La lingua in gioco. Da Totò a lezione di retorica 888319697X, 9788883196973


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PENSARE LO SPETTACOLO

collana diretta da Orio Caldiron

3

FABIO ROSSI

LA LINGUA IN GIOCO Da Totò a lezione di retorica

Prefazione di Tullio De Mauro

BULZONI EDITORE

TUTII I DIRITTI RISERVATI È vietata la traduzione, la memorizzazione elettronica, la riproduzione totale o parziale, con qualsiasi mezzo, compresa la fotocopia, anche ad uso interno o didattico. L'illecito sarà penalmente perseguibile a norma dell'art. 171 della Legge n. 633 del 22/04/1941 ISBN 88-8319-697-X © 2002 by Bulzoni Editore 00185 Roma, via dei Liburni, 14 http://wWw.bulzoni.it e-mail: [email protected]

Alla cara memoria degli amici Gigi, Mario e Raffaele Capozzi

INDICE

13

Prefazione di Tullio De Mauro

17

33

INTRODUZIONE: TOTÒ, IL PARLATO FILMICO E I GIOCHI LINGUISTICI 1. La lingua dei film di/con Totò 2. La paternità del testo filmico e l'improvvisazione 3. La tipologia linguistica e testuale del film e i criteri di trascrizione 4. Tra gioco, retorica, realismo e sperimentalismo

41

I.

41 42 46

I.1. 1.2. 1.3.

49 50

1.4. 1.5.

63 64 67 69 74

Il. «E PARLI ITALIANO BENEDETTO IDDIO!»: I DIALETTI Il. I. Tra terroni e polentoni: Totò dialettofobo 11.2. «Ostregheta!»: intercalari dialettali e usi non censori 11.3. «Sarà latino coll'accento sardo»: il dialetto spacciato per lingua straniera 11.4. «Sciuminòx»: dialettalismi inventati

77

III.

17 24 30

77 79

«MODESTAMÈNDE QUALCHE LINGUA LA PARLO»: LE LINGUE STRANIERE «bisissis bisis»: la pronuncia Nella hall... «fa più fino»: derisione dei forestierismi «Vigliacchibus mascalzonibus farabuttibus»: il latinorum, lingua del potere «Audax fortuna iuventus»: i proverbi Il wagon-lit e il vagon qui: le altre lingue

«VENIAMO NOI CON QUESTA MIA ADDIRVI»: L'ITALIANO POPOLARE III.1. «Ma mi faccino il piacere!»: i congiuntivi alla Fantozzi e la semplificazione analogica Ill.2. «Punto punto e virgola punto punto e virgola»: scrittura e punteggiatura

10

INDICE

85

IY.

«E CI SI PULISCA IL CULO!»: IL TURPILOQUIO

87

V.

«COME SI DICE QUELLA PAROLA? AH/ POMICIARE»: IL SESSO

91

VI.

«SIGNORI SI NASCE»: LE FORME AULICHE E ARCAICHE

101

VII.

CA.,.1\fTA CHE TI PASSA: TOTÒ E L'OPERA LIRICA

105

VIII. «A PRESCINDERE»: LA LINGUA DI PLASTICA E GLI STEREOTIPI

109

«NON W HANNO FATTO COMMENDATORE!»: LE ASPIRAZIONI DEL BORGHESUCCIO E LE PARODIE DELLA PARLATA SNOB IX.l. «Lei non sa chi sono io»: il frasario del borghese frustrato IX.2. il «parlare a metà ... no»: parole troncate, intercalari e altre amenità care allo snob

109 113

IX.

117

X.

«HAI CAPITO? NO// E NEANCHE IO»: TECNICISMI E BUROCRATISMI

123

XI.

123 124 126 137 139

XI.l. XI.2. XI.3. XI.4. XI.5.

«QUESTO NOME NON MI È NUOVO»: ANTROPONIMI E TOPONIMI «Tony» e «Cleo»: nomignoli e nomoni Dimmi come ti chiami e ti dirò chi sei: il nomen omen Trombetta, Zozzogno e gli altri: nomi deformati e nomi comici Totò interpreta ... Totò: attori e personaggi Non solo Cuneo: la geografia di Totò

143

XII.

«ZETA!»: LE INTERIEZIONI

147

XIII. «GNA GNA GNA GNA GNA GNA .. CHIA CHIA CHIA CHIA... CHIÈ CHIÈ CHIÈ CHIÈ ... PIPIPIPIPÌ... PIPIPIPIPÌ... GNA CACACACACACACA COO. .. PEPÈ...»: IL DELIRIO DEGLI IDEOFONI

151

XIY.

«NON BARBOCCHI»:LE PATOLOGIE LINGUISTICHE RIPRODOTTE CON INTENTO LUDICO

11

INDICE

153

XV.

157

XVI.

«PERCHÉ È AGGETTNO QUALIFICATNO/ NO?»: LA FUNZIONE METALINGUISTICA

161

«QUANDO SI DICEBONGIORNO. .. »: LA FUNZIONE METATESTUALE E METACOMUNICATNA XVI.I. «Ci sarebbe o c'è?»: la forza pragmatica XVI.2. «Mo mi cieco l'occhi// Stai fermo con gli occhi»: il finto dialogo XVl.3. «Lei tu»: gli errori d'allocuzione

165 165 169 169 171

XVII. XVll.1. XVIl.2. XVIl.3. XVII.4.

177

XVIII.

157 160

E CHI PIÙ NE HA, PIÙ NE METTA: L'ACCUMULAZIONE «...affini e collaterali»: amplificazione (pseudo)sinonimica «Seco lui»: pleonasmi «Ha capito?! Acca!»: ecolalia e frasi foderate «La serva serve»: paronomasie, figure etimologiche, poliptoti, rime, assonanze e allitterazioni

179

«COL PIMICE E IL POMICE»: GIOCHI DEL SIGNIFICANTE (FORME IMMOTNATE) XVIII.I. La «pesca subacquèa»: spostamenti d'accento XVIIl.2. «Tutti abbiamo una marna»: aggiunta, perdita o sostituzione di fonemi o di sillabe XVIII.3. «Sono un forziero!»: metaplasmi

181

XIX.

181

XIX.I.

181 182 183

XIX.2. XIX.3. XIX.4.

187 192

XIX.5. XIX.6.

201

XX.

177 178

«GIULIETTO E ROMERA»: GIOCHI DEL SIGNIFICANTE E DEL SIGNIFICATO (FORME MOTNATE) «Impiegati sparastatali»: sostituzione di fonemi che genera parole inesistenti ma allusive Il «padicherma»: metatesi e inversioni «Per Dinci e Bacco»: segmentazioni «Che ha detto il cadetto?»: segmentazioni di senso compiuto e ricomposizioni «Miope o preside?»: paronomasie scarsamente motivate I modi «urbani» e «interurbani»: paronomasie chiaramente motivate, paretimologie e lapsus «PARLI COME BADI»: GIOCHI DEL SIGNIFICANTE E DEL SIGNIFICATO CONTRO L'AUTOMATISMO LINGUISTICO

12

INDICE

«In maniche di mutande»: deformazione di collocazioni, espressioni idiomatiche e proverbi «Desto o son sogno?»: modi di dire invertiti «Prima abbiamo perduto la guerra// Adesso abbiamo perduto la pace»: modi di dire intesi in senso letterale anziché traslato o viceversa

202

XX.I.

204 205

XX.2. XX.3.

209

XXI.

209

XXl.1.

221 223 223

XXI.2. XXI.3. XXI.4.

225 225

XXII. «IPOCRIFO»: LE PAROLE INVENTATE XXII. I. «Soffittizzatevi!»: aggiunta di affissi o desinenze a radici esistenti XXII.2. «Pinzillacchere»: invenzione di radici

230 233 234 242 246

«ALTEZZA» «UNO E SESSANTACINQUE»: GIOCHI DEL SIGNIFICATO Il «busto d'oro del duce»: metafore, polisemie, omonimie, equivoci e qui pro quo «Come passa il tempo!»: sfasamento cronologico «Per la contradizion che noi consente»: contraddizioni «È la somma che fa il totale»: nonsense e tautologie

XXIII. REPETITA IlNANT: LA FORMULARITÀ NEL TEATRO E NEL CINEMA DI CONSUMO XXIII. I. Tra manichini, marionette, sputi e suicidi: formule sceniche XXIII.2. «Che che!»: formule verbali XXIII.3. Da Rossini a Fellini: parodia di film e d'altro

251

CONCLUSIONI: giocando e filmando. La funzione ludica e la riproduzione filmica come osservatòri privilegiati sulle strutture del parlato e sulla storia linguistica nazionale

255

TEATROGRAFIA

259

FILMOGRAFIA

289

BIBUOGRAFIA

299

INDICE DEI NOMI

Prefazione di Tullio De Mauro

Courteline ha raccontato come un nastrino della Legion d'onore potesse bastare per indurre un mezzemaniche a lasciar perdere la richiesta di un cospicuo aumento di stipendio. E prima di lui Orazio si era cimentato un paio di volte nel descrivere quante vanità rincorriamo stolidamente noi del genere umano. Per non andar lontano, negli ambienti accademici c'è chi muore per arrivare in una certa sede universitaria, magari lasciandone una più picc(?la e meglio dotata. E c'è chi organizza la vita sua e della famiglia per farsi nominare socio di questa o quella accademia. Senza pudore, in limine di questo libro tanto serio (ma su questo tornerò) quanto piacevole, confesso di essere anch'io preda delle umane vanità e del mondan romore. E se a volte mi pare di resistervi è solo per la buona ragione che da gran tempo ho avuto anch'io il mio nastrino, anzi un nastrino doppio, e con un colpo solo. La confessione qui forse non è impertinente. Un nastrino l'ho conquistato quando tra anni settanta e ottanta apparve la bella antologia cronologica della critica "totologica" curata da Franca Faldini e Goffredo Fofì. Sfogliandola, scoprii che si apriva con un mio antico scritto, che si chiamava Storia linguistica dell'Italia unita, in cui, nel 1963, si cercava di collocare Totò nella storia della nostra vicenda linguistica nazionale e se ne metteva in evidenza il grande contributo positivo. Arrossii di vanitoso piacere nella scoperta. Ma nel mio cuore sapevo di avere già acquisito in segreto o quasi un primo e più prezioso nastrino. A render noto il segreto è stato un mio bravo alunno, Giuseppe Romeo, che ora vedo con piacere tra quanti hanno dato aiuto a Fabio Rossi nel suo lavoro. Romeo, studiando per la sua tesi opera e fortune di Totò, ha recuperato documenti d'epoca. Nel 1963, quando il mio vecchio libro metteva accanto ai nomi di Manzoni e di Croce quelli di Pecrolini, dei due De Filippo, di Sordi e, primus inter pares, di Totò, il principe De Curtis era ancora ritenuto dai più una macchietta qualunque. Errore. Già allora non condivideva questa superficiale valutazione un'assai brava giornalista, che giu-

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stamente vedeva in Totò qualcosa di assai più significativo. Andò a intervistarlo per il suo settimanale. Totò si schermiva, non voleva cedere a domande che gli parevano troppo lusinganti. A un certo punto la giornalista, come raccontò ai suoi lettori, estrasse dalla borsetta un libro, un libro di studio - specificò - con le note, la bibliografia e tutto il necessario per sembrare serio. Era appunto la mia vecchia Storia linguistica. Porse il libro a Totò, glielo aprì alle pagine che lo riguardavano. Totò lesse con attenzione, awertì l'inatteso riconoscimento e, racconta la giornalista, si commosse. Quel momento di gioia commossa di Totò, confesso, me lo porto nel cuore come un ricordo prezioso, il mio personale nastrino della legion d'onore, non una palma accademica, un intero palmeto. E un prezioso vaccino contro altre vanità. Dopo aver fatto felice, sia pure per un attimo, il grande Totò, brigare per entrare nell'Accademia degli Impastati o dei Liocorni? Ma mi facci il piacere! Ora gli studi sulla lingua del teatro, degli spettacoli, della canzone si sono moltiplicati, da un lato. E, dall'altro, Totò è finalmente e giustamente ritenuto una gloria della nostra tradizione nazionale. Eppure non tutto era ed è stato detto. Ce lo mostra assai bene questo nuovo lavoro di Fabio Rossi. Rossi ha ripreso dalle radici l'argomento. Consapevole owiamente della grande forza della interazione tra la figura indimenticabile di Totò e il suo parlato, si è sottoposto a un esercizio certosino, a un paziente "a prescindere" metodologico: si è fatto carico di un'analisi minuziosa, direi completa di tutto il parlato e del solo parlato di Totò. Quando un lavoro lo si ricomincia dawero da capo, dalle basi più profonde, e si rivede dawero tutto il materiale, si hanno sempre sorprese e novità. Un amico, Nello Ajello, mi ha detto una volta che, a sentirmi, metto sullo stesso piano Totò e Benedetto Croce. Accetto per un momento lo scherzo, se scherzo è: una mia brava alunna, Fabrizia Giuliani, ha ripreso in mano un argomento che pareva studiato sotto ogni aspetto: le idee linguistiche di Croce. Con grande pazienza è andata a rivisitare tutte le righe di tutti gli scritti di Croce. E ne è venuto fuori, alla fine, un libro di grande novità, Espressione ed ethos. Il linguaggio nella filosofia di Benedetto Croce; che appare, più o meno in contemporanea con questo di Rossi, presso l'Istituto di Studi Storici di Napoli. Per il libro di Rossi è da dire lo stesso. L'intero materiale verbale di Totò è stato da Rossi esplorato in ogni piega. Gli strumenti d'analisi e i reattivi della linguistica, dalla vecchia e soli-

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da dialettologia, alla linguistica up-to-date.,_pragmalinguistica, neoretorica, semantica, Textlinguistik, rules changing creativity, palinsesti celati nel significante e fatti esplodere, tutti sono stati adoperati sistematicamente, di capitolo in capitolo, per scomporre e ricostruire criticamente il significato d'insieme del lavoro linguistico svolto da Totò. Convincono le conclusioni cui approda Rossi, non le ripeterò se non per sottolineare non tanto l'assenso (un assenso in parte autocritico), quanto la cogenza. Rossi ha ragione: in Totò non dobbiamo solo vedere il contributo corrosivo alla lotta contro gli stereotipi (era quel che sottolineava la vecchia Storia linguistica), ma una forza creativa più profonda. Essa certo mette in crisi l'italiano aulico e stereotipico, ma la messa in crisi è solo un sottoprodotto, importante, benefico, ma in qualche modo secondario sulla via che Totò percorre da grande drammaturgo e onomaturgo: la via di un più radicale sfruttamento delle possibilità, non solo comiche, della lingua, di tutta la lingua (e di noi che la parliamo) una volta che la si sappia mettere "in gioco" (e noi con essa).

INTRODUZIONE TOTÒ, IL PARLATO FILMICO E I GIOCHI LINGUISTICI

l. La lingua dei film di/con Totò

Quando il significante (vale a dire il suono o l'aspetto grafico delle parole) prevale sul significato, e l'interesse del mittente e del destinatario si sposta quindi da quel che viene detto o scritto (contesto) a come viene detto o scritto (messaggio), si ha la funzione poetica 1. Essa, nonostante il nome, non è affatto esclusiva della poesia e della retorica classicamente intesa, ma è propria di ogni uso ludico, e non solo, della lingua. Come disse, oltre due secoli fa, l'enciclopedista César C. Du Marsais, «si fanno più figure [retoriche] in un giorno di mercato in piazza che in molti giorni di assemblee accademiche» 2 • Repertorio privilegiato per l'osservazione della funzione poetica è il genere comico, in cui far ridere con le parole è l'obiettivo principale dell'autore. In particolare, la comicità più incline al gioco verbale è quella ba sata sul nonsense ~ cioè sullo scardinamento delle più elementari regole della comunicazione - che manipola le parole con distacco, come fossero oggetti la cui funzione non è data una volta per tutte, né varia in base al contesto e agli altri classici parametri linguistici di variazione, ma muta unicamente secondo il piacere dell'artefice 3 . Molte scene dei film con

1 Secondo il classico schema delle sei funzioni linguistiche inJakobson (1963) 1994, pp. 181-218; cfr. anche Segre 1985 e Marchese 1986. Già Freud (1905] 1992 parlava delle basi inconsce e ludiche della funzione poetica. 2 Cfr. Mortara Garavelli 1992, p. 289. 3 «Questi esempi estremi - scriveva Freud, commentando alcuni motti di spirito hanno un effetto perché nascono dall'attesa di un motto di spirito, cosicché uno tenta di trovare il senso nascosto dietro l'assurdo. Ma non trova nulla: sono realmente degli assurdi. La falsa apparenza rende possibile per un momento di ottenere piacere dal nonsenso. Questi motti di spirito non sono interamente senza scopo; sono un "inganno", e danno alla persona che li dice una certa dose di piacere nell'ingannare e nell'annoiare l'ascoltatore» (Freud (1905) 1992, p. 146). Va chiarito, una volta per tutte, che non farò in questa sede alcuna distinzione tra gioco linguistico, gioco verbale e gioco di parole, e che non mi occuperò, pertanto, del gioco linguistico in senso filo-

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Totò sono, in questo senso, esemplari. Lì la lingua è puro suono fine a sé stesso, malleabile, manipolabile all'infinito, spesso senza alcuna apparente utilità. Un po' come le torsioni oltre i limiti della fisicità, cui il principe de Curtis riusciva mirabilmente a sottoporre il corpo e il viso, così i suoi enunciati venivano smembrati e ricomposti in forme inedite (ma ricorrenti, nell'ambito della produzione teatrale e filmica di Totò): Quello per cui [Totò] non ha il dono, quello che smonta e immeschinisce la sua grandezza di marionetta è il racconto, la storia compiuta, il dialogo congruente, non invece ciò che ne resta dopo che dal suono è stato separato il senso. Come al gesto e al corpo, così anche al discorso Totò sottrae la «melodia», i rapporti logici, l'armonia tra le sue parti, la loro simmetria e coerenza, lasciandogli il ritmo, il succedersi e il ripetersi d'accenti e di suoni dentro strutture, snodamenti, giunture verbali. [... ] Come fa con il torso, le braccia, il collo, il mento (... ] , così Totò fa con il linguaggio: lo distacca, lo devia, lo aliena [... ]. Totò non si limita a dividere l'armonia dal ritmo. Fa del ritmo l'unica possibile armonia 4•

Come osserva Ruggero Guarini, citando Freud (che, a sua volta, riprendeva il concetto da altri autori quali Jentsch e Hoffmann), le acrobazie da marionetta di Totò, già tanto care ai futuristi, riescono a tenere lo spettatore «in uno stato di incertezza sul fatto che una determinata figura sia una persona o un automa», esprimendo così il senso del «perturbante» 5 .

sofico e pragmatico, inteso come «tutto l'insieme costituito dal linguaggio e dalle attività di cui è intessuto» (Wittgenstein [1953] 1983, p. 13, e Cardona 1989, pp. 151-52). Nel corso del lavoro si ricorrerà varie volte al concetto di interazione, e si parlerà della linguistica pragmatica, senza però mai usare il termine gioco nel senso che ne dà Wittgenstein. 4 Escobar 1998, p. 69. 5 Cfr. Guarini 1991 (a c. di), pp. 9-10. «Come la mobilità fisica di Totò può eccedere il normale movimento del corpo umano, così il suo comportamento verbale può arrivare, attraverso la parodia e il nonsense, a porsi in conflitto con le competenze linguistiche, comunicative e culturali più largamente riconosciute e condivise. Una vocazione al sovvertimento comico che non risparmia il tema dell'identità e dell'unità nazionale» (Ruffin 1996, p. 337). Sul «perturbante» (ciò che porta l'Io a dubitare di sé stesso) cfr. Freud [1919] 1990. Ricordiamo che, almeno nella prima parte della sua carriera cinematografica, la maschera di Totò, amatissima dagli intellettuali delle avanguardie storiche, fu sfruttata come «ameno spettro», come creatura a metà tra la vita e la morte, come essere automatizzato e alienato da sé, e quindi come una sorca di emblema del perturbante hoffmanniano in senso freudiano: si pensi ai lunghi silenzi (riempiti soltanto

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In realtà è possibile estendere questa osservazione sul perturbante anche alle operazioni di stravolgimento verbale: l'ascoltatore-spettatore è perturbato nell'assistere al dissolvimento del codice di comunicazione ridotto a mero suono o a veicolo di significati lontanissimi, quando non opposti, a quelli attesi; ne deriva una specie di senso dell'incomunicabilità o, meglio, un paradossale tentativo (spesso con esito felice) di comunicare mediante l'incomunicabilità. Gli utenti della lingua vengono posti di fronte a una congestione dei meccanismi primari della comunicazione, non capendo più che cosa è giusto e che cosa è sbagliato, che cosa è vero e che cosa è falso, trascinati, proprio come gli attori che gli facevano da spalla, nelle deliranti disquisizioni metalinguistiche di Totò. Naturalmente non è questa una prerogativa di Totò, ma della lingua comica (del teatro popolare e di varietà, in particolare 6) in genere, che in Totò raggiunge però la sua applicazione più sistematica e la propagazione di maggior successo. La fonte principale di questi usi ludici della lingua è senz'altro, come vedremo, la commedia dell'arte. Per quanto riguarda il teatro di varietà, nella sua accezione più ampia (farsa, macchietta, avan-

dalla mimica surreale di Totò), alle scene di morte, ai tentativi di suicidio e alle finte resurrezioni sotto forma di spettro (awalorate dallo spesso strato di cerone) in film come Fermo con le mani, 1937; Animali pazzi, 1939; L'allegro fantasma, 1941; Due cuori fra le belve, 1943 ecc. (Anile 1997). 6 Con teatro e cinema popolare ci si riferisce solitamente a quelle produzioni nate prevalentemente a uso e consumo delle classi meno colte, secondo Spinazzola 1974, p. 348; non è però sempre possibile (e oggi è del tutto impossibile) stabilire un limite tra arte popolare e arte di massa, poiché ciò che nell'intento dell'autore è indirizzato prevalentemente alle fasce sociali più basse può invece avere un successo interclassista o viceversa. Sarà dunque bene intendere popolare nell'accezione di 'di consumo, owero che non gode di riconoscimenti pari a quelli dei generi cosiddetti colti' (Spinazzola 1995, p. 16). Nel teatro popolare si annovererà dunque soprattutto l'avanspettacolo e nel cinema popolare soprattutto il genere melodrammatico e quello farsesco. Va da sé che anche questa definizione ha forti limiti, dal momento che il teatro di Totò, per es., ha talvolta goduto anche di pubblici riconoscimenti, ciò anche in seguito all'integrazione della cultura popolare all'interno dei canoni della cultura prevalente. Su questi temi e sul successo di Totò anche presso il pubblico borghese cfr. Meldolesi 1987, pp. 17-55, da cui si ricava un interessante quadro della rivista come spettacolo, sì, leggero, ma dal pubblico anche socialmente elevato. La prassi teatrale di Totò, tuttavia, non mutò nella sostanza, nel passaggio dall'avanspettacolo alla rivista, e l'attore-autore mantenne forrunatamente inalterata la sua «genialità anarchica» (ibid., p. 44). Per questa ragione, conscio della parziale incongruenza, farò riferimento unitariamente agli avanspettacoli e alle riviste di Totò, annoverandoli entrambi nell'accezione data di teatro popolare. Sul cinema «popolare» cfr. Sorlin 1996.

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spettacolo, rivista), più vicino a noi, maestri (diretti o indiretti) di Totò furono soprattutto Eduardo Scarpetta Qe cui farse Totò porterà al cinema, dopo averle interpretate a teatro), Ettore Petrolini (col suo parlare confuso e difficile e coi suoi continui calembour), Raffaele Viviani (tra i primi comici moderni e tra i più grandi autori teatrali del ventesimo secolo), Nicola Maldacea O'inventore della macchietta), Gustavo De Marco (l'inventore dell'uomo marionetta e l'interprete del Bel Ciccillo, imitando il quale Totò calcò per la prima volta le scene), i fratelli De Rege (quelli di Vieni avanti, cretino! e delle scenette del balbuziente), per non citare che i più noti 7 • I motivi per i quali Totò sia stato l'unico di questa tradizione, gloriosa un tempo ma ormai rimossa (rimozione della povertà?), ad aver mantenuto (e anzi rinvigorito con gli anni) un enorme successo esulano dalle competenze e dagli obiettivi di questo lavoro: giusti agganci col cinema e poi con la televisione? Giusti compromessi tra spettacoli popolari e spettacoli di massa? Limitazione della dialettalità pura? Geniale combinazione delle parti migliori della tradizione precedente, in grado di abbracciare il pubblico più eterogeneo? L'uso caleidoscopico delle lingue e dei linguaggi, il trionfo del plurilinguismo sul monolinguismo, avvicinano senz'altro Totò a Gadda, come qualche studioso (Contini, De Mauro, Meldolesi 8) ha osservato. Tali usi linguistici producono un risultato non molto distante da quello che Umberto Eco descrive come il senso di «straniamento» o di «spaesamento»: «l'effetto di straniamento si verifica deautomatizzando il linguaggio: il linguaggio ci ha abituato a rappresentare certi fatti seguendo determinate leggi di combinazione, mediante formule fisse. Improvvisamente un autore, per descriverci qualcosa che abbiamo forse sempre visto e conosciuto, impiega le parole (o gli altri tipi di segni di cui si avvale) in modo diverso, e la nostra prima reazione si traduce in un senso di spaesamento, quasi in una incapacità di riconoscere l'oggetto (e questo è l'effetto dovuto alla

7 Questi e altri temi sono riemersi recentemente con grande evidenza e documentazione, in occasione delle celebrazioni del centenario della nascita di Antonio de Curtis, nel convegno Totò Oggi. Memoria, affetti e eredità di un attor comico, Roma, 3-4 dicembre 1998 (atti in preparazione). Sugli autori citati e su molti altri ancora cfr. almeno Quargnolo 1980 (essenziale per la storia teatrale del genere e del periodo cui ci sciamo riferendo), Masoni e Vecchi 1986, Meldolesi 1987, Fano 1993 (a c. di), Gagliarde 1998, Ottai 1998a, b, Caldiron 1999. • Cfr. Romeo 1998b, p. 88.

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organizzazione ambigua del messaggio rispetto al codice). Da questo senso di "stranezza" si procede a una riconsiderazione del messaggio, che ci porta a guardare in modo diverso la cosa rappresentata ma al tempo stesso, come è naturale, anche i mezzi di rappresentazione, e il codice a cui si riferivano» 9 • Il centenario della nascita di Antonio de Curtis ha rinvigorito l'interesse per la produzione cinematografica di Totò. Non tanto da parte della nutrita falange dei totomani, che non hanno mai smesso di idolatrare il proprio beniamino, quanto da parte di coloro che ai film di Totò non hanno mai dedicato molta attenzione. Più di una pubblicazione ha visto la luce tra il 1997 e il 1998. Ricordiamo, tra le più interessanti, Bispuri 1997, Escobar 1998 e soprattutto Anile 1997 e 1998, oltre al catalogo (Totò partenopeo e parte napoletano) della mostra organizzata a Roma nel 1998 e al già citato convegno Totò Oggi. Tuttavia, quasi nessuno si è interessato alla componente strettamente linguistica dei film con Totò, se si esclude la cursoria citazione, perdipiù approssimativa e di solito priva di fonte, delle solite celeberrime battute (io sono un uomo di mondo, a prescindere, parli come badi ecc.). Spiccano come eccezioni preziose - oltre ai classici riferimenti di Tullio De Mauro (1963, il primo estimatore di un Totò «linguista»), Emanuela Cresti (1982), Sergio Raffaelli (1983) e Edgar Radtke (1983) - i saggi di Valentina Ruffin (1996) e di Giuseppe Romeo (1997 e 1998). Sembra colpire anche Totò, dunque, quell'annoso disinteresse degli studiosi di cinema nei confronti dei dialoghi e quello, speculare, dei linguisti nei confronti del cinema, già commentati in altra sede 10. Questo libro, controcorrente, vuole invece concentrarsi esclusivamente sulla componente verbale dei film (nei limiti del possibile, naturalmente, senza attentare all'ovvia unitarietà tra immagini e parole, su cui si basa l'intero cinema sonoro), dando per scontati i dati storici, biografici, teatrali e cinematografici trattati in modo esauriente almeno dalle monografie di Caldiron, Governi, Fofi-Faldini e Anile, citate in bibliografia. Pochi film, nella storia del cinema italiano, hanno riposto nelle invenzioni verbali, nello sperimentalismo linguistico e nei ·giochi di parole

9 Eco 1968, p. 79. In termini diversi, molti filosofi hanno voluto interpretare il piacere provocato dai giochi di parole e dai motti di spirito come il passaggio dallo «stupore» dell'inatteso all'«illuminazione» rivelatrice e confortante della soluzione del gioco (Paradisi 1987). 1° Cfr. Rossi 1999a.

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un'importanza centrale quanto quelli interpretati da Antonio de Curtis. Pochi film, d'altro canto, sono stati scritti e girati con la sciatteria e la velocità (quasi sempre meno di un mese di lavorazione) che hanno contraddistinto la maggior parte dei film di Totò. Infine, pochi attori, più di de Curtis, hanno teso a screditare la propria produzione filmica, soprattutto per via delle sceneggiature scadenti e di certa dichiarata insofferenza per il cinema sonoro: «io non ho il dono della parola - disse de Curtis - e nel caso mio il dialogo smonta e immeschinisce tutto. Sono un comico muto, né antico né moderno perché non esiste la comicità antica o moderna, esiste la comicità, punto e basta. E meglio che con i dialoghi so esprimermi con la mimica» 11 • «Vorrei essere, come maximum, il protagonista di un cartone animato. Anche perché vorrei parlare pochissimo» 12 • Più volte Totò ebbe a dichiarare che il cinema era per lui soltanto una facile fonte di guadagno e che delle pellicole in cui aveva lavorato salvava si e no cinque o sei titoli (senz'altro Guardie e ladri, Arrangiatevi! e i film di Pasolini 13). Questi e altri elementi contraddittori caratterizzano il cinema di consumo. Le creazioni linguistiche indissolubilmente legate al nome di Totò, prevalentemente frutto della sua improvvisazione (come si vedrà tra poco) e prese in prestito dalla sua precedente produzione teatrale, fioriscono dunque in prodotti spesso scadenti, screditati prima di tutto dagli autori stessi e dagli interpreti. È forse questa la ragione principale - legata al noto snobismo culturale della nostra critica cinematografica, e ancora di più degli studi linguistici - del pressoché totale disinteresse dei linguisti e dei filmologi per quel fecondissimo terreno di ricerca che è la produzione filmica di Totò. Del resto, non è certo soltanto il destino dei film «di serie B» quello di essere considerati quasi esclusivamente sotto il profilo iconico e non sotto quello verbale. Mancano infatti, com'è stato già più volte notato, indagini sistematiche sui dialoghi del cinema italiano, i quali, peraltro, tanta parte hanno avuto nella storia linguistica e culturale italiana. Nel caso dei

11 Testimonianza di Totò riportata da vari autori; qui si cita da Romeo 1997, p. 108. È noto che uno dei desideri irrealizzati di Totò era quello di girare un film muto (cfr.

Escobar 1998, p. 73). 12 Testimonianza di Totò raccolta da Cesare Zavattini (1940, p. 404). 13 «I film di valore che ho interpretato si possono contare sulla punta delle dita. Quelli che mi stanno a cuore sono Arrangiatevi! di Bolognini e, naturalmente, Uccellacci e uccellini» (Anile 1998, p. 392).

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film di Totò la lacuna è ancora più grave, perché la rivalutazione del cinema di consumo, e in particolare di quello di Totò, è un fenomeno in atto già da molti anni, e ha suscitato più volte l'attenzione degli studiosi. E soprattutto perché l'uso fatto da Totò della lingua italiana - talvolta ritratta fedelmente nei suoi vari registri, talaltra derisa o deformata, ora arricchita di citazioni dottissime, ora defunzionalizzata e ridotta a puro suono costituisce, con la sua ricchezza, uno degli osservatòri privilegiati per uno studio sulle caratteristiche dell'italiano, sulle sue tendenze evolutive e sulla percezione che gli italiani hanno della lingua che parlano. Una storia della percezione della lingua italiana, che tanto piacerebbe a Tullio De Mauro, avrebbe nella filmografia di Totò il suo testo cardine. La centralità del piano linguistico nei film di Totò è confermata anche dallo scarso successo dell'attore in questione doppiato in un'altra lingua: Un Totò muto sarebbe [... ] impensabile [... ]. Per Totò awenne il contrario di quello che capitò a Charlot che, con l'introduzione del sonoro, piano piano deperì e si estinse: egli era un personaggio fondamentalmente muto e l'avvento del sonoro determinò la sua fine [.... ] . [Con film come La legge è legge, ma] già con Tempi nostri, I tre ladri, Totò, Vittorio e la dottoressa e Totò a Parigi e poi con Totò, Eva e il pennello proibito, I tartassati, Le belle famiglie, La mandragola, Operazione San Gennaro e Le streghe si cercò con tenacia di esportare Totò in Francia, ma l'operazione fallì, a riprova che il grande attore italiano era diverso da Fernandel o da Luis de Funés, che, doppiati in Italia, acquistavano. Totò invece, doppiato in Francia, moriva [... ]. Totò, al contrario del muto Charlot, non è esportabile, perché sono assolutamente intraducibili le sue eccezionali capacità recitative, non riferibili al puro «significante» linguistico, ma radicate fortemente nel retroterra culturale (e quindi anche e soprattutto linguistico) dell'italiano e del dialetto 14 •

È bene subito precisare che l'importanza linguistica di Totò non è consistita tanto nell'invenzione o nell'abuso di singole forme, ma nell'aver

" Bispuri 1997, pp. 22, 202. In effetti, di là dall'efficacia comica dello stesso timbro, delle inflessioni e della cadenza della voce di Totò, come tradurre i suoi giochi di parok? Un gustoso esempio è il gioco sul nome Omar, che genera la citazione della canzone napoletana Torna a Surriento: «guarda 'o mare quant'è bello» [Totò sceicco, 1950), m.dotta in francese «regard la mer que c'est jolie!», espressione ovviamente del tutto pm,-a di comicità (cfr. Caffarelli 1998, p. 57 n. 12; sul gioco onomastico qui in oggetto m. infra, XI.3).

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portato il linguaggio al centro dei propri spettacoli, della propria riflessione, e nell'aver svolto un ruolo non marginale, come mostrato da Tullio De Mauro, nello svecchiamento e anche nell'apprendimento dell'italiano e, soprattutto, nell'acquisizione, da parte dei parlanti, di una maggiore consapevolezza delle sue varietà. I numerosi inserti metalinguistici presenti nei film di Totò, come vedremo, oltre a far ridere, aiutavano anche gli insicuri parlanti regionali a prendere confidenza con quel codice nazionale ancora, fino agli anni Sessanta, così poco praticato. L'oggetto di questo studio, appunto la lingua dei film con Totò, solleva alcuni problemi metodologici, che cercheremo di risolvere, o quantomeno di rendere espliciti, nei paragrafi successivi. È possibile considerare come unitario il corpus dei novantasette film interpretati da Totò, soltanto sulla base della presenza costante dell'attore? Ha senso parlare di lingua di Totò, o non sarebbe più corretto attribuire le creazioni linguistiche agli sceneggiatori o ai registi di quei film? E infine, come va intesa l'improvvisazione di Totò (descritta spesso dai totomani e dai totologi con i toni del mito) e, quindi, in che misura è possibile considerare l'attore come coautore dei suoi film? Preliminare a tutti questi problemi è poi un'altra domanda: quali strumenti linguistici abbiamo a disposizione per analizzare il testo verbale di un film, ovvero un tipo di testo che finora, salvo poche eccezioni, nessuno ha mai considerato «scientificamente» nella sua complessità? 2. La paternità del testo filmico e l'improvvisazione

Chi è l'autore di un film? Il regista e, in misura minore, gli sceneggiatori. Sembrerebbe questa la risposta più ovvia. In realtà sono noti casi in cui è stato il produttore a intervenire in modo determinante sulla fattura del film. Alcuni attori, inoltre, specialmente nel passato, solevano improvvisare sulla scena e quindi non possono non essere considerati coautori del film. Diciamo che, per comodità e per convenzione, consideriamo il regista come il responsabile unico di un'opera d'équzpe, anche se la paternità del testo filmico continua, dalle origini del cinema, ad appassionare gli studiosi e a costituire un quesito non risolto né, forse, risolubile 15 •

is Sul tema, e sui numerosi riferimenti bibliografici, cfr. Rossi 1999a (pp. 40-50), cui si aggiunga Caldiron 1999 (pp. 9-36).

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Molti studiosi hanno sfiorato il tema dell'improvvisazione di Totò 16• Cercare di stabilire, film per film, quante battute appartengano al repertorio teatrale di Totò e quante siano invece ascrivibili alla penna degli sceneggiatori o ai suggerimenti del regista è impresa ardua, se non impossibile, oltreché inutile. L'unitarietà e la significatività del nostro corpus, infatti, non è garantita tanto dalla (comunque innegabile) componente di improvvisazione di Totò e quindi dalla sua «paternità» di gran parte dei testi filmici, quanto dalla consistente presenza di formule ricorrenti. Tali formule - che, come vedremo nell'ultimo capitolo, sono in larga misura d'ascendenza teatrale - testimoniano la volontà dei produttori di rendere i film di Totò quasi come puntate di un'unica serie, cominciata negli anni Venti a teatro Oa serialità dei film è confermata dal nome di Totò nel titolo, che ricorre ben trentacinque volte, come specchietto delle allodole per il pubblico 17), con gli stessi personaggi Oe variazioni del cast da film a film sono esigue, come emerge chiaramente dalla nostra filmografia conclusiva), con le stesse battute e con richiami da un film all'altro. Non ci interessa, dunque, stabilire la paternità di tali formule, bensì riconoscerne l'omogeneità, tipica dei generi di consumo, di massa o, come preferisce Spinazzola 1995 (p. 16), «marginali». Inoltre, per stessa ammissione degli addetti ai lavori 18, nel caso di Totò i lazzi e i giochi verbali da lui messi in circolazione, fin dai suoi primi spettacoli teatrali, ebbero una tale forza dirompente sul pubblico e una tale rapidità di circolazione, che gli sceneggiatori stessi dei suoi film (quasi tutti ferventi «totoisti»: Metz e Marchesi, Age e Scarpelli, Steno e Monicelli...) scrivevano spesso proprio alla maniera di Totò, o citando le sue battute, o componendone di simili, poiché ne avevano assimilato il genere ed erano cresciuti con la sua arte 19 •

Cfr. almeno Faldini e Fofi 1987, Amorosi 1998 e Anile 1998. Addirittura altri tre film (L'allegro fantasma, 1941; Due cuori fra le belve, 1943; Una di quelle, 1953) furono nuovamente distribuiti, a distanza di qualche tempo, con il titolo cambiato mediante l'aggiunta di Totò (Totò allegro fantasma; Totò nella fossa dei leoni; Totò, Peppino e... una di quelle), nella speranza di ulteriori incassi. 18 Per es. Furio Scarpelli, nella sua comunicazione al convegno Totò Oggi cit. ' 9 Sull'omogeneità sostanziale di tutti i film con Totò, e quindi sulla legittimità di considerarli come un corpus unitario, come un continuum, pone l'accento Escobar 1998, pp. 9-10: «Ecco qual è l'oggetto della nostra indagine: non i film ma il cinema di hò, inteso come continuum di immagini ed emozioni. In esso, nella memoria che lo costituisce e di cui è costituito, Totò non è protagonista di storie, non insegue trame narrative, non è personaggio. Se ci proviamo a definirlo, ci viene spontaneo parlarne 16

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Il capitolo dedicato da Anile 1998 (pp. 13-28) all'improwisazione risolve, a mio awiso, una volta per tutte l'annosa questione. Improvvisare, fin dalla gloriosa tradizione cinque-secentesca (in realtà ben più antica) dell'improvvisa (ovvero la commedia dell'arte, recitata sulla base di un canovaccio), non vuol dire inventare, bensì attingere a un ricco formulario di battute da inserire, all'occorrenza, in qualsiasi testo: «l'abilità dell'attore consisteva nel camuffare il più possibile un lavoro di ricuciture; il gesto o la battuta inserita non doveva tradire il riferimento a un repertorio, al contrario, doveva sembrare come se sgorgasse appunto "all'improwiso"» 20 • Totò, che in gioventù aveva frequentato le «ultime propaggini» della commedia dell'arte napoletana, introiettandone il metodo, «si costruì un proprio "formulario", affidandolo esclusivamente alla propria memoria; fece tesoro delle battute e degli sketch più riusciti, che continuò ad affinare. E quando reputò di poterli utilizzare non si fece problemi a inserirli nei suoi spettacoli» e nei suoi film 21 • Dalla raccolta minuziosa di testimonianze dirette, Anile documenta come Totò, pur arricchendo in larga misura la sceneggiatura originaria di creazioni linguistiche personali (sostituendosi dunque spesso sia agli sceneggiatori, sia al regista), non si presentasse quasi mai davanti alla macchina da presa senza aver concordato con le sue «spalle» (preferibilmente consumati attori teatrali, meglio se d'avanspettacolo o di rivista) gli aggiustamenti da apportare al testo. Non si trattava, beninteso, delle classiche prove col regista, ma di segreti abboccamenti tra «guitti» di prim'ordine. Sceneggiatori, registi e produttori erano ben lieti di assecondare tale vena «estemporanea>,, sia per risparmiare sui tempi di lavorazione e sull'energia di inventare nuove situazioni sceniche e linguistiche, sia, soprattutto, per la certezza della presa sul grande pubblico di quei lazzi ben collaudati da anni. Riassumendo, dunque: in questo libro si useranno sempre, per comodità e per brevità, espressioni come lingua di Totò,formula di Totò ecc., intendendo tuttavia di Totò nel senso di una paternità molto allargata, per stabilire con esattezza la quale, continuando la metafora del padre, non è possibile fare l'esame del DNA. Una paternità composita (sarebbe forse come di un'entità in metamorfosi: un uomo-orchestra [... ], qualcuno o meglio qualcosa che muta continuamente, e che però resta sempre la stessa cosa». 20 21

Anile 1998, p. 16. Anile 1998, p. 17.

Ii'a"TRODU7.JONE

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stato meglio dire lingua della cultura e dell'ambiente di formazione di Totò), costituita da un intreccio di padri, impossibile da districare: 1) i padri storici della commedia dell'arte (dai buffoni medievali a Pulcinella 22) e, ancor prima, alcuni comici della letteratura greco-latina (Aristofane, Plauto); 2) gli autori-attori del varietà, della rivista, dell'avanspettacolo e del teatro popolare in genere (abbiamo fatto sopra i nomi di De Marco, dei De Rege e altri); 3) Totò; 4) gli sceneggiatori che lavoravano con Totò, che lo conoscevano, lo amavano e spesso lo citavano. 5) A questa fitta rete di influenze, va senz'altro aggiunta quella di alcuni scrittori comici (primo fra tutti Achille Campanile), dei periodici satirici, e in particolare del «Marc'Aurelio», oltreché quella della radio, con le sue numerose gag 23• Gli studiosi, secondo i diversi punti di ·vista, hanno finora sopravvalutato o l'apporto di Totò (Fofi) o quello çlella tradizione teatrale (Menarini, Radtke), perdendo forse di vista l'aspetto più interessante di questo genere di consumo, vale a dire, per l'appunto, la sua pluriautorialità.

22 Più di un autore ha voluto affiancare Totò a Pulcinella (cfr. Romeo 1998b). Ricordiamo, tuttavia, che Totò interpretò una sola volta, a teatro, la pane di Pulcinella (cfr. Anile 1997, pp. 186-87, e Ottai 1998a, p. 19). Al cinema, si conta una sola (ma straordinaria) interpretazione di Totò-Pulcinella, alla fine di Figaro qua... Figaro là, 1950. Come però afferma Caldiron 1999, p. 130, se nella «debordante filmografia» di Totò Pulcinella è quasi assente, «è solo per eccesso di presenza. Totò è !"'archivio generale" dei lazzi di Pulcinella. Il suo cinema secolarizza la maschera in una straordinaria galleria di incarnazioni e di varianti che fanno di lui il grande Pulcinella della contemporaneità». 23 Cfr. Romeo 1998b, p. 92. A proposito della stampa umoristica, segnatamente del ..."1:arc'Aurelio» e del «Bertoldo», osserva Giacovelli 1995, p. 17: «Davvero si può affermare che la commedia all'italiana è nata fra le pagine di queste riviste, a cui collaborarono fra gli altri Age & Scarpelli, Metz & Marchesi, Ruggero Maccari, Mario Monicelli, Dino Risi, Ettore Scola, Steno, oltre a Federico Fellini, Cesare Zavattini, e poi ancora Giaci Mondaini, Sergio Tofano, Oreste Del Buono, e molti altri». Come si vede, molti autori qui citati lavorarono anche con Totò. Sul «Marc'Aurelio» (1931-1954) e sul «Bertoldo» (1936-1943) cfr. Chiesa 1974 (a c. di) e Chiesa 1984. Sulla stampa dell'età del Fascismo, compresi i periodici qui citati, cfr. anche Del Buono 1971 (a c. di). Sulla radio ù'r. soprattutto Cavallo 1994 (utile anche sul varietà e sulla stampa umoristica dell'epo"--:.), La Radio (sui nostri temi, specialmente il saggio di Goffredo Fofi, le voci dell'epo,-:a. pp. 94-96) e Gli italiani trasmessi (sulle caratteristiche linguistiche radiofoniche dcl periodo qui in oggetto, Sergio Raffaelli, La norma linguistica alla radio nel perio.:fo fascista, pp. 31-67), con le ricche bibliografie specifiche ivi contenute. Sui rapporti rr.. stampa, teatro e cinema comici negli anni Trenta e Quaranta è fondamentale Argemieri 1991 (a c. di). Infine, sul cinema comico italiano nel suo complesso, si dispone !malmente di una recentissima e ricca ricognizione Oa prima completa, sebbene sintetica) in Giacovelli 1999.

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LA UNGUA IN GIOCO

I debiti di Totò, e del varietà in genere, nei confronti della commedia dell'arte e, prima ancora, della commedia classica (Aristofane, Plauto) sono stati più volte ricordati, seppure di passata, da vari autori. In realtà è possibile fare un confronto puntuale tra le tecniche umoristiche presenti nei film di Totò e quelle codificate dalla commedia dell'arte, grazie a un preziosissimo trattato secentesco di Andrea Perrucci (1699), dedicato all'«arte rappresentativa premeditata ed all'improvviso» (ovvero al teatro scritto e improvvisato). Alle pp. 231-45 dell'edizione moderna (curata, guarda caso, proprio da quell'Anton Giulio Bragaglia, futurista, grande ammiratore di Totò e fratello del regista Carlo Ludovico, che diresse ben sei film con Totò), il Perrucci dedica un nutrito capitolo («De' Sali, Motti, Arguzie, ed altre vivezze per le parti ridicole»), ricco d'esempi da vari autori classici e moderni, ai giochi di parole, ai motti di spirito e alle varie figure retoriche impiegate dai «ridicoli» (o attori buffi), allo scopo di suscitare il riso del pubblico nelle «commedie improvvise». La figura principale è la paronomasia (il «fingere de' nomi per bisguizzo, o bisticcio»), ovvero la deformazione di parole (per es. amore/umore). Tali bisticci o bisguizzi possono essere fatti, per es., mediante un cambiamento di sillabe (come in Plauto: Callicia, Calliope, Callinico, Callicramede). Altra figura è quella dell'intervento sul nome proprio, che suscita riso o per la forma insolita o perché rimanda a qualche significato: Spavento, Papurchio, Pacchiarotto, Terrore, Bombarda ecc. Anche gli ideofoni che imitano i rumori degli animali si addicono ai buffi dell'improvvisa: «lo ngui de li Porcielle, l'oh de li Lupe, e lo mbè dell'Ainielle» (p. 233). Seguono poi le lunghe serie sinonimiche e gli elenchi di titoli: «parente de li crapie, mercante de piettene, torneatore de calamare, Doce de Venezia co lo cuorno pe corona, Prencepe de Cornovaglia, e Mperatore de Cornito» (p. 233). Con grande finezza, il Perrucci annovera tra le tecniche comiche anche lo scardinamento della forza pragmatica degli enunciati, cioè il prendere letteralmente le espressioni traslate ovvero, detto con la sua felicissima espressione, «rispondendo alle parole non alle intenzioni» (p. 233). E ancora, continuando nell'elenco delle figure (p. 234), si ha il «contraposto», ovvero il rispondere a una domanda con il suo contrario: «Leon. Non sei huomo da uscire dal fuoco?// Spav. Anze m'annego intonò bicchiere d'acqua»; l'«ugualità de membri»: «Leo. È bella la morte de generosi,// Spav. È brutta la morte de li potrune»; la «similitudine delle consonanze» (ovvero l'usare parole simili nel suono ma di diverso significato): «Piet. Fà sonar la campana a desinare.//

INTRODUZIONE

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Specch. Vuoi di; va fà sanare a iaiunare». Vi sono poi i tropi classici della retorica: metafora, allegoria, ironia, metonimia, antonomasia, iperbole, similitudine ecc. Insomma, per primo il Perrucci ha mostrato che il teatro comico popolare e improvvisato risponde a regole non meno ferree del teatro classico è «impegnato» e che la comicità apparentemente estemporanea dei guitti è in realtà conquistata con affinatissime tecniche retoriche: Le facezie premeditate s'hanno da dire in modo, che premeditate non sembrino, ma come a caso nascessero, tanto saranno più belle, e degne d'Applauso quando improvisamente nasceranno, scorgendovisi un ingegno pronto, vivace spiritoso, et atto a destare il riso con !'arguzie, eco i Sali come appunto è acclamata la Risposta di quel vivace bambino, a cui essendo da un huomo d'autorità detto, che i bambini vivaci, in grandezza divengono stolidi; pronto rispose: bisogna, ch'ella sia stata molto spiritosa nella fanciullaggine, Quanto applauso dovette meritare una sì pronta, e frizzante risposta? 24 •

Il Perrucci dà anche una sintetica definizione di soggetto dell'«improv"Visa», a p. 256: «il Soggetto non è altro, che una tessitura delle Scene sopra un Argomento formato, dove in compendio si accenna un'azzione, che deve dirsi, e farsi dal Recitante all'improviso, distinguendosi per atti, e per scene; scorgendosi le Scene nella margine, dove si nota quel personaggio, che ha da uscire, e si contrasegna con una linea rotta dove termina, dicendo via, accorciato da và via, o vanno via». Segue un esempio di soggetto di un'intera commedia. Nel corso dei prossimi capitoli, vedremo quante delle arguzie citate dal Perrucci (soprattutto la paronomasia, il ricco ventaglio degli ideofoni e delle interiezioni, le accortezze onomastiche) trovino puntuali riscontri nel nostro corpus e come Totò si collochi perfettamente sulla linea del teatro comico che, prima di tutto, «si divene a giocare con le parole» 25 •

'' Perruccì (1699) 1961, p. 245. Fittoni 1953, p. 91. Naturalmente sul segmento terminale della linea che va da ,'\..'is!:ofane all'avanspettacolo e alla rivista, passando per il Ruzante, per Rabelais e per la llDlr.media dell'arte (cfr. Bachtìn (1965] 1979 e (1975) 1997), oltre a Totò andrebbero ,mieno collocati, quali esempi illustri dì inventori e diffusori di giochi linguistici, Petrolà e !l.1acarìo (cfr. Menarinì 1953 e Radtke 1983), che qui, per questioni di spazio, tra:iOlriamo del tutto. Petrolini, tra l'altro, si distinse anche per la composizione di non- ~ (sul modello delle «ingarrichiane») graditi in ambiente futurista (De Luca 1998). ;s

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LA LINGUA IN GIOCO

3. La tipologia linguistica e testuale del.film e i criteri di trascrizione Il film è un tipo di testo assai singolare. I dialoghi, oltreché l'intera trama e l'organizzazione delle immagini del film, nascono infatti sotto forma di testo scritto (prima il soggetto, poi il trattamento, poi la sceneggiatura e il copione distribuito agli attori). Successivamente, di queste premesse grafiche non resta traccia (salvo nei rarissimi casi di pubblicazione della sceneggiatura) e per testo filmico va inteso dunque il film nella sua veste definitiva: girato, montato e postsincronizzato (ovvero doppiato). Il film è pertanto un testo eterogeneo (che nasce all'insegna della transcodificazione: scritto per diventare filmato, parlato e musicato) e composito o pluricodice (costituito da immagini, parole, suoni e rumori, musiche e scritte). Tale complessità strutturale ha spesso disorientato gli studiosi che, per comodità, sono costretti a tener conto di un solo aspetto alla volta 26 • Anche noi, come s'è detto, terremo conto quasi esclusivamente dell'aspetto verbale, per far risaltare il quale è necessario un adeguato corredo di trascrizione, che metta in evidenza soprattutto le peculiarità tonali, timbriche e pragmatiche del dialogo filmico. E veniamo così alla struttura del libro. Si cercherà in primo luogo di ordinare e di classificare i fenomeni salienti raccolti nei cesti dei film interpretati da Totò, spogliati integralmente e sottoposti a rigorosa opera di trascrizione parziale. Uno spazio particolarmente ampio sarà dedicato ai giochi linguistici, caratteristici dell'arte verbale di ogni grande comico, e in particolar modo di quella di Tocò. Ogni fenomeno sarà esemplificato con il maggior numero possibile di citazioni filmiche (l'abbondanza delle quali è giustificata proprio dalla novità della ricerca). Ciascun capitolo è dedicato a un fenomeno linguistico. Si parte dalla riproduzione (in chiave più o meno comica) di Hngue e linguaggi (lingue straniere, dialetti, italiano popolare, italiano aulico ecc.), fi. no ad arrivare alle parole inventate, passando per i giochi verbali propriamente detti. Il percorso è dunque, in un certo senso, dal realismo all'espressionismo linguistico. Gli esempi raccolti per ciascun fenomeno sono ordinati cronologicamente, secondo la data ·della prima proiezione pub-

Sul significato del termine paronomasia rimando alla nota 7 del cap. XVII.4. Anche tutti gli altri tecnicismi della linguistica qui presenti saranno spiegati, commentati ed esemplificati nei capitoli successivi. 26 Non mi dilungo su questi argomenti, già sviluppati in Rossi 1999a (pp. 48-50) e 1999d.

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INTRODUZIONE

blica del film. La filmografia completa è riportata alla fine del libro. Ogni esempio è introdotto, o seguito, tra parentesi quadre, dal titolo e dall'anno d'uscita del film (o dal titolo e dall'anno della rivista: per i problemi legati alla datazione teatrale cfr. la teatrografia conclusiva) da cui è tratto. Se più esempi contigui sono tratti dal medesimo film, il riferimento filmografico è riportato una sola volta, dopo l'ultimo esempio relativo. Se non si specifica il locutore della battuta citata, si tratta di Totò; in caso contrario si segnala di norma l'attore (o il personaggio) che parla. Dal momento che i titoli (di un libro, di un film ecc.), così come i nomi propri (si tratta di nomi propri di opera, a tutti gli effetti), «occupano un posto particolare nel nostro codice linguistico» 27 , e sono ben isolati dal contesto mediante l'uso del corsivo, non ritengo opportuno modificarli in alcun modo (per es. mediante l'eliminazione dell'articolo iniziale), né ricorrere a parole-zeppa come film o a forme di comodo come ne per in, anche a costo di creare incontri cacofonici: si scriverà dunque, per esempio, «in Il coraggio», in luogo dei più comuni «nel Coraggio», «nel film Il coraggio», «ne Il coraggio». Gli esempi sono stati trascritti direttamente dalle videocassette dei film. Non si è tenuto conto in nessun caso né della sceneggiatura (oltretutto irreperibile, nella maggior parte dei casi) né di trascrizioni fatte da alrri autori. Non sono stati impiegati i segni di punteggiatura tradizionali, più adatti allo scritto che al parlato, bensì un sistema di trascrizione ad hoc già spemnentato in Rossi 1999a (cui si rimanda, alle pp. 21-31, per un'esposizione dettagliata dei criteri di trascrizione filmica). Secondo tale sistema, ogni nk\'ante cambiamento d'intonazione (da taluni definito «pausa virtuale») ~nmerno dello stesso enunciato (owero, per semplificare, ogni porzione '!OC!ale della stessa frase) è segnalato da una barra obliqua (I); possiamo, mr-.almente, considerare la barra come l'equivalente orale della virgola, te:?~o conto però del fatto che, parlando e recitando, vi sono molti più cm-.biamenti di intonazione (per esempio tra il soggetto e il verbo o, per ~ dire, tra il tema e il rema) di quanto non si usino virgole nello scrit'1it.'1L ù fine dell'enunciato, invece - cui corrisponde solitamente una picco• pausa o, comunque, un'intonazione percettibilmente conclusiva-, è in· ~ dalla doppia barra // (se si tratta d'enunciato assertivo, owero con

:c- J:lkobson

[1963) 1994, p. 150.

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LA LlNGUA IN GIOCO

un'intonazione conclusiva tendenzialmente discendente), dal punto interrogativo (se è un enunciato interrogativo), dal punto esclamativo (se è esclamativo) o da entrambi (?! se è interrogativo-esclamativo). I tre punti ( ...) indicano un'intonazione sospensiva. I tre punti tra parentesi quadre (( ... ]) indicano invece un taglio all'interno della citazione, o perché il brano tagliato non è significativo, o perché non è intelligibile. Una o più parole scritte entro parentesi quadre indicano una porzione di testo non perfettamente ricostruita, poiché inintelligibile. Tra parentesi uncinate ( < > ), si scrivono le porzioni di testo pronunciate simultaneamente (per il noto fenomeno della sovrapposizione di turno dialogico). In corsivo tra parentesi tonde si trovano alcune brevi indicazioni del trascrittore sulla situazione comunicativa: per es. (sottovoce) e sim. Il segno # indica una pausa lunga da cinque a quindici secondi circa; con## si indica invece una pausa più lunga di quindici secondi; non si segnalano pause di durata inferiore ai cinque secondi. All'interno delle citazioni, tra virgolette alte (" ") si segnano i brani di discorso diretto riportato, oppure i brani cantati, recitati o citati. Tra virgolette basse (« ») si riportano ie citazioni di parole singole o di brevi brani 28 • L'alfabeto usato è quello standard; la pronuncia aperta o chiusa delle e e delle o sensibilmente diversa dalla pronuncia standard (riportata dal DOP) è segnalata con l'accento acuto (é, 6) e grave (è, ò). La pronuncia palatale substandard della s è segnalata con sh (per es. shtare 'stare'). Laj è impiegata sia per la pronuncia semiconsonantica della lacerale palatale (jijo 'figlio'), sia per la resa di ci elisa davanti a parola iniziante per a, o, u (cj ho, con pronuncia identica a ciò) 29 • Le parole citate dai film sono riportate tra virgolette basse (« ») se si cita la forma, in corsivo se si cita il lemma (es.: soffittizzarsi: «soffittizzatevi!»). Nell'esemplificazione dei vari fenomeni, si farà talvolta ricorso a una freccia("""?), che indica il passaggio da una forma all'altra (non necessariamente per derivazione, indicata invece da >: A > B leggi B deriva da A).

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Per le caratteristiche principali dell'intonazione dei testi parlati e recitati si riman-

da ai lavori di Emanuela Cresti citati in bibliografia e a Rossi 1999a. Per brevità, qualora si citi un breve frammento di film, se alla fine della citazione non è apposto alcun se-

gno, si intenda un'intonazione di tipo assertivo. 29 Per substandard intendo quelle varietà linguistiche (dialetti, italiano popolare) che si allontanano dalla varietà d'italiano ritenuta, per convenzione, standard, ovvero l'italiano codificato nelle grammatiche, nei dizionari. nei manuali d'ortografia e pronuncia. Quanto invece si allontana dallo standard in senso aulico è detto superstandard.

L'-"TRODUZIONE

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4. Tra gioco, retorica, realismo e sperimentalismo

I giochi linguistici sono una lente attraverso la quale si vede meglio il funzionamento di una lingua e le abitudini dei suoi parlanti. Che cos'è un gioco linguistico? Quello che sembra essere alla base di rutti i giochi fatti con le parole (dalle rime alle paretimologie, dalle metatesi ai rebus), in tutte le lingue, è l'iconicità, ovvero la tendenza a trovare similitudini semantiche tra parole simili soltanto sul piano del significante. In altri termini, secondo alcune felicissime definizioni riportate da Freud, «il motto di spirito è il prete travestito che unisce ogni coppia [... ] . Egli preferisce sposare le coppie il cui matrimonio non è ben visto dai parenti» 30• Un gioco linguistico, semplificando, è dunque un uso particolare della lingua che si distacca più o meno sensibilmente dagli usi ritenuti normali: «Sarà proprio nello spazio aperto tra il rispetto e la deviazione dalla norma che fimpulso comico troverà la via per esprimersi. [... ] quel maligno impulso si fa strada disattendendo i sensi attesi, facendo saltare le coordinate razionali di chi si trova ad essere suo spettatore» 31 . Tale deflessione dal discorso ordinario accomuna i giochi verbali alla letteratura, il cui ricercato scarto dal i\·ello medio della comunicazione è confermato dai termini tradizionalmente impiegati dalla retorica per indicare le caratteristiche stilistiche del discorso poetico e letterario: colori,fiori,figure; la lingua deve cioè essere colorata, resa più piacevole del solito. Anche tropo ('figura retorica') ha oo·etimologia interessante: dal greco trépomai 'mi volgo, mi alllontano' 32 • Oltreché dalle norme ortografiche e morfosintattiche, il gioco linguistico si allontana anche da quelle che potremmo chiamare «norme pragmatiche» della comunicazione, ovvero quei principi che permettono ad ogni conversazione di giungere a buon fine. Si tratta di quello che Grice dtiamava il «Principio di Cooperazione» tra i conversatori; principio basaro su determinate «massime» o norme, appunto: a. Massima di quantità: dai esattamente quanta informazione è richiesta. b. Massima di qualità: di' solo ciò che credi sia vero.

"''' Freud [1905) 1992, p: 19. Per un commento dettagliato su quest'opera di Freud e agenera.le sul funzionamento del motto di spirito e sulle sue relazioni con la retorica, ··ila inguistica e la poesia è indispensabile Fornari 1982 (a c. di). "' Paradisi 1987, p. 219. Cfr. anche Radtke 1983, p. 141. x Cfr. Guiraud 1976, p. 83 e Mortara Garavelli 1992, p. 144.

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LA LINGUA IN GIOCO

c. Massima di relazione: di' cose che hanno rilevanza. d. Massima di modo: sii chiaro (ordinato, succinto, non ambiguo, non confuso) 33.

Non sarà difficile rawisare sistematiche infrazioni a ciascuna di queste quattro massime in gran parte delle farneticanti tirate di Totò: quei pezzi forti della sua comicità, mediante i quali faceva perdere il controllo agli interlocutori, posti di fronte all'impossibilità di reagire a una non-conversazione. Esempi di spicco a riguardo saranno soprattutto due casi: l'onorevole in wagon-lit (Totò a colori, 1952, cit. infra in IX.1) e il dialogo tra Totò e il notaio (Totò diabolicus, 1962, cit. infra in XXI.l). Si parlava prima d'iconicità. Ogni sistema di comunicazione verbale si basa sull'arbitrarietà del segno. Da Saussure in poi nessuno osa più controbattere tale assioma, legato all'altro, che vede la lingua soltanto come forma e non come sostanza. Eppure, come qualche studioso ha dimostrato 34, oltre all'arbitrarietà nelle lingue agisce anche il principio opposto: la motivazione, ovvero l'iconicità, e oltre alla forma è determinante la sostanza (fonica): il gioco linguistico crea motivazione tra i segni, laddove nella comunicazione normale c'è arbitrarietà e rivendica la supremazia della sostanza sulla forma, del significante sul significato 35 • Da quanto detto finora, è evidente eh.e il gioco linguistico occupa un terreno tuttaltro che marginale nella comunicazione. In quanto deforma e trasforma le unità linguistiche, di queste ultime mostra l'estrema elasticità e aiuta a mettere a fuoco le caratteristiche più profonde del linguaggio, spesso occultate dall'uso irriflesso, dagli automatismi della conversazione quotidiana: «attirer l'attention sur le matériau mème du langage et, en particulier, sur les phonèmes, revient nécessairement à mettre en valeur les choix qu'on a faits de ces unités linguistiques, revient donc nécessairement, en dernière analyse, à attirer l'attention sur des oppositions» 36 • Automatismi che i giochi linguistici migliori, quasi tutti caratterizzati da una carica anticonformistica più o meno manifesta 37, tendono a infrangere. Paradisi 1987, p. 220. Cfr. Simone 1992b, pp. 37-59 e Simone 1995 (a c. di). 35 Cfr. Radtke 1983, p. 141. 36 François 1996, p. 49. I giochi linguistici, in effetti, invitano il linguista «à une spéculation sur les formes et !es fonctions du Janguage» (Guiraud 1976, p. 5). 37 «Il motto di spirito rappresenta una ribellione all'autorità, una liberazione dalla sua pressione» (Freud [1905] 1992, p. 112). «Vnjeu est aussi une forme de libération 33

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INTRODUZIONE

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Il gioco linguistico si caratterizza per il fatto di essere disinteressato ma, al tempo stesso, linguisticamente motivato, come il testo poetico: «dans la mesure où lejeu de mots se définit par sa gratuité, il constitue un langage détourné de ses fonctions. Fonctions, par ailleurs, auxquelles il reste - par ses formes - étroitement associé. D'où l'affinité, par exemple, des formes poétiques et des formes ludiques» 38 • È ben nota e lontana l'origine della tendenza a mettere in connessione i meccanismi del gioco con quelli della poesia, delle patologie del linguaggio, dei lapsus e del linguaggio infantile 39 • Prima che i linguisti, il gioco di parole, il motto di spirito e la lingua comica hanno interessato i filosofi e poi gli psicologi. Partiamo dal Settecento. I sensisti e i razionalisti tendevano a ricondurre i meccanismi del riso a meri stimoli fisici. Come ricorda Kant, l'umorismo e la comicità si basano sull'infrazione dell'orizzonte d'attesa: Nello scherzo [... ] il giuoco comincia da pensieri, i quali, in quanto vogliono esprimersi sensibilmente, occupano tutti anche il corpo; e poiché l'intelletto, non trovando in questa esibizione quello che s'aspettava, s'arresta d'un tratto, si sente nel corpo, mediante la scossa degli organi, l'effetto di questa interruzione, la quale favorisce il ristabilimento dell'equilibrio degli organi stessi, ed ha un benefico influsso sulla salute. Il riso è un'affezione, che deriva da un'aspettazione tesa, la quale d'un tratto si risolve in nulla. Proprio questa risoluzione, che certo non ha niente di rallegrante per l'intelletto, indirettamente rallegra per un istante con molta vivacità. La causa deve dunque consistere nell'influsso della rappresentazione sul corpo e nella reazione del corpo sulranimo; e non certo in quanto la rappresentazione è oggettivamente oggetto di diletto (perché come potrebbe dilettare un'aspettazione delusa?), ma uni-

·;b ·.;."Omraintes sociales. (... ] Le jeu peut devenir une subversion délibérée du langage. :... La vraie fonction des jeu.x de mots est de lutter contre des tabous, plus profonds, ~ tinsidieux et plus obscènes» (Guiraud 1976, pp. 113-19). Dell'«allegrezza anarchica» tld;:a.mspettacolo e di Totò parla Guarini 1991 (a c. di), p. 12. Per considerazioni ana; ~ dr. anche Bispuri 1997, p. 18 e Escobar 1998, pp. 91-96. ·· ;io, Guiraud 1976, p. 78. '!!', ,.,L'affinità tra un lapsus ed un gioco di parole può essere molto forte» (Freud }~} 1990, p. 86). «I versi, le allitterazioni, i ritornelli e le altre forme di ripetizione di ~..-eroali simili si serv[o]no della stessa sorgente di piacere - la riscoperta di qual~ - d noto» - che alimenta il motto di spirito, il linguaggio infantile, il linguaggio oni• 4:°F:'e'...d [1905] 1992, p. 129 sgg.). «Ces procédés rhétoriques ont une étroite pa~ e a,,9nité avec !es jeux de mots» (Guiraud 1976, p. 83).

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camente perché essa, in quanto semplice giuoco delle rappresentazioni, produce nel corpo un equilibrio delle forze vitali. [... ]. È da notare che in tutti questi casi lo scherzo deve sempre contener qualcosa, che per un istante possa produrre illusione; sicché, quando l'illusione è dissipata, l'animo si rivolge indietro per provarla di nuovo, e così, per un rapido alternarsi di tensioni e rilassamenti, si trova sospinto e ondeggiante di qua e di là: e, poiché ciò che, ·per così dire, tendeva la corda, vien meno d'un tratto (non per un rilassamento progressivo), ne risulta necessariamente un movimento dell'animo, e accordato ad esso, un movimento interno del corpo, che si prolunga involontariamente, e produce stanchezza ma anche allegria (gli effetti di un movimento favorevole alla salute) 40 •

Proprio da Kant prende le mosse Freud, nella sua puntuale analisi del motto di spirito, spostando l'inatteso, com'è noto, dal corpo all'inconscio. Quanto a Kant sembrava inatteso è in realtà, secondo Freud, atteso dall'inconscio, ma inibito dalla ragione, e quando finalmente trova il modo di emergere, liberato dal travestimento del gioco linguistico o del lapsus linguae, non può non generare piacere: il piacere della libertà. Entrambe le spiegazioni - quella kantiana e quella freudiana - pongono dunque l'accento sulla funzione dell'inatteso e dell'assurdo; su qualcosa che illude ed elude, per un attimo, le leggi della logica. Il motto di spirito è dunque solo apparenten:iente frutto del «corto circuito» tra elementi inattesi. In realtà il riso liberatorio nasce proprio perché dall'inconscio emerge il riconoscimento dell'atteso: «il motto di spirito fa uso di un metodo di concatenazione di cose, che viene respinto e studiatamente evitato da un pensiero serio» 41 • Ciò che fa di un motto un motto di spirito è la forma, non il contenuto; Freud riporta infatti esempi di motti parafrasati, che non risultano affatto divertenti 42 . Ecco che, in questo modo, il motto di spirito viene ricondot-

Kant [1790] 1963, pp. 194-96. Freud [1905] 1992, p. 128. Per un'analisi più ricca e dettagliata del funzionamento dei giochi linguistici e del principio di piacere da essi determinato cfr. Paradisi 1987. Per una tassonomia dei giochi cfr. anche Crystal-Bertinetto 1993, pp. 59-65. ' 2 «La caratteristica dei motti di spirito sta nella loro forma espressiva. [... ] Quando 40 41

siamo riusciti a ridurre con successo un motto cli spirito (vale a dire, a sostituire la sua forma espressiva con un'altra, facendo attenzione a conservarne il senso), esso non ha perso soltanto la sua caratteristica di motto di spirito, ma anche la capacità di farci ridere - da cui dipende il piacere che esso procura» (Freud [1905] 1992, p. 102). Cfr. anche ibid., pp. 26-27.

INTRODUZIONE

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to al gioco di parole e che l'intero meccanismo freudiano del comico risulta basato sostanzialmente sulla verbalità. D'accordo con Freud, potremmo dire che non esiste nessun vero comico (naturale o di professione non importa) che non sia anche un po' linguista, cioè che non faccia del metalinguaggio, della riflessione sui meccanismi della comunicazione. È chiaro, dunque, che negli usi ludici della lingua convergono due forze apparentemente contrastanti, come sottolineerà Roman Jakobson: l'inatteso e l'atteso, il perturbamento nato dall'incontrare un termine inaspettato per morfologia o significato e il riconoscimento di una rima, di un'assonanza, di un'allitterazione che rientrano in uno schema dato: «la soddisfazione [... ] nell'uomo è legata al sentimento dell'inatteso che sorge dall'atteso, l'uno e l'altro inconcepibili senza il loro contrario» 43 • Il passaggio dall'arbitrarietà all'iconicità è quanto accomuna la poesia, il linguaggio infantile, i disturbi del linguaggio e i giochi linguistici: «la funzione poetica proietta il principio d'equivalenza dall'asse della selezione all'asse della combinazione. L'equivalenza è promossa al grado di elemento costitutivo della sequenza» 44. Insomma - conciliando le conclusioni di Freud con quelle di Jakobson - quanto induce, inconsciamente, il bambino (o il matu:o) alla ripetizione e a far terminare tutte le parole con gli stessi suoni è sfruttato consapevolmente dal poeta per produrre una sorta di piacere derivante dal riemergere di usi linguistici unicamente basati sull'iconicità. Un piacere ancora maggiore è ottenuto mediante l'immissione, in questo schema, di elementi inattesi. Nei lapsus agiscono, inconsciamente, gli stesSi meccanismi; anche il procedimento dei giochi linguistici è analogo ma, a:ime nella poesia, la consapevolezza dell'autore è altissima 45 • Senza voler ripercorrere la complessa casistica dei giochi di parole riponata da Freud [1905] 1992 e da Guiraud 1976, ricordiamo che i giochi ~cipali si basano sul meccanismo della sostituzione di suoni (contrepet o contropèterie), e in particolare sull'inversione. L'inversione (o metatesi) lfNiJiÒ avvenire tra suoni di una stessa parola (fedigrafo per fedifrago), op~"e tra parole diverse («Giulietto e Romera» per «Giulietta e Romeo»), 'Gç>-pure può consistere nello scambio·dell'ordine delle parole in un enun-

''Ja.¾:obson [1963] 1994, p. 199. - Jakobson [1963] 1994, p. 192. Cfr. anche ibid., p. 211 e Freud [1905] 1992, pp. ~-2"¼2~

"'· Cfr. Guiraud 1976.

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LA LINGUA IN GIOCO

ciato («desto o son sogno» per «sogno o son desto»). La parola deformata può avere un significato (per es.preside in luogo di presbite), oppure essere del tutto priva di senso (ferrèa anziché fèrrea). Il primo caso è, almeno in italiano, decisamente più frequente, oltreché più divertente, poiché, se oltre al suono viene coinvolto il significato, aumenta l'infrazione dell'orizzonte d'attesa 46 • Quanto più tra la forma di partenza e quella di arrivo c'è distanza semantica, tanto più il gioco, solitamente, diverte. In molti giochi lo scambio di suoni avviene mediante semplice sostituzione (e non inversione) della sola prima parte della parola (aerostatici per aristocratici), o della parte finale (consorzio per consorte); oppure per aggiunta di una sillaba nella parte centrale della parola (bomba anatomica per bomba atomica), ecc 47 • Come si vede già dai pochi esempi citati, i meccanismi alla base del gioco linguistico sono comuni anche a certe deformazioni (metatesi) e a c~rti livellamenti analogici del linguaggio popolare (si pensi soprattutto ai metaplasmi, alle paretimologie e alle paronomasie) e, conseguentemente, propri dell'evoluzione da un sistema linguistico all'altro. Vedremo infatti come alcuni dei fenomeni commentati siano studiati non soltanto dalla letteratura sui giochi linguistici e dalla retorica, ma anche dalla storia della lingua (appunto la metatesi, il metaplasmo, la paretimologia ecc.). In questo senso è chiara l'affermazione fatta all'inizio di questo paragrafo, secondo la quale il gioco di parole induce a riflettere sui meccanismi di funzionamento della lingua. In altri termini, e per chiarire così anche le teorie freudiane e postfreudiane sull'archetipicità dei giochi, l'essere umano

46 Cfr. Freud (1905] 1992, p. 55 e Umberto Eco, in Queneau (1947] 1983, p. XIY. Il fenomeno è stato ben esemplificato anche da Charles Bally e dal commento di Cesare Segre: l'italiano (così come il francese), in virtù della sua origine latina, è una lingua estremamente sintetica (cioè basata sull'uso di numerosi suffissi e desinenze da apporre a un numero limitato di radici) e motivata. Per questo i giochi più frequenti, e anche più comici, sono quelli che trasformano parole già esistenti in parole diverse, comunque esistenti, piuttosto che quelli che inventano forme. Una differenza fondamentale rispetto al francese, però, è che l'italiano gioca perlopiù sullo scambio di suffissi e sulle-false etimologie, laddove il francese (che, per la sua peculiare struttura fonetica, possiede un elevatissimo numero di omofoni) gioca, più di altre lingue, sui calembour ottenuti proprio per omofonia: per cui commentaire 'commento' si pronuncia come camme en terre 'come in terra'; bonté 'bontà' come bon tbé 'buon te'; dissous 'dissolto' come dix sous 'dieci soldi', ecc. (cfr. Bally [1932] 1963, pp. 395-96, 445, 467). 47 Tutti gli esempi citati sono tratti da film di Totò e saranno classificati e commentaci nel corso dei capitoli successivi.

INTRODUZIONE

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sceglie, per giocare con le parole, quei meccanismi che non soltanto adottava da piccolo ma che ogni lingua adotta nel corso del proprio processo evolutivo. I giochi linguistici sono possibili in tutte le lingue del mondo, in virtù della doppia articolazione dei codici verbali e della tendenza all'iconicità. Proprio perché tutte le parole di una lingua sono costituite da un insieme finito (e molto limitato) di suoni distintivi (fonemi), è possibile creare un elevato numero di parole di significato molto diverso ma di suono quasi identico (e spesso identico) 48 • Il gioco linguistico, in conclusione, non fa che rendere manifesto e consapevole quanto i parlanti fanno spesso inconsciamente, per esempio quando tendono a ravvisare somiglianze tra forma e contenuto (creando dunque delle paretimologie) anche laddove questa somiglianza non è etimologicamente motivabile (zigzag, lemme lemme). Oppure quando tendono ad associare i suoni come o e u ai colori scuri e alle tonalità gravi, e i suoni come a e è ai colori chiari e alle tonalità acute. Anche in sintassi molti fenomeni vengono spiegati iconicamente, come la tendenza degli elementi informativamente più rilevanti a passare al primo posto negli enunciati, mediante i meccanismi chiamati dai linguisti dislocazioni, focalizzazioni, frasi scisse ecc. 49 In questo libro ai giochi verbali propriamente detti sono dedicati i capitoli XVIII-XXI. I capitoli precedenti riguardano, più propriamente, la riproduzione di alcune varietà di lingua, anche se quasi sempre con intenm comico-ludico. È tuttavia possibile leggere alcuni fenomeni (in particobre, come vedremo, la riproduzione dell'italiano popolare) come un ritratto abbastanza attendibile delle incertezze dei parlanti italiani del secondo dopoguerra nel dominare la lingua nazionale e anche delle «aSpiraz.ioni al possesso della lingua», talvolta mediante la simulazione della sicurezza nella conoscenza della grammatica e del lessico 50• Quello che però sembra accomunare tutti i fenomeni analizzati (dai giochi ai dialetti, dalle lingue straniere all'invenzione di parole, dall'italia-

'"' «C'est l'économie de la double articulation qui permet de fabriquer [... ) un nom-

tre illimité de contrepèteries» (François 1966, p. 47). Per doppia articolazione si in?Jf!\àe la suddivisione di ogni linguaggio verbale in segni dotati di significato (parole) e in· segni (fonemi) privi di significato, che, combinandosi, danno vita alle parole stesse ,.,._;;._ Simone 1992a, p. 75). "'Cfr. Simone (a c. di) 1995. '· Romeo 1997, p. 114.

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LA LINGUA IN GIOCO

no popolare all'abuso di aulicismi) è lo sperimentalismo, la carica espressionistica che alimenta ogni scelta linguistica di Totò. L'intero cinema di Antonio de Curtis assume dunque ai nostri occhi, oggi più di ieri, l'aspetto di un grande laboratorio linguistico, che porta avanti una tradizione secolare messa a punto sui palcoscenici e sulle piazze di tutta l'Italia.

Ringrazio Ennio Bispuri, Enzo Cajfarellz: Giovanni Capozzi, Mara Marzullo, Elena Pistolesi, Sergio Rajfaelli, Giuseppe Romeo, Francesca Rossi e Antonio Trudu, che mi hanno regalato consigli, critiche e preziose indicazioni bibliografiche e filmografiche. Questo mio secondo libro vede la luce grazie a Orio Caldiron, il quale mi ha, concretamente, n·nnovato la sua stima.

I. «MODESTAMÈNDE QUALCHE LINGUA LA PARLO»: LE LINGUE STRANIERE

I.1. «bisissis bisis»: la pronuncia

Il rapporto di Totò (e di alcuni altri attori del nostro corpus, primo tra i quali Peppino De Filippo) con le lingue straniere non è dei più tranquil-

li. li minimo che possa accadere è che i forestierismi vengano pronunciati così come sono scritti, come ad esempio «prìncipal» 1 (Totò a colori, 1952); «equipe» (/ soliti ignoti, 1958); «orevoìr» 'au revoir: arrivederci' fìòtò a Parigi, 1958). Oppure la pronuncia è fortemente italianizzata, e talvolta una via di mezzo tra quella corretta e quella della parola italiana corrispondente: A"'1ALIA (Alda Mangini): Ah/ e/ ditemi un po' una cosa// E la toilette dov'è?

(pronunciando male) TRUFFATORE (Mario Castellani): La toilette? (pronunciando correttamente) :\MALIA: Sì// Ah/ io l'ho detto in francese// [Totò cerca casa, 1949) . .A,"ffONIO (Totò): Veramòn?; PITTORE: Vraiment/ vuole dir? ~'ffONIO: Va be'/ lasci fare// Veramòn/ l'ha fatto lei? [Totò a colori, 1952].

~\eramòn» compare anche in Totò a Parigi, 1958 e in Totò di notte n. 1%2, in cui è corretto da Gianni Agus con vraiment (con pronuncia !bocese standard) 2• Esempi simili sono: «ristaurante» [San Giovanni de· ~ , 1940]; «queque» 'chèque: assegno' [Totò terzo uomo, 1951); - ~ ·record: ricordo' [Totò cerca pace, 1954). «Coctèl» 'cocktail' [Totò ''llit' c'Mt.u.cellino, 1958) può essere spiegato per influenza della pronuncia

{?i

"IYon in poi, se una parola in lingua straniera è scritta secondo la grafia standard

~~ iingua, vuol dire che è stata recitata secondo la pronuncia standard; se inve-

~iiiìlie' ~ .,.,uole segnalare la pronuncia substandard, è trascritta esattamente come è sta-

iiii,~ta. Tra apici sono riportati la traduzione o il significato dei termini citati. ;.;~nera anche il nome di un diffuso analgesico (cfr. Caffarelli 1998, p. 64 n. 31).

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LA LINGUA IN GIOCO

francese o per la tendenza all'accentazione tronca di tutti i forestierismi (entrambe caratteristiche del pessimo rapporto degli italiani con le lingue straniere fino a non molti anni fa; oggi, semmai, per oblio del francese e per influenza e mal conoscenza dell'inglese, prevale la tendenza alla ritrazione dell'accento: sàspens per suspense, tronco anche in inglese). Esempi di pronuncia abnorme sono: «galosces» (così pronunciato) 'galoches' [Gambe d'oro, 1958]; «nàighete clebbe» 'nightclub' [Noi duri, 1960]; «stiptisi» 'strip-tease' [Totò di notte n. 1, 1962]; «cambingo» 'camping' [Che fine ha fatta Totò Baby?, 1964]; «bisissis bisis» 'business is business: gli affari sono affari' [Uccellacci e uccellini, 1966]; «scecchi» 'chèques: assegni' [La terra vista dalla luna, 1967]. Tale approssimazione fonetica può provocare gustosissimi equivoci, come quello tra Totò e Aldo Fabrizi in Totò, Fabrizi e i giovani d'oggi, 1960; il cavalier Antonio Cocozza (Totò) chiede al suo futuro consuocero, il ragionier Giuseppe D'Amore (Aldo Fabrizi), se ha un «tic» ('tight') per l'imminente matrimonio dei figli; Giuseppe, risentito, risponde: GIUSEPPE: No/ io non cj ho nessun tic// Quale tic? ANTONIO: In occasione del matrimonio/ ci vuole il tic// GIUSEPPE: Ah/ il tight/ vuol dire/ lei// ANTONIO: Tight? GIUSEPPE: Tight// ANTONIO: Che buffo nome! Noi/ a Napoli/ diciamo la sciammèria// Ragioniere/ lei si deve fare una bella sciammèria//.

1.2. Nella hall... «fa più fino»: derisione dei forestierismi

Come si vede già dai pochi esempi citati, l'uso delle lingue straniere risponde ad almeno tre importanti requisiti: innesca il meccanismo comico (sia per la semplice deformazione fonetica, sia perché talvolta nascono curiose omonimie: tic 'abito/ticchio' 3); ritrae l'incertezza e l'emarginazione del parlante di scarsa cultura, che tenta, come meglio può, di capire e di

3 Nell'esempio tratto da Totò, Fabrizi e i giovani d'oggi va notato anche il doppio significato del napoletano sciammeria che, oltre a 'abito lungo maschile', ha anche l'accezione volgare di 'atto sessuale', su cui si gioca soprattutto nell'enunciato: «ragioniere/ lei si deve fare una bella sciammèria//».

~:MODESTAMÈNDE QUALCHE LINGUA LA PARLO»: LE LINGUE STRANIERE

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rar-si capire; deride l'abuso dei forestierismi in coloro che vogliono darsi un tono: Totò era spesso spietato contro il «malcostume» linguistico, irridendo sia il dialetto, sia gli esotismi, sia ogni altro uso irriflesso della lingua. Quest'ultimo fenomeno è evidente nell'esempio seguente: AMALIA: Oh! Ma mi manca una valigia// Vai a vedere/ caro/ se l'ho lasciata nella hall// BENIAMINO (Totò): Come? .AMALIA: Nella hall// BENIAMINO: Che cosa// AMALIA: Nella hall! BENIAMINO: E chi è la ol? La portiera? A..l\1ALIA: No/ nell'atrio// FIGLIA: Nell'anticamera// Qui nei quartieri alti si dice hall// Fa più fino// BENIAMINO: Ah sì? La hall? Bah! Allora io vado giù a vedere nella hall// (aspirando esageratamente l'iniziale) [Totò cerca casa, 1949].

Anche in Totò a colori, 1952 vengono derisi coloro che, parlando, disseminano forestierismi per impreziosire il proprio (frivolo) eloquio: Leopoldo (Galeazzo Benti): «Gente! Giulia Sofia/ amici/ tutti! Un arrivo sensational! Vi presento un mio amico/ testè arrivato/ col suo yacht/ stanza iJnernazionale/ due carburatori/ in questo momento a Marina piccola!». La crudeltà di Totò contro gli snob, i finti colti, gli pseudoartisti, tocca il culmine, con tinte di violenza tribale, nella scena dello sputo nell'occhio al pittore pseudofrancese, sempre in Totò a colori: PITTORE: Ha avuto paura? A1\ITONIO (Totò): E come/ no! PITTORE: E di che? ANTONIO: E... come di che? Oh! (indicando un quadro astratto alla parete) Eh// // PITTORE: ? ANTONIO: Eh già// PITTORE: Ma... è un Picasso// Al\lTONIO: Cos'è questo? PITTORE: C'est une imitation/ de Picasso// ANTONIO: Questo qui? PITTORE: Mais oui// ANTONIO: Imitation de Picasso// PITTORE: Qui//

LA LINGUA IN GIOCO

Al'JTONIO: Picasso// PITTORE: Picasso// ANTONIO: Questo qui// PITTORE: Mais naturellement// ANTONIO: Eheh// Picasso// PITTORE: Eh// ANTONIO: E chi l'ha fatto? PITTORE: lo// ANTONIO: Ma no! PITTORE: Moi// ANTONIO: Lei? PITTORE: Qui// Moi// ANTONIO: Veramòn? PITTORE: "Vraimenc"/ vuole dir? ANTONIO: Va be'/ lasci fare// Veramòn/ l'ha fatto lei? PITTORE: Oui// ANTONIO: Parola d'onore? PITTORE: Sì sì sì sì// ANTONIO: Mi dia la mano// Ah// ANTONIO: Veramende l'ha fatto lei/ ? PITTORE: // ANTONIO: Ahah! Bravo! La scienza/ va premiata! PITTORE: Grazie// ANTONIO: Or tutti a me! Una sedia/ e un rovagliuolo// Venga qui// (ride) Che caro! Lei/ l'ha fatto// PITTORE: Sì// ANTONIO: Eheh// Da... dateme una sedia// Su! Giù! // PITTORE: < [Va bene// Qui?]// Hm? Hm>// ANTONIO: // DONNA!: (dando il tovagliolo ad Antonio) [Prego]// ANTONIO: Eccolo qua// // PITTORE: ? ANTONIO: Va benissimo// PITTORE: Ah// ANTONIO: Sa/ io sono generoso/ // PITTORE: // ANTONIO: A me mi piace/ premiare il talento/ ecco// (a donna2) Mi dia le manine// Gli tenga la testa/ così// (al pittore) E no! Fermo! (alla donna) Ecco// Gliela tenga così// Forte/ eh? PITTORE: Ahah!

-«MODESTAMÈNDE QUALCHE LINGUA LA PARLO»: LE LINGUE STRANIERE

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AlWONIO: (pronunciando con erre moscia) Forte/ forte/ forte! Eheh// (al pittore) Mi dia la manina sua// PITTORE: Sì// ANTONIO: &col si copra quest'occhio qui// // PITTO~: // Al\lTONIO: Ci vede/ da quest'occhio// PITTORE: No// // Al\lTONIO: // (a To.ffi) Lei/ col pimice e il pomice/ mi fa la cortesia? Mi... mi allarga/ quest'occhio? // PITTORE: // ANTONIO: Fermo/ eh? Lei vede/ qua? PITTORE: Sì// Sì// ANTONIO: Vede ... vede bene? PITTORE: Sì sì sì sì sì// ANTONIO: Allora fermo/ eh? PITTORE: Hm// ANTONIO: Fisso/ eh? Fisso qui/ eh?

(Antonio sputa nell'occhio del pittore) PITTORE: Ahahah! &''./TONIO: Ecco fatto// Eh? GIULIA SOFIA: Troppo diverténte! Cos'è? VFC UOMO: Meraviglioso// DONNA2: Fantastico! Bellissimo!

(altri commenti indistinti) PITTORE: Che volgarità! Mah!

L'atteggiamento di Totò nei confronti dei forestierismi è dunque fondamentalmente censorio: talvolta, come s'è visto con l'esempio di tight ~ sciammeria, in luogo della parola straniera si suggerisce non solanto requivalente italiano, ma anche un sinonimo dialettale, come vedremo ncl capitolo successivo a proposito del passaggio da charcutier a pizzicagnolo a salumiere a casadduoglio [Miseria e nobiltà, 1954]. Tipico della comicità legata alla deformazione delle lingue straniere funa comicità che, così come la deformazione dei dialetti, trova la sua origine più diretta nell'avanspettacolo e nella rivista) è il meccanismo grazie .a! quale il termine straniero viene tradotto solo sulla base dell'assonanza ron una parola italiana e, viceversa, la parola italiana viene tradotta in una fulgua straniera solo aggiungendovi affissi ritenuti tipici di quella lingua, senza tenere in alcun conto il significato e il contesto. Vediamo gli esempi più significativi nei successivi paragrafi.

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LA LINGUA IN GIOCO

1.3. «Vigliacchibus mascalzonibus Jarabuttibus»: il latinorum, lingua del potere Tra le lingue più colpite dai giochi di Totò, in linea con la tradizione del teatro popolare (e valgano per tutti gli stravolgimenti linguistici di Pulcinella 4), c'è senz'altro il latino, in quanto lingua del potere, degli Azzeccagarbugli, che come tale genera spassosi equivoci nella povera gente: RAFFAELE: (leggendo una lettera) Un mome ... un mome ... un momento/ c'è un poscritto// CONCETTA: Che ci sta? RAFFAELE: Post scriptum// CONCETTA: E che significa? AGOSTINO (Totò): Eh ... che ha scritto in un posto// È latino// RAFFAELE: Ma no/ è un'aggiunta/ un poscritto// CONCETTA: Ah! Un coscritto! AGOSTINO: Sì/ un caporale! [San Giovanni decollato, 1940].

L'espressione latina a priori subisce varie deformazioni e numerosi fraintendimenti. In primo luogo si trasforma in «a priora» [San Giovanni decollato, 1940]. Poi viene scambiata per l'italiano al priore (I soliti ignoti, 1958]; «Prima (... ] cioè al priore» [Letto a tre piazze, 1960]: qui il gioco linguistico è duplice, poiché al priore è usato in luogo di a priori, espressione che, a sua volta, sarebbe usata impropriamente nel senso di 'prima'; IMPIEGATO DELLE POSTE: Gliel'ho detto a priori// TOTÒ: No/ no// A me il priore non mi ha detto niente// (Totò d'Arabia, 1965].

L'espressione ad hoc (usata, senza equivoci, in La macchina fotografica, 1954 e in Racconti romani, 1955) è addirittura scambiata per un nome proprio: CRI CRI (Mario Castellani): E tu rispondi ad hoc// ANTONIO (fotò): (indicando una donna) Ma io vorrei rispondere a lei// CRI CRI: Appunto a lei/ ad hoc// ANTONIO: Ah/ sì?

4 Cfr. Romeo 1998b, p. 89. Sullo stravolgimento (inconsapevole) del latino ecclesiastico da parte dei semicolti si veda da ultimo Beccaria 1999.

~MÈNDE QUALCHE LINGUA LA PARLO»: LE LINGUE STRANIERE

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CRI CRI: Sì// A.'ITONIO: Occo? CRI CRI: Hm ANTONIO: (alla donna) Senta/ signora Occo// Pardon// Signora/ Occa// [Totò

all'inferno, 1955].

Qui i giochi sono tre: il primo nel fraintendimento del latino con un r;.0me proprio (hoc = Occo), il secondo nel concordare il nome proprio .al femminile (Occo ~ Occa), il terzo nell'assonanza occa-oca. «Cum summa iniuria» è frainteso da Totò (che del fraintendimento si _gjustifica dicendo: «l'avevo preso per siculo») come «Giulia»; «matrimonio rato e non consumato» è interpretato da Totò come un matrimonio «che si può consumare a rate» ·[Letto a tre piazze, 1960]. Senza deformazioni - ma qui è la stessa situazione dell'ex ladro fallito, ·dle si dà arie da professore di scasso, a suscitare la comicità - è la dotta citazione di Totò in/ soliti ignoti, 1958: «in corpore vili». Così come il latino burocratico, aulico e il frasario stereotipato degli pseudocolti, anche il latino ecclesiastico subisce impietosi sarcasmi: del precetto «vox servi Dei in dubio audire oportet», per esempio, Totò fornisce una versione che è un vero capolavoro: «che c'entrano gli utenti dell'Autovox che non entrano per la porta?» [/ tartassati, 1959]. In due celebri casi Totò, sfidando la censura, si spaccia per frate. Nel film I due marescialli, 1961, il finto frate è sorpreso a pregare sottovoce pronunciando parole come «linòleum», «colosseum», «mortis tua/ et tu patri/ et ru nonni in cariolam mea», «autobus», «es o es». ,\Autobus» fa parte anche del de profundis recitato da Totò in Il monaco di Monza, 1963. In quest'ultimo film, poi, è memorabile la litania di Totò e Macario, finti monaci, ::-ui nomi delle attrici: PASQUALE (Totò): Doris Duranti// MAMOZIO (Macario): Ora pro nobis// PASQUALE: Maria Denis// :MAMOZIO: Ora pro nobis// PASQUALE: Sofia Loren// MAMOZIO: Ora pro nobis// PASQUALE: Anna Maria Pierangeli// MAMOZIO: Ora pro nobis// PASQUALE: Brigitte Lolorum// MAMOZIO: Ora pro nohis//

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LA LINGUA IN GIOCO

PASQUALE: Tony Curtis// MAMOZIO: Ora pro nobis// PASQUALE: Urti Urghens// MAMOZIO: Ora pro nobis// PASQUALE: Brigitte Bardot// MAMOZIO: Bardot// PASQUALE: (cantando) "Brigitte Bardot'' ... MAMOZIO: "Bardot" .... PASQUALE E MAMOZIO: (cantando) "Brigitte Bardot/ Bardot" ...

Sempre nello stesso film, Totò ignora il significato di «quis vetat dicere verum», dichiarando a un attonito Nino Taranto di non sapere il latino, sebbene monaco, perché «il latino è stato abolito». Poco dopo, celebrando un matrimonio, Totò pronuncia l'enunciato seguente: «Celebramos 'sto matrimonio/ e che Dios ce la mandi buonam». Alcuni latinismi vengono inventati di sana pianta, o creati sulla base di forme italiane, con autentica vis macaronica: «in primis et antimonio» (che gioca sulla somiglianza fonica tra l'elemento chimico antimonio e l'espressione latina «in primis et ante omnia>,); «secondis» 'in secondo luogo'; «terzis» 'in terzo luogo'; «rimembris omnibus/ cioè/ ricordati uomo» [San Giovanni decollato, 1940]. L'ultimo gioco linguistico prende spunto dalla nota formula ecclesiastica «Memento homo quia pulvis es, et in pulverem reverteris», detta dal sacerdote durante la messa della Feria IV delle Ceneri; lo stravolgimento che ne viene fatto è di tipo assai complesso, perché «rimembris» gioca sulla vicinanza semantica con «memento», da cui parte un'altra serie di corrispondenze, o foniche, o semantiche: memento = ricorda = rimembra = rimembris; mentre «omnibus» gioca sulla vicinanza fonica: homo = omnibus. Tra gli altri numerosi «maccheronismi» si ricordano: «non esageramus» [L'imperatore di Capri, 1949]; «cessiamo/ cessiamo// Cessar necessa este!» [Figaro qua... Figaro là, 1950]; «confondono la tosse monarchica con la tosse repubblicana// È stato un lapis tossis» [Totò terzo uomo, 1951]; di «colonna romana» Totò fornisce l'equivalente latino, che è, manco a dirlo, «colunnum» [Guardie e ladri, 1951]; «errata corrige» [Il turco napoletano, 1953]. Ampio uso del latino maccheronico, facilitato dall'ambientazione storica della scena, si ha nell'incontro tra Antonio e Cleopatra in Totò all'inferno, 1955: Cleopatra: non me riconoscibus?»; Totò: «quandum archibus sei bonam!»; madre di Cleopatra: «vigliacchibus/ mascalzonibus/ farabuttibus!»;

"3IDDESTAMÈNDE QUALCHE LINGUA LA PARLo»: LE LINGUE STRANIERE

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madre di Cleopatra: «fìat voluntas tua» e Totò le risponde: «fiat mille e quattro»; al saluto romano di Cleopatra «vale!» Totò risponde: «sapessi quanto vali!». Come esclamazione, in Totò e Marcellino, 1958, si incontra l'ineffabile: «ah! Erga sum!». Si ricordano inoltre: «uice versa» 'viceversa'; ---vox popolo/ vox dei»; «in manos tuas» [Gambe d'oro, 1958]; «lapus lazzub- 'lapsus'; «abtorto collo», che forse rimanda anche ad aborto [Il monaco di Monza, 1963]. l.4. «Auda:xfortuna iuventus»: i proverbi

Deformazioni analoghe colpiscono alcuni proverbi latini: «a estremum malis/ estremus rimedium» [Il ratto delle Sabine, 1945]; «morsa rua/ vita mea» [Totò cerca casa, 1949, in cui viene definito «quel vecchio detto siciliano»; Le sei mogli di Barbablù, 1950]; «castigati ridendo mores// Ridendo/ castigo i Mori», detto schiaffeggiando un arabo [Totò sceicro, 1950]; la massima «excusatio non petita/ adcusatio manifesta» viene ttadotta come: «ho attaccato i manifesti di Petito» [Le sei mogli di Barbablù, 1950]; «gattibus frettolosibus/ fecit/ gattini guerces// Audax/ fortuna iuvat» [Totò a colori, 1952]; «audax/ fortuna iuvat» [Totò, Peppino e le /ematiche, 1958; Che fine ha fatto Totò Baby?, 1964]; «audax/ fortuna iù'--etltus» [Gambe d'oro, 1958]; «audax fortuna iuvèntus» (Chi si ferma è perduto, 1960]. CICCILLO: (riferendosi a un uomo che si finge pazzo) Lupus/ in fabula// FEUCE (Totò): Ohé! MOGUE: Chi è? TOTÒ: È un lupo della fabbrica// Ce sarà una fabbrica de lupi// Che ne so// [Il medico dei pazzi, 1954).

«De gustibus/ non ad libitum/ sputazzellam» [Il medico dei pazzi, 1954; Totò, Vittorio e la dottoressa, 1957]; «abbondandis adbondandum» · flotò, Peppino e... la malafemmina, 1956] ; «fìat/ autobus! L'uomo/ nasce ii:lero!» [Gambe d'oro, 1958]; «la prudenzia non è mai troppo» [I soliti ignoti, 1958]. Per distogliere un ufficiale tedesco dall'entrare coi cani in mesa per stanare i partigiani, Totò inventa un proverbio commisto di itaìf.ano, latino e tedesco: «facciamo un buco nell'acquen// Il proverbio lo di,;:e'i Canem in chiesa/ nicht fòrtuna» [I due marescialli, 1961].

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LA LINGUA IN GIOCO

Anche i proverbi e i modi di dire in lingue diverse dal latino subiscono varie deformazioni, soprattutto generando pastiche plurilinguistici: «come dice quel vecchio detto francese/ le scioffèr son le scioffèr» 'gli affari sono affari' [Fermo con le mani, 1937; Totò cerca casa, 1949]; una versione pseudoinglese dello stesso proverbio è già stata citata («bisissis bisis» 'business is business'). Due ultimi esempi da 47 morto che parla, 1950: «sai come si dice/ in portoghese? Il tempo/ è moneta// The time/ is/ scudos»; «noblesse/ oblige// La nobiltà/ è obbligatoria». La deformazione dei proverbi italiani sarà commentata successivamente (XX.1).

I.5. Il wagon-lit e il vagon qui: le altre lingue 'Iì:a i grecismi spicca eureka, pronunciato sempre con l'accento sulla penultima sillaba: «eurèka» [Totò cerca moglie, 1950; Figaro qua... Figaro là, 1950; Le sei mogli di Barbablù, 1950; Totò terzo uomo, 1951; Totò e le donne, 1952; Il più comico spettacolo del mondo, 1953]: l'accentazione piana del termine, alla latina, è peraltro attestata in italiano, oltreché popolarmente, come nome di prodotti commerciali (DOP, s.v.). Per l'inglese, oltre agli esempi già citati, si segnalano i giochi seguenti: «off limits» diventa «osso limìt» [Totò le Mokò, 1949] e «off limite» [Totò a colori, 1952]. «Sex appello» [Totò sceicco, 1950] sta per sex appeal. Totò pronuncia «Uistminstèr», Aroldo Tieri corregge: «Westminster/ vuoi dire» e Totò ribatte: «sempre anglicano è» [Totò terzo uomo, 1951]; qui si osserverà la solita tendenza all'accentazione tronca dei forestierismi e un gioco linguistico· ricorrente in Totò, consistente nel considerare sinonimi (secondo le schema o X o Y è lo stesso) termini o nomi propri che sinonimi non sono (cfr. infra, X:1.3)., ANTONIO (Totò): Capisco/ capisco// Oh/ senta/ signorina// Giacché lei è così in buoni rapporti con ... eh ... suo prlncipal... POPPY (Fulvia Franco): // ANTONIO: ... hm ... potrebbe fare ... hm ... mia cortesia? Far presente... fare presente a suo principali mio copione di musica? POPPY: Volentieri// Quando io andare Milano/ io parlare Tiscordi// Hm? Tiscordi mi sente// ANTONIO: Eh/ sfid io// Col palm della mane// Eheh// Grazie// Mucia grazie// POPPY: Hm//

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A.'rfONIO: Mucia grazie/ Miss// E... crede che io/ sono molt grat a lei... POPPY: Hm// A.'1TONIO: e tenere/ per lei/ per mio disobbligamèn ... disobbligamànt ... POPPY: Hmhm// A.l\lTONIO: disciobbligamesce/ eh... excuse me/ eh... disciobbligmesce/ una grande poltroni off limite/ ret grosse ... POPPY: Hm// A.~TONIO: mia prima rappresentazione// [Totò a colori, 1952].

Nell'esempio appena citato si noterà il fatto che, mentre per riprodurre nta10-americano di Poppy ci si limita all'uso, tutto sommato realistico, dell'infinito «tuttofare» (e della marcata cadenza anglo-americana nella pununcia della vibrante e delle dentali, non riprodotta nella trascrizione), 'bò deforma invece le parole italiane con apocopi (cioè troncamenti dellrumma vocale: sftd,palm,poltron), ritrazioni d'accento (prìncipal), inve~ i l i commistioni di italiano, pseudoinglese (disobbligamèn, disobbli§vnànt, disciobbligamesce, disciobbligmesce) e spagnolo (mucia grazie Jliss) e altro, in un'operazione che, per le mescidanze plurilinguistiche bnane da ogni realismo, si configura come prettamente espressionistica. !:'"mtìnito «tuttofare» compare, come di consueto, anche in altre riproduEilooi dell'italiano parlato dagli stranieri, a partire dalla bambina in Fermo am. le mani, 1937: «che cosa essere/ funzionario civico municipale?»; oppill"e nell'inglese italianizzato parlato da Totò in Guardie e ladri, 1951: «io nlOir1 vendére// Io avere già promettuto altre persone». Un altro esempio di ir:wo-americano (stavolta abbastanza verosimile) si ha, sempre in Totò a .:dori, nel modo di parlare strampalato del gangster Joe Pellecchia: JOE: This is my paese// Mannaggia a' morte// SINDACO: Eheh// JOE: (abbracciando e baciando persone a caso tra la/olla) Great people// A wonderful people// (all'aiutante) Dai i pacchi a tutti/ eh? AIUTANTE: Okey/ Joe// SINDACO: Cittadino! JOE: Eh// SINDACO: Venite con me/ sul balcone! JOE: Sure/ sure! Dollari ! SINDACO: ! Musica!##

~4.ntonio incomincia a dirigere la banda) JOE: (con un foglio in mano, sul balcone) Discorso// SINDACO: Bene/ bene//

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LA LINGUA IN GIOCO

JOE: Io fare discorso// SINDACO: Bene/ bene// JOE: Fare stoppare miusica! SINDACO: Ah/ sì//# (fa cenno ad Antonio di smettere) Scannagatti! Scannagatti!## (Antonio continua a dirigere. Quando sembra avere termina-

to, Joe comincia a parlare) JOE: ! SINDACO: ! Eh/ eh! JOE: Paesani! (Antonio ricomincia a dirigere) I can never get started/ with this speech! SINDACO: Calma/ calma!## (Quando Antonio sembra avere terminato, Joe

comincia a parlare) JOE: I am/ vostro fratello Joe! (Antonio ricomincia a dirigere) Why can't ?! SINDACO: ! JOE: Tu ? SINDACO: ! No!## JOE: In my paese/ sfottere me?! (... ) ! (urla indistinte) ROCCO: (dal balcone, verso Antonio) A casa/ ti aspetto io/ a te! A casa! (rincorrendo Joe) Signor Pellecchia! # # JOE: (tornando verso la macchina, furente) Prendete tutti i pacchi! Tutti i pacchi indietro! Via! Come on! Let's go! Let leave me alone! Get on! I don't want to have anything to do with you! Go on! Come on! I'm disappointed! AIUTANTE: Go on! JOE: Come on! Go on! Let's get out of this piace!

Whisky è italianizzato in «vischio» da Peppino De Filippo [Una di quelle, 1953]. A Totò che lo chiama in inglese («ehV barman/ excuse me!») Castellani risponde: «ma/ scusV sa/ io il francese non lo capisco» [La macchina fotografica, 1954], adottando un topos assai frequente nei film con Totò: una lingua viene presa per un'altra o un dialetto è scambiato per una lingua straniera o viceversa (cfr. il capitolo successivo, dedicato ai dialetti). Un paio di interessanti traduzioni bislacche si trova in Siamo uomini o caporali, 1955: Sonia (Fiorella Mari) chiede: «shall I go?» 'devo andare' e Totò capisce: «cj hai la gotta?»; similmente, l'esortazione del soldato che lo invita a recarsi da Mister Black («come on! Come on!») è così tradotta da Totò: «la commare di mister Black/ cj ha la gotta»; egli, poi, fiero di tanta abilità da poliglotta, ammette: «l'americano/ in fondo/ poi non è difficile». Ripercorrendo la storia del cinema, è noto che le traduzioni sbagliate non

..,MODESTAMÈNDE QUALCHE LINGUA LA PARLO»: LE LINGUE STRANIERE

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sono sempre state frutto di una felice vena umoristica, come in questo ClSO, ma anche di adattatori ignoranti; proprio a proposito di gotta ripeschiamo un gustoso errore riportato dal Menarini (1955, p. 188): «you gotta stay happy» 'su, coraggio, sta' allegro!', fu tradotto: «la vostra gotta :~ giardino/ come lei vede/ è un obitorio» [Chi si ferma è perduto, . ~)}; a Sylva Koscina che gli offre da bere («whisky/ cognac/ o Pernod?»), · 'lt!ro, dopo qualche esitazione, risponde: «me faccia un fischio e un per~ o / / Ma che sia gelato/ però» [Totò a Parigi, 1958]; «what tipografia?» ~:reso con «quattro tipografie,; [Totò nella luna, 1958]; un'insegna al ·~'il diventa una «mostra al nailon» [/ tartassati, 1959]; breakfast 'cola. ~ , è pronuciato «bricfist» da Peppino e «bracco fesso» da Totò [La

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LA LINGUA IN GIOCO

cambiale, 1959]; Peppino dice: «è l'ostès» (alludendo alla hostess dell'aereo) e Totò risponde: «non lo so se è quello di prima», capendo dunque «lo stesso» [Letto a tre piazze, 1960]. Ma il trionfo degli equivoci legati all'ignoranza dell'inglese (in questo caso perfettamente funzionali alla trama del film, che fa il verso sia al capolavoro felliniano sia a certo tipico dandismo della capitale di allora) si ha in Totò, Peppino e... la dolce vita, 1961, in cui Totò, spacciandosi ancora una volta per poliglotta («modestamènde/ qualche lingua la parlo»), abborda due americane con il seguente sproloquio, di fronte a un attonito Peppino: ANTONIO: Excuse moi/ please/ se vous plait// Da quante/ tamp/ PEPPINO: Da quante? ANTONIO: Tamp/ voio/ voi due/ state/ in Italia// Cioè qui/ a Roma/ in Romagna/ in Romania/ va'//[ ... ] Noi/ vogliam/ savuàr/ ove/ voio/ abitàt// Dov'è lavostra/ abìt// La chesa/ va'// La chesa// PEPPINO: La chesa// ANTONIO: Quand'uno/ s'è stanc/ voglio andar a chesa// Me voglio riposare// Un tandìn PEPPINO: Ma tu stai parlando barese!

Nello stesso film, «you're friend?» viene tradotto da Peppino con «hai freddo?»; in luogo del nightclub, i nostri eroi partenopei vanno al «natie club», la cui trasparente paretimologia non richiede spiegazioni; «fischi» è l'equivalente di «whisky»; da strip-tease nasce l'invito a spogliarsi: «striptiamoci!»; a «m'hanno fatto i flash» ('fotografie') di Totò, Peppino risponde, fraintendendo: «t'hanno fatto fesso»; l'invito ad andare a un «party» è frainteso da Totò con la parola «parto», al che Peppino domanda «e chi sgrava?» e Totò risponde: «sòreta!»; l'enunciato «Norma è già in trance» è così tradotto da Totò: «Norma/ sta già nel tram». Da parte loro, le americane fraintendono la domanda latina di Peppino (che si difende dall'ignoranza dell'inglese ricorrendo ai classici) «quo vadis?» 'dove andate?', rispondendo «no// Ben Hur», che Totò, pronto, ritorce contro Peppino: «hanno detto che assomigli a Ben Hur». Passando ad altri film, «microfilm» è deformato da Peppino in «microfiglio» e in «microfritz» [Totò e Peppino divisi a Berlino, 1962]; «I don't understand» diventa: «c'è un indostano» [Totò di notte n. 1, 1962]; «ok» è reso da Totò con «oh cacchio»; «cheers» 'cincin' diventa per Totò «ciccia» [I due colonnelli, 1962]; «stuàrd» ('steward', pronunciato alla francese da

~DESTAMÈNDE QUALCHE LINGUA LA PARLO»: LE LINGUE STRANIERE

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una hostess in aereo) viene preso da Macario per «Eduardo» e da Totò per 4 fratello di Maria Stuarda» [Totò se.xy, 1963]; un «boy scooter» è un 'boy :srout' [Che fine ba fatto Totò Baby?, 1964]. Tra tante amenità, spicca un ~o cultismo filologico e metaforico (su cui è retto peraltro il nome dei Beatles): ai «capelloni» Totò si rivolge con l'epiteto di «scarafaggi», per via dell'omofonia, in inglese, tra Beatles (il complesso dei capelloni) e beetles fscarafaggi') [Il mostro della domenica, 1968]. L'inglese e il francese (o meglio i loro ibridi italianizzati) sono lingue mnofare, che vengono usate talvolta anche per rivolgersi ai tedeschi. Esemplare, a riguardo, è il brano di Totò, Peppino e... la malafemmina, 556, in cui, a un vigile urbano milanese scambiato per «un generale aumìaco», Totò si rivolge con il seguente pasticbe di lingue (tedesco, ingleiie, francese, italiano, lingue inventate): «Dungue/ excuse me// Bitte sd:lon// [... ]// Noio/ vole ... volevàn ... volevòn/ savuàr/ noio volevàn savuàr t"mrlrìs ... ja? [... ] Dunque/ eh/ noi/ vogliamo sapere/ per andare/ dove dobm!no andare/ per dove dobbiamo andare// Sa/ è una semplice informaà:me». Con «excuse me» Totò avvicina una ragazza tedesca, chiedendole mfinformazione su una strada; ella non sa rispondere e suggerisce a Totò . ~ rivolgersi a un uomo («fragen Sie ihn» 'chieda a lui'); a questo punto ·'hò crede che «Fraghensì» sia il nome dell'uomo, al quale domanda: «si. ~ Fraghensì/ se vous plait/ excuse me/ questa strass/ ove ... ove ... ove ~?»; quando l'uomo gli risponde in tedesco, Totò non capisce nulla e dire: «adesso ho capito tutto// Che razza de lingua/ che parla 'sta gente!» ~ò e Peppino divisi a Berlino, 1962]. In francese spiccano i seguenti esempi: «mon cher l'impresuàr// Mio ·\Cm) impresario» [Il ratto delle Sabine, 1945]. AMILCARE (Mario Castellani): (a un autista) Ehi/ autista/ a che albergo andiamo? Ehi/ autista! TOTÒ: Sfido io// È tre ore che lo chiami autista// E chiamalo in italiano/ no! AMILCARE: Come? TOTÒ: Chauffeur! [Le sei mogli di Barbablù, 1950].

A Bertrand (Mario Castellani), Totò grida, precipitando in mare: «dans hmer!»; Castellani risponde: «ma no/ quello è mare», evidentemente gio~

sulla quasi omofonia tra mer 'mare' e merde 'merda' [47 morto

dJe parla, 1950]; l'equivoco del «wagon-lit» 'vagone letto' [Totò a colori,

1952} è uno dei più celebri della filmografia di Totò:

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LA LINGUA IN GIOCO

CAPOTRENO: Lei ha il biglietto per il wagon-lit? ANTONIO (Totò): Ma che vagon lì! Ho il biglietto per questo carro ... questo vagone qui// CAPOTRENO: E appunto// Lei ha il biglietto per il wagon-lit// ANTONIO: Ma perché mi vuol mandare lì/ se io il biglietto ce l'ho per qui/ scusi?! CAPOTRENO: Ma se lei ha il biglietto per qui/ vuol dire che ha il biglietto per il wagon-lit// ANTONIO: A forza/ sa! Io ho il biglietto per qui/ e lei mi vuol mandare lì! Quel signore giù/ quel colonnello in borghese/ ! Avanti! CAPOTRENO: Eh già/ ha il letto numero sei//. «Ha un capriccio pour toi» è così tradotto da Totò: «lei cj ha una salsiccia in Portogallo» [Totò all'inferno, 1955]; alla richiesta, da parte di Totò,

~MODESTAMÈNDE QUALCHE LlNGUA LA PARLO»: LE LlNGUE STRANIERE

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dello spumante «Moet et Chandon», Luigi Pavese (che ha capito: «mo esce Antonio») risponde: «ah/ non lo so// Qualcuno ha visto uscire AntoniO»? [Totò lascia o raddoppia?, 1956]; analogo equivoco ricorre in Totò, Peppino e... la dolce vita, 1961, in cui è Totò a capire «mo esce Antonio» invece di «Moet et Chandon». Totò dice «cauchemar» 'incubo' e Carlo Croccolo capisce: «le cosce in mano» [Totò lascia o raddoppia?, 1956]. 1Qri equivoci riguardano il «maitre» 'capocameriere', ora tradotto con -commendatore», ora con «metro» [Totò, Peppino e... la malafemmina, 1956]; analogamente, in Totò, Vittorio e la dottoressa, 1957: «io sono il metro/ signore// Lui/ è il vice metro// Come vede/ in due/ facciamo un me1!.'.:0 e mezzo». Un «coiffeur pour dames» anziché essere un parrucchiere ;à'eflta un «caffè per Dante» [Totò, Peppino e i fuorilegge, 1956]; «rendez "J/1fi!JIUS,1 in tedesco significa appuntamento» [Totò, Vìttorio e la dottoressa, ,elì51J; «ma com'è carina/ questa vostra/ maisòn meùble! [... ] Quest'apptemànt/ è tres joli// Anche quattro joli/ volendo»; la «Pompadour» .~cubina del re di Francia») diventa una «pompa dura» [Totò a Parigi, ·~}, ripetendo una battuta di Quando meno te l'aspetti, 19405; in luo·pdi. imbroglione (in francese tricheur), Totò dà del tricheco: «suo figlio ~ un tricheco!» [Totò, Fabrizi e i giovani d'oggi, 1960]; «garzoniera» ')p.-rçonniere' [Chi si ferma è perduto, 1960]; un liquore «triple sec» di- ~ per Totò una «trippa secca» e una «omelette» è per Peppino «Ro!J'Jl:ieno» [Totò, Peppino e... la dolce vita, 1961]; «lei è tres simpatique» è ,aà tradotto da Nino Taranto: «dice che è tre volte simpatico» [Lo smel~o di Collegno, 1962]; «comprend pas» è tradotto da Macario: «non i[~mpra pane» [Totò di notte n. 1, 1962; simile in Vìgile ignoto, 1963]; ~ de suite» 'subito' è tradotto da Totò con «zitto zitto» [Totò contro i ;p:;ililtro, 1963]; sentendo il termine «débacle» 'sconfitta', Totò crede si ~ di un nome proprio: «anche lei è candidata? Questa signora De Ba-~- fGli onorevoli, 1963]; un «coup de foudre» è un «colpo di fodero» ~ · contro il pirata Nero, 1964]. {!('•,In spagnolo si segnalano gli esempi seguenti: Totò, in Fermo con le ' ~ , 1937, nella scena del massaggio, parla un italiano spagnoleggiante i~pos», «spagnolas», «scociatas», «capitos», «per la maiellas» 'per la mi~ ' - ..massaciusa» 'massaggiatrice'); «mucio» 'molto' crea tutta una serie Jti, assonanze ispano-dialettali: «mucio», «taccio», «ocio», «vecio», «cacio»

'Cfr: Bevilacqua 1965 (a c. di), p. 31.

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LA UNGUA IN GIOCO

[Fifa e arena, 1948]; «coraz6n» 'cuore' è scambiato da Totò per «che ore sono?» [Fifa e arena, 1948; Totò, Eva e il pennello proibito, 1959]; un'arena spagnola è caratterizzata dalla magnifica scritta: «tutti i montecitoros sono uguali» [Fifa e arena, 1948]. In una scena del film Il coraggio, 1955, Totò veste i panni di un inverosimile ricco sudamericano, che usa espressioni pseudospagnoleggianti come «a suspì» 'ai suoi piedi'. «Adelante» 'avanti' è scambiato per un nome proprio: «Adelaide» [Totò, Peppino e... la malafemmina, 1956]. Alla domanda del capotreno spagnolo: «que pasa?» 'che succede?', Totò risponde: «io/ ho passato un guaio»; in luogo di «mafi.ana» 'domani' Totò fraintende «magnare» 'mangiare'; «de nada» 'di niente' è preso per un nome proprio: «Renata»; «corno» 'come' è scambiato prima per «Como» e poi per «comò»; alla domanda: «abla espaiiol», Totò risponde: «io ho avuto la spagnola/ sì/ da ragazzo»; così Totò chiede un séparé, per appartarsi: «un momentos/ ma no qui/ davanti a todos/ los mundos// Avete/ un separetas?» [Totò, Eva e il pennello proibito, 1959]; nello stesso film, lo spagnolo «chica» 'ra~za' è inteso come l'italiano cicca 'avanzo di sigaretta'; analogamente, in Totò sexy, 1963, si gioca sulla paronomasia chica/cicca e sulla polisemia del secondo termine, che viene utilizzato anche come elemento completivo di negazione: «quelle non valgono una cicca», detto delle sigarette Nazionali, e, subito dopo, a Macario: «guarda che bella chica», riferendosi a una ragazza. «Los dos» 'tutti e due' è tradotto da Totò: «hai preso l'osso» [Totò di notte n. 1, 1962]. In tedesco, oltre alle mescidanze con l'inglese e con il francese già citate, ricordiamo: «Telefunken», che, parlando con la moglie tedesca, Totò usa in luogo di «telefono» [La banda degli onesti, 1956]; «Telefunken» è usato a sproposito anche in L'imperatore di Capri, 1949 e in Totò, Vlttorio e la dottoressa, 1957; ad una donna che gli parla in tedesco, Totò dice: «noi lo spagnolo non lo. capiamo» [Totò, Vittorio e la dottoressa, 1957]; «bitter» è spesso usato o frainteso al posto di 'bitte: prego' [Totò, Peppino e le fanatiche, 1958; I due marescialli, 1961; Totò e Peppino divisi a Berlino, 1962; Rita, la figlia americana, 1965]; per «Achtung» 'attenzione' Totò capisce «Arturo» [Totò nella luna, 1958]; di una donna che gli parla in italiano con accento tedesco, Totò osserva che deve provenire dalla «Germania meridionale», e per questo il suo «è tedesco che si capisce»; inoltre azzarda uno pseudotedesco, costruito con parole italiane con desinenza -en («tovagliaten» 'tovaglie', «cosen» 'cose' ecc.), con ritrazioni d'accento («biancària» 'biancheria') e con qualche parola francese [Totò e Peppino divisi a Berlino, 1962]. Totò crede infine che «alles gut» 'tutto bene'

"'1ll'IODESTAMÈNDE QUALCHE LINGUA LA PARLO»: LE LINGUE STRANIERE

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.sa una lingua: infatti all'affermazione «alles gut» dell'insegnante di lingue, bò risponde: «sì/ anche questa/ magari! Ma/ l'inglese e il francese/ è ~ o che ... è più necessario» [Rita, la figlia americana, 1965]. Per il russo, oltre a «dosvjdania» 'arrivederci', che Peppino fraintende ? ,,.~'\"TONIO: ? Chi è? ROCCO: Dov'è? c!L'\'TONIO: ? ROCCO: E. 11!\RU ITALIANO BENEDETTO IDDIO!»: I DIALETTI

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·lLZ.. ,-Ostregheta!»: intercalari dialettali e usi non censori 1ra i celebri intercalari di Totò se ne contano alcuni in dialetto: il pie)~tesismo «cerèa» 'arrivederci' [San Giovanni decollato, 1940; Due , ~fra le belve, 1943; Le sei mogli di Barbablù, 1950; Il turco napole~ . 1953; Gambe d'oro, 1958: detto da Luigi Pavese e poi anche da ' ~ Totò, Fabrizi e i giovani d'oggi, 1960, detto da Oreste Lionello] 7 e mreriezioni venete «ostregheta» [San Giovanni decollato, 1940; Una ili quelle, 1953] e «ostrega» (/ pompieri di Viggiù, 1949; Guardie e ladri, ffil; li medico dei pazzi, 1954 e in molti altri film]. m Totò le Mokò, 1949, si ha l'intercalare piemontese «neh» («ciao Ciao neh»), che sembra fare il verso a Macario. Una rapida carrellamolti dialetti (siciliano, pugliese, napoletano, laziale, toscano, emi~ - veneto, lombardo, genovese), nella parlata di vari ferrovieri italia~ s ha in Tototarzan, 1950, durante il surreale dirottamento di un tre~d.illa Sicilia alla Liguria. «Te 'l dis mi» 'te lo dico io' e «jel dis mi» 'glie·~·dco io' compaiono in due film, nello stesso contesto: «le serve conta~V 1è 'l dis mi» [Totò terzo uomo, 1951); «la serva è gagliarda! Guardi • b. serva/ è consigliabile// Jel... jel dis mi» [Totò a colori, 1952]. In >~ie e ladri, 1951, il romanesco di Aldo Fabrizi è un ottimo esempio i.,fflSO realistico del dialetto - lontano da ogni esagerazione macchiettie dalle già usurate stilizzazioni filmiche - utile anche per l'attesta~ di forme ormai desuete: «fo» 'faccio', «schina» 'schiena'. Tra l'altro, ~:~so Totò si lasciava andare talvolta a espressioni romanesche 8, for~.@liW che per via della sua lunga residenza romana, per fare il verso alla ~ egemone del cinema: «ah6/ te passino ammazzà! Ma annà ... » [Totò

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\~i.dori,

1952].

f ·.~ ì! toscano, oltre a «micco» 'sciocco' [Totò e Carolina, 1955; Letto a

; _ , ~ , 1960], si segnala la garbata imitazione di Totò del fiorentino del-

~~ Ave Ninchi, con tanto di gorgia e con «un» per 'non' [Totò cerca ~.1954). tf;fy. 'b i dialettalismi che suscitano fraintendimento, pur senza essere de-

;~ ~iamo «ciofeca» 'schifezza' (riferito al caffè): «e che vuol dir/ cio-

:·.x::·•arèa (da *messerìa), inizialmente forma reverenziale di saluto, ma poi anche

i/illiit~.!a!iOpiù diffuso di 'ciao' e 'addio', cfr. Rohlfs [1949-54] 1966-69, § 478. '*'CEi:: a.ìcune osservazioni di Tullio De Mauro in Napolitano 1986 (a c. di), p. 167.

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LA LINGUA IN GIOCO

feca?» [Franca Valeri in Totò a colori, 1952] e, nello stesso film, il siciliano inquocchiare 'avere a che fare': ROCCO: Che c'inquocchia/ suo nipote? SINDACO: Come? ROCCO: Che c'entra/ suo nipote//.

«È una ciofeca», detto sempre del caffè, sputandolo, è anche in Totò, Peppino e i fuorilegge, 1956 e/ due marescialli, 1961. Ricordiamo infine la voce narrante fuori campo di Nino Manfredi che parla in cociaro, in Totò, Fabrizi e i giovani d'oggi, 1960, e il famoso «ca/ nisciun è fesso!» [I ladri, 1959; Totò contro i quattro, 1963; Totò d'Arabia, 1965], che nel film i ladri si guadagna addirittura un acronimo: «CNF» (con il quale, tra l'altro, si ridicolizza l'abuso di acronimi in tutto il film: «FBI», «QDN» 'Questura di Napoli'). Per un'altra ridicolizzazione di acronimi, si veda «SPA» 'Sindacato posteggiatori abusivi' [Totò, Peppino e.... la dolce vita, 1961] 9• Segnaliamo infine un solo caso di evidente esaltazione del dialetto (di matrice scarpettiana) nei confronti delle lingue straniere e dell'italiano (che anticipa, tra l'atro, l'esempio di tight ~ sciammeria sopra citato), anche qui, però, con intenti comici più che ideologici: PASQUALE (Enzo Turco): Siccome il monte di pietà era chiuso/ vai dallo charcutier qui alla cantonata/ eh? FELICE (Totò): Da chi? PASQUALE: Dallo charcutier alla cantonata// FELICE: E chi è questo sciacquettiere? PASQUALE: Il pizzicagnolo// Il salumiere// FELICE: Il casadduoglio? PASQUALE: Ehi/ FELICE: E parla chiaro! PASQUALE: Il bottegaio// FELICE: Eh//[ .... ] Se io vado dallo sciartonier con questo paltò/ quello me piglia a calci/ capito? [Miseria e nobiltà, 1954].

9 Anche la ridicolizzazione dell'abuso degli acronimi ha origini teatrali: «oggi, vedi tutto deve essere rapido, sintetico, e perciò bisogna sempre usare la sigla» (Quando meno te l'aspetti, 1940, cit. in Bevilacqua 1965 [a c. di]. p. 26).

E ~ n:U.L\NO BENEDETTO JDDIO!»: I DIALETTI

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:fil.3. «Sarà latino coll'accento sardo»: il dialetto spacciato per lingua straniera A Totò, come s'è detto, il dialetto serve soprattutto per far ridere il prol.ico con facili mezzi. Uno di questi è senz'altro lo scambio del diamo per lingua straniera e viceversa. Anche qui si tratta di un collaudato ~ teatrale (come s'è visto sopra, con il pugliese preso per giappone~t 'Vediamo gli esempi: in una scena di comicità irresistibile, in Totò ~ o , 1950, il bitontese (varietà del pugliese parlata a Bitonto, in pro1 1 ~ di Bari) viene scambiato per arabo, in un 'incomprensibile litania ~l':a quale si capisce soltanto un iterato, minacciosissimo, «mòia!» detto :f:'.rercro Totò; «de visu» è scambiato per sardo: «dev'essere sardo» [Le sei !P1Pi di Barbablù, 1950; Letto a tre piazze, 1960]; anche a «statu quo» e ·~.~ manu» tocca la medesima sorte; IDTÒ: Ma allora è proprio sardo! [... ] Te lo dicevo/ io// Questo è sardo spaccato// A.\filCARE (Mario Castellani): Ma no/ è latino! ·roTò: Sarà latino/ coll'accento sardo// [Le sei mogli di Barbablù, 1950].

. ·. Senza deformazioni, invece, «de visu» ricorre in «osservo de visu» i~ lascia o raddoppia?, 1956] e in «mi lasci constatare de visu» [I la• ; 1959]. In Totò a colon·, 1952, Totò crede che il giardiniere pugliese ·~~Imo Inglese) sia straniero e gli si rivolge in francese, inglese, tede:;p,,spagnolo e russo: (;IARDINIERE: (cantando) "Femena/ tu sei una mela/ femena// Quist'uocchi hai fatto chiangere// Nun me posso più domandà ca"// .~', 'laurea' [Totò, Peppino e... la malafemmina, 1956; Totò diabolicus, 1962] e «psicopàta» 'psicopatico' [Totò contro i quattro, 1963].

,.YE:"E.PPINO: Ah/ "perché" qua! fOTÒ: Il dispiacere che avrete perché// "EPPLl\/0: "Perché" qua// iOTÒ: È aggettivo qualificativo/ no? FE>l'L"iiO: Beh/ io scrivo// roTÒ: Perché/ dovete lasciare/ nostro nipote// Che gli zii/ che siamo noi/ medesimo/ di persona ... Ma che stai facendo na faticata? S'asciuga il sudore// m>P!NO: Eh! rorò: Che siamo noi medesimo di persona/ vi mandano questo// (indica a R>ppino il pacco con i soldi) Bft."\O: Questo// ~ : Perché il giovanotto/ è studente che studia/ che si deve prendere una ~al

:_Laura//

me deve tenere la testa>/ al solito posto// Cioè/ ,Cioè... collo// // >/ pund'e virgola ... do// · e un pund'e virgola// pa robba// . wcia fare! Che dica che noi siamo provingiali/ siamo tirati... ,pp... i indisdindamènde/ salutandovi indisdindamènde ... -./ Salutandovi indisdindamènde/ i fratelli Caponi// Che siamo .' apri una parende// Apri una parende/ dici/ "che siamo noi// ç-.,,,..,,.,,...,.~;.. ~ J . . U {j

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LA LINGUA IN GIOCO

PEPPINO: Caponi// TOTÒ: Hai aperto la parende? Chiudila// PEPPINO: Ecco fatto// TOTÒ: Volevi aggiungere qualcosa/ cu/ allora? PEPPINO: Ma ... hm ... beh ... TOTÒ: Va be'// PEPPINO: Così! senza nulla a pretendere/ non c'è ... non c'è bisogno// TOTÒ: In ba ... in data odierna// PEPPINO: Beh/ // TOTÒ: ...

~ai:..atp>i del genere in Caffarelli 1998.

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LA LlNGUA IN GIOCO

ANTONIO: Da dove? GIULIA SOFIA: Copacabana// LEOPOLDO: Eh ... Copacabana// ANTONIO: Che Campa Campana! Io vengo da Caianiello// GIULIA SOFIA: , e «Romania» sono sinonimi [Totò, Peppino e... la dolce vita, 1961] e i «romanisti» sono i 'romani' [Totò e Cleopatra, 1963]. Le cascate del Niagara si trovano in Norvegia [Tototruffa '62, 1961]. La regione viene confusa col fiume, nel tormentone «ho attraversato l'Alto Adige» [Totò e Peppino divisi a Berlino, 1962]. Neppure sulla posizione geografica dell'Egitto Totò mostra di avere le idee particolarmente chiare [Totò e Cleopatra, 1963]. Gli «arabeschi» sono gli 'arabi' [Totò d'Arabia, 1965]. Per tutti gli scambi tra lingue e dialetti si rimanda ai relativi capitoli I e IL Un gioco ricorrente consiste nel fraintendere un aggettivo o un sostantivo (schizofrenico, mastodontico, esca) per un'indicazione geografica: «non è italiano?», chiede Totò, sentendo l'aggettivo «mastodontico» [Totò le Mokò, 1949] 13 • Il colore della pelle è talora deriso [L'imperatore di Capri, 1949; Totò cerca moglie, 1950; Tototruffa '62, 1961; Totò di notte n. 1, 1962], secondo un'infelice prassi del cinema fino a non molti anni fa (si pensi anche al doppiaggio di personaggi di colore, in primis la Mammy di Vìa col vento): «è una negra/ una selvaggia/ una cannibale!» [Totò cerca moglie, 1950]. Del razzismo antimeridionale e antisettentrionale si è già parlato a proposito dei dialetti, nel secondo capitolo 14 •

Per gli esempi di questo gioco cfr. Ruffin 1996, p. 340. Alcuni dei temi trattati in questo paragrafo sono stati acutamente approfonditi da Valentina Ruffin (1996). 13

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XII. «ZETA!»: LE INTERIEZIONI

le interiezioni primarie, i segnali discorsivi e le pause vocalizzate (ov~o quei riempitivi che caratterizzano gran parte del parlato spontaneo, ora per prendere tempo mentre si progetta un enunciato, ora per dare segni di assenso o dissenso, ora per esprimere meraviglia o disappunto e..-.:.) hanno un ruolo molto importante nei film di Totò. È evidente, dal a:mfronto con il linguaggio cinematografico medio, che il numero e la varietà di queste forme (che d'ora in avanti chiamerò soltanto, cumulativa~te, interiezioni, per brevità) sono di gran lunga superiori rispetto ad .·mi film. L'alta frequenza di interiezioni è determinata soprattutto dal fat1!!0 che quasi tutti i film con Totò, specialmente per quanto riguarda il pro·~nista, erano girati in presa diretta e con un ampio margine lasciato alJìznprovvisazione. È chiaro che i vari ehm, eh, mhm, ah, utilizzati per ~ere tempo, per ricordare una battuta, per autocorreggersi, sono di ~ o eliminati dal doppiaggio, e anche da un tipo di recitazione tradizio;~, interamente basata sul copione 1• Nel solo Totò a colori, 1952, oltre alle forme base presenti pratica~ t e in ogni testo orale (ah, beh, eh, ehi, hm, oh), abbiamo la se.~1:e gamma di tipi interiettivi: ahé, bah, ih, mah, ohé, ohi, ohiohiohi, .,,_, uh, uhé, uhuh. Oltre alle interiezioni usate in fitte serie ribattute o : : ~ , quasi a simulare una risatina: ah ah ah ah, eh eh eh eh, : ~ a h , eheheheh ecc. In media, si calcolano più di sei interiezioni ~ rento parole del film. Tale varietà va spiegata, oltreché con la pre1:& rlz..retta, anche con la tradizionale prassi teatrale comica, che da sem. .1/JFe 5frutta i suoni inarticolati o semanticamente e morfologicamente ~ per suscitare il riso, giocando con la lingua come fosse musica : ~ significato. Il fenomeno va visto parallelamente all'uso dei termi,;~-~tati e deformati e degli ideofoni (di cui al prossimo capitolo), ~issimi in Totò.

' \ ~ interiezioni nel cinema cfr. Rossi 1999a, pp. 113-14, 180-81, 341-46, 441-48.

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LA LINGUA IN GIOCO

A proposito delle interiezioni, è celeberrimo l'uso di «zeta» dopo la serie di oh, eh, ah in Totò contro Maciste, 1962: TOTOKAMEN (Totò): Oh// TARANTENKAMEN (Nino Taranto): Ascolta bene il mio piano// TOTOKAMEN: Oh// TARANTENKAMEN: Dunque/ io/ adesso/ vi precedo nel tempio ... TOTOKAMEN: Oh! TARANTENKAMEN: Senti/ smettila con queste "oh"/ perché/ per piacere/ è un'esclamazione che adesso non c'entra per niente! TOTOKAMEN: L'o/ eh? TARANTENKAMEN: Sì// TOTOKAMEN: T'è antipatico? TARANTENKAMEN:Sì// TOTOKAMEN: Oh/ scusa TARANTENKAMEN: Non m'è antipatico/ ma non c'entra// TOTOKAMEN: Va beh/ comunque/ ma non lo vuoi vedere// TARANTENKAMEN: Dunque// TOTOKAMEN: Sì// TARANTENKAMEN: Io vi precedo nel tempio// TOTOKAMEN: Eh// TARANTENKAMEN: Qua... Pure "eh"/ mo?! TOTOKAMEN: Eh/ hai detto "oh"/ prima/ scusa! TARANTENKAMEN: Me danno fastidio le esclamazioni/ adesso! TOTOKAMEN: Eh e oh// TARANTENKAMEN: Sì/ me danno fastidio! TOTOKAMEN: Ho capito// TARANTENKAMEN: Entro nel tempio/ TOTOKAMEN: Hm// TARANTENKAMEN: e vado a... a mettermi... a nascondermi/ nella statua del dio Amon// TOTOKAMEN: Ah! TARANTENKAMEN: Smettila con queste vocali/[ ... ] TOTOKAMEN: Ah/ è proprio ... è tutto il sillabario/ ch'è da rifare! TARANTENKAMEN: Sì// Eh/ me dà fastidio il sillabario! TOTOKAMEN: E va bè/ abbando/ abbando le vocali// TARANTENKAMEN: Ah! TOTOKAMEN: Dunque// TARANTENKAMEN: Entrato nella statua del/ dio Amon/ TOTOKAMEN: Zeta!

«ZETA!»: LE INTERIEZIONI

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Come al solito, non si può stabilire a chi spetti il merito di aver ideato questo piccolo capolavoro di comicità, comunque perfettamente in linea con l'umorismo di Totò. Quel che è certo è che l'autore mostra una capacità deformante straordinaria, al punto da intervenire sulle più piccole e più primitive particelle del codice verbale: le esclamazioni.

XIII. «GNA GNA GNA GNA GNA GNA. .. CHIA CHIA CHIA CHIA... CHIÈ CHIÈ CHIÈ CHIÈ ... PIPIPIPIPÌ... PIPIPIPIPÌ... GNA CACACACACACACA COO. .. PEPÈ ...»: IL DELIRIO DEGLI IDEOFONI

Gli ideofoni (o forme onomatopeiche, owero quelle parole che non hanno altro significato se non il loro stesso suono, imitativo di versi d'animali, rumori e simili) fanno parte del bagaglio essenziale del testo comico, fin dalle origini (cfr. le citate indicazioni di Andrea Perrucci). Prendendo ancora una volta a modello Totò a colori, 1952, ricordiamo i seguenti ideofoni: chichichichì, clocloclocloclò, dindindindin, dr, drang, mao, meeh, ndr, ssh, ta, taratattattara, tatara, tatatatatatà, tettetettetè, tippetippetìp, zac, zazà, zun, zunzunzùn. Alcuni di questi compaiono nel brano seguente, che cito per esteso, sia perché mostra un massiccio ricorso a suoni scarsamente articolati (interiezioni primarie e ideofoni), sia perché è la battuta più lunga di tutto il film e mostra in pieno l'abilità di Totò di dominare da solo il palcoscenico, addirittura facendo la parte di più personaggi e cose (in questo caso, fingendosi Tiscordi, Zozzogno e il campanello): È strano// (cantando) "È strano// È strano// Mi sembra molto strano// Ma/ chis-

sà/ perché// Ah/ sì sì sì sì/ capisco// Zunzunzùn// Capisco/ forse"// (Parlando) Questi vorranno venire di persona// Eh già/ vengono di persona// Tippetippetìp/ qui// E allora bisogna che io m ... mi... mi affretti a terminare il secondo tempo// Strano// Perché gli ho mandato quasi tutta l'opera// Mah// Affrettiamoci a finire il secondo tembo// Eh già// Perché da un momèndo all'altro/ possono venire qua/ bussano alla porta// "Ndr"// "Chi è"? "L'editore Tiscordi"// Oppure/ "ndr"// "Chi è"? "L'editore Zozzogno"// "Eccomi qua/ il maestro// Prego/ si accomodi"// "Grazie"// (alla cameriera) Eccoci qua// Questa è la mia opera// Il mio capolavoro// Eccolo qui// Ho già trovato il titolo/ sai? Sì// La chiamerò/ Epopea italica// Magnifico// (mostrando le spartito alla cameriera) Vedi/ cara/ qui siamo al terzo atto// Quando Cristoforo Colombo/ fa rapire/ Elena di Troia// Che poi sopraggiunge la madre di Elena... Beh/ beh/ lasciamo perdere/ vai// Mi ci vorrebbe un'ispirazione// Sendi/ mia buona e dolce fandesea/ apri meglio la finestra// Fa' che io mi ispiri// Poiché i temi della natura/ sono sembre i suggerimèndi migliori// Sì// Fa' che io mi ispiri// Voglio origliare// Origlio// Hmhm//

(ascoltando il rumore dell'acqua di una fontana e tentando di riprodurlo con il pianoforte. Immagine della fontana) Sì/ hm/ sì! Eccola! Sì! Ah! (scrivendo sul pentagramma) Do// Do// Si diesis// Re fa// Croma// Semicroma// Bi-

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LA LINGUA IN GIOCO

scroma// Un accidente/ in chiave// Eheheheh//# (ascoltando il canto di un

uccellino e tentando di riprodurlo con il pianoforte e con la voce. Immagine di due uccellini) "Chichichichì// Chichichichì// Chichichichì"// Sì// (scrivendo sul pentagramma) È una biscroma// È un si// Si/ biscroma// Biscroma si// (suonando e cantando) "Chichichichì"// Eheh//# (sentendo il rumore di uno sciacquone. Immagine di Rocco al bagno. Antonio chiude il pianoforte e si alza di scatto) Bah! Ma come si può comborre in questa casa?! Ecco! Uno scroscio di igienico idraulico! Non si può creare! In questa casa non si sende altro che parolacce/ la pèndola che bolle/ la vacca che partorisce! Che ispirazione può venire fuori?! "Clocloclocloclò// Meeh// Ssh// Ah6/ te possino ammazzà! Ma annà" ... Robba da pazzi! (suona il campanello) Ro ... Han ... han ... hanno suonato! Hanno suonato! Oh Dio/ hanno suonato! Questo dev'ess ... i...

A metà del film Totò, Peppino e i fuorilegge, 1956, quando la moglie di Antonio (Titina De Filippo) si trova nel bosco di notte per pagare il riscatto del marito che crede rapito, c'è un brano esilarante di Peppino e di Totò che imitano il verso degli animali più strani, per spaventare la donna. Riprodurre graficamente tali suoni è impossibile, anche se ho tentato di farlo nelle forme riponate nel titolo di questo capitolo. Totò e Peppino sembrano due strumenti musicali impazziti, che emettono suoni mai sentiti prima. Anche qui si ha l'impressione, ancor più che con «zeta!» citato nel capitolo precedente, di assistere all'annullamento del linguaggio, o a un suo regredire alla fase preverbale, allo sgretolarsi dei fonemi in meri foni: la totale deprivazione di significato riduce la lingua a musica o rumore. A me pare che l'abuso di interiezioni e di fonosimboli, spesso svuotati semanticamente e utilizzati più a scopo musicale e ludico che pragmatico, possa ricondursi al rapporto di Totò con la musica, e in panicolare con l'opera rossiniana, da lui più volte citata (Il barbiere di Siviglia, La gazza ladra: cfr. supra, VII): il trionfo della confusione babelica, mirabilmente resa dall'iterazione di espressioni onomatopeiche e ideofoniche, era infatti frequente in Rossini (L'italiana in Algeri, Il turco in Italia, Il barbiere di Siviglia, La Cenerentola) 1• Abbiamo già letto l'opinione dello Spinazzola (1974), secondo il quale per Totò la musica era una vitale valvola di sfogo, come compensazione al disagio fisico e sociale. Ma tutto questo doveva evidentemente far parte del bagaglio profondo del comico, di una sua sin-

1 Esempi e maggiori dettagli su questo tema si trovano in Rossi 1999a, pp. 180, 44144, cui si rimanda anche per la bibliografia sugli ideofoni.

«GNA GNA GNA GNA GNA GNA... CHIA CHIA CHIA CHIA ...

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tonia quasi inconscia con i meccanismi dell'opera buffa, dato che, dalla testimonianza raccolta da Franca Faldini, non pare che Antonio de Curtis fosse un assiduo ascoltatore di musica operistica. Anche per questo fenomeno Totò a colori è un film emblematico, specialmente nei brani in cui Totò canta le interiezioni o gli ideofoni, allontanandosi dunque ancora di più da ogni realismo comunicativo: ROCCO: (entrando, dopo aver sfondato la porta) Vuoi piantarla? Scimunito (autentico]/ ah?! ANTONIO: (cantando) ''.Ahi ahi ah/ "// ROCCO: / sì o no?! ANTONIO: È un la// È un la// ! ROCCO: / sì o no? ANTONIO: (cantando) "Vuoi finirla/ sì o no"? Ripeti// ROCCO: Vuoi finirla/ sì o no? ANTONIO: (cantando) "Do re mi fa sol do do/ do re mi fa sol do do/ do re mi fa sol do do/ do re mi fa ! ROCCO:! SORELLA: ! A me! [Sono) io! [Totò a colori, 1952].

Gli errori d'allocuzione in Totò, Peppino e... la malafemmina, 1956, con il caratteristico passaggio dal piano intralinguistico della lettera a quello extralinguistico, sono già stati comi;nentati (111.2). Peppino non capisce l'egli detto da Totò parlando di Peppino in terza persona: ANTONIO (Totò) (alla moglie): Come tu ben sai/ egli... (a Peppino che si gira cercando un'altra persona) Chi è? Che c'è? PEPPINO: Egli chi? ANTONIO: Egli che? PEPPINO: Egli chi è? .Ai'ITONIO: Egli tu// PEPPINO: Ah/ io// ANTONIO: Ho detto "lui/ egli/ lui"... PEPPINO: Ah no/ ho sentito "egli"// ANTONIO: No/ parlavo in seconda persona// PEPPINO: Ah ... Siccome siamo in prima// [Totò, Peppino e i fuorilegge, 1956] •.

Totò parla dell'ingaggio di Aldo in un'altra squadra calcistica, mentre Aldo crede che Totò gli stia offrendo la mano della figlia: LUIGI (Totò): Penso/ che ci voglia anche il consenso suo/ no? ALDO (Paolo Ferrari): Suo ... di lei? LUIGI: Suo... suo/ di lei// Di lei lei/ va? Di lei lui// Di... hm ... di lei tu// Come si;dice? Eh// ALDO: Di me? [Gambe d'oro, 1958].

6 A un diverso livello d'analisi, si potrebbe anche osservare il senso di alienazione.e:: di straniamento prodotto da simili fraintendimenti di pronomi personali. A riguarckt,;11:f in particolare su quest'ultima scena citata, cfr. Blissett 1996, pp. 5-6. \'i

-QUk'iDO SI DICE BONG/ORNO ...»: LA FUNZIONE Mfil'ATESTUALE ...

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DOGANIERE (Luigi Pavese): Il passaporto! L'ALGERINO (Totò): Oh! Quale? DOGANIERE: Il suo// L'ALGERINO (riferendosi a Castellani) Il suo? // DOGANIERE: // Il suo// L'ALGERINO: Il mio? DOGANIERE: Il suo// L:ALGERINO: Il mio di mio? DOGANIERE: Sì// Il suo// Il suo passaporto// Presto! [Noi duri, 1960] . .PSICHIATRA (Nino Taranto) (a Totò): Chi le ha dato il permesso di entrare? SMEMORATO (Totò): Non lo so// Chi glielo ha dato? PSICHIATRA: A lei! Chi ha dato il permesso di entrare? SMEMORATO: (alla suora che si trova nello studio medico) A lei/ sorella! Chi gli ha dato il permesso di entrare? [Lo smemorato di Collegno, 1962].

XVII. E CHI PIÙ NE HA; PIÙ NE METTA: L'ACCUMULAZIONE

La ridondanza, la ripetizione, le lunghe serie enumerative, l'amplificamn.e sinonimica, lo sfruttamento delle rime e delle assonanze sono stilemi assai noti in retorica e in stilistica 1 . Vediamo vari esempi dai film di ~ò, ordinati in sottofenomeni.

~1U.

« ...

affini e collaterali»: amplificazione (pseudo)sinonimica

·.fw volte abbiamo osservato come aulico e popolare, arcaismi e neo~ ' italiano, dialetti e lingue straniere conflagrino in uno stesso enun-~-~~ v.uiamente commisti in miscele più espressionistiche, gaddiane, caB:bs.oopiche, che realistiche. Nei capitoli successivi, dedicati ai giochi :~, che al cinema si incontra in Fermo con le mani, 1937; San Gio- ~ " - 1940; / pompieri di Viggiù, 1949; Totò a colori, 1952. Fu lo stesso

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LA LINGUA IN GIOCO

do gli aulicismi in un contesto popolare, e scardinando così le più prevedibili dinamiche sociali della lingua, Totò provoca una specie di corto circuito comunicativo che, per il fatto di essere talmente inaspettato e lontano da ogni previsione dello spettatore, non può non generare la risata liberatoria, secondo i più volte ricordati meccanismi freudiani della comicità. In un certo senso è il pirandelliano «awertimento del contrario», alla base della comicità, spostato dal piano contenutistico, filosofico e metateatrale (Pirandello) a quello linguistico, metalinguistico e metacomunicativo (fotò), grazie alla scomposizione e al rimescolamento delle strutture e alla giustapposizione degli opposti. La lingua usata in modo imprevisto diventa quindi una molla della comicità. Il mondo a rovescio, il carnevale, diventa in Totò principalmente rovesciamento e carnevale linguistico 4. Vediamo dunque alcuni dei tamponamenti («vicinati inattesi») e dei sovraccarichi sinonimici più significativi. . Una sorta di compasso per misurare le dimensioni del cranio viene chiamato, quasi di seguito, «contrappasso», «fracasso», «termogène» (forse deformazione di termògeno), «fonografo» [Due cuori fra le belve, 1943] : come si vede, qui quello che conta è ridurre i linguaggi settoriali a un vaniloquio, mediante l'ipertrofia pseudosinonimica di termini assolutamente decontestualizzati o inventati (termogène). Molte di queste serie parasinonimiche sono disposte in climax o in anticlimax, perlopiù diafasico (owero ogni termine o sintagma si mostra un gradino stilistico più in alto o più in basso del termine o del sintagma precedente): «scevro// Anatomizzo// Studio i particolari»: lingua colta ~ Totò a confessare il proprio amore per i fuochi artificiali in scena, perché «la mia infanzia è tutto un fuoco artificiale; sento ancora l'odore della polvere pirica» (Zavattini 1940, p. 405). • Non esiste comicità che non passi per il gioco verbale, come già accennato nell'introduzione. Su questi temi sono fondamentali le opere di Michail Bachtin (cfr. L"::' particolare Bachtin [1975] 1997, pp. 231-405). Bachtin, a proposito di Rabelais, accenna anche all'«alogismo», generato dalla giustapposizione di parole abitualmente non as-sociate nel discorso comune, owero dal passaggio dai «vicinati consueti» ai «vicinal!iì inattesi» (ibid., p. 315): «Rabelais non teme a volte neppure le locuzioni del tutto as--• surde pur di porre accanto ("stabilire rapporti di vicinato'') parole e concetti che il dib-? scorso umano sulla base di un determinato ordine, di una determinata concezione dd. mondo, di un determinato sistema di valutazioni non usa mai in un solo contesto.. .m. un solo genere, in un solo stile, in una sola frase, con una sola intonazione. Rabem:, non teme la logica dell'alogismo» (ibid., pp. 323-24). È chiaro dunque, ancora unaoy ta, che la comicità e lo stile di cui stiamo parlando ha origini secolari. :,:4

E CHI PIÙ NE HA, PIÙ NE METTA: L'ACCUMULAZIONE

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tecnicismo-+ lingua neutra; in luogo di chiacchierare ecco la raffica di sinonimi (diafasicamente variegati) fornita da Totò: conversare, blaterare, parlottare, ciangottare [Totò cerca casa, 1949]. «Trapassai/ defunsi/ decessi» O'ultimo termine presenta l'arcaica, ricercatissima, forma decessi, i."1 luogo di decedetti o decedei); «vattene/ sparisci/ dilèguati»; alla propoSta di fingersi fantasma, Totò risponde: «mi proponi una società di spiriti// Un'intesa fra anime benedette// Un pio sodalizio/ di trapassati»; «svélati// Palésati» [47 morto che parla, 1950]. Abbiamo già commentato l'accosta~nto tra dialetto e italiano (ed eventualmente lingue straniere); qui si -.unga: «ho bisogno di una consorte/ di una moglie/ di una mogliera/ Q'~•: italiano ricercato -+ italiano medio -+ dialetto (ma anche italiano ar,ib.ii...--o) [Destinazione Piovarolo, 1955]. «Di là siete attesi// Ma che attesi! '.'~erati// Ma che desiderati! Addirittura/ invocati!»; «basta/ con i colpi di Jiìlm:ma! Con le lotterie! Coi telequiz! Coi totosporti! Coi totototi!» [GamLliéd'oro, 1958]: la battuta (tra l'altro genialmente costruita sull'assonanza '~: 1òtò e totocalcio, con l'invenzione sarcastica totototi 'lotterie incondu,f.emi fatte con ogni stupidissimo pretesto'), col senno di poi, ci si moa :quasi una vaticinante protesta contro l'indecente sfruttamento del ~l'ili1,:;;rli Totò per un recente filmato pubblicitario sulle lotterie, che, come non ha neppure avuto il pregio di inventare un gioco linguistico • " ~isto da Totò. «Fonografo», «fotografo», «frigorifero» e «fedigrafo» : i l ~ usati in luogo di «fedifrago» [Letto a tre piazze, 1960]. «Un in~ / un limpido/ un puro/ uno scevro» [Totò e Peppino divisi a Ber~ 1%Zj: in questo caso il climax sembra costruito, per i primi tre di là da ogni intento parodico, quand'ecco che arriva il quarto ~1mn11ltt: me vanifica la figura retorica, facendola precipitare nel ridicolo, _ ,. .scevro viene usato, contrariamente alle attese lessicali, in modo

a,~.

..,.i,

f'".ebre stilema di Totò consiste nel terminare le serie sinonimiche ione «affini e collaterali», nel senso di 'e così via, eccetera' o, 1950; Totò a colori, 1952 e altri film sotto citati], o anche , to dei due termini (quasi sempre affine): «conti/ barbieri/ 1 Fratelli! Fratellastri! Compagni! Camerati! Cugini! Affini!» ~

. e;

che scevro assoluto è attestato nell'italiano antico nell'accezione di

rl; nell'italiano moderno di registro elevato, scevro di qualcosa indica da o privo di qualcosa': scevro di rischi, d'inganni, di colpe, ecc.

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LA LINGUA IN GIOCO

[Figaro qua... Figaro là, 1950]; «qualche bacio// Qualche affine» chiede Totò alla Pampanini [47 morto che parla, 1950]; «macchinista! Fuochista! Ferrovieri! Facchini! Affini! Collaterali! Uomini di fatica!»; «ferrovieri! Personale viaggiande! Ferrovieri! Macchinisti! Fuochisti! Affini! Uomini di fatica!»; «impiegati! Fattorini! Domestici! Camerieri! Affini!» [Totò a colori, 1952]; «Guadagnati una laurea// Un diploma// Un affine» [Totò e i re di Roma, 1952]; «siamo parenti// Affini» [Il medico dei pazzi, 1954], in cui affine è usato, sì, propriamente (nel senso di 'parente acquisito'), ma che, in quanto parola chiave del linguaggio «totoista», non può non innescare il meccanismo comico del riconoscimento; lo stesso valga per «cognato mio/ mio caro affine// Eh/ già/ tu come cognato mi sei affine» [Totò a colori, 1952]. «Tutti gli avoli della mia famiglia/ e i collaterali» [Totò a Parigi, 1958]; «un pezzo di formaggio/ un affine»; «ai parenti di Colabona/ ai familiari/ agli affini/ ai collaterali/ agli ascendenti e ai discendenti/ legittimi e naturali/ fino al quarto grado/ non bisogna rivolgere la parola» [Chi" si ferma è perduto, 1960] ; «sala/ per concerti sinfonici/ melodici/ e affini»; «vino/ liquori/ aperitivi/ e affini» [Rita, la figlia americana, 1965]. Le lunghe serie pseudosinonimiche usate come allocutivi possono anche essere prive di affini: «giardinieri! Contadini! Facchini! Uomini di fatica! Uomini a mezzadria! Mezzadri! Mezzadresse! Figli dei contadini abbandonati! Lavoratori della terra!» [Totò a colori, 1952]; «fuochisti! Macchinisti! Uomini di fatica!» [Totò, Fabrizi e i giovani d'oggi, 1960]. Viene così forse parodiata la retorica mussoliniana, che con questo stilem~, ad apertura di discorso, soleva includere populisticamente tutte le categorie di lavoratori. Un'accumulazione particolare, non di termini ma di costrutti, si trova in Totò a colori, 1952, film che più di altri fa ricorso a questa figura; nel brano seguente si può infatti osservare l'uso del congiuntivo e della terza persona plurale come allocutivo di cortesia, la presenza di termini ricercati (tentennare; poco sopra aveva usato nicchiare), commisti con un tratto popolare o quantomeno informale (a me mt), il tutto ridicolizzato sia dal rovesciamento del senso traslato di tentennare 'essere indeciso', in quello letterale di 'oscillare' (reso esplicito, iconico, dal movimento della testa e dall'osservazione: «vedono che un individuo sta tendennando/ lo si spezza»), sia dal tamponamento tra tono inutilmente ricercato e argomento futile Oa direzione di una «bandaccia di paese»): «mi lascino tendennare! Scusino! Mi lascino tendennare! Eh! Vedono che un individuo sta tendennando/ lo si spezza// Poi domani la colpa è mia// A me mi secca// Eh// (oscilla la testa) Ho tendennato».

E CHI PIÙ NE HA, PIÙ NE METTA: L'ACCUMULAZIONE

169

X"VII.2. «Seco lui»: pleonasmi

Un tipico caso di ridondanza è costituito dai pleonasmi, ovvero dalfimpiego di più parole per esprimere un concetto già implicito nella prima parola. Numerosi esempi si trovano in San Giovanni decollato, 1940, per connotare popolarmente i protagonisti: «padre paterno»; «madre materna»; «figlia femmina»; alla lettura del messaggio di Serafina, che sì apre con «cari genitori mamma e papà», il barbiere lettore osserva che .ìì «mamma e papà» è superfluo, e la madre Concetta (fitina De Filippo) replica: «i genitori è un conto/ il padre e la madre è un altro»; «vostra mad.re verrà a coabitare seco voi»; «padre legittimo e putativo di Serafina .mia figlia» [San Giovanni decollato, 1940]. I pleonasmi con seco si ripe [Rita, la figlia americana, 1965]. Come si vede, qui si gioca su , .. di inversione delle componenti etimologiche del verbo, che ge~a però un'espressione dal significato assai diverso: manomettere = ,.-.. le mani addosso; mantenere= tenere con le mani. tinuiamo nell'elencazione delle paronomasie semanticamente mo«gitani» 'gitanti': «questa non è una gita? Voi non siete dei gitani»; umanitarie» 'umane' e «nervo simpatico e antipatico» compaiono citato monologo sull'uomo scimmia [Due cuori fra le belve, il «nervo simpatico» è anche in L'uomo, la bestia e la virtù, 1953, overato da Totò tra i nervi che servono per ridere; il solito nervo, è tirato in ballo da Totò anche nel film Il monaco di Monza, 1963, are le contratture musçolari del defunto e i suoi sospetti movicanto che Macario conclude che «è il gran simpatico/ che ha fatto l'antipatico». sono in aspettativa» 'aspetto, sono in attesa' [Il ratto delle Sabine, . ; similmente, «ti aspetto// Mi metto subito in aspettativa» [Totò a Pa1958). A urbano viene spesso contrapposto, anziché inurbano o ex-

k

194

LA LINGUA IN GIOCO

traurbano, interurbano: «modi interurbani» [J due orfanelli, 1947; Totò e i re di Roma, 1952; Totò, Peppino e i fuorilegge, 1956; Totò, Eva e il pennello proibito, 1959]; arringando i parcheggiatori: «abusivi di tutti i posteggi urbani e interurbani/ unitevi!» [Totò, Peppino e... la dolce vita, 1961]; «i tuoi modi sono urbani// O popolo di vigili urbani!» [Lo smemorato di Collegno, 1962]. In un caso, a urbano si sostituisce urbanistico: «traffico urbanistico» [Totò, Peppino e... la dolce vita, 1961]. «Volatile» 'passeggero di un aereo' [Fifa e arena, 1948]; del «nucleo volante» della polizia tributaria Totò dice che lavora «all'aeroporto» [La banda degli onesti, 1956]. La «toponomastica» è un topicida, un rimedio contro i topi, ovvero un gatto [Fifa e arena, 1948]. «Ripetizione» 'petizione': «una ripetizione al ministero»; «industriata» 'industriale': «corrente industriata» [Totò cerca casa, 1949]. «Dipartire» sta per «partire», con allusione all'atmosfera macabra della situazione [L'imperatore di Capri, 1949; Che fine ha fatto Totò Baby?, 1964]; analogamente, «trapassare» 'passare': «trapassiamo di là», con riferimento ironico all'amore per il macabro e ai memento mori degli snob capresi [L'imperatore di Capri, 1949]; il gioco compariva peraltro, senza motivazione semantica, anche in Due cuorifra le belve, 1943. Da «taglia» 'ricompensa offerta a chi catturi un ricercato' vien fatto derivare «tagliente»: «sono tagliente// [... ]// C'è una taglia suìhl, mia testa» [Totò le Mokò, 1949]. > dell'aereo innesca la sostituzione ala~ coscia, quando Totò domanda, a un impiegato dell'Alitalia: «lei è della coscia?»; «cammina in punta di ginocchia» [Totò s~, 1963]. «Ai postumi/ l'ardua sentenza>, [Rita, la figlia americana, 1965].

XX.2. «Desto o son sogno?»: modi di dire invertiti Vediamo ora alcune collocazioni nelle quali viene scambiato l'or~ dei membri frastici: «desto/ o son sogno? Eh ... sogno/ o son desto?» [Le~; mogli di Barbablù, 1950; Totò all'inferno, 1955]; «ogni limite ha una~. zienza» [Sette ore di guai, 1951; Totò a colori, 1952; Totò, Eva e il pe!lfk) nello proibito, 1959; Chi si ferma è perduto, 1960; I due colon~ 1962]; «parli come badi» [Totò a colori, 1952; Siamo uomini o capomfli'; :tti

4

Per gli altri riferimenti alla famigerata legge Merlin si confronti, owiamenie. ,;;;:;

rangiatevi!, 1959, interamente dedicato al problema, e la gustosa battuta in Totò pino divisi a Berlino, 1962, rivolta alla cameriera di una casa equivoca: «co

qualche Frau Mèrlin?».

«PARI.I COME BADI»: GIOCHI DEL SIGNIFICANTE E DEL SIGMFICATO...

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1955; Totò, Eva e il pennello proibito, 1959]; «niente opere di bene/ ma soltanto fiori» [Totò e i re di Roma, 1952); «cj ho un capello per diavolo» f..Jl medico dei pazzi, 1954; Totò diabolicus, 1962]; al detto «campa cavalro/ che l'erba cresce» Totò risponde: «io non so se l'erba campa/ e il ca,'allo cresce» [Destinazione Piovarolo, 1955]; «ognuno fa la gamba/ serondo il suo passo»; «dato e non concesso// Oppure/ concesso/ e non dato» [Totò e Marcellino, 1958]; «il vaso/ che ha fatto traboccare la goccia» {lbtò, Peppino e le fanatiche, 1958]. «Per regola e norma tua>> [Totò nella lwza, 1958], «per sua regola e norma» [Noi duri, 1960], «per regola e oorma sua» [Il monaco di Monza, 1963], oltreché il già citato «per nogoh e nerma tua» [Fermo con le mani, 1937), invertono la frase fatta «per ma norma e regola». «Con un piccione/ lei piglia due fav. .. cioè/ con una imi.,! piglia due piccioni» [Il monaco di Monza, 1963] .

•ll.3. «Prima abbiamo perduto la guerra// Adesso abbiamo perduto la pace»: modi di dire intesi in senso letterale anziché traslato o viceversa fu questo caso lo slittamento semantico è essenzialmente pragmatico, ~ . alterazioni di forma, vale a dire che l'espressione, di per sé inecce~ sia sul piano del significante sia sù quello del significato, non fun~ nella conversazione perché la sua «forza pragmatica» (cfr. XVI.1) si .1'1.2. soltanto se viene usata in accezione traslata e non in senso letterait40ppure, viceversa, Totò interpreta in senso traslato un'espressione che h:e il suo interlocutore usa in senso letterale. lo::o gli esempi del primo tipo: per congratularsi con un uomo e una ~ amanti non sposati Totò dice: «fate bene/ fratelli», che rimanda al i frati ospedalieri (jatebenejratellt) [Sette ore di guai, 1951]; l'ericorda quello, già citato, di Quisisana (nome dell'albergo di Catto da Totò, che lo scambia per un ospedale, a «Quisimuore» colori, 1952]. L'espressione figurata «abbiamo perduto la pace» è tta da Tocò a un impossibile significato letterale, giustapposto al. ne antonimica «abbiamo perduto la guerra»: ~ : Abbiamo perduto la pace! ! '" · r,,.10 (Totò): ! !\: !

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LA LINGUA IN GIOCO

ANTONIO: ? Hai capito? Per colpa tua// Prima abbiamo perduto la guerra// Adesso abbiamo perduro la pace// [Totò a colori, 1952].

Nello stesso film, tentennare viene usato nell'accezione primaria di 'oscillare': «mi lascino tendennare! Scusino! Mi lascino tendennare! Eh! Vedono che un individuo sta tendennando/ lo si spezza// Poi domani la colpa è mia// A me mi secca// Eh// (oscilla la testa) Ho tendennato/» e «mi era rimasto un bo' di tendennatura nella testa// Sa/ alle volte uno [sbaglio] ...»; sempre in Totò a colori, l'espressione «solita musica» è usata da Totò in senso letterale, essendo lui un musicista, mentre è intesa da TIscordi (Luigi Pavese) in senso traslato 'le solite parole', e serve a fomentare la lunga serie di equivoci che vivacizzano l'ultima parte del film. «Lingua madre» è usato nel senso di 'lingua parlata dalla madre': «io parlo soltanto la lingua madre// [... ]// Perché mio padre morì/ quando io ero bambino» [Una di quelle, 1953]. Totò intende in senso letterale l'espressione: «mi ha messo una pulce nell'orecchio», detta da Carlo Ninchi, sicché risponde: «ma che so' scherzi che si fanno?! Si mette la pulce nell'orecchio/ a un signore/ galantuomo// Una pulce nell'orecchio// Ma lo sa/ che è pericoloso? La pulce può forare il timpano/ e va sulla Tromba di Eustachio/ e va al cervello», dopodiché soffia violentemente nell'orecchio del povero Ninchi; alla sfida «noi dobbiamo batterci all'ultimo sangue» Totò si sottrae con la scusa seguente: «io sono anemico» [Il medico dei pazzi, 1954] 5• «Sediamoci sopra» risponde Totò a Gino Cervi che aveva detto «soprassediamo» [Il coraggio, 1955]. In Totò lascia o raddoppia?, 1956, è Luigi Pavese a interpretare in senso letterale l'espressione di Totò «non fa una grinza», osservando: «il foglio è nuovo», tanto che Totò è costretto a rettificare: «no/ dico/ non fa una grinza/ il contenuto» dell'accordo per comprare il bar. «Tenere la testa a posto» è inteso da Totò e Peppino come 'tenere la testa sul collo', nella già citata lettera di Totò, Peppino e... la malafemmina, 1956. DOGANIERE (Luigi Pavese): ma che volete farmi uscire pazzo/ voi/ eh! L'ALGERINO (Totò): Vuole uscire pazzo? DOGANIERE: Sì// L'ALGERINO: S'accomodi//;

5 La battuta è d'origine teatrale: Cinquanta milioni c'è da impazzire, 1935 (dii: Guarini 1991 [a c. di], p. 258).

•ili!'IRU COME BADI»: GIOCHI DEL SIGNIFICANTE E DEL SlGNIF!C,\TO...

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non pago di avere così esasperato il povero doganiere, che chiarisce il ~so dell'espressione uscire pazzo, Totò lo corregge, suggerendo: «allora doveva dire/ leV "m ... me fate entrare pazzo"/ scusi» [Noi duri, 1960] . .JW.a dichiarazione di Peppino De Filippo «io cj ho il piede di porco», Totò ,domanda: «che numero porta?» [Chi si ferma è perduto, 1960]. All'espressione «due miliardi e rotti», Totò domanda: «e chi li ha rotti?» [Totoiltnljfa '62, 1961]; questa battuta è di provenienza teatrale, da Fra moglie re marito... la suocera e il dito, 1938: «un uomo che possiede 4 milioni e ,ftni...» «Quali rotti... I 4 milioni sono sanissimi ...» 6; all'invito «sbottonate/$> ·confidatevi', di Taranto, Totò osserva: «e che mi sbottono/ che non cj '.!~ bcmoni?!»; EGIDIO (Nino Taranto): E perché/ poc'anzi/ hai menato il can per l'aia? P.-\SQUALE (Totò): Io/ ho menato un cane per l'aia? EGIDIO: Sì// Hai menato il can per l'aia// E;\SQUALE: Quale cane?;

a.eco

(Giacomo Furia): Dov'è il frutto della colpa?

~,SQUALE: Ma giovanotto/ questa è una stanza/ non è un negozio da frutta-

rolo! [Il monaco di Monza, 1963]. · ~ medesimo film, a Celentano che lo chiama «fratello» ('frate'), Totò me: «ma che fratello/ e fratello?! Io sono figlio unico!». Dopo essere dal tu al Lei, Totò si giustifica: «siccome/ il viaggio è lungo/ io ho di/ accorciare le distanze» [Totò d'Arabia, 1965]. 'Del secondo tipo, cioè delle espressioni interpretate da Totò in senso ~ o anziché letterale, si segnala un solo esempio, in 47 morto che ~ - 1950: Totò, diventato fantasma, è così tranquillizzato da un altro ~:ma: «non possono vederti», intendendo che, essendo uno spirito, ~~ essere visto dai compaesani; Totò commenta: «neanch'io ho mai iamfli'Ji veder loro», cioè 'mi sono sempre stati antipatici'.

t~•-Gt.--ar:ini 1991 (a c. di), p. 227.

XXI. «ALTEZZA» «UNO E SESSANTACINQUE»: GIOCHI DEL SIGNIFICATO

'XXI.I. Il «busto d'oro del duce»: metafore, polisemie, omonimie, equivoci e qui pro quo Ogni lingua è caratterizzata in larga misura dall'ambiguità. La semioti-

):a ci ha insegnato che, tra tutti i sistemi di segni, le lingue verbali sono ;;rodici particolarmente ambigui, poiché sono sinonimici (uno stesso conh,reno può essere espresso da più parole o enunciati pressoché equivalen-

L~l

e polisemici (una stessa parola o enunciato può avere più di un signi[,,Èto) e quindi vaghi 1• Nella comunicazione ordinaria esistono varie straf"'~e per limitare questa vaghezza: ci si può servire, per esempio, di pafdrasi e di glosse per limitare il rischio del fraintendimento di termini po;: kmici; si sfrutta l'ordine delle parole e il contesto per avvicinarsi il più \tPJ5Sibile al senso che si vuole comunicare; si può addirittura ricorrere ad {'."iilli!i codici: gesti o immagini. '. Al di fuori della comunicazione ordinaria, l'ambiguità del linguaggio è E~ente sfruttata. Per esempio dalla poesia, forma testuale ambigua t"(:..smbolica, complessa, polisemica») per antonomasia: «l'ambiguità è un &r.iil!a:attere intrinseco inalienabile di ogni messaggio concentrato su se stesr::io; è, insomma, un corollario della poesia» 2 • Anche i giochi linguistici si i!;;~o essenzialmente sull'equivoco («l'équivoque constitue l'essence du f~de mots» 3), e quindi sull'ambiguità della lingua. Nel gioco verbale, an~;~ così come nella poesia, emergono tutti quegli accidenti che potrebbe([:~ mettere a repentaglio la normale comunicazione e che quindi nella ,,, , ersazione scritta e parlata ordinaria sono deliberatamente evitati 4. '"'' Oggetto di questo capitolo è dunque l'equivoco (o, per dirla con Totò, pro quo) dovuto alla polisemia o all'omonimia o al fraintendimento

;f''i~i k.t ) .

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Cfr. Simone 1992a, p. 46.

~i:->··; "Jakobson (1963] 1994, pp. 208-9.

I:;.

,;; Guiraud 1976, p. 9. • Cfr. Guiraud 1976, p. 79.

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LA UNGUA IN GIOCO

del significato di certi termini;_ Non si tratta più di parole o frasi deformate nel significante, ma soltanto nel significato. Su questa linea, il virtuosismo comico di Totò e delle sue spalle raggiunge i livelli più alti: sono in effetti, questi ultimi, i giochi più divertenti di tutti quelli citati finora. Il gioco tocca il suo culmine quando Totò porta quasi alla follia i propri interlocutori, coinvolgendoli in un interminabile scambio di accezioni. Esempi sommi in tal senso sono l'intera scena dell'onorevole in wagon-lit, in Totò a colori, 1952 (di cui abbiamo già commentato i brani salienti), e il lungo dialogo tra Totò e il notaio Cucuzza, in Totò diabolicus, 1962, sotto trascritto. Tolvolta, come vedremo, gli equivoci provocaci dalla polisemia costituiscono il motore della trama di tutta una scena [Totò a colori, 1952] o di un intero film [Totò le Mokò, 1949; Totò nella luna, 1958]. Passiamo ora ai numeorsi esempi. Quattro polisemie (scuola 'movimento culturale/edificio'; sfollati 'senzatetto/ipotetico movimento pittorico'; corrente 'movimento artistico/corrente elettrica'; alternata 'tipo di corrente elettrica/attività suddivisa in turni') si succedono nel brano seguente: MODELLA: (credendo che Totò sia un famoso pittore) Ho sentito parlare tanto bene di lei/ maestro// [Perché) è uno dei migliori/ pittori moderni// Da che scuola/ proviene? BENIAMINO (fotò) (alludendo all'edificio scolastico che occupava abusivamente) Io dalla scuola Garibaldi// Ci stavo come sfollato// Sì sì// Eh eh// MODELLA: Sfollati a quale corrente appartengono? BENIAMINO: Beh/ sa/ corrente alternata// Con questi turni! [Totò cerca casa,

1949].

Tutto il film Totò le Mokò, 1949, si regge sull'equivoco innescato dalla polisemia del termine banda (e confermato dalle duplici accezioni, generiche o metaforiche e musicali, dei termini fuga, terzetto, programma, strumento, opera e sinfonia 6), da Totò inteso come 'complesso strumentale' e dai suoi seguaci algerini come 'associazione a delinquere'. 5 La polisemia indica la pluralità di significati di uno stesso termine (per es. cane 'animale/parte della pistola'), mentre l'omonimia indica due termini diversi (cioè con diversa etimologia, oltreché significato), identici nel significante, per es.perito 'morto'. dal lat. PERIRE, e perito 'esperto', dal lat. (EX)PERIRI. 6 Cfr. Ruffin 1996, p. 352.

~ A » «UNO E SESSANTACINQUE»: GIOCHI DEI. SIGNIFICATO

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'.i> Quando il ricchissimo padrone di casa gli illustra la dignità storica del•popria dimora («era un castello dei Medici»), Totò, fraintendendo, do~ : «era un ospedale?>, [Le sei mogli di Barbablù, 1950]. Scontata, ~ stesso film, la polisemia di piano 'progetto/pianoforte': ;;e

1it>

lAt"ìA (Isa Barzizza): In confidenza/ io ho un piano//

[,;1\ TOTÒ: Ss! Confidenza per confidenza/ ma... mi raccomando/ eh? Io ho due t}

pifferi/ e una zampogna// L-\i~A: Ma non avete capito! Io ho un piano astutissimo! TOTÒ: Io cj ho una zampogna ch'è grossa così! [Le sei mogli di Barbablù, 1950).

Sulla stessa polisemia di piano si gioca anche in Il monaco di Monza, e già in Fermo con le mani, 1937: «è un mare pieno di perico!V/ Per

atrnversarlo avevo un piano// Ma è scordato». «Una scrittrice di vaglia» 'di ~uo' è inteso da Totò come un'«impiegata alle poste» [Le sei mogli di ~blù, 1950). La polisemia di aereo 'diafano/aeromobile' è alla base Id dialogo seguente (il gioco è arricchito anche da un aggancio conte~ : nel film si parla di una mongolfiera): FAl'-ffASMA: Siamo aerei// .-\.--..TONIO (Totò): Allora siamo dirigibili// FAI'ITASMA: Siamo fatti d'aria// Ai~TONIO: Palloni// (47 morto che parla, 1950].

Nel medesimo film: «potrebbe essere una panna// Una doppia pann~,, :,~o di un'automobile guasta: la forma sing. panna 'guasto' (avere una ~ma), attestata, è comunque molto rara e non c'è dubbio che qui Totò " · i sull'omonimia. «Persiane» 'donne di Persia/finestre': «ho accostato rsiane», detto accostando l'una all'altra due donne provenienti dalla ~ia; all'appellativo onorifico di «altezza», Totò risponde: «uno e sessan~que» [L'imperatore di Capri, 1949]. Corso è inteso sia nell'accezione "serie di lezioni', sia in quella di 'strada':

f

GOVERNATORE (Guglielmo Barnabò): E... don Basilio le avrà anche detto/ a che punto del corso l'ha lasciata// FIGARO (Totò): Sì/ a piazza Dante//;

l'uso traslato di imbottire di piombo 'uccidere' e la doppia accezione ~ferro come 'metallo' e come 'elemento chimico' è alla base del dialogo ~ente:

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LA UNGUA IN GIOCO

ALONZO (Renato Rasce!): Modrai imbottito di piombo! FIGARO: Oh/ non è possibile// ALONZO: Perché// FIGARO: Il medico m'ha ordinato il ferro//;

il verbo cantare è usato dai banditi nel senso di 'confessare', mentre Totò comincia a cantare, quando gli dicono «canta!»; sull'omonimia conti plur. di conte/conti plur. di conto si basa il gioco seguente: FIGARO (Totò): È tornato/ il conte d'Almaviva? GUARDIA: No// FIGARO: Questi conti/ che non tornano mai! [Figaro qua ... Figaro là, 1950].

Il gioco si ripete in Totò lascia o raddoppia?, 1956: «i conti qualche volta non tornano// Ma io sono duca», dice Totò a Mike Bongiorno, che credeva che il duca non arrivasse in trasmissione. «Lui è un principe del foro// È come un sorcio// È con,osciuto in tutti i fori» [Sette ore di guai, 1951]. Alla fine di Guardie e ladri, 1951, si gioca (anche se stavolta con toni autenticamente drammatici) sulla doppia accezione di stazione 'ferroviaria/di polizia': Totò saluta la famiglia come se stesse partendo, mentre sta per andare in prigione. Il doppio senso di democrazia 'forma di governo/partito politico' è sfruttato in Totò a colori, 1952: «e ammettendo anche che io/ per democrazia cristiana/ ammettendo/ che io/ per democrazia cristiana/ [... ] volessi dirigere questa banda/ eh/ questa bandaccia/ mi dica un po'/ lei/ che è sindaco/ eh/ il trombone chi lo suona? Giuseppe Vèrdi?». Il primo riferimento, non lusinghiero, alla Democrazia Cristiana si ha, in realtà, nella celebre scena del pesce in Fifa e arena, 1948: Totò sta spiando Isa Barzizza nuda attraverso un acquario, quando un pesce (brillante espediente della censura) si intromette, impedendogli di vedere le parti salienti, sicché Totò protesta, sostenendo che quel pesce «dev'essere democristiano»; la battuta, che subito divenne proverbiale tra il pubblico (come testimonia la stessa Barzizza 7), viene citata anche in I pompieri di Viggiù, 1949, allorché Totò dichiara alla Barzizza di conoscerla quasi tutta: «tutta no/ ma quasi// Se non c'era quel pesce! Vi avrei conosciuta tutta». Continuiamo con gli esempi: sull'omonimia di esercito verbo/sostantivo si gioca in Totò a colori, 1952, quando l'onorevole Trombetta dichiara:

7

Cfr. Anile 1998, p. 41.

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«UNO E SESSANTACINQUE»: GIOCHI DEL SIGNIFICATO

213

--esercito una professione» e Totò crede che il suo interlocutore faccia il maresciallo, dal momento che ha inteso esercito come sostantivo. Sempre -~ 1òtò a colori è notevole tutta una serie di polisemie che sono alla base 11.ki gustoso gioco di equivoci delle scene conclusive del film: Antonio Scannagatti (Totò), sfonunato compositore, si presenta all'editore musicaJe TtScordi (Luigi Pavese) ~redendo che questi sia intenzionato ad allestire :6 Scala una sua opera; Tiscordi, invece, è convinto che Scannagatti sia oo infermiere inviato dall'ospedale per fargli un'iniezione. Il lungo equi,oco è possibile grazie alle seguenti omonimie e polisemie: Quisisana è il chiaro), Armenia Balducci (sua figlia Rosinella), Anita Durante (sua ~;_ moglie), Mario Castellani (il giudice), Nino Vingelli (il venditore di pei&F w-di), Attilio Rapisarda (l'usciere), Fiorella Marcon e Isabella Nobili (figlie di Chiarchiaro). Ppp.: 03/02/1954.

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f,

'è la libertà ... ?, 1954 (bn). R.: Roberto Rossellini. Sg.: Roberto Rosselli-

J&arico.

P.: Carlo Ponti e Dino De Laurentiis per Lux Film, Giovanni ;.&.nati per Golden Films. I.: Totò (Salvatore Lojacono), Leopoldo Trieste :\(Abramo Piperno), Vera Molnar (Agnesina), Nyta Dover (la maratoneta · · ... danza), Franca Faldini (Maria), Giacomo Rondinella (un carcerato),

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LA LINGUA IN GIOCO

Ugo D'Alessio (un giudice), Fernando Milani (Otello Torquati), Eugenio Orlandi (Romolo Torquati), Augusta Mancini (Teresa), Giacomo Gabrielli (Torquato Torquati), Andrea Compagnoni (Nandino), Vincenzo Talarico (avvocato della difesa), Mario Castellani (avvocato dell'accusa), Ines Fiorentini (Amalia), Thea Zubin (Dea), Pasquale, Nino e Fortunato Misiano (tre pensionanti), Fred e Aronne (ballerini)." Ppp.: 25/02/1954. La macchina fotografica, 1954 (bn). Episodio di Tempi nostri (Zibaldone n. 2). R.: Alessandro Blasetti. Sg.: Age, Scarpelli. Se.: Age, Scarpelli, Alessandro Continenza. P.: Cines, Lux Film, Lux Compagnie Cinématographique de France (Francia). I.: Totò (Dionillo), Sophia Loren (la ragazza), Silvio Bagolini (il ladro), Mario Castellani (il barista). Ppp.: 16/03/1954.

Miseria e nobiltà, 1954 (c). R.: Mario Mattali. Sg.: dalla farsa omonima dì Eduardo Scarpetta, 1888. Se.: Mario Mattali, Ruggero Maccari. P.: Carlo Ponti e Dino De Laurentiis per Excelsa Film. I.: Totò (Felice Sciosciammocca), Dolores Palumbo (sua moglie Luisella), Sophia Loren (Gemma), Valeria Moriconi (Pupella), Enzo Turco (Pasquale), Gianni Cavalie..c ri (don Gaetano), Carlo Croccolo (Luigino), Franca Faldini (la modisia Nadia), Liana Billi (Concetta), Giuseppe Porelli (il marchese Ottavio},;,: Franco Sportelli (il maggiordomo), Vera Nandi (la cameriera), Franm Pastorino (il marchesino), Franco Melidoni (Peppiniello), Giulia MdÌ", doni (Bettina), Enzo Petito (don Gioacchino), Dino Curcio (Biase), ~ no Di Napoli (il portiere), Nicola Maldacea jr. (lo sposino), Leo B ~ e Franco Caruso (due cafoni). Ppp.: 08/04/1954. Il medico dei pazzi, 1954 (e). R.: Mario Mattali. Sg. Dalla farsa 'O mi~, co de' pazze di Eduardo Scarpetta, 1908. Se.: Ruggero Maccari, '1":mf cenzo Talarico, Totò, Mario Mattali. P.: Carlo Ponti Cinematografica~ Totò (Felice Sciosciammocca), Tecla Scarano (sua moglie Cane~ Maria Pia Casilio (Margherita, loro figlia), Franca Marzi (signora Cri..~ di), Aldo Giuffré (Ciccillo), Vittoria Crispo (Amalia), Mario Castdal (signor Cristaldi), Carlo Ninchi (l'attore), Nerio Bernardi (il colo.-~ lo), Giacomo Furia (Michele), Nora Ricci (Rosina, figlia di Amalia).~; pella Maggio. Ppp.: 13/09/1954. ·J •:·;·_. :i{fi

I tre ladri, 1954 (bn). R.·: l'..ionello De Felice. Sg.: dal romanzo o m o ~ Umberto Notari, 1921. Se.: Lionello De Felice, Franco Brusati, ~

FILMOGRAFIA

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Sanjust, Félicien Marceau. P.: Rizzoli Film, Francinex (Francia), Franco London Film (Francia). I.: Totò (fa.picca), Jean-Claude Pascal (Gastone), Gino Bramieri (Edmondo Ornano), Simone Simon (sua moglie Noris), Giovanna Ralli (la cameriera Marietta), Mario Castellani (l'avvocato), Memmo Carotenuto (il maggiordomo), Lauro Gazzolo (il Pubblico Ministero), Camillo Pilotto (presidente del tribunale), Virgilio Riento (commissario), Carletto Sposito (un secondino), Laura Gore, Bice Valori, Dina Perbellini (tre amiche di Noris), Nino Milano (il vicecommissario), Achille Majeroni (un industriale), Nico Pepe (un industriale), Claudio Ermelli (avvocato), Turi Pandolfini (un inventore), Salvo Libassi (il salumiere), Amalia Pellegrini (testimone), Adriana Bisaccia (una cameriera). Ppp.: 27/09/1954.

'bò cerca pace, 1954 (bn). R.: Mario Mattoli. Sg.: da una commedia di Emilio Caglieri. Se.: Ruggero Maccari, Vincenzo Talarico, Emilio Caglieri, Mario Mattoli. P.: Rosa Film, Titanus. I.: Totò (Gennaro Piselli), Ave Ninchi (sua moglie Gemma), Isa Barzizza (Nella), Paolo Ferrari (il commesso), Enzo Turco (Pasquale), Gina Amendola (Adele), Corrada De Majo (Rosina), Cristina Fanton (Mirella), Giovanni Nannini (Celestino), Gabriella Ugolini (sorella di Celestino), Cesarina Cecconi (madre di Celestino), Vincenzo Talarico (l'avvocato), Nino Vingelli (il cameriere), Ughetto Bertucci (un testimone), Renzo Biagiotti (Oscar Caporali), Franco Caruso (il dottore), Gianni Partanna (un giocatore alle rorse). Ppp.: 20/10/1954.

'fpappo, 1954 (bn). Episodio diL'oro di Napoli. R.: Vittorio De Sica. Sg.: Cesare Zavattini, dal racconto Trent'anni, diconsi trenta di Giuseppe Maretta, dal libro L'oro di Napoli, 1947. Se.: Cesare Zavattini, Giusep-

pe Maretta, Vittorio De Sica. P.: Ponti-De Laurentiis. I.: Totò (Saverio Petrillo), Lianella Carell (sua moglie Carolina), Pasquale Cennamo ·. ·"don Carmine Javarone), Agostino Salvietti (il salumiere), Nino Vingeltti, (un guappo). Ppp.: 03/12/1954.

~ e Carolina, 1955 (bn). R.: Mario Monicelli. Sg.: Ennio Flaiano. Se.: Age, OO:'. nuto (Ignazio), Mario Castellani (un bandito), Lamberto Maggionmi; (un bandito), Teddy Reno (sé stesso), Maria Pia Casilio (la domestica),,;;1 Mimmo Poli (il cuoco). Ppp.: 21/12/1956. Totò, Vittorio e la dottoressa, 1957 (bn). R.: Camilla Mastrocinque. Sg. if se.: Vittorio Metz, Marcello Marchesi. P.: Dario Sabatello per Jolly Film..· Films Fernand Rivers (Francia), Gallus Films (Francia), Fénix Ftl..~l (Spagna). I.: Torà (Michele Spillone), Vittorio De Sica (marchese \ìGm-rio de Vitti), Abbe Lane (Brigitte), Titina De Filippo (madre di de Vmii:J\/ Agostino Salvietti (Gennaro), German Cobos (Otello), Pierre .M~) (Romeo), Rafael Bardem (professor Vagoni), Franco Coop (mai.tnfifll Dante Maggio (cameriere), Tecla Scarano (zia Ada), Amelia Perrelb~ Ida), Darry Cowl (Egisto), Teddy Reno (sé stesso), Luigi Pavese { ~ i investigatore), Benedetta Rutili (infermiera), Arturo Bragaglia ( · al comizio), Gianni Partanna (cliente del night), Giulio Calì (un to), Amedeo Trilli (un malato). Ppp.: 23/12/1957.

FILMOGRAFIA

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Totò e Marcellino, 1958 (bn). R.: Antonio Musu. Sg.: Massimo Franciosa, Pasquale Festa Campanile, dal racconto Una chitarra in Paradiso di Massimo Franciosa. Se.: Massimo Franciosa, Pasquale Festa Campanile, Diego Fabbri, Antonio Musu. P.: Luigi Rovere per Euro lnternational Films, CICC (Francia). I.: Totò (il professore), Pablito Calvo (Marcellino), Fanfulla (Alvaro), Jone Salinas (Ardea, la compagna di Alvaro), Marianna Leibl (la contessa), Wandisa Guida (la maestra), Memmo Carotenuto (Zeffirino). Ppp.: 22/04/1958.

Gambe d'oro, 1958 (bn). R.: Turi Vasile. Sg.: Antonio Margheriti. Se.: Antonio Margheriti, Turi Vasile. P.: Gilberto Carbone per Film Del Centauro, Titanus. I.: Totò (barone Luigi Fontana), Rossella Como (sua figlia Carla), Elsa Merlini (sua moglie Luisa), Scilla Gabel (Gianna), Paolo Ferrari (Aldo), Rosario Barelli (Franco), Memmo Carotenuto (Armando, l'allenatore), Dolores Palumbo (sua moglie), Giampiero Littera (Riccardo), Turi Pandolfini (il sindaco), Luigi Pavese. Ppp.: 23/07/1958.

I soliti ignoti, 1958 (bn). R.: Mario Monicelli. Sg.: Age, Scarpelli. Se.: Age, Scarpelli, Suso Cecchi D'Amico, Mario Monicelli. P.: Franco Cristaldi per Lux Film, Vides, Cinecittà. I.: Totò (Dante Cruciani), Vittorio Gassman (Peppe), Marcello Mastroianni (Tiberio), Renato Salvatori (Mario), Carla Gravina (Nicoletta), Claudia Cardinale (Carmela), Tiberio Murgia (Ferribotte), Memmo Carotenuto (Cosimo), Rosanna Rory (Norma), Carlo Pisacane (Capannelle), Gina Rovere (Teresa), Mario De Simone (il rigattiere), Mario Feliciani {il commissario), Mimmo Poli (un detenuto), Lella Fabrizi (Ada), Nino Marchetti (impiegato dell'agenzia dei pegni). Ppp.: 26/07/1958. ·

~ , Peppino e le fanatiche, 1958 (bn). R.: Mario Mattali. Sg.: Age, Scarpelli. Se.: Age, Scarpelli, Steno, Ruggero Maccari. P.: Isidoro Broggi e Renato Libassi per DDL. I.: Totò (Antonio Vignanelli), Peppino De Fiippo (Peppino Caprioli), Aroldo Tieri (lo psichiatra), Mario Riva (il capiufficio), Diana Dei (sua moglie), Rosalia Maggio (moglie di Vignaneli), Alessandra Panaro (figlia di Vignanelli), Elena Borgo (moglie di Caprioli), Jonny Dorelli (Carlo, figlio di Caprioli), Enzo Garinei (il giornaJNa), Peppino De Martino (Giovanni), Benedetta Rutili (cugina di Giow::mni), Edda Ferronao (Brigitte), Yvette Masson (Trude), Fanfulla (Giacinti, l'organizzatore della beneficenza), Totò Mignone (aiuto di Gia-

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LA LINGUA IN GIOCC

cinti), Nadia Bianchi (Marietta), Giacomo Furia (cugino di Giovanni) Renato Carosone e il suo complesso. Ppp.: 09/08/1958. Totò a Parigi, 1958 (bn). R.: Camilla Mastrocinque. Sg.: Vittorio Metz, Ro

berto Gianviti. Se.: Vittorio Metz, Roberto Gianviti, René Barjavel. P. Jolly Film, Gallus Films (Francia). I.: Totò (fotò/marchese Gastone d( Chemantel Chateau Boiron), Sylva Koscina Quliette Marchand), Fer nand Gravey (Duclos), Lauretta Masiero (amica del marchese/la zinga ra), Philippe Clay (il maftre), Paul Guers (Pierre), Tiberio Mitri (ur gangster), Luigi Pavese (prof. Calogero..Tempesta), Peppino De Mam no (maftre del night), Agostino Salvietti (custode del museo delle cere), Fanfulla -(un signore nel treno), Mimmo Poli (il grassone nel tre no), Francis Bianche (maggiordomo), Memmo Carotenuto (il brigadie re). Ppp.: 04/10/1958. La legge è legge, 1958 (bn). R.: Christian-Jaque. Sg.: Jacques Emmanud Jean-Charles Tacchella. Se.: Christian:Jaque, Age, Scarpelli, Jacques Em manuel, Jean Manse. P.: Franco Cristaldi perVides, Films Ariane (Francia), Filmsonor (Francia), France Cinéma Production (Francia). I.: Totò (Gm seppe La Paglia), Fernandel (Ferdinando Pastorelli), Nino Besozzi (il ma-

resciallo), Noel Roquevert (poliziotto francese), Leda Gloria (Antoni~ moglie di La Paglia), Nathalie Nerval (moglie di Pastorelli), Luciano Marimi (Mario), Albert Dinam (capodoganiere francese), Anna Maria Luca (Marisa), Henry Cremieux (suocero di Pastorelli), René Genio (l'osu1l Jean Brochard (l'onorevole), Henry Arius (il sindaco). Ppp.: 27/10/1~ Totò nella luna, 1958 (bn). R.: Steno. Sg.: Steno, Lucio Fulci. Se.: Al~

dro Continenza, Ettore Scola, Steno. P.: Mario Cecchi Gori per-~ Film-Compagnia Cinematografica, Mountfluor Films, Variety Film. I Totò (Pasquale Belafronte), Sylva Koscina (sua figlia Lidia), Ugo._ gnazzi (Achille), Luciano Salce (Van Braut), Sandra Mila (fatiana)• • chard McNamara (Campbell), Agostino Salvietti (l'amministratore).~ nato Tomini (Vladimiro), Jim Dolen ('O Connor), Francesco Mulè vigile), Marco Tulli (un creditore), Ignazio Leone (un poliziotto), -Gil corno Furia (Bardi). Ppp.: 28/11/1958.

M

Totò, Eva e il pennello proibito, 1959 (bn). R.: Steno. Sg.: Vittorio· Roberto Gianviti. Se.: Vittorio Metz, Roberto Gianviti, Ruggero =

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P.: Jolly Film, Procinex (Francia), Hesperia Films (Spagna). I.: Totò

(Totò Scorcelletti), Abbe Lane (Eva), Mario Carotenuto (Raul), Giacomo Furia (Tobia), Louis De Funès (professor Francisco Montiel), José Guardiola Oosé), Riccardo Valle (Pablo), Luna Pilar Gomez Ferrer (Gloria), Luigi Pavese (il commissario), Anna Maria Marchi (sua moglie), Francesco Mulè (Alonzo), Anna Maria Di Giulio (sua moglie), Enzo Garinei (il suo amante), Anna Maestri (signora sul treno), Guido Martufi (il copista), Gianni Partanna (il notaio), Silvia De Vietri Oa cameriera). Ppp.: 06/02/1959. l tartassati, 1959 (bn). R.: Steno. Sg.: Vittorio Metz, Roberto Gianviti. Se.:

Vittorio Metz, Roberto Gianviti, Ruggero Maccari, Steno, Aldo Fabrizi. P.: Mario Cecchi Gori per Maxima Film-Compagnia Cinematografica, Cei-Incof!!, Champs Elysées Productions (Francia), Lambor Films (Francia), SNE Gaumont (Francia). I.: Totò (cav. Torquato Pezzella), Aldo Fabrizi (maresciallo Fabio Topponi), Miranda Campa (moglie di Topponi), Katia Caro (figlia di Topponi), Luciano Marin (figlio di Pezzella), Louis De Funès (commercialista Ettore Curto), Anna Campori (moglie di Pezzella), Ciccio Barbi (il brigadiere), Anna Maria Bottini (Mara), Fernand Sardou (Ernesto), Ignazio Leone (guardia forestale), Cesare Fantoni (il parroco). Ppp.: 09/04/1959. i;iGI cambiale, 1959 (bn). R.: Camillo Mastrocinque. Sg.: Vittorio Metz, Roberto Gianviti. Se.: Vittorio Metz, Roberto Gianviti, Giulio Scarnicci, Renato Tarabusi, Manlio Scarpelli, Luigi Magni, Federico Zardi. P.: Jolly Film. I.: Totò (Cesare Posalaquaglia), Peppino De Filippo (Peppino Po·salaquaglia), Aroldo Tieri (Bruscatelli), Vittorio Gassman (Michele), Erminio Macario (Berto Lacandida), Ugo Tognazzi (Alfredo Balzarini), Raimondo Vianello (Olimpio), Giogia Moll (Maria), Paolo Ferrari (Ot>,),;; uvio), Sylva Koscina (Odette), Lia Zoppelli (moglie di Balzarini), Luigi" ~1,{ Pavese (Temistocle Bisogni), Gina Rovere (Lola), Tni Ucci (impresa. ::.rio), Eduardo Passarelli (il pretore), Giacomo Furia (cancelliere), Lau• ;a Nucci (una cliente). Ppp.: 26/06/1959.

·, 1959 (bn). R.: Lucio Fulci. Sg. e se.: Lucio Pulci, Vittorio Vighi, MaOnorati, Roberto Coscia, Nanny Loy, Ottavio Jemma. P.: Roberto itani e Luigi Monçlello per !CM-Produzione Film, Fénix Films (Spai':~). I.: Totò (commissario Gennaro Di Savio), Armando Calvo Ooe

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LA IJNGUA IN GIOCO

Castagnato), Giovanna Ralli (Maddalena), Enzo Turco (brigadiere Lanocella), Fred Buscaglione (sé stesso), Renato De Simone (agente americano),JuanJosé Menendez (fratello di Vincenzo), Rafael Luis Calvo (zio di Vincenzo). Ppp.: 27/06/1959. Arrangiatevi!, 1959 (bn). R.: Mauro Bolognini. Sg.: dalla commedia Casa nova... Vita nova di Mario De Majo e Vinicio Gioli, 1956. Se.: Leo Benvenuti, Piero De Bernardi. P.: Cineriz. I.: Totò (nonno Illuminato), Peppino De Filippo (Peppino Arrnentano), Laura Adani (sua moglie Maria), Maria Cristina Gajoni (loro figlia), Katia Caro (altra loro figlia), Marcello Paolini (loro figlio), Mario Valdemarin (il fotografo), Achille Majeroni (il nonno istriano), Enrico Olivieri (Salvatore Armentano), Federico Collino (il monsignore), Giusi Raspani Dandolo (la madre istriana), Angelo l.anolli (il pugile), Luigi De Filippo (un soldato), Lola Braccini (sora Gina), Vittorio Caprioli (Calamai), Franca Valeri (Siberia). Ppp.: 04/09/1959. Noi duri, 1960 (bn). R.: Camilla Mastrocinque. Sg. e se.: Dino Verde, Leo Chiasso. P.: Ermanno Donati e Luigi Carpentieri per Athena Cinematografica, Cei-Incom. I.: Totò (l'algerino), Fred Buscaglione (Fred Bom-· bardane), Paolo Panelli (Robinot), Scilla Gabel (la sigaraia Joysette}, Lynn Shaw (Monique), Linda Sini (Barbara), Mario Castellani (Alì, il se-. gretario dell'algerino), Elio Pandolfi (Serafino), Luigi Pavese (un d0,!?niere), Gino Ravazzini (regista), Bice Valori (Genzianetta, la mogliet'I Robinot). Ppp.: 24/02/1960. /"·\;'.

Signori si nasce, 1960 (bn). R.: Mario Mattoli. Sg.: Dino Falconi, Luigi~'; ta. Se.: Castellano, Pipolo, Edoardo Anton. P.: Isidoro Broggi e Re~{: Libassi per DDL, Manenti Film. I.: Totò (barone Ottone Spinelli ~ i i Ulivi detto Zazà), Peppino De Filippo (cav. Pio Spinelli degli Ulivi),Cz;::. · lo Croccolo (Battista), Liana Orfei (Titì), Angela Luce (Fedele),~Pavese (Bernasconi), Delia Scala (Patrizia), Riccardo Garrone · Gino Buzzanca (il maresciallo), Nico Pepe (Binotti), Vera Nandi . glie di Battista), Renato Malavasi (un prete), Leopoldo Valentini condino), Dori Dorika (Adelina), Lidia Martora Maresca (Maria Ppp.: 16/04/1960. Letto a tre piazze, 1960 (bn). R.: Steno. Sg.: Lucio Fulci, Bruno Baram., torio Vighi. Se.: Alessandro Continenza, Steno. P.: Cineriz. I.: Totò

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tonio Di Cosimo), Peppino De Filippo (prof. Peppino Castagnano), Nadia Gray (Amalia), Maria Cristina Gajoni (la domestica Prassede), Aroldo Tieri (avvocato Vacchi), Gabriele Tinti (Pinuccio, fidanzato di Prassede), Angela Luce (una ballerina), Mario Castellani (il preside), Luciano Bonanni (il tassista). Ppp.: 03/08/1960. 1olò, Fabrizi e i giovani d'oggi, 1960 (bn). R.: Mario Mattoli. Sg. e se.: Ca-

stellano, Pipolo. P.: Isidoro Broggi e Renato Libassi per DDL. I.: Totò (cav. Antonio Cocozza), Aldo Fabrizi (rag. Giuseppe D'Amore), Christiane Kaufmann (Gabriella), Geronimo Meynier (Carlo), Rina Morelli (Teresa, moglie di D'Amore), Franca Marzi (Matilde, moglie di Cocozza), Luigi Pavese (commendator La Sarda), Carlo Pisacane (il nonno), Serena Verdirosi (sorellina di Carlo), Angela Luce (Angela), Liana Del Balzo (zia di Gabriella), Esther Carloni (altra zia), Lella Fabrizi (l'ostessa), Nando Angelini (commesso), Mimmo Poli (cliente della pasticceria), Oreste Lionello (uno studente), Ughetto Bertucci (tipografo), Antonio Acqua (l'uomo che mangia i cannoli), Salvo Libassi (Rigolini), Nino Milano (il tassista), Nino Manfredi (voce narrante). Ppp.: 07/08/1960. ~

di gioia, 1960 (bn). R.: Mario Monicelli. Sg.: Suso Cecchi D'Amico, da due racconti di Alberto Moravia (Risate di gioia e Ladri in chiesa). Se.: Suso Cecchi D'Amico, Age, Scarpelli, Mario Monicelli. P.: Silvio Clementelli per Titanus. I.: Totò (Umberto Pennazzuto detto Infortunio), Anna Magnani (Gioia Fabricotti detta Tortorella), Ben Gazzara (Lello), Fred Clark (l'americano), Edy Wessel (Milena), Mac Roney (conduttore della metropolitana), Toni Ucci (un amico di Milena), Carlo Pisaca. ne (nonno di Tortorella), John Francis Lane (un cameriere), Fanfulla {Spizzico), Marcella Rovena (padrona della pensione), Kurt Polter (Franz), Gianni Bonagura (il presentatore), Peppino De Martino (Cofombini), Dori Dorika (la derubata), Gina Rovere (Mimì), Leopoldo Valentini (un controllore). Ppp.: 13/10/1960.

fÌi,si.Jerma è perduto,

1960 (bn). R.: Sergio Corbucci. Sg.: Mario Guerra, luciano Martino. Se.: Bruno Corbucci, Giovanni Grimaldi, Dino De Pahna. P.: Cineproduzione Erno Bistolfi. I.: Totò (Antonio Guardalavecd>ia), Peppino De Filippo (Peppino Colabona), Aroldo Tieri (l'ispettore Matteo Rossi), Luigi De Filippo (Donato Cavallo), Alberto Lionello ti! maestro Mario Rossi), Mario Castellani (Amilcare), Lia Zoppelli

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LA IJNGUA IN GIOCO

(Giulia), Jacqueline Pierreux (Teresa, moglie di Colabona), Luigi Pavese (il direttore), Anna Campori (Italia, moglie di Guardalavecchia), Pietro De Vico (un cameriere), Renzo Palmer (Cavicchioni), Peppino De Martino (l'antiquario), Enzo Petito (Napoleone), Rita Cuttica (la sposina), Vittorio Vaser (Proietti), Solveig D'Assunta (Assunta), Nando Angelini (lo sposino), Alberto Talegalli (signore che protesta), Aldo Giuffré (un collega di Colabona e di Guardaiavecchia). Ppp.: 15/12/1960,

Totò, Peppino e... la dolce vita, 1961 (bn). R.: Sergio Corbucci. Sg.: Lucio Pulci, Steno. Se.: Bruno Corbucci, Giovanni Grimaldi, Mario Guerra. P.: Mario Mariani e Gianni Buffardi per MB Cinematografica, Cinematografica RI.RE. I.: Totò (Antonio Barbacane/suo nonno), Peppino De Filippo (suo cugino Peppino Barbacane), Taina Beryll (Alice), Francesco Mulè (Gugo), Gloria Paul (Patrizia), Rosalba Neri (Magda), Antonio Pierfederici (Oscar, il drogato), Peppino De Martino (il ministro), Daniele Vargas (marchese Daniele Augusto Maria Fortebraccio Pitone), Giò Stajano (un omosessuale), Mara Berni (la moglie di Gugo), Dina Perbellini (Luisa Giovanna), Giancarlo Zarfati (Renatino), Irene Aloo (Renata Francesca), Franco Rossellini (Franco), Jacqueline Pierreux (Jacqueline), Mario Castellani (il presidente), Mimmo Poli (un ladro)_ Sergio Corbucci (il signore che aspetta al telefono pubblico). Ppp.: 23/03/1961.

Sua eccellenza si fermò a mangiare, 1961 (bn). Uscito anche col titolo Dott. Tanzanella, medico personale del... fondatore dell'impero. R.: Mario Mattali. Sg. e se.: Vittorio Metz, Roberto Gianviti. P.: Isidom Broggi e Renato Libassi per DDL. I.: Totò (il ladro dott. Tanzanella). Ugo Tognazzi (Ernesto), Virna Lisi (Silvia), Lauretta Masiero (Lauretta}, Raimondo Vianello (il ministro), Mario Siletti (il conte), Lia Zoppelli Q.?. contessa), Nando Brun~ (l'oste), Francesco Mulè (il commissario), Vi.:-' torio Cangia (il segretario del ministro), Pietro De Vico (il cameriere}4 Salvo Libassi (il federale), Ignazio Leone (Gennarino), Jole Mauro (ia~: glia dell'oste), Ughetto Bertucci (un fascista), Totò Mignone (un~ sta), Ely Drago (Gina), Tina Perna (la cameriera), Anna Campori moglie dell'oste). Ppp.: 30/03/1961.

Tototruffa '62, 1961 (bn). R.: Camilla Mastrocinque. Sg. e se.: Castel~ Pipalo. P.: Isidoro Broggi e Renato Libassi per DDL. I.: Totò (Ant~

FILMOGRAFIA

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Peluffo), Nino Taranto (Camillo), Estella Blain (Diana, la figlia di Peluffo), G:eronimo Meynier (Franco Malvasia, il suo fidanzato), Lia Zoppelli (la direttrice del collegio), Ernesto Calindri (il commissario Armando Malvasia), Luigi Pavese (il padrone di casa), Oreste Lionello (uno studente), Ugo D'Alessio (Decio Cavallo), Renzo Palmer (lo sfasciacarrozze), Pietro De Vico (l'uomo dei piccioni), Carla Marcelloni (Paola), Peppino De Martino (il questore), Marcella Rovena (una professoressa), Milena Vukotic (una collegiale), Mario Castellani (un pro-· fessore), John Kitzmiller (l'ambasciatore), Gino Buzzanca (il console), Gianni Partanna (proprietario del night). Ppp.: 11/08/1961.

I dl!,e marescialli, 1961 (bn). R.: Sergio Corbucci. Sg.: Ugo Guerra, Marcello Fondato, Alessandro ·continenza, Bruno Corbucci, Giovanni Grimaldi, da un'idea di Antonio de Curtis. Se.: Alessandro Continenza, Bruno Corbucci, Giovanni Grimaldi. P.: Gianni Buffardi, Cineriz. I.: Totò (Antonio Capurro), Vittorio De Sica (maresciallo Vittorio Cotone), Gianni Agus (il podestà Pennica), Arturo Bragaglia (il parroco), Franco Giacobini (il ladro di polli), Elvy Lissiak (Vanda), Roland von Barthrop (comandante Kessler), Olimpia Cavalli (la fidanzata di Coto~ ne), Mario Laurentino (il medico), Bruno Corelli (avvocato Benegatti), Mario De Simone (il derubato), Mimmo Poli (il postino), Mario Castellani (un ladro), Edgardo Siroli (un miliziano), Inger Milton (Lia), Riccardo Olivieri (Carlo). Ppp.: 21/12/1961.

'Jòtò contro Maciste, 1962 (e). R.: Fernando Cerchio. Sg.: Ottavio Poggi. Se.: Ugo Liberatore, Bruno Corbucci, Giovanni Grimaldi, Gastone Da Venezia. P.: Ottavio Poggi per Liber Film, Wanguard Film. I.: Totò (Totokamen/suo padre Sabakis), Nino Taranto (Tarantenkamen), Samson Burke (Maciste), Nadine Sanders (faraona), Nerio Bernardi (faraone), Gabriella Andreini (Nefertiti), Luigi Pavese (proprieta,rio del night), Nino Marchetti (il visir), Carlo Taranto (l'assiro), Paoìo Pieri (Kimen). Ppp.: 22/02/1962.

1òtò diabolicus, 1962 (bn). R.: Steno. Sg.: Vittorio Metz, Roberto Gianviti. Se.: Vittorio Metz, Roberto Gianviti, Marcello Fondato, Bruno Corbucci, Giovanni Grimaldi. P.: Gianni Buffardi, Titanus. I.: Totò (Galeazzo/Scipione/Carlo/Laudomia/Antonino/Pasquale Bonocore), Raimondo Vianello (Michelino detto Lallo), Nadine Sanders (Fiore), Luigi Pavese (il

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LA LINGUA IN GIOCO

commissario), Mario Castellani O'ispettore), Peppino De Martino (il notaio Cucuzza), Giulio Marchetti O'investigatore privato), Franco Giacobini (un medico), Pietro De Vico (un paziente), Mimmo Poli (il postino), Paolo Ferrara (il direttore del carcere), Beatrice Altariba (Diana), Gianni Baghino (Gigi lo sfregiato), Antonio La Raina (aiuto di Scipione), Consalvo Dell'Arti (maggiordomo), Steno (il giardiniere). Ppp.: 06/04/1962. Totò e Peppino divisi a Berlino, 1962 (bn). R.: Giorgio Bianchi. Sg.: Age, Scarpelli, da un'idea di Luigi Angelo e Luciano Ferri. Se.: Alessandro Continenza, Dino De Palma. P.: Mario Mariani per Cinex. I.: Totò (Antonio La Puzza/sua zia monaca), Peppino De Filippo (Peppino Paglialunga), Nadine Sanders (Greta Canarinis), Luigi Pavese (un generale russo), Peter Dane (un ufficiale americano), Dante Maggio (un magliaro), Robert Alda (Lo Bianco). Ppp.: 05/09/1962. Lo smemorato di Collegno, 1962 (bn). R.: Sergio Corbucci. Sg. e se.: Giovanni Grimaldi, Bruno Corbucci. P.: Gianni Buffardi, Euro lnternatio~ Films. I.: Totò Qo smemorato), Nino Taranto Oo psichiatra Ademaro Gioberti), Erminio Macario (Nicola Politi), Yvonne Sanson (Linda Bailarini), Aroldo Tieri (l'avvocato Alessandro Zannini), Andrea Checd:i (Rossetti), Mario Pisu (Dell'Orso), Pietro Carloni (Francesco Ballarini;\ Mario Castellani (Giorgio Ballarini), Elvy Lissiak (signora Polacich),, Franco Volpi (pubblico ministero), Riccardo Billi (un testimone), Eflri.:i co Viarisio (il ministro), Franco Giacobini (un giornalista), Gisella ~ z (una giornalista), Gianni Rizzo (il ragioniere), Franco Resse! (un aP'1 te pubblicitario), Antonio Acqua (presidente del tribunale), M~.; Poli (un matto), Lina Alberti (una presunta moglie dello smemoratoi, Consalvo Dell'Arti (il maggiordomo). Ppp.: 06/09/1962. Totò di notte n. 1, 1962 (e). R.: Mario Amendola. Sg.: Bruno Corbucci, Giç,.. vanni Grimaldi, da un'idea di Castellano e Pipolo. Se.: Bruno Corbua:i,, Giovanni Grimaldi. P.: Mario Mariani per Cinex, Incei Film. I.: ~ i (Ninì Chanticlair), Erminio Macario (Mimì Macò), Gianni Agus (r~;: presario francese). Ppp.: 25/10/1962. I due colonnelli, 1962 (bn). R.: Steno. Sg. e se.: Bruno Corbucci, GiO\~; ni Grimaldi. P.: Gianni Buffardi per Titanus. I.: Totò ,(colonnello~; nio Di Maggio), Walter Pidgeon (colonnello Timothy Henderson), ~ i

FILMOGRAFIA

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Taranto (sergente maggiore Quaglia), Scilla Gabel (Iride), Toni Ucci (Mazzetta), Roland von Barthrop (maggiore Kriiger), Adriana Facchetti (Penelope), Gino Buzzanca (un greco), Giorgio Bixio (Giobatta), Nino Terzo (La Padula). Ppp.: 21/12/1962.

Il giorno più corto, 1963 (bn). R.: Sergio Corbucci. Sg.: Alessandro Continenza. Se.: Giorgio Arlorio, Bruno Corbucci, Giovanni Grimaldi. P.: Goffredo Lombardo per Titanus, Cinecompar-Cinecompagnia Romana. I.: Totò (un frate bersagliere), Franco Franchi (Franco Lo Grugno), Ciccio Ingrassia (Francesco Coppola), Walter Chiari (l'avvocato difensore), Virna Lisi (Naja), Nino Taranto (Turi), Gino Cervi (Daini), Ugo Tognazzi (Pecorino), Peppino De Filippo (Peppino), Raimondo Vianello (von Gassman). Ppp.: 14/02/1963.

Totò contro i quattro, 1963 (bn). R.: Steno. Sg. e se.: Bruno Corbucci, Giovanni Grimaldi. P.: Gianni Buffardi, Titanus. I.: Totò (commissario Antonio Saracino), Peppino De Filippo (Alfredo Fiore), Aldo Fabrizi (don Amilcare), Nino Taranto (Mastrillo), Erminio Macario (colonnello La Matta), Ugo D'Alessio (brigadiere Di Sabato), Mario Castellani (Lancetti), Rossella Como (sua moglie), Dany Paris Qacqueline), Ivy Olsen (Durant), Nino Terzo (Pappalardo), Carlo Delle Piane (Pecorino), Moira Orfei (Fiore), Gianni Agus (Cavallo), Mario De Simone (Spampinato), Piero Carloni (cognato di Lancetti). Ppp.: 07/03/1963.

Il monaco di Monza, 1963 (bo). R.: Sergio Corbucci. Sg. e se.: Bruno Corbucci, Giovanni Grimaldi. P.: Walter Zarghetta e Franco Belotti per Globe Films lnternational, Giovanni Addessi Produzione Cinematografica. I.: Totò (Pasquale Cicciacalda/don Manuel), Nino Taranto (Egidio), Erminio Macario (Mamozio), Lisa Gastoni (Fiorenza), Moira Orfei (suor Virginia), Giacomo Furia (Cecco), Mario Castellani (un nobile), Adriano Celentano (un frate), Don Backy (un frate), Carlo Delle :Piane (l'oste), Mimmo Poli (un frate grasso), Franco Ressel (l'ispettore della dogana), Fiorenzo Fiorentini (Smilzo). Ppp.: 20/03/1963. Jotò e Cleopatra, 1963 (e). R.: Fernando Cerchio. Sg. e se.: Fernando Cerchio, Bruno Corbucci, Giovanni Grimaldi. P.: Ottavio Poggi per Liber Film, Euro lnternational Films. I.: Totò (Totonno;Marco Antonio), Ma-

gali Noel (Cleopatra), Franco Sportelli (Enobardo), Gianni Agus (Otta-

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LA LlNGUA IN GIOCO

vio), Moira Orfei (Ottavia), Lia Zoppelli (Fulvia), Toni Ucci (Nasone), Carlo Delle Piane (Cesarione), Mario Castellani (chirurgo), Ignazio Leone (Apollodoro), Pietro Carloni (Lepido), Adriana Pacchetti (Publia), Dada Gallotti (Carmiana), Diego Michelotti (un generale), Franco Resse} (il siciliano), Nadine Sanders (un'ancella). Ppp.: 14/08/1963.

Vigile ignoto, 1963 (bn). Episodio di Le motorizzate. R.: Marino Girolami. Sg.: Marino Girolami. Se.: Tito Carpi, Beppe Costa. P.: Marino Girolami per Marco Film, Cha.palo Films (Spagna). I.: Totò (Urbano Cacace), Anna Campori (sua moglie), Gianni Agus (pubblico ministero), Liana Orfei (avvocato difensore), Mario Castellani (brigadiere), Gabriella Andreini (signora multata), Jean Tissier (giudice), Marco Mariani (un avvocato), Andrea De Pino (Nicolino). Ppp.: 15/08/1963. Totò sexy, 1963 (e). R.: Mario Amendola. Sg. e se.: Mario Amendola, Bruno Corbucci, Giovanni Grimaldi. P.: Mario Mariani per Incei Film, Cinex. I.: Totò (Ninì Chanticlair), Erminio Macario (Mimì Cocò), Mario Castellant (il secondino Umberto), Mimmo Poli (un recluso). Ppp.: 05/09/1963Gli onorevoli, 1963 (bn). R.: Sergio Corbucci. Sg.: Bruno Corbucci, Giovanni Grimaldi. Se.: Bruno Corbucci, Giovanni Grimaldi, Renato Mai-nardi, Vittorio Metz, Vittorio Vighi, Mario Guerra. P.: Gianni Buffami per Jolly Film. I.: Totò (Antonio La Trippa), Franca Valeri (Bianca Sereni), Peppino De Filippo (Giuseppe Mollica), Gino Cervi (Rossani Bre,-{! schi), Walter Chiari (Salvatore Dagnino), Aroldo Tieri (Saverio Fallopi,c' poni), Franco Fabrizi (Robin), Riccardo Billi (il portiere), Memmo ù-, rotenuto (il benzinaio), Stelvio Rosi (il biondino), Anna Campori (mo-} glie di La Trippa), Linda Sini (moglie di Rossani Breschi), Carlo bardi (presidente del PNR), Mario Castellani (segretario), Fiorenzo Fil)., rentini (propagandista), Agostino Salvietti (maggiordomo), Mario De;fii Simone (propagandista), Franco Giacobini (De Angelis), Carlo~/! ne (un cittadino di Roccasecca), Luciano Salce (un invitato). ~ . · 11/10/1963.

u:m:..'.

Il comandante, 1963 (bn). R.: Paolo Heusch. Sg. e se.: Rodolfo Sonego/~j Alberto Pugliese e Luciano Ercoli per Produzioni Cinemato~;: Mediterranee, Oreste Coltellacci per Incei Film. I.: Totò (Antonio ~i~ valli), Andreina Pagnani (sua moglie Francesca), Britt Marie Ekluoo . ,

FILMOGRAFIA

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segretaria Iris), Isa Crescenzi (un'inquilina), Linda Sini (la contessa), Luciano Marin (Franco, figlio di Cavalli), Carlotta Barilli (Luisa, moglie di Franco), Franco Fabrizi (Sandrelli), Alberto De Amicis (il socio di Sandrelli), Mario Castellani (capitano Castelletti), Piero Morgia (autista), Peter Martell (un ufficiale), Lina Alberti (una giocatrice), Marcella Valeri (cassiera). Ppp.: 26/12/1963.

Totò contro il pirata Nero, 1964 (e). R.: Fernando Cerchio. Sg. e se.: Nino Stresa, Francesco Luzi. P.: Ottavio Poggi per Liber Film. I.: Totò Oosé), Mario Petri (il pirata Nero), Mario Castellani (il pirata Uncino), Grazia Maria Spina (Isabella), Aldo Giuffré (il luogotenente Burrasca), Giacomo Furia (don Carlos), Pietro Carloni (il governatore), Aldo Bufi Landi (Manolo), Franco Ressel (lo sfregiato). Ppp.: 27/03/1964 [Ve.: 25/08/1964]. Che.fine ha/atto Totò Baby?, 1964 (bn). R.: Ottavio Alessi. Sg. e se.: Bruno Corbucci, Giovanni Gririlaldi, Paolo Heusch, Ottavio Alessi. P.: Alberto Pugliese e Luciano Ercoli per Produzioni Cinematografiche Mediterranee. I.: Totò (Totò Baby/suo padre), Pietro De Vico (Pietro), Mischa Auer (Mischa), Ivy Holzer (Helga), Edy Biagetti (un'autostoppista), Alicia Brandet (Inge), Mario Castellani (direttore dell'orfanotrofio), Alvaro Alvisi (commissario), Stelvio Rosi (un ospite), Peppino De Martino (maresciallo), Renato Montalbano (postino), Gina Mascetti (moglie di Mischa), Clara Bìndì (madre dì Totò Baby), Franco Resse! (un ufficiale), Piero Morgìa (gelataio), Lina Alberti (una dama di carità). Ppp.: 29/06/1964. "il#mare è un po' morire, 1964 (bn). Episodio di Le belle famiglie. R.: Ugo Gregoretti. Sg.: Ugo Gregoretti. Se.: Ugo Gregorettì, Steno. P.: Giuseppe Colizzi per Archimede Films, Crono Film, Films Number One (Francia). I.: Totò (Filiberto Comanducci), Sandra Milo (sua moglie Esmeralda), Jean Rochefort (Osvaldo), Adolfo Celi (il medico Della Porta). Ppp.: 26/12/1964. d'Arabia, 1965 (e). R.: José Antonio de La Loma. Sg. e se.: Bruno Corbucci, Giovanni Grimaldi. P.: Producciones Cinematograficas Balcazar (Spagna), Alberto Pugliese e Luciano Ercoli per Produzioni Cinematografiche Mediterranee. I.: Totò (mister Totò, agente 008), Nieves

};;,tò

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LA LINGUA IN GIOCO

Navarro (Doris), Georges Rigaud (sir Bains), Fernando Sancho (Alì El Buzur), Mario Castellani (Omar El Bedu), Luigi Pavese (sceicco di Shamara), Luis Lopez Vasquez (Paco), Luis Cuenca (El Kasser), Monica Kolpek (la rossa). Ppp.: 10/02/1965.

Amore e morte, 1965 (bn). Episodio di Gli amanti latini. R.:. Mario Costa. Sg. e se.: Bruno Corbucci, Giovanni Grimaldi. P.: Filmes Cinematografica, Euro lnternational Films. I.: Totò (Antonio Gargiulo), Annie Gorassini (la francese), Mario Castellani (il signore della mutua), Eleonora Morana (la signora Gargiulo), Michele Malaspina (il direttore), Angela Minervini (la ragazza del certificato istologico), Nando Angelini (un collega), Consalvo Dell'Arti (un collega), Luisa Alberti (la suocera). Ppp.: 11/08/1965.

La mandragola, 1965 (bn). R.: Alberto Lattuada. Sg.: dalla commedia omonima di Niccolò Machiavelli. Se.: Luigi Magni, Stefano Strucchi, Alberto Lattuada. P.: Alfredo Bini per Arco Film, Lux Compagnie Cinéma:tographique de France (Francia). I.: Totò (fra' Timoteo), Philippe Le~ (Callimaco), Rosanna Schiaffino (Lucrezia), Jean-Claude Brialy (Llgtr rio), Romolo Valli (Nicia), Armando Bandini (Siro), Nilla Pizzi (Sostmta), Pia Fioretti (la francese), Donato Castellaneta (l'uomo-donna), l ~ Attanasio (lo stregone), Mino Bellei (un beone), Jacques Herlin (Wi!I. frate). Ppp.: 18/11/1965.

Rita, la figlia americana, 1965 (bn). R.: Piero Vivarelli. Sg.: Piero

Vi~~;

relli. Se.: Tito Carpi, Luciano Gregoretti, Ugo Moretti, Bruno Co~.:( ci, Giovanni Grimaldi. P.: Giancarlo Marchetti e Fabrizio Capucci ~ CMV Produzione Cinematografica. I.: Totò (Serafino Benvenuti). -i Pavone (Rita D'Angelo), Fabrizio Capucci (Fabrizio Carli), Lina~:: ghi (Greta), Umberto D'Orsi (Orazio), Shel Shapiro e The R Ppp.: 02/12/1965.

Uccellacci e uccellini, 1966 (bn). R.: Pier Paolo Pasolini. Sg. e se.: Pier lo Pasolini. P.: Alfredo Bini per Arco Film. I.: Totò (Totò lnnocen Ciccillo), Ninetto Davoli (Ninetto Innocenti/frate Ninetto), Fe nussi (Luna), Rossana Di Rocco (un'amica di Ninetto), Renato gna e Pietro Davoli (due canaglie), Rosina Moroni (donna del re), Lena Lin Solaro (Urganda), Gabriele Baldini (il dentista

FILMOGRAFIA

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Riccardo Redi O'ingegnere), Francesco Leonetti (la voce del corvo). Ppp.: 04/05/1966.

Operazione San Gennaro, 1966 (e). R.: Dino Risi. Sg.: Ennio De Concini, Dino Risi. Se.: Adriano Baracco, Nino Manfredi, Ennio De Concini, Dino Risi. P.: Turi Vasile per Ultra Film-Sicilia Cinematografica, Société Cinématographique Lyre (Francia), Roxy Film (Germania). I.: Totò (don Vincenzo 'o fenomeno), Nino Manfredi (Armandino Girasole detto Dudù), Senta Berger (Maggie), Mario Adorf (Sciascillo), Harry Guardino Qack), Pinuccio Ardia (il barone), Vittoria Crispo (Assunta), Claudine Auger (Concettina), Ugo Fangareggi (Agonia), Dante Maggio (il capitano), Ralph Walter (Frank), Giovanni Druti (il cardinale), Solvi Stubing (una suora), Enzo Cannavale (Gaetano). Ppp.: 25/11/1966. I.a terra vista dalla luna, 1967 (e). Episodio di Le streghe. R.: Pier Paolo Pasolini. Sg. e se.: Pier Paolo Pasolini. P.: Dino De Laurentiis Cinematografica, Productions Artistes Associés (Francia). I.: Totò (Ciancicato Miao), Ninetto Davoli (suo figlio Baciù), Silvana Mangano (Assurdina Caì), Mario Cipriani (il prete), Laura Betti (un turista), Luigi Leoni (moglie del turista). Ppp.: 22/02/1967.

P,- mostro della domenica, 1968 (e). Episodio di Capriccio all'italiana. R.: Steno. Sg. e se.: Steno, Roberto Gianviti. P.: Dino De Laurentiis Cinematografica. I.: Totò (il mostro), Ugo D'Alessio (il commissario). Ppp.: 13/04/1968. '~cosa sono le nuvole?, 1968 (e). Episodio di Capriccio all'italiana. R.: Pier Paolo Pasolini. Sg. e se.: Pier Paolo Pasolini. P.: Dino De Laurentiis Cinematografica. I.: Totò Oago), Ninetto Davoli (Otello), Laura Betti

(Desdemona), Adriana Asti (Bianca), Franco Franchi (Cassio), Ciccio mgrassia (Roderigo), Carlo Pisacane (Braganzio), Francesco Leonetti (oorattinaio), Domenico Modugno (netturbino). Ppp.: 13/04/1968.

BIBLIOGRAFIA

Si riportano qui, in ordine alfabetico (e cronologico nell'ambito dello stesso autore), soltanto le opere utilizzate nel corso del lavoro. Una bibliografia aggiornata sugli scritti di e su Totò si trova alla fine del catalogo Totò partenopeo e parte napoletano cit. Amorosi 1998 (a c. di) = Parli come badi, a c. di Matilde A. con la collaborazione di Liliana de Curtis, Milano, Biblioteca Universale Rizzali (Superbur del mese narrativa). Anile 1997 = Alberto A., Il cinema di Totò (1930-1945). L'estro.funambolo e l'ameno spettro, Genova, Le Mani. Anile 1998 = Id., I film di Totò (1946-1967). La maschera tradita, Genova, Le Mani. ~:\rgentieri 1991 (a c. di) = Risate di regime. La commedia italiana 19301944, a c. di Mino A., Venezia, Marsilio. AMi della Rassegna-Seminario «Cinema e dialetto in Italia», in «Bollettino dell'Ac;sociazione italiana di cinematografia scientifica,., giugno 1985. ~ t i n (1965] 1979 = Michail B., L'opera di Rabelais e la cultura popo-

lare. Riso, carnevale e festa nella tradizione medievale e rinascimentale, Torino, Einaudi (I ed. orig. 1965). · .,. 18. Holtus, Gunter, 296. Holzer, Ivy, 285. Incrocci, Agenore (v. Age). Incrocci, Zoe, 264, 273.

INDICE DEI NOMI

Inglese, Guglielmo, 65, 66, 69, 255, 256, 265-267, 269. Ingrassia, Ciccio, 86, 134, 248, 283, 287. Interlenghi, Franco, 274. Invernizio, Carolina, 132. Ioni, Costanzo, 64n., 235n., 293. Jachino, Silvana, 260. Jakobson, Roman, 17n., 31n., 37, 126, 171, 172n., 209, 293. Jamonte, Franco, 265. Jemma, Ottavio, 277. Jentsch, Ernst, 18. Johnson, Lydia, 261. Josipovici, Jean, 268. Jusanova, Maja, 272. Kant, lmmanuel, 35, 36, 293. Karajan, Herbert von, 134. Kaufmann, Christiane, 279. .iitzmiller, John, 281. Koipek, Monica, 286. l"oscina, Sylva, 53, 141, 272, 276, 277. &:lster, Henry, 247. 11.:.mcta, Enrico, 291, 294. Iandi, Lllia, 268. tmdini, Fanny, 271. boe, Abbe, 274, 277. :'.bme,John Francis, 279. :limclcita, Arturo, 133. ,~rini, Bruno, 266. :..m Raina, Antonio, 282. ·~ore, Frank, 263. i ~ , Tina, 266. ;:~da, Alberto, 234n., 286. tino, Mario, 281. ce, Mark, 269. ,baldo, 266, 272. '"" , Sofia (v. Loren, Sophia). ~b._ David, 248.

307 Lees, Tamara, 266. Leibl, Marianna, 275. Leoncavallo, Ruggero, 103. Leone, Ignazio, 276, 277, 280, 284. Leonetti, Francesco, 287. Leoni, Luigi, 287. Lerici-Rastelli, 262. Leroy, Philippe, 286. Leurini, Gino, 267. Libassi, Renato, 273-275, 278-280. Libassi, Salvo, 268, 269, 271, 279, 280. Liberatore, Ugo, 281. Lin Solaro, Lena, 286. Lionello, Alberto, 279. Lionello, Oreste, 67, 279, 281. Lisi, Virna, 280, 283. Lissiak, Elvy, 264, 281, 282. littera, Giampiero, 275. Lombardi, Carlo, 284. Lombardo, Goffredo, 283 . Lombardo, Gustavo, 259,260. Lopez Vasquez, Luis, 286. Loren, Sophia (Lazzaro, Sofia, detta), 47,170,265,270. Loy, Nanny, 277. Lubin, Arthur, 246. Luce, Angela, 278,279. Luciani, Anna Maria, 276. Lulli, Folco, 263. Lurati, Ottavio, 245n., 293. Luzi, Enrico, 265. Luzi, Francesco, 285. . . Macario, Erminio, 29n., 47, 55, 57, 58, 67, 91, 108, 141, 185-187, 191, 193, 198, 220, 233, 234n., 243, 277, 282, 283. Maccari, Ruggero, 27n., 267-271, 274277. Machiavelli, Niccolò, 286. Maestri, Anna, 264, 277 ..

308 Maggio, Dante, 190, 262-264, 266, 272, 274, 282, 287. Maggio, Pupella, 270. Maggio, Rosalia, 275. Maggiorani, Lamberto, 274. Magnani, Anna, 113, 279. Magni, Luigi, 277, 286. Mainardi, Renato, 284. Majeroni, Achille, 262, 271, 278. Majuri, Arduino, 264. Malanga, Paola, 294. Malaspina, Michele, 20, 286. Malavasi, Renato, 278. Maldacea, Nicola, 20, 260. Maldacea, Nicola jr., 269, 270. Mammi, Fulvia, 262, 266. Marnane, Sara, 234n., 293. Mamoulian, Rouben, 246. Mancini, Augusta, 270. Manet e Leho, 262. Manfredi, Nino, 68, 274, 279, 287. Mangano, Silvana, 125, 287. Mangini, Alda, 41, 233, 262, 263. Mangini, Mario, 257, 272. Mangini, Wilma, 261. Mankiewicz, Joseph Leo, 248. Manse, Jean, 276. Mantoni, Riccardo, 273. Manzari, Nicola, 274. Manzoni, Alessandro, 13, 77n., 173n., 220. Marceau, Félicien, 271. Marcellini, Maso, 260. Marcelloni, Carla, 281. Marchese, Angelo, 17n., 165n., 172n., 293. ~archesi, Marcello, 25, 27n., 139, 234, 262,263,265,266,273,274. Marchesini, Italia, 268. Marchesini, Nino, 264, 265. Marchetti, Giancarlo, 275, 286.

LA llNGUA IN GIOCO

Marchetti, Giulio, 262, 282. Marchetti, Nino, 263, 281. Marchi, Anna Maria, 277. Marcon, Fiorella, 269. Maresca, Mario, 268. Margadonna, Ettore M., 261. Margheriti, Antonio, 275. Mari, Ada, 267. Mari, Fiorella, 52, 185, 272. Mariani, Marco, 284. Mariani, Mario, 280, 282. Marin, Luciano, 276, 277, 285. Marotta, Giuseppe, 271. Martell, Peter, 285. Martinelli, Alfredo, 260, 261. Martino, Luciano, 279. Marcoglio, Nino, 260. Marton, Andrew, 248. Martora Maresca, Lidia, 278. Martufi, Guido, 273, 277. Marx, Karl Heinrich, 243. Marzi, Franca, 262, 264-266, 270, 279 Marzullo, Mara, 40. Mascagni, Pietro, 103. Mascetti, Gina, 285. Masiero, Lauretta, 276, 280. Masina, Giulietta, 267. Masoni, Tullio, 20n., 234n., 293. Masson, Yvette, 275. Mastrocinque, Camillo, 139, 234n., 27J. 274, 276-278, 280. Mastroianni, Marcello, 132, 275. Matania, Clelia, 261,266,268. Matarazzo, Raffaello, 233. Mattali, Mario, 234n., 262, 265, 268-271, 275, 278-280. Mauded, Christian (v. Christian-)~; Mauro, Jole, 280. "' Mazzarella, Carlo, 268, 273. · ;,·

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