Le foglie del destino. Storia, fascino e mistero dei Naadi Shastra
 9788899303204

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Enrico Baccarini

LE FOGLIE DEL

DESTINO Storia, fascino e mistero dei Naadi Shastra 5000 anni di divinazione indiana

Enrico Baccarini

LE FOGLIE DEL DESTINO

EN IGMA Edizioni© Prima Edizione digitale, Novembre 2016, ePub e Mobi 1° Prima Edizione cartacea, Novembre 2016, Edizione cartacea ISBN 978889930.1204 -

Disponibile anche in versione eBook

ENIGMA Edizioni©

Via Cino da Pistoia, 2 50133, Firenze P. I.- 06513450483 celi. +39 347 80047 16 [email protected] www .enigmaedizioni.com

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Introduzione di Agnese Sartori Cari amici, ci troviamo sempre tutti, prima o poi, a confrontarci con il tema del nostro destino: momenti di decisioni cruciali, il timore di sbagliare, il sen­ so di incertezza su quale direzione scegliere ... e ci si affaccia, così, magari per la prima volta, all'esperienza della Chiromanzia, dei Tarocchi, del Pendolo, della N umerologia, della Astrologia ... anche i più ostinati scettici, ammettono di esserci "cascati" almeno una volta! Purtroppo tale vasta materia di studio e tradizione (millenario percorso di ric­ ca, profonda e saggia eredità, che si cela dietro esperienze occasionali), si con­ suma così nella brevità, nella superficie e ahimè nella ciarlataneria diffusa, nel­ la superstizione, nella menzogna, mediante una manipolazione condita di ma­ lafede e suprema ignoranza, quando non vi è pure truffa ... ! Il panorama è desolante, e scoraggia anche i meglio intenzionati e insozza vergognosamente le realtà magnifica e metafisica che è all'origine del grande mistero della divinazione. Esistono poi, nel passato come anche oggi, persone con doni straordinari che hanno il dono d'accesso a certe dimensioni (cito solo dal recente passato Gu­ stav Rol ed Edward Cayce), ma si tratta di straordinarie, vistose eccezioni. Nei secoli che ci hanno preceduto, parlo di quelli di Storia narrata e "rintrac­ ciabile" (!), su questo nostro pianeta sono state inventate, create e rivelate mol­ tissime forme, o "sistemi ", per accedere alle Porte Sacre dell'ignoto, quella Dimensione dalla quale poter - forse - rapire le tanto agognate risposte che riguardano il nostro labile presente, per proiettarci più consapevoli e sicuri verso il futuro. Personalmente, una notte a Roma, molti anni fa ospite in una casa di amici, trovai sulla testata del mio letto un libro "l'oroscopo di Rasputin" ; era un momento lavorativo chiave della mia vita, porsi una domanda importante e la risposta mi lasciò letteralmente sbalordita per la incredibile attinenza con la mia situazione; ero molto giovane e mi chiesi per ore, quella notte, come mai avessi trovato una risposta così importante, in una casa quasi sconosciuta, in un libro altrui e in quel modo casuale, e proprio quella notte in cui dovevo prendere una decisione. Negli anni ho imparato poi ad apprezzare "il Libro dei Mutamenti", incredibi­ le fonte di meravigliosi commenti e suggerimenti sulle tappe della nostra esi­ stenza individuale; il testo dell'IChing è rimasto il grande compagno della mia vita; mi piacquero subito certe parti del testo : ... dapprima esamina le parole, 3

poi medita tutto ciò che esse intendono ... allora si palesano le normefisse . . . però se tu non sei la persona giusta a te non si svelerà il significato . . era come un rendersi conto che È IL PERCORfO INDIVIDUALE il responsabi­ le di quel momento, di ''Que!' nodo esistentfale, come della comprensione della risposta. . .

Leggendo testi altamente simbolici, come il Libro dell 'I Ching, è inevitabile domandarsi come tutto sia appunto correlato, fra Cielo e Terra, per condurci nella direzione che è giusta per noi, anche se non ci pare che sia "quella" !!! Più avanti, infatti, dice: il Libro dei Mutamenti "è alla pari dei Cieli e della Te"a, e quindi è in grado di valutare peifettamente la Via dei Cieli e della Te"a... " . È insomma come dire che noi, p u r essendo formiche o poco più, siamo parte del grande progetto Cosmico, noi siamo il microcosmo che comprende in sè la Via dell'Universo. Dovremmo allora scrivere che parliamo del nostro Destino, con la D maiu­ scola, come se nei misteriosi immensi percorsi del Cosmo, fra Universi e sciami di Stelle, esistesse un filo rosso, un percorso individuale, "tracciato", che non corrisponde neanche al percorso di una formica su una autostrada? Sì perchè è una proporzione inimmaginabile; se pensiamo che semplicemente salendo su un aereo, dopo pochi minuti gli uomini neanche si vedono più ... Dove sono? Dove siamo? Dove sono i nostri sogni, le nostre lacrime, le no­ stre battaglie? Dall'alto si vedono però certe "opere" dell'uomo, come le linee di N azca ... chi le ha fatte non si sa, ma certo la PROSPETTIVA DALL'ALTO le rende significativamente funzionali e simboliche di un "atto", di una Opera. Un messaggto. Di fatto, ciò che distingue la vita dell'uomo, è il messaggio che lascia ... Certi personaggi emblematici, nella mitologia di tutti i tempi, come nella Let­ teratura mondiale, hanno infatti lasciato un SEGN O INDELEBILE ... PROMETEO, ha rubato il Fuoco agli Dei per darlo agli uomini . . . D o n Chisciotte, lottava per i suoi ideali contro i mulini a vento per realizzare un sogno irraggiungibile ... è il Sogno della Perfezione che, come esseri Spiri­ tuali, abbiamo dentro. L'uomo è un co -Creatore, è la sua opera, il suo 'fare', che traccia il suo desti­ no ... Fra gli indiani d'America, è detto "Ciò chefai, fa te". Nella dottrina indù, come si sa, il Karma, (Energia e Principio trascendente) è 4

comunemente inteso come destino, e si usa la parola "Karma", infine, con il significato di " fare, azione" . Il concetto ritorna, tutto è collegato, il mio destino con le mie azioni. Non mi addentrerò nel labirinto del concetto del karma legato al ciclo della reincarna­ zione ma è un dato di fatto che anche qui sia manifesto il principio che lega, in qualche modo, il mio destino alle mie scelte e alle mie azioni (attenzione, si intende per azioni: pensieri, parole e opere). Credo di poter inserire una breve nota sugli interessanti studi e scritti del Dr. Thoward Dethlefsen, che su tali temi ha scritto, fra gli altri, "il Destino come scelta " e "Malattia e destino". Negli studi liceali, mi aveva profondamente colpito la triste vicenda di Edipo Re, emblematica del concetto di Ananke nella Tragedia greca, per la quale il suo tragico destino era già stato scritto e nonostante i suoi sforzi tutto doveva ineluttabilmente compiersi; in tutta la letteratura greca la parola era utilizzata con il significato di Fato, Destino, dovuto in questo caso alla volontà degli Dei o di qualche demone, comunque un fatto di "costrizione "dovuta ad un ente superiore. Nella sua accezione squisitamente filosofica, il termine ricor­ davo fosse legato anche al concetto più vasto di "legge di natura", quindi ad una necessità logica, scevra spesso dal concetto del dolore umano e ciò per i miei 1 5 anni era consolante; ma altresì mi aveva colpito il fatto che per Apol­ lonia Radio, la personificazione di ANANKE, era nata insieme a KRONOS, il Tempo!!!! Ossia, nella mia immaginazione, dovetti rendermi conto che per i greci, dal Chaos dei Primordi nasceva, insieme al concetto del Tempo, quello del Destino, e cioè erano inscindibili!!! Una situazione senza scampo, dun­ que!!! Nei miei libri di allora, che ancora conservo con amore, ritrovo oggi sottolineature e commenti ... oggi più che mai riscopro i valori eterni di quelle pagine dei misteri orfici ... li leggo con occhi nuovi . . . di fatto, in Omero, come in Esiodo, affiora il concetto che il Destino, come lo si voglia chiamare, Necessità, Forza, Fato (FATUM, per i latini), regola ogni più piccolo passo del cammino umano, come il moto degli Astri, ovvero il destino umano e quello degli Astri, dell'Universo, sono correlati, Macrocosmo e Microcosmo, "come in Cielo così in Terra". Si spalanca una dimensione eccezionale, che da corpo ai nostri sogni più grandi; se siamo di origine Universale, emanazioni dello Spirito, parti inte­ granti di un immenso disegno Cosmico, anche il nostro DESTINO allora de­ ve essere Cosmico. E come sui banchi di liceo mi rattristava la prospettiva di un Destino schiacciante e invincibile come quello di Edipo, certo visto nella prospettiva della mia giovane impressionabile età, oggi mi entusiasmano le 5

rivelazioni di straordinari personaggi come i piloti di aeronautica militare Ro­ bert O. Dean, Clifford Stone, i progetti e le conferenze del Disclosure Project del Dr. Steven G reer, le affermazioni del Ministro Pau! Hellyer e dell 'astro­ nauta Edgar Mitchell, le interviste di Pablo Hawnswer e Alberto Zecua, i dia­ ri segreti del pilota Richard E. Byrd, gli scritti e i Viaggi di Nikolaj Roerich, le conferenze e la attività di Ricardo Gonzalez, tutti testimoni di REALTÀ CO­ SMICHE, che inquadrano il percorso degli esseri umani e terrestri in un dise­ gno infinito, incommensurabile, un progetto Cosmico cui apparteniamo per diritto e cui dobbiamo ascendere - attraverso errori - e dolorose ripercussioni degli stessi verso una evoluzione spirituale incessante e inevitabile. Questo è il progetto ... questo è il Destino Finale. Di fatto, scienziati e piloti, ingegneri e astronauti come loro, affermano che esiste, in una dimensione superiore, extra-terrestre, una specie di registro Co­ smico completo, cui alcuni di loro hanno avuto brevemente accesso (come accadeva nelle meditazioni di E. Cayce), e che sono rimasti esterrefatti per il gran numero - incommensurabile - di dati registrati in quell'Archivio che vor­ rei qui, per il momento, definire "UNIVERSALE". Perché ci sono indiniti mondi in questo Universo Creato, come dichiarava ri­ petutamente il gigante del nostro luminoso Rinascimento italiano, Giordano Bruno; la sua intuizione era perfetta, la sua visione fu profetica e la sua gran­ dezza troppo unica per la meschina ignoranza - invidiosa e bigotta - della sua epoca, che preferì bruciarlo vivo un genio come lui piuttosto che dar fuoco alle montagne di stupide carte intrise di ignoranza, vizio e superstizione della folle, imperversante, vergognosa e incancellabilmente colpevole inquisizione. Dello stesso Registro parlava la grande Helena P. Blavatsky, come in seguito Rudolf Steiner, riferendosi alle Cronache AKASHICHE. Helena, esempio di ricerca intellettuale straordinaria, contava sulla amicizia personale di Einstein e ben sapeva della teoria della relatività e di ciò che ad essa era correlato nella visione del Cosmo e delle distanze, come riflette certe tematiche "proibite" nella sua Antropogenesi, cui ha dedicato moltissime pa­ gine - che testi preziosi - : I continenti perduti, Atlantide, Lemuria, Le città sotterranee e il mondo di Agartha (di cui oggi riparla Ricardo Gonzalez) ... Helena, nella sua vasta opera, raccoglie in un compendio inimitato gli inse­ gnamenti ricevuti dalla tradizione Himalayana e Tibetana Qa stessa cui si ispi­ rarono i viaggi, gli scritti e i bellissimi dipinti del grande N. Roerich). Tutto torna, tutto si ricompone, fra passato e presente. I misteri si svelano, è giunto il Tempo, il mosaico si sta ricomponendo. Nel bellissimo fùm di Frank Capra "orizzonte perduto" si dipana la vicenda di 6

vari destini intrecciati perchè, di scena in scena, viene rivelato allo spettatore che fra i ghiacci eterni è nascosta la Città degli Immortali e che solo attraverso un percorso duro di apprendimento e scelte personali si può avere accesso alla vera vita, quella del cammino spirituale, ad Agartha, o Shangri La, o Shamballah (come è chiamata nelle diverse tradizioni, anche Tula, Thulè, Aztlàn ... la Città bianca, ove vivono. i Maestri (di cui anche parla, del resto, anche Renè Guènon nel "Re del Mondo", sono varie fonti dello stesso tema ricorrente). Il Maestro, nel Film di Capra, dice - in termini simili - una frase rassicurante: "quando !umanità avrà terminatlJ con la morte e la distruzione, e gli uomi­ ni saranno finalmente pronti, allora noi gli restituiremo le loro opere, perchè nelfrattempo le avremo custodite e salvate per loro". È interessante notare, fra gli esperti della vi­ sione di civiltà extra planetarie, che in varie differenti fonti si parla anche di questa possibilità di trasportare la materia per ricomporla intatta. Davvero: mi auguro che ciò sia veramente possibile, perchè nel panorama del mondo moderno che corre con inaudita incoscienza, verso la catastrofe e la autodistruzione, mi fa disperare il pensiero della ignoranza selvaggia e brutale, capace di distruggere tante meravigliose opere d'arte prodotte per generazioni dalla nostra Civiltà Terrestre. Spero in questo messaggio di salvezza. Però: se parliamo di Destino, per le nostre nefande azioni attuali, davvero ci stiamo costruendo la catastrofe con le nostre mani, ci stiamo creando un karma terribile in pensieri, parole, opere ed omissioni. Forse ci meritiamo il minaccioso arrivo di Nibiru, o Pianeta X, o Ercobulus, (ci sono le foto, ormai è certo, il suo passaggio nel nostro sistema solare è inevitabile, come ben spiega il fisico Michio Kaku, fra molti altri, e come afferma il pilota Robert Dean, e secondo le sue teorie più o meno controverse e controvertibili - Ze­ charia Sitchin). Pochi giorni fa, visitando un museo in area maya in Messico, ho visto 2 teschi di forma e dimensioni fuori dal comune; sono i così detti Elongated skulls, o meglio "Dolicocefali". La loro esistenza materiale ed in­ controvertibile, comprese recenti prove del DNA, dimostra che sul nostro pianeta hanno avuto luogo eventi e presenze ormai certe come quelle dei Gi­ ganti, di cui ostinatamente non c'è volontà di farne rimanere traccia nei nostri libri di storia e biologia e archeologia, dal momento che è meglio fingere e mentire piuttosto che essere disposti ad affrontare verità gigantesche e straor­ dinarie che ormai sono evidenti ... fra gli studiosi cito Brien Forester, e i ritro­ vamenti di Paracas in Perù. Tali teschi non hanno le due ossa parietali, così che NON sono semplicemente Deformati, come si cerca di ripetere per getta­ re discredito e fumo. Anche il mistero dei teschi di cristallo di quarzo, - parlo di quelli autentici - certo ha a che fare con un registro di dati incredibile dal 7

momento che il quarzo ha capacità di "memoria" e possiamo solo sperare che in un giorno non lontano possiamo decodificare con sofisticati nuovi stru­ menti il contenuto di tali teschi, che secondo la leggenda sono appunto archi­ vi di memoria, costruiti da Maestri del passato, con una tecnologia che pare ci sia ancora sconosciuta. Pescando nei ricordi, quando insegnavo al Conservatorio "B. Marcello" di Venezia, negli anni '80, avevo conosciuto il grande Don Pellegrino Emetti. Lui parlava di una Macchina del Tempo che aveva costruito e affermava di aver accertato le sue concrete applicazioni ... Che fine ha fatto quella macchina? Quanti misteri ancora sono velati alla no­ stra realtà quotidiana? Giordano Bruno è stato bruciato, ma oggi c è internet, e le notizie non si soffocano più tanto facilmente. Il libro di Enrico Baccarini si affaccia su questa grande, articolata e complessa tematica universale: la ricerca del proprio destino. Le N aadi Shasta, questo mezzo divinatorio eccezionale e misterioso, sono giunte fino a noi per Disegno Superiore; è un'epoca di drammatica sete di ve­ rità. Abbiamo imparato che il Caso non esiste, perchè tutto è correlato; stia­ mo vedendo concretizzarsi segni e profezie, coincidenze, rivelazioni, e da ogni parte del pianeta, nonostante tanta distruzione e crollo di valori, giun­ gono voci e immagini e scoperte e comunicazioni che vanno tutte verso una direzione: l'elevazione della Coscienza umana, la cosìdetta "massa critica" di gente con coscienza, rischia forse di far saltare un progetto di distruzione massiva? È ciò che ci auguriamo, per il bene dell'Umanità. I Maestri, I Rishi, probabilmente, quando hanno composto i testi sulle foglie di palma, hanno attinto, appunto, a quel Registro Akashico di cui parlavamo prima è come dire, il Libro della Vita, Il Libro di Dio, un archivio immenso cui in meditazione e preghiera, hanno avuto accesso. Nel Piano Superiore, chissà, è previsto che chi cerca l'informazione, in questi tempi tenebrosi, la possa trovare. È sempre, comunque, un atto di libera scelta. Il Libro di Enrico, caro amico, colmerà certamente molte lacune esistenti su questa affascinante realtà , e lo ringraziamo di cuore. Ho sentito dire che l'archivio Akashico contribuisce ai sogni, alle invenzioni, è come se guidasse ogni individuo verso certe rivelazioni capaci di farlo evol­ vere nel miglior modo possibile; ciò farebbe sì che l'essere umano, ispirato, possa interagire con gli insegnamenti ricevuti, concretizzando CON LE SUE AZIONI il suo FUTURO POSSIBILE, che gli è stato comunicato in sogno o in meditazione. In tal modo l'uomo potrebbe dunque diventare "co­ creatore", infatti, partecipando così al Progetto Divino. 8

Nell'Antico e N uovo Testamento, pare che il Libro della Vita sia forse men­ zionato solo come un simbolo, un'allegoria di un testo ave solo compaiono i nomi di coloro che meriteranno di essere salvati secondo il Giudizio Divino finale; il nome, nel registro genealogico, come nella cronaca Akashica, è co­ munque il segno di riconoscimento. Di fatto, in molti testi antichi e mitologie di culture e razze diverse (cfr., testi di James Frazer, Federico Gonzalez F., Mircea Eliade), appare il concetto che il nome della persona era strettamente legato al destino individuale, in forma "sottile e magica", per riti e preghiere, come per fare un solo esempio, per ri­ chiamare in vita una persona cui fosse stata rubata l'anima, nei riti sciamanici si invocava per tutta la notte il nome della persona, perchè gli spiriti buoni collaboratori potessero andare a cercarla ... chiamando il suo nome ... da cui anche i latini dicevano: "Nomina suni numina". Come dicevamo, Edgar Cayce in meditazione trovava probabilmente il regi­ stro Akashico delle persone che si rivolgevano a lui per essere aiutate ... Diceva che " . . . vedeva un uomo an::(jano che gli porgeva un grande libro". Viene in mente il vecchio Maestro del fùm di Frank Capra. Dai suoi scritti, riporto questo che mi pare molto incisivo: " ... Sì, abbiamo il corpo e la documenta::(jone come è stata prodotta e come potrebbe essere prodotta con l'eserci::(jo della volontà, è la condi::(jone - così come è stata creata - che pre­ scinde dall'influenza o gli effetti della volontà. Abbiamo condi::(joni che potrebbero essere state (nda: potenzialità che abbiamo perduto ! !!!), che sono (nda: l'importanza del presente !!!), e che potrebbero essere (nda: la dinamica della volontà !!!) non mischiate le tre e non incrociate i loro intentz••. lLettura 340-5 ] Nelle Foglie di Palma, ci attende dunque un grande Rivelazione, un antico at­ tuale, un insegnamento, una Guida sicura, una Ispirazione Superiore. La Naadi è un privilegio raro, per chi in questi tempi di tenebra sta cercando davvero, con il cuore ... È un dono prezioso per chi è in grado di capire, e di apprezzare ... perchè, finalmente comprendendo, possa compiere la mis­ sione cui è stato chiamato, e servire la "sua" causa con dedizione ed umiltà, realizzando così il suo individuale e più alto destino; luminoso e perfet­ to Destino Cosmico. Agnese Sartori Antropologa Messico, Febbraio 2016 9

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Prefazione di Enrico B accarini Un'affascinante quanto incredibile mistero legato all'India antica, un viaggio nel più remoto passato di una terra che ancora deve svelare all'intera umanità molte delle sue 'storie' e delle sue meraviglie. Viaggiando nel subcontinente indiano sarà facile potersi imbattere in una multiforme esplosione di colori, sapori, tradizioni e conoscenze. La calma imperturbabile di un fachiro disteso su un letto di chiodi si affianca ai ritmi frenetici delle strade nelle metropoli indiane in cui pic­ coli rishò si muovono veloci come formiche intente a costruire uno sconosciuto progetto. Dicotomie così profonde sono una realtà all'ordine del giorno in un paese che da millenni ha saputo coniugare il passato e il futuro in un'amalgama unica nel suo genere. Ai terribili segreti dei Thug e agli assassini devoti alla dea Kali si affian­ cano gli uomini d'affari dell'India moderna che, con i loro vestiti con­ formati al classicismo occidentale, hanno trasformato questo paese in una delle super potenze mondiali. Nel nostro cammino di ricerca e di riscoperta del sapere orientale ci siamo imbattuti in un mondo oltremodo affascinante e complesso qua­ si del tutto sconosciuto in Occidente, e ancor più in Italia. Abbiamo cercato e tentato di realizzate un lavoro sistematico e coeren­ te, su uno dei temi più affascinanti, quanto oscuri, del variegato mondo indiano. Abbiamo tentato di svolgere una ricerca che fosse allo stesso tempo antropologica e storica, indagativa e documentale alla ricerca del significato ultimo delle Foglie del Destino. L'astrologia non è il mio campo di appartenenza e il testo che avete tra le mani non costituisce un trattato su questo ambito quanto un lavoro di ricerca storica e culturale, antropologico, alla ricerca dei recessi più nascosti e remoti di una tradizione plurimillenaria. I Nadi Shastra sono un retaggio culturale e un mistero che affonda alle origini stesse dell'India come anche della cultura umana. La volontà di questo libro non è stata tanto di dare risposte, difficil­ mente conseguibili in forma unitaria per una tradizione che si perde nella notte dei tempi, quanto piuttosto di aprire una strada verso la comprensione di uno dei più affascinanti arcani che questa terra ancora 11

conserv1. Questo testo vuole essere una ricerca radicalmente distante dalle specu­ lazioni giudicanti, inquisitorie o fideistiche che, come è proprio della nostra natura e cultura, vengono troppo spesso effettuate su antiche tradizioni e ancor più forme divinatorie. Il nostro intento e scopo è sta­ to quello di recuperare una tradizione quasi sconosciuta in Occidente e studiarla ed analizzarla con criteri rigorosi, ma senza preconcetti, nelle sue origini e nei suoi significati più profondi. Le Foglie del Destino sono un patrimonio dell'umanità, una conoscen­ za preservata nei millenni da uomini saggi e sapienti il cui unico scopo è stato quello di donare al genere umano un sistema per aiutare gli esse­ ri viventi nel cammino personale e soggettivo di conoscenza del pro­ prio percorso animico e spirituale. Prima ancora di guardare oltre i confini del nostro pianeta e sondare gli enigmi del nostro passato dobbiamo ancora conoscere noi stessi e comprendere il posto che la Terra occupa nell'universo, dobbiamo aprirci allo spazio e al tempo per poter raggiungere l'eternità. Il vero universo è quello pensato da Dio non quello che l'uomo imma­ gina. La nostra mente limitata percepisce una realtà e il mondo sensibi­ le solo attraverso i suoi cinque sensi, sintetiche informazioni che sono poi interpretate entro un quadro ristretto che viene successivamente definito realtà e storia, man mano che la sua consapevolezza aumenta amplia il concetto della sua grandezza. Molto di ciò che esiste non è percepibile ai nostri sensi mentre molto di quello che vediamo talvolta non esiste più. Allo stesso modo le persone tendono a credere soltanto a ciò che ve­ dono e sono interessate a conoscere soltanto quello che rientra nella loro sfera vitale e personale. Il mondo che ci attornia, ovvero quello ul­ trasensibile, esiste oltre queste nostre classificazioni e limitazioni. Schliemann e Sir Arthur Evans (scopritore di Cnosso e del leggendario labirinto in cui Teseo sconfisse il Minotauro) furono guidati da sogni e passioni che li portarono a riscoprire la realtà storica dietro la leggen­ da. Oggigiorno i nostri sogni ci stanno portando nuovamente vicino a tradizioni e culture che dall'alba dei tempi hanno conservato e preser­ vato per i posteri la loro sapienza, la loro saggezza, un patrimonio di 12

conoscenze in cui afferiscono le Foglie del Destino ed in cui il mondo indiano sembra giocare un ruolo di primo piano all'interno del vasto panorama mondiale. Le parole non sono in grado di esprimere queste realtà, forse solo l'esperienza può far comprendere la sua meraviglia e vastita, la nosrta speranza è però che attraverso queste pagine potrete assaporare un frammento di quell'immensità e fascino che queste tradizioni proteg­ gono da migliaia di anni. E. B.

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Capitolo I L'Origine delle Foglie di Palma, mito e realtà Il Saggio dev'essere sempre uno con quel Silen�o di fronte al quale le parole e i pensieri si ripiegano su se stessi senza raggiunger/o... (Aparoksanubhuti, 107)

L'India è il paese delle dicotonùe e delle molteplicità in cui sono ospita­ ti gli estremi di un mondo che dal più remoto e millenario passato ha trasportato la propria storia e le proprie tradizioni in un presente in co­ stante trasformazione. All'interno di questo multiforme panorama si colloca un sistema oracolare, divinatorio e predittivo unico al mondo. Le così dette Fo,f!,/i'e del Destino, o Naadi Shastra, costituiscono un archivio millenario, un nùstero senza tempo conservato in molteplici bibliote­ che e centri sparsi in tutto il territorio indiano al cui interno sarebbe stata conservata e custodita la storia (passata, presente e futura) degli uorrunt. Tali informazioni sono state scritte su foglie di palma dette 0/a, tra­ mandate e trascritte nei millenni nell'antica e sacra lingua indiana, il Sanscrito. Centinaia di nùgliaia di foglie raccolte in biblioteche affidate a custodi, "interpreti" o "lettori" del destino di coloro che vorranno conoscere la propria storia. Come uonùni dell'occidente siamo stati abituati fin dal più remoto pas­ sato a vedere, o ad utilizzare, strumenti come le carte astrologiche, i ta­ rocchi, gli oroscopi o varie forme divinatorie. Le foglie di palma costituiscono un unicum nell'intero panorama mon­ diale essendo la più antica forma divinatoria ad oggi nota e integrando al loro interno diversi sistenù e strumenti atti a poter leggere, e non prevedere, il percorso compiuto da un'anima in questa e nelle prece­ denti vite.

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Tutto ha inizio Si stima che dall'alba dei tempi ai giorni odierni il numero di esseri umani che hanno vissuto sulla Terra sia stato almeno di 1 00 milliardi di individui, ogni giorno sono più di 350.000 le vite che nascono. Ognuna di loro inizia la propria esistenza allo stesso modo e da quell'istante il retaggio della nostra famiglia, la tradizione tramandata nei secoli dai nostri antenati come anche il luogo in cui siamo venuti al mondo ini­ ziano a plasmare la nostra vita e chi saremo. Tutti nasciamo in una fede ma nell'attimo in cui entriamo nel ciclo del­ la vita ognuno di noi sceglierà il proprio cammino unico e irripetibile, scandito da esperienze, errori, conquiste e domande che da millenni riecheggiano nell'eternità della vita. Le risposte possono unirei, o a volte dividerci, ma certamente defini­ scono chi siamo e cosa diverremo. La nostra specie è pronta a fare qualsiasi cosa pur di tornare a sentire e provare il legame con il divino. Sovente ci basta trovare un barlume di quello che cerchiamo per sentir­ ci in pace con la nostra anima. Ci è stata insegnata una fede ma talvolta non la sentiamo più nostra e così cerchiamo risposte nell'altro, in ciò che non conosciamo, nella spe­ ranza di trovare sollievo alle nostre pene e pace per la nostra anima. Così è iniziato in nostro viaggio alla scoperta delle Foglie del Desino! Il sistema delle foglie di palma nasce e si integra all'Astrologia Vedica, denominata in sanscrito Jyotish, un metodo di previsione sistematico e preciso, un sistema per analizzare gli eventi sviluppato nella cultura ve­ dica dell'antica India migliaia di anni fa. Come la sua controparte occidentale, l'Astrologia Vedica predice il pas­ sato, il presente e il futuro. Ancor più dei sistemi occidentali, la Jyotish si è distinta per riuscire prevedere non solo gli eventi ma anche ad analiz­ zare i comportamenti per capire la personalità di un individuo nel corso del tempo.

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Tra i diversi metodi utilizzati, indubbiamente il più famoso è il sistema Parashari, elaborato ben 50 secoli fa dal saggio Maharishi Parashara 1 • Le differenti attribuzioni sull'età di questo testo (fatto risalire nella sua forma scritta da alcuni al 600 d.C. da altri almeno al 1 000 a.C.) non tengono spesso conto che le conoscenze di Parashara erano inevitabil­ mente parte integrante della Smriti, una tradizione sacra e sapienzaile "ricordata" oralmente di generazione in generazione, non creata dalla mano dell'uomo (Aparusrya, in sanscrito), e trasposta in forma scritta solo in tempi relativamente recenti. I sistemi originatisi da Parashara, e quelli degli astrologi che hanno pro­ seguito la sua scuola, furono tramandati da maestro a discepolo e da famiglia in famiglia secondo la più antica tradizione indiana. L'Astrologia Vedica segue la cognizione che la vita umana si muova os­ servando definiti ritmi o cicli. Parashara sviluppò calcoli precisi per mi­ surare le sequenze di questi cicli naturali, assieme ai procedimenti su come collegarli e interpretarli in relazione al comportamento individua­ le e agli eventi. La sequenza delle azioni umane è registrata e misurata osservando l'attività celeste e il movimento di rotazione e le orbite dei pianeti, il numero dei gradi che separa un pianeta dall'altro è via dicendo. La scienza ha come assunto la cognizione che le leggi della natura siano immutabili ovunque ci si trovi, sia che siano osservate nei movimenti delle stelle, dei pianeti o dell'universo sia che si osservino al nostro in­ temo, nelle cellule o nel DNA. Tali cicli si ripetono all'interno della vita umana, così come al suo esterno, creando quindi l'ordine degli eventi sulla Terra e nel cosmo. L'astrologia vedica unisce, quindi, le tecniche astronomiche, psicologi­ che e previsionali analizzando tali modelli al di là del tempo e sintetiz­ zandoli nei termini di un evento individuale o specifico.

1 Parashara possedeva natali divini cd è considerato l'autore di molti antichi testi sacri indiani. Il volume fondamentale attraverso cui diede inizio all'astrologia indiana è il Brihat Parashara Hora Jhastra c, la tradizione, vuole fosse stato l'autore anche del primo Purana, il Vishnu Purana, pri­ ma che suo figlio Yyasa lo redigesse nella sua forma attuale. Parashara fu anche il nipote di Va­ sishtha.

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Il punto di inizio di un'analisi di un ciclo di vita individuale è quindi misurato dalla nascita di un individuo, il momento in cui inizia l'esistenza e la realtà individuale. Il parametro dal quale originano questi calcoli è un punto di riferimen­ to preciso nelle posizioni planetarie del Sole e della Luna natali, chia­ mato carta natale o Rashi Kundali. All 'interno di questo complesso sistema astrologico si collocano i Nadi Shastra, le foglie di palma o del Destino, con il loro sistema divinatorio. I Nadi Shastra sono una forma di astrologia indiana praticata prevalen­ temente nella regione del Tamil Nadu, nel Kerala, ma anche in diverse altre regioni indiane. Il principio fondamentale su cui si basa questo si­ stema è che in tempi estremamente antichi fossero stati previsti il corso delle vite presenti, passate e future degli uomini. Come vedremo successivamente, il sistema delle foglie di palma è al­ quanto complesso e lega la sua efficacia non tanto all'individuo quanto alla sua anima che, nel complesso ciclo di morti e rinascite proprio della religione induista, trasmigra in differenti corpi in epoche diverse. Nel Tamil Nadu questi testi furono scritti nella lingua Vatteluttu, un'antica forma di Tamizh della lingua Tamil. Questi manoscritti furo­ no redatti da diversi Rishi, ovvero uomini santi, tra cui spicca la figura di Agathjya? (meglio noto come Agastya) che, si afferma, avesse rag­ giunto un alto livello di consapevolezza spirituale e avesse conservato e ricopiato le Foglie del Destino nelle vicinanze del tempio di Vaithee­ swaran. Come stabilisce la tradizione, solo e unicamente coloro che si sarebbe­ ro recati in India, e non altrove, in un determinato tempo e luogo per farsi predire il proprio destino avrebbero ricevuto, se così 'avessero vo­ luto gli dei', il proprio responso. Tutto parte, da un semplice gesto, l'impronta del proprio pollice, destro per gli uomini mentre sinistro per le donne3 • Le foglie di palma furono quindi inizialmente conservate in una struttu2 Un riferimento ad Agathiyar si può trovare in un testo medico datato, secondo la tradizione, a 3000 anni fa c denominato Prapancha Kaandam. 3 Kris Dhingra, Nadi Astrology- Opening The LeafTo Your Future, Delhi Planct, India, 1 2 Octo­ bcr 2007.

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ra prospicente la biblioteca del Thanjavur Saraswati Mahal, nel Tamil Nadu. I colonialisti britannici mostrarono un certo interesse per le foglie Naadi in particolar modo per alcune che riguardavano non solo predi­ zioni sul futuro ma anche ambiti come la medicina e le erbe curative. Il colonialismo inglese portò tuttavia alla distruzione di molte foglie di palma mentre, quelle che sopravvissero, furono sovente svendute all'asta. Una leggenda racconta che nel 1 540 i Mogul attaccarono il palazzo di Tanjore e vi trovarono, in una camera segreta, una biblioteca di foglie. Questo inestimabile patrimonio sapienziale non aveva valore ai loro occhi, così ordinarono che fossero distrutte. Quella notte il saggio Aga­ sthya apparve però in sogno ad un bramino e astrologo istruendolo su come salvare le Foglie del Destino dalla distruzione. Il bramino si mise quindi in cammino e percorse 1 20 Km fino a quando non si trovò nel palazzo e poté trovare la biblioteca di foglie. Per questo suo gesto ono­ revole Agasthya gli promise che lui e le sue generazioni future avrebbe­ ro favorito degli auspici divini per aver salvato le foglie di palma e da quel momento ad oggi questo clan familiare e i suoi discendenti diven­ nero benedetti e furono designati con l'epiteto di "Famiglia di Shiva", divenendo i custodi di alcuni manoscritti Nadi. Le foglie furono quindi conservate nell'immensa biblioteca del tempio di Vaitheeswaran e furono storicamente salvate da famiglie braminiche e di astrologi denominate Valluvar che, nel corso delle generazioni, pre­ servarono e conservarono questo immenso patrimonio sapienziale. Esiste nel sud dell'India anche un altro gruppo di astrologi che proteg­ gono un particolare tipo di Foglie del Destino costituito da una serie di 'conversazioni' che il dio Shiva avrebbe avuto con sua moglie Parvathi e denominate Shiva nadijosryam4• Questo tipo di foglie di palma differiscono nella modalità in cui sono espressi i contenuti ma, sostanzialmente, possiedono allo stesso modo

4 Secondo la tradizione Shiva avrebbe assunto in questo caso le scmbianzc di un Vaidhya, ter­ mine generico con cui si indicava generalmente un medico ayurvcdico, per alleviare le pene dci suoi devoti.

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un ruolo ed un valore predittivo unico verso coloro che da generazioni le consultano.

La Storia delle Foglie di Palma Secondo la più antica tradizione 5, la genesi dell'oracolo risalirebbe al­ meno a 5000 - 6000 anni fa e fu acquisita attraverso una 'rivelazione' conseguita da uomini saggi (detti Rishz) che sarebbero riusciti attraverso i loro poteri spirituali a conoscere nel tempo il percorso delle anime. Una 'rivelazione divina' resa possibile per aiutare l'umanità. Un'altra tradizione6 vuole invece che milioni di anni fa' (sic!) i Rishi avessero canalii:{ato, alle pendici dell'Himalaya, conoscenze riguardanti gli eventi presenti, passati e futuri del mondo nonché informazioni det­ tagliate su ogni individuo che avrebbe visitato l'India per conoscere il proprio destino. Come si può non cadere ammutoliti e affascinati da tradizioni così an­ tiche e cariche di quel pathos esistenziale e mistico proprio di questo paese! Le origini dei Naadi Shastra (trattati di energia canalizzata) sono avvolte nelle nebbie del tempo. Si tratta di un affascinante sistema di predizio­ ne usato per molti secoli e che, per chi vi crede, rappresentano una guida affidabile per la conoscenza di se stessi, del proprio passato e del futuro, delle proprie relazioni e dei propri destini possibili. Secondo una versione più occidentalizzata di questa tradizione, i Sette Saggi artefici di questo sistema avrebbero attinto queste informazioni sondando gli archivi dell'Akasha, un registro universale in cui sarebbero conservate le conoscenze, le memorie, le esperienze e i ricordi di tutto ciò che è esistito ed esisterà, di tutti gli esseri viventi, in tutti i mondi, per tutti i tempi. Nell'Induismo in realtà il termine Akasha è utilizzato per indicare l'etere, l'essenza base di tutte le verità del mondo materiale, l'elemento 5 Finlay, Hugc&Kollcgcn, lndien-Handbuch, 5. Auflagc, Gisela E. Walthcr Vcrlag, Brcmcn, 1 997. W. Com. Shashikant Oak, Naadi Predictions a mind bo!'J',Iing mirack, Diamond Pockct Books,

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2002.

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più piccolo creato dal mondo astrale. Akasha è uno dei Panchamahabhu­ ta, o "cinque grandi elementi" 7, la cui principale caratteristica è Shabda, il suono. Il concetto di etere è quasi identico a quello degli antichi greci, che par­ lavano dell'esistenza di quattro elementi come essenze fondamentali della Natura, e di una quinta essenza che era appunto l'etere. In hindi il significato di Akasha è 'cielo' 8, per le scuole filosofiche in­ duiste Nyaya e Vaisheshika, l'Akasha costituisce l'apice, il "substrato della qualità del suono" ovvero una sostanza fisica eterna, impercettibile che tutto pervade9 . Le interpretazioni filosofiche apportate da Rudolf Steiner ai primordi del XX secolo videro nell' Akasha, in virtù della sua capacità di contene­ re e collegare insieme ogni evento dello spazio e del tempo, una sorta di biblioteca universale che riunirebbe tutte le conoscenze del mondo, da lui perciò denominata "cronaca dell'Akasha" 10• Le origini delle Foglie del Destino si perdono quindi nella notte dei tempi ed esistono numerose tradizioni sulla loro origine, alcune tra loro simili altre più distanti, in tutti i casi si tratta di miti che tentano di ana­ lizzare e storicizzare questa forma oracolare. In molti casi, per quanto apparentemente distanti tra loro, queste stesse tradizioni delineano un percorso comune che dal più remoto passato giunge fino ai giorni odierni. Da epoche così lontane ed inaccessibili questa tradizione sarebbe pas­ sata da maestro a discepolo, da 'bocca a orecchio', venendo poi tra­ scritta nel più duttile supporto delle foglie di palma, strumento che ri­ chiese nei secoli minuziose ritrascrizioni affidate ai suoi custodi. Questa realtà, e le conoscenze per interpretare e decifrare i contenuti delle foglie, ancora oggi sono trasmesse da padre in figlio, in lignaggi

7 l 5 grandi clementi oltre al Suono sono A cq u a, Aria, Terra, Fuoco (i Panchamahbhuta). B /)ictionary oflr'orld Philosopi!J di A. Pablo !annone, Taylor & Francis, 200 1 , p . 30. 9 lndian Metap�ysics and EpistemologJ di Karl H. Pottcr, Usharbudh Arya, Motilal Banarsidass Pu­ blications, 1977, p. 7 1 . IO Rudolf Steiner, Cronaca dei!Akasha, rrad. it. di Lina Schwar.t, Roma-Milano, Fratelli Bocca Editori, 1953.

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familiari tuttora vivi e presenti nel sub-continente indiano attraverso una catena iniziatica che si perpetua dalla notte dei tempi. L'oracolo, affermano i suoi interpreti, ha il solo scopo di aiutare ogni individuo che ne richiederà la lettura, e ad un determinato punto del suo cammino spirituale, nell'evoluzione non solo o non tanto della sua vita presente quanto della sua anima. Si presuppone, quindi, che gli antichi Rishi fossero riusciti ad associare ad ogni anima predestinata una foglia specifica; quando sarebbe appar­ sa, in quali forme sarebbe di volta in volta rinata, nonché il corso che avrebbero assunto le sue vite terrene. I primi saggi che divennero custodi di questo prezioso strumento avrebbero ricevuto quindi il dono di vedere il fluire di migliaia se non milioni di anime destinate ad incarnarsi nei millenni. La tradizione vuole che le Foglie del Destino siano state scritte solo per anime predestinate, ovvero solo per coloro che si sarebbero recati in India e avrebbero cercato di conoscere il proprio fato attraverso le fo­ glie di palma, trovandosi quindi nel momento giusto e nel luogo pre­ stabilito 1 1 • Potremmo quasi definirla una sorta di sincronicità junghiana per l'evoluzione della propria anima. Nei suoi millenni di storia le Nadi fu­ rono trasposte da 'conoscenza orale' ad un supporto fisico, le foglie di palma appunto, corrispettivo indiano dei papiri egiziani. Le Foglie del Destino furono quindi raccolte da diversi regnanti e dina­ stie tra cui, la più significativa, fu la dinastia Chola (dal IX secolo al XIII d.C.) che dopo un periodo di oblio aveva nuovamente riunito e classificato questo strumento astrologico a Tanjore 1 2, nel Saraswati Ma­ hai. Molte foglie erano state distrutte e bruciate nei secoli principal­ mente durante l'invasione mussulmana, nel XIV secolo, così come du­ rante il dominio britannico, nel XIX secolo, ma l'opera iniziata dai re di Tanjore aveva permesso di custodire e nascondere questi archivi dalla furia distruttrice umana. 11 Richard Waterstone, I iving Wisdom India, Duncan Baird Publishers, London, 1 995. 12 L'impero Chola regno per oltre quattro secoli nell'India del Sud, indicativamente dal IX se­ colo d.C. al XIII d.C.

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Dopo la dinastia Chola le Nadi furono preservate dalla comunità Val­ luvar1 31 a Vaideeshwaran Koil vicino Chidambaram, che divenne il cuo­ re nevralgico nell'India meridionale per l'astrologia Nadi. Tali astrologi dedicarono la loro vita alle predizioni Nadi e, di genera­ zione in generazione, preservarono e tramandarono queste conoscenze. Nel XIII secolo però, sotto il regno Maratha 1 \ una parte degli archivi su foglie di palma custodite al tempio Vaitheeswaran Koil furono rico­ piate e raccolte dal Maharajah Serfoji II che divenne il patrono delle ar­ ti e delle scienze del suo regno e raccolse le Foglie del Destino a Tanjo­ re 1 5 nel famoso Saraswati Mahal 1 6 . Quando si rendeva necessario, o veniva richiesto, i preziosi manoscritti venivano ricopiati da appositi scribi così da preservame i contenuti e poterli tradurre nell'antica lingua Tarnil. Fu in questo modo che un numero incalcolabile di generazioni di scribi preservò uno dei più im­ portanti e affascinanti strumenti astrologici e culturali indiani. In base a quanto ci è stato possibile appurare dalle nostre ricerche sto­ riche, nel passaggio tra la tradizione orale e le sue prime forme di sup­ porto scritte, le Foglie del Destino furono inizialmente redatte su pelli di animali per poi venire successivamente copiate sul ben noto suppor­ to di palma. Questo tipo di materiale possiede un tempo di vita medio di circa 500 anni, dopo cui le foglie iniziano a corrompersi polverizzandosi repenti­ namente. Quando avviene questo processo, i bramini e gli astrologi in­ caricati della loro conservazione trascrivono i documenti su nuove ola fresche (appunto le foglie di palma) . Ogni Naadi è costituita da una o/a particolare scritta in ezathu t•atta, dialetto tamil, tramite l'utilizzo di uno strumento simile ad un chiodo denominato ezuthani, dopo di che le fo­ glie di palma saranno trattate ricoprendole con olio di pavone. 1 3 I Valluvar costituiscono a tutti gli effetti una casta tra le comunità indiane del Tamil N adu. Sono sacerdoti ereditari, che esistevano già prima dell'introduzione della casta braminica, c pra­ ticano da più di mille anni l'astrologia, l'astronomia c la medicina. 1 4 Alcune foglie di palma furono anche acquisite da famiglie di astrologi a Yaitheeswarankli, vicino Chcnnai, per divenire un loro patrimonio nel corso dei secoli. 1 5 Il Saraswati Mahal si trova a circa una giornata a piedi dal tempio di Yaitheeswaran Koil. 16 Ai giorni odierni il tempio Vaitheeswaran koil è rinomato per essere un altro centro estre­ mamente importante dell'astrologia N adi.

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Dai suoi due centri nevralgici, le Foglie del Destino furono riprodotte e portate in varie parti dell'India in cui numerose comunità braminiche, iniziarono ad utilizzarle nelle loro pratiche astrologiche. Queste stesse famiglie, oltre a divenirne i custodi, impararono dai loro antenati come leggere e decifrare le predizioni e trasformarono nella loro fonte di vita questo sistema. È così che oggi possiamo ritrovare le foglie di palma non solo in India ma anche nello Sri Lanka, in Tibet, in Nepal o a Bali e in Indonesia. Ognuna con la sua tradizione e il suo retaggio mitologico. L'elemento fondante di questo sistema, come abbiamo avuto già modo di sottolineare, è il fatto che le Foglie non sono destinate solo a coloro che possiedono natali indiani ma sono state "scritte" per tutte quelle anime che nel mondo cercheranno "sollievo dalla srifferenza e dal dolore". Le Foglie del Destino non sono state create per l'intera umanità ma so­ lo per talune anime (e quindi individui) che, se predestinate, potranno trovare la propria foglia recandosi in India e poter dare una svolta alla propna v1ta 17 . In un atto di pietà verso il genere umano gli esseri trascendenti che do­ narono le Foglie del Destino alla nostra specie, vuole la tradizione, vol­ lero fornire agli uomini un'opportunità per poter scoprire e trasformare il loro cammino ed evolversi. Tutto ciò fu reso possibile grazie ai differenti tipi di foglie di palma conservate nei millenni e che assunsero ognuna il nome distintivo delle principali divinità induiste, dei grandi saggi o dei principali pianeti da cui si riteneva avessero avuto origine. Troveremo ad esempio Shiva Naadi, Brugu Naadi, Vishnu Naadi, Koushika Naadi, Brahma Naadi, Vashista Naadi, Kowmara Naadi, Agasthiya Naadi, Sapta Rish Naadi, Guru Naadi, Budha Naadi, Chan­ dra Naadi e molte altre ancora. Non tutte queste raccolte sono giunte a noi complete, principalmente a causa delle distruzioni di cui abbiamo parlato e di un oblio in cui talvol­ ta le foglie stesse sono cadute nel corso dei secoli. o

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1 7 Tra queste le Shiva N adi Jyotisha sono tra le forme di astrologia più popolari e praticate.

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Fino al 1930 i Naadi Shastra, dopo secoli di splendore, erano infatti ri­ tornati ad essere considerati niente più che un antico retaggio popolare il cui valore veniva irriso e non più rispettato. Se ne stava perdendo quasi del tutto la memoria e la tecnica, al punto che erano diventati talvolta quasi incomprensibili e indecifrabili alla maggioranza dei bramini e degli astrologi induisti. La loro riscoperta è avvenuta lentamente negli ultimi decenni ed ha permesso, invece, di invertire questa tendenza obliante riportandoli al loro antico splendore e utilizzandoli in vasti settori, da quelli privati a quelli societari e aziendali. Oggigiorno la loro conservazione e trascri­ zione avviene principalmente nella biblioteca Mahal Saravasti di Tanjo­ re ma esistono numerosi altri centri che ne hanno copiato i contenuti e rendendoli accessibili alla gente comune o agli stranieri.

La storia di Agathiyar Volendo ricercare il retroterra storico e leggendario dietro le Foglie del Destino si rende necessario dover focalizzare la nostra attenzione su alcuni elementi di grande importanza che, per quanto parallelli e appa­ rentemente minori, contestualizzano e permettono una migliore com­ prensione della genesi di questa affascinante forma oracolare. Grande importanza riveste la tradizione che riguarda il Rishi che acqui­ sì su 'ispirazione divina' le prime foglie di palma nel Tamil Nadu. Il saggio Agathiyar (o Agasthya), da cui sarebbe discesa una catena ini­ ziatica che prese il suo nome, sarebbe nato ben 4573 anni prima dell'attuale Yuga (epoca iniziata con la morte di Krishna nel 3102 a.C.) e quindi il 14 febbraio del 7675 a.C., nel 7573 secondo altre tradizioni. Agathiyar Muni è considerato l'incarnazione di uno dei nove saggi cele­ sti che, nel remoto passato del pianeta, decisero di discendere sulla Ter­ ra per illuminare e donare la conoscenza agli esseri umani. È possibile ritrovare informazioni su Agathiyar in quei testi che parlano

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delle scienze mediche utilizzate dai Siddha 1 8 (o Siddhar) , libri che spa­ ziano anche nelle pratiche yogiche fino alla ricerca dell'immortalità dell'anima. È però nel testo Prapancha Kaandam, attribuito a Muruga e codificato dal Rishi Pulasthiya, che apprendiamo la storia del saggio Agathiyar e della sua incredibile conoscenza. Come concerne ai poteri associati alle Siddhi, attraverso una pratica meditativa e yogica assoluta, questi saggi sarebbero riusciti a raggiunge­ re un livello superiore di spiritualità e avrebbero deputato la loro vita alla costante diffusione della conoscenza e all'evoluzione delle anime. Il Prapancha Kaandam è un testo estremamente interessante ed inizia la sua trattazione spiegando come la Terra e il sistema solare ebbero ori­ gJ.ne. Secondo tale opera la Terra sarebbe nata come un frammento del Sole, 'soffiato' miliardi di anni fa nello spazio come una immensa palla di fuoco. Questa enorme sfera incandescente, dopo aver vorticosamente ruotato attorno al proprio asse per un tempo indefinibile, avrebbe ini­ ziato quindi a raffreddarsi. Durante questo viaggio attraverso differenti stati fisici, la Terra sarebbe stata attratta e repulsa dai pianeti appartenenti al nostro sistema solare acquisendo quindi il 'potenziale energetico' di questi stessi corpi celesti. Successivamente avrebbe acquisito un movimento rotatorio costante sul proprio asse e un'orbita regolare attorno al Sole. Nel Prapancha Kaandam si afferma che la Terra ebbe origine 200 miliardi di anni fa (cifra che non collima con la datazione ufficiale di 4,5 miliar­ di di anni) . In quell'epoca, afferma il manoscritto, il nostro pianeta non era ovviamente abitabile e possedeva solo una minima parte dell'acqua e delle terre oggi esistenti. Lentamente iniziarono ad apparire le prime forme di vegetazione e di vita, poi esseri acquatici più complessi seguiti da insetti, rettili e uccelli. Infine arrivarono gli esseri umani. Ogni specie ebbe la sua evoluzione e 18 U n Siddha è un maestro spirituale che vive costantemente nella consapevolezza della sua identità con il Sé supremo. U n Siddha ha avuto la capacità di risvegliare la sua energia spirituale interiore c di poter parallelamente acquisire dci 'poteri' sovraumani come ad esempio la telepa­ tia, la chiaroveggenza o la bilocazione.

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gli esseri umani furono considerati la sesta in ordine alla creazione ori­ ginale. Nel Prapancha Kaandam si asserisce anche che la Terra costituirebbe l'unico pianeta del Sistema Solare in grado di permettere l'esistenza e la sopravvivenza della vita ma si afferma anche che " . . . quando la vita iniifò ad esistere, il tempo ini:;jò ad essere misurato", trasformando quindi il nostro pianeta in una sorta di axis mundi nel Sistema Solare. Estremamente interessante è apprendere la linea sapienzale originatasi da Agathiyar che, ricordiamo, sarebbe nato nel 7.673 a.C. Dopo un'educazione formale, il Rishi costantemente assetato di sapere e conoscenza in particolar modo verso le discipline filosofiche, lo yoga, la medicina e l'astronomia, avrebbe iniziato a viaggiare attraverso il Kashmir, il Tibet, la Cina, il Nepal e verso il sacro monte Kailash allora ritenuto trovarsi in Manciuria 1 9 • Divenne discepolo del saggio Nandi e di Dhanvantri per poi viaggiare fino alla Cambogia e alla Malesia. In Cambogia avrebbe, inoltre, stabili­ to la prima delle sue numerose scuole attraverso cui diffondere la filo­ sofia e le scienze. Dopo aver creato queste realtà anche in Malesia, assieme ad alcuni ospedali, avrebbe intrapreso un viaggo per mare niente meno che nel continente di Kumari Kandam, l'equivalente indiano della leggendaria Atlantide. Questo territorio, per quanto apparentemente frutto di un mito, è stato oggetto negli ultimi decenni di studi approfonditi che ne hanno non so­ lo attestato una plausibilità geologica ma soprattutto hanno permesso di scoprire un numero estremamente vasto di leggende e tradizioni che sembrerebbero confermarne la realtà storica. Ancor più interessante è stato il rinvenimento, lungo i perimetri costieri dell'India del sud e in particolar modo nel Tamil Nadu, di rovine sommerse appartenenti ad estesi assembramenti urbani coincidenti temporalmente con il mito di 1 9 Il Monte Kailash è considerata la montagna più sacra per le tre principali confessioni religio­ se dell'asia: l'induismo, il buddismo e il jainismo. Il Kailash fu non solo la montagna sacra di Shiva, il luogo in cui trovarono rifugio i Sette Saggi dopo il grande Diluvio indiano (Pralaya), ma veniva considerato come il sacro Monte Meru, una montagna divina ed un ponte tra il mondo materiale e spirituale.

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questo vasto territorio sprofondato sotto i flutti del mare. Secondo la leggenda Kumari Kandam sarebbe stata governata da Ra­ vana, da non confondere con l'omonimo demone, nonché regnante devoto al dio Shiva, che avrebbe donato parte del suo territorio ad Agathiyar per costruirvi delle scuole sapienziali20• In queste terre Agathiyar praticò lo yoga e avrebbe insegnato ad un va­ sto numero di discepoli le conoscenze acquisite negli anni. Ritornato in Malesia divenne il promesso sposo delle figlia del re, governando il reame di Vijayapuri. Insoddisfatto del proprio ruolo ritornò a Kumari Kandam dove incon­ trò Murugan, dio guerriero figlio di Shiva e Parvati 2 \ che aveva assunto le sembianze del saggio Kandan, il Deva della guerra venerato special­ mente dalle popolazioni Tamil22 • Sulla collina denominata Kadari Kama, o altrimenti Kadhirgama, Mu­ rugan impartì ad Agathiyar la sua conoscenza spirituale. Attraverso una 'meditazione divina' e le conoscenze impartite dal dio, Agathiyar fu in grado di apprendere il futuro e impedire, o quantomeno prevenire, nuove calamità. A seguito di questa illuminazione il Rishi si spostò nelle regioni artiche, ritenendole, in quel momento, un luogo sicuro. Questo periodo coinci­ se con la fine del Dwapara Yuga23 indiano, collocabile verso il 6580 a.C., mentre in ambito paleo-climatologico circa 8.000 anni fa, curio­ samente, ebbe fine l'ultima parte dell'era glaciale24• Sempre secondo il Prapancha l.VJandam, in quel momento su Matte si sa­ rebbe verificata una tremenda esplosione i cui detriti sarebbero giunti fin sul nostro pianeta sotto forma di meteoriti. Si tratta ovviamente di informazioni non verificabili ma meritano indubbiamente la nostra at20 Molte scuole si sarebbero trovate nella regione di Arunodaya Giri e di Meozone. 21 M urugan, è una div inità ch e raccoglie il m aggi o r numero di devoti nelle po po lazioni o rigi n a� rie dd Tamil N a d u c dal quale provengono la maggi o ran z a dci malcsiani di etnia indù che an� cora oggi c o n s e rv an o le loro tradizioni re ligi o se di origi ne.

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e

Frcd W. Oo th y, The Ma'!)' Faces of Murokan: The l {istory and lv!eanin.� of a South lndian God,

Walter de Gruyter, 1 978 p. 2. 23 N ella religione induista, il D vapa ra Yu!,'ll è l a terza delle quattro ere di e vo l uz i o n e della vita (juga). Il Dviipara Yuga ha una durata di 2.400 ann i divin i , eq u ival enti a 864.000 anni umani. 24 Early days amol{l!, the Cheyanne & Arapahoe Jndians by J ohn H. Seger, p.1 35.

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tenzione. Questo immane cataclisma avrebbe dato origine ad un enor­ me diluvio sul nostro pianeta, denominato Pralqya, che avrebbe fatto sprofondare porzioni significative dell'isola di Kumari Kandam. Al suo ritorno in Manciuria il monte Kailash era scomparso ma con­ temporaneamente sarebbe emersa dai flutti del mare la catena dell'Himalaya. In mezzo a tutte queste calamità naturali, afferma il manoscritto, il sag­ gio Agathiyar andò alla ricerca di un luogo che non sarebbe stato di­ strutto da disastri futuri e trovò questo posto nel sud dell'India nella catena montuosa denominata Colline di Pothigai, oggi conosciute anche con il nome di Agasthiyar Malai. Per quanto la montagna si elevi non oltre i 1 .866 metri, il luogo è anco­ ra oggi ritenuto dai locali come un posto sicuro da qualsiasi futura cata­ strofe 25 . Parallelamente a questi eventi, vuole la tradizione, gli altri grandi saggi indiani recuperarono la conoscenza del Veda e iniziarono propagarla "nei giusti modi e tempi per il bene dell'umanità". La rivelazione di questa sapienza avrebbe avuto luogo nel 21 ° giorno del mese tamil di Kartigai, durante l'undicesimo anno, Eswara Samva­ tsara, del Kali Yuga. Sempre il mito vuole che parallelamente alla tradi­ zione orale queste conoscenze fossero state comunque messe per iscritto su foglie di palma e durante un'assemblea occorsa nella cittadi­ na di Alagan Kulam (alla foce del fiume Vaigai, a sud-est di Madurai) e fossero state presentate per la sua approvazione a Dhashina Murthi 26 . Queste includevano 64 tipi di conoscenze, i 1 8 Purana, 96 Tatvas e 48 campi di conoscenze scientifiche. L'intera letteratura Tamil (sacra e profana) prese quindi il nome di Sidha Veda. Questo immenso patrimonio sarebbe stato quindi tradotto nelle quat25

Secondo un'altra leggenda leggermente diversa contenuta nel Mahabharata, Shiva avrebbe

inviato sulla Terra i due saggi Vyasa e Agastya, per creare i linguaggi divini del Sanscrito e del

Tamil. Agathiyar rag_�Siunse Pothigai c vi crcù la cultura Tamil. Dopo aver creato una scuola Sidhar Gnana Koodam e aver viaggio nel mondo diffondendo la sua conoscenza, Agathiyar ritornò su lle mon tagne del Pothigai dove si fuse nel cosmo. In quel luogo fu cos truito un tem­ pio in suo onore, vicino alle cascate Papanasam sulle banche del fiume Tharnirabarani. Si crede che ogni tanto il saggio Agathiyar si mani festi ai suoi devoti.

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degli aspetti del dio Shiva identificato come maestro di tutte le conoscenze.

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tra lingue allora conosciute in quel periodo ovvero sanscrito, greco, ebraico e cinese. Il saggio Agathiyar, su istruzioni di Murugan, avrebbe quindi creato contemporaneamente la lingua Tarnil. Divennero inoltre suoi discepoli il saggio Bhogar dalla Cina, Thaeraiyar dalla Malaya, Yugimuni dal Ke­ rala, Pulipani dal Kantha Malai, assieme a Pulathiyan e Kapiyan. Nel 53° anno del Sidharti Samvatsara del Kali Yuga sarebbe stata indet­ ta un'assemblea di Siddhar, uorruru che avevano raggiunto l'illuminazione, detta Sidhar Sabai alle pendici delle colline di Pothigai. Agathiyar, su benedizione di Murugan, avrebbe quindi creato una scuo­ la denominata Sidhar Gnana Koodam. Ogni maestro venne deputato ad una specifica materia, così Pulathiyan e Kapiyan guidarono la scuola letteraria mentre Pulipani si immerse nella ricerca delle scienze umane. Thaeraiyar, che era maestro nella medicina e nella chirurgia, stabili un centro a Thorana Malai. Yugimuni che era versato nelle erbe mediche realizzò un ospedale ayurvedico a Paradesi Kundai. Il saggio Bhogar, che soprassiedeva alle ricerche scientifiche condotte nella scuola, istituì un centro per la ricerca alchemica a Thiruparankun­ dram mentre Pambatti Sidhar, che si occupava di un centro per lo stu­ dio dei veleni e dei rispettivi antidoti, istituì una scuola a Marudamalai. Dopo aver creato questi istituti sapienziali e formativi Agathiyar e i Saggi avrebbero iniziato una missione di diffusione di queste cono­ scenze nel mondo spingendosi fino al Tibet, alla Manciuria, Egitto, Pa­ lestina, Roma, America, Africa, Malaya e il mondo arabo. Avendo completato le loro missioni i Saggi, vuole sempre la tradizione, sarebbero entrati in uno stato di Samadhi fondendosi loro stessi con il cosmo. Kandan avrebbe raggiunto il Samadhi nel Thorana Malai, Bhogar a Pa­ lani, Thaeraiyar, Pulipanai e Yugimuni a Kantha Malai e Agathiyar stes­ so avrebbe scelto di tornare per la sua illuminazione nelle colline di Pothigai in un luogo denominato Dhashina Meru. Quanto trasposto in questo paragrafo è la fedele descrizione presente nel testo Prapancha Kaandam. Si tratta di leggende, miti e tradizioni ma questi stessi "racconti" sembrano celare una realtà storica ben più pro30

fonda e concreta rispetto a quanto traspare nella loro enunciazione e ancor più testimoniata nelle conoscenze recuperabili nell'antico conti­ nente indiano così come negli stessi paesi dove alcuni saggi arrivarono.

Le Sangam Volendo ricercare dei riscontri storici e fattuali al fascino originato dalle Foglie del Destino, e volendo analizzare la loro possibile genesi e origi­ ne abbiamo trovato un collegamento oltremodo interessante tra il mito di Agathiyar e la sua conoscenza, ci sembra quindi estremamente inte­ ressante riportare al lettore un'altra leggenda riferita alle così dette San­ gam, o università prediluviane indiane. Le indicazioni fino ad oggi raccolte indicano chiaramente come nel pe­ riodo precedente l'ultimo disgelo glaciale esistesse una grande massa continentale, estesa dal nord dell'India fino a oltre l'attuale Sri Lanka, che inglobava le terre del Tarnil Nadu e comprendeva ampie fasce di terre oggi sommerse. Le mappe paleoclimatologiche relative alle epoche comprese tra i 21 .300 e i 1 6.400 anni fa mostrano chiaramente l'estensione e l'esposizione alla luce del Sole dello scudo continentale durante l'ultima era glaciale. Questa grande massa continentale sembra conciliarsi pie­ namente con il mitico continente di Kumari Kandam in cui Agathiyar avrebbe vissuto, un leggendario regno che la tradizione Tamil narra si estendesse ben oltre l'attuale Sri Lanka e le Maldive. Una antica leggen­ da che sembra essere stata confermata dalla moderna ricerca. La sua storia viene codificata in epoca medievale ma la sua memoria si perde nella notte dei tempi. Come riportato nel testo Irarynar Kalviyalu­ rai, attribuito a Nakkirar e datato al X0 sec. d.C., la tradizione Tamil ri­ corda l'era delle Tre Sangam, letteralmente assemblee o accademie. La Mudal Sangam, o Prima Assemblea, fu composta di 4449 poeti e avrebbe avuto sede a Thenmadurai dove sopravvisse per 4.440 anni, fino a quando la città venne sommersa dalle acque e la sua capitale venne spostata a Kapatapuram, luogo ove venne fondata I'Idai Sangam, o Se31

conda Assemblea. Questa nuova accademia operò per 3.700 anni e sopravvisse assieme ai suoi 4449 poeti fino a quando un nuovo diluvio distrusse nuovamente la capitale che venne quindi spostata a Madurai, dove venne edificata la terza ed ultima accademia denominata Kadai Sangam. Lo stesso luogo in cui operò Agathiyar e il suo gruppo di Saggi. Per 1 .850 anni, 449 poeti studiarono le arti e le scienze fino a quando un terzo e ultimo diluvio non distrusse anche questa assemblea. Nel computo totale, secondo il mito, queste scuole operarono per un pe­ riodo di 9.990 anni. Curiosamente la concomitanza dei tre diluvi de­ scritti, della distruzione delle Sangam e l'epoca stessa in cui sono situa­ te, sembrano corrispondere ad un solo periodo, il disgelo occorso dopo l'ultima Era Glaciale con le conseguenti catastrofi climatiche e mari­ ne. Nelle date indicate dalle tradizioni indiane, avvennero tre grandi di­ struzioni di massa originatesi dallo scioglimento glaciale, un evento che non fu esclusivo e unitario ma che si protrasse per diverse migliaia di anni con molteplici inondazioni e il consequenziale innalzamento dei livelli dei mari a livello globale. La conoscenza e i pensieri non muoiono se la loro forza si origina da un ideale puro e incorrotto. Forse l'eco di un'antica patria perduta perdurò e trasmigrò nelle leggende e nei miti di popoli che furono co­ stretti ad emigrare per salvarsi e sopravvivere e che si trovarono co­ stretti a spostarsi da un'isola perduta nell'Oceano Indiano verso le co­ ste dell'India. Secondo i commentatori medievali, questa terra perduta era delimitata a Nord dal fiume Pahruli e a Sud dal Kumari, vi sorgeva­ no 49 Paesi detti Nadu mentre la distanza tra i due corsi d'acqua era di 700 katham, approssimativamente 770 km. Una estensione modesta se confrontata con le masse continentali ma certamente non così esigua da non aver potuto permettere la presenza di vita e di una civiltà27 • È interessante, a tale riguardo, anche lo studio condotto da R. Mathi­ vanan, editore Capo del Tamil Etymological Dictionary Project per il Go­ verno del Tamilnadu che, nel 1 99 1 e a seguito di uno studio sugli anti27 N. S ubrahrnanian,

The Tamils - Their History, Culture and Civilisation,

1 996.

32

lnstitute

of Asian

S tudies,

chi testi indiani e le tradizioni di queste terre, forni una cronologia ap­ prossimativa del suo popolo: ca. 200.000 al 50.000 a.C.

: prime tracce di vita umana intelligente nel

Tarnil Nadu. ca. 200.000 al 100.000 a.C.

: inizio del linguaggio Tamil. : civiltà di Kumari Kandam. 20.000 a.C. : un possibile contatto con la cultura dell'Isola di Pasqua tra le ultime sopravvissute di una civiltà avanzata . 16.000 a.C. : sprofondamento di un continente denominato Lemuria . 6087 a.C. : seconda Sangam creata dalla dinastia Pandya. 3031 a.C. : secondo le leggende Tamil un principe della dinastia Chera durante alcune esplorazioni marittime approda nelle Isole Salomone (Oceano Pacifico) dove trova la canna da zucchero selvatica e ne avvie­ rà la coltivazione nel Tamilnadu. 1780 a.C. : epoca della Terza Sangam stabilita dalla dinastia Pandya. 7° secolo a.C. : Tolkappiyam, la prima grammatica Tamil nota. 50.000 a.C.

Si tratta di datazioni che, per l'archeologia ufficiale, risultano inverosi­ mili e assolutamente frutto della creazione fantastica di questi popoli ma, per quanto alcune date siano estremamente remote nel tempo, la tradizione Tamil sembra fornire interessanti elementi di indagine e ri­ scontro con le più recenti scoperte dell'archeologia subacquea. Non esistono al momento prove inconfutabili ma certamente gli ele­ menti ad oggi conseguiti sembrano propendere per una stringente cor­ relazione tra le evidenze geologiche, recentemente riemerse, e le più an­ tiche tradizioni dei popoli Tarnil. I

Sette Saggi

A

fondamento di questo immenso patrimonio, e secondo la tradizione più antica, troviamo quei veggenti e primi depositari delle Foglie del De­ stino noti con il nome di Sapta Rishi, Sette Saggi 2H. 28

Altre tradizioni affermano che i veggenti fossero invece stati 20.

33

Queste stesse figure sono coloro a cui fu "consegnato" in un'epoca estremamente remota il Veda, il testo più sacro dell'induismo, un'opera religiosa considerata Apaumsrya ovvero non composta da mano umana ma "ascoltata" direttamente dagli Dei e, raccolta dai Rishi, per essere consegnata agli uomini. I sette Saggi non sono Deva né Asura ma non equivalgono neanche ad esseri umani co­ muni essendo alcuni di loro di discendenza divina 29 e collocandosi in un'era mitica e primordiale, in una posizione mediana tra questi ultimi e le prime due entità soprannatu­ rali30. Nell'Atharvaveda i Sette Saggi Dei partecipano addirittura all'atto della Creazione3 1 • Rappresentazione di un Saggio vedico intento a scrivere su Foglie di Palma Ai Sette Saggi si riconduce anche l'insegnamento dello Yoga che avrebbero direttamente appreso dal dio Shiva32 , detto anche Adhi Yogi cioè 'il primo maestro Yoga', alle pendici del sacro monte Kailash, nell'Himalaya. Talune scuole di pensiero induiste li vedono come esseri umani assurti al livello divino mentre altre come 'Esseri di Luce' discesi sul pianeta Terra per rafforzare il processo evolutivo e di transizione della specie umana. Mario Piantelli, I .A "religione " vedica, in Hinduismo (a cura di Giovanni Filoramo) , Bari, Laterza, 2007, pag. 1 9. 30 I l termine Asura possiede nell'avestico Ahura il suo corrispettivo ma curiosamente nella cul­ tura iranica lo sviluppo di queste figure sarà totalmente ribaltato: i Daeva acquisiranno, infatti, caratteristiche demoniache mentre gli Ahura manterranno connotati solari. 3 1 Atharoaveda XII, 1 , 39. 32 Secondo la tradizione, la prima depositaria dello Yoga fu Parvati, detta anche Shakti, moglie e compagna di Shiva ma successivamente questo insegnamento fu donato anche ai Sette Saggi "a beneficio dell'umanità". 29

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Non sempre si ha una concordanza sui loro nomi, questo per due ra­ gioni principali; ogni era ebbe i suoi Sette Saggi e l'epoca attuale, il Kali Yuga che ebbe inizio con la morte tìsica del dio Krishna nel 3102 a.C., vide la presenza di più 'Uomini Santi' rispetto alle precedenti epoche. La seconda motivazione per cui si assiste ad una differenziazione dei nomi è dovuta al fatto che ogni credo o setta religiosa dell'induismo, dette Darsana, tende ad identificare con specifici personaggi il proprio lignaggio da cui la presenza di differenti figure3' . Tutto questo non inficia assolutamente la concretezza e possibile stori­ cità delle stesse tradizioni. Per quanto vi siano nomi differenti, il contenuto del loro messaggio non cambia. L'induismo ci dice che questi esseri eletti non morirono di morte fisica ma, all'inizio del Kali Yuga, si ritirarono in ''Terre Pure" 3\ secondo la maggior parte delle tradizioni nella costellazione dell'Orsa che è formata da stelle che nell'astronomia indiana portano proprio i nomi dei Sette Saggi. La letteratura vedica elenca diversi nomi dei 5aptaRishi, eccone alcuni tra i principali desunti da alcuni testi sacri: •







Jaimin!Ja Brahmana (II, 218-221): Vasistha, Bharavaja, Jamadagni, Gotam, Atri, Visvamitra, Agastya; Gopatha Brahmana (I, 2, 8) : Vasistha, Visvamitra, Jamadagni, Gotama, Bharadvaja, Gungu, Agastya, Kasyapa; Satapatha Brahmana (XIV, 5, 2, 6) : Gotama, Bharadvaja, Visvamitra, Jamadagni, Vasistha, Kasyapa, Atri; Brhadarat!Jaka Upanisad (II, 2, 4) : Gotama, Bharadvaja, Visvamitra, Jamadagni, Vasistha, Kasyapa, Atri (come nel Satapatha Brahma­ na).

N el Jhatapatha Hrahmana c nella Hribadamnyak.a Upa11ishad (2.2.4), troviamo ad esempio una lista dci Sette Sag�,.-i leggermente diversa. 34 La conoscenza dell'esistenza di questi luoghi "puri", posti sia in ciclo che in terra, costituiva­ no anticamente un concetto molto diffuso in tutta l'Asia. In Cina si riteneva si trovasse nelle montagne Kunlun, dove all 'interno di una valle questi esseri immortali vivevano in armonia. Leggende indiane parlano di Kalapa, mentre in Russia le orde tartare della Mongolia la chiama­ vano Bclovodye. 33

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Nel caso delle Foglie del Destino troviamo quasi sempre nominati que­ sti personaggi, per quanto ve ne siano, come vedremo, molti altri: Agasthya, Kausika, Vyasa, Bohar, Bhrigu, Vasishtha Valmiki Chi sono i Rishi? Il termine sanscrito li identifica come degli uonuru Saggi ma più propriamente sono riconosciuti come i "conoscitori ed esposi­ tori delle Cose Divine" e sono, per l'induismo, maestri e modelli nel cam­ mino evolutivo della specie umana. Secondo la tradizione induista più nota questi 'uomini' originarono dal­ la mente di Brahma, il dio Supremo, mentre altri miti affermano che fossero stati esseri umani resi divini dal loro cammino spirituale. Nella Bhagavada-Gita il dio Krishna, incarnazione di Brahma, si riferi­ sce a loro con le seguenti parole "/ sette grandi veggenti, i progenitori dell'umanità, i quattro antichi e i legislatori nacquero dalla mia volontà e provenne­ ro direttamente da me. La rai:za dell'umanità è deri11ata da loro" 3 5 • La ricorrenza del fenomeno settenario non solo nel mondo indiano ma in moltissime civiltà e culture del passato sembrerebbe originarsi nella convinzione che fossero esistite sette entità elevate apportatrici di co­ noscenza e della civiltà nel più remoto passato. Quali che siano le ori­ gini di questo 'modello'36 globale ad ogg1 non è dato saperlo ma è altreBhagavad Gita, Capitolo 1 0, v ers o 25. N ell'Esoterismo delle culture e tradizioni più disparate ritroviamo alcuni di questi settenari con il nome di: i sette Primordiali, i s e t te C o s tru ttori i sette Logoi plan e tari, i sette Abdal i s l a­ mici, i sette Figli della Vi ta c della Lu c e, i sette Alhirn, i sette Elhoim, i sette Spiriti Creatori, i sette Arcangeli, i sette Angeli della Presenza, i sette Scphi rori, i sette Logoi E rm e tic i i sette Si­ gnori Lipika, i sette Kumara, i sette Dhyan Choan, i sette Dhyani Buddha (uno per ogni razza 35 36

,

,

36

sì vero come sia riscontrabile in un numero molto elevato di popoli la tradizione o la leggenda di Sette uomini giunti per donare la civiltà e i rudimenti dell'evoluzione civile. I Rishi differenziandosi dalle entità divine come i Deva (dal sanscrito " co lut. " o " cto . ' " c he emana l uce) e gli Asura37 possted ono un va lore e un significato per certi versi più profondo rispetto alle divinità stesse 38 • Grazie alle loro doti questi 'uomini illuminati' avrebbero previsto le se­ quenze di causa-effetto delle anime incarnate in una successione di eventi che, partendo da un'azione, si perpetuano nel tempo da una rea­ zione all'altra attraverso diverse vite e diversi corpi ma all'interno di una stessa anima. Questo è il punto nevralgico e sapienziale fondamen­ tale custodito dalle Foglie del Destino. Anche il Mahabharata ci parla ampiamente delle gesta dei Sette Saggi, testo che costituisce una delle fonti più importanti e significative per lo studio dell'universo delle concezioni induiste. Il libro è attribuito al leg­ gendario personaggio di Vyasa che sembra abbia raccolto anche i Veda e molti altri antichi scritti indiani. Nella sua forma attuale il Mahabharata è composto da 1 06.000 .rloka, o distici, distribuiti in ben 1 8 libri con l'aggiunta di un diciannovesimo denominato Harivamsa. Cuore centrale dell'opera è il racconto del de­ stino della guerra tra due stirpi rivali, componimento che trova la sua •

madre, cinque tìn'ora), i sette Manu primitivi o Prajapati, i sette Agnishwatta, i sette Manasapu­ tra, i sette Apkallu sumeri c i sette Ameshaspend zoroastriani. 3? Con il termine .-1s11ra nel RigVeda sono indicate varie divinità tra cui: Savitar (l, 35, 1 0), Va­ rul)a (l, 24, 1 4), Rudra (Il, 1 , 6), lndra (l, 1 74,1 ), Agni (V, 1 2, 1) e Soma (IX, 72,1). Successiva­

mente alcuni di questi Dei primordiali verranno detronizzati dai Deva (�); questi ultimi con il tempo acquisirono connotazioni positive, attribuendo invece caratteri demoniaci agli antichi Amra. Da tenere presente, tuttavia, che nei più antichi inni del RigVcda i termini Deva c /ls11ra sono intcrcambiabili. È nel Satapatha BriihmaiJa (IX, 5,1 , 1 2 c sgg., risalente a circa l'VIII secolo a.C.) che in ambito tardo vcdico si trova una prima spiegazione della detronizzazione degli Asura a vantaggi o dci Deva. Secondo questo testo ambedue le classi degli Dei furono originate dallo stesso principio, Prajiipati, c dotati sia della parola l'era che di qu c lla falsa, ma se i Det'll scel­ sero il "vero", gli Asura gli preferirono il "falso". 3 8 Mario Piantclli. I ..tl "religione " vedica. in Hinduismo (a cura di Giovanni Filoramo), Bari, Laterza, 2007, p.1 9.

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espressione più alta nel testo noto come Bhagavadgita opera massima contenente insegnamenti sulla filosofia e l'arte del govemare39 • È fondamentale ripercorrere la storia e i contributi Sette Saggi per comprendere appieno chi e cosa si celi dietro questo sistema 'divinato­ rio'.

Vyasa Vyasa, è considerato tra le massime figure dell'induismo in quanto fu il saggio che divise il sacro libro del Veda in quattro parti per permetter­ ne una sua migliore lettura e comprensione. La storia lo conobbe con il nome di Veda I/yasa. Al pari di Hanuman è considerato immortale poiché è uno dei sette Chiranjeevin40 • Vyasa è considerato anche un avatar secondario di Vi­ shnu, detto anche l'Avatar scrittore. La tradizione vedica vuole che, prima della sua manifestazione terrena, le persone comuni fossero in grado ricordare i Veda a memoria, anche ascoltandoli una sola volta, riuscendo a capirne tutti i significati e le di­ verse implicazioni. Quando nel 301 2 a.C., in concomitanza con la morte di Krishna, iniziò l'epoca attuale del Kali Yuga, la durata della vita e la memoria si ridus­ sero considerevolmente e gli uomini divvenero spiritualmente meno vicini al divino. Fu per tale ragione che Vyasa 'discese' nel mondo e, mettendosi a servizio dell'umanità, portò i Veda da tradizione orale ad una forma scritta dividendoli in quattro parti, componendo i 1 8 Purana (in particolar modo la Bhagavata Purana) 4 1 • Un ulteriore nucleo del Mahabharata è costituito dalle 24.000 distici sulla storia eroica di Rarna su cui si basa il poema cpico indiano più conosciuto, il Ramayana, tcnuto dagli induisti in grande considerazione soprattutto perché in un verso dell'introduzione afferma che chi lcg_e;e ripete il tcsto sacro fonte di vita verrà liberato da tutti pcccati innalzato ai cicli più alti insieme a tutti suoi discendenti. 40 Il termine é'hiranjivi si riferisce ad esseri immortali che hanno decisono di rimanere sulla Ter­ ra in questo Kali Yuga al fine di portare bcnctìci all'umanità c alleggerire il peso del loro cam­ mino. 4 1 Yyasa è inoltre ritenuto l'autore del Vedanta Sutra, un importante testo Ycdico che concilia versi delle Upanisad in apparente contraddizione tra loro. 39

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Giacché a Vyasa è attribuito il ruolo di aver permesso all'uomo moder­ no di comprendere la divina conoscenza dei Veda, viene anche chiama­ to Veda Vyasa o "suddivisore dei Veda". Meno noto è il fatto che Vyasa fu anche l'autore, nonché il narratore, del Mahabharata. La tradizione vuole che avesse chiesto al dio Ganesha di scrivere il poema sotto dettatura ma Ganesha avrebbe imposto la condizione che Vyasa avrebbe dovuto recitare il testo senza mai fer­ marsi, a cui il saggio rispose ponendo la condizione ulteriore che Gane­ sha avrebbe dovuto comprendere ogni verso prima di trascriverlo. Questo curioso racconto dovrebbe illustrare la ragione per cui il Maha­ bharata fu scritto in una forma di sanscrito estremamente complicata. Vyasa fu inoltre il nonno di entrambe le fazioni belligeranti del Mahab­ harata, i Pandava ed i Kaurava. La leggenda narra inoltre che più di 5000 anni fa, il saggio Sukha, figlio di Vyasa avesse messo per iscritto su foglie di palma i numerosi testi profetici e divinatori custoditi dal padre, testi che furono da allora co­ nosciuti con il nome di Sukha Naadi Granthi, uno dei differenti testi uti­ lizzati nelle Foglie del Destino. Da secoli il principale centro legato alla figura di Vyasa è il tempio shivaita di Vaideeswaran Koil, nel Tami!Na­ du.

Valmiki Valmiki fu invece il poeta che mise in forma scritta il poema epico del Ramayana. A Valmiki viene anche attribuita la stesura dello } 'oga Va­ sistha, un testo che tratta un'ampia gamma di temi filosofici e che, si di­ ce, sia stato composto più di 5 millenni fa. Il &mqyana è il più antico poema sanscrito ed è perciò chiamato Adi ka�ya (''il primo poema") e per questo lo stesso Valmiki è anche noto come Adi kat•i (''il primo poeta") . Si racconta che sia stato Valmiki ad offrire ospitalità a Sita, sposa di Rama e regina di Ayodhya, quando questa fu esiliata, e che nel suo eremo nella foresta nacquero e crebbero i due gemelli figli di Rama e Sita, Lava e Kusa.

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Valmiki non era stato inizialmente un uomo rispettato per la sua statura spirituale. Al contrario era un uomo di scarsi principi morali ma grazie all'intercessione di alcuni Rishi che incontrò nel suo percorso, cambiò profondamente la propria natura e divenne uno dei saggi più rispettati di tutta la storia indiana. Il Ramayana è tra le più antiche epiche che il mondo conosca. Le stime più attendibili lo fanno risalire a ben prima che la storia occidentale re­ gistrasse le prime civiltà. Nei tempi che gli studiosi chiamano preistori­ ci, in India fioriva infatti la più grande ed avanzata civiltà mai esistita. Valmiki scrisse il suo poema quasi interamente e in contemporanea allo svolgersi della vicenda stessa, e lo divulgò grazie ai suoi discepoli che iniziarono a recitarlo ovunque fosse possibile cantando e accompa­ gnandosi con strumenti musicali. Valmiki è legato alle Foglie del Destino poiché nel corso delle sue me­ ditazioni, e grazie all'incontro con i suoi Maestri, avrebbe appreso e conosciuto arti in grado di permettergli di entrare nel profondo ciclo del Samsara ed apprendere quindi il destino di migliaia di anime che si sarebbero incarnate nei secoli. Questi uomini coincidono con le figure più importanti che l'induismo abbia mai conosciuto, sospesi tra la realtà storica e leggenda. Gli oracoli delle foglie di palma che gli sono attribuiti costituiscono il retaggio di una sapienza millenaria originatasi da queste figure e, a detta di coloro che le hanno sperimentate, possono raggiungere una preci­ sione strabiliante nella descrizione del nostro presente, mettendolo in relazione con le vite passate e con il nostro futuro. Molti Rishi come Vashistha e Brighu furono precettori nell'astrologia e istruirono i loro discepoli secondo la tradizione della Guru Parampara ovvero la linea di successione sapienziale ininterrotta tra mestri e disce­ poli. Prima dell'inizio dell'epoca odierna, il Kali-yuga (nel 31 02 a. C.) , Parasara Rishi estrasse l'essenza delle varie scuole d i astrologia della sua epoca, la Jyotish, e la trasmise in un unico testo, conosciuto con il no­ me di Brhad Parasara Hora Sastra. Parasara Rishi dettò questo testo al suo discepolo Maitreya Rishi, che attraverso i suoi discepoli lo fece giungere fino ai nostri tempi. Per questo motivo la scuola principale di

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Astrologia Vedica in India si chiama la scuola di Parasara, l'ultimo dei grandi rishi dell'epoca vedica. Brighu La storia di Brighu, altra figura legata ai Sette Saggi, è altrettanto affa­ scinante quanto rappresentativa del mondo delle leggende induiste. Si narra che Brighu fosse vissuto in India migliaia di anni fa e fosse il figlio di un grande saggio di nome Varun. Secondo il testo Manusmriti42, Bhrigu fu coevo nell'epoca di Manu, il Noé indiano nonché progenitore dell'umanità43 attuale. Assieme a Manu, Bhrigu a seguito del Pralaya, il grande diluvio india­ no44 avvenuto non meno di 1 0.000 anni fa45 , avrebbe composto oltre al testo noto con il nome di Bhrigu Samhita anche una parte dello Manusm­ ritz46 tra gli scritti più sacri della religiosità induista in cui, tra le varie re­ gole e prescrizioni, viene anche indicato come si sarebbe dovuto rico­ struire la civiltà a seguito del cataclisma occorso. La posizione assurta da Bhrigu gli aveva conferito il privilegio di fre­ quentare i Deva, gli dei, così un giorno volle fare visita al grande Vish­ nu, colui che "conserva il mondo", volendo essere immediatamente ri­ cevuto al suo cospetto. In quel momento Vìshnu sì trovava in compa­ gnia di Lakshmi, sua sposa nonché dea della bellezza, della fortuna, del­ la fertilità e della ricchezza.

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Il testo passo da forma orale a testo scritto verso il 200 a.C. ma se ne possiedono tracce mol­ to più antiche. Si veda anche il volume di Patrick Olivelle, 1Hanu's Code o( T ..aw, Oxford Univcr­ sity Prcss, 2005. 43 G opal, Madan (1 990). K.S. Gautam, cd. India throu/!,h the a,l!,eS. Publication Division, Ministty of Information and Broadcasting, Govcrnmcnt of India. p. 78. 44 A.V. Sankran, Samsl1'ali - the ancient river lost itr tbe desert, Currcnt Scicncc, 1 997, Vol. 72, pagcs 1 60-6 1 . 45 David Frawley, quoting Grahm Hancock in "U ndcrworld" : Floodcd kingdoms of thc Ice Age, A Vcdic and Indian Pcrspcctivc. 46 L'opera fu composta dopo il grande Diluvio indiano cd è considerata la più importante cd autorevole riguardante il Dharma, ossia i diritti c doveri inerenti il devoto induista nella vita so­ ciale, politica c religiosa a seconda della casta di appartenenza.

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Il dio fece quindi attendere il suo ospite ma l'impulsività di Brighu lo portò a infuriarsi a tal punto da introdursi con la forza nella stanza del dio assestandogli un grande schiaffo. Vishnu, noto per la sua benevo­ lenza e clemenza, reagì con grande superiorità ma la sua consorte Lak­ shmi lanciò subito una maledizione per l'insolenza avuta dal saggio, un anatema che lo avrebbe condannato assieme alla casta di cui faceva parte ad una vita lontano da lei quindi vissuta in povertà, senza fortuna e ricchezze. Brighu comprese immediatamente di avere compiuto un gesto incon­ sulto e sconsiderato e si mostrò profondamente pentito chiedendo clemenza. La dea Lakshmi sì dispiacque per l'accaduto, tanto più che Brighu si era dimostrato un giovane talentuoso e con straordinarie doti spirituali. La maledizione non poteva però essere più ritirata e, per preservare Brighu e la casta dei bramini dalla fame e dalla miseria, gli concesse la visione della Cronaca dell'Akasha47 , il leggendario 'manoscritto cosmi­ co' in cui era stata raccolta la storia passata, presente e futura del mon­ do e dell'intera umanità. Brighu ebbe così l'opportunità di conoscere il destino di tutti gli uomini in ogni tempo, divenendo tra gli esseri più saggi della mitologia indiana. Ordinò il suo immenso sapere in una raccolta denominata Brighu Sami­ tha e, come aveva prescritto Lakshmi, trasmise il suo sapere ad altri bramini in modo che questi potessero tramadare nei secoli e nei mil­ lenni questa conoscenza e potessero trarne sostentamento. La casta sacerdotale indiana custodisce ancora oggi questa eredità leg­ gendaria occupandosi, tra le altre cose, di oracoli e divinazione.

Akasha (detta anche Akash o Akasa, �) è il termine sanscrito per indicare l'etere. Ncll'in­ duismo il termine è utilizzato per indicare l'essenza base di tutte le cose del mondo materiale, l'elemento più piccolo creato dal mondo astrale. Akasha è uno dci Panchamahabhuta o "cinque grandi clementi", la cui principale caratteristica è Shabda, il suono. In hindi il significato di Aka­ sha è cielo. (Si veda Dirtionary of World Philosopl[y di A. Pablo !annone, Taylor & Francis, 200 1 , p . 30). Per l e scuole filosofiche induistc Nyaya c Vaisheshika, l'Akasha è l a quintesscnza ovvero il substrato della qualità del suono, una sostanza fisica eterna, impercettibile c che tutto pervade (Si veda lndian Metap�ysics and l!pistemoJo..I!J di Karl H. Pottcr, Usharbudh Arya, Motilal Banarsi­ dass Publications, 1 977, p. 71 ). 47

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Lakshmi, però, ammonì e prescrisse che questo sapere non fosse porta­ to fuori dall'India ed infatti le biblioteche del destino con le loro foglie di palma nacquero come fenomeno prettamente indiano e sono consul­ tabili dal devoto che le voglia interpellare solo ed unicamente in questo paese. Recenti studi, uniti alla tradizione, hanno confermato come a Bhrigu siano attribuibili quantomeno 500.000 combinazioni di oroscopi che avrebbe ottenuto usando la matematica vedica e che si trasformano in almeno mezzo milione di permutazioni possibili estrapolabili dalle stes­ se ovvero ad almeno 45 milioni di divinazioni su singoli individui. Questi valori sono estrapolabili dalle copie incomplete, disponibili ed oggi consultabili del Bhrigu Samhita poiché nessuno è mai entrato in possesso del manoscritto completo. Si ritiene che quando le armate islamiche di Mughal distrussero, oltre 900 anni fa, la biblioteca/università di N alanda avessero distrutto an­ che una parte consistente del manoscritto. Ciò che si salvò da questa furia distruttrice fu suddiviso e disperso tra i bramini superstiti che fuggirono in tutto il paese (alcune tradizioni par­ lano di 5 altre di 1 00) mentre la tradizione vuole che il manoscritto ori­ ginale fosse composto da almeno 200 volumi. Possiamo solo immaginare quante combinazioni e permutazioni fosse­ ro state racchiuse all'interno di questa opera. Kakabujandra Una seconda leggenda narra invece di Kakabujandra, figlio della dea Saraswati nume della saggezza e consorte del dio Brahma, c-reatore del mondo. Fin da piccolo ricevette da sua madre, che era stata anche la sua precet­ trice, i più importanti insegnamenti sulla Conoscenza. Un giorno i più importanti consiglieri degli dei si incontrarono sul monte Kailash, nella catena dell'Himalaya. Questi esseri vollero interrogare Shiva, dio della distruzione e dotato di terribili poteri ma anche della conoscenza, sui segreti del mondo. Shiva conferì al saggio Kakabujandra il ruolo di pre43

cettore e maestro nonché il compito di trasmettere il suo sapere ai con­ siglieri presenti, ma anche a tutte le creature viventi che lo desiderasse­ ro, figure che rappresentavano le diverse regioni del regno divino. Ai sommi sapienti degli dei Shiva ordinò di osservare esattamente, e da subito, tutte le istruzioni di Kakabujandra, pregarono quindi il saggio figlio di Sarasvati di rispondere alle innumerevoli domande che aveva­ no in serbo sul mondo per poter dirimere i loro dubbi. Da quel momento diventarono suoi allievi e discepoli moltissimi bra­ mini. Kakabujandra, maestro imparziale, trasmise ai suoi seguaci le grandi verità sul destino del mondo, dell'umanità e di tutte le creature della Terra. Il sommo Rishi rivestì un ruolo fondamentale nel pantheon delle divi­ nità indiane e non molto tempo dopo si sposò con la dea Bahola con cui si occupò, come un padre e una madre, dell'educazione degli uomi­ ni. Ancora oggi il loro matrimonio viene celebrato ogni anno nel gran­ de tempio di Achchalpuram, una piccola cittadina situata nell'India del sud nel delta del Cauvery. Brighu è considerato il fondatore della biblioteca oggi custodita a Ho­ shiarpur, mentre Kakabujandra della raccolta di foglie di palma conser­ vata a Madras. Vashista Figura altrettanto autorevole tra i Sette Saggi è Vashista la cui eredità è composta da oltre 80.000 Foglie del Destino conservate a Vashista­ rankoil, detta anche Suka. Vashista è tra i nomi più importanti della tradizione vedica e della mito­ logia post-vedica. Per la sua grande rilevanza, Vasistha ricopri un ruolo di primo piano nel settimo mandala del RigVeda in cui un inno (il VII. 1 8) lo indica come suo compositore. Al saggio Rishi è attribuita, nell'astronomia vedica, la stella Mizar nella costellazione dell'Orsa Maggiore così come Vashista è considerato un Manasputra del dio Brahma ovvero, letteralmente, un figlio nato dalla sua mente. 44

È a lui attribuita la compilazione del Vashistha Samhita, un testo di Astrologia Elettiva48, detta anche previsionale, come anche dello Yoga Vasishtha un antico testo49 sanscrito sul Vedanta. Vasishtha fu un gran­ de Rishi che impartì la propria conoscenza al principe Rama, suo disce­ polo, le cui gesta furono declamate da Maharishi Valmiki50 nel Ram�a­ na. Vasishtha iniziò progressivamente Rama alla conoscenza dell'Anima e nello stesso tempo gli mostrò come agire nel mondo attraveso il sentie­ ro della Conoscenza (]nana Yoga). Secondo lo Yoga Vasishtha il mondo dell'esperienza, le sue leggi, gli oggetti, lo spazio e il tempo costituiscono unicamente creazioni della mente, ogni cosa è Coscienza, compreso il mondo materiale, "il mondo è solo ilgioco della Coscienzd'.

Agasthya Nell'antichissima città di Tiruchirapalli oggi denominata Trichy, nel Tamil Nadu, si trova invece la biblioteca attribuita ad Agasthya che, se­ condo la leggenda, avrebbe redatto i testi originari delle Foglie del De­ stino oggi conservati a Kanchipuram, creando a tale scopo la lingua Tamil e la sua particolare forma di scrittura. Stime non confermate af­ fermano che in questa raccolta siano presenti almeno mezzo milione di foglie di palma. Secondo la tradizione induista Agasthya sarebbe vissuto verso il 1 5.000 a.C. e il suo nome è associato, nell'astronomia indiana, con la stella Ca­ nopus. 48 L'Astrologia Elettiva non è altro che un tema natale scelto per il momento più idoneo per

agire, e quindi può essere usata per scegliere la data più appropriata per un evento, inaugurare un negozio, aprire una nuova attività, sposarsi, investire denaro, acquistare o vendere merci o immobili, ecc. 49 Atreya B. L., The PhilosoplrJ of the Yoga VllSbista. A Comparative Critiml and .�ynthetic .'ìurory of the Phi/Qsophical ldeas of VllSbista llS presented in the Yoga- l' ·llShista Maha-Ramt!Jan. BllSed on a thesis appro­ llf!dfor the degree of Doctor of I �tters in the BanarllS Hindu University, Moradabad, Darshana Printers, 1 981 (1 st ed. 1 935). so Yalmiki, The Bssence of YogavallSÌShtha, Compiled by Sri J nanananda Bharati, transl. by Samvid, Chennai, Samata Books, 1 982, 2002.

45

È considerato il primo e santo tutore dei Siddhar, gli uomini devoti che hanno raggiunto l'illuminazione spirituale ottenendo le Ashta Siddhis, gli otto poteri soprannaturali correlati alla loro elevazione spirituale. Tale conoscenza fu resa accessibile ad Agasthya da Kartikeya, figlio del dio Shiva e divinità a cui sono devoti gli stessi Siddhar.

I

discepoli di Agasthya, secondo la tradizione, avrebbero contribuito

alla stesura e divulgazione di migliaia di testi che inclusero lo scibile umano, dalla medicina alle scienze all'astrologia. Agasthya

è

anche considerato il padre della letteratura e della gramma­

tica Tamil che sono appunto chiamate Agathiyam. Maharishi Agastya e del mam

varmam,

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è

ritenuto anche il fondatore e patrono del ·

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5 1 I Punti Varmam costituiscono secondo la tradizione Tamil i punti vitali presenti in tutto il corpo. Molti testi antichi asseriscono che siano in un numero totale di 1 08, numero sacro nell'induismo. Secondo questa disciplina attraverso il dhasanaadi, il dhasavayu e il saram l'energia, ovvero il Prana, fluirebbe nel corpo irradiato dal sole ed entrando dal naso. I punti energetici identificati da questa disciplina, sono 7000, nelle orecchie 3300, negli occhi 4000, nel naso 3380, alla base del collo e nella regione delle spalle 6000. Esistono numerose classificazio­ ni per i punti varmam tra cui le più note sono padu varmam, thodu varmam, vatha varmam, adhara varmam etc. 52 Zarrilli, Phillip B. (1 998) . Wben the Botfy Becomes Ali F!yes: Paradit,ms, Discourses and Practices of Power in Kalarippqyattu, a South Indian Martial Arl. Oxford: O xford U niversity Press. 53 Luijendijk, D.H. (2005) Kalarippqyat: India's Ancient MartialArl, Paladin Press.

46

Relativamente alle conoscenze scientifiche detenute da questo saggio un dato estremamente interessante ed affascinante è emerso negli ulti­ mi anni in riferimento al testo sacro che gli viene attribuito, l'Agast�ya Samhita. Secondo la tradizione questo testo (ovvero la tradizione orale che lo riguarda) sarebbe stato composto indicativamente nel 5000 a.C. e re­ centi studi 54 hanno dimostrato come al suo interno sia stata codificata una conoscenza per la costruzione di batterie elettriche (con il rame come catodo e un'amalgama di zinco come anodo) . Esperimenti di laboratorio hanno riprodotto questi meccanismi accre­ ditando la loro attendibilità e fattibilità. Kapila Un ulteriore archivio viene attribuito ad un Rishi quasi del tutto scono­ sciuto in occidente di nome Kapila mentre un altro ancora a Ravana, il demone sconfitto dal dio Rama e cantato nel poema epico Ramayana. Kapila fu un grande saggio, vissuto prima del VI secolo a.C., fondatore del sistema filosofico Sankhya. Intorno a questo nome vi sono molte leggende che esaltano l'origine divina del personaggio, peraltro stori­ camente ibmoto e di difficile identificazione. Questo nome è riscontrabile anche in numerose altre occasioni ma nel­ la totale impossibilità di identificarlo per chi non abbia una conoscenza e dimestichezza profonda delle scritture sacre indiane. Il sistema filoso­ fico ideato da questo saggio, risulta inoltre in molti passaggi in contra­ sto con l'ortodossia vedico-brahmanica 55 . Nella leggenda, Kapila fu il grande Rishi che incenerì con uno sguardo i 60.000 figli del Re Sagara56 • Metaforicamente questa storia vuole signi­ ficare che Kapila Oo Spirito Infinito) pose fine a Giatayu, figlio di 54 A.K. Shukla e T. Prem Kumar, A short hostory of ekctrochemistry in India, Indian J ournal of Hi­ story of Science, 49.4 (201 4) 424-427. 55 N ella catena montuos� sub - hi m al ayan a del Sewalik, il passo Hardwar è chiamato oggi passo di Kapila perchè in quel l u ogo, e nell a vicina città di Kapilastan, il saggio si sarebbe fermato molti anni in meditazione. 56 Per tale motivo, nei libri esoterici indi a ni , lo sguardo di Kapila è chiamato Kapilaksha.

47

Garuda (il Mahakalpa) , che aveva vissuto per

60.000 anni

(un intero ci­

clo all'interno del più grande ciclo calendariale induista attribuito a Garuda) . La parola Sankhya significa letteralmente "numero" e vuole indicare una dottrina basata sull'enumerazione e sull'analisi ovvero un sistema che intende accostarsi alla Realtà Ultima, al divino, mediante un'enu­ merazione esatta e onnicomprensiva dei suoi principi costitutivi, defini­ ti Tattva57• Ne risulta quindi una sorta di descrizione "completa" della creazione e del Creato e dei suoi meccanismi. Nell'incredibile cronologia indiana i Purana affermano che Kapila ap­ parve durante lo Svayambhuva Manvantara, la prima epoca, e che diede forma al suo sistema "molti milioni di anni fa" impartendolo a sua ma­ dre Devahuti58• Se la leggenda sembra affondare ad un'epoca troppo remota comunque del sistema fùosofico Sankhya si trovano chiari riferimenti anche nei Veda più antichi, dunque almeno a

4000 anni

fa.

Gli stessi Purana59, così come le grandi autorità dell'induismo, parlano di Kapila come di un Vishnu avatara, ovvero di un'incarnazione divina del dio Vishnu. Possiamo trovare inoltre la storia della sua nascita, della sua vita e dei suoi insegnamenti nel Terzo Canto dello Shrimad­ Bhagavatam che, secondo la tradizione, sarebbe stato composto cin­ quemila anni fa. La confusione sul Sankhya nacque molto tempo dopo, quando cioè venne concepito un sistema fùosofico di " tipo analitico" che fu chiama­ to nello stesso modo. Gli autori furono Ishvarakrishna e Kapila (ov­ viamente un omonimo dell'antico saggi o) . La differenze fra le due realtà è nettissima: la prima è di natura teistica, accettata da tutti gli studiosi Vaishnava, mentre l'altra è, fondamental­ mente, ateistica e materialistica. Anche a questo saggio , forse tra i più antichi che la tradizione ricordi, viene attribuita una linea sapienziale riferita alle Foglie del Destino, una 57 Al Rishi vengono attribuiti due libri, il Sankhya-pravacana e il Tattvasamasa, ma di essi non vi è traccia nelle antiche scritture ma solo nella tradizione spirituale a lui attribuita. 5 8 Nipote di Brahma e figlio di Kardama Muni e di Devahuti. 59 Come ad esempio il Brahmanda Purana, il Vayu Purana, il Bhagavata Purana e altri.

48

tradizione che si aggiunge al già vasto e complesso sitema dei Naadi Shastra. Le figure citate sono solo alcune tra le principali e più importanti legate alle Foglie del Destino ma non sono le uniche troviamo infatti le Ga­ nesh Nadi, Brahma Nadi, Muruga nadi, tantra nadi, Shakti nadi, Atri nadi, Nandi nadi, Dhruva N adi, Kakabusanda nadi, J eeva nadi e le Su­ ka nadi, solo per citarne alcune altre. Tutte queste raccolte di foglie di palma si basano non solo sul principio fondante della "rivelazione" o "acquisizione" tramite poteri superiori ma si legano profondamente anche all'astrologia vedica, strettamente connessa con l'astronomia, in un connubio unico e senza eguali al mondo.

"La tradi=\Jone vuole che chiunque sia destinato a conoscere ilproprio destino, si troverà in India in un momento preciso della sua vita per conoscere cosa ilfuturo gli riseroerà e dopo aver trovato la propriafoglia nefarà una vera e propria guida per la conoscenza di se"'.

49

50

Capitolo II L'Astrologia indiana Ogni grande civiltà del passato ha sviluppato un proprio sistema astro­ logico spesso profondamente collegato e connesso allo studio astro­ nomico del cielo e ai suoi miti fondanti più sacri e profondi. Per quanto apparentemente questi sistemi sembrino talvolta in con­ traddizione tra loro, nell'approfondirne la conoscenza potremo notare come ognuna delle grandi tradiziorii astrologiche della storia non diver­ ga dalle altre sui concetti fondamentali e dia in realtà enfasi a parti di­ verse di questa affascinante tradizione. In India il termine sanscrito che indica l'astrologia è Jyotisha, letteral­ mente "lo studio delle luci"; le luci dei pianeti, delle stelle fisse, delle eclissi, delle comete, ossia di tutte le mariifestaziorii e modificaziorii dell'uriica suprema Luce divina. La Jyotish è una delle sei Vedanga, la cui funzione è quella di indicare ai sacerdoti vedici la corretta esecuzione dei riti 60 • L'astrologia indiana co­ stituisce un sistema di interpretazione degli astri piuttosto sofisticato e indipendente le cui radici possono essere addirittura ritrovate nei testi epici del Ramayana e del Mahabharata. Tra: le principali fonti dei mistici oracoli delle foglie di palma, oltre agli ormai ben noti Sette Saggi, devono essere anche tenuti presenti altri grandi uomirii che proseguirono l'arte insegnata dai rishi ampliando ed incrementando la sapienza di questo grande sistema oracolare. Le saghe riguardanti questi Rishi testimoriiano come le basi su cui si fonda l'astrologia indiana risalgano al tempo stesso in cui nacque la re­ ligione induista e, secondo alcune tradiziorii addirittura alla civiltà della valle dell'Indo. Diventa imprescindibile è logico quindi supporre che anche prima di ques.t'epoca fosse esistino un "qualcosa" da cui tutto ebbe origine. Oltre ai suoi più nobili ed antichi natali, l'astrologia indiana ha risentito anche di un influsso occidentale. 60 G avi n

Flood, Michio Yano,

The 13/ackll•ell C.òmpaniotJ lo Hinduism.

51

Malden: Hlackwell,

2003.

L'astrologia indiana comprende diversi sotto-sistemi caratterizzati da sfumature di interpretazione e di previsione che non si trovano nell'astrologia ellenica, come ad esempio

il

sistema delle dimore lunari

detto Nak�atra. Una branca dell'astrologia vedica è chiamata

Nadi

Astrologia

ed è proprio oggetto del nostro interesse in quanto legata indisso­

lubilmente e profondamente con le foglie di palma. Sarà solo dopo un contatto tra le due correnti però che in India l'ordine dei pianeti fu fissato rispettando un calendario settimanale di sette

giorni61 •

L'astrologia ellenica trasmise a quella indiana anche i dodici segni zo­ diacali e una prima conferma può essere trovata nel testo che risale

ai primi

Yavanqjataka

secoli dell'era cristiana.

Lo Yavanajataka Oetteralmente, da Yavanesvara nel occidentale re Saka

I Detti dei grecz) fu tradotto in sanscrito il 11° secolo d.C., sotto il patrocinio del Satrapo62 Rudradaman I, ed è considerato il primo trattato

astrologico indiano in lingua sanscrita63• Tuttavia l'unica versione che è sopravvissuta alla furia del tempo è stata la successiva versione di Sphujidhvaja del

270

d.C.

Secondo Michio Yano, gli astronomi indianizzarono e sanscritizzarono l'astronomia greca durante il

300

d.C. ovvero tra lo Yavanajataka e il

testo Aryabhatiya64• Durante questi trecento anni i testi astrologici intermedi non sono giunti fino a noi ma non molto tempo dopo

il

Paficasiddhantika di Va­

rahamihira riassumerà le cinque scuole astrologiche indiane note fino al

VI secolo.

61 Gavin Flood, Michio Yano, op. cit., p. 382. 62 Satrapo era il nome dato ai governatori delle province, denominate appunto "satrapic", degli antichi imperi mcdi c persiani, incluso l'impero achcmcnidc, quello dci Sasanidi c alcuni regni ellenistici. 63 Mc Evillcy, The shape of ancient thought, p.385 (The Yavanajiitaka is the earliest surviving Sanskrit text in horoscopy, and constitute the basis of a/1 /ater Indian developments in horoscopy, che cita il lavoro di David Pingrcc "Thc Yavanajiitaka of Sphujidhvaja" p.S). Si veda anche David Pingrcc, "Astro­ nomy and Astrolo!!J in India and Iran", Isis - Joumal ofThe History of!ìcience Society (1 963), 229-246. E David Pingrcc, Jyotib.§iistra in J . Gonda (cd.) A History of Indian I �teratun, Vol. VI, Fase. 4, Otto Harrassowitz, Wicsbadcn (1 981). 64 Gavin Flood, Jl.iichio Yano, op. cit., p. 388.

52

Questa storicizzazione fino ad ora presentata vale quasi globalmente in tutti i territori che vanno dall'India centrale a quella del nord, un di­ scorso a parte deve essere fatto per il sud ed in particolar modo per il Tamil Nadu dove le foglie di palma e l'astrologia Nadi erano già pre­ senti ed utilizzate prima ancora che gli altri territori fossero "influenza­ ti" dalla presenza greca. Da quando l'uomo ha iniziato a collezionare informazioni dal mondo che lo attorniava, attraverso conoscenze empiriche e sensazioni sugli eventi naturali e cosmici, con il tempo ha imparato a comprendere e utilizzare queste stesse sensazioni e a trasformarle in qualcosa di orga­ nizzato e coerente. L'astrologia indiana da sempre ha seguito percorsi insoliti e autosuffi­ cienti rispetto alle altre tradizioni e, per quanto il sistema astrologico occidentale non sia certamente semplice, nel caso dell'India possiamo assistere alla formazione di una struttura estremamente più complessa ed articolata che si avvale di metodologie molto più specifiche e sfrut­ tando possibilità uniche, e non riscontrabili altrove, per tracciare predi­ zioni e studiare ed interpretare la combinazione in esso espresse. Una descrizione dettagliata del sistema astrologico indiano e della rea­ lizzazione di una carta esula dagli obiettivi che si voleva raggiungere in questo libro, alcuni dati però possono essere fondamentali per com­ prendere la sua tecnica e i suoi fini. Nello Jyotish viene composto il quadro astrologico di nascita dell'individuo che indicherà le sue naturali disposizioni, ciò che lo at­ trarrà e ciò da cui rifuggirà. Le relazioni interpersonali che avranno avuto luogo nella sua vita saranno determinate da queste caratteristiche di partenza e compito dell'astrologo sarà anche quello di consigliare come equilibrare o come modificare quelle dinamiche fisse della nostra esistenza che portano al perpetuarsi di infelicità e insuccessi. Nell'astrologia vedica in particolare, rispetto alla tradizione occidentale che pone grande importanza al Sole (Surya in sanscrito), è posta grande enfasi alla posizione della Luna, denominata Chandra. La sua posizione alla nascita di un individuo, nonché i suoi "nodi" detti appunti Nadi, costituiranno gli elementi fondanti per la realizzazione di una carta astrale vedica. In questo complesso sistema le parti si compe53

nettano così che la Luna rappresenterà la mente, la percezione e dun­ que uno dei fattori fondamentali nell'interazione di un individuo con il mondo che lo attornia. Nel Jyotish la Luna indica la vera natura dell'uomo, a differenza del So­ le che ne rappresenta la volontà. In India gli oroscopi sono realizzati su carta non in forma circolare come avviene nel caso occidentale ma in forma quadrangolare. Tale quadrato viene poi diviso in uguali

12

settori di

dimensioni

che

rappresentano

le

case

dell'oroscopo,

ciascuna

di essere corrispondente a uno

specifico

segno

zodiacale. Come prima casa viene

Esempio di una tipica carta astrologica indiana.

considerato sempre l'a­

scendente mentre le altre vengono numerate a partire da questo punto. Gli indiani del sud eseguono la numerazione in senso orario mentre quelli del Nord seguono il criterio opposto e, come per gli astrologi oc­ cidentali, le diverse case rappresentano specifici aspetti della vita perso­ nale. Il termine sanscrito per indicare un'abitazione è

Bhava vocabolo

che si

riflette anche nelle case astrologiche dei pianeti ma anche nell'arte della danza indiana in cui indica l'espressione di determinati sentimenti e sta­ ti emotivi in particolare atteggiamenti come ridere, piangere, sospirare, roteare gli occhi, tremare o scuotere la testa.

Le case rappresentano quindi gli atteggiamenti emotivi primordiali e fondamentali di ogni individuo in un particolare ambito e momento della vita. Per predirre il futuro gli astrologi utilizzano inoltre un siste­ ma di cicli planetari denominato

Dasha e

sovente sono in grado di for­

mulare previsioni altamente precise e non esitando a raggiungere un li­ vello molto personale e raccontando eventi della singola vita del richie­ dente noti solo a lui.

54

Gli astrologi indiani utilizzano una multiforme serie eli strumenti per tracciare la carta natale così anche come dei sotto-oroscopi funzionali ad esigenze specifiche e denominati Vatga, impiegati in funzione della domanda formulata da chi ha richiesto il consulto. Nel caso, ad esempio, si voglia approfondire aspetti riguardanti la cop­ pia o la vita matrimoniale, un astrologo indiano o un interprete delle foglie eli palma si avvarrà del navamsa, con un riferimento diretto alla settima casa collegata proprio a questo tema. Gli astrologi indiani concentrano in particolar modo i loro consulti sul­ le previsioni e considerano il tema natale come l'inevitabile risultato delle azioni del soggetto in una lunga serie eli incarnazioni. Nella loro visione della realtà è impossibile lottare contro il karma o cercare eli contrastarlo, l'unica cosa che possiamo fare è unicamente imparare e seguirlo nella maniera più costruttiva possibile. Nell'astrologia veclica un tema natale può portare alla formulazione fi­ no a sedici temi individuali in cui si studia il residuo karmico dalle vite precedenti e si cerca eli prevedere il futuro per permettere eli estinguere i propri debiti in un tempo minore. Per cercare eli comprendere ancora più a fondo il sistema astrologico veclico, senza però voler trasformare questo libro in un trattato eli astrologia, è importante soffermarsi su alcune sostanziali differenze che lo distanziano dal sistema utilizzato in occidente. Anzitutto lo zodiaco indiano è siderale ovvero i segni astronomici corri­ spondono precisamente alle costellazioni e i pianeti sono altresì consi­ derati in rapporto ad esse. Lo zodiaco indiano è fisso rispetto alle stelle ed è quindi Nirqyana, tiene cioè conto del fenomeno della precessione degli equinozi mentre noi occidentali clifferenemente usiamo uno zodiaco Sqyana, cioè che non tiene in considerazione la rotazione dell'asse terrestre e, a differenza del caso veclico, è tropicale ovvero basato sul segno zocliacale ma senza al­ cuna corrispondenza con le costellazioni. Gli astrologi indiani asseriscono che l'errore occidentale consiste nell'aver voluto continuare ad identificare il punto equinoziale eli pri­ mavera con il 1 ° grado dell'Ariete creando quindi uno zodiaco ormai artificiale, diverso da quello naturale. 55

L'errore, secondo gli indiani, potrebbe originare nel fatto che gli Occi­ dentali presero dall'Oriente il concetto di zodiaco in un momento in cui quello tropicale e quello occidentale coincidevano e il punto equi­ noziale corrispondeva al 1 ° grado dell'Ariete siderale, il che rendeva non necessaria la correzione dell'Ayanamsa, la precessione degli equino­ zi, appunto. Un ulteriore elemento distintivo dell'astrologia vedica è il fatto di essere profondamente compenetrata e arricchita nei sistemi fùosofici e religio­ si indiani spesso seguendo l'insegnamento di particolari maestri. In questa forma astrologica, una delle particolarità non presenti nella tradizione occidentale, è il fatto che non solo viene esaminata la vita di una persona ma vengono raccomandati anche dei rimedi da osservare per aiutare a migliorare le problematiche e le situazioni sfavorevoli, ov­ vero a diminuire il proprio debito karmico.

Jyotisha La Jyotisha è la scienza delle luci del cielo, la divina arte induista che si occupa dello studio dell'astronomia e dell'astrologia. Il jyotisha è parte integrante non solo di questa cultura ma è considerata una delle scienze ausiliarie dei Veda; imprescindibile da essa e senza cui la conoscenza dei testi sacri induisti risulterebbe incomprensibile. Il Jyotisha è diviso in tre sezioni principali denominate rispettivamente siddhanta, samhita e hora shastra. Il siddhanta concerne l'astronomia e la matematica ma tratta anche l'origine, lo sviluppo e la dissoluzione dell'universo. Il samhita è quella • 1 1 1 c.- L '-� ,'\...- '..) u c...J >L--· :_.. ::-: � .. :·�':' :::.· :-,�:._',� � •l... J �.. "\;� ....-� 1.) 1._�1't .. V_3 J9 \��' 2) �� '- ,_,.) 11,�'.�:·', � v-""3 _::: ;'l;• parte che si occupa :)t)-.,��)�:_ ;J..'t:" '\J:,3 l�\23i(:t?_•1c:., �?[t. .. '";:,!).:;_,.. ou t::�•->.. ";· \\I,....>J;-'- >. «N on dubito nemmeno per un istante che una vita produca un'altra vita». ÉDOUARD SCHU RÉ , poeta e letterato francese (1841-1929) «La dottri­

na della reincarnazione dà una ragion d'essere, secondo la giustizia e la logica eterna, ai mali spaventosi come alle felicità più desiderate. L'idiota ci sembrerà spiegabile, se pensiamo che la sua imbecillità, di cui ha semi-coscienza e di cui soffre, è la punizione d'un suo uso criminoso dell'intelligenza in altra vita>>. SOMERSET MAUGHAM, scrittore inglese (1874-1965) «Ho trovato so­ lo una spiegazione al problema del male che piacesse egualmente alla mia sen­ sibilità e alla mia immaginazione: ed è la dottrina della trasmigrazione delle anime». HENRY MILLER, scrittore americano (1981-1980) «Prima di conoscere la teoria della reincarnazione, ero solito biasimare la mia famiglia, la società, mia moglie ... Ora so con chiarezza che non devo biasimare nessun altro che 146

me stesso. Adesso sono libero, nessun altro è responsabile». HERMANN OBERTH, ingegnere e fisico tedesco (18941989) «L'anima si serve del corpo per fare le sue esperienze, e l'insegnamento

dura oltre la morte, nell'aldilà, valutando i ricordi della vita vissuta, così che in una vita successiva noi possiamo imparare più facilmente e meglio quello che in precedenza sapevamo in modo imperfetto». ARNOLD SCHONBERG, compositore austriaco (1874-1951)