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Italian Pages 526 Year 2017
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Marco Bramanti Bramanti
Metodi di Analisi Analisi Matematica per l'Ingegneria Vlngegneria I
con esercizi risolti '1.
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2.3.5.
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Ipml C11 Hilbert, n1ul.mli rli nrtngmmlith 0 pmhlmni di
-31=urm-Lim1vill.ll con lurudotto int.m'n0
Hflbnrt Fburtor in apazi all Hilbert
107 107
112 114
INDICE lNI)|(‘E
"
variabili 4.4. Il trigonometrico. Serie 4.-l Il sistema >1i1.'t.v111a1 1I‘1;.'§(111Ul11fl11‘1CO. Sorie di rli Fourier Fourier in in una una oo più pifl va.riabili 2 in L di Fourier 4.4.1. Cornpletezza del sisterna trigonometrico 4.4.1. C111I1]1l01'.W:z.n (1111 .=1islie11111 I-1‘igo11o1r1et.1*i
il concetto (li
1.11. Siano (X, dv) , (Y, ) due spazi 'Inelrici. Una, funzione {T } C X tale che Y si dice continua in C IX se per O(/'lli,
111Y. Equivalente)nenle,se per ogni E > () esiste X si ha f (a•n) f tale che (lx (r, a:) < ò 1/1'(f F))
Si possono fortilillare i concetti topologici (li insiellle aperto e chiuso in termini di funzioni continuo: EMA 1.3 (Aperti e cllillsi (Iolini(i metrico e f : X —oIR continua. Allora gli insievni:
funzioni continue). Sia (X, d)
sono aperti; gli inrsietnü:
sono chiusi. ESEMPIO1.5. In uno spazio vettoriale normato (X, 11,11) gli insiemi {a: CX :
1} , {a: CX : > 1} è aperto.
1} sono chiusi;
Terminia1110con la seguente DEFINIZIONE1.12. Sia (X, d) uno spazio metrico. Un sottoinsieme E C X si
dice denso in X se E = X. Equivalentenwnte:E è denso in X se per ogni e X esiste
un,a successione
{a:
C E taleche
—è a:.
Quindi un sottoinsieme denso, pur possedendo meno elementi di X, consente di approssimare bene quanto vogliamo qualsiasi elemento di X. Ad esempio, Q è denso in IR.
1.1. GENERALITÀ SUGLI SPAZI Dl FUNZIONI
9
1.1.3. Successioni di Cauchy e completezza. Per introdurre il prossimo importante concetto, torniamo al discorso introduttivo sull'analisi funzionale. Corno
si fa a dimostrare i teoremi di esistenzainteressantiper l'analisi? Continuiamo l'analogia, accennata nell'introduzione di questo capitolo, col teorema degli zeri per le funzioni continue, studiato in analisi 1. Per dimostrare che una funzione f : [a, b] —+IRcontinua e che agli estremi a, b dell'intervallo assume valori di segno opposto, certamente si annulla in almeno un punto dell'intervallo(a, b), il procedimento consiste nel costruire (mediante il cosiddetto "metodo di dicotomia") una successione di punti di [a, b] che pensiamo dovrebbe convergere a un punto c per cui f (c) 0; successivamente, applicando un teorema che si basa sulle proprietà dell'insieme dei numeri reali, si dimostra che questa successioneeffettivamente converge; infine, non è difficile a quel punto dimostrare che il limite della successione ò il punto cercato. Questa strategia è analoga a quella utilizzata in tanti problemi più astratti dell'analisi: per dimostrare che un certo problema ha soluzione, si comincia col costruire una successione (di elementi di un certo spazio di funzioni, ad esempio) che si pensa dovrebbe convergerealla soluzione cercata. Si tratta poi di dimostrare che tale successioneeffettivamenteconverge;fatto questo, a volte non è difficile provare che il limite della successioneè la soluzione cercata. Questo significa che spesso è utile saper dimostrare che una successioneconverge,senza tuttavia sapere già quale sia il suo li,mite.Infatti, se sapessimogià chi è la "candidata soluzione" del problema, cercheremmo direttamente di dimostrare che è così, senza costruire una successione che vi converge. Mentre, nello studio delle successioni di numeri reali a cui lo studente è abituato dal corso di analisi 1, il fatto che una successionesia convergente è stabilito di solito come ovvia conseguenza del fatto che siamo riusciti a calcolare il suo limite , qui stiamo parlando di situazioni in cui non abbiamo idea di quale,possa essere il limite della successione,ma vorremmo dimostrare per via teorica, esaminando solo i termini della successione,che questa converge. E' utile. quindi avere un criterio di convergenzadelle successioni che, per essere applicato, non richieda la preliminare conoscenzadel "candidatolimite".
Introduciamo quindi un importante concetto che riguarda il comportamento delle successioniin uno spazio metrico, in particolare in uno spazio vettoriale normato: la nozione di successionedi Cauchy, che servirà a sua volta a evidenziare un'importante proprietà che questi spazi possono avere o non avere: la completezza.
DEFINIZIONE1.13 (Successione di Cauchy). Sia (X, d) uno spazio metrico e C X. Si dice che questa successione è di Cauchv se: VE > 0 ano : Vn,m no si ha d (scn,Tm) < E,
Detto in modo meno preciso ma più intuitivo: una successioneè di Cauchy se i suoi termini sono sempre più vicini tra loro, o anche: se d (a;n,mm)—+0 per n, m —500. Per raffronto, si noti che una successioneè convergente(a a:) se i suoi termini sono semprepiù vicini a a:. E' facile allora capire che: 1.2. Se una successione convergein (X, d) , allora è di Cauch!/ PROPOSIZIONE in (X, d). Vale anche la seguente semplice "teorico" in cui si dimostra che la 4Un'eccezione importante n questa consuetudine è il 1110 0
—1 sex > 0 che è discontinua, ossza non sta nello spazio considerato. Possiamo vedere lo spazio c o [—1, 1] come
sottospazio dello spazio vettoriale R [—1, 1] delle funzioni
limitate e
Riemann integrabili, con questa stessa norma . La situazione è quindi la seguente: 1.
La
successione
.fn è contenuta
in c o [—1, 1], e abbiamo
verificato
diretta-
mente che è di Cauchy in c o [—1,Il (con la norma L I); 2. la successione fli converge a un elemento f di R [—1,1] che non appartiene a c o [-1, 1]; 3. la successione fn di conseguenza
non
converge a un elemento
di c o [—1, 1]
(se convergesse anche a un elemento di c o [—1,1], nello spazio R [—1,1] avrebbe
due limiti diversi, assurdo); 4. Dunque in c o [—1,1] la successione è di Cauchy ma non converge, perciò lo spazio non è completo. L'esempio precedente mostra che garantire la completezza di uno spazio di funzioni non è scontato, e in particolare dipende in modo cruciale dalla norma che si considera. Nel seguito ci occuperemodi spazi di funzioni continue e derivabili e mostreremo la loro completezza, nella norma opportuna. Nel prossimo capitolo ci occuperemo di spazi di funzioni integrabili, gli spazi
di Lebesgue,e mostreremocome per ottenere spazi di Banach di questo tipo sia 6Per la verità, per vedere R [—1,Il come spazio vettoriale normato con questa norma occor-
rerebbe una precisazioneriguardo alla proprietà di annullamento della norma stessa, che per il momento non facciarnoper non appesantire il discorso.
12
ci porfmr;J nuovo tipo (li inf,cgrale, Htato necessario svilupparo JjafüJall'inizio Clel alla teoria (Iella rnisura c (Icll'intcgra'/,ione alle (Ierivale parziali, basa agl lo studio rnorlcrno delle equazioni arrnonica, del calcolo delle variazioni, opporfmrja, risultino corrjplet,i}i, Individuaro spazi (li funzioni che, con la Jjorrna significa costrilire il uno elci problcrni (li base dell'analisi funzionale: tipo. in cui inquadrarc i problcrni differenziali o di altro 1.1. Gli ()S.SLRVAZIONL
1.6 e 1.7
a clernen/i di xo che c {fo} una successzone(1,7, 80ttoiTL3'ie.rnc successione {fn} di f dgX (che potrebbenon appartenerv a,xo), allora la provalo che (X0, d) '11,0/1, 'in (xo, d). Se poz f c/ xo, con quest'esempzoabburrno
completoe che xo
un
non clauso di (X, d). Lo
sul
perché di queste affcrrnozion,i.
1.1.4. Dagli spazi di funzioni agli spazi astratti. Il concetto di spazio(li
e Banoch rappresenta un primo esempio di struttura astralla (Icll'analisi consente di dare un'idea ulteriore di che cos'è l'analisi funzionale stessa. duzione di questo capitolo abbiarno detto (thel'analisi funzionale nasco (Ielle proprietà degli spazi di funzioni, inteso a rrjct,tore in evi(lonza (Illali sono le proprietà strutturali irnportanti di questi spazi, che servono a (lirnosf,rare
di esistenzadi interesseper l'analisi matornatica. Evidenziando queste proprietà strutturali importanti, una delle quali proprio la cotnple/czza,l'analisi inizia a studiare non più questo o quel particolare spazio di funzioni (ad esernpi() c o [a IVI), i cui rna, ad esernpio, gli spazi di Banacll, che sono spazi a priori astratti elementi non vanno necessariarnente pensati come funzioni), che soddisfano quelle poche proprietà richieste dalla definizione. Con ciò si ò passati dallo studio (li cer-
ti "concreti"spazi di funzionialla vera e propria analisi funzionale astralla, che cornprendcad cscrnpiola teoria degli spazi di Banach, degli spazi di Ililbert, o cosi via. In questa evoluzioneastratta della teoria, non è più vero, in senso stretto, clic l'analisi funzionale studi spazi,di funzioni (come il suo nome suggerirebbe): studia piuttosto spazi astratti, che però hanno come. osernpi concreti importanti corti spazi di funzioni. La teoria degli spazi di Banach è stata iniziata dal matematico polacco Stefan Banach (1892-1945)nel 1931-32,con la pubblicazione del tosto Teoma degli operatori lineari. Nel seguito del corso non ci occuperemo della leoria astratta degli spazi di Banach (anche se utilizzeremo alcuni specifici spazi di funzioni che sono spazi di Banach). Ci occuperemo invece nel Cap. 4 (Ici primi elementi della teoria degli spazi di Hilbert, che fa pure parte dell'analisi funzionale astratta.
1.2. Convergenza uniforme per successioni e serie di funzioni. Spazi C'k Molti procedimenti risolutivi per problemi matico portano a rappresentarela soluzione differenziali di interesse fisico-matecercata come somma di una serie (li funzioni. Qualche esempiodi questo tipo sarà illustrato in seguito. Per garantire che la funzione cosi ottenuta abbia le proprietà richieste occorre sapere quando una data serie di funzioni rappresenta una funzione derivabile, e cornc si possono funzione continua, quando rappresenta una calcolarne le derivate. Un concetto chiave in questa direzione è quello di convergenza uniforme, che ora discuteremo, prima per successionie poi per serie. Questo sarà anche lo strumento chiave per dirnostrare
1.2. CONVERGENZA UNIFORME. SPAZI c k
che gli spazi di funzioni co [a, bl , mriabili, sono spazi di Banaeh.
13
[a, b], e i loro analoghi per funzioni di più
1.2.1. Successioni di funzioni: convergenza puntuale e uniforme. DEFINIZIONE1.16 (Convergenza puntuale). Sia fn : I —+IR per n
con I C
R
0
R R . Si dice che la successione {fn}ì
1 converge
1, 2, 3, ...
in
G
I
se
la successione male {fn 1 è convergente;si dice che la successione{fn}7 1 convetvepuntualmentein I se convergein per ogm G I. In questo caso rtsulta definita una nuova funzione f : I —+ R, f (x)
lim n
puntuale della successione {fn}ì 1 in I.
00 f
(m),
detta
limite
La nozione di convergenzapuntuale è semplice ma anche molto debole. Ci si rende conto facilmente, infatti, che il limite puntuale di una successionedi funzioni talvolta non "eredita" le buone proprietà possedute dalle fn. I prossimi esempi vogliono illustrare i tipi di fenomeni che si possono presentare. ESEMPIO1.8. Sia fn (X)
in [0,00
0
se x € [0,1) se X = 1
+ 00 se a: > 1. La successione converge puntualmente solo nell'intervallo [0, 1], in cuz risulta defini-
ta la funzione limite puntuale
1 se X = 1.
Osserviamo che in questo caso il limite puntuale è una funzione discontinua, sebbene
le fn siano tutte funzioni continue, ESEMPIO 1.9. Sia fn (a:) —
in [—1,1]. 1
se
€ (0, 1]
se a:= 0
1 se a: €
0).
Anche in questo caso il limite puntuale è una funzione discontinua, sebbene le fn siano tutte funzioni continue. ESEMPIO1.10. Sia fn : [0,+00) —+R definita per n
1, 2, 3, ...da:
1 pera: G [L , 00)
nm per T G (O, Si ha: 1 — per a: G (0, 00)
0 per a;
0.
In questo caso il limite puntuale di una successionedi funzioni continue e limitate è una funzione discontinua e illimitata, non Riemann integrabile, neppire in senso generalizzato. Si noti che il limite è finito in ogni punto.
1. ELEMENTI Dl ANALISI FUNZIONALE. SPAZI Dl
14
FUNZIONI CONTINUE
numerabile, perciò possiamo ESEMPIO1.11. Sappiamo che l'insieme Qn [0, 1] è elencare i suoi elementi in una successione {xn 1 Sia ora:
1 se x = 0 altrimenti.
Si ha:
1 se a: e Q fn (T )
0 altrimenti.
Si noti che ogni funzione fn : [0,Il —+ R
tranne che in n punti; in parti.
è continua
f : [0, 1] —+R è discontinuo colare è Riernann integrabile. Invece la funzione limite in tutti i punti e non è Riemann integrabile.
ESEMPIO1.12. Sia fn
R definita per n = 1,2, 3,
da
la:l
Si ha:
.fn (x)
fn i (T) Notiamo che ogni fn è derivabile: (0)
l:rl . (1 + } ) I.TI
0 e st ha fn C C l (R), rnentrv il Imite
particolare
sgn(a:),
puntuale
f
non
esiste
è derivabile in
La morale di questi esempi è: in generale la convergenza puntuale di una successione di funzioni non permette di affermare che la funzione limite f abbia le "buone proprietà" delle singole fn. Per poter provare dei risultati che permet-
tano di trasferire proprietà delle fa alla f è necessariointrodurre e studiare una
nozione più forte delle convergenza punt uale: la convergenza uniforme, che ora introduciamo, 1.17 (Convergenza uniforme). Sia fn : I —+IR per n = DEFINIZIONE con I C R o in R n . Si dece che la successzone {fn}n I alla funzione f : I —+ R se
SII I)
—f
1 converge
umforrnemente
in
O
ossia se VE > 0
tale che n
Ifn (r) — f (x)l < E Va; C I.
A titolo di confronto, notiamo che invece affermare che fn —if puntualmente
in I significache Ifn (T) —f Vx I, VE> 0 tale che n no < Dal punto di vista logico, la differenza sta tutta nella posizione del quantificatore
' 'Yas e I" ; nel caso della convergenza puntuale, affermare che per ogni sce per ogni esiste no tale che..., implicitamente significa che il numero no può dipendere anche da a: (oltre che da E); nel caso della convergenza uniforme invece l'ordine dei quantificatori ci dice che no non dipende da x. Questo si traduce nel fatto che la distanza tra il grafico di fn e quello di f diventa uniformemente piccolo; precisamente, t utto 7Non si tratterà di una successionemonotona. Ad esempio, i suoi primi termini potrebbero essere:
o, 1, 1/2, 1/3, 2/3, 1/4, 3/4, 1/5, 2/5, ...
1.2. CONVERGENZA UNIFORME. SPAZI c k
15
il grafico di fn (a:) in I è compreso nella striscia (f (x) —E,f (x) + E) non appena
n 720.
ESEMPIO
1.13.
La successione
— 1x1
fn (x)
convergente in [—1, 11 a f (x)
Tl. (Questa affermazione sarà provata in un esempio successivo). Illustriamo il significato geometrico di questa afferm,azione. Tracciamo per prima cosa il grafico di f insieme al grafico delle prime fn. 10
Ora
tracciamo
il grafico di f (x) insieme
a quello di f (x) + 0.1 e f (x) — 0.1, otte-
nendo così una striscia in cui devono essere contenuti i grafici interi delle funzioni
fn, almeno per n abbastanzagrande:
fl non sta nella striscia
non sta nella striscia
04
f3 sta nella striscia
f4 sta nella striscia, e così via
ESEMPIO1.14. La successione fn (a;) 1 se
1/FÏsgn(T) converge a C (0, 1]
0 se a; = 0 1 se a; € [—1,0).
(come già visto nell'Esempio 1.9). Mostriamo che la convergenzanon è uniforme. Come sopra, tracciamo per prima cosa il grafico di f insieme al grafico delle prime
16
1. ELEMENTI Dl ANALISI FUNZIONALE. SPAZI Dl FUNZIONI CONTINUE
+ 0.1 e f (T) —0.1, otteOra traccearno il gmfico di f (x) insieme a quello di f (a:) nendo così una striscia in cui devono essere contenuti i grafici interi dellefunzionz fn, almeno per n abbastanzagrande:
fl non sta nella struscta
f3 non sta nella striscia
f 10 non sta nella striscia e si capisce che anche aumentando l'indice n non è possibile che il graficointero sia contenuto nella striscia. Infatti il grafico di ogni fn è continuo, perciò non può entrare nei due pezzi di striscia, che sono tra loro discosti. f6 non sta nella striscia
ESEMPIO1.15. La successione fn (T) — nrce¯n per T G [0, *0c) converge a zero. La convergenzanon è uniforme (lo proveremo analiticamente cizio 1.15), come evidenzia il seguente grafico, che mostra le funzioni fre per n 1,2, 3, 4,5 e la striscia ±0.05:
I '2,
31'/s'/,j
S/
possib'i,lcche il grafico imt,erodi
sv,a
Si
17
noielle f
Ilfo — f Il
in .1
0.
111altre parole, la 0/0 (J) la (Iella convergenza Si osservi t che la (li convergenza Illiiforrrjesi può applicare anche a funzioni (lisq 110.111altne parole (Illi usando la norma di c o (I) per calcolare la (listanza tra (1110 funzioni qualsiasi (11011 necessariamente continue) definite su I (e na imra11i1011t,e l,ale (list non sempre finita). Vedialïl()ora alcuni risultati che,Inosfmanocome per una successione di funzioni
1.6 (Convergenza uniforrne e continuità). Siano fri : I —+IR, con I C IPO, funzioni im un certo punto C I per 1, 2, e supponiamo che —Y f uniform,ernenle in I. Allora f (ècontinua in Se le .fn sono continue in, tutto I, anche f (ècontinua in I.
DIMOSTRAZIONE. Proviamo che f è continua in tutte le La tesi quindi è:
C I in cui sono continue
Fissato E > 0, per definizione di convergenza uniforme sappiamo che esiste no
tale che
Vn
no,Va:C I, If (T) —fn
Scegliendo allora n If (x) —f (7)l
no possiamo scrivere, Va:C I,
(1.1)
E + If,no(T) —
If (a:)—
< E.
(au')l+ Ifno (T) —fno (î)l + Ifno (7) —f (7)l +
Poiché fno è continua in 7, fissato Io stesso E > 0 esiste (5> 0 tale che Questa relazione insieme alla (1.1), che vale Va:G I, mostra che
perciò f è continua in 7j.
1. ELEMENTI 151ANALISI FUNZIONALF.. SPAZI Dl FUNZIONI CONTINIT
Riflettiamo ora su "cosa storto" nella (lilliostrazione.precedontose si ripercorrere l'argonxelltazionesotto la sola ipotesi che fn tenda a f puntuali)lento vale por ogni Ì. La disuguaglianza (1.1), se la convergenza è solo puntuale, da s, anelle da e x. Questo crea un circolovizioso al passaggio successivo: < îil (X) si sceglie un > 0 tale che la continuità di tuttavia ora se si prende till qualsiasi a: che soddisfa la disuguaglianza è più vero che If (x) — 111aè dixxxrso da quello fissato nella (1.1), 11011 tfno (.ï) —f < 2€, percllé al vu•iare di varia no.
+
TEOREMA1.7 (Convergenza uniforlll(è e lilliitatezza). Siano fn : I —+IR, Con f unifonnee supponimno che fu I C IRti, funzioni lilliitate per —
Plente in I.
f è limitata in I.
: [a,b] TEOREMAI.S (Convergenza uniforlll€èe integrabilità). Siano e supponiamo che fli fun zioni Innitate e Riemann integrabili per unifortnemente 'in L Allora f è (linûtata e) Riemann integrabilein [a, b].
f
(lat.
Non dimostriamo la Riemann integrabilità di f (questo potrà DIMOSTRAZIONE. essere fatto più facilmente in seguito utilizzando la teoria dell'integrale di Lebesgue), ma mostriamo la convergenza degli integrali. Si ha: f (a:) da:
.fn (a:) da: b
Ifn (a:) —f
e per la convergenza uniforme,
sup Ifn (t) —f (t)l (b —a
da:
Ifn (t) —f (t)l
0.
E' interessante rileggere alla luce di questi teoremi gli esempi presentatiin
precedenza: negli esempi 1.8 e 1.9 una successione di funzioni continue converge a una funzione discontinua; nell'esempio 1.10 una successione di funzioni limitate converge a una funzione illimitata; nell'esempio 1.11 una successione di funzioniRiemann integrabili converge a una funzione non integrabile. Evidentelllente in tutti questi esempi la convergenzanon è uniforme. Si invita il lettore a rendersenecollto ragionando sul grafico delle funzioni e sul significato geometrico di convergenza uniforme. Illustriamo ora un criterio che sarà utile a provare la completezza degli spazidi funzioni continue.
TEOREMA1.9 (Condizione di Cauchy per la convergenza unif01'111e). fn : I —+JR, con,I C IRTL, per n 1,2, 3... e supponiamo che valga la seguente condizione di Cauchv: (1.2)
VE> (Eno tale che Vn,m
Allora la successione IR. Viceversa, ge
allora vale la (1.2).
no, Va: C I risulta,
converge
converge
uniformemente
(a:) —
(x)l
0 applichiamo l'ipotesi (1.2) e nella disuguaglianza Ifn (x) —fm () prefissato per n, abbastanza grande (indipen_ dentemente da x, che a secondomellibronon compare). Dal teorema precedente segue il prossimo risultato fondamentale: TEOREMA1.12. Lo spazio Cl [a, b], con la norma Ilfllct [a,b] —
è di Banach. una successione di Cauchy in Cl [a, b]. Per Sia DIMOSTRAZIONE. che XI soddefinizione di norma Ilfllcl [a,bl, questo significa che sia disfano la condizione di Cauchy per la convergenza uniforme; pertanto esistono f uniformemente e fni —4g uniformemente in [a,b] f, g e c o [a, bl tali che Per il teorema precedente, questo implica che f C C l [a, b] e f/ g, dunque —f 'II lifn ossia .fn —èf in C l [a, b].
Questi risultati si possono generalizzare a funzioni di classe c k anche in più variabili. Definiamo quindi con precisione gli spazi vettoriali normati classici di funzioni derivabili:
1.18 (Spazi Ck). Sia Q C Rn un aperto limitato. Ricordiamo DEFINIZIONE anzitutto la scrittura a multiindice per le derivate parziali di qualszasi ordine di una funzione reale di n variabili: (QI, 02, ..., on), dove sono interi 0 e poniamo
+ 02 + (90 f (x)
Per k
+ on, allora
alalf
1, 2, 3, ... definiamo:
c k (0)
c o (O) e aQf
c o 0) va con
s k }.
Poniamo
Ilfllco(ü) IQl=j
Il a Q fllc
o (ô)
•
OSSERVAZIONE 1.2 (Perché Si noti che mentre lo spazio c o (K) è definito con K sottoinsieme chiuso e limitato di Rn , perché in base al teorema di Weierstrass questo è sufficiente a gamntire la finitezza della norma Ilf Il CO(K) per calcolarele
derivate parziali di f abbiamo bisognodi essere in un insieme aperto; partiam0 perciò da un insieme apertoe limitato Q, la cui chiusura Q è un insieme chiusoe limitato; f si suppone definita e continua in Q; le derivate parziali di f esiston0 in Q e si suppone si possano prolungare con continuità fino al bordo di Q; a questo modo
f e le a Œ f sono continue sul chiuso e limitato n, quindi
Valgono i seguenti risultati:
è finita»
1.2. CONVERGENZA UNIFORME. SPAZI c k
TEOREMA1.13. Gli spazi k
23
(O) sopra definiti sono di Banach.
TEOREMA1.14 (Convergenza uniforme e derivate parziali). Sia fk :
R, per —Y
1, 2, 3, ...,con Q C R n aperto, supponiamo
e c o (O)
che per ogni k sia fk,
per un certo i —1, 2, ..., n, e supponiamo che: L La successione Fu_Lconverge uniformemente in Q a una certa funzione g. 2. La successione fk converge in almeno un punto
e Q.
Allora:
La successionefk convergeuniformementein Q a una certa f € c o (O) ed esiste VL
1.2.3. Serie di funzioni: convergenza puntuale e uniforme. La nozione
di convergenza uniforme e i teoremi precedenti si possono interpretare in particolare per le serie di funzioni.
DEFINIZIONE 1.19 (Convergenzadi una serie di funzioni). Sia fn : I —Y R per 1,2,
3,
con I C R
0
R n . Si dice che la serie dl funzionz
converge in I, oppure converge puntualmente in I, oppure converge uniformemente Zn,I se la successione delle somme parziali
converge in .T()€ I, oppure converge puntualmente
I, oppure converge uniforme-
mente in I, rispettivamente. Si dice che la serie di funzioni
convergeassolutamente (in un punto
o in un insieme I) se la serie di funzioni Ifn
converge (in
o in I rispettivamente), cioè se la successionedelle sommeparziali Sn (T) ¯
•
Come per le serie numeriche, se una serie di funzioni converge assolutamente (in o in I) allora convergepuntualmente (in TOo in I). Come per le successioni di funzioni, se una serie converge uniformemente allora converge puntualmente. Una condizione suffciente molto utile talvolta a stabilire la convergenzauniforme di una serie è la convergenzatotale:
CONTINUE 1. ELEMENTI Dl ANALISI FUNZIONALE. SPAZI Dl FUNZIONI
24
DEFINIZIONE 1.20 (Convergenza totale di una serie di per
n = 1, 2,3,
funzioni). Sia .fn : I
serie di funzioni o in R n . Si dice che la
con I C
di costanti positive, tale
convergetotalmente in I se esiste una successione che: 1)
an per ogni n, per ogni .r C I;
Ifn 2)
ESEMPIO1.17. La serie
sin (nm)
converge totalmente in R perché
sin (nx)
1
e
La serie sin (nm) non converge totalmente in R in quanto la pzù piccola successione
cui sia veto che
sin (nm)
— l/n (basta porm diverge. canto
numerica
an per
an per ogni a:C R
7/2n nella disuguaglianza sin(nz) < on) e d'altro
Si noti che si parla di convergenzatotale o di convergenza uniforme in un insieme I (non in un singolo punto TO).Vale la PROPOSIZIONE 1.4 (Criterio della convergenza totale). Se una serie di funzioni
convergetotalmente in un insieme I, allora converge assolutamente e uniformemente in I.
DIMOSTRAZIONE. Sia
fn (x) una serie di funzioni fn : I —+R che sup-
poniamo convergeretotalmente, quindi supponiamo che
Ifn (x)l
an per ogni G I, n
con
an convergente.
O,1, 2, ...
1.2. CONVERGENZA UNIFORME. SPAZI
25
Mostriamo che la serie di funzioni converge unifor1ne111011te. Per far questo, mostreremo che la successione delle sue somme parziali soddisfa la condizione di Cauc11Y
per la convergenza uniforme (v. Teorema 1.9). Poniamo:
Si ha, per n > m,
E
fk( œ)
E
Ora: poiché per ipotesi la serie numerica a converge, la sua successione delle somme parziali {An} è di Cauchy. Quindi fissato E > () esiste tale che por ogni
n > m no si ha IATI—AmI < E. Allora per le disuguaglianzeprecedenti, fissato E > 0 esiste no tale che per ogni n > m no si ha
per ogni a; G I. Questa è appunto la condizionedi Cauchy per la convergenza uniforme di {sn (x) } , e quindi della serie di partenza. La convergenza assoluta si dimostra ragionando analogamente su
Ifk
I.
Possiamo ora applicare alle serie di funzioni i teoremi visti per le successioni di funzioni: è sufficiente vedere la somma di una serie come limite della successione delle somme parziali per ottenere immediatamente i seguenti teoremi. TEOREMA1.15 (Convergenza uniforme e continuità). Siano : I —YIR, con n e supponiamo per 1, 2, che continue la , funzioni serie I C Rn
converga
uniformemente
in I, con somma
f (T). Allora f è continua
in I.
TEOREMA1.16 (Convergenza uniforme e integrabilità). Siano fn : [a, b] —èIR, funzioni limitate e Riemann integrabili per n 1, 2, 3... e supponiamo che la serie
convergauniformementein I, con,somma f integrabile in [a, b].
Allora f è (limitata e) Riemann
TEOREMA1.17 (Convergenza uniforme e derivate parziali). Sia fk : O —+IR,per € co (O) aperto, supponiamo che per ogni k sia, fk, con Q C 1,2, 3,
n, e supponiamoche: convergeuniformemente in O a una certa funzione g. 1. La serie EZ_ 2. La serie E k=1fk convergein almeno un punto € Q. Allora:
per un certo i
1,2,
CONTINIjE SPAZI Dl FUNZIONI DI ANALISI 1, ELEMENTI
26
in Q a una certa f C co (0
La serie esiste
Lt-
g, continua.
ogni i = vale discorso 3. Se questo
1,2, ...,n„si
deduce che f G Cl (Q).
QL converge uniformemente, allor Schematicamente: e Ek=l ami fk convergepuntualmente se 00 (9fk
(9
(9a:t
la serie di funzioni Consideriamo 1.18. ESEMPIO e
sin (nm 2
continuità e derivabilità di questa la Studiamo Il. [0, definita per a: G [0, , t G dopo che avremo verificato che serie, questa di somma serie (cioè: della funzione la serie effettivamente converge). Le funzioni
sin (nm 2
[0, T] x [0, 1]. Per studiare Q nell'insieme volte infinite derivabili sono continuee della convergenza totale: criterio il applichiamo serie della la convergenza e¯nt sin (nm) 2
—Eper ogni (x, t) C [0, Tl >< [0, 1] .
e quindi unifomePoiché —rconverge, la serie di partenza converge totalmente mente in Q, e poiché le fn sono continue, la somma della serie e —ntsin (nm) 2
è una funzione continua in Q (Teorema 1.15). Vediamose u è derivabile. Consideriamo le serie delle derivate -parziali: a
e¯nt sin (nm)
e¯nt COS(nm)
2
a
e¯nt sin (nm)
Ot
sin (nm)
2
In base al teorema visto, potremmo garantire che u è derivabile. e che la serie si puo derivare termine a termine se sapessimo che queste serie convergono mente. Entrambe le serie però non converuono totalmente in Q; inoltm, la
serie per a: —
0 diventa — 0 diverge addiritturu,• la seconda serie per t che converge puntualmente per il criterio di Dirichlets ma improbabileche convergauniformemente. Quindi non ci sono speranze di che u sia derivabilein tutto l'insieme Q. 8v. [7, Prop. 7.1. 1).3691.
1.2. CONVERGENZA UNIFORME. SPAZI
27
La situazione cambia drasticamente se ci mettiamo nel sottoinsieme Tl x Il , cioè se studiamou per t discostoda zero, Infatti in questocaso l'esponenzialee¯nt < e—nôaiuta molto la convergenzadella serie. Possiamo scrivere che per (T,t) € CQôsi ha: e
cos (nx)
e —n6
e
sin (nm)
e
epoiché converge, le serie delle derivate parziali prime rispetto a e rispetto E a t convergonototalmente, e quindi uniformemente, in (26. Ne segue che, in (26, la u è derivabile, con nt cos (nm)
—e¯nt sin (nm) Ot
II discorso se può Iteratv a ogni ordine dl demvata. Ad esempto, 02
e ¯nt sin (n.r) nt sin (n:r)
convergono
ancora
totalmente tn Qé.
—ne Concludiamo
cos (nm) che u (x,t) è mfinztamente
derivabile tn (26. E potché questo vale per ogm (5> 0,
realtà u è infinitamente
derivabile nella mgtone x C [0,
, t C (0, Il
(anche se non tutto Q). La u continua fino a t ma regolaresolo pert > 0. Si osservt la diversa logtca: la serte delle dertvate convergetotalmente in (per ogni ô > 0) ma non
in Q;
la u
derivabilem
(per ogm > 0) e quindi è derivabilein Q,
Il diverso modo di ragionare si deve al fatto che Il concetto di convergenza totale
è globale, mentm quellodi dertvabilttàè puntuale. ESEMPIO1.19. Consideriamo la seme dl funzioni sin (nx) cos (nt) 3
definita per(x, t)e Q
[0, 27] x [O,27]. Studiamo la continuità e derivabilità di
questa serie. La disuguaglianza sin (nx) cos (nt) 3
1 3
28
1. ELEMENTI Dl ANALISI FUNZIONALE. SPAZI Dl FUNZIONI CONTINUE
most,ra che la serie converge
in Q,
totalmente
perciò
essendo
le fn (T, t) continue
anche la funzione sin (nm) cos (nt) 3
è continua. Le serie delle derivate parziali prime sono: 0
cos (nm) cos (nt)
sin (nm) cos (nt)
2
3
0
sin (nm) cos (nt)
sin (nt)
2
3
Ot e convergono
— sin (nm)
totalmente, per analoghe disuguaglianze.
Quindi u C Cl (Q) , con
cos (nm) cos (nt)
2
tlc
—sin (nm) sin (nt) 2
Provando a iterare il discorso, però, ci dobbiamo fermare. Ad esempio: 0 rz=l
—sin (na:) cos (nt)
cos (nm) cos (nt) 2
e l'ultima serie non convergetotalmente. Questa volta la situazione non migliora mettendosi in un sottoinsieme di Q.
Dobbiamo
concludere che u € C l (Q) ma
non è possibile affermare che sia deriva,bile due volte in Q. (Si noti che queste argomentazioni non permettono di concludere rigorosamente che una certa derivata non esiste; semplicemente, non c'è un modo semplice per affermare che eststee verosimilmente non esiste, almeno in qualche punto).
1.2.4. Spazi di funzioni infinitamente derivabili. Abbiamovistochegli
spazi Ch [a, b] (o, in IRn c k (O) con Q dominio limitato), dotati della loro norma naturale, che misura il massimo modulo di tutte le derivate fino all'ordinek, sono spazi vettoriali normati completi. Consideriamo ora gli spazi di funzioni derivabili infinite volte, ad esempio, nel caso unidimensionale, CDO[a, b]. Questo è uno spazio
vettoriale, e in esso possiamo mettere qualsiasi norma Ck per un certo interok fissato, ma non possiamo evidentemente sommare le norme di tutte le (infinite) derivate. Si rifletta sul fatto che, per una funzione infinitamente derivabilesu b]' un'espressione come c o [a,b]
avrebbe generalmente un valore infinito. ESEMPIO1.20. Nello spazio C
[0, 1] calcoliamo la quantità
1.2. CONVERGENZA UNIFORME. SPAZI per la funzion,e f (T)
29
e œ . Si ha:
eœ per ogni k — e per ogni k
e z: -1—00. D'altro canto, se nello spazio coo [a, b] mettiamo, ad esempio, la norma Cl [a, b]
(e un discorso analogo si può fare per la norma C/c per qualsiasialtro k), otterremo uno spazio vettoriale normato ma non completo.Infatti, se una successione {fn} di funzioni infinitamente derivabili convergea una certa f in norma Cl, in generale f sarà solo Cl, non C00. La conclusione è che gli spazi vettoriali di fun-
zioni infinitamente derivabili non hanno una norma naturale che li renda spazi di Banach.
Ciò non significa che questi spazi non siano utili. In particolare, vedremo in
seguito che nella teoria delle distribuzioni gioca un ruolo chiave il seguente spazio, leggermente diverso da c oo[a, b]. DEFINIZIONE1.21. Si dice cooc (a, b) (con
(a, b) intervallo
delle funzioni
limitato o illimitato, eventualmente
appartenenti
a C 00 (a, b) e identicamente
anche nulle
tutto IR) lo spazio
al di fuori
di un
in-
tervallo chiuso e limitato [c,d] strettamente contenuto in (a, b). Analogamente, in più variabili, se Q è un aperto di IRn (limitato o illimitato, eventualmente anche coincidente con tutto Rn), si dice
cooo(0) lo spazio
delle funzioni
appartenenti
a c oo (Q)
e identicamente
nulle al di fuori di
un insieme chiuso e limitato K strettamente contenutoin Q. Per essere più espliciti, la definizione richiede che, se O è limitato, le funzioni si
annullino in tutta una regione di Q vicina alla sua frontiera. In particolare,perciò, sia la funzione che tutte le sue derivate saranno identicamente nulle sulla frontiera di Q. Funzioni con questa proprietà si dicono anche (infinitamente derivabili e) "a supporto compatto" in Q. Si osservi che l'esistenza stessa di funzionidi questo tipo non è ovvia, per il seguente motivo. In generale, quando vogliamo definire analiticamente una funzione che sia zero su un intervallo e non nulla su un altro, dobbiamoprestare attenzione a come raccordare le due espressioni analitiche, se vogliamo che la funzione sia continua o derivabile una o più volte. Ad esempio, per > 0 0 per a; 0 derivate seconde non si raccordano è una funzione Cl (R) ma non C2 (R), perché le in sc
0:
2 per a; > 0 0 per a; < 0 non esiste in a: 0
1. ELEMENTI Dl ANALISIFUNZIONALE.SPAZI Dl FUNZIONI CONTINUE
30
Come potremmo pensare di definire analiticamente una funzione che sia zero per a: < O,non zero per > O,in modo tale che tutte le infinite derivate si raccordino con continuità in 0? ESEMPIO1.21. La funzione
—1/T2 per > 0 0
per
o
0 e non nulla per a: > 0. Infatti 10
è infinitamente derivabzle,nulla per a:
funzione per T —40+ si annulla più rapidamente di f (n) (0) O per ogni n. Di conseguenza, la funzione
per
Com (a, b) per ogni Intervallo (a, b) D
10
1, perciò
15 f € Cooc (IR), ana
f €
1]•
Fissato quindi un qualsiasi Intervallo (a, b) della retta, a partire dall'esempio precedente con un'opportuna traslaaone può costruzre una funzzone f € CO DO(a, b), Un discorso analogo si. può fare per funzioni di più variabili: è sufficiente nelle espressioni precedenti. Si veda l'Esercizqo 1.29 per 1 sostituire .T2 con dettagli.
Concludiamocon la seguente osservazione. Come già osservato, gli spazi vettoriali c oo(O cooo(Q) non hanno una norma naturale che li renda completi. La proprietà di completezza è talmente importante che l'analisi funzionale ha sviluppato una nozione più debole (cioè più generale) di quella di spazio vettoriale normat0' e precisamente quella di spazio vettoriale topologico, in cui rinunciando ad avere una norma si dà ancora senso al concetto di completezza, In questo contesto più generale gli spazi CDC(O risultano essere completi. In questo corso non direm0 niente di più sugli sviluppi dell'analisi funzionale in questa direzione, con un unico cenno nellEsercizio 1.30.
1.2.5. Spazi di funzioni continue su tutto Rn . Abbiamo visto che l'insieme co (Q) delle funzioni continue su Q C Rn è sempre uno spazio vettoriale;in
particolare, lo è anche nel caso particolare Q
su tutto lo spazionon è necessariamentelimitata, Tuttavia una funzione continua quindi la norma Ilfll
sup If (X)l
1.2. CONVERGENZA UNIFORME. SPAZI
31
non risulta ben definita per tutte le funzioni c o (Rn). Di conseguenza c o (RO) è uno spazio vettoriale ma non uno spazio vettoriale normato, almeno rispetto alla sua norma "naturale". Questo spazio contiene però dei sottospazi importanti su cui questa norma risulta ben definita, Vediamonealcuni. Lo spazio (Rn), delle funzioni continue che si annullano fuori da un insierne limitato. Per il teorema di Weierstrass, queste risultano limitate, perciò c o (RTL ) dotato della norma Il•ll è uno spazio vettoriale normato. Lo spazio C? (IRn), delle funzioni continue che tendono a zero all'infinito, cioè tali che per ogni e > O esiste R > 0 tale che se > R allora f (T)l < E. Anche queste funzioni sono certamente limitate, perciò anche co (Rn) è uno spazio vettoriale normato. Lo spazio C? (IP'), delle funzioni continue e limitate9. Anche questo è uno spazio vettoriale normato con la norma Di ciascuno di questi tre spazi vettoriali normati, chiediamoci se è completo. Sappiamo già che una successione di Cauchy rispetto alla norma converge uniformemente a una certa funzione f che, essendo limite uniforme di funzioni continue, è ancora continua. Chiediamoci se l'ulteriore proprietà che definisce ciascuno dei tre spazi precedenti (1: f si annulla fuori da un insieme limitato; 2: f tende a zero all'infinito; 3: f è limitata) si conserva per convergenzauniforme. Sappiamo che limite uniforme di funzioni limitate è limitato; è facile dimostrare (v. esercizio 1.25) che il limite uniforme di funzioni che tendono a zero all'infinito è una funzione
che tende a zero all'infinito, Invece, ci si convince facilmente che la proprietà di annullarsi fuori da un insieme limitato non si conserva passando al limite uniforme: ESEMPIO 1.22. Saa 1
fn(T)—
1
se
() est.ste una funztone f tale che . oss;a signt,ticutmvam una successtone {fn} di funzmni per 1
ESERCIZIO 1.5
(X)per
I)ttnostturv che in R la funzione
con p numem fissato, se 0 < p < 1 è una distanza, mentre se p > 1 non Io è. Suggerimento. Seguim questa traccia: (1+t)P e tracciarne il grafico per t 1. Studiam la funzione f (t) —
0, trattando sepamtatnente i due casi p > 1 e 0 < p < 1. 2. Dedurm dallo studio precedente che (1 + 1 + tP per ogni t > 0 0 < p S 1. Che disuguaglianzasi può scrivere invece se p > 1 ? 3. Dedurm dal punto precedenteche se 0 < p < 1 si ha (a + < ap + t' ognt a. b
0.
4. Utilizzandoil punto 3 dimostmre che d è una distanza se 0 < p < 1. 5. Se p > 1, provare con un contresempio che d non è una distanza. ESERCIZIO1.6 (*). Nello spazio c o [a, b] si definisca: If (a:) —g (X)IP dx
per qualchep G (0, 1) fissato. Provare che d è una distanza. (E' utile il dell'esercizio 1.5). Provam poi che, se si tentasse di definire una norma ponendo: b
risultato
l/p
lifllp (sempre per p C (0, 1)) questa verificherebbei primi due assiomi della
non la dzsuguagl'ianza triangolare, ossia esibim due funzioni f, g per cui
Ilf +
> Ilfllp+ Ilgllp.
Quzndi abbiamo uno spazio di funzioni che è vettoriale e metrico, in cut la
però non proviene da una nonna. (Suggerimento: scegliere opportune funzioni f, g che valgono I su un e 0 altrove). ESERCIZIO1.7
Sia (X, d) uno spazeo metrico; definiatno
Provare che anche d' è una distanza, e che (X, d') è litnitato anche se (X,d) lo è. (Suggerimento: provare prima che la funzione f (t)
per t > 0 e soddisfala disuguglianzaf (a + b)
-L è monotona
cmscellte
f (a) + f (b) per a, b > O.)
ESERCIZI E COMPLEMENTI
35
ESERCIZIOI.S. I): ciascuna delle seguenti funztoni in R, stabilim se soddisfa gli assiomi dl distanza: (x —
dl (x. y)
(13 (.r, y) —
2
y21
(Suggerimento: sono utili i risultati degli esemi:i 1.5 e 1.7). ESERCIZIO1.9. Ciascuna delle seguenti funzioni in R2 è una norma. Si chiede di disegnam alcune sfetv di centm I •origine rispetto a ciascuna d? esse. max ( 1x1 . IVI)
n (x, y) 113 =
3
3
1/3
ESERCIZIO1.10. Fa'? un esempto, in R2, di: a. un insieme chiuso con interno »ruoto; b. un insieme con Interno ruoto la cui chiusum
èR 2
ESERCIZIO 1.11. Sia if (.T)I da'.
Dire se risulta una norma: (a) sullo spazio c o [a, b); (b) sullo spazio delle funzioni limztate e Riemann integrabili in [a, b]. ESERCIZIO1.12. Sia
Di'? se •llp risulta una norma: (a) sullo spazio C l [a, b]; (b) sullo spazio X {f Cl [a, b] : f (a)
1.13. Sia P ESERCIZIO
0} .
{polinomip (x) in [0,Il}. Si dica se P è un sot-
tospazio vettoriale di c o [0,1] e in caso affermativo
se è un
sottospazio chiuso,
rispetto alla norma dell 'estremo superiore.
B. Convergenza uniforme ESERCIZIO1.14. Sia fn (X) forme
negli intervalli (1, +30)
—n Studiare la convergenza puntuale e uni-
e (2, +oc).
ESERCIZIO1.15. Sia fn (x) uniforme negli intervalli (1, -Fm) e [0,1].
1.16. Sia fn (X) ESERCIZIO sione converge uniformemente
in R.
Studiare la convergenza puntuale e Determinare per quali Q la succes-
36
1, ELEMENTI Dl ANALISI FUNZIONALE. SPAZI Dl FUNZIONI CONTINUE
Studiare la convergenzapuntuale e
ESERCIZIO1.17. Sia fn (x)
forme in IO,+00). Esti'ltcrzl() 1.18. Sia fn (T)
forme in
• Studiare la convergenza puntuale e IH-na;•
+00) e in Ir, +00) per r > 0.
Studiare la convergenza puntuale e
ESERCIZIO 1.19. Sia fli (a:)
forme in 1(),11. ESERCIZIO 1.20.
.fn (x)
Sia
—L Studiare la convergenza puntuale e
forme in [0,11. Studiare la convergenza puntuale e
ESERCIZIO 1.21. Sia fn (a:)
uniforme in [—1,11.
Studiare la convergenza puntualee
ESERCIZIO 1.22. Sia fn (a:)
uniforme in [—1,1]. ESERCIZIO 1.23. Sia fn (X)
Studiare la convergenzapuntuale e uniforme in in R. ESERCIZIO1.24. Sia Studiare
la convergenza
n sin
puntuale
e uniforme
ESERCIZIO1.25 (*). Dimostrare che se uniformemente
in in IR.
C C? (IR) (v. f 1.2.5) e fn —5
in IR allora f G C? (R).
ESERCIZIO1.26. Si consideri la funzione di due variabili espressa in coordinate polari da: u (p, 0)
p n sin (ne )
e definitasul cerchiop < 1,0 G [0,2T]. Stabilire se la funzione u: è continuafino al bordodel cerchio, solo all'interno, o è discontinua; possiede derivate parziali prime fino al bordo del cerchio, solo all'interno, 0 le possiede. Per le derivate parziali di ordine superiore valgono conclusioni uguali o diverse
a quelle delle derivate prime? La serie delle derivate parziali prime converge totalmente nella regione {p l}?
1.3. ESERCIZI E COMPLEMENTI
C. Convergenza e completezza ESERCIZIO1.27 (*). Sia X Io spazio vettoriale. delle successioni, linûtate di, numeri reali, con la norma: 11x11 sup la:kl dove x =
•
Provare che (X, Il•ll) è uno spazio vettoriale normato, com,pleto, (Suggerimento: ricordare che una successionein X è umasuccessione di successioni:
C X significa che Xk —
con a')/ ) C IR.)
ESERCIZIO1.28. Costruire, per un intero n c n (R) \ c n+ l
1 fissato, un, esempio di funzione
ESERCIZIO1.29. Costruire esplicitamente, per un generico intervallo (a, b) R, una funzione f C CODO (a,b) .
Costruire esplicitamente, per un generico insieme Q apeflo di IRÏI conlenente la sferetta di centro e raggio p, una funzione f C CODO (Suggerimento: modificare opportunamente l'esempio 1.21). ESERCIZIO1.30 (*). Nello spazio vettoriale C00[a, bl si definisca 1
COIa,b]
OF 1 + Ilf(k) —
per f, g C C 00 [a, b]
(dove f (0) f). Si dimostri che d (f, g) è finita per ogni f, g C CDO[a, b] e che d è una distanza. (Suggerimento: è utile il risultato dell 'Esercizio L 7). Lo studente volonteroso provi poi a dimostrare che con questa distanza C 00[a, bl risulta essere uno spazio metrico completo. (Dunque abbiamoun esempio di spazio vettoriale che può essere reso metrico completoma non normato completo). Ulteriori esercizi sugli spazi
c o ,C l e sulla convergenza
puntuale
e uniforme
di successioni di funzioni si trovano tra gli esercizi del Cap. 2, nelle sezioni di esercizi di riepilogo su spazi di funzioni continue, derivabili, integrabili (esercizi
2.36 e seguenti) e su successioni di funzioni e convergenzanella norma di vari spazi (esercizi 2.39 e seguenti).
Gli svolgimenti degli esercizi si trovano online, sulla piattaforma TextinCloud
CAPITOLO 2
Integrale di Lebesgue. Spazi di funzioni integrabili 2.1. Motivazione A partire dagli inizi del 200 secolo la teoria classica dell'integrazione, (li Riemann, è stata sostanzialmente sostituita da una nuova teoria, dovuta a estremamente più generale, flessibile e potente, che ha rivoluzionato l'analisi atica. Vediamo molto sinteticamente alcune questioni rispet4,oalle quali l'integralo
di Riemann è inadeguato ed è auspicabile avere un concetto diverso (li integrale. 1. Vorremmo che lo spazio (vettoriale) (Ielle funzioni integrabili SII un certo dominio, munito della norma dell'integrale, fosse uno spazio di Banacll (cioè fosse completo), cosa che non accade per l'integrale di Riemann. Ma questo coinvolge l'integrazione di successionidi funzioni, quindi... 2. Vorremmo un concetto di integrale con cui l'integrazione (li successioni o serie di funzioni obbedisca a regole semplici, cioè si possa dimostrare, che lo scanll»io tra limite e integrale è lecito sotto ipotesi piutlosto generali e (li facile verifica. (Nella teoria di Riemann l'unico criterio semplice (li integrazione per successionirichiede la convergenza uniforme, che è un'ipotesi piuttosto forte). Ma por ottenere questo... 3. Vorremmo un concetto di integrale in cui l'insierne dolle funzioni integrar bili sia "stabile" rispetto a un gran numero di operazioni, in particolare rispet,to al passaggio al limite di successione. (Per l'integrale di Rielnann, invece, una successione di funzioni integrabili può convergere a un lilliite non integrabile). Questo significherà anche che dovranno essere integrabili anche funzioni "1110110 discontinue". 4. Vorremmo un concetto di integrale in cui la possibilità che la funzione integranda sia illimitata e/o che l'insieme di integrazione sia illilllitato costituisca la regola e non l'eccezione (come è nella teoria (li Rietnann, in cui l'integrale viene "generalizzato" solo in un secondo momento per includere queste situazioni) variabile clie in più 5. Vorremmo un concetto di integrale in cui, sia in una generale, anche 11101to variabili, l'insieme di integrazione possa essere di tipo 1110110 irregolare. di vista spiegati) significa Ottenere un integrale con proprietà Illigliori (dai punti precisamente callil)inrlo in liti ovviamente cambiare la definizione di, integrale, e più
ò Ricordiatno ('01110 senso che renda meno restrittiva la richiesta di integrabilità. di sonnne: stato definito l'integrale di Riemann come limite
lim sn = lim Ic=l
40
2. INTEGRALE Dl LEBESGUE, SPAZI Dl FUNZIONI
dove al passo n-esimo l'intervallo [a, bl è stato suddiviso in il, (n) b (n), Tl , mediante i punti a e ad ogni , Bi arbitrariamente, gli n punti C n. La dice Riemann-integrabilese il limite esiste finito e non dipendo.(la corjje scelti, ad ogni passo, i punti Si capisce dalla definizione clJC'ciò) c' a rischio" l'integrabilità è il fatto che f abbia numerosi punti (li quindi nel corso della costruzione succeda "tante volte" che scegliendoil (n) (n) in modi diversi all'interno dell'intervallino k—l'œk si ottengano dellevariazioni importanti nel valore di Sn. Ad esempio, la funzione di Dirichlet 1 se a: è razionale 0 se a; è irrazionale
non è integrabile perché, ad ogni passo della costruzione iterativa, 1, o tutti irrazionali, e al. tutti razionali, e allora sn scegliere i punti 0; perciò certamente successioni di Cauchy-Riemann diverse lora sn limiti diversi. Se vogliamo dare una definizione di integrale diversa, che meno restrittiva, dobbiamo trovare il modo di neutralizzare, nell 'algorzl'tnod,icalco, lo dell 'integrale, gli effetti di instabilità dovuti alle (eventuali) grandi oscillazionio discontinuità della funzione.
Un'idea di questo tipo si trova nella nozionedi integrale introdotta da Ilenri Lebesguenel 1902nella sua tesi di dottorato presentata alla Facoltà di Scienzedi Parigi.
L'idea, apparentemente banale, è: invece di fare una costruzione iterativa suddividendo l'intervallo [a, b] sull'asse a: in parti uguali, facciamo una costruzione iterativa suddividendo in parti uguali, sull'asse y, un intervallo che contengal'insieme dei valori assunti dalla funzione (che per il momento supponiamo limitata). Ad esempio, se la funzione ha valori in [0, 11,al passo n-esirno suddivideremo [0,Il in parti uguali e considereremo gli insiemi k
, con k = 1,2,
n.
Ovviamente un'approssimazione, per difetto o per eccesso, dell'area sotto il grafico di f si ottiene, rispettivamente, con le somme:
s¯
dove jEkl indica la misura dell'insieme Eh, cioè se ad es. è un intervallo la sua lunghezza, se è l'unione di più intervalli la somma delle lunghezze degli intervalli' e 1Che gli intervalli abbiano la stessa ampiezza non è necessario, dà solo più semplicitàalla definizione; gli intervalli potrebbero essere di ampiezze diverse, purché la rnassima ampiezza tenda a zero per n —+00.
2.1. MOTIVAZIONE
41
cosi via . approxunatwtv 37 000
integral
approxunatwrr 62 100 Integral
82 000
Una somma di Lebesgue di passo 3 della stessa funzione
Ciò che dimostra quanto sia buona quest'idea, e quanto sia diversa da quella dell'integraledi Riemann (non ostante l'apparente simmetria: suddividiamol'asse / suddividiamo rasse y) è che per come sono costruite le somme risulta sernpre
via"
Come vedremo, buona parte del problema da affrontare sta in questo semplicistico "e cosi
2. INTEGRALE Dl LEBESGUE. SPAZI Dl FUNZIONI INTEGRABILI
42
per cui lo scarto tra le approssimazioniper eccessoe per difetto tende mente a zero! Significa che questo algoritmo di approssimazione restituisco pre" un limite. Apparentemente, ogni funzione risulta integrabile a questo In realtà, abbiamo in un certo senso spostato il problema: data una funzionof interi n, k qualsiasi,come sarà fatto l'insieme EP)? Se f ha molte oscillazioni discontinuità potrà essere un insieme molto diverso da un intervallo o l'unione diun numero finito di intervalli. Ad esempio, per la funzione di Dirichlet tra gli insicrni H n) ci saranno che non sono esprimibili come unioni finite di intervalli, Dunque:
per costruire una
teoria dell 'integrazione di questo nuovo
tipo
amo prima impegnarci a costruire una "teoria della misura" che sia in gradodi assegnare una "lunghezza"anche a sottoinsiemi molto irregolari della retta, Vedremocomunqueche, per quanto la teoria della misura di Lebesgueriescaa trattare anche insiemi molto irregolari, non tutti gli insiemi risulteranno misurabili, Questo significa che la misura sarà definita solo per gli insiemi che appartengonoa una certa famiglia di sottoinsiemi dello spazio ambiente. Di conseguenza,dovremo anzitutto studiare certe famigliedi insiemi su cui la misura sarà definita. Questi insiemi si diranno misurabili, e la famiglia di tutti gli insiemi misurabili si chiamerà sigma algebra. Proseguendo nella costruzione dell'integrale, dovremo considerarele funzioni f con la proprietà che insiemi del tipo
risultino misurabili, in quanto le "somme alla Lebesgue" che definisconoil nuovo tipo di integrale coinvolgerannoappunto le misure di questi insiemi, comegiàaccennato. Le funzioni per cui tutti gli insiemi del tipo {x € [a, b] : Al f (T)< risultano misurabili si diranno funzioni misurabili. Per queste funzionisi potrà definire l'integrale. Infine, l'intera costruzione che faremo sarà condotta conun certo grado di astrazione e generalità così che, alla fine del percorso,non avremo solo costruito una misura e un integrale che generalizzano la misura elementare e l'integrale di Riemann, ma un concetto generale di misura che può averemolteapio' plicazioni, e un concetto di integrale rispetto a una qualsiasi misura. Ad esemp anni la formulazione moderna del Calcolo delle Probabilità, dovuta a Kolmogorov, lità 1930, è fondata sulla teoria astratta della misura; in questo quadro la probabi diventa una particolare misura, che ovviamente a seconda del problema puòessere definita in modi molto diversi, pur obbedendo a certe regole generali. Avvertiamo il lettore che, a differenza del resto del libro, di molti risultati enunCiati in questo capitolo non daremo una dimostrazione. Le dimostrazioni sarebber0
a volta delicate, altre volte piuttosto lunghe e ripetitive. I concetti sarann0comunque introdotti in modo rigoroso. Per una presentazione completa dei risultati di questo capitolo (e molto di più) rimandiamo al testo [25, Chaps. 1, 2, 3, 6'
2.2. La misura di Lebesgue Procedendo ora in modo molto schematico, illustriamo i vari passi, nati qui sopra, con cui si arriva alla definizionedi questo nuovo tipo di integrale'
2.2, LA MISURA Dl LEBESGUE
prima definire i concetti di (T-agebra,misura, funzione Comeanticipato, occorre un po' di lavoro tecnico, misumbile.Questo richiede 2.1. Sia O un insieme. Si dice (T-algebra(su Q) una famiglia M I)EFINIZIONE di
S) (cioè3 M sottoinsiet)li di
ocM,•
g P
(Q))
tale che:
dl E in O); EC C M (doveEC indicail complementare
EC
è una successionedi inszemidi M, allora l_J7_ En C M
Gli insiemi di M si dicono insiemi misurabili, (Q, M) si dice spazio misurabile. Ogni insieme O ha due 0-algebre banali: la più piccola è quella costituita solo Dalla definizionesegue facilmente la: da e 0; la più grande è tutto P 2.1. Se M è una (T-algebra,M è chiusa anche rispetto alle PR0POSIZIONE seguentioperazioni instemistzche: unione finita, intersezione finita o numerabile; differenzainsiemistica 2.2. Sia (Q,M) uno spazw misurabile. Si due misura (su questo DEFINIZIONE spazio)una qualunquefunzione (d 'insieme)
che sia numerabilmente additiva, ossia tale che per ogni successaone{En}n 1 di insiemidi M a due a due disgiunti, si abbia rt=l
(Doveambo i membri possono essere finiti o znfinii?). In tal caso (O, M, V) si dice spazio di misura. significa che la misura Notiamo esplicitamente che la scrittura : M —ò[O, di un insieme può anche essere 0 0 400. Questo accade anche per insiemi non banali, ad esempioin IRla lunghezza di un punto è O,la lunghezzadi una semiretta è +00. Da questa sola richiesta di numerabile additività seguono in realtà molte altre proprietà della misura: TEOREMA2.1. Sia (Q, VM,/1,) uno spazzo di misura. Allora: 2. è finitamente additiva, cioè per ogni famiglia finita El , E2, ...,En di insiemi di M a due a due disgiunti si ha
Un 3.
00
è monotona,cioè VA, B G M, A g B
(A)
/J (B) ;
sottrattiva,cioèVA,B C M, A C B e (B) < 4. /J è condizionatamente (B
3
A)
1.1, (B) —
(A) ;
dove P (Q) indica l'insierne delle parti di Q, cioè l'insicme di tutti i sottoinsiemi di Q,
compresiQ stesso e l'insieme vuoto O
La differenzainsiemistica è definita cosi:
101LEBESGUE. SPAZI Dl FUNZIONI INTEGRABILI
5, che
è cottttnuada sotto: se {En è una successionedi insiemi di tale (E) ; -9 v (En) V allora F En En = E) e è cotidt:ionatatnente continua da sopra: se {En}n 1 è una successionedi e E) e dl tale En X E (cioè: En 2 En+l
è nutnetublltnentesubadditiva, cioè se {En}ì 1 è una successione tnstetnt di (noti necessariatnentea due a due disgiunti), allora
u En s E v(En).
vel seguito, collie vedrerno, saranno molto importanti gli insiemi di misura nulla. Notiatno che se E, Eo e M, Eo C E e (E) 0, allora (per la monotonia della misura) anche (Eo) 0. Talvolta siamo in una situazione leggermente diversa: abbiat110un insierneE e M tale che (E) 0, e un altro insieme Eo C E (di cui a priori non sappian10che sia misurabile); ci piacerebbe poter comunque concludere che (Eo) = 0 (cioè: che Eo C M, e quindi (Eo) 0). Questo non è vero per tutte le misure, ma solo per quelle per cui è noto che i sottoinsiemi degli instenu di misutu nulla sono tutti misurabili (e quindi di misura nulla). 2.3. Sia (Q, M, 11)uno spazio di misura. Si dice che la misura DEFINIZIONE
è completase i sottoinsiemidegliinsiemi di misura nulla sono tutti misurabili(e quindi hanno misurxznulla). Esempi di misure. Non è semplice costruire misure significative. Cominciamo a introdurre un paio di esempi semplici (ma comunque importanti). La misuru del conteggio. Sia Q un insieme qualsiasi, M P (Q) e
tale che numero di elementi di A, se A è finito; altrimenti. Si serifica che
è una misura detta misura del conteggio. Come vedremo, l'integrale
rispetto a questa misura risulterà una serie numerica, quindi la teoria astratta dell'integrazione assorbirà al suo interno la teoria delle serie numeriche. La misum atomica o di Dirac. Sia Q un insieme qualsiasi, C Q un suo
elemento fissato, e M
P (Q). Definiamo : M —+[0, +00] tale che
1 se G A 0 altrimenti. Si verifica che è una misura, detta misura di Dirac concentrata in talvolta col simbolo ôxo.
e indicata
Saltando ora il lungo percorso costruttivo e dimostrativo che porta alla definizi0ne della misura di Lebesgue, enunciamo i punti di arrivo di questo percorso sotto forma
di un risultato astratto di esistenza:
TEOREMA2.2 (Misura di Lebesgue in Rn). Esiste una ü-algebra C di sottoinsiemi di Rn, detta ü-algebra di Lebesgue (o degli insiemi Lebesguemisurabili)'
2.2. LA MISURA Dl LEBESGUE
ed esiste proprietà:
misura
su C, detta misura di Lebesguein Rn 5 con le seguenti
L La O-algebra C contiene tutti gli insiemi aperti, gli insiemi chiusi, gli insiemi ottenuti per intersezione o unione di una successionedi insiemi aperti o chiusi . La misura di Lebesgueestende la misura elementare, nel senso che data una n,-cella, cioè un insieme del tipo:
risulta7
n, n , con ai, bi E R, l b2 — 0 21 •
lb — an
3. La misura di Lebesgue,esplicitamente,è definita in termini della misura
elementare delle n-celle al modo seguente: per ogni insieme E misurabile, Ik D E e Ik sono n-celle
Detto a parole: per calcolarela misura di un insieme E misurabile,lo si ricopre in tutti i modi possibili con unioni numerabili di n-celle, si calcola la somma delle misure di queste n-celle (dove la misura di ciascuna n-cella è quella elementare definita al punto 2); questa somma è una stima per eccessodella misura complessiva di ciascuna di queste unioni di n-celle (dal momento che le n-celle non sono necessariamente disgiunte); infine si prende l'estremo inferiore dei valori così ottenuti. J. La misura di Lebesgueè invariante per traslazioni. 5. La misura di Lebesgue è completa.
Detto in parole povere: la misura di Lebesgueconsente di misurare quasi tutti gli insiemi di IRn , anche insiemi molto "irregolari" o "complicati"; al tempo stesso, se consideriamo un insieme di cui la geometria elementare insegni a calcolare la misura (cioè il volume se siamo in R3, l'area se siamo in R2, la lunghezza se siamo in IR) la misura di Lebesgue restituisce lo stesso valore che ci aspetteremmo. Il "guadagno" dell'avere a disposizione la misura di Lebesgue non è solo nel fatto che riusciamoa misurare anche insiemimolto complicati,ma anche che per il fatto di essere una misura, soddisfa tutte le proprietà delle misure (v. teorema 2.1) e inoltre è completa (v. definizione2.3). ESEMPIO2.1. Per visualizzare meglio come agisce la definizione di misura di Lebesgue, facciamo qualche esempio. 1. Poiché la misura di Lebesgueestende la misura elementare, un punto ha
misura nulla (in Rn , qualunquesia n). 2. D'altro canto la misura è numerabilmenteadditiva perciò, ogni insieme numerabile (è misurabile e) ha misura nulla. 5Anche se "misura di Lebesgue in R n" è il modo in cui comunemente si chiama questa misura,
notiamo esplicitamente che questa non è definita per ogni sottoinsiemedi Rn, ma solo per quelli "misurabili", cioè appartenenti alla ü-algebra C. 6In pratica, C contiene qualsiasi insieme si riesca a definire in modo esplicito, costruttivo. Per mostrare l'esistenza di insiemi non misurabili occorre utilizzare sottili procedimenti non costruttivi. 7e questo fatto, unito alle proprietà di cui gode per il fatto di essere una misura, implica che
per qualsiasi insieme di cui la geometria elementare insegni a calcolare la misura, questa coincide col valore assegnato dalla misura di Lebesgue.
2. INTEGRALE Dl
46
INTEGRABILI Dl FUNZIONI SPAZI LEBESGUE.
particolarmente significativo, perché è affennato appena nulla, non, ostante il quanto misura InR 3. di e di R misurabile quanto sia "grande" sottoinsieme di un è che Q valutazione capisceche la Si R. punto di vista della topologia in denso dal e Q sia misura della della vista Q è un fatto che devefar di punto dal molto diversa. La utilizzando le nozioni elementari di misura dei teoria: sulla potenza della sambbe "intrattabile Q retta (0 una curva regolare) come una insieme un esempio, fatto che, ad sul piano (0 una superficie Si come 4. così misura nulla, applicando le proprietà vedere piano 0 nello spazioha può si nulla. Questo estenda la misura nello spazio ha Lebesgue di misura e il fatto che la esempio l'asse T, ha misura ad delle retta, una che = O nel piano, e titolo di esempio, semiasse il sia E delle 2-celle (cioè rettangoli) nel piano. Per l'unione con E coprire che (E) = O. Possiamo fatte:
Poiché la misura è monotona,
sarà
di un rettangolo è sempliceLebsegue di misura la poiché Calcoliamoora (EE): d'altro canto la misura è numere elementare) misura la (cioè mente la sua area abilmente additiva, 28
48.
2k
0. Perciò (E) < E per ogniE > 0, perciò (E) misura nulla, da cui essendo Analogamentesi prova che il semiassea; 0 ha Naturalment e, ha misura l'asse di due insiemi di misura nulla avrebbe invece misura infinita. l'asse
unione in R
nulla in R 2 .
tutti gli 2.1. Esiste una buona misura rispetto a cui "buona OSSERVAZIONE una sono misurabili? Abbiamovisto che è possibile definire
insiemi definita su misura (la misura di Lebesgue,che ha le proprietà già ricordate) il che certa ü-algebra
di sottoinsiemi
di IRn che è effettivamente
molto
ampia,
misurabili' gnifica che rispetto alla misura di Lebesgue, "quasi tutti" gli insiemi sono
che, Chiediamocise non è possibilefare di meglio: esiste una misura in IRn a soddisfarela definizioneastratta di misura, estenda la misura elementare, dl invariante per traslazioni, e inoltre si possa affermare che tutti i sottoinsioni
Rn sono misurabili? (Se fosse così, potremmo anche fam a meno di nozionedi 0-algebra). La risposta però è negativa, e questo è un risultato
spdi teoria degliinsiemi. Se si vuoleuna buona teoria della misura, nei sensi già iegati, non si può scegliereuna strada più semplice di quella descritta; in particolalt non si può rinunciare al concetto di (T-algebra.
2.3. L'integrale di Lebesgue Tor' 2.3.1„La definizionedi integrale rispetto a una misura astratta •
2.3. L'INTEGRALE Dl LEBESGUE
47
spazio di misura qualsiasi (O, M, AL)e supponiamo inoltre completa (come accade per la misura di Lebsegue); vogliamo che la misura sia definire l'integrale rispetto a questa misura. Ricordando quanto spiegato nell'introduzione, attende ancora un ci passo preliminare, quello di definire cosa sono le funzioni misurabili, che saranno quelle per cui la costruzione dell'integrale di Lebesgue è possibile. Cominciamo dalla seguente semplice PROPOSIZIONE2.2. Sia (Q, M) uno spazio misurabile qualsiasi e sia f : Q —ìIR. Sono equivalenti le seguenti condizioni: 1. {x G Q : f (a:)> a} G M
2. {r G Q : f (x) 3. {x
a} € M per ogni a G IR;
Q : f (x) < a} € M
4. {x C Q : f (x)
per ogni a C IR;
a}
per ogni a C IR;
M per ogni a C R.
DEFINIZIONE2.4. Sia (Q, M) uno spazio misurabile qualsiasi e sia f : Q —Y IR. Si dice che f è misurabile (su (Q,M)) se vale una delle condizioni equivalenti espresse dalla precedente proposizione.
ESEMPIO2.2. Sia (O, M) uno spazio misurabile qualsiasi ed E C Q. Definiamo la funzione caratteristica dell'insieme E (un concetto che ci servirà spesso in
seguito),
XE (T)
1 se T CE 0 se a; E.
Allora, al variare di a € R, i possibiliin,siemi{a:€ Q : f (x) > a} sono solo:
e poiché necessariamente
Q, C C M
si conclude che:
la funzione XE è misurabile se e solo se l'insieme E è misurabile.
Quindi costruire esempi di funzioni non misurabili è tanto difficile quanto costruire esempi di insiemi non misurabili. Questo suggerisce che la richiesta di misurabilità di una funzione sia una richiesta generalmente molto debole. ESEMPIO2.3. Consideriamo Rn con la (T-algebradegli insiemi Lebesgue misurabili. Allora: se f : Rn —+R è continua, f è misurabile. Infatti, per una funzione continua, gli insiemi ai punti 1 e 3 del teorema sopra sono aperti, mentre gli insiemi ai punti 2 e del teorema sono chiusi; in tutti e 4 i casi, sono insiemi Lebesgue misurabili.
La completezza della misura implica la prossima utile proprietà:
2.3. Siano f, g : Q IR con f misurabile e g PROPOSIZIONE su un insieme di misura nulla. Allora g è misurabile.
f tranne che
In particolare il teorema precedente implica che nel seguito della teoria possiamo
Considerarefunzioni definite in Q salvo al più un insieme di misura nulla o, come si dice comunemente, definite quasi ovunque (abbreviato in q.o.). Se f è definita q.o. in O, possiamo pensare di definirla in un qualsiasi modo anche nell'insieme di misura nulla residuo, e la sua misurabilità o meno in O non dipende da come l'abbiamo definita (quindi, in definitiva, possiamonon definirla proprio).
2. INTEGRALE Dl LEBESGUE. SPAZI Dl FUNZIONI INTEGRABILI
TEOREMA2.3 (Operazioni sulle funzioni misurabili). Siano f, g Q misurabili. Allora: è misurabile; f.g è misurabile; Cf è misurabile (se c è una costante f/g è misurabilepurché l'insieme in cui g si annulla abbia misura nulla. f + max (f, 0) ; f¯ —min (f, 0) ; Ifl sono misurabili; se
: R —+ R
se
:R 2
(f) è misurabile;
è continua, R
è continua,
(f, g) è misurabile.
Il teorema precedente mostra sostanzialmente che ogni sequenza finita di razioni su funzioni misurabili produce funzioni misurabili. Ci interessano però anche operazioni infinite, prima fra tutte il passaggio al limite. Si può dimostrare quanto segue: TEOREMA 2.4. Sia fn : Q —+[—00,+00] (per n funzioni,
ciascuna
definita q.o. in Q
e misurabile,
1, 2, 3...) una successione di
e supponiamo
e Q la funzione
che esista per q.o.
lim fn Allora f è misurabile. Abbiamo ora tutti gli ingredienti per definire l'integrale rispetto ad una misura (astratta) qualsiasi. L'integrale di una qualsiasi funzione (misurabile) f sarà definito come estremo superiore o limite di opportune "somme di Lebesgue di f" (anziché somme di Cauchy-Riemann), dove queste somme (la cui costruzione è stata anticipata intuitivamente nell'introduzione) si possono vedere come integrali di opportune funzioni approssimanti, le funzioni semplici, che ora introduciamo. DEFINIZIONE2.5. Si dice che una funzione s : Q —+IR è semplice se è misurabile
e assumeun numerofinito di valori.
Una funzione semplice si può sempre scrivere nella forma (2.1)
con El,E2,
S (T)
E
cjXEJ (T)
n insiemi misurabili e Cl, c2, ..., Cn € IR. (Ricordare che XE) è la
funzione caratteristica di Ej, che vale 1 in Ej e 0 altrove). Gli insiemi si posso no scegliere a due a due disgiunti (e allora i numeri cj sono esattamente i possibili valori assunti da s (x)) ma se anche non lo sono la funzione rimane semplice, ln base all'anologia con il caso in cui E è un intervallo della retta, è naturale definire XE (T) dv (T)
(E) .
D'altro canto ci aspettiamo che l'integrale sia lineare rispetto all'integranda, quindi è naturale definire l'integrale di una funzione semplice s come in (2.1) così s (x) dg (x)
E
cjLL (Ej) .
L'idea è allora definire l'integrale di una funzione misurabile e positiva, per cominciare, come l'estremo superiore degli integrali delle funzioni semplici s (T) f
Il problema è se c'è un modo standard di definirefunzionisempliciche è che quanto si vuole bene la funzione tanto f. Questa è esattamente l'idea' mano
2.3. L'INTEGIRALF,
49
UE
stata anticipata nell'introduzione, di suddividere in parti uguali l'insieme dei valori di f. La costruzioneè contenuta nel prossimo assuntida f, anziché il (10111inio TEOREMA2.5 (Approssilllazione con funzioni semplici). Sia f : Q —+[0, +001 che crescente d'ifunzioni semplici misurabile. Esiste una successione (l)lonoton.a, puntuallnente a f in O. Se inoltlt' f limitata la convergenza è uniforme. Fissato DIMOSTRAZIONE.
intero k = 1, 2,
, sia
e siano 1
.j
per j
1,2, ....,2
Poniamo (x) •
'2kXE'k(m) +
Si verifica che le Sk hanno le proprietà richieste. Si osservi in particolare che il fatto che la successione sia monotona crescente dipende dal fatto che ad ogni passo 2k] (sull'asse y) viene raddoppiato. il numero di suddivisioni dell'intervallo
Si può ora dare la seguente 2.6 (Integrale di una funzione positiva). Sia f : Q —+[0,4-00] DEFINIZIONE misurabile. Si pon,e s (x) (1/1(x) : s semplice,
— sup
s (T)
f (T)
(dove l'estmn,o superiore può essere finito o +00).
Ci si convince facilmente che questo estremo superiore si può realizzare in particolare mediante le Sk costruite nel teorema precedente, perciò si può anche scrivere 22k
f
dv (x)
lim
(Ek)+E
j 1 '21C
• vedendo quindi l'integrale come un limite di somme "alla Lebesgue" appmnmatxart 62 100 Integrai 88 000
3
LEBESGUE. SPAZI Dl Dl 2. INTEGRALE
50
FUNZIONI INTEGRABILI
non negativa è ben definito (finito e misurabile Dunque per ogni funzione noti in particolare che in questa teoria il caso Si +00) l'integrale di Lebesgue.sono illimitati vengono trattati direttamente e dominio cui la funzioneo il in un secondo tempo facendo il limite Riemann, di teoria di come accadevaper la domini limitati. integrali di funzioni limitate
su
geometrico della costruzione dell'integrale significato il Per comprendere meglio misurabile, positiva e caso particolare in cui f è
il di Lebesgue,consideriamo del teorema precedente si può allora ritoccare costruzione La M. tata, 0 f@) ponendo
——M < f (x) FM
per j
2k
1 f (x) dv (T)
e si ha, per ogni k,
dove lo scarto tra l'approssimazione per eccesso e per difetto al passo k non supera, se Q ha misura finita,
e quindi può essere resa piccola a piacere. In particolare l'integrale in questo casoè certamente finito. Per esempio, in un intervallo di IR,la funzione di Dirichlet (che
non è Riemann integrabile), 1 per a: € Q 0 per a: Q
è misurabile, q.o. nulla, quindi è Lebesgue integrabile con integrale nullo. Nella teoria di Lebesgue dunque, in particolare, tutte le funzioni misurabili e limitate hanno integrale finito sugli insiemi di misura finita. Arriviamo ora alla definizione di integrale di Lebesgue per una funzione di segno qualsiasi. DEFINIZIONE2.7. Sia f : Q —+[—00,+001 misurabile. Si dice che f è Lebesgue integrabile, o sommabile, se
If (T)l dv (T) < DO e in tal caso si pone f (T) dv
(a;) —
f + (T) dv (T)
f¯ (T) dv (x)
2.3. L'INTEGRALE Dl LEBESGUE
51
e risulta ovviamente f (x) clu (a;)
If (T) I clu (a:) < 00.
Notare che se f è misurabile allora anche Ifl lo è (questa è una delle proprietà delle funzioni misurabili che abbiamo elencato), ma il viceversa non è vero: se E C Q è un insieme non misurabile e definiamo
1 per € E E —1per allora f non è misurabile, mentre Ifl (funzione costante uguale a 1!) ovviamente lo è. Quindi nella definizione precedente è necessario richiedere la misurabilità di f e la finitezza dell'integrale di Ifl, non è possibile esprimere le ipotesi unicamente su Si confrontino le due definizioni di integrale introdotte (per funzioni positive o di segno qualsiasi): per una funzione misurabile e positiva l'integrale è sempre definito (finito o +00) mentre per dar senso all 'integrale di una funzione di segno variabile richiediamo la finitezza dell'integrale del modulo, che implica quella della parte posi,tavae negativa. E' anche immediato, a questo punto, estendere la definizione precedente a funzioni a valori complessi-8.. DEFINIZIONE2.8. Sia f : Q —èC con Re f, Imf misurabili. Si dice che f è Lebesgue integrabile, o sommabile, se
If
cl",(x) < 00
e in tal caso si pone — f (T) dv (T)
Re f (T) dv (x) + i
lm f (x) dv (x)
e risulta ovviamente f (T) dv (T)
If (X)l dv (x)
f cambia di segno infinite volte vicino all'origine, ma è positiva per ogni dif 1/7. Quindi il teorema è applicabile. Controlliamose l'integrale generalizzati) converge. 1
sin — < a:
1
— per
*00,
segue perciò l'integrale generalizzato converge assolutamente, e quindi converge.Ne verifica che f è sommabile secondo Lebesgue. Si poteva in realtà anche tralasciam la è Ifi funzione la così: sui cambi di segno di f rugionandodirettamentesu Ifl, ' generalizzato senso in integrabile continua e limitata su (0, +00), non negativa, f quindi Ifl è Lebseguesommabile; poiché f è ovviamente misurabile, anche Lebsegue sommabile.
2.3. L'INTEGRALE Dl LEBESGCE
57
ESEMPIO2.6. Si conszderi: sin
La funzione cambia di segno infinite volte per x, perciò non si può applicare il teorema direttamente a f, ma lo s? può applicarea If l: pozchéIfl è continua, limitata, non negativa, e 1
a:
Ifl è integrabile senso genemlizzato perciò anche canto f è musurabilepemhé continua, qmndi anche Lebesguesommabile; d'altro f è Lebseguesommabile. ESEMPIO 2.7.
sin a:
La funzione camina di segno infinite volte per a: —9x, perciò non sz può applicare
il teorema dovttamente a f. D'altro canto rugzonandosu If
non si mesce a
concludere la convergenza dell 'Integrale generalizzato. Il teorema non è quindi in
questo caso di alcuna utilità per stabilite l'esistenza o la non eszstenzadell 'mtegrale di Lebesgue. S/ può dzmo.strureche: 1. L 'tntegmle dl Ruanann d? f converge,ma: 2. la funaone f non Lebesgue sommabile, quanto I 'Integrale di Lebesgue d/ jf (x)l dtverye,
Questo esempto mostra qutndi un tipo di .sztuazzonein cue I 'integrabilità secondo Lebesgue "sulta una condiztone Più estgente dell'integrabilità m senso gensecondo Rzemann. L 'ideo geometrzca soggiacente è questa: nell 'zntegrale generalizzato di una funztone che carnlna segno znfinite volte si possono avere compensaztont tra le aree con segno delle porziom del grufico di f che stanno ora sopra ora sotto l'asse delle x; l'mtegrule di Lebesguerichiede invece di calcolare prtma Il contributo totale della parte d? grafico sopra l'asse delle x, poz quello della parte sotto rasse delle T, e pot sottrarre: se entrambi questi numeri sono infiniti, Fintegrale perde significato, non consentendo qumdi le compensazioniparziali che avvenivano calcolando l'integrale su (0, k) e facendo pot tendere k a 4-00.
Cn discorso completamente analogo si può fare per l'integrale di Riemann generalizzatoper una funzionelimitata su un intervalloillimitato: DEFINIZIONE2.12. Sia f : (a, b] —4R una funzione con la proprietà de essere limitata e Riemann integrabile su ogni intervallo [a + E,b] (pere > O), ma illimitata in [a, b]. Se esiste finito b
lim
f (T)dx = I
allora si dice che l'integrale di Riemann generalizzato
converge,ed è uguale a l. Si può dimostrare il seguente
2. INTEGRALE Dl LEBESGUE. SPAZI
Dl FUNZIONI INTEGRABILI
TEOREMA2,10. Nelle ipotesi della definizione precedente, si suppongainoltre 0 per ogni a: G (a, a +
che per qualche
0 per ogni
so) (oppure
> 0 si abbia f (x)
€ (a,a + 80)). Allora se l'integrale di Riemann generahzzato
converge, la funzione f è anche sommabile secondo Lebesgue, e il suo Integraledi Lebesgue su (a, b) è uguale all 'integrale genequlizzat,o. di In questo caso ciò che va escluso è che la funzione cambi segno infinite volte è illimitata.
Se la funzionenon in ogni intorno del punto a in cui la funzione di ha infiniti cambi di segno, la convergenzadell'integrale Riemann generalizzato implica la Lebesgue sommabilità della funzione; se invece la funzione ha infiniti cambi di segno, si può provare la Lebesguesommabilità mostrando la convergenza funzione con infiniti cambi di segno in un intorno di un punto in cui è illimitata abbia integrale di Riemann generalizzato convergente e tuttavia non sia Lebesgue sommabile. ESEMPIO2.8. Consideriamo 1
—
1
sin—dT.
La funzione è continua e limitata (quindi Riernann integrabile) m ogm intervallo [E, 1] per E > 0. Poiché 1
1
1
— sin — < a:
per i criteri di integrabilitàl'integraledi Riemann generalizzatodi Ifl converge, quinda (essendo ovviamente f misurabile), f è Lebesgue sommab@le. ESEMPIO2.9. Consideriamo 1
1
— sin —CIT.
In questo caso la maggiorazione 1
1
— sin — < — a; è inconcludente,
perché
l'integrale generalizzato
di l//x diverge;
d'altro canto la
funzione cambia di segno infinite volte in (O,1), perciò il teorema precedente non è di aiuto a stabilire se la funzione è Lebesgue sommatnle oppure no. Si può dimostralt
che non lo è, e che tuttavia l'integrale generalizzato di Riemann converge. Infatti il cambio di variabili: 1
1
— sin —da; —
1/t 2 dt]
a:
— dt t sin t
riconduce l'integrale a quello dell 'Esempio 2.7.
2.3. L'INTEGRALE Dl
LEBESCCE
2.3.3. I teoremi di convergenza per l'integrale di Lebesgue.Finora abbiamo costruito l'integrale di Lebesgue,
ne abbiarno elencato le proprietà di base, abbiamo constatato (ultimo paragrafo) che le funzioni Lebesgue integrabili sono più di quelle Riernann integrabili, rna non abbiarno realmente illustrato i vantaŒŒi di questo integrale rispetto a quello classico. questi vantaggi, che consistono anzitutto in Cominciamo ora proprio a illustrare alcuni importanti teoremi sulle relazioni tra l'integrale di Lebesgue e le operazioni di limite di successionedi funzioni. e di serie di funzioni.
Integrazione per successioni di funzioni Torniamoancora nel contesto astratto di un qualsiasi spazio di misura (Q,M, g), in cui supponiamo come in precedenza che la misura sia anche completa. TEOREMA2.11 (della convergenza monotona). Sia f?? : Q —+(0. una successionedi funzioni misurabili, monotona crescente, cioè fn (T) fn+l (T) per ogniinteron e a; C O. Allora lim
fn (T) d/J (T)
lim fn (T) dv (T)
dove i due membri dell'uguaglianza possono essere finzti o infiniti. (L 'esistenza dei due limiti è parte dello tesi). II teorema precedente riguarda una successione di funzioni misurabili e positive,
e considera integrali finiti o infiniti. Il prossimoteorema invececonsidera successioni di funzioni di segno qualsiasi, ma sommabili. Questo è probabilmente il più importante teorema della teoria di Lebesgue: TEOREMA2.12 (della convergenza dominata, o "teorema di Lebesgue"). Sia fn : O —+ [—00, +oc]
una
successone
di funzione mzsurabili, convergente puntual-
mente (quasi ovunque) a una certa funzione f. Supponiamo che esista una funzione
g sommabilein O tale che per ogni intero n sta fn
g (T) per q.o.
Q.
Allora
Ifn (T) —f
dv (T) —+0 per n —+x.
In particolare, lim
fru(a:)dv
f (T) dv
cioè il limite si scambia con l'integrale.
La funzione g che compare nell'ipotesi del teorema si chiama funzione domi-
nante integrabile (perché domina, cioè maggiora, il modulo delle fn), da cui il nome del teorema.
Vediamo ora qualche esempio pratico di passaggio al limite sotto il segno di
integrale per l'integrale di Lebesgue, a confronto con quanto si può dire nella teoria dell'integrale di Riemann.
R Nella teoria di Riemann, se {fn} è una successionedi funzionifn : [a,b] —'F [a, b], in si può uniformemente f limitate e Riernann integrabili e inoltre fn garantire che
di sapere soltanto che le fn (T) da: —+ f (T) dT. Supponiamo
LEBESGUE. SPAZI Dl 2. INTEGRALE Dl
(30
FUNZIONI
(X)I c per ogni a: € [a, bl e per ogni n, e Ifn misurabili, sono fn funzioni in [a, b]. Per il teorelna di ovunque quasi puntualmente —+f da:,sotto ipotesiche (a;)dl' -4 fa f fa risulterà dominata (Illill(li convergenza uniforme. convergenza della deboli sono molto più ESEMPIO 2.10. Sia
.fn (a;) — la;l
(poiché (O) 1 si ha Ilfo III 1 q.o. ma non uniformemente —Y Si ha fn applicabile. In base al teorema della 1). Perciò la teoria di Riemann non è 1 (e la costante è integrabilein l) genza dominata, invece, essendo Ifn risulta
1
1
2.
ICLE
.fn (X) da;
—1
—1
ESEMPIO 2.11. Sia sinnm
na.3/2in
[0, 4-00).
Controlliamo anzitutto che ciascun,a fn € L I . Per a; —+0 è 1
nm3/2
integrabile in un intorno di 0. D'altro canto 1 nm3/2 '
sin na: — (x)l Ifn nm3/2
integrabilein un intorno di 00. Perciò fn C L I [0, +00). Per n —+ 00, fn (x)
0 puntualmente
ovunque.
Cerchiamo
una dominante
integrabilesu [0,+00). Per trovarla è più semplice ragionare separatamentesugli intervalli [0,1] e [1,+00). Si ha: per
a; e
[0, 1] ,
1
¯ nm3/2 Tl/2 (abbiamousato la disuguaglianza Isin tl Itl); Ifn (T)l
per
e [1,+00),
Ifn (T)l
1
nŒ3/2 ¯ x3/2
(abbiamo usato le disuguaglianzeIsintl Dunque Ifn
(T)I
1
e L l[l,+00)
1 e l//n
1).
[O, 1]
per a: G [1,+00)
cong
C LI [1,+00),
perciò il teorema di Lebesgueè applicabile, e + 00 Odœ
O.
Si osservi che, diversamente dall 'esempio precedente, maggiorante questa volta la integrabile è una funzione illimitata.
61
2.3. L'INTEGRALE Dl LEBESGUE
Si poteva anche, del resto, valutare direttamente l'integrale: sin nat na.3/2
11a:
dt
t; da:
sin t 0
t3/2
00
sili t dt t 3/2
0 per
sint è una costante (abbiamo dimostrato all'inizio che ogni fn è —dt t3/2 è fl). integranda questa
perché c —
LI,
L'altro risultato fondamentale che ha a che fare con la relazione tra integrale e seguente: limite di successioni è il TEOREMA2.13. Lo spazio vettoriale normato LI (Q, M , LI) (definito indentificandofunzioni uguali q.o.) è completo. Ricordiamo che questo significa, esplicitamente, che se {fn} è una successione che è di Cauchy, cioè tale che di funzioni in LI (Q, M, l(fn —fm) (x)l da: —+0 per n, m —è00,
alloraesiste una funzione f C LI (Q) tale che I(fn ¯ f)
—ì O per
—è DC,
e in particolare f (x) da: per n —ò0c.
Integrazione per serie di funzioni
di limite di sucDalleproprietà dell'integrale di Lebesgue in relazione all'operazione all'operazione cessionedi funzioni, si possono dedurre le sue proprietà in relazione di serie di funzioni. affermare che La domanda che ci poniamo è: sotto quali ipotesi si può
facilmente come conRispondono i prossimi due teoremi, che si dimostrano rispettivamente: seguenzedei teoremi della convergenza monotona e dominata, Allora è sempre TEOREMA2.14. Siano fn : Q —+R misurabili e non negative. vero che
dove entrambi i membri possono essere finiti o +00.
Sia DIMOSTRAZIONE.
IN
SPAZI
1.vnvsctm.
ò 1110110tonacrescente sono non negative, la successione Poiché le quindi, vale l'uguaglianza teorema della eonxvrgvnza tuonotona, litn
(vi')d.r
esserv doxxs i due membri pcvssot10 lim
(.r) d.r
lini
tiniti o infiniti. I)'alt1X)canto
(.r)das
per definizione stessa di serie, mentre lini
— lini
addendi, e la terza segue ancora dalla definizione di serie. Perciò segue la tesi. In particolare, il teorema precedente illil)liea che se f,} : S) R sono Illisurabili e di segno qualsiasi, allora è sempre vero elle Ifn tz=l
dove entrambi i menibri possono essere finiti o E' utile anche il seguente TEOREMA2.15. Siano fu : Q
R appartenenti a LI Ifn
allora la serie di funzioni
Se
d.r < cv,
convetve in L I e puntualinente q.e.
funzione f C L I (Q) , e risulta
DIMOSTRAZIONE, Conie già osservato, umlel'uguaglianza Ifn
dove por ipotesi il secondo mernbro, e quindi il pritno, è finito, funzione
è LI
Ciò sigliitica
, e in particolare ò finita quasi ovunque. Dunque la serie
converge assolutamente, e quindi anche semplieetnonte, (1.0.:sia
la
2.3. L'INTEGRALE Dl LEBESGUE
avendo posto gn —
63
fk. Poiché
Ign
per il teorema della convergenza dominata vale l'uguaglianza lim gn (T)
lim
gn (T) da:
da cui, come nella dimostrazione del teorema precedente, concludiamo
71=1
2.3.4. Derivazione sotto il segno di integrale. Nel risolvereproblemidifferenziali,talvolta si stabiliscono delle formule di rappresentazione della soluzione in cui questa è assegnata da un opportuno integrale, con una formula del tipo:
dove u è la soluzionecercata, f un dato o termine noto, k un nucleo che dipende dall'operatore differenzialee dal tipo di problelna, ma non da dati o termini noti; in questa formula ciascuna delle variabili T, y può essere scalare o vettoriale. Si tratta di verificare che la u così definita risolve esplicitamente l'equazione differenziale assegnata; perciò bisogna saper calcolare le derivate di u rispetto a a: (o le derivate parziali di u rispetto alle variabili Ti). Ora, nell'integrale che assegna la u la variabile
di integrazioneè la y, mentre la dal punto di vista dell'integraleè un parametro. Il problema matematico che ci interessa è quindi: derivare un Integrale dipendente da un parametro, rispetto a quel parametro. Incontreremo un problema analogo quando vorremo calcolare le derivate di funzioni definite da trasformate integrali (di Fourier o Laplace) che studieremo in seguito. Supponiamo, ad esempio, che sia che siano variabili bidimensionali ossia scriviamo, più esplicitamente, k (Tl ,
VI, U2)f (Yl , U2)d!J1dY2.
(Tl , u). In questo caso Yl,Y2 sono le variabili di Proponiamoci di calcolare il parametro rispetto a cui si deriva (quindi bisognerà pensarlo integrazione, come variabile), mentre non gioca alcun ruolo, in altre parole è un parametro che (Tl , T2) diventerà importante si può ritenere fissato. Quando vorremo calcolare
il ruolo di mentre sarà la Tl a svolgereil ruolo di parametro fissato. In ogni caso, nel discutere il problema teorico della derivazione dell'integrale dipendente da un parametro (eventualmente vettoriale), fissiamo l'attenzione su un parametro (scalare) alla volta, quindi tanto vale studiare direttamente questa situazione, ossia: k (T, y) f (y) dy
LEBESC,UL.SPAZI Dl FUNZIONI INTEGRABILI Dl INTEGftALL 2.
64
a; scalare. Inoltre, nella trattazione con y eventualmente vettoriale, ma nucleo k, e considerare una scrittura generale possiamo inglobare la funzionef nel y) dy
k
con
a:
(a, b) , y
Q
C
R
n
Vogliamo calcolare
(Notare che a: è variabilescalare, la u è una funzione da a R, quindi usiamoil simbolo di derivata per la u, non quello di derivata parziale). Se la derivata si potesse portare sotto il segno di integrale, si avrebbe: Ok
(Si noti che il nucleo k dipende dalle variabili
(x, y) dy. e y, quindi la derivata di k rispetto
a a: è una derivata parziale,diversamenteda quella di u).
Ci chiediamo sotto quali ipotesi si può affermare che la (2.4) vale. Utilizzeremo a questo scopo il teorema di Lebesgue della convergenza dominata. Cominciamo a considerare: k (x, y) dy.
Perché la scrittura abbia senso, dovremo chiedere anzitutto che sia: con Q C IRn misurabile; k (T, C L I (Q) per ogni .r € (a, b). Ora vogliamo calcolare du (TO)in un certo punto 0 di G (a, b). Consideriamo una successione numeri reali, e studiamo il rapporto incrementale: k (TO+ hn,y) —k (TO,y)
dy.
Poniamo k (TO+ lun, y) —k (TO,y)
A questo modo il problema è ricondotto al calcolo del limite dell'integrale di una successione. Infatti: du cl:c
(TO)
lim
U (XO+ hn) —u (TO)
lim
lim
dy
fn (y) dy
e se vale il passaggioal limitesotto
il segno di integrale questo è ugualea
lim —-
dy (TO, y) dv.
2.3. L'INTEGRALE
1.F-BESG1x
Il punto è quindi giustificare il passaggio al lilliite sotto il segno di integrale, AIV plichiamo il teorema di Lebesgue, richiedendo la validità delle ipotesi necessarie. Ci serve sapere: 1. che esista per q.o. y e Q Ok
lim
2. che sia, per ogni n e per q.o. y e Sì,
Questa è l'ipotesi più delicata. Supponiamo che (x. y) esista non solo per = ma per ogni a: in un certo intorno di a:o, del tipo (.ro—5, ò) (e per q.o. y). Allora applicando il teorema di Lagrange rispetto alla possia1110 y) —k (ero,y)
k (TO+
Ok
< 1. Dunque il punto mo+7hhnappartiene allo stesso intorno ( con Ricaviamo quindi la seguente informazione: se esistono una funzione g un intorno ('TO—ò, + ò) tali che
per q.o. y
Q e per ogni x e (xo —ò,
L I (Q) e
+ ò), allora si può applicare il teorema di
Lebesguee passare al limite sotto il segno di integrale. Raccogliamola discussione precedente nel seguente: TEOREMA2.16 (Derivazione sotto il segno di integrale). Sia
con Q
C
R n misurabile;
esistano un intervallo ('TO—ò, per q.o. y e Q e per ogni
L I (Q) per ogni a: e
k (x, •)
(a, b).
Supponiamo
che
+ ò) C (a, b) a una funzione g e L I (Q) a tali che + ò)
e (xo —
esiste
(x,y) Sg(y). Allora per ogni a:
(TO — ò,
+ ò) esiste — k (x, y) dy
(x, y) dy.
Il teorema è già completamentedimostrato, con un'unica osservazione.Dalla
discussione precedente sembrerebbe di poter concludere che la formula di derivazione
(che si può Poiché però le ipotesi valgono in un intorno di valga nel punto vedere come un intorno di qualsiasi altro suo punto), anche la conclusionevale in non sarebbe punto quest'intorno. Si osservi che per concludere la tesi nel solo possibile assumere meno di così, come è emerso dalla dimostrazione.
66
Sia ESEMPIO2.12.
f (y) dv, per e R.
Supponiamo
che per ogni
e misurabile e limitata, che f sia
R
esiste
(y)) dv = La derivata
—(.r-y)2. funzione Per ognt la Consideriamo R. e esiste per ogni di y questa è integtubile. Rappmsenti(llnone un.gmfim: a: C R fissato, come funzione
-3
4
3
2
-2
-s (.r —y) eDi conseguenza, essendo f (y) misurabile e liniitata, la funztone —2 da sarà integrabile. Ma noi dobbiamo trovare una maggiorunte indipendente l'insit'l)lt
ida per ogni
allom in un intorno di un fissato TO. Consideriamo
piccolo per a: variabile in un
grafici delle funzioni —2(a: —y) e¯ un certo a:o:
0.5
-3
-2
2
3
4
2.3. L'INTEGRALEDl LEBESCCE
07
è dificile definire una funzione integrabile che sia maggiorein modulo di funzioni e tenda a zero ancora in modo esponenziale: tuttequeste 0.8
-5
.4
—3
-1
-2
1
2
4
3
(si potrebbescriver? facilmente l'espressione analitico di questa funzione, disegnata col tmtto più spesso nel grafico precedente, ma ci accontentiamo del grafico). Indicandocon h (y) questa funzione, si ha
- (z-y)2f (y)l h (y) tf
= g (y) LI (R)
in quantoh è integrabile e f limitata.
Se avessimo saputo a przori che f era integrabile, sarebbe stato sufficiente trovareh limitata, e la maggioranone sarebbestata più immediato:
perché la funzione di una variabile
—2te ¯t
(y)l
R, e quindi in tutto è limitata
c 'f (y)!
g (y)
L I (R) .
Perciò.per f integrabile o per f limitata, è comunque cera la conclusione. ESEMPIO2.13. Sia f (y) dy, per
Supponiamo
ogniz
R.
sia integrabilein R. Allora per che f sia misurabile e limitata, oppure
R e t > 0 esiste
f (y) dy. 2 f (Y) dy -1 t ) ora t > 0 si può vedere E' sostanzialmente lo stesso esernpio di prima, dove effettivamente utiOu
cui comeun parametro fissato. Questo è un esempio del modo in variabili, espressa come integrale Izzzererno il teorema: avremo una funzione di più raspetto a una variabile alla dipendenteda più parametri; poiché però la deriviamo come derivanone di un integrale vedere può si problema concettualmente il dipendenteda un parametro scalare.
2. INTEGRALE Dl LEBESC,UE. SPAZI Dl FUNZIONI INTEGRABILI
68
Mostriamo come il teorema di derivazione sotto il segno di integrale si certe formule integrali che assegnano la soluzione di problemi differenziali applicaa notevoli Si tratta delle formule integrali di Poisson, rispettivamente sul cerchio e
semipiano,che assegnanoin funzione del dato al bordo la soluzione del problema
di Dirichlet per l'equazione di Laplace, rispettivamente sul cerchio e sul Questi problemi saranno illustrati e trattati in seguito I nel corso, in semipiano questo mento rappresentano esempi significativi di applicazione del teorema di derivazione sotto il segno di integrale.
ESEMPIO 2.14. (Derivazione sotto il segno di integrale nell 'integraledi Poisson sul cerchio) La soluztone del problema di Dirichlet nel cerchio
perp < R, 0 C u (R, O) = f (O) per O
271
[0, 2rrJ
è assegnata, sotto opportune ipotese, dalla formula integmle d? Poz.sson 27
(112 -
(0
Pmprto per captre quali sono le tpotest mtntme sotto cut la formula 1'alala, mostriamo quando lecito calcolam le dertvate dl (p, O) derivando sotto d segno (l? Cominctamo a osservare che, essendo cos (O—ç)
Fissiamo
un
0
1, vale
modoche sia
(po —6. po + ò) st ha
< n.
1
La funzione integmnda (R vale
, per ogni
e Ofissati,
p-derivalnlee
(9
(R 2 (0 f) + p2)2 Dunque per ogni e O fissati e per ogni p € (po - (5,po + 6) si ha:
41?If (ç)l e 1afunzione g, indipendente da p e e, di derivazione sotto è il segno di integrale.integrabile. Quindi è applicabile il teorema E' facile tendersi conto che questo rispetto a e e si può estendere a derivateragionamento si può ripetere per 1aderivata derivabile all'intermo di ogni ordine. del cerchio, infinitamente qualunque sia il dato Quindi la u è al bordo f G LI VBR), Dal 11
problema di Dirichlet sul cerchio sarà separazionedi e sviluppi di Fourier, nelaffrontato come applicazione delle tecnichedi variabile complessa,nel di 4.6.2, }6.5.3, mentre il problema di e come applicazione delle tecniche Dirichlet sul semipiano sarà affrontat0
2.3,
Dl
poi anche il calcolodelle derivate si rocruJi,ca
che la
l'equazione (lifJeren,ziale.
risolve effettivamente
2.15. (Derivazione gotto il,segno di integrale 'nell'integrale di Es'EMPI()
poiggon sul semipiano)
La soluzaone del problema di _Dirichlctnel
Au (T, y)
u
o
per
= f (sc) pera;CIR
> 0
è assegnata, sotto opportune ipotesi, dalla formula integrale di Poi,gson db.
Mostriamo che in, ogni punto (a;o,'Jo) con yo > la,u può essere derivato sotto su — il discorso si ripete simile il segno di integrale infinite oolte.. sulla a; e si itera agli ordi,ni successivi. Fissiamo quindi yo > 0, scegliamo F)> 0 tole che sia anche
yo — (5 > 0, cosi che per ogni t,T} C IR e per ogni y
(yo
si ha 1
1
(t —rc)2 + (yo — Ora, per ogni t, a; C IR e per ogni y C (yo —
yo + ò) si ha
2yf (t) 2
( (t —rc)2 + (yo —ò) ) quindi se f C L I (IR), essendo
2
coste
(yo si ha g C L I (IR) , g indipendente
da y, perciò
il teorema
di derivazione
sotto
integrale
è applicabile. Oppurese supponiamo che f sia una funzione limitata, anche non integrabile, possiamo maggiorare c 2
che è t-integrabile, e il teorema è di nuovo applicabile. Le conclusioni annunciate quindivalgono sia sotto l'ipotese f integrabile, sia sotto quella f limitata. Di nuovo, è il calcolostesso delle derivate che consente anche di verificare che u risolve l'equazione differenziale. Ci siamo posti il problema di calcolare le derivate di una funzione u assegnata mediante un integrale. Concettualmente, un passo prima di questo problema c'è quellodi garantire che la u sia una funzione continua del parametro, Enunciamo un teorema che risponde a tale problema.
2. INTEGRALE Dl LEBESGUE. SPAZI Dl FUNZIONI INTEGRABILI
70
TEOREMA2.17 (Continuità di un integrale dipendente da un parametro). Sia
con I C R intervalloe Q C Rn misurabile;k (x, Supponiamo
che esistano un intervallo (TO — ò,
G LI (Q) per ogni € (a,b).
+ ò) C
I a una funzione g
L i (Q) a tali che sia k(•, y) continua
1. per q.o. y e Q per q.o. y
e
in
e per ogni a: e (xo — ô,xo + ò) sia
Q
(Y) •
Ik (x,
Allom la funzione k (x, y) dy
è continua in xo. Se le ipotesi valgonoper ogni € I, la funzione u è continua in tutto I. La dimostrazione, che si lascia per esercizio essendo simile a quella del teorema
precedente, si basa ancora sul teorema della convergenza dominata, il che è la ragione dell'ipotesi 2 di controllo valido per ogni a: in un intorno di TO(e non solo in ero). ESEMPIO 2.16. La funzione
è continua
ogni y
in tutto R
se f e L I (R), o se f è misurabile
e limitata.
Infatti: per
R fissato,la funzione
è continua. Ora, se f e L I (R) la maggiorazione
le
dà una maggioranteintegmbileindipendenteda a:, il che permette di concludere subito la continuità di u (r). Se invecef è misurabile e limitata possiamo scrivere anzitutto le lx—ylf(y)l
sup Ifl • e¯
Om, per ottenere una maggiorante integrabile un punto e un numem > 0. A questo indipendente da T, dobbiamo fissare punto per ogni G [TO—ò, + (5]è
e Iz—yf g (y)
se y >
+
se y < .TO— ô
e—lxo —ô—yl
e la funzione g è integmbile e indipendente da x. Questo dimostra la continuità in xo, e per la genericità di .ro la continuità in ogni punto.
2.3,
71
2.3.5. II teorema fondamentale del calcolo integrale. Tra le proprietà Icoria di Lebesgue ci sono i (lue teoretili fondarnentali del calcolo integrale, espressi l'ispettivalll('llte dalle uguaglianze (2.5)
f (t)dt—
(2.6)
.
al second012. Per l'integrale di Riernann sappiamo che l'ipotesi Ci naturale sotto cui vale è che f sia continua in [a, b]; allora per ogni a: C [a, b] vale la (2.6), Ciò significa che questa fondamentale proprietà dell'integrale di Riernann viene stabilita quando la funzione integranda appartiene ad una classe ben più ristretta di quella delle funzioni Riemann integrabili. Questa è certamente un'altra caratteristica insoddisfacente dolla teoria classica dell'integrazione ed in effetti, anche se noi abbiamo motivato l'introduzione dell'integrale di Lebesgue con l'esigenza di definire uno spazio di Banach di funzioni integrabili (munito di una norma integrale), storicamente la principale motivazione di Lebesgue fu proprio quella di definire un tipo di integrale per cui l'identità (2.6) potesse essere stabilita senza eccezioni per tutte le funzioni integrabili13. Enunciamo quindi, senza dimostrazione, il teorema che si può dimostrare nella teoria di Lebesgue: TEOREMA2.18. Sia f C L I [a, b],
e [a, b] e sia f (t) dt.
Allora la funzione F è continua; inoltre per q.o. a: G [a, b] la funzione F è derivabile in X e per q.o. a; vale F/ (T)
f
Qualche osservazione. Ricordiamo che una funzione f C L I [a, b] è in realtà una classe d'equivalenza di funzioni, o se vogliamo è definita solo quasi ovunque. Tuttavia, qualunque sia la particolare funzione f che noi scegliamo come rappresentante della classe d'equivalenza, il valore dell'integrale f (t) dt non cambia, per e a: fissati, Questo significa che la funzione F (T) è definita in modo univoco in ogni punto C [a,b] (coerentementeal fatto che il teorema dimostra che F è continua: alterando una funzionecontinua in un insiemedi misura nulla si trova in generale una funzione discontinua); invece la f può essere alterata su insiemi di misura nulla. Il teorema afferma anzitutto che questa ben definita funzioneF è derivabile in quasi ogni punto di la, b]; meglio di questo non si può sperare, cioè non
possiamoaspettarci che F sia derivabilein ogni punto, come mostra il prossimo semplice ESEMPIO 2.17.
1 per t 0 () per t < 0 12
La discussionedella validità del pri1110all'interno della teoria di Lebesgue porta ad
introdurre la classe delle funzioni assolutamente continue, di cui in questo corso non ci occuperemo. 13 Questo è,proprio quanto scrive Lebesgne nella prima pagina dell'Introduzione alla sua tesi
dol 1902in cui introduce la nuova teoria della misura e dell'integrazione.
LEBESGVE.SPAZI Dl FUNZIONI INTEGRABILI 2. INTEGRALEDl
72
e
a: per t
f (t) dt
0
0 pert < 0.
derivabilenel punto a: 0. è non F funzione La del teorema consiste nell'uguaglianza F/ (m) La seconda affermazione meglio di questo non si può sperare, perché se f 6) nuovo, Di ovunque. quasi garantire a priori che F/ (a:) sia anche potremmo non ovunque, ugualea F' (a:)esistesse f (a:) può essere alterato in un valore il che momento dal insiemedi f (a:)ovunque, (x): F funzione la cambiare misura nulla senza ESEMPIO2.18. Le funzioni
fl (t) = 0 in [0,1] 1 per t G Q 0 per t Q sono rappresentanti diversi della stessa classe d'equzvalenza, ossia sono la stessa funzione LI [0,1]. Per questa funzione si ha f2 (t)
1,2), e quindi Comesi vedeF/ (x) è uguale quasi ovunque a f2 (a:) (mentre è uguale ovunque a Le osservazioni precedenti mostrano che il risultato contenuto nel teorema è ottimale. Del resto l'uguaglianza tra due funzioni LI è per definizione una uguaglianza quasi ovunque.
2.4. Spazi LP Sia (Q,M, p,) uno spazio di misura, con misura completa. Oltre allospazio LI (Q) delle funzionisommabili, è utile in molte questioni introdurre spazi di funzioni misurabili di cui un'opportuna potenza è sommabile. Diamo anzituttola seguente
DEFINIZIONE 2.13. Perp G [1,00), poniamo f : Q —+
misurabile
:
If (x)lP dv (x) < oc
Per p = 1 ritroviamo lo spazio LI (O) già introdotto, delle funzioni Lebesgllesommabili. Chiediamoci: la 1 è Più forte o più debole richiesta che risulti If IP sommabile per qualche p > s0110 rispetto a Ifl sommabile? non In generale le due richieste ESEMPIO2.19. La I ma 11011 funzione f (T) I//.T > p per perp = 1; invecef sta in LP (1, +00) non sta l/vfi sta in LP (0, 1) ma 2), [1, per ogni P G
2.4. SPAZI LP
73
Dunque questi spazi non soddisfano reciproche inclusioni banali, in generale.
Gli spazi LP(Q) sono vettoriali anche per p > 1 (per p = 1 lo sappiamo già). Infatti la combinazione lineare di funzioni misurabili è misurabile, e disuguaglianza
la
If +
+
S 2P-1
perciòse f, g C LP (Q) anche f + g e LP, con If
(2.7)
2 p¯ l
dg
IglP dg
< x.
Vorremmorenderli spazi vettoriali normati. E' chiaro che la norma naturale è (sevogliamosoddisfare l'omogeneità): LP(O)
(Nelseguito scriveremo spesso per indicare ilf IlLP(Q),quando non c'è pericolo Questa "candidata di confusioni). nonna" soddisfa la proprietà di positività (pur di come identificare consueto di funzioni tra loro uguali quasi ovunque) e quella di
omogeneitàdella norma. La disuguaglianza triangolare non è però imrnediata da
dimostrare, perché dalla (2.7) segue + gl P d/1
1-
IflP dg +
< 21¯l/p
lg!P (1/1
Ifi P (1/1
col che avremmo ottenuto una disuguaglianzadi tipo triangolare ma con una
costante 21¯ l /P > 1 a secondo mernbro, che non quello che vogliamo. Per dimostrareuna disuguaglianza triangolare "pulita" occorre un argomento più raffinato. Si può effettivamente dirnostrare il seguente TEOREMA 2.19 (Disuguaglianza di Minkowski). Per ogni p € [1,+oc), f, g € LP (Q) vale la disuguaglianza
Ilf + gllp
Ilfllp + Ilgllp.
Dunque LP (Q) è uno spazio vettoriale normato per tutti i p G [1, Ci si può chiedere se esista una ragione particolare per cui gli spazi LP non sono
stati definitianche per 0 < p < 1. In effetti si può provare14che per 0 < p < 1 la
"candidatanorma" f Ilp non soddisfa la disuguaglianza triangolare. Vale anche la seguente disuguaglianza, che mette in relazione spazi LP di esponentidiversi, e ha molte applicazioni: TEOREMA2.20 (Disuguaglianza di Holder). Siano p, q G (1, 0c) tali che 1
(due numeri con queste proprietà si dicono esponenti coniugati). Se f G LP (Q) e g e Lq (Q) , allora fg LI (Q) e vale la disuguaglianza (di Hôlder)
Ifgidg lo si è dimostrato
nell'Esercizio 1.6
Ilfllp
•
Dl LEBESGVE. INTEGRALE 2.
SPAZI Dl FUNZIONI INTEGRABILI
confidenza col concetto di esponenti
74
prendiamo proseguire, Prima di + < 2 il suo coniugato q req;in 1 < la relazione se valga stesso; Afinché di se —3 < di p 3 > 2 è 2 è il coniugato
particolare,
coniugato Ad esempio,il L ricaviamo: —
relazione --4+32. Dalla
e anche
L2 ha proprietà particolari (vedremo in seguito spazio lo LP spazi Tra tutti gli Scriviamo esplicitamente cosa diventala Hilbert"). di "spazio che questoè uno p = 2 (e quindi, come visto, q 2): per Hôlder di disuguaglianza IlfllL2(Q) ItgllL2(Q)•
Ifgldél
disuguaglianza di Schwartz, ed è un analogoinfinito Questa prendeil nome di elementare della proprietà del prodotto scalare dimensionale Ifyll .
Torneremosull'argomentonel contesto degli spazi di Hilbert (Cap. 4). Introduciamoora uno spazio che in qualche senso completa la scala deglispazi 2.14. Poniamo: DEFINIZIONE L X (Q) = {f : Q -4 R
misurabile : EK
> 0 per
cui è If
K
per q.o. x e 0}.
Le funzioni di questo spazio si dicono anche essenzialmente Izmitate. Essesono
limitatesalvoun insiemedi misura nulla. Se f G (Q) si definisce inf{K > 0: If (T)l K per q.o. a: € Q}, Quindiin particolare risulta If (T)l
l!fll LOC(Q) per q.o. a; G Q.
Si presti attenzionea non equivocare la definizione di "limitatezza essenziale"' I prossimiesempidovrebbero chiarire le idee. ESEMPIO 2.20. 1. Se f è limitata in Q in particolare è essenzialmentelimitata• 2. La funzione
I/T
non
è
è
f non essenzialmente limitata in R. Attenzzone: "limitataper # 0", in quantoper nessun K > O è vero che I < K per ogm
# O,o per ogni appartenentea qualche altro insieme di misura nulla, 9. Un esempiodi funzione essenzialmente limetata senza essere limitata è: sin T
E' chiaroinfatti in quanto Q
R \Q
per T G Q
che If
è un insieme
per a:
1 per
di misura
q.o. c G R,
4. f è nulla. D'altro canto ovviamente f è illimitata' essenzialmente limitata se e solo se funzione limitata. Ad f è uguale quasi ovunquead esempio, la f dell'esempio
precedente
uguale
quasi
75
2.4, SPAZI L/'
5. La funzione f (a:) log x appartien,e 'in LP 1) per ogni p C [1, 00) ma — sin a; appartiene a, L OO(IR) ma, non appartiene a LOO(0, 1); la funzione f non appartiene a LP (IR) per nessun p C [1,00), quindi non c'è in, generale a,lcuna inclusione banale tra lo spazio IPO e gli altri spazi LP. Si verifica facilmente che LOO(Q) è uno spazio vettoriale normato (con la solita identificazionetra funzioni uguali quasi ovunque). Vale anche il prossimo fondamentale risultato:
TEOREMA2.21. Gli spazi LP (Q) per I spazi di Banach.
sono completi. Quindi sono
p
Notiamo che il concetto di coppia di esponenti coniugati e la disuguaglianza di Holdersi estendono a comprendere anche lo spazio IPO, al seguente modo: DEFINIZIONE 2.15. Diciamo che l'esponen,te coniugato di p coniugato di p 00 è q 1. l'esponente Ora, se f C L I (Q) e g C L OO(Q) si ha, essendo lg
If g
dv
f
IlgIlL00(Q) If (r)l dv (T)
1 è q = DO,e
IlgllLoo(Q)per q.o.
IIf Il IlgllL00(Q)
Perciò la disuguaglianza di Hôlder si estende anche ai casi estremi in cui p
10
Un'applicazione elementare della disuguaglianza di Hôlder è il seguente risultato di inclusione tra spazi LP su un domznzodi misura finita:
TEOREMA2.22, Sia (Q, M, /J) uno spazzo d? misura (con /J misura completa), di masura finita, cioè (Q) < (esempio tzpzco: Q dominio limitato di R n e misura
di Lebesgue
in IRn ). Se
1
p
0, perciò è naturale cercare di calcolam il limite degli integrali senza calcolare gli integrali).
Suggerimento. Seguire questa traccia: il limite puntuale è zero per ogni (Y, > 0, perciò se troviamo una maggiorante integrabile, anche il limite degli integpuli è zero. Si osservi il passaggio: = na:e
(3 —n 2 a:2
(nm)
a:
La funzione
è limitata in 1(),1] perché la funzione, g (t) è limitata su [O,400) (verifiCarlo) e la funzione precedente è g (nm). Quindi si può scrivem Di conseguenzaper
< F + 1 il l'imite dell'integrale è zero (pemhé?).
LEBESGCE. SPAZI Dl FUNZIONI INTEGRABILI 2. INTEGRALEDl
dell'integraleper Q 3 + 1 si impostiil calcolo Per calcolareil limite Cosa si trova? t.
sostituzione di folfn (x) da: con la posteriori, è veto o falso che
In questi casi quindi
lim fn (T) CIT?
fn (X)dT
lim ESERCIZIO2.10. Sia
1
in [0, 1] con Q > 0.
Calcolamil limite di fn e dell 'integrale di fn, usando il teorema della convergenza dominata. ESERCIZIO2.11. Sia 1 + 722x 2
Dimostmrvche fn tende a zero puntualmente ma non uniformementein [—1,1]. Calcolamil limitedell•integraleusando il teorema di Lebesgue. ESERCIZIO2.12. Sia in [0, 1] .
Calcolam limn-.x
fn (x) dx.
ESERCIZIO2.13. Sia in [O,1]. Calcolare limn--x
fn (x) dx.
ESERCIZIO 2.14. Sia fn : [0, 2 71sin ( Y x) per
lizle il passaggioal limite sotto
[0, 2 ¯n m]
0 altrimenti. il segno di integrale?
ESERCIZIO2.15. Sia
dl con come nell'esempio segno il sotto integmle? Che differ?nza prEcedente. Vale il passaggio al limite si nota rispetto all 'esercizio precedente? ESERCIZIO2.16. Sia Suggmmento. Per
per
n e per ogni
fn (X)
x ne ¯n
il limite
E (0,x) .
dell'integrale,
dimostrare
(x) che fn
fl(x)
2.7. ESERCIZI E COMPLEMENTI
85
per serie C. Integrazione hanno lo scopo di mostrare situazioni effettive in cui il I prossimi due esercizi è Lebesgue applicabile ma quello di Riemann no. concettodi integrale di la successione dei numeri razionali dell'in2.17 (*). Sia ESERCIZIO e poniamo: tervallo [O,1]
2
se
[0, 1] n Q
(a) Dimostrare che la funzione f (x) è ben definita, misurabile e limitata in
Lebesgue integrabile. [0,1], perciò (b) Dimostrare che la funzione f (a:) è discontinua in ogni punto di [0, 1] , quindi non Riemann integrabile. (c) Dimostrare che l'integrale di Lebesgue di f si può calcolare mediante una seriedi integrali di Riemann. 1 la successione (leznumeri razionali dell'inSia 2.18 ESERCIZIO tervallo [0, 1] e poniamo: 1
I.T—Tnl
se TC [0, 1] nQ
(a) Dimostrare che la funzione f (m) è misurabile e Lebesgue integrabile, in particolareè finita quasi ovunque, e il suo integrale di Lebesgue si può calcolare comesomma di una serie di integralz Riernann generalzzzati. (b) Dimostrare che la funzione f (a:) è illimitata in ogm intervallo contenuto in [0,I] , in particolare non è Riemann integrabile neppure in senso generalizzato.
D. Continuità e derivabilità di funzioni espresse da integrali ESERCIZIO 2.19. Sia f : R x (0, +00) definita da: 2
(U2 sin y) dy.
Si discutala continuità e derivabilità di f nel domznio considerato. Si calcoli t) , lim f giustificandoil procedimento seguito.
per ESERCIZIO 2.20. Stesse domande dell 'esercizio precedente (y2 sin y) dy.
ESERCIZIO 2.21. Sia f : (0, +00) -4
definita da: sin y
Si discutala continuità
dy.
considerato. Si calcolino e derivabilità di f nel dominio
lim f (t), lim f (t) , 9iu.8tificando il procedimento seguito.
Dl FUNZIONI INTEGRABILI 2. INTEGRALEDl LEBESGCE.SPAZI
per 2.22, Stesse domande dell 'esercezuoprecedente ESERCIZIO
con g C
(R) oppure g € L I (R).
E. Integrali doppi ESERCIZIO2.23. Sia
sin + y2
Stabdtre se f C LI (Q) applicando il teorema di Fubini-Tonelli, cioè controllando se un integrale iterato del modulo di f converge. ESERCIZIO 2.24. Sea 1 a: (3 2 + U2 )
in O = [-1,1] x R.
Stabilire se f G L I (O) applicandoil teoremadi Fubini-Tonelli, cioè controllando se un zntegrale@teratodel modulo di f converge. Si osservi poi che per la simmetrtc di dorranto e funzzone rispetto alla a:, l'integrale dovrebbe essere zero: cosa c'è che non va Zn quest 'affermazione?
ESERCIZIO 2.25
Sia f : [O,1] x [O,1] 1
Calcolare
due
integrali
iterati di f
sul
definita da:
se y > quadrato
[0, 1] x
[0, 1], constatando
che
eststonofiniti ma diversi tra loro. Perché questo non contraddice 11teommadl FubtmTonelli ?
F. spazi 12 ESERCIZIO2.26. Stabilim per quali p C [1, appartzene a LP (R) .
ciascuna delle seguenti
1
1
1
2.27 se lo spazio di miaura del conteggio. Si scnva (N, (N) , m) dove li' esplicitarnente cosa douquaglzanzedi Ilôlder e di affermano in questo contesto Mtnkoupskiin spazi LP. (Questi spazi sono chiamati
2.7. ESERCIZI E COMPLEMENTI
87
2.28. Calcolare i seguenti limiti giustificando il procedimento seguiESERCIZIO to:
; (b) lim
rnn2 + 1
lim
(Suggerimento: applicare il teorema della convergenza dominata, vedendo la serie come un integrale astratto in Cl -v. esercizio precedente-)
G. Convoluzione 2.29. Per ciascuna delle seguenti coppie di funzioni f, g : R —òIR ESERCIZIO dire se è ben definita la convoluzione e, se sì, a quale spazio questa convoluzione appartiene. Si chiede di rispondere a entrambe le domande in base ai teoremi studiati e a priori, cioè non calcolando esplicitamente tale convoluzione,ma osservando le proprietà delle due funzioni. Nei casi in cui questo non è possibile, scrivere esplicitamente la convoluzione e osservando l'integrale (senza calcolarlo) stabilire se esiste.
1 1
1+1x1
1
(c) (d)
¯ X (0,4-x) ( x )
(e) 1
(h) (z)
(l)
ESERCIZIO2.30 (*). Dimo.strare che se f, g G L I (IR) sono simmetriche (pari o dispari),allora f * g è pari o dispari, secondo la regola:
f dispari
f pari
f * g dispari f * g pari g pari g dispari f * g dqspari f * g pari ESERCIZIO 2.31 (*). Dimostrare che la convoluzionedi due funzioni LI (R) è Commutativa,
e la convoluzione
di tre funzioni
LI (R)
è associativa.
ESERCIZIO2.32 (*). Dimostrare la Proposizione 2.4 sulla convoluzione, che qui si riporta: (a) Se f G Lil (Rn) (v. Definizione 2.16), cioè f è integrabile su ogni insieme
chiuso e limitato all'infinitonon è integrabile), e in comdi Rn (ed eventualmente Penso g Là (Rn ) cioè è integrabile ed è a supporto compatto, allora f * g è ben definita ed è localmente
in IRn.
integrabile
(b) Se f, g € Liloc(R) e supp f, suppg
è localmente
integrabile in R,
C [0,+00),
allora f * g è ben definita ed
inoltre si ha:
f (a: —t) g (t) dt
se
se a; < 0
0.
SS
2. INTEGRALE Dl LEBESGUE. SPAZI Dl FUNZIONI INTEGRABILI
ESERCIZIO 2.33. Dim in quali dei seguenti casi è certamente ben definita
convoluzione
e, nel caso sia ben definita, a quale spazio appartiene.
ESERCIZIO2.34. Calcolare le seguenti convoluzioni
f (x —y) g (y) dv.
1x1
e¯lxl
ESERCIZIO2.35. Calcolare le seguenti convoluzioni finite
f (r —y) g (y) dy per x > 0.
(b) sin (22) (C)
COS .T
sin CT
(e) sin:r
(f) sinc sin2a' 1
H. Esercizi
di riepilogo su spazi di funzioni
continue,
derivabili, integra-
ESERCIZIO2.36. Di ciascuna cando 1a risposta affermazione stabilire affermativa, fornendo un contresempio se è vera 0 falsa (giustifiesplicito in caso di risposta
la
2.7. ESERCIZI E COMPLEMENTI 89
negativa):
c o (R) c
(R) L I (a, b)
(b)
c o (a, b) C
(c)
L I (R) c L 2 (R)
c o (a, b) C
(a, b)
(h)
(i)
(d) c o [a,b] C L I (a, b) (e)
(g)
(l)
c o (R) C
(R)
(m)
cg (R) c
(R)
(n)
c o [a,b] C
(a, b)
L 00 (O, +00) C L I (O,4-0c))
2.37. Di ciascuna affermazione stabilire se è vera o falsa (giustifiESERCIZIO
candola risposta affermativa, fornendo un contresempio esplicito in caso di risposta negativa):
(a) f € c o (R) c o (R)
€ L I (R)
(d)
f € c o (R)
c l (R)
(e)
f e c o (R)
C L I (R)
(b)
f
cl (R)
e c l (R)
L I (R)
(c)
Cf) f G c o(R) (g) f C
(R)
C
(R)
€ cg (R)
co (R) fg €
fg C
(R)
(R) L I (R)
ESERCIZIO 2.38. Di ciascuna delle seguenti funzioni dire se appartiene a ciascunodei seguenti spazi (scrivere sì o no in ogni cella della tabella): Sin
COS
et x
Sin a:
—000
ITI(l+c2) X 12 (x) a;) + (sin a:) XIR (a:)
Dl LEBESGUE. SPAZI Dl FUNZIONI 2. INTEGRALE
90
riepilogo su 1. Esercizi di
di vari
successioni di funzioni, convergenza
spazi (capitoli 1 e 2)
ESERCIZIO '2.39. Sia
(t) -—nte
nella
in, (0, +00)
in (0, +00). Calcolare Ilf Il f di Calcolamil limite puntuale +00) , in LI (0, +00). Stabilimse --4f in co (0,
Ilfnil
ESERCIZIO2.40. Sia
fn (t)
n a te
in (0, +00) ,
Calcolare, al variare del parametro Q, il limitepuntuale con Q > 0 parametro fissato. lif n IILI (0,00)• Stabilire se fn f di fn in (0, +00). Calcolare
valore del parametro Q). co (0, +00) , in LI (0, +00) (in dipendenza dal ESERCIZIO2.41. Sia fn : [0, 1] —+R per n
1,2, 3, . definita da:
per t G l] fn (t) n3t per t C [O, Calcolareil limite puntuale f di fn. Discutere poi la convergenzauniforme, L I (0, 1), in L 2 (0, 1). Per
quali p C [1, 00] si ha
fn —è f
in L P (0, 1)?
ESERCIZIO2.42. Sia
fn (t) Calcolare il limite puntuale in L I (0, +00),
in
nte
in (O,-4-00).
f di fn in (0, +00).
Stabilire se fn —+ f in co (0,
C l [0, 1].
ESERCIZIO2.43. Sia
Calcolareil limitepuntuale f di fn in R. Stabilire se
—5f in co (R), in
al variare di p C [1, DOl.
ESERCIZIO 2.44. Stesse domande dell 'esercizio precedente per 1
ESERCIZIO2.45. Sia
in (0, 000) . Calcolam il limite puntuale f (li (O,ON)). Stabilim se la in CO(0, 400) , in L I (0, 000) , in L(X ) (0, ON). ESERCIZIO2.46. Sia
e¯tìT sin ( v/ôa:) in (0, +00) .
Calcolareil limite puntuale f di fu in ((),+00). Stabilire se fn in L I (0, +00).
co f in
(0,0),
FusER('1z102.47. Sia
{sin (v/h,a:)
+
XQ in
.
f di in ((),000). Stabilire se —èf in co ((),000) , Calcolamil limite 'esercizioprecedente. in LI (0, 4-00), in LOO((),+00). Sfruttare anche il risultato dell tra Ul,teriori esercizi sulla, convoluzi,onedi funzioni e sugli spazi LP si trovano continui. gli esercizi del Cap. 3 sugli opera,tori,e i funzionali lineari Gli svolgimenti degli esercizi si trovano online, sulla pia,ttaforma
CAPITOLO 3
Operatori e funzionali lineari continui 3.1. Operatori lineari continui Diamo qualche cenno, poco più che una terminologia, su questo importante
concetto di analisi funzionale.
DEFINIZIONE3.1. Siano X, Y due spazi vettoriali normati sul campo IK Un,afunzione T : X —+Y si dice operatore lineare se
T(XŒ+
- AT (X)
(y) vœ,y
IR o C).
K.
Solitamente quando un operatore è lineare si omette la parentesi nell'argomen-
to, e si scrive Ta: invece che T (x) (ma naturalmente bisogna comunque scrivere T (1'+ y) se l'argomento è una somma!).
TEOREMA 3.1. Siano X, Y due spazi vettoriali normati e T : X —+Y un
operatore lineare. Sono equivalenti le seguenti tre condizioni: (a) T (vista comefunzione tru due spazi metrici) è continua in 0.
(b) T è continua in ogni punto. (c) vale la seguente condizione di limitatezza: sup
IITŒIIY
< DO.
DIMOSTRAZIONE. La (b) ovviamente implica la (a). La (a) implica la (b) per la linearità di T, infatti: se
—+a; in X, ossia
allora per la (a) IIT d'altro canto per la linearità di T è T (mn—
Tm, perciò
Y IlTa:n —'11x11
0,
quindi vale la (b), perciò (a) e (b) sono equivalenti. Supponiamo valga la (c), allora detto
K
sup
IITŒIIY
si ha
. IITXIIY K Mostriamo che allora vale la (a) (e quindi la (b)). Infatti se Ilœnllx
allora
perciò T
—è0 in Y, dunque vale la (a).
—+0 in X, ossia
3. OPERATORI E FUNZIONALI LINEARI CONTINUI
94
la (b)). Per definizione di Viceversa,valga la (a) (e quindi continuità esiste
esempio, E significa che fissato, ad
1,
> 0 tale che
, questo
Ila:llx < ò — IlTa:lly < 1.
# 0, poiché Ma allora per ogni a: e X, a: 2
si ha 11x11
ossia, per la linearità dell'operatore, IITa•IIY
IITXIIY
2
II X II
quindi vale la (c). Dunque le tre condizioni sono equivalenti. DEFINIZIONE 3.2. Un operatore lineare T : X Y tra due spazivettoriali normati X, Y si dice continuo (o limitato) se vale una delle tre condiaoniequivalenti espresse dal teorema precedente. In tal caso si definisce norma dell'operatot? il numero
IITII -
sup
IITXIIY
Risulta, per definizione IITŒIIY
x IITII 11x11
Va:€ X.
Se T : X —5Y è un operatore lineare e si mostra che esiste una costanteK >0 per cui vale (3.1)
di allora T è continuo, e IITII K. Solitamente è così che si dimostra la continuità un operatore lineare, senza necessariamente riuscire a determinare la normadiT' che è la migliore (cioè la minima) costante per cui vale la (3.1). ESEMPIO3.1. Sia T :e
[a, b] -+ c o [a, b]
e) con a, [3,7 e co [a, b]. L 'operatore differenziale T è (ovviamente lineare perché
IlTfllcota,bl = IIQf"+
+
Ilaf'/ll c ota,b) + 116f/ll
co [a,b] Ilf" Ilco [a,b] + 11/311 co [a,b]
Q cota,b] + 11611 c o[a,b] + 11711 co [a,b]
l'fllco[a,
3.1. OPERATORI LINEARI CONTINUI
95
Vedremo fra poco esempi di operatori lineari continui di altro tipo (ad esempio, espressi da integrali). Si verifica facilmente che ogni combinazione lineare di operatori lineari continui tra X e Y è a sua volta un operatore lineare continuo. Si può considerare quindi lo normati spazio C,(X, Y) di tutti gli operatori lineari continui tra gli spazi vettoriali V e Y, che risulta uno spazio vettoriale. Anzi, la norma operatoriale IITII C(X,Y) —
sup
IITTIIY
TG
Ila;ll
Unospazio risulta effettivamente una norma in questo spazio, quindi: C (X, Y) è vettoriale normato. Vale il seguente teorema, che ci limitiamo a enunciare: completo anche TEOREMA3.2. Siano X, Y spazio vettoriali normati. Se Y è anche C (X, Y) è completo.
Esempi di operatori lineari continui notevoli ESEMPIO3.2. Sia k e L OC(Rn ). Allora
C [1,00] , con IITII è lineare continuo su L P (R n) , per ogni p
IlkllLeo(Rn)•T si dice
(ovviamente)operatore di moltiplicazione. ESEMPIO3.3. Sia k
LI
Allora
in base alla ogni p C [1, 00] , con IITII Ilk llL 1(Rn), per , n ) (R L P su continuo è lineare 2.26). T si dice (ovviamente) operatore Teorema 2, (Cap. Young disuguaglianza di
di convoluzione. ESEMPIO3.4. Sia T : c o [0,21-+ c o [O,21 f (t) dt. o
semplicetnenteevitato di ag(Abbimno primitiva. T è sostanzialmente l'operatore T univocamentedefinito). L'opper arbitraria, giungere a Tf 1a costante continuo, eratore integrale T è lineare dt = Ilflk per ogni C [0,21,
ITf
quindi passando al
If
Ilflk o
IITflk 2
3. OPERATORI E
96
FUNZIONALI LINEARI CONTINUI
ESEMPIO3.5. Sia
T : c n la,b] -è c o [a,
differenziale T di ordine n è (ovviamente con Ok C co [a, b]. L 'operatore continuo perché
e
C n [a,bl
con c dipendenteda Ilakllcota,blper k = 0, 1,
n.
ESEMPIO3.6. Consideriamo ora un generico operatore integrale linearedeltipo k (x, y) f (y) dy
dove (Q, M,
v) è uno
spazio di misura
qualsiasi, k : Q
misurabile assegnata (solitamente detta nucleo integrale).
x Q
IR è una funaone
Vogliamoprecisaredelle
ipotesisu k sotto le quali si possa affermare che T è un operatore linearecontmuo su qualche spazio di tipo LP (Q). Proviamo il seguente
TEOREMA3.3. Con le ipotesz e notazioni precedenti, valgono le seguentiproprietà: a. Se
sup
Ik (T,
da; < 00,
allora T è lineare continuo come operatore
b. se
0x0 alloraT è lineare continuo come
Ik
dTdy < 00,
operatore
DIMOSTRAZIONE. le proprieta L'operatore Proviamo è ovviamente lineare. continuità sotto le opportune ipotesi su k. IlTfII
ITf
(T)l
Ik (x,
dy k (x, y) f (y)
If (y)l dyda:
di
3.2. FUNZIONALI
LINEARI CONTINUI
ora essendo l'integranda positiva, per il teorema di Fubini-Tone11i (v, 5 2.5) è lecito If (y)l If (y)l
sup
Ik (T, y)ldœ dy sup
Ik (T,
dv
Ik (x,
K Ilfll nell'ipotesi
sup
Ik (x,
< 00.
b. Stimiamo prima, mediante la disuguaglianzadi Hôlder: 1/2 L2(Q)
Perciò 1/2
L2(Q) = 1/2
Ilfll L2(Q)
k (x, y) 2 dy (lx
UU
K Ilfll L2(0)
nell 'ipotesi 1/2
k (x,
dyda•
3.2. Funzionali lineari continui Un caso particolare di operatore lineare si ha quando Y coincidecon il campo degli scalari (che supponiamo per semplicità essere R, ma potrebbe essere anche
C). Un operatore lineare continuo T : X —+R (doveX è uno spazio vettoriale normato reale) si dice funzionale lineare continuo su X. Lo spazio C (X, R) si dice
spazio duale di X e si indica con X* o X In base al Teorema3.2, X* è sempre uno
spazio di Banach (perché il secondo spazio, Y R, lo è). Quindi il duale di uno spazio vettoriale normato X è lo spazio (vettoriale normato) dei funzionali lineari continuisu X. La norma di un funzionalelineare continuoè definitada IITIIX*
sup
ITTI 11X11X
ESEMPIO3.7 (Funzionale di valutazione). Sia X = co [a,b]. Fissato un punto
2 0 €- [a, b), il funzionale
è ovviamente lineare, ed è continuo perché
FUNZIONALILINEARI CONTINUI 3. OPERATORIE
98
, da cui
If (TO)I
ITfl
IITII 1. (valuta le funzioni nel punto TO). valutazione di funzionale dice T si co [a, b]. L'integrale definitoè Sia X ESEMPIO3.8 (Integrale definito). un funzionale lineare continuo:
f (t)dt
Tf b
IITII (b-a Confrontando i due esempi precedenti, vediamo che sullo spazio co [a,b]si possono definire funzionali lineari continui di tipo molto diverso. ESEMPIO3.9 (Funzionale misura). Generalizzando l'esempio precedente,sia
X co (K) con K C Rn insieme chiuso e limitato, e sia una misurasu K. Allora l'integrale rispetto alla misura è un funzionale lineare continuo: f (a:)dv (a:)
If
IIfIIc0(K)v (K)
IITII
ESEMPIO3.10 (Funzionali su spazi LP). Sia X LP (Q), dove (Q,M, p) è un generico spazio di misura, e fissiamo una funzione g € IA (Q) con q esponente coniugato a p. Allom:
Tf è un funzionale lineare continuo su LP (Q) , per la disuguaglianza di Hôlder: LP(O) IIgIlLq(0) , perciò
IITII
IIgIILq(0)
Mostriamo che è, più precisamente, IITII
questo
IlgllLq(0)• E' sufficiente per tmvare una specifica f per cui risulti T fl q¯lsgn(g) . Si — . Poniamo: f = Igl Ilflp
ha f e L P perché
g , quindi Ilfllp f (t) g (t) dt Ilfllp
quindi liTll
¯
ligilqq
Ilgll!/p
q—q/p Ilgllq
lg!q dt Ilgllq ,
Ilgll!/p e
Ilgllqq
3.2. FUNZIONALI LINEARI
CONTINUI
L'ultimo esempio si può rileggere così: ogni funziono € LQ(O) induce naturale un funzionale lineare continuo su LP (Q) per p, q coniugati. in modo funzionale con Potremmo indicarequesto
Chiediamoci ora: esistono funzionali lineari continui su LP(O) di tipo diverso si rappresentino collie integrali clie da questo, cioè contro una funzione LT? La e questo significa clie conosciamo una carattemzzazzonecompleta risposta è negativa, continui su lineari LP (O): dei funzionali
TEOREMA3.4 (di rappresentazione di Riesz). Sia 1
p < 00. Per ogni fun-
zionale lineam continuo T su LP (O) , con (Q, M , 11)genertco spa-ao di misura1, g G LC1(O) (con q esponenteconiugato di p) esiste una funzione tale che
Inoltm IITII = Ilgllq. possiamo anche leggere questo teorema dicendo: lo spazio duale di LP (Q) può identificare con I.q (O) , per 1
p < 00. Invece, il duale di LX (Q) non è
LI (Q), ma lo contiene propriamente. Si osservi che, in particolare, il duale di 1.2(Q) è L2 (Q) stesso (essendo l'esponente 2 il coniugato di se stesso). Questo fatto è un caso particolare di un teorema molto più generale, di rappresentazione dei funzionali lineari continui su uno spazio di Hilbert, di cui parleremo nel prossimo capitolo.
Si osservi anche che tutto ciò che abbiamo detto vale per gli spazi LP su qualsiasi spazio di misura astratto (Q, M, U). Se in particolare consideriamo lo spazio (N,P (N) , m) dove m è la misura del conteggio, otteniamo gli spazi LP di successioni,indicati col simbolo CP (si veda l'Esercizio 2.27):
< oc , per 1 S p < 0c,
c R :11x110 < 00
sup
tutti e soli quelli del tipo: In particolare i funzionali lineari continui su CP sono con
e Cl fissato,
in tutti i casi elle spazio di Illisura, elle è verificata sullo un'ipotesi insiemi occorre precismnente, Più dev'essere unione nurnerabile di O cioè a-linila, Illisura verificata ci interessano: dev'essere una Illisuradi Lebesguel'ipotesi è
con la misurabilidi misura finit,a. Ad esernpio, per IRn osservando che
{a: € IRn : 1x1< k} e
p ( {a: C IRn :
< k}) < 00.
100
CONTINUI FUNZIONALILINEARI E OPERATORI 3.
1/ p
e si ha: Xnyn
00
la;n
in particolare, il casop di Hôlderin spazi CP).E' interessante, (disuguaglianza risulta una generalizzazione infinito 2, per cui la disuguaglianzaprecedente elementare che vale per il dimensionaledella disuguaglianza (di Cauchy-Schwarz) prodotto scalare in Rn : 1/2
1/2 2 lun 1
Questarelazionetra spazi infinito dimensionali, prodotto scalare e funzionali lineari continui avrà la sua piena chiarificazionee il suo sviluppo naturale nella teoria degli spazi di Hilbert, di cui ci occupiamo nel prossimo capitolo.
3.3. ESERCIZI
101
3.3. Esercizi
A. Operatori lineari continui ESERCIZIO 3.1. Di ciascuno dei seguenti, dire se è un operatory lene.arecontinuo
tm gli spazi specificati. dimostrando l'affermazione fatta: 1. T: c o [-2.21
c o 1-1, 1) ; Tf
(x) —
f (2x)
2. T: c o [-2,2)
c l [-2.2)
(x) =
3
3. T: c 0 [-2,2)
cl
(x) =
f (x) +
2,2)
co
(x) —
f (x) +3
4.
5. T: c o [-2.2)
co
f (t)dt
f (x) +
f (t)dt
f (t)2 dt
f (t)dt
f (x — t) e ¯t2 dt
f (x —t) e ¯t2dt
f (x —t) e ¯t2dt
I -k jtl 10. T:
(R)
(x) =
(R) ; Tf
sin tdt
f (x)
3.3. ESERCIZIO 3.2. Questo esercizio approfondisce quanto visto nel Teomma Sic k (x, y) :
—+ R
misurabile e sia T
l'opemtoty lineare definito (su spazi di
funzioni che pœciservmo in seguito) da: k (x, y) f (y) dy.
dl Hôlder e il teotema di Dimostrare (utilizzando opportunamente la disuguaglianza Fubini) che: a. Se p.q (1, x) sono esponenti coniugati e Ik (X,y) q dxdy < X,
allora T è lineare continuo come opemtoœ b. Se
sup
ik (x,
allora T è lineare continuo come opemtorv
d: < x,
3.
OPERATORI F,
102
C
c. Se
FUNZIONALI
LINEARI CONTINUI
coniugati e esponenti sono y)lq dy < (x, (T, Ik sup
come operatom continuo lineare -9 12 (R). allora T è (R) LP T:
l'operatore definito T Sia 3.3.
da
Tf (T)
DimostrarecheT è
come lineare continuo
operatom
definito T l'operatom Sia 3.4. ESERCIZIO
da
come opetutorv
continuo Dimostrare che T è lineare
definito da 3.3. Sia T l'operatom ESERCIZIO
continuo come Dimostrareche T è lineare
operatom
(x). Calcolarepoi Tf per f (a:) = X(—1,1) 3.6. Sia T l'operatore definito da ESERCIZIO
a. Dimostrareche T è lineare continuo come operatore per ogni p G (1, 001. b. Calcolare esplicitamente Tf la
funzione Tf
trovata appartiene
per f (T) a LI (R), calcolando
quindi (T) . Verificare (Suggerimento: IlTfllLI (2)•
inveceche integrarel'espressioneesplicita di T f, è più facile scrivere come integrale doppio e calcolarlo col teorema di Fubini...). ESERCIZIO 3.7. Sia T l'operatore definito da dy.
a. Dimostrare che T è lineare continuo come operatore T : L I (R)
per ognip
(1,
L P (R)
che
3.3. ESERCIZI
103
b. Calcolare esplicitamente Tf per f (x) = (m). Verificare qutndi che trovata, a,ppartiene a LP (IR) per ogni p e Tf funzione (1, N), maggtomndo 1a mediante il teomma di Young. IITJIILP(IR) 3.8. Sia T l'operatore de./inito da ESERCIZIO
a. Ditnostrare che T è lineare continuo conQ,eoperatore T: L I (IR) C [1, 001 e com.e per ogni p
L P (IR)
operatore
T : L P (R) -Y L P (IR)
per ogni p C [1, 001.
l). Calcolare esplicitamente Tf per f X(_1,1)(m). Verificam quindi che la trovata appartiene a LP (IR)per ogni p e Il, 00]. funzioneTf
3.9. Sia T l'opemtore definito da ESERCIZIO e—lmlf (x) .
Stabilirese T è lineare continuo come operatore tra le seguenti coppie di spazi (rispondereper ciascuno dei casi, fornendo una dimostrazione in caso affermativo, o portando un contrese1ÌÌ1)10in caso negativo): a. T: L I (IR) b. T:
(R)
(IR) -9
d. T: L I (IR)
(R)
L N (R)
ESERCIZIO3.10. Sia T l'operatore definito da
Stabilirese T è lineare continuo come operatore tra le seguenti coppie di spazi (rispondereper ciascuno dei casi, fornendo una dimostmzionein caso affermativo, o portando un contresempio in caso negativo).
a. T: LI (IR)—L I (R) b. T:
(IR) -4
d. T: L I (R) -+
(R)
(R)
e. T: L2 (R) —YL I (R)
2 Per provare mediante un contresenll)io cho non è T : X —+Y è sufficiente trovare una specificafunzione f X tale che Tf Y.
3. OPERATORI E FUNZIONALI LINEARI
104
3.11. Sia T l'operatore definito da ESERCIZIO f (y) dy. a. Dimostrare (utilizzando opportunamente la disuguaglianza di Hôlder)
per ogni p G [1, 0c]. b. CalcolareesplicitamenteTf per f (x)
Verficare
3.12. Sia T l'operatore definito da ESERCIZIO 1
(1+ 1x1)
f (Y) dv.
a. Dimostrare (utilizzando opportunamente la disuguagl?anza di Hôlder) che? è lineare continuo come operatore
per ogni p G [1,2). b. Dimostrare (utilizzando opportunamente la disuguaglianza d?Hôlder) cheT i è lineare continuo come operatore per ogni p
(1, 0c].
c. Calcolare
funzione Tf
esplicitamente
Tf
per
f (x)
X (—1,1) (x) . Verificare
quindi che la
trovata appartiene a L P (R) per ogni p € [1,oc
B. Funzionalilineari continui ESERCIZIO3.13. Di ciascuno dei seguenti, dire se è un funzionalelineare continuo sullo spazio specificato, dimostrando l'affermazione fatta:
1. T: c o [-2,2] -5 IR;Tf 2. T: c o
2] -+ R; Tf
3. T : c o
2]
R;Tf
4. T: c o [-2,2]
R;Tf
5. T: C 2 [-2,2]
R;Tf
6. T: LI (-2,2)
R;Tf
f (t) dt
f (t) e¯t dt
7. T : L I (R) -+ R; Tf
da:
R 1+ ICI
3.3. ESERCIZI
R; Tf —
9. T: LOC(R) 10. T : L3 (0, +00) 11. T:
105
—da:
R;Tf
R;Tf
L I (R)
v/î(l +
o
12. T : L2 (R)
R;Tf -
da:
da:
3.14. Sia T il funzionale definito da ESERCIZIO
Tf Determinare
per quali p e [1,0c] T
RI +
da:.
è un funzzonale lineal? continuo
su L P (R).
3.15. Sia T il funzionale definito da ESERCIZIO da:.
Determinare
per quali p € [1,0c] T è un funzionale lineare continuo su L P (R).
ESERCIZIO3.16. Determinare quali dei seguenti sono funzionali lineari continui
(a)
f (x)
da:
da:
(b)
(c) (d) 11
f (x) da:
LINEARI CONTINUI 3, OPERATORI E FUNZIONALI
106
3.17. Determinare quali dei seguenti sono funzionali lineari ESERCIZIO SUc l 1-1, 1]:
1
f (x) xe ¯T (lx 1
1x1
1
f' (x) e ¯x cla: —1
Gli svolgimentidegli esercizi si trovano online, sulla piattaforma TextinCIoud
CAPITOLO 4
Spazi di Hilbert, metodi di ortogonalità e problemi di Sturm-Liouville Gli spazi vettoriali dotati di un prodotto scalare sono ambienti astratti in cui si può definire un concetto di ortogonalità analogo a quello euclideo in IRn. Questo mette a disposizione un sistema di riferimento privilegiato in cui i calcoli sono particolarmentecomodi e semplici, un concetto di proiezioneortogonale che diventa strumento per approssimare un elemento generico di uno spazio vettoriale (che nelle applicazioniall'analisi è una funzione) mediante elementi di un particolare sottospazio (che nelle applicazioni sono funzioni di qualche tipo particolarmente semplice). In dimensione infinita, come abitualmente si è in analisi, l'ortogonalità da sola non basterebbe però a garantire il "buon funzionamento" di questo tipo di teoria: la validità della proprietà di completezza(nel senso degli spazi di Banach) è essenziale affmché si possano dimostrare teoremi significativamente simili a quelli
chevalgonoin Rn. Da questa sintesi di idee nasce il concetto di spazio di Hilbert, uno spazio di Banach in cui c'è un prodotto scalare e quindi un concetto di ortogonalità. L'esempio più naturale di spazio di Hilbert utile in analisi, in un certo senso prototipo di tutti gli altri, è lo spazio L2 (Q) delle funzioni a quadrato sommabile in qualche dominio O di R n. Perciò la teoria degli spazi di Hilbert, pur essendo di per sé una teoria astratta che utilizza solo i concetti propri degli spazi vettoriali normati, nelle sue applicazioniinteressanti ha bisogno della teoria della misura e dell'integrazionedi Lebesgue. E' una teoria che nasce quindi dall'incontro tra gli sviluppidell'analisi funzionale astratta e la teoria della misura moderna. A sua volta, l'applicazionedella teoria astratta degli spazi di Hilbert al contesto concreto dello spazio L 2 (Q) richiede, come vedremo, la conoscenza di particolari "sistemi ortonormali completi" di funzioni. Il sistema trigonometrico {sin nm,cos nm} classicamenteusato nell'analisi di Fourier è il primo fondamentaleesempio di sistemi di questo tipo. A seconda del problema in esame (problemi di approssimazione di funzioni in analisi armonica, problemi ai limiti per equazioni differenziali ordinarie o alle derivate parziali), occorre a volte cercare altri tipi di sistemi ortonormali completidi funzioni speciali, adattati in qualche senso al problema in esame. In questo capitolo passeremo in rassegna ad alcuni di questi sistemi di funzioni speciali, accennando ad alcune loro applicazioni a problemi ai limiti di interesse per la fisicamatematica e a problemi di approssimazionedi funzioni.
4.1. Spazi vettoriali con prodotto interno DEFINIZIONE 4.1. Sia V uno spazio vettoriale sul campoK (= R o C). Si (hce
che V è uno spazio vettoriale dotato di prodotto interno, o di prodotto scalare, o anche che V è uno spazio pre-HzIbertiano, se (oltre alle due operazioni proprie dello spazio vettoriale, cioè la somma di vettori e il prodotto tra un vettore e uno scalare) è
METODI Dl ORTOGONALITÀ 4. SPAZI Dl HILBERT,
108
chiamiamo definita una (terza) operazione, che con le seguenti proprietà: 1. lineare sulla prima componente:
(À:c+ VV,z) 2.a. se Y,
R
À (T, z) + V (y, z)
(caso che maggiormente
(y, x)
prodotto scalare o prodotto interno
VT, y, z € V,
considereremo
G X;
in seguito):
commutativo
V.T,y € V;
dove indica il coniugato nel campo complesso. Si noti che se IK = R dalla com_ mutatività segue anche la linearità sulla seconda componente, per cui in tal caso diciamo semplicemente che il prodotto scalare è bilineare; se invece IK= da 1 e 2.b segue
e si dice che il prodotto scalare complesso è sesquilineam. Notiamo anche che nel caso complessoessendo(x, x) (T, x), risulta (x, x) male per ogni C V, il chedà senso alla prossima richiesta. 9. Positività: ESEMPIO4.1. Sono spazi vettoriali con prodotto interno i seguenti: L Lo spazio R n col prodotto scalam
2. Lo spazio C n (su C) col prodottoscalam .TJY•• 3. Lo spazio R n col prodotto scalare
aij.T,yj
dove A = (aij
è una qualsiasimatrice simmetrica
4. Lo spazio c o [a, b] (funzioni
a valori reali) con
e definita positiva.
b
f (t) g (t) dt.
5. Lo spazio c o [a,b]
(funzioni a valori complessi) con b
6. Lo spazio L2 (Q)
surabile di R n con
f (t) g (t)dt. (funzioni a valori reali 0 complessi), sottoinsieme Q f (x) g (T)dc.
4.1. SPAZI VETTORIALI CON PRODOTTO
INTERNO
109
Questosarà l'esempio più importante nel seguito. Se le fun,zionihanno valori reali 0Üüiamentenon c'è bisognodi mettere il coniugatosopra g. 7. Lo spazio (2 delle successioni a:
quali si abbia
{.Tn}nm 1 a valori reali o complessi per le
< 00, col pmdotto scalare
Questoè in un certo senso l'analogo discreto dell'esempio 1.2 (Q), ed è l'analogo
infinito dimensionale
dello spazzo IRTI.
In tutto il seguito, per semplificarele notazioni e le dimostrazioni,tratteremo sempre spazi vettoriali su IR. Quello che diremo vale comunque anche per spazi complessi,con qualche modifica di notazione o nelle dimostrazioni. TEOREMA4.1. Sia V uno spazio pre-Hilbertiano. Allora: 1. Vale la disuguaglzanzadi Cauchy-Schwarz:
2. Ponendo si ottiene che Il'Il è una norma, che si dice "norma del prodotto interno". Si noti
che la disuguaglianza da Cauchy-Schwarzse rzscrive quindi (4.1) •Ilyll VT, y G V.
3. La norma del prodotto znterno soddisfal'uguaglianza del parallelogramma: 2
2
DIMOSTRAZIONE. Dimostriamo il teorema lavorando per semplicità con uno spaziopre-Hilbertiano reale. La dimostrazione di tutti i punti si basa sulle proprietà assiomatichedel prodotto interno. 1. Per ogni À e possiamo scrivere, per la positività del prodotto scalare: per la bilinearità del prodotto scalare per definizionedi norma del prodotto scalare Dunqueabbiamo
il che implica che il discriminante del trinomio di secondogrado in A sia S O,ossia So XII2 da cui (4.1).
METODI Dl ORTOGONALITÀ 4. SPAZI Dl HILBERT,
110
(x, a:) si ha, per la positività del prodotto scalare,la 2. Ponendo Illa:ll Vale l'omogeneità perché norma. della positività di proprietà IAI 11x11.
(AT, AT)
Vale la disuguaglianza triangolare prodotto scalare
(T,Œ) +2 (T,y) + (y, y)
2 + Y11 per la (4.1) +2
da cui
perché per definizione di norma e bilinearitàdel
+2 (x, y) + Ily112
0, cioè 2En
2 (n + * ) wh
mov 2
mw 2
mw
un si dicono "limiti classici" del sistema. Nel caso quantistico, tuttavia, fissato divenlivelloenergetico En, nessuno impedisce che la quantità (En —Lmw2T2) a ti negativa. Il grafico della densità di probabilità si estende oltre tali limiti, classici. significareche l'oscillatore armonico quantistico può superare i limiti
DEI POLINOMI ORTOGONALI APPLICAZIONI 5.
i grafici delle densità di probabilità mostrano dei figure y En parabola la Le le cui con sovrapposta L'area in 3), grigio sotto 2, 1, classici. 1a O, intersezioni curva della i limiti segnano sistema il si trovi che in l'asse uno densità con stato 1a probabilità
probabilitàindica proibito.
Tornandoall'equazionedi Schrôdinger, l'equazione in t è risolta da L'equazione in (T,t) ha quindi soluzioni a variabili separate 2
mov
—e h
Hn
e la soluzione dell'equazione di Schrôdinger con dato iniziale V'o(T) è data allorada una serie: rnw 2
h con
2
mov
—T h
h 00
mw
2
h
5.3, Equazione di Schrôdinger 5.3.1. Impostazione
, quindi mov ———zdz.
' di polinomi per l'atomo di idrogeno e
Laguerre
del problema. Consideriamo un atomo di idrogeno' costituitoda un elettrone di massa attorno me e carica elettrica —e che ruota
5,3. ATOMO DI
E POLINOMI Dl LAGUERIIE
107
supponiamo posto nell'origine. Vogliamo studiare il modeldi carica e che quantistica prevede meccanica dove si troverà l'elettrone. L'energia loconcui la elettrostatica dell'elettrone ò data (la otenziale 4TEop
è la costante di permettività del vuot02, e l'equazione di Schrodingerper
dove
la funzione
d'onda klJCc, y, z, t) dell'elettrone
è
112
ili—
'2me
+ VIP.
soluzioni a variabili separate in spazio e tempo, Cercando NIJ y, z, t)
(x, y, z) T (t) , 2
troviamo
2rnc
ili— (t)
da cui deduciamo che ogni membro dev'essere costante. Chiamiamo E questa costante,che ha le dimensioni di un'energia. L'equazione in T (t) è allora banale,
mentrel'equazione significativa è h2
2me
+
Eql„
cheaffrontiamoancora per separazione di variabili, dopo averla riscritta in coordinatesferiche. Utilizzando le notazioni introdotte nello studio del laplaciano in coordinatesferiche (5 5.1.3, le conclusioni di quella discussione ci saranno utili), l'equazionediventa 112
(92 u
2m
Op2
2
1
+ —iA p Op p
+ V (p) e
FAP
e cercando si ha
+ 2pR/) +
(V (p) - E) R
(p)
(p,19)
dacuiogni membro è costante, uguale a —À.L'equazione in Y, (p, 19)
è la stessache variabili il laplaabbiamo incontrato risolvendo per separazione di Ciano in coordinate sferiche, quindi possiamo trarre le stesse conclusioni. Si avrà À = I (l +1) , per 1=0, 1,2... Y (p, 0) 2
{Yl,m (P,
In altre parole, k = 1/4TEoè la costante di le lettere con cui denotavamo Peradeguarcialle gh indici notazioni standard sull'argomento callibiamo 3
interi.
5. APPLICAZIONI DEI POLINOMI ORTOGONALI
198
Yl,o (p, D) = PI (cos D) Yl,m(p, D) Pim (cos D) (a cos mp + b sin mp) cioè la parte angolaredella soluzioneè costituita dalle armoniche sferiche Consideriamoora l'equazione radiale: 2me 2 p2R// + 2pR/ -F —-p—p
e2
4TEop
+ E
per
Per semplificarlasi fanno vari passi, che qui mostriamo schematicamente 1. Eseguiamoanzitutto il cambio di variabili u (p) PR (p) che trasforma l'equazione in 1 (1 + 1)
e2
2me h2
4TEop
u.
2. Quindi si definisconole costanti 2
e2
4neoh2 mee2 = raggio di Bohr
e si esegue la sostituzione sulla
Eh
variabile indipendente:
Questo dà:
1/(1+1)
1
1
3. Ora bisogna distinguere il segno di IV. Nel seguito VV< 0, che dà soluzioni trattiamo soloil caso L2. Supponendo IV < 0, definiamo e riscaliamo la soluzione, ponendo Si trova: d2u
1(1+1)
2
1
4. Ora si vuole fare una
sostituzione opportuna una integrabile. Si che trasformi l'equazionein ragiona così. Per a: —+00 1'equazione è approssimata d'2u
la cui soluzione esatta
da
1
è U (X) = cle¯œ/2 + C2eœ/2
5,3.
di
soluzione etti la
POLINOMI 101 LAGUE1tJRE
accettabile
ò
() l'equazione ò approssilnat,a (la (I,aY2
il cui integrale generalo ò equazionedi Eulero, .1+1
di cui la
soluzione accettabile
è 1+1 = CIT
Si fa allora una sostituzione suggerita da queste due soluzioni approssimateper piccoloe a: grande: Conciò l'equazione diventa + (21+2 — x) f' + (v
1) f = 0 con v
1
5. Quest'equazione assomiglia all'equazione di Laguerre: + (1 —a:)y/ +
per a: C (0, +oc) ,
è in effetti un' equazione di Laguerre associata. Apriamo una parentesi.
5.3.2. Equazione e polinomi di Laguerre associati. Comeabbiamovisto
nel 54.7.1, l'equazione
(a;Q
+
= O per
C (0, +00)
(per qualche a > 0) si dice equazione di Lagueme associata. E' un problema di Sturm-Liouvillesingolare, gli autovalori sono gli stessi che per l'equazione di Laguerre,cioè À n con n 0, 1, 2, ... e le corrispondenti autofunzioni, ortogonali in L2 ((0, +00) , .T0 e ¯œ da:), sono date da:
T¯aeT n!
d:c n
e vengonodetti polinomi di Legendre associati. Per ogni a il sistema 149a) costituisceun s.o.n.c. in 1. 2 ((0, +00)
, ma e ¯ŒdT) .
Inoltre,per ogni n = 1, 2, 3... il polinomio Ln @) ha esattamente (0,
zeri distinti in
+00).
Nel seguito ci serviranno i polinomi di Legendre associati L!' ) (T) con a intero dispari;facciamo perciò qualche esempio di questo tipo. ESEMPIO5.4. I primi polinomi
L}: ) (T) }
sono
5. APPLICAZIONI DEI POLINOMI ORTOGONALI
200
cioè: a L(o ) (x)
1
0+2 x 2 14 a ) (X)
—x
0+3
3
(0+3)X2
(a +2)
(Q+ 1) (Q+2)
6
Ad esempio, per Q = I LS I) (x) LS
I ) (x)
LS I)(x) = 3.T 2 1
3
14 1) (x)
=
3 L2( ) (x)
143)(X)
3.r+3
G.r + 5x 2
as2
2.3
-----+ 3x2 6
15x + 20
+3)
5.3. ATOMO Dl IDROGENO E POLINOMI Dl LAGUERRE
201
6. Traiamo allora le conclusioni sull'equazione radiale che proviene dall'edi Schrôdingerper l'elettrone dell'atomo di idrogeno. quazione L'equazione + (21+2 — x) f/ + (v _ I
1) f
di Laguerre associata con a èun'equazione 1)
e autofunzioni
21 1
21+ 1; ha autovalori
-k
dk dx k
k!
1
0 con v
—(21+1) + k —T
Laprimarelazione significa che 1
1+1 + k 1
e2
1
2
Invecedi usare come indici interi l, k formule,porre ora
e
4TE0h
è comodo, per semplificare certe
0, 1, 2, .
n=l+l+k,
quindiora i due indici che usiamo sono 1=0, 1,2, ... o viceversa
n = 1+1,1+2,
Conqueste notazioni i livelli energetici possibili sono: 1 2712
me
2
e2 4ffEOÏi
2
5.
DEI POLINOMI APPLICAZIONI
202
ORTOGONALI
2
2
Il livello
minimo è
1
ora procediamo radiali le soluzioni (p) Per scrivere u (p) PR
ao
a ritroso; poiché
4T80h mee2
2 -211' 31+1 e—Œ/2f
Ln -1-1 si ha: 1+1
T/2L(21+1)
nao
Rn,l (p)
-
2p nao
con n = 1, 2, 3,
Infine, funzioni d'onda stazionarie sono (p, p, 1)) Rn,l (p) PI (cos D) (p, p, 0) = Rn,l (p) Pt (cos q))cos (mç)
(p, q, 0) Rn,l (p) P" (cos 0) sin (mç) con n = 1,2, 3, che vanno poi normalizzate.
dicono 5.3.3. Orbitali atomici. Le funzioni d'onda che abbiamo scritto si re-
una orbitali atomici. Ricordiamo che l'integrale del loro modulo al quadrato su regione gione dello spazio rappresenta la probabilità che l'elettrone si trovi in quella dello spazio. Gli indici b, l, m hanno il seguente significato fisico. Il numero n si dice numero quantico principale. Definisce l'energia dell'elettrone, che vale 1
2
4TEoh
2
Il numero I si dice numero quantico del momento angolare, e il momento la caso golareorbitale vale I (l + l)h, in particolare è nullo se I 0, e in questo funzioned'onda ha simmetria radiale (è indipendente da 0, (+0).
5.3. ATOMO Dl IDROGENO E POLINOMIDl LAGCERRE
m si dice numero quantico magnetico. Il numero vengono indicati
203
con il primo numero quantico seguito da una lettera
Gliorbitali
012345 2p significa che n Adesempioorbitale
2eI
Esaminiamo prima il sigzlificato della componente radiale degli orbitali.
5.5. Scriviamo esplicitamente le prime ESEMPIO funzioni
RI,O(p)
radiali.
ao 2aoL (1) p
R2,0(p) R2,1 (p)
3ao L
R3,0 (p) R3,1 (p) —
R3,2 (p)
3ao
3aoL
3ao 3ao 3co
300
3ao
La densità di probabilità che l'elettrone si trovi a distanza p dal nucleo (indipendentementedalla direzione) è proporzionale a p2Rn.l (p) . Perciò può essere svnificativovisualizzare i grafici di queste funzioni. Rappresentiamole,ponendoper semplicitàao
1
p 2 Rl,0 (p)
2
p2R2,0 (p) p2R2,1 (p) 2 p2 R3,0 (p) 2
p2R3,1 (p) p2R3,2 (p) 2
p2e—p( —p+
POLINOMI ORTOGONALI 5. APPLÏCAZIONIDEI
204
di Graficodella densità di probabilità nei primi orbitali:
trovare l'elettrone a
p
0.08
ooz 10
Is
10
15
3s
Esaminiamo ora il significato della componente angolare degli orbitali
ESEMPIO5.6. Scriviamo esplicitamente le prime funzioni angolari. S in realtà delle armoniche sferiche che già conosciamo. Pern
1, cioè l'orbitale IS, la funzione
angolare
è costante:
la funzione
è a simmetria sferica. Per n 2 si può avere: I 0, m 0 (orbitale2s), che ha ancorafunzione angolare costante. I
1, m
0; I = 1, m
1 (orbitali 2p): PI (COSV)
3 —cos 2
PII (COSV) COS
3 —sin 2
cos
PII (cos D) sin
3 —sin
sin
2
(quindi gli orbitali 2p sono di tre tipi). Gli orbitali 2p sono perciò i più ad avere una parte angolare significativa. Il quadrato di questa funzione è pmporzionale alla densità di probabilità di trovare l'elettrone (non importa a distanza dal nucleo ma) nella direzione individuata dagli angoli q). Una alizzazionedi una funzione co, che cioè rappresentala f@, p) può essere ottenuta con un diagmmma superficiep = f@, ç) , ossia la superficie di
f) sin Y = f 09, V) sin
z = f 09, p) coso.
cos sin
q
5.3. ATOMO
Dl IDROGENO E POLINOMI Dl LAGUERRE
205
analogo a quello di curva in forma polare nel concetto piano. La un di nel senso che i punti della superficiepiù funzione la 0 meno visualizza rappresentano le direzioni in cut la funzione è maggiore dall'ongine o lontani
minore. 1
sfenci degli orbitall 21)sono perciò:
(esimiligli altri due, orientati ('lascuno secondo un asse) Per n 3 si può avere: I = 0,m = O (orbitale 3s), che ha ancora funzione angolare costante, oppure 1,m = 0; m = 1 (orbitali 3p);
= 0; m = 1;m = 2 (orbitali 3d):
1
5
2
2
P,} (cos t)) cos
— —3
5
cos 7)sin Q)COSç
P,} (cos V) sin
3
5
cos sin t) sin ç
p; (cos t)) cos 2ç
3
P2 (cos 19)
p; (cos 19)sin 2ç
(3 cos 2 19— 1)
sin 2 19cos 2ç 3 sin2
sin 2ç
DEI POLINOMI ORTOGONALI 5. APPLICAZIONI
206
orbitali 3d sono i seguenti degli sferici I grafici
0.5
05
0.1
0 00
0.0
0.1
0.5
0.1
e gli altri 3 sono simili al secondo, diversamente orientati. Orbitali f si hanno ad esempio per n 4, I 3, m 0, 1, 2, 3:
(cos O) P31 (cos V) cos
7
3
2
2
coso + —cos
3+ — 15 COS
7
—sin 2
1>3 1 (cos 29)sin ç
2
3 + 15
7 sin
29
2
72
P32 (cos l)) cos 29
15
cos
7
—sin D cos 2
1>3 2 (cos V) sin 29 P33 (cos V) cos 39
P33 (cos 0) sin 39
cos 2ç
7
15 —sin V cos sin 2ç 2 7 —15 sin 3 09cos 39 2 7
—15 sin3 sin 3ç 2
COSç sinç
5.3. ATOMO Dl
II
grafico
sferg
IDROGENO E POLINOMI Dl LAGUERRE
207
della prima di queste funzioni ê il seguente
orbitali, comprensive Di seguito raccogliamo le espressioni esplicite dei primi dellacorrettacostante di normalizzazione . 1/2
1 Is
2s
Itao3 v —
2p
3s
1/2
1
1
1
1/2
1
4 1
277a?)
2
cos (9
(2pz)
sin 0 COSO
(21)T)
sin 0 sino
(2py)
1/2
1
1
1
e
3
(3pz) sin 0 cos (Í) (3px) sin 0 sin (Í) (3py) cos 0
2
1/2
—T/3ao
ao
1/2
27-ra¿
1
ao
re —r/2ao
3ma¿
3p a/)
—r/ 2ao
2
3 '277010
—T/3ao
3ao
2 —r/3ao
81 6naa
(3dz2) (3 cos 2 0 —1) d) (3dzx) '20 sin 0 cos 0 cos (3dzy) sin 0 cos 0 sin vã sin 2 0 cos 24) 24 sin 2 0 sin
4
(3dx2-y2) (3dxy)
ê II valore della costante ao (raggio di Bohr) che compare ncllc formule
ao
4TEoh2/mee
2
52.9pm.
5. APPLICAZIONI 20.s
DEI POLINOMI ORTOGONALI
dell'equazione di Schrôdinger. Ricordiamo Soluzioni 5.3.4. dell'equazione di Schrôdinger separate
soluzionea
si
per il fattore candole precedenti
-01
corrispondente al livello n corrispondente. energia En con dell'equazione di
Ad esempio,la soluzione al lil?llo energeticominimo n corrispondente (t, p, q, z))
Schrôdinger a vari 1 è (trascurando la
e rrm
5.3.5.Calcolidettagliati per la risoluzione dell'e quazione
portiamoi passaggidi calcoloche giustificano le conclusioni citate inradiale (55.3.1) nella deduzione delle soluzioni dell'equazione radiale.
precedenza
Passo 1. Calcoli:
p
p3
che sostituendo danno
2 u" (p)
2u' (p)
2u (p)
2
2me 2
+ 2p
p3
p
p2
477Eop
2u (p) 2me
2
+ E u (p) = 477Eop 1(1+1) 2me
2
+ E u (p) 477Eop
+ 1) 192
I (l + 1) Passo 2
Calcoli:
2rne
2 477Eop
47Eop 2 mee2 2me
pao
2me h2 me
e2 477E0h
2
Dl IDROGENOE POLINOMIDl LAGUERRE 5.3. ATOMO
21
2
p2
21
2
-flV
p2
du
du dp
(aoy)
dy d2u
u
dy
du — (aoy) 1 dp ¯ dy
(aoy)
dp2 1
I (1+1)
(aoy)
21
(aoy)
u (aoy)
2ao
u (aoy)
p2
2
(aoy) 1
2
p2
(aoy)
——u 2
2
211' u (aoy) 2
—
u(aoy)
72
11(1+1)
1
2
2
Passo3. Calcoli:
i)
d dy
CLT
1
2 1 2d2u
da:2 d2u
B)
1 21 (1+1)
3) I (1+1)
21/1/7
2
d2u
2
2
Passo4. Calcoli:
e—T/2
1+1 /
1
1+1
2
e—T/2 1+1f +2 (1+1) Cif/ + (1+1) IŒI If 1
1
1+1 /
I (1+1) a; 2
2
1 1+1 / 2
209
210
5. APPLICAZIONI DEI POLINOMI ORTOGONALI
—x/2 Tl+lf// + [2 (l + 1)
—a;1+1]f' + (1 + 1) .TI+I e—œ/2
:Ù2f/' + [2 (l + 1) a: —
+ (1+1) 1—
f/ 1
4
f=o + (21+ 2 — f/ + ma
perciò
+ (21+ 2
o.
CAPITOLO 6
Teoria delle funzioni derivabili di variabile complessa 6.1. Generalità su funzioni complesse di variabile complessa Questaparte del corso si occupa della teoria delle funzionicomplessedi variabilecomplessa,derivabili. Si tratta di una teoria che è nata e si è sviluppata, almenonei suoi risultati fondamentali, nel 190 secolo, ad opera di vari matematici tra cui spiccano i nomi di Cauchy, Weierstrass, Riemann. Come vedremo, è una
teoriamolto ricca, in cui a partire da definizioni estremamente naturali si arriva a conclusionitalvolta molto diverse da quelle a cui il calcolo differenziale in una o piùvariabilireali ci hanno abituato. Tutto questo grazie alla particolare struttura del campo complesso. La teoria ha molte applicazioni, alcune delle quali saranno illustratenel seguito del corso.
6.1.1. Il piano complesso. Cominciamo quindi a richiamare alcuni fatti di basesui numeri complessi, ben noti dal corso di analisi matematica 1 1 Indicheremocon C il campo dei numeri complessie utilizzeremola scrittura deinumeri complessi in forma algebrica, trigonometrica, esponenziale. Se z C C scriveremodunque in forma algebrica z =
iy con T, y C R,
oppurein forma trigonometrica z
p (cos O + i sin 9) con
œ2+ y2
O
0 (modulo)
argz (argomento).
L'argomentodi z (angolo) è determinato a meno di multipli di 2T', per avere unaconvenzioneunivoca chiameremo argomento principale di z (purché z # 0), e indicheremocon Arg z (con la maiuscola), l'unico angolo
Argz = 0C (—T,T] Percui risulta z p (cos 0 + i sin 0) con p > 0. La forma esponenziale è infine z
pe te
dovep e Ohanno lo stesso trigonometrica. significato che nella forma 1
v. ad es. [6, Cap. 1 58]
212
6. TEORIA DELLE
FUNZIONI DERIVABILI Dl VARIABILE
COMPLESSA
De Aloivre per il modulo e argomento Ricordiamole formule di o della potenza di un numero complesso: complessi numeri due IZII• Z21
I Z I • QI
arg (ZI • z2) — arg ZI + arg z2
arg (Zn )
n arg z.
Indichiamoil complessoconiugato di z con In altre parole, arg (E)
—arg z.
Ricordiamoche tra numeri complessi non esiste un ordinamento. Adesempio. non hanno senso relazioni come z < 1 + 2i, mentre hanno senso relazioni Izl> 3 e %< argz < T, perché Izl e argz sono numeri reali. Ricordiamoanche, riguardo ai moduli dei numeri complessi,le disuguaglunz triangolari:
IZI ±Z21
IZII + IZ21
IZI ±Z21
IZII
12 21 .
Certi sottoinsiemi del campo complesso si utilizzano spesso (ad esempio.corne insieme di definizione di una funzione o insieme in cui una certa funzionehacerte proprietà), ed è comodo avere dei simboli per indicarli sinteticamente. Indicheremo con
C* il piano complesso privato dell'origine:
C** il piano complesso privato della semiretta reale negativa:
6.1.2. Funzioni complesse di
plessa di variabile complessa,
con A g C può essere scritta, con
variabile complessa. Una funzione
separando parte reale e immaginaria,
f (z) = f (a:+ iy)
u (T, y) + iv (c, y)
(qui stiamo facendo sottoinsiO? un piccolo abuso di di C che come linguaggio, vedendo A sia come sottoinsieme di IR2). Quindi: assegnare
una funzione a cd complessa di variabile complessa è equivalente segnaredue funzioni equivalente reali di due variabili reali, o se vogliamoè assegnare una funzione da IR2 a R 2.
sr FUNZIONI COMPLESSE 6_1.GENERALITÀ Dl VARIABILE COMPLESSA
La funzione complessa di variabile ESEMPIO 6.1. cornplessa
213
2
ò essere
riscritta:
f (z)
—y2) + 2zyi =
f (c + iy)
+
con
V (T, y) = 2T7J
da 12funzioni
a R) o se vogliamo
da 22 a 22. c:oèuncfunzione ESEMPIO6.2. La funzione complesso di variabile cornplessa si può riscrivere così: z-+iv
—
e: (cos y + i sin y) =
e z cos T + ier sin y,
quindi
f (T + iy) = u (.T,y) + iv (T, y) u (T, y) = ex cosa:
= e sinz. Poiché nel corso di analisi matematica 2 abbiamo imparato quello che c'è da saperesul calcolo differenziale per le funzioni da 2 2 a R o da 2 2 a 2 2, sembrerebbe cheil calcolo differenziale per funzioni da C a C non dovesseintrodurre niente di nUOVO. Invece non è cosi, perché nel campo complessosono definitepiù operazioni di quelleche solitamente eseguiamo in 2 2: mentre la somma di numeri complessi corrispondeesattamente alla somma di vettori nel piano, il prodotto e il quoziente dinumericomplessi non hanno un analogo per i vettori del piano . Questa struttura aggiuntivadi C rispetto ad 22 è la fonte di fenomeninuovi.
6.1.3. Topologia e limiti di funzioni. La topologianel pianocomplesso è
(cioèle nozioni di insieme aperto, chiuso, convergenza di una successione,ecc.)
base semplicemente la topologia del piano (studiata in analisi matematica 2). Alla di tutto ci sono gli "intorni circolari"'
Br (zo) {z GC: Iz —zol< r} . 2
un numero Si riflet.tasul fatto che mentre il prodotto di due numericomplessiè ancora un numero vettore del piano ma
il prodotto scalare di due vettori del piano non è un piano (vive e il prodotto vettoriale di due vettori del piano è si un vettore, ma non di quel di numeri complessinon prodotto nellospazio,in una il Quindi direzione ortogonale al piano). quoziente di due un analogo tra le usuali operazioni coi vettori del piano. Tanto meno 10ha il numeri complessi.
214
FUNZIONI 6. TEORIA DELLE
DERIVABILI DI VARIABILE COMPLESSA
zol ha il significato geometrico di distanza Iz scrittura Ricordiamoche la A volte ci serviranno gli "intorni bucati" zo. z, punti i piano complesso,tra indicheremo con
Iz—zol< r}
{z CC;
che
privato del suo centro). cerchio, un di l'interno (cioè definisconoa partire dagli intorni circolari. si topologiche Le nozioni A C C si dice aperto se per ogni zo € A esiste insieme un esempio, Ad (zo) C A, chiuso se il suo complementare è un aperto.url Br circolare intorno suo per la definizionedi internoSi n) 3 IR in (topologia 2 analisi rimanda a un testo di un insieme, frontiera OA di un insieme, e le proprietà di A chiusura insieme, di un di base di questi concetti. anche in modo naturale la nozione di Mediantegli intorni circolari definiamo complessa: variabile di complessa limite per una funzione 6.1 (Limite finito al finito). Sia A g C un insieme aperto,zo DEFINIZIONE Si dice che
lim f(z) = Àcc (zo) n A implica f (z) C BE (À), ossia
se per ogniE > 0 esiste > 0 tale che z C se: VE > ()Bô > 0: z C A, 0
R} in f (A)-
{Izl < R}:
z
Si noti che f è l'inversa di se stessa: w R2/z va trasformato mediante f ¯l . Poiché arg (1/ z)
h z R2/w. Il dato al bordo arg (z) , si ha
I coefficientidi Fourier di g saranno: g@) cos(no) ch9
h (—0) cos (nD) CID
h@) cos (—m9)da) bi
g@) sin
d?)
h@) sin(—m9) dl)
h (—29) sin
1
quindi la soluzione del problema trasformato è 00 h u (p, 19)= a; (ahn cos
h
cos (no )
h@)
h @)
sin
— bhnsin
CIO
bhn
CID
.
6.4. SERIE Dl POTENZE NEL CAMPO COMPLESSO
(f (p, dobbiamoporm U (p, 19) '11,
'243
Poiché in, coordinate polari, la J' si scrive cioè
=
p
arg (f (p, 'D))
si ha (10
(a;l cos (TED)—
2
2
p
cos (né))+ b;i sin
sin ( —n,'D))
)
formularisolutiva per il problema di Dirichlet esterno sul cerchio. Data l'utilità applicativa di saper risolvere esplicitamente il problema di Diriclllet su svariati domini del piano, si ò sviluppata nei decenni la ricerca di un "atlante di mappe conformi" che portino il (torchioo il semipiano in vari domini. Si veda
ad es. [19]. Per una trattazione più contenuta, ma ricca di esempisignificativie applicazioni, si vedano [20, Chaps. 17, 18], [29, [j?i52-55].Ad esempio, sono note le mappe conformi che trasformano il cerchio in un poligono assegnato (anche se
questemappe non hanno una scrittura elementare ma coinvolgonofunzioniintegrali), perciò esistono formule esatte (teoricamente) per la risoluzione del problema di Dirichlet sui poligoni. Accanto a questi risultati "concreti" e specifici,esiste poi un risultato generale
astratto, che mostra come il problema della ricerca di una mappa conformesia teoricamente sempre risolubile:
TEOREMA 6.6 (della mappa di Riemann). Data un qualsiasi apefl,osemplice-
menteconnesso O del piano complesso che non sia tutto C, e dato un punto zo C O, esisteuna mappa conforme di Q nel disco unitario {Izl < 1}, biunivoca. Tale mappa è unica sotto le condizioni di normalizzazione: f (zo) O e f/ (zo) reale positivo.
Per una dimostrazione si veda [1, Chap.(j].
6.4. Serie di potenze nel campo complesso insieme L'utilizzo delle serie di potenze è uno dei due strumenti fondamentali, studio seguito, nello all'integrale di linea nel campo complesso, di cui parleremo in questi due delleproprietà delle funzioni olomorfe. Anzi, è dall'utilizzo congiuntodi funzioni teoria delle Strumentiche si potranno ottenere i risultati fondamentali della sulle di variabile complessa. Cominciamo quindi a introdurre le idee fondamentali serie di potenze.
6.4.1. Generalità sulle serie di potenze nel campo
complesso.
centro zo C C una serie di di potenze di serie DEFINIZIONE 6.20. Si dice funzioni (nella variabile complessa z) del tipo (6.13)
zop an (z —-
dovei coefficientian sono assegnati numeri complessi,
6.
246
FUNZIONI TEORIA DELLE
Al solito,
DERIVABILI
Dl VA RIABILE
serie converge per un, la che diremo
finito
lim
(z
zo)
valore di z
k
Abel). Se la serie (6.13) converge in un certo (di 6.7 Punto TEOREMA totalmente in Br (zo) per ogni r < (w
z ol .
converge zo) allora
22
Si veda la figura: se sappiamo che la serio di potenze convergo in w, deduciamo che convergetotalmente in ogni cerchio del tipo di quello tratteggiato. Ad esempio, certamente convergerà nei punti , z2, 23. DIMOSTRAZIONE. Sia r < Iw —zol e z C Br (20), quindi z ¯ zo + peloper qualchep r e qualche O. Allora zo)n
(w —zo)n
W -- zo
Poichéla serie an -—zo)n converge, in particolare il suo terminegenerale an (tv —zo)n tende a zero( per n successioneè limitata: oc; in particolare questa ossia esiste K > 0 tale che
Ian (w — Dunque
Ian(z zo)nll K z dovela costante ô
K
VT).
zo -—zol
e
è una serie nella trica convergente, (0, 1) perché r < Iw zol. Poiché questo significa che totalmente la serie di partenza converge regione Br (zo) considerata.
6.4. SERIE Dl POTENZE NEL CAMPO COMPLESSO
247
Chiediamociquindi com'è fatto l'insieme dei punti in cui una serie di potenze
converge. La serie (6.13) certamente converge nel punto z
zo (con somma (lo).
Sia
converge
Se C # {zo} (cioè se la serie di potenze converge in qualche punto diverso dal centro), per il teorema precedente possiamo dire
lu,-zol). Poniamo
R = sup {p > 0 :
€ C con Iw —zol
p} .
Allora
Iz —zol < R
z —zol > R
la serie converge in z la serie non converge in z.
6.21 (Raggio di convergenza). Il numero R definito come sopra DEFINIZIONE si dice raggio di convergenza della serie. Se R 00 diremo che la serie di potenze ha raggio di convergenza infinito (la serie converge in tutto il piano complesso). Se la serie converge
soltanto
in z
zo diremo
che il raggio di convergenza
è R
0.
Si dice cerchio di convergenza il cerchio B (zo, R).
Con questa terminologia, la discussione precedente e il teorema di Abel si possono sintetizzare così:
COROLLARIO 6.1 (Proprietà del cerchio di convergenza). Data una serie di potenzedi centro zo e raggio di convergenza R > 0, allora: all'interno del cerchio di convergenzala serie converge; in qualsiasi cerchio B
(zo, r) con r < R
la serie converge
totalmente
e uniforme-
mente;
all'esterno15 del cerchio di convergenza la serie non converge; nei punti sul bordo del cerchio di convergenza,la serie può convergereo non convergere.
L'ultima affermazioneè illustrata dal seguente: 00 z ha raggio di convergenza R 1 (come ESEMPIO 6.30. La serie potremodimostrare in base ai prossimi risultati). Sulla circonferenza del cerchio di } (armonica) diverge convergenzatroviamo ad esempio z 1 in cui la serie —1in cui la serie E 00 converge(per il criterio di Leibniz). Esistono vari risultati che riguardano la convergenza o meno delle serie di poten-
ze sui punti del bordo del cerchio, ma nel seguito non ci interesserà questo tipo di analisi.
Il problema importante, invece, a questo punto, è capire come si calcola il raggio
di convergenzaa partire dai coefficienti. Cominciamoda un risultato parziale ma molto utile che va in questa direzione. Qui il termine "esterno" va inteso nel senso della topologia, cioè significa Iz —zol > R. La Circonferenzadel al cerchio, anche se non cerchio di convergenza, Iz —zol = R, non è esterna appartiene 15
al cerchio.
248
6, TEORIA
DERIVABILI DELLE FUNZIONI
DI VARIABILE COMPLESSA
del raggio di convergenza (Calcolo 6.8 TEOREMA
potenze amo la serie di
2 0)
(Z
dai coefficienti).
n
finito o infinito, il limite: esista, che e supponiamo
n lim00
IanI = L
oppure il limite (b)
lim
che i coefficienti (il che presuppone,in particolare, è L € [0, +001 . da zero). Si noti che per definizione è Allorail raggio di convergenzadella serie 1 se L G (0, + 00) o R 00 se L O.
siano tutti diversi
del La dimostrazionedi questo teorema assomiglia molto alla dimostrazione criterio della radice (caso (a)) e del criterio del rapporto (caso (b)) studiatiin analisi 1 per le serie a termini positivi. Si osservi che anche se an C C, Ianlè reale e non negativo.
DIMOSTRAZIONE. Per brevità, proviamo solo il punto (a), e solo nel casoL C (0,+00). Per definizionedi raggio di convergenza, occore quindi mostrare che converge, e z —zol > —
(z —zo)n non converge.
Supponiamoprima Iz —zol < L. Allora esiste E > 0 per cui è anche (6.14)
z— zol
0 tale che24 Br* (zo) non contiene. zeridif'
In altre parole: gli zeri di una funzione olomorfa (non identicamente nulla)sono isolati.
DIMOSTRAZIONE. Sia BTO(zo) C A, allora poiché f è olomorfa in A è sviliilY pabilein serie di potenze di centro zo e raggio almeno ro, scriviamo (6.30)
f (z )
(z —zo) n per ogni z C BTO(zo) .
esisterà Poichéf (zo)= 0 si ha ao 0. Se f non è identicamente nulla in Bro allora il minimo N ' per cui # 0, e possiamo riscrivere, per ogni z C Bro(20) f (z)
an (z — zo)n
(z -— zo)N 24
Si ricordi che
(a) indica il
an+N
(z — 74))n
(z — zo)N
g (z)
cerchio bucato (cioè privato (Ici centro).
('.r„ IN"' LC,IC
(Z
(love(1(:) part
NEI,
ijj
icolare,
(li perninllenza
(Iel segno
T' C
(2,0)
/ (j; in
per il teorerrja
'Co) fMilo
ristllttl (Z) /
percllé(z
per z C
vo) si annulla solo in "o O(z) /
Questo (lilliostma che esiste T' > () tal/' cli(',
in ( 0)
(zo) i,
(zo), zori (li f, a rneno
30
cerchio (31) C A. Procedendo cosi, A A cerchiodopo l'altro con cerchi in cui f ò
possiamo invadere nulla (v. figura),
Il teorema precedente ha la seguente importante conseguenza: TEOREMA 6.22 (Principio di indcntità delle funzioni analitiche). Siano f, g
due funzioni olomorfe
in un
apefl,o connesso
A.
Se l'insieme dei punti di A
f (z) = g (z) contieneuna successionedi punti convergentein A, allora f tuttoA.
in cui
g in
Spieghiamopiù esplicitamente le ipotesi del teorema. Se C è l'insieme in cui g, dire che questo contiene una successione di punti convergente in A significa:
1. chef (z) = g (z) in infiniti punti; 2. che questi punti non sono isolati, ma tra essi vi è almeno una successione
convergente
in A.
Ad esempio, la funzione sin z si annulla negli infiniti punti kT, isolati, e difatti sinz non è identicamente nulla. Se invece una funzione olomorfasi annullassein tutti i punti l/k, sarebbe necessariamente identicamentenulla,
284
DERIVABILI 6. TEORIA DELLE FUNZIONI
Dl VARIABILE COMPLESsA
quando f g in tutti i punti di Una tipica applicazionedel teorema si ha una reale. Qualsiasi l'asse esempio ad arco retta, una di di curva del piano, o curva convergenti. successioni contenente infinito continuo è un insieme DIMOSTRAZIONE.Sia
per ipotesi esiste una successione{Zn} C C tale che Zn —+a G A. Poiché f (Zn) g (Zn) e f e g sono funzionicontinue,passando al limite per n —+00 si ha che f (a) g (a), cioè anche a G C. Si osservi ora che C si può vedere come l'insieme degli zeri della funzioneanalitica f (z) —g (z), e per quanto appena dimostrato
a è uno zero non isolato di f —g. Dunque per il teorema precedente, f identicamentenulla in A, ossia f g in tutto A.
COROLLARIO6.4. Le funzioni trascendenti elementari ez, sin z, cos z, Sh z, Cliz
sono le unichefunzioni olomorfein tutto C che coincidono per z funzioni reali di variabile reale che portano lo stesso nome.
.T G R conle
DIMOSTRAZIONE. Ad esempio, se esistessero due diverse funzioni fl,f2 010-
morfe in tutto C che coincidono con ex per z
a; G R, poiché R contiene successioni
convergentisi avrebbe fl f2 in tutto C, per il teorema precedente. Dunque esiste al più una funzione olomorfa in tutto C che coincide con ex per z = a; G IR,e questa dev'essere ex, che ha questa proprietà. Lo stesso argomento si applica alle altre
funzioni.
Il principiodi identità può essere usato per dimostrare che certe identità che
valgono per
reale valgono anche per
complesso, ad esempio:
PROPOSIZIONE 6.19. Per ogni z G C si ha: sin z + cos z
1
DIMOSTRAZIONE. Basta considerare le funzioni fl (Z) h
(z)
sin z + cos z —1 Ch 2 z-
(1 +
z) .
Entrambesono olomorfein tutto C e si annullanoper ogni z G R, quindiper il principio di
identità delle funzioni olomorfe anche per ogni z € C. Interessante anche se meno immediata (perché coinvolge funzioni di due variabili complesse) è la seguente:
PROPOSIZIONE
6.20. Per ogni ZI,Z2 e C
è e Z1+ Z2 = eZ1 eZ2
DIMOSTRAZIONE. Fissiamo z2 G C e consideriamo le funzioni:
= ez+Z2. Poiché sono funzioniintere, se dimostriamo che G R, per il coincidono per z principio di identità per le funzioni analitiche coincideranno Quindi la tesi è ricondotta a anche per z complesS0• mostrare che per ogni € R e z2 G C risulta (6,31) ex +22
6.6.PUNTI SINGOLARI Dl UNA FUNZIONE OLOMORFA E TEOREMA DEI RESIDUI 285
Fissiamo a:
G IR e consideriamo
91 (z)
per z
y C R coincidono, per la proprietà degli esponenziali reali. Dunque, funzioni intere, per il principio
di identità per le funzioni poichésono analitiche per z complesso, ossia vale la (6.31), e anche coincideranno quindi la tesi.
6.6. punti singolari di una funzione olomorfa e teorema dei residui Facciamoil punto sulla teoria delle funzioni di variabile complessa fin qui sviluppata.Dopo aver studiato le prime proprietà delle funzioni olomorfe in un aperto di C,tramite l'uso dell'integrale di linea (teoremi integrali di Cauchy) e delle tecniche
di seriedi potenze, abbiamo stabilito l'analiticità delle funzioni olomorfe. Oltre a costituirein sé un risultato fondamentale (ogni funzione complessadi variabile complessa,se è derivabile una volta in un aperto è derivabile infinite volte), questo teoremaha offerto uno strumento in più (la sviluppabilità in serie di potenze) per studiareulteriori proprietà delle funzioni olomorfe, come il principio di identità dellefunzioni analitiche, il teorema di Liouville, ecc. Ci occuperemo ora delle funzioniche sono olomorfe in un aperto, ad eccezionedi alcuni punti di singolarità, in cui la funzione non è definita né prolungabile con continuità. Si tratta di una generalizzazionenaturale: le funzioni razionali (quozienti di polinomi), ad esempio, rientranoin questa categoria di funzioni. Vedremo che per queste funzioni la teoria precedentepuò essere in un certo senso generalizzata: così come una funzione olomorfain un disco Br (zo) è sviluppabile in serie di potenze di centro 20, una funzione olomorfain Br*(zo) ma avente in zo un punto di singolarità, potrà essere sviluppata in una serie bilatera di centro zo, cioè una serie di potenze (z —zo)n con n intero positivoo negativo. Di nuovo, questo fatto costituirà a sua volta lo strumento per
dimostrarealtre proprietà, che riguardano il calcolo di integrali nel campo complesso(teoremi dei residui), e che aggiunte ai teoremi integrali di Cauchy rendono la teoria dell'integrazione nel campo complesso uno strumento veramente potente, checome si vedrà successivamente nel corso è utile in particolare per la teoria delle trasformateintegrali. Proprio grazie ai metodi di analisi complessa,infatti, si può
spessocalcolareagevolmente la trasformata o antitrasformata di Fourier di una funzionef : —+R, l'antitrasformata di Laplace, e altri integrali che si incontrano nellamatematica teorica o applicata, e che con i metodi elementari incontrati nei corsidi analisi matematica 1 e 2 non sarebbero trattabili.
6.6.1. Sviluppi in serie bilatere.
Introduciamo lo strumento che sarà fon-
(lamentaleper studiare i punti di singolarità di una funzioneolomorfa,ossia gli sviluppiin serie bilatere. Definiamo prima una classe di insiemi che d'ora in poi ci
serviranno spesso.
DEFINIZIONE 6.27 (Corona circolare). Fissati a C C e 0 definiamola corona circolare di centro a e raggi RI, R2 così:
RI < R.2
CRI,R2 (a) Notiamo che:
se O < Ri < R2 < +00 1'insieme CRI della geometria elementare;
(a) è una corona circolare nel senso
coiljeigIC'col eerellio SO
set
se 0 •
( ) coinci(le col piano privalo
s.
(i,2S (Serie bilatora), SI
serio cli
dove
{en
(t, (C) (9
una serte del ttpo:
}n -
cottretve
che
serio l)ilnt01'11(di
successione
C
un certo punto
assennata
di coel.liei('ll/i.
che
la serie
stgnt/ìctl che convt'tvono separa/anten,/e le (l'Ite
una serie dl poten:e stand(llül, e si dice anche parte regolare della serie
bilatera, e
-l
che 'una particolutv serie dl funzioni, ptvctsatnen/e una serie di potenze Oliere negative, e si dice anche parto singolare, o parte caratteristica, della serie La successione coetfieienti nulli, in serie di potenze.
neZ
—
se
TEOREMA6.23 (Sviluppo in serio di Laurent in una corona). Fissali a, C (Ce 0 RI < S 400, sia f una funzione olomorfa nella corona (a) Allont si può sviluppam f in serie bilatera —- a
per ogni z C CRI
(a) , con
1
per n C Z e RI < r < 112
2;ri
e la serie convetve totabnente in ogni corona CRI (a) con III < RI < 1112 < L'espressione dei coefficienti significa che i Cn si possono calcolare integrando indifferentemente su qualsiasi circonferenza (a,) intermedia tra i due bordi della corona (sono tutti circuiti equivalenti rispetto alla funzione nel senso del Teorema 6.14). DIMOSTRAZIONE. Fissato : C CRI valga Considoriamo una successione di circuiti e —...+ O tende a
(a), scegliamo due numeri
,
per cui
regolari a tratti come in figura, che per
(a) U ( —IPI (a)) U IU (—1) ,
6.6. PUNTI SINGOLARI DI UNA FUNZIONE OLOMORFA E TEOREMA DEI RESIDUI 287 con
I segmentoorizzontale come in figura. CRI,R2 (a)
PI
La funzione f ô olomorfa nella corona CR)
(a) che contiene ľinterno del circuito
le, quindiper la prima formuła integrale di Cauchy si puô scrivere 1
dw.
2Ti
Per z fissato e € —40, per le proprietâ di approssimazione uniforme degli integrali si elidono) (Teorema6.11 (b)) si ottiene (poichó gli integrali su 1
1
(6.32)
dw.
27Ti
2Ti A/P2(a)
Trattiamo ora separatamente i due integrali, sviluppando ił nucleo to—z'per z (a) o w G (a). fissatoe w variabile, in due modi diversi a seconda che w G > Iz —al . Scriviamo allora (come nella 1. Per w G (a) si ha Iw —al dimostrazionedel teorema di analiticitâ delle funzioni olomorfe): 1
1
1
1
1
tv—a
totalmente e uniformementeper < 1, perciô la serie converge (a) . Si puô dunque scambiare integrale e serie, ottenendo Iz—al
G
1
1
2Ti
2Ti
(a) (tv
a)
'IV—a
1
(a) (W
a)
1
2Ti Ir (a) (tv
a)
n+ l
DERIVABILI Dl 6. TEORIA DELLE FUNZIONI
258
VARIABILE COMPLESSA
< R2 perché, nell'integrazionedi dove r è un qualsiasinumero tale che RI < r (a) e (a) sono cammini equivalenti. 2. Per
(a) si ha Iw —al
1
1
PI < Iz —af . In questo caso scriviamo: 1
1
1
< 1, perciò la serie converge totalmente e uniformemente per TT-LT Si può dunque scambiare integrale e serie, ottenendo
dove
1
1
2Ti
277i
1
1
—1
1
n+ (a) (W —a)
2rri
l
—1
E
n
(z-a)
dw l n + -rr(a) (W — a)
con r come sopra, ancora per l'equivalenza dei cammini. Combinando le due parti della dimostrazionecon l'identità (6.32) otteniamo -rr(a) (w —co n +
1 dw,
che è la tesi. ESEMPIO6.42. La funzione 1
è olomorfa
nella corona
circolare Cl,2 (0) e quindi
ivi sviluppabile
in serie di Lau-
rent. Calcoliamo questo sviluppo. Data la struttura molto semplice di questa funzione, il modo più semplice di procederenon è applicare la formula generale dimostrata nel teorema, ma ricondursi alla serie geometrica (ricalcando un argomento utilizzato nella dimostrazione del teorema).
Dunque,per 1 < Izl < 2 scriviamo: 1
1
1
1
1
1
1
1
Si osservi come 1
Izt < 2 sarà
(e perché) abbiamo 1
è sviluppabile
riscritto la nostra funzione. in serie geometrica
di ragione
Essendo 1/ z;
essendo
> l' poi
< 1 e quindi c—---j è sviluppabile in serie geometrica di ragione
PUNTI SINGOLARI Dl UNA FUNZIONE
Quindi si
ha:
OLOMOIRFAE TEOREMA DEI RESIDUI 289
'2n+1
che mette in evidenza separatamente 1a parte regolare e singolare della Si noti che 1afunzione f (z), oltre a essere nel cerchio BI (0) (in cui avrà uno sviluppoolomorfa in (0), in serie di potenze) è anche 010un avrà altro sviluppo di Laurent). C,2N(())(dove e nella corona Calcoliamoliper esercizio.
ESG)k serie di potenze.
Per Izl > 2 si ha 2)
doveessendo IL < 1 e 121< 1 si può sviluppare in serie geometrica, ottenendo
zn+l
scritturache mette in evidenza il fatto che in questo caso la serie di Laurent è ridotta alla sola parte caratteristica.
6.6.2. Singolarità di una funzione olomorfa. Assegnatauna funzionef COmpIessa
di variabile complessa, se f ha un'espressione analitica esplicita e abbastanzasemplice, solitamente è chiaro quale sia il più grande aperto del piano (X)rnplesso in cui f è olomorfa. Ad esempio, se 22 + I
DERIVABILI Dl VARIABILE COMPLESSA O. TEORIA DELLE FUNZIONI
290
f è definita e olomorfa nell'aperto
i}.
della funzione, cioè punti che non apparten_ I punti O,i, —i sono "punti singolari" cui ci possiamo avvicinare rimanendo gono all'aperto in cui f è olomorfa ma a comporti la funzione f (z) quando all'interno di A; è naturale chiedersi come si problema ci dedicheremo in questo z —+a per qualche punto singolare a. A questo paragrafo. Le prossime definizioni inquadrano con precisione il concetto di punto singolare.
6.29 (Singolarità isolata o non isolata). Sia f una funzione com_ DEFINIZIONE plessa di variabilecomplessa.Si dice che a € C è una singolarità isolata per f se
esiste r > O tale f è definita e olomorfain Br*(a) ma f non è olom,ocfain Dr Si dice che z = a è una singolarità non isolata per f se, per ogni r > 0, f non è olomorfain 13; (a) ma è olomorfa in qualche insieme aperto contenuto in 13*r Si osservi la logica delle precedente definizione: non abbiamo iniziato dicendo (come spesso fatto nelle definizionie nei teoremi dei paragrafi precedenti) "Sia
f : A —+C olomorfain A...", in altre parole, quale sia l'insieme A del piano complessoin cui la funzioneè definita e olomorfa, non è dichiarato a priori. La definizione di singolarità isolata o non isolata è data in relazione al fatto che si possa
trovare oppure no un aperto di un certo tipo in cui la funzione è olomorfa. Detto altrimenti: immaginiamo che sia assegnata l'espressione analitica della funzionef, sta a noi, a posteriori,capire qual è l'aperto A su cui f è ben definita e olomorfa. Ogni volta che diremo "Sia a una singolarità isolata per f" stiamo sottointendendo che f è una funzione complessa di variabile complessa definita e olomorfa almeno in un insieme del tipo Br*(a) (ma non è olomorfa in alcun insieme del tipo Br (a)). Nel seguito ci interesserà studiare soprattutto le singolarità isolate di una funzione olomorfa, cioè classificarle,riconoscerle, descrivere il comportamento di f in un intorno di questo punto. ESEMPIO6.43. Sia sinz La funzione è definitaper z # 0 ed è effettivamente olornorfa in C*.
è una singolarità isolata.
Il punto z = 0
ESEMPIO6.44. Sia 1
sin z
La funzione è definita e olomorfa nell 'aperto
A = {z E C: z # kT conk G Z} . Ciascun punto z
kT con k e Z è una singolarità isolata.
ESEMPIO6.45. Sia 1
sin —
La funzione è definita per z # 0, z # per k ±1, ±2, ±3, ... Nel piano compless0 privato di questipunti la f è olomorfa. Si osservi che ognuno degli infiniti punti per k
±1, ±2, ±3, ... è una
singolarità
z
isolata per f. Invece una singolarità non isolata: per ogni r > O il cerchio bucato Bi (0) contiene
PUNTI SINGOLARI
Dl UNA FUNZIONE OLOMORFA E TEOREMA DEI RESIDUI 291
1 perciò f non è olomor:fa in Br*(0), tuttavia nell'aperto qualche olomocfa. è f > O} n {lmz (0) F* più semplice che si può avere quando a è una singolarità non La situazione illustrata dall'esempio precedente: a è limite di una successionedi isolataè quella singolarità isolata. si punti L'osservazionechiave per lo studio delle singolarità isolate è la seguente: se a è di f, esiste r > 0 tale che f è olomorfain Br*(a) Co,r(a), unasingolaritàisolata 6.23, in quella corona è sviluppabile in serie di Laurent. dunquein base al Teorema punto z
6.3(). Se a è una singolarità isolata di f, si dice sviluppo di DEFINIZIONE Laurentdi f in a lo sviluppo di Laurent di f in una corona del tipo Br*(a). Si osserviche se a è invece una singolarità non isolata di f, non è possibile scriverelo sviluppo di Laurent in un insieme del tipo BT*(a) perché qualsiasi intorno circolarebucato di a contiene infiniti punti di singolarità, quindi f non è olomorfa in Br*(a).
Ci occuperemoora specificamente della classificazionee del riconoscimento dei puntidi singolarità isolati.
6.31 (Tipi di singolarità isolata). Sia a una singolarità isolata DEFINIZIONE per f. Si dice che:
(1) a è una singolarità eliminabile se esiste finito lim
f (z) .
1,2,
(2) a è un polo di ordine n lim
(z —
se esiste finito e diverso da zero f (z) .
(3) a è una singolarità essenziale se è una singolarità isolata ma non rientra nei due tipi precedenti. Questitipi di singolarità non sono definiti per puro amore di classificazione: comevedremo, corrispondono a comportamenti sostanzialmente diversi della funzionef (z) in un intorno del punto a; capire meglio questo comportamento porterà una migliorecomprensione delle proprietà delle funzioni olomorfe. II prossimoteorema contiene i risultati fondamentalia questo riguardo: sinTEOREMA 6.24 (di caratterizzazione delle singolarità isolate). Sia a una golaritàisolataper f e sia 00
k = —00
10sviluppodi Laurent di f valido in un certo Br*(a). Allora: (1) a è una singolarità eliminabile Ck 0 per ogni k < 0. ln questo caso la serie di Laurent si riduce ad una serie di potenze, e la funzione si può prolungare in z a (ponendo f (a) —co), ottenendo una funzione olomorfa in tutto Br (a). necessariInoltre, se a è una
singolarità
f (z) è limitata, isolata e in Br* (a) la
amentea è una singolarità eliminabile25 23
"Teorema della singolarità Questo fatto viene a volte enunciato separatamento col nome di
eliminabile"
292
TEORIA DELLE FUNZIONI DERIVABILI Dl VARIABILE COMPLESSA
# 0e (2) a è un polo di ordine n, (per un certo n 1, 2, 3, ...) per ogni k < —n. In questo ca,sola serie di Laurent si riduce ad una serie del tipo
con un, numero finito di potenze a esponente negativo. # 0 per infiniti interi negativik. (3) a è una singolarità essenziale
. Sia a è una singolarità eliminabile,consideriamo (1). DIMOSTRAZIONE. il suo sviluppo di Laurent in Br*(a) f (z) =
CIC (z —
a)
k
dove, in base al Teorema 6.23 1
'27Ti 7p(a) (W — a)
dw
per 0 < p < r. Vogliamo mostrare che Ck 0 per ogni k < O. Possiamo maggiorare: 1 —
ICkl
1 1
If (w)l wC7p(a) Iw — al If (w)l 277p max
max
max If (w)l
c
per qualche costante c > 0. Infatti, se a è una singolarità eliminabile per f, ossiaf ha limite finito per z —+a, in particolare è limitata nell'insieme Br*(a). Abbiamo ottenuto quindi che ICkl
—r per ogni p G (0, R) .
Se k < 0, per p —+0 leggiamo che 0. Dunque Ck 0 per ogni k < 0. Si osservi anche che questa conclusione è stata ottenuta sotto la sola ipotesi che f sia limitata in un intorno di a (non serve sapere a priori che f ha limite finito), quindi risulta dimostrato anche l'ultimo asserto del punto (1). (1) . Supponiamo ora, viceversa, che Ck 0 per ogni k < O. Allora
f (z)
E Ck(z —
per ogni z
e in particolare esiste finito lim f (z)
(2)
co.
. Sia a un polo di ordine n e consideriamo
Bi (a) ,
pcNT1 SINGOLARI Dl UNA FUNZIONE
E TEOREMADEI RESIDUI 203
che sotto le nostre ipotesi è olomorfa in (a) e per z a ha limite finito per il punto (1) la g è Allora prolungabile come funzioneolomorfa diversoda 0. scrivere può si cioè e (a), tutto Br ill
funzione
(z —
g (z) ¯
per ogni z € Br (a)
g (z) = co # 0. Quindi per ogni z € conlimz—a
(a) + 00
(Z
a)-n
(Z - a)k-n —
(Z
desiderata; il coefficiente di (z — cheè la scrittura . Supponiamo ora, viceversa, che sia (2)
con
è co
Ck+n(z— a
0 per quanto visto.
# 0. Allora esiste finito
lim f (z) (z — a
lim k=—n
Il punto (3) segue ora dai punti (1), infatti a è una singolaritàessenziale,per definizione,se e solo se è una singolarità isolata e non è né una singolarità eliminabile
néun polo di qualche ordine n 1, 2, 3...; questo, in base ai punti (1) e (2), accade see solose la serie di Laurent di f in a non ha né solo potenze con k 0 né solo 1, 2, 3, . ossia: se e solo se la serie contiene potenzecon k —n per qualche n infinitepotenze negative.
Vediamoqualche esempio di studio delle singolarità isolate di una funzione olomorfa.
ESEMPIO6.46. Le funzioni Ch e? , sin —,cos —,Sh— z
1
z
z
0. Infatti dalla definizione di hanno ciascuna una singolarità essenziale in z questefunzioni come serie di potenze si legge subito: 1
1 k = —00
1
sin — e così via.
ESEMPIO6.47. Consideriamo e z
VARIABILE COMPLESA
DERIVABILI
erewpoeRteelemerfc in CN. Il punte = 0 è l'unica singolarità (isolata) di f. SI che = 0 è un pelo det otdine, in quanto dl Laurent di f in 0 a partire dalla definizione
te
—2n—3
n!
pcrte ecmtteristicc dello sviluppo è 1
1
-3
Sic
1 —cos z -2
Il punto
z
0 è l'unica singolarità (isolata) di f.
Dalla stimo
1
1 —cos z
leggiamo 1
çp•tndi z
O è una singolarità eliminabile. Lo sviluppo di Laurent sarà allora uno serie di potenze. Infatti otteniamo: 1
1
1 22
(271)!
(-1)n+1
(2n)!
(272)!
che come si L'Edeè unc serie di potenze. ESEMPIO6.49. Sic e -2 La funztone ha singolarità (isolate)in z
1
0, z
1,z —
1.
Studiamo — —1. Per il teorema di De L 'Hospital (v. Teorema 6.19)
lim f (z) qumdi
z
lim
22
1 è una singolarità eliminabile.
Studiamo z
-1. 1
-2 quindi
—1è un polo del prim 'on-line.
Proviamo
che z
0 è una singolarità essenziale (in quanto lo è per e
Anzitutto, poiché
e 22
et 1
6.6.PUNTI SINGOLARI
soloalla parte
Dl UNA FUNZIONE OLOMORFA E TEOREMA DEI RESIDUI
205
1) è olomorfa in un intorno dell 'origine, questa contribuisce dello
regolare
sviluppo di f, quindi è sufficiente studiare il punto
0 per
el/z
Izl < 1 si ha Ora,pero < ChZh
k!zk dove
(-1)n+1 2n—k=h
k!
ogni h negativo. è diversoda zero per Nellosvolgimento dell'ultimo esempio si è fatto uso di una tecnica che forse è il casodi puntualizzare in generale:
6.5 (Prodotto di due serie di potenze o di Laurent). SupponiOSSERVAZIONE amodi voler calcolare il prodotto di due serie di potenze entrambi convergentiper
Questo prodotto rappresenta quindi è a sua
volta una
ilprodotto
funzione
di due funzioni olomorfe nel cerchio BR
olomorfa
di potenze di centro zo e convergente
in BR
almeno
(zo) e pertanto
per Iz — zol < R.
(zo),
sviluppabile
in serie
Sappiamo
a priori
quindiche, per certi coefficienti cm, sarà: cm Z— ZO)
rn=0
Ragionandoin Comesi calcolano i coefficienti cm a partire dai coefficientian, bic? analogiaal prodotto di polinomi, si capisce facilmente che sarà:
convergentientrambeuna coroAnalogamente, il prodotto di due serie di Laurent come serie di Laurent na comune
r
0 abbastanza piccolo da far si che le
(6.33)
Se questo è vero, la tesi segue subito dal teoretna precedente, perché f (z) d: = 2xi Res (f (z) , perciò mostriamo la (6.33). Illustriamo il ragionamento nel caso k = '2, la stessa idea
si itera per k qualunque. Consideriamo quindi il caso in cui il circuito 7 circonda due singolarità isolate 31,32 e D \ {31,72} (dove D è l'interno di 7) è contenuto nel dominio di olomorfia A:
Tracciamo ora due circonferenze Ip (ZI) , Ip (Q) con p abbastanza piccoloda essere contenute in D. Costruiamo ora una successione di circuiti re come 111
PUNTI SINGOLARI Dl UNA
FUNZIONE
figura:
p 32 )
Insostanza,re è costruito in modo che: 1. l'interno De di re è contenuto in D \ {Zi,Z2}0 quindi
A; perciò
il
f (z) dz = 0.
2. Per E —+0 il circuito
re tonde a
dove11,12sono segmenti garantirela convergenza verticali corno in figura. La convergenzainoltre tale da degli integrali, in base al Teororna6.11 (b), per Cili O
f (z) dz
(gliintegralisui segmenti si elidono f (z) dz
cheè quanto
f (z)dz
f (z) dz
(lue a due per il verso opposto (li percorrenza) f (z) dz
volevamo dimostrare.
6•6.4. Calcolo dei calcolo di integrali di residui. L'utilità effetti'va (Iel teorema (lei residui,per il linea in (C, dipende in buona Illisura dal fatto cho esistano metodisemplici dellosviluppodi per calcolaro IR,es(f (z) , a) senza passare dall'effettiva scrittura Laurent di f. Scrivere esplicitamente rivelarsi sviluppo infatti può laborioso, tivodei Occupiamoci ora di stabilire qualche criterio comodo per il calcolo effot,losono residui. Come si vedrà, questi criteri non sono di aiuto in tutti i casi, ma
in molti casi che tutto il seguito, capitano frequentemente. supponiamo che a sia una singolaritàisolata per J (z).
6. TEORIA DELLE FUNZIONI DERIVABILI Dl VARIABILE COMPLESSA
300
6.6.4.1. Singolarità eliminabile.
6.21. Se a è una singolarità eliminabile, allora PROPOSIZIONE Res (f (z) , a)
0
Questo segue subito dal Teorema 6.24 perché in questo caso lo sviluppo di Laurent di f ha solo la parte regolare. 6.6.42. Polo del prim 'ordine.
6.22. Se a è un polo del prim 'ordine, PROPOSIZIONE Res
(f (z) , a) —
lim
(z —
a) f (z) .
Se a è un polo del prim'ordine, lo sviluppo di Laurent di f DIMOSTRAZIONE. in Br* (a) è:
c—l
con g olomorfain Br (a) . Dunque + g (z) (z — a) —ì
per z —5 a.
ESEMPIO6.51. Si classifichino le singolarità e si calcolino i relativi residui per ex
I punti
z
±i
sono
poli del prim
'ordine
(il denominatore
si annulla
del 1
0
ordine in questipunti e il numeratore non si annulla). In base al criterio precedente, Res (f(z),i)— lim (z — i) f (z) Res
(f (z) , -i)
lim
(z + i) f (z)
et
lim
e
e¯
lim
ESEMPIO6.52. Per z2 + 3 z6 I
si calcoli Res
Si noti che z nominatore
in z
(f (z) , i
i annulla il denominatoree non il numeratore;di più, il de-
si annulla del prim 'ordine perché la sua derivata, 6z5, non
si annulla
i, quindiz i è un polo del prim'ordine. In base al criterio precedente dovremmo calcolare z2 + 3 lim (z —i)
Il procedimento algebrico di calcolo del limite consiste nello scomporre il denominatore (teorema
di Ruffini) semplificando
così con (z — i); a questo punto
il limite
è una sostituzione diretta. Questo procedimento è concettualmente elementare ma algebricamente laborioso. In casi come questi viene in aiuto la prossima:
Dl UNA FUNZIONE TEOREMA DEI 6.23.
QI(a)
Si, voglia calcolare
(f (z) ,
Q (z) si annulli del che il O) e il numeratote n,on si annulli in, a, (in
pnm'ordine).
Allora
RESIDUI301
(love
in a (cioèQ (a) O paflicolarc, a, (èun polo del
Res (f (z) , a)
Calcoliamo, in base alla proposizione DIMOSTRAZIONE. precedente, Res (f (z) , a
lim
e applicandoDe L'Hospital (v. Teorema 6.19),
lim
chenelleipotesi della proposizione è una quantità ben definita (denominatore da zero). Quindi questo è il residuo cercato. diverso 6.53. Torniamo al calcolo di ESEMPIO Res
z2 + 3
(z6+
z6 + 1
2
1
(ji
3i
ESEMPIO 6.54. Si calcoli
1
Res
Possiamo
Notiamoche z = 1 è un polo del prim 'ordine per f (z) applicare il criterio precedente con 1) ottenendo
(Z -1-2 )
(Z -1-2)
36
1 (z4
Si noti che avremmo
precedentescegliendo anche potuto applicame il criterio
1).
di Questascelta, calcolopiù laborioso un a porta apparentemente più naturale, La scelta di P, Q
va fatta nel modo più conveniente!
DERIVABILI Dl VARIABILE COMPLESSA 6. TEORIA DELLE FUNZIONI
302
6.6.4.3. Polo di ordine n. 6.24. Se a è un polo di ordine n, PROPOSIZIONE Res (f (z) , a)
1
(n —1)! clzn—l
z —co n f (z)]
Se a è un polo di ordine n, lo sviluppo di Laurent di f in DIMOSTRAZIONE. c
con g olomorfa in Br (a) . Dunque (Z — a)
+ c—n+l (Z — a) + ...+
—
n
1 + g (Z) (Z — a)n
Il secondomembro è la somma di un polinomio di grado (n —1) e della funzione
g (z) (z —a) n, che si annulla in a almeno di ordine n. Perciò: dn—l dzn—l
+ C—n+l (Z — a) -+-
-+-C—l (Z — a)
n¯1J
mentre dn—l cl-n—l
perché la funzione g (z) (z —a) annullandosi almeno di ordine n in z — a, ha almeno le prime (n —1) derivate nulle in a. Quindi dn—l
dzn—l
che è la tesi.
Ad esempio in un polo del 20 ordine è d Res (f (z) ,a) — dz in un polo del 30 ordine è Res
(f (z) , a)
e così via. ESEMPIO6.55. Si calcoli
Res
e
-2
Il punto z = —2è un polo del 20 del 20 ordine e il numeratore è diverso ordine perché il denominatore si annulla da zero. Possiamo calcolare: Res(f(z),-2) d [(z + d f (z)J dz
(24
(z4
1)
—2 16-1+32 172
47 289*
APPLICAZIONI DEL TEOREMA DEI RESIDUI AL CALCOLO
Dl INTEGRALI 303
fin qui singolarità eliminabili e Abbiamotrattato scorciatoie per calcolareil poli. Notiamoche non esparticolari invece residuo in una singolaritàessenziale. un'ultima osservazione talvolta utile al calcolo dei residui è la seguente:
è
pari. 6.6.4.4.Funzioni 6.25. Se f (z) è una funzione pari, cioè f (—z PRop0SIZIONE isolata per f, allora una singolarità
Res (f (z)
O.
Infatti, se f è pari nel suo sviluppo di Laurent DIMOSTRAZIONE. in 0 comparesponente di pari: potenze irannosolo 2k C2kZ k = —00
in particolare c. 1
o.
ESEMPIO6.56. Si calcoli
2
Res e La funzione e1/z2ha inz e singolarità eliminabile
quindi
0)
O una singolarità essenziale. I criteri visti per poli non
sono
presenza della potenza z2 ), quindi Res
di aiuto. In compenso
f (z) è pari (per la
e l / z2 0
Si osserviche il criterio precedente serve solo a studiare l' origine: una funzione paripotrebbe avere singolarità eliminabili in punti diversi da 0, e avere in quei punti residuonon nullo.
ESEMPIO6.57. Si calcoli
Res
1
Si vedesubito che i è polo del prim 'ordine per f. Si può calcolare Res Si noti che la funzione
1
1
1
1
(22+ è pari.
Il suo
residuo
in z
i non
è zero.
6•7. Applicazionidel teorema dei residui al calcolodi integrali
inteL'insiemedi risultati visti finora consente in molte situazioni di calcolare dal gralidi linea in che non passano né (C, o anche integrali in IR, con procedimenti calcolodell'integrale di una primitiva, ma ricerca dalla né in base alla definizione con le sue relazioni utilizzanoin modo olomorfe funzioni essenziale la teoria delle Poiché un ingrediente tra calcolo differenziale, sviluppi in serie e calcolo integrale. residui, si è dei teorema chiave(anche se il è percorso logico solitiriferirsi a non l'unico) di questo col metodo dei residui" integrali di queste tecniche come "calcolo
6. TEORIA DELLE FUNZIONI DERIVABILI Dl VARIABILE COMPLESSA
304
6.7.1. Calcolodi integrali in C mediante il metodo dei residui. ESEMPIO6.58. Si calcolino: dz
dz 72(0) (Z
2
71 (i)
(Z2 +
L 'integranda ha denominatore che si annulla del 20 ordine in z ±i. Questi sono quindi poli del 20 ordine, e sono entrambi all'interno del circuito di inte_ grazione 72 (0), mentre solo z i è all'interno del circuito 71 (i). Perciò dz + 1)
72 (O)
dz
2
2Ti Res
2
277i • Res
1
1
—i
1
Essendo poli del 2 ordine, abbiamo 1
Res
1
-2
1
-2
2
/z=i Res
1
1
(203
1
(22+ l) 2
(z2 + 1)
-2
1
-2
1
(-2i)3 Perciò: dz
1
2
277i
2
2Ti • —
72(0) (22 + 1)
dz
1
1
ESEMPIO6.59. Si calcoli:
z2 73/2(1) z
3
8
dz.
La funzione integranda ha denominatore che si annulla nei 3 punti corrispondenti alle radici V/S, ognuno sarà un polo del prim 'ordine. Dobbiamo chiederci quali di questi punti cadono all'interno del circuito di integrazione. Si ha 3
per k
0, 1, 2, cioè
APPLICAZIONIDEL TEOREMA DEI RESIDUI AL CALCOLO Dl
al circuito 73/2 (1) se Izo
zoè interno punto lo sono perché punti
2
z2
73/2(1)z 3—8 con
Il < g. Il punto 2 è interno; i
non —1±iv/fi
perciò
Res
z2
perciò
2
3
dz
z2
27ÜiRes
8'
z2
2
z3—8 73/2(1)
dz
2
1
3z 2 /z=2
2
INTEGRALI 305
3'
2Ti
3
6.7.'2.Calcolo di integrali in IR mediante il metodo dei residui. Ve-
diamoora come le tecniche dei residui si applichino anche a integrali estesi alla rettareale, di funzioni a valori reali o complessi. Illustreremo solo alcune delle più comuni, introducendole attraverso esempi e arrivando in seguito alla situazioni generale. formulazione Comesi vedrà, il metodo consente di calcolare l'integrale definito di certe funzioni,estesoa tutta la retta (quindi si tratta di integrali generalizzati),o talvolta l'integraledi certe funzioni trigonometriche su [0,2T]. Rispetto ai metodi visti in analisi1, qui non si utilizza il teorema fondamentale del calcolo integrale, e non sipassaattraverso la determinazione della primitiva della funzione. Questi metodi quindinon servono né a trovare la primitiva né a calcolare integrali definiti su intervallidiversida quelli per cui il metodo stesso è concepito. Gli integrali così ottenuti incerticasi non sarebbero ottenibili mediante i metodi visti in analisi 1; in altri casilo sarebbero,a prezzo però di un procedimento algebricomolto più pesante. 6.7.2.1.Integrali di funzioni razionali. ESEMPIO 6.60. Calcolare
da:
Consideriamo la funzione 1
cheè olornorfain C ad eccezione di poli del prim 'ordine nei punti corrispondenti alle radici 1, cioè ZI,2
, Z3,4
Consideriamo, per R > O, il circuito26
26
rispettivamente (a) , Tr (a) denotano e inferiore della (a) . Quindi circonferenza (a) : z = a + re it , t G [0,IT] 0] . (a) : z a + re zt, t G [—70
Ricordiamoche i simboli superiore
le semicirconferenz,e
306
6. TEORIA DELLE FUNZIONI DERIVABILI Dl VARIABILE COMPLESSA i due poli ZI,
che, per R > 1, cimonda
3
2
22
-3
1
-1
-2
o
1
2
3
Perciò per il teoremadei residui + Res (f (z) , 22)} per ogni n > 1.
f (z) dz = 277i{Res (f (G ,
D'altro canto è
e, per f (x) d.r —9
f (x) dx,
che è l'integrale che dobbiamo calcolare. Inoltrv
f (z)dz
max 77R
1
0 per
Pemiò f (x) da:
lim R—+OC
—R f (z) d: =
lim
{Res (f (z) , ZI) + Res(f
(z) ,z2)},
e il calcolo dell'integrale è ricondotto al calcolo di due residui. Trattandosi di poli del prim 'online possiamo calcolarli così: Res (f (z) ,
-
1
1
(24 + 1)' 1
f (r) da: 277i
1
-3
1
4
4
1
—e¯tï 1
1
27i—
—i
Puntualizziamo ora un procedimentoe un risultato generale:
DEL TEOREMA DEI RESIDUI AL CALCOLODl 6.7.APPLICAZIONI INTEGRALI 307
6.26 (Integrale di funzioni razionali). Sia f (T) una funzione p RopoSIZIONE di polinomi) in cui il denominatore qUoziente (cioè ha grado che supera Nzionale il grado del numeratore, e il denominatore 2
non
si annulla mai
in IR.
dove1asommaè estesa ai poli Zk di f (z) che si trovano nel semipianoIm si ottiene lo stesso risultato calcolando ln alternativa
> 0.
di almeno
Allora
f (T) da:
2Ti
Res (f (z) ,Q)
Im
f (x) da;
—2Ti
Res
(f (z) , Zk) .
Im Zk«0
Sinoti che l'integrale che stiamo calcolando è un numero reale, perciò l'espres-
sione
(f (z) , Q)
'2Ti E
Im Zk
a posterioridovrà risultare reale, anche se questo non è evidente a priori. Osserviamo anzitutto che se f (T) è una funzionerazionale DIMOSTRAZIONE. incuiil denominatore ha grado che supera di almeno 2 il grado del numeratore, e non si annulla mai in R, f è continua in R e tende a zero almeno il denominatore come11x2all'infinito, quindi l'integrale di Riemann generalizzatosu converge. Integrando,come nell'esempio precedente, su si ha f (z) dz
Res
2Ti
(f (z) , Zk) .
Im
D'altrocanto f (T) da;
f (z) dz +
f (z) dz
—R
Q'I+R(O)
e, per —+ f (T) CIT
f (T) da;.
—R Infine,
f (z)dz
—+0per R —+00
TR • max If (z)l Izl=R
Questo Poichéil grado del denominatore supera di almeno 2 il grado del numeratore. dimostrail primo asserto.
orario) Se invececalcoliamo l'integrale sul cammino (percorso in verso
(-714 (0)) U [-R,R] si ha f (z) dz
Res(f
—2Ti
(Z) , Zk).
Im
11restodella precedente. dimostrazione procede come nel caso
FUNZIONI DERIVABILI G. TEORIA DELLE
308
Dl VARIABILE COMPLESSA
ESEMPIO 6.61,
Notiamo
non si annulla mai
che il denominatore
3 il grado del numeratore, quindi
in R
e il suo grado SUTjeradi
l'integrale converge ed è drc
drc R
(rc2 +
1)
R (3 2 + 1)
2
2
è dispari. Calcoliamo l'integrale con il metodoprece_
in quanto la funzione dente:
— 2Ti Im
dove
1
i cade nel semipiano Im z > O.
ha 2 poli del 20 ordine in z ±i; di questi solo z Essendo un polo del 20 ordine, Res (f (z) , i)
d dz
2
d
1
(z2 + 1)2 2
2
1
1
—8i
e l'integrale cercatovale 1
2Ti • —
ESEMPIO 6.62.
72 •
+ 00
2
(32+ 9)
+
da:
La funzione è pari, perciò a; 2
+
a; 2
1
(32 + 9)
L 'integranda è razionale, denominatore
2 mai
(32 +
(32 + 9)
nullo in IR, il grado
del denominatore
è 6, e supera,di 4 il grado del numeratore. Quindi l'integrale cercato vale I =
—2Ti
Res (f (z) ,Zk)
Im
con 2
(z2 +4) 2 (z2 + 9)
La funzione ha poli del prim'ordine in ±3i, poli del second'ordine in ±2i, perciò I =
Ti {Res
(f (z) , 3i) + Res
(f (z) , 2i)} .
ppLICAZIONl DEL TEOREMA DEI RESIDUI AL CALCOLO Dl 6.7,A INTEGRALI 309
residui. Per il polo del prim'ordine si ha i calcoliamo -2
(z2+4)
(22+4)
Res (f (z) , 3i)
/z=3i 3
50
/ z=3i
per il polo
del second 'ordine si ha
Res(f (z) , 2i) d
dz
(z
2i)
z'2
2
(22 + 9)
(z2 + 9)
(z 2 + 2z (z + 2i) 2
-2
d (Z
/ z=2i
z 2 (2 (z
2i) (z 2
9)
202
(z
2i)
/z=2i
2
(z + 2i) 4 (22 +
/z=2i
(z + '2i)3 (z2 +
/z=2i 13i 200
-16 • 5 2
(4i)3 52 e in definitiva
I = Ti
3
13i
50
200
200
ESEMPIO6.63. 4
L'integranda è una funzione
2
razionale, denominatore
mai
nullo in IR e di grado
4, si può calcolare da: Im
La funzione 1 4
2
hapolidovesi annulla il denominatore, cioè: et
2
z
2
2
G. TEORIA DELLE Ft04ZION1 DERIVABILI Dl VARIABILE COMPLESSA
310
= 2xi Res
Res
277i
—4+ 2ei*
4 + 2et 3 Ti
Ti
si osserei l'esppvssionetm graffe, che ha la forma —2iIm z quindi Ti
12
6.7.2.2. Integmli di tipo trasformata di Fourier. Il tipo di integrali che ora trattiamo ci sarà utile nel calcolo di trasformate di Fourier. Anche se non abbiamo ancora introdotto questo concetto, nulla ci impedisce di cominciare a imparare come si calcolano certi integrali che serviranno in quel contesto. ESEMPIO6.64. Si calcoli
ikr da: al variare
di k e R.
Impostiamo il calcolo come nel caso delle funzioni mzionali, integrando su Poiché
ikz z2 + I
è olomorfa in C tranne poli del prim 'ordine in
si ha, per ogni R > 1, ikz
ikz
dz
ikz
27tiRes
= 27ri
D'altro canto ikz
ikz 7/1 (0)
z2 +
1
'27ti
= re
DEL TEOREMA DEI RESIDUI AL CALCOLO AppLlcAZION1 bl
tende, per n -+
INTEGRALI
a quello che dobbiamo calcolare.
che,
O per
seguiràquindi il
da:= ne ¯ per k > 0. in seguito come
calcolare l'integrale per k < 0.
Invecedi stabilire la (6.34) per questo caso particolare, tanto vale dimostrare generale che servirà anche negli altri dasubitoun risultato esempi: 1 (di Jordan, del grande cerchio). Sia f una funzione LEMMA olomorfain (C di singolarità e supponiamo che finito numero un salvo sup Izl=R Alloraper ogni k > 0,
f (z)
0 per
Se invece k < 0,
DIMOSTRAZIONE. Dimostriamo la prillla relazione, la seconda si dimostra analogamente.
Scriviamoesplicitamente l'integrale di linea, mediante la parametrizzazionedi (0):Z = Re it ,t C [0,Tl: it
ikR (cost+i sint) R
0
da cui
f (z)eikZdz
—kR sin t
it
doveabbiamo posto
MR
Ora,per le
SIIp
simmetrie della funzione sin t, —kR sin t o
—kR sin tdt
e
-kR sin t (It
G, TEORIA DELLE FUNZIONI DERIVABILI Dl VARIABILE COMPLEssA
312
e in [0,
è sint
2Ft (v. figura)
oe
Quindi —kRsin t dt 0
Res (f (z) , Zk) sn k < 0
DIMOSTRAZIONE. Sia k > 0, calcoliamo l'integrale su
Per ogni R sufficientementegrande da far sì che tutti i poli che si trovanonel semipiano Im z > 0 siano nell'interno di r R si ha: kz f (Z) e' d: =
D'altro canto
27i
lm Zk f (z) e tkZ dz —
f (Z) etk Zdz
f (Z) etkZdz +
—R
dove —R
f (se) etkTdr per R —+DC.
ppLICAZION1 DEL TEOREMA DEI RESIDUI 61, A AL CALCOLO Dl
Per
di Jordan del grande cerchio e le ipotesi Lemma il su f,
INTEGRALI
313
f (z) e@kZdz 0 per R
quindi f (T) eakœda;
2Ti
IR
Im Zk
< O, calcoliamo l'integrale su Seinvecek percorsoin verso orario) e, per R abbastanza grande, (circuito sarà f (Z) et kZdz
—2Ti Im "k
D'altrocanto f (z) e akZ dz
f (z) e @kz clz +
-R
f (z) e @kz clz
dove
f (z)eakZdz —+
f (m) e akœclœ per R
00.
—R
Peril Lemmadi Jordan del grande cerchio e le ipotesi su f, O per
f (Z) quindi t f (T) e kT cl,œ
—2Ti
Im Zk 0
—l,cioò
per
ikz
ik:
ik.r
IR,es
1
ikz
ikz '27Ci
Ti
ponendo
2i Im z
ikx
2i Im
Ti
-—e¯7ï2i Im + i Sin
cos
——e¯7 6 Im
— sin
—cos
= —e
+ sin
cos
ESEMPIO 6.67.
cos IR
da; 1
Notiamo che da:
cos a;
da; -l- i
sin a;
su intervallo ma il secondointegrale è nullo perché funzione dispari (e integrabile) simmetrico, quindi poiché la funzione
APPLICAZIONI
DEL TEOREMA
in ±i, prim 'online del 'li cos x
DEI RESIDUI AL CALCOLO
etr
= 277iRes
2
277i
6.6S. ESEMPIO
277i
77
a:sin
Votiamoche a:etrx
dx — x sin
X COS
sin
re i7T
d.T Im
da:
poiché 22 + 2z + 5
0 —l ± 2i,
si ha
per polidelprim 'ordine .retrx
277iRes 277i
z2 +22 +5' — 2Ti
22+2 e 27)
7 (1 —2i)e —27 X sin Ta:
dx
Im (T (1 —2i) e
)
—2re¯
6.7.2.3.Integrali generalizzati che richiedono di aggirare un polo. Nei prossimi esempi,la particolarità consiste nel fatto che il circuito di integrazione che sembra modificarlo"aggiessere passa esattamente per un polo; bisogna allora tendere a randoil polo" lungo una piccola circonferenza, il cui raggio si farà poi zero.
ESEMPIO 6.69. Si calcoli:
sin
cl:T.
ovvia la converSi tmtta di un integrale di Riemann generalizzato, di cui non è disuguaglianza e la
Infatti all'infinito la funzione tende a zero lentamente, 1 sin x
Dl
pCNZtC)N1 O,
che l'integrale generalizzato cmmergcnte si può procedere ad che l'integrale è esem.pzo
di Per
sin a;
gin gr,
sin z 1
converge ('integrando prolungabile con continuità ULtegrale primo il dove può essere trattato per parti, cosi: sexcmdo 'il ine) sin
sin 'J:
da; = lim
lim
COS (L'
cos
1
dove cos a; II
cos a:
cos 1 —cos II
--7 integrabile all 'infinito, a:
perciò
lim
cos 1
cos a: d'.r, convergente. 2 a:
Dunque esiste, come integrale di Riernann generalizzato, sin
IR a:
sin a:
sin a:
—----(lrc= 2
-—--—d:c = 2 lim
--——da:
o
lim
sin T
—CIT.
I metodi di analist complessa permettono di calcolare propruo questolimite, Osserviamo che, formalmente, sin a:
= Im
R ia:
(pemhé cosa: è dispari, quindi ha integrale nullo). In realtà, però la funzione nell'intorno dell'origine ,I'intronon è integrabile, a differenza della fuinzione sinc duzione dell'esponenziale nell'Ocomplesso, che a differenza di sin T non si annulla rigine, ha introdotto una di variabile complessa singolarità nella funzione. Consideriamo allora la etz z
e, per O< r < R, integriamola sul circuito (che "aggira il polo z
o")
FUNZIONI DERIVABILI PELLE 6. TEORIA
Dl VARIABILE COMPLESSA
prirn'ordine f ha un polo del Poiché DIMOSTRAZIONE,
tipo Laurent in a sarà dcl
con
= Res (f(z),a)
di a e g olomorfain un intorno
in a, il suo sviluppo di
. Calcoliamo l'integrale
della curva: parametrizzazione mediante la
riettdt
f (z)dz
rett
01
92
02
it
dt + ri
= ic—l
it
01
Ora, poichég è limitata in un
intorno di a in quanto è olomorfa, 02
r
g (a + re it ) eit dt
ri
lg(a+
r
(02 - 01)M
01
perciò ic-l (02 —
che è la tesi.
Completiamoquindi l'esempio che stavamo trattando: ESEMPIO6.70. In base a quanto visto, posstarno affermarv che sin .r ----—d.r
lim
da cui per il lemma del piccolo cerchio, sin
1
--------da:= —• i (7
i
0) Res —,o
in quanto Res
z
= lim
1.
ESEMPIO6.71. Si calcoli
sin La funzione è continua in R
d.c. quindi in
e tende
a zero come 1/T3 all'infinito, questocaso la convovenza dell'integrale generalizzato è evidente. Come nell'esempio precedente,a causa delle simmetrie si può scrivere, forrnalmente
sinx
d.T Im
doveperò il secondo integrale scritto così non converge in a: = 0. Bisogna ricorrer allo stesso metodo visto nell 'esempio precedente, e ottenere sin d:r
FMA
ti FSIbvn Al. CAIM01u()101 INTEGRAI,I
: (10:2) ho
4 i, l)evtintatno il eitvtnto
e
-rl (-01 (0)) Ir, RI . cttVt1itO contiene il lì al suo interno solo il t polo = i, petvi()per dei tvstdut d:
2:ti Ros
: (1+22)'
tri
-- 27ti
(2:)
2
11Ierntna del gmnde cetvh io, tnenttv per il lennna del piccolo cerchio —è
Res
z (1+22)'
0
1 + 22
In conclusionesi ha: Iti
+ 0 —i7t
da cui
d.r = irr I
1
e sin a:
1
d.r = Im
6.7.2.4.Altri integrali in R calcolabili con metodi di analisi complessa.Coneludiamo con un paio di esempi di calcolo di integrali in R che non si inquadrano esattamentenelle tipologie precedenti, ma hanno un interesse intrinseco. ESEMPIO6.72 (Trasformata di Fourier della Gaussiana). Voglimnocalcolam
I 'in tegmle
e
conQ 0,3 C. Come si vednì nel seguito del corso, un integraledi questotipo ml)Pmsent.Q la trasformata di Fourier della Gaussiana, che ha molte applicazioni. Procediamo per vari passi. 1. Cominciamo a ricorriam che
320
DELLE 6, TEORIA
FUNZIONI DERIVABILI Dl VARIABILE co.MPLESSA
2), visto in analisi (come Infatti e¯y2dy
passando in
e — (T 2
+392)
coordinate polari pe¯p2dp dB
-z2dT da cui R e
27 0 +
rende interessante questo procedimento
Ciò
=
27
non sarebbe invece praticabile, primitiva di della diretto calcolo mediante un cambio di variabile
2. Calcoliamoora,
—CET2+3Xdx
identitàalgebriche cona > 0 e G R. Le 20 suggerisconodi porre t = VG —ax2+3XdX=
20
20
40
per cui
4) e
dt e in base all'integrale al punto (1) concludiamo —Ctx +3: (Ix
fin 3. Vogliamoora dimostrare che l'ultima identità, che abbiamodimostrato
quiper a > 0 e 3 Poniamo
R, continua a valere immutata se [3€ C.
quindi /3
a + ib con a, b C R
e consideriamo
e 40 ponendo z
¯ z2 dz
doveom l'integrale è esteso alla retta r nel piano complesso, parallela all'asse ib
reale:
La allora tesi segue se dimostriamo che
dz — Afa questa è una conseguenza del teorema di Cauchy riamo infatti l'integrale della funzione olomorfa
Consi
dell'integrale nullo'
DEL TEOREMA DEI RESIDUI AL ppLICAZION1 CALCOLODl A INTEGRALI
(poniamoper semplicità k
1-R,RI U [R,R+ik] U [R + ik,-R+ik] U [-R+ik,
321
R].
-R
e¯ CIT+ -R
z2dz -
[—R+ik,R+ik)
[R,R+ikl
e¯ dz +
dz.
—+ oc poichéper R
—R
dz,
due integrali tendono a zero per R -+ altri gli che proviamo se dimostmta è Ictesi
x. Calcoliamo 1
dz
—(R+ikt)2ikdt
[R,R+ik) 1
1 dz
ke
k
ek t dt
ce¯
0
[R,R+ik)
segmento. perR —+ x. Analogamente si tratta l'integrale sull'altro Abbiamoquindi dimostrato che: 32 T G C. — per ogni a > lnparticolare se 13è immaginario puro, /3 —ax2+ibœdT
4a
ib con b reale,
0, b C R, — per ogni a >
di Fourier della trasformata identitàche come vedremo contiene in particolare la funzioneGaussiana. alfenomenilegati certi di ESEMPIO 6.73 (Integrali di Fresnel). Nello studio Fresnel: interferenza luminosa, compaiono le funzioni di C (X)
Cl
cos
6. TEORIA
322
DELLE
MPLESSA
coseno integmle, funzioni (detteanche su tutto R. regolari definitee
seno integrale). sono
funzioni
oe
0.2
1
2
3
4
5
7
1
2
3
4
5
7
08 o.e
0.2
Grafici di C (T) , S (T) (con Cl
1)
Per il loro significato,le costanti Cl, 02 vanno scelte in modo da normalizzare le funzioni in modo da avere
lim C (x)
lim S
1
.
Questocomporta saper calcolare gli integrali (di Riernann, gen,eralizzati)
sin (F) cit.
cos (P) dt,
Che questi integrali convergano non è affatto ovvio, visto che le funzioni dono neppure a zero all'infinito. Si può dimostrare comunque che è così, alle infinite cancellazionidi segno tra parti positive e negative dell'integranda• tracciadella dimostrazionedi convergenza è la seguente: 2
con la sostituzione t
0 1
sin
1
1
00
sin a;
cc CIT
rti Nell'ultima parentesi, il Del convergente. primo integrale certamente è per può dimostrarela integrazione convergenza con lo stesso procedimento di che abbiamousato per mostrare la convergenza di
sin nell'Esempio 6.69.
1
da;
AppLICAZION1DEL TEOREMA DEI RESIDUI AL CALCOLODl INTEGRALI
323
Veniamoquindi al calcolo, con metodi di analisi complessa,degli
J
cos(+) dT,J sin(+)
Consideriamo la funzione
2
in C, e calcoliamonel'integrale lungo il circuito Olomorfa (77/4)
dove abbiamo
indicato con IR
(0) l'arco di circonferenza
z =
Re
it con t C
[0,
4
3
2
1
2
4
3
Per il teorema di Cauchy dell 'integrale nullo at'femo o
etz dz — J
(0) Ilprimo integrale a secondo
etz dz.
dz+
(x2)]
[cos (F) +isin
[Rein/4 0]
per R —+ oc tende a
membro
+i
cos (F)
sin (:r2) da:
e quindi,se calcolato, ci consente di determinare in un colposolo i due integrali desiderati.Studiamo gli altri due integrali a secondomembro. e iR2(cost+i sin
Rieitdt.
(0)
(7/4)
iR2 (cos t+i sin
e
77/4
—R22 cos t sin t Rdt
Rdt
—R2 sin 2tRdt
—
0
0
ponendo2t
u 1
2
77/2
—R 2 sintRdu
0
con IOstesso calcolo visto nella dimostrazione del lemma del grande cerchio (Lemma 1).
324
6. TEORIA DELLE
FUNZIONI DERIVABILI Dl VARIABILE
COMPLEssA
Infine abbiamoda calcolare e?z dz [ReiT/4,O]
segmento come z = Rei T/4 (1 che, parametrizzando il i T/4dt
—Rei7T/4
ponendo R (1 — t) = u
[0, 1] dà (1-t)2
+ 00
—eirr/4
in/4
t) , t
du
eiT/4
Concludiamo che: cos (R)
+ i
irr 1/4 sin
e identificandoparte reale e immaginaria di ambo i membri COS(+) dT sin U
2 ) da:
2
2
1
2
2
sin a:2) da
eirr/4
6.8. ESERCIZI E COMPLEMENTI
6.8. Esercizi e complementi Gli esercizi contrassegnati con l'asterisco ( *) non sono esercizi standard, ma della teoria. Lo studente è invitato a suol,gerli cornplernenti per proprio conto, comunquea disposizione gli svolgimenti completi da studiare, 6.1. Verificare con il rnetodo usato nell 'Esempio EsERCIZIO 6.19 che la
rudicen-esirnaprincipale è derivabile in
* e si ha
funzione
1
1 = (Si confronticon la formula valida nel coso reale, ( formalmente identica;tuttavia nel coso cornplesso, la scrittura qui sopra significa che nella funzionea denominatore del secondo mernbro, prima calcolata,la radice n-esima principale,e poi il risultato va elevato allo (n —-I); solo cosi la sequenza di istruzioni definiscein modo non ambiguo un unico numero complesso].
A, Funzionitrascendenti elementari nel campo complesso 6.2. Utilizzando le definizioni delle varie funzioni mediante serie di ESERCIZIO potenze,si verifichi che (corne enunciato nella Proposizione 6.12)
(cos z)/
—sin z;
(Shz)'
Chz; Sh z.
ESERCIZIO 6.3. Si dimostrino, in base alle definizioni dellefunzioni trascendenti elementari corne serie di potenze, le seguenti identità enunciate nella Proposizione 6.14. sin z
(a)
(b) Chz 2 (c) Ch(iz) cos z z (d) Sh (iz) isin
ESERCIZIO6.4. Si dimostrino le seguenti relazioni sugli zeri delle funzioni trascendentielementari, enunciate nella Proposizione 6.17 ex non si annulla mai; cos z
0 per z
— + kT;
sin z
O per z
kT,
Shz
0 per z
kTi.
2
ESERCIZIO 6.5. Utilizzando le identità contenute nella Proposizione 6.15, de-
terminare
tutte le soluzioni z € C
delle seguenti
(a)
Shz
(b) Chz (c)
i
-2 3
equazioni.
326
6. TEORIA
DELLE FUNZIONI
DERIVABILI DI VARIABILE COMPLESSA
e campi di olomorfe B. Funzioni
velocità complesso
di velocità il potenziale (z) f Sia a. ESERCIZIO6.6. e immaginaria rappresentano il poten reale parte cui funzioneolomorfala di corrente del moto stazionario piano non vorticosodi velocità e la funzione Determinare il campo di velocità C. 1/2, determinando liquidoincomprimibile).per la funzione f (z) anchele stesso b. Fare poi lo disegnandole. di corrente, di livello della funzione ESERCIZIO6.7. Sia
velocità. Determinare un potenziale complessodi
il campo di velocità L' e la
funzione
di corrente. 6.8. Sia ESERCIZIO
2
Determinare il campo di velocità L' e Scriverele un potenziale complesso di velocità. corrente (non si chiede di disegnarle). equazioni delle linee di livello della funzione di
ESERCIZIO6.9. Sia
+ 2i
un potenzialecomplessodi velocità. Determtnarv il campo di velocitàC e le linee
di livello della funzione di corrente, riconoscendo di che tipo di curve si tratta e se possibile disegnandole.
C. Mappe conformi ESERCIZIO 6.10. Sia f (z) e:. Verificamche questa mappa conformeconserva l'angolotra le rette y e y 2 T, nel loro punto di intersezione. [Si chiede quindi di: determinare le curve in cui la mappa trusforma queste rette, calcolarel'angoloformato dalle tangenti alle curve nel punto di intersezione e confrontarequestocon l'angoloformato dalle due rette di partenza]. ESERCIZIO 6.11. Si consideri la mappa
= iz3. a. Dopoaver determinato il più grande aperto Q
su cui f è conforme,posto
A = {z : 121< 2,argz G (0, determinare f (A) e verificare che f è biunivoca tra A b.
e f (A). Si considerinole rette : y O e r 2 : Y v'Sx. Si determininole curve ri, r2 in cui f trasforma ri, r2 e si l'angolo formato da FI, F2. Commentare confronti l'angolo formato da Tl, r2 con il risultato trovato. [Suggerimento:si lavora bene di termini ragionando in sui numeri complessi modulo e
argomento].
6.8. ESERCIZI E COMPLEMENTI
327
ESERCIZIO6.12. Sia
a. Stabilire in quale aperto A di C la f è una mappa w = f (z), b. Posto
scrivere
esplicitamente
conforme.
la funzione
inversa z = rl
c. Verificareche la mappa = f (z) trasformail disco{Izl < 1} nelsemipiano 6.13. Si consideri la ESERCIZIO trasformazione del piano complesso a. Provare che nel cerchio BI (O) f è una mappa conforme. b. La funzione f è globalmente invertibile su BI (0) ? Scrivere esplicitamente inversa su tale funzione cerchio. la c. Sia D f (BI (O)). Rappresentare D in coordinatepolari e cercaredi riconosceredi che insieme si tratta (ad esempio, plottando la curva che ne è il bordo).
d. Si nota che il bordo di D ha un punto non regolare, mentre il bordodi BI (0) è una circonferenza. Come si può spiegare questo fatto?
D. Funzioni armoniche ESERCIZIO6.14. Sia u (x, y)
sin
Chy.
a. Verificare che è una funzione armonica nel piano. b. Determinare la sua armonica coniugata v. c. Riuscite a indovinare riscriverla in funzione
Suggerimento:
chi sia la funzione
di z anziché
per y
olomorfa f (z)
u + iv
(cioè
di x, y)?
0 la funzione
di z coincide con una semplice funzione
di x; se l'uguaglianza si estendesse a z complesso... Verificateanaliticamenteche l'identità che avete "indovinato" è corretta27 ESERCIZIO6.15. Sia
+ U2) . u (T, y) log a. Verificare che u è armonica nel piano privato dell'origine. b. Determinare l'armonica coniugata v di u. c. La funzione v risulta definita e armonica in tutto il piano privato dell'origine? Commentare il risultato ottenuto alla luce della teoria. ESERCIZIO6.16. Data la funzione u (x, y) y sin a,'Chy + armonica in R2, determinare
la sua armonica
cos a;Shy, coniugata. Determinare esplicita-
in funzione di z anziché mentelafunzione f (z) u + iv, riscrivendola olomorfa di .T,y (utilizzando il metodo spiegato nell'Esercizio 6.14).
una volta rigorosa e di valore generale,lettore sta 27 un'argomentazione Questo ragionamento si basa (Teorema 6.22). Se il che si conosca il principio di identità delle funzioni analitiche tra un po'. Studiandoora il paragrafo sulle funzioni armoniche, lo incontrerà
Dl VISIRIA BILL
DELLE FUNZIONI
6,
328
6.17. Data la funzione
Determinare funzione
esplicitamente
di z anziché
di
la
in IP,
dopo aver verificato che è
la funzione
olomorfa
(utilizzando il metodo
f (z) svegal()
io,
riscrivendolo 6.|O,
E. Calcolodi integrali in (Cmediante la definizione, i teoremi integrali (li Cauchy o il teorerna fondamentale del calcolo integralo Nel seguito usiamo i seguenti simboli per indicare curve notevoli: il simbolo (zo) denota la circonferenza z = zo + real, t C '27t]; il simbolo (zo) denota la semicirconferenzaz = zo -E t [0, . il simbolo IZI, denota il segmento z = ZI , t [0, 11 E.I. Calcolare i seguenti integrali di linea nel campo complesso, in, base alla definizione. ESERCIZIO 6.18.
(E)k dz per k = 1, 2,3... ESERCIZIO 6.19.
dz TR (0)
ESERCIZIO 6.20.
dove VG è la funzione radice quadrata principale. ESERCIZIO 6.21. Iz1 2 dz.
ESERCIZIO 6.22. Iz12 dz.
ESERCIZIO 6.23. (E) 2 dz
con7 = 1—1, Il ClIl, il U [i, E.2. Utilizzando anche, quando è possibile e utile, il teorema di Cauch'!ldell'Ultegrale nullo, oppure il concetto di primitiva n,el campo complesso, calcolare nel modo più semplice i seguenti integrali: ESERCIZIO 6.24. ez dz.
6,8. ESERCIZI E COMPLEMENTI 329
6.25. eZdz, 6.26. z dz
Il
(0) .
ESERCIZIO6.27.
dove
è la funzione radice quadrata principale.
ESERCIZIO6.28.
(Iz12 +
dz.
71 (0)
ESERCIZIO6.29.
it
Log (z) dz con,7 (t)
2
e Logla funzione logaritmo principale.
E.3. Calcolare i seguenti integrali utilizzando di volta in volta il procedimento (corretto!) più semplice: calcolo mediante la definizione, teorema di Cauchy nullo, prima o seconda formula integrale di Cauchy. dell'integrale ESERCIZIO6.30.
e (Z2 + 4) 71 (—2i)
dz.
ESERCIZIO6.31.
--ïdz. 71 (0)
ESERCIZIO6.32.
e 72(0) (z —
ESERCIZIO6.33.
ESERCIZIO6.34.
1)
3
dz.
dz +1 (i) Z2 —2
z
-—dz.
ESERCIZIO6.35. z
ESERCIZIO6.36. (2i) (Z2
+ 4.)
330
TEORIA DELLE
Dl VARIABILE COMPLEssA DERIVABILI FUNZIONI
di una funzione, calcolo di sviluppidi singolarità delle F. Classificazione
residui funzioni (determinandoli e classificandoli) Laurent, calcolo di seguenti singolan: delle
residuo in base allo sviluppo in serie di Si studino i punii il calcoli si isolate, e, nelle singolarità è espressamente richiesto, non è questo cui in Salvo negli esercizi (è sufficiente calcolare il coel)ìciente c Laurent di sviluppo scrivem per intero lo ESERCIZIO 6.37,
f C) = sin —con sviluppo di z 1
ESERCIZIO 6.38.
1).
Laumnt.
— e: sm z.
ESERCIz1() 6.39.
ESERCIZIO 6.40.
z —sin z z3
con sviluppo di Laurent
ESERCIZIO 6.41. ESERCIZIO 6.42.
z sin -1
Si studino i punti singolari delle seguenti funzioni (determinandoli e clasyficandoli) e, nelle singolarità isolate, si calcoli il residuo utilizzando le formule che consentono il suo calcolo senza passare dallo sviluppo di Laurent. ESERCIZIO 6.43. sin z
ESERCIZIO 6,44. 1
ESERCIZIO 6.45.
f (z)
z2 tg — z 1
ESERCIZIO 6.46. sin (TZ)
ESERCIz10 6.47. 1
z cos
Individuare le singolarità delle seguenti funzioni, classificarle e calcolare il residuo in ciascuna singolarità, con il procedimentodi volta in volta più conveniente• ESERCIZIO 6.48.
6.8. ESERCIZI E COMPLEMENTI 331
ESERCIZIO
ESERCIZIO ESERCIZIO
6.49.
6.50.
ze —1/z2
6.51.
1/34
6,52. ESERCIZIO z3 + 8
integrali, nel campo complessoo nel campo reale, utilizG.calcolodi dei residui metodo zandoil integrali nel campo complesso utilizzando il rnetodo dei residui calcolarei seguenti ESERCIZIO 6.53.
z2
dz
3—8 73(0) z
ESERCIZIO 6.54.
-2
1 dz '2 -- 5iz — 4
conr = 3 e poi con r = 5. ESERCIZIO6.55.
SII z 72 (0)
ESERCIZIO6.56.
-t
+2) dz
con t C R.
ESERCIZIO6.57. 74 (0)
z2 (z'2 + '2iz + 3)
dz.
dei Calcolare i seguenti integrali nel campo reale utilizzando il metodo ESERCIZIO6.58.
36
1 ESERCIZIO6.59.
ESERCIZIO6.60.
ESERCIZIO 6,61.
'2
residui.
332
DERIVABILI Dl VARIABILE COMPLESSA 6. TEORIA DELLE FUNZIONI
ESERCIZIO 6.62.
ikT
ESERCIZIO 6.63.
ikx
per k > 0
per k > 0
ESERCIZIO 6.64. da:
ESERCIZIO 6,65.
sin (nm)
da:
Gli svolgimentidegliesercizisi trovano online, sulla piattaforma TextinC'loud
CAPITOLO 7
frasformata di Fourier e applicazioni 7.1. La trasformata di Fourier in LI (Rn) 7.1.1. Definizione e proprietà elementari.
Per motivarela
definizionedi consideriamo una Fourier, funzione di f : Ù&sfopnata T T] R che sia srzlupe Fourier, scriviamo, utilizzando di ora serie la in notazione complessadelle pcbile
. seriedi Fourier (7.1)
con
—inwyclv e cc —
(7.2)
immaginare,ad esempio, che la variabile sia il tempo e la funzionef Possiamo un segnale periodico. E' noto allora che la rappresentazionedi f in rappresenti seriedi Fourierha il significato fisico di vedere un segnale periodico come sovrapdi un numero teoricamente infinito di segnali periodici elementari di tipo posizione precisando l'ampiezza (e fase) f (n) con cui ciascuno di questi segnali sinusoidale, elementarieinwa:entra nel segnale complesso. La successione {f (n) } ha il sig-
nificato di spettro di frequenza del segnale f (x); poiché inoltre i coefficientif (n) tendonoa zero per n —+00, nella pratica il segnale f (x) può essere ben appmssrnato dalla di un numero finito di componenti elementari (ottenendocosì un'utile"compressione del segnale"). Ci si può chiedere se quest 'idea, così profonda e utile,possa essere generalizzata in qualche modo anche ai segnali non periodici. ricostruendo anch'essi, in qualche modo, a partire dal loro spettro di frequenze (per quanto,nel caso di un segnale non periodico, il significato fisico del concetto stesso vistamatematico,
A partire dalle identità vogliamo inunaginare liti Inodo per una funzione f che sia definita su tutta la ret ta IRanziché su un segrnento,e nonBiaperiodica, Ci chiediamo quindi cosa diventano le relazioni precedenti quane perciò w --9 0. I prossillli passaggi hanno il sellil)liee scopo (li suggerim unadefinizione ptveise sotto appropriata. Non serve quindi esplicitare delle ipotesi (n) cuisonocorretti, sviluppo di f sostituendoa f lo Cominciamo scrivere con lo sua espressione analitica:
1 n = —coo 1
v.17, cap.7 53.5]
T/2
incer
Dl FOURIER E APPLICAZIONI TRASFORMATA 7. 334
Se
la ora definiamo
(dove
funzione
parametro si pensa come
nella forma:
+00
|
T/2
fissato) 1a precedente identità si può riscrivere
T/2
—inwy
e inwx
1 277
l'asse delle T, mediante i punti suddividere di (per € Z) Immaginando wgx serie (nw) la w, si può di ampiezza vederecome in infiniti intervalliniintegrale di Riemann (su tutta la retta, però) che, al tendere una sorta di somma dell'integrale valore restituire il di w a zero, dovrebbe ha T —+x, quindi nella definizionedi Tuttavia,al tendere di w a zero si l'integralef _Tp va sostituito con J . Arriviamo così all'identità iA
y dy
(À)
e tÀX dA.
Infineci liberiamo del fattore L davanti agli integrali eseguendo, nell'integrale esterno (in À) il cambio di variabile À 274. Si ottiene
Questosignificache se, per una funzione f : R —+R, definiamo la trasformata integraledi f (che si chiamerà trasformata di Fourier) (7.3)
(dovràessereovviamentef € LI (R)) è plausibile che si possa poi dimostrare la
formula (inversa, in un certo senso) (7.4)
i27€XdK
che ricostruiscef dalla sua trasformata. Osserviamo ora l'ultima formulascritta per meglio comprenderne il significato
comintuitivo. Se pensiamo gli esponenziali
come l'integrale si può vederecomefunzionidella (vedendo sc€ R come un parametro), una sorta di queste funzioni,con coefficienti di combinazione lineare (a infiniti termini) f (4). La cosa notevole è f (x)una funzione periodica, che, pur non essendofrequenza ciascuna funzione ei2Tsexin effetti è periodica, di g; la formula (7.4) rappresenta quindi 1a funzione f (T) come una sorta di nazionelineare di infinite scre funzioni periodiche, di Il valoref (C) frequenze tutte le possibili quindi si può componente del segnalef secondo 1a interpretare ancora in un certo senso come è in effetti frequenza g, anche periodico,e quindi se il segnale f risultante non comepe il concetto di frequenza non ha un significato semplice
7.1, LA TRASFORMATADl
FOURIER IN LI (PI)
335
sopra effettuata ha finora La deduzione di ben poco di rigoroso; è un che suggerisce la seguente eurist ra definizione, che inoltre generalizza precedente a funzioni di n, variabili: il discorso 7.1. Per f L I (Rn) poniamo
per ogni € JRn, scjyy. La funzione f : IRII (C si dicc trasformata di Fourier di f. S ' Y= Quando la funziono da trasforrnare ha un'espressione analitica "lunga" scriverinvece che anche f ('1110 Si noti che
una relazioneche talvolta ci sarà utile.
Osserviat110che nella definizione precedente l'integranda è una funzione a valori cotnplessi. Ricordia1110che, per definizione, se g : IRn —5C con g "1 + ig2 e (JI, a valori mali, si pone
g
misurabilie
L t (Rn)
dy < 00
lg
e in tal caso si pone g (y) dv
(V)dv.
se f e L I (R n ),
L I (IRTO I= n perciò la trasformata di Fourier è ben definita per ogni sc C IR 7.1 (Valori reali o complessi della trasformata di Fourier). Nella OSSERVAZIONE
definizionedi trasformata di Fourier di f, la funzione f può avere valori reali o complessi;in ogni caso la sua trasformata in generale ha valori complessi. Nel caso particolare n =
1 e f a valori reali, cioè f : IR —+ R, si ha
f (y) cos (27tysC) dy
i
f (y) sin (277/4)dv,
da cui leggiamo in particolare che: se f è pari, allora f è reale e pari;
se f è dispari, allora f è immaginariapura e dispari.
casi particolari OSSERVAZIONE 7.2 (Trasformate di Fourier pari o dispari). Nei pari o dispari, in cui sappiamo a priori che la trasformata di Fourier è una funzione
0, e poi simmetrizzare. possiamo calcolam l'integrale che definisce f (K) solo per sc A tal proposito è utile ricordare che: (141) per se f (sc)= g (se) per g > 0 e f è pari, allora Î(sC) = g
se f (S)
G IR.
per g (141) sgn(c) g (sc) per sc> O e f è dispari, allora f (sc)
e anche: sgn (x) l:rl
x.
7. 336
FOURIER E APPLICAZIONI TRASFORMATADl
caso si sia (nel Analogamente
se
Ad esempio:
f (K)
-sgn
< 0) , m cordlQrno R.
(x) g
1 C)ef è pari,
sef (C)=
allora
1 0,
si ha, per ogni f G LI (IRn ) e
k
> O,
ci) Se anche g e LI (IRn), allont
vii)Per ogni
€ IRn fissato si ha:
27tix•t)
viii) Per ogni
€ IRn fissato si ha:
OSSERVAZIONE 7.3. Osserviamo le iii) e iv). parte i dettagli delle ipotesi. sostanzala iii) ci dice che: più velocemente la f tende a zen» all 'infinito (condizione espressadall'integrabilità di a:Of), più mgolare è f; viceversa, la il') ci dice che: più regolareè f, più velocemente f tende a zen) all 'infinito (condizione espmssa dalfatto che (27tis C)Qf, essendo una trasformata (di 00 f) per il punto i) è Innitata e anzi tende a zero all 'infinito. La iv) (unito alla linearità) dice anche che la trasforntata dl Fourier tms.forpna un operatore differenziale lineare a coefficienti costanti nell'opemtom di tnolttplicazioneper un polinomio, una proprietà che la tende preziosa nel risolvem equa:toni differenzialisu tutto IRn
La ii) dice che la trasformata di Fourier trasforma il pmdotto di cont'olu:ione in un prodotto puntuale, una proprietà che come vedmmo san) utile nel rtcavatv formuledi rappresentazione integrali di soluzioni di problemi diffemn:iali.
DIMOSTRAZIONE. i) La continuità di f è un'applicaziono illimediata del teorema di continuità degli integrali dipendenti da un parametro (v. 52.3.4), infatti per y fissato la funzione —2Ti\.y
è continua,
e
2771? yI
If
L I (R n) ,
perciò € co (Rn). La disuguaglianza f è allora ovvia. ln CO(Rn) Ilfll Li(Rn) Particolare,f è limitata. Rimandiamo la dimostrazionedel fatto che f tende a zero all'infinitoal punto iv).
Dl FOURIER E APPLICAZIONI TRASFORMATA 7. 338
ii) se
LI
C Li (NL), quindi possiamo
già che (Rn) sappiamo
—'27TiE •Ydy g (z) dz f (Y — z)
e
passaggio che si giustifica in base al integrazione, di dei valori assoluti converge scambiandol'ordine che l'integrale iterato pensando di Fubini-Tonelli dz
con traslazione
nell'integrale interno
dz —2Ti4.zdz
iii) Derivando(per ora formalmente)
sotto il segno di integrale si ha:
f (Y) (—27iy) e
f ((—2TiT) Q f) (g) che è la tesi. Per giustificare la derivazione, osserviamo che
Q —27Ti€•Yl (2T) IQI If (y) If (Y) (—2Tiy) e
,
perciò sotto l'ipotesi yQf (y) G L I (Rn) il teorema di derivazione sotto il segnodi integrale (v. 2.3.4) è applicabile. iv) Procediamo iterativamente. Per k 1: supponiamo f C c o (IV), f regolarea tratti rispetto alla variabile Ti (ossia Ti-derivabile salvo un numerofini-
to di punti in cui le derivate destre e sinistre sono finite3), (9cf G LI (V) per i = 1,2, ...,n e calcoliamo(per semplicità di notazione supponiamo i = 1 e poniamo
dY1
277iE' •Y'
OY1f (Y) e R n —1
3
Se una funzionedi una variabile f (t) soddisfa queste ipotesi, e g che continuaa valere la formula di integrazione per parti f (t) g' (t) dt = f (b) g (b) —f (a) g (a)
b
Cl, è facile
convincersi
f' (t) g (t) dt,
come si vede facilmente riscrivendol'integrale su intervalli f è derivabile,e su [a, integrali b) come somma di applicandoa ogni integrale la formula di integrazione per parti.
7.1. LA TRASFORMATA Dl FOURIER IN LI (IVI)
integrandoper parti in a zero
all'infinito,
339 nell'integrale interno, supponendoanche che f (y) tenda —27TiC' —27ri€1 Yl
IRrv—1
—27ri€/
) (IVI dg/
2TiK1f (Y) e —2Ti 0, cioè < —1/2T, se (1 + 2Tsc) 12
2Ti Res
z2 + I el+27r€
Res
z2+ I 12
Tre 1+277$
1/2T< g < o, 12 — —2Ti Res
Res
z2 + 1
z2 + 1 12
In definitiva,per < 0 si ha: 1+27r\
(1—2TE)
2i
—1
se < —1/2T se —1/2T < sc < 0 se < —1/2T
—27rE] se —1/2T < sc < 0
2i Ti (Sh 1) e2rrE
se
1/2T e ¯l Sh (2TÇ)
se
separatamenteper 2 secondo ha un polo del
dobbiamo
ordine in —'277iz\
—'2aiz\
Res
—2Ttiz()
(—21Tisce
< Quindi st ha: se sc
¯2fiiXE dx = '2Ti
non ha poli nel funzione la (perché
kz Res (f (z) et , 29) Im zj
semipiano lm z > O);
> 0,
se
1
1
e in definitiva
277sce
—'2ffiz\
'27Ti (—2Tsc e
—2Ti Res
—2Ts t) =
2trÇi
(sc) .
f (K)= equazioni a derivate alle Fourier di 7.3. Applicazionidella trasformataparziali
il problema Consideriamo semipiano. 7.3.1. L'equazione di Laplace nel nel semipiano
due variabili di Dirichletper l'equazionedi Laplace in
per (m,y)
S
u (m,0) = f (x) per G IR. esempio: ricerca ad essere Ricordiamoche il significato fisico di questo problema può di calore; priva di sorgenti il
della temperatura in una lastra illimitata (semipiano) supponiamoclie se potenzialeelettrostatico in un semipiano (o in un semispazio, il dato f sia indipendente dalla variabile z). nell'a,ssegnare a consistere all'infinito: valoredi u sulla retta y = (), dovrà imporre qualche condizione all'infillito; nullo sia mente, ad esempio, potremmo richiedere che il potenziale u matematicamente,il modo operativamente più "comodo" per ric di annullamentoall'infinito sarà chiedere che la soluzione sia LI la Supponiamoquindi che u G LI (S) risolva il problema e applichiamo mata di Fourier rispetto alla sola variabile x.
7.3. APPLICAZIONI DEI-I.A TRASFOIRMATA 01
ponendo
u essendo Au = u xx + ax•re1110,
—1 punto iv)). IYaItro canto quando si trasfortna rispetto
a la clerisata le due operazioni si scambiano semplicelnente d'ordine (altneno sot to opport une
integrabilità di uyy): ipotesidi uyy (.r, y) e¯ i?ïdr (sc) fluyy
t¯lvv(t Y) •
Quindiotteniamo:
(27isc)2 û + ûyv —0 per (sc, y)
S
per e R. L'equazione 472sc2û
si può vedere come un'equazione differenziale ordinaria (nella variabile y) contenenteil parametro sc. L'equazione caratteristica ha soluzioni perciò l'integrale generale è:
Cl(S)e271?lY
(g) e
per
R. y > 0.
Comefunzionedi se,û(sc,y) deve tendere a zero per —s per ogni y > 0. Va ancheper y —++00 vogliamo che sia u (x, y) —+0 e quindi û (sc.y) 0. Infatti
e l'ultimointegralescritto tende a zero per y —+
sotto ipotesi ragionevolidi
annullamentoall'infinito della soluzione u cercata. D'altro canto per sc fissato e y —+-Hocè 271?IY Cl (sc ) e
a menoche sia Cl (se)
0. Dobbiamo quindi imporre questa condizione e troviamo —27ist ly
per sc e R, y > 0,
cheimponendola condizione dà
'2x1\lY
Ora la strategia
è:
1. Cercare k (x, y) tale che 2. Riscrivere quindi
Dl FOURIER E APPLICAZIONI TRASFORMATA 7, 358
formulaper la la e ricordando
trasformata della convoluzione (teorema ' I)utlto
scrivere
e
le funzioni che identificando quindi,
hanno uguale trasformata (v. corollario 1) k (x — z, y) f (z) dz.
che, per ogni a > 0, è ora Ricordiamo 3.
2a a2 + 472 0 e f C L I (R) (oppure f € LX (R)). Al solito si tratta ora di mostrare che quella assegnata dalla formula è unafunzionesufficientementeregolare, risolve effettivamente l'equazione e assumeil dato al bordo in qualche senso.
Discussionedella soluzione ottenuta
La funzione k (T, y) si chiama nucleo di Poisson per il semispazio. Un calcolodiretto mostra che
(7.7)
dr
1 per ogni y > 0,
in particolarek (•,y) E LI (R) per ogni y > 0 perciò per il teorema di Young (Teorema 2.26), f
LP (R)
Mostriamoche si può derivare u
e LP (R) per p
[1,x).
sotto il segno di integrale
(2 7
Questoè già delteorema di derivazionestato mostrato in dettaglio nell'Esempi0 2.15, come applicazione degli integrali dipendenti da un parametro. Qui saremo più sintetici
7.3, APPLICAZIONI DELLA TRASFORMATADl FOURIER ALLE EDP
350
funzione
(U2 + t2)2
y fissato è limitata, ogni per
quindi
y2 + (x — z) )
derivabilità visto nel 2.3.4 la derivazionesotto il segno di ine peril criterio di capisce anzi che Si per ogni y > 0, lecita. le derivate della funzione tegraleè a: di qualsiasi a ordine sono rispetto limitate, perciò il discorsosi può integranda ripetere,Lo stesso vale in effetti per la derivazione rispetto ad y. Ritroviamo perciò più in generale nel Corollario 4.1: ogni soluzionedell'equazione quantodimostrato di Laplacein un dominio del piano, all'interno del dominio è CDO.Una volta garantito che si può effettivamente derivare sotto il segno di integrale, la verifica del fatto l'equazione dipende dal fatto che chela u soddisfi 1
— 0 per (x, y) # (0, 0) ,
T y2 +
8 cosachesi può controllare con il calcolo diretto . La verificadiretta che u assume il dato al bordo sarebbe più delicata (come nelcasodel cerchio). Invece che fare calcoli specifici per questa situazione, vale la penainquadrarla in una situazione generale che ci servirà ancora in seguito, ossia riconoscereche il nucleo di Poisson si può vedere come una famiglia (al variare di y) di funzioni (in a:) approssimazioni dell'identità. Infatti, ponendo
1
11
1
1
ETI + (f) 2
1
T 82+
si riconosceche il nucleo di Poisson (7.7) è un'approssimazione dell'identità: 1 k (T, y)
ky (IT) con
1
k (x)
Possiamoquindi trarre le nostre conclusioni, in base al Teorema 7.2: TEOREMA 7.5. Sia f G LI (R). La funzione
dz pera: e R, y > 0
8
che in coordinate polari Forsela verifica che dà calcoli meno laboriosi consiste nel riconoscere sin
polari: Un'espressione di cui è semplice calcolare il laplaciano in coordinate
+ —Op p
sin 19
Dl FOURIER E APPLICAZIONI 7. TRASFORMATA
y > O,
nel e
di
in senso L I :
il dato al
f IILI (R)
( i , y)
O per y
0
C)per y
O+.
C! (R), allotu
Se inolttvf
liu ( i , Y)
fllC0(R)
che u è soluzione classica del problema di Dirichlet. (lim può si caso In questo delle soluzioni dei problemi di Dirichlet con ESEMPIO7.18. Gmfici dotoal bonlo:
2
1 se la;l < 1
sin a: se
0 altrimenti
< 77
0 altrimenti
Come può suggerire il secondo esempio, se il dato iniziale ha qualchepuntodi discontinuità,nei punti in cui è continuo, la soluzione assume ancora il datocon continuità. In effetti, con una dimostrazione più diretta si potrebbe raffinareil secondo punto del teorema precedente, provando che: Se f G LI (IR)n LOO(IR),in ogni punto .L'in cui f è continua si ha f * (T)—Y 0+ f (a:)per
OSSERVAZIONE 7.6. Cosa si può dire sull'unicità della soluzione, Il metodo risolutivo suppone a priori che u (oltre ad essere derivabile quanto bastada soddisfare l'equazione) soddisfi la condizione
G L I (R) per ogni y > 0. Infatti, se così non fosse non potremmo calcolarne la trasformata rispetto a
Si
consideri la funzione:
u (x, y)
ex sin y
che soddisfa
per (T, y) G S u (r, 0) = 0
per
R
eppurenon è la funzione identicamente > 0 fissato y per come funzione Questa nulla. canto, è integrabile in a: e il procedimento risolutivo "non la trova . D 'altro domino notato all 'inizio della su discussione di questo problema, trovandoci illimitato, qualche ali 'infinito dovremo porla per completare le
al contorno.
m II
M ATA III
L'equaziono (101caloro in l'equazione (Iel il
EDI'
Io spnzio. in
lo dolla trasfortnntül (li Fourier
senza incontmare tnnggiori (litlìcolt.à,so (Ititllsinsin, (Itiili(li il prol)letll.'it (30nsi(101'i111Ì10
por a: IRn
per a:
lo (li risolvere il
il
t>
cho la soluzione u (t, 11')elio (torellia.1110 sia, per OH11i t fissato, integrala (li applichiatno Fourier in IVI, all'equazione. elle (Pilllto iv (Iel teoretna 7.1) e ricordando (00 f) (SC)
calcolare possia1110
Siha a.nche(sotto opportune ipotesi che consentano (li (Iorivarorispetto al parametrot l'integralo che definisce i) (C,t)) perciò
ût (g, t) 4- l) ln 2
equazionedifferenziale ordinaria in t (ora ò
û (4,1)
a vedersi
paratnetro) elio si
integra corno c (SC) e
e trasformandoanche la condiziono iniziale u (x, ())
f (a:) si ha
cheitnpostacome condizione inizialo all'integrale generale precedente dà (7.9)
û(sc , t)
f (se) e
Sitratta ora di riconoscere il nucleo gaussiano como la trasforrnata di Fourier di lill'opportunafunzione. Questo ò facile, ricordando clie (v. Esempio 7.5):
a m12 ) (0
G)
Uguagliandogli esponenti 7r2 ICI
a ricaviatno 1
e quindi
(4) = (4Dqrt)
2
362
1
(7.10)
(4Dfl)
11/2
del calore Definiamo quindi il nucleo 1
(41)fl,) (indicando con h (t;, t,) la Possiamo cosi riscrivere la (7.9) rispetto ad x) corne
t
clc:lla e utilizzando la regola di trasformazione
Corollario 7.1) e infine (per l'iniettività della trasformata, ; (i, t)) u (ag,t) = (f cioè 1
(7.11)
(y)
(4DTt)O/2
per
formula di rappresentazione integrale che "dovrebbe" assegnare la problema di Cauchy (7.8).
Discussionedella formula di rappresentazione ottenuta Al solito, anziché giustificare i passaggi che ci hanno portato alla (7.11), mostrare direttamente che la u assegnata da tale formula risolve effettivamente problema.
derivare E' facile mostrare9 che, per f C L I (IRn) e per ogni t > si r" il segno di integrale un numero qualsiasi di volte, applicando il risultato 52.3.4. La funzione u è quindi infinitamente derivabile per ogni t —(J. Il fatto che u risolva l'equazione discende dalla derivazione sotto il integrale e dal fatto che il nucleo del calore la soddisfa, corno si può) calcolo diretto: ponendo per sernplicità p ICIe considerando t > 0, 1
2 (4 IDT)O/2
(4D7t)
p2 2t 1
41Dt 2 2
(41)Ttr/2 Ricordando che per una funzione radiale u (T) = g ( ICI)si ha
Au = g/' (p) + 9 si
veda l'Escrnpio 2.13.
4 T)t2
7,3. APPLICAZIONI
e
DELLA TRASFORMATADl FOURIER ALLE EDP
363
quest'espressione per calcolando
2Dt 1 2PDt)2 si ha
1 2PDt)2
e quindi
(Ot
2Dt
p2
n
41)2t2
2Dt
p
2Dt
DA) (k (x, t))
p2 4D2t2
2
4Dt 2
2t
n 2Dt
—o
per ogni t > 0.
è: La prima conclusione quindi
assegnata, la u data dalla formula per ogni f C LI (IRn) del calore
l'equazione derivabile e risolve
in IRn >< (0, +DO)
(7.11) è infinitamente
.
calore; in Così come accade per l'equazione di Laplace, anche l'equazione del qualunquedimensione, mostra di avere un forte effetto regolarizzante. Quanto alla condizione iniziale, osserviamo che, posto '2
1
(4DT)n/2
risultaper ogni t > 0
Poichék
1 leggiamo
> 0 e dalla (7.10) per t 1
—4DT21st12
419
(4DT)n/2 e quindi 1
Ir 12
1
Rn (4DIO n/ 2
2
—4L)T21€12
(o)
—1.
(4DT)n/2
in è un'approssimazione dell'identità, e Perciòla famiglia di funzioni {kvi (T) baseal Teorema 7.2 possiamo concludere il seguente: (7.11) assume la TEOREMA 7.6. Per ogni f C LI (Rn), la u assegnata da
condizione iniziale in senso LI, ossia
Ilu (.,t) — fllLl(Rn) Se inoltre f C
(IRn), allora
Ilu
(convergenzauniforme).
* f è continua
t) —f IICO(REL)
O
Oper t () per t
e
0+
Dl FOURIER E APPLICAZIONI 7. TRASFORMATA 364
1a soluzione del problema di C Rappresentiamo auch!J ESEMPIO7.19. (in
mensionespaziale1)
dis
per G R, t > 0 (x) u (O,c) = f
< 1
1 se
con
IR
per T
0 altrimenti. 0: Si ha, per z: C R, t >
2
1
e¯
dy,
(4Tt)1/2 che ha il seguente grafico: 2
-5
Si osserva l'effetto regolarizzante dell'equazione per t > 0.
Equazione non omogenea Mediante la trasformata di Fourier possiamo risolvere anche un prol)lerna di Cauchy per l'equazione del calore non omogenea. Consideriamo il problerna:
(7.12)
ut -- DSL = F (X,t)
per a: C R n, t > 0 per C R n
Non è restrittivo supporre la condizione iniziale nulla; se non lo fosse, per la linearitàdel problema,potremmo ottenere la soluzione di un problema contermine noto F e condizione .iniziale f semplicemente sommando le soluzionidel problema (7.8) e (7.12) ("principio di sovrapposizione" ). Trasformandoe procedendo come in precedenza si ha: ût (se, t) + 1)4772
û(sc, t)
F (sc, t)
che è un problema di Cauchy per un'equazione differenziale ordinaria del prim'ordine in t, lineare e non omogenea. Si integra così:
û(sqt) = e—
c (K) +
t
(g, T) dr
APPLICAZIONI DELLA TRASFORMATA
ittiponetidola condizione iniziale,
Dl FOURIER ALLE EDP
365
t
sfruttandoora il calcolo già fatto in precedenza, t
lì (sc,t)
F (k
e scattibiandola trasformata in
(se , T) CIT.
l'integranda si può vedere come 1a
t -- T) * F
T)) (C)CIT
con l'integrazione
k
in t,
y, t— T) F (y, T) dy CIT
o. esplicitamente: t
1
(4Drr (t — T)) n / 2 IR n
O
e
2
'ID t — T
F (y, T) dy
dT.
Si confrontino le formule (7.11) e (7.13), costruite con lo stesso nucleo del calore, ma diNQrsastruttura degli integrali.
Discutere le ipotesi sotto cui la (7.13) assegna effettivamente la soluzionedel problemadi Cauchy non è così semplce. cioè
E' chiaro che, non appena F è una funzione limitata almeno per
sup
IF (x,
tempi finiti,
MT < 00
sipuòscriNere,per ogni t < T t
lu (x,
O t
2
1
MT
dy dT
(41)77 (t — T))
MT
tMT
da cui
sup lu (x,
0 per t
0+.
La condizioneiniziale è dunque assunta con continuità sotto la sola ipotesi di linftatezzadi F per tempi finiti. Il problemaquesta volta è calcolare le derivate di u dalla formuladi rappreCome in altri problemi per un'equazione non omogenea,questo porta a fintegralisingolari". Lo studente provi a riflettere su cosa succedecercandodi calcolare 1
O
(4DT (t —
2
F (y, T)dy dr
Cilimitiamo a segnalare che per F sufficientemente regolare (ad es., C2) il proceento è giustificato.
7. TRASFORMATADl FOURIER E APPLICAZIONI
366
7.3.3. Problemi unidimensionali di diffusione con tras porto
Aver risolto mediante la trasformata di Fourier certi problemi " e reazion equazioni dalla struttura abbastanza semplice (come l'equazione cl•prototipo" 1 calore) può essere un punto di partenza per risolvere anche problemiLaplaceo più de Vogliamoillustrare quest'idea generale almeno con un esempio. generali Consideriamo,in una sola variabile spaziale, l'equazione di concentrazioneu di una sostanza in soluzione, con termini di tr diffusioneper asporto e la reazzone• ut —Ducc + vux + ru 0 per a: € R, t > 0
u (x, 0)
f (T) per C R
dove D, v, sono costanti, e per il loro significato fisico D, 7 > 0, mentret, avere segno qualsiasi. Più precisamente: il termine rappresenta termine vux il trasporto il dellasostanza dovuta allo spostamento del mezzo stesso (corrente), il termine ad esempio Con un cambio di variabile possiamo ricondurci all 'equazionce di
diffusionepura
ax+bt
con a, b costanti da determinarsi e w nuova funzione incognita. ax+bt
{bw +
Calcoliamo:
}
ax+bt
ax+bt
+ a2?T}
+
e sostituendo nell 'equazione otteniamo:
aa:+bt{(bzv+ wt) —D (2awr +
+ a2w) + v (aw + wa) +
—1-)wxx+ w (b —Da 2 H-av + 7) + Scegliamoora a, b in modo che sia
v - 219a O
cioè
b e in definitiva
2
Da2 —av —7 ¯ 2
con
e imponendo la
wt —Dwxr condizione iniziale
otteniamo che w risolve
0
eE75 TU'(T,
il problema di Cauchy tvt— 0 per w (c, 0) = f (T)
0)
G R, t > 0 per a: C R
=0
(v —2Da) = 0.
7.4. LA TRASFORMATADl FOURIER SU
e
quindi
(7.11) per 1a
1
f (y)
4DTt
dy
,1Dt
4DTt IR" 1 4DTt
367
lx —y1 2
1
V
e
(IV')
e¯
4 Di
e 2D (T y)f (y) dv.
IRn
di rappresentazione con una struttura simile alla
quindi una formula Troviamo però: precedente,dove calore che compare nell'integraleè sostituito da uno modificato il nucleodel trasporto; conto del chetiene moltiplicato per un esponenziale decrescente nel tempo, che model-
il tutto è chimica (o decomposizione) che nel tempo tende a consumare la reazione la lizza sostanza.
7.4. La trasformata di Fourier su L2 (IRn) trasformata di Fourier, che abbiamo finora Vogliamoora mostrare come la possa estendere allo spazio L2 (Rn). Se, da una calcolatoper funzioni LI (IRn), si di una funzione L2 è meno immediata
trasformata di Fourier parte,la definizionedi funzione LI (motivo per cui abbiamo studiato prima rispettoalla trasformata di una canto che le proprietà funzionali della trasformata di d'altro vedremo LI), teoria la teoria permetterà altre applicazioni Fouriersono migliori sullo spazio 1.2 e questa interessanti e significative.
le proprietà 7.4.1. Lo spazio delle funzioni a decrescenza rapida. Tra più regolare trasformata di Fourier che abbiamo studiato, abbiamo visto che:
della più velocementetende a è f, piùvelocementetende a zero f all'infinito; viceversa, buone proprietà da zeroall'infinito f, più regolare è f. Una funzione f che abbia a zero all'infinito) entrambiquesti punti di vista (regolarità e velocità di convergenza di vista. Ad avràquindiuna trasformata con buone proprietà da entrambi i punti infinitamente derivabile e tendente a zero all'infinito esempio,la gaussiana e¯ convelocitàesponenziale, ha per trasformata se stessa. da questi Definiamouna classe di funzioni S che abbia appunto buone proprietà funzioni duepuntidi vista, in modo che la trasformata di Fourier di una di queste siaancorauna funzione nella classe S. decmscenzarapida DEFINIZIONE 7.4. Si dice classe di Schwartz delle funzioni a ogni la classeS (Rn) delle funzioni f : R n —+R (o C) tali che f G coo (IRn) e per interok 0 e multiindice Q si abbia lim
la;lk D a f
0.
tende Dettoa parole, la funzione f e qualsiasi sua derivata (di qualsiasi ordine) a zeroall'infinito più rapidamente di qualsiasi potenza negativa di 1x1.Ad esempio, la gaussianae¯olœ 12(a > 0) appartiene a S (IRn). La classeS è uno spazio vettoriale, come si verificaimmediatamente,tuttavia dalla definizione nonesisteuna norma che "catturi" tutte le informazioni richieste in generale, gli spazi di , comedel resto (Ci): CDO spazio lo per già accadeva
7, TIR
30
a derivabili non si funzioniinfinitamente nonnati completi di funzioni densi in spazi vettoriali (IP") 7.5, Lo spazio S (IRIi) denso in PROPOSIZIONE che per ognu f C LP (IR") con p c Esplicitamente, questo sigmJiea C S una successione {fk}
tale che Ilfk
p
f Il
Questa proposizione discende dall'analogo risultüito di limitato, che si dimostra essere denso in LP (IR") per ogni p Il, (Rn ) (Rn) C S (IRIOperciò una successione di funzioni si può anche vedere come una successione di funzioni in S
Poiché ogni funzione in S (IRIOa maggior ragiono trasformatadi Fourier è ben definita sullo spazio S (IR"),
a LJ ("2+0 proprieta
interessano riguardo allo spazio S (IRÏL)sono racchiuso nel
fj
7.7. (Trasformata di Fourier sullo gpazio S TEOREMA (i) Per ogni f C S (IRn) risulta f C S (Rn).
(ii) per ogni f, g C S (IRI@)risulta
dovef indicail complessoconiugato. In particolare (iii) per ognif € S (IRn) risulta L2(Rn)
L2(Rn)
DIMOSTRAZIONE. (i) Dal Teorema 7.1, punto (iii) sappiamo che:
intero k
1 è a:Qf C L I (Rn) per ogni multiindice o con
h, allora
f?" )
00f = f ((—2Tix)Qf) • Dunquese f G S (IRTI) si ha f C (Rn ) per ogni k, ossia f C (Y Dalpunto (iv) dello stesso teorema sappiamo che se f C CE (Rn ) , OQf C LI (-V) per 0 e 00f tende a zero all'infinito per la} k —I, allora
(0a f) (K) — (2TiK)Q f
In particolare, poiché dal punto (v) dello stesso teorema sappiamo che la trasformata di Fourierdi una funzioneLI tende a e zero all'infinito, abbiamo che (i" f) quindi (2TisC)Q f tende a zero all'infinito. 0.D'altro Perciò (E) lim canto f = F ((—2Tic)Qf) hache , perciò ponendo g (T) si (T) anche g € S (Rn ) e f (—2Tic)O
= ICIk û($)
0 per
il che completa la (ii) Notiamo dimostrazione del fatto che f S (Rn). anzitutto che per ogni anche fû, perciò e S (Rn) risulta f? i due
LI e, per il integrali scritti esistono; controlliamo che
Dl
7,4. LA
SU
(IV')
360
(1,1C
g (a;)
no
d'ordine (lovelo scalill)io
(1,4
di integrazione vale perché gli integrali convergono in
perchôf, g, f, g sono LI, valore punto (ii) a f = g si ha la tesi. (iii) Applicandoil 7.4.2. Trasformata di Fourier su 1.2. Il fatto che la trasformata di Fourier
S (IRn) in se stesso conservando la norma 142,unito al fatto che S (IRn) è ora di definire la trasforrnata di Fourier su 142.Vale infatti il densoin 1,2,pertnette seguente
-i o. 7.8. Sia f C L2 (IR") e sia {h} C S(IR") tale che Ilfk converge a una funzione 1.2, che non dipende dalla la successione particolatt'successione approssimante.
Sia f C DIMOSTRAZIONE.
e {fk} C s (IR")tale che
-
Proviamo (peril teorema densità, sappiamo che una tale successione esiste sempre). chela successione{fk} è di Cauchy in L2. Infatti, per la linearità della trasformata e il Teorema 7.7 (iii) si ha: Il(fk
fh)ll
Ilfk —fhllL2(Rn)—40 per k, h
00
percllé{fk} convergendoa f in 142 è di Cauchy in L2. Dunque {fk} è di Cauchy in
ed essendo questo spazio completo, esiste g C L2 (IRn ) tale che fk —ig in L2.
Si tratta ora di controllare che, scegliendo una diversa successione {fh*}convergentea f, il limite di non cambierebbe. Ma questo segue dal fatto che = Ilfk —fÉllL2(R")-+0
h II - f*kll
perchéentrambe le successioni fk,
per ipotesi tendono a f.
In base a questo teorema, è giustificata la seguente
che fk —+f in DEFINIZIONE 7.5. Se f C L2 (IP') e {fk} C S (IP') è tale
(Rn), si definisce
f
il limite
in 112 (IR n )
di fk
Le Proprietà della trasformata di Fourier su L2 sono sintetizzate nel prossimo TEOREMA 7.9 (Trasformata di Fourier su 1.2). L 'operatore
7. TRASFORMATADl FOURIER E APPLICAZIONI
370
identità: è lineare e continuo, e soddisfa le seguenti f (z)
(a:)da:
IlfllL2(Rn) — per ogni f, g G L2 (R n). Inoltre f
è una
corrispondenza
biunivoca
di L2 (Rn) in se
stesso. Queste proprietà si esprimono dicendo che f è un'isometria di spazi Hilbert su L2 (Rn), cioè una corrispondenza biunivoca di L2 (Rn ) con se stesso, che conserva il prodotto scalare e la norma. Vale anche la forrnula di inversione: per q.o.
f (x)
C R n, per ogm
f € 1.2 (R n) .
Infine, se f G (LI n 1.2)(Rn) la trasformatadi Fourier funzione L I o come funzione L2 coincidono.
f definitacome
7.7. Se confronti quanto afferma questo teorema con quanto OSSERVAZIONE visto nello studio degli spazi di Hilbert (Teorema 4.9). Anche in quel casosi è antrodotto un operatore trasformata da Fourter che, dato uno spazio di HilbertH realizza un'isometna tra lo spazio dl HilbettH dotato di un s.o.n.c. e lo spazio e. Nell 'applzcazioneconcreta dl quella teoria allo spazio di si ha quindi: L2 [—7,7] dotato del s.o.n.c. '277 f:
(2.
142 [—77,
Quest 'operatore viene chiamato a volte "trusformata di Fourier sulla circonferenza" per distinguerlo da
chiamato "trusformata di Fourier sulla retta" Il primo operatore è legatoolla rappresentazione di una funzione periodica mediante la sua serie di Fourzer,il secil suo tntegrale ondo alla rappresentazione di una funzione non periodica di Fourier, f (f f) (—1c).Entrambi gli operatori realizzano isometrie tra spazzdl Hilbert.
DIMOSTRAZIONE. Le due identità seguono per densità dalle analoghe proprietà che valgono in S (Rn). Infatti, date f, g € L2 (IRn) , siano {fk} , C S (IP') tali che fk -4 f e gk —5g in L2 (Rn). Allora per la continuità del prodotto scalarein spazi di Hilbert (Teorema 4.2), f (T)
e poiché si ha anche fk —+f e
(T) da:
—+ in L2 (IRn)
perciò dall'identità fk (X)Ük (T)dr
n (K) îk(s C) dg
7,4. LA
l,'
in bago al Teorema
il)
e- S
hl liiliil/i
si ha
la prima identità
La
(10110
(li Mostriamo che vale la (perché, Nono LI ('011 crescenzarapida f in 1/2 Ni s(Rfl) tale Che -o al limite ptLssando
1,1)
in
si trova
r) ill L ,
inversione.Infatti: f è iniettiva perché' g basta porro f
f c
g(
tale cll(' J
() alloro J (m)
per ('Ili si 11a m)
Sc f C (LI Ci
Tlf e J
(IRn ) , ill(lic11in1110
mata di Fourier definita vedendo f mostriamoche Ti f = Te f. Sia {L} C S (IR'")t'Ile
f Minil) Ivi elli'
allorafk —4.T2f in 1.2 0, ricorrlanrlo
- lif fk —4Tl f uniformemente, in particolare il)
flf = T2f in
,
lilliiiaio.
(li ogni
cliogni insiernelilliitnfxj,citò (1.0.
(li Si confronti la setnplice proprietüi funzionale cli(' 11ala ('01fal lo su 142(essore una corrispondenza biunivoca, cli(' conserva la su LI non semplice caratterizzaro l'illilllagino (li T, e la fortililla (li inversione valesu tutto il codorninio C!) (IR") .
ln particolare,per una generica f C LI non (lotto ('1101'integrale
Converga.Vale però la seguente semplico proprietà: PROPOSIZIONE7,6. SIO f C
appartenente (J
n LI tale che
(IR") e sia {JR}
f in 1/2. A110ÎïL
qualsia.qi successione
f
In par/
Dl FOURIER E APPLICAZIONI 7. TRASFORMATA 372
che se fk —+f in L2 allora .fk fatto Il DIMOSTRAZIONE. su L2 (anzi è un'isometria).
dal fatto che f
è lineare continua
Mostriamo
successione
successione di è una particolare tesi. la 1,2, da cui seguirà
funzioni che appartiene a L2 n LI e tendea f in
(Rn) poiché f e L2 If (3)1,si ha che fk e PoichéIfk (Q) C LI (Q) se Q è limitato, perciò Inoltre sappiamo che L2 k, si ha fk G LI (Bk (0)), e poiché detta (0)la raggio fk è nullafuori sfera di centro l'originee (Rn). Quindi fk € L2 n LI. dalla sfera Bk (0), fk C LI
fk —+f q.o. e Ifk (x) —f Infine, fk —+f in L2 perché Lebesgue cui per il teorema di
If (012 € LI,
da
—y0
Ifk (a:) —f
7.20. Si calcolila trasformata di Fourier della funzione ESEMPIO
La funzionesta in
ma non in L I . Dobbiamo perciò calcolam x xe —2714
f (K)= lim
Questo limite è esattamente czò che si ottiene quando si calcola con metodidi analisi complessa(teorema dei residui) l'tntegrule —'2riCx 2
Per < 0 1'integmleuguaglia 27TiRes
ze —27ti€z 2 ,i
2ri(z
— Tie
277i
/z=i
Quindi, simmetrizzando dispari la funzione anche per sc> O otteniamo per > 0 sgn (T) î(sc) —27ie—271 0. si può La funzione sta in L2 ma non precedente, semplice in LI. Come nell'esempio polo, applicareil metodo dei residui e calcolare,poiché z
e posto nel semipiano
= --277i Res
—ai
è l'unico
Im z < 0, per s e > 0:
277i (e —27iEz
2aie
—'2ïEa
tu.
SV
essendoctpoli nel
0
(IR")
Itn o.
analogo tnosttxt che se a < 0 si ha:
= atte - 02. Si catevli la ttusfortnata di Fourier della funzione 1
1
-ra > 0. Ct
iaa:
si può ricondurtv all 'esentpio ptvcedente 1
1 + iaa•
ia (a: 1
1
ia essendo—l/a < 0, in base all 'esempio precedente '27C\/a '27ie 2r\/a X (—00,0) a In particolatv,per a = 277si ha:
•
1
1 + '2Ti.r
ESEMPIO7.23. Si calcoli la trusformata di Fourier della funzione caratteristica di un intervallo (—a,a): Questa funzione
sta sia in L I (R)
che
in 142 (R),
eseguire il calcolo
quindi possiamo
elementarmente: —27ix 0. S/ dece Ittnttato intervallo un so su ogni estste se (i (t: L-tmsfonnabtle) tale che tnusfortnabile (brevemente, converva assolutarnente I'tnte•gtule dl Lebe.squt. tale che LI (0, +x), ossia
Se so
+ iw et C (0, +x) ,
che c-80tf (t) é Lt (0, MX)), alloru per ogni s perciò se esiste so C C tale Res È:Reso si ha If
If
C LI ((),
),
Questo motivi la prossitna -OR (o C)
DEFINIZIONE8.2. Sef : (0,
U[f) = inf {s € R: e -st 'f di convergenzadi f Chiamiamo [fl
L-ttusfotvnablle, pon
O
L I (0, +x)}
= {s C : Res > [f l} seniipianodi convergenzadl f. Può anche rt.sultarv (nel caso 11H!/110ft')[fl = -x, f è in malta tutto Il ptano cornplesso. in tal caso 77 Per quanto osservato prima della della definizione precedente, { s ER .s e ¯st
€ L I (0, +x)}
,
(a, +00) o la, 40c), quindi ogni valore maggiore del suo est tiene. Arriviamo così alla prqxssima:
PROPOSIZIONE 8.1. Se la funaone f : (0,+x) --9R (o C) per ognis appartenente al semtpiano di convergenza dl f est.ste (8.1)
inferiore vi apparL-tmsf0ÙlHlblle,
e ¯st f (t) dt.
DEFINIZIONE 8.3. Sef : [0,+x) --4R (o C) è L-trasformabile,
dicetrusfor-
mata di Laplace la funzione
Cf :
gC
C
definita comein (8.1) nel semipiano di convergenza di f, a valori complessi. Si osserviche per Res < T [f) la trasformata Cf (s) certamente nonesiste' esempi' mentre per Res = (f) può esistere o non esistere, come mostreranno gli semipia110 ma non ci interesseràstudiare il comportamento di Cf (s) sul bordo del di una di convergenza. Si noti che esiste una certa analogia tra il COmportamento Laplace serie di di potenze nel suo cerchio di convergenza, e quella della trasformata nel suo semipiano di convergenza, La funzione f che viene trasformata, come abbiamo detto, è definita in
definizione Spessoquesta funzione in realtà è definita anche per t < 0, tuttavia nella
s.l. DEFINIZIONE Dl L-TRASFORMATAE PRIME PROPRIETÀ
387
è esteso a (0, +00)1; possiamo quindi anche pensare che di Cf l'integraleR e sia nulla per t < O. f sia tutto in definita 8.4. Chiamiamo segnale una funzione DEFINIZIONE f : IR—+ (o C) per cui 0. < t per 0 siaf(t) Ogni volta che calcoliamo la trasformata di una funzione stiamo sottointendenAd esempio, la trasformata
di et va intesa come doquestofatto.che vale et per t > 0 e la zero per t < 0. Talvoltaè trasformata dellafunzione utile sottoliquesto fatto, introducendo
Ileareesplicitamente
la funzione di Heaviside, o gradino
unitario,
1 per t > 0 0 per t < 0 (indicatatalvolta anche con H (t)) e scrivendo ad esempio f (t)
che trasformiamo. indicareil segnale
etu (t) per
Osserviamosubito la seguente proprietà, di dimostrazioneimmediata:
8.2 (Linearità della L-trasformata). L'operatore trasformata di Laplaceè lineare, nel seguente senso: se f, g sono due funzioni L-trasformabili e Cl,C2sono due costanti reali o complesse, allora la funzione Clf + ug è Ltmsformabile,con ascissa di convergenza (TO= max (T [f] , [g]) e per Res > (TOrisulta C (Clf + C2(J) CIC (f) + c2c (g) .
Vediamoqualche primo esempio di calcolo di trasformate. ESEMPIO8.2. La funzione di Heaviside u (t), o equivalentemente la costante 1, ha trusformata e¯ st purché Res
1
> 0 (condizione sotto la quale e ¯st —+ 0 per
scritto converge). Quindi (T[f]
t
e l'integrale
0 e 1
S
Osserviamosu questo primo esempio il seguente fatto fondamentale: la funzione di sariabile complessa L è definita in tutto il piano complessoprivato dell'origine,
tuttaviarappresenta la trasformata di Laplace di u (t) solo per Res > 0, perchéin caso contrario l'integrale diverge. Quale sia il semipianodi convergenzasi
capisceosservando non solo l'espressione analitica della trasformata, ma il processo di calcolodell'integrale che la definisce.
ESEMPIO 8.3 (Trasformate di Laplace di funzioni elementari). Per a G C
calcoliamo
e—steatdt
e¯ (s—a)t
1
l'integrale di e—stEsiste anche una teoria della trasformata di Laplace bilatera, che coinvolge f (t) su tutto R, ma in questo corso non ce ne occuperemo. 1
S. TRASFORMATADl LAPLACE E APPLICAZIONI
388
a [f) = Ileo e purché Ros > Rea. Quindi C
d
(e
1 t) (S )
La formula vale in particolare per a C IR (trasformala dell mentre per a = iw otteniamo, per Res > Re (iw) cioè Ros > 0, 1
e per la linearità della trasformata di Laplace
s 82 + w2
C (cos (wt)) (s) + iC (sin (wt)) (s)
82 Se s è reale, identificando parte reale e immaginaria, otteniamo le delle trasform,ate delle funzioni trigonometriche
(I/
C (cos (wt)) (s)
C (sin (wt)) (s)
formule che, per come sono state ottenute, valgono per s reale positivo,
estendonoa s complessocon Res > 0. + iw, si ha, per Res > o, Se poi a
s — + iw
1
cxt+iwt
Ragionandoprima per s reale e identificandoparte reale e immaginama(li membri, estendendo quindi le identità trovate a s complesso, trovzamo
i
C (ent cos (wt)) (s)
C (ent sin (wt)) (s)
perRes > Q.
Veniamo alla trasformata di Laplace delle funzioni potenza (sempre consulerate
nulle per t < 0). Con un'integrazioneper parti si ha:
te- st
e¯8ttdt Se Res > 0 si ha
—s
-+-oc
—st
0
O
= 0 e si conclude 1
-Hoc
e ¯st dt —
—st 2
4-00
1 2
0
da cui (8.2)
—72 per Res > 0. 1
s
il fatto(clic 2Questo fatto segue dalla teoria nel delle funzioni di variabile complessa: utilizzando omplcs,so) c s
proveremotra poco) che la trasformata di Laplace è derivabile (anche in senso quellaper semipianodi convergenza,dalla validità delle precedenti identità per s reale segue complesso,in base al principio di indentità dellefunzioni analitiche (Teorema6.'2'2)•
DEFINIZIONE
L-TIRASFOR\IATAE PRIME PROPRIETÀ
389
Itettttv tl calcolo a potemze di ordine superiore, sempre per Res > 0: 8,3)
—s
dalle due
o
S
otteniamo, itemtivamente:
identità
-C (t n- l ) (S) s
s 82— 3
3.2 s
S3
s4
C (t ri) (S)
n= Res O e ogm qualche pritna osservazione suggerita dai calcoli precedenti. Anzitutto che, a differenza della trasfortnata di Fourier che (almeno nella teoria LI è definita solo per funzioni integrabili, la trasformata di cheabbiatuopresentato) Laplacesi può calcolare anche per rnolte funzioni non integrabili su (0, +00) , come t sin t, cest. e
Cna semplicv condizione sufficiente per la L-trasformabilità è fornita dalla
prcxsima:
8.3. ('na funaone f : PROPOSIZIONE
+oc) —+R (o C) misurabileè certa-
menteL-tmsformabtlese ha ordine esponenziale, cioè se per certe costanti a, c € R ha
If
cent
(0, + oc)
In questo caso, infatti, è immediato verificare che Cf (s) esiste almeno per Res> a, in altre parole [f) o. Unesempiodi funzione non L-trasforrnabile è et , corne si verifica immediatamente.Si presti attenzione a cosa va verificato: non il semplice fatto che non valga lacondizione(SA), che è sufficiente ma non necessaria, ma il fatto che l'integrale che C et (s) diverge per ogni s. Ci si potrebbe chiedere perché la trasforrnata di Laplace sia stata definita per s complessa.Dopo tutto, se f ha valori reali e s è reale, anche l'integrale e ¯st f (t) dt
avrà\alori reali, quindi sembrerebbe naturale studiare Cf (s) semplicemente per s reale,s > C[f l. La possibilità che s sia complessorende però possibilemettere inevidenzaun'utilissima relazione con la trasformata di Fourier, che diversamente nonapparirebbe. Si osservino infatti le seguenti identità:
Per Cf(s)
> Cf (c +
—(c+i.')tf (t) dt ¯
¯iwtdt [e¯Œtf (t)) e
Dl LAPLACE E APPLICAZIONI 8. TRASFORMATA
390
f, calcolata in + iw, si può vedere di Laplace di ossia la trasformata di variabile reale e-otf (t) (t), calcolatala funzione della trasformata di Fourier fondamentale conseguenza: prima una Ira fatto Questo della trasformata di Laplace). Sia f una funzioneL (Iniettività 8.1 TEOREMA di Laplace identicamente nulla. Più precisamente_ trasformata avente trasformabile è sufficiente che risulti ogni w C R Cf (o + L') = 0 per
Allora f (t) è nulla per q.o. t > 0. J, [f > c; fissato un per e due funzioni L-trasformabili che hanno la stesso Di conseguenza,se f, g sono t > 0.
q.o. L-trasformata,allora f (t) = g (t) per
Infatti se f è una funzione L-trasformabile e (T> [f] , risul_ DIMOSTRAZIONE. + iw) = 0 per ogni w C R, per la (8.5) significa ta e¯Ütf (t) u (t) C LI (IR)e se Cf (a U trasformata di Fourier identicamente nulla, dunque che la funzione e¯ t f (t) u (t) ha R, per l'iniettività della trasformata (li Fourier è uguale a zero quasi ovunque in¯Üt non si annulla mai, ciò significa che f (t) su L I (v. Teorema 7.1); poiché e poi la seconda afferrnazione, per q.o, t > 0. Dalla linearità della trasformata segue applicando il teorema a f —g. Dunque, anche senza conoscere ancora uno specifico teorerna di inversione (Iella
trasformata di Laplace, possiamo già affermare che la trusforrnata dl Laplace(Il una funzione individua univocamente la funzione stessa: funzioni con la stessaLmolto trasformata coincidono. Si noti che questo fatto è stato stabilito (in semplice) grazie alla relazione fra trasformata di Laplace e trasforlllata (li Fourier, relazioneche a sua volta è resa possibiledal fatto di studiare Cf (s) per s variabile complessa e non solo reale.
Sfruttando la relazione (8.5) è anche facile congetturare una forrnuladi antitrasformazioneper la trasformata di Laplace. Riscriviamo la (8.5) nella forma Cf (a + 2Tiw)
= f
(e ¯Üt f (t) u (t)) (w)
e supponiamoche per la funzionee¯Ütf (t) u (t) valga il teorema di antitra.sformazione di Fourier, allora per ogni t e R
e in particolare per ogni t > 0 si ha
+277iu)td0J Cf (o + 27iw) e(a Ponendo s = (T+ 27iw si può vedere l'ultimo integrale come integrale di linea nel (8.6)
f (t)
Cf (a + 277iw) e2Tiwt L' =
campo compless03, lungo la retta Res (8.7)
cr ossia, poiché ds
1
277i
a—ix
2TicLJ,
Cf (s)estds
3L'integrale di linea nel campo complessoè stato definito nel 6.5. Per chi non ha studiato il Cap. 6 è sufficiente dire che il significato di questo particolare integrale è dettato semplicemente dalla formula (8.6) da cui è stata dedotta la (8.7): reale'dl campo nel questa esprime l'integrale,
una funzione a valori complessi,
8.1. DEFINIZIONE
gli estremi
simbolici
Dl L-TRASFORMATAE PRIME PROPRIETÀ
391
indicano appunto che si sta integrando sulla retta + io con € (-00, +00) e fissato. ±
s= complesso La (8.7), dove piano dimostreremo essere effettivamente valida, sotto opportune ipotesi. in seguito si vede dalla formula stessa, essa dipende in modo essenziale dal come pi nuovo, Cf (s) come funzione della variabile s complessa. considerare di fatto Io studio delle proprietà di limitatezza, proseguiamoora con comportamento trasformata Cf (s): della regolarità all'infinitoe 8.2 (Proprietà della L-trasformata di una funzione). Sia f una TEOREMA
-trasformabile. Allora: L funzione > (T[f] , esiste una costante c > 0 tale che i) Fissato so
ICf (s)l
c per ogni s con Res
so.
trasformata di Laplace è limitata in ogni semipiano strettamente In altreparole, la
semipiano di convergenza. contenutonel
ii) (Comportamentoall 'infinito)
lim
Cf (s)
0.
iii) La funzione Cf (s) è derivabile infinite volte4nel semipiano di convergenza Res> a [f] e valgono le identità: ds e più in generale (Cf (s))
C [(—t)n f
(s)
(—1) n C [t n f (t)] (s) .
dsn 1, 2, 3... la funzione tilf (t) è L-trasformabile nello In particolare,per ogni n stessosemipiano di convergenza di f. Sinoti l'analogia tra le proprietà (i) e (iii) e le proprietà delle serie di potenze nel lorocerchiodi convergenza. La (ii) è invece analoga alla proprietà della trasformata di Fourier.
DIMOSTRAZIONE. i) Se Res
so >
[f], si ha
+ 00
If (t)/ dt ii) Poichéper t > 0 fissato e Res
If
00.
so si ha If (t)l —+0 per (Re s) —+-1-00
le ¯st f (t)/ e d'altro
e
canto
le¯stf (t)/
(t)l G L I (0, + 00) (maggiorante integrabile indipendente da s), per il teorema di Lebesguedella conVergenza
If (t)l
dominata, ILf (s)/ —+0 per (Re s) —+-Foo.
iii) Proviamo anzitutto che tnf (t) è L-trasformabile nello stesso semipiano di convergenza di f per n 1, 2, 3.... 4
è anche
derivabile in senso complesso.
Dl LAPLACE E APPLICAZIONI 8. TRASFORMA'FA 392
> 0 per cui è ancora Res Sia Res > [fl e sia
> c;[f] . Allora
(t) C L I (0, + 00)
perciò
If (t)l
max
(0,
[f])•
DIMOSTRAZIONE. Osserviamo intanto che se f è L-trasformabile, è certamente integrabile su ogni intervallo limitato risulta ben definita (e continua). [0, g t] , perciò la funzione Fissato s con Res > max (O, calcoliamo
e stg (t)dt
—st
dt f (T) dr 0
8.2. PROPRIETÀ
OPERATORIALI DELLA TRASFORMATA Dl LAPLACE
393
l'ordine di integrazione (passaggio che giustificheremo poi) e osservando
clie
< t}
{(t,r)
{(t, T)
e ¯st dt
00,T < t < 00},
dT
f fr)
e —st +00 —s
dT
CIT — s il fatto che Res > 0. L'ultimo integrale scritto è proprio usato è si dove se riscriviamo i passaggi con il valore assoluto entro > [fl. Osserviamo che modulo,troviamo + 00 — Re ST s)tdt dT If (T)I CIT< DC, If (T)I
perciòper il teorema di Fubini-Tonelli (Teorema 2.24) lo scambio è lecito, e il teoremaè dimostrato.
8.4 (L-trasformata della derivata), Sia f : [0,+00) —+C con f conTEOREMA tinua in [0,+oc),
o regolare
derivabile
a tratti in (0, +oc),
e sia f/ L-trasformabile.
Alloraanche f è L-trasformabile e vale
C (f') (s)
sc (f) (s) —f (0) per ogni s con Res > max (0,0 [f/l) .
Il valore f (0) può essere inteso come limite finito
f (t).
Nelle nostre ipotesi possiamo scrivere DIMOSTRAZIONE. t
t f/ (T)CITabbiamo che To e applicandoil teorema precedente alla funzione g (t) f (t) —f (0) è L-trasformabile e per Res > max (0, (T[f/ l) vale t
(8.8)
f/ (T) dT
s
D'altrocanto la costante f (0) è trasformabile, con (8.9)
s
Dalle
per la linearità della trasformata, anche f (t) è trasformabilecon S C
(f') (s)
SC f (s) —
f (0) .
Iteriamo ora l'argomento precedente per calcolare la L-trasformata di una derivata successiva. derivabile o Sia ad esempio continua in [0,+00), f/ f/ f con C : +oc) [O, regolarea tratti il teorema in (O,+00), e sia f" L-trasformabile. Allora applicando
E TRASFORMATADl LAPLACE APPLICAZIONI 394
che anche f/ è L-trasformabile e per ogni concludiamo s prevedentea f', max (O,
vale
precedente, questa volta a f, otteniamo teorema il e applicando s2L(f)(s) sf(0)
ossia
C
(s)
f'(0)
s2c (f) (s) - sf (o) - f' (0)
max (0, [f//]) . > s Re con s ogni per il All'n-esima iterazione otteniamo
8.5 (L-trasformatadella derivata n-esima). Sia f € TEOREMA (O e f(n) sia L-trasfmnabile. Allora sono L-trasformabili,nello cn-l[o,
semipiano di convergenza,anche f, J 'J (8.10)
n C (Hn)) (s) = snc (f) (s) s If(0) per ognis conRes > max (0, [f (n)J) •
(0) f(n-l)
Dunque la L-trasformata (così come la trasformata di Fourier) trasformapoli_ nomi differenziali(a coefficienticostanti) in polinomi ordinari, coinvolgendo però
anche le condizioniiniziali che f soddisfa, una proprietà che risulterà utilissima
nell'affrontodel problema di Cauchy per equazioni differenziali lineari a coefficienti costanti mediante la L-trasformata.
Possiamoora anche osservare la relazione esistente tra grado di regolaritàdi f e velocità di convergenza a zero di C (f). Sappiamo che per ogni f L-trasformabile
si ha che C (f) (s) —+0 per Res --5 +x. Supponiamo di essere nelle ipotesidel Teorema8.5: f C c n (0, [0, +oc) e f (n) sia L-trasformabile. Alloravale l'identità (8.10);d'altro canto C (f (s) —+0 per Res --4+x, per cui per Res --4-HN. Notiamo che se i valori f (0) , f' (0) si annullano, il polinomio
, sf(n-2) (o) , 71—1) (0) non
sf(n-2) (0) -- f(n-l) (0) non tende a zero all'infinito, dunque Snc (f) (s) non tende a zero all'infinito,Supponiamoperò che i valori f (0) , f' (0) , ..., (0) (0) siano tutti nulli,
allora si può concludere che
Snc (f) (s) 0 per Res —+-Hoc, cioèC (f) (s) tende a zero più di 1/sn per Res —++oc. Queste dizionidi annullamentohanno un'interpretazione naturale se si pensa a f come
una funzionedefinita in tutto R e nulla per t < 0: sono condizioni di raccordo,che significanoche la f (estesa a zero per t < 0) è regolare in tutto R: COROLLARIO 8.1 (Velocità di convergenza L-trasformata).Sia a zero della f cn¯l (R), f f identicamente nulla per t < 0, e sia f e c n (0,*DC) con L-tmsfomabile. Allora
SnC (f) (s)
0 per Res
+ DC.
OPERAT01t1A1.J 82. PROPRIETÀ
LAPI.A'
sull'analogia tra questo risultato e qnr•llo che riguarda la a zero (lei coefficienti nello sviluppo (li volt"'ità di tanfo è maggiore quanto più rogol;are 1a velocità 'lat•e: la regolarità della f sua porioclizzatasu f, pur di intendere regolaritàdi tutto R (il intl'id" Si rifletta
8.4. Sappimno che ESEMPIO 1 =— per Ites > (j. S Anche se la costante
I ha
la masszrna
regolarità, la funzione
L non tende a moltovelocementeper Res —54-00. Il punto è che la costante 1, prolungata zero a zero la funzione di Heaviside u (t), discontinuo nell è O, t per La funzione et, prolungata a zero per t < 0, è dzscontznuanell'orupne, — tende a zero solo come 1/
C(et) (s) La funzione sin t, prolungata derivalnle,
anche se non
s.
a zero per t < 0, è almeno
è C (sin t) (s)
-r—ï
tende
a zero
continua nell'ortqtne, corne
1/82.
Lafunzione tn, prolungata a zero pert < O, ha dertvote contznuefino all'ordine (n—1), e C (tn) (s) ;+i-v, tende a zero corne l/sn+l Vogliamoora occuparci della L- trasforrnata della convoluzione. Ricordiamo che sef, g sono due segnali, cioè funzioni definite su tutto IRma nulle per t < 0, la loro
convoluzione
si riscrive,tenuto conto dell'annullamento delle funzioni, come t
un integraleche converge, per ogni t > 0, se f, g € L I (0,K) per ogni K > 0. Quest'ipotesiè verificata, in particolare, se f, g sono L-trasformabili. Quindi in questocaso la convoluzione è ben definita, e assegna una funzione integrabile su ogniintervallo (0, K) limitato . Con queste premesse, veniamo al seguente risultato (perfettamente analogo a quello che vale per la trasformata di Fourier della
convoluzione) :
TEOREMA 8.6 (L-trasformata della convoluzione). Se f, g sono due tmsformabili,allora anche f * g è L-trasformabile, con [f * g] — max (IT [fl , (T e vale
per ogni 8
tale che Res > max (U [fl , (T[1/1)
DIMOSTRAZIONE. Calcoliatno,per Res > (f Tuttociò
g) (t) e ¯stdt
l'integrale
f (t -- r) g (r) dr e-st elt 1
contenuto nella Proposizione 2.4.
L-
LAPLACE E APPLICAZIONI 8. TRASFORMATADl
(giustificheremo in seguito il passaggio), scambiando l'ordine di integrazione do conto che
f (t —T) e stdt cambio di variabile t — = u, eseguendo nell'integrale interno il
f (u) e ¯SUdu
g (r) e ¯STdr
rifacciamo i passaggi Inettendo il valore assoluti) . che è l'identità cercata. Se ora dentro ciascun integrale iterato, otteniatno (Re s) u (Itl
convergente, Perciò per il teorema di Fubini-TonelIi Io
«l'ortlllje (l'inte-
grazione è lecito,
Concludiamo il paragrafo con due fortnule operatoriali che saranno ili anche nel problema della deterrninazione dell'antitrasforrnata. S.4 (Fornitila di s-shift). Sta f una funztone l.-tmsformabile, PROPOSIZIONE a s tale che allottl per ognt a e C la fun:tone e tf (t) è L-trusforrnabtle. e per If) si ha Res > Rea + CT
C (eatf(t)) (s) = Calcolhuno DIMOSTRAZIONE. C (eatf
(s) =
(s—a)tdt¯
f (t) eate -st dt =
dovv>l'integrale convergeper Re s > Rea +
(f) .
ESEMPIO8.5. Sapendo che
C (l) (s)
per Res > 0,
notteniamo la formula (già ottenuta con calcolo dvvtto) 1
C (eat ) (s) = C (1) (s —a)
Sapendo che C (cos (wt)) (s) C (sin (set)) (s)
s
Oh
la
>
C
(già,
d'irc/,to)
COH (wt)) (8)
C (cot Hin(09/4))(8) 8> IR,W> 0, Re C pera Sapendo che
>O
la
1, 2,3, ...t
formula
e n, = 1,2, 3, ... perRO > a, Ricaviamoora una forrnula c110,reciprocarnonto, insegna a calcolarc la trasformatadi un t-shift del segnalo f (t) . Bisogna fare però attenzione al fatto che, poiché una t-shiff,ata f (t —[0) sarà nulla per t < toe pernoi un segnale ò nullo per t < perricordarloè bene scrivere il segnalo (li partonza nella forma f (t) '(J(t) (mediante
to) lafunzionedi Heaviside), in modo che la sua t-shiftata sia f (t 8.5 (Formula del t-shift). Sia f una funzione L-trasforrnabile, PROPOSIZIONE alloraper ogni to > 0 la funzione f (t
/,0) è L-trasforrnabile, con la stessa
ascissadi convergenzadi f, e per ogni s tale che Re s > c;[f] si ha — 1,08
Calcoliamo DIMOSTRAZIONE. tuo)e¯8t dt o
ponendot -- to
(f) (s)
f (u,)c ¯8Udu =
dovel'integrale converge per Re s > (J [f].
ESEMPIO 8.6. Dalla formula nota 1 —per Res > ()
otteniamo,per to > 0 —tos
per Res > 0.
Dallaformula nota C (sin (out)) (s)
otteniamo,per to > 0 C (sin(w (t -- tuo)) u (t
82 + w2
per w > 0,Res > 0
ove
per w > 0, Res
> 0.
8. TRASFORMATA Dl
398
LAPLACE E APPLICAZIONI
Dalla formula nota
per Res>0 e n = 1,2, 3, ... otteniamo, per to > 0
to)u (t ---to)) (s) —
n!e
per Res>0
e n = 1,2,3,.
8.3. Inversione della trasformata di Laplace Corne vedremo in seguito, le formule della trasformata di Laplace della della prirnitiva e della convoluzionesono utili per risolvere equazioni differenziali, integrali, o integro-differenziali lineari. II problenua iniziale viene tra.sforrnato in un problema purmnente algebrico che determina la trasformata di Laplace (Iella full_ zione incognita. Perciò l'ultimo passo della soluzione consiste nell'antitrusformorv,
la funzione ottenuta. Già sappiatno che la trasforrnata di Laplace individua vocarnente il segnale di partenza: segnali con la stessa L-trasforrnata coincidono (per quasi ogni t > 0). Questo senjplice fatto, unito alla conoscenza della tabella delle trasformate delle funzioni elenuentari e delle identità operatoriali, sufficiente nei casi più scunplicia risalire all'antitrasforrnata di un'assegnata filll'/,ioneF naturalmente quando questo è possibile, quando cioè la F (s) effettn•arnemteuna L-trasforrnata. Esistono poi dei risultati generali che consentono di ut ili/.zarela formula di antitrasforrnazione (8.7), grazie ai rnetodi di analisi collil)les.sa. di antitrasformazione condotta coi tnetodi eletnentari, quindi passererno al teorerna di antitrasformazione. ESEMPIO8.7 (Antitrasformata di semplici funzioni razionali). Con.stdtnarno
le seguentifunztonqF (s) e prvpontamoctdl calcolamf (t) per
risulti E (s) =
C (f) (s). Fammo uso ststemattcamente della tabella delle trusforrnate delle f tiltaont elementari e delle formule operatonalt. 28
I
Il denominatore ha due mdici mali, st decompone m La fm:ione si può quindi spezzare col metodo det
A, B
per cui risulti
fratti semplici, cercando coefficienti
Il calcolo algebrico dà 3
Ora la linem•itì della tmsformata e
la formula C (e t )
et
—e¯3t
82 + 2s +3 •
1
danno
8.3. INVERSIONE DELLA TRASFORMATADl LAPLACE 399
ha discriminante negativo, riscriviamolo (con la tecnicadel nella fonna: corndel quadmto)
Il
s2 + '2s+3= (s+
+2
1
(s + 1)2 + 2
(s +
+2
lavoriamo tendendo presenti le formula di trasformazione di seno e formula operatoriale dell's-shift. Poiché
chea sua volta
e la
s
—2
1
2c (cos (vot))
1
C 2 cos (vot)
+ (vF2)2
+ (0 2
C (sin (v/ît)) sin (vat))
si aviti
2 cos (vat)
(vot)))
Il denominatoreè un quadrato perfetto,
Ricordiamoche C (tn e at )
quindi 1
Per antitrasformare —Z:
C (te¯
ricordiamo
invece che C (f') (s) —
Applicando la formula a f (t) —te¯t abbiamo (poichéf (0) S
e in definitiva
t) + te—t)
C (2e-t (1 (2 2 S
5
4
sc (f) (s) — f
0),
01
S.
400
4
s
C (2t2) ,
quindi
e in definitiva
+21
F(s) = C (2
)
già ricavato setnipiano Ros > (TO. F (s) regolareallileno in un la (8.7). Si tratta (li (lilli(jstlülre didata formula di antitrasformazione", valida. Vale il seguente risultato, checi opportune ipotesi questa è effettivarnente
limitiamo per il mornento a enunciare : TEOREMA8.7 (Formula di L-antitrasformazione).
abile7 nel semipi,anoRes >
SIO F (s)
e supponiamo che sta
I + ISIk per qualchek > 1 e c > O, ogni s nel semipiano. Allora per ogni
•lïflle,
l'integmle complesso 1
(8.11)
277i a —icx)
F (s) est ds
t C IR)111convergeassolutamentee assegna una funzione f (t) (definita per e dipendenteda a, continuain R, identicamentenulla per t < (), L-tra.sformablle tale che
C (f) (s) = F (s) per ogni s con Res > (TO. Il teorema precedente risponde al problema del calcolo dell'ant itrasforlljata (lan-
do una condizionesufficientealla validità della (8.11): la funzione (infinitalllentc almeno derivabile)F (s) deve tendere a zero all'infinito, nel semipiano Res > (TO, come una potenza l/sk con k > 1. Ad esempio, il teorema non si applicaalla
funzione
1
che è la trasformata di u (t). Difatti, nella tesi del teorema si afferma ancheche f (t) è continuain tutto R, quindi in particolare f (O) 0. Torneremo più avanti sulla discussionedi alcuni casi non coperti da questo teorema, e su come
alla cosa.
Nei casi in cui si applica, comunque, il teorema fornisce l'unica funzione aventeF (s) comeL-trasformata (dal momento che l'operatore C è iniettiv0)• La dimostrazione utilizza
sia risultati sia risultati della teoria dell'integrale di teoria delle finzioni derivabili di varibile complessa, 7Si intendc e sarà svolta nel 8.32. derivabile in senso complesso. gli piano indicano 8 si sta integrando sulla retta del + iri con € 4-0c) e n fissato.
8.3, INVERSIONE DELLA TRASFORMATA Dl LAPLACE 401
effettivamente il teorema precedente occorre applicare ancora capire qual per conveniente per calcolare l'integrale nel campo complessoche il procedimento al caso Ci limitiamo delle funzioni razionali, per nella (8.11). le quali si risultato che seguente utilizza il il metodo dei residui illustrato nel dimostrare alcune trasformate di Fourier: di calcolo peril 8.8. Sia F (s) una funzione razionale il cui denominatore TEOREMA superail numeratore. Allora l'antitrasformata di F (s) è assegnata da:
del
dove la somma
è fatta su tutti i poli di F (s) . Se
(con N
= e F (s) semplici
in particolare i poli sono
(z) # 0 nei poli) si ha
tutti
e Zkt
L'ultimaformula segue semplicemente dal modo in cui si calcolano i residui nei
polisemplici.
ESEMPIO8.8. Sia
1
I poli(semplici)sono i due punti 1 ± iv/û 2 perciò
¯lüœt
1 2Zk
1
-ivî
—t risultatoche si poteva naturalmente ottenere anche coi metodi elementari discussi in precedenza.
ESEMPIO 8.9. Sia 1
I poli(doppi) sono i due punti Si ha
f (t)
Res
st
1
est
est
2
calcolando le derivate e
con un po' di algebra dei numeri complessi —it
4
4
Dl LAPLACE E APPLICAZIONI 8. TRASFORMATA 402 = 2 Re z poiché z + E
it
1
—
(sint t cos t) .
ESEMPIO8.10. Sia s2 + 2s +2
I poli (semplici) sono
•
i due punti
Si ha: f (t)
—1 + i + Res
Res
s2 + 2s +2
e ts
'2s+2
—t
2
e—it
(-1
1
i)
2e-tRe 2
t (2 cost —sin t) .
ESEMPIO8.11. Ritroviamo coi metodi di analisi complessa alcune antitrasfor. mate già calcolatecon metodi elementari. Si confrontino questi calcoli con (a)
1, s ——3,poli semplici.
Il denominatoresi annulla per s f (t)
Res
3
3
e 3
e
3
2s+2
5
(b)
Il denominatoresi annulla per s
f (t)
Res
—1± ivQ, poli semplici.
—1+
ts 1-iU
+ Res 3
ts
—t
i
i i 2vQ
—t
2 cos (vat)
e sin
8.3. INVERSIONE DELLA TRASFORMATA Dl LAPLACE 403
—1,polo doppio.
si annulla per s
Res
f (t)
1
¯ ets (t (2s
1)
2)
8.3.'2.Dimostrazione della formula di inversione con i metodi di anaQuesta sezione si rivolge
agli studenti che hanno lisicomplessa. studiato la teodi variabile complessa (Cap. 6). Mostreremo come, utilizzando quei metodi (e teoria dell'integrale di Lebesgue) si
possa dimostrare il Teorema risultatidella 8.7 e i procedimenti operativi che abbiamo illustrato nella sezione precedente. Enunciamonuovamente il teorema di antitrasformazione, prima di dimostrarlo.
8.9 (Formula di L-antitrasformazione). Sia F (s) una funzioneanaTEOREMA > (TO e supponiamo
Res
nel semipiano litica
che sia
c 1 + ISIk
perqualchek > 1 e c > O, ogni s nel semipiano. Allora per ogni Q reale, > Co, l'integmlecomplesso Q
1
(8.12)
2Ti
convergeassolutamente
e assegna
oc
a—ioc
F (s) est ds
una funzione
f (t) @efinita per ogni t e R) in-
da Q, continua in R, identicamente nulla per t < 0, L-trasformabilee dipendente tale che C (f) (s)
F (s) per ogni s con Res > Co.
fissato; possiamo supporre che > CTO DIMOSTRAZIONE. Q + iL3con Sia s siaQ> O. L'integrale nella (8.12) si riscrive così: 1
'2Ti
(8.13)
27
Q+ioc
F (s)estds —
1
F (a + ic3)
Q—iec
F (a + i/3) ei3t d(3
e o--çga (t) .
Perl'ipotesi su F abbiamo (8.14)
(a2 + 32)k/2 Perciòl'integrale converge assolutamente. Inoltre, per il teorema sugli integrali dipedentida un parametro, questa maggiorazione (indipendente da t) implica anche
(t), e quindi f (t), è una funzione continua in tutto R.
9 del piano complesso dovegli estremi sinibolici Q±ioo indicano che si sta integrando sulla retta =Q
+it) con
(—00,+00) e
fissato.
E TRASFORMATADl LAPLACE APPLICAZIONI
> 0()). Presi due diversi valori ammissibili 01, 02, la stri Res semipiano nel a nel semipiano in cui la funzione F (s), o quindi contenuta è < Res F < di Cauchy dell'integrale nullo il a un è analitica; perciò ilì iR, rettangolare di vertici
QI
02 —iR e facendopoi tendere R a +00, poiché l'integrale sui segmenti orizzontalitendea zero (perché la lunghezza di quei segmenti non cambia, mentre il modulo dell'integranda tende a zero per R —+00) si ottiene che 02H-ioo
al +ioo
F (s)estds.
F (s) e st ds 02 —ioo
QI —ioo
Mostriamoche f (t) + 00
Igo (t)l
0 per t < 0. Dalla (8.13) leggiamo c
+ 00
d/3
c
(1 + 62)k/2
(113 cost.
supponendocomeè lecito che sia a > 1. Poiché per la (8.13) si ha (8.15)
e at
deduciamo
If (t)l ceQt, cheper t < 0 fissatoe Q —+ +00 tende a zero, perciò f (t) 0 per t < () (e quindiè anchef (0) = 0, poiché abbiamo già provato che f è continua). Mostriamoche f (t) è L-trasformabile. Dalla (8.15) abbiamo 1
per un qualsiasia > (TOfissato. Poiché ga (t) è limitata, D'altro canto, fissato Q > TO,sia € allora possiamo > O abbastanza piccolo da avere ripetere per (Q -e) i discorsi precedenti e scrivere anche
(10,
8.3. INVERSIONEDELLA TRASFORMATADl LAPLACE
If (t) e
erciò
ce¯€t € LI (0, +00) ,
e LI (O,+00), e f è L-trasformabileper Res > 00. (f) (s)
f (t)
F (s) per Re s > C infine 1 Mostriamo ice'con (T> (TO,scegliamo Q C (00, (T)in modo che o — + (T - 00. Perciò, poichéRes > Q > 00, la per analitica è (z) F che Osserviamo Re z > (TO. F (z) è analitica nel semipiano funzione
Per la formula integrale di Cauc11Y10
'2TiF (s) • e questo 10 Notareche il circuito è perlonrsoill verso negativo, nell'integrandacompare (s ---z) anziché (z -—s)
dal fatto
Dl LAPLACEE APPLICAZIONI TRASFORMATA 8.
sul segmento tende all'integrale sulla l'integrale -hoc retta —+ tende a zero perché D'altro canto per R semicirconferenza l'integranda l'integrale sulla 04 iR, mentre soddisfa
R
c
Rk+l ¯ Rk
TR max S —z ze-rR
Perciò 1
(Cf) ( s )
e il teorema è completamente
27i 0+iR
dimostrato.
Dimostriamoora il Teorema 8.8, che mostra come la formula di antitrasfor-
Di nuovo, riportiarno l'enunciato mazione si applichi al caso delle funzioni razionali.
prima di fornirne la dimostrazione.
supera 8.1(). Sia F (s) una funztone raztonale tl cut denonnnat01T) grado del numeratore. Allora l'antitrasformata di F (s) assegnata da:
f (t) = ER(S (F (s)e dove la somma è fatta su tutti i poli di F (s) .
DIMOSTRAZIONE. Poiché F (s) è una funziono razionale, ò analitica in tutto il piano complesso,salvo un certo numero di poli. In quosto caso, in base alla formula di antitrasformazionedimostrata, dobbiamo calcolare l'integrale
1
27i
F (s)estds
dovea è un numeroreale tale che F (s) è analitica nel semipianoRes > o, cioè tutti i poli di F (s) sono nel semipianosinistro Res < Q. L'ipotesi che F (s) tenda
a zero all'infinito come l/sk per qualche k > 1 si traduce, in termini della funzione 2 il
razionale F, nel richiedereche il grado del denominatore superi di almeno grado del numeratore. Calcoliamol'integrale col metodo dei residui, scegliendo a su come circuito una semicirconferenza TR il cui diametro tende alla retta Re s --cui dobbiamo calcolare l'integrale, e la semicirconferenza allarga nel semipian0 si sinistro, avvolgendovia via tutti i poli di F.
co
s FRONTOFRA
TRASFOR\IATA Dl
E
2
2
4
-2
-3
-4
Dunque 1
2Ti r n
F (s) estds —
1
'27i
elasommaè fatta su tutti i poli di F (s). Occorre controllare che l'integrale sull'arco
tenda a zero per R —4 Questo si può dilliostrare, utilizzando dicirconferenza unrisultatoanalogo al lemma del grande cerchio che abbian10usato por trattaro
cona > 0 e FR semicirconferenzacontenuta nel seniipiano Rez > 0, adattando questorisultato ad una geometria ruotata di 900 verso sinistra, sotto l'ipotesi che
F (s) tenda a zero all'infinito (che già sappiamo essere vero, nel nostro caso). Otteniamocosì (salvo qualche dettaglio su cui non ci soffer111ia1110) il Teorellla S.S, nell'ipotesi aggiuntiva che il grado del denominatore superi di almeno due il grado delnumeratore.Nel caso in cui il grado del denominatore superi di uno il grado delnumeratore,ci si può ancora ricondurre alla situazione precedente, sornmall(lo e sottraendoalla funzione razionale un'opportuna funzione c/ s che sappia.1110 antitrasformaredirettamente. Si scopre così che la formula enunciata in questo teoretna
continua a esserevalida anche in questo caso. Non illustriamo però i dettagli di questa deduzione.
8.4.Confrontofra trasformata di Fourier e trasformata di Laplace Terminiamo di Laplace PUntualizzandoquesta panoramica sulle proprietà della trasformata schematicamente alcune differenze e analogie fra le trasformate di Fouriere di Laplace, per aiutare lo studente a fissare le idee ed evitare confusioni. F (f) è definita per f : IRTI—5C
APPLICAZIONI Dl LAPLACE E 8. 'TRASFORMATA
408
è una funzione di una variabile, definita (f C —+ 00) [0, : f C (f) è definita per sulla semiretta) IRn f (f) (C) è definita per C C (f) (s) è definita per s C C
f (f) ha valori complessi (è reale ad generale in reali, valori ha f Anche se simmetrica pari) di una variabile ed è
esempio se f è funzione C (f) (s) ha valori reali; tuttavia per s complesso reale s per reali, valori ha f Se anche C (f) (s) ha valori complessi. L2) ll in IRTI, f (f) è definita per f integrabile (o anche per funzioni f non integrabili in (0, +00), C (f) è una funzione ben definita purché ad esempio di ordine esponenziale.
a zero velocementeall'infinito; f (f) è tanto più regolarequanto più f tendenon necessariamente derivabile.
ma per una generica f C LI risulta f (f) continua di convergenza, cioè ha la massiC (f) è derivabile infinite volte nel semipiano cui f tende a zero all'infinito, ma regolarità indipendentementedalla velocità con purché f sia L-trasformabile,
limRe
Cf (s)
0
Iscl —5+90. Più regolare è f, più velocemente f (f) (sc) tende a zero per in tutto R, la funzione f prolungata a zero per t < 0, più
Più regolare è, velocemente Cf (s) tende a zero per Res —+
(Ma senza la validità delle
nulla sull'ordine condizioni di annullamento in zero di f, f/ , ... non si può concludere
di infinitesimo all'infinito di Cf (s)).
La funzione f G L I (Rn) si può riottenere da ff
mediante la formula di
antitrasformazione, purché anche f sia L I (Rn).
formuLa funzione f, L-trasformabile,si può riottenere da Cf mediante la come la di antitrasformazione,purché ad esempio Cf tenda a zero all'infinito k 1/ (1 + ISI ) per qualche k > 1.
8.5. Applicazioni della trasformata di Laplace trasforIn questa sezione presentiamo alcuni esempi tipici di applicazioni della
mata di Laplace a problemi di equazioni differenzialiordinarie, equazioni integro-
differenziali, equazioni integrali 12
I IRisulta definita per f o f 2 non integrabilisolo inquadrandola teoria nel contestodelle distribuzioni, Cap. 9. al 12Non discuteremo, per brevità, le applicazionidella trasformata di Laplace ai problellli limiti per equazioni alle derivate parziali.
8.5. APPLICAZIONI
s.5.1.
DELLA TRASFORMATA Dl LAPLACE
409 Equazioni differenziali ordinarie lineari a coeficienticostanti.
deriamo •
costanti assegnate, f (t) funzione assegnata. Nel corsodi analisi 2 si a' risolverlosecondo la procedura: dell'integrale generale dell'equazione ji1Ptrapeterminazione una semplice procedura omogeneay" + ad + segue costanti b a, per 0, che (t) con Cl, costanti rneccanica;l'integrale (t) struttura la arbitrarie e (t) , u raleha (t) determinate. esplicitamente filnzioni di una soluzione particolare (t) dell•equazione 2. Determinazione comple-
può farsi con il "metodo di + ay' + by f (t), che somiglianza" purché semplice funzionale di certi forma tipi una (polinomio, trigonometrif(t) abbia ca/eponenziale...). Quindi l'integrale generale assume la forma y (t) (t). (t)+ C2t12 (t) soddisfile condizioni 3. Ora si impone che la funzione V (t) + Clul (t) + e si determinano
inizialiy (0)
le costanti Cl.C2, che sostituite
generale danno la soluzione cercata. nell'integrale Questaprocedura quindi procede in vari passi e funziona solo se f (t) ha una formaparticolare. Arrivati in fondo al calcolo, se volessimo risolvere un problema di
con una diversa funzione f (t) dovremmo ripetere buona parte dei calcoli. Cauchy Vediamocome la trasformata di Laplace consenta di risolvereil problemaper unterminenoto f (t) virtualmente di forma qualunque, e offra una formuladi della soluzione in termini del genericodato f (t), chequindipuò rappresentazione esereapplicataa diversi termini noti senza rifare gran parte del calcolo.
Supponiamoche la soluzione y (t) che cerchiamoe il terminenoto f (t) siano funzioni L-trasformabili (un'ipotesi. come abbiamo Fisto, non molto restrittiNa) e indichiamocon Y (s) , F (s) le loro L-trasformate, rispettivamente. Applichiamo all'equazione differenziale la trasformata di Laplace. Poichél'equazionedifferenziale è linearea coefficienti costanti, per la linearità della trasformata si ha: ossia,utilizzando le formule per la L-trasformata della derivata prima e seconda. s2 Y (s)
etenendoconto s2Y(s)
delle condizioni iniziali
suo — V1 + asy (s)
ayo + bY (s)
y (s) (s2
do
la L-trasformata
della soluzione è 1
F (s)
+ b) = F (s) + (syo+
+ avo)
Ponendeterminata. in linea di principio
410
Dl LAPLACEE APPLICAZIONI 8. TRASFORMATA
Le funzioni H (8) , G (s) sono funzioni razionali con denominatore (li 20 numeratore di grado 0 0 1, che sappiamo antitrasformare (con metodi Indicando con h col metodo dei residui, come visto in precedenza). (t) , g (t) lo e ricordando la rispettivamente, formula (s) G , H (s) trasformate di (li UTl?
vocamente il
segnale di partenza) cioè
t
(8.17)
che rappresenta una formula di rappresentazione della soluzione in cui: -il nucleo h (t) dipende solo dai coefficienti dell'equazione ornogenea, non dipende né da f né dalle condizioni iniziali; in termini fisici, h (t) dipende "dal sistema fisico" non dallo stato iniziale né dalle sollecitazioni esterne; -la funzione g (t) dipende dal sistema e dalle condizioni iniziali, 111a non (laf;
-la convoluzione h * f esprime il modo in cui la soluzione dipende congiunta _ mente dal sistema e dalla sollecitazione esterna, a prescindere dallo stato inizialo: è la soluzione del problema corrispondente a y (0) 0 (infatti, per 0): e quindi g (t) si ottiene G (s) 0 0 = V1= yo -il termine g (t) esprime il modo in cui la soluzione dipende dal sistema e dalle condizioniiniziali, in assenza di sollecitazioni esterne: y (t) g (i) è la soluzione del problema corrispondente a f (t) 0. La funzione H (s) prende il nome di funzione di tra.sfemmenlodel sistema, perché è responsabile di come (a livello delle trasformate di Laplace) il sistema trasferisce l'informazione dalla forzante esterna alla soluzione. La risoluzione del problema mediante la trasformata di Laplace richiedequindi: -Il calcolo (sostanzialmente algebrico) che porta a scrivere l'equazione (8.16). -Il calcolo di due antitrasformate di funzioni razionali G (s) , TI (s). Si noti che il denominatore di G, H è lo stesso, e corrisponde al polinomio caratteristicodell'equazione differenziale a coefficienti costanti (quello le cui radici consentonodi calcolare due soluzioni linearmente indipendenti dell'equazione differenziale nea). -Assegnato uno specifico termine noto f (t) , dalla (8.17) occorre ancora cal-
colare l'integrale di convoluzione. A volte si può optare per far plottare da un
software di calcolo scientifico la funzione y (t) assegnata dalla (8.17) senza bisogno di calcolare analiticamente la convoluzione. Uno dei vantaggi del metodo della trasformata di Laplace è proprio quello(li
poter gestire termini noti f (t) che risultano "nonstandard" rispetto alle procedure imparate in analisi 2 e basate sul "metodo di somiglianza", comedati f (t)
discontinui, diversi da zero solo su un intervallo, ecc.
Si osservi che nella procedura appena descritta non occorre calcolare esplicitamente la trasformata F (s) (si usa questo simbolo per indicarla, ma alla finetramite è la formula di convoluzionesi ritorna alla f (t)). Quando però il termine noto f (t) tale da rendere semplice il calcolo esplicito della sua trasformata, è possibileanche un procedimento leggermente diverso:
-arrivati alla (8.16)si calcolaesplicitamente la trasformata F (s);
8.3. APPLICAZIONI DELLA TRASFORMATA Dl LAPLACE 411
di calcolare le antitrasformate di G (s) e H (s), si calcolanole antidi G (s) e M (s) F (s) H (t) queste antitrasformate, _indicatecon g (t) la solzione del problema di assegnata da allora è
artenza
integrali. In questo caso la funzione M (s) da antitrasformare senzapiù coinvolgere più complicata di una semplice funzione però razionale. puòessere ancora vero che g (t) esprime la soluzione corrispondente a f (t) = 0 e m (t) la corrispondente a condizioni iniziali nulle; questa volta soluzione però m (t) combina sistema e della sollecitazione esterna f (t), del proprietà le senza più possibilitàdi i ruoli. separarne
supponiamoora di considerare un problema di Cauchy analogo per ordinaria lineare di ordine n > 2, sempre a coefficienti un'equazione differenziale costanti:
(n—l)+
y/ (0)
Yl
71—1)(0)
conao, al , ... , an—l, yo,
+ al y' + aoy f (t)
yn—l
, ... , un —1costanti
assegnate
e f (t) termine noto assegnato.
Il metodo già visto si applica pari pari (ovviamente sfruttando questa volta la formulaper la trasformata della derivata di ordine k qualsiasi)e porta a
del tipo un'equazione
s n + a n _ 1sn¯l -4— + a IS
Sn
a n _ I Sn—l +
-+-a IS
CIO
doveP (s) è un polinomio di grado (n —1) i cui coefficienti dipendono sia dalle condizioni iniziali che dai coeffcienti dell'equazione omogenea. A patto di saper calcolare l'antitrasformata delle due funzioni razionali 1
sn
1+
+ a IS -+-CLO
Sn
I+
+ a IS CIO
(ilcheè possibile se sappiamo risolvere esattamente l'equazione polinomiale sn + an-lsn¯l+ ... + al s + ao 0 nel campo complesso), indicate ancora con h (t) , g (t) leantitrasformatedi H (s) , G (s) si avrà ancora una formula risolutiva (8.17).
Di nuovo,se il termine noto f (t) ha una forma specificaopportunamente
semplice, si può precedere alternativamente antitrasformando
dopoavercalcolato esplicitamente la trasformata F (s), giungendoa una formula deltipoy (t) m (t) + g (t) che evita gli integrali di convoluzione. ESEMPIO 8.12. Risolviamo, per un generico termine noto f (t), il problema
S. TRASFORMATA Dl LAPLACE E APPLICAZIONI
412
Trasformando si ha: + 3Y
(0) - y' (0) +2 (sy -y
s2Y
-2) +3Y
s2Y-s.2-O+2(sY
s2 + 2 s + 3
Calcoliamole antitrasformate di 1
A titolo d'esercizio, lo facciamo con due procedimenti diversi, quello elementare e quello mediante i residui. a. Procedimento "elementare". 1
1
1
1
sin (vot))
perciò
1 —e¯ sin
1
2s + 4
2
s2 + 2s + 3
s2 + 2s
(s + 1)2 + 2
s s2 +2
C (cos (ut))
= C e¯ cos 2
1
C 2—e¯ sin
e in definitiva e —t
g (t)
sin(v'ît)
2e¯t cos (vot) + voe -t sin (ut)
La soluzionesi può quindi scrivere, per qualsiasi f (t), nella forma 1
t
20 e-(t
-
sin (va (t T))
b. Pmcedimento "coi residui".
dT+e-t (2
(u)
+
perciò
A?PLiCAZlON1DELLA
Dl LAPLACE
G. Quindi
perii che
82+ '2S+3'
2s+2 —t
i
e t Re
—t
(cos (X/ét) + esin
Sin(vot)
(28 + 4) est
4) e st
Res
g(t)
82+ 2s +3'
(S
2) est
(S + 2) est
-ivfii = e-t 2Re
(2
(vot) +
(vot))
e le conclusiontsono orriatnente le stesse. ESEMPIOS.13. Conttnuiarno l'esentpto ptvcedente supponendo ora che il termtnenoto sta, specificamente, la funzione
Applichiamola forntula giù trovata (mediante integrale di convoluzione) 1
t
(t —T)) X(0,1)(T) dT+e ¯t
sin
Lafunzione integrale vale: 1
20
pert < 1
e-(t-T) sin
(T) (IT
(t —T))
T) sin (va (t —T)) (IT — 1
)
(cos(ut)+
epert>l sin (va (t —T)) dr
3
—ecos(vat-
Ricordandoche
l)) +
1)) + cos(ut)
—t(2cos(u)
+
(a))
sin
E APPLICAZIONI Dl LAPLACE 8. TRASFORMATA
la in definitiva ha il grafico
soluzione
seguente: 2.0
1.5
1.0
0.5
6
4 1
problema ma con condizioni stesso dello soluzione la A titolo di confronto, formula sopprimendo la funzione g (t) stessa dalla data iziali nulle, sarebbe (v/ût)), ossta: e¯t (2 cos (vot) + vasin 0.25
0.20
0.15
0.10
o.os
6
4
2
1
dl 8.1. Si osservt che la soluzione è continua, pur in presenza OSSERVAZIONE un termine noto discontinuo. Questo è normale per la soluzione (h un'equazione
differenzialea coefficienticostanti (o più in generale continui). Possiamo as-
pettarci perì che la derivata seconda (cioè quella di ordine massimo che figura nell 'equazione) risulti discontinua.
ESEMPIO8.14. Risolviamo il problema di Cauchy
+ 4y
(t) sin t
è Si tratta dell'equazionedell'oscillatore armonico, con un termine forzante che
presente solo in un intervallo di tempo iniziale.
A titoloillustrativo, risolviamolo col procedimento
altemativo
precedescritto in
denza, che consiste nel calcolare esplicitamente la trasformata del termine noto' Si ha:
8.5. APPLICAZIONI DELLA
TRASFORMATA bi LAPLA(Œ 413
dove
(t) sint = (u (t)
f (t)
u (t) sint + u (t per la percii
-- Ï)) sint
z) sin (t
formula del t-shift 1 1
1 + 82 dunque
($ 2 +4) ($2 + 1)
pnma l'antitm.sfomnata (li Calcoliamo 1
1
1
1
1
c
4 + 82
1 sin t —-- sin 2t 2
Qutndl 1
3 1
3
sin (t
1
77)— sin (2t —277) 72 1
—sin t — —sin (2t)
e in defintttra 1
1
sint— —sin2t 2 1
+ u (t
1
sint — sin 2t 72
1
---—sin 2t
1
r) — —sint— 3
1
sin (2t)
per t C (0, Ï)
per t >
3
II gmficodelta soluzzone ê: 04
02
2
tazio
4
10
12
poi si assestasu un'oscilmoto il ampia, iniziale imprime un'oscillazione
periodica di ampeezza inferiore.
416
Dl 8. TRASFORMATA
LAPLACEE APPLICAZIONI
equazione integro-differenziale: circuiti 8.5.2. Un esempio di elettrici circuito LCR in serie, con una tensioneapplicata LCR. Consideriamoun sulle armature del condensatore e i
Detta q (t) 1a carica presente
(t) la
corrente
di dt
e C 1a capacità. Nel seguito doveL è l'induttanza, R 1aresistenza potrebbe anche supporremo R (mentre annullarsi). zero da diverse L e C siano (t), perciò l'equazione si può riscriverein Ricordiamoche i (t) funzione incognita q (t) come
della sola funzione
Se invece interessa la corrente, il procedimento standard consiste nel derivareuna volta l'equazionedi partenza, ottenendo (8.18)
procedimento che però richiede che la tensione applicata v (t) sia una funzionederivabile. Per lo studio di un circuito a corrente alternata sinusoidale (casostandard)
questo va benissimo,tuttavia se vogliamo tenero aperta la possibilitàdi studiare anche circuiti in cui la tensione applicata è, ad esernpio, una funzione discontinua, per ottenere un'equazione nella sola incognita i (t) non dobbiamo derivarela prima equazione ma piuttosto esprimere
0
0
che porta a: (8.19)
di dt
t
La (8.19) è un'equazione integrodifferenziale E' equivalentealla nell'incognita (t). i (8.18) quando v (t) è derivabile, ma è più generale. Notiamo che nel caso di un circuito LCR con elementi in parallelo o più elementi in serie e in parallelo, otterremo in generale un sistema di equazioni differenziali0integrodifferenziali, che si possono concentriam0 per semplicità su questo caso affrontare con tecniche simili. Qui ci base.
le Risolviamola (8.19) col utilizzand0 metodo della Laplace, trasformata di formule della L-trasformata I. Vla della derivata e della primitiva. Indicando con
DELLA 8.5. APPLICAZIONI
io di i, v e con
la condizione iniziale i (0)
qo
—si(s)+ïû ml (8) 2
82
a caso la funzione di trasferimento H (s) ha questo in che è simile a quello visto rjell'EH('1rjpio 8,12, ento risolutivo sarà molto le notazioni ponendo Semplifichiamo '2
-f- 268
LC 1
2
LC soprai due casi (li l'OHisterjza e discutiamola struttura della soluzione distinguendo (tralasciando per brevità il caso (Iella resistenza criticao sottocritica, cioè 62
critica).Antitrasformeremo soltanto H, col metodo elementare, L'antitrasforrnnta diG si ottiene con lo stesso metodo, in dipendenza dalle condizioni iniziali. ossia T12
w2 ossia 112 > L'equazione 82 + 2ôs + w2 = 0 ha soluzioni s = 82 + 2ôS
con
Perciò
e, se le condizioni iniziali sono nulle,
ESEMPIO8.15. Scriviamo la soluzione del problema precedente se
Calcoliamo
LC Siamo nel caso di resistenza piccola (62 < w2) si ha: cos
2e¯t cos t
w2 _ ô2t +
8.5. APPLICAZIONI
DELLA TRASFORMATA Dl LAPLACE 419
Si ha:
COS t —T + — o
0 t
) cos (t —
i) dr sete (1,2)
1
cos (t —
2 1
+ i) dr set > 2
sin t t (e2 sin (2 —t) + sin t)
che ha
sete (1,2) se t > 2
grufico
03
02 01 1
2
4
3
7
-0.1
-02
OSSERVAZIONE 8.2. Dal grafico notiamo che i (t) è continua ma ha derivata primadiscontinua. In questo caso abbiamo risolto un'equazione integrodiffetvn:iale deltipoai'+bi+ft i
v con v discontinua, perciò la derivata di online massimo che
compare nell'equazione (in questo caso, la derivata prima) può esserv discontinua sev è discontinua. Si confronti con l'Osservazione 8.1.
8.5.3.Un esempio di equazione integrale: circuito elettrico RC. Con-
sideriamo un circuito elettrico con resistenza e capacità in serie, e una tensione apPlicata.L'equazione per l'intensità di corrente si ottiene dalla (S.19) semplicemente ponendoL = 0:
t
La
situazionenuova differenziale,ma è una un'equazione è più è non questa che Particolare equazione integrale. Se v (t) è discontinua, in generale potremo avere
Dl LAPLACE E APPLICAZIONI S. TRASFORMATA
420
Applicando la soluzionediscontinua.
trasformata abbiamo:
CIS) 1
V Notiamoche la funzione che moltiplica (s) non è antitrasformabile perchéper Possiamo però scrivere s 00 tende a I/R anziché a zero. 1
1
1
R
CRs+1
cRs+1-n
1
R(CRs+ 1)'
così che 1
R(CRs +1) - CRs+1• mentre il secondo si può vedere,al Ora il primo addendo è la trasformata di y-C!-), solito, come trasformata di una convoluzione, a patto di antitrasformare R(CRs+1) '
che è elementare:
1
1
1
1 1
CR 1
1 CR s + CR
cre c ( {one 0
e in definitiva si ha: t
—LB? v (T) CIT —
CR
C 7777.
Nella formula trovata per la soluzione osserviamo che: -la condizione iniziale compare nell'ultimo addendo, che è un transitorio (tende
a zero rapidamente); -il regime permanente non dipende dalla condizione iniziale ma dal sistemae dalla tensione applicata;
il -la soluzionedipende da v (t) mediante due termini, di cuisul la somma di secondo è una convoluzione,e ci aspettiamo
che abbia un effetto regolarizzantesia
termine noto v (t), ma il primo addendo è semplicemente
v(t) e quindi nel casov
discontinuorenderà pure discontinua fenomenodiverso la un è soluzione. Questo da quanto abbiamo osservato finora con equazioni differenziali e integrali' ESEMPIO8.16. Calcoliamo la soluzione del problema precedente nel caso 1
¯
0, v (t)
ossia i (T) (IT
X(1,2) (t) •
X(1,2) (t )
8.5. APPLICAZIONI DELLA
TRASFORMATA Dl LAPLACE 421
avrà
X(1,2) (t) 2
1 X(1,2) (T) CIT
se t < 1 se t € (1,2)
721 ¯ 1
se t > 2 se t < 1 se t € (1,2) se t > 2
O
grafico: cheha
0.2
1
3
-0.2
Comesi vede, in questo caso la corrente cambza in modo discontinuonei due Istanti in cui la tensione cambia in modo discontinuo.
8.5.4. Risonanza nelle oscillazioni forzate e non smorzate. Consideriamoora l'equazione dell'oscillatore armonico soggetto a una forzante:
(equazionedelle oscillazioni forzate). Potrebbe rappresentare un circuito elettrico coninduttanza e capacità in serie (e resistenza nulla), soggetto a una tensione applicata,oppure il movimento di una massa attaccata a, una molla che oscilla senzaattriti ed è soggetta ad una forza esterna. 27
Supponiamoche la forzante f (t) sia una funzioneperiodicadi periodo—
ossiaavente la stessa frequenza della frequenza propria del sistema. Trasformando avremo,supponendo per semplicità condizioni iniziali nulle: F
s2Y +
e poiché 1
C
—sin (wt)
si ha 1
t sin (w (t —
dr. r)) f (r)
APPLICAZIONI Dl LAPLACE E TRASFORMATA 8. 422
Per capire
questa funzione per tempi lunghi, riscriviamo di il comportamento
y (t) come:
t
1
---cos (wt) sin (WT)If (T) dr (wr) cos (wt) [sin 1
1
sin (wt)
— — cos (wt) cos (wr) f (r) (IT
1 —sin (wt) C (t)
Ora studiamo
1
-- cos (wt) S (t)
sin(WT) f (T)
(IT
.
(t) nell'ipotesi che f (T) sia S , (t) C funzioni le
'2Tr
—- periodica.
Per
si ha:
cos (wr) f (T) (IT =
cos (wr) f (T) (IT=
271
o
0
e analogamente
'27C
ILS
da cui, per t C (O 27r
'2T
w 1
= —sin (wt) TLC
1
'277
— — cos (wt)
'27t
TIS'
w
Dalla formula precedente leggiamo che: -o i due integrali C ( 2L) , S ( 23) si annullano, e in tal caso
ossiala soluzioneha la stessa periodicità di f; -oppurela soluzioney (t) risulta illimitata per tempi lunghi, perché per In limite. +00 i termini sin (wt) C ( 2+), cos (wt) S ( g ) crescono oltre ogni questo caso si ha il fenomeno della risonanza. Abbiamo dimostrato il seguente TEOREMA8.11. Ogni soluzione dell'equazione
+ 002y f (t) con f (t) funzioneperiodicadi periodo 2L è illimitata per t
che +DO, a meno
risulti
cos(a„'T) f (T)dr ESEMPIO8.17. Se f (t)
sin (COT)f (T) (IT = 0.
Asin (wt) si ha
sin (027)f (r) dT
A
sin2 (WT) dr = A—
> O
M ATA bi
cos (wr) f (t) (Ir
(j,
La soluzione' 1
sili (w (t -- r)) il sin (wr) (IT ( —cetcos (cot) O sili (cot))
per 1a
t
(cot).
4
2
4
2
8
10
12
-2
-6
è il caso più semplice di risonanza, solitamente trattato nel corso di analisi (Questo 2).
8.18. Sia f (t) l'onda quadra ESEMPIO
il per t C 0 pert
(
w,
periodi:zata di periodo — Si ha: sin ('VT)f (r) (IT
sin (wr) (IT=
A
> 0,
o
quindic'è lisonanza. La soluzione 1
sin (w (t
r)) f (T)(IT
ha gmfico 4
2
2
-2 —4
4
e
8
10
12
4
424
APPLICAZIONI Dl LAPLACE E TRASFORMATA 8.
quadra definita in [O,24] da l'onda (t) f ESEMPIO8.19. Sia
U [L
A pert G [0, 0 altrimenti
In questo caso si ha: 2c . periodo di e periodizzata 2-77 217
f (T) dr
sin (or)
cos(M) f (r)CIT
0
0
è 2-4periodica e limitata. Per t € [0 22] soluzione La risonanza. e non c'è t
1
f (T) CIT sin (W (t — T))
A
per t € [0 pert € [ pert G
t o sin (w (t —T)) dr
A
sin (w (t -- T)) dr
—
sin (w (t — T))
+
—
sin (w (t — T))
+
sin (w (t
per t C
sin (w (t
37r
[2w,
27T
per t G 0 — 77 per t G 377 t
(1 -- cos (wt)) (sin (wt) —cos (wt))
G
per
(I Sin
per t G
0 1.4
12 1.0
0.4 0.2 3
2
4
5
8.5.5. Equazioni integrali di Volterra. Si dice equazione di Volterradi se-conda specie un'equazione integrale del tipo t
k (t, T) y (T) CIT
(8.20)
f (t)
dove y (t) è la funzioneincognita mentre f e k sono funzioni note, ed equazionedi Volterra di prima specie un'equazione integrale del tipo t k (t, T) y (T) CIT f (t)
nell'incognita y. L'equazionedi prima specie è in realtà quella più difficile,e di essa non diremo niente. Equazioni (8.20) compaiono in modelli fisici di "fenomeni
ereditari" , fenomeni cioè in cui la grandezza y (t) dipende, oltre che dal sistema e da qualche agente esterno, dai valori assunti dalla stessa grandezza y in tutti gli istanti precedenti. Caso particolare di equazione (8.20) si ha quando il nucleo k (t, r) è di
8.5. APPLICAZIONI DELLA
cioè ha la forma k (t
TRASFORMATA bl LAPLACE
T) con k
funzionedi
una sola
variabile.
ln tal ESEMPIO8.20. Consideriamo il seguento 13. Sia n (t) il numero di individui modello in dinamica viventi al amane tempot, per delle umana isolata. ("Isolata" significa l'azione che del numero di individui solo a, causa questo modello tiene di nascite il numero di individui i). Sia e morii, e conto (Iella presenti all'istante a di di sopravvivenza f (t) che indica, la t O. Consideriamo statisticamente, sopravvive almeno fino all'età t. La funzione qualefrazionedella f 1 e f (t) Oper t crescente(t) è quindipositzva, di sopravvissuti al tempo t della Il popolazione esistenteoltre un limite. all'inizio è
n (t) nof (t) + b (t) b(t) indica il numero dei nuovi nati nell'arco di tempo (O,t) e 11tassodi natalità r (t) si può supporre proporzionale a n (t), ossia
r (t) = kn (t) ,
e coloroche nascono in intervallo di tempo (IT attorno a T € (O,t), avrebbero età (t —T) all'istante t, perciò di essi a r (T)(17, all'istante t sarà sopravvissuta la t
f (t —T) r (T) dr
k
f (t —T n (T)CIT
e quindi
n (t)
t
nof (t) + k
f (t —T n (T)CIT
o, più in generale 15
n (t)
t
g (t) + k
f (t —T n (T)CIT.
0
Consideriamo ora una generica equazione, nella funzione incognita y (t), (8.21)
t
cioèun'equazione integrale di Volterra di seconda specie, di convoluzione. Indicando conY,K, F le trasformate di Laplace di y, k, f, rispettivamente, si ha:
13
integrali,si
vedaadPer maggiori dettagli Su quest'esempio e su Inolt,ialtri che portano a equazioni escrnpio il tosto [181.
sianotiltti... Questo è vero solo nell'ipotesi irrealistica che all'istante t = 0 gli individui all'istante In un'ipotesi (Iella popolazione più realistica, conoscendola
(in statistico). anchese non Quello il seguito (lei è uguale a no f che conta per (t), è comunque una funzione contiene l'incognita n (t). si veda la nota precedente.
il g(t),
di
8. TRASFORMATADl LAPLACE E APPLICAZIONI
426
Poiché K (s) è una trasformata di Consideriamola funzione Laplace +oo; ne segue regolare in un semipianoRes > so e tende a zero per Res chein un semipiano eventualmente più ristretto il denominatore 1 —K (s) non si annulla è regolare. Tuttavia la funzione non può essere e quindi la funzione -——zcj essa stessa una L-trasformataperché per Res —++00 tende a 1 e non a 0. Scrivendo però
1
1
1-1C (s)
1-K(s)
1
l'equazionein Y diventa
Ora il primo addendo ha antitrasformata f mentre il secondo ha antitrasformata h * f purché sia (8.22)
1-1C
Notiamo che ora la funzione è regolare in un semipiano e tende a zero all'infinito, quindi può effettivamente essere una trasformata. Se riusciamo a determinare h (t) per cui vale la (8.22) la soluzione dell'equazione di partenza sarà data da t
y (t)
f (t) +
h (t —T) f (T)CIT.
o
In particolare, notiamo che se il termine noto f (t) è discontinuola soluzioney (t) sarà discontinua. (Non c'è effetto regolarizzante come nelle equazioni differenziali). ESEMPIO8.21. Consideriamo l'equazione t
—3(t—T)
e applichiamo la trasformata di Laplace. Si ha: Y
(s) -
C
(e -3t ) (s) Y
(s)
1
13) s 1+2) 1
e poiché —L
C (e—2t) (s) si ha: t
(T) CIT.
8.5. APPLICAZIONI DELLA TRASFORMATA Dl LAPLACE
per Adesempio,
f (t)
= sint abbiamo e—
sin (t) +
y (t)
sin (T)
—cos t + 7 sin t)
1.0
0.5
4
2
6
10
12
-1.0
(t) abbiamo
per f (t) Oppure,
t e o
per t G (0, 1) 1
e
per t > 1
per t € (0, 1) e 2
per t > 1
1.4
1.2 1.0
0.6 0.4
1.0
2.0
2.5
3.0
Comesi vede, in questo secondo caso la soluzione è discontinua. ESEMPIO 8.22. Consideriamo I 'equazione t sin (t —
T) y (T) dr
f (t)
LAPLACE E APPLICAZIONI 8. TRASFORMATADl
428
Laplace. Si ha: e applichiamo la trasformata di Y (s)
e poiché
C (sin t) (s) Y (s)
1 = C (t)(s) si ha:
¯ T) f (T) dl. Ad esempio,per f (t) = sint abbiamo sin (t) +
Oppure,per f (t)
(t —7) sin (T) dr
t.
(t) abbiamo
1 + Jot (t —7) (IT pert C (0, 1)
per t > 1 1+9
—t
pert C (0,1)
pert > 1
1.0
2.0
-1.0
Anche in questo caso troviamo una soluzione discontinua.
8.5.6. La trasformata di Laplace e l'equazione di Laguerre. Torniamo
ora all'equazione e ai polinomi di Laguerre, studiati in precedenza (54.7.2),e mostriamo come la trasformata di Laplace si riveli uno strumento utile anche nello studio di questi.
8.5. APPLICAZIONI DELLA TRASFORMATA Dl LAPLACE
429
anzitutto un modo alternativo di risolvere l'equazione di Laguerre, ì Iostriamo sviluppi in serie di potenze, che degli ha anche il pregio di etto a quello esplicita (che non coinvolge formule fornire analitica ressione ricorsive) dei polinomi di
Laguerre:
L 'equazione di Laguerre ha soluzioni TE0REMA8.12, polinomiali per À = 2n, moltiplicativa16) da: costante di meno date(a
Consideriamo l'equazione di Laguerre DIMOSTRAZIONE. + (1 —x) y/ + À!]= 0 per € (0, +00) trasformiamo l'equazione, ricordando che e,postoY = Cy, C (mf) — perciò
(0) - y' (0))'+ (sy - y
(s2Y -
—s2y/ — '2sy +
+ (sy - y
(0) + sy — y (0) +
+ AY = O
+ y
= 0
Sitratta ora di risolvere un 'equazione differenziale ordinaria del prim'ordine (lineare quindi a variabili separabili): omogenea,
ds — log Y (s)
À log (s — 1)
(I
À) log s
s log
sX+1
(Nonabbiamomesso i moduli all'argomento dei logaritmi perché s è variabilecomplessa).Ora, anzitutto possiamo scegliere la costante c 1 in quanto stiamo risolvendo un'equazione omogenea, perciò la soluzione è comunque determinata a menodi costante moltiplicativa. In secondo luogo, se vogliamo che l'espressione assegniuna funzione derivabile (in senso complesso) in un semipiano,è bene scegliere À intero. Per À = n
0, 1, 2, . . si ha:
(—1)k s n k
16
ayereln realtà le date dalla formula seguente sono già quelle normalizzatein modo da risolve equazione,L2 ((0'00) ' e¯œdx) uguale a 1. Noi però ci limiteremoa dimostrare che yn senza provare che è normalizzata.
LAPLACE E APPLICAZIONI 8. TRASFORMATADl
e ricordando che C (tn)
= k
da cui polinomio di Laguerre, a meno di costante che è un'espressione esplicita dell'n-esimo moltiplicativa.
Usandola trasformata di Laplace e il risultato precedente possiamo anchedi. mostrare l'altra formula, già enunciata in precedenza ( (4.37), 54.7.2), che assegna i polinomi di Laguerre Ln:
O,1,2, la funzione Ln calcolata nel teorema 8.13. Per ogni TEOREMA precedente si può anche rappresentare così: n! cl:rn
Proveremo che la trasformata di Laplace del secondomemDIMOSTRAZIONE. bro coincidecon la trasformata di Laplace di Ln, calcolata nella dimostrazionedel teorema precedente:
da cui seguirà la tesi, per l'iniettività della trasformata di Laplace. Calcoliamo dunque:
c
n! d.r n
utilizzando le proprietà operatoriali della L-trasformata. Si ha: sn+l
quindi per la regola del s-shift C
(e ¯x x n ) (S) —
per la regola di trasformazione della derivata,
posto
si ha
C
(e-zxn) I f (0)
perché f (T)
xn + o (Zn)
(n—l) (0)
per a: —+0 (perciò per la formula di Taylor le derisate fino all'ordine n —1 si annullano nell'origine).
ATA 101
431
Yn(s),
è la tesi
(limostxata,
8. TRASFORMATA Dl LAPLACE E APPLICAZIONI
432
8.6. Tabelle
L-trasformate di funzioni elementari: a [f] parametri 1
0
u (t —to) e cos (cot) sin@t)
a
ea COS(Ut)
s—a +
ea sin (Ut)
a
cv > 0,
o
n = 1,23 n = 1,23
a
Identitâ operatoriali C
fot f (u) du
Valida per Res > .
(s)
s C (f) (s) — sf (0) — fl (0) s n c (f) (s)
max (0, [f] ) max (0, a [f 'J) max (0, a [f/' l)
max (0, a [f ) max (a [f] , a [g]) e¯
os c (f) (s)
8.7. ESERCIZI
ENTI
8.7. Esercizi o cornplovnonti contrassegnati con I *asterisco ($) non sono esetvi2i esercizi Gli standard, Lo studente ò della conto, a disposizione gli svolgimenti completi
sul calcolo di trasformate Esercizi A.
8.1. Calcolate la tmsfortnata di Laplace delle seguenti ESERCIZIO l'a scissa di convergenza. specificando .I.qx,) (l ) (0 (a) f (t) =
(b) f (t) SII(ai) (c) f (t) - Cil (ai)
> O)
nit X(0,0)(l) per t 1
(d) f (t)
(0, 1) 2)
1
per t
o
altrnn en t?»
di Laplace delle seguenti.funzioni. 8.2. Calcolam la ESERCIZIO la tabella delle tlt1.sÎortnate calcolamesplicitamente in temuli, operatori(lli. della trasforlll(lla (linearità, fornitile funzionielementari e le delt-shift, s-shift, ecc.). Specificare I *asetssa (11 (12
cos (w/ + d)) tent sin (wt) (•u,satvla fortililla delle dern e) —t (ao 4. (1212
ESERCIZIO 8.3. Calcolare la convoluzmne
(n volte) conil seguente procedimento: (a) calcolare la trasforrnata di Laplace della convoluzione a partiti' dalla husJore mata di t;
(b) antitrasformare
il risultato ottenalto.
ESERCIZIO 8.4. Calcolare la conwoluzione —l 01 volte)
con,il seguente procedimen,to: (a) calcolare la trasformata mata di .
(b) antitrasforrnare
part il? dalla tmsfora zione convoli! della di Laplace
il risultato ottenuto.
ESERCIZIO 8.5. Calcolare la conil seguente
procedimento:
8. TRASFORMATADl LAPLACEE APPLICAZIONI
(a) calcolare la trasformata di Laplace della convoluzione a partire dalla trasfor_ mata (l/ (t) = u (t) u (t 1);
(b) antitrasformarc il risultato ottenuto. ESERCIZIO8,6, Calcolare le seguenti convoluzioni (calcolando l'integrale). Qom _
di, calcolarne la trasformata di Laplace.
(b) sint * x (a,b)(t)
ESERCIZIO8.7. Calcolam l'antitrasformata di Laplace delle seguent? funzioni, utilizzando il metodo dee residui oppure metodi elementari basati sulla tabelladelle trasformate e le proprietà opemtorzalidella trasformata. 16
(a)
— 16 34 —382 + 12 so
(c)
1. 2 8 2 + n 2 T 2
15
(e)
+
+ 29
B. Esercizi sull'applicazione delle trasformate Rzsolvere i seguenti problernt di. Cauchy, utilizzando d metodo della trusformata di Laplace ESERCIZIO8.8.
+ 91/= X(0,0 (t) • sint
ESERCIZIO 8.9.
ESERCIZIO8.10.
= X(O.I)(t) • t
ESERCIZIO 8.11.
Y" - 16y
(t) •48e2t
ESERCIZIO8.12,
+
+ 15y
r (t)
con r (t)
2 sin t sin 2t
se t (0,27) se t > 27
8,7.
V, CO
la cortvnte i (t) nei segłłen/i ciîťłľiti S.13 (Circuito RC).
(().5,0.6) , n îllltł altriłncłlli. 100 (1 - 2) V se t > 2.
1001' per t
11
se t > '1.
ESERCI/IOS. IO (Circuit o IRL).
(a) R = 100, L = ().5łł, v (t) —2()()t V' per t,
(b)R- 10000,L = lłł, (i) (c) R = 250, L = o.l/ł, (t)
((),2) , nulla allriłnenli.
Ll()silit V se t > n, nulla,altriłncnti. nulla
IT).
S.15
1
dere i (0)
0, (Io = O e
- 0.25
200 t
V' per t G (0, 1) , nulla allrinłent,i.
cos/ V per t C (n, 37(), nulla oltnnłen ti.
(c)
lł,c =
(t) -c 78 silit V per t
(0, Ir) , nulla altri,menľi.
S.16 (Circułito LCR).
(t)
Li' (t) dovei (0) =
1
(IoȚ (1
=0e 1 lł,c
(b) oltrinłenti.
- 0.05
i (r) (IT 1000 V pert C ((),2) , nulla altrimenli. 4) , îľulla 3zlc¯t V per t
RisoltłereIe segłłenti equażioni intcgłtlli, prinła con ternżłnenoto f (t) generico, poicol termine noto indicato ESERełzło S.17.
y (T) sin (t —Ț) (IT= f (t) (poi: f (t)
t)
ESEIłCIZ108,18.
v (r) (IT
f (t) (pot: f (t)
1)
ESERe1Z108.19.
Y(t) + 2
. = cost) (T) cos (t —r) (IT= f (t) (poi: f (t)
S. TRASFORMATADl LAPLACE E APPLICAZIONI ESERCIZIO 8.20.
y (t) +
(t r) y (r) (IT = f (t) (poi: f (t)
1)
Gli svolgimenti degli esen•iùi si tmvano online, sulla piattaforma TextinC'loud i
CAPITOLO 9
Teoria delle distribuzioni 9.1. Motivazione Intornoal 1950 Laurent Schwartz introdusse la teoria delle distribuzioni, certamenteuna delle maggiori novità concettuali negli sviluppi dell'analisi matematica del'200secolo. Questa teoria generalizza alcuni dei concetti fondamentali dell'analisi,come quello di funzione e di derivata, oltre ad altri meno elementari, come quellodi trasformata di Fourier, portando un nuovo modo di intendere, in particolare,le equazioni differenziali e l'analisi di Fourier. Come molte idee innovative, la teorianon nasceva dal nulla ma raccoglieva spunti, idee e problemi che da vari decennierano dibattuti nell'analisi matematica e nel suo utilizzo in fisica. Per introdurrele prime idee della teoria, discutiamo qualche sua motivazione in relazione alleequazionidifferenziali della fisica matematica, a cui abbiamo accennato a più ripresein questo corso.
Consideriamol'equazione di Poisson per il potenziale newtoniano: dovela funzione u (incognita) rappresenta il potenziale (elettrostatico o gravitazionale)e f ha il significato di densità (di carica o di massa). Dal punto di vista matematico classico, per un'equazione di questo tipo può sembrarenaturale cercare una soluzione u G C2, richiedendoquindi f e c o. In realtàfin dagli inizi del 200 secolo è noto che esistono funzioni f continueper cui quest'equazionenon ha soluzioni C2. Per ottenere la risolubilitàin senso classico dell'equazione,il termine noto f dev'essere "un po' più che continuo"l, e sotto le ipotesiopportune la soluzione u che si trova sarà "un po' più che C2" Ma a noi ora interessa chiedere di meno, non di più, sul termine noto. Infatti, dalpunto di vista fisico la densità f tipicamente può essere discontinua, ed è il suo integralesu un certo dominio ad esprimere una grandezza fisica misurabile (caricao massatotale). Quand'è così, l'equazione differenziale esprime allora un'uguaglianza tra le derivate seconde della soluzione e una funzione integrabile ma generalmente discontinua.L'equazione potrà essere quindi un'uguaglianza che differenziale non vale
in ognipunto
dello spazio. Torneremo poi su questo problema. Cominciamo
1
Precisamente,il termine noto f dev'essere hôlderiano, ossia soddisfare una condizionedi continuitàdel tipo: — X21Q If(Tl)— f Per qualche Q
ma
(0, 1]. Sotto quest'ipotesi l'equazione ha soluzioni classiche non solo C2, conderivate da seconde a loro volta Ilôlderiane. E' questo il contenuto della teoria sviluppata Schauder di
in cui trattare certe classi coerente concettuale quadro rappresenta un equazioni a derivate che 1asoluzioneabbia parziali dal punto di vista classico (ossia richiedendo sia soddisfatta in ogni tutte le derivate che compaiono nell'equazione almeno continue c l'equazione Plintodel non costituiscecomunque dominio). Questa nulla) diremo non seguito teoria (di cui nel l'ultimaParola quest'introduzione. nel 1934, che
sull'argomento, in parte per i motivi che spieghiamoin
438
9. TEORIA DELLE
DISTRIBUZIONI
essere il termine noto f. Sappiamo che ad approfondireche tipo di oggetto può modo in solo diffuso non distribuita nello spazio una carica elettrica può essere oppure superfici, lungo lungo fili, oppure tridimensio-nale, ma anche concentrata rappresentare per adeguato questo tipo di in punti isolati. L'oggetto matematico mesura, una ma concentrata su una termine noto f, quindi, non è più una funzione, essere un mix di queste cose) superficie, su una curva, o su punti (potrebbe anche
differenziale del tipo Quindi ha un senso fisico considerare un'equazione Au dove è un'assegnata misura, che descrive la distribuzione di carica (o massa) nello spazio (ecco apparire la parola "distribuzione"). Ad esempio, il potenziale elettro_
statico generato nello spazio tridimensionale da una carica elettrica puntiforme posta nell'origine è c (9.1)
—F 912
+ 22
e corrisponde a una distribuzione di carica che non si può rappresentare con una funzione densità ma con una misura, la misura atomica (di Dirac) concentrata nell'origine, che è defmita (come misura di insieme, non come funzione) da 1 se OcE
per ogni sottoinsieme E misurabile dello spazio. Dunque la funzione u in (9.1) dovrebbe soddisfare un'equazione del tipo Ma cosa significa questo? Certamente non può intendersi come un 'uguaglianza "punto per punto", e neppure come un'uguaglianza "quasi ovunque". Infatti se trascuriamo l'origine, l'equazione Au è indistinguibile dall'equazione Au = O, che descrive però una situazione fisica ben diversa: una carica puntiforme la prima equazione, assenza di cariche la seconda; i potenziali elettrostatici corrispondenti alle due diverse situazioni sono due funzioni diverse in tutti i punti dello
spazio, non solo nell'origine. La definizione matematica di "soluzione dell'equazione differenziale" deve rendere ragione della differenza tra le due situazioni.
Un altro tipo di motivazione che porta a equazioni differenziali (o integrodifferenziali, come vedremo) con termini noti del tipo "delta di Dirac" è lo studio dei segnali e dei sistemi di trasmissione/elaborazione dei segnali. In questo contesto, dove la funzione incognita è un "segnale" f : R —+R funzione del tempo, che viene pensato come l'output di un certo sistema, è interessante chiedersi qualesia la risposta del sistema ad un input di tipo impulsivo, cioè caratterizzato da una sollecitazionemolto intensa di brevissima durata, che viene appunto modellizzato con una misura di tipo atomico. Una prima sintesi di questi discorsi è quindi: nello studio delle equaziomdifferenziali della fisica matematica o dell'ingegneria, certi termini noti possono essere ra,ppresentatida misure anziché da funzioni. Ma questo pone il problema di come interpretare l'equazione stessa. Avremmo bisogno, per avere un l'insieme in cui si colloca il termine quadro coerente, di generalizzare non solo noto, ma anche l'insieme in cui si colloca
9.1. MOTIVAZIONE 439
modo che l'equazione esprima l'uguaglianza soluzioneu, in tra oggetti matetipo. Il problema è che, se interpretiamo stesso dello anche u senso anche all'operazione di derivata di una misura,come misura, dar dobbiamo cosa che la Lebesgue, almeno nella versione che abbiamo presentato in di teoria precedenza, non fa.
occorrerebbe un punto di vista nuovo che consentisse di vedere funzionie misure comeesernpiparticolari di un tipo più generale di oggetto matematico, per il quale un concetto di derivata. Per arrivare a questo siacornunquedefinito punto di vista, osservazione suggerita dalla fisica, seguendo un'ulteriore ancora l'esempio facciamo guida dell
'elettrostatica.
Nelladeduzione Inatematica dell'equazione di Poisson per il potenzialeelettrolegge di Gauss statico,si parto dalla
• vdS = cheuguagliail flusso del campo elettrico uscente da una regione tridimensionale S) con un multiplo della carica totale Qtot contenuta nella regione Q stessa. Esprirnendola carica totale come integrale di volume della densità di carica, pda;dydz,
Qtot
(9.2)
riesprimendoil flusso di E grazie al teorema della divergenza come E • vdS
div Eda;dydz,
e uguagliandole due espressioni trovate div Ed:rdydz
4/crr
pd:cdydz
si deduce,per la genericità della regione tridimensionale O, l'equazionedifferenziale (di Maxwell)
(livE 4k7rp, da cui poi, ricordando la conservatività del campo elettrostatico ed esprimendo quindiE = Vu, con u potenziale elettrostatico, si arriva a
Au
4Tkp.
Facciatnoqualche osservazione sulla deduzione precedente. l. Esprimere Qtot mediante la (9.2) ha senso supponendo una distribuzione
volumicadi carica; se la carica fosse concentrata lungo superfici, fili o punti isolati, p
nonavrebbe più significato ma avrebbe ancora senso Qtot. Precisamente, il secondo membrodella legge a qualsiasi di Gauss si può vedere come un funzionale che associa regioneQ dello spazio la carica totale in essa contenuta (indipendentementeda comesi possa scrivere il secondo analiticamente questa quantità): in questo senso membrodella legge vedere come una misura, che ad esattamente si può di Gauss ogniinsieme associa un numero. anche il primo 2• Il suggerimento è allora: interpretiamo trarre può se ne che membrodell'equazione numero (il flussodi come un funzionale che a Q assegna un e).
integraledi vol3• L'operazione trasformareil flussoin un fatto che ci ha del teorema il teorema della divergenza, cioè una forma multidimensionale
9. TEORIA DELLE DISTRIBUZIONI
440
fondamentale del calcolo integrale, o se vogliamo della regola di integrazione per parti, Osservazioni analoghe valgono nella deduzione di molte altre equazionia derivate parziali della fisica matematica, come l'equazione di diffusione del calore, l'equazione di continuità, le equazioni di Maxwell: si parte spesso da una qualche equazione(in_ t tegrale) di bilancio, che mediante opportune integrazioni per parti viene trasformata
(per la genericità della regionesu cui si integra) in un'equazionedifferenziale. La teoria delle distribuzioni di L. Schwartz coglie una certa struttura astratta comune a queste diverse situazioni, generalizzandola per definire nuovi concetti: -funzionie misure vengonoviste come casi particolari di funzionali: una dis_ tribuzione sarà un particolare funzionale;
-il ruolo che nella deduzione precedente è svolto da un generico insieme Q viene svolto nella teoria delle distribuzioni dal generico elemento di uno spazio di funzioni (anziché insiemi): si lavora meglio con le funzioni che con gli insiemi,e il concetto
di funzionale lineare continuo ha una teoria matematica consolidata per gli spazi di funzioni (piuttosto che per le famiglie di insiemi). Lo spazio di funzioni su cuile distribuzioni saranno i funzionali lineari continui si chiamerà "spazio dellefunzioni test". -la formula di integrazione per parti giocherà un ruolo centrale nella definizione di derivata di una distribuzione. Infine, segnaliamo che la teoria delle distribuzioni generalizzerà anche, in un cer-
to senso, il concetto di funzioneintegrabile, permettendo di estendere la definizione di trasformata di Fourier a funzioni non integrabili (e a oggetti ancor più generali), rendendo quindi la teoria della trasformata di Fourier uno strumento ancorpiù flessibile nella risoluzione di problemi differenzialio di altro tipo.
Mettiamoci ora al lavoro per costruire passo passo i primi elementidi questa teoria.
9.2. Generalità sulle distribuzioni 9.2.1. Funzioni test e distribuzioni. Nel 1.2.4 abbiamo introdottogli spazi cooc di funzioni infinitamente derivabili a supporto compatto. Ricordiamo che il supporto di una funzione continua O, indicato con suppo, è la chiusura dell'insieme (aperto) su cui la funzioneè diversa da zero.
0 15
-0 0005 -0 0010 -0 0015
supp
(—1, 11
supp
—
9.2. GENERALITÀ SULLE DISTRIBUZIONI
supp 0
supp
441
R
funzione è identicamente
nulla al di fuori di compatto" signifi ca che la "Supporto e limitato. Nei grafici precedenti, le ultime due funzioni non sono chiuso insieme un a supporto
compatto.
9.1 (Funzioni test). Dato un aperto Q C DEFINIZIONE vettoriale test su Q è lo spazio
funzioni che consiste delle
e limitatoK C Q. chiuso
derivabili
infinite volte in Q
caso Q Utilizzeremoin particolare il
R
e il cui supporto
lo spazio delle
è un
insietne
o
9.1. Quando Q è un aperto limitato, dire che una funzione f è c OSSERVAZIONE compattoin Q implica (ricordando che il supporto è un insieme K chiuso. supporto discosto dal chechiediamosia contenuto nell'insieme aperto Q) che il supporto sia bordodi Q: in pratica, la funzione f è identicamente nulla sul bordodi Q e in tutta unazona vicino al bordo di Q.
sua volta, questo derivate di qualsiasi online di f si le che implica particolare in annullinosul bordo funzione di Q, cosa che potrebbe non succedere per una generica
che st annulla sul bendodi
Le prossi'tneligure
esemplificano
00
006
. si annullano in 01 Corne
una
osservato nel 1.2.11, (O) ò uno spazio
naturale, rispotlo alla quale risulti uno spazio
111a
11a
Ciò)
ci
impedisce di dare la seguente definizione (li convergenza:
Dala una successione
9.2 (Convergenzain P DEFINIZIONE 'D
e -una
C
V'
che (lieta,1110
se esiste un insierne chiuso e lonttalo K C O tale che supp
C K per
j,
suppo C IC, e per ogni multiindice n, e —Y DOd) uniforrnetnenle in K
unifortnetnetlle 'l'ilK.
(l:rk
P (O) corne spazio vetnoriale o corne Si noti che non stia1110 spazio metrico; questa nozione (li convergenza (li successioni quindi 11011 la ('011vergenza rispetto a una norma o a una distanza: definito (lirettül.lll('llto (o arbitrariamente, in un certo senso) cosa intendererno per "convergenza ill 'ID(Q)". Collie si vede, questa nozione (li convergenza tiene conto (li tiltle le infinito derivate (cosa che, corne osservato 1101 1.2.4, non riuscirernmo a fare con una nonna). ESEMPIO 9.1. Consideriatno l'esempio (17,funzione d) C 1) (IR) fallo nel e 1/0 2 —1)
per
< 1
per la:l È: 1
03
1.2.11
9.2. GENERALITÀ SULLE
DISTRIBCZIONI
consideriamo la successione di da questo funzioni
e
C [-1, 1] per ognin
che
0 uniformemente in
vale per stesso
443
1], e lo
010
-10
10
-010
Quindi
—i0 in D (R) .
9.2. Sia (t)(T) come nell'esempio precedente, e consideriamola sucESEMPIO cessionedi funzione definita da
Esplicitamente,
-02)
per
(eventualmente) del punto di non derivabilità eccezione ad Cl e bl la, è continua in questa scomposizione): esemplifica figura prossima (La TO. 20
-10
distribuzionale Per la linearità dell'operazionedi derivazione
(Tf)'
(perché la derivata classicadi f e Tf' Tg' (Tg)/ dimostrato, già a punto il Per l'Esempio9.11 g coincidono,tranne in dove non esistono), mentre per (To¯))u (T — TO)) 04)¯ f
+ ) — f (ŒJ))
ôŒo,
da cui la tesi.
di concetto il introdotto aver Dopo 9.2.3. Operazioni sulle distribuzioni. motivazioni delle una certamente rappresenta che distribuzione, una derivata di può effettuare fondamentalidella teoria, vediamo qualche altra operazione che si sulle distribuzioni. seguente: se Il modo di procedere nell'introdurre le prossime definizioniè il chiediam0 ci sideriamo un'operazione che ha senso effettuare su una funzione, e è sempre logica la pare come si possa definireper una distribuzione. Per rispondere, quelle a la stessa: si cerca la definizione distribuzionale che, quando applicata restituisca ticolari distribuzioni che sono funzioni almeno localmente integrabili, per concetto già noto. Così facendo si individua l'unica definizione possibile fattoper
una teoria consistente, e si sceglie quella, esattamente come abbiamo concetto di derivata.
SULLE DISTRIBUZIONI
0.2,
437
Data una funzione f (3) , possiamo definire1asua traslata Taf (a;) = f (T + a) definire un analogo concetto di traslata di una distribuzione, fissato,Vogliamo (0, IR C e a (IR) analogamente, T D (Rn) e TC Rn), come faT? (Ielillirelll()particolare in cui T Tf per una certa f Lil (R), si ha Nelcaso (Trar,
Taf
cl))
(C) (f) (T)
a= y ponendoa:
f (y) (y —a) dy IR
Sevogliamoquindi che la definizione distribuzionale di traslazione sia compatibile conquellafunzionale, ossia che risulti Traf TaTf, daremo la seguente (Rn) e a € Rn, si pone 9.5. Dati T DEFINIZIONE
(TaT,
per ogni (f)G D
(T,
.
Siverifica (è un facile esercizio che si lascia al lettore) che effettivamente TaT e ESEMPIO9.12. In 'D' (IRn ) calcoliamo Taô per un certo a G Rn . Si ha: (f)( —a)
(0)
(ò, T—a
(Taô,
(ô—a, (é)
perciò
Taô
(5—0.
Dilatazione. Data una funzione f (a;), possiamo definire la sua dilatata
Daf (a;) f (am perun fissato a > 0. Vogliamo definire un analogo concetto di dilatata di una distribuzione.Ragioniamo come sopra: nel caso particolare in cui T Tf per una certaf e Liloc(R), si ha (TDaf, O)
Daf
(T) CIT (X) C/»
f (CLT)
da:
ponendoam= y f (y) —Dl/ad)(y) dy
Tf, -Dl/aO Analogamente, in n variabili si troverebbe 1
Tf,F Dl/aé doveil fattore di
jacobiana, nel cambio Ilan viene dal determinante della matrice che la definizione -—y che si fa nell'integrale. Se vogliamo quindi
9. TEORIA DELLE DISTRIBUZIONI
458
compatibile con quella funzionale, ossia che risulti distribuzionale di dilatazione sia seguente la TD0f = Da Tl, daremo 9.6. Dati T G D/ (R) e a > 0, si pone DEFINIZIONE
(Dar, O) =
T, -Dl/ao
per ogni
.
si pone Se T e D' (R n ) e a > 0,
per ogni
(Dar, O)= T,
è una distribuzione. Si verifica facilmente che effettivamente DaT
ESEMPIO9.13. In D' (Rn) calcoliamoDaô per un certo a > 0. Si ha: 1
— (Daô, O)
perciò
1
1
9.9. Si osservi che traslazioni e dilatazioni richiedono chele OSSERVAZIONE funzioni (o le distribuzioni) siano definite su tutto lo spazio, per questoabbiamo considerato T G D' (Rn) e non T € D (Q) nelle due defimzioni precedenti.
Riflessione. Distribuzioni pari e dispari. Data una funzionef € Lil (Rn) possiamo definire la sua riflessa Se ora
G D (Rn ) si ha f v (x)
(T) da:
f ( —T)
(é
CIT
Questo suggerisce un'analoga definizione di riflessa di una distribuzione: DEFINIZIONE9.7. Se T € D/ (Rn ), si definisce
(TV,o)
(T,
per ogni
,
ed è immediato verificare che TV è una distribuzione. La precedente definizione consente di definire il concetto di distribuzionepari o dispari, come per le funzioni: DEFINIZIONE9.8. Se T G D' (Rn ), si dice che T è pari se
si dice che T è dispari se
ESEMPIO9.14. La distribuzione € D' (IR) è pari. Infatti: quindi
ôV
9.2. GENEIRAI,ITA
9,15. La
(IR)
Infatti:
(ÇbV )' (X) = (O (
pistribuzioni periodiche.
Una
f
Llo (IR)ò a-periodi(ta, per un certo
possia1110definire in analil concetto di distribuzione periodica (nat uraltnente, per una distribuzione su
su un (lotilinio R,nonsu R" o 9.9. Se T C 'P' (R) st dice che T a-periodica, per un certoa > 0, DEFINIZIONE seraT T (e a tl tntnuno n urnero postttvo per questostqntfica che
(T, o) = (T,
questo vero). Esplicitamente,
per
ESEMPIO9.16. Se f € L}oc (R) una funzione a-penodica, allora Tf C 'l)/ (IR) corne esercizio. una dtstrtbuztonea-pertodu•a. SI laseta la
siano funzioni si faranno in seguito. di dist ribuzioni periodiche che 11011
cornepotremmo Prodottodi una distribuzione e una funzione. Cliiediarnoci definireil prodotto di una distribuzione T' C (Q) per una funzione (su cui ci riserviarnodi fare le ipotesi che scopriret110necessarie). Nel caso particolare in cui T = Tf per una certa f C L}oc (Q) si ha (life,) d.r = (Tf,gm) , il chesuggerisce di definire in generale
Maaffinchéquesto abbia senso per una generica distribuzione T, dobbiamo essere Perciò g dev'essere anch'essa che per ogni € 'D (Q) si abbia C 'D infinitamentederivabile (mentre non è necessario che sia a supporto compatto, Perchéil supporto di go risulterà comunque compatto). Arriviamo perciò alla seguente:
Rn) DEFINIZIONE 9.10. Dati T € P' (Q) (per Q aperto di definisce gT D' (Q) a questo modo: (gT, O)
(T, gò) per ogni
C
(Q) si
C T) (Q) .
(O). può verificare che effettivamente gT C P proprietà (molto natuOperazioniappena introdotte soddisfano le seguenti tali),in relazione all'operazione di derivazione: Di nuovo, si
9. TEORIA DELLE DISTRIBUZIONI 46()
9.8, Sia T C D' (Rn), allora: PROPOSIZIONE risulta a. Per ogni a C (Rn T) . (TaT)=
b. Per ognia > 0 risulta c. se T C
(DaT) = aDa (aŒJT). risulta
(Q) e g C
(Log) T +
(gT) d. se T c D/ (Rn), risulta (TV)
C D (Rn ),
a. Per ogni DIMOSTRAZIONE.
(TOT, (99 d))
(Oxa (TOT) , 0) (Ta (ocaT) ,O)
(ama T,
ora: t)ŒJ
(x)
(d)(a:— a
perciò le due espressioni coincidono. b.
(DaT) ,O)
(aDa (acaT)
(DOT,
a l - n (LIT,
(T,
(Dl/ao))
ma:
¯ a l n axj (Dl/a(/) o) (DTV
perciò le due espressioni coincidono.
( (acag) T + gaœjT, (h)
d)) ( (Lug) T, + (goŒaT, T, (T, (Lug) (h)+ (Oxa (T, (Lug) d))- (T, cgi)) (T, (OXA) -
perciò le due espressioni coincidono. d. (T V , OŒJO)
d'altro canto (ama
quindi (T V ) , d)) = (T, Oxa (OV ))
da cui la tesi.
(gi))
9.2. GENERALITÀ SULLE DISTRIBUZIONI
' di distribuzioni
con Th € (Q) per un aperto una successione Q di Rn. definizione di limite per una successionedi dare la seguente questotipo. possiamo 9.11. Se T,Tk C D' (Q) per k = 1, 2,3, diremo che DEFINIZIONE
in D/ (Q) se (Tk,é)
(T,o) per ogni
D(Q).
del tutto analoga si dà se {Ta} è una famigliadi distribuzioni Unadefinizione anziché intero, come nel prossimo reale è esempio: a dovel'indice Consideriamo una famiglia di molhficatori {V' } ESEMPIO9.17. —n —TIT12/e 2
esemplo
Mostriamoche Infatti
( —y) (h (y) dy = (?/'E* (h) (0) .
(y) d) (y) dy D'altrocanto sappiamo
7.2) che per (h e
(Teorema
(R) si ha
* (h —+
uniformemente,perciò dunque —+ô in D' (Rn ).
9.18. Consideriamo la successione di funzioni in IR ESEMPIO .fn (T) sin (nm) cheper n —+00 non converge puntualmente ad alcun limite. Chiediamocise la
successione di distribuzioni Tfn ha limite in TY (R). Per (hG D (R) , (Tfn,
—
(h (a:) sin (na;) cla:.
D'altrocanto sappiamo che per c/»G LI (R) (supponendoper semplicità a valori reali) è
d) (T) sin (27t.TsC) da: e poiché (h (€) —50 per
Im
(sc)
—+00, questo vale in particolmv per
n/ (2ï) perciò
(f)(a;) sin (nm) (1,1c—+0
pern
00. Pertanto
(chesi puntuale di scrive anche f n non n —Y 0 in D' (IR)) non ostante il fatto che il limite esista in alcun punto. 11Concetto consente anche di reinterpretarela di limite di successione di distribuzioni recuperando la validità della familiare definizione di derivata distribuzionale definizionedi derivata come limite del rapporto incrementale:
9. TEORIA DELLE DISTRIBUZIONI 462
ogni T C D' (IR) si ha: Per 9.9. PROPOSIZIONE
ThT-T
T/ in P/ (IR)per h --.>0.
1
Ora per h
(IR)si ha
C
Per ogni DIMOSTRAZIONE.
1
{(ThT, d)) (T,
0 (a;) per ogni
h
C IR
che è anche e si può dimostrare (v. Esercizio 9.21) in D (R) Quindi
ossia
ThT-T
per ogni (h G D (R), e questo significa appunto che
h
-+ T/ in
(R)per
Serie di distribuzioni Il concetto di successione di distribuzioni permette ovviamente di dar sensoa quello
di serie di distribuzioni, dicendo come al solito che la somma di una serieè il limite della successionedelle somme parziali:
DEFINIZIONE 9.12. Siano T,Tk G D/ (Q) con Q aperto di Diciamo che
per k =
T in D/ (Q)
ETk se
(9.6)
k
lim E Tj = T in D' (Q) .
k—+00
La definizionesi può estendere diciamo che
C (Rn)' anche a una serie bilatera: se {Tk}kGL
TFT
in D' (0)
se
lim
E
Tj=T in D' (Q) .
9.2. GENERALITÀ SULLE DISTRIBUZIONI
la relazione (9.6) in termini di azione sulle funzioni test significa: Siosserviche
lim ETj,o .i=l
canto,poiché
su una somma finita il crochet
(é)è lineare,
che per definizione stessa di serie di distribuzionivale lo scambio il chesignifica e crochet: dell'ordinetra serie
per ogni (hGD(Q).
(9.7)
9.19 (Il pettine di Dirac, o treno di impulsi). Per a G R\ {0}, ESEMPIO in P' (R), definiamo,
Mostriamoche questa serie di distribuzioni effettivamente convergea una distribuzione,che indichiamo appunto col simbolo Aa e chiameremo treno di impulsi o pettinedi Dirac. Il nome di "pettine" è suggerito dalla rappresentazione simbolica del suo grafico:
3a - 2a- a
a 2a 3a
Si ha:
k=—m
dovel'ultima serie scritta convergeperché per ogni (é G D (R) in effettila somma hasempreun numero finito di addendi, in quanto ha supporto compatto. Dunque en che è definitaper ogni d) G D (R) ed è ovviamente un funzionale lineare. Mostriamo anche
continuo. Per
contenente —+0 in D (R), sia [A,B] un intervallo
DELLE 9, TEORIA 464
esiste ko allora on, delle tutti i supporti
e poiché On —+0
uniformemente, ko
E
DISTRIBUZIONI
(dipendente da A, B, a) tale
ko
E
n IIco(A,BI
(2ko + 1)
Aa G D/ (R). Abbiamodimostrato che legata al procedimento di campionamento di un Questa distribuzione è come si vedrà giocherà un ruolo irnpoHante
nello a, e d)(t) a intervalli di tempo chiave in quest'ambito, il teorema di Shannon(o.{j dimostrazionedi un risultato 10.3).
Osserviamoche D (R) si ha
periodo a, Infatti, perogni è una distribuzione periodica, di + 00
(é ( ka )
(A a,
dove nel penultimo passaggio si è fatta una traslazione di indici s,fruttandoil fatto è a-periodica. che k G Z. Quindi TaAa Aa, e
a Una successioneo una serie di distribuzioni si può sempre derivaretermine termine:
9.1. se T,Tn C D' (Q) per un intervallo O c IR e TEOREMA allora
Analogamente, se
allora
le sucDIMOSTRAZIONE. Dimostriamolo per le serie (analogamente si fa per 0411 per
cessioni). Per definizionedi derivata distribuzionale e la (9.7) si ha,
TIRIBUZIONI p 1s 9.3.
COMPATTO,
A
CONVOLIJZIONL Dl
DISTRIBU'ZlONJ405
supporto compatto, convoluzione Distribuzioni a di distribuzioni
cammino di estensione alle distribuzioni di concettiche proseguendonel vogliamo ora capire se funzioni, già le per come si possa definirela di distribuzioni. come vedremo, questo non si può fare per due digeneriche, ma richiede un'ulteriore ipotesi su almeno una delle due, il concetto di distribuzionea supporto a introdurre il compatto. clic1seguendolo schema di ragioniamento già usato in precedenza,chiediamoci in forma distribuzionale la convoluzione di due distribuzioni si esprime quando funzioni LI (IR). Vogliamo che risulti realtà in sono 9.3.
'P (R) , per 05c
consideriamo (f
* g)
(a:) d) (x) da: IR
f @ —y)
dy
IR
(x + y) da:
f (x)
dy
IR
(abbiamoscritto la variabile y nella distribuzione Tg, diversamente dal solito, per chiarireil significato della variabile y nell'espressione Tyd)). Quindi
il chesuggerisce di definire, per T, S € D/ (IR), (y) , (T, Tuo)) . (T * S, Ò) Ladefinizioneè sensata purché si verifichi che, per (l)C D (IR),risulti
Ora,non è difficile dimostrare il seguente LEMMA 3. Per ogni (i)e D (R) e T G 'D/ (R) la funzione U' (y)
(T, Tyqb)
è infinitamentederivabile, con
(y) = T, Tydk)) funzioneU'(V)non la T distribuzione Il problema è che, però, per una generica avràsupporto compatto:
ESEMPIO 9.20. Sia T = TI C (y) = (Tl , Tg4)
ein questocaso
oalutazione
(R), allora
1 • Ty(/)(a;) da;
supporto tutto R), (con costante funzione (y) è una
e la successiva
DISTRIBUZIONI 9. TEORIA DELLE 466
senso per S può non aver
se, in particolare, 1a distribuzione S
D'
f (T)
(X) CIT.
regolare ma non a supporto compatto e f è una funzione funzione una è Se condizione suffciente perché l'integrale precedente Iocals una integrabile, mente a supporto compatto. è che f sia una funzione dell'esempio precedente, Astraendo ora dalle considerazioni introduciamo delle definizioni generali.
9.13 (Distribuzione a supporto compatto). Diremo cheT Dl DEFINIZIONE compatto se esiste un insieme ch'iuso è una distribuzione a supporto e limitato C suppo Rn con ) (Rn P G \ (f) ogni K per che si ha (T,é) K C Rn tale (R n ). 'D() G T cas04 Scriveremo in questo ESEMPIO9.21. Sono esempi di distribuzioni a supporto compattogli elementi T C
(IRTI) dei seguenti
tipi:
a. T = Tf per qualchefunzione f integrabile e a supporto compatto; per qualche misura a supporto compatto (ad esempio,T potrebbe b. T
essere la delta di Dirac (5x0),' c. T è la derivata distribuzionale di un certo ordine k di una distribuzione due tipi precedenti;
d. T è una combinazionelineare di una distribuzione dei tipi precedenti. Si può dimostrare la seguente PROPOSIZIONE 9.10. Se T C C 'D (IRn ) ma
per ogni
G c oc (R
n
(Rn ) allora (T, O) è ben definito non soloper
Veniamo allora alla seguente DEFINIZIONE9.14 (Convoluzione di distribuzioni).
S a supportocompatto.Allora si definisceT * S così:
Siano T, S G 'D/(Rn) e sia
Si può dimostrare che T * S è effettivamente una distribuzione e chequesta convoluzioneè commutativa,quindi si può anche calcolare così Vale la seguente
PROPOSIZIONE 9.11. Per ogni T G D' (Rn ) si ha e per ogni
€ R n si ha
— T-TOT. 4Avvertiamo 10studente compatto non è standard. che questo simbolo D'o (Rn) per indicare le distribuzioni a supporto Il simbolo comunemente questo spazio si può usat.o è 8' (Rn), e fa riferimentoal fatto volte vedere come spazio dei indicatoa col simbolo (Rn ) , funzionali spazio, lineari continui sullo • delle questo senso lo spazio funzioni c ec (Rn ), rispetto a un 'opportuna nozione di convergenza delle distribuzioni a S e quindi indicato supporto compatto è visto come il duale di questo con (Rn) . Per semplificare la presentazione noi non abbiamo seguito percorso, per cui l'uso del simbolo 8' (RTL) risulterebbe ingiustificato.
9.4. ApPLICAZION1 ALLE EQUAZIONI ALLE DERIVATE
PARZIALI
467
Dimostriamo la seconda, che contiene la prima p 1MosTRAZIONE. come caso per ticOlare par (y) , (T, = (T, (T * (T-œ0T,0) anche la seguente E' utile 9.12 (Derivata di una convoluzione). p RopoSIZIONE Siano T, S C TY Allortz (Rn) e compatto. per ogni multiindice a, S a supporto
(T S)
(DOT)
(DOS).
In altre parole, la derivata di una convoluzione si può "scaricare" su uno a suoi fattori.
sceltadei
Proviamolo, per semplicità notazionale, DIMOSTRAZIONE. per la derivata pri-
maunidimensionale.
ma: (TUO)/
(T,
(T, (Tyë)')
(S (y) , (T, Tyé/)) il che significa
Infine,poiché T * S
S * T, lo stesso argomento scambiando i ruoli di S, T dà
9.4. Applicazioni alle equazioni alle derivate parziali Diamoalmeno un cenno alle relazioni tra il concetto di distribuzione e le
equazioni alle derivate parziali. Anche se in questo corso non approfondiremo questi temi,questi costituiscono una delle principali motivazioni con cui è stata introdotta lateoria,come accennato nell'introduzione di questo capitolo, e l'ambito in cui la teoriaha avuto i suoi primi successi.
Consideriamodunque un operatore differenzialelineare alle derivate parziali. inn variabilie di ordine m, che si può scrivere nella fortna 101
con
aperto di Rn. Se i coefficienti CA sono infinitatnente derivabili, per ogni u 'D/ (O) ha senso calcolare
di8tribuzione
Lu =
Co (x) DAu
DISTRIBUZIONI 9. TEORIA DELLE 468
della distribuzione Dau con 1a funzione infinitamente prodotto il in quanto una distribuzione. Perciò: ancora è (T) abile Ca lineare L a coefficienti coo (Q) per qualche differenziale operatore apertoQ un operatore lineare come vedere può di Rn, si
dal suo nascere, ha quindi offerto il quadro La teoria delle distribuzioni, con. modo sistematico le equazioni alle derivate parziali in studiare cui in cettuale lineari variabili, purché a coefficienti regolari. di numero e ordine di qualsiasi motivi per studiare le equazioni alle Naturalmente ci sono anche buoni derivate direzione va invece la questa in regolari: poco coefficienti teoria degli parziali a distribuzioni qualsiasi ma non funzioni utilizza che derivabiliin spazi di Sobolev, seguito cui nel non di 9.8), diremo Osservazione nulla. senso debole(v. Tornando alle equazioni a derivate parziali lineari a coefficienti C 00, ci sonodue problemi molto generali che è naturale porsi: I. La risolubilità di un operatore differenziale L: si può affermare che per ogni termine noto T G D/ (Q) (soddisfacente eventuali ulteriori ipotesi) l'equazione
Lu = T in D' (Q) ha almeno una soluzione u G D' (Q)? 2. La regolarità delle soluzioni: si può affermare che per ogni soluzioneu € D' (Q) dell'equazione
se T è regolare, ad esempio c 0c (Q), anche u C (O)? Questi due problemi sono meglio precisati dai concetti che introduciamo nelle
prossime due definizioni.
DEFINIZIONE 9.15. Un operatore differenziale lineare L a coefficienti CDO (Q) si
dice localmente risolubile se per ogni punto G CDC(Q) esiste un intorno U (x()) tale cheper ognif € D (U (Co)) esiste u G TY (U (TO)) soluzione di DEFINIZIONE 9.16. Un operatore differenziale lineare L a coefficienti CDC (O) si dice ipoellittico in Q se per ogni soluzione u G 'D/ (O) dell'equazione se per un certo aperto A C Q
è f
parole:
G coo (A) anche u G coc (A). Detto a ogni soluzione distribuzionale dell'equazione è regolare negli aperti in cui il termine noto è regolare.
Il problema di dare delle condizioni sufficienti (o meglio ancora necessarie e sufficienti) affinché un operatore sia localmente risolubile oppure ipoellittico è un problema molto difficilee vasto, delimitando più strettamente nella sua generalità. Risposte soddisfacenti si trovan0 la classe di operatori differenziali che si consideran0•
Diamo qualche cenno riguardo a questi problemi nel particolare degli01)eratori a coefficienti caso lineare alle derivate costanti. Consideriamo quindi ora un operatore differenziale parziali, in n variabili e di ordine m, a coefficienticostanti' L
COL)
Q
Si ha ovviatnente C, Ca Iti questo contesto, liti concet to iti11)ovtRlt1t.e ò (Ittello (li L lineatv. )tldarnentale:
ex DEFINIZIONI' 9.17. per l. solu:tOtte fondatnc•ntale
coel)icientt costanti conte distribuzione I A (IR'I) che
SI
Isiasi sollizioti(' r è una soluzione fondatlletltale e ottò litift (111a V u) Lu = O sarà
01110genea tòlldatnentale.
L'interesse per le soluzioni fondatilelltali sta nel fat to che se f c 'IO(IRH)allotül corne (list ribuzi0110, e soddisfa (per il 9, 12 e la I fè ben definita 9.11)
perciòla distribuzione u =
f risolve l'equazione Lu
f. 111particolare, se Perciò ò illi-
dellateoria delle dist ribuziotli: TFORFMA9.2 (di Malgrango-Ehronpreis, fondanu•nlale, :iale lineam L a coefficienti costanti ha una sola: ione nsolubile.
ali (li specifici operatori (lill•erenzialiilliAlcuni esempi di soluzioni fonda 1110111 portantiper la fisica tnatetnat iea sono i seguenti: ESEMPIO9.22. L'openttotv di Laplace i
ha soluzione fondamentale
per = 2 per = 3 3 per
log 1 dove(T
superficie della è la misura (n -- 1) -dint.en.sionïlledella
Rn
ESEMPIO9.23. L 'openttom del calotv
Tl=ot-A 01 ial ha soluzione
fondamentale
02
2 1
(47rt)t'
exp
per t
DISTÏIÏJ'UZJONI
9. TEORIA
soluzioni 470 Si osserva che le
I
fondamentali di questi dl.je operatori hanno la
integrabili, il qualsiasi ma) funzioni distribuzioni (non (IR") (o C essere (IR"4 f J) di età per una assegnata esempio ad che f è effcttivarnontc garantisce f dell'equazione Lu = * r = soluzione calore) la non solo una distribuzione.della regolarità (cioè l'ipoellitticità dell'operatorr,) Riguardo al problema dimostrare il seguente differenziale lineare a coefficienti, coglatllz operatom Un 9.3. TEOREMA soluzione fondamentale C (2 (IRn \ una possiede se solo e littico se fondamentali che abbiamo scritto qui sopra per gli soluzioni le che Si osservi sono effettivamente infinitamento clerival)ilifuori operatori di Laplace e del calore teoretna implica che questi operatori
questo dal "polo" 0, il che in base a ipoellittici.
l'operatore delle onde, corne illustra il Non è ipoellittico invece, ad esempio,
prossimo
ESEMPIO9.24. L'operatore delle onde (92
02
in R
n+ 1
Ot'2
in una o due variabili spaziali ha soluzione fondamentale
per = I
(ct 1x1) '277c
c 2 t Z —lx1
2
u (ct —1x1) per n = 2
con u (t) funzione di Heaviside.
Come si vede, per l'operatore delle onde in una o due variabili spazialila
soluzione fondamentale è una funzione localmente integrabile ma non regolare fuori dall'origine. (Ad esempio, per n 1 è discontinua lungo la linea ct —la:l, non solo nell'origine). Coerentemente a questo fatto, l'oporatore delle onde non ipocllittico, cioè non è regolarizzante: anche con termini noti regolari si possono avere soluzioni irregolari. In dimensione spaziale n 3, poi, la soluzione fondamentale di quest'operatore
non è neppure una funzione, ma una distribuzione (più precisamente, una misura concentrata sulla superficie ct). ESEMPIO
9.25. Verifichiamo che in R 3 la funzione
1
47
è effettivamenteuna soluzionefondamentaledel laplaciano. Per O G D' (23)'
dobbiamo verificare che
Si ha: 3
02
3
02 ITI Ofissato e
crescente,ossia tale che per certe costanti c, N > 0 si ha per ogni k.
AlloraT definisceuna distribuzzonetemperata, ossia la serie convoycinS/ La stessa conclusione vale per serie del tipo sin (kw:r) .
Si noti che nelle nostre ipotesi la serie potrebbe non convergerepuntualmente una in alcun punto. Tuttavia ogni addendo '27ikWT della serie rappresenta tribuzionetemperata (perché è una funzione limitata); il teoremaafferma la vista come serie di distribuzioni temperate (anziché come serie di funzioni)
converge(a una distribuzione temperata).
DIMOSTRAZIONE. Sia O e S (R), allora 277ikwŒ
kez
Osserviamo che 277iku:z
D'altro canto sappiamo che se esiste C > 0 tale che
2Tiku.;z
CIT
S (R) anche O S
.
quindiper
9.5.
TRASFORMATADl FOURIER Dl DISTRIBUZIONIE APPLICAZIONI
2TikwŒ
dunque
(l + IkIN)
1
481
IkQJl m
serie convergente. Questo mostra che T è ben > N + 2 è una definito ed è ovviamente per S lineare. Proviamo che è continuo. clie funzionalesu Se —+0 in S (IR), quindi d)n —+0 in S (IR) come ripetendo il calcolodi ha primasi C I(T, (1 + IkIN) kez dove
Cn
sup
(1 +
(T)l
la;l m )
0,
perciò
9.5.3.Il treno di impulsi come distribuzionetemperata. Questospeci-
studio del campionamentodi un segnale6. ficoesempioci servirà nello a mostrare che: Cominciamo
9.22. Il treno di impulsi Aa € D/ (R) è una distribuzionetemPROPOSIZIONE perata.
Ricordiamo che, per a C DIMOSTRAZIONE.
{0}, è
Sappiamoche
k=—rn
k= —00
Ora,mentre per G D (R) la somma ha sempre un numero finito di addendi, in quanto(t)ha supporto compatto, se (f)G S (R) in generale la serie non termina. Tuttavia,poichéper definizione di S (R) si ha, ad esempio, sup
(1 +
a;2 )
(T)1
c,
risulta
(ka)l perciò
c
1 + k2a2' c 1 + k2a2
e
è ben definito
Per
anche su S (R). Mostriamo che Aa è continuosu S (R).
n —+ 0 in S (R), sappiamo che ad esempio sup (1 + .T2) TER
6
(Œ)I—50 per n —+00.
dimostrazionedel teorema di Shannon, 10.3
DISTRIBUZIONI 9. TEORIA DELLE 482
esiste no tale che allora 0, > E Fissato (T)l < e per ogni n sup (1 + a;2) quindi per n
no,
no 1
1 + (ka) 2
e questo significa che
I + (ka)2
CE,
(La, On)
risultato: Ci servirà anche il prossimo 9.23. Si ha, per ogni a > 0, PROPOSIZIONE
f(Aa) = -AL e in particolare
f(Al) Al.
Inoltre vale la rappresentazione 27rin:r
(9.9)
è un elemento di S (IR)checoincide Si osservi che mentre la gaussiana e¯ con con la propria trasformata di Fourier, Al è un elemento di S/ (IR)checoincide la propria trasformata di Fourier. Mostriamo anzitutto che la prima affermazione, su AO,segue DIMOSTRAZIONE.
dalla seconda, su Al per le proprietà della trasformata della dilatazione. Infattisi ha 1
-DL Al, come si verifica dalla definizione: 1
-DL AI,O
1
-a
=
(k)
E (0) (ok) = (Aa,i).
kCZ
Perciò, supponendo di sapere già che che f (Al) Al si ha, per le proprietàdella trasformata della dilatata di una distribuzione (Teorema 9.4, b): 1
a
Perciò basterà dimostrare che f (Al) Consideriamo la funzione
(Al)
Da (AI) = -AT
Al
per a: G [0, 1)
e calcoliamola sua serie
prolungata 1-periodica. di Fourier in forma complessa, 2Ti77T
9.5. TRASFORMATADl FOURIER Dl DISTRIBUZIONIE APPLICAZIONI
483
1
con
me—27Tinœ
se n = 0
L
o
1
27rin
scrivere quindisi può
27tinan
2Tin
conconvergenzain L2 [O,1], quindi anche in S/ (R). Trattandosi di un'uguaglianza tra distribuzionitemperate, derivando termine a termine la serie si ha: 27tina:
ln particolare,la serie a secondo membro rappresenta una distribuzione temperata (v. Proposizione 9.21).
D'altro canto ragionando separatamente sulla parte regolare di f e sui salti si
vede che
T}-1 EÔn-1-Al.
quindi '2î7inm
27rina:
nez
cheè la (9.9), e ha senso come serie di distribuzioni temperate. Infine, trasformando la serietermine a termine, 277in:r
ncz
ncz
9. TEORIA 484
Trasformate
DELLE DISTRIBUZIONI
9.6. Tabelle alcune funzioni LI (IR)o L2 di Fourier di f@)
e¯
am2(a > 0) a sgn (x)
—2Tie¯
—'2Tie¯ T ai
e X(—00,0) (K)
1 2ffi.T
sin na
Sin a;
sinc (a;)
sin
Trasformatedi Fourier di alcune distribuzioni temperate in R: 1 1
e¯ Ttax sin
cos uva:
(k
1,2, 3...)
—2rri
(5
(2Ti\)
Proprietà operatoriali della trasformata di Fourier (2Tisc) Q f (4)
(0Qf) (g)
1
(—2Ti)CX
2mag (e2Tiaœ
f fg dove fe (T)
f (ET) ; fe (T)
e-nf (f)
LAPLACE
1)ISTR IIIUZIONI
API'I,ICAZIONI
9.7. Trasfortnata di Laplace di distribuzioni e applicazioni di Fourier ancho Ia trasfortnat,a di Laplace 1)110 CotneIa trasfortnnla essere di classi II certe 1110(lo di per arrivare alla detinita (lelillizione di una
T per 'l)/ (IR) 11011 peró (lel tutt,o L-ttxsfottnata ovvio, e in si trovano ura definizioni diverso. letterat Ricordando in elfetti che Ia L-trasformata
di una futi'/,ione stata (lelillito per filtv,ioni nulle per t < 0 e cho per t —9 troppo velocernente, una scelta ragionevole (111011a di considerare non crescono distribuzionit,etnperate (I'analogo di ('ió che per le funzioni Ia crescita non troppo TN). Ricordiarno cosa significa: wloce),il cui supporto contentito in 9.21. Sia T C S/ (IR). Si dice Che DEFINIZIONE C [0,LX)) se per ogni (ó (t) O per < che t O si (T, 0. in tal caso ó c S (IR) tale
9.31, Se f ô una fun:ione vnisumbil(',f (t) ESEMPIO lentamentecrescente a
pert < 0 e f (t) ê
allora Tf ê una distribu:ione t('lnperata a supporto in
9.32. T =
sod(lisfa IC ' ipotesi pveedent?
sia a
0. In
particolatv,5 e SI (R).
Ora, poiehé per una funzione f Ia trasfortnata di Laplace stata definita come f (t) e—stdt,
l'ideaê definire CT (s) corne (T, e ¯st ) (ricordando che T "si annulla per t < 0" Questonon ê rigoroso percllé e ¯st non una funzione a decrescenza rapida su R. Tuttavia,se Res > 0 Ia funzione e¯st per t —i tende a zero con decrescenza rapida, mentre per t —i —cv il suo cornportamellto non clovrebbe essere iliiportallte una perchéT = O per t < 0. Per rendere rigoroso questo argonlento, fissia1110 funzione
e
(R) tale che (t)
0 per t S —2 1 per t > —1
08
04
02
-3
-2
2
Allora
e¯sttl (t) e S (IR) per ogili s tale che Res > 0 Ricordiarnoche questo significa che per qualehe costante C > 0 e intero N > O per ogni t > 0.
9. TEORIA DELLE
DISTRIBUZIONI
ora ben definito e, d'altro canto, la scelta particolare della abbia le proprietà che abbiamo richiesto) non cambia
perciò
funzione (purché Arriviamo cosi alla seguente: perchéT 0 per t < O.
il risultato
922. Sia T C S'+ (R) e s e C con Res > O. Si definiscetrasfor_ DEFINIZIONE la funzione
mata di Laplacgedi T
su T, questa distribuzione risulta Si noti che, nelle ipotesi fatte aUtomati_ O. Sono possibili definizioni > Res per L-trasformabile, camente diverse di L_ alle base quali in distribuzioni distribuzione, una di trasformata diverse possono di ascissa convergenza avere diversa, o no, o trasformabili come accadeper essere definizione questa per la sua di accontenteremo relativa semplicità. le funzioni,Ci di Laplace trasformata di una la che Notiamo anche distribuzione in S'+(R) è distribuzione),
sempre una funzione (non solo una Valgonole seguenti proprietà: 9.5. Per ogni Tc
(i) La funzione CT (s)
definita nel semipiano Res > 0,
(R):
derivalnle infinite volte per Res > 0, e vale la formula (CT)' (8) (C (tT)) (s)
(8) = (-1) ti (C (CIT)) (s) . (ii) La funzione CT (s) tende a zero per Res (iii)L'opemtore
C è lineare su
(R).
DIMOSTRAZIONE,
(CT)/ (s) = lim T,
Ora, per h
—st 1
h
—st
0
e si può dimostrare che questa convergonza è anche nel senso della convergenzain S (R). Dunque essendo T C S' (R) risulta e—ht lim T (T, —te¯st tl (t))
Analogamente,per Res —+ +oc è e¯st
genza in S (R), dunque
La linearità di C poi è ovvia.
t) -4 0 anche nel senso della conver-
O per
La definizione le funzioni,nel di trasformata di Laplace estende quella data per e lentamente seguentesenso: se f (t) è una funzione nulla per t < O.misurabile crescenteall'infinito >O (quindi in particolare f è L-trasformabileper € S; (R)), allora
CT/(8) = (Tf,e-st f (t) (t) dt dovesi sfruttato il fatto che la trasformataper t O è (t) di qualche distribuzione
stdt in S'+
cf(s)
TRASFORMATA
LAPLACE Dl DISTRIBUZIONI E APPLICAZIONI
487
9.33. (5, e ¯st l) (t))
1 —ctS
.csa(s)
per ogni a
S'+ (R) e quindi
< O,
0,
calcoliamo la trasformata di
Laplace.
proprietà operatoriali che abbiamo visto valere per la LCi serviranno le di funzioni, Anzitutto la forxnulaper la trasformata della derivata: Te S'+ (IR) è
TEOREMA9.6. Per
(s)
C
SCT(s) (s) .
s n CT
DIMOSTRAZIONE.
(T, (e¯st ÏÌ
)
@, e-st
(t)) - SCT(s) +0 + (T, s (T, inquantoessendo costante per t < —2e per t > —1, (t)
0 per ogni t
0,
quindiessendosuppT C [0, +oc) è (T, e¯stQ/(t)) 0. La formula per la derivata n-esimasi ottiene iterando la precedente. 9.10. La formula per la trasformata della derivata ha un aspetto OSSERVAZIONE diversoda quello che ha per le funzioni, per le quali abbiamo visto che
c (f') (s)
sCf (s) - f (o).
Per capireche i due risultati trovati sono coemnti occorre riflettem sul fatto che, nel
casoin cui T
Tf per una certa funzione f, non è necessariamente(Tf)/
Infattinel nostro
contesto
le distribuzioni
vanno
viste come
distribuzioni
Tr
su IR,
nullepert < 0, e non come distribuzioni su (0, +00). Una funzione nulla per t < 0, tegolare per t O e con f (0) # 0 ha una derivata distribuzionalecontenente un addendodi tipo ò:
Quindise confmntiamo il risultato che si ottiene applicando la formula per la tmsformatadella derivata di una funzion,e: C (Tr) (s) = C
(s)
sCf (s) - f (0)
conquelloche si trova applicando la formula per la trasformata della derivata di una distribuzione:
C
(s)
SCTf (s)
Cf (s)
Oediamoche i due risultati sono coemnti perché c
(s)
c (Tr
+ f (0) ò) (s)
—SCf (s) —f (0) -l-f (0) ESEMPIO9.34.
c (Tr)
(s) + f (0)
SCf (s) .
DISTRIBUZIONI 9. TEORIA DELLE
488
la trasformata e la derivata della conCi serviranno anche le formule per voluzione, che ci limitiamo a enunciare : ben definita la convoluzionedis_ 9.7. Se T, S G S3 (R) allora è TEOREMA di S' (R), e risulta tribuzionaleT * S, che dà ancora un elemento Si ha anche:
distribuzionale permetta di Vediamoora come il concetto di L-trasformata risoluzione delle equaziom rivisitare il metodo della trasformata di Laplace nella 8.5.1. differenzialilineari a coeffic'ienticostanti, che abbiamo studiato nel Supponiamo di voler risolvere un'equazione differenziale ordinaria, lineare a coefficienticostanti, di ordine n, non omogenea:
(n—l)+ + al!}' + aoy = f (t) per t > 0, any(n) + an—1Y — 0. Consideriamo l'eeventualmente corredata da condizioni di Cauchy in t quazione corrispondente che ha lo stesso primo membro e termine noto (5:
e andrà ora intesa in senso distribuzionale. Cerchiamo le soluzioni T di quest'equazione nello spazio S3 (R). Applicando la trasformata di Laplace e ricordando che Lô
1 e che per un elemento T € S3 (R) si ha semplicemente C (T (k)) - skCT
l'equazionediventa (ans n
on —1Sn
+
ossia CT (s)
a 1S
(10) CT
1
1
-+-art—1s n 1
a IS
P (s) CT = 1
CT (s)
CIO
Possiamo esprimere questo fatto con la seguente notazione sintetica, seP (D) un polinomio differenziale a coefficienti costanti, (9.10)
P
1
Supponiamo di aver ora calcolato l'antitrasformata —1
1
che sarà una funzione (e non solo una distribuzione). Ad esempio, per equazioni del 20 ordine abbiamo illustrato il metodo esplicito con cui si può calcolare questa antitrasformata in termini di funzioni esponenziali e/o trigonometriche. Si osservi che il metodo risolutivo stesso che abbiamo seguito ci dice che nello spazio (R) l'equazione differenziale considerata ha un'unica soluzione. Torniamo ora all'equazionedifferenzialecon termine noto f (t). Ponendo
si ha, per il Teorema9.7, Questo significa che: 8 per
la dimostrazione si veda ad es. 115, 548, 535]
9.7. TRASFORMATA
Dl LAPLACE Dl DISTRIBUZIONI E APPLICAZIONI
489
distribuzionale di P (D) T = (j allora y = T * f è soluzione L'affermazioneprecedente è ancora un po' imprecisa. Mentre infatti la soluzione T nello spazio di distribuzioni dell'equazioneP (D) S/+(IR)è unica, sappiamo CTI[0, +00) che risolve l'equazione differenziale chela funzione P (D) v = f non è unica,ma è determinata solo una volta che imponiamo opportune condizioni di cauchy. Supponiamo di risolvere, col metodo visto nel 58.5.1, il problema di SeT è la soluzione
Cauchy
l'equazione con la regola Trasformando snc (f)(s)
sf( n - 2) (O) - f( n - l ) (O)
e tenendoconto delle condizioni iniziali tutte nulle si ha 1
Possiamoriassumere la discussione fatta nel seguente enunciato, che abbiamo ora completamente dimostrato: TEOREMA 9.8. Se T è la soluzione dell 'equazione nellospazio di distribuzioni Si
L-trasformabile, la funzione è la soluzione
(IR), allora per ogni funzione
f
: (0, -Fm)
—+ R
dell 'equazione differenziale
concondizioni di Cauchy tutte nulle: 72—1)(0)
La funzione
0.
H (s) è quella che nel 58.5.1 è stata chiarnata funzione di trasferimento P (D)T ò, si del sistema. La funzione T (t) (sua antitrasformata), soluzionedi chiama anche soluzione fondamentale dell'operatore differenziale P(D). Si 0 talePer un'equazione alle derivate parziali, discusso nel 9.4. Nota la soluzione fondamentale, possiamo ottenere per convoluzione una soluzione dell'equazione Per qualsiasi termine noto f. Precisamente,la soluzioneottenuta sarà quella che soddisfa le condizioni di Cauchy nulle in t 0. La soluzione fondamentale ha il significato intuitivo di risposta del sistema a una Sollecitazione di tipo impulsivo (cioè soluzione con termine noto ò). Questo punto diVistasarà approfondito nel prossimo capitolo, anche in relazione alla trasformata
400
O. TEORIA
Possimno anche dare un'interpretaziono della soluzione fondamentale zione di un opportuno problerna di Caucll.y nello spazio (li funzioni Ci' 1(),400), cioè fare alcun riferimento alle distribuzioni: TFJOREMA 9.9. La soluzione fon.darnentale T dell 'operatore P (D) d è la funzione y C c
che risolve il problema
000) [0,400) n c re((),
(9.11)
y(n-2) (0) —0 1
DIMOSTRAZIONE.Difatti risolvendo con la trasformata (li Laplace il prol)lorjja di Cauchy si trova, tonuto conto dello condizioni iniziali, (n—l )
+ a n_ 1sn—ly (S) +
+ 01sy (S) -f (Joy (S) 1
-o 1
perciò per (9.10), y (t) coincide con la soluzione distribuzionale di CT la soluzione fondamentale.
(5,cioò
ESEMPIO9.35. La soluaone fondamentale dell 'operatore dell'oscillatore arrn.0f1ico 2
è la soluzione distribuzionale dell 'equazione che mediante la trasformata di Laplace si trova così: 1
CT 1
—sin (ovt).
(che va intesa, come al solito, come T (t) la soluzione del problema di Cauchy
è data da
t 1 0
—sinw (t
u (t)
sin (A)). Questo significa che
9.1.
TRASFORMATA
E APPLICAZIONI Dl LAPLACEDl DISTRIBUZIONI
491
si può anche vedere come soluzione fondamentaleT (t), a sua volta, soluzione Cauchy
di pmblema del
9, TEORIA DELLE
492
DISTRIBUZIONI
complementi 9.8. Esercizi e
l'asterisco (*) non sono esercizi standard, con contrassegnati $volgerliper proprio Gli esercizi studente invitato a Lo teoria. della complementi svolgimentz completi da studiare. gli disposizione a avendo comunque teorici, che richiedono di eseguirc esercizi molti anche sono capitolo ci fatte nel testo, di varie affermazioni sostegno a dimostrazioni sernplici
A. Spazi di funzioni legati alla distribuzione
teoria delle distribuzioni e definizionedl'
inclusioni insiemistiche esistenti tra eventuali le Stabilire 9.1. ESERCIZIO per cui è possibile, disporli in una quelli Per vettoriali. spazi seguenti crescente di inclusioni insiemistiche. implicazioni, dire se è cero o falsa, ESERCIZIO9.2. Di ciascuna delle prosszme giustificando l'affermazione.
d. f C Liloc(R) ,g
fg
D (R)
(R)
1 (R). dire se è 1.41 ESERCIZIO9.3. Di ciascuna delle prossime funziono 1 1 e. log 2 Iri; f. ex d. a. ex ;
c.
9.4. Dimostrare che se ESERCIZIO anche
C D (R)
-4 0 in D
allora
—+ 0 in D (R).
9.5. Dimostrare che D' (O) è uno spazio vettoriale, con O apertodi ESERCIZIO ESERCIZIO9.6. Per ciascuno degli esempi 9.3-9.7 di distribuzioni che abbiamo dl fatto, dire se il funzionale sarebbe ben definito anche scegliendo come spazio funzioni test, rispettivamente: (sull'opportuno insieme Q, variabile da esempio a esempio).
(Questo esercizio vuole far riflettere sull'importanza della scelta dello spazio delle funzioni test nel permettere di definire funzionali lineari continue di caria generalità).
B. Derivazionedi distribuzioni 9.7. Dimostrare che la derivazione di distribuzioni è un•operazicme ESERCIZIO lineare, cioè se T, S G D/ (Q) allora per ogni À, v G R
9.8. ESERCIZI E COMPLEMENTI 493
9.8. Calcolare la derivata distribuzionale (Tf)' 'in T)' (R) delle seguenESERCIZIO
ti
f G
(Utilizziamo la convenzionedi
f al postodi Tf
1 arctan —
a:
x [a,bl
—4)
sgn
sgn (sin x)
9.9. Calcolare la derivata delle seguenti distribuzioni in ESERCIZIO
(R).
(c) T = Ekôk 9.10. Sia ESERCIZIO
1
in Rn .
Stabilireper quali valori di o C R la derivata distribuzionale (9xf (a;) è identificabile conuna funzione, e calcolarla.
ESERCIZIO 9.11. Sia Q un insieme aperto e limitato dello spazio IR3, con frontiera 00 regolare e sia f (a:) XQ(T) la sua funzione caratteristica. Calcolare la derivata distribuzionale
f in T)' (IR3)
ESERCIZIO 9.12 (Distribuzione valore principale di l/œ). ( *) Si consideri il funzionale T : D (R) —+ IR definito da:
TO = lim
a;
(a). Dimostrare che la definizione di TO dà un limite finitoper ogni e questa T è una distribuzione in D' (R). [Suggerimento: sia R > 0 tale che suppo C [—R, R], allora
e T) (R)
da: «1x1 < R
quanto per simmetria
a:
l/œ ha integrale nullo sull'insieme {E
O.
0.8.
Dimostrare che: Se T Tf con f C Lloe (IRD)e f è una funzione gitldo
omogeneadi
senso, cioè C IR nel solito
f (AT) =
(a;) per ogni A >
C
\
,
dist,ribuzione omogenea di grado n. (Cioè: la definizione alloraTf è una con, quella funzionale). tribuzionaleè consisten,te
b, Se T C P/ (IR) (èuna (li,stribuzume omogenea di grado o, allora T/ (èomogenea 1. di grado c. La distribuzione (5C 'D/ (IRTI)è omogenea di grado —n, (5/ 'D/ (IR)? d. Qual è il grado di omogene'ltà
9.19. Dimostrare che se f C LI (IR) (è una funzione a•periodica, ESERCIZIO una alloraTf C P/ (IR) è
(Izstmibuzione a-periodica.
D.Successionidi distribuzioni 9.20. Dimostrare che se {TJ ESERCIZIO ancheT')-9 T' P' ESERCIZIO9.21
C P' (IR)
-4 T
(IR)allora
Darnostrare che per ogni d) C P (IR) si ha lim
11—40
nelsensodella convergenza in in T) (IR). ESERCIZIO 9.22. Di ciascuna delle seguentz suce.ssion,zdi distribuzioni in,'D/ (IR), direse converge a una distribuzione oppure no.
(b) (51 /n (d)
ELX( _ L
ESERCIZIO 9.23. Di ciascuna delle seguenti serie di distribuzioni, dire se con,Tergea una distribuzione oppure no.
(b)
(c) (d)
9. TEORIA DELLE
DISTRIBUZIONI
496
distribuzioni E. Convoluzione di
Verificare che per ogni 9.24. ESERCIZIO
C R,
ha
indicato è ben definita). convoluzione la particolare (e in ogm a, b G R, si ha 9.25. Verificare che per ESERCIZIO ô'a'+b
P' (R n )
ben definita).
(e in particolarela convoluzioneindicata
F. Distribuzionitemperate e trasformata di Fourier C P tale che 9.26. Dunostturvche se {f, ESERCIZIO 'D(IRTO,allora è anchef, —40 S (Rn Questo nnpltca che se T C S/ (Rn ) in particolare T C P/ (R n) (le dtstrtbuzzont tempemte sono particolari
Provam che se —90 in S ( R t') alloru ESERCIZIO 9.27 —è0 Questoci è servito per dimostram che la trusfortnata dl Foumer dl una temperata è una distribuzione tempemta.
S(
ESERCIZIO9.28. Dtmostrure che
a. se f G L I (Ni ) allomTf
S'
ESERCIZIO 9.29. che se T C S' (R n) anche TaT (pera > 0), TV, (9xT, gT (per 9 S (Rn)) sono elementi di S'
C
DOT
ESERCIZIO 9.30. Dimostrare che la tmsformata dl Foumer (distiübuztonalc) (11 unafunzione
f e LI (Rn) coincidecon la trasformatadi Fourwr cosi come stata
definita per funzioni
L I (R n ),
ESERCIZIO9.31. Dimostrare il punto (b) della Propostzione 9. I J, oss ia: Se T = Tf dove f
è una funzione lentamente
che, per qualche costante C > 0 e intero
per ogni .T
R n , allora T
crescente, ossza misurabde e tale
> 0 è
e S' (R n ).
ESERCIZIO 9.32. Dimostrare il
punto (c)
della Proposizione 9.14, ossia: con f € LP (Rn) per qualche p e [1,x], allora T G S' (Rn). ESERCIZIO 9.33. che se T ha x k T S' (R) . S' (R) allora per ogni k = 1, 2, Se T=Tf
si
ESERCIZIO 9.34. Utilizzando negli esempi del anche le trasformate calcolate testo) di di note funzioni di calcolo delle e distribuzioni trusfomate, calcolare temperate e utilizzando le regole le (distribuzionali) delle
0.8.
distribuzioni (a) Hitl
(d)
a:sin
(e)
1c cos
EsERCIZI()9.35. Calcolare le seguen/,i di F0'/JÎ'1,er di di volta in volta il cerca,ndo proced'imcn/,o pii/ tempemle, (quindi leproprietàdella trasforma,ta per ricondursi a siluaaon,i pii',
(b)
sin (2'.c)
(d) Ic=l
(g)
(h)
cos (kT,)
Per (h): una volta ottenuto il risultato, si cerchi di riesprimerlo utilizzando il treno di impulsi
a per a opportuno.
ESERCIZIO semplicedi cui 9.36 (Trasformata del gradino). ( *) Un oggetto matematico molto non abbiamo calcolato finora la trasformata di Fourier è il gradino u, Questa
è una
funzione non
distribuzi one
né LI (R) né L2
ma
è limitata,perciò in particolare
temperata e la sua trasformata di Fourier è una distribuzione
9. TEORIA
DELLE DISTRIBUZIONI
498
non è semplicissimo. come vedremo, il esplicitamente incontrato nell'Eserci2?0 temperata, Calcolarla c.p.} che abbiamo 9.12. distribuzione la definito da: coinvolge R -4 (R) colo funzionale T :
Ricordiamo
che il
lim
Izl>E
Non è difficile dimostrare, ripercorrendo I 'Esercci() V.P.}. detta è una distribuzione, distribuzione temperata. Per G S (R) st ha: una è effetti 9.12, che in lim
ruppresentazione, calcolam la trusforrnata d/ Fourzer(11 a. Utilizzandoquesta V.P.}, ottenendo: sin (27x4)
f
v.p.— (4) =
9 b. Sfruttando l'integrule notevole sin t -—-—dt= ottenere
(4) = —irsgnsC.
c. Invertendo la formula precedente, calcolam relazione tru le funztont segno e grudtno,
(sgn K). Sfntttando
la
2
ottenem la formula: 1
1
27i
1
v.p.—
G. Distribuzioniin S3 (R) e trasformata di Laplace ESERCIZIO 9.37. Calcolare nello spazzo S'+ (R) la solunone fondamentale dei seguenti operatori differenaali —Y
risolvendocon la trasformata di Laplace l'equazione distribuzionale P (D) T Vetificarequindi che la T ottenuta soddisfa il problema di Cauchy (9.11),
ô•
ESERCIZIO 9.38. Abbiamo visto (Esempio 9.35) che l'unica soluzione dell'e-
quazione
(R) è la funzione u (t) sint. Posto T = candoIl risultato T. semplifiottenuto, per controllare u (t) cos t, calcolare T" + che non risolve la stessa equazione• metodi di aualisi
complessa nell'Esempio
6.69
9.8. ESERCIZI E COMPLEMENTI
ESERCIZIO9.39 (*). Dimostrare che per un qualsiasi opemtorv differenziale di ordine n a coefficienti costanti P (D), l'unica soluzione T C S' (IR)
dell'equazione
è 1aderivata (distribuzionale) della soluzione fondamentale di P (D).
9.40. Risolvere in S3 (R), col metodo della trasformata di Laplace, ESERCIZIO le equazioni differenziali:
Gli svolgamenti degli esercizi si trovano online, sulla piattaforma TextinCloud
CAPITOLO 10
Applicazioniai filtri e al campionamento di sognali 10.1. Generalità su sognali, sistemi e filtri ln quest'ultima parte del corso rnostrerelll() come alcuni concetti (Iella teoria delledistribuzioni discussi nel capitolo precedente si possano applicare in sillfoticalll('lltoalcuni concetti SII naturaleal trattamento dei segnali. può che lo studente avere già sistemi incontrato in altri corsi. segnalie dare una a definizione generale di segnale, diciamo che consideRinunciando reremonel seguito segnali che si possano (loscrivere una funziono reale di tempo e il segnale. stesso ha valori rio), in cui la variabile indipendente si pensa scalari. Segnali di questo tipo possono ad esenll)io essere la tensione o l'intensitüï (li
mentre vallodi IR (cioè il "ternpo" è continuo) parlererno (li segnale analogico f se il segnale è una funzione definita su un sottoinsieme discreto di IR,ad esempio Un segnale N (cioè il tempo è discreto), parlererno di segnale discreto, {a:
discretopuò essere ottenuto a partiro da un segnale analogicoper cioèregistrando i valori del segnale analogico f (t) solo in una successione(li istanti = to + nAt. Nel seguito ci occupererno perlopiù di segnali analogici. Un sistema (di trasmissione) ò un apparato che ha per ingresso segnalee per uscita (output) un segnale che ò in qualclle,senso un 'elaborazione del segnaledi ingresso. Un sistema può essere quindi descritto maternaticanjente come un operatore tra due spazi di funzioni
o di distribuzioni
S : input F-4output doveX e Y sono considerati l'insieme di tutti gli input (rispettivarnonte,output) ammissibiliper quel sistema fisico. Il termine "sistema" viene quindi usato comunernente sia per indicare un certo apparato fisico (es. un certo circuito elettrico che produce una certa uscita per ogni tensione applicata come ingresso) sia la sua rappresentazione matematica astratta come operatore. Data la grande varietà dei segnali fisicamenteammissibili (rappresentati da funzioni continue o discontinue, integrabili o non integrabili, di tipo impulsivo, ecc.) gli spazi di distribuzioni si prestano meglio dei classici spazi di funzionia descrivere rigorosamente questi insiemi di input e output arnrnissibili• Ad ogni modo, dato un certo sistema fisico, la scelta degli spazi X, Y non dettata meccanicamente dal problema reale, ma fa parte del delicato processo di modellizzazionematematica e dagli obiettivi che si hanno. Discutiamo ora alcune proprietà che un sistema può avere. Come si vedrà, essere
(prima ancora che per Ognunadi esse richiede, avere senso corne richiesta per vera) che gli spazi X, Y abbiano certe proprietà.
AL CAMPIONAMENTO DI SEGNALI AI FILTRI E APPLICAZIONI 10.
502
sistema S : X --4 Y si dice lineare se X, Y sono Un 10.1. DEFINIZIONE spazi lineare tra X e Y. è S l'operatore vettoriali e alla somma delle si interpreta dicendo che linearità cause la Fisicamente, effetti. risponde la somma degli
Y si dice tempo invariante sistema S : X (o stazionario) Un 10.2. DEFINIZIONE tutto su IR definite distribuzioni (cioè spazi di funzioni
o
ogni possibile input per e t) istante definitiper ogni
se X, Y
sono
€ X si ha
i segnali
sono
(S (T)) per ogni a G R. S (Tac) = Ta
input ha output S (T), lo stesso input In altre parole, se un certo output ritardato di un tempo a. Il ritardato stesso presupposto di un tempo a produrrà lo abbia senso è che input e output siano funzionio logico perché questa richiesta intervallo un su limitato. Se X, Y non solo sono distribuzionidefinite su tutto R e Ta è quella che abbiamo traslazione la funzioni, di anziché spazi di distribuzioni definito per le distribuzioni:
(Tax, O)
(X,
che parliamo di distribuzioni per ogni funzionetest (t)(in T)(R) o S (R) a seconda o distribuzioni temperate). 10.3. Un sistema S : X —èY si dice continuo se per ogni € X DEFINIZIONE C X si ha che e successione —9 in X
S (a:n) —+S
in Y
Intuitivamentela continuità di S significa: variando di poco l'input, variadi poco l'output. La nozionedi convergenza naturalmente va precisata. Tipicamente, X, Y possono essere spazi vettoriali normati, di funzioni, come C? (IR) LP (IR)e allorala convergenzaè convergenza in norma, ossia II.Tn — XII x
IIS (.Tn) — S (X)IIY
oppure spazi vettoriali, di funzioni o di distribuzioni, non normati ma dotati di una nozione di convergenza;gli esempi che ci interessano maggiormente sono gli spazi di funzioni D (IR),S (R) e gli spazi di distribuzioni 'D' (R), S/ Ad esempio,un operatore è continuo se —+
in S/ (R)
S (Tn) —+ S (c) in S/ (R) , ossia
OSSERVAZIONE 10.1. Se un sistema S : X —+Y è lineare, la verificacheesso sia continuo si riduce alla verifica della continuità in O, ossia: se X, Y sono spazi vettoriali normati, è suficiente verificare che nllx
IIS'(Zn)llY
10.1. GENERALITÀ
SC SEGNALI,
SISTEMIE
FILTRI sono spazi vettoriali mentre se convergenzadi successioni, ad es. S' non normati ma (R), è sufficiente dotati di una nozionedi O in S' (R) verificareche s (Tn) O in S' (R) , ossia (Zn,o) O per ogni O S (R) (S (Tn)
EsEMPIO 10.1. Consideriamo un operatore
cl
0 per ogni (é € S (R) . differenziale
la funzione a (t), continua e limitata in R, è (R) (spazio delle funzioni fissata una volta Cl (R) tali per tutte, che
e
tendono
(t) C
a zero all'infinito)è
lineare e, si dimostra facilmente, continuo rispetto alle norme di = a è costante, non questi spazi. effettivamentevariabile. lo è se a (t) è ESEMPIO 10.2. L 'operatore differenziale
evidentementenon è lineare. ESEMPIO10.3. L 'operatore di convoluzzone
con k € LI (R) funzione fissata, è lineare (linearità della convoluzione), per la disuguaglianza di Young continuo, Ilsrl/
Ilkll
e tempoinvariante. Infatti: S (Tax) (t)
(Tax * k) (t) (s —
k (t —s) ( TaT) (s) ds a)) a: (s) ds
k (t + a —
k (t— s) (s+ a)ds s) .T (s) ds
=
Ta (S
(t) .
ESEMPIO10.4. L 'operatore trasformata di Fourier f:
L I (R)
c o (R)
è lineare, continuo (come sappiamo), non è tempo invariante, perché f (Tax) (g)
27TiEa—s.
Vogliamo ora introdurre il concetto di filtro. Un filtro è un particolare
sistema chesoddisfatutte e tre le proprietà di linearità, tempo-invarianzae continuità: DEFINIZIONE10.4 (Filtro). Un filtro (analogico) è un operatore
doveX, Y sono due spazi vettoriali di funzioni o distribuzionidefinitesu tuttoR, sono
dotati di una
nozione
di convergenza
di successioni, e l'operatore A
lineare, tempo invariante e continuo, nel senso delle Definizioni 10.1, 10.2, 10.3.
è
504
CAMPIONAMENTODl SEGNALI FILTRI E AL Al 10. APPLICAZIONI
flessibile di filtro, sceglieremo spesso come abbastanza Per avere un concetto delle distribuzioni temperate: quelli spazi di input e output non è la sola possibile. comunque, scelta, Questa
Consideriamoun circuito RC in serie, con una RC). 10.5 (Circuito applicata (input) ESEMPIO capacità C, e una tensione di condensatore resistenza R, un (output) del condensatore capi ai (t) V tensione La
C
soddisfa l'equazione Assumiamo
S/ (IR) come
Allora si può spazio degli input ammissibili,
trasformata di Fourier, ottenendo RC (2TiK) (4) +
applicare la
(4) = i (K)
cioè
1 + 2Ti4RC
11
con 1
1
1 + 2Ti\RC ¯ RC
1
—t/RC
+
per qualsiasi distribuzione temperata G c oo (R) e tende a zero all'infinito, a: si ha H ì G S I (IR): per vederlo, basta scrivere Poiché H
e osservareche (éG S (R)
Hq5 G S (R). Quindi si può porre
il che definisceun'unica distribuzionetemperata soluzione dell'equazione differenziale. Risulta così definito un operatore che associa all'input a: l'unico output A (x) soluzione
dell'equazione
differenziale in
Notiamo esplicitamenteche l'equazione differenziale ha per ogni termine noto (t) infinite soluzioni,ma non tutte sono distribuzioni temperate: tipicamente,se sommiamo a una distribuzione temperata che è soluzione particolare dell'equazione completa la soluzione dell 'equazione omogenea ce—t/RC
10.1. GENERALITÀ SV SEGNALI,
slSTE\11
FILTRI
otteniamo più una distribuzione tempemtQ, pemhé per t t'elocemente. tmppo see Se poniamo
505 —oc
l'esponenziale
1
(t) e-t/RC u (t) è la funzione di Heaeiside) si ha (dotte e quindi
questa cont,oluzione abbia senso. Questo non per ni distribuzione tempemta x, poiché h non ha supporto compatto. Ha senso se, ad esempio, x è una distribuzione temperata a supporto in [0, +00), oppureuna distribuzionea supporto compatto. Prescindendo ora dalla mppmsentazione esplicita dellasoluzioneV (t), concenastratte dell'opemtom A, triamocisulle pmprietà A è ovviamente lineare, per la linearità dell'equazione differenziale;è tempo invariante,perché l'equazione omogenea è a coefficienti costanti,per cui
RCVH (t) + V (t)
E' continuo
(t)
RC [V (t +
rispetto alla convergenza
RCv'n (t) + V; (t) =
+ V (t + a)
in S' (R) perchél se
—O in S' V; = F -I (Hîn) —Oin S' (R)
in quanto
—+ 0 in S' (R)
(t)
(continuità della tmsformata
di Fourier, v. Teorema
9.4f), quindi anche II $ —+0 e (11nn) —è0, ancora per la continuitàdella trasformatadi Fourier. In altre parole, Dunque il sistema in questione è un filtro, la cui azione su un input si rappresenta come operatore di convoluzione, almeno sotto qualche ipotesi aggiuntiva sul supporto dell
'input.
Il fatto che il filtro A sia un operatore di convoluzioneha una portata generale, in forzadel prossimo risultato: TEOREMA10.1 (Teorema fondamentale dei filtri). Sia A : S' (R) —+S' (R) un OPeratorelineare, R —+R tempo invariante e continuo. Allora per ogni funzione :
Qsupporto compattoe continua a tratti è:
A (x) = A(ô) * x.
almeno per una certa Dunque ogni convoluzione, di operatore filtro agisce come classe
di input per cui ha senso. La dimostrazione tale convoluzione di interesseindipendente: è basata su due fatti C [—M,M], limitata compatto PROPOSIZIONE supporto e continua 10.1. Se x : R —+R è a a tratti e
Sn =
54,
la continuità solo Oichésappiamo già che l'operatore è lineare, verifichiamo
in 0.
CAMPIONAMENTO Dl SEGNALI FILTRI E AL Af 10. APPLICAZIONI
506
di distribuzioni a supporto compatto successione una allora Sn è per n z I, 2, 3, MJ e . suppSn C Sn --9 a; in S' (R)
Per n e k fissati, la DIMOSTRAZIONE.
distribuzionetemperata
1
n
n M, quindi
se è diversa da zero solo
kCZ
compatto, contenuto è una distribuzionea supporto
E
in
Mn
Ml. Sia
C S (R).
TCI)ò(f)
della funzione (xÒ) (t) in e questa è una somma di Cauchy-Riernann Ml, per —4 in Poiché a; (e quindi TO)è Riemann integrabile? (TO)dt = (x, O) , perciò Sn --4 in S' (R) .
Il secondofatto che si utilizza è il seguente risultato di continuità (Iellaconrispetto a un certo tipo di convergenza. voluzionedistribuzionalf? 0 in 'D' (R) con suppSn C 10.2. Se {Sn}n C P'O(R), Sn PROPOSIZIONE [—111,M]
(un unico intervallo chiuso e limitato per tutti gli n), e T C P' (R), allora
P (R) si ha, per definizionc•di convoluzione
DIMOSTRAZIONE. Per ogni O distribuzionale, (Sn
= (Sn (y) , (T, Tuo))
e sappiamo che la funzione U'(y)
è c x (R), per ogni T e D' (R) e
(T, TVC))
T)(R) fissate. Quindi
per una certa € Cx (R), dipendente da T e da
che
suppSn C
AI] per ogni AI.
Fissiamouna funzione € D (R) tale che FM, M] perciò
(Sn, C')
ma non da n. Sappiamoanche
1 in [—M,M), allora
= U'in
(Sn,
d'altro canto G D (R) e Sn 0 in T)' (R), perciò (Sn, CTI) (Sn * T 0 per ogni O D (R), e la tesi è dimostrata.
0.Dunque
10.1. GENERALITÀ Sc SEGNALI, SISTEMI E FILTRI
DIMOSTRAZIONE DEL TEOREMA 10.1. Siano e S n, corne nella 10.1. poiché per n —+00 è
507 Proposizione
n a: in S/ (R) , per la continuità di A : S' (R) —-5 S/ (R) si ha anche A (Sn)
(10.1)
(T) in S'
D'altro canto 1
k IklfMn
poichéA è lineare 1
IklfMn poiché A è tempo invariante e (5L T_ L (5 1
k
1 a:
IklÉMn
per la linearità della convoluzione (10.2)
a:
n
k
per la continuità della convoluzione, perché A (ò) suppSn C [—M,M] per ogni n (v. Proposizione E S/ (R) e Sn —+a: in S/ (R) con 10.2). Dal confronto di (10.1)-(10.2) si conclude che
Il teorema precedente giustifica l'interesse della prossima DEFINIZIONE 10.5. Se A : S/ (R) —+S/ (R) è un filtro, la distribuzione temperata
si dice risposta del filtro all'impulso o anche funzione caratteristica del filtro e la sua trasformata si dice funzione di trasferimento
o risposta in frequenza, mentre Ifi (4)/ vienedetta risposta in ampiezza. OSSERVAZIONE 10.2. Si noti che sia la "funzionecaratteristica del filtro" che "funzione di trasferimento", a priori sono solo distribuzioni temperate, non necessariamente funzioni. Riguardo alla funzione caratteristica del filtro, notiamo anche il seguentefatto.
A priori, un filtroè un operatore A : X
—+ Y
lineare,tempo invariante e continuo,
tra due opportuni spazi di funzioni o di distribuzioni,X e Y. Mentre però la rappresentazionedi un operatoresotto forma di convoluzione,
Dl SEGNALI
Al FILTRI E AL JO.APPLICAZIONI
508
spazi di funzioni (purché caso in cui X, Y sono nel sia senso 810, può aver sono spazi di distribuzioni, l'interpretazione (li cui in caso nel funzione)sia X è uno spazio di = A (ò), ha senso solo se (listiübuzi0)li h all'impulso, (Q risposta Y = X = "canonica" S/ scelta (IR)ha,quindi ò). La particolare in cui appart'iene possibile questa interpretazione della funzione che lo scopo di rendere
carattemstico
del filtro.
Approfondiamo questa osservazione.
rappmsenta S' (IR) si
come
operatore
Abbiamo visto che ogni filtÏï) il : S' (IR)
di convoluzione.
Viceversa,
supponiamo
di
avete un operatom
distribuzioni, dove l'operatom con X, Y spazi di funzioni o di
è definitocome
operatore di convoluzione:
questo ha senso. Un operatore(li per una cota funzione o distribuzione h per cui questo tipo è sempre lineam e tempo invariante (per le proprietà della Se risulta anche essere continuo è un filtro. In questo caso h si chiamerà se funzionecaratteristicadel filtro e h (se esiste) funzione di trasferimento, non,è detto che si possa interpretam h conte il (ò) . ESEMPIO10.6. Sia
1 questo operatore
con k e R fissato. Se k >
un
amplificatore. Si verifica
immediatamente che è un filtro. perciò in questo caso la funzione caratteristica del filtro (msposta all 'impulso) è una funzione, ma una distribuzione (a supporto compatto). Invece
a la funzionedi trasferimento del sistema (risposta in frequenza) è una funzione (costante).
ESEMPIO 10.7. Sia A : s (R) -+ c o (R)
Si noti che per ogni € S (R) la funzione AT non tende a zero a +oc), in particolare 11,4x11
è
(anche se (IR) e limitata
cheA,come verifica Si < CO(R) operatore tra questi due spazi di funzioni, è un filtro (v. Esercizio 10.2), e (con u grudino di Heaviside).
è una funzione,
mentre
Quindi
02
calcolata espliettatnente
1
I C
l, Il
questo
A lui,
A j, I
Si, '11011 ('he ill
queslo caso
si
distrib uzione, cosa che 11011 abbianto fallo.
di
10.8. Sia
caso la risposta all 'intpulso
è una distribuzione (nepptnv una Illisura), e la risposta in ftvquenza
11
= T (M)=
-
una funzione.
10.2. Filtri causali, ideali, reali Un concetto piuttosto naturale da introdurre por un filtro, quando questo rappresenta qualche tipo di apparecchiatura reale, ò quello di filtro causale:
DEFINIZIONE10.6. Si dice che un filtro A : S/ (IR)
S/ (IR) è causale, o
realizzabile, se per ogni t C IRsi ha che S (a:) (t) dipende solo dai valori {a:(r) : T t} cioè: ad ogni istante l'output dipende solo dai valori assunti dall'input fino a
quell'istante (non dai valori futuri). dei Se h (t) è la risposta all'impulso di un filtro, per il teorema fondamentale cornpatto, filtri si avrà, almeno per ogni input a:(r) continuo a tratti e a supporto h (t —T) a:(T) (Ir.
(r) del tipo specificatoquesto Ora: il filtro è causale se e solo se per ogni input a sua volta accade se e solo integrale dipende solo dai valori {a:(T) : r t}; questo se
h (t —r) = 0 per T > t,
cioè se e solo se
h (r) = 0 per T < 0.
Concludiamo:
è se la sua risposta all'impulso solo e se causale è supporto PROPOSIZIONE10.3. Un filt10 è una distribuzioneil cui
li nulla per tempi negativi. Più precisamente, se '2
ottenendo (sc) —
nell'Esercizio 9.12.
+
v.p.L è 1a G) , (lovea sua volta
distribuzionestudiata
510
E AL CAMPIONAMENTO Dl SEGNALI 10. APPLICAZIONI Al FILTRI
RC ESEMPIO10.9. Il circuito elettrico per cui abbiamo calcolato
considerato nell 'Esernp?/)10.5
1
filtro
t/RC
esempi 10.6, 10.7, 10.8, sono causali. pertanto il filtro è causale. I filtri degli (simile all 'oscillatore arrnomcoforzato ESEMPIO10.10. Si consideri l'equazione ma con il segno opposto) (t) y" (t) —022y (t)
è lineare e tempo invariante, dove (forzante) è l'input e y l'output. Il sistema Calcolando —4T2sC2îJ—
=
4+42 + si ottiene la risposta in frequenza 1
11
e quindi la risposta all'impulso 1
il che dimostra anche che S (x) è univocamentedeterminata e che S continuo, pertanto è un filtro. Tuttavia supph = R percu) il filtro non è causale. Uno dei possibili impieghi dei filtri è quello di eliminare, o almeno attonuare, certe frequenze indesiderate presenti in un segnalo. Vediamo qualcho esempiotipico. ESEMPIO10.11. Il circuito elettrico RC' considerato nell'Esempio 10.5 è filtro per cui abbiamo calcolatola risposta in frequenza 1
Trattandosi di una funzione a valori complessi è più trasparente considerarela sua risposta in ampiezza, IH (01
1
1 + (2T4RC) 2 10
o.e 0.4
0.2
-10
—5
5
10
10.2. FILTRI CAUSALI, IDEALI. REALI
511
questa funzione ci dice che il filtro agzsce sull 'input attenuando le La fortna di alte e alterando di poco quelle basse. SI dice perciò che questo è un filtro posa-basso. dove si conESEMPIO10.12. Consideriamo un circuito elettrzco CR in serie tra le due come tensione di output quella ai capi della res?astenzaanziché armatum del condensatore:
L •equ.aaonediffemttzmle è allora
RC
e nsolvendo si ottiene
+— '277i\V RC
'2Tiscî '277isc
1
RC
c + '277is
quindi 27(isc
(4/Àc)2
'27t
IH (sc)l
1 + (2TRC4)
2
1 con Xc — 2TRC•
10
08
10
-10
sull 'input attenuando le agisce filtro il che dice La forma di questa funzione ci questo è quelle alte. Si dice perciò che inalterate quasi frequenze basse e lasciando un filtro passa-alto.
512
CAMPIONAMENTODl SEGNALI Al FILTRI E AL APPLICAZIONI 10.
filtro è realizzabile, Per vedere se il '2TiK 1 + '2ffisc RC
determiniamo
la risposta all 'impulso. p oiché
RC —1 + 2Tisc RC
1
1
1 + 2Ti\RC'
nell'Esempio 10.5 si ha
all'impulso confrontandocon la risposta
—t/RC
RC
(4)
—t/ RC
1
RC supph C [0,+00), perciò il filtro è realizzabile.
10.7. Un filtro la cui risposta 'in ampiezza è una funzione che DEFINIZIONE tende a zero per ICI—+00 si dice filtro passa-basso. Reciprocamente,si dice filtro passa-alto un filtro per cui la risposta in ampiezza —+0. tende a zero per
In entrambii casi la frequenza
per cui si ha
=
Ifi
1
si dice frequenzadi taglio. E' la frequenza al di sopra o al di sotto della quale3(nei due casi) il segnale è attenuato di un fattore 1/ va.
In entrambi gli esempi precedenti si ha AC 1/ (2TRC). Il concetto di filtro passa-basso o passa-alto, realizzato nelle situazioni descritte negli esempi 10.11e 10.12, è idealizzato nelle seguenti definizioni:
DEFINIZIONE 10.8. Si dice filtro passa basso ideale un filtro la cui rispostain frequenza è una funzione
H (4)
xt-xc,xcl (sc)
Come dice il nome, un filtro passa-basso ideale sopprime completamente ogni componente dell'input che ha frequenza sccon Iscl> AC.Tuttavia: PROPOSIZIONE 10.4. Un filtro passa-basso ideale non è realizzabile.
DIMOSTRAZIONE. Infatti, sin (27 Act)
fit e questa è una funzione (distribuzione temperata) il cui supporto non è contenut0 in [0,+00), perciò per la Proposizione 10.3 il filtro non è realizzabile. In modo analogo si danno le seguenti definizioni: DEFINIZIONE in 10.9. Si dice filtro risposta cui passa-alto la ideale un filtro frequenza è una funzione
H (g)
1
xt-xc,xc) (O •
3più precisamente,questo è vero a condizione che per > 0. IH (01 sia una funzione pari e
10.3. CAMPIONAMENTODl CN SEGNALE E TEOREMADl SHANNON
513
Si dice filtro passa-banda ideale un filtro la cui risposta in frequenza è una
funzione
H (K)= X[ÀI,À2)(O + (O con 0 < Al < À2 < e filtro elimina-banda ideale un filtro la cui risposta in frequenza è una funzione
Tutti questi filtri ideali sono non realizzabili, come si verifica calcolando per antitrasformazione la risposta all'impulso (v. Esercizio 10.4). Filtri passa-banda o
elimina-banda reali si possono realizzare con circuiti dove una resistenza R è messa
in serie a un gruppo LC in parallelo e la tensione di output è quella misurata
rispettivamente ai capi del gruppo LC o ai capi della resistenza4.
10.3. Campionamento di un segnale e teorema di Shannon Discutiamo ora un importante risultato nella cui dimostrazione, come si vedrà, sono coinvolte molte idee viste fin qui sulle distribuzioni.
Nel processo di discretizzazionedi un segnaleanalogicof (t), il segnale viene campionato a intervalli temporali fissati, cioè si estrae dalla funzione f (t) la sequenza di valori {f (nAt)} per n 1, 2, 3, ... e At intervallo di tempo molto breve fissato. Il problema consiste nel ricostruire il più fedelmente possibile il segnale f (t) a partire da questo campionamento, Il teorema di Shannon (o di Nyquist-Shannon) afferma che nel caso particolare in cui il segnale f (t) è a banda limitata, ossia non
ha componenti di frequenza superiore a una certa soglia Àc fissata, è possibile ricostruire esattamente il segnale f (t) a partire dal suo campionamento,purché si (cioè una frequenzadi campionamentov 2Àc). scelga At < Supponiamo ad esempio che f (t) sia un segnale analogico di tipo acustico (musica) contenente solo frequenze effettivamente udibili dall'orecchio umano (cioè < 20kHz). E' allora teoricamente possibile ricostruire esattamente tale segnale a partire da un suo campionamento eseguito con almeno 40000 campioni al secondo; a titolo di confronto, la frequenza di campionamento "qualità CD" è di 44.1kHz. Naturalmente con ciò stiamo trascurando altri aspetti del problema reale, come la quantizzazione del segnale campionato e il modo in cui effettivamente si può ricostruire dal suo campionamento. Ci concentreremo invece sul contenuto del teorema di Shannon. Dal punto di vista matematico, questo teorema rappresenta un'interessante applicazione congiunta delle teorie della trasformata di Fourier e delle serie di Fourier nel contesto della teoria delle distribuzioni. Prima di enunciare il teorema, ricordiamo un paio di trasformate che abbiamo calcolato e ci serviranno in questa dimostrazione. Anzitutto (v. Esempio 7.23) 2a sinc (2a') ,
dove sinc è la funzione definita da sinc (t)
sin (fft) rrt
In secondo luogo (v. Proposizione 9.23) la trasformata del treno di impulsi:
f(Al) = AI 4v, ad es. [22, p. 171]per i dettagli.
CAMPIONAMENTODl SEGNALI 10. APPLICAZIONI Al FILTRI E AL
514
dove
-Eôk. këZ
segnale che non contiene 10.2 (di Shannon). Sia f : R —+R un TEOREMA C [—Àc.Àc] e supponiamochef frequenzemaggiori di una soglia Àc, cioè suppf un numeroa E 0' —L si ha: abbiaenergiafinita, cioè f G 1.2(R). Allora fissato
(na)12
1/ v"î. La sua periodizzata
pensiamo che sia nulla per
ncz avrebbe un aspetto del genere:
(g)
> 1/2 anziché per
AL Al FILTRI E APPLICAZIONI 10.
CAMPIONAMENTO Dl SEGNALI
nelle zone di sovrap_ sono più disgiunte, non sommiamo segnale reale (calcolato con l'anti_ che 11 grafico grafico). (le copie di sommano, alterando il si 52poosizione sarebbe: + sin (v'QTt) trasformata esatta) (v/F 2Tt) cos v'frt
a Shannon fatta supponendo di ricostruzione di La formula somma parziale con n = 5: per darebbe, 1/2 taglio di
cioè una ricostruzione molto poco fedele.
I cioè la frequenza
do Questofenomeno (ossia l'errore nella ricostruzione di un segnale a partire un suo campionamento, che si può avere quando lo si campiona con una frequenza troppo bassa) si dice aliasing. Una conclusione di queste osservazioni è: prima di campionare un segnale occorre filtrarlo eliminando le frequenze alte indesiderate (dovute al rumore e non al segnale "originale").
10.4. ESERCIZI E COMPLEMENr1
521
10.4. Esercizi e complementi Gli esercizi contmssegnaticon l'asterisco ( *) non sono esemi:i standanl, ma complementidella teoria. Lo studente è inettato a svolgerliper pmprio conto,
avendo comunque a disposizione gli svolgimenti completi da studiam. Negli esercizi sui filtri, quandosi assegnaun opetutotvA senza specificaregli spazi tra cui agisce, si deve intendem
ESERCIZIO10.1. operatom
A
ciascuno dei seguenti opemtort dim se
: S' (R) —4 S' (R), se è lineam
o no, se e) tempo
ben definito conte
invariante o no, se è
continuo o no. Stabilim in particolatv quali dei seguenti operatort sono dei filtrt, e tra i filtri quali sono causali e quali no. (Suggerimento: talvolta utile il risultato contenuto
nell'Esetrt210 9.33: se T
S' (R), anche
.rk l' e S' (R)).
(a) Ax (t) = t2x (t) (b) Ax (t) = tx2 (t) (m questo caso A : S (R) —4S (R)) (c)
Ax = Tax per a
(d)
Ax
R
Da.r per a > 0
(e) Ax = x v
(g)
(t)
cona e S(R)
ESERCIZIO10.2. Verificarv che gli opemtort definiti negli esempi 10.7, 10.8 sono effettivamente dei filtrt. ESERCIZIO10.3. Dimostmm che l'opemtorv
2 Ax (t) = e—t
è lineare continuotra gli spazi indicati. E' tempoinvariante? ESERCIZIO10.4. Verificare, calcolando per antitrasformazione la risposta al-
l'impulso, che i filtri ideali introdotti nella Definizione 10.9 sono non realizzabili. ESERCIZIO10.5. Calcolam la risposta all'impulso, la risposta in frequenza e la risposta in ampiezza del filtro (v. Esercizio 10.1 (c)) definito da ESERCIZIO10.6. a. Dimostrurv che l'opemtotv
con a > Ofissato, è un filtro, tru gli spazi indicati. b. Scrivere esplicitamente Ax come opemtotv di convoluzione Ar = a: * h, determinando la funzione camtteristica h (t). Si può interpmtare h come risposta all'impulso? Il filtro è causale? Calcolamla risposta in fmquenza.
522
CAMPIONAMENTO DI SEGNALI FILTRI E AL Al 10, APPLICAZIONI
c, Ripetere l'esercizio
per l'operatore t (T) CIT
AT (t)
t—a
cambia? con a > 0 fissato. Cosa un filtro A la cui funzione di trasferimento è consideri Si 10.7. ESERCIZIO
1 + iasc con a G IR,a # 0.
ampiezza, la risposta all'impulso, e dire, in dipen_ a. Calcolarela risposta in denza da a, se è un filtro causale. l'uscita del filtro corrispondente agli ingmssi: b. Sia ora a L 27T' Calcolare e¯t u (t)
(t) = sin t. 10.8. Si consideri un filtro A la cui funzione di trasferimento è ESERCIZIO 11 (g) con a G IR.
a. Calcolarela risposta in ampiezza, la risposta all 'impulso, e dire, in dipendenza da a, se è un filtro causale. '27t. Calcolare l'uscita del filtro corrispondente ai seguenti b. Sia ora a ingressi, semplificandose possibile l'espressione ottenuta: (t) —e ¯t u (t)
(t) —cos(N) (t) Al (treno di impulsi) ESERCIZIO 10.9. Si consideri un filtro A la cui risposta all'impulso è
a. Calcolarela funzione di trasferimento al variare di a > O. E' un filtro causale? b. Calcolare l'uscita del filtro corrispondente all 'ingresso a; (t)
u (t) ,
ESERCIZIO 10.10. Si consideri un filtro A la cui risposta all'impulso è Riconoscere
l'operatore A
e calcolarne
la funzione
di trasferimento
e la risposta
in
ESERCIZIO 10.11. Si consideri un filtro A la cui funzione di trasferiment0è
10.4, F.SEICCIZI F, COMPLEMENTI
323
a. Calcolare la risposta in arnpiezza, la risposta all'impulso, e dire sc è un filtro
cat l.sale.
b, Calcolare l'uscit,a del filtro corrispondente all'ingresso a;(t,) = u (t) , c. Calcolare l'uscita del filtro corrispondente all'ingresso (t) rappresentato in
frequenza da lì (sc) ESERCIZIO
Si consideri un,filtro il la cui risposta all'impulso è 1
a. Stabilite se
è continuo come operatore
b. Calcolare la funzione di trasferimento e l'uscita all'ingresso
(t) del filtro corrispondente
1
dirv se y e L I (IR) 142 (IR), e controllare la coerenza
con
quanto
afferrnato al punto
a.
ESERCIZIO10.13. Si consideri un filtro A la cui funzione di trasferimento è sin
a. Determinare la risposta all 'impulso h (t) e dire se il filtro è causale.
b. Calcolare l'uscita y (t) corrispondente all'ingresso a; (t) —e¯t u (t) e disegnare Im y (t).
Gli svolgimenti degli esercizi si trovano online, sulla piattaforrna TextinCloud