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Italian Pages 274 [140] Year 2017
Costanza Riva
La Cavalcata dei Magi di Benozzo Gozzoli Storia, ermetismo e antiche simbologie
ANGELO PONTECORBOLI EDITORE FIRENZE
oscanza Riva
La Cavalcata dei Magi di Benozzo Gozzoli Questo volume di Costanza Riva rappresenta un entusiasmante viaggio tra i simboli della Cavalca ta dei Magi di Gozzoli. :Cautrice non si limita a ripercorrere la simbologia di uno degli affreschi più suggestivi presenti nei palazzi pubblici fiorentini, ma ripercorre tutto un pensiero, quello neoplatonico. Durante il Quattrocento il grande interesse per l'antichità classica spinse umanisti al recupero e alla rilettura delle opere più significative del mondo classico in ambito filosofico, politico, scientifico e letterario (dalla prefazione di Eugenio Ciani).
Costanza Riva
La Cavalcata dei Magi di Benozzo Gozzoli Storia, ermetismo e antiche simbologie Palazzo Medici Riccardi-Firenze
ANGELO PONTECORBOLI EDITORE FIRENZE
ANGELO PONTECORBOLI EDITORE FIRENZE
INDICE
5 Presentazione di Eugenio Ciani 7 Prefazione
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Introduzione
IN COPERTINA:
Benozzo Gozzoli, Cavalcata dei Magi, Re Gasparre, particolare della parete est. IN QUARTA DI COPERTINA:
Benozzo Gozzoli, Cavalcata dei Magi, parete est (foto di Antonio Quattrone).
13 La Dottrina Ermetica ed i suoi protagonisti 13 Ermete Trismegisto e l'origine dell'Ermetismo 19 La Magia o Scienza Eterna dei Magi 27 Le correnti filosofico-religiose e la nascita del Neoplatonismo Rinascimentale 27 Platone e il mito della caverna 34 Aristotele e il geocentrismo 36 La diffusione della Dottrina Ermetica in Europa tra il XIII e XIV secolo 36 Dante Alighieri e l'ermetismo dei Rosacroce e dei Fedeli d'Amore 47 I..:eccellenza politico-culturale dei Medici nel XV secolo 47 Cosimo "il Vecchio" 52 Il Concilio di Firenze e la lungimiranza di Cosimo il Vecchio 56 Il pensiero teologico di Giorgio Gemisto Pletone · 63 66
71 Progetto editoriale: Angelo Pontecorboli Tutti i diritti riservati
Angelo Pontecorboli Editore, Firenze www.pontecorboli.com - [email protected] ISBN 978-88-99695-45-3
e di Giovanni Bessarione Ermetismo e Arte alla corte di Piero de' Medici Marsilio Ficino e l'Accademia Neoplatonica Neoplatonismo e mecenatismo alla corte di Lorenzo il Magnifico
77 La Cappella dei Magi di Palazzo Medici 77 86 91 105 l 09
I..:innovativa architettura del Michelozzo Le simboliche geometrie della Cappella Le geometrie del pavimento Le geometrie del soffitto
I..:"Adorazione del Bambino" di Filippo Lippi
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Simboli e allegorie nel ciclo pittorico di Benozzo Gozzoli L'Agnus Dei Un elegante tessuto di simboli ermetici Un raffinato e sontuoso cerimoniale Pietre preziose e talismani Il linguaggio simbolico dei colori Fiori e piante simboliche
177 La Cavalcata dei Magi, un solare viaggio mistico-iniziatico 180 Parete est, il Sole alle prime luci dell'Alba 19 3 Parete sud, il Sole allo Zenit Parete ovest, il Sole al Tramonto 202 Parete nord, il mistico ingresso alla Scarsella 221 Scarsella, Natività e Cori Angelici 224 I Cori Angelici della parete nord-ovest 238 I Cori Angelici della parete nord-est 245 I Re Magi e la Dottrina della Salvezza 254 Conclusioni
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Ermetismo come fonte di Sapienza
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Bibliografia
Presentazione
Laffresco di Benozzo Gozzoli realizzato nel 1459 nella Cappella dei Magi di Palazzo Medici Riccardi rappresenta il dipinto simbolo dell'Epifania fiorentina. Lopera realizzata da Gozzoli, allievo di Fra Giovanni Angelico, ricorda la visita dei re Magi (Baldassare, Melchiorre e Gaspare) alla Natività e fu realizzato inserendo i principali personaggi della famiglia dei Medici nel corteo che portò omaggi al Bambino Gesù. Il legame di Firenze con questa ricorrenza è viscerale e lo dimostra quanto ancora oggi sia sentita la tradizionale Cavalcata dei Magi che si svolge il giorno dell'Epifania, un appuntamento che ha assunto un rilievo a livello nazionale per la partecipazione di pubblico e di autorità. All'origine delle manifestazioni più sentite dei nostri territori c'è una matrice religiosa, questo perché apparteniamo ad una civiltà, quella europea, che si è formata su duemila anni di civiltà cristiana, di cui non si può non riconoscere il valore nella formazione, crescita e trasmissione dei valori, fatto che vale per tutti, credenti e non credenti, fedeli e laici. Solo per rimanere a Firenze ricordo un' altra festa tradizionale per la città: lo Scoppio del Carro. Questo bellissimo volume di Costanza Riva rappresenta un entusiasmante viaggio tra i simboli della Cavalcata dei Magi di Cozzali, in parte desunti dall'immaginario araldico mediceo, ma non solo. Q uello in Palazzo Medici Riccardi è una vera e propria celebrazione
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della famiglia Medici, celebrazione che passa anche attraverso le innumerevoli citazioni delle "palle" dello stemma e dei simboli disseminati nelle vesti, nei finimenti e negli accessori dei personaggi. Lautrice non si limita a ripercorrere la simbologia di uno degli affreschi più suggestivi presenti nei palazzi pubblici fiorentini, ma ripercorre tutto un pensiero, quello neoplatonico. Durante il Quattrocento il grande interesse per l'antichità classica spinse umanisti al recupero e alla rilettura delle opere più significative del mondo classico in ambito filosofico, politico, scientifico e letterario. In questo contesto culturale assunse un'importanza particolare la riscoperta e lo studio del pensiero di Platone condotto sulla totalità delle opere, ciò rappresentò un momento di svolta rinnovatrice della cultura del tempo, caratterizzata precedentemente dall'egemonia della tradizione scolastica e del pensiero aristotelico. Cosimo de' Medici, influenzato dalle lezioni che aveva tenuto a Firenze il filosofo bizantino Giorgio Gemisto Pletone (1355-1452), negli anni del Concilio per la riunificazione delle chiese d'Oriente e d'Occidente (1438), concepì l'idea di un'Accademia platonica che si ponesse idealmente come erede di quella dell'antica Grecia fondata da Platone e ne rispecchiasse il modello. Fu Lorenzo il Magnifico a realizzare e sviluppare l'idea del nonno. E così, oggi, non possiamo che ritrovare tante tracce di ciò che rappresentò quella riscoperta anche nelle opere d'arte del tempo.
Prefazione
"Per ogni anima viene, nel suo lungo e doloroso peregrinare, il momento in cui la vita diventa infelice, impossibile se non conosce il motivo, il perché delle cose[ ... ] essa per un momento desiste dal febbrile e frenetico inseguimento delle illusioni e ormai stanca, esausta, siferma, sola, silenziosa, per riflettere. In quel punto la coscienza di un nuovo mondo è nata in quell'anima" 1 •
La quotidianità di una vita comune, ordinaria, spesso vissuta senza programmi e senza ideali, relega l'uomo e la donna in uno stato errabondo che tanto ricorda la Lama dei Tarocchi2 del Matto, una carta che non ha numero perché rappresenta lo zero. Il Matto viene raffigurato come un uomo che sta girovagando portandosi dietro un fardello - colmo delle sue inutili e inconcludenti azioni - mentre nell'altra mano impugna malamente un bastone che, invece di sostenerlo, sembra più adatto ad intralciargli il passo. Accanto a lui c'è un piccolo cane che cerca di svegliarlo, ma la sua incoscienza ed il suo modo di andare "a casaccio" sembrano portarlo 1
T Palamidessi, L'Alchimia come via allo Spirito, Arkeios, S.TA.R, Roma 2001, p. 30. La storia delle Lame del Tarocco ha un'origine molto antica ed una sua intima sacralità. Fu Ermete Trismegisto o Ermete Thot a scrivére un libro composto di 22 Arcani maggiori e 56 Arcani Minori, prima su fogli di papiro e poi su lamine d'oro. Nonostante la devastazione persiana di Cambise, le Lame del Tarocco giunsero nei diversi Santuari occulti dell'India ed in altre regioni del mondo. I 22 Arcani Maggiori si riferiscono alla vita Divina e forniscono delle importanti chiavi di lettura per prendere contatto con quel Mondo, mentre i 56 Arcani Minori si riferiscono alla vita umana ed alle forze che la governano. In quelle Lame furono rappresentate figure allegoriche, simboli, numeri, lettere ebraiche ed egizie secondo l'antico insegnamento ermetico attinto dai Sacerdoti egiziani e riportato in luce dai detentori della Dottrina kabbalistica. Quelle carte assunsero nei collegi sacerdotali un significato profetico e talismanico e la loro utilizzazione fu riservata esclusivamente per ritualità teurgiche di alta sacralità. 2
Eugenio Ciani Presidente del Consiglio regionale della Toscana
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davanti alle fauci spalancate di un coccodrillo, simbolo della forza Inferi, sempre pronta a far cascare nel suo tranello. Il Matto rappresenta l'uomo e la donna che non hanno capito di essere inseriti in un discorso evolutivo divino. Quel vagare senza meta comporta non pochi rischi, ma ignorando la vera ragione della loro esistenza, i due compiono il viaggio dalla vita alla morte arrabattandosi per futili problemi, senza chiedersi mai il perché delle cose che a loro accadono. Secondo J.J. Van der Leeuw3, dottore in lettere della fine del XIX secolo, l'uomo ordinario si è talmente identificato con la materia da dimenticare la sua originaria natura divina e, come un Prometeo incatenato alla roccia, non si sta accorgendo della sua prigionia. Solo quando, ad un certo punto della vita, la sete di conoscenza affiora alla mente con le sue enigmatiche domande: "chi siamo? perché viviamo? dove andiamo?", le cose - per quell'uomo e quella donna - cominciano a cambiare. Così Van der Leeuw descrive il fatidico momento di quel risveglio: ': .. un giorno gli avviene di udire una canzone che conosceva nella sua giovinezza; allora, in un improvviso spasimo, egli ricorda tutto quel che ha perduto, rendendosi con dolore conto di essere in esilio, lontano da tutto quanto gli era caro. Da questa rimembranza rinasce la nostalgia per la terra natia e si fa più forte di quanto non sia mai stata" 4 • Purtroppo, come afferma lo scrittore francese René Guénon5, la civiltà moderna nel corso dei secoli si è talmente sviluppata in senso materiale, da non riconoscere più le sue fondamenta nei "principi di ordine superiore". Secondo l'autore questa continua caduta verso la materializzazione è accompagnata da un pericoloso "regresso" intellettuale e spirituale che sta portando l'Umanità verso una visuale sempre più ristretta e ad una decadenza sempre più profonda. ''Le scienze profane, di cui il mondo moderno è così orgoglioso, altro non sono che 3
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J.J. Van der Leeuw, Dei in esilio, AYALA, Milano 1951. J.J. Van der Leeuw, op. cit. René Guénon Simboli della Scienza Sacra, Adelphi, Milano 1990, p. 1.
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'residui' degenerati di antiche scienze tradizionali"6, affermerà Guénon nel suo libro Il Regno della Quantità e i Segni dei Tempi. Alla scienza moderna manca questa visione d'insieme unitaria, tradizionale, che sa collegare il regno vegetale con quello minerale e animale, ed il regno umano con il Cosmo ed il Regno Divino. Non dobbiamo dimenticare che l'Universo va inteso come una Creazione perfetta, voluta pensata e realizzata da Dio, e che ogni cosa che esiste sul piano materiale trova corrispondenza con i piani dei mondi superiori come un "tutt'Uno" che ha un'unica "matrice" divina. Secondo Guénon se vogliamo arrestare la corsa verso questa "miopia intellettuale" che sta degenerando in tutti i campi, dobbiamo tornare a quell'antico e prezioso "deposito" che mette in primo piano la visione unitaria del Cosmo regolato dalle sue Leggi. Gli Ermetisti conoscevano bene la Scienza dei Principi ed in particolar modo la Legge di analogia o corrispondenza che perseguiva l'antico assioma "come è in alto così è in basso, per compiere le meraviglie della cosa unicà' sapientemente esposto da Ermete Trismegisto nel suo Corpus Hermeticum. Essi avevano capito che dovevano proteggere e custodire quell'arcaica conoscenza e, per difenderla dalle illazioni di un mondo profano materialista, razionalista ed egoista, cominciarono a celare quel sapere sotto metafore, simboli ed allegorie non facilmente riconoscibili. ''L'alchimia presuppone una metafisica e un ordine di conoscenze sovrasensibili che a loro volta presupposero la trasmutazione iniziatica della coscienza di chi operò" affermerà Giulio Lensi Orlandi nel suo libro Cosimo e Francesco de' Medici alchimisti 7, ribadendo che questa "scienza sublime" o "arte divinà' non si impara sui libri, ma solo con la sperimentazione personale coadiuvati da un Maestro a cui Dio ha concesso questa conoscenza. 6
René Guénon, Il Regno della Quantità e i Segni dei Tempi, Adelphi, Milano 2009, p. 14. 7 G.L. Orlandi, Cosimo e Francesco de' Medici alchimisti, Nardini, Firenze 1978, p. 23.
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"La nostra Arte è pericolosa in mano a chi non è maturo per assumere determinati atteggiamenti di fronte alla natura; essa non può essere donata con facilità, ma conquistata dal ricercatore intelligente, volenteroso, silenzioso e audace" 8 , asserisce Tommaso Palamidessi riferendosi all'Arte Regia alchemica, mettendo in evidenza quanto sia importante risvegliare all'interno del proprio cuore quel fuoco d'amore "magico, occulto e ardente" che deve guidare durante un cammino di ascesi dell'anima. Gli Alchimisti parlavano di Magia, con la lettera maiuscola, facendo una severa distinzione tra ciò che diversifica la "magia negromantica'' bandita da Dio e dalla Chiesa, da una "magia bianca" intesa come atteggiamento regale dell'individuo assoluto che, attraverso uno sforzo continuo di ascetica cristiana, arriva a saper dominare le forze che esistono nel Cosmo per inserirsi sulla via che porta al Paradiso. La "magia'' che intendevano gli Alchimisti era dunque quella professata dai tre Re Magi, iniziati alla dottrina solare da Zarathustra, che guidati da una misteriosa stella arrivarono davanti al Bambino Divino. Questo stesso argomento verrà intelligentemente ripreso, approfondito e raffigurato sulle pareti della Cappella di Palazzo Medici da Benozzo Gozzoli nel 1459, su committenza di Cosimo il Vecchio e suggerimento del figlio Piero, uomo dotto ben addentro alle tematiche ermetiche. Dopo una necessaria e fondamentale ricerca storica per individuare il periodo politico, culturale e religioso che Firenze in quegli anni stava vivendo, ci addentreremo nella lettura simbolico-ermetica della "Cavalcata dei Re Magi" di Benozzo Gozzoli tenendo ben presente queste parole di Tommaso Palamidessi: "Tu fratello, che vuoi seguire la nobile via dei Magi, la vera Via diretta, fortificherai lentamente, ma con un crescendo deciso e metallico come l'acciaio dei Saggi... " 9 • La Via diretta è quella che conduce sul Sentiero della Liberazione e della "Reintegrazione" nel Mondo Divino, ma vedremo che per percorrerla si dovranno acquisire le stesse qualità e virtù che quei tre Sapienti, venuti dall'Oriente, seppero interiorizzare.
Introduzione
Osservando ciò che sta avvenendo nel mondo, in un momento in cui l'irrazionalità, l'ateismo, il bigottismo, la superficialità, la sfrontatezza e la superbia sembrano avere la meglio su ogni moto del cuore, viene alla mente una domanda: - ma come abbiamo potuto ridurci ad un tale grado di tiepidezza e negligenza spirituale, da allontanarci così dal professare la vera parola di Cristo? "Anima che fai? Cor mio che pensi? Lingua mia perché ti sei fatta m uta?" 1 scriveva Gerolamo Savonarola nel suo Trattato dell'amore di Gesù edito nel 1492, mettendo il dito sul punto più dolente della nostra coscienza, colpevole di una simile grave trascuratezza. Andando avanti nella lettura del Trattato, Girolamo Savonarola, prima ancora di attaccare la Chiesa Romana per la sua corruzione ed inadeguatezza, invitava a domandarsi come è stato possibile che il cuore umano sia diventato "duro più de' sassi" e "ingrato più delle insensibili creature?" 2 • Dov'è andato a finire il fervore spirituale di noi cristiani battezzati e cresimati? come abbiamo potuto permettere che tanti misfatti nella toria della cristianità venissero compiuti e che tutt'oggi continuino a perpetuarsi? Savonarola, La scure alle radici, a cura di C. Bellò, Messaggero di S. Antonio, Padova 1983, p. 77. i avo narola, op. cit., p. 79. 1
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T. Palamidessi, op. cit., p. 8. 9 T. Palamidessi, op. cit., p. 42.
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Domande dolorose, che ci devono far riflettere per prendere coscienza delle nostre colpe e cominciare a sentirci tutti quanti responsabili del degrado spirituale ed ambientale nel quale stiamo vivendo. Nella ricerca storica che introdurrà alla lettura ermetica dell'affresco di Benozzo Gozzoli, affronteremo vari temi e ci accorgeremo che se il potere ed il prestigio dell'Impero e della Chiesa hanno sempre determinato l'occultamento della verità in favore di un "quieto vivere" sempre più materialista, non da meno è stata la mancanza di noi singoli individui che abbiamo permesso che tutto ciò avvenisse. "Levati, adunque anima, dalla pigrizia e dal tuo grave sonno e vattene al dolce Salvatore, e spera remissione d'ogni gran peccato. Apri !'orecchie e odi ch'el grida: Sitio (Ho sete)"3, scriverà il Savonarola nelle ultime pagine di quel Trattato, evidenziando la forte personalità e l'ideale che ogni fervente cristiano deve riscoprire in se stesso prima di condurre ogni tipo di ricerca storica e spirituale.
CAPITOLO
La Dottrina Ermetica ed i suoi protagonisti
Ermete Trismegisto.
Ermete Trismegisto e l'origine dell'Ermetismo "Esso è vero, è certo, è reale: ciò che è in basso è come ciò che è in alto, e ciò che è sù è come ciò che è giù per compiere le meraviglie della cosa unica" 1: queste le prime parole impresse da Ermete Trismegisto su lastra di smeraldo ritrovata in Egitto tra il IV e il III secolo a.C. Clemente Alessandrino, Padre delle Chiesa della fine del I secolo d.C., parlò di Ermete come di un grande Iniziato, Re, Filosofo e Profeta identificandolo in un "quasi inviato da Dio", sceso in Egitto per iniziare alle Arti, alle Scienze e alla Filosofia coloro che si volevano far ricettivi al suo linguaggio. Clemente Alessandrino, ne Gli Stromati, nominò 42 libri scritti da Ermete, ma si dice che il numero fosse molto superiore. Linfluenza che quei testi esercitarono presso i Padri della Chiesa fu tale, da far adottare una volta l'anno una solenne cerimonia rituale per portarli in processione all'interno del Tempio di Alessandria d'Egitto 2 • 1
E. Trismegisto, Corpus Hermeticum, a cura di V Schiavone, Bur, Milano 2009, p. 255. Così Clemente Alessandrino descrive quella processione: "Nelle processioni avanza anzitutto il Cantore, portando uno dei simboli della musica[ ... ] Dietro il Cantore viene l'Astrologo, con in mano un orologio e una palma, simboli dell'astrologia. Egli deve saper 2
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I
Savonarola, op. cit., p. 108.
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La nascita di Ermete Trismegisto è ancor oggi molto controversa. Si sa che per la prima volta apparve in Egitto con il nome del dio Toth, ma niente si sa della sua genealogia. C'è chi lo individua nello stesso periodo storico di Mosé e chi non riesce a definirne la data ipotizzando per lui qualità prodigiose che non hanno niente di umano, ma nonostante qualsiasi ardita ipotesi formulata, tutto il mondo culturale è concorde nel rimanere affascinato da ciò che ha lasciato scritto nei suoi testi. Oltre alla Tavola di Smeraldo gli si attribuirono trattati contenenti studi di astrologia, alchimia, medicina e di tutto lo scibile umano. Sempre in Egitto venne da lui scritto uno strano libro composto da 78 pagine, di cui 22 pagine denominate Arcani Maggiori e 56 pagine Arcani Minori. Quel sapere venne impresso prima su fogli di papiro e poi su "lame d'oro" con l'intento di poterlo tramandare anche ai posteri. Fu così che malgrado le stratificazioni culturali differenti, invasioni e distruzioni, la conoscenza delle Lame del Tarocco arrivò fino ai Santuari occulti dell'India e di altre regioni del mondo, svelando, a chi era in grado di recepire un simile messaggio simbolico, l'insegnamento sapienziale che quei fogli profetici e talismanici nascondevano. ripetere ad ogni istante quattro libri di Hermes di contenuto astrologico: il 1 ° riguarda la disposizione delle stelle che appaiono fisse; il 2° l'ordine del sole, della luna e dei cinque pianeti; il 3 ° le congiunzioni e la illuminazione del sole e della luna; l'ultimo il loro sorgere. Segue poi lo Scriba sacro, con penne sul capo, che tiene in mano un libro e un canestro, dove sta l'inchiostro e la cannuccia per scrivere. Egli deve conoscere le scritture cosiddette geroglifiche e i trattati cosmografici, geografici e topografici, sull'Egitto e sulla descrizione del Nilo, sulla disposizione dei templi e dei luoghi consacrati, nonché sulle misure e sulle attrezzature dei templi [... ] Da ultimo avanza il Profeta, che stringe al seno, visibile, l'idria, seguito dai portatori del pane per la distribuzione [... ] Il Profeta, presso gli Egiziani, presiede anche alla distribuzione delle entrate. Sono quindi 42 i libri di Hermes, e sono indispensabili. Di questi i funzionari suddetti ne imparano a memoria 36, che comprendono tutta la Filosofia degli Egiziani. Gli altri 6 sono di competenza dei Pastofori: riguardano la scienza medica, cioè fisiologia del corpo umano, malattie, strumenti medici, medicamenti, affezioni degli occhi e infine ginecologia''. (Clemente Alessandrino, Gli Stromati, VI, 4).
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Ermete Trismegisto, formella del pavimento della Cattedrale di Siena.
Toth-Ermete basò la sua Dottrina su sette principi fondamentali che prendevano inizio da Dio, unico Legislatore invisibile e supremo Architetto, ideatore di una cosmogonia e teologia sorprendenti, e che volutamente furono velati dietro a favole "più o meno curiose e paradossali". Ermete, sapendo bene di non poter essere compreso da quella massa troppo spesso incline all'idolatria, inventò un linguaggio simbolico comprensibile solo a uomini dall'intelletto acuto e saggio che lui stesso seppe scegliersi e tenersi vicini. La dottrina di Toth-Ermete si fondava "sul principio della corrispondenzà', principio rivoluzionario che portò un cambiamento totale nelle coscienze di allora e di sempre: "il visibile non è che l'espressione dell'invisibile, il noto dell'ign.oto"3, ciò che vediamo "in basso" non è altro che l'immagine di ciò che sta più "in alto". In virtù della corrispondenza tra l"'alto" e il "basso" fu possibile affermare che il mondo della Natura non è altro che lo specchio nel quale il Divino si riflette: concetto già impresso sulla Tavola di Smeraldo, ma ripreso 1
E. Trismegisto, op. cit., p. 133.
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e approfondito nel Corpus Hermeticum, antico manoscritto che racchiudeva l'essenza dei suoi preziosi insegnamenti. Fu il monaco benedettino Leonardo Alberti di Candia, più conosciuto come Leonardo da Pistoia, a scoprirne l'esistenza durante un viaggio compiuto in Macedonia, tra il 1459 e il 1460, su committenza di Cosimo de' Medici detto il Vecchio. Il grande mecenate mediceo, dopo il Concilio di Firenze del 1439 che aveva portato nella città i più grandi storici e teologi del mondo orientale con le loro conoscenze ermetiche, cominciò ad inviare in Macedonia i suoi più fidati uomini di corte con lo scopo di recuperare quell'antico sapere per farlo confluire nella Biblioteca di San Marco. Durante uno di questi viaggi esplorativi Leonardo da Pistoia riuscì ad entrare in possesso della copia originale di quattordici libri del Corpus Hermeticum appartenuti a Michele Psello, insigne erudito dell'XI secolo, e li portò a Firenze. Cosimo capì immediatamente l'importanza del ritrovamento e ne affidò la traduzione a Marsilio Ficino il quale tralasciò le sue traduzioni di Platone per dedicarsi totalmente a questo nuovo compito. Il testo, ancor oggi conservato a Firenze nella Biblioteca Laurenziana, venne tradotto in latino ed in lingua volgare e la sua divulgazione si propagò da Firenze in tutta Europa, andando ad esercitare una profonda influenza nel pensiero scientifico e religioso di quel secolo e dei secoli a venire. Intorno alla fine del Quattrocento la notorietà di Ermete Trismegisto era divenuta tale da decidere di imprimere la sua effige sul pavimento del Duomo di Siena con la scritta "contemporaneo di Mosè"4. 4
Entrando dal portone centrale del Duomo di Siena possiamo osservare che il primo riquadro, posto all'inizio della navata che conduce all'altare, riporta l'immagine del grande sapiente egiziano ritratto nell'abbigliamento tipico degli antichi sacerdoti, mentre indica un cartiglio in pietra sorretto da due sfingi: in quella iscrizione latina si allude a Dio crea.tore dell'universo ed alla stretta relazione che esiste tra il mondo umano e quello Divino. A sinistra della sua imponente figura appaiono due sapienti che con estrema deferenza ricevono da Ermete un tomo che riporta queste parole: "Suscipite o licteras et leges Egi.ptii", con chiaro riferimento al passaggio di quell'antica Sapienza dall'Oriente all'Occidente.
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Quest'affermazione fu condivisa anche dal frate francescano Francesco Zorzi che nel suo celebre manoscritto De Harmonia Mundi, redatto a Venezia nei primi anni del Cinquecento, ribadì quel medesimo concetto mettendo in relazione la sapienza di Ermete Trismegisto con quella di Mosé e ricordando che, presso gli antichi sapienti, Ermete era conosciuto anche con il nome di Moseo. Athanasius Kircher, filosofo gesuita e storico del XVII secolo, evidenziò la straordinaria risonanza che ebbe Toth-Ermete presso i diversi popoli confermando l'universalità del suo messaggio: ''gli Arabi lo chiamano Jdris, i Fenici Tauto, gli Egizi Toth ed i Greci Ermete Trismegisto" 5• Il messaggio sapienziale di Ermete toccò tutte le discipline dello scibile umano ed in particolare l'astronomia e l'astrologia. Egli considerò il Sole "il più grande di tutti gli dei del Cielo" 6 e lo identificò con la "statua di Dio", l'aspetto formale della sua presenza qui sulla Terra. '11 sole [... ] non trae tanto dalla sua luce il potere di illuminare le stelle, quanto dalla sua divinità e santità: questo Asclepio, devi considerare come secondo Dio che governa tutte le cose e illumina tutti gli esseri viventi della terra dotati di anima e no" 7 : così spiegava Ermete Trismegisto al suo discepolo Asclepio, mettendo in evidenza la Dottrina solare ermetico-egiziana che considerava il Sole il Demiurgo o "operatore divino", artefice e ordinatore di tutto l'Universo. Il Tre Volte Grande Maestro egiziano, voleva far capire che, come Dio ha dispensato la vita del Cosmo, così il Sole governa eternamente l'Universo distribuendo "vitalità'' a tutte le cose viventi. Il Sole nasce all'alba, poi sale alto a mezzogiorno e va a morire al tramonto, portando con sé l'immagine di gioventù, maturità e vecchiezza, ma anche di "morte" e "nuova vità'.
A. Giuseppe Pernety, Le Favole Egizie e Greche, Ecig, Genova 1988, p. 37. E. Trismegisro, op. cit., p. 127. 7 E. Trismegisto, op. cit., pp. 3 50-51.
5 Dom 6
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Questa stessa Dottrina Solare comparirà anche nei collegi iniziatici persiani e di tutto l'Oriente e poi si sposterà fino in Occidente, dando luogo nel XV secolo a raffigurazioni esemplari da un punto di vista ermetico, come quelle impresse da Benozzo Gozzoli nella Cappella dei Magi di Palazzo Medici Riccardi. Quando entreremo in merito alla descrizione del cammino dei tre Re Magi, ci accorgeremo che quel "cammino solare" sarà in stretta analogia con l'itinerario ascetico di trasmutazione interiore preparato da Dio per l'Umanità. "Tutto dunque procede da Dio. Se non puoi adeguarti a Dio, vuol dire che non sei in grado di comprenderlo, poiché solo il simile può comprendere l'altro simile" 8 , affermava Ermete nel Corpus Hermeticum, facendo intuire che per riuscire a capire l'entità di un tale linguaggio è necessario portare un perentorio risveglio alla propria coscienza. Ecco perché l'intero manoscritto è intessuto di esortazioni a svegliarsi dal "sonno" dell'ignoranza, triste effetto causato dalla caduta dell'uomo nella materializzazione. "O popoli, o uomini nati dalla terra, voi che vi siete abbandonati all'ubriachezza, al sonno e all'ignoranza di Dio, diventate sobri, distoglietevi dall'ebbrezza che vi alletta nel sonno dei bruti!" 9 • Parole terribili, ma nelle quali possiamo leggere ancor oggi un severo monito e un fermo invito a prendere coscienza del degrado spirituale nel quale l'Umanità è caduta.
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E. Trismegisto, E. Trismegisto,
op. cit., p. 209. op. cit., p. 83.
La Magia o Scienza Eterna dei Magi
I Tre Re Magi con il copricapo frigio, mosaico, Sant'Apollinare Nuovo, Ravenna.
"Furono i dogmi della magia ad essere scolpiti sulle tavole di pietra di Ermete Trismegisto" 10 , afferma Eliphas Levi, teosofo francese, nelle prime pagine della sua Storia della Magia, spiegando che poi fu Mosè a velare quegli scritti nella Kabbalah, retaggio esclusivo del popolo d'Israele e segreto inviolabile dei suoi sacerdoti. La Magia fu dunque la "parolà' perduta e ritrovata che venne trasmessa agli "eletti" di tutte le antiche iniziazioni, secondo una ritualità segreta che si tramandava da "bocca a orecchio". Purtroppo, nonostante le precauzioni prese, quei misteri, nei secoli, sono stati profanati e usurpati dall'ignoranza e dallo scetticismo. C"attentato dell'ignoranzà', come lo chiama Levi, ha portato gravi danni che si sono ripercossi sia nel mondo politico-culturale che in quello religioso. Levi, nella sua Storia della Magia, tende a precisare che pur essendo lui stesso un cattolico professante, non riesce ad ap10
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Eliphas Levi, Storia della Magia, Mediterranee, Roma 2014.
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provare la chiusura che la Chiesa ufficiale ha posto sull'argomento, scambiando la vera "magià' con quella settaria, negromantica, che purtroppo esiste ma che è assolutamente da bandire. Levi si meraviglia di come il mondo religioso abbia voluto relegare questa alta Scienza a false credenze e superstizioni e al tempo stesso continui a venerare i tre Re Magi, detentori di quell'Antica Tradizione. I tre Sapienti erano a conoscenza delle Leggi che regolano l'Universo e sapevano utilizzare quelle forze, dominandole, senza lasciarsi da loro sopraffare. Secondo il teosofo francese, è tempo di "rivendicare la legittimità di questa Scienzà' e di informare che la verga di Mosè, produttrice di miracoli, era retaggio dei veri Iniziati ai misteri Divini. Un tempo, sia in Egitto che in Mesopotamia, negli alti collegi sacerdotali, veniva insegnata la Magia e quel passaggio sapienziale seguiva un iter gerarchico ben preciso. Il re era anche sacerdote e, grazie alla sacralità dell'investitura iniziatica ricevuta, era in grado di compiere quegli stessi prodigi. Secondo Erodoto, storico greco del V secolo a.C., il termine "magos" si riferiva alla tribù o casta ereditaria sacerdotale dei Medi che abitava in una regione dell'area mesopotamica. La loro influenza, da un punto di vista politico e religioso, fu tale da sopravvivere anche quando avvenne l'unificazione di quelle regioni per opera di Ciro il Grande. Ai sacerdoti della tribù dei Medi fu affidato il culto del fuoco, da loro considerato espressione tangibile del dio Sole che elargisce luce e calore qui sulla Terra. Per ricordare questa insostituibile fonte di vita, un'infinità di pire venivano accese qua e là sull'intero territorio, sulla cima delle montagne, presso i focolari domestici, e all'interno dei Santuari nei quali solo i sacerdoti potevano accedere. I Magi provenivano da quelle regioni, portando con loro un bagaglio sapienziale di alta spiritualità. ':Abbiamo visto una stella splendere tra tutti gli astri di un così vivo chiarore che li eclissava tutti al punto di renderli invisibili. Così abbiamo
conosciuto che era nato un re per Israele e siamo venuti ad adorarlo" 11 , troviamo scritto nel Protovangelo di San Giacomo. Dall'Oriente, da una località non ben definita della Persia, tre Re videro sorgere nel cielo una stella più splendente del Sole e la seguirono facendosi da lei condurre fino al luogo in cui era nato il Redentore. Doveva essere di notte, perché solo in quel momento si può veder comparire nel cielo un tale chiarore. Il messaggio è già di per sé eloquente da un punto di vista ermetico: la notte rappresenta l'oscurità, il buio, lo stato interiore incessantemente turbato da timori e sentimenti contrastanti, mentre la luce che appare improvvisa e fende quelle tenebre, illumina, riscalda, porta gioia, fiducia e speranza. A queste due intime esperienze gli Alchimisti dettero il nome di Opera al Nero e Opera al Bianco e le considerarono il punto di partenza per intraprendere qualsiasi tipo di cammino di ascesi spirituale. Alle conoscenze ermetiche presenti in quella parte dell'Oriente mesopotamico, si affiancarono anche quelle astronomiche ed astrologiche. Secondo il racconto degli storici, nella regione compresa tra il Tigri e l'Eufrate, il cielo di notte era così nitido da potervi scorgere pianeti e costellazioni anche con i rudimentali strumenti di allora. La testimonianza di antiche tavole di argilla assiro-babilonesi, oggi custodite al British Museum, attesta che l'osservazione dei primi pianeti - Sole, Luna, Giove, Saturno e Marte - nacque proprio lì in Mesopotamia. In quell'epoca il popolo babilonese era già in grado di realizzare mappe celesti che si basavano sul movimento del Sole lungo l'eclittica, e fu grazie ai sacerdoti caldei che l'astrologia venne arricchila da nuove conoscenze fondate su studi precisi inerenti i movimenti dei sette pianeti allora conosciuti. Fin dai tempi più antichi il termine "caldeo" divenne sinonimo I i astrologo e fu grazie ad attente osservazioni del cielo che i Caldei riuscirono a formulare presagi a breve o a lunga scadenza. Le comete, 11
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Protovangelo apocrifo di San Giacomo (ca. 125).
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furono da loro osservate con estremo interesse e considerate apportatrici di avvenimenti di grandi cambiamenti per l'Umanità. La stella cometa, di cui San Giacomo parla, non doveva essere una stella qualunque e nella simbolica cristiana fu rappresentata da un astro a otto punte 12 , simbolo ermetico di alleanza tra il Divino e l'umano. C'è chi ha visto in quell'astro l'insolita congiunzione di tre pianeti e chi ha individuato nella luce che si fermò al di sopra della mistica grotta, un misterioso ''Angelo-stella''. Si dice che appena raggiunto quel sicuro riparo, la sua forma mutasse in una "colonna di luce" che saliva verso il Cielo. A quella stella, chiamata "Stella dei Re Magi", vennero dati i nomi più disparati come "Verace Stella di Giacobbe", "Colonna di Fuoco", ''Angelo di Dio", "Stella di Davide", "Stella del Redentore": tanti nomi differenti per far capire che quell'astro, capace di rompere le tenebre, rappresenta il simbolo del "risveglio" alla vita Divina. Giacobbe combatté tutta la notte contro l'Angelo del Signore: "lottò finché non si fece giorno" - c'è scritto nella Bibbia - e quella lotta fu indispensabile per affrancarsi dal "sonno" della materializzazione ed aprirsi alla Luce di Cristo. I Re Magi personificano, dunque, quel tipo di risveglio, e chi avverte un tale stato di coscienza non può che mettersi, come loro, in cammino per arrivare a riscoprire il Figlio di Dio nel proprio cuore. La Tradizione ermetica attribuisce ai Magi il titolo di "Re", poiché la "magia'' che allora s'intendeva era un'Arte religiosa che pren12
Una prima raffigurazione della Stella risale all'anno 100, quando un anonimo pittore volle ritrarla nelle catacombe di Santa Priscilla, in via Salaria a Roma. Lantico dipinto riproduce un'arcaica presentazione del Bambino Gesù e dei tre Re Magi: la Madonna tiene in grembo quel "figlio divino", vicino a lei vi è San Giuseppe ed in alto, a dominare la scena, una stella ad otto punte. Anche Giotto nel 1300 si cimentò nel riprodurre la "stella dei Magi", ma si distaccò da quell'antica raffigurazione, identificandola in una cometa con testa a nucleo e coda molto allungata. Limmagine fa parte del dipinto, l'Adorazione dei Magi, presente negli affreschi della Cappella degli Scrovegni a Padova.
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deva anche il nome di "sanctum regn,um" 13 alla quale si veniva iniziati secondo una segreta ritualità. Il termine "Mago" aveva un alto significato, perché designava il Re-Sacerdote detentore di un'antica Sapienza e la sua derivazione etimologica Mag, Megh, Magh in lingua zend e pelvi, era sinonimo di "sapiente assoluto". Il termine Mag, nei dizionari di lingua ebraica e caldaica, assunse il significato di sacerdote Medio o Persiano e, secondo quanto attesta Anguentil-Duprerron nello Zenda-Avesta, il termine Maghira, in Caldaico, riporta al significato di "alta sapienza", mentre in greco per magheia s'intendeva la "scienza e arte dei Magi". I Re Magi furono dunque i Sapienti assoluti, perfettissimi, depositari della segreta "scienza di Dio" e la "magia'' da loro esercitata fu quella intesa nel senso più alto del termine, che consisteva nel saper sapientemente dominare le forze che muovono il cosmo per "dirigerle, immobilizzarle, accelerarle, rallentarle" affinché fossero d'aiuto al cammino verso il Regno di Dio. La Dottrina della quale Melchiorre, Baldassarre e Gasparre furono in possesso, trovava riferimento con il "sorgere del Sole" e quindi con una tradizione monoteista solare fondata da Zoroastro o Zarathustra, suo profeta, che vedeva in Aura Mazda il supremo Dio portatore di una rivelazione segreta, nata all'interno di quei collegi iniziatici. Il mito racconta che il "dio solare" Mithra, nacque nel freddo e nell'oscurità di una grotta, da madre vergine e dal Dio Sole: evento alquanto insolito che fa pensare ad un'antica prefigurazione della nascita di Gesù Cristo che sarebbe avvenuta molti secoli dopo in Palestina. La storia dei Re Magi è collegata anche a quella di Melchisedech, Re di Giustizia e di Pace, che appare nella storia dell'Umanità per stabilire un'Alleanza eterna tra Dio, l'Uomo e la Donna che si sono fatti a Lui affini. Alcuni testi ermetici affermano che Melchisedech, dopo 13
Eliphas Levi,
op. cit., 2014.
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aver conferito ad Abramo e Sara !"'investitura spirituale", trasmise a Zarathustra (o Zoroastro) quella stessa Sapienza. Dei tre Magi1 4 sappiamo che oltre ad essere Astrologi, Sapienti ed Iniziati, erano anche eccellenti Terapeuti in possesso di un forte potere risanatore e che furono "iniziati" ai misteri di quell'arcano sapere, da Zoroastro stesso. Inoltre si attesta che vennero battezzati dall'apostolo San Tommaso, patrono degli architetti, ricevendo insieme a questa Iniziazione Cristiana, la missione di "percorrere il mondo per fondare delle chiese". Il copricapo e mantello frigio 15 , con il quale furono originariamente immortalati, fu lo stesso che identificò la regalità di Mithra: il dio solare designato da Ahura Mazda quale rappresentante divino qui sulla terra, con l'incarico di proteggere i "giusti" dalle forze del male per condurli al Regno Celeste. Nel grandioso mosaico bizantino di Sant'Apollinare Nuovo 16 a Ravenna, come conferma dell'autenticità di quell'antica Tradizione solare, i tre Re d'Oriente appaiono con il simbolico abbigliamento frigio. Solo in seguito il loro copricapo verrà sostituito con un altro tipo a fascia e poi con una corona d'oro tempestata di gemme. Un fitto tessuto di simboli ed allegorie è racchiuso in questa arcaica vicenda che vede nei tre Re Magi i depositari di quella Dottrina
Solare che, come un sottile "filo aureo", nasce dall'Oriente ed arriva in Occidente sempre con il medesimo intento: portare un salutare risveglio nelle coscienze. Nella Dottrina Cristiana molti sono i Misteri contemplati e tra questi viene nominato anche il "Mistero della stella e dei re Magi" o Epifania 17 • Se si parla di "mistero" vuol dire che ogni anno, il 6 gennaio, celebriamo una ricorrenza di cui conosciamo molto poco. Praticamente festeggiamo solo il lato essoterico dell'evento accaduto, ma non certo il suo significato vero più nascosto e profondo. Anche i loro nomi Melchior, Baldasar, Gasphar 18 , non furono certo casuali. Secondo la Dottrina Ermetica, ognuno di quei nominativi identifica un ben preciso significato legato all'apparizione della Luce ed al messaggio salvifico che fu loro affidato. " ... Proteggete col silenzio questi misteri divini, nell'intimità del vostro cuore, e nascondeteli nel segreto" 19 scriveva Ermete Trismegisto invitando a fare del silenzio e della segretezza la propria arma di difesa e di crescita spirituale.
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Secondo Joseph Alexandre Saint-Yves, medico francese e figura di rilievo dell' esoterismo del XIX secolo, i tre Re Magi provenivano dall'Agartha, un centro spirituale inviolabile e inaccessibile stabilito nel mondo terrestre "per mezzo di un'organizzazione incaricata di conservare integralmente il deposito della tradizione sacra, di origine 'non umana' (apauru-sheya) per mezzo di cui la Saggezza primordiale si comunica attraverso le età a coloro che sono capaci di riceverla". (R. Guénon, op. cit, p. 5). l5 Il berretto frigio, copricapo rosso con la punta ripiegata in avanti, era il tipico indumento del regno persiano intorno al VI-II secolo a.C. e fu utilizzato solo dai sacerdoti del dio Sole. 16 La Chiesa Bizantina di Sant'Apollinare Nuova fu consacrata al culto cattolico nel VI secolo.
Il vocabolo Epifania deriva dal greco Epifaneia cioè "manifestazione" che assume nella tradizione cristiana il significato di prima manifestazione dell'umanità e divinità di Gesù Cristo ai Re Magi. A Firenze la festa principale, come si rileva dal Diario Sacro del Giamboni, si svolgeva:"[ ... ] alla Chiesa di San Marco dei PP. Predicatori per la sua dedicazione, consacrata l'anno 1442 da Eugenio IV Sommo Pontefice (m entre Sant'Agostino era priore)". L. Artusi, D. Cirri, Storie della storia di Firenze, Polistampa, Firenze, 2016, p. 351. 18 Secondo Saint-Yves e Guénon, i tre Re Magi misteriosi, in realtà rivestono il ruolo di tre capi della gerarchia iniziatica dell'Agartha, rappresentanti autentici della Conoscenza primordiale. Nella tradizione sanscrita il capo supremo dell'Agartha prende il titolo di Brahatma, Maestro spirituale per eccellenza e porta con sé la "mirra", balsamo di incorruttibilità; gli altri due Mahanga e Mahatma rappresentano altri due aspetti di quel potere spirituale e rispettivamente offrono al Cristo nascente l'oro che lo riconosce come Re e l'incenso che lo identifica come grande Sacerdote. R. G uénon, op. cit., pp. 16-25. 19 E. Trismegisto, op. cit., p. 359.
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Il giorno dell'Epifania 20 , nella tradizione Cristiana, è ricordato come il giorno della manifestazione della Luce ed è anche chiamato "le jour des Rois". Questa festa vuole ricordare non solo il momento in cui apparve nel cielo la splendente stella che annunciò la nascita di Gesù Cristo, ma anche il mistero del percorso mistico-iniziaticoregale di quei tre Re Sapienti che con umiltà e amore si misero in cammino alla ricerca della Vera Luce, per diventare loro stessi i "Signori della Luce". "Se tu segui tua stelhl non puoi fallire a glorioso porto" 21, scrisse Dante Alighieri nella Divina Commedia, facendo capire quanto è importante riconoscere un segno benefico del cielo, porsi in sintonia con esso ed iniziare un cammino di ascesi spirituale che conduce a impensabili mistiche esperienze. Questi temi, e molti altri, verranno più ampiamente sviluppati quando entreremo in merito alla lettura ermetica dell'affresco di Benozzo Gozzoli. Davanti a quelle immagini così eloquenti anche l'argomento trattato in questo paragrafo diventerà di più facile comprensione.
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''Festa anticamente molto sentita, come lo dimostrano i tanti capolavori di pittura fiorentina dell'Angelico, del Botticelli, di Leonardo, di Filippo Lippi, di Lorenzo Monaco, del Gozzo li ispirati, appunto dall'Epifania. Nel XII e XIII secolo, per ricorrenza, venivano cantate particolari Laudi" alcune delle quali vennero pubblicate nella stamperia di San Jacopo di Ripoli. Ispirata dal]' affresco di Benozzo Gozzo li, anche la madre di Lorenzo il Magnifico, Lucrezia Tornabuoni, compose una laude e perfino le mamme fiorentine, per addormentare i loro bambini, erano solite "cantare una ninna nanna che aveva un preciso collegamento con la venuta dei Re Magi''. (L. Artusi, D. Cirri, op. cit., p. 352). 21 Inf XV, 55.
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Le correnti filosofico-religiose e la nascita del Neoplatonismo Rinascimentale
Platone, Scuola di Atene, Raffaello, Musei Vaticani.
Platone e il mito della caverna Platone, filosofo greco nato ad Atene nel 428 a.C. a distanza di circa un secolo approfondì e perseguì le stesse ideologie già espresse da Pitagora22 • Il suo intento era di arrivare a cogliere la verità delle cose andando al di là delle apparenze sensibili capaci di offrire solo opinioni fuggevoli e fuorvianti. Verso la metà del V secolo a. C. si fece strada la cosiddetta "età umanisticà' nella quale fu sviluppato e approfondito il tema dell'anima umana e del travaglio che deve subire per arrivare ad alte mete spirituali. Socrate nei suoi scritti ricordò agli uomini che "la coscienza di non sapere è il primo passo per ogni ricercà' e che l'indagine è giusta
ii Lo scopo di Pitagora, indagatore instancabile dell'ordine e delle armonie che esisto no nell'Universo, fu di voler correggere la vita dell'uomo e della donna attraverso la comprensione di una Conoscenza scientifico-spirituale capace di liberare l'anima dallo stato di prigionia nel quale si trova relegata, per indirizzarla verso un mondo superiore e Divino, fatto di infinite e impensabili corrispondenze.
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solo quando va in direzione del motto: "conosci te stesso" 23 , famosa frase incisa sul frontone dell'oracolo di Delfi. Questo motto diventerà il fondamento della dottrina socratica, e l'invito "a cogliere la propria interiorità'' diverrà il tema dominate della sua filosofia. Il grande filosofo aveva capito che l'uomo deve saper affrontare quelle resistenze che si oppongono alla vera conoscenza di se stesso e farsi serio "ricercatore". Lesperienza suggerita da Socrate, ed in particolare da Platone suo discepolo, si basò quindi su una ricerca interiore personale, intima e profonda, alla quale l'uomo e la donna sarebbero approdati superando e opponendo resistenza alle proprie istintività e limitatezze. "Quando un uomo, vedendo la bellezza terrena, si risovviene della bellezza vera, allora all'anima sua spuntano le ali ed essa desidera di volare in alto" 24 scrisse Platone nel Fedro facendo intuire a quali mete può portare una simile introspezione. A questo tema si affiancò quello della prigionia materiale in cui si trova l'anima e delle difficoltà da superare per liberarsi da questo giogo. Per Platone la "cavernà' divenne il luogo deputato a rappresentare meglio di ogni altro quel doloroso stato interiore: un luogo impervio, sotterraneo, al quale si accede attraverso un corridoio che scende nelle profondità del terreno e nel quale le "acque" regnano incontrastate. In Egitto, all'interno delle piramidi, si compivano dei riti di iniziazione che ripetevano questa importante simbologia. Ad esempio il corridoio discendente che nella piramide di Cheope portava alla "camera sotterraneà', detta la "fossà', rappresentava una prova molto
efficace per !'iniziando. La permanenza in quella "camera nerà' 25 era necessaria per dare inizio al processo di purificazione interiore indispensabile per poter entrare "nel regno degli dei". Il neofita durante quell'esperienza doveva rimanere ben sveglio fino al momento della risalita, perché da quella "fossà' si poteva uscire solo passando da dove si era scesi. Se fosse risalito prima del previsto avrebbe trovato le porte chiuse, serrato in una situazione di difficoltà e di paura. La sperimentazione di questo stato angoscioso serviva per far provare all'iniziando "la lotta con le potenze oscure del diabolico Set", e cioè conoscere, affrontare e vincere tutti i terrori che albergano nelle profondità della propria coscienza: "i mostri" contro cui lottare. "Visita Interiora Terrae Rectificando Inveniens Occultam Lapidem" 26 • Questa frase misteriosa, coniata dagli Ermetisti, invitava ad entrare nella profondità della propria anima, nella propria "cavernà', e da lì conoscere e vincere tutti quegli stati interiori primordiali entrati in gioco al momento della caduta adamica. Platone, erede del pensiero socratico, ribadì questo stesso concetto utilizzando metafore ed allegorie. Il mito della caverna di Platone27 quindi nacque come metafora della condizione umana, ma anche come unica via per innalzarsi verso la "luce divina della verità''. Il grande filosofo sosteneva che l'anima umana vive prigioniera in una dimora sotterranea, una caverna, dove la luce che filtra da 25 Lidea
Anche Sant'Agostino ripropose un simile concetto: "Noli foras ire, in te ipsum redi, in interiore homine habitat veritas": «Non andare fuori, rientra in te stesso: è nel profondo dell'uomo che risiede la verità». 24 G. Giovannini, Il Pensiero Filosofico nell'età classica e nell'età medioevale, Remo Sandron, Firenze 1986, p. 106.
di una "camera oscura" nella quale è necessario entrare, verrà ripreso anche nell'architettura della prime chiese cristiane e la "criptà', posta sotto l'altare e alla quale si accedeva per mezzo di strette ed impervie scale, ripeterà quella stessa simbologia. La caverna, come la cripta, rappresentava lo stato interiore più doloroso e profondo nel quale il pellegrino spirituale doveva entrare al fine di "morire" ad una vita ordinaria per "rinascere" a quella Divina. iunroppo l'evocazione dei quattro Evangelisti, che dall'alto dominavano la scena
,I, I qu adro della scuola del Lippi, venne in parte alterata dai restauri del 1837 che 1111 · 1 vc:; nnero
pesantemente per aprire su quella parete una finestra che provocò la
•I'·" i1,ione dei simboli di San Luca e di San Marco. Del cielo della parete originale "l',l',i 11 c resta solo un frammento.
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"Dal trono uscivano lampi, voci e tuoni; sette lampade accese ardevano davanti al trono, simbolo dei sette spiriti di Dio. In mezzo e intorno al trono vi erano quattro esseri viventi pieni d'occhi davanti e di dietro" 87 • Laria di sacralità che si respirava e che, nonostante i non appropriati interventi di restauro, ancora si respira in quell'aula rettangolare sapientemente predisposta dal Michelozzo, trovò la sua più completa celebrazione nel ciclo parietale di Benozzo Gozzoli in cui storia, ermetismo e antiche simbologie si sposano perfettamente con il messaggio apocalittico che si era voluto immortalare. Un elegante tessuto di simboli ermetici Prima di addentrarci nella lettura ermetica del ciclo pittorico di Benozzo Gozzoli, è interessante soffermarsi sull'aspetto simbolicodecorativo da lui programmato lungo le quattro pareti della cappella. La sontuosità degli ornamenti e la ricchezza di particolari allegorici, che il Gozzoli seppe con maestria trasfondere nell'affresco, ci fanno intuire quanto la sua formazione di orafo e la sua vicinanza alle correnti ermetico-neoplatoniche, avessero fortemente influito sulla qualità della sua pittura. La fitta corrispondenza 88 intercorsa tra Piero de' Medici e il Gozzoli, testimonia quanto il fìglio di Cosimo il Vecchio avesse a cuore non solo l'ottima qualità dei materiali pittorici da utilizzare, ma anche tutto il bagaglio di sottigliezze simbolico-alchemiche acquisite.
l'a reri est e sud, affreschi di Benozzo Gozzoli, Cappella di Palazzo Medici Riccardi (foto di Antonio Quattrone).
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"In mezzo al trono e intorno al trono vi erano quattro esseri viventi pieni d'occhi davanti e di dietro. Il primo vivente era simile a un leone, il secondo essere vivente aveva l'aspetto di un vitello, il terzo vivente aveva l'aspetto d'uomo, il quarto vivente era simile a un'aquila mentre vola. I quattro esseri viventi hanno ciascuno sei ali , intorno e dentro sono costellati di occhi; giorno e notte non cessano di ripetere: Santo, santo, santo/ il Signore Dio , l'Onnipotente, Colui che era, che è e che viene!", Ap. 4:6-8. 88 Il rapporto di amicizia e di lavoro tra Benozzo Gozzoli e Piero de' Medici spesso fu mediato dal banchiere Roberto Martelli che più volte lodò l'operato dell'artista. Marco Bussagli, Benozzo Gozzo/i, "Art Dossier", Giunti, Firenze 1999, p. 30.
Piero di Cosimo de' Medici, pare. , parete est.
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Benozzo nella lettera dell' 11 settembre si rivolge a Piero chiamandolo "amicho mio singolarissimo" 89 e in questa amichevole e affettuosa espressione possiamo ben intuire quale elevato grado di intesa e di profondità di pensiero esistesse tra i due. "Probabilmente Benozzo non fu un semplice esecutore, ma dovette studiare, di concerto con il committente, soluzioni simboliche da tradurre efficacemente in figurazioni, tali da soddisfare pienamente gli occhi di chi guardava" 90 , sostiene lo storico d'arte Marco Bussagli. La minuziosa ricerca di particolari preziosi, che caratterizzerà tutto l'affresco pittorico, non fu quindi solo dettata dal desiderio di magnificare la grandiosità della famiglia Medici e dell'evento avvenuto nel marzo 1439 91 , ma fu suggerita anche dal desiderio di immortalare su quelle pareti un sapere antico, venuto dall'Oriente, capace di parlare al cuore dell'attento osservatore. "Entrare nella cappella dei Re è come entrare in una scatola magica che scopre l'uno dopo l'altro ulteriori sistemi simbolici" 92 afferma Antonio Paolucci, ricordando che oltre ad una lettura scritturale, teologica ed esegetica di quel ciclo pittorico, ve ne possono essere altre più criptiche ed allusive, che non mancano di veridicità perché riflettono - come lui sostiene - i costumi e gli ideali culturali e politici di quei giorni. Secondo Guénon il trionfo del razionalismo e della quantità 93 ha relegato nell'oblio il sapere basilare tramandato da una Tradizione primordiale che non ha mai abbandonato l'Umanità.
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M. Bussagli, op. cit., p. 31. M. Bussagli op. cit., p. 31. 91 L:evento al quale ci riferiamo è il Concilio di Firenze del 1439. 92 "Una volta inteso il primo livello di significati (che è quello scritturale, teologico ed esegetico) sarà più facile il transito nella contemporaneità: la contemporaneità criptica, allusiva e tuttavia più vera del vero che è la vera protagonista del ciclo pittorico". (Antonio Paolucci, "FMR" n. 100, Supplemento a "FMR" n. 8, Franco Maria Ricci, 1993, p. 36). 93 R. Guénon, op. cit., p. 11 .
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In quella Cavalcata dei Magi si avverte il riflesso di un ideale politico e culturale non come 'modà dell'epoca, ma come conoscenza profonda che affonda le sue radici nella sfera delle Scienze Sacre e quindi nella Dottrina Ermetica. Il Simbolismo, anche se troppo spesso è stato oggetto di profonde incomprensioni, è il mezzo più idoneo per collegare il visibile all'invisibile, il terrestre al Celeste, mettendoli in comunicazione tra loro. "Lanciando un ponte fra il corpo e la mente, con i simboli è possibile rendere sensibile ogni concetto intellegibile" 94 asserisce Tommaso Palamidessi evidenziando che è tramite il 'simbolo' che possiamo avvicinarci alle verità di ordine superiore. Un simbolo rivela, attraverso l'immagine, un linguaggio muto privo di parole, ma evocatore di una Conoscenza molto antica capace di aprire "i campi immensi del sapere segreto" 95 • Premettendo che ogni simbolo può essere suscettibile di interpretazioni differenti che non si escludono tra loro, ma che fanno parte del bagaglio conoscitivo di ognuno di essi, cerchiamo adesso di entrare nei particolari allegorici così magistralmente ideati da Piero de'Medici e da Benozzo Gozzoli.
Un raffinato e sontuoso cerimoniale "Nel Rinascimento il modo di vestire dei Fiorentini è elegante, armonioso, pratico [... ] Anche se taluno dei giovani ricchi talvolta i mi cava le mode straniere, non s'erano mai visti in Firenze frastagli, pennacchi e guarnizioni esagerate" 96 • Dall'austerità dell'abito trecentesco, a Firenze, si passò ad un modo di vestire estroso ma raffinato, che non temeva rivalità e con-
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T mmaso Palamidessi, L1cona i Colori e l'Ascesi Artistica, Arkeios, Roma 1994, p. 72. '" ) ·an Mare Vivenza, op. cit., p. 382. '"• A. aporie C. Vasoli (a cura di), Firenze Rinascimentale, Giunti Marzocco, Firen'
tl'
1978, p. 69.
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'Guarnacca' e calze di seta, pare., parete sud. Personaggi del corteo con copricapo a cono mozzo, part., parete est.
fronti con altre città o nazioni. Gli uomini più ricchi e di elevata posizione indossavano la 'guarnacca' 97, sopravveste corta ed elegante confezionata in velluto, broccato, damasco, quasi sempre trattenuta in vita da una cintura. Le gambe invece erano coperte da lunghissime calze attillate di panno o di velluto o di seta e talvolta erano di differente colore l'una dall'altra98 • La 'guarnacca', fermata in vita e pieghettata, fu poi chiamata 'giornea' e divenne un indumento di grande eleganza che veniva indossato sotto ampi mantelli di panno 97 A volte la 'guarnacca' era senza maniche e a volte le maniche erano aperte nel verso della lunghezza in modo che le braccia, uscendo da quello spacco, lasciassero ricadere la stoffa su spalle e fianchi. Questo tipo di abbigliamento possiamo riconoscerlo nelle vesti del Re Mago Gasparre. 98 A. Sapori e C. Vaso li, op. cit., p. 69 .
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o di velluto foderati di seta e ricadenti a gronde. Un abbigliamento simile ma in sotto tono, era riservato ai paggi, ai valletti, agli staffieri ed ai palafrenieri, i quali indossavano 'calzebrache' 99 aderenti, come i loro signori, e una corta 'giornea' di seta liscia o di velluto rasato, a seconda della livrea della famiglia sotto la quale prestavano servizio. Anche i copricapi seguivano la moda fiorentina del Quattrocento e i cappelli caratteristici di quegli anni, furono la 'berretta a tozzo' di feltro e il mazzocchio 100 • Il copricapo a cono mozzo, prevalentemente di colore rosso, venne usato non solo dal popolo, ma anche dai giovani della ricca borghesia quando viaggiavano o andavano a cavallo; mentre il mazzocchio, originariamente costituito da un panno arrotolato a forma di ciambella, pian piano assunse una forma più rigida, colma di importanti ermetici significati. Il suo utilizzo si diffonderà in tutta Europa, ma la storia del costume lega questo accessorio all'alta borghesia rinascimentale fiorentina e in quegli anni sarà Firenze a dettare la moda di quel copricapo ad anello, poco più grande della circonferenza della testa, fatto di materiale di feltro e rivestito di panno pregiato. Per artisti profondamente legati alla Dottrina Ermetica, come Lenardo da Vinci e Paolo Uccello, quella forma geometrica circolare divenne il solido ideale sul quale studiare: una figura complessa, a più piani e dalle mille sfaccettature, da saper rendere in prospettiva perfetta. Il motivo di tanto interesse per questo solido, va quindi ricercato nella sua caratteristica forma, strettamente legata alla tradizione dei solidi platonici, capace di racchiudere un'infinità di nascosti significa10 1 Ii che solo un esoterico era in grado di decifrare.
'''' A. Sapori e C. Vasoli, op. cit., p. 70. 11111 A. Sapori e C. Vasoli, op. cit., p. 72. 1111 li mazzocchio, nato come semplice elemento decorativo, diventò per Paolo Uct ·Il il solido da lui più costruito, disegnato, dipinto e inserito in tarsie lignee.
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Mazzocchio, studio e disegno geometrico di Paolo Uccello.
Nel lussuoso corteo che Benozzo Gozzoli, attenendosi perfettamente alla moda fiorentina dell'epoca, seppe riprodurre, furono inseriti così tanti particolari simbolici da renderlo un vero gioiello d'arte ermetica. Anche Benozzo riservò al mazzocchio l'importanza che gli competeva. Questo prezioso copricapo lo troviamo indossato dal Re Mago Gasparre e da tre misteriosi personaggi che gli storici hanno identificato nell'avanguardia di Gasparre stesso. Tre giovani cavalieri dai raffinati rimandi simbolici, appaiono in un angolo della parete sud dipinta dal Gozzoli. Montano tre splendidi cavalli bianchi, indossano calze rosse e candide vesti punteggiate d'oro, sul capo portano un rosso mazzocchio fregiato d'oro con piume di struzzo, hanno i capelli biondi ed inanellati, e i loro sguardi testimoniano una sottile intesa. Dietro alla loro immagine appare un folto di vegetazione che tanto ricorda un bosco di fronzute querce102, alberi sacri a Giove, simboli di forza morale e di saggezza. Da questa attenta osservazione risulta evidente che quei tre personaggi non hanno niente a che vedere con dei semplici paggi al seguito del corteo. Andando ad approfondire ogni particolare da un punto di vista simbolico, notiamo che si apre una fitta trama di significati che rende ancora più misteriose le loro tre figure. I cavalli bianchi rappresentano il fervore religioso e la possente muscolatura del destriero che avanza imperioso, rievoca qualità come IDl ]. Chevalier e A Gheerbrant, Dizionario dei Simboli, voi. II, Bur, Milano 1994, p. 272.
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I tre misteriosi Paggi-Angeli, part., parete sud .
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la forza e la giustizia; infine i loro preziosi finimenti rosso e oro, richiamano al combattimento ed alla gloria. Le vesti bianco-dorate dei tre giovani rammentano i paramenti dei Sacerdoti, guardiani della fede: il rosso suggerisce l'idea di amore e di carità e le tre dritte piume che sovrastano i loro mazzocchi, riportano ad antiche conoscenze egiziane che parlano di giustizia e di sacrificio. Inoltre se andiamo ad indagare sulla simbologia del numero tre, ci accorgiamo che il ternario è simbolo, oltre che delle tre virtù teologali, anche della Santa Trinità che ricorda l'Onnipotenza del Padre, la Potenza del Figlio e l'amore dello Spirito Santo 103 • Questi tre solari personaggi, raffigurati non a caso nella parete posta a sud che rappresenta il punto in cui il Sole si trova all'apice della sua luce e del suo calore, possono trovare analogia con i tre uomini m:isteriosi che apparvero ad Abramo, nell"'ora più calda del giorno" 104 • Nelle Sacre Scritture quando si parla di uomini, spesso si fa riferimento ad Angeli perché, per rendere riconoscibile da un punto di vista esteriore la forza che le creature angeliche impersonano, l'Angelo viene rappresentato come uomo. Nell'Antico Testamento Dio si rivela ad Abramo come Trinità tramite i tre Arcangeli Michele, Raffaele e Gabriele, che gli appaiono nelle vicinanze delle Querce di Mamre. Quando affronteremo la lettura simbolico-alchemica della parete sud dipinta dal Gozzoli, ci accorgeremo che diverse strette relazioni possono avvicinare Baldassarre alla figura di Abramo ed al luogo del loro avvenuto incontro. Nel caso del mazzocchio del Re Mago Gasparre, la simbolica fascia ad anello è rivestita da un pregiato tessuto blu punteggiato d'oro che
nasconde la base di un'originale corona 1°5. Il diadema è formato da otto punte triangolari ornate con pietre preziose e perle sulla cui sommità campeggia una perla ancora più grossa delle altre. Su ciascuna di quelle punte affilate si alternano pietre da taglio di gran pregio come rubini, zaffiri e smeraldi ed una simile decorazione la ritroviamo anche sul mazzocchio ornato da pregiatissime "brocchette gemmate". Le "brocchette" erano spille di alca oreficeria, di fogge diverse, olitamente cucite o appuntate sugli abiti e sui copricapi sia di personaggi maschili che femminili. Anche il mazzocchio di Gasparre riporta quel tipo di pietre montate su castone d'oro e circondate da perle d i media grossezza. Sicuramente l'idea del Gozzoli di riprodurre con minuzia di particolari tanta preziosità, fu dettata dalla moda dell'epoca che prevedeva per giostre e nobili cortei un tale splendore decorativo. Un altro e empio di corona similare a quella appena descritta, lo ritroviamo nel copricapo indossato da Lorenzo il Magnifico in occasione del giostra del febbraio del 1469 106 • Anche la 'giornea' di Gasparre in broccato bianco e oro è un modelI di grande pregio e raffinatezza e le spille gemmate posizionate all' altezza delle sue spalle conferiscono ulteriore valore a quella veste che, per la foggia particolare delle maniche; seguiva i dettami stilistici di allora.
T. Palamidessi, op. cit., p. 102. "Poi il Signore apparve a lui (Abramo) alle Querce di Mamre, mentre egli sedeva all'ingresso della tenda nell'ora più calda del giorno. Egli alzò gli occhi e vide che ere uomini scavano in piedi presso di lui ". Gen. 18:1.
lii~ La stessa corona d'oro di Gasparre la vedremo indossata, con evidenti varianti, ,111che dagli altri due Magi come conferma del legame regale che li univa. lii