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Italian Pages 222 [228] Year 2009
JACQUES DERRIDA
L'ANIMALE CHE DUNQUE SONO
INTRODUZIONE DI GIANFRANCO DALMASSO
di fro nte e attraverso
DI FRONTE E ATTRAVERSO 751
Dello stesso Autore presso laJaca Book
La voce e il fenomeno. Introduzione al problema del segno nella fenomenologia di Husserl, 1968, nuova ed. 1997 Della grammatologia, 1969, nuova ed. 1998, ult. rist. 2006 Dove comincia e come finisce un corpo insegnante, in G. Dalmasso (a cura di), Il corpo insegnante e la filosofia, 1980 Di un tono apocalittico adottato di recente in filosofia, in G. Dalmasso (a cura di), Disegno, 1984 La farmacia di Platone, 1985, nuova ed. 2007 Introduzione a «!.:origine della geometria» di Husserl, 1987, ult. rist. 2008 La disseminazione, 1989 Il problema della genesi nella filosofia di Husserl, 1992 Memorie per Paul De Man. Saggio sull'autobiografia, 1995 Il segreto del nome, 1997, uh. rist. 2005 Addio a Emmanuel Lévinas, 1998 Paraggi. Studi su Maurice Blanchot, 2000 Donare la morte, 2002, ult. rist. 2009 Ogni volta unica, la fine del mondo, 2005 Economimesis. Politiche del bello, 2005 L'animale che dunque sono, 2006, ult. rist. 2009 Psyché. Invenzioni dell'altro, vol. 1, 2008 Psyché. Invenzioni dell'altro, vol. 2, 2009 La bestia e il sovrano. Volume I (2001-2002), 2009
Jacques Derrida
L'ANIMALE CHE DUNQUE SONO Edizione stabilita da
Marie-Louise Mallet Introduzione all'edizione italiana di
Gianfranco Dalmasso
Il JacaBo~k-~
Titolo originale I.:anima! que donc je suis
Traduzione dal francese di Massimo Zannini ©2006 Éditions Galilée, Paris © 2006 Editoriale Jaca Book Spa, Milano per l'edizione italiana Prima edizione italiana settembre 2006 Prima ristampa novembre 2009
In copertina Graffito rupestre dell'Arabia centrale, III millennio a.C. Giovane vacca con mammelle turgide e un vitello con accanto una figura umana in posizione di orante. La scena esprime un'alterità enfatizzata. Questo volume viene pubblicato con il contributo del Ministero degli Affari Esteri francese Ouvrage publié avec le concours du Ministère français des Affaires Étrangères
Redazione e impaginazione Gioanola Elisabetta, San Salvatore Monferrato (Al) Stampa e confezione Grafiche Flaminia, Foligno (Pg) ottobre 2009 ISBN 978-88-16-40751-0 Per informazioni sulle opere pubblicate e in programma ci si può rivolgere a Editoriale Jaca Book SpA - Servizio Lettori via Frua 11, 20146 Milano, te!. 02/48561520-29, fax 02/48193361 e-mail: [email protected]; internet: www.jacabook.it
INDICE
1111, , nel testo sono come tanti segnali d'u llarme, richiami destinati a impedire che l'uso, inevitabile, della pnrola «animale», al singolare, non ci faccia addormentare in un onno dogmatico troppo ordinario e troppo poco avvertito. Infine , la posta in gioco di questa decostruzione della tradizione ldosofica, che ha così maltrattato gli animali, non riguarda solamenlt' questi. Lungi dall'operare un semplice ribaltamento di prospettiv11 e, ad esempio, restituire all' «animale», in generale, ciò di cui tale I rnclizione l'ha sempre privato, lungi dal sostituire all'opposizione t lnssica la confusione di un'indifferenziazione non meno ingannevoli I la decostruzione, moltiplicando pazientemente le differenze, lascia 1q1parire la fragilità, la porosità delle supposte frontiere del «proprio» 11 cui per tanto tempo si è creduto di poter fondare la tradizionale 111 posizione dell'«uomo» all'«animale». Così facendo, se mette in 1 , isi ogni sicurezza per quanto riguarda «l'animalità» dell'animale «in t'll •rale», mette anche in crisi la sicurezza per quanto riguarda «l'u1111111ità dell'uomo». Come Jacques Derrida si prende cura di sottoli111·11rc, «non si tratta solo cli domandarsi se abbiamo il diritto di rifiut 11 · questo o quel diritto all'animale [ . .. ], ma si tratta anche cli doman darsi se ciò che si chiama uomo ha il diritto di attribuire con 11 or all'uomo, quindi di attribuirsi, ciò che egli rifiuta all'animale, e 1 Il· ha mai il concetto puro, rigoroso, indivisibile, in quanto tale»5 . Ali ora si chiarisce meglio perché la questione de «l'animale» 11pi un posto così importante nel suo pensiero e perché egli tenes, d I rogetto di questo libro. Quel che avrebbe potuto essere que[11 lihro, se avesse avuto il tempo di scriverlo, purtroppo non lo qirt•mo mai! ... Ma ci è sembrato di essere fedeli al suo progetto rac' 11~li ndo in quest'opera sia le due parti della conferenza di Cerisy 1·1.1 pubblicate separatamente, sia le parti non ancora pubblicate. < 11 ·ste sono di due tipi. Da una parte un lungo testo che corrip1111d alla parte della conferenza compresa tra i due frammenti pubI,li, ti i nella quale, da Platone a Lévinas, il ritorno degli stessi sche1111 ili 1 ·nsiero concernenti «l'animale» è seguito come «dietro le sue 11 11 1 t·». uesto testo, come tutte le conferenze di J acques Derrida, ,11111 nn he tutti i suoi seminari, era completamente e perfettamen( l1 111/m,
,fil').
11 1, «•se l'animale rispondesse?», p. 193.
Marie-Louise Mallet
te redatto. È stato quindi ripreso senza altre modificazioni a parte quelle minime correzioni di errori di battuta e l'aggiunta in nota di qualche riferimento (o revisione dei riferimenti) alle opere citate. D'altra parte, alla fine dell'opera, si troverà l'ultima parte della conferenza, che affronta la questione dell'animale in Heidegger. La sua struttura è un po' diversa e pone alcuni specifici problemi alla pubblicazione. La conferenza è cominciato il 15 luglio 1997, si era prolungata il giorno dopo e, comprese le discussioni, era durata più di nove ore ... La decade era continuata con le altre conferenze annunciate ma nei partecipanti rimaneva un'aspettativa: sebbene annunciata a più riprese nel corso della conferenza, la questione dell'animale in Heidegger rimaneva in sospeso. L'ultimo giorno dunque, il 20 luglio, a fine giornata, Jacques Derrida accettò di improvvisare una risposta a tale attesa. Senza nessuna redazione, organizzata a partire solo da qualche nota, qualche riferimento alle pagine di Heidegger, di questa improvvisazione non resta che una registrazione. Pur tuttavia ci è sembrato che, per quanto possa essere improvvisato, quello schizzo aveva una sua collocazione nella pubblicazione come un avvicinamento a ciò che costituisce una delle più importanti linee direttrici di tutto il percorso. Noi qui riportiamo la trascrizione più fedele possibile: sono state corrette solamente le inevitabili scorie della parola improvvisata. Non abbiamo cercato di cancellarne il carattere orale, il tono familiare, spesso scherzoso, al contrario, dispiaciuti soltanto che inevitabilmente si siano perse le molteplici variazioni di tono attraverso le quali, non meno che attraverso le parole, spesso passa il significato. Ma, se è relativamente facile trascrivere esattamente tutte le parole pronunciate (basta solo fare molta attenzione), una certa interpretazione comincia quando si tratta di tradurre in ritmo i silenzi, gli accenti dell'intonazione in segni di interpunzione e si sa quale attenzione aveva Jacques Derrida per tali segni. Infine, se egli stesso avesse potuto fare questa pubblicazione, avrebbe certamente scritto da capo quell'abbozzo, una semplice «silhouette» diceva lui. Ma, come lui stesso ricorda, la questione dell'animale in Heidegger era già presente da molto tempo in molti dei suoi testi, in particolare in «Fini dell'uomo»6, «Geschlecht» In Marges - de la philosophie, Minuit, Paris 1972 , tr. it. di M. Iofri dn, Marr,ini della filosofia, Einaudi, Torino 1997, pp. 153-185.
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Prefazione
e «La mano di Heidegger»7 , Dello spirito, «L' oreille de Heidegger» 8 e infine in Aporie9 che sarà dunque necessario leggere o rileggere. «Se ne avessi avuto il tempo e se ne avessimo avuto insieme il tempo [ ... ] ma non ne abbiamo avuto il tempo ... »; «Se ne avessi il tempo cercherei di mostrare [ ... ] non ci sarà il tempo per andare troppo lontano ... »; «Se c'è il tempo di arrivarvi [ ... ] bisognerebbe soffermarvisi a lungo[ ... ] non avrò tempo per farlo ... »; «Se ne avessi il tempo, avrei voluto far giustizia [ ... ] avrei voluto insistere sui momenti di vertigine e circolari in questo testo. Ma questo richiederebbe tempo . .. »; «Questo punto esclamativo avrei voluto seguirlo attraverso un enorme discorso, lo farò, almeno spero, se ne avrò tempo e forza [ ... ]:vorrei rendere giustizia a questo testo ... ». Il lettore di questa trascrizione sarà certamente colpito dal ripresentarsi del motivo del tempo che non si ha, motivo che oggi per noi suona come una campana a morto. Al di là delle ragioni inerenti alle circostanze di tale inquietudine (la fine del colloquio, l'effettivo poco tempo a disposizione, anche la paura di abusare del tempo di attenzione di un uditorio che tuttavia non domandava che questo), i lettori, gli amici di Jacques Derrida riconoscono un'inquietudine, un'angoscia, un «tremore» della voce già molto spesso sentito. «Se ne avrò il tempo e la forza»: lungi dal ritenersi soddisfatto di un'opera comunque immensa, il suo pensiero era proteso verso un avvenire incerto, e innanzitutto per la cura di «rendere giustizia» al testo, al tema, alla questione, al motivo, a ciò che non è possibile tematizzare, alla venuta dell'avvenimento .. . La «decostruzione» più rigorosa, la più intransigente, è sempre stata animata anche dalla cura della giustizia oltre che da quella della giustezza. Nel 1997, c'era ancora un po' di tempo, ma già da molto tempo, molto prima del 1997, e molto spesso dopo, ritornava in lui questa piccola frase: «La vita sarà stata così breve». Quel futuro anteriore trova oggi il suo «impiego assoluto» ...
In Psyché. Invention de l'autre, t. II, nuova ed. ampliata, Galilée, Paris 2003, tr. it. in preparazione presso J aca Book. 8 In Politiques de l'amitié, Galilée, Paris 1994. 9 Jacques Derrida, Apories, Galilée, Paris 1996, tr. it. di G. Berto, Aporie, Bompiani, Milano 2004. 7
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I L'ANIMALE CHE DUNQUE SONO (segue)
In principio vorrei fare uso di parole che siano, per quanto posibile, nude. Nude in primo luogo ma per dire fin da ora che parlerò conti111rnmente della nudità e del nudo in filosofia. A partire dalla Genesi. Vorrei scegliere parole che siano, per cominciare, nude, molto sempli emente, parole del cuore. E dirle, queste parole, senza ripetermi, senza ripetere ciò che proprio qui ho già detto, più di una volta. Bisogna evitare di ripetersi, si clic-·, per non farsi prendere dall'abitudine e dalla convenzione e per ·ongiurare ogni forzatura - che, alla lunga, renderebbe rituale ,111 ·he il ringraziamento. Alcuni di voi, e ne sono veramente commosso, erano già presen11 n •l 1980, poi nel 1992, in occasione delle altre decadi. Anzi alcu111, tra i miei amici più cari e fedeli (Philippe Lacoue-Labarthe e Maric-Louise Mallet), avevano già pensato, e prodotto, ispirato quelt· lue decadi, con la sorridente acutezza che Marie-Louise irradia t1H ora una volta. Jean-Luc Nancy ci aveva promesso di ritornare. I11 , i ·me a Philippe aveva dato inizio alla decade del 1980. Io lo 111 nso continuamente ed egli sa degli auguri che vengono qui for1111iluti per lui dai suoi amici e dai suoi ammiratori 1 . V ·rso tutti coloro che ho appena nominato sono a tal punto debiJ 1•11 11
Lu Nan y, malato, non era potuto venire alla decade del 1997 . Ma aveva
111,mdu10 il test d ·ll u conferenza che fu letto e pubblicato negli atti. 35
Jacques Derrida tore che non mi basterebbe tutto il linguaggio della riconoscenza che resta qualcosa di infinito e incancellabile. Senza dimenticarlo, vorrei risalire, perdonatemene, a un istante ancor più lontano, un tempo prima di questo tempo. E parlare a partire da questo tempo, «dal tempo», come si dice, un tempo che per me diventa favoloso e mitico. Alcuni qui, e innanzi tutto Maurice de Gandillac, che voglio salutare e ringraziare per primo, sanno che quasi quarant'anni fa, nel 1959, i nostri meravigliosi ospiti di Cerisy già mi offrivano ospitalità - e quella fu la mia primissima conferenza, in verità la prima volta che ho preso la parola in pubblico. Se volessi cedere a quello che altri chiamerebbero l'istinto dell'animale autobiografico, ricorderei che il tema è, era già nel 1959 come oggi, la Genesi: la mia prima decade si intitolava «Structure et Genèse». In seguito sono tornato molto volentieri per le decadi «Nietzsche» nel 1972, «Ponge» nel 1974, «Lyotard» nel 1982. Penso di non dover aggiungere altro perché possiate non tanto misurare, non è possibile misurarla, ma intuire l'immensità della mia gratitudine. Tutto quello che cercherò di dire oggi, ancora una volta, sarà allora come per ringraziare, per dire «grazie a questo luogo, a coloro che ci ospitano e grazie a voi». Per me è una storia bella e intensa quella dei ritorni a Cerisy. Ha scandito quasi tutta la mia vita da adulto, e tutto ciò che in essa ho potuto provare e pensare e dire. Se mai un giorno l'animale che sono dovesse scrivere un'autobiografia (intellettuale o sentimentale che sia) , dovrebbe sempre parlare di Cerisy, più d'una volta e in più di un modo - sia come nome proprio sia come metonimia. Quanto a questa decade, la terza di una serie, essa mi pareva imprevedibile, se non del tutto impossibile. L'ultima volta, nel 1992, quando Didier Cahen vi fece allusione, nel granaio, l'ultima sera, domandandomi quale sarebbe stato il tema della terza futura decade, me ne ricordo ancora, io esclusi l'ipotesi: «Tu sei matto», gli avevo gridato. Non era poi così folle, ma tutto ciò per me restava inanticipabile, come del resto tutto ciò che accade. Solo più tardi, e con un forte turbamento, rileggendo i titoli di questi tre incontri («Fini dell'uomo», «Il passaggio delle frontiere»,