non è della stessa specie di chi è prigioniero, In Ps 48, 7 § 3 [437C]; chi riscatta è molto migliore di chi è in schiavitù, In Ps 48, 7 § 3 [440AB]. Uomo Dio Gesù Cristo supera l’umana natura, non semplice uomo, In Ps 48, 8-9 § 4 [440B]. Non si deve supporre che il Signore sia soltanto un uomo, ignorando la potenza della sua divinità, In Ps 48, 8 § 4 [441A]. Chi ci ha riscattati non è un semplice uomo, né fratello, ma Dio se si considera la sua natura, In Ps 48, 8 § 4 [441B]. Cristo vita in se stessa, potenza, infaticabile natura, In Ps 48, 10 § 4 [441C]. Accettazione del Logos che era all’inizio presso Dio (Gv 1, 2) fra le caratteristiche distintive dell’uomo, In Ps 48, 11-12 § 6 [445B]. Logos si è fatto carne e pose la tenda fra noi (Gv 1, 14), In Ps 48, 13 § 8 [452A]. L’Unigenito propiziatorio per i nostri peccati, In Ps 59, 3 § 3 [465A]. ‘Calzare della divinità’ la carne teofora, Dio che si fa presente agli uomini (Bar 3, 38), In Ps 59, 10 § 4 [468AB]. Dio ha procurato un grande beneficio verso il genere degli uomini e non ha risparmiato suo Figlio, In Ps 61, 2 § 2 [472C]. Nostro Dio è il Figlio da Dio, che è Salvatore del genere degli uomini, In Ps 61, 3 § 2 [472D-473A]. Il Cantico dei Cantici mostra il modo della perfezione delle anime. Contiene infatti la concordia di sposa e sposo; cioè un’intimità dell’anima con il Dio Logos, Princ Prov § 1 [388B]. Logos medico delle nostre anime, Attende § 4 [205A]. Logos della verità (Col 1, 5; Gc 1, 18), Attende § 1 [200A], Princ Joannis § 1 [472C]. Figlio di Dio, Princ Joannis § 1 [473A] e § 4 [480C]. Gloria dell’Unigenito, Princ Joannis § 1 [473A] e § 4 [481B]. Unigenito detto Logos, Princ Joannis § 3 [477B]. Logos proceduto dall’intelletto, Princ Joannis § 3 [477B e D] e generato in modo impassibile dal Padre, Princ Joannis § 3 [477BCD e 480A e C]. Logos icona di Colui che ha generato (cfr. Col 1, 15), che mostra in se stesso tutto Colui che ha generato, senza dividere niente da lì, ed essendo perfetto in se stesso; perfetta sussistenza del Figlio, Princ Joannis § 3 [477C]. Unione senza tempo del Figlio col Padre, Princ Joannis § 3 [477D]. Restando intero l’intelletto nella propria costituzione, produce intero il Logos e completo; ed il Logos, proceduto, abbraccia in sé tutta la potenza dell’intelletto che lo ha generato, Princ Joannis § 3 [480A]. Logos non circoscritto né contenuto da un luogo, infinito come il Padre; l’ipostasi del Figlio parimenti coestesa rispetto a quella del Padre, Princ Joannis § 4 [480B]. Carattere proprio dell’ipostasi del Logos, Princ Joannis § 4 [480B]. Figlio di Dio non dissimile per sostanza dal Dio e Padre, Princ Joannis § 4 [480C]. Unigenito e Logos

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Cristo, Princ Joannis § 4 [481A]. Cristo fra gli uomini e umanità di Cristo. Nei salmi è contenuto l’annuncio della venuta di Cristo mediante la carne, In Ps 1, § 2 [213B]. Con la discesa per grazia e l’economia ha adunato l’assemblea di popoli, In Ps 7, 8 § 4 [237A]. Insomatizzazione del Dio Logos ed inaugurazione della Sua casa predisposta in modo nuovo e paradossale, In Ps 29, 1 § 1 [305C]. Modo straordinario e che supera tutta la natura dell’Inumanizzazione del Signore, In Ps 32, 3 § 2 [328C]. Profezia della venuta del Signore, si preannuncia la venuta del Signore nella carne, non molto lontana, In Ps 33, 19 § 12 [380B]. Il Diletto ha accolto per noi l’economia dell’Incarnazione, In Ps 44, 1 § 2 [389C]. Il versetto ti benedisse Dio in eterno va riferito all’umano, all’uomo nel Salvatore; la grazia gli è stata data come premio di azioni coraggiose, In Ps 44, 3 § 5 [397C]. La Parola vivente di Dio (Eb 4, 12), spada, si unisce alla debolezza della carne; Dio nato in natura d’uomo è dimostrazione di grandissima potenza, al di sopra di quella manifestata nella Creazione; economia della Inumanizzazione e della discesa verso l’umiltà e la debolezza dell’umanità, In Ps 44, 4 § 5 [400AB]. Premura verso gli uomini attraverso la carne, In Ps 44, 5 § 5 [400D-401A]. Carne del Signore unta col vero crisma per la venuta in essa dello Spirito Santo, che rimase su di Lui (Gv 1, 32), In Ps 44, 8 § 8 [405A]. Composito il discorso sul Salvatore per la natura della divinità e l’economia dell’inumanizzazione; guardando all’umano di Dio viene rilevato che gli altri uomini con fatica ed esercizio ed applicazione conducono spesso a buon termine la disposizione al bene e l’allontanamento dalle cose malvagie, invece Cristo ha una certa qual fisica intimità col bene e l’avversione per l’iniquità, In Ps 44, 8 § 8 [405AB]. Discesa di Cristo verso le realtà umane, In Ps 44, 9-10 § 9 [408B]. Carne theofora santificata attraverso l’unione con Dio. ‘Tenda dell’Altissimo’ l’epifania di Dio attraverso la carne, In Ps 45, 5 § 4 [424B]. Dio abitò nella tenda (Gv 1, 14), In Ps 45, 6 § 5 [424B]. Luce venuta nel mondo affinché colui che cammina in essa non inciampi (Gv 3, 19 e 11, 9-10), In Ps 45, 6 § 5 [425A]. Dio che si è inumanizzato, Emmanuel nato da Vergine Santa, ‘Dio con noi’ (Mt 1, 23), In Ps 45, 8 § 6 [425C]. Uomo Dio Gesù Cristo, In Ps 48, 8-9 § 4 [440B]. Vissuto fra noi in somiglianza di carne di peccato (Rm 8, 3), In Ps 48, 8-9 § 4 [441A] (pur essendo immune dal peccato, vedi In Ps 7, 2 § 2 [233A]). Discesa di Cristo fra gli uomini per effetto della sua grazia; discende all’umano, In Ps 48, 8-9 § 4 [441B]. Logos si è fatto carne e pose la tenda fra noi (Gv 1, 14), In Ps 48, 13 § 8 [452A]. Cristo viene dai

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patriarchi per quanto si riferisce alla carne (2Cor 5, 16), In Ps 59, 9 § 4 [465C]. ‘Calzare della divinità’ la carne theofora attraverso la quale mise piede fra gli uomini, Dio che si fa presente agli uomini (Bar 3, 38), In Ps 59, 10-11 § 4 [468AB]. Grazia dell’Inumanizzazione del Signore, In Ps 61, 2 § 2 [472C]. Dio fra gli uomini (Bar 3, 38), Attende § 6 [212D]. Cristo Pane vivo. Bocca spirituale dell’uomo interiore che si nutre assumendo il Verbo di vita, il Pane disceso dal cielo (Gv 6, 33), In Ps 33, 2 1 [353B]. Pane vero (Gv 6, 32) è il Signore nostro e la sua carne è vero nutrimento (Gv 6, 55), In Ps 33, 9 § 6 [364CD]. I Giudei uccisero il Pane della vita (Gv 6, 48), In Ps 33, 11 § 7 [368A]. Chi si è nutrito del Pane vivo sceso dal cielo e che dà la vita al mondo (Gv 6, 38) e di sacri insegnamenti emette l’eruttazione consona ai cibi, In Ps 44, 2 § 3 [393B]. Nomi ed immagini di Cristo. Cristo è chiamato vite, fra gli altri nomi, In Ps 28, 5 § 5 [296A]. Quando offre se stesso come sacrificio ed offerta a Dio per i nostri peccati (Ef 5, 2), è chiamato Agnello di Dio (Gv 1, 29) (per Cristo Agnello vedi anche In Ps 59, 6 § 3 [465B]) e pecora (Is 53, 7; At 8, 32). E’ chiamato figlio degli unicorni quando deve punire e distruggere il potere che attacca il genere umano, In Ps 28, 6 § 5 [296BC]. E’ chiamato unicorno per l’altezza del corno, l’attitudine alla libertà e perché, visto che il corno è usato nel senso di potenza, ha un solo corno, cioè una sola potenza, quella del Padre (1Cor 1, 24), In Ps 28, 6 § 5 [297A]. E’ chiamato vita e via (Gv 14, 6), pane (Gv 6, 35), vite (Gv 15, 1), luce vera (Gv 1, 9) ed anche spada (Mt 10, 34, Ap 1, 16; Ap 2, 12.16) in riferimento alla parola vivente di Dio (Eb 4, 12), In Ps 44, 4 § 5 [400AB]. Per Cristo luce vedi anche In Ps 33, 6 § 4 [360BC], In Ps 45, 6 § 5, [425A] e Princ Joannis § 3 [477B]; Cristo vita (Col 3, 4) vera anche In Ps 33, 13 § 9 [372C]; per la Parola di Dio spada vedi anche In Ps 28, 9 § 7 [301A]. Il Signore è verità (Gv 14, 6) che va tenuta impressa e sigillata nel proprio cuore, In Ps 14A, 2-3 § 3 [256CD]. Il Signore è verità (Gv 14, 6), In Ps 44, 5 § 6 [401B]. E’ costume della Scrittura chiamare salvezza il Cristo di Dio, In Ps 61, 2 § 2 [472C]. La vera giustizia è il Cristo, diventato per noi sapienza per opera di Dio, giustizia e santificazione e redenzione (1Cor 1.30), Princ Prov § 9 [404C]. Sapienti anche quelli che hanno acquisito la vera sapienza, il nostro Signore Gesù Cristo (Cfr. 1Cor 1, 24.30) grazie alla fede in Lui, Princ Prov § 14, [416C]. Gesù il Cristo il fondamento della fede (cfr. 1Cor 3, 10.11), Attende § 4 [205CD]. Cristo ‘vita’ e ‘resurrezione’ (cfr. Gv 11, 25), Princ Joannis § 3 [477B].

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Cristo mite e pacificatore. Pace dell’uomo che ha moderato i suoi costumi; chi è combattuto dalle passioni non è ancora partecipe della pace che viene da Dio, che il Signore dette ai suoi discepoli e che supera ogni intelletto (Fil 4, 7), In Ps 28, 10 § 8 [305A]. Ci insegnerà la bellezza della pace Cristo stesso, l’operatore della pace, quello che fa pace e congiunge i due in un solo uomo nuovo (Ef 2, 14-15) e che ha pacificato mediante il sangue della sua Croce sia ciò che è in cielo sia ciò che è in terra (Col 1, 20), In Ps 33, 7 § 5 [361C]. Cristo stesso è la pace (con riferimento di nuovo a Ef 2, 14-15 e Col 1, 20), In Ps 33, 15 § 10 [376C]. Carattere pacifico del Signore delle potenze, che ha pacificato tutte le cose attraverso la Croce, sia quelle sulla terra, sia quelle nei cieli (Col 1, 20), In Ps 45, 9-10 § 7 [428B]. Cristo è la nostra pace (con riferimento a Ef 2, 14-15), In Ps 45, 11-12 § 8 [432A]. Cristo unirà le parti distanti (con riferimento a Ef 2, 14-15, Col 1, 20), In Ps 59, 8 § 3 [465C]. Possiamo imparare la mitezza dal Signore, mite ed umile di cuore (Mt 11, 29); pensando alle beatitudini, si troverà che il Signore ha anticipato con le opere l’insegnamento della parola, In Ps 33, 7 § 5 [361C]. Il Signore mite ed umile di cuore (Mt 11, 29), che dava dimostrazione della mitezza con le stesse azioni, In Ps 44, 5 § 6 [401B]. Battesimo di Cristo. Voce del Signore al di sopra delle acque (Questo è il mio figlio prediletto Mt 3, 17) quando Dio santificava le acque attraverso il battesimo, In Ps 28, 3 § 3, [289CD]. La carne del Signore unta col vero crisma con la venuta in essa dello Spirito Santo che, sceso sul Figlio di Dio, rimase su di Lui (Gv 1, 32), In Ps 44, 8 § 8 [405A]. Trasfigurazione. Al momento della Trasfigurazione il Padre invita ad ascoltare il Figlio diletto in cui si è compiaciuto (Mt 17, 5), In Ps 44, 1 § 2 [392A]. Pietro e i figli del tuono videro la bellezza di Lui che superava in splendore il fulgore del sole (Mt 17, 1-2), percependo un anticipo della sua gloriosa parusia, In Ps 44, 4 § 5 [400CD]. Passione. Innalzamento sulla croce (Gv 3, 14-15, 12, 32) dopo che la malvagità dei nemici si è innalzata fino all’estremo limite, In Ps 7, 7 § 3 [236B]. Dopo il peccato contro Cristo l’abitazione dei Giudei divenne deserta, In Ps 28, 2 § 3 [288B]. Il popolo autore delle guerre si è sollevato contro Cristo nel momento della Passione, In Ps 28, 6 § 5 [296CD]. Al momento della Passione del Signore, al vespro, si accampò il lamento nei discepoli del Signore, quando lo vedevano appeso alla croce, In Ps 29, 6 § 4 [313D-316A]. Al momento della Passione gli uni credevano di crocifiggere il Re della gloria, mentre Egli rinnovava l’umanità attraverso l’economia

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della Croce, In Ps 32, 10 § 6 [340B]. I Giudei uccisero il Pane della vita (Gv 6, 48) e tramarono contro la sorgente dell’acqua, quella viva (Gv 4, 14), In Ps 33, 11 § 7 [368A]. Mirra è simbolo di tomba e rimanda alla Passione, con riferimento al Cristo preparato per la sepoltura da Giuseppe di Arimatea con mirra ed aloe (Gv 19, 39), In Ps 44, 9 § 9 [405C-408A]. Cassia, corteccia sottilissima e profumata che si distende intorno ad un fuscello di legno, allude alla Passione della croce, affrontata per il bene di ogni creatura, ed all’economia della carne sul legno, In Ps 44, 9 § 9 [408A]. Il Signore doveva essere innalzato per le genti sulla Croce e doveva accettare l’innalzamento per tutta la terra, come Mosè aveva innalzato il serpente nel deserto (Gv 12, 32 e 3, 14-15), In Ps 45, 11 § 8 [429C]. Cristo riscatta l’umanità. Chi deve essere liberato attende dal di fuori il prezzo dovuto perché sia riscattato; uno solo è Colui che salva, uno solo Colui che riscatta, In Ps 7, 2 § 2 [232C]. Figlio Unigenito, Colui che dà la vita per il mondo (Gv 6, 33), quando offre se stesso come sacrificio ed offerta per i nostri peccati (Ef 5, 2), è chiamato Agnello di Dio (Gv 1, 29) e pecora (Is 53, 7; At 8, 32), In Ps 28, 6 § 5 [296B]. Dio ha vivificato per mezzo del Cristo noi che eravamo morti per i peccati (Ef 2, 5), In Ps 32, 5 § 4 [333A]. Cristo, ricco per natura, si è fatto povero per noi, affinché noi diventassimo ricchi nella sua povertà (2Cor 8, 9) ed ha svuotato se stesso nella forma del servo (Fil 2, 7), In Ps 33, 7§ 5 [361BC]. Il Signore morto e risorto per noi (2Cor 5, 15), In Ps 33, 12 § 8 [369C]. Cristo riscatterà col suo sangue prezioso (1 Pt 1, 19) le anime degli uomini creati per servire il Signore e tenuti sotto la schiavitù del nemico, In Ps 33, 23 § 14 [385C]. Umiliò se stesso diventando obbediente fino alla morte, morte di Croce (Fil 2, 8-9), In Ps 44, 3 § 5 [397C]. E’ Salvatore delle nostre anime, In Ps 45, 11-12 § 8 [429D]. Bisogna che il prezzo del riscatto non sia della stessa specie di coloro che sono trattenuti in prigionia, In Ps 48, 7 § 3 [437C]. Tutti giustificati gratuitamente per la grazia di Dio in forza della redenzione in Cristo Gesù (Rm 3, 23-24), In Ps 48, 8-9 § 3 [440B]. L’Uomo Dio Gesù Cristo da solo può offrire un sacrificio espiatorio a Dio per tutti noi; è propiziatorio posto davanti da Dio grazie alla fede nel suo stesso sangue (Rm 3, 25), In Ps 48, 8-9 § 4 [440BC]. Prezzo di riscatto della nostra anima il santo e preziosissimo sangue (1Pt 1, 19) del Signore nostro Gesù Cristo, In Ps 48, 8 § 4 [440D-441A]; per questo siamo stati comprati a caro prezzo (1Cor 6, 20; 7, 23), In Ps 48, 8 § 4 [441A]. Ci ha fatto grazia della libertà (Gal 5, 1) e ci chiama fratelli; Egli non ebbe necessità di dare a Dio il sacrificio

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espiatorio per se stesso, è Egli stesso il propiziatorio e sommo sacerdote santo, innocente, senza macchia (Eb 7, 26-27), In Ps 48, 8 § 4 [441BC]. L’uomo riscattato per il sacrificio espiatorio che Dio ha offerto per lui, riscattato da Colui che si è compiaciuto di salvare nella follia dell’annuncio coloro che credono (1Cor 1, 21), non vedrà la corruzione, In Ps 48, 10 § 5 [444BC]. Cristo è divenuto obbediente fino alla morte di croce (Fil 2, 8) perché l’uomo non rimanesse nel peccato; l’uomo deve prendere coscienza della dignità del caro prezzo (1 Cor 6, 20; 7, 23) per lui pagato, il preziosissimo sangue di Cristo (1 Pt 18-19), In Ps 48, 13 § 8 [452AB]. Cristo pastore vero che ha dato la sua vita per le pecore (Gv 10, 15), In Ps 48, 15 § 9 [452CD]. Unigenito posto da Dio come propiziatorio perché trovassimo la redenzione nel suo sangue (Rm 3, 25, Ef 1, 7), In Ps 59, 3 § 3 [465A]. Mosè contrassegnò le porte degli Israeliti col sangue della pecora, mentre Dio ha dato agli uomini come segno il sangue stesso dell’Agnello senza macchia sgozzato per il peccato del mondo (1Pt 1, 19 e Ap 5, 6), In Ps 59, 6 § 3 [465AB]. Cristo che può salvarci (Eb 5, 7; 7, 25), In Ps 59, 13 § 5 [469A]. Il Figlio da Dio è Salvatore del genere degli uomini, In Ps 61, 3 § 2 [472D-473A]. Il prezzo di un uomo è il sangue di Cristo, gli uomini sono stati comprati a caro prezzo (1Cor 7, 23), In Ps 61, 5 § 3 [476A]. L’uomo nella prigionia del peccato chiede al Signore di riscattare la sua anima, In Ps 114, 4 § 2 [489A]. Il Signore dette se stesso come prezzo del riscatto per tutti noi (Cfr. Mt 20, 28), In Ps 115, 3-4 § 4 [109B]. Il Salvatore accoglieva la morte per la salvezza del mondo (Cfr. Gv 3, 17; 1Gv 4, 9), In Ps 115, 3-4, § 4 [109C]. Vittoria sulla morte e discesa all’Ade. Ringrazia Dio colui che per la debolezza è pervenuto all’Ade, ma è stato da lì riportato via da Colui che ha combattuto per noi quello che ha il potere della morte (Eb 2, 14), In Ps 29, 4 § 3 [312A]. La statte, forma più sottile e fluida della mirra che tende verso il basso, allude alla discesa di Cristo all’Ade per l’economia della Resurrezione, affinché portasse a compimento tutte le sue cose (Ef 4, 10); Cristo non è rimasto inattivo nei tre giorni e nelle tre notti, In Ps 44, 9, § 9, [408A]. Cristo vincitore, la morte è stata ingoiata per la vittoria (1 Cor 15, 54), In Ps 48, 1 § 1 [432C]. La morte pascolava da Adamo fino al governo di Mosè (Rm 5, 14), finché il pastore vero ha fatto resuscitare con sé (Col 2, 12) coloro che erano stati gettati dal nemico nella propria fortezza e dati da pascolare alla morte; li ha condotti fuori dall’Ade verso l’alba della Resurrezione e li ha dati ai suoi santi angeli, perché li pascolassero, In Ps

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48, 15 § 9 [452CD-453A]. La morte con tutta la sua forza non ha potuto attaccarsi a coloro che erano da lei pascolati a causa di Colui che vince quello che ha il potere della morte (Eb 2, 14), In Ps 48, 15 § 9 [453B]. Chiara profezia della discesa nell’Ade del Signore che riscatterà anche l’anima del profeta stesso, In Ps 48, 16 § 9 [453C]. Il peccatore è tenuto in gestazione dalla morte e sottoposto al pericolo della discesa nell’Ade; dopo il patimento della conversione invoca il Signore di liberare la sua anima dalla prigionia, In Ps 114, 3 § 2 [488CD-489A]. Il Signore è sceso nell’Ade ed ha liberato l’umanità che era sotto le catene della morte e tenuta nelle prigioni dell’Ade da cui non si può fuggire, In Ps 115, 7 § 5 [113A]. Resurrezione. Mistero della Resurrezione per la cancellazione del peccato, In Ps 7, 7 § 3 [236B]. Mistero della Resurrezione, il giudice sorge per la punizione di ogni peccato, In Ps 7, 7 § 4 [236C]. All’alba esultanza dei discepoli, che dopo la Resurrezione correvano con gioia dando gli uni agli altri gli annunci della visione del Signore, In Ps 29, 6 § 4 [316A]. Nella Resurrezione veniva disperso il disegno delle genti (di Pilato, dei soldati e di quanti si davano da fare attorno alla Croce) e resi vani i progetti dei capi, dei sacerdoti, degli scribi e dei re del popolo, In Ps 32, 10 § 6 [340B]. Ha riportato la vittoria sulla morte (1 Cor 15, 54-57) al mattino nel terzo giorno della Resurrezione, In Ps 45, 6 § 5 [425A]. Conduce fuori le anime dal carcere dell’Ade verso l’alba della Resurrezione, In Ps 48, 15 § 9 [452D-453A].

Giudizio Giudizio e Scrittura. Nel libro dei salmi si trovano minaccia di giudizio, speranza di resurrezione e timore di condanna, In Ps 1 § 1 [213B]. Il discorso sul giudizio disseminato in diversi luoghi della Scrittura ed assai necessario ed essenziale per l’insegnamento della pietà per chi ha fede in Dio attraverso Gesù Cristo, In Ps 7, 9 § 4 [237A]. Il termine ‘essere giudicato’ è inteso dalla Scrittura ora nel senso di ‘essere saggiato’, ora nel senso di ‘essere condannato’, In Ps 7, 9 § 4 [237B]. Vari tipi di giustizia, giudizio e pietà. Il discorso sulla giustizia è lungo e sono difficili da comprendere i confini della perfetta giustizia. Esistono vari tipi di giustizia: quella di Dio che è indicibile ed incomprensibile per ogni natura generata, la giustizia degli angeli che ha superato quella degli uomini e quella accessibile agli uomini che vivono nella carne, le cui

Giudizio

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azioni giuste vanno giudicate in rapporto alla debolezza umana e che sono soggetti agli errori anche per inesperienza, In Ps 7, 9 § 5-6 [241AB]. Dio è giudice giusto, forte e paziente, non velocemente infligge la punizione ai peccatori; prima minaccia il peccatore per indurlo al pentimento e comunque si riceve la ricompensa per il peccato secondo il merito, In Ps 7, 12-13 § 7 [245BC]. Esultanza nel secolo a venire di coloro che in vita hanno pianto i propri peccati, In Ps 29, 6 § 4 [316A]. Nessuno si salverebbe se il giudizio di Dio fosse assoluto e rendesse a noi precisamente secondo il merito; stretta connessione fra pietà e giudizio, pietà rivolta a coloro che si pentono, giudizio invece per chi rimane ostinato nel peccato, In Ps 32, 5 § 3 [329D-332ABC]. Il giudizio è riservato al tempo stabilito ma non può essere senza pietà perché non si può trovare un uomo puro da sporcizia; in questa vita invece la pietà è disgiunta dal giudizio, perché il Signore non è venuto per giudicare il mondo, ma per salvarlo (Gv 3, 17), In Ps 32, 5 § 4 [332CD]. Chi serve il Signore in umiltà non si aspetta di essere giustificato dalle sue opere e trema di fronte alla prospettiva che Dio restituirà a ciascuno secondo la sua opera, pensando alle proprie colpe, ma ha comunque fiducia nella misericordia di Dio come sola speranza di salvezza, In Ps 32, 18 § 10 [348AB]. Dio è potente nel giudizio ed al tempo stesso compassionevole, In Ps 61, 13 § 5 [481C]. Ovunque la Scrittura unisce ai sentimenti di misericordia di Dio la giustizia; né la pietà di Dio è senza giudizio, né il giudizio è privo di pietà. La misericordia è misurata secondo giudizio a coloro che ne sono degni; Dio emette il giudizio in rapporto alla nostra debolezza e ci punisce più con benevolenza che con compenso pari, In Ps 114, 5 § 3 [489A]. Il riposo eterno pronto per chi rettamente ha passato la vita di qui lottando, non dato come ricompensa delle opere ma come grazia del Dio munifico a coloro che hanno sperato in Lui, In Ps 114, 7 § 5 [492AB]. C’è una giustizia introdotta dal cielo dal giudice giusto (cfr. 2Tm 4, 8), quella correttrice e quella remunerativa, della quale molta è l’oscurità per l’altezza degli insegnamenti riposti in essa. Questa realmente vera e divina giustizia sarà resa manifesta a quelli esercitati nell’insegnamento dei Proverbi, Princ Prov § 8 [404A]. Modalità del giudizio. Esame a cui il Signore del tempo sottopone al termine della vita i nobili atleti che hanno combattuto contro i nemici invisibili: saranno trattenuti se trovati con ferite effetto delle lotte o macchie e segni del peccato, invece troveranno la pace in Cristo se sono senza ferite e senza macchie, In Ps 7, 2 § 2 [232CD]. Lo stesso Signore, nell’esame

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delle opere compiute da ciascuno, si sottopone al giudizio attraverso un confronto fra i propri comandamenti e le azioni dei peccatori: poiché ha fatto tutto ciò che stava in Lui per la salvezza dei giudicati, i peccatori accetteranno di buon grado la punizione che spetta loro, In Ps 7, 9 § 4 [237BC]. Nelle ricerche infallibili del Giudice sono esaminati i nostri pensieri, ma anche le nostre azioni. Nessuno prevenga il vero Giudice né giudichi prima del tempo perché sarà il Signore a mettere in luce i segreti delle tenebre e a manifestare le intenzioni dei cuori (1Cor 4, 5). Il Signore rivela la sua giustizia anche nell’esaminare in vita il cuore (convinzioni dogmatiche riguardo alla pietà) e i reni (parte concupiscente, moti passionali), In Ps 7, 10 § 6 [244AB]. Dio misura secondo la misura con cui ciascuno prima misurò le azioni nella vita (Mt 7, 2); si riceve la ricompensa per il peccato secondo il merito, In Ps 7, 12 § 7 [245B]. Chi porta gloria e onore al Signore con buone azioni in questa vita tesaurizza per sé gloria e onore secondo la giusta ricompensa (Col 3, 24) del Giudice, In Ps 28, 1 § 1 [281B]. Viceversa chi attraverso il peccato porta gloria e vanto al diavolo è consegnato con lui alla vergogna eterna, In Ps 28, 1 § 2 [285CD]. Fuoco preparato per la punizione del diavolo, dei suoi angeli e di coloro che sono degni di bruciare è senza luce, fuoco della pace è capace di illuminare ma privo della capacità di bruciare, destinato alla gioia dei beati, In Ps 28, 7 § 6 [297BC]. Ira è il travaglio e la punizione inflitte dal giusto Giudice secondo la misura dell’ingiustizia, ira tesaurizzata da ciascuno per sé nel giorno di ira e di rivelazione e di giusto giudizio di Dio (Rm 2, 5), In Ps 29, 6 § 4 [313BC]. Il salmista per tutti i secoli canterà lode al Signore perché gli ha donato il perdono scaturito dalla conversione e lo ha condotto alla gloria, dopo aver cancellato la vergogna dei peccati, In Ps 29, 13 § 7 [324A]. Dio restituirà a ciascuno secondo la sua opera; questo può indurre al timore della punizione, ma si spera nella misericordia di Dio e nella sua filantropia, In Ps 32, 18 § 10 [348AB]. Nel giorno del giudizio di Dio (1Cor 4, 5) solo pochi potranno sostenere il giudizio alla luce del Signore grazie alla coscienza non macchiata da cattive azioni, mentre i peccatori vedranno in se stessi le impronte indelebili dei peccati, permanenti nella loro memoria, e saranno confusi in eterno, punizione più temibile di tenebra e fuoco eterno, In Ps 33, 6 § 4 [360CD-361A]. Di fronte ad una possibile caduta nel peccato è necessario provare un timore salvifico (vedi anche In Ps 61, 13 § 5 [481C]) e pensare al giudizio terribile del Cristo che esamina le opere di ciascuno su un trono altissimo: angeli minacciosi con

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sguardo di fuoco e spiranti fuoco, con volto tenebroso che si collocano accanto ai peccatori, poi abisso profondo, tenebra impenetrabile, fuoco che brucia senza luce, vermi carnivori che procurano con il morso dolori insopportabili, disonore e vergogna eterna (la punizione più intollerabile), In Ps 33, 12 § 8 [369D-372AB]. ‘Giorni buoni’ che attendono i giusti, giorni illuminati dalla luce della gloria di Dio, In Ps 33, 13 § 9 [373A]. Venuta pienamente libera e manifesta del Signore nel giorno del giudizio: i giusti vedranno in esultanza il volto del Signore, mentre i peccatori nel giudizio, quando ogni peccato sarà eliminato dal giusto giudizio di Dio, In Ps 33, 17 § 11 [377AC]. Le parole malvagie emesse a causa dell’ascolto di cattivi maestri (eretici) provocano la condanna nel giorno del giudizio; sono i discorsi che ci giustificano o ci condannano (Mt 12, 37), In Ps 44, 2 § 3 [393CD]. La confessione al giudice delle proprie colpe, prevenendo l’accusatore, ci giustifica, In Ps 44, 2 § 3 [393D-396A]. Scettro di Dio che emette giudizi retti ed è atto a correggere le iniquità; giudizio di Dio è giusto ed è emesso contro coloro che peccano, non contro quelli che capitano, In Ps 44, 7-8 § 7 [404C]. La Chiesa alla destra del Cristo separa i buoni dai malvagi come il pastore separa gli agnelli dai capretti, In Ps 44, 10 § 9 [408C]. Le azioni ci conducono al fine, ciascuna al suo particolare: quella buona alla beatitudine, la malvagia alla condanna eterna, In Ps 45, 1 § 1 [416A]. Fine di tutto ciò che facciamo ed a cui aspiriamo la beata maniera di vita nel secolo futuro, In Ps 48, 1 § 1 [432AB]. ‘Giorno cattivo’ quello del giudizio, in cui ognuno sarà accusato dalle sue stesse azioni peccaminose, ciascuna col suo carattere distintivo e col ricordo impresso nella memoria, In Ps 48, 6 § 2 [436D-437A]. Chi ha scelto la via stretta e faticosa invece di quella piana e comoda non vedrà l’eterna corruzione, la sofferenza senza fine, mentre chi non ha creduto alle parole di Dio verrà condotto all’eterna punizione (Mt 25, 46), In Ps 48, 10 § 5 [444B]. Nel momento del giudizio al ricco sarà detto che ha già ricevuto i beni nella sua vita, mentre il povero i mali (Lc 16, 25); l’uno sarà consolato e l’altro afflitto, In Ps 48, 17 § 10 [456C]. Coloro che hanno accolto la malvagità degli avi saranno mandato nella tenebra più lontana, dove c’è pianto e stridore di denti (Mt 8, 12), secondo il giusto giudizio di Dio (2Ts 1, 5) perché in questa vita per il fare il male odiavano la luce (Gv 3, 20), In Ps 48, 20 § 11 [457C]. Chi approva cose viziose sottopone gli altri come rei all’eterno giudizio, In Ps 61, 5 § 3 [476B]. Nel giorno del giudizio non è possibile dire di ignorare il bene; bisogna dunque soppesare, con le bilance di cui ogni uomo è dotato

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e capaci di discernere il bene dal male, la natura delle azioni, se scegliere il piacere momentaneo e ottenere quindi la morte eterna oppure l’eterno diletto attraverso la sofferenza inerente all’esercizio della virtù, In Ps 61, 10 § 4 [480AB]. Dio darà a ciascuno secondo le sue azioni: sarà contro misurato a ciascuno con la misura con cui misura (Mt 7, 2), In Ps 61, 13 § 5 [481CD]. L’anima purificata, glorificata dai combattimenti per la pietà e coronata della corona della giustizia si presenta al Sovrano e giudice del tutto possedendo lo splendore derivante dalla grazia più luminoso di ogni pietra preziosa, In Ps 115, 6 § 4 [112A]. Se in ogni azione fai vincere presso di te il meglio, non sarai condannato e sarai coronato con le corone della giustizia nel giorno in cui Dio giudicherà i segreti degli uomini, Princ Prov § 10 [408BC]. Nel giorno cattivo (Pr 11, 4). la massa delle ricchezze non ti soccorrerà né ti sottrarrà dalla pena eterna, Princ Prov § 14 [416AB]. Bisogna che noi raccogliamo grande e varia la ricchezza celeste, se non vogliamo vergognarci nell’esibizione dell’opera, come quelli che hanno ricevuto i talenti, per non udire: Servo malvagio e pigro (Mt 25, 26), Princ Prov § 16 [420C]. Il ricco che non ha messo in comune i propri beni sarà circondato di orrore ed oscurità quando ascolterà la condanna (Mt 25, 4143), Destruam § 8 [277BC]. Se si presta attenzione a se stessi e si ricorda che il piacere presente condurrà ad una fine amara (verme velenoso che ci punisce per l’eternità nella geenna, fuoco eterno), i piaceri saranno messi in fuga e nascerà nell’anima bonaccia interiore e tranquillità, Attende § 7 [213BC]. Elementi attenuanti ed aggravanti nel giudizio. Nel giudizio incide un principio di confronto: chi respinge l’insegnamento divino ed i precetti della sapienza e non ama il bene riceve una condanna più pesante a paragone di quelli della propria generazione che si sono distinti nello zelo per il bene, In Ps 7, 9 § 5 [237CD-240A]. Il giudizio del Giudice giusto non sarà per tutti allo stesso modo, perché il concorso delle circostanze che ci stanno intorno ma indipendenti dalla nostra volontà può appesantire i peccati o alleggerirli, In Ps 7, 9 § 5 [240A] (vedi anche In Ps 32, 7 § 5 [336C]). La fornicazione di colui che ha avuto genitori dissoluti ed è stato educato nell’abitudine al male sarà oggetto di accusa solo sulla base dei principi salutari disseminati nei suoi pensieri e non usati rettamente, mentre chi è stato educato al bene ed ha ricevuto saggi e puri insegnamenti sarà ritenuto degno di una punizione più pesante, In Ps 7, 8 § 5 [240AB] (vedi anche Princ Prov § 9 [404ABC]). Anche l’appartenenza a popoli diversi costituisce una aggravante o un attenuante nel giudizio: chi appartiene ad

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un popolo senza legge ed abituato ad adorare gli idoli potrà avere maggiore giustificazione della colpa di idolatria rispetto a chi è stato educato nella legge di Dio, In Ps 7, 8 § 5 [240BC]. Il Giudeo istruito dalla legge, se cade andando contro la legge, sarà soggetto ad accuse più pesanti; invece gli Sciti abituati a rapine e violenze, se mostrano umanità e bontà, aggravano la nostra punizione con le loro buone azioni, In Ps 7, 9 § 5 [240CD].

Le passioni Supremazia dell’anima razionale sulle passioni. All’anima è stata affidata dal Dio che l’ha creata l’egemonia del corpo e delle passioni presenti in esso; bisogna dunque comandare alle passioni e servire Dio, In Ps 61, 1 § 1 [472AB]; cfr. anche Attende § 7 [213C]. Diretti dal logos, poiché Dio ha dato vantaggiosamente ogni potenza all’anima razionale, possiamo amare la virtù ed odiare la malvagità, In Ps 44, 8 § 8 [405B]. Effetti deleteri della schiavitù delle passioni. In primo luogo le passioni si caratterizzano per la varietà. Dio ha plasmato il cuore umano semplice ed unitario, che salva la Sua immagine, senza mescolanza con il male; le passioni della carne (Gal 5, 24, Rm 7, 5) rendono invece il cuore vario e molteplice, In Ps 32, 13-14 § 8 [344B]. Le passioni tiranneggiano in vario modo la vita degli uomini, In Ps 1 § 1 [212A]. Le varie passioni dei peccati (Rm 7, 5) si nascondono nelle anime selvatiche come le fiere nelle selve, In Ps 28, 9 § 7 [301A]. Le mollezze provocano la varietà delle malattie e le svariate forme di passioni, In Ps 33, 11 § 7 [368C]. Molteplice ed inesorabile schiavitù delle passioni da cui Dio può liberare le anime, In Ps 114, 7 § 5 [492B]. Le passioni provocano poi l’effetto di imbestialire l’uomo e sono legate alla dimensione ‘terrena’ del corpo; quest’ultima tiene ancorato l’uomo a piaceri materiali ed interessi di questo mondo. Parte selvaggia dell’anima, In Ps 1 § 1 [212C]. La collera trasforma con veemenza in fiere, In Ps 1 § 1 [212C]. Alcuni, caduti in gioventù nelle passioni della carne (Gal 5, 24, Rm 7, 5), restano nei peccati fino alla vecchiaia e si imbrattano di giorno in giorno della bruttura del piacere come i maiali che si rotolano nel loto, In Ps 1, 1 § 6, [224D-225A]. L’anima del peccatore, che vive secondo la carne (Rm 8, 12-13) e si macchia con i piaceri del corpo, si rotola nelle passioni della carne (Gal 5, 24, Rm 7, 5) come nel fango; la gloria basata sulla ricchezza terrena e sul fugace onore

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degli uomini, propria di quelli impastati di polvere (1Cor 15, 47-48) e che vivono secondo la carne (Rm 8, 12-13), non guarda verso il cielo, ma si pianta sulla polvere della terra, In Ps 7, 6 § 3 [236A]. Chi si è addentrato profondamente nel male e si è imbrattato delle impurità della carne (Rm 6, 19, Gal 5, 19) cade nell’oblio della santità del Creatore, In Ps 29, 5 § 4 [313A]. L’anima in preda alle passioni è deforme ed orripilante (esempi dell’iroso inselvatichito, del triste misero ed abbattuto nell’anima, di colui che è caduto nelle voluttà o nelle voracità o che è abbattuto dalla paura, il cui spettacolo è intollerabile alla vista), In Ps 29, 8 § 5 [317C]. La carne non va blandita con sogni e bagni e molli giacigli, in quanto destinata alla corruzione. La carne ingrassata prepara un carcere gravoso per l’anima; l’uomo impastato di polvere (1Cor 15, 47-48) e carnale non può dar lode a Dio. Colui che ha la mente incassata in tanto peso della carne non può annunciare la verità in quanto non ha mai dato spazio agli insegnamenti, In Ps 29, 10 § 6 [320CD]. Non bisogna affaticarsi per la carne, in quanto chi è nella carne non può piacere a Dio (Rm 8, 8), In Ps 29, 11 § 7 [321A]. L’ira può mutarci portando ad assumere un atteggiamento da belve; così i desideri ci fanno diventare animaleschi (coloro che impazziscono per le donne del prossimo diventano cavalli pazzi; l’uomo falso è assimilato alla volpe e l’impudente è chiamato cane), In Ps 44, 1 § 1 [388D]. Chi si sprofonda nelle distrazioni della carne non può prestare attenzione ai discorsi su Dio. La parola caduta sulle spine (piaceri della carne, ricchezza, fama, preoccupazioni per la vita, Lc 8, 14) viene da esse soffocata; solo dopo essersi liberati dalle passioni si può acquisire la conoscenza di Dio, In Ps 45, 11 § 8, [428CD-429A]. Coloro che pensano cose terrene (Fil 3, 19) e ritengono sufficiente per la beatitudine la gloria di qui mantengono fermi i loro nomi sulla terra; gli eretici definiti uomini corrotti e completamente terreni, In Ps 48, 12 § 7 [448C-449A]. L’uomo che ha abbandonato l’aderire a Dio e l’essere simile al Creatore, divenuto schiavo delle passioni della carne (Gal 5, 24, Rm 7, 5), si mette al pari dei giumenti irragionevoli (ora come un cavallo pazzo per le femmine nitrisce per la donna del suo prossimo, ora come un lupo rapace tende insidie alle cose altrui, ora diventa come una volpe astuta per l’inganno contro il fratello); chi non prende coscienza di essere forgiato ad immagine del Creatore perde l’immagine di ciò che è celeste ed acquisisce l’immagine di ciò che è terreno (1Cor 15, 49), In Ps 48, 13 § 8 [449D-452A]. L’uomo impastato di polvere (1Cor 15, 47-48) che crede beni solo i vantaggi di questa vita, ricchezza, salute e potere, dice

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che darà lode a Dio quando riceve benefici ma nelle circostanze dolorose lascia uscire qualsiasi bestemmia, In Ps 48, 19, § 10, [456CD]. Carattere tutto terreno ed amante della carne di colui che si rotola in ricchezza e mollezza ed ha la mente soffocata dalle preoccupazioni della vita (Lc 8, 14), In Ps 48, 20 § 11 [457B]. L’uomo, assoggettato alle passioni della carne (Gal 5, 24, Rm 7, 5), si mette al pari dei giumenti irragionevoli, In Ps 48, 21 § 11 [457D-460A]. Infatti sono detti uomini coloro che ancora sono trattenuti dalle passioni umane; invece colui che è ormai più alto delle passioni carnali per la perfezione dell’intelletto è passato alla condizione degli angeli, In Ps 115, 2 § 3 [108D]. Scopo comune di coloro che si sforzano per la pietà è abbattere la superbia di quelli che sono impastati con la carne attraverso le passioni, ma che innalzano la loro mente oltre le cose celesti, In Ps 115, 2 § 4 [109A]. Senza le passioni dell’ignominia (cfr. Rm 1, 26) a cui sono assoggettati la maggior parte degli amanti dei piaceri anche le necessità della vita rendono schiava l’anima, trascinandola al servizio della carne, In Ps 115, 6 § 4 [112CD] Alcuni, per l’essere occupati prima dalle passioni umane, annientano la giustizia, quando disprezzano i poveri e non biasimano i potenti che compiono ingiustizia, Princ Prov § 8 [401B]. Il libro dei Proverbi, che ci insegna le cose intorno alla vera giustizia, libera gli uomini dalle passioni derivanti dalla insensatezza, Princ Prov § 8 [401D] Le passioni della carne (Gal 5, 24, Rm 7, 5) si abbattono sull’anima come una temibile tempesta; ire, paure, piaceri e tristezze nate dal pensiero della carne (Rm 8, 5-7) come da un uragano violento spesso sommergono l’anima non governata. L’intelletto si deve porre come un timoniere che siede sopra le passioni in alto, così da non riempirsi dell’amarezza derivante da esse, Princ Prov § 15 [420AB]. Le passioni sono onde; se ci si pone più in alto di esse si sarà come un sicuro timoniere della vita, Princ Prov § 17 [421B]. La passione dell’anima del ricco è come quella dei golosi, che preferiscono scoppiare per voracità che far partecipi gli indigenti dei resti, Destruam § 2 [264C]. Il ricco della parabola lucana, tutto carnale e schiavo delle passioni, è così animalesco da destinare all’anima quanto riceve la latrina (Mangia, bevi, rallegrati, Lc 12, 19), Destruam § 6 [273A]. L’anima corrompe la propria bellezza scivolando verso le passioni della carne (Gal 5, 24, Rm 7, 5), Attende § 7 [216B]. All’uomo è stato plasmato in posizione eretta perché non si dedichi al ventre né alle passioni sotto il ventre, Attende § 7 [216C].

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Le passioni come malattie. Una vecchia passione dell’anima è difficile da guarire o del tutto inguaribile perché l’abitudine si trasforma in natura, In Ps 1, 1 § 6 [224C]. Le passioni turpi si trasmettono come una malattia, soprattutto quando chi ne è afflitto occupa incarichi di responsabilità ed è oggetto di imitazione ed ammirazione, In Ps 1, 1 § 6 [225ABCD-228A]. Coloro che hanno accolto la malvagità dagli avi ed hanno difficoltà a liberarsene per l’essersi essa consolidata a causa della lunga abitudine, In Ps 48, 20 § 11 [457C]. Contrasto fra ragione e passioni. Esiste una lotta fra ragione e passione in cui l’una delle due può assoggettare l’altra. Le passioni causano confusione, turbamento e dolore, mentre la liberazione dalle passioni è definita come una condizione di bonaccia, equilibrio, pace e tranquillità. Parte selvaggia dell’anima placata dalla melodia del salmo, che è capace di acquietare la parte tumultuosa ed agitata dei pensieri, In Ps 1 § 1-2, [212C]. Salmo bonaccia di anime, In Ps 1 § 2 [212C]. Quando la ragione ha raggiunto la pienezza e si acquisisce il discernimento del bene, se non si dominano i pensieri malvagi suscitati nelle nostre anime dalle passioni della carne (Gal 5, 24, Rm 7, 5), il pensiero viene assoggettato dalle passioni e l’intelletto muore ucciso dalle iniquità, In Ps 1, 1 § 5 [221C]. Bruciano e consumano l’anima amori carnali, desideri di ricchezze, ire ardenti, travagli e timori estranei a Dio, In Ps 7, 13-14 § 7 [248B]. Gli impulsi irrazionali degli incontinenti e i desideri pazzi e furenti meritano la definizione di ‘doglie del parto’ perché nascono nell’anima con acutezza e dolore, In Ps 7, 15 § 8 [248B]. Se la ragione combatte con la passione e vince attraverso la fermezza e la costanza, riceve il premio per la vittoria sulla passione e incorona Dio attraverso se stesso. Se invece, rammollita, si sottomette al piacere e diventa schiava e prigioniera per i peccati, porta al nemico vanto ed orgoglio, In Ps 28, 1 § 2 [288A]. Nell’anima che non è schiava del pensiero della carne (Rm 8, 5-7) ed accoglie grandezza ed onore che le spettano dalla percezione di ciò che è presente in essa che viene da Dio, c’è la voce del Signore. Chi è magnifico non è rattristato da nessuna circostanza, né turbato minimamente da una passione, in quanto inaccessibile alle passioni umilianti ed all’impurità della carne (Rm 6, 19; Gal 5, 19), In Ps 28, 3-4 § 4 [293AB]. La pace è fermezza dell’egemonico; l’uomo pacifico si caratterizza per aver moderato i suoi costumi, mentre l’uomo combattuto dalle passioni non è partecipe della pace che viene da

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Dio, la quale, superando ogni intendimento (Fil 4, 7), custodirà le anime dei degni. Dopo che abbiamo combattuto strenuamente ed abbiamo vinto il pensiero della carne (Rm 8, 5-7), che è inimicizia con Dio (Rm 8, 7), l’anima raggiunge bonaccia ed una condizione non agitata; allora potremo essere chiamati figli della pace, In Ps 28, 11 § 8 [305AB]. Quando i raggi dello sguardo di Dio brillano sugli uomini, ci si mantiene in una disposizione stabile e non turbata; quando invece Dio allontana il proprio volto, nascono passionalità e sconvolgimento dell’anima. Se la pace che sorpassa ogni intendimento custodirà i nostri cuori (Fil 4, 7), possiamo sfuggire il turbamento e la confusione delle passioni. Il turbamento è turpitudine e debolezza d’anima sopraggiunta per l’estraneità a Dio, In Ps 29, 8 § 6 [317D-320A]. Definizione di miti: sono coloro che hanno acquietato il carattere e si sono distaccati da ogni passione, così da non avere alcun turbamento che abita nelle loro anime; si contrappongono al turbolento in preda al tumulto, furente nell’anima a causa delle passioni della carne (Gal 5, 24, Rm 7, 5); i miti hanno raggiunto la stabilità e la fermezza dell’anima, In Ps 33, 3-4 § 2-3 [356C-357A]. Si deve essere in una quiete totale dai tumulti esteriori e realizzare la tranquillità nella nascosta sede decisionale del cuore per dedicarsi alla contemplazione della verità. Ira, concupiscenza, viltà ed invidia confondono e turbano la capacità visiva dell’anima. Non si devono introdurre pensieri estranei attraverso nessuno dei nostri sensi; le guerre suscitate dal pensiero della carne (Rm 8, 5-7) riempiono l’intimo di tumulti incapaci di tacere e di rivolte irriconciliabili, In Ps 33, 4 § 3 [357BC]. Fine dell’ascolto da parte del Signore l’essere liberato da tutte le tribolazioni senza essere ferito né piegato né asservito al pensiero della carne (Rm 8, 5-7), In Ps 33, 7 § 5 [364A]. Quelli presi nell’anima dal timore divino fuggono ogni molestia derivante dalle passioni del peccato (Rm 7, 5), In Ps 33, 9 § 6 [365BC]. Per tutto il tempo che siamo legati alla carne siamo soggiogati a molti eventi che ci turbano. Per acquistare la pace di Dio che sorpassa ogni intendimento e custodisce il tuo cuore (Fil 4, 7) bisogna liberarsi dai tumulti di questo mondo e procurarsi una mente che sta in bonaccia, una condizione dell’anima non agitata ed imperturbata, non scossa da passioni né trascinata da falsi dogmi, In Ps 33, 15 § 10 [376BC]. Bisogna rendersi liberi dai nemici che ci traggono altrove per meditare in tranquillità i discorsi riguardo alla verità. Se l’anima è in bonaccia e non turbata da alcuna passione, la luce di Dio come in uno specchio diventa pura e non ottenebrata, In Ps 45, 11 § 8 [429BC]. La pazienza calma lo

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sdegno dell’anima e, eliminata ogni arroganza, viene raggiunta l’umiltà, In Ps 61, 1 § 1 [469C]. L’anima, sottomessa al pensiero della carne (Rm 8, 5-7) può essere eccitata a ire e tristezze; non deve essere schiava di passioni malvagie, ma comandare ad esse e servire Dio, In Ps 61, 2 § 1 [472AB]. Le tentazioni provocano nell’anima una burrasca, placata dal Salvatore del genere degli uomini, In Ps 61, 2 § 2 [472D-473A]. Se non si allontanano le passioni derivanti dalla malvagità che occupavano in precedenza le nostre anime, non possiamo accogliere la grazia divina, In Ps 61, 9 § 4 [477B]. Nella terra dei viventi non c’è nessun evento che toglie la fermezza e l’imperturbabilità dei pensieri, In Ps 114, 7 § 5 [493B]. Se si è occupati dalle passioni umane, si annienta la vera giustizia, Princ Prov § 8 [401B]. Bisogna tenere saldamente i timoni della vita (i ragionamenti) per governare l’anima ed impedire che le passioni la sommergano come onde, Princ Prov § 15 [420AB], § 16 [420D-421A], § 17 [421B]. L’amore per le ricchezze porta il ricco della parabola lucana a vedere in tutto oro, in tutto argento, come quelli alienati dalla follia non vedono le cose reali, ma immaginano per effetto della passione, Destruam § 4 [269B]. All’anima si deve dare ciò che è opportuno, fra cui la correzione delle passioni, Attende § 3 [204C]. Si deve lottare contro le passioni della carne (Gal 5, 24, Rm 7, 5), Attende § 4 [208A]. Quando la collera ha vinto i ragionamenti si è trascinati dall’ira a parole sconvenienti e ad azioni animalesche. Prestando attenzione a se stessi si terranno a freno l’ira, la lingua e i desideri malvagi; il pensiero del giudizio finale metterà in fuga i piaceri e nascerà nell’anima una bonaccia interiore, Attende § 7 [213BC]. Non si deve permettere che l’intelletto diventi schiavo delle passioni e che queste ultime si sollevino contro la ragione e trasferiscano a se stesse il dominio dell’anima, visto che alla parte intellettiva e razionale di essa è dato per natura il dominare ed alla parte passionale ed irrazionale l’assoggettarsi ed obbedire alla ragione, Attende § 7 [213C]. Effetto benefico della Parola di Dio e dei salmi per tenere a freno le passioni. Il salmo estirpa completamente le passioni grazie anche al diletto della melodia, In Ps 1 § 1 [212ABC]. Il salterio ha l’origine dei suoni in alto affinché anche noi ci preoccupiamo di cercare ciò che sta in alto (Col 3, 1) e non ci lasciamo trasportare dal piacere della melodia verso le passioni della carne (Gal 5, 24, Rm 7, 5), In Ps 1 § 2 [213C]. Il Signore Gesù Cristo, parola vivente di Dio più efficace e tagliente di ogni spada a doppio taglio (Eb 4, 12), taglia la parte passionale dell’anima e fa morire i moti verso la

Morale

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concupiscenza, In Ps 44, 4 § 5 [400AB]. Il salmo 61 è stato donato ad Iditun per il raddrizzamento delle passioni nell’anima, In Ps 61, 1 § 1 [469B]. I Proverbi sono un’educazione di costumi ed un raddrizzamento di passioni, Princ Prov § 1 [388A]. Il libro dei Proverbi, che ci insegna la vera giustizia, libera gli uomini dalle passioni [derivanti] dalla insensatezza. Princ Prov § 8 [401D]. L’esortazione a prestare attenzione a se stessi serve anche ad eliminare la passione comunemente diffusa di vedere i difetti degli altri ma non i propri, Attende § 5 [209A]. Il precetto di prestare attenzione a se stessi utile per tenere a freno l’ira, la lingua e i desideri malvagi, Attende § 7 [213B].

Morale Frequente errore nella valutazione di ciò che è bene; attaccamento agli effimeri beni terreni. È necessario considerare il Signore come unico vero bene, fonte di speranza e di aiuto; il servizio a Lui è segno della vera dignità umana. Nella preghiera si devono chiedere a Dio cose alte. Uomini senza istruzione ed amanti del mondo stimano beate cose che non sono beni per natura propria, come ricchezza, salute, appariscenza di vita. Beato invece colui che è partecipe di beni che non possono essere sottratti, In Ps 1, 1 § 3 [216C]. La nostra vita è come una strada, in cui non esiste possesso durevole dei beni, come campi e case, In Ps 1, 1 § 4-5 [221A-B]. Chi si inorgoglisce per uno dei beni della vita come il potere, le ricchezze o ciò che è ritenuto presso i più fulgido di gloria, non può dire di sperare in Dio, che deve invece essere l’unico ad essere oggetto di venerazione e speranza, In Ps 7, 2 § 2 [232AB]. Chi si vanta della ricchezza terrena, insegue il fugace onore degli uomini e confida nei vantaggi materiali ha una fama che non guarda verso il cielo, ma si pianta sulla polvere della terra, In Ps 7, 6 § 3 [236B]. Il vero aiuto non viene da ricchezza né da risorse materiali né da potenza e forza personali né da parentela umana, ma dal Signore, In Ps 7, 11 § 7 [244C]. Vera beatitudine abitare come forestieri su questa terra, senza attaccarsi alle cose di qui come proprie. È raro trovare un uomo che sa che ricchezza, forza del corpo e gloria umana sono transitorie, In Ps 14A, 1 § 1 [252B]. Chi fa il male deve essere oggetto di disprezzo anche se ha grandi poteri e si vanta della ricchezza e della fama della sua stirpe, In Ps 14A, 4 § 5 [260A]. Gli usurai chiamano la loro misantropia filantropia, ma guai a coloro che chiamano l’amaro dolce e il dolce amaro (Is 5, 20), In Ps 14B § 5 [280A]. Non porta al Signore gloria

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e onore colui che brucia per la gloria umana, né colui che onora il denaro e i piaceri del corpo, In Ps 28, 1 § 2 [285B]. Colui che fa un dio del ventre o della gloria o del denaro non adora il Signore né è nel suo santo recinto, In Ps 28, 2 § 3 [288C]. La voce del Signore spezza coloro che si gonfiano di orgoglio senza criterio e si esaltano per ricchezza o gloria o dominio o bellezza del corpo o potenza o forza, In Ps 28, 5 § 5 [293C]. Gli uomini possono per ignoranza scambiare il bene per il male o viceversa, considerando i beni come mali quando sono associati a fatica e i mali come beni per il piacere presente in essi, In Ps 28, 9 § 7 [301AB]. Nella preghiera non si devono chiedere a Dio salute del corpo e ricchezza materiale e gloria umana, In Ps 28, 9 § 7 [301C]. Il gridare verso il Signore è proprio solo di chi brama cose grandi e del cielo. Se uno chiede a Dio cose piccole e terrene, fa uso di una piccola e misera voce, incapace di pervenire alle orecchie del Signore, In Ps 29, 9 § 6 [320B]. Si deve esultare non quando vanno bene le cose di casa o si ha la salute del corpo o i campi sono pieni di svariati frutti, ma perché si possiede il Signore e si è ritenuti degni di servire un tale Sovrano, In Ps 32, 1, § 1, [324B]. La salvezza deriva solo da Dio e dalla sua misericordia, non dalla forza militare o dalla potenza fisica o dalle grandi imprese, In Ps 32, 16-17-18, § 9-10, [344C-345ABC-348A]. La salvezza sta solo nella grazia di Dio, non in potenza d’uomo o saggezza. Se ci si gloria della bellezza del corpo o della celebrità dei natali o nelle ‘arti medie’, ci si gloria di cose vane, mentre l’essere al servizio di Dio Sovrano ci è sufficiente per il massimo di gloria e fama, In Ps 33, 3, § 2, [353CD-356AB]. Viene ascoltato dal Signore il grido di chi invoca cose grandi e non cerca cose terrene e mondane, In Ps 33, 7 § 5 [361D-364A]. Necessità di essere educati al disprezzo della ricchezza materiale, che è instabile per natura e scorre ora da una parte ora dall’altra, In Ps 33, 11 § 7 [365D-368A]. L’ignorante è incapace di fare distinzione sulla questione del bene e del male e chiama beni ricchezza e vantaggi materiali e ciò che può dare un piacere temporaneo e che se ne va via con la corruzione del corpo, In Ps 33, 11 § 7 [368B]. Il grido dei giusti può pervenire alle orecchie di Dio perché chiedono grandi cose, pregano per doni celesti e non ricercano niente di meschino né di terreno né di misero, In Ps 33, 18 § 12 [377CD-380A]. Contrito di cuore ed umile di spirito chi non ha altezzosità né si inorgoglisce per alcuna cosa umana, In Ps 33, 19 § 12 [380CD]. L’amore del primo posto e del dominio ha spinto molti ad odiare i migliori; talvolta si dà anche ignoranza del discorso sul giusto, In Ps 33, 22 § 14 [385B]. Non può

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contemplare il vero Diletto ed amare Dio con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutta la mente chi ama le ricchezze e si appassiona per la bellezza corruttibile dei corpi ed onora la gloria meschina di quaggiù, In Ps 44, 1, § 2, [392AB]. Anche coloro che conoscono Dio si ingannano nel giudizio e chiedono come beni alcune cose che non giovano loro e che possono diventare occasione di peccato (come salute e ricchezze), mentre fuggono come mali altre cose (come malattia e povertà) che possono al contrario recare giovamento, educare e far rinsavire dalla condizione di peccato. Si deve evitare solo il peccato e rifugiarsi dai mali solo in Dio, senza inorgoglirsi per l’incertezza della ricchezza (1Tm 6, 17) o la forza del corpo e senza ricercare la visibilità della gloria umana, In Ps 45, 2 § 1 [417AB]. A parole si chiama Dio rifugio, ma nei fatti si ricerca l’aiuto di cose inutili e vane, In Ps 45, 2 § 2 [417CD]. Il discorso del profeta mira ad atterrare la presunzione per la forza del corpo nei ‘nati da terra’ e la superbia per l’abbondanza dei beni nei ricchi (questi ultimi confidano dunque nell’ incertezza della ricchezza, 1Tm 6, 17), In Ps 48, 7 § 3 [437B]. Coloro che costruiscono piazze, palestre, mura, acquedotti affidano i loro nomi a costruzioni terrene; alcuni imprimono i loro nomi su mandrie di cavalli o su sontuosi monumenti funebri. Sono coloro che pensano cose terrene (Fil 3, 19) e ritengono sufficienti per la beatitudine la gloria di qui e l’essere ricordati presso gli uomini, In Ps 48, 12 § 7 [448C-449A]. Sono stati ingannati nella mente coloro che si inorgogliscono per la ricchezza, la gloria e il potere, In Ps 48, 15 § 9 [453B]. Il ricco che muore non può prendere con sé la sua ricchezza; i beni gli sono serviti solo a procurarsi le lodi degli adulatori, In Ps 48, 17 § 10 [456B]. L’aiuto dalle tribolazioni non proviene dalla forza, dalla buona salute della carne, da uomini illustri, dall’abbondanza di beni, dalla potenza, dalla gloria, ma solo da Dio, In Ps 59, 13 § 5 [468BC]. Molti approvano le cattive azioni chiamando ogni male con nomi carezzevoli tratti dalla vicina virtù, In Ps 61, 5 § 3 [476AB]. Unico vanto il Cristo; molti invece si gloriano del corpo o del valore dimostrato in guerra (misurato secondo la quantità delle uccisioni) o della costruzione di mura, acquedotti, palestre, di ricchezza spesa in combattimenti di animali, delle vane voci dei popoli, della propria abilità oratoria o dell’essere esperti nella sapienza del mondo (1Cor 1, 10). Bisogna invece avere un alto sentire di se stessi per l’essere servi di Dio, grande Re, In Ps 61, 8 § 4 [476CD-477AB]. Falsi gli uomini che hanno corrotti i criteri dell’anima e chiamano luce la tenebra e tenebra la luce, l’amaro dolce e il dolce amaro

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(Is 5, 20), scegliendo le cose cattive invece delle buone, le cose vane invece delle vere, le cose transitorie invece delle eterne, In Ps 61, 10 § 4 [480A-B]. Non si deve dire beato chi è oltremodo ricco. La natura della ricchezza è fluida, passa velocemente di mano in mano; non esiste possesso durevole di beni come campi e case. La ricchezza non va amata ed ammirata come un vero bene ma assumendo l’aiuto di essa come strumentale, In Ps 61, 11 § 5 [480D-481AB]. Abbiamo pietà di colui che esultava per bellezza e vigoria del corpo ed è stato distrutto dalle più vergognose malattie, In Ps 114, 5 § 3 [489B]. Ricchezze origine dei mali (1Tm 6, 10), presupposto delle guerre, radice dell’inimicizia (Gc 4, 1-2), In Ps 114, 8 § 5 [493C]. L’Ecclesiaste ci rivela la vanità di ciò che è in questo mondo, così da non ritenere desiderabili le cose che passano e da non applicare le cure dell’anima alle cose vane, Princ Prov § 1 [388AB]. Se nella valutazione con l’intelletto si condanna il peccato e si fa vincere la virtù si esprime un giudizio retto; se invece si dichiara più onorevole il peccato si esprime un giudizio storto, sottoponendosi alla maledizione di colui che ha detto: Guai a coloro che dicono l’amaro dolce e il dolce amaro; a coloro che dicono la luce tenebra e la tenebra luce (Is 5, 20), Princ Prov § 9 [405CD-408A]. Né salute del corpo, né giovinezza, né floridezza della casa, né la restante prosperità della vita durano a lungo, Princ Prov § 15 [417CD]. Il detto Presta attenzione a te stesso invita a non prestare attenzione alla carne, a non inseguire il bene di questa in ogni modo, salute e bellezza e godimento dei piaceri e lunga vita, e a non ammirare ricchezze e gloria e potere ma a prestare attenzione all’anima, Attende § 3 [204AB]. Non si deve fermarsi sulle realtà mortali come eterne e non si devono disprezzare le cose eterne come transeunti, Attende § 3 [204C]. Chi si pavoneggia per la ricchezza, ha un alto sentire di sé per gli antenati o si esalta per patria, bellezza del corpo e onori da parte di tutti, deve prestare attenzione a se stesso e ricordarsi della propria mortalità, Attende § 5 [209C]. Il cammino spirituale passa attraverso tre gradini, principianti, proficienti e perfetti; bisogna prima separarsi dal male per poter accogliere Dio e progredire verso la virtù. Il salmo è insegnamento dei primi elementi per gli inizianti, accrescimento dei progredienti, solido sostegno dei perfetti, In Ps 1 § 2 [213A]. L’esercizio della pietà è simile ad una scala: occorre che coloro che si incamminano verso la vita secondo virtù mettano il piede sui primi gradini, proseguano sui seguenti e pervengano infine all’altezza che la natura umana può

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conseguire; principio del progresso è la separazione dal male, perché ogni astensione, come non uccidere, non fornicare, non rubare, è più agevole di un’azione come amare il prossimo e vendere i propri beni e distribuirli ai poveri. Ammirevole la sapienza di Colui che ci guida verso la perfezione attraverso le opere piuttosto agevoli e leggere, In Ps 1, 1 § 4 [217CD-220A]. Nell’omelia sul salmo 1 è stata esposta solo la fuga dal male, mentre è stata tralasciata la perfezione attraverso le buone opere, In Ps 1 § 6 [228B]. Il salmo 14A vuole delineare per noi la figura del perfetto, colui che è destinato a raggiungere la beatitudine, In Ps 14A, 1 § 1 [249D-252A]; vedi anche In Ps 14B, § 1, [265AB]. ‘Tenda di Dio’ la carne degna di Dio, quella di colui che abita su questa terra come forestiero; poi progresso ed avanzamento verso ciò che è più perfetto (la patria celeste), In Ps 14A § 1 [252C]. L’irreprensibile è colui che è compiuto nell’uomo nascosto (1Pt 3, 4) in ogni perfezione di virtù, mentre chi opera la giustizia è colui che porta a perfezione la dimensione pratica attraverso le energie somatiche, In Ps 14A, 2 § 2 [253C]. Bisogna condurre a termine perfettivo l’azione secondo la dottrina della giustizia, In Ps 14A, 2 § 2 [256A]. ‘Cammina irreprensibile’ colui che è perfetto nell’intenzione, In Ps 14A, 2 § [256A]. Non una sola azione porta a perfezione lo zelante, In Ps 14A, 2 § 3 [256A] Nel versetto Colui che cammina irreprensibile ed opera la giustizia si indicano sia colui che è perfetto nell’intimo sia colui che bene procede nella pratica, In Ps 14A, 2 § 3 [256B]. La verità, la collaboratrice della salvezza che è presente nel cuore del perfetto, va trasmessa senza inganno al prossimo, In Ps 14A, 2-3 § 3 [256BC]. Nel versetto Colui che presta giuramento al suo prossimo, e senza violarlo la fedeltà al giuramento è ammessa fra le azioni buone convenienti per l’uomo giunto a perfezione, In Ps 14A, 4 § 5 [260B]. Il non prestare denaro ad interesse tratto caratteristico dell’uomo perfetto, destinato a raggiungere una vita stabile, In Ps 14B, 5 § 1 [265AB]. È possibile chiamare ‘tuono’ la consegna effettuata dopo il battesimo tramite la grande voce del Vangelo nelle anime di coloro che hanno già compiuto l’iniziazione, In Ps 28, 3 § 4 [292AB]. Quando vediamo un uomo di Dio perfetto e preparato dobbiamo cercare il vantaggio che deriva dalla familiarità con lui, In Ps 28, 9 § 7 [300C]. La cerva (immagine del giusto) è giunta ormai a perfezione dopo la preparazione avvenuta da parte del Signore, In Ps 28, 9 § 7 [300D]. Gli Angeli non sono creati inesperti e poi perfezionati attraverso l’esercizio a poco a poco, In Ps 32, 6 § 4 [333C]. Il timore del Signore è inizio della

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scienza (Pr 1, 7); perciò coloro che hanno in mente le cose terrene (Fil 3, 19) devono essere educati attraverso il timore, che introduce alla pietà religiosa; poi l’amore/agape li porta a perfezione, In Ps 32, 8 § 6 [337B]. Se il disegno di Dio deve rimanere nelle nostre anime duraturo e fermo, devono prima essere dispersi i pensieri umani; come colui che vuole scrivere sulla cera, prima la liscia e poi vi imprime i caratteri, così occorre che il cuore che deve ricevere chiaramente i precetti divini si mostri puro dei pensieri contrari, In Ps 32, 11 § 7 [341AB]. Occorre essere distaccati dalle cose del mondo e non introdurre nell’anima pensieri estranei né mediante gli occhi né mediante le orecchie né mediante alcuna altra sensazione. Per dedicarsi alla contemplazione della verità si deve essere in una quiete totale dai tumulti esteriori e dalle passioni, In Ps 33, 4 § 3 [357BC]. Colui che teme è ancora nel rango di servo, mentre chi è stato reso perfetto dall’amore/agape è giunto alla dignità di figlio, In Ps 33, 8 § 5 [364A]. Chi ha timore ‘perfetto’ e che tutto teme per la pietà, è egli stesso perfetto, non peccando in nulla e non essendo privo di nessuna delle cose belle che convengono alla natura umana, In Ps 33, 10 § 6 [365C]. L’esortazione a fuggire dal male non si addice al perfetto, ma a chi è introdotto da poco ai primi elementi; solo dopo che ci si è allontanati dalla consuetudine di una vita malvagia ci si può applicare all’operare il bene, In Ps 33, 15 § 10 [376AB]. Coloro che sono stati perfezionati nel martirio sono i più giusti di tutti, In Ps 33, 21 § 13 [384A]. Il salmo 44 fornisce l’insegnamento necessario per raggiungere il fine proposto, la perfezione, a coloro che hanno scelto di vivere secondo virtù e progrediscono in tale cammino, In Ps 44, 1 § 1 [388A]. Mutamento continuo di chi progredisce verso la virtù attraverso gli esercizi della pietà, In Ps 44, 1 § 2 [389BC]. Non è proprio del primo venuto giungere alla perfezione della carità/agape e riconoscere il vero Diletto, ma è proprio di colui che si è spogliato dell’‘uomo vecchio’ (Ef 4, 22) e si è rivestito del ‘nuovo’ (Col 3, 18, Ef 4, 22, 24). È proprio di chi è giunto alla perfezione riconoscere il vero Diletto ed essere chiamato non più servo, ma amico, come i discepoli giunti alla perfezione (Gv 15, 15), In Ps 44, 1 § 2 [392A-BC]. Amore/agape perfetto delle anime nobili e grandi e regali che, avendo conosciuto il Cristo, hanno onorato la sua divinità, In Ps 44, 9-10 § 9 [408B]. Veste spirituale dell’anima splendida al massimo grado quando alla teoria imparata si intreccia l’azione conseguente e si ha la vita secondo virtù compiuta nella parola e nell’azione, In Ps 44, 14 § 11 [412BC]. La conoscenza di Dio è possibile solo quando

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ci si è liberati dalle cose al di fuori di Dio, In Ps 45, 11 § 8 [428CD-429ABC]. Il fine a cui aspirano i cristiani è la beata maniera di vita nel secolo futuro, che ha il compimento nell’essere governati da Dio, In Ps 48, 1 § 1 [432AB]. Con il cuore si crede per la giustizia, con la bocca si professa la fede per la salvezza (Rm 10, 10) e l’attività di ambedue in queste cose conduce alla perfezione, In Ps 48, 4 § 2 [436A]. È impossibile divenire partecipi della grazia divina se non dopo aver allontanato le passioni derivanti dalla malvagità che prima occupavano le nostre anime, In Ps 61, 9 § 4 [477BC]. Non è proprio di chiunque dire ‘Ho amato’ ma di chi è già perfezionato e supera il timore della schiavitù (1Gv 4, 18) ed è giunto nello spirito della figliolanza divina (Rm 8, 15), In Ps 114, 1 § 1 [484C]. Il bel combattente può dire in modo simile a Paolo (2Tm 4, 7) di aver compiuto la lunga corsa nello stadio di questa vita, In Ps 114, 7 § 5 [492A]. La vita degli uomini è destinata a raggiungere il compimento attraverso molte morti, In Ps 114, 9 § 5 [493B]. Non è possibile per noi conseguire la perfezione riguardo la fede senza l’umiliazione della mente, In Ps 115, 1 § 2 [105C]. Chi è più alto delle passioni carnali e per la perfezione dell’intelletto è passato alla condizione degli angeli è separato dagli altri uomini, In Ps 115, 2 § 3 [108D]. Perfezione del martirio a cui si giunge considerando riposo di anima e di corpo, non dolori, i supplizi che si producono nei combattimenti per la pietà, In Ps 115, 4 § 4 [109C]. Non bisogna separarsi dalla parte dei salvati, rimanendo nella fede e perfetti nei comandamenti del Signore, In Ps 115, 10 § 5 [116A]. Il Cantico dei Cantici mostra il modo della perfezione delle anime (la concordia di sposa e sposo, cioè un’intimità dell’anima con il Dio Verbo), Princ Prov § 1 [388B]. Il comprendere la vera giustizia è proprio di una mente realmente grande e di un animo perfettissimo, Princ Prov § 9 [404C]. Bisogna che il perfetto sia prudente riguardo al bene, integro riguardo al male, Princ Prov § 11 [409B]. È giovinetto nell’anima colui che è fornito di tutte le parti della virtù per la perfezione, colui che ribolle nello spirito, colui che è pieno di desiderio nelle opere della pietà e fiorisce in ogni vigore di buone opere, Princ Prov § 13 [412D-413A]. Vecchio nell’anima colui che è perfetto nella prudenza, Princ Prov § 13 [413A]. Sia colui che desidera la saggezza sia colui che è già nel progresso delle meditazioni della saggezza sia chi è perfetto nella disposizione sono chiamati allo stesso modo sapienti, Princ Prov § 14 [416D]. Chi è già sapiente per il proprio impulso (ha in sé forte l’avversione verso il male ed ha acquisito il desiderio del bene) diventa più sapiente per la perfezione

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derivante dall’insegnamento, Princ Prov § 14 [417A]. Grande è l’utilità del precetto anche per i forti nelle azioni, così la stessa cosa e guarisce i malati e porta a perfezione i sani, Attende § 4 [205B]. Necessità della perseveranza nelle scelte morali. Chi è in vita non può ancora essere proclamato beato a causa dell’incertezza nell’esito finale; viene proclamato beato in modo sicuro colui che ha compiuto i doveri fino alla conclusione della vita. Mentre chi opera il bene ha approvazione nell’opera stessa, quelli che fuggono il male possono essere lodati solo se superano fino alla fine la prova del male, In Ps 1, 1-2 § 3 [217AB]. Non una sola azione porta a perfezione l’uomo buono, ma bisogna che per tutta la vita si estendano le azioni secondo virtù, In Ps 14A, 2 § 3 [256A]. Al contrario, non si deve perseverare nel male. Se si è fatto esperienza del male, bisogna fuggirlo subito come una ferita di animale velenoso. La prolungata permanenza nel male induce una tendenza che diventa difficile da rimuovere e l’abitudine si trasforma in natura, In Ps 1, 1 § 6 [224CD-225A]. Esiste una stretta corrispondenza fra disposizione interiore ed azione esteriore, anche nella preghiera. Necessità che la teoria sia accompagnata dalla prassi. Beato è in primo luogo ciò che è puro nella nostra mente, perché radice delle azioni compiute attraverso il corpo è la decisione del cuore. Al contrario l’impurità accesa nell’anima opera la corruzione mediante il corpo, perché ciò che rende immondo l’uomo è dentro (Mt 5, 18), In Ps 1, 1 § 4 [220B]. L’irreprensibile è colui che è compiuto nell’uomo nascosto (1Pt 3, 4) in ogni perfezione di virtù ed è dunque perfetto nell’intenzione, mentre chi opera la giustizia conduce a perfezione la sua facoltà di agire attraverso le opere del corpo. Bisogna non solo fare l’azione giusta, ma anche compierla secondo la disposizione giusta, In Ps 14A, 2 § 2 [253CD-256A]. Poiché ciò che viene detto deriva dalla pienezza del cuore (Mt 12, 34) e la parola scorre dalla disposizione interna come da una fonte, prima si cita la verità nel cuore e poi l’assenza di inganno nella parola generata attraverso la lingua, In Ps 14A, 2-3 § 3 [256B]. Non di ognuno è gradito il dono a Dio ma di chi lo porta con un cuore puro (1Tm 1, 5; 2Tm 2, 22), In Ps 28, 1 § 1 [281C]. Porta gloria ed onore al Signore chi ha una retta dottrina riguardo a Dio e alla sua azione provvidenziale e conduce una vita in armonia con tale ‘teoria’; di un uomo tale la luce risplende e viene glorificato il Padre che è

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nei cieli in parola e azione e attraverso ogni genere di opere, In Ps 28, 1 § 2 [285AB]. Molti stanno in un atteggiamento di preghiera ma non sono realmente nel recinto del Signore per la dispersione della loro mente e per il fatto che il loro pensiero è tratto fuori dalla sollecitudine per le vanità, In Ps 28, 2 § 3 [288B]. Sono ‘magnifici’ coloro che, oltre ad avere nobili nozioni riguardo a Dio, sono liberali nel portare ristoro alle necessità dei fratelli, In Ps 28, 3-4 § 4 [293A]. È nota a Dio la disposizione di chi entra nel Suo tempio; la preghiera di alcuni nasce da disposizione dell’animo, altri pronunciano le parole rituali a fior di labbra ma il loro cuore è lontano da Dio (Mt 15, 8), In Ps 28, 9 § 7 [301C]. ‘Salmo di cantico’ indica l’azione che consegue alla contemplazione, In Ps 29, 1 § 1 [305C]. Possono salmodiare a Dio solo coloro che emettono le salmodie con cuore puro, non basta proferire con la bocca i termini del salmo. Un albero malvagio non può fare frutti buoni (Mt 7, 18) e cuori malvagi non possono mandare fuori parole di vita, In Ps 29, 5 § 3 [312C]. Dio osserva anche i cuori, che Lui stesso ha plasmato, e scorge tutte le nostre azioni, conoscendo con quale disposizione e con quale proposito sono state compiute, In Ps 32, 13-14 § 8 [344C]. La propria disposizione misura della elargizione della misericordia di Dio (la pietà di Dio proporzionale alla speranza che abbiamo riposto in Lui), In Ps 32, 22 § 10 [349A]. Se una mente ricca nelle contemplazioni della verità abita nell’uomo mediante la ricchezza delle degne opere della virtù, necessariamente Dio gli fa stare accanto sorveglianti e custodi e gli costruisce attorno un muro con custodia di angeli, In Ps 33, 8 § 5 [364B]. La lingua è un’arma per l’ingiustizia se non fa risuonare le cose che vengono dal cuore, In Ps 33, 14 § 9 [373C]. L’anima nutrita di sacri insegnamenti emette una buona parola, come una eruttazione consona al cibo ingerito; infatti l’uomo buono dal buon tesoro del suo cuore trae il bene (Mt 12, 35), mentre il malvagio nutrito di cattive dottrine erutta dal cuore una parola malvagia (Mt 12, 35), In Ps 44, 2 § 3 [393BC]. Veste spirituale dell’anima splendida al massimo grado quando alla teoria imparata si intreccia l’azione conseguente e si ha la vita secondo virtù compiuta nella parola e nell’azione, In Ps 44, 14 § 11 [412BC]. Viene accusato in ogni necessità chi a parole chiama Dio rifugio, mentre nei fatti ricerca l’aiuto di cose inutili e vane, In Ps 45, 2 § 2 [417CD]. L’attività della bocca e la meditazione del cuore sono associate nel salmo (cfr. anche Rm 10, 10) perché, se il bene non è messo in serbo prima nel cuore (Lc 6, 45), non si può mettere fuori il tesoro attraverso la bocca (Lc 6, 45). Se viceversa i beni del cuore non

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sono resi pubblici con la parola, non producono utilità (cfr. Sir 20, 30), In Ps 48, 4 § 2 [436AB]. Salterio strumento musicale che riproduce i suoni in armonia con la melodia della voce. Il salterio ‘logico’ si apre quando le azioni sono prodotte in armonia con le parole, In Ps 48, 5 § 2 [436C]. Se uno crede in Cristo, ma non produce le azioni conseguenti alla fede, questi, per aver prestato ascolto a malvagi insegnamenti e per aver inteso male il volere della Scrittura, scava da sé nella pietra il monumento funebre, In Ps 48, 11-12 § 6 [448B]. Dio non chiede sacrifici somatici, ma la confessione che deriva da disposizione e cuore vero, In Ps 115, 8 § 5 [113B] Molti, andando a caccia della lode dei più, di fatto onorano l’ingiustizia e l’avidità come utile, mentre in apparenza e a parole ammirano l’equità e la giustizia, Princ Prov § 8 [401C] Comportamento verso il prossimo. Non si deve inquinare con l’inganno la parola del Vangelo nel riferire al nostro prossimo l’annuncio, In Ps 14A, 2-3 § 3 [256D]. Il Signore nella parabola del buon Samaritano ha insegnato a ritenere prossimo ogni uomo, In Ps 14A, 3 § 4 [257AB]. Il prossimo non deve essere danneggiato né in una cosa piccola né in una più grande (non danneggiarlo nella parola; non privarlo di ciò che gli spetta; non volere per lui il male; non provare invidia per i successi dei vicini), In Ps 14A, 3 § 4 [257B]. Non si deve oltraggiare il peccatore né rinfacciare ad alcuno la povertà o l’ignobiltà della stirpe o l’ignoranza o la malattia del corpo, difetti involontari, In Ps 14A, 3 § 4 [257BCD-260A]. È proprio di una mente nobile e che ha condotto al massimo grado la sua disposizione alla giustizia attribuire a ciascuno secondo il merito e quindi disprezzare coloro che fanno il male, anche se ricchi e potenti, e onorare chi teme il Signore, anche se di oscura origine, meschino, povero, malato nel corpo, In Ps 14A, 4 § 5 [260AB]. L’uomo è animale sociale ed è necessaria la generosità verso chi ha bisogno, anche se si devono valutare con attenzione le effettive necessità di chi chiede. Al vero bisognoso non si deve neppure negare un prestito, perché è come se Dio stesso pagasse il debito per lui, In Ps 14A, 5 § 6 [261CD-264ABC]. È il massimo della disumanità che l’uno che è bisognoso del necessario ricerchi un prestito per sollievo della vita, l’altro invece non si accontenti del capitale, ma si sforzi di trarre guadagni e ricchezze per sé dalle disgrazie del povero, In Ps 14B § 1 [265B]. Ciò che si dà al povero è dono, perché non si spera nella restituzione, ma anche prestito perché Dio ripaga per lui, In Ps 14B § 5 [277CD]. Chi non volge le spalle a chi vuole avere un prestito

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e non presta denaro ad interesse andrà con buona speranza dal Signore per ricevere lì gli interessi delle buone opere, In Ps 14B § 5 [280C]. Coloro che nel tempio di Dio si abbandonano a risate e loquacità costituiscono un impedimento anche per gli altri, perché sovrastano con il loro chiasso l’insegnamento dello Spirito, In Ps 28, 9 § 7 [301D-304AD]. Dobbiamo ripagare col corpo le iniquità compiute col corpo, ad esempio lodando se si è oltraggiato, restituendo se si è frodato, etc., In Ps 32, 2 § 2 [325CD328A]. Quello operato con la lingua è il più comune e multiforme peccato, soprattutto quando essa è usata per ingannare il prossimo, In Ps 33, 14 § 9 [373BCD]. La comune natura umana ed i comandamenti dei profeti impongono di fare del bene agli indigenti, Destruam § 1 [264A]. Ciò che si dà all’affamato torna indietro con l’aggiunta, Destruam § 3 [265C]. Al momento del giudizio, davanti al giudice comune, il ricco generoso sarà chiamato da tutto il popolo nutritore e benefattore, Destruam § 3 [265D]; vedi anche Destruam § 3 [268A], § 5 [272B] e § 8 [277B] per la ricompensa della generosità da parte di Dio nel momento del giudizio. Si commette ingiustizia tenendo solo per sé ciò che si è ricevuto da Dio per provvedere anche agli altri, Destruam § 7 [276BC-277A].

Provvidenza e prove del giusto La Provvidenza regola tutto l’universo, perfino le creature più piccole e dall’osservazione della creazione si può risalire alla contemplazione dell’Artefice. Di conseguenza i mali che colpiscono inevitabilmente i giusti per il loro stesso tipo di vita hanno valore di prove della loro virtù, come in un combattimento atletico, prove che possono essere vinte con l’aiuto di Dio e che non possono essere considerate una dimostrazione del fatto che nel mondo domina il caso. E’ empietà accogliere dubbi riguardo all’azione provvidenziale di Dio e pensare che l’universo proceda da sé e le vite siano distribuite a caso senza nessun ordine, per cui può capitare che i giusti siano poveri e disprezzati e i peccatori ricchi e glorificati, In Ps 1, 1 § 4 [220BC]. Mai deve essere messa in dubbio la provvidenza divina riguardo a tutti gli eventi, anche di fronte ad un padre invendicato per la rivolta del figlio come David e ad un figlio malvagio come Assalonne che procede con felici risultati; infatti niente di ciò che accade, accade senza giudizio e Dio è paziente, anche se forte, nella sua azione di giustizia, In Ps7, 12 § 7 [245AB]. Accresce la gloria

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di Dio chi può esporre le ragioni secondo cui tutte le cose sono state create e conservate (la provvidenza di Dio giunge infatti alle cose più piccole) e secondo cui saranno condotte al giudizio, In Ps 28, 1 § 2 [285A]. Coloro che hanno altamente meditato i discorsi riguardo alla Creazione e che sono potuti pervenire alla bontà della provvidenza di Dio sono i ‘magnifici’, in cui abita la voce del Signore, In Ps 28, 3-4 § 4 [293A]. Non le sofferenze inflitte ai santi come prove procurano soddisfazione ai nostri nemici invisibili, ma essi si rallegrano quando noi soccombiamo a causa della frequenza incessante dei mali (cfr. per contrapposizione il comportamento di Giobbe, Gb 1, 14-19 e 2, 7-8, e Paolo, Rm 8, 35), In Ps 29, 2 § 2 [309BC]. Si dice che Dio allontana il proprio volto quando nei momenti delle difficoltà abbandona esposti alle prove, perché sia conosciuta la forza di chi combatte, In Ps 29, 8 § 6 [320A]. Attraverso le cose visibili contempliamo l’invisibile, (Rm 1, 20) (vedi anche Princ Prov § 3 [389C-392A]), una contemplazione per cui non bastano gli occhi di carne ma è necessaria la potenza della mente: l’ordinamento presente nel cielo, gli assetti ordinati presenti sulla terra mostrano l’artefice e guidano alla fede. Tuttavia anche la pietra o le creature più piccole come una formica, una zanzara, un’ape mostrano la sapienza del demiurgo. Niente deve essere occasione di incredulità perché niente è accaduto per caso, senza ordine o determinazione; sono dunque da evitare espressioni tipiche di ignoranti come ‘cattiva sorte’ o ‘momento sfortunato’, visto che neppure un passero cadrà senza la volontà divina (Mt 10, 29) e neppure uno solo dei nostri capelli è stato dimenticato (Mt 10, 30), In Ps 32, 4 § 3 [329BCD].Se si indagano i motivi della prosperità dell’ingiusto e dell’angustia del giusto, degli eventi calamitosi come guerre, naufragi, terremoti etc. e delle differenti condizioni sociali, si deve arrivare a pensare che i giudizi di Dio sono ‘abisso’, In Ps 32, 7 § 5 [336CD]. Anche nell’oppressione di coloro che ci affliggono non siamo separati dall’amore di Dio in Cristo Gesù (Rm 8, 39) e dobbiamo accogliere con tutta la gioia i mali nel nome del Signore, aspettando il Suo aiuto, secondo la lezione paolina (Rm 5, 3 e 8, 37), In Ps 32, 20 § 10 [348BC]. David riportava a Dio l’inizio dei grandi eventi e di quelli più piccoli; escludeva negli accadimenti il caso fortuito e benediceva il Signore non solo nei giorni felici, ma anche nei momenti dolorosi; un insegnamento raccolto da Paolo, che non si scoraggiava di fronte alla serie ininterrotta dei mali ma invitava a rallegrarsi, pregare incessantemente e ringraziare in tutto (1 Ts 5, 16-18), sapendo che la tribolazione produce pazienza, la

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pazienza virtù provata e la virtù provata speranza (Rm 5, 3-4). Le tribolazioni sono come alimenti per gli atleti ed esercizi ginnici. Bisogna ringraziare Dio anche nelle tribolazioni (1Cor 4, 12-13) perché il Signore corregge chi ama (Eb 12, 6), In Ps 33, 2 § 1 [352CD-353A]. Magnifica il Signore chi sopporta le prove per la pietà con alto sentire ed animo esultante e sollevato ma anche chi con alto sentire e profondissime considerazioni osserva la grandezza e la bellezza della creazione per risalire a chi ha dato origine ad essa; per comprendere le grandezze di Dio non basta un solo intelletto e la meditazione di un solo uomo, per questo il profeta chiama i miti alla comunanza di questa azione, In Ps 33, 4 § 3 [357AB]. La tribolazione è tipica della vita del giusto (Mt 7, 14; 2Cor 4, 8; At 14, 22). Dio libera dalla tribolazione i suoi santi non lasciandoli senza prova, ma facendo loro grazia della pazienza, che produce virtù provata (Rm 5, 3-4); come non si può essere incoronati senza avversario, così non si può essere dichiarati idonei se non attraverso la tribolazione e con la prova ci è donata anche la via d’uscita, di poter sopportare (1Cor 10, 13), In Ps 33, 5-7 § 4 [360AB]. Viene ascoltato dal Signore il grido del vero ‘povero’, affinché sia liberato da tutte le tribolazioni, In Ps 33, 7 § 5 [364A]. Paolo ha sempre convissuto con le molestie del corpo (2Cor 11, 25-27, 1Cor 4, 11), eppure non gli veniva meno alcun bene, In Ps 33, 11 § 7 [368CD-369A]. Il Signore accolse il grido dei giusti e li liberò da tutte le loro tribolazioni non tanto liberandoli dalle sventure quanto rendendoli vittoriosi sugli eventi, In Ps 33, 18 § 12 [380A]. Paolo affermava: In tutto tribolati, ma non angustiati (2Cor 4, 8); anche il Signore invitava i propri discepoli, che sarebbero stati sottoposti nel mondo alle tribolazioni, al coraggio perché Lui aveva vinto il mondo (Gv 16, 33). Se i giusti sono soggetti a malattie o altre sventure o privazione delle cose necessarie, si deve ricordare che molte sono le tribolazioni dei giusti e da tutte queste il Signore li libererà (Sal 33, 20); chi dice che al giusto non si addice la tribolazione dice che l’antagonista non si armonizza con l’atleta ed un atleta che non combatte non avrà possibilità di corone, In Ps 33, 20 § 12 [381AB]. La Chiesa è chiamata a considerare la creazione e l’ordine presente in essa per salire alla contemplazione del Creatore, In Ps 44, 11 § 10 [409A]. Per il giusto (a differenza di come si comportano spesso gli uomini, che cercano aiuto in altri uomini) il vero aiuto nelle tribolazioni è solo Dio. La tribolazione visita ogni giusto per il suo genere di vita. Colui che scansa la via larga e spaziosa e percorre la via stretta e angusta (Mt 7, 13-14) è

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visitato dalle tribolazioni (cfr. anche At 14, 22 e Ps 33, 20). Le tribolazioni ci sorprendono come esseri animati e producono pazienza e, attraverso la pazienza, virtù provata e, attraverso la virtù provata, speranza (Rm, 5, 3-4). Chi ha sopportato con forza la prova dell’afflizione (Gc 1, 12) e senza lasciarsi turbare dirà che in tutte queste cose siamo più che vincitori grazie a Colui che ci ha amato (Rm 8, 37), considerando il gran numero di mali anche occasione di vanto (Rm 5, 3), In Ps 45, 2 § 2 [417BCD-420AB]. La fatica degli uomini giusti che hanno sudato in questo secolo in infinite lotte per la virtù (esempi di Giobbe, Gb 5, 7 e 3, 17, Lazzaro, Lc 16, 20, e Paolo, 1Cor 15, 10 e 2Cor 11, 23) permetterà loro di vivere fino alla fine, In Ps 48, 10 § 5 [441CD-444A]. Di fronte allo spettacolo di un ingiusto che si arricchisce mentre un giusto è povero, non bisogna temere come se non ci fosse una provvidenza di Dio che osserva le vicende umane o come se essa non giungesse a vedere anche le nostre cose terrene. Molti fra le ‘genti’ e i ‘nati da terra’ hanno queste opinioni, espressione di ignoranza, secondo le quali, se ci fosse una provvidenza, distribuirebbe a ciascuno ciò che conviene e i giusti si arricchirebbero mentre i malvagi sarebbero poveri, In Ps 48, 17 § 10 [453C-456A]. L’uomo impastato di polvere che crede che siano beni solo i vantaggi di questa vita, ringrazia Dio solo nel benessere, ma non resta lo stesso nelle circostanze più spiacevoli. Questa era l’accusa rivolta dall’avversario a Giobbe (Gb 1, 9), che fu perciò denudato da Dio di quanto aveva perché fosse mostrata la virtù dell’uomo e la sua riconoscenza verso Dio, In Ps 48, 19 § 10 [456CD-457A]. Dall’eccesso di tribolazione (2Cor 1, 8) il Signore fa grazia dell’aiuto (2Tm 4, 17) a quelli che lo cercano; Paolo riteneva un suo vanto le tribolazioni (Rm 5, 3) e poteva dire: quando sono debole, è allora che sono forte (2Cor 12, 10). La tribolazione produce pazienza, la pazienza virtù provata, la virtù provata speranza, e la speranza non delude (Rm 5, 3-5). Nelle tribolazioni non bisogna rifugiarci in umane speranze, ma rivolgere le preghiere in lacrime e lamenti ed orazione perseverante e veglia attiva. Se si è ammalati, bisogna farsi animo perché il Signore corregge chi ama (Eb 12, 6). Se si è poveri, bisogna rallegrarsi perché toccheranno i beni di Lazzaro; se si è disprezzati per il nome del Cristo, il disonore sarà mutato in gloria di angelo, In Ps 59, 13 § 5 [468C-469A]. Solo se si è accettato l’infimo e ultimo posto (Lc 14, 9-10) davanti a tutti si può dominare lo sdegno di fronte ad insulti ed oltraggi e superare le prove mediante la costanza se afflitti, In Ps 61, 1 § 1 [469C]. Bisogna che l’anima si sottometta a Dio, da Lui viene la pazienza

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e non lascerà che siamo tentati al di là di quello che possiamo sopportare (1Cor, 10, 13), In Ps 61, 6 § 3 [476B]. Chi è già perfezionato può dire di aver accettato i patimenti per Dio con gioia (1Ts 1, 6); patimenti come doglie della morte, pericoli dell’Ade, tribolazione e dolore, che sono sembrati amabili per l’amore verso Dio e per la speranza riservata a coloro che accettano per scelta deliberata le sofferenze per la pietà e le fatiche (cfr. anche Rm 8, 35), sapendo che il Signore è uno spettatore elargitore di premi, In Ps 114, 1 § 1 [484CD-485AB]. Il santo invoca Dio anche in mezzo alla grandezza delle calamità e, come un nobile atleta, si sottopone volontariamente a prove anche più grandi chiedendo l’aiuto di Dio e dimostrandosi più che vincitore grazie a Colui che ci ha amato (Rm 8, 37). ‘Vince’ chi non cede alle avversità che gli si presentano di necessità; ‘è più che vincitore’ chi si attira dolori di propria scelta a dimostrazione della sua pazienza, In Ps 114, 3 § 2 [488ABC]. La natura umana non sussisterebbe se non fossero custoditi dal Signore i bambini piccoli nel grembo della madre e subito dopo il parto, In Ps 114, 6 § 4 [489C]. Per questo, dice, Prenderò il calice di salvezza (Sal 115, 4a), Chi giunge alla perfezione del martirio considera i supplizi che si producono nei combattimenti per la pietà come riposo di anima e corpo, non come dolori, In Ps 115, 4 § 4 [109C]. Si dice nei Proverbi riguardo alla sapienza che appare al mondo che Il Signore mi creò come inizio delle sue vie (Pr 8, 22), sapienza che quasi ha emesso la voce dicendo attraverso ciò che viene visto che è nata da Dio e non accidentalmente risplende tra le cose compiute, Princ Prov § 3 [392A]. Nel tempo delle avversità o della malattia del corpo o di difficoltà in casa non si deve concepire un cattivo pensiero riguardo a Dio, ma accogliere con pazienza i colpi, in quanto si viene corretti in ciò in cui si è peccato, Princ Prov § 5 [397A]. Le prove sono di duplice genere: alcune servono a saggiare i cuori mostrando il carattere provato di essi come nel caso di Giobbe; altre volte si può essere messi alla prova da una condizione di prosperità, come il ricco della parabola lucana, Destruam § 1 [261ABC]. E’ ateismo credere che i beni che si possiedono vengano dal caso; così non si deve pensare che Dio sia ingiusto se distribuisce in modo disuguale i beni della vita. In ogni caso questo serve al ricco per ricevere ricompensa di benevolenza e fidata amministrazione ed al povero per essere onorato con i grandi premi della sopportazione, Destruam § 7 [276C]. Se si presta attenzione a se stessi, si vedrà in se stessi, come in un microcosmo, la grande sapienza di Colui che ci ha creati, senza aver bisogno di ricercare le tracce

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del Demiurgo nell’organizzazione del tutto, Attende § 7 [213D-216A]. Dalla contemplazione dell’anima si può risalire all’Artefice, Attende § 7 [216AB]. Dalla contemplazione del corpo umano, osservato in tutte le sue peculiarità, si può risalire all’Artefice, Attende § 8 [216CD-217AB].

Salmo-salterio-strumenti musicali Salmo, caratteristiche e funzioni. Buoni insegnamenti e verità teologiche nel libro dei salmi. Il libro dei salmi è una comune riserva di buoni insegnamenti, in quanto, a differenza degli altri libri che hanno un’utilità specifica, ha assunto l’utile da tutti e profetizza le cose venienti, rievoca storie, stabilisce leggi per la vita, presenta le cose da farsi, In Ps 1 § 1 [212A]. Funzione morale del libro dei salmi, da cui si possono imparare fortezza, giustizia, saggezza, prudenza, un modo di conversione, un giusto limite della sopportazione, In Ps 1 § 2 [213AB]. Il salmo 44, che ha come titolo ‘per il fine, per coloro che muteranno, ai figli di Core’ conduce a perfezione la natura umana ed è utile per il fine proposto per coloro che progrediscono nella scelta di vivere secondo virtù, In Ps 44, 1 § 1 [388A]. Il salmo 45, che ha come titolo ‘per il fine, per i figli di Core’, contiene consigli dati dallo Spirito, che conducono al fine buono coloro che obbediscono, In Ps 45, 1 § 1 [465A]. I salmi che hanno il titolo ‘per il fine/per la fine’ forniscono utili apporti per il fine dei cristiani, la beata maniera di vita nel secolo futuro, In Ps 48, 1 § 1 [432AB]. L’espressione ‘per coloro che muteranno’ nel titolo del salmo 59 si riferisce a tutto il genere degli uomini a cui si estende l’utilità derivante dal salmo, In Ps 59, 1 § 2 [464A]. Nel libro dei salmi è presente, come in una grande e comune riserva, perfetta teologia (annuncio della venuta di Cristo mediante la carne, minaccia di giudizio, speranza di resurrezione, timore di condanna, annunci di gloria, rivelazione di misteri), In Ps 1 § 2 [213B]. Melodia, passioni ed insegnamento morale. Il libro dei salmi fornisce la cura adatta per ciascuno (sana le antiche ferite delle anime, procura veloce risanamento delle ferite recenti, cura quanto è malato e conserva la parte intatta); estirpa le passioni e acquieta la parte tumultuosa ed agitata dei pensieri, anche grazie alla melodia. Quest’ultima ha inoltre la funzione di trasmettere più piacevolmente l’insegnamento utile, visto che il genere umano è difficile da guidare verso la virtù e si allontana dalla giusta vita per l’inclinazione al piacere, come i medici saggi cospargono col miele la

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coppa contenente farmaci amari, In Ps 1 § 1-2 [212ABC]. Del resto ciò che entra con la dolcezza e grazia del canto si insedia in modo più stabile nelle anime, In Ps 1 § 2 [213A]. Il salmo 61 è stato donato ad Iditun per il raddrizzamento delle passioni nell’anima; quanti ascoltavano l’armonia raddrizzavano i costumi, In Ps 61, 1 § 1 [469B]. I salmi 61 e 38 trattano della pazienza mediante la quale viene calmato lo sdegno dell’anima e, eliminata ogni arroganza, viene raggiunta l’umiltà, In Ps 61, 1 § 1 [469C]. Un libro adatto per tutti e per tutti i luoghi e tempi. Il libro dei salmi fornisce ciò che è adatto per ciascuno (sana le antiche ferite delle anime, procura veloce risanamento delle ferite recenti, cura quanto è malato e conserva la parte intatta), In Ps 1 § 1 [212A]; ha pertanto una destinazione universale, in quanto è valido aiuto per persone di tutte le età, dalla fanciullezza alla vecchiaia, e di entrambi i sessi ed anche per tutti i gradini di avanzamento nel cammino verso la perfezione, In Ps 1 § 1 [212D-213A]. È scudo per i terrori notturni ed al tempo stesso sollievo di fatiche giornaliere, In Ps 1 § 2 [212D]. Il salmo è voce di Chiesa, ha una dimensione comunitaria, In Ps 1 § 2 [213A]. La salmodia è destinata al contesto liturgico (rallegra le feste, In Ps 1 § 2 [213A]; le parole divine (del salmo) sono anche dei cristiani e lette alla Chiesa di Dio, in ogni adunanza, quasi come un nutrimento delle anime fornito dallo Spirito, In Ps 59, 1 § 2 [464C] (per la Chiesa come destinataria vedi anche In Ps 59 § 1 [460B], In Ps 114 § 1 [484ABC], In Ps 115, 1-2 § 1 [104C]) ma le parole dei salmi risuonano anche a casa e girano nelle piazze, In Ps 1 § 1 [212C]. Il salmo abita i deserti, modera la piazze, In Ps 1 § 2 [212D-213A]. Coralità e agape. La dimensione corale del canto crea legami di armonia ed amore e consente di superare le inimicizie, In Ps 1 § 2 [212CD], In Ps 32, 3 § 3 [329A]. I ‘figli di Core’ a cui è dedicato il salmo 45 non sono divisi dallo Spirito Santo, poiché nessuno profetizzava niente oltre gli altri, ma, forniti di uguale dono profetico e di uguale disposizione verso il bene, proferivano i discorsi profetici come con una sola anima ed una sola voce, in sinfonia gli uni con gli altri, In Ps 45, 1 § 1 [416B]. Il salterio, caratteristiche e varie interpretazioni tropiche dello strumento. Altri strumenti Salterio e mente/anima. Il salterio, a differenza della cetra e della lira in cui il bronzo risponde al plettro dal basso, ha dall’alto gli stimoli dei ritmi armonici, affinché anche noi ci preoccupiamo di cercare le cose che stanno in alto (Col 3, 1) e non ci lasciamo trasportare dal piacere della melodia

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3. Indice tematico

verso le passioni della carne, In Ps 1 § 2 [213B]. Si può intendere come ‘salterio’ la mente che ricerca le cose che stanno in alto (Col 3, 1), per il fatto che la struttura di questo strumento trae la capacità di risuonare da ciò che è in alto, In Ps 32, 2 § 2 [328A]. Prima bisogna confessare sulla cetra al Signore, cioè compiere azioni attraverso il corpo in armonia con la parola divina; poiché infatti abbiamo peccato col corpo, col corpo dobbiamo anche confessare, servendoci dello stesso strumento per la liberazione dal peccato. Dopo tale confessione siamo degni di salmodiare a Dio sul salterio dalle dieci corde ascendendo così alla contemplazione delle realtà spirituali. Le opere compiute attraverso il corpo (‘cetra’) confessano Dio come dal basso, invece i misteri annunciati attraverso la mente (‘salterio’, che trae la capacità di risuonare da ciò che è in alto) traggono le mosse dall’alto, come se la mente risuonasse all’interno attraverso lo Spirito, In Ps 32, 2 § 2 [325CD-328A]. Non è proprio di chiunque volgere lo sguardo ai misteri divini, ma è proprio solo di colui che può diventare strumento armonioso dell’annuncio, cosicché, invece del salterio, sia mossa l’anima di lui dallo Spirito che agisce in essa, In Ps 45, 1 § 1 [416BC]. Salterio e corpo. ‘Salterio’ come strumento accordato musicalmente per inni a Dio è in modo tropico la struttura del corpo; ‘salmo’ sono allora le azioni compiute mediante il corpo a gloria di Dio, quando nei movimenti non compiamo nulla di discordante dal logos bene accordato, visto che ‘salmo’ è letteralmente un discorso musicale che si produce quando lo strumento è suonato secondo i logoi (ritmi) armonici. ‘Cantico’ è invece una voce regolata emessa armoniosamente, indipendentemente dalla consonanza dello strumento e può indicare quanto partecipa di sublime contemplazione e teologia. Il titolo ‘salmo di cantico’ allude dunque all’azione conseguente alla contemplazione, In Ps 29, 1 § 1 [305BC]. Il canto differisce dal salmo perché è trasmesso con la nuda voce, senza lo strumento, In Ps 44, 1 § 2 [392A]. Il salterio e l’armonia fra azione ed insegnamento. Il salterio è uno strumento musicale che riproduce i suoni in armonia con la voce. Il salterio razionale si apre quando le azioni sono prodotte in armonia con le parole ed è un salterio spirituale colui che ha agito ed insegnato. Il versetto 48, 5 (Aprirò nel salterio il mio tema) rimanda al fatto che il Profeta sa che non c’è niente di discordante né di stonato nella sua vita e che può sostenere gli insegnamenti col suo stesso esempio, In Ps 48, 5 § 2 [436C].

Spiritualità e mistica

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Le dieci corde del salterio. Le dieci corde del salterio alludono ai dieci comandamenti; chi li osserva tutti e produce come un concento ed un’armonia di essi, questi salmodia a Dio sul salterio dalle dieci corde, In Ps 32, 2 § 2 [328AB]. Altri strumenti. Per la cetra vedi sopra, In Ps 1 § 2 [213B] e In Ps 32, 2 § 2 [325CD-328A]. Ogni santo profeta può essere definito tropicamente ‘flauto’, a causa del movimento suscitato dal Santo Spirito, visto che il flauto è uno strumento musicale che produce la melodia in sinergia con lo spirito, In Ps 29, 12 § 7 [321B].

Spiritualità e mistica La presenza divina nell’anima. L’anima del giusto, separata dal legame simpatetico con il corpo, ha la vita nascosta con Cristo in Dio (Col 3, 3); è perciò possibile dire con l’Apostolo: Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me, (Gal 2, 20), In Ps 7, 6 § 3 [233D-236A]. C’è come una cavità nelle anime nelle quali cade il bene, In Ps 7, 16 § 8 [249B]. Se il nostro Signore è verità (Gv 14, 6), dobbiamo tenere ciascuno questa verità impressa e come sigillata nel nostro cuore, In Ps 14A, 2 § 3 [256CD]. I santi accolgono l’acqua che zampilla per la vita eterna (cfr. Gv 4, 14), In Ps 28, 3 § 4 [292C]. E’ presente la voce del Signore nell’anima che non è schiava del pensiero della carne (Rm 8, 5-7) ed accoglie grandezza ed onore che le spettano dalla percezione di ciò che è presente in essa che viene da Dio, In Ps 28, 3-4 § 4 [293A]. ‘Cedri di Dio’ coloro che, fino a quel momento sterili, entrati sotto il riparo di Cristo e come rivestiti di Lui (cfr. Gal 3, 27), con la Grazia da Lui proveniente ricoprono la sterilità della propria vita, In Ps 28, 5 § 5 [296A]. Riempito dalle acque dello Spirito, quello che prima era deserto diventa terra irrigata (cfr. Sal 106, 35), In Ps 28, 8 § 6 [297CD]. L’anima lavata dai peccati e purificata del vecchio uomo (Rm 6, 6) attraverso la grazia del battesimo diventa pronta per il futuro a divenire abitazione di Dio nello Spirito (Ef 2, 22), In Ps 28, 10 § 8 [304BC]. Mente (nous) rinnovata dallo Spirito Santo in ognuno di quelli che completano il corpo della Chiesa del Cristo, In Ps 29, 1 § 1 [308A]. Affinché sopraggiungano nell’anima bellezza e potenza capace di portare a compimento le cose dovute, abbiamo bisogno della grazia di Dio, In Ps 29, 8 § 5 [317A]. Gloria la grazia data dal Signore, In Ps 29, 12 § 7 [321CD]. Gloria di giusto lo spirito che è in lui, In Ps 29, 13 §

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3. Indice tematico

7 [321D]. Se nel cuore talvolta è scesa una luce che illumina l’anima, così da amare Dio e disprezzare tutto ciò che è materiale, da questa esperienza occasionale e momentanea è possibile riconoscere l’intera condizione dei giusti, che godono sempre con la stessa intensità e senza interruzioni della letizia derivante da Dio. Nel giusto è perenne la letizia divina e celeste, perché una volta per tutte abita in lui lo Spirito. Il giusto è un luogo per il Signore, perché Lo accoglie in se stesso, In Ps 32, 1 § 1 [324CD]. Il pensiero su Dio, una volta impresso e come sigillato nell’egemonico dell’anima, può essere chiamato ‘lode di Dio’, che inabita completamente l’anima, In Ps 33, 2 § 1 [353BC]. La nostra vita è nascosta con Cristo in Dio (Col 3, 3), perciò la vita reale è il Cristo e la nostra vita condotta in Lui è vera, In Ps 33, 13 § 9 [372C]. ‘Il fiume di Dio’ è lo Spirito Santo che è presente in coloro che sono degni (cfr.Gv 4, 14), In Ps 45, 5 § 4 [421C]. La nostra dimora interiore va tenuta occupata introducendo prima in noi stessi il Cristo attraverso lo Spirito, In Ps 45, 11 § 8 [429B]. Coloro che possono dire con Paolo (1 Cor 2, 16) abbiamo il pensiero di Cristo hanno le caratteristiche distintive dell’uomo, la conoscenza di Dio Padre, l’accettazione del Logos e l’illuminazione dello Spirito Santo, In Ps 48, 11 § 6 [445B]. Colui che è diventato intimo a Dio attraverso la virtù è figlio dell’Altissimo e non muore come un uomo, ma ha in se stesso il Dio vivente, In Ps 115, 2 § 3 [109A]. L’evangelista Giovanni ha introdotto attraverso l’insegnamento il Logos Cristo nel cuore dell’uomo come in una casa, Princ Joannis § 4 [481A]. Intimità (oikeiōsis) col Signore e gioia della contemplazione. Mediante la santificazione viene a noi intimità con il Santo, In Ps 28, 1 § 1 [281C]. Non di tutti il Dio è Dio, ma di coloro che gli sono divenuti intimi attraverso l’amore/agape (con citazione dell’apostolo Tommaso, Il Signor mio e il Dio mio, Gv 20, 28), In Ps 29, 3 § 3 [309CD]. Chi ha fissato il fulgore della bellezza divina partecipa di essa, In Ps 29, 8 § 5 [317B]. Stando nel Signore ed osservando i suoi prodigi, procuriamo con la contemplazione letizia ai nostri cuori, In Ps 32, 1 § 1 [324D-325A]. Bisogna essere in una quiete totale dai tumulti esteriori e, realizzata la tranquillità nella nascosta sede decisionale del cuore, dedicarsi alla contemplazione della verità, In Ps 33, 4 § 3 [357B]. Avvicinandosi a Dio, resi splendenti dalla verità per effetto della vicinanza, per grazia si accoglie in se stessi la sua luce, In Ps 33, 6 § 4 [360B]. Necessità dell’esperienza personale per comprendere la bontà del Signore ed essere chiamati ad una inappagata brama, In Ps 33, 9 § 6 [364D-365A]. Si entra in intimità con il Logos attraverso il battesimo

Spiritualità e mistica

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di adozione, In Ps 33, 12 § 8 [372B]. Il Profeta chiama la Chiesa all’ascolto ed alla custodia di ciò che è ordinato e la rende intima attraverso il nome, chiamandola ‘figlia’, come se (Cristo) la generasse attraverso l’agape, In Ps 44, 11 § 10 [409A]. Intimità col bene dei santi, In Ps 44, 17 § 12 [413C]. Pochi quelli che sono attaccati interamente a Dio ed aspirano a Lui e ripongono in Lui ogni speranza e confidenza, In Ps 45, 2 § 2 [417C]. Il Sole della giustizia produce il mattino nell’anima, generando il giorno in colui che l’ha accolto, In Ps 45, 6 § 5 [424C]. Intimità con Dio attraverso le opere, In Ps 45, 9-10 § 7 [428A]. Chi ascolta la chiamata ed è unito saldamente al Signore (quasi ‘incollato’) vedrà Colui che ha pacificato tutte le cose attraverso la Croce, sia quelle sulla terra, sia quelle nei cieli (Col 1, 20), In Ps 45, 9-10 § 7 [428AB]. Se l’anima non è ottenebrata da alcuna passione, riflette pura la luce di Dio, In Ps 45, 11 § 8 [429C]. Redenzione attraverso il battesimo e l’intimità con Dio, In Ps 59, 10 § 4 [468A]. Chi è servo del gran Re è stato chiamato da Lui alla più alta intimità, In Ps 61, 8 § 4 [477A]. E’ figlio dell’Altissimo colui che è divenuto intimo a Dio attraverso la virtù, In Ps 115, 2 § 3 [109A]. Il Cantico dei Cantici mostra il modo della perfezione delle anime. Contiene infatti la concordia di sposa e sposo; cioè un’intimità dell’anima con il Dio Logos, Princ Prov § 1 [388B]. L’anima che ha virtù ed è piena di buone opere diventa intima a Dio, Destruam § 6 [273A]. Il Logos di Dio non va cercato fuori, ma nel segreto della nostra anima; qui si rimarrà sbigottiti e si adorerà il Sovrano stabilito in noi attraverso l’insegnamento (con riferimento al primo versetto del prologo giovanneo), Princ Joannis § 4 [481AB]. Rapporto nuziale fra Cristo e l’anima. Si deve aver premura della bellezza dell’anima affinché il Logos Sposo ci accolga con le parole del Cantico: Tutta bella, mia vicina, e macchia non c’è in te (Ct 4, 7), In Ps 29, 8 § 5 [317C]. Dopo il pianto del pentimento, viene lacerata la veste del lutto e all’anima vengono fatti indossare abiti luminosi e nuziali, ornata delle quali non sarà allontanata dal talamo nuziale, In Ps 29, 11 § 7 [321C]. La figura del giusto, che tutto fa a gloria di Dio, come la sposa del Cantico dei Cantici: Io dormo, ma il mio cuore veglia (Ct 5, 2), In Ps 33, 2 § 1 [353C]. Chi ha la fermezza e l’immutabilità dell’amicizia con Cristo è degno dell’amicizia di Lui ed è amico dello Sposo (Gv 3, 29), In Ps 44, 1 § 2 [392C]. Il Profeta, ferito nell’anima dalla bellezza del Signore, è stato spinto verso il divino eros dello splendore intellegibile, apparso il quale all’anima umana le cose amate fino a quel momento appaiono turpi

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3. Indice tematico

e spregevoli, In Ps 44, 3 § 4 [396C]. Le frecce aguzze del Potente (i discorsi che vanno a segno) colpiscono le anime che hanno accolto la fede e che dicono di ardere dell’amore per Dio al sommo grado, come la sposa del Cantico (Io sono ferita d’amore, Ct 2, 5). Coloro che sono legati alla bellezza ineffabile del Logos attraverso l’amore e che amano l’eros celeste e beato, si dimenticano di tutti gli affetti ed i beni terreni e delle necessità materiali e si consumano solo nell’eros divino e puro, In Ps 44, 6 § 6 [401BCD-404A]. L’anima non dominata dal peccato, congiunta al Logos nuziale, sta come un regina alla destra del Salvatore, In Ps 44, 10 § 9 [408C]. Il Cantico dei Cantici mostra il modo della perfezione delle anime. Contiene infatti la concordia di sposa e sposo; cioè un’intimità dell’anima con il Dio Logos, Princ Prov § 1 [388B]. La prudenza ci insegna ad aspettare nella purezza del cuore l’avvento dello sposo (richiamo della parabola delle vergini prudenti e stolte, Mt 25, 9-13), Princ Prov § 6 [400BC]. Rapporto nuziale fra Cristo e la Chiesa. Chiesa come unica e perfetta colomba del Cristo (con riferimento a Ct 6, 9), che alla destra di Lui separa i buoni dai malvagi, In Ps 44, 10 § 9 [408C]. La Chiesa, lasciate le macchie dei cattivi insegnamenti, apparirà desiderabile allo Sposo e Re, In Ps 44, 11 § 10 [409B]. Chiesa sposa di Cristo, In Ps 44, 14-15 § 11 [412A], In Ps 44, 17 § 12 [413B].

Spirito Santo Lo Spirito e la Trinità. Dossologia: insieme al Signore nostro Gesù Cristo la gloria e la potenza al Padre e allo Spirito Santo nei secoli dei secoli, In Ps 14A, 5 § 6 [264C]. Porta gloria ed onore al Signore chi parla di Dio nell’ordine dovuto, così da non allontanarsi dalla retta nozione riguardo al Padre, alla divinità dell’Unigenito ed alla gloria dello Spirito Santo, In Ps 28, 1 § 2 [284C-285A]. Battesimo nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo (con richiamo di Mt 28, 19), In Ps 28, 3 § 3 [289D]. Retto il Padre, retto il Figlio, retto lo Spirito Santo, In Ps 32, 4 § 3 [329A]. Condanna di coloro che disprezzano lo Spirito, lo separano dalla potenza creatrice e lo dividono dall’unione (synapheia) col Padre e con il Figlio. Lo Spirito viene da Dio, procede dal Padre, dalla Sua bocca e non deve essere quindi giudicato come una delle creature ma deve essere glorificato in quanto ha la sussistenza (hypostasis) da Dio, In Ps 32, 6 § 4 [333AB]. Lo Spirito ha cooperato con il Logos alla creazione dei cieli e delle potenze in essi

Spirito Santo

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presenti, conferendo a queste ultime la forza, la fermezza e la costanza nella santificazione. Niente viene santificato, se non per la presenza dello Spirito. Lo Spirito Santo conferiva la santificazione agli Angeli, In Ps 32, 6 § 4 [333BC]. La carne di Cristo fu unta col vero crisma, con la venuta in essa dello Spirito Santo. Agli altri uomini veniva data una comunione parziale con lo Spirito, mentre lo Spirito Santo, sceso sul Figlio di Dio, rimase su di Lui (Gv 1, 32), In Ps 44, 8 § 8 [405A]. Lo Spirito Santo è chiamato ‘olio di esultanza’ perché uno dei frutti coltivati dallo Spirito è la gioia (Gal 5, 22), In Ps 44, 8 § 8 [405A]. La carne teofora di Cristo santificata attraverso l’unione con Dio, In Ps 45, 5, § 4, [424B]. Caratteristiche distintive dell’uomo sono la conoscenza di Dio Padre, l’accettazione del Logos e l’illuminazione che sgorga dallo Spirito Santo, In Ps 48, 11 § 6 [445B]. Malvagia la blasfemia di coloro che dicono uno il substrato, Padre, Figlio e Spirito Santo, e che sono attribuiti ad una sola realtà nomi diversi, Princ Joannis § 4 [480C]. Ispirazione dello Spirito, in particolare della Sacra Scrittura. La Sacra Scrittura conscritta dallo Spirito, In Ps 1 § 1 [209A]. Salmo profumo dello Spirito, In Ps 1 § 1 [213A]. Nel salterio risuona dall’alto la grazia veniente dallo Spirito, In Ps 1 § 2 [213B]. Ogni santo profeta viene detto tropicamente ‘flauto’ a causa del movimento suscitato dal Santo Spirito, In Ps 29, 12 § 7 [321B]. I misteri annunciati attraverso la mente traggono le mosse dall’alto, come se essa risuonasse all’interno attraverso lo Spirito, In Ps 32, 2 § 2 [328A]. Il Profeta ha contenuto la forza dello Spirito Santo che è venuta in lui, In Ps 44, 2 § 3 [393B]. La lingua del giusto, mossa dallo Spirito Santo, scrive le parole della vita eterna nei cuori dei credenti; intinta non nell’inchiostro, ma nello Spirito del Dio vivente (2Cor 3, 3). Lo Spirito Santo è lo scrivano, sapiente e capace di istruire tutti; scrive veloce perché veloce e il movimento del pensiero e scrive in noi i pensieri, sulle tavole di carne del cuore (2Cor 3, 3). Scrive più o meno cose a seconda dell’ampiezza del cuore e scrive cose chiare o più oscure secondo la preparazione della purezza, In Ps 44, 2 § 3 [396AB]. Il discorso profetico per l’attenzione dello Spirito che gli sta svelando le cose nascoste è giunto alla Passione, In Ps 44, 9-10 § 9 [405C]. Lo Spirito Santo nel discorso salmico espone le caratteristiche della Chiesa sposa di Cristo, In Ps 44, 14 § 11 [412A]. Consigli dati dallo Spirito nel salmo 45, In Ps 45, 1 § 1 [416A]. Lo Spirito Santo non divide ‘i figli di Core’ perché proferivano i discorsi profetici con una sola anima ed una sola voce e non profetizzavano gli uni contro gli altri ma era stato dato loro l’uguale dono profetico, In Ps 45, 1 § 1 [416AB]. Può volgere lo

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sguardo ai misteri divini solo colui che può diventare strumento armonioso dell’annuncio, cosicché, invece del salterio, sia mossa l’anima di lui dallo Spirito che agisce in essa, In Ps 45, 1 § 1 [416BC]. A ragione lo Spirito Santo nei canti epinici preannuncia ciò che è in serbo, In Ps 48, 1 § 1 [432C]. Il Profeta annuncia le cose che impara da parte dello Spirito, non dicendo niente di suo; in quanto uditore dei temi dello Spirito, che in mistero dà agli uomini la sapienza di Dio, apre e rende manifesto il tema all’uditorio, In Ps 48, 5 § 2 [436BC]. Salterio pneumatico colui che ha agito ed insegnato, In Ps 48, 5 § 2 [436C]. Parole divine del salmo come nutrimento delle anime fornito dallo Spirito, In Ps 59, 1 § 2 [464C]. Parole dello Spirito quelle del proemio dei Proverbi, Princ Prov § 1 [385D]. Lo Spirito ha stabilito che il verbo della verità fosse breve perché mostrasse molte cose con poche parole e potesse essere trattenuto dalla memoria, Attende § 1 [200A]. È empio dire che sono impossibili i precetti dello Spirito (con riferimento a Dt 15, 9), Attende § 2 [201C]. La voce dei Vangeli è più elevata dei restanti insegnamenti dello Spirito, Princ Joannis § 1 [472B]. Lo Spirito Santo nel prologo giovanneo col versetto In principio era il Logos ha prevenuto i sofismi di quelli che avrebbero attaccato la gloria dell’Unigenito, Princ Joannis § 1 [473AB]. Esegesi spirituale. Grido spirituale, In Ps 29, 11 § 7 [321A]. Servire Dio non nel regime vecchio della lettera ma nella novità dello Spirito (Rm 7, 6); canta un canto nuovo colui che intende la legge non letteralmente ma riconoscendone il senso spirituale, In Ps 32, 3 § 2 [328B]. Vino nuovo e spirituale, In Ps 32, 7 § 5 [337B]. Figlio e padre spirituali il discepolo ed il maestro, In Ps 33, 12 § 8 [369AB]. Le espressioni ‘vita’ e ‘giorni buoni’ vanno riferite all’‘altra’ vita con un’interpretazione degna della legge spirituale, In Ps 33, 13 § 9 [373AB]. Il legame dell’amore e della pace produce unione delle ossa pneumatiche nella Chiesa di Dio, In Ps 33, 21 § 13 [384C]. Veste spirituale (pneumatica), In Ps 44, 14 § 11 [412BC]. Salterio pneumatico colui che ha agito ed insegnato, In Ps 48, 5 § 2 [436C]. Frutti spirituali (pneumatici), In Ps 48, 11 5 [444AB]. Gusto spirituale dell’anima, Princ Prov § 14 [413D]. Lo Spirito maestro e guida; lo Spirito e l’uomo; Spirito e preghiera. Lo Spirito Santo ha mescolato nei salmi la dolcezza della melodia agli insegnamenti, In Ps 1 § 1 [212B]. Lo Spirito della verità (Gv 14, 17; 16, 13; 1 Gv 4, 6), il comune raddrizzatore della vita, il grande Maestro, ha posto avanti a tutto le ricompense in maniera saggia e con arte affinché siamo

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indotti a pensare ai beni eterni andando oltre le fatiche presenti, In Ps 1 § 3 [216AB]. Lo Spirito ammaestra a ritenere beato chi teme il Signore anche se è meschino, povero e disprezzato, In Ps 14A, 4 § 5 [260AB]. Alcuni che presiedono il gregge di Cristo guidano verso i fioriti e profumati nutrimenti dell’insegnamento spirituale (pneumatico) e con acqua viva (Gv 4, 10 e 7, 38) per elargizione dello Spirito (Fil 1, 18) bagnano, sollevano ed alimentano fino al portare frutto, In Ps 28, 1 § 2 [284AB]. I santi sono ‘acque’ perché fiumi scorrono dai loro grembi (Gv 7, 38) cioè insegnamento spirituale che bagna le anime degli ascoltatori, In Ps 28, 3 § 4 [292C]. Il terremoto scuote il deserto affinché diventi terra abitata e, riempito delle acque dello Spirito, terra irrigata (Sal 106, 35), In Ps 28, 8 § 6 [297CD]. Nel tempio del Signore si deve prestare attenzione a non sovrastare col proprio chiasso l’insegnamento dello Spirito, In Ps 28, 9 § 7 [304A]. Nel tempio del Signore inneggiare con la mente e con lo spirito (1 Cor 14, 15), In Ps 28, 9 § 7 [304A]. Rinnovamento della mente realizzato dal Santo Spirito in ognuno di quelli che completano il corpo della Chiesa del Cristo, In Ps 29, 1 § 1 [308A]. Bisogna purificare i cuori per portare frutti nello spirito, In Ps 29, 5 § 3 [312C]. Grido spirituale rivolto a Dio se Gli si chiedono cose grandi, senza affaticarsi per la carne, In Ps 29, 11 § 7 [321A]. Gloria di giusto lo spirito che è in lui; salmeggiare nello spirito, In Ps 29, 13 § 7 [321D]. Per il giusto è perenne la letizia divina e celeste, poiché una volta per tutte abita in lui lo Spirito, il cui primo frutto è amore, gioia, pace (Gal 5, 22), In Ps 32, 1 § 1 [324C]. Nessuno può dire ‘Signore Gesù’ se non nello Spirito Santo (1 Cor 12, 3); non si può dunque recare lode se non si ha lo spirito retto, rinnovato nelle viscere (Sal 50, 12), In Ps 32, 1 § 1 [325C]. Salmeggiare in accordo di spirito ed unione attraverso l’amore (agape), In Ps 32, 3 § 3 [329A]. Il vino nuovo e spirituale, che ribolle per lo Spirito Santo (At 18, 25; Rm 12, 11), cioè la comprensione della verità che mai invecchia, va messo nell’uomo nuovo (‘otre nuovo’), In Ps 32, 7 § 5 [337B]. Viene ascoltato il grido di colui che, condotto dallo Spirito Santo e filantropo, non esaltandosi di se stesso ma facendosi povero per innalzare gli altri, grida nello spirito invocando cose grandi, In Ps 33, 7 § 5 [361D-364A]. Quanti hanno la grazia del Santo Spirito spontaneamente si umiliano; quanti possiedono l’umiltà spiritualmente fanno di se stessi gli ultimi di tutti, In Ps 33, 19 § 12 [381A]. Lo Spirito Santo è lo scrivano che scrive in noi i pensieri, sulle tavole di carne del cuore (2Cor 3, 3), In Ps 44, 2 § 3 [396A]. ‘Fiume di Dio’ lo Spirito Santo che scaturisce per chi

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3. Indice tematico

ne è degno dalla fede di quelli che hanno creduto in Cristo, In Ps 45, 5 § 4 [421C]. Tale fiume allieta ad un tempo tutta la città di Dio, cioè l’assemblea di coloro che hanno la dimora nei cieli (Fil 3, 20). Città allietata dal flusso dello Spirito Santo anche ogni creatura intelligente, dalle potenze al di sopra del mondo fino alle anime umane, In Ps 45, 5 § 4 [421C]. I consigli dati dallo Spirito nel salmo 45 conducono al fine buono coloro che obbediscono, In Ps 45, 1 § 1 [416A]. Dobbiamo tenere occupata la nostra dimora interiore introducendo prima in noi Cristo attraverso lo Spirito, In Ps 45, 11 § 8 [429B]. Colui che chiama a raccolta e convoca tutti con l’annuncio (kerygma) è il Paraclito, lo Spirito della verità (Gv 14, 17; 16, 13; 1 Gv 4, 6), che raduna quanti vengono salvati mediante profeti ed apostoli, In Ps 48, 2-3 § 1 [433A]. Le parole divine del salmo sono lette alla Chiesa di Dio, in ogni adunanza, quasi come un nutrimento delle anime fornito dallo Spirito, In Ps 59, 1 § 2 [464C]. Conviene avere un alto sentire di se stessi, avendo ricevuto lo Spirito della promessa (Ef 1, 13), In Ps 61, 8 § 4 [477AB]. Non è proprio di chiunque dire ‘Ho amato’ ma di chi è già perfezionato ed è giunto nello spirito della figliolanza divina (Rm 8, 15), In Ps 114, 1 § 1 [484C]. Se non sonnecchiamo sopra i timoni della nostra vita, riceviamo l’aiuto dello Spirito, che conduce sani e salvi nel porto della volontà di Dio, Princ Prov § 17 [421D-424A]. Semplicità dell’insegnamento spirituale, Princ Prov § 7 [401A]. Lo Spirito Santo assume per gli inni come idoneo colui che, giovinetto nell’anima, ribolle nello spirito (At 18, 25; Rm 12, 11), Princ Prov § 13 [412D-413A]. Fra i doni dati all’uomo la distribuzione dello Spirito Santo (Eb 2, 4), Attende § 6 [213A]. I cristiani discepoli dello Spirito, Princ Joannis § 1 [472C]. Spirito e battesimo. Per coloro che sono battezzati viene pronunciata la voce lasciata dal Signore: Andate e battezzate nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo (Mt 28, 19), In Ps 28, 3 § 3 [289D]. È chiamata ‘diluvio’ la grazia del battesimo, così che l’anima, lavata dai peccati, sia pronta a divenire abitazione di Dio nello Spirito (Ef 2, 22); non si avvicineranno i peccati a chi ha ricevuto il battesimo della remissione delle colpe attraverso l’acqua e lo Spirito, In Ps 28, 10 § 8 [304BC].

4. Indice onomastico autori antichi A Abelardo 457 A Diogneto  57, 174, 320, 384 Aglaofone  229, 262, 313 Agostino  40, 68, 74, 149, 178, 179, 325, 405, 424, 446 Albino  45, 56, 125, 395, 568 Alcinoo  163, 164, 395 Alessandro di Alessandria  323 Ambrogio  30, 35, 56, 90, 118, 126, 128, 163, 190, 192, 193, 217, 229, 260, 269, 311, 313, 315, 321, 323, 346, 353, 441, 485, 523, 571, 572, 573 Ambrosiaster  102, 573 Amfilochio di Iconio  33, 34, 70, 72, 94, 147, 249, 278, 279, 290, 314, 336, 354, 372, 384, 405, 425, 501, 506, 507, 508, 510 Antipatro 471 Apollinare  41, 52, 54, 63, 64, 65, 69, 72, 87, 164, 248, 294, 319, 328, 341, 344, 518 Aponio 346 Apuleio  125, 369, 571 Aquila  69, 81, 327, 376, 409, 422 Ario  45, 323, 324, 526 Aristofane 194

Aristotele  44, 46, 48, 77, 120, 128, 136, 143, 166, 174, 177, 194, 203, 207, 246, 261, 262, 286, 311, 315, 321, 334, 335, 365, 369, 378, 395, 435, 441, 471, 506, 559 Atanasio  39, 54, 58, 68, 72, 73, 80, 81, 83, 84, 117, 135, 137, 177, 245, 281, 306, 311, 320, 323, 335, 336, 339, 345, 358, 364, 371, 388, 406, 407, 502, 560, 577 Atenagora  323, 441, 442, 444 B Basilio di Ancira  132, 229, 447 Bernardo di Clairvaux 107, 277, 325, 349 Biante 506 C Cabasilas Nicola  58, 131, 231, 252, 267, 271, 352, 384, 391, 395, 398, 404, 448 Callicratida 126 Cesare d’Heisterbach  446 Cicerone  144, 145, 174, 285, 313, 315, 321, 441, 469, 471, 480, 517, 522, 523 Cirillo Alessandrino  346 Cirillo di Gerusalemme  49, 304, 341, 342 Cleante  132, 444, 521 Clemente Alessandrino  40, 42, 44,

674

4. Indice onomastico

45, 46, 47, 48, 49, 55, 58, 59, 73, 86, 89, 90, 92, 96, 98, 102, 119, 125, 128, 129, 130, 132, 134, 143, 146, 162, 163, 168, 174, 176, 177, 218, 229, 236, 237, 252, 259, 260, 279, 280, 282, 285, 286, 287, 292, 294, 297, 304, 306, 311, 315, 328, 329, 330, 335, 348, 378, 386, 395, 406, 417, 418, 434, 436, 440, 444, 445, 462, 482, 506, 507, 511, 562, 575 Corpus Hermeticum  74, 75, 143, 315, 335, 369, 395, 574 Crisippo  100, 127, 132, 136, 138, 144, 145, 162, 163, 174, 234, 292, 321, 378, 444, 457, 521 Cromazio di Aquileia  346, 365 D Damascio  43, 571 Dante 316 Didaché  185, 287 Didimo il Cieco  45, 134, 135, 151, 156, 175, 214, 223, 231, 237, 238, 249, 257, 274, 277, 287, 292, 312, 317, 318, 320, 323, 325, 331, 333, 363, 371, 375, 572, 574 Diodoro di Tarso  34, 67, 68, 70, 77, 78, 79, 81, 88, 94, 319, 343, 574 Diogene Laerzio  104, 132 E Eliano  216, 315 Empedocle  46, 58, 121, 143, 395, 568 Epicuro  123, 565, 568 Epifanio  64, 69, 261, 337, 526 Epitteto  123, 135, 222, 321, 472 Eraclito  146, 312 Erasmo da Rotterdam  229, 559

Erodoto 334 Esichio di Gerusalemme  68 Esiodo  73, 84, 334, 441 Eurifamo 126 Euripide  73, 118, 386 Eusebio di Cesarea  35, 40, 70, 74, 80, 82, 94, 119, 126, 129, 151, 201, 202, 203, 204, 209, 210, 221, 231, 237, 238, 240, 252, 254, 255, 261, 267, 273, 274, 275, 293, 320, 323, 324, 327, 328, 340, 341, 342, 363, 371, 377, 380, 407, 408, 409, 417, 422, 443, 444 Eustazio di Antiochia  68 Eustazio di Sebaste  35, 38, 39. 41, 49, 50, 51, 52, 55, 63, 115, 116, 173, 175, 227, 267, 275, 276, 453, 508, 564 Evagrio Pontico  29, 48, 84, 85, 103, 122, 267, 333, 370, 440, 502 F Fanotea 506 Femonoe 506 Filocalia  29, 77, 82, 83, 86, 198, 304, 328, 337 Filolao 395 Filone  40, 47, 49, 70, 73, 78, 88, 119, 123, 124, 125, 136, 143, 163, 166, 173, 176, 179, 211, 276, 294, 304, 311, 312, 334, 352, 371, 395, 406, 434, 439, 440, 480, 482, 483, 506, 511, 515, 558, 570, 573, 574 Filostorgio  29, 34, 69 Filostrato 54 Firmico Materno  74 Flavio Giuseppe  216

autori antichi

G Galeno  127, 138, 164, 417 Galileo 179 Giamblico  35, 42, 43, 54, 74, 121, 285, 506 Giorgio di Pisidia  269 Giovanni Climaco  136, 572 Giovanni Crisostomo  54, 80, 127, 244, 263, 324, 325, 350, 441 Giovanni Damasceno  391 Girolamo  64, 65, 126, 164, 223, 260, 312, 323, 328, 337, 407 Giuliano imperatore  31, 34, 35, 37, 40, 41, 42, 46, 50, 51, 52, 58, 62, 73, 74, 77, 90, 101, 115, 123, 211, 294, 353, 376, 444, 455, 459, 558, 560, 561, 564, 565, 569, 570, 577 Giustino  49, 79, 80, 83, 86, 263, 265, 323, 324, 328, 340, 341, 349, 358 Gregorio di Nazianzo  7, 29, 30, 31, 32, 33, 34, 35, 37, 38, 39, 40, 41, 42, 49, 52, 53, 56, 60, 62, 77, 92, 120, 122, 131, 132, 147, 163, 182, 211, 246, 256, 291, 329, 343, 350, 353, 371, 372, 376, 382, 383, 446, 455, 459, 453, 501, 569, 574, 577 Gregorio di Nissa  29, 38, 39, 40, 47, 49, 51, 52, 53, 54, 56, 57, 58, 61, 67, 86, 88, 89, 90, 91, 94, 95, 97, 98, 103, 107, 112, 117, 118, 119, 120, 123, 124, 126, 128, 129, 130, 132, 133, 134, 135, 136, 137, 139, 143, 145, 146, 147, 157, 162, 163, 164, 166, 168, 169, 182, 185, 192, 194, 205, 210, 211, 212, 217, 229, 235,

675

236, 237, 243, 244, 245, 257, 260, 268, 276, 277, 278, 280, 281, 282, 283, 285, 286, 289, 290, 291, 293, 306, 312, 313, 315, 316, 317, 319, 320, 321, 329, 331, 334, 335, 336, 338, 341, 345, 346, 352, 353, 358, 359, 363, 371, 372, 376, 377, 378, 381, 383, 384, 385, 386, 388, 395, 396, 398, 407, 408, 409, 411, 420, 431, 437, 440, 441, 442, 445, 446, 450, 457, 461, 482, 501, 505, 506, 508, 516, 520, 522, 525, 527, 562, 565, 570, 574, 576, 578 Gregorio Magno  325 Gregorio Palamas  336 Gregorio Taumaturgo  36, 40, 77, 165, 205, 358 I Ignazio di Antiochia  50, 122 Ilario d’Arles  182 Ilario di Poitiers  40, 126, 151, 323, 329, 408, 409 Ippocrate  90, 313, 439 Ippolito  43, 48, 107, 323, 346, 457 Ireneo  58, 71, 79, 80, 83, 86, 90, 92, 102, 103, 131, 148, 162, 165, 175, 225, 252, 254, 255, 263, 314, 315, 317, 318, 328, 331, 340, 354, 365, 368, 383, 384, 391, 396, 422, 507, 559, 576 Isacco della Stella  349 Isidoro di Siviglia  439, 440 L Lattanzio  40, 323 Libanio  37, 38, 39, 42, 571, 572 Lucrezio  120, 144, 216, 441

676

4. Indice onomastico

M Marino  46, 54 Marziale 216 Massimo Confessore  58, 143, 163, 231, 271, 335, 375 Melitone di Sardi  293, 320 Metodio di Olimpo  175, 229, 256, 262, 313, 318, 440 Musonio 285 N Niceta di Eraclea  316 Nilo di Ancira  346 Novaziano 323 Numenio  75, 79 O Omelie pasquali  328 Omero  73, 77, 79, 121, 132, 182, 327, 335, 441 Oracoli Caldaici  43, 73, 74, 75, 203, 558, 574 Orazio  120, 313 Origene  39, 40, 47, 49, 51, 54, 56, 58, 62, 67, 68, 69, 72, 73, 74, 76, 77, 78, 79, 80, 81, 82, 83, 84, 85, 86, 87, 88, 89, 90, 92, 94, 96, 97, 100, 103, 104, 105, 107, 117, 118, 119, 120, 122, 124, 126, 130, 134, 135, 136, 137, 139, 142, 143, 144, 145, 146, 149, 151, 153, 157, 160, 163, 164, 165, 170, 171, 179, 182, 198, 200, 202, 206, 207, 212, 213, 216, 223, 224, 227, 231, 232, 233, 235, 236, 237, 238, 240, 243, 246, 256, 258, 260, 261, 262, 263, 264, 276, 279, 280, 281, 288, 289, 290, 291, 293, 298, 300, 304, 306, 312, 313, 315, 316, 317, 318, 319, 320,

321, 323, 324, 326, 327, 329, 331, 333, 335, 336, 339, 340, 341, 342, 346, 348, 349, 353, 354, 357, 361, 363, 364, 365, 367, 374, 375, 378, 381, 382, 384, 386, 387, 406, 407, 409, 434, 437, 438, 440, 446, 455, 456, 457, 471, 501, 505, 507, 525, 558, 561, 562, 563, 566, 569, 572, 573, 574, 575, 576 Origene-Girolamo  260, 407 Ovidio  313, 315

328, 337, 347, 358, 371, 383, 408, 441, 485, 559, 571,

P Paolino di Nola  182 Platone  43, 44, 45, 46, 48, 56, 58, 59, 73, 75, 77, 79, 119, 120, 124, 125, 129, 130, 131, 135, 136, 137, 143, 146, 163, 164, 168, 174, 182, 194, 207, 218, 228, 229, 230, 261, 264, 277, 278, 285, 294, 297, 304, 312, 321, 327, 335, 348, 349, 353, 369, 386, 395, 406, 434, 441, 444, 459, 480, 506, 508, 509, 527, 529, 563, 565, 568, 573, 574 Plauto 315 Plinio il Vecchio  216 Plotino  42, 43, 45, 47, 56, 58, 75, 101, 104, 105, 123, 125, 135, 136, 137, 143, 146, 182, 229, 261, 321, 334, 335, 395, 440, 530 Plutarco  42, 44, 45, 46, 74, 132, 216, 261, 292, 304, 440, 471, 561 Porfirio  42, 43, 44, 46, 54, 70, 74, 123, 136, 169, 182, 203, 234, 248, 327, 335, 348, 395, 440, 455, 465, 506, 507, 520, 567, 571, 576, 577

677

autori antichi

Posidonio  417, 521 Proclo  42, 43, 46, 54, 73, 79, 207, 248, 261, 277, 278, 294, 321, 335, 378, 395, 563, 565, 571, 572 Protagora  81, 136, 468 Ps. Amfilochio di Iconio  165, 282 Ps. Aristotele  246 Ps. Barnaba  293 Ps. Basilio  132, 226, 261, 316, 395, 397, 405, 418, 419, 500, 506, 507, 513, 520, 521, 522, 523 Ps. Dionigi  47, 131 Ps. Macario  91, 98, 100, 101, 105, 143, 164, 229, 306, 320, 329, 360 R Rufino di Aquileia  30, 117, 494, 569 S Sallustio 522 Salustio  77, 321 Seneca  54, 287, 312, 313, 378, 433, 485, 510 Senofonte 216 Sesto  82, 100, 292 Simeone il Nuovo Teologo  30, 570 Simmaco  69, 81, 316, 327, 376, 409, 422 Socrate (filosofo)  35, 90, 146, 182, 277, 278, 279, 287, 335, 441, 508, 565, 578 Socrate  (storico) 50 Solone 439 Sozomeno  50, 51, 52, 62, 115, 577 Stobeo  248, 279, 417, 506, 507, 520 SVF  (Stoicorum veterum fragmenta)  100, 104, 125, 127, 132,

138, 176, 279, 432, 485, 535

142, 179, 292, 434, 497,

144, 207, 311, 439, 502,

145, 234, 321, 457, 503,

163, 237, 375, 459, 521,

167, 277, 378, 460, 530,

T Talete 506 Taziano 323 Temistio  58, 74, 120, 561 Teodoreto di Ciro  29, 32, 34, 81, 294, 414, 444 Teodozione  69, 81, 316, 327, 376 Teofane di Nicea  58 Teofilo  29, 323, 385 Teofrasto  77, 216, 315, 334 Teone di Smirne  44, 45, 47, 264, 573 Tertulliano  164, 323, 328, 330 Tommaso d’Aquino  507 Trismegisto 335 V Virgilio 441 Z Zeno di Verona  313 Zenone  136, 163, 207, 292, 311, 378, 457

678

4. Indice onomastico

autori moderni

A Adorno F.  46, 558 Agamben G.  50, 75, 144, 262, 558 Agosti G.  73, 558 Albano E.  179, 358, 558 Alcain J.A.  363, 558 Alexandre M.  173, 558 Alieva O.  506, 508, 520, 558 Angelini G.  107, 576 Athanassiadi P.  73, 90, 558 Aubineau M.  147, 558 Averincev S.  7, 315, 558 Ayres L.  72, 558 B Backus I.  30, 558 Badilita S.M.  69, 558, 559 Bady G. 69,  559 Bainton R.H.  229, 559 Balthasar H.U. von  7, 73, 559 Barbaglia S.  162, 559 Barbàra M.A.  107, 163, 316, 559 Bardy G.  340, 559 Bartelink G.J.M.  82, 253, 259, 559 Barthélemy D.  67, 559 Bellini E. 341,  385, 559 Bendinelli G.  51, 559 Bernardi J.  41, 62, 63, 64, 65, 455, 459, 559 Bidez J.  34, 35, 37, 40, 42, 62, 560 Blondel M.  108, 560 Boersma H.  72, 558, 560 Bonazzi M.  81, 375, 560, 563 Bouffartigue J.  353, 560

Bouyer L.  72 Brisson L.  73 Buber M.  99, 140, 560 Bunge G.  85 Busine A.  73, 74, 560 Büttner G.  123, 560 C Calabi F.  406, 570, 573 Camplani A.  72, 560 Campo C.  441, 560 Campos J.  511, 560 Cantalamessa R.  320, 560 Cappelle B.  335, 561 Caproni G.  313, 563 Carchia G.  144, 561 Cassia M.  269, 561, 634 Cattaneo E.  89, 162, 559, 561 Ceresa-Gastaldo A.  62, 345, 561 Charbonneau-Lassay L.  216, 561 Chiaradonna R.  42, 43, 74, 203, 561, 564, 567, 568, 578 Ciccarese M.P.  214, 217, 561 Cignelli L.  61, 561 Cilento V.  46, 561 Cocchini F.  124, 562 Cortesi A.  94, 562 Costantino D.  182, 562 Courcelle P.  229, 277, 315, 562 Courtonne Y.  348, 530, 555, 562 Crouzel H.  68, 213, 276, 329, 562 Cumont F.  73

679

autori moderni

D Dainese D.  163, 164, 285, 418, 462, 562 Dal Covolo E.  56, 90, 562, 574 D’Alès A.  229, 562 Daniélou J.  88, 134, 135, 147, 457, 562 Della Pelle P.  136, 563 De Lubac H.  88, 97, 248, 457, 563 De’ Maffei F.  270, 563 De Margerie B.Margerie  94, 563 Desprez V. 84,  563 Devresse R.  320, 563 Di Stefano E.Stefano  46, 563 Dodds E.R.  57, 73, 124, 563 Donzelli E.  313, 563 Doresse J.  335, 561 Dorival G.  69, 79, 563 Dörrie H.  163, 164 Driscoll J.  124, 562, 564 Dumeige G.  304, 564 Dupuis J.  261, 564 Dysinger L.  85, 564 E Evdokimov P.  56, 564 F Falcon A.  203, 564 Farkasfalvy D.  325, 564 Fatti F.  29, 31, 34, 35, 37, 50, 52, 53, 455, 459, 564 Fedou M.  213, 564 Fedwick P.J.  30, 41, 63, 564 Fernández S.  304, 564 Ferro Garel G.  124, 450, 565 Festugière A.J.  42, 75, 91, 115, 565 Filippi F.  79, 277, 278, 279, 565 Filoramo G.  50, 56, 564, 577 Florenskij P.  215, 229, 230, 565 Fontaine J.  35, 123, 294, 444, 565

Forbes R.J.  285, 565 Forlin Patrucco M.  30, 370, 372, 555, 565 Fusaro D.  123, 565 G Gadamer H.G.  136, 279, 563, 565 Gain B.  33, 70, 205, 219, 249, 372, 405, 565 Gargano I.  88, 134, 565 Garrigues J.M.  345, 566 Gelineau J.  34, 566 Giannarelli E.  123, 441, 566 Girardi M.  61, 69, 80, 89, 107, 118, 126, 151, 203, 232, 325, 413, 431, 451, 453, 455, 457, 458, 459, 460, 461, 463, 465, 466, 467, 468, 471, 566 Girgenti G.  42, 44, 46, 74, 234, 327, 348, 567 Grech P.  87, 567 Gribomont J.  7, 9, 30, 39, 52, 53, 55, 62, 65, 69, 70, 72, 90, 107, 138, 200, 310, 554, 558, 567, 571 Gritti E.  43, 567 Gross J.  58, 567 Grossi V.  320, 567 Guidacci M.  441 H Hadot I.  568 Hadot P.  42, 50, 318, 348, 349,

457, 501, 506, 568

Harl M.  77, 80, 88, 229, 263, 336, 396, 456, 563, 568 Hausherr I.  87, 277, 568 Humbertclaude P.  106, 568 I Invernizzi G.  125, 568

680

4. Indice onomastico

J Jacquet L.  274 Jankélévich V.  99, 568 K Kingsley P.  121, 568 Knipe S.  42, 568 Krämer H.  321, 568 L Lamberton R.  327, 568 Lampe G.W.H.  414, 426 Lanne E.  335, 561 Lazzeri V.  85 Le Boulluec A.Boulluec  312, 456, 568, 569 Lehmann H.  70, 560, 569 Lettieri G.  124, 213, 569 Levering M.  72, 558, 560 Lévy C.  47, 569 Lieggi J.P.  77, 120, 569 Lilla S.  45, 47, 569 Livrea E.  472, 569 Lo Cicero C.Cicero  117, 487, 569 Long A.A.  396, 572 Longobardo L.  162, 559 Lugaresi L.  35, 42, 569 M Malingrey A.M.  53 Maraval P.  41, 570 Marcel G.  99, 140 Marcone A.  35, 74, 123, 294, 444, 561, 565, 570 Mariès L.  34, 68, 343, 570 Marrou H.-H.  132 Martin A.  39, 570 Maspero G.  56, 522, 570 Mateo-Seco L.F. 5 6, 522, 570 Mathews T.F.  270, 570 Mazzanti A.M.  406, 570, 573

Mazzanti G.  428, 573 Mellerin L.  69, 558, 559 Meloni P.  346, 570 Métivier S.  269, 570 Meyendorff J.  336, 570 Meyer W.  182, 570 Miano F.  99, 570 Moda A.  30, 570 Molin Pradel M.  72, 571, 573 Monaci Castagno A.  31, 32, 69, 124, 256, 406, 571 Moreschini C.  41, 369, 571 Moutsopoulos E.  207, 571 Mühlenberg E.  175, 312, 328, 333, 363, 371, 571 Müller C.W.  396, 571 Munnich O.  79, 563 Muscolino G.  74, 571 N Naldini M.  70, 72, 200, 285, 555, 571 Napoli V.  46, 571 Naumowicz J.  56 Nautin P.  328 Neri U.  39, 75, 123, 200, 555, 572 Nesselrath H.-G.  42, 572 Nigro G.  257, 572 Noce C.  240, 572 Nock A.D.  73, 572 O O’Meara D. J.  42, 572 P Paczkowski M.C.  61, 572 Paparella F.  261, 572 Parinello R.M.  136, 572 Pellegrini S.  287, 572 Pembroke S.G.  396, 572 Pepin J.  79, 143, 174, 572

autori moderni

Perrone L.  72, 304, 406, 573, 575 Petrucci F.M.  45, 573 Pierantoni R.  140, 573 Pini G.  58, 573 Pisano C.  74, 573 Piscitelli T.  213, 316, 559, 569, 573 Pizzolato L.F.  30, 51, 96, 194, 195, 486, 491, 559, 573, 575 Pohlenz M.  135, 142, 160, 162, 222, 234, 321, 343, 439, 517, 521, 530, 573 Pollastri A.  102, 573 Pouchet E.  29, 30, 33, 38, 41, 52, 55, 64, 70, 72, 77, 78, 83, 573 Pouderon B.  560 Prato C.  35, 123, 294, 444, 565 Pricoco S.  30, 138, 565, 573 Prinzivalli E.  72, 134, 149, 304, 317, 573, 574 R Racle G.  320, 574 Radice G.  123, 574 Rahner K.  39, 164 Ramelli I.  135, 331, 574 Ravasi G.  257, 274, 574 Reale G.  73, 75, 78, 123, 146, 277, 312, 574 Refoulé F.  440, 574 Regali M.  350, 574 Reynard J.  67 Riggi C.  310, 574 Rinaldi G.  34, 77, 574 Rizzi M.  51, 56, 96, 559, 574, 575 Roldanus J.  337, 575 Rolke K.H.  472, 575 Rondeau M.J.  62, 63, 95, 224, 254, 370, 456, 575 Rosselli A.  304, 575 Rousseau Ph.  41, 575

681

S Saffrey H.-D.  73 Salet G.  349 Sanguineti J.I.  304, 575 Sarisky D.  63, 575 Scaiola D.  67, 575 Scazzoso P.  332, 575 Schökel A. L.  385, 575 Schwager R.  382, 575 Sciarma P.  61, 575 Scicolone S.  41, 576 Segonds A. Ph.  42, 79, 566, 572, 576 Sesboüé B.  61, 555 Sfameni Gasparro G.  47, 90, 562, 576 Sheridan M.  124, 562 Silvas A.  41, 576 Simonelli C.  107, 576 Simonetti M.  52, 61, 69, 70, 77, 78, 79, 80, 82, 87, 94, 102, 258, 263, 319, 324, 406, 576 Sodano A.R.  327, 335, 455, 506, 576 Spanneut M.  90, 276, 576 Spuntarelli C.  38, 576 Stählin G.  124 Steel C.  42, 79, 566, 572 Stethatos N.  87 T Tanaseanu Döbler I.  74, 576 Tardieu M.  349, 568, 577 Tartaglia L.  269 Thesleff H.  126, 577 Thierry N.  270, 577 Tissi L.M.  74, 577 Todorov T.  80, 577 Trabace I.  223, 231, 232, 237, 577 Trouillard J.  46, 577 Trovato S.  51, 115, 577 Tzamalikos P.  444, 577

682

4. Indice onomastico

V Vattioni F.  310, 566, 567, 574 Vecoli F.  56, 577 Vinel F.  88, 123, 577 Voicu Sever J.  29, 577 Völker W.  290, 578 Y Young F.M.  78, 258, 578 Z Zanker P.  287, 578 Zorzi S.M.B 328, 578

5. Indice biblico Antico Testamento

A Am 6, 4  518 Am 8, 11  292 Am 9, 14  387 B Bar 3, 38  415, 518, 630, 632 C 2Cr 33, 16  310 2Cr 34, 33  310 Ct 2, 5  107, 112, 328, 329, 337, 338, 668 Ct 4, 7  107, 108, 110, 236, 667 Ct 4, 9  107, 328 Ct 5, 2  107, 110, 277, 667 Ct 6, 9  48, 107, 108, 347, 668 D Dn 2, 21  268 Dn 3, 47  214 Dn 3, 50  215 Dn 6, 18  170 Dn 13, 50  477 Dt 3, 22  374 Dt 5, 8  225 Dt 6, 5  165, 322 Dt 8, 3  325 Dt 16, 20  177 Dt 17, 16  270 Dt 17, 20  511 Dt 23, 4  414 Dt 23, 20  187, 198 Dt 26, 5  173

Dt 28, 5  233 Dt 30, 15  84, 425 Dt 32, 39  232 E Eccle/Qo 1, 15  167, 245 Eccle/Qo 2, 14  307 Eccle/Qo 3, 5  478 Eccle/Qo 10, 4  244 Eccle/Qo 10, 4c  117, 118 Es 1, 5  333 Es 1, 17-19  475 Es 2, 15  170 Es 3, 6  87, 228, 369 Es 5, 17  371 Es 11, 2  475 Es 12, 7  412 Es 12, 29  170, 229 Es 12, 35  475 Es 13, 21  337 Es 14, 15  433 Es 14, 21  257 Es 14, 28  269 Es 15, 1  269 Es 20, 4  225 Es 20, 12  158 Es 20, 13  138, 183 Es 20, 13-15  138 Es 20, 15  183 Es 20, 18  206, 207 Es 24, 2  303 Es 32, 4  213 Es 32, 20  213

684

5. Indice biblico

Es 33, 11  322 Es 33, 20  302 Es 34, 30.35  113, 235 Ez 1, 16  209 Ez 9, 5-6  413 Ez 11, 19  124 Ez 13, 4  397 Ez 18, 8  187 Ez 22, 12  187 Ez 22, 27  397 Ez 34, 16  512 Ez 36, 21  204 Ez 36, 26  124 Ez 37, 27  175 G Gb 1, 9  402, 660 Gb 1, 14-17  227 Gb 1, 18-19  227 Gb 1, 21  496 Gb 2, 7-8  227 Gb 3, 17  388 Gb 5, 7  388, 660 Gb 5, 18  232 Gb 10, 8  517 Gb 10, 9  418 Gb 33, 3  246 Gb 38, 12  250 Gb 38, 17  267 Gb 39, 9-10  214 Gdc 14, 14  197 Gen 1, 7-10  208 Gen 1, 26  163, 267, 353, 506, 517, 530 Gen 1, 26-27  267 Gen 1, 26.28  517 Gen 1, 27  132, 262, 352, 382, 395, 396, 397, 404, 507 Gen 1, 28  395 Gen 2, 7  395, 396, 517, 607, 615 Gen 3, 1  466, 476

Gen 3, 1-13  476 Gen 3, 9  436 Gen 3, 13  235, 358 Gen 3, 19  253, 496, 515 Gen 3, 24  395 Gen 4, 10  434 Gen 6, 12  245, 511 Gen 11, 1  357 Gen 11, 5  266 Gen 15, 4  206 Gen 18, 20-21  266 Gen 18, 27  202, 418 Gen 21, 22  274 Gen 21, 30  170 Gen 23, 4  173 Gen 23, 13  174 Gen 25, 27  392, 474 Gen 26, 8  274 Gen 26, 25  170 Gen 27, 1-29  475 Gen 27, 29  355 Gen 28, 12  136 Gen 31, 34-35  475 Gen 32, 19  165 Gen 32, 29  374 Gen 37, 24  170, 229 Gen 39, 7-10  165 Gen 42, 15  184 Gen 46, 26  332, 333 Gen 47, 9  298 Gen 47, 13-26  489 Gen 48, 16  166, 607 Gen 48, 22  413 Gen 49, 25  228 Ger 2, 13  170, 171, 292, 364 Ger 4, 19  308 Ger 4, 22  389 Ger 5, 8  314, 315, 397 Ger 9, 5  187 Ger 9, 22-23  278

Antico Testamento

Ger 10, 24  464 Ger 11, 15  201 Ger 16, 16  511 Ger 17, 5  153, 360, 387 Ger 32, 31  159 Ger 38, 6  229 Ger 38, 19  464 Gl 3, 1  477 Gl 3, 5  435 Gs 2, 1-6  475 Gs 5, 14  249 Gs 9, 3-15  476 Gs 23, 11  432 I Is 1, 13  299 Is 3, 1  221 Is 4, 5  337 Is 5, 20  197, 426, 472, 647, 650 Is 6, 1  296 Is 6, 3  272 Is 10, 20  201 Is 13, 9  380 Is 25, 8  438 Is 27, 1  245 Is 28, 17  253 Is 29, 14  389 Is 29, 21  309 Is 30, 26  317 Is 33, 14  176 Is 37, 29  412 Is 40, 3  246 Is 40, 10  271 Is 40, 13  176 Is 42, 18  308 Is 43, 26  326 Is 45, 3  258 Is 45, 9  340 Is 50, 5  464 Is 52, 3  387 Is 53, 2-3  327, 328

685

Is 53, 7  213, 328, 632, 634 Is 53, 9  387 Is 54, 1  215 Is 58, 7  486 Is 58, 9  228 Is 60, 15  366 Is 60, 18  366 Is 60, 19  298 Is 61, 1  303 Is 64, 4  412 Is 66, 24  296, 519 L Lv 2, 1-2  452 Lv 10, 1  453 Lv 11, 3  452 Lv 11, 24.39-40  451 Lv 16, 1  453 Lv 24, 16  220 Lv 26, 11-12  175 M 2Mac 1, 3  153 2Mac 10, 35  314 2Mac 14, 35  197 3Mac 2, 3.9  139, 231, 350, 410, 425, 499 4Mac 5, 24  153 4Mac 12, 13  314 Mi 7, 9  465 Mi 7, 19  221 Ml 1, 6  202 Ml 3, 6  130, 320 Ml 3, 20  284, 367, 484 N Ne 9, 12  337 Nm 3, 4  453 Nm 12, 3  280 Nm 20, 10  385 Nm 20, 12  385

686 Nm 20, 17  Nm 21, 22  Nm 23, 10  Nm 26, 61 

5. Indice biblico

245, 511 511 309 453

O Os 7, 2  380 Os 7, 11  391 Os 10, 12  490 P Pr 1, 4  161, 474, 475, 476, 478 Pr 1, 7  259, 311, 462, 527, 652 Pr 1, 28  463 Pr 2, 19  246 Pr 2, 21  478 Pr 3, 3  486 Pr 3, 9  203 Pr 3, 12  415 Pr 3, 14  462 Pr 3, 15  462 Pr 3, 19  460 Pr 3, 23  308 Pr 3, 27  486 Pr 3, 28  495 Pr 3, 35  479 Pr 4, 6  461, 478 Pr 4, 6, 8  478 Pr 4, 25  478 Pr 4, 26  246 Pr 5, 3  478 Pr 5, 15  170, 171, 190 Pr 5, 19  217 Pr 6, 4  484 Pr 6, 5  504 Pr 6, 11  191 Pr 6, 26  382 Pr 7, 4  461 Pr 8, 10  465 Pr 8, 22  327, 329, 460, 461, 661 Pr 8, 22-23  461

Pr 8, 27  460 Pr 8, 30  460 Pr 9, 2  461 Pr 9, 3  462 Pr 9, 4  462 Pr 9, 12  462 Pr 9, 18  146 Pr 9, 18a  478 Pr 11, 4  478, 640 Pr 11, 26  491 Pr 12, 5  472 Pr 12, 20  180 Pr 12, 23  475 Pr 13, 8  516 Pr 13, 13a  462 Pr 13, 25  325 Pr 14, 6  463 Pr 14, 15  161 Pr 15, 5  475 Pr 16, 7  527 Pr 19, 13  201 Pr 19, 17  186, 197 Pr 19, 21  262, 265 Pr 19, 23  463 Pr 20, 6  395, 404, 507 Pr 20, 10.23  471 Pr 21, 1  268 Pr 21, 8  167 Pr 22, 1  490 Pr 22, 17  478 Pr 23, 13-14  464 Pr 23, 27  190 Pr 24, 4  118 Pr 24, 12  139 Pr 24, 13  478 Pr 24, 23  471 Pr 24, 34  191 Pr 25, 12  478 Pr 27, 1  495 Pr 27, 12  475

Antico Testamento

Pr 29, 13  190 R 1Re 3, 12  458 1Re 3, 16-28  470 1Re 5, 9-10  459 1Re 5, 14a  274 1Re 8, 23  225 1Re 17, 1  210 1Re 18, 1  210 1Re 18, 41  210 2Re 6, 24  263 2Re 13, 14  305 S Sal 1, 5  158 Sal 2, 9  340 Sal 3, 8  308 Sal 5, 10  392 Sal 6, 2  464 Sal 6, 3  228, 309 Sal 6, 9  147 Sal 7, 9  470, 474 Sal 7, 10  266, 267, 271 Sal 7, 11  360 Sal 7, 12  159, 167, 493 Sal 8, 2  211 Sal 8, 3  269 Sal 8, 6  395, 404, 607 Sal 9, 38  467 Sal 10, 7  246 Sal 11, 4  180 Sal 13, 1  389, 391 Sal 13, 3  392 Sal 13, 4  230 Sal 15, 10  388, 432 Sal 16, 11  112, 243 Sal 17, 3  214 Sal 17, 17  480 Sal 17, 31  310 Sal 17, 34  230

687

Sal 18, 2  208, 219, 460, 606 Sal 18, 4  460 Sal 18, 5  355, 377 Sal 18, 9  308 Sal 21, 21-22  214 Sal 21, 23  387 Sal 22, 1  400 Sal 22, 4  340 Sal 24, 6  271 Sal 25, 1  158 Sal 25, 2  158 Sal 25, 11  474 Sal 26, 4  355 Sal 26, 12  226 Sal 31, 5  221 Sal 31, 6  221 Sal 32, 15  267, 502 Sal 33, 8  166, 607 Sal 33, 9  290, 478 Sal 33, 12  260, 288, 369, 519 Sal 33, 16  43, 270, 301, 302 Sal 33, 20  283, 305, 306, 361, 659 Sal 34, 10  309 Sal 34, 17  226 Sal 35, 7  257, 469 Sal 35, 19  230 Sal 36, 11  479 Sal 36, 16  490 Sal 36, 27  135, 136 Sal 36, 35  211, 212 Sal 38, 2  419 Sal 38, 2-3  419 Sal 38, 6  419 Sal 38, 7  419 Sal 38, 13  173 Sal 38, 17  230 Sal 40, 1  288 Sal 40, 5  228 Sal 41, 2  216 Sal 41, 5  176

688 Sal 43, 10  266 Sal 43, 23  433 Sal 43, 24  226 Sal 43, 25  226 Sal 49, 16  245 Sal 50, 1  253, 271 Sal 50, 12  130, 164, 246, 671 Sal 50, 19  252, 305 Sal 52, 4  338 Sal 53, 5  226 Sal 54, 12  187 Sal 56, 14  438 Sal 57, 2  471 Sal 59, 12  266 Sal 61, 11  427, 488, 493 Sal 63, 2  296 Sal 63, 7  283 Sal 67, 22  310 Sal 68, 3  483 Sal 68, 17  253, 271 Sal 68, 26  206 Sal 68, 29  394 Sal 70, 5-6  153 Sal 72, 27  303, 412 Sal 75, 7  270 Sal 76, 11  318, 320 Sal 77, 13  257 Sal 79, 11  212 Sal 80, 11  277 Sal 81, 1  158 Sal 81, 6-7  448 Sal 81, 7  298 Sal 82, 4  476 Sal 82, 6  158 Sal 83, 2  176 Sal 83, 12  474 Sal 85, 14  226 Sal 86, 3  365 Sal 87, 5  170 Sal 87, 8  226

5. Indice biblico

Sal 88, 15  252 Sal 88, 31.33  340 Sal 88, 39-40  266 Sal 89, 1  360 Sal 90, 7  289 Sal 90, 10  175, 200, 393 Sal 90, 11  289 Sal 90, 13  216 Sal 91, 11  214 Sal 91, 14  206 Sal 91, 16  246 Sal 94, 6  139, 231, 349, 410, 425, 499 Sal 96, 11  284 Sal 101, 23  310 Sal 101, 27  317 Sal 102, 5  248 Sal 103, 4  395 Sal 103, 18  216 Sal 106, 35  215, 665, 671 Sal 109, 2  338 Sal 109, 4  184 Sal 110, 10  527 Sal 111, 9  214, 491 Sal 112, 5  225 Sal 113, 11  225 Sal 114, 9  438, 441, 445 Sal 117, 9  153 Sal 117, 14  153 Sal 118, 7  246 Sal 118, 17  155 Sal 118, 60  237 Sal 118, 71  465 Sal 118, 73  517 Sal 118, 103  478 Sal 118, 105  484 Sal 118, 106  184 Sal 118, 120  291, 462 Sal 118, 131  277, 308 Sal 118, 133  511 Sal 119, 4  329, 338

Antico Testamento

Sal 120, 1-2  360 Sal 120, 2  338 Sal 120, 4  226 Sal 122, 1  484 Sal 122, 2  270 Sal 123, 8  360 Sal 125, 5  233 Sal 125, 6  389 Sal 127, 1  183 Sal 129, 3  252 Sal 131, 1  280 Sal 131, 4  484 Sal 135, 13  215, 257 Sal 138, 6  521, 523 Sal 138, 21-22  345 Sal 140, 7  308 Sal 141, 6  438, 441 Sal 143, 8.11  218 Sal 145, 3  359 Sal 146, 6  226 Sal 148, 12-13  477 Sal 148, 14  214 1Sam 7, 3  467 1Sam 21, 2  273 1Sam 21, 2-3  273 1Sam 21, 7  273 1Sam 21, 12  273 1Sam 21, 13-14  273 1Sam 21, 14  273, 274 1Sam 21, 15  274 1Sam 22, 1  274 2Sam 8, 3-4  407, 408 2Sam 8, 5-6  408 2Sam 8, 15  407 2Sam 8, 16  407 2Sam 10, 6  407 2Sam 10, 8-14  408 2Sam 10, 9  407 2Sam 10, 19  407 2Sam 15, 1-12  476

689

2Sam 15, 31  151, 263 2Sam 15, 31-34  151 2Sam 15, 32  151, 152 2Sam 16, 16  151, 152 2Sam 17, 1-3  151 2Sam 17, 5.14  151 2Sam 17, 8-13  151 2Sam 17, 14  151 2Sam 17, 15-16  152 Sap 1, 4  462 Sap 3, 6  485 Sap 6, 7  197, 419, 433, 450 Sap 7, 1  515 Sap 8, 3  197, 419, 433, 450 Sap 9, 6  383 Sap 9, 18  246 Sap 10, 18  257 Sap 11, 20  253 Sap 13, 5  281 Sap 15, 17  515 Sap 16, 28  399 Sap 19, 7-8  257 Sir 2, 17  467 Sir 8, 5  181 Sir 9, 13  504 Sir 10, 20.21  226 Sir 15, 9  245 Sir 20, 30  379, 656 Sir 24, 8  139, 231, 350, 410, 425, 499 Sir 30, 17  294, 437 Sof 3, 8-9  376 Z Zc 6, 12  367 Zc 8, 16  179 Zc 9, 1  267

690

5. Indice biblico

Nuovo Testamento A Ap 1, 6  68, 149, 186, 222, 416, 429, 442, 453, 484, 498, 535 Ap 1, 16  333, 632 Ap 2, 12.16  333, 632 Ap 3, 17  418 Ap 3, 19  415 Ap 4, 11  139, 231, 350, 410, 425, 499 Ap 5, 6  412, 635 Ap 5, 9  381, 384, 387 Ap 9, 2  388 Ap 12, 9  245 Ap 12, 12  215 Ap 22, 5  441 At 1, 1  287, 380 At 2, 21  435 At 2, 24  432, 434 At 2, 26  112, 244 At 2, 27  388, 432 At 2, 27.31  432 At 2, 28  112, 243 At 3, 6  443 At 4, 32  357 At 4, 34-35  185 At 5, 30  232 At 6, 4  300 At 7, 16  174 At 7, 22  465 At 7, 42  219 At 8, 3  398 At 8, 32  213, 632, 634 At 9, 4  398 At 9, 22  398 At 11, 26  394 At 14, 15  456 At 14, 17  243

At 14, 22  283, 361, 453, 659, 660 At 15, 10  230 At 16, 18  245 At 17, 19  265 At 17, 21  371 At 17, 30  367 At 18, 13  153 At 18, 25  259, 477, 671, 672 At 24, 15  456 At 27, 22.25  112, 244 C Col 1, 5  128, 290, 329, 369, 432, 501, 516, 525, 630 Col 1, 14  414 Col 1, 15  111, 325, 338, 520, 531, 629, 630 Col 1, 16  139, 231, 350, 410, 425, 499, 504 Col 1, 20  10, 106, 288, 301, 363, 370, 413, 633, 667 Col 1, 21  252, 387 Col 1, 23  453 Col 1, 24  225 Col 2, 4  301, 443 Col 2, 5  362, 411 Col 2, 12  399, 635 Col 2, 13  253, 392 Col 2, 15  363, 364 Col 2, 20  309 Col 3, 1  127, 229, 247, 353, 365, 528, 646, 663, 664 Col 3, 3  104, 156, 298, 448, 665, 666 Col 3, 3-4  298 Col 3, 5  175 Col 3, 9  98, 352 Col 3, 10  321, 352, 382, 395, 396,

Nuovo Testamento

397, 507, 616, 619 Col 3, 24  200, 638 Col 4, 7  278 Col 4, 12  453 1Cor 1, 19  363, 389 1Cor 1, 20  383, 424, 443, 479, 525 1Cor 1, 21  329, 389, 635 1Cor 1, 24  214, 479, 628, 632 1Cor 1, 24.30  632 1Cor 1, 27  269 1Cor 1, 30  470 1Cor 2, 3  269 1Cor 2, 4  527 1Cor 2, 6  38, 105, 333, 363, 388, 389, 460 1Cor 2, 6-7  460 1Cor 2, 6.8  363 1Cor 2, 7  379, 481 1Cor 2, 8  262 1Cor 2, 9  84, 145, 365 1Cor 2, 12  329 1Cor 2, 13  76, 80, 258, 329 1Cor 2, 16  76, 391 1Cor 3, 1-2  477 1Cor 3, 7  268 1Cor 3, 9  422 1Cor 3, 10  511, 535, 632 1Cor 3, 10.11  511, 632 1Cor 3, 10.12  535 1Cor 3, 11  511, 535 1Cor 3, 11.12  511 1Cor 3, 18  388 1Cor 3, 19  383, 389, 424, 443, 525 1Cor 4, 5  165, 284, 500, 503, 638 1Cor 4, 11  227, 295, 659 1Cor 4, 11-12  227 1Cor 4, 12-13  275, 659 1Cor 4, 13  305 1Cor 5, 5  340 1Cor 6, 15  204

691

1Cor 6, 20  202, 386, 398, 634 1Cor 7, 5  372 1Cor 7, 23  386, 398, 422, 635 1Cor 7, 31  298 1Cor 7, 33  371 1Cor 8, 5  390 1Cor 9, 24  306, 512 1Cor 9, 26  512, 628 1Cor 9, 27  237 1Cor 10, 11  64, 341 1Cor 10, 12  438 1Cor 10, 13  284, 423, 659 1Cor 10, 18  391 1Cor 10, 31  225, 277 1Cor 11, 31  159 1Cor 11, 32  465 1Cor 12, 3  246 1Cor 12, 8  76, 363 1Cor 12, 12-26  301 1Cor 12, 27  149, 301 1Cor 12, 28  301 1Cor 13, 1  529, 606 1Cor 13, 11  104, 142, 260, 318 1Cor 13, 12  258, 302, 364 1Cor 14, 15  220 1Cor 14, 19  444 1Cor 14, 25  303, 359, 500, 534 1Cor 15, 3  213 1Cor 15, 9  398 1Cor 15, 10  330, 388, 660 1Cor 15, 12.22  518 1Cor 15, 24  357, 376 1Cor 15, 26.55  518 1Cor 15, 27-28  336 1Cor 15, 31  184 1Cor 15, 42  317, 410 1Cor 15, 43-44  317, 616 1Cor 15, 47-48  156, 238, 402, 642 1Cor 15, 49  397, 449, 507, 642 1Cor 15, 53  422, 508

692

5. Indice biblico

1Cor 15, 53-54  422 1Cor 15, 54  368, 376 1Cor 15, 54-57  368 2Cor 1, 6  418 2Cor 1, 8  660 2Cor 1, 12  525 2Cor 2, 15  346 2Cor 3, 2  326 2Cor 3, 3  164, 326, 669, 671 2Cor 3, 18  97, 240 2Cor 4, 4  111, 338, 629 2Cor 4, 8  275, 283, 305, 659 2Cor 4, 10  38, 237, 259 2Cor 4, 13  443, 446 2Cor 4, 16  248, 259, 276, 308, 314, 317, 318, 352, 476, 619 2Cor 4, 18  142, 426 2Cor 5, 3  483 2Cor 5, 4  175, 200, 393 2Cor 5, 6  174 2Cor 5, 9  441 2Cor 5, 15  296, 634 2Cor 5, 16  632 2Cor 5, 17  262 2Cor 5, 21  154, 343 2Cor 6, 9  465 2Cor 6, 16  175 2Cor 7, 1  386, 450 2Cor 7, 10  124 2Cor 8, 9  287, 288, 634 2Cor 9, 6  389 2Cor 10, 4-5  448 2Cor 10, 5  212, 359, 446 2Cor 11, 3  476 2Cor 11, 15  421 2Cor 11, 23  388, 627, 660 2Cor 11, 25-27  294, 659 2Cor 11, 26  433 2Cor 12, 10  270, 415, 660 2Cor 12, 14  155

2Cor 13, 3  330, 332 E Eb 1, 3  367 Eb 1, 7  395, 607 Eb 1, 9  324, 341, 342 Eb 1, 14  361 Eb 2, 4  518, 672 Eb 2, 7.9  395, 404, 607 Eb 2, 8  336 Eb 2, 12  387 Eb 2, 14  228, 363, 364, 400, 635, 636 Eb 4, 12  218, 332, 527, 631, 632, 646 Eb 5, 1  213 Eb 5, 2  302 Eb 5, 7  360, 416, 635 Eb 5, 11  225, 281 Eb 6, 1  392 Eb 6, 2  357, 423 Eb 6, 12  225, 281 Eb 7, 25  416 Eb 7, 26-27  387, 635 Eb 8, 13  247 Eb 9, 24  302 Eb 9, 26  409 Eb 10, 1  298 Eb 10, 5-6.8  449 Eb 11, 1  445 Eb 11, 6  415, 444 Eb 11, 9  173 Eb 11, 10  250, 366 Eb 11, 13  174 Eb 11, 32  513 Eb 11, 33  339 Eb 11, 37  418 Eb 11, 39-40  400 Eb 12, 4  296, 449 Eb 12, 6  276, 415, 519, 659, 660 Eb 12, 7  464 Eb 12, 9  420 Eb 12, 11  463

Nuovo Testamento

Eb 12, 13  246 Eb 12, 22  175, 280, 365 Eb 12, 23  175, 365, 394, 450 Eb 13, 14  174 Ef 1, 7  412, 414, 635 Ef 1, 13  424, 672 Ef 1, 14  290 Ef 1, 21  375, 388 Ef 1, 22-23  225 Ef 1, 23  331, 452 Ef 2, 1  253, 387, 392 Ef 2, 1.5  387, 392 Ef 2, 2  358 Ef 2, 3  412 Ef 2, 4  253 Ef 2, 5  253, 268, 634 Ef 2, 10  348 Ef 2, 12  297, 392, 412 Ef 2, 13  369 Ef 2, 14  301, 363, 374, 413, 633 Ef 2, 14-15  374, 413, 633 Ef 2, 15  259, 262, 288, 301, 411 Ef 2, 19  228, 414, 448 Ef 2, 22  221, 665, 672 Ef 3, 16  276, 308, 314, 317, 352, 476, 619 Ef 4, 10  346, 635 Ef 4, 13  225 Ef 4, 17  446, 456 Ef 4, 19  204 Ef 4, 22  101, 259, 321, 652 Ef 4, 23  224 Ef 4, 24  259 Ef 4, 25  179 Ef 4, 27  244 Ef 4, 31  204, 282 Ef 5, 4  299 Ef 5, 6  445 Ef 5, 8  367 Ef 5, 12  218, 226

693

Ef 5, 16  298, 380, 477, 478 Ef 5, 18  204 Ef 5, 23  331, 351 Ef 5, 27  348, 450 Ef 5, 29  213 Ef 6, 5  443 Ef 6, 11  168, 361 Ef 6, 12  147, 225, 364, 421, 482, 512, 529, 628 Ef 6, 13  380, 477, 512, 628 Ef 6, 16  168, 414 Ef 6, 19  456 F Fil 1, 19  202 Fil 1, 22  161, 174, 390 Fil 1, 26  423 Fil 1, 27  284 Fil 2, 6  111, 280, 338, 629 Fil 2, 7  288, 341, 560, 634 Fil 2, 8  331, 337, 398, 634, 635 Fil 2, 8-9  331, 337, 634 Fil 2, 10  351, 376 Fil 3, 3  423 Fil 3, 8  111, 329 Fil 3, 12  512 Fil 3, 13  209, 248, 318, 445, 512, 628 Fil 3, 13-14  318 Fil 3, 14  216, 301 Fil 3, 19  204, 206, 259, 377, 394, 424, 494, 642, 649, 652 Fil 3, 20  38, 124, 136, 156, 173, 364, 365, 672 Fil 3, 21  272 Fil 4, 7  161, 222, 236, 301, 633, 645 Fil 4, 13  210, 360 G Gal 1, 4  213 Gal 1, 13  398 Gal 2, 14  451

694

5. Indice biblico

Gal 2, 16  271 Gal 2, 20  156, 161, 174, 390, 665 Gal 3, 13  232 Gal 3, 22  477 Gal 3, 26  158 Gal 3, 27  213, 665 Gal 3, 28  438 Gal 4, 3  142 Gal 4, 4  335, 368 Gal 4, 19  295 Gal 4, 24  265 Gal 4, 26  365, 367 Gal 5, 1  383, 387, 634 Gal 5, 17  149, 509, 610 Gal 5, 19  204, 211, 231, 642, 644 Gal 5, 22  244, 342, 669, 671 Gal 5, 24  111, 127, 142, 146, 237, 267, 281, 397, 404, 448, 481, 512, 641, 642, 643, 644, 645, 646 Gal 6, 7  220, 429 Gal 6, 7-8  429 Gal 6, 8  138 Gal 6, 14  329, 423 Gc 1, 2  272 Gc 1, 3  485 Gc 1, 4  291 Gc 1, 12  281, 361, 660 Gc 1, 15  282 Gc 1, 18  290, 329, 369, 501, 511, 525, 629, 630 Gc 1, 22-25  393 Gc 2, 7  220 Gc 2, 14-26  393 Gc 4, 1-2  442, 650 Gc 4, 2  237, 359 Gc 4, 2-4  359 Gc 4, 3  219 Gc 4, 9  204 Gc 4, 10  363

Gc 4, 12  360 Gc 5, 3  112, 244 Gc 5, 17  210 Gd 24  176 1Gv 1, 1  277 1Gv 2, 2.12  213 1Gv 2, 8  367 1Gv 2, 13  249 1Gv 2, 16  282, 378 1Gv 2, 16-17  282 1Gv 3, 8  169, 350, 355, 435 1Gv 3, 12  204, 252 1Gv 4, 6  128, 377 1Gv 4, 9  412, 450, 635 1Gv 4, 10  213, 231 1Gv 4, 18  260, 288, 432, 653 1Gv 4, 20  432 1Gv 5.6-7  221 1Gv 5, 16  435 1Gv 5, 19  298 2Gv 6  514 2Gv 7  303 Gv 1, 1  25, 62, 250, 254, 525, 526, 529, 533, 534, 551, 553, 556, 629 Gv 1, 2  254, 323, 391, 630 Gv 1, 9  284, 333, 632 Gv 1, 14  64, 367, 398, 629, 630, 631 Gv 1, 16  156, 288 Gv 1, 29  213, 632, 634 Gv 1, 32  341, 342, 631, 633, 669 Gv 2, 10  259 Gv 3, 5  98, 221 Gv 3, 10  204 Gv 3, 14  157, 373, 633 Gv 3, 14-15  157, 633 Gv 3, 16  412 Gv 3, 17  253, 450, 635, 637 Gv 3, 18  158 Gv 3, 19  281, 367, 631

Nuovo Testamento

Gv 3, 20  284, 403, 639 Gv 3, 29  322, 667 Gv 4, 6  388, 670, 672 Gv 4, 10  202, 364, 671 Gv 4, 14  210, 292, 365, 634, 665, 666 Gv 4, 20  452 Gv 4, 24  170 Gv 5, 24  174 Gv 6, 32  290, 632 Gv 6, 33  213, 325, 628, 629, 632, 634 Gv 6, 35  325, 333, 632 Gv 6, 51  277, 325 Gv 6, 51.58  277 Gv 6, 55  290, 632 Gv 7, 38  202, 210, 364, 671 Gv 8, 12  530 Gv 8, 34  310, 383, 398, 452 Gv 8, 39  355 Gv 10, 12  144, 399 Gv 10, 15  399, 635 Gv 10, 16  205, 206 Gv 10, 16-17  205 Gv 10, 34  158 Gv 11, 25  530, 632 Gv 12, 32  373, 634 Gv 12, 43  174, 204, 219, 359 Gv 13, 15  287 Gv 14, 3  176 Gv 14, 6  179, 333, 337, 632, 665 Gv 14, 17  128, 377, 670, 672 Gv 14, 21.23  299 Gv 14, 27  222, 301 Gv 14, 30  154 Gv 15, 1  230, 259, 333, 632 Gv 15, 1-4  230 Gv 15, 5  213 Gv 15, 15  254, 322, 652 Gv 15, 26  254 Gv 16, 13  95, 128, 377 Gv 16, 25  458

Gv 16, 33  249, 306, 376, 659 Gv 17, 5  158, 628 Gv 17, 10  287, 629 Gv 17, 11  176 Gv 17, 12  152, 350 Gv 17, 24  176 Gv 19, 39  346, 634 Gv 20, 19  222 Gv 20, 28  228, 629, 666 L Lc 1, 6  453 Lc 1, 48  437 Lc 1, 75  451 Lc 1, 79  284 Lc 2, 13  219 Lc 2, 20  211 Lc 2, 29-30  420 Lc 2, 52  86, 331, 337 Lc 3, 6  420 Lc 3, 7  194 Lc 4, 22  330 Lc 4, 41  245 Lc 5, 37-38  259 Lc 5, 38  259 Lc 6, 21  233 Lc 6, 23  244 Lc 6, 34-35  196 Lc 6, 38  167, 429 Lc 6, 39  403 Lc 6, 45  325, 379, 655 Lc 7, 7  514 Lc 7, 25  204, 403 Lc 7, 32  239 Lc 7, 50  154 Lc 8, 7.14  218, 371 Lc 8, 8  308 Lc 8, 13  415 Lc 8, 14  371, 372, 403, 642, 643 Lc 9, 38  213 Lc 10, 6  152, 222

695

696 Lc 10, 13  240 Lc 10, 19  216 Lc 10, 29  180 Lc 10, 36  180 Lc 10, 37  180 Lc 12, 7  251 Lc 12, 20  391, 489, 494 Lc 12, 21  497 Lc 12, 22-23  487 Lc 12, 24  118, 500 Lc 12, 33  490, 495, 496, 497 Lc 12, 42  176, 488, 496 Lc 13, 8  512 Lc 13, 11  305 Lc 13, 32  314, 315, 397 Lc 14, 9-10  418, 660 Lc 14, 26  350 Lc 14, 33  372 Lc 16, 8  367, 390, 466 Lc 16, 9  176, 394 Lc 16, 19  309, 388 Lc 16, 20  388, 627, 660 Lc 16, 22.23.25  415 Lc 16, 23  388 Lc 16, 24  388 Lc 16, 25  402, 639 Lc 18, 11  161, 514 Lc 18, 11-12  161 Lc 18, 13  514 Lc 18, 17  437 Lc 18, 24  378 Lc 20, 35  438 Lc 20, 36  302 Lc 21, 34  218, 371, 403 Lc 24, 1  368 Lc 24, 36  222 M Mc 1, 34  245 Mc 2, 22  259 Mc 3, 5  338

5. Indice biblico

Mc 3, 12  245 Mc 3, 17  209, 335, 525 Mc 4, 7.18-19  218 Mc 4, 7.19  371 Mc 4, 8.20  233 Mc 4, 10-12  335 Mc 4, 19  403 Mc 4, 26-29  490 Mc 6, 34  399 Mc 8, 37  382, 386 Mc 9, 43.45.47  519 Mc 9, 48  296, 519 Mc 10, 15  437 Mc 12, 30  322 Mt 1, 23  368, 629, 631 Mt 3, 7  194 Mt 3, 17  207, 208, 319, 633 Mt 4, 4  325 Mt 5, 3  286, 288, 305 Mt 5, 4  233 Mt 5, 5  280, 287, 479 Mt 5, 6  290 Mt 5, 9  287 Mt 5, 12  149, 455 Mt 5, 16  202, 204, 226 Mt 5, 21  183 Mt 5, 22  183 Mt 5, 28  164, 183, 503 Mt 5, 34  183 Mt 5, 37  184 Mt 5, 41  138 Mt 5, 42  185, 186, 188, 198 Mt 5, 44  162 Mt 5, 45  486 Mt 6, 1  352 Mt 6, 4  352, 379, 425, 494, 534 Mt 6, 4.6.18  379, 425, 494, 534 Mt 6, 9  201, 202 Mt 6, 10  336 Mt 6, 19  198, 497

Nuovo Testamento

Mt 6, 20  156, 495, 496 Mt 7, 1-3  159 Mt 7, 2  167, 429, 638, 640 Mt 7, 3  514 Mt 7, 6  146, 462 Mt 7, 13  84, 142, 361, 389, 659 Mt 7, 13-14  84, 142, 361, 659 Mt 7, 14  100, 283, 511, 659 Mt 7, 16  197 Mt 7, 18  230, 655 Mt 7, 23  147 Mt 7, 24  224, 467 Mt 7, 24-25  467 Mt 7, 27  422, 467 Mt 8, 12  403, 498, 639 Mt 8, 13  154 Mt 9, 12  91, 378, 622 Mt 9, 13  378 Mt 9, 15  113, 240, 467 Mt 9, 36  399 Mt 10, 15  426 Mt 10, 16  390, 466 Mt 10, 29  251, 658 Mt 10, 30  251, 658 Mt 10, 34  332, 333, 632 Mt 10, 42  268 Mt 11, 12  477 Mt 11, 15  308 Mt 11, 19  152 Mt 11, 21  240 Mt 11, 28  369, 389, 489 Mt 11, 29  280, 287, 337, 414, 633 Mt 11, 29-30  414 Mt 12, 29  399 Mt 12, 32  375 Mt 12, 33  197, 230 Mt 12, 34  178, 194, 531, 654 Mt 12, 35  323, 325, 655 Mt 12, 36  268, 299, 403 Mt 12, 37  299, 326, 639

Mt 12, 42  159 Mt 12, 43-44  372 Mt 13, 7.22  218, 371 Mt 13, 8  233 Mt 13, 9  478 Mt 13, 17  415 Mt 13, 22  403 Mt 13, 39  233, 358 Mt 13, 39.40.49  233 Mt 13, 45  482 Mt 15, 14  403 Mt 15, 18  138 Mt 15, 19  142 Mt 17, 5  319, 633 Mt 17, 21  411 Mt 18, 3  477 Mt 18, 10  302, 399 Mt 19, 17  518 Mt 19, 18  138 Mt 19, 19  138 Mt 19, 21  138 Mt 19, 28  355 Mt 20, 16  305 Mt 20, 22  450 Mt 20, 28  383, 435, 449, 635 Mt 21, 15  245 Mt 22, 11-13  113, 240 Mt 22, 14  266 Mt 22, 29  387 Mt 22, 32  228, 629 Mt 22, 37  165, 420 Mt 23, 27  392 Mt 23, 33  194 Mt 23, 35  434 Mt 24, 4  233 Mt 25, 10-13  467 Mt 25, 24  198 Mt 25, 26  482, 640 Mt 25, 29  221 Mt 25, 32  109, 348

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698

5. Indice biblico

Mt 25, 34  490, 497, 518 Mt 25, 34-36  497 Mt 25, 41  215, 498, 519, 640 Mt 25, 41-43  498, 640 Mt 25, 46  389, 639 Mt 26, 3  309 Mt 26, 39  449 Mt 28, 8  232 Mt 28, 19  208, 668, 672 P 1Pt 1, 1  174 1Pt 1, 2  222 1Pt 1, 7  485 1Pt 1, 8  244 1Pt 1, 18  212, 386 1Pt 1, 19  310, 386, 398, 412, 634, 635 1Pt 2, 2  325, 461, 477 1Pt 2, 9  265 1Pt 2, 11  174 1Pt 2, 12  389 1Pt 2, 21  287 1Pt 2, 22  387 1Pt 2, 23  337, 418 1Pt 3, 4  177, 178, 276, 303, 307, 308, 476, 534, 619, 651, 654 1Pt 3, 9  418 1Pt 3, 20  220, 486 1Pt 3, 20-21  220 1Pt 4, 2.6  161, 174, 390 1Pt 4, 11  68, 149, 186, 222, 416, 429, 442, 453, 484, 498, 535 1Pt 5, 6  363, 383 1Pt 5, 8  512 2Pt 1, 4  113, 235, 282 2Pt 1, 13-14  174, 175, 366, 393 2Pt 1, 16  336, 350 2Pt 1, 19  73, 143, 357 2Pt 2, 8  156 2Pt 2, 9  426

2Pt 2, 22  146, 156 R Rm 1, 5  330 Rm 1, 7  222 Rm 1, 20  89, 251, 387, 460, 658 Rm 1, 22  389 Rm 1, 23  204 Rm 1, 25  204 Rm 1, 26  147, 255, 451, 643 Rm 1, 32  423 Rm 2, 4  253 Rm 2, 5  232, 252, 284, 303, 340, 638 Rm 2, 6  139 Rm 2, 16  473, 534 Rm 2, 16, 15  473 Rm 2, 17-18  160 Rm 2, 18  160 Rm 2, 19  403 Rm 2, 23  204 Rm 2, 24  204 Rm 3, 20  271 Rm 3, 23-24  384, 634 Rm 3, 25  384, 386, 387, 412, 634, 635 Rm 4, 2  271 Rm 5, 3  271, 275, 283, 361, 415, 485, 658, 659, 660 Rm 5, 3-4  275, 283, 361, 659 Rm 5, 3-5  415, 660 Rm 5, 5  415 Rm 5, 10  339, 387 Rm 5, 14  64, 86, 337, 399, 635 Rm 5, 14.21  337 Rm 5, 21  348, 419 Rm 6, 1  168 Rm 6, 6  221, 665 Rm 6, 11  309 Rm 6, 12  337, 348, 419 Rm 6, 16  452 Rm 6, 17-20  383

Nuovo Testamento

Rm 6, 19  211, 231, 246, 302, 642, 644 Rm 7, 5  111, 127, 142, 146, 218, 267, 281, 291, 397, 404, 448, 481, 512, 641, 642, 643, 644, 645, 646 Rm 7, 6  97, 248, 670 Rm 7, 7  399 Rm 7, 9  142 Rm 7, 10  299 Rm 7, 14  299 Rm 7, 22  276, 308, 314, 317, 352, 476, 619 Rm 7, 24  156, 298, 310, 610 Rm 8, 3  285, 384, 386, 631 Rm 8, 5-7  210, 222, 282, 288, 419, 481, 626, 627, 643, 644, 645, 646, 665 Rm 8, 6.27  420 Rm 8, 7  222, 645 Rm 8, 8  239, 642 Rm 8, 12-13  156, 641, 642 Rm 8, 15  202, 260, 432, 653, 672 Rm 8, 26  433 Rm 8, 28  178 Rm 8, 31  374 Rm 8, 32  420 Rm 8, 35  227, 432, 433, 658, 661 Rm 8, 36  433 Rm 8, 37  271, 361, 435, 627, 660, 661 Rm 8, 39  271, 658 Rm 9, 4-5  292, 392 Rm 9, 5  266, 340, 413 Rm 9, 30  504 Rm 10, 10  164, 379, 398, 653, 655 Rm 10, 13  435 Rm 11, 5  266 Rm 11, 22  486 Rm 11, 25  266

699

Rm 11, 26  266 Rm 11, 33  145, 523 Rm 12, 11  259, 271, 477, 671, 672 Rm 13, 1  268 Rm 13, 12  367 Rm 13, 13  148, 159 Rm 13, 14  352, 620 Rm 15, 1  308 T 1Tm 1, 5  201, 654 1Tm 1, 18  512, 628 1Tm 1, 20  464 1Tm 2, 4  403 1Tm 2, 5-6  384 1Tm 2, 14  358 1Tm 3, 2  513 1Tm 3, 15  29, 206, 224, 511 1Tm 4, 1  350 1Tm 4, 6  160 1Tm 4, 10  421 1Tm 4, 13  181 1Tm 6, 3  158, 509 1Tm 6, 4  282, 445 1Tm 6, 5  394 1Tm 6, 8  487, 509 1Tm 6, 9  314, 391 1Tm 6, 10  442, 650 1Tm 6, 11  217, 504 1Tm 6, 12  105, 128, 449, 626 1Tm 6, 14  303, 366 1Tm 6, 17  313, 359, 381, 649 1Tm 6, 20  394, 468 1 Ts 5, 16-18  658 Tt 2, 2  513 Tt 2, 12  503 Tt 2, 13  129, 302, 341, 383, 628 Tt 2, 14  386 Tt 3, 3  477 Tt 3, 5  297, 477

Patrologia Beiträge zum Studium der Kirchenväter Herausgegeben von Andreas Spira †, Hubertus R. Drobner und Christoph Klock Band

1 Henriette M. Meissner: Rhetorik und Theologie. Der Dialog Gregors von Nyssa De anima et resurrectione. 1991.

Band

2 Gregor von Nyssa: Contra Eunomium I 1 - 146. Eingeleitet, übersetzt und kommentiert von Jürgen-André Röder. 1993.

Band

3 Albert Viciano: Retórica, Filosofía y Gramática en el Aduersus nationes de Arnobio de Sica. 1993.

Band

4 Helmut Seng: Untersuchungen zum Vokabular und zur Metrik in den Hymnen des Synesios. 1996.

Band

5 Giampietro Dal Toso: La nozione di proairesis in Gregorio di Nissa. Analisi semioticolinguistica e prospettive antropologiche. 1998.

Band

6 Gregor von Nazianz: De humana natura (c. 1,2,14). Text, Übersetzung, Kommentar von Kristijan Domiter. 1999.

Band

7 Hubertus R. Drobner: Augustinus von Hippo, Predigten zum Buch Genesis (Sermones 1-5). Einleitung, Text, Übersetzung und Anmerkungen. 2000.

Band

8 Jochen Rexer: Die Festtheologie Gregors von Nyssa. Ein Beispiel der reichskirchlichen Heortologie. 2002.

Band

9 Hubertus R. Drobner: Augustinus von Hippo. Predigten zu Kirch- und Bischofsweihe (Sermones 336-340/A). Einleitung, revidierter Mauriner-Text, Übersetzung und Anmerkungen. 2003.

Band 10 Hubertus R. Drobner: Augustinus von Hippo. Predigten zu den Büchern Exodus, Könige und Job (Sermones 6-12). Einleitung, Text, Übersetzung und Anmerkungen. 2003. Band 11 Hubertus R. Drobner: Augustinus von Hippo. Predigten zum Weihnachtsfest (Sermones 184-196). Einleitung, Text, Übersetzung und Anmerkungen. 2003. Band 12 Igor Pochoshajew: Die Seele bei Plato, Plotin, Porphyr und Gregor von Nyssa. 2004. Band 13 Hubertus R. Drobner: Augustinus von Hippo. Predigten zum Buch der Sprüche und Jesus Sirach (Sermones 35-41). Einleitung, Text, Übersetzung und Anmerkungen. 2004. Band 14 Daniel J. Jones: Christus Sacerdos in the Preaching of St. Augustine. Christ and Christian Identity. 2004. Band 15 Manuel Mira: Ideal ascético y antropología antiarriana en las homilías de Basilio Magno. 2004. Band 16 Hubertus R. Drobner: Augustinus von Hippo. Predigten zum österlichen Triduum (Sermones 218–229/D). Einleitung, Text, Übersetzung und Anmerkungen. 2006. Band 17 Andreas Spira: Kleine Schriften zu Antike und Christentum. Menschenbild – Rhetorik – Gregor von Nyssa. Herausgegeben von Hubertus R. Drobner. 2007. Band 18 Hans Feichtinger: Die Gegenwart Christi in der Kirche bei Leo dem Großen. 2007. Band 19 Hubertus R. Drobner: Augustinus von Hippo. Predigten zum Markusevangelium (Sermones 94/A-97). Einleitung, Text, Übersetzung und Anmerkungen. 2007. Band 20 Igor Pochoshajew: Gregory of Nyssa, De Beatitudinibus IV, Ad Ablabium and Adversus Macedonianos. English and German Translations and Studies. With the collaboration of David J. McCollough and Oliver Erckens. 2008.

Band 21 Notker Baumann: Die Demut als Grundlage aller Tugenden bei Augustinus. 2009. Band 22 Hubertus R. Drobner: Augustinus von Hippo. Predigten zu Neujahr und Epiphanie (Sermones 196/A-204/A). Einleitung, Text, Übersetzung und Anmerkungen. 2010. Band 23 Andrea Bizzozero: Il misterio pasquale di Gesù Cristo e l'esistenza credente nei Sermones di Agostino. 2010. Band 24 Hans-Bernd Krismanek: Das Briefkorpus Kyrills von Alexandrien als Quelle des antiken Mönchtums. Kirchenpolitik, Christologie und Pastoral. 2010. Band 25 Hubertus R. Drobner: Augustinus von Hippo – Sermones ad populum. Überlieferung und Bestand – Bibliographie – Indices: Supplement 2000-2010. 2010. Band 26 Hubertus R. Drobner: Augustinus von Hippo. Predigten zur Apostelgeschichte (Sermones 148-150). Einleitung, Text, Übersetzung und Anmerkungen. 2012. Band 27 Robert Walz: Vorbereitung auf das Martyrium bei Cyprian von Karthago. Eine Studie zu Ad Fortunatum. 2013. Band 28 Hubertus R. Drobner: Neu identifizierte Textzeugen zu den Predigten Augustins. 2013. Band 29 Hubertus R. Drobner: Augustinus von Hippo. Predigten zu den alttestamentlichen Propheten (Sermones 42-50). Einleitung, Text, Übersetzung und Anmerkungen. 2013. Band 30 Éliane Poirot: Saint Antoine le Grand dans l’Orient chrétien. Dossier littéraire, hagiographique, liturgique, iconographique en langue française. 2014. Band 31 Juan Antonio Gaytán Luna: Fin del mundo y destino final del hombre. La exégesis escatológica de I ad Corinthios 7,31, y 15,50, en la literatura cristiana antigua. 2014. Band 32 Andrea Bizzozero: Una catechesi sulla risurrezione dei morti. Analisi dei sermoni 361 e 362 di Agostino di Ippona. 2014. Band 33 Mauricio Saavedra Monroy: The Church of Smyrna. History and Theology of a Primitive Christian Community. 2015. Band 34 Gabriele Spira: Paradies und Sündenfall. Stoffe und Motive der Genesis 3-Rezeption von Tertullian bis Ambrosius. 2015. Band 35 Hubertus R. Drobner: Augustinus von Hippo. Predigten zu den Psalmen I (Sermones 1321) und Predigten zu den Psalmen II (Sermones 22-34). Einleitung, Text, Übersetzung und Anmerkungen. 2016. Band 36 Hans Feichtinger: Bild und Bildung bei Augustinus. 2017. Band 37 Giorgio Mazzanti (ed.): Basilio di Cesarea – Omelie sui Salmi e altre omelie esegetiche. Introduzione, commento e revisione. Traduzione e indici di Simona Giani. 2017. www.peterlang.com