Nietzsche e Schumann. Musica, scrittura, forma e creazione

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Franco Gallo, Paolo Zignani Nietzsche e Schumann. Musica, scrittura, forma e creazione ISTITUTO ITALIANO PER GLI STUDI FILOSOFICI l>R ESS

Indice

Inuoduzione, di Franco Ga/JQ, Paolo Zignani Nota redazionale Elenco delle abbreviazioni

NIETZSCHE, SCHUMANN: LA MUSICA E LA SCRITTURA TRA ESPRESSIONE AFORISTICA E PROVOCAZIONE CULTURALE

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Franco Gallo Q

~m~

I.

Nietzsche e Schumann: alcune ipotesi sul loro rappono tra eredità della deursche Bewegung, inflessioni modernistiche e problemi del!' emancipazione La ricezione nietz.scheana di Schumann: aspetti problematici La posizione delle raccolte pianistiche schumanniane degli anni Trenta nel quadro dell'estetica della costruzione e ricezione della forma: alcune ipotesi ermeneutiche Sui caratteri della scrittura schumanniana La posizione delle opere aforistiche nietz.scheane rispetto alla scrittura filosofica tra comunicazione e monumentalizzazione: approcci interpretativi

2. 3.

4. 5.

~

28 41

50 58

76

6. 7.

Nietzsche scrittore tra musica e danza L'aforisma come alternativa alla tradizione della scrittura filosofica: sperimentalismo autocritico, dono alcionico, evanescenza, consumabilità 8. L'allontanamento superficiale di Nietzsche da Schumann e le omologie strutturali del loro pensiero costruttivo. Riflessi sull'idea della musica (e della cultura) 9. Alcuni esperimenti di riscontro testuale 10. Conclusioni: una nuova scrittura, un'idea di emancipazione, una contraddizione intrinseca

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I04

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MUSICA, DISSONANZA E CRITICA DELLA FORMA TRA SCHUMANN I! Nll!TZSCHI!

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Paolo Zignani O.

Premessa I. L'armonia metafisica di Rameau 2. L'ordine del discorso musicale e il pianto di Pietro 3. Wackenroder, la musica come letteratura 4. Jean Paul e l'alternativa letteraria e musicale all'idealismo 5. I geroglifici della natura: automi, artisti e filistei 6. Il Carnaval di Schumann e la lotta contro i filistei 7. Carnava/, partitura a più dimensioni- il viaggio nel negativo 8. Manfred: un passo incrociato 9- Schumann: musica e Heim/ichkeit 10. Nietzsche e la critica dell'intellettualismo nella musica 11. L'origine artificiosa dell'intimo 12. Musica come tecnica psichica 13. Conclusione

199 203 208 213 222 245 263 272 291

Indice dei nomi

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297 303 321 331 336

Introduzione

Recenti orientamenti critici su Nietzsche sono largamente dedicati ali' analisi dei meccanismi operativi della sua scrittura e conseguentemente attenti a valorizzarne il dispositivo lato sensu retorico o narratologico. Raccordandosi in parte a tale tendenza, questo contributo si vuole proporre come una riflessione che assume come punto di vista elettivo il superamento da parte di Nietzsche di una concezione strettamente tecnico-strumentale del mezzo espressivo rispetto al momento ideativo e ritiene cosl che i due fattori della resa comunicativa a livello del testo e dcli'elaborazione di prospettive ideologiche, culturali e filosofiche siano strettamente gemellati. Lungi dal considerare quindi la scrittura nietzscheana come una superficiale sequenza di effetti scenotecnici di prosa d'arte o come concettosa poesia, gli autori non la ritengono però né epidermide irrilevante di un nocciolo metafisico, ontologico o morale, né, come tale, intrinseca e autosufficiente pratica filosofica. Vorrebbero valorizzarne piuttosto, secondo l'ipotesi interpretativa che li ha motivati, l'originaria omogeneità di intenti con alcune prospettive di scrittura e comunicazione musicale (in particolare lo Schumann pianistico e

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INTRODUZIONE

liederistico), rispetto alle quali il piano dd pensiero scritto nietzscheano rappresenta un anawgo e un antagonista. Da un lato, in Nietzsche e in Schumann sarà infatti individuata e discussa l'analogia (e per certi versi l'omologia) di una linea creativoespressiva, mediata nella musica e/o nella scrittura, che si pone come militanza rispetto al sistema della cultura e intervento di critica ed emancipazione nei confronti del fìlisteismo 1 (in sostanza, cioè, dell'acquisizione della cultura come orpello, pattern distintivo di un'appartenenza socioculturale che determina prospettive morali e visioni del mondo senza farvi retroagire quella cultura stesso come fattore critico e tensione interrogativa della sua tenuta). Dall'altro lato, si prenderà in esame la dimensione critico-polemica del rapporto di Nietzsche con Schumann proprio come esito di una 1

Il termine, il cui uso spregiativo per designare i borghesi incolti nasce nell'ambiente degli srudenti universitari alla fine del Seicento, diventa poi nell'ambito della letteratura romantica etichetta per gli avversari dei nuovi sc.enari letterari

ed etici

e, con Schopenhauer, stigma irredimibile dell'uomo •senza bisogni spirituali> il cui scopo nella vita •consiste nel procurarsi tutto ciò che contribuisca al suo benessere materiale» (A. Schopenhauer, Parerga e para/ipomma, Adelphi, Milano 1981, 2 voli., Il, pp.462-463). Niea.sche vi aggiunge, nell'/nam,a/esu D.F. Strauss, lo schizzo della sua estrema mutazione: il filisteo colto, nel quale si realir.La l'alien37jone ultima della convin:t.ione di un possesso saldo di culturacontraddeu:a dalla mancanza intrinseca di ogni tenden1.aall'uni1àdi stile e alla ricerca spassionata (cfr. DS, 2; per i criteri di citazione delle opere di Niea.sche cfr. infra). Questa evoluzione allarmata e polemica di una satira dell'acculrurazioneborghese fatta di domina non assimilata né interioriz:t.ata,sviluppata da Tieck,dai Brentanoe dal loro m/QUragee da Heine, fu condotta in epoca coeva con maggiore influenza su Schumann da E.T.A. Hoffmann, che ne offre raffigurazione plastica nel linguaggio del gatto Murr, ptotagonistadi un ironico romanzo di form37jone, che aspira non a caso e gro11escamen1e a una cattedra di estetica (E.T .A. Hoffmann, Opinu,ni e villl delgatt1J Murrcompr,nsiv, de/'4 biografia

frammmtàrill del maestro di cappella johannn Kreiskr in forma di casuali scartàfacci, L'Orma, Roma 2016, d'ora in poi citato semplicemente come Il gano Murr). Il linguaggio del gatto, traEmpfindsamkeit e gergospkjlbiirgerlich, accumulacita:tioni dotte acon1esruali con effe11i esilaranti (cfr. sul punto R. Robenson, Shakesp,arean C,,medy and Rnmanric Psychology in Hoffinann~ 'Karer Murr', «Studies in Roman1icism•, 24 (1985), 2, pp. 201 -222, soprammo pp. 201-203). Semiseria, ma non irrilevante, la menzione esplicita di Kater Murr da parte del giovanissimo Niea.sche (le11era a W. Pinder, metà febbraio 1859, BVN 55).

INTROOU:t.lONE

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diversa elaborazione dell'idea dell'integrazione della cultura nella vita e dell'arte (sia come progetto e creazione, sia come fruizione) nell'esistenza. L'ipotesi che verrà messa alla prova nel testo è appunto quella che tale analogia/ omologia e tale antagonismo siano profondi non solo perché radicati nel medesimo contesto intellettuale (eredità della deutsche Bewegung'f, ma anche perché in Nietzsche il piano della composizione aforistica risulta muoversi su dimensioni formali imparentate, per aspetti che discuteremo, con modelli schumanniani ancor più che con le scritture frammentistiche della prima generazione romantica. Ciò in quanto la costruzione nietzscheana della scrittura è foncmente orientata dall'idea dell'intermedialità tra scrittura e musica3• Di qui un ampio esame, nel primo dei due contributi di questo volume, della relazione Nietzsehe-Schumann in riferimento alla concretizzazione di modelli di composizione e organizzazione architettonica delle forme brevi, viste anche come specifiche scelte di interazione con il pubblico e penanto pensate nell'ottica di una panicolare, differenziata opponunità di fruizione. È ben noto d'altronde come Nietzsche, dopo una passione travolgente e giovanile per Schumann, se ne sia pubblicamente distanziato con severi giudizi, non soltanto per un eventuale influsso di altra, altrettanto potente esperienza (quella wagneriana), ma anche per una ' llconeretica, manifescolibri, Roma 2004 (con ampia ripresa e ricalibratura degli scudi precede nei); Ecce homo: scrittura di si, monumcnralizzazionu na"azionc de//'idcnrità. Au"'biografia e destinazwnc postuma dellafilosofia in Nierzschc rra Goethe, il decadentis,nt, e Leopardi, in M. Mext.anzanica (a cura di), Filosofia de/l'autobiografia, Franco Angeli, Milano 2007, pp. 47-77; Sul bisogno etico-politico dell'emancipazione. Srratcgiea/1Qmo aNietzsche, •il cannocchiale., (2007), 1, pp. 33-S2.

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FRANCO CALLO

e assume come punto di partenza alcune loro conclusioni, che per chiare-z.za si riportano qui sinteticamente: Nel pensiero nietzscheano la problematica estetica è continuamente richiamata non soltanto nel senso della riflessione critica sulle arti e sulla loro prassi, ma anche in riferimento alla questione del significato dell'esperienza estetica nella contemporaneità tecniciz:zata e massificata. Nietzsche propende per l'ideale di una reintegraiione sistematica dell'arte nella vita, ma ciò determina nella sua filosofia una tensione straordinaria tra il ridimensionamento della coscienza e dell'individualità elaborato nell'ontologia e teoria della conoscenza, ed il suo ritorno ad un ruolo centrale nel godimento estetico e nella progettazione artistica. Si concrelizza rutravia, al di là di queste ten-

sioni, un complesso ideale di emancipazione, votalQ a rt'Tllkre il soggetto semprepiù dutrile e plastico nelle sue risposte all'ambiente, fino a saperne, se dei caso, progettare il rovesciamento. Il guadagno di questa libertà non è indolore, e le contraddizioni del progetto di emancipazione di Nietzsche emergono sia nell'analisi delle modalità effettive di interpolazione dell'arte nella vita che il filosofo ipotizza, sia nel confronto problematico e tematico con altri autori. li [...] fallimento di una fondazione inrmoggetriva dell'emancipazione da parte di Nietzsche [rappresenta] la ragione principale del suo involvere, cosl frequente, nel proprio opposto: la barbasie qualunquistica, l'apprezzamento sconsiderato e sprezzante nei confronti delle differenze2 • Ci proponiamo ora di discutere, ulteriormente elaborando tali prospettive, alcune possibili linee di interpretazione della modalità aforistica della scrittura nierz.scheana. Nel nostro approccio quest'ultima non è soltanto superamento della forma canonica della comunicazione filosofica, nel quadro dcli'eversione del pensiero accademico, ma si propone sopranutto come nuovaforma di integrazione tra vita efikJsofta, tktenninandosi ipso facto come agire emancipativo.11 nostro contributo, argomentando queste posizioni, sosterrà che tale forma di scrittura 'F. Gallo, Nie=hee l'emancipazitme esutica, cit., pp. 8-9.

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si cristallizza in alcune soluzioni formali omologhe con quelle della scrittura musicale schumanniana, precipuamente quella pianistica e liederistica., e finisce cosl per costituire un comparabile riflesso intertesruale e intermediale3 della medesima problemaùca culturale e creativa. Contemporaneamente l'attenzione alla dimensione intermediale propria del costituirsi del testo nierz.scheano si collega a un'analisi ddla tematizzazione consapevole, da parteddla filosofia d i Nietzsche, dd fenomeno del suono organizzato e della sua fruizione come luoghi centrali dell'identità dd contemporaneo~ - tematizzazione che avviene appunto in N ietzsche e che si può concettualizzare, con lessico più recente, come quel tema semiotico dello "spazio sonoro", del "suono in cui viviamo", del paesaggio sonoro o soundscape: perché la scrittura nierz.scheana ha tentato di costituirsi, a propria volta, come spazio sonoro e meccanismo semiotico alternativo a quelli proposti dalla vita sociale della dicadmce (la grande città) e della sua arte (il teatro wagneriano), senza poter evitare di realizzarsi come gema mixtum a propria volta, incorporante tutta quella dimensione teatrale (la maschera, la danza, la sfumatura, l'espressività) che Nietzsche imputa comunque anche alla dicadmce. Il nostro lavoro, a partire da questo assunto, ragiona sulla natura di questo esito di scrittura e di filosofia e ne individua appunto la coerenza, prima e più che con l'opera wagneriana e in ogni caso oltre quest'ultima, con alcune dimensioni della musica di Robert Schumann.

J li campo conceuualeè desunto, ovviamente,da J. Kristeva e dal manifesto d i D. Higgins, lmermedia,su •Something else newsleuer,, del 1966 (oggi ripubblicato a hnps:l/muse.jhu.edu/journals/leonardo/v034/34. lhiggins.pdf, consultato il 5 febbraio 2021). • Mentre antecede Nietzsche, in una diversa direzione, il lavoro d i Herbart circa la dimensione fondante di una ricerca sull'estetica della musica come luogo di comprova delle ipotesi della psicologia e quindi come presupposto per le successive determina,Joni della filosofia pratica. C&. sul tema J.F. Herbart, Osurvazioni sulla psicowgia musiazk, in N. Moro,Armonia econtrappunt;J nel pensiero di JF. Herban, Unicopli, Milano 2006, pp. 233-256.

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1. Nietzsche e Schumann: alcune ipotesi sul loro rapporto tra eredità

della deutsche Bewegung, inflessioni modernistiche e problemi dell'emancipazione La relazione tra Nietzsche e Schumann è stata oggetto di uno specifico interesse critico, non sovrabbondante ma circostanziato, sia nel quadro degli studi biografici\ sia nel contesto dcli' analisi della posizione di Nietzsche come esecutore/compositore/improvvisatore

s Cfr. tra gli altri, anche per l'originalità dell'impostazione, S. Zacchini, Una inst11bile armonia. Gli anni della giovinezz,a di Friedrich Nietzsche, ETS, Pisa 2016; l'autoreespone con chiare-aa le circostanze per cui il rapporto con Schumann assume un'importanza centrale per Niec-,..sche a partire dal 1861-62 (cfr. pp. 110-113 e un cenno, non del tutto sviluppato, a p. 138 per la persistenza di un'idea romantico-schumanniana di demoniaco). Per l'importanza del dono dello spartito della Manfred-Ouvenurecfr. D. Blue, 7he MakingofFriedrich Nietzsche: 7he Qunt for ldenrity, 1844-1869, Cambridge University Press, Cambridge UK 2016, p. 188. A Zacchini si deve, in anni precedenti, anche la puntuale analisi di Al di là della musica: Friedrich Nietzsche nelle sue composizioni musicali, Franco Angeli, Milano 2000. Qui, oltre a un sistematico approccio ali' esperienza del Nietzsche compositore (ma anche fruitore ed esecutore) orientata a cogliere la funzione della musica nel quadro di uno sviluppo personale e intellettuale affatto idiosincratico, Zacchini ne traccia anche l'evoluzione del gusto, individuando il periodo 1864-1869 come quello della preminenza ed esemplarità del suo interesse per Schumann (cfr. p. 98). La predile-,ione niet".tScheana per Schumann e la sua sostituzione con una speciale venerazione per Wagner, con conseguente mutamen-

to completo di giudizio, sono analizzate compiutamente da C.P. Janz, Friedrich Nietzsches Verhiiltnis zur Musik seiner Zeit, in «Niet7..sche-Studien•, 7 (1978), pp. 308-326, soprattutto pp. 319-321; cfr. anche M. Prange, Was Nietzsche ever a true Wagnerian? Nietzsche's late turn IQ and early doubt about Richard Wagner, ivi, 40 (2011), pp. 43-71, soprattutto pp. 44-48. Prange del resto ha sostenuto poi con ottimi argomenti che Niet,..sche sia stato propriamente e compiutamente wagneriano soltanto tra il 1868 e il 1870 (cfr. Ead., Nietzsche, Wagner, Europe, De Gruyter, Berlin-Boston 2013, pp. 21-34, e il successivo ridimensionamento dell'inffuenzadi O. Marbach su Niec-1..sche nel formarsi dell'orizzonte di un wagnerismo convinto, laddove Prange ritiene invece che l'attenzione per Wagner sia srato facilitata piuttosto dal nuovo stiltus di Niet1..sche come riconosciuto conn11isseur musicale e giornalista che lo avrebbe obbligato ali'attenzione esplicita per la maniera musicale moderna - cfr. ivi, pp. 39-40, 50).

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e come fattore storico ed estetico dello sviluppo della musica del sec.

XIX6• Una puntuale sintesi è rappresentata nel quadro degli studi italiani dal lavoro documentato e concettualmente molto solido di C. Bertoglio7, che procede in forma analitica, individuando dapprima

• Più essenziale risperto al rapponocon Wagner e Mahler, quanto a Schumann lo studio d i W.-T. Hong, Friedrich Nietzs. Sempre a proposito della Manfr,d-M,diration l'intervento dello stesso Janz, Di.e Komposirion,n Fritdrich Nietzsch,s, «Nie~1.sche-Studien•, I (1972), pp. 173-184, sottolinea la natura esemplare ed epitomica rispetto all'arte music:ale nicc,.scheana come esito di impro11visazione, in fondo romanticaH,runsergie/ung(ag31 C.P.

giungiamo noi), ma traslata nella dimensione della contamina;,jone della musica con l'emotività corporea e con quella passione fisica che Nieizsche vorrà poi disciplinare nella figura della danza. Circa il ruolo dell'improvvisazione nel Nietr.sche musicista e la sua fun1jonalitàestetica, cfr. C. Natoli, Nittzsche musids14, cit., pp. 123-136. Rimane tuttavia importante notare che, nonostante I'eviden,.a della forma improvvisativa da cui scaturiscono i nuclei melodici e i fraseggi dellaManfred-Medirarion, essa assembla parecchi materiali di antica e precedente fissvjone scritta, antecedenti fino a dieci anni; la loro riorganizzazione fu pane, in quel 1872, di una «Obereinstimmung,, di Nieizsche con quella che O. Schellong (Musik istni.cht gkich Musik, cit., p. 88) definisce la «Wagners Musikpolitib, la quale prevedeva «die Abwertung Schumanns,,. ••Perla ricostru1.ione di questo versante della banaglia culturale di Nietzsche sono ancora attuali le pagine dedicatele da A. Negri, Nietzsche. Storia e cultura, Armando, Roma 1978, pp. 24-29, 128-182, con riferimenti pregnanti a temi come la divisione del lavoro intellettuale, la banausia e l'ideale della completC'aadi sviluppo della persona nel quadro della società contempo canea.

NIF.17.SCHE, SCHUMANN: LA MUSICA F. LA SCRITTURA

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tipo wagneriano di musica contro il romanticismo musicale, e pertanto di esprimere in modo compiuto quella valutazione del romanticismo come esaurimento della forza vitale, ascetizzazione e cristianizzaz.ione della passione per incapacità di viverla, pessimismo e prodromo della dicadmce che resterà un suo topos. Quanto abbia inciso sulla nuova e da qui in poi permanente posiz.ione antischumanniana di Nietzsche il giudizio wagneriano 4 1, poi quasi omofonicamente riecheggiato, o quanto abbia inciso la consapevolezza che la propria interpretazione della dimensione onirica, espressa nell'apollineo, fosse incomponibile con quella romantica proprio per motivi estetici e non soltanto ideologici, non conta molto se non per cogliere che invece è era almeno una potenzialità di caranere architettonico e organizzativo che Nietzsche non colse in Schumann, ma di cui avrebbe fatto esperienza più avanti nella stesura delle opere aforistiche pervenendo a soluzioni comparabili, tanto rilevanti per la scrittura della filosofia quanto quelle schumanniane per il campo musicale. La nuova idea di organicità dell'opera a cui ci riferiamo è allora quella delle rac.colte pianistiche degli anni Trema.

La nota pointe nirezscheana su Schumann •sassone dolciastro• (cfr. Eh, Perchisono cosi ,ucortl), 4: «Oie Oeurschen sind unfahig jedes Begriffs von Grosse: 41

Beweis Schumann. Ich habe eigens, aus Ingrimm gegen diesen silsslichen Sachsen, eine Gegenouveniire zum Manfred componirr, von der Hans von Biilow sagte, dergleichen habe ernie aufNotenpapier gesehn: das sei Nothzucht an der Eurerpe,; «I Tedeschi sono incapaci di avere un qualunque concetto della grandezza: la prova è Schumann. Proprio per rabbia contro questo sassone dolciastro, ho composto una contro--ouvcrrure per il Manfredi, della quale Hans von Biilow ebbe a dire che non aveva mai visto niente di simile su cana da musica: e che era lo stupro di Euterpe,), riecheggia un precedente passo di Wagner: «Offcnbar sind dicse Lis-,t'schen Kon,.eptionen zu gewaltig fiir ein Publikum, welches den Faust in Theater sich durch den scichten Gounod, in Konzcnsa.al durch den schwiilstigm (corsivo mio) Schumann musikalisch vorzaubern la.Bt• (R. Wagner, Das Publikum im Zeit und Raum, «Bayrcuther Blatter>, I (1878), IO, pp. 277-228; qui, p. 284). Forse casuale, ma interessante, l'allitterazione formulistica e sloganistica, la ricorren,.a della medesima vocale tonica nell'aggettivo, l'identico ritmo sdrucciolo-piano, trisillabo-bisillabo nei due sintagmi di Niet1.sche e Wagner («suss/ichm Sachsen• / «schwiilstigm Schumann•). Sulla convergen,.a espressiva tra Wagner e Niet2.Sche porta l'atten.zione anche D. Schellong, Musik is1 nichtglekh Musik, cit., p. 88.

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Nel frattempo però il giudizio di Nietzsche su Schumann si era consolidato in modo strutturalmente negativo, ed anzi, se come si è puntualmente osservato nella Manfred-Meditation l'intenzione di Nietzsche «era proprio quella di dipingere un'icona del non-senso, di dar corpo a un paesaggio sonoro nichilistico, ad una crisi semiotica di suono»42 , allora il giudizio non poteva che strutturarsi come diagnosi dell'impotenza della musica a porsi come asse di un nuovo valore estetico capace di riscattare la deriva prosaica della cultura contemporanea, e come contemporanea ripulsa di ogni sua impostazione che non fosse teatrale (religiosa e formativa, nei quadri del wagnerismo ancora presente al tempo in Nietzsche) o meramente dilettevole. Dunque sfuggì a Nietzsche come le forme che venivano maturando in lui sia di scrittura musicale sia di scrittura filosofica panavano con sé altre potenzialità innervate direttamente nella prassi artistica schumanniana, le cui operazioni formali complessive gli andarono penanto, per diverse ragioni, a oscurarsi.

3. La posizione tklk raccolte pianistiche schumanniane tkgli anni Trenta nel quadro tkll'estetica tklla costruzione e ricezione tkl/a forma: alcune ipotesi ermeneutiche

Il Camavalop. 9 di Schumann rappresenta, non molti anni prima del!'esplodere della accelerazione rivoluzionaria wagneriana, una nuova concezione estetica dell'organicità del!' opera musicale che si differenzia tanto dalla rigorosa procedura di esauriente catalizzazione delle possibilità di Bach che dal perfezionamento dcli'organizzaz.ione omofonica perseguito dal classicismo e da Beethoven° (per i limiti di questa sintesi "C. Natoli, Nietzsche musieista, cit., p. 109. •> Di quali aspetti dell'evolu,Jone della forma in Beethoven si possa considerare erede Schumann abbiamo già scritto sopra. Non possiamo trattare invece per ragioni di spazio la rilevantissima fumJone che Schumann assunse parallelamente in un'ulteriore dimensione della riffessione formale, quella sulla variawne, dove i suoi contributi, specie i più sperimentali degli anni Trenta poi anche rivisti in forme meno desuete, sono esiti altissimi dell'ideazione compositiva certamente ulteriori rispetto

NIE1".lSCHE, SCHUMANN: LA MUSICA E LA SCRITTURA

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estremizzante, ermeneuticamente funzionale nel contesto di questo saggio, rimando comunque alle successive analisi di P. Zignani nel prosieguo del presente lavoro). L'organicità formale del Carnevale ruota intorno a tre assi principali, che sono: a. l'esplicitazione della relazione con la tradizione come elemento basilare della creatività dell'artista (con la citazione iniziale del motivo del Trauerwalur di Schubert)4\ in un brano d'apertura irrelato a prima vista con quello che si rivelerà il centro motivico ed emotivo dell'intera composizione; b. il rifiuto di risolvere dentro la composizione nel suo insieme il suo nucleo generatore, piuttosto giustapposto ad essa, incidentalmente inseritovi come brano non numerato e declinato senza alcuna indicazione di tempo, espressione o chiave'~; c. la scelta programmatica di una titolazione delle parti dell'opera a soggetti e vicende diacronicamente e narrativamente interpretabili

ali'orizzonte di comprensione del proprio pubblico. Perfino un Rellscab rimase lontano da una comprensione non superficiale delle ABEGG (1hème sur k nom Abegg uarii pour le pianoforte, op. I) e fu incapace di riconoscervi immediatamente il sotteso profondissimo pensiero musicale; cfr. per un commento A. Stefaniak, Sd,umann ~

Virtuosity: Criticism, Composition, and Performance in Ninetemth-Cmtury Germany, Indiana Universiiy Press, Bloomington IN 2016, pp. 94-98, dove l'autore noia che sfuggirono ai critici i trattamenti più originali che avvicinano le sc.elte operative di

Schumann a più lontani aUlori come lo Elgar delle Enigma Variati,ms (Variati,ms on an Originai 1heme, op. 36). " I firmatari di questo volume hanno giò ricordato l'imponanza di questo testo nella musica del tempo, cfr. lntrodu1.ione, supra, p. 17, n. 11; seguono tra l'altro immediatamente dopo questa citazione una reminiscenza da Beethoven (Egmont, op. 84), e una autocitazione da Papillom op. 2. •s Si tratta appunto della non molto nota sequen1.a detta Sphinxn (Sfingi), eseguita solo raramente, tra gli altri da Rubinstein, Conot, Horowitz, Gieseking. Evito di dilungarmi sulla natura crittogrammaticadell'intero Camaual e di Sphinxa, che è oggetto di una vasta letteratura. la sequenza, vedi lo spanico sopra, permuta le note ipogrammatiche alla base del Camaual, sen1.a indica,joni né di tempo né di agogica. Le tre sfingi sono mi~, do, si, la (sfinge n•l); )al>, do, si (sfinge n62); la, mi~. do,si (sfinge n•3)

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all'interno di una prospettiva drammaturgica, al punto che sul Carnaval Diaghilev poté intervenire realizzando un balletto inscenato nel 1911 ' 6•

Sphinx'6°, mentre la mano destra insegue vanamente il tema con un 00

Sull'effetto pubblico di questa tecnica sviluppata del vinuosismodell'era romantica, propria di soprammo di S. llulberg, cfr. J.Q. Oavies, Romantic Anal()mies o/Performance, University of California Press, Berkeley CA 2014, pp. 95-98. Va osservato che raramente comunque simili accorgimenti ricorrono nella scrittura schumanniana; un'ecce,jone interessan1e, e di alto livello tccnioo-e.pressivo, si trova nell'/ntnme=del FIISChing:sschwank aus Wìm op. 26 (cfr. per un commento P. Rattalino, $l()ria tklpiatwfone, li Saggiatore, Milano 2008, p. 138); un'ulteriore, diversa e forse più affascinante idea sta alla base dell'uso del pollice della mano destra nel contesto della terLina di accompagnamento dell'inizio delleKìndmunmop. 15,anche perla sottesa impostlUionc olistica del gesto esce>Jtivo. In generale il rappono della schumanniana estetica della musica con il vinuosismo ha due lati: per un verso, la critica della facile fascinazione del pubblico mediante l'esibizione di destrezza performativa, in assenza di pensiero musicale soggiacente; per un altro, invece, lasintesi di maestria tecnica esostan1..a musicale propria dell'interprete autore delle proprie stesse musiche daconceno sposta il problema verso una forrna di realizzazione dell'ane musicale dove prende corpo esi concretizza l'ideale delganzMmschconuo la specialiv.a:zione fìlisteadella cultura. Come figura simbolo di questa possibilità, e insiemeapenura dello spazio del demoniaco, cioè dell'irruzione nel mondo umano di un'abilità smisurata e inquietante, si costituisce nel pensieroesteticomusicale di Schumann la persona di Paganini (anche per l'influsso di note pagine di Hoffinann). Insieme a questa trascendenza oltre lecapacitàord.inariedella personaverso uno stato di perfetta simbiosi tra pensiero e a:done, si apre uno spazio (pericolosissimo) di possibile ulteriore soggiogamento p3.!Sivo del pubblico di fronteall'incomprensibilità tanto della tccnicae dei suoi accorgimenti quanto della tematica musicale e compositiva (quello spazio che appanerrà al"genio istrionico" e "tiranno", al Wagnerdi FaW,ùtrera da Torino, 8 - cfr. per il rappono con il pubblico metropolitano le osservazioni di S. Barbera-G. Campioni, llgmio tiranno: ragio~ e dominio ne/l'ideologia tkU'Owi:mro: Wagner, NielZSt:he, Rrnan, FrancoAngcli, Milano 1983, pp. 24--27, 37-39) econtemporaneamenteun rischio evidentissimo di chiusuradell'artista nell'autosuflìcienzadella propria pnformance, indifferente alla capacità di appreaamentodel pubblico e destinata, per lo più in forrne di sfida e agonismo, alla fruizione compiuta solo da pane di pochissimi. li tema sarà anche, ovviamente, di Niet1.sche: quello di un' arre perartisti che, se rivendica la superiorità dell'ane rispetto alla presta,jone commerciale e al consumo del pubblico, nondimeno deve poi, coerentemente, riuarsi anche dallad.imensionedella Offm1lichkdl,

FRANCO CALLO

breve ritardo, e dalla vana rincorsa il pianista resterà spossato fino a quando poco dopo la mano sinistra dovrà eseguire wie auj?er Tempo.



Trmpo ,l,um1'"'

Esempio 3- Humomlu op. 20

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Resterebbe comunque da notare che la posizione schumanniana nei confronti dei virtuosismi di Thalberg et a/ii non era necessariamente ostile61; anzi essa poteva venire considerata un mezzo adeguato per la da ogni aspirazione a un inscenarnento e apprc-u.amento pubblico (il che converge nella polemica sulla teatraliz7.a:,.ionedi tutte le ani). Un commento imponante a questo nesso di problemi rimane quello di G. Baioni, lafilolt,gia ei/ subli= dionisiaco, pref3Zione a F. Niet1.sche, Considnazioni iNiltUltii, Einaudi, Torino 1981, pp. VII-LXJII,soprattuttosub fi~, pp. LXJ1-LXJII per i confronti con il futurismo e la moderna ideologia deU'atletismo agonistico. L'aperrura meditativa e la ricerca agogica e timbrica di Schumann vanno al di là di questa soluzione estetica, verso una valoriZ7.37.ione della qualità del suono in sé che rappresenta di fatto un altro oriZ'l.ontedi semiosi musicale. •• Su Thalberg Schumann scrive, letteralmente: «Egli scrive innanzitutto per se stesso e per i propri conceni; in primo luogo egli vuole piacere e brillare: la composizione è cosa secondaria. Se qua e là talora non balenasse un raggio di nobiltà e se

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traduzione poeticamente appropriata di un'idea musicale senz'altro orientata al grande pubblico ma in grado di veicolare qualcosa d i più della completa vuotezza e freddezza attribuite invece a Gelinek e al tardo Czerny62 • E non a caso il sentiero tracciato da Schumann quanto ali'ampliamento delle possibilità virtuosistiche del pianofoneappare assai diversamente orientato, anche se non inconsapevole, rispetto agli effetti drammatici, altamente spettacolari, dei grandi pe,former del suo tempo, con una maggiore attenzione alla coloritura del suono e a tecniche più orientate ali'espressione che alla veloci là, a cominciare dall'uso estensivo del carez.. zamùl3• Siamo così di fronte, verrebbe da dire, a un voicing interiore che in certi passaggi non si vedesse una realizzazione curata in modo attentissimo, le sue composizioni sarebbero senz'altro da considerare allo stesso livello dei mille pasticci vinuosistici d'occasione che ogni anno compaiono per sparire ben presto• (R. Schumann, Scritti critici, Ricordi-Unicopli, Milano 1991, p. 831). 62 Cfr. A. Stefaniak, Schu11llllln~ VirtuosilJ, cit., pp. 46-49. L'autore nota giustamente che •( ... ] Schumann saw the boundaries between the pleasurable and the poetic - and between transcendent vinuosity and the idioms of popular pianism - as porous. For him, 'pleasurable' and 'poetic' werc not antithetical caregories, but overlapping, potentially compatible responses informed by a mixture oflistening experiences and musical analysis• (p. 48). Per ulteriore elaborazione sul tema del rapporto tra Schumann e il virtuosismo, cfr. L. Abbacino, Rabm Schumannfilosofo. L'artepoetica romantica, Mimesis, Milano-Udine 2016, pp. 200-206. "La particolare tecnica compona una posizione del polso rispetto all'avambraccio e alle dita diversa da quella abitualmente proposta dai didatti, e la generazione del suono mediante trascinamento delle dita all'indietro non appena esse toccano i tasti, risultando così in un rilascio precoce del tasto stesso. Le note suonate con questa tecnica sono tenute per una fr.11.ione del loro effettivo valore, astrattamente equivalente a tre quarti dello stesso; con l'applicazione congiunta del pedale di risonanza si ottiene una sonorità affine agli armonici del violino (cfr. per una più ampia csposizionedel punto e una riAcssione in riferimento all'impiego schumanniano B.B. Neergard,Schumann a, AJpiring Pianùt. Techniqi«, Sonority and Compo,ition, Ph.D. Oiss., Royal Collegeof Philosophy, 2017,pp. 207-212). F. Kalkenbrenner,Anweisung da, Pianoforte mìt Hii/fo de, Handleiten Spiekn zu lemen, IGstner, Leip-Lig 1833, p. 20, vi allude quando scrive della ditferen1.a tra una •manière d'attaquer la note» ora •en caressant la touche., ora •en se précipitant sur elle come le lion qui se saisit de sa proie,. (nella versione interlineare tedesca si legge che il pianista deve•bald die Taste liebkosen, bald sich auf sie sr:um:n»); la ditferen1.a sta nella limira,.ione apparente

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deve essere capace di suggerire la giusta modulazione del tocco quando presente e indicarne un'altra nd momento successivo della sua assenza. Un commento essenziale in proposito è stato così fornito da Slavoj 2izek, che non soltanto come Dufour nota il passaggio in cui la voce interiore deve essere tenuta presente, al livello esecutivo, come l'demento ponte implicito tra le due sequenze altrimenti diversamente connesse della mano destra e della mano sinistra, ma sottolinea anche la ripetiz.ione dello stesso passaggio senza la voce interiore e quindi ne risulta una mdodia che «lacks the Jack itsel.6,, dove «the actually played notes are deprived only of what is not there, of their constitutive laclo,64 ; problema che per il pianista diventa quello della più funz.ionale possibilità esecutiva per porgere il darsi di questa assenza successivo a quello del suggerire la presenza occulta della innige Stimme. A. Malvano ha argomentato in modo convincente sulla dimensione intenestuale, allusiva e per lo più consapevole della scrittura musicale schumanniana, come essa sia tanto presa di posizione critico-estetica sulla legittimità dd processo di allusione e citaz.ione, quanto operaz.ione in cui si vede la "reminiscenza" non come pericolo da cui difendersi, ma come strumento in grado di veicolare un'idea culturale o un'affinità poetica6s. Il modello complessivo produce così la necessità di un'operazione combinatoria e aggregativa, in cui la semplice permutaz.ione funzionale posta da Kalkenbrenner all'impiego strettamente espressivo e coloristico della nUllnce rispetto alla possibilità di costruire strutturalmente i brani centrandoli su questo e altri accorgimenti tecnici di st,ucau,. "Cfr. S. Ziuk, Disparities, Bloomsbury Publishing, London-New York-Sidney-Delhi 2016, p. 291. Cfr. sul tema anche C. Rosen, 7h, Romanric Gmtrarion, Harvard University Press, Cambridge MA 1996, p. 7: «it has its being within the mind and its existence in theeeho•; nella versione italiana, cui ci richiameremo successivamente, vi qui è qualche accentuazione semantica già piuttosto interpretativa, laddove si legge «trova la sua ,ssmza all'interno della mente e l'esistenza solamente attravmo la sua eco• {C. Rosen, La g,n,razitme romanrica, Adelphi, Milano 2005, p. 29; corsivi nostri). •s Cfr. A. Malvano, La citazione com, strumento di poaica: Robm Schumann , le voci della lontananuz, in A. Morelli {a cura di), Schumann, i suoi rapporri con lo spazio lm,rario, Libreria Musicale italiana, Quaderni del Centro Studi Musicali «Nino Carloni,,, L'Aquila-Lucca 2007.

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degli elementi ipogrammatici non basta a soddisfue la volontà di catalizzazione del discorso musicale. A questo proposito si è puntualmente notato, in riferimento alla centralità del Camaval in questo modello di scrittura, che «similar to Schumann's Op. 2 and Op. 6, where there is large-scale, digressive use of the waltz form, constane and predictable digression provides teleology and is a unifying trait for Camaval. This actually describes what a carnival is: an eclectic grouping of many different things ali combining to produce a singular entity»6. Entrambe le letture infatti non appaiono quindi tematizzare la centralità dell'orizzonte della ricezione come sfondo sistematico di interpretazione della scrittura aforistica nierzscheana; il che, naturalmente, non significa confutazione o rifiuto delle loro preziose acquisizioni, ma accentuazione del senso del profilo interpretativo qui proposto che si motiva rispetto all'ipotesi ermeneutica di un Nietzsche pertinace ma contraddittorio filosofo dell'emancipazione.

6. Nietzsche scrittore tra musica e danza Pensando quindi ora a Nietzsche come scrittore musicale, precipuamente attento alla ricezione e al decorso temporale dell'assimilazione del proprio testo, possiamo certamente distinguere opere basate su contrasti grandiosi e sviluppi organici dotati di un piano unirario, quand'anche bizzarro o non lineare (ZA, AC, GM), e opere aforistiche basate su una disposizione allusiva, non razionai-progressiva del materiale. La composizione a collage, che trova i propri intimi ascendenti in una tradizione musicale, favorisce ancora di più la valorizzazione del suono e la centralità, nel circoscritto episodio di scrittura che è comunque I'aforisma, dell'apprensione dello stesso mediante il "terzo orecchio". Oltre all'ipotesi che Nietzsche scrivesse pensando anche alla declamazione ad alra voce dei propri testi, non vi è ormai dubbio che la modalità di '" Sulla dimensione s1ili2:1.ata e quasi bruralistica del grande stile, in riferimento sia a Palv:i:o Pitti sia alla Mole Antonelliana, architetture entrambe apprCT.1.a1e da Niel7.sche, ha scritto con estremo acume T. Buddensieg. L'Italia di Nietzsche, Libri Scheiwiller, Milano 2006, pp. 154-167 e pp. 203-211, raggiungendo conclusioni notevoli sul superamento della gravità come ideale architettonico niel7.scheano, che potrebbe essere preso come riferimento per l'interpret:JZionedi costruzioni complesse come FW V, ma anche per le strategie di automonumentalizzazione di Nietzsche. li testo autografo di riferimento è GO, Scorribande, 11. "" Cfr. D. Morea, li respiro più lungo, cii., sopratru110 pp. 233-234.

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elaborazione delle opere aforistiche si sia sempre più coscientemente radicata in due principi, che si possono identificare nello stile quale mezzo per la scelta del lettore e della complessificazione, stratificazione ed espansione del significato mediante trattamento ritmico del testo. In particolare si è sviluppata su simili temi un'imponante tendenza interpretativa141 che ruota sia intorno ai centrali e compositivamente prossimi JGB, 246: '" Cfr. tra gli aliri almeno le sintesi metodologicamente esemplari di A. PichlerM.Born, Texturen des Denkens. Ni,tzsches Insunierungder Philosophie in]enseilS von Gut und Biiu, De Gruyter, Berlin-New York 2013, e (con diverso riferimento applicativo) A. Pichler, Philowphie ah Te,a - Zur Damellungrfonn der GiitumDiimmaung, De Gruyter, Berlin-New York 2014. In particolare nel primo dei due volumi capitale attenzione è riservata a JGB, 246 nella sua opposizione aJGB, 268 e alla trasforma,Jone del testo dalle stesure preparatorie alla pubblicazione, con ripresa del tema (caro, diciamo noi, aJ. Granier, Nierzsch,, Feltrinelli, Milano 1984, pp. 23-24) dell'applicazione a Nieczsdie di criteri metodologici di lettura delinili in conformità con la concezione nier,.scheana dell'interpretazione. Un Nieczsdie che patrocina un'idea performativa di scrittura intesa a sollecitare effet1i di rice-lione e appre-a.amemo possibili solo in forma seleuiva è appumo ciò che emerge da JGB, 246 e dalla souolinearura •chi tra i Tedeschi leggitori di libri ha tanta buona volonlà da riconoscere questa specie di doveri e di esigenze e da prestare ascolio a tanta arie e a tami imendimenti nel linguaggio?•. Centrale in questa auenzione all'aspeuo performativo del testo niel7.scheano è il comributo di C. Scharf, Geschichu des Emzys. Von Monraigne bis Adomo, Vanderhocck&Rupert, Goningen 1999, pp. 163-184, che definisce la scrittura niel7.scheana in termini di sostanziale autoreferenzialità estetico-funzionale, sen,.a intrinseca atten,Jone alla dimensione del contenuto filosofico, e individua nella dimensione dell'istrionismo l'aspetto specifico della scelta performativa del testo nietzscheano, con pregnanti riferimenti, tra l'altro, a Diderot (cfr. soprattutto pp. 176-178). lmponanteanche il contributo di L. Renzi, Da, Ohr-

Motiv ah M,raph,r desStih undder .Zugiinglichkeir". Eiu uktiir, der Aphorumen 246 und 247 von Nicrzsches .]ensein von Gut und Biise", •Niel7.sche-Studien., 26 (1997), 1. Ma sul tema Nietzsche-Montaigne va senz'altro considerato oggi il contributo di V. Vivuelli, // peso del tempo e i «pensieri nati camminantlo•. Nicrzsche e Monraigne, in A. Lossi, C. Zittel (a cura di}, Nietzsche scrinorr. Saggi di estetica, na"atologia, etica, cit., ETS, Pisa 2014, pp. 53-68. Vivarelli insiste sulla centralità dello stile sapido e succulento, capace quindi di stimolare l'attenzione e il gusto del lettore fin dal primo assaggio, come tratto comune di Montaigne e di Nietzsche, unitamente alla capacità di imbandire il succulento boccone con quelle opportune arti di travisamento e velamento che ne celino, fino al momento giusto, la natura (cfr. ivi, pp.

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Che tortura sono i libri scritti in tedesco per colui che ha il "terzo" orecchio! Quanto di malavoglia se ne sta accanto al volgersi lento di quella palude d'accordi senza armonia, di ritmi senza danza, che i Tedeschi chiamano "libro"! Senza contare il tedesco che "legge" libri! Come legge male, con che pigrizia e ripugnanza! Quanti Tedeschi sanno ed esigono di sapere che in un buon periodo vi sia dell'"arte" - aree la quale vuole essere còlta se il periodo vuole essere compreso! Basta per esempio, un malinteso sul suo •tempo• e il periodo stesso è frainteso! Che non sia lecito restare in dubbio sulle sillabe ritmicamente decisive, che si senta come voluta e quindi affascinante la rottura di una simmetria troppo rigorosa, che si tenda l'orecchio sottile e paziente a ogni "staccato", a ogni "rubato", che si indovini il senso nella successione delle vocali e dei dittonghi e con quale delicatezza e ricchezza essi possono colorirsi e cangiar di tonalità nella loro sequenza: chi tra i Tedeschi leggitori di libri ha tanta buona volontà da riconoscere questa specie di doveri e di esigenze e da prestare ascolto a tanta arte e a tanti intendimenti nel linguaggio? Ma in definitiva «non si hanno orecchi per rutto ciò•: e cosl non vengono avvertiti i più netti contrasti di stile e i più sottili artifici sono come "prodigati" ai sordi. - Erano questi i miei pensieri allorché notavo in che maniera grossolana e sprovveduta vengono confusi insieme due maestri nell'arte della prosa, il primo dei quali distilla le parole lentamente e freddamente, come se colassero dalla 63-67). Vivarelli documenta il riferimento a Montaigne e al suo stile nel noto WS 108: «Sei rene Feste. - Kornige Gedriingtheit, Ruhe und Reife, - wo du dicse Eigenschaften bei einem Autor fìndest, da mache Hal1 und feiere ein langes Fest mitten in der Wiisre: eswird dir langenicht wiedcr so wohl wcrdcn». La rradu1.ione iraliana corrente suona: «Feste rare. - Vigorosa concisione, calma e maturità - quando trovi in un autore queste qualità, fermati e festeggia una lunga festa in mexzo al dcseno: per molto tempo non ti capiterà più una simile fonuna.. Nel "vigorosa", che traduce komige,si perde laprossimitàe1imologicacon komicht,appunto il "sucrulen10" che Niel7.sche trovò nella rradu,.ione di Montaigne, e soprattutto il senso metaforico del vigore nel suo esercizio, che forse si porrebbe apparentare all'inglesegriny. Insomma uno stile granulare, nutriente e diretto, coraggioso e ruvido, affatto amiaccademico. Ovviamente con un solo termine a disposizione per rispettare la brevità del tedesco non è facile fare meglio di vigoroso.

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volta di un'unica grotta - tien conto della loro cupa sonorità e risonanza -, mentre il secondo maneggia il suo linguaggio come una flessibile daga esente dal braccio all'alluce la pericolosa felicità della sua lama vibrante, straordinariamente affilata, che vorrebbe mordere, sibilare e trinciare. -'" e

FW, 381:

Per la questio~ tk/la comprensibilità. Quando si scrive, non si vuole soltanto essere compresi, ma senza dubbio anche non essere compresi. [...] Ogni nobiltà di spirito e di gusto si sceglie anche i suoi ascoltatori, quando vuole parteciparsi: scegliendo, traccia al tempo stesso i suoi confini nei riguardi degli "altri". Tutte le leggi più sottili di unostile hanno qui la loro origine: tengono a un tempo lontani, creano distanza,

' " « - Welche Maner sind deutsch gcschriebene Bucher fur Den, der dasdri1te 0hr hai! Wie unwillig s1eht er neben dem langsam sich d rehenden Sumpfe von Klangen ohne Klang, von Rhythmen ohne Tan,. welcherbei Deutschen ein .Buch" genannt wird! Und gar der Deutsche, der Biicher liest! Wie faul, wie widerwillig, wie schlecht liest er! Wie vide Oeutsche wissen es und fordem es von sich 1.11 wissen, dass Kunst in jedem guten Sa1-,,e steckt, - Kunst, die errathen sein will, sofern der Satz versranden sein will! Ein Missversrandniss iiber sein Tempo zum Beispiel: und der Sattselbs1 ist missverstanden! Dass man iiber die rhythmisch cn1scheidendcn Silben nicht im Zweifel sein darf, dass man die Brechung der allmstrengen Symmerrie als gewollt und als Reiz fohlt, dass man jedem staccato, jedem rubato ein feines geduldiges 0hr hinhalt, dass man den Sinn in der Folge der Vocale und Diphthongen riirh, und wie zart und rcich sie in ihrem H inrereinander sich farben und umfarbcn konnen: wer unter biicherlesenden Deutschen ist gutwillig genug, solchergestalt Pffichten und Forderungen anzuerkennen und aufso viel Kunsl und Absich1 in der Sprache hinzuhorchen? Man hat zuletzteben . das 0hr nichtdafor": und so werden die s1arks1en Gegensatt,e dcs Stils nich1 gehort, und die feins1e Kiinstlerschaft ist wie vorTauben verschwendet. - Dieswaren meine Gedanken, als ich merkte, wie man plump und ahnungslos zwei Meister in der Kunst der Prosa mit einander verwechselte, Eincn, dem die Wortezogernd und kalt herabtropfen, wie vonder Oecke eincr feuchten Hohle - er rechnet auf ihren dumpfen Klang und Wiederklang - und einen Anderen, der seine Sprachc wie einen biegsarnen Degen handhabt und vom Arme bis zur Zehc hinab das ge~rliche Gliick der zitternden iiberscharfen Klinge fohlt, welche beissen, zischen, schneiden will. -•.

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interdicono "l'accesso", la comprensione, come si è detto - mentre aprono le orecchie di coloro che di orecchie ci sono affini [...]'"· L'attenzione alla strutturazione ritmica e agogica dd testo è rafforzata, nel seguito di FW 381, dalla qualificazione senza compromessi e riserve della propria scrittura come stile ignorante, vivace e breve. L'ignoranza ha a che fare con un impiego pragmatico della dottrina, di cui è inutile pascersi eccessivamente, soggiunge l'aforisma, se il fine è un "veloce andare e venire". La vivacità è tanto intima disposizione al colpo d'occhio creativo quanto reazione istintiva, esito dcli'esposizione al freddo dei gravi e complessi problemi (si intende, della conoscenza e della morale visti dal punto di osservazione della filosofia) 1«. Contro "l «Zur Frage der Verstàndlichkeit. -Man will nicht nur verstanden werden, wenn man schreibt, sondern ebenso gewiss auch nicht verstanden werden. [...)Jeder vornehmere Geist und Geschmack wàhlt sich, wenn er sich mittheilen will, auch seine Zuhlirer; indem er sie wlihlt, zieht er zugleich gegen .die Anderen" seine Schranken. Alle feineren Gesetze eines Stils haben da ihren Ursprung: sie halten zugleich ferne, sie schaffen Disranz, sie verbieten .den Eingang", das Verstandniss, wie gesagt, - wahrend sie Denen die Ohren aufmachen, d ie uns mit den Ohren verwandt sind [... J••Si veda su questo aforisma l'imponan1e contribu10 di A. Lossi,

«Quand4 si scriv, non si vuolsohanto ttStrt compresi, ma s,nz,z dubbio anche non tSS, 11 (1987), 2, pp. 164-174, in particolare pp. 169-170. '" L. Kramer, CIIJJsiCJll Music, cit., p. 103. "))vi, pp. 103-104.

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F.G.]. In"Aveu" themotive is impassioned, split up by agitato rhythm in a fìrst phrase running form tonic (F minor) to relative major. The same motive in "Promenade" is almost swaggering, borne whole in dance-like rhythms in a fìrst phrase cirding form tonic (D-flat major) to tonic. "Aveu" presents che motive A►-C as ascammering rising third, "Promenade" as ascriding falling sixch. "Aveu" censes with che erocic fervor underlying romantic "awoval"; "Promenade" releases - or does ic disavow? - chac cension in che press of che screec or ballroom. This mocivic and expressive shape-shifting is Wiiz at work - or play; the startling "explosion" ofthe confessional, intimate, internal "Aveu" inco che customable, sociable, external "Promenade". (Startling, but inevitable, as "Aveu" hints twice over: by a wide leap in the melody and by D-falc-major harmony in m. 2 anticipating the tonic of"Promenade", of which the harmony closing "Aveu" - the relative major again - is the dominane).

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Proprio queste qualità della scrittura, che si esplicitano come scompaginamenti intenzionali degli orizzonti di attesa del fruitore, costretto bensì nella continuità di una fruizione unitaria a cavallo di più brani ma spiazzato nelle sue attese di costituzione di quell'unità, sono quelle dimensioni di humor jeanpauliano che non soltanto hanno storicamente un rapporto documentato di continuo interesse e lettura da parte di Schumann, ma venivano anche riconosciute da tanta parte della cultura critico-musicale della prima metà dell'Ottocento come proprietà della scrittura beethoveniana 244 , costituendo così un duplice profilo dcli'eredità del grande maestro di Bonn: la dissonanza e la sorpresa nel decorso del testo, e la semplicità di pochi elementi cellulari connessi in struttura organizzative inconsuete e di difficile decifrazione, che superano anche qui le convenzioni attese. Il primo elemento, quello umoristico, è dunque jeanpauliano, il secondo è quello hoffmaniano2'1S e si possono pertanto vedere ali'azione in Schumann, sia nelle opere pianistiche negli anni Trenta, sia nei decorsi di parecchi episodi della

'" Cfr. per esempio le considerazioni di A. Wendc, Obn- die Haup,pn-iotkn der JChiine Kunst, oder die Kunst im Laufo der Wellgeschichu dargeste/JJ, Barth, Leipzig 1831, p. 307, per cui in Beethoven «Die Symphonie ist ihm vielmehr eine ausgebildete Orcheuerphantasie (corsivo mio) in wahren Sinne des Worts>, cosicché Haydn è paragonabile a Goethe per la sua «epische Darstellung,,, Mozan a Schiller per il suo pachos lirico-melanconico e Beechoven assolucamente a Jean Paul per il suo «allumfassende Humor• (anche se per la sua propensione drammatica, e quindi in sostanza all'uso della musica come inscenamento del conuasto tra idee e caratteri, deve essere paragonato a Shakespeare); per queste ultime considerazioni cfr. ivi, pp. 308-309. Per un quadro complessivocfr. E.E. Bauer,Bmhovm - unsn- musika/ische jean Paul Anma-kungen zu einer Ana/,,gie, in H.-K. Mer,.ger, R. Riehn (Hrsg.), Beethoven: Anakcta Varia, text + kritik, Milnchen 1987, pp. 83-105. L. Mossini Minardi ha giustamente notato che Beethoven viene quindi accostato a Jean Paul proprio per l'interpretazione della sua scriuura sinfonica come vicina alla «linea arabescaca. della prosa jeanpauliana (// mono come guida, cit., p. 197): ciò permene di concepire allora le raccolte schumanniane anche come operazioni decostruttive e giustappositive dell'archicetrura possibile di un decorso sinfonico (parallelamente con l'idea, che abbiamo già espresso sopra, della sequem.aaforisrica come esitodella decostruzione del saggio). us Cfr. supra, § I, n. 22.

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successiva scrittura liederistica246 , accorgimenti e dispositivi volti a ottenere entrambi gli effetti. Sul piano della scrittura filosofica ciò viene quindi a tradursi nella catalizzazione inattesa del periodo e nella conclusione sospesa, non tratta o deviante rispetto al filo conduttore del discorso, e nella disposizione fratta degli aforismi all'interno delle loro sequenze. Presentiamo qui di seguito, in riferimento a questa prospettiva, alcuni esperimenti di riscontro testuale nella scrittura nienscheana per individuarvi tali analogie formali. In generale il trattamento del materiale ideativo è, da parte di Nietzsche, di ascendenza dagli strumenti della composiz.ione musicale; come egli ama, quando scrive per pianoforte, le settime diminuite, per la grande apertura e il disorientamento tonale, cosl ama l'ambiguità del montaggio dei testi per confondere le continuità e suggerire ponti sopra le distan:re. a) FW 110-126: una cadenza d' inganno dal funereo allo scherzo I quattro libri della prima ed.ii.ione della Gaia Scienza sono comparabili come dimensioni, ma sostanzialmente diversi per numero di aforismi in ciascuno compresi, contandone il primo 57, il secondo 51, il terzo 168 e il quarto 66. La struttura del terzo libro, in particolare, contiene talune particolarità che lo apparentano ad altre specifiche scrio ne di libri più tardi (per esempio Sentenze e intermezzi di JGB o Scorribande di un inattuak di GD) per la caratteristica presenza di una forma spesso breve, dato che almeno i seguenti testi (FW 126, 130, 132, 160, 171, 177, 179, 189, 191,196, 197,-203, 205,207,210,211,212,216, 217,219-223, 229-231, 241, 243-246, 247-248, 252,254, 257-260, 263-275) sono costituiti da ""Cfr. al proposito le osservazioni di C . Bertoglio, Vtrità e Potria, cit., pp. 173176, con riferimento a C. Rosen, La generazione romanrica, cit. Bertoglio in effetti sembra orientarsi sull'idea d i un'equivalenza o interscambiabilità del concetto di aforisma con quello di frammento, forse lasciando in secondo piano le architetture implicite tanto dei recueils schumanniani quanto dei libri nietzscheani e accentuando gli effetti di disgregazione e sorpresa dati dall'accostamento dei peui, piuttosto che le loro connessioni sottese.

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strutture molto semplici poggianti di frequente su una principale e su una sola subordinata, con maggiore o minore articolazione degli elementi di quest'ultima; talvolta i concetti espressi nelle due proposizioni sono presentati senza una forma di coordinazione esplicita, apparendo come indipendenti separate da opportune interpunzioni; in altri casi ancora, ne fa testo la sequenza finale, l'aforisma consta in modo precipuo del titolo, in forma di domanda, secondo un serrato fuoco di fila di quesiti che culmina, come è noto, nella memorabile conclusione di FW 275 per cui « Che cose ilsigi/JQ tklla raggiunta libertà? Non provare più vergogna dinanzi a se stessi». Nietzsche utilizza in questo libro cardinale nella concezione iniziale dell'opera tutta la gamma delle forme aforistiche. Sono presenti dialoghi (FW 168, 172, 181, 190,237,255,262), talvolta con ripartizione delle battute tra un A e un B, altre che lasciano implicita questa alternanza; sentenze moralistiche di ascendenza francese (FW 160, 171, 191, 199201, 235, 247) che definiscono il carattere di proprietà dello spirito e del comportamento. Nietzsche preferisce però spesso personificare ciò di cui tratta, a volte con plastiche e senz'altro inattese figurazioni paraboliche:l.47_ Come noto, il libro apre con il problema della morte di Dio, annunciato con uno dei tanti testi della sezione in cui compare il «noi". Il significato della morte di Dio è specificato in realtà non come sua assenza, ma come pericolosa sopravvivenza delle sue ombre; la caccia a queste ombre articola la sezione per così dire saggistica del testo (oltre la metà del quale è costituito dai primi 45 aforismi, per cui i restanti 123 sono di fatto un prestissimo conclusivo, serrato). L'apostrofe ai lettori, che si può individuare come un segno d' espressione, si trova al 108, al 114 (dopo il quale di fatto inizia un nuovo essai); tra 119, 120 e 121-122 la funzione oscilla tra la prima persona, la seconda singolare e la prima plurale plurale, fino al quadruplice ,., li testo di FW 234 da questo punto di vista è esemplare, presen1:tndo non soltanto una similitudine sono forma di discorso parabolico, ma anche circostan:t.iandolo come discorso diretto, di cui resl:t ambiguo se sia rivolto dall'interessato a se stesso o altrimenti.

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essenziale momento di una prima cadenza, con il ritorno al tema della morte di Dio. Dapprima con FW 123 si delinea il nuovo significato della conoscenza una volta che essa non sia più intesa come movimento verso il divino (diventa mezzo per l'esperimento di incorporazione della verità~ 8,chiudendo il tema aperto con FW 110); successivamente con FW 124 e FW 125 viene finalmente introdotta la duplice drammatica presentazione dell'universo in cui questo esperimento della conoscenza avrà corso; FW 124 personifica uno degli sperimentatori, affine ali' uccello che tenta di valicare il mare di M 575, prigioniero del labirinto dell'infinito; e questa nostalgia di una "terra" in realtà è un'altra ombra di Dio, un cascarne del bisogno di senso che è stato invece sperimentalmente del tutto rimosso dall'orizzonte dell'esistenza {lato soggettivo, personale, dell'evento della morte di Dio, proprio dell'autore e di un tu indeterminato, che perimetra un numero limitatissimo di persone). L'allusione di FW 124 al mare di M 575 è una di quelle referenze cross-

'"Sul tema dell'incorpor.vjone della verità come apertura feconda alla fusione

sperimmtak (nd senso di fare esperimza del diversÙ) con ciò che ci è originariamente estraneo, e su come ciò sia rappresentato per il lettore dal testo niel7..scheano stesso, è intervenuto A. Bertino con il suo contributo uz dialt'ttica della conoscenza in e oltre i/ testo dell'aforisma 110 de La gaia scienr..a, in C. Pi:11.zesi, G. Campioni, P. Wotling (a cura di), letture della Gafascienr..a, ETS, Pisa 2010, pp. 157-172,dal quale riportiamo le principali significuive conclusioni: «li testo rappresenta un invito a fare di esso un oggetto di incorporazione per decidere della sua verità. li movimento dialettico che locaraneri:a.a rimanda ad una sintesi impossibile a dirsi, dal momento che, nel linguaggio, 'vita, e 'conosc.cn1.a' si ipostatiZ'l.ano in entità distinte e si lasciano accostare come due corpi originariamente estranei; resta però la possibilità di una sintesi extratestuale che si dà nell'esperimento come assunzione individuale e decisa di una propria verità. L'esperimento non allude ali'esigenza di una verifica empirica di una previsione teorica, come nelle scienze natutali, giacché non sussiste più qui l'idea di una teoria prima della vita. Esso indica piuttosto un modo d i fare esperienza, di un 'Erfahren' in cui il soggetto dell'esperien1.a si modifica insieme all'oggetto esperito. Ogni accellazione di una nuova verità modifica, retroa11ivarnente, la costellvjone del già incorporato e rende quindi impossibile una riduzione dell'incorpora;,jone ad un metodo regolato da principi universalmente validi. Unica condizione di una tale esperien1.a di verità resta il poter avvertire il non ancora incorporato come alterità inquietante, non indifferente, senza oggettivarlo anraverso le consuete, già incorporate, forme del conoscere,, (ivi, p. 171).

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mediali che sono proprie anche del linguaggio musicale di Schumann (come in FW 125, che segue, i molteplici cenni a Heine sono destinati a un altro tipo di operazione, quella di costruzione indiziaria di una tradizione alternativa). Il fortissimo improvviso di FW 125, che introduce una vera e propria parabola con immagini concitate ed echi ben riconoscibili da Heine a Jean Paul, da A W. Schlegel alla cultura francese contemporanea249, verrà surdeterminato da un rapporto con un tema iniziale (quello della stoltezza e della burla) dal nuovo esergo della seconda edizione e nasconde nelle stesure preliminari un arco di continuità con FW 341 laddove originariamente era Zarathustra e non l'uomo folle protagonista dell'apologo. La chiusura funerea di FW 125 però è in realtà una cadenza d'inganno250; il seguito individuerà un'ulteriore ombra di Dio da fugare e questa è la mistica, cioè la possibilità che il disordine caotico del mondo venga considerato come epifenomeno per contrasto di una realtà ancora più profonda; o meglio, che l'assenza visibile di Dio dal mondo sia presa per un suo silente ritrarsi per contrasto dal proprio opposto ontologico, onde preservarsi in altra più profonda e misteriosa dimensione.

"'9

Per una sintesi sul tema della rete intertestuale a monte della diagnosi della "morte di Dio", cfr. H . Heir, Lim-arur oder uhrd Phil,,sophisches Schrrib,n iiber und nach Gorres Tod, in K. Grar-,~ S. Kaufinann (Hrsg.), Nietzsche zwisch,n Phil,,sophie und Lirerarur. Vimder Frohlichm Wissemchaft zu A/so sprach ZarathusITa, Universitatsverlag Winter, Heidelberg 2016, pp. 221-240,soprattuttopp. 223-225. >lO La caden1.a d'inganno o Trugschbus, si verifica quando (per lo più con una progressione V-Vl) si crea un forte senso di sorpresa. Propria anche del linguaggio della musica brillante, da Rameau a Rossini, è poeticamente usata da Schumann in uno dei suoi Lied più belli, dal Liedkrris op. 39, V, Mondnach:. Qui Schumann chiude sen1.a risolvere in cadem.a perfetta sui celebri versi di Eichendorff •Und meine Seek

spannte I Wri1 ihre Fliigel aus, I Fl,,g durch die sri/1,n l.Antk, I Als floge sie nach Haus• (•E la mia anima distese/ larghe e ampie le sue ali, / volò per la terra silenziosa I come se volasse verso=--), sottolineando la natura onirica e irrealistica del desiderio (che sarebbe invece stato diversamente interpretato da una chiusura V-I in cadenza perfetta). Sulla propensione del Nietzsche musicista all'impiego di cadenze sospese sulla dominante, tipiche dei suoi Lieder, cfr. G. Moradei, lA musica di Nietzsche, cit., pp. 40 e 43, che individua il procedimento come stilema della sua scrittura.

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L'enigmatica battuta finale, la prima di vera brevità concinna in questa sequenza, è appunto quel FW 126 dove le spiegazioni mistiche, che passano per profonde, in realtà non sono nemmeno superficiali; la battuta ha una sua natura assertoria e di betise che, priva come risulta di ogni motivazione e approfondimento, enuncia una pointe di spirito con un paradosso à la La Rochefoucauld che introduce finalmente il tema autentico sotteso a tutta la drammatica riflessione finora svolta, quello di una leggerezza conquistata che surdetennina ogni !urto e ogni magni/;,quenza, e supera nel sorriso la persistente luttuosa follia della denuncia della scomparsa di Dio. Le ombre di Dio, immagini antropomorfiche del reale che vi introducono ordine e coerenza secondo una limitata prospettiva tipica del nostro pensiero, sono da riconquistarsi come prospettive pragmatiche originate dal bisogno pratico e ad esso connesse; ne deve seguire pertanto la denuncia della conoscenza e della logica, laddove si autonomizzino dalla dimensione pragmatica che ne giustifica l'origine e soprattutto laddove non vogliano sottostare a una critica che ne definisca la portata ai fini stessi della promozione della vita e dcli'espansione della libertà. Non si tratta di constatare che la scienza elimina Dio, ma anche che la scienza e la conoscenza non possono essere il nuovo Dio. Come i mistici fanno leva sul!' assenza di traccia di Dio nel mondo per indurne la condizione di fenomeno in negativo della sovrapotenza di Dio, cosl il mondo moderno rischia di arrestarsi al fatto della disponibilità e pervasività della conoscenza scientifica per indurne la signoria sulla vita, sulla società e sulla morale (peraltro non constatabile né desiderabile come tale). Ma la scienza è solo un mezzo, un metodo; la sua comprensione come specchio dell'organizzazione profonda dd reale non è «neppure superficiale»: che sia una superficie lo si apprezza e se intende il valore solo se Il ci si arresta «animosamente», con il coraggio di non «voler sapere troppe cose»2st • H. Heit, ricapitolando le fonti della formula e del contesto storicocritico sotteso alla diagnosi della morte di Dio, conclude che in primo luogo tale diagnosi non rappresenta un risultato teorico originale; che :,s,

Cfr. FW, Prefazione, 4.

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Nietzsche come autore era egli stesso già convinto della superfluità dell'ipotesi di Dio; che penanto l'enfasi posta sul tema non abbia come proprio centro il ribadire tale noto concetto, «sondern etwas anderes»252• La tesi centrale di Heit, compatibile con la proposta di lettura del nostro saggio e del resto congruente con altra imponante letteratura critica253 è che la mone di Dio non rappresenti, se conosciuta soltanto come dottrina filosofico-sociologica, una vera svolta nella comprensione del ruolo dell'uomo e del suo sapere nel reale; proprio perché la mone di Dio costituisce, se pensata radicalmente, la destituzione dei pregiudizi epistemologici e morali, si sottrae a quella forma di apprendimento e interiorizzazione dogmatici che sono propri della tradizione filosofico-scientifica e non può che essere inscenata come follia, in un quadro in cui filosofia e letteratura diventano interscambiabili {cfr. pp. 239-240). La filosofia deve così diventare poetica e creativa per proporre un modello di formazione del suo destinatario che potremmo definire posttbJttrinario: una sona di maieutica filosofica centrata non sul ribadire una dimensione critica del conoscere, ma sulla negazione sistematica della posizione magistrale del filosofo, un insegnare che non si deve insegnare a chi veramente possa apprendere. b) MA I 629-638: la sproporzione tra i temi e lo sviluppo inatteso

La tessitura del complesso dettato di MA I alterna ad aforismi derivanti dalla compressione di un'argomentazionesaggistica, veri e propri bozzetti di esecuzioni più complesse, altri testi più vicini alla battuta sentenziosa e alla massima, non senza un'inflessione anche umoristica che nasce da frequenti catalizzazioni inattese del periodo25-'. Cfr. H. Heit, Literarur otkr Lehrei, cit., p. 225. A cominciare da W. Stegmaier, Antikhren. Szm,: und Lehr,: in A/so sprach Zarathustra, in V. Gerhardt (Hrsg.), Friedrich Nierzsche, A/so Spraeh Zarathustra, Akademie Verlag, Berlin 2000, pp. 191-224, poi in W. Stegmaier, Europa lm Gdsterkrieg. Studien Zu Nierzsche, ed. by A. Benino, Open Book Publishers, Cambridge UK 2018, pp. 267-298. "' Cfr. per qualche sommario esempio MA I 182, 191, 192,386,388,508, 516, 563, dove l'effetto comico-ironico è ottenuto mediante la dipendente, in qualche ,s, ,s,

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Nel quadro di un'altrimenti ordinata struttura che prevede comunque per ogni aforisma uno specifico titolo anche quando gli aforismi siano connessi in continuità discorsiva, soltanto tre loro scansioni sono caratterizzate da un flusso del discorso esplicitamente elaborato a cavallo di più aforismi in una sequenza in cui soltanto il primo ha un titolo. La prima sequenza, MA I 132-135, elabora linearmente secondo il metodo della chimica dei sentimenti e degli affetti l'analisi dell'origine del bisogno cristiano di redenzione (per quanto non manchi già un cenno a una prospettiva di genealogia della cultura in MA I 133), riconducendola al fraintendimento della naturale prospezione egoistica dovuto all'influsso di una «falsa psicologia» e di errori «della ragione e della fantasia»255 • Senza voler entrare nella tematica ideologico-filosofica sottesa, qui chiaramente di stampo illuministico con citazione cardinal.i da Lichtenberg e da La Rochefoucauld, sembra interessante notare la struttura della quaterna di aforismi che culmina nell'ultimo riassuntivo, significativamente più breve, volto a raccogliere le conclusioni univoche del processo argomentativo precedente. Segue un ulteriore passaggio simile, MA I 136-144, meno orientato, in quanto disegno del "tipo" del santo cristiano, a raggiungere conclusioni ultime, ma articolato in una prima parte di tipizzazione (MA I 136-141), in un passaggio di ricapitolazione la cui conclusione suggerisce il nesso tra santità, ascesi, voluttà, crudeltà e spirito romantico (un topos su cui viene convocato Novalis, MA I 142), e in un'autoproblematizzazione del disegno tipologico abbozzato che occupa gli ultimi due aforismi della sequenza 256• In sostanza il libro II di MA I, Sulla vita religiosa, conclude seriosamente, con due elaborazioni tematiche organiche sulla psicologia del credente e su quella del santo, una equilibrata e ricapitolata quasi come un'esecuzione scolastica, l'altra aperta e suggestiva, esorbitando in encaso anche in riferimento al campo semantico che viene proposto rispetto al titolo dell'aforisma (è il caso di MA I 552, o, per eleganti sonintesi e impliciti paragoni, di MA I 393). isscfr. MA I 135. 2S6 Notevole a MA I 144 il passaggio sul •fondatore del Cristianesimo•, giàquì prossimo al tipo dell'idiota di cui in AC, 29 e 31.

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trambi i casi dai confini ristretti della scrittura aforistica. Nessun'altra parte del volume, salvo un'eccezione, supera l'organizzazione cellulare del testo titolato e coisolato. Non riteniamo sia accidentale che questa eccez.ione si trovi alla conclusione di MA I, nd nono libro L 't«nno conse stesso, dove Nietzsche elabora una complessa argomentazione sulla convinzione e sulla giustizia nel passaggio MA I 629-037, prima dell'aforisma conclusivo MA I 638 che, come vedremo, ha diversi legami con la sequenza che lo precede e, tramite il ponte dell'epilogo in versi, con altri punti nodali del volume. Se cioè con le due sequenze di MA I alla conclusione dd libro II Nietzsche ha inteso mettere un punto fermo sul tema ddla sostenibilità dell'ideale di vita religiosa e della concez.ione del mondo e della persona umana ad esso soggiacente, altrettanto al termine del cammino di liberazione dal!'arte, dalla cultura e dagli obblighi sociali che attraversa i libri III-VIII egli ritiene di dover ponderare in forma ampia, discorsiva la nuova figura che gli si vieneddineando, presentandone le condizioni di possibilità e i precari, imprevedibili equilibri. Ma se la sezione sulla vita religiosa si conclude di fatto con un potente, irrisolto duplice contrasto bitematico (la minorità psicologica e intellettuale del bisogno cristiano di redenzione vs. la - qui ancora nozione implicita - volontà di potenza introflessa del santo; la condizione del santo sia come potenziale distinzione intellettuale e morale sia come assoluta, fanciullesca irresponsabilità), la sequenza finale di MA I 629-037 opera invece con mezzi diversi. Riannodandosi nel titolo al contenuto del primo aforisma del libro 2 IX )7, la sequenza svolge le funzioni di un'estesa coda, con numerose sorprese per il lettore. Lo scenario è qudlo della persistenza, subdola fin dentro la scienza, dell'ideale religioso. Lo stesso metodo scientifico nasce come affinamento della volontà di difendere e sostenere ad ogni costo le proprie convinzioni (MA I 634), e oggi che i suoi risultati più >S7 MA

1483 recita: •Feinde der Wahrheit. - Ueberz.eugungensindgefahrlichcrc Fcindc dcr Wahrhcit, als Lugcn» («Nemici del/a verità. Le convinzioni sono nemici della verità più pericolosi delle men,.ogne»); il titolo di MA 1629 è «Von der Uebcrzeugung und der Gcrcchtigkeic. («Dellaconvinzioneetkllagiustizia»).

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attendibili non possono che portare alla «prudente astensione» (MA I 631) ne viene frustrato proprio l'effetto atteso e sperato che funga da puntello alle convinzioni (la sequenza comincia appunto in MA I 629 con il titolo Della convinzione e tk/la giustizia). La serie MA I 629-635, che ne svolge per sei ottavi la sequenza, non ha però ancora introdotto il secondo elemento, quello della giustizia: siamo molto tardivi e molto avanti nel decorso perché apparentemente sia ancora possibile equilibrare il passaggio. A modificare il quadro Nietzsche provvede con una decisa svolta degli strumenti espressivi, che utilizza evidenti analogie con la prassi del discorso musicale. Con inflessione tipicamente schumanniana, questo secondo tema è introdotto in forma del tutto diversa dallo sviluppo sostanzialmente scolastico del primo, cioè prendendo spunto da quello che a conclusione dell'aforisma MA I 635 è sostanzialmente un abbellimento o una variazione del tema, l'appena introdotto concetto del genio {cioè quel pensatore che si pone, per coloro che lo desiderano, quale fonte delle loro convinzioni: abbozzo del tema, successivamente di grande momento, del genio tiranno, e forse anche obliqua allusione a Wagner). La giustizia, introdotta nell'aforisma MA I 636, è presentata come «tut· ta un'altra specie di genialità», che con evidente contraddizione Nietzsche dichiara di ammirare come qualunque altra sua specie «filosofica, politica o a.eristica». Lo stesso elemento del genio, proposto dapprima come abbellimento conclusivo, sorta di cromatismo espressivo di un finale, trova ora uno sviluppo inatteso, dentro un contesto che lo prende come base armonica, per di più con una semiosi che sembra invertirne il valore (da deteriore e comica posa a meritoria caratteristica della persona). Siamo quindi di fronte a un falso finale (MA I 635), cui deve seguirne ora, o almeno così ci aspettiamo, uno vero. L'elaborazionenietzscheana del tema della giustizia ne mette subito in evidenza la caratteristica non morale ma teoretica, un suum cuique tribuere che presuppone che si debba «conoscere in modo puro» «ognuno, vivo o mono, reale o pensato»2ss. >SOMA I 636.

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L'aforisma seguente rappresenta, a nostro giudizio, uno dei massimi punti di perfezione della proposta aforistica nienscheana259• Il tema della giustizia, testé evocato, scompare dapprima di fronte a un rapidissimo incipit, un aforisma in se stessaUO, che riassume di fatto MA I 629-035. All'inerzia dello spirito viene poi contrapposta la libertà vitale instancabile della «palla di neve pensante»261 , che non ha convinzioni ma solo certezze e probabilità. Eppure non è questa l'identità in cui Nietzsche si proietta, ma quella di un "noi" che si alterna tra faoco e spirito (antitesi probabilmente inattesa per la maggior parte dei lettori, dato che anzi i due elementi sono normalmente correlati: ma qui, come per lo più costantemente in Nietzsche, lo spirito opera invece nel senso del "raffreddamento"), cioè tra adesione passionale a opinioni e leggerezza dell' oltrepassamento e tradimento di queste ultime. Il passaggio di fronte alla giustizia di questo "noi" non può essere che temporaneo: la giustizia rimane nascosta come Iside, irraggiungibile nella sua purezza e tale da dovercene, a volte, schermare noi stessi. Sembra così guadagnata una felice arte della vita ondivaga, un mutare senza senso di colpa prospettive e idee che si accosta alle tante battute sulla dimensione ludica o strumentale del pensiero che Nietzsche

,s9 Per un commento sul rapporto tra il tema di questo aforisma e la riAessione niewcheanasullo spirito di vendetta e sul tempocfr. J. Stambaugh, Un1em1chungen zum Probkm dnZeit bd Nietzsche, M. Nijhotf, Den Hague 1959, pp. 164-167. major 7th chord is depressed slowly enough with the hand so rhar rhe nous wi/i nor sound but that the dampers will stay raised once the pedal is released. Keeping the hands down, the pedal is finally released which leaves the El> major 7th chord stili sounding. As a result, the reverberations from the originai four fortissimo chords "play" the El> major 7th chord278•

mc.w.

Mechell, 7hrougha Litera,yunscit, pp.102-103; corsivo nostro. Mechell è sulla scia di C. Rosen nel suo La generazione romantica, cit.; per un commento ulteriore cfr. A. Malvano, «li Imo poetico tklla composizion~. La recezione schumanniana dei Capricci di Paganini, in A. Barzizza-F. Morabito (eds.), Nico/;, Paganini diabolus in musica, Brepols, Tumhout 2010, pp. 515-526, soprattutto pp. 524-525 per l'accentuazione di questo finale come cenno al nascosto lato poetico (aletico e non semplicemente spettacolare e virtuosistico) del musicista italiano.

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Ali'atto intenzionale del tacere da parte del maestro, beffardo per il discepolo e tuttavia in sé magistrale, fa da pendant l'atto intenzionale del non produrre esplicitamente suono da parte del musicista. Ma ogni tacere è un tacere a una certa domanda, ogni non suonare è astenersi dalla produzione di quel certo suono atteso in continuità con l'eseguito: ciò permette, con mossa laterale, di portare al centro dell'attenzione l'ascolto per altro, cioè lo sviluppo delle potenzialità armoniche e sonore dello strumento in se stesso con la riduzione al grado zero dell'intervento dominante dell'esecutore. Che cosa accade dunque nel silenzio del filosofo come maestro e del musicista come esecutore, dove l'intenzione espressiva sia ritratta? Manca il suono, manca l'essere, viene meno il reale? Ciò in realtà non accade: la musica e l'essere vigono tuttora, sull'orlo indistinguibile del vero silenzio (il secondo ulteriore rilascio del pedale), ma sempre da esso, dalla sua figura del nulla, ultimativamente distinguibili e insieme sue fasi. Lo spazio sonoro ultimo, che si determina alla fine dell'epochi della filosofia anche nei confronti di se stessa, della musica nei confronti della propria intenzione performativa, è lo spazio del concrescere e decrescere fungente del suono dcli'altro e del mondo: forse quello delle variegate presenze degli altri ali'orizzonte del mattino di MA I 638; forse quello wagneriano del bosco della unmd/iche Melodie, o forse quello della discesa di Sisifo, come A. Camus la descrive279 , dove un universo «sans maitre» non è né sterile né futile, e «chaque éclat minéral» forma un mondo, e «Dans l' univers soudain rendu à son silence, les mille petites voix émerveillées de la terre s'élèvent. Appels inconscients et secrets, invitations de tous !es visages, ils sont l'envers nécessaire et le prix de la victoire...»280• m A. Camus, umyrhede Sisyphe, Gallimard, Paris 1942,p. 169. Ci permettiamo di richiamare sul te ma, oltre a G.F. Sefler, 1he ExiJtmtia/v,. the Ab,urd: 1heAesthetia o/Nkrzscheand Camus, iThejoumal of AestheticsandArt Criticism•, 32 (1974),3, pp. 415-421 e W.E. Duvall, Camw' 'Fai/' - From Nìet:z.sche, «Historical Reflections / Réflexions Historiques•, 21 (1995), 3, pp. 537-552, le parti pertinenti del nostro lavoro F. Gallo, Nkrz.sche e l'emancipazione e11nica, cit., pp. 223-242. ,.. lvi, p. 167.

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L'effetto dell'allontanamento dalla produzione di musica al silenzio, capace di far risaltare sempre più in purezza un suono fino a dissolverlo nd silenzio e costringere l'ascoltatore ad uscire dalla passività ddl'ascolto e proporsi lui stesso come fonte di nuovo suono torna anche in un emozionante punto di Papi/lons op. 2; e nello spirito della risata, che accomuna Pirrone a Schumann, la Pause del Carnaval op. 9, tutt'altro che silenziosa, è un vivo molto mosso e precipitantUJsi che nemmeno risolve ma attacca al pezzo successivo.

Esempio 7 - Papi/1,,ns op. 2, finale: nota per nota l'accordo si spegne fino a una sola nota piÌl lunga che dal l'orlo del silen1.lo germina di nuovo in vivo suono.

Esempio 8 - Camaval op. 9, Pause: le indicazioni csecu1ive

Anche lo spazio sonoro della filosofia, al termine ddl'esecuzione impeccabile delle sue nuove modalità di scrittura e di insegnamento, è

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un tacere dove si fa avanti un altro suono. Di ciò testimonia uno dei più emozionanti testi mai scritti da Nietzsche, M 423, al quale possiamo solo rimandare ora il lettore.

10. Conclusioni: una nuova scrittura, un 'idea di emancipazione, una contraddizione intrinseca

La relazione tra Nietzsche e Schumann, che abbiamo visto come centrale nel complessivo quadro della comprensione della ricerca nietzscheana in materia di scrittura filosofica, deriva da fattori culturali ed educativi precisi che interessano in modo documentato la formazione di Nietzsche e si trasformano in idee-forza del suo orizzonte culturale tra il 1858 e il 1876: la valorizzazione della dimensione intrinsecamente culturale e spirituale della musica, la lotta contro il filisteismo non solo musicale, la centralità del nesso musica-poesia, la cardinalità dell'invenzione motivica contrapposta allo sviluppo scolastico della forma, gli emblemi onnipresenti della danza come manifestazione completa della mousikée della maschera come segno ludico e critico basilare anche per la comprensione autocritica di ogni sforzo cu1turale281 • Che Schumann sia stato uno stimolo essenziale per il maturare di queste tendenze è biograficamente provato. Questa relazione è rafforzata tuttavia a un livello più profondo da omologie dell'atteggiamento intellettuale e creativo tra i due autori già lumeggiate dalla critica: una comune ascendenza (diretta ed esplicita in Schumann, più mediata in Nietzsche e complicata dal rapporto ambivalente con l'estetica protoromantica, cardinale nel periodo basileese e poi oggetto di una rinegoziazione complessa) dalla Romantik, in particolare Novalis, gli Schlegel, Chamisso, Hoffmann e Jean Paul; un'esperienza del processo creativo ed espressivo come produttivo di tendenze contrapposte, rivali e insieme fraterne; una presenza costante del tema del doppio e della

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Tuni aspetti del resto individuati anche da G. Lemco, NiazKht and Schumann, cii., pp. 48-50.

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pseudonimia; una tendenza alla pratica (anche e soprattutto) delle forme brevi o aforistiche. Nel proprio relativamente omogeneo e comune ambiente culturale, sia Schumann sia Nietzsche si trovarono dunque di fronte a una situazione, nei rispettivi campi della composizione musicale e della filosofia, dove l'idea stessa della forma organica era stata messa in discussione e ponata sotto ceni profili a esaurimento dal)'esperienza di precedenti (e in parte coevi) autori. Così la forma sonata in Beethoven era stata riportata, da opere come la I I I, a superare la propria anicolazione ternaria e dialettica e a riponarsi verso la variazione su elementi motivici minimi, da salvare e recuperare in purezza attraverso lo sviluppo piuttosto che da elaborare; in Chopin, da opere come la 35, a chiudersi in passaggi catacretici per l'ascoltatore e privi di riferimenti immediatamente intellegibili al precedente discorso musicale282• Con Schopenhauer il saggio e il supplemento, l'aforisma e la digressione divengono, nei Parerga e Paralipomena, piani di articolazione del discorso filosofico ulteriori al trattato. In Kierkegaard, l'esposizione della filosofia deve ritornare verso una dimensione figurale o disporsi come raccolta di "briciole", evadendo dalle maglie impersonali del sistema. Con Feuerbach, un autore non ignoto a Nietzsche e su di lui influente, i "pensieri" brevi e ficcanti sono portatori di comunicazione diretta; sempre con Feuerbach risorge il poema filosofico. m Sulla Son111a 2 op. 35 di Chopin Schumann scrive uno dei suoi più interessanti pe-ai critici, individuando in primo luogo la natura implicita, apparentemente solo giustappositiva, dello sviluppo dei movimenti, e il carattere complessivamente «sfingeo• del brano, le cui caratteristiche inattese, dai cinque bemolli in chiave alla costruzione enigmatica del famoso Finak. Prm:q sembrano quasi proporre non tanto un completo testo musicale ma il palinsesto di a.Itri testi possibili. La celebre asserzione schumanniana per cui il Finale. Prt:1UJ «non è musica., più che come critica irreversibile, andrebbe interpretara come constatazione stupefatta della potenza di una scrittura che, rimanmtb, dmtro il confinefonnak di una specifica arie, ne valica i confini e trasla verso 11/s,11 dimensione semforiç11, ulteriore rispetto alla musica tradizionalmente intesa (d"r. R. Schumann, 1.11 musica romanrica, a cura di L. Ronga, SE, Milano 2007, pp. 153-155). Non a caso G. Ligeti ha individuato in quello spartito chopiniano uno dei precursori della concezione atonale della musica (dr. G. Ligeti, Neuf EmusSur 1.11 Musique, Éditions Contrechamps, Genève 2001, p. 16).

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Formati entrambi in realtà in una logica sistematica, uno come musicista l'altro come filologo, Schumann e Nietzsche condividono una più profonda passione per l'unità formale dell'opera, che mira a costituire modelli di connessione più ricchi della dimensione tradizionale dcli' organicità. Il loro sostrato culturale comune nella creatività vissuta come frizione di tendenze opposte li pona alla preferenza per l'intuìto e per il sottaciuto rispetto ali'espresso; per la selezione del pubblico mediante accurate strategie di implicazione del messaggio che richiedono chiavi di accesso disponibili ma non immediate; per la realizzazione della totalità dello sviluppo attraverso indicazioni e cenni che richiedono la concreta partecipazione del fruitore al fine di raccordare i suggerimenti. Le raccolte pianistiche degli anni Trenta in Schumann (in particolare il Camaval op. 9) e le opere aforistiche di Nietzsche (in particolare MA I, WS, M, FW I-IV) sono luoghi dove si struttura una nuova idea modernistica dcli' organicità. I principi sono quelli dell'isolamento cotestuale di ogni pezzo, della natura sperimentale e apena del brano singolo, della coerenza intrinseca ma non trasparente della sua posizione nel contesto, della personalità e concretezza circostanziata del tema e della comunicazione, della limitatezza di base degli strumenti permutativi applicati (ai crittogrammi musicali schumanniani possono così essere paragonati gli sfoni analitici nietz.scheani per una «chimica dei sentimenti e degli affetti» e per la loro successiva sintesi creativa)283• u> Per la capacità alchemica d i riorganiu..are gli elementi analizzati cfr. E. Broclc,

Vom Schiinmachm alln-Dinge. Niensches Kunst dn Transfiguration a/s antinihi/istische lebenskunst, in «Nierucheforschung,,, 21 (2014), pp. 197-207. Il riferimento principale è a FW, Prefazione a/Jaseronda edizione, 3: «(... ) -diese Kunst der Transfiguration ist cben Philosophie. Es steht uns Philosophen nicht frei, zwischen Seele und l.cib zu trennen, wie das Volk trennt, es steht uns noch weniger frei, zwischen Seele und Geist zu trennen. Wir sind keine denkenden Frasche, keine Objektivir- und Registrir-Apparate mit kalt gestellten Eingeweiden, - wir mussen bestandig unsre Gedanken aus unsrem Schmerz gebaren und mutterlich ihnen Alles mitgcben, was wir von Blut, Her-L, Feuer, Lust, l.cidenschaft, Qual, Gewissen, Schicksal, Verhangniss in uns haben. l.cben -das heisst fur unsAlles, was wirsind, bestandig in Lichtund Flammeverwandeln, auch Alles, was uns trifft, wir konnen gar nicht anders,. («( ... ) - la filosofia è propriamente [quest'] arte della trasfigurazione. Noi filosofi non siamo

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Mene.re altri tipi di re~ils, da quelli bachiani a quelli di Chopin, sono fondati sul principio della catalizzazione matematica del tipo (portando in un certo senso ad esaurimento la gamma del discorso musicale), quellischumanniani, anche attraverso strumenti che sono propri di una specifica retorica della musica (a cominciare dalle agogiche e dalle scelte ritmiche), si dirigono verso un ascoltatore ideale non solo tecnicamente preparato, ma ancor più spiritualmente aperto a lasciarsi sorprendere (l'ascoltatore di cui Hoffmann era un esempio). Schumann salva la dimensione onirica come spazio di accomunamento e reciproco riconoscimento umano, nella sua continuità e ideale posizione conclusiva dell'impresa ideologico-culturale della deutsche Bewegung (un parallelo possibile è con la tortuosa salvezza del principio di compassione in Leopardi)™; di qui il suo movimento critico che èsempre, anche contro il filisteismo culturale, umoristico e non soltanto acremente satirico. Nietzsche, una generazione più tardi, nega nella Nascita della tragedia, dapprima, la possibilità di un controllo operativo e funzionale dcli'artista sulle due forme contrastanti sorgive del creare (I' apollineo e il dionisiaco). L'artista stesso non potrà trovare un Maestro Raro che padroneggi Eusebius e Florestan e li coordini nell'opera, ma dovrà egli liberi di distinguere tra corpo e anima come fa il popolo; siamo ancora meno liberi di d istinguere tra anima e spirito. Non siamo rane pensanti, non siamo strumenti di oggeuiva:tlone e registrazionecon viscere freddamente regolate, - dobbiamo costantemente generare i nostri pensieri col nostro dolore e conferire loro, maternamente, tutto il nostro sangue, fuoco, piacere, passione, tormento, coscienza, destino, sciagura. Vivere - per noi significa trasformare costantemente in luce e fiamma tutto quello che siamo, e pure tutto quello che ci riguarda, non riUJCiamqa farne a meno•; trad. modificata dallo scrivente). "' Sul quale vedi le tuttora puntuali ossetvazioni di A. Tilgher (La fil,,sofia di uopardi eaflri strini kopardiani, a cura di R. Bruni, Aragno, Torino 2018, pp. 27-29) e le considerazioni di M. Biscuso, che acutamente analizzando il senso dell'animo, colse una più profonda dimensione di attenzione alla cura per l'altro, ulteriore al primario concetto leopardiano commentato da Tilgher già in M. Biscuso, P/,,tino (e Po,firw) in M. Biscuso-F. Gallo,uopardi antitaliano, (con scritti di G . De Liguori e P. Zignani), manifestolibri, Roma 1999, pp. 202-207,soprattuttopp. 206-207, e oggi in un nuovo e specifico contributo, Soglie. Sul senso dell'animo, in L. Boi-S. Schwibach (a cura di), «liprimtJ fonte della folkità umana». uopardi e l'immaginazione, IISF Press, Napoli 2021, pp. 54-87.

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stesso vivere l'ebbrezza dionisiaca come spazio aorgico dove le forme e il suono, la visione e la corporeità, quasi misticamente si congiungono (non a caso nel rito tragico). Quando nel pensiero filosofico nietzscheano subentrerà questa funzione raziocinante e organizzativa, l'idea di un accomunamento sociale nuovo e risolutivo degli equivoci della falsa idealità culturale cristiano-borghese tramonterà a sua volta23s_ L'arte tragica o musicale non potrà più mediare verso una nuova appagante relazione di accomunamento; sarà ancora e tuttora «il tempo tkgli individui»286; alla scrittura filosofica resterà la necessità, allora, di incorporare lo scetticismo anche verso se stessa e dargli forma nella missione di liberare non più un popolo, una comunità o un gruppo, ma, del tutto coerente con l'esperienza culturale coeva, un manipolo di tennysoniane Souls that have toil'd, and wrought, and thought with me / [...] Strong in wi/J I To strive, to seek, to find, and not to yie~7 , che saranno condotte a/k kJro personali verità dal confronto serrato con la forme enigmatica dei re=ils nietzscheani di aforismi. Verrà così a determinarsi la persistenza di omologie strutturali con la produzione pianistica schumanniana degli anni Trenta, ma anche la presa di distanza autocritica verso di sé che porterà Nietzsche a ulteriori ricerche sperimentali di scritture postveritative, dove ogni rapporto con la verità è escluso, ogni scopo di persuasione è tolto e permane soltanto l'idea automonumentalizzante di un exercice tk styk che si prospetta, semmai, una funzionalità postuma 288• ,., I possibili rischi antemancipativi di una deriva verso l'estetismo del dominio tecnico della forma impliciti negli esiti estetici possibili di questa svolta sono stati chiariti con efficacia, in particolare, da H. Oufourt, Musica, potere, scrittura, Ricordi-LIM, Milano-Lucca 1997, pp. 58-59. Comunque Niel7.schc non può essere considerato un teorico dell'arte per l'arte f(Jut coun, nel momento in cui considera piuttosto come la germina;r,ione della forma sia sempre connessa a un forte impulso alfenivo e pulsionale (cfr. supra,§ 5, nota 131). ""Cfr. WS, 350: «lmmer noch ist es dic Zcit der Einzelnen•. w A. Tennyson, Ulysses, vv. 46, 69-70. ,.. Non possiamo qui discutere se la funzione del testo niea.scheano incorpori con ciò anche una dimensione di eserci,Jo del potere ed articola,.ionedel dominio, non essendovi dubbio che la proprietà espressiva del testo nietzscheano, raffinata e sempre

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Schumann, dal canto suo, comincerà a cogliere la possibilità di un'autotrascendenza della musica eseguita verso una musica interiore, che, se da una parte può dare ragione a qualchepointe critica nietzscheana nei confronti dell'intimismo romantico schumanniano, d'altra parte, essendosi posta al termine di un'esperienza di confronto con la dimensione programmatica e narrativa della musica e con l'impiego di diverse ricerche di catalizzazione permutativa, può anche essere vista come scopena del piano musicale ultimo e riconquistato del senso della musica al culmine della completa conquista di senso della disciplina tecnica e funzionale. Nietzsche prese dunque sul serio l'elaborazione schumanniana del testo musicale, soprattutto del Lied, come forma non soltanto di catalizzazione delle potenzialità di scrittura musicale del suo tempo, ma anche come esito progressivo (nel senso di F. Schlegel) dell'affermazione del primato del!'ane come luogo di giustificazione dell'esistenza. Quando si trovò di fronte alla sostanziale (secondo lui) ellissi del male nell'opera di Schumann, quella capacità di stilizzazione si inaridì prima di tutto in lui stesso (superandola forma-Liedcome scelta centrale della propria verve compositiva); Nietzsche si sentl cosl spinto a controproporre una propria versione della forma grandemente influenzata da altri linguaggi (Wagner ma anche più Liszt). Il Nietzschedegli anni Settanta sentiva dunque ancora il bisogno di respingere la fascinazione originaria che il romanticismo, nella duplice versione del miniaturismo di Schumann (ormai percepito solo come malinconico e reattivo) e dell'irrisolto demonismo byroniano, esercitava ancora su di lui. La scrittura della Manfre~Meditation, che si organizza da precedenti temi largamente debitori di Schumann, si definisce proprio come elisione della maggior pane del fraseggio di questi ultimi che ricordi l'approccio onirico schumanniano, quasi a significare che il pericolo romantico per il demonismo byroniano è dato proprio dall'ac-

più elusiva, sia una delle manifestazioni di quell'anelito alla differenzagerarchiz;,.ante che in Niet7.sche rappresenta un'esigenza in continua competizione con quella alla comunicazione e alla condivisione; tema, questo della differenziazione gerarchica, ancora inquadrato con proprietà e sintesi da J. Granier, Nim:schc, cit., pp. 125-126.

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quiescenza alla Sehnsucht, e che è questa che va superata. Effettuato con la Manfred-Meditation lo «stupro di Euterpe»289, passata rapidamente la 21? Lo stesso Nietzsche in Eh, Perchésimo cosi 11ccor10, 4 men1iona il suo celebre Nothzucht 11n dn Euterpe, rincar3Jldo circa la narura polemica della Manfred-Meditation nei confronti di uno Schumann visto come epitome dell'incapacità tedesca di ogni idea della grandezza. Quest'ultimo tema è più complesso di quel che sembra

data la sostanzialeconvergen,.adi Nietzsche con l'idea schumanniana della maggiore maestria e difficoltà data dalla forma breve, cosicché sembra che si debbano individuare due diverse pertinen1,e dello spunto polemico niet7.scheano. In primis la ManfredMeditation voleva anche essere un nwvo modb di scrivere mu.rie11, magniloquente e complesso, che ricerca uno sviluppo strunurale su grande scala che quasi tutti gli interpreti colgono come non riuscito, e che d'altra pane con quel testo propone defaa,, una via diversa da quella dell'oratorio o del teatro (nel quadro del rifiuto nietzschC3Jlo dello spenacolo, che sarà ali'origine della sua ostilità nei confronti del Gesamtkunstwerk una volta verificatene le concrete condizioni di esercizio e allestimento) e non wole riesplorareil recupero della forma tradizionale come farannocoscientementelo Schumann degli anni Quaranta e successivamente Brahms (peraltro tenendo presente che i Quartetti schumanniani reincorporano tutta la vitalità sperimentale di scrittura delle opere pianistiche). Oseremmo proporre che una riuscita concretizzazione d i un simile modello sarà stata piuttosto la Sonata in si minore S 178 di F. Liszr, eseguita pubblicamente proprio nel 18S7 da quel von BUlow poi critico feroce di Nietzsche e dedicata da Liszt a Schumann; la capacità di ricongiugnere unitariamente le conquiste della scritrura per ciclo e l'architenura della sonata, mediandola con la musica a programma e il pezzo caratteristico, può essere riconosciuta proprio in questo brano, dovel'inffessione vinuosistìca si giustifica costantemente nel contributo essenziale che dà alla complessificazione degli orizwnti tonali, alle risoluzioni per moti retrogradi etc. Per la definizione di sé e della propria impresa intelletruale in chiave antiteatrale da parte di Nietzsche cfr. FW 368, e il commento contcsrualizzato al rapporto con Wagner di G. Liébert, Nùt=hut la mu.rique, cit., pp. 140-141. In secundh la composizione nietzscheana wole essere anche un giudizio di ordine morale, connesso alla repulsione per la fallace rappresentazione musicale da parte di Schumann di un Manfred interpretato come coscientemente bisognoso di perdono. L'idea nietzscheana di Manfred è invece quella di un uomo che sa che non è diffù:ik morire e che sa pertanto vivere smza riconoscere ad 11/cuno il dirirro di punirlo, rompatir/o o assolverlo (cfr. FP 8 [22], inverno 1880-81, con citazione da G.G. Byron, Manfrtd, Act lii, Scene IV, v. 173) Sul punto efficace il commento di J. Schmidt-S. Kaufmann, Kommmtar zu Nùrzsche, "Morgmrothe~ "ldy/kn 1111.r Mminll", De Gruyter, Bcrlin-Bosron 2014, p. 270, che individua in M 4371'elaborazione del pensiero ispirato a Manfred nel senso dell'autoassun:done •aus einer radikal individualistischen Position• del privilegio di "punìrsi", "farsì graz.ia'\ "compassìonarsi"'.

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fase dell'identificazione con il wagnerismo e ridotto anche quest'ultimo (sul solo piano musicale; altro è quello sociologico-morale) a esito linea.re della medesima tradizione romantica {unitariamente pensata proprio come fenomeno eminentemente musical.e)290, Nietzsche capirà sempre più Schumann ormai solo come un esempio del pessimismo romantico, che finisce per rinchiudersi nell'evasione interiore e nella sregolatezza 291, e il Manfred di Byron nell'interpretazione cristiano-romantica proposta da Schumann come uno degli uomini superiori ancora sofferente per la vita. Per prendere definitiva distanza da qiasta esperienza, si può proporre, scelse fa strada de/la scrittura asistematica, aforistica, come forma di osservazione e sperimentazione spassionata che lo allontanasse dalle tentazioni di nuove ricostruzioni metafisiche, avendone scorto l'influsso fin dentro il proprio pensiero neotragico; troppo artista però per non amare la sottile operosità della costruzione, finì per realizzare recueils antifìlistei di testi dove mise in campo, con ogni probabilità in quanto intimamente dispostovi en musicien, per esposizione a quel genere di strutture, le tecniche degli album liederistici e pianistici e finì per produrre, sul piano della filosofia, esiti analoghi a quelli della pianistica schumanniana degli anni Trenta. In questa fase ricapitolativa, dobbiamo altresì considerare che, ad ogni buon conto, sia le opere aforistiche nierzscheane sia le opere pianistiche schumanniane possono essere interpretate in modo sinottico, e in particolare l'opera musicale, per quanto destinata a concretizzarsi come decorso sonoro, deve essere abbracciata dapprima sul piano strutturale dall'esecutore dello spartito per poterne cogliere il principio di funzionamento e organizzazione e articolarne la resa. Ciò si complica grandemente, nel caso dei recueils, per la doppia necessità di sinossi del singolo brano e dei suoi legami con gli altri dello spartito, e per l'incertezza che ne conseguecirca il significato strutturale oppure occasionale della ricorrenza di modelli organizzativi, di armonia e di armatura292 • mc&. la lettera a G. Brandesdel 27.03.1888 (BVN 1009), già sopracommentata alla n. 232. '" Di ciò dà testimonian1.a il già commentato JGB 245. "'Completamente diverso sarebbe costruire l'esecuzione (ammesso di possederne, alla Liszt, le facolrà tecniche) sulla lettura pagina per pagina dello spartito, lasciandosene cioè soltanto trascinare, in una sorta di amorfoti strumentistico, oppure, come

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Sulla pianistica schumanniana sono essenziali da questo punto di vista le considerazioni di P. Rattalino, focalizzate sull'analogia delle raccolte pianistiche schumanniane con il po/ittico 293, analogia che ovviamente mette in secondo piano la dimensione temporale del rapporto con il suono. Il punto di vista di Rattalino ha l'indubbia caratteristica di ricostruire il rapporto tra gli enigmatici testi schumanniani e lo status complessivo del problema della costruzione del testo musicale per pianoforte nella sua epoca, sia dal punto di vista della questione della forma sia da quello della tecnica esecutiva e della concreta fisionomia dello strumento anche dal punto di vista costruttivo294 ; emerge cosl anche una dimensione, da non sottovalutare, che identifica un carattere di continuità dall'allora poco compresa operazione di scrittura del musicista sassone, sia come stazione centrale di un'evoluzione coerente dello spazio armonico e del ruolo della tonica su su fino a Skrjabin29S, sia individuando una progressione Beethoven-Schubert-Schumann nel senso del recupero metamorfico della sonata e della sua fusione con la variazione riscattata dal!'ornamentalità Biednmeier2¾.

accade ormai spessissimo anche su spaniti di estrema complessitì, eseguire il brano a memoria avendo già interiorro.ato tutte le agogiche e le indicazioni di espressione, riproponendo cioè il testo come riappropriazione intima e ricreazione prospettica (che ciò determini oscillazioni esecutive macroscopiche anche tra grandissimi esecutori è cosa, d'altronde, fin troppo nota; basti pensare alle differenze tra una Argerich e un Arrau, un Kissin e un Pollini, sulla menz.ionata Sonata in si minore S 178 lintiana}. Se poi la performance musicale possa nascere anche come spunto estemporaneo di un percorso possibile tra stazioni armoniche e tematiche definite, come divaga,fone e improvvisazione ulteriore rispetto ai segnali di naviga,.ione a cui a un certo punto lo spartito viene a ridursi, è prassi ben nora dalle cadem.e già di scritrura mo,.artiana, soprattutto quelle pensate dal compositore per sé, fino al ja= "-' Cfr. P. Raualino, Storia del pianoforte, cit., soprattutto p. 143 per la compresenza in Schumann del «principio del polittico• accanto a quello della «sonata,,, e dell'esemplare equilibrio tra i due che Rattalino scorge negli Humomkeop. 20. "'Cfr. ivi, per esempio, le importanti considerazioni sulla letteratura schumanniana per pianoforte a pedali, p. 144, anche nel quadro di una ricerca di un'espressione non melodico-vocalistica della voce dello strumento. ,-,s Cfr. ivi, p. 137 "'Cfr. ivi, p. 136.

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Viene cosl a definirsi la ponata dell'approccio fondamentalmente sperimentale di tante operaz.ioni schumanniane, anche per la precisa diagnosi, da pane di Rattalino297, del complesso rappono che Schumann intrattiene con un elemento demonica2'J8 che cerca piuttosto di tenere a freno con una complessificazione barocca della forma e della struttura, espanse appunto sulla matrice del polittico che tuttavia guarderebbe sempre al rappono con un'unità formale incoativa sottesa; e nello stesso senso di ricerca equilibrata del dominio dcli' urgenza materica e demonica vanno tutte le altre soluzione formali della sua poetica comprese quelle espansive verso l'allargamento vinuosistico del discorso (di cui è esempio l'effetto di "terza mano" dell'Intermezzo dal Faschint,1Schwank aus Wien op. 26) e quelle di contrazione minimalistica.

Esempio 9 - L'annot:!Zionesulla sonoric:\dell'accompagnamemo all'esordio di Papi/Jqns in Camava/ op. 9.

u, stesso sperimentalismo architettonico è appunto la cifra di Niettsche e una299 delle dimensioni della sua affinità intima originaria con Schu"" Che peraltro aCGredira il nostro aurore di sapere •superare continuamente i confini culturali del suo tempo• elevandosi a conquiste critiche e compositive che diverranno patrimonio comune solo due generazioni più lardi, cfr. ivi, p. 134. .,. Il rema del demonico, come già premesso, è al centro del saggio seguente d i P. Zignani. Z?? Una seconda rilevante dimensione sta sicuramente nella tecnica particolare, di tipo aCGumulativo, che concentra una varietà cospicua di aCGorgimenti stilistici

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mann ( uno Schumann conosciuto appunto maggiormente attraverso i Liedn, dove venivano applicate alla dimensione semantica del testo gli accorgimenti di scrittura sperimentati mediante le raccolte pianistiche; in particola re Zwie/icht, come abbiamo visto, rappresenta rispetto a Nietzsche un esempio riassuntivo di matrice di suggestioni e possibilità applicative). Nietzsche immagina cosl di poter incorporare le contraddizioni del moderno ed emanciparsi rispetto a loro mediante un rilancio radicale della padronanza stilistica, che non accetta paragoni con la tradizione: un virtuosismo che naufragherà proprio sulla tenuta nei confronti della forma (a causa dell'insoddisfazione rutta modernistica per la definitività del prodotto e la sua perfettibilità indefinita, non tanto per l'ironia romantica, laddove invece Schumann, a fatica e con esiti anche controversi, alla fine vi ritorna)300; l'invenzione di un modo nuovo di scrivere nella forma breve. Nel suo Le "ai~mmt ,k la forme brève dans le Carnaval op. 9 ,k Schumann: un éclairage à partir ,k l'ana/yte timbrique, in V. Coiro (dir.), Musiques et formes bdves, Pecer lang, Bruxelles 2018, pp. 105-120, N. Hérold ha accuratamenre discinto ben quauro diversi espedienti di trattamento del timbro nella forma breve schumanniana che corrispondono a nocazioni di modulazione del gesto, articolazio• ne, sonorità da produrre e carattere da evocare (l'autrice =mplìfìca per la prima le nocaz.ioni di pedale e gli effetti di risonanza; per la seconda le indi=.ionidi staccato, legato e accento; per la terza suggerimenti sulla percezione timbrica da indurre quali i famosi "quasi Corni" dell'apenura di PapiU,,ns, vedi spanito sopra; per la quarta infine le caratteristiche annotazioni che suggeriscono moti e affetti come "teneramente", "passionaco" ecc.). Ciò a dire che la forma breve in Schumann, non priva come quella niettscheanadi un rapporto forte ed elettivo con strutture organizzative geomeui,.zanti, tende però a concentrare in sé una gamma amplissima di suumenti espressivi che hanno il loro focus tanto sul piano della fruizione emotiva quanto su quella della creazione di un oggetto impalpabile, irripetibile che sussiste solo nella transazione tra interprete, strumento e astante, in quella che è un'interprervjone decisamente antiplatonica della musica. '°°le ragioni di questo ritorno sono da individuare nella capacità di Schumann, in fondo caratteristica di un camaleontismo tecnico proprio della scrittura romantica, di fare proprie soluzioni di altri compositori applicandole sen,.asoluzione di continuità al proprio discorso musicale, «disciplinando il proprio sistema compositivo secondo modalità di risoluzione tecnica- che avrebbero potuto essere quelle dei compositori in questione se posti di fronte al medesimo materiale (cosi D. Fontanesi, Preludi a una mmrfisica ,kl/,z musiCl1 con~mporanea, Zecchini, Var= 2018,p. 23, in riferimento a

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aforismi rimane infatti soluzione parziale che solo per un attimo si equilibra rispetto a un pubblico (nei cui confronti l'offerta nietzscheana rimase poco appetibile almeno fino all'ultimissima fase della sua vita cosciente; poi the case I breaks open and he's ta!!Y,,1• Ndla carriera di scrittore di Nietzsche dovrà infine emergere così una dimensione diversa di eroismo postumo e postumano, che relativizza e nega anche quella straordinaria prestazione intellettuale (sulla cui via si metteranno comunque grandissimi come Kraus, Benjamin, Adorno). Dobbiamo ritornare a questo punto sulle coordinate originarie del nostro percorso interpretativo. Proprio per le sue lodi del dionisiaco e dell'orgiasmo, cioè di una forma di accomunamento regressiva rispetto alla mediazione concreta e storica tra individui, Nietzsche rimase caratterizzato da una repulsione estrema per la corposità e carnalità mediocre e gregaria del vivere302; quando individuò una possibile soluzione di questa Zerrissenheit, la affidò dapprima alla dimensione rituale del teatro (sintesi di tutte le arti) quale nuovo fattore di costruzione sociale e affettiva, ma dovette poi rinunciarvi e trasformarla in jilcsojia- pensata come quell'arte della trasfìgurazioneJO} che si incammina verso una ricostruzione critica del senso della vita quotidiana che vuole liberarla da tutte le dimensioni di vergogna e sofferenza indotte dal!'autofraintendimento della condizione umana. Stths Fugm uber den Namm 811th, op. 60, un testo per pianofone a pedali vel orga• no); quindi secondo Fontancsi la tradizione costituisce materia di riappropria,Jone attraverso una disciplina della composizione che se ne fa valorizzazione selettiva e riatrualiz,.azione, contro l'idea di «fare musica cominciando ex novo e senza presupposti• delle avanguardie del XX secolo (ibidem). 30 ' E. Torgersen,jmsm: A SlidahoUJ, stanza Il, vv. 21-22. 302 Nel capitolo finale Pietà per un eroe del suo Dopo Nierzsche, Adelphi, Milano 198P, pp. 185-201, G. Colli estende la sua interpretazione della circostanza a rifiuto complessivo de.Ila dimensione fisico-corporea, nell'ottica di una lettura di Nie11.sche come asceta. La lettura regge, a nostro giudizio, solo se quel rifiuto viene circostan• ziato come critica dell'educazionecorrente dell'istinto e della corporeità, cioè se viene storicir.,.ata e non metafisici1.1.ata. 30' Abbiamo già discusso il tema, in riferimento a FW, Prefazione, 3 (testo saliente supra, nota254) e alle analisi di E. Strobel, cfr. supra,§ 5 e nota 114.

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L'indubbio successo di questa operazione, consustanziale a trovare una nuova forma della scrittura filosofica, è documentato da MA 1-11, M, FW 1-N; qui si attinge alla piena efficacia dei nuovi mezzi espressivi esemplari sulla fusione della tradizione della massima e dell'aforisma con i procedimenti costruttivi di origine musicale. Ora sembra però sembra balenare l'idea che il nuovo status di questa conseguita guarigione sia quello di essere «signore di molte filosofie», cioè al di là di una relazione veramente intima tra filosofia e vita (fortissima nelle opere aforistiche citate), e in direzione piuttosto di una relazione strumentale. Quella flessibilità e versatilità dello stile che nelle opere aforistiche era come tale libertà, cioè scrittura che si fa emancipazione concreta dalla vergogna mediante la duttilità del linguaggio e delle idee che riorganizzano e strutturano con sempre maggiore efficacia il polittico delle potenze psichiche e ne garantiscono la produttività, diventa a un certo punto della storia nietzscheana prassi fangibile in vista di altro; retrocede, di fàtto, allo stesso status della scrittura propagandistica prowagneriana di cui Nietzsche fu anche autore (diventa, per cosi, pronietzscheana). La perfezione nel suo dominio operativo, attinta senza alcun dubbio dal magistero artistico di Nietzsche, mette inoltre in primo piano la possibilità di una sua catalizzazione formale del tutto autonoma, nuova ed originale, che non sia più movimento sperimentale di liberazione bensl nuovo orizzonte estetico ed espressivo in se stesso, nuovo inusi rato vertice di gusto (sia pure nella sdegnosa convinzione di poter trovare solo a stento un numero ristrettissimo di lettori simpatetici ed elettivi). Si colloca qui appunto, a nostro giudizio, un passaggio fondamentale. AI livello di questo movimento autoemancipativo, da un lato il dominio spropositato del mezzo linguistico (nutrito della relazione con il pensiero e il fraseggio musicale), dal!'altro la pervicace volontà non tanto di convalescenza ma di guarigione e superamento della propria condizione prendono il segno di un bisogno di creazione, di aspirazione a un'opera rispetto alla quale allora tutta la scrittura aforistica potrebbe apparire come semplice viatico. Quest'opera si concretizza successivamente, però, in forme sempre instabili e insoddisfacenti, al di là della maestria della loro esecuzione. ZA si conclude appunto con l'aspirazione ali'opera (non è in ogni caso l'opera stessa); JGB ribadisce

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la dimensione ulteriore del doppio, del teatro e dell'istrionismo collocandosi cosi coscientemente in quello spazio di nuance e interiorizzazione della dicadence che è ancora quello della convalescenza; GM si chiude significativamente, nonostante le perfette scansioni retoricoformali del suo dettato, nella tensione tra saggio e aforisma, di cui il saggio diventa commento, producendo tra le due forme una tensione di necessaria integrazione e insieme di insufficienza di entrambe; GO retrocede sostanzialmente al modello della giustapposizione variegata di forme e stili della suite. FaW, nella sua indiscutibile eccellenza formale, è un pamphlet la cui portata creativa è dovuta, defacto, al calibro del proprio oggetto (dunque, nonostante tutto, testo parassitario del monstrumwagneriano). Alla fine troviamo Eh, che è un libro su ciò che "io sono", che è proprio quanto sfugge ali'elaborazione stilistica e che segna la trascendenza della materia rispetto alla trattazione formale, individuando nella fatalità dell'esistenza il motivo di distinzione della persona artistico-filosofica del suo autore e anche la ragione fondamentale dell'irrivendicabilità ali'autore dei suoi libri se non come espressioni incalcolabili e inconcepibili di tale fatalità; quest'ultima potrà essere esibita ed esposta, non certo articolata. Sarà quindi questo il fallimento ultimo dell'idea dell'incorporazione dell'arte nella vita come forma di liberazione del sé: quest'artesovrabbondante e veramente magistrale non

germina dal lavoro, dalla disciplina e dat/Q sviluppo del talento, ma si origina da un fattore inesplicabile che la rende tanto potente e innocente quanto imparagonabile. Se le opere aforistiche hanno ereditato il modello del recueil musi• cale e ne hanno mimato le movenze (certo dentro un contesto anche preterintenzionale d i omologie, ma con elementi comprovabili di richiamo diretto, a cominciare dal!'attenzione spasmodica alla costruzione della pagina, alla disposizione, all'interpunzione etc.), le opere da ZA in poi proveranno a fare qualcosa di diverso da ciò a cui l'arte sembrava ineluttabilmente destinata nella modernità teatrale, ossia, per dirla breve, a sfuggire alla dinamica irresistibile dell'impiego delle raffinate conquiste nel linguaggio modernistico nella stessa comuni• cazione di massa. Nietzsche era perfettamenteconscio dell'alto livello di incorporazione di tutta la tradizione artistico-espressiva nel teatro

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wagneriano, di cui contesta soprattutto il gigantismo spettacolare che riduce l'astante a fruitore sbigottito, commosso o provocato ma in ogni caso oggetto di specifica manipolazione; egli vuole difendere una posizione nuova in cui la fruizione artistica sia non solo consumo, ma anche incorporazione e azione diretta. Di qui il tema della danza, egualmente assai vicino al narcisismo stilistico da una parte, cd eventualmente a forme di modernismo estremo di arte del corpo e del gesto, che tutto riusciranno a fare meno quell'azione sul e nel mondo alla quale ostinatamente Nietzsche si richiama; a meno che non si ritenga che l'intervento intellettuale delle avanguardie sia stato capace di un'effettività critica in grado di sfuggire al proprio reinserimento, a brevissimo giro di posta dalle loro più audaci mosse, in quel contesto del Kitsch e della spettacolarizzazione che denunciano e senza il quale, peraltro, neppure esisterebbero (e di questa dialettica della provocazione culturale molto vi sarebbe ancora da dire). Le idee di Nietzsche sono certo essenziali per la coscienza contemporanea, ma il loro sviluppo sempre più pragmatistico, se gliene lascia la piena disponibilità come materiale per la scepsi selvaggia e gioiosa di sé e del mondo, gli sfugge poi come punto fermo su cui articolare una visione del mondo. Alla fine il mondo e la visione del mondo diventano la stessa cosa, la voce soggettiva si confonde con quella delle cose, e per quest'ultima non ci sono parole; le altre visioni del mondo, contemporaneamente, sfuggono dal campo del pensiero e sono incrociabili soltanto come orbite stellari, luminose occasioni di urto agonistico. Contrariamente a FinkJ04 , pensiamo che l'immagine del gioco sia quindi, dopo tutto, la più estrinseca rispetto ali' esperienza teorica di Nietzsche, costretto ad introdurla per coerenza rispetto al guadagnato concetto dell'innocenza del divenire, ma incapace di estendere quest'ultimo a giustificare tutta quella dimensione di dlcadence, per la medesima logica altrettanto innocente, e che invece lo preoccupa.

J04

Cfr. E. Fink, La filasofia di Ni,rzsch,, Mondadori, Milano 1977, pp. 203 sgg.

Vcdi le critiche senz'altro tunora pertinenti di A. Negri, Nkrzsche ,lo l'innocmz,zde/

divenire, Liguori, Napoli 1986, pp. 183-184.

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Con suo proprio dolore, Nietzsche era infatti serissimo nell'opposizione al cristianesimd°s, a W agner e così via (la sua mockery è strumentale e non sostanziale). La canalizzazione egoistica della potenza di cui, come alternativa, Nietzsche teorizza non sarà forse iuxta Heidegger e Cacciari l'introiezione della tecnica come strumento di potenza e dominio, ma la danza in cui si traduce è non più la comprensione e l'approccio maieutico al prossimo ancora centrale nelle opere aforistiche, bensì la perimetrazione dapprima di un numero sempre più limitato di interlocutori, poi la monumentalizzazione di sé. In mezzo a tutto questo sta l'ammirevole esercizio di FW V, 40 aforismi di unitaria composizione e un epilogo che sono forse il punto più avanzato di quella che è stata chiamata liberazione della filosofia, ma che diventa anche una liberazione dalla filosofia come la si intende (cioè con un rapporto problematico e serio con la questione della verità e dell'intersoggettività): una nuova meravigliosa sofistica della potenza e della fiducia, dove Nietzsche diventa per noi uno di quegli uccelli distanti e poderosi che ci superano mentre stiamo appollaiati al freddo da qualche parte e, per parte nostra, non riusciamo più a volare. Ammirevoli ma inimitabili, eccelsi sopra loro stessi e come tali solitari e algidi. A meno che anche per noi la filosofia non sia più una cosa che ha a che fare con la vita, ma solo uno strumento o una fase interlocutoria di essa. O forse, e questa rimane a nostro avviso la dimensione più importante della ricerca aforistica nietzscheana, la liberazione della fiu,sofoz consisteva invece esattamente nella sua pratica come forma breve, continuamente alla ricerca del momento definitorio e riassuntivo proprio della sua originaria vicinanza a ciò che si chiama oggi scienza e metodo, e insieme nella certezza che definizioni e loro sillogi non sono più possibili né a live/J;, terapeutico né a live/u, sapienziak, pur se nell'insieme quella JOS La centralitàdell'opposizione al cristianesimo ruota attorno alla competizione tra la resurre1.ione dei corpi e l'eterno ritorno comestrategie diametralmente opposte di redenzione: una bisognosa dell'abolizione della corporeità, l'altra incentrata sul rifiuto stesso della redenzione, esito estremo del byronismo niel7..scheano. Mentre su quest'ultimo punto rimandiamo a quanto già sopra detto, per le considerazioni preadenti cfr. le insuperate pagine di D. Franck, Nìen:sche e l'Dmbrtt di Dib, Lithos, Roma 2002, pp. 372-376.

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pratica rimane quanto di più salutare, chiarificatore e propositivo la filosofia abbia da dare. Anche se«(...) tutte le nozioni, in cui si condensa semioticamente un intero processo, si sottraggono alla definizione; definibile è soltanto ciò che non ha storia,,)06, in ultima analisi la filosofia, se è vita, è appunto un'attività riflessiva e non una dimensione dottrinale a valle del processo concreto del sapere. Si apparenta a una tecnica d'uso, che si impara solo provando a praticarla'l07; proprio cosl come si impara, d'altronde, a suonare uno strumento.

.,.. GM II, 13 («[ •••) alle Begriffe, in denen sich ein ganur Prousssemiotisch zusammenfasst, enr,.iehen sich der Definition;definirbar ist nur Das, was keineGeschichtehac,,). Cfr. per un commento del punto S. Fedler, DerAphorismw. Begriffepiel zwischm Philt,sophie und Poerie, Springer, Stuugart 2016, pp. 127-128. ""Cfr. al proposito le tuttora rilevanti considerazioni di K. Jaspers, Nietzsche. lntroduzionea/Jacomprentionedelsuofilt,sofare, a cura di L. Rustichelli, Mursia, Milano 1996, pp. 407-412, sulla necessità di •mettere in pratica,, il pensiero di Nietzsche per il suo lettore.

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O. Premessa Il breve saggio di Paul Tillich Il demoniaco, del 1926, rilancia un concetto tradizionalmente presente nella cultura tedesca, ravvivandolo in modo talmente originale da conferirgli una forza euristica straordinaria, al punto da ispirare la Dialettica dell'illuminismo di AdornoHorkheimer, il Doktor Faustus di lhomas Mann e Il volto demoniaco tkipotere di Gerhard Ritter. Nell'essere Tillich riconosce una tensione fondamentale tra la genesi e la distruzione della forma, che dunque viene considerata in movimento e in grado di recepire, all'interno della forma, un principio distruttivo. L'impulso alla forma (Gestalrung) che ogni cosa reca in sé e da cui ogni cosa è riempita e l'orrore della disgregazione della forma, sono entrambi fondati nel carattere di forma dell'essere. Giungere a essere significa giungere alla forma. Perdere la forma significa perdere l'essere. Al contempo, però, risiede in ogni cosa l'intima inesauribilità dell'essere la volontà di dare realtà insé, individualmente, all'attiva infinità

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dell'essere, l'impulso a infrangere la propria forma finita, il desiderio struggente di realizzare in sé l'abisso. Dall'azione simultanea delle due tendenze si produce la forma vivente con la pienezza e i limiti del suo essere. Dall'isolamento e dal l'emergere privo d i forma della volontà di infinitezza si produce la deformazione demoniaca. Il demoniaco è l'emergere in ogni cosa di quelfondo creativo che si oppone alla forma•. Questo studio intende analizzare alcuni concetti essenziali che aruaversano la storia della cultura tedesca, allo scopo di interpretare il senso della deformazione della normatività che guida alcune composizioni di Robert Schumann e che si riflette nella concezione letteraria e filosofica della musica. Quest'arte infatti riesce a esprimere sia il bisogno di generare forme che di violarle, ispirata da una caratteristica antropologica inevitabile, il demoniaco (o demonico): l'uomo risulterebbe, quindi, necessariamente orientato a un'esperienza del sublime destinata a rimanere centrale, pur in continua trasformazione. È stato indispensabile a questo scopo rimettere in gioco la concezione romantica della musica e del musicista che, da Wackenroder, approda, pur modificandosi, fino a Jean Paul Richter, Schelling, E.T A Hoffinann, Schumann e Nietzsche, avvalendosi di un linguaggio musicale che sin da J.S. Bach ha manifestato la capacità di farsi carico dei concetti fondamentali della filosofia e della teologia, per poi giungere fino a Nietzsche, che con fondate ragioni poteva ambire a decifrare, attraverso l'evoluzione della musica, alcuni aspetti della storia del pensiero. Il rapporto fra Schumann e Nietzsche risulta quanto mai significativo, anche nel contrasto che ne risulta, per mettere in luce la funzione peculiare della musica. Il linguaggio delle sette note assorbe a propria volta l'humus letterario e filosofico che lo traduce e interpreta, rendendo possibile, fino a e oltre Nietzsche, una suggestiva influenza reciproca, tanto più preziosa per l'opportunità che ha la musica di configurare la distorsione della forma. La capacità di un linguaggio sia artistico sia filosofico di esprimere dissonanze diventa quindi virtuosa, poiché ne indica la disponibilità a sperimentare e violare i propri limiti. Nelli.tnnonia, la dissonanza apre 1

Cfr. P. Tillich, Il dnnoniaco, cir., p. 31.

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ambiti tonali lontani o vietati; nel ritmo genera choc e una percezione temporale alterata; rispetto alla costituzione della soggettività, l'assunto della continuità della coscienza si apparenta all'istanza continuistica ddla teoria del sistema temperato equabile, per cui la dissonanza comporta scissione. Ben si presta dunque alla Stimmung romantica e al disagio patito dalla figura professionale del Tonkiinstler, come anche, in linea con la concezione kantiana del sublime e i suoi sviluppi in Schelling e nel Romanticismo, aderisce al vissuto del rapporto originario fra uomo e natura, caratterizzato dal!' orrore di fronte a una forza imprevedibile e sovrumana. È dissonante, inoltre, la percezione di una fase storica contrassegnata dal disagio causato da radicali cambiamenti, cosl come nella morale e nella religione dal senso di colpa per l'introiezione di queste avvertite e in fondo desiderate trasformazioni. Si tratta di fenomeni, in Schumann, non così clamorosi come nel primo movimento dell'Eroica: il negativo innerva anche solo di minimi choc le partiture, disseminate di aritmie, voci che s'inseguono, melodie che a volte scompaiono, cadenze che non risolvono e forme compositive che manifestano architetture impreviste, in contesti in cui l'interpolazione, la citazione e la compresenza di diversi autori diventa la regola. Il pensoso messaggio etico di Schumann, che risalta nel confronto con altre espressioni, e anche tramite l'incomprensione di Nietzsche, suscita quindi particolare interesse, non solo per gli aspetti linguistici. Emerge l'opportunità di riconsiderare l'ontologia eia fenomenologia del!' opera d'arte musicale, senza affidarsi a un'ermeneutica fondata su assunti ontoteologici di matrice aristotelica, a loro volta messi in discussione da una rinnovata questione antropologica e dal!'effettiva esperienza della physis e del mondo, qui considerate da una prospettiva che interseca gli esiti del pensiero heideggeriano e alcuni sviluppi della filosofia del Novecento, come Mille piani di Deleuze e Guattari, che a Schumann, non a caso, si riferisce più volte. L'essere umano, visti gli effetti storici del suo operato e la forza euristica della storia della musica e dei vissuti musicali, interpretati dalla letteratura e dalla filosofia, si rivela tutt'altro che un elemento intrinsecamente armonioso, destinato a inserirsi in un universo finalisticamente ordinato: si manifesta anzi la dissonanza come caratteristica drammaticamente insuperabile del!'esi-

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stenza. Già la concezione kantiana del sublime mette in luce l'imprescindibilità dell'irruzione del negativo e dell'angoscia nell'esperienza. L'elaborazione di queste problematiche induce Jean Paul (J.P. Richter) e E.T.A. Hoffmann, punti di riferimento cruciali per Schumann, a rendere letterariamente percepibile il radicale stato di crisi dell'uomo moderno e la difficile, se non insostenibile, eredità della filosofia ottimisticamente razionale. Ancor prima che la filosofia, in particolare grazie a Nietzsche, mediti sulla genesi dei propri presupposti, la storia della musica si è fatta carico dell'espressione dell'ardua condizione umana., ponendosi di fatto come critica del progressismo e del dominio dell'uomo sulla natura: il messaggio musicologico, che in questo studio si cerca di elaborare, indica infatti l'ineludibilità del negativo e del demonico. Una ineludibilità in nuce nella teoria del sistema temperato e dell'armonia settecentesca: il linguaggio musicale è in grado, pertanto, di comunicare attraverso il modo in cui modifica i propri oggetti e i propri limiti. Il fraintendimento della musica di Schumann da parte dello stesso Nietzsche, così come la sua sottovalutazione del Romanticismo, è quindi uno dei motivi principali che inducono a meditare sui complessi rapporti reciproci fra musica e filosofia e a possibili nuovi snodi. È determinante fra l'altro la distinzione fra senso e significato, ove il secondo consegna tecnicamente la parola alla messa in rete con le altre parole, definendola autorevolmente entro precisi limiti d'uso, mentre il primo è atto di supreme decisioni esistenz.iali, che coinvolgono colui che le assume sino a identificarsi in esse. Il senso implica, anzi possiede chi vi si consegna nelle decisioni etiche più impegnative, mostrando così il lato abissale e vertiginoso del linguaggio, che nel suo operare giunge ad attrarre e assorbire chi lo usa, in questo caso nelle modalità degli autori più cari a Schumann. La musica è appunto uno dei modi con cui si esprime il senso, aprendosi al confronto con la filosofia, sebbene quest'ultima sia e sia stata talora sorda e indifferente alla musica, come ad altri saperi. Il lettore potrà provare sconcerto per la compresenza, in questo studio, di filosofie diverse che hanno segnato il Novecento. L'arte dei suoni è d'altra parte qui considerata come messaggio destinato a farsi

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metafora di se stesso, attraversando ambiti distinti, disposto, passivamente, a ricevere luce su propri vari adombramenti da diverse sorgenti di senso, e attivamente assumendo identità in una sublime rottura di forme, regole e consuetudini tradizionali per mezzo di una costituzione spesso irregolare. Si realizza cosl un'intenraduzione reciproca fra saperi distinti e non abitualmente comunicanti. Lo stile di Schumann infatti offre configurazioni interpolate e frammentarie, aprendosi a una cooperazione con la letteratura e le altre ani, per liberare la musica dalla rete dei significati rigidamente strutturati e da un'etica «filistea», giungendo a valorizzare in modi inattesi la libera esplorazione: negli Scritti critici, ad esempio, il musicista si accorge, recensendo Falene di F. Otto, di una «musica dietro la musica». Tale«missione» del compositore, per quanto appaia da tempo mana la stessa musica «classica>>, non può tuttavia essere risolta dalla impossibile revivescenza di quella condizione che, in panicolare, Schelling attribuiva al genio, ovvero il poter mediare soluzioni nuove di creatività estetica suggerite dalla natura a lui solo, tanto favorito quanto inconsapevole e vincolato a un mondo destinato all'armonia dell'Uno-Tutto. La natura d'altronde non farebbe che continuare ad attuare il proprio automatico processo, in simbiosi con lo spirito, secondo un orientamento classicista, che non permette di comprendere la crisi del mondo moderno, né di concepire la disarmonia cosmica, il ritmo irregolare, la deformazione espressionista e demonica. L'ane della composizione, invece, deve vivere fino in fondo la propria tendenza a liberarsi dell'uomo e della sua stessa soggettività storica, per recepire i segni della disarmonia del mondo e della storia.

1. L'armonia metafisica di Rameau

La musica, per essere riconosciuta come un sapere ufficiale, adulto, regolato secondo criteri universalmente validi e inserito in un sistema che tutti i saperi comprenda, deve accogliere la colonizzazione razionalista, su modello matematico, e di conseguenza rinunciare al compito che le è più proprio, ovvero l'espressione del senso. Lo snaturamento è

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programmatico: lo impone l'organizzazione del sapere e dell'essere. È questo il presupposto del Traiti de l'hannonie reduite à ses prindpes natzv rels di J.-P. Rameau, che nella Prefazione fa un'ammissione significativa: La musica è una scienza che esige regole certe, dedotte da un principio

evidente. E tale principio non si può conoscere senza l'ausilio della matematica. Devo anche confessare che, nonostante rutta I'esperienza che posso avere acquisita nella musica con la mia lunga pratica, è solamente l'aiuto della matematica ad avermi consentito di sbrogliare la matassa delle mie idee e di rischiarare un'oscurità della quale non mi ero neppure reso conto'. Questo testo del 1722, affermatosi nel corso di un intenso dibattito teorico, è considerato un ineludibile fondamento concettuale e operativo del sistema tonale, benché, e proprio perché, definisca la musica come scienza. V iene accettato il principio per cui il luogo del senso va occupato applicando la ragione e la matematica. La musica non può dunque organizzare autonomamente un discorso che non sia preformato da una logica che segua regole razionali: le sue sequenze di suoni, benché siano effettivamente un accesso all'essere, oltre che espressione artistica., non sarebbero sensate se non adottassero una logica a loro estranea. La musica, nel sistema dei saperi, svilupperà comunque il proprio autonomo discorrere, ma in quanto sapere organizzato e giustificato giungerà all'idealismo tedesco in questa forma, che certo non può sostenere l'inevitabile compito assunto dai compositori, di farsi carico degli stessi problemi della filosofia e del pensiero. Nel Trattato la musica ha diritto di parola quando tutto è già deciso. La melodia è affidata all'armonia, anzi ne è parte, e chi conosce l'armonia è «istruito in tutte le proprietà della musica». Il musicista non fa che intervenire in un ambito già definito una volta per tutte, dato per conosciuto. Inoltre, intensità e durata del suono non competono all'armonia, che si occupa solo delle relazioni fra suoni acuti e gravi, femminili e maschili.

1

Cfr. J.-P. Rameau, Trattato di armonia, Edigeo, Milano 2019.

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Il suono preso in esame è quello della corda, che vibra al tocco, di fatto, su un piano cartesiano (libro 1.2) «suddivisa in più segmenti per mC'l.Zo di ponticelli mobili». Il suono si sprigiona dunque da un corpo già immobilizzato, costretto a vibrare in riferimento a un piano cartesiano, prigioniero della matematica, e le vibrazioni sono un fenomeno innanzitutto matematico'. La facoltà uditiva, poi, non può udire le vibrazioni per simpatia più piccole: fa fede appunto la matematica. Significativa è la nozione di «suono fondamentale» nd paragrafo 1.3 del primo libro, dovesi dice che il suono fondamentale règne sull'armonia: occorre dunque «base e fondamento», un centro di riferimento, e «primo» e princeps, scrive Rameau, hanno la stessa radice. Il suono fondamentale è sous-entendu4 • La proporzione aritmetica o armonica rende equivalenti la quarta e la quinta, sottodominante e sopradominante. Occorre però una sola dominante, che risulta tale solo in virtù della sensibile, senza la quale la tonica non è tonica. Il sistema tonale non avrebbe alcuna organizzazione, senza la cadenza che rende percepibile il ruolo centrale della tonica: sulla genesi della gerarchia interna fra le note, però, non è ammessa alcuna riflessione. In questo Trattato la sensibile non genera nulla di significativo, né, risuonando, può lasciare tracce che modifichino l'impianto gerarchico della scala. La > La corda è il nervo. •Sonum se habet ad sonum ut nervus ad nervum» (Cartesio, Compmdium music~, p. 12 nell'edi1Jone di Utrecht 1650). La similitudine con il sistema nervoso dimostra quanto poco sia tollerata la dissonanza, che si affermi un modello meccanicistico o organicistico, ma comunque tendente a un unico principio.

'J.-P. Rameau, Tratra/Q diannonia, cit., p. 41.11 traduttore M. Formaggio nota che sous-mundu •nella maggior pane dei luoghi viene reso con ' inerente' oppure 'inferito' in quanto percepiro dal soggetto come logica conseguenza della percezione degli altri suoni,,, perché il sous qui indica il mezzo o l'intermediario, ovvero la premessa» come nell'uso dcli'epoca. li traduttore aggiunge che in altri luoghi l'accerJone è •presupposto• o •assunto», e che P. Dosseu rende sous-mtenducon impli,d, C. Dalhaus invececon mitg,hiirm. llsuono fondamenrale è la nota di base dell'accordo perfetto: se le altre note sono ad esempio mi e sol, implicito o presupposto è il do, perché non può mancare ed èanzi base dell'accordo. Ci sono note, infatti, necessarie, con il loro ruolo gerarchico e la loro capacità gravitazionale sulle altre. Lontanissima da questa domina, pur senza violare le norme musicali è dunque, in Humortske, l'innn-, Stimme che Schumann scrive sul pentagramma (cfr. p. 60 nella prima parte di questo libro).

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dissonanza, inoltre, è fondata sull'intervallo di settima di dominante, senza considerare il tritone (diabolus in musica), ma solo la settima in quanto risvolto della seconda. Matematicamente concepito, il suono dunque non può che generare rapporti numerici, essendo prodotto in un sistema matematizzato. Di fatto, non c'è posto in questo sistema per il fenomeno di un suono che ambisca liberamente a un senso: viene considerata soltanto la sua manifestazione matematica, e matematica è la struttura metafisica del mondo. Non manca.no aspetti aporetici, come la difficile sistematizzazione della tena minore; tuttavia la dissonanza viene trattata soltanto a giochi fatti, nel libro II, dedicato alla «Natura e proprietà degli accordi e di quel che può servire a rendere perfetta una musica». Preparata e risolta, la dissonanza va sistematicamente risolta e nemmeno può sorgere, se non sul suono fondamentale, che con i suoi armonici dà la struttura ali'armonia: la melodia stessa si svolgerà avvolgendosi su tene e quinte. Il ritmo viene irregimentato, in modo tale che non turbi l'edificio statico dell'armonia. La musica, come scienza, ha un'essenza immutabile e statica: è questa la teoria della musica che sarà insegnata anche ai maggiori compositori del secolo successivo. Le modifiche strutturali di quest'organizzazione del pensiero musicale saranno apportate soltanto dalle creazioni artistiche, senza però un'ulteriore sistemazione dottrinale, prima dell'intervento rivoluzionario di A. Schonberg.

Les sauvages

La musica segue comunque regole non comprimibili nella scientificità, assurta a guida del modello dottrinale di Rameau. La configurazione di un brano può ben necessitare del!'energia e nella variabilità sprigionata dalle micro-forme e dai melismi5• Un caso semplice e signis Montesquieu, nel Saggio sul gusto nelk cose della natura e dell'arte (1757), riconoscendo la varietà come principio autonomo, pur congiunta all'unitarietà di un'opera, ammette a propria volta un quid imprevedibile ma necessario. La varietà, come irrinunciabile principio estetico, proviene dalla tradizionale ricezione della Poetica di

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ficativo di dinamismo di una miero-forma si trova in un celebre brano di Rameau, Les sauvages, tratto da Les lndes Galantes. Micro-forma è quella quartina di ottavi in tempo due metà. La linea melodica disegna un piccolissimo vonice tra intervalli ascendenti e uno discendente in battere nella misura successiva. L'autore del Trattato vuole far risuonare le sue melodie sugli armonici (essenzialmente tena, quinta e ottava) dell'accordo di tonica, ma questa linea melodica ha senso per il suo minimo rizoma, quella piccola contorsione melodica, quel minimo gorgo. Spesso è una contorsione ad aprire un varco alla musica, consentendole di raggiungere un senso, grazie appunto a una specie di irregolarità, che permette alla linea di realizzarsi in un disegno, mediante irregolarità addentellate alle regole. Nota di metodo

La musica non consiste di sequenze di suoni, né si riduce al mero dato fattuale della vibrazione o ondulaz.ionedi corpi. Lo sosteneva Schumann («Sarebbe un'ane ben misera quella che risuonasse soltanto e non possedesse un linguaggio né dei segni per gli stati d'animo!»)6. La linea melodica, tanto più intenzionalmente in Schumann, spesso disegna un andamento simile al respiro o al volo di farf.illa cui allude: i suoni sono come un fondo inciso dalle figurazioni musicali «scolpite» dal compositore. La forza e l'orientamento della figurazione intenz.iona ben oltre il singolo suono in cui si manifesta: sensazione e fantasia si saldano nella produzione di queste figure, coniugate da una grammatica e una sintassi comunque non rigidamente normate, poiché la composizione è guidata dal senso del sublime. Forme e micro-forme, in quella che P. K.ivy definirebbe scatola nera7, di quel materiale che E.T .A. Hoffmann chiamerebbe Ka,fonkel cioè carbonchio 8, vengono strutturate nella perAristotele e connette al bello e al sublime, pur affermando la necessità dell'ordine, il bisogno del diverso e del negativo. • Cfr. R. Schumann, Scritti critici, cit., p. 147 7 Cfr. P. Kivy, Fil,,,ofia della mwi1:11. Un'introduzione, Einaudi, Torino 2007. 1 In realtà il carbonchio è l'agente patogeno dell'anuace, come poi scopeno da R. Koch (1843-1910), Nobel per la medicina. Ai tempi di E.T .A. Hoflinann, il c:irbonchio

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cezione, intrecciandosi su più piani simultanei, con la collaborazione dell'ascoltatore. L'estetica della percezione diventa allora indispensabile: in questo studio però l'attenzione è rivolta alle esplorazioni ai margini, sia interni che esterni, delle grandi come delle minime forme compositive. La percezione della difformità richiede una normatività striata, su più piani, nell'ambito di un sistema che, come il temperamento equabile, ammette varie configurazioni e una sorta di flessibilità e tolleranza delle trasgressioni.

2. L'ordine del discorso musicale e ilpianto di Pietro Senza il demonico, non avremmo pezzi struggenti come l'Erbarme mich mein Gott, nel quale, nella Passione secondo San Matteo di J.S. Bach, Pietro, udito il canto del gallo, chiede perdono del suo triplice tradimento. Occorre un evento di cosl radicale gravità, per giustificare il sublime negativo di una composizione straziante, dal ritmo singhiozzante, alla Siciliana9• «(...)in ogni società la produzione del discorso è insieme controllata, selezionata, organizzata e distribuita tramite un certo numero di procedure che hanno la funzione di scongiurarne i poteri e i pericoli»10, e anche l'ordine del discorso musicale respinge alcune modalità espressive, come la dissonanza irrisolta, il tritono, il cromatismo, a meno che non vengano inserite in un contesto giustificativo, come in questo caso il pentimento, amarissimo, di San Pietro. Se un'opera d'arte si sviluppa all'interno dell'ordine del discorso, l'ordine trova conferma. La teoria della musica, quindi, bandisce alcune scelte estetiche e le stigmatizza come dissonanze, per quanto già era considerato un minerale misterioso, cui la fin1jone letteraria attribuiva la capacità di ospitare un principio psichico ancora non cosciente di sé. Del carbonchio parla, in particolare, il racconto M11Jtro Pulce. 'Cfr. W. Osthoff-R. Wiesend (Hrsg.), Bach e la musica il4liana, Centro tedesco disrudi vene,jani, Vene-lia 1987, Erbarmedich, alla siciliana, pp. 19-41. •• Cfr. M. Foucault, l'ordine del discono. I meccanimli sociali di controllo e di esclusione della parola, Einaudi, Torino 1972, p. 9.

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Shakespeare, ben prima dell'avvento del sistema ben temperato, ne fosse affascinato e ponesse in Re Lea?1 un grave problema in termini etici, storici e antropologici. Anche la dissonanza contribuisce ali'espressività e al successo di un'opera d'arte, ma va risolta, necessariamente: il sistema tonale vige nella teoria e nella pratica della musica come una sorta di Costituzione. L'affermaz.ione di questa costituzione ai tempi di J.S. Bach stava imponendo un ordine: è agevole la correlazione che si instaura con il sistema morale, religioso, giuridico e politico. L'intero mondo dell'espressione mediante le sene note non può però essere incanalato in una forma semplice. La dissonanza infatti ha bisogno in alcuni casi di rendersi autonoma e di generare un ambito espressivo indipendente, pur rispettando le regole teoriche, anche perché lo stesso Traité di Rameau lascia aperte non poche domande. Uno di questi casi è l'Erbarme, che Schumann riprenderà più volte nel corso della propria carriera12; Bach, volendo seguire il testo evangelico, deve infatti rendere artisticamente il momento cruciale in cui san Pietro si rende conto del proprio immenso delino, quand'è stato 11

Cfr. nel primo atto il monologo del figlio illegittimo di Gloucester, Edmund, che mostra quanto suidente sia la differen,..a tra uomo e natura e quanto ingiusto l'ordinamento civile e morale. La crisi dell'idea stessa d i sovranità edi monarchia è massima, in Re unr(1605-1606}, tragedia da molti considerata la più cupa nella produzione del Bardo, che evoca la disarmonia celeste come segnale dello sconvolgimento dcli'ordine terreno, il quale in realtà dipende dalla volontà umana. Sono in corso però cambiamenti di pon:ataepocale: il fosco monologo di Edmund (.O natura, mia sola dea ...•) minaccia tempesta equiparando il figlio legittimo al «bastardo• e disconoscendo il potere sancito dalla legge. L'unica forza legittima, secondo Edmund, è quella effettivamente esercitata, anche al di fuori della legalità e delle consuetudini. Astuzia e violenza generano di conseguenza potere, in una conce-tione machiavellica spinta all'estremo. Questo terribile scenario, che rifiuta ogni ordinamento morale e affronta l'ipotesi di un universo in balia del caos, riemerge inquietante anche nel Romanticismo: ogni pensiero autentico fa i conti con le possibilità effettive, per quanto indesiderabili. 12 Cfr. Sinfonia n. 2, secondo tempo, dove il tritono diventa assai evidente nel tema, Fnnrnsia in do, S,mednlFnust di Goethe. Va ricordato che Mendelssohn riscoprl la PaJJione ,e,ondo San Matreo nel 1829, dirigendola nella Berline, Singakademie e destando una grande sensazione nel mondo musicale.

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posseduto dal male, ed è diventato dunque dissonante, sino a confessare la propria colpa e chiedere pietà. Bach riesce a sviluppare un discorso artistico ai confini del sistema, elaborando delle irregolarità. Il diabo/us in musica, come veniva chiamato il tritono, non viene evitato né risolto bensì diventa protagonista, giustificato dall'esigenza di rappresentare la Passione così com'essa avvenne. Di conseguenza avviene un fenomeno straordinario: il negativo assume una funzione, che non si riduce più a passaggio e transizione verso il positivo, anzi diventa esso stesso orientamento del logos musicale. La legge fondamentale della musica si arricchisce di uno status nuovo, amplia il proprio territorio, riuscendo a ospitare, in brani come questo, il protagonismo del negativo. Sondando il demonico, la musica accede a una zona oscura, recuperando alla ragione discorsiva ciò che altrimenti non troverebbe espressione. Il sistema tonale quindi si dimostra policentrico e adatto a tollerare orientamenti diversi, grazie a una costituzione ffessibile e vivace. Benché la tonica funga da centro di gravitazione, sono le dissonanze armoniche e ritmiche e le modulazioni a generare nuovi campi di intensità e gravitazione. L'asservimento della musica a sistemi di potere esterni per quanto effettivi - come la Chiesa cattolica, che chiede al compositore di adeguarsi alla liturgia, o poteri statali che intendano conseguire obiettivi di tipo politico, morale o sociale - diventa di conseguenza più complicato, perché la musica si dimostra più aperta, imprevedibile e in grado di riformarsi secondo criteri propri. Il sistema tonale, meglio dei modi medievali, dovrebbe rendere la musica compatibile a un ordine che aspira all'universale, compatibile ma in grado di aprire orizzonti imprevisti dalla propria costituzione. Il sublime del senso di colpa dà un senso alla fede di Pietro: senza tradimento, e soprattutto senza pentimento per il tradimento, la fede, o meglio l'amore e la fedeltà a Gesù di Nazareth non potrebbero affermarsi. Giuda, peraltro, svolgerebbe un ruolo teologicamente necessario1'; '' Cfr. J.L. Borges, Finzioni, Adelphi, Milano 2003. Borges sviluppa in un racconto la supposta cvolu,Jone delle tesi del fiuizio personaggio di Nils Runcbcrg, che nel

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Pietro invece, pentendosi, può umanizzare, rendere comprensibile e esprimibile il gesto radicale di Gesù. La passione di Pietro traduce e nello stesso tempo apre la comprensione dell'autentica passione di Gesù. La musica a propria volta riesce ad accogliere nel proprio sistema di regole il senso del male e lo rende espressivo. Si realizza una connessione particolarissima, che non rigetta più il caos e il disordine. La Passione diventa una rappresentazione teologico-musicale che ne mette in crisi il senso preordinato. Bach ha dovuto esprimere in musica il problema dell'origine del male14•

Il pianto di Pietro come manifestazione del negativo Il pianto di Pietro è la par.rione di Pietro1s, in un contraccolpo per cui il sacrificio di Gesù si irradia e trasfonde nella Passione dei suoi

1904 pubblicherebbe la prima edizione di Dm hemligm Fr11/sarm (supposta tradu,Jone in tedesco di E. Schering: Derhrim/i(heHeiland, 1912), riprendendo alcune tesi del teologo luterano di scuola schellinghiana C. Daub in ]uda, hchariot (1816-1818). Si tratta d i una reinterpretazione paradossale, rispetto alla dottrina teologica tradi:l.ionale, che considera quello di Giuda il tradimento più grave possibile, cui Borges offre il fascino di una poetica valutazione alternativa. Dai tempi di J.S. Bach a oggi la conCC7.ione di Giuda è certo cambiata: si pensi inoltre alla predicazione di don P. Mazzolari Nomofra re& Giuda, tenuta a Bort.olo (Mantova) il 3 aprile 1958: «È uno dei personaggi più misteriosi che troviamo nella passione del Signore. Mi accontento di domandare pietà per il nostro fratello Giuda. Non vergognatevi d i assumere questa fratellanza! lo non me ne vergogno, perché so quante volte ho tradito il Signore: nessuno si deve vergognare di lui. E chiamandolo "fratello" siamo nel linguaggio del Signore. Quando ha ricevuto il bacio del tradimento, nel Getsemani, il Signore gli ha risposto con quelle parole che non dobbiamo diment.icare: "Amico, con un bacio tradisci il Figlio dell'Uomo?". "Amico": questa parola dice l'infinita tenerezza della carità del Signore, fa capire perché lo abbiamo chiamato "fratello". Nel Cenacolo

aveva detto: "Non vi chiamerò servi, ma amici"». " Per usare la terminologia di A. Badiou in lnesteli(a, Mimesis, Milano 2007, quest'uso della concezione della tragedia classica è terapeutico, nel decorso di una malattia da concepirsi come necessaria. >s Cfr. R. Mellace, // piani(} di Piaro:fortuna del rema e strategie dr11mmaturgi(he rra gli oraf(Jri viennai e la passione metastasi11na, in «Musica e storia,,, 9 (2001), I, pp. 157-175.

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seguaci, anche involontariamente. Pietro tradisce preso dalla paura, senza aspettarsi affatto d'essere tanto fragile. È un suono, il canto del gallo, a scatenare il suo rimorso. In Mc 8,33 Pietro viene chiamato Satana da Gesù. 11 demonio può essere perdonato da Dio? Può l'uomo precipitare nell'abiezione infinita e tuttavia incontrare un perdono infinito e incondizionato? La melodia del pianto di Pietro non ha punti di orientamento, perché i punti di riferimento offerti dal sistema tonale non servono più, anzi la melodia li evita, dapprima nel controcanto del violino, poi nel canto di Pietro. Il melos vaga come disperato, distrutto, avendo smarrito con il tradimento il proprio orientamento, cioè l'accordo di tonica, mentre il tempo in 12/8, frantumato dal ritmo spezzato «alla siciliana», mantiene sl formalmente la sequenza declamatoria, recuperando puntualmente i ritardi, ma erra con straordinaria espressività all'interno delle tene minori che compongono la settima di sensibile, come se restasse privo di punti d'appoggio, e nei tempi forti l'appoggiatura o le acciaccature creano comunque l'effetto patetico del ritardo. La melodia inizia in si minore con un intervallo ascendente di sesta minore, che poi scende sul si, tuttavia irretito in una cadenza d'inganno di sol maggiore. Segue la modulazione alla sottodominante, mi minore, in una prevalenza del minore, con un altro intervallo di sesta ascendente, che rilancia il precedente che non ha trovato soluzione. 11 12/8 è frastagliato da ottavi puntati, inoltre l'accento forte viene spesso spostato sul secondo ottavo della tenina. È una melodia che sembra errare in una notte priva di stella polare, con ritmo che sovrappone ternario e quaternario, dato che l'adagio quaternario in 12/8 si scandisce nelle lente tenine puntate, singhiozzanti. Il ritmo di Siciliana, poi, offre una versione lenta e dolorosa delle danze meridionali che hanno carattere di esorcismo. È il melos della distruzione di sé. Pietro non è più lui, sopraffatto da un potere infinitamente superiore, che lo costringe a tradire, fino ali'amarissimo pentimento. La coscienza di Pietro, la sua identità, il suo orgoglio, viene stravolta. Il demoniaco, dunque, sfulda le forme artistiche e nello stesso tempo le rende più efficaci e creative.

MUSICA, DJSSONAN1-4 E CRITICA DELU FORMA TRA SCHUMANN E NJET7.SCHE

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La consapevolezza del male corrisponde a una musica di fatto cromatica e non tonale, che esplora una zona oscura imprevista dalla teoria musicale. Il sistema tonale ospita così un ampliamento d'orizzonte. Una volta rappresentata musicalmente, la Passione esplode, liberando il demonico, o, se si vuole, una sorta di notte dell'io, come si vedrà più avanti, trattando delle considerazioni di Lizek su Schumann. Il peccato originale, una volta perdonato, viene riassorbito, rievocato, attualizzato, espresso: il demonico deve manifestarsi portando con sé un abisso di dolore, per essere accolto e perdonato. È, questo, un fenomeno culturale di straordinaria portata: la liberazione e giustificazione del demonico, tuttavia, grazie alla musica apre la possibilità di una diversa antropologia.

3. Wackenroder, la musica come ktteratura Joseph Berglinger, immaginario protagonista della scrittura di W.H. Wackenroder, percepisce la musica come un potere indipendente e assoluto, un regno al quale accede come per incanto, e nel quale acquisisce di riflesso, come un ospite in balia di un misterioso sovrano, una capacità visionaria inaudita. La musica, grazie alla propria essenza metaforica, puòevocare16, eccitare visioni immotivate cui dà credibilità, uscire dalla legge della determinazione di causa ed effetto, dare un piacere illimitato: il piacere, in questo dominio estetico, non dipende più dal dominio della morale e della ragione comune, e nemmeno dal corpo. D'altro lato nessuna delle visioni di Berglinger ha carattere negativo, né si parla mai di alcuna dissonanza, proteggendo l'aura di assoluta, irreale perfezione dcli'arte dei suoni. La musica viene sacralizzata nonché trasformata in oggetto letterario, presentata solo se depurata dagli elementi negativi, ed è inolue amorale come una divinità

•• Il carattere metaforico della mu.sica è tratt~iato da Rousseau, le cui considerazioni eserciteranno un'inRuenza rilevante sul Romanticismo tedesco. Cfr. J.-J. Rousseau, Saggio sull'origine delle /in~, Einaudi, Torino I %9.

2.14

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!P•rlilllrl i..dition Andrco.s .~h~in

Erbarme Dich, mein Gott

'114 drr "'/ol«ultlJusPMilWt"'. z,,,•,itrr Tdl, Nr. J1. 8~ 2,lJ

Job. S>. L'individuo viene dunque reso prevedibile160 mediante la costruzione violenta di una personalità morale, che s'installa nel!'animo umano facendone una sorta di macchina vivente, alimentata da emozioni, sentimenti e passioni connesse alla sensibilità artistica («Noi uomini moderni, noi siamo gli eredi di una millenaria vivisezione della coscienza e di una tortura da bestie rivolta contro noi stessi: abbiamo in tutto ciò il nostro più lungo esercizio, forse la nostra vocazione da artisti, in ogni caso il nostro affinamento e pervertimento dd gusto»1' 1). La revoca della genesi violenta della morale procede, nella musica, abolendo quell'idea di «equivalenza fra danno e dolore», grazie alla capacità dd linguaggio musicale di dar valore all'irregolarità e all'imprevedibilità. Persistenza del dionisiaco nella critica della cultura

Benché sia stata costruita con i criteri e le tecniche della morale tradizionale e l'organizzazione ddlo stato burocratico di massa, l'identità personale sembra più che mai un patrimonio disponibile. La morale «fabbrica» il meccanismo che rende prevedibile l'uomo, ma poi quel meccanismo, evolutosi con i mezzi di produzione all'interno di una società di massa, trasforma la morale. Con l'io per cosl dire «metafisico», '" C&. CM Il, 5. 160

Cfr. ivi, 1: «quanto, a questo fine, deve prima essere divenuto, l'uomo stesso,

calcolabile, regolare, necessario, facendoaltresl di se stesso lasua propria rappresentazione, per potere alla fine rispondere di sé come avvenire, allo stesso modo di uno che fa promessa!• («wie muss dazu der Mensch selbst vorerst berechenbar, regelmassig, nothwendiggeworden sein, auchsichselbst fur seineeigne Vorstellung, um endlich dergestalt, wie es ein Versprechender thut, fiir sich als Zukunft gut sagen zu konnen!.). '" C&. ivi, 23.

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con l'idea di Heim, di patria, di luogo proprio cui tende per propria vocazione lo stesso Geist hegdiano come già la nazione tedesca cui si rivolge Fichte, viene meno però anche l'esperienza ddl'altro. Anonimizzato l'id 62 , l'altro non viene più incontrato realmente. Le relazioni avvengono esternamente alla persona -oggi tramite profili telematici. Anche Nietzsche, pur connettendo aforismi, massime e sentenze, viene preso dalla frenesia di compiere un lavoro complessivamente sistematico, di pulizia totale dagli infingimenti della morale e tratteggia così una condizione finale in cui l'uomo rimane innocente e irresponsabile ddle proprie azioni, per quanto egoistiche, dannose e violente possano essere.Tutto viene giustificato da un determinismo per la verità solo apparente e funzionale; non può infatti valere una determinazione del volere «chiara e distinta», quando non si ha la verità e tutto è interpretazione. Nella sezione di MA I «La vita rdigiosa», l'uomo è posto come una contraddizione, una dissonanza (com'era definito da GD che deve riferirsi però a un modello - Dio in quanto amore, puro altruismo altrettanto impossibile e anonimo, perché del tutto privato di egoismo e individualità. Il bene risulta anonimo, impersonale e di conseguenza impraticabile: non c'è discorso che lo possa analizzare e spiegare. Ciononostante, nella storia ddla metafisica, così com'è ricostruita da MA I, l'uomo non fa altro che cercare di giustificarsi, arrivando a fare di sé uno spettacolo tragico pubblico e popolare (MA I 141, dedicato alle peripezie interiori e pubbliche del santo). È quel che resta della tragedia antica. L'uomo genera segni di un dio impossibile, li legge, li interpreta e vi reagisce, allo scopo però, nota Nietzsche di esprimere la propria altissima vanità e scaricare le proprie emozioni, come un tempo il coro dionisiaco. La «vita religiosa» non è altro che una dinamica di rappresentazioni della vita interiore che assorbe e sviluppa l'energia creativa, facendo dell'individuo un don Chisciotte che vive nel proprio mondo, circondato da una natura indifferente, che segue tutt'altre leggi. '" Qui rientra una delle critiche di Nietzsche a Schumann in JGB, relativa ali'anonimizzazione dell'esperienza emotiva, cfr. supra, p. 132.

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Irrimediabilmente individuo, costretto a es.sere io, prigioniero del proprio esistere, l'uomo si proietta in uno specchio del tutto improprio (MA I 132) nel quale si vede contorto: «La sua natura gli appare così torbida, cosl straordinariamente contorta>>. Torna qui la deformazione del demoniaco che appare nell'inferno dantesco e alcuni anni dopo Nietzsche anche in Paul Tillich. L'uomo è costitutivamente contorto e demonico: non lo è solo in quanto, come lo descriveva Dante, macchiato e deturpato dal peccato. Sulla base di questa antropologia negativa, che vede cioè l'uomo come demonico, luteranamente, Nietzsche costruisce il teatro della vita religiosa. Teatro che sarebbe a propria volta impossibile senza un protagonista ontologicamente contorto. Il teorema antropologico fondativo di GT dunque non viene superato, ma attivato e trasformato in principio euristico di formidabile fecondità. L'uomo produce segni e significati per equilibrare e dominare la dissonanza intollerabile che porta dentro di sé e che lo costituisce come energia creativa che si manifesta pubblicamente: la mente collega i fatti ai concetti e trasforma cose ed eventi in segni e significati. E questa semiologia metafisica segue regole proprie: creato un sistema di segni interessante, aperto, coinvolgente, es.so si sviluppa indipendentemente dalla volontà e dalle qualità morali di chi lo ha creato o utilizzato (MA I 142-144; MA I 142 procede da Novalis)163• Sono segni che seguono le leggi dello spettacolo tragico, della tragica condizione umana, filtrata dal potenziamento determinato dal bisogno di eccitazione e di scarico delle emozioni. Del rumore dominante e della svalutazione della musica

Il presupposto di Nietzsche è che l'agire umano trae energia da una dissonanza interiore, una lacerazione che congiunta ali'apolli'" Molto significativa la ciw.ionc di Novalis riportata in MA I 142: «Èassai stupefacente che l'associv.ione di voluttà, religione e crudeltà non abbia già da gran tempo attirato l'attenzione degli uomini sulla loro intima parentela e comune tenden1».

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neo si traduce in un divenire, avendo la forza di un'emotività che fa agire, trasformandosi quindi e unendosi alle altre qualità individuali. Gli effetti della rivoluzione razionalista socratica danno luogo però a morale, religione e altri valori culturali che non riescono più a sprigionare la gioia dionisiaco-apollinea, poiché derivano da impulsi carichi di energia emotiva ribelle e reattiva. La disarmonia interiore non può più generare il dionisiaco originario, che si ritrova evoluto in ben altre rappresentazioni164• Il quadro della storia della morale ha appunto colori vivaci, contrassegni energici, poiché trae linfa vitale da una vitalità interiore sconvolta e per questo capace di vendicarsi. Per il filosofo di Rocken la musica europea moderna è un fenomeno vitalmente secondario: è invece il rumore - la morale innanzitutto, frutto maturo dcli' odio, come tutte le affermazioni vitali che fanno agire o reagire - che «fa storia». L'animo di chi è sconfino, senza successo, in una vita deludente, è assetato di vendetta, violento, come una belva ferita. Le qualità della cultura non vengono negate: Nietzsche evidenzia quei frammenti del divenire uomo, virtuoso, santo, che nella fase iniziale hanno efficacia nella prassi, per poi produrre altri frammenti, dai quali deriva l'immagine di santità, maestria morale o che altro di positivo. I pregi del)'uomo incivilito si sviluppano da impulsi che non appaiono più nel loro ruolo proprio, protagonista, se non vengono messi in luce dal contro-impulso dello psicologo che analizza l'economia dello spirito. La musica per Nietzsche non fa questo «rumore» a meno che si tratti di uno stile, come il barocco, di lunga durata ed effetto. Può legarsi al FW 357 indica in Leibniz colui che ha scopeno che la coscienza fa pane della rappr=nwJone e non il contrario, elogiando «l'incomparabile acume con cui Leibniz ebbe ragione non solran10 di Descanes, ma anche di 1u11i quanti avevano fa110 fino a lui della filosofia, allorché in1ul che la coscien1..a è soltanto un accidens della rappresentazione, non un amibu10 necessario ed essen1Jale di essa, e che quindi quel che noi chiamiamo coscienza costituisce soltanto uno stato del nostro mondo spirituale e psichico (forse uno stato patologico) ed è ben lontana dal coincidere con questo mondo stesso: c'è in questo pensiero, la cui profondità non è ancor oggi esaurita del ru110, qualcosa di tedesco~•. 16 '

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linguaggio verbale, senza però produrre né trasmettere segni e concetti utili a formare costellazioni di potere. Il rumore è inoltre sprigionato dal conflitto delle parti del corpo, animate da una forza disgregante, come GM afferma, aJlineata ai fisiologi che come Wilhelm Roux hanno abbandonato la concezione organicistica165• In FW 356 il filosofo della volontà di potenza esalta l'architettura con le sue strutture materiali, edificabili e di lunga durata, implicitamente contro la musica, psicologica, fatta di un elemento mutevole e inaffidabile come il suono, che in quanto percepito dall'individuo in sé nullo, diviene preda di un'emotività che non fa storia e in essa si risolve. Tradizionalmente, musica e architettura erano considerate arti sorelle, l'una psichica l'altra fisica. Lo sviluppo sociale ha determinato forse un maggiore interesse politico e culturale per l'architettura, ma la musica è rimasta architettura sociale e veicolo di emozioni guida: la società però, come già comprendeva Nierzsche, si è dimostrata magmatica e disfatta, le cui microstrutture possono essere ben più efficaci della volontà individuale o del sistema dei valori supremi. «Noi tutti non siamo più materiale per una società» [corsivo dell'autore]. Il filosofo della «gaia scienza» vede inoltre commedianti al posto di cittadini, persone che professionalmente svolgono un ruolo recitandolo, traendone consapevolezza identitaria daJla loro professione e dal loro ruolo. Il commediante è qualcuno che esce dal proprio posto «naturale» e, metamorfico e imprevedibile come una libera melodia, immateriale come il suono, è pronto a cambiare, sino al caso Wagner, che lascia intravvedere attraverso il commediante il tiranno. Altro colpo alla dignità della musica, già considerata regina delle arti da Schopenhauer, l'educatore delle Inattuali, viene dato in FW 359, parlando del rumore, inteso come violazione di un ordinamento sistematico di disciplina del suono. La trama tessuta dal desiderio domi''5 Cfr. GM

Il I, dove si legge di •rumore e [... ] lotta con cui il mondo sottostante degli organi posti al nostro servizio svolge la sua collaborazione od opposi1.ione,,; rumore viene inoltre emesso dai •predicatori di morale,, QGB 222).

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nante un ambiente fisico, che controlla cioè colonne d'aria, movimenti di corpi e ogni fattore sonoro, si spezza, perché si manifesta e irrompe il segno acustico di una forza estranea. E comunque può udirsi rumore anche interno o ai margini di un sistema, tale da non disturbare (il «lieto romore» dei giochi di bambini in piazza, ne IL sabato del villaggio}. Ma il rumore di cui qui si parla è violento disturbo, potere che entra in conflitto con altro potere, presenza di realtà incompatibili, così da presentarsi come fenomeno generato da un sistema che genera una legge percepita come ostile e aggressiva: può trattarsi persino di legge morale1"6, che ordina, strombazza, scardina, perché vuole imporsi. Ed è il rumore in quanto effetto di un'organizzazione sistematica e avversa a fare storia, se risolve il conflitto vincendo. La musica di tradizione non ha questa forza perturbante: vuole piacere, sedurre, in quanto portatrice del messaggio di un monarca, perciò non è fatta per il conflitto, se non è una macchina da guerra. Risuona dopo il conflitto: celebra, festeggia. Ben diverso il caso della musica che contiene il conflitto fra sistemi e lo esprime. È questo il caso della musica di Beethoven, che inscena dissonanze che in quanto tali sono portatrici di senso. E il senso si appalesa nel contrasto fra sistemi diversi, stili divergenti, persone o personaggi melodico-ritmici che discutono e infine lo producono - temporaneamente, poiché anche il senso ha un tempo, un ritmo, abbaglia e si spegne1G7.

166 Nell'imperativo categorico di

Kant Nieasche vedeva ancora residui della crudeltà che storicamente è stata applicata per istituire la prevedibilità e continuità del comportamento morale, di-. GM Il, 6: «l'imperativo categorico pwza di crudeltà (... )•. 167 Cfi-. FW 373: •Tuttavia un mondo essenzialmente meccanico sarebbe un mondo essenzialmente privo di senso. Ammesso che si potesse misurare il valore di una musica da quanto di essa può essere computato, calcolato, tradotto in formule, come sarebbe assurda una tale 'scientifica' misurazione della musica! Che cosa di essa avremmo mai còl10, compreso, conosciuto? Niente, proprio un bel niente di ciò che propriamente in essa è tmwica,•.

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12. Musica come tecnica psichica Da parte di Nietzsche la musica viene descritta funzionalmente, come mezzo per introdurre messaggi (in questo caso dell'istrione Wagner) nella psiche, e rendere persuasiva la sua retorica (FW 368). Tutta la produzione culturale, che sia letteratura o qualsiasi arte, in questa serie di aforismi viene letta in controluce, come semiosi di cause eterogenee, che tramite uno stile di vita o lo stesso ambiente in cui si studia168 trasformano innanzitutto il corpo e il carattere, abituando a inscenarsi nel proprio ruolo. Il musicista rispunta così in FW 366 («Davanti a un libro erudito»), poiché come tutti gli artisti si dà «l'apparenza di probità», partecipando così all'istrionismo insito nel destino del commediante, tipico di tutti i ruoli sociali maschili così come del comportamento femminile, teso a sedurre con l'atteggiamento. In FW 363 Nietzsche, in un famoso testo dedicato ai pregiudizi e alle prospettive dei due sessi sull'amore169 , echeggia, volontariamente o no, il comportamento che Wackenroder attribuisce al compositore Joseph Berglinger nei confronti della musica: totale dedizione e abbandono, così come una donna si dedica interamente al sentimento dell'amore, senza condizioni, come una fede, religiosamente. Di più, la donna vuole «risolversi nel concesso di 'possesso',di 'posseduta'», per cui arcaicamente si direbbe che esige il demone: e appunto Jean Paul descrive il «ganzo» seduttore come finto diavolo. Se c'è un metodo, allora c'è fungibilità tra chi lo applica. E l'arte dei suoni emoziona a un punto tale da alienare. In questi passaggi, tuttavia, Nietzsche insiste ,., Cantuccio, stanr.eua, in posizione curva sui libri, con la gobba e un cerro modo di pensate come risultato: la ripe1i1jone insistita della paiola «gobba. fa pen• saie a Leopardi, e l'ambiente descritto all'inizio del Faust, nel quale Goethe peraltro inserisce versi appaientemente leopaidiani. L'inftusso di Leopatdi in queste pagine sembra affiorare anche in FW 363, dove si dice che «ìl voler possedere muore con il possesso». Già l'attacco della seconda Inattuale svolge il tema della mancanr.a di tedio negli animali, dai versi del Camo di un pastore m-an~ nei dnmi del/'AJia. '~ Cfr. W. Stegmaier, Nktzschrs Befreiung, cit., pp. 422-437, per un'analisi completa del resto, nel quadro della liberazione possibile dell'aspirante spirirolibero dai vincoli della specie.

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su un'analisi solamente psicologica e sociale, per nulla specifica del linguaggio musicale, ricondotto per i suoi effetti a mero strumento del compositore o dell'artista, a propria volta privo di un'identità propria. Nulla vieta allora che lo stesso musicista sia, come spiega FW 365, «uomo postumo», in grado di ricomparire come un fantasma con il proprio messaggio, che ne ha le adeguate proprietà, provenendo dalla e rivolgendosi alla psiche, della quale conosce i percorsi più segreti. Si tratta però pur sempre, dal punto di vista di Nietzsche, della musica così com'è intesa, ovvero come arte capace di influire sull'animo animo, e ridotta alle forze dominanti e di lunga durata storica, che non vengono certo investigate da Hanslick. Al nostro filosofo interessa l'arte dei suoni come terapia, come psicagogica, come via verso il successo e la gloria e instrumentum regni: non compie certo l'analisi del linguaggio delle sette note e non si pone domande sul nesso fra linguaggio e psiche, e nemmeno sulla lotta che un musicista può condurre contro il gusto dominante, il potere e la cultura aristocratica e borghese, lotte che proseguiranno con notevole rilievo anche nel Novecento. Eppure il linguaggio musicale ha una propria autonoma forza comunicativa indipendente sia dal favore del pubblico che dallo stesso compositore. La musica, in quanto linguaggio, si libera della società e dell'uomo stesso, il quale non la crea bensl la riceve decodificando e interpretando, come la stessa ricostruzione tipizzante del coro dionisiaco afferma. GT, ricusata da FW 370, afferma che non esiste un compositore: lo spirito della musica procede originariamente in modo autonomo, senza bisogno di alcuna regolazione produttiva o artigianale consapevole. Al contrario, è l'uomo ad appartenere alla musica, non la musica al commediante o alla bramosia di successo. Lo stesso FW 369 sostiene che il compositore può non comprendere la propria creazione, che si sviluppa persino contrariamente agli stessi gusti del suo autore, dato che la forza creativa è «a se stante,>'7°.

"" Ciò potrebbe essere inteso come una gennina,ione dell'idea schellinghiana di genio, dunque con una genesi più o meno miracolistica.dell'opera d'arte, sulla quale invece Niet1.sche investiga analiz,.ando psicologicamente dei tipi ideali, come il santo o l'anista, in ricostrlll'lone verisimile. Schellingperò ritiene che lanarura, nd suo procedere

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Aforismi e brani musicalmente dissonanti Nietzsche comprende e spiega che è il rumore della morale a f.ue storia, affermandolo nelle e tra le righe dei suoi aforismi contro-impulsivi (contro-impulsi che spezzano con linguaggio aspro violento divergente dissonante dei luoghi comuni o idee che circolano citi.te con autorevolezza), testi linguistici o musicali (nei casi di Beethoven o T schajkovskij) tessuti per sfuciare l'ordinamento intramato nella materia da un impulso che pur per vendetta fàbbrica edifici semiotici anche sonori, appropriandosi di spazio e sottomettendolo con contrassegni acustici. Materia costituita dal senso che passa attraverso i suoni che contrassegnano le forze che la attraversano e plasmano. Da questo f.usi sistema in uno spazio tuttavia non già proprio, comune ed eterogeneo, emerge la soggettività, donde il conflitto hegeliano fra coscienu o il baluginare ddl'utopia in Ernst Bloch, il quale nello Spirito dell'utopia usa un divergente concetto di soggettività: ichahft 71 che si evolve da un sentimento di sé intramato da esperienu inconscio, assegni aun unico individuo l'abilità che gli consente d.i risolvere problemi estetici venendo poi straordinariamente lodato dal pubblico, («die Natur von ihren gewohnlichen VerhahnissenderGemiithskrnfte,.um Vonheil einer einzigen alnugehen scheint>} mentre Niett.schesottolinea il lavoro dcli'artista e la sua dedizione personale, come in questo aforisma di FW 369: «Un costante creatore, un uomo "madre", nel senso grande della parola, un uomo che non sa e non seme altro se non le gravidanze e le generazioni del suo spirito, che non ha tempo di mediwe su se stesso, che non ha più voglia di esercitare il suo gusto, e semplicemente lo dimentica, cioè lo lascia stare in piedi o per terra o lo lascia cadere, -forse un tale uomo produrrà infine delle opere all'alt~;.z.a delle quali, già da un pezzo, non ha più saput(J portare k, tviluppo della tua f=kà digiudizio: sicché egli dice su quelle esu se stesso dellesrupidaggini, - le dice e le penso,, (•Ein Bestlindig-Schalfender, eine,.Mutter" von Mensch, im grossenSinne des Wones, ein Solcher, der von Nichts als von Schwangerschaften und Kindsbetten seines Geistes mehr wciss und hllrt, der gar keine Zeit hat,sich undsein Werk zu bedenken,zu vergleichen, derauch nichtmehr Willensist, seinen Geschmack noch 7.U uben, und ihn einfach vergisst, namlich stehn, liegen oder fallen liisst, -vielleicht bringt ein Solcher endlich Werke hervor, denen er mit seinem Unheile langst nicht mehr gewachsen ist: so dass er iiber sie und sich Dummheiten sagt, -sagt und denk1>). 17 ' Cfr. E. Bloch, Spirit(J dell'ut(Jpia, La Nuova Italia, Firen7.e 1992, p. 54: «Noi ascoltiamo solo noi. A poco a poco diventiamo ciechi per l'esterno. Anche tutto ciò che formiamo ci riconduce intorno a noi. Non è proprio cosl immediatamente egotico

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vissute emotive, ambientali, costruendosi storicamente. Rifiutando la riduzione economicista e sociologica della musica tipica della scuola marxista, Bloch lavora a tutt'altra idea di modernità, prendendo le mosse proprio dal rapporto con l'ambiente e gli elementi nella loro estraneità all'umano, col quale tuttavia comunicano e partecipano emotivamente. Si percepisce una lontana, eteroclita risonanza tra Bloch e Deleuze: Bloch infatti nota la capacità della musica di attraversare un sistema e un'era storicam, parla di Ung/eichheitdella musica e osteggia Hanslick, dal cui dogmatismo tuttavia i wagneriani non differiscono. Il senso blochiano della soggettività in divenire merita di essere ripensato dopo le conquiste della biologia e della botanica contemporanea, in un nuovo rapporto fra io teso ali'emancipazione e ambiente173. La musica attraversa epoche storiche con un «ritmo sincopato», ovvero rispunta da secoli precedenti intessendo nuove creazioni di genio, dall'uno all'altro linguaggio. Commentando Nietzsche, Bloch riconosce Racine e Luigi XVI in Mozart, il Settecento in Beethoven, ma sempre guardando al futuro. (ichafij, cosl vaporoso, fluttuante, caldo, oscuro ed incorporeo come il sentimento di essere sempre in me, di essere sempre cosciente. È una maceria e un,esperienza di vita

l~ta ali'estraneo. Noi camminiamo nella foresta e sentiamo: noi siamo, o porremmo essere, ciò che la foresta sogna,,. m Cfr. NW, Una musica Jenza avvenire: •Di tutte le arti che riescono a fiorire sul suolo di una determinata cultura, la musica compare come pianta ultima, forse perchè è l'arte più intima, ultima venuta per conseguen1.a- quando la cultura da.Ila quale deriva s'approssimaall'aurunno e comincia a disfarsi. Solo nell'arte dei maestri Olandesi l'anima del medioevo cristiano ha 1rova10 la sua espressione -, la sua architettura musicale è sorella minore, ma legittima e di pari dignità, del gotico». (•DieMusik kommt vonallen Kùnsten,dieauf dem Boden einerbestimmten Cu.lrur auf,.uwachsen wissen, als die letzte aller Pflan:r.en zum Vorschein, vielleicht weil sie die innerlichsre ist und, folglich, am spiitesten anlangt, - im Herbst und Abblùhen der jedes Mal zu ihr gchorendcn Culrur. Erst in der Kunsr der Nicderliinder Meister fand die Sede des chrisdichen Mittelalters ihren Ausklang, - ihre Ton-Baukunst istdic nachgebornc, abcrccht- undebenb!!rtigc Schwesterdcr Gothib; trad. nostra, testo rielaborato da VM 171). mTenden1.a che si ritrova nell'ambientalismo contemporaneo, in autori come S. Mancuso (l 'im:redibikviaggiodelk piante, laterza, Roma-Bari 2018), D.G. Haskell (Il canto degli alberi, Einaudi, Torino 2018) e altri ancora.

MUSICA, DISSONANZA E CRITICA DEIJ.A FORMA TRA SCHUMANN E NIE'l"/..SCHE

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L'ascoltatore indaga nei recessi di un'arte che non si risolve in superficie e nemmeno si limita a godere dell'ascolto17\ dalla quale anzi ci si attende una «perfezione» terapeutica. In fondo però FW 106 fa conto della possibilità di tradurre, con un linguaggio cifrato, i pensieri in suoni, per ricorrere alla musica come seduttrice, e così affermare con forza una dottrina innovatrice. È questo il sospetto che spesso nella storia i filosofi hanno coltivato nei confronti della musica, di sedurre mediante segreti codici e condiz.ionarc il comportamento altrui175• Nietzsche, polemiz.z.ando contro Wagner, condanna la seduz.ione del commediante, del quale sottolinea «l'istinto autoritario», come pure stigmatiz.z.a la perdita del sé che si verifica nella massa degli spettatori teatrali. L'opera lirica usa per lui l'atteggiarsi dcli'attore, al servizio del quale pone l'arte dei suoni, per sedurre la massa: non è condannata innanzitutto la musica ma il suo uso. Una composiz.ione è invece terapeutica quando è perfetta e abissale, oscuramente perfetta, graz.ie alle cifre misteriose della perfezione. Il carattere ancipite della musica non viene meno, neanche ponendo come modello la Carmen, facendo quindi persistere il demone e l'aspetto oscuro e negativo dentro una dimensione controllata, episodica, di diletto distaccato. Schumann, ben diversamente, concepisce la musica come dono, atto d'amore, sia pure disperato o angoscioso, non allo scopo di sedurre, bensì di indurre contagiosamente amore in chi ascolta. i?, quindi dono, offerta, che vuole inoculare il germe autenticamente creativo di ciò che si chiama riduttivamente "romanticismo" in una società fatta di ruoli, rigida, competitiva, votata al benessere economico come segno principe dell'essere ben riuscito dell'uomo. 17' In ques10 modo matura una differenza dalla tesi estrema di V. Jankélévitch (LA musique et l'int/fabk, cit.), che respinge ogni lascito metafisico teso a spazializzare il tempo, facendone una struttura anicolata in modo logico o retorico. Al contrario, secondo V. Jankélévitch la musica per propria natura non farebbe altro che elaborare il tempo nel «quasi niente», «apocalissi continua.. 17s È il pericolo evocato dal racconto Gli occhi degli aut