L'eros difficile. Amore e sessualitá nell'antico cristianesimo


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L'eros difficile. Amore e sessualitá nell'antico cristianesimo

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ARMARIUM Biblioteca di storia e cultura religiosa diretta da Salvatore Pricoco 9

rEROS DIFFICILE Amore e sessualità nell'antico cristianesimo

a cura

di

Salvatore Pricoco

Rubbettino 1998

© 1998 Rubbettino Editore 88049 Soveria Mannelli (Catanzaro)- Viale dei Pini, 10- Te!. 0968/662034 tmsiero platollico. M ilano 1995. 2o Com . joh . 20, 406 (tr.td. it. , p . 683 s.). 2 1 PA 1 , t , H.

28

scambiabilità nell'uso dei verbi 'vedere' e 'conoscere': ·dato che di una natura incorporea ed invisibile non è esatto dire né 'vede­ re' né 'esser visto', per questo nel vangelo non si dice che il Padre è visto dal Figlio ed il Figlio dal Padre, bensì che è conosciuto ( cf. Mt. 11 , 27). 22 . Dal piano trinitario il discorso poi passa al piano antropologico ed è in tale contesto che troviamo esplicitata la dottrina dei 'sensi spirituali'. Il passo di Mt. 5, 8: ·Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio· fa sorgere in Origene l'esigenza di un chiarimento: Che altro è vedere Dio col "U ddivisioni interne variano nei diversi autori: A. Luneau , L 'btstoire du sa/ut cbez /es Pères de I 'Eg ltse. La doctrlue des ages du momle, Paris 1 964 , pp. 45 sgg. 26 Iren. , Adv. baer 5, 6 , l , SCh 1 53, p. 74 ; Clem . , Strom. 2, 2 2 , 1 3 1 , 6, GCS, Clemens 2, p . 185. Per Origene cf. H . Crouzel, 1béologte de l 'image de Dieu cbez Orlgèue, Toulouse 1 956, pp. 2 1 7 sgg. 27 Symp. l , 4, 23, SCh 95, p. 62.

so

trarre una simile conseguenza28. Il punto di partenza dell'opposi­ zione di Teofila è un'argomentazione già usata da Clemente ales­ sandrino: il mondo è ancora in divenire e Dio non ha cessato di plasmarlo, per cui permane in vigore il comando di Dio di molti­ plicarsi (·non dobbiamo aver disgusto per la prescrizione del creatore in forza della quale esistiamo•2ne agostiniana di sacrametztum nella lette ­ ra a Ianuarius (epist. 55, 1-2): /sta, fratres, ideo dicitur sacramenta, quia in

aliud videtur, aliud intelligitu r. Quod videtur, speciem babet corpora­ lem, quod imelligitur fructu m habet spirlta/em e v. C. Couturier, Sacra ­ metztum et 'Mysterlum da u s / 'oeuvre de Sa t m Augusti71, in Etudes A ugu­ stt ,z iemz es, Paris 1953, pp. 1 6 1 -332 e, in gener.de, ) . De Ghellinck, Pou r l 'h istoire du mot sacrumemum, Pari.c; 1924 . eis

'

·

·

82

u n u niverso simbol ico , per un verso , circondato dalla cortina dell'arcano, per un altro, nel momento in cui questo arcano viene tolto e il mistero disvelato, in grado di attribuirle significati e valenze nuove. Di conseguenza , anche se il simbolismo battesi­ male è stato ampiamente studiato47, converrà soffermarsi un mo­ mento su alcuni temi ricorrenti nelle catechesi mistagogiche del IV e V secolo, che aiutino a comprendere meglio la riplasmazio­ ne simbolica della nudità rituale. Un primo modo di riplasmazione simbolica poteva consistere n e l l ' a ppl icare a pratiche e valori tradizional i della cultura del tempo in cui si erano formati i battezzandi un significato tipica­ mente cristiano . In questo caso , la nudità rituale richiesta per l'unzione prebattesimale che accompagnava le frequenti pratiche esorcistiche si prestava a un facile collegamento con l'u nzione del corpo nudo propria degli atleti. Per questo il Crisostomo assi­ mila la spoliazione a un gesto che il battezzando, 'atleta' di Cristo , compie per meglio prepararsi a lottare contro l 'avversario per a ntonomasia , Satana48. Un'interpretazione originale del processo è data da Teodoro di Mopsuestia49. La situazione di spoliazione fisica e di umiliazione morale in cui si viene a trovare l'esorciz­ zando è paragonata alla situazione in cui si veniva a trovare colui che chiedeva di entrare in possesso di un nuovo diritto di cittadi­ nanza. I battezzandi, infatti, a partire dal momento in cu i faceva­ no domanda di iscrizione al battesimo, in realtà si trovavano a fare domanda per rientrare in possesso di quella cittadinanza celeste che l 'uomo aveva perduto come effetto del peccato dei protoplasti. Di conseguenza , Teodoro assimila, per i suoi interlo­ cutori, tutto il processo di preparazione al processo di rivendica47 Cf. P. Lundherg, lA typologie du bapteme datrs l 'a t�cietme Eglise, Uppsala 1 942; ). Daniélou , Bible et Liturgie. lA théologie biblique des sacre­ metlls et desjétes d 'après /es Pères de I 'Eglise, Paris 19582. -411 Cat. 2: ·Così anche per voi questi trenta giorni r.l..'iSOmigliano ad una palestr.l, a dei ginnasi e ad un'esercitazione. Impariamo già qui a vincere quel malvagio demonio: dopo il battesimo stiamo per spogliarci, per fare a pugni e lotta re contro di lui•. ol9 1 2, 12, p. 34 1 ; cf. Saxer, Les rltes, cit . , p. 27 1 sgg.

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zione di questa nuova cittadinanza. In questo quadro, gli esorci­ smi, durante i quali l'iniziando se ne sta muto, nudo, nell'attitudi­ ne di un supplice, spogliato dei suoi antichi diritti, sono assimilati a una sorta di difesa durante la quale gli esorcisti , come deg l i avvocati, agiscono in difesa del loro 'cliente' perché Satana sia espulso per sempre e il battezzando possa 'rivestire' definitiva­ mente la sua nuova identità .In genere, però, il simbolismo cui si fa ricorso è legato a temi e motivi desunti dalla storia biblica . La nudità rituale, infatti, è collegata ad un atto, la triplice immersio­ ne/emersione, che, secondo valenze simboliche largamente atte­ state nei più differenti rituali di iniziazione, colloca il catecumeno in una tipica situazione di rinascita spirituale, di una nuova nascita cioè che, secondo le parole di Gesù a Nicodemo (Gv 3, 3-5), è di natura spirituale. Per questo, la vasca battesimale in cui l'iniziando si appresta ad entrare dopo aver deposto le vesti è, nel contempo, luogo di morte all'antica vita e luogo di nascita alla nuova ; o me­ glio, come precisa ad esempio Teodoro di Mopsuestia , essa è grembo materno e tomba di Cristo50. Seguendo, infatti, un'indica­ zione già contenuta in PaoloS I , il battesimo è stato prefigurato e, nel contempo , modellato anche sulla morte e risurrezione del Cristo. In questo modo, la nudità battesimale , secondo quanto espressamente dichiarato da Giovanni di Gerusalemme, ha per suo modello la nudità del Cristo in croces2. Di conseguenza, il battezza­ to viene assimilato a Cristo morto e risuscitato: come affermano esplicitamente le Costituzioni apostoliche, egli -è crocifiSSO , mes­ so a morte, sepolto e risuscitato con Cristo-53. Sempre Giovanni di Gerusalemme, nel passo delle Mistagogi­ che da cui ha preso avvio la nostra indagine, aggiunge un'altra decisiva valenza simbolica : la nudità del battezzando è restau ra­ zione della nudità paradisiaca. L'assenza di vergogna , infatti, si giustifica con il fatto che il candidato al battesin1o si trova , nel Catechesi 14, 5, p. 4 1 1 -13; 14, 9, p. 421 . � � Rom 6, 3-6 ; cf. Mc. 10, 38-39 sulla morte del Cristo 'iO

un battesimo. � z Mistagogtche 2, 2. �j 7, 4, 35.

84

annunciata come

particolare tempo del rito, restaurato nella condizione originaria dell'innoc enza di Adamo, restau razione resa possibile dalla pas­ sione del Cristo nuovo Adamo. In questo modo, il battesimo ac­ quista , attraverso il simbolismo legato alla nudità rituale, una par­ ticolare valenza, oltre che soteriologica , anche escatologica e co­ smologica . Si tratta di una valenza che compare fin dai documen­ ti più antichi; come, infatti, ricorda un agraphon contenuto nel­ l ' Epistola di Barnaba, 6, 1 3 , il Signore negli ultimi tempi ha fano le u ltime cose come le prime: è, appunto, il battesimo, concepito come una seconda creazione e, nel contempo, secondo quanto emerge da certi particolari simbolici, come un'anticipazione del paradiso escatologico'�". In questa direzione va anche il ricco sim­ bolismo che ruota intorno alle acque battesimali e che è stato svi­ luppato prima di tutto da Tertullia no nel suo trattato sul bane­ simo55: esse sono state prefigurate dalle acque genesiache sulle quali planava lo Spirito divino, evidente modello della capacità generatrice delle acque battesimali nelle quali si appresta ad en­ trare il battezzando come un pesciolino che nasce nell'acqua ·in conformità a Gesù Cristo il nostro Pesce-56. Un u ltimo tema simbolico merita di essere accennato , per concludere la nostra analisi: ed è quello dell 'assunzione della veste bianca postbanesimale. È evidente infatti che la veste bian­ ca che il battezzato indossa a conclusione del rito è in correlazio­ ne con la veste che egli ha deposto all'inizio. Si tratta di un uso ben conosciuto a partire dal IV secolo, che si inserisce , trasfor­ mandolo in senso cristiano, nell'uso profano di mutare le vesti dopo il bagno. La varietà delle interpretazioni simboliche , anche a. Saxer, Les rltes, cit. , p. 47. Bapt. 3, 4. Naturalmente, le variazioni simboliche su questo tema sono numerose né è qui il luogo per insistervi. I mportante per i nostri s.t

�s

scopi, infatti, non è rilevare le variazioni contestuali, che ovviamente ci son o e sono importanti , ma il nucleo fondamentale soggiacente e la parti­ colare funzione che esso svolge rispetto al tema del controllo rituale della nudità. 56 Jbid. 1 , 3; cf. F. J. Doelger, Das Fisch-Symbol itz fnlhchrlstlicher Zett, Munster 1928.

85

in questo caso, è, a prima vista, sorprendente. Come ha messo in luce Pavan in una interessante ricognizione di quest'uso liturgico, esso di volta in volta può significare la 1974, pp. 9-66 .

2� Alh . , De virg., pp. 56, 17-26; Ambr. , De vtrg l , 1 2 e Alh. , De virg., 58, 6- 1 7 (con riferimenti a Elia , Eliseo, Geremia, Giovanni BanL'ita). 2 � Alh . , De virg., pp. 56, 30-57 , 1 -2 ; 3-9; 10- 1 3 . zt; Alh. , De virg ., p. 57 , 1 6-23.

97

p.

gio espletava i suoi culti aviti, Ambrogio aveva vissuto gran parte deU'adolescenza. E se le interlocutrici egiziane di Atanasio poteva­ no essere colpite dal richiamo aUe vergini di PaUade Atena, il riferi­ mento aUe vestali, da secoli scelte daUe fde dell'aristocrazia, oggetto di venerazione e stima da parte del popolo, era queUo che maggior presa poteva esercitare sul suo uditorio. A dire del vescovo, il tratta­ to era legato alla propria attività pastorale, in quanto nato dalla fusione di omelie pronunciate nel periodo dell'Epifania in conco­ mitanza con il rito della velaNo e con la festa in onore della vergine e martire Agnese27. u stesura fmale del testo era però destinata a un circolo ristretto di vergini. È chiaro, infatti, da numerosi riferi­ menti interni, che quello gli era stato commissionato dalla sorella2B. Dopo la velatio, ricevuta da papa Liberio non sappiamo se prima del 356, o dopo il 358 al ritorno di questi dall'esilio a Beroa, Marcellina, che viveva a Roma con la madre vedova, aveva raccol­ to intorno a sé alcune giovani votate a Dio, molto meno note di quelle gravitanti intorno a Marcella o a Paola, ma sulle quali abbia­ mo alcune informazioni. u sorella di una di loro, destinata a rima­ nere innominata , era quella Candida che viveva a Cartagine, in età molto avanzata , quando Paolino componeva la Vita Ambrosii29 Pure Indicia, una vergine veronese sulle cui traversie al tempo del vescovo Siagrio informano due lettere di Ambrogio , trascorse molti anni nella casa romana di Marcellina , dopo essere stata con­ sacrata dall'allora neo vescovo di Verona Zenone30. Anche se il pubblico al quale le omelie erano originariamente rivolte doveva essere quello milanese dei fedeli riuniti in chiesa per le celebrazio­ ni liturgiche, il De virginibus aveva, dunque, altri destinatari. 2 1 Amhr. ,

De virg. l, l ; 5.

Amhr. , De vifR. l, 10; 2, 3; 5; 3, 32, l. 2'J Pau! . , Vita A mbr. 4. j/) Amhr. , epist. 5, 2 1 , P L 1 6, col . 89H (•56 Zelzer): habitasse eam 211

Romae itz domo 11ostra, tzobis abse111ibus, 11ulli eam se vitiorum fam iliari­ tali dedisse, optare cum ea sibi a Domitw lesu partem reservari ;, regno De i. Cf. anche Amhr. , epist. 6. Sulla fiS io nom ia di queste donne vedi a nche R. Lizzi, Ascetismo e matzachesimo 1lell '!talta ta rdoa ntica, in Cua rto Semi11ario sobre El Monaca/o (Aguilar de Campoo , agosto 1 990), .Codex Aquilareno;L'io 5, 1991 , pp. 53-76, in part. p. 58. 98

Non è improbabile che il gruppo di Marcellina mantenesse stretti rapporti, non solo epistolari, con il cenacolo di Marcella. Per

quanto una tarda Vita la faccia morire a Milano poco dopo la scom­ parsa di Ambrogio, accanto alla cui tomba essa fu sepolta, la donna aveva continuato per un certo tempo a vivere a Roma, nella casa paterna dove Ambrogio fu educato, anche dopo la elezione a vescovo del fratello31 . Depone in tal senso la notizia di Paolino, che descrive il ritorno del vescovo di Milano nella capitale per visitare la sorella32, nonché un riferimento di Gerolamo che, nel chiedere ad Asella di salutare per lui alcune nobildonne romane dedite a vita ascetica, menziona Marcella e un gruppo di giovani a lei legate, aggiungendo poi Marcellina e Felicita33. Si potrebbe dunque pensa­ re che l'una fosse la sorella di Ambrogio, l'altra la germana che continuò a vivere con lei anche dopo la morte della madre. Stile di vita e amore per lo studio dei testi sacri, in base a quanto si può dedurre dal tono delle lettere che Ambrogio inviò alla sorella, dove­ vano essere elementi comuni a tutti i gruppi di vergini dell 'alta società che popolavano in quegli anni la vita dell'Urbe. Le ancor rare opere ascetiche, e soprattutto quelle scritte per le vergini sono fonna di brevi trattati o lettere , circolavano quasi esclusivamente all'interno di questa intima società ascetica , desi­ derosa di regole e insegnamenti, bramosa di trovare fra i ranghi della nascente gerarchia ecclesiastica chi sorvegliasse i propri pro­ gressi spirituali, conferendo giustificazione ufficiale alla sponta­ neità della loro scelta di castità . Fra le opere diffuse nella capitale da Pietro di Alessandria , designato come proprio successore da Atanasio, ma costretto a fuggire da Valente ed esule a Roma a par31 Vita dt santa Marcel/tua (BHL 5223). L'idea che la donna si fosse sta­ bilmente lrdsferita a Milano suhito dopo !"elezione a vescovo del frdtello è ha­ sala sull'isolata notizia di De exc. Satyri 36 (datahile al 378 circa), dalla quale risulta inva-e che Marcellirla erd accorsa presso Amhmgio per Ii 1 968 , p. 4 sgg. 6 1 La disposizione, attribuila all'editto perpetuo, ne avrebbe dispensato anche il Flanum Dtalls: Geli. 7, 7, 2; 10, 1 5 , 3 1 ; Sen. , Cotllr. 6, 8. Si noli che lale privilegio fu concesso ai chierici solo a metà V secolo ( C/ 1 , 3, 25, l b datata al 4 56) e a d ogni persona consacr.tla (dunque anche alle vergini?) da Giustiniano (Nov. Just 1 23, 2 1 , 2). 62 Svet, Tib. 2. 63 Tac. , A m1 . 1 2-4 2 ; Prudent . , Cm1tra Sym m. 2, 1 086 sgg. Secondo Serv. , Aen l l , 206 , inoltre, es.o;e er.tno seppellite entro il pomerlu m . M Amhr. , De virg. l , 1 5: llec pudor il/e, qui imempemnttum oculorum 60

.

quottdiallo expasitus collvicio, jlagitiosis aspectibus verberutur. 1 09

disciplinari del trattato, ove la vergine cristiana , seguendo l'esem­ pio di Maria, è vista vivere in estrema riservatezza nel silenzio della sua camera, attenta a limitare le uscite persino per andare in chiesa , schiva di qualsiasi ruolo pubblico, a parte quello connes­ so con l'esercizio della carità65. Per come era impostato nel De virginibus, il confronto fra ver­ gini e vestali rispondeva dunque alla necessità di fiSSa re i principa­ li attributi della verginità cristiana . I ndipendentemente da altre regole, perennità del voto e semiclausura erano sufficienti a garan­ tire un'autenticità di vocazione. Tali criteri potevano essere util iz­ zati come discriminante nel circoscrivere un movimento sponta­ neo e instabile che la chiesa doveva poter controllare. Non si trat­ tava solo di organizzare e guidare dei gruppi femminili che esige­ vano un riconoscimento ufficiale della eccellenza del loro modo di vivere. Erano in gioco anche più impegnativi problemi dottrinali. Il De virginibus, infatti, non è un'opera esclusivamente parenetica e normativa . E l ' exc u rsus storico , oltreché per il suo contenuto, acquista un significato peculiare per il contesto in cui è inserito .

L'Introduzione, di cui esso è parte, riflette in toto la comples­ configurazione del trattato , senza trascurarne quella compo­ nente teoretico-dottrinale che doveva conferire giustificazione ideologica alla verginità consacrata . Anche per questo, il modello di riferimento era fornito dalla Lettera alle vergini di Atanasio, ove l'aspetto disciplinare era strettamente connesso con quello teologico. In quel testo, però, la dimostrazione della unicità stori­ ca della verginità cristiana è parte del raffronto fra lo stato virgina­ le e quello matrimonialeM. Atanasio , infatti, scriveva avendo in

sa

M Ha contenuto discipl inare tutto il Il libro del De virgit�ibus e v-.uie regole sono date anche nel dLc;corso di papa Liherio (De virg. 3, 5; 8-9; 1 1). Oltre alla precettistica consueta , Ambrogio raccomanda che le più adulte si occupassero del l ' istruz ione d i quelle più giova n i (3, 16: ubt dom it i trophaeum corporis viTRO sustulerit, moderat�du m /abori, ut magistru sup­ puri seroetur aetatl), secondo quanto avveniva entro il collegio delle vesta­ li, che per i primi dieci anni impar.w.mo ad espletare i sat.Tifi ci, nei succes­ sivi dieci li celebr,tvano, mentre negli ultimi L'òtruiv-.mo quante si aggiunge­ vano alla congregazione (Dionig. Hai . , 2, 67). 66 Ath., De virg., pp. 55-56.

1 10

mente organizzazioni ereticali diffuse intorno ad Alessandria , che condannavano il matrimonio facendo coincidere la vera vita cri­ stiana con quella ascetica67. Diverso è, invece, l'andamento di pensiero del De virginibus. L'inserto storico è come incapsulato all'interno di un processo argomentativo, che trova nelle figure di Maria e Cristo i principali referenti dottrinali della verginità cristiana. Le vergini hanno preso dal cielo la loro forma di vita, avendo uno sposo celeste che è il maestro degli angeli. Non possono dunque essere esistite sulla terra prima che vi fosse disceso Cristo. Solo allora una vergine con­ cepì nel grembo e il verbo si fece carne68. Altre forme di ascetismo (come dimostrato attraverso gli esempi pagani portati a confronto) solo in apparenza potevano sembrare simili, mentre la vera vergi­ nità era quella legata alla nascita virginale di Cristo69. È lui lo sposo delle vergini perché è vergine colei che lo ha portato nell'utero, lo ha generato e nutrito col suo latte7o. Alla vergine Maria si deve dunque ispirare chiunque voglia condurre vita ascetica7I . Si comprende perché Gerolamo, intorno a l 384, considerasse il De virginibus un modello per scritti in esortazione alla vergi­ nità . Anche Atanasio, rappresentando il suo predecessore Ales­ sandro mentre esortava alla vera verginità le donne che erano andate a consultarlo, aveva in primo luogo presentato Cristo con una lunga esposizione di tono fortemente antiariano . L'adatta­ mento è fuori dubbio. Il discorso cristologico di papa Liberio è analogamente costruito in toni antisabelliani e antifotiniani, men­ tre Ario è chiamato in causa attraverso gli omei illirici72. In Italia 67 Epifan. , Haeres. 67, 1-8 a proposito di Ier.K-a di Leontopoli, sul quale vd. Elm, VirgitiS, cit., p. 339 sgg. e D. BrJkke, Atba11asius, cit . , pp. 44-56. 611 Ambr. , De virg. l , 1 1 . &J Ambr. , De virg. l , 13. 70 Ambr. , De virg. l, 2 2 ; cf. i l discorso d i papa Uberio in occasione della ve/allo di Marcellina , ove la parte precettistica è preceduta da una sezione dottrinale, che fonda teologicamente la figura di Cristo , la sua generJzione dal padre e la sua nasrtato come un nuovo persecutore: epist. 17, 9. 111 Ambr. , eptst. 1 7 16; su ll 'accordo di Teodosio con Massimo che, ,

116

lettera, è certo che il concistoro, inizialmente propenso ad acco­ gliere le richieste del senato, prese poi la risoluzione opposta85. Quando Ambrogio inviò a Valentiniano l' Epist. 18 contenente la confutazione particolareggiata della Relatio, la decisione pro­ babilmente era già stata presa. La lettera, però, non fu del tutto inutile in relazione al dibattito contro i pagani, né può essere considerata un puro esercizio retorico'!6. Esse n dosi già l'imperato­ re orientato nelle sue scelte, la nuova missiva rincalzava la prima, con l'intento di avanzare precise richieste al governo. La sua se­ zione centrale prende spunto dalla concreta questione dei finan­ ziamenti pubblici per i culti religiosi avitiH7 Questi paragrafi, in stile serrato, contrappongono la realtà economica dei collegi pa­ gani alle condizioni riservate ai ministri della Chiesa . Dal mo­ mento che Simmaco aveva esplicitamente menzionato le vestali, fra i sacerdozi colpiti dalle sanzioni di Graziano, ad esse il vesco­ vo dedica buona parte della discussione , rilevando la inconsido[X> le minacce primaverili davano maggior fiato a Valentiniano, vd. D. Verd, l rapporti fra Magrzo Mass imo, Teodosio e Vale111itziatzo Il rzel 383384, ·Athenaeum· 53, 1975, pp. 267-30 1 ; Id. , Lo scatzdalo edilizio di Cyriades

e A uxen tius e t titolari della praefectura urbis dal 383 al 387. Opere pubbli­ che e corruztmze tu Roma alla jì11e del IV secolo d. C., .Stud. Doc. Hist. lur.• 44, 1978, pp. 45-94, in part. p. 77; Id. , Comme1lto, cit., p. 22. IIS

Per la iniziale propensione del concistoro a favorire Simmaco, vd.

eptst. 17, 8; 57, 3; Ob. Val. 1 9 ; cf. Verd , Com mento, cit . , p. 20. Secondo McLynn (Ambrose, cit , p. 167) Amhrogio fu ahile a sfruttare il favore che il governo gli doveva in relazione alla sua precedente missione a Treviri, alla quale accenna in epist. 17, 12 ( memor legatiorzis proximae). L'espressione è stata in genere interpretata in riferimenlO al suo precedente intervento pres­ so la corte di Grc1ziano, allorché egli si erd fano latore del libello di Damaso in occ-dsione del primo intervento di Simmaco ricordato poco soprd (ep ist. 17, 1 0). Il termine legatio perderehbe però la sua pregnanza , del tutto man­ tenuta, invece, se percepita come a llusione al viaggio compiuto da Am­ hrogio presso Massimo. 86 Non conmrdo dunque con McLynn, A m brose, cit . , p. 167). II1 Alla necessità sollevata da Simmaco di ripristinare di nuovo l'altare della viUoria nella curia Amhrogio accenna molto rc1pidamente ( eptst. 1 8 , 10); viceversa al tema dei finanziamenti puhhlici dei collegi religiosi sono dedicati i parc1grafi 1 1- 1 6 e 17-2 1 .

1 17

stenza numerica di quello sparuto collegio, ormai messo insieme a fatica e solo grazie all'attrazione dei guadagni che la loro condi­ zione comportavallll . Aldilà della topica denigratoria già utilizzata nel De virgi­ nibus, il passo non è rilevante per ciò che viene detto contro le vestali, ma per il modo in cui ad esse sono confrontate le vergini cristiane. Le une e le altre appaiono infatti caratterizzarsi secondo determinati requisiti personali (reale vocazione alla verginità rispetto a una professione solo nominale) , per alcuni elementi esteriori (un semplice velo al posto delle bende, del su.ffib ulum bianco e delle insegne di porpora, la macerazione fiSica rispetto alla bellezza e alla perfezione fiSica delle giovani reclutate per il collegio pagano), e per uno stile di vita (i digiuni contrapposti ai raffinati piaceri), capaci di renderle immediatamente riconoscibili entro la comunità119. L' Epist. 18 mostra quali fossero gli esiti finali del processo avviato nel De virginibus. La gestione della vita religiosa nella fervente città milanese che , trasformata dal 38 1 in sede imperiale stabile, si era arricchita di nuovi elementi dell'élite cristiana natu­ ralmente propensa a privilegiare i valori ascetici nella scelta rel i­ giosa, ne aveva accelerato lo sviluppo\10. La concreta organizza1111 Ambrogio è il solo a parlare di sette vergini (eptst. H ! , 1 1 ) mentre, secondo la trc�dizione letterc�ria, Numa ne aveva elette quattro e in seguito, per la molteplicità delle Iom funzioni, il loro numero ere� stato portato a sei (Dion. Hai . , 2, 67). L'espressione usata da Ambrogio ( vix septem Vesta/es capiumur puellae) ha fatto pensare ad una oggettive� diffkoltà di reclutamen­ to. Deporrebbero nello stesso senso altre notizie fornite da Sinunaco nelle eptst. 9, 108 (in (."\.l i si rivolge a una vestale che avrebbe voluto abbandonare la clausure� prima del termine stabilito dalla legge: vd. Roda, Commento, cit . , p p . 239-240; 359; 407); e 9, 147-148 (sulla vestale di Al ba Primigenia che avevd infrc�nto il voto di C"'dstità: vd. ibid. , pp. 31 5-31 9; 369; 420-421 ). 119 Ambr. , eptst. H ! , 1 1 -12; sulla poss ibilità che il velo imposto alla vergi­ ne cristiana fos.o;e di color ros.o;o come quello delle spose, vd. R. Schilling, Le volle de cotlSécraliotl dans l 'a tZcietz rlt romaitZ, in Id. , Rites, cultes, dteu.x de Rome, Paris 1979, pp. 1 54-1 6 5. 9° Sui membri cristiani della corte di Gmziano, con i quali Ambrogio strinse buone relazioni, vd. McLynn, A mbrose, cit . , p. 100 sgg. Per la pro-

1 18

zione di luoghi depurati ad ospitare le fanciulle che giungevano in quegli anni a Milano, per ricevere la velatio da Ambrogio , dovette favorire la realizza zione degli sforzi compiuti dal vescovo nel dare definizione dottrinale alla verginità91 . Sotto questo aspet­ to, il tema del confronto vergini-vesrali aveva già avuto un peso rilevante. Cogliendo ora lo spunto dal cenno di Simmaco, i termi­ ni del paragone si precisavano nel senso di una persino maggiore analogia, sul piano categoriale, fra i due ordini religiosi. Fra i sacerdozi pagani, del resto, le vesrali erano quelle il cui ruolo si avvicinava di più alle forme sacerdotali greco-oriental i (per esempio i sacerdoti d i Iside o della Ma ter Magna), con le quali quelle cristiane si assimilavano. Rispetto agli altri ministri pagani, che erano funzionari di culto, per i quali il sacerdozio era una carica onorifica regolata da leggi statali, diritto sacro e tradi­ zione dottrinale, per le vesrali come per le vergini la religione era u na professione, l 'esercizio del sacro era un mestiere implicante una scelta personale diretta e un grande impegno92. Le differenze pensione dell'aristocrazia cristiana a privilegiare nella scelta religiosa gli aspetti di eccellenza e perfezione ascetica, vd. Brown,

Il corpo,

dt. , soprat­

tutto le pp. 32-62 e 3 1 1-392 con ree. di L. Cracco Ruggini, All 'ombra di

Momlgltano: P. Brown e la mutazione del tardoantlco, 1988 , pp. 739-767.

·Riv. Stor. lt.·

103,

9 1 Per stimolare l'adesione dei suoi fedeli all'ascetismo, Ambrogio orga­

nizzò l'arrivo a M ilano di numerose fanciulle disposte a essere consacr.lte

da lui. L'aiuto di vescovi come Sabino di Piacenza ed Eusebio di Bologna, ove la tr.adizione di una scelta virginale sembr.a fosse già r.adicata , nonché

la propeno;ione ad abbr.acciare tale tipo di vita da parte di un gruppo di schiave, per l ' occasione manomesse, ebbero peso rilevante nel successo dell'impresa

smo,

(De

vf'R.

l , 57-61 ):

vd. Lizzi,

cit . , p. 1 37. 92 }. Scheid,

Una società esortata all 'asceti­

Religton et ptété à Rome, Pari.o; 1985, pp. 36-57; 66-74 mn le Religlon and Poltttcs Jrom Republic lo Principale, -jou m . Rom. Stu d . · 76, 1 986, pp. 257-258 ; } . Szemler, Priestboods and Priestly Careers tn A 1lcte1lt Rome, in Aufstieg u n d Niedergang der ré>m. Welt 2, 16, 3, Berlin-New York 1986, pp. 23 1 4-2332; H. Cancilc, ltl reltgio7le, in G. Pugliese Carr.atelli (a cum di), Princeps Urbtum . Cultura e vita sociale dell 'Italia roma7la, Milano 1991 , pp. 339-4 19, in part. p. 346 sgg. ; M. Beard, Priesthood tn tbe Roman Republtc, in M. &.ard-J. North, Pagan Priest: Re/tpredsazioni di }. North,

1 19

fra i due gruppi restavano naturalmente notevoli, e non tanto sul piano spirituale come Ambrogio sottolineava , quanto su quello giuridico. L'una era una congregazione religiosa la cui esistenza era stata finallora garantita dallo Stato, sono la guida di un sacer­ dote che era in primo luogo un magistrato; l'altro era un raggrup­ pamento non ben defmito, la cui sopravvivenza era legata a una quantità di opzioni individuali non controllabili, nonostante Am­ brogio si sforzasse di presentarlo in modo diverso. Enfatizzare le differenze ideali fra i due ordini, peraltro, fmiva per celare quelle sostanziali. Vergini cristiane e vestali sono infatti collocate su un medesimo piano in quanto a diritti da far valere nei confronti dello Stato. L'individuazione su un piano di equi­ pollenza di un ordo virginum che, in quanto tale, era confronta­ bile con il collegio di Vesta, permetteva infatti al vescovo di chiu­ dere il paragrafo dedicato al tema secondo quello stile avvocate­ sco, consueto ai trattati morali più che alle lettere, che spingeva a concentrare nella chiusa finale il contenuto essenziale del discor­ so: ponam us tamen subsidia largitatum conjerenda virginibus: quae Christianis munera redundabunt? Quod tantas opes suffi­ ciet aerarium? A ut si arbitrantur solis vesta/ibus conferendum, non pudet, ut qui totum sibi sub imperatoribus genttlibus vindi­ carunt, idem sub principibus Christianis non putent nobis sor­ tem debere esse commu nem?93. Qualora l'imperatore avesse deciso di ripristinare le sovven­ zioni alle vestali, ammettendo il principio che sussidi pubblici dovessero essere devoluti alle vergini, perché avrebbero dovuto goderne le sole vestali e non anche, o piuttosto, le vergini della Chiesa , ora che i principi si dichiaravano cristiani? È molto impro­ babile che Ambrogio, qualora Costantino avesse predisposto che annualmente il fisco dovesse contribuire al mantenimento delle vergini cristiane con versamenti in specie, si esprimesse in tali termini nella sua lettera a Valentiniano II. Il passo, indipendentegio11 wzd Power in tbe A ncielll World, Ithaca-New York 1990, pp. 1 7-48 e R. Gordon, From Republic to Principale: Priestbood, Religio11 and Ideology, ibid. , pp. 1 77- 1 98. � 3 Amhr. , epist. 18,

12. 1 20

mente dal significato che assume nel contesto in cui lo stiamo studiando, mi pare una prova significativa per togliere credibilità alle notizie dei tardi storici ecclesiastici circa un presunto finan­ ziamento pubblico destinato a clero, vedove e vergini consacrate e rimasto in vigore dagli inizi del IV secolo fmo ai loro giorni, a parte gli anni di regno di Giuliano94. Versate nel dibattito suscitato dalla Relatio di Simmaco, pro­ prio argomentazioni come quelle avanzate dal vescovo di Milano (per quanto condotte nel tono del paradosso) dovettero rendere palese quanto fosse ormai irrealizzabile il pluralismo religioso au­ spicato dal prefetto95. In gioco, infatti, non era la tolleranza di dif­ ferenti fedi, ma la risoluzione di un'aporia provocata dalla con­ correnza di un sistema religioso che si proclamava a pieno titolo, e del tutto analogamente a quello tradizionale, religione di Stato . Il modo in cui il confronto fra vergini e vestali viene impostato nell' .lpist. 18 dimostra che il processo di organizzazione del cri­ stianesimo in Chiesa era così avanzato, da non rendere più lecite formule compromissorie. Coscienti dei propri diritti, in quanto membri di una istituzione ufficialmente riconosciuta dallo Stato, i cristiani erano pronti a rivendicarne l'applicazione con autorevo­ le forza di pressione. Vanno nello stesso senso i paragrafi successivi della lettera. Le rimostranze di Simmaco per le gravi perdite finanziarie che i provvedimenti del 382 avevano inflitto, oltre alle vestali, anche agli altri sacerdozi pagani, forniscono l'occasione di puntualizza­ re le condizioni, a parere del vescovo ben più penalizzanti, riser­ vate a i membri della gerarchia ecclesiastica . Ambrogio doveva conoscere bene la gravità delle disposizioni di Graziano: la tem­ pestività del suo intervento , non appena se ne era proposta l'abrogazione, depone in tal senso. Esse erano tali da pregiudica­ re effettivamente l'estrinsecazione del culto, togliendo al pagane­ simo ogni concreta possibilità di sopravvivere come rel igione pubblica . Oltre alla rimozione dell'altare della Vittoria , nel 382 9- 1 �

Vd. supra, p. H9 sgg. , nn. 46-48. Symm. , Rei. 3, 10 con Ver.t , Com memo, cil . , p . 41 sgg.

121

erano stati aboliti tutti i fondi destinati dallo Stato al culto paga­ no96. I compensi in natura percepiti dalle vestali erano stati in parte incamerati dal fiSCo, in parte assegnati all' arca frumentaria e utilizzati per pagare gli scaricatori di porto97. Era stata disposta la confiSCa delle terre dei templi e dei collegi sacerdotali a benefi­ cio della res privata, interdicendo loro di riceverne in eredità da privatillll . Sebbene rimanessero possibili altre donazioni, la proibi­ zione relativa alle proprietà terriere era gravissi ma, in quanto pro­ prio sui patrimon i fondiari , anziché sui donativi come in età repubblicana e altoimperiale, si reggeva ormai prevalentem ente l'economia dei templi9\l. Era dunque del tutto pretestuoso presen­ tare quelle misure come se, invece, fossero ben lungi dal realiz­ zare un'equiparazione fra la vecchia e la nuova religione. L' intento del vescovo , tuttavia , era di spostare l ' interesse dell'uditorio sulle condizioni dei sacerdoti cristiani, recentemente oggetto di nuova normativa. La ripetuta dichiarazione che, con tale confronto, non si voleva rilevare l'ingiustizia con cui legittimi diritti venivano negati era naturalmente un artificio retorico, per dichiara­ re esattamente ciò che si negaval00• Lo conferma il modo in cui il paragone è impostato. Alla perdita del vitalizio pubblico da parte dei membri dei collegi pagani è contrapposta la revoca della capa­ cità successoria dei chierici, affinché risultasse più clamorosa la disparità di trattamento che i due gruppi religiosi avevano ricevuto. Nel 370, infatti, Valentiniano I aveva cercato di tutelare i patri­ moni familiari da forme di eccess iva generosità verso il clero, proi96

Symm. , Rei. 3, 7; Amhr. , eptst. 17, 3; 57, 2. Rei. 3, 1 1 - 1 2; Amhr , eptst. 18, 1 3; Obit. Val. 19. Symm., Rei. 3, 1 2-14; Amhr. , eptst. 18, 1 3- 1 6; 57, 2; Ob. Val. 19; Clb

97 Symm . , 911

.

16, 10, 20, l . 9'> G . Bodei Giglioni, Pecrmia fanatica . L 'inctderzza economica dei templi lazialt, ·Riv. Stor. lt.• H9, 1977, 33-76 e Vere�, Commerllo, dt ., pp. 4546. Data la destinazione dei fondi reperiti con tale iniziativa, è probabile che essa fosse stata sollecitata dai cristiani dell'efllo u rage di GrdZiano e pre­ sentata come uno dei tanti modi per rimpolpare le finanze dello Stato. too Ambr. , eptst. 18, 13 ( 11011 eflim putamus 11l lurla quta dtsptmdtu m

norz dolemus); 14 (Quod eg o 1lOrz ut querar, sed ut sctam quid ,w, querar, comprehend{).

1 22

bendo a ecclesiastici, ex ecclesiastici ed asceti di frequentare le di vedove e pupille e di accettare qualsiasi tipo di donazione ed eredità da donne che non fossero loro parentiJOI . La costituzio­ ne, tuttavia, dovette ledere in modo trascurabile l'economia eccle­ siastica, soprattutto perché il divieto fu subito raggirato mediante la scappatoia legale dei fedecommessil02. Ambrogio, comunque, non confronta direttamente la proibizione comminata ai cristiani con quella analoga contenuta nelle disposizioni del 382. Anzi, giocan­ do sul fatto che quest'ultima riguardava solo le proprietà terriere (nemo /amen donarla delubris, et legata haruspicibus denegavi/: sola sublata suni praedia), egli affermava che i ministri dei templi continuavano a godere del diritto di ricevere legatil03. Senza bisogno di mentire, il vescovo sapeva orientare il suo discorso in modo da far risaltare il diverso trattamento ricevuto dai due gruppi sacerdotali. Ai cristiani, rincalzava Ambrogio, era stato negato un diritto da sempre garantito ai ministri dei templi e con­ cesso a chiunque, quantunque infima fosse la sua condizionei04. Essi , peraltro, non avevano affatto reagito, e mai si erano permessi di chiedere un fmanziamento allo Stato, che pure lo aveva fmo a poco tempo prima accordato a tutti i ministri pagani. Nonostante ciò, veniva loro impedito di conservare persino le loro proprietà personali nell'assumere il sacerdoziol05. case

1 0 1 Cib 16, 2, 20 (30 luglio 370). La costituzione, inviata a Damaso, doveva essere letta nelle chiese . Tale dL'ìposizione fu precisata due anni dopo con una legge che allargava il divieto anche ai vescovi e alle vergini, nel senso d'impedire immissioni illegittime nei patrimoni appartenenti a vescovi, vedove, vergini e orfani effettuate, ai danni dei propinqui, da terzi provenienti da ambienti ecclesiastici : Cib 12, 2, 20 del l dicembre 372. Dal momento che tale normativa suscitò reazioni solo in Occidente, si è pro­ pensi a credere che essa non fosse in vigore in Oriente, almeno fino alla redazione del Teodosiano: cf. G . Barone Adesi, Mo11achesimo ortodosso d 'Orle11 te e diritto roma11o uel tardo a1llico, M ilano 1990, pp. 2 1 1 -2 1 4 . 1 02 Hier. epist. 52, 6. 1 03 Ambr. , eptst. 18, 16; d. eptst. 18, 14: scribmztur testamema tempio­

ru m mtutstrts . . . 1 0o cristiano il dogma di Roma aetenza. 1 1s D opo il 384, altri tentativi furono fatti dai pagani per cercare di otte­ nere l 'abolizione dei provvedimenti di Gmziano: nel 39 1 a Milano p resso Teodosio, da parte forse dello stess o Simmaco (Ambr. , epist., 57, 4; Paul. , Vita A mbr 26; Ps. J> ros p. , Prom . 3, 38 , 4 1 ); nel 39 1 -92 a Vienne presso Valentiniano II (Ambr. , epist. 57 , 5; Paul . , Vit. Ambr 26, l ); durante l'usur­ pazione di Eugenio, con esito positivo, per quanto questi avesse concesso i fma nziamenti per il mito pubblico a titolo privato (Ambr. , epist. 57, 6- 1 2; 6 1 , l ; 111 Ps. 36, 25; Ob. 7beod. 39, 5; Paul . , Vii. Ambr. 26-27). Non sembrd però che avesse il fine di riproporre tale questione la legazione di Simmaco a Milano del 402 (dalla quale è stata fatta dipendere l'attualità o meno del Contra Symmachum). In base alle lettere relative a tale viaggio (IV, 9; 1 3; 56, da leggersi con A. Marcone, Com mento storico al IV libro dell 'Epi­ stolario di Q. A urelio Simmaco, J>L'\a 1 987, pp. 49-50; V, 94-% sulle quali vd. P Rivolta Tiherga , Com me1lto storico al V libro dell 'Epistolario di Q. Au relio Simmaco, P L'>a 1992, pp. 203-207 e 7, 1 3- 1 4) è chiaro che l'oratore vi si era recato in seguito a un'ennesima t inguo con un asterisco • i testi citati che nell'edizione del Butler, ripresa da GJ.M. Bartelink, si conc;ider.tno rappresen­ ta re la recensione lunga dell'oper.t, un rifacimento non di Palladk>, ma poste­ riore di circa cinquant'anni alla redazione originale di L. In questo mio contri­ huto non entro in merito aDa questione del testo di L e, tranne che per poche notizie complementari, prescindo dal r.tp(X>rtO tr..t L e le altre testimonianze della lener..ttur.t ascetica. Sui singoli personaggi che dovrò prendere in consi­ derdzione rinvierò, quando (X >SS i hile, ai repertori più aggiorna ti. 4 Su PaUadk>, oltre aUa Jutroduzioue di Chr. Mohnnann in PaUadio, La Storia Laustaca, cit. , cf. B. Fltl'iin, Pallade d 'Hélét10polts, DSAM 1 2, 1984, coli. 1 1 3-1 26; }. Uébaert, Palladius d 'Hélét10pole, Cath. 10, 1985, pp. 475-478. 5 Lauso er.t propriamente prueposillts sacri cubtculi per l'Oriente. Sul dedicatark> dell 'oper.t cf. PLRE Il, p. 600 .

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stesso Lauso ha chiesto di conoscere le vicende dei padri, uomini o donne che hanno vissuto dalla Libia alla Siria alla Mesopotamia , ma anche in Occidente (L, Prologo 2). Palladio è consapevole dello scopo edificante che la sua opera può svolgere proprio per persone come Lauso che vivono esposte alle tentazioni mondane, e special­ mente nel prologo dell'opera si diffonde in consigli ascetici e spiri­ tuali al potente funzionario di corte ( ivi, 7- 1 5).

Il rifiuto del matrimonio Altrettanto contraddittoria quanto il tema prescelto può esse­ re considerata una pur sommaria tratta zione delle situazioni matrimoniali prospettate in l . Non staremo qui a discutere se e quanto nella tradizione cristiana l' eros possa avere trovato la sua esplicazione soltanto all'interno del matrimonio. È pur vero co­ munque che solo nel matrimonio la normativa cristiana ha indivi­ duato l'ambito in cui esercitare la sessualità , ma d'altro canto non ha escluso che all'interno del matrimonio alcuni personaggi ab­ biano potuto provare l 'aspirazione alla vita ascetica , la quale comporta tra le sue prime istanze la pratica della castità . Palladio si trova di fatto a citare alcuni di questi casi, rivelando a noi, letto­ ri moderni, una visione della condizione matrimoniale propria della sua epoca e del suo ambiente. Solo una volta cogliamo in l un alto apprezzamento, per non dire il compiacimento, a proposito di un matrimonio regolare , coronato da prole. È i l caso d i un matrimonio d i alta condizione, quello di Publicola, figlio di Melania seniore6, ma è evidente che 6 Su questo personaggio d. PLRE l, p. 753: la notizia ivi riportati che al momento dell'abbandono da parte della madre sarebbe stato pruetor urlxmus deriv-e� evidentemente da Girolamo, Chrr:mtco11 s.a. 374: ·Melanium . . . unico pmetore tunc urhano fùio derelitto Hierosolymam nauigauit· secondo l'edi­ zione di R. Helm, GCS, Eusebius Werl.lt> 7, p. 247. Ma se Melania nominò per questo figlio un tutore (L 46, 1 : d. PLRE l, p. 592) è probabile che nel passo di Girolamo si dehba leggere pruetori anziché praetore, identificando in questo anonimo personaggio il tutore di l'ublicola.

1 35

a Palladio non sta tanto a cuore la scelta del giovane, quanto il fano che il suo successo nella formazione, nella carriera e nella paternità sia il fruno della intercessione della nobile e santa ma­ dre , la quale peraltro, come vedremo, alla morte del marito non aveva esitato ad abbandonare il figlio a un tutore per poter recar­ si presso i padri del deserto: Grazie alle sue preghiere, il giovane giunse al più alto grado di formazione mlturale e morale, e a u n matrimonio illustre, e fu partecipe degli onori secolari: ebbe a nche due figli

(L 54,3).

Una più normale condizione matrimoniale è quella ricordata a proposito del nobile di Sparta che Serapione Sindonita riesce a convertire dal manicheismo al cristianesimo (L 37 ,8) . Di grado assai meno elevato del figlio di Melania e del nobile spartano sono alcuni personaggi coinvolti con i padri del deserto, e dei quali si menziona lo stato matrimoniale. Saba di Gerico è un laico sposato, che portava aiuto agli eremiti rifornendol i durante l a none di daneri e verdure: un giorno Saba fu aggredito e trascina­ to per un miglio da un leone che però lo risparmiò, limitandosi a portare via il suo asino (L 52•). Credo che il gustoso quadretto non si spiegherebbe nel contesto se l 'episodio non avesse il senso di una grazia divina concessa a Saba per la sua assistenza agli eremiti, come esplicitato nella versione metafrastica, in cui si dice che il leone era stato mandato dal diavolo7 Un'altra volta Palladio accenna al problema di una coppia in cui la donna , libe­ ra di condizione, è stata trasformata in cavalla per opera di un mago istigato da un suo corteggiatore. Sarà Macario l'Egiziano , eremita del deserto di Scete cui si rivolge il marito della donna , a restitu ire alla donna l'aspetto originario !asciandola anda re con il marito (L 1 7,6-9). Si sarebbe tentati di riconoscere a questo coin­ volgimento rischioso con il mondo animale un giudizio fortemen­ te limitativo sulla condizione coniugale di questi semplici laici. 7 Cf.

G.J.M. Bartel ink i n l'alladio, L a Storia Lausiaca, cit , p. 386.

1 36

Sta di fatto che rispetto a questi pochi esempi di normale vita coniugale sono più numerosi quelli in cui il vincolo, pur regolar­ mente contratto, è rifiutato in favore di una vita ascetica vissuta nel mondo, se non raggiungendo i padri del deserto. Dramma­ tica , ma forse per questo ancor più esemplare , è la vicenda di Paolo il Semplice. Paolo è un contadino tanto rozzo quanto privo di mal izia , sposato a una donna bellissima che lo tradisce a lungo. Quando un giorno sorprende la moglie con l'amante deci­ de di !asciarla a lui insieme ai figli, che considerava non suoi, tà nmSia aùtf1ç, e va da Antonio l'eremita a farsi monaco all'età di sessant'anni. Messo alla prova da Antonio, il quale ritiene che Paolo sia troppo anziano per iniziare un tipo di vita così duro, Palladio osserva che Paolo preferiva pascere gli scorpioni che vivere con una donna adultera11 ( L 2 2 , 1 -7) . Senza la dolorosa esperienza del tradimento, il prete Innocenza del Monte degli Ulivi, quando decide di rinunciare al mondo, inizia con lo stac­ carsi dal matrimonio9 (L 44, 1 ) . Ad Ancira di Galazia il comes Vero e la consorte Bosporia non solo consumano le rendite del loro patrimonio distribuendole ai poveri , defraudando così i figli maschi (ma hanno provveduto alle femmine): vivono in modo severo e modesto, si nutrono di cibi semplicissimi ed esercitano la continenza secondo il volere di Dio (L 66) . A Roma , grazie all'interessamento di Melania seniore, hanno abbracciato una vita viirtuosa e temperante sua cugina Avita con il marito Aproniano, convertito dal paganesimo, e la figlia Eunomia (L 4 1 ,S-; cfr. 54,4) . Ma certo gli esempi più illustri che Palladio può ricordare sono quelli delle due Melanie , le quali però rientrano in due distinte tipologie . Melania seniore, rimasta vedova a ventidue anni, fece nominare subito un tutore per il figlio e si recò ad Alessandria , da dove partì per visitare i padri del deserto, poi si recò in Palestina e si fissò definitivamente a Gerusalemme . donde Il Su questo personaggio d. J.-M. Sauget, Pa olo ti Semplice, BS 10 [196HI. coli. 264-265. 'J Questo lnnocenzo è stato identificato con il futuro papa lnnocenzo I (40 1 -4 17): d'. C. Butlt!r, 7be Ltlusiac History, cit., I l , pp. 2 1 8-2 1 9.

1 37

tornò a Roma per sostenere la omonima nipote (ma anche i predetti Aproniano, Avita ed Eunomia) nella scelta ascetica lo (L 46, 1-2; 54,12). Certo, Palladio s i diffonde più volte nelle lodi d i Melania seniore in quanto benefattrice, grande asceta e propagatrice di questo tipo di vita, impegnata a ricomporre scismi e a combattere eresie, ma la sua scelta iniziale è legata alla improvvisa e quasi provvida vedo­ vanza: di fatto il nostro autore non può che limitarsi a sotto lineare, sia pure due volte (L 46, 1 ; 54,2), la sua resistenza agli affetti familiari quando abbandonò il figlio. Altre vedove dedite alla vita ascetica ricordate nell'opera sono Paola di Roma , Veneria moglie del comes Vallovico, che distribuì in dono le sue ricchezze, Teodora moglie di un tribuno, la quale dopo aver rinunciato ai suoi beni, morì in estre­ ma povertà in un monastero, Bassianilla moglie del genera l e Candidiano, -che h a esercitato l a virtù ascetica con ardente pietà, e che tuttora è impegnata nella lotta•l l (L 4 1 ,2-4•).

Hl

Su Melania cf. N. Moine, Mélallie I 'A ,zcierme, DSAM 10, 1980, coll. 955-

960.

I l TrJ queste donne solo Paola - a pro[X>Sito della quale si ricorda il nefasto influo;so su di lei svolto da Girolamo - è un personaggio hen noto: cf. G. Del Ton-M.C. Celletti, Paola Roma,za, BS 1 0 1 1 9681, coli. 1 23- 1 36 . Nel capitolo Palladio si propone di parlare di donne -di virile tempra, alle quali Dio ha concesso la grJzia di sostenere lotte uguali a quelle degli uomini, affinché non si possa addurre come pretesto che esse sono trop(X> deholi per esercitare perfettamente la virtù . . . sia vergini che vedove- (L 4 1 , 1 ), ma solo le quattro sopm menzionate sono accompagnate dal riferimento a un nome e/o ad una carica tipk:amente maschile espres.o;i in genitivo, che si peno;a (X>S.tianesi­ mo e alla vita ascetica. Palladio dice che la lettu r.l è fatta ÈK 1tp00Wirou toù Wro-­ otoÀDu Kaì toù oom'IPç a una donna che non c.:onOSL-e le S 3, 1 973, coli. 1 349- 1 35 1 ; Id. , EvaRrio Po711ico, DJ>AC I, 1 983, coli. 1 3 1 3- 1 3 1 4; G. Bunge, EtJaRrios Pontikos, Lthk3 4, 1 995, col i . 1 027- 1028.

145

costanza (ma Evagrio identifica in lui l'angelo che gli ha manife­ stato la visione) il diacono giura sul Vangelo che se sarà liberato da quella situazione fuggirà immediatamente da Costantinopoli: una volta svegliato si sentirà vincolato dal giuramento pronuncia­ to in sogno (L 38, 3-7). In questo caso Evagrio si è liberato da una situazione per lui gravosa con la propria forza di volontà, ma pur sempre grazie ad un intervento ritenuto soprannaturale. Ma le sue tentazioni non finiscono con la fuga da Costantinopoli. Palla­ dio accenna successivamente ai dubbi e alle vanità cui Evagrio fu sottoposto a causa del ribollire della sua età una volta arrivato a Gerusalemme. Non sappiamo se con queste parole Evagrio inten­ da alludere precisamente alle tentazioni sessuali. Comunque una malattia provvidenziale macera per sei mesi la sua carne , ed Evagrio guarirà soltanto dopo aver promesso a Melania, cui ha rivelato il suo stato d'animo, di continuare la vita ascetica (L 38, 89) , ancora una volta, perciò, tenendo fede ad un impegno preso con altri . Trasferitosi qu indi per due anni nella Nitria, poi per quattordici anni alle Celle, si darà ad una vita di stenti: una libbra di pane al giorno e un sestiere d'olio ogni tre mesi. Palladio regi­ stra in questo periodo della vita del suo maestro ulteriori tenta­ zioni della lussuria , che Evagrio supera passando nudo una intera notte d'inverno in un pozzo, fino ad irrigidire le sue membra (L 38, 1 1 ) . Ma in punto di morte confesserà di non essere più tor­ mentato dai desideri della carne soltanto da tre anni, nonostante l'età avanzata, le molte preghiere, le fatiche e le sofferenze (L 38, 1 3) , lui che per tutto il periodo trascorso nel deserto non aveva toccato lattuga e verdure, né frutta né uva né carne27 né acqua per lavarsi (L 38, 1 2). Ma tredici anni di penitenza possono essere pochi: Filoromo di Galazia, personalmente incontrato da Palladio, quando è tenta­ to dalla lussuria e dall'ingordigia, respinge la tentazione con una clausura volontaria, con il portare addosso catene211 e con l'asti27

Sesso

Sul regime al imentare degl i asceti cf. in part icolare A. Rousselle,

e società, cit . , pp. 1 70- 176.

211 Si tr.mava di una pmtica in uso press o i mo naci di Siria , ma altrove conda nnata: cf. Historia Mouachom m iu A egypto H, 59 (ed. cit. p. 70);

1 46

nenza dal pane di grano e dai cibi cotti al fuoco. Solo dopo diciott'anni di questa vita Filoromo può cantare l'inno della vitto­ ria (L 45, 2). Ammonio della Nitria è un asceta estremamente rigoroso: dalla giovinezza alla morte non ha mangiato cibi cotti tranne il pane, e non ha esitato a tagliarsi un orecchio per non essere ordinato vescovo, minacciando di sacrificare anche la lingua qualora i suoi fedeli non desistano dal proposito. Non c'è da stupirsi che quando è sottoposto alle tentazioni della carne applichi ferri arroventati alle sue membra, tanto da essere tutto coperto di piaghe (L 1 1 , 4). La tentazione tuttavia può considerarsi non solo un ostacolo da rimuovere , ma un mezzo per a pprendere la vera natura dell'ascesi. È quanto si rivela nella vicenda di altri personaggi. Mosè l 'Etiope, tormentato dai demoni che lo spingono alla lussu­ ria , e pur confortato dagli insegnamenti di Isidoro della Scete, cerca di dedicarsi ad una ascesi più intensa mangiando solo una quantità limitata di pane secco, sottoponendosi ad u n lavoro eccessivo e a preghiere numerose, senza tuttavia trovare giova­ mento. Consultato un altro maestro, si sente dire che il suo stato dipende dal fatto che non ha rinunciato alle sue fantasie sul­ l'argomento. Decide allora di non dormire e non piegare ginoc­ chio per tutta la notte, ma dopo sei anni da che è passato a que­ sto regime non ottiene alcun risultato. Allora comincia a uscire di notte per rifornire di acqua gli asceti più anziani e maggiormente avanzati nei loro esercizi. Proprio nel corso di questa attività tanto caritatevole quanto faticosa il diavolo lo assale colpendolo a lle reni con un bastone e )asciandolo tramortito su un pozzo. Sarà nuovamente Isidoro che, oltre a prendersi cura di lui, lo esorterà a porre un limite alla sua ascesi, e quando Mosè protesta che non intende desistere gli trasmette un insegnamento liberato­ rio sul piano spirituale come su quello fisico: ·Sei stato oppresso in questo modo per il tuo bene, perché non ti vantassi di avere Rufino, Historia mmzachornm 7, 1 5 , 1 1 - 1 3 (ed. cit . , pp. 305-306); A . -J . Festugière,A tztioche pal'emze et ch n!tiemze: L ibauius, Ch rysostome et /es moitzes de Syrie, Paris 1 959, pp. 293-294. 1 47

vinto una pass ione-. Di fatto non solo le tentazioni cessano da allo­ ra, ma Mosè acquisisce un carisma sopra i demoni (L 19, 5-1 1). Analoga è la vicenda di Pacone di Scete, che addirittura cerca più volte la morte. È assai significativo il fano che Pacone raccon­ ti la sua vicenda a Evagrio tonnentato dagli stessi problemi. Dopo quarant'anni di vita in cella, al punto di essere considerato il più puro e il più ascetico degli altri, confessa di essere ancora tentato. A sessantadue anni, non trovando tregua agli assalti del demonio, decide di morire piuttosto che cadere nella passione carnale. Postosi nudo per farsi divorare da una iena nella spelonca dove questa aveva fatto la sua tana, al rientro della belva e del suo compagno è fiutato e leccato dai due animali, che però lo lascia­ no incolume. Tornato in cella il demonio riprende i suoi assalti , assumendo anche l'aspetto di una fanciulla etiope che gli si siede sulle ginocchia dandogli l'impressione di essersi congiunta con lui. Pacone allora si reca nel deserto e trovaro un serpentello se lo accosta ai genitali per farsi mordere e morire , ma non riesce nell'intento. Una voce interna gli rivela che la continua tentazione era servita a non farlo insuperbire, perché confidasse nell'aiuto di Dio piuttosto che nella sua superbia . Questa convinzione lo libe­ rerà dalle tentazioni per il resto dei giorni (L 23, 3-6). Un altro tentativo di su icidio per sfuggire alla tentazione è quello di Elia di Atribe. Con i propri mezzi aveva fondato nella sua città un monastero per raccogliere circa trecento donne dedi­ te all'ascesi. Dovendosi occupare delle varie questioni che sorge­ vano tra persone provenienti da esperienze diverse, dopo due anni di vita tra loro, trovandosi in una età ancora giovanile, sentì la tentazione del piacere. Fuggì allora nel deserto, girovagando due giorni senza mangiare, chiedendo al Signore di farlo morire, per non avere più a che fare con i problemi delle sue assistite, o di essere liberato dalla passione per poter continuare a prendersi cura di loro. La sua preghiera è esaudila con la soluzione radica­ le, sia pure in visione: rre angeli gli appaiono promettendo di liberarlo dalla renrazione qualora si impegni con giuramento che tornerà a occuparsi delle donne. Elia accetta, e gli angeli, sempre nella visione, provvedono ad evirarlo con un rasoio. Agli angeli 1 48

Elia assicura di avere provato un gran sollievo e di sentirsi libera­ to dalla passione che lo tormentava. Torna così al monastero e all'assistenza delle donne da lui raccolte, ma tenendosi prudente­ mente separato da loro in una cella laterale interna, e quarant'an­ ni dopo potrà affermare ai confratelli di non essere più assalito dalla passione (L 29, 1 -5). Qualche volta, come frutto dell'ascesi, in L si contempla anche il raggiungimento di un livello ancora superiore alla semplice impassibilità di fronte alle tentazioni della carne. Sisinnio di Cap­ padocia, dopo anni di vita ascetica presso il suo conterraneo Elpi­ dio che si era ritirato in una grotta sulla montagna di Duca , vicino a Gerico, e altri tre anni di reclusione in una tomba senza sdraiarsi e sedersi, senza uscire di notte e di giorno, è tornato in patria, è stato consacrato presbitero, e ha riunito attorno a sé una comunità di uomini e di donne. Di lui si può dire che ha superato il condi­ zionamento dell'appartenenza a un sesso , realizzando in sé la per­ fezione dell'essere in Cristo secondo il detto paolino di Gal. 3, 28: con l 'au�1erità della �ua vita ha SGtcciato quanto vi era in lui di maschile in rapporto alla concupiscenza , e con la tem­ peranza ha frenato l ' istinto femminile delle donne, in modo che si adempLte né maschio né femmina·

(L 49, 1 ").

Ancor più ammàs Talide di Antinoe, dopo ottant'anni di asce­ si, sorprende lo stesso Palladio con una libertà di spirito certo non comune per l'epoca: La vecchia donna aveva raggiunto u n tale grado d i di­

stacco dalle comu ni passioni che, quando io fui entrato e se­ duto, venne e si sedette accanto a me e m i pose le mani sulle spalle, in uno straordinario impulso di fra nchezza

(unrp�oì..lj

mxppttaiaç L 59, 1 ) .

Una discepola di ammàs Talide, la vergine Taor, rimane a lavorare in monastero vestita dei suoi cenci anche quando le sue compagne vanno in chiesa a ricevere la comunione, e la sua virtù è tale da respingere ogni attenzione men che corretta rivolta alla sua stupefacente bellezza: 1 49

E aveva il volto di narurale così

perfe tto

che anche l 'uo­

mo più rigido rischiava di sentirsi affascinato dalla sua bellez­ za : se non che , come custode di eccezione, ella aveva l a cast i t à , e con i l s u o misurato atteggiamento respi ngeva l o sguardo l in:nzioso , forzandolo al rispetto e al timore (L 59,

2).

La caduta

Ohre a questi casi di tentazioni superate e di perfezione rag­ giunta, Palladio si trova a registrare nel suo racconto taluni esem­ pi di cedimento alle tentazioni. Uno solo è presentato in m odo paradigmatico, senza la ricomposizione conclusiva che caratteriz­ za gli altri esempi. Si tratta della storia di una anonima vergine, da lui personalmente conosciuta a Gerusalemme, che dopo sei anni di reclusione e di privazioni aveva aperto la finestra all'uomo che si prendeva cura di lei, cadendo in peccato con lui. Palladio si sofferma a valutare le cause del fatto: la donna aveva praticato l'ascesi non per amore di Dio, ma per apparire davanti agli uomi­ ni, cioè per vanagloria e per un proposito corrotto (1Catà OICTlVlÌV àv9pcmrlvf1v, o èan Kevo&>çiaç Kaì aaepàç ttpocnpiarox;), impegna­ ta come era a giudicare gli altri (l 28). A questa vicenda che si conclude , a differenza delle altre, senza il pentimento della donna, si contrappone quella di un'altra vergine asceta , che dopo nove anni è sedotta da un cantore e dà alla luce un figlio. Ma nella donna subentra un senso di odio verso il seduttore e di pentimento per il peccato commesso, che si esprime con il digiuno e la preghiera . A Dio la donna chiede di riprendersi il frutto del suo peccato: se il bambino morirà sarà per lei un segno che Dio non vuole la sua perdizione, impedendole il suicidio che sta meditando. La tragica richiesta è esaudita. La donna allora abbandona per sempre il seduttore e si dà a una vita di digiuno per trent'anni, al servizio delle donne malate o paraliz­ zate. Un presbitero ha una rivelazione: la donna è stata più gradi­ ta a Dio nel pentimento che per il tempo in cui ha mantenuto la sua verginità (L 69, 1 -3). I SO

Forse proprio l'analogia della situazione richiama a Palladio nel capitolo seguente la storia di un'altra donna, figlia di un prete

in peccato e rimasta incinta. Spinta dal seduttore, la donna dichiara al padre che il colpevole è Eu stazio, un lettore della stessa città . Il prete denuncia il fano al vescovo. Le proteste di innocenza di Eustazio non sono credute, tanto che il vescovo lo depone. Eustazio allora chiede che la donna gli sia data in moglie: in realtà la affida a un monastero femminile per il tempo della gravidanza. Scaduto il tempo, pur tra le doglie la donna non riesce a partorire, e dopo più di una settimana confessa di avere calunniato ingiustamente il lettore. Il pa dre della giovane, informato di questa confessione, non osa pa rlare per non essere accusato lui stesso di calunnia. Alla fine le monache che hanno cura della donna riferiscono i fatti al vesco­ vo, ed essa riuscirà a partorire soltanto quando questi si reca dal lettore , che da tempo si era chiuso in preghiera rifiutando di accogliere i diaconi mandatigli dal vescovo ad ingiungergli di intercedere per la sua calunniatrice, ed entrambi si inginocchiano per pregare . L'episodio è narrato come esempio dell'efficacia della preghiera e della costanza di Eustazio29 (L 70, 1 -5). A volte Palladio ricorda i mali fisici mandati da Dio come pu­ nizione del peccato carnale. Erone di Alessandria è un giovane che lo stesso Palladio ha conosciuto, ammirandone le qualità in­ tellettuali e la grande forza negli esercizi ascetici, anche se talvolta ha dato prova di orgoglio e di ingratitudine verso il maestro Evagrio. Dopo essersi recato nella Scete con Palladio, Erone, co­ me spinto da un fuoco interno, torna ad Alessandria e là cambia completamente vita: ·scacciò chiodo con chiodo•. Frequenta il tea­ tro, gli ippodromi e le bettole, e fmisce per intrecciare una relazio­ ne con un'attrice di mimi. Ma improvvisamente gli si forma una piaga sul glande che si protrae per sei mesi fino a che i genitali non vanno in putrefazione e cadono. Alla malattia e al suo radica­ le esito (simile alla evirazione Èv ÈK di scuse e di incomggiamento che Pu­ blicola sul letto di morte avrebbe rivolto alla figlia e al genero non compare nel corri.o;pondente passo della vita latina (ed. M. Rampolla del Tindaro, Ro­ ma 1905, p. 7).

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pirlo troppo, nemmeno per la sua precocità: già sua madre, Me­ lania seniore, dopo aver perduto in rapida successione il marito e due figli, a ventidue anni aveva lasciato Roma per la Terrasanta af­ fidando Publicola alle cure di un tutoredat qua/iter se oralfoui defimderet, q ua/iter se tamquam praesenli Ch rlsli pedibus alliga ret et quasi n>pleta delicits sic lo11go ieitmio satiaretu r in /acrlmis?

1 82

nitivamente ai suoi doveri di moglie dopo l'uccisione di suo fra­ tello, quando ella impose al vescovo Medardo di Noyon di consa­ crarla diaconessa, vivente il marito e senza averne chiesto il pre­ vio consensdl5; fondò poi a Poitiers il convento della Santa Cro­ ce, nel quale trascorse come monaca il resto della sua vita. Da Gregorio di Tours apprendiamo che era stato Clotario a farne uc­ cidere il giovane e innocente fratello86, per cui è fortemente pro­ babile che Radegonda si sia determinata alla fuga nel chiostro oltre che per amore dello Sposo celeste - anche per una profon­ da avversione nei riguardi dello sposo terreno. Ma non è questa la motivazione che del gesto della regina , audace e contrario al diritto canonico (le diaconesse dovevano essere vedove), offre il suo biografo Venanzio Fortunato, che nell'assassinio del fratello vede l'occasione offerta alla santa dalla Provvidenza per realizza­ re un progetto a lungo accarezzato87. Venanzio, che aveva vissuto per parecchi anni a stretto contatto con lei, tende a spiegare con l 'intima vocazione monastica della regina anche comportamenti che lasciano supporre insopportazione nei confronti del marito. Così, la scarsa propensione di Radegonda a condividere il talamo (spesso, col pretesto di una necessità fisica, abbandonava il leno coniugale per andarsene a pregare, e Clotario si lamentava di avere per moglie una monaca , non una reginallll) , è da lui inserita IIS Vita l, 12, 26-28: per vincere le resistenze del vescovo, che sa di non poter con..aacr-d zione: sarehhe hastato parlare di una scelta compiuta con il conseno;o del coniuge. liti Greg. Tur. , HF 3, 7. H7 Vita l, 12, 26 et quouiam freqmmter aliqua occasioue divinitate pro­ sperallte casus ceditur ad salutenz, ut baec religtosius viveret frater interft­ citur lmzocellter: il prudente Venanzio preferL'ice non anribu ire a Clotario

la responsabil ità dell"assassinio. 1111 Vita l, 5, 14 sg.

1 83

nel contesto della grandissima pietà della santa : fin da bambina sognava il martirio��';� e manifestava totale dedizione a Cristo90; in lei il matrimonio con un re della terra non aveva scalfito il preesi­ stente e ben più forte legame con il re dei cieli ( nubit ergo terre­ no principi nec tamen separata caelesti, [. . .] plus partic ipata Christo quam sociata contugio)9t . Se Fortunato minimizza i pur evidenti segni della repulsione provata da Radegonda, tali segni sono del tutto assenti nella seconda biografia della santa, compo­ sta da una monaca di Poitiers, Baudonivia . Baudonivia, che non aveva conosciuto la regina , ne sottolinea la santità insistendo sul carattere eroico della rinuncia al trono e al condiviso amore del marito: vicit dulcedinem con iugis92. Accanto ai casi di rinuncia volontaria, ci sono quelli di rinun­ cia forzosa . Quando nell'estate del 4 1 0 venne inopinatamente eletto all'episcopato di Tolemaide, il quarantenne Sinesio era spo­ sato da sette anni. In una lettera al fratello, da lui scritta perché tutti - e in primo luogo il patriarca di Alessandria Teofilo, che avrebbe dovuto consacrarlo - ne venissero a conoscenza, egli elenca tutte le perplessità che gli rendono difficile l'accettazione di un incarico tanto impegnativo9.\ e fra i motivi da lui addotti c'è la sua intenzione di non interrompere la propria vita matrimoniale: Intanto, ho una mogl ie, concessami da D i o , dal l a legge , dalla sacra mano di Teofìlo. Dichiaro puhhl icamente e chia­ mo tutti a testimoni che non intendo assol utamente esser separato da lei nt: conviver con lei di nao;costo come u n adul­ tero, chi: l'una cosa sarehhe affatto empia , l 'altra affatto i l le-

Vita l, 2, 5 si co11jerret sors temporis, martyra fieri cupieus. Vita l, 2, 6 sg. 9 1 Vita l, 3, 9. 92 Vita RadeRrmdis Il, 4. Su questo aspetto del la hiografia scritta da Haudonivia cf. F. E. Co n-;o l i no , Due aRiORrafi per rma regi11a:Radego11da di Tu rillRia fra Fortrmato e Bamlouivia, · Stu d i storici· 29, 1 988 , p. 1 5 3 sg. 9-' Epist. 105, 10 sg. , ed. Garzya : · q u a n do considero attentamente me stesso, mi t rovo affat to i n ca pa ce d i ad eg u a rmi alla sa ntilà di questo ministe­ ro sace rdota le· trad. di A. G a rzya , Opere di Siuesio di Cinme. Ep is tole operette fimi, Torino I 9H9, p. 273. H'J oo

1 84

gale, e io invece voglio avere molti e buoni figl i e per ciò continuerò a pregare . Desidero che non l o ignori col u i dal quale dipende la mia consacrazione94 .

Ma ad onta di questa sua intenzione (e delle sue pos iZioni eterodosse) Sinesio venne ugual mente consacrato vescovo . S i nesio v iveva nel l 'Oriente grec o , dove in fa tto di castità sa c e rdotale ci si l i mitava ad applicare il precetto di Paolo che proibiva il sacerdozio a chi si fosse sposato più di u na volta95 , ma s i concedeva di continuare nella propria vita matrimoniale a ve­ scovi, presbiteri e diaconi che risu ltassero già sposati al momento d e l l ' o rd i n a z ione%. In Occidente , invece , ai sacerdoti era fatto obbl igo di castità , e anzi nel 385 papa Siricio aveva minacciato di scomun ica tutti i chierici sposati, dai diaconi in su , che non aves­ sero praticato l 'astinenza assoluta97: owia conseguenza di questa norma era l ' imposizione della castità a qu elle coppie che non avessero in precedenza imboccato la via della rinuncia ascetica . Su questo sfondo si colloca un caso di disobbedienza ricorda to

da Gregorio di Tours appena prima della storia dei due amanti:

Ibid . , 62-6H, tr.:�d. Garyza , p. 275. 1 Tim. 3, 2. % È questa la posizione espressa dalle Constitutiones Apostolicae (6, 1 7 , l ed. M. Metzger, SCh 329 tome Il), u n testo siriaco composto ad Antiochia intorno al 380 (cf. tome I , SCh 320, pp. 54-60). 'J7 L'obbligo di castità per i sacerdoti era previsto già dal canone 33 del Concilio di Elvira , tenuto nel 300 circa , ma dà p iena efficacia a questa norma la decretale di papa Siricio al vescovo Imerio di Tarmgona (Epist. l , 7 , 1 0 sg. , P L 1 3 , col . 1 1 3H sgg . ) , che viene ribadita dal suo successore Innocenzo, Epist. 2, 4-6 acl Victricium, PL 20, col. 473 sg. I l provvedimento non mancò di creare difficoltà in occidente, dove agli inizi del V secolo c'er..t ancom un nutrito gruppo di vescovi (più di 350 dice, forse con qual­ che esagerazione, G irolamo, Epist. 69, 2,2) che avevano contmtto hen due matrimoni, il primo dei quali anteriormente alla conversione . Sulla difficoltà di imporre una normativa rigorosa, si veda A . H . M . Jones, Il tardo impero romallo, I I I , tr.Jd. it. Milano 1 9H l , p. 1 37H e note 147 e 1 4H (p. 1 6H4). Sulla complessa questione della castità sacedotale si rinvia , in questo stesso volu ­ m e , al contributo di Teresa Sardel la. ? l tu­ ne soror nati genetrixque vo cahere fmtris?·; Met. 10, w. 520-2 1 : ·llle sorore natus avoque suo•. H Cf. M . Zink, !lztroduzlolle a Le romcm d 'Apollou ius de Tyr, P a ris 19H2, p. 23 sgg . ; G. Chiarini, Esogamia ed incesto uel/a 'Historia Apoll01zii T'f!RiS Tyri, ·Materiali e disL'Ussioni per l 'analisi dei testi classici· 1 0- 1 1 , 1983, pp. 273 sgg. H Cf. Chiarini, Esogamia ed iucesto, cit. , p 267. H Cf. a prop osito, Kortekaas, Historia Apollouii, cit . , pp. 1 24-26 ; F. Riz­ zo Nervo, La Vf.''8i1le e il lupauare. Storiografia, romanzo, agiografia, in La uarralitJa crislia11a allfica, XXIII I ncontro di studiosi dell'antichità cri.c; tiana, Roma 5-7 maggio 1994, Roma 1 995, pp. 9 1 -99, in particolare p. 98 sg. ·

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che quello di Apollonio è tra i romanzi classici l'unico ad essere stato riscrino in forma cristianizzata�. Ma come è raccontato l'amore incestuoso in un contesto in cui Eros continua ad essere rappresentato come malania47? Il racconto del sorgere dell'amore e dell'incesto consumato da Antioco è ben diverso da quello della Fedra euripidea o della Mirra ovidiana ed è connotato, anche dallo stesso lessico e dalle inunagi­ ni cruente cui rinvia , da conflitto e violenza. Non è Afrodite o Cupido a colpire Antioco ma è lui stesso che, dimentico di essere padre, -cogente iniqua cupiditate fiamma concupiscientiae incidit in amorem411 filiae suae [ . . ) cum luctatur cum furore, pugnat cum dolore, vincitur amore; excidit illi pietaso (cap. l , 10-1 2). Non è il ricorso al lessico guerresco che colpisce, ché l'uso di metafore che rimandano allo guerra è antico e ben noto, lo stesso Eros è sin dagli inizi un arciere che scaglia frecce mortali. SignifiCativo è piut­ tosto il ricorrere, all'interno di una retorica della guerra, a quelle metafore e a quei termini che evocano aggressione e violenza fisi­ ca individuale. Una analoga terminologia descrive l'irrompere di Antioco nella stanza della figlia: ·inrumpit cubiculum filiae suae [ . . .) prima luce•, ché ·su i pectoris vulnus ferre non posset•. E la figlia è costretta ad opporsi a lui che -stimulante furore libidinis diu repugnante filiae sua e nodum virginitatis eripuit• ( cap. 1 , 1 61 7). Le gocce di sangue che cadono sul pavimento, nonostante la fanciulla -dum miratur scelestis patris impietatem, fluentem san.

46 È anche un romanzo che t! stato tramandato da un numero notevol­ mente superiore di codici manoscritti rio;peno agli altri e che dagli altri s i distingue per gli innumerevoli rifacimenti che di esso circolarono per rutto il Medioevo e oltre in tutta Europa. È il romanzo che ha avuto la prima edizio­ ne a stampa e, in tempi moderni, un maggior numero di edizioni critiche. 47 Cf. capp. 1 H- 19. 411 L'espressione iucidere ill amorem non è ricorrente in epoca class i ca e diviene più frequente nel latino ta rdo sopmnuno in opere tr.tdotte dal greco. Ricorre, ad esempio, nelle Recogt�ittoues, trJ.duzione di Rufino delle Pseudo-Ciementine, spesso in riferimento ad amori illeciti. È invece molto comune !"equ ivalente greco ltilnm, ÈJ!xiln:m lpmn. Negli autori cristiani il verbo lti Jttm è usato in relazione all' immoralità sessuale, cf. Kortekaas, H/storia Apollouii, cit., pp. 109; 240. ,

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guinem coepit celare• (cap. l , 18- 19), restano a testimoniare il compiuto delitto e u na scena di violenza fisica . L'unico reme­ dium amoris è quello nominato dalla fanciulla , •remedium mortis mihi placet•, ed è contro l'orrore provocato dal delitto paterno manifestato con parole in cui ricompare l'immagine del sangue e l'immaginario anche erotico da essa evocato: ·horreat < ne > haec macula gentibus innotescat• (cap. 2, 12- 14). Non sono né Afrodite né Cupido, divinità cui non ci si può opporre, a ispirare l'amore scellerato, ma la fiamma della concu­ piscenza : l 'amore incestuoso scellerato viene dal "corpo" , non è eros/malattia cui possono opporsi remedia, non è ttaOoç È.p(1)­ nK6v, è puro desiderio sessuale. E il desiderio sessuale appagato verrà punito da un fulmine divino49. Antioco e la figlia moriran­ no, Apollonio avrà il regno del re incestuoso. Nel testo non è detto perché Apollonio debba avere il regno di Antiochia , anzi la mancanza di una motivazione è stata sottolineata da più di uno studioso e alcuni dei rielaboratori medievali si preoccuparono di sanare la lacu na adducendo giustificazioni diverse . La mente torna al mito di Pelope, in cui Pelope conquista il regno ma anche la figlia incestuosa , e si è tentati di interpretare lo scarto rispetto ad esso all'interno della cristianizzazione del testo: l'eroe Apollo­ nio, divenuto cristiano, non può sposare la ragazza incestuosa ché il suo corpo è contaminato. Potrebbe non essere casuale che la notizia della morte di Antioco e figlia e l'invito fatto ad Apollo­ nio di andare a prendere possesso del regno avvenga proprio quando Apollonio si è sposato con la figlia buona di un padre buono, quasi che il regno di Antiochia sia un regalo divino ad una unione lecita proprio nel momento in cui la moglie di Apol­ lonio si è accorta di aspettare una bambina. Le numerose versioni medievali della Historia che ritroviamo, a cominciare dalla più antica versione inglese, contenuta in un manoscritto dell'XI secolo, in tutte le letterature occidentali, riela­ borano il testo ciascuna in modo funzionale al contesto socio-cu iw

Cap. 24 , 1 4 sgg.

263

turale in cui si inseriscono. In riferimento all'incesto, tema centra­ le della Historia, si verificano due possibilità. In alcune versioni l'incesto passa in secondo piano in quanto all'interno del nesso incesto/esogamia è quest'ultima ad essere privilegiata nelle modi­ fiche e nelle aggiunte rispetto alla Historia. Nelle versioni france­ si, ad esempio, l ' incesto perde la sua funzione stru ttu rante e diviene stru mento della usurpazione del regno, in uno schema narrativo che segue il modello del romanzo cavalleresco d'avven­ turaSI>. Altrove l'incesto resta tema principale ma solo come argo­ mento di racconto esemplare. È il caso dei Gesta Romanoru m in cui la storia di Apollonia si ritrova sosta nzialmente i nvariata rispetto alla sua prima versione latina , ma è significativo che in uno dei manoscritti non si faccia menzione di Apollonia nella rubrica iniziale che recita: ·De Antiocho qui filiam propriam co­ gnovit et tantum eam dilexit quod nullus eam in uxorem habere potu it nisi problema ab eo propositum solveret•5t . Nei Gesta sono raccolte molte altre storie di incesto di personaggi significativi, anche storici come Gregorio Magno, e l'incesto viene recuperato nella sua dimensione sociale nella e dalla lettura allegorica mora­ le che segue i racconti. Nelle letterature medievali occidentali, in cui il tema dell'ince­ sto è abbastanza diffuso, le numerose storie di incesto sono pre­ valentemente storie di padri incestuosi e sono connesse, per nu­ cleo e struttura narrativi, con la cosiddetta saga di Costanza , che, nella sua forma primitiva , è stata indicata come modello della Historia Apollonii insieme alla storia-cornice delle cosiddette Pseudo clementine�2 . Sono storie che sviluppano spesso il moti­ vo della "fuga dall'incesto", tema popolare tradizionale ma molto 'lo Cf. Zink, l11troduzioue, ci! . , p. 54 per la versione di Vienna e, per u n a i nterpretazione complessiva delle principali versioni fra nces i , A . P ioletti , Il modello 11a rrativo deii '·Apollo1lto eli Tiro· e a/erme versio 11 i

roma11ze, in Medioevo rommzzo e orleutale. Oralità, scrittura, modelli tzar­ ralitJi, Atti del Il Colloquio I nternazionale, Napoli 1 7 - 1 9 febbrc�io 1 994 , a mra

di A. Pioletti e F. Rizzo Nervo, Narx>li 1 995, pp. 1 1 -27.

�� Cf. Archihald, Apollou ius, cit . , p. 1 9 1 . s 2 Cf. pe r l a relativa hihl iografla , ibidem, pp. 34 sgg.

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ra ro nella letteratura classica , insieme a quello della separazione dei membri di una famiglia che, dopo varie avventure, si ritrova­ no, si riconoscono e si riuniscono; storie in cui il motivo dell'ince­ sto concorre insieme a tanti altri , ugualmente noti e diffusi, a for­ mare l'intreccio delle storie all'interno delle quali assume, al pari di tutti gli altri, funzioni diverse. Ad eccezione delle rielaborazioni del romanzo di Apollonio, il tema dell'incesto sembra, invece, avere subito una forte censu­ ra nella produzione letteraria medievale in lingua greca. È merito di Vladimir Propp avere individuato l'intreccio unita­ rio di alcune leggende quale variante cristiana del mito narrativo dell'eroe fondatore proprio della leggenda di Edipo e diffuso nel folklore universale. Propp sistema il materiale europeo in quattro tipi folklorici: di Andrea , di Giuda, di Gregorio, di Albano indi­ candone le zone di diffusione53. Non si vuole qui entrare nel merito della interpretazione dell'intreccio nelle sue varianti. Mi limito solo ad osservare che l'unica area europea in cui non resta traccia di nessuno dei quattro tipi è quella bizantina , nel senso che non troviamo versioni greche del mito. E dire che Andrea è proprio il famoso Andrea di Creta cui si deve la grande diffusione del canone - dalla tradizione agiografica bizantina gli è anche at­ tribu ita la creazione -, la forma innografica che nella liturgia bi­ zantina sostituì il contado, e che papa Gregorio fu molto cono­ sciuto a Bisanzio. È proprio sulla leggenda di Gregorio Magno che vorrei soffermarmi. Il tipo dell 'eroe fondatore Gregorio, caratteristico, secondo Propp, dell'Occidente cattolico e della Polonia è noto anche tra i cechi e, in tradizione manoscritta, tra i russi. Della leggenda di Gregorio, figlio di due fratelli e a sua volta incestuoso con la madre prima di diventare papas4, troviamo versioni in tutte le let-

�3 Cf. Propp, Edipo, cit . , in particolare p.

88 sg. Questo schematicamente l"intreccio della storia . Gregorio nasce dal r.1pp orto incestuos o di due frJtelli e viene ahhandonato con alcune tavolet­ te in cui la madre spiega le cause del l "esposizione. Il padre , andato a Gerusalemme a pregare per i propri peccati, muore. Gregorio viene r.tccol­ to ed educato, per lo più in un monastero, e una volta adulto parte alla �

26 5

terature occidentali 55 a partire dalla Vie de sa tnt

Grégotre francese

del XII secolo fino ai nostri giorni nella riscrittu ra ironica del romanzo di Thomas Mann L 'eletto . Solo in epoca medieva le conosciamo quattordici versioni della leggenda: in latino, antico francese , medio-inglese, medio-altotedesco, neerlandese, irlande­ se. Gli studi sui testi indicano nell'Oriente cristiano prearabo l'ori­ gine della sua diffusione e postulano redazioni in lingua greca. In riferimento alla

Vie de saint Grégoire,

la più antica delle versioni

occidentali, sono state formulate due ipotesi di trasmissione al­ l'Occidente , dove sarebbe pervenuta o in versione siriaca o se­ condo la linea originale greco>versione latina>versione in volga­ re, comune a una serie di testi agiografici e anche al romanzo di Apollonio. Di Gregorio incestuoso però a Bisanzio non c'è traccia. Eppure Gregorio era molto conosciuto a Bisanzio, dove era stato apocrisario pontificio dal

579

al

586;

in buoni rapporti con

l ' imperatore Mau rizio, aveva intessuto amicizie con personaggi illustri . Episodi della sua vita circolarono prestissimo56; i suoi

Dialoghi,

a Bisanzio veniva chiamato ò AuU.oyoc;, tradotti da papa

Zaccaria fu rono già alla metà dell 'VIli secolo fra le pochissime opere latine accessibili a un pubblico di lingua greca, circolarono ed ebbero un notevole successo57; il patriarca Fozio ne riassume

ricerca dei genitori. Dop o v-.1rie avventure sposa una regina, la madre, spes­ so dopo averla lihemta , e sale al trono. Appresa la vero� identità della donna si allontana e si isola dal mondo (o si chiude in una grotta su un'isola o s i fa incatenare ad uno scoglio). Dopo molti anni di penitenza, per volontà divi­ na, viene libero�to e diviene papa. La sua fama di santità raggiunge anche la madre che si reca da lui a confessa rs i e si riconoscono a vicenda. �� Cf. E. Burgio, 'Quel/euforscbmzg ' e di.f[usi01ze 7leii 'Occideme medie­ vale della Vita Apcx:rypha eli sau Gregorio. Uu regesto bibliografico, ·Annali di Ca' Foscari· 22, 1 993, pp. 57- 1 0 1 che fornisce u na ro�ssegna completa delle versioni della leggenda di Gregorio e dei testi ad es.'ia connessi e da mi attingo quanto ad es.'ia si riferisce. Y> Uno di questi t! ricordato nel Prato di Mosm, c-.1p. 1 5 1 . � 7 Per una aggiornata hihliogr.1fla si veda oro� E.V. Maltese, Appu u tt su Zaccaria trudu ttoR! di Gregorio Mag 11o, in La truduzto7le a

dei

testi religiosi,

mr.1 di C. Moreschini, G. Menestrina, Brescia 1994, pp. 243-52.

2 66

la vita canonica nella sua Biblioteca dichiarando che ne esistono diversi estratti5H. Due le ipotesi: o non è mai esistita una versione greca di que­ sta Vita apocrifa59 o non ci è pervenuta , in tutti e due i casi risulta chiaro che Gregorio Magno papa incestuoso prima o dopo è stato vittima di censura a Bisanzio, quasi che i Bizantini non si consentissero di raccontare l'incesto neanche quando, come nel caso di Gregorio, il fa rlo era funzionale a connotare l'eletto , il nuovo Edipo . Oltre alle riscrinure occidentali della vita di Gregorio circola­ rono altre storie di cui è tema l'incesto, alcune legate al tipo folk­ lorico di Gregorio altre no, che rimandano ad un'area cristiana di diffusione del tema molto più ampia di quella della leggenda di Gregorio. Fra queste alcune sono in qualche modo legate all'area bizantina611• Di nessuna di queste storie, che io sappia, è rimasta una versione greca e, se non è da escludere che alcune di esse circolassero in forma orale, è significativo di per sé che ne man­ chino testimonianze scritte. Se a Bisanzio si può scrivere di Eros61 , pur nelle mille con­ traddizioni e nei limiti di una società caratterizzata nelle sue rela­ zioni sociali da quella che viene definita da Kazhdan ·the ambiva'iH

Bibl. 252.

w

Alcuni motivi in essa presenti si ritrovano in area bizantina. La

Vita

bizantina di S . M a rtiniano di Cesare a , ad esempio, contiene il motivo, comune a molte versioni di quella di G regorio, dell 'asceta che si rifugia su u no scoglio in mezzo al mare. fAI In particolare: il Roma11zo del pio re Armentos dt Tiro, di sua moglie e dei suoi figli, che ci resta in co dici ambi, in un codice miscellaneo di testi agiogrc�fici, religiosi e dottrinali (Vat . , B.A.V. syr. 37, 1 579) viene attribuilo a Zosima Tarsensi Episcopo; il Raccomo di rm uomo, il cui padre era pure suo zio, e la w t madre era pu re sua zia, si trova in un codice bilingue, siriaco e trciduzione arc1ba , che contiene testi agiogrc1fici di origine bizanti­ na; un mcconto p op olare bulgaro di Paolo di Cesarea è ritenuto apogmfo di un originale bizantino; la vita serha di Simone il trovatello è a nch'essa ritenuta apogr.tfa di un originale bizantino. 6 1 Sulla letteratu ra erotica biza ntina si veda in generale H . - G . Bec k , L 'eros

a Btsa11zio, Roma 1994 (Mi.inchen 1 9H6).

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lence of reality-62, più difficile è scrivere di Eros incestu oso. Di incesto ci è dato leggere solo se lo scrittore ha u na copertura , sia essa quella dell'insegnamento, come nel caso del retore Vasilakis che ci racconta di Mirra, sia quella della traduzione di opere altru i, come nel caso di Massimo Planude che traduce Ovidio. In entrambe i casi non è l'autore a parlare, è il mito, À.6'yoç 'lfE\>Or1ç. è l'eredità classica parte integrante dell 'identità bizantina , sono la retorica e la filologia , "dogmi" letterari bizantini. Di incesto si potrà liberamente parlare lontano dalla capitale, con un intervento di cristianizzazione in se nso ortodosso, proba­ bilmente da attribuirsi anche ad un bisogno da parte degli autori di addolcire la scelta di un tema scabroso63. Come già detto, sono due le rielaborazioni in lingua greca dell'Apollonio, la �UTYtltrihuivano ai poveri dtx>, vino e miele. 6-1 Cf. Sp. Lamhros, Ai Katà trov roxoyp