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Italian Pages 151 Year 2020
Antonio Lucci
La stella ascetica Soggettivazione e ascesi in Friechich Nietzsche
IISCHtBBOLETH
«L'asceta fa di virtù necessità» Friedrich Niet7.sche, Umane, troppo umane
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Prefazione
Per una storia dell'ascetisrrw filosofico
Il mondo greco omerico ha conosciuto il verbo àZJ_ Sotto forma di tesi brevi, elencate in maniera fortemente assertoria, Niet7.Sche schi7.7.a un grandioso affresco dei motivi della decadenza della cultura greca. I responsabili sarebbero nientemeno che i filosofi, i quali, di fronte alla crisi fattuale, storica, del sistema della polis, ne avrebbero reso responsabili le antiche credenze, le istituzioni, i culti originari del mondo greco arcaico, andando di conseguenza a cercare altrove (ossia in altre culture), una struttura filosofica da prendere in prestito, su cui fondare un nuovo tipo di pensiero. Nietzsche si produce, qui, in un significativo elenco di posizioni extragreche che descrivono lo «svolgimento antiellenico del giudizio di valore dei filosofi»: in cui, dopo «l'elemento egiziano» e «l'elemento semitico», trovano il loro posto, affiancati, «i Pitagorici» e «l'elemento sacerdotale, l'ascetico, il trascendente». Il
22 lvi, p. 163. 23 F. Nietzsche, Opere, voi. 8.2, cit., p. 371.
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momento pitagorico, dunque, sarebbe una segnatura antiellenica, una fìloso6a d'importazione che -nella sua vicinanza alle altre tendenze fìloso6co-degenerative, tra cui l'ascesi (che non a caso viene elencata subito di seguito) - avrebbe condotto a un «tramonto del buon gusto intellettuale» 24• Come appare ormai chiaro, neanche quest'ultimo frammento riesce a comporre in un quadro organico e univoco le diverse posizioni di Nietzsche sul tema, che continuano a oscillare tra un'ascesi interpretata come genuinamente greca e una, invece, che sarebbe stata il frutto di influssi originariamente non appartenenti alla cultura ellenica. Per tentare di risolvere quella che sembra assumere ormai i caratteri di una dicotomia insanabile si rende necessario, a questo punto della nostra analisi, un excursus che chiarisca innanzitutto il ruolo e le caratteristiche strutturali dell'ascesi greca, e che ci pennetta di tornare, poi, ad argomentare, con uno strumentario teorico aumentato, quella che finora si è presentata con i caratteri di un'aporia interpretativa apparentemente insolubile.
3. Excursus: ascesi e sacrificio in Grecia Se, nella Wortbtldung der homerischen Sprache, Ernst Risch si limita a definire laconicamente come «non chiara» 115 l'origine del verbo àOICS(I), Meillet e Vendryes, nella seconda edizione riveduta e ampliata del Traité de grammaire comparée des langues classiques, sembrano, invece, dare qualche informazione in più, notando, a proposito dei verbi con suffisso *-ske/o-, che
24 lvi, p. 372.
25 E. Risch, Wortbildung der homerischen Sprache, de Cruyter, BerlinLeip:lig 1937, p . 267.
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«Il valore del suffisso sembra essere quello cli insistere sulla realivazione del processo»26, mentre, per alcurù verbi derivati (tra cui, però, non compare à01C6oo) esso indica «generalmente l'inizio cli un'azione o l'ingresso in uno stato» 27• Queste due semplici notazioni cli Meillet e Vendryes indicano già una prima, generica, direzione ai fini cli un'interpretazione concettuale del verbo à01C6oo: con esso abbiamo a che vedere con un'azione che si svolge nel tempo, e che porta alla rt>.alimzione cli un processo, al passaggio da uno stato precedente a uno successivo. Nella medesima direzione sembra puntare il Lexikon des ftuhgriechischen Epos, che riporta come, nei suoi usi più arcaici legati al miceneo, il verbo à01.
La forma più potente assunta da questo sentimento di giustizia non è altro che l'ascesi: «In molti uomini si giunge persino
18 l vi, p. 234. 19 Ibidem. 20 Ibidem.
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ali'ascesi, cioè a una oondetta contro di sé»21 • L'uomo che si è purificato da una considerazione di sé che precedentemente era ottenebrata da falsi giudizi di valore, aspettative, proiezioni, capisce che è egli stesso la causa del suo stesso dolore (così come di tutte le sue altre passioni e affezioni): l'unico attore tragico sulla scena della propria esistenz.a, l'unico centro di concrezione delle proprie forze vitali, l'unico punto su cui si esercita la forza annichilatrice dell'esteriorità cieca. Compreso ciò, il soggetto rivolgerà verso se stesso le proprie energie di cambiamento, modificazione, distruzione e ricostruzione, finanche applicando a sé una violen7.a che assume i contorni della vendetta: vendetta per aver tanto a lungo misconosciuto la propria natura, vendetta per non aver saputo essere "giusto» nei confronti di se stesso prima. Ma proprio in questo gesto, anzi, solo in questo gesto, è possibile per l'uomo amare se stesso: «Che nonostante ciò l'uomo ami ancora se stesso, può sembrare una grazia miracolosa. Questo non è l'amore dell'egoismo avido e cieco. Per solito, un siffatto amore purificato ed incomprensibile viene attribuito a un dio. Siamo noi stessi, tuttavia, che siamo capaci di un siffatto amore»22 • È questo lo sbocco estremo dell'ascesi: un totale autoriconoscimento che dissolve il Sé precedente, e con esso anche le ultime affezioni che lo strutturavano: la vendetta e la conoscenza. Che però il soggetto ascetico pensato qui da Nietz.sche non sia necessariamente da considerarsi modellato sul santo cristiano, o sull'asceta-anacoreta medievale, è mostrato in maniera chiara da un frammento postumo di poco precedente a quello che stiamo considerando, risalente alla primavera del 1875:
21 Ibidem. 22 Ibidem.
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lA negazione della vita non è più cosl facile a raggiungersi. Quand'anche si tratti di solitari e di monaci, che valore ha la loro negazione? Il concetto di negazione risulta ora approfondito: si richiede soprattutto una negazione che conosca, una negazione che voglia essere giusta, e non più una negazione in blocco.
Chi volesse oggi essere buono e santo, avrebbe di fronte a sé un compito più difficile: per essere buono, egli non dovrebbe, nei confronti del sapem, essere tanto ingwsto quanto lo furono i santi del passato. Dovrebbe trattarsi di un santo-sapiente, che congiunga l'amore con lo.sapienza.[ ... ] E forse non avrebbe neppure l'aspetto di un santo ascetico, ma assomiglierebbe piuttosto ad un gaudente.23
Abbiamo a che fare qui, più che con la macerazione e la negazione, con una riforma metarwica totale dell'esistenza, connessa con un moto affermativo (si spiega cosl il Witz sull'asceta"gaudente"), una modificazione radicale di tutto il soggetto: per l'uomo asceticamente modificato esistono ancora una vita, ma ormai priva (di conoscen7.a) di Sé, e un muoversi nel mondo, che però, anche se in tutto e per tutto simile a quello precedente al cambiamento ascetico-metanoico, è rispetto ad esso totalmente diverso: «La vendetta viene tolta di mezzo e, con essa, anche la conoscenza di sé. Noi operiamo di nuovo, e continuiamo a vivere. Ma tutti i soliti movimenti, che ci guidavano prima, sembrano trasformati»2A. Un soggetto che sia giunto a un punto tale di automodilìcazione è un soggetto che può essere definito tale solo per convenzione: Nietzsche qui è già incammino verso il superuomo.
23 lvi, p. 116. 24 lvi, p. 234.
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2. Per una psicologia storica dell'ascesi cristiana: Umano, troppo umano Negli anni immediatamente successivi al suo personalissimo "Anti-Diihring" Niet7.Sche modificherà progressivamente la sua intetpretazione del fenomeno ascetico, spostandosi dalle (quasi) entusiastiche analisi para-schopenhaueriane appena riportate verso posizioni decisamente più critiche. Questo passaggio coinciderà con un sempre più marcato interesse per l'indagine psico-storica, che si orienterà progressivamente nelladirezione dell'indagine del nesso tra soggetto individuale e punto di vista collettivo. Questo nesso verrà individuato nelle dinamiche con cui le forze psichiche dei singoli confluiscono in grandi istituzioni collettive, le quali andranno a loro volta - in virtù del loro valore energetico -ad affermarsi storicamente. Va intetpretato in questo senso il capitolo di Umano, troppo umano, I (1878) dedicato a La vita religiosa25 • Qui Niet7..sche raggruppa una serie di considerazioni sul!'origine psico-storica dei fenomeni religiosi, considerazioni che terminano con un'analisi particolareggiata dei motivi piscologici (o meglio, psico-energetici) ali'origine del fenomeno ascetico. Prima di giungere al compatto gruppo di paragrafi dedicato ali'ascesi che chiude il capitolo, vale la pena, però, soffermarsi sul paragrafo di apertura, e in particolare sulle sue ultime righe:
25 Cfr. Id., Umano, troppo umano, 1 (1878), In Id., Umano, troppo umano, 1 e Frammenti postumJ(l876-1878) (Opere, voi. 4.2), tr. it. di S. Giametta e M. Montinari, a cura di G. Colli e M. Montinari, Adelphi, Milano 1965, pp. 3-306, qui pp. 87-117. La critica ha dedicato molta atten:done al rapporto Nietzsche-religione, trascurando, però, una ricostruzione sistematica del concetto di ascesi nell'opera del pensatore di Rocken. Per un' utile e aggiornata ricogni:.done della letteratura secondaria sul tema della religione in Nietzschecfr. A. Gr,in,Jen.seitsi' NietzschesRellgionskritik Revisited. Zum Stand der Forschung in Sachen Nietzsche und die Christliche Religion, in «Nietzsche-Studien», XXXIV, n. 1,2005, pp. 375-408.
58 Quanto più l'ambito delle religioni e di ogni arte di narcosi si restringe, tanto più seriamente gli uomini si preoccupano di eliminare effettivamente le cause dei mali: cosa che certo si risolve in danno per i poeti tragici; perché per la tragedia si trova sempre meno materia, dato che il regno del destino inesorabile e incoercibile si fa sempre più angusto; ma ancor più a danno dei preti: questi hanno infatti vissuto 6nora della narcotizzazione del mali umani. 20
Nel riferimento di questo passaggio alla tragedia ci sembra che venga confortata la nostra interpretazione della tragedia greca come alternativa al momento ascetico data nel capitolo precedente. La tragedia greca, infatti, come abbiamo tentato di evidenziare, per Niet7.sche traeva il suo nutrimento dallo stesso terreno in cui affonda le proprie radici il fenomeno religioso: un terreno fattizio e doloroso, quello dell'esistenza, nei confronti del quale gli uomini cercano una "narcotiz7.azione", sia attraverso l'arte (la tragedia) che per tramite del sentimento religioso (i "preti"). Per questo, nel passo appena riportato, ci sembra che Niet7.sche rimanga fedele alle sue analisi degli inizi degli anni '70 dell'Ottocento, quelle che vedevano l'alternativa ascesi/tragedia come l'unica in grado di rispondere al sentimento di "disgusto" mondano dato dalla (paradossalmente) lucidissima Weltanschauung estatico-dionisiaca. Proseguendo, invece, nell'analisi dei paragrafi più strettamente collegati alle nostre analisi, il gruppo che va dal § 136 al § 144, si può innanzitutto notare come Niet7.sche abbia deciso di profondersi in un'analisi accurata di quei fenomeni - «santità» e «ascesi»27 che troppo spesso a suo dire sono stati ammantati della retorica dellH'ineffabilità" e respinti nel territorio dell'inesplicabile. 26 F. Nietzsche, Umanc, troppo umanc, 1, cit., p. 89. Una tesi vicina a quella esposta nel presente paragrafo è formulata in A. Kremer-Marietti, MeMchliches-Alhumenschllchu: Nietzsche.s Positioismusi', in «NiettscheStudien», XXVI, n. l, 1997, pp. 260-275, qui p. 266. 27 lvi, p. 108.
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Nella scelta nietzscheana della coppia di concetti da analizzare - "ascesi" e "santità" - va evidenziato fin da queste battute iniziali un particolare decisivo: è dell'ascesi e della santità cristiane che Nietzsche sta parlando, e non di questi fenomeni in altri contesti storici o culturali: Non ho tenuto conto dei santi indiani, che stanno a un gradino intermedio fra il santo cristiano e il filosofo greco, e pertanto non rappresentano un tipo puro: la conoscel\7.a, la scien7.a nella misura in cui esse esistevano - l'elevazione al dì sopra degli altri uomini, attraverso la disciplina e l'educazione del pensiero, furono richieste dai buddhisti come segno dì santità, allo stesso modo in cui le stesse qualità vengono negate e bollate nel mondo cristiano come segno dì non santità. 28
Si trova qui un'idea che prenderà una forma maggiormente compiuta e sistematica nella Genealogia della morak, e che analizzeremo nell'ultimo capitolo del nostro studio: il "prospettivismo" che va sempre applicato, secondo Niet7.sche, al fenomeno ascetico, da cui conseguono enormi differenziazioni laddove si analizzano diverse forme storiche e culturali di ascesi. In Umano, troppo umano, quindi, Nietzsche non prende tanto in analisi la genesi psico-storica del fenomeno dell'ascetismo tout court, quanto di quello nella sua variante cristiana. Questa specifica declinazione dell'ascesi viene anali7.7.ata dai due punti di vista menzionati in apertura del presente paragrafo: prima quello psicologico-soggettivo e poi quello psicologico-sociale. Per Nietzsche l'ascesi ha innanzitutto un valore psico-energetico all'interno dell'economia psichica del singolo: Si dà un atteggiamento di sfida ven;o se stessi, alle cui più sublimate manifestazioni appartengono varie forme dì ascesi. Certi uomini hanno cioè un bisogno cosl grande dì esercitare la loro forza e la loro sete dì dominio, che, in mancanza dì altri
28 lvi,p. 117.
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oggetti o perché in altro modo la cosa non è loro mai riuscita, essi finiscono col tiranneggiare certe parti del proprio essere,
per cosl dire sezioni o gradi di se stessi.29
È quindi dalla necessità di esercitare la propria volontà di dominio/poteni.a che proverrebbe, a livello individuale, la tenden7.a ascetica: questa sarà anche, come vedremo in seguito, l'argomentazione nietzscheana che spiegherà la genesi della figura ascetica maggiormente criticata dal filosofo di R~ken, quella del "prete ascetico" della Genealogia della mnrak. Il principio psico-energetico alla base del momento ascetico cristiano è dunque, potremmo dire, il principio del dominio: un dominio che, non potendo essere esercitato su un oggetto esterno (per motivi che Nietzsche qui non chiarisce ulteriormente, ma che diverranno evidenti nella Genealogia), viene proiettato sul soggetto, in un peculiarissimo mix di autoumiliazione e autoesaltazione: ,,in ogni morale ascetica l'uomo adora una parte di sé come Dio ed è quindi costretto a diabolizzare la parte restante»30• Che gli atti corrispondenti a tale disposizione psichica potessero essere considerati degni di ammirazione e venerazione da un punto di vista storico e sovraindividuale è per Nietzsche dovuto unicamente a una «lunga consuetudine»3 1, che però, di per sé, non ne giustifica in alcun modo l'inserimento in un orizzonte morale. Nietzsche si pone, rispetto a questi fenomeni, in maniera "scientifica", volendo - quindi- analiZ1.ame a fondo il portato psicologico e le motivazioni "umane": egli vuole guadagnare alla filosofia e alla psicologia la chiarificazione di quelle disposizioni estreme della morale la cui trattazione troppo a lungo è stata 29 lvi, p. 108. 30 lvi, p. 109. 31 lvi, p. 110.
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appannaggio della teologia, e soprattutto demitizzarne l'aspetto "altruistico": «In fondo neanche quegli atti di rinnegamento di sé sono morali, in quanto non sono compiuti strettamente con riguardo agli altri; piuttosto l'altro dà all'animo troppo teso solo un'occasione di alleviarsi, attraverso quel rinnegamento»32• È nella necessità di gestire le proprie energie fìsio-psichiche e non in un presunto orizzonte trascendente-spirituale che va ritrovata la motivazione dell'ascetismo: in un motivo, quindi, tanto personale da poter tranquillamente essere descritto come una mescola117~ di egoismo e di volontà di trovare appagamento alle proprie tensioni energetiche individuali: 11 santo [ ...] si allevia la vita con quella completa rinuncia alla personalità, e ci si inganna se si vede in quel fenomeno il più alto eroismo della moralità. In ogni caso è più difficile affermare la propria personalità senza oscillazioni e oscurità, che separarsene nel modo detto; la cosa richiede fra l'altro molto più spirito e rlflesslone.33
Vanno interpretati in questa maniera persino gli «atti del tormento di sé», che non sarebbero altro che «un mezzo mediante il quale quelle nature lottano contro il generale infiacchirsi della loro volontà di vivere (dei loro nervi)»34• A partire dall'enucleazione di queste caratteristiche psicoenergetiche egoistico-individuali dell'ascesi, Nietzsche passa all'analisi dei motivi per cui esse hanno potuto (e saputo) imporsi dal punto di vista storico e collettivo, ossia, riassumendo, a un'analisi dei motivi del successo dell'ascesi cristiana. Questi sono compendiati da Niet7.sche in quella che assume i tratti di una vera e propria tesi di lìlosolìa della storia:
32 Ibidem.
33 lvi,p. 111. 34 Ibidem
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Come nel mondo antico un'immensa forza di spirito e di fantasia fu impiegata per accrescere con culti festosi la gioia di vivere, cosl ugualmente al tempo del Cristianesimo un'Immensa quantità di spirito fu sacrificata a un'altra aspirazione: l'uomo doveva in ogni modo sentirsi peccatore e in tal modo eccitarsi, ravvivarsi e rianimarsi. Eccitare, ravvivare, rianimare, a ogni costo - non è questa la parola d'ordine di un'epoca esausta, troppo matura, troppo c6lta? ncircolo di tutte le sensazioni naturali era stato percorso cento volte, l'anima se n'era stancata: allora il santo e l'asceta inventarono un nuovo genere di stimoli vitali.~
Da questo passaggio niewcheano si evince l'idea che le stesse civiltà si comportino come gli individui, ossia rispondendo a degli imperativi psico-energetici che le animano nel più profondo. Ai sentimenti e alle energie vitali del mondo antico, avrebbe fatto seguito una fase di assuefazione agli istinti affermativi, che sarebbe poi finita per rovesciarsi nel suo opposto, vale a dire nella ricerca di uno stimulans sempre più forte, violento, biz7,arro: è così che si spiega la fascinazione collettiva del mondo tardoantico per l'ascesi. Tanto gli individui quanto le culture, secondo Niewche, si comporterebbero, quindi, come degli individui affetti da una qualche forma di dipendenza, che cercano costantemente e compulsivamente nuovi metodi per (a seconda dei casi) intensificare, scaricare, potenziare o attutire i propri flussi pulsionali: L'occhio del santo, appuntato sul significato sotto ogni aspetto terribile della breve vita terrena, sulla vicinan7.a del giudizio finale su nuove sconfinate estensioni di vita, quest'occhio ardente in un corpo a metà distrutto, faceva tremare gli uomini del vecchio mondo in tutte le latebre; guardare, distogliere rabbrividendo lo sguardo, sentire di nuovo il fascino dello spettacolo, abbandonarsi a esso, saziarsene finché l'anima fremesse di ardore e di gelo febbrile - questo fu l'ultimo piacere che
35 lvi, p. 114.
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l'antichità inventò, dopo essere diventata insensibile persino alla vista del combattimenti fra uomini e belve. 3C1
A questo punto, la connessione tra punto di vista soggettivoindividuale e intersoggettivo-storico appare essere sempre più chiara: i comportamenti che assumono individualmente i soggetti non sono che espressione delle loro peculiarissime modalità di gestione delle proprie energie fisio-psichiche, della loro Wille zur Macht, per usare il lessico di un Nietzsche successivo. A loro volta questi stessi soggetti non sono che espressione di convoluti storici sovraindividuali anch'essi portatori di quanta psico-energetici: le culture. Queste, cosl come gli individui cercano di plasmare forme di vita che permettano loro di gestire i propri flussi pulsionali, cercano a loro volta di creare configurazioni storico-culturali atte a potenziare, incanalare o disinnescare i propri flussi energetici. Il singolo, quindi, diventa espressione della propria civiliz7.azione, che a sua volta non può che essere, in un perfetto circolo retroattivo, espressione sovraindividuale delle modalità messe in atto dai singoli individui per gestire le proprie pulsioni. La "fortuna" - propagazione e diffusione - di determinate figure storiche piuttosto che di altre sta tutta nel trovarsi nel punto di intersezione di questi due movimenti di soggettivazione, quello "macro" e quello "micro": Non ciò che il santo è, ma ciò che egli significa agli occhi dei non santi, gli dà il suo valore storico-universale. [ ... ]. La fede in lui alimentava la fede nel divino e nel miracoloso, in un senso religioso dell'intera esistell7.a, in un imminente ultimo giorno del giudizio. Nello sfolgorio vespertino di un sole da fine del mondo, che splendeva sui popoli cristiani, la figura del santo crebbe fino a diventare immane: anzi giunse a tale altez7.a, che persino nel nostro tempo, che non crede più in Dio, cl sono ancora pensatori che credono nel snnto?7
36 Ibidem. 37 lvi, pp. 115 s.
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In conclusione, per il Nietzsche di Umano, troppo umano, la civilizzazione occidentale, nella sua fase cristiana, va interpretata come una"civilizzazione ascetica": un costrutto storico animato da energie degenerative, anti-vitalistiche, che ha avuto bisogno delpharmakoo (da intendersi qui "alla greca", ossia come rimedio e veleno al contempo) stimolante della santità e dell'ascetismo per dare espressione ai propri aspetti psico-energetici. Gli individui facenti parte di questa civiliZ?.azione, che al contempo ne sono stati la causa e il prodotto, si sono ritrovati rappresentati in quei particolari soggetti - santi e asceti - che hanno introiettato la propria volontà di potenza e le proprie energie psichiche (non essendo abbastanza potenti da proiettarle sul e applicarle al mondo esterno), facendosi, con ciò, incarnazioni spettacolari dell'automacerazione e della violen2:a su di sé.38
3. Ascetie cannibali: da Umano, troppo umano ad Aurora Appena un anno dopo aver messo per iscritto le sue riHessioni su DUhring, nel 1876, Nietzsche appuntava: Ciascun uomo ha le proprie ricette per tollerare la vita [... ]. Si dovrebbe ricostruire nel suo insieme questa arte di vivere che trova dappertutto le sue applicazioni. ( ... ] Non alleviare la vita, bensl prenderla alla leggera.
38 In un frammento postumo di poco successivo alla pubblicazione del primo volume di Umano, troppo umano (il n. 53 del gruppo 3, risalente alla primaveradel 1880) Niet:t.sche sembra propendere per una generali:cai:aone di questa ipotesi che vede l'asceta come polo proiettivo necessario non solo di ogni fenomeno religioso, ma anche solamente morale: cfr. F. Niet:t.sche, Aurora e Frammenti postumi (1879-1881) (Opere, voi. 5.1), tr. it.di F. Masini e M. Montinari, a cura di G. Colli e M. Montinari, Adelphi, Milano 1964, p. 315: «all'ascetismo si pensa come a qualche cosa di sovrumano, e cosl si dimentica che per ogni morale dell'antichità [ ... ] fu necessario un certo tipodi ascetismo,,.
Molti vogliono renderla difficile, onde poter poi offrire le lcro
supreme ricette (arte, ascetismo, ecc.).30 Per quanto breve, questo frammento postumo, a nostro parere, può rappresentare in forma compressa un principio di chiarificazione del motivo per cui -come cercheremo di dimostrare di seguito - le due visioni dell'ascesi espresse nel frammento su Diihring e nel capitolo su La vita religicsa di Umano, tro,ppo umano non vanno considerate in contraddizione. Laddove l'ascesi, come avviene nel frammento su Diihring, viene analiz7.ata in maniera atemporale, ossia non in quanto forma ascetica specifica propria di una religione o di un'epoca storica, ma in quanto modalità di gestione della propria potenza, allora essa viene considerata da Nietzsche positivamente: «Solo quando si sa come stanno le cose, ma non si soffre, si può agire per il prossimo, come fa il medico. Coloro che sanno come stanno le cose e se ne rallegrano (come i cannibali e gli asceti)»"°. Canrubali e asceti, qui parallelizzati nel loro essere privi di illusioni nei confronti della realtà, sono coloro che hanno saputo ben applicare a se stessi e al mondo quella "ricetta" che ha permesso loro di rallegrarsi nei confronti della fattualità, di dire di sl alla vita in quanto tale, una ricetta che li ha condotti sia a un «sentimento immane di potenza,,•• che a una grande «voluttà»: «Chi, dopo due giorru di rigoroso digiuno, beve un sorso di champagne prova qualcosa che si avvicina grandemente alla voluttà. [ .. . ] Soltanto gli asceti sanno che cosa sono le volutt໕2• Paradossalmente, le argomentazioni appena riportate sono le stesse che erano state utilizzate in Umano, troppo umano, ma 39 F. Nietzsche, Opere, voi. 4.2, cit., p. 311. 40 F. Nietzsche, Opere, voi. 5.1, cit., p. 297.
41 lvi,p. 387. 42 lvi,p. 490.
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in un'accezione negativa, per descrivere l'ascesi cristiana. Qui si può cogliere chiaramente come sia la prospettiva assunta nell'analisi del fenomeno ascetico a inffuen1.ame la valutazione: se si ammanta il fenomeno ascetico di virtù - come nel cristianesimo - pretendendo di fame un'espressione di disinteresse e altruismo, allora diviene necessario, per Nietzsche, smascherarne il nucleo di godimento e di egoismo. Ma laddove se ne assume fin dall'inizio il valore di "ricettan, di ritrovato per gestire le proprie energie psico-energetiche, allora, il fenomeno ascetico può essere considerato di per sé43, sen1.a necessariamente doverne denunciare una cattiva fede che - nella "cosa stessa-ascesin -non è presente. Anzi, l'ascesi diventa,persino, un «mezzo» al fìne di risvegliare un «senso della poten1.a»"' che diverrà necessario per prepararsi ali'«età di barbarie» che ci attende: Comincia un'età di barbarie, le sclen1.e saranno al suo servizio! Cerchiamo il modo di conservare le cose più alte, la quintessen1.a di ciò che oggi conosciamo; con una comunità di individui liberi, i quali dicano: 1. Non vi è Dio. 2. Non vi è ricompensa o punl7.ione per il bene o per il male (ordinamento morale del mondo). 3. Bene e male valgono secondo l"ideale e la direzione nella quale viviamo: la parte migliore di ciò la ereditiamo, per di più è possibile che questi giudizi siano errati perfino allo scopo di promuovere l'ideale che di volta in volta si presenta. L'ideale è l'anticipazione delle speranze dei nostri istinti (degli istinti dominanti).
43 Cfr. a questo proposito il fnimmenton. 124 del gruppo 4, scritto nel 1880, che assume un punto di vista "descrittivo", e non "valutativo": «Le religioni che hanno posto più in alto di tutto la compassione e l'amore sono nate tra popoli molto sensuali, e ciò si dimostra se non altro per il fatto che riguardo alla sensualità hanno innalzato l'ideale ascetico» (ivi, p. 372). 44 lvi, p. 383.
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Per preseroarsi, ciò nonostante, nella barbarie questa comunità dovrà essere rude e coraggiosa. Preparazione ascetica.~
In questo frammento appare profìlarsi sempre più l'idea di un'ascesi che, dal punto di vista di gestione delle energie psichiche, è un modo positivo di rapportarsi alla propria potenza: un modo per incanalarla, stimolarla, aumentarla, differirla. Se si analizzano le caratteristiche della "comunità di individui liberi" che Nietzsche presenta, infatti, non si possono che attribuire ai suoi membri delle qualità proprie di individui superiori, che mal si accorderebbero con un'idea dell'ascesi come pratica degenerativa. I frammenti appena riportati, tutti scritti nel 1880, rappresentano il trait d'tmion tra la psicologia storica dell'ascesi cristiana esposta in chiave negativa in Umano, troppo umano e la considerazione prevalentemente "psicologistica" (e positiva) dell'ascesi che verrà presentata in Aurora: in quest'opera, infatti, per quanto l'ascesi venga trattata in varie occorrenze in maniera a-specifica, semplicemente come esempio o artificio retorico, vi sono tre importanti aforismi che ne sottolineano il valore psicologico, e che rappresentano la "concrezione" delle analisi appena presentate sul valore positivo a livello psicoenergetico del fenomeno ascetico. È in questo contesto che va inserito l'aforisma n. 331 del testo, dal titolo Diritto e limiti: «L'ascetismo è il legittimo modo di pensare per quei tali che devono sradicare i loro lussuriosi istinti, essendo essi furibonde bestie di preda. Ma anche soltanto per loro!»46 Ancora una volta abbiamo a che fare con un'idea di ascesi come mezzo per gestire la potenza individuale: nella concisa, ironica formulazione nietzscheana a questo aspetto si affianca il monito
45 Ivi, pp. 587 s. 46 Ivi, p. 193.
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secondo cui bisogna, però, fare attenzione a non misconoscere l'essen1.a del fenomeno ascetico. Questo, essendo un'espressione della potenza, serve a gestire i '1ussuriosi istinti», e non può applicarsi, di conseguenza, a chi quella potenza non la possiede, a chi di quegli istinti è privo: saranno proprio coloro che "abusano» dell'ascesi a essere i soggetti maggiormente criticati dal Nietzsche della Genealogia della morale, ossia coloro che non fanno dell'ascesi un mezzo per gestire la propria potenza debordante, ma coloro i quali, invece, si fanno soggiogare da ammirate figure ascetiche, seguendole supinamente come un gregge, finendo per conferire ad esse - con il proprio seguito una poten:za storica che non gli competerebbe. Prima, però, di giungere alla critica niet7.scheana delle figure ascetiche "improprie» espressa nella Genealogia, a cui dedicheremo una lunga trattazione nell'ultimo capitolo del presente lavoro, andiamo a terminare l'analisi delle declinazioni positive dell'ascesi quale pratica di gestione della potenza prendendo in considerazione i due aforismi/paragrafi di Aurora che maggiormente ne fanno il proprio centro tematico. Il § 109 ha come titolo Autodominio e moderazione, nonché il loro 11wtioo ulti11W41 e può essere considerato un piccolo trattato in sé concluso sulle tecnologie del soggetto. O meglio, per usare una terminologia meno legata ali'analisi foucaultiana, sulle tecniche che un soggetto può applicare a se stesso perirreggimentare le proprie energie fisio-psichiche. O, se si vuole, è di un piccolo trattato pratico di ascetismo, che, al fondo, qui si tratta. Nietzsche, infatti, si pone l'obiettivo di anatomizzare i modi in cui un soggetto può «combattere la protervia di un istinto», trovandone ben sei diversi:
47 Cfr. F. Nietzsche, Aurora, cit., pp. 1-270, qui pp. 76-78. Tutte le citazioni successive del presente paragrafo, salvo diversa indica:àone, sono tratte da queste due pagine.
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1. «Per prima cosa, si possono evitare le occasioni di soddisfa-
cimento dell'istinto e lo si può indebolire e inaridire mediante lunghi e sempre più lunghi periodi di tempo in cui non lo si soddisfa». 2. «Secondariamente, si può erigere a legge una rigorosa e ordinata regolamentazione del suo appagamento». 3. «In terzo luogo, ci si può abbandonare intenzionalmente a un selvaggio e sfrenato appagamento di un istinto per raccogliere da tutto questo la nausea e, con la nausea, acquisire un potere sull'istinto medesimo». 4. «In quarto luogo, c'è una sottigliezza intellettuale, quella cioè di associare in generale al soddisfacimento un qualche penosissimo pensiero, tanto saldamente che, dopo un oerto esercizio, il pensiero del soddisfacimento viene sempre immediatamente avvertito esso stesso come penosissimo». 5. «In quinto luogo, si comincia ad effettuare una dislocazione dei propri quantitativi di fona col sottoporsi ad un qualche lavoro particolarmente pesante e faticoso». 6. «In sesto luogo, infine, chi tollera e trova razionale indebolire e conculcare tutta quanta la sua organizzazione corporale e spirituale, costui raggiunge naturalmente, anche con ciò, la meta dell'indebolimento di un singolo istinto protervo: [ ... ] come accade all'asceta». In realtà, è stato un proprium di tutto l'asoetismo, e in particolare di quello cristiano, aver utilizzato i metodi di depotenziamento degli istinti elencati da Niet7.Sche (fatta eccezione, evidentemente, per il terzo) al fine di immunizzare la soggettività dagli "attacchi" delle passioni: si è operato in direzione della rinuncia (1), della regolamentazione della forma di vita (2), si è sostanziato !'interdetto delle passioni con narrazioni metafisiche tali da rendere disgustoso lo stesso desiderio (4), si è incentivato il versante del l.abora, in particolare nel monache-
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simo occidentale (5), e infine si è operato "per sottrazione" sul corpo(6). Dopo aver elencato e descritto questi me.2°: tutte queste categorie riceveranno nel corso della dissertazione nietzscheana un'analisi dettagliata. Come andremo a vedere in seguito, per valutare, comprendere e giudicare l'ideale ascetico sarà di importanza centrale capire a quale soggetto, di volta in volta, Nietzsche si riferisca. Nei primi cinque paragrafi del testo, ad esempio, l'analisi nietzscheana ruota attorno all'ideale ascetico negli artisti, di cui viene preso come esempio emblematico Richard Wagner. La provocatoria tesi di Niet7.sche è che l'ideale ascetico, nel caso dell'artista, significhi «proprio un bel nulla!»21 • Non è, infatti, nella gestione delle proprie for.re - qui si ripresenta l'interpretazione nietzscheana dell'ascesi come mezzo di gestione della propria potew.a - che l'artista troverebbe la propria giustificazione, quanto invece in qualcosa di esterno: l'arte e l'artista non sarebbero altro che «valletti di una morale o di una lìlosolìa o di una religione»22, «un telefono dell'al di là»23 o un «ventriloquo d'Iddio»z.. Nel caso di Wagner, ad esempio, la musica non sarebbe altro che un tentativo di condurre a espressione senso19 Questa tesi si trova argomentata anche in O. Hoffe, Eln.fohrung in Nietz.. sches •Genealogie der Moral", in Id. (a cura di), Friedrich Niet=he Zur Genealogie der Mora!, Alcademie, Berlin 2004, pp. 1-14, qui p. 13. 20 F. Nietzsche, Genealogia cklla morale, cit., p. 299.
21 lvi, p. 304. 22 Ibidem.
23 lvi, p. 305. 24 Ibidem.
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riale la fìlosolìa di Schopenhauer. Per questo motivo non vale la pena, per il genealogista, soffermarsi troppo sugli ideali ascetici degli artisti, quanto, invece, passare direttamente alla genealogia degli ideali ascetici di coloro che funzionano per i primi da ispirazione: i filosolì, la seconda categoria elencata da Nietzsche in apertura. Questi vengono posti sotto il microscopio genealogico a partire dal § 6 del testo, un paragrafo decisivo, tra l'altro, al fine di comprendere il concetto di "prospettivismo" nietzscheano: qui viene, infatti, criticata l'idea di matrice kantiana di un osservatore estetico che possa osservare i fenomeni «in guisa disinteressata»f:I. Per Nietzsche un tale osservatore è semplicemente impensabile: ogni forma di conoscenza è sempre incarnata, corporea, situata, storica. Persino l'idea stessa di "disinteresse" è una costruzione storica, situata in una precisa situazione genealogica, che Nietzsche ritrova nella storia biografica di Schopenhauer. Questi - descritto sprez:r.antemente da Nietzsche nei termini di un «giovane di ventisei anni» 116 avrebbe sviluppato l'idea kantiana di un osservatore estetico disinteressato per «sviticchiarsi da una tortura»1:1, e nello specifico per "sviticchiarsi" da una tortura di natura sessuale: Si potrebbe addirittura essere tentati di domandare se la concezione di fondo della sua «Volontà e rappresentazione», il pensiero che possa esistere una redell7.ione dalla «volontà» unicamente attraverso la «rappresentazione», abbia preso origine da una generali.7.7.azione di codesta esperiel17Jl della sessualità.28
Quella che potrebbe sembrare una provocazione, un Witz, o al peggio - se preso sul serio - un argomento ad hominem.,
25 lvi, p. 306.
26 lvi, p. 307. 27 lvi, p. 308. 28 lvi, p. 307.
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privo quindi di stringen1.a teoretica, è, invece, perfettamente coerente nell'orizzonte concettuale e teorico di Niet7.sche. Come abbiamo visto, in fatti, per Nietzsche (e in particolare per il Nietzsche genealogista) non esiste il soggetto disincarnato, l'osservatore disinteressato della scien7.a. Esistono sempre e solo soggetti singolari, con una storia e - soprattutto - con una lìsiologia, che è diretta espressione del loro quantum individuale di poten7.a. Quando riduce la metafisica schopenhaueriana a un tentativo individualissimo di sottrarsi al pungolo della Volontà sessual-riproduttiva., Nietzsche mette in atto una doppia operazione teorica: da un lato incarna, genealogicamente, I'opera dell'autore nel contesto imprescindibile delle sue condizioni materiali di insorgen7,a, dal!'altro ne saggia il valore indipendentemente da Schopenhauer come individuo, elevando il discorso all'altezza della classe di individui designabili come "lìlosolì": «Anche ammesso, tuttavia, che Schopenhauer avesse cento volte ragione in riferimento alla sua persona, [ ... ] ha descritto un unico effetto del bello, quello che quieta la volontà - ma è questo anche soltanto un effetto normale [regelmassig]?»20 •
La risposta di Niet7.sche è positiva: non c'è nulla, originariamente, nell'ideale ascetico, che vada contro la vita e, persino, non c'è nulla in esso che vada contro la sensualità. Nel caso del lìlosofo, anzi, l'ideale ascetico coincide con la più grande affermazione vitale: Che significa, dunque, l'ideale ascetico in un filosofo? [ ... ] Alla sua vista sonide il filosofo, come cli fronte a un optimum delle condizioni dJ suprema e arditissima spiritualità-e conciò non
29 lvi, p. 308. L'uso del termine "regelmiissig" (lett. "regolare•) da parte di Nietzsche ci induce a pensare a un significato leggermente diverso rispetto a quello che rende l'aggettivo "normale·, utilizzato nella versione italiana. In questo punto, infatti, Nietzsche si sta interrogando sul valore universale del principio schopenhaueriano, sulla sua "regolarità", vale a dire applicabilità come regola generale.
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nega «l'esisten7.a», sibbene afferma in essa la sua esiste!l7.a e unicamente la sua esistenza, e questo forse sino al punto da non restargli lontano l'empio desiderio: pereat mundas,fiat philosqphia,fiatphilosqphus, lìam!.. .30
Questo "fìam", questa volontà di autoaffermazione assoluta, è sintomo di un elevato quantum di poten7.a individuale che la mancata dispersione delle fone procreative porterebbe a espressione nell'asceta-fìlosofo. L'ascesi fìlosofìca è vitale, per Niet7.sche, se e in quanto mirata all'indipendenza: rinunciando ai beni terreni il fìlosofo si emancipa da ciò che lo potrebbe incatenare, rendere schiavo: «"Chi possiede, è posseduto"»31 • Rinunciando alla procreazione, invece, il fìlosofo rinuncia a un legame di subordinazione rispetto al mondo, evitando cosl una dispersione delle proprie forze cognitive e creative (forre che per Niet7.sche hanno sempre un ancoraggio concreto, fisiologico). Ma ciò che, se possibile, è ancora più rilevante per Nietzsche è che il fìlosofo non fa questo per una qualche astratta «virtù»32, ma per affermare se stesso. Abbiamo qui una seconda interpretazione dell'ascesi, dopo quella artistica, vale a dire, quella filosofica: per Niet7.sche essa è un valore positivo, perché è espressione della volontà di indipendenza, quindi di poten7.a, ed è un valore egoistico, soggettivistico, opposto sia alla «morale», che alla «coscien:za», che alla «ragione»33•
30 lvi, p. 310. 31 lvi, p. 313. 32 Ibidem
33 lvi, p. 316. Su questo punto concordiamo con F. Guéry, Diea.skettschen Ideale der Kiinstler undder Philosophen (1111-10), in O. Hoffe (a cura di), Friedrich Nietzsche Zur Genealogie der Moral, cit., pp. 133-147, qui pp. 139141, e soprattutto con Giovanni Gurisatti, che mette bene in evidenza il
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Dopo aver analizzato in questi termini il rapporto tra la figura del filosofo e l'ideale ascetico, Nietzsche, nel § 10, compie una di quelle tipiche "mosse" genealogiche che innervano dall'inizio alla fine la Genealogia della morale. Passando repentinamente dal piano astratto-concettuale seguito fino a quel punto a quello storico-genetico, egli ricostruisce la figura originaria dell'asceta - la Urszene dell'ascesi, per cosi dire - quale «atlet[a] della disperazione»34, per usare una celebre definizione del dadaista ed esperto di ascesi bi7.antina (nonché di Nietzsche) Hugo Ball. Alivello psicostorico, infatti, secondo Niet7.sche, il tipo filosofico-contemplativo (che sta analizzando in questi passi) è stato obbligato a diventare asceta: per non essere sopraffatto nel contesto protostorico del mondo arcaico, brutale e primordiale, in cui l'unico valore riconosciuto era la forza, possedendo un quantum di forza inferiore rispetto a quelli che Nietzsche definisce Herren, vale a dire i "signori" che andranno a costituire le caste di guerrieri e di seguito l'aristocrazia, il tipo filosofico-contemplativo è stato costretto a creare attorno a sé rispetto e ammirazione esercitando una violenza orrorifica nei confronti di se stesso: Quel che v'è di inattivo, di arrovellantesi, di poco guerresco negli istinti di uomini contemplativi dispose a lungo intorno a loro un cerchio di profonda diffidell7,a [ ... ]. Poiché trovavano in se stessi tutti i giudizi di valore rivolti contro di sé, dovevano abbattere ogni specie di sospetto e di opposizione contro
ruolo dell'askesis del filosofo nella Genealogia in contrappomzione all'ideale ascetico del prete ascetico: cfr. G. Gurisatti, Sull'utilità e il danno dell'ideale asceticcperlafilosofia. Ascesi e askesls in GM 111, in B. Giacomini - P. Cori F. Girgcnti(a cura di},La Genealogia della morale. Letture e inte,pn:taZioni, Edizioni ETS, Pisa 2015, pp. 181-210, qui pp. 190-196. 34 H. Bali, Cristianesimo bizantino, tr. lt. di P. Taino, Adelphi, Milano 2015 (1923}, p. 23.
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«il Glosofo in sé». Così fecero, da uomini di età terribili, con mezzi terribili: la crudeltà veJSO se stessi, la ingegnosa automacerazione - fu il principale strumento di questi eremiti e riformatori del pensiero assetati di potenza, che sentivano la necessità di far prima violell7.a in se stessi agli dèi e alla tradizione per poter credere essi medesimi alla loro riforma.35
In questo passaggio folgorante è possibile vedere all'opera in tutta la sua complessità il metodo nietzscheano di ricostruzione storico-genealogica: partendo da una critica puntuale e attuale a un caso particolare (Schopenhauer e la sua teoria dell'osservatore disinteressato) si passa immediatamente all'analisi della categoria generale "il filosofo", per spiegare la quale viene sviluppata poi una teoria antropologica dai caratteri universali riguardante la costituzione del soggetto umano qua incarnazione di un quantum di potenza individuale, animato da istinti. A partire da questo raggiunto piano antropologico si ricostruisce après roup, infine, una genealogia storica, ma in un certo qual modo atemporale (in quanto non viene mai nominata un'epoca, o una società di riferimento), che conduce a quel tipo "umano" da cui eravamo partiti: il "filosofo asceta". Dal filosofo-asceta Nietl-5che passa rapidamente a un'altra delle figure storiche che si era riproposto di analiz7»e: l'asceta quale sportsman 36 della rinuncia e del martirio, una sorta di figura di compromesso tra filosofia e religione: «Lo spirito filosofico ha sempre dovuto innanzitutto travestirsi e mascherarsi nei tipi anteriormente stabiliti dell'uomo contemplativo, come sacerdote, mago, indovino, come uomo religioso in generale, per essere in qualche misura anche soltanto possibile»37• A questo punto del saggio abbiamo a che fare con un passaggio tanto
35 F. Nietzsche, Genealogia della morale, cit., p. 318. 36 Cfr. ivi, p. 336. 37 lvi, p. 319.
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importante quanto complesso: da quella che - con una terminologia che Giorgio Agamben riprende da Georges Dumézil potrebbe essere definita una «frangia di ultra-storia»38, vale a dire un momento genealogico costruito retrospettivamente, ma non verificabile nella storia tramite evidenze documentarie o materiali, a un momento storico, che coincide con l'istaurarsi del cristianesimo.
È in questo punto che entra in gioco un'altra delle figure nietzscheane dell'ascetismo, che sarà quella che poi verrà maggiormente analizzata da qui alla fine della Abhandlung, vale a dire il «prete ascetico»39• Questi abbandonerà la violenz.a terribile nei confronti di se stesso propria del!'asceta filosofico, e declinerà l'ideale ascetico in una sua forma peculiare, che andremo di seguito a ricostruire. Prima, però, di passare a questa ulteriore figura, vale la pena ricapitolare alcuni punti di questi primi dieci paragrafi del testo. Abbiamo visto, innanzitutto, come in questo scritto nietzscheano l'ascesi sia da intendere prospetticamente, vale a dire in diretta correlazione con il soggetto che la mette in atto. Non esiste un'ascesi di per sé, ma solo un'ascesi che si declina in maniera diversa a seconda degli attori storici che fanno propri quelli che sin dal titolo vengono definiti "ideali ascetici"40 • Per un 61ologo come Nietzsche, il fatto che tutta la trattazione che stiamo prendendo qui in esame ruoti attorno non all'"ascesi" (termine che non compare mai in quanto tale nella
38 G. Agamben, Il sacramento del linguaggio. Archeologia del giuramento
(Homo sacer; 11.3), Latera, Roma-Bari 2009, p. 14. 39 F. Nietzsche, Genealogia della morale, cit., p. 319. 40 Cfr. B. Magnus - J.-1'. Mileur - S. Stewart, Reading A.scetic Reading. Towaro the Genealogy of Morals and the Path Back to the World, in R. Schacht (a cura di), Nietzsche, Genealogy, Morality. &says on Nletzsche's Genealogyof Morals, UnivemtyofCalifomia l'ress, Berkeley 1994, pp. 376-426, quip. 416.
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dissertazione) ma agli "ideali ascetici" non può essere casuale: in effetti, dell'ascesi come esercizio che il soggetto compie, come pratica di soggettivazione, non si tratta praticamente mai, se si esclude l'importante eccezione dell'ascesi lìlosolìca, che abbiamo appena preso in analisi. Nella descrizione dei terribili esercizi di autodistruzione degli asceti-lìlosolì, anzi, è possibile intravedere un certo rispetto da parte di Niettsche nei confronti dell'ascesi come pratica, rispetto che, invece, non è presente laddove la trattazione tocca l'ascesi in quanto ideale41 • Se ripercorriamo le tappe effettuate lìno a questo punto notiamo che Niettsche ha già analizzato due delle figure che si era riproposto di prendere in esame in apertura: gli artisti e i lìlosolì. L'artista non è propriamente un tipo ascetico, perché sostanzia la propria forma di vita ascetica imitando quella messa in atto da altre figure di riferimento: egli esprime, al massimo, un "ideale ascetico" nelle sue opere, ideale che prende in prestito, di volta in volta, dalla filosofia, dalla morale o dalla religione. Il filosofo, invece, si fa portavoce di una forma terribile, ma sana, di ascesi, "sana" in quanto espressione di valori vitali: un'ascesi come volontà di potenza, di libertà, di indipenden7.a, di produzione, che nulla ha a che vedere con ciò che è stato in seguito chiamato "virtù" sulla base della definizione cristiana di morale. Questo tipo di ascesi ha assunto le forme storiche del martirio e della macerazione di sé al fine di ottenere quello spazio nel mondo che i filosofi-asceti, in assenza di una quantità di potenza paragonabile a quella posseduta dai guerrieri, non avrebbero mai potuto conseguire senza l'uso ostentativo della violenza su se stessi. Di ben altra pastasarà l'incarnazione principale dell'ideale ascetico, il vero obiettivo polemico di tutto lo scritto niettscheano: il prete ascetico.
41 Cfr. ivi, p. 413.
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L'ascesi di questa figura non è altro che una forma degenerativa di quella vitale incarnata dal filosofo-asceta: «Il prete ascetico ha costituito, fino ai nostri tempi, la ripugnante e cupa forma larvale sotto la quale soltanto la filosofia ebbe diritto di vivere e si mosse tortuosamente strisciando»42• Ma ciò che si è liberato da quel bOZ7.olo originario di ascesi filosofica, un «variopinto, pericoloso alato insetto»43 , non deve però essere inteso come la naturale evoluzione del filosofo-asceta, come una prospettiva storico-continuista potrebbe portare credere: non bisogna dimenticare che siamo, infatti, all'interno di una ricostruzione genealogica, una ricostruzione, quindi, che intende la storia non come costituita da trapassi "pacifìcin, ma da lotte brutali tra figure che incarnano quanta di fo17.a diversi, e che in virtù di essi riescono (o meno) a imporsi. Dell'idea nietzscheana che nel processo genealogico che porta dal lìlosofo-asceta al prete ascetico non ci sia tanto continuità quanto rottura, ne sono riprova le domande che chiudono il§ 10, riferite proprio al prete ascetico: Ma si sono realmente mutate le cose? Il variopinto, pericoloso, alato insetto, quello «spirito» che questa larva racchiudeva in sé, è stato realmente liberato infìne dal suo involucro e fotto erompere alla luce, grazie a un mondo più solatio, più caldo, più luminoso?V'èoggigià abbastanza fìerezza,audacia, valentia, certezza di sé, volontà dello spirito, volontà di responsabilità, libertà del volere, perché realmente ormai, sulla terra, «il fìlosofo» - sia possibile? .....
La risposta non può che essere negativa. Il Geist che è uscito fuori dal duro involucro degli esercizi ascetici dei filosofi non è "iln filosofo: il prete ascetico non è la forma realiz:zata della lìlosofia. «Abbastanza fierezza, audacia, valentia, certe7.7.a di sé, 42 F. Nietzsche, Genealogia della morale, cit., p. 319.
43 Ibidem. 44 Ibidem.
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volontà dello spirito, volontà di responsabilità, libertà del voi.ere» non sono ancora "a portata di manon (vorhanden è il verbo utilizzato da Niet7.sche), non sono ancora "venute al mondo" affinché possa darsi "il filosofo", vale a dire un pensatore che sia portatore di una Wille zur Macht talmente grande da non aver bisogno degli esercizi ascetici per giustificare la propria presen1.a nel mondo. Nei§§ 11-12 Niet7.schepassa di nuovo dal piano della storia a quello della teoria antropogenetica: egli si chiede, infatti, definendolo un «paradossale [.. .]enigma di seduzione»45, quale origine vitale, pulsionale, possa esserci dietro la volontà ascetica di negare non un particolare aspetto della vita, ma addirittura tutta la vita, la vita in sé: «non [ ... ] qualcosa della vita, ma [ ... ] la vita stessa»-16. Una volontà che- Niet7.sche lo riconosce - sembra attraversare tutti le epoche, trasversalmente47, e che rende la specie umana una «specie ostile alla vita» 48 e persino il nostro pianeta «la stella propriamente ascetica.»40• Questo enigma viene lasciato aperto da Niet7.sche, che si dedica, invece, non tanto ad analiz7.are il "perché" di questo istinto (una domanda che, dalla prospettiva genealogica, non avrebbe senso), quanto, più concretamente, il suo "come", vale a dire le modalità fattizie del suo imporsi nella storia. Ammesso, infatti, che esista nella natura una «necessità di prim'ordine»50 che porti l'essere umano ad andare contro gli
45 lvi, p. 322. 46 lvi, p. 321. 41 Ibidem: «Consideriamo pertanto come il prete ascetico facx:ia sentire regolarmente, universalmente, quasi in tutti i tempi, la sua presenza; non appartiene a una determinata razza; prospera ovunque; germina da tutti i ceti». 48 Ibidem. 49 Ibidem. 50 Ibidem.
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istinti vitali (e in questo sembra addirittura che l'ascesi non sia una contingenza storica, quanto un proprium quasi-biologico dell'essere umano tout court), Nietzsche osserva acutamente come tale necessità debba rivolgersi in prima battuta contro il centro assoluto, il fondamento inconcusso della vitalità stessa: il soggetto.
È per questo motivo che il soggetto è stato il costante punto di riferimento ex negativo della lìlosofia che si è fatta portavoce della Weltanschauung del prete ascetico: in particolare Nietzsche si scaglia (di nuovo), qui, contro Kant51, che - facendosi portavoce di una (insostenibile, da un punto di vista genealogico-prospettivistico) "oggettività" nella filosofia - ha condotto in realtà una vera e propria guerra filosofica contro l'idea di una storicità/fatticità del soggetto. È evidente come, a questo punto delle sue analisi, Nietzsche, parlando di lìlosofi-asceti, non abbia più in mente i lìlosofiasceti degni di ammirazione dei paragrafi precedenti, ma quei filosofi che già sono diventati "preti ascetici". Alla descrizione di questa figura sono dedicati i paragrafi centrali del testo, dal tredicesimo al sedicesimo, che sono anche tra i più densi di tutta l'opera. Malgrado gli intenti evidentemente polemici, in prima battuta Nietzsche riprende per quel che riguarda il prete ascetico (in maniera abbastanza sorprendente) la tesi che aveva esposto in relazione al filosofo-asceta: anche nel caso del prete ascetico, infatti, «l'ideale ascetico è uno stratagemma nella conseroazw-
51 Cfr. ivi, pp. 32.2 s. Per una fondatissima e serrata analisi del prospettivismo nietzscheano nella ter.>66; l'inadeguateZ7.a della religione, per Niet7.sche, si rivelerebbe inoltre nel suo essere un metodo psicologico di cura a quello che è, invece, un male fisiologico (in quanto investe il quantum di potenza che gli individui, fisiologicamente, esprimono, portano con sé). La religione, da ultimo, viene analiZ7.ata in relazione all'ultima categoria che era stata evocata in apertura di Abhanàlung da Nietzsche: «i santi». Questi si servirebbero dell'ascesi come di una forma di «ipnosi totale»67: ossia come di una forma pratica di attenuazione degli istinti vitali - che porta a una sorta di ,Jetargo invernale», da Nietzsche definito in parallelismo con quello degli animali68 - finaliZ7.ataa combattere un «dominante scontento»00• Anche se con qualche sferzata ironica 70, Nietzsche 64 lvi, p. 333. 65 Ibidem.
66 lvi, p. 33.5. 67 lvi, p. 337.
68 Cfr. ivi, p. 336. 69 Ibidem. 70 lvi, p. 338: «Ci riesce invece un po' difficile restarcene seri di fronte all'appre-i:zamento di cui viene fatto oggetto il profondo sonno da parte di questi stanchi della vita,..
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conferma qui quanto egli abbia fondamentalmente in considerazione l'ascesi come pratica, come mezzo per sfuggire al dolore del mondo: Che tali sportsmen della «santità», di cui abbondano tutte le età e quasi tutti I popoli, abbiano effettivamente trovato una liberazione reale da ciò che con un training tanto severo combattevano, è un fatto di cui non si può assolutamente dubitare -in innumerevoli casi, con l'aiuto del loro sistema di mezzi Ipnotici, si sbarazzarono realmente di quella profonda depressione fisiologica: ragion per cui il loro metodo si annovera tra I plìl generali dati di fatto etnologici.71
Anche in queste considerazioni Nietzsche oscilla tra un'analisi di tipo antropogenetico-energetico e una di stampo etnologico e storico-culturale. Questo doppio livello delle analisi nietzscheane permane nel § 18, dove viene descritto l'altro mezzo con cui la religione mette in atto i suoi effetti: «l'attioità macchinale»12• Con questa de6nizione Niet7.sche torna a descrivere il modo in cui il prete ascetico ha (letteralmente) messo al lavoro le masse al fine di depotenziare il loro ressentiment distruttivo, da un lato, e di sfruttare il loro potenziale per aumentare la propria volontà di potel17.3, dall'altro. Anche qui siamo su un crinale in cui ricostruzione storica e momento genetico si presentano come indistinguibili. Un punto che inoltre vale la pena porre in eviden7.a è quello per cui, laddove viene introdotta l'idea del lavoro "macchinale", si fa riferimento anche a valori quali «l'assoluta regolarità» e «la puntuale, irriflessa obbedienza» 73, tipici del monachesimo cenobitico, organizzato. Nietzsche qui, di nuovo, rimarca una distinzione basale tra le figure ascetiche estreme e individualistiche, presentate nel paragrafo precedente, che egli tiene - pur criticamente - in 71 lvi,pp. 336s. 72 lvi,p. 339. 13 Ibidem
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considerazione in quanto portatrici di una volontà di potenza, e quelle figure gregarie che invece, a suo parere, si sottomettono semplicemente alla volontà di potenza del prete ascetico. Questi, servendosi degli istinti degenerati e della debolezza delle masse degli "infimi", ha avuto tutto l'interesse, storicamente, a perpetuare l'esistenza del dolore che caratterizzava queste masse (e la loro ricerca di risposte e redenzione): nella visione "organicistica" dell'evoluzione sociale data da Nietzsche, questo voler mantenere le masse nel loro stato di sofferenza ha portato a guastare«la salute eil gusto»74 dell'umanità (occidentale) intera. Per Nietzsche, infatti, generazioni di preti ascetici hanno creato masse di deboli, le quali hanno, a loro volta, riproducendosi e auto-perpetuandosi, progressivamente stabilito il proprio dominio (fisico ed etico, instaurando con la propria presen7,a i propri valori di riferimento) in Europa75• A questo punto l'argomentazione di Nietzsche si sofferma sulla ricerca dei motivi per cui, storicamente, gli ideali ascetici non hanno trovato contro-ideali a contrastarli. Passando in rassegna diversi possibili contro-ideali, Nietzsche riscontra in ciascuno di essi sempre delle mancanze: la scienza non ha potuto istituire un contro-ideale rispetto a quello ascetico perché essa si è posta -a livello strutturale -addirittura come una continuazione degli ideali ascetici con altri mezzf/6 (quando non era essa 74 lvi, p. 351. 75 Cfr. W. Stegmeier, Dle Bedeutung des Priestersfor das a.sketische ldeal. Nietzsches,Theorie' derKultur Europa.s (11111-22), in O.Hoffe {a cura di), FriedrichNietzscheZur Genealogie der Moral,cit., pp. 149-162, qui p. 15.5. 76 Cfr. F. Nietzsche, Genealogia della morale, cit., p. 358. Quest'idea della scienza come pratica "ascetica• è stata recentemente riattualizzata da Peter Sloterdijk in un'acce-.àone positiva: cfr. P. Sloterdijk, Stato di morte apparente, tr. it. di S. Franchini, a cura di P. Perticati, Raffaello Cortina, Milano 2011 (2010).
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stessa persino totalmente priva di ideale77); la filosofia, invece, non lo ha fatto perché si è resa schiava dell'ideale ascetico, per il «fatto che la verità è stata posta come essere, come Dio, come la stessa istanza suprema» 78• La forma più vicina a un controideale ascetico è l'ateismo, che però, secondo Niet:7.sche, non è tanto un «contrasto» dell'ideale ascetico, quanto «una delle sue ultime fasi di sviluppo» 70• Ossia, esso non pone più né la verità, come la filosofia, né Dio, come l'ideale ascetico, quale punto cardinale, ma, essendo una forza reattiva, che ha, cioè, qualcosa - Dio - da combattere, ancora non si è fatto carico, secondo Niet:7.sche, di quell'«autosoppressione», di quell'«autosuperamento»80 che sarebbero necessari per deporre definitivamente l'ideale ascetico. Questo superamento come autosuperamento è da intendersi in duplice maniera, rispettando la duplice natura della genealogia niet:7.scheana: vale a dire tanto dal punto di vista storico che da quello antropologico-energetico. Da un lato, infatti, storicamente, per Niet:7.sche siamo entrati nell'epoca della morte di Dio: i grandi ideali, e con loro la metalìsica stessa, sono tramontati ed è necessario, conseguentemente, abbandonare i costrutti metafisici che ancora dominano le nostre scienze, sia dello spirito che naturali. A livello antropogenetico, d'altro canto, si tratta di accettare la "grande Salute", il "sl alla vita" totale che è rappresentato dallo Vbennensch. Questi rappresenterà il gradino successivo rispetto all'uomo, e non avrà più bisogno di gestire né le masse dei cosiddetti "malriusciti" né i propri istinti antivitali (perché non ne avrà), vale a dire le due cause energetiche della nascita degli ideali ascetici. 11 Cfr. F. Nietzsche, Genealogia della morale, cit., p. 353: «Essa è l'inquietudine della stessa assenza di ideali». 78 lvi, p. 357. 79 lvi,p. 364.
80 lvi,p. 36.5.
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Vorremmo provare a trarre, giunti al termine di questo dose reading "ruminante" del testo nietzscheano, alcune conclusioni su quello che senza dubbio rappresenta il confronto più serrato di Nietzsche con il tema dell'ascetismo.
La prima considerazione che riteniamo sia possibile enucleare dalla lettura fatta è che nella Genealogia non è riportata la dinamica di insorgen7.a e affermazione di una sola ascesi, ma di molte. L'ascesi è, anzi, in questo scritto niet7.scheano, emblematicamente prospettivistica, nel senso che essa assume significati e valori estremamente differenti a seconda del soggetto che la mette in pratica. Questo "prospettivismo ascetico", per cosl dire, si applica in particolare a due categorie, che risultano essere, in conclusione, portavoce di due ascesi di segno opposto: da un lato abbiamo l'ascesi dei filosolì-asceti (e, in qualche modo apparentabile ad essa, anche quella dei "santi" in quanto sportsmen) e dall'altro abbiamo l'ideale ascetico dei preti ascetici. La prima forma è da considerarsi, in quanto espressione di una elevata volontà di potenza, positiva agli occhi di Nietzsche, soprattutto perché essa è proiettata dall'individuo su se stesso, senza avere come fine quello di creare proseliti. Laseconda forma, quella dell'ideale ascetico, invece, è criticata radicalmente da Nietzsche, ma - ci sembra di poter affermare - non tanto per la sua qualità intrinseca, quanto per la sua Wirlcungsgeschichte, per la storia degli effetti che essa ha avuto. Infatti, tanto quanto il lìlosofo-asceta, anche il prete ascetico possiede un elevato quantum di Wille zur Macht, che egli porta ad espressione nel suo coniare gli ideali ascetici. Quello che però Nietzsche non perdona a questa figura è l'aver voluto far proseliti, governare il mondo, tramite la propagazione di una morale che ha progressivamente fatto diventare i deboli forti, rendendo i forti, invece, malvagi (secondo quella dinamica di "moralizzazione" della potenza che viene analizzata nella pri-
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ma dissertazione della Genealogia81 ). Per questo il prete ascetico è diverso dal filosofo-asceta e dal santo: perché esso ha organizzato, per cosl dire, il ressentiment delle masse contro gli Herren, i signori. Ed è per questo motivo che esso va combattuto: perché la storia, in quanto genealogia, è la storia del dispiegamento nel mondo di forze concrete, e le forze reattive organizzate secondo gli ideali ascetici hanno finito per prevalere contro le forze attive dei signori, cosa che Niettsche non accetta, e che denuncia. In questa duplice considerazione troviamo, ancora una volta, all'opera le due prospettive niet7.scheane sull'ascesi che abbiamo analizzato nel capitolo precedente: da un lato un'ascesi considerata, dal punto di vista psico-energetico, in maniera positiva, in quanto modalità di gestione della potenza, e una, invece, considerata negativamente, perché espressione di religioni storiche che si sono imposte con la loro morale "miserabilistica" a discapito dei signori. Vedremo, nel paragrafo successivo, come questo ordine di considerazioni ci permetterà anche di interpretare l'aforisma che Niettsche pone in apertura della dissertazione. Prima di passare a suddetto aforisma vorremmo però concludere le presenti riflessioni con un secondo ordine di considerazioni, che investono il portato della dissertazione appena analizzata entro l'orizzonte globale della filosofia niettscheana. L'argomentazione qui sviluppata da Niet7.sche, infatti, si conclude sulla domanda relativa alla possibilità di oltrepassare l'ideale ascetico. Malgrado la vis distruttrice niettscheana, questo oltrepassamento appare essere quantomeno complesso, anche se ci si mantiene entro le stesse coordinate di pensiero del filosofo di Rticken: esso, infatti, ci appare essere possibile solo
81 Cfr. ivi, pp. 223-254.
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se si accetta il fatto che, a livello energetico, sia immaginabile un momento della storia dell'umanità in cui siano presenti solo individui che esprimono un quantum di volontà di potell7.a tale da farli considerare dei signori. Gli individui deboli, o anche solamente non potenti quanto i signori (quelli del tipo dei filosofi e dei preti ascetici, ad esempio), non dovrebbero esistere più, altrimenti soluzioni psicoenergetiche quali gli ideali ascetici, e le religioni a livello più generale, saranno da considerare valide anche in futuro. Questo, di conseguell7.a, porta alla formulazione del seguente interrogativo: quanto c'è di cripto-teologico (e quindi di metafisico), nell'idea che sia preventivabile la venuta di una figura che non avrà con l'uomo quale fisiologicamente lo abbiamo conosciuto fino ad oggi più nulla in comune, e che sarà espressione di una potenz.a vitale assoluta, che non ammetta episodi di deboleZ7..a? Un interrogativo simile, a nostro parere, getta un'ombra sulla concreta possibilità, da un punto di vista sia storico-genealogico che individualistico-psicoenergetico, dell'oltrepassamento degli ideali ascetici: se, infatti, non si accetta la premessa del futuro awento del superuomo, allora bisogna, di conseguew..a, accettare il fatto che gli ideali ascetici non scompariranno, rimanendo profondamente radicati quali soluzioni energetiche validedi fronte ai problemi del dolore, dell'insensatez,.a e della contingen:r.a.
3. Io amo solo ciò che uno scrive col suo sangue Come abbiamo accennato in precedenza, Nietzsche, nell'introduzione alla Genealogia, sfida il lettore a "ruminare" il proprio testo, avvicinandolo tramite l'esercizio di un"'arte" ermeneutica che necessita lentezza, capacità associativa e una conoscenz.a profonda delle sue opere precedenti. Se riuscirà a prodursi in
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un simile esercizio di comprensione, il lettore riuscirà pure, secondo il filosofo di R&:ken, a interpretare l'enigmatico aforisma posto in esergo alla terza dissertazione, di cui quest'ultima rappresenta, al contempo, un sunto e una chiave di lettura. L'aforisma recita: «- Incuranti, beffardi, violenti -cosl ci vuole la saggez,,..a: è una donna, ama sempre unicamente un guerriero. Così parlò Zarathustra»8'1.. La citazione, come appare chiaro dalla sua conclusione, proviene dall'opus magnum nietzscheano, Così parlò Zarathustra. Nello specifico, con alcune modifiche minime, l'aforisma ripete una sentenza proveniente dal settimo discorso di Zarathustra, dal titolo Del leggere e scrivere83. In tre dei discorsi precedenti Zarathustra aveva espresso una critica radicale a tre antiche forme di sapienza "ascetica": in Delle cattedre della oirtù114 egli critica, con scherno, l'idea stoico-epicurea della filosofia come atarassica ricerca della serenità d'animo: «Adesso capisco chiaramente che cosa un tempo si cercava innanzitutto, quando si andava in cerca di maestri della virtù. Un buon sonno si cercava e, a questo fine, virtù oppiacee! Per tutti questi rinomati saggi in cattedra la saggezza era il sonno senza sogni: essi non conoscevano un
82 lvi, p. 299. 83 F. Niet.t. 88 Cfr. ivi, pp. 34-36. 89 lvi, p . 34. 90 Cfr. ivi, pp. 23-25. 91 Cfr. ivi, pp. 37 s. 92 Cfr. ivi, pp. 39-41.
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Alla fìne tutte le tue passioni sono diventate virtù e tutti i tuoi diavoli angeli.11G
Nel secondo, invece, l'argomentazione si fa più complessa, articolandosi su più livelli e investendo più attori (il "pallido delinquente" del titolo e i "giudici e ministri del sacrificio" che lo uccideranno). Quello che ai fini della nostra argomentazione è utile qui tenere a mente è il tenore, come detto in precedenza, "proto-genealogico" delle argomentazioni esposteanche in questo discorso: Ma vi furono altri tempi e un altro male e un altro bene. Un tempo era male il dubbio e la volontà di ave re un Sé. Allora il malato diventava eretico e strega: come eretico e strega egli soffriva e voleva far soffrire. Ma ciò non vi vuol entrare negli orecchi: voi dite che sarebbe di danno ai vostri buoni. Ma che mi importa dei vostri buoni! Molte cose dei vostri buoni mi fanno schifo, e davvero non ciò che in loro è male. [ ... ] ma essi hanno la loro virtù per campare a lungo, e in un benessere miserabile.lM
Nel passo appena riportato, posto a conclusione del discorso, Niet7.Sche ancora una volta sottolinea come sia stato l'affermarsi di forze storiche ben precise a influenzare la coniazione, semantiZ7,.azione e diffusione di concetti come "buono", "cattivo", "male" e "virtù". È a questo punto, in un contesto segnato, come visto, dalle argomentazioni che poi verranno riprese e sviluppate nella Genealogia, che si apre il discorso Del 1eggere e scrivere, da cui è tratto l'aforisma posto in esergo alla terza dissertazione. Il discorso si apre con queste parole: «Di tutto quanto è scritto io amo solo ciò che uno scrive col
93 lvi, pp. 37 s. 94 lvi,p. 41.
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suo sangue»05• Rispetto agli atteggiamenti ascetici precedentemente criticati - quello che cerca di "addormentare" lo spirito, quello che lo divide tra questo e l'altro mondo e quello che disprezza il corpo - Niet7.sche mette qui in chiaro quale sia la sua ideacostrnens di un discorso ascetico, o di un discorso tout court: quella che comporta una perfetta compenetrazione tra essere e dire. Il fatto che si possa parlare di ascesi in questo contesto è, a nostro parere, giustificato dal richiamo al sangue, ossia alla sofferen7.a. Niet7.sche, rispetto alle virtù atarassiche predicate "dalle cattedre della virtù" e al dispregio astratto del corpo in virtù della presupposizione dualistica di un al di là, contrappone un pensiero che si "scrive col sangue", ossia che fonda il proprio dire e la propria sapien7.a su una pratica a priori di modificazione, di scorticamento, del Sé: «Scrivi col sangue: e allora imparerai che il sangue èspirito»06 • Solo laddove il Sé è in grado di fondare nel suo stesso sangue il proprio dire, allora egli si può porre come autorità, come fonte di sapere. Per questo una tale fonte di sapere non può essere meramente "letta": ,ffe (a cura di), Friedrich Nietzsche Zur Genealogie der Mora!, Akademie, Berlin 2004, pp. 149-162. Soli I., Nietzsche on Cruelty, Asceticism, and the Failure of Hedonism, in R. Schacht (a cura di), Nietzsche, Genealogy, Moral.ity. F.ssays on Nietzsche's Genealogy of Morals, University ofCalifomia Press, Berkeley 1994, pp.168-192. Venturelli A., Asketismm und Wille zur Macht. Nietzsches Auseinandersetzung mit Eugen Dahring, in «NietzscheStudien», XV, n. 1, 1986, pp. 107-139.
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Sitografia Thes®rus Linguae Grecae [http://stephanus.tlg.uci.edu/ìndex. php].
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Ringraziamenti
Questo libro è stato scritto non senza un certo qual sfor.zo performativo: nelle sue pagine l'ascesi non è solo l'oggetto precipuo della ricerca, ma anche una disposizione soggettiva, che ha spinto l'autore al lavoro che con i presenti ringraziamenti va a concludersi. Molte persone e istituzioni sono state cause, concause, partecipi, osservatori e co-attori del processo di scrittura che ha portato alla stesura del presente lavoro, e meritano in questa sede un ringraziamento particolare. In primo luogo, la mia riconoscenza va tributata al Forschungsinstitut fur Philosophie Hannover, all'Intemationales Forschungszentrum Kulturwissenschaften Wien e alla Humboldt-Universitat zu Berlin per aver finanziato e accolto, in differenti tempi e forme, la mia attività di ricerca, che ha trovato nelle presenti pagine una forma definitiva. Un ringraziamento sentito va anche agli studenti dell'Institut f°l.lr Kulturwissenschaft della Humboldt-Universitat, per avermi dato modo di mettere alla riprova durante la mia attività didattica le tesi qui presentate. Dei molti colleghi, mentori, amici e sparring partner che mi hanno accompagnato durante la stesura di queste pagine non mi è possibile dare un rendiconto completo: sono sicuro che si riconosceranno nelle pieghe delle pagine che tanto spesso hanno avuto modo di leggere o di ascoltare per mia bocca.
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A mia moglie Maraike va il mio ringraziamento più grande, per avermi permesso, e per permettermi ogni giorno con la sua presen7.a, di non vivere da solo sulla mia stella ascetica.
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Indice
Prefazione
Per una storia dell'ascetismo filosoficc
p. 11
I Ascesi e grecità 1. Ascesi e tragedia come modelli in contrapposizione 2. Mondo preomerico e ascesi pitagorica
p. 17 p. 22
3. Excursus: ascesi e sacrificio in Grecia
p. 27
4. Ascesi e tragedia come modelli convergenti: Gianni Carchia critico del Nietzsche "tragico"
p. 41
II
Psicologia dell'ascetismo: dimensione storica e aspetti indioiduali 1. Ascesi come trasfigurazione del Sé: Niet:7.sche contra Duhring 2. Per una psicologia storica dell'ascesi cristiana: Umano, troppo umano 3. Asceti e cannibali: da Umano, troppo umano ad Aurora
p. 47
p. 57 p. 64
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4. Ascesi come potema, owero dell'ascetismo come liberazione dalla morale
5. L'essere religioso
p. 77 p. 87
III Una soÙJ genealogia, molte ascesi 1. Genealogia come metodo:
4. Un ascetismo dei forti
p.95 p. 101 p. 122 p. 129
Conclusioni Le molte ascesi di Friedrich Nietzsche
p. 143
Bibliografia
p. 149
Ringraziamenti
p. 159
Nietzsche, Foucault, Deleure
2. Ascesi contro ideali ascetici 3. Io amo solo ciò che uno scrive col suo sangue