La brocca d'oro dalla Tomba Reale III a Nimrud: Un caso di studio 9781407315430, 9781407344430

The extraordinary side-spouted gold jug hereby presented and discussed was found in the Royal Tomb III discovered under

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INDICE
INDICE DELLE ILLUSTRAZIONI
INDICE DELLE TAVOLE
INTRODUZIONE
INTRODUCTION
LA TOMBA REALE IIIE IL CONTESTO DI RITROVAMENTO DELLA BROCCA IM 115618
Abstract
ASPETTI MORFOLOGICI, TECNICI E FUNZIONALI
DECORAZIONE
LA BROCCA DI NIMRUD:IL CONTESTO STORICO, SOCIALE E FUNERARIO
PRODUZIONE E CIRCOLAZIONE DEI BENI DI LUSSOIN ETÀ NEO-ASSIRA
CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE
CONCLUDING REMARKS
BIBLIOGRAFIA
TAVOLE
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La brocca d'oro dalla Tomba Reale III a Nimrud: Un caso di studio
 9781407315430, 9781407344430

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LA BROCCA D’ORO DALLA TOMBA REALE III A NIMRUD

Alessandra Cellerino è dottore di ricerca e professore a contratto in Archeologia e Storia dell’Arte del Vicino Oriente antico all’Università di Torino. È stata membro di numerose missioni archeologiche in Iraq, Turkmenistan, Siria e Iran. Al momento è membro della Missione Congiunta Italo-Iraniana in Khuzestan a Kal-e Chendar (valle di Shami). È autrice di svariate pubblicazioni su materiali archeologici della Mesopotamia e dell’Iran.

CELLERINO (Ed.)

________

2016

The extraordinary side-spouted gold jug presented and discussed herein was found in the Royal Tomb III discovered under room 57 in the North-West Palace at Nimrud. The gold jug was, with other astonishing grave goods probably belonging to Hamâ (an Assyrian queen unknown up to recent times), in bronze Coffin 2, one of the three coffins placed in the antechamber. The aim of this study is not only to shed light on this unique vessel, investigating the method of manufacture, decoration, and functional aspect, but also to identify the possible workshop and date range of production. The comparison with coeval archaeological findings places it within a historical framework of artistic, economic and socio-political interactions. The combined results of these analyses suggest that the golden jug, instead of a gift or tribute, may have been produced for the royal court in the Neo-Assyrian international cultural milieu, in which manifold traditions coexisted.

BAR S2817

La straordinaria brocca in oro protagonista di questo studio venne rinvenuta all’interno della Tomba Reale III al di sotto dell’ambiente 57 del Palazzo Nord-Ovest di Nimrud. La brocca faceva parte, insieme ad altri oggetti preziosi, del ricchissimo corredo funerario di Hamâ, una regina assira sconosciuta fino al momento della scoperta della tomba, deposti nel Sarcofago 2, rinvenuto con altri due sarcofagi bronzei nell’anticamera dell’ipogeo. Obbiettivo di questo studio è stato non soltanto mettere in luce la tecnica di manifattura e le peculiari caratteristiche della decorazione figurata di questa piccola brocca ma anche la formulazione di ipotesi interpretative riguardanti la sua cronologia, l’area di produzione e la funzione. L’individuazione di confronti sia formali che iconografici e tematici ha permesso di inserire la brocca in un variegato lessico artistico internazionale in cui convivono tradizioni culturali differenti, e di riconoscerla come una vivida testimonianza delle diverse dinamiche di produzione e diffusione degli oggetti di lusso nei primi secoli del I millennio a.C., oltre che degli usi funerari e della complessa struttura sociale della corte assira.

Alessandra Cellerino (PhD) is an Untenured Professor of Archaeology of the Ancient Near East at the University of Torino, and has been member of several archaeological expeditions in Iraq, Turkmenistan, Syria and Iran. At present she is member of the Iranian-Italian Joint Expedition in Khuzestan at Kal-e Chendar (valley of Shami) and author of several publications on archaeological materials from Mesopotamia and Iran.

La brocca d’oro dalla Tomba Reale III a Nimrud Un caso di studio a cura di

Alessandra Cellerino

BAR International Series 2817 B A R

2016

La brocca d’oro dalla Tomba Reale III a Nimrud Un caso di studio a cura di

Alessandra Cellerino

BAR International Series 2817 2016

Published in 2016 by BAR Publishing, Oxford BAR International Series 2817 La brocca d’oro dalla Tomba Reale III a Nimrud © The editor and contributors severally 2016 Cover image Brocca IM 115618, banda (d). Disegno di C. Fossati, elaborazione gra ica di L. Ferri. The Authors’ moral rights under the 1988 UK Copyright, Designs and Patents Act are hereby expressly asserted. All rights reserved. No part of this work may be copied, reproduced, stored, sold, distributed, scanned, saved in any form of digital format or transmitted in  any form digitally, without the written permission of the Publisher.

ISBN 9781407315430 paperback ISBN 9781407344430 e-format DOI https://doi.org/10.30861/9781407315430 A catalogue record for this book is available from the British Library

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BAR Publishing 122 Banbury Rd, Oxford, ox2 7bp, uk [email protected] +4 4 (0)1865 310431 +4 4 (0)1865 316916 www.barpublishing.com

Il guardiano se ne andò dunque, e le aprì la porta: «Entra, Signora (le disse), Kutû si rallegra di accoglierti! Il palazzo del Paese-senza-ritorno È felice della tua visita!» Introducendola allora per la prima porta, le tolse E sequestrò la grande Corona dalla testa «Perché (disse), oh guardiano, Prendi la grande Corona dalla mia testa? - Entra Signora! Tale è la regola Decisa dalla sovrana degli Inferi!» Introducendola per la seconda porta, le tolse E sequestrò i suoi Orecchini. «Perché (disse), oh guardiano, Prendi i miei Orecchini? - Entra Signora! Tale è la regola Decisa dalla sovrana degli Inferi!» Introducendola per la terza porta, le tolse E sequestrò la sua Collana di perle. «Perché (disse), oh guardiano, Prendi la mia Collana di perle? - Entra Signora! Tale è la regola Decisa dalla sovrana degli Inferi!» Introducendola per la quarta porta, le tolse E sequestrò il Copri-seno dal petto. «Perché (disse), oh guardiano, Prendi il Copri-seno dal mio petto? - Entra Signora! Tale è la regola Decisa dalla sovrana degli Inferi!» Introducendola per la quinta porta, le tolse E sequestrò la Cintura di pietre fini dai fianchi. «Perché (disse), oh guardiano, Prendi la Cintura di pietre fini dai miei fianchi? - Entra Signora! Tale è la regola Decisa dalla sovrana degli Inferi!» Introducendola per la sesta porta, le tolse E sequestrò i suoi Anelli dalle mani e dai piedi. «Perché (disse), oh guardiano, Prendi i miei Anelli dalle mani e dai piedi? - Entra Signora! Tale è la regola Decisa dalla sovrana degli Inferi!» Introducendola per la settima porta, le tolse E sequestrò il Mantello di gala che le copriva il corpo. «Perché (disse), oh guardiano, Prendi il Mantello di gala che mi copre il corpo? - Entra Signora! Tale è la regola Decisa dalla sovrana degli Inferi!»1

1   La discesa di Ištar agli Inferi, versi 40-63, K. 162, Ninive (J. B , S.N. K , Uomini e Dei della Mesopotamia, Torino, 1992, 337-338, edizione italiana).

INDICE

Indice delle illustrazioni

vii

Indice delle tavole

xv

I

1

I

3

1. L T R III (Alessandra Cellerino)

IM 115618

1.1 Il contesto di ritrovamento

5 6

1.2 Sepolture primarie, sepolture secondarie

12

1.3 Elementi datanti

16

1.4 La sequenza degli avvenimenti: una ipotesi ricostruttiva

23

Abstract

26

2. A , (Ilaria Bucci e Francesca Giusto)

29

2.1 Morfologia del recipiente: descrizione e confronti

29

2.2 Aspetti tecnici di produzione

63

2.3 Interpretazione funzionale

74

Abstract

93

3. D (Enrico Foietta, Mattia Mortarini e Eleonora Quirico)

95

3.1 Introduzione

95

3.2 Le bande decorate

97

3.3 Analisi degli elementi iconografici

98

3.4 Analisi della decorazione dell’ansa

166

3.5 Considerazioni conclusive

176

Abstract

182

4. L N : , (Enrico Foietta, Mattia Mortarini e Eleonora Quirico)

185

4.1 La brocca di Nimrud nel suo contesto storico tra il IX e l’VIII sec. a.C.

185

4.2 Le Tombe Reali di Nimrud e la loro collocazione nel quartiere sud del Palazzo

189

4.3 Il titolo di MÍ.É.GAL: le caratteristiche e il significato. Hamâ, MÍ.É.GAL di Shalmaneser IV

191

4.4 La gerarchia nel quartiere abitativo delle donne. Titoli e ruoli in rapporto ai reperti della Tomba III

196

4.5 Gli oggetti di lusso delle Tombe Reali: una breve sintesi

199

4.6 Le tombe reali maschili e femminili neo-assire

201

v

La brocca d’oro dalla Tomba Reale III a Nimrud 4.7 Gli oggetti delle tombe e i rituali funebri

202

Abstract

208

5. P (Ilaria Bucci e Francesca Giusto)

-

211

5.1 Botteghe, artigiani e dinamiche di produzione

211

5.2 Contestualizzazione della produzione della brocca da Nimrud

217

5.3 Dinamiche di circolazione degli oggetti di lusso

224

5.4 Una cultura comune: élites e arte suntuaria nell’Impero neo-assiro

229

Abstract

238

C (Alessandra Cellerino, Ilaria Bucci, Enrico Foietta, Francesca Giusto, Mattia Mortarini e Eleonora Quirico)

241

C

246

Bibliografia

249

Tavole

279

vi

INDICE DELLE ILLUSTRAZIONI

C

1

Fig. 1.1

Pianta dell’ala meridionale del Palazzo Nord-Ovest. Localizzazione delle Tombe Reali e dei singoli sarcofagi.

6

Fig. 1.2

Pianta dell’ambiente 57 e localizzazione della Tomba Reale III.

8

Fig. 1.3

Interno della camera sepolcrale con il sarcofago litico iscritto di Mullissu-mukannishat-Ninua.

9

Fig. 1.4

Pozzetto e scale di ingresso all’anticamera della Tomba III. In basso a sinistra i resti di una delle lastre di calcare che chiudevano l’entrata.

10

Fig. 1.5

Il sarcofago in arenaria e la parete settentrionale della camera con la nicchia in cui è visibile ancora in situ una piccola giara.

11

Fig. 1.6

La base in oro di un bicchiere ancora in situ dopo la rimozione del doppio filare di mattoni che sigillava i battenti litici, visibili sullo sfondo, della porta fra anticamera e camera funeraria.

12

Fig. 1.7

Vista assonometrica della camera principale e dell’anticamera con la disposizione dei sarcofagi.

13

Fig. 1.8.a

Il Sarcofago 1 in corso di scavo.

14

Fig. 1.8.b

I Sarcofagi 2 e 3 affiancati in corso di scavo, dopo la rimozione del Sarcofago 1.

Fig. 1.9

Coppa baccellata in oro con iscrizione di proprietà del turtānu Shamshi-ilu.

15

Fig. 1.10

Il complesso ipogeo al di sotto degli ambienti 74 e 75.

16

Fig. 1.11

Il Sarcofago 2 e i principali elementi di corredo in esso rinvenuti.

17

Fig. 1.12

Sarcofago 2, sigillo a cilindro in lapislazzuli con iscrizione dell’eunuco Ninurta-idiya-shukshid.

19

Fig. 1.13

Sigillo a cilindro in lapislazzuli con iscrizione dell’eunuco Pān-Aššur-lāmur governatore di Assur, Ashmolean Museum, Ash. 1932.319.

20

Fig. 1.14

Sarcofago 2, sigillo a cilindro in corniola, divinità femminile, sovrano e devoto.

Fig. 1.15

Sarcofago 2, sigillo a stampo in corniola, Ishtar su leone-grifone.

21

Fig. 1.16

Sigillo a cilindro in calcedonio, Ninurta che insegue un leone-grifone, British Museum, WA 135752.

22

Fig. 1.17

Sigillo a cilindro in corniola, divinità su animali-attributo ai lati dell’albero della vita, British Museum, WA 105111.

Fig. 1.18

Sarcofago 2, sigillo a stampo piramidale, eroe nudo che sottomette un toro, capridi in posa araldica, dio in corsa.

Fig. 1.19

Sigillo a cilindro in corniola, eroe nudo che sottomette un toro, cervo e cacciatore, Musée du Louvre, A. 900.

Fig. 1.20

Il Sarcofago 1 (“bathtub” type coffin).

24

Fig. 2.1

Disegno ricostruttivo della brocca IM 115618.

30

Fig. 2.2.a

Brocca dalla Tomba 960 di Assur.

Fig. 2.2.b

Brocca dalla Tomba 702 di Assur.

Fig. 2.3

Rilievo dalla stanza XXVIII del Palazzo Sud-Ovest di Ninive.

31

Fig. 2.4

Brocca da Tel Qasile.

33

Fig. 2.5

Brocca in Bichrome Ware da Azor.

C

23

2

vii

La brocca d’oro dalla Tomba Reale III a Nimrud Fig. 2.6

Brocca in Bichrome Ware da Khirbet Silm, Chapman Tipo A.

Fig. 2.7

Brocca in Bichrome Ware da Khaldé, Chapman Tipo B.

Fig. 2.8.a

Brocca in Bichrome Ware da Megiddo, fase VIA, gruppo A.

Fig. 2.8.b

Brocca in Red Slip Ware da Lachish, gruppo B.

34 36

Fig. 2.9

Brocca in Red Slip Ware da Samaria, gruppo C.

Fig. 2.10

Brocca in Red Slip Ware da Hazor, gruppo D.

37

Fig. 2.11

Brocca in Red Slip Ware da Megiddo, gruppo E.

38

Fig. 2.12

Brocca in Red Slip Ware da Sahab.

39

Fig. 2.13

Brocca in White Ware da Busayra.

Fig. 2.14

Brocca da Hama.

40

Fig. 2.15

Brocca dal settore D di Tell Afis.

41

Fig. 2.16

Brocca dalla Necropoli di Yunus, Karkemish.

Fig. 2.17

Brocca in bronzo dal Tumulo W di Gordion.

44

Fig. 2.18.a Brocca da Gordion, Tipo 1.

45

Fig. 2.18.b Brocca da Gordion, Tipo 2. Fig. 2.18.c Brocca da Gordion, Tipo 3. Fig. 2.19

Brocca dipinta dal Tumulo K-III di Gordion.

46

Fig. 2.20

Brocca dipinta dal Tumulo K-III di Gordion.

Fig. 2.21

Brocca dipinta da Büyükkaya, Boğazköy.

47

Fig. 2.22

Brocca in ceramica nera polita da Büyükkale, Boğazköy, Tipo B.

48

Fig. 2.23

Brocca in ceramica rossa polita da Büyükkale, Boğazköy, Tipo C.

Fig. 2.24

Brocca dipinta da Alişar Höyük.

Fig. 2.25

Brocca dipinta da Alişar Höyük.

Fig. 2.26

Brocca dipinta da Kültepe.

50 51

49

Fig. 2.27

Brocca in Red Slip Ware da Tarsus.

Fig. 2.28

Brocca in ceramica “marmorizzata” da Sardis.

Fig. 2.29

Brocca in Mycenaean IIIC Ware da Perati con motivo decorativo serpentiforme.

52

Fig. 2.30

Brocca in Proto-White Painted Ware da Palaepaphos-Skales.

53

Fig. 2.31

Brocca in White Painted II Ware da Amathus, Gjerstad Tipo II.

54

Fig. 2.32

Brocca in White Painted I Ware da Palaepaphos-Skales, Gjerstad Tipo II.

55

Fig. 2.33

Mappa del Vicino Oriente con il posizionamento dei principali luoghi di rinvenimento citati.

57

Fig. 2.34

Tabella riassuntiva delle principali attestazioni.

58

Fig. 2.35

Illustrazione della formatura a martello di una coppa dall’interno (sinking).

66

Fig. 2.36

Illustrazione degli utensili e dello svolgimento della sagomatura a martello di una coppa dall’esterno (raising).

Fig. 2.37

Esempi di modellazione di lamine di bronzo.

Fig. 2.38

Rilievi dal pronao della Tomba di Petosiris a Hermopolis, Egitto.

Fig. 2.39

Brocca in oro dal Tesoro dell’Oxus, British Museum, ANE 123918.

68

Fig. 2.40

Brocca IM 115618: lato interno del bordo e dell’ansa. Le frecce indicano i chiodi inseriti nel corpo dell’ansa.

69

Fig. 2.41

Disegno ricostruttivo della brocca IM 115618 con segnalati i punti di saldatura visibili in fotografia.

71

Fig. 2.42

Brocca IM 115618: lato interno (a) del bordo e del versatoio (b).

Fig. 2.43

Disegno ricostruttivo della brocca IM 115618: nella sezione sono riportate le misure relative alla sua capacità.

77

Fig. 2.44

Raffigurazione della regina Nefertiti che versa il vino per il faraone Akhenaten, Tell el-Amarna.

79

Fig. 2.45

Rilievi da Karatepe rappresentanti un banchetto.

80

viii

67

Indice delle illustrazioni Fig. 2.46

Pisside in avorio di fattura nord-siriana proveniente da Nimrud.

81

Fig. 2.47.a Coppa in bronzo da Tell Halaf. Fig. 2.47.b Coppa in bronzo da Nimrud. Fig. 2.48.a Coppa in bronzo da Cipro. Fig. 2.48.b Coppa in bronzo da Idalion. Fig. 2.49

Coppa in oro con decorazione a fiore di loto (IM 115598), contenuta nel Sarcofago 2 della Tomba III di Nimrud.

83

Fig. 2.50

Pittura parietale egiziana rappresentante la produzione di profumi, XVIII dinastia, Tomba TT 175, Gournah.

85

Fig. 2.51

Pittura parietale egiziana rappresentante una figura femminile mentre versa una sostanza profumata da un alabastron in una coppa, XVIII dinastia, Tomba di Rekhmire (TT 100), Gournah.

86

Fig. 2.52

Ricostruzione del funerale di Mida di Greg Harlin.

87

Fig. 2.53

Vaso rituale con serpenti databile alla fine del XIII secolo a.C.

88

Fig. 2.54

Strainer-spouted jug con motivo serpentiforme sull’ansa, Tomba 67 di Palaepaphos-Skales.

Fig. 2.55

Brocca con versatoio in argento e bacile in rame dalla Tomba PG/755 del Cimitero reale di Ur.

91

Fig. 3.1

Capridi

99

Fig. 3.1.a

Dettaglio dalla brocca in oro da Nimrud, banda (d).

Fig. 3.1.b

Dettaglio dalla brocca in oro da Nimrud, banda (d).

Fig. 3.1.c

Dettaglio di situla conservata in collezione privata iraniana, Teheran.

C

3

Fig. 3.1.d

Dettaglio di frammento di cintura urartea.

Fig. 3.1.e

Dettaglio di beaker bronzeo in collezione privata iraniana.

Fig. 3.1.f

Placchetta in avorio incisa da Forte Shalmaneser, ambiente NW5.

Fig. 3.1.g

Dettaglio di frammento di cintura urartea.

Fig. 3.2

Capridi su avori in stile assiro, a rilievo o incisi

Fig. 3.2.a

Da ambiente NW5, Forte Shalmaneser.

Fig. 3.2.b

Da ambiente S30 (Suite Principale), Forte Shalmaneser.

Fig. 3.2.c

Da Nimrud (ambiente sconosciuto).

Fig. 3.2.d

Da Nimrud (ambiente sconosciuto).

Fig. 3.3

Cervi

100

103

Fig. 3.3.a

Dettaglio della brocca in oro da Nimrud, banda (d).

Fig. 3.3.b

Dettaglio della brocca in oro da Nimrud, banda (a).

Fig. 3.3.c

Frammento di cintura urartea.

Fig. 3.3.d

Dettaglio di rilievo assiro, Palazzo Nord di Ashurbanipal, ambiente S.

Fig. 3.3.e

Rilievo siriano, Herald’s wall, Karkemish.

Fig. 3.3.f

Vaso metallico inciso, Marlik, Tomba 39, 1185 M.

Fig. 3.4

L’iconografia del cervo durante il II millennio a.C. nel Vicino Oriente

Fig. 3.4.a

Decorazione della banda del

Fig. 3.4.b

Guennol cup, Collezione Guennol, MMA, Gilan (?).

Fig. 3.4.c

Sigillo medio-assiro.

104

in forma di cervo della collezione Schimmel.

Fig. 3.5

Zincirli: rilievo del Southern City Gate.

105

Fig. 3.6

Avori con cervidi da Forte Shalmaneser

106

Fig. 3.6.a

Avorio in stile assiro a traforo, ambiente NW21.

Fig. 3.6.b

Avorio inciso, ambiente S 4/5.

Fig. 3.6.c

Avorio nord-siriano a traforo, ambiente NW15, Flame and Frond type.

ix

La brocca d’oro dalla Tomba Reale III a Nimrud Fig. 3.7

Sigillo cilindrico con scena rituale e raffigurazione di un genio che trattiene due cervi e due gazzelle.

108

Fig. 3.8

Cane

112

Fig. 3.8.a

Dettaglio della brocca in oro da Nimrud, banda (d).

Fig. 3.8.b

Sigillo (ND 5368) con rappresentazione di arciere, cane e capride.

Fig. 3.8.c

Sigillo (BM 89846) con rappresentazione della dea Gula a sinistra, cane al centro e offerente sulla destra, Layard Expedition, Palazzo Bruciato (Nimrud).

Fig. 3.8.d

Bronzetto da Nimrud, MMA 54.117.23.

Fig. 3.8.e

Pisside in avorio con scena di caccia in cui compare un cane al di sotto di due cavalli, Palazzo Bruciato, Nimrud.

Fig. 3.8.f

Dettaglio di un ortostato rappresentante un molosso, Palazzo Nord, sala E, lastra 13 (BM 118915).

Fig. 3.9

Box da gioco in avorio da Enkomi, BM 1897.4-1.996.

113

Fig. 3.10

Palmetta

115

Fig. 3.10.a Dettaglio della brocca in oro da Nimrud, banda (d). Fig. 3.10.b Avorio inciso, Forte Shalmaneser, ambiente S4. Fig. 3.10.c Avorio inciso, Forte Shalmaneser, ambienti S4/5. Fig. 3.10.d Avorio a rilievo, Forte Shalmaneser, ambiente T10. Fig. 3.10.e Avorio inciso, Forte Shalmaneser, ambiente S5. Fig. 3.10.f Bracciale in oro proveniente dalla Tomba III, Sarcofago I (IM 115509). Fig. 3.11

Dettagli di palmette poste al di sopra e al di sotto del registro figurato, Porte di Balawat di Ashurnasirpal II, Tempio di Mamu

116

Fig. 3.11.a Dettaglio di BM MM ASH R3. Fig. 3.11.b Dettaglio di BM MM ASH R3. Fig. 3.11.c Dettaglio di BM MM ASH II R2. Fig. 3.11.d Dettaglio di BM MM ASH II R2. Fig. 3.12

Selezione della tipologia di palmette “semplici” su cinture urartee.

117

Fig. 3.13

Arciere

119

Fig. 3.13.a Dettaglio di arciere presente nelle bande della brocca da Nimrud. Fig. 3.13.b Dettaglio di arciere presente nelle bande della brocca da Nimrud. Fig. 3.13.c Dettaglio di alcuni arcieri presenti nelle bande della brocca da Nimrud. Fig. 3.13.d Sigillo neo-assiro, proveniente dal mercato antiquario, BM 129564. Fig. 3.13.e Sigillo neo-assiro, proveniente dal mercato antiquario, BM 118999. Fig. 3.13.f Porte del Palazzo di Ashurnasirpal II a Balawat, secondo registro del battente destro, campagna contro Bit-Adini, BM ASH II R2. Fig. 3.13.g Dettaglio dell’Obelisco Rassam, faccia A, terzo registro dall’alto (frammento iv). Fig. 3.14

Beaker del Luristan con arciere e struzzo, Iran Bastan Museum (Teheran).

Fig. 3.15

Raffigurazioni di arcieri su alcune cinture urartee.

Fig. 3.16

Arciere

120 121

Fig. 3.16.a Avori da Hasanlu. Fig. 3.16.b Dettaglio di arciere della banda (d). Fig. 3.17

Guilloche

123

Fig. 3.17.a Dettaglio della brocca in oro da Nimrud, banda (a). Fig. 3.17.b Placchetta in avorio, ambiente SE9 (Forte Shalmaneser). Fig. 3.17.c Dettaglio di rilievo da Karkemish, Long Wall of Sculptures. Fig. 3.17.d Decorazione della bocca di beaker proveniente dal Luristan. Fig. 3.17.e Dettaglio di scudo da Toprak-kale (BM 22481), regno di Rusa III (629-615 a.C.). Fig. 3.17.f Dettaglio di placchetta in avorio da Hasanlu.

x

Indice delle illustrazioni Fig. 3.18.a Coppa in oro con tori dal nord-ovest dell’Iran, Shumei Collection.

124

Fig. 3.18.b Coppa in oro con capridi, Marlik, Iran Bastan Museum. Fig. 3.19

Embricatura

127

Fig. 3.19.a Dettaglio della brocca in oro da Nimrud, banda (d). Fig. 3.19.b Porte di Shalmaneser III a Balawat, banda Xa-b. Fig. 3.19.c Frammenti di un rivestimento di colonna lignea in bronzo da Khorsabad. Fig. 3.19.d Dettaglio di situla incisa conservata in una collezione privata in Iran. Fig. 3.19.e Dettaglio di uno dei registri di un vaso bronzeo dall’Iran. Fig. 3.19.f Dettaglio di uno dei registri di un vaso bronzeo dall’Iran. Fig. 3.20

Impressione di sigillo medio-assiro di Ninurta-tukulti-Ashur scoperta nei pressi del Tempio di Anu e Adad ad Assur.

Fig. 3.21

Beakers in oro dalla Collezione Shumei (Kyoto).

Fig. 3.22

Città fortificata

128

131

Fig. 3.22.a Dettaglio della brocca in oro da Nimrud, banda (c). Fig. 3.22.b Dettaglio dell’Obelisco Bianco. Fig. 3.22.c Dettaglio della Fortezza di Gilzanu (Urartu), Porte di Shalmaneser III a Balawat, banda VII, registro inferiore. Fig. 3.22.d Porte di Balawat del Palazzo di Ashurnasirpal II (BM ASH II, R3). Fig. 3.22.e Dettaglio di situla conservata in una collezione privata in Iran. Fig. 3.22.f Dettaglio del saccheggio di Hamanu, Ninive, rilievo di Ashurbanipal. Fig. 3.22.g Dettaglio della situla in stile assiro da Chamzhi Mumah. Fig. 3.22.h Dettaglio della città di Tikrakka, Khorsabad, rilievo di Sargon II. Fig. 3.23

Sigillo da Assur, Volderasiatishen Museum, VAT8872.

Fig. 3.24

Frammento di giara con rappresentazione di mura cittadine scoperto tra le rovine poste davanti alla Porta Ovest di Nimrud.

Fig. 3.25

Differenti tipologie di città rappresentate sui rilievi assiri

132

133

Fig. 3.25.a Aree settentrionali dell’Impero assiro (?). Fig. 3.25.b Aree occidentali dell’Impero assiro (Nimrud, Ashurnasirpal II). Fig. 3.25.c Qarqar, Siria (Balawat, Shalmaneser III). Fig. 3.25.d Mesopotamia meridionale (Ninive, Sennacherib). Fig. 3.25.e Fenicia (?) o Assiria settentrionale (?) (Ninive, Sennacherib). Fig. 3.25.f Ashtaroth, Giordania (Nimrud, Tiglath-pileser III). Fig. 3.26

Rappresentazioni di città incise su alcune cinture bronzee urartee.

134

Fig. 3.27

Struzzo

136

Fig. 3.27.a Dettaglio della brocca in oro da Nimrud, blocco (c2). Fig. 3.27.b Sigillo (BM 89468) da Ninive. Fig. 3.27.c Sigillo (BM 102397) proveniente da mercato antiquario. Fig. 3.27.d Sigillo (BM 129550) proveniente da mercato antiquario. Fig. 3.27.e Beaker bronzeo, Luristan. Fig. 3.27.f Pittura muraria da Dur-Katlimmu, ambiente B, Edificio G. Fig. 3.27.g Placchetta in avorio da Forte Shalmaneser. Fig. 3.27.h Sigillo di Urzana. Fig. 3.27.i Decorazione di beaker, Luristan. Fig. 3.27.l Sigillo (BM 119000), proveniente da mercato antiquario. Fig. 3.28

Vaso tubolare invetriato, ambiente ZZ, Nimrud.

Fig. 3.29

Coppa del tesoro di Kelermes.

xi

137

La brocca d’oro dalla Tomba Reale III a Nimrud Fig. 3.30

Rappresentazioni di teorie di uccelli di grandi dimensioni (forse rapaci) su bronzi urartei

138

Fig. 3.30.a Dettaglio di decorazione di un elmo urarteo. Fig. 3.30.b Frammento di cintura urartea. Fig. 3.30.c Dettaglio ingrandito di uno degli struzzi della brocca. Fig. 3.31

Onagro/toro

142

Fig. 3.31.a Dettaglio della brocca in oro da Nimrud, blocco (c3). Fig. 3.31.b Dettaglio della lastra della caccia all’onagro/cavallo (Ashurbanipal). Fig. 3.31.c Placca d’avorio incisa da Forte Shalmaneser conservata presso il Nicholson Museum di Sidney no. 7666. Fig. 3.31.d Banda in bronzo del Palazzo di Ashurnasirpal II a Balawat, L7, campagna contro Bit-Adini. Fig. 3.31.e Bicchiere bronzeo (MMA 48.178.1), proveniente dal mercato antiquario, rinvenuto in Iran. Fig. 3.31.f Dettaglio di scudo bronzeo da Toprak-Kale (BM 88481), regno di Rusa III. Fig. 3.32

Rappresentazioni di tori su alcune cinture urartee.

143

Fig. 3.33

Carro e figura umana decapitata

145

Fig. 3.33.a Dettaglio della brocca in oro da Nimrud, blocco (c6). Fig. 3.33.b Porte di Shalmaneser III a Balawat, bande IIIb e IIa. Fig. 3.33.c Porte di Shalmaneser III a Balawat, banda VIIa. Fig. 3.33.d Sigillo (BM 141640) proveniente dal mercato antiquario. Fig. 3.33.e Faretra urartea di Sarduri II (764-735 a.C.) da Karmir-Blur conservata presso l’Historical Museum of Armenia, Erevan. Fig. 3.33.f Situla conservata in Iran. Fig. 3.33.g Porte di Balawat di Shalmaneser III. Fig. 3.33.h Sigillo neo-assiro BM 89586. Fig. 3.34

Vaso metallico di Karashamb, uomini decapitati sul terzo registro dall’alto.

150

Fig. 3.35

Cavaliere

152

Fig. 3.35.a Porte di Balawat di Shalmaneser III, dettagli delle bande: IIb, VIIb, XIIIa. Fig. 3.35.b Sigillo (BM 117716) neo-assiro proveniente dal mercato antiquario. Fig. 3.35.c Frammento di cintura urartea. Fig. 3.35.d Frammento di cintura urartea. Fig. 3.35.e Frammento di cintura urartea. Fig. 3.35.f Faretra urartea di Sarduri II da Karmir-Blur, Historical Museum of Armenia, Erevan. Fig. 3.36

Piante ed elementi vegetali

153

Fig. 3.36.a Dettaglio della brocca in oro da Nimrud, blocco (c5). Fig. 3.36.b Decorazione centrale di un piatto in oro neo-assiro proveniente dal mercato antiquario. Fig. 3.36.c Rilievo di Sennacherib. Fig. 3.36.d Dettaglio di un rilievo di Sennacherib. Fig. 3.37

Leone

155

Fig. 3.37.a Dettaglio della brocca in oro da Nimrud, blocco (c5). Fig. 3.37.b Caccia al leone rappresentata sulle Porte del Palazzo di Ashurnasirpal II a Balawat, registro L5. Fig. 3.37.c Leone inciso su un peso in forma d’anatra di Tiglath-pileser III, Palazzo Nord-Ovest, Tomba III. Fig. 3.37.d Quarto registro dell’Obelisco Nero, faccia A, leoni in caccia. Fig. 3.37.e Bicchiere rinvenuto in Iran dal Luristan, proveniente da collezione privata. Fig. 3.37.f Dettaglio di leone urarteo, scudo da Toprak-kale di Rusa III. Fig. 3.38

Leoni su cinture ed elmi urartei.

156

Fig. 3.39

Rilievo di caccia al leone da Gaziantep (Sakçagözü).

157

Fig. 3.40

Scudo/rete

161

xii

Indice delle illustrazioni Fig. 3.40.a Dettaglio della brocca in oro da Nimrud, blocchi (c5-c6). Fig. 3.40.b Tipologie di scudi assiri. Fig. 3.40.c Caccia al cervo nei rilievi di Ashurbanipal provenienti dall’ambiente S (camere superiori) del Palazzo Nord di Ninive (BM 124871). Fig. 3.40.d Arcieri in scena di assedio a città, rilievo proveniente dal Palazzo Centrale di Nimrud di Tiglathpileser III (BM 118904). Fig. 3.41

Personaggio a piedi con mazza o scettro

163

Fig. 3.41.a Dettaglio del disegno della brocca in oro da Nimrud, banda (c). Fig. 3.41.b Soldati appiedati con mazza o scettro dalle Porte di Balawat (registri IVa e IIIa) di Shalmaneser III. Fig. 3.41.c Soldati appiedati con mazza o scettro dalle Porte di Balawat (registri IVa e IIIa) di Shalmaneser III. Fig. 3.41.d Tipologia di scettri rappresentati diacronicamente nei rilievi assiri. Fig. 3.41.e Dignitari su una banda di un elmo assiro. Fig. 3.42

Trama a losanghe con puntino

164

Fig. 3.42.a Dettaglio della brocca in oro da Nimrud, banda (d). Fig. 3.42.b Vasi provenienti dai Tumuli K-III e W di Gordion. Fig. 3.43

Petali con tre elementi a goccia

165

Fig. 3.43.a Dettaglio della brocca in oro da Nimrud, banda (d). Fig. 3.43.b Coppa in argento da Nimrud. Fig. 3.44

Protome di dragone

167

Fig. 3.44.a Dettaglio dell’attacco d’ansa della brocca in oro da Nimrud. Fig. 3.44.b Dettaglio dell’attacco d’ansa della brocca in oro da Nimrud. Fig. 3.44.c Cucchiaio rinvenuto nel pozzo AJ, Nimrud (IM 79601). Fig. 3.44.d Dettaglio di situla urartea con manico a testa di serpente (Schaffhausen, Museum zu Allerheiligen). Fig. 3.44.e Testina in pietra facente parte di un cucchiaio, proveniente dal mercato antiquario. Fig. 3.44.f Foderi con terminale in forma di serpente da un rilievo del Palazzo Nord di Ashurbanipal a Ninive (BM 118918). Fig. 3.44.g Sigillo (BM 89589) proveniente dal mercato antiquario. Fig. 3.44.h Dettaglio di akinakes da Kelermes. Fig. 3.45

Protome leonina

171

Fig. 3.45.a Dettaglio dell’attacco inferiore dell’ansa della brocca in oro da Nimrud. Fig. 3.45.b Dettaglio dell’attacco inferiore dell’ansa della brocca in oro da Nimrud. Fig. 3.45.c Bracciali in oro dalla Tomba III di Nimrud. Fig. 3.45.d Bracciali in oro e pietre dure dalla Tomba II di Nimrud. Fig. 3.45.e Piede di candelabro urarteo. Fig. 3.45.f Dettaglio di elmo assiro. Fig. 3.46

Brocca da Cipro con ansa con attacchi decorati da protomi di serpente e leone.

174

Fig. 3.47

Banda (c): suddivisione in blocchi e principali sensi di marcia.

177

Fig. 3.48

Sigillo medio-assiro BM 89862.

178

Fig. 3.49

Rilievi B18-20 della sala del trono B di Ashurnasirpal II, Palazzo Nord-Ovest, Nimrud.

179

Fig. 3.50

Obelisco Bianco.

180

Fig. 4.1

Mappa del Vicino Oriente con i principali toponimi e regni menzionati.

186

Fig. 4.2

Nimrud, rilievo dal Palazzo Sud-Ovest, muro k, lastra 12b.

189

Fig. 4.3

Palazzo Nord-Ovest, area a sud del bîtānu.

190

Fig. 4.4

Corona dal Sarcofago 2 della Tomba III.

193

C

4

xiii

La brocca d’oro dalla Tomba Reale III a Nimrud Fig. 4.5

Raffigurazione del sigillo di Ninurta-Ideya-Sukshid, Sarcofago 2, Tomba III.

194

Fig. 4.6.a

Sigillo di Hamâ.

195

Fig. 4.6.b

Sigillo di Tashmetu-Sharrat.

Fig. 4.7.a

Ciondolo dalla Tomba III, Sarcofago 1.

Fig. 4.7.b

Diadema dalla Tomba II.

Fig. 4.8

Coppa di Shamshi-ilu, Tomba III, Sarcofago 1.

197

Fig. 4.9

Tomba III: prima fase, deposizione del Sarcofago 2; seconda fase, deposizione dei Sarcofagi 3 e 1.

199

Fig. 4.10

Coppe in oro di Atalyā (in alto a sinistra), Yabâ (in alto a destra), Banitu (in basso a sinistra), e Shamshi-ilu (in basso a destra).

201

Fig. 4.11

Tomba Reale II, camera sepolcrale, vasi in ceramica, pietra e bronzo in situ.

202

Fig. 4.12

Ricostruzione e pianta dell’ambiente 49 e della sottostante Tomba Reale II.

203

Fig. 4.13

Tavoletta IM 124996 scoperta nella nicchia dell’anticamera della Tomba III.

204

Fig. 5.1

Illustrazione delle parti utilizzabili della zanna in relazione al prodotto finale.

212

Fig. 5.2

Elementi in pasta vitrea lavorati provenienti dall’ambiente SW37 di Forte Shalmaneser.

213

Fig. 5.3

Rilievo da Arslan Tash, elaborazione grafica di I. Gerlach.

219

Fig. 5.4

Rilievo di Bar-Rakib, Zincirli, Hilani IV, ingresso, lato E.

220

Fig. 5.5

Impressione di sigillo in “Provincial Assyrian Style” da Hasanlu.

221

Fig. 5.6

Bracciale IM 105704 dalla Tomba Reale II di Nimrud.

223

Fig. 5.7

Disegno della coppa d’oro recante il nome di Yabâ, rinvenuta nella Tomba Reale II.

227

Fig. 5.8

Frammento di ceramica di età neo-babilonese da Nippur sul quale è inciso un disegno forse utilizzato come modello.

229

Fig. 5.9

Avori dal Palazzo Nord-Ovest di Nimrud

232

Fig. 5.9.a

Avorio di tradizione sud-siriana, Crown and Scale Group, Pozzo AJ, IM 79536.

Fig. 5.9.b

Paraocchi in avorio di tradizione fenicia, Classic Phoenician Group 2, Pozzo NN, ND 2244.

Fig. 5.9.c

Pisside in avorio di tradizione nord-siriana, Flame and Frond Group, Pozzo AJ, IM 79514.

Fig. 5.9.d

Avorio di tradizione assira, Pozzo 4, ND 378.

Fig. 5.10

Situle zoomorfe in bronzo dal Tumulo MM di Gordion, acquerelli di Piet De Jong.

234

Fig. 5.11

Ortostato a rilievo dalla stanza 2 del Palazzo di Sargon II a Khorsabad. Disegno di E. Flandin.

235

Fig. 5.12

Arjan bowl. Disegno di R. Vatandust.

237

C

196

5

xiv

INDICE DELLE TAVOLE

Tav. I

Brocca IM 115618 in oro da Nimrud.

Tav. II

Brocca IM 115618 in oro da Nimrud.

Tav. III

Brocca IM 115618 in oro da Nimrud.

Tav. IV

Brocca IM 115618 in oro da Nimrud: banda (d).

Tav. V

Brocca IM 115618 in oro da Nimrud: banda (c).

Tav. VI

Brocca IM 115618 in oro da Nimrud: banda (c).

Tav. VII

Brocca IM 115618 in oro da Nimrud: suddivisione in bande.

Tav. VIII Brocca IM 115618 in oro da Nimrud: disegno delle bande. Tav. IX

Sigillo di Hamâ, MÍ.É.GAL di Shalmaneser IV.

Tav. X

Situla assira o “assirizzante” da una collezione privata (Teheran).

Tav. XI

Vaso in argento rinvenuto probabilmente in Iran.

Tav. XII

Situla da Chamzi Mumah.

Tav. XIII Scudo urarteo con scena di battaglia. Tav. XIV Decorazioni degli abiti sui rilievi di Ashurnasirpal II. Tav. XV

Coppa dalla Tomba Regolini-Galassi di Cerveteri.

Tav. XVI Scudo bronzeo di Ishpuini e Menua.

xv

INTRODUZIONE

Questo lavoro prende avvio da una ricerca svolta nell’ambito del Laboratorio di Archeologia del Vicino Oriente tenuto dalla curatrice di questo volume per il Dipartimento di Studi Storici dell’Università di Torino, poi ampliata e approfondita con impegno e passione da tutto il gruppo di ricerca. L’analisi e l’interpretazione della brocca di Nimrud (IM 115618) sono state una sfida difficile: un manufatto ricco di significati complessi da inserire in un variegato lessico di forme, iconografie e stili in cui convivono tradizioni culturali differenti, ma da interpretare anche come testimonianza delle diverse dinamiche di produzione e diffusione degli oggetti di lusso nei primi secoli del I millennio a.C., oltre che degli usi funerari e della struttura sociale della corte assira. Obiettivo dello studio è stato dunque la formulazione di ipotesi interpretative riguardanti la cronologia, l’area di produzione e la funzione di questa piccola brocca in oro rinvenuta nella Tomba Reale III, uno dei quattro ipogei funerari messi in luce alla fine degli anni ‘80 del secolo scorso dall’Iraq Department of Antiquities and Heritage a Nimrud/Kalhu, nel quartiere del bitanu del Palazzo Nord-Ovest, il primo dei grandi palazzi di età neo-assira, fatto costruire da Ashurnasirpal II nella sua nuova capitale. Le Tombe Reali di Nimrud sono state certamente una scoperta straordinaria sia per l’incredibile quantità e qualità degli oggetti preziosi che componevano i corredi funebri sia per la ricchezza dei dati storici che forniscono, rivelando il nome e l’esistenza di alcune sovrane assire fino ad allora del tutto sconosciute. Questo volume raccoglie i risultati raggiunti, esposti nei cinque capitoli che lo costituiscono, attraverso l’analisi di diversi aspetti del manufatto, presi in esame al fine di comporre uno studio esaustivo su un unico oggetto che per la preziosità del materiale, la complessità dell’apparato decorativo e l’incredibile abilità tecnica messa in atto nella sua realizzazione, è certamente un oggetto unico. Il primo capitolo è dedicato all’esposizione e interpretazione del contesto archeologico di ritrovamento della piccola brocca. Si sono considerati innanzi tutto i dati di scavo sulla Tomba III ricavabili dalle pubblicazioni degli archeologi iraqeni, M.M. Hussein, A. Suleiman e M.S. Damerji, che hanno direttamente partecipato alla scoperta, incrociandoli con le informazioni storiche e antropologiche che

si ricavano dai documenti epigrafici e dalle analisi eseguite sui resti ossei rinvenuti al suo interno. In particolare si è preso in esame il Sarcofago 2, trovato nell’anticamera insieme ad altri due sarcofagi in bronzo, che conteneva i resti di una giovane donna e un ricchissimo corredo di cui faceva parte, oltre alla piccola brocca, un sigillo in oro con iscrizione di appartenenza di Hamâ, sposa di Shalmaneser IV (782-773 a.C.), che si è utilizzato per proporre l’identificazione tra la donna inumata e la regina assira. In un contesto di deposizioni secondarie, la sepoltura di Hamâ, in base ai dati che si sono ottenuti dall’esame di altri elementi datanti, in particolare diversi sigilli a stampo e a cilindro rinvenuti nello stesso sarcofago, perfettamente coerenti da un punto di vista stilistico, iconografico e cronologico con l’identificazione della regina, può essere considerata una deposizione primaria e gli anni di regno di Shalmaneser IV un terminus ad o ante quem per la produzione della brocca in oro. Allo studio della particolare morfologia della brocca da Nimrud si è dedicato il secondo capitolo. La ricerca di confronti si è orientata su alcuni elementi discriminanti: la presenza del versatoio dotato di filtro interno, la posizione dell’unica ansa ad angolo retto rispetto al versatoio, le dimensioni e le proporzioni tra le diverse parti del recipiente. La forma, diffusa in molte zone del Vicino Oriente seppure prodotta con diverse varianti, in particolare realizzate in ceramica, trova confronti puntuali con le side-spouted sieve jugs in bronzo e in ceramica di area frigia, rinvenute in particolare nella capitale del regno, Gordion. Nel corso della trattazione si è presentata una breve analisi degli aspetti tecnici, basata sul materiale fotografico edito e sulle informazioni note dalla bibliografia sull’argomento. Essa, ricorrendo anche alla comparazione con oggetti vicini per forma o decorazione, ha posto in risalto la complessità tecnica del manufatto e ha confermato ancora una volta la sua qualità. L’interpretazione funzionale ha costituito un valido strumento per comprendere più a fondo il possibile utilizzo. Poiché la sua morfologia suggerisce che la brocca dovesse contenere un liquido da filtrare, sulla base dei confronti con forme simili, sono state formulate diverse ipotesi circa il contenuto, la modalità d’impiego e il contesto di fruizione. Nel terzo capitolo è stato preso in esame il complesso

1

La brocca d’oro dalla Tomba Reale III a Nimrud

apparato decorativo costituito da una serie di bande con decorazione a rilievo figurata e geometrica. L’analisi si è mossa lungo due percorsi paralleli: da un lato la ricerca dei confronti iconografici e stilistici maggiormente puntuali per ognuno degli elementi presenti sui diversi registri, dall’altro l’individuazione dei blocchi tematici principali attorno ai quali si sviluppa la decorazione e delle eventuali similitudini rintracciabili su altri oggetti di area vicino-orientale. Tale indagine è stata funzionale al riconoscimento delle peculiarità stilistiche e iconografiche che potessero suggerirne la cronologia e l’area di produzione. Il quarto capitolo è stato dedicato ad un inquadramento storico dei primi secoli dell’epoca neo-assira a cui sono attribuibili le quattro Tombe Reali. Si è cercato, inoltre, di delineare la figura delle MÍ.É.GAL a cui gli ipogei erano destinati nella complessa struttura dei palazzi reali assiri e in particolare nell’ambito delle pratiche di sepoltura e dei rituali funebri. In questo specifico contesto gli oggetti di ornamento personale o comunque di lusso, come la brocca aurea qui analizzata, che costituivano il corredo che accom-

pagnava la dama, vennero probabilmente utilizzati per ribadire il suo ruolo all’interno della corte reale e negoziare, quali doni offerti alle divinità infere, il suo status sociale anche dopo la morte. Infine, nel quinto capitolo a quest’analisi puntuale e sfaccettata del reperto, si è ritenuto utile accostare uno studio teorico, che approfondisse le problematiche relative all’individuazione dei workshops e in generale alle modalità di produzione, circolazione e fruizione degli oggetti di lusso nel Vicino Oriente durante l’età neo-assira. L’analisi di queste dinamiche è stata affrontata utilizzando la comparazione con diverse classi di manufatti preziosi, quali ad esempio gli avori e le coppe metalliche di produzione levantina. L’approccio multidisciplinare costituito dall’integrazione di temi e modelli generali all’interno della trattazione si è dunque rivelato necessario e fruttuoso per una più ampia comprensione dei diversi aspetti (morfologici, decorativi, funzionali e tecnici) e significati (storici, rituali, funerari) che un oggetto unico e complesso come la brocca aurea di Nimrud contiene in sé.

2

INTRODUCTION

This volume is the much-expanded, updated and comprehensive version of a seminar conducted under the direction of the editor during the Laboratorio di Archeologia del Vicino Oriente for the Dipartimento di Studi Storici, University of Torino, to which the authors participated passionately and profitably. The analysis and interpretation of the Nimrud jug IM 115618 were uneasy tasks: indeed this is decorated with themes and iconographies derived from a multifarious lexicon and different traditions, and executed in a style that also witnesses of the complex cultural milieu and process of luxuries’ production that characterized the first centuries of the 1st millennium BC, as well as a marker of the funerary customs and social structure of the Assyrian court. In the present study, hypotheses on the chronology, area of production, and function of the gold jug are put forward: this was found in the Royal Tomb III, one of the four hypogea brought to light by the Iraq Department of Antiquities and Heritage at Nimrud/ Kalhu, in the bitanu of Ashurnasirpal II’s North-West Palace, at the end of the ‘80s. The Royal Tombs of Nimrud are an extraordinary discovery, not only for the quality and quantity of the funerary objects there found, but also for the historical data they provided, like, for instance, the existence of Assyrian queens, otherwise unknown, as revealed by the occurrence of their names in epigraphic sources. This volume, composed by five chapters, presents the results of analyses conducted on different aspects of the jug, for proposing a comprehensive study of this unique object: an object exceptional for the precious material by which it was made, the complexity of decoration and high level of craftsmanship. Chapter 1 considers the archaeological context of the finding, through the examination of the excavation data regarding Tomb III, published by M.M. Hussein, A. Suleiman and M.S. Damerji, who participated to the fieldwork, and information based on epigraphic sources and anthropological analyses of human remains found in situ. Coffin 2, placed in the antechamber together with two other bronze coffins, was particularly considered in this chapter, for it contained the skeleton of a young woman buried with amazing funerary goods, among which our jug and a gold stamp seal bearing the name of Hamâ, queen of Shalmaneser IV (782-773 BC): the latter probably

identifies the corpse. Notwithstanding the fact that the human remains found in the other bronze coffins were laid as secondary depositions, the skeleton contained in Coffin 2, identified as Hamâ, appears to have been laid there primarily, when considering the occurrence of other several stamp and cylinder seals that appear well consistent with the same date from an iconographical and stylistic point of view. On these premises, the reign of Shalmaneser IV can be considered as a terminus ad or ante quem for the making of the jug itself. The jug morphology is addressed in Chapter 2 on the basis of the comparisons that can be found in relevant literature: its dimensions, vessel proportions, strainerspout, and handle (the latter orthogonal to the spout) are indeed very characteristic. This shape, attested in pottery in different areas of the ancient Near East, finds comparison with side-spouted sieve jugs, of bronze and pottery, particularly found at Gordion in Phrygia. Technical analyses on the manufacture have been discussed also taking into account other published materials: these evidenced the high complexity and quality of the craftsmanship, especially when referring to objects having similar characteristics. The function of the object was hypothesised on the basis of the presence of a strainer-spout, which leads to suppose that it contained liquids to be filtered. The chased repoussé decoration is discussed in Chapter 3. The decorative bands show both figures and geometric patterns that have been analysed on two premises: the comparative analysis of iconographic and stylistic parallels, and the study of the different themes there reproduced and compared with other representations coming from the ancient Near East. This suggested the object chronology and area of production. Chapter 4 presents an excursus on the history of the period to which the four Royal Tombs could be dated, namely the first centuries of the Neo-Assyrian Empire, particularly focusing on the Neo-Assyrian MÍ.É.GAL (queens), for whom the underground chambers were built, and funerary practices. In this funerary context, personal ornaments or other luxury objects, as the gold jug analysed here, were probably marks of the position of these noble women within the royal court and negotiate, such as gifts offered the Netherworld gods, their high social status even

3

La brocca d’oro dalla Tomba Reale III a Nimrud

after death. Chapter 5 attempts to outline the possible context of production of the luxury objects, namely the workshops in which they were made, and their diffusion in different areas of the Near East in the Neo-Assyrian period. The latter were traced on the basis of the presence of other luxuries like ivories and

metal bowls, usually produced in the Levant. The multidisciplinary approach has therefore been necessary and fruitful for a broader understanding of different aspects (morphological, decorative, functional and technical) and meanings (historical, ritual, funerary) that a unique object, as the gold jug of Nimrud, encapsulates.

4

1 LA TOMBA REALE III E IL CONTESTO DI RITROVAMENTO DELLA BROCCA IM 115618 A

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e le esigenze di un’aristocrazia sempre più raffinata sia dagli oggetti giunti in Assiria come doni e tributi dai sovrani vassalli e alleati o come bottino raccolto durante le lunghe campagne di guerra. Non è dunque infrequente ravvisare negli oggetti rinvenuti nelle capitali assire motivi decorativi e iconografie che al repertorio più tipicamente assiro associano elementi siro-fenici, urartei o iranici. Della ricchezza delle vesti, della quantità e della qualità degli ornamenti personali e delle suppellettili della corte assira fino alla inattesa scoperta delle Tombe, ci davano un’immagine parziale le raffigurazioni del sovrano e dei dignitari scolpite sui rilievi parietali dei palazzi. Stoffe preziose ricamate con scene di caccia, di battaglia e di cura dell’albero sacro o tessute a motivi geometrici e completate con ornamenti aurei applicati, costituivano il vestito del re mentre bracciali orecchini e collane completavano l’abbigliamento. Ma mentre i gioielli raffigurati portati dal sovrano e dai cortigiani e i ritrovamenti archeologici5 documentavano un repertorio di forme e disegni piuttosto semplice e limitato, la scoperta delle tombe principesche del Palazzo Nord-Ovest e dei loro corredi ha permesso di avere un’immagine puntuale e in parte inaspettata, della magnificenza regale assira. In particolare nelle prime tre sepolture rinvenute, la quarta era stata saccheggiata già in antichità6, il corredo era costituito da un’incredibile collezione di gioielli e vasellame in oro che nella Tomba III raggiungevano i 23 kg7. In realtà a causa della complessa situazione politica e militare dell’Iraq dalla Prima Guerra del Golfo, scoppiata nel gennaio del 1991, ad oggi, i corredi delle sovrane assire, protetti nel caveau della Central Bank of Iraq e fortunatamente sfuggiti ai saccheggi, non sono stati argomento di studi approfonditi8, come

Negli anni fra il 1988 e il 1990 nel corso di nuovi scavi e restauri condotti dall’Iraq Department of Antiquities and Heritage a Nimrud/Kalhu e diretti da Muzahim Mahmoud Hussein vennero portate alla luce nel bitanu, il quartiere del Palazzo NordOvest1 a sud del grande cortile Y, identificato come residenza della famiglia reale, quattro tombe a camera ipogee edificate al di sotto degli ambienti MM, 49, 57 e 71/722 e identificate come Tombe I, II, III e IV (Fig. 1.1). Le Tombe Reali di Nimrud costituiscono una scoperta unica sia per l’incredibile quantità e raffinatezza degli oggetti in oro e altri materiali preziosi che fanno parte dei corredi funebri, rinvenuti in gran parte intatti, sia per la ricchezza dei dati storici, culturali e antropologici che forniscono lo studio dei materiali epigrafici3 e le analisi dei resti ossei4. In particolare il numero straordinario di oggetti di lusso, la complessità di forme e disegno di collane, bracciali, orecchini e diademi, la policromia delle pietre semipreziose, la varietà delle tecniche di lavorazione - granulazione, filigrana, intarsio, repoussé, cera perduta, per citarne alcune - rendono una testimonianza, incredibilmente ampia e complessa della raffinatezza del ricco repertorio decorativo internazionale al quale attingevano non solo gli artigiani assiri ma anche le botteghe di tutte le regioni dell’Impero. In esso si rispecchia il gusto della corte assira in cui dovevano convivere tradizioni culturali differenti introdotte sia dagli artigiani stranieri che lavoravano per servire la famiglia reale

  Sugli scavi del Palazzo Nord-Ovest: M 1966; O , O 2001, 36-70; H 2002, 143-158; H 2008, 8398; H ,K ,A 2013, 91-108. 2   Sulla scoperta delle Tombe Reali: D 1998, 1-84; H ,S 2000; O ,O 2001, 78-90; H 2002, 143-158; D 2008, 81-82; H 2008, 83-98; H 2016. Quest’ultimo volume, appena pubblicato, fornisce immagini inedite e nuovi e più precisi dati, a volte in contrasto o comunque diversi da quelli fino ad ora noti nelle pubblicazioni appena citate, sulla scoperta, le caratteristiche architettoniche, gli elementi di corredo delle Tombe Reali. 3   Sulle iscrizioni dalle Tombe Reali: F 1990a, 461-470; F 1990b, 471-482; K 1998, 13-18; A -R 2008, 119-139; H 2008, 139. 4   Sulle analisi dei resti ossei: S ,K 1998, 85-128; M -K ,K ,S 2008, 141-148. 1

  Si veda ad esempio M -H 1971; C , M -H 1971, 101-112. 6  H ,S 2000, 132; H 2002, 149; H 2016, 44. 7  D 1998, 4; O ,O 2001, 86. 8   Sui corredi nel loro complesso: D 1998; H , S 2000, con immagini e schede sintetiche di molti, ma non tutti, gli oggetti di corredo; H 2016, con pubblicazione esaustiva di tutti gli elementi di corredo. Per una selezione di gioielli e recipienti in oro, argento e cristallo di rocca: C 2008a, 105-118. Per alcuni oggetti e coppe in metallo: 5

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A. Cellerino

Fig. 1.1 - Pianta dell’ala meridionale del Palazzo Nord-Ovest. Localizzazione delle Tombe Reali e dei singoli sarcofagi, elaborazione grafica di E. Foietta (da O ,O 2001, fig. 33).

certo meritano, essendo impossibile esaminarli e solo pochissimi oggetti sono stati analizzati in modo dettagliato9. All’interno di questi corredi fra gli altri straordinari reperti ha suscitato un particolare interesse dal momento del suo rinvenimento sia per la sua particolare morfologia messa in risalto dalla realizzazione in oro sia per il miniaturistico ma eccezionalmente complesso apparato decorativo, una piccola brocca (IM 115618), proveniente dalla Tomba III, al cui studio è dedicato questo volume10 (Tavv. I-VIII).

1.1 I Le quattro tombe ipogee benché non identiche per forma, dimensione e orientamento degli ambienti presentano comunque caratteristiche comuni11: sono infatti costituite da piccole camere funerarie rettangolari con copertura a volta costruite in mattoni cotti, in cui era collocato il sarcofago, in terracotta o pietra, generalmente precedute da un’anticamera12 raggiungibile attraverso un pozzetto accessibile dall’ambiente soprastante e terminante con una serie di ripidi scalini. Esse erano tutte collocate nell’area del bitanu13 a sud del cortile interno Y e da esso separata dai corridoi Z e P, che costituiva il quartiere abitativo della famiglia reale, sotto la pavimentazione degli ambienti MM, 49, 57 e 71/7214. Il termine harem

C 2008b, 243-253. Per alcuni gioielli e recipienti in oro, recentemente: H 2014, 125-131. 9   Dalla Tomba II: i bracciali in oro IM 105702, IM 105703, IM 105704, IM 105705, IM 105706, IM 105707 (C 2010, 149162), la coppa in oro IM 105697 con iscrizione della regina Yabâ (W 2010, 109-141); dalla Tomba III: la corona in oro IM 115619 (B 2006, 213-226), la brocca in oro IM 115618 (B 2001, 57-65), la fiaschetta in ceramica invetriata IM 118187 (D 2013, 13-17). 10   D 1998, 10, Abb. 48-52; H , S 2000, pics. 154-154b; O ,O 2001, pl. 3b; C 2008a, pl. VII; H 2016, 122, pls. 134-137. L’analisi stessa è stata effettuata compiendo una rivalutazione del materiale edito. Poiché non è stato possibile esaminare direttamente la brocca, lo studio si è basato sulla documentazione grafica e fotografica delle pubblicazioni e reperibile on-line: http://www.baghdadmuseum. org/secret/pages/000.htm (ultima visualizzazione 16/04/2016). .

  D 1998, Abb. 16 (Tomba II), Abb. 33 (Tomba III); H ,S 2000, fig. 6 (Tomba I), fig. 8 (Tomba II), figs. 12-14 (Tomba III), fig. 16 (Tomba IV); H 2016, pls. 9-11 (Tomba I), pls. 25, 27, 29, 31-32 (Tomba II), pls. 92-93, 96-97, 102, 128, 158 (Tomba III), pls. 173-174, 176 (Tomba IV). 12   L’anticamera manca nella Tomba I: H ,S 2000, fig. 6. 13   Per l’area del bitanu si veda ad esempio la sintesi in O , O 2001, 61-68. 14  O ,O 2001, 88. In realtà la Tomba IV venne messa in luce nel 1990 in un piccolo ambiente non numerato immediatamente ad est della stanza 71 (H 2008, 83, Plan 5; H 2016, 43, pl. 5). 11

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La Tomba Reale III e il contesto di ritrovamento della brocca IM 115618

con cui si definisce spesso nella letteratura scientifica moderna quest’ala interna dei palazzi reali neo-assiri, non chiarisce pienamente la complessità d’uso degli spazi che la compongono fra i quali, accanto a vere e proprie suite residenziali, come quella disposta lungo il lato meridionale del cortile AJ del Palazzo Nord-Ovest in cui si riconosce l’appartamento della regina15, si collocavano magazzini, archivi, laboratori produttivi e, come le recenti indagini hanno rivelato, le tombe e la misteriosa struttura sotterranea al di sotto degli ambienti 74 e 7516. Sepolture meno strutturate costituite da semplici sarcofagi in terracotta sono state inoltre messe in luce sotto i pavimenti degli ambienti DD, FF, 64b e 6917 (Fig. 1.1) già nel corso degli scavi britannici e più recentemente dalle missioni archeologiche iraqene. Che l’area meridionale del Palazzo fosse strettamente legata alle donne della casa reale pare dimostrato dai numerosi testi e oggetti con iscrizioni di appartenenza che le citano, il più delle volte senza farne il nome, ma semplicemente con il titolo di MÍ.É.GAL, letteralmente “donna del Palazzo”, che probabilmente indica la regina18, tutti databili al periodo che va dalla (ri)fondazione, voluta da Ashurnasirpal II (883-859 a.C.), di Nimrud, inaugurata con festeggiamenti grandiosi nel 864 a.C., agli ultimi anni di regno di Sargon II (721-705 a.C.) quando la capitale viene spostata a Dur Sharrukin nel 706 a.C. e naturalmente dalla sistemazione in questo settore degli ipogei principeschi I19, II20, III21 e IV22.

La Tomba III: la camera sepolcrale La Tomba III nella quale è stata rinvenuta la brocca in oro protagonista di questo specifico caso di studio venne individuata nell’agosto del 1989 al di sotto del piano pavimentale dell’ambiente 5723 (Fig. 1.2). In base alle iscrizioni incise sulla tavoletta in marmo trovata nella nicchia triangolare risparmiata nel muro occidentale fiancheggiante la scala di acceso nell’anticamera24 e sul coperchio25 del sarcofago in arenaria (o alabastro)26, la Tomba era destinata a Mullissu-mukannishat-Ninua MÍ.É.GAL di Ashurnasirpal II e di Shalmaneser III (858-824 a.C.). Il titolo in alcuni casi, come ad esempio per Mullissumukannishat-Ninua, poteva essere quindi mantenuto durante il regno del successore del sovrano di cui la MÍ.É.GAL era sposa27. Sulla base delle dimensioni (238 x 132 x 125 cm) e del peso del grande sarcofago litico (Fig. 1.3) si è ipotizzato che gli ipogei fossero inclusi fin dalla primaria progettazione del palazzo benché il completamento della Tomba III e la deposizione della consorte reale ebbero probabilmente luogo durante il regno di Shalmaneser III come indicano il ritrovamento di due mattoni iscritti con la sua titolatura regale28 e il suo nome accompagnato dal titolo “sovrano d’Assiria” che compare in entrambi le iscrizioni funebri di Mullissu-mukannishat-Ninua. Peso e dimensioni avrebbero infatti impedito la movimentazione del sarcofago attraverso il pozzetto, le scale e le porte della tomba. È quindi assai probabile che esso, come nel caso del sarcofago monolitico di Yabâ, MÍ.É.GAL di Tiglath-pileser III (744-727 a.C.) ospitato nella vicina Tomba II, sia stato calato all’interno della camera prima di concludere la costruzione della volta di copertura e di posare la pavimentazione in mattoni cotti della superiore stanza 5729. La Tomba III era formata dalla camera sepolcrale e da un’anticamera entrambe con orientamento nord-sud, sviluppate in lunghezza, edificate in mattoni cotti e

15  O ,O 2001, 65. Sull’uso di questo termine e sul suo significato in ambito neo-assiro si veda il Capitolo 4, Paragrafo 3. Per i documenti da Nimrud in cui compaiono donne della casa reale si veda S 2012, Appendix 1; 236-281, Appendix 2, 282-290. 16  O ,O 2001, 65-67; H 2002, 155-157; H 2008, 83-90; W 2015, 14-16; H 2016, 47-49, pls. 186-189. 17  M 1966, 114-116; O ,O 2001, 78-79, 88-89; H 2002, 155. 18   Sulla interpretazione del titolo e sul ruolo della MÍ.É.GAL si veda Capitolo 4, Paragrafo 3. 19   Messa in luce nel 1988, ospitava un sarcofago in terracotta. Ha restituito numerosi mattoni riportanti il nome di Ashurnasirpal II (D 1998, 5-6; H ,S 2000, 96-100; O , O 2001, 79-81; H 2002, 143-145; D 2008, 81; H 2016, 5-9.). 20   Individuata nel 1989, è stata identificata come ipogeo originariamente destinato alla deposizione del corpo e del corredo di Yabâ, sposa di Tiglath-pileser III. Successivamente accolse Atalyā, sposa di Sargon II (D 1998, 6-8; H , S 2000, 102-111; O ,O 2001, 81-84; H 2002, 145-148; D 2008, 81-82; H 2016, 11-25). 21   D 1998, 8-11; H , S 2000, 114-128; O , O 2001, 84-88; H 2002, 148-149; D 2008, 82; H 2016, 27-42. 22   Rinvenuta nel 1990 conteneva un sarcofago in pietra con quattro lastre di copertura in terracotta e un corredo meno ricco rispetto a quello delle tombe precedentemente messe in luce (H , S 2000, 130-133; O , O 2001, 88; H 2002, 149; H 2008, 83; H 2016, 43-46).

 H 2016, pl. 92b.   La notizia viene data nel recentissimo volume di M.M. Hussein (H 2016, 28). Nelle pubblicazioni precedenti la tavoletta era collocata nella nicchia del muro settentrionale della camera funeraria. 25   F 1990b, 471-482; A -R 2008, 122-125. Recentemente sia M.S. Damerji che M.M Hussein riferiscono di una iscrizione illeggibile, forse copia dell’iscrizione funebre, su entrambi le porte litiche, già citata solo da Jane e David Oates, che chiudevano il passaggio tra anticamera e camera principale (O ,O 2001, 86; D 2013, 13; H 2016, 28). 26   «(…) grey alabaster», (H 2016, 27). 27   Sulla questione si veda S 2012, 91-93, con relativa bibliografia. 28   A -R 2008, 126, texts nos. 4-5. Di un altro mattone con iscrizione di Shalmaneser III non si conosce l’esatta provenienza (A -R 2008, 126, text no. 6). 29  H ,S 2000, 115; O ,O 2001, 84; H 2016, 27. 23 24

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Fig. 1.2 - Pianta dell’ambiente 57 e localizzazione della Tomba Reale III, elaborazione grafica di E. Foietta.

con copertura a volta. L’accesso alla tomba doveva avvenire attraverso un pozzo, che era stato sigillato con due lastre di calcare30, e una serie di gradini che conducevano all’interno dell’anticamera31 (Fig. 1.4). La volta di copertura della camera principale risulta, da quanto si ricava dal rapporto di scavo, in parte crollata o comunque danneggiata forse nel corso di un saccheggio avvenuto in antico32 per permettere un accesso diretto dall’ambiente 57 alla camera, apertura che venne utilizzato anche dagli archeologi iraqeni. Successivamente, in una fase di risistemazione della Tomba, la volta venne parzialmente restaurata e, secondo i dati forniti da M.M. Hussein e A. Suleiman, la rottura probabilmente sigillata con una lastra litica quadrata rinvenuta 70 cm al di sotto del pavimento della stanza 5733. La camera principale di cui vengono fornite le misure di lunghezza e larghezza, rispettivamente 3,80 x 1,60 m, ma non l’altezza34, trovata colma di terra di riempimento, conteneva il grande sarcofago in arenaria grigia (o alabastro), in parte interrato35 e coperto da una lastra iscritta spessa 13 cm, del

medesimo materiale, rinvenuta parzialmente danneggiata36 e mancante di un frammento, un vaso in ceramica nella nicchia ricavata nel muro nord (Fig. 1.5) e diversi “chiodi” 37 con testa arrotondata, a pomello, invetriati in verde e giallo, trovati ancora infissi in due nicchie ricavate presso il piano pavimentale nelle pareti est e ovest e fissati nella parte inferiore di questi stessi muri perimetrali a livello della lastra di copertura, probabilmente utilizzati per sostenere al di sopra del sarcofago un drappo o un baldacchino38. Discordanti sono i dati sul contenuto del sarcofago: nel primo rapporto di scavo M.M. Hussein e A. Suleiman affermavano che esso venne rinvenuto vuoto per poi precisare che non conteneva «(…) any archaeologically significant finds»39 se non terra caduta attraverso la volta di copertura. Tuttavia sia Joan e David Oates che M.S. Damerji ed ora M.M. Hussein riportano che all’interno della bara vennero raccolti alcuni frammenti ossei e un vago di collana40. A causa della scarsità dei rinvenimenti sia nella camera che nel sarcofago, M.M. Hussein e A. Suleiman41 e successivamente R.M. Boehmer42, hanno ipotizzato che la camera non fosse mai stata utilizzata come luogo di deposizione del corpo della regina. Tuttavia la tesi risulta difficilmente giustificabile in base ai dati archeologici (l’apertura nella volta e i pochi ma indicativi reperti rinvenuti nel sarcofago) a cui si deve aggiungere un elemento significativo non

  La notizia viene data per la prima volta in H 2016, 28, pls. 92b, 96b. 31  H ,S 2000, 114; O ,O 2001, 84; H 2016, 28, pls. 96b, 97a. 32  O ,O 2001, 84; H 2016, 27. 33  H ,S 2000, 114. In un articolo di poco posteriore il rapporto tra la rottura nella volta e la lastra litica sembra essere più sfumato «(…) limestone slab (…) Nearby, a gap in the centre of the top of a vault (…)» (H 2002, 148). 34   Purtroppo le piante delle tombe pubblicate nei primi resoconti di scavo e poi riportate negli articoli successivi non sono in scala e non è stato quindi possibile verificare e ricavare alcune misure degli ambienti quando non fornite (vedi note 2 e 11). 35   La notizia è data da O ,O 2001, 84 e confermata da H 2016, 27. 30

 H ,S 2000, 115; O ,O 2001, 84.  D 1998, 8-9; O ,O 2001, 84; H ,S 2000, 114-115; H 2016, 27. 38  O ,O 2001, 84; H 2002, 148. 39  H ,S 2000, 115. 40  O ,O 2001, 84; D 2008, 82; H 2016, 27. 41  H ,S 2000, 115. 42  B 2001, 61. 36 37

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La Tomba Reale III e il contesto di ritrovamento della brocca IM 115618

porta, ad impedire il passaggio dei profanatori e, di conseguenza, il saccheggio dell’anticamera stessa e che quindi la spoliazione della sepoltura della regina di Ashurnasirpal II doveva essere avvenuta posteriormente alla collocazione dei sarcofagi48. La Tomba III: l’anticamera Tre sarcofagi in bronzo49 vennero infatti rinvenuti all’interno dell’anticamera (Fig. 1.7). All’ambiente, più piccolo della camera principale (2,10 x 1,38m)50, che appare quasi totalmente occupato dai sarcofagi, gli archeologi iraqeni giunsero dopo avere rimosso due grandi lastre di calcare che, circa un metro al di sotto del piano pavimentale della stanza 57, sigillavano il pozzetto di entrata. Ai lati della ripida scala erano state risparmiate due nicchie nel muro occidentale, in cui erano sistemate la tavoletta funeraria di Mullissumukannishat-Ninua e una lucerna in bronzo, e una nel muro orientale che conteneva un piccolo bacile di basalto51. I detriti che riempivano il piccolo ambiente rettangolare nascondevano la presenza dei tre sarcofagi del tipo cosiddetto “a vasca” (“bathtub” coffins) che si caratterizza per la forma all’incirca rettangolare, con un lato breve squadrato e quello opposto arrotondato, alti lati diritti, ampio bordo a mensola, un paio di maniglie applicate su entrambi i lati brevi52. I Sarcofagi bronzei 2 e 3 erano stati collocati uno di fianco all’altro sul pavimento, praticamente a contatto, lungo la parete orientale il n. 2 e contro la parete occidentale il n. 3. Il lato arrotondato di entrambi era orientato a nord verso la camera principale e si trovava a pochi centimetri dal doppio corso di mattoni che bloccava i battenti litici della porta della camera principale, evidentemente posato prima dei sarcofagi. Il Sarcofago 1 era invece stato posizionato al di sopra del n. 2, con l’estremità arrotondata orientata verso sud. I sarcofagi, solo superficialmente descritti nelle pubblicazione di scavo, erano in cattivo stato di conservazione, in particolare il 3 e il 2 a diretto contatto del piano pavimentale, e nella rimozione andarono in parte distrutti53 (Fig. 1.8a-b). I tre sarcofagi contenevano i resti non completi di 13 individui, la maggior parte dei quali doveva essere stata

Fig. 1.3 - Interno della camera sepolcrale con il sarcofago litico iscritto di Mullissu-mukannishat-Ninua (D 1998, Abb. 36).

specificato nel rapporto di scavo iraqeno ma riportato da M.S. Damerji43: il rinvenimento al di sotto dei mattoni utilizzati per sigillare nell’anticamera le due lastre di pietra della porta interna tra questa e la camera principale, della base in oro di un bicchiere (IM 115621)44 e altri frammenti d’oro (Fig. 1.6). Ritrovamenti che sembrerebbero indicare come i violatori della sepoltura regale avessero perso o abbandonato nell’anticamera nel corso del saccheggio alcuni oggetti preziosi e come i due battenti litici della porta siano stati poi richiusi in gran fretta e ulteriormente bloccati alla base da due corsi di mattoni45. M.S. Damerji non esclude quindi che la rottura della lastra litica di copertura del sarcofago e l’asportazione del corredo e del corpo della regina possano essere interpretati come «(…) an act of revenge or reflects a kind of punishment to the buried queen or as a result to a matter of jealousy lasted even after her death.»46. La notizia viene invece reinterpretata da M.M. Hussein, che non citando il rinvenimento del calice e dei frammenti aurei al di sotto dei due filari di mattoni, per altro ben visibili in una immagine fotografica pubblicata nel 1998 da M.S. Damerji47, propone che i mattoni siano stati posizionati subito dopo la deposizione di Mullissumukannishat-Ninua per rinforzare ulteriormente la chiusura tra camera e anticamera. In realtà alcune righe dopo egli sostiene, in modo non del tutto coerente, che fu la disposizione dei tre sarcofagi in bronzo, successivamente scoperti nell’anticamera, contro la

 D  H 45  O 46  D 47  D 43 44

 H 2016, 28.   D 1998, 8-10; H , S 2000, 115-117; O ,O 2001, 86-88; H 2016, 28-42. 50  H 2016, 28. 51  H 2016, 28. 52   Sui sarcofagi a “vasca” di epoca neo-assira e in particolare sui tre rinvenuti nella Tomba III di Nimrud si veda C 1983, 8595; C 2008a, 163-169; W 2015. 53   L’immagine fotografica scattata da John Curtis nel 2003, nel corso di una mostra al Mosul Museum e poi pubblicata nel 2008 (C 2008a, 164, figs. 20b/I-20b/II) era l’unica nota. Nella recentissima pubblicazione di M.M. Hussein vengono fornite nuove immagini inedite (H 2016, pls. 99-101). 48 49

1998, 9; D 2008, 82 . 2016, pl.155c ,O 2001, 85-86; D 2008, 82. 2013, 13. 1998, Abb. 39.

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individuo di sesso femminile di circa 20-29 anni, di un feto e di 4 bambini tra i tre mesi e gli undici anni d’età59. M.M. Hussein e A. Suleiman riportano che uno dei defunti, si tratta probabilmente della giovane donna deposta in questo sarcofago, benché non venga chiaramente specificato, era stato posizionato con il capo presso l’estremità orientata a nord, con i gioielli posti presso le parti del corpo su cui dovevano essere indossati (una corona, orecchini e collane nella parte nord del sarcofago in cui doveva trovarsi la testa, braccialetti al centro e cavigliere presso l’estremità arrotondata dove si trovavano i piedi)60. Tra gli elementi del ricchissimo corredo si segnala per l’importanza storica dell’antico proprietario e per i dati cronologici che può fornire, un coppa baccellata in oro (IM 115548)61 (Fig. 1.9) che l’iscrizione62 ci informa essere appartenuta a Shamshi-ilu, con ogni probabilità il potente eunuco turtānu63, comandante in capo e governatore, che da Kar Shalmaneser, l’antica capitale Til Barsib dello stato di Bit-Adini, teneva sotto controllo i territori ad occidente dell’Eufrate e che di fatto agiva come un vero e proprio viceré in un momento di estrema debolezza dello stato centrale durante gli ultimi anni di regno di Adad-nirari III (810-783 a.C.) e poi di Shalmaneser IV (782-773 a.C.), Ashur-dan III (772-755 a.C.) e Ashur-nirari V (754-745 a.C.).

Fig. 1.4 - Pozzetto e scala di ingresso all’anticamera della Tomba III. In basso a sinistra i resti di una delle lastre di calcare che chiudevano l’entrata (H 2016, pl. 96b).

Il Sarcofago 3 era appoggiato sul piano pavimentale a lato del Sarcofago 2 lungo la parete occidentale dell’anticamera con il lato breve arrotondato orientato verso nord. Le sue dimensioni erano 147 x 68 x h. 57,5 cm e, benché si tratti del sarcofago di maggiore dimensione, conteneva un numero inferiore di oggetti di corredo, in prevalenza vasellame in ceramica, metallo (oro, argento e rame), pietra e vetro. All’interno si sono rinvenuti frammenti ossei appartenenti a 5 adulti64 fra cui 3 uomini tra i 30 e i 65 anni e 2 donne, la prima con un’età stimata tra i 35-55 anni65, la seconda di oltre 55 anni. Tra gli inumati è forse possibile riconoscere nell’individuo III 3 B, un

qui raccolta in un contesto di sepoltura secondaria54, accompagnati da un insieme estremamente ricco di oggetti preziosi. Il rapporto di scavo pubblicato nel 2000 da M.M. Hussein e A. Suleiman forniva un inventario dei 449 elementi di corredo55 esplicitando solo per gli oggetti considerati maggiormente degni di nota la collocazione nei diversi sarcofagi56. Solo assai di recente M.M. Hussein ha pubblicato il catalogo completo degli oggetti di corredo delle quattro Tombe Reali con tutte le immagini fotografiche reperibili e per quanto possibile ha specificato la loro posizione all’interno dei tre sarcofagi o nell’anticamera57. Il Sarcofago 1, collocato presso la parete orientale dell’anticamera appoggiato sul più stretto Sarcofago 2, con il lato corto arrotondato orientato a sud, misurava 130 x 59,4 cm ed era alto 51,5 cm58. All’interno si sono rinvenuti i resti ossei molto frammentari di un

  S

, K 1998, 123; M -K , K , 2008, 144. 60  H ,S 2000, 116-117. 61  D 1998, 10, Abb. 31, in basso; H ,S 2000, pic 152; O ,O 2001, pl. 8b; H 2016, 113, pl. 104. 62  F 1990b, 482, Taf. 39. 63   Sui “Grandi d’Assiria”, i più importanti funzionari del regno tra cui il turtānu, si veda M 2000. Su Shamshi-ilu in particolare: F 2008, 61-145. 64   S , K 1998, 110-116; M -K , K , S 2008, 144. 65   Questa donna, sulla base dei resti osteologici conservati, secondo M. Schulz e M. Kunter, poteva avere un’origine caucasica (S ,K 1998, 110, Sarcofago 3, individuo III 3 D). R. M. Boehmer sostiene in base a tali dati che possa essere identificata con una principessa scita a cui forse andrebbe riferita la brocca qui in analisi (B 2001, 60). 59

S

  Sulle analisi antropologiche e paleopatologiche di tutti gli individui rinvenuti nelle Tombe Reali: S ,K 1998, 85-128; M -K ,K ,S 2008, 144-148. 55  H ,S 2000, 118-128. 56  H ,S 2000, figs. 12-14; H 2002, figs. 14-16. 57  H 2016, 59-165. 58   Nella pubblicazione del 2016 viene data una diversa misura della lunghezza corrispondente a 103 cm (H 2016, 29). Si tratta chiaramente di un errore come si evince anche dalle immagine fotografiche con metro di riferimento (H 2016, pl. 100d). 54

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La Tomba Reale III e il contesto di ritrovamento della brocca IM 115618

Fig. 1.5 - Il sarcofago in arenaria e la parete settentrionale della camera con la nicchia in cui è visibile ancora in situ una piccola giara (D 1998, Abb. 35).

uomo in buona salute di circa 55-65 anni66, il turtānu Shamshi-ilu il cui nome è inciso sulla coppa aurea trovata però nel Sarcofago 1 e nell’individuo III 3 A l’eunuco Ninurta-idiya-shukshid67 il cui sigillo era conservato nel Sarcofago 2. La separazione di alcuni elementi di corredo dai loro proprietari è certamente plausibile, considerate le condizioni di queste sepolture secondarie, in cui i resti incompleti di vari individui vennero deposti in modo confuso nei sarcofagi mescolati ad oggetti che in origine potevano essere forse appartenuti a corredi diversi.

anni69. M.M Hussein e A. Suleiman70 riferiscono come gli elementi di ornamento personale siano stati trovati posizionati presso quelle parti del corpo su cui dovevano essere indossati, la corona presso l’estremità arrotondata del sarcofago indica che il cadavere fosse deposto con il capo verso nord. Fra gli elementi del ricchissimo corredo contenuto nel Sarcofago 2 emergono non solo per la preziosità del materiale ma per l’incredibile abilità tecnica messa in atto nella loro realizzazione e per i dati cronologici che possono fornire, la splendida corona aurea71 con pendenti in lapislazzuli, un sigillo a stampo in oro72

Il Sarcofago 2 nel quale venne rinvenuta la brocca in oro qui in analisi, era posato sulla pavimentazione, al di sotto del Sarcofago 1 e presso la parete orientale dell’ambiente. Il lato arrotondato, come nel caso del Sarcofago 3, era rivolto verso nord ma le dimensioni risultano essere leggermente inferiori (140 x 49 x h. 57 cm)68. Il sarcofago conteneva i resti piuttosto ben conservati di una giovane donna di 18-20 anni e qualche frammento osseo di un bambino di 6-12

69  S ,K 1998, 106-110; M -K ,K , S 2008, 144. M.M. Hussein specifica che nel sarcofago erano presenti solo i resti della giovane donna (H 2016, 28, nota 58, 32). 70  H ,S 2000, 117. 71  D 1998, 10, Abb. 41-45; H ,S 2000, pics. 159-160; O , O 2001, pl. 4a; H 2016, 123, pls. 129-132. Sulla corona IM 115619 in particolare si veda C 2008a, 105-106, pls. V-VI; B 2006, 213-226. La corona in oro e lapislazzuli pesa 1,0132 kg, ha un diametro interno di 24 cm e un’altezza pari a16 cm. J. e D. Oates (O ,O 2001, 87) riferiscono che la corona era indossata dal bambino, ma sia M.M. Hussein (H 2002, 149; H 2016, 33) che D. Collon (C 2008a, 105) e M. Muller-Karpe, M. Kunter e M. Schultz (M -K , K , S 2008,144) hanno invece precisato che la corona era portata dalla giovane donna. 72  H ,S 2000, pic 183; H 2016, 127, pl. 133a. Sul sigillo si veda: -G W 2008, 155-156, fig. 19-f; R 2008,496-497; R 2012a, 691; M 2012, 76. Il sigillo IM 115644 pesa 130,5 g, ha un diametro massimo di 4 cm e un’altezza di 4 cm. Vi è rappresentata la regina Hamâ stante in atteggiamento di preghiera di fronte alla dea Gula seduta su un trono sostenuto dal suo animale attributo, il cane, dietro il

66  S ,K 1998, 112, 125; M -K ,K , S 2008, 147. Gli Autori hanno proposto l’identificazione considerando che Shamshi-ilu doveva aver mantenuto la sua carica per circa 40 anni e doveva quindi avere più di 60 anni al momento della morte, come probabilmente l’individuo III 3 D. Il fatto che le ossa appartengono a un uomo che era rimasto in buone condizioni fisiche nonostante l’età sembra rafforzare l’ipotesi. 67  M -K ,K ,S 2008, 147; H 2016, 39. 68   Nella pubblicazione dl 2016 viene data una diversa misura della lunghezza corrispondente a 104 cm (H 2016, 29). Si tratta chiaramente di un errore come si evince anche dalle immagine fotografiche con metro di riferimento (H 2016, pl. 101a).

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A. Cellerino

analisi sullo stato di decomposizione dei due corpi permettono di fissare tra i 20 e 50 anni78. Le ossa di molti degli individui rinvenuti nell’anticamera della Tomba III presentavano una spessa patina di colore verde intenso dovuta alla presenza di ioni di rame ceduti dai sarcofagi bronzei. Alcune ossa con questa caratteristica erano però ben conservate (ad esempio le ossa dei due individui di sesso femminile deposte nel Sarcofago 3), altre invece pur coperte da patina presentavano la struttura microscopica del tessuto osseo notevolmente deteriorata e dovevano avere assunto l’intenso colore verde solo in questo contesto secondario di sepoltura. Poiché gli ioni di rame hanno proprietà battericide le analisi macroscopiche e microscopiche effettuate suggeriscono che alcuni individui dovevano essere stati già in origine deposti in contenitori bronzei mentre altri vi erano stati posti solo in un secondo momento quando la matrice ossea era già in avanzato stato di decomposizione79. Tuttavia non pare possibile che gli individui con ossa meglio conservate siano stati originariamente sepolti in questi sarcofagi in bronzo sia perché le dimensioni, relativamente ridotte dei sarcofagi stessi sarebbero state del tutto inadeguate a contenere più adulti sia perché gli scheletri sono stati trovati troppo incompleti per poter pensare ad un contesto di deposizioni primarie. Allo stesso modo pare poco probabile che siano deposizioni primarie i corpi nel Sarcofago 1, testimoniati da pochissime ossa per ciascuno scheletro80, come invece ipotizza M.M. Hussein che interpreta la sepoltura come quella di una donna e dei suoi bambini forse tutti deceduti a causa di una malattia comune81. Assai diverse sono le condizioni di rinvenimento dell’individuo femminile deposto, diversamente dagli altri, da solo nel Sarcofago 2 (le poche ossa frammentarie di un bambino di 6-12 anni potrebbero essere state inserite in un secondo tempo o essere parte dello scheletro di uno dei bambini, per altro con lo stesso range di età, sepolti nel Sarcofago 1)82. Lo

Fig. 1.6 - La base in oro di un bicchiere ancora in situ dopo la rimozione del doppio filare di mattoni che sigillava i battenti litici, visibili sullo sfondo, della porta fra anticamera e camera funeraria (D 1998, Abb. 39).

con iscrizione di Hamâ, MÍ.É.GAL di Shalmaneser IV e nuora di Adad-nirari III73 (Tav. IX), una coppa in oro con decorazione baccellata a fiore di loto e piccolo omphalos alla base74, e, infine, un sigillo a cilindro in lapislazzuli incapsulato in oro75 con iscrizione di appartenenza di Ninurta-idiya-shukshid76, cortigiano eunuco di Adad-nirari III (810-783 a.C.). 1.2 S

,

Come abbiamo visto il Sarcofago 3 conteneva i resti di 5 individui adulti, tre uomini e due donne mentre il Sarcofago 1 ospitava una donna e 5 bambini di diversa età. Le misure dei sarcofagi, lo stato di conservazione estremamente frammentato degli scheletri e le analisi effettuate sul tessuto osseo rendono impossibile ipotizzare che i corpi siano stati posti nei sarcofagi in tempi diversi uno dopo l’altro, come invece accadde nella vicina Tomba II dove la donna identificata con Atalyā, MÍ.É.GAL di Sargon II (721-705 a.C.), venne deposta nello stesso sarcofago litico al di sopra di colei che doveva essere l’originaria destinataria dell’ipogeo, Yabâ MÍ.É.GAL di Tiglath-pileser III77, dopo un lasso di tempo che le

funeraria di Yabâ e su oggetti appartenenti al corredo. La tomba conteneva anche una coppa in oro (IM 105698) e un contenitore per cosmetici in elettro (IM 115466) appartenuti a Banitu, regina di Shalmaneser V (726-722 a.C.) il cui nome potrebbe però essere la traduzione in accadico del nome semitico occidentale “Yabâ”. Su queste regine, sulla loro origine e sui loro reciproci rapporti si veda D 1998; D 2008; P 2008, 178; F 2014, 173-194. 78  M -K ,K ,S 2008,143. 79  M -K ,K ,S 2008,146-147. 80  M -K ,K ,S 2008,144145, figs. 17-I, 17-j, 17-k. 81  H 2016, 32. 82   Tracy Spourier nell’intervento tenuto nel corso del congresso IX ICAANE tenutosi a Basilea (9-13 giugno 2014) avanzava anche la possibilità che i frammenti ossei appartenenti al bambino fossero stati uniti per errore a quelli della giovane donna del Sarcofago 2 nel corso degli scavi avvenuti in gran fretta per mettere in sicurezza i ricchissimi corredi.

trono uno scorpione. La scena è bordata da una guilloche, mentre l’iscrizione è incisa sul bordo esterno del sigillo. 73   Sull’iscrizione: A -R 2008, 136, text no. 16: “Belonging to Hamâ, queen of Shalmaneser, king of Assyria, daughter-in-law of Adad-nirari”. 74   D 1998, Abb. 41-45; H , S 2000, pic. 155a; H 2016, 119, pls. 138-139. La coppa IM 115598 pesa 402,5 g, ha un diametro di 19 cm e un’altezza di 5 cm. 75  H ,S 2000, pic. 180; H 2016, 127, pl. 133f. Su questo sigillo: -G W 2008, 161, fig. 19-v. Il sigillo IM 115643 ha un diametro di 1,7 cm e un’altezza di 5,3 cm. 76   A -R 2008, 135-136, text no. 15: “Seal of Ninurtaidiya-shukshid, the eunuch of Adad-nirari, king of Assyria, chief of the cooks (and) shepherds”. Su questo ed altri sigilli a cilindro appartenuti ad alti funzionari di Adad-nirari III si veda N 2015. 77   Yabâ, sposa di Tiglath-pileser III e Atalyā, sposa di Sargon II, furono identificate sulla base di iscrizioni incise sulla tavoletta

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La Tomba Reale III e il contesto di ritrovamento della brocca IM 115618

Fig. 1.7 - Vista assonometrica della camera principale e dell’anticamera con la disposizione dei sarcofagi, elaborazione grafica di E. Foietta.

stato di conservazione quasi completo dello scheletro che presenta una intensa patina verde sia sulla superficie interna che esterna delle ossa e la posizione degli ornamenti personali - si noti ad esempio come la corona fosse ancora posata sul capo e di conseguenza la calotta cranica coperta non si sia conservata non potendo beneficiare dell’effetto battericida degli ioni di rame ceduti dal bronzo del sarcofago83 - sembrano suggerire che questi resti femminili non siano stati spostati dopo il deterioramento del cadavere e quindi provare che in questo caso si possa trattare di una deposizione primaria84. Piuttosto sorprendente e ancora priva di una chiara spiegazione è la presenza di individui maschili, rinvenuti nel Sarcofago 385, in un ambito funerario destinato alle donne della famiglia reale e evidentemente anche ai loro bambini86. Certamente questi uomini dovevano essere membri della famiglia reale o più probabilmente alti funzionari eunuchi87 (o entrambi le cose)88, a cui il particolare status sociale raggiunto e i meriti ottenuti al servizio del sovrano e della casa reale, avrebbe potuto dare diritto ad una sepoltura all’interno del palazzo89. Di questa particolare concessione abbiamo testimonianza in

rari testi90 più tardi relativi a donazioni o concessioni reali, datati al regno di Ashurbanipal II, in cui il sovrano promette ad alcuni alti funzionari tra cui il “capo degli eunuchi” Nabu-sharru-usur, oltre all’esenzione dalle tasse e altri privilegi, che verranno sepolti ovunque essi desiderino, probabilmente all’interno del palazzo reale91. Molti testi d’archivio in effetti, rinvenuti nel Palazzo Nord-Ovest, tra cui anche quelli dalla stanza 57, nel Forte di Shalmaneser e a Ninive, citano funzionari eunuchi impiegati nello staff amministrativo e militare della sovrana. Gli eunuchi potevano infatti arrivare a detenere un posto particolare tra i membri della cerchia più vicina al re e o ad altri membri della famiglia reale dalla quale dipendevano. Ad essi venivano affidati compiti importanti all’interno dell’amministrazione imperiale e talvolta massime cariche tra cui quella di turtānu “il comandante in capo” dopo il re stesso, e il governo di alcune delle principali province del regno, oltre naturalmente alla carica di rab ša reši (“il capo degli eunuchi”), spesso citato nei testi anche come comandante della guardia militare permanente a protezione del palazzo reale92. Questi offici implicavano assoluta lealtà alla casa reale che il sovrano probabilmente ricambiava assumendo su di sé la responsabilità dei rituali e delle offerte funebri da tributare al defunto di cui generalmente si doveva

 M -K ,K ,S 2008,145, fig. 17-l.  S ,K 1998,124. 85   M.M. Hussein pare considerare come secondaria solo questa deposizione (H 2016, 38, 42). 86   Su 17 individui sepolti nelle quattro Tombe Reali sei sono bambini di età diversa tutti rinvenuti nella Tomba III: cinque nel Sarcofago 1 e uno (scarsissimi frammenti ossei) nel Sarcofago 2. 87  O ,O 2001, 87-88. 88  G 1993, 30. 89  W ,C 2012. 83 84

 K ,W 1995, testi nos. 25-26, 29-34.  K ,W 1995, XXVI. 92   Sul ruolo degli eunuchi nell’Impero assiro: T 2002, con relativa bibliografia. Sulla relazione con le donne della famiglia reale: S 2012, 130-131. 90 91

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A. Cellerino

Fig. 1.8.a - Il Sarcofago 1 in corso di scavo; b - I Sarcofagi 2 e 3 affiancati in corso di scavo, dopo la rimozione del Sarcofago 1 (H 2016, pl. 99a-b).

fare carico il primogenito maschio93. La collocazione e la posizione insolita dei sarcofagi accatastati nell’anticamera, la separazione delle camere con la posa di due corsi di mattoni che sigillavano i battenti litici della porta, lo stato della maggior parte degli scheletri costretti nei sarcofagi mescolati ad oggetti provenienti da corredi diversi, non hanno comunque ancora trovato una soluzione certa. Recentemente Yasmina Wicks94 ha proposto di riconoscere nel complesso sotterraneo costituito da tre piccole camere con copertura a volta che si aprono su un lungo corridoio di collegamento al di sotto degli ambienti 74 e 7595 (Fig. 1.10), la probabile sede primaria delle sepolture. Messo in luce nel 1992 il complesso è stato oggetto di interpretazioni diverse basate sia sulla sua struttura architettonica che su gli oggetti trovati al suo interno e i resti ossei rinvenuti negli ambienti collegati. Poiché né nelle tre camere sotterranee né nel corridoio sono stati trovati resti ossei che avrebbero potuto confermare senza ombra di dubbio la loro funzione funeraria, il complesso è stato inizialmente interpretato come una prigione96 in base alla sua distanza dai quartieri amministrativi e di ricevimento, la difficoltà di accesso e quindi di fuga e la presenza  D 1999, 307; R 2005, 77.  W 2015, 14-16. 95   Sulla struttura sotterranea si veda O ,O H 2002, 155-156; H 2008, 83-90; R 102; H 2016, 47-54. 96  H 2002, 156; H 2008, 90.

di numerosi scheletri ammanettati rinvenuti insieme a oggetti in avorio, sigilli e contenitori ceramici, nel pozzo 4 del vicino cortile 80. Ma il rinvenimento nel corridoio e nelle camere di 271 oggetti, tra i quali sigilli a cilindro e a stampo, fibule, gioielli, piccole giare con invetriatura policroma e uno straordinario kernos invetriato sembra rendere più plausibile l’ipotesi alternativa del complesso come una sorta di caveau97 delle donne della corte reale. Tuttavia le caratteristiche architettoniche particolari della struttura sotterranea hanno recentemente supportato l’ipotesi di un suo utilizzo come una serie di ipogei funerari98 forse destinati alla sepoltura del numeroso personale del palazzo o di appartenenti alla famiglia reale di rango inferiore, per un arco di tempo che si colloca tra la costruzione del Palazzo Nord-Ovest e lo spostamento della capitale a Dur Sharrukin/ Khorsabad tra il 713 e il 706 a.C.99 Le fibule trovate in gran numero sarebbero servite a fermare i sudari sui corpi probabilmente deposti direttamente sul pavimento o in casse lignee ormai completamente scomparse per decadimento al momento della scoperta. Secondo Julian Reade le camere sarebbero state violate durante la conquista meda e babilonese di Nimrud nel 612 a.C. e i corredi in parte selezionati

93 94

2001, 66-68; 2008, 101-

 O  H A 99  R 97 98

14

,O

2001, 67; H 2002, 156. 2008, 90; R 2008, 101-102; H 2013, 95; H 2016, 48-49. 2008,102.

,K

,

La Tomba Reale III e il contesto di ritrovamento della brocca IM 115618

nella superiore stanza 74, dove è stato raccolto un certo numero di oggetti di pregio e di ossa umane deposte in modo disordinato presso il muro sud100, e in parte gettati insieme ai corpi nel pozzo del vicino cortile 80101. È quindi possibile che in una simile situazione di emergenza alcuni dei corpi deposti nel complesso sotterraneo sottostante le camere 74 e 75 siano stati frettolosamente raccolti con parte dei loro corredi funebri per impedire almeno in parte la profanazione delle tombe, posti in contenitori bronzei e trasportati in un luogo ritenuto più sicuro102. È comunque certo che la parziale spoliazione di questi ipogei venne seguita come accade per altre tombe, da una richiusura dei due pozzetti di ingresso che furono trovati coperti dalle usuali lastre litiche intatte103 ed è quindi improbabile che possa essere attribuita agli eserciti invasori. La data della presa di Nimrud rappresenta certamente un terminus ante quem per la deposizione dei sarcofagi nell’anticamera della Tomba Reale di Mullissu-mukannishat-Ninua ma gli oggetti in essa rinvenuti, datanti in quanto caratterizzati da iscrizioni riconducibili a sovrani o sovrane e dignitari, determinano un range cronologico assai più ristretto. Benché sia ad oggi impossibile stabilire con certezza se i sarcofagi e il loro contenuto siano stati tutti depositati simultaneamente in anticamera o più probabilmente in tempi diversi, l’evento deve essersi verificato dopo la violazione della camera funeraria della sposa di Ashurnasirpal II e dopo la sigillatura con due corsi di mattoni della porta di comunicazione tra questa e l’anticamera104. Se comunque si prendono in considerazione i testi funerari di Mullissu-mukannishat-Ninua, l’arco di tempo testimoniato dalle iscrizioni si amplia fino a Ashurnasirpal II o, più probabilmente, a Shalmaneser III (858-824 a.C.) mentre gli oggetti contenuti nei sarcofagi recano iscrizioni che nominano Adad-nirari III (810-783 a.C.; il sigillo a cilindro del funzionario eunuco Ninurta-idiya-shukshid; il sigillo a stampo in oro della regina Hamâ), Shalmaneser IV (782-773 a.C.; il sigillo a stampo in oro di Hamâ), il turtānu

Fig. 1.9 - Coppa baccellata in oro con iscrizione di proprietà del turtānu Shamshi-ilu (H 2016, pl. 104).

Shamshi-ilu (787-746 a.C. comandante in capo durante gli ultimi anni di regno di Adad-nirari III e poi di Shalmaneser IV, Ashur-dan III e Ashur-nirari V; una coppa baccellata in oro) e Tiglath-pileser III (744-727 a.C.; un peso in forma d’anatra da 15 mine da identificarsi secondo i dati ora forniti da M.M. Hussein con IM 124998, rinvenuto sul pavimento dell’anticamera)105. La presenza del peso a forma di anatra con iscrizione di Tiglath-pileser III tra gli oggetti rinvenuti rappresenta un terminus post quem, quindi la collocazione dei sarcofagi nell’anticamera deve essersi verificata al più presto nel corso del suo regno106 o forse non molto tempo dopo, non essendo stato rinvenuto alcun documento iscritto più tardo. Di fatto dopo il trasferimento della capitale reale assira

100   Secondo M.M. Hussein si potrebbe trattare di una sepoltura comune avvenuta, dopo la distruzione del Palazzo, in età postassira (H 2016, 48). 101  R 2008, 102. 102   W 2015, 16. Da questo punto di vista sarebbe stata interessante la comparazione tra le ossa rinvenute nell’ambiente 74 trovate presso la parete sud dove forse erano state trasportate dopo averle rimosse dalle camere sottostanti e quelle frammentarie rinvenute nei Sarcofagi 1 e 3 della Tomba III. 103  H 2016, 49, nota 86, pls. 186e-f, 187. 104   Si sottolinea che M.M Hussein sembra invece pensare che proprio la presenza dei sarcofagi abbia impedito ai ladri di saccheggiare l’anticamera (H 2016, 28). Se si considera questa ipotesi come valida si deve pensare che la violazione della camera funeraria principale sia avvenuta in un qualsiasi momento dopo la collocazione dei sarcofagi e quindi certo posteriormente al regno di Tiglath-pileser III.

105  H 2016, 27, pl.94a. Il peso non era segnalato nelle piante iraqene che presentano la specifica localizzazione all’interno o all’esterno dei singoli sarcofagi degli oggetti di corredo, ma era comunque riportato nell’elenco generale degli oggetti riconducili alla tomba sebbene non chiaramente identificabile (A -R 2008, 131 per l’iscrizione). 106   Solo M.S. Damerji scrive che «(…) dated objects range from the time of Shalmaner IV (782-773 BC) to Sargon II (721-705 BC).» senza specificare quali siano gli oggetti attribuibili al regno di quest’ultimo sovrano (D 2008, 82).

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A. Cellerino

Fig. 1.10 - Il complesso ipogeo al di sotto degli ambienti 74 e 75 (H

a Khorsabad e poi a Ninive, nonostante il palazzo sia stato utilizzato fino alla conquista di Nimrud107, esso deve avere perso via via di importanza. Gli ipogei del quartiere “domestico” infatti testimoniano un loro utilizzo certo ancora nel corso del regno di Sargon quando la sua regina Atalyā108 viene sepolta nella vicina Tomba II nello stesso sarcofago di Yabâ . Al contrario i sovrani continuano invece ad essere sepolti nel cosiddetto Palazzo Vecchio della più antica fra le capitali assire, Assur, sede del grande tempio del dio nazionale, di cui il re era vicario e primo sacerdote, e in cui veniva affermata la legittimità del sovrano, nonostante la capitale e la corte nel tempo venissero più volte trasferite. Nel palazzo reale di Assur sono state infatti messe in luce sei tombe a camera al di sotto dei pavimenti di alcuni ambienti dell’area sud-est. Le tombe erano state tutte sistematicamente depredate e distrutte già nell’antichità probabilmente nel corso della conquista della città nel 614 a.C. Le sepolture contenevano al momento della scoperta massicci sarcofagi di basalto del peso di diverse tonnellate barbaramente fracassati mentre i doni funerari erano quasi del tutto scomparsi. Due sarcofagi sono sicuramente databili al IX secolo a.C. poiché l’iscrizione li identifica come appartenenti a Ashurnasirpal II (Gruft V) e al nipote

2008, fig. 12-h).

Shamshi-Adad V (Gruft II) mentre il sarcofago in frammenti della Gruft III doveva contenere le spoglie di un sovrano del tardo periodo medioassiro, Ashurbel-kala (1073-1056 a.C.). Frammenti di mattoni iscritti rinvenuti nella stessa zona menzionano il mausoleo di Sennacherib definito nell’iscrizione come bīt kimti “casa della famiglia” ad indicare come si ritenesse necessario che il defunto fosse sepolto con i propri antenati nel luogo in cui i membri viventi della famiglia potevano continuare a tributare loro regolari libagioni e offerte109. Per altri membri della casa reale tuttavia le cose dovevano svolgersi in modo differente e il luogo di sepoltura delle sovrane dopo il trasferimento della capitale a Khorsabad/ Dur Sharrukin e poi a Ninive, rimane ignoto110. 1.3 E Se i Sarcofagi 1 e 3 rappresentano certamente deposizioni secondarie per almeno 11 corpi, diverse sono le condizioni del Sarcofago 2 e della giovane donna in esso deposta. Alcune circostanze distinguono questa deposizione dalle altre e sono certamente da sottolineare in quanto sembrano confermare l’ipotesi di una deposizione primaria. Come si è già rilevato, lo scheletro giaceva nel

 O ,O 2001, 68-70.   È probabile che Atalyā fosse morta al di fuori di Nimrud e vi fosse stata riportata per esservi sepolta. Le ossa presentano infatti tracce di una esposizione ad un forte calore per diverse ore forse nel tentativo di disidratare il corpo per meglio conservarlo e preparalo al trasporto (M -K , K S 2008, 144).

109   Recentemente P ,L 2008, 59-63; L 2009. 110   In alcuni testi rinvenuti ad Assur posteriori alla morte della regina avvenuta nel 673 a.C.si cita un “Mausoleo di Esharrahamat”, in questa città (S 2012, 252-253). Sul rituale celebrato al momento della sua sepoltura si veda il Capitolo 4, Paragrafo 7.

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Fig. 1.11 - Il Sarcofago 2 e i principali elementi di corredo in esso rinvenuti (no. 480 senza immagine fotografica), elaborazione grafica di E. Foietta (da H 2016, pl.128).

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sarcofago circondato dagli oggetti di corredo posizionati nella maniera corretta rispetto a quello che doveva essere il loro utilizzo (Fig. 1.11), esso era inoltre conservato in modo quasi completo, con la corona in oro ancora posta sul capo, indice di per sé dello status regale dell’inumata. La presenza di qualche frammento osseo appartenente ad un bambino, come abbiamo visto può avere diverse spiegazioni, ma non si può escludere del tutto che un fanciullo sia stato posto nel Sarcofago 2 insieme alla giovane donna o in un secondo tempo. Di per sé la cosa non deve eccessivamente sorprendere in quanto questa procedura è testimoniata anche nella più tarda Tomba Reale II destinata a Yabâ , al cui corpo deposto nel grande sarcofago litico venne unito alcuni decenni dopo quello di Atalyā, nonostante la proibizione assai esplicita e severa, contenuta nella tavoletta funeraria, di rimuovere il corpo della regina o di porre un’altra donna della casa reale all’interno dell’ipogeo, eventualità dunque che veniva comunque presa in considerazione: «Chiunque, nel futuro, sia essa una regina che siede sul trono o una donna del palazzo concubina del re, mi tolga dalla mia tomba, o deponga qualcun altro con me (…), possa il suo spirito vagare assetato, laggiù nell’Oltretomba (…)»111. Tra gli oggetti di corredo inoltre compare un sigillo a stampo/pendente in oro la cui iscrizione recita «Appartenente a Hamâ, regina di Shalmaneser, re di Assiria, nuora di Adad-nirari»112 (Tav. IX). Il sigillo di Hamâ è, fra gli elementi di corredo contenuti nei sarcofagi bronzei, l’unico oggetto iscritto in cui l’iscrizione corrisponda al sesso della persona inumata. Sebbene sia forse semplicistico assumere che il sigillo sia appartenuto alla donna sepolta e quindi identificarla senza alcun dubbio con Hamâ113, è tuttavia vero che l’equazione tra l’identità dei resti ossei femminile dalla Tomba II e le sovrane Yabâ /Banitu e Atalyā è basata esclusivamente sulle iscrizione di appartenenza incise sulla tavoletta funeraria litica e sugli oggetti rivenuti. Sul sigillo è raffigurata l’immagine di una devota che indossa un diadema, verosimilmente la regina stessa114, stante le mani alzate in segno di preghiera di fronte ad una dea in trono, probabilmente Gula, che tiene nella mano destra un anello e nella sinistra un oggetto curvilineo a forma di falcetto da identificarsi con un coltello

chirurgico suo attributo quale dea della salute e della guarigione115. Dietro al trono della dea è inciso un grande scorpione a 8 zampe. L’intera scena è bordata da una doppia guilloche con tondino centrale come di norma nei sigilli reali a stampo neo-assiri116. La rappresentazione di Gula conosce una rinnovata diffusione nella glittica neo-assira in funzione del fatto di essere la consorte del dio guerriero Ninurta, dio personale di Ashurnasirpal II a cui il sovrano aveva dedicato il grande tempio a nord del palazzo reale117. È quindi perfettamente comprensibile la raffigurazione della consorte reale di fronte alla sposa di Ninurta, principale divinità protettrice, insieme ad Enlil, di Nimrud. La presenza dello scorpione118, qui utilizzato come motivo di riempimento nella scena, costituisce ad ora la più antica attestazione119 nel sigillo personale di una regina di un simbolo strettamente legato alle sovrane neo-assire che utilizzato da solo diventerà a partire dal regno di Sargon II e poi nel corso del VII secolo a.C. il motivo iconografico dei bureau seals della “casa” della regina, termine con cui si può definire la sua famiglia e tutto il suo seguito cioè il complesso delle persone addette all’amministrazione, alla segreteria e al servizio personale della sovrana. Per altro lo scorpione compare associato ad un’altra MÍ.É.GAL sepolta negli ipogei di Nimrud: è infatti accanto all’iscrizione120 di appartenenza su una coppa in oro (IM 105695) 121 e su uno specchio in elettro (IM 115468)122 di Atalyā regina di Sargon II. Nella stessa Tomba II123 lo ritroviamo inciso su uno dei dischi

  Sull’immagine di Gula nella glittica neo-assira si veda 1994; C 2001, 121-126; O 2004. 116   Fra gli altri M ,S 2008. 117   A entrambe le divinità il sovrano dedica, come riferito dagli Annali, due grandi templi nella sua nuova capitale (per il tempio di Gula: G 1991, A.0.101.1 ii 135; A.0.101.28 v 8; A.0.101.29 linea 14’; A.0.101.30 linea 56; A.0.101.32 linea 9); ( per il tempio di Ninurta: A.0.101.1 ii 135; A.0.101.28 v 7; A.0.101.29 linea13’; A.0.101.30 linea 54; A.0.101.32 linea 9; A.0.101.36, 101, 120-22, 130). Per un quadro di insieme dei risultati dello scavo archeologico del tempio di Ninurta si veda O ,O 2001, 105-110. 118   Sullo scorpione come emblema della regina e sul suo significato: R 2008, 690-693; R 2012a, 494-501, 509-510, con bibliografia di riferimento; S 2012, 125-126, con bibliografia di riferimento; N 2008, 59-62. Sui sigilli personali e sui bureau seals si veda N 2008, 61-62; R 2012a; S 2015, 157-171. 119  N 2008, 59. 120  K 1998, 16-17, texts nos. 5, 7; A -R 2008, texts nos. 21, 24. 121  D 1998, Abb. 32, in alto; H ,S 2000, pic. 58 (erroneamente numerata nella scheda descrittiva al di sotto dell’immagine come IM 105595); O ,O 2001, pl. 8b, in alto a sinistra; H 2016, 70, pl. 40d . 122  H ,S 2000, pic. 41; H 2016, 105, pl. 43c. 123   M.M. Hussein e A. Suleiman descrivono la presenza di uno scorpione inciso accanto ad un altro animale «(…) an animal like a fox.» anche sulla coppa identificata in base all’iscrizione come 115

C

  A -R 2008, 119-124, text. no.1. Traduzione dall’inglese di Alessandra Cellerino. 112   Vedi note 72-73. 113   A questa conclusione è giunto M.M. Hussein nel suo recente volume dedicato alla pubblicazione esaustiva degli oggetti rinvenuti nelle sepolture regali (H 2016, 28, nota 58, 3233, 38). 114   Per le scarse raffigurazioni delle regine neo-assire si veda O 2002. Agli esempi citati dalla Studiosa si devono però aggiungere il sigillo di Hamâ, il sigillo di Tashmetu-sharrat, regina di Sennacherib, e le impronte di un sigillo a stampo, utilizzato durante il regno di Sargon II, rinvenute nel Palazzo Nord-Ovest (R 2012a). 111

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non egizia, che D. Wicke data al secolo X a.C. a cui venne aggiunta circa duecento anni dopo l’iscrizione di appartenenza di Yabâ 129. Lo stesso significato potrebbe avere il sigillo a cilindro di Ninurta-idiya-shukshid rinvenuto nel Sarcofago 2 (Fig. 1.12). Il sigillo, probabilmente in lapislazzuli130, fa parte di un gruppo di undici sigilli (otto sono sigilli a cilindro, tre sono impressioni su tavoletta o su sigillature in argilla), recentemente studiati da Zoltán Niederreiter131 appartenuti ad alti funzionari eunuchi che le iscrizioni informano aver operato nel corso del regno di Adad-nirari III, verosimilmente alle sue dirette dipendenze, e alcuni probabilmente anche durante il regno del figlio, Shalmaneser IV. Le caratteristiche comuni, l’alto livello di manifattura e la diretta menzione del re in almeno cinque iscrizioni, suggeriscono un consolidato sistema di assegnazione di questi sigilli ai funzionari da parte del sovrano: «These examples attest the role of the court style and are the manifestations of the royal authority under which they were made, distributed and used.»132. I sigilli provengono tutti dal mercato antiquario tranne naturalmente quello di Ninurta-idiya-shukshid e un secondo (no. 6)133 rinvenuto a Kish, ora conservato all’Ashmolean Museum, dedicato a Gula per la vita di Adad-nirari dal governatore di Assur, Pān-Aššurlāmur (Fig. 1.13). Confrontabile con il sigillo ora citato è il secondo sigillo a cilindro (IM 115642)134, in corniola incapsulato in oro, rinvenuto nel Sarcofago 2 che pur non portando alcuna iscrizione appartiene certamente alla categoria dei sigilli appartenuti ad eunuchi di corte135 (Fig. 1.14). Vi sono infatti raffigurati il sovrano e una dea136 ai lati dell’albero della vita sormontato da un disco solare alato. Il sovrano è seguito da un personaggio maschile imberbe che sulla base dei confronti è possibile identificare con un funzionario eunuco137. Stilisticamente e iconograficamente identici sul sigillo dell’Ashmolean e su quello di Nimrud sono

Fig. 1.12 - Sarcofago 2, sigillo a cilindro in lapislazzuli con iscrizione dell’eunuco Ninurta-idiya-shukshid (Hussein 2016, pl. 133f).

di agata e corniola che sono inseriti in un bracciale d’oro (IM 105699)124 e su un peso bronzeo in forma d’anatra (IM 115432)125. È chiaro che alcuni oggetti, in particolare nel caso di deposizioni secondarie come quelle riscontrate nei Sarcofagi 1 e 3 in cui i resti di diversi individui sono stati deposti con elementi appartenenti a vari corredi, potevano essere sepolti non necessariamente con la persona di cui portavano il nome, come potrebbe essere il caso della coppa aurea di Shamshi-ilu, forse da identificarsi con uno degli individui maschili del Sarcofago 3, trovata invece nel Sarcofago 1 con i resti ossei di una donna e diversi bambini. Rimane però aperta la possibilità che questo oggetto iscritto non appartenga a nessuno degli individui rinvenuti nei sarcofagi ma rappresenti piuttosto un dono funebre forse fatto dal turtānu stesso o un “cimelio”, una sorta di “proprietà di famiglia”126. E in questo senso l’oggetto potrebbe testimoniare la famiglia di appartenenza piuttosto che una identità individuale. Testimonianza di questa pratica sono alcuni ritrovamenti certamente più antichi del momento della loro deposizione finale nel contesto funerario, rinvenuti nella Tomba II quali il sigillo a cilindro di Marduk-zakir-shumi (IM 105966)127 - probabilmente il primo sovrano babilonese con questo nome (854819 a.C.) -, la corniola rettangolare con iscrizione di Kurigalzu (IM 105966)128 - non è certo se il primo o il secondo sovrano cassita (1390-1375 a.C.; 13321308 a.C.) - e, ancora, la coppa in oro con scene nilotiche, probabilmente una produzione levantina se

 W 2010.   «Dark blue stone» (H ,S 2000, 396, pic.180); «(…) made of lapis lazuli (…)» (H 2016, 34, 127, pl. 133f). 131   N 2015, con bibliografia di riferimento. Le tre impressioni sono state rinvenute a Nimrud nel Governor’s Palace (136-137, nos. 1a, b, c; 145, no. 11) e a Dur-Katlimmu, nel palazzo neo-assiro (143, no. 9). 132  N 2015, 130. 133  B 1966, 114, no. 630, pl 41, no. 630a-b; N 2015, 140-141. 134  H ,S 2000, pic. 181; -G W 2008, 161, fig. 19-W; H 2016, 33, 127, pl. 133e. Il sigillo è alto 4,1 cm e ha un diametro di 1,5. 135  W 1999, 319. 136   M.M. Hussein propone di identificare nella figura femminile la regina, forse Hamâ stessa (H 2016, 33). In realtà la figura femminile così abbigliata rappresentata sul sigillo citato, ed altri ancora, viene sempre identificata con una dea: ad es. C 2001, 89, pl. XII, no.153, fine IX-inizio VIII secolo a.C.; 131, pl. XX, no. 247, inizio VIII secolo a.C. 137  N 2015, 131, fig. 3. 129 130

proprietà del turtānu Shamshi-ilu (H , S 2000, 363, pic. 152, H 2016, 113, pl. 104). 124  H ,S 2000, pic. 73; H 2016, 72, pl. 74a. 125   K 1998, 17, text no. 8; A -R 2008, 126-130, text. no.7; H 2016, 100, pl. 82d-f. 126   «Precious objects, such as seals and weights, were kept for generations.» (G 1993, 30). 127  K 1998, 17, text no. 10; A -R 2008, 135, text. no.14. Il numero di inventario corrisponde ad una serie di «beads» (H ,S 2000,107). 128  K 1998, 17, text no. 9; A -R 2008, 134-135, text. no. 13. Il numero di inventario corrisponde ad una serie di «beads» (H , S 2000,107). In effetti IM 105966 è una collana ricomposta e l’iscrizione del sovrano cassita compare su un elemento rettangolare di separazione fra i diverse fili di perle (H 2016, 93, pl. 54a).

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Fig. 1.13 - Sigillo a cilindro in lapislazzuli con iscrizione dell’eunuco Pān-Aššur-lāmur governatore di Assur, Ashmolean Museum, Ash. 1932.319 (B 1966, pl. 41, no. 630a-b).

Fig. 1.14 - Sarcofago 2, sigillo a cilindro in corniola, divinità femminile, sovrano e devoto (H 2016, pl. 133e).

la rappresentazione del sovrano, dell’albero sacro e dell’orante, più semplificata l’immagine del sole alato privo del busto divino. Anche la dea, che nel sigillo dell’Ashmolean segue il sovrano e indossa un abito aperto sulle gambe e la tiara sormontata da una stella ed è perciò verosimilmente da identificarsi con Ishtar o con Gula138, presenta alcune differenze in particolare nella tiara e nell’abito lungo pieghettato. Del tutto simili sono però la lunga treccia che scende sulla schiena e il copricapo cilindrico terminante con piume. Anche le figure del sovrano e dell’officiale imberbe che lo segue insieme alla resa caratteristica dell’albero stilizzato il cui tronco è descritto con incisioni verticali e diviso in sezioni orizzontali da legature139, mentre i rami terminano con piccole melagrane140, hanno caratteristiche iconografiche e stilistiche tanto simili che è possibile che i due cilindri siano stati prodotti nella stessa bottega. Non è forse possibile che alla morte del funzionario anche il suo sigillo tornasse a far parte del tesoro reale, così come doveva accadere per le proprietà immobiliari e i beni degli eunuchi reali141, e come tale potesse essere posto come dono all’interno di un corredo funerario di una sovrana? Nel sarcofago sono stati deposti altri tre sigilli tutti in corniola con montatura aurea: un sigillo a stampo ovoidale con castone dotato di piccolo anello (IM 115639)142, un secondo piramidale con cornice terminante con anello di sospensione (IM 115640)143, un terzo (IM 115638) il cui motivo non è però chiaramente leggibile144.

Sulla superficie lievemente convessa del sigillo a stampo IM 115639 è raffigurata Ishtar stante su un leone-grifone alato accovacciato (Fig. 1.15). La dea tiene nella mano destra la scimitarra, il bastone e l’anello del comando nella sinistra. Dalla due faretre portate sul dorso escono gli impennaggi delle frecce che spuntano dietro le spalle. La dea indossa una tiara cilindrica piumata e un abito che si apre su una tunica più corta decorato da un motivo a rombi con tondino centrale145, un disegno particolarmente popolare dall’inizio dell’VIII secolo a.C. Anche il leone-grifone sul quale la dea è rappresentata, che K. Watanabe identifica con il mitico Anzu, è raffigurato nel modo caratteristico all’età neo-assira, con testa di leone, lunghe orecchie, corpo leonino alato e coda e artigli d’aquila. Sui sigilli Anzu è rappresentato inseguito da Ninurta146 in scene caratterizzate da un vivace movimento (Fig. 1.16), oppure è stante o, meno frequentemente, accosciato, a sostegno di un dio o una dea. L’associazione tra Anzu e Ishtar147, che probabilmente deriva dalla tradizionale associazione della dea con il leone, è una novità dell’età neo-assira e pare dimostrare come in determinate scene Anzu perda il carattere feroce che ci è noto dai racconti mitologici per assumere un ruolo meno definito e più neutro148 di animale-attributo (Fig. 1.17). Più difficile da stabilire la datazione e l’origine del particolare sigillo-pendente a forma di piramide con base triangolare, i lati bordati da una cornice in oro con anello di sospensione (Fig. 1.18). La forma stessa con decorazione incisa su tutti i lati è piuttosto singolare, essendo generalmente l’immagine figurata dei sigilli a stampo di età neo-assira incisa solo sulla base, e fa propendere per l’utilizzo dell’oggetto come un pendente-amuleto. Su due facce della piramide è raffigurato in modo identico ma speculare, un eroe nudo con volto e petto frontali, i capelli lunghi acconciati in due serie di due riccioli ai lati del

 W 1999, 321.   «(…) horizontal “bindings”.» C 2001, 83. 140   Nel sigillo di Pān-Aššur-lāmur, il tronco è diviso in due sezioni e i rami laterali sono 5 per parte. Probabilmente nel sigillo del Sarcofago 2 la parte inferiore dell’albero, come i piedi dei personaggi, sono in parte nascosti dalla capsula aurea. 141  D 1999, 308. 142  H ,S 2000, pic. 127; -G W 2008, 157, fig. 19-l; H 2016, 33, 126, pl. 133b. Altezza 3 cm, larghezza 2,2 cm. 143  H ,S 2000, pic. 182; -G W 2008, 157-158, fig. 19-p; H 2016, 33, 126, pl. 133d. Altezza 2 cm circa, larghezza 2 cm circa. 144  H 2016, 33, 126, pl. 133c. Altezza 3,2 cm, larghezza 138 139

2,2 cm. 145  C 2001, 8-9, 90. 146   Ad esempio C 2001, 123, 151-152, pl. XXIV, nos. 232, 291. 147   Ad esempio C 2001, 89, pl. XII, no. 153; 134, pl. XXI, no. 256; W 1999, 328, no. 3.2.1, 358, fig. 25. 148  W 2002, 134-136.

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abbigliato e con volto di profilo, è diversa. Un confronto piuttosto puntuale per la resa stilistica dell’eroe nudo, si è rintracciato su un sigillo a cilindro ora conservato al Museo del Louvre159 (Fig. 1.19), nonostante alcune differenze iconografiche. Benché questo sigillo, proveniente dal mercato antiquario, abbia un disegno assai simile a quello impresso su una tavoletta databile al primo anno di regno (554 a.C.) di Nabonedo160, D. Collon non esclude la possibilità che si tratti di un oggetto più antico rilavorato161. Alla stessa conclusione sembra giungere M.M. Hussein che considera il pendente-sigillo rinvenuto nel Sarcofago 2 un esemplare prodotto in età medioassira162 e rielaborato in periodo neo-assiro con l’aggiunta sulla base del dio in corsa163. In realtà considerato il confronto con il cilindro del Louvre per la tipologia del personaggio che testimonia come lahmu seppure raramente possa ancora nella prima metà del I millennio a.C. essere raffigurato nudo (generalmente indossa una corta gonna ed è rappresentato in posa da orante164, come divinità intercedente o mentre sostiene sopra la testa un leone o una divinità in un crescente lunare165), non si può escludere che il pendente sia stato prodotto alla fine del IX-inizio VIII secolo a.C. in una bottega della Mesopotamia meridionale o in una bottega palatina in Assiria in cui operavano intagliatori babilonesi. A una produzione sud-mesopotamica rimandano il trattamento pieno della muscolatura e alcune caratteristiche iconografiche (la posa del corpo, la spada ricurva) tipiche dei cilindri appartenenti alla categoria delle Babylonian contest scenes. Come si è visto i dati forniti dai due sigilli con iscrizione e i confronti individuati per gli altri sono perfettamente coerenti da un punto di vista cronologico con l’ipotesi di una identificazione con Hamâ della donna inumata e quindi con l’interpretazione della sepoltura come giacitura primaria. A questa conclusione pare portare anche la corona

Fig. 1.15 - Sarcofago 2, sigillo a stampo in corniola, Ishtar su leone-grifone (H 2016, pl. 133b).

volto, una mano a trattenere per le corna un toro149 accosciato su cui l’eroe poggia un piede, l’altro braccio steso leggermente indietro con la mano che impugna una scimitarra. Sul terzo lato due tori150 o più probabilmente due capridi151 rampanti con il collo intrecciato. Sulla base è raffigurata una divinità maschile in corsa circondata da un nimbo reso con fitti raggi, il braccio destro piegato, quello sinistro tenuto diritto davanti a sé. Il tema dell’eroe nudo dominatore degli animali, in realtà da identificarsi con lahmu152 una divinità minore protettiva e benefica, è assai antico e in questa realizzazione tipologica (eroe nudo, con viso frontale, barba e lunghi capelli che su i due lati del capo formano generalmente tre riccioli sovrapposti) risale all’età accadica153. Il personaggio conosce un rinnovato favore nella glittica medioassira in scene di lotta con animali fantastici154 in cui l’eroe può comparire nudo o abbigliato con gonnellino e in epoca neo-assira la sua immagine è diffusa dalla glittica alla scultura monumentale155. La posa dell’eroe che afferra per le corna l’animale posando il piede sul suo dorso e la spada ricurva tenuta all’indietro, si ritrovano su una serie di sigilli di alta qualità spesso in calcedonio, sia a stampo156 che cilindrici157, la cui datazione è piuttosto discussa ma che D. Collon propone di attribuire al IX secolo a.C. e anche «(…) probably later», le cui botteghe di produzione sono generalmente considerate babilonesi seppure fortemente influenzate dalla glittica medioassira158, ma la tipologia del personaggio, riccamente

 D 1923, pl. 95, no. 27 (A.900); C 1987, 82, no. 381. 160  M ,S 2008, 120, no. 298g. 161  C 2001, 83. 162  H 2016, 33, nota 69. Egli ipotizza quindi che anche la forma piramidale generalmente considerata tipica dei periodi neo-assiro e neo-babilonese, possa avere un’origine più antica in età medio-assira. 163   Non è chiaro dall’immagine fotografica (H 2016, pl. 133d) se il dio tenga o meno qualcosa in mano, ma l’immagine, per l’abbigliamento, la postura e il nimbo richiama la raffigurazione di Ninurta in corsa, generalmente armato con l’arco (si veda ad esempio C 2001, pl. XXIV, no. 292). 164   Ad esempio in un sigillo impresso su tavoletta rinvenuta a Nimrud in cui compare come eponimo il già citato Pān-Aššurlāmur (776 o 759 a.C.) (P 1962, 29-30, ND5420, pl. X, no. 3). 165   C 2001, 105-106, pl. XVI, no. 201; 121, pl. XVIII, no. 230. Entrambi i sigilli sono considerati di probabile produzione babilonese databili il primo tra il IX e l’VIII secolo a.C., il secondo al VII secolo a.C. 159

149  H 2016, 33, nota 69. L’identificazione dei due animali come tori invece che capridi ( -G W 2008, 157) è in questo caso sostenuta dalla forma delle corna e dalla lunga coda. 150  H 2016, 33, nota 65. 151   Le lunghe corna diritte e la coda breve sembrano in questo caso confermare questa identificazione ( -G W 2008, 157). 152  W 1992, 164-166. 153   Ad esempio C 1987, 33, nos. 95-96, 98-101. 154   Ad esempio P 1948, no. 596. 155  H 1992, 114-115. Si pensi ai rilievi del Palazzo di Khorsabad (A 1986, 265-266, pl.15). 156  B ,M 1988, pl. 12, nos. 372-373. 157  C 1987, 81, nos. 367, 369-370; C 2001, pls. 25-26. 158  C 2001, 154-155 con relativa bibliografia.

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Fig. 1.16 - Sigillo a cilindro in calcedonio, Ninurta che insegue un leone-grifone, British Museum, WA 135752 (C 2001, pl. XXIV, no. 291).

Fig. 1.17 - Sigillo a cilindro in corniola, divinità su animaliattributo ai lati dell’albero della vita, British Museum, WA 105111 (C 2001 pl. XII, no. 153).

in oro con pendenti in lapislazzuli, uno degli oggetti più noti dalle Tombe Reali, che Rainer Boehmer considera in base ai confronti individuati per i geni femminili a quattro ali e per gli elementi vegetali che compongono buona parte della decorazione, una produzione di una bottega operante nella Siria nord-occidentale o nella Cilicia orientale, databile al IX-VIII secolo a.C.166 forse giunta a Nimrud come parte della dote di una principessa siriana, o comunque levantina, andata sposa ad un sovrano assiro come probabilmente accadde a Yabâ ed ad Atalyā. Anche “Hamâ” sembra essere un nome semitico occidentale167 e recentemente Eckart Fraham ha proposto di identificarla con la principessa che Shamshi-ilu porta in Assiria con la sua ricca dote dopo la vittoria sul padre Hadianu signore di Damasco nel 773 a.C.168 Quanto ai sarcofagi bronzei essi appartengono alla tipologia dei cosiddetti “bathtub” shape coffins (Fig. 1.20) che J. Curtis ha datato in base ai dati di rinvenimento e ai confronti individuati in Mesopotamia ma anche in Iran e Anatolia al tardo VIII secolo a.C. e che riconosce di produzione assira ipoteticamente riconducibile ad una medesima bottega169. Yasmina Wicks in uno studio recente individua la genesi dei “bathtub” coffins nei grandi bacini probabilmente in bronzo che venivano collocati nelle depressioni con questa forma, spesso

fornite di condutture di drenaggio, ricavate sul piano pavimentale o su lastre in pietra poste sui pavimento di alcuni ambienti di molti palazzi assiri, i cosiddetti “bagni”, quali quelle rinvenute nelle sale I e L dell’ala orientale del cortile del bitanu del Palazzo Nord-Ovest. Questi bacini dovevano avere un significato ed un utilizzo rituale che implicava l’uso dell’acqua forse nel contesto di cerimonie relative al culto degli antenati o di atti di purificazione. Se l’ipotesi fosse corretta, sarebbe quindi necessario anticipare la produzione dei bacini bronzei a forma di “U” almeno al regno di Ashurnasirpal II. Per diverse ragioni che includono verosimilmente il rapporto con l’acqua simbolo di vita, spesso offerta nel corso delle cerimonie del kispu170, che sgorga sulla terra dall’oceano sotterraneo dell’apsû, questa particolare forma venne ritenuta adatta e quindi adottata in ambito funerario dove probabilmente venne utilizzata dall’inizio dell’VIII secolo a.C.171 Infine allo stesso arco temporale individuato dagli elementi epigrafici datanti e dai confronti, appartiene l’archivio rinvenuto nella stanza 57172 al di sopra dell’ipogeo, costituito da circa 150 tavolette, molte in pessimo stato di conservazione. Fra i 54 documenti meglio conservati e leggibili, per la maggior parte atti di trasmissione di beni diversi tra cui schiavi, si riconosco due gruppi principali: l’archivio di Nabutuklatua, scriba di palazzo per oltre 35 anni dall’800 al 765 a.C. nel corso dei regni di Adad-nirari III (810-783 a.C.), Shalmaneser IV (782-773 a.C.) e Ashur-dan III (772-755 a.C.), e un secondo gruppo appartenente a vari tesorieri (masennu) e a personale diverso della sovrana, di cui non si fornisce il nome, certamente più di una, datato tra il 799 e il 734 a.C., quindi nel periodo di tempo compreso tra il regno di Adad-nirari III e quello di Tiglath-pileser III (744-727

 B 2006, 217.  F 2014, 189. 168  D 2008, 172; F 2014, 173, nota 35: «Even thought she would have been Shalmaneser’s wife for less than a year, the possibility is supported by the fact that a golden bowl inscribed in the name of Šamši-ilu was found in tomb III (…)». Per le influenze siriane sul ruolo delle dame di palazzo si veda P 2007-2008. M.M. Hussein avanza l’ipotesi, sulla base di alcuni elementi del corredo di Hamâ, - la brocca aurea, protagonista di questo studio, la corona e alcuni bracciali ritenuti di stile urarteo (IM 115607-IM 115610, pl. 150c) - di un’origine anatolica della regina (H 2016, 38). 169  C 2008a, 169. 166 167

  Per le cerimonie funebri si rimanda al Capitolo 4, Paragrafo 7.  W 2015, 44-46; 105-111 con relativa bibliografia. 172   Sull’archivio: D ,F 1993; A ,P 2007; A 2008. 170 171

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La Tomba Reale III e il contesto di ritrovamento della brocca IM 115618

Fig 1.19 - Sigillo a cilindro in corniola, eroe nudo che sottomette un toro, cervo e cacciatore, Musée du Louvre, A. 900 (C 1987, 82, no. 381).

il saccheggio dell’ipogeo reale sia avvenuto prima dell’utilizzo della camera 57 come archivio e quindi, in base alle date ricavabili dalle tavolette, prima o nel corso del regno di Adad-nirari III177. Anche se non chiarita, questa deduzione sembra sottintendere che l’ambiente al di sopra della Tomba Reale non avrebbe potuto essere frequentato e utilizzato da funzionari del palazzo, mentre la tomba sottostante era in uso. Tuttavia troppo poco si sa dell’uso delle camere al di sopra degli ipogei - non si può escludere inoltre che il nucleo di documenti sia stato depositato nella stanza 57 tempo dopo rispetto all’ultima data testimoniata dai documenti - ne è possibile ad ora spiegare in che situazione storica e politica la regina del costruttore del Palazzo Nord-Ovest sia stata rimossa dal suo sepolcro.

Fig 1.18 - Sarcofago 2, sigillo a stampo piramidale, eroe nudo che sottomette un toro, capridi in posa araldica, dio in corsa (H 2016, pl.133d).

a.C.)173. È dunque probabile che nella stanza fosse custodito almeno parte dell’archivio del personale sottoposto al servizio diretto della regina e l’archivio dello scriba di corte anche se non è possibile stabilire in via definitiva se i documenti fossero in origine custoditi in questo ambiente, che quindi sarebbe stato utilizzato come archivio contestualmente all’ipogeo reale, o se vi siano stati depositati più tardi174. 1.4 L

:

b - La presenza di una lastra in calcare al di sopra del foro ricavato nella volta di copertura della camera principale e il doppio filare di mattoni a rinforzo della porta, già più volte descritti, sembrano comunque interventi avvenuti a parziale restauro e sigillatura della camera funeraria. Che ciò sia avvenuto in fretta e forse con scarsa luce è suggerito dalla presenza di una base in oro di un bicchiere cilindrico178 e altri frammenti d’oro rimasti sepolti sotto i mattoni posizionati davanti ai battenti della porta tra le due camere, benché non si possa escludere che gli oggetti siano stati perduti dai saccheggiatori stessi. In particolare M.S. Damerji ha in varie occasioni179 sostenuto che gli oggetti appartenuti al corredo di Mullissu-mukannishat-Ninua sfuggiti al saccheggio e forse anche i resti della regina stessa180, siano stati trasferiti nei tre sarcofagi bronzei rinvenuti nell’anticamera. Questo scenario è in realtà poco probabile a meno che non si voglia collocare la violazione della sepoltura regale subito prima della deposizione dei sarcofagi stessi. Che gli ipogei regali evidentemente in condizione di particolare instabilità politica, quale ad esempio

In base ai dati archeologici forniti dagli archeologi iraqeni, a volte piuttosto lacunosi a causa della fretta con cui si svolsero gli scavi per timore di eventuali furti175 e talvolta contradditori, la sequenza degli avvenimenti che interessarono la Tomba III rimane purtroppo incerta. Sembra comunque possibile ipotizzare un intervento all’interno dell’ipogeo reale suddivisibile in almeno quattro fasi. a - Dopo la sepoltura della regina di Ashurnasirpal II avvenuta durante il regno del figlio e successore del sovrano, Shalmaneser III (858-824 a.C.), di cui Mullissu-mukannishat-Ninua si proclama egualmente MÍ.É.GAL, il suo sepolcro deve essere stato violato e il corredo asportato quasi totalmente (rimangono una perla nel sarcofago e una giara nella nicchia risparmiata nel muro settentrionale della camera)176 ipoteticamente prima che il sarcofago bronzeo contenente le spoglie di Hamâ venisse deposto nell’anticamera durante il regno di Shalmaneser IV (782-773 a.C.). Joan e David Oates giungono alla stessa ipotesi restringendo ulteriormente l’arco temporale e suggerendo cioè che

 O ,O 2001, 88.   La base potrebbe essere stata applicata ad un bicchiere in pietra simile a IM 118093 (H 2016,135, pl. 155b). 179  D 1998, 10; D 2008, 82; D 2013, 13-14. 180  C 2008a, 169. 177

  Un’unica tavoletta è datata al 844 a.C. 174  A ,P 2007, xviii. 175  G 2016, xviii, nota 3; H 2016, 13. 176  H 2016, 27, pl. 95. 173

178

23

A. Cellerino

Fig 1.20 - Il Sarcofago 1 (“bathtub” type coffin) (H

2016, pl. 100d).

il momento della presa di potere di Sargon II181 e del successivo trasferimento della capitale a DurSharrukin, potessero subire profanazioni e saccheggi è ulteriormente provato dalle condizioni in cui si rinvenne la Tomba IV. Nel sarcofago litico furono trovati solo scarsi frammenti ossei e ancora un certo numero di oggetti preziosi mentre diversi recipienti in ceramica e metallo si trovavano sparsi sul pavimento della camera. L’entrata del pozzetto era stata comunque richiusa con una lastra in terracotta e la porta della camera funeraria bloccata da mattoni di diverso formato posizionati in modo disordinato. Per altro il luogo delle Tombe Reali doveva essere ben noto e individuabile. Il legame tra i vivi e i morti infatti non si interrompeva con la chiusura della sepoltura ma rimaneva attivo attraverso tutta una serie di atti rituali e periodiche cerimonie. Nelle stanze al di sopra delle tombe si dovevano infatti svolgere le cerimonie del kispu. I contenitori in mattoni182 rinvenuti sul pavimento negli ambienti DD e MM (al di sopra della Tomba I) probabilmente contenevano offerte alimentari e offerte di acqua, di birra o vino, citate esplicitamente nella tavola funeraria in alabastro di Yabâ183, dovevano completare i riti come dimostra il condotto in terracotta184 che dal pavimento dell’ambiente 49 terminava, attraverso la volta, al di sopra del sarcofago della sovrana.

di Mullissu-mukannishat-Ninua per deporvi altre donne della famiglia reale. Atalyā regina di Sargon venne infatti, come si è detto, deposta nello stesso sarcofago di Yabâ probabilmente dopo un lasso di tempo di 20 - 50 anni, situazione talmente particolare da far pensare ad uno stretto legame di parentela fra le due donne185, e l’anticamera della sepoltura voluta per la sposa di Ashurnasirpal II venne utilizzata per la deposizione di Hamâ, tra gli 80 e i 40 anni dopo la scomparsa della prima sovrana186. Le motivazioni di queste scelte naturalmente ci sfuggono. Troppo poco si sa della natura dei rituali funerari palatini per poter trarre delle conclusioni definitive ma è comunque certo che le sepolture venivano spesso riaperte e il pozzetto di ingresso (ri)sigillato con le lastre di calcare o terracotta che si sono sempre rinvenute posizionate al di sopra dell’apertura187.

c - Viene a conferma del fatto che, almeno fino al momento del trasferimento della capitale e della corte a Khorsabad, la collocazione degli ipogei continuava ad essere nota, la riapertura delle tombe di Yabâ e

  Vedi nota 77.   Il lasso temporale si è calcolato in base agli anni di regno di Shalmaneser III (858-824 a.C.) e Shalmaneser IV (782-773 a.C.) e al possibile momento della morte delle due sovrane, (scomparsa di Mullissu-mukannishat-Ninua all’inizio del regno di Shalmaneser III e di Hamâ alla fine di quello di Shalmaneser IV, 80 circa, o di Mullissu-mukannishat-Ninua alla fine del regno di Shalmaneser III e di Hamâ all’inizio di quello di Shalmaneser IV, 40 anni circa). 187   H 2016, 12, pl. 25b (Tomba II), 28, pls. 92b, 96b (Tomba III), 43, pl. 174a (Tomba IV).

d - Un ulteriore e definitivo ingresso nella tomba, prima della scoperta degli archeologi iraqeni, si fece per deporvi i Sarcofagi 1 e 3 che come si è detto contenevano i resti di 6 adulti e 5 bambini frammisti a ricchi oggetti di corredo. Il peso con iscrizione di Tiglath-pileser III (744-727 a.C.), elemento datante di questo ultimo utilizzo dell’ipogeo reale, indica che queste sepolture in anticamera possono essersi 185 186

 O ,O 2001, 87.  O ,O 2001, 79. 183   A -R 2008, 119-124, text no. 1. 184  H 2002, 146, fig. 10; H 2016, 12, pl.25. 181 182

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La Tomba Reale III e il contesto di ritrovamento della brocca IM 115618

verificate nel corso del regno di questo sovrano o poco più tardi188. In realtà non è possibile escludere che il peso facesse in origine parte di uno dei corredi e che quindi la deposizione secondaria nell’ipogeo possa essersi verificata in un arco di tempo che è ampliabile fino agli anni che precedettero la definitiva conquista della città nel 612 a.C. da parte dagli eserciti congiunti di Medi e Babilonesi. La sistemazione insolita del Sarcofago 1 al di sopra di quello occupato da Hamâ, lo stato frammentario della maggior parte degli scheletri stipati insieme nei

contenitori bronzei 1 e 3 e il disordine degli oggetti di corredo posti in parte all’interno dei sarcofagi e in parte sul pavimento dell’anticamera, sono tutti elementi che hanno suscitato interesse e dubbi ma che non hanno ancora trovato una spiegazione definitiva se non forse quella di un estremo tentativo di evitare la profanazione e il saccheggio delle sepolture originarie189 spostandole in un luogo più sicuro e meglio nascosto forse nel corso di lotte interne190 per la conquista del potere reale o in circostanze esterne che minacciavano la sicurezza del palazzo stesso.

  J. e D. Oates (O ,O 2001, 88) sulla base delle date ricavabili dai documenti di archivio della stanza 57 ipotizzano che l’evento si sia verificato quando questo “ufficio” non sarebbe stato più utilizzato (ultima data ricavabile dai documenti: 734 a.C.).

K

188

,O 2001, 87; D 2008, 82; M -K , S 2008, 147. 190   «This might have occurred on a number of occasion in the history of Assyria (…)» (O ,O 2001, 87). 189

25

 O

A. Cellerino

Abstract in 2000 by M.M. Hussein and A. Suleiman 449 items are listed. Coffins 2 and 3 were placed on the floor, next to each other (and in contact indeed), against the blocked stone doors; Coffin 1 was thus placed on top of Coffin 2. Coffins 1 (130 x 59.4 cm, height 51.5 cm) contained the very fragmentary skeletal remains of a female individual, a foetus and five children aged between three months and eleven years. Among the rich grave goods a fluted gold bowl is of particular interest for the historical importance of the owner: an inscription informs us that it likely belonged to Shamshi-ilu, the powerful eunuch, turtānu (commander in-chief) and governor of the state of Bit Adini during the last years of Adad-nirari’s reign (810-783 BC) and under Shalmaneser IV (782-773 BC), Ashur-dan III (772755 BC) and Ashur-nirari V (754-745 B.C). Coffin 3 (147 x 68 cm, height 57.5 cm) was against the western wall of the antechamber with the rounded end facing to the north and, even if it was the largest sarcophagus found, it contained a smaller number of funerary goods, mostly pottery, metal (gold, silver and copper), stone and glass vessels and the fragmentary bones of five adults: three men aged between 30 and 65 years and 2 women. The individual III 3 B, a healthy man of about 55-65 years, is supposed to be the turtānu Shamshi-ilu. Coffin 2 (140 x 49 cm, height 57 cm) in which the gold jug was found, was on the east side of the antechamber. The rounded side, as Coffin 3, was facing north. The coffin contained the well-preserved skeleton of a 18-20 years old female and - but this information is disputed - few bone’s fragments of a 6-12 year old child, and a spectacular collection of treasures of particular interest not only for the amount of gold employed and the incredible quality they show, but even for the historical information they provide, including an elaborate golden crown, a gold stamp seal inscribed with a label of Hamâ, MÍ.É.GAL of Shalmaneser IV and daughter-in-law of Adad-nirari III, a gold omphalos bowl with gadroons forming a lotus flower and a lapis lazuli cylinder seal belonged to eunuch Ninurta-idiya-shukshid, official of Adad-nirari III. The coffins are too small and the skeletons to incomplete to assume that the bodies were laid in the bronze coffins at different times, one after the other, as it was otherwise in Tomb II where Atalyā, MÍ.É.GAL of Sargon II (721-705 BC), was placed in the same sarcophagus of Yabâ, MÍ.É.GAL of Tiglathpileser III (744-727 BC), who was the first tomb’s occupant. The bones of many individuals show a thick green staining caused by bactericidal copper ions transferred from the bronze coffins. Some bones are well preserved, as it usually happens when individuals have been originally deposited in bronze

The discovery of the Tombs of the Queens at Nimrud was an amazing event, both for the unbelievable amount and quality of the luxury goods, found largely intact, and for the historical and cultural information they provide. In the years between 1988 and 1990, during excavation and restoration campaigns carried out by the Iraqi Department of Antiquities and Heritage, four chamber tombs, built under the floors of Rooms MM, 49, 57 and 71/72, were found in the residential area of the North-West Palace, behind courtyard Y of the bitanu; the latter was the residence of the women of the royal family. The precious objects found in the so-called “Tombs of the Assyrian Queens” give a vivid picture of the international milieu of the Assyrian court into which manifold cultural traditions coexisted because of the foreign craftsmen working for the royal family and aristocracy and objects imported in Assyria as gifts, tributes or booty. The Tombs were part of the original building layout and consisted each of a small rectangular chamber preceded by an antechamber reached by a vertical shaft, constructed of baked bricks and covered by a corbelled vault, which contained a terracotta or a stone coffins. The small gold jug (IM 115618) object of the present study was found in Tomb III discovered beneath the floor of room 57 on August 1989. According to the inscriptions on the funerary tablet and lid of the stone sarcophagus, the Tomb was built for Mullissu-mukannishat-Ninua, MÍ.É.GAL (queen) of Ashurnasirpal II (883-859 BC) and Shalmaneser III (858-824 BC). The ancient access to the Tomb was by means of a shaft that was sealed by two limestone slabs. The vault of the burial chamber was damaged, and partially collapsed, probably in antiquity, for allowing looters to directly access the chamber from room 57. Later on, the vault was partially restored and the hole sealed with a square limestone slab, found 70 cm below the floor of room 57. The main chamber measured 3.80 x 1.60 m and was found empty with the exception of a large stone sarcophagus containing only few bone fragments and a stone bead. The arched door between the main chamber and the antechamber was closed by two stone slab blocked by two courses of bricks, under which a beaker gold base (IM 115621) and other gold fragments were hidden, or maybe missed by looters. Unawares, three bronze “bathtub” coffins were found in the antechamber. The room is smaller than the main chamber (2.10 x 1.38 m) and appears almost totally occupied by these coffins: they contained fragmentary bones of 13 individuals, probably laid there secondarily, with an extraordinary collection of precious objects. In the excavation report published

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La Tomba Reale III e il contesto di ritrovamento della brocca IM 115618

coffins, while other bones, also covered by the green staining, have the microscopic structure significantly deteriorated. These bones were obviously placed here at an advanced stage of decomposition in a secondary burial context. The almost complete skeleton of the young female, laid alone in Coffin 2, stained on both the internal and external surfaces, seems to imply a primary deposition in the bronze coffin. Moreover, the location of jewels corresponding to the body part on which they would have been worn - the crown was found on the head, for instance - supports this hypothesis and suggests that the woman’s remains have not been moved after the decomposition of her corpse. It is difficult to explain the presence of the male individuals found in Coffin 3, in the same funerary context of women and children of the royal court. Certainly these men were members of the royal family or, most likely, eunuchs (or both). The high social status and merits obtained in the service of the king could have given them the right to be buried in the palace. In Neo-Assyrian time, eunuchs could have reached the high ranks of the imperial administration and army, and sometimes the highest offices, including that of turtānu and governor of the main provinces of the Empire. The secondary burial of so many individuals could be probably explain by an attempt to prevent the looting of their original burials moving the bone’s remains and the grave goods in a safer place. The final sack of Nimrud in 612 BC is certainly a terminus ante quem for the deposition of the coffins in the antechamber of the Royal Tomb of Mullissumukannishat-Ninua, but the inscribed objects related to kings, queens and officials, indicate a more restricted chronological range. Although it is impossible to establish whether or not the coffins and their contents were deposited simultaneously in the outer chamber, the event must have occurred after the looting of the burial chamber of the queen of Ashurnasirpal II, and probably after sealing, with two brick courses, the door between this and the antechamber. If we take into account the texts relating to Mullissu-mukannishatNinua, the timespan attested by the inscriptions must be extended up to Ashurnasirpal II or, more likely, to Shalmaneser III (858-824 BC ) however. Moreover some objects found in the coffins have inscriptions in which the names of Adad nirari III (810-783 BC; cylinder seal of the eunuch Ninurta-idiya-shukshid; the stamp gold seal of queen Hamâ), Shalmaneser IV (782-773 BC; stamp gold seal of queen Hamâ), the turtānu Shamshi-ilu (787-746 BC; fluted gold bowl) and Tiglath-pileser III (744-727 BC; duck weight of 15 mines identified according to the new data provided by M.M. Hussein with IM 124998) appear. This duck shaped weight of the time of Tiglath-pileser III is the most recent inscribed object and, thus, the terminus post quem for the secondary depositions in the antechamber.

The grave goods found in Coffin 2 represent a coherent assemblage supporting the hypothesis of a primary burial for queen Hamâ. Indeed, the gold seal of Hamâ found with the female in Coffin 2 represents the only correspondence of an inscription («Belonging to Hamâ, queen of Shalmaneser, king of Assyria, daughter-in-law of Adad-nirari ») with the sex of the buried individual. Moreover, the scorpion, here used as a filling motif, is the first attestation on a royal seal of this symbol closely related to the NeoAssyrian queens. Two other seals have been found in Coffin 2. The lapis lazuli cylinder seal of Ninurta-idiya-shukshid, a court eunuch, is part of a group of eleven seals recently studied by Zoltán Niederreiter belonging to high officials at the service of Adad-nirari III and Shalmaneser IV. Although without inscription, another carnelian cylinder seal must belong to the same type and shows a winged sun disk above a tree flanked by a goddess and the king followed by a beardless worshipper, probably, on the basis of comparisons, a further eunuch. Therefore the chronological range defined by the seals is perfectly consistent with the identification of the young woman with queen Hamâ and with her deposition as a primary burial. The analysis of the astonishing gold crown, one of the most famous objects from the Royal Tombs, has led Rainer Boehmer to propose a date in the late 9th - early 8th centuries BC, and suggest that it was a production of a north-western Syrian or eastern Cilicia workshop, arrived at Nimrud as part of the dowry of a foreign princess. The bronze coffins are of the same “bathtub” type that John Curtis dates to the late 8th century BC. However Yasmina Wicks proposes in a recent study to recognize the genesis of the “bathtub” coffins in the large basins that were employed in the socalled bathrooms of the Assyrian palaces for ritual ceremonies related to the use of water. Finally, room 57 provides other evidence to the chronology of Tomb III. The 54 best preserved tablets belonged to Nabu-tuklatua, a palace scribe from 800 to 765 BC during the reign of Adad-nirari lII (810-783 BCE), Shalmaneser IV (782-773 BC) and Ashur-dan III (772-755 BC), or to various treasurers (masennu) of the queen, probably more than one, and are dated between 799 and 734 BC. Therefore, it is possible to propose a sequence of events, albeit uncertain. The Tomb has been probably robbed not long after the deposition of Mullissu-mukannishat-Ninua, MÍ.É.GAL of Ashurnasirpal II and Shalmaneser III, and the grave goods almost completely removed. The tomb vault was restored and the door between the main chamber and the antechamber was blocked with bricks. The main funerary chamber was never re-used. The looting may have happened in connections with internal political crisis as the accession of Sargon.

27

A. Cellerino

Moreover, the existence of the Royal Tombs was well known and identifiable. The link between the living and the dead was not interrupted when the burial was closed, but it revived through a series of ritual acts and funerary ceremonies, such as the kispu, involving offering of food and liquids, in particular pure water, by the family of the decease as it seems evidenced by the terracotta pipe found in room 49 leading into Yabâ’s vault. The re-opening of the tombs of Yabâ and Mullissumukannishat-Ninua to bury other MÍ.É.GAL (Atalyā and Hamâ) confirms that at least until the time of the transfer of the court at Khorsabad, and probably later, the location of the royal crypts was still well know. The reason for these successive depositions, forbidden in the queens’ funerary inscriptions, remains unknown. The last access to Tomb III, before the excavation of

the Iraqi Department of Antiquities and Heritage, appears to have happened for the deposition of at least eleven bodies and precious grave goods in bronze Coffins 1 and 3. The duck weight of Tiglathpileser III (744-727 BC) represents a terminus post quem and attests that these last depositions may have occurred during the reign of Tiglath-pileser, or not long after. But we cannot be excluded that the secondary burials have occurred in the last years before the final conquest of the city by the armies of the Medes and Babylonians in 612 BC. It is certainly difficult to explain why queen Hamâ was buried in the antechamber of a previous queen, and then why so many individuals were there re-buried. Perhaps this was a final attempt to avoid the desecration and looting of the original tombs moving the bones and the grave goods in a safer place, possibly during internal power struggles or enemy attack to Nimrud.

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2 ASPETTI MORFOLOGICI, TECNICI E FUNZIONALI I

2.1 M

B

eF

:

G

*

sulla spalla con due terminazioni ornate da protomi teriomorfe. Il reperto è stato rinvenuto integro e in buono stato di conservazione; all’interno del versatoio è sopravvissuto intatto il tappo di legno. Sul corpo sono numerose le ammaccature, ben visibili nelle fotografie, che non sembrano averne compromesso la solidità. Esse, tutte o in parte, potrebbero essere legate all’utilizzo dell’oggetto in antico oppure essere il risultato di un degrado avvenuto in seguito alla deposizione dell’oggetto all’interno del suo contesto di giacitura. La forma di questo reperto non sembra attestata nel repertorio vascolare di produzione neo-assira6, all’interno del quale è possibile individuare solo alcuni confronti non puntuali. Un piccolo recipiente in ceramica (h. 7,5 cm) di forma simile proviene dalla Tomba 960 di Assur7, datata al VII secolo a.C.8 (Fig. 2.2.a). Analogamente a quello da Nimrud, in esso l’ansa è posizionata a circa 90° rispetto al versatoio. Quest’ultimo, tuttavia, ha forma tubulare e sembrerebbe essere privo di filtro9, fatto forse giustificato dalle ridotte dimensioni del suo diametro10. Un altro elemento di somiglianza con la brocca da Nimrud è rappresentato dall’attacco dell’ansa, che va dalla spalla all’orlo. La differenza formale di questo vaso è evidente, invece, nell’assenza del piede, nel collo largo, basso e molto svasato in corrispondenza dell’orlo, e infine nella forte curvatura dell’ansa. Un’altra sepoltura di Assur (Tomba 702) restituisce un secondo esempio della stessa forma11 (Fig. 2.2.b). A. Haller propone una datazione all’età post-assira12, mentre A. Hausleiter ritiene possibile una collocazione

Introduzione La brocca in oro IM 1156181 (Fig. 2.1, Tavv. I-IV) presenta corpo globulare, collo cilindrico e bordo svasato con orlo arrotondato (diametro 5,9 cm). La sua altezza, tenendo conto dell’ansa sormontante, corrisponde a 13 cm. Sulla spalla è posizionato un versatoio cilindrico (diametro 3,5 cm), leggermente svasato all’estremità e tagliato a “U” nella parte superiore2. Un tappo di legno al fondo del versatoio3 nasconde i piccoli fori praticati nella parete del vaso a scopo di filtro4. Il corpo arrotondato della brocca termina con una bassa base a disco5. Infine, l’ansa dalla forma sinuosa è posta a circa 90° rispetto al versatoio e si appoggia sul bordo, sormontandolo, e

*

I. Bucci ha redatto l’introduzione al paragrafo dedicato all’analisi morfologica (2.1), le sezioni sulle aree nord-siriana e anatolica, il paragrafo sugli aspetti tecnici di produzione (2.2) e la sezione sulla capacità del recipiente nel paragrafo relativo all’interpretazione funzionale (2.3); F. Giusto ha redatto le sezioni sulle forme filistee e fenicie, sulle testimonianze da Israele, dall’area transgiordana e dall’area egea all’interno del paragrafo dedicato all’analisi morfologica (2.1), e il paragrafo sull’interpretazione funzionale (2.3). Gli Autori ringraziano Nina Angileri per la revisione del riassunto in inglese al fondo del capitolo. Si ringraziano, inoltre, Georg Bernward Maag e Valeria Reichenberg per la revisione delle traduzioni dal tedesco. 1   Sul vaso si vedano: D 1998, 11, Abb. 48-52; H , S 2000, 366, pic. 154; B 2001; C 2008a, 115-117, fig. 14s, pl. VII; H 2014, 128-130, fig. 3.17; H 2016, 34, pls. 134-137. 2   D 1998, 11; H , S 2000, 366, pic. 154; B 2001, 57; C 2008a, 115. 3  D 1998, 11; C 2008a, 115. 4   La presenza dei fori, ricavati direttamente nella parete del vaso, è dedotta dagli studi editi (D 1998, 11), giacché non si dispone di fotografie o di disegni in dettaglio in grado di confermarla. L’incompletezza del materiale fotografico e grafico pubblicato ha portato D. Collon a ipotizzarne l’esistenza sulla base di alcuni confronti (C 2008a, 115). 5   Il fatto che il fondo della brocca venga definito convesso da M.M. Hussein e A. Suleiman («(…) with a globular body and a convex bottom, such that the pitcher is not secure unless it rests on a certain base.» H ,S 2000, 366, pic. 154) è forse giustificato dalle piccole dimensioni della base, la cui presenza è tuttavia chiaramente deducibile dalle fotografie.

  Per una recente trattazione sulla ceramica neo-assira si vedano: A 2010; H 2010. 7  H 1954, 87-88, Nr. 960 (Ass. 9063), Abb. 115b, Taf. 19c; H 2010, 75, 317, Taf. 40l (Ass. 9063), Taf. 95, FL 11.4. 8  H 1954, 87; H 2010, 30, 390. 9   Nessun filtro viene citato da A. Haller, che definisce il recipiente Tüllenflasche (“bottiglia con becco”) (H 1954, 87). 10   Un beccuccio dal diametro ridotto può assolvere, infatti, la medesima funzione di un filtro vero e proprio, similmente a quanto accade, ad esempio, in molte teiere moderne. 11  H 1954, 57, Nr. 702 (Ass. 7905), Abb. 69; H 2010, 74, 317, Taf. 51c (Ass. 7905), Taf. 95, FL 11.5. 12  H 1954, 57. 6

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I. Bucci e F. Giusto

Fig. 2.1 - Disegno ricostruttivo della brocca IM 115618, elaborazione grafica di I. Bucci. Scala 1:3.

Fig. 2.2.a - Brocca dalla Tomba 960 di Assur (H 2010, Taf. 95, FL 11.4); b - brocca dalla Tomba 702 di Assur (H 2010, Taf. 95, FL 11.5). Scala 1:3.

tra la fine dell’età neo-assira e l’età post-assira13. La tomba contiene un sarcofago all’interno del quale si trova una deposizione infantile accompagnata da recipienti in ceramica, alcuni piccoli oggetti personali in bronzo e in avorio, elementi di vestiario e offerte alimentari. Il vaso con versatoio presenta le medesime caratteristiche dell’esempio descritto poco sopra, ad eccezione delle dimensioni maggiori (h. 15,5 cm), che in questo caso si avvicinano a quelle del vaso da Nimrud, e della forma allungata del corpo. Relativamente ai due vasi provenienti dalle tombe di Assur è dunque possibile affermare che, sebbene mostrino alcune affinità con l’oggetto studiato, se ne discostano troppo per poter costituire confronti puntuali e l’assenza del filtro costituisce in questo caso il discrimine principale14. A questi due recipienti è forse possibile aggiungerne un terzo, raffigurato su un rilievo della stanza XXVIII del Palazzo Sud-Ovest di Ninive (Fig. 2.3). La scena, che trova posto nel registro inferiore delle lastre 9 e 10, rappresenta uno dei momenti successivi a una vittoriosa spedizione militare nelle paludi: i soldati assiri conducono i prigionieri, vari elementi di bottino e le teste dei nemici vinti dinnanzi a due scribi15. Di particolare interesse è la brocca munita di versatoio tenuta per l’ansa da uno dei soldati, il quale sembra ritratto nell’atto di posarla accanto ad altri recipienti, armi e arredi presi come bottino. Purtroppo, non è

possibile stabilire quale sia la posizione dell’ansa rispetto al versatoio, dal momento che la mano e il braccio del personaggio non sembrano rivelare un’angolazione diversa da 180°, vale a dire in asse con il versatoio. Inoltre, è ovviamente impossibile stabilire se l’oggetto fosse o meno dotato di un filtro. Le lastre menzionate fanno parte di un ciclo che, sulla base delle notazioni paesaggistiche inserite al suo interno, è stato interpretato come raffigurazione di una campagna nella bassa Mesopotamia. La sua datazione, pur in assenza di iscrizioni certamente riconducibili ai rilievi, è verosimilmente da riferire al regno di Ashurbanipal16. Qualora il recipiente fosse effettivamente da interpretare come parte del bottino, esso potrebbe trovare riscontro tra i materiali rinvenuti nell’area. Tuttavia, dal momento che nel repertorio vascolare della Mesopotamia centrale e meridionale sembrano mancare attestazioni di brocche con versatoio e con ansa allineata o disposta lateralmente17, non è forse da escludere che il dato iconografico rimandi alle forme neo-assire seppure esse, come si è visto, non siano numerose, o ad altre forme poco testimoniate. Le proporzioni del vaso, in modo particolare la forma allungata del corpo, così come le sue dimensioni in relazione alla figura che lo tiene in mano, allontanano in ogni caso l’esemplare da quello oggetto di questo studio. Similmente a quelle appena esaminate, anche le brocche con versatoio provenienti dall’Iran, realizzate sia in ceramica sia in metallo e databili all’età del Ferro, non sembrano offrire confronti stringenti per la morfologia analizzata18. Infatti,

 H 2010, 35, 390.   Proprio per l’assenza di questa caratteristica, le due brocche da Assur possono più correttamente essere collocate tra le forme vascolari dotate di versatoio tubulare, che spesso si riduce di diametro verso l’estremità, note nel Vicino Oriente e nel Mediterraneo (Y 1976, 65, 107, 242; Y 1981, 155157; si considerino, a titolo di esempio, i vasi fenici trattati in C 1972, 66, 137, 150, nos. 9-10, 301, fig. 2:9, 28:301). Tale categoria, che nella letteratura in lingua inglese va sotto il nome di tubular spouted jug, è stata esclusa dall’indagine della presente ricerca. 15  R 1983, 41, 43, fig. 61; R 1991, 63, fig. 77; B , B ,T 1998, 89-90, pls. 252-255; M 1998, 98-99. Le lastre originali sono conservate presso il British Museum (BM WA 124955-56). 13 14

 R 1991, 150-1, 265; B ,B ,T 1998, 88; M 1998, 99. 17   Per citare solo alcuni dei siti principali: Babilonia (R 1968); Larsa (H 1983; H 1989); Nippur (M C , H 1967; G 1975; M C , H , B 1978; G et alii 1978); Ur (W 1962; W 1965); Uruk (S 1967; V E , P 1992; B , P ,S 1995). 18   Per citare alcuni esempi: G 1964, 11-14, figg. 6-8, 16

30

Aspetti morfologici, tecnici e funzionali

Fig. 2.3 - Rilievo dalla stanza XXVIII del Palazzo Sud-Ovest di Ninive (B

sebbene alcune siano state accostate alle giarette con versatoio laterale rinvenute a Gordion19, di cui si dirà più avanti, gli elementi di somiglianza non procedono oltre la presenza del versatoio, dal momento che la maggioranza di esse manca del filtro e che l’ansa, ove presente, è opposta al versatoio oppure disposta a canestro al di sopra del bordo, o, ancora, si trova raddoppiata in entrambe le posizioni20. Tuttavia, è

,B

,T

1998, pl. 253, dettaglio).

possibile che anche alcune di esse fossero utilizzate per contenere un liquido da filtrare: è stato ipotizzato, infatti, che la protuberanza nella parte inferiore del becco vicino al punto di attacco con il corpo, presente in molti vasi, fosse funzionale alla decantazione della sostanza versata21. La forma della piccola brocca da Nimrud, riconducibile al tipo noto nella letteratura di lingua inglese come side-spouted sieve jug o più semplicemente come strainer-spouted jug, trova paralleli frequenti all’interno del panorama ceramico vicino-orientale dell’età del Ferro e alcuni rari confronti con il vasellame metallico dello stesso periodo. Prima di procedere all’indagine sull’origine di questa forma, tuttavia, è necessario porre in evidenza tutte le particolarità del recipiente, al fine di escludere i confronti meno convincenti. Accanto alle caratteristiche delineate in precedenza, infatti, un’attenta osservazione suggerisce di soffermarsi sulle sue proporzioni22: la lunghezza del versatoio non si discosta di molto dall’altezza del collo ed entrambe corrispondono a circa 1/3 dell’altezza complessiva. Il versatoio ha un diametro di poco superiore alla metà di quello del bordo ed è aperto superiormente per poco più della metà della sua lunghezza. Inoltre, si ha l’impressione che la base sia di dimensioni molto ridotte rispetto alle proporzioni complessive del

10-13, 349, 411, 416, 479-480 (Tepe Siyalk); 18-19, figg. 1516 (Khurvin); 25, fig. 25 (Hasanlu); 77, figg. 102, 516, 522523 (Luristan); 94, fig. 122 (Hamadan). Per gli esemplari in metallo si veda, inoltre, M 1997, 78-79, nos. 4042 (Luristan), 220, 223, nos. 275, 279 (regione di Amlash); N 1983, 3-5, 53, 58-62, 73-75, 82-84, nos. 1, 16-17, 21, 43-47, 57 (Marlik). Sui materiali provenienti dal Luristan, oltre all’articolo di B. Goldman (G 1957), si vedano le più recenti pubblicazioni facenti parte dei Luristan Excavation Documents (H ,O 1998; H ,O 1999; O 2003; H ,O 2004). 19   Con particolare riferimento ai materiali ceramici della Necropoli B di Tepe Siyalk, era stata notata una somiglianza, seppure non stretta, nella forma e nella decorazione dipinta con gli esemplari di Gordion dotati di versatoio molto lungo (Y 1964, 5354; M 1967, 70-71). Tuttavia, l’ipotesi di un’influenza iranica sulla ceramica frigia è stata successivamente messa in discussione da G.K. Sams (S 1971, 336-339; B 2000, 79, nota 262). 20   Costituisce un’eccezione un vaso proveniente da Hasanlu, che sembra mostrare i caratteri peculiari della morfologia presa in esame (versatoio con filtro e ansa posizionata a circa 90° rispetto a questo). Il reperto si trova conservato presso l’University of Pennsylvania Museum of Archaeology and Anthropology e per esso viene proposta una datazione al Periodo IV, tra il 1000 e l’800 a.C. (http://www.penn.museum/collections/object/275637, no. 63-5-125; ultimo accesso 17-02-2016). Secondo G.K. Sams l’esemplare da Hasanlu si avvicina per dimensioni e proporzioni alle forme frigie del Tipo 1 (S 1971, 337, nota 72).

21  G 1964, 11. L’Autore ipotizzava questo tipo di utilizzo nella sezione dedicata alle forme dalla Necropoli B di Tepe Siyalk. La stessa interpretazione è stata proposta per i vasi dal Luristan (M 1974, 38; L 2008a, 211). 22   Nonostante non siano note tutte le dimensioni, si è cercato di risalire alle proporzioni del vaso attraverso lo studio del materiale fotografico.

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I. Bucci e F. Giusto

vaso. Infine, anche nell’ansa si riconoscono ulteriori elementi diagnostici, poiché, oltre ad avere un profilo a “S”, essa è caratterizzata da un solco longitudinale che la divide in due mezzi tubuli accostati e la sua estremità superiore supera di poco il livello del bordo. Ad oggi non sembrano esistere altri esemplari in oro riconducibili a questa tipologia formale23, né reperti in altro materiale che presentino esattamente le medesime caratteristiche del manufatto analizzato. Nonostante questo, si tenterà di individuare i confronti più significativi24, con l’obiettivo di proporre un’area di provenienza e una datazione per questo oggetto. La trattazione seguirà, pertanto, una suddivisione geografica e per ogni area le evidenze prese in considerazione saranno analizzate, ove necessario, in prospettiva diacronica.

studio sulla ceramica filistea T. Dothan inserisce il tipo della strainer-spouted jug (Tipo 6) tra le forme vascolari di tradizione micenea27. Secondo la Studiosa l’origine delle beer-jugs filistee sarebbe da ricercarsi nelle forme della ceramica Mycenenan IIIC:1b, e in particolare negli esempi provenienti da Cipro e da Rodi28. Gli esempi filistei compaiono in strati datati tra la prima metà del XII e l’inizio del X secolo a.C., un periodo che corrisponde all’arrivo e all’insediamento in Canaan dei Filistei e di altri “popoli del mare”29. A livello macroscopico, le caratteristiche formali delle brocche filistee30 sono riassumibili in un corpo globulare (alcune volte con una leggera carena), collo alto e stretto, orlo ampio e svasato, ansa ampia e piatta che va dall’orlo alla spalla, versatoio corto e largo, privo della copertura superiore e inclinato verso l’alto31 (Figg. 2.4-2.5). I contesti di rinvenimento delle brocche con filtro filistee sono sia di tipo necropolare che abitativo32. Le forme filistee risultano difficilmente accostabili al vaso da Nimrud sia dal punto di vista cronologico sia morfologico. In primo luogo la datazione troppo alta degli esemplari filistei rende problematico effettuare confronti efficaci con la nostra forma. In secondo luogo, le caratteristiche formali delle

Forme filistee Una tipologia di brocche con filtro caratteristica dell’area levantina è costituita dalle forme appartenenti al patrimonio vascolare filisteo25 conosciute in letteratura come Philistine beer-jugs26. Nel suo   Il vaso in oro con versatoio proveniente da Marlik Tepe (N 1983, 3-5, fig. 1), rinvenuto nella Tomba 26 (Trench XVII B), non costituisce un confronto puntuale per l’assenza del filtro e dell’ansa. 24   Per i confronti formali sono stati presi in considerazione solo i reperti integri o la cui forma sia stata ricostruita. La menzione, talvolta, di frammenti riconducibili a questo tipo è funzionale, invece, a porne in evidenza la diffusione geografica e cronologica. 25   Con ceramica filistea si fa qui riferimento principalmente alla Philistine Bichrome Ware, considerata caratteristica della cultura filistea nella fase seguente l’arrivo dei Filistei nel Levante. È caratterizzata da uno slip bianco con motivi decorativi sovradipinti in rosso e nero (D 1982, 94) e si sviluppa all’interno delle fasi ceramiche 1 e 2 delineate da T. Dothan, le quali coprono il XII e la prima metà dell’XI secolo a.C. (D 1982, 96). Questa produzione ceramica segue la Monochrome Ware o Mycenaean IIIC:1b Ware, che caratterizza la prima fase di insediamento dei Filistei in Palestina (M 1990, 313-314; K 2005, 206, 219; D , B -S 2013; per una trattazione della Mycenaean IIIC:1b Ware si rimanda all’interno di questa trattazione alla parte sull’area egea). Con il X secolo a.C. la ceramica Bichrome verrà affiancata e poi sostituita dalla Ashdod Ware o Late Philistine Decorated Ware, una ceramica fine caratterizzata da uno slip rosso brunito e talvolta da una decorazione in nero e/o bianco. Questa classe ceramica viene considerata la produzione caratteristica della cultura ceramica filistea dell’inizio dell’età del Ferro II (1000/980-605/586 a.C.) (M 1990, 533; B -S ,S ,M 2004, 2; K 2013, 2-3). La prima fase di questa ceramica, definita Ashdod Ware I o anche Middle Philistine Decorated Ware, si concentra tra la seconda metà dell’XI e l’inizio del X secolo a.C. (K 2013, 3) e corrisponde alla ceramica appartenente alla fase 3 delineata da T. Dothan (D 1982, 96). La ceramica definita Late Philistine Decorated Ware o Ashdod Ware II si data invece tra il IX e l’VIII secolo a.C. (K 2013, 3). Circa i Filistei nell’età del Ferro II si vedano: L 2006, 65-83; F 2013; B -S 2014. 26  A 1969, 266-267; D 1982, 132. 23

27  D 1982, 94-96. Contrariamente, ad esempio, alla tesi delle “origini cananee” sostenuta da R. Amiran (A 1969, 266). 28  D 1982, 154-155. 29  D 1982, 94-96. Sulle diverse date proposte circa l’arrivo e le fasi di insediamento dei Filistei sulla costa levantina si vedano ad esempio: D 1998; F 1998; U 1998, 214-217; F 2000, 162-165; M 2007, 576-578. 30   Per i confronti con le forme filistee si è fatto riferimento principalmente a D 1982, 132-155. Inoltre sono anche stati tenuti in considerazione: A 1969, 266-269; M 1985b, 64-67, 95, fig. 50:1. Per la descrizione della forma si è fatto riferimento a D 1982, 132. Si discosta dagli altri esempi filistei per la decorazione la strainer-spouted jug da Tel Qasile Stratum X (Fig. 2.4), la quale presenta una semplice decorazione a bande rosse orizzontali (M 1985b, 64, fig. 50:1). L’altro esempio di strainer-spouted jug rinvenuto sempre all’interno dello Stratum X del sito presenta invece una decorazione bicroma riconducibile alla tradizione fenicia (M 1985b, 64, photo 70). 31   Questo tipo di versatoio viene in genere definito trough-shape spout (D 1982, 132). 32   La forma ceramica in questione è attestata nei seguenti siti: Tell el-Far‘ah, Beth Shemesh, Tell es-Safi, Tell Beit Mirsim, Gezer, Azor, Megiddo, Tell ‘Aitun, Tell Deir ‘Alla (A 1969, 266269; D 1982, 132-154; M 1985b, 64-67). Anche da Ashdod, Tell Miqne / Ekron e Beth Shean provengono alcune testimonianze di tale forma in Mycenean IIIC:1b, attribuibili alla prima fase dell’arrivo dei Filistei sulla costa levantina (L 1994, 44; K 2000, 240; D ,Z 2004, 24, 26-27; K 2005, 225, fig. 5.16, no. AS 13; S 2009, 485; Z 2009, 502-504; Y -L 2010, 245-247; D , B -S 2013). Frammenti di strainerspouted jugs in Philistine Bichrome Ware provengono anche da Beth-Zur (S et alii 1968, 51-52, pl. 27:4-5, fig. 13.4) e da Bethel (K 1968, 65, pls. 38:15a-b, 59:9)

32

Aspetti morfologici, tecnici e funzionali

Fig. 2.4 - Brocca da Tel Qasile (M 1:3.

1985b, fig. 50:1). Scala

Fig. 2.5 - Brocca in Bichrome Ware da Azor (D 24). Scala 1:3.

1982, fig.

Secondo W. Culican è possibile individuare 4 distinte tipologie di strainer-spouted jugs, in base soprattutto alle differenze dell’orlo e del collo: ‹‹1. Ovoid or depressed ovoid body with plain rim; (…) or with turned over or thickened rim, some footless (…) 2. Ovoid body with splayed lip (…) 3. Small body with wide neck (…) 4. Ovoid body with short neck, handle from shoulder to rim (…)››35. Più convincente risulta la classificazione proposta da S.V. Chapman, la quale, studiando la ceramica fenicia proveniente dai cimiteri di Khirbet Silm, Joya, Qrayé e Qasmieh36 nel sud del Libano, distingue due tipologie principali di strainer-spouted jugs: A) strainer-spouted jugs con l’attacco superiore dell’ansa all’orlo del vaso. Questa forma presenta base ad anello, corpo globulare, collo diritto dal diametro ampio, un versatoio in genere corto (5-6 cm di lunghezza)37 (Fig. 2.6). B) strainer-spouted jugs con l’attacco superiore dell’ansa vicino alla base del collo del vaso. Le principali caratteristiche formali di questi esempi sono costituite dalla base ad anello, dal corpo globulare,

strainer-spouted jugs filistee differiscono dal vaso in oro in molteplici aspetti: nel versatoio (troppo corto e del tutto privo della copertura superiore), nel collo (più alto e stretto) e nel rapporto complessivo delle diverse parti fra loro, che vedono l’ampio corpo globulare dominare per dimensioni su versatoio e collo. Infine, concorrono a segnare la differenza con la brocca da Nimrud le dimensioni delle brocche filistee, comprese in genere tra i 20 e i 30 cm. Forme fenicie Anche la ceramica fenicia presenta diversi esempi di strainer-spouted jugs33, nella maggior parte dei casi databili alla prima età del Ferro (1050-900 a.C.)34.   Si fa qui riferimento alle classi ceramiche Phoenician Bichrome Ware, diffusa dalla metà dell’XI al IX secolo a.C., e Red Slip Ware, sviluppatasi dal IX secolo a.C. (M 1990, 537-538). La prima è caratterizzata da motivi decorativi a cerchi concentrici in rosso e nero (e talvolta bianco) su uno sfondo color cuoio (M 1990, 357). La seconda classe ceramica è contraddistinta invece da uno slip rosso brunito privo di decorazioni (M 1990, 538). Per quanto riguarda la ceramica Black-on-Red o Cypro-Phoenician, essa viene ormai considerata di produzione cipriota (S 2003, 307-308). Per una recente sintesi sulla ceramica fenicia si vedano inoltre: M 2000, 160-163; A 2014, 708-709; S 2014, 611-612. 34   Per la ceramica fenicia si è preferito mantenere la suddivisione cronologica riportata da S.V. Chapman, poiché l’opera della Studiosa ha costituito per gli Autori del presente lavoro uno dei maggiori punti di riferimento nell’analisi delle strainer-spouted jugs fenicie. La prima età del Ferro si data tra il 1050 e il 900 a.C., mentre la media età del Ferro tra il 900 e il 550 a.C. (C 1972, 180-181). Fanno eccezione i siti di Tel Keisan e Tel Habu Hawam, per cui si è fatto riferimento a M 2005 (table 2.2). 33

Per un’introduzione storica si rimanda a: L 2006, 163201; L 2009, 693-713; A 2014. 35   C 1982, 47. Secondo W.P. Anderson tuttavia la suddivisione proposta da W. Culican non risulta convincente: ‹‹(…) but his division is not convincing; his drawings do not match the photographs of the same vessels published by Woolley (1921b, pl. 19, fig. 24, 25, 27, 28 = Culican 1982, Abb. 1:b, c, d, a, respectively).›› (A 1990, 37). 36  C 1972. 37  C 1972, 61, fig. 1.

33

I. Bucci e F. Giusto

Fig. 2.6 - Brocca in Bichrome Ware da Khirbet Silm, Chapman Tipo A (C 1972, fig. 1:1). Scala 1:3.

Fig. 2.7 - Brocca in Bichrome Ware da Khaldé, Chapman Tipo B (S 1966, 79, n. 49). Scala 1:3.

dal collo alto e stretto con orlo leggermente svasato e dal versatoio lungo (10 cm in genere)38 (Fig. 2.7). La maggior parte degli esempi di strainer-spouted jugs vengono ricondotti dall’Autrice, sulla base dei confronti, alla prima età del Ferro (1050-900 a.C.), in particolare alla sua fase finale. Solo due brocche39 tra quelle studiate sono ricondotte a una cronologia più bassa, e cioè all’inizio della media età del Ferro (900-550 a.C.)40. Diversi altri esempi di strainer-spouted jugs fenicie sembrano rispettare nella datazione la cronologia riscontrabile negli esempi descritti da S.V. Chapman e, allo stesso modo, si inseriscono dal punto di vista formale all’interno delle due tipologie stabilite dalla Studiosa. Presentano ad esempio una datazione riconducibile alla prima età del Ferro i pezzi provenienti da Sarepta41, Tell Zeror42, Tell Jatt43,

Tell Abu Hawam44 e Tell Kamid el-Loz45, mentre frammenti ed esemplari integri provenienti da alMina46 e Tell Keisan47 sono databili tra l’inizio del IX e la fine dell’VIII secolo a.C. Una datazione alta presentano inoltre gli esempi provenienti da Tiro48, compresi in un arco cronologico che va dal 1070 all’800 a.C., con pochi frammenti riconducibili ad una datazione superiore all’XI secolo, e i due vasi da Khaldè, inseribili in un arco temporale che va dal X alla fine del IX sec. a.C49. A questi si aggiungono un esempio da Akhziv50, datato dopo l’800 a.C., e alcuni recipienti rinvenuti fuori contesto ma di sicura produzione fenicia51.

 H 1934, 8-9, nota 1, 41, no. 252. Il level IV di Tel Habu Hawam, da cui provengono gli esempi di strainer-spouted jugs è databile secondo la calibrazione al radiocarbonio tra il 1140/30 e il 1000/980 a.C. (M 2005, table 2.2). 45  H ,K 1966, 58, Abb. 24:3, 25:4; H 1970, 28, 34, Nr. 17, 40-41, Taf. 24:3. Su questi due vasi si veda anche B 2001, 132, Abb. 6a-b. 46  D P T 1959, 83. 47  B ,H 1980, 187, pl. 51:1. A. Mazar data il level 7 di Keisan tra l’840/30 e il 732/701 a.C. (M 2005, table 2.2). 48   Negli strati dal XIII al IX (B 1978, 41, jug 11, pls. XX:6, XXIX:3). 49  S 1966, 76, 80, fig. 49, 57. Inoltre si veda anche C 1982, Abb. 1e-f. 50  C 1982, 50, Abb. 10h. 51  W 1921b, 184, pl. XIX, fig. 24-25, 27-28. I quattro vasi, interamente conservati, sono stati inseriti dal punto di vista formale da S.V. Chapman all’interno della categoria B (C 44

 C 1972, 63, 137, figs. 2:4,6-7, 28:262.   Le uniche due brocche che presentano un flaring neck (C 1972, 63-64, nos. 4-5). Da una fossa pluristratificata a Khirbet Silm proviene inoltre una brocca con filtro in Red Slip datata tra il X e il IX secolo a.C. (C 1982, 50, nota 24, 75; B 2001, 132, Nr. 2, Abb. 6l). 40  C 1972, 150, 180-181. 41  A 1990, 41. I frammenti si datano non oltre il 1050 a.C. 42  O 1967, pl. X:8. 43  A 2006, 49, fig. 2.15:6, pl. 24:5. 38 39

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Aspetti morfologici, tecnici e funzionali

Il contesto di rinvenimento delle strainer-spouted jugs fenicie è, nuovamente, sia funerario che abitativo. Per quanto riguarda il confronto formale, la tipologia A di S.V. Chapman presenta diverse caratteristiche comuni al vaso da Nimrud: corpo globulare, collo largo e piuttosto corto, attacco superiore dell’ansa presso l’orlo. Tuttavia la forma e l’andamento del versatoio (il quale spesso ha un’imboccatura stretta, presenta un andamento curvilineo verso l’alto ed è privo della parte superiore), nonché il fatto che il rapporto tra le diverse componenti del vaso si risolva tutto a favore del corpo, estremamente ampio, rendono questa categoria formale abbastanza diversa dalla brocchetta di Nimrud. La tipologia B si presta ancora meno a essere accostata al nostro vaso: caratteristiche quali il collo alto e stretto, la lunghezza del versatoio, l’attacco superiore dell’ansa a metà del collo, nonché le proporzioni complessive delle diverse parti fra di loro, fanno sì che questo gruppo formale sia difficilmente paragonabile all’esemplare studiato. Dal punto di vista delle dimensioni, i due gruppi presentano in genere un’altezza compresa tra i 21-28 cm52: dimensioni significativamente maggiori rispetto alla brocca in oro. Nel complesso dunque gli esempi fenici presentano troppe differenze con il vaso da Nimrud per poter ipotizzare un legame diretto.

Si propone in questa sede una suddivisione degli esempi presi in considerazione all’interno di cinque gruppi principali55: A) collo alto e stretto, che tende ad allargarsi in corrispondenza dell’orlo, corpo globulare, base ad anello. Il versatoio si presenta lungo e aperto superiormente, e termina in una bocca a volte stretta, altre volte larga. L’ansa va dalla spalla alla metà del collo56. I recipienti appartenenti a questa tipologia si datano nel complesso tra l’età del Ferro I (12001000/980 a.C.) e il VII secolo a.C.57. Per quanto riguarda le dimensioni, in genere l’altezza è compresa fra i 20 e i 30 cm. La forma caratteristica di questo primo gruppo ricorda molto le brocche con filtro di produzione fenicia58 (Fig. 2.8.a).

S 2003 e G ,S 2008, parimenti calibrata con il radiocarbonio. Si è scelto di fare riferimento a M 2005 (table 2.2) per la cronologia dei seguenti siti: Megiddo (escluse le tombe), Lachish (escluse le tombe), Hazor, Beth Shean, Tel Mevorakh, Samaria-Sebaste. 55   Questi raggruppamenti sono stati ricavati basandosi sulle caratteristiche macroscopiche dei recipienti e non pretendono in nessun modo di essere esaustivi. L’obiettivo è semplicemente quello di illustrare la grande varietà formale che assume la strainer-spouted jug in Israele. 56   Megiddo, fase VI: L 1948, pl. 75:20-21. Megiddo fase VIA: L 1948, pl. 75:22-23; D 1982, fig. 27:7. Ancora alla fase VI appartiene una brocca (G 1938, pl. 68:8) le cui caratteristiche formali sembrano ricondurre però ad una produzione filistea, come considerato da T. Dothan (D 1982, 149, fig. 27:8). Un ulteriore recipiente proviene inoltre dal Tempelburg di Megiddo (Stratum V) (S 1908, 122, pl. 38f). Il sito di Tell en-Nasbeh restituisce tre esempi: dalla Tomba 32 (W 1947, pl. 35, nos. 620, 621) e dalla Tomba 54 (W 1947, pl. 35, no. 622). Una simile brocca da Lachish viene classificata da O. Tufnell come Tipo 363 (T 1953, 320, pl. 89:363). All’interno del gruppo A si può inserire anche un esempio di strainer-spouted jug da Ai (A 1969, pl. 85:10), il quale, a differenza degli altri vasi, presenta un collo largo e corto (è da rilevare tuttavia che l’orlo non sembra essersi conservato). 57   L’esempio proveniente da Ai si data all’età del Ferro I (12001000/980 a.C.) (A 1969, 251). Le fasi VI e VIA di Megiddo si datano tra il 1140/30 e il 980 a.C. (M 2005, table 2.2). L’esempio descritto da G. Schumacher si data all’età del Ferro IB (G 1999, 2). I tre esempi da Tell en-Nasbeh sono datati tra il X e il VII secolo a.C. (W 1947, 147; S 1966, 88). 58   Secondo T. Dothan gli esempi provenienti da Megiddo, fasi VI e VIA (D 1982, 149-154, figs. 26: 2, 27:4-8, corrispondenti agli esempi citati nelle note 56, 59), sono da ascrivere alla cultura ceramica filistea, fase 3 (D 1982, 149). Al contrario secondo W. Culican questi presentano un apparato decorativo in Bichrome style riconducibile alla cultura fenicia (C 1982, 47). Lo Studioso indica come tali i medesimi esempi citati da T. Dothan, cui si aggiungono due citati nella nota 56 (L 1948, pl. 75:20-21). Questa considerazione è stata ripresa anche da A. Gilboa (G 1999, 2, 5). Dalla fase VI di Megiddo proviene anche un esempio di strainer-spouted jug in metallo (L 1948, pl. 190:6), il quale tuttavia non presenta l’ansa disposta a 90° gradi rispetto al versatoio, anche se la ricostruzione della brocca è incerta (G 1985, 21, no. 143). La fase di Megiddo VIA viene considerata da T. Dothan di cultura filistea (sulle

Israele Nell’area corrispondente all’antico Regno d’Israele53 questo tipo di forma è presente in diverse varianti, che coprono un arco cronologico che si estende dall’età del Ferro IA all’età del Ferro IIC (1200605/586 a.C.)54. 1972, 184). 52  C 1972, 61-66, 137, nos. 1-2, 4-5, 7, 168-169, 262. L’Autrice riporta l’altezza solo nel caso in cui la forma si sia conservata dalla base all’orlo. Similmente gli esempi integri provenienti dagli altri siti riportano un’altezza compresa fra i 19 cm (S 1966, 81, fig. 57) e i 31 cm (S 1966, 79, fig. 49). 53   Con tale espressione si intende designare l’area rappresentata a livello politico prima dal regno davidico (1000-925 a.C.) e in seguito dal Regno di Giuda e dal Regno d’Israele (925-586 a.C.). A partire dalla metà dell’VIII secolo a.C., con il regno di Tiglathpileser III (744-727 a.C.), inizia la conquista assira dell’area, che continuerà con vicende alterne fino al regno di Sennacherib (704-681 a.C.). Per un’introduzione storica e archeologica sull’argomento si vedano: M 1990, 295-550; L 2009, capitolo XXIII; G 2014; H 2014; K 2014b. 54   Secondo la suddivisione cronologica proposta di recente da A. Mazar, cui si è scelto di fare riferimento in questa sede per i siti in Israele, tale arco di tempo si suddivide in età del Ferro IA (1200-1140/30 a.C.); età del Ferro IB (1140/30-1000/980 a.C.); età del Ferro IIA (1000/980-840/830 a.C.); età del Ferro IIB (840/30-732/701 a.C.); età del Ferro IIC (732/701-605/586 a.C.) (M 2005, table 2.2). Fa eccezione il sito di Tel Dor di cui si è mantenuta la suddivisione cronologica proposta in G ,

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I. Bucci e F. Giusto

Fig. 2.8.a - Brocca in Bichrome Ware da Megiddo, fase VIA, gruppo A (L gruppo B (A 1969, pl. 87:7). Scala 1:3.

B) stesse caratteristiche del Tipo A, ma il collo è più corto e presenta un ispessimento ad anello nella parte mediana59. Questa forma è presente dall’età del Ferro IB (1140/30-1000/980 a.C.) all’età del Ferro IIC (732/701-605/586 a.C.)60 (Fig. 2.8.b).

1948, pl. 75:22); b - brocca in Red Slip Ware da Lachish,

C) collo largo e corto, piede “a trombetta”61, versatoio lungo e largo, aperto nella parte superiore. L’attacco dell’ansa va dalla spalla alla metà del collo, come nei due tipi precedenti. L’ansa si presenta a doppio nastro62. Le forme prese ad esempio coprono un intervallo cronologico di tre secoli, compreso tra il X e l’VIII secolo a.C.63. L’altezza media complessiva si approssima intorno ai 20 cm (Fig. 2.9). D) il collo corto (alto circa la metà del corpo del vaso), in genere largo (ma talvolta può anche presentarsi più stretto), tende ad allargarsi in corrispondenza dell’orlo. Il corpo si presenta ovoidale con carena più o meno accentuata. Il versatoio è ampio e corto, aperto nella parte superiore. L’ansa va dalla spalla all’orlo o dalla spalla alla parte superiore del collo. La base si presenta ad anello64. Gli esempi presi in

fasi che presentano ceramica riconducibile a tale componente etnica a Megiddo si vedano D 1982, 70-80; M 1985a, 95-97). Secondo A. Mazar, invece, all’interno di una cultura materiale prevalentemente cananea si distinguerebbero anche prodotti appartenenti alla cultura materiale filistea o riconducibili comunque ad area egea, come la famosa Orpheus Jug (M 1990, 355-357). L’Orpheus Jug (L 1948, pl. 76:1) sembrerebbe avere un’ansa a paniere (D 1982, 150, nota 75). Sulla brocca si veda, inoltre, Y -L 2008. Circa la problematicità della fase VI a Megiddo e le componenti etniche protagoniste si veda anche S 2012, 497-501. 59   Megiddo, Tomba 1101B (G 1938, pl. 8:12). A Lachish questo specifico tipo ceramico viene classificato da O. Tufnell come Tipo 364 (T 1953, 320, pls. 72:9, 89:364) ed è presente in quattro esemplari, provenienti dalla Tomba 521 (T 1953, 224), dalla Tomba 120 (T 1953, 194), dalla Tomba 1002 (strati 1-5) (T 1953, 235, pl. 74:27) e dalla Cave 4005 (T 1953, 240). Sembra possibile inserire all’interno di questo gruppo anche un esemplare in Red Slip proveniente da Chirbet el-Mshash (B 2001, 135, Nr. 20, Abb. 6g-h). 60   L’esemplare da Megiddo viene datato all’età del Ferro IB (1140/30-1000-980 a.C.) (G 1999, fig. 6.5), gli esemplari provenienti da Lachish ‹‹(…) dated variously to both the Early and the Middle Iron Age, though thought by the excavator to be an early type (…)›› (C 1972, 169, nota 234). La prima e la media età del Ferro si datano, secondo la cronologia cui fa riferimento S.V. Chapman nel volume sopracitato, rispettivamente tra il 1150 e il 900 a.C. e tra il 900 e il 550 a.C. (C 1972, 180-181). Una datazione più precisa è stata data per il recipiente proveniente dalla Tomba 521, il quale viene inserito da R. Amiran nell’arco cronologico compreso tra il 1000 e l’800 a.C. circa (A 1969, 191, 256, pl. 87:7).

 A 1969, 256.   Da Megiddo fase V (L ,S 1939, pl. 8:175) e da Samaria (C ,C ,K 1957, fig. 5:2). Un esempio ulteriore proviene da Tel Amal (B 2001, 132, Nr.1, Abb. 6o). 63   L’esempio da Samaria proviene dallo strato III, datato tra l’840/30 e il 732/701 a.C. (M 2005, table 2.2). La fase V di Megiddo si colloca tra il 1000/980 e l’840/30 a.C. (M 2005, table 2.2). L’esemplare proveniente da Tell Amal si data tra il X e il IX secolo a.C. (B 2001, 132, Nr. 1). 64   Hazor strato VI (A et alii 1958, pl. LII:20); Hazor strato VA (A et alii 1961, pl. CCXXVIII:1); Tell Beit Mirsim (fase A2) (A 1932, pl. 70A:13); Megiddo Tempelburg Stratum V (S 1908, 122, pl. 38a). Una brocchetta proveniente dalla Tomba 1002 di Lachish (strati 1-5, fase III) viene classificata da O. Tufnell come Tipo 361 (T 1953, 320, pl. 89:361). Gli ultimi due esempi presentano un’accentuata forma quadrangolare dagli angoli smussati e l’ansa che va dalla spalla alla metà del collo. Un ulteriore esempio proviene ancora da Lachish, Tomba 1002 (strati 6-10), e viene catalogato da O. 61 62

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Aspetti morfologici, tecnici e funzionali

Fig. 2.9 - Brocca in Red Slip Ware da Samaria, gruppo C (C C ,K 1957, fig. 5:2). Scala 1:3.

,

Fig. 2.10 - Brocca in Red Slip Ware da Hazor, gruppo D (A et alii 1961, pl. CCXXVIII:1). Scala 1:3.

considerazione si datano tra la seconda metà del IX e il VII secolo a.C.65. L’altezza media è di 20 cm circa66. Nel complesso le forme inserite in questo gruppo presentano forti somiglianze formali con gli esempi provenienti dall’area ammonita (Fig. 2.10). E) questo tipo si differenzia dal Tipo D essenzialmente nel corpo, che qui è globulare invece che allungato67 (Fig. 2.11). La datazione dell’insieme dei pezzi delinea un range cronologico molto ampio, compreso tra la fine dell’età del Ferro I (1200-1000/980 a.C.) e l’età del Ferro IIC (732/701-605/586 a.C.)68. La

maggior parte degli esemplari risulta frammentaria soprattutto nel collo, per cui risulta difficile definire l’altezza media. Un esemplare proveniente da Ashdod spicca per le piccole dimensioni, con un’altezza complessiva di 11,2 cm69. Non sembra inseribile all’interno di nessuno dei gruppi sopra delineati un vaso proveniente da Megiddo caratterizzato da un corpo affusolato e irregolare che termina in uno stretto collo70. Risulta singolare, inoltre, una brocca proveniente da Tel Dor71 caratterizzata da un motivo decorativo riconducibile all’area siro-cilicia72. Il vaso, in parte frammentario, presenta ampio corpo globulare, collo stretto, attacco superiore dell’ansa all’orlo, e si data alla prima età del Ferro73. Al di là di questo esempio, del tutto eccezionale per la decorazione, sono

Tufnell come Tipo 359 (T 1953, 320, pl. 89:359). 65   I due esempi da Hazor (strati VI e VA) si datano tra l’840/30 e il 732/701 a.C. (M 2005, table 2.2). L’esempio da Tell Beit Mirsim è collocabile tra l’VIII e il VII secolo a.C. (T 1953, 320), mentre la fase III di Lachish si data tra l’840/30 e il 732/701 a.C. (M 2005, table 2.2). 66   Tranne il Tipo 361 da Lachish che risulta alto circa 13,5 cm. 67   Megiddo fasi IV-II (L , S 1939, pls. 3:75-76, 45:75); Megiddo fasi IV-III (L ,S 1939, pl. 3:77); Beth Shean level VI (J 1966, fig. 56:7); Beth Shean lower level V (J 1966, fig. 23:10); Beth Shean upper level V (J 1966, fig. 66:1); Ashdod, strato X (B 2001, 134, Nr. 8.9, Abb. 6c-d). Quest’ultimo esempio da Ashdod è caratterizzato dall’assenza del piede. Si può inserire ancora all’interno di questo gruppo un esemplare proveniente da BethShemesh (A 1969, 259, photo 257). 68   Per quanto riguarda i vasi provenienti da Megiddo, la loro generica assegnazione alle fasi IV-II rende problematico usare in questo caso la tabella proposta da A. Mazar, il quale data la fase IVB-VA tra il 1000/980 e l’840/30 a.C., la fase IVA tra l’840/30 e il 732/701 a.C., la fase III tra il 732/701 e il 605/586 a.C., mentre la fase II risulta posteriore all’inizio del VI secolo a.C. (M 2005, table 2.2). Per quanto riguarda Beth Shean, i livelli dal VI all’Upper V sono datati tra il 1200 e il 732/701 a.C. (M 2005, table 2.2), mentre il pezzo proveniente da Ashdod si colloca nella prima metà del X secolo a.C. (B 2001, 134, Nr. 8.9). La brocca da Beth-Shemesh si data tra l’800 e il

587 a.C. (A 1969, 259). 69  B 2001, 134, Nr. 8.9. 70  L ,S 1939, pls. 6:153, 47:153. Il pezzo proviene dalla fase V, la quale si data tra il 1000/980 e l’840/830 a.C. (M 2005, table 2.2). 71   Secondo E. Stern la città venne abitata nella prima età del Ferro da uno dei “popoli del mare”, i Sikila, (S 2012, 473-488), ma è attestata anche la presenza fenicia, di cui rimane ancora problematico il ruolo (G ,S 2008, 161; S 2012, 488; A 2014, 712). Sui Sikila o Northern Sea People si veda S 2012. 72  G ,S 2008, 156, 168. Il motivo decorativo, secondo A. Gilboa e I. Sharon ‹‹(...) appears only on vessels associated with feasting.›› (G , S 2008, 156). Le analisi petrografiche hanno rivelato un’origine locale del vaso (G , S 2003, 33). E. Stern considera la brocca un esempio della ceramica caratterizzante la cultura materiale dei Sikila (S 2012, 486, fig. 10). A proposito si veda anche S ,G 2013, 443-444. 73   Il vaso appartiene alla fase 9 di Tel Dor, riconducibile all’età del Ferro 1a (1150-1000/980 a.C.) (G ,S 2008, 152, 154-157).

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I. Bucci e F. Giusto

della forma, secondo cui man mano che il corpo assume dimensioni più piccole, il collo diviene più largo e basso80, con un maggiore equilibrio formale tra le diverse parti. Questo tipo di forma è stato rinvenuto sia all’interno di tombe che di contesti abitativi. Nel complesso nessuna delle forme qui esposte presenta confronti puntuali con la brocca da Nimrud, al di là dell’ansa a 90° e del versatoio dotato di filtro. Il Tipo E è probabilmente quello che vi si avvicina maggiormente, in particolare in due degli esempi provenienti da Megiddo81, tuttavia la frammentarietà del loro stato di conservazione82 non permette di proporre confronti puntuali83. È possibile fare le stesse osservazioni, anche se in misura minore, per due dei tre esempi provenienti dai livelli Upper V e Lower V di Beth Shean84.

Fig. 2.11 - Brocca in Red Slip Ware da Megiddo, gruppo E (L ,S 1939, pl. 3:75). Scala 1:3.

Area Transgiordana

presenti a Tel Dor diversi frammenti e alcune forme intere di strainer-spouted jugs databili, secondo la suddivisione cronologica di Tel Dor, tra l’età del Ferro 1a (1150-1000/980 a.C.)74 e l’età del Ferro 1b (1000/980-920 a.C.)75, assimilabili nella maggior parte dei casi alla produzione fenicia76. Una brocca proveniente dalla Tomba 1002 di Lachish, dotata di versatoio con filtro e ansa a 90°, presenta una caratteristica singolare: la bocca del collo risulta chiusa e dotata di alcuni piccoli fori77. Questa caratteristica ha portato O. Tufnell a ipotizzare che il vaso venisse riempito dal versatoio, che in effetti si presenta largo e aperto nella parte superiore78. Numerosi frammenti riconducibili a strainer-spouted jugs testimoniano la relativa diffusione durante l’età del Ferro di questa forma tra la ceramica presente nell’area dell’antico Regno d’Israele79. In generale è possibile osservare nei diversi esempi di strainer-spouted jugs una costante nello sviluppo

Esempi di strainer-spouted jugs sono attestati anche all’interno dell’area immediatamente a sud-est del fiume Giordano, i cui confini sono identificabili dal punto di vista politico con i regni di Edom, Moab e Ammon85. Nella sua descrizione della brocca in oro da Nimrud già M.S. Damerji ha notato i possibili confronti con esempi di brocche simili in ceramica provenienti da contesti tombali del VII secolo a.C. in Giordania86.

 A 1969, 256.  L ,S 1939, pls. 3:75-76, 45:75. 82   In particolare di uno: L ,S 1939, pl. 3:76. Per lo stato di conservazione dell’altro esempio si veda l’immagine in L ,S 1939, pl. 45:75. 83   In entrambi si possono osservare un collo piuttosto largo e alto circa la metà del corpo del vaso, un corpo globulare (leggermente carenato in uno dei due esempi: L ,S 1939, pl. 3:76), l’ansa dal profilo arcuato, l’attacco dell’ansa dalla spalla all’orlo del vaso (in uno solo dei due esempi: L ,S 1939, pl. 3:76; in realtà in quest’ultimo ci si deve basare solo sulla ricostruzione, in quanto tutto il collo risulta mancante), la forma del versatoio, largo e aperto superiormente, infine il medesimo equilibrio formale tra le diverse parti che compongono il corpo del vaso. Similmente al vaso da Nimrud la base, almeno in un caso (L ,S 1939, pl. 3:75) è a disco, mentre nell’altra brocca è ad anello. La datazione dei due pezzi, assegnati alle fasi IV-II (L ,S 1939, pl. 3:75-76), si accorderebbe con una possibile datazione della brocca da Nimrud. Tuttavia l’efficacia del confronto è inficiata dal fatto che entrambi i vasi provenienti da Megiddo risultano in un cattivo stato di conservazione. 84  J 1966, figs. 23:10, 66:1. Simili sono il collo largo e alto circa la metà del corpo e l’ansa arcuata. Tuttavia il corpo non si presenta globulare come quello del vaso da Nimrud, ma ovoidale. Inoltre l’ansa va dalla spalla a metà del collo. In un caso la base si presenta a disco (J 1966, fig. 23:10), nell’altro ad anello. 85   Per una descrizione storica della regione si vedano: L 2006, chapters VI-X; M ,M 2006, 429-430, 446-447, 452-453; L 2009, 666-682. 86   L’Autore fa riferimento a esempi provenienti da Tell Safut e 80 81

 G ,S 2008, 152.  G ,S 2008, 152. 76  G ,S 2003, 28. Gli esempi ascrivibili all’età del Ferro 1b (1000/980-920 a.C.) presentano secondo gli Autori un patrimonio decorativo di derivazione cipriota. A proposito si veda anche S ,G 2013, 447-452. 77  T 1953, pl. 89:362. 78  T 1953, 320. La brocca è catalogata dall’Autrice come Tipo 362 (T 1953, 320), mentre secondo le tipologie create in questa sede si avvicina, dal punto di vista formale, al gruppo A. 79   Frammenti sono stati rinvenuti inoltre a Ein Gev (M et alii 1964, 24, pl. 9c, fig. 7:3-4), Eton (U 1974, 122, fig. 9:1), Ain Shems (G ,W 1938, pl. LXV:36), Tel Mevorakh (S 1978, 51, 69, fig. 20:15), Chirbet el-Mshash (B 2001, 132, Nr. 4, Abb. 6j-k). Dalle fasi comprese tra il XIII e l’XI secolo a.C. di Beth Shean provengono diversi frammenti di strainer-spouted jugs (Z 2009, 502-504), tra cui uno caratterizzato da un repertorio decorativo composito: egeo (I registro) e palestinese (II registro), ma la cui analisi dell’impasto rivela una fabbricazione palestinese locale. 74 75

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Aspetti morfologici, tecnici e funzionali

Fig. 2.12 - Brocca in Red Slip Ware da Sahab (H fig. 6:61). Scala 1:3.

1948,

Fig. 2.13 - Brocca in White Ware da Busayra (B O ,B 2002, fig. 9.56:11). Scala 1:3.

Molti recipienti, provenienti in particolare dall’area ammonita, presentano come caratteristiche formali un collo corto e relativamente largo, una bocca ampia e l’ansa con attacco superiore all’orlo. Il versatoio, di media lunghezza e largo, risulta privo della parte superiore. L’ampio corpo globulare viene qui sostituito da un corpo ovoidale con bassa carena87 (Fig. 2.12). L’arco cronologico all’interno del quale si inseriscono

,

questi esempi va dalla metà dell’XI secolo alla metà del VI secolo a.C.88. I contesti sono in prevalenza funerari, ma anche abitativi. Gli esempi di area ammonita risultano nelle caratteristiche formali abbastanza distanti dal vaso proveniente da Nimrud: se la caratteristica dell’attacco dell’ansa presso l’orlo, le dimensioni del versatoio, la bocca ampia, costituiscono elementi di somiglianza, tuttavia il corpo ovoidale, il collo stretto, la mancanza totale della parte superiore del versatoio, ne sanciscono la distanza formale. Tuttavia, nonostante le differenze, è possibile riscontrare il medesimo equilibrio complessivo tra le dimensioni delle diverse parti della forma. Il corpo allungato sembra essere una caratteristica comune anche ad altri esempi di strainer-spouted jugs riconducibili alla cultura ceramica edomita89.

Sahab, Tell el-Mazar e Tell Deir ʽAlla (D 1998, 11, nota 27). Per quanto riguarda i primi due siti, gli esempi pertinenti sono stati inseriti all’interno del nostro studio nella parte che segue. Per quanto concerne il sito di Tell el-Mazar, invece, l’indicazione bibliografica fornita dallo Studioso è stata esaminata ma non si è stati in grado di ravvisare alcun confronto preciso con il vaso da Nimrud. L’unico rinvenimento che può costituire un parziale raffronto è costituito da un frammento di doppio versatoio in bronzo probabilmente da identificare come parte di una “tea pot” (K 1984, 21-22, fig. 62:5) proveniente dalla Tomba 8. Questa è caratterizzata da una deposizione secondaria piuttosto mal conservata contente sia ossa umane che animali (K 1984, 21-22). All’interno della stessa tomba è stato rinvenuto anche un colino con manico in bronzo (K 1984, 78-80, no. 55, figs. 8:3, 51:55). Bisogna tuttavia ricordare che il cimitero di Tell el-Mazar si data all’età persiana (K 1984, 12-14; L 2006, 288-289) e presenta dunque una cronologia più bassa rispetto al periodo di pertinenza di questo studio. Per l’esemplare proveniente da Tell Deir ʽAlla si rimanda aB 2001, 135, Nr. 21. 87  H 1948, 96, 100, figs. 60-62; A 1969, 294-299; M N , S , H 1982, pl. 126:1; D 1983, 31-62, figs. 27:20-22, 37:13-22, 24; W 1987, 169, fig. 7. Un ulteriore esempio di strainer-spouted jug proveniente da una tomba scavata nei dintorni di Amman presenta l’ansa disposta a 180° rispetto al versatoio: tuttavia sulla sua posizione non vi è certezza, essendo frutto di una ricostruzione (H 1945, 71, no. 25).

  Per i reperti provenienti dalle tombe di Amman e Sahab, L. Harding propone una datazione tra IX e VIII secolo a.C. (H 1945, 69-73; H 1948, 96), mentre R. Amiran la abbassa al VII secolo a.C. (A 1969, 294). Per Tell Safut D.H. Wimmer propone una datazione compresa tra la fine del VII e l’inizio del VI secolo a.C. (W 1987, 173). Gli esempi provenienti dalle tombe di Irbid (D 1983, 35-38) offrono le datazioni più alte (1050-900 a.C.). L’esempio proveniente da Pella si data invece all’età del Ferro II (VIII-VII secolo a.C.) (M N ,S ,H 1982, 63). 89   Si tenga, tuttavia, conto della problematicità di una suddivisione del materiale considerato in classi ceramiche corrispondenti alle diverse realtà politiche: ‹‹The past designations of Edomite, Moabite and Ammonite painted wares can no longer be substantiated and, though new distinctions may arise as the result of increased information, it is necessary for the time being to be content with the documentation of features which demonstrate a common tradition in the Transjordan.›› (D 1983, 172). Per una trattazione più generale della ceramica di area 88

39

I. Bucci e F. Giusto

Alcuni vasi provenienti da Busayra, in Edom, si differenziano rispetto alla tipologia formale più diffusa, descritta precedentemente, nel collo alto e stretto, il cui diametro tende a restringersi molto in corrispondenza della bocca, e nella lavorazione plastica dell’ansa, composta da tre fasci paralleli90 (Fig. 2.13). Secondo M.F. Oakeshott quest’ultimo tratto denoterebbe la voluta imitazione di forme vascolari in metallo91. Sempre all’interno del corpus ceramico edomita, i due siti di Beersheba (in Giudea) e Tell el-Kheleifeh (nel Negev) forniscono esempi di strainer-spouted jugs la cui forma, pur presentando un’ansa disposta a 90° rispetto ad un versatoio aperto e dotato di filtro, tuttavia si discosta abbastanza dagli esemplari da Busayra92. Dai siti di Ash-Shorabat (Edom) e di Horvat Qitmit (Negev) provengono inoltre frammenti riconducibili probabilmente a strainerspouted jugs93. Gli esemplari edomiti sono databili complessivamente tra l’VIII e il VI secolo a.C.94. I diversi recipienti analizzati riconducibili alla cultura ceramica edomita sono difficilmente accostabili al vaso da Nimrud principalmente per il corpo allungato e, in due casi su tre, per il diametro ristretto della bocca. Infine, esempi di strainer-spouted jugs sono citati anche tra la ceramica caratteristica dell’età del Ferro I (1200-1000 a.C.) a Hesban95, mentre un esempio frammentario di strainer-spouted jug proveniente dall’abitato di al-Lahun96 nel Moab, la cui fase di vita non oltrepassa il 1000 a.C., testimonia la relativa diffusione di questa forma nell’area a est del Giordano.

Fig. 2.14 - Brocca da Hama (R

1948, fig. 71). Scala 1:3.

Area nord-siriana Diversamente dalle aree vicine, quella nordsiriana97 sembra restituire nel corso dell’età del Ferro testimonianze poco numerose di brocche con versatoio laterale dotato di filtro, provenienti sia da contesti funerari sia residenziali. Tra le attestazioni più antiche, un esempio di questa forma proviene dalla necropoli a incinerazione di Hama, l’antica Hamath98 (Fig. 2.14). Vicino per proporzioni alla brocca da Nimrud, differisce da questa per le dimensioni (h. 22 cm circa), per la base ad anello e per il versatoio completamente aperto nella parte superiore. Per questo rinvenimento è possibile proporre una datazione ai primi secoli dell’età del Ferro, dal momento che viene classificato tra i materiali del Periodo I, datato inizialmente tra il 1200 e il 1075 a.C.99 e più recentemente tra il 1175/50 e il 1075/50 a.C.100. Due strainer-spouted jugs sono state rinvenute a Tell Afis101. La prima, frammentaria (h. residua del frammento 8 cm circa), viene dal settore E2 dell’acropoli del sito, dove è emersa durante lo scavo

ammonita si veda ad esempio L 1999, 57, 64-67, 86-97; sulla ceramica edomita M 1985. 90  B ,O ,B 2002, fig. 9.56:11. Sempre da Busayra provengono, inoltre, diversi frammenti riconducibili probabilmente alla medesima forma (B ,O , B 2002, fig. 9.56:12-17). Essa viene inserita all’interno della categoria White Ware Jugs, Type D (B ,O , B 2002, 329). 91  O 1983, 59. 92   L’esempio proveniente da Beersheba presenta un corpo globulare allungato, collo corto e stretto, attacco superiore dell’ansa situato a metà del collo, base ad anello. Sia l’orlo che la base sono caratterizzati da un ispessimento in corrispondenza del diametro esterno (S -A 1999, fig. 10:26). La brocca da Tell el-Kheleifeh invece si avvicina maggiormente, dal punto di vista formale, agli esempi di area ammonita: caratteristici sono il corpo allungato, il collo largo e corto e il bordo estroflesso, l’attacco superiore dell’ansa situato presso l’orlo (P 1993, pl. 39:7-8). 93  B ,O ,B 2002, 329. 94  S -A 1999, 30-32; F ,S -A 2008, 15-16. 95  S 1994, 235. 96  S 2009, 46.

  In questa sede tale indicazione non è da intendersi in senso strettamente geografico (sulle implicazioni geografiche e culturali circa l’utilizzo del termine “Siria” per l’età del Ferro: B 2000). L’Anatolia sud-orientale e la Siria settentrionale divengono nel corso dell’età del Ferro sede di diverse entità politiche a composizione etnica mista (stati neo-ittiti e aramaici), che vengono gradualmente incorporate nell’Impero assiro soprattutto a partire dal regno di Tiglath-pileser III. Per un inquadramento storico-archeologico dell’area si vedano: M 2000; T 2002; R 2013; S 2014; M 2014. 98   R 1948, 63, fig. 71. 99   R 1948, 202. 100  M 1987, nota 3; R , B 1990, 18. 101   Per un’introduzione al sito si veda M 1998. 97

40

Aspetti morfologici, tecnici e funzionali

1987, fig.

Fig. 2.16 - Brocca dalla Necropoli di Yunus, Karkemish (W 1939, pl. 24:J1). Scala 1:3.

di un’area residenziale102. Rinvenuta nel Livello 1103, essa è probabilmente da includere tra i materiali di VIII secolo a.C., centrale o finale104. Il collo è assente e il bordo poggia direttamente sul corpo globulare, caratteristica che la allontana sensibilmente dal nostro esemplare. La seconda brocca (h. 12 cm), invece, è stata portata alla luce nell’edificio scoperto nel settore D della città bassa105. Essa può essere ricondotta alla stessa tipologia di quella trovata nel settore E2, a differenza della quale presenta un corpo con doppia carena (Fig. 2.15). Il Livello 4 dell’edificio da cui proviene, connesso almeno in parte ad attività di immagazzinamento e in uso tra l’VIII e il pieno VII secolo a.C.106, viene datato alla fine dell’VIII secolo a.C.107. Esempi di vasi con versatoio laterale sono stati rinvenuti, inoltre, nella necropoli a incinerazione di Yunus, situata poco a nord di Karkemish108. La Tomba YC 58 restituisce, infatti, una piccola brocca in ceramica con filtro alta 17 cm, con corpo globulare, collo cilindrico svasato e versatoio completamente aperto nella porzione superiore109 (Fig. 2.16). Nonostante sia possibile rilevare una generica somiglianza, le proporzioni tra il collo e il corpo e la forma del versatoio differiscono significativamente

da quelle del vaso in oro da Nimrud. Altri due esempi di un tipo di brocca con collo alto e stretto e versatoio laterale tagliato a “U” nella parte superiore sono stati rinvenuti nelle Tombe YC 23 e YH 4 dello stesso cimitero110. Tuttavia, dal momento che riguardo questi vasi non viene fatta esplicita menzione di un filtro, è incerto se essi debbano essere riferiti alla morfologia studiata111. All’interno della Necropoli di Yunus, inquadrabile cronologicamente entro i limiti dell’età del Ferro, la maggioranza delle tombe sarebbe databile a una fase avanzata di questo periodo (età del Ferro IIIII), secondo L. Woolley tra la fine dell’VIII e il VII secolo a.C.112. Nel complesso gli esempi esaminati possono essere ricondotti a due principali tipologie: la prima, attestata a Hama e a Karkemish, presenta un collo più sviluppato, svasato verso il bordo, mentre la seconda ha un collo corto o assente. Le brocche del primo tipo sono state classificate come Tipo A da E.-M. Bossert, la quale riconosce in questi recipienti una forte affinità con le forme diffuse a Cipro e nel Levante durante l’antica e media età del Ferro113. É da segnalare, infine, che vasi con versatoio laterale, forse dotati di filtro, sono testimoniati a livello iconografico su un rilievo da Karkemish114 e su una pisside in avorio di fattura nord-siriana rinvenuta a

Fig. 2.15 - Brocca dal settore D di Tell Afis (M 17:12). Scala 1:3.

 D E 1998, 243, 264, fig. 12:12.   Il Livello 1 corrisponde a un periodo di frequentazione occasionale dell’area del settore E2, caratterizzato perlopiù dalla presenza di fosse destinate ad attività di scarico e datato nel complesso agli ultimi anni dell’VIII secolo a.C. (D E 1998, 238-239, 246). Sulle fasi di occupazione riferibili all’età del Ferro si veda D E 1998. 104  D E 1998, 243. 105   M 1987, fig. 17:12; L 1996, Taf. 48:294/1; O 1997, pl. III:9; O 1999, fig. 1:9. 106  M 1987, 35; O 1997, 187. 107  M 1987, 32-33. 108  Per un’introduzione al sito, alla storia delle ricerche e alle indagini condotte in anni recenti, si vedano: M 2012; B 2014; M 2014. 109   W 1939, 32, pls. 5:4, 24:J1; L 1996, Taf. 48:293/2. 102 103

110   W 1939, 28, 36, pl. 24:J2; L 1996, Taf. 47:289/1. In un caso la forma viene definita come “feedingbottle” (W 1939, 28). 111   Alcuni studiosi hanno ugualmente inserito questo tipo (J2) tra le forme con filtro (S 1994, 69, nota 56; B 2000, 80, nota 269). Tra i materiali ceramici di Gordion, inoltre, è possibile notare una forte affinità morfologica tra questo tipo e uno dei recipienti del Tipo 3 (S 1994, pl. 96, no. 826). 112  W 1939, 19. Per una pubblicazione preliminare dei manufatti ceramici databili all’età del Ferro II-III provenienti dagli scavi effettuati nel 2011 dalla Missione Archeologica ItaloTurca a Karkemish e a Yunus: B ,Z 2014. 113  B 2000, 79-80. 114  W 1921a, 113-114, pl. B30b.

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I. Bucci e F. Giusto

Nimrud115. In entrambe le raffigurazioni essi sono adoperati nel contesto di banchetti, un utilizzo forse ipotizzabile anche per la brocca in oro116.

Più di uno studioso ha individuato tra i reperti provenienti da Gordion, capitale della Frigia, alcuni chiari paralleli con la forma della brocca in oro da Nimrud122. Dal sito provengono, infatti, molti esempi, rinvenuti sia all’interno dei tumuli funerari sia nell’area della Cittadella. Le indagini condotte nel sito di Gordion, identificato con il moderno toponimo di Yassıhöyük, che presero avvio già alla fine dell’Ottocento123, hanno portato alla luce una straordinaria sequenza insediativa dall’Antico Bronzo all’età moderna. Le evidenze materiali databili all’età del Ferro, di particolare interesse ai fini di questo studio, sono state in parte riferite ai Frigi e, oltre a rappresentare testimonianze preziose per la comprensione del sito, fanno di Gordion un punto di riferimento nello studio dell’Anatolia di questo periodo. Alcuni episodi della storia dei Frigi, segnatamente quelli riferibili alla figura di Mida, sono noti, inoltre, dalle fonti assire, le uniche contemporanee agli eventi narrati, e da quelle classiche, cristiane e bizantine124. Sulla base dei rinvenimenti provenienti dai sondaggi condotti nell’area della Cittadella (Citadel Mound) e dai tumuli, fu proposta per il sito una cronologia che riconosceva diverse fasi di occupazione. In essa trovava posto l’insediamento frigio, che con le sue fabbriche monumentali e i suoi imponenti tumuli funerari veniva datato all’VIII secolo a.C. e i cui ultimi anni erano da ricondurre al regno del re “Mita” citato nei testi neo-assiri di Sargon II125. La scoperta di estese tracce di bruciato all’interno di molti edifici della Cittadella aveva, inoltre, suggerito, accanto a un attento studio delle fonti letterarie, di leggere in queste tracce materiali le testimonianze

Area anatolica In quest’area, dove le attestazioni di brocche con versatoio laterale munito di filtro sembrano risalire al III millennio a.C.117 e dove forme simili si registrano nella ceramica ittita118, le testimonianze più antiche per l’età del Ferro non sembrano precedere il IX secolo a.C. Esse sono in gran parte riferibili a una produzione di vasi in ceramica e in metallo di origine frigia o più in generale centro-anatolica, la cui diffusione in senso cronologico si protrae almeno sino al VI secolo a.C. Come sarà possibile osservare, le forme anatoliche si presentano in diverse varianti morfologiche, per le quali è talvolta possibile ipotizzare un’influenza esterna. Numerose attestazioni provengono dai siti dell’Anatolia centro-occidentale (Gordion, Ankara) e centro-orientale (Boğazköy, Alişar Höyük, KamanKalehöyük, Kültepe)119. L’inizio dell’età del Ferro in questa regione è convenzionalmente fissato poco dopo il 1200 a.C., momento in cui viene collocato il collasso dell’Impero ittita. La scansione cronologica di questo lungo periodo in tre fasi (antica, media e tarda età del Ferro) non è uniforme in tutta l’area. Diverse periodizzazioni, infatti, riferite ai singoli siti e formulate a partire dalle relative sequenze, convivono e le tre fasi citate non solo non hanno ovunque uguale durata, ma neppure uguale denominazione120. I sincronismi, basati in larga misura sulle seriazioni dei materiali ceramici e sulle datazioni assolute ottenute dalle analisi scientifiche, che in tempi recenti si sono fatte sempre più frequenti, hanno non di rado incontrato difficoltà e rimangono talora incerti121.

O

2010).  S 1995, 185-186; D 1998, 11; B 2001, 57-58; C 2008a, 117. J.E. Curtis, inoltre, sembra suggerire un’origine frigia per questo manufatto (C 2008b, 253). 123   Il filologo tedesco Alfred Körte effettuò una prima ricognizione del sito nel 1893 e condusse, insieme al fratello Gustav, archeologo, una campagna di scavo nel 1900, i cui risultati furono pubblicati nel 1904 (K ,K 1904). Dal 1950 le ricerche furono svolte sotto l’egida dell’University of Pennsylvania Museum, dirette da R.S. Young negli anni tra il 1950 e il 1973 e da G.K. Sams e M.M. Voigt dal 1988, quest’ultima con l’incarico di field director. Dal 1974 al 1988 gli studi sui materiali furono condotti sotto la direzione di K. DeVries. Per una breve sintesi della storia delle ricerche: S 2005; V 2005. 124   L’identificazione del sovrano menzionato nei testi assiri dell’epoca di Sargon II (721-705 a.C.) come “Mita dei Mushki” con il re Mida delle fonti posteriori, è da lungo tempo stata accettata. L’equivalenza “Mushki”-Frigi è, invece, più controversa (D V 2011a, nota 1.2). Sui rapporti intercorsi tra l’Assiria e la Frigia al tempo di Sargon II e prima di questo sovrano, e sull’analisi storica della figura di Mida e i Frigi: M 1979; Y 1981, 271-272; M 1998; B -E 2008; V 2008; D V 2011b. Su questo argomento si veda inoltre il Capitolo 4, Paragrafo 1. 125   B -E 2008, 17-18, table 7; V 2008, 165166. 122

 H ,L 2009, 184-186, pls. 44-45, J, no. 234 (IM79513). 116  Per una trattazione su questi materiali e su forme simili in metallo attestate a livello iconografico si veda il Paragrafo 2.3. 117  B 2001, 109-110, Abb. 2a-d. 118  S 1977, 111; S 1994, 68; B 2001, 109, 136. Sebbene siano frequenti le forme ittite dotate di becco o versatoio, è necessario segnalare che sono poco numerosi gli esemplari paragonabili alla morfologia esaminata in questa sede. In particolare, è possibile menzionarne alcuni da Gordion (M 1956, 25, P368, pls. 14e, 28g), Alaça Höyük (K 1951, pl. 58:2) e Masat Höyük (Ö 1978, 124, pl. 50:2). 119   Dal momento che i confronti più puntuali provengono dall’Anatolia centrale, si è ritenuto necessario dedicare loro maggiore attenzione e approfondire le problematiche relative alla cronologia di quest’area con l’obiettivo di individuare alcuni indizi utili alla datazione della brocca da Nimrud. 120   S 2008; G 2011, 332-335; K , G 2011, 422-423. 121   Si prenda, per esempio, il caso del Livello IId1 di KamanKalehöyük e dei problemi di sincronizzazione con il Destruction Level di Gordion (M 2008, 175, nota 2; M , 115

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Aspetti morfologici, tecnici e funzionali

della distruzione della città per opera dei Cimmeri. Sulla scorta delle informazioni tramandate dalle fonti, tale evento veniva datato agli inizi del VII secolo a.C. e considerato un momento di cesura tra la prima fase e quella successiva di ricostruzione del sito. Quest’ultima doveva avere avuto luogo probabilmente alla fine del VII o nella prima metà del VI secolo a.C., dopo uno iato considerevolmente lungo126. In tempi recenti, a partire dal 2001, è stata proposta una profonda revisione cronologica e interpretativa del sito, la quale, accostando allo studio dei dati di scavo e dei manufatti l’analisi dendrocronologica e al radiocarbonio (14C) di numerosi campioni127, ha modificato sostanzialmente la cronologia della prima cittadella (Early Phrygian period, YHSS 6A-B, 950/900-800 a.C. circa128), retrodatando alla fine del IX secolo a.C. il livello di distruzioni e sollevando seri dubbi circa la sua interpretazione come effetto di una conquista violenta della città129. Essa ha inoltre definitivamente sancito che l’ambizioso programma di ricostruzioni nell’area della Cittadella,

che nelle sue linee principali ricalcava l’impianto del periodo precedente, ebbe inizio subito dopo la prima distruzione (Middle Phrygian period, YHSS 5, 800-540 a.C. circa). In questa fase l’insediamento raggiunse la sua massima estensione, come testimoniato dalle indagini di scavo e di survey130. Accanto a quella della Cittadella, anche la datazione dei tumuli è stata sottoposta a un nuovo riesame. Così, la cronologia di alcune delle più imponenti strutture funerarie, come W, K-III, P e MM, la cui sequenza relativa era stata ricavata da un attento lavoro di studio e di confronto tra gli oggetti di corredo rinvenuti al loro interno, è stata modificata. Il primo, che pure conserva il suo primato di antichità, è ora datato all’850 a.C. circa anziché al 750-740 a.C.131, mentre K-III e P che nella ricostruzione originaria precedevano la distruzione, sono inseriti nella fase successiva, ma mantengono una datazione all’interno dell’VIII secolo a.C., anche se anteriore all’originaria132. Infine, il Tumulo MM, in base alla nuova datazione al radiocarbonio (740 +4/-7 BC)133, non può più considerarsi il sepolcro di Mida, ma probabilmente quello del suo predecessore134. Bisogna precisare che la nuova cronologia proposta per il sito di Gordion, che è oggi largamente accettata e che si è deciso di adottare in questa sede, non ha incontrato il consenso di tutti gli studiosi. Collocando la distruzione del sito alla fine del IX secolo a.C. anziché agli inizi del VII secolo a.C., essa ha necessariamente apportato alcuni significativi cambiamenti ai sincronismi proposti tra i materiali rinvenuti all’interno del sito, nei tumuli e nell’area della Cittadella, e tra questi e quelli provenienti da altri contesti che usualmente erano utilizzati per confronto. Particolarmente significativa è stata la rivalutazione di alcune classi di manufatti diagnostici, alcune delle quali, come la ceramica e le fibule, consentivano di delineare delle seriazioni tipologiche in grado di suggerire delle linee di sviluppo interne.

126   Per una sintesi sulla storia degli studi e sulla creazione della vecchia cronologia: V 2009, 222-226; D V 2011a. 127   Per volontà di R.S. Young, simili analisi sui reperti di Gordion furono eseguite sin da tempi assai precoci. Dalla fine degli anni ‘50 presero avvio le indagini al radiocarbonio e, specialmente sulla base dei resti lignei del Tumulo MM, si iniziò a ricostruire una sequenza dendrocronologica. Questi studi, tuttavia, non condussero subito a risultati soddisfacenti, da un lato a causa della novità del metodo, che mancava di curve di calibrazione, dall’altro a causa dell’impossibilità della dendrocronologia di fornire datazioni assolute in assenza di una sequenza ancorata al presente (Y 1981, 270, 293, appendix IV). Nel corso della storia degli studi queste problematiche furono parzialmente risolte e i dati furono sottoposti a continuo aggiornamento sulla base dei più recenti sviluppi metodologici (K ,N , L 2011; M , K 2011). L’affidabilità dei nuovi risultati del 2001, pubblicati in una breve nota del 2003 (D V et alii 2003), non mancò, ugualmente, di essere messa in discussione (K 2004). 128   L’inizio del periodo è probabilmente precedente al 900 a.C. (S , V 2011, 158-159; V 2011, 1078). Per la sua fase iniziale (Initial Early Phrygian, YHSS 6B) è stata proposta, infatti, una datazione più alta (950-900 a.C.) (V 2005, 27; S 2009, 208, table 2; K ,G 2011, 429; R 2012, 2). 129   Prima dei risultati delle nuove analisi al radiocarbonio (2001), erano già emersi molti dubbi circa la ricostruzione della cronologia del sito, in conseguenza sia dei nuovi dati delle campagne di scavo portate avanti dal 1988 sotto la direzione di M.M. Voigt, sia del riesame di quelli delle precedenti indagini di R.S. Young. Così, era stata compiuta una consistente revisione, che poneva in risalto le incongruenze con la vecchia cronologia, anche se quest’ultima non veniva ancora completamente abbandonata (V ,H 2000; si veda, inoltre, la sintesi proposta in V ,D V 2011). Furono proprio queste incongruenze a suggerire di sottoporre ad analisi archeometriche nuovi campioni, che consentirono, infine, di proporre una datazione alla fine del IX secolo a.C. e di accantonare definitivamente la possibilità che le tracce di distruzione fossero da attribuire all’invasione dei Cimmeri.

130  V ,D V 2011, 33-38. Sulla fase medio-frigia del sito si veda V 2007. 131  S 1994, 196; K 1995, 192. 132   Per una sintesi sulla cronologia vecchia e nuova dei tumuli di Gordion: S ,V 2011, 164-166, figs. 7.9-10; S 2012, 57, table 5.1. 133  D V et alii 2003; K ,N ,L 2011, 90-94. 134   La cronologia del Tumulo MM è stata oggetto di numerosi ripensamenti. R.S. Young, che inizialmente l’aveva interpretato come la tomba di Mida, aveva poi giudicato improbabile che una simile opera fosse stata compiuta a ridosso dell’invasione dei Cimmeri e ancor di più subito dopo. In seguito, la sequenza dei tumuli proposta da K. DeVries sulla base dei manufatti aveva modificato la datazione di MM, collocandolo alla fine dell’VIII o agli inizi del VII secolo a.C., come ultimo tra quelli che precedevano la distruzione o immediatamente posteriore a questa, e attribuendolo nuovamente a Mida. Quest’ipotesi, pure largamente condivisa, non aveva ricevuto il consenso di tutti gli studiosi (per una breve sintesi: V ,D V 2011, 24-26).

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I. Bucci e F. Giusto

Questo lavoro ha portato l’équipe di Gordion a rivedere le ipotesi formulate in precedenza e, talora, a correggerle in modo sostanziale135. Proprio dallo studio dei manufatti ha preso le mosse la critica di O.W. Muscarella, il quale ha più volte espresso il suo dissenso, portando all’attenzione della comunità scientifica serie motivazioni contro la nuova cronologia, nella ferma convinzione della correttezza della vecchia interpretazione della sequenza di Gordion136. Dedicandosi all’analisi di diverse tipologie di reperti, tra i quali i finimenti per cavalli in ferro e in avorio, gli ortostati e la ceramica d’importazione, egli ha posto l’accento sui dati ricavabili dall’esame delle fibule e delle punte di freccia, secondo il suo giudizio particolarmente dirimenti per la datazione della distruzione della prima cittadella137. Muscarella ha così sottolineato a più riprese la necessità di un’attenta valutazione dei risultati delle analisi archeometriche, delle quali contesta da un lato l’affidabilità e dall’altro l’utilizzo come argomenti risolutivi a favore di un cambiamento tanto radicale, che a suo parere contraddice quanto deducibile dai manufatti138. Egli, infine, ha contestato lo scarso valore attribuito alle informazioni tramandate dagli storici antichi, ritenendo che esse, sebbene molto posteriori agli eventi narrati, non possano non essere tenute in considerazione139.

Fig. 2.17 - Brocca in bronzo dal Tumulo W di Gordion (Y 1960, pl. 56:8). Scala 1:3.

disposti in questa successione cronologica sulla base dei recenti studi editi, coprono un periodo che si estende dalla metà del IX secolo al 740 a.C. circa141. Presso l’altura della Cittadella sono stati ritrovati numerosi reperti in ceramica, emersi sia dai livelli precedenti la distruzione142, sia dai contesti appartenenti alla successiva fase medio-frigia143. È utile aggiungere che la maggior parte delle sidespouted sieve jugs si concentra nell’ultimo quarto del IX secolo a.C. nell’abitato (Destruction Level) e nel primo quarto dell’VIII secolo a.C. nei contesti necropolari (Tumuli K-III e P). A Gordion la diffusione

Brocche con versatoio laterale munito di filtro si trovano nei Tumuli W, X, K-III, P, e MM140, i quali,

K 1904, 55-64, Nr. 4-10, 16-21, Abb. 19- 23, 28-33, Taf. 2-4; A 1955, 10-14, Taf. 11-12, 14, 17a, 19-20, 23-25b; E 1983, 270-271, 274, A.701-704, A.711-713); Tumulo P (Y 1981, 40-41, TumP 73-78, pl. 20A-E,G-H); Tumulo MM (Y 1981, 113-114, TumMM 14-15, fig. 73, pl. 59DF; E 1983, 279, A.726; T ,Ö 1992,119-120, 208, nos. 98-99). Oltre agli esemplari menzionati, sono noti alcuni recipienti con versatoio laterale munito di filtro dai Tumuli K-III (K ,K 1904, 59, 64, Nr. 11, 22, Abb. 24, 34; A 1955, Taf. 17b, 23; E 1983, 74-75, A.713) e P (Y 1981, 40, TumP 72, pl. 19H-I), che si differenziano, tuttavia, per la presenza di un secondo filtro posizionato all’interno della bocca. 141   Tumulo W: 850 a.C. circa; Tumulo X: 840-830 a.C. circa; Tumulo K-III: 780 a.C. circa; Tumulo P: 770 a.C. circa; Tumulo MM: 740 a.C. circa (S ,V 2011, 166, fig. 7.10; S 2012, 57, table 5.1). 142   Alla fase antico-frigia appartengono i reperti rinvenuti nell’Early Phrygian Building V (S 1994, 211, nos. 128-129, pl. 94), oggi datato intorno alla metà del IX secolo a.C., nel livello di riempimento preparatorio alla costruzione degli edifici della Terrazza (S 1994, 227, no. 302, pl. 94), da collocarsi verosimilmente nel terzo quarto del IX secolo a.C., e nel livello architettonico interessato dalla distruzione, noto in letteratura come Destruction Level (S 1994, 275-277, nos. 816-835, pls. 94-98). Sulla cronologia delle fasi architettoniche menzionate si veda S ,V 2011. 143   M 1971, fig. 11; S 1977, 114; H 1994, 111, fig. 10.8a; S 1994, 303, nos. 1042-1047, pl. 99 (questi giacciono in stato molto frammentario); S 2012, 65, fig. 5.12. Purtroppo, non è possibile fornire un resoconto completo per i livelli successivi alla distruzione, mancando, a oggi, un volume dedicato allo studio della ceramica di questa fase del sito.

 D V 2005; D V 2007; S 2011.  M 2003; M 2005/2006, 395; M 2004[2008], 173-178; M 2012; M 2013, 601-619. 137   Le fibule, grazie alla loro ampia distribuzione all’interno del sito, sia nell’abitato, sia all’interno dei tumuli, e alle loro attestazioni in contesti esterni, costituiscono agli occhi dell’Autore un elemento di datazione altamente indicativo e per esse egli propone uno sviluppo e una diffusione a partire dall’VIII secolo a.C. Le punte di freccia trilobate, d’altro canto, delle quali una potrebbe provenire da un contesto di prima giacitura della Cittadella di età antico-frigia, più precisamente dal Destruction Level, rappresentano secondo O.W. Muscarella un chiaro indizio della distruzione alla fine dell’VIII o all’inizio del VII secolo a.C. Considerate tra gli elementi di influenza nomadica, esse sarebbero attestate, secondo lo Studioso, in Anatolia e nel Vicino Oriente a partire dalla fine dell’VIII secolo a.C. al più presto e sarebbero da collegare verosimilmente all’arrivo dei Cimmeri (M 2003, 229-237; M 2004[2008], 178; M 2012, 381-384; M 2013, 610-612, 615-617). 138   In particolare, lo Studioso nutre seri dubbi circa il valore delle datazioni ottenute con la dendrocronologia, dal momento che la maggioranza dei campioni non conserva gli anelli di accrescimento più esterni e che i materiali lignei potevano essere reimpiegati anche a distanza di molto tempo (M 2003, 227; M 2012, 385-386; M 2013, 603-610). 139  M 2005/2006, 395; M 2012, 380-381. 140   Tumulo W (Y 1981, 201-202, 212-213, TumW 5, 6163, pls. 88D-E, 92G-K, 93A-B; E 1983, 268, A.694; T , Ö 1992, 121, 209, no. 100); Tumulo X (K 1995, 104, TumX 2, fig. 42A, pl. 54B-E); Tumulo K-III (K , 135 136

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Aspetti morfologici, tecnici e funzionali

Fig. 2.18.a - Brocca da Gordion, Tipo 1 (S 1994, pl. 94, no. 816); b - brocca da Gordion, Tipo 2 (S brocca da Gordion, Tipo 3 (S 1994, pl. 96, no. 828). Scala 1:3.

di questa forma, sebbene quantitativamente meno rilevante144, si protrae a lungo, giacché si conoscono alcuni esemplari dall’area della Cittadella145 e dai tumuli146 databili alla piena e alla tarda fase mediofrigia. Da un primo esame dei materiali emerge con chiarezza come i corredi delle monumentali tombe a tumulo ospitino i vasi di maggiore pregio; infatti, al loro interno si trovano gli unici tre esempi in metallo integri conosciuti147 (Fig. 2.17), in bronzo, e recipienti in ceramica fine148. Dall’abitato provengono, invece, confronti esclusivamente ceramici, monocromi o dipinti, anch’essi perlopiù di fabbricazione fine149. La scarsa distribuzione di questa forma nell’area della Cittadella, accanto alla frequente deposizione all’interno di monumentali complessi funerari, ha

1994, pl. 95, no. 821); c -

suggerito di ipotizzare che a Gordion le side-spouted sieve jugs non fossero parte integrante della comune dotazione domestica e fossero, invece, oggetti probabilmente legati a un utilizzo cerimoniale o rituale150. I vasi, sia in ceramica sia in metallo, hanno un’altezza complessiva che varia da 10 a 20 cm circa e sono realizzati secondo un metodo comune: il versatoio, prodotto separatamente, viene posizionato sulla parete forata con un angolo di poco inferiore o uguale a 90° rispetto all’ansa. Nel volume The Early Phrygian Pottery, G.K. Sams propone una classificazione tipologica, suddividendo i recipienti in base alle proporzioni tra il collo e il corpo151. Nonostante questa classificazione sia precedente all’introduzione della nuova cronologia, si ritiene utile esporla brevemente per fornire un inquadramento delle forme analizzate. Il Tipo 1 ha corpo con morbida carena e collo alto e ampio nella parte sommitale152 (Fig. 2.18.a); il Tipo 2 presenta corpo globulare e collo corto o assente153 (Fig. 2.18.b); il Tipo 3, infine, possiede

  Questo è quanto sembra possibile dedurre sulla base dei materiali sinora pubblicati. 145  M 1971, fig. 11; S 1977, 114. La datazione al VI o V secolo a.C. attribuita da G.K. Sams nel 1977 a questo reperto, tuttavia, è probabilmente da arretrare sulla base della nuova revisione cronologica del sito. 146   Si fa riferimento ai materiali frammentari dai Tumuli S1 (K 1995, 119, TumS1 78, TumS1 Uncat., fig. 54H, pl. 69G) e K-II (K ,K 1904, 120, Nr. 43, Abb. 101), datati oggi rispettivamente alla fine dell’VIII secolo a.C. e a poco prima della metà del VI secolo a.C. (S ,V 2011, 166, fig. 7.10). La questione del luogo di rinvenimento di questi reperti è tuttavia particolarmente delicata, dal momento che essi provengono da contesti stratigrafici non affidabili (K 1995, 224). 147  Y 1981, 201-202, TumW 5, pl. 88D; 113-114, TumMM 14-15, fig. 73, pl. 59D-F. Altri frammenti in bronzo riconducibili a forme con versatoio munito di filtro sono stati rinvenuti in due tumuli di Ankara (K 1933, 15-16, no. 11a-c; Ö ,A 1947, 67, figs. 22, 52). Il loro cattivo stato di conservazione, tuttavia, non permette di delinearne tutte le caratteristiche morfologiche. 148   Si pensi, ad esempio, alle forme in ceramica nera polita rinvenute nei Tumuli P e K-III, alcune delle quali presentano elaborate decorazioni incise e a rilievo sulla superficie, o a quelle in Brown-on-Buff Ware provenienti dai Tumuli W e K-III. 149  S 1994, 67. Tra le classi ceramiche dipinte si riconoscono: Chevron-Triangle Style, Bichrome Painting on Clay Ground e Brown-on-Buff Ware. 144

150  Y 1981, 253: «The shape’s placement in quantity in wealthy tombs combined with its relative dearth in the city proper suggest that it was luxury item in early Phrygian times. This impression is upheld to some extent by the high concentration of the shape in Megaron 3 (seven examples), a buiding of the Palace Area whose contents bespeak a far greater opulence than do the more domestic service buildings.». Ancora nel 1994 G.K. Sams scriveva: «Unlike other standard shapes, the sieve jug was not widely distributed within the burned citadel (…) The sieve jug thus seems to have been a luxury item of limited circulation rather than an essential component in the daily domestic routine. This view is supported by the prominence of the shape in wealthy burials.» (S 1994, 67). Sull’argomento si veda il Paragrafo 2.3. 151  S 1994, 67-70, pls. 94-100. 152   Dall’abitato: S 1994, nos. 816-817, pl. 94; dai tumuli: Y 1981, TumW 62, pl. 92J-K; K 1995, TumX 2, fig. 42A, pl. 54B-E. 153   Dall’abitato: S 1994, nos. 128, 818-825, pls. 94-95; dai tumuli: K ,K 1904, Nr. 6-10, 16, 18-21, Abb. 21-23, 28, 30-33, Taf. 2-4; Y 1981, TumW 5, 61, 63, pls. 88D, 92G-I, 93A-B; Y 1981, TumP 73-78, pl. 20A-E, G-H. Benché non inseriti nella tipologia proposta da G.K. Sams, potrebbero essere

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I. Bucci e F. Giusto

Fig. 2.19 - Brocca dipinta dal Tumulo K-III di Gordion (K K 1904, Abb. 20). Scala 1:3.

,

Fig. 2.20 - Brocca dipinta dal Tumulo K-III di Gordion (A 1955, Taf. 17a). Scala 1:3.

corpo globulare e collo alto e stretto154 (Fig. 2.18.c). All’interno di questi raggruppamenti si registrano ulteriori varianti morfologiche, ad esempio nel Tipo 2, che accoglie anche manufatti con il collo un poco più alto, pertanto di forma intermedia tra i Tipi 1 e 2155, e nel Tipo 3 che comprende anche i più grandi esemplari noti, che in ragione delle loro dimensioni e proporzioni si discostano da quelli del medesimo gruppo156. Si osservano poi alcune variazioni secondarie che riguardano il profilo del corpo, la posizione dell’ansa, la forma del versatoio e del piede. Il punto di massima altezza dell’ansa, inoltre, supera frequentemente il livello del bordo, talora in modo significativo come in molti esemplari del Tipo

2, e solo raramente esso eguaglia l’orlo o lo sormonta di poco, come in alcuni recipienti del Tipo 3. Nonostante la relativa abbondanza di parallelismi dal sito offra interessanti suggestioni, si comprenderà, però, da quanto illustrato che solo pochi reperti presentano una stretta affinità morfologica con la brocca da Nimrud. I tre vasi in bronzo citati157, ad esempio, sebbene siano anch’essi di minute dimensioni158, si discostano sensibilmente dal nostro modello e solo W 5 dal Tumulo W, ricondotto da G.K. Sams a una delle varianti del Tipo 2159, possiede un versatoio di forma simile (Fig. 2.17). In generale, è possibile osservare che i confronti più convincenti sono riferibili al Tipo 3, che comprende recipienti perlopiù vicini per dimensioni (13-18 cm circa) e proporzioni all’esemplare studiato, benché alcuni mostrino evidenti differenze nella forma del versatoio o nella posizione dell’ansa (Fig. 2.18.c). Attribuibili allo stesso tipo sono alcuni recipienti appartenenti al corredo del Tumulo K-III (K-III 4, 5 e 17160), ora datato al 780 a.C. circa161. Dei tre esemplari due sono dipinti nello stile definito Chevron-Triangle Style (K-III 4, 5)162, mentre il terzo è in ceramica nera lucida (K-III 17). K-III 5 (Fig. 2.19) e K-III 17, la cui altezza complessiva corrisponde, rispettivamente, a 14 cm e a 12 cm, presentano un rapporto tra collo e corpo analogo alla brocca di Nimrud, ma entrambi possiedono un collo molto più svasato. In K-III 4 (Fig. 2.20), alto complessivamente 17 cm, il collo cilindrico è meno svasato degli esempi appena citati, ma ha dimensioni che lo sfavoriscono in relazione al corpo. In questi tre esempi il versatoio, tagliato a “U”

verosimilmente classificati come varianti del Tipo 2 anche alcuni esemplari provenienti da contesti databili alla fase medio-frigia (M 1971, fig. 11; S 1977, 114; H 1994, 111, fig. 10.8a; K 1995, 137, pl. 69G; S 2012, 65, fig. 5.12). Le brocche con filtro riconducibili al Tipo 2 costituiscono la categoria più rappresentata tra gli esempi di questa forma nei Tumuli K-III e P. Esse trovano una generica corrispondenza con i materiali rinvenuti nell’area della Cittadella. Le differenze, sia a livello morfologico sia decorativo, riscontrabili soprattutto nei recipienti in ceramica nera polita, erano state spiegate da G.K. Sams ipotizzando una produzione destinata ai corredi funerari (S 1994, 70). Oggi quest’interpretazione è probabilmente da sfumare, dal momento che la nuova datazione del sito permette di confrontare i dati dei Tumuli K-III e P con quelli della fase medio-frigia dell’abitato, i quali offrono suggestivi confronti (si veda, in particolare, il caso della ceramica nera polita: D V 2005, 42; S 2011, 70-71; S 2012, 60). 154   Dall’abitato: S 1994, nos. 826-834, pls. 96-98; dal Tumulo K-III: K ,K 1904, Nr. 4-5, 17, Abb. 19-20, 29. Il Tumulo K-III sembra essere l’unico a restituire manufatti riconducibili a questo tipo (S 1994, 70). 155   Dall’abitato: S 1994, nos. 818-820, pl. 94; dai tumuli: K ,K 1904, Nr. 6, 16, Abb. 28, Taf. 2, 4; Y 1981, TumW 5, pl. 88D. 156   S 1994, nos. 832-833, pls. 97-98. Il primo (no. 832) presenta una conformazione “a bottiglia”, con collo alto e molto stretto, mentre il secondo (no. 833) possiede un corpo molto ampio ed espanso presso il punto di diametro massimo e un collo corto e svasato.

 Y 1981, 201-202, TumW 5, pl. 88D; 113-114, TumMM 14-15, fig. 73, pl. 59D-F. 158   La loro altezza complessiva (ansa compresa) corrisponde a 15,7 cm (TumW 5), 13,7 cm (TumMM 14) e 15,4 cm (TumMM 15). 159  S 1994, 69. 160  K ,K 1904, 55-56, 62, Nr. 4-5, 17, Abb. 19-20, 29. 161  S 2012, 57, table 5.1. 162  S 1994, 157-158. 157

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Aspetti morfologici, tecnici e funzionali

nella parte superiore, supera in lunghezza l’altezza del collo, in K-III 17 in modo molto significativo. Un ulteriore elemento di somiglianza è offerto da K-III 4, che, come nel vaso in oro da Nimrud, mostra un’ansa bipartita. Nessuno dei tre esemplari sembra, invece, presentare una base a disco e in tutti l’ansa supera il livello del bordo. Infine, sarà utile ricordare che per il Tipo 3, il più rappresentato negli edifici facenti parte del Destruction Level, G.K. Sams individua forti punti di contatto con le forme provenienti dalla Palestina e dal Levante e ipotizza un’origine dalla Siria settentrionale163. Dai tumuli frigi di Ankara provengono alcuni esempi di brocche con filtro. Due recipienti realizzati in bronzo sono stati rinvenuti rispettivamente nel tumulo presso l’Atatürk Orman Çiftliği164 e nel Tumulo I presso la collina del Mausoleo di Atatürk165. Entrambi sono in stato fortemente frammentario e molto poco può essere ricostruito della loro morfologia completa166. Dalla forma e dalle dimensioni del versatoio167, tuttavia, sembra possibile escludere che essi costituiscano confronti puntuali. Così questi oggetti, come quelli dai Tumuli W e MM di Gordion, pur rappresentando alcune delle rare attestazioni in metallo di questa forma, non aderiscono perfettamente al modello della brocca in oro studiata. Altri due esemplari in ceramica nera lucida provengono dal cosiddetto “Great Tumulus” scavato dalla Middle East Technical University168.

Fig. 2.21 - Brocca dipinta da Büyükkaya, Boğazköy (G Taf. 62:11). Scala 1:3.

2004,

A Boğazköy, l’antica capitale ittita, sono state ritrovate numerose brocche in ceramica riconducibili alla forma con versatoio laterale munito di filtro. Un esemplare dalla superficie dipinta proviene dalla collina di Büyükkaya169, dove gli scavi hanno portato alla luce importanti testimonianze relative alla continuità insediativa nel sito tra il Tardo Bronzo e l’età del Ferro170. Questo reperto (Fig. 2.21), anche se in stato frammentario (h. residua 16 cm circa), rappresenta un confronto abbastanza puntuale per la piccola brocca da Nimrud. Sebbene abbia dimensioni superiori, lascia desumere, infatti, simili proporzioni tra collo e corpo. Classificato da H. Genz tra i materiali della media età del Ferro attribuibili alla fase più antica, denominata “Büyükkaya”, è databile al IX secolo a.C.171. La maggioranza delle brocche, invece, è stata rinvenuta sull’acropoli (Büyükkale) e, nonostante molte provengano da contesti stratigrafici incerti172, esse sembrano potersi attribuire a una fase avanzata dell’età del Ferro (Büyükkale I), databile ai secoli VII e VI a.C.173. Questi vasi sono caratterizzati da un

 S 1994, 68-69. L’Autore sottolinea l’affinità morfologica con gli esemplari provenienti dalla Necropoli di Yunus a Karkemish, trattati nel sottoparagrafo precedente. La possibilità di un’influenza dall’area siro-palestinese per questa forma a Gordion era stata ipotizzata in precedenza dallo stesso Studioso (S 1988, 11). Nel corso della storia degli studi su Gordion, inoltre, G.K. Sams ha affrontato in numerosi contributi l’argomento dei contatti con la Siria settentrionale, prendendo in considerazione diverse classi di materiali, tra le quali la ceramica (con particolare riferimento alle classi ceramiche dipinte: S 1971, 331-335; S 1974, 181-191; S 1978; S 1994, 135-136, 165-173), gli ortostati (S 1989; S 2011, 60), il vasellame in bronzo e gli avori (S 1979, 45-46; S 1993, 550, 552-553; S 2011, 61-62). 164  K 1933, 15-16, no. 11a-c. 165  Ö ,A 1947, 67, figs. 22, 52. 166   Nel caso del reperto proveniente dal Tumulo I della collina del Mausoleo, la ricostruzione della forma vede l’ansa in posizione opposta al versatoio (Ö ,A 1947, fig. 52). 167   Nel primo caso esso sembra essere estremamente lungo in relazione alla porzione di parete conservata, completamente aperto superiormente e molto svasato all’estremità (K 1933, no. 11a-c); nel secondo, esso è del tutto aperto e presenta all’esterno una decorazione a scanalature disposte nel senso della lunghezza (Ö ,A 1947, figs. 22, 52). 168  Y 1981, 251; S 1994, 67. La sepoltura, la n. 9 nella topografia di R.C. Thomson, fu indagata dagli studiosi della Middle East Technical University (METU), che la rinominarono in questo modo a causa delle sue straordinarie dimensioni. Essa 163

è, infatti, la più imponente della necropoli frigia del sito. Per una breve sintesi sui tumuli di Ankara, sulla loro cronologia e sui reperti rinvenuti: T 2007; http://tacdam.metu.edu.tr/ phrygian-necropolis (ultimo accesso 04-03-16). In entrambe le fonti, tuttavia, non sembra essere tenuta in considerazione la nuova cronologia di Gordion e i sincronismi, segnatamente quelli con il Tumulo MM, riportano le vecchie datazioni. 169  G 2004, 29, 75, Taf. 62:11. 170  G 2003; G 2005; S 2009, 657-660; K , G 2011, 419, 424-426. 171   La suddivisione della media età del Ferro in due fasi, “Büyükkaya” e “Büyükkale II”, proposta da H. Genz (G 2004, 29-30), è fondata sull’analisi dei reperti ceramici più che sull’evidenza stratigrafica. La datazione della fase “Büyükkaya” al IX secolo a.C (G 2004, 9, 34, Tabelle 1, 6; K et alii 2009, 280, table 1) è ricostruita sulla base di analisi al radiocarbonio (G 2004, 15; G 2011, 335). 172  B 2000, 75, 79-80, Nr. 410-414, 419-421, 423, 425, 427, 430, 433, Taf. 43-44, 117-118. 173   B 2000, 75-76, 79-80, Nr. 415-418, 422, 424, 426, 428-429, 431-432, 434-437, Taf. 43-44, 117-118. Gli esemplari

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I. Bucci e F. Giusto

Fig. 2.22 - Brocca in ceramica nera polita da Büyükkale, Boğazköy, Tipo B (B 2000, Taf. 44, Nr. 434). Scala 1:3.

Fig. 2.23 - Brocca in ceramica rossa polita da Büyükkale, Boğazköy, Tipo C (B 2000, Taf. 43, Nr. 418). Scala 1:3.

bordo con ampio diametro, da un collo corto, assente in alcuni casi, da un corpo quasi sferico e da un’ansa larga e piatta che oltrepassa significativamente il bordo. E.-M. Bossert distingue poi due tipi sulla base della forma del bordo: in un caso semplice (Tipo B; Fig. 2.22), nell’altro estroflesso e caratterizzato da un incavo che secondo la Studiosa potrebbe essere destinato all’alloggiamento di un coperchio174 (Tipo C; Fig. 2.23). L’altezza dei vasi, molti dei quali sono stati ritrovati in stato frammentario, varia da 7,5 a 19 cm circa. I recipienti presentano frequentemente una superficie monocroma polita, il cui colore può variare dal grigio al nero e dal marrone al rosso, mentre è rara una decorazione dipinta. La decorazione più comune consiste in scanalature orizzontali posizionate sul corpo del vaso, forse ispirata a modelli in metallo175. Per le loro peculiarità morfologiche, è possibile accostare questi reperti, in particolare il Tipo B, a quelli di Gordion riferibili al Tipo 2 della classificazione di G.K. Sams. Inoltre, la decorazione e la forma del bordo di alcuni esemplari del Tipo C, cui viene attribuita la maggioranza delle forme, ricordano quelle di alcuni recipienti di età mediofrigia da Gordion176. Da quanto delineato sinora e

dalle immagini che seguono, si comprenderà, però, la necessità di escludere questi vasi dalla rosa dei confronti più stringenti. Ad Alişar Höyük, gli scavi degli anni ‘30 del secolo scorso dell’Oriental Institute dell’Università di Chicago portarono alla luce alcune brocche in ceramica con versatoio laterale munito di filtro177, tra le quali si individuano confronti interessanti per l’oggetto di questo studio. Esse si presentano in diverse varianti morfologiche, assimilabili ai Tipi 2 e 3 descritti da G.K. Sams per Gordion178. Rinvenuti nei contesti della Cittadella e della Terrazza, questi reperti si trovano distribuiti all’interno di diverse fasi di vita del sito, inquadrabili cronologicamente nel periodo compreso tra il collasso dell’Impero ittita e il VII secolo a.C. circa179. Tra i rinvenimenti, due attirano particolarmente l’attenzione (e 2249, d 514)180: alti rispettivamente 13,2 e 12,1 cm, mostrano corpo globulare leggermente carenato, collo cilindrico svasato verso il bordo e ansa che supera di poco la bocca del vaso; queste caratteristiche li avvicinano sensibilmente al vaso da Nimrud, come e del Nr. 426 (Taf. 118) con S 2012, 65, fig. 5.12 (si veda anche M 1971, fig. 11). Sebbene ugualmente di età medio-frigia secondo la nuova cronologia, i materiali dei corredi dei Tumuli K-III e P non sembrano offrire confronti altrettanto puntuali per il Tipo C, ma solo per il Tipo B, assai meno attestato tra i vasi presi in considerazione da E.-M. Bossert. 177  V O 1937, 361, 387-388, c 2743, d 482, d 514, e 284, e 2249, figs. 414-415, pl. VIII; fig. 443:1, 3 (frammenti di versatoi con filtro); A 1955, 8-14, e 284, e 2249, d 514, c 2743, Abb. 16, 19-21, Taf. 8c, 10. 178  S 1994, 68. Al Tipo 2 potrebbe essere ricondotto: O 1937, e 284, fig. 415; mentre al Tipo 3: O 1937, c 2743, d 514, d 482, e 2249, figs. 414-415. 179  V O 1937, 287-289, 339, 459, fig. 513. 180  V O 1937, e 2249 (in M-N 11, Level 4cM), 388, fig. 415; d 514 (in T30), 387, fig. 414. Il secondo esemplare proviene dall’area della Terrazza, ma accanto al settore dell’area di scavo (T30) e alla profondità del rinvenimento (1,80-2,35 m), non viene indicato il livello cui appartiene.

appartengono alla fase BK I, ad eccezione di uno (431) rinvenuto al di sotto di BK I. Per la datazione di questa fase del sito si veda B 2000, 168, Abb. 43; G 2004, 9, Tabelle 1; K et alii 2009, 280, table 1. 174  B 2000, 80, Nr. 430, 432-437, Taf. 44, 117-118 (Tipo B), Nr. 413-419, 421-429, Taf. 43-44, 117-118 (Tipo C). Il Tipo C è visto come variante più tarda del Tipo B, quest’ultimo ampiamente attestato a Gordion. La classificazione di E.-M. Bossert è dedicata alla forma della Siebkanne: essa, pertanto, prende in considerazione anche i rinvenimenti provenienti da altri contesti (B 2000, 79-81). 175  B 2000, 80. Per citare alcuni esempi: Nr. 413, 417, 418, 419, 421, 422, 434, Taf. 43-44 176   Si noti, ad esempio, la somiglianza del Nr. 417 pubblicato da E.-M. Bosssert (B 2000, Taf. 43) con S 1977, 114,

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Aspetti morfologici, tecnici e funzionali

Fig. 2.24 - Brocca dipinta da Alişar Höyük (A 19). Scala 1:3.

1955, Abb.

Fig. 2.25 - Brocca dipinta da Alişar Höyük (A 20). Scala 1:3.

R.M. Boehmer aveva già avuto modo di notare181. Essi, inoltre, mostrano una decorazione geometrica dipinta che lascia libera la parte inferiore del corpo (Figg. 2.24-2.25). La datazione di questi vasi non è priva di difficoltà, a causa della mancanza ad oggi di datazioni assolute per il sito e della scarsa affidabilità della sequenza ricostruita sulla base delle indagini degli anni ‘30182, che hanno dato luogo a diverse interpretazioni cronologiche. Diversamente da quanto avveniva nella pubblicazione dei dati di scavo183 questi due esemplari da Alişar, simili tra loro, sono stati attribuiti da E. Akurgal nel 1955 alla prima fase del cosiddetto “Stile frigio maturo” (Reifphrygischer Stil - Erste Phase), databile dall’ultimo quarto dell’VIII secolo a.C. al primo quarto del VII secolo a.C. circa184. Allo stesso stile erano ricondotti anche i recipienti in ceramica

1955, Abb.

dipinta del Tumulo K-III di Gordion, per il quale oggi si ritiene valida una datazione al 780 a.C. circa185. Sebbene alcuni di essi, in particolare K-III 4, mostrino una straordinaria affinità morfologica e decorativa con le due piccole brocche da Alişar, la classificazione del 1955 può difficilmente essere mantenuta, dal momento che essa fu proposta in un momento in cui poco era noto della cultura materiale dei Frigi e le ricerche presso il sito di Gordion erano ancora a uno stadio iniziale186. In pubblicazioni più recenti, i nuovi sincronismi proposti tra i materiali ceramici provenienti da diversi siti dell’Anatolia centrale, tra cui Gordion, Boğazköy e Kaman-Kalehöyük, hanno inquadrato inizialmente la sequenza stratigrafica di Alişar IV (dalla fase più antica alla più tarda: 4cM, 4bM, 4aM) nell’arco tra l’VIII e la prima metà del VII secolo a.C. circa187. Sulla base di questi sincronismi e della nuova cronologia di Gordion, è stata poi proposta anche per quelli di Alişar una cronologia più alta, a partire dalla prima metà del IX secolo a.C.188. Questa datazione sembra suffragata dalla diffusione del cosiddetto stile “Alişar IV” nella ceramica dipinta, dal momento che nell’Early Phrygian Building V di Gordion, per il quale oggi viene indicata una datazione intorno alla metà del IX secolo a.C.189, sono stati rinvenuti frammenti di recipienti riferibili a questo stile190. Il

 B 2001, 57.   «Unfortunately, the lack of absolute dating, as well as the character of the 1930s excavation and recording strategies, make any detailed interpretation of Alişar Iron Age sequence extremely difficult.» (K , G 2011, 427). L’inaffidabilità dell’interpretazione stratigrafica dei dati di scavo era già stata posta in evidenza da M.J. Mellink nella sua recensione al volume Phrygische Kunst di E. Akurgal (M 1957, 393-394). Un passo in avanti per porre rimedio a questa lacuna, riferibile in realtà non solo all’età del Ferro ma anche ai periodi precedenti, fu compiuto nel 1993, quando riprese l’attività d’indagine archeologica presso il sito di Alişar e nei suoi dintorni (G 1994). Il progetto, tuttavia, dovette subire una correzione di rotta già a partire dalla seconda campagna (1994) a causa dei lavori della diga di Gelingüllü e, pur proseguendo l’attività di survey, le operazioni di scavo furono concentrate nel vicino sito di Çadır Höyük (G et alii 1995). Per una prima pubblicazione dei materiali ceramici dell’età del Ferro di Çadır Höyük, si veda G 2001; per una trattazione generale dei livelli riferibili allo stesso periodo: R 2010. 183   e 2249 (Fig. 2.24) proviene da 4cM, il livello più antico della sequenza Post-Hittite-Phrygian di Alişar, che veniva datato ai primi secoli dell’età del Ferro (XI-IX a.C.) ( O 1937, 339, 459, fig. 513). Non si comprende, invece, dalla pubblicazione originaria, quale fosse precisamente la datazione di d 514 (Fig. 2.25), anche se la forte somiglianza con e 2249 potrebbe suggerire una contemporaneità. 184  A 1955, 10-14, 129. 181 182

 S 2012, 57, table 5.1.   È utile ricordare che le indagini estensive dell’University of Pennsylvania Museum sotto la direzione di R.S. Young iniziarono nel 1950. 187  B 2000, 168, Abb. 43; G 2004, 34, Tabelle 6. 188  M 2005, 557-561, Abb. 6.3-1; S 2008, 204205, 209-210, table 1, 3, 4. 189  S ,V 2011, 159. 190  S 1994, 163-164; S 2011, 72-73; S 2012, 61-63. In generale lo stile Alişar IV, testimoniato nella stessa Alişar a partire dal Livello 4cM (S 1994, 163), è inserito tra le classi ceramiche diffuse nella media età del Ferro (900-550 a.C.) (K ,G 2011, 421), sebbene i suoi limiti cronologici non siano chiaramente identificabili (S 2009, 660661). L’attestazione della sua diffusione a Gordion in contesti precedenti la distruzione della città permette ora di collocare con sicurezza l’inizio di questa produzione ceramica nel IX secolo a.C. 185 186

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I. Bucci e F. Giusto

sincronismo più rilevante ai fini del nostro studio è relativo al Livello 4cM, dal quale proviene uno dei due esemplari citati (e 2249, Fig. 2.24), la cui durata potrebbe coincidere in parte con quella della fase antico-frigia di Gordion (YHSS 6) ed estendersi, pertanto, nel IX secolo a.C.191. La somiglianza con la brocca K-III 4 dal Tumulo K-III e in generale con quelle del Tipo 3 provenienti da Gordion e citate poco sopra sembra tuttavia confermata dal fatto che anche per questi esemplari di Alişar viene ipotizzata un’origine levantina. Secondo E.-M. Bossert, infatti, questo tipo di brocche con filtro, da lei denominato Tipo A, non ha alcun precursore in area anatolica: la sua origine deve essere fatta risalire a quelle forme che, attestate a Rodi e a Cipro già in età tardo-micenea, si rinvengono a Cipro durante l’antica e media età del Ferro e sono diffuse contemporaneamente nell’area del Levante (Israele e Siria). Secondo l’Autrice, inoltre, la sua diffusione verso nord sarebbe testimoniata proprio dai rinvenimenti di Karkemish e di Alişar192. Brocche con filtro sono state rinvenute anche tra i materiali ceramici di Kaman-Kalehöyük, la maggioranza delle quali, però, in stato frammentario193. Sulla base di quanto conservato si può solo affermare che esse sembrano riconducibili a una tipologia con collo corto o assente. Esse sono in generale poco attestate all’interno delle diverse fasi dell’età del Ferro (Stratum II) e si diffondono a partire dal IX secolo a.C.194. All’interno del panorama ceramico del sito costituiscono, inoltre, una delle forme realizzate in Black Lustrous Ware195. Da Kültepe, a sud del corso del fiume Kızılırmak, provengono due esemplari di brocchette con filtro in ceramica dipinta, entrambe frammentarie196. Mentre quella meno conservata (h. residua 9 cm

Fig. 2.26 - Brocca dipinta da Kültepe (Ö Scala 1:3.

1971, pl. XVII:1).

circa) sembra allontanarsi sensibilmente dal nostro modello, presentando collo molto corto e versatoio lungo rispetto al corpo, l’altra brocca (h. 18,9 cm) è più vicina per proporzioni a quella da Nimrud e possiede corpo globulare, basso collo cilindrico e bordo estroflesso (Fig. 2.26). Rispetto al vaso oggetto di studio, tuttavia, il collo di quest’esemplare risulta poco sviluppato in relazione al corpo e l’assenza dell’ansa e di gran parte del versatoio non permette di valutare la presenza di ulteriori elementi di confronto. Questi reperti sono stati rinvenuti nell’ultimo livello architettonico riconducibile all’età del Ferro, al di sotto dei livelli ellenistici e romani, databile tra la fine del VII e la prima metà del VI secolo a.C197. Sulla base dei materiali pubblicati, le attestazioni di questa morfologia al di fuori dell’Anatolia centrale sembrano essere molto esigue ed esclusivamente di datazione tarda. Un esempio è incluso tra i rinvenimenti da Tarsus (Cilicia) dell’età del Ferro198. Fabbricato in Red Slip Ware e alto complessivamente 12,3 cm199, mostra corpo globulare, bordo che poggia direttamente sul corpo del vaso, versatoio cilindrico ampio e lungo, aperto superiormente, e ansa che supera di poco l’altezza dell’orlo (Fig. 2.27). A causa dell’ampio versatoio, la forma viene classificata come chiaramente anatolica e per essa vengono proposti alcuni paralleli con Alişar, Boğazköy, Gordion e Sardis200. In particolare, essa

191   I sincronismi proposti sembrano collegarla prevalentemente alla fase più antica del periodo Early Phrygian di Gordion (YHSS 6B) (M 2005, 561, Abb. 6.3-1; M 2008, 182, fig. 17). Poiché l’inizio di questa è probabilmente precedente al 900 a.C. (nota 129), non è da escludere una simile datazione anche per quello della fase 4cM. 192  B 2000, 79-80, Abb. 23l-m. 193   M 2005, Taf. 186-187, KL87-3866, KL88-1763 (Chronoeinheit IIa6-IIc1, VIII-VII secolo a.C. circa), Taf. 223, KL87-14, KL87-1766 (Chronoeinheit IIa3-5, VI-IV secolo a.C. circa), Taf. 242, KL87-4027, KL87-4028 (Chronoeinheit IIa1-2, 300-100 a.C. circa). Nella maggioranza dei casi non è possibile stabilire se possiedano l’ansa e come questa sia posizionata rispetto al versatoio. KL86-191 (Taf. 283) è relativamente ben conservato ma proviene da un contesto non stratificato. 194  M 2005, 302, 561, Abb. 6.3-1. 195   M 2005, 345-346; M 2008, 178-179, fig. 8. In relazione a questa classe ceramica è interessante ricordare che, poiché la tecnica di cottura in atmosfera riducente è predominante nella ceramica frigia, l’incremento di ceramiche realizzate con questo metodo nella fase IIa6-IIc1, che corrisponde grossomodo alla fase medio-frigia di Gordion (YHSS 5), viene considerato un indizio dell’influenza frigia in questo periodo. 196  Ö 1971, 86, 128, pl. XVII:1-2.

 Ö 1971, 79. L’Autore non inserisce, purtroppo, ulteriori commenti e non propone confronti puntuali; egli semplicemente si limita a segnalare la diffusione della forma anche in altri siti dell’Anatolia centrale durante l’età del Ferro (Ö 1971, 86). 198  G 1963, 149, 267, no. 1242, pls. 88, 138. La sezione dedicata ai reperti ceramici è curata da G.M.A. Hanfmann. 199   La misura dell’altezza complessiva del reperto è stata ricavata dal disegno (G 1963, pl. 138). 200   G 1963, 149, 267. Oltre ai siti menzionati viene proposto tra i confronti anche un frammento in ceramica Blackon-Red da Mancarlı Höyük che conserva un versatoio dotato di filtro ed è riferibile a una forma con versatoio laterale (M 197

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Aspetti morfologici, tecnici e funzionali

Fig. 2.27 - Brocca in Red Slip Ware da Tarsus (G fig. 138, no. 1242). Scala 1:3.

1963,

Fig. 2.28 - Brocca in ceramica “marmorizzata” da Sardis (R 1953, pl. 32b). Scala 1:3.

presenta una forte somiglianza nelle proporzioni del corpo e nella forma del versatoio con un esemplare da Sardis. Il vaso da Tarsus è datato alla prima metà del VI secolo a.C.201 e sembra appartenere alla categoria delle piccole brocche con filtro con collo corto o assente e versatoio spesso significativamente lungo rispetto al corpo, già presente a Gordion nel IX secolo a.C. (Tipo 2 di G.K. Sams e Tipo B di E.-M. Bossert) e attestata durante l’età del Ferro in Anatolia e in Siria. Proprio per le sue caratteristiche, però, questo tipo si discosta sensibilmente dalla brocca in oro da Nimrud. Come anticipato, simile al vaso da Tarsus è uno da Sardis (h. 16,4 cm), che rappresenta l’unico esemplare integro proveniente dal sito202. La sua superficie è dipinta in modo da suggerire un aspetto “marmorizzato” (Fig. 2.28)203. È evidente, come nell’esemplare da Tarsus, la distanza formale di questo reperto dalla piccola brocca analizzata. Il vaso da Sardis, la cui datazione si colloca nel terzo quarto del VI secolo a.C.204, viene interpretato, insieme agli altri frammenti di brocche con versatoio dotato di filtro, come testimonianza di una produzione lidia ispirata a modelli frigi205. Le attestazioni di questa forma a Sardis, non molto frequenti, sono riferibili a contesti di VI secolo a.C. e la loro differenza rispetto ai modelli originari è talora evidente nell’introduzione di elementi locali, come il trattamento della superficie e l’alto piede conico dell’esemplare integro citato.

Gli ultimi reperti esaminati, provenienti dalla Cilicia e dalla Lidia, oltre a non costituire paralleli morfologici puntuali, si discostano ulteriormente dall’oggetto studiato dal punto di vista cronologico, dal momento che per entrambi è proposta una datazione al VI secolo a.C. Area egea Il tipo formale della strainer-spouted jug è presente anche all’interno dell’area del Mediterraneo e in particolare nell’area egea. La forma si configura come una novità del repertorio ceramico egeo della fine della tarda età del Bronzo206. Numerosi esempi di strainer-spouted jug sono documentati nel Tardo Elladico IIIB (1300-1190 a.C.)207 e soprattutto nel Tardo Elladico IIIC (1190-1050 a.C.)208 all’interno della classe ceramica di tradizione micenea Mycenaean IIIC Ware209 e, a Cipro e nel Levante, anche nella sua variante locale, la cosiddetta Mycenaean IIIC:1b Ware210. Questo tipo formale  K 1989, 158.  M 1986, table 1. 208   Tardo Elladico IIIC:1a (1190/85-1170/65), Tardo Elladico IIIC:1b (1170/65-1100 a.C.), Tardo Elladico IIIC:1c (1100-1075 a.C.), Tardo Elladico IIIC:2 o “submiceneo” (1075-1050 a.C.) (I 1979). 209   All’interno del repertorio vascolare miceneo questa forma è conosciuta in letteratura anche come FS 155 secondo la classificazione di A. Furumark (L 1994, 44). Per una trattazione generale delle strainer-spouted jugs di produzione o ispirazione micenea si è fatto riferimento principalmente a: L 1981, 282, 284; D 1982, 154-155; L 1994, 44. 210   A Cipro l’uso del termine Mycenaean IIIC per denotare quei prodotti di importazione, distinti rispetto alla produzione locale di ispirazione micenea (Mycenaean IIIC:1b) e a quella di ispirazione locale, denota alcuni problemi, costituiti dalla difficoltà nel distinguere in alcuni casi la ceramica rinvenuta. Oggi si preferisce usare termini più generali quali White Painted Wheelmade III o Painted Wheelmade (S 1991, 186-187; K 2000, 292, nota 3). Sulla definizione di Mycenaean IIIC:1b 206 207

1955, 119, 134, pl. 7:95). Il frammento fa parte dei materiali ceramici dell’età del Ferro raccolti durante una ricognizione condotta negli anni 1951-52 in Anatolia meridionale e sudoccidentale (M 1954). 201  G 1963, 149. 202  G G -D 2014, 225-226, 235-236, no. 1, fig. 1. Di altri vasi con filtro rimangono solo frammenti (225-226, 236, nos. 2-5, figs. 2-4). 203  C 1921, 114-117, fig. 2; R 1953, 192, pl. 32b. 204  G G -D 2014, 225. 205   C 1921, 116-117; M 1971, 60; B 2001, 139; G G -D 2014, 224-227.

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I. Bucci e F. Giusto

compare in diversi esempi a Rodi211, nelle isole del Dodecaneso212 e in Grecia213, oltre che a Cipro214 e sulla costa siro-palestinese. A. Furumark ha proposto che l’ispirazione per questo tipo di forma fosse da ricercare nel Levante215, tuttavia ora la maggior parte degli studiosi tende a identificare l’area egea, e Rodi in particolare, come luogo di origine216. La forma presenta generalmente un collo stretto, più o meno alto, che tende ad allargarsi in corrispondenza della bocca del vaso e un largo corpo globulare. La base è ad anello, mentre il versatoio, piuttosto corto, è largo e privo della parte superiore. L’ansa va dalla spalla all’orlo. In genere le proporzioni tra le diverse parti del vaso sono equilibrate. Le dimensioni di questa forma ceramica sono piuttosto grandi rispetto alla brocca da Nimrud, con un’altezza complessiva compresa tra i 20 e i 30 cm217 (Fig. 2.29). Su alcuni vasi è presente come motivo decorativo un serpente, dipinto o applicato in modo plastico: l’animale corre lungo la spalla del vaso per tuffare la testa all’interno del versatoio218. Questo motivo è probabilmente da interpretare in relazione ad un utilizzo cultuale di tali brocche219. Esempi di questa forma sono stati rinvenuti sia in contesti necropolari che abitativi. Come già accennato, a Cipro la forma è presente anche in esempi prodotti localmente di ispirazione

Fig. 2.29 - Brocca in Mycenaean IIIC Ware da Perati con motivo decorativo serpentiforme (M 1986, fig. 214). Scala 1:3.

egea, in particolare nella ceramica definita Mycenaean IIIC:1b220. L’uso di questa definizione nell’archeologia cipriota, dove il termine denotava quella classe ceramica ispirata alla tradizione formale e decorativa micenea prodotta localmente a Cipro nel Tardo Cipriota III (1200-1050 a.C.), distinta rispetto alla contemporanea Decorated Late Cypriote Ware221, è stato tuttavia abbandonato222, a favore della definizione più ampia (e multicomprensiva) di White Painted Wheel-Made III Ware223. B. Kling distingue gli esempi di strainer-spouted jugs della fine della tarda età del Bronzo a Cipro in due tipi formali224: quelli con corpo globulare simili agli esempi egei, rinvenuti principalmente a Sinda, Enkomi, Kition e Kouklia225, e quelli caratterizzati

Ware per le aree del Levante e di Cipro si vedano: L 1994, 9-10; K 1998, 162-163; K 2000, 234; D ,Z 2004, 2-3; S 2009, 493. Il fatto che sia a Cipro che nel Levante venga prodotta in questo periodo ceramica definita Mycenaean IIIC:1b è stato messo in relazione con la migrazione e l’insediamento in entrambi i paesi di gruppi etnici (i “popoli del mare”) appartenenti ad una comune origine egea (M 1985a, 104-106; I 1998, 334-337; I 2008, 627). Per una sintesi critica circa la ceramica di ispirazione egea e il rapporto con i fenomeni di migrazione tra la fine del Tardo Bronzo e l’inizio dell’età del Ferro si veda inoltre S 2013. 211   M 1982, 39-40; M 2013b, 576, figs. 2.4, 10.1. 212  L 1981, 284. 213  M 1986, 167, fig. 214; B 2001, 113-114. 214  K 1985, 353; D 1989, 30-31; K 1989, 153154, 158; K 2000, 282; B 2001, 116-118; per un elenco di esempi di strainer-spouted jugs da Cipro ascrivibili a questo periodo si veda anche B , 2001, 118, 120-121, Nr. 1-12. 215  F 1944, 236, Tipo G; K 1989, 158. 216  L 1981, 182, 184; D 1982, 154-155; D 1989, 30-31; K 1989, 158; A 1990, 38; K 2000, 240; B 2001, 116-117; D , Z 2004, 24. 217   Per i confronti formali sono stati presi in considerazione: F 1944, 134, 236, fig. 10:16G; L 1981, 282, 285, fig. 2a, c; D 1982, fig. 31, pls. 63-67; M 1982, pl. 34:1-2; M 1986, 167, fig. 214; K 1989, 153-158; H 1991, 173-178, figs. 17.1-2, 17.4-5. 218   Ad esempio una brocca da Perati (M 1986, 167, fig. 214). 219   Per una trattazione più particolareggiata su questi vasi si rimanda al Paragrafo 2.3.

220   La presenza di questo tipo di forma si data secondo la cronologia cipriota tra l’inizio del Tardo Cipriota IIIA e l’inizio del Tardo Cipriota IIIB (K 1989, 158), ma il tipo formale di seguito descritto sembra essere prevalente soprattutto del Tardo Cipriota IIIA (D 1989, 31). Il Tardo Cipriota III, diviso in Tardo Cipriota IIIA (1200-1125/1000 a.C.) e Tardo Cipriota IIIB (1125/ 1000-1050 a.C.) (I 2008, table 1), copre l’arco cronologico corrispondente all’incirca al Tardo Elladico IIIC (K 1989, 91; I 2008, 629). Più in generale la ceramica Mycenaean IIIC e la Mycenaean IIIC:1b a Cipro coprono l’arco cronologico situato tra la fine del Tardo Cipriota IIB e il Tardo Cipriota IIIA (1250-1125 a.C) (K 2000, 286). Sul problema della distinzione tra Tardo Cipriota IIB e Tardo Cipriota IIIA si veda tra i più recenti studi: K 2000, 286-291. 221  K 1991, 181. 222  S 2009, 493. 223  K 1991, 183; S 1991, 186-187; I 1998, 334; K 2000, 281-282. Per gli esempi di strainer-spouted jug classificati sotto quest’ultima definizione e considerati nel presente lavoro si vedano: H 1991, 173-178, figs. 17.1-2, 17.4, 17.5; K 2000, 282, 286. 224  K 1989, 153-154; K 2000, 282. 225   ‹‹Globular Type (FS 155) (…). Shape: Globular body, concave

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Aspetti morfologici, tecnici e funzionali

da un lungo corpo ovoidale, più vicini alle forme locali cipriote, rinvenuti principalmente a Kourion, Enkomi e Alassa226. L’origine delle forme cipriote sarebbe secondo la Studiosa da rintracciare nelle forme egee in Mycenaean IIIC227. Nel Levante, il tipo della strainer-spouted jug micenea compare sia nella ceramica di importazione, la cosiddetta Mycenaean IIIC Ware, sia in quella prodotta localmente e definita Mycenaean IIIC:1b o Monochrome Ware228. La presenza di quest’ultima viene in genere tradizionalmente legata alla prima fase dell’insediamento dei Filistei in Palestina229. A Cipro nel Tardo Cipriota IIIB (1125-1050 a.C.)230 compaiono alcuni esempi di strainer-spouted jugs all’interno della classe ceramica maggiormente caratteristica di questo periodo, la Proto-White Painted Ware231, con alcuni esemplari che si datano fino al Cipro-Geometrico I232. La forma presenta le Fig. 2.30 - Brocca in Proto-White Painted Ware da PalaepaphosSkales (K 1983, fig. CXLVI:49). Scala 1:3.

neck, splaying rim; handle from rim to shoulder at right angles to spout, ring base.››. Qui l’Autrice non riporta le dimensioni medie dei vasi. Solo questa forma corrisponde secondo la Studiosa al Tipo FS 155 di A. Furumark (K 1989, 154). 226   ‹‹Tall Ovoid Type (…). Shape: tall ovoid body; open, throughshaped spout on the shoulder and small holes punctured in the shoulder at the spout; tall neck tapering toward a spreading rim; vertical handle from rim to shoulder at right angles to the spout; ring base. Height 23 to 28 cm.›› (K 1989, 153). 227  K 1989, 158. 228   L 1994, 44; K 2000, 240; D , Z 2004, 24, 26-27; K 2005, 225, no. AS 13; S 2009, 485; Z 2009, 502-504; Y -L 2010, 245-247. Sulla presenza di ceramica Mycenaean IIIC in Israele come prodotto di importazione si vedano tra i più recenti studi: K 1998; D , Z 2004, 31; M 2007; M 2013a. Sulla ceramica Mycenaean IIIC in Siria e in Libano si veda L 2013. 229  D 1982, 94-96; M 1985a; M 1990, 307-308; B 1998, 105-106; I 1998, 336; K 1998, 166; D 2000, 153, 156; K 2000, 243-244; D , Z 2004; G , C -W , G 2006, 304; S 2009, 493; D , B -S 2013. 230  I 1988, 2. 231   Per una definizione di Proto-White Painted Ware e il corrispondente arco cronologico si veda: I 1988, 1-2; I 1991. 232   Da Palaepaphos-Skales, Tomba 78: K 1983, 239 no. 49, pl. CXLIX:49, fig. CXLVI:49; anche se inserito da V. Karageorghis all’interno della categoria Proto-White Painted Ware, questo pezzo data al Cipro-Geometrico I (al riguardo si veda anche B 2001, 123, Nr. 32). Da Salamina, Tomba 1: L 1981, 284, fig. 2d. Secondo M. Iacovou la costruzione di questa tomba è tuttavia da far risalire a non prima del CiproGeometrico I (I 1988, 7). Dalla necropoli di Kaloriziki, Tomba 25: B 1973, K 161, 162; Kaloriziki, Tomba 26B: B 1973, K 160. J.L. Benson inserisce questi ultimi tre recipienti all’interno della categoria Proto-White Painted Ware e li data al Tardo Cipriota IIIB. Tuttavia la datazione delle tombe di Kaloriziki, e la definizione di molta ceramica come Proto-White Painted Ware rimane discussa: secondo M. Iacovou le due tombe sono da datarsi all’inizio del Cipro-Geometrico I (I 1988, 7; sulla datazione delle due tombe, compresa fra la fine del Tardo

caratteristiche che saranno proprie delle brocche del Cipro-Geometrico I-II, con l’eccezione del versatoio che rimane in genere abbastanza corto233; l’altezza media è di 20 cm circa (Fig. 2.30). Studiando le strainer-spouted jugs cipriote H.-G. Buchholz sottolinea come la maggioranza di esse sia in Proto-White Painted Ware, mentre il periodo che va dal Cipro-Geometrico al Cipro-Arcaico234 restituisce a confronto meno della metà degli esemplari. Secondo lo Studioso ciò significherebbe Cipriota III e il Cipro-Geometrico I, si vedano anche: D 1937; G 1944, 73, 100-102; K 1967, 23). Inoltre, l’Autrice esclude i vasi provenienti dalle due tombe di Kaloriziki dal suo catalogo sulla Proto-White Painted Ware proveniente da Cipro (I 1988). H.-G. Buchholz, invece, inserisce il pezzo proveniente dalla Tomba 26B all’interno della categoria Proto-White Painted Ware (B 2001, 122, Nr. 24), mentre per i due pezzi dalla Tomba 25 assegna unicamente la collocazione cronologica di Tardo Cipriota IIIB (B 2001, 122, Nr. 22-23). Da Kouklia-Xerolimni (Palaepaphos), Tomba 9: K 1967, 6, fig. 8:11. Con l’eccezione del versatoio, che qui si presenta in forma tubolare e corto, la forma di quest’ultimo esempio ricorda molto il vaso da Nimrud: nell’ansa che va dalla spalla alla bocca del vaso, nel corpo globulare, nel collo, alto circa la metà del corpo del vaso e largo un terzo, nell’allargarsi del collo in corrispondenza della bocca. Altri esempi di strainer-spouted jug in Proto-White Painted Ware provengono dalla necropoli di Alaas (B 2001, 121, Nr. 13-14, Abb. 3a, d) e da Idalion (B 2001, 121, Nr. 16, 16a). Ulteriori esempi rinvenuti fuori contesto sono elencati in B 2001, 123, Nr. 36-37. 233   Anche se in alcune forme compare già il versatoio più lungo caratteristico degli esempi del Cipro-Geometrico I e II, come nell’esemplare proveniente dalla Tomba 78 di PalaepaphosSkales (K 1983, pl. CXLIX:49) e in quello proveniente dalla Tomba 1 di Salamina (L 1981, 284, fig. 2d). 234   Cipro-Geometrico: 1050-750 a.C.; Cipro-Arcaico: 750-480 a.C. (I 2008, table 1).

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I. Bucci e F. Giusto

che durante il Tardo Cipriota IIIB si registra il momento culminante dell’utilizzo di questa specifica forma, utilizzo che va poi via via diradandosi235. Dopo l’XI secolo sembra rimanere solo più Cipro a restituire esempi di strainer-spouted jugs all’interno dell’area egea236. Qui, a partire dall’età del Ferro (1050 a.C.)237, tale forma è diffusa in prevalenza tra il Cipro-Geometrico I e il Cipro-Geometrico II238. Le brocche acquisiscono ora un collo più largo e basso, mentre la base, sempre ad anello, diviene più alta: ne risulta un vaso dalle forme contemporaneamente più slanciate e più proporzionate rispetto a quelle caratterizzanti il Tardo Cipriota IIIA e parte del Tardo Cipriota IIIB239. Prendendo in considerazione la classificazione costruita da E. Gjerstad per la ceramica cipriota dell’età del Ferro240, risultano due tipi di strainerspouted jugs241: i Tipi I e II, i quali coprono prevalentemente un arco cronologico che va dal 1050 al 850 a.C. circa242. Secondo E. Gjerstad tale varietà di brocche avrebbe origine da esempi siropalestinesi, teoria tuttavia che non risulta condivisa

Fig. 2.31 - Brocca in White Painted II Ware da Amathus, Gjerstad Tipo II (G 1948, fig. XIII:19). Scala 1:3.

da tutti gli studiosi, i quali preferiscono cercare l’origine delle strainer-spouted jugs cipriote dell’età del Ferro all’interno della ceramica di tradizione micenea243. Il Tipo I ricorda dal punto di vista formale maggiormente gli esempi di ispirazione micenea del Tardo Cipriota IIIA-B244. L’esemplare che più si avvicina alla brocca da Nimrud risulta invece senza dubbio il Tipo II. In questa sede si è scelto di prendere in considerazione esclusivamente gli esemplari ciprioti assimilabili da un punto di vista formale al Tipo II di E. Gjerstad. Questo presenta tra le caratteristiche formali un corpo globulare leggermente carenato, un’alta base a disco, un collo largo o piuttosto stretto ma che tende a allargarsi in corrispondenza della bocca. Il collo risulta alto circa un terzo dell’altezza complessiva del vaso, mentre l’orlo è leggermente estroflesso verso l’esterno. L’attacco superiore dell’ansa si situa presso l’orlo. Il versatoio è largo, lungo circa 1/3 del diametro massimo del corpo del vaso e privo della copertura superiore nella parte terminale rivolta verso l’esterno, con un taglio “svasato”245 (Figg. 2.31-2.32).

 B 2001, 117.  L 1981, 284. 237  D 1989, 1. 238   Cipro-Geometrico IA: 1050-1000 a.C.; Cipro-Geometrico IB: 1000-950 a.C.; Cipro-Geometrico IIA: 950-900 a.C.; CiproGeometrico IIB: 900-850 a.C.; Cipro-Geometrico IIIA: 850-775 a.C.; Cipro-Geometrico IIIB: 775-700 a.C. (D 1989, 1). 239  B 1973, 88. 240  G 1948, 184-206; G 1960. 241   Il tipo formale della strainer-spouted jug viene dall’Autore – all’interno della ceramica cipriota dell’età del Ferro – inserito nel gruppo delle brocche con versatoio, di cui la forma qui discussa costituisce la seconda variante: ‹‹The spout-jugs here considered comprise four varieties: with basket handle (1), with handle from rim to shoulder and the spout placed on the shoulder at the right angles to the handle (2), with handle from rim to shoulder, the spout placed on the shoulder opposite the handle and with short (3) or longer (4) neck.›› (G 1960, 118). 242   G 1960, fig. 12:6-7. Bisogna tuttavia precisare che secondo E. Gjerstad se il Tipo I risulta predominante nel CiproGeometrico I, il Tipo II, maggiormente diffuso invece durante il Cipro-Geometrico II, continua a essere presente nel CiproGeometrico III, per poi scomparire all’inizio del Cipro-Arcaico: ‹‹We see that Type I is absolutely predominant in CyproGeometric I A; in Cypro-Geometric I B it is still dominant until the end of the period, when some stray specimens of Type II begin to appear. In Cypro-Geometric II A, Type I steel keeps the upper hand, but Type II increase in quantity, and in Cypro-Geometric II B, Type II is in the great majority, Type I is on the decline, and at the end of the period there appear some stray specimens of Type III. In Cypro-Geometric III A, Type II is still in the majority, but the number of Type III increase rapidly, while Type I is outclassed. At the begins of Cypro-Geometric III B, the last stray specimens of Type I disappears, Type II greatly decreases, and Type III is the dominant ware. Some stray specimens of Type IV appear towards at the end of the period. At the beginnig of Cypro-Archaic I, Type II disappears (…)›› (G 1948, 203). Per la distribuzione del Tipo I e del Tipo II dal punto di vista cronologico si vedano anche la tabella riassuntiva presentata da E. Gjerstad in G 1948, 102 e G 1960, 105-109. 235 236

  G 1960, 118. Sull’origine orientale degli esempi ciprioti si vedano anche: C 1972, 148; Y 1976, 102, 159. Diversamente W. Culican considera decisiva la tradizione formale micenea negli esemplari ciprioti posteriori al 1050 a.C.: ‹‹As far this evidence goes there was little ceramic contact before the end of Cypro-Geometric I, and even here, as far as strainer-spout jugs are concerned, both Phoenician and Philistine tradition appear to be appendage to Cypro-Mycenaean ceramic tradition in which the jug with handle at right angles to spout was well established and which may have given rise to a considerable diversity of forms of strainer-spout jugs in Cyprus itself.›› (C 1982, 50). Riguardo alla tesi di un’origine greca si veda anche D 1989, 30-31. 244  G 1960, 118, fig. 12:6. 245   E. Gjerstad lo descrive così, comparandolo agli altri tipi: ‹‹(…) the body is usually more depressed, the neck is less concave, the foot often higher and the spout somewhat longer than in Type I.›› (G 1960, 118). 243

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Aspetti morfologici, tecnici e funzionali

Gli esempi presi in considerazione presentano in media un’altezza di 20 cm, con misure comprese tra i 12,8252 e i 26,2 cm253. Fa eccezione una brocchetta proveniente da Lapithos e datata al Cipro-Geometrico II, alta solo 7 cm254. Con l’inizio del Cipro-Geometrico III le strainer-spouted jug sembrano scomparire dal repertorio ceramico cipriota255. A livello complessivo gli esemplari assimilabili al Tipo II di E. Gjerstad presentano forti somiglianze con la brocca da Nimrud: simile proporzione equilibrata tra versatoio, collo e corpo; corpo globulare; collo lungo circa un terzo dell’altezza complessiva del corpo; orlo leggermente svasato; attacco superiore dell’ansa presso l’orlo; largo versatoio dalle misure corrispondenti a un terzo circa del diametro della pancia, privo della parte superiore solo nell’estremità esterna. È da sottolineare che unicamente nelle forme cipriote dell’età geometrica e in quelle di area centro-anatolica è possibile ravvisare questo tipo specifico di versatoio, presente anche nella brocca da Nimrud256. Si differenzia

Fig. 2.32 - Brocca in White Painted I Ware da PalaepaphosSkales, Gjerstad Tipo II (K 1983, fig. CXVIII:12). Scala 1:3.

Gli esempi assimilabili al Tipo II di E. Gjerstad sono databili complessivamente tra il CiproGeometrico I e il Cipro-Geometrico II, tracciando un arco cronologico compreso tra il 1050 a.C. e l’850 a.C. circa. Le brocche sembrerebbero provenire nella maggioranza dei casi da contesti funerari246: Lapithos247, Palaepaphos-Skales248, Amathus249, Kaloriziki250. Le strainer-spouted jugs sembrerebbero essere presenti solo nelle classi ceramiche White Painted I e II e Bichrome I e II251.

(B 2001, 123-124, Nr. 43). Nel presente lavoro non sono state prese in considerazione le brocche con filtro di produzione fenicia importate o fabbricate a Cipro: per una trattazione recente dell’argomento si veda B 2001, 128, 130-132; inoltre C 1982; B 1983; B 1987. 252  B 1973, pl. 26:K 398. 253  K 1983, fig. CXXXIV:182. 254  G 1948, fig. XIII:20. 255  G 1960, 118, fig. 12; B 1963, 37. Vengono ora unicamente prodotte brocche dotate di versatoio di forma tubolare e la cui ansa è disposta a 180° rispetto al versatoio; quest’ultimo si restringe in corrispondenza della bocca esterna ed è privo di filtro (G 1960). A questo proposito bisogna menzionare una brocca in metallo datata al periodo arcaico (750-475 a.C.; Y 1976, 14) il cui contesto di rinvenimento è sconosciuto (M 1985, 249-250, Taf. 73, Nr. 552). La brocca presenta un versatoio di forma tubolare (il cui stato di conservazione è tuttavia frammentario) mentre l’ansa è in asse rispetto a questo. La particolarità della brocchetta in questione, tuttavia, non è data tanto dalle sue caratteristiche formali – per le quali si discosta abbastanza dal vaso da Nimrud – quanto piuttosto dalla decorazione dell’ansa. Questa infatti risulta molto simile soprattutto per la compresenza di una testa di serpente e una di leone a decorare rispettivamente l’estremità superiore e quella inferiore. Per una discussione più particolareggiata circa il confronto tra i due pezzi si rimanda al Capitolo 3. 256   Definito semi-gouttière (Y 1976, 159). Le forme filistee e fenicie, quelle da Israele e dall’area transgiordana, quelle appartenenti al patrimonio vascolare miceneo o di ispirazione micenea della fine della tarda età del Bronzo sono caratterizzate invece dal versatoio descritto through-like spout. Questo tipo di versatoio è il più comune negli esempi di strainer-spouted jug, e viene così definito da M. Yon: ‹‹Gouttière = trough-like spout: Le bec gouttière se caractérise par le fait qu’il n’est pas fermé à sa partie supérieure: il se présente de façon variable selon ses dimensions et la forme de son extrémité; il va du simple petit triangle incurvé, comme le sont certains des becs sur de petits bols de Philia (fig. 58h), demi-cylindre à bout carré (fig. 58h) que portent les grands bols du Chyp. Anc.›› (Y 1976, 157). Il tipo di versatoio che caratterizza le forme cipriote dell’età

246  Per esempi di strainer-spouted jugs rinvenuti fuori contesto e databili al periodo geometrico (1050-750 a.C.) si veda B 2001, 123-124, Nr. 38-44, Taf. 1h, 3a-b. 247  G 1948, figs. IV:15, XIII:20. 248   K 1983, pls. XXXIX:16, XCIII:12, CVI:95, CXVI:6, CXXXIV:182, CLXXVII:65, CXCIV:8. Le brocche raffigurate in fig. XCIX:39 e in fig. CLIII:89 sono invece importazioni fenicie (B 1983, 403). L’esemplare raffigurato in K 1983, pl. XXXIX:16 presenta, oltre al filtro interno al versatoio, un secondo filtro che chiude l’estremità interna del collo (B 2001, 122, Nr. 28). Dalla Tomba 78 proviene inoltre una brocca datata al Cipro-Geometrico I che, anche se appartenente alla categoria Proto-White Painted Ware, sembra assimilabile dal punto di vista formale al Tipo II: K 1983, 239 no. 49, pl. CXLIX:49, fig. CXLVI:49; al riguardo si veda anche B 2001, 123, Nr. 32. 249  G 1948, figs. VIII:18, XVI:9, XIII:19; K , I 1990, fig. 4.30. L’esempio rappresentato in G 1948, fig. XVI:9 viene inserito all’interno della categoria Bichrome Ware. Per quanto riguarda il vaso rappresentato in G 1948, fig. XIII:19, alcuni autori riportano Lapithos come contesto di provenienza (Y 1976, 102, fig. 37c; L 1981, fig. 2f), ma esso risulta provenire da Amathus (G 1948, 53; B 2001, 122, Nr. 20). Per le importazioni fenicie si veda B 1987, figs. 114-115. 250   Dalla Tomba 36: B 1973, pl. 26:K 398; B 2001, 122, Nr. 26. Dalla Tomba 35: B 1973, pl. 26:K 399; B 2001, 122, Nr. 25. 251   G 1948, 48-91; B 2001, 117. Fanno eccezione un esempio in Bichrome III (G 1948, fig. XXIII:7), inserito da H.-G. Buchholz tra gli esempi di brocche con filtro da Cipro (B 2001, 122, Nr. 27), e un esempio da Cipro rinvenuto fuori contesto in White-Painted III/IV Ware

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I. Bucci e F. Giusto

rispetto al vaso assiro tuttavia la base: nelle brocche da Cipro troviamo un’alta base ad anello, nella brocca da Nimrud invece una base a disco molto bassa. Nel complesso, tra le diverse forme di area egea presentate in questa sede, quelle provenienti da Cipro e databili all’inizio dell’età del Ferro si configurano come gli esempi che trovano maggiori confronti con la brocchetta da Nimrud: gli elementi che rendono possibile formulare tale affermazione sono da individuare non solo nelle caratteristiche formali, descritte sopra, ma anche nella maggiore vicinanza geografica e cronologica degli esemplari ciprioti dell’età del Ferro rispetto agli altri esempi di area egea.

supera di poco il livello del bordo – corrispondente al Tipo 3 di G.K. Sams e al Tipo A di E.-M. Bossert – e annovera tra gli esemplari da Gordion e da Alişar Höyük quelli più affini al vaso da Nimrud. I confronti più significativi non sembrano superare i limiti dell’VIII secolo a.C. e, sulla base della nuova revisione del sito di Gordion, sembrano potersi circoscrivere tra la prima metà del IX e la prima metà dell’VIII secolo a.C. Le testimonianze più abbondanti di strainer-spouted jugs si concentrano a Gordion. La loro produzione si protrae a lungo in area anatolica, almeno sino al pieno VI secolo a.C., come testimoniano anche i rinvenimenti da Tarsus e da Sardis, ma non sembra più restituire confronti stringenti. Il tipo con corpo globulare, collo poco sviluppato o assente e ansa che spesso supera significativamente il livello del bordo, già attestata a Gordion dal IX secolo a.C., diviene prevalente in area anatolica a partire dal VII secolo a.C. L’area egea restituisce diversi modelli di strainerspouted jugs a partire dalla fine della tarda età del Bronzo (Tardo Elladico III), tra cui spiccano per vicinanza formale le produzioni cipriote dell’inizio dell’età del Ferro. Esse coprono un periodo che si estende dal 1050 all’850 a.C. e tra queste quelle riconducibili al Tipo II, la cui diffusione si concentra nel X secolo a.C., forniscono dei paragoni piuttosto stringenti con la brocca scoperta in Assiria. I risultati dell’indagine morfologica suggeriscono d’individuare nei manufatti di area centro-anatolica una possibile fonte di ispirazione per questa particolare forma, come ipotizzato in precedenza da altri studiosi257. La datazione della brocca da Nimrud potrebbe così collocarsi nell’arco cronologico coperto dagli esempi frigi che costituiscono i confronti più puntuali (prima metà del IX - prima metà dell’VIII secolo a.C.). Essa è compatibile con le informazioni note dal contesto di rinvenimento: la Tomba III destinata originariamente ad ospitare Mullissu-mukannishat-Ninua, MÍ.É.GAL di Ashurnasirpal II e di Shalmaneser III, fu riutilizzata in un secondo momento per la deposizione di tre sarcofagi bronzei. Questi, posti nell’anticamera, contengono materiali databili sino al regno di Tiglathpileser III258. Una simile datazione, inoltre, si accorda con le informazioni note sui rapporti tra la Frigia e l’Assiria, che sembrano risalire almeno al tempo di Ashurnasirpal II e sono attestati sino al regno di Esarhaddon259.

Considerazioni conclusive Come confermato dalla presente ricerca, la forma della strainer-spouted jug, a dispetto della mancanza di attestazioni puntuali nelle produzioni assire, trova ampia diffusione nei repertori ceramici di molte aree del Vicino Oriente durante l’età del Ferro (Figg. 2.332.34). Nella regione del Levante essa è molto frequente nell’antica età del Ferro (1200-900 a.C.). Nella media età del Ferro (900-600 a.C.) la forma diventa più rara, essendo presente prevalentemente nell’area in antico Regno d’Israele e nella ceramica di area transgiordana, mentre gli esempi di produzione fenicia diventano più sporadici. La variante formale più diffusa in questo periodo, anche se più facilmente accostabile al vaso di Nimrud per via della cronologia, presenta tuttavia una distanza formale tale da rendere i confronti poco puntuali. In area nord siriana il tipo della brocca con versatoio laterale dotato di filtro è attestato a partire dai primi secoli dell’età del Ferro (XII-XI a.C.) ed è diffuso, seppure con una certa discontinuità, sino all’VIII-VII secolo a.C. Le evidenze disponibili oggi, sulla base delle indagini e dei materiali pubblicati, sono poco numerose e non offrono confronti molto puntuali per l’oggetto della presente ricerca. Nei siti dell’Anatolia centrale le attestazioni riferibili all’età del Ferro non sembrano precedere il IX secolo a.C. È da quest’area che provengono gli unici esemplari in metallo conosciuti (Gordion, Ankara), sebbene essi non corrispondano perfettamente al modello della brocca analizzata. Gli esemplari in ceramica, invece, sono noti in diverse varianti, delle quali una abbina corpo globulare, collo cilindrico svasato e ansa che

 S 1995, 186; B 2001, 57-58; C 2008b, 253. 258   Per un’analisi dettagliata del contesto di rinvenimento della brocca IM 115618 si vedano i Capitoli 1 e 4. 259  B -E 2008, 17-19, table 7. Nel primo anno di regno di Ashurnasirpal II, i Frigi (“Mushki”) compaiono tra i popoli che versarono un tributo (L 1926 I, 143-144, no. 442). L’esistenza di relazioni tra la Frigia e l’Assiria al tempo di questo sovrano potrebbe essere testimoniata anche da un rilievo dal Palazzo Sud-Ovest di Nimrud (A 2010, 7-8). Su questo argomento si veda il Capitolo 4, Paragrafo 1.

del Ferro, molte brocche di area centro-anatolica e il vaso da Nimrud, cosiddetto semi-gouttière, è invece così descritto dalla Studiosa: ‹‹Un type intermédiaire entre les deux précedénts consiste en un bec dont la partie qui sort de la panse est tubulaire, alors que l’extrémité en est découverte en gouttière. (…) cette forme ne se trove a Chypre qu’avec un certain type de vase: les cruches dont le bec latéral filtre, fixé sur l’épaule, est placé perpendiculairement à l’anse verticale: on a vu que le modèle en avait été introduit de Palestine au début de l’époque géométrique. Ce bec est d’ordinaire assez large et un peu évasé à l’extrémité.›› (Y 1976, 159).

257

56

Aspetti morfologici, tecnici e funzionali

Fig. 2.33 - Mappa del Vicino Oriente con il posizionamento dei principali luoghi di rinvenimento citati, elaborazione grafica di I. Bucci e F. Giusto.

57

I. Bucci e F. Giusto

AREA GEOGRAFICA

MATERIALE

GRUPPO TIPOLOGICO

CRONOLOGIA

A

Assiria (Nimrud)

oro

IX-VIII sec. a.C.

Filistea

ceramica

1200-1000 a.C.

Fenicia

ceramica

Chapman 1972 Tipo A

1050-800 a.C.; pochi esempi dopo l’800 a.C.

Fenicia

ceramica

Chapman 1972 Tipo B

1050-800 a.C.; pochi esempi dopo l’800 a.C.

Israele

ceramica

gruppo A

1200-605/586 a.C.

Israele

ceramica

gruppo B

1140/30-605/586 a.C.

Israele

ceramica

gruppo C

X-VIII sec. a.C.

Israele

ceramica

gruppo D

IX-VII sec. a.C.

L

Fig. 2.34.a-e - Tabella riassuntiva delle principali attestazioni.

58

IMMAGINE (non in scala)

Aspetti morfologici, tecnici e funzionali

Israele

ceramica

gruppo E

Israele (Tel Dor)

ceramica

1200-1000 a.C.

Israele (Megiddo)

ceramica

1000-800 a.C.

Israele (Lachish)

ceramica

età del Ferro

Transgiordania (Sahab) produzione “ammonita”

ceramica

1200-600 a.C.

Transgiordania (Busayra) produzione “edomita”

ceramica

800-500 a.C.

Israele (Tell el-Kheleifeh) produzione “edomita”

ceramica

800-500 a.C.

Israele (Beersheba) produzione “edomita”

ceramica

800-500 a.C.

Siria (Hama)

ceramica

1175/50-1075/50 a.C.

Fig. 2.34.b

59

1200-605/586 a.C.

I. Bucci e F. Giusto

Siria (Tell Afis)

ceramica

VIII sec. a.C.

Siria (Karkemish)

ceramica

VIII-VII sec. a.C.?

Anatolia centrale (Gordion, Tumulo W)

bronzo

Sams 1994 variante Tipo 2

850 a.C. ca.

Anatolia centrale (Gordion)

ceramica

Sams 1994 Tipo 1

IX sec. a.C.

Anatolia centrale (Gordion)

ceramica

Sams 1994 Tipo 2

IX-VIII sec. a.C.

Anatolia centrale (Gordion)

ceramica

Sams 1994 Tipo 3

IX-VIII sec. a.C.

Anatolia centrale (Gordion, Tumulo K-III)

ceramica

Sams 1994 Tipo 3

780 a.C. ca.

Anatolia centrale (Gordion, Tumulo K-III)

ceramica

Sams 1994 Tipo 3

780 a.C. ca.

A

Fig. 2.34.c

60

Aspetti morfologici, tecnici e funzionali

Anatolia centrale (Gordion, Tumulo MM)

bronzo

740 a.C. ca.

Anatolia centrale (Gordion, Tumulo MM)

bronzo

740 a.C. ca.

Anatolia centrale (Boğazköy)

ceramica

IX sec. a.C.

Anatolia centrale (Boğazköy)

ceramica

Bossert 2000 Tipo B

VII-VI sec. a.C.

Anatolia centrale (Boğazköy)

ceramica

Bossert 2000 Tipo C

VII-VI sec. a.C.

Anatolia centrale (Alişar Höyük)

ceramica

Sams 1994, Tipo 3; Bossert 2000, Tipo A

IX sec. a.C.

Anatolia centrale (Kültepe)

ceramica

fine VII-prima metà VI sec. a.C.

Cilicia (Tarsus)

ceramica

prima metà VI sec. a.C.

Lidia (Sardis)

ceramica

VI sec. a.C.

Fig. 2.34.d

61

I. Bucci e F. Giusto A

Egeo

ceramica

Mycenean IIIC Ware

1300-1050 a.C.

Cipro

ceramica

Mycenean IIIC: 1b Ware

1200-1050 a.C.

Cipro

ceramica

Proto-White Painted Ware

1125-1050 a.C.

Cipro

ceramica

Gjerstad 1948 Tipo I

1050-950 a.C.

Cipro

ceramica

Gjerstad 1948 Tipo II

Fig. 2.34.e

62

950-850 a.C.

Aspetti morfologici, tecnici e funzionali

2.2 A

comunemente associato agli elementi del gruppo del platino-iridio (platino, palladio, osmio, iridio, rodio, rutenio)264. Nell’antichità l’oro poteva essere raffinato tramite diversi procedimenti, a seconda delle caratteristiche composizionali del giacimento di provenienza e dell’uso che se ne doveva fare265. È bene precisare, però, che i lavori di oreficeria non impiegavano oro puro266, bensì perlopiù leghe naturali di oro e argento267, presenti in diverse percentuali, che potevano essere corrette tramite alligazione intenzionale268. L’utilizzo di leghe rispondeva, inoltre, a diverse esigenze di natura pratica ed estetica: l’unione con altri metalli, infatti, aumentava la quantità di materiale prezioso a disposizione, abbassava il punto di fusione dell’oro puro (1064 °C), migliorava le caratteristiche meccaniche di questo e, infine, permetteva di variare secondo il gusto il colore degli oggetti prodotti269. Proprio per la sua grande malleabilità l’oro era unito

Sebbene l’impossibilità di procedere a un esame autoptico non consenta di dare una risposta definitiva agli interrogativi sulle tecniche di lavorazione e di decorazione del manufatto oggetto di studio, si ritiene utile proporre in questa sede una breve analisi dei suoi aspetti tecnici, basata sul materiale fotografico edito e sulle informazioni note dalla bibliografia sull’argomento. Essa prenderà spunto da alcuni confronti che per la loro morfologia o per il loro apparato decorativo permettono di formulare alcune ipotesi interpretative. È però necessario anticipare che tale analisi è complicata dalla generale scarsità di informazioni dettagliate sugli aspetti tecnici di produzione e dalla mancanza di diffuse analisi scientifiche effettuate sui materiali pubblicati. Il materiale Sin dall’antichità l’oro è stato considerato un materiale di grande valore. Il suo colore solare, la sua lucentezza, la sua capacità di resistere incorrotto al tempo e la sua relativa rarità hanno certamente contribuito a fargli attribuire uno statuto particolare, carico di significati simbolici legati ad affermazioni di prestigio e a contesti cerimoniali e rituali260. Le sue proprietà meccaniche ne hanno permesso la lavorazione sin da tempi antichissimi. Tra i metalli è uno dei più duttili e malleabili: da 1 g di materiale è possibile ricavare una lamina della superficie di circa 1 mq261. L’oro è presente in natura in molte formazioni rocciose, sebbene nella maggioranza dei casi in concentrazioni non significative. Esso è reperibile in giacimenti primari, sotto forma di filoni incassati nella roccia (reef gold), di norma in quarzo o in quarziti, e secondari, originatisi dal degrado delle formazioni aurifere primarie; in questo caso esso è trasportato dall’acqua come sedimento in forma di piccoli grani, pagliuzze e polvere (alluvial o placer gold)262. Allo stato nativo l’oro non è mai puro, bensì è alligato ad altri metalli: si trova, infatti, solitamente legato all’argento e, in misura minore, al rame, mentre meno frequente è la presenza di ferro, piombo, stagno e zinco263. Inoltre, nei giacimenti secondari si trova

infatti, metalli quali argento e rame, frequentemente alligati all’oro, vengono disciolti selettivamente in quanto più solubili (G 2010, 151). Per una sintesi sulle analisi, distruttive e non, in grado di fornire indicazioni sulla composizione dei reperti, si veda O 1992, 22-25. Nel considerare i risultati di simili analisi, significativi soprattutto quando sia possibile individuare la presenza di elementi in traccia, bisogna tuttavia tener conto del fatto che la composizione originaria poteva essere alterata da processi di purificazione e alligazione e che i manufatti in oro erano sovente rifusi e riciclati (O 1992, 31-32; C 2008a, 105; G 2010, 152). 264   M 1994, 220-221; G 2010, 151-152. Gli elementi del gruppo del platino-iridio creano delle inclusioni metalliche, di dimensioni da submicroscopiche a millimetriche, estremamente difficili da rimuovere in fase di raffinazione a causa del loro elevato punto di fusione. Poiché tali inclusioni non potevano essere asportate dalla superficie a meno di non lasciare su di essa piccoli buchi, possono essere rilevate e costituiscono un indizio dell’impiego di oro alluvionale. 265   F 1971, 173-181; M 1994, 218-219; L N 2009, 112-113; G 2010, 153-154. 266   Il valore del metallo variava evidentemente in relazione alla sua purezza e diverse qualità d’oro erano conosciute in antico, come attestato dalle fonti mesopotamiche soprattutto di II e I millennio a.C. (L 1959; M 1994, 219). A questo proposito, è stato posto in evidenza come non esista alcuna prova sicura della completa raffinazione dell’oro prima della metà del I millennio a.C.: «It is generally agreed that there is no definite evidence, whether textual or analytical, for the refining gold by total removal of silver from electrum before the advent of the first gold coinage in the middle of the first millennium BC. Indeed there was no obvious need for gold refining until the introduction of coins as a standard medium of exchange.» (L N 1995, 45). Sui diversi metodi di verifica della qualità dell’oro e delle sue leghe: O 1982, 739-742. 267   Una lega che contenga una quantità d’argento superiore al 20% viene normalmente definita elettro (O 1992, 30; M 1994, 217; G 2010, 151). 268   L’alligazione intenzionale era un procedimento conosciuto e praticato nel Vicino Oriente sin dal III millennio a.C., come dimostrato dai ritrovamenti del Cimitero reale di Ur (L N 1995, 44). 269  G 2010, 154-156; W 2012, 306-307.

 C 1986, 50-59; L N 2009; O 2014a, 162-163.  G 2010, 145. 262  F 1971, 159-161; M 1994, 217; L N 2009, 13-18; G 2010, 145-146; W 2012, 297; V B 2014, 89. Sulla distribuzione delle principali aree di approvvigionamento dell’oro nel Vicino Oriente e in Egitto: O 1992, 28-29; M 1994, 220; V B 2014, 90-91. 263  F 1971, 160; M 1994, 217; L N 2009, 110; G 2010, 151-152. Nel caso dei depositi alluvionali la purezza dell’oro tende ad aumentare in modo proporzionale alla sua lontananza dal filone di origine: nel corso del suo trasporto, 260 261

63

I. Bucci e F. Giusto

ad argento e rame per accrescerne la durezza270, come nel caso, ad esempio, della produzione di forme vascolari271. Circa le variazioni cromatiche più significative, invece, bisogna considerare che l’argento faceva virare il colore verso il biancoverde e il rame verso il rosso272. L’aspetto esteriore del manufatto, tuttavia, poteva essere ulteriormente influenzato da speciali trattamenti effettuati sulla sua superficie, normalmente indirizzati ad accentuarne la lucentezza dorata e renderla più simile a quella dell’oro puro273. Sulla base di quanto brevemente illustrato, la piccola brocca da Nimrud, la cui superficie appare nelle fotografie di un brillante colore giallo-oro, è stata verosimilmente realizzata in una lega, i cui componenti e le cui proporzioni potranno essere chiariti da future analisi composizionali del reperto.

decorativi275 (Fig. 2.41). Nel tentativo di ricostruire la tecnica di realizzazione del manufatto possono essere presi in considerazione diversi metodi di lavorazione. Le singole componenti potrebbero essere state eseguite a fusione. Quest’ipotesi sembra condivisa da D.G. Youkhanna, secondo il quale il vaso sarebbe stato fuso con la superficie liscia276. La fusione di oggetti in metallo ha una tradizione antichissima nel Vicino Oriente277, sebbene fosse impiegata raramente per la produzione di recipienti in oro, a causa dell’elevato valore del materiale278. A fusione, ad esempio, furono realizzate le juglets in bronzo da Tel Jatt, con corpo globulare od ovoidale e ansa bipartita che si innesta sul bordo e sulla parte superiore del corpo, vicine per dimensioni all’esemplare da Nimrud (h. 11-13 cm)279. Tale procedimento è annoverato, inoltre, tra le tecniche di lavorazione delle coppe bronzee di produzione levantina280, tra le quali alcune di quelle rinvenute nel Palazzo Nord-Ovest di Nimrud281. In alternativa, il vaso potrebbe essere stato realizzato a martello, secondo due diversi metodi che agivano entrambi per deformazione plastica della lamina di metallo. È utile precisare che, come nel caso delle tecniche che verranno prese in considerazione per la decorazione, in tali procedimenti non si registrano in linea generale differenze significative tra oro, argento,

La realizzazione del vaso Rimandando alla più estesa descrizione dell’oggetto presentata nel paragrafo dedicato allo studio della morfologia, alcuni elementi possono essere brevemente richiamati274: Altezza complessiva Diametro del bordo Diametro del versatoio Peso

13 cm 5,9 cm 3,5 cm 263,3 g

Dall’osservazione delle fotografie è possibile ipotizzare che il vaso sia stato costruito in più parti (corpo globulare, collo, versatoio, ansa), realizzate separatamente e solo successivamente assemblate tra loro. Questo procedimento sembra suggerito dalle tracce interpretabili come saldature, eseguite con accuratezza e parzialmente nascoste dai fregi

275   Questo vale specialmente per le bande decorative che trovano posto alla base del collo e sul corpo del vaso in prossimità del versatoio. 276   Y 2008, 103. Lo Studioso, però, non fa esplicitamente riferimento al fatto che le diverse componenti del vaso possano essere state eseguite separatamente. 277  M ,P 1966, 636-637; M 1994, 228 (oggetti in oro), 238-239 (oggetti in argento), 269-273 (oggetti in rame e nelle sue leghe); Y 2008, 103; in riferimento al bronzo: V B 2014, 47, 51. 278  M 1994, 228. 279  A 2006, 31, 33, 59, 122-123, figs. 2.4-2.5, pls. 7-11; A 2012, 37, figs. 9-10. In particolare, le radiografie effettuate su quattro esemplari hanno permesso di stabilire che corpo, collo e ansa erano stati fusi in un unico pezzo (A 2006, 123). Il sito di Tel Jatt si trova nell’attuale stato di Israele presso il moderno villaggio di Jatt, a sud-ovest dell’antica città di Megiddo. Le juglets del suo tesoretto sono datate tra la seconda metà dell’XI e l’inizio del X secolo a.C. I materiali riferibili a questo lotto sono stati presi in considerazione nel Paragrafo 2.1, dal momento che tra essi si trova una brocca in ceramica con versatoio laterale munito di filtro (A 2006, 49, fig. 2.15:6, pl. 24:5). 280   Per una trattazione generale sulle coppe “fenicie”: M 1985b; M 1988; M 2000, 148-150; M 2007; V 2010; F 2014b, 157-159; O 2014a. Per una breve sintesi sulla storia degli studi su questa classe di manufatti e sulle problematiche a essi relative: V 2010, 22-25. 281   O 2009, 141. Sulle Nimrud bowls si veda, inoltre, B 1974. Il nome che convenzionalmente è attribuito a questo gruppo di coppe ha origine dal loro luogo di ritrovamento: nel 1849, infatti, Sir Austen Henry Layard le rinvenne all’interno della stanza AB (la cosiddetta “Room of the Bronzes”) del Palazzo Nord-Ovest a Nimrud.

 T ,Ö 1992, 16; G 2010, 150, 154.   Si considerino, ad esempio, i beakers in oro della Collezione Shumei provenienti dall’Iran occidentale (O’N 1996, 26-36, 176-180, nos. 10-14), che sono realizzati in leghe contenenti diverse percentuali di oro, argento e rame. 272  M 1994, 218; G 2010, 154-156. 273   Alcuni esempi sono stati presentati da S. La Niece e appartengono ai rinvenimenti della Necropoli di Ur (L N 1995). Per lungo tempo si è creduto che i trattamenti di doratura che prevedono la rimozione dalla superficie dei metalli legati all’oro (depletion gilding) fossero il risultato di un degrado selettivo dello strato superficiale, causato dalla permanenza del reperto nel terreno; questo perché non vi era sicurezza che esistessero attestazioni di questa tecnica in un periodo così antico (M 1994, 227). In realtà, la possibilità di una simile confusione tra i due processi è stata fortemente messa in discussione da S. La Niece, la quale ha posto in evidenza come i fenomeni corrosivi naturali abbiano normalmente carattere disomogeneo e lascino la superficie opaca e porosa (L N 1995, 41, 44). Per una trattazione generale sulle diverse tecniche di doratura: O 1982, 732-739; M 1994, 226-227; G 2010, 95-97. 274   Le informazioni sono state ricavate da: H ,S 2000, 366, pic. 154; C 2008a, 115. 270 271

64

Aspetti morfologici, tecnici e funzionali

rame e bronzo282, ferme restando, evidentemente, le peculiarità dei singoli materiali. Il primo metodo (sinking) prevedeva di martellare un disco di metallo su una superficie piana o lievemente concava vibrando al suo interno una serie di colpi a spirale dal centro verso l’orlo (Fig. 2.35). Il secondo (raising) consentiva di ottenere forme più elaborate a partire da un disco di metallo che veniva martellato dall’esterno tenendolo poggiato sul braccio piatto di un’incudine o su un robusto supporto di legno283 (Fig. 2.36.a-b). Il disco di metallo poteva essere preliminarmente lavorato in piano sino a raggiungere il diametro necessario, prima di dargli la curvatura desiderata, e i due metodi potevano essere combinati284. La formatura a martello, già attestata negli oggetti dei corredi delle Tombe Reali di Ur285, è ampiamente documentata nel Vicino Oriente nella produzione di vasellame metallico286. Si ritrova, ad esempio, nelle brocche cananee in bronzo287, nei beakers e nei vasi con lungo becco in bronzo provenienti dall’Iran288 e nelle coppe di produzione levantina289. Per tali produzioni l’artigiano disponeva di uno

strumentario assortito di martelli, incudini e ferri, diversi per forma e dimensione, che gli permetteva di far fronte a esigenze specifiche (Fig. 2.37). Durante la lavorazione, il pezzo andava sottoposto frequentemente a ricottura per evitare un eccessivo incrudimento che avrebbe potuto causare crepe nel manufatto290. Terminata la prima sagomatura, venivano eliminati o ammorbiditi tutti gli spigoli non necessari e la forma riceveva un’ultima finitura a martello prima di essere sottoposta a ulteriori lavorazioni291. Un’attestazione iconografica di tale processo produttivo, in grado di fornire alcuni esempi di lavorazione a martello di diverse forme vascolari, proviene dai rilievi che decorano il pronao della Tomba di Petosiris a Hermopolis in Egitto292. Le immagini scolpite sul muro nord raffigurano artigiani intenti nella preparazione, decorazione e finitura di recipienti in metallo di diverse forme e materiali (come confermato dalle iscrizioni293) (Fig. 2.38). Sebbene costituiscano una testimonianza di periodo più tardo (seconda metà del IV secolo a.C.), esse restituiscono un’idea di quelle pratiche che dovevano essere in uso anche nei secoli precedenti. Nel caso della brocca da Nimrud la martellatura sembra più adatta alla realizzazione del corpo che delle altre parti del reperto, fatto che potrebbe suggerire l’impiego di diverse tecniche all’interno dello stesso recipiente. A questo proposito, è utile menzionare le tre brocche in bronzo provenienti da Gordion, che rappresentano gli unici esemplari integri simili conosciuti tra le forme in metallo294. Esse erano parte dei ricchi corredi rinvenuti nei Tumuli W e MM, datati rispettivamente alla metà del IX e alla metà dell’VIII secolo a.C. circa295. In un caso (W 5) il corpo e il versatoio, pur distinti, sono stati prodotti entrambi a fusione296, mentre per gli altri due (MM 14 e 15) è stata proposta una realizzazione differenziata: il corpo eseguito mediante martellatura

 T ,Ö 1992, 17; M 1994, 227.  M 1949, 94-98; M ,P 1966, 646649; G 2010, 71. 284   Questo metodo è attestato, ad esempio, per la costruzione del corpo di alcune brocche a bocca trilobata (jugs with trefoil mouth) rinvenute a Gordion (Y 1981, 225). 285  P 1934, 295-296; W 1934, 302; M 1949, 94, 98, fig. 10; M 1994, 227. Una rivalutazione complessiva della storia delle ricerche nel campo della metallotecnica relative agli scavi di Ur è stata proposta in anni recenti da A. Millerman (M 2008). 286   Nonostante non si ritenga necessario soffermarsi in questa sede sulla storia dell’utilizzo di questa tecnica, è utile ricordare che essa fu ampiamente utilizzata nella realizzazione di vasi in metallo di epoca posteriore, ad esempio di periodo achemenide (S 2005, 108) e sasanide (M 1981, 147-148; M 1998, 240). Tale tecnica, inoltre, è stata largamente impiegata senza sostanziali modifiche sino in tempi recenti (M 1998, 89-103; M C 2001, 60-61). La tornitura, che nel tempo è divenuta quasi esclusiva fatta eccezione che nei lavori artistici (M 1998, 89), può, invece, difficilmente essere presa in considerazione per l’oggetto di questo studio, poiché si diffuse soprattutto a partire dall’età ellenistica e romana (M 1949, 94, 101-102; M 1993, 456-457; G 2010, 71) e in ogni caso non sembra essere attestata in Oriente prima del periodo achemenide (T ,Ö 1992, 17; M 1994, 274). 287   Si tratta di jugs e juglets rinvenute in diversi siti degli odierni stati di Israele e Giordania (G 1985, 19-20, 52, pl. 1213) e provenienti da contesti databili alla seconda metà del II millennio a.C., perlopiù alla tarda età del Bronzo (G 1985, 26-27, 30-31, 41-45). 288  M 1971, 261, 270-272, 275-280, nos. 514-516A, 519526; M 1974, 36; M 1974b, 252; M 1997, 69-75, 78-79, nos. 31-37, 40-42. È necessario precisare che alcuni dei reperti menzionati, benché di supposta provenienza iraniana, sono stati acquistati sul mercato antiquario. 289  M 1985b, 10; M 2000, 148; M 2007, 168; per le Nimrud bowls: O 2009, 141. 282 283

 M 1949, 93-94; G 2010, 71.  M 1949, 94, 98-99. 292  L 1924, 51-55, pl. VII-IX. Petosiris rivestì la carica di sommo sacerdote del dio Thot presso il santuario a lui dedicato a Hermopolis (odierna Tuna el-Gebel) durante il periodo della seconda dominazione persiana in Egitto (343/2-332 a.C.). 293   L 1924, inscr. 27a, 27c, 28a, 30b, 31a, 31d. Le iscrizioni menzionano oro, argento e rame. 294   Lo stato di conservazione dei recipienti in bronzo rinvenuti in due dei tumuli di Ankara (K 1933, 15-16, no. 11a-c; Ö , A 1947, 67, figs. 22, 52) non permette di ricostruirne per intero la morfologia e di approfondire gli aspetti relativi alla loro fabbricazione. 295  S ,V 2011, 166, fig. 7.10; S 2012, 57, table 5.1. Per una sintesi sul dibattito circa le nuove datazioni proposte per il sito di Gordion si veda, all’interno di questo capitolo, il Paragrafo 2.1. 296  Y 1981, 201-202, pl. 88D; T ,Ö 1992, 121, 209, no. 100. 290 291

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I. Bucci e F. Giusto

Fig. 2.35 - Illustrazione della formatura a martello di una coppa dall’interno (sinking) (D

2010, fig. 17.1, dettaglio).

Fig. 2.36.a-b - Illustrazione degli utensili e dello svolgimento della sagomatura a martello di una coppa dall’esterno (raising) (a M 1949, figs. 1-9; b - D 2010, fig. 17.1, dettaglio).

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Aspetti morfologici, tecnici e funzionali

Fig. 2.37 - Esempi di modellazione di lamine di bronzo (D

Fig. 2.38 - Rilievi dal pronao della Tomba di Petosiris a Hermopolis, Egitto (L

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2010, fig. 16).

1924, pl. VII-VIII, dettaglio).

I. Bucci e F. Giusto

e il versatoio a fusione297. Sempre da Gordion si ha testimonianza dell’utilizzo combinato delle due tecniche per la realizzazione in bronzo delle brocche a bocca trilobata (jugs with trefoil mouth), numerose soprattutto nel Tumulo MM, molte delle quali hanno dimensioni minute, affini a quelle della brocca da Nimrud. In queste, infatti, il corpo era generalmente formato a martello, mentre il collo e il bordo trilobato a fusione298. Nonostante queste riflessioni non possano ritenersi un argomento risolutivo, è possibile rilevare che per la produzione di manufatti simili per forma e dimensioni alla brocca di Nimrud venivano impiegate entrambe le tecniche e che esse potevano coesistere all’interno dello stesso esemplare. Riguardo al reperto studiato, la fusione rimane l’ipotesi più verosimile per il versatoio e forse per il collo, mentre per il corpo globulare si può proporre, anche alla luce dei ritrovamenti da Gordion, una produzione sia a fusione, sia mediante martellatura. La sagomatura del vaso attraverso ripetuti colpi di martello, inoltre, potrebbe essere all’origine di uno spessore minore e conseguentemente di una maggiore fragilità della lamina del corpo da cui potrebbero dipendere le numerose ammaccature visibili in fotografia. Queste sembrano essere, invece, molto meno numerose sul collo e quasi del tutto assenti sul versatoio che, data la morfologia del recipiente, avrebbe potuto essere più fragile. Relativamente alla questione della fabbricazione del vaso, può infine essere presa in considerazione una piccola brocca in oro, conservata al British Museum, facente parte del celebre Tesoro dell’Oxus299. Questo esemplare è alto 13 cm, il suo corpo è decorato da scanalature orizzontali e mostra un’ansa la cui estremità superiore si innesta sulla bocca del vaso ed è foggiata in forma di protome leonina; esso, tuttavia, non possiede un versatoio distinto, bensì un piccolo beccuccio ricavato nel bordo (Fig. 2.39). Nonostante il reperto non costituisca un preciso confronto morfologico e sia cronologicamente posteriore, la sua menzione è ugualmente interessante data la scarsità di vasellame in oro assimilabile al nostro recipiente. Particolarmente suggestivo è il paragone del suo peso (368,5 g) con quello dell’esemplare da Nimrud (263,3 g), dal momento che B.R. Armbruster, in seguito a un esame autoptico, ha proposto che sia stato fabbricato

Fig. 2.39 - Brocca in oro dal Tesoro dell’Oxus, British Museum, ANE 123918 (D 1964, pl. 1).

a fusione, mediante la tecnica della cera perduta300. La differenza di peso tra i due vasi301 potrebbe costituire un elemento a favore di una realizzazione differenziata della brocca da Nimrud, in grado forse di giustificarne il minor peso e di avvalorare le ipotesi presentate poco sopra. Resta un’ultima osservazione circa la lavorazione del corpo: è possibile che esso sia stato realizzato in due o più parti e che le saldature siano state lisciate e siano celate parzialmente dai fregi. Le ragioni di una simile scelta potrebbero essere state dettate da esigenze decorative, poiché una realizzazione in più porzioni avrebbe potuto semplificare la decorazione a rilievo delle bande figurate, soprattutto se eseguita a sbalzo dall’interno della lamina. Tra le osservazioni generali circa l’aspetto del recipiente, si potrà aggiungere che l’orlo della bocca del vaso e quello del versatoio sono entrambi arrotondati e sembrano ripiegati all’esterno; il secondo presenta un ispessimento più pronunciato, fatto che potrebbe indicare anch’esso un diverso metodo di fabbricazione. La piccola base a disco potrebbe essere stata realizzata separatamente e successivamente saldata al corpo. Anche in questo caso è possibile fare riferimento alle esigenze di decorazione dell’oggetto dal momento che un’ulteriore apertura sul fondo del vaso avrebbe dato maggior agio all’artigiano

 Y 1981, 113-114, fig. 73, pl. 59D-F; T ,Ö 1992, 119-120, 208, nos. 98-99. Nel caso di MM 14, inoltre, viene specificato che corpo e collo sembrano essere stati ricavati da un’unica lamina. Una simile realizzazione differenziata si riscontra anche in alcuni vasi di provenienza iraniana (Amlash) dotati, però, di spout tubulare (M 1997, 220,223, nos. 275, 279). Nelle brocche con lungo becco dal Luristan, invece, sembra che sia il corpo sia il versatoio siano ottenuti per martellatura (M 1974, 36). 298   Y 1981, 224-225; M 1988, 185; T , Ö 1992, 24. 299   British Museum, ME 123918. 297

  S 2005, 124, no. 125; A 2010, 405-406. Secondo la Studiosa, il modello originale sarebbe stato realizzato con l’ausilio del tornio, dal momento che un piccolo incavo, destinato a tenerlo fermo durante la formatura, è ancora visibile sul fondo del vaso. 301   A parità di dimensioni, il minor peso del vaso da Nimrud appare ancor più significativo se si considera che quest’ultimo possiede un ulteriore elemento, il versatoio indipendente, che manca in quello del Tesoro dell’Oxus. 300

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Aspetti morfologici, tecnici e funzionali

nell’esecuzione dei fregi della porzione inferiore del corpo, a maggior ragione se quest’ultimo fosse stato fabbricato in un unico pezzo. Questa soluzione è stata adottata, ad esempio, per molte delle già menzionate brocche a bocca trilobata rinvenute a Gordion. Secondo la ricostruzione, infatti, una volta terminata la sagomatura a martello, il corpo veniva capovolto e una nuova apertura, più regolare, per l’inserzione del collo veniva misurata a compasso e tagliata sulla sua sommità. La base, costituita da un basso disco di metallo martellato, leggermente concavo sul lato interno, veniva infine saldata al corpo del recipiente302. Nel caso in cui quest’ipotesi fosse corretta, la base sembra essere stata aggiunta con un lavoro molto accurato. L’ansa, verosimilmente realizzata almeno in parte a fusione303, presenta sul suo lato interno una lamina aurea fissata con tre piccoli chiodi o rivetti di cui uno di dimensioni maggiori (Fig. 2.40)304. L’estremità superiore della lamina non è visibile in fotografia, così come il suo punto di raccordo con la protome di serpente/dragone che si attacca sul bordo ed è realizzata a tutto tondo. Quella inferiore, invece, sembra costituire il lato interno della protome di leone, dal momento che non sembra potersi scorgere soluzione di continuità. Non è chiaro il motivo di tale aggiunta, né se il corpo dell’ansa sia cavo o pieno. Qualora quest’ultimo fosse stato realizzato cavo, come potrebbe suggerire l’aggiunta di una lamina interna piatta305, ottenuto per fusione o per martellatura, la presenza dei chiodi porterebbe a ipotizzare l’esistenza di un qualche riempimento al suo interno, sufficientemente consistente da rendere efficace la loro tenuta. Così nell’ansa potrebbe essere stato inserito del materiale plastico e compatto, come bitume o cera d’api, secondo un procedimento più frequentemente adoperato per accrescere la solidità di oggetti in lamina (piccola statuaria, protomi decorative di forme vascolari, elementi realizzati ad altorilievo, etc.)306, che trova parziali confronti tra i

Fig. 2.40 - Brocca IM 115618: lato interno del bordo e dell’ansa. Le frecce indicano i chiodi inseriti nel corpo dell’ansa (D 1998, Abb. 51, dettaglio; elaborazione grafica di I. Bucci).

materiali rinvenuti a Gordion. All’interno del manico di due brocche a bocca trilobata dal Tumulo MM307 è stata rinvenuta, infatti, una sostanza giallastra, probabilmente interpretabile come cera d’api308. L’aspetto delle protomi teriomorfe che costituiscono le estremità dell’ansa suggerisce, in ogni caso, che siano state eseguite a fusione; esse si innestano sul bordo e sulla spalla del vaso, dove sembra potersi intravedere il materiale saldante (Tavv. III, VI). Prima di affrontare gli aspetti relativi alla decorazione, si può ancora osservare, infine, che le superfici non decorate mostrano tracce di lucidatura come finitura. La decorazione L’analisi tecnica della decorazione è ugualmente di difficile soluzione. A causa della parzialità del materiale fotografico a disposizione, le ipotesi interpretative dovranno necessariamente focalizzarsi sui fregi che decorano la parte superiore del collo e il bordo del versatoio, gli unici dei quali sia visibile anche il lato interno. Le bande che ornano il collo, il corpo e il versatoio hanno dimensioni molto minute. Sulla base delle fotografie e delle misure riferite in bibliografia è stato possibile ricavare un disegno ricostruttivo di massima, dal quale emerge che la maggioranza dei fregi è alta meno di 1 cm309 (Fig. 2.41). È evidente,

 Y 1981, 225-226.  B 2006, 59. 304   Questo particolare è visibile in un’unica fotografia pubblicata. 305   Due lamine sovrapposte, delle quali quella inferiore è parzialmente ripiegata ai lati sopra quella superiore, compongono la maggioranza delle anse delle brocche da Gordion. Queste sono cave e sono fissate al bordo e al corpo del vaso da rivetti in metallo (Y 1981, 113-114, 225-226; T , Ö 1992, 24). Inoltre, tra le già citate brocche a bocca trilobata si trovano anse in cui la lamina superiore è lavorata in forma di due cilindretti accostati (Y 1981, 225), in modo paragonabile all’esemplare studiato. In nessun caso, tuttavia, la lamina inferiore sembra fissata a quella superiore tramite l’utilizzo di piccoli chiodi inseriti nel fusto. 306   M 1993, 136-137. Bisogna tenere a mente, tuttavia, che il riempimento in bitume, il quale spesso rivestiva un supporto di legno, era parte integrante del processo produttivo per la realizzazione della decorazione (M 1949, 99-100; M , P 1966, 653-654; M 1994, 228, 302 303

275). 307  Y 1981, 119-120, MM 36, 40, pl. 61M. 308   Y 1981, 226. Anche per questi manici, ottenuti dall’unione di due lamine come altri esemplari, non viene fatta menzione di chiodi inseriti nel corpo dell’ansa. 309   Questo dato è confermato D.G. Youkhanna (Y 2008, 103), mentre altrove si trovano riferimenti diversi alle dimensioni (C 2008a, 116). Certamente supera questa

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I. Bucci e F. Giusto

pertanto, il gusto miniaturistico dell’intero apparato decorativo, rilevabile in modo particolare nei registri figurati delle bande (a), (c) e (d)310. A questo si accompagna il delicato rilievo delle immagini, che sporgono appena rispetto alle porzioni lisce creando l’effetto di un raffinato ricamo sulla superficie. Secondo D.G. Youkhanna il vaso sarebbe stato riempito di bitume e decorato dall’esterno con ceselli a punta molto fine. Le tracce della presenza del bitume, necessario a garantire la solidità della forma al momento della decorazione, sarebbero, secondo lo Studioso, ancora visibili nel reperto311. Anche H. Born fa riferimento a quest’antica tecnica di lavorazione, notando all’interno del collo i contorni sfumati, talora quasi impercettibili, originati dalla decorazione312. Terminata quest’ultima, la piccola brocca sarebbe stata scaldata per farne fuoriuscire il bitume313. L’ipotesi che l’oggetto sia stato decorato dall’esterno sembra particolarmente valida per la maggioranza dei fregi decorativi della parte superiore del collo e del versatoio. Infatti, le fotografie del loro interno rivelano negativi che mal si adatterebbero a una decorazione che non fosse stata eseguita dall’esterno (Fig. 2.42.a). La campitura a guilloche della banda inferiore tra quelle che si trovano al di sotto del bordo, ad esempio, non lascia che tracce molto labili all’interno del collo, fatto che si può giustificare immaginando un delicato lavoro di cesello, eseguito agendo per compressione sulla superficie esterna del vaso. Le fasce con motivi vegetali che ornano il beaker d’argento rinvenuto nella stanza C6 di Forte Shalmaneser a Nimrud314 sono realizzate con la stessa tecnica e sono rivestite da sottili foglie d’oro315. Allo stesso modo potrebbe essere stata eseguita la banda

a embricatura che orna il versatoio; tale operazione giustificherebbe i loro negativi, che sembrano sporgere verso l’interno (Fig. 2.42.b). Il fatto che il retro del fregio superiore del collo appaia del tutto privo di segni, invece, può verosimilmente essere dovuto alle operazioni di finitura eseguite al termine della decorazione, probabilmente dopo aver saldato l’estremità superiore dell’ansa316. Le sottili cornici lisce che bordano le bande potrebbero essere state prodotte in parte incidendo la superficie esterna, come nel caso di quella sul versatoio, all’interno del quale non sembrano visibili tracce, in parte ricavate a sbalzo, come nel caso di quelle che delimitano la fascia figurata del decoro del collo (Fig. 2.42.a). Diversamente dai fregi appena analizzati, quello figurato collocato nella parte superiore del collo tra le due bande a guilloche potrebbe essere stato realizzato sia a sbalzo (o repoussé) dall’interno317, sia abbassando il piano di fondo dall’esterno. La prima tecnica, che trovò grande diffusione in antico, permetteva di eseguire decorazioni a rilievo premendo con appositi utensili sul retro della lamina e facendo emergere dall’altro lato l’immagine desiderata; per evitare che subisse eccessive deformazioni durante questa lavorazione, la lamina veniva solitamente poggiata su un supporto riempito di materiale plastico, ad esempio bitume318. Ottenuto il rilievo desiderato, la

  Il lavoro di cesello, che non prevede la rimozione di materiale dalla superficie, lascia sulla lamina un solco caratteristico, riconoscibile dall’ispessimento dei suoi bordi dovuto all’accumulo di materia che viene spostata. Se eseguito su un supporto cedevole come pece, legno o un blocco di piombo, lascia un’ulteriore cresta sul retro della lamina, assente, invece, nel caso in cui venga eseguito su un supporto duro, come un’incudine. L’ispessimento caratteristico dei bordi di un tratto a cesello può tuttavia essere rimosso mediante lisciatura della superficie (M 1949, 115-116). 317  C 2008a, 115; H 2014, 128. Il termine “sbalzo” (o “repoussé”), che precisamente identifica una decorazione realizzata agendo sul retro di una lamina di metallo, è adoperato nella pratica odierna per indicare genericamente tutti decori a rilievo, anche quelli frutto di un lavoro realizzato dall’esterno; questi rientrerebbero più correttamente, invece, nell’ambito della cesellatura (M 1949, 121; M ,P 1966, 652; M 1998, 113). Per non generare confusione, in questa sede ci si atterrà al suo significato originario. Per precisione terminologica, inoltre, è necessario aggiungere che la definizione di “repoussé” è generalmente impiegata in letteratura per indicare una decorazione ottenuta tramite l’utilizzo combinato di sbalzo e cesello (G 2010, 85; V B 2014, 51). È probabilmente in quest’accezione che viene adoperata da D. Collon e da M.M. Hussein l’espressione “chased repoussé” (C 2008a, 115; H 2014, 128). 318   Come nei lavori di cesello, potevano essere utilizzati anche altri supporti oltre alla pece, ad esempio legno e piombo (M 1949, 121; M ,P 1966, 652; G 2010, 85), sebbene questa fosse senz’altro la più adatta in caso di decorazioni elaborate e di superfici curvilinee quali quelle dei vasi. 316

misura la corona di petali disposta intorno alla base. 310   Per la partizione in registri dell’apparato decorativo e per una dettagliata descrizione degli stessi, si veda il Capitolo 3. 311   «Then it was filled with bitumen, and the friezes were hammered, using very fine chisels as some of the friezes are less than one centimetre high. The jug has a great number of scenes all around the neck and the body, with a lot of decoration on the bottom of the piece, and of course we can see the negative of the hammering on the inside of the jug. We can still see evidence of the technique of filling the jug with bitumen and hammering.» (Y 2008, 103). 312  B 2006, 59-61. 313  Y 2008, 103: «Then the jug was heated until the bitumen melted and could be poured away, as is still done in the coppersmiths’ bazaars in Baghdad, Mosul and other cities in Iraq, as well as other places in the Middle East.». Il metodo descritto da D.G. Youkhanna è impiegato ancora oggi anche in Occidente, come descritto da H. Maryon (M 1998, 125). 314  C ,R 1995, 143, no. 107. 315   M 1966, 428. Sebbene non venga esplicitamente asserito, sembrano realizzate operando dall’esterno con ceselli e/o strumenti da incisione anche le bande a guilloche e a spirale che decorano i recipienti in oro da Marlik (N 1983, nos. 7-15) e la celebre “coppa” aurea da Hasanlu IVB (W 1989a).

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Aspetti morfologici, tecnici e funzionali

Fig. 2.41 - Disegno ricostruttivo della brocca IM 115618 con segnalati i punti di saldatura visibili in fotografia, elaborazione grafica di I. Bucci.

Fig. 2.42.a-b - Brocca IM 115618: lato interno del bordo (a) e del versatoio (b) (D

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1998, Abb. 50, dettagli).

I. Bucci e F. Giusto

lamina era scaldata per essere staccata dal bitume319 e il disegno veniva generalmente rifinito dal davanti con strumenti da cesello e/o da incisione. A sbalzo erano decorate superfici sia piane sia curvilinee, con risultati anche molto diversi per dimensioni e aggetto delle immagini sbalzate. Per proporre alcuni celebri esempi di applicazione di questa tecnica durante l’età del Ferro, si possono menzionare le già citate coppe di produzione levantina320, tra le quali si ricorda il gruppo rinvenuto nel Palazzo Nord-Ovest di Nimrud321, alcuni beakers dall’Iran322, i recipienti in oro da Marlik323 e le fasce bronzee che ornavano le Porte di Balawat di Ashurnasirpal II e di suo figlio Shalmaneser III324. Tuttavia, bisogna considerare che, rispetto agli esemplari presentati, la realizzazione a sbalzo della decorazione figurata del nostro oggetto sarebbe stata assai più difficile, trattandosi di bande molto piccole su una forma chiusa di dimensioni minute. Per questo, richiamandosi a quanto anticipato poco sopra nel testo, è possibile ipotizzare una realizzazione del corpo in più parti. Ugualmente, è ragionevole che l’artigiano abbia dato precedenza alle bande sul corpo del vaso prima di saldare il collo, per avere una maggiore facilità nella lavorazione. L’osservazione di alcune figure molto simili tra loro conduce a un’ulteriore riflessione. È questo il caso, soprattutto, degli animali che compaiono nei registri con scene di caccia e in quello centrale. La loro somiglianza potrebbe far pensare a una realizzazione tramite punzoni figurati che, impressi sull’interno della lamina metallica, abbiano dato origine a immagini a rilievo sull’esterno, rifinite in seguito a cesello325. Questo procedimento, che era volto a semplificare il lavoro dell’artigiano nelle operazioni più ripetitive e che è stato proposto, ad esempio, per le Porte di Balawat di Ashurnasirpal II326, pone nel caso del reperto analizzato alcune problematicità in relazione alla possibilità dell’orafo di lavorare

agevolmente un contenitore chiuso di piccole dimensioni e rimanda a quanto già illustrato sulle diverse ipotesi di costruzione del vaso. In generale, però, è improbabile che si sia fatto ricorso a una simile tecnica a causa del carattere minuto delle immagini, che sovente si toccano tra loro sovrapponendosi parzialmente le une alle altre, e del delicato rilievo rispetto al piano dello sfondo. Un tale lavoro, infatti, avrebbe forse richiesto uno sforzo, in termini di fabbricazione di appositi strumenti pre-lavorati e di difficoltà pratiche di realizzazione, persino maggiore dell’eseguire le stesse immagini a mano libera327. Più verosimile, invece, è l’utilizzo di punzoni di forma semplice per la realizzazione di dettagli minori, adoperati per elementi decorativi anche di natura diversa, figurati e non, come illustrato da F. Onnis per le Nimrud bowls. Strumenti simili erano usati sia sull’interno sia sull’esterno della lamina328. Come alternativa allo sbalzo, lo spazio tra le immagini potrebbe essere stato abbassato a martello, in modo da fare emergere a bassorilievo le figure329. Anche questo metodo comportava che la lamina venisse posta su un supporto che ne impedisse la deformazione e poteva essere adoperato per superfici piane e forme vascolari330. Similmente allo sbalzo, tale tecnica trova attestazioni nelle coppe “fenicie”331 e nei beakers dall’Iran332. Nel caso in oggetto, la possibilità che lo sfondo sia stato 327   Sulla superficie poteva essere tracciato il disegno da eseguire a rilievo, così da avere un riferimento nel corso della lavorazione. 328  O 2009, 141, 143. Una parziale conferma sembra costituita da una delle coppe metalliche rinvenute nel Palazzo Nord-Ovest di Nimrud (F 2014b, 160-161, no. 53). Questa ha un diametro di 22 cm e presenta un medaglione centrale decorato da un motivo a stella. I sei registri concentrici che si dispongono intorno a quest’ultimo hanno dimensioni estremamente minute e sono campiti da figure schematiche di cervi o capridi pascenti che non mostrano sostanziali differenze le une dalle altre. Sebbene ripetitive, esse sono realizzate colpendo tre volte il retro della lamina con gli strumenti da sbalzo (F 2014b, 160), senza ricorrere all’utilizzo di un punzone figurato. Questo procedimento per realizzare le figure animali viene menzionato anche da F. Onnis (O 2009, 148). 329   Su questa tecnica, che va sotto il nome di chasing nella letteratura di lingua inglese, si veda: M 1949, 121; M ,P 1966, 652-653; M 1994, 216. 330   Per semplificare questo procedimento nelle forme vascolari, H. Maryon illustra diversi accorgimenti: all’interno del materiale plastico di cui si riempie il vaso si immerge un pezzo di legno, o un supporto simile, che permette di maneggiare comodamente il manufatto, eventualmente stringendolo in una morsa; in alternativa, l’oggetto può essere poggiato su di un cuscino di sabbia ed essere tenuto saldo al banco da lavoro tramite una staffa o una corda (M 1998, 125). Benché si faccia riferimento di lavorazioni artigianali moderne, è verosimile che anche in antico si facesse ricorso a simili accorgimenti. 331  M 1985b, 177-178, Cy 8; M 2000, 148. 332   M 1971, 301; M 1974b, 252. Una decorazione a bassorilievo realizzata mediante questa tecnica caratterizza, ad esempio, due beakers figurati conservati presso l’Ashmolean Museum (M 1971, 270-272, nos. 516-516A).

  A seconda della complessità del decoro da realizzare, come nel caso di un rilievo particolarmente alto, poteva essere necessario ripetere quest’operazione più volte e ricuocere il pezzo per evitare che andasse incontro a un eccessivo incrudimento. 320  M 1985b, 9-12; M 2000, 148-149; M 2007, 168. Per la decorazione di questi manufatti viene comunque sottolineato l’utilizzo di diverse tecniche. 321  O 2009, 141-143; C 2013, 138. 322   M 1997, 69-75, nos. 31-37; L 2008b, 217-225, n. 222-230. 323  N 1983, 12, 17, 19, 21, 23, 26-27, 30, nos. 8-15. 324  M 1949, 121; M ,P 1966, 655-656; M 1994, 276; S 2007, 18; H 2008, 24; C 2013, 138. 325   Sull’utilizzo di punzoni per realizzare decori di varia natura: M 1949, 124; M 1994, 216; G 2010, 86. 326  H 2008, 24. Sulla base di quanto affermato da F. Onnis (O 2014a, 163), tale procedimento sembra essere attestato anche nelle coppe “fenicie”. L’informazione, però, sembra piuttosto riferita ai motivi di piccole dimensioni che compongono la decorazione accessoria. 319

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Aspetti morfologici, tecnici e funzionali

abbassato a martello appare forse più verosimile, dal momento che la superficie del piano di fondo sembra essere un poco più bassa rispetto a quella dei registri non figurati e a quella non decorata. Una parziale conferma, inoltre, potrebbe giungere da due ulteriori osservazioni: da un lato nello spazio tra le figure, caratterizzato da una superficie più opaca rispetto a queste ultime, sembrano potersi riconoscere evidenti tracce di lavorazione333; dall’altro, le porzioni di sfondo lasciate libere dalla decorazione hanno un profilo interno leggermente convesso. Le opzioni appena presentate, tuttavia, possono considerarsi entrambe plausibili in linea generale e, inoltre, non è forse da escludere un utilizzo combinato delle due tecniche334.

in studio, o curvilinee o essere disposti a comporre disegni più complessi337. Tra gli ori delle Tombe delle Regine di Nimrud, la granulazione è stata impiegata, ad esempio, per decorare gli elementi floreali della corona (IM 115619) rinvenuta all’interno dello stesso sarcofago della brocca analizzata338. Considerazioni conclusive L’analisi degli aspetti tecnici, benché, come si è più volte ricordato, non possa definirsi definitiva in assenza di un esame diretto del reperto, conferma la complessità tecnica del manufatto e suggerisce d’individuare all’origine della sua produzione una bottega di alto livello, probabilmente al servizio della committenza regia. Riguardo alla fabbricazione del recipiente sono state ipotizzate diverse possibili soluzioni e, anche sulla base dei confronti con forme affini, sembra possibile immaginare una realizzazione differenziata di almeno alcuni degli elementi della sua anatomia. Similmente, anche per la decorazione, la cui difficoltà tecnica è implicita nel carattere miniaturistico del delicato rilievo delle immagini, specialmente delle bande figurate, sono state proposte diverse interpretazioni, inevitabilmente limitate dalla parzialità della documentazione fotografica a disposizione. La piccola brocca è probabilmente frutto di un raffinato lavoro di artigiani orafi, esperti nella lavorazione di oggetti preziosi e in grado di padroneggiare diversi metodi tecnici. Tuttavia, non sembra possibile individuare in questo reperto elementi di discrimine che permettano di ascriverlo a uno specifico ambito di provenienza sulla base delle sole tecniche di produzione, le quali sono da riferire piuttosto a un bagaglio di saperi tecnici diffusi nel Vicino Oriente di I millennio a.C.339. Le osservazioni presentate in questa sede costituiscono un approfondimento che, portando l’attenzione su aspetti altrimenti poco trattati nella bibliografia sul tema, pur mettendo in luce le criticità di questo studio, pone ancora una volta in risalto l’unicità di questo eccezionale ritrovamento.

A questo punto, è utile presentare alcune considerazioni riassuntive. Immaginando che bande decorative che presentano motivi analoghi siano state eseguite mediante gli stessi metodi di lavorazione ed estendendo, dunque, quanto dedotto dall’osservazione dell’interno del collo e del versatoio anche agli altri fregi, si può ipotizzare che: 1. le bande che presentano una decorazione non figurata (guilloche, embricatura, dotted crosshatching, motivo a petali) siano state realizzate operando dall’esterno del vaso e ricorrendo a diverse tecniche, quali cesellatura e incisione; 2. le bande che presentano una decorazione figurata siano state eseguite a sbalzo dall’interno o abbassando a martello il piano di fondo dall’esterno, o ancora mediante una combinazione delle due tecniche, e siano state rifinite a cesello e a incisione. Infine, l’ansa mostra alle sue estremità due protomi teriomorfe, verosimilmente realizzate a fusione e rifinite a cesello, e presenta un solco verticale che la divide superficialmente in due porzioni eguali. All’interno di quest’ultimo si trova una fila di piccole sfere eseguite a granulazione335, una tecnica conosciuta sin dal III millennio a.C.336, ma attestata soprattutto nei gioielli; è notevole, dunque, che la si trovi come decorazione accessoria di un vaso. Essa consiste nell’applicare su una superficie metallica minuscole sfere, con un lavoro tanto accurato da rendere spesso invisibili a occhio nudo i punti di saldatura. I grani possono essere allineati in file diritte, come nel caso

337   Per una disamina dei diversi procedimenti impiegati per realizzare decori a granulazione e per la storia di questa tecnica: M 1949, 110-113; C 1974; C 1983; L 1993; M 1994, 230-231; G 2010, 100106. 338  Y 2008, 104, pls. V-VI. 339   A questo proposito è possibile ricordare quanto proposto da M.H. Feldman per le Nimrud bowls: «Recent examination of specific production techniques among the bronze bowls found at Nimrud reveals no clear-cut patterns of execution that can be paired with style and thus suggests that all the vessels belong to a generally shared practice of metalworking, which was nonetheless decentralized and diffuse in its actual workshop production.» (F 2014b, 157).

  A questo proposito è utile ricordare quanto affermato da H. Maryon: «In pushing down the background the punches tend also to roughen it, breaking up the light reflected from it. The pattern therefore may stand out by contrast of texture as well as by virtue of its superior relief.» (M 1949, 121). 334  M 1949, 121. 335  C 2008a, 117. 336   M -H 1971, 36; M 1994, 230-231; G 2010, 101; V B 2014, 97. 333

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I. Bucci e F. Giusto

2.3 I

Il versatoio con il filtro incorporato al suo interno è stato da alcuni studiosi accostato alla pratica comune nel Vicino Oriente antico di bere la birra tramite una cannuccia343. È stato inoltre rilevato come, in ambito frigio, gli esempi in ceramica e soprattutto in metallo rinvenuti nelle tombe principesche di Gordion testimonino come il possesso di questa specifica forma vascolare potesse essere di esclusiva pertinenza degli individui appartenenti alle classi sociali più elevate della comunità344. Così l’uso di bere la birra per mezzo delle side-spouted sieve jugs avrebbe forse costituito un marcatore di status sociale, essendo considerata una pratica più “raffinata” del sorbire la bevanda attraverso una cannuccia. Una seconda possibilità è costituita dal vino. È stato infatti ipotizzato che gli esemplari di sidespouted sieve jugs in metallo provenienti da Gordion potessero fare parte di un set di recipienti per il consumo del vino345. Sulla base di questi esempi D. Stronach propone che la brocca in oro da Nimrud potesse essere stata usata per contenere la medesima bevanda346. Anche per le cosiddette beer-jugs filistee347 e per le forme cipriote della tarda età del Bronzo348 è stato ipotizzato come possibile contenuto il vino. Nell’antichità infatti venivano aggiunti al vino vari ingredienti per migliorane il sapore, come miele, spezie, erbe e frutta, da cui derivava la necessità di filtrare il liquido prima di sorbirlo349.

È possibile formulare diverse ipotesi circa la funzione che può assolvere il tipo della strainer-spouted jug o side-spouted sieve jug, al quale appartiene la brocca da Nimrud. Date le caratteristiche morfologiche degli oggetti, il loro impiego è strettamente legato alla presenza del filtro e, pertanto, a un contenuto liquido che necessiti di essere filtrato in entrata o in uscita dal recipiente. Alcuni autori considerano questa forma come parte di un servizio da tavola e le attribuiscono la funzione di contenitore per bevande, come birra, vino o infusi di erbe. Altri, invece, ne propongono un utilizzo per la produzione di olii e acque profumate o per altri scopi genericamente connessi alla presenza del filtro. Il contesto funerario di rinvenimento di numerose brocche, come anche di quella in oro da Nimrud, porta inoltre a considerare l’ipotesi di un utilizzo di tale forma vascolare nel corso di rituali funerari. Bisogna ricordare infine che la brocca potrebbe essere stata deposta all’interno del corredo semplicemente in quanto simbolo dell’alto status sociale della defunta. Il contenuto Tra le proposte riportate con maggior frequenza dagli studiosi vi è l’uso della strainer-spouted jug per il consumo di bevande quali birra, vino o infusi di erbe. Una delle ipotesi più accreditate per il contenuto è costituita dalla birra340. Il filtro alla base del versatoio servirebbe, infatti, a depurare la bevanda mantenendo all’interno del vaso i sedimenti rimasti dal procedimento di produzione341. L’uso delle strainer-spouted jugs per il consumo della birra è stato ipotizzato in particolare per le forme filistee, conosciute in letteratura anche come beer-jugs342.

D

-M 1999, 124; H 2004, 91.  S 1977, 109-110. Nonostante in genere tali “cannucce” fossero probabilmente costituite di materiale deperibile, tuttavia in alcuni casi ci sono pervenute le estremità inferiori di questi oggetti, fabbricate in osso, bronzo o rame, e costituite da cilindri percorsi da una serie di fori (D -M 1999, 115; H 2004, 86, 88). Una punta in oro appartenente in origine a una simile cannuccia è stata rinvenuta nella tomba della regina Puabi, all’interno della Necropoli reale di Ur (D -M 1999, 115). 344   ‹‹The relative scarcity of these shapes in the early seventhcentury city suggests their use by a privileged few, as does their placement in quantity in wealthy, presumably royal, tumuli which antedate the city’s destruction. It was most likely the ordinary Phrygian who, unable to afford or warrant such finery, continued drinking his beer through a straw.›› (S 1977, 111). Secondo R.S. Young tuttavia ‹‹If indeed the shape was a luxury item, there seems to have been more than a single grade of luxury. The examples from the city are almost always of ordinary, albeit fine quality, monochrome wares which offer considerable contrast with the elegant painted and relief sieve jugs of the tumuli.›› (Y 1981, 253). 345  M 1980, 195-196. 346  S 1995, 185-186. 347   S 1995, 345; D -M 1999, 59; Y L 2008, 224-225. 348   C 2011, 150-151, 160. Per quanto riguarda queste forme è stato anche proposto che l’operazione di filtraggio del vino fosse dovuta alla presenza di bucce d’uva, lasciate appositamente per aiutare il processo di fermentazione (C 2011, 151, nota 742). 349  D -M 1999, 32-33, 36-37; B 2001, 108; G 2012b, 237-238. Nella città di Shiloh, in Israele, in un 343

340   Per le strainer-spouted jugs fenicie: C 1972, 148; A 1990, 40; per le beer-jugs filistee: D -M 1999, 124; H 2004, 91-92; per le forme da Gordion: S 1977, 109-110; D V 1980, 35. A Gordion, all’interno di alcuni degli ambienti destinati alla lavorazione dei cereali (Terrace Building), sono state forse individuate tracce di produzione della birra (D V 1990, 386). C. Mee suggerisce un tale contenuto anche per le forme micenee rinvenute a Rodi, ipotizzando il consumo di birra da parte dei Micenei alla fine della tarda età del Bronzo (M 1982, 39). Un contenuto analogo è stato proposto anche per le forme cipriote dello stesso periodo, che sarebbero funzionali al consumo di bevande di tipo alcolico quali birra e vino (C 2011, 150-151, 160). 341  S 1977, 109; D V 1980, 35; D -M 1999, 115; M G 2000, 25; H 2004, 86. Ad esempio, erbe aromatiche e dolcificanti (come lo sciroppo di datteri) venivano aggiunte durante il processo di produzione per facilitare la fermentazione e per conferire gusti particolari. In età neoassira sono documentati alcuni tipi di birra caratterizzati dalla presenza di frutta o spezie; una varietà particolare è costituita ad esempio dalla bevanda denominata nei testi ṭīṭu, probabilmente da identificare con una birra di fichi (G 2012b, 230-231). 342  A 1969, 266-267; Y 1981, 65; D 1982, 132;

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Aspetti morfologici, tecnici e funzionali

Tra le altre ipotesi vi sono anche quelle che prendono in considerazione una miscela delle due bevande cui poteva essere aggiunto anche il miele350. G.K. Sams invece spiega la presenza di side-spouted sieve jugs all’interno del Tumulo P di Gordion, una tomba infantile, ipotizzando come contenuto del vaso un qualche tipo di bevanda analcolica a base di cereali cotti, forse una specie di porridge351. Un altro contenuto plausibile è costituito da infusi di erbe o tisane352. A sostegno di quest’ipotesi W.P. Anderson evidenzia come due esemplari di strainerspouted jugs filistee presentati da T. Dothan in associazione a due tazze o coppe353, possano far pensare ad una sorta di “servizio da tè”354. Riguardo a questo uso pare interessante rilevare come ancora oggi esistano in commercio teiere dotate di ansa a 90° e filtro disposto nella parete interna in corrispondenza del versatoio. Tra gli infusi di erbe non si possono escludere anche preparati a scopo

curativo. Dai numerosi testi pervenutici sappiamo, infatti, che piante e minerali polverizzati venivano usati moltissimo nella medicina mesopotamica355. Sovente le ricette includevano la preparazione di decotti o infusi, in cui le diverse parti delle piante erano preparate in vari modi e miscelate con acqua, birra, vino o latte356. Gli stessi vino e birra compaiono sovente tra le prescrizioni mediche357. A tale proposito M.S. Damerji ha presentato recentemente una piccola fiaschetta dotata di una coppa presso l’orlo rinvenuta nella Tomba III delle Tombe delle Regine di Nimrud: l’Autore ipotizza che tale oggetto fosse appartenuto in origine a Mullissu-mukannishat-Ninua e che venisse utilizzato per contenere un medicinale. La presenza della coppa presso l’orlo, così come il piccolo foro della bocca del recipiente, sarebbero funzionali a far uscire una quantità molto limitata di liquido, non più di poche gocce358. Per quanto concerne i contenitori di medicinali, una testimonianza interessante è inoltre offerta dai vasi dotati di versatoio e decorati da piccoli serpenti – che spesso vanno a tuffare la testa presso l’imboccatura della pipetta – documentati per diverse aree del Vicino Oriente tra la fase Obeid delle culture preistoriche e l’età Isin-Larsa359. D. Krumholz McDonald ha ipotizzato che tali recipienti venissero utilizzati per contenere delle pozioni mediche, menzionate dai testi, nelle quali ad un liquido – sovente vino – era mescolato veleno di serpente oppure vi veniva immerso il rettile stesso360.

contesto databile all’XI secolo a.C., sono stati rinvenuti vicini una brocca, un filtro e un mucchietto di uva sultanina. Quest’ultimo è stato interpretato come il residuo di vino aromatizzato con tale frutta (D -M 1999, 36). Per l’età neo-assira abbiamo testimonianza dai testi dell’esistenza di particolari vini filtrati (G 2012b, 237). È stato ipotizzato inoltre che durante i banchetti presso la corte assira piante aromatiche diverse venissero immerse nel vino e nella birra per profumare e aromatizzare le bevande, come viene supposto per la pianta chiamata sūsu, identificabile forse con la liquirizia o il lentisco (G 2012b, 241). 350   H 2004, 92. Le analisi chimiche condotte su alcune forme vascolari in metallo (anche se non sulle side-spouted sieve jugs) dai tumuli principeschi di Gordion di età frigia hanno rivelato una miscela di birra, vino e idromele (M G 2000, 24-25; S , M G , M 2001, 28; H 2004, 92). I medesimi risultati hanno rivelato le analisi su vasi micenei della tarda età del Bronzo (M G 2000, 27). 351  S 1977, 110, 112. ‹‹Although beer is the most obvious beverage for which these vessels were intended, it is conceivable that they were used also for unfermented grainy concoctions such as thin malted porridges or gruels.›› (S 1977, 110). Il fatto che all’interno del Tumulo P le brocchette con filtro in ceramica siano relativamente numerose (TumP 73-78) e che tra esse non si trovino esemplari in bronzo, potrebbe inoltre suggerire che fossero impiegate per contenere una bevanda a base di latte. La conservazione e il consumo di un simile prodotto in recipienti di bronzo avrebbero, infatti, potuto compromettere la salute del bevitore causando disturbi epatici, in modo particolare nei bambini (K 1995, 202). 352  A 1990, 40. Secondo l’Autore ‹‹Use as a “teapot” is a strong possibility. The overall design of the vessel shape is perfectly suited to the steeping and pouring of a hot beverage made from loose leaves.››. Un simile contenuto è stato anche ipotizzato da C. Mee per le forme micenee (M 1982, 39). 353   A Beth-Shemesh, strato III: D 1982, pl. 50, fig. 22.1; i due pezzi sono stati rinvenuti all’interno di un silos assieme a diversi altri frammenti ceramici (D 1982, 148). A Tell elFarʽah, Tomba 601: D 1982, pl. 52, fig. 26.1. 354   ‹‹The decorative schemes display a variation analogous to coffee or tea settings of both east and west in modern times; there is a possible association with small cups for sipping.›› (A 1990, 40).

Modalità di impiego Ipotizzando come contenuto un liquido che necessitasse di essere filtrato, ci si può chiedere  B 1995, 1911; F 2012, 238.  B 1995, 1915; R 1995, 49-50, 53, 58; F 2012, 242-244. Tra i procedimenti di preparazione del medicinale ve ne era uno che richiedeva di bollire e filtrare la bevanda miscelata con erbe per mezzo di un bricco di bronzo (F 2012, 244). Tra i testi medicinali in accadico provenienti da Boğazköy, databili al XIII secolo a.C., vi è una ricetta che prescrive: ‹‹you mix (the ingredients) in the first-quality beer, you let it spend the night under the stars, in the morning you strain the first-quality beer and you give it to him to drink.›› (R 1995, 49). Similmente in un altro manuale troviamo scritto: ‹‹you place (the three herbs steeped in beer) before the Goat star (variant: the stars of the night), you draw a circle around it, in the morning […] you strain it, he drinks it without eating.›› (R 1995, 58). 357  B 1995, 1917. 358  D 2013, 13. L’Autore presenta diversi esempi di simili fiaschette rinvenute nell’area del Levante e della Siria per l’età del Ferro, e li paragona a un recipiente simile raffigurato in un rilievo da Ninive e in due rilievi da Karkemish (D 2013, 13-14). 359  K M D 1994, 21-22. Ad esempio si veda D 1952, 38, 53, 81, 92-93, 111, 143, fig. 63:4, pls. 91cd, 92. 360  K M D 1994, 21, 24-25. Numerosi preparati che facevano uso di serpenti necessitavano inoltre di essere filtrati ( K M D 1994, 24). 355 356

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quali fossero le modalità di impiego di una strainerspouted jug. Esse potevano essere due: utilizzare la brocca esclusivamente per filtrare la bevanda, la quale veniva poi versata in un secondo recipiente (presumibilmente atto a consumare direttamente il liquido), oppure bere direttamente dal beccuccio costituito dal versatoio. La prima ipotesi dà adito a due diverse interpretazioni. Quella maggiormente sostenuta dagli studiosi consiste nel riempire la strainer-spouted jug del liquido che si desidera filtrare attraverso l’apertura del collo, per poi versare la bevanda in un secondo recipiente facendola uscire dal versatoio361. In questo modo il filtro manterrebbe all’interno del vaso i residui, permettendo invece al liquido di uscire. Come è stato osservato, un collo alto e dal diametro ridotto (come nel caso delle forme fenicie, filistee e di molte di quelle dell’antico Regno d’Israele) renderebbe difficoltosa la rimozione dei residui rimasti all’interno del vaso, rimozione che invece sarebbe facilitata nel caso degli esemplari dotati di un’imboccatura larga e bassa362. Al contrario, si potrebbe anche compiere il primo passaggio versando il liquido dentro il vaso attraverso il versatoio: in questo caso il filtro manterrebbe i residui di maggiori dimensioni all’esterno del vaso stesso363. Questo tipo di operazione ovviamente è resa più agevole in quei casi in cui il versatoio si presenti largo e parzialmente scoperto e il collo del recipiente sia invece molto stretto. La seconda ipotesi considera l’idea di bere direttamente dal vaso stesso, appoggiando la bocca al versatoio e tenendo la brocca sollevata con la mano destra364. Tale proposta è stata avanzata per alcuni degli esempi di side-spouted sieve jugs rinvenuti a Gordion365, ma non è tuttavia condivisa a livello unanime366. È stato messo in evidenza come proprio la posizione dell’ansa a 90° gradi rispetto al versatoio renda possibile pensare a una tale modalità

di utilizzo: infatti le brocche atte a trasferire liquidi da un contenitore all’altro sarebbero caratterizzate, al contrario, da un’ansa situata in asse con il versatoio367. Le caratteristiche morfologiche del vaso da Nimrud parrebbero giustificare entrambe le modalità d’uso. Per quanto riguarda la prima ipotesi, da una parte la forma del versatoio, largo e parzialmente scoperto, e la sua posizione obliqua, che forma un angolo acuto con la parte superiore del corpo del vaso, rendono possibile riempire il vaso attraverso il versatoio e compiere un’operazione di filtraggio all’esterno. Dall’altra è plausibile immaginare che, dato il diametro piuttosto ampio del collo, sia riempire il vaso che pulire il filtro dall’interno siano operazioni parimenti semplici. Proprio questa caratteristica, ossia l’ampiezza del collo, porta a propendere per un filtraggio effettuato dall’interno: essa, infatti, non risulterebbe necessaria se il recipiente fosse invece riempito dal versatoio. Tuttavia, anche la seconda ipotesi non sembra da escludere. Infatti la forma “a lunetta” del versatoio e il suo diametro ridotto paiono ben adattarsi alla forma della bocca. Le piccole dimensioni del vaso e la bassa capacità, inoltre, permetterebbero di consumare facilmente il liquido all’interno in maniera che non si rovesci. Va rilevato, infine, che la disposizione dell’ansa a 90° nella brocca comporta due conseguenze: da un lato il movimento richiesto per versare il contenuto fa sì che il polso e la mano che impugna l’ansa esercitino un controllo minore sulla brocca e abbiano meno forza. In questo modo saremmo in grado di maneggiare solo un recipiente di piccole dimensioni e dal contenuto ridotto, come il vaso da Nimrud. Inoltre, il fatto che il liquido fuoriesca con un angolo perpendicolare rispetto al punto da dove parte il movimento, cioè l’impugnatura, fa sì che venga versata una quantità minore di liquido, e questo aiuterebbe i residui a rimanere sul fondo della brocca.

  L

1981, 281; M 1982, 39; A 1990, 40; 2001, 109. 362  A 1990, 40. 363  L 1981, 281; A 1990, 40. Una tale modalità d’uso è stata proposta già da O. Tufnell facendo riferimento ad un esempio di strainer-spouted jug rinvenuto negli scavi di Lachish: ‹‹That the jugs were filled through the spout affixed to the side is indicated by type 362, for the perforated top could not be used for the purpose, though a thin liquid could be sprinkled from it. The spout was apparently left open so that some kind of sediment could be removed easily, for it would hardly be practical (assuming that the strainer were necessary) to pour the concoction through the narrow neck and clean the vessel afterwards.›› (T 1953, 320). 364   H 2004, 86, 91. Una tale modalità di bere è diffusa ancora adesso in Giordania con forme ceramiche simili chiamate ubriq (S 1994, 274). 365  S 1977, 111; Y 1981, 251. 366   ‹‹I wonder if Young ever tried this; to control such a flow requires great skill and dexterity. The existence of open spouts on these jugs makes such a manoeuvre unlikely.›› (M 1980, 196). 361

La capacità

B

Sulla base di un disegno ricostruttivo di massima, ricavato dal materiale fotografico disponibile, è stata calcolata la capacità dell’oggetto studiato, immaginando che esso potesse essere riempito a diversi livelli368. Infatti, sebbene la morfologia del vaso suggerisca che il contenuto non superasse il limite inferiore del versatoio o forse, data l’angolazione di quest’ultimo369, il livello dell’attacco  D -M 1999, 124; H 2004, 91.   Tale calcolo è da considerarsi approssimativo dal momento che non si conosce lo spessore delle pareti del vaso. 369   La posizione e l’angolo di inclinazione del versatoio incidono notevolmente sulle possibilità d’utilizzo del vaso. Su questo argomento è utile ricordare quanto affermato da G.K. Sams a proposito delle side-spouted sieve jugs di Gordion: ‹‹Several of the sieve jugs from Tumulus P and also TumW 61 are of awkward 367 368

76

Aspetti morfologici, tecnici e funzionali

Fig. 2.43 - Disegno ricostruttivo della brocca IM 115618: nella sezione sono riportate le misure relative alla sua capacità (elaborazione grafica di I. Bucci).

del collo, la presenza del tappo di legno, posizionato all’interno del versatoio, ha suggerito di effettuare ulteriori misurazioni, considerando possibile che il recipiente fosse riempito fino al di sotto del bordo. Questo accorgimento, infatti, può difficilmente essere spiegato se non con la necessità di colmare il vaso oltre il livello consentito dai fori praticati nella parete in corrispondenza del versatoio370. I calcoli hanno

così restituito come risultato una capacità di circa 23 cl fino all’estremità inferiore del versatoio, 37 cl fino a quella del collo e 45 cl al di sotto del bordo (Fig. 2.43). In genere, un volume compreso tra 15 e 360 cl, con una media di 70 cl, viene proposto per il vasellame da servizio ad uso individuale371, mentre si ritiene che i recipienti destinati al consumo diretto di bevande siano normalmente di dimensioni minori rispetto a quelli per il servizio e presentino una capacità inferiore372. È utile ricordare a questo proposito che un bicchiere da tavola moderno contiene in media 20 cl di liquido. Sulla base di queste considerazioni, la capacità della

design because the spouts were so affixed that the vessels could not have contained much liquid unless they were held in the hand with the spout slanting upward. Seemingly the ideal type of spout was one whose position, angle, and length would have allowed the vessel to be adequately filled while standing. Jugs from the Destruction Level come close to meeting these standards, although none of the well-preserved examples could have been filled to the brim without an overflow through the spout. 816, for example, allowed filling to about mid-neck, while 821, 823, and 826 would, if standing, have overflowed when the level of the liquid reached mid-shoulder.›› (S 1994, 68). 370   È forse possibile supporre che il tappo, occludendo una delle due aperture, avesse la funzione di proteggere il contenuto riducendone il contatto con l’aria. Tale caratteristica renderebbe la brocca adatta a contenere sostanze quali olii molto fluidi o acque profumate, che potevano facilmente evaporare o perdere la

propria fragranza. Quest’ipotesi, tuttavia, sembra poco plausibile data la morfologia del recipiente e in particolare l’ampia apertura del collo. Per una trattazione sui contenitori di olii e profumi si rimanda al sottoparagrafo dedicato. 371   J 1995, 35. Per una definizione delle caratteristiche generali dei vasi atti a versare liquidi, si veda J 1995, 31. 372  J 1995, 35. Le analisi sul campione analizzato da K. Juhl hanno confermato per la categoria drinking vessels (Vessel group K) un volume corrispondente a 20-70 cl, nella maggioranza dei casi inferiore a 70 cl (J 1995, 93-94).

77

I. Bucci e F. Giusto

brocca da Nimrud potrebbe costituire un elemento a favore di una sua interpretazione come recipiente destinato al consumo diretto del contenuto, anche se non permette di escludere che essa potesse essere utilizzata per trasferire il liquido da un vaso di maggiori dimensioni a una coppa o a un bicchiere. Una parziale conferma a favore di quest’ipotesi potrebbe giungere dalla ricostruzione della misura della capacità dei vasi neo-assiri sulla base dell’analisi delle fonti testuali. I principali recipienti destinati a conservare e servire liquidi come birra e vino, infatti, sembra ospitassero una quantità di gran lunga superiore a quella del reperto oggetto di studio, in tutti i casi superiore al litro373. Tra i contentori utilizzati per trasferire liquidi, le situle per attingere acqua (acc. dālu) sono menzionate nei testi con due diverse misure di capacità (1 o 2 qû); la minore corrispondeva probabilmente a valori tra 80 e 180 cl circa, a seconda del sistema metrologico di riferimento374. Infine, all’interno delle Nimrud Wine Lists viene fatto riferimento all’utilizzo di un’unità di misura standard per la distribuzione di vino denominata kāsu e corrispondente all’incirca a 20 cl o una tazza375. È possibile che avvicinandosi tale quantità a quella calcolata alla base del versatoio della brocca da Nimrud, quest’ultima potesse ospitare una misura kāsu. Le considerazioni appena presentate potrebbero, tuttavia, non essere determinanti dal momento che la forma analizzata risulta praticamente estranea al repertorio vascolare neo-assiro. È utile allora fare riferimento ad alcuni dei materiali individuati come confronti, tra cui quelli più convincenti provengono dall’Anatolia centrale (Gordion, Alişar Höyük). La comparazione dei recipienti sulla base della loro capacità, però, non è priva di difficoltà, mancando spesso all’interno delle pubblicazioni i riferimenti a questo parametro. Le poche informazioni sono relative ai materiali ceramici della fase anticofrigia di Gordion pubblicati da G.K Sams376, dove la

capacità è calcolata alla base del collo377. Per quanto riguarda le side-spouted sieve jugs, i valori sono solo in parte confrontabili con quelli della brocca da Nimrud, dal momento che variano da 37 a 87 cl378. Selezionando solo i valori riferibili ai recipienti del Tipo 3, il più vicino al reperto analizzato379, si hanno invece valori da 44 a 66 cl380. Questo dato, tuttavia, non stupisce dal momento che, sebbene siano di altezza simile, questi esemplari mostrano un addome più espanso. Riguardo alle brocche in ceramica rinvenute ad Alişar Höyük, invece, è stato possibile ricavare la capacità dei due esemplari morfologicamente più simili (Figg. 2.24-2.25) e verificare che le misure ottenute sono comparabili a quelle del manufatto in oggetto381. Sempre nell’intento di proporre alcune suggestioni in merito alle due ipotesi di utilizzo del vaso, possono essere prese in considerazione, oltre alle giarette con filtro, altre forme da Gordion aventi dimensioni e volume vicini all’esemplare studiato. A questo proposito, le numerose brocche con collo stretto e bocca trilobata (narrow-necked trefoil jugs)382 sono particolarmente interessanti: quelle appartenenti alla taglia più piccola, infatti, hanno un’altezza al bordo di 11-12 cm e una capacità media piuttosto ridotta (23-43 cl)383, talora persino inferiore a quella minore della brocca in oggetto. Poiché queste forme vengono generalmente interpretate come vasi per versare liquidi384, non si potrà escludere un simile impiego anche per la piccola brocca da Nimrud.

377   Questo è valido per tutte le forme trattate in questa sede, mentre per le altre può essere presente la capacità a livello del bordo. All’interno del catalogo si veda la voce “capac.-neck” (capacity to base of neck) (S 1994, 199). 378  S 1994, nos. 824 (Tipo 2), 828-829, 834 (Tipo 3), 835 (ambiguous), pls. 95-96, 98. 379   Si veda in questo capitolo il Paragrafo 2.1. 380   Il campione in realtà è poco rappresentativo, giacché la voce relativa alla capacità è presente in sole tre voci di catalogo riferibili al Tipo 3 (nota 378). 381  V O 1937, 365, 387, e 2249, fig. 414; 366, 388, d 514, fig. 415. La capacità è stata calcolata a partire dai disegni pubblicati ( O 1937, pl. VIII). Come nel caso della brocca da Nimrud, pur in assenza di un tappo, le misure sono state prese alla base del versatoio, alla base del collo e al di sotto del bordo (e2249: 19 cl, 40 cl, 45 cl; d214: 20 cl, 35 cl, 39 cl). 382   Per l’analisi di questa forma ceramica e delle sue varianti: S 1994, 57-61. 383  S 1994, 58. Anche per questi reperti la capacità è misurata alla base del collo. 384  S 1994, 58. Sebbene la forma di questi recipienti suggerisca che essi fossero normalmente impiegati per versare liquidi, i rinvenimenti riferibili al Destruction Level ne testimoniano un utilizzo come contenitori per diverse funzioni, soprattutto nel caso degli esemplari di maggiori dimensioni. Alcuni di questi, ad esempio, contenevano cereali o legumi (D V 1990, 385386).

373  G 2007, 155-162, Charts 1, 4. Tra i recipienti inseriti da S. Gaspa in questa categoria (vessels for storing and serving beverages), il minore, denominato šazamû, sembra fosse utilizzato per contenere due tipi di vino e fosse connesso nei testi a libagioni (G 2007, 162). La sua capacità era probabilmente compresa tra i 240 e i 550 cl circa, in base ai diversi sistemi metrologici (G 2007, 179). In generale, rimane ancora problematica l’attribuzione di precise quantità di liquido alle unità di misura riportate nei documenti così come la capacità da assegnare alle diverse tipologie di contenitori di cui viene fatta menzione. 374  G 2007, 163-164, Chart 4. 375   K W 1972, 114-115, 117; F 1994, 369; S 1995, 179. Più precisamente, la quantità corrispondente a una misura kāsu (= 1/10 di un qû) varia a seconda del sistema metrologico da 8 a 18,4 cl (G 2007, 168). 376  S 1994.

78

Aspetti morfologici, tecnici e funzionali

Contesto di utilizzo P.R.S. Moorey mette in luce l’esistenza nel Vicino Oriente antico di veri e propri set in metallo funzionali al consumo del vino: si tratterebbe di un insieme di diverse forme vascolari in cui ogni pezzo veniva usato per compiere un diverso passaggio della bevanda385. In modo simile anche H.-G. Buchholz rileva come nel Levante i filtri386 andassero a comporre, assieme a brocche e coppe, un set di recipienti funzionale a bere il vino secondo una modalità rituale387. Esempi di “servizi da vino” in metallo sono stati rinvenuti in Egitto e in Israele per la tarda età del Bronzo e la prima età del Ferro e sono costituiti da una brocca, un filtro e una piccola coppa388. Un’interessante testimonianza circa l’uso di tali oggetti è costituita, ad esempio, da una raffigurazione in una tomba di Tell el-Amarna389 (Fig. 2.44). Anche i mestoli verrebbero utilizzati per sorbire il vino, in particolare in associazione a coppe e calderoni; tuttavia l’uso di tali oggetti sarebbe limitato, per la prima metà del I millennio a.C., all’area centro-anatolica e iranica, mentre troverebbe invece grande diffusione in età achemenide390. Per quanto riguarda l’area assira, i “wine sets” sarebbero formati da calderoni, situle (in particolare quelle decorate da protomi zoomorfe) e filtri391, cui si possono forse aggiungere le coppe dotate di versatoio

Fig. 2.44 - Raffigurazione della regina Nefertiti che versa il vino per il faraone Akhenaten, Tell el-Amarna (D’A 1878).

e, in un caso, filtro interno392. Anche le coppe, in particolare quelle in metallo, sarebbero parte di set funzionali al consumo cerimoniale di vino393. Per quanto concerne nello specifico le strainerspouted jugs, è stato supposto che potessero essere utilizzate per trasferire una bevanda da un recipiente ad un altro, come sostiene P.R.S. Moorey in riferimento agli esempi da Gordion: ‹‹It seems more probable that these jugs were for transferring liquid from the large, deep blending bowls to the drinking bowls, extracting alien matter in the filter as this was done.››394. Il fatto che le side-spouted sieve jugs dei tumuli principeschi frigi venissero utilizzate in associazione ad altri recipienti è avvalorato in alcuni casi dalla loro contesto di ritrovamento: all’interno di grandi calderoni metallici nel Tumulo W395 e in associazione ad altre forme ceramiche all’interno del Tumulo P ‹‹(…) as though they had once been set in a

 M 1980.   Numerosi esempi sono stati rinvenuti sia in ceramica che in metallo in contesti databili all’età del Ferro (M 1980, 188; G 1985, 15-17, nos. 110-117, pls. 10-11). 387   L’Autore parla di “Service beim kultischen Weintrinken” (B 2001, 108). 388  G 1985, 46-47; pls. 17-18; D -M 1999, 55. L’esistenza di tali gruppi di vasellame, in ceramica ma soprattutto in metallo, legati al consumo di vino, è testimoniata fin dalla antica età del Bronzo all’interno di contesti funerari in Anatolia, ad esempio nel sito di Kültepe, e nel Levante. Dato il contesto, è possibile che la presenza di tali forme vascolari sia da spiegare con un consumo rituale di vino in occasione della cerimonia funebre (R 2003, 138-139, 143). 389  D -M 1999, 55-56. 390  M 1981, 183-188, 195-196. 391  M 1980, 192-193; S 1995,180-187. Tra questi si possono evidenziare due filtri “ad imbuto” dotati di un’alta ansa ricurva (M 1980, pl. IVa-b) di provenienza sconosciuta e due esempi provenienti dalle necropoli di Mari e Tell Billa (M 1980, 193; C 2008b, 248). L’ansa dell’esemplare da Tell Billa (S 1930, 14), proveniente da una tomba di età tardo-assira, è caratterizzata da una protome a testa di serpente la quale può rammentare il drago-serpente raffigurato sull’ansa della strainer-spouted jug da Nimrud. Infine, un filtro in metallo è stato trovato da Layard all’interno di un calderone nel Palazzo Nord-Ovest a Nimrud (M 1980, 193, fig. 5; C 2008b, 248, fig. 29m). Altri tre filtri sono stati rinvenuti nelle Tombe delle Regine, a proposito dei quali si veda poco oltre nel testo. Circa le situle zoomorfe, il loro uso in associazione ai calderoni è documentato in un rilievo di Khorsabad (A 1986, 249, pl. 123). Per una discussione maggiormente dettagliata sui vasi a protome zoomorfa si veda il Capitolo 5, Paragrafo 4. 385 386

392   S 1995, 186-187. Una coppa in metallo con versatoio è stata rinvenuta da Layard a Nimrud e si data al VII secolo a.C. (S 1995, 186-187, fig. 12.6b). Un simile recipiente in metallo, proveniente forse da Ruvo di Puglia, in Italia, e conservata al British Museum, presenta un’alta ansa ricurva disposta a 180° rispetto al versatoio e il fondo traforato con funzione di filtro. Il disegno che orna le pareti del vaso, come anche la protome a forma di testa di capra che decora l’ansa, indirizzano verso una produzione assira dell’oggetto (M 1980, 188-192, figs. 2-4, pl. IIIb; C 2008b, 249, fig. 29o). 393  S 1995, 187-188. 394  M 1980, 196. 395  Y 1981, 251.

79

I. Bucci e F. Giusto

Fig. 2.45 - Rilievi da Karatepe rappresentanti un banchetto (A

group with other pieces of a service on the theoretical table, which collapsed.››396. In particolare gli esempi in metallo provenienti dal Tumulo MM di Gordion sarebbero secondo P.R.S. Moorey parte di un ampio set di vasellame funzionale proprio al consumo rituale di vino397. Diversamente da altre aree del Vicino Oriente, a Gordion i filtri non sembrano infatti costituire utensili indipendenti398 e si trovano, invece, inseriti all’interno di brocche o coppe dotate di versatoio399. Circa l’utilizzo delle brocche con filtro assieme ad altri oggetti in contesti cerimoniali, sembra interessante rilevare come una strainer-spouted jug proveniente da Tel Dor presenti sulla superficie proprio un motivo decorativo che sarebbe tipico del vasellame da banchetto400. In maniera simile, anche per le forme micenee401 e filistee402 si è ipotizzato l’impiego in associazione ad altri recipienti per sorbire il vino durante il banchetto. Un parziale riscontro per il contesto di utilizzo delle strainer spouted jugs è offerto dall’analisi di una forma parzialmente paragonabile. L’uso di recipienti con versatoi laterali, forse muniti di filtro, in associazione ad altre forme vascolari è documentato ad esempio in un rilievo da Karatepe (Fig. 2.45) in

1962, 142-143; elaborazione grafica di E. Foietta).

cui in una scena di banchetto un personaggio tiene in una mano un recipiente dotato di manico e versatoio e nell’altra mano una coppa di dimensioni minori403. Il fatto inoltre che una forma simile alle strainerspouted jugs venisse utilizzata nel corso dei banchetti è documentato a livello iconografico, oltre che nel rilievo sopracitato, anche in una pisside in avorio di fattura nord-siriana proveniente da Nimrud404 (Fig. 2.46) e forse in un rilievo da Karkemish405, che ritrae una scena di banchetto. La forma vascolare raffigurata è costituita da una sorta di coppa dotata di un lungo versatoio e di un’alta ansa verticale ricurva. Esempi in metallo di vasi simili, databili all’età neo-assira, sono stati rinvenuti a Tell Halaf406 (Fig. 2.47.a), a Nimrud407 (Fig. 2.47.b) e a Cipro408 (Figg. 2.48.a W 1979, 119, pl. XVa, d. Il rilievo fa parte del ciclo scultoreo che decora le mura della città la cui datazione è compresa fra il IX e la prima metà del VII secolo a.C. (W 1979, 149-150). 404  H ,L 2009, pl. J, no. 234. L’oggetto proviene dal Pozzo AJ del Palazzo Nord-Ovest di Nimrud e si data all’VIII secolo a.C. (M 1989, 393-394). 405  O 1971, Taf. 21c. Il rilievo fa parte del gruppo di ortostati scolpiti che ornavano il Water Gate di Karkemish (W 1921a, 113-114, pl. B30b; G 2011, 25, 27) ed è datato tra l’XI e il X secolo a.C. (G 2011, 30). Lo stato di conservazione non ottimale del rilievo non permette tuttavia di distinguere con sicurezza la forma del vaso in questione. 406  H 1962, Taf. 48:8; S 1995, 186, fig. 12.6a; B 2001, 139, Nr. 3. La coppa è stata rinvenuta nella tomba a volta situata sotto la terrazza fatta costruire dal sovrano Kapara (H 1989, 98, 100) e si data all’ultimo terzo dell’VIII secolo a.C. (B 2001, 139, Nr. 3). 407   S 1995, 186, fig. 12.6b. L’oggetto, rinvenuto da Layard, si data alla fine del VII secolo a.C. (S 1995, 187). 408   Il primo esempio (Fig. 2.48.a), di cui è sconosciuto il contesto 403

 Y 1981, 252.   M 1980, 195. Una simile modalità di uso è stata ipotizzata anche per la birra, in particolare per alcuni esempi provenienti dal Tumulo K-III di Gordion (Y 1981, 251, nota 141). 398  M 1980, 195. 399   Coppe con versatoio munito di filtro sono state rinvenute nel Tumulo MM (Y 1981, 124, pl. 64) e nel Tumulo Z (K 1995, 158, 202, pl. 80). 400  G ,S 2008, 168. 401  K 2000, 282. 402  Y -L 2010, 246, 343. 396 397

80

Aspetti morfologici, tecnici e funzionali

Fig. 2.46 - Pisside in avorio di fattura nord-siriana proveniente da Nimrud (H

Fig. 2.47.a - Coppa in bronzo da Tell Halaf (B

Fig. 2.48.a - Coppa in bronzo da Cipro (B

,L

2009, pl. J, no. 234).

2001, Abb. 7e); b - coppa in bronzo da Nimrud (S

2001, Abb. 7c); b - coppa in bronzo da Idalion (M

81

1995, fig. 12.6b).

1985, Taf. 48:463).

I. Bucci e F. Giusto

b), mentre un altro, di provenienza sconosciuta, è probabilmente di produzione urartea409. H.-G. Buchholz sottolinea la relazione tra questa forma e il consumo rituale di vino durante il momento del banchetto410. La caratteristica forma di queste ultime ben si presterebbe, infatti, ad attingere una bevanda da una forma vascolare più ampia per poi trasferirla all’interno di una di minori dimensioni, secondo quanto ipotizzato anche da M.-J. Chavane, il quale definisce le coppe con versatoio puisoir411. Dall’esame delle testimonianze risulta dunque possibile pensare che la piccola brocca da Nimrud fosse utilizzata dal suo proprietario durante momenti di “pasto ritualizzato” quali il banchetto, in associazione ad altre forme vascolari o sorbendo direttamente la bevanda. In particolare D. Stronach propone, per analogia con gli esempi da Gordion, che potesse fare parte di un assortimento simile di recipienti e che dunque essa fossa stata pensata per la fruizione di vino412. All’interno di un contesto così delineato, risulta interessante il legame esistente tra

il vino e i sovrani neo-assiri, per i quali tale bevanda viene ad essere ad un tempo simbolo di fertilità e ricchezza ed espressione dell’autorità regia413. Il forte significato politico-ideologico assunto dal consumo di vino presso la corte assira è ravvisabile anche nella complessità assunta dal cerimoniale del banchetto reale: il personale deputato alla distribuzione di vino al sovrano e ai commensali acquista molta importanza e anche il vasellame funzionale al consumo della bevanda diventa più complesso e articolato414. All’interno del medesimo sarcofago in cui è stata rinvenuta la piccola brocca vi era anche, tra i diversi oggetti preziosi, una coppa d’oro (IM 115598) dotata di omphalos la cui decorazione presenta un fiore di loto centrale accompagnato da una teoria di rosette e una banda a doppia guilloche che lungo il bordo della superficie esterna415 (Fig. 2.49). La coppa, come le altre coppe carenate in oro rinvenute nelle Tombe II e III416, è interpretabile come una drinking  S 1995, 175-177, 188-192.  G 2012b, 239. 415   D 1998, Abb. 46-47; H , S 2000, 369, pic. 155b; H 2016, 34, pls. 138-139. La presenza dell’omphalos centrale e la decorazione “a petali” della coppa trovano forti confronti con simili coppe in metallo provenienti da Gordion, in particolare dal Tumulo MM, considerate di produzione frigia (Y 1963, 361; S 1995, 188). Tuttavia secondo D. Stronach la produzione di tale coppa è da ricercare in ambiente mesopotamico, essendo anche qui presenti esempi paragonabili (S 1995, 188). Altri due esempi in argento di coppe carenate presentanti un omphalos, prive tuttavia della decorazione “a petali”, provengono dalle Tombe I e III (C 2008a, 117). La coppa dalla Tomba I è decorata da una serie di cerchi concentrici paralleli (IM 113279: C 2008a, 117; H 2016, 6, pl. 12d-e), mentre l’esempio dalla Tomba III si presenta liscio e dotato di un’iscrizione in luvio geroglifico (IM 126271: C 2008a, 117; H 2008, 140; H 2016, 39, pl. 159b). 416   Dalla Tomba II provengono quattro coppe in oro (D 1998, 6-8; O ,O 2001, 81-84, pls. 7b, 8b; H 2016, 15-16, pls. 35e, 39, 40a, 40b, 40d). IM 105694 e IM 105697 sono inscritte con il nome di Yabâ , moglie di Tiglath-pileser III (A -R 2008, 136, 138), IM 105698 reca il nome di Banitu, moglie di Shalmaneser V (A -R 2008, 138) e infine IM 105695 riporta il nome di Atalyā, regina di Sargon II (A -R 2008, 138). Dalla Tomba III proviene una seconda coppa in oro (IM 115548) oltre a quella già citata, inscritta con il nome di Shamshi-ilu (H ,S 2000, pic. 152; C 2008a, 117, pl. IVa-b; Hussein 2016, 29, pl. 104). Per una discussione complessiva sulle coppe in oro provenienti dalle Tombe delle Regine di Nimrud si vedano: S 1995, 187-188; C 2008a, 117; C 2008b, 244-245. Sulle patere baccellate rinvenute nelle tombe, si veda S 2005, 35-36, figg. 1314. Dalle Tombe delle Regine provengono anche delle coppe in metallo, oltre alle 2 dotate di omphalos precedentemente citate. Tomba II: IM 115466, in elettro (H ,S 2000, 46; pic. 41; H 2016, 15, pl. 40c); Tomba III, Sarcofago 3: IM 126273, in bronzo (H 2016, 40, nota 75), ND 1989 (IM sconosciuto), in bronzo (H 2016, 40, pl. 166); Tomba IV: MM 2128, in argento (H ,S 2000, pic. 207; H 2016, 44, pl. 177a-c), MM 2140, in argento (H , S 2000, pic. 208; H 2016, 44, pl. 177d), MM 413 414

di rinvenimento, presenta sull’ansa una decorazione incisa composta da una capra selvatica su due zampe e dei fiori di loto (M 1985, 190, Nr. 462; B 2001, 139-140, Nr. 4, Abb. 7c). La coppa è alta 8 cm mentre il versatoio è lungo 17 cm. Il secondo esempio, proveniente dalla Königsgrab 4/1889 di Tamassos, presenta la terminazione dell’ansa decorata con una palmetta dal disegno siro-cipriota (B 2001, 140, Nr. 5, Abb. 7d). Una terza coppa (Fig. 2.48.b), identica nella forma e nell’apparato decorativo all’esempio precedente, proviene invece probabilmente da Idalion (M 1985, 190, Nr. 463; B 2001, 140, 142, Nr. 6, Taf. 4a-c). Il pezzo è alto 14 cm (20 cm se si include l’ansa). Secondo H. Matthäus quest’ultimo trova dei confronti stringenti con un recipiente simile di probabile produzione urartea e databile tra l’VIII e il VII secolo a.C. (M 1985, 190). Tutte e tre le coppe si datano al Cipro-Arcaico (750-475 a.C.; Y 1976, 14). 409   M 1985, 190. H. Matthäus evidenzia come questa forma si inserisca di diritto all’interno del repertorio vascolare vicino orientale: anche se tra i pochi esempi rinvenuti fino a ora tre provengono da Cipro, questi presentano tuttavia un apparato decorativo dal gusto tipicamente orientale. L’Autore sottolinea inoltre il breve arco di vita di questo tipo formale, che si concentra tra l’VIII e il VII secolo a.C. (M 1985, 190). Tale tipo di vaso è stato paragonato, in particolare per la caratteristica del lungo versatoio, alle brocche provenienti dal Luristan (sull’argomento si rimanda al Paragrafo 2.1): ‹‹Une autre particularité des vases du Louristan oriente verse un emploi plus pratique; ils ont en effet, sous le bec, des bulbes qui pouvaient servir à décanter un liquide (…). Le long bec en gouttière de Nicosie exige de verser très lentement et peut permettre aussi la décantation d’un liquide.›› (C 1982, 60). Similmente sono stati proposti dei confronti anche con alcune delle brocche da Gordion (C 1982, 60-61), le quali presentano parimenti un lungo versatoio, e che si avvicinano maggiormente – nel versatoio dalla superficie interna liscia e nella caratteristica posizione dell’ansa a angolo retto – alle coppe in discussione. 410   ‹‹Lediglich anzudeuten bleibt die Bedeutung des ritualisierten Weintrinkens und des benötigten Geschirrs, die religiös-kulturelle Rolle von Banquets.›› (B 2001, 143). 411  C 1982, 59. 412  S 1995, 185-186.

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Aspetti morfologici, tecnici e funzionali

115470-1)421, un mestolo in bronzo (IM 115447)422 e un’alta coppa in calcite (IM 115465)423 posti insieme ad una coppa d’oro (IM 105697)424 all’interno di un bacile in metallo (IM 115445)425. A livello di mera suggestione pare qui possibile ipotizzare che la brocca e la coppa in oro potessero andare a comporre uno di quei set funzionali al consumo rituale di vino descritti da P.R.S. Moorey426. L’affermazione di D. Stronach, secondo la quale la brocca da Nimrud potrebbe essere stata usata in associazione ad altre forme vascolari per sorbire vino in modo cerimoniale427, potrebbe dunque forse trovare uno sviluppo in tale ipotesi. Il fatto che la brocca sia stata rinvenuta in un sarcofago contenente uno scheletro femminile adulto non costituisce un fattore a sfavore di tale proposta428. La possibilità – adombrata dal contesto

421  H 2016, pls. 35a, d, 86b, c. Un esempio, in bronzo, è dotato di un’alta ansa ricurva, ornata all’estremità superiore da una testa a forma di capra o di serpente (IM 115471: C 2008b, 249, fig. 29n; H 2016, 23, pls. 35d, 86c). Il secondo filtro, in rame, risulta invece privo di decorazione (IM 115470: H 2016, 23, pls. 35a, 86b). 422  H 2016, pl 35b, 86a. 423  H ,S 2000, pic. 39; H 2016, 24 pls. 35c, 89e. 424  H ,S 2000, 253, pic. 48; H 2016, 15, pls. 35e, 39. 425   H 2016, 23, pl. 85b. Il ritrovamento contestuale di elementi in bronzo interpretabili come parti di un tavolo ha fatto pensare che il bacile, posto presso altri oggetti legati al consumo di cibo e bevande, vi fosse appoggiato sopra (H 2016, 13, pl. 33). Una situazione simile è documenta, con materiali di minor pregio, presso la Tomba IV. Sul pavimento della camera funeraria, presso l’angolo sud-orientale, sono state ritrovate alcune giare (MM 2111-14, 2116: H 2016, 45), una coppa in ceramica (MM 2121: H 2016, 45, pl. 181a), una in bronzo (MM 2131: H ,S 2000, pic. 206; H 2016, 46, pl. 182a) e un filtro in bronzo o rame (MM 2375: H , S 2000, pic. 212; C 2008b, fig. 29l; H 2016, 45, pl. 181b). Vicino sono stati anche rivenuti due alti recipienti circolari in bronzo, interpretabili secondo M.M. Hussein come coppe (MM 2376-7: H 2016, 46, pl. 182b-c). Tuttavia secondo J. Curtis questo tipo di oggetti sarebbe da identificare con parti di mobili (C 2008b, 249-250; a proposito si veda anche H 2016, 46, nota 78 a cura di McG. Gibson). 426  M 1980. 427  S 1995, 185. 428   L’analisi iconografica effettuata in questo lavoro porta, tuttavia, a ipotizzare che il proprietario potesse essere un individuo maschile, soprattuto a motivo dei temi rappresentanti nell’apparato decorativo. Tale analisi ha infatti consentito di identificare in maniera ipotetica l’originario destinatario dell’oggetto nella figura del sovrano assiro o di un personaggio maschile della corte (a proposito si veda il Capitolo 3). Visto il contesto di rinvenimento è dunque possibile che la defunta possa aver ricevuto l’oggetto in un secondo momento dal suo proprietario originario. Per quanto riguarda invece la presenza nel sarcofago di alcuni frammenti ossei residuali riconducibili a un infante, la possibilità che un tale oggetto potesse essere stato inserito all’interno del corredo funebre del bambino troverebbe riscontro nella testimonianza offerta dal Tumulo P di Gordion che, destinato ad ospitare un bambino, ha restituito diversi

Fig. 2.49 - Coppa in oro con decorazione a fiore di loto (IM 115598), contenuta nel Sarcofago 2 della Tomba III di Nimrud (H 2016, pl. 139).

bowl417 e sembrerebbe funzionale a sorbire una bevanda in piccole quantità, forse vino418. A questo proposito può essere utile evidenziare come dal medesimo sarcofago in cui sono state rinvenute la brocca con filtro e la coppa con omphalos in oro provengono anche due mestoli in legno. Il primo (IM 118198b)419, in stato frammentario, è caratterizzato da un beccuccio aperto collocato a 180° rispetto all’impugnatura, mentre il secondo (IM 118198a)420, con il manico decorato, presenta un versatoio tubulare attaccato alla coppa del mestolo e disposto a 90° rispetto al manico. Nonostante la differenza del materiale, l’accostamento di queste tre tipologie di oggetti risulta interessante ed è confrontabile con un simile apprestamento nella Tomba II. Sul pavimento della tomba sono stati infatti rinvenuti due filtri (IM

2131, in bronzo o rame (H , S 2000, pic. 206; H 2016, 46, pl. 182a). Sulle coppe in argento e in bronzo dalle Tombe delle Regine si veda inoltre C 2008b, 245-248. 417  S 1995, 187-188. 418   Tale ipotesi è formulabile sulla base dell’esempio offerto dalle cosiddette “Phoenician” bowls (per una recente definizione si veda O 2014a, 159-160; inoltre, a proposito delle coppe si veda anche il Capitolo 5, Paragrafo 4): esse sono considerate dagli studiosi come funzionali a sorbire il vino durante momenti cerimoniali, quali ad esempio i banchetti (F 2014a, 113, 119-120; O 2014a, 176-179). Le coppe erano dunque parte dei wine sets discussi sopra, come dimostra, tra le altre cose, il loro rinvenimento in associazione a calderoni, tripodi e mestoli in metallo: è il caso, ad esempio, delle famose Nimrud bowls o delle coppe rinvenute nelle tombe etrusche (F 2014a, 119-120). 419  H 2016, 38, pl. 154c. 420  H 2016, 38, pl. 154b.

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I. Bucci e F. Giusto

di rinvenimento dell’oggetto – che il proprietario del recipiente possa essere identificato con una donna non troverebbe ostacolo nell’associazione del vaso al vino e al banchetto: infatti, in età neo-assira alle donne del palazzo reale era permesso il consumo di tale bevanda, e ciò poteva avvenire durante occasioni cerimoniali. Una testimonianza a proposito è fornita dalle Nimrud Wine Lists, dove sono registrate le quantità di vino distribuite, tra gli altri, alla regina e al suo seguito429. La pratica di banchetti presso la corte assira a presenza femminile è testimoniata ad esempio dal famoso “rilievo del banchetto sotto la pergola” nella quale viene ritratta, assieme ad Ashurbanipal, la consorte, identificabile forse con Libbali-Sharrat430 e da un contenitore per il trucco in avorio rinvenuto dagli scavi iraqeni nel pozzo del cortile 80 del Palazzo Nord-Ovest a Nimrud (IM 127916)431. L’oggetto raffigura due donne sedute, una di fronte all’altra, davanti ad una tavola imbandita. Dietro la figura di sinistra si trova, stante, un attendente femminile con uno scacciamosche. Alcuni testi di età neo-assira riportano l’elenco delle pietanze servite durante specifici banchetti e dei personaggi della corte che vi presenziavano: in alcuni vi è la menzione della partecipazione di donne

della famiglia reale assira, come Esharra-ḫammat, consorte di Esarhaddon, e Shērū’a-ēṭirat, sorella del re432. Le fonti ci parlano inoltre anche di figure di donne-coppiere, probabilmente parte dell’entourage della regina e aventi il medesimo ruolo della loro controparte maschile433. Sembra tuttavia che la scarsità di notizie circa la presenza della regina e delle donne di corte ai banchetti sia da interpretare con il fatto che tali cerimonie in genere avessero luogo per le donne in maniera separata rispetto al sovrano e agli ospiti maschili434. Nel complesso è possibile ipotizzare un utilizzo per la brocca da Nimrud contestualmente al consumo cerimoniale di vino durante i banchetti. Se si considerano inoltre, assieme al significato politicoideologico assunto dal consumo di vino presso la corte assira, la preziosità dell’oggetto e i temi dell’iconografia legati all’esaltazione della regalità435, è possibile ipotizzare un uso dell’oggetto all’interno dell’ambiente di corte. Olii e acque profumate Un’altra possibile modalità di utilizzo delle strainerspouted jugs sarebbe, citando W.P. Anderson, la ‹‹(…) preparation of a fragrant speciality oil, such a rose oil (...)››436. L’Autore fa riferimento alla modalità di preparazione di olii profumati discussa da A. Leonard a proposito della ceramica micenea di importazione437. Per quanto riguarda l’olio di rosa, il procedimento comporta l’utilizzo di un filtro per separare l’olio di oliva, bollito in precedenza con i petali, dalle scorie più grossolane438 (Fig. 2.50). Il prodotto ottenuto viene quindi imbottigliato e sigillato. Se tale ipotesi può risultare valida per gli esempi di strainer-spouted jugs in ceramica, tuttavia l’idea che il vaso da Nimrud potesse essere similmente utilizzato nel corso di un processo di produzione risulta sicuramente poco plausibile, date le piccole dimensioni e la sua preziosità. Il vaso di Nimrud avrebbe anche potuto contenere il prodotto finito, vale a dire un olio o un’acqua profumati. I contenitori per tali tipi di prodotti sono infatti caratterizzati in genere da piccole dimensioni (Fig. 2.51), come nel caso della presente brocca. Riguardo alla questione dell’imboccatura del vaso,

esempi di brocchette con filtro (Y 1981, 40-41, TumP 7378, pl. 20): a proposito si veda quanto osservato da G.K. Sams circa il possibile contenuto costituito da una bevanda analcolica a base di cereali cotti (S 1977, 110-112) già esposto in questo capitolo (nota 351). Circa gli individui inumati nel Sarcofago 2 si veda il Capitolo 1. 429   K W 1972, 6, 44, 46, 120; S 1995, 179. Alla regina e a numerose donne di corte spettavano precise quantità di vino: ad esempio nel testo NWL 8 = ND 10047 si registra la consegna di tre seahs alla regina, sette litri alla “donna Harranayu, alla donna PN”, un seah al personale femminile del palazzo, sei litri e mezzo alle cantanti provenienti da Hatti, cinque litri e mezzo alle cantanti da Arpad (F 1994, 373374), mentre in un altro (NWL 2 = ND 6230) vengono assegnati ‹‹(…) 3 seahs for the palace of the queen; 1 seah, 2 liters, the daughter of Nergal-ahu-iddina (…)›› (F 1994, 376). Per quanto riguarda il consumo di birra si ricorda il forte legame con la sfera femminile: la preparazione di questa bevanda è sempre stata di competenza delle donne fin dall’età proto-dinastica, tale che anche la divinità sumerica della birra, Ninkasi, è femminile (A 2008, 1-2; E 2009, 387-388). È stato evidenziato, infatti, il livello domestico della modalità di produzione, per cui la macinazione dei cereali per il pane era accompagnata dalla preparazione della bevanda. Il procedimento era molto economico – non necessitando altro che di acqua e orzo – semplice e veloce, e poteva essere ripetuto in qualsiasi momento (A 2008, 4; E 2009, 387, 390). Non bisogna dimenticare inoltre che la birra prodotta in antichità aveva una gradazione alcolica più bassa rispetto a quelle attuali ed era invece ricca di elementi nutritivi che la rendevano un ingrediente base della dieta nel Vicino Oriente antico (E 2009, 390). 430  M 2004, 46; S 2012, 116-117. 431  H 2016, 53, pl. 210. Il contenitore reca sul coperchio un’iscrizione risalente al XIX secolo a.C., la quale menziona un sovrano di Larsa, e attesta il riuso in età neo-assira di un oggetto notevolmente più antico (H 2016, 53).

 G 2012a, 214-215; S 2012, 115, 264-265.  G 2012b, 239. 434  G 2012a, 213, 215. 435   A proposito si veda il Capitolo 3. 436  A 1990, 40. 437  L 1981, 94-99. 438  L 1981, 99; D’A 1997, 88-89. L’utilizzo di filtri, costituiti da garze o setacci, è documentato anche nella produzione mesopotamica ed egiziana di profumi e acque profumate (L 1954, 373; F 1987, 65-66; D -M 1989, 100-101; D 1996, 754). 432 433

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Aspetti morfologici, tecnici e funzionali

Fig. 2.50 - Pittura parietale egiziana rappresentante la produzione di profumi, XVIII dinastia, Tomba TT 175, Gournah (G 2002, 96, dettaglio).

invece, la questione è più complessa. Se da una parte determinati tipi di olii profumati erano contenuti in vasi dalla bocca molto stretta, come le stirrup jars, è stato ipotizzato che contenitori dall’imboccatura più larga quali pithoid jars, alabastra e pyxides potessero contenere prodotti di bellezza più viscosi, ad esempio degli unguenti439. Tuttavia questa ipotesi non renderebbe spiegazione, per il vaso da Nimrud, del versatoio dotato di filtro, per il quale è invece più ragionevole pensare a una sostanza liquida. Un’ulteriore motivazione che rende difficile la possibilità che la brocca in oro fosse stata usata in origine per contenere olii profumati è costituita dal materiale. In genere infatti tali prodotti venivano conservati in recipienti i quali, oltre ad essere dotati di un buon grado di impermeabilità, erano fabbricati in un materiale che permetteva di mantenere bassa la temperatura interna, come la pietra (usata soprattutto in Egitto), le ceramica e il vetro440. Ad esempio nelle Tombe Reali di Nimrud, Tombe I e IV sono state trovate delle boccette in alabastro forse funzionali a ospitare profumi, olii o essenze a base di spezie441. Per quanto riguarda nello specifico la Tomba I, i recipienti erano posti all’interno del sarcofago, mentre per quanto concerne la Tomba IV, questi si trovavano all’interno di una nicchia ricavata nella parete orientale dell’ambiente. Ulteriore, e forse più plausibile, ipotesi potrebbe

,K

essere che il vaso contenesse il risultato finale di prodotti da toilette non costituiti da olii ma, ad esempio, da acqua profumata con petali di fiori o erbe. In questo caso è possibile proporre che, a causa delle caratteristiche morfologiche sopra delineate, la piccola brocca da Nimrud non fosse adoperata come contenitore a lunga conservazione, ma riempita di un liquido che veniva utilizzato rapidamente. A questo proposito ci sembra interessante rilevare come l’etichetta di corte dei banchetti assiri prescrivesse di lavarsi le mani con acqua prima di iniziare il pasto442: è stato supposto che tale acqua venisse profumata con essenze aromatiche443. Una funzione simile è stata ipotizzata per alcune forme vascolari accostabili alla piccola brocca: nel suo recente studio circa la funzione di alcuni vasi in metallo dotati di versatoio rinvenuti nelle Tombe Reali di Ur444 (Fig. 2.55), I. Winter ipotizza, infatti, che tali recipienti potessero venire utilizzati per versare l’acqua durante operazioni rituali pertinenti alla cerimonia funebre, quali il lavaggio delle mani445. Un uso analogo è

  Un testo che espone il protocollo da seguire per il banchetto del sovrano assiro menziona, infatti, degli inservienti che recano un orcio riempito d’acqua e salviette per le mani dei commensali (G 2012a, 206, 209-210). 443  G 2012a, 210. 444   Le forme classificate da L. Woolley come Tipo 84 e definite con il termine di libation vessel (W 1934, 302; W 1999, 239). 445   Secondo la Studiosa è possibile che tali forme vascolari venissero utilizzate in associazione ai bacili o alle coppe in metallo rinvenuti nelle vicinanze (corrispondenti rispettivamente al Tipo 32, Tipo 42 e Tipo 43 di Woolley: W 1934, 302) i quali, isolati dal resto degli oggetti presenti nelle tombe, ma situati presso le brocche, andrebbero con queste ultime a comporre una sorta di set in due parti (W 1999, 239-240, 245). ‹‹Used alone, the vessel of Type 84 in early Sumerian Mesopotamian could well have served for pouring into some container -either as a libation vessel itself (…). But in association with a basin or open saucer/bowl (e.g. our Fig. 12), it suggests 442

 L 1981, 94. Per una discussione circa i contenitori di unguenti, olii profumati e profumi in Egitto e nel Vicino Oriente si veda anche D -M 1989, 29-34, 101-105. 440  D -M 1989, 9. 441   Tomba I: IM 113262-67, 113274-76, 113291 (H , S 2000, pic. 7; H 2016, 9, pls. 20d-i, 21f-i); Tomba IV: MM 2117-20 (H , S 2000, pic. 211; H 2016, 45, pl. 180a). Anche simili contenitori in oro dalla Tomba II (IM 105833-105843) sono stati interpretati come possibili recipienti per profumi (H ,S 2000, pic. 56; C 2008a, 117; H 2016, 16, pl. 41a). 439

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I. Bucci e F. Giusto

i riti funebri449 (Fig. 2.52). A questo proposito R. S. Young ha ipotizzato che i vasi potessero essere stati collocati pieni all’interno delle tombe, e che il loro contenuto fosse stato pensato per dissetare il morto nell’aldilà450. Lo Studioso ritiene tuttavia che le due ipotesi non si escludano a vicenda, ma che sia possibile un uso di tali brocche in entrambi i modi451. Vi sono alcuni esempi di strainer-spouted jugs che sono dotati di filtro, oltre che presso il versatoio, anche in corrispondenza dell’imboccatura del vaso452. Questo sistema permetterebbe un doppio filtraggio, sia in entrata che in uscita. Tale operazione è stata spiegata, almeno per quanto riguarda gli esempi provenienti dalle tombe principesche di Gordion, con una voluta ricerca di “purezza” del liquido stesso in relazione ai contesti funerari453. Alcuni vasi rituali di tradizione micenea presentano caratteristiche formali che li rendono assimilabili alle strainer-spouted jugs. Ad esempio una brocca conservata al Museum of Fine Art di Boston (Fig. 2.53) databile tra la fine del XIII e l’inizio del XII secolo a.C. presenta l’ansa posizionata a 90° rispetto ad un versatoio a forma di coppa454. Quest’ultimo è attaccato alla spalla del vaso e la sua funzione è assimilabile ad una sorta di filtro455. Il vaso è caratterizzato da due serpenti applicati a rilievo in argilla che corrono sulla spalla e tuffano la testa all’interno della coppa-filtro. Diversi esempi di questo tipo di vaso, di cui alcuni dotati di un vero e proprio versatoio con filtro, sono stati rinvenuti in area cicladica, a Naxos456, Rodi457 e Kos e, in Grecia continentale, a Perati458 e si datano al Tardo Elladico III459. Tutti sono accomunati dalla presenza di serpenti applicati in forma plastica o dipinti sulle pareti, i quali si dirigono verso il beccuccio del vaso o vi infilano la

Fig. 2.51 - Pittura parietale egiziana rappresentante una figura femminile mentre versa una sostanza profumata da un alabastron in una coppa, XVIII dinastia, Tomba di Rekhmire (TT 100), Gournah (G 2002, 164-165, dettaglio).

stato attribuito, per l’Egitto del III e II millennio a.C., a vasi con versatoio fabbricati in bronzo e, più raramente, alabastro e ceramica in genere associati a catini, documentati sia dal punto di vista archeologico che pittorico446. Se l’ipotesi di un uso analogo per la brocca da Nimrud appare suggestiva, tuttavia, le sue piccole dimensioni e la ridotta capacità di contenuto rendono piuttosto difficile immaginare un utilizzo in tal senso. Nel complesso una possibile funzione della brocca da Nimrud in rapporto ad un contenuto costituito da un prodotto cosmetico o acqua profumata risulta, dall’esame dei dati disponibili, poco plausibile. La funzione in relazione al contesto funerario447 Il contesto sepolcrale di molti esempi delle brocche con filtro nel Levante, in Anatolia e in area egea ha portato H.-G. Buchholz a ipotizzare un suo specifico utilizzo all’interno di rituali funerari448. In maniera analoga anche per gli esempi rinvenuti nei tumuli di Gordion è stato proposto uno specifico uso durante

449   K , K 1904, 85; Y 1981, 252. Il riferimento al rituale funerario è proposto anche da T. Özgüç e M. Akok in relazione al frammento di una brocca con versatoio munito di filtro rinvenuto all’interno del Tumulo 1 presso il Mausoleo di Atatürk ad Ankara. Gli Autori, tuttavia, precisano che la forma alla quale riconducono il frammento ha grande diffusione in area frigia ed è attestata anche in contesti abitativi (Ö ,A 1947, 67). 450  Y 1981, 251-252. 451  Y 1981, 252. 452   A Gordion: K , K 1904, 59, 64, Nr. 11, 22, Abb. 24, 34 (Tumulo K-III); Y 1981, 40, TumP 72, pl. 19H-I (Tumulo P); a Lachish: T 1953, 320; pl. 89:362; a Cipro nell’età del Ferro: K 1983, 40 no. 16, fig. LXIII:16, pl. XXXIX:16; B 2001, 122, Nr. 28, Abb. 3f. 453  Y 1981, 253. 454  V 1980, 24-25 no. 3. 455  V 1980, 24. 456  L 1981, fig. 2b. 457   M 1982, pl. 34:3-4; S 2006, fig. 9. 458  M 1986, 167, fig. 214. 459  V 1980, 24; L 1981, 284; M 1982, 39-40; S 2006, 548. Il Tardo Elladico III si data tra il 1190/1185 e il 1050 a.C. (I 1979).

that the activity involved included both pouring from the spouted jug AND catching whatever was being poured as well, either for purposeful redirection or merely to avoid spillage. This would be especially true if the purpose of the ritual act were realized in the pouring, rather than in the dispersal of the liquid. One such case would be if something material – objects or body-parts – were placed in the flow of liquid for “washing”, the liquid then carried off in the open basin (…)›› (W 1999, 247-248). 446  D -M 1989, 14. 447   Per un’analisi del contesto in relazione al rituale funerario si veda inoltre il Capitolo 4, Paragrafo 7. 448  B 2001, 142. L’Autore rileva tuttavia che, trattandosi di aree culturali diverse, tali possibilità non può che essere considerata caso per caso. Un altro problema sarebbe quello di distinguere tra la libagione fatta per la divinità da quella offerta al morto. Lo Studioso propone, sulla scorta di una serie di parallelismi con la tradizione epica greca, che in primo luogo vi fosse una libagione per la divinità con vino, birra, o una bevanda ottenuta dal miele, e che solo in seguito avessero luogo i vari sacrifici e il banchetto funebre.

86

Aspetti morfologici, tecnici e funzionali

Fig. 2.52 - Ricostruzione del funerale di Mida di Greg Harlin (S

87

,M G

,M

2001, 26).

I. Bucci e F. Giusto

Fig. 2.53 - Vaso rituale con serpenti databile alla fine del XIII secolo a.C. (V 1980, 25).

Fig. 2.54 - Strainer-spouted jug con motivo serpentiforme sull’ansa, Tomba 67 di Palaepaphos-Skales (K 1983, fig. CXXIV: 95).

testa dentro460. La presenza di questo animale come motivo decorativo ha fatto pensare che tale recipiente potesse venire utilizzato in contesti rituali di tipo cultuale o funerario, dato il significato sacrale del serpente nell’arte di area egea461. I contesti funerari di numerosi esempi hanno portato ad ipotizzare nello specifico un utilizzo associato ai riti funebri462. In maniera simile una precisa connotazione funebre è attribuibile ad alcuni vasi rinvenuti a Cipro. Alcune tombe databili tra il Cipro-Geometrico I e il CiproGeometrico II hanno restituito infatti esempi di recipienti, tra cui anche una strainer-spouted jug463 (Fig. 2.54), le cui anse sono caratterizzate da un motivo decorativo a forma di serpente. In questo periodo tale animale ha infatti un forte valore ctonio e viene per questo sovente associato alla sfera

funeraria464. Considerando il contesto funerario della brocca da Nimrud è possibile ipotizzare, come è stato fatto per gli esempi sopra citati, un uso della brocca associato al rituale funebre? S. Mazzoni sintetizza con queste parole la pluralità di significati che possono essere attribuiti agli oggetti rinvenuti in contesti tombali: ‹‹In the archaeology of death, goods retrieved from burials are usually believed to offer material documentation of the personal belongings of the deceased, accompanying the body and the soul to the underworld. Whether these goods were intended for the rites of ceremonial mourning during the funerals and internment or for feeding the deceased or protecting and facilitating his trip in the afterlife, or as gifts to the netherworld divinities, is still a topic of debate.››465. Il vasellame, soprattutto in ceramica ma anche in metallo, risulta assieme agli oggetti di ornamento personale uno degli elementi maggiormente ricorrenti nel corredo funebre in Mesopotamia in età neo-assira e neo-babilonese466. Lo stessa natura del materiale in cui è fabbricata la brocca, e cioè l’oro, ben si inserisce all’interno di un contesto funerario di un personaggio appartenente alla corte reale. L’oro infatti, in quanto metallo incorruttibile, è nel Vicino

  M 1982, 39. Alcuni esempi presentano l’ansa disposta a 180° rispetto al versatoio secondo la forma micenea FS 157 (M 1982, 39). 461   Forme ceramiche differenti caratterizzate dalla presenza del serpente a decorare la superficie sono testimoniate nella Creta micenea e sono state messe in relazione con l’offerta rituale di cibo e bevande, come nel caso dei famosi snake-tubes (S 2006, 547-548). Sugli snake-tubes, inoltre, si veda G 1976. 462  M 1986, 167; S 2006, 549. La presenza della coppa-filtro ha fatto pensare che la brocca potesse contenere, anziché latte, dei liquidi che necessitassero di essere filtrati al momento del consumo, come miele caldo o birra (V 1980, 24). In effetti un esempio simile di strainer-spouted jug proveniente da una tomba di Perati e databile alla fine dell’età del Bronzo, presentante tale motivo decorativo, sembra abbia potuto contenere in origine latte con miele. Dato il contesto dell’oggetto è stato ipotizzato che la bevanda sia stata versata come libagione durante il rito funebre (S 2006, 548-549). 463   K 1983, pl. CVI:95, fig. CXXIV:95. Tra gli esempi di strainer-spouted jugs provenienti da Cipro, in un caso specifico, inoltre, è stato ipotizzato un uso propriamente cultuale (K 1962, 330). Il vaso, proveniente da scavi clandestini, è databile tra il Cipro-Geometrico I e il Cipro-Geometrico II e presenta al di sopra del filtro una figurina maschile seduta al di sotto di un elemento rettangolare, probabilmente interpretabile come un elemento architettonico (K 1962, 330, fig. 5). Il recipiente è alto 30 cm e si inserisce all’interno del Bichrome Style. 460

464   K 1983, 135; S 2006, 549. Si tratta dell’antico motivo di area egea del serpente che “beve” dal vaso stesso, il quale sopravvive all’inizio del I millennio a.C. su forme ceramiche legate alla dimensione sepolcrale, in cui il rettile è raffigurato disposto lungo l’orlo o l’ansa del vaso (S 2006, 549). Tale iconografia si ritrova ancora occasionalmente, con forme leggermente diverse, sulla ceramica più tarda fino al VI secolo a.C. (S 2006, 549). Vediamo ancora il motivo ripetersi su steli funerarie e placchette in terracotta prodotte in Laconia a partire dal V secolo a.C. fino all’età romana. Vengono qui rappresentate in genere figure maschili eroicizzate che tengono in mano un kantharos dal quale un rettile si appresta a bere (S 2006, 541-547). 465  M 2005, 1. 466  N 1999, 96-143,171-190, 197-227; M 2005, 1.

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Aspetti morfologici, tecnici e funzionali

Oriente antico simbolo di eternità, e in quanto tale risulta materia prima privilegiata per gli oggetti a destinazione funebre467. Analizzando dunque la piccola brocca da Nimrud in relazione al suo contesto di rinvenimento, si può ipotizzare per il recipiente un utilizzo come contenitore di una bevanda o di un olio. Sulla base di quanto esposto in precedenza relativamente alle caratteristiche morfologiche del vaso è difficile, tuttavia, che questo potesse in origine contenere olii profumati utilizzabili per trattare il cadavere468, olii che pure sono menzionati nei testi assiri469. Risulta più plausibile invece ipotizzare come contenuto una bevanda – birra, vino o infusi – la cui presenza sia associata al rito funebre. Sappiamo infatti dai testi che una parte del rito funerario assiro era costituita dalle libagioni470 e che, inoltre, accanto al morto all’interno della tomba venivano posti cibi e bevande affinché “l’anima” del defunto avesse di che nutrirsi nel suo viaggio verso l’Aldilà471 e come offerte per le divinità472. Secondo la tradizione mesopotamica infatti ciò che rimaneva del morto era la sua “anima”, descritta nei testi con il termine eṭemnu o GIDIM, la quale abbisognava di essere nutrita dai familiari con offerte regolari di cibo e bevande, secondo la pratica rituale conosciuta con il nome di kispa kasāpu473. Tra le offerte più frequenti che vengono menzionate

nei testi vi sono vino, birra e latte474. La ripetizione regolare dell’offerta funebre è testimoniata dal punto di vista archeologico dalla presenza di recipienti posti all’esterno della tomba, mentre all’interno sono deposti contenitori di cibo e bevande destinati ad accompagnare il defunto475. L’insieme di recipienti rinvenuti vicini in alcune parti delle Tombe II e IV delle Regine di Nimrud ha portato alcuni studiosi a interpretare i gruppi di oggetti proprio in tal senso476. In particolare l’associazione, presso l’angolo sud-occidentale della Tomba II, di diversi tipi di recipienti con elementi metallici riconoscibili come parti di un mobile, ha fatto pensare che questi fossero stati originariamente posti su un tavolo per il pasto funebre477. Per quanto riguarda la Tomba IV, il filtro in metallo (MM 2375)478 trovato, assieme ad altri recipienti ceramici, sul pavimento della tomba presso l’angolo sud-orientale ha reso possibile ipotizzare che tra le offerte vi fossero anche vino o birra479. È possibile fare una simile ipotesi anche per l’apprestamento della Tomba II, tra i cui oggetti si registrano due filtri (IM 117470-71)480 e un mestolo (IM 115447)481 in metallo. Un valido indizio circa la possibilità che la brocca in oro sia stata posta piena all’interno del sarcofago, e che contenesse una qualche bevanda, è costituito dalla presenza del tappo di legno che sigilla il versatoio482. Un testo pervenutoci, che descrive il rituale funerario effettuato per un personaggio della corte assira, menziona due diverse libagioni483. La prima viene fatta con vino, che viene versato a terra, la seconda invece, composta da una miscela di due bevande, viene vuotata in onore di Shamash: ‹‹Wein aus einem “AN.ZA.GUL.ME-Gefäß” sollen sie auf die Erde schütten (und) dann das “AN.ZA.GUL.ME-Gefäß” auf dem Kopf der Seitenlehne des Bettes zerreiben. Sie sollen zwei musalliḫtu- Gefäße (voll) mischen (und) vor Shamash ausschütten.››484. Sempre dallo

 O 2014a, 162-163.   Sull’uso di olii per trattare il corpo del defunto si veda ad esempio S 1995, 1884. 469  D 1941, 60-61; M G 1987, 8-9; K 2009, 117 riga 5; L 2012, 277. Sulla tavoletta in pietra rinvenuta nella Tomba III delle Tombe delle Regine di Nimrud riportante la maledizione di Mullissu-mukannishat-Ninua, regina di Ashurnasirpal II, si legge: ‹‹May some one later clothe (me) with a shroud, anoint (me) with oil and sacrifice a lamb.›› (A -R 2008, 124; per la presentazione del testo completo in traduzione si rimanda al Capitolo 4, Paragrafo 7). Si ricorda inoltre che nelle Tombe I, II e IV delle Regine di Nimrud sono stati rinvenuti alabastra e boccette in oro forse funzionali a contenere profumi, olii o spezie (a proposito si veda la sezione dedicata ai profumi in questo capitolo). 470  G 2012b, 251, 253-254. 471  S 1995, 1884; M 2003, 52; B 2010, 14. 472  S 1995, 1884. 473   B 1973, 116; S 1995, 1888-1889. Un interessante riscontro di tale pratica proviene dalla Tomba II di Nimrud. Gli archeologi iraqeni, infatti, hanno rinvenuto un condotto in terracotta inserito verticalmente all’interno della volta. L’elemento si trovava disposto proprio sopra il sarcofago in pietra contenente due scheletri femminili e metteva in comunicazione la tomba con il pavimento soprastante della stanza 49. Il condotto è stato interpretato come elemento funzionale per le offerte di cibo e liquidi alle regine deposte nella tomba direttamente dalla stanza soprastante (O ,O 2001, 82; H 2016, 12). Offerte funebri per lo spirito del defunto sono menzionate, ad esempio, nei due testi di “maledizione” della regina Mullissu-mukannishat-Ninua incisi su una tavoletta in pietra e sul sarcofago nella Tomba III (A -R 2008, 124); per la presentazione del testo completo in traduzione si rimanda al Capitolo 4, Paragrafo 7. 467 468

 S 1995, 1889; B 2010, 14; G 2012b, 251.  R H 2014, 141. A proposito D. Meijer osserva: ‹‹(…) as archaeologists we are inclined to distinguish between objects that we find inside the graves and those that we find outside them, the ancient texts have only one word for both, kispu, which can also cover the pertaining rituals at the graveside or even far away from it.›› (M 2003, 54). 476  H 2016, 13, 45. 477  H 2016, 13, pl. 33. 478  C 2008b, 248, fig. 291; H 2016, 45, pl. 181b. 479  H 2016, 45. 480  C 2008b, 249, fig. 29n; H 2016, 23, pls. 35a,d, 86b,e. 481  H 2016, 23, pls. 35b, 86a. 482  D 1998, 11. 483   Per la traduzione del testo dall’accadico (K. 164) si è fatto riferimento a N 1999. Circa interpretazioni alternative del testo si veda S 1992. Secondo S. Parpola qui sarebbe descritto il rito funebre compiuto per Esharra-ḫammat, moglie di Esharaddon (P 1983, 190-191). Per un’ulteriore analisi di K. 164 si veda inoltre il Capitolo 4, Paragrafo 7. 484  N 1999, 37, righe 10-14. A proposito si veda anche 474 475

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I. Bucci e F. Giusto

stesso testo apprendiamo della pratica di predisporre su tre tavoli le offerte di cibo e bevande destinate alle diverse divinità dell’Oltretomba, tra cui brocche contenenti vino e birra: ‹‹einen Tisch vor der großen Antu, einen Tisch vor Gilgameš (und) einen Tisch vor den “Schiffern” zurüsten. Wasser und Öl kommen heran. Ein massītu-Gefäß voll Bier (und) ein massītuGefäß voll Wein sollen sie vor der Großen Antu (und) vor Gilgameš hinstellen und daraus träufeln.››485. Un altro scritto rituale ci informa di libagioni a base di birra fatte per Ereshkigal, sovrana dell’Oltretomba486. La tavoletta in pietra rinvenuta nella Tomba II, che riporta la maledizione della regina Yabâ, moglie di Tiglath-pileser III, verso colui che osi profanare la sua tomba, recita ad un certo punto: ‹‹(…) let his spirit roam outside in thirst, below in the underworld, when libations of water are offered, he must not receive with the Annunaki as a funerary offering any beer, wine or meal.››487. Dalle fonti di età neo-assira risulta che la libagione, effettuata in onore delle divinità o del defunto, poteva essere eseguita in modi diversi: trasferendo il liquido da un contenitore all’interno di un altro o versando la sostanza direttamente al suolo o all’interno di speciali condotti488. L’azione poteva avvenire in due modalità: versando la bevanda in un unico getto, oppure per gocciolamento. Per quest’ultimo tipo di libagione veniva usato in particolare una specifica qualità di vino, il (karān) ṣurāri o “vino di libagione”, ma abbiamo alcune testimonianze dell’impiego anche della birra489. Tra i testi che menzionano questa pratica funeraria ve ne è uno che descrive proprio una libagione per gocciolamento di vino e birra effettuata per Antu e Gilgamesh490. Un ulteriore dato interessante è la menzione, nei testi, dell’utilizzo di vasi o coppe per questo scopo491. L’utilizzo di specifici recipienti finalizzati a compiere libagioni di liquidi durante i rituali funerari è stato ipotizzato ad esempio per alcuni spouted-vessels

in metallo rinvenuti nel Cimitero reale di Ur da L. Woolley492. I. Winter circa la funzione di tali oggetti, discutendo la definizione di libation vessel coniata da L. Woolley493, conclude che ‹‹(…) the spouted vessel is likely to have been subject to multiple uses in multiple venues: as a libating instrument in religious (temple) ritual before deities and/or emblems, as well as possibly in funerary activity; and in filling of other containers, including drinking vessels. At issue is whether there is evidence to support the suggestion that its presence in some tombs would indicate ritual action associated with funerary practice, rather than mere provisioning.››494. In diversi casi tali brocche sono state rivenute in associazione a bacili e larghe coppe sempre in metallo495 (Fig. 2.55). A tale proposito la Studiosa ipotizza che l’associazione delle brocche con versatoio e i bacili possa non essere casuale, e che ciò possa costituire testimonianza di particolari atti rituali quali la libagione (versando il liquido dalla brocca al bacile e poi a terra) e il lavaggio delle mani. Un’ulteriore possibilità presentata dall’Autrice è che le brocche, utilizzate assieme alle coppe, formassero una sorta di drinking set, e che la bevanda anziché

492   W 1934, 302; W 1999, 231. Queste forme vascolari, fabbricate in argento o rame, sono caratterizzate da un lungo versatoio inclinato verso l’alto e sono prive di ansa (Woolley Tipo 84). Questi esempi sono già stati citati in precedenza all’interno del sottoparagrafo sui profumi e acque profumate. Anche G.J. Selz evidenzia come in età proto-dinastica gli spouted vessels venissero utilizzati per compiere libagioni durante il rito funebre (S 2004, 196). Le offerte di liquidi, costituite in genere da acqua, birra o vino, servirebbero infatti a dissetare il defunto poiché nell’Aldilà l’acqua è salata e il cibo è scarso (S 2004, 196). Ecco dunque che le offerte da parte dei familiari di cibo e bevande per il morto – sotto forma di libagione o semplicemente poste accanto al corpo nella tomba, come è testimoniato dai rinvenimenti archeologici – sono l’unica forma di nutrimento concessa all’anima del defunto (S 2002, 325-327). È possibile vedere dunque come tale concezione dell’Aldilà e della cura del defunto perduri dal III millennio fino al I millennio a.C. (S 2002, 328). 493  W 1934, 302. 494   W 1999, 246. Un quadro simile viene delineato ad esempio anche dalla necropoli siriana di Umm el-Marra: le tombe databili all’Antico Bronzo, tra il XXVI e il XXIII secolo a.C., hanno restituito una ricca quantità di materiali e sono da associare con ogni probabilità a esponenti di spicco della città (S 2007). Anche qui sono state rinvenute diverse brocche dotate di un lungo versatoio, sia in ceramica che in metallo, le quali sono state interpretate come funzionali a compiere libagioni rituali (S 2007, 42, 50). Le brocche provengono dalle Installation B e D e dalla Tomba 4 (S 2007, 41-42, figs. 3.7, 3.9, 3.10:1). La brocca in argento dalla Tomba 4 spicca per le piccole dimensioni (inferiori ai 10 cm): per questo motivo è stato ipotizzato che potesse contenere in origine un liquido utilizzabile in piccole quantità, come un olio o un profumo (S 2007, 51). 495   Tipo 32, Tipo 42 e Tipo 43 di Woolley (W 1934, 302). Tre di tali “set” sono stati trovati ad esempio nella Tomba PG/800, la tomba della regina Puabi (W 1999, 239-241).

D 1941, 62. La libagione a base di vino viene ripetuta di nuovo in un secondo momento (N 1999, 37, righe 24-27). Il vino da versare è contenuto in uno specifico tipo di vaso chiamato AN.ZA.GUL.MES, il quale probabilmente è da identificare con un vaso in pietra (N 1999, 37, nota 183). 485  N 1999, 37, righe 43-47. A proposito si veda anche D 1941, 65. 486  L 2012, 277. 487   A -R 2008, 124. Per la presentazione del testo completo in traduzione si rimanda al Capitolo 4, Paragrafo 7 488  G 2012b, 250. 489   G 2012b, 250. La birra viene chiamata miḫḫu (G 2012b, 231), mentre il vino è citato come (karān) ṣurāri e karān maqqīti (G 2012b, 237). 490  N 1999, 37, riga 47; G 2012b, 251. Il testo cui si fa riferimento è K 164, già citato in precedenza. 491  G 2012b, 250. Per questo motivo è stato supposto che il liquido fosse contenuto in origine in grandi giare e venisse poi prelevato da queste con recipienti di dimensioni minori con i quali veniva compiuta la libagione (G 2012b, 250-251).

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Aspetti morfologici, tecnici e funzionali

per analogia con gli esempi dalle Tombe Reali di Ur – immaginare per tale “set” un utilizzo durante il rito funerario. L’esistenza di veri e propri servizi vascolari destinati esclusivamente al consumo di vino o durante la cerimonia funebre o come bevanda atta a dissetare il defunto nell’Aldilà è stata ipotizzata da B. Salje per l’età neo-babilonese499. La Studiosa identifica, infatti, in diverse tombe neo e tardo-babilonesi di Uruk un vero e proprio trinkset in bronzo composto da un calice a bottone o un bicchiere a calice ed una coppa500. In conclusione la brocca d’oro di Nimrud, considerata all’interno del contesto funerario di rinvenimento, potrebbe essere interpretabile come contenitore pregiato per una bevanda offerta nel corso del rituale funebre, nel quale il liquido sia stato offerto o versato come libagione al defunto o alle divinità infere. Ulteriore possibilità è che il liquido contenuto nel vaso, non consumato, sia stato posto nella tomba affinché il defunto se ne potesse dissetare o, di nuovo, come dono per gli dei dell’oltretomba. Quest’ultima possibilità ci sembra quella maggiormente probabile, data la presenza del tappo di legno a chiudere il versatoio. È plausibile che il contenuto potesse essere costituito da vino o birra, sia perché la maggior parte degli studiosi propende per un tale contenuto per le strainerspouted jugs501, sia tenendo in considerazione le testimonianze scritte sopra riportate, le quali menzionano queste due bevande all’interno dei riti funebri502. Sembra inoltre una possibile suggestione che la piccola brocca potesse venire utilizzata in associazione alla coppa d’oro rinvenuta nel medesimo sarcofago, e che i due oggetti andassero a formare una sorta di trinkset funerario per il consumo del vino, analogamente a quanto è stato

Fig. 2.55 - Brocca con versatoio in argento e bacile in rame dalla Tomba PG/755 del Cimitero reale di Ur (W 1934, pl. 172a).

essere versata venisse consumata496. Come nel caso delle strainer-spouted jugs anche per le brocche dotate di versatoio è possibile che il contenuto fosse costituito da birra o vino497. Ricordando la possibilità esposta precedentemente che la brocca in oro da Nimrud potrebbe aver fatto parte di un set per bere il vino o la birra, forse in associazione alla coppa in oro IM 115598498, pare una suggestiva ipotesi –

 W 1999, 245.   L’utilizzo di vasi dotati di un lungo versatoio (ma non di filtro) per il consumo della birra è assai diffuso in precedenza in età proto-storica (Tardo-Uruk e Jemdet Nasr) e proto-dinastica. Il versatoio si trova sulla spalla del vaso, presenta un restringimento nel diametro della bocca e tende verso l’alto. L’associazione versatoio-brocca risulta qui estremamente significativa: dai testi sappiamo infatti che solo questo particolare tipo di vaso veniva usato per consumare la birra. In modo significativo nei testi più antichi il segno cuneiforme per la parola birra (kaš) è rappresentato da un disegno di tale vaso (P 1997, 140-141). Risulta possibile comunque che, almeno a partire dal periodo Uruk (3500-3100 a.C.), questi recipienti venissero usati anche per il consumo di vino. Le analisi chimiche su residui contenuti in un esempio simile in ceramica, proveniente da Uruk e databile a questo periodo, hanno rilevato infatti la presenza di acido tartarico, presente in grande quantità solo nell’uva. Dunque è assai probabile che il liquido contenuto in origine in tale brocca sia da identificarsi con il vino (G , M G , R B 1996, 39-41). 498   Per quanto riguarda un uso funerario di tale coppa, un interessante parallelismo è offerto dalle Phoenician bowls inscritte: è stato ipotizzato che tali coppe venissero utilizzate durante i rituali funebri in associazione al consumo di vino (F 2014a, 119-126). L’ipotesi è supportata dal contesto tombale di rinvenimento della maggior parte di tali oggetti (F 2014a, 120) come nel caso di una delle due coppe in oro provenienti dalla Tomba II di Nimrud e recante un’iscrizione con il nome della regina Yabâ (F 2014a, 120). Come osserva M. Feldman: ‹‹While the bowls might have been used 496 497

before their deposition in a tomb – and it is unclear whether they were actually used in any drinking activities taking place within the tomb itself – their presence inside a space marked as other than everyday word endows them with special significance. (…) We might extrapolate from the conjunction of drinking/ pouring functionality and burial context a general sense of their ritualized use in funerary activities.›› (F 2014a, 121). Sulla possibile destinazione funeraria delle Phoenician bowls si veda anche O 2014a, 162-163, 177. 499  S 1996. Le analisi chimiche condotte su una coppa a calice proveniente dalla Tomba 224 di Uruk hanno rivelato l’originaria presenza di vino (S 1996, 440-441). 500   S 1996, 430-439. Secondo la Studiosa invece i vasi denominati Knaufflaschen, tipici dell’età neo-babilonese, siccome si trovavano al di fuori della sepoltura sono da interpretare come contenitori per le offerte fatte al defunto dopo il rito funebre (S 1996, 440). 501   Come già detto nelle pagine precedenti, in particolare D. Stronach propone che la brocca in oro da Nimrud potesse essere stata usata per consumare il vino (S 1995, 185-186). 502   Si ricordi inoltre che la birra e, in misura minore, il vino costituiscono in età neo-assira le bevande di maggior consumo e sono quelle più frequentemente menzionate nei testi (M 1994, 439-440; G 2012b, 229, 235).

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ipotizzato per altre forme metalliche in contesti sepolcrali neo-babilonesi e proto-dinastici.

dell’Oltretomba: ‹‹[Father], my begetter, I gently laid him in the [mi]dst of that tomb, a secret place, in royal oil. (…) I displayed gold and silver objects, everything proper for a tomb, the emblems of his lordship, that he loved before Shamash and I placed (them) in the tomb with my father, my begetter. I presented gifts to the malki, the Annunaki and the gods residing in the netherworld.››509. J. Mc Ginnis commentando la lista di oggetti elencati nel testo evidenzia come non risulti una chiara distinzione tra gli oggetti disposti come dono al defunto, per la sua vita nell’Aldilà, e quelli offerti in regalo alle divinità infere510. Analogamente un altro testo di età neo-assira cita gli ornamenti e i gioielli che devono essere indossati dal morto durante il rito funebre e i doni da offrire al defunto in occasione del rito511.

Al di là delle possibili funzioni del vaso d’oro - e del suo utilizzo o meno - la preziosità del materiale e la finezza tecnica della decorazione rendono plausibile che la brocca fosse stata inserita all’interno del sarcofago come simbolo di status della proprietaria. A questo proposito S. Mazzoni, analizzando i corredi femminili nelle tombe dell’età del Ferro in Siria e Mesopotamia, mette in luce la problematica dell’interpretazione degli oggetti provenienti da contesti funerari: ‹‹(…) were these goods, varying in value according to the status, worn, carried, and then exhibited as personal possessions in life or after death? Were they owned by the deceased in life and the afterlife or were they funerary gifts or symbols? Archaeological evidence gives no certain answers to these questions or valid clues to an interpretation.››503. La Studiosa evidenzia come tale problematica sia presente anche nel caso delle Tombe delle Regine di Nimrud, il cui corredo è caratterizzato da una gran quantità di oggetti preziosi e gioielli504. Si ricordi tuttavia come, nel caso della brocca in oro da Nimrud, la presenza del tappo di legno a chiudere il versatoio rende meno plausibile la possibilità che essa sia stata posta vuota all’interno del sarcofago. La brocca in oro da Nimrud potrebbe pertanto essere stata deposta assieme al defunto sia in qualità di oggetto di corredo per il morto505, come proprietà personale del defunto o dono funebre, sia in qualità di dono per le divinità infere506. Un testo proveniente dalla biblioteca di Ashurbanipal a Ninive descrive il rito funebre per un sovrano assiro, narrato in prima persona dal figlio507. Egli elenca una lunga serie di oggetti inseriti nella tomba assieme al defunto, tra cui coppe in oro e in argento508, e continua dicendo di aver seppellito insieme al sovrano gli oggetti a lui cari in vita e di aver disposto doni per gli dei

Considerazioni conclusive Considerata la generale complessità di lettura degli oggetti di provenienza sepolcrale, la brocca in oro di Nimrud potrebbe quindi essere interpretata in molteplici modi. Le sue caratteristiche morfologiche suggeriscono che essa potesse essere utilizzata per versare o consumare un liquido che necessitasse di essere filtrato. Tra questi il vino e la birra costituiscono le possibilità più convincenti e portano a ipotizzare che la brocca potesse venire impiegata, forse assieme ad altre forme vascolari, durante i banchetti dall’originario proprietario o proprietaria. L’insieme di questi dati rende plausibile pensare al vaso come a un oggetto pertinente ad un ambiente d’élite, e in particolare a quello di corte. Con la morte del proprietario o proprietaria la brocca sarebbe stata deposta assieme al defunto, entrando a fare parte del corredo. Non si può escludere, tuttavia, che il personaggio sepolto non sia da identificare con il proprietario originale dell’oggetto, e che quest’ultimo si configuri quindi come un dono fatto in occasione della cerimonia funebre. Un contenuto come vino o birra, inoltre, rende possibile immaginare un uso della brocca in oro durante il rituale funerario, per cui l’offerta di liquido sarebbe stata destinata al defunto o agli dei inferi. L’ipotesi che la brocca sia stata in origine posta piena all’interno del sarcofago è resa maggiormente plausibile dalla presenza del tappo di legno a sigillare il versatoio. Non si può infine dimenticare la preziosità del vaso, che fa sì che l’oggetto non sia da considerare solo in base ad un utilizzo specifico. In quest’ottica la brocca in oro si porrebbe come un prezioso oggetto di corredo atto a rappresentare l’alto status sociale del defunto o come un lussuoso dono destinato al personaggio seppellito o agli dei dell’Oltretomba.

 M 2005, 3.  M 2005, 3. 505   Sul corredo in Mesopotamia si vedano ad esempio: S 1995, 1884; P 1997, 222; M 2003, 52. 506   Sulla pratica del dono per le divinità infere si veda ad esempio: M G 1987, 9-10; S 1995, 1884; P 1997, 221-222; M 2003, 52; P 2008, 179. Una suggestiva testimonianza di tale pratica anteriormente all’età neo-assira ci è offerta da un testo risalente all’età neo-sumerica in cui si narra della morte del sovrano Ur-Nammu e si immagina la sua discesa agli inferi (K 1967). Nella composizione letteraria ogni divinità dell’oltretomba è fatta oggetto da parte del sovrano di una serie di doni scelti in base alla personalità e al sesso del dio (K 1967, 118-119). 507   Forse Esarhaddon o Ashurbanipal (K 2009, 111). Per la traduzione in inglese si è fatto riferimento a K 2009. Un’altra versione del testo impiegata è costituita da M G 1987. Un compendio maggiormente dettagliato del testo in questione è presentato, inoltre, nel Capitolo 4, Paragrafo 7. 508   ‹‹1 golden drinking bowl›› e ‹‹2 silver cups›› (K 2009, 111, righe 25, 27). 503 504

 K  M G 511  M 509 510

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2009, 117, righe 3-5, 13-18, 21-23. 1987, 9. 2005, 3.

Aspetti morfologici, tecnici e funzionali

Abstract source of inspiration for the shape of the Nimrud jug. Accordingly, the date of the jug could be included within the same chronological range of the parallels from Gordion and Alişar Höyük, namely between the first half of the 9th century BC and the first half of the 8th century BC. This date range is also consistent with the Nimrud jug find-spot, Tomb III. The tomb was built for Mullissu-mukannishat-Ninua, MÍ.É.GAL of Ashurnasirpal II (883-859 BC) and Shalmaneser III (858-824 BC), but it was plundered and re-used for later burials. The dated objects discovered in the three bronze bathtub coffins from the antechamber range from the time of Adad-nirari III (810-783 BC) to that of Tiglath-pileser III (744-727 BC).

The analysis of form aims to determine potential location and date of production for the Nimrud jug. The characteristic features of the jug were carefully examined in order to identify their best parallels in other vessels. The main features assessed were the strainer-spout and the position of the handle at a right angle. The material of the jug, whether the vessels were produced in pottery or metal, was also considered. The shape of the Nimrud jug seems to be absent from the Assyrian pottery assemblages, since the few side-spouted jugs discovered in Assur tombs lack strainers. Many ceramic and metal spouted vessels have been found in Western Iran. However, as they often lack the internal strainer and the handle placed at a right angle, they cannot be fully compared to the Nimrud jug. In the Levant, the shape is widespread in different types, especially in Early Iron Age pottery, such as the Phoenician and Philistine. During the Middle Iron Age, it becomes rare, and it is found only in the ancient Kingdom of Israel, Transjordan, and in a few Phoenician examples. In North Syria, strainerspouted jugs rarely appear in pottery during the Iron Age. Spouted vessels are otherwise depicted on stone reliefs, at Karkemish for instance. Some metal examples of spouted vessels without a strainer have also been discovered. Numerous parallels to the Nimrud jug have been found in the Central Anatolian plateau, where the Phrygian Kingdom arose in the 9th century BC. The new chronology recently proposed for Gordion, the kingdom’s capital, places the apogee of the city’s building activity between the end of the 9th century BC and the first half of the 8th century BC. Bronze side-spouted sieve jugs have been found in the royal tumuli of Gordion (W, MM), and they are the only complete metal examples known so far. The best parallels to the shape of the Nimrud jug, however, are observed in pottery. These examples come mainly from Gordion and Alişar Höyük, and are dated between the first half of the 9th century BC and the first half of the 8th century BC. Different types of strainer-spouted jugs are widespread in the Aegean area. The Cypriot pottery examples from the beginning of the Iron Age stand out for their similarity to the shape of Nimrud jug. They were produced from 1050 to 850 BC. Gjerstad’s Type II, which is dated from the second half of the 10th century BC to the first half of the 9th century BC, also provides good comparisons. Nevertheless, the early date and geographical distance from Assyria prevent the Cypriot jugs from being considered direct parallels to the Nimrud jug. Therefore, the analysis of form suggests that the vessels from Central Anatolia are the most plausible

Since ancient times, gold has been valued for its colour, brilliance, rarity, and immunity from corrosion. It has been considered a symbol of status and wealth, often linked to myths, rituals, and royalty. The technical description of the Nimrud jug presented in this study is mostly based on the published photographs and bibliography of the vessel. Some hypotheses concerning its method of production and decoration have also been formulated from comparisons with other published metal artefacts. Despite the absence of direct examination, this analysis confirms the extraordinary quality of the craftsmanship and suggests that the Nimrud jug was produced in a high level workshop, which probably worked for the royal court. The vessel is possibly made of a gold-alloy, a procedure generally used to increase the strength and durability of the finished product. The composition of the alloy in the Nimrud jug can be clarified only by future elemental analysis. Several different methods of production and decoration are proposed in this study. The jug could have been casted, hammered, or created with a combination of both methods. As for the production techniques, the three bronze side-spouted sieve jugs found at Gordion offer particularly interesting parallels. The decorative bands on the jug, those with ornamental motifs as well those displaying animal and human figures, are less than one centimetre high and are decorated in a very delicate low relief. Different decorative techniques are proposed, inevitably restricted by the limited number of photographs available. The friezes were probably created by working the metal sheet from the front and back, using chasing and repoussé, and completed by tracing and engraving. The result is an exquisite work of skilled goldsmiths who were accustomed to producing luxury goods and wellversed in different decorative methods. The techniques employed for the production and decoration of the jug do not provide conclusive evidence to its chronology and provenance, as these techniques were already widespread in the Near East

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in the 1st millennium BC. The observations presented in this section bring attention to aspects otherwise little treated in the literature on the subject and emphasize the uniqueness of this exceptional jug.

decoration discovered in the same coffin as the jug. Since the coffin contained a female skeleton, it seems that a woman was the beneficiary of the object. Written sources record that women of the Assyrian royal court could take part in feasts and wine consumption. The Nimrud jug could have been used as a container for ointments, or perfumed oils and water; however, this possibility seems less probable due to its particular shape. The find-spot suggests a funerary use. It is possible to assume, on the basis of the written sources, that the jug was filled with a drink, namely wine or beer, and its content was offered to the deceased or to the gods of the Netherworld. The presence of a wooden bung inside the spout may imply that the vessel was placed inside the coffin while full, meaning that it may not have been exclusively used during funerary libations. The jug is certainly a luxury item: its placement among funerary goods was probably intended to display the high social status of either the deceased or the family group to which she belonged.

The analysis of function is important for contributing to a better understanding of the Nimrud jug and its context of use. Different hypotheses about the function of the jug are proposed, on the basis of comparisons to similar pottery and metal vessels. The most convincing hypothesis considers the jug to be a container for beer or wine. The presence of the strainer suggests that the vessel was produced for containing liquids that needed to be filtered, such as herbal drinks, beer, or wine. The Nimrud jug could have been used for drinking directly or for transferring liquids from one vessel to another, such as in the ritual consumption of wine during feasts. Wine sets are attested in the archaeological, iconographic, and written records for the Assyrian royal banquets. The jug was probably part of a wine set, used with bowls such as the gold one with lotus

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3 DECORAZIONE E

3.1 I

F

,M

M

eE

Q

*

Lo studio iconografico comprende un numero cospicuo di confronti validi sia da un punto di vista iconografico sia stilistico, rintracciati soprattutto nel Vicino Oriente e prevalentemente durante l’arco cronologico di riferimento, compreso tra la fine del II e la prima metà del I millennio a.C. È stato fornito maggiore risalto nella trattazione ai confronti con reperti metallici che mostrano caratteristiche comparabili alla brocca in analisi per similitudini materiche e di tecnica di decorazione. Il singolo elemento è stato analizzato valutandone la diffusione, la comparsa e l’evoluzione diacronica. Per alcuni elementi del lessico figurativo vicino-orientale assai comuni (come ad esempio i capridi, la palmetta e alcuni elementi geometrici), è stato impossibile riportare tutti i confronti rinvenuti per un areale di diffusione così vasto e per un arco cronologico tanto esteso. In questi casi si é deciso di proporre solo quei paralleli che sono sembrati più significativi rispetto alla decorazione oggetto di studio e di tracciare, ove ritenuto utile, le trasformazioni e le peculiarità dell’elemento all’interno delle diverse tradizioni locali vicino-orientali. Per agevolare l’esposizione, si è scelto di presentare solo i confronti più puntuali nel testo e di far seguire, invece, un inventario nel quale sono elencati tutti i confronti rintracciati e proposti attraverso una suddivisione per tipologia di materiale3. Il principale obiettivo di questa ricerca è stato quello di individuare per ciascuno degli elementi decorativi caratteristiche stilistiche e iconografiche peculiari da considerarsi come indicatori di area o di uno specifico periodo. L’indagine é stata spesso ardua e difficoltosa a causa di due principali ragioni: da un lato la presenza di dati incompleti e in continua espansione mano a mano che gli studiosi procedono con la pubblicazione

1

Lo studio sulla decorazione della brocca in analisi si suddivide in tre sezioni: una prima, in cui viene presentato e descritto l’apparato decorativo nella sua globalità; una seconda, costituita da una descrizione per lemmi dei singoli elementi iconografici individuati e i confronti che possono fornire dati utili per una proposta di datazione e di area geografica di produzione; e, infine, una terza riguardante una valutazione complessiva e sintetica delle tematiche iconografico-stilistiche affrontate. La prima sezione non necessita di alcuna illustrazione preliminare, trattandosi di una semplice presentazione della decorazione delle bande, simile, per certi versi, alla descrizione generale fornita da D. Collon all’interno del volume New Light on Nimrud2. La seconda riguarda lo studio di dettaglio dei singoli elementi iconografici che sono stati riscontrati nella decorazione (ad esempio il capride, il cervo, il cane, etc.) e il cui ordine segue la progressiva successione degli stessi lungo le bande della brocca: dall’alto verso il basso per quanto riguarda le fasce e dal punto ritenuto di inizio della raffigurazione fino al completamento della banda (Tavv. VII-VIII, Fig. 3.47). Qualora l’elemento iconografico venga ripetuto, si rimanda per una sua trattazione alla prima occorrenza dello stesso. Inoltre, a conclusione di questa parte è stata proposta un’analisi della decorazione dell’ansa costituita da terminali in forma di dragone e di leone (Tavv. I-III, V, VI) Gli Autori hanno prodotto singolarmente l’analisi dei singoli elementi iconografici. E. Foietta ha trattato il cervo, il cane, la città/fortezza, lo scudo/rete e le protomi di dragone e leone dell’ansa; M. Mortarini ha svolto l’analisi della guilloche, dell’embricatura, della figura umana decapitata, del cavaliere e del personaggio a piedi con mazza/scettro; E. Quirico, infine, ha trattato le parti relative al capride, alla palmetta, all’arciere, allo struzzo, all’onagro, al carro, agli elementi vegetali e al leone. Per la banda a losanghe con puntino centrale e per la petalatura, posta sulla base della brocca, il lavoro è stato svolto contestualmente da tutti gli Autori con la collaborazione di I. Bucci. 1  Nelle tavole sono state inserite le immagini dei principali confronti utilizzati, in particolare, degli oggetti in metallo con iconografia o stile maggiormente interessanti in modo da avere una visione completa di tali reperti e non solo il loro dettaglio inserito spesso nelle figure all’interno del capitolo. 2  C 2008a, 115-117. *

Per ciascun confronto (cfr.), che si trova al termine del singolo elemento iconografico, vengono presentati i seguenti dati: definizione, inventario museale, datazione, luogo di provenienza, descrizione, riferimento bibliografico. L’assenza di uno di questi campi è dovuta al mancato reperimento del dato stesso oppure, nel caso di gruppi numerosi e omogenei di reperti raggruppati all’interno di un unico cfr., alla scelta di omettere per sinteticità i numeri di inventario museale. Per elementi comuni del lessico artistico vicino-orientale, l’elenco presentato non è da intendersi come esaustivo. L’ordine dei cfr. è stato prodotto per classi di materiali. 3 

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E. Foietta, M. Mortarini e E. Quirico

di reperti; dall’altro per la presenza di un lessico iconografico diffuso e caratterizzato a livello di aree spesso da sfumature stilistiche minime difficilmente rilevabili attraverso l’analisi di un limitato numero di oggetti. Nonostante queste difficoltà, all’interno delle considerazioni conclusive sono stati messi in luce i risultati ottenuti grazie a questa metodologia, che ha permesso non solo un migliore inquadramento della decorazione della brocca ma anche dell’oggetto nella sua interezza. Nelle conclusioni è stato trattato anche il rapporto esistente tra le diverse scene raffigurate all’interno delle singole bande e, allo stesso tempo, sono state evidenziate le relazioni che intercorrono tra i vari elementi iconografici studiati. In particolare, si è scelto di analizzare in modo dettagliato la compresenza e la concatenazione di scene di caccia e battaglia che si trovano all’interno della banda centrale (c), riportando i principali confronti per questo tipo di “narrazione” (Tavv. VII-VIII). Lo studio iconografico delle scene figurate ha inoltre permesso di proporre alcune ipotesi relativamente al destinatario originale del recipiente. Si può facilmente comprendere, considerando il luogo di rinvenimento (Sarcofago 2 della Tomba III), che la brocca aurea dovesse appartenere al novero degli oggetti di lusso della corte reale assira, anche se la decorazione sembra fornire indizi per una proposta di identificazione più precisa. Nell’ambito di questa introduzione si vuole ancora rilevare come le tematiche affrontate si inseriscano pienamente in quel vasto e complesso filone di studi che si occupa, attraverso un approccio critico di natura storico-artistica, della condivisione di stili e iconografie nel Vicino Oriente durante il II e il I millennio a.C.4. La metodologia impiegata è stata prevalentemente di tipo archeologico e ha previsto una ricerca sistematica di confronti per inquadrare al meglio il reperto in analisi, considerando però, per parafrasare il titolo dell’ultimo lavoro di M.H. Feldman, le problematiche collegate all’esistenza di una “comunanza di stili e iconografie” per questo arco cronologico. Per quanto riguarda questo capitolo e il Capitolo 5, relativo alle botteghe vicino-orientali, si riconosce, infatti, un debito agli studi della stessa M.H. Feldman, e ai lavori di A.C. Gunter, J.E. Curtis, D. Collon, O.W. Muscarella e di numerosi altri studiosi. Considerando l’esistenza di queste metodologie diverse, all’interno di un approccio il più possibile integrato, si è cercato nell’analisi della decorazione di distinguere tra tradizioni stilistiche, iconografiche e antiquarie tipiche di aree definite e tratti, invece, condivisi di un lessico diffuso e ritenuti, per questo motivo, meno rilevanti ai fini di questa trattazione.

“Scambio”, “rapporto”, “interferenza”, “contatto”, “ibridazione”, “lessico iconografico” sono tutti termini abbondantemente utilizzati per esprimere importanti sfumature semantiche e per cercare di definire la complessità di individuare e codificare le mode e i gusti all’interno di categorie fisse partendo da dati archeologici, storico-artistici e, in limitati casi, epigrafici. La riduzione in categorie può essere utile per cercare di definire determinati aspetti del mondo antico ma spesso è un procedimento fuorviante quando utilizzato secondo criteri troppo rigidi. L’auspicio degli Autori è quello di aver presentato i singoli elementi iconografici delle bande della brocca di Nimrud cercando di individuare questi indizi stilistici e iconografici di area e cronologia nel modo più preciso senza fornire eccessive generalizzazioni e mostrando la complessità e l’interrelazione all’interno del lessico vicino-orientale tra la fine del II millennio e la prima metà del I millennio a.C. Tale lessico è infatti il risultato di un retaggio millenario che subisce influenze “orizzontali” nello spazio e trasformazioni “verticali”, condizionate dalla variabile temporale. Nel testo sono utilizzati, per definire i vari reperti di confronto, i termini “assiro”, “assiro provinciale” e “assirizzante” che definiscono (all’interno di questo lavoro) rispettivamente: -una produzione propriamente assira (Assyrian Court Style); -un’assimilazione passiva di elementi iconografici proveniente direttamente dalla corte (Assyrian Provincial Style); -un adattamento attivo della decorazione alle tradizioni locali (Assyrianized Style)5. Per concludere, va ricordato che la brocca aurea oggetto di questo lavoro è stata già analizzata in modo preliminare in merito alla sua decorazione. Si ricordano in particolare: i lavori di M.S.B. Damerji in Gräber Assyrischer Königinnen aus Nimrud (1998); la descrizione presentata da M.M. Hussein e A. Suleiman (2000) all’interno del catalogo dei reperti dalle Tombe Reali di Nimrud6; l’analisi proposta da D. Collon nel volume New Light on Nimrud (2008)7. Le pubblicazioni citate forniscono, tuttavia, solo descrizioni sintetiche per quanto riguarda le tematiche iconografiche presenti lungo le bande del vaso aureo. Alcune interpretazioni proposte da R.M. Boehmer all’interno dell’articolo Eine goldene Kanne aus Nimrud (2001) che riguardano la decorazione della brocca, saranno oggetto di confronto nelle sezioni relative agli stessi elementi, soprattutto per quanto concerne lo struzzo rappresentato sulla banda (c) e il dragone dell’ansa. Una breve descrizione di questo 5  Per questa terminologia ci si è ispirati alla recente proposta formulata da D. Wicke (W 2015). 6  H ,S 2000, pic. 154. 7  C 2008a, 115-117.

4  Si propongono come riferimenti bibliografici in relazione a questi studi, a cui si rimanda anche per una bibliografia aggiornata: G 2009, F 2014a. Per un’analisi di queste tematiche si rimanda al Capitolo 5.

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Decorazione

stesso vaso aureo è stata recentemente proposta anche da M.M. Hussein nel catalogo della mostra Assyria to Iberia: at the Dawn of the Classical Age (2014), svoltasi presso il Metropolitan Museum of Art di New York8. 3.2 L

(c1): raffigurazione di un forte o di una città turrita; (c2): scena di caccia allo struzzo composta da tre arcieri inginocchiati e quattro struzzi al passo con la testa rivolta all’indietro verso i cacciatori, che si conclude con un singolo elemento vegetale di separazione; (c3): scena di caccia a uno struzzo e a due quadrupedi (onagri o tori) colpiti da frecce, inseguiti da un arciere su carro al di sotto del quale sembra presente una figura umana. Chiudono il gruppo un quadrupede abbattuto e un cavaliere; (c4): gruppo formato da quattro figure: un arciere che sta scoccando una freccia, una figura accovacciata, uno struzzo e un altro arciere nell’atto di incoccare una freccia. Tutte le figure convergono verso il volatile; (c5): tre arcieri di cui uno inginocchiato e due in piedi, questi ultimi hanno accanto faretre con frecce; quattro elementi vegetali di tre tipologie differenti; leone ferito da frecce e figura umana o animale accucciata; figura umana inginocchiata che tiene una sorta di scudo di protezione o una rete; (c6): sequenza di tre carri caratterizzata dalla compresenza di un auriga e di un arciere rivolto verso la scena precedente, carro con arciere, soldato con scudo e mazza o scettro, cavaliere e carro con arcieri. Tutte e quattro le ultime figure sono rivolte verso un nuovo elemento divisorio (scudo/rete). Sotto ciascun cavallo è presente una figura umana decapitata; (c7): tre arcieri stanti rivolti verso un elemento divisorio (scudo/rete) che danno le spalle alla fortezza/città turrita11; (d): fascia di decorazione composta da sei bande di cui solo la seconda dall’alto è figurata, mentre le altre presentano una decorazione geometrica. La prima e la terza banda sono caratterizzate da una sovrapposizione di tre file di scaglie (embricatura); la quarta è caratterizzata da un motivo a linee oblique incrociate a formare un reticolo a maglia decorato da puntini centrali incisi; la quinta da un motivo a doppia guilloche (treccia) con “tondino” centrale; la sesta è decorata da una successione di elementi a petalo che si irradiano a partire dal piede della brocchetta e all’interno dei quali si sovrappongono verticalmente tre elementi a goccia. La banda figurata presenta una successione di ventiquattro capridi in corsa, intervallati da due palmette e da due arcieri inginocchiati e rivolti in direzioni opposte. In aggiunta si nota la presenza di un cane e di un erbivoro interpretabile come cervo ferito, caratterizzato da un lungo palco di corna simile all’animale presente nel registro centrale del gruppo decorativo (a); (e): decorazione su un’unica banda con sovrapposizione su tre file di un motivo a embricatura.

9

Sulla brocca sono presenti fasce decorate orizzontali che si dispongono nella parte superiore del collo sotto il bordo (a), nella parte superiore della spalla, più precisamente nel punto di collegamento con il collo (b), nel punto di massimo diametro del corpo (c), nella parte inferiore del corpo, piede escluso (d) e sull’orlo del versatoio (e) (Tavv. I-VIII). Le bande figurate hanno un’altezza inferiore al centimetro10. (a): decorazione composta da 3 bande di cui la centrale figurata e le esterne geometriche con motivo a doppia guilloche con “tondino” centrale rilevato. La banda figurata presenta scene di caccia composte da arcieri (nn. 3), capridi (nn. 18) e palmette (nn. 2). Sono presenti quattro teorie di capridi in corsa delimitate da due palmette e tre arcieri inginocchiati che portano alte acconciature o copricapi. Due dei cacciatori sono rivolti nella parte centrale in direzioni opposte, dandosi le spalle. In una delle teorie di capridi compare un animale abbattuto caratterizzato da un lungo palco di corna, identificabile come cervo. Le palmette sono rappresentate in due modi diversi, forse funzionali a identificare differenti specie vegetali; (b): decorazione geometrica su un’unica banda con sovrapposizione di tre file di scaglie a embricatura; (c): decorazione composta da tre bande di cui la centrale figurata e le esterne geometriche con motivo a embricatura, costituite da una sovrapposizione di quattro file di scaglie; la banda figurata è caratterizzata da una decorazione più articolata con successione di scene diverse che sembrano iniziare e terminare nell’elemento centrale costituito da un forte o da una città turrita (Tav. VIII); H 2014, 128-130. M.M. Hussein nel volume del 2016 riporta la descrizione della brocca proposta da C 2008a, aggiungendo alcune considerazioni che verranno riprese nelle conclusioni del capitolo (H 2016, 34). 9  Per stabilire il numero degli elementi è stato impiegato il disegno pubblicato da M.M. Hussein e A. Suleiman (H ,S 2000, pic. 154; H 2016, pl. 137). Il disegno edito da D. Collon su New Light on Nimrud è, infatti, risultato incompleto, soprattutto per quanto concerne la fascia (d) (C 2008a, 116, fig. 14.s). 10  D. Collon indica un’altezza delle bande decorate di 1,5 cm, probabilmente considerando la parte marginale della decorazione a embricatura (C 2008a, 117). Grazie a una nuova rivalutazione complessiva delle dimensioni dell’oggetto, effettuata contestualmente a questa analisi, in particolare attraverso il disegno prodotto da I. Bucci sulla base di dati editi, sembra che un’altezza delle bande di 0,7 - 0,8 cm sia da ritenersi più corretta. 8 

Si veda la Fig. 3.47 per le tematiche raffigurate e per i sensi di marcia e di orientamento dei personaggi nella banda (c). 11 

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3.3 A

diffusa in alcune aree mesopotamiche, come mostra la sua abbondante rappresentazione su diversi supporti durante un esteso arco cronologico, a partire dalla ceramica dipinta Samarra fino ai vasi invetriati da Assur e ai rilievi di Nimrud e di Khorsabad di età neo-assira. L’animale viene raffigurato con corna più spesse rispetto alle specie precedentemente presentate17; - capra aegragrus: specie di dimensioni ridotte e sprovvista di rigonfiamenti lungo il profilo delle corna che si distribuiscono all’indietro con un andamento curvilineo. Tra le più antiche rappresentazioni di questo animale si può proporre un sigillo cilindrico di età proto-dinastica dal Tempio di Sin a Khafaja, su cui l’animale viene attaccato da due leoni18. Come si potrà osservare anche per molti degli altri elementi rappresentati sulla brocca, all’interno del linguaggio decorativo vicino-orientale si possono attribuire due tipi di valore alle rappresentazioni degli animali: il primo prevalentemente di natura realistica; il secondo di carattere simbolico, connesso spesso a ideali mitologico-religiosi19. Dal punto di vista iconografico, all’interno del vasto repertorio vicino-orientale che li vede protagonisti, i capridi possono assumere diversi ruoli, posizioni e significati fra i quali i più diffusi sono: - all’interno di teorie; - in connessione a elementi di tipo vegetale; - in scene di carattere venatorio. Per quanto concerne il primo gruppo, il significato connesso a questa particolare disposizione può riferirsi a finalità di tipo prettamente decorativo oppure di carattere narrativo. Si presentano come esempi della prima tipologia i capridi in corsa facenti parte delle decorazioni pittoriche parietali del Palazzo di Til Barsip e rappresentate sui muri dell’ambiente XXVI20. Gli esempi di teorie di questi animali non si limitano però solamente all’area propriamente assira, come attestano le rappresentazioni su alcune cinture bronzee di fattura urartea in cui i capridi, sovente in connessione a ulteriori gruppi di animali quali tori, leoni, uccelli e animali di natura mitica, rappresentati correnti, decorano registri sovrapposti, disponendosi su più teorie a sviluppo orizzontale o verticale21 (Fig. 3.1.d). Teorie di capridi, d’altro canto, possono far parte di scene di carattere narrativo, come accade in alcuni rilievi palatini neo-assiri dove processioni di erbivori si inseriscono nella rappresentazione dei bottini dell’esercito assiro: ciò si osserva ad

Il capride I registri figurati (a) e (d) presentano scene simili costituite da teorie di capridi in corsa e cacciati da arcieri rappresentati in marcia o inginocchiati (Tavv VII-VIII). Si hanno, inoltre, alcuni elementi vegetali (palmette) che nel primo registro sembrano essere, in base al disegno e alla documentazione fotografica, di due tipologie differenti. La palmetta nella scena rappresentata ha la funzione di asse di simmetria rispetto a due teorie di capridi raffigurati in corsa paratatticamente (Fig. 3.1.a-b). Gli erbivori ritratti lungo le fasce figurate delle bande (a) e (d) sembrano potersi identificare per la quasi totalità con capridi, animali estremamente comuni nel repertorio figurativo assiro su vari supporti, a partire dalle decorazioni di tipo miniaturistico fino alle rappresentazioni sui rilievi palatini. Nei testi assiri vengono citate numerose tipologie di capridi e gazzelle (ṣabītu), cervidi (najalu, ajalu, lulīmu) e ibex (enzu, turāhu)12, che sembrano venire distinti in base alle loro caratteristiche peculiari (corna, manto, proporzioni, etc.)13. La medesima eterogeneità è osservabile anche all’interno del repertorio figurativo assiro e in generale vicino-orientale. Secondo la divisione proposta da E.D. Van Buren possono essere distinte, anche da un punto di vista iconografico, le seguenti specie per l’area vicinoorientale: - antilope cervicapra: specie provvista di corna molto allungate, sviluppate verticalmente e dall’andamento sinuoso, ampiamente diffusa in antico nell’area mesopotamica. Questo animale è rappresentato fin dalla fase Uruk IV, come attesta il sigillo cilindrico BM 116720, su cui due antilopi e due gazzelle sono raffigurate in corsa in direzioni opposte su due differenti registri14; - gazzella: animale dotato di corna di medio-breve sviluppo con rigonfiamenti ad anello sovrapposti e di una corta coda terminante a ciuffo15; - orix: particolarmente diffuso in Asia Minore, meno in Mesopotamia, si distingue dall’antilope per la stazza più robusta e le lunghe corna sviluppate all’indietro orizzontalmente. L’animale sembra rappresentato nel repertorio artistico mesopotamico esclusivamente su impressioni di sigilli a stampo, dove le sue caratteristiche sono riportate con grande accuratezza come possono attestare alcuni esempi da Tepe Gawra16; - ibex: specie tipica di ambienti montani, molto

V B 1939, 49-55; G 2002, 13. V B 1939, 55-57; G 2002, 13; W 2003, 50, Abb. 19f. 19  W 2008, 40-41. 20  T 1983, 70. 21  K 1991, Taf. 14-15, Nr. 64, Taf. 16-17, Nr. 74, Taf. 6667, Nr. 250. 17  18 

A 2008, 62. Sull’argomento: V B 1939, 37-61; A 14  V B 1939, 43-45. 15  V B 1939, 46-48. 16  V B 1939, 48-49; G 2002, 21-22. 12  13 

2008.

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Decorazione

a

b

e

c

d

f

g

Fig. 3.1 - Capridi: a - dettaglio dalla brocca in oro da Nimrud, banda (d); b - dettaglio dalla brocca in oro da Nimrud, banda (d); c dettaglio di situla conservata in collezione privata iraniana, Teheran (S 1985, Taf. 24); d - dettaglio di frammento di cintura urartea (K 1991, Taf. 23, Nr. 84); e - dettaglio di beaker bronzeo da collezione privata iraniana (C 1973, 49, F4); f - placchetta in avorio incisa da Forte Shalmaneser, ambiente NW5 (H 1992, pl. 72, no. 352); g - dettaglio di frammento di cintura urartea (K 1991, Taf. 23, Nr. 90).

esempio su alcuni rilievi del Palazzo Centrale di Tiglath-pileser III a Nimrud22 o del Palazzo SudOvest di Sennacherib a Ninive23. Molto diffusa nel repertorio figurativo vicinoorientale è pure la connessione iconografica tra il capride e alcuni elementi vegetali, che assumono in modo frequente da un punto di vista compositivo il ruolo di assi di simmetria rispetto agli animali posti lateralmente a essi (secondo gruppo dell’elenco). Alla rappresentazione della palmetta si attribuisce in area assira una precisa simbologia religiosa e rituale strettamente connessa alla propaganda imperiale e, allo stesso tempo, funzionale alla raffigurazione di concetti astratti quali abbondanza e fertilità24. L’immagine di questi elementi vegetali si collega in primo luogo alla rappresentazione dell’Albero della Vita, soggetto ampiamente documentato, ad esempio, nel Palazzo Nord-Ovest di Ashurnasirpal II a Nimrud25. L’iconografia dell’Albero della Vita è chiaramente una ricostruzione artificiosa, ben lontana dalle rappresentazioni di tipo naturalistico di altri elementi vegetali che risultano spesso funzionali alla contestualizzazione ambientale della narrazione26. La relazione iconografica tra Albero della Vita e

sovrano si collega alla rappresentazione simbolica del compito assunto dal re assiro per volontà del dio Ashur di garante dell’ordine e dell’abbondanza dell’intero paese. La rappresentazione della palmetta può conservare comunque la sua forza simbolica anche in assenza della figura del sovrano, ad esempio quando si accompagna a soggetti di tipo animale e, in particolare, di alcuni erbivori. Tra questi ultimi i più frequenti sono proprio i capridi raffigurati su diversi tipi di supporto. Si può ricordare, come esempio, all’interno di questa parte di trattazione il celebre pannello in mattoni smaltati rinvenuto presso l’ambiente T3 di Forte Shalmaneser. Su di esso si sviluppa al di sopra del registro superiore e di quello inferiore, in cui compaiono rispettivamente due tori a fianco di una palmetta e la rappresentazione del sovrano raffigurato mentre compie il gesto dell’ubāna tarāsu, una teoria di dieci capridi intervallati da undici palmette27. I capridi possono essere, infine, rappresentati nel repertorio figurativo assiro come oggetto di cacce (terzo gruppo dell’elenco). Differentemente da animali quali il leone, il toro e lo struzzo, la caccia ai capridi non risulta però prerogativa esclusiva del sovrano quanto piuttosto attività di svago e intrattenimento dei membri della corte assira28. La caccia a questi animali poteva avvenire a piedi da parte di arcieri, su carro o a cavallo. La rappresentazione di questa tematica è ampiamente diffusa su numerosi supporti dai sigilli fino ai rilievi palatini. In area assira si possono presentare come esempi i rilievi dal Palazzo Nord di Ashurbanipal a

22  Registro superiore della lastra 8a (BM 118882) su cui viene rappresentata la processione di prigionieri e il bottino a seguito della conquista assira di una città della regione babilonese: B ,F 1962, 11, 52-53, pls. V-VI. 23  Lastra 15 nell’ambiente V, lastra 2 dell’ambiente VII e lastra non numerata dalla corte XIX: B , B , T 1998, 57, 70, 81, pls. 57 no. 56a, 130-131 no. 193a, 186 no. 263. 24  Per un’analisi del significato simbolico degli elementi vegetali in connessione alla propaganda imperiale: W 2003. 25  Si veda ad esempio A 1994. 26  Si cita come esempio la palma rappresentata sulla lastra 9a, registro superiore (BM 118882), Palazzo Centrale di Nimrud, ad indicare un’ambientazione babilonese (B ,F 1962, 11, 50-51, pls. III-IV).

W 2003, 256-259; R 1963, 38-47. Per un’analisi delle iscrizioni regali in cui vengono citate le attività venatorie dei sovrani neo-assiri nei confronti di diversi animali: G 1991. 27  28 

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lineari particolarmente marcate, nonostante le ridotte dimensioni, definiscono le membrature del corpo, della coda e delle zampe di questi animali. In base ai confronti individuati e alla grande diffusione nel repertorio figurativo vicino-orientale, la rappresentazione iconografica e stilistica dei capridi sembra potersi ritenere costante durante il periodo neo-assiro all’interno dell’area interpretabile come propriamente assira. Questo vale soprattutto per la resa di alcuni particolari quali: il costato, le corna e la resa del manto. Tale valutazione, inoltre, sembra essere estendibile anche ai regni limitrofi all’Assiria, che mostrano per questo elemento un lessico iconografico condiviso in linea con la ricostruzione proposta da M.H. Feldman sull’esistenza di più stili dialoganti e di un lessico figurativo comune33. È ad ogni modo interessante proporre alcuni confronti che per stile e per tematica iconografica risultano estremamente stringenti rispetto alle caratteristiche individuate nei capridi sulle bande della brocca da Nimrud. Per quanto concerne l’area propriamente assira si possono presentare i capridi protagonisti sia di scene di caccia, come nel caso della brocca in esame, sia di teorie di animali pascenti, che decorano ad esempio le bordure delle vesti del sovrano e di alcuni geni presenti sui rilievi lapidei del Palazzo Nord-Ovest di Ashurnasirpal II34. In questo caso il parallelo risulta particolarmente preciso in conseguenza anche delle maggiori similitudini dimensionali che certamente possono aver influito sulla resa stilistica degli animali. Ulteriori confronti si individuano pure con numerosi avori di stile assiro a rilievo o incisi provenienti da Nimrud. Nella maggior parte dei casi essi vennero scoperti presso Forte Shalmaneser e i capridi sono rappresentati spesso disposti simmetricamente a lato di elementi di tipo vegetale (palmetta, piante o rosetta) (Fig. 3.2.a-d)35. Ulteriori confronti interessanti si rinvengono pure sulle decorazioni di numerosi oggetti metallici di produzione urartea realizzati a incisione e a repoussé e ritenuti per questa ragione particolarmente affini agli esemplari rappresentati sulla brocca. In queste scene gli erbivori vengono raffigurati stanti o in corsa all’interno di teorie spesso in scene di carattere venatorio su carro o a cavallo, come avviene su alcuni elmi bronzei o su parti di cintura, dove sembrano mantenere in modo diacronico la medesima iconografia. Il parallelo dimensionale, materico e stilistico dei capridi rende i confronti urartei tra i più stringenti in assoluto insieme a quelli assiri. Questa affermazione è conseguente all’individuazione di ampie similitudini stilistiche rispetto ai capridi della brocca, osservabili in particolare nella

a

b

c

d Fig. 3.2 - Capridi su avori in stile assiro, a rilievo o incisi: a - da ambiente NW5, Forte Shalmaneser (H 1992, pl. 72, no. 351); b - da ambiente S30 (Suite Principale), Forte Shalmaneser (H 1992, pl. 16, no. 94); c - da Nimrud (ambiente sconosciuto) (H ,L 2013, pl. 6, no. 38); d - da Nimrud (ambiente sconosciuto) (H ,L 2013, pl. 6, no. 40a).

Ninive 29. In area urartea la caccia a capridi è oggetto, invece, della decorazione di alcune cinture bronzee provenienti da vari siti o dal mercato antiquario30. La medesima tematica è anche protagonista della decorazione di alcuni beakers metallici provenienti dall’area iraniana31. Non è sfortunatamente possibile determinare, a causa della ridotta dimensione delle bande della brocca da Nimrud, la precisa specie di erbivoro rappresentato e, per questo motivo, si è scelto di utilizzare in questo studio il termine “capride”, che risulta volutamente generico. Questi animali sono protagonisti sia nella banda (a) sia nella banda (d) di una battuta di caccia condotta da arcieri rappresentati in ginocchio. Le scene sono completate dalla raffigurazione di palmette che sembrano acquisire dal punto di vista dispositivo la funzione di assi di simmetria rispetto alla distribuzione degli altri elementi iconografici. Gli animali mostrano in alcuni casi corna rappresentate di profilo, in altri, invece, raffigurate frontalmente, seguendo una convenzione tipica delle scene assire di soggetto venatorio (Figg. 3.1.f, 3.2.a-d)32. Incisioni Ambiente S, lastre 14-15 (BM 124873) (B pl. XVIX). 30  K 1991, Taf. 14 Nr. 66, Taf. 23 Nr. 90. 31  Ad esempio: C 1973, 49, F4. 32  A 2008, 62. 29 

1976, 51, F B 35  M H 33  34 

100

2014a, 79-130. 1914, pl. LI, no. 26. , D 1970, pl. XXXVIII nos. 160-161; 1992, pl. 72 no. 351.

Decorazione

rappresentazione volumetrica della muscolatura e del manto degli animali (Figg. 3.1.d, 3.1.g). Per quanto concerne l’area iraniana, risulta a questo riguardo interessante una situla di probabile fattura assira o “assirizzante” attualmente conservata in una collezione privata a Teheran. Questo oggetto presenta paralleli per molti degli elementi iconografici che verranno analizzati, tra cui anche la rappresentazione di questi animali36 (Fig. 3.1.c, Tav. X). La decorazione della situla, interamente prodotta a incisione, comprende due registri: quello superiore mostra la rappresentazione di una battaglia di carri e cavalieri dinnanzi a una città in ambientazione montana; quello inferiore, di maggiore interesse per questo elemento, riporta una scena di caccia a capridi da parte di arcieri appiedati37. Similitudini per il capride raffigurato sulla brocca si osservano anche su alcuni beakers bronzei provenienti dal Luristan su cui gli animali, rappresentati incisi o a repoussé, vengono cacciati da arcieri collocati talvolta in un’ambientazione di tipo montano (Fig. 3.1.e). In conclusione, la rappresentazione dei capridi sulla brocca in scene di tipo venatorio si collega a una tradizione artistica ampiamente attestata in area assira e più genericamente vicino-orientale, apparendo, dunque, poco diagnostica dal punto di vista geografico e cronologico.

no. 376, pl. 116. -Pannello in avorio, IX secolo a.C., Nimrud, Forte Shalmaneser, ambiente NW5, rappresentazione di due capridi inginocchiati resi a rilievo e simmetricamente disposti ai lati di una palmetta, H 1992, pl. 72, no. 351. -Gruppo di sette frammenti in avorio incisi, IX secolo a.C., Nimrud, Forte Shalmaneser, ambiente NW21, rappresentazione di capridi in gruppi di due, inginocchiati, simmetricamente disposti ai lati di una palmetta, M , D 1970, pl. XXXVIII, no. 161. -Gruppo di cinque frammenti in avorio incisi, IX secolo a.C., Nimrud, Forte Shalmaneser, ambiente NW5, rappresentazione di capridi in gruppi di due, inginocchiati, simmetricamente disposti ai lati di una palmetta, M ,D 1970, 46, pl. XXXVIII, no. 162. -Placchetta in avorio incisa, IX secolo a.C., Nimrud, Forte Shalmaneser, ambiente S5, rappresentazione di teoria di capridi pascenti, H 1992, 52, no. 22, pl. 2. -Pannello in avorio frammentario decorato a rilievo, BM 123867, Nimrud, Palazzo Nord-Ovest, rappresentazione di due capridi simmetricamente disposti ai lati di una palmetta, H ,L 2009, 136, pl. 6, no. 38. -Sigillo, Ashmolean Museum no. 1938.1154, età medio-assira, rappresentazione di capride corrente e palmetta, B 1966, pl. 38, no. 569. -Sigillo, Ashmolean Museum no. 1954.742, IXVIII sec. a.C., Linear Style38, rappresentazione di un arciere inginocchiato nell’atto di colpire un capride in posizione rampante e voltato all’indietro, B 1966, 107, pl. 39, no. 574. -Sigillo, BM 141742, età medio-assira, Nimrud, Palazzo Bruciato, ambiente 23, rappresentazione di capridi correnti in posizione simmetricamente opposta al di sotto di simboli astrali, C 2001, 101, pl. XV, no. 186. -Sigillo, BM 129564, VIII secolo a.C., rappresentazione di un arciere inginocchiato nell’atto di colpire un capride, C 2001, 43, pl. II, no. 22. -Sigillo, BM 139985, età neo-assira, Sherif Khan, rappresentazione di un arciere nell’atto di colpire un capride voltato all’indietro, C 2001, 45, pl. III, no. 35. -Sigillo, BM 89546, età neo-assira, rappresentazione di un arciere inginocchiato nell’atto di colpire un capride rampante voltato all’indietro, C 2001, 48, pl. V, no. 52. -Sigillo, BM 126340, età neo-assira, rappresentazione di un arciere nell’atto di colpire un capride rampante voltato all’indietro, C 2001, 48, pl. V, no. 53. -Sigillo, BM 138147, età neo-assira, rappresentazione

Cfr. A -Rilievo lapideo, regno di Ashurnasirpal II, Nimrud, Palazzo Nord-Ovest, decorazione delle bordure delle vesti di Ashurnasirpal II, rappresentazione di capridi inginocchiati ai lati di una palmetta, B 1914, pl. LI, no. 26. -Rilievo lapideo, Ny Carlsberg Glyptotek no. 836, regno di Ashurnasirpal II, Nimrud, Palazzo NordOvest, ambiente P, decorazione delle bordure delle vesti di un genio, rappresentazione di caccia a un capride da parte di un cavaliere seguita da una caccia al leone su carro, e di palmette quali ipotetici elementi divisori, C 1971, pl. XIIIb. -Tre terminali bronzei a tutto tondo in forma di capride, BM 91237-39, età neo-assira, Nimrud, C 2013, 177, pl. LIV, no. 599. -Placchetta in avorio, IM 56417, Nimrud, Palazzo Nord-Ovest, sala del trono B, rappresentazione di due capridi ai lati di un albero stilizzato, H , L 2009, 142-143, no. 65, pl. 11. -Bicchiere in avorio, IM 127914, Nimrud, Palazzo Nord-Ovest, Pozzo 4, rappresentazione di due capridi ai lati di un albero stilizzato e alle spalle degli stessi di un altro albero, H ,L 2009, 224,

36  37 

Su questo oggetto: S S 1985, 45.

1985.

Sul linear Style: B 1966, 106-107. In generale sul linear style in epoca neo-assira: C 2001.

38 

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E. Foietta, M. Mortarini e E. Quirico

di arciere inginocchiato nell’atto di colpire un capride in posizione rampante, C 2001, 48, pl. V, no. 51. -Sigillo, BM 129575, IX-inizio VIII secolo a.C., rappresentazione di due capridi in posizione rampante ai lati di una palmetta, C 2001, 101, pl. XV, no. 184. -Vaso in ceramica invetriata, VIII-VII secolo a.C., Assur, contesto funerario, registro centrale decorato con capridi inginocchiati e disposti simmetricamente ai lati di palmette, A 1925, 44-45, pls. 20, 25a, no. 7791. -Situla in ceramica invetriata, VIII-VII secolo a.C., Assur, contesto funerario, registro centrale con scene connesse al culto di Ishtar intervallate da capride affiancato a una palmetta, A 1925, 50-51, pl. 26, no. 8150. -Situla in terracotta, VIII-VII secolo a.C., Assur, da contesto funerario, registro centrale decorato da una successione alternata di elementi vegetali, capridi correnti e montagne su fondo blu, A 1925, 57, pls. 21-23, no. 14633. -Pitture parietali, seconda metà dell’VIII sec. a.C., Til Barsip, teoria di capridi inginocchiati, P 1961, 262-263, figs. 336-337.

capridi in ambientazione boscosa da parte di arcieri inginocchiati con barba e senza copricapo, M 1985a, 212-213, Ir9; H ,O 1998, 2527. -Frammenti di placche eburnee, antecedente alla fine del IX sec. a.C, Hasanlu40, ambiente BB IV East 3, rappresentazione di capridi inginocchiati al di sotto di guilloche ed embricatura, M 1980, 150153, nos. 281-282. C -Coppa bronzea, fine VIII-inizio VII sec. a.C., Armou (?), rappresentazione su registro principale di un arciere a caccia di capridi e di un cervo, intervallati da fiori di loto, M 1985b, 187-188, 272-273, Cy22. -Scatola da gioco in avorio, BM 1897.4-1.996, XIIIXII secolo a.C., Enkomi, Tomba 58, rappresentazione di caccia a capride, cervo (?) e tori, su carro con cane, F 2008, 412-413, no. 265. Il cervo Nei due registri (a) e (d) (Tavv. VII-VIII) vengono rappresentati due erbivori che, per alcuni tratti peculiari, non possono essere semplicemente inseriti nella categoria dei capridi, come può invece valere nella maggioranza dei casi riscontrati nelle due bande. Grazie ad alcune caratteristiche e alla presenza di un lungo e articolato palco di corna, sembra molto probabile che si tratti piuttosto di cervi. In entrambi i registri si può osservare che l’animale viene ferito da una freccia con un lungo impennaggio, o meno probabilmente da una lancia a cui potrebbe essere stato legato un nastro. Nel registro (a) l’erbivoro è cacciato da un arciere appiedato (Fig. 3.3.b) mentre nel registro (d) viene braccato dal cane di un cacciatore che lo insegue (Fig. 3.3.a). Secondo M. Masseti, a partire dal periodo preistorico, vivevano nel Vicino Oriente almeno quattro differenti taxa di cervidi: il cervo rosso (Cervus elaphus); il capriolo (Capreolus capreolus); il daino europeo (Dama dama dama); il daino mesopotamico (Dama dama mesopotamica). Le prime due specie abitavano esclusivamente nei boschi delle zone collinari e montuose del Tauro, dello Zagros e dell’Elburz41. La presenza del C. elaphus non è attestata oggi né in Siria né in Iraq, anche se si possono individuare ancora piccole e isolate mandrie di questo erbivoro in Iran e in Anatolia42. Per quanto riguarda il capriolo, sembra invece che esso sia abbastanza diffuso nelle aree settentrionali del Vicino Oriente e che piccoli

U -Elmo bronzeo a punta, prima metà del I mill. a.C., mercato antiquario, registro centrale decorato con caccia su carro a capridi in corsa, W 1993,72, 76, Abb. 28. -Frammenti di cinture metalliche, prima metà del I mill. a.C., rappresentazioni di capridi in corsa in scene di caccia a piedi, a cavallo e su carro, insieme a tori, leoni, onagri e uccelli, K 1991, Nr. 64, 66, 69-70, 73-74, 81-82, 84, 86-87, 90, 95, 99, 103, 111-112, 136, 140, 162, 183, 197, 206, 211-213, 224. -Frammento di cintura metallica, rappresentazione di due teorie di tre capridi correnti posti a intervallo di una processione di carattere cultuale diretta verso una città, K 1991, Nr. 279. I -Situla bronzea, prima metà del I mill. a.C., mercato antiquario, rappresentazione sul registro inferiore di caccia a capridi correnti da parte di arcieri inginocchiati in ambientazione montana, S 1985, 45-48, Abb. 1. -Beaker bronzeo, XIII-VIII secolo a.C., Luristan, rappresentazione di caccia a capride da parte di un arciere inginocchiato (Fig. 3.1.e), C 1973, 49, F4. -Coppa bronzea, VII secolo a.C.39, Chamzhi Mumah, Tomba 37, rappresentazione di caccia a

Il sito, nella valle del Solduz-Ushnu in Iran nord-occidentale, attesta un’occupazione dalla metà del II millennio a.C. fino all’età propriamente achemenide. Per la cronologia e le fasi del sito: B ,M 2000, 140-141. 41  A 2008, 63. 42  M 2003, 384. 40 

La coppa viene datata da G. Markoe alla prima metà del VII secolo a.C. nonostante E. Haerinck e B. Overlaet ritengano che non si abbiano elementi sufficienti per poter proporre una datazione convincente.

39 

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Decorazione

a

b

d

e

c

f

Fig. 3.3 - Cervi: a - dettaglio della brocca in oro da Nimrud, banda (d); b - dettaglio della brocca in oro da Nimrud, banda (a); c frammento di cintura urartea (K 1991, 53, Abb. 14); d - dettaglio di rilievo assiro, Palazzo Nord di Ashurbanipal, ambiente S (B 1975, 126); e - rilievo siriano, Herald’s wall, Karkemish (M 1997, 203); f - vaso metallico inciso, Marlik, Tomba 39, 1185 M (H 1988, pl. 67, no. 9).

nuclei di esemplari talvolta si spingano addirittura fino al Mediterraneo. Infine, daini del tipo europeo si incontrano, ancora oggi, sebbene in maniera limitata, in Anatolia, ma non si dispone di dati che possano determinare la presenza di tale erbivoro a sud di queste aree, zona in cui era sicuramente diffusa, invece, la Dama dama mesopotamica43. I due animali rappresentati nei registri della brocchetta potrebbero quindi essere identificati in base alle loro caratteristiche specifiche come cervi rossi oppure, meno probabilmente, come daini, tutti animali denominati nelle fonti medio e neoassire con i termini accadici di lulīmu, ajalu, najalu. Questi nomi dovevano probabilmente corrispondere a specie diverse ma, ad oggi, tale distinzione non è facilmente determinabile44. Tuttavia va sottolineato che le specie di daino europeo e mesopotamico hanno piccole dimensioni e posseggono corna palmate, caratteristiche queste che non sono chiaramente riscontrabili nei due animali raffigurati sulla brocca. Il cervo rosso - proposta d’identificazione verso cui si propende maggiormente nel presente studio - al contrario si caratterizza per un corpo di grandi dimensioni e per una muscolatura possente, oltre che per corna ramificate e ben sviluppate simili ai palchi raffigurati sugli esemplari della brocchetta. Le prime rappresentazioni di cervo rosso che si conoscono nel Vicino Oriente risalgono al periodo neolitico e sono attestate su sigilli a stampo del livello XIII di Tepe Gawra. Raffigurazioni di questo animale, sempre su glittica, sono diffuse anche nel periodo Jemdet Nasr45. Nella famosa placca di bronzo su supporto di bitume del tempio di Tell al Ubeid (2500 a.C.) sono rappresentati cervi con lunghe corna ramificate ghermiti dalla divinità leontocefala

Imdugud46. Queste rappresentazioni mostrano, per certi versi, nonostante la distanza temporale, similitudini con gli animali della brocca di Nimrud. È interessante rilevare che la stessa iconografia dell’uccello leontocefalo in posa araldica viene riprodotta anche sul vaso in argento di Entemena ma in questo caso, sempre nella stessa posizione, vengono raffigurati due stambecchi su una faccia e sull’altra due leoni. Da sempre, cervi e capridi appartengono a una simbologia collegata alla fertilità nel Vicino Oriente, che si manifesta sia in connessione a specifiche divinità sia in rapporto al significato simbolico della caccia. A questo proposito va ricordato il rapporto che la divinità delle forze ancestrali, Imdugud, intrattiene con le rappresentazioni di erbivori, nelle quali il dio simboleggia la protezione e l’abbondanza all’interno dell’ordine naturale, mentre nelle rappresentazioni con le fiere feroci, invece, esso mostrerebbe piuttosto il suo carattere distruttivo e caotico. Riguardo alla connessione tra questa specie di erbivoro e le tematiche di abbondanza, protezione e fertilità, di cui si è detto, si possono citare anche altri confronti diacronici. Un primo esempio può essere rappresentato dal diadema di Puabi, ritrovato nella necropoli di Ur, che presenta, insieme a diversi vaghi di collana, ciondoli aurei a tutto tondo in forma di cervi rossi e di gazzelle47. La stessa valenza, in riferimento anche ad altri erbivori, si mantiene probabilmente fino al periodo neo-assiro, come si può desumere prendendo in considerazione la rappresentazione di un genio alato che è stata rinvenuta nel Palazzo Nord-Ovest di Nimrud, edificato da Ashurnasirpal II48. Il genio in questione tiene in braccio un cervo o, più probabilmente, un daino, se si considera

Oggi questa specie sembra essere attestata in gruppi di pochi esemplari esclusivamente nell’Iran sud-occidentale (M 2003, 384). 44  A 2008, 62. 45  V B 1939, 38. 43 

V B 1939, 38. M 2000. 48  Sul valore di rigenerazione collegato al sacrificio di alcuni animali nei rilievi palatini: A 2010, 32-38. 46  47 

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E. Foietta, M. Mortarini e E. Quirico

la caratterizzazione data al manto e alle corna. L’animale così rappresentato molto probabilmente doveva essere destinato a un sacrificio, rituale che nella mentalità vicino-orientale si lega strettamente a significati di rigenerazione e nutrimento della terra. Il daino, insieme ai capridi e ad altri erbivori in genere, dovrebbe appartenere a quel vasto gruppo di elementi iconografici e simbolici che compongono, secondo I. Winter, la cosiddetta “retorica dell’abbonzanza” in Assiria49. Ritornando alle attestazioni iconografiche di cervi nel Vicino Oriente, nell’area mesopotamica questi erbivori vengono raffigurati sia nella glittica cassita sia in quella medio-assira. L’esempio di un sigillo di età cassita è particolarmente interessante. Esso si compone di tre differenti registri: un registro centrale con una scena di caccia su carro a gazzelle e cervidi; un registro superiore con cervi accovacciati in posizione araldica e con asse di simmetria rappresentato da un piccolo albero; un registro inferiore con una teoria di cervi incedenti50. È da sottolineare che l’animale accovacciato, presente nel secondo registro, può rappresentare in questo quadro un confronto di particolare rilievo, almeno dal punto di vista della posa, se paragonato agli esemplari di cervi feriti che compaiono sulla brocca da Nimrud. Per quanto riguarda il periodo medio-assiro, un sigillo, datato al XIV secolo a.C. e scoperto a Ninive, mostra invece una scena inconsueta in rapporto all’animale in questione. In questo caso è possibile notare un personaggio seduto su uno scranno, forse il sovrano, e una testa di cervo rosso di grandi dimensioni posta su un tavolino e ipoteticamente interpretabile come un trofeo di caccia51. Compaiono nella scena anche due attendenti, circondati da simboli zoomorfi. La glittica medio-assira, inoltre, mostra rappresentazioni molto dettagliate di cervidi raffigurati all’interno del loro ambiente naturale. Un altro esempio che mostra una rappresentazione molto dettagliata di cervo, raffigurato nel suo ambiente naturale, è costituito da un sigillo di epoca medio-assira conservato alla Pierpont Morgan Library di New York. Il sigillo in questione secondo S. Babcock denota una grande perizia nell’incisione da parte dell’artista e, per quanto riguarda la resa del lavoro, una notevole familiarità dell’artista con le caratteristiche tipiche di questo animale, quali grazia e dignità (Fig. 3.4.c)52. Durante lo stesso periodo, il cervo è altresì

a

b

c Fig. 3.4 - L’iconografia del cervo durante il II millennio a.C. nel Vicino Oriente: a - decorazione della banda del BIBRU in forma di cervo della collezione Schimmel (D L 2008, 181, fig. 57); b - Guennol cup, Collezione Guennol, Gilan (?) (R 1975, 73); c - sigillo medio-assiro (B 2008, 212, no. 125a).

ampiamente rappresentato anche all’interno del Regno ittita trattandosi per altro dell’animaleattributo del dio LAMMA, divinità maschile strettamente collegata ai cicli di rigenerazione della terra oltre che a valori apotropaici e profilattici53. Per citare un esempio relativo a questo contesto, è a sua volta a forma di cervo il noto rhyton in argento della collezione Schimmel, che mostra in prossimità dell’imboccatura del vaso la presenza di una banda figurata in cui compare una scena di libagione dinnanzi a una divinità maschile che è collocata su di un piedistallo in forma, ancora una volta, di cervo (Fig. 3.4.a). Sempre nella stessa banda figurata, si può notare in aggiunta la presenza di un altro ungulato, accucciato dietro a uno scranno su cui è seduta una divinità femminile ritratta nell’atto di sorreggere un uccello. Non è da trascurare il fatto che in tale banda figurata sono presenti anche una faretra, alcune lance e ulteriori elementi connessi all’attività venatoria,

W 2003. M 1940, no. 562. 51  A 2008, 65. 52  B 2008, 212. Si veda anche il sigillo medio-assiro di Assur-rimanni conservato alla Biblioteque Nationale di Parigi: C 1987, 66-67, no. 277. Altre rappresentazioni di cervi su glittica, appartenenti però al Regno di Mittani presentano, invece, un alto grado di stilizzazione e vengono normalmente classificate sotto la definizione di Common Style: C 1987, 62-63, nos. 249-252. 49  50 

53 

104

M

2003, 91.

Decorazione

Fig. 3.5 - Zincirli: rilievo del Southern City Gate (B 620, fig. 129).

un gruppo non omogeneo dal punto di vista stilistico e della datazione (Fig. 3.3.e). Nonostante le grandi dimensioni che potrebbero assimilare l’animale al cervo rosso, le corna palmate sembrerebbero richiamare le caratteristiche tipiche delle specie di daino presenti nel Vicino Oriente. A dimostrare la diffusione di questo soggetto anche nella glittica dell’area, si aggiunge il rinvenimento nel medesimo sito anche di un sigillo su cui è rappresentato un cervo cacciato58. Il C. elaphus compare pure su alcuni rilievi neoittiti del Southern City Gate di Zincirli. Su una lastra la scena rappresentata è quella di un cervo stante, attaccato da un cane e trafitto da una freccia59 mentre, su un’altra, lo si trova collocato al di sopra di un leone (Fig. 3.5)60. In questi rilievi, datati alla fine del X secolo a.C., le corna dell’erbivoro particolarmente “sinuose” nelle ramificazioni laterali, sono ben confrontabili con gli esemplari di cervo riprodotti sulla brocca di Nimrud61. Alcune rappresentazioni di cervi si trovano nello stesso sito, in particolare nel complesso dell’Outer Citadel Gate che viene datato tra la fine del X e l’inizio del IX secolo a.C.62. Tali rappresentazioni rivelano tuttavia una resa completamente diversa: l’animale è più massiccio, in particolare per quanto riguarda la volumetria del collo e presenta corna lineari tracciate con grande rigidità63. Questa iconografia più schematica, forse a causa del supporto basaltico difficile da incidere, è decisamente lontana rispetto a quella dei cervi raffigurati sul recipiente di Nimrud. Ciò non deve stupire in quanto tale discontinuità deve essere messa in rapporto alla possibilità di individuare, anche all’interno dello stesso sito, realizzazioni molto diverse per lo stesso elemento. In Assiria durante il periodo neo-assiro una prima rappresentazione di cervide si trova raffigurata all’interno del quarto registro dell’Obelisco Nero di Shalmaneser III (858-824 a.C.). L’animale, attaccato da due leoni rappresentati con lunghe code, è identificato generalmente come daino per la dimensione e la tipologia delle corna che lo differenziano nettamente rispetto ai due esemplari del vaso aureo di Nimrud64. Si possono identificare interessanti rappresentazioni di cervo anche su numerosi avori scoperti a Forte Shalmaneser. Secondo P. Albenda, questi reperti eburnei sarebbero tutti produzioni non assire databili tra IX-VIII secolo a.C. Alcuni degli avori rientrano in specifici gruppi nord-siriani che sono stati proposti da

2008,

probabilmente con una valenza di tipo rituale. Il cervo compare anche in una battuta di caccia ricca di dinamismo incisa sulle lastre litiche della Porta delle Sfingi di Alaça Höyük, datate in modo controverso tra i secoli XVI e XIV a.C54. Nonostante la distanza cronologica e la lontananza tra le relative aree, quest’ultima rappresentazione è confrontabile, per alcuni dettagli minori come corna, posa dell’animale e dell’arciere, con i rispettivi dettagli riguardanti i cervi riprodotti sulla brocchetta di Nimrud55. Il cervo è rappresentato inoltre diffusamente in area anatolica e nord-siriana, anche per quanto riguarda la fase di transizione tra II e I millennio a.C. Si rilevano in questo contesto scene di valore pressoché analogo a quelle del periodo ittita. A titolo di esempio, si possono citare alcuni rilievi del Tempio di Kapara a Tell Halaf (X-IX secolo a.C.) nei quali il cervo compare sia in quanto animale-attributo della divinità sia in qualità di preda in scene di caccia56. Cervi pascenti ad alto rilievo sono rappresentati poi su alcune lastre del King’s Gate e su di un rilievo del Herald’s wall di Karkemish che, secondo A. Gilibert, possono essere datate alla fine del X secolo a.C.57 mentre il rilievo del Herald’s wall farebbe parte di S S 56  A 57  G 54  55 

C 2001, 36, no. 2. G 2011, 193, no. 9. 60  G 2011, 194, no. 10 61  Per la datazione del Southern City Gate e dei suoi rilievi: G 2011, 59-60. 62  G 2011, 63-64. 63  G 2011, 196-197, nos. 18-19. 64  R 2014, 64. 58  59 

2013, 538. 2013, 537-538, figs. 3-4. 2008, 65. 2011, 42.

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E. Foietta, M. Mortarini e E. Quirico

G. Herrmann e S. Laidlaw quali Flame and Fronde, Wig and Wing, Syrian Intermediate, Crown and Scale o nel gruppo fenicio65 (Fig. 3.6). Il C. elaphus è inoltre raffigurato in teorie paratattiche sul vasellame bronzeo, ad esempio sugli esemplari N1 e N15 del corpus delle coppe di Nimrud66. Rappresentazioni simili, in teorie o in scene di caccia, sono anche frequenti nelle cosiddette coppe levantine con un areale di diffusione che si estende dal Vicino Oriente a tutto il Mediterraneo67. Un esempio interessante può essere rappresentato dalla coppa no. 61565 rinvenuta nella Tomba Bernardini di Preneste, datata tra la fine dell’VIII e l’inizio del VII secolo a.C.68. Nel complesso registro superiore di tale recipiente si può notare, seguendo lo sviluppo della narrazione figurata, come, «(...) giunti in un luogo collinare, l’auriga attende sul carro sotto l’ombrellino, il momento della caccia del suo re che, a terra, inginocchiato, è intento a scoccare una freccia contro un cervo; un arbusto è posto alla base della collina; in alto, a destra, vola un uccello»69. In questa coppa di elaborata fattura, la rappresentazione mostra la scelta consapevole di raffigurare la caccia al cervo da parte di un sovrano in abiti assiri o genericamente vicino-orientali. Tale tematica di caccia, nota anche dalle fonti assire, fa parte di quel processo di condivisione di iconografie e soggetti che durante il periodo orientalizzante circolano più o meno consapevolmente in tutto il Mediterraneo, secondo uno schema che, come dimostrato da A. Gunter, è estremamente articolato da ricostruire70. Nei rilievi di Sargon II, tre palchi di corna di cervo vengono probabilmente riprodotti sui parapetti delle mura della città di Kisheshim (lastra 22, ambiente 271). Il centro, assediato dall’esercito assiro, doveva essere situato nell’attuale Zagros orientale e la caratteristica peculiare di questi parapetti che compaiono nella rappresentazione citata poco prima pare essere tipica di alcuni siti dell’Iran occidentale,

a

b

c Fig. 3.6 - Avori con cervidi da Forte Shalmaneser: a - avorio in stile assiro a traforo, ambiente NW21 (H 1992, pl. 76, no. 369); b - avorio inciso, ambiente S4/5 (H 1992, pl. 3, no. 21); c - avorio nord-siriano a traforo, ambiente NW15, Flame and Frond type (H 1992, pl. 93, no. 454).

come sembrano confermare alcuni dati archeologici. Palchi di corna sono stati infatti rinvenuti nello scavo dell’Outer Sanctuary (Main Hall) di Hasanlu72, sito databile all’età del Ferro e che fu distrutto da un incendio una prima volta nel XII secolo a.C. e successivamente di nuovo intorno all’800 a.C. La localizzazione di questi reperti ossei ha fatto supporre che essi avessero originariamente come finalità quella di essere affissi sui muri, oppure alle travi lignee, a scopo forse cultuale avendo, come spiega T. Kawami, un significato più importante di meri «(…) personal totems or private trophies», ciò sembra confermato soprattutto se si considera la scoperta effettuata nell’edificio in questione di un avorio su cui viene rappresentato un sacerdote nell’atto di reggere in mano quello che è stato interpretato come un corno di cervo. Altri due avori (di cui uno in stato frammentario) provengono sempre dal medesimo contesto e presentano raffigurazioni di cervi73. È chiaro dunque come questo animale possegga una solida tradizione iconografica anche nell’area

Su questi gruppi: H , L 2013. Per una selezione e per l’indicazione dei luoghi di ritrovamento delle rappresentazioni di cervi su avorio: H ,L 2013, 94. 66  Per un’analisi della prima coppa N1: T 2014b. Per un’immagine della coppa N15: O 2009, pl. 9a-b. Per una recente analisi delle coppe e del rapporto tra medium e soggetto si veda: O 2014a. Per uno studio generale sulle coppe: B 1974. 67  Altre coppe rinvenute nel Mediterraneo presentano cervidi simili. Se ne propongono alcuni esempi: una coppa proveniente da Francavilla Marittima (M 1985b, 232, Ca1), una rinvenuta presso il Monte Ida (Creta) (M 1985b, 236, Cr4); un piatto in bronzo da Vetulonia (M 1985b, 310-311, E15); la coppa Bernardini di Preneste (M 1985b, 278, E2) e due coppe scoperte a Cipro (M 1985b, 272, Cy21; H 1999, 22, fig. 4). 68  N 2000, 15. 69  N 2000, 18. 70  G 2014. 71  A 1986, pl. 126. 65 

72  73 

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K K

2005, 119-121. 2005, 121.

Decorazione

dell’Iran occidentale, se si considera che esso appariva già rappresentato, ad esempio, durante il II millennio a.C. Relativamente a questo periodo un parallelo interessante è costituito da una coppa cilindrica in oro attualmente conservata presso il Metropolitan Museum of Art, sulla quale è rappresentato un esemplare di questo animale. È interessante notare che il lungo palco di corna affusolate ritratto in questo caso specifico risulta ben comparabile con raffigurazioni coeve al Regno ittita e con i cervi della brocca in esame74 (Fig. 3.4.b). Rappresentazioni di C. elaphus e Dama dama dama o Dama dama mesopotamica compaiono anche nella necropoli di Marlik nella decorazione a incisione di alcune coppe metalliche, nella forma di alcuni vasi zoomorfi politi e, ancora, di alcuni bronzetti estremamente stilizzati. Benché la cronologia delle cinquantatré tombe individuate non sia sicura75, l’intera necropoli generalmente viene datata all’Iron Age I, corrispondente ai secoli dal XIV all’XI a.C., anche se molti materiali rinvenuti negli scavi, come hanno riferito U. Löw e O.W. Muscarella, potrebbero essere databili a epoche posteriori, fino al VII secolo a.C. 76. In particolare, provengono dalla Tomba 39 quattro vasi metallici con rappresentazioni di cervidi77: -546 M, beaker argenteo (?) con cervi o daini correnti rappresentati in un registro inquadrato da due bande a embricatura (Fig. 3.3.f); -1185 M, beaker bronzeo frammentario con una teoria di daini stanti, delimitato da una bordura a guilloche; -1213 M, beaker bronzeo frammentario con una teoria di cervi o daini accovacciati e nella parte superiore una serie di capridi. Bande a cross-hatching delimitano il registro centrale; -1213a M, beaker bronzeo frammentario con una teoria di cervi stanti. Nella Tomba 42 è stato scoperto un altro vaso in bronzo frammentario che presenta due distinti registri con scene di caccia. Per quanto riguarda la parte inferiore del recipiente si può notare la presenza di un carro con un arciere rappresentato nell’atto di scoccare una freccia. É interessante rilevare che di fronte a

tale arciere si può facilmente distinguere, nonostante la limitata parte conservata del recipiente, la presenza di numerosi palchi di corna ramificati, attribuibili probabilmente sempre alla specie del cervo rosso78. Tornando a considerare l’area dell’Assiria, rappresentazioni di cervi si riscontrano sulla glittica. Su questo tipo di supporto, esse si pongono in continuità con la tradizione iconografica medioassira descritta poco sopra. Ad esempio, si può citare un sigillo (BM 89595), proveniente probabilmente dal Palazzo Bruciato di Nimrud, che presenta una scena in cui un eroe armato solleva con la mano sinistra un cervo trattenuto per la zampa posteriore. Il piede dell’eroe, inoltre, è posto sul corpo di un animale ibrido, per metà capra e per metà pesce. Per tale sigillo, D. Collon propone una datazione all’VIII secolo a.C. e, nonostante la segnalazione di alcune incongruenze e particolarità, l’Autrice reputa il sigillo di fattura originale, a differenza di D. Parayre che ipotizza piuttosto che possa trattarsi di un falso79. Il cervo in questione mostra una costolatura resa a incisione e una caratterizzazione dei muscoli simile agli esemplari che si individuano sulla brocchetta di Nimrud, anche se la caratterizzazione delle corna appare più rigida e molto meno articolata. La scena di carattere fortemente simbolico mostra numerosi elementi collegabili alla fertilità e alla terra, forse d’Assiria, vista la presenza del disco alato posto al di sopra del cervo. Un secondo sigillo che, secondo P. Albenda, sarebbe di fattura neo-assira, mostra nella parte sinistra una scena rituale mentre sulla destra si può identificare la figura di un eroe, caratterizzato da una capigliatura a riccioli, che trattiene un cervo e una gazzella con ciascun braccio (Fig. 3.7). L’eroe, del tipo apkallū, è rappresentato frontalmente e indossa una veste con gonnellino al ginocchio decorato da un motivo a scacchiera con pallino centrale. Si possono individuare paralleli stringenti per questa tipologia di eroe con alcuni rilievi litici monumentali di Khorsabad in cui il personaggio stringe a sé un piccolo leone80. Secondo P. Albenda «(…) in the seal design, the hapless stags and the gazelles, in this instance substituting for the lion on the wall reliefs, may be viewed as symbolic of the respective mountains and plains of the Zagros region to the east of Assyria. Thus, the animals may be markers pointing to the sixth and later military campaigns of Sargon II. Moreover, since the curled hair hero-type occurs only at Khorsabad, a date in the reign of that king is a plausible assumption for the manufacture of the cylinder seal.»81. Tuttavia, per tale sigillo, D. Collon indica, non senza qualche incertezza, una

R 1975, 73. E.O. Negahban ritiene che la necropoli venne utilizzata per diversi secoli a partire dal XV secolo a.C. fino al X secolo a.C. Questa proposta ha previsto l’integrazione dello studio stilistico dei materiali insieme all’impiego di una singola analisi al radiocarbonio. Il campione proveniente della Tomba 15 ha indicato una datazione al 1457-55 a.C. (N , 1964, 13; N 1996, 95-96). Questa proposta cronologica è stata accettata dalla maggior parte degli studiosi, sebbene alcuni abbiano messo in luce come alcuni oggetti sembrino più facilmente riconducibili all’VIII-VII secolo a.C. in base ad alcuni confronti di natura stilistica (M 1984; H 1988; L 1998; M 2000). 76  K 2005, 110. 77  K 2005, 110-111, 113, fig. 6. 74  75 

K C 80  A 81  A 78  79 

107

2005, 114. 2001, 163-164, no. 321. 1986, 52-53, pls. 14-17. 2008, 67.

E. Foietta, M. Mortarini e E. Quirico

raffigurava il banchetto regale, detto comunemente “della pergola”; quello centrale riproduceva una lunga serie di alberi intervallati da melograni e arbusti floreali; il registro inferiore infine presentava una teoria di cervi. Nelle fonti riguardanti Ashurbanipal è attestata sia l’esistenza di questi animali all’interno dei parchi regali sia la partecipazione del sovrano a battute di caccia e alla cattura di prede in montagna, queste ultime illustrate chiaramente nei rilievi litici delle “piccole cacce” dell’ambiente S nel Palazzo Nord di Ninive. Oltre alle famose lastre 17-18, collocate nella parte settentrionale del muro nord-ovest e in cui sono raffigurati cervidi in corsa in un ambiente collinare e boschivo, in procinto di essere intrappolati per mezzo di una rete sollevata da servi nel quadro di un’attività venatoria (Figg. 3.3.d; 3.40.c), si conoscono anche alcuni disegni relativi a frammenti (forse riconducibili al settore meridionale della stessa parete) riguardanti un soggetto simile (lastre 21-22). È probabile che vi fosse una connessione tra le due scene e che, come suggerisce P. Albenda, gli interi registri superiore e inferiore del muro ovest fossero dedicati nella loro interezza alla raffigurazione di attività di caccia al cervo86. M. Masseti propone per questi cervidi l’identificazione con una particolare specie di daino indiano (C. duvaceli) che lo stesso autore suggerisce possa essere stata introdotta nei territori verdi dell’Eufrate e del Tigri e avervi trovato condizioni di vita favorevoli. A prescindere dall’identificazione esatta del taxon, che non risulta essere il principale obiettivo di questo lavoro, il cervide delle lastre 17-18 mostra corna simmetriche quando viste frontalmente, caratterizzate da un andamento regolare, e, all’apparenza, del tutto diverse quindi rispetto agli articolati palchi raffigurati di profilo sul recipiente aureo di Nimrud87. Tuttavia, la caratterizzazione del costato e della muscolatura degli animali presentano, invece, similitudini interessanti. In conclusione, la caccia al cervo e, in particolare, al cervo rosso - le cui caratteristiche si avvicinano di più a quelle degli ungulati rappresentati sulla brocchetta di Nimrud - doveva essere un’attività venatoria assai diffusa in Assiria e nei regni limitrofi dove si presentavano territori collinari e montuosi caratterizzati da vaste distese boscose, habitat preferito da questa specie. Tale considerazione, supportata da numerose rappresentazioni iconografiche, si evince anche dal rinvenimento di un consistente numero di resti archeozoologici scoperti in vari siti databili al periodo medio e neo-assiro. Recentemente, infatti, R. Berthon ha analizzato i resti faunistici di ben sette siti dell’area settentrionale del Tigri, scoprendo che alcuni centri di medio-piccole

Fig. 3.7 - Sigillo a cilindro con scena rituale e raffigurazione di genio che trattiene due cervi e due gazzelle (C 2001, pl. 39, no. 211).

fattura sud-mesopotamica (Babilonia). È interessante cercare di risalire alla sua fonte, ovvero una citazione di M.A. Levy, che, alla metà del XIX secolo, già indicava proprio in quest’ultima area il ritrovamento dell’oggetto in questione82. Altro aspetto da rilevare in aggiunta è che la breve iscrizione aramaica incisa vicino al genio sembrerebbe collocare paleograficamente il sigillo tra il 700 e il 630 a.C. e, quindi, successivamente al regno di Sargon II d’Assiria83. Ad ogni modo, a prescindere dalla provenienza originaria e dalla fattura dell’oggetto, è interessante rilevare come l’immagine del cervo e il suo sacrificio appaiano collegarsi a significati di fertilità. Inoltre, come viene proposto da P. Albenda, la rappresentazione contestuale dei due animali sembrerebbe corrispondere sul piano simbolico anche all’unione di ambienti diversi, ossia montagna e pianura. A proposito di tale unione simbolica, si può ricordare come Sennacherib, tra le numerose opere edilizie a Ninive da lui fatte edificare, contestualmente al cambiamento di corso del fiume Khosr, citi anche la creazione di una palude in cui sono introdotti cervi e altri animali delle montagne84. Di tale ambiente particolare esiste una rappresentazione su di una lastra, conservata in stato frammentario, proveniente dalla corte VI del Palazzo Sud-Ovest e in cui compaiono una scrofa con i cuccioli, un esemplare maschio e due esemplari femmina di cervo. Sulla base della dimensione degli animali, delle caratteristiche di corna, zampe e zoccoli, M. Masseti ha ipotizzato che si possa trattare di una varietà diversa dal C. elaphus, forse una specie importata dall’Oriente e chiamata Cervus eldi85. Una scena simile ricorreva anche su un rilievo di Ashurbanipal che vale la pena di ricordare. Tre registri componevano tale rilievo: quello superiore C 2001, 113, no. 211. L’iscrizione aramaica è composta solo da due parole che indicano il nome del proprietario del sigillo: lmr brk. C 2001, 113, no. 211. 84  A 2008, 68. 85  M 2008, 385. 82  83 

A 2008, 69. Una rappresentazione di una testa di cervo simile è stata scoperta su un’impronta di sigillo da Ninive e datata probabilmente alla fine del VII secolo a.C.: M ,S 2008, 86, no. 172. 86  87 

108

Decorazione

dimensioni erano appunto specializzati nella caccia al cervo rosso88. La caccia al cervo doveva essere praticata comunemente anche in Iran occidentale, come dimostrano i resti scoperti a Hasanlu, oltre alla già citata rappresentazione dei rilievi di Sargon II che raffigurano la città di Kisheshim (situata in Iran) con palchi di corna posti sui suoi spalti. Il cervo, oltre a venir catturato per la carne, la pelle e le corna era nel novero degli animali cacciati dal sovrano assiro e dal suo entourage. A differenza delle cacce di maggiore pericolosità che rivestivano anche un valore sacro e rituale, quali quelle al leone e al toro, le battute agli erbivori e agli uccelli venivano probabilmente considerate esclusivamente come “cacce sportive”. Già Ashur-bel-kala (10731056 a.C.) indicava che nelle alte montagne gli dei Ninurta e Nergal, divinità della caccia e della guerra, gli avevano ordinato di cacciare durante i mesi dell’inverno in cui la stella Sirio ascende rossa al cielo, tra gli altri, branchi di gazzelle, ibex, daininajalu e cervi-ajalu89, e di inseguire tali prede sulle montagne d’Assiria, sul monte Hānu nel distretto di Lullumu (Iran occidentale) e sulle montagne di Nairi (tra Anatolia e Assiria) (A.0.89.7)90. Adad-nirari II (911-891 a.C.), dal canto suo, fece edificare ad Assur un parco con leoni, tori selvatici, elefanti, asini selvatici e ancora cervi-ajalu, ibex e struzzi (A.0.99.2)91. Sempre relativamente al nesso tra queste specie di ungulati e la figura dei sovrani, è riportato dalle fonti che Tukulti-ninurta II (891-884 a.C.) uccise cervi-ajalu sull’Eufrate e ne catturò i piccoli (A.0.100.5)92 mentre Ashurnasirpal II (883-859 a.C.) ne trasferì degli esemplari nel parco di Nimrud insieme a molti altri tipi di animali (A.0.101.2)93; si asserisce inoltre nelle fonti che Shalmaneser III (858-824 a.C.) ne catturò, a sua volta, cinque esemplari (A.0.102.16)94. Il cervo viene, inoltre, menzionato come pietanza nella stele del banchetto di Ashurnasirpal II con la preparazione di ben cinquecento capi di questo animale per l’importante occasione (A.0.101.30)95. Il cervo come altri erbivori poteva rappresentare simbolicamente la fecondità e la ricchezza della terra, in particolare delle montagne, come sembrano mostrare le rappresentazioni con geni, o le raffigurazioni di questi animali in connessione all’Albero della Vita, alla palmetta e all’acqua, schematicamente rappresentata in alcuni casi dalla guilloche.

Sono particolarmente caratteristiche nelle bande della brocca la posa accasciata degli animali e le loro lunghe corna. Queste ultime soprattutto, ramificate ma non palmate come quelle dei daini, risultano confrontabili con alcune rappresentazioni di cervi rossi presenti su diversi supporti provenienti dall’Assiria, dall’Iran occidentale e dalla Siria. Le incisioni che caratterizzano il corpo e la resa dettagliata della muscolatura sono poi un altro tratto peculiare in quanto esso sembra comparire principalmente in rappresentazioni neo-assire, instaurando un confronto stringente in particolare nel caso dei sigilli (Fig. 3.7). Si deve, infine, rilevare un’ultima particolarità rappresentata dalla quasi totale assenza di rappresentazioni di cervi in Urartu. L’unica eccezione sembra essere identificabile con un frammento di cintura su cui compare una teoria di cervidi con corpo reso a repoussé e dettagli a incisione, molto distante comunque stilisticamente dai cervi della brocca aurea96. Cfr. A -Sigillo, BM 89806, età medio-assira, Ninive, scena con figura regale e due servitori con un tavolo e raffigurazione di una testa di cervo (trofeo?), A 2008, 65. -Sigillo, Morgan Library no. 601, età medio-assira, Ninive, cervo corrente in ambiente collinare/ montuoso, B 2008, 212, no. 603. -Obelisco Nero, BM 118885, regno di Shalmaneser III, quarto registro, faccia A, scena di caccia al cervo da parte di due leoni, R 2014, 64. -Coppa metallica, BM N1, Nimrud, età neo-assira, Palazzo Nord-Ovest, ambiente AB, registri con cervi pascenti, T 2014b, 160-161. -Coppa metallica, BM N15, età neo-assira, Nimrud, Palazzo Nord-Ovest, ambiente AB, registro con cervi pascenti, O 2009, pl. 9a-b. -Sigillo, BM 89595, età neo-assira, mercato antiquario, eroe che trattiene un cervo per la zampa posteriore, C 2001, 163-164, no. 321. -Placchette in avorio di produzione fenicia (?), età neo-assira, Nimrud, Palazzo Nord-Ovest, Pozzo AJ, no. 263, H , L 2009, 200, pl. 85; Nimrud, Forte Shalmaneser, ambiente SW37, nos. 580-582, H 1986, 146, pl. 136. -Placchette in avorio di produzione siriana (?), età neo-assira, Nimrud, Palazzo Nord-Ovest, ambiente V/W, nos. 137-139, H ,L 2009, 159, pl. 21; Nimrud, Forte Shalmaneser, ambiente NW21, H 1992, 106, pl. 69, nos. 332, 381-389, 114-116, pls. 80-81. -Placchetta in avorio di produzione nord-siriana (?),

B 2013. Per un approfondimento su tali specie si veda la sezione relativa ai capridi. 90  Traduzione E. Foietta da: G 1991, 103. 91  G 1991, 154. 92  G 1991, 175. 93  G 1991, 226. 94  G 1991, 84. 95  G 1991, 292. 88  89 

96 

109

K

1977, 52, fig. 3 A15, A18; K

1991, 53, Abb. 14.

E. Foietta, M. Mortarini e E. Quirico

età neo-assira, Nimrud, Forte Shalmaneser, ambiente SW37, H 1986, 168, no. 761, pl. 196. -Rilievo lapideo, BM 124560, regno di Ashurnasirpal II, Nimrud, Palazzo Nord-Ovest, sala del trono B, no. 30, cervo sostenuto da un genio del tipo apkallū; M 1981, Taf. 3. -Rilievo lapideo, regno di Sargon II, Khorsabad, Palazzo di Sargon II, stanza 2, lastra 22, assedio del centro di Kisheshim con palchi di corna di cervo sugli spalti, A 1986, pl. 126. -Rilievo lapideo, BM 124824, regno di Sennacherib, Ninive, Palazzo Sud-Ovest, corte VI, cervo in ambientazione palustre, B , B , T , 1998, 66-67, no.148, pls. 108-109. -Rilievo lapideo, BM 124871, regno di Ashurbanipal, Ninive, Palazzo Nord, ambiente S, lastre 17-18, 2122, caccia al cervo con servi e rete, B 1976, pl. XLIV; A 2008, 68-69. -Sigillo cilindrico, BM 102966, fine del VII secolo a.C. (?), scena di carattere rituale con geni che stringono gazzelle e cervi, C 2001, 113, pl. XVI. -Impressione di sigillo, BM K.425, fine del VII secolo a.C., Ninive, raffigurazione di una testa di cervide/ daino, M ,S 2008, 86, no. 172.

A -Rilievi lapidei, Ankara Anadolu Medeniyetleri Inv. 97, fine X secolo a.C., Karkemish, King’s Gate, cervi stanti, G 2011, 176-177, nos. 54-55. -Rilievo lapideo, Ankara Anadolu Medeniyetleri Inv. 9665, X secolo a.C., Karkemish, Herald’s wall, cervo stante, G 2011, 175, no. 51. -Rilievi lapidei, Istanbul, Archeol. Museum Inv. 7718, fine X secolo a.C., Southern City Gate, Zincirli, lastre con scene di caccia, G 2011, 193-194, nos. 9-10. -Rilievi lapidei, Istanbul, Archeol. Museum Inv. 7728, fine X - inizio IX secolo a.C., Zincirli, Outern Citadel Gate, cervi stanti, G 2011, 196-197, nos. 18-19. -Sigillo neo-ittita, BM 116143, Late Hittite Context, Karkemish, Water Gate, scena di caccia al cervo C 2001, 36, no. 2. M -Coppe metalliche levantine, seconda metà dell’VIII sec. a.C.- inizio VII sec. a.C., Francavilla Marittima, Monte Ida, Vetulonia, registri con cervi pascenti, M 1985b, 232, Ca1; 236, Cr4; 310-311, E15. -Coppa metallica levantina, Museo di Villa Giulia 61565, seconda metà VIII sec. a.C.-prima metà VII sec. a.C., Tomba Bernardini, Preneste, cervo in scena di caccia, N 2000, 18-22, Tav. IV. - Coppa metallica levantina, seconda metà VIII sec. a.C.-prima metà VII sec. a.C, Cipro, cervo in scena di caccia, M 1985b, 187-188, 272, Cy21; H 1999, 22, fig. 4.

U -Cintura urartea, VIII a.C., mercato antiquario, scena di caccia con cervi correnti, K 1977, 52, figs. 3 A15, A18; K 1991, 53, Abb. 14, Nr. 160. I -Beaker in argento, Iron Age I-II (?), Marlik, Tomba 39, scena di cervi correnti tra due bande a embricatura, N 1983, 57, nos. 20. -Beaker bronzeo, Iron Age I-II (?), Marlik, Tomba 39, registro con cervi pascenti, N 1983, 77, no. 50. -Beaker bronzeo, Iron Age I-II (?), Marlik, Tomba 39, registro con cervi pascenti, N 1983, 7779, no. 51. -Beaker bronzeo, Iron Age I-II (?), Marlik, Tomba 39, registro di cervi accovacciati e registro di capridi, N 1983, 77-79, no. 52. -Beaker bronzeo, Iron Age I-II (?), Marlik, Tomba 42, scena di caccia frammentaria, K 2005, 114. -Placchetta di avorio, antecedente alla fine del IX sec. a.C., Hasanlu, tempio (?), M 1980, 77, no. 156. -Coppa bronzea, VIII-VII secolo a.C, Khuzestan, registro con cervi pascenti e alberi, M 1997, 76-77, no. 38.

Il cane97 Fin da tempi molto remoti, varie razze di cane erano diffuse nel Vicino Oriente. Nelle fonti accadiche il termine utilizzato per questa specie di animale, di sovente adottato senza alcuna specificazione aggiuntiva, era kalbum. E.D. Van Buren nella prima metà del ‘900, seguendo una prima tipologia proposta da M. Hilzheimer, suggeriva una suddivisione, ancora oggi valida, che si compone di cinque classi principali di cane che trovano ampio riscontro nell’iconografia del Vicino Oriente: - il molosso che si caratterizza per una stazza possente, muso tondeggiante, pelo raso e orecchie pendenti (Fig. 3.8.f); - il cane da pastore che presenta stazza media, testa allungata, muso affusolato e orecchie a punta. Il pelo può essere sia ruvido, sia raso. Questa tipologia di cane non veniva impiegata per radunare il gregge, ma piuttosto per proteggerlo da animali selvatici e da eventuali ladri di bestiame; 97  Sebbene il cane compaia solo all’interno della banda (d) (si veda Tav. VIII) si è comunque deciso di inserire qui la sua descrizione data la comunanza tematica delle bande e per il suo posizionamento immediatamente dopo al cervo nella banda (d).

110

Decorazione

- il Canis familiaris studer, o cane comune, che è l’unico canide rappresentato fin dal periodo preistorico. Di medio-grandi dimensioni, con piccole orecchie a punta e una lunga coda flessuosa. Da questo cane selvatico deriverà la razza dell’ Iraqi Seluki e del moderno levriero; - il Terrier e razze similari. Cani di piccola dimensione con muso appuntito e coda a pelo lungo o raso98. Cani vengono rappresentati fin da epoca antichissima nel mondo mesopotamico, particolarmente in scene di caccia come nel caso di un sigillo Jemdet Nasr proveniente dal Tempio Bianco di Uruk (livelli C e D-E) con intaglio particolarmente profondo. In questa scena un leone è attaccato da due cacciatori preceduti da un piccolo cane con orecchie a punta e coda “a ricciolo” ripiegata sul dorso99, in una posa simile a quella del cane rappresentato molti secoli dopo sulla brocca di Nimrud (Fig. 3.8.a). Amuleti con rappresentazioni di Canis familiaris studer o terrier si trovano anche su pendenti provenienti dal Tempio di Sin a Khafaja, i quali mostrano già la presenza di legami con l’ambito religioso e templare100. Cagnolini spesso molto poco caratterizzati, foggiati in argilla sono stati inoltre rinvenuti in numerosi siti mesopotamici. Questi mostrano differenti datazioni che vanno dal periodo proto-dinastico fino al periodo neo-babilonese101. Il cane viene per giunta generalmente riconosciuto come simbolo della dea Gula102, forse fin dal periodo paleo-babilonese103. La connessione tra questa divinità e il suo animale attributo è chiara in quanto si ritrova su numerosi supporti a partire dal II millennio a.C. Si ricordano a questo proposito alcune figurine in terracotta di cani seduti, provenienti da Sippar o da Nippur104 e recanti iscrizioni in cui compare uno dei diversi nomi della dea, ad esempio ME.ME, o, su alcuni kudurru di epoca cassita, la rappresentazione della dea in trono con il suo animale-attributo accucciato dinnanzi105. In questi ultimi casi,

nonostante la coda sia spesso coperta dallo scranno della dea, il cane sembra del tipo comune o forse un cane da pastore che si caratterizza per una prominente cassa toracica. Secondo T. Ornan, durante il periodo medio-assiro le rappresentazioni di cani sono rare. Un’eccezione a questa valutazione può essere rappresentata però da un’impronta di sigillo dell’archivio di Tiglathpileser I (1114-1076 a.C.) proveniente da Assur, su cui compare una statua/simulacro in forma di cane, posto all’interno di un edificio interpretabile, forse, come un tempio, dinnanzi al quale in atto di devozione si trova lo stesso sovrano assiro106 (Fig. 3.23). Un’altra impressione di sigillo degna di nota è di poco posteriore e risale all’epoca di Shalmaneser I (1273-1244 a.C.). Rinvenuta a Tell Al-Rimah essa mostra un cane raffigurato all’interno di una tenda, insieme ad una donna, mentre all’esterno pasciono alcuni armenti. Secondo T. Ornan questa scena sarebbe di ascendenza accadica e mostrerebbe alcuni collegamenti con la rappresentazione mitologica dell’ascesa di Etana, primo re di Kish, al cielo107. Può valer la pena ricordare che la dea Gula durante il primo millennio a.C. ottenne progressivamente un grande seguito devozionale che si manifestò ad esempio in numerose rappresentazioni su sigillo in Assiria. Queste raffigurazioni, secondo D. Collon, potrebbero rimandare al legame della dea con il dio Ninurta, popolare divinità del pantheon assiro, oltre che patrono della città di Nimrud108. Il cane della dea, come si può notare da un sigillo neo-assiro molto curato che proviene dal Palazzo Bruciato di Nimrud, presenta in tal senso alcune similitudini con il cane rappresentato nella brocca in analisi, soprattutto per la coda a ricciolo e le orecchie a punta. Mostra però d’altro canto anche alcune differenze in particolare nella resa del muso e del manto (Fig. 3.8.c)109. La rappresentazione di cani di questo tipo, posti su di un piedistallo diventerà l’iconografia più comune nel sud della Mesopotamia fino al periodo tardo-babilonese per raffigurare le dea della guarigione Gula110. Modellini di cane iconograficamente simili a quello della brocca venivano impiegati anche nei cavi di fondazione delle case o nelle soglie al fine di

V B 1939, 14-15. Sulle differenti razze di cane in Mesopotamia: W 2003, 57-59. 99  V B 1939, 15. 100  V B 1939, 15, pl. III, fig. 11. 101  V B 1939, 17. 102  Sulla dea Gula: C 1994; O 2004; B 2014. Recentemente proprio sulla rappresentazione e sul rapporto tra la divinità e l’animale-attributo: B 2014, 38-44. 103  O 2004, 14. 104  V B 1939, 17. 105  Ad esempio, un kudurru del periodo di Nabu-mukinapli (quarta dinastia cassita), BM 90835, o un kudurru di Nabucodonosor I (quarta dinastia cassita) BM 90858, o ancora un kuddurru dell’epoca di Marduk-Shapik-Ser-Mati (quarta dinastia cassita), BM 104404. Su altri reperti il cane compare singolarmente per rappresentare simbolicamente la dea: kudurru reimpiegato all’epoca di Kurigalzu (terza dinastia cassita), (BM 102588), kudurru di Meli-Shipak (terza dinastia cassita), BM 90829 (O 2004, 19); un kudurru frammentario (BM 90833) e, infine, il kudurru di Marduk-nadin-ahhe (quarta dinastia cassita), BM 90841 (V B 1939, 17). 98 

O 2004, 14-15 fig. 6. Su questo argomento: O 2004, 18. 108  C 2001, 122. 109  C 2001, 125, no. 238, pl. XIX. Un cane simile si rintraccia anche su un’impronta di sigillo da Assur, anche se l’animale viene interpretato da E. Klengel-Brandt come una leonessa: K -B 2014, 15, Nr. 64, Taf. 15. Altre impronte e sigilli, sempre da Assur, mostrano un’iconografia simile con Gula rappresentata in trono: K -B 2014, 71, Nr. 166, Taf. 36; 88, Nr. 307, Taf. 54; M 1940, 144, Nr. 656, Taf. 78. Per la rappresentazione di Gula e del suo animale attributo su sigillo: C 2001, 122-126, nos. 232239, pl. XIX. 110  O 2004, 20. 106  107 

111

E. Foietta, M. Mortarini e E. Quirico

b

a

e

d

c

f

Fig. 3.8 - Cane: a - dettaglio della brocca in oro da Nimrud, banda (d); b - sigillo (ND 5368) con rappresentazione di arciere, cane e capride da Nimrud (P 1962, pl. XIII, no. 2); c - sigillo (BM 89846) con rappresentazione della dea Gula a sinistra, cane al centro e offerente sulla destra, Layard Expedition, Palazzo Bruciato (Nimrud) (C 2001, pl. XLI, no. 238); d - bronzetto da Nimrud, MMA 54.117.23 (C 2013, pl. XXIII, no. 391); e - pisside in avorio con scena di caccia in cui compare un cane al di sotto di due cavalli, 1997, 218); f - dettaglio di un ortostato rappresentante un molosso, Palazzo Nord, sala E, lastra Palazzo Bruciato, Nimrud (M 13 (BM 118915) (M 1998, 135).

proteggerle dalle influenze maligne111. Un esempio di questa pratica di particolare rilievo è attestato nelle fonti che riferiscono che il re Nabucodonosor interrò presso la soglia di ingresso dell’Esabad, il tempio della dea Gula a Babilonia: «due cani d’oro, due cani d’argento, due cani di bronzo, le cui zampe erano forti e le cui proporzioni erano massicce»112. Modellini di cane in metallo con un valore simile sono stati rinvenuti ugualmente a Ninive e a Ur nel palazzo costruito da Nabonedo per la figlia, l’alta sacerdotessa Bel-salti-nannar113. Un lotto di modellini di cane in bronzo è stato ritrovato anche a Nimrud all’interno del pozzo NN114 (Fig. 3.8.d), mentre un altro esemplare proviene dalla zona dell’acropoli orientale115. Testi rituali indicano che questi modellini dovevano essere seppelliti in numero di cinque ai due lati della soglia e dovevano essere dipinti con i cinque colori magici (bianco, nero, rosso, verde e grigio)116. A riprova di questa usanza, un set di cinque figurine di

questo tipo è stato infatti rinvenuto da A.E. Layard a lato di una soglia a Ninive del Palazzo Nord117. Secondo E.D. Van Buren questo costume avrebbe un’origine molto antica, proponendo a supporto della sua tesi il confronto con tre cagnolini in terracotta ritrovati presso il muro sud dell’ipogeo eretto a Lagash da Ur-Ningirsu e Ung-me, rispettivamente figlio e nipote di Gudea118. Il cane rappresentato sulla brocchetta, almeno in base alla sue caratteristiche, sembra essere del tipo canis familiaris studer o, meno probabilmente, del tipo terrier. L’animale viene rappresentato nel contesto di una battuta di caccia a erbivori (capridi e cervo), un’attività che richiedeva cani agili e di dimensioni medie da impiegare su terreni collinari o montuosi, principalmente allo scopo di individuare le prede. A differenza di questi, i molossoidi raffigurati, ad esempio nelle cacce di Ashurbanipal nel Palazzo Nord di Ninive, avevano invece un altro scopo in quanto cani utilizzati per fronteggiare e braccare animali di dimensioni più importanti, come nel caso degli onagri, o di indole più pericolosa, come nel caso dei leoni. Anche il sigillo aureo della regina Hamâ, MI.È.GAL di Shalmaneser IV119, proveniente dallo stesso

V B 1939, 18. Per un elenco delle figurine profilattiche di cani rinvenute negli scavi si veda: R 1977, 116-121. Sulle figurine profilattiche: W 1926; K -B 1968; R 1977; G 1983; G 1984; W 1992, 91-101; N 2004. 112  V B 1939, 18. 113  V B 1939, 18. Per altri esempi di figurine apotropaiche in metallo rappresentanti cani si veda: R 1977, 117-119. 114  C 2013, nos. 387-393. Per queste figure, tuttavia, non è certa la funzione, essendo state rinvenute fuori contesto (G 1983, 94). 115  C 2013, no. 394. 116  V B 1939, 18. Circa i testi rituali legati alle figurine apotropaiche si veda: G 1935, 65-75; W 1992, 1-33, 41-91. 111 

Per un’immagine del set: M 1998, 210. Circa le figurine apotropaiche di cani in argilla rinvenute in contesti archeologici: R 1977, 118-120. Per le figurine provenienti da Ninive e una loro descrizione: C ,R 1995, 116-117; R 1977, 116-117. 118  V B 1939, 18. 119  Il sigillo a stampo (IM 115644) ha un’altezza di 4 cm, un diametro di 3,2 cm e un peso di 130,5 g. Per le caratteristiche dell’oggetto e l’analisi dell’iscrizione: -G W 2008, 155, 156; -R 2008, 136. Su tale sigillo si veda il Capitolo 117 

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Decorazione

Fig. 3.9 - Box da gioco in avorio da Enkomi, BM 1897.4-1.996. (F

sarcofago della brocca aurea, mostra una dea in trono con un animale feroce accucciato vicino al suo scranno. Dinnanzi ad esso è collocata la figura di una devota, interpretabile probabilmente con la stessa regina. Dietro allo scranno viene raffigurato uno scorpione, simbolo dell’harem120 (Tav. IX). L’animale è stato identificato da S.L. Macgregor con un leone e, di conseguenza, l’Autrice suggerisce l’ipotesi che la divinità femminile possa essere identificata con la dea Ishtar121. K. Radner propone, invece, che l’animale possa essere identificato come un cane, sulla base della forma della coda a ricciolo e per altri dettagli122. Di conseguenza, la dea in trono andrebbe identificata con Gula, proposta interpretativa accettata all’interno di questo lavoro. Va messo in evidenza, tuttavia, che, anche qualora questa seconda interpretazione risultasse essere la più corretta, il cane rappresentato sulle bande della brocca di Nimrud risulterebbe comunque non del tutto assimilabile a quello del sigillo, in quanto quest’ultimo sembrerebbe più simile, per ferocia e caratteristiche, a un incrocio tra un cane da pastore e un molosso e, per questo motivo, paragonabile iconograficamente ad alcune rappresentazioni più antiche, come ad esempio quella del kudurru di Marduk-nadin-ahhe (1099-1088 a.C.) conservato al British Museum (BM 908401). Cani agili e snelli, in parte confrontabili con quello del recipiente d’oro da Nirmud si possono inoltre identificare durante tutto il periodo del tardo-bronzo su oggetti di lusso appartenenti a quel vasto movimento definito International Style che comprende l’area del Mediterraneo orientale e del Vicino Oriente123. Una scena di caccia allo struzzo condotta dal faraone Tutankhamun viene raffigurata su di un ventaglio in legno rivestito in oro che fu rinvenuto nella sua tomba presso la Valle dei Re124. Allo stesso milieu culturale appartiene anche una

2014a, 46, fig. 2.2).

scatola da gioco rinvenuta nella Tomba 58 di Enkomi e databile tra il XIII e XII secolo a.C. La scena di caccia raffigurata su una delle facce laterali è molto complessa e dinamica: sulla destra compare un carro in corsa sul quale è presente un arciere che insegue, assieme ad un cane, alcune gazzelle, forse un cervo, e alcuni tori; all’estrema sinistra un altro cacciatore appiedato uccide un leone (Fig. 3.9). Un confronto stringente è stato tracciato da J.L. Fitton, in rapporto alle tematiche e all’esecuzione di questo reperto, con una pisside del IX secolo a.C. proveniente dal Palazzo Bruciato di Nimrud, in cui nuovamente compare la figura di un cane simile a quello rappresentato sulla brocca125 (Fig.3.8.e). Un avorio frammentario con un’altra rappresentazione di cane molto somigliante è stato rinvenuto presso l’ambiente S10 di Forte Shalmaneser ed è stato definito da G. Herrmann come north syrian hunting dog126. Cani di questo tipo, ritratti in scene di caccia, si possono rinvenire pure nella glittica neo-assira, sebbene non in modo frequente. Un esempio può essere fornito da un sigillo rinvenuto presso la fossa di fondazione del Tempio di Ninurta a Nimrud. Su questo sigillo compare una gazzella che viene attaccata da un arciere e da un cane, rappresentati entrambi in una sequenza somigliante a quella del registro (d) della brocca. B. Parker propone per questo oggetto una datazione al IX-VIII secolo a.C.127 (Fig. 3.8.b). Anche nel repertorio figurativo dei principati neo-ittiti sono raffigurati cani da caccia del tipo canis familiaris studer. Come dimostra un ortostato facente parte della decorazione del South Gate di Zincirli e datato alla fase finale del X secolo a.C., in questo rilievo un F 2008, 412-413, no. 265 «Openwork fragment from a contest frieze. All that survives is the front of a hunting dog, lower forelegs and hindquarters broken off. The dog seizes its prey, of which only part of the hindquarters have survived in high relief. The dog is running to the right, its jaws are open, teeth indicated, pupil of eye drilled, ear back, hair drawn on neck. The hair is covered with gold. Burnt grey. Back, lightly striated. L. as preserved 7.0 em. H. 2.8 em. Th. 1.0 em. A unique piece. Contest scenes are a typical North Syrian subject. The drilled eye links it to the SW 37 ‘drilled eye’ Group (…)» (H 1992, 71, no. 139). 127  P 1962, 31, pl. XIII, no. 2. 125  126 

4, Paragrafo 3. 120  Per il simbolo dello scorpione e il suo rapporto con l’harem: R 2012a, 690-693. Si veda inoltre il Capitolo 4, Paragrafo 2. 121  M 2012. 122  R 2012a, 691. 123  Per l’International Style: F 2006. 124  R 1990, 179, no. 242. Un cane del tipo comune si rinviene anche su una coppa da Ugarit datata al XV-XIV sec. a.C.: C 2008, 242-243.

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E. Foietta, M. Mortarini e E. Quirico

cane caratterizzato da una coda con terminazione a ricciolo è rappresentato nell’atto di attaccare il dorso di un cervo ferito da una freccia128. Una scena simile si incontra anche su un rilievo proveniente dal sito di Arslantepe-Malatya, attualmente conservato presso il Musée du Louvre (AM 255). In questo caso il cervo è inseguito da un arciere su un carro e da un cane rappresentato nell’atto di correre al di sotto del ventre del cavallo129. In conclusione si può osservare come il cane raffigurato sulla brocca, sulla base delle caratteristiche fino a qui messe in rilievo, risulti per lo più del tipo impiegato per cacce a erbivori veloci e poco pericolosi. Questo animale trova confronti precisi specialmente all’interno di scene di caccia databili al periodo neo-assiro (ad esempio nella glittica) ma anche in aree limitrofe come quelle dei principati siriani, contemporanei al primo periodo neo-assiro. Risulta interessante da rilevare, invece, la mancanza di scene di caccia con cani nelle rappresentazioni urartee, in particolare nel corpus di oggetti in bronzo, dove frequentemente compaiono battute di caccia a capridi. Si può osservare ancora che, all’interno del complesso di simboli e rimandi presenti nella decorazione del recipiente aureo, il cane rientra negli elementi riferibili alle tematiche di caccia ed è, quindi, simbolicamente collegabile ai valori di destrezza che l’attività venatoria richiedeva. Il cane mostra però, di per sé, anche un autonomo significato apotropaico di antica origine mesopotamica, rintracciabile in altri elementi afferenti all’apparato decorativo della brocca aurea di Nimrud.

Gula, Ishtar con toro, O 2004, 13, fig. 1a, 14, fig. 1b. -Bronzetti, età neo-assira, Nimrud, pozzo NN e fianco orientale dell’acropoli, cani a tutto tondo in bronzo, M 1966, 146-147, fig. 86; C 2013, 165, nos. 387-394, pl. XXIII. -Bronzetti, età tardo-assira, Nippur, fondazione del sacello a sud-est del cortile dell’E-kut, cani a tutto tondo in bronzo, C 1959, 81; C 2013, 52-53. -Pisside in avorio, BM 118173, età neo-assira, Nimrud, Palazzo Bruciato, scena di caccia con cane, W 1976, 32, fig. 13; M 1997, 218. -Avorio frammentario, IM 61897, seconda metà dell’VIII a.C., Nimrud, Forte Shalmaneser, S10, M 1966, 582, fig. 547; H 1992, 71, no. 139, pl. 29. -Rilievo lapideo, Istanbul Archaeological Museum (inv. 7718), fine X secolo a.C., Zincirli, Porta meridionale, scene di caccia e cervi stanti, G 2011, 59-61, 193. -Rilievo lapideo, Musée du Louvre AM 255, prima metà del I mill. a.C., Arslantepe, Porta dei Leoni, scena di caccia al cervo su carro, D 1940, 51, pl. XXXII. Molossoidi: -Sigillo aureo, IM 115644, prima metà dell’VIII sec. a.C. (?), Nimrud, Palazzo Nord-Ovest, ambiente 57, anticamera, Sarcofago 2, dea Gula in trono e devota, identificabile con la regina Hamâ, MÍ.É.GAL di Shalmaneser IV, H ,S 2000, 399, pic. 183; H 2016, 32-33, pl. 133a. -Rilievo lapideo, BM 124878, regno di Ashurbanipal, Ninive, Palazzo Nord, ambiente S, scena di caccia agli onagri, B 1976, 51, 52, pls. LI-LIII. -Rilievo lapideo, BM 124893, regno di Ashurbanipal, Ninive, Palazzo Nord, ambiente R, lastra 7, servi con molossi mentre si apprestano alla caccia, B 1976, 48-49, pl. XL. -Rilievo lapideo, BM 118915, regno di Ashurbanipal, Ninive, Palazzo Nord, Sala E, lastra 13, servi che trattengono i molossi in un parco reale con le palme, B 1976, pl. XIV.

Cfr. Canis familiaris studer o cane comune: -Flabello aureo, seconda metà XIV secolo a.C., Valle dei Re, Tomba di Tutankhamun, scena di caccia allo struzzo da parte del faraone con cane, R 1990, 179, no. 242; F 2006, pl. 12. -Scatola da gioco in avorio, BM 1897.4-1.996, XIIIXII secolo a.C., Enkomi, Tomba 58, scena di caccia su carro a più animali, F 2008, 412-413, no. 265. -Sigillo, BM 89846, Layard Expedition, dea Gula stante con cane seduto, devoto, albero e capride rampante, C 2001, no. 238. -Sigillo, IX-VIII sec. a.C., Nimrud, fossa di fondazione del Tempio di Ninurta, scena di caccia: arciere, gazzella e cane, P 1962, 31, pl. XIII, no. 2. -Sigillo, IMJ 96.153.57, mercato antiquario, dea Gula stante rivolta verso sinistra con devoto, alle spalle di

128  Ortostato attualmente conservato Archaeological Museum (inv. 7718) (G 129  D 1940, pl. XXXII.

La palmetta La palmetta rappresentata sulla brocca è visibile nella documentazione fotografica pubblicata esclusivamente sul registro (d), dove è presente in due casi (Fig. 3.10.a). Sulla base del disegno proposto dagli archeologi iraqeni, due elementi vegetali con la medesima funzione divisoria ma dalle caratteristiche morfologiche apparentemente differenti, si incontrano anche nel registro (a). La palmetta stilizzata, rappresentata attraverso numerose varianti (numero dei petali, differenti tipologie di girali, ripartizione dei petali, decorazioni geometriche interne), è conosciuta estensivamente e

presso l’Istanbul 2011, 59-61, 193).

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Decorazione

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f Fig. 3.10 - Palmetta: a - dettaglio della brocca in oro da Nimrud, banda (d); b - avorio inciso, Forte Shalmaneser, ambiente S4 (H 1992, pl. 1, no. 7); c - avorio inciso, Forte Shalmaneser, ambiente S4/5, (H 1992, pl. 1, no. 6); d - avorio a rilievo, Forte Shalmaneser, ambiente T10 (H ,L 2013, T162); e - avorio inciso, Forte Shalmaneser, ambiente S5 (H 1992, pl. 73, no. 355); f - bracciale in oro proveniente dalla Tomba III, Sarcofago 1 (IM 115509) (http://www.baghdadmuseum.org; ultima visualizzazione: 17/12/2014).

diacronicamente all’interno del repertorio decorativo assiro, assiro provinciale e “assirizzante” sia come elemento araldico e divisorio sia come indicatore geografico-ambientale. Essa può assumere una valenza di tipo simbolico-rituale in alcuni specifici contesti talvolta in connessione a rappresentazioni di tipo araldico. In sintesi, le diverse funzioni che si possono rintracciare per le palmette in seno al lessico vicinoorientale sono: - funzione di asse di simmetria rispetto ad elementi figurati (ad esempio nel caso di capridi); - caratterizzazione geografica e ambientale; - centro simbolico di un’azione rituale; - raffigurazione di simbologie quali abbondanza e fertilità connesse al mondo divino e regale. Per quanto riguarda la rappresentazione simbolica della palmetta e il suo rapporto con temi di fertilità, in questa sede si fa riferimento prevalentemente alle numerose raffigurazioni dell’Albero Sacro o Albero della Vita, elemento che trova la sua più emblematica diffusione, ad esempio, sui rilievi con funzione rituale che caratterizzano parte della decorazione del Palazzo Nord-Ovest di Ashurnasirpal II a Nimrud130. Si tratta di rappresentazioni contraddistinte da un’alta complessità iconografica e ricchezza di dettagli (fusti, foglie, ghirigori, palmette, etc.) che rendono l’elemento riprodotto alieno rispetto alle rappresentazioni realistiche di altre piante o di elementi vegetali. Secondo alcuni studiosi, ad esempio, le spirali curvilinee che si dipartono dal fusto dell’Albero Sacro potrebbero essere la schematizzazione e la raffigurazione simbolica di

canali d’acqua131. L’iconografia più conosciuta è quella che prevede la rappresentazione ai lati dell’Albero Sacro di coppie di particolari geni alati che tengono nelle mani una situla e un aspersorio, talvolta preceduti dal sovrano132. Nonostante le fonti scritte non abbiano ancora chiarito completamente l’effettiva natura dei riti rappresentati, si ricostruisce generalmente per questi rilievi una raffigurazione di riti di tipo purificatorio. L’artificiosità iconografica e il limitato realismo degli Alberi Sacri medio e neo-assiri potrebbe forse collegarsi alla volontà di rappresentare l’ordine e il controllo imposto da parte dei sovrani assiri sulla natura, in linea con l’ideologia imperiale in cui si riconosceva allo stesso sovrano l’importante compito, realizzato attraverso l’appoggio del dio Ashur, di arricchire e fecondare la terra d’Assiria133. Nonostante queste tematiche rituali trovino la loro più manifesta e completa rappresentazione sui cicli dei rilievi palatini, grande diffusione di questi stessi temi si osserva pure sulla produzione glittica neoassira134. Nel caso di rappresentazioni di palmette maggiormente naturalistiche si può probabilmente però escludere un significato primario di tipo rituale per questo specifico elemento, sebbene si ritenga valida, accanto a una funzione di natura compositiva e caratterizzante, una valenza simbolica di per sé 131  P 1945, 32; W 2003, 253. Per un’analisi delle tipologie vegetali rappresentate sui rilievi neo-assiri: B 1980. 132  Si propone come esempio il rilievo BM 124531, sala del trono B, pannello 23 (B 1914, pls. XI, LIII). 133  Per un’analisi dell’albero sacro si vedano: A 1994; P 2003, 11-29. 134  P 1993, 129-139. Si presentano come esempi i sigilli BM 89135- 89415-105111-129552-89307 (C 2001, nos. 151-153, 160, 179-180, pls. XII, XIV).

130  Si propongono come esempi: la lastra dall’ambiente G (BM 124567); le lastre dall’ambiente I (BM 124581, 124583); la lastra dall’ambiente Z (BM 124580) (B 1975, figs. 9, 17-19).

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E. Foietta, M. Mortarini e E. Quirico

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di tipo assiro, dove elementi vegetali simili sono ampiamente diffusi su oggetti metallici databili alla prima metà del I millennio a.C. Tra di essi si possono proporre le terminazioni a palmetta presenti su alcuni bracciali in oro provenienti dalla stessa tomba della brocca aurea (Fig. 3.10.f)138. Si individuano, inoltre, palmette simili nella parte superiore e inferiore delle bande decorate delle Porte del Tempio di Mamu e del Palazzo di Ashurnasirpal II a Balawat (Fig. 3.11)139. Nonostante si individuino numerose variabili iconografiche per la rappresentazione della palmetta nell’ambito della produzione eburnea, si possono riscontrare anche alcuni confronti interessanti ai fini di questa ricerca (Fig. 3.10.b-e)140. In particolare, palmette simili si rintracciano su alcune placche in avorio dall’ambiente T10 di Forte Shalmaneser, in cui compaiono palme con fronde poste al di sopra di basi a disco schiacciate similari a quelle raffigurate sulla brocca (Fig. 3.10.d)141. Altri paralleli iconografici si ritrovano pure sulla glittica142 e sui rilievi litici dei palazzi reali, con i migliori confronti riscontrabili sui decori degli abiti di Ashurnasirpal II e di alcuni geni, tra i quali si vuole menzionare per la particolare similitudine un genio raffigurato su una lastra dall’ambiente P del Palazzo Nord-Ovest di Nimrud143. Palmette confrontabili si individuano anche sulle pitture murarie dei cosiddetti “palazzi provinciali” con alcuni esempi interessanti da Til Barsip, rappresentati all’interno dell’apparato decorativo di

Fig. 3.11 - Dettagli di palmette poste al di sopra e al di sotto del registro figurato, Porte di Balawat di Ashurnasirpal II, Tempio di Mamu: a-b - dettaglio di BM MM ASH R3 (C ,T 2008, 178, fig. 77, 179, fig. 78); c-d - dettaglio di BM MM ASH II R2 (C ,T 2008, 176, fig. 75, 177, fig. 76).

connessa all’esemplificazione di concetti astratti quali fecondità e abbondanza. La palmetta rappresentata, benché stilizzata, sembrerebbe quindi assumere da un lato una funzione prevalente di indicatore ambientale per le bande (a) e (d), in riferimento alla scena di carattere venatorio che si sviluppa ai suoi lati, e dall’altro una funzione di tipo distributivo, poiché divide l’intera scena in settori135. Considerata la contestuale presenza della rappresentazione di capridi e della guilloche (raffigurazione stilizzata e simbolica dell’acqua), si può ritenere che queste bande possedessero anche un chiaro richiamo al tema della fertilità naturale, indicato dal simbolismo dei singoli elementi136. Analizzando nel dettaglio l’elemento iconografico, le palmette rappresentate nei registri (a) e (d) della brocca presentano complessivamente sei “petali” a goccia non ripartiti che si congiungono al centro della pianta. Due girali sono posti nella parte inferiore dell’elemento vegetale137. La base della palmetta è costituita da due dischi schiacciati, caratteristica peculiare solo di alcune rappresentazioni di tale elemento (Fig. 3.10.a). Le caratteristiche iconografiche e stilistiche di questa palmetta, permettono pienamente di inserire questo elemento all’interno del repertorio iconografico

Sei bracciali di questo tipo sono stati rinvenuti all’interno del Sarcofago 1. Alcuni sarebbero per bambini, secondo M.M. Hussein, visto il diametro relativamente piccolo (H , S 2000, pic. 112, H 2016, 31, pl. 122b). Un altro bracciale di foggia simile è stato scoperto tra i sarcofagi della Tomba III (H 2016, 38 pl. 155a) 139  C ,T 2008, 106-107, 156-157 figs. 5, 55. Frammenti rinvenuti nel Palazzo Nord-Ovest di Nimrud, riferibili probabilmente a porte e antecedenti alle famose Porte di Balawat di Ashurnasirpal II, presentano palmette semplici di tale tipo. Esse sono attualmente conservate presso il British Museum nos. 2063-2064 (C ,T 2008, 75, figs. 95-96). 140  Un interessante confronto si individua su una placca rettangolare rinvenuta a Forte Shalmaneser, ambiente SW37 (H 1986, 232, pl. 320, no. 1236). Un parziale confronto può essere proposto anche con un gruppo di tre frammenti incisi sempre da Forte Shalmaneser, ambiente S4 e dal Tempio di Nabu di Nimrud (SEBII) (M ,D 1970, pl. XLI, no. 180c, pl. XLIV, nos. 198-200, pl. XLV nos. 201-202); negli ultimi casi presentati, però, la base vegetale della palmetta sembra presentare alcuni tondi. Per un tentativo di tipologizzazione della palmetta negli avori dagli scavi italiani: P 2009, 70-71. 141  M ,D 1970, pl. XXXIX, no. 166. 142  Sulla palmetta nella glittica neo-assira: C 2001, 84. Un interessante sigillo, ad esempio, proviene da al-Mina: su di esso compare, insieme a diversi elementi di carattere riempitivo, una palmetta similare a quella rappresentata sulla brocchetta (C 2001, 107, no. 204). 143  C 1971, 34, fig. 2, pls. Xc-XIc. 138 

Per un’analisi dell’uso della simmetria nella composizione artistica assira: A 1992. 136  W 2003, 256. Questa particolare valenza simbolica sembra diffondersi diacronicamente a partire dall’Età Internazionale; sull’argomento: F 2006. 137  Esempi di palmette con petali ripartiti si riscontrano frequentemente, ad esempio sui frammenti eburnei rinvenuti presso Forte Shalmaneser, ambiente NW5 (M ,D 1970, pl. XXXVIII, nos. 161-162). 135 

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arti posteriori, in posizione araldica rispetto a una palmetta centrale, ad esempio, all’interno del corpus degli avori rinvenuti a Forte Shalmaneser (Fig. 3.10.d-e)148. Questa tipologia di rappresentazione sembra comparire all’interno di tutte le scuole individuate per questa classe di materiali (assira, nord-siriana, siriana e fenicia) anche se le maggiori similitudini stilistiche per le palmette della brocca sembrano evidenziarsi con il gruppo riconosciuto come propriamente assiro. Stessa composizione (palmetta-capride) si rintraccia sia su alcuni vasi in terracotta invetriata di produzione assira, datati tra l’VIII e il VII secolo a.C., e provenienti da Assur in contesti prevalentemente funerari149 sia su pitture parietali palatine come quelle di Kar Tukulti-ninurta e datate al XIII secolo a.C.150. In conclusione, sebbene la singola rappresentazione della palmetta e la sua eventuale connessione con elementi figurativi di tipo animale, specificamente i capridi, risultino ampiamente e diacronicamente diffuse nel repertorio figurativo vicino-orientale, i più significativi confronti su base stilistica sembrano venire individuati, anche per questo elemento, all’interno di produzioni propriamente assire circoscrivibili cronologicamente tra l’età medio e neo-assira151.

Fig. 3.12 - Selezione della tipologia di palmette “semplici” su cinture urartee: a - (K 1991, Taf. 23, Nr. 90); b - (K 1991, Taf. 43, Nr. 172); c - (K 1991, 49, Abb. 13, Nr. 129); d - (K 1991, Taf. 13, Nr. 54); e - (K 1991, Taf. 35, Nr. 124).

tipo “(…) geometrico e animalistico”144. Alcuni confronti puntuali si riscontrano pure con palmette raffigurate su alcuni reperti bronzei urartei; questo tipo di palmetta, che si potrebbe definire “semplice”, si rintraccia, per esempio, sia in composizioni araldiche sia all’interno di cornici sul decoro di varie cinture (Fig. 3.12.a-e)145. Alcune palmette incise rappresentate all’interno di un registro su una coppa in bronzo proveniente dalla Tomba 5 di Chamzi Mumah (Luristan) mostrano anch’esse un’iconografia equivalente a quelle della brocca in analisi e sanciscono la diffusione di questo elemento nel lessico iconografico iranico di questo periodo146. I numerosi confronti fin qui presentati indicano come l’iconografia di questo elemento fosse diffusa anche in aree limitrofe all’Assiria propria, in produzioni stilisticamente e iconograficamente definibili come assiro provinciali o “assirizzanti”. Va infine sottolineato come la connessione tra capride e palmetta risulti comune nel repertorio figurativo vicino-orientale. Si tratta, infatti, di una tematica di antica tradizione che mantiene anche durante il periodo neo-assiro un chiaro significato simbolico di fecondità e abbondanza147. Si riscontrano capridi solitamente inginocchiati, altrimenti alzati sugli

Cfr. A -Rilievo lapideo, Walters Art Gallery no. 21:9, Nimrud, Palazzo Nord-Ovest, decorazione delle bordure delle vesti di un genio, rappresentazione di palmette tra capridi inginocchiati, C 1971, 34, fig. 2, pls. Xc-XIc. -Rilievo lapideo, Nimrud, Palazzo Nord-Ovest, decorazione delle bordure delle vesti del sovrano, rappresentazione di palmette tra sfingi e geni, B 1914, pl. LII. -Bracciali in oro, IM 115509-115514, età neo-assira, Nimrud, Palazzo Nord-Ovest, Tomba III, Sarcofago 1, H ,S 2000, 132, pic. 112; H 2016, 31, pl. 122b. -Bande bronzee, BM ASH II e BM MM ASHII, regno di Ashurnasirpal II, Nimrud, Palazzo Nord-

P 1961, fig. 343. Si citano ad esempio le rappresentazioni pittoriche di palmette da Til Barsip conservate presso il Louvre, ambiente 24 (AO 25068E) e ambiente 47 (AO 25068D). Per le pitture di Til Barsip e la loro cronologia si veda: T 1983. Per un excursus sull’iconografia della palmetta nella pittura nel mondo assiro: A 2005, 108-111. 145  K 1991, Nr. 13, 54, 70-71, 74, 84, 88, 93, 103, 124, 129, 136, 139, 192. 146  H ,O 1998, 27. 147  Si propone come esempio il capride rampante su elemento vegetale, in oro, argento, lapislazzuli e conchiglia dalla Tomba PG 1237 del Cimitero proto-dinastico di Ur (W 1934, pl. 89).

148  Per gli avori provenienti dagli ambienti NW21 e NW5 di Forte Shalmaneser a Nimrud: M ,D 1970, pl. XXXVIII, nos. 161-162. Ulteriori esempi provengono sempre da NW5 e da T10: M ,D 1970, pl. XXXVIII, nos. 161-162, pl. XXXIX, nos. 163-166; H ,L 2013, 276-277, nos. T162-T164. 149  Si propongono come esempi: A 1925, 44-45, 48, pls. 20-23, 25a. 150  Questa pittura si colloca presso il lato meridionale della terrazza: A 1925, 13-14, pl. 2; P 1961, 4, fig. 7. 151  Sull’evoluzione della palmetta e in particolare sulla sua stilizzazione progressiva tra l’età medio-assira e neo-assira: A 1978.

144 

117

E. Foietta, M. Mortarini e E. Quirico

Ovest, frammenti con rappresentazioni di palmette, C ,T 2008, 75, figs. 95-96. -Bande bronzee, BM ASH II e BM MM ASHII, regno di Ashurnasirpal II, Balawat, Tempio di Mamu, decorazione della parte superiore e inferiore del fregio con palmette, C ,T 2008, 158-188, figs. 57-87. -Placca eburnea, età neo-assira, Nimrud, Forte Shalmaneser, ambiente SW37, rappresentazione di palmetta stilizzata, H 1986, 232, no. 1236, pl. 320. -Placca eburnea frammentaria, età neo-assira, Nimrud, Forte Shalmaneser, ambiente T10, rappresentazione di capridi inginocchiati ai lati di una palmetta stilizzata, M ,D 1970, 47, pl. XXXIX, no. 166. -Frammento eburneo inciso, IX sec. a.C., Nimrud, Forte Shalmaneser, ambiente S4, M ,D 1970, 49, no. 180a, c, pls. XLI, XLIV. -Frammenti eburnei incisi, IX sec. a.C., Nimrud, Tempio di Nabu, rappresentazione di bande decorate composte da successione di palmette al di sopra e al di sotto di una guilloche, M ,D 1970, 53, pl. XLV, nos. 201-202. -Placche eburnee frammentarie, IX sec. a.C.(?), Nimrud, Forte Shalmaneser, ambienti NW 21-NW 5, T10, rappresentazione di capridi a lato di palmette, M , D 1970, pl. XXXVIII, nos. 161163, 166. -Sigillo, BM 126064, età neo-assira, al-Mina (?), rappresentazione tra figure mitologiche di capride al di sopra di alcune palmette stilizzate, C 2001, 107, no. 204. -Pitture parietali, AO 25068E-25068D, seconda metà dell’VIII sec. a.C., Til Barsip, ambienti 24 e 47, rappresentazione di palmette stilizzate lungo i registri superiore e inferiore, P 1961, fig. 343. -Pittura parietale, XIII secolo a.C., Kar Tukultininurta, Palace Terrace, rappresentazione di capridi ai lati di una palmetta stilizzata, A 1925, 1314, pl. 2; P 1961, 4, fig. 7. -Vaso in ceramica invetriata, Assur, tomba di periodo tardo-assiro, rappresentazione su registro di capride a lato di una palmetta, A 1925, 44-45, pls. 20, 25a. -Situla in ceramica invetriata, Assur, tardo-assiro, rappresentazione di capridi correnti ai lati di palmette, A 1925, 48-49, pls. 21-23.

L’arciere All’interno dell’apparato decorativo della brocca da Nimrud si individua la rappresentazione in totale di sedici arcieri appiedati impegnati in due diverse attività: venatoria e militare. Essi vengono raffigurati in due diverse pose, alcuni inginocchiati, altri stanti. Gli arcieri presenti nei registri (a) e (d) sono raffigurati tutti di profilo, inginocchiati e nell’atto di scoccare una freccia in direzione di un capride o di un cervo152 (Fig. 3.13.a-c). La caccia a capridi, gazzelle e cervi viene citata dalle fonti reali assire e risulta essere, diversamente delle cacce al toro e al leone, nelle quali si riconosce una funzione “rituale” e una connessione allo status regale, un’attività collegata all’intrattenimento del re e della corte153. Le rappresentazioni più significative in tal senso si rintracciano sui rilievi del Palazzo Nord di Ashurbanipal a Ninive154. Nonostante la limitata altezza della banda permetta solo una lettura parziale e imprecisa, gli arcieri rappresentati sulla brocca sembrano chiaramente portare un copricapo o un’acconciatura a punta155. Dalla schiena dei personaggi sembra sporgere anche una faretra molto stilizzata (Fig. 3.13.b). Una corta tunica decorata nella parte inferiore da linee incise completa l’abbigliamento di questi personaggi. Si tratta di una plissettatura riscontrabile piuttosto frequentemente all’interno delle rappresentazioni assire di questo tipo di indumento156. Per quanto concerne la tematica specifica della caccia ai capridi da parte di arcieri appiedati, confronti puntuali si riscontrano su sigillo157 (Fig. 3.13.d-e), alcuni dei quali provenienti proprio da Nimrud e rinvenuti all’interno di una cassetta di fondazione

Per quanto concerne la rappresentazione degli arcieri in tematiche di caccia nel Vicino Oriente: C 1983. 153  A 2008, 62. Si vedano le sezioni relative all’analisi dei capridi e del cervo all’interno di questo stesso capitolo. 154  Si veda l’episodio di caccia al cervo dall’ambiente S in cui gli animali sono rappresentati in fuga in aree delimitate da reti (B 1976, 49-50, pl. XLIV); un ulteriore esempio nuovamente dallo stesso ambiente è rappresentato dall’episodio della caccia a gazzelle da parte del sovrano e dei suoi attendenti (B 1976, 50-51, pl. XLVI, BM 124872-74). 155  Per una schematica tipologia degli elmi nei rilievi assiri: M 1970, pls. XVIII-XIX. 156  Ad esempio sui rilievi da Ninive nel Palazzo Sud-Ovest di Sennacherib sulla lastra BM 124785, ambiente XIV (M 1970, pl. XLVII, no. 5; B ,B ,T 1998, 77, pl. 166); sulla lastra BM 124789, sala del trono B (B , B ,T 1998, 52, pl. 42). 157  Ad esempio, BM 129564 che non proviene da contesto certo (Fig. 13.c) (C 2001, pl. II, no. 22); BM 89546 e BM 138147, datati all’età neo-assira (C 2001, 48, pl. V, nos. 51-52). Altri confronti validi di periodo neo-assiro provengono da Assur: K -B 2014, 11, Nr. 44, Taf. 2, 48; 82, Nr. 251-252, Taf. 48. Un arciere in piedi e con lunga veste che attacca un toro alato viene rappresentato anche su un sigillo a cilindro da Nimrud: C 2008b, 233-234, fig. 28d. 152 

U -Cinture bronzee, prima metà del I mill. a.C., rappresentazione di palmette di carattere decorativo, K 1991, Nr. 13, 54, 70-71, 74, 84, 88, 93, 103, 124, 129, 136, 139, 192. I -Coppa bronzea, Chamzhi Mumah, Tomba 5, banda decorata da una successione di palmette, H , O 1998, 27, no. 9, 26, fig. 11.

118

Decorazione

a

b

c

e

f

d

g

Fig. 3.13 - Arciere: a-c - dettagli di alcuni arcieri presenti nelle bande della brocca da Nimrud; d - sigillo neo-assiro, proveniente dal mercato antiquario, BM 129564 (C 2001, pl. II, no. 22); e - sigillo neo-assiro, proveniente dal mercato antiquario, BM 118999 (C 2001, pl. II, no.19); f - porte del Palazzo di Ashurnasirpal II a Balawat, secondo registro del battente destro, campagna contro Bit-Adini, BM ASH II R2 (C ,T 2008, 127, fig. 26); g - dettaglio dell’Obelisco Rassam, faccia A, terzo registro dall’alto (frammento iv) (R 1980, pl. IV).

del Tempio di Ninurta158. Altri paralleli interessanti per la particolare posizione assunta dall’arciere si riscontrano lungo le decorazioni delle bordure delle vesti di un genio rappresentato nei rilievi del Palazzo Nord-Ovest di Nimrud159. Una scena di caccia a un erbivoro paragonabile a quella delle bande (a) e (d) compare anche sulla faccia A dell’Obelisco Rassam (frammento iv), databile probabilmente al regno di Ashurnasirpal II (Fig. 3.13.g)160. Ulteriori confronti iconografici per l’arciere inginocchiato, comparabili anche da un punto di vista stilistico e per il tipo di supporto, si riscontrano nella decorazione di oggetti metallici urartei. Numerose cinture, elmi e altri reperti in bronzo databili diacronicamente a tutto il Regno urarteo, provenienti sia da scavo sia dal mercato antiquario, presentano confronti iconografici che si possono ritenere precisi (Fig. 3.15.a-f)161. Rappresentazioni confrontabili di arcieri in scene di carattere venatorio si individuano anche in altre aree limitrofe all’Assiria, ad esempio su alcuni recipienti bronzei rinvenuti in Iran, molti dei quali provenienti dal mercato antiquario e dunque privi di un contesto sicuro. Un confronto iconografico e stilistico puntuale in questo senso può essere proposto con il fregio di una situla incisa, già precedentemente citata, attualmente conservata in una collezione privata iraniana, su cui

viene rappresentata, nel registro inferiore, similmente alla brocchetta in esame, una caccia a capridi in corsa da parte di un arciere raffigurato inginocchiato (Tav. X)162. Si propone come ulteriore esempio, inoltre, una coppa bronzea proveniente da Chamzhi Mumah sul cui registro figurato risultano rappresentati due arcieri inginocchiati nell’atto di scoccare una freccia in direzione di alcuni capridi correnti di due specie diverse163. Alcuni dei bicchieri metallici provenienti dal Luristan risultano pure interessanti, oltre che per la rappresentazione di un grande fregio con tematiche di caccia da parte di un arciere inginocchiato a uno o più erbivori, per la presenza e caratterizzazione di bande a embricatura e a doppia guilloche simili alla brocchetta in esame (Fig. 3.14). Questi beakers vengono generalmente datati su base stilistica tra i secoli XI-IX a.C.164. Una certa similitudine per quanto concerne la resa dei tratti del viso e del copricapo si individua pure con dei soldati rappresentati sulla decorazione di alcuni avori provenienti da Hasanlu, anche se questa particolare caratterizzazione potrebbe essere dettata dalla necessità di sovradimensionamento di alcune parti anatomiche dovuta alla limitata altezza della banda 165 (Fig. 3.16). Alcuni confronti iconografici significativi provengono in modo diacronico pure dall’area mediterranea: tra questi si propongono come esempi gli arcieri inginocchiati, impegnati in una caccia al leone, sui due registri di uno scudo bronzeo dal Monte Ida e su

P 1962, pl. XIII, nos. 2-3. C 1971, 34, fig. 2, pl. Xc, XIc. 160  R 1980, 1; B -K 1982, 183-184, nos. 138. 161  Si propongono alcuni esempi: una cintura proveniente dal mercato antiquario su cui sono rappresentati su varie bande orizzontali sovrapposte episodi di caccia al toro e al leone a piedi e su carro (K 1991, 33-34, Abb. 10, Nr. 38); una cintura proveniente dal mercato antiquario con rappresentazione su due registri di episodi di caccia a capridi da parte di arcieri inginocchiati intervallati da sfingi e leoni (K 1991, 55, Taf. 44-45, Nr. 175). 158  159 

S 1985, 44, Abb. 1. La scena è completata dalla rappresentazione di due alberi, un volatile e un coniglio (M 1985b, 212-213, 336, Ir9). 164  D W 1982, 227, fig. 204; M 1997, 71. 165  M 1966. 162  163 

119

E. Foietta, M. Mortarini e E. Quirico

a

b

d

c

e

f

Fig. 3.15 - Raffigurazioni di arcieri su alcune cinture urartee: a (K 1991, Taf. 6, Nr. 21); b - (K 1991, Taf. 12, Nr. 63); c - (K 1991, Taf. 16, Nr. 74); d - (K 1991, Taf. 16, Nr. 68); e - (K 1991, Taf. 22, Nr. 88); f - (K 1991, Taf. 43, Nr. 172).

di periodo neo-assiro167. Si osserva, ad esempio, che mentre all’interno delle rappresentazioni di carattere militare gli arcieri vengono raffigurati sia con il corto gonnellino tipico delle truppe ausiliarie sia con la veste lunga, caratteristica comune in alcuni casi ai dignitari di rango più elevato, nelle scene di carattere venatorio talvolta gli arcieri indossano la lunga veste che sembra essere caratteristica degli alti dignitari vicini al sovrano168. Grazie ai dati desumibili dal disegno della bande, il gruppo di arcieri sembra presentare medesime vesti e armi, senza alcun tentativo di diversificazione tipologica. L’unica distinzione riscontrabile risulta essere la postura, in quanto alcuni sono rappresentati stanti mentre altri inginocchiati e raffigurati nell’atto di scoccare una freccia.

Fig. 3.14 - Beaker del Luristan con arciere e struzzo, Iran Bastan Museum (Teheran) (B 2000, 101, Nr. 23).

una coppa in bronzo da Eleutherna166. All’interno della banda (c) sembrano comparire due tipi di arciere differenti per quanto concerne il ruolo e la funzione, ma non per l’iconografia. Sono, infatti, rappresentati arcieri impegnati in battute di caccia, allo struzzo in (c2), all’onagro in (c4) e al leone in (c5) e altri coinvolti in azioni di carattere militare sul fianco sinistro della città in (c7). Queste differenti tipologie di arcieri all’interno dei rilievi palatini vengono generalmente distinte iconograficamente e, in ugual modo, sono diversificate nelle fonti scritte

Su tale argomento: R 1972. Si presentano alcuni esempi provenienti dal Palazzo Nord di Ninive: BM 124929-30, sala F (attacco assiro a una città elamita) (B 1976, 39, pl. XVI); lastre 14-16 (BM 124874-6), sala S (caccia al leone) (B 1976, 58, pl. XLVI). 167  168 

M 19.

166 

1985b, 369; S

,A

2013, 381, figs. 17,

120

Decorazione

Fig. 3.16 - Avori da Hasanlu (M grafica di E. Foietta.

1966, 127, figs. 8-9, 128, fig. 14); dettaglio di arciere della banda (d), elaborazione

Questa tipologia di arciere con corta veste, rappresentata con o senza elmo, si riconosce, mostrando alcune piccole e probabilmente non significative variazioni, durante tutto il periodo neoassiro e non sembrerebbe diagnostica, in base alle caratteristiche individuate, al fine di una proposta di datazione o di un’area di produzione specifica169. La scena (c5) è costituita da tre arcieri, di cui uno inginocchiato e due in piedi che vengono intervallati dalla presenza di alcune faretre (Fig. 3.47). L’arciere collocato a destra, visibile grazie alla documentazione fotografica di dettaglio (Fig. 3.13.b), sembra portare un elmo a punta di tipo “assiro”170. Gli arcieri rappresentati potrebbero ugualmente essere identificabili come attendenti o dignitari impegnati in una battuta di caccia oppure far parte delle truppe dell’esercito che, talvolta, sono rappresentate sui rilievi palatini insieme al sovrano171. In questo secondo caso essi potrebbero far parte delle truppe “ordinarie” dell’esercito assiro o di quelle “ausiliarie”, dal momento che talvolta anche queste ultime vengono raffigurate con il medesimo elmo172. Per quanto concerne i due arcieri raffigurati

stanti, interessanti confronti si rintracciano sulle scene di carattere venatorio rappresentate sui rilievi del Palazzo di Khorsabad in cui arcieri nella stessa posizione con corta veste sono impegnati nella caccia ai volatili all’interno di un’area boschiva173. Un parallelo iconografico significativo relativo alla posa dell’arciere inginocchiato si riconosce invece nelle Porte del Palazzo di Ashurnasirpal II a Balawat. Sulla seconda fascia a partire dall’alto del battente destro, si individua un soldato nella medesima posizione di quelli presentati sulla brocca, protagonista però di una scena militare, insieme ad altri fanti e arcieri impegnati nella campagna contro Bit-Adini (Fig. 3.13.f)174. Le due faretre rappresentate in (c5) sono appoggiate a terra verticalmente senza alcun sostegno visibile. Sfortunatamente, non si conoscono rappresentazioni di faretre in questa posizione specifica. Più diffusa risulta, infatti, la rappresentazione di questi elementi imbracciati dagli arcieri, ad esempio, nei rilievi palatini dove, in alcuni casi, sono estremamente particolareggiate175. I tre arcieri raffigurati di fronte ai carri in (c7) sono probabilmente da identificare come difensori della città e vengono rappresentati in piedi paratatticamente176 (Fig. 3.47). Confronti per questo tipo di composizione con più arcieri, solitamente in gruppi di tre o quattro soldati e colti nell’atto di scoccare le frecce, si possono riscontrare in modo diffuso sulle Porte di Balawat (Tempio di

Per un excursus sull’iconografia dell’arciere e sulla sua continuità in senso diacronico: M 1970, pl. XLVII. Sul vestiario degli arcieri nell’esercito: R 1972, P 2001. 170  Sugli elmi assiri: D 2001, 18-56. Per uno studio delle uniformi assire in base ai dati desumibili dalle fonti si veda: P 2001, 373-387. 171  Si propongono come esempi i soldati impegnati a dirigere gli animali verso l’area di caccia del sovrano battendo sugli scudi nelle scene di caccia al leone di Ashurnasirpal II a Nimrud (BM 124534) (http://www.britishmuseum.org/research/collection_ online/collection_object_details.aspx?objectId=367027&partId=1&searchText=124534&page=1; ultima visualizzazione 10/04/2015). 172  Per quanto riguarda il corpo degli arcieri sia ausiliari, sia appartenenti alla fanteria regolare dell’esercito assiro: D 2001, 91-95, 100-102. 169 

Si propone come esempio la lastra conservata presso il Louvre (AO 19886) (A 1986, fig. 78). 174  C ,T 2008, 63, 127, fig. 26. La regione di Bit-Adini si situa a ovest dell’Assiria propria presso il corso dell’Eufrate. 175  Per alcuni esempi di faretre: H 1965, pl. 20; M 1970, pl. XXV. Nelle piccole cacce di Sargon II i personaggi non posseggono faretre ma portano in mano due frecce (BM 118829) (A 2008, 75). 176  Sui nemici rappresentati nei rilievi assiri: C 2006. 173 

121

E. Foietta, M. Mortarini e E. Quirico

Mamu e Palazzo) di Ashurnasirpal II, sulle Porte di Shalmaneser III e diacronicamente sui rilievi parietali177. Un’interessante analisi compositiva per quanto concerne questo tipo di scene di battaglia e assedio è stata recentemente espressa da F.Y. De Backer178. Riconoscendo la fondamentale simbologia di natura militare, politica e religiosa che rende l’arco indicativo di uno status, è possibile individuare alcune sostanziali differenze nella disposizione dei gruppi di arcieri rappresentati nel corso dell’età neo-assira. In particolare, se fino all’età di Sargon II i gruppi di arcieri risultano frequentemente poco numerosi ma ben disposti a formare unità tattiche compatte, a partire dal regno di Sennacherib le file di arcieri si allungano e si moltiplicano perdendo però il senso di forza legato alla compattezza nella rappresentazione. Si tratta di un cambiamento compositivo e delle priorità di rappresentazione iconografica che, con l’epoca di Sennacherib sembra prediligere l’espressione data dalla forza numerica. Un’interpretazione in tal senso della rappresentazione militare sulla brocca in esame può essere viziata dal limitato sviluppo dimensionale della fascia; ciononostante è possibile osservare una certa similitudine tra la disposizione degli arcieri a difesa della città centrale e alcune rappresentazioni analoghe databili tra il IX e l’VIII secolo a.C.179 Infine, si devono proporre alcune significative considerazioni che riguardano gli archi in dotazione agli arcieri rappresentati. Grazie soprattutto al confronto con le rappresentazioni sui rilievi palatini neo-assiri, è stato possibile creare una casistica degli archi utilizzati dall’esercito assiro e dagli eserciti nemici, messa in luce in una sezione di un articolo di C. Zutterman180. Si identificano chiare differenze tra le principali tipologie diffuse: in particolare si distingue tra tre profili di arco: convesso, triangolare e ricurvo. Tra questi risultano maggiormente diffusi nelle rappresentazioni databili all’età neo-assira il

convesso, conosciuto già a partire dal II millennio a.C., e soprattutto, il triangolare, ritenuto maggiormente funzionale in quanto più potente nella gittata rispetto al precedente e presumibilmente originario dell’area anatolica. Per quanto riguarda la terza tipologia, quella ricurva, questa risulta tipicamente utilizzata da eserciti di regioni limitrofe, ad esempio quello urarteo e quelli degli stati neo-ittiti. Il confronto con gli archi in dotazione degli arcieri rappresentati sulla brocca in esame è reso difficoltoso dall’insufficiente nitidezza delle immagini e del disegno a disposizione (Fig. 3.13.a-b, Tav. VII-VIII). È comunque possibile ritenere le armi rappresentate ipoteticamente come appartenenti alla tipologia triangolare e, quindi, di origine forse assira o genericamente anatolica. In conclusione, si può affermare che, per quanto concerne la tematica e le caratteristiche iconografiche di arcieri appiedati impegnati nelle cacce, sembra esistere una certa uniformità stilistica e iconografica all’interno delle produzioni di tipo assiro e delle aree limitrofe, come dimostra l’abbondante numero di esempi individuati. Maggiormente diagnostica parrebbe la rappresentazione degli arcieri in scene di battaglia e posti a difesa della città. Questi ultimi, infatti, mostrano numerosi confronti interni al repertorio assiro datati tra il IX e il VII secolo a.C., con alcune maggiori similitudini stilistiche con rappresentazioni sui rilievi e sulle bande bronzee datate tra il IX e l’VIII secolo a.C. Cfr. A -Rilievo lapideo, Walters Art Gallery no. 21; 9, regno di Ashurnasirpal II, Nimrud, Palazzo Nord-Ovest, ambiente P, decorazione delle bordure delle vesti di un genio, rappresentazione di arciere che caccia un leone, C 1971, 34, fig. 2, pls. Xc, XIc. -Rilievi lapidei, BM 124872-74, regno di Ashurbanipal, Ninive, Palazzo Nord, ambiente S, rappresentazione di caccia a gazzelle da parte di arcieri inginocchiati, B 1976, 50-51, pl. XLVI. -Rilievo lapideo, BM 124785, regno di Sennacherib, Ninive, Palazzo Sud-Ovest, ambiente XIV, attacco da parte di arcieri assiri a città anatolica o iranica, M 1970, pl. XLVII, no. 5; B , B ,T 1998, 77, pl. 166. -Rilievo lapideo, BM 124789, regno di Sennacherib, Ninive, sala del trono I, lastra 16, attacco di arcieri assiri, B ,B ,T 1998, 53, no. 32b, pl. 42. -Obelisco Rassam, BM 118800, regno diAshurnasirpal II, Nimrud, frammento IV, rappresentazione di arciere a caccia di erbivoro, R 1980, 1; B -K 1982, 183-184, no. 138. -Banda bronzea, BM ASH II, regno di Ashurnasirpal II, Balawat, Palazzo di Ashurnasirpal II, rappresentazione di arcieri assiri impegnati nella campagna contro Bit-Adini, C ,T 2008, 63,

Per quanto riguarda Ashurnasirpal II si fa riferimento alla banda R2 delle Porte del Tempio di Mamu a Balawat, su cui è rappresentata la campagna contro Bit-Adini (C , T 2008, 176-177, figs. 75-76). Frequentemente questo soggetto si individua inoltre sulle composizioni parietali lapidee dei palazzi assiri: ad esempio nelle lastre 2a (BM 118904) e 3a (il cui originale è perduto), registro superiore, campagna contro Babilonia di Tiglath-pileser III, Palazzo Centrale di Nimrud (B ,F 1962, 57-59); il rilievo di Sennacherib da Ninive nel Palazzo Sud-Ovest, ambiente XXXVI, BM 124906 (B 1975, pl. 78) o il rilievo BM 124928 del Palazzo di Ashurbanipal a Ninive (B 1975, pl. 177). 178  D B 2012, 429-448. 179  Si presentano come esempi il rilievo BM 124552, Palazzo Nord-Ovest, Nimrud, sala del trono B, rappresentazione del sovrano e alcuni arcieri che attaccano una città siriana sulle rive dell’Eufrate (B 1975, pls. 27-29); il rilievo BM 115636, Palazzo Centrale, Nimrud, rappresentazione dell’attacco assiro alla città di Upa (B 1975, pl. 56); rilievo da Khorsabad, ambiente V, lastre 3-2, rappresentazione di un attacco assiro a una città montana (A 1986, pl. 94). 180  Z 2003, 125-132. 177 

122

Decorazione

127, fig. 26. -Sigillo, BM 129564, età neo-assira, mercato antiquario, rappresentazione di un arciere che caccia un ibex, C 2001, 43, pl. II, no. 22. -Sigillo, BM 138147, tardo VIII sec. a.C.- inizio VII sec. a.C., rappresentazione di un arciere che caccia un quadupede, forse un capride, C 2001, 48, pl. V, no. 51. -Sigillo, BM 89546, età neo-assira, rappresentazione di un arciere che caccia un quadrupede, forse un capride, C 2001, 48, pl. V, no. 52. -Sigillo, IX-VIII sec. a.C., Nimrud, Tempio di Ninurta, rappresentazione di arciere inginocchiato a caccia di un capride, P 1962, 31, pl. XIII, no. 2. -Sigillo, età neo-assira, Nimrud, Tempio di Ninurta, rappresentazione di arciere inginocchiato a caccia di capride, P 1962, 31-32, pl. XIII, no. 3.

a

d

b

e

c

f

Fig. 3.17 - Guilloche: a - dettaglio della brocca in oro da Nimrud, banda (a); b - placchetta in avorio, ambiente SE9 (Forte Shalmaneser) (H 1992, pl. 40, no. 192); c - dettaglio di rilievo da Karkemish, Long Wall of Sculptures (G 2011, 167, no. 25); d - decorazione della bocca di beaker proveniente dal Luristan (D W 1982, 227, fig. 204); e - dettaglio di scudo da Toprak-kale (BM 22481), regno di Rusa III (629-615 a.C.) (A 1968, pl. 57); f - dettaglio di placchetta in avorio da Hasanlu (M 1966, 127, figs. 8-9, 128, fig. 14).

U -Cintura bronzea, prima metà I mill. a.C., mercato antiquario, rappresentazione su varie linee orizzontali sovrapposte di episodi di caccia al toro e al leone a piedi e su carro, K 1991, 33-34, Abb. 10, Nr. 38. -Cintura bronzea, prima metà I mill. a.C., mercato antiquario, rappresentazione su due registri di episodi di caccia a capridi da parte di arcieri inginocchiati intervallati da sfingi e leoni, K 1991, 55, Taf. 44-45, Nr. 175.

Questo elemento decorativo, con le sue varianti a singolo o a doppio nastro, viene spesso utilizzato come cornice narrativa ed è presente nel repertorio decorativo assiro diacronicamente fino al regno di Ashurbanipal, mostrando un’ampia diffusione anche dopo il VII secolo a.C.181. Si tratta di un elemento decorativo ampiamente attestato nella tradizione artistica vicino-orientale e in generale dell’area mediterranea, la cui diffusione risulta fortemente collegata alla formazione di quella vasta koinè artistica propria dell’International Style, databile circa tra il 1400 e il 1200 a.C.182. Inoltre, la sua presenza è attestata sistematicamente su diverse classi di materiali sia nelle arti maggiori sia nei portable objects183. È possibile collegare la raffigurazione della guilloche, quando in relazione a alcuni elementi vegetali (palmette, fiori di loto, melograni) e animali (erbivori) a un preciso significato di abbondanza e fecondità. Secondo I. Winter, la guilloche rappresenterebbe in modo specifico l’acqua e la sua particolare struttura formale sarebbe da connettere a una progressiva stilizzazione delle sue onde sinuose184. Una chiara rappresentazione degli stessi significati simbolici si osserva ad esempio sul pannello in mattoni smaltati dall’ambiente T3 di Forte Shalmaneser, in cui la duplice rappresentazione del sovrano si accompagna agli elementi sopra elencati185. Similari rappresentazioni, benché limitate a guilloche ed elementi vegetali, si rintracciano inoltre su alcuni

I -Beaker bronzeo, X-IX sec. a.C., mercato antiquario, Luristan, rappresentazione di arciere inginocchiato a caccia di un capride, D W 1982, 227, n. 387, fig. 204. -Situla bronzea, prima metà del I mill. a.C., mercato antiquario, rappresentazione su registro inferiore di caccia a capridi da parte di arciere inginocchiato, S 1985, 44-48, Abb. 1. -Coppa in bronzo, fine VIII sec. a.C.- inizio VII sec. a.C., Chamzhi Mumah, Tomba 37, rappresentazione di due arcieri inginocchiati nell’atto di scoccare una freccia in direzione di alcuni capridi correnti di due specie diverse, M 1985b, 212-213, 336, Ir9. C -Scudo bronzeo, Grotta del monte Ida, rappresentazione di arcieri inginocchiati che cacciano leoni, M 1985b, 369; S ,A 2013, 381, fig. 17. -Coppa in bronzo, Eleutherna, rappresentazione di arciere inginocchiato che caccia un leone, S ,A 2013, 381, fig. 19. La guilloche

181  Per una trattazione generale di tale argomento: A 2005, 105. 182  Ad esempio: F 2006, 57, 86. 183  Per un approccio critico al concetto di arti minori in area vicino-orientale: T 2014, 132-157. 184  W 2003, 256. 185  R 1963.

Il registro figurato (a) è delimitato alle estremità superiore e inferiore da due bande decorate con motivo a guilloche. Una banda della stessa tipologia è inoltre riscontrabile in uno dei registri del gruppo (d) (Tav. VIII). 123

E. Foietta, M. Mortarini e E. Quirico

a

b

Fig. 3.18.a - coppa in oro con tori dal nord-ovest dell’Iran (?), Shumei Collection (K capridi, Marlik, Iran Bastan Museum.

1996c, 34, no. 13); b - coppa in oro con

essere proposti con i fregi superiore e inferiore di una pisside decorata a rilievo con rappresentazione di banchetto scoperta nel pozzo AJ nel Palazzo Nord-Ovest di Nimrud188. Si deve sottolineare come la presenza di questo elemento contraddistingua uniformemente le produzioni eburnee appartenenti a tutte le scuole stilistiche individuate per i reperti in avorio dalle capitali assire (assira, nord-siriana, etc.). Confronti puntuali si individuano anche sulla produzione glittica, in particolare su sigilli a stampo di appartenenza regale. Bisogna rilevare che, in modo sistematico a partire da Sargon II, la guilloche divenne la cornice tipica dei sigilli reali: si citano a titolo di esempio, le impronte di sigillo di Sargon II (BM 3781.a e BM 84672) con la rappresentazione del sovrano nell’atto di trafiggere un leone. Come confronto stilistico preciso emerge però senza alcun dubbio il sigillo a stampo in oro appartenente, in base all’iscrizione, alla regina Hamâ, MÍ.É.GAL di Shalmaneser IV189; l’oggetto, che condivide con la brocca in esame il contesto di ritrovamento, attesta la rappresentazione presumibilmente della

ziqqatu da Assur186. Conseguentemente alla sua diffusione si è preferito concentrare l’attenzione sui paralleli stilistici e morfologici interni alla produzione artistica assira, assiro provinciale e “assirizzante”. La sua ampia attestazione rende tuttavia l’elemento in esame poco diagnostico dal punto di vista cronologico e geografico. La guilloche rappresentata sulla brocca in esame è costituita da un doppio nastro e presenta un “tondino” rilevato al centro (Fig. 3.17.a). Si possono indicare come confronti significativi le numerose rappresentazioni di guilloche individuate nell’abbondante produzione eburnea da Forte Shalmaneser, in particolare alcune placchette rinvenute negli ambienti SE9, S30, SW37, SW11, SW12187 (Fig. 3.17.b). Ulteriori confronti possono W 2003, fig. 2. Per quanto riguarda gli avori rinvenuti nel Forte Shalmaneser di Nimrud, ambiente S30: M , D 1970, pl. VI, no. 10, pl. XXXIII, no. 122; ambiente SE9: H 1992, pl. 40, no. 192; ambiente SW37: O 1967, pl. XVIII, no. 102; H 1986, pl. 322, no. 1237; H 1992, pl. 40, no. 192, pl. 42, no. 198; ambienti SW11-SW12: H , L 2013, 243-244, nos. 784-791.

186  187 

188  189 

124

H 2008, 230, fig. 27i. Per un approfondimento dell’oggetto si veda il Capitolo 4.

Decorazione

stessa regina di fronte alla dea Gula in trono sul suo animale attributo, scena attorno alla quale si sviluppa una guilloche a doppio nastro con “tondino” rilevato centrale (Tav. IX)190. Nuovamente proveniente dalle Tombe delle Regine, in questo caso però dalla Tomba IV, è anche una coppa in argento finemente decorata da due registri posti in alto, il primo caratterizzato da una guilloche, il secondo da una successione di fiori di loto191. Confronti iconografici per la doppia guilloche si riscontrano frequentemente anche in aree limitrofe all’Assiria propria. Ad esempio, si può citare il vasto gruppo di beakers in metallo rinvenuti in Iran, alcuni dei quali ritenuti di produzione assira provinciale, altri probabilmente “assirizzanti”. Essi presentano spesso fasce con una decorazione geometrica di questo tipo inserite al di sopra e al di sotto della banda principale figurata (Fig. 3.17.d)192. In questo caso, il confronto iconografico si ritiene valido, ma quello stilistico risulta spesso impreciso, visto un certo gusto “corsivo” su questi bronzi che mostrano guilloche allungate e affusolate. All’interno di questo gruppo di reperti iraniani, si ritrovano anche guilloche a repoussé molto elaborate, in alcuni casi con tripli o multipli nastri incrociati. Un esempio interessante in questo senso può essere un beaker in oro proveniente probabilmente dall’Iran nord-occidentale conservato presso la Collezione Shumei (Kyoto). Questo straordinario reperto, oltre a presentare nella parte centrale tre tori definiti a incisione e a repoussé con teste rivettate a tutto tondo, mostra una banda inferiore a guilloche tripla con “tondino” centrale193 (Fig. 3.18.a). Numerosi tipi di guilloche multiple e incrociate, che testimoniano un gusto per geometrie articolate e complesse, si rinvengono ancora nei numerosi vasi in oro e argento di Marlik e Amlash. Un confronto interessante, anche per l’impiego dello stesso medium materico della brocca, riguarda una coppetta in oro datata all’Early Iron Age e rinvenuta nella Tomba 36 di Marlik (Fig. 3.18.b). Questo oggetto di lusso presenta una banda centrale con ibex accovacciati dal vello estremamente particolareggiato eseguito secondo il tipico stile delle manifatture di Marlik. La fascia è delimitata da due doppie guilloche a repoussé che a loro volta vengono circoscritte da due linee rilevate con la funzione di cornice, proprio come nel

caso della brocchetta da Nimrud 194. Ulteriori esempi, rinvenuti in aree limitrofe all’Assiria, possono essere ancora una situla bronzea che presenta un fregio figurato centrale delimitato da bande esterne a guilloche rinvenuta presso Ziwiye195 e alcuni reperti eburnei provenienti da Hasanlu, realizzati secondo la definizione di O.W. Muscarella in Local Style196 (Fig. 3.17.f). Numerosi bronzi urartei presentano bande o bordure decorate a guilloche doppia a repoussé con “tondino”, riscontrabili ad esempio su alcune cinture197. Si riportano, inoltre, come esempi significativi i due scudi bronzei provenienti da Toprak-kale, conservati al British Museum e databili al regno di Rusa III (629-615 a.C.), la cui decorazione è contraddistinta da registri concentrici separati tra loro da fasce a guilloche doppia e tripla con “tondino” centrale rilevato198 (Fig. 3.17.e). Anche i famosi rilievi del Long Wall of Sculpture scoperti a Karkemish199 mostrano guilloche simili a quelle che compaiono sulla brocca da Nimrud e che inquadrano in alto e in basso il registro figurato200 (Fig. 3.17.c). Un ulteriore confronto, infine, può essere proposto con un anello in oro medio-elamita rinvenuto a Susa e conservato al Musée du Louvre. Esso presenta una doppia guilloche prodotta in filigrana con tondino centrale saldata. Questo oggetto di alta perizia tecnica dimostra chiaramente (come altri presentati in questa parte) la vasta diffusione geografica e diacronica che la guilloche dovette avere e che, proprio per questa ragione, non può essere interpretata come un elemento iconografico utile al fine della datazione dell’oggetto201.

N 1983, 19-20, no. 10. “Situla bronzea completa di forma cilindrica lievemente incavata al centro e con manico di sospensione. Fig: due figure maschili barbate vestite di corte tuniche in atto di trafiggere con due lance due leoni rampanti ai lati di un albero; fregio sup. e inf.: guilloche” (MMA 62.78.3) (M 1977, 263, pl. XXIX, n. 1). 196  Si presentano alcuni esempi: quattro frammenti in avorio con scene militari provenienti dall’ambiente CC32 (area ad est di 7) (M 1980, 16-19, nos. 21-22); frammento in avorio con scena militare dall’ambiente BB31 (M 1980, 28-29, no. 55a); frammento in avorio con scena di caccia dall’ambiente BB31 (M 1980, 82-83, no. 174); frammento in avorio con scena di caccia dall’ambiente CC32 (M 1980, 86-87, no. 178); frammento in avorio dall’ambiente BBII (M 1980, 106-107, no. 212). 197  K 1991, Nr. 51, 53-57, 100-103, 185-188, 193, 196197, 235, 438. 198  Oggetti conservati presso il British Museum (BM 22481-82) (A 1968, pls. 56-58). 199  G 2011, 166-167, nos. 22-23, 25-27. Per un’analisi architettonica e decorativa del Long Wall of Sculpture: G 2011, 31-34. 200  Si propongono alcune immagini in cui è ben visibile tale elemento decorativo: W ,B 1952, pls. B.39- B.42. 201  M -H 1971, 186-187, pl. 132d. 194  195 

A -G W 2008, 155-156, fig. 19f. H , S 2000, pic. 207; H 2016, 44, pl. 177a-c. 192  Un esempio dal Luristan è attualmente conservato al VolderAsiatisches Museum (VAT 10348) (C 1973, 49, F3); un altro, sempre dalla medesima area, è datato tra il X e il IX secolo a.C. (C 1973, 107; D W 1982, 227, fig. 204). 193  K 1996c, 34-35, no. 13. Questo beaker presenta confronti interessanti con una gold bowl proveniente dalla Tomba 26 di Marlik (K 1996c, 35). 190  191 

125

E. Foietta, M. Mortarini e E. Quirico

Cfr.

I -Beaker in bronzo, VAT 10348, prima metà I mill. a.C., Luristan, mercato antiquario, rappresentazione su registro centrale di scena di caccia a capridi e di guilloche a doppio nastro con tondino centrale nel registro superiore, C 1973, 49, F3. -Beaker in bronzo, prima metà I mill. a.C., Luristan, rappresentazione sul registro centrale di una scena di caccia a un capride e di guilloche a triplo nastro con tondino rilevato centrale nel registro superiore, C 1973, 49, F4. -Beaker in bronzo, prima metà I mill. a.C., Luristan, rappresentazione su registro centrale di scena di caccia a toro e di guilloche a triplo nastro nel registro superiore, C 1973, 49, F5. -Beaker in oro, prima metà I mill. a.C., rappresentazione sul registro centrale di tori con testa a tutto tondo e registro inferiore decorato con guilloche a triplo nastro e tondino rilevato centrale, K 1996c, 34-35, no. 13. -Coppa in oro, Marlik, seconda metà II mill. a.C.prima metà I mill. a.C., Tomba 36, registro centrale con ibex accovacciati delimitati da due doppie guilloche a repoussé con tondino centrale inciso, N 1983, 19-20, no. 10. -Situla in bronzo, MMA 62.78.3, prima metà I mill. a.C., Ziwiye, rappresentazione di un fregio figurato centrale delimitato da bande esterne a guilloche a triplo nastro con tondino centrale, M 1977, 262-263, Tav. XXIX, no. 1. -Placchette frammentarie in avorio, antecedente alla fine del IX sec. a.C, Hasanlu, ambienti CC32 e BB31, rappresentazione di guilloche a doppio nastro con tondino rilevato centrale che incorniciano registri centrali con scene figurate di carattere militare, M 1980, 16-19 nos. 21-22, 28-29 no. 55a, 82-83 no. 174, 86-87 no. 178, 106-107 no. 212. -Anello in oro, Musée du Louvre Sb 6659, seconda metà II mill.a.C-prima metà I mill. a.C., Susa, rappresentazione di una doppia guilloche, M H 1971, 186-187, pl. 132d.

A -Sigillo in oro di Hamâ, IM 115644, prima metà dell’VIII sec. a.C. (?), Nimrud, Tomba III, Sarcofago 2, rappresentazione della regina di fronte alla dea Gula in trono sopra il suo animale attributo, con attorno una guilloche a doppio nastro con tondino centrale rilevato, H ,S 2000, 399, pic. 183; H 2016, 32-33, pl. 133a. -Placchetta in avorio, IX sec. a.C., Nimrud, Forte Shalmaneser, S30, rappresentazione di fascia geometrica centrale con guilloche a doppio nastro e tondino centrale, M ,D 1970, 19, pl. VI, no. 10. -Placchetta in avorio, IX sec. a.C. (?), Nimrud, Forte Shalmaneser, ambiente S30, rappresentazione di fascia geometrica centrale con guilloche a doppio nastro e tondino centrale, M ,D 1970, pl. XXXIII, no. 122. -Placchette in avorio, età neo-assira, Nimrud, Forte Shalmaneser, SE9, rappresentazione di guilloche a doppio nastro con tondino centrale, H 1992, 81, no. 192, pl. 40. -Placchetta in avorio, età neo-assira, Nimrud, Forte Shalmaneser, ambiente SW37, rappresentazione di guilloche a doppio nastro con tondino centrale, O 1967,18-19, pl. XVIII, no. 102. -Placchetta in avorio, IM 65325, età neo-assira, Nimrud, Forte Shalmaneser, SW37, rappresentazione di guilloche a doppio nastro con tondino centrale, H 1986, 232, no. 1237, pl. 322. -Placchetta in avorio, età neo-assira, Nimrud, Forte Shalmaneser, SE5, fascia inferiore decorata con guilloche a triplo nastro e tondino centrale, H 1992, 82, pl. 42, no. 198. -Pisside in avorio, IM 79513, età neo-assira, Nimrud, Palazzo Nord-Ovest, pozzo AJ, rappresentazione di banchetto incorniciato da registri decorati a guilloche a doppio nastro con puntino centrale, H 2008, 230-231, fig. 27i. U -Cinture bronzee, prima metà I mill. a.C., rappresentazione di guilloche a singolo, doppio e triplo nastro con tondino rilevato centrale alle estremità di fasce figurate, K 1991, nos. 51, 53-57, 100-103, 185-188, 193, 196-197, 235, 438. -Scudo in bronzo, BM 22481, regno di Rusa III, Toprak-kale, rappresentazione di registri decorati a guilloche a doppio nastro con tondino rilevato centrale alle estremità di fasce figurate con processioni di animali, A 1968, pls. 56-57. -Scudo in bronzo, BM 22482, regno di Rusa III, Toprak-kale, rappresentazione di registri decorati a guilloche a triplo nastro con tondino rilevato centrale alle estremità di fasce figurate con processioni di animali, A 1968, pl. 58.

A -Rilievo lapideo, prima metà I mill. a.C., Karkemish, Long Wall of Sculpture, rappresentazione di registro centrale con processione militare e di divinità e fascia inferiore continua decorata con guilloche a doppio nastro e tondino rilevato centrale, G 2011, 3134, fig. 8. L’embricatura Bande a embricatura si riscontrano sui registri (b), (c), (d) ed (e). In particolare, le bande in (b), (d) ed (e) sono costituite dalla sovrapposizione di tre motivi a “scaglia” (Fig. 3.19.a), mentre la doppia banda presente sul registro (c) è costituita da quattro file dello stesso motivo (Tav. VIII). Il bordo di ogni “scaglia” risulta rilevato da un colletto.

126

Decorazione

a

b

d

e

c

f

Fig. 3.19 - Embricatura: a - dettaglio della brocca in oro da Nimrud, banda (d); b - porte di Shalmaneser III a Balawat, banda X a-b (S 2007, 79, X a+b); c - frammenti di rivestimento di colonna lignea in bronzo da Khorsabad (C 2013, pl. XXX, no. 449); d - dettaglio di situla incisa conservata in una collezione privata in Iran (S 1985, Taf. 24); e-f - dettagli di due registri di un vaso bronzeo dall’Iran (C 1964, 50-51, Taf. 54-56).

Il motivo dell’embricatura è ampiamente attestato nel Vicino Oriente come indicatore grafico di un’ambientazione montuosa sia attraverso bande interamente decorate da questo elemento sia attraverso la caratterizzazione di tutto il terreno o di una parte di esso (colline o montagne) all’interno degli stessi registri figurati. Questo motivo, variabilmente composto da una o più scaglie sovrapposte, risulta presente in modo omogeneo nelle aree assire, assiro provinciali e “assirizzanti” con una maggiore diffusione di bande composte da 2 a 4 scaglie sovrapposte. Fin dai periodi precedenti all’età neo-assira, embricature simili a quelle della brocca erano presenti e dotate del medesimo valore simbolico come si può facilmente comprendere da un’impressione di sigillo medioassira del sovrano Ninurta-tukulti-Ashur (fine XII sec. a.C.) e scoperta presso il Tempio di Anu e Adad ad Assur. Su di essa è rappresentata una scena di caccia in ambientazione montana in cui gli embrici vengono caratterizzati da scaglie con bordo rilevato202 (Fig. 3.20). La diffusione di questo elemento in realtà affonda le proprie radici in periodi ancora più antichi. Esempi interessanti per questa ricerca si individuano già all’interno della produzione glittica databile alla seconda metà del III millennio in cui montagne o colline resi a embrici completano scene figurate di carattere spesso mitologico. Particolarmente esemplificative risultano a questo proposito alcune impronte di sigillo di età accadica203.

All’interno della tradizione mesopotamica la rappresentazione della montagna, resa attraverso una sovrapposizione di scaglie, assume anche un valore di per sé identificativo; questa simbologia si evince ad esempio dalle rappresentazioni figurate di alcuni prismi dell’epoca di Esarhaddon204 e su un blocco in calcare nero (la cosiddetta Lord Aberdeen’s Black Stone), riconducibile al medesimo sovrano205. In questi casi la raffigurazione della montagna resa a embricatura rimanda probabilmente allo stato assiro nella sua interezza, rimandando tradizionalmente allo stesso palazzo o, più astrattamente, all’intera regione geografica. Questa interpretazione si collega alla compresenza su questo supporto di numerosi simboli relativi al sovrano assiro e al suo specifico ruolo politico e religioso (il toro, il leone, l’albero sacro). Tra di essi compare, inoltre, anche la raffigurazione della palma, che potrebbe indicare simbolicamente la conquista dell’intera regione babilonese206. L’affiancamento di questi simboli potrebbe rappresentare da un punto di vista metaforico l’unione anche tra nord e sud della Mesopotamia sotto il controllo del sovrano assiro. Nonostante questo motivo decorativo risulti ampiamente diffuso anche in produzioni esterne all’Assiria, è proprio al suo interno che diviene possibile rintracciare i migliori paralleli stilistici e iconografici per le bande a embricatura rilevate sulla brocca in esame. Si possono citare come principale esempio le Porte di Balawat di Shalmaneser III (Fig. 3.19.b), nelle quali la rappresentazione di embrici avviene all’interno delle stesse fasce figurate con una resa stilistica delle scaglie e con proporzioni

A 1995, 102, no. 65, fig. 26. Si presentano alcuni esempi: sigillo con rappresentazione al centro di una palma su una montagna resa a embricatura e due tori e due uomini-toro disposti simmetricamente ai lati (BM 89303) (C 1982, 64, no. 115, pl. XVI); sigillo con rappresentazione di divinità (Ea-Enki e Ishtar) e animali attributo su terreno reso a embricatura (BM 89115) (C 1982, 92, no. 190, pl. XXVIII); sigillo con rappresentazione di eroe barbuto con vaso zampillante e capridi sulle rive di un fiume affiancato da

202 

terreno montano (AO 22303) (http://www.louvre.fr/en/oeuvrenotices/cylinder-seal-ibni-sharrum; ultima visualizzazione 08/04/2015). 204  Si cita ad esempio il prisma conservato presso il British Museum (BM 78223) la cui iscrizione descrive il restauro di Babilonia ad opera di Esarhaddon. 205  BM 91027 (F ,R 1996, 254). 206  F ,R 1996, 254-261.

203 

127

E. Foietta, M. Mortarini e E. Quirico

Fig. 3.20 - Impressione di sigillo medio-assiro di Ninurta-tukultiAshur scoperta nei pressi del Tempio di Anu e Adad ad Assur (A 1995, 102, no. 65, fig. 26).

similari a quelle delle raffigurazioni della brocca207. Una scelta iconografica simile che prevede una rappresentazione del terreno con una resa a scaglie si individua in modo diffuso anche nei rilievi palatini tra IX e VII secolo a.C. Questa resa del suolo, che prevede l’impiego di scaglie di diversa forma, è particolarmente diffusa nella rappresentazione di cacce ad animali appartenenti a ambienti montani, ad esempio i cervi208 e le capre selvatiche, o nella raffigurazione di spedizioni militari contro città situate in un paesaggio collinare o montuoso. Va rilevato, ad esempio, come siano rappresentate al di sopra di alture rese ad embricatura le città urartee oggetto di attacco da parte dell’esercito assiro209. All’interno del lessico decorativo assiro è chiaramente osservabile una connessione tra la rappresentazione dell’embricatura e quella di alcune specie animali quali i capridi. Si può citare come esempio la decorazione di un recipiente in ceramica invetriata proveniente da Assur su cui si alternano capridi rampanti, elementi vegetali e montagne rese a embricatura210. Per quanto riguarda le pitture parietali, il medesimo tipo di embricatura della brocca è presente su di una banda di divisione dei registri rinvenuta presso l’Edificio G di Dur-Katlimmu211. Alcune colonne lignee erano rivestite da lamine di bronzo decorate a embricatura nel Palazzo di Sargon II a Khorsabad, anche se, in questo caso, dovevano

Fig. 3.21 - Beakers in oro della Collezione Shumei (Kyoto), (K 1996b, 26, no. 10, 30, no. 11).

ricordare i fusti della pianta di palma (Fig. 3.19.c)212. Anche negli avori rinvenuti in Assiria questo motivo è ampiamente attestato, ad esempio, su alcuni esemplari provenienti da Forte Shalmaneser che mostrano il bordo rilevato per la singola scaglia213. I numerosi esempi iconograficamente e stilisticamente differenti di embricatura riscontrati in questa classe di materiali e anche sui rilievi palatini, testimoniano i diversi tipi di forme di scaglia impiegati e la loro vasta diffusione214. Il motivo a embrici, sebbene con varianti stilistiche diverse rispetto a quelle rappresentate nella brocchetta, è presente, come già riferito, anche in produzioni esterne all’area mesopotamica. Si citano come esempi: - alcune delle cosiddette coppe “levantine” rinvenute in tutto il bacino del Mediterraneo215; - una situla bronzea conservata in una collezione privata iraniana (Fig. 3.19.d; Tav. X) che mostra bande incise a embricatura simili rispetto al vaso aureo da Nimrud ma con numero differente di corsi di scaglie sovrapposte; - un vaso metallico, proveniente sempre dall’Iran, che non mostra il “colletto” di delimitazione per la

207  Per uno studio tipologico dell’embricatura sulle Porte del Palazzo di Shalmaneser III a Balawat: S 2007, 78-79. 208  Si cita ad esempio la caccia a cervi rappresentata nell’ambiente S del Palazzo Nord a Ninive (BM 124871) in cui gli animali sono raffigurati in fuga in aree delimitate da reti (B 1976, 4950, pl. XLIV). 209  Si propone come esempio la rappresentazione della fortezza di Gilzanu (Urartu) sulle Porte di Balawat di Shalmaneser III, banda VII, registro inferiore (S 2007, 327, Taf. 39a). Si veda oltre anche l’analisi proposta sulla città. 210  A 1925, 48-49, pl. 21. 211  Pittura muraria rinvenuta nell’ambiente B (A 2005, 29, fig. 5c).

C 2013, 169, no. 449. Pannello verticale (IM 65285) rinvenuto in SW37 (H 1986, pl. 322, no. 1250). Un confronto interessante si individua su un avorio frammentario con decorazione incisa da Forte Shalmaneser, ambiente SE9 (H 1992, pl. 39, no. 189). 214  Per gli avori: M 1966, 140-141, figs. 81-83, 593, fig. 574; per i rilievi, tra i quali BM 124557, rinvenuto presso il Palazzo Nord-Ovest di Ashurnasirpal II a Nimrud, ambiente WG: B 1914, pl. XXV. 215  Si citano ad esempio due coppe in argento da Cipro (M 1985b, 177, Cy7, 177-178, Cy8) e due coppe dall’Etruria, una in oro da Preneste e una in argento da Cerveteri (V 2010, 27, fig. 2, 29, fig. 3). 212  213 

128

Decorazione

singola scaglia (Fig. 3.19.e-f; Tav. XI)216. Dall’Iran nord-occidentale provengono ancora due beakers in oro217, con la rappresentazione, sul primo, di una processione di uomini alternati a rosette, mentre, sul secondo, è presente una teoria di rapaci. I due recipienti sono contraddistinti lungo i bordi inferiore e superiore da una fila singola di embrici piuttosto allungati, e per questo motivo poco confrontabili con gli esemplari sulla brocca in esame (Fig. 3.21). Bande a embricatura si rinvengono, inoltre, pure all’interno del lessico decorativo urarteo: rappresentazioni interessanti si individuano, ad esempio, all’interno di una banda decorata su un elmo da Burmageçit218 e nella caratterizzazione del terreno al di sotto del sovrano e di alcuni dignitari sul famoso elmo di Rusa II (680-639 a.C.) scoperto nel sito di Ayanis219. Nonostante il motivo dell’embricatura resti un elemento poco diagnostico dal punto di vista geografico e cronologico a causa della sua ampia diffusione, si deve rilevare come i migliori confronti proposti sembrino ricondurre nuovamente all’area propriamente assira, in particolare con confronti precisi sulle Porte bronzee di Balawat, in particolare per la rappresentazione della singola scaglia.

territorio montano, B 1976, pl. XXXIV. -Rilievo lapideo, AO 19912, AO 19921, regno di Ashurbanipal, Ninive, Palazzo Nord, ambiente M, rappresentazione di un assalto a città montana, B 1976, pl. XXXIV. -Rilievo lapideo, BM 124871, regno di Ashurbanipal, Ninive, Palazzo Nord, ambiente S, rappresentazione di caccia a cervi con le reti in ambientazione montana, B 1976, pl. XLIV. -Obelisco Bianco, BM 118807, regno di Ashurnasirpal I o Ashurnasirpal II (?), Ninive, faccia D, registro 1, rappresentazione di attacco assiro a una città, R 1975, fig.1; P 1996, 338. -Obelisco Bianco, BM 118807, regno di Ashurnasirpal I o Ashurnasirpal II (?), Ninive, faccia A, registro 1, rappresentazione di attacco assiro a una città, R 1975, fig.1; P 1996, 338. -Obelisco Nero, BM 118885, regno di Shalmaneser III, Nimrud, rappresentazione di leone e cervi correnti in un bosco, R 2014, 62-63. -Placca eburnea frammentaria, IX sec. a.C., Forte Shalmaneser, ambiente SE9, rappresentazione di città o fortezza in ambientazione montana, M , D 1970, 36, no. 98, pl. XXVIII. -Placca eburnea frammentaria, IX sec. a.C., Tempio di Nabu, ambiente SEB II, rappresentazione su registro inferiore di toro inginocchiato su terreno reso a embricatura, M ,D 1970, 53, no. 202, pl. XLV. -Placca eburnea frammentaria, età neo-assira, Nimrud, Palazzo Nord-Ovest, B, rappresentazione di cinque soldati assiri con lunga veste e soldato con corta tunica militare su terreno montuoso, H , L 2009, 140-141, no. 56a, d, pl. 9. -Rivestimento frammentario in bronzo di una colonna lignea, Khorsabad, rappresentazione simile all’embricatura, C 2013, 61, no. 449, pl. XXX. -Vaso in ceramica dipinta frammentario, XIII secolo a.C., Kar Tukulti-ninurta, lato sud-occidentale della terrazza del palazzo, rappresentazione di scaglie sovrapposte con puntini centrali, A 1925, 1819, pl. 5, fig. O. -Vaso in ceramica invetriata, età tardo-assira, Assur, rappresentazione di capridi, elementi vegetali alternati a montagne rese a embricatura, A 1925, 48-49, pl. 21. -Banda bronzea, BM ASHII MM, regno di Ashurnasirpal II, Balawat, Tempio di Mamu, registro L2, campagna assira sul Monte Urina, C ,T 2008, 55, fig. 60. -Bande bronzee, regno di Shalmaneser III, Balawat, Palazzo, tipi di embricatura, S 2007, 7879, Abb. 7.

Cfr. A -Sigillo, VAT 9316, regno di Ninurta-tukulti-Ashur (1200-1100 a.C.), Assur, pressi del Tempio di Anu e Adad, rappresentazione di una caccia su carro a capridi in ambientazione montana, A 1995, 102, no. 65, fig. 26. -Rilievo lapideo, BM 124538, regno di Ashurnasirpal II, Nimrud, Palazzo Nord-Ovest, ambiente B, rappresentazione di nemici in fuga a nuoto in un fiume colpiti da arcieri assiri a fianco di un paesaggio boscoso montano, B 1914, 12, pl. XIII. -Rilievi lapidei, BM 124557-58, regno di Ashurnasirpal II, Nimrud, Palazzo Nord-Ovest, ambiente WG, rappresentazione di carro del sovrano, cavalleria e fanteria assira in marcia in territorio montano, B 1914, 16, pl. XXV. -Rilievi lapidei, BM 115634-118903, VIII secolo a.C., Nimrud, Palazzo Centrale, rappresentazione di una campagna assira in oriente, attacco a una città nemica in territorio montano, B , F 1962, 14, pls. XXXVII-VIII. -Rilievo lapideo, BM 124793, regno di Ashurbanipal, Ninive, Palazzo Nord, ambiente M, rappresentazione di Ummanaldash e processione di prigionieri in

C K 218  S 219  S 216  217 

U -Elmo in bronzo, prima metà I mill. a.C., Burmageçit, banda decorata a embricatura, S 2004, 73, Abb. 33. -Elmo in bronzo, regno di Rusa II, Ayanis,

1964, 43-51, pls. 54-56. 1996b, 26, no. 10, 30, no. 11. 2004, 73, Abb. 33. 2004, 74, Abb. 34.

129

E. Foietta, M. Mortarini e E. Quirico

a un’analisi di dettaglio, con una suddivisione in sette diversi blocchi (Fig. 3.47). Sfortunatamente, non possedendo una documentazione fotografica completa per alcuni segmenti della fascia, alcune questioni affrontate rimarranno aperte. Si è deciso di iniziare l’analisi a partire dal segmento contenente la raffigurazione della città (c1), elemento spesso identificabile, in base alle regole di composizione dei rilievi assiri, come fulcro e elemento di inizio della scena220.

rappresentazione di sovrano e di alcuni dignitari ai lati di un albero su terreno reso a embricatura, S 2004, 74, Abb. 34. I -Coppa bronzea, età tardo-elamita, Arjan, rappresentazione su registro esterno di ritorno da battuta di caccia in ambientazione montana con animali uccisi condotti da inservienti, M 1992, 32, fig. 1. -Vaso in argento, seconda metà II mill. a.C.-prima metà I mill. a.C., Marlik, Tomba 18, rappresentazione di cervo corrente su territorio montano, N 1964, 53, no. 103. -Vaso in bronzo, prima metà I mill. a.C., rappresentazione su registro superiore di processione militare verso città tra due bande a embricatura, C 1964, 50-51, Nr. 107, Taff. 54-56. -Situla in bronzo, prima metà I mill. a.C., mercato antiquario, rappresentazione su due registri di scena militare e venatoria tra due bande a embricatura, S 1985, 45-48, Abb. 1. -Beaker in oro, XIV-XIII secolo a.C., mercato antiquario, Iran nord-occidentale, rappresentazione di uomini alternati a rosette, K 1996a-b, 27-31, no. 10. -Beaker in oro, XIV-XIII secolo a.C., Iran nordoccidentale, mercato antiquario, rappresentazione di rapaci, K 1996a-b, 27-31, no. 11.

La città/fortezza La città/fortezza raffigurata sulla brocca di Nimrud viene rappresentata in modo molto schematico (Fig. 3.22.a). Le torri che delimitano il corpo di fabbrica centrale sono rastremate verso l’alto e terminano con elementi architettonici interpretabili come merli e semimerli angolari. La porta centrale è coperta ad arco. Il parapetto superiore, invece, delimitato da una sottile banda arrotondata, presenta una merlatura triangolare, chiaramente riconoscibile dal disegno (Fig. 3.22.a). Raffigurazioni di città fortificate simili o di edifici, comparabili alle rappresentazioni di città, compaiono già a partire dalla glittica di periodo medio-assiro su alcune impressioni di sigillo provenienti da Assur, appartenenti all’archivio di Tiglath-pileser I (11141076 a.C.)221. In questi casi, l’articolazione del corpo di fabbrica e delle torri laterali è simile a quella sulla brocca in oro, anche se compaiono merlature molto più complesse (Fig. 3.23). Città semplificate, costituite solo da due torri rastremate verso l’alto e da un corpo centrale, si individuano anche su alcuni registri dell’Obelisco Bianco (Fig. 3.22.b)222. Nel registro 2 della faccia A, in particolare, si riscontra un forte edificato su di una collinetta. L’ambientazione circostante è caratterizzata da due alberi stilizzati e da un torrente, mentre a destra si rintraccia una scena in cui sovrano assiro è accompagnato da alcuni dignitari. Altri fortilizi o città, in alcuni casi più elaborati nella resa dell’architettura, si rinvengono in scene di assedio o attacco sulla faccia B dello stesso obelisco nel registro 1, sulla faccia C nei registri 1, 2 e 6 e, infine, sulla faccia D nei registri 2, 3 e 6. Sulle facce A e D dei registri 3 e 7 si trovano, invece, scene in cui è rappresentato il sovrano in trono davanti alle porte di una città fortificata. Le similitudini che si instaurano tra i casi sopra citati e la raffigurazione sulla brocca

C -Coppa in argento, MMA 74.51.4556, fine VIII a.C. -inizio VII a.C., Kourion, rappresentazione di attacco della cavalleria egizia contro una città fortificata e del faraone di fronte ai nemici, su differenti registri, M 1985b, 177, Cy7. -Coppa in argento, MMA 74.51.4554, fine VIII a.C. -inizio VII a.C., Kourion, rappresentazione di figure mitologiche di tradizione mesopotamica (ad esempio geni) e animali (tori e leoni), su differenti registri, M 1985b, 177-178, Cy8. E -Coppa in oro, Museo di Villa Giulia 61565, fine VIIIinizio VII sec. a.C., Preneste, Tomba Bernardini, rappresentazione su registro esterno di scena di caccia con arciere e cervo in ambientazione montana, N 2000, 82, Tav. IV. -Coppa in argento, Museo Etrusco Gregoriano 20368, fine VIII a.C. -prima metà VII a.C., Cerveteri, Tomba Regolini-Galassi, rappresentazione su registro di scena di caccia a piedi e su carro al leone in ambientazione montana, M 1985b, 194-196, E6; S 2014.

Sull’organizzazione dispositiva delle scene nei rilievi si veda ad esempio: A 1998. Diverso è il caso delle città rappresentate in ambito urarteo la cui disposizione sembrerebbe seguire criteri meno omogenei; si propone a tal riguardo come esempio una cintura in bronzo (K 1991, 68, Nr. 269, Taf. 68; S 2004, 145-147). 221  D 1975, nos. 3820-1, 4322, 4713. 222  S 1974, 231; P 1996, 346. 220 

Analisi della banda (c) La fascia figurata (c) risulta la più complessa, sia dal punto di vista iconografico, sia per la varietà delle scene rappresentate. Per questo motivo, è stata sottoposta 130

Decorazione

a

b

e

f

c

d

g

h

Fig. 3.22 - Città fortificata: a - dettaglio della brocca in oro da Nimrud, banda (c) (elaborazione C. Fossati); b - dettaglio dell’Obelisco Bianco (P 1996, 337); c - dettaglio della Fortezza di Gilzanu (Urartu), Porte di Shalmaneser III a Balawat, banda VII, registro inferiore (S 2007, 327, Taf. 39a); d - Porte del Palazzo di Ashurnasirpal II a Balawat (C ,T 2008, 129, BM ASH II, R3); e - dettaglio di situla conservata in una collezione privata in Iran (S 1985, Taf. 27); f - dettaglio del saccheggio di Hamanu, Ninive, rilievo di Ashurbanipal (J 1991, 118, fig. 5); g - dettaglio della situla in stile assiro da Chamzhi Mumah (M 1985a, 44, fig. 1); h - dettaglio della città di Tikrakka, Khorsabad, rilievo di Sargon II (J 1991, 116, fig. 3).

in oro di Nimrud trovano supporto in due elementi in particolare: la copertura ad arco dell’ingresso e la merlatura della cortina resa con triangoli di piccole dimensioni223. Nei registri delle Porte del Tempio di Mamu e del Palazzo di Ashurnasirpal II a Balawat (Fig. 3.22.d), come pure in quelle dell’epoca di Shalmaneser III, si individuano numerose rappresentazioni di città inserite in scene di partenza del sovrano e dell’esercito oppure in raffigurazioni d’assedio di centri nemici224 (Fig. 3.22.c). Queste rappresentazioni sono spesso ricche di dettagli con una finalità didascalica che diventa talvolta più chiara in associazione alle iscrizioni e alle informazioni di cui si dispone relativamente alla geografia storica vicino-orientale di periodo neo-assiro. Simile volontà didascalica si riscontra anche in modo diacronico nei rilievi palatini assiri nei quali compaiono spesso raffigurazioni di città, il più delle volte nel contesto di scene di battaglia o di assedio. Alcuni Studiosi, tra cui A. Gunter e R. Jacoby, in base al rapporto che si instaura tra iscrizioni e rilievi, ritengono di aver individuato alcune iconografie “standardizzate” che dovrebbero riferirsi a città di determinate aree geografiche225. Questi elementi identificativi sarebbero: la tipologia e il numero di torri; il loro rapporto dimensionale rispetto alla cortina; il tipo e la localizzazione della camera superiore; le caratteristiche delle feritoie; la presenza di scudi sugli spalti; merlature particolari e, infine, la tipologia di copertura del portale di ingresso226 (Figg.

3.22.f, h, 3.25.a-f). Tutti questi dati, inoltre, vengono messi in relazione dagli Studiosi con l’ambiente nelle quali le città sono inserite. I centri urartei o dell’Iran occidentale, ad esempio, vengono rappresentati in ambienti montuosi o collinari, caratterizzati da un motivo a embricatura, mentre le città siriane o del sud della Mesopotamia o dell’Elam sono collocate in un ambiente tendenzialmente pianeggiante. Le caratteristiche delle città urartee individuate da A. Gunter tramite l’analisi delle Porte di Balawat e dei rilievi palatini sono quelle che più assomigliano alla raffigurazione della città fortificata visibile sulla brocca aurea da Nimrud. Caratteristica dei centri urartei è quella di presentare torri inserite a distanze regolari che si distaccano appena rispetto al piano di fondo, delimitate da sottili bande con angoli smussati della stessa larghezza della torre. Queste bande in particolare sono caratterizzate da un paramento superiore a semimerli, mentre la cortina mostra un coronamento seghettato costituito da triangoli. L’ingresso principale è coperto ad arco e, in limitati casi, compare una porta secondaria, posta generalmente agli estremi della costruzione227. Secondo A. Gunter le città di altre aree (Siria, Mesopotamia meridionale, Elam etc.) si caratterizzano invece per torri più alte e di forma differente (ad esempio non rastremate oppure molto rastremate verso l’alto, come nel caso delle città siriane); in aggiunta, in alcuni casi, presentano una doppia cortina muraria, o ancora trabeazioni “piatte” delle porte d’accesso anziché ad arco, oltre che, come è evidente, anche una caratterizzazione ambientale

P 1996, 354-355. Per le Porte del Palazzo e del Tempio di Ashurnasirpal II a Balawat: C ,T 2008. 225  G 1982; J 1991. 226  Per la rappresentazione delle città e le relative caratterizzazioni 223  224 

in funzione del contesto geografico e politico: A G 1982; J 1991. 227  G 1982, 108.

131

1980;

E. Foietta, M. Mortarini e E. Quirico

Fig. 3.23 Sigillo da Assur, Volderasiatishen Museum, VAT8872 (D 1975, n. 4713).

differente228. Tuttavia anche le raffigurazioni delle città propriamente assire mostrano alcune caratteristiche confrontabili con la rappresentazione sulla brocca. Per fornire un elenco esse sono: la tipologia delle torri poco aggettanti e senza camera sommitale; la merlatura presente al di sopra dei parapetti; e, infine, la tipologia di ingresso. Anche M.M. Hussein sostiene che la città abbia caratteristiche propriamente assire e, in particolare, che la cortina sia decorata da Assyrian style parapets229. Di seguito si propongono una serie di confronti ritenuti particolarmente interessanti. Una rappresentazione di questo tipo di città compare su una pisside in avorio rinvenuta nell’ambiente 43 della casa 6, situata presso le mura cittadine di Nimrud. Sugli spalti della città, a differenza di quanto si osserva nella scena riportata sulla brocca di Nimrud, si collocano figure femminili con cembali. La scena, frammentaria, è completata da un soldato in uscita dal centro. Il tutto, secondo G. Herrmann, possiederebbe complessivamente un carattere celebrativo e rientrerebbe nel novero degli avori di stile assiro230. Un’interessante rappresentazione di città resa a incisione si trova inoltre su un altro avorio frammentario rinvenuto presso l’ambiente SE9 di Forte Shalmaneser. Al di sopra di un fiume e di un elemento reso a embricatura si possono individuare in questo caso: una piccola sezione di cortina muraria; una porta coperta ad arco; e alcuni elementi frammentari appartenenti ad una merlatura triangolare231. Un’altra città fortificata che vale la pena di ricordare è quella raffigurata su una banda frammentaria in avorio scoperta nella corte centrale del Palazzo Nord-Ovest di Nimrud232. Un altro elemento di

Fig. 3.24 - Frammento di giara con rappresentazione di mura cittadine scoperto tra le rovine poste davanti alla Porta Ovest di Nimrud (O ,O 2001, 152, fig. 93).

confronto è costituito da un giarone frammentario scoperto presso la Porta urbica Ovest di Nimrud in cui compare la raffigurazione di una cinta muraria cittadina merlata con, al di sotto degli spalti, una decorazione a rosetta233 (Fig. 3.24). Un braciere metallico sempre in forma di città proveniente dall’ambiente A2 di Forte Shalmaneser è stato pubblicato da P. Fiorina234. Esso è costituito da un’anima in ferro molto deteriorata, rivestita da una lamina bronzea; le torri, come gli spalti, mostrano merli a gradoni, mentre a livello della base della cortina si ha una fascia decorata da rosette, come nel caso del frammento di giara sopra presentato. Non è presente nelle parti conservate di questo oggetto la rappresentazione di una porta. In base a confronti iconografici l’Autore suggerisce una datazione per il braciere tra il IX e il VII secolo a.C.235. Un’interessante raffigurazione di città che vale la pena menzionare si riscontra nella scena centrale di una situla236 probabilmente assira proveniente dalla Tomba 43 dal sito di Chamzhi Mumah, necropoli ad inumazione dell’età del Ferro III indagata da una Missione belga coordinata da L.Vanden Berghe

G 1982, 108-110. H 2014, 128. 230  ND3599; H ,L 2009, 236, TW10, pl. 134. 231  ND7571; H 1992, 81, no. 189, pl. 39. 232  H 2009,132, no. 21, pl. 2.

O ,O 2001, 152, fig. 93. Missione archeologica dell’Università di Torino e del Centro Ricerche Archeologiche e Scavi di Torino (F 1998). 235  F ,B ,B 1998, 178. 236  S 1985, 45-46.

228 

233 

229 

234 

132

Decorazione

a

d

b

e

c

f

Fig. 3.25 - Differenti tipologie di città rappresentate sui rilievi assiri (J 1991, 115, fig. 2): a - aree settentrionali dell’Impero assiro (?) (Khorsabad, Sargon II); b - aree occidentali dell’Impero assiro (Nimrud, Ashurnasirpal II); c - Qarqar, Siria (Balawat, Shalmaneser III); d - Mesopotamia meridionale (Ninive, Sennacherib); e - Fenicia (?) o Assiria settentrionale (?) (Ninive, Sennacherib); f - Ashtaroth, Giordania (Nimrud, Tiglath-pileser III).

133

E. Foietta, M. Mortarini e E. Quirico

Fig. 3.26 - Rappresentazioni di città incise su alcune cinture bronzee urartee (S rechts, sm-2 rechts).

in Luristan237 (Fig. 3.22.g, Tav. XII). G. Markoe descrive tale fortezza in questi termini: «(...) the fortress itself, whose structure, consisting of a central arched entranceway and simmetrically arranged towers, is closely based on the Assyrian schema. The saw-toothed battlements that decorate the towers and the curtain walls are likewise drawn from the Assyrian repertoire»238. La fortezza è più vasta rispetto alla città della brocca, mostrando in totale quattro torri e tratti aggiuntivi di cortina. Il reperto viene datato all’VIII-VII secolo a.C. da G. Markoe, mentre secondo E. Haerinck e B. Overlaet le scene avrebbero notevole affinità con le Porte di Balawat di Shalmaneser III, nonostante non venga proposta una precisa datazione239. Vari Autori (G. Markoe, O. W. Muscarella, E. Haerinck, B. Overlaet) suggeriscono rispetto a tale raffigurazione alcuni confronti in cui compaiono «fortress of Assyrian type», tra cui una pisside dalla necropoli dell’età del Ferro di War Kabud e un’altra proveniente dal mercato antiquario, preservata presso il Metropolitan Museum di New York240. Anche la più volte citata situla in bronzo conservata in una collezione privata di Teheran mostra una raffigurazione di città assimilabile in parte agli esempi fin qui elencati con torri terminanti con semimerli e la cortina decorata da una serie di piccoli triangoli (Fig. 3.22.e, Tav. X)241. Va osservato in ogni caso che il portale di ingresso presenta una cornice decorata da una serie di incisioni a freccia, che risulta più complessa rispetto alla rappresentazione visibile sulla brocca da Nimrud. Un altro confronto preso in considerazione, si può osservare su una faretra bronzea da Harsin (Kermashah) composta da cinque partizioni figurate sovrapposte. Nella sezione superiore è presente la raffigurazione di una città caratterizzata da torri laterali rastremate verso l’alto e arcieri posizionati sulla cortina muraria242.

2004, 146, Abb. 106, sm-6 links, sm-30

Lungo questa cortina si individuano merli di grandi dimensioni, mentre l’ingresso è ad arco. Le proporzioni delle torri sono più slanciate rispetto alla brocca di Nimrud e la presenza di personaggi sulle torri, lungo il cammino di ronda e alla base del muro, rende in ogni caso questa raffigurazione più complessa rispetto alla città in analisi. Numerose città fortificate sono raffigurate pure su cinture urartee in bronzo sia singolarmente sia associate a elementi riempitivi quali teorie di animali243 o in scene di carattere cultuale244. Queste rappresentazioni sono spesso molto articolate, mostrando bande decorate con triangoli appena al di sopra degli spalti e all’altezza della camera sommitale delle torri. Queste ultime sono rastremate verso l’alto, con una o due feritoie lungo il corpo della torre e terminano con la raffigurazione di semimerli, che sono collocati anche al di sopra della cortina all’altezza del cammino di ronda. La base delle torri è spesso larga e a forma di “semicupola” e viene posta su aree con un motivo stilizzato a embricatura, a quadrati o a cerchi che potrebbe simboleggiare un terreno montuoso (Fig. 3.26)245. Maggiori similitudini si hanno con una rappresentazione di città o tempio su un sigillo cilindrico in bronzo da Toprak-kale, attualmente conservato al Vordersasiatisches Museum246. In conclusione, alcune delle caratteristiche presentate risultano confrontabili con la città rappresentata sulla brocca. Tale rappresentazione risulta però nel complesso molto più semplice e sembra dunque avvicinarsi maggiormente alle raffigurazioni riscontrate in Assiria per le città assire o, al massimo, per le città urartee. stata proposta una datazione compresa tra i regni di Ashurnasirpal II e Sargon II: C 1969, 84, Taf. 6. 243  Si propone come esempio una cintura bronzea sulla quale la rappresentazione della città viene intervallata da immagini di pesci e volatili (S 2004, sm-10, 134, Taf. 39). 244  Si propone come esempio una cintura bronzea su cui sono rappresentate una porta urbica e una cinta muraria molto articolate a fianco delle quali si sviluppano scene di carattere devozionale (libagioni accompagnate da processioni e musici) (S 2004, sm-36, 137, Taf. 44). 245  S 2004, 145-147. 246  W 1993, 169-170, Abb. 89.

237  Per la necropoli di Chamzhi Mumah: H ,O 1998. 238  M 1985a, 45. 239  H ,O 1998, 27. 240  M 1985a, 47. 241  S 1985, Abb. 1. 242  Tramite un confronto stilistico con i rilievi di età neo-assira, è

134

Decorazione

Cfr.

Lo struzzo

A -Sigilli, età medio-assira, Assur, Archivio di Tiglathpileser I (1114-1076 a.C.), rappresentazione di città, D 1975, nos. 3820-1, 4322, 4713. -Obelisco Bianco, BM 118807, regno di Ashurnasirpal I o II (?), Ninive, Faccia A: registro 2, Faccia B: registro1, Faccia C: registri 1, 2 e 6, Facce A e D: registri 3 e 7, rappresentazioni di città, S 1974, 231; R 1975; P 1996, 346. -Pisside in avorio, MMA 54.117.11 a-c, Nimrud, casa 6, ambiente 43, rappresentazione di una scena di carattere celebrativo con una città e figure femminili sulle torri con cembali, H ,L 2009, 236, TW10, pl. 134. -Placchetta in avorio frammentaria, età neo-asssira, Nimrud, Forte Shalmaneser, ambiente SE 9, raffigurazione di città, H 1992, 81, no. 189, pl. 39. -Banda di avorio frammentaria, IM 56416, età neoassira, Nimrud, Palazzo Nord-Ovest, corte centrale, rappresentazione di città, H , L 2009,132, no. 21, pl. 2. -Giara, Nimrud, età neo-assira, Porta Ovest, rappresentazione di città a stampo, O , O 2001, 152, fig. 93. -Braciere, IX-VII secolo a.C., Nimrud, Forte Shalmaneser, ambiente A2, braciere in forma di città, F ,B ,B 1998.

Lo struzzo siriano (Struthio camelus syriacus), lurmu in accadico247, è attualmente estinto nell’area siriana e nord-mesopotamica dall’inizio del XX secolo248. Le rappresentazioni artistiche, le attestazioni materiali e i riferimenti testuali indicano per questo tipo di animale, tuttavia, un’ampia diffusione nell’area mesopotamica fin dal IV millennio a.C. Il suo habitat principale, dove le tecniche per la sua caccia dovettero inizialmente svilupparsi, era però la regione ad occidente dell’Eufrate. L’interesse nei confronti di questa specie risulta connesso a diverse finalità. Particolarmente preziose erano ritenute le sue uova, utilizzate, talvolta decorate, come contenitori di lusso, e il cui contenuto veniva considerato come un pregiato ingrediente medico. La raccolta e la conservazione di queste uova sono attestate archeologicamente a partire dal tardo IV millennio a.C. prevalentemente all’interno di contesti funerari della Mesopotamia, Palestina, Levante e Cipro proprio a causa del loro valore simbolico collegato a significati di fertilità e rinascita. Gli struzzi, oltre che per le uova, potevano essere anche le prede di cacce finalizzate all’ottenimento delle piume, della pelle e, solo in minore misura, della carne249. A partire dall’età medio-assira, inoltre, le fonti epigrafiche attestano la cattura di questi animali per l’arricchimento della varietà di specie presenti nei parchi reali delle capitali assire. La caccia allo struzzo e la raccolta delle sue uova sono ritenute, almeno a partire dal II millennio a.C., prerogative principalmente regali, le cui prime attestazioni si rintracciano su testi di Mari del XVIII secolo a.C.250. La caccia regale allo struzzo era un tema condiviso nel II millennio a.C. a tutto il Vicino Oriente e all’Egitto, dove, ad esempio, sul flabello in oro rinvenuto nella Tomba di Tutankhamun (fine XIV secolo a.C.), viene rappresentato il sovrano su un carro che attacca con l’arco due struzzi inseguiti da un cane del tipo comune251. All’interno delle fonti neo-assire vengono indicate varie menzioni alla caccia allo struzzo. Questa specifica attività era inoltre già conosciuta in epoca medio-assira al tempo di Ashur-bel-kala, quando compare nelle liste di animali uccisi o catturati, probabilmente nella Terra di Nairi (A.0.89.7)252. Con Adad-nirari II (A.0.99.2) lo struzzo viene inserito negli elenchi degli animali catturati e portati nei parchi regali253. Anche Tukulti-ninurta II (A.0.100.5)

U -Cinture urartee, prima metà del I mill. a.C., rappresentazioni di città su cinture urartee, K 1991, 67-68, Taf. 68-69, Nr. 261, 269; S 2004, 145-147. I -Situla bronzea, Iran Bustan Museum, Età del Ferro III, Luristan, Chamzhi Mumah, Tomba 43, rappresentazione di città in scena di battaglia, M 1985a, 44, fig.1. -Situla bronzea, prima metà I mill. a.C., mercato antiquario, Teheran, rappresentazione di città in scena di battaglia, S 1985, 45-48, Abb. 1. -Situla bronzea, VIII-VII sec. a.C., Luristan, War Kabud, rappresentazione di città con sfingi a lato, M 1985a, 47, pl. III. -Faretra bronzea, prima metà I mill. a.C., mercato antiquario, Harsin (?), rappresentazione di una città nella partizione superiore, C 1969, 84-87, Taf. 6, Nr. 2.

C 1998, 25. G 2002, 36. 249  C 2002, 232. 250  C 1998, 25. 251  F 2006, 66, pl. 12. 252  G 1991, 103. La Terra di Nairi viene collocata attualmente presso le alture armene. 253  G 1991, 154. 247 

Analisi della banda (c)

248 

Alla destra della città/fortezza (c1) ha inizio una caccia con protagonisti tre arcieri inginocchiati. Nelle scene (c2, c3, c4) si hanno invece rappresentazioni di cacce allo struzzo e ad alcuni erbivori (c2, c3), probabilmente identificabili come onagri. 135

E. Foietta, M. Mortarini e E. Quirico

a

f

b

g

h c

i

d

l

e

Fig. 3.27 - Struzzo: a - dettaglio della brocca in oro da Nimrud, blocco (c2); b - sigillo (BM 89468) da Ninive (C 2001, pl. VII, no. 90); c - sigillo (BM 102397) proveniente da mercato antiquario, (C 2001, pl. XXVIII, no. 334); d - sigillo (BM 129550) proveniente da mercato antiquario, (C 2001, pl. XV, no. 197); e - beaker bronzeo, Luristan (M 1997, 69, no. 31); f pittura muraria da Dur-Katlimmu, ambiente B, Edificio G (A 2005, 29, fig. 5c); g - placchetta in avorio da Forte Shalmaneser (M ,D 1970, pl. XXXVI, no. 149); h - sigillo di Urzana (R 2012b, 247, fig. 17.02); i - decorazione di beaker, Luristan (C 1973, 51, F6); l - sigillo (BM 119000), proveniente da mercato antiquario (C 2001, pl. II, no. 23).

136

Decorazione

Fig. 3.28 - Vaso tubolare invetriato, ambiente ZZ, Nimrud (O

Fig. 3.29 - Coppa del tesoro di Kelermes (G

uccise numerosi struzzi durante una battuta nel deserto non lontano dall’Eufrate e ne catturò i piccoli, probabilmente per farli crescere all’interno delle proprie tenute254. Nelle iscrizioni di Ashurnasirpal II incise sui rilievi del Palazzo Nord-Ovest a Nimrud: la caccia allo struzzo viene indicata come attività venatoria regale insieme alle più note cacce al leone e al toro255. Il sovrano, infatti, uccise alcuni struzzi dopo aver compiuto la ben nota caccia al toro nei pressi dell’Eufrate. Anche in questo caso, il re assiro catturò alcuni esemplari (nn. 20) dell’uccello, probabilmente

,O

2001, 72, fig. 40).

1994, 16).

da condurre nei giardini delle regge256. Una conferma in questo senso viene da un’altra iscrizione in cui lo stesso sovrano indica struzzi, insieme a leoni, tigri, pantere, vari tipi di gazzelle, tori, orsi, elefanti, scimmie e asini selvatici come animali tenuti in cattività a Nimrud, con l’obbligo, inoltre, di essere curati dai sovrani successivi e dai membri della corte (A.0.101.2)257. In un’altra iscrizione, nuovamente riferibile a Ashurnasirpal II, in cui si fa nuovamente cenno alla città di Nimrud, il numero di struzzi uccisi è molto più numeroso (nn. 200), mentre quelli catturati sono ben 140 (A.0.101.30)258. La caccia a questo animale risulta particolarmente

G 1991, 175. Iscrizioni sui rilievi A.0.101.30 linee 84-101 e A.0.101.2 linee 31-38, entrambe provenienti dal Palazzo Nord-Ovest di Nimrud (G 1991, 226-228, 288-293). Si veda anche K 2013, 121.

254  255 

G G 258  G 256  257 

137

1991, 216. 1991, 226. 1991, 291.

E. Foietta, M. Mortarini e E. Quirico

a

b

c

Fig. 3.30 - Rappresentazioni di teorie di uccelli di grandi dimensioni, forse rapaci, su bronzi urartei: a - dettaglio di decorazione di un elmo urarteo (S 2004, 75, Abb. 35); b - frammento di cintura urartea (K 1991, Taf. 69, Nr. 269); c - dettaglio ingrandito di uno degli struzzi della brocca, elaborazione grafica di E. Foietta.

complessa in conseguenza della sua velocità e resistenza fisica. Tale attività venatoria poteva avvenire a piedi, a cavallo o, come attestano alcune rappresentazioni, su dromedario259. La scelta tra l’utilizzo del cavallo o del dromedario aveva precise ragioni pratiche: se il cavallo infatti può raggiungere una velocità maggiore rispetto allo struzzo, questo animale non è in grado di mantenere costante quella stessa velocità quanto il resistente volatile. Il dromedario, invece, meno rapido del cavallo, può sostenere una velocità costante per distanze ben più ampie260. Per quanto riguarda lo struzzo, non si conosce dal punto di vista religioso nessuna connessione diretta con una divinità mesopotamica. In ambito specificamente iconografico sono attestate però rappresentazioni di struzzo accompagnate da simboli astrali quali il crescente, oppure emblemi quali il marru di Marduk o lo stilo di Nabu261. L’iconografia dello struzzo è presente su vari supporti e sembra diffondersi sistematicamente nel corso della seconda metà del II millennio a.C., in particolare in area assira. Il maggior numero di rappresentazioni è attestato sulla glittica262 (Fig. 3.27.b, d). Nel repertorio figurativo assiro, assiro provinciale e “assirizzante” lo struzzo può essere rappresentato singolarmente, come mostrano, ad esempio, le raffigurazioni eburnee da Forte Shalmaneser (Fig. 3.27.g) e da Hasanlu, oppure in una teoria di

esemplari al passo o in corsa. Quest’ultima tipologia può essere esemplificata dalla decorazione della banda dell’Arjan beaker263. In aggiunta, in numerosi esempi su differenti supporti, lo struzzo è ritratto mentre viene cacciato, come nel caso specifico della decorazione della brocca. Un paragone interessante in questo senso si riscontra con la fascia decorata di un vaso invetriato rinvenuto presso l’ambiente ZZ del Palazzo Nord-Ovest di Nimrud (Fig. 3.28)264. Infine, una rappresentazione estremamente diffusa, soprattutto a partire dall’VIII e VII secolo a.C. su glittica, è quella dello struzzo a cui viene sottratto l’uovo da parte di un personaggio appiedato, identificato spesso come un eroe mitico e forse impegnato in una particolare azione rituale265 (Fig. 3.27.c). All’interno della banda centrale (c) della brocca in esame lo struzzo viene rappresentato: - in (c2) all’interno di una teoria composta da quattro esemplari con le ali chiuse di profilo che fuggono inseguiti da tre arcieri, simili iconograficamente a quelli descritti nelle bande (a) e (d) (Figg. 3.27.a, 3.30.c); - in (c3) dove uno struzzo e due onagri vengono inseguiti da un arciere su carro. Separa i segmenti (c2) e (c3) un elemento vegetale, a destra e a sinistra del quale l’ultimo struzzo di (c2) e il solo struzzo di (c3) si dispongono simmetricamente in posizione araldica (Tavv. II, VIII); - in (c4) in un gruppo formato da quattro figure: un arciere che sta scoccando una freccia, una figura accovacciata, uno struzzo e un altro arciere nell’atto di incoccare una freccia; tutte le figure convergono verso il volatile (Tav. VIII).

C 2010, 3-4. C 1998, 38; F 1992, 93. 261  E ,U 2007, 2, nos. 50-51, 84. 262  Si conoscono sigilli di periodo medio-assiro in cui l’animale viene rappresentato in modo estremamente realistico e dettagliato: un esempio può essere il sigillo BM 89862 proveniente dal mercato antiquario: W 1960, pl. 62; http://www.britishmuseum.org/research/collection_online/collection_object_details.aspx?objectId=1479568&partId=1&searchText=assyrian+seals&page=1, ultima visualizzazione 26/01/2016). 259  260 

263  Oggetto conservato presso il National Museum of Iran di Teheran: Á -M 2008, 131-134, 147, pl. 2b. 264  O ,O 2001, 72. 265  Su tale argomento: C 1998.

138

Decorazione

Per quanto concerne il primo gruppo indicato possono essere citati come confronti significativi le processioni di struzzi rappresentate pittoricamente lungo le pareti dell’ambiente B dell’Edificio G a Dur-Katlimmu266 (Fig. 3.27.f), e lo struzzo cacciato da arcieri su carro raffigurato sul registro centrale di un bicchiere bronzeo dal Luristan267 (Fig. 3.27.e). I migliori confronti stilistici si individuano però con le raffigurazioni presenti su due sigilli: il primo scoperto a Ninive268 e l’altro con una lunga iscrizione proveniente dal mercato antiquario. Su di essi è rappresentata una lotta tra un genio con le ali e due struzzi (Fig. 3.27.h). Il secondo sigillo apparteneva a Urzana sovrano di Muşaşir durante il regno di Sargon II (721-705 a.C.), a cui venne forse donato, come suggerisce K. Radner269. Gli struzzi sono rappresentati con le ali chiuse e mostrano una resa dettagliata del piumaggio del collo, proprio come negli esemplari raffigurati sulla brocca. Uccelli simili ai precedenti per la resa del piumaggio, ma rappresentati in una teoria di animali correnti a ali aperte, sono realizzati a incisione e a repoussé su una coppa in oro proveniente dal Kurgan di Kelermes e datata generalmente al VII secolo a.C.270 (Fig. 3.29). È interessante notare che, nella maggior parte dei confronti, gli struzzi rappresentati, stanti o in corsa, sono contraddistinti iconograficamente da ali aperte, raffigurate frontali o di profilo. La rappresentazione ad ali chiuse risulta dunque in ambito assiro provinciale e “assirizzante” meno comune. I blocchi (c2) e (c3) sono divisi da un elemento ai lati del quale due struzzi si pongono in posizione araldica e la cui natura, a causa delle ridotte dimensioni, è di difficile interpretazione ma in cui si ritiene di poter riconoscere un elemento vegetale stilizzato. Non si conoscono confronti puntuali per questo elemento vegetale, che sembra possibile paragonare, seppur realizzato in una versione fortemente schematizzata, alle rappresentazioni di alcune piante terminanti a melograno271. Confronti parziali per questa particolare disposizione possono essere individuati nuovamente nella glittica, ad esempio su un sigillo ritrovato presso il Tempio di Nabu a Nimrud nel quale compaiono in successione

uno struzzo con le ali aperte, un ipotetico elemento vegetale stilizzato e un ibex272. Struzzi in posizione araldica iconograficamente similari, nonostante siano contraddistinti da una maggiore ricchezza decorativa, si incontrano anche nei rilievi palatini, ad esempio nei decori delle broderies degli abiti di un genio rappresentato nel pannello 4 dell’ambiente G nel Palazzo Nord-Ovest di Ashurnasirpal II273. Lo struzzo della scena (c3) è caratterizzato dalla medesima posa dei volatili precedentemente descritti ma, similmente ai due erbivori (onagri) che completano la scena di fuga, risulta colpito posteriormente da una freccia caratterizzata da un lungo nastro o da una cocca con un impennaggio estremamente sviluppato. Questo elemento trova confronti parziali con alcune rappresentazioni dalle Porte del Palazzo di Ashurnasirpal II a Balawat; un esempio in questo senso si rintraccia nel registro L7 raffigurante la campagna contro Bit-Adini274. Nella scena (c4) è probabilmente raffigurato un ulteriore struzzo rappresentato in una posa differente rispetto agli esemplari precedentemente descritti, con le ali spiegate di fronte a un arciere nell’atto di scoccare una freccia. Nella riproduzione grafica della banda, al di sotto del volatile, sembrerebbe rappresentata una figura forse umana (Tav. VIII). Sfortunatamente, di questa sezione non si possiede una documentazione fotografica di dettaglio che permetta una verifica del disegno prodotto dagli archeologi iraqeni. Un confronto puntuale del gruppo arciere e struzzo con le ali spiegate, senza però la rappresentazione del corpo sottostante, è stato riconosciuto su un bicchiere bronzeo rinvenuto in Iran275 (Fig. 3.27.i) e su un sigillo probabilmente assiro confrontabile, oltre che dal punto iconografico anche stilistico, proveniente dal mercato antiquario276 (Fig. 3.27.l). R.M. Boehmer nella sua analisi della decorazione della brocca da Nimrud identificava tutti i volatili della banda (c) come esemplari di otarde. Gli otidi, comunemente chiamate otarde, sono una famiglia di uccelli che presenta in natura un’altezza stimabile tra i 40 e i 120 cm. Ne esistono numerose specie che vivono prevalentemente in Africa. Nelle aree vicinoorientali e centro-asiatiche è diffuso l’Ubara, una specie di otarda (Chlamydotis undulata) di dimensioni variabili tra i 60 e i 75 cm. R.M. Boehmer sostiene questa proposta anche per l’ambientazione montana, data dalle bande a embricatura, proponendo così per la brocchetta una probabile produzione in area scita277. Questa suggestione, in base ai numerosi confronti individuati all’interno di questo studio, risulta difficilmente supportabile, rimanendo preferibile il

2005, 29, fig. 5c. Per un sigillo da Assur: K 2014, 11-12, Nr. 46. 267  M 1997, 69, no. 31. 268  Questo confronto preciso per il genio che trattiene per il collo due struzzi si ritrova su un sigillo proveniente dalla Porta di Nergal a Ninive, datato alla fine dell’VIII sec. a.C. (IM 67880): I 1985, 377, n. 118; C 1987, 77-78, no. 350. 269  R 2012b, 246-247. 270  Secondo l’Autrice gli uccelli rappresentati andrebbero probabilmente identificati come gru: G 1994, 16. Sul Kurgan di Kelermes e i suoi rinvenimenti: G 1997. 271  Si propongono come esempi: un avorio (IM 65875) da Forte Shalmaneser (NW5) (H 1992, pl. 72, no. 351); una placca (MMA 51.131.16,14) da Ziwiye (M 1977, Tavv. VIb, XVIIa). 266 

A

B

M B 274  C 275  C 276  C 277  B 272  273 

139

1966, 258, fig. 232. 1914, pl. L. ,T 2008, 121, fig. 20. 1973, 51, F6. 2001, 43, no. 23, pl. II. 2001, 59.

E. Foietta, M. Mortarini e E. Quirico

riconoscimento di struzzi, animali con una maggiore tradizione iconografica all’interno del repertorio artistico assiro, assiro provinciale e “assirizzante”. Inoltre, anche l’altezza e le proporzioni dell’animale, rappresentato di dimensioni paragonabili, se non superiori, rispetto ai cacciatori, sembrano in parte supportare questa ipotesi. Animali più simili alle otarde si possono riconoscere ad esempio con maggiore chiarezza su alcuni oggetti metallici di produzione urartea su cui compaiono teorie di uccelli di dimensioni variabili, interpretabili generalmente come: rapaci, grifoni, gru, otarde, etc. (Fig. 3.30). Ad ogni modo, solo in pochi casi si può notare una superficiale somiglianza con la raffigurazione degli struzzi sulla brocca da Nimrud278.

mercato antiquario, produzione assira (?), lotta tra un genio e due struzzi, R 2012b, 247, fig. 17.02. -Sigillo, BM 129550, VIII sec. a.C. (?), mercato antiquario, rappresentazione di due struzzi ai lati di una palma stilizzata, C 2001, 104, no. 197, pl. XV. -Sigillo, BM 89441, VIII sec. a.C. (?), Sherif Khan, rappresentazione di due struzzi ai lati di una palma stilizzata, C 2001, 105, no. 199, pl. XV. -Sigillo, BM 104494, età neo-assira, mercato antiquario, rappresentazione di due struzzi stanti in processione circondati da simboli astrali, C 2001, 57-58, no. 91, pl. VII. -Sigillo, BM 139986, età neo-assira, Sherif Khan, rappresentazione di due struzzi stanti in processione rivolti verso sinistra, C 2001, 57-58, no. 92, pl. VII. -Sigillo, BM 119000, età neo-assira, mercato antiquario, arciere inginocchiato che caccia uno struzzo con le ali aperte visto di profilo, C 2001, no. 23, pl. II. -Vaso in faïence, VII sec. a.C., Nimrud, Palazzo Nord-Ovest, ZZ, rappresentazione di caccia a uno struzzo da parte di cacciatori a cavallo, M 1966, 119-120, fig. 61. -Vaso lapideo, BM TH 2117, X-IX secolo a.C., Tell Halaf, rappresentazione di uno struzzo attaccato da un arciere, S , R , F 2008, 62-63, no. 447 , fig. 34. -Pitture, Dur-Katlimmu, Edificio G, B, rappresentazione di teorie di struzzi al passo con le ali aperte di profilo in connessione con motivo a embricatura a indicare il terreno, A 2005, 2729. -Placca in avorio, età neo-assira, Nimrud, Forte Shalmaneser, ambiente S4, rappresentazione di uno struzzo con le ali aperte frontali, H 1992, 51, no. 10, pl. 2. -Placche in avorio, IX sec. a.C. (?), Nimrud, Forte Shalmaneser, ambiente S4, rappresentazione di uno struzzo con le ali aperte frontali, M ,D 1970, 44-45, pl. XXXVI, nos. 147-150, 152-155, 159. -Placca in avorio, IX sec. a.C. (?), Nimrud, Forte Shalmaneser, ambiente S4/5, rappresentazione di uno struzzo con le ali aperte frontali, M ,D 1970, 44, pl. XXXVI, no. 151. -Placche in avorio, età neo-assira, Nimrud, abitazione T.W.53, 43, rappresentazione di uno struzzo con le ali aperte frontali, M ,D 1970, 45, pl. XXXVI, nos. 156-157. -Statuetta in avorio detta “statuetta di etiope”, IM 65220, età neo-assira, Forte Shalmaneser, ambiente NE2, rappresentazione di uno struzzo trattenuto per il collo, H 1992, 100, pl. 61, no. 303. -Pisside eburnea, MMA 2116, età neo-assira, Nimrud, Palazzo Bruciato, 23, rappresentazione di struzzi correnti intervallati da palmette, L 1955, 240; M 1966, 219, fig. 172.

Cfr. A -Rilievo lapideo, BM 124566, regno di Ashurnasirpal II, Nimrud, Palazzo Nord-Ovest, decorazione delle bordure delle vesti di un genio, rappresentazione di due struzzi ai lati di un albero sacro, B 1914, pl. L, no. 23. -Sigillo, BM 89862, età medio-assira, rappresentazione di un eroe-cacciatore nudo di fronte a un capride, un leone rampante e uno struzzo, W 1960, pl. 62; http://www.britishmuseum.org/research/collection_online/collection_object_details. aspx?objectId=1479568&partId=1&searchText=assyrian+seals&page=1, ultima visualizzazione 26/01/2016. -Sigillo, BM 89468, età neo-assira, Ninive, rappresentazione di una teoria di struzzi al passo con ali aperte, C 2001, 57-58, no. 90, pl. VII. -Sigillo, tardo VIII-inizio VII sec. a.C., Nimrud, Tempio di Nabu, rappresentazione di uno struzzo con le ali aperte, un elemento vegetale e un ibex, M 1966, 258, fig. 232. -Sigillo, VIII secolo a.C., Nimrud, Tempio di Ninurta, rappresentazione di uno struzzo in fuga con ali aperte e testa rivolta all’indietro e di cacciatore con ascia ricurva e uovo nella mano destra, P 1962, 32, pl. XIV. -Sigillo, BM 116147, VIII secolo a.C., provenienza sconosciuta, rappresentazione di uno struzzo in fuga con le ali aperte e la testa rivolta all’indietro e di cacciatore con ascia ricurva e uovo nella mano destra, C 1998, 29, no. 4. -Sigillo, IM 67880, fine VIII secolo a.C., Ninive, Porta di Nergal, lotta tra un genio e due struzzi, I 1985, 377. -Sigillo iscritto di Urzana, fine VIII secolo a.C.,

Si propongono come esempi per quanto concerne gli elmi: S 2004, 74, Abb. 34-35; per quanto concerne le cinture: S 2004, sm-10, 134, Taf. 39, sm-16, 135, Taf. 43, sm-30, 136, Taf. 45.

278 

140

Decorazione

U -Cinture bronzee, prima metà I mill. a.C., rappresentazione di processioni di animali tra cui volatili, K 1991, Taf. 36 Nr. 136, Taf. 40 Nr. 161, Taf. 52 Nr. 193, Taf. 66 Nr. 251, Taf. 68 Nr. 261, 266, 269.

rappresentazione sul registro principale di caccia a uno struzzo con le ali aperte da parte di un eroe appiedato con ascia ricurva e uovo nella mano destra e di cavalieri su cammello in corsa, F 1992, 87, pls. II-IV.

I -Beaker, Arjan, rappresentazione di una processione di struzzi in corsa, Á -M 2008, 131-134, 147, pl. 2b. -Beaker bronzeo, X-VIII secolo a.C.279, mercato antiquario, rappresentazione sul registro centrale di caccia a uno struzzo con le ali aperte da parte di un eroe appiedato con arco nella mano destra e uovo nella mano sinistra, C 1973, 38-39, C4. -Beaker bronzeo, prima metà del I mill. a.C., mercato antiquario, rappresentazione sul registro centrale di caccia da parte di un arciere a uno struzzo con ali aperte da parte di un eroe appiedato, C 1973, 50-51, F6. -Placca in avorio, MMA 65.163.33, antecedente alla fine del IX sec. a.C., Hasanlu, BB31 [1], rappresentazione di uno struzzo con le ali aperte frontali, M 1980, 154-155, no. 285. -Placca in avorio, antecedente alla fine del IX sec. a.C., Hasanlu, BB31 [1], rappresentazione di una processione di struzzi con le ali aperte di profilo, M 1980, 154-155, no. 286A. -Impressione del sigillo di Parnakka, fine VI secoloinizio V secolo a.C., Persepoli, rappresentazione di un arciere in piedi che cattura uno struzzo con le ali aperte di profilo e alle spalle un capride rampante, C 2014, 789, fig. 5a.

L’onagro All’interno del blocco (c3) sono presenti tre erbivori, identificabili come onagri o, in modo meno probabile, come tori (Fig. 3.31.a). Nonostante la stazza degli animali, la resa del vello e della muscolatura potrebbero far propendere per l’interpretazione di questi animali come bovidi, si predilige all’interno di questo lavoro la prima proposta interpretativa poiché non sembrano essere raffigurate le corna, chiara caratteristica del toro. Con il termine onagro (Equus onager) si identifica generalmente una specie di asino selvatico. Sulla brocca è probabilmente raffigurata, come in generale nel repertorio figurativo vicino-orientale, una sottospecie di questi equidi caratterizzata da piccole dimensioni. Questa specie particolare, Equus hemionus hemippus, è nativa della Mesopotamia ed è oggi estinta. L’onagro è caratterizzato da corte orecchie e pelame simile a quello del cavallo, anche se riprende dall’asino alcuni elementi distintivi quali la criniera dritta e la coda a ciuffo280. Questo equide venne precocemente addomesticato in Mesopotamia ed è rappresentato diffusamente nel repertorio vicino-orientale. Precedentemente alla diffusione del cavallo, l’onagro, a partire dell’età proto-dinastica, venne utilizzato per il traino di carri da trasporto o da guerra. Successivamente con l’età neo-assira questo equide fu frequente oggetto di preda nelle cacce281. Conferma in questo senso viene fornita da alcune iscrizioni (ad esempio A.0.101.2) in cui il sovrano Ashurnasirpal II cita la cattura di alcuni onagri insieme a leoni, tigri, pantere, vari tipi di gazzelle, tori, orsi, elefanti, scimmie e struzzi e poi tenuti in cattività a Nimrud che non dovevano essere maltrattati dai futuri sovrani e dai membri della corte282. Esemplari di onagro furono inoltre sepolti insieme ai carri in alcune delle tombe principesche di età protodinastica, ad esempio del Cimitero Y di Kish283. Si propone come raffinata ed esemplare rappresentazione di questo animale anche una figurina in elettro unita al doppio anello in argento di un morso (BM 121348) datato al 2600 a.C. e proveniente dalla Tomba di Puabi scoperta nel cimitero reale di Ur284. Sulla banda (c) della brocca vengono rappresentati tre esemplari di questo animale. I primi a partire

A -Coppa aurea, VII secolo a.C. (?), Kelermes, Kurgan di Kelermes, rappresentazione di volatili (struzzi?) correnti con le ali aperte, G 1994, 16. E -Flabello in oro, XIV secolo a.C., Tomba di Tutankhamun, rappresentazione del sovrano su carro che attacca con l’arco due struzzi inseguiti da un cane, F 2006, 66, pl. 12. M -Omphalos bronzeo, Musée du Louvre AO 20115, VII secolo a.C., rappresentazione sul registro principale di caccia a uno struzzo con le ali chiuse da parte di un eroe appiedato con ascia ricurva e uovo nella mano sinistra e a uno struzzo in corsa con ali aperte da parte di arciere su cammello in corsa, F 1992, 89100, pls. V-VII. -Phiale Mesomphalos in bronzo, Museo Nazionale di Aleppo no. 8198, provenienza sconosciuta,

V B Abb. 22c. 281  B 282  G 283  V B 284  V B 280 

L’oggetto viene datato da P. Moorey tra il 1000 e l’800 a.C., mentre D. Collon indica una datazione tra il tardo IX secolo a.C. e la prima metà dell’VIII secolo a.C. (C 1998, 35). 279 

141

1939, 28; G 2002, 147. 1991, 226. 1939, 29. 1939, 30.

2002, 17-18; W

2003, 55,

E. Foietta, M. Mortarini e E. Quirico

a

b

d

c

e

f

Fig. 3.31 - Onagro/toro: a - dettaglio della brocca in oro da Nimrud, blocco (c3); b - dettaglio della lastra della caccia all’onagro/cavallo, rilievo di Ashurbanipal (H 1928, pl. LIII); c - placca d’avorio incisa da Forte Shalmaneser conservata presso il Nicholson Museum di Sidney no. 7666 (H 1992, pl. II, no. 25); d - banda in bronzo del Palazzo di Ashurnasirpal II a Balawat, L7, campagna contro Bit-Adini (C ,T 2008, 121, fig. 20); e - bicchiere bronzeo (MMA 48.178.1), proveniente dal mercato antiquario, rinvenuto in Iran (C 1973, 49, fig. 5); f - dettaglio di scudo bronzeo da Toprak-Kale (BM 88481), regno di Rusa III (A 1968, pl.57A).

da sinistra del blocco (c3), sono raffigurati in corsa con il capo in torsione rivolto verso il carro in inseguimento (Fig. 3.31.a) mentre il terzo, alle spalle del carro, è rappresentato abbattuto in ginocchio davanti a un cavaliere ma nuovamente con la testa rivolta all’indietro (Tav. VIII). Si deve notare come gli onagri nel repertorio figurativo assiro vengano rappresentati generalmente con il pelame raso e caratterizzato da pochi tratti ad eccezione della zona della criniera, mentre nei casi della brocca l’intero manto del dorso \sembra arricchito da tratti verticali paralleli utili a indicare il costato. Questa caratterizzazione avvicina maggiormente gli animali rappresentati alle raffigurazioni assire dei tori, che vale la pena per questa ragione rapidamente analizzare. I più interessanti paralleli per le rappresentazioni di toro provengono in ambito assiro dagli ortostati palatini: in particolare il più noto esempio che si conosce è quello della caccia al toro nella sala B del Palazzo di Ashurnasirpal II a Nimrud dove l’animale, meglio caratterizzato nella resa dei suoi tratti fisici rispetto a rappresentazioni su oggetti di minori dimensioni, è contraddistinto da solchi verticali sul ventre a indicarne il costato285. Rappresentazioni di cacce al toro in parte affini nella resa dei tratti identificativi dell’animale, si individuano sulle bande di decoro delle vesti dei geni raffigurati nei rilievi di Ashurnasirpal II nelle scene di caccia reale al toro e al leone incise sul bordo del mantello di un genio dell’ambiente P del Palazzo Nord-Ovest (Tav. XIV)286 e sulle bande bronzee delle Porte del Palazzo

di Ashurnasirpal II a Balawat287 (Fig. 3.31.d). Particolarmente interessante per le similitudini tematiche e dispositive risulta ancora la rappresentazione dell’ottavo registro dell’Obelisco Bianco lungo il quale si susseguono tutte ugualmente su carro: una caccia agli onagri; una caccia a capridi; e una caccia al toro288. Anche nell’area urartea si individuano confronti interessanti per le rappresentazioni di tori, appartenenti al vasto corpus di oggetti metallici, in particolare cinture289 e scudi, sui quali questi animali vengono rappresentati quali prede di caccia da parte di arcieri appiedati, su carro o, ancora, su cavallo290 (Figg. 3.31.f, 3.32.a-g). Diversa caratterizzazione sembrano attestare talvolta i tori rappresentati su oggetti di produzione iranica, i cui corpi non risultano sempre dotati di incisioni verticali utili a identificare una resa del costato, quanto piuttosto da un’attenzione particolare nei confronti della resa del dettaglio del pelame e della muscolatura degli arti291. 287  Si citano le bande L4 (BM ASH II L4) e R4 (BM ASH II R4), caccia a tori da parte di arcieri appiedati e su carro (C , T 2008, figs. 13-14, 29-30). 288  A 1972, 171, fig. 6; P 1996, 355; M 2012, fig. 10. 289  Si presentano come significativi esempi: K 1991, Taf. 2-3 Nr. 11, Taf. 4-5 Nr. 12-13, Taf. 6-7 Nr. 19, 21, Taf. 14-15 Nr. 53. 290  Ad esempio lo scudo bronzeo da Toprak-kale (BM 88481) datato al regno di Rusa III (629-615 a.C.) su cui sono raffigurati su registri sovrapposti concentrici teorie di animali (Fig. 31.f) (A 1968, pl. 57a) e lo scudo bronzeo di Sarduri II da Kamir-blur datato tra il 764 e il 735 a.C., su cui è riportata una simile rappresentazione (A 1968, pl. 19). 291  Tra i possibili confronti si propongono: una cintura in oro (n. 420) su cui è rappresentata una scena di sacrificio datata tra l’VIII e il VII secolo a.C., rivenuta presso il tempio di Surkh-è Dum in

Lastra 20 (BM 124532) (B 1914, pl. XII). Sull’iconografia della caccia al toro nei rilievi neo-assiri da parte del sovrano e i suoi collegamenti mitologici: W 2001. 286  C 1971, 34, fig. 4, pls. Xd, XIa, XIIIc-d, XIV b-c, XVIa-b. 285 

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Decorazione

a e

b f

c g

h

d

Fig. 3.32 - Rappresentazioni di tori su alcune cinture urartee: a - (K 1991, Taf. 5, Nr. 12); b - (K 1991, Taf. 6, Nr. 19); c - (K 1991, Taf. 7, Nr. 19); d - (K 1991, Taf. 16, Nr. 68); e - (K 1991, Taf. 37, Nr. 131); f - (K 1991, Taf. 39, Nr. 141); g - (K 1991, Taf. 41, Nr. 157); h - (K 1991, Taf. 46, Nr. 177).

Si riconosce anche un’interessante uniformità nella resa dei tratti di bovidi rappresentati sugli avori provenienti da contesti palatini assiri e stilisticamente di scuola nord-siriana. Gli animali mostrano, infatti, una resa meticolosa del costato, del pelame del dorso e della muscolatura degli arti e del collo simile in alcuni casi agli animali raffigurati sulla brocca da Nimrud292. Per quanto concerne, invece, la raffigurazione dell’onagro rappresentato in corsa e cacciato, i confronti migliori rispetto agli esemplari della brocca si rinvengono su differenti supporti di produzione prevalentemente assira. Nell’ambito delle arti maggiori tra le più celebri rappresentazioni si citano le scene di caccia agli onagri da parte del sovrano, accompagnato da attendenti a cavallo e con l’ausilio di cani, che decoravano le pareti dell’ambiente

S nel Palazzo Nord di Ashurbanipal a Ninive293( Fig. 3.31.b). In tali scene si riconosce la tipica caratterizzazione assira di questi equidi dotati di corte orecchie, coda a ciuffo e definizione del pelo limitata alla criniera. Dalla produzione eburnea provengono ulteriori interessanti paralleli stilistici: si presentano in particolare alcune placchette frammentarie in stile assiro provenienti da Forte Shalmaneser su cui alcuni esemplari di questa specie, privi di particolari caratterizzazioni fisiche, ad eccezione sempre della criniera, vengono rappresentati nell’azione di avanzare al passo (Fig. 3.31.c). Non si rintracciano per contro all’esterno dell’Assiria propria confronti precisi per la rappresentazione di questi animali. In conclusione, sebbene la caccia al toro sembrerebbe più interessante, nota e precisa da un punto di vista tematico e simbolico294 in rapporto anche alle altre due cacce regali presenti sulla banda (c), si predilige l’identificazione degli animali descritti come onagri, mancando, in effetti, le caratterizzazioni tipiche per il riconoscimento degli stessi come bovidi. Ricordando, inoltre, come anche la caccia all’onagro venga menzionata come caccia compiuta da alcuni sovrani assiri. La caccia agli onagri può essere annoverata tra le pratiche venatorie finalizzate all’intrattenimento

Luristan (D W 1982, 250-252, figs. 235-236); un beaker (n. 385) datato all’XI secolo a.C. dal Luristan su cui è rappresentata una successione di tori, alberi sacri e leoni (D W 1982, 225, fig. 202); un beaker (MMA 48.178.1), proveniente dal mercato antiquario, rinvenuto in Iran, con scena di caccia al toro da parte di un arciere inginocchiato (Fig. 3.31.e) (C 1973, 49, fig. 5). 292  Si presentano come esempi: un pannello eburneo proveniente da Forte Shalmaneser ritenuto stilisticamente di scuola nordsiriana, con rappresentazione di combattimento tra toro e leone (M , H 1974, 113, no. 105, pls. CVI-CVII); alcune figurine a tutto tondo provenienti dal Palazzo Nord-Ovest, ambienti W/V (H ,L 2009, 157-159, nos. 122135, pl. 20).

BM 124876-82 (B 1976, pls. XLVII-XLVIII). Sulla caccia al toro e sul suo ruolo simbolico: W 1149-1150. 293  294 

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2001,

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della corte assira, esattamente come quelle ad altri erbivori presenti sulla decorazione della brocca. Dal punto di vista iconografico e stilistico i confronti più significativi si rintracciano, anche in questo caso, nelle produzioni propriamente assira, dove la rappresentazione di questi animali appare diffusa e stilisticamente omogenea.

Si può dunque ricostruire la presenza di quattro carri impegnati in azioni di caccia: tre impegnati in una caccia al leone; uno nei confronti di uno struzzo e di due onagri. Due carri, invece, risultano relativi alla scena di battaglia raffigurata davanti alla città. Dal punto di vista strategico il carro295, comparso in area assira sul finire della prima metà del II millennio a.C.296, assunse nel corso del I millennio a.C. un ruolo preponderante nelle attività militari neo-assire. Esso veniva utilizzato come: piattaforma per il lancio delle frecce; forza d’urto per rompere le linee nemiche; e mezzo di inseguimento della fanteria nemica. Questo potenziamento venne reso possibile da un significativo alleggerimento delle strutture che lo distinse dalle attestazioni di epoche precedenti quando il carro era piuttosto utilizzato come piattaforma mobile di comando o come mezzo per ricognizioni e per il trasporto di alcuni corpi dell’esercito. Durante il IX secolo a.C. sulle raffigurazioni di carro sembrano potersi rintracciare due soldati: arciere o lanciere e guidatore, mentre a partire dall’VIII secolo a.C., contestualmente a un ingrandimento della struttura del carro, si individuano fino a un massimo di quattro soldati297. A partire dal II millennio a.C. nell’area vicinoorientale il carro assunse un ruolo importante anche all’interno delle attività di tipo venatorio; in particolare la tradizione neo-assira collega l’uso di questo mezzo a cacce dalla particolare difficoltà tecnica e dalla profonda e antica simbologia. Tutto ciò risulta particolarmente chiaro dai rilievi palatini di Ashurnasirpal II ed Ashurbanipal in cui scene su carro sono rappresentate per la caccia al leone e al toro, nel primo caso, e esclusivamente al leone nel secondo298. L’uso del carro per cacce “minori” non sembra attestato dalle rappresentazioni dei rilievi lapidei palatini neo-assiri; la sua diffusione però può essere individuata sia in ambito assiro, come attesterebbero le cacce su carro a onagri e capridi sull’ottavo registro dell’Obelisco Bianco299, sia in contesti esterni, come dimostrano ad esempio le rappresentazioni su una scatola da gioco in avorio proveniente da Enkomi300 e in Egitto sul ventaglio rivestito in oro appartenente a Tutankhamun e proveniente dalla sua stessa Tomba301. L’uso del carro sia in ambito militare sia venatorio

Cfr. A -Rilievo lapideo, BM 124876-82, regno di Ashurbanipal, Ninive, Palazzo Nord, ambiente S (stanze superiori), lastra 11 rappresentazione della caccia del sovrano e della corte a cavallo con cani ad onagri in corsa, B 1976, pls. XLVII-XLVIII. -Obelisco Bianco, BM 118807, regno di Ashurnasirspal I o II (?) Ninive, faccia C, rappresentazione di caccia su carro a onagri in corsa, R 1975, fig. 1; P 1996, 338. -Placca in avorio, Nicholson Museum di Sidney, no. 7666, età neo-assira, Nimrud, Forte Shalmaneser, ambiente S4, rappresentazione di due onagri che avanzano verso destra, H 1992, 53, no. 25, pl. 2. -Placca in avorio, IM 7975, età neo-assira, Nimrud, Forte Shalmaneser, ambiente S4/5, rappresentazione di due onagri che avanzano verso destra, H 1992, 53, no. 26, pl. 2. -Placca in avorio, IM 7976, età neo-assira Nimrud, Forte Shalmaneser, ambiente S4/5, rappresentazione di due onagri che avanzano verso destra, H 1992, 53, no. 27, pl. 2. -Sigillo, BM 89592, età neo-assira, Layard Expedition, rappresentazione di un onagro cacciato da un arciere inginocchiato e attorniato da simboli astrali, C 2001, 43, no. 25, pl. II. Il carro Sulla banda (c) è possibile ricostruire la rappresentazione di sei carri con arcieri e alcuni cavalieri (nn. 2): - in (c3) un arciere su carro insegue uno struzzo e due quadrupedi; al di sotto del carro sembra presente una figura umana. Chiudono il gruppo un quadrupede abbattuto e un cavaliere (Fig. 3.47); - in (c6 a) è rappresentata una sequenza di tre carri caratterizzata dalla compresenza di auriga e arciere rivolto indietro verso la scena di caccia al leone (Figg. 3.33.a, 3.47); - in (c6 b) si dispongono in successione un carro con arciere, una figura appiedata con scudo e mazza o scettro, un cavaliere e un carro con arcieri. Tutte e quattro le figure sono rivolte verso un nuovo elemento divisorio (scudo/rete) (Fig. 3.47). Sotto a ciascun cavallo è presente una figura umana decapitata.

295  Per un’analisi completa dell’evoluzione materiale, strategica e rappresentativa del carro dal IV al I millennio a.C.: L , C 1979. 296  D 2012b, 55. 297  Tre nel caso specifico del carro reale (N 2011, 300). 298  Si propongono come esempi per il Palazzo Nord-Ovest di Ashurnasirpal II a Nimrud, sala del trono B, BM 124579 (B 1975, pl. 32); per il Palazzo Nord di Ashurbanipal a Ninive, sala C, BM 124852-55 (B 1976, pl. VIII). 299  P 1996, fig. 9. 300  K 2014, 43. Scena di caccia su carro con cane a capridi, tori e leone. 301  R 1990, 179, no. 242. Scena di caccia su carro con un cane a struzzi.

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Decorazione

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Fig. 3.33 - Carro e figura umana decapitata: a - dettaglio della brocca in oro da Nimrud, blocco (c6); b-c - porte di Shalmaneser III a Balawat, bande III b, IIa e VIIa (S 2007, 98 III b e II a, 81 VII a); d - sigillo (BM 141640) dal mercato antiquario (C 2001, 61-62, pl. VIII, no. 98.); e - faretra urartea di Sarduri II (764-735 a.C.) da Karmir-Blur conservata presso l’Historical Museum of Armenia, Erevan (A 1968, pl. 21); f - situla conservata in Iran (S 1985, pl. 25); g - porte di Shalmaneser III a Balawat (S 2007, 81, XII B); h - sigillo neo-assiro BM 89586 (C 2001, 61, pl. VIII, no. 96).

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va collegato però, oltre che a motivazioni tattiche o rituali, anche all’espressione materiale di un preciso status aristocratico. Infatti, ad eccezione del caso del reparto carrista incluso nell’esercito assiro, l’uso di questo veicolo sembra limitarsi a figure interne alla corte del sovrano. In Assiria i carri sono caratterizzati da alte strutture centrali, quadrangolari e aperte nella parte posteriore. Le ruote sono generalmente raggiate e vengono progressivamente rappresentate più grandi di dimensione nel corso del tempo. Esse hanno sei raggi nei rilievi di Ashurnasirpal II del Palazzo Nord-Ovest a Nimrud, mentre nei rilievi posteriori ne mostrano otto302. Sul carro è possibile osservare frequentemente una lancia e lateralmente delle faretre (talora nessuna, come nel caso dei rilievi di Tiglath-pileser III, o due come nel caso di quelli di Ashurnasirpal II). Normalmente i carri vengono trainati da due cavalli, anche se durante il regno di Ashurnasirpal II e Sargon II si possono individuare carri trainati anche da tre equidi. Generalmente sui carri raffigurati sui rilievi lapidei palatini vengono rappresentate tre persone: l’auriga, l’arciere, e un terzo soldato equipaggiato talvolta con una spada. In alcuni ortostati però, ad esempio nel Palazzo Nord-Ovest e nella stanza II del Palazzo di Khorsabad, sono rappresentati solo due soldati. In certe rappresentazioni relative a processioni militari e scene di trionfo, infine, si osserva talvolta la rappresentazione di carri su cui è presente un unico soldato con il cavallo condotto da uno o due fanti appiedati303. Il carro si dimostra uno degli elementi rappresentati sulla brocca più utili per l’individuazione di confronti iconografici e stilistici funzionali a una migliore comprensione dell’oggetto. Per individuare e comprendere in modo puntuale gli indicatori di area o di cronologia è necessario però analizzare in dettaglio le singole componenti che costituiscono il carro leggero rappresentato, ovvero: cavallo, briglie, parti in tessuto. Tutte queste parti non sembrano mostrare differenziazioni tra i carri afferenti alle scene di battaglia e quelli relativi alle scene di caccia. Elemento caratteristico e facilmente individuabile nella rappresentazione dei carri sulla brocca è l’attacco delle briglie e delle bande di tessuto ad esse collegate, posto assai in alto sulla testa del cavallo. L’attacco alto delle redini risulta una rappresentazione diacronicamente diffusa, i cui confronti migliori si individuano su vari supporti metallici di area assira, assiro provinciale e “assirizzante”. Innanzitutto, si possono citare alcune rappresentazioni di carri dalle caratteristiche affini rintracciabili sulle Porte

di Shalmaneser III a Balawat304 (Fig. 3.33.c, g) e sulla situla assira o “assirizzante” conservata in una collezione di Teheran in cui compare una scena di battaglia su carro305 (Fig. 3.33.f, Tav. X). Interessanti paralleli si individuano, inoltre, su numerose produzioni metalliche urartee306 (Fig. 3.33.e) e su una coppa metallica di provenienza iraniana307. Confronti iconografici validi si rinvengono anche su reperti non in metallo sia dall’Assiria, sia da aree limitrofe, ad esempio su alcuni avori da Hasanlu308 o, ancora, su alcuni sigilli309 (Fig. 3.33.d, h). Ulteriore dato da rilevare è la presenza sui carri rappresentati sulla brocca, di una banda di tessuto collegata alla briglia. Questa viene collegata in alto sulla testa dell’animale in corrispondenza dell’asse del giogo e resa a “plissettatura” . Confronti puntuali si individuano per questo elemento su alcuni sigilli di probabile fattura assira conservati al British Museum e al Musée du Louvre (Fig. 3.33.h) e, soprattutto, 304  Si presenta come confronto la banda I (dal basso), registri superiore e inferiore del battente destro (S 2007, 293, Taf. 1), e nella scena di attacco assiro alla città urartea di Arzaškûn (857 a.C.), battente sinistro, registro 7A (A 1968, pl. 14; S 2007, 244-245). 305  S 1985, 45-46. 306  Si hanno confronti con la faretra bronzea di Sarduri II (764-735 a.C.) da Karmir-Blur (A 1968, pl. 21). Inoltre, si possono aggiungere come parallelo alcuni frammenti di cinture in bronzo: una di provenienza sconosciuta conservata presso il Präistorische Staatsammlung Munich (Nr. 1630, 1666, 1781, 1971), altre da una collezione privata e dal museo di Adana (D B 2007, 32-33, figs. 7-9). Tutti questi esempi vengono datati per confronto ai regni di Argisti I e Sarduri II (VIII secolo a.C.) (D B 2007, 33). Un’altra cintura frammentaria conservata al Museo di Van e datata alla prima metà dell’VIII secolo a.C. mostra carri simili dal punto di vista iconografico: Č 2005, 365366, fig. 1. Si citano, inoltre, un’armatura frammentaria con iscrizione di Argisti I (785-763 a.C.) su cui sono rappresentate su due registri due processioni similari di fanti e carri (K 1991, 15) e alcune cinture bronzee frammentarie (K 1991, 29-30, Taf. 1-3, Nr. 1-2, 5, 9, 11). Sul carro in Urartu: G , I ,D 2013. In particolare per una bibliografia aggiornata sulle rappresentazioni figurate in Urartu: G ,I , D 2013, 108. 307  Si tratta di una coppa bronzea proveniente dal mercato antiquario e rinvenuta, in base ai pochi dati conosciuti, in Elam, di produzione probabilmente egea o fenicia (M 1997, 64-65). 308  Si propone come esempio un frammento eburneo conservato presso il Museo Nazionale di Teheran (T25849) e proveniente dal sito di Hasanlu, ambiente CC31 [2] (M 1980, 8-9). 309  Ad esempio: il sigillo BM 141640 (Fig. 3.33.d) proveniente dal mercato antiquario datato all’VIII a.C. e, forse, rinvenuto in Iran (informazione dal sito www.britishmuseum.org; ultima visualizzazione 10/12/2014; C 2001, 61-62, pl. VIII, no. 98). Inoltre, si veda il sigillo neo-assiro BM 89586 (Fig. 3.33.h) datato tra il X e il IX secolo a.C. (www.britishmuseum.org; ultima visualizzazione 10/12/2014; C 2001, 61, pl. VIII, no. 96); anche il sigillo (AO 20169) attualmente conservato presso il Musée du Louvre (http://cartelfr.louvre.fr/cartelfr/ visite?srv=car_not_frame&idNotice=26729&langue=fr; ultima visualizzazione 10/12/2014).

Il passaggio da ruote piene a ruote raggiate avvenne nel corso del II millennio. Tra le più antiche rappresentazioni di carro con ruote raggiate si può citare un prezioso piatto in oro da Ugarit databile al XIV secolo a.C. raffigurante una caccia a tori selvatici e a un capride (T 2011, 105-106). 303  S 2013, 210-211. 302 

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Decorazione

con alcune rappresentazioni sui registri delle Porte di Shalmaneser III a Balawat, in cui si individua una simile fascia, probabilmente in tessuto, collocata appena al di sotto delle redini310 (Fig. 3.33.g). Un ulteriore confronto, sebbene meno preciso, può essere proposto con alcune decorazioni delle vesti dei rilievi di Ashurnasirpal II in cui si rintracciano carri con briglie dall’attacco piuttosto alto con bande in tessuto, in alcuni casi, “plissettate” e, in altri, lisce311 (Tav. XIV). La struttura dei carri rappresentati sulla brocca è rettangolare, sebbene la parte centrale superiore dello stesso sembri leggermente concava, formando una sorta di protuberanza arrotondata. Questa caratteristica è condivisa a varie rappresentazioni assire, chiaramente esemplificate nelle raffigurazioni delle Porte di Balawat312, e a alcune rappresentazioni di carro urartee313. Sulla struttura dei carri raffigurati sulla brocca da Nimrud, si individua in alcuni casi un’asta obliqua identificabile probabilmente come una lancia, e un elemento rettangolare interpretabile forse come una faretra. Confronti parziali per questo secondo elemento provengono nuovamente dalle Porte di Balawat di Shalmaneser III314 e, in modo meno chiaro, sui sigilli segnalati in precedenza per la banda di tessuto (Fig. 3.33.d, h). Nel registro (c) della brocca si può notare come la presenza della lancia si limiti ai carri sui quali l’arciere è rivolto verso la direzione di marcia del veicolo, dunque in (c6b) e in (c3) (Fig. 3.47). Per questa ragione si può ipotizzare che laddove l’arciere si rivolga in direzione opposta, la presenza di una lancia possa piuttosto rivelarsi un ostacolo, anche se il confronto con le rappresentazioni sui rilievi lapidei non sembra in questo caso chiarificatore. Una lancia così collocata risulta ricorrente nelle rappresentazioni sui rilievi dei carri dei primi sovrani

neo-assiri Ashurnasirpal II315 e Tiglath-pileser III316, mentre sembra scomparire nelle raffigurazioni delle lastre parietali a partire dal regno Sargon II317. La presenza della lancia non si può considerare all’intero della banda (c) come una caratteristica esclusiva dei carri afferenti alla scena militare, in quanto si osserva la presenza della stessa arma sul carro raffigurato in (c3), sicuramente relativo al tema di caccia. Alcune considerazioni utili possono inoltre emergere osservando la tipologia di ruota adottata priva di raggi. Questa caratterizzazione non sembra presente su nessuno dei confronti fino ad ora elencati per le singole componenti del carro. Si tratta di una caratteristica individuabile, ma tutt’altro che tipica, su alcuni carri da trasporto lento, come può dimostrare una scena riportata su un registro dell’Obelisco Rassam318. È possibile che la scelta di rappresentare la ruota piena nel caso di carri evidentemente destinati ad attività militari e venatorie sia da collegarsi in questo caso esclusivamente alle ridotte dimensioni della banda e alle difficoltà riscontrate nella resa di alcuni dettagli. È necessario rilevare, ad ogni modo, come la ruota mostri dimensioni piccole in proporzione alla vettura, elemento che sembra avvicinarla maggiormente ai carri delle rappresentazioni dei primi sovrani neoassiri (in particolare di Ashurnasirpal II e Shalmaneser III) individuate su differenti tipi di supporto319 o nei carri raffigurati nei più antichi bronzi urartei con significativi confronti su alcune decorazioni di cintura320. In conclusione, alcune considerazioni interessanti si possono presentare in relazione al differente orientamento dei personaggi rappresentati sui carri del blocco centrale (c6) (Fig. 3.47). La diversa direzione dei personaggi sui primi tre carri a partire da sinistra può essere interpretata come una modalità rappresentativa funzionale a distinguere e

Per esempio: S 2007, 318, Taf. 26b. Per la banda plissettata: C 1971, XIIId; per la banda piana: C 1971, XIIa. 312  I confronti migliori si individuano nuovamente sulle Porte del Palazzo di Balawat di Shalmaneser III, su cui questa caratteristica appare presente diffusamente (S 2007). 313  Si propongono come esempi: K 1991, Taf. 1, 4, Nr. 2, 5, 8-9, 12-13; S 2004, F.86, 69, Taf. 9b-c, Abb. 30; br-1, 150, Abb. 105; br-19, 153, Abb. 108; Č 2005, 365-366, fig. 1. 314  Si presenta come confronto la quinta banda del battente destro dal basso (registro superiore), su cui si ha la rappresentazione di una campagna contro la Fenicia (S 2007, 318, Taf. 26b).

Si propongono come esempi dal Palazzo Nord-Ovest di Nimrud la lastra 19 (BM 124534), sala del trono B, con caccia reale al leone (B 1914, pl. XII) e la lastra 10 (BM 124542), sala del trono B, con arcieri assiri su carro che attaccano nemici appiedati (B 1914, pl. XIV); la presenza di questo elemento si individua pure sistematicamente sulle Porte del Tempio e del Palazzo di Ashurnasirpal II a Balawat (C ,T 2008). 316  Si propone come esempio dal Palazzo Centrale di Nimrud: lastra 13a (Bombay V.A.M.4), registro superiore, campagna orientale (B ,F 1962, 13, pl. XLIV). 317  I carri di quest’ultimo sovrano, secondo D. Noble, sarebbero simili a quelli dei suoi predecessori (N 1990, 65). 318  Faccia B (VII-VIII): R 1980, pl. VII. In altri casi, tuttavia, anche carri da trasporto presentano raggi, come dimostra il caso di un rilievo con rappresentazione di saccheggio e bottino di Tiglath-pileser III dal Palazzo Centrale di Nimrud: H 1928, 39, pl. XXVI. 319  Per una tipologia dei carri: H 1965, pl. 26; D 2006, 119-125. 320  Si propongono come esempi alcune cinture: K 1991, Taf. 14, 53, Nr. 66, 193; S 2004: br-1, 150, Abb. 105; br-19, 153, Abb. 108. 315 

310  311 

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E. Foietta, M. Mortarini e E. Quirico

suddividere le scene di tematica differente (caccia e guerra). Questa modalità rappresentativa trova evidenti confronti all’interno dei rilievi lapidei palatini, i più significativi, in relazione allo studio della brocca, certamente individuabili all’interno del Palazzo Nord-Ovest di Ashurnasirpal II. Un esempio interessante in questo senso si osserva all’interno della decorazione della sala del trono B, in particolare sul registro superiore delle lastre B19 e B20, sulle quali, tramite il diverso orientamento dei volti dei personaggi, contrariamente al senso di marcia che risulta il medesimo, viene separata una scena di assedio dalla nota raffigurazione della caccia al leone321 (Fig. 3.49). I confronti iconografici presentati sembrano fornire numerosi indizi per formulare un’ipotesi di datazione del carro (come elemento iconografico) ai secoli IX e prima metà dell’VIII a.C. Le similitudini maggiori si riscontrano, in particolare, con i carri rappresentati: - sulle Porte di Shalmaneser III a Balawat; - sui sigilli presentati databili alla prima metà dell’VIII secolo a.C; - con la raffigurazioni di carro sulla situla conservata presso una collezione privata iraniana (Tav. X); - con le bande di cacce rappresentate sui vestiti in alcuni rilievi di Ashurnasirpal II (Tav. XIV); - con alcuni bronzi di produzione urartea. I carri rappresentati a partire dall’epoca di Tiglathpileser III fino alle rappresentazioni di Ashurbanipal, sembrano progressivamente aumentare di proporzioni e dimensioni322 sia nella struttura sia nelle ruote, mostrando caratteristiche diverse nel complesso rispetto ai mezzi da trasporto raffigurati sul recipiente in analisi. Nella banda (c) della brocca, i cavalli attaccati ai carri sembrano essere, nei casi verificabili attraverso la documentazione fotografica, sempre due. Nei rilievi lapidei di Ashurnasirpal II, i cavalli attaccati ai carri dell’esercito vengono raffigurati nella maggioranza dei casi a coppie, mentre quelli del carro regale sono generalmente tre323. Nelle rappresentazioni di cacce sulle broderies dei vestiti dello stesso sovrano sui rilievi palatini di Nimrud, tuttavia, i cavalli attaccati ai carri sembrano essere uno o due324 (Tav. XIV). Nelle raffigurazioni delle Porte di Balawat di Ashurnasirpal II e Shalmaneser III325, ma anche sui rilievi litici di Tiglath-pileser III326, gli animali

rappresentati normalmente sono due sia che si tratti di carri regolari dell’esercito sia nel caso del carro regale, in modo simile alle raffigurazioni presenti sulla brocca327. I confronti iconografici e stilistici più stringenti risultano nuovamente con le bande decorate di più limitate dimensioni (Porte di Balawat, sigilli, decorazioni degli abiti dei rilievi), piuttosto che con gli stessi rilievi palatini i quali, proprio per le loro dimensioni, sembrano seguire regole di composizione e iconografiche almeno in parte diverse, come si può facilmente dedurre dalle differenze appena delineate tra i rilievi di Ashurnasirpal II e le bande delle Porte bronzee relative allo stesso sovrano scoperte a Balawat. I cavalli dei carri rappresentati nella banda (c) si caratterizzano anche per la rappresentazione di grandi occhi, elemento presente, ad esempio, in alcuni avori rinvenuti nel sito di Hasanlu328, oltre che su di un sigillo proveniente dal mercato antiquario e databile su base stilistica all’VIII secolo a.C.329 (Fig.3.33.d). Questa stessa caratteristica sembra, invece, assente negli avori assiri, in cui paiono comparire occhi raffigurati in modo molto più preciso e lineare330, come pure nelle rappresentazioni dei rilievi lapidei dei palazzi331. Un’eccezione si osserva, però, nelle raffigurazioni miniaturistiche presenti nelle decorazioni delle vesti dei rilievi di Ashurnasirpal II dove, al contrario, la rappresentazione degli occhi dei cavalli risulta più simile ai casi della brocchetta in esame332. In base a questi dati la raffigurazione di occhi particolarmente grandi, quindi, non sembrerebbe collegarsi a una caratteristica tipica di un’area specifica, quanto piuttosto risulterebbe dettata principalmente dalla limitata dimensione della banda che, quindi, obbligherebbe a un sovradimensionamento di alcuni particolari (occhi, decorazione delle redini, morso dell’animale, etc.). I corpi dei cavalli della brocca sono resi attraverso una serie di linee incise probabilmente funzionali a caratterizzarne la muscolatura. In alternativa tali

N 1990, 64-65. Si propongono come esempi: un frammento conservato presso l’University Museum of Pennsylvania (UM 65-31-344) proveniente dall’ambiente BB31 (M 1980, 1415, no. 19) e un frammento conservato presso il Metropolitan Museum of Art (65.163.21) proveniente dall’ambiente BB31[1] (M 1980, 14-15, no. 20). 329  BM 141640 (Fig. 3.33.d) (C 2001, 61-62, pl. VIII, no. 98). 330  M ,D 1970, 28-30, pls. XVII-XX, nos. 61a, 64, 65a, 67. 331  Si propongono come esempi: lastra 19 (BM 124534), Palazzo Nord-Ovest di Nimrud, sala del trono B, caccia reale al leone, (B 1914, pl. XII); lastra 1b (BM 118878), Palazzo Centrale di Nimrud, registro inferiore, serie A, campagna contro gli arabi (B ,F 1962, 14, 61, pl. XIV); lastra 30 (BM 118907), Palazzo Sud-Ovest di Nimrud (B , F 1962, 26, pl. LXVII). 332  C 1971, pl. XIIa. 327  328 

R 1998, fig. 3. D 2012b, 136-146. 323  N 1990, 63. 324  C 1971, 34, fig. 4, pls. Xd, XIIa, XIIIb-d, XVIa. 325  D 2006, 120. 326  Alcuni dubbi sussistono in base al numero limitato di rilievi poiché, ad esempio, sul rilievo BM 118908 l’auriga tiene in mano tre redini, mentre i cavalli rappresentati sono solamente due (http://www.britishmuseum.org/research/collection_online/ collection_object_details/collection_image_gallery.aspx?partid=1&assetid=583157&objectid=369627; ultima visualizzazione 06/12/2014). 321  322 

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Decorazione

incisioni potrebbero venire interpretate come parti di una gualdrappa. I cavalli presentano, inoltre, una coda legata, annodata e resa a “plissettatura”, in modo simile agli animali presenti su alcune decorazioni dei vestiti dei rilievi di Ashurnasirpal II333 (Tav. XIV) e sui battenti delle Porte di Shalmaneser III a Balawat334 (Fig. 3.33.c, g). Simili raffigurazioni si riscontrano anche su numerose cinture urartee335 (Fig. 3.35.e). La schematicità della resa della coda è probabilmente da ricondurre anch’essa alla limitata altezza della banda.

C ,T 2015, 71. -Banda bronzea, BM 124652, Balawat, Palazzo di Shalmaneser III, battente sinistro (L7), rappresentazione di attacco assiro alla città urartea di Arzaškûn, S 2007, 244-245, Taf. 7; C , T 2015, 71. -Sigillo, BM 89586, X-IX secolo a.C., Layard Expedition, rappresentazione di arciere su carro, C 2001, 61, no. 96, pl. VIII. -Sigillo, AO 20169, età neo-assira, mercato antiquario, rappresentazione di arciere e auriga su carro in corsa, http://cartelfr.louvre.fr/cartelfr/visite?srv=car_ not_frame&idNotice=26729&langue=fr (ultima visualizzazione 10/11/2015).

Cfr.

U -Faretra in bronzo, regno di Sarduri II (764-735 a.C.), Karmir-Blur, rappresentazione di carro e cavaliere in successione, A 1968, 41, pl. 21. -Cinture frammentarie in bronzo, VIII secolo a.C., mercato antiquario, rappresentazione di processioni militari con fanti, carri e cavalieri su vari registri, D B 2007, 32-33, figs. 7-9. -Cintura frammentaria in bronzo, Van Museum no. 4.41.95, prima metà dell’VIII secolo a.C., rappresentazione di carri e cavalieri in corsa impegnati in azione militare, Č 2005, 365-366, fig. 1. -Armatura frammentaria, regno di Argisti I (785-763 a.C.), rappresentazione su due registri di processioni di fanti e carri, K 1991, 14-15, Abb. 8. -Cinture frammentarie in bronzo, prima metà del I mill. a.C. rappresentazione di carri e cavalieri in corsa, K 1991, 29-30, Taf. 1-3, Nr. 1-2, 5, 8-9, 11-13. -Elmo in bronzo, regno di Argisti I (785-763 a.C.), rappresentazione su due registri di carri e cavalieri in corsa, S 2004, 69, Taf. 9b-c, Abb. 30. -Cintura in bronzo, rappresentazione di arcieri su carro e a cavallo a caccia di tori e leoni, S 2004, br-19, 153, Abb. 108. -Cinture in bronzo, rappresentazione di carri e cavalieri in corsa, S 2004, br-14, 153, Abb. 197, br-25, 154, Abb. 109.

A -Rilievo lapideo, regno di Ashurnasirpal II, Nimrud, Palazzo Nord-Ovest, ambiente S, decorazione delle vesti di Ashurnasirpal II, rappresentazione di caccia a capridi, leoni e tori da parte di cavalieri, fanti e arcieri su carro, C 1971, 38, XIIIb-d. -Rilievo lapideo, Walters Art Gallery no. 21:9, regno di Ashurnasirpal II, Nimrud, Palazzo Nord-Ovest, ambiente P, decorazione delle vesti di un genio, rappresentazione di caccia su carro a leone, C 1971, 35, XIIa. -Rilievo lapideo, BM 124536, BM 124534, regno di Ashurnasirpal II, Nimrud, Palazzo Nord-Ovest, Sala B, B18-B20, caccia al leone da parte di Ashurnasirpal II, B 1914, pl. XII; M 1981, 23, Taf. I. -Rilievo lapideo, BM 124542, regno di Ashurnasirpal II, Nimrud, Palazzo Nord-Ovest, sala del trono B, rappresentazione di arcieri assiri su carro che attaccano nemici appiedati, B 1914, 12, no. 8a, pl. XIV. -Rilievo lapideo, Bombay VAM.4, regno di Tiglathpileser III, Nimrud, Palazzo Centrale, lastra 13a, registro superiore, rappresentazione di una campagna orientale, B , F 1962, 13, 92-93, pl. XLIV. -Obelisco Rassam, BM 118800, regno di Ashurnasirpal II, Nimrud, faccia B, registro IV, rappresentazione di processione di tributi con carro trainato da buoi, R 1980, pl. VII, 1; B K 1982, 183-184, no. 138. -Banda bronzea, BM 124662, regno di Shalmaneser III, Balawat, Palazzo, registri superiore e inferiore del battente destro (R6), rappresentazione di preparazione, attacco e conquista della città urartea di Sugunia, S 2007, 243-44, 293, Taf. 1.

I -Situla in bronzo, prima metà del I mill. a.C., mercato antiquario, Teheran, rappresentazione di parata di carri in corsa con arciere e auriga diretti contro una città nemica, S 1985, 45-48, Abb. 1. -Coppa in bronzo, prima metà del I mill. a.C., mercato antiquario, rappresentazione di processione militare, M 1997, 64-65, no 25. -Placchetta frammentaria in avorio, MMA 65.163.19, antecedente alla fine del IX sec. a.C., Hasanlu, ambiente BB31[1], rappresentazione di carro, M 1980, 8-9, no. 1. -Placchetta frammentaria in avorio, antecedente alla fine del IX sec. a.C., Hasanlu, ambiente CC31[2], rappresentazione di carro, M 1980, 8-9, no. 5.

C 1971, pl. XIIIb-d. S 2007, 81, Nr. Ia, IIIb, VIIa. 335  Ad esempio: K 1977, 52, fig. 18; K 1991, Taf. 1-9, 12-15, 19, 22, 25-27, 31-32, 34-37, 41, 43, 52-53, 87-88; S 2004, br-11, 152, Abb. 106; br-14, 153, Abb. 197; br-19, 153, Abb. 108; br-25, 154, Abb. 109; Č 2005, 365-366, fig. 1; G ,I ,D 2013, 108. 333  334 

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E. Foietta, M. Mortarini e E. Quirico

-Placchette frammentarie in avorio, UM 65-31-344, MMA 65.163.21, antecedente all’VIII sec. a.C., Hasanlu, ambiente BB31[1], rappresentazione di due cavalli appaiati, M 1980, 14-15, nos. 1920. -Sigillo, BM 141640, VIII secolo a.C., mercato antiquario, rappresentazione di carro in corsa e capride, C 2001, 61-62, pl. VIII, no. 98. La figura umana decapitata Al di sotto dei carri della banda (c) sono presenti alcune sagome interpretabili come figure umane decapitate. Confronti con raffigurazioni simili risultano piuttosto comuni nel repertorio figurativo assiro. Si individuano ad esempio nuovamente sulle Porte di Shalmaneser III a Balawat336 (Fig. 3.33.b, g) e diacronicamente sui rilievi palatini337. Anche sulla situla dall’Iran, precedentemente citata, sono presenti corpi mutilati simili a quelli della brocca in esame (Fig. 3.33.f; Tav. X)338. Le sagome decapitate sembrano mostrare nella loro resa miniaturistica un costato delineato attraverso linee incise e arcuate, paragonabile in particolare a quello raffigurato su alcuni corpi di decapitati delle Porte di Balawat di Shalmaneser III339. Su altri sigilli assiri è rintracciabile la stessa iconografia con una rappresentazione stilistica confrontabile per la resa dei particolari e della posa del corpo340 (Fig. 3.33.h). Questa stessa rappresentazione non è estranea anche al lessico figurativo urarteo dove compare, ad esempio, su alcune cinture341. Per quanto concerne l’area siriana interessanti rappresentazioni di corpi di nemici sotto ad alcuni carri in corsa si individuano su rilievi da Karkemish,

Fig. 3.34 - Vaso metallico di Karashamb, uomini decapitati sul terzo registro dall’alto (R 2008, 91, no. 55).

nei quali però le figure non sembrano essere decapitate342. Alcuni corpi decapitati sono presenti sotto i carri o al di sotto del cavaliere nelle scene (c3) e (c5) all’interno del tema di caccia (Fig. 3.47). Questa scelta iconografica potrebbe risultare ad un primo sguardo poco comprensibile ma si potrebbe forse giustificare con la volontà di attestare l’esistenza di una relazione tematica, storica o geografica tra i due principali blocchi individuati: l’attacco alla città e la caccia a diversi tipi animali. Tutto ciò con il fine di indicare forse come i diversi episodi abbiano avuto luogo nella stessa regione geografica o in una stretta successione temporale. Questa ipotesi troverebbe conferma, ad esempio, dai resoconti annalistici degli stessi sovrani assiri che descrivono sovente l’organizzazione di grandi battute di caccia in regioni militarmente appena sottomesse343. R.M. Boehmer ipotizza che le figure decapitate della banda (c) possano essere interpretate all’interno della tradizione iconografica urartea, fornendo un confronto con un decoro di una coppa in argento dal grande Kurgan di Karashamb (Armenia nord-occidentale)

S 2007, 81, Nr. IIIb, VIIa. Per i rilievi di Ashurnasirpal II: lastra 4 (BM 124553), Palazzo Nord-Ovest di Nimrud, sala 4 (B 1914, pl. XVII). Per i rilievi di Tiglath-pileser III: lastra 13a, serie b, registro superiore (Bombay, V.A.M.4), campagne militari orientali (B , F 1962, 92-93, pls. XLIII-XLIV). Confronti validi si riscontrano anche nei rilievi di Sargon II: A 1986, pl. 123. Un confronto più antico può essere proposto con l’Obelisco Bianco, registro I, faccia C (P 1996, 338). Infine la rappresentazione di figure umane decapitate al di sotto di carri in corsa non sembrerebbe riconoscibile nei rilievi conservati dal Palazzo Nord di Ninive di Ashurbanipal. 338  S 1985, 44-45. 339  S 2007, 98: bande III b, VII a. Questa rappresentazione del costato non pare essere rintracciabile nelle Porte del Tempio di Mamu e del Palazzo di Balawat di Ashurnasirpal II (C ,T 2008). 340  Si presentano alcuni esempi: il sigillo BM 89586 (C 2001, 61, pl VIII, no. 96) e il sigillo BM 89626, ritrovato nel Palazzo Bruciato di Nimrud (C 2001, 61-62, pl. VIII, no. 100). Per quanto concerne la rappresentazione dei nemici morti al di sotto del carro e le mutilazioni nel Vicino Oriente: M 2008. 341  S 2004, 152-153, Abb. 107; Č 2005, 365-366, fig. 1. 336  337 

342  Rilievi del Long Wall of Sculpture: G 2011, 165-166, nos. 19-22. 343  Confronti in tal senso si individuano ad esempio nei testi riferibili a Ashur-bel-kala (G 1991, A.0.89.3, 94, 1-9), Tukulti-ninurta II (G 1991, A.0.100.5, 175, 73-85) e Ashurnasirpal II (M 1996, 37-59; W 2010, 3-70).

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Decorazione

datato però al Medio Bronzo (Fig. 3.34)344. In uno dei registri compaiono, infatti, alcuni uomini decapitati e rappresentati stanti che potrebbero avere una qualche lontana affinità con gli uomini decapitati della brocca in oro da Nimrud. I confronti proposti in questo paragrafo, in alcuni casi anche molto puntuali sia da un punto di vista iconografico sia stilistico quali quelli presenti sulle Porte di Shalmaneser III a Balawat o sulla situla conservata in una collezione iraniana (Tav. XIII), sembrano dimostrare come questa iconografia e il tema di battaglia ad essa collegato sia ben presente e sviluppato in area assira e assira provinciale e non necessiti, quindi, l’individuazione di paralleli in zone con tradizioni artistiche differenti.

107; Č

2005, 365-366, fig. 1.

I -Situla in bronzo, prima metà del I mill. a.C., mercato antiquario, rappresentazione di parata di carri in corsa con arciere e auriga diretti contro città nemica e al di sotto corpi di nemici, S 1985, 45-48, Abb. 1. Il cavaliere Subito dopo il terzo onagro è presente in (c3) un cavaliere armato di lancia e raffigurato nell’atto di aggredire e uccidere un animale. Quest’ultimo potrebbe essere della medesima tipologia presente nel blocco (c3), ovvero un onagro, sebbene esso venga raffigurato in una differente posa rispetto agli animali della stessa specie presenti nel registro, con il corpo completamente in torsione (Tav. VIII). Nella decorazione della brocchetta è presente solo un altro cavaliere all’interno del blocco (c6) e, sfortunatamente, in entrambi i casi non si possiede di esso una documentazione fotografica di dettaglio. Attraverso il disegno pubblicato dagli archeologi iraqeni, non è possibile neppure affermare se il cavaliere in (c6) stia utilizzando un arco oppure una lancia. I due cavalieri risultano sicuramente protagonisti di due attività differenti: se in (c3), come già affermato, il cavaliere è impegnato in una scena di caccia, in (c6) l’elemento iconografico si inserisce in un contesto militare, essendo orientato, insieme a due carri e a una figura appiedata, verso i tre arcieri ipoteticamente posti a difesa della città/fortezza. Nonostante l’impiego del cavallo montato da cavalieri sia conosciuto già a partire dall’inizio del II millennio a.C., il suo uso quale mezzo militare indipendente e regolare pare diffondersi in Assiria solo a partire dall’età neo-assira345. Non si può escludere che una diretta influenza provenga dal contatto culturale e militare con popolazioni nomadi delle steppe che già da tempo sfruttavano il vantaggio di questa tecnica. Come nel caso del carro, l’impiego della cavalleria non era limitato all’uso militare ma comprendeva anche alcune attività venatorie. La cavalleria assira, composta da cavalieri con arco o lancia e scudo, venne impiegata infatti a partire da Ashurnasirpal II sia nelle cacce sia in azioni di battaglia346 ma sembra comparire in maniera più diffusa sui rilievi parietali solamente dall’età di Sargon II. Nel corso del periodo neo-assiro si notano diverse variazioni nel vestiario dei cavalieri e una differenziazione dei corpi d’armata in base alla loro funzione. Inoltre, dalle immagini riportate sui rilievi palatini sembrerebbe emergere un sostanziale aumento nelle dimensioni degli equidi rappresentati

Cfr. A -Rilievo lapideo, BM 124553, regno di Ashurnasirpal II, Nimrud, Palazzo Nord-Ovest, sala del trono B, rappresentazione di arcieri su carri in corsa tra nemici decapitati, B 1914, 13, no. 14a, pl. 17. -Rilievo lapideo, Bombay VAM.4, regno di Tiglathpileser III, Nimrud, Palazzo Centrale, lastra 13a, registro superiore, rappresentazione delle campagne militari orientali, auriga su carro guidato da due fanti e sotto il quale è presente un nemico decapitato, B , F 1962, 13, 92-93, pls. XLIIIXLIV. -Rilievo lapideo, regno di Sargon II, Khorsabad, ambiente 2, lastra 1, rappresentazione di corpi decapitati al di sotto di un carro con arcieri assiri in corsa, A 1986, 248-249, pl. 123. -Obelisco Bianco, BM 118807, regno di Ashurnasirspal I o II (?), registro I, faccia C, rappresentazione di arcieri su carro in corsa su nemici decapitati, R 1975, fig.1; P 1996, 338. -Banda bronzea, BM 124661, regno di Shalmaneser III, Balawat, Palazzo, battente destro, R3, rappresentazioni di carri in corsa su nemici decapitati, S 2007, 295, Taf. 3; C ,T 2015, 71. -Sigillo, BM 89586, Layard Expedition, rappresentazione di arciere su carro e al di sotto corpo decapitato, C 2001, 61, no. 96, pl. VIII. -Sigillo, BM 89626, età neo-assira, Layard Expedition, rappresentazione di arciere su carro e al di sotto corpo decapitato, C 2001, 61-62, no. 100, pl. VIII. U -Cinture bronzee, prima metà del I mill. a.C., rappresentazione di corpi decapitati al di sotto di carri e cavalieri in corsa, S 2004, 152-153, Abb. B 2001, 59. Per un’analisi del gobelet in argento e un confronto con un esemplare simile da Trialeti: R 2013, 13.

344 

345  346 

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2012b, 13. 2006, 113.

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Fig. 3.35 - Cavaliere: a - Porte di Balawat di Shalmaneser III, dettagli delle bande: IIb, VIIb, XIIIa (S 2007, 84); b - sigillo (BM 117716) neo-assiro proveniente dal mercato antiquario (C 2001, pl. XVII, no. 216); c - frammento di cintura urartea (K 1991, Taf. 12, Nr. 55); d - frammento di cintura urartea (K 1991, Taf. 34, Nr. 127); e - frammento di cintura urartea (K 1991, Taf. 52, Nr. 193); f - faretra urartea di Sarduri II da Karmir-Blur, Historical Museum of Armenia, Erevan (A 1968, pl. 21).

a partire soprattutto dall’epoca di Sennacherib fino al regno di Ashurbanipal, tale da avvicinarne le proporzioni a quelle dei cavalli moderni347. Tutti questi elementi di distinzione, tuttavia, non sono riscontrabili nel caso della decorazione della brocca aurea a causa della ridotta dimensione delle bande. Confronti per l’iconografia del cavaliere sono numerosi su vari supporti provenienti dall’Assiria e dalle aree limitrofe348. I più stringenti si riconoscono sulla glittica mesopotamica349 (Fig. 3.35.b), sulle Porte di Ashurnasirpal II e di Shalmaneser III a Balawat350 (Fig. 3.35.a), nelle rappresentazioni miniaturistiche di tematica venatoria sulle vesti dei rilievi di Ashurnasirpal II351 (Tav. XIV) e su alcuni oggetti in metallo di origine urartea352 (Fig. 3.35.c-f).

Cfr. A -Rilievo lapideo, Ny Carlsberg Glyptotek no. 836a, regno di Ashurnasirpal II, Nimrud, Palazzo Nord-Ovest, ambiente S, decorazione delle vesti di Ashurnasirpal II, rappresentazione di caccia a capridi e leoni da parte di cavalieri, fanti e arcieri su carro, C 1971, 38, pl. XIIIb. -Banda bronzea, MM ASH II, regno di Ashurnasirpal II, Balawat, Palazzo di Ashurnasirpal II, battente destro, R7, rappresentazione della campagna contro Bit-Adini, C ,T 2008, 186-187, figs. 85-86. -Sigillo, BM 117716, VII sec. a.C. o posteriore, mercato antiquario, rappresentazione di cavaliere su cavallo con cane che segue un altro soldato su dromedario, C 2001, 115-116, pl. XVII, no. 216.

N 1990, 66. Sulla cavalleria assira: R 1972; N 1990; D 2006, D B 2007. 349  Sigillo (BM 117716) proveniente dal mercato antiquario, con cavaliere che segue un altro soldato su dromedario (Fig. 3.35.b): C 2001, 115-116, pl. XVII, no. 216. Una rappresentazione in cui un cavaliere attacca uno struzzo si ha sul sigillo neo-elamita di Sutur-Huban figlio di Huban-tašu (VI secolo a.C.) (Á M 2008, 132, pl. 4h). 350  Per una rappresentazione sulle Porte del Palazzo di Ashurnasirpal II a Balawat si presenta la banda MM Ash II R7 con la campagna contro Bit-Adini: C ,T 2008, 186187, figs. 85-86. Per quanto riguarda le tipologie dei cavalieri sulle Porte di Shalmaneser III a Balawat: S 2007, 84. 351  C 1971, pl. XIIIb. 352  Per i cavalieri che cacciano raffigurati in area urartea su supporti metallici, un interessante confronto si individua su un frammento di cintura bronzea da Nor-Aresh, presso Erevan, conservata presso l’Historical Museum of Armenia (A 1968, 48, fig. 11, pl. 12), in un particolare di un elmo bronzeo di Argisti I da Karmir-Blur, nell’Historical Museum of Armenia, (A 1968, pl. 12) e su una faretra bronzea di Sarduri II da Karmir-Blur, conservata presso l’Historical Museum of Armenia (Fig. 3.33.e) (A 1968, pl. 21); su un frammento di una 347  348 

U -Cintura bronzea, prima metà dell’VIII a.C., NorAresh, rappresentazione di cavaliere preceduto da un fante, A 1968, 48, fig. 11, pl. 12. -Elmo bronzeo, regno di Argisti I (785-763 a.C.), Karmir-Blur, rappresentazione di cavaliere con lancia e scudo, A 1968, 17, pls. 10-12. -Faretra bronzea, regno di Sarduri II (764-735 a.C.), Karmir-Blur, rappresentazione di cavaliere e carro in corsa, A 1968, 30, pl. 21. -Cinture bronzee, prima metà del I mill.a.C., rappresentazione di cavalieri in corsa, K

cintura bronzea da Altin-tepe, conservato presso l’Archaeological Museum of Ankara; infine si citano ulteriori esempi di cinture urartee, in vari casi frammentarie e acquistate presso il mercato antiquario: K 1991, Taf. 2, 4, 6, 12, 14, 21, 26, 34, 48, 53, 87, Nr. 11, 13, 19, 53-55, 73, 97, 127, 187. 193, 445; S 2004, br-1, 151, Abb. 105; br-11, 152, Abb. 106; br-14, 153, Abb. 107.

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Decorazione

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Fig. 3.36 - Piante ed elementi vegetali: a - dettaglio della brocca in oro da Nimrud, blocco (c5); b - decorazione centrale di piatto in oro neo-assiro proveniente dal mercato antiquario (B ,V 2006, 30, pl. 13); c - rilievo di Sennacherib (B 1980, fig. 52); d - dettaglio di un rilievo di Sennacherib (B 1980, fig. 82).

1991, Taf. 2, 4, 6, 12, 14, 21, 26, 34, 48, 53, 87, nos. 11, 13, 19, 53-55, 73, 97, 127, 187, 193, 445; S 2004, br-1, 151, Abb. 105; br-11, 152, Abb. 106; br14, 153, Abb. 107.

Ninive di Sennacherib e di Ashurbanipal, piante di tipo palustre sono spesso utilizzate per caratterizzare aree prossime al passaggio di fiumi o come indicatori di regioni peculiari, come quella della Mesopotamia meridionale353 (Fig. 3.36.c-d). La compresenza di elementi vegetali affiancati appartenenti a diverse specie è interessante. Si tratta, infatti, di una scelta iconografica abbastanza inconsueta in quanto sovente si assiste piuttosto alla presenza diffusa di un’unica tipologia (Fig. 3.36 c-d). Per le singole rappresentazioni si individua un buon numero di confronti, che rendono gli elementi raffigurati poco diagnostici, soprattutto da un punto di vista cronologico. All’interno della produzione artistica assira, un parziale confronto può essere proposto con una pianta di tipo palustre rappresentata in una decorazione di un abito dei rilievi di Ashurnasirpal II in una scena in cui compare un leone che caccia un toro354 (Tav. XIV). Benché più complessi dal punto di vista iconografico alcuni elementi vegetali caratterizzano anche le scene venatorie rappresentate sulle Porte bronzee del Palazzo di Ashurnasirpal II a Balawat. Si tratta, in particolare, delle note cacce al toro e al leone su carro e a piedi con arco e lancia. Particolarmente significativo risulta il confronto con la rappresentazione della caccia al leone, in cui gli animali cacciati vengono rappresentati nascosti tra le fronde di piante palustri355. Parziali confronti iconografici per gli elementi vegetali della brocca si possono anche riscontrare su alcuni avori356 e su una coppa metallica acquisita sul mercato antiquario di probabile fattura assira357 (Fig. 3.36.b). Infine, l’elemento vegetale posto al termine della sequenza di queste piante, sembra mostrare alcuni confronti su

I -Impressione di sigillo, VI secolo a.C., rappresentazione di cavaliere che attacca uno struzzo, Á -M 2008, 132, pl. 4h. Analisi della banda (c) Proseguendo verso destra, dopo il cavaliere, all’interno del blocco (c4), si dispongono in successione due arcieri inginocchiati rivolti verso uno struzzo con ali aperte, posto in posizione centrale, verso il quale sono orientate le armi; per un’analisi di questi elementi iconografici si vedano le sezioni relative allo struzzo e all’arciere (Fig. 3.47). Il blocco (c5) è composto da tre arcieri, di cui uno inginocchiato e due stanti, intervallati da faretre; per l’analisi di questi personaggi si veda la sezione relativa all’arciere. Elementi vegetali A sinistra rispetto al leone, rappresentato nell’atto di attaccare un animale o una figura umana, si dispongono quattro elementi vegetali (Fig. 3.36.a). Il primo e il terzo partendo da sinistra, sono appartenenti alla medesima specie vegetale e sembrano potersi ricondurre a piante di tipo palustre. Il secondo elemento vegetale, invece, potrebbe essere identificato in modo più preciso, probabilmente con un papiro oppure con un giglio molto stilizzato. Si incontra anche una terza tipologia, posta all’estrema destra, poco caratterizzata dal punto di vista iconografico che potrebbe nuovamente ricondursi a una pianta palustre. Differentemente dalla palmetta stilizzata, precedentemente descritta, portatrice di significati simbolici di abbondanza e fertilità, in questo caso si può forse interpretare la presenza di questi elementi esclusivamente secondo una volontà di caratterizzazione ambientale e paesaggistica. Seguendo una tradizione iconografica radicata in area mesopotamica ed evidente ad esempio su numerosi rilievi riferibili ai cicli decorativi dei palazzi di

Si propongono alcuni esempi: B 1976, pls. XV-XVI; ,B ,T 1998, pls. 108-109, 236-237. 354  C 1971, pl. XIIIe. 355  Si tratta delle bande BM ASH II L4 - R4, con la caccia al toro (C ,T 2008, 114-115, 130-31, figs. 13-14, 29-30) e BM ASH II L5 - R5 con la caccia al leone (C ,T 2008, 116117, 132-133, figs. 15-16, 31-32). 356  Si propongono come esempi una placchetta in avorio (H 1986, pl. 54, no. 254) e un frammento eburneo conservato presso l’Iraq Museum (IM 65247) (H 1986, pl. 55, no. 253), entrambi provenienti da Forte Shalmaneser, ambiente SW37. 357  Coppa metallica proveniente dal mercato antiquario e conservata presso una collezione privata (B ,V 2006, 33). 353 

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sigillo358. Esternamente all’area assira si individuano alcuni confronti sia per quanto concerne il giglio/papiro sia per quanto concerne la prima tipologia di pianta, in particolare sulle rappresentazioni di numerose coppe di produzione levantina scoperte in diversi siti del Mediterraneo. In numerosi casi la rappresentazione di questi elementi vegetali si inserisce in iconografie che per stile e soggetto possono essere connesse a influenze di tipo egizio o egittizzante359. Particolarmente significativa tra questi confronti risulta una coppa in argento rinvenuta a Preneste su cui si osserva la presenza, all’interno della decorazione della base, di un giglio stilizzato a fianco di un leone rappresentato nell’atto di trattenere con la zampa un uomo atterrato su un terreno reso ad embricatura360. Simili tipologie vegetali si incontrano, inoltre, anche su alcune placchette in avorio di ispirazione iconografico-stilistica egizia361. Confronti stilistici e iconografici interessanti non sembrano invece essere attestati in area iranica e urartea. Rispetto ad altre rappresentazioni vegetali raffigurate sulla brocchetta, queste piante si connettono alla specifica volontà di caratterizzazione ambientale del luogo in cui la caccia al leone viene compiuta; nonostante si individuino interessanti confronti all’interno di alcune delle tradizioni artistiche vicino-orientali, la particolare contestualizzazione di questi elementi sembra trovare comunque piena corrispondenza all’interno del lessico iconografico assiro.

-Rilievo lapideo, BM 124774a + b, regno di Sennacherib, Ninive, Palazzo Sud-Ovest, ambiente XXVIII, rappresentazione di caccia a fuggitivi da città della Babilonia meridionale, B , B , T 1998, pls. 236-237. -Rilievi lapidei, BM 118914-16, regno di Ashurbanipal, Ninive, Palazzo Nord, ambiente E, rappresentazione di un giglio tra leoni e leonesse dormienti e al passo in parco reale, B 1976, pl. XV. -Rilievi lapidei, BM 124929-124930, regno di Ashurbanipal, Ninive, Palazzo Nord, ambiente F, rappresentazione in ambiente paludoso dell’assalto del sovrano assiro alla città elamita di Hamanu, B 1976, pl. XVI. -Coppa in oro, età neo-assira (?), mercato antiquario, produzione assira, rappresentazione di un giglio stilizzato, B ,V 2006, 33, Abb. 2-13. -Placchetta in avorio, età neo-assira, Nimrud, Forte Shalmaneser, ambiente SW37, rappresentazione di un giglio tra un uomo e un leone che si scontrano, H 1986, 108, no. 254, pl. 54. -Placchetta in avorio frammentaria, IM 65247, Nimrud, Forte Shalmaneser, ambiente SW37, rappresentazione di un giglio a fianco di una figura alata con testa di falco, H 1986, 253-254, no. 253, pl. 55. -Placchette in avorio, BM 118147, BM 118152, Nimrud, ingresso tra gli ambienti V e W, Palazzo Nord-Ovest, rappresentazione di una figura maschile regale a fianco di un loto, B 1957, 171, C.4, pl. III. C -Coppa in argento, AO 20135, fine VIII-inizio VII sec. a.C., Idalion, rappresentazione lungo il registro esterno di una sfilata militare di cavalieri, fanti e carri tra elementi vegetali di tipo palustre e animali tra cui volatili, M 1985b, 169-170, Cy1. -Coppa in argento frammentaria, fine VIII-inizio VII sec. a.C., mercato antiquario, collezione privata, rappresentazione di scene di tipo domestico tra elementi vegetali di tipo palustre, M 1985b, Cy19, 184-185.

Cfr. A -Rilievo lapideo, regno di Ashurnasirpal II, Nimrud, Palazzo Nord-Ovest, ambiente P, decorazione di un abito di un genio, rappresentazione di leone a caccia di un toro in ambiente di palude, C 1971, 38, pl. XIIIe. -Rilievo lapideo, BM 124824, BM124272, regno di Sennacherib, Ninive, Palazzo Sud-Ovest, corte VI, rappresentazione di una fitta area paludosa con cervi e cinghiali lungo la fascia superiore della lastra, B ,B ,T 1998, pls. 108-109.

E -Coppa in argento, Museo di Villa Giulia no. 61566, fine VIII-inizio VII sec. a.C., Preneste, Tomba Bernardini, rappresentazione di un giglio stilizzato a fianco di un leone raffigurato nell’atto di trattenere con la zampa un uomo coricato su un terreno reso ad embricatura, M 1985b, 191-192, E3. -Coppa in argento, fine VIII-inizio VII sec. a.C., Museo Gregoriano Etrusco no. 20365, Cerveteri, rappresentazione su due registri di una sfilata militare di cavalieri fanti e carri tra elementi vegetali, alcuni di tipo palustre, e animali, M 1985b, E9, 197-198. -Coppa in argento, Musée du Petit Palais no. Dutuit 170, fine VIII-inizio VII sec. a.C., Pontecagnano, rappresentazione lungo registro esterno di successione

Il riferimento è alla tipologia 224 individuata da D. Collon: 2001, 85. 359  Si propone come esempio una coppa in argento da Pontecagnano caratterizzata da un registro esterno con una successione di papiri e da una scena centrale di tipo egittizzante in cui viene rappresentato il faraone nell’atto di colpire un nemico inginocchiato (M 1985b, 198-199, E10, 303). 360  M 1985b, 191-192, E3, 286. 361  Si citano due interessanti placchette con rappresentazione di un loto e di un personaggio forse regale conservate presso il British Museum (BM 118147, 118152) (B 1975, 171, C.4, pl. III). 358 

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Fig. 3.37 - Leone: a - dettaglio della brocca in oro da Nimrud, blocco (c5); b - caccia al leone rappresentata sulle Porte del Palazzo di Ashurnasirpal II a Balawat, registro L5 (C ,T 2008, 117, fig. 16, BM ASH II L5); c - leone inciso su un peso in forma d’anatra di Tiglath-pileser III, Palazzo Nord-Ovest, Tomba III (O ,O 2001, 220, fig. 132 a); d - quarto registro dell’Obelisco Nero, faccia A, leoni in caccia (R 2014, 62, fig. 2.8); e - bicchiere rinvenuto in Iran dal Luristan, proveniente da collezione privata (M 1997, 73, fig. 35); f - dettaglio di leone urarteo, scudo da Toprak-kale di Rusa III (A 1968, pl. 57).

di papiri tra cui si dispongono alcuni cavalli, M 1985b, 198-199, E10.

risale al 1941366. Si tratta di leoni contraddistinti da dimensioni ridotte e da una colorazione più chiara rispetto alla specie africana. La rappresentazione del leone assume diacronicamente nell’area vicino-orientale un significato dal profondo valore simbolico ed è proprio in età neo-assira che la complessità e la valenza ideologica di questo animale si arricchisce considerevolmente. Si possono proporre almeno quattro particolari connotati simbolici legati alla rappresentazione del leone, il cui significato è universalmente condiviso e compreso in ambito vicino-orientale: - il leone quale animale-attributo di alcune divinità; - il leone quale simbolo di regalità e potenza dello stesso sovrano assiro; - il leone quale simbolo del caos e del mondo selvaggio sconfitto dal sovrano assiro, e sul quale lo stesso impone l’ordine cosmico affidatogli dalla divinità e in suo nome; - il leone quale elemento dal valore apotropaico in particolari contesti simbolici e religiosi. Per quanto concerne il primo gruppo, la sua più evidente trasposizione si osserva in connessione con la divinità Ishtar e le sue diverse ipostasi vicinoorientali. La relazione tra la divinità femminile e il felino risulta chiara sia da un punto di vista iconografico sia epigrafico: nel primo caso, già solo per il I millennio a.C., ne possediamo evidenti e abbondanti esempi all’interno della glittica367 e, per quanto riguarda l’arte maggiore, ad esempio, nella rappresentazione della processione di divinità tra cui

Il leone La scena di probabile ambientazione palustre, che trova un buon confronto nelle cacce rappresentate nelle Porte di Balawat362, si conclude con la rappresentazione di un leone (Fig. 3.37.a, 3.47). La raffigurazione del felino, nominato urmaḫḫu o labbu in accadico363, è estremamente diffusa nel Vicino Oriente e similmente nelle aree limitrofe364, in associazione a temi quali la regalità, la religione e la caccia365. Il leone rappresentato sulla brocca appartiene alla specie asiatica, la Panthera leo persica, oggi sopravvissuta solo in alcune regioni indiane, un tempo ampiamente diffusa fino alle coste del Mediterraneo. La specie scomparve definitivamente dalle aree vicino-orientali e centro-asiatiche durante il XIX e il XX secolo: l’ultimo avvistamento in Iran, ad esempio, Si individua una resa simile, ma con specie vegetali diverse, sulle Porte di Balawat di Ashurnasirpal II nei registri L4 e L5 (C ,T 2008, 114-117, BM ASH II L4-5). 363  K 2013, 120. 364  Interessanti attestazioni si individuano ad esempio nel mondo miceneo e a livello letterario nella tradizione omerica, in cui riferimenti a leoni si rintracciano in mitiche cacce, in epiteti di figure eroiche e in episodi di giochi funebri (A 2005; G 2001). Per un’analisi completa delle testimonianze artistiche e letterarie in riferimento al valore simbolico del leone nel mondo vicino-orientale (ittita, iranico, mesopotamico, egizio e siro-palestinese): C 2002. 365  V B 1939, 3-9; A 1972; A 1974. Sulla caccia regale al leone e il suo significato simbolico: W 1998; K 2013. 362 

G 2002, 54; D 2006, 245. Si propone come esempio un sigillo di età neo-babilonese (BM 129543) su cui è rappresentata Ishtar appoggiata con una gamba su un leone coricato (C 2001, no. 243, 129, pl. XIX).

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Fig. 3.38 - Leoni su cinture ed elmi urartei: a - (K 1991, Taf. 6, Nr. 19); b - (K 1991, Taf. 6, Nr. 21); c - (K 1991, Taf. 12, Nr. 56); d - (K 1991, Taf. 23, Nr. 84); e - (K 1991, Taf. 36, Nr. 140); f - (K 1991, Taf. 41, Nr. 157); g (S 2004, Taf. 50 c).

Ishtar su trono sostenuto da un leone nel rilievo su roccia presso Maltai, attribuibile a Sennacherib368. Sono inoltre numerosi nel mondo mesopotamico i riferimenti alla natura leonina di Ishtar: il più evidente è Ishtar-lâba (Ishtar è un leone) o labbatu (leonessa) o ancora, nei testi sumerici, PIRIG.AN.NA (il leone del cielo)369. Il leone risulta essere anche l’animale attributo della paredra di Ashur, come attesta la rappresentazione sul rilievo rupestre neo-assiro di Bawian su cui, insieme al sovrano centrale e ad Ashur, la dea compare raffigurata frontale in piedi su di un leone370. Il nome leone viene utilizzato in rapporto anche a altre figure divine: Nergal è spesso definito “un leone (…) pronto a combattere”, mentre Ningirsu viene chiamato, ad esempio, “il leone (…) che non ha rivali”371. Per quanto concerne la seconda caratterizzazione simbolica del leone, si ricorda che il sovrano assiro viene frequentemente nominato nelle fonti con il nome labbāku, leone, o paragonato allo stesso in numerose iscrizioni di carattere ufficiale372. Questa connessione si individua frequentemente negli apparati epigrafici relativi ai sovrani assiri, ma affonda le sue radici già in età sumerica e accadica, in cui si ritrova ampiamente attestata la titolatura regale di LUGAL-PIRIG o šarru-lâba373. Nelle iscrizioni dei sovrani neo-assiri è lo stesso comportamento regale ad essere definito “leonino”: ad esempio Sargon II dichiara “(…) Io sollevo la potenza armata di Ashur e, furioso come un leone, mi getterò alla conquista

dei suoi paesi”. Simili parole riserva a se stesso successivamente Sennacherib che, in riferimento alla campagna contro Babilonia, dice “(…) Mi lanciai come un leone e diedi ordine di marciare contro Babilonia”374. Esarhaddon nella stele della vittoria di Zincirli si descrive, infine, come un re la cui attitudine è quella di un leone terribile375. Anche nelle rappresentazioni artistiche sussiste un’importante connessione simbolica tra leone e sovrano: un esempio significativo in questo senso si osserva all’interno della produzione pittorica e sui mattoni smaltati rinvenuti a Khorsabad e databili a Sargon II. Su di essi, infatti, il pittogramma del leone può essere tradotto con la rappresentazione simbolica del LUGAL/šarru, ossia il sovrano376. Accanto a questa stretta correlazione e identificazione tra il sovrano assiro e il leone, legata alla metaforica raffigurazione del coraggio, della forza e dell’audacia del re, si affianca la vasta rappresentazione in alcuni casi simbolica, in altri narrativa delle cacce reali a questo stesso animale, attività variamente condotta su carro e a piedi con l’uso di lance, di arco e frecce377. Anche in questo caso la diffusione di questa iconografia è attestata a partire dal periodo sumerico, come dimostra la rappresentazione di una caccia a leoni con arco e con lancia da parte di un personaggio di probabile natura regale sulla Stele della caccia dall’Eanna di Uruk di età proto-urbana378. Questa stessa connessione simbolica si evince con chiarezza in età neo-assira ad esempio sulle rappresentazioni figurate di alcune impressioni di sigilli a stampo

368 

B 1927. C 1981, 358; W 2002, 90, 103. 370  Per un’analisi dei principali rilievi rupestri neo-assiri: B 1927; M B 2013. 371  C 1981, 387; U 2015, 271. Si veda come ulteriore approfondimento il Paragrafo 4. 372  K 2013, 77; U 2015, 260. 373  C 1981, 357-358.

374 

369 

375 

C 1981, 370. C 1981, 371. 376  F -R 1996, 248-249. Per la rappresentazione del leone e il suo ruolo di sostituto rispetto al sovrano: N 2008. 377  Per quanto concerne la caccia “a piedi” del sovrano al leone: W 1998, 443. 378  IM 23447 (W 2002, fig. 1).

156

Decorazione

Fig. 3.39 - Rilievo di caccia al leone da Gaziantep (Sakçagözü) (M

di appartenenza regale, su cui il sovrano affronta appiedato il leone raffigurato in attacco379. La diffusione di questa rappresentazione emerge ulteriormente nelle decorazioni delle pareti dei palazzi di Nimrud e di Ninive riferibili ad Ashurnasirpal II e ad Ashurbanipal. Nel caso del Palazzo Nord-Ovest la caccia al leone, a cui si associa strettamente la caccia al toro, decora, in connessione a scene militari, la sala del trono B, concludendosi con azioni rituali (libagioni) compiute sulle teste degli animali uccisi380. Nel caso del Palazzo Nord, invece, gli ambienti C e S sono destinati esclusivamente alla rappresentazione delle cacce, compiute a piedi e su carro, ai feroci felini da parte del sovrano accompagnato dai suoi attendenti, attività terminanti, nel caso delle “piccole cacce”, con libagioni sugli animali uccisi381. Nel caso delle cacce di Ashurnasirpal II è possibile almeno in parte dividere il contenuto relativo alla caccia da quello rituale e, grazie alle iscrizioni regali, spesso inserire queste rappresentazioni in un contesto noto e reale382. Con Ashurbanipal il significato simbolico risulta, invece, preponderante. Queste cacce sono prevalentemente raffigurazioni simboliche atte a esaltare la vittoria del re assiro sul mondo selvaggio, sebbene tali episodi avvenissero all’interno della capitale. I felini, infatti, vengono raffigurati decontestualizzati dal loro habitat naturale, mentre escono da gabbie appositamente disposte per l’attività rituale del re, o, ancora, calmi e dormienti all’interno

1997, 210).

dei parchi regali di Ninive383. È necessario rimarcare che una simile connessione riscontrabile tra il leone e la regalità in riferimento alla caccia, è ricostruibile anche nel caso del toro, anch’esso cacciato e sacrificato in quanto rappresentazione simbolica del mondo selvaggio contro il quale la regalità impone il suo ordine384. Le stesse attività venatorie nei confronti dei leoni vengono sostenute da varie divinità, come viene ampiamente riconosciuto all’interno di varie iscrizioni: Ishtar, Ashur, Ninlil, ma anche Ninurta385 e Nergal affiancavano, infatti, i sovrani nell’uccisione delle belve selvatiche. Battute di caccia a questo felino, d’altro canto, vengono anche frequentemente citate all’interno delle fonti regali assire: già Tiglath-pileser I indicava l’uccisione di 120 leoni a piedi e 800 su carro leggero (A.0.87.1)386; Ashur-bel-kala secondo le iscrizioni ne uccise in una prima battuta 300 (A.0.89.2) e, poi, in una seconda 120 (A.0.89.7)387; Ashur-dan II ne uccise 120 nel corso di cacce sul carro leggero (A.0.98.1)388, Adad-nirari II ben 360 in campagne venatorie sul carro leggero (A.0.99.2)389 e Tukultininurta II 60 (A.0.100.3; A.0.100.5)390. Adad-nirari II catturò alcuni leoni per portarli a Assur insieme ad altri animali: tori selvatici, capridi, ibex, cervi,

Ambiente E (B 1976, pl. XV). D 2006, 245-246. 385  Bisogna ricordare che Ninurta assume un particolare valore in connessione proprio alla città di Nimrud e al sovrano Ashurnasirpal II, diventando la sua personale divinità tutelare (W 2002, 78). 386  G 1991, 26. 387  G 1991, 103. 388  G 1991, 135. 389  G 1991, 154. 390  G 1991, 178. 383  384 

Si citano ad esempio due sigilli conservati presso il British Museum, BM K.3781.a e BM 84672. Per un’analisi di questi oggetti: R 2012a. 380  BM 124579, caccia al leone su carro (B 1914, pl. XII). Bisogna aggiungere inoltre le rappresentazioni sui rilievi dall’ala occidentale del Palazzo con riproposizione delle medesime cacce (P ,S 1987, pl. 5). 381  B 1976, pls. VII-XIII, LVI-LIX. 382  M 1996, 37-59. 379 

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E. Foietta, M. Mortarini e E. Quirico

asini selvatici, elefanti e struzzi (A.0.99.2)391. Con le fonti regali di Ashurnasirpal II i numeri riportati divengono più limitati e probabilmente più realistici, accompagnandosi a una maggiore attenzione descrittiva. Il sovrano, infatti, riportò di aver ucciso 15 leoni in una prima battuta di caccia e di aver catturato 50 cuccioli da portare a Nimrud e custodire, insieme a molti altri animali, all’interno del suo parco regale (A.0.101.2)392. Infine, arrivando all’ultimo punto dell’elenco relativo ai possibili significati del leone, la rappresentazione del felino assunse diacronicamente nel mondo vicino-orientale un valore apotropaico raffigurato sia su oggetti di particolare valore sia all’interno degli spazi architettonici. La prima attestazione, in questo caso testuale, si data all’età proto-dinastica ed è in particolare un’iscrizione riferibile a Eannatum I di Lagash in cui si ricorda la presenza di leoni in legno presso le porte dell’Eninnu cittadino393. Il medesimo ruolo protettivo lo assunsero nel II millennio a.C. le figure leonine, variabilmente maschili e femminili, in terracotta presso la paleo-babilonese Tell Harmal e ancora quelle simili rinvenute da Susa, Nuzi e Assur e gli esempi bronzei provenienti dal Tempio di Dagan a Mari394. Dalla seconda metà del II millennio a.C., in area assira statue di leoni iniziarono a venire impiegate per difendere i portali non solo dei templi ma, progressivamente, anche dei palazzi. Si possono citare come esempi emblematici i leoni androcefali in pietra con funzione apotropaica rinvenuti nel Palazzo Nord-Ovest di Nimrud395. Benché dal punto di vista simbolico la rappresentazione del leone assuma significati comuni in tutta l’area vicino-orientale, così come simili e diacronicamente diffuse appaiono le iconografie che lo vedono protagonista (cacciato da parte di arcieri appiedati o su carro, in corsa a caccia di capridi o cervidi, rampante in pose di attacco), le sue raffigurazioni mostrano spesso diversità stilistiche. Questa osservazione assume particolare significato nel processo di individuazione dei confronti più appropriati per il leone sulla fascia (c) della brocca in esame (Tav. VIII). L’animale viene rappresentato ferito da due frecce mentre è nell’atto di trattenere un uomo, o un animale, con la zampa anteriore (Fig. 3.37.a). Il felino viene raffigurato in posizione leggermente sollevata con la coda eretta; il costato, il manto e la muscolatura vengono resi da alcune incisioni arcuate. Una corta criniera ne incornicia il muso, le fauci sono spalancate a testimoniarne la ferocia. I confronti più stringenti dal punto di vista stilistico si individuano, anche per questo elemento iconografico, G G 393  W 394  W 395  W 391  392 

nell’ambito propriamente assiro. Ad esempio dalla Tomba III del Palazzo Nord-Ovest di Nimrud proviene un peso in forma di anatra che riporta un’iscrizione di Tiglath-pileser III su cui è riportata l’incisione di un leone (simbolo del sovrano), iconograficamente simile a quello della brocca396 (Fig. 3.37.c). Un altro parallelo, in parte valido per la resa delle membrature del corpo, ma non per la posa dell’animale, si individua nell’impressione su di una bulla del sigillo regale di Shalmaneser III in cui il sovrano appiedato uccide un leone rampante con una spada397. Parzialmente confrontabile è pure il leone oggetto di una caccia presso il fiume Balikh rappresentato sulle Porte di Balawat dal Palazzo di Ashurnasirpal II (Fig. 3.37.b), forse anche per l’impiego di un simile medium metallico. L’animale in questo caso risulta caratterizzato da una resa meno accentuata della criniera e delle membrature del corpo, ma è possibile ipotizzare che la minore definizione delle parti anatomiche sia da imputare, in realtà, all’usura delle lamine bronzee398. Paralleli iconografici si riscontrano, inoltre, sui rilievi delle cacce di Ashurnasirpal II del Palazzo Nord-Ovest, dove il leone viene rappresentato con criniera corta e coda alzata399, e, soprattutto, sulle broderies delle vesti del re e di alcuni geni sui rilievi commissionati dallo stesso sovrano (Tav. XIV). Su queste ultime bande sono rappresentate sia scene di caccia al leone sia gli stessi felini a caccia di erbivori nel loro habitat naturale400, come avviene inoltre sul quarto registro della faccia A dell’Obelisco Nero401 (Fig. 3.37.d). Scene con leoni feriti da frecce si riscontrano anche sulle pitture parietali del Palazzo del centro provinciale di Til Barsib (Tell Ahmar) nella caccia con carri dell’ambiente 22402. Più parziali e solo in parte stringenti dal punto di vista stilistico risultano le rappresentazioni di leoni da aree limitrofe al regno assiro, dove la raffigurazione di questo animale era comunque molto diffusa. Numerosi leoni si individuano, ad esempio, sui bronzi urartei (scudi, elmi o cinture)403 (Fig. 3.37.f, 3.38.ag). È interessante, ad esempio, la rappresentazione su alcune cinture bronzee del leone ferito da arcieri su carro o appiedati in cui l’animale viene colpito da numerose frecce che, similmente a quelle sulla brocca, sembrano mostrare un lungo impennaggio404. N 2008, 76-77. O ,O 2001, 21, 43. 398  La rappresentazione si trova sulla banda L5 del battente sinistro (C ,T 2008, 116-117, figs. 15-16). 399  B 1914, pl. XII. 400  C 1971, pls. XIc, XIIIb-e, XIVa, c. 401  BM 118885 (B 1975, pls. 45-49). 402  P 1961, fig. 345; T 1983; A 2005, 5152. 403  A 1968, Tav. 57; R 2012, 777, fig. 1. 404  K 1991, Nr. 21, 84, 97, 127, 172. Per la presenza di una doppia freccia sul corpo dell’animale si veda: K 1991, Nr. 84, 97. 396  397 

1991, 154. 1991, 226. 2002, 112. 2002, 113-114. 2002, 115.

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Decorazione

che atterra un uomo disteso e trattenuto da una zampa sul capo412; e, infine, una coppa da Cerveteri in argento con rappresentazione lungo il secondo registro del medesimo tema413. Solitamente nelle raffigurazioni appena descritte, l’uomo viene atterrato dalla zampa dell’animale che lo trattiene per il capo mentre, nel caso della brocca da Nimrud, la figura sembra essere bloccata dalla parte posteriore del corpo. Se l’interpretazione come figura umana fosse corretta, la testa dell’uomo sarebbe girata verso l’animale con una torsione simile ad alcune rappresentazioni di nemici mutilati rappresentati sulle Porte di Balawat414. Si riporta però anche in alternativa un interessante confronto con un leone nell’atto di atterrare un toro rappresentato su un ortostato proveniente dal King’s Gate di Karkemish. In questo caso, similmente alla scena di aggressione sulla brocchetta, la preda viene trattenuta nella parte posteriore del corpo dal leone, verso il quale si rivolge attraverso una torsione del capo415. Si cita, inoltre, sempre in relazione all’iconografia del leone che atterra un uomo, uno scudo urarteo con iscrizione dedicatoria di Ishpuini (828-810 a.C.) e Menua (810-786 a.C.) su cui compaiono le dodici più importanti divinità urartee sui rispettivi animali attributo. In questa banda due cavalieri vengono disarcionati dalle rispettive cavalcature e attaccati posteriormente da due leoni416 (Tav. XVI). L’oggetto risulta particolarmente interessante in quanto contraddistinto dalla commistione di tematica religiosa e venatoria nella medesima banda, similmente, ad esempio, a quanto avviene nelle vesti dei rilievi di Ashurnasirpal II nel Palazzo Nord-Ovest di Nimrud. Se, dunque, dal punto di vista stilistico la rappresentazione dell’animale appare come assira, più complessa risulta l’analisi della particolare iconografia in cui lo stesso viene raffigurato, i cui più significativi confronti provengono piuttosto da una tradizione di origine apparentemente esterna nel caso in cui si identifichi come un essere umano la figura attaccata dal felino. Si tratterebbe in questo caso quindi di una scelta iconografica di tradizione e origine egizia, conosciuta e attestata, ad ogni modo, anche in area assira. Diverso il caso invece di un’interpretazione quale animale, soggetto che mostra estrema diffusione all’interno delle tradizioni artistiche assire, assiro provinciali e di tipo “assirizzante”.

Confronti parziali si individuano anche su beakers bronzei dall’Iran occidentale, in questo caso con leoni eseguiti a repoussé e a incisione, caratterizzati da un’attenta definizione della muscolatura e del manto, grazie anche ad un’altezza maggiore della banda di decorazione rispetto alla banda (c) della brocca405. La contestualizzazione delle scene è, però, spesso differente, come attesta l’esempio preso in considerazione, datato tra il XII e il X secolo a.C., che mostra un leone nell’atto di attaccare un toro (Fig. 3.37.e). Per quanto riguarda l’area siro-anatolica bisogna rilevare che i leoni rappresentati, benché diffusi nel repertorio figurativo e con valenze similari, risultano poco confrontabili stilisticamente con i leoni assiri. Gli esempi siriani sono, infatti, generalmente contraddistinti da tratti più schematici, mancano sovente della resa puntuale delle singole membrature corporee e le stesse pose appaiono più scomposte e innaturali. In questo senso si propongono come esempi le scene di caccia al leone accompagnate da iscrizione del re Halpasulupi di Meliddu e i leoni a rilievo della Porta dei Leoni a guardia dell’ingresso della corte di Arslantepe (XI secolo a.C.)406, o ancora, un rilievo con una caccia da Ganziatep (Sakçagözü) datato all’VIII secolo a.C. (Fig. 3.39)407. Medesime caratteristiche si riscontrano sui rilievi lapidei da Karkemish (datati all’inizio del X secolo a.C.) e da Zincirli (datati tra la fine del X e l’inizio del IX secolo a.C.)408. L’iconografia del leone che atterra il nemico è attestata in alcuni casi in Assiria, benché con una certa rarità. Essa risulta, in base allo stile e alle tematiche, di probabile origine egiziana. Tra le attestazioni più significative di questo tipo di rappresentazione si propongono alcune coppe provenienti dall’area cipriota ed etrusca: una coppa in argento da Kourion caratterizzata sul secondo registro dalla rappresentazione di un uomo trattenuto sulla pancia dalla zampa di un leone409; la nota coppa in argento della Tomba Regolini-Galassi di Cerveteri con rappresentazione sul secondo registro di una scena similare, ma con l’uomo di spalle rispetto all’animale, similmente alla brocchetta in esame410 (Tav. XV); una coppa in argento dalla Tomba Bernardini di Preneste su cui, al di sotto della scena centrale, un animale, probabilmente un leone, azzanna la gamba di un uomo atterrato411; un’altra coppa in argento dalla medesima tomba con al centro la rappresentazione di un leone

M 1997, 73, fig. 35. D 1940, 62, 64, pls. XVIII, XXXII; M 1997, 198. 407  M 1997, 210. 408  Si propongono come esempi per quanto concerne Karkemish: G 2011, 174-176, 178, nos. 46, 48-49, 51-52, 60; per quanto concerne Zincirli: G 2011, 194, 198, 204, nos. 10, 22, 40. 409  M 1985b, Cy8, 177-178, 256. 410  V 2010, 29, fig. 3. 411  M 1985b, E2, 191, 278; V 2010, 27, fig. 2. 405  406 

M 1985b, E3, 192-193, 286. M 1985b, E6,194-195, 293. 414  Si propone come esempio la banda XIIIa delle Porte di Balawat di Shalmaneser III (S 2007, 98, Taf. 22 XIIIa). 415  G 2011, 176, no. 52. 416  S 2004, 84-85, Abb. 48. 412  413 

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E. Foietta, M. Mortarini e E. Quirico

Cfr.

Bernardini, rappresentazione al di sotto della scena centrale di un animale, apparentemente un leone, che azzanna la gamba di un uomo disteso, M 1985b, E2, 191, 278; V 2010, 27, fig. 2. -Coppa in argento, Museo di Villa Giulia no. 61566, fine VIII-inizio VII sec. a.C., Preneste, Tomba Bernardini, rappresentazione al centro di un leone che atterra un uomo trattenuto dalla zampa del felino sul capo, M 1985b, 192-193, E3.

A -Peso in forma d’anatra, regno di Tiglath-pileser III, Nimrud, Palazzo Nord-Ovest, Tomba III, rappresentazione di un leone al passo inciso, O , O 2001, 220, Fig. 132, N 2008, 77, I.a.3. -Impressione di sigillo, regno di Shalmaneser III, ambiente ZT3, rappresentazione del sovrano appiedato che uccide con una spada un leone rampante, O ,O 2001, 43, fig. 21. -Lastra bronzea, BM ASH II, regno di Ashurnasirpal II, Balawat, Palazzo di Ashurnasirpal II, battente L5, rappresentazione della caccia al leone presso il fiume Balikh, C ,T 2008, 116-117, figs. 1516. -Rilievo lapideo, BM 124536, BM 124534, regno di Ashurnasirpal II, Nimrud, Palazzo Nord-Ovest, Sala B, B18-B20, caccia al leone da parte di Ashurnasirpal II, B 1914, pl. XII; M 1981, 23, Taf. I. -Rilievo lapideo, Nimrud, Palazzo Nord-Ovest, rappresentazione di felini a caccia di erbivori nel loro habitat naturale sulle broderies delle vesti del sovrano e di alcuni geni, C 1971, pls. XIc, XIIIb-e, XIVa, c. -Pittura parietale, AO 25068F, età neo-assira, Til Barsib, ambiente 22, rappresentazione di leone ferito da frecce, P 1961, fig. 345; T 1983; A 2005, 51-52.

Lo scudo/rete Il blocco (c6) si apre con la rappresentazione in successione di quattro carri, di cui i primi tre con arciere rivolto verso la scena di ambientazione palustre e il quarto con arciere rivolto verso la città fortezza. Sotto ai carri si possono osservare le figure umane decapitate che sono già state analizzate (Tav. VIII). Nel blocco (c5), alla rappresentazione del leone segue la raffigurazione di un soldato inginocchiato che, rivolto verso l’animale, sostiene uno strumento di forma quadrangolare, caratterizzato da un margine liscio e al cui interno è visibile un incrocio regolare di linee oblique che formano un fitto reticolato (Fig. 3.40.a). Lo stesso oggetto si ritrova isolato nella scena successiva con la funzione di dividere la teoria di carri dagli arcieri che difendono la città fortificata (c7). In questo secondo caso, lo strumento però non è sorretto da alcun personaggio. Le caratteristiche che lo contraddistinguono e, soprattutto, la sua collocazione nella narrazione indurrebbero a identificarlo con uno scudo di protezione, oppure, ma in modo meno probabile, con una rete. Durante il periodo neo-assiro, nelle numerose raffigurazioni di campagne di guerra e nelle battute di caccia rappresentate nei rilievi palatini, compaiono scudi di fogge diverse corrispondenti a funzioni differenti: grandi, piccoli, rotondi, rettangolari, con umbone o senza, con borchie applicate etc.417 A partire da questa considerazione, si può osservare che lo scudo, rappresentato più diffusamente nelle scene d’assedio neo-assire, si caratterizza innanzitutto per le grandi dimensioni in modo da proteggere almeno due arcieri durante gli attacchi alle città oltre che in secondo luogo per essere leggero e manovrabile, come indica F. De Backer, poiché veniva generalmente sostenuto da un singolo soldato. Decine di scene di questo tipo compaiono nei rilievi neo-assiri e sulle Porte bronzee di Ashurnasirpal II e di Shalmaneser III a Balawat. Nelle scene ivi rappresentate si vedono prevalentemente arcieri protetti al massimo da tre scudi di forma rettangolare o circolare e di dimensione

U -Scudo in bronzo, fine IX-inizio VIII secolo a.C., rappresentazione di due cavalieri disarcionati dalle cavalcature e attaccati posteriormente da due leoni, S 2004, 84-85, Abb. 48. A -Rilievo, Anadolu Medeniyetleri Müzesi no. 9654, prima metà X sec. a.C., Karkemish, King’s Gate, rappresentazione di un leone nell’atto di atterrare un toro trattenuto nella parte posteriore del corpo dal felino, verso il quale si rivolge tramite una torsione del capo, G 2011, 176, no. 52. C -Coppa in argento, MMA 74.51.4554, fine VIIIinizio VII sec. a.C., Kourion, rappresentazione di un uomo trattenuto per il ventre dalla zampa di un leone, M 1985b, 177-178, Cy8, 256. E -Coppa in argento, Museo Etrusco Gregoriano no. 20368, fine VIII-inizio VII sec. a.C., Cerveteri, Tomba Regolini-Galassi, rappresentazione sul secondo registro di un leone che immobilizza un uomo posto di spalle rispetto all’animale, M 1985b, 194-195, E6. -Coppa in argento, Museo di Villa Giulia no. 61565, fine VIII-inizio VII sec. a.C., Preneste, Tomba

417  Per le diverse tipologie iconografiche di scudi: H 1965, Taf. 24; M 1970, pl. XXVIII nos. 11, 16, pl. XXIX nos. 1-4.

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Decorazione

a

b

c

d

Fig. 3.40 - Scudo/rete: - a dettaglio della brocca in oro da Nimrud, blocchi (c5-c6); - b tipologie di scudi assiri (H 1965, Taf. 24, 7-10); - c caccia al cervo nei rilievi di Ashurbanipal provenienti dall’ambiente S (camere superiori) del Palazzo Nord di Ninive (BM 124871) (B 1975, 126); - d arcieri in scena di assedio a città, rilievo proveniente dal Palazzo Centrale di Nimrud di Tiglathpileser III (BM 118904) (B ,F 1962, pl. XII).

diversa418. I singoli scudi sono inoltre caratterizzati al loro interno da partizioni con la precisa funzione di a indicare il materiale che li costituiva: canne, semplice legno e in alcuni casi un’anima lignea ricoperta da lamine di cuoio e metallo. Grazie alla dimensione di queste raffigurazioni, sui rilievi litici parietali è spesso anche possibile riconoscere il manico semicircolare che doveva servire al soldato per sostenere lo scudo. Particolarmente elaborati sono anche gli scudi circolari con umbone a protome leonina rappresentati, ad esempio, sul retro dei carri di Ashurnasirpal II419. Questa tipologia di scudo circolare contraddistinta da borchie triangolari metalliche oltre che talvolta dalla presenza di protomi leonine, secondo B. Hrouda, sarebbe tipico dei primi sovrani neo-assiri (IX-VIII secolo a.C)420. È noto infine come scudi di dimensioni più esigue venissero impiegati dalla fanteria leggera armata di lancia o spada e da personaggi coinvolti nelle battute di caccia, in certi casi con il ruolo specifico di scudieri. Per quanto riguarda lo scudo di forma quadrata raffigurato sulla brocca aurea, è stato possibile identificare un confronto con uno scudo di foggia simile rappresentato nelle scene di caccia al leone sul

registro R5 presenti sulle Porte di Ashurnasirpal II del Palazzo a Balawat. Tuttavia, a una più attenta analisi, si è osservato che questo elemento di proporzioni inferiori rispetto allo scudo del recipiente in oro, non sembra mostrare alcuna caratterizzazione interna421. Per quanto riguarda le rappresentazioni dell’epoca di Ashurnasirpal II, personaggi con scudo (circolare o rettangolare) sono raffigurati esclusivamente nelle cacce al leone (Porte del Palazzo di Balawat e rilievi B 18-20 della sala del trono B del Palazzo NordOvest di Nimrud)422, non compaiono ad esempio in quelle al toro, proprio per la necessità nel primo caso di difendersi rispetto ai possibili attacchi del feroce felino423. Meno probabile, nonostante l’assenza di confronti precisi per la resa della trama nella classe degli scudi, è che l’oggetto potesse essere la raffigurazione stilizzata di una rete. Oggetti di questo tipo sono rappresentati nei rilievi neo-assiri trasportati dai servitori, come si può notare ad esempio nel pannello 7 dell’ambiente R del Palazzo Nord di Ninive costruito da Ashurbanipal424, oppure si trovano dispiegati sul campo per delimitare le aree di battuta C ,T 2008, 133, fig. 32, BM ASH II R5. Per la rappresentazione della caccia al leone nella sala del trono B del Palazzo Nord-Ovest (B18-20): M 1981, 23, Taf. I. 423  Cfr. BM ASH II L4: C ,T 2008, 133, fig. 14. 424  B 1975, pl. XL. 421 

D B 2013, 70. 419  Un’altra raffigurazione di questa tipologia di scudo è rappresentata nel pannello 3b della sala del trono B, BM 124556 (A 2010, 108, fig. 87). 420  H 1965, Taf. 23 nos. 22-23. 418 

422 

161

E. Foietta, M. Mortarini e E. Quirico

di caccia. In genere, le reti vengono tenute tese tramite bastoni lignei collegati a tiranti o grazie al sostegno di attendenti di supporto al sovrano e ai membri della corte durante l’attività della caccia (Fig. 3.40.b, d). La scena più nota che richiama questa pratica è raffigurata su alcune lastre dell’ambiente S del Palazzo Nord in cui viene mostrata una battuta di caccia a cervi con l’ausilio di una rete che circoscrive una vasta area di parco425(Fig. 3.40.c). Lo scudo/ rete ha una trama a losanghe simile per certi versi alle reti rappresentate sui rilievi neo-assiri appena citati. L’assenza di una persona che sorregge questo elemento tra la teoria di carri e gli arcieri posti vicino alla città (c7) potrebbe anche essere un indizio verso questa interpretazione (Tav. VIII). D’altro canto, l’utilizzo di tale strumento all’interno della scena di caccia al leone e poi nella scena di battaglia, sembrerebbe piuttosto far protendere l’identificazione verso uno scudo, interpretazione che viene pertanto preferita nel presente studio.

- quello cosiddetto regolare, composto da soldati equipaggiati da elmi a punta bronzei, scudi rettangolari, lance, archi e spade; - quello “pesante”, che includeva arcieri corazzati con o senza scudo, equipaggiati da armature squamate e elmi a punta. La fanteria regolare era probabilmente composta da soldati reclutati tra la popolazione civile, mentre i membri della fanteria pesante erano per la maggior parte dei soldati “professionisti”. La fanteria assira del IX secolo a.C. sembra quindi dovesse essere composta pressoché interamente da soldati assiri. Dalla metà dell’VIII secolo a.C., conseguentemente al progressivo allargamento dell’impero, l’esercito si aprì a nuovi gruppi etnici, sotto forma di truppe ausiliarie e di mercenari, talvolta caratterizzati iconograficamente nelle raffigurazioni da elmi crestati, chiaramente distinti rispetto al tradizionale elmo a punta assiro. L’equipaggiamento dei fanti era generalmente composto da lance, spade, elmi a cresta, scudi circolari lignei e corazze che servivano per la protezione del petto426. A sostegno di un’interpretazione cronologica su base iconografica dell’elemento rappresentato, secondo le informazioni provenienti dai testi, così come dall’analisi delle lastre lapidee dei palazzi neo-assiri, è possibile riportare alcuni cambiamenti che caratterizzarono la fanteria assira tra il IX e il VII secolo a.C. Affrontando specificamente la rappresentazione iconografica dei differenti reparti militari appartenenti alla fanteria assira, T. Dezsö identifica una serie di sostanziali differenze che permettono di distinguere tra: una fanteria leggera regolare o ausiliaria427, una fanteria regolare428, una fanteria pesante (composta da arcieri a cui progressivamente si aggiungono frombolieri e soldati con asta)429, la guardia personale del sovrano e dei nobili appartenenti alla corte e, infine, gli ufficiali dell’esercito430. Sulla base della dotazione spesso attribuita a quest’ultimo reparto è possibile identificare alcune similitudini con il personaggio riportato sulla brocca da Nimrud. Si ritiene, infatti, che la rappresentazione della mazza potrebbe essere uno specifico attributo militare funzionale a indicare uno status elevato di appartenenza e, forse, una significativa autorità (Fig. 3.41.c). Gli ufficiali dell’esercito vengono solitamente rappresentati in marcia individualmente o a coppie, spesso di fronte ad un carro o dietro a un cavaliere. È possibile individuare una maggiore somiglianza iconografica in particolare con le rappresentazioni di ufficiali e generali su supporti databili tra il IX e la prima metà dell’VIII secolo a.C., quando

Cfr. scudo/rete A -Bande bronzee, BM 124699, BM ASH II, regno di Ashurnasirpal II, Porte del Palazzo, Balawat, R5, scene di caccia al leone e fante con scudo, C , T 2008, 133, fig. 32. -Rilievo lapideo, BM 124536, BM 124534, regno di Ashurnasirpal II, Palazzo Nord-Ovest, Sala B, B18-B20, caccia al leone da parte di Ashurnasirpal II, B 1914, pl. XII; M 1981, 23, Taf. I. -Rilievi lapidei, BM 124893-5, BM 124896-9, regno di Ashurbanipal, Ninive, Palazzo Nord, ambiente R, 7, rappresentazione di reti smontate, B 1975, pls. XL-XLI. -Rilievo lapideo, BM 124871, regno di Ashurbanipal, Ninive, Palazzo Nord, ambiente S, 22 (?), rappresentazione di caccia a cervidi con reti, B 1975, pl. XLIV. Personaggio a piedi con mazza/scettro A destra rispetto al quarto carro rappresentato sulla banda (c) viene raffigurato un personaggio a piedi con una mazza o uno scettro (Fig. 3.41.a, Tav. VIII). Si può identificare probabilmente la figura rappresentata come appartenente alla fanteria assira, unità tattica principale dell’esercito. Secondo la classificazione proposta da T. Dezsö e, come si può evincere facilmente dai rilievi di Ashurnasirpal II nel Palazzo Nord-Ovest o dalle bande bronzee del Palazzo di Shalmaneser III a Balawat, l’esercito assiro risultava composto durante il IX secolo a.C. da due principali contingenti di fanteria:

D D 428  D 429  D 430  D 426  427 

BM 124871 (Fig. 3.40.c): B 1975, pl. 126. Su questo stesso argomento si veda il paragrafo relativo al cervo.

425 

162

2012a, 23-24. 2012a, 25-52. 2012a, 53-98. 2012a, 99-113. 2012a, 115-142.

Decorazione

a

b

c

d

e

Fig. 3.41 - Personaggio a piedi con mazza o scettro: a - dettaglio del disegno della brocca in oro da Nimrud, banda (c), elaborazione grafica di C. Fossati; b-c - soldati appiedati con mazza o scettro dalle Porte di Balawat (registri IVa e IIIa) di Shalmaneser III (S 2007, 95, Taf. 19, Nr. III a, IV a); d - tipologia di scettri rappresentati diacronicamente nei rilievi assiri (M 1970, pl. XXXI); e - dignitari su una banda di un elmo assiro (B ,S 1995, 19, Abb. 10).

la caratterizzazione di questi personaggi sembra limitarsi a un corto gonnellino, alla mazza e in alcuni casi a un arco e/o a una spada. Con l’età di Sargon II l’abbigliamento e, in parte anche l’equipaggiamento militare, sembrano arricchirsi di dettagli ed elementi per questa tipologia di personaggi431. Attraverso il disegno della decorazione, non risulta tuttavia chiaramente ricostruibile l’abbigliamento rappresentato per il personaggio in questione. Si può forse notare la presenza di un gonnellino leggermente più lungo rispetto a quello che caratterizza gli arcieri presenti sulla stessa fascia. La semplicità dell’equipaggiamento, tuttavia, limitato allo scettro/mazza, sembra mostrare, come già indicato, un’analogia maggiore con gli ufficiali della fase iniziale dell’impero neo-assiro. Il personaggio presenta confronti estremamente diffusi. Si possono presentare alcuni esempi raffigurati sulle Porte bronzee di Balawat sia di Ashurnasirpal II (Palazzo e Tempio di Mamu) sia di Shalmaneser III432 (Fig. 3.41.b), anche se in questi casi il personaggio non sembra sempre indossare l’elmo, riscontrabile forse nel disegno della banda prodotto dagli archeologi iraqeni, ma anche su numerosi rilievi palatini riferibili ad Ashurnasirpal II433 (Tav. VIII). Pure su altri reperti bronzei di fattura assira si riscontra lo stesso tipo di soldato rappresentato anche in questo caso a capo scoperto. Particolarmente interessante può essere ad esempio il confronto con la rappresentazione presente su di un elmo assiro proveniente dal mercato antiquario434 (Fig. 3.41.d).

Un altro confronto che è utile presentare si individua, inoltre, su di un frammento di vaso invetriato proveniente dal Palazzo Nord-Ovest e databile al regno di Ashurnasirpal II. In questo caso, al di sopra di una guilloche, è rappresentata una processione connessa a riti compiuti dopo una vittoria militare o dopo una battuta di caccia regale. La processione è costituita dal sovrano diretto verso un personaggio con lunga veste e da due attendenti di cui il secondo con corta veste ed elmo a punta435. Fanti appiedati in parte confrontabili con quelli della brocca da Nimrud, si riscontrano anche su numerosi bronzi di produzione urartea, ad esempio, su alcuni frammenti di cinture, anche se in questi casi la rappresentazione di mazze potrebbe confondersi, talvolta, con quella di corte lance436. In conclusione, in base alle caratteristiche iconografiche questo personaggio potrebbe dunque essere identificato con un generale dell’esercito assiro. Cfr. A -Rilievo lapideo, BM 124551, Nimrud, Palazzo Nord-Ovest, sala del trono B, rappresentazione di Ashurnasirpal II su carro in trionfo militare, preceduto da soldato che trattiene le redini dei cavalli e soldato con mazza ed elmo a punta, B 1914, pl. XVII. -Rilievi lapidei, BM 124541-43, Nimrud, Palazzo Nord-Ovest, sala del trono B, rappresentazione del trasporto del carro del sovrano attraverso un fiume, di fronte ad alcuni soldati appiedati di cui uno con mazza, B 1975, pls. 21-22. -Rilievo lapideo, BM 124558, Nimrud, Palazzo NordOvest, sala del trono B, rappresentazione di fanti e cavalieri in marcia su terreno montuoso, B 1975, pl. 38. -Banda bronzea, BM ASH II L6, Balawat, Palazzo di Ashurnasirpal II, rappresentazione di processione di prigionieri da Hatti accompagnati da soldati assiri, C ,T 2008, 119, fig. 18.

D 2012a, 143-227. Per quanto concerne le Porte di Ashurnasirpal II: C , T 2008, 119, fig. 18 (BM ASH II L6), 123, fig. 22 (BM ASH II L8), 182, fig. 82 (BM II R5). Per le Porte di Balawat di Shalmaneser III, tra gli esempi possibili si citano i dettagli dei registri IIIa, VIIb, Xa, XIa: S 2007, 96, Taf. 20 IIIa, VIIb, Xa, XIa, 9, pl. 21 Vb, 304, pl. 12. 433  Si propongono alcuni esempi dal Palazzo Nord-Ovest: BM 124551, sala del trono B, rappresentazione di Ashurnasirpal II su carro in trionfo militare, preceduto da un soldato che trattiene le redini dei cavalli e un soldato con mazza e elmo a punta (B 1914, pl. XVII); BM 124541-43, sala del trono B, rappresentazione del trasporto del carro del sovrano attraverso un fiume, di fronte ad alcuni soldati appiedati di cui uno con mazza (B 1975, pls. 21-22); BM 124558, sala del trono B, rappresentazione di fanti e cavalieri in marcia su un terreno montuoso (B 1975, pl. 38). 434  Sulla rappresentazione figurata di questa banda si veda: B , 431  432 

S

1995, 11-52. BM ME 90859 (T 2014a, 66). 436  Si propongono come esempi: K 1991, Taf. 35, 46, Nr. 117, 182; S 2004, br-11, 152, Abb. 106; 103, Abb. 74; B 1963, 197-198, figs. 46-47. 435 

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E. Foietta, M. Mortarini e E. Quirico

a

b Fig. 3.42 - Trama a losanghe con puntino: a - dettaglio della brocca in oro da Nimrud, banda (d); b - vasi provenienti dai Tumuli K-III e W di Gordion (S ,S 1985, nos. 160-161).

-Banda bronzea, BM ASH II L8, Balawat, Palazzo di Ashurnasirpal II, rappresentazione di processione di prigionieri da Hatti accompagnati da soldati assiri, C ,T 2008, 123, fig. 22. -Banda bronzea, BM ASH II R5, Balawat, Tempio di Mamu, rappresentazione del sovrano e di dignitari assiri che ricevono il tributo da Azamu, C , T 2008, 183, fig. 82. -Banda bronzea, Balawat, Palazzo di Shalmaneser III, rappresentazione della presa di Sugunia, S 2007, 244, Taf. 1. -Banda bronzea, Balawat, Palazzo di Shalmaneser III, rappresentazione della presa di Kulisi, S 2007, 234, Taf. 10. -Elmo in bronzo, rappresentazione di processione di dignitari assiri, B ,S 1995, 11-52. -Frammento di ceramica invetriata, Nimrud, Palazzo Nord-Ovest, rappresentazione di processione dopo una vittoria militare o venatoria composta dal sovrano, diretto verso un personaggio con lunga veste e attendenti, il secondo con corta veste ed elmo a punta, T 2014a, 66.

U -Cinture bronzee, rappresentazione di soldati appiedati, K 1991, Taf. 35, 46, Nr. 117, 182; S 2004, br-11, 152, Abb. 106, 103, Abb. 74; B 1963, 197-198, figs. 46-47. Analisi della banda (c) Il blocco (c6) si chiude con la rappresentazione di un cavaliere e un carro diretti verso la città/fortezza, sotto i quali si dispongono figure umane decapitate, chiude la scena la raffigurazione di uno scudo/rete. Il blocco (c7) si apre con la rappresentazione di tre arcieri stanti rivolti verso i carri, il cavaliere e il personaggio appiedato precedentemente descritti. Analisi della banda (d) Il registro (d) è composto da una fascia figurata con scena di carattere venatorio simile a quella analizzata nella banda (a) delimitata da due fasce a embricatura. Per l’analisi degli arcieri, delle palmette, del cervo e dell’embricatura rappresentati si vedano i paragrafi relativi. In questa fascia a differenza della banda (a) compare la raffigurazione di un cane che bracca un cervo.

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Decorazione

a

b

Fig. 3.43 - Petali con tre elementi a goccia: a - dettaglio della brocca in oro, banda (d); b - coppa in argento da Nimrud (M 1966, 74, fig. 357).

rilievi di Ashurnasirpal II442 (Tav. XIV).

Trama incisa a losanghe Al di sotto della banda (d) è presente una fascia decorata con una trama incisa a losanghe caratterizzata dalla presenza di un puntino inciso all’interno (Fig. 3.42.a). Questo motivo decorativo è uno dei più ricorrenti nella pittura vascolare della fase Antico Frigia del sito di Gordion (Fig. 3.42.bc). Esso si dispone sulla superficie dei vasi in campi orizzontali o verticali ed è particolarmente frequente nelle forme appartenenti alla Brown-on-Buff Ware e alle classi ad essa affini. Il dotted crosshatching è attestato a partire dalla metà del IX secolo a.C. (EPB V) ed è molto diffuso nel Destruction Level e nella fase successiva (Post-Destruction Level)437. Rispetto al crosshatching semplice, motivo ancor più popolare e riconducibile alla koiné siro-anatolica, esso è poco attestato al fuori di Gordion438, suggerendo un’origine e una diffusione prevalentemente frigie439. Questo motivo è frequente sulle side-spouted sieve jugs dipinte440, dove orna preferibilmente il collo, la spalla, il corpo del vaso, il versatoio, la superficie esterna dell’ansa; raramente è impiegato per decorare la porzione inferiore del vaso in prossimità del piede come nell’esemplare oggetto di questo studio441. Infine, un confronto parziale per la raffigurazione della trama a losanghe, sebbene priva di puntino centrale, si rinviene in area assira, ad esempio in alcune bande decorate degli abiti rappresentate nei

Si sviluppa al di sotto della banda geometrica a losanghe una fascia decorata a guilloche, precedentemente descritta, e una banda composta da una successione di petali disposti a corona intorno alla base, decorati internamente da tre gocce sovrapposte in senso verticale (Fig. 3.43.a). Un confronto interessante per questo motivo decorativo è individuabile sulla base di una coppa in argento proveniente da Nimrud e attualmente conservata presso l’Iraq Museum (Fig. 3.43.b). Questo reperto è caratterizzato all’esterno da baccellature con protomi in forma di leone saldate e, secondo M. Mallowan, sarebbe databile all’VIII secolo a.C. Secondo lo Studioso, questo vaso metallico sarebbe da porre in rapporto con il saccheggio del Regno di Urartu compiuto da Sargon II443. Dai tumuli di Gordion provengono numerose coppe ombelicate in metallo che presentano sul fondo una lavorazione a petali di forma allungata e spesso organizzati in più ordini sovrapposti444. Nessuna di esse, però, sembra confrontabile con il motivo che decora la parte inferiore della brocca da Nimrud, nella quale i petali sono poco rilevati, mostrano l’estremità superiore arrotondata e presentano una particolare caratterizzazione con gocce al loro interno.

Per le varie fasi di Gordion e il Destruction Level, si veda il capitolo relativo alla forma. 438  Alcuni esempi si trovano nella ceramica di Alişar Hüyük (V O 1937, fig. 444, no. 25; fig. 449, no. 10). 439  S 1994, 148-149. 440  Si propongono alcuni esempi: A 1955, Taf. 11a-b, 12ab, 14a-b, 16ab, 20a-b; Y 1981, TumW 61, TumW 62, pl. 92; S 1994, 1044, 1045, 1047, pl. 99. 441  Tra i materiali editi sembra potersi individuare un solo esemplare, rinvenuto nel Tumulo W (Y 1981, TumW 61, pl. 92). È necessario precisare, però, che la porzione inferiore del corpo dei recipienti non è sempre ben visibile in fotografia.

C 1971, pl. XIIId-e, pl. XIVa-e. L’oggetto è stato rinvenuto sotto la pavimentazione dell’ambiente C6 di Forte Shalmaneser (M 1966, 428-429, fig. 357; S 2005, 252, fig. 12). 444  Si pensi soprattutto a quelle rinvenute all’interno del Tumulo MM (Y 1981, pl. 68-70) e all’esemplare proveniente dal Tumulo J, datato alla fine del VII secolo a.C. (K 1995, Tum J 2, pl. 35). Una coppa in vetro caratterizzata da un solo ordine di petali arrotondati, invece, è stata portata alla luce nel Tumulo P (Y 1981, 32, TumP 48, pl.15; J 2005, 104108, fig. 8-3)

I petali

437 

442  443 

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E. Foietta, M. Mortarini e E. Quirico

Tra i reperti ceramici provenienti da Gordion445 e da Alişar Höyük446, alcuni esemplari riferibili a diverse forme vascolari mostrano una simile scelta decorativa, all’origine della quale non è da escludere un’imitazione del vasellame in metallo447. Questa decorazione si sviluppa a partire dal piede in forma di lunghi e ampi petali, lisci o campiti in vario modo, che giungono a occupare parzialmente o interamente il corpo del vaso. Laddove sia possibile dedurlo dal materiale edito, la tridimensionalità di questi elementi è ottenuta premendo con le dita sul lato interno della parete o modellando la superficie esterna448. Petali in bande privi però della triplice goccia interna, sono riscontrabili diffusamente sia in area assira sia nelle aree limitrofe, ad esempio, come decorazione della base o della parte inferiore di alcuni vasi in pietra di periodo neo-assiro449 e nel tondo centrale di alcune coppe metalliche, generalmente denominate come levantine e rinvenute nel bacino del Mediterraneo450. 3.4 A

3.44.a-b). Il collo è coperto da scaglie simili nella resa all’embricatura presente nelle bande decorate del recipiente. Tra i due tubuli saldati che costituiscono l’ansa sul lato esterno vi è una decorazione a granulazione costituita da grandi granuli aurei (Tavv. V-VII). La testa dell’animale viene delimitata da due piccole bande geometriche con lineette oblique (Fig. 3.44.b). Numerose specie di serpente vivevano in antico in Mesopotamia, come si può facilmente comprendere dalle quattordici tavolette della serie HAR.RA in cui viene indicato un lungo elenco di rettili e animali pericolosi. In questa serie, però, come spesso accade in tali tipi di testi, non si è in grado di determinare in modo preciso la specie dell’animale a causa della mancanza di descrizioni. Dal punto di vista generale, secondo C. Breniquet, nell’arte mesopotamica, il serpente è collegato nella maggior parte dei casi agli elementi dell’acqua e della terra e, quindi, per estensione a significati di fertilità e rinascita452. Per l’Autrice infatti l’antico costume di periodo Ubaid di porre all’interno delle tombe nel corredo funebre statuette ofidie potrebbe essere spiegato «by the fact that the deads are connected to the underground world, the one springing water, inhabited by reptiles and water animals»453. Sigilli con raffigurazioni di serpenti compaiono sin dal periodo Uruk e Ubaid e si incontrano anche nei livelli inferiori del Cimitero Reale di Ur 454. Serpenti con spire arrotolate sono raffigurati sul vaso di Gudea dedicato a Ningirsu oltre che su numerosi reperti provenienti dal Tempio di Ningizzida a Girsu, tra i quali, ad esempio, un coperchio in steatite conservato attualmente presso il Musée du Louvre455. Numerose rappresentazioni di questi rettili si incontrano ancora durante il III e II millennio a.C. su vari supporti (vasi, sigilli, statue) e vengono diffusamente citati da E.D. Van Buren nella sua pubblicazione del 1939, opera ancora oggi imprescindibile per chiunque voglia studiare l’iconografia degli animali nel Vicino Oriente456. Sfortunatamente, molte di queste raffigurazioni risultano estremamente schematiche e impediscono una chiara comprensione del taxon dell’animale. Per quanto riguarda la testina della brocca, alcune caratteristiche e dettagli sembrano distinguerla dalle iconografie più diffuse. La presenza di riccioli sulla testa e la conformazione del muso potrebbero far pensare ad una prima valutazione alla vipera cornuta (Cerastes cerastes), specie ampiamente diffusa nel Vicino Oriente, piuttosto che ad altri rettili457.



L’ansa presenta una protome di dragone saldata sul bordo (Fig. 3.44.a-b) e una protome leonina che termina sul punto di maggiore diametro del corpo del recipiente (Tavv. I-III, V-VI, Fig. 3.45.a-b). Essa è composta da due tubuli aurei saldati, probabilmente cavi, che vengono nascosti da una lamina aurea rivettata sul lato interno verso il recipiente451. Il dragone Il dragone, posto nella parte superiore del vaso, è raffigurato nell’atto di stringere fra le fauci l’orlo della brocca. Il muso è allungato, le narici sono a ricciolo, mentre la testa ampia mostra tre ricci (Fig.

445  Y 1981, TumP 76-77, pl. 20; K 1995, TumG 7, pl. 21. TumP 76-77 sono le uniche side-spouted sieve jugs note a presentare una simile decorazione, che in esse si trova raddoppiata e capovolta al di sotto del bordo. 446  V O 1937, e1346, fig. 410, d2000, fig. 412, fig. 442, nos. 19-20. 447  S 1994, 120-1. 448  Vi sono, inoltre, esempi in cui i petali sono solo dipinti sulla superficie senza essere a rilievo (S 1994, 120-1, nota 23). 449  Ad esempio, un recipiente in pietra datato al IX-VII secolo a.C. e conservato presso il British Museum, BM 118444: S , R ,F 2008, 80, fig. 53, no. 538. 450  Ad esempio, le coppe bronzee provenienti da Arkades (M 1985b, 240, Cr12, 241, Cr13), da Idalion (M 1985b, 247, Cy3, 248, Cy4), da Kourion (M 1985b, 260, Cy9, 261, Cy10, 262, Cy11), da Armou (M 1985b, 272273, Cy22), da Preneste (M 1985b, 289, E4) - per questa coppa si veda anche N 2000 - da Atene (M 1985b, 312314, G1), da Delfi (M 1985b, 320-323, G4), da Sparta (M 1985b, 328-329, G8), dall’Iran (M 1985b, 332, Ir3, 334, Ir6, 335, Ir8, 345, U3, 346, U4, 347, U6), da Kameiros (M 1985b, 339, R1). 451  A questo riguardo si veda il Capitolo 2, Paragrafo 2.

B 2002, 164. B 2002, 164. 454  V B 1939, 97-98. 455  A -S 2003, 442-443. 456  V B 1939, 97-101. 457  V B 1939, 99. Per alcune raffigurazioni di questo rettile su sigillo: K -B 2014, 81, Nr. 244-248, Taf. 47. 452  453 

166

Decorazione

a

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g

h

Fig. 3.44 - Protome di dragone: a-b - dettagli dell’attacco d’ansa della brocca in oro da Nimrud; c - cucchiaio rinvenuto nel pozzo AJ, Nimrud (IM 79601) (O ,O 2001, 103, fig. 61); d - dettaglio di situla urartea con manico a testa di serpente (Schaffhausen, Museum zu Allerheiligen) (W 1993, pl. 78); e - testina in pietra facente parte di un cucchiaio, proveniente dal mercato antiquario (S ,R ,F 2008, pl. 55, no. 576); f - foderi con terminale in forma di serpente da un rilievo del Palazzo Nord di Ashurbanipal a Ninive (BM 118918) (M 1970, pl. 23, no. 7); g - sigillo (BM 89589) proveniente dal mercato antiquario (C 2001, pl. XXIV, no. 285); h - dettaglio di akinakes da Kelermes (B 2006, 117, fig. 5).

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Questo animale veniva chiamato muš-šà-tùr/bašmu che etimologicamente in accadico significa “la dea serpente del parto”, da non confondere con l’essere mitico ušum/bašmu che verrà analizzato più avanti. Un’ipotesi alternativa, ritenuta altamente probabile, è che l’animale rappresentato non fosse da intendere come un essere reale, quanto piuttosto come un animale mitologico, collocabile in base alle sue caratteristiche nella classe dei dragoni serpentiformi. Serpenti e dragoni sono gli animali-attributo di numerose e importanti divinità in Mesopotamia, basti ricordare Ashur per quanto riguarda l’Assiria e Marduk e Nabu per la Babilonia458. La caratterizzazione dei tre ricci sulla testa dell’animale potrebbe richiamare in particolare il dragone-serpente ušum/bašmu o corrispondere al ben più noto e conosciuto, anche a livello iconografico, mušhuššu459 o piuttosto al mušmapu o ancora all’ušumgal. Il dragone ušum/bašmu, etimologicamente “serpente velenoso”, corrisponderebbe secondo J. Black e A. Green alla vipera cornuta (muš-šà-tùr/bašmu). In realtà, come indica correttamente F.A.M. Wiggerman, l’ušum/bašmu è un animale che pur presentando muso simile alla vipera cornuta, dispone di quattro zampe, caratteristica che lo fa chiaramente rientrare all’interno della classe degli esseri fantastici. Questo particolare dragone era simbolo di Ninazu e Ningizzida, divinità ctonie legate a principi e significati di rigenerazione. Inoltre, in alcuni cicli mitologici, bašmu si trova in connessione a Ninurta, dio guerriero oggetto di particolare devozione durante il I millennio a.C., perché ucciso proprio da questa stessa divinità durante una delle sue imprese460. Ritornando a Ningizzida, va ricordato che il dio viene anche collegato in vari testi al vino, ma soprattutto alla birra, al pari degli dei a cui spesso questa bevanda è dedicata, ossia Širis e Nin-kasi461. La scelta del dragone o serpente, alla luce di questo legame simbolico potrebbe legarsi al particolare liquido forse alcolico o medicamentoso, a cui il recipiente doveva essere destinato462. Il mušhuššu, “furioso dragone” o “tremendo serpente”, nonostante la sua origine e diffusione babilonese, testimoniata, ad esempio, dalla decorazione presente sulla Porta di Ishtar di Babilonia, era noto anche nel repertorio iconografico della Mesopotamia settentrionale come testimoniano le fonti regali assire che attestano come statue in foggia di dragone-mušhuššu in oro adornassero il

trono del dio Ninurta all’epoca di Ashurnasirpal II a Nimrud (A.0.101.30)463. Altri dragoni: il mušmapu e l’ušumgal sono inoltre citati nei testi mesopotamici464. Il mušmapu era un essere mitologico con più teste in forma di serpente, simile all’iconografia dell’idra classica mentre l’ušumgal - il cui nome è etimologicamente traducibile con l’espressione “il primo tra i serpenti velenosi” - aveva come caratteristica principale quella di essere uno spietato uccisore il cui terribile morso velenoso intimoriva perfino gli dei. Proprio per tale motivo il termine ušumgal viene utilizzato come epiteto per alcune divinità e sovrani neo-assiri465. Molti dei dragoni citati facevano inoltre parte degli undici esseri mostruosi creati da Tiamat nell’Epica della Creazione466. Definire quale di queste tipologie di dragone sia rappresentata sull’ansa della brocca di Nimrud è complesso, considerando soprattutto l’esclusiva rappresentazione della testa dell’animale. Già la sola elencazione che è stata presentata ha mostrato di per se stessa la complessità e il gran numero di esseri fantastici con caratteristiche serpentiformi che popolavano l’immaginario vicino-orientale e il fatto che essi fossero collegati (direttamente o indirettamente) tanto a specifiche divinità, quanto talvolta alla figura stessa del sovrano assiro. Si potrebbe essere tentati vista la presenza tra gli epiteti regali di Ashurnasirpal II e Shalmaneser III dell’attributo di ušumgallu ekdu, ovvero “fiero dragone”, e più semplicemente di ušumgallu467, di interpretare l’animale rappresentato sulla brocca nella classe degli esseri mitologici, quali l’ušum/ bašmu, il mušhuššu o l’ušumgal, piuttosto che di valutare questo rettile come una vipera cornuta, animale meno attestato nel repertorio iconografico e testuale mesopotamico. Nell’arte neo-assira e dei regni limitrofi, su differenti tipi di supporto compaiono raffigurazioni sia di vipera cornuta sia di questi esseri soprannaturali. Di seguito verrà mostrata una selezione di esempi rilevanti in questo senso. Un cucchiaio foggiato in osso e pietra, rinvenuto all’interno del pozzo AJ del Palazzo Nord-Ovest di Nimrud, mostra una protome in forma di serpente/dragone con scaglie rese a incrostazione (Fig. 3.44.c). Essa è posta nella parte inferiore del cucchiaio in corrispondenza dell’attacco del manico. Alcuni elementi stilistici sono comuni al dragone

B ,G 1992, 40. D 2007, 88. 460  Su Ninurta nella glittica neo-assira, in cui il dio compare al di sopra di un dragone: C 2001, 148-152. Per alcuni sigilli con la medesima iconografia da Assur: K -B 2014, 78-79, Nr. 220-221. Sull’eroe Ninurta e il rapporto con la caccia: D 2006. 461  W 1998-2001b, 370. 462  Si veda il Capitolo 2, Paragrafo 2.

«I stationed bronze ... on his right and left, (and) installed wild ferocious dragons of gold at his throne», G 1991, 291. 464  D 2007, 88. 465  W 1992, 167. 466  W 2008, 82-84. 467  K 2013, 77, 107, 236, 238, 322, 332. Questo titolo compare anche all’interno dell’iscrizione posta sul bordo delle Porte del Palazzo di Ashurnasirpal II a Balawat: S 2008, 46.

458 

463 

459 

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Decorazione

della brocchetta in oro proveniente da Nimrud, quali la simile resa delle fauci dell’animale terminanti a ricciolo e la comune rappresentazione del rettile nell’atto di mordere. La parte apicale del manico del cucchiaio in pietra ha la forma di una figura maschile, che è stata interpretata da G. Herrmann per la presenza della barba acconciata e del particolare copricapo (fez) con il sovrano stesso468 . Una testina frammentaria di dragone in pietra è stata pure rinvenuta presso il sito di Balawat ed è attualmente conservata tra le collezioni del Metropolitan Museum of Art di New York. Il reperto, di cui si conosce solo il centro di rinvenimento, viene datato al IX secolo a.C.469. Il dragone è anche rappresentato nella glittica assira su sigilli con scene di carattere mitologico o in connessione a specifiche divinità470, ad esempio in alcune scene eroiche di Ninurta. Nella glittica compaiono singolarmente o in scene più articolate sia l’ušum/bašmu (dragone), sia la vipera cornuta471. Entrambi gli esseri (vipera e dragone) si ritrovano anche nelle figurine di fondazione rinvenute a Nimrud, Assur e Ur472. Un altro caso di particolare rilievo che vale la pena di ricordare riguarda due bracciali costituiti da quattro e sei tubuli aurei saldati con chiusura in forma di serpente che sono stati rinvenuti all’interno del medesimo sarcofago della brocca aurea (Sarcofago 2, Tomba III). Sul muso dell’animale, la cui definizione delle scaglie viene prodotta grazie alla creazione di alveoli riempiti da pietre blu-verdi, sono presenti degli occhielli che permettevano la chiusura del bracciale attraverso un piccolo spillone d’oro473. Il ritrovamento di questi reperti dimostra come questo soggetto fosse presente, assieme ai più comuni bracciali con terminali in forma di capride e leone nell’oreficeria di corte. Dragoni con narici a ricciolo si riscontrano anche sui rilievi dei palazzi neo-assiri sia come terminali di bracciali (datati tra il IX e l’VIII secolo a.C.474) sia come parte finale di foderi di spada e pugnale475 (Fig. 3.44.f). Un esempio riguardante quest’ultimo caso può essere la rappresentazione di un genio lahmu dalle fattezze umane, ritrovato sul rilievo della porta a della sala B del Palazzo Nord di Ashurbanipal (IM 118918), caratterizzato da lunghi ricci e ritratto nell’imbracciare una lancia, suo attributo tipico. Questo cucchiaio (IM 79601) è conservato Museum (O , O 2001, 103, fig. 61; S ‘I ,H 2009, 228, no. 1.4). 469  MMA 57.27.11, IX secolo a.C. 470  C 2001, pl. XXIV, no. 285, (Fig. 44.g). 471  M 1940, nos. 689-695; C 2001, nos. 41-46. 472  R 1977, 114-116, 122. 473  H , S 2000, pic. 184b, H 148. 474  H 1965, 57-58, Taf. 9, no. 11. 475  M 1970, pl. 23, nos. 3, 7. 468 

Il terminale del fodero del genio ha la forma di un dragone con due riccioli allungati sulla testa che lo avvicinano molto alle rappresentazioni del noto mušhuššu. La scelta di raffigurare il dragone in questo caso è collegata al valore apotropaico e simbolico dello stesso che viene rappresentato, non casualmente, sul fodero dell’arma del genio. Anche nel vicino Regno di Urartu è diffusa la rappresentazione di serpenti/dragoni (Fig. 3.44.d). Numerose situle presentano sul manico terminali serpentiformi, dimostrando come il valore simbolico, apotropaico e di purificazione, collegato a questo animale, fosse simile anche in quest’area476. Secondo R. Mehvka, le situle urartee databili sulla base di alcune iscrizioni al regno di Ishpuini (883-859 a.C.) sarebbero caratterizzate da attacchi in forma di grifone, mentre, forse con il regno di Menua (810-786 a.C.), l’iconografia sembrerebbe cambiare in favore di attacchi in forma di serpente477. Anche la situla studiata da U. Seidl e conservata in una collezione privata iraniana presenta terminali in forma di serpente e, per tale motivo, potrebbe trattarsi di un oggetto di fattura urartea o di un’imitazione di questa classe di oggetti478 (Tav. X). Bracciali e elmi in bronzo urartei mostrano rappresentazioni di serpenti/dragoni spesso più stilizzati rispetto alla testina della brocchetta in oro479. Quattro bracciali con terminali di questo tipo sono stati rinvenuti all’interno della Tomba Ka 21 di Van/Kalecik che conteneva i resti di uno scheletro maschile480. Un ulteriore esempio da tenere in considerazione può essere rappresentato da un elmo bronzeo, parzialmente conservato, rinvenuto a Burmageçit (Turchia sud-orientale), che mostra bande con un motivo a embricatura simili a quelle del recipiente in oro da Nimrud e quattro archi a repoussé terminanti con la rappresentazione di teste serpentiformi raffigurate di profilo481. Per completezza si deve asserire che anche nell’area siriana durante il primo millennio a.C., si hanno, sebbene con minor frequenza, rappresentazioni di serpenti su alcuni supporti; esse tuttavia risultano, dal punto di vista stilistico, poco confrontabili con l’attacco in forma di dragone della brocca di Nimrud. Un esempio può essere una testina in pietra utilizzata come supporto per la parte terminale di un cucchiaio, acquisita al mercato antiquario da L. Woolley ad Aleppo482 (Fig. 3.44.e). Il serpente mostra squame su tutto il muso ed è raffigurato con un’espressione

presso l’Iraq , S ’ -

Per una situla di questa tipologia si veda: K 1980; 1993, pl. 78. Per quanto riguarda le situle urartee: 1991. 477  M 1991, 216, 220. 478  S 1985. 479  Per i bracciali: K 2008. 480  Č 2011, 261, nota 4. 481  S 1985, 73, Abb. 33. 482  S ,R ,F 2008, 86, no. 576, pl. 55. 476 

W M

46-47, pl. IV, 2016, 36, pl.

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particolarmente minacciosa. Considerando, al pari di quest’ultimo, l’altro caso che abbiamo citato vale a dire il cucchiaio proveniente dal pozzo AJ di Nimrud - le rappresentazioni di serpenti o dragoni su simili supporti potrebbero essere un indizio del collegamento tra questi animali e alcuni medicamenti magico-religiosi (uso di veleni?), somministrati probabilmente attraverso tale strumento. Va ricordato altresì per ricollegarsi a quanto detto in precedenza a proposito del dio Ninazu, che questa divinità ctonia, già citata in relazione al “furioso serpente”, rientrava anche nel novero degli dei-guaritori483. L’iconografia specifica di questo dragone passò probabilmente, grazie alla mediazione di Urartu, anche alle popolazioni del Caucaso e delle steppe asiatiche che, a partire dalla fine dell’VIII sec. a.C. iniziarono a rappresentare questo animale adottando varianti stilistiche rilevanti rispetto all’iconografia mesopotamica. R.M. Boehmer, proprio per la particolare resa delle scaglie sul dorso del dragone, ha proposto un confronto tra la testina della brocchetta di Nimrud e un essere simile che viene rappresentato a repoussé e con dettagli a incisione su di un fodero in oro di akinakes da Kelermes. La produzione dell’oggetto è scita anche se presenta soggetti e temi di tradizione vicino-orientale e più specificamente assiro-urartea. La datazione dell’akinakes è dibattuta e compresa tra la fine dell’VIII e la metà del VII secolo a.C. (Fig. 3.44.h)484. R.M. Boehmer ha proposto che la similitudine tra le rappresentazioni dei due oggetti fosse tale da poter supporre una possibile realizzazione all’interno di una stessa bottega e perfino da parte dello stesso artigiano485. Questa valutazione si ritiene che debba essere quantomeno rivista sulla base dei numerosi confronti proposti provenienti soprattutto dall’Assiria e anche da Urartu, e in particolare alla luce dei dettagli iconografici e stilistici puntuali rintracciati.

presentati alcuni confronti significativi a tutto tondo e in metallo, soffermandosi su alcuni particolari della resa stilistica ritenuti particolarmente interessanti ai fini della ricerca. Il muso del leone dell’ansa è molto corrucciato in corrispondenza delle fauci, gli occhi sono grandi, allungati a forma di mandorla; la criniera, che si estende per un piccolo tratto dell’ansa, è ondulata e resa a incisione mentre le orecchie sono rappresentate all’indietro nella tipica posa del felino che si prepara ad attaccare la preda. Nel punto di inserzione dei tubuli dell’ansa è presente all’esterno una decorazione a granulazione saldata e, come nel caso della testina di dragone, si rinvengono due bande caratterizzate da linee oblique incise per indicare l’inizio della parte non decorata (Fig. 3.45.a-b). È interessante rilevare fin da subito che un leone rappresentato nella medesima posizione si può individuare su di un elmo “assiro” appartenente alla collezione Axel Guttmann e proveniente dal mercato antiquario. Il felino si trova nella parte centrale dell’elmo mentre a lato archi a repoussé terminano con testine di profilo in forma di ariete e serpente. Tutto intorno è presente una complessa decorazione a incisione in cui compaiono guilloche e rosette, ovvero simboli che rimandano al tema dell’abbondanza, mentre in basso, al di sotto del leone, viene raffigurata l’incoronazione del sovrano assiro da parte di due divinità con geni a lato del tipo apkallu a testa d’aquila486 (Fig. 3.45.f). Il leone, più schematico nella resa, mostra la stesso muso corrucciato presente sul vaso aureo di Nimrud. Sfortunatamente non è possibile comprendere, a causa dell’importante degrado del bronzo, se la criniera rappresentata fosse mossa, come nel caso della protome in oro. Leoni con caratteristiche similari sono stati rappresentati anche sui terminali di alcuni bracciali in oro provenienti dalla Tomba II e dal Sarcofago 1 della Tomba III487 (Fig. 3.45.c). I felini, riprodotti su protomi a tutto tondo complete, sono simili al leone della brocca, anche se va detto che la criniera viene resa in modo più rigido e schematico attraverso l’impiego di piccoli triangoli incisi. Il confronto, fra questi oggetti di alta oreficeria, è anche di natura tecnica e non solo stilistica poiché entrambi sono composti da tubuli aurei saldati488. Dalla Tomba II provengono pure bracciali o armille rigide in oro con rappresentazioni di teste di leone con criniera e occhi alveolati per le incrostazioni (Fig. 3.45.d). Il muso è contratto, gli occhi sono dilatati nella caratteristica rappresentazione del leone che attacca. Grazie alla diversa forma degli alveoli, la criniera intarsiata di turchesi mostra un movimento maggiore rispetto

Il leone La simbologia e l’analisi iconografica di questo elemento sono già state affrontate all’interno di questo stesso capitolo nella parte di analisi del registro (c) in cui compare la scena di caccia a tale animale. In questa sezione, pertanto, verranno esclusivamente

W 1992, 152; W 1998-2001a, 331. All’interno della stesso Sarcofago 2 della Tomba III sono stati rinvenuti i frammenti di due cucchiai in legno (IM 126279), uno estremamente corto terminante con una protome di capride (H ,S 2000, pic. 173; H 2016, 38, pl. 154ab). Terminali in forma animale dovevano essere comuni nel servizio da mensa assiro, come dimostra una forchetta da Ninive con protome suina (S 2014, 147). 484  B 2001, 58, 65, Taf. 4, 7b. Sulla datazione dell’akinakes e degli altri reperti provenienti dal Kurgan di Kelermes: M 1997. 485  B 2001, 58-60. 483 

B ,S 1995, 11-12, Abb. 1; B ,V fig. 39. 487  H ,S 2000, pics. 65, 184b; H 21, pl.73b, 31, pl. 122a 488  C 2008a, 112, fig. 14-l. 486 

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2006, 57, 2016, 20-

Decorazione

c a

b

d

e

f

Fig. 3.45 - Protome leonina: a-b - dettaglio dell’attacco inferiore dell’ansa della brocca in oro da Nimrud; c - bracciali in oro dalla Tomba III di Nimrud (http://www.baghdadmuseum.org; ultima visualizzazione: 26/12/2013); d - bracciali in oro e pietre dure dalla Tomba II di Nimrud (http://www.baghdadmuseum.org; ultima visualizzazione 05/01/2014); e - piede di candelabro urarteo (A 1968, pl. 48); f - dettaglio di elmo assiro (B ,S 1995, 37 Taf. III).

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agli esemplari richiamati in precedenza interamente in oro, avvicinandosi di più alla criniera del leone presente sull’ansa del recipiente aureo in analisi489. Fino al regno di Ashurbanipal, rappresentazioni di questi gioielli con terminazioni leonine compaiono sui rilievi parietali indossati dal sovrano in scene di battute di caccia al leone490 e, quindi, con valenza benaugurante e apotropaica491. Una significativa similitudine si riscontra anche con la coppa Nm10 da Nimrud, caratterizzata da una baccellatura con protomi saldate in forma di leone. Questa coppa, si ricorda, presenta confronti interessanti anche per altri elementi della decorazione tra cui la petalatura e la rappresentazione stilistica dei capridi dei fregi492 (Fig. 3.43.b). Situle a testa leonina in parte confrontabili alla decorazione dell’ansa vengono rappresentate nei rilievi di Sargon II, in particolare nelle lastre delle stanze II e VII di Khorsabad, dove gli oggetti vengono utilizzati da servitori per attingere un liquido, probabilmente vino, da un grande calderone mentre dignitari assiri sorseggiano la stessa bevanda in piedi o seduti, utilizzando simili contenitori. Secondo J.E. Curtis, il contesto suggerirebbe che questa tipologia di vasi in forma di leone dovesse essere in uso nella corte durante questo periodo e che non fosse quindi da interpretare questa particolare classe come il frutto di un tributo o di un bottino di guerra493. Un esemplare di situla in bronzo a forma di testa di leone, confrontabile con gli esemplari dei rilievi, è stato rinvenuto all’interno del Tumulo MM di Gordion. L’animale viene rappresentato con le fauci spalancate e gli occhi (non conservati) resi a incrostazione. La datazione di questo oggetto è controversa ma alcuni Studiosi (O.W. Muscarella, K. Sams, R. Merhav) sono propensi a collocare la situla in base ad alcune valutazioni stilistiche al periodo antecedente il regno di Sargon II494. La resa della criniera sembra simile a quella raffigurata sulla brocca da Nimrud, nonostante presenti una maggiore staticità e si caratterizzi per una resa minuziosa del pelame. Anche le cosiddette Lion bowls mostrano alcune caratteristiche confrontabili con la protome leonina di Nimrud. Le Lion bowls sono generalmente composte da una o più teste di leone a tutto tondo, raffigurate nell’atto di azzannare una coppa sorretta dalle zampe del felino. Questa particolare classe di oggetti veniva prodotta prevalentemente in pietra, anche se vari esemplari fra cui tredici provenienti da Nimrud sono prodotti in avorio e alcuni in ceramica o faïence. Nel 1973 O.W. Muscarella individuava circa 120 C H 491  M 492  S 493  C D 494  C 489  490 

Lion bowls da contesto nella vasta area localizzata tra l’Iran occidentale e il Mediterraneo, confermando per esse la probabile produzione da parte di ateliers della Siria settentrionale di I millennio a.C.495. I leoni raffigurati mostrano tutti le fauci nell’atto di azzannare la coppa e hanno il muso corrucciato a causa dello sforzo dovuto alla presa. In molti esemplari la criniera è resa a ciocche, come avviene anche nella maggioranza degli avori di produzione siriana. Questa resa avvicina maggiormente questa classe di reperti al felino raffigurato sulla brocchetta in analisi496. In Assiria erano comuni pesi bronzei in forma di leone accucciato di grandezze differenti corrispondenti al rispettivo valore ponderale in mine497. H. Layard ne mise in luce una serie relativa ai regni di Shalmaneser III o a Shalmaneser V all’interno della sala B del Palazzo Nord-Ovest di Nimrud. L’animale viene sempre ritratto con le fauci spalancate e con una folta criniera mossa. Quest’ultima caratteristica sembra comune nell’iconografia assira ed è riscontrabile diacronicamente tanto nei rilievi palatini in cui compare quest’animale, quanto nei leoni guardiani dei portali. Vari gioielli anche nel Regno di Urartu presentavano terminali in forma di leone, come nell’oreficeria di produzione assira. Un confronto può essere un bracciale in bronzo conservato presso il Museo di Van che mostra attacchi prodotti in lamina d’oro498, anche se la resa dell’animale non pare essere molto dettagliata. Il terminale è delimitato da un decoro geometrico molto curato verso la parte in bronzo e reso a granulazione che produce una sorta di colletto. Questa particolare granulazione, composta da grandi grani, compare sia in questo oggetto urarteo sia verticalmente lungo la saldatura dei cilindri della brocchetta in analisi, oltre che in alcuni altri gioielli rinvenuti nelle Tombe Reali di Nimrud. Una simile resa dell’animale si ritrova anche su di un tòrque urarteo in argento con terminali coperti da foglia d’oro499. Altri bracciali e armille a testa leonina, confrontabili con gli esemplari urartei e con le rappresentazioni dei rilievi assiri, provengono anche dall’Iran, forse dal sito di Ziwiye, e sono oggi conservati presso l’Iran Bastan Museum di Teheran e presso il Cincinnati Art Museum500. Questi gioielli mostrano leoni con fauci spalancate e criniera schematica e vengono V L 1962; M 1974a, 25. Ad esempio: H ,L 2009, 188, nos. 237; 285286. 497  M 1990; F 1995. 498  K 1991, 77, 178, fig. 18; Č 2011, 261, fig. 16. Un altro bracciale presenta protomi ancora più schematiche ed è stato rinvenuto presso Kamir Blur (K 1991, 177178, fig. 19). 499  M -H 1971, 203, pl. 158. 500  K 1991, 177. L’esemplare conservato al Cincinnati Art Museum, secondo O.W. Muscarella, sarebbe un falso: M 2013, 969. 495  496 

2008a, 111-112, pl. II, b. 1965, pl. 9, nos. 24, 25, 34. -H 1971, 248-249. 2005, 252. 2000, 194-195. Sulle situle leonine si veda anche: 1985. 2000, 201.

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Decorazione

generalmente datati tra l’VIII e il VII secolo a.C.501. Alcuni spilloni urartei in argento o in oro mostrano sulla testa a tutto tondo leoni accucciati o seduti. Questi gioielli, ritrovati all’interno di tombe, sono in alcuni casi foggiati in lamina, in altri casi invece interamente prodotti a fusione e provengono da numerosi centri del Regno di Urartu. I leoni appaiono resi in modo schematico in certi esemplari d’argento502 mentre, negli spilloni in oro, i felini sono estremamente dettagliati, avvicinandosi maggiormente per il muso e la criniera alla protome di Nimrud503. Questi oggetti, secondo G. Zahlhass, si prestano a una duplice interpretazione: in certi casi sarebbero valutabili come spille per vesti e, in altri, sulla base del loro ritrovamento all’interno di tombe vicino ai resti del cranio, sembrano piuttosto aver svolto la funzione di spilloni per l’acconciatura dei capelli. La forma di molti ornamenti personali era chiaramente collegata a valori apotropaici e la raffigurazione su di essi di certe divinità o animali, come il leone, potrebbe essere interpretata proprio in questo senso504. Vari elmi urartei presentano decorazioni frontali ad archi a repoussé ornati da protomi teriomorfe (leone, ariete, serpente, etc.). In particolare, alcuni elmi dal sito di Karmir Blur, come indica T. Dezsö, vengono arricchiti da «(…) four curves terminating in lion heads at the front»505. Su questi reperti in bronzo, datati al regno di Argisti I o Sarduri II grazie ad alcune iscrizioni, i leoni vengono rappresentati di profilo con una folta criniera e con le fauci spalancate506. Su un elmo di provenienza sconosciuta è rappresentato un leone completo, saldato e rappresentato a tutto tondo. Esso si trova al di sopra di una banda centrale figurata a incisione, incorniciato da tre archi per lato terminanti a testa verosimilmente di serpente. Si può notare come la testa del leone sia in posa frontale, esattamente come nel caso dell’ansa della brocca in analisi507. Questo oggetto, estremamente complesso dal punto di vista decorativo, sarebbe falso secondo l’opinione di O.W. Muscarella per via di alcune incongruenze, mentre U. Seidl e T. Dezsö ritengono invece che si tratti di un elmo originale di possibile fattura urartea508. Infine, si può riconoscere la stessa posa, accucciata, con fauci spalancate e muso contratto in un leone in bronzo, probabilmente adibito a finitura o a rivestimento di un trono o di un mobile, proveniente

da Toprak-kale. La criniera del leone è senz’altro simile a quella dell’esemplare di Nimrud con una resa estremamente dettagliata delle singole ciocche di pelo509. Il reperto è databile probabilmente al regno di Rusa II (685-639 a.C.). Leoni paragonabili a quello raffigurato sulla protome compaiono anche nella decorazione di un recipiente relativo a Sarduri II (764-735 a.C.). Un candelabro di bronzo da Toprak-kale del periodo di Rusa II presenta, invece, un leone simile per quanto riguarda la resa del muso ma differente tanto in rapporto alla resa della criniera con ciocche di pelo appena accennate, quanto alla conformazione delle orecchie (tonde) reclinate all’indietro510 (Fig. 3.45.e). L’utilizzo di protomi animali come terminali soprattutto in forma di leone, sarà diffuso anche successivamente al periodo neo-assiro, ad esempio nell’oreficeria achemenide511. L’associazione dragone-leone L’associazione dragone/serpente-leone presente sull’ansa della brocca si incontra altre volte nel Vicino Oriente Antico, sebbene non in modo diffuso. Entrambi gli animali sono generalmente considerati manifestazioni della natura selvaggia oltre che simboli fortemente positivi; entrambi sono inoltre collegati nell’immaginario mesopotamico alla sovranità e ad alcune divinità specifiche. F.A.M. Wiggermann, T.J. Lewis e P.-A. Beaulieu sottolineano l’intercambiabilità di questi due animali in alcuni testi particolari. Basti pensare, a questo proposito, all’esempio del dragone-leone (labbu), essere ibrido spaventoso sconfitto dalla divinità Tišpak. Tale intercambiabilità secondo gli stessi Studiosi si riscontrerebbe anche a livello iconografico512. In Mesopotamian Ritual Spirits. The Ritual Texts, F.A.M. Wiggermann individua nella sua analisi le possibili connessioni che legano i principali “spiriti” mesopotamici. Secondo l’Autore, che basa il suo lavoro su numerose fonti scritte e iconografiche, il leone e il dragone sarebbero collegati a significati comuni, inerenti la forza e la morte violenta, oltre che per l’utilizzo in associazione all’epiteto “furioso”, considerato di carattere quasi formulare. Gli dei principalmente riconducibili a tali esseri sono Ninazu e Ningizzida, anche se va detto che queste divinità ctonie, connesse al ciclo della vita, hanno come principale animale-simbolo il serpente/dragone513. Iconograficamente, invece, la connessione serpenteleone si ritrova in un caso databile alla prima metà del I millennio a.C., ovvero su di un elmo urarteo

501  Per quanto riguarda i problemi relativi agli scavi clandestini di Ziwiye e gli oggetti attribuiti a questo sito: M 2013: 955-998. 502  Z 1991, 193, nos. 39-40. 503  Z 1991, 194, no. 42. 504  Z 1991, 195. 505  D 2001, 87. 506  D 2001, ns, 91-98. 507  D 2001, 32, pls. 7-8; S 2004, E5, 30, Abb. 29. 508  M 2000, 50, no. 18; S 2004, 74, Abb. 35.

A 1968, 63, pl. 50. A 1968, 38, fig. 9, pls. 47-50. 511  Si veda ad esempio la protome leonina della brocca del tesoro dell’Oxus: A 2010, 405-407, Fig. 36.15. 512  W 1989; L 1996; B 1999, 94. 513  W 1992, 150-151. 509  510 

173

E. Foietta, M. Mortarini e E. Quirico

Fig. 3.46 - Brocca da Cipro con ansa con attacchi decorati da protomi di serpente e leone (M

proveniente dal mercato antiquario. Nella parte decorata di questo oggetto è presente una complessa scena simbolica; al di sopra di un lungo serpente, che ricorda, per certi versi, gli stessi animali raffigurati sui kudurru di epoca cassita, viene rappresentata una teoria di diversi animali (animali-simbolo di divinità oppure di costellazioni). Un leone compare in corrispondenza della testa del rettile514. Questo legame si riscontra fino all’epoca tarda, ad esempio sulla nota tavoletta seleucide rinvenuta a Uruk, in cui il felino viene rappresentato sulla schiena di un dragone alato, identificabile con la costellazione dell’Idra (M M )515. A partire dal V secolo a.C. e, poi, con i regni seleucide e partico si assiste al definitivo passaggio dal sistema astrologico babilonese a quello ellenistico delle dodici case delle costellazioni, abbandonando la precedente suddivisione basata sui diciassette elementi astrali dello zodiaco516. Anche il riferimento astrologico, per questa simbologia e il suo significato, pertanto, potrebbe essere una suggestione percorribile per la presenza di questi due animali come terminali dell’ansa della brocchetta da Nimrud517.

1985, Taf. 73, Nr. 553).

Non bisogna dimenticare, però, che entrambi gli animali fecero parte della titolatura di alcuni importanti sovrani neo-assiri, in particolare Ashurnasirpal II e Shalmaneser III, definiti entrambi “fiero dragone” (ušumgallu ekdu), “dragone” (ušumgallu) e “come un leone” (labbāku)518. In Assiria, inoltre, il mušhuššu e il leone erano anche animali-attributo delle due massime divinità del pantheon nazionale, ossia di Ashur e della sua paredra Mullissu. Questo collegamento tra serpente e leone, inoltre, non si limita all’Assiria e ai primi sovrani neo-assiri, ma sembra continuare anche successivamente nel tempo come dimostra un’interessante brocca in bronzo rinvenuta a Cipro. Tale oggetto, sfortunatamente rinvenuto fuori contesto e attualmente conservato presso il Metropolitan Museum of Art (Fig. 3.46), presenta un’ansa con su un’estremità un serpente che stringe fra le fauci l’orlo (similmente a quanto avviene nella brocca da Nimrud) e sull’altra un leone collocato in prossimità del punto di massimo diametro del vaso. Ulteriore similitudine con la brocca da Nimrud si rileva anche nella presenza in entrambi i casi di uno spout, nonostante il recipiente cipriota non sia dotato di un versatoio posto a 90°, caratteristica peculiare del vaso da Nimrud519. La

D 2001, 82, pls. 82-83, no. 59. W 1997, 34 nota 13; C 2007, 180-181, no. 96. 516  K -W 1995, 163-164. 517  Per un approfondimento sul rapporto astrale tra costellazione del leone e dell’Idra in rapporto ad alcuni specifici periodi 514  515 

dell’anno: W 2008, 183. 518  K 2013, 322, 332. 519  M 1985, 249-250, Taf. 23.

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Decorazione

brocca cipriota, datata genericamente al CiproArcaico I (750-600 a.C.), anche se alcuni dettagli sembrano rimandare specificatamente al CiproArcaico II (600-475 a.C.), è probabilmente ben più tarda rispetto all’oggetto in analisi. Inoltre, la resa del serpente e del leone è molto diversa soprattutto per quanto concerne lo stile di esecuzione. Maggiori affinità iconografiche e stilistiche si rintracciano piuttosto con i numerosi confronti presentati in questa sezione e che provengono in prevalenza dall’area assira e dai regni limitrofi. In conclusione, come indicato da F.A.M. Wiggermann, il serpente/dragone e il leone sono chiaramente collegati al tema della forza di questi animali; per tale motivo questi soggetti sembrerebbero rimandare a un destinatario di sesso maschile, come parrebbe indicare anche la presenza di tematiche di caccia nelle bande figurate del recipiente (Fig. 3.47; Tav. VIII).

1995, 11-12, Abb. 1; B ,V 2006, 57, fig. 39. -Pesi in forma di leone di varie dimensioni corrispondenti al valore ponderale, età neo-assira, M 1990; F 1995. -Bracciali in oro, IM 105700-105701, Nimrud, Tomba II, terminali in forma di protome leonina, H ,S 2000, pic. 184b; H 2016, 20-21, pl. 73b. -Bracciali in oro, IM 105704-105705, Nimrud, Tomba II, teste di leone intarsiate, H ,S 2000, pic. 31; H 2016, 20, pl. 72c. -Rilievo lapideo, rappresentazioni di bracciali a protome leonina, H 1965, pl. 9, nos. 24, 25, 34; M -H 1971, 248-249. -Rilievi lapidei, regno di Sargon II, Khorsabad, stanza 2, lastra 1, rappresentazioni di situle in forma di leone, D 1985; A 1986, 147, pl. 123 C 2000, 194-195.

Cfr. protome di dragone

I -Bracciali aurei o armille, mercato antiquario, Ziwiye (?), terminali in forma di leone, K 1991, 177-178, fig. 19.

A -Cucchiaio in osso e pietra, IM 79601, età neo-assira, Nimrud, Palazzo Nord-Ovest, Pozzo AJ, protome serpentiforme, O , O 2001, 103, fig. 61; S ,S ’ -‘I ,H 2009, 228, no. 1.4. -Testina in pietra, MMA 57.27.11, IX secolo a.C., Balawat (?), http://www.metmuseum.org; ultima visualizzazione: 28/01/2016. -Rilievo lapideo, BM 118918, regno di Ashurbanipal, Ninive, terminale del fodero di un genio, B 1976, 36, pl. IV; M 1970, pl. 23, no. 7. -Sigilli, età neo-assira, rappresentazioni di vipera cornuta attaccata da un arciere, M 1940, 147, Nr. 689-695; C 2001, nos. 41-46, pl. IV. -Sigillo, BM 89589, IX-prima metà VIII secolo a.C., Ninurta su dragone, C 2001, 149-150, no. 285, pl. XXIV. -Figurine di fondazione, età neo-assira, Nimrud e Assur, statuette in terracotta in forma di vipera cornuta e dragone, R 1977, 114-116.

U -Bracciali in oro, mercato antiquario, terminali in forma di protome leonina di fattura assira (?), M -H 1971, 196, pls. 149-151. -Candelabro in bronzo, regno di Rusa II (685-639 a.C.), Toprak-kale, edificio a sud del Tempio di Haldi, A 1968, 62, pls. 47-48. -Parte di trono o di mobilio, BM 91253, regno di Rusa II (685-639 a.C.), Toprak-kale, figura di leone a tutto tondo in bronzo, probabilmente parte di un trono, A 1968, 62-63, pl. 50. -Tòrque in argento con terminazioni leonine coperte da foglia d’oro, M -H 1971, 203, pl. 158. -Bracciale in bronzo, Museo di Van, terminali in lamina d’oro in forma di leone, K 1991, 177-178, fig. 18; Č 2011, 261, fig. 16. -Bracciale in bronzo, Kamir Blur, teste schematiche di felino, K 1991, 177-178, fig. 19. -Spilloni in argento, prima metà del I mill. a.C., leoni schematici, Z 1991, 193, nos. 39-40 -Elmi, regno di Sarduri I (834-828 a.C.) e di Argisti I (786-764 a.C.) , protomi leonine rappresentate di profilo, D 2001, 87. -Elmo, mercato antiquario, leone raffigurato con corpo a tutto tondo saldato alla parte frontale dell’elmo, D 2001, 32, pls. 7-8; S 2004, 30, E5, Abb. 29.

I -Situla, prima metà I mill. a.C., mercato antiquario, Teheran, manico con attacchi serpentiformi, S 1985, 45-48, Abb. 1. A S -Cucchiaio in pietra frammentario, mercato antiquario, Aleppo (?), attacco di manico di cucchiaio in forma di serpente, S ,R ,F 2008, 86, no. 576, pl. 55.

F -Situla bronzea in forma di testa di leone, età neoassira (IX-VIII secolo a.C.), Gordion, Tumulo MM, Y 1981, MM45, 121-122, pl. 62C-F.

Cfr. Protome di leone A -Elmo assiro (?), mercato antiquario, Collezione Axel Schimmel, raffigurazione di protome leonina frontale e scena di incoronazione del sovrano, B ,S

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E. Foietta, M. Mortarini e E. Quirico

3.5 C

loro complesso sembrano possedere un significato di tipo simbolico più che narrativo, soprattutto in considerazione della ripetitività dell’azione che rimanda alle immagini ben note delle sigillature di periodo neo-assiro e già presenti nella tradizione di periodo medio-assiro. All’interno della banda (c) assistiamo, invece, alla compresenza di scene di carattere militare insieme a scene a tematica venatoria strettamente concatenate. Se infatti i blocchi da (c2) a (c5) contengono rappresentazioni di caccia a struzzi, a onagri e al leone, i blocchi (c6) e (c7), per converso, riguardano una raffigurazione di battaglia antistante a una città fortificata (Fig. 3.47). All’interno di (c6) i carri, che si muovono verso destra, vengono rappresentati in corsa in direzione della città fortificata. I primi tre carri mostrano arcieri rivolti verso la scena (c5) in cui è rappresentata la caccia al leone e sembrano, per tale ragione, rinviare concettualmente a questo contesto (c6 a). I personaggi che conducono gli altri due carri, insieme col cavaliere, dal momento che si volgono verso la città, sono invece probabilmente afferenti al tema della battaglia (c6 b). L’intera azione sembrerebbe dunque prendere avvio dalla città fortificata che è fulcro e “centro drammatico del racconto” come spesso avviene all’interno del lessico figurativo assiro521. A partire dalla fortezza, infatti, sembra prendere le mosse la scena di caccia (c1) e terminare la scena di guerra (c7) (Fig. 3.47). La suddivisione della scena (c) segue le regole del lessico scenico assiro codificate e visibili su altri supporti (in particolare nei rilievi palatini). Infatti, i limiti dei blocchi individuati (c1-c7) coincidono con i diversi sensi di orientamento e di marcia dei vari personaggi facenti parte del racconto (Fig. 3.47). Complessivamente, la narrazione è assai dinamica soprattutto per le parti in cui compaiono la caccia agli struzzi, la caccia agli onagri e la corsa dei carri. Il ritmo è rapido ma sincopato per via di alcune zone di rallentamento che coincidono da un lato con la città e dall’altro con la scena di caccia al leone in ambiente palustre, che risulta maggiormente statica rispetto alle altre due cacce. La presenza di scene concatenate, di un fulcro iniziale individuato nella città e di un’alta complessità didascalica sembrano fornire un valore “narrativo” all’intera banda, soprattutto in confronto alla decorazione delle bande (a) e (d) di caccia a erbivori. Le scene venatorie della banda (c) raffigurano tre animali peculiari: il leone, lo struzzo e l’onagro. In base alle fonti citate all’interno dell’analisi iconografica, la presenza di questi animali è tipica delle cacce regali assire e ciò probabilmente fin dal periodo medio-assiro, come sembra attestare un

Come ha dimostrato lo studio dei singoli elementi iconografici, l’apparato decorativo della brocca da Nimrud risulta molto complesso e articolato nonostante la limitata altezza delle bande che misurano meno di un centimetro. Proprio sulla base di questa abilità tecnica, della perizia miniaturistica della decorazione e della preziosità del metallo, è possibile identificare la brocca in modo chiaro come un oggetto di lusso appartenente al novero dei manufatti destinati alla corte regale assira. Scene singole e concatenazione di scene all’interno delle diverse bande figurate: (a), (c) e (d) Le bande figurate (a) e (d) presentano al loro interno la rappresentazione diffusa di cacce a capridi e cervi, che sono risultate sulla base dei confronti proposti, appartenere tanto al repertorio figurativo assiro quanto a quello “assirizzante”520 (Tav. VIII). In questo tipo di scene è difficile riconoscere un punto di inizio del racconto che si sviluppa in modo continuo lungo tutto l’arco della fascia mediante una stretta concatenazione dei differenti elementi iconografici. Alcuni assi di simmetria a distanze irregolari vengono forniti dalle palmette, dal senso di corsa dei capridi e dagli arcieri che li inseguono, rappresentati in alcuni casi di spalle l’uno con l’altro. Le scene nel loro complesso sono dotate di grande dinamismo con animali feriti che si accasciano al suolo e forniscono interruzioni al concitato ritmo della caccia. Così come nella banda (c), si riscontra in queste fasce una definizione dettagliata dei particolari quasi a mostrare una volontà didascalico-descrittiva intenzionalmente ricercata da parte dell’artigiano. Proprio a causa della grande diffusione di questi temi di caccia a erbivori così standardizzati da un punto di vista iconografico, è stato impossibile individuare caratteristiche stilistiche peculiari tipiche di aree specifiche o circoscrivibili a una particolare cronologia, e ciò non solo per il singolo elemento ma anche per l’intera articolazione della scena che, nel complesso, possiede un valore che si potrebbe definire stereotipato. In entrambe le bande la caccia a erbivori si svolge in un territorio probabilmente collinare o montuoso raffigurato secondo la convenzione con cui, nei rilievi palatini, si indicano alcuni territori non solo dell’Assiria ma anche della aree limitrofe, quali gli Zagros o le colline della regione settentrionale siriana. La battuta di caccia viene condotta da cacciatori appiedati e armati di arco che rappresentano una raffigurazione usuale di questo tipo di personaggio, seguendo una tradizione artistica canonizzata e convenzionale. Per questa ragione, le bande nel

Un esempio in questo senso viene individuato da A. Invernizzi per la rappresentazione della città di Lachish, assediata dall’esercito assiro di Sennacherib (I 1992, 249).

521 

520 

Sulla questione terminologica si veda: W

2015, 564-570.

176

Decorazione

Fig. 3.47 - Banda (c): suddivisione in blocchi e principali sensi di marcia (elaborazione grafica di C. Fossati da C 116, fig. 14-s).

177

2008a,

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sigillo di tale epoca conservato al British Museum. Nel sigillo viene rappresentato un eroe che attacca un leone, un capride (animale che non compare nella banda (c) ma che è presente nelle altre due bande decorate) e uno struzzo (Fig. 3.48)522. Principali confronti e problematiche della banda (c): concatenazione di scene di caccia e guerra La stretta relazione di scene di caccia e guerra ha reso necessaria la ricerca di paralleli per questa particolare sequenza di carattere probabilmente narrativo. Un confronto iconografico preciso, in cui compaiano sia una scena di caccia a tutti questi specifici animali (struzzo, onogro e leone) che una scena di battaglia, non risulta ad oggi noto né per quanto riguarda l’Assiria, né per le aree limitrofe. Questa “assenza” potrebbe essere giustificata semplicemente dall’incompletezza dei dati e risolversi in futuro con la pubblicazione di nuovi reperti provenienti da scavo. Occorre però considerare anche la possibile unicità dell’oggetto. La brocca, infatti, essendo un oggetto di alta capacità tecnica e forse avendo avuto un destinatario specifico, potrebbe presentare un apparato decorativo che utilizza elementi consueti di un lessico iconograficoartistico di tipo assiro (o di tipo “assirizzante”) accostati però in una maniera unica con la funzione di riassumere, in una sola raffigurazione, alcune caratteristiche dei sovrani assiri, o più genericamente vicino-orientali. Attraverso la rappresentazione di un preciso avvenimento o, piuttosto, di una serie di eventi collegati, questo accostamento di scene potrebbe dunque avere avuto lo scopo di produrre una narrazione specifica, chiara e intelliggibile al destinatario dell’oggetto. Concatenazioni di scene di questo tipo con cacce a diversi animali, seguite o anticipate da battaglie, sono assai comuni nei racconti delle fonti regali assire e soprattutto negli annali dei sovrani. Tuttavia, perlomeno per la parte conclusiva del periodo medio-assiro e per tutto il regno neo-assiro, nessuna narrazione iconografica sembra presentare la precisa occorrenza degli animali indicati in un contesto che presenta la descrizione di una battaglia nei pressi di una città o una fortezza. Per tornare all’apparato decorativo e iconografico, in rapporto a quanto appena detto, va però ricordata l’esistenza in Assiria di alcune interessanti raffigurazioni in cui compare una connessione stretta tra le due tematiche in esame. Una continuità tra scene di caccia e di battaglia si riscontra innanzitutto nei rilievi lapidei del Palazzo Nord-Ovest di Nimrud provenienti dalla sala del trono B e in particolare nella scena del registro superiore degli ortostati

Fig. 3.48 - Sigillo medio-assiro BM 89862 (W

1960, pl. 62)

B20-B18. All’interno di questa narrazione, infatti, si susseguono una scena di caccia al toro su carro (B20 superiore), una scena di caccia al leone su carro (B19 superiore) e un assedio da parte dell’esercito assiro a una città fortificata (B18)523 (Fig. 3.49). Narrazioni simili si individuano, inoltre, anche su lastre provenienti dagli ambienti che si affacciano sull’ala occidentale dello stesso palazzo rispetto al bitanu. Sulla base dei frammenti conservati, però, sembrerebbe che le diverse tematiche, seppur connesse, dovessero essere distribuite su diversi registri524. Questa stessa successione tematica compare, peraltro, come indicato poco sopra, anche all’interno delle fonti annalistiche di Ashurnasirpal II e può essere considerata con molta probabilità un topos tradizionale impiegato artisticamente e testualmente per esaltare la figura del sovrano, re d’Assiria e re dell’Universo. Questa commistione si osserva anche non casualmente sulle ricche decorazioni delle vesti di Ashurnasirpal II e di alcuni geni protettori dei portali525 (Tav. XIV). In questo caso si assiste generalmente alla presenza di scene di carattere religioso concatenate con scene di caccia, a dimostrazione di come fosse possibile, in seno all’ideologia regale assira e alla sua esaltazione, unire iconografie concettualmente diverse in una sola unità rappresentativa con un fine sintetico e univocamente riconoscibile. Raffigurazioni contestuali di caccia e guerra si rintracciano pure all’interno del registro 8, sfortunatamente frammentario, dell’Obelisco Bianco, databile variabilmente ai regni di Ashurnasirpal I (1041-1031 a.C.) o Ashurnasirpal II (883-859 a.C.). La lettura dei registri, secondo una scansione orizzontale delle scene, è stata sostenuta da molti studiosi e viene accettata anche in questo lavoro526. Nel registro 8, purtroppo mal conservato, a una scena di caccia a capridi (faccia D) segue la rappresentazione di un carro e di una città interpretabili forse come parte di M R 525  C 526  R

BM 89862 (W 1960, pl. 62; http://www.britishmuseum.org/research/collection_online/collection_object_details. aspx?objectId=1479568&partId=1&searchText=assyrian+seals&page=1, ultima visualizzazione 26/01/2016).

523 

522 

524 

178

1981,23, Taf. 1. 1998, 667-670, fig. 10. 1971. 1975; P 1996.

Decorazione

Fig. 3.49 - Rilievi B18-20 della sala del trono B di Ashurnasirpal II, Palazzo Nord-Ovest, Nimrud (M

una scena d’assedio (faccia A). Le altre facce (B e C), invece, riguardano una caccia al toro e una caccia agli onagri (animale presente pure sulla decorazione della brocca di Nimrud) (Fig. 3.50). Una simile compresenza, in registri differenti, di scene di caccia e guerra, compare anche nella decorazione delle Porte del Palazzo di Ashurnasirpal II a Balawat527 e sulla situla assira o “assirizzante” conservata presso una collezione privata iraniana (Tav. X)528. Scene confrontabili, infine, seppure esclusivamente dal punto di vista della composizione, si rintracciano poi su alcune coppe metalliche levantine rinvenute in diversi centri del Mediterraneo oltre che a Nimrud e databili tra l’VIII e il VI secolo a.C. La coppa no. 61565 rappresenta un ottimo esempio. Rinvenuta nella Tomba Bernardini di Preneste, mostra nel registro più esterno una scena narrativa estremamente articolata. Compaiono su di essa un sovrano orientale in partenza da una città, una battuta di caccia, una battaglia contro un essere mostruoso e una raffigurazione di guerra529. Nonostante molte delle tematiche sembrino affini rispetto alla banda (c) di Nimrud, la rappresentazione dei singoli elementi, in questo caso, rivela uno stile chiaramente differente che è il frutto probabilmente di maestranze levantine e che può essere circoscritto a un periodo con molta probabilità posteriore a quello della brocca da Nimrud. In conclusione, sebbene non esista un confronto preciso per l’intera sequenza della banda (c), la concatenazione di scene di diversa tematica soggetto venatorio, bellico - risulta ben rappresentata su diverse tipologie di supporto (rilievi, bronzi e coppe) all’interno del lessico figurativo di tipo assiro e “assirizzante”. La compresenza di queste scene denota una certa flessibilità compositiva da parte

C S 529  N 527  528 

,T 1985. 2000.

1981-1992, Taf. 1).

degli artigiani che potevano quindi rappresentare, all’interno di un unico registro, soggetti di diversa tematica in accordo alla richieste della committenza di corte. Sintesi conclusiva dell’analisi iconografico-stilistica dei singoli elementi e delle scene: indicatori di area e cronologia Lo studio dei singoli elementi e delle scene rappresentate nelle bande ha dimostrato come entrambi facciano parte di un lessico iconografico condiviso in tutto il Vicino Oriente. Questa valutazione è sostenibile soprattutto per gli elementi di carattere geometrico (guilloche, embricatura, etc.) ma è anche valida per quelle rappresentazioni definite di “carattere stereotipato” all’interno di questo capitolo, come ad esempio le scene di caccia a erbivori delle bande (a) e (d) e i singoli elementi iconografici ad esse afferenti. In questi casi specifici, lo studio dell’iconografia dell’elemento o dell’intera scena non è stato dirimente né per individuare un’area di produzione per il manufatto, né per definirne una precisa cronologia. Per quel che riguarda l’analisi di queste specifiche iconografie, è stato difficile distinguere tra uno stile assiro o “assirizzante”, sebbene la perizia, l’attenzione e la cura dei particolari in ciascuna banda, sembrino far propendere maggiormente il giudizio per una produzione propriamente assira, più che per un’imitazione o a una rielaborazione dello stesso. Alcuni elementi iconografici e di decorazione presenti all’interno della banda (c) paiono fornire, invece, indizi interessanti per formulare un’ipotesi più precisa di area di produzione e di cronologia. Sono di stile propriamente assiro, infatti, la rappresentazione dei carri e la raffigurazione degli uomini decapitati. Entrambi trovano chiari confronti sulle bande decorate delle Porte di Balawat di Ashurnasirpal II e di Shalmaneser III. Nel lessico

2008, 116-117, figs. 15-16.

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E. Foietta, M. Mortarini e E. Quirico

Fig. 3.50 - Obelisco Bianco (P

Alcune considerazioni aggiuntive permetterebbero però di preferire una produzione propriamente assira, rispetto a una fabbricazione esterna all’Assiria. Innanzitutto, va considerata l’individuazione di tutti gli elementi iconografici analizzati all’interno del lessico iconografico assiro di confronto mentre, nel quadro artistico urarteo, alcuni di essi paiono assenti, rari o stilisticamente differenti. Un buon esempio in tal senso può essere la rappresentazione del cervo e del cane, raffigurati nelle bande (a) e (d), o dello struzzo, raffigurato all’interno della fascia (c), che risultano quasi del tutto assenti nel lessico iconografico di questo regno posto a nord dell’Assiria. A favore di una produzione assira, inoltre, depone anche lo schema compositivo della banda (c), che presenta scene di caccia e guerra concatenate in un unico registro, similmente a quanto avviene nei rilievi della sala del trono B di Ashurnasirpal II, in differenti registri nelle Porte di Balawat dello stesso sovrano e, ancora, probabilmente sull’Obelisco Bianco databile, in modo controverso, al regno di Ashurnasirpal I o di Ashurnasirpal II. Le stesse tipologie di caccia rappresentate sulla brocca potrebbero essere un ulteriore indizio per una produzione di matrice propriamente assira, in quanto, secondo le fonti annalistiche dei sovrani d’Assiria, quelle raffigurate risultano essere tutte cacce regali. D’altro canto, non si può completamente escludere che le medesime cacce fossero impiegate come indicatori di rango sociale o status anche in relazione alle corti dei regni vicini. Nel caso della caccia al leone è certo, infatti, che dovesse trattarsi di una tradizione condivisa. Tuttavia, in assenza di fonti testuali e iconografiche specifiche di provenienza esterna in cui compaiano tutte queste tipologie di caccia, si preferisce per il momento protendere ragionevolmente per un’attribuzione ad un’area propriamente assira. Le stesse fonti neo-assire, inoltre, ci testimoniano come cacce dal forte valore simbolico fossero compiute realmente dal sovrano prima o dopo ad alcune campagne militari, esattamente come avviene nella narrazione per immagini della banda (c)532.

1996, 338, fig. 9).

artistico assiro si possono individuare similitudini stringenti anche per le singole scene di caccia della banda (c), in particolar modo per la caccia al leone e all’onagro o semplicemente per le raffigurazioni dei singoli animali cacciati (vedasi ad esempio lo struzzo). Sulla base dei confronti anche le protomi di dragone e leone, inoltre, sembrano appartenere a un milieu assiro, considerando soprattutto il parallelo con l’attacco di cucchiaio polimaterico scoperto nel riempimento del pozzo AJ di Nimrud, che fa riferimento a un’iconografia ben attestata in Assiria (Fig. 3.44.c)530. D’altro canto, per la raffigurazione nella banda (c) del leone, dei carri e della città, confronti iconografici si individuano anche con alcuni oggetti decorati di produzione urartea. Questi paralleli sono risultati in alcuni casi particolarmente stringenti sia dal punto di vista iconografico-stilistico sia per l’impiego di un medium metallico più simile all’oggetto in esame. Grazie a tutti questi indizi concernenti la decorazione, è dunque possibile formulare l’ipotesi che la brocca da Nimrud possa essere stata prodotta da una bottega propriamente assira o, con minore probabilità, da un workshop urarteo che avrebbe realizzato quindi una brocca di stile “assirizzante”531.

2016 in riferimento alle bande figurate che «although the scenes on the figurative bands are familiar motifs in Mesopotamian and especially Assyrian art, the rendering is not» (H 2016, 34). R.M. Boehmer nel 2001 suggeriva, invece, una produzione della brocca esterna all’Assira, probabilmente scita in base al confronto con il dragone rappresentato sull’akinakes da Kelermes: B 2001. 532  Sulla questione si vedano le fonti epigrafiche presentate all’interno di questo capitolo nel Paragrafo 3 per il leone, lo struzzo, l’onagro e gli altri erbivori. Un esempio interessante possono essere alcune campagne di guerra seguite da cacce compiute da Ashurnasirpal II e presentate nell’iscrizione di carattere annalistico A.0.101.2, (25-42), iscritta su una grande lastra e su alcuni leoni relativi ai portali del Palazzo Nord-Ovest. (G 1991, 226) Sulla concatenazione di scene di caccia e guerra invece nella sala B e nella west suite del Palazzo NordOvest: R 1998, 667-668, 670, 683, 686.

S ,S ’ -‘I ,H 228, no.1.4. M.M. Hussein nel 2014 ha ipotizzato una produzione assira sulla base di alcuni elementi della decorazione della brocca (in particolare lo stile e la rappresentazione della città, H 2014, 130). Recentemente l’Autore ha però affermato nel volume del

530  531 

180

Decorazione

La brocca di Nimrud, in base alla decorazione, rientrerebbe pienamente quindi all’interno della classe degli oggetti di lusso prodotti per la corte, forse da una grande bottega palatina in cui potevano lavorare artigiani con esperienze e tradizioni diverse ma che dovevano rispondere a modelli assiri formalizzati e standardizzati, perlomeno per la scelta delle tematiche narrative. Per quanto concerne la datazione, la rappresentazione del carro è sicuramente l’elemento iconografico maggiormente diagnostico. In base ad alcune caratteristiche (le proporzioni, le modalità di attacco delle briglie, la somiglianza con i carri raffigurati sulle Porte di Balawat, soprattutto di Shalmaneser III, e su sigillo) è possibile suggerire per la brocca una datazione al IX secolo a.C. La datazione del vaso aureo dovrebbe essere necessariamente precedente al regno di Sargon II, momento a partire dal quale la rappresentazione dei carri inizia a mostrare proporzioni maggiori probabilmente dovute a un cambiamento della tecnica militare.

Ashurnasirpal II (883-859 a.C.) e Shalmaneser III (858-824 a.C.)535. Alla figura del sovrano e ad alcune sue prerogative rimandano, seppure in modo meno esplicito, anche alcuni elementi geometrici della brocca (come la guilloche) e figurativi (come ad esempio la palmetta e gli erbivori), connessi a significati di fertilità e rinascita. L’insistenza su temi quali la ricchezza e l’abbondanza del territorio assiro, quale conseguenza diretta dell’operato del re, sono tematiche comuni nei cicli decorativi dei palazzi e nell’apparato di corte, come si evince, ad esempio, dalla diffusa rappresentazione dell’albero sacro all’interno della decorazione del Palazzo Nord-Ovest di Ashurnasirpal II o di altri elementi vegetali quali rosette e melograni in vari palazzi regali536. Il peso di queste raffigurazioni nelle decorazioni ufficiali dei palazzi si collega a quel processo di esaltazione regale che I. Winter definisce the rethoric of abundance e che coinvolgeva chiaramente le arti maggiori, ma che non doveva escludere anche gli oggetti di lusso destinati alla corte537. Va ricordata, infine, l’importanza del valore apotropaico e benaugurante che coinvolge la brocca e per estensione il suo possessore in rapporto al repertorio figurativo vicino-orientale e alla valenza che in esso assumono tradizionalmente il dragone e il leone538. Questo stesso significato si ritrova anche in numerosi altri oggetti di lusso rinvenuti nelle Tombe delle Regine di Nimrud (ad esempio si pensi ai decori in forma di melograno539 o alle numerose brattee in forma di rosetta o fiore540). Questi oggetti, oltre a possedere un alto valore estetico, veicolavano chiaramente anche un significato magico-rituale541. In conclusione, diversi elementi concorrono a indicare non solo un destinatario originario dell’oggetto di sesso maschile, ma rendono anche verosimile che si potesse trattare del sovrano assiro o forse di un personaggio importante della famiglia reale. Proprio questa attribuzione ad un alto membro della corte potrebbe spiegare da un lato la precisa, profonda e antica simbologia utilizzata e dall’altro l’assenza nella banda (c), almeno in base alla documentazione in nostro possesso, di una figura con i tipici attributi del sovrano. Solo una visione diretta dell’oggetto potrebbe in futuro risolvere tale questione.

A chi era originariamente destinata la brocca aurea di Nimrud? Nonostante la brocca sia stata rinvenuta all’interno del Sarcofago 2, nel quale erano presenti i resti ossei di una donna533, sulla base delle scene e di alcuni altri elementi della decorazione, sembra che si possa proporre un destinatario di sesso maschile per tale recipiente. Questa destinazione viene suggerita dal carattere delle scene di caccia e guerra presenti su più bande dell’oggetto e che rimandano nel contesto vicino-orientale a una sfera tipicamente maschile. Per giunta, la compresenza all’interno della banda (c) di cacce al leone, allo struzzo e all’onagro è probabilmente ascrivibile alla volontà di esaltazione delle gesta del sovrano assiro a cui sono riconducibili queste particolari attività venatorie. Sebbene non sia possibile riconoscere chiaramente un personaggio regale nella sequenza della banda (c), tali cacce sono, infatti, riscontrabili singolarmente sia sui rilievi palatini (in particolare la caccia al leone e agli onagri) sia all’interno dei racconti di carattere annalistico di numerosi sovrani assiri534. A questi due elementi si aggiunge poi la scelta di raffigurare una protome di dragone e una di leone come terminali dell’ansa, che è riconducibile alla nomenclatura ufficiale assira di alcuni specifici sovrani. Se, peraltro, l’associazione metaforica tra leone e figura del re assiro appare piuttosto comune, assai meno frequente è l’uso dell’epiteto “fiero dragone” che compare però nella titolatura regale di

Su tale questione si veda la parte relativa alla decorazione dell’ansa. 536  Sulle ripetizioni di elementi vegetali nei rilievi dei Palazzi definiti da P. Albenda carpets in stone: A 1978. 537 W 2003. 538  Per il valore apotropaico dei monili e decori con protomi animali: A 2010, 96-112. 539  Dalla Tomba I: H , S 2000, pic. 10; H 2016, 8, pl 17a-c 540  Dalla Tomba II: H 2016, 21-22, pls. 77-78; dalla Tomba III, Sarcofago 2: H 2016, 37, pl. 152. 541  Per un catalogo di questi oggetti si veda: H ,S 2000; H 2016. 535 

533  Sulle problematiche relative al contesto di ritrovamento e sulle ipotesi circa l’identificazione del destinatario del corredo interno al Sarcofago 2 si rimanda ai Capitoli 1 e 4. 534  Si vedano i riferimenti agli animali specifici.

181

E. Foietta, M. Mortarini e E. Quirico

Abstract Previous studies have briefly described the decoration of the gold jug without however analyzing in detail its iconographic elements and scenes, which can give information about its production and chronology. The high technical expertise of the decoration, according also to the richness of the material employed, shows clearly that the jug was intended as a high status object belonging to a member of the Assyrian court. The gold jug is decorated with geometrical and figurative bands, giving an impressive and articulated appearance to the object. The representational ones are less than one centimeter high. Band (a) (Tavv. VII-VIII), consisting of a hunting scene, is placed below the rim between two double guilloches bands with a raised central dot. Three kneeling archers are shooting arrows at wild goats, represented running towards two palmettes, characterized by two different iconographical shapes. A wounded deer with long antlers is represented lied down near one of the archer. The band is very similar to the one on the lower part of the vessel (d) in which a dog chasing a similar wounded deer appears. To sum up the bands (a) and (d) show scenes with a certain degree of dynamism in which are represented various running and wounded animals. On the shoulder of the vessel, just below the neck, is placed a double-outlined band consisting of three row of scales (b). This pattern usually represent mountain landscape in the Near-Eastern repertoire. Similar bands decorate the rim of the spout (e) and surround the hunting scene (d) in the lower part of the vessel. Wider bands consisting of four rows of scales encircle the middle representational band (c). Band (c) (Fig. 3.47) can be considered the most complex for the heterogeneity of the illustrated elements and the merging of different themes. Beginning from the city (c1), which correspond to the hypothetical starting point and proceeding to the right, it is possible to detect a first hunting scene with three kneeling archers shooting at four running ostriches (c2). A plant interrupts this row of animals acting as an axis of symmetry for another hunting scene beginning in the opposite direction. In this section an archer on a chariot hunts an ostrich and two onagers, all represented wounded by arrows. Below the chariot a headless body is represented. Afterward, a horseman is killing a onager, and two archers attack a broad-winged ostrich (c3). After the spout interruption, three archers are shooting arrows towards a lion placed near some marsh plants, represented in three different shapes (c4). The lion is attacking a man or an animal while it is wounded by long arrows. To the right a kneeling man holds against the lion a ‘shield’ or a ‘net’ (c5). Behind him a row of running chariots, under which are the bodies of headless enemies, starts (c6). On the first three chariots the archers are looking back

to the lion, whilst the other characters consisting of a chariot, an infantryman, a horseman and a second chariot, are facing to the city. A freestanding shield or net separates them from three archers coming out to defend the fortress/city (c7). It is possible, as we have proposed, to divide the scene into seven blocks (c1-c7), evaluating the direction, movement and position of the various characters. The scene begins from the fortified city as usually happens in the Assyrian figurative lexicon, whose rules are well known from the palace reliefs. The lower part of the jug is covered with a decoration composed of an engraved geometrical cross-hatching band with a central dot and a guilloche band. Around the disk base a series of thin elongated petals, internally decorated with three ‘drops’, are placed. To sum up the results of our iconographic research, it is clear that the majority of the geometrical and representational elements are widespread in the Assyrian and Near-Eastern iconography, appearing throughout a wide chronological range and in diversified items from seals to stone reliefs. Elements such as the wild goats, the palmettes or the archers are very common, both as parts of figurative scenes or as filler elements, pertaining to a vast chronological and geographical range. The central band contains a more complex scene; it can be understandable in a narrative way, showing several iconographic particularities and apparently some ‘thematic incongruences’. The hunting scene contains ostriches, onagers and a lion, all animals hunted, as attested on the epigraphical sources, by the Assyrian king. Starting from Ashur-bel-kala (1073-1056 BC), several official texts report the hunting enterprises of the king and the capture of several animals destined for the royal parks. In particular, all the animals reported are listed in Ashurnasirpal’s II Royal Inscriptions (A.0.101.2; A.0.101.30). However, despite the accurate and richly detailed representation, it is not possible to identify the king among the characters represented on the jug whereas, according to widespread compositional rules, the Assyrian king should have been probably depicted on one of the chariots. The presence of hunting and battle scenes within the same band can be considered also as another stimulating problem challenged in this chapter. Both themes exist and are merged in the Assyrian ideology for the celebration of the kingship, showing the king performing real and symbolic hunts or as the commander of his invincible army. The better-known and impressive comparison for this type of scene is the stone reliefs B18-20 from the throne room B of the North-West Palace at Nimrud. In these slabs we find the king hunting lions and bulls in a symbolic and ritual performance following a military siege scene.

182

Decorazione

The decoration of the Balawat Gates of Ashurnasirpal II is another valid comparison. On the bronze gates several battles and sieges as well as bulls and lions hunts appear but placed on different bands. However, for the single elements composing the bands and the stylistic features, the best comparisons are with the bronze bands of Shalmaneser III’s Balawat Gates, rather than those commissioned by Ashurnasirpal II. A bucket acquired in Iran and preserved in a Private Collection of Teheran can be considered also a very interesting comparison (Tav. X). A battle and a wild goat hunting scene are engraved on two bands. These are bordered by scale bands as on the gold jug of Nimrud. U. Seidl, who published the object in 1985, suggests it might be probably an Assyrian work (or possibly Urartian), proposing a date between the 9th and the 8th century BC. Concerning the lion and dragon heads of the handle, whereas the first is diffused and a well-known type, the second one results more interesting for its features (Tavv. I-III, V, VI). The dragon is almost identical to a small limestone dragon’s head, carved at the end of a spoon handle found along with other ivories in AJ well of the North-West Palace at Nimrud (Fig. 3.44.c). Other similar dragon’s heads are commonly represented as finials on some armlets discovered in Urartian tombs. The occurrence of these animals on the handle of the jug is not a coincidence and it can be suggestively related to the royal epithets of Ashurnasirpal II and Shalmaneser III who were called into official inscriptions ‘similar to a lion’ and ‘like a fierce dragon’. Nevertheless the widespread diffusion of many of the iconographic elements represented on the jug, few of them, showing particular stylistic features, seem to provide chronological and geographical clues regarding its workshop. The well-defined features of the chariots and their proportions seem to be related

in particular to the Assyrian milieu and to the period before Sargon II’s reign. Moreover, other stylistic features listed diffusely in the Paragraph 3 regarding for instance the beheaded figures, the deer, the city, etc. seem to be related mainly to Assyria or maybe to the Urartian Kingdom. This state can be ascribed to the presence in these areas of the largest corpus of decorated metal objects or, as intended in this chapter, a real clue to understand the production of the jug. For this reason, we can suggest the jug, committed probably by the court, was crafted by an Assyrian workshop where craftsmen born in different areas worked in a system in which manifold traditions coexisted. Otherwise, the jug could be interpreted as a gift or a tribute, manufactured by craftsmen who knew the elements of the Assyrian representational lexicon with the purpose of pleasing the recipient of this precious object. Foreign artisans living and working at the Assyrian royal court could be unaware of the conventions regulating Assyrian visual lexicon, as D. Collon stressed describing the wrong position of the god Ashur on the decoration of a pair of bracelets found in Tomb II. A similar proposal could be therefore applied to the gold jug of the Tomb III, explaining some ‘incongruences’ detected in the figurative scenes of the central band. To conclude, it is possible to suggest that the jug for the represented themes was probably destined to a man rather than a woman. The coexistence of themes related to the kingship (hunting and war) encourage us to suggest that this precious object was originally intended for the king itself or for a high member of the royal family, as also its discovery place seems to confirm. Also the geometric bands (guilloche, scale), even with a lower amount of information, support the idea that the gold jug was a royal object according to I. Winter’s definition of a ‘Rhetoric of Abundance’, which is especially clear and widespread on the walls decoration of the Assyrian Palaces.

183

4 LA BROCCA DI NIMRUD: IL CONTESTO STORICO, SOCIALE E FUNERARIO E

4.1 L

IX

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F

,M

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eE

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*

babilonese per il controllo della riva destra del fiume.   Ashurnasirpal II, a seguito della presa di Bit-Adini e della resa di Karkemish, fu in grado, inoltre, di spingersi fino alle coste del Mediterraneo orientale, ricevendo tributi anche da alcune città fenice. Il suo successore, Shalmaneser III (859-824 a.C.)4, proseguì l’opera di espansione del padre celebrando nelle sue iscrizioni l’interminabile serie di campagne annuali soprattutto a ovest e a nord dell’Assiria. A settentrione l’antagonista principale era il Regno di Urartu; gli obiettivi assiri di indebolimento urarteo e controllo di zone strategiche nelle alte valli dello Zab superiore e del Tigri diedero avvio a una rivalità che si protrasse per decenni fino alla completa scomparsa di entrambi i contendenti. A ovest dell’Eufrate, invece, Shalmaneser III proseguì con risultati talvolta incerti e in modo piuttosto dispendioso la politica militare precedentemente intrapresa dal padre, ampliando comunque il prestigio assiro, ottenendo il versamento di abbondanti tributi al nuovo conquistatore. Negli anni successivi gli succedettero sovrani impreparati a reggere il peso politico e militare del Regno assiro, nuovamente in possesso di vasti territori ma il cui controllo necessitava di un continuo consolidamento. I re assiri, in questa fase, dovettero confrontarsi con ribellioni interne più che con conflitti esterni all’Assiria, e con l’accrescersi significativo del potere della corte, in particolare di alcuni turtānu in grado di organizzare e gestire spedizioni militari e controllare territori provinciali in autonomia. Tra tutti spicca la figura di Shamshi-ilu, turtānu capace di conservare cariche durante i regni di Adad-nirari III, Shalmaneser IV5, Ashur-dan III e Ashur-nirari V. Dopo una lunga fase di instabilità, fu sotto Tiglathpileser III (745-727 a.C.)6 che si rivide la forte spinta espansiva dei primi conquistatori neo-assiri, possibile attraverso un consolidamento politico e militare dei territori già controllati e una profonda riforma dello stato. Dopo aver riportato Babilonia sotto il proprio controllo e aver sconfitto e ridimensionato le velleità espansionistiche di uno dei maggiori antagonisti dell’impero, Urartu, e dei suoi confederati occidentali

. a.C.

Dopo i fasti del periodo medio-assiro, tra i secoli IX e VIII a.C. l’Assiria tornò progressivamente a ricoprire un ruolo di primo piano nello scacchiere politico e militare dell’area vicino-orientale (Fig. 4.1). A seguito di quasi due secoli di costante pressione aramea lungo i confini occidentali, con relativo indebolimento territoriale e demografico, a partire dal regno di Adad-nirari II (911-891 a.C.)1 prima e di Tukulti-ninurta II (890-884 a.C.)2 poi, ebbero inizio un ricompattamento statale e un’espansione imperiale ai danni dei territori limitrofi. Con Ashurnasirpal II (883-859 a.C.)3 l’impero intraprese una politica più aggressiva nei confronti dei propri avversari, tramite la quale fu possibile ottenere il controllo di ampie porzioni di territorio andando a ridimensionare il potere degli Aramei ad occidente, quello degli Urartei a nord e quello babilonese a sud. Si trattò di un’incessante opera di pressione e di aggressione indirizzata a consolidare diverse aree strategiche ormai non più controllate dall’esercito assiro. In particolare, Ashurnasirpal II riottenne il controllo dell’alto Tigri, indispensabile per ridare respiro ai centri assiri più a valle, strappandolo alle popolazioni hurrite locali; intervenne nell’alta valle dello Zab tagliando di fatto ogni via di comunicazione tra la zona del lago d’Urmia a nord e il Regno di Babilonia a sud. Il sovrano sottomise, inoltre, anche i centri aramei della regione del Khabur e quelli lungo la riva sinistra dell’Eufrate, prima di scontrarsi con l’esercito

Ciascuno degli Autori ha trattato singolarmente gli argomenti contenuti in questo capitolo: M. Mortarini si è occupato del Paragrafo 4.1 (“La brocca di Nimrud nel suo contesto storico tra il IX e l’VIII sec. a.C.”); E. Foietta dei Paragrafi 4.2 (“Le tombe reali di Nimrud e la loro collocazione nel quartiere sud del Palazzo”); 4.3 (“Il titolo di MÍ.É.GAL: le caratteristiche e il significato; Hamâ, MÍ.É.GAL di Shalmaneser IV”) e 4.4 (“La gerarchia nel quartiere abitativo delle donne. Titoli e ruoli in rapporto ai reperti della Tomba III”); E. Quirico dei Paragrafi 4.5 (“4.5 Gli oggetti di lusso delle tombe delle regine: una breve sintesi”), 4.6 (“Le tombe reali maschili e femminili neo-assire”) e 4.7 (“Gli oggetti delle tombe e i rituali funebri”). 1 G 1991, 142-162. 2 G 1991, 163-188. 3 G 1991, 189-393. *

G 1996, 30-204; Y 2000, 77-224. G 1996, 264-269; B 2008a, 585. Su Shamshi-ilu si veda il Paragrafo 3 di questo stesso capitolo. 6 L 2012, XXVIII-XXXVI; B 2014. 4 5

185

E. Foietta, M. Mortarini e E. Quirico

Fig. 4.1 - Mappa del Vicino Oriente con i principali toponimi e regni menzionati.

nella battaglia di Kishtan nel 743 a.C., il sovrano si concentrò verso occidente, assoggettando di fatto quasi tutti gli stati aramaici centro-meridionali, arrivando fino a Gaza e intrecciando la propria politica estera con quella egiziana e degli stati neoittiti del nord. Vi furono scontri anche con gli Arabi a sud e con i Medi a est. Il successore Shalmaneser V (727-722 a.C.)7 combatté ancora contro Babilonia e Israele devastando Samaria, la sua capitale, salvo poi, nel 722 a.C., essere deposto da Sargon II (721-705 a.C.)8 con cui avrà inizio la dinastia sargonide. Attraverso questa disamina degli avvenimenti storici dell’Impero neo-assiro all’inizio della sua fase di consolidamento ed espansione, emerge una situazione di forte instabilità a livello politico internazionale che, unita a fattori di debolezza interni, determinò la necessità di intervento di forti personalità per rinsaldare e affermare la progressiva egemonia assira nell’area vicino-orientale. Le relazioni con le popolazioni confinanti si indirizzarono verso una volontà di prevaricazione unilaterale da parte assira. Le continue campagne militari furono funzionali agli Assiri non solo a ottenere la riscossione di tributi o l’acquisizione dei territori e delle ricchezze proprie di quelle aree, ma anche all’assoggettamento di stati e popoli 7 8

R L

trasformati in vassalli o alleati politici e militari. Proprio in quest’ottica si inserisce la politica delle deportazioni delle popolazioni assoggettate militarmente, che venivano impiegate nei lavori di pubblico impiego, come la costruzione di città o di sistemi idraulici, o distribuite all’interno dello stato assiro per incrementare la forza lavoro9. Molte riflessioni storiche circa l’organizzazione della struttura imperiale assira e il suo funzionamento vengono avvalorate dallo studio delle fonti e dalle testimonianze materiali in nostro possesso che permettono di delineare un quadro di esaltazione del potere centrale. Tra queste testimonianze ritroviamo gli annali dei sovrani assiri, le iscrizioni sugli ortostati palatini e portatori di messaggi propedeutici alla celebrazione del potere assiro, ma anche funzionali a mettere in luce indizi fondamentali circa i rapporti esistenti con gli stati confinanti, rapporti nei quali gli scambi di doni o materie prime preziose avevano molto spesso lo scopo di suggellare alleanze o di sancire atti di sottomissione. Per esempio, dagli annali di Ashurnasirpal II, veniamo a conoscenza del fatto che egli ricevette come tributo da Lubarna, il sovrano di Kunulua: « (…) venti talenti d’argento, un talento d’oro, cento talenti di stagno, cento talenti di ferro, mille capi di bestiame, diecimila pecore, mille capi d’abbigliamento di lino con finiture multicolori,

2004, 95-104. 2012, XXVIII-XXXVI.

9

186

P

1979, 210.

La brocca di Nimrud: il contesto storico, sociale e funerario

mobili decorati e intagliati in legno di bosso, letti in legno di bosso, letti d’avorio decorati con intarsi e molti oggetti per decorare il suo palazzo il cui peso non può essere stimato»10. Questo ci indica come già a livello politico lo scambio di beni, mode e tradizioni artistiche fosse insito nella complessa rete diplomatica e militare dello scacchiere vicino-orientale. Tuttavia, a queste testimonianze ufficiali e pubbliche nella loro platea ristretta di dignitari e ambasciatori stranieri, bisogna aggiungere altre fonti in grado di approfondire un quadro altrimenti significativamente incompleto. Attraverso una fonte fondamentale, le lettere, è possibile infatti delineare i contorni dei rapporti ufficiali e privati tra l’Assiria e gli stati confinanti in ambito diplomatico11, così come le relazioni tra il potere centrale e le realtà assire periferiche. Per citare un esempio interessante, nel corpus letterario denominato “Lettere da Nimrud” dal Palazzo Nord-Ovest, i sovrani Tiglath-pileser III e Sargon II sono i protagonisti principali di una fitta corrispondenza per la maggior parte interna al Regno assiro, che, integrando varie tipologie di missive, rende conto di numerose imprese militari12 e delle condizioni dei rapporti diplomatici con i paesi confinanti13. Babilonia, Urartu e gli stati aramei occidentali sono i principali protagonisti delle lettere ad argomento militare ritrovate in questo corpus e permettono in molti casi di ricostruire le dinamiche diplomatiche e le alleanze, le conquiste frutto delle singole campagne militari, i dettagli delle deportazioni delle popolazioni14 o i particolari riguardo i trattati di sottomissione stipulati15.Attraverso le lettere, inoltre, venivano fatte pervenire alla corte, e dunque al sovrano, informazioni dettagliate sulla condizione politica e militare dei regni antagonisti: è il caso di alcune lettere indirizzate a Sargon II in una fase di forte instabilità interna nel Regno di Urartu16. Lo scambio epistolare con i sovrani degli stati stranieri completa il quadro di questa disamina storica. Ci sono giunte infatti abbondanti lettere ricche di dati sull’economia, sulla vita sociale, religiosa e politica di molti dei paesi dialoganti con la corte assira17 e che con essa molto spesso si legavano attraverso matrimoni diplomatici atti a suggellare alleanze e intese più o meno durature. In quest’ottica

è interessante il ruolo svolto nelle corti assire da parte delle donne che spesso ricoprivano incarichi molto importanti e intrecciavano la loro esistenza con quella del sovrano per scopi politici sia che si trattasse di donne giunte alla corte sia che si trattasse di principesse assire mandate in sposa a sovrani di altri paesi18. Si ricorda che il mantenimento costante di queste relazioni diplomatiche si lega strettamente all’esistenza parallela di rapporti extra-politici tra le aree vicino-orientali, di quella comunione di tradizioni, abitudini e mode così evidente dallo studio delle produzioni materiali, e la cui diffusione emerge con grande chiarezza dall’analisi morfologica e iconografica della brocca aurea da Nimrud oggetto di questo studio. Nel periodo neo-assiro, infatti, si assiste ad un flusso costante di materie prime, beni, tecnologie e idee tra l’area vicino-orientale e il Mediterraneo. Ad esso, molto spesso, si unisce lo scambio di artigiani specializzati così come di commercianti, mercenari, scribi e sacerdoti che, al pari dei materiali e delle tecniche, permisero alla conoscenza produttiva di valicare le frontiere e permeare aree fino a quel momento caratterizzate da altre culture materiali e da altre mode. È importante ricordare come tale movimento di persone non fosse sempre volontario o dettato da intese pacifiche tra gli stati. Questo spostamento si può collegare anche alla pratica delle deportazioni di massa di alcune popolazioni assoggettate. Molto spesso i sovrani assiri deportavano, infatti, artigiani o specialisti come: scribi, agricoltori, allevatori o giardinieri nelle corti palatine o da destinare alle grandi città, acquisendo in questo modo persone e capacità da integrare a quelle interne19. Fonti non assire come la Bibbia o i poemi omerici, al pari delle stesse iscrizioni ufficiali assire, ci forniscono diretta testimonianza della circolazione di beni e persone. I bottini di Tiglath-pileser III, per esempio, includono “vesti multicolori e di lino, lana color malva e porpora (…) pecore vive la cui lana è colorata di porpora, uccelli il cui piumaggio è di color malva”; oppure dal libro di Ezechiele sappiamo che i mercanti dall’Arabia, Siria, e Assiria commerciavano con Tiro “grandi varietà di tessuti, mantelli blu ricamati” e “tessuti con finiture multicolori” (Ezechiele 27: 22-23)20. Omero, nell’Iliade, menziona “magnifiche toghe in broccato (…) il lavoro di donne di Sidone” che accompagnano Paride nel suo viaggio di ritorno a Troia (Iliad. 6.289-91, 294-95)21. L’esigenza di ottenere artigiani in grado di produrre su suolo assiro gli oggetti e i beni più richiesti dall’establishment di corte, vide proprio nelle

C 2014, 53. Traduzione in italiano di M. Mortarini. P 2007, 3-4. È stato possibile ad esempio ricostruire approfonditamente i rapporti intercorrenti tra il Regno neo-assiro e l’Egitto sulla base di numerose fonti scritte (si veda ad esempio su tale argomento E 1978). 12 Per mezzo dello studio della corrispondenza è stato ad esempio possibile delineare le modalità di organizzazione militare assira sotto Sargon II (S 1963). 13 L 2012, XXVIII. 14 L 2012, XXXVI-XXXIX. 15 L 2012, XXXIX-XL. 16 L ,P 1990, XIX. 17 L ,P 1990, XXII-XXV. 10 11

M 2004. P 1979, 210-211. 20 G 2009, 155. 21 A 2014, 114. Traduzioni di M. Mortarini. Su tali questioni si veda il Capitolo 5. 18 19

187

E. Foietta, M. Mortarini e E. Quirico

deportazioni un mezzo valido e immediato di sfruttamento delle conoscenze da zone anche molto distanti. Sempre le lettere a noi pervenute ci forniscono testimonianza dei movimenti di questi specialisti, alle volte richiesti in maniera esplicita da funzionari e dignitari di corte e fatti giungere da regioni lontane. In quest’ottica ci sono giunte testimonianze tra cui alcune provenienti dalle capitali e altre dalle province, in cui funzionari regi richiedono l’invio di singoli artigiani e mastri-costruttori per svolgere specifiche funzioni che evidentemente dovevano avere l’ausilio di maestri indiscussi, il cui nome in alcuni casi viene anche citato per iscritto22. Tuttavia, anche lo studio della terminologia usata dagli assiri e presente negli annali e nelle lettere ha facilitato l’interpretazione di una pratica quale quella dei tributi e dei doni il cui scopo politico non deve essere sottaciuto, ma la cui conseguenza pratica fu quella di agevolare l’interscambio di modelli e di prodotti finiti. Nelle iscrizioni reali assire si possono chiaramente distinguere due termini che permettono di definire la differenza sostanziale tra i regolari tributi (biltu o maddattu) imposti in seguito a una sconfitta militare, e i tributi più o meno volontari assimilabili a doni presentati durante le udienze regie (acc. nāmartu/bab. tāmartu)23. Distinguibili in base alle quantità e alle caratteristiche dei prodotti presentati, i tributi e i doni sono chiari indizi dell’area dalla quale provengono. Per fare solo un esempio, l’area levantina può essere facilmente identificata attraverso i beni inviati al sovrano assiro: cavalli, metalli preziosi e stoffe24. Sappiamo, inoltre, che i doni e i tributi che giungevano alla corte assira, venivano ridistribuiti tra i membri della stessa seguendo un ordine gerarchico che vedeva le regine e i principi al primo posto, seguiti, poi, da alti funzionari e dignitari25. Questa tradizione risulta assai significativa per capire non solo la possibile area di produzione della brocca in oro ma anche le modalità attraverso le quali la stessa possa essere passata di mano all’interno della corte reale assira. Interessante a questo proposito è l’analisi della parte inferiore di un ortostato lapideo del Palazzo SudOvest di Nimrud (muro k, lastra 12b) datato al regno di Ashurnasirpal II nel quale si può notare la presenza di quattro tributari in processione vestiti in abiti tipici dell’area del Mediterraneo orientale e recanti doni al sovrano e alla corte assira (Fig. 4.2). Proprio a partire dalla tipologia dei recipienti recati in dono è stata ipotizzata da P. Albenda una corrispondenza con la produzione metallurgica dell’area di Gordion e della Frigia e, dunque, la produzione di tali oggetti all’interno di un contesto geografico esterno rispetto

all’area assira26. Questo ortostato è solo un esempio di quello che molti altri rilievi possono comunicarci in merito agli scambi di uomini e merci che avvenivano all’interno del Regno assiro. Tutte queste considerazioni ci spingono a inquadrare la brocca in oro all’interno di un quadro storico e geografico molto complesso dominato dall’Assiria ma strettamente legato al grande numero di stati e potentati che si collocavano intorno ad essa, stati alle volte conosciuti e ampiamente studiati ai quali si possono attribuire con certezza scambi e relazioni di natura politica e economica. Tra essi però sono anche da annoverare aree geografiche poco indagate e ancora oggi soggette a dibattito circa il loro sviluppo e ruolo all’interno dell’area vicino-orientale. Un esempio significativo riguarda la Frigia, dalla quale, in base ai confronti individuati, potrebbe essere originaria la forma della brocca in analisi. Storicamente, i dati in nostro possesso ci permettono di ricostruire già a partire dal regno di Adad-nirari II un interesse politico e militare assiro nei confronti della terra di Mushki, il futuro Regno frigio; a partire da questo sovrano, questa regione venne sottoposta a frequenti attacchi militari e richieste di tributi, salvo poi scomparire dalle fonti assire dal regno di Shalmaneser IV fino a quello di Sargon II27. Sotto quest’ultimo sovrano le testimonianze aumentano nuovamente: sull’iscrizione ufficiale di un prisma databile al 718 a.C., ad esempio, viene citato esplicitamente il nome di Mita di Mushki con il quale poi Sargon II nel 709 a.C. stipulò un trattato di pace successivo a scontri militari favorevoli alla compagine assira28. Probabilmente la Frigia risultava essere nel periodo precedente al regno sargonide una regione troppo distante dagli interessi assiri e la sua comparsa sulla scena politica e militare dell’epoca deve essere posta in relazione ad un suo periodo di espansione esterna e di rafforzamento interno29. Le ipotesi, come ampiamente emerso dall’analisi stilistica delle bande e morfologia circa la sua origine, non solo portano ad ipotizzare una produzione probabilmente assira influenzata da tradizioni artistiche esterne; emerge, infatti, parallelamente la possibilità che si possa trattare di un dono o un tributo alla corte assira da parte forse di un regno straniero. Questa spiegazione troverebbe ampio riscontro all’interno di una pratica diffusa tra le corti vicino-orientali, che trova conferma sia nelle fonti scritte sia, con maggiore evidenza, nelle decorazioni a ortostati dei palazzi neo-assiri, come attestano le rappresentazione di tributari stranieri, ad esempio quelli riconosciuti come frigi e già precedentemente citati, sulla lastra dal Palazzo Sud-Ovest di Nimrud30 A 2010, 7-8. B -E 2008, 34-36, table 7. 28 B -E 2008, 17. 29 B -E 2008, 17-18. 30 Muro k, lastra 12b (B ,F 26

G 23 G 24 G 25 G 22

2009, 163-164. 2009, 164-165. 2009, 165-166. 2009, 166-167.

27

188

1962, pl. CXXIV).

La brocca di Nimrud: il contesto storico, sociale e funerario

Fig. 4.2 - Nimrud, rilievo dal Palazzo Sud-Ovest, muro k, lastra 12b (B

(Fig. 4.2) o i personaggi raffigurati in lunghe processioni sulla facciata N, muro sud-orientale, e sulle pareti di alcuni ambienti (6, 10, 11) del Palazzo di Sargon II a Khorsabad31. Su queste ultime lastre lunghe file di dignitari stranieri sono rappresentate in processione recando doni di sottomissione al sovrano assiro. Va ricordato che profondi scambi artistici, così come donazioni di oggetti, avvennero bilateralmente tra questi paesi come attestano significativi ritrovamenti messi in luce nella stessa Gordion32. Queste attestazioni, unite all’analisi delle relazioni diplomatiche e militari che il Regno assiro sviluppò con i regni più o meno limitrofi, permettono di delineare un quadro storico in cui l’Assiria dovette ricoprire il ruolo di centro di riferimento principale sia politico sia culturale, in un periodo nel quale le basi della convivenza si fondarono certo sulle armi ma anche sulla diplomazia. Per quest’ultimo aspetto, il tributo e il dono risultano parte integrante di un processo di avvicinamento politico ed economico, inizialmente artistico e, poi, culturale che coinvolgeva diverse aree e tradizioni, testimoniando una realtà storica nella quale l’oggetto in esame, la sua origine e il suo utilizzo possono essere pienamente calati. Per contestualizzare al meglio lo studio della brocca aurea in esame, oltre al quadro storico appena delineato, è necessario valutare l’oggetto in relazione anche al suo luogo di rinvenimento, ai reperti ivi scoperti e ai dati che possono essere desunti da 31 32

A M

,F

1962, pl. CXXIV).

essi. Tra gli oggetti inseriti in contesti chiusi si instaura spesso un dialogo che fornisce informazioni aggiuntive rispetto alla semplice analisi stilistica. Questo procedimento permette di mostrare in modo chiaro l’insieme di relazioni e costumi esistenti all’interno della corte neo-assira, ponendo la brocca da Nimrud all’interno di un quadro sociale dinamico e complesso. 4.2 L

T

R

N

P

La brocca oggetto di studio è stata scoperta all’interno della Tomba III, localizzata al di sotto del pavimento della stanza 57 del Palazzo Nord-Ovest di Nimrud33 (Fig. 4.3). Essa faceva parte, insieme ad altri numerosi reperti, del corredo del Sarcofago bronzeo 2 che si trovava insieme ad altri due sarcofagi (1 e 3) del tipo generalmente definito “bathtub coffin” nell’anticamera. I Sarcofagi 2 e 3 furono scoperti circa alla medesima quota, mentre il Sarcofago 1 venne collocato sopra al numero 2. Dentro ai sarcofagi, oltre ai resti ossei di numerosi individui maschili e femminili, si rinvennero molti oggetti preziosi, alcuni dei quali con iscrizioni in cui compaiono nomi che possono fornire indicazioni sia sull’identità delle persone ivi sepolte sia sulla datazione delle sepolture stesse. Originariamente la Tomba III era destinata, come

1986, 64-74, pls.19-34, 65-70. 1998, 150-157.

Per un’analisi di dettaglio del contesto di ritrovamento si veda il Capitolo 1.

33

189

E. Foietta, M. Mortarini e E. Quirico

Fig. 4.3 - Palazzo Nord-Ovest, area a sud del bitanu, elaborazione grafica di E. Foietta.

ricordano due iscrizioni, a Mullissu-mukannishatNinua, MÍ.É.GAL di Ashurnasirpal II e del suo successore Shalmaneser III34. Il medesimo titolo di MÍ.É.GAL compare, inoltre, anche nell’iscrizione di un sigillo aureo appartenente a Hamâ, MÍ.É.GAL di Shalmaneser IV (Tav. IX), rinvenuto all’interno del Sarcofago 2, lo stesso in cui venne ritrovata la brocca aurea oggetto di questo lavoro35. Proprio la presenza di questo titolo, la cui traduzione letterale corrisponde a quella di “donna del Palazzo” e interpretato da alcuni studiosi con il termine “regina”, ripetuto varie volte all’interno della tomba, così come la sua apparizione su alcuni oggetti dedicati a Yabâ (MÍ.É.GAL di Tiglath-pileser III), Banitu (MÍ.É.GAL di Shalmaneser V) e Atalyā (MÍ.É.GAL di Sargon II) dalla vicina Tomba II36, sono stati alcuni dei motivi che hanno confermato che tutta questa parte

del Palazzo corrispondesse al quartiere abitativo, nel quale vivevano anche le donne37. Ulteriori indizi per questa attribuzione sono stati: - la presenza di un vasto e articolato ipogeo al di sotto delle stanze 74-75, che è stato anche identificato come “tesoreria” della regina38; - la scoperta di altre tombe ipogee (I e IV) che potrebbero forse essere state destinate ad altre consorti reali o a personaggi femminili di alto lignaggio39; - la presenza di alcuni testi amministrativi su

2012, 173. Per un’analisi dell’intero quartiere sud: 2008, 190-193. 38 O ,O 2001, 67; H 2002, 156; S 2012, 173. Secondo M.M. Hussein, questi ambienti potevano servire come prigione oppure come camere sepolcrali: H 2002, 156157; H 2008, 90; H 2016, 48-49. Secondo J. Wicks questi ipogei sarebbero la sede primaria delle sepolture contenute nei sarcofagi trovati nella Tomba III (W 2015, 14-16). Sulla questione si veda il Capitolo 1, Paragrafo 2. 39 K 2013, 114. La Tomba DD, dissentendo da D. Kertai, potrebbe essere stata destinata più che a una MÍ.É.GAL a un personaggio della corte di minore importanza, tenendo in considerazione soprattutto i materiali ivi scoperti (contra M 1950, 178; K 2013, 114). Sulla Tomba DD si veda: H 2008, 83-90. 37

R

34 A -R 2008, 124-125. Sulla questione del titolo MÍ.É.GAL impiegato per designare Mullissu-mukannishat-Ninua in rapporto a Ashurnasirpal II e a Shalmaneser III e sulla possibilità che fosse moglie di entrambi: R 1995, 111-112. 35 H ,S 2000, 399; A -R 2008, 136, no. 16. 36 Tomba II che è stata scoperta al di sotto dell’ambiente 49. Su queste iscrizioni scoperte nelle Tomba II: A -R 2008, 137-138.

190

S

La brocca di Nimrud: il contesto storico, sociale e funerario

tavoletta in cui compaiono personaggi femminili che detenevano cariche all’interno dell’amministrazione dell’harem e l’attestazione di lavorazioni, ad esempio di tessuti, collegabili alle donne del palazzo. Questi testi sono stati scoperti all’interno delle stanze 57, ZT 14/16 e ZT440. Il lotto di tavolette scoperte nell’ambiente 57 (localizzato nell’ambiente al di sopra della Tomba III) è l’unico, tra quelli sopra elencati, inserito nel quartiere residenziale e copre, da un punto di vista della datazione, un arco cronologico che si estende dal regno di Ashurnasirpal II fino a quello di Tiglath-pileser III41; - l’individuazione nelle stanze HH, O, S e AH di alcune cretule stampigliate o di altri oggetti con il simbolo dello scorpione, collegato all’harem42. Purtroppo gli esatti limiti di questo quartiere residenziale non si conoscono anche perché la parte occidentale del Palazzo è stata soggetta a un forte processo erosivo durante i secoli43. Il quartiere abitativo ancora preservato copre un’estensione di circa 100 m (est-ovest) x 70 m (nord-sud) e doveva presentare in antico probabilmente un secondo piano. Quest’area era costituita da diverse suites di ambienti (se ne possono individuare circa una decina), ognuna composta da almeno una sala di ricevimento e da un “bagno”44. Il nome del quartiere delle donne è attestato raramente nelle fonti testuali: il termine bitanu potrebbe riferirsi anche a questa zona, nonostante il suo significato principale sia genericamente quello di “quartiere interno”, utilizzato sia per gli edifici palaziali sia per i templi. Il termine bēt isāti potrebbe riferirsi all’ala occupata dalle donne, anche se come rilevato da S. Svärd, se ne conoscono pochissime attestazioni e mai in rapporto ai palazzi delle capitali assire45.

Il ritrovamento della brocca aurea all’interno di un ipogeo destinato a una MÍ.É.GAL (Mullissumukannishat-Ninua) e, soprattutto, la presenza del sigillo reale iscritto di Hamâ, sposa di Shalmaneser IV, nel Sarcofago 2 ci obbliga a approfondire il ruolo rivestito dalla MÍ.É.GAL durante l’epoca neo-assira e di esporre anche i numerosi problemi (alcuni dei quali ancora irrisolti) connessi a questo specifico titolo. Un rapido accenno verrà fornito ugualmente anche alle altre figure del quartiere delle donne al fine di proporre una migliore contestualizzazione dei reperti ivi rinvenuti, in considerazione anche della scoperta dei resti ossei di numerosi individui (femminili e maschili) all’interno dei Sarcofagi 1 e 346 (Tab. 4.2). 4.3 I

.H

MÍ.É.GAL: , MÍ.É.GAL

S

IV

Il logogramma MÍ.É.GAL, corrispondente all’assiro issi ekalli, ha letteralmente il significato di “donna del Palazzo” ed è stato tradotto da numerosi studiosi con il termine “regina”47. Esiste anche un’altra parola per definire tale specifico ruolo, ossia šarratu che corrisponde al femminile di šarru “sovrano”. Gli Assiri, tuttavia, non impiegavano questo termine se non per rivolgersi ad alcune divinità femminili o a sovrane di paesi stranieri48. Il titolo MÍ.É.GAL/issi ekalli venne impiegato durante tutto il periodo assiro e si incontra in accompagnamento al nome proprio della regina, ad esempio nel caso di Hamâ, MÍ.É.GAL di Shalmaneser IV, oppure da solo, ad esempio nel titolo “il tesoriere della MÍ.É.GAL”. Numerosi studi sono stati condotti nel corso degli ultimi anni sul ruolo, sui poteri e suoi luoghi in cui doveva e poteva operare la MÍ.É.GAL49. Uno dei principali problemi concernente questo titolo riguarda la possibilità che più donne potessero detenerlo contemporaneamente e se esso avesse validità per l’intera vita della regina o, invece, venisse trasferito nel momento della morte del sovrano alla consorte del nuovo re50. S. Melville è la sola studiosa a ipotizzare che il titolo di MÍ.É.GAL potesse essere attribuito a più donne contemporaneamente e, per tale motivo, l’Autrice preferisce tradurlo con “moglie” o “consorte” del

ZT4 e ZT14/16 si trovano nella zona definita Ziggurat Terrace area, nella parte settentrionale del Palazzo Nord-Ovest. 41 S 2012, 174. 42 S 2012, 174. La prima a ipotizzare che lo scorpione fosse in connessione con la regina e il quartiere delle donne fu B. Parker (P 1955) seguita poi da M. Mallowan (M 1966, 114). Per una sintesi su tale argomento si vedano: R 2012a, 690; S 2012, 125 nota 387. Prima della scoperta dei vari reperti delle Tombe delle Regine si pensava che lo scorpione fosse entrato in uso come simbolo dell’harem solo a partire dall’epoca di Sargon II. Z. Niederraiter spiega correttamente come esso fosse già impiegato prima dell’epoca di Sargon II ma che il suo uso divenne consistente a partire dal regno di questo sovrano: N 2008, 62. 43 S 2012, 173. 44 S 2012, 172-173. 45 S 2012, 175-176. Un’ultima proposta formulata da A.Y. Ahmad e J.N. Postgate è relativa alla corrispondenza per questa parte del Palazzo con il termine bētu šaniu che compare su un’iscrizione che sarebbe stata rinvenuta su una soglia nell’ala meridionale del Palazzo Nord-Ovest, ma della quale non ne conosciamo la precisa localizzazione (S 2012, 176). Secondo A.Y. Ahmad e J.N. Postgate, tale termine includerebbe sia l’amministrazione interna del Palazzo sia il settore femminile (A ,P 2007, XVIII, 6). 40

S ,K 1998; M -K ,K ,S 2008, 144-148. 47 Si veda a tal proposito l’articolo di S. Parpola: P 1988. Altri Studiosi hanno mantenuto la medesima interpretazione di S. Parpola, ad esempio: O 2002; S 2012; K 2013. 48 S 2012, 90. 49 Solo per elencare i più recenti lavori di ricerca si possono citare: O 2002; M 2004; M 2012; P 2012; S 2012; K 2013. 50 Per una sintesi dei problemi relativi al titolo di MÍ.É.GAL: K 2013, 109-110. 46

191

E. Foietta, M. Mortarini e E. Quirico

sovrano, piuttosto che con il termine “regina”51. Questo spiegherebbe, secondo l’Autrice, le numerose attestazioni di questo titolo, che viene riferito in particolare a varie MÍ.É.GAL anonime presenti in alcuni testi e che potrebbe essere interpretato come un indizio di un certo grado di flessibilità nel suo impiego all’interno della corte. Nel Palazzo, infatti, varie donne avrebbero potuto utilizzarlo contemporaneamente52. Questo presupporrebbe, quindi, una gerarchia tra queste donne costituita da mogli principali e subalterne simile, per certi versi, alla situazione riscontrata negli harem di periodo ottomano53. S. Svärd, S.L. Macgregor e D. Kertai propongono, invece, che vi fosse una sola MÍ.É.GAL in carica alla volta e, proprio per questo motivo, il titolo sarebbe da tradurre più correttamente con il termine “regina”54. La motivazione portata dagli Studiosi a favore di questa tesi, ma soprattutto a detrimento di quella proposta di S.C. Melville, concerne essenzialmente la mancata differenziazione tra le varie MÍ.É.GAL citate nelle fonti scritte assire, che, invece, avrebbe dovuto essere rilevata in qualche modo dalla cancelleria nel caso dell’esistenza di mogli principali e secondarie. Inoltre, secondo S. Svärd: «(…) when one looks at the attestation of the title MÍ.É.GAL , as a whole, they definitely seem to form a chain, not a crowd of women»55. Per quanto riguarda la durata del titolo di MÍ.É.GAL, ossia se esso fosse valido per tutta la vita, oppure se fosse da mettere in relazione sempre al sovrano in carica, S. Svärd sembra propendere per la prima fra le due proposte, mentre D. Kertai e K. Radner sostengono la seconda56. S. Svärd sostiene la prima ipotesi poiché spiegherebbe la mancanza del nome di numerose regine dalle fonti amministrative assire e, contestualmente, risolverebbe, ad esempio, i casi problematici di Mullissu-mukannishat-Ninua, MÍ.É.GAL di Ashurnasirpal II e Shalmaneser III e di Shammuramat, MÍ.É.GAL di Shamshi-Adad V e Adad-nirari III. Questi esempi, secondo S. Svärd, dimostrerebbero come il sovrano appena asceso al trono non dovesse letteralmente sposare la regina precedente, quanto piuttosto che la sovrana rimanesse in carica fino alla propria morte57. D. Kertai e K. Radner ritengono, invece, che questo sistema sarebbe stato, proprio per le sue caratteristiche intrinseche, eccessivamente complesso e avrebbe vincolato in modo eccessivo il nuovo sovrano. I due Autori, tenendo in considerazione le particolarità M 2004, 43-52. M 2004, 47. 53 K 2013, 110. 54 Per una sintesi su tale ragionamento: K 55 S 2012, 110. 56 R 2012a, 695; K 2013, 110. 57 S 2012, 91.

tipiche della regalità assira, preferiscono ipotizzare, quindi che il titolo venisse svincolato alla morte del sovrano soprattutto in presenza di una consorte del nuovo re58. All’interno della Tab. 4.1 è stata inserita la lista dei sovrani a partire dal Ashurnasirpal II fino a Sargon II con le rispettive MÍ.É.GAL. Di molte regine si conosce solo il nome, poiché iscritto su alcuni oggetti di lusso, e non si possiedono ulteriori informazioni in merito al loro operato all’interno della corte59. Numerose altre questioni sorgono analizzando i casi di singole MÍ.É.GAL durante il periodo neo-assiro ad esempio in merito al ruolo da esse ricoperto in rapporto all’amministrazione palatina. Il sigillo di Hamâ, MÍ.É.GAL di Shalmaneser IV (782773 a.C.), è stato rinvenuto all’interno del Sarcofago 2 della Tomba III (Fig. 4.6.a; Tav. IX), da cui proviene anche la brocca IM 115618. Il dato in questo caso risulta ancora più interessante se si considera che all’interno del sarcofago è stato trovato solo il corpo di una giovane donna60 che vari Studiosi (tra cui gli Autori di questo volume, T. Spurrier61, Y. Wicks62 e M.M. Hussein63) ipotizzano possa essere proprio quello della regina d’Assiria64. Quest’ipotesi sarebbe anche rafforzata dal rinvenimento di un’elaborata corona (Fig. 4.4), che, secondo gli archeologi iraqeni e gli antropologi fisici che si sono occupati dei resti ossei, venne scoperta in prossimità del capo della donna65. La corona, infatti, impedì agli ioni di rame battericidi liberati dal sarcofago di essere rilasciati su parte del cranio della donna che, per questa ragione, si sarebbe deteriorato maggiormente rispetto alle altre ossa provenienti dal medesimo contesto66. Se queste valutazioni fossero corrette la brocca sarebbe, quindi, appartenuta non solo a un corredo femminile di altissimo livello, come dimostrato, ad esempio, da alcuni oggetti ivi scoperti, ma forse al corredo di una MÍ.É.GAL. Questa ipotesi non è comunque priva di problematicità K 2013, 110. Si pensi, ad esempio, agli oggetti iscritti e in particolare alle coppe provenienti dalla Tomba II di Nimrud. Per un elenco completo e dettagliato di tutte le attestazioni del titolo MÍ.É.GAL fino alla caduta dell’Impero assiro si rimanda invece a S. Svärd (S 2012, Appendix 1, 236-281). 60 S ,K 1998, 106-109; M -K ,K , S 2008, 144. 61 Comunicazione IX ICAANE, tenutosi a Basilea (9-13 giugno 2014). 62 W 2015, 12-13. 63 H 2016, 28, nota 58, 38. 64 D. Kertai ritiene, invece, che il corpo rinvenuto nel Sarcofago 2 non sia della MÍ.É.GAL, visto che viene affermato che il corpo della regina non è stato ancora scoperto: K 2013, 113. 65 D 1998, 9; S , K 1998, 106; M K ,K ,S 2008, 144. 66 S ,K 1998, 106-109. Per un’analisi della corona: B 2006. Sulla questione Capitolo 1, Paragrafo 2. 58 59

51 52

2013, 110.

192

La brocca di Nimrud: il contesto storico, sociale e funerario

Fig. 4.4 - Corona dal Sarcofago 2 della Tomba III (C

2008a, pl. V).

Šarru/Re Ashurnasirpal II (883-859 a.C.) Shalmaneser III (858-824 a.C.)

MÍ.É.GAL/Regina Mullissu-mukannishat-Ninua Mullissu-mukannishat-Ninua

Shamshi-Adad V (823-811 a.C.) Adad-nirari III (810-783 a.C.) Shalmaneser IV (782-773 a.C.) Ashur-dan III (772-755 a.C.) Ashur-nirari V (754-745 a.C.)

Shammu-ramat Shammu-ramat Hamâ MÍ.É.GAL sconosciuta MÍ.É.GAL sconosciuta

Tiglath-pileser III (745-727 a.C.) Shalmaneser V (727-722 a.C.) Sargon II (721-705 a.C.)

Yabâ Banitu Atalyā

Tab. 4.1 - Lista dei sovrani neo-assiri a partire da Ashurnasirpal II e delle rispettive MÍ.É.GAL.

193

E. Foietta, M. Mortarini e E. Quirico

Il sigillo circolare mostra sul bordo interno una guilloche doppia molto simile a quella che compare nella decorazione della brocca aurea oggetto di questo studio71. Sul sigillo vengono rappresentate una dea in trono e una devota stante, quest’ultima identificabile forse con la stessa regina Hamâ. Lo scranno della dea poggia su di un animale che è stato identificato con un molosso da K. Radner72 (interpretazione accettata in questo lavoro) oppure con un leone, come suggerito da S.L. Macgregor73. La dea rappresentata dovrebbe quindi essere identificata con Gula, anche perché regge in mano uno strumento interpretabile probabilmente come un coltello chirurgico74. Questa divinità guaritrice divenne destinataria durante il periodo neo-assiro di una grande devozione popolare, probabilmente anche perché paredra del dio guerriero Ninurta a cui era, fra l’altro, dedicato il Tempio con ziqqurat situato sull’acropoli cittadina di Nimrud. Dietro al trono della divinità sul sigillo compare anche la rappresentazione dello scorpione, simbolo dell’harem75. Una raffigurazione di regina nel ruolo di devota del tutto analoga a quella sul sigillo si riscontra anche su un ciondolo in oro proveniente dal Sarcofago 1 della stessa Tomba III76 (Fig. 4.7.a). La MÍ.É.GAL, che in questo caso è affrontata a Ishtar, sembra indossare lo stesso tipo di diadema portato da Hamâ che pare simile per foggia ad un oggetto reale proveniente dalla Tomba II, (tiara in oro e pietre semipreziose) (Fig. 4.7.b)77. Oltre a quello di Hamâ, si conoscono limitate altre attestazioni di sigilli di MÍ.É.GAL, nonostante se ne individuino un certo numero di impressioni su argilla provenienti da differenti contesti. Un caso eccezionale e per questo degno di menzione può essere un sigillo acquisito nel 2002 dal mercato antiquario da parte del British Museum e analizzato in dettaglio da K. Radner78 (Fig. 4.6.b). Il sigillo di forma emisferica è in calcedonio parzialmente trasparente e mostra una superficie a calotta di diametro 1,7 cm e un’altezza di 1,85 cm79. La scena rappresentata viene descritta dall’Autrice in questi termini: «Inside a guilloche and a dot border, the seal motif

Fig. 4.5 - Raffigurazione del sigillo di Ninurta-Ideya-Sukshid, Sarcofago 2, Tomba III ( -G W 2008, 161 fig. 19-v).

se si considera in particolare che la brocca aurea, in base alla decorazione delle sue bande, sembrerebbe essere stata originariamente destinata a un individuo di sesso maschile67. La sua presenza all’interno del sarcofago potrebbe essere d’altro canto spiegata alla luce di un suo impiego forse come dono funebre, in un milieu in cui oggetti e doni circolavano e venivano facilmente (re)impiegati. Questa ricostruzione potrebbe anche chiarire la scoperta, sempre in questo spazio, del sigillo di un eunuco di corte, NinurtaIdiya-Sukshid, vissuto all’epoca di Adad-nirari III, che deteneva l’importante carica di “capo dei cuochi e delle greggi”68 (Figg. 1.12, 4.5). Il sigillo a stampo di Hamâ, integralmente foggiato in oro, è un oggetto estremamente interessante (Fig. 4.6.a; Tav. IX); esso può essere probabilmente considerato il più fastoso esemplare di glittica reale del periodo neo-assiro ad oggi conosciuto. Il sigillo ha forma lenticolare ed è saldato ad un occhiello più grande a cui, a sua volta, veniva collegato un piccolo anello utilizzato per sospenderlo probabilmente a una catenella. L’altezza totale del sigillo è di 4 cm, il diametro della superficie incisa è di 3,2 cm, mentre il peso viene valutato in 130,5 g69. Sul bordo esterno compare un’iscrizione di larghezza 1,25 cm e di lunghezza 9,5 cm che riporta il seguente testo: «Appartenente a Hamâ, MÍ.É.GAL di Shalmaneser, Re di Assiria, nuora di Adad-nirari»70. Su tale ipotesi si veda il Capitolo 3, Paragrafo 5. Secondo M. Müller-Karpe, M. Kunter, M. Schultz tale sigillo sarebbe stato scoperto all’interno del Sarcofago 3 (M K , K , S 2008, 147). Questa valutazione è smentita tuttavia dalla localizzazione dei reperti all’interno dei sarcofagi prodotta dagli archeologi iraqeni. Il sigillo infatti (numero di reperto no. 333; H ,S 2000, pic. 180; H 2016, 34 pl. 144a) è stato scoperto nel Sarcofago 2, vicino alla corona (numero di reperto no. 309; H ,S 2000, pic. 159-160). Si veda a tal proposito la Fig. 1.11 nel Capitolo 1. Sulla lettura del nome dell’eunuco: A -R 2008, 135-136. Per una recente analisi di alcuni sigilli di eunuchi vissuti durante i regni di Adad-nirari III e Shalmaneser IV: N 2015. Su tale questione si veda anche il Capitolo 1, Paragrafo 3. 69 H ,S 2000, 399; H 2016, 14-15, pl. 37b. 70 A -R 2008, 136; R 2008, 496-497. Traduzione 67

italiana di E. Foietta. 71 Si veda sull’argomento il Paragrafo 3 del Capitolo 3. 72 R 2008, 496-497. 73 M 2012. 74 Su Gula e il suo animale attributo si veda il Capitolo 3 Paragrafo 3 relativamente al cane. Sugli strumenti chirurgici impiegati da Gula: B 2014, 18-22. 75 Per una sintesi sul simbolo dello scorpione, l’harem e le MÍ.É.GAL: R 2012a, 690. 76 H , S 2000, pic.140, -G W 2008, 157, H 2016, 29, pl. 103c. 77 H , S 2000, pic.183; -G W 2008, 156-157; H 2016, 14-15, pl. 37b. 78 R 2012a. 79 R 2012a, 687-688.

68

194

La brocca di Nimrud: il contesto storico, sociale e funerario

Fig. 4.6.a - Sigillo di Hamâ (elaborazione grafica di E. Foietta da M grafica di E. Foietta da R 2012a, 688, fig.1).

shows the Assyrian king and queen approaching a goddess seated on a straight-backed throne with stars at its back and supported by a lion; the king is shown in the typical praying gesture while the queen raises both arms to the deity. Above the hovers an eightlegged scorpion»80. Questo sigillo è stato attribuito con certezza, grazie ai documenti su cui è stato impresso, a TashmetumSharrat, sposa di Sennacherib (704-681 a.C.)81 . I sigilli delle due MÍ.É.GAL (Hamâ e TashmetumSharrat) mostrano in modo chiaro tratti stilistici e iconografici comuni che potevano probabilmente far parte di una tradizione comune alla classe dei sigilli reali femminili assiri. Queste similitudini riguardano in particolare la presenza: di una guilloche come cornice (comune anche ai sigilli reali maschili); di una figura femminile centrale di natura divina in trono; della regina nel ruolo di devota; e, infine, del simbolo dello scorpione (segno dell’harem). Risulta interessante notare l’assenza in entrambi i casi della corona turrita ad ornare il capo della regina (Fig. 4.6.a) che, invece, compare chiaramente nelle raffigurazioni di MÍ.É.GAL dell’ultimo periodo assiro, ad esempio su di una stele da Assur in cui viene rappresentata Liballi-Sharrat, moglie di Ashurbanipal82, o nel ben noto rilievo del banchetto sotto la pergola, in cui il sovrano festeggia la vittoria sull’Elam83. Principale differenza tra le due scene è la presenza del sovrano sul sigillo di Tashmetum-Sharrat, assente sul sigillo più antico di Hamâ84.

2012); b - sigillo di Tashmetu-Sharrat (elaborazione

Della regina Hamâ non si posseggono ulteriori informazioni. Alcuni studiosi ritengono il suo nome di origine aramaica occidentale al pari dell’onomastica di Yabâ (regina di Tiglath-pileser III) e Atalyā (regina di Sargon II), nomi individuati su oggetti iscritti della Tomba II85. Secondo S. Dalley, Yabâ e Atalyā potrebbero essere state principesse provenienti dal Regno di Giuda, sottomesso durante gli anni di regno di Tiglath-pileser III e di Sargon II86. Il nome, invece, di Mullissu-mukannishat-Ninua, a cui era originariamente dedicata l’intera camera sepolcrale, fa riferimento chiaramente all’onomastica assira, come dimostrato dall’impiego del nome della dea Mullissu, paredra di Ashur87 e dal fatto che questa MÍ.É.GAL era figlia di un alto dignitario assiro: Ashur-nīrka-da’’inni, coppiere di corte durante il regno di Ashurnasirpal II88. Medesima origine locale doveva avere anche il nome di Banitu, MÍ.É.GAL di Shalmaneser V89. Si posseggono limitate notizie anche del consorte di Hamâ, Shalmaneser IV, divenuto re nel 782 a.C. dopo la morte del padre Adad-nirari III90. Il suo regno

nel Vicino Oriente: O 2002, 463-469. 85 F 2014, 173, nota 35. F.N.H. Al-Rawi ritiene ipoteticamente che il nome possa anche essere di origine araba: A -R 2008, 136. 86 D 1998; D 2004. 87 M 2014, 236. 88 A -R 2008,124, nos. 2-3. 89 Secondo S. Dalley il nome Banitu potrebbe essere la traduzione accadica di Yabâ. La regina in questo caso avrebbe quindi posseduto due nomi, uno probabilmente del paese di origine e uno accadico, come avvenne sicuramente per Naqi’a/Zakûtu (D 2008, 171). 90 Su Adad-nirari III: S 2013.

R 2008, 688. R 2008, 688. 82 O 2002, 461, 462 fig. 2. 83 B 1976, 57-58, pls. LXIV-LXV. 84 Sulla rappresentazione del sovrano insieme alla sua consorte 80 81

195

E. Foietta, M. Mortarini e E. Quirico

Fig. 4.7.a - Ciondolo dalla Tomba III, Sarcofago 1 (H

,S

2000, pic. 140); b - Diadema dalla Tomba II (C

incominciò con una campagna contro Urartu e durò una decina di anni fino alla morte che avvenne nel 773 a.C.91. Durante la vita del sovrano due importanti dignitari vengono specialmente ricordati nelle fonti assire e, come si può facilmente comprendere dalle loro azioni, agirono con un certo grado di indipendenza rispetto al sovrano. Il primo è Shamshi-ilu, eunuco e turtānu (comandante in capo) ricordato in numerose iscrizioni (stele di confine, A.0.104.2, stele di Pazarcik, A.0.105.1, lamassu di Til Barsip/Tell Ahmar, A.0.104.2010 e A.0.104.2011)92. Il potente ufficiale, sul quale ci si soffermerà all’interno del prossimo paragrafo anche per la presenza di una coppa iscritta con il suo nome rinvenuta all’interno del Sarcofago 1 (Fig. 4.8), condusse varie campagne militari contro i regni limitrofi tra cui si ricorda per importanza quella per assoggettare il potente Regno di Damasco, descritta nella stele di Pazarcik di Ušpilulume datata al 773 a.C. (A.0.105.1). In seguito a questa campagna Shalmaneser IV ottenne un ricco bottino che fu inviato direttamente dal sovrano sconfitto Ḫadiānu e che includeva, fra l’altro, una figlia e una ricca dote. E. Frahm suggerisce che questa principessa possa essere identificata proprio con Hamâ, tenendo in considerazione anche il suo nome di tradizione aramaico-occidentale93. Shamshiilu rimase all’apice dell’amministrazione assira per un lungo periodo mantenendo cariche quale quella di turtānu durante i regni di Adad-nirari III, Shalmaneser IV, Ashur-dan III e Ashur-nirari V. Il secondo personaggio che detenne importanti ruoli durante il regno di Shalmaneser IV fu l’eunuco BēlḪarrān-bēlu-uṣur, Araldo di Palazzo. Egli viene menzionato in una stele rinvenuta presso Tell ‘Abta, sito collocato nei pressi del wadi Tharthar. In questa iscrizione, in cui egli viene ricordato come fondatore di una città, il nome di Shalmaneser IV

venne poi abraso e sostituito da quello di Tiglathpileser III. Il dato interessante in questo caso è soprattutto l’atto di fondazione di una città da parte di questo governatore, prerogativa che normalmente spettava al sovrano stesso94. Questo alto funzionario ricoprì importanti cariche fino al regno di Tiglathpileser III, diventando anche governatore regio di Guzana (Tell Halaf). 4.4 L

. T T

III

All’interno del Sarcofago 2 venne trovato il corpo di una giovane donna in buono stato di conservazione che potrebbe essere identificato, per le ragioni che abbiamo affrontato, con quello della regina Hamâ95. Negli altri due sarcofagi bronzei, invece, sono stati rinvenuti i resti ossei frammentari dei corpi di donne, uomini, bambini e infanti (Tab. 4.2). Queste deposizioni (Sarcofagi 1 e 3), certamente di carattere secondario, sono interessanti perché potrebbero mostrare una corrispondenza con il quadro eterogeneo di figure che abitavano il quartiere interno delle quali abbiamo un fugace riflesso, ad esempio, nei testi della cancelleria assira. Oltre alla MÍ.É.GAL, vertice di questa scala gerarchica, si avevano all’apice alcune figure femminili legate alla casa reale: la regina-madre (ummi šarri), ossia la madre del sovrano in carica96; la moglie del principe ereditario; le figlie e le altre donne imparentate con il sovrano. La moglie del principe ereditario (bēlat bēti), sul quale titolo non possono esserci incertezze come dimostrato da S. Svärd e S.M. Luuko97, doveva avere un ruolo gerarchico inferiore ma allo stesso tempo

B 2008a, 585; G 1993, 28-29. Sugli scarsi frammenti ossei attribuiti a un bambino e forse a un adulto, si veda il Capitolo 1, Paragrafo 2. 96 K 2013, 112. 97 S ,L 2009. 94

B 2008a, 585. 92 Per un elenco completo si veda: B sono ai testi contenuti in G 1996. 93 F 2014, 173, nota 35.

2008a, pl. I).

91

95

2008b. I riferimenti

196

La brocca di Nimrud: il contesto storico, sociale e funerario

all around the Empire and quite probably involved in the textile production of the palaces. They had considerable financial resources and seemed to have had a certain autonomy in their personal lives as well. They were perhaps involved in the cult of Mullissu as well, possibly as the queen’s representatives. How their duties interacted with the duties of the male personnel of the palace is not obvious. The evidence, however, seems to point to their fairly independent role in the palace, perhaps comparable to that of the “palace supervisor” (rab ekalli). »102. Questa complessa gerarchia “al femminile” comprendeva pure numerose figure subalterne i cui ruoli erano quelli di aiutanti della šakintu, di suonatrici, di scribi e di domestiche103. Tra i vari personaggi legati al quartiere abitativo compaiono anche gli orafi a cui venivano commissionati oggetti da parte delle varie donne di palazzo, dal sovrano e da altri membri della corte. Un testo proveniente dal Palazzo Sud-Ovest di Ninive menziona, ad esempio, un certo Nabû-sagib, orafo legato alla “casa” della MÍ.É.GAL che produsse gioielli da consegnare ad un sovrano identificabile probabilmente con Esarhaddon o Ashurbanipal104. Anche gli eunuchi di corte, in assiro ša rēši, dovevano vivere all’interno dello stesso quartiere come sembrano attestare alcuni testi che riportano la loro dimora nel cosiddetto quartiere interno (bitanu), coincidente, come abbiamo già indicato, con l’ala residenziale del Palazzo105. É difficile valutare come le due gerarchie, ossia quella composta dalle donne facente capo alla MÍ.É.GAL. e quella degli eunuchi, dovessero interfacciarsi106. Numerosi eunuchi infatti ricoprirono, soprattutto durante il IX e l’VIII sec. a.C., ruoli e cariche di primissimo piano all’interno della corte assira. Il rab ša rēši (capo degli eunuchi) li dirigeva e coordinava, ma allo stesso tempo deteneva anche la carica di comandante dalla guardia regale palatina. Gli eunuchi, infatti, potevano ricoprire sia cariche puramente amministrative sia cariche militari. Inizialmente, come ricorda G. Barjamovic, doveva anche ricadere sul rab ša rēši il controllo del quartiere interno, ruolo che poi passò al “ciambellano” di corte (ša muhhi bētāni)107. Alcuni eunuchi ottennero, in alcuni casi per lunghi periodi, una o più tra le quattro maggiori cariche dello stato assiro (turtānu, “comandante in capo”, abbarakku, “maggiordomo”, rab šaqe, “gran coppiere”, nāgir ekalli, “araldo di palazzo”), oltre che il governo di alcune province di

Fig. 4.8 - Coppa di Shamshi-ilu, Tomba III, Sarcofago 1 (C 2008a, pl. IV).

vicino a quello della MÍ.É.GAL. Questa principessa, che doveva essere la candidata principale a diventare la nuova MÍ.É.GAL, non abitava tuttavia all’interno del quartiere delle donne del palazzo reale, ma in un’ala del palazzo del principe ereditario98. Si avevano poi, sempre tra le figure di alto rango, le sekretu e le šakintu. Il primo termine, traducibile letteralmente con “donna che è stata segregata”, potrebbe riferirsi al fatto che alcune di queste figure femminili potessero essere state originariamente principesse straniere frutto del bottino assiro99. Il termine in realtà, come riferisce correttamente S. Svärd riprendendo una proposta formulata in origine da S.C. Melville, sembra coprire un significato ancora più vasto: «(…) concubines, women from the households of defeated kings, women related to the king and without male guardians, companions of foreign princesses and, of course, valuable female hostages - to name just a few groups. In other words, sekretu meant any woman living in the palace, who was not the queen»100. Le šakintu si occupavano, invece, della gestione amministrativa dell’intero quartiere delle donne, controllandone i beni e il personale per conto della MÍ.É.GAL. Queste “amministratrici” gestivano per esempio: la compravendita di schiavi; la richiesta e l’acquisto di tessuti e filati in lana; il prestito di denaro; il controllo dell’approvvigionamento alimentare oltre che comparire come garanti all’interno di transazioni legali101. Una sintesi del ruolo delle šakintu, che prevedeva anche una certa autonomia di movimento all’esterno del Palazzo, viene proposta da S. Svärd: « (…) the šakintus had considerable authority and high position in the court hierarchy as the queen’s top deputies. The šakintus were present in many palaces

S 2012, 157. Per uno studio dettagliato di tutti queste figure: S 2012. 104 S 2012, 96, 254, no. 75. 105 B 2011, 59. 106 É possibile, come sostiene G. Barjamovic, che “the male head of the women’s quarters may have been the obscure rab issāte (‘master of the women’)” (B 2011, 59). 107 B 2011, 59. Sugli eunuchi e il loro ruolo nel palazzo: T 2002. 102 103

S ,L 2009. Sulle sekretu e sulla loro possibile “segregazione” all’interno del palazzo: S 2012, 157-165. 100 S 2012, 160. 101 B 2011, 56. Per una valutazione precisa del compito e delle attestazioni del termine šakintu: S 2012, 140-150. 98 99

197

E. Foietta, M. Mortarini e E. Quirico Sarcofago 1

Sarcofago 2

Sarcofago 3

-un individuo femminile (?) di 20-29 anni

-una donna di 18-20 anni

-un uomo di 30-39 anni

-un bambino (?) di 8-11 anni

-ossa intrusive (?) di un bambino di 6-12 anni

-un uomo di 55-65 anni

-una bambina (?) di 7-11 anni

-un uomo di 35-45 anni

-un feto di 8-9 mesi

-una donna di 35-55 anni

-un feto di 3-9 mesi

-una donna sopra i 55 anni

-un bambino di 7-11 anni Tab. 4.2 - Resti ossei individuati all’interno dei Sarcofagi 1-3 nell’anticamera della Tomba III (M 2008, 144).

primo piano108. Personaggio emblematico in questo senso fu proprio Shamshi-ilu, eunuco e turtānu dal regno di Adadnirari III fino ai primi anni di Tiglath-pileser III, la cui coppa aurea è stata rinvenuta all’interno del Sarcofago 1 (Fig. 4.8). La presenza, inoltre, dei resti di un uomo tra i cinquantacinque e sessantacinque anni all’interno del Sarcofago 3 ha fatto pensare che le ossa dell’influente dignitario potessero essere state deposte in questo sarcofago insieme ad altri individui maschili e femminili109. Una sintesi del suo effettivo potere ci viene indicata dall’alto numero di cariche da lui ricoperte e citate su un’iscrizione da Til Barsip, sede del suo governatorato. Egli fu contemporaneamente: comandante in capo (turtānu), araldo di palazzo (nāgir ekalli), amministratore di templi, capo del grande esercito e governatore delle terre di Hatti, Guti e Namri (A.0.104.2010, 8-11). Si può quindi concordare pienamente con K. Grayson nell’affermare che: «That is, he claims to have governed the lands stretching all the way from central Anatolia, through Armenia, Kurdistan, as far as the East Tigris region around the Diyala River. Thus, this is an unusual case of someone remaining in the same position. When he first appears in our extant records, he already has one of the highest offices in the land. He goes on from there to become a virtual king in practice, if not in title»110. Per concludere, in base ai ricchi corredi e agli oggetti iscritti, i resti ossei maschili, femminili, di bambini

-K

,K

,S

e infanti scoperti all’interno dei Sarcofagi 1 e 3 potrebbero essere riferibili ad alcune figure femminili di alto lignaggio e a diversi eunuchi di corte, tra cui probabilmente lo stesso Shamshi-ilu. Gli oggetti qui rinvenuti, se l’ipotesi appena formulata fosse corretta, potrebbero essere interpretabili, quindi, come un assemblaggio di corredi diversi, piuttosto che come beni facenti originariamente parte del corredo di Mullissu-mukannishat-Ninua111, la cui tomba venne certamente violata già durante l’età neoassira112. Considerato, inoltre, il numero di individui e la frammentarietà dei resti ossei dei Sarcofagi 1 e 3, essi sono da considerarsi molto probabilmente come deposizioni secondarie. Inoltre, la presenza diffusa e non uniforme di ossidi di rame sulle ossa scoperte nei Sarcofagi 1 e 3, anche sulle ossa deposte non a diretto contatto dei limiti del sarcofago, spiegabile solo in considerazione di una precedente deposizione primaria degli scheletri in contenitori bronzei, rafforza ulteriormente questa valutazione113. Per quanto riguarda il Sarcofago 2, invece: -l’inumazione singola114; -la mancanza di ioni di rame battericidi sul capo del personaggio femminile che si trovava, quindi, al di sotto della corona aurea indossata al momento della deposizione nel sarcofago; -lo stato pressoché integro dello scheletro115; Ad esempio: D 1998, 10; D 2008, 82. Si veda anche l’articolo di M.S. Damerji del 2013 relativo a una flask in ceramica rinvenuta nell’anticamera e attribuita al corredo di Mullissu-mukannishat-Ninua: D 2013. Contro tale ipotesi, ad esempio: O ,O 2001, 87. 112 A tal proposito si veda il Capitolo 1, Paragrafo 2. 113 M -K ,K ,S 2008, 144-147. 114 T. Spurrier ha ipotizzato nel corso del congresso IX ICAANE tenutosi a Basilea (9-13 giugno) che i frammenti ossei del bambino fossero stati uniti per errore a quelli della giovane donna del Sarcofago 2. 115 M -K ,K ,S 2008, 144. 111

108 Per una sintesi sulle massime cariche nello stato assiro e per i governatori delle province: G 1993, 23-26; M 2000. 109 D 1998, 10; O ,O 2001, 87; M -K , K , S 2008, 144. Sulle sepolture degli eunuchi all’interno del Palazzo si veda il Capitolo 1, Paragrafo 1. 110 G 1993, 27. Su Shamshi-ilu: F 2008.

198

La brocca di Nimrud: il contesto storico, sociale e funerario

Fig. 4.9 - Tomba III: prima fase, deposizione del Sarcofago 2; seconda fase, deposizione dei Sarcofagi 3 e 1 (elaborazione grafica di E. Foietta).

portano a considerare questa deposizione, con un buon grado di probabilità, come primaria (interpretazione su cui concordano anche T. Spurrier, Y. Wicks e recentemente M.M. Hussein116). In alternativa, si potrebbe suggerire per il Sarcofago 2 una sepoltura secondaria che però, in considerazione del ruolo detenuto in vita dalla defunta, dovesse prevedere che le venisse riservato un sarcofago singolo.

relativo alla regina Hamâ, nel corso della decina di anni di regno di Shalmaneser IV, o immediatamente dopo la sua morte (si tratta infatti dei resti di una giovane donna di 18-20 anni); -una seconda fase, cronologicamente estendibile agli anni di Tiglath-Pileser III e al periodo immediatamente successivo al suo regno, relativo alle deposizioni secondarie contenute nei Sarcofagi 1 e 3. L’assenza di reperti iscritti all’interno dei corredi databili ad anni successivi a quelli di Tiglath-pileser III, ci porta, ad ogni modo, a considerare come poco plausibile la possibilità che questi sarcofagi siano stati deposti durante l’ultimo secolo di vita del Palazzo Nord-Ovest.

La tipologia di sarcofago impiegato sarebbe indicativa, secondo J.E. Curtis, della fine dell’VIII secolo a.C.117. L’Autore suggerisce questa datazione grazie al rinvenimento di numerosi confronti rinvenuti in ambito mesopotamico e alla presenza all’interno dei sarcofagi di oggetti con iscrizioni datanti che arrivano fino al regno di Tiglath-pileser III (744-727 a.C.), facendo riferimento in particolare a un peso in forma d’anatra iscritto118. Secondo Y. Wicks questo tipo di sarcofago sarebbe invece caratteristico di un range cronologico più ampio, che si estenderebbe almeno dalla metà dell’VIII sec. a.C. fino alla fine del VII a.C.119 e, per questo motivo, poco indicativo al fine di comprendere il momento di deposizione dei sarcofagi nell’anticamera. Rimane per il momento, quindi, impossibile stabilire precisamente quando i sarcofagi vennero deposti nell’anticamera della Tomba III. È possibile immaginare comunque una deposizione avvenuta in almeno due momenti (Fig. 4.9): -una prima fase in cui venne deposto il Sarcofago 2

4.5 G

T

R

:

La brocca aurea in esame spicca come oggetto di particolare pregio all’interno di un tesoro funebre dallo straordinario valore quale quello proveniente dalle Tombe Reali di Nimrud. La scoperta di queste tombe, avvenuta tra il 1988 e il 1990, al di sotto di alcuni ambienti appartenenti all’area del bitanu del Palazzo Nord-Ovest e, in particolare, dei reperti conservati al loro interno, ha permesso di avere un quadro più preciso della diffusione e delle caratteristiche formali dei beni destinati alle élites palatine del mondo assiro. Fino a quel momento, infatti, la principale fonte conoscitiva rimanevano le particolareggiate rappresentazioni sui rilievi lapidei su cui gioielli120; recipienti e tessuti (indossati dai

T. Spurrier, IX ICAANE tenutosi a Basilea (9-13 giugno 2014); W 2015, 12-16, H 2016, 28, 38. 117 C 2008a, 169. Si veda il Capitolo 1, Paragrafo 3. 118 C 2008a, 169. 119 W 2015, 44-46. 116

Per uno studio su questi materiali si veda: M 1971, 232-270. 120

199

-H

E. Foietta, M. Mortarini e E. Quirico

personaggi raffigurati) completavano le molteplici scene di corte, i banchetti, le cerimonie rituali, le processioni di tributo. Solamente dalla Tomba II, per dare un’idea della ricchezza di queste deposizioni, provengono oggetti in oro il cui peso corrisponde a circa 26 kg121. In questi corredi sono incluse numerose tipologie di gioielli (diademi, orecchini, anelli, cavigliere, bracciali, collane, sigilli, vaghi di collana) oltre ad alcuni recipienti in metallo prezioso, tra cui si ricordano: coppe, bicchieri e giare di diverso formato122. Come esempi emblematici si presentano, in ragione dell’altissima fattura, della straordinarietà della tecnica esecutiva e del valore sociale connesso al loro possesso la corona dal Sarcofago 2 della Tomba III (IM 115619)123 (Fig. 4.4) e la corona con rosette saldate della Tomba II (IM 105692)124. La brocca aurea appartiene al corredo funebre del Sarcofago 2 della Tomba III, costituito da numerosi altri oggetti di elaborata fattura tecnica e preziosità. Il contesto di ritrovamento, le caratteristiche morfologiche e iconografiche indicano una plausibile duplice funzione della brocca quale: - oggetto di attestazione dello status sociale del possessore; - recipiente d’uso, forse destinato alla cerimonia del banchetto o del rito funerario. La volontà di ostentazione di un particolare status sociale all’interno della corte vale evidentemente per molti degli oggetti in materiali preziosi conservati all’interno dei quattro ipogei reali. L’appartenenza a figure di spicco della corte risulta evidente dall’incredibile preziosità materica e dall’elevata raffinatezza stilistico, formale e tecnica di certi oggetti. Alcuni di essi, tramite iscrizioni di accompagnamento, permettono di individuare i loro proprietari, i cui corpi, come si è visto, furono accolti in deposizioni in alcuni casi primarie e, in altri, secondarie (Fig. 4.10). Si conoscono così grazie a queste iscrizioni su oggetto i nomi di alcune consorti reali: -Mullissu-mukannishat-Ninua, MÍ.É.GAL di Ashurnasirpal II, iniziale destinataria dell’intera Tomba III, riconosciuta a partire dalle iscrizioni su una tavoletta in pietra (scoperta nell’anticamera) e sulla lastra di copertura del sarcofago nella camera sepolcrale (rinvenuto rotto dagli archeologi iraqeni); -Yabâ, MÍ.É.GAL di Tiglath-pileser III, destinataria originale della Tomba II, e il cui nome è riportato su una tavoletta e su due coppe in oro; -Atalyā, sposa di Sargon II, e Banitu, MÍ.É.GAL di Shalmaneser V. I nomi di queste ultime sovrane sono riportati: il primo su una splendida coppa aurea e su

una in cristallo di rocca; il secondo su una scatola per cosmetici in elettro e su una coppa aurea, provenienti tutte dalla Tomba II; - Hamâ, sposa di Shalmaneser IV, e menzionata sul sigillo più volte citato (Fig. 4.6.a; Tav. IX). Alle regine si devono aggiungere, inoltre, alcuni importanti dignitari di corte i cui oggetti provenivano nuovamente dalla Tomba III: il turtānu Shamshi-ilu a cui appartiene la già citata coppa aurea (Sarcofago 1) (Figg. 1.9, 4.8), e Ninurta-Idiya-Sukshid eunuco di Adad-nirari III, a cui era destinato il sigillo a cilindro con scena di adorazione125 (Figg. 1.12, 4.5). Considerati i resti scheletrici contenuti in queste Tombe Reali, risulta complesso proporre un’univoca attribuzione dei corpi in rapporto ai nomi citati sui recipienti o su sigillo. Maggiori probabilità di identificazione, come già indicato nel Capitolo 1, Paragrafo 2, si incontrano nel caso del Sarcofago 2 della Tomba III nel quale venne ritrovato un solo scheletro femminile, relativo probabilmente alla regina Hamâ e nel caso del sarcofago litico della Tomba II, in cui i resti di uno scheletro posto inferiormente e, quindi, presumibilmente il primo ad essere inumato, dovrebbero appartenere alla regina Yabâ (originaria proprietaria della tomba). La presenza di alcuni frammenti di ossa maschili riferibili, secondo le indagini antropologiche, a tre individui e scoperte nel Sarcofago 3 dalla Tomba III126, potrebbe avvalorare l’ipotesi che in questa cassa bronzea vennero raccolti i resti di alcuni influenti eunuchi di corte, tra cui Shamshi-ilu, assieme probabilmente ad alcune donne di alto lignaggio (Tab. 4.2). Ad eccezione degli oggetti iscritti con nomi personali, per gli altri reperti risulta attualmente impossibile ricostruire la loro specifica “storia”. Potrebbe trattarsi di doni destinati alla famiglia reale assira, bottini di guerra o, ancora, oggetti tesaurizzati nel corso di decenni o secoli all’interno della corte, proprio in conseguenza della loro preziosità e perizia tecnica. Tra questi oggetti di lusso e corredo si possono ritrovare, inoltre, anche manufatti in origine destinati a figure maschili e, solo successivamente, entrati a far parte dei corredi funebri delle regine, oppure, oggetti di lusso appartenuti al corredo personale di donne e giunti in Assiria come dote assieme probabilmente ad alcune principesse i cui nomi sono talvolta riconducibili (si pensi a Yabâ, Atalyā e Hamâ) a un’onomastica di origine aramaico-occidentale127. Si deve ancora considerare l’ipotesi che alcuni di questi beni, proprio in considerazione del loro alto 125 A -R 2008, 199-138, D 2008, 171-176. Su questo sigillo si veda il Capitolo 1, Paragrafo 3. 126 M -K ,K ,S 2008, 144. 127 Si veda D 1998. L’Autrice ipotizza che le due principesse provenissero originariamente dal Regno di Giuda. Circa le modalità con cui i beni di lusso giungevano alla corte d’Assiria si veda, inoltre, il Capitolo 5, Paragrafo 3.

D 2008, 82. 122 Per la presentazione, descrizione e le immagini dei reperti provenienti dagli ipogei reali si rimanda alla recente pubblicazione di H 2016. 123 H ,S 2000, 373; H 2016, 33, pls. 129-132. 124 C 2008a, 105-107; H 2016, 14, pl. 37a. 121

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La brocca di Nimrud: il contesto storico, sociale e funerario

Fig. 4.10 - Coppe in oro di Atalyā (in alto a sinistra), Yabâ (in alto a destra), Banitu (in basso a sinistra) e Shamshi-ilu (in basso a destra) (C 2008a, pl. IV).

valore tecnico e del materiale impiegato per produrli, possano non essere mai stati utilizzati prima della loro deposizione all’interno dei corredi funebri. Il loro ruolo in tal caso sarebbe stato solo quello di dono funebre. Alcuni testi assiri ci suggeriscono anche che si potesse trattare di ricche offerte destinate in modo specifico ed esclusivo alle divinità dell’Oltretomba128. A fronte di queste proposte, supportate da alcune evidenze epigrafiche che verranno analizzate nei prossimi paragrafi, bisogna ricordare comunque che la presenza di questa straordinaria ricchezza all’interno dei corredi funebri di altissimo livello aveva certamente lo scopo di confermare e sancire lo status sociale del defunto, rendendolo esplicito e ostentandolo di fronte all’intera corte. 4.6 L

le tombe violate di Ashur-bel-kala (Tomba III), Ashurnasirpal II (Tomba V), e Shamshi Adad V (Tomba II)130. Ulteriori dati archeologici e epigrafici suggeriscono una medesima localizzazione anche per le deposizioni di Sennacherib131, Esarhaddon e Ashurbanipal132. L’intero complesso dovrebbe essere stato fondato proprio da Ashur-bel-kala oppure da suo padre, Tiglath-pileser I133. La particolare scelta del luogo di costruzione deve essere ricondotta al significato rituale e simbolico della stessa città di Assur, sede del tempio principale del dio nazionale e luogo originale della dinastia assira134. Questo stesso legame simbolico, sancito ad esempio dal rapporto privilegiato tra il dio Ashur e lo stesso sovrano, suo principale sacerdote135, non è valido per il caso delle deposizioni reali femminili136. Per varie sovrane si scelse, infatti, una differente dimora sepolcrale all’interno del Palazzo Nord-Ovest, luogo che attesta comunque un alto valore simbolico a tali sepolture, trattandosi del più antico edificio palatino edificato dopo il trasferimento della capitale da Assur e utilizzato come sede della corte reale pure nei secoli successivi. Gli ipogei vennero pianificati già nell’originario piano architettonico del Palazzo, come dimostrano ad esempio alcuni dati archeologici quali la dimensione

-

La scoperta delle Tombe Reali di Nimrud ha sottolineato la differente scelta tra il luogo di inumazione delle regine neo-assire rispetto a quello dei sovrani, tradizionalmente deposti al di sotto dell’ala sud-orientale del Palazzo Arcaico di Assur, all’interno di un complesso sepolcrale fondato probabilmente durante l’XI sec. a.C.129. Qui sono state individuate nel 1913 da parte della spedizione tedesca, diretta da W. Andrae, sette camere sepolcrali tra le quali è stato possibile riconoscere

P 2008, 177. P 2008, 177. 132 P 2008, 177. 133 L 2012, 274. 134 W 2012, 60. Secondo la stessa Autrice il mantenimento di una forte connessione simbolica tra la città di Assur e i funerali dei sovrani assiri era anche funzionale a un sicuro e universalmente riconosciuto passaggio di potere tra padre e figlio (W 2015, 88). 135 L 2007, 17, 19, 22. 136 P 2007-2008, 318; P 2008, 178. 130 131

128 Interessante in questo senso risulta un testo proveniente dalla biblioteca di Ashurbanipal a Ninive in cui, in riferimento all’inumazione del corpo del sovrano assiro, viene specificata una lunga serie di oggetti destinati sia all’uso da parte dell’anima del defunto nell’Aldilà sia come dono per le divinità (Mc G 1987). 129 H 1954; L 2012, 271.

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E. Foietta, M. Mortarini e E. Quirico

Fig. 4.11 - Tomba Reale II, camera sepolcrale, vasi in ceramica, pietra e bronzo in situ (H 2016, pl. 33a).

del sarcofago litico relativo alla Tomba III137. Dopo l’utilizzo della Tomba III per l’inumazione di Mullissu-mukannishat-Ninua, questa pratica sembra riprendere solo tempo dopo con Yabâ, per concludersi poi con la regina Atalyā, sposa di Sargon II138. Le deposizioni successive, databili probabilmente fino all’età di Esarhaddon, come alcuni sarcofagi posti al di sotto dell’ambiente DD sembrano attestare, risultano, invece, poco interessanti per i corredi rinvenuti e prive di iscrizioni139. Bisogna ricordare infine che un’iscrizione frammentaria da Assur sembra indicare che Esharra-hamat, sposa di Esarhaddon, sarebbe stata inumata proprio in questa città, mostrando forse una certa eterogeneità per il luogo di deposizione delle MÍ.É.GAL140. Non è possibile ricostruire con precisione le pratiche rituali destinate alle regine defunte ma, così come per le tombe reali maschili, si può ipotizzare l’esistenza di un complesso sistema di riti funebri funzionali alla memoria e alla sussistenza delle anime delle defunte. La stessa collocazione delle camere sepolcrali al di sotto del bitanu, area residenziale, sede dell’harem e delle più importanti funzioni ufficiali, avrebbe favorito l’esecuzione e la ripetizione regolare di questi rituali funerari. S. Lundström suggerisce che le tradizioni funebri che riguardavano i personaggi delle corte e quelle dei privati cittadini potessero essere simili appartenendo a una medesima tradizione culturale comune ma distinguendosi ovviamente per il valore dei corredi e, probabilmente, per la complessità dei riti141.

4.7 G Conseguentemente all’indagine già presentata nel Capitolo 2, è possibile ipotizzare, contestualmente alle proposte avanzate per molti degli oggetti appartenenti ai corredi funebri delle regine, una destinazione cerimoniale per la brocca aurea di Nimrud. Si potrebbe trattare, infatti, di un contenitore per bevande (birra, vino o infusi) utilizzato durante il rito funebre142. Attraverso l’analisi di alcuni testi assiri è possibile ricostruire un complesso sistema di riti nei quali, oltre a presentare doni e libagioni per le divinità, veniva garantito il nutrimento all’anima del defunto tramite offerte regolari. Tale pratica, conosciuta con il nome di kispum o kispa kasāpu143, sembra essere testimoniata anche dai molti recipienti rinvenuti all’interno e all’esterno delle tombe mesopotamiche144. Si riporta di seguito un elenco sintetico dei numerosi recipienti rinvenuti nelle Tombe Reali I-IV: - dalla Tomba I provengono 14 giarette in pietra e ceramica, 3 giare di grandi dimensioni in pietra e ceramica, 3 contenitori cilindrici o conici in pietra145 e una phiale ombelicata in argento146; - dalla Tomba II provengono 11 alabastra in oro147, le coppe in oro di Yabâ, Banitu e Atalyā e quella in elettro di Banitu148, la coppa egittizzante di Yabâ149, un bicchiere e una giaretta in cristallo di rocca150, 2

142 Per un approfondimento su queste ipotesi si veda il Capitolo 2, Paragrafo 3. 143 B 1973, 116; S 1995, 1888-1889. 144 P 2008, 180. 145 H 2016, 9. 146 H 2016, 6, pl. 12d-e. 147 H 2016, 16, pl. 41a-b. 148 H 2016, 15-16, pl. 40. 149 H 2016, 15, pl. 39a-c. 150 H 2016, 16, pl. 42a-b.

Su tale argomento si veda il Capitolo 1 In realtà le Tombe Reali II e IV non offrono elementi certi di datazione. 139 M 2003, 54. 140 M 1966, 114-116; O ,O 2001, 79. 141 L 2012, 273. 137 138

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La brocca di Nimrud: il contesto storico, sociale e funerario

Fig. 4.12 - Ricostruzione e pianta dell’ambiente 49 e della sottostante Tomba Reale II (H 2016, pl. 25b).

giare litiche151, vari contenitori bronzei152, alcuni vasi (in particolare giare) in ceramica153 (Fig. 4.11) e un bicchierie in calcite154; - dalla Tomba III, suddivisi all’interno dei diversi Sarcofagi, provengono: la coppa baccellata in oro in forma di loto155, la brocca in esame in questo studio, la coppa baccellata in oro iscritta di Shamshi-ilu156, un calice in cristallo di rocca157, alcune giare in ceramica e vasi in pietra158, varie coppe in ceramica159, una situla in bronzo160, un bicchiere in gesso e uno in legno161, una coppa ombelicata in argento con iscrizione in luvio geroglifico162, dei bicchieri e contenitori in bronzo163 e alcuni piccoli contenitori in avorio164; - dalla Tomba IV provengono due coppe in argento165, vasi in ceramica (alcuni dei quali invetriati)166, quattro alabastra in pietra167, alcuni vasi e contenitori in bronzo168. Una considerevole parte dei vasi provenienti dalle Tombe Reali di Nimrud potrebbe essere associata alle offerte compiute contestualmente al rito funebre. In particolare, i vasi in ceramica avrebbero potuto

H H 153 H 154 H 155 H 156 H 157 H 158 H 159 H 160 H 161 H 162 H 163 H 164 H 165 H 166 H 167 H 168 H 151 152

contenere offerte alimentari e liquide per il defunto, mentre i piccoli vasi in pietra e quelli in vetro, forse, oli o unguenti utilizzati per il trattamento del corpo dell’inumato. Per i contenitori in materiale prezioso, che presentano in alcuni casi anche un’iscrizione relativa al proprietario, si ritiene più probabile invece che si potesse trattare di oggetti di status e cari al defunto, impiegati talvolta già nel corso della vita del possessore e successivamente inseriti nel corredo per l’alto valore materiale e affettivo dell’oggetto169. Un’ulteriore conferma dello svolgimento di cerimonie costanti nel tempo per le tombe di Nimrud è data dal ritrovamento di un condotto in terracotta inserito verticalmente attraverso la volta della Tomba II, posto esattamente al di sopra del sarcofago in pietra contenente i due scheletri femminili (generalmente identificati con quelli delle regine Yabâ e Atalyā) (Fig.4.12). Il condotto, che sporgeva dal pavimento dell’ambiente 49, doveva essere utilizzato per introdurre all’interno della sepoltura offerte alimentari e liquide che potevano così essere assicurate con costanza senza l’apertura del pozzetto170. Le stesse scatole in mattoni rinvenute

2016, 23-24, pl. 89a. 2016, 22-23, pls. 85-87. 2016, 24, pl. 33, pl. 91. 2016, 23-24, pl. 89e. 2016, 34, pls. 138-139. 2016, 29, pl. 104. 2016, 37-38, pl. 153a 2016, 37-38, pls.153-154; 40-41, pls. 168, 170. 2016, 37, pl. 153. 2016, 40, pl. 165c. 2016, 41, pl. 169. 2016, 39, pl. 159b 2016, 40, pl. 167. 2016, 41, pl. 169. 2016, 44, pl. 177. 2016, 45, pl. 180a-c. 2016, 45, pl.180a. 2016, 45-46, pls. 181-182.

169 Il rinvenimento nelle Tombe II e IV di recipienti e oggetti per il consumo di cibo e liquidi, disposti vicini, ha portato effettivamente M.M. Hussein a ipotizzare che possano costituire la testimonianza di apprestamenti per il pasto funebre. È stato supposto che questi potessero essere stati in origine disposti sopra un tavolo, poiché nei pressi sono stati trovati degli oggetti circolari in bronzo che potrebbero essere identificati come parti di un mobile (H 2016, 13, 45). 170 O ,O 2001, 82; H 2002, 145-146, fig.10; W 2015, 92, H 2016, 12. Ricordiamo infatti che la sepoltura, come indica l’iscrizione di accompagnamento, fu destinata in origine a Yabâ, e solo successivamente venne aggiunto il corpo di Banitu o di Atalyā (H 2016, 13-14). L’origine evidentemente aramaica delle due donne, differentemente da Banitu il cui nome è certamente assiro, e forse l’esistenza di un legame di parentela, potrebbe giustificare il riutilizzo del

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E. Foietta, M. Mortarini e E. Quirico

Iscrizione di Mullissu-mukannishat-Ninua (iscrizione del sarcofago)176 «Appartenente a Mullissu-mukannishat-Ninua, MÍ.É.GAL di Ashurnasirpal, re di Assiria, di Shalmaneser, re di Assiria. Nessuno, successivamente, collochi qui nessun’altro, che sia una donna di palazzo o una regina, nessuno rimuova questo sarcofago dal suo posto. Chiunque rimuova questo sarcofago dalla sua collocazione, che il suo spirito non riceva in futuro le offerte funerarie come gli altri spiriti; è un divieto di Shamâsh e Ereshkigal! Figlia di Ashur-nêrka-da’’inni, coppiere di Ashurnasirpal, re di Assiria.».

Fig. 4.13 - Tavoletta IM 124996 scoperta nella nicchia dell’anticamera della Tomba III (H 2016, pl. 98a).

all’interno degli ambienti MM e DD, potrebbero essere state funzionali al contenimento di offerte alimentari171. Confermano tali azioni rituali anche alcune iscrizioni provenienti sempre dal contesto delle Tombe delle Regine. Le tre iscrizioni specifiche a cui si fa qui riferimento sono state rinvenute all’interno della Tombe II e III; nel primo caso sono incise su una tavoletta litica (IM 124996) e sulla lastra del sarcofago lapideo, nel secondo nuovamente su una tavoletta in pietra (IM 125000). Entrambe le tavolette a cui si fa riferimento sono state scoperte in nicchie inserite nell’anticamera delle rispettive tombe ipogee172. I testi, riportati da F.N.H. Al-Rawi in occasione della pubblicazione del volume New Light on Nimrud173, sono integralmente riportati in traduzione174:

Iscrizione di Yabâ (tavoletta funeraria) - Testo ND1989/3, IM 105694177 «Nel nome di Shamâsh, Ereshkigal e degli Anunnaki, i grandi dei della terra, il destino mortale colpì Yabâ, la MÍ.É.GAL, che, defunta, si avviò lungo il cammino degli antenati. Chiunque, nel futuro, che sia una regina che siede sul trono o una donna di palazzo concubina del re, mi sposti dalla mia tomba o ponga qualcun altro con me, e posi la sua mano sopra i miei gioielli con intento malvagio o forzi il sigillo della tomba, sopra, sotto i raggi del sole, il suo spirito vaghi all’esterno assetato, sotto nell’Oltretomba quando le libagioni di acqua sono offerte, egli non deve ricevere con gli Anunnaki, come offerta funeraria, birra, vino o cibo. Possano Ningishzida e il grande guardiano della porta, Bitu, i grandi dei dell’Oltretomba, affliggere il suo corpo e il suo spirito con un’eterna irrequietezza».

Iscrizione di Mullissu-mukannishat-Ninua (tavoletta funeraria) - Testo ND 1989/470, IM 124996175 «Appartenente a Mullissu-mukanishat-Ninua, MÍ.É.GAL di Ashurnasirpal, re di Assiria, (madre(?)) di Shalmaneser, re di Assiria, (...). Nessuno, successivamente, collochi qui nessun’altro, che sia una donna di palazzo o una regina, nessuno rimuova questo sarcofago dal suo posto. Chiunque dovesse spostare questo sarcofago dalla sua collocazione, che il suo spirito non riceva in futuro le offerte funerarie come gli altri spiriti; è un divieto di Shamâsh e Ereshkigal! Figlia di Ashur-nêrka-da’’inni, coppiere di Ashurnasirpal, re di Assiria. Chiunque dopo rimuoverà il mio regno dalla memoria, possa il suo spirito non ricevere il pane! Che qualcuno dopo mi possa rivestire con un telo, ungere con l’olio e sacrificare un agnello.».

Da questi testi si comprende in modo chiaro la richiesta di offerte costanti di acqua, vino, birra o cibo al defunto e, al contempo, l’esistenza di cerimonie connesse alla cura del corpo dell’inumato che veniva trattato al momento del funerale con oli rituali e coperto da pregiati tessuti. Entrambe le MÍ.É.GAL citate richiedono, inoltre, la protezione di divinità per il timore di furti o di possibili deposizioni successive all’interno della stessa tomba. Si tratta di preghiere evidentemente inascoltate in quanto nel caso di Yabâ, tra i venti e i cinquant’anni dopo la sua inumazione, il sarcofago litico accolse un secondo scheletro, generalmente identificato con quello di Atalyā, sposa di Sargon II mentre, per quanto riguarda la Tomba della Regina Mullissumukannishat-Ninua, dopo la violazione della camera sepolcrale, vennero collocati nell’anticamera i tre sarcofagi bronzei178. L’inserimento del secondo corpo (probabilmente di

sarcofago. 171 P 2008, 180. 172 In particolare la tavoletta di Mullissu-mukannishat-Ninua è stata scoperta in una nicchia triangolare sul lato ovest nella zona del corpo scalare del pozzetto (H 2016, 28, pl. 97). Per la tavoletta della Tomba II: H 2016, 12, pl. 28. 173 A -R 2008, 119-124. 174 Traduzione dall’inglese di E. Quirico. 175 A -R 2008, 124.

Non si conoscono nè il Numero di Missione nè quello di inventario dell’Iraq Museum (A -R 2008, 124; H 2016, 27). 177 A -R 2008, 136. 178 M 2014, 236. 176

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La brocca di Nimrud: il contesto storico, sociale e funerario

Atalyā) all’interno del sarcofago di Yabâ potrebbe in realtà avere un’altra spiegazione, collegata all’ipotesi proposta da S. Dalley circa la possibile provenienza delle due principesse dalla famiglia reale del regno di Giuda, formulata proprio in considerazione dei loro nomi179. Una parentela tra Yabâ e Atalyā180, ritenendo, quindi, corretta l’identificazione di questi resti ossei, potrebbe forse giustificare l’inserimento del secondo corpo in un momento posteriore, nonostante la maledizione. La conoscenza delle fasi precise che componevano gli importanti rituali funebri che si svolgevano in occasione della morte di sovrani o MÍ.É.GAL risulta sfortunatamente piuttosto limitata e si collega perlopiù alle informazioni contenute all’interno di pochi ma, proprio per questo motivo molto interessanti, testi. Il primo documento (K.7856 + K.6323), proveniente dalla Biblioteca di Ashurbanipal, descrive il funerale di un sovrano assiro la cui identità non viene purtroppo indicata ma che può presumibilmente essere riferito a Esarhaddon o ad Ashurbanipal181. Il testo sarebbe stato composto dal figlio del sovrano in occasione probabilmente dei funerali del padre. La composizione, mancante della parte finale, ha inizio con una lamentazione incompleta e descrive un lungo inventario di beni esposti durante il rituale funebre. Vengono citati mobili, armi, recipienti in materiali preziosi (coppe in argento e in oro), animali (cavalli, pecore, etc.), indumenti (mantelli, una fusciacca, calzature, etc.) e simboli di potere (scettri). Non è chiaro se si trattasse di oggetti destinati ad accompagnare il sovrano defunto o se dovessero essere dei doni alle divinità dell’Oltretomba182. Il testo descrive anche la chiusura all’interno del sarcofago del corpo dopo essere stato unto con oli profumati; si descrive, inoltre, il modo in cui gli oggetti, degni di essere posti all’interno della tomba, venissero precedentemente esibiti in quanto simboli del potere e come beni cari al defunto. Infine, a conclusione di questa sequenza di cerimonie venivano predisposti ulteriori «doni per i malki183, gli Annunaki, e per le

divinità dell’Aldilà184». Il secondo testo, K.164, mostra anch’esso alcune problematiche interpretative. Questa composizione si riferisce ai rituali funebri espletati, secondo S. Parpola, in onore di una donna, probabilmente la regina Esharra-hamat, sposa di Esarhaddon, ipotesi accolta più recentemente anche da S.C. Melville185. Nel testo emergono una serie di figure femminili e maschili che partecipano alle complesse fasi rituali che sarebbero state effettuate durante alla preparazione del corpo della donna, probabilmente appartenente alla famiglia reale186. Si tratta di cerimonie che venivano effettuate nei giorni in cui la defunta era deposta all’interno della tomba e le offerte bruciate. Durante questo periodo (precedente al funerale vero e proprio) erano compiute numerose azioni rituali: lavati i piedi, bruciati incensi profumati girando intorno al corpo, libato vino sul pavimento, mescolati vino e acqua in vasi e preparate offerte alimentari destinate agli dei dell’Aldilà187. Tramite l’analisi dei documenti appena citati e di altre rare attestazioni è possibile ricostruire l’esistenza di cinque fasi consecutive: - la preparazione del corpo; - l’esposizione del corpo e/o del corredo funebre; - l’inumazione; - la deposizione di offerte funerarie; - i riti funebri successivi188. L’esposizione del corpo corrisponde al rito del taklimtu, una sorta di veglia funebre durante la quale il defunto e i suoi averi venivano esibiti un’ora dopo l’alba e, poi, a intervalli regolari189. In realtà, non risulta chiaro se tale momento prevedesse la reale esposizione del corpo o solo del suo corredo e se il corpo fosse già stato inserito all’interno del sarcofago prima dell’esposizione degli oggetti. Su questo tema sembrerebbe dirimente (K.7856 + K.6323) in cui viene descritta, contestualmente a un funerale reale, l’esposizione, non del corpo, ma degli «oggetti d’oro e d’argento (…) a cui il defunto era legato in vita190». Secondo l’interpretazione di J.A. Scurlock, in particolare, erano esposti gli oggetti di maggiore valore considerati, per questo motivo, degni di accompagnare il defunto nell’Aldilà.

D 1998, 83-98; L Y 2002, 207-218. Secondo M. Damerji si tratterebbe di madre e figlia, ipotesi non condivisa da K. Radner (L Y 2002, 216). 181 Si tratta di due frammenti di una stessa tavoletta composta da quattro colonne su ogni lato, pubblicati inizialmente separati. La prima citazione di questa tavoletta risale al 1898 ad opera di B. Meissner a cui seguì la pubblicazione di E. Ebeling nel 1931. Si vedano a proposito del testo: M G 1987. Secondo alcune recenti ipotesi, ad esempio quella espressa da A. George si tratterebbe più presumibilmente del funerale di Ashurbanipal (K 2009, 111). 182 M G 1987, 9-10. Per quanto riguarda gli animali ad esempio è stato supposto che avessero tre possibili funzioni, come cibo consumato nel corso del banchetto funebre, come offerta o come mezzo di trasporto. 183 Termine considerato quale titolo proprio degli Annunaki oppure come indicativo generico degli dei dell’Oltretomba (P 2008, 179; K 2009, 121). 179 180

M G 1987, 4. P 1983, 190; M 2004, 46. Secondo W. von Soden si tratterebbe invece di una serie di riti funzionali a curare una malattia del figlio del sovrano (S 1992, 56). Per un’interpretazione del defunto in quanto individuo maschile si veda anche D 1941, 61; M 2004, 46. 186 S 1992, 56. 187 S 1992, 54-55. 188 L 2012, 274. 189 S 1991, 3; P 1997, 221; P , 2008, 179. Il termine taklimtu traducibile con esposizione (del corpo) deriverebbe dal verbo kullumu (letteralmente “mostrare”) (W 2015, 89). 190 Traduzione da: M G 1987, 4. 184

185

205

E. Foietta, M. Mortarini e E. Quirico

Successivamente a questo rito essi sarebbero stati deposti accanto o dentro al sarcofago191. Il corpo del defunto veniva rivestito di preziosi tessuti e abbondanti gioielli, come dimostrano anche i corredi delle Tombe Reali a Nimrud. Questa parte della cerimonia si concludeva con il šuruptu, rituale nel quale una selezione di beni appartenuti al defunto veniva bruciata in una cerimonia di purificazione192. A seguito dell’inumazione, a cadenza periodica, aveva luogo invece il kispum, ossia l’offerta di cibo e libagioni per il defunto. Secondo alcune ricostruzioni il rito avveniva ogni due mesi in occasione della luna piena e del sopraggiungere della luna nuova193. Come rilevato da Y. Wicks, il rito del kispum era del tutto integrato nell’economia domestica nel caso delle cerimonie familiari e popolari e nell’economia del Palazzo per la corte194.

precedentemente citato (K. 7856 + K. 6323) dalla Biblioteca di Ashurbanipal in cui si descrive in modo esplicito questa pratica. Tutti i recipienti in metallo (bronzo, argento, elettro e oro) e pietre semipreziose (cristallo di rocca e quarzo) delle Tombe Reali sembrano condividere, insieme alla brocca in esame, queste possibili funzioni e non è detto che non potessero contestualmente svolgerne più di una. I recipienti potevano infatti essere al contempo simboli dell’elevato status sociale del possessore, venire utilizzati nel corso delle libagioni e, infine, contenere alimenti liquidi e solidi, come è certamente il caso dei più umili recipienti ceramici. Tutto ciò veniva svolto per garantire la permanenza nell’Aldilà del defunto o con il fine di ingraziarsi le divinità infere. Evidentemente questa ultima ipotesi potrebbe essere confermata solo attraverso specifiche analisi dei residui alimentari contenuti all’interno dei recipienti stessi. Si deve tenere in considerazione che alcuni oggetti del corredo delle Tombe Reali, sulla base di caratteristiche stilistiche o delle iscrizioni che portano, risultano certamente più antichi rispetto alla datazione delle sepolture. Si tratta, quindi, di oggetti conservati e tesaurizzati per il loro valore intrinseco, ma soprattutto per quello simbolico e, per tale ragione, potrebbero venire correttamente definiti come “oggetti della memoria”. Si ricordano tra questi la coppa aurea (IM 105697) con scene nilotiche accompagnate da un’iscrizione con il nome di Yabâ, datata in base a confronti stilistici al X sec. a.C.197 e, ancora, il bead di cornalina incapsulato in una montatura d’oro iscritto con il nome del sovrano cassita Kurigalzu198. Entrambi questi oggetti furono scoperti all’interno della Tomba II. Un’ultima notazione deve essere presentata in merito alle caratteristiche tipiche dei corredi mesopotamici. S. Mazzoni199, prendendo spunto da una ricerca effettuata dall’Università di Tübingen su 992 tombe mesopotamiche di età neo-assira e neo-babilonese (582 in Assur, 99 in Babilonia, 311 in Uruk) mette in evidenza l’apparente assenza di chiare distinzioni di genere nella composizione dei corredi funebri. Si è potuto notare solo una generale ricorrenza nella presenza di pesi da telaio nelle tombe femminili e di armi nelle tombe maschili. La scelta degli oggetti che compongono i corredi funerari sembra essere

Si possono formulare a questo punto alcune ipotesi conclusive sul ruolo che poteva avere svolto la brocca in relazione alle pratiche funerarie e al suo specifico contesto di ritrovamento. Si deve innanzitutto valutare l’eventualità che il recipiente aureo possa essere stato inserito vuoto all’interno del corredo e che, dunque, la sua funzione possa essere rimasta esclusivamente simbolica ed allusiva dell’elevato status del defunto. D’altro canto, è possibile supporre un impiego attivo di questo recipiente durante alcuni dei rituali funerari sopra citati. La brocca avrebbe infatti potuto contenere una bevanda, birra o più presumibilmente vino, ed essere deposta all’interno della sepoltura allo scopo di servire forse a dissetare il defunto durante la permanenza nell’Aldilà, oppure più semplicemente essere destinata (piena o vuota) alle divinità degli Inferi. Dalle fonti di età neo-assira risulta chiaro che le libagioni in onore delle divinità o dei defunti potevano aver luogo versando liquidi di offerta (vino e birra) sia in altri contenitori sia direttamente al suolo, oppure attraverso specifici condotti all’interno della tomba (Fig. 4.12)195. Bacili, calderoni e larghe coppe potevano essere previsti per il trasferimento di questi liquidi, inseriti in set forse a esclusivo impiego rituale196. Non si può, infine, escludere che dalla brocca aurea in analisi si potesse bere direttamente, probabilmente durante il banchetto funerario, come poteva avvenire per altri recipienti inseriti all’interno del sepolcro. L’ipotesi che molti degli oggetti facenti parte dei corredi fossero prevalentemente doni per le divinità dell’Oltretomba viene, invece, confermata dal testo

Per una descrizione della coppa: H 2016, 15, pls. 35e, 39. D. Wicke ritiene la coppa, in base a confronti iconografici puntuali, una produzione dal punto di vista stilistico tipicamente egizia, realizzata probabilmente però in area sud-levantina (W 2010). J. Aruz invece ritiene il recipiente una realizzazione di un workshop localizzato in Egitto, in particolare nell’area del Delta in cui dovevano essere impiegati artigiani sia egizi sia fenici (A 2014, 115-116). 198 H 2016, 14, pl 54a. Per l’iscrizione: A -R 2008, 134. Non è chiaro se si tratti di Kurigalzu I o II (K 1998, 17, no. 9). 199 M 2005. 197

S 1991, 3. P 1997, 221-222. 193 P 1997, 229. 194 W 2015, 91. 195 G 2012b, 250. 196 Molte di queste ipotesi sono state già esposte dettagliatamente nel Capitolo 2, in particolare nel Paragrafo 3. 191 192

206

La brocca di Nimrud: il contesto storico, sociale e funerario

incentrata nel mondo mesopotamico prevalentemente a sottolineare lo stato sociale del defunto, sancito soprattutto dalla preziosità del materiale impiegato per foggiare gli stessi oggetti e dalla perizia tecnica dell’artigiano. Sulla base di queste considerazioni, può quindi non stupire la presenza all’interno di un

corredo femminile, come quello del Sarcofago 2, della brocca analizzata in questo studio che, per le sue tematiche iconografiche e decorative, potrebbe essere stata un oggetto originariamente destinato probabilmente a un personaggio di sesso maschile.

207

E. Foietta, M. Mortarini e E. Quirico

Abstract Coffin 2. Two inscriptions from the antechamber and the chamber - plundered in Antiquity - inform us that Tomb III was destined for Mullissu-mukannishatNinua, MÍ.É.GAL of Ashurnasirpal II (883-859 BC) and Shalmaneser III (858-824 BC). The title MÍ.É.GAL appears in this tomb also on the inscription of a gold seal with the name of Hamâ. According to this inscription, the stamp seal recovered in Coffin 2 belonged to Shalmaneser IV’s MÍ.É.GAL (Tav. IX, Fig. 4.6a). As stated by different scholars, the title MÍ.É.GAL, litteraly ‘woman of palace’ which correspond to the Assyrian issi ekalli, can be probably translated as ‘queen’. The title inscribed on different objects discovered in Tombs II and III - the first one belonging to Yabâ (MÍ.É.GAL of Tiglath-pileser III) Banitu (MÍ.É.GAL of Shalmaneser V) and Atalyā (MÍ.É.GAL of Sargon II), supports the idea that the south-area was the residential part of the North-West Palace, corresponding also to the so-called harem. Two main disputed hypotheses regards the title MÍ.É.GAL: the former, supported mainly by S. Svärd, suggests the title was used for the entire woman-life whereas the latter, supported for instance by D. Kertai and K. Radner, suggests it was directly linked to the king’s life. The gold seal of Hamâ shows a double guilloche along the border. On the center of the seal the goddess Gula, seated on a throne sustained by a dog, is faced by a female workshipper, usually identified as the queen Hamâ. An inscription «Belonging to Hamâ, MÍ.É.GAL of Shalmaneser, king of Assyria, daughter-in-law of Adad Nirari» is engraved around the external edge. A western Semitic origin for the name Hamâ has been suggested, as for Yabâ and Atalyā’s names, whereas Mullissu-mukannishatNinua and Banitu show clearly Assyrian names in origin. Inside Coffin 2 a well preserved young woman skeleton was discovered. Some fragmentary bones recovered by the Iraqi archaeologists are probably intrusive and were maybe fallen down from Coffin 1, placed on Coffin 2. The archaeological context, the good condition of the body, the gold crown IM 115619 (still weared by the woman at the discovery), suggest Hamâ burial was a primary deposition. However, Coffins 2 and 3 must be considered certainly secondary depositions because they contained the fragmentary skeletons of 11 between women, men, children and babies. Some inscribed objects, as a bowl belonging to the powerful eunuch Shamshi-ilu and recovered in Coffin 1, suggest maybe a later chronology for these depositions in comparison to Coffin 2. - (c) Considering the shape and especially the discovery place, it is possible to suggest three main function for the jug discussed in this work. It could have been used as container for liquids to be offered

In this chapter the decorative, morphological and technical aspects of the gold jug are analysed in relation to the historical background (a), the social context of the Palace, whose reflex is understandable from the grave goods and the archaeological context of the Queens Tombs (b), the Assyrian royal funeral customs and rites (c). - (a) Starting from the reign of Ashurnasirpal II, the Assyrian Empire began an aggressive policy with the aim of conquering territories and achieve the control of large part of the Ancient Near East (Fig. 4.1). Peaceful and aggressive contacts with neighbourhood reigns were developed to obtain regular economic advantages such as tributes, or to conquer strategic territories. During the Neo-Assyrian domination, artistic traditions and styles were shared across the lands of the Empire and in neighbourhood regions. From the beginning of the Neo-Assyrian period a vast movement of raw materials, goods, technologies and ideas circulated between the Mediterranean and the entire Near East. Foreign craftsmen, merchants and diplomats frequently, even if not always voluntarily, leaded their traditions into the Assyrian Court. Rich tributes were offered to the Assyrian king from ambassadors or governors of the provinces to obtain helps and treaties. According to the written sources and the decoration of the palace reliefs, it is possible to recognize tributes and gifts from different areas which are characterised by specific features and amounts related to the respective geographic region. For example, horses, precious metals and characteristic garments were traditional offerings of some of the Levantine Kingdoms. The lower part of a relief from the South-West Palace of Nimrud (wall k, panel 12b), dated to Ashurnasirpal II’s reign, illustrates an interesting example of this practice (Fig. 4.2). A procession of four gift-bearers dressed with foreign garments is represented. They offer precious metal vessels as gifts to the Assyrian king. P. Albenda suggests that the tributaries were Phrygians because they bring as gifts particular metal-vessels which are a typical production of Phrygian workshops. The shape of the jug seems to point out a possibly Phrygian origin for the vessel while the iconographic and stylistic features suggest probably an Assyrian production for the jug between the 9th and 8th cent. BC. - (b) The gold jug was discovered in Tomb III (below room 57) in the North-West Palace at Nimrud (Fig. 4.3). The vessel was part of the rich grave goods discovered in bronze Coffin 2, placed in the antechamber together with other two coffins numbered 1 and 3. Coffins 2 and 3 were placed at the same elevation, respectively to the east and west sides of the chamber. Coffin 1 was discovered on

208

La brocca di Nimrud: il contesto storico, sociale e funerario

to the dead (beer, wine or herbal infusions); or it might have been a precious gift for the gods of the Netherworld or a part of a vessel set employed during particular funeral rites. The extraordinary technical features and value of the gold jug allow us to consider it probably an object belonging to the dead queen, like other luxury goods discovered in the Royal Tomb. In this case the jug fulfilled mainly a symbolic function, useful to emphasize the hight social status of the dead. The knowledges about the funeral tradition of the Assyrian royal family are unfortunately limited. However, two Assyrian documents allow to highlight some interesting remarks. The text K.6323 + K.7856 was discovered in the Library of Ashurbanipal in Nineveh. Here it is describes the funeral of an Assyrian king, probably Esarhaddon or Ashurbanipal. According S. Parpola, the second text (K.164) provides information about the funeral

rites probably of a queen. These documents suggest the existence of five successive ritual acts ruled during a royal funeral: the preparation of the body, the exposure of the body and/or of the grave goods; the burial; the funerary offerings; the later ritual offerings. At the state of knowledge it is not possible to reconstruct the funerary rituals in detail, but it is possible to assume the existence of a complex system of rites useful to support the soul in the Afterlife. The terracotta pipe placed vertically over the stone coffin discovered in Royal Tomb II, prove the existence of later and recurring ceremonies, named kispu in the written sources, which were accomplished after the death. The kispu ritual is mentioned also in Mullissumukannishat-Ninua and Yabâ’s iscriptions. In these texts the queens asked for long lasting offerings of food and drinks after the death, promising otherwise a cruel revenge.

209

5 PRODUZIONE E CIRCOLAZIONE DEI BENI DI LUSSO IN ETÀ NEO-ASSIRA I

5.1 B

B

eF

,

G

*

l’accento sulla facilità con cui gli oggetti possono varcare tali limiti, recependo stimoli estranei a quelli della supposta area di produzione4. A questo proposito gli avori costituiscono un caso esemplare5. La somiglianza tematica e stilistica tra i diversi gruppi di avori porterebbe a considerare un modello di produzione tale per cui, anche se gli artigiani avessero lavorato essenzialmente in maniera indipendente, gli stretti contatti reciproci avrebbero favorito lo scambio di esperienze artistiche e la circolazione del sapere6. Esaminando il concetto di workshop S. Di Paolo scrive: ‹‹(…) the concept of workshop (…) includes a structured work system, where technological processes in making specific classes of objects often require training and the development of skills for the manipulation of raw materials. Workshop implies a certain size, unrelated personnel, for instance, not belonging to the same family, a standardized and specialized production and competition aimed at acquiring clientele.››7. Secondo la Studiosa l’attribuzione di diversi gruppi di avori su base stilistica, tecnica e iconografica, a singoli workshops, secondo la linea metodologica più comunemente adottata, non renderebbe conto di due tratti fondamentali che ne caratterizzano la definizione, e cioè la specializzazione e la standardizzazione8. Per

L’identificazione di un workshop Per capire meglio le dinamiche di produzione della brocca da Nimrud può essere utile esaminare il contesto di fabbricazione. Lo studio del sistema artigianale, in particolare quello che concerne la creazione degli oggetti di lusso – quali ad esempio quelli realizzati in avorio e in metallo1 – può offrire, infatti, interessanti spunti per comprendere in maniera più completa l’oggetto di questo studio. L’importanza del ruolo della bottega e degli artigiani nel Vicino Oriente antico per quanto riguarda l’arte suntuaria è riassunto da E. Scigliuzzo con queste parole: ‹‹(…) un ruolo cruciale è quello delle botteghe e dunque degli artigiani responsabili della lavorazione dei beni di lusso. Sono infatti le botteghe, con il loro radicamento nelle realtà di scala locale e al tempo stesso con la loro capacità di rispondere alle esigenze di una società in trasformazione, caratterizzata da un sistema di scambi sempre più fluido, il ponte tra tradizione locale e internazionalismo, tra la committenza e i suoi interlocutori politici e culturali esterni.››2. L’identificazione di workshops a partire dagli oggetti d’arte è stata portata avanti, nell’archeologia e storia dell’arte del Vicino Oriente antico, in particolare tramite l’utilizzo del metodo attribuzionistico3. La problematicità offerta da alcuni materiali fa sì che tale metodologia non sia condivisa a livello unanime: alcuni autori tendono a identificare i workshops con singoli gruppi di materiali all’interno di confini nazionali circoscritti, mentre altri studiosi pongono

 U 2000, XXVII.   A tale proposito si veda la critica condotta da M.H. Feldman (F 2014a, 11-41) e il lavoro di C. Suter (S 2010): per una trattazione maggiormente dettagliata dell’argomento si rimanda, nel presente lavoro, al Paragrafo 5.4. Circa la problematicità dell’uso del termine “workshop” per l’analisi degli avori si vedano in particolare S 2005a, 559; D P 2009, 139-150; D P 2014, 117-118. 6   La Studiosa pone, infatti, l’accento sulla difficoltà di paragonare il sistema di produzione artigianale vicino-orientale al sistema delle botteghe medievali (D P 2009, 141-144). Quest’ultimo, infatti, era caratterizzato da un alto livello di concorrenza sia da un punto di vista economico che produttivo, con il risultato che le diverse attività erano connotate da una forte chiusura reciproca. Circa i contatti tra le botteghe artigianali si veda anche: S 2005b, 255; F 2014a, 31. 7  D P 2014, 115. Sul concetto di workshop si veda anche C 2007, 296-297. 8   ‹‹The first trait refers to the creation of particular classes of objects (pyxides, combs, etc.) characterized by a choice of exclusive and distinctive subjects. As far as standardization is concerned, a workshop is distinguished by a normalization/

4

5

* F. Giusto ha redatto i Paragrafi 5.1 e 5.2 e la sezione dedicata agli avori all’interno del Paragrafo 5.4; I. Bucci ha redatto i Paragrafi 5.3 e 5.4. Gli Autori ringraziano Nina Angileri per la revisione del riassunto in inglese al fondo del capitolo. Si ringraziano, inoltre, Georg Bernward Maag e Valeria Reichenberg per la revisione delle traduzioni dal tedesco. 1   La scelta di affrontare le problematiche relative a queste classi di materiali è motivata dal fatto che si tratta di prodotti di lusso che presentano iconografie e stili eterogenei e si inseriscono all’interno di un contesto di produzione e di fruizione prevalentemente palatino, in maniera analoga a quanto è possibile supporre per la brocca da Nimrud. 2  S 2005b, 255. 3  U 2000, XXVII.

211

I. Bucci e F. Giusto

Fig. 5.1 - Illustrazione delle parti utilizzabili della zanna in relazione al prodotto finale (F

riconoscere negli avori la produzione di botteghe diverse, l’Autrice propone, invece, una serie di linee guida basate su uno studio di tipo essenzialmente tecnico9. Tra i criteri vi sarebbe in primo luogo la variabilità dell’adattamento, da parte dell’artigiano, alle caratteristiche tecnico-morfologiche della materia prima in funzione del prodotto finale che si vuole ottenere10 (Fig. 5.1). A questo proposito sarebbe

2014a, fig. 2.3).

interessante cercare di capire, se possibile, quali tra i diversi esempi di avori siano stati ricavati dalla medesima zanna. Un altro fattore utile è lo studio dei diversi accorgimenti utilizzati dagli artigiani/artisti nella lavorazione del materiale. Il terzo elemento di distinzione è costituito dalla considerazione della capacità tecnica di chi ha eseguito il lavoro, che ha necessariamente influito sul livello artistico dell’opera. L’ultima caratteristica discriminante è data dall’osservazione dei metodi e dei materiali utilizzati dall’artigiano per rifinire l’oggetto11. Un altro studio recente concernente la problematica dell’identificazione di specifici workshops per gli avori lavorati è stato presentato da E. Scigliuzzo12. I criteri che permettono di attribuire determinati avori alla produzione di una singola bottega sarebbero lo stile e le tecniche di lavorazione. L’unione di questi aspetti determinerebbe il pattern, cioè l’insieme delle caratteristiche tecnico-stilistiche che ricorrono nel processo di produzione delle opere della medesima bottega13. La presenza in diversi esempi, caratterizzati

codification of the size for groups of objects.›› (D P 2014, 117). A proposito si veda inoltre D P 2009, 141-144. 9   D P 2009, 144-149. Circa un’analisi di tipo stilistico, l’Autrice afferma: ‹‹(…) it seems to me that the wide range of styles within a homogeneous group of ivories can hypothetically be attributed to precise programmatic choices of a single artisan who, by varying the position of a head, of the arms or the shape of the clothes perhaps wishes to represent something different each time. The interpretation of these stylistic variables obviously depends on the methodological premises adopted.›› (D P 2009, 149). 10   Tra i fattori condizionanti vi sono la necessità del minor spreco possibile della materia grezza e le caratteristiche fisiche del materiale, per le quali bisogna tenere conto necessariamente della forma della zanna, della superficie utilizzabile e delle venature che percorrono il materiale (sia in maniera circolare che secondo linee parallele) (D P 2009, 146-147). Una singola zanna poteva infatti essere utilizzata in diversi modi per ottenere il maggior numero possibile di pezzi di avorio: asportando la cavità interna ricoperta di dentina si otteneva una forma circolare che, svuotata, veniva utilizzata per le pissidi, mentre singole placche rettangolari e figure a tutto tondo venivano ottenute dalla parte terminale della zanna. Per la lavorazione venivano sfruttate le linee di crescita della dentina stessa, la quale si sviluppa secondo anelli circolari percorsi da una teoria di linee trasversali: un taglio in orizzontale seguiva il piano disposto dagli anelli circolari, mentre un taglio verticale riprendeva le piccole

venature trasversali che percorrono gli anelli. Quest’ultimo tipo di incisione era quello maggiormente usato per ottenere le placchette rettangolari (M 1994, 116, 126-127; D P 2009, 146-147; F 2014a, 48-50). 11   Tra queste si possono annoverare la politura, per ottenere un effetto lucido, e l’intarsio con altri materiali, quali vetro e oro, per un effetto policromo (D P 2009, 149). Circa queste tecniche si veda, inoltre, M 1994, 126-127. 12  S 2005a, 560-563. 13   ‹‹The peculiar style of a workshop, therefore, is seen in the practice of a peculiar manual pattern put into practice by microvariations in the hand (…). So the pattern is what the craftsman learns to apply from the outset of his apprenticeship and which

212

Produzione e circolazione dei beni di lusso in età neo-assira

da un pattern simile, di differenti “micro-variazioni” aiuterebbe invece a identificare singole mani all’interno della stessa bottega14. L’iconografia da sola non sarebbe, invece, secondo l’Autrice, un criterio sufficiente, in quanto la produzione della stessa bottega comprenderebbe iconografie e soggetti differenti. L’identificazione dal punto di vista archeologico di una bottega è affidata al rinvenimento, presso la stessa area, di strutture funzionali alla produzione, quali ad esempio fornaci, di strumenti di lavoro, di materiale grezzo, di scarti di lavorazione e di oggetti non terminati: tale insieme di condizioni si verifica raramente e rende difficile stabilire con sicurezza la presenza di un’area artigianale all’interno di un sito15. Discutendo le modalità di lavorazione dell’avorio, M.H. Feldman evidenzia come non sia stato possibile fino ad ora individuare con sicurezza, dal punto di vista archeologico, alcuna bottega16. In generale, l’identificazione dei laboratori risulta problematica per diversi motivi: in primo luogo, gli strumenti di lavorazione utilizzati dall’artigiano sono tutti di piccola taglia e facilmente trasportabili17, e non sono necessarie installazioni fisse come fornaci o impianti idrici. In secondo luogo, il processo di lavorazione della materia prima non produce sostanze nocive o tossiche tali da costringere a stabilire il laboratorio fuori da un centro abitato. Inoltre, gli intagliatori dell’avorio operavano probabilmente assieme agli artigiani che lavoravano il legno e la pietra tenera18,

Fig. 5.2 - Elementi in pasta vitrea lavorati provenienti dall’ambiente SW37 di Forte Shalmaneser (F 2009, fig. 17).

e non è impossibile che le medesime persone avessero competenze contemporaneamente sui tre tipi di materiali. La stessa presenza sul prodotto finito di inserti in legno, pietre dure o foglia d’oro suggerisce che gli intagliatori dell’avorio lavorassero a stretto contatto con altri artigiani19. Una conferma dal punto di vista archeologico è costituita dal caso di Nimrud, dove, per l’ambiente SW37 di Forte Shalmaneser, è stata ipotizzata la funzione di laboratorio per l’avorio20. L’alto quantitativo di avori rinvenuti dagli scavi di M. Mallowan21 è stato, infatti, messo in relazione con il ritrovamento, da parte della missione italiana, di un gran numero di piccoli elementi in vetro e pasta vitrea (Fig. 5.2), e di foglie d’oro e d’argento. Si è dunque ipotizzato che gli avori contenuti nell’ambiente fossero in fase di montaggio o di riparazione, e che gli elementi in oro, pasta vitrea e vetro fossero destinati ad integrarne la decorazione22.

he will be more or less aware that he distances himself from to a greater or lesser extent in accordance with an infinite number of variables. Since working ivory is a plastic art, the pattern involves first and foremost carving, from the initial roughing out of the piece to revealing the details by cutting away material.›› (S 2005a, 562). 14   Tuttavia si noti come, secondo l’Autrice, la singola mano non debba necessariamente essere identificata con un unico artigiano: ‹‹(…) it is important to remember that the term “hand” does not mean the actual person of the craftsman, but the recognizable action of a certain craftsman in a certain phase. Different hands, therefore, can correspond in reality to successive phases of the activity of the same person.›› (S 2005a, 578). 15  D P 2014, 115-116. Secondo la Studiosa l’esistenza di un workshop, quale definito su tali basi, non è stata ancora dimostrata in maniera sicura per l’archeologia del Vicino Oriente antico. Le testimonianze che rendono possibile ipotizzare la presenza di un laboratorio artigianale sarebbero costituite, infatti, per lo più da prove parziali o indirette, come il rinvenimento di strumenti di lavoro tra i corredi funebri o di fornaci la cui funzione rimane dubbia. Sull’argomento si veda anche: G 1995, 15401541; M 1995, 459-462; D P 2009, 135. 16  F 2014a, 28. 17   Tra i principali si annoverano punteruolo, cesello, trapano, sgorbia, coltello e sega (M 1994, 126; F 2014a, 28). Inoltre venivano utilizzati un compasso per il disegno e una punta metallica per il lavoro di incisione e, per la politura finale, vari tipi di abrasivi e sostanze lucidanti (M 1994, 126). 18   M 1994, 126. Similmente, anche G. Herrmann ha ipotizzato che i medesimi artigiani si occupassero sia dell’intaglio del legno che dell’avorio: le simili caratteristiche fisiche dei due

materiali richiederebbero, infatti, analoghe capacità tecniche e strumenti; non bisogna dimenticare, inoltre, il frequente utilizzo di elementi eburnei in associazione a mobilio (H 2000, 272-273; H ,L 2009, 70). 19  F 2014a, 28. 20   F 2009, 33-34, 36-37. L’ambiente SW37 è designato come ambiente A1 negli scavi italiani. Circa l’identificazione di possibili aree per la lavorazione dell’avorio a Nimrud si veda anche S 2005b, 261. Ambienti forse destinati all’intaglio dell’avorio sono stati messi in luce, inoltre, a Tell Keisan e a Megiddo in Israele, a Ras Shamra in Siria e a Paphos a Cipro (M 1994, 126). 21  O ,O 2001, 165, 169; F 2009, 30. 22   Assieme all’ambiente A1 (scavi italiani) o SW37 (scavi inglesi), anche l’adiacente ambiente A2 ha restituito evidenze di una destinazione analoga. Qui è stato infatti trovato un gran numero di conchiglie a diversi stadi di lavorazione e oggetti in metallo quali punte di freccia, parti di armature e un braciere in bronzo e ferro, anch’essi in fase di fabbricazione o riparazione,

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I. Bucci e F. Giusto

Anche per quanto riguarda l’identificazione in area assira di botteghe artigianali per la lavorazione del metallo vi sono poche, esili tracce23. Una possibile evidenza è costituita dal rinvenimento nel Palazzo Bruciato di resti di fornace e scorie di rame e ferro, forse collegabili, secondo quanto ipotizzato da M. Mallowan, a un’officina per la lavorazione dei metalli24: è possibile, tuttavia, che queste siano da ricondurre alla fase di occupazione del sito posteriore alla caduta dell’Impero neo-assiro25. Il ritrovamento, nell’ambiente NE50 di Forte Shalmaneser, di una sega in ferro unitamente ad una pila di frammenti di pietre contenenti manganese – minerale utilizzato per l’estrazione del ferro, ma anche in qualità di pigmento – costituiscono, infine, indizi insufficienti per l’identificazione dell’ambiente con un’officina per la lavorazione del metallo26. L’individuazione di luoghi di lavorazione dei metalli è molto controversa anche a Gordion. Nel sito, dove pure sono stati rinvenuti esemplari in bronzo di brocche con filtro27 e numerosi manufatti in metallo – tra i più caratteristici vi sono fibule, brocche a bocca trilobata e coppe ombelicate, soprattutto all’interno dei tumuli funerari28 – non sono stati individuati, infatti, resti archeologici che permettano di riconoscere con sicurezza aree di lavorazione databili ai secoli IX-VII a.C.29. Uno stampo per la produzione di gioielli è stato rinvenuto nell’abitato ai piedi della Cittadella (Lower Town)30, mentre ambienti destinati alla lavorazione del ferro, ma datati a un periodo successivo a quello di interesse (Late Phrygian, YHSS 4, 540-333 a.C. ca.)31, sono stati individuati nella parte orientale della Cittadella32. In generale, la scarsità di tracce riferibili a simili impianti produttivi è stata imputata al fatto che i laboratori metallurgici, specialmente quelli destinati a ospitare procedimenti di estrazione e raffinazione, erano verosimilmente posizionati perlopiù all’esterno delle aree abitate o ai loro limiti, e non sono pertanto stati rinvenuti nel corso degli scavi33.

L’organizzazione del lavoro In base alle fonti di cui disponiamo risulta difficile, se non impossibile, operare una distinzione tra artisti e artigiani nel Vicino Oriente antico34. In tale realtà non sembra esistere, infatti, il concetto di arte o di oggetto artistico35 e l’autore di un’opera – sia essa un gioiello, una statua, o un avorio lavorato – viene considerato semplicemente un artigiano. Non sappiamo dunque praticamente nulla circa le singole personalità artigiane e, analogamente, non ci è giunta nessuna opera che rechi la firma dell’autore: tale concetto sembra anzi essere assolutamente estraneo alla cultura mesopotamica e vicino-orientale in genere36. La creazione degli oggetti artistici viene dunque ricondotta all’interno di una produzione artigianale. Per quanto riguardo nello specifico l’età neo-assira le nostre conoscenze circa le modalità di suddivisione del lavoro e l’apprendistato sono assai scarse37. Nel complesso risulta poco probabile, sulla base delle poche notizie a disposizione, l’esistenza di un’organizzazione dei diversi artigiani in strutture lavorative chiuse e ordinate in maniera gerarchica, quali furono ad esempio le gilde medievali38. Per quanto riguarda nello specifico l’avorio, i vari stadi di lavorazione coinvolgevano diversi artigiani prima di approdare al prodotto finito, e vi erano gruppi specializzati nelle singole fasi della lavorazione e della decorazione39. E. Scigliuzzo mette in evidenza come – all’interno del gruppo di avori da lei studiati – non sembri esserci una differenza qualitativa nella resa delle diverse placche d’avorio: i singoli esempi che concorrono a decorare il medesimo mobile sarebbero stati assegnati tutti ad artigiani che padroneggiano le medesime abilità e competenze tecniche40. Alla stessa maniera, non sarebbe ravvisabile una distribuzione delle placche da intagliare tra gli artigiani della bottega basata su criteri iconografici: il medesimo artigiano avrebbe ai frammenti di tessuto rinvenuti sia nell’area della Cittadella sia all’interno dei tumuli (Y 1981, 294-310; B 2012), il ritrovamento di una quantità straordinaria di utensili legati alla lavorazione dei tessuti (fusaiole, pesi da telaio, aghi, etc.), concentrati soprattutto all’interno delle strutture allineate in due file parallele e situate su una terrazza artificiale alle spalle del quartiere residenziale della Cittadella – il Terrace Building e il Clay Cut Building, datati secondo la nuova cronologia all’ultimo quarto del IX secolo a.C. (S ,V 2011, 161) – ha permesso di ipotizzare una produzione su larga scala posta sotto il controllo dell’autorità palatina (B 2005, 80-81). 34  G 1990, 9-12; M 1995, 455-456. 35   Sull’argomento si veda anche, nel presente capitolo, il Paragrafo 5.4. 36  M 1995, 456. 37  M 1995, 462-463. 38  D P 2009, 141-144; C 2013, 134. 39  H 2000, 274. 40   S 2005a, 578. Non sarebbe quindi individuabile, secondo la Studiosa, una suddivisione del lavoro secondo maestri e apprendisti.

oltre ad una serie di strumenti da lavoro (F 2009, 31-32, 35-36). 23  C 1988, 92; C 2013, 134. 24  M 1953, 9-10; C 2013, 134. 25  O ,O 2001, 125, 241; C 2013, 134. 26  O ,O 2001, 157-158, 249; C 2013, 134. 27  Y 1981, 201-202, TumW 5, pl. 88D; 113-114, TumMM 14-15, fig. 73, pl. 59D-F. Per un’analisi dettagliata di questi recipienti si rimanda al Capitolo 2. 28   Per una trattazione generale sugli oggetti in metallo provenienti da Gordion, in particolare sulla produzione bronzistica, si veda M 1988. 29  B 2005, 69. 30  V et alii 1997, 8. 31   Per una sintesi sulla nuova scansione cronologica proposta per il sito di Gordion si veda il Capitolo 2, Paragrafo 1. 32  V ,Y 1999, 220-224. 33   G 2011, 352. Ben documentata a Gordion è invece la produzione tessile (D V 1990, 385-387; B 2005). Oltre

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Produzione e circolazione dei beni di lusso in età neo-assira

messo mano a opere di soggetto differente41. Per quanto concerne la lavorazione del metallo, le fonti circa il personale artigiano sono scarse42. Sappiamo che vi erano diversi tipi di fabbri, ciascuno specializzato nella lavorazione di un metallo, anche se è possibile che, in alcuni casi, le diverse sfere di competenza si sovrapponessero43. Vi era colui che lavorava il ferro (nappāh parzilli), colui che trattava il bronzo (nappāh sippari) e l’orafo (nappāh hurāsi)44, mentre un’ulteriore categoria artigianale è costituita dal gurgurru45, che si occupava essenzialmente della fusione dei metalli e del funzionamento delle fornaci. Si può ipotizzare che questi artigiani lavorassero, all’interno delle città, riuniti in aree specifiche, secondo quanto si può supporre sulla base della menzione, ad esempio ad Assur, di un quartiere e di una porta urbica i cui nomi richiamano i lavoratori del bronzo e di un altro quartiere il cui appellativo fa riferimento agli orefici46. Per quanto riguarda l’organizzazione interna, invece, le fonti testimoniano l’esistenza di un capo dei fabbri (rab nappāhi) e di un capo-orefice: in entrambi i casi le cariche sono ricoperte da personaggi alle dirette dipendenze del palazzo47.

palatini, sappiamo che probabilmente a partire dal regno di Tiglath-pileser III (744-727 a.C.) almeno alcune categorie – ad esempio tessitori, conciatori, fabbri e pastori – erano organizzate all’interno del sistema gerarchico militare, per cui i lavoratori erano suddivisi in coorti (kiṣru)52. Il sistema amministrativo inizialmente prevedeva il passaggio della materia prima dai magazzini statali agli artigiani, i quali erano poi tenuti a consegnare al Tesoro il prodotto finito. Dal VII secolo a.C., invece, il manufatto è sostituito da una somma in argento, che costituisce il ricavato della vendita dell’oggetto da parte dell’artigiano stesso (o tramite mediatori)53. Anche il tempio poteva essere un’importante fonte d’impiego per individui di nascita libera e il corrispettivo veniva elargito sia sotto forma di razioni54, sia sotto forma di un vero e proprio salario. Questa realtà è testimoniata in particolare dagli archivi di alcuni privati cittadini di Assur, artigiani o specialisti salariati alle dipendenze del tempio del dio Ashur55. È possibile inoltre postulare con una certa sicurezza l’esistenza di una committenza privata, con artigiani che lavoravano sia in proprio sia alle dirette dipendenze di privati56. In particolare, è stata ipotizzata l’esistenza in ambito urbano di veri e propri industrial workshops di proprietà di cittadini facoltosi57. È testimoniata, inoltre, l’esistenza di categorie professionali di lavoratori autonomi cui veniva corrisposto un salario (e non razioni di cibo)58 e la cui prestazione lavorativa era legata a contratti specifici, dalla durata più o meno lunga: questi potevano essere alle dipendenze del palazzo, del tempio o di privati59. Tra le professioni menzionate vi sono quella di guardia del corpo, esploratore, marinaio, sarto, aiuto-esorcista e orafo60. Per quanto

Autonomia degli artigiani e rapporto con le élites Per quanto riguarda le dinamiche che attengono alle modalità di produzione e al rapporto tra coloro che producono gli oggetti (artigiani) e coloro che ne controllano la produzione e/o usufruiscono del prodotto finito (consumatori), sono stati elaborati due modelli fondamentali: artigiani sottoposti al controllo dell’élite, con conseguente monopolio da parte dell’élite stessa dei loro prodotti, e artigiani indipendenti, la cui attività può essere collocata all’interno di un’economia di libero mercato48. Per quanto riguarda il Vicino Oriente, il primo modello è stato visto come preponderante per molta della produzione artigianale dei beni di lusso durante la media e tarda età del Bronzo e in parte durante l’età del Ferro49, anche se tale visione non è condivisa a livello unanime50. In età neo-assira sicuramente la produzione artigianale era posta in gran parte alle dipendenze del palazzo o del tempio51. Per quanto riguarda i dipendenti

 S  C 43  C 44  D 45  K 46  K 134. 47  C 48  S 49  Z 50  D P 51  P 41 42

il ruolo che poteva avere il committente nell’elaborazione progettuale dell’opera. Sull’argomento si veda G 1990, 14. 52  P 1987, 259-260. Per una discussione più approfondita circa tale sistema si veda P 1979, 210-212. 53  P 1979, 205, 212; P 1987, 268; S 2005a, 261. 54  P 1987, 262. Tale pratica, ben attestata in Babilonia, non sembra testimoniata in Assiria, almeno dalla documentazione giunta fino a noi: tuttavia, è assai probabile che anche qui vi fosse una situazione analoga. 55  R 2007, 188, 192-193. 56  P 1987, 267. 57   P 1987, 266. Lo Studioso si basa sulla menzione nei testi del termine bēt qāti (scritto È ŠU) – che traduce per l’appunto come “workshop” – che viene utilizzato in relazione a fabbricati legati all’abitazione principale. 58   Circa la definizione del termine “salario” nei testi neo-assiri si vedano: P 1987, 261; R 2007, 188-189. 59   P 1987, 260-261; R 2007, 186-188. Circa il lavoro salariato in età neo-assira si veda in particolare R 2007. 60  R 2007, 189-192. Alcuni contratti risalenti in particolare alla fine dell’età neo-assira testimoniano, inoltre, l’impiego stagionale di braccianti nei lavori agricoli (R 2007, 193194), mentre altri negoziano l’assunzione di personale per

2005a, 578-579. 2013, 133. 2013, 133. 1988, 100; W 1988, 117; C 2013, 133. W 1972, 65; D 1988, 100. W 1972, 65; D 1988, 97-98; C 2013, 2013, 134. 2005b, 258; D P 2014, 113. 1983; G 1990, 12-13; G 1995, 1540. 2014, 116. 1987, 267. Non sappiamo praticamente nulla circa

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riguarda invece lo status sociale, non sappiamo se la qualifica di artigiano potesse essere attribuita, oltre che a liberi cittadini, anche a schiavi61. Tra le fonti troviamo, tuttavia, il riferimento a un orefice il quale, apparentemente libero professionista, possiede diverse proprietà62. Per quanto riguarda il caso specifico degli avori lavorati, nulla sappiamo su come fosse organizzata la produzione, se essa avvenisse in workshops posti sotto il controllo statale o fosse condotta da artigiani indipendenti in un regime di libero mercato63. La complessità organizzativa e la grande quantità di personale e risorse necessari per ottenere un alto numero di zanne (con conseguente uccisione di diversi animali in un lasso di tempo ristretto) – come è deducibile dal parallelo con gli studi etnografici sulla moderna caccia agli elefanti per ottenere l’avorio – portano ad ipotizzare che la caccia e lo stesso trasporto delle zanne dovessero essere probabilmente posti sotto il controllo dell’élite palatina o templare64. Tuttavia non sappiamo come avvenisse l’immissione sul mercato delle zanne e, pertanto, se gli stati del Levante – da cui tramite bottino o tributo l’Assiria otteneva le zanne65 e

gli avori lavorati66 – organizzassero direttamente spedizioni sul territorio oppure se le ricevessero attraverso transazioni diplomatiche o commerciali67. Nel complesso tra gli studiosi prevale l’ipotesi di una produzione controllata dai palazzi68. Nello specifico, è stato ipotizzato che essa fosse organizzata secondo un sistema gerarchico, per cui vi era un individuo che commissionava l’opera (il sovrano), un disegnatore che la progettava e infine un artigiano che la realizzava69. Un modello alternativo di tipo “misto” viene invece proposto da E. Scigliuzzo: ‹‹Formalmente dipendenti ogni volta che lavorano per una commissione e per una determinata corte, dalla quale ricevono la materia prima e il mantenimento, e dunque disponibili ad adattare il prodotto alle richieste locali (in termini di tematiche e linguaggio figurativo), possono tuttavia spostarsi da un luogo all’altro oppure lavorare contemporaneamente a commissioni destinate a fruitori diversi.››70. Uno scenario simile viene ipotizzato anche da C. Suter, la quale, con particolare riferimento alla produzione degli avori levantini, vede per le botteghe di questi artigiani specializzati una condizione di lavoro parzialmente autonoma71. Dipendenti dalle élites palatine per quanto riguarda l’approvvigionamento della materia prima, gli artigiani eseguirebbero così per i palazzi – ma anche per la nuova oligarchia locale arricchitasi con il commercio – le opere sulla base di specifiche commissioni. Per quanto concerne gli artigiani del metallo, gli elenchi di razioni72, le lettere73 e i contratti in cui tali professionisti appaiono in qualità di testimoni74 provano il loro impiego presso il palazzo. In questo caso è probabile che la materia prima, similmente a quanto si è già visto per gli avori, fosse fornita agli

accompagnare le carovane (R 2007, 194-195). Questi ultimi sono stati tutti rinvenuti in un grande archivio diviso in due parti (N9 e N10) di un’abitazione di Assur, riconducibile a una famiglia originaria dell’area meda degli Zagros: tale famiglia gestiva il commercio su lunga distanza tramite carovane (R 2007, 196-197). 61   P 1987, 267. Molti artigiani che appaiono come testimoni nei testi legali sono infatti dipendenti palatini. In maniera simile non sappiamo nulla circa lo status sociale degli apprendisti: al contrario della Babilonia, infatti, dove per lo stesso periodo ci sono giunti numerosi contratti d’apprendistato, nulla del genere ci è pervenuto dall’Assiria (P 1987, 263). Sull’argomento si veda anche M 1995, 458-459. 62  C 2013, 134. 63  M 1994, 126; S 2005b, 256-258; S 2010, 994, 996-997; F 2014a, 28. 64   Per l’età del Ferro si ritiene che l’avorio provenisse esclusivamente da elefanti africani, e non più, come è stato supposto per il II millennio a.C., anche dagli ippopotami (M 1994, 115; F 2014a, 27). L’elefante africano (Loxodonta africana) era diffuso all’epoca ancora nell’area sub-sahariana, mentre in Egitto si era estinto dalla metà del III millennio a.C. In Asia vi era invece l’elefante asiatico (Elephas maximus), il cui habitat preferenziale era costituito dalle foreste e che attualmente è ancora presente in India e nel sud-est asiatico. Alcune fonti rendono possibile supporre l’esistenza dell’elefante asiatico nel Levante ancora nel primo quarto del I millennio a.C. (M 1994, 116-118). Si è parlato a questo riguardo di “elefante siriano”, tuttavia il riconoscimento di una sottospecie distinta rispetto all’elefante asiatico è discussa (M 1994, 117118). Nel complesso, nonostante ci siano alcune testimonianze circa la presenza di elefanti in area levantina, è probabile che la gran parte dell’avorio lavorato provenisse dalle zanne della specie africana, più grandi e di qualità migliore (M 1994, 116-119; F 2014a, 27). Circa l’elefante “siriano” si veda anche M 2008, 196-200. 65   Si pensi ad esempio alla raffigurazione della presentazione del

tributo da parte di un re siriano, forse Sangara di Karkemish, a Ashurnasirpal II, quale compare su un rilievo della sala del trono del Palazzo Nord-Ovest a Nimrud (ambiente B, lastra 17b, British Museum, no. 124539; B 1914, pl. XX.2; M 1996, 53-54). Al di sopra della teoria dei dignitari del paese sconfitto che si dirigono verso il sovrano sono rappresentate, infatti, zanne d’elefante non lavorate. 66   Circa la circolazione degli oggetti di lusso in età neo-assira si veda, in questo capitolo, il Paragrafo 5.3. 67  F 2014a, 27. 68  H ,L 2009, 69-74. Inoltre, si veda F 2014a, 27. 69  H 2000, 278; H ,L 2009, 70. 70  S 2005b, 260. 71  S 2010, 996-997. 72   Un esempio è costituito dalle Nimrud Wine Lists, nelle quali si parla di orafi e fabbri (K W 1972, 127-128, 133; C 2013, 133), mentre un altro caso è costituito da un elenco, rinvenuto nel Palazzo Nord-Ovest di Nimrud, riportante le razioni in grano destinate a dodici artigiani del ferro (P 1961, 58; C 2013, 133). 73  C 2013, 133. 74   Ad esempio nelle tavolette ND 5447 e ND 5452, rinvenute nel Tempio di Nabu a Nimrud (P 1957, 127, 130; C 2013, 133).

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artigiani dall’amministrazione palatina75. Orefici figurano, inoltre, tra i dipendenti del Tempio di Ashur ad Assur76. Circa la possibile esistenza di una committenza privata, invece, testimoniano alcune tavolette di argomento giuridico dal Tempio di Nabu a Nimrud le quali menzionano, tra gli elenchi dei testimoni, artigiani, apparentemente indipendenti, che lavoravano il ferro e il bronzo77, mentre in un contratto da Assur compaiono, sempre come testimoni, un personaggio che lavora il rame e diversi orafi78. Un esempio circa l’esistenza del lavoro a contratto per quanto concerne quest’ultima categoria professionale è costituito da un testo economico-amministrativo da Nimrud, datato al VII secolo a.C., in cui si menziona, tra le varie spese, lo stipendio per un orafo79. Un caso interessante è inoltre quello di un certo Nabû-balāssuiqbi, un orafo alle dipendenze del Tempio di Ashur80. Tale personaggio, infatti, usava lavorare, su singole commissioni, anche per privati, secondo quanto è testimoniato nella lettera destinata al suo superiore Nabû-zēru-iddina, orafo presso lo stesso tempio. Un altro testo documenta la prestazione temporanea di lavoro da parte di un orafo, il quale si era impegnato a produrre uno specifico oggetto su commissione in occasione probabilmente di un matrimonio81.

5.2 C

N

L’analisi morfologica e iconografica del manufatto ha avuto tra gli obiettivi quello di capire se l’oggetto potesse essere ricondotto a una determinata area di produzione. La forma del recipiente, che trova numerosi confronti in altri contesti del Vicino Oriente, perlopiù tra i materiali ceramici, sembra rimandare in modo convincente all’area frigia83, mentre le bande decorate presentano un’iconografia piuttosto eterogenea, maggiormente accostabile nel complesso alle produzioni di area o di influenza assira. L’analisi stilistico-iconografica ha permesso di mettere in luce la complessità dell’apparato decorativo, all’interno del quale è stato possibile individuare la compresenza di una molteplicità di influenze e varianti interne. Vi sono in primo luogo quegli elementi e unità compositive – in particolare quelle a soggetto geometrico-decorativo e simbolico (ad esempio nelle bande (a) e (d)) – che sono riconducibili per stile e iconografia ad un repertorio comune a una vasta area del Vicino Oriente antico, repertorio che è definibile come “assiro” o “assirizzante”84. All’interno di questa tradizione figurativa comune, tuttavia, si riconoscono alcuni dettagli stilistici degli elementi di tipo geometrico-decorativo che presentano una maggiore vicinanza ai prodotti artistici più genuinamente assiri. Vi sono poi singoli soggetti, in particolare nella banda (c), a tema narrativo, che per stile e iconografia rimandano in maniera convincente alle raffigurazioni propriamente assire. Numerosi confronti stringenti, sia per i singoli elementi che per l’insieme di alcune unità compositive, sono inoltre rinvenibili all’interno della produzione urartea. A queste considerazioni si deve aggiungere un lessico iconografico che nel complesso si caratterizza come essenzialmente assiro, sia per i temi rappresentati sia per l’organizzazione delle scene e la sintassi compositiva85. In precedenza R.M. Boehmer ha riconosciuto per la brocca da Nimrud una molteplice ispirazione, presentando in particolare confronti nell’ambito delle produzioni assire, urartee e scite, per l’iconografia, e di quelle di area frigia, per la forma. Tuttavia, l’Autore propone per il manufatto un’attribuzione precisa: si tratterebbe del terzo pezzo assegnabile al medesimo artigiano che ha fabbricato le akinakes rinvenute nei kurgan di Kelermes e Litoj86. Anche D. Stronach ha messo in evidenza la natura eclettica del vaso in oro, riconoscendo

Per quanto concerne il caso specifico della brocca in oro da Nimrud sembra plausibile, considerata la preziosità del materiale, la raffinatezza tecnica della decorazione, la simbologia regale cui sembra rimandare l’apparato iconografico, e forse anche la funzione stessa, pensare a una produzione interna al palazzo. A questo proposito è interessante riportare quanto afferma E. Scigliuzzo: ‹‹(…) in linea di massima gli artigiani specializzati nella lavorazione dei beni di lusso e di alto prestigio sono quelli che le istituzioni tendono a controllare e a legare con rapporti di dipendenza sociale. I beni di lusso, ottenuti con materie prime di difficile reperibilità oppure con processi di lavorazione molto complessi, sono la manifestazione più appariscente, e pertanto necessaria, del potere delle élites e della loro capacità di controllo socio-economico (…)››82.

 C 2013, 133.  R 2007, 188, 192-193. 77   ND 5447, 5452, 5469: P 1957, 127, 130, 135; C 2013, 133-134. 78  C 2013, 134. 79  R 2007, 192. La somma assegnata è costituita da uno shekel d’argento. È probabile che il testo sia da ricondurre a un archivio templare o palatino. 80  R 2007, 192-193. 81  P 1987, 261. 82  S 2005b, 257. 75 76

  A questo proposito si veda il Capitolo 2, Paragrafo 1.   Sulla definizione di “assirizzante” (ingl. “assyrianizing”) si veda, tra i più recenti, W 2015, 566. Per una trattazione dettagliata del fenomeno si rimanda inoltre a G 2009, 1749. 85   Per un’analisi dettagliata della decorazione si veda il Capitolo 3. 86  B 2001, 57-60. 83 84

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che, se i confronti formali in metallo più stringenti si trovano in area frigia, e in particolare a Gordion, l’apparato decorativo è reso tuttavia secondo uno stile riconoscibile come assiro, soprattutto per quanto concerne la scena di battaglia87. Secondo lo Studioso le differenze formali riscontrabili con gli esempi da Gordion e lo stile assiro della decorazione concorrono a identificare l’oggetto come un prodotto di orafi assiri che avrebbero volutamente ripreso e modificato il modello frigio88. Una proposta analoga viene fatta da M.M. Hussein, secondo il quale, nonostante i paralleli più evidenti per la forma si situino in area frigia, lo stile e i soggetti dell’apparato decorativo rendono maggiormente plausibile postulare che si tratti di una creazione di una bottega assira89. Infine J.E. Curtis, analizzando gli oggetti in metallo provenienti dalle Tombe Reali di Nimrud, ipotizza che il vaso, a motivo della somiglianza con gli esempi frigi riscontrabile nella forma, sia stato prodotto al di fuori dell’area propriamente assira90. Per quanto riguarda la possibilità di delineare più specificatamente un quadro circa le modalità di fabbricazione della brocca in oro, due sono le ipotesi formulabili. In primo luogo, l’oggetto potrebbe essere stato realizzato in una provincia dell’impero o in una delle regioni limitrofe che, formalmente autonome, mantenevano stretti contatti – all’interno di un regime di dipendenza più o meno forte e variabile a seconda del periodo storico – con la realtà imperiale assira, quali ad esempio Urartu e la Frigia. In secondo luogo, invece, la brocca da Nimrud potrebbe essere stata fabbricata all’interno dell’area che costituisce il nucleo originario dell’Impero assiro, plausibilmente in una delle grandi capitali.

seconda del contesto: a questo proposito è possibile distinguere le provincie dell’impero in una fascia più interna, costituita dai territori di più antica annessione e più profondamente permeata dalla cultura assira, e una fascia esterna, composta dalle provincie di più recente conquista, nelle quali la cultura assira avrebbe lasciato tracce esigue e superficiali92. Gli oggetti prodotti in Assiria rinvenuti nelle provincie sarebbero il risultato di movimenti commerciali (importazione) o sarebbero stati portati sul posto da ufficiali e soldati assiri stabilitisi nel palazzo provinciale93. Esaminando la scultura a rilievo dell’Anatolia e della Siria nord-occidentale databile tra l’VIII e il VII secolo a.C., D. Wicke propone di distinguere tra un “Assyrian Court Style”, un “Assyrian Provincial Style” e un “Assyrianized Style”94. Il primo sarebbe caratterizzato da una produzione localizzata prevalentemente all’interno delle botteghe dei palazzi nelle grandi capitali assire. Il secondo termine, invece, sarebbe applicabile a quelle opere che, rinvenute nei palazzi provinciali dei governatori assiri, riproducono in maniera fedele i temi e le iconografie propri dell’“Assyrian Court Style”: le differenze stilistiche sarebbero da imputare prevalentemente a una minore abilità degli artigiani95. Le sculture raggruppabili all’interno della terza definizione96 si discostano invece in misura maggiore dall’“Assyrian Court Style”, presentando differenze stilistiche, tematiche e iconografiche. Un esempio interessante di “Assyrian Provincial Style” è costituito dalla presenza di anomalie ed elementi incongrui all’interno di opere dell’arte ufficiale assira rinvenute nelle provincie. Tali incongruenze sarebbero dovute alla mancata comprensione, da parte degli esecutori, di elementi caratteristici della cultura

Una produzione “provinciale”?   L 2009, 824-826. Sull’argomento si vedano inoltre G 2009, 17-40; S 2014, 677-680. 93  G 2009, 36-38. 94  W 2015, 565-570. Circa la scultura degli stati dell’area nord-siriana e sud-anatolica e il rapporto con la politica imperialistica assira si vedano inoltre, tra i più recenti, G 2000; O 2013, 525-542. 95   A questi monumenti si possono aggiungere le stele, commissionate personalmente dai governatori provinciali o da ufficiali, che non recano menzione né nell’iscrizione né nell’immagine del sovrano assiro. A questo proposito D. Wicke afferma che, nonostante in genere tali opere siano prese a testimonianza della debolezza del governo centrale assiro nella prima metà dell’VIII secolo a.C., è tuttavia impossibile stabilire se davvero furono prodotte in un contesto di indipendenza dal sistema centrale oppure se vi sia stato il previo assenso da parte del sovrano assiro (W 2015, 568-569). Inoltre, secondo lo Studioso, in alcuni casi è testimoniata la partecipazione del sovrano stesso alle decisioni circa il programma scultoreo nelle provincie dell’impero (W 2015, 569). 96   L’Autore precisa la differenza dei termini “Assyrianizing” e “Assyrianized”: il primo descriverebbe ‹‹(…) the actual process of influencing and mixing or altering Anatolian craft traditions with Assyrian elements.››, il secondo ‹‹(…) designates the result of the Assyrian influence.›› (W 2015, 566). 92

Nel primo caso si tratterebbe di una produzione caratterizzata dalla commistione di elementi tipici assiri con elementi più propriamente locali. ‹‹What was the “Assyrian presence” in the empire’s provinces and client states? Was it typically manifested through Assyrian and “Assyrianizing” finds, and does their relative abundance or scarcity reflect the nature and degree of imperial control?››91. In questi termini è posta da A.C. Gunter l’interessante questione circa quanto la conquista assira possa riflettersi nella cultura materiale locale: se vi sia una testimonianza, più o meno abbondante, di oggetti di produzione assira rinvenuti in contesti provinciali e in egual modo di oggetti prodotti nelle provincie che tendano a emulare e riprendere quelli assiri veri e propri. Dal punto di vista archeologico tale testimonianza varia a  S  S 89  H 90  C 91  G 87 88

1995, 185-186. 1995, 186. 2014, 130. 2008b, 253. 2009, 28.

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Produzione e circolazione dei beni di lusso in età neo-assira

Fig. 5.3 - Rilievo da Arslan Tash, elaborazione grafica di I. Gerlach (G

artistica assira e sarebbero spiegabili con l’impiego di maestranze non assire di provenienza locale o comunque provinciale97. Ad esempio sui rilievi da Arslan Tash/Adatu è rappresentata una processione militare – soggetto tipico dell’arte ufficiale assira – nella quale è stato utilizzato il sistema di proporzioni gerarchiche tipico dell’arte siro-ittita98 (Fig. 5.3), mentre su altri ortostati geni con la tiara dotata di corna indossano le vesti proprie dei cortigiani assiri99. In maniera simile, nella Stele di Esarhaddon da Sam’al/Zincirli troviamo il principe ereditario Ashurbanipal raffigurato con la veste rituale propria del sovrano100. La produzione in un’area periferica dell’impero non esclude, comunque, che l’esecutore materiale possa provenire dal centro dell’impero. Soprattutto per quanto riguarda la creazione di opere dell’arte monumentale ufficiale abbiamo, infatti, testimonianza di artigiani assiri che si spostavano a lavorare nelle diverse provincie, quale ad esempio è il caso degli scultori e artisti che seguivano l’esercito per creare stele o rilievi che commemorassero l’avvenuta conquista dei singoli territori101. È probabile, inoltre, che per la costruzione e la decorazione dei palazzi provinciali, quali Zamua, Dur-Katlimmu/Tell Sheikh Hammad e Til Barsip ci si sia avvalsi, almeno per

2000, Taf. 9).

quanto concerne la direzione progettuale, di artigiani assiri102. Tuttavia, come osserva D. Wicke, le differenze tra opere in “Assyrian Provincial Style” e opere in “Assyrianized Style” possono essere talvolta difficilmente ravvisabili, soprattutto considerando la possibile azione di influenza che possono aver svolto i monumenti riconducibili al primo gruppo su quelli attribuibili al secondo103. In relazione a ciò le variazioni stilistiche e il supposto calo di qualità artistica non risultano dei parametri sufficienti per determinare la differenza tra i due insiemi di opere. Maggiormente dirimente invece sarebbe domandarsi quale sia l’intenzione alla base della creazione del monumento e se si possa parlare di imitazione o di adattamento dei modelli assiri104: se cioè, secondo quanto afferma l’Autore, le differenze stilistiche e tematiche, così come le variazioni all’interno dell’iconografia siano spiegabili come semplici errori o incomprensioni del modello (o dei modelli) di riferimento, oppure se queste siano state fatte in maniera cosciente. Le opere che “imitano” gli originali appartenenti all’“Assyrian Court Style” rientrerebbero all’interno della categoria dell’“Assyrian Provincial Style”, poiché la ricerca della riproduzione il più fedele possibile dei prodotti dell’arte di corte avrebbe come finalità

 R 1979a, 26.  T -D et alii 1931, pls. 7-13; R 1979a, 26-27. A proposito si veda inoltre: A 1988; G 2000, 250; O 2013, 539. 99  R 1979a, 27. 100   R 1979a, 27. Sull’argomento inoltre: G 2000, 243, 245; O 2013, 541. Altri esempi di incongruenze sono ravvisabili, secondo J. Reade, nelle pitture dal Palazzo di Til Barsip e nella Stele di Shalmaneser III da Kurkh (presso Diyarbekir) (R 1979a, 27). 101   Si pensi ad esempio alla banda delle Porte di Balawat di Shalmaneser III che raffigura l’esercito assiro presso le sorgenti del Tigri (registro X, porta C: S 2007, Taf. 10): qui troviamo la rappresentazione di uno scultore impegnato a incidere, vicino all’apertura del tunnel sotterraneo da cui sgorga l’acqua, una stele con l’immagine del sovrano sotto la direzione di uno scriba. 97

 G 2009, 163.  W 2015, 569-570. 104   L’Autore definisce il termine “imitazione” (ingl. imitation), come ‹‹(…) understood in the plain and simple meaning of ‘copy’ – shall be considered as the incorporation of elements or traits. Imitation aims at a result that is as close as possible to the model. This is often achieved with varying degrees of success depending in particolar of whether the model is truly understood or not.›› (W 2015, 564). Il termine “adattamento” (ingl. adaptation) sarebbe invece ‹‹(…) the transfer of pictorial elements involving a debate with the original and a number of mostly deliberates changes of the model. (…) Adaptation is the process of selecting certain elements which are transferred according to individual reasons. Selection involves deliberate action and maintains a certain amount of distance or even resistance to the model.›› (W 2015, 564-565).

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scena di udienza106 (Fig. 5.4). Nella scena risulta assai significativo il fatto che il sovrano sieda su un trono di tipo assiro, ma indossi veste e copricapo tipici dei sovrani locali107. Attraverso la selezione e manipolazione dei singoli elementi vediamo come Bar-Rakib, da una parte, mostri l’aderenza del proprio regno alla linea politica assira come stato vassallo dell’impero, mentre, dall’altra, sottolinei la propria indipendenza da quest’ultimo in qualità di sovrano di un regno arameo108. Un approccio teorico è utile, in questa sede, per comprendere meglio i diversi livelli d’influenza ed elaborazione dell’arte centrale assira nelle produzioni artistiche provinciali; tuttavia, le grandi dimensioni e la differenza di supporto dell’arte monumentale differenziano tale produzione dal vaso in oro da Nimrud. Un esempio che può costituire un parallelo di maggior interesse a questo proposito è fornito da un gruppo di sigilli rinvenuti a Hasanlu109. Tra questi sono stati distinti, infatti, oltre a oggetti di produzione e stile iranico, sigilli di produzione locale ma in stile “assirizzante” (Fig. 5.5), e sigilli assiri veri e propri110. I secondi, classificati secondo lo stile definito “Provincial Assyrian Style”, riproducono stile e iconografia tipici dell’arte assira ufficiale e tra i soggetti più frequenti vi sono la caccia e la guerra, similmente alla brocca da Nimrud (anche se, a differenza di quest’ultima, i sigilli in questione mantengono separate le scene a soggetto differente), mentre gli ultimi, intagliati nello stile chiamato “Central Assyrian Style”, sarebbero stati prodotti da artigiani assiri in un centro dell’Assiria propria. Per quanto riguarda la produzione dei sigilli assirizzanti, è stato proposto che questa sia da collocare non in Hasanlu – non facendo Hasanlu parte direttamente dell’impero – ma in un centro periferico sottoposto a diretto controllo degli assiri, con cui Hasanlu avrebbe avuto stretti contatti111.

Fig. 5.4 - Rilievo di Bar-Rakib, Zincirli, Hilani IV, ingresso, lato E (O 1971, Taf. 63, Zincirli F/ 1).

la dichiarazione dell’appartenenza al sistema politico e culturale assiro e la messa in evidenza del ruolo del governatore di provincia come rappresentante ufficiale del governo centrale. Al contrario i monumenti in “Assyrianized Style” si discosterebbero volutamente dai modelli di riferimento, operando una precisa selezione dei singoli elementi, per esprimere un determinato grado di distanza e di estraneità dal sistema imperiale assiro105. Un caso esemplare a tale proposito è costituito da un rilievo di Bar-Rakib. Si tratta di un ortostato che ornava il lato est della facciata dell’Hilani IV a Zincirli, il quale rappresenta il sovrano Bar-Rakib (733/32-713/11 a.C.) seduto in trono durante una

105   Lo Studioso evidenzia come tale criterio di distinzione non sia però applicabile a quegli oggetti prodotti al di fuori dei confini dell’impero che emulano l’arte di corte assira: ‹‹(…) Assyrianizing processes took place within the confines of Assyria as well as outside the empire. Style in itself or truthfulness and adherence to the model are no suitable criteria; the use of cuneiform combinations of iconographical elements and the overall figurative scheme are more appropriate indicators of the underlying motivations.›› (W 2015, 587). La problematicità di esaminare attraverso le due categorie di “imitazione” e “adattamento” i prodotti artistici rinvenuti in regioni non formalmente integrate all’interno dell’Impero assiro è accentuata dalla forte variabilità del livello di emulazione e dalla difficoltà di distinguere i risultati di tale processo nei singoli oggetti: ‹‹In any case, imitation and adaptation are not mutually exclusive. Although one would rather expect to find imitations of the Assyrian Court Style within the empire and its provinces and non-provincial “Assyrianizing” instances outside of it, where there was less direct (political) pressure, the variable nature of emulation inhibits a clear-cut division. Moreover, attempts at making a distinction are hampered by the facts that the results of Assyrianizing processes are often difficult to distinguish in the object itself.›› (W 2015, 587).

 O 1971, Zincirli F/ 1; G 2011, 85-87, 130, 131, 212, no. 66; O 2013, 531. 107  G 2011, 86-87; O 2013, 531; W 2015, 588. 108   A 1988, 19; W 2015, 588. Si noti che nella scena di banchetto, rappresentata sul lato opposto, viene invece raffigurato un trono riconducibile a modelli locali (O 1971, Zincirli/ F4; G 2011, 85-87, 213, no. 69; W 2015, 588). Circa l’annessione dello stato vassallo di Sam’al (Zincirli) all’Impero assiro e la sua trasformazione in provincia si rimanda a R 2013, 467-471. 109   I sigilli provengono dalla fase IVB di Hasanlu, che copre un arco cronologico compreso tra il 1100 e l’800 a.C. circa (M 1996, 1). 110  M 1996, 16-17, 19-53. 111   ‹‹What is suggested here, than, is the notion of a provincial Assyrian center in the Zagros, perhaps in Zamua, where centertrained artists produced and distribuited Assyrian-type seals that had nonetheless been affected by aesthetic predispositions native to the periphery.›› (M 1996, 49). A questo proposito si veda anche M 1990. 106

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ipotizziamo di collocare la creazione dell’oggetto in una provincia dell’impero o in una regione limitrofa, si potrebbero spiegare sia la presenza di elementi caratteristici di una produzione locale, sia l’inserimento di temi e particolari stilisticoiconografici propri dell’arte assira in quanto arte rappresentativa del potere centrale, sia, infine, elementi appartenenti a tradizioni artistiche allogene riprese anche dal repertorio artistico assiro. Ipotizzando come luogo di produzione l’area centro-anatolica, l’oggetto – la cui forma trova stringenti confronti in esempi locali – sarebbe stato decorato ispirandosi al patrimonio artistico assiro, ma utilizzando anche iconografie e stili propri di altre tradizioni culturali, tra cui in particolare quella urartea. È da segnalare, tuttavia, che l’apparato decorativo della brocca non trova confronti tra i materiali di area centroanatolica. Postulare, invece, che la brocca sia stata prodotta in area urartea troverebbe parziale riscontro nel repertorio iconografico, mentre risulterebbe maggiormente problematico spiegare l’adozione di una forma che ad oggi non risulta attestata né in Assiria né in Urartu. Nel complesso, tuttavia, la molteplicità di confronti messi in luce dallo studio formale e iconografico, nonché il peso preponderante assegnabile, all’interno della decorazione, alla tradizione artistica assira, rendono maggiormente problematico localizzare la produzione della brocca in un’area esterna rispetto al nucleo del territorio assiro, anche se non è comunque possibile scartare tale ipotesi con sicurezza.

Fig. 5.5 - Impressione di sigillo in “Provincial Assyrian Style” da Hasanlu (M 1996, pl. 21, n. 69).

Una più complessa definizione di “Provincial Assyrian Style” sarebbe forse applicabile, secondo S. Mazzoni, ad esempio al “gruppo A” degli avori di Ziwiye112. Questi mostrano, all’interno di uno stile e di iconografie complessivamente assiri, oltre a singoli elementi riconducibili all’area iranica, alcuni dettagli che per le convenzioni figurative e stilistiche sono confrontabili con opere dell’arte degli stati siroittiti113. Proprio l’insieme di queste caratteristiche apparentemente eterogenee permetterebbe, secondo l’Autrice, di postulare che la produzione del gruppo di avori sia avvenuta all’interno di una bottega assira nella quale siano stati impiegati anche artigiani di diversa provenienza. Tale bottega sarebbe da localizzarsi sicuramente in uno dei centri sottoposti al dominio assiro, forse in area iranica114. La definizione di “Provincial Assyrian Style” allora in questo caso contraddistinguerebbe, secondo la Studiosa, un prodotto elaborato secondo uno stile complessivamente assiro, ma nel quale i singoli elementi riconducibili ad una diversa tradizione artistica non coincidono solamente con quelli della regione in cui si potrebbe situare la bottega. Tale situazione sarebbe spiegabile con l’emulazione, da parte delle élites iraniche, non solo dei prodotti della tradizione artistica assira, ma anche della medesima capacità, dimostrata in questo periodo dall’arte assira, di assimilare caratteristiche stilistiche, soggetti e iconografie appartenenti ad altre culture artistiche: ‹‹We can also understand provincial style within the framework of a model of imperial ideology stressing intercultural modes as a political issue of propaganda and resulting in a large ecumenism also of visual impact in art and architecture.››115. Ecco che la produzione della brocca da Nimrud potrebbe forse rispondere a dinamiche simili. Se

Produzione in area assira e mobilità degli artigiani La seconda possibilità, maggiormente plausibile, è che l’oggetto sia stato fabbricato in Assiria116, costituendo il prodotto di una bottega assira o di una bottega provinciale impiantata in Assiria o, ancora, di artigiani itineranti. All’interno del quadro politico costituito dalla formazione ed espansione dell’Impero neoassiro sono due le principali modalità (e cause) di spostamento: le deportazioni e l’emigrazione volontaria dell’artigiano. Le prime avevano in genere per oggetto masse di manodopera non specializzata, tuttavia in alcune situazioni potevano interessare anche personale dotato di una specifica preparazione tecnica117. Per le opere pubbliche, come per la costruzione dei palazzi delle capitali assire, le testimonianze parlano di manodopera artigianale

 M 2011.  M 2011, 74-81. 114  M 2011, 81. 115   M 2011, 81. Per quanto riguarda la creazione, all’interno dell’Impero neo-assiro, di una sorta di koinè artistica e culturale si veda anche G 2009, 178-180; una trattazione maggiormente dettagliata della questione è esposta nel Paragrafo 5.4 del presente capitolo. 112

116   Questa ipotesi è già presentata all’interno del Capitolo 3 nel Paragrafo 4 in cui, sulla base dell’analisi iconografica e stilistica, viene brevemente trattata la problematica circa l’area di produzione. 117  O 1979, 22-23, 54-59, 99-104; Z 1983, 256257; M 1995, 465. Circa la posizione sociale delle popolazioni o gruppi di deportati si veda P 1987, 264.

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reclutata (e deportata) da ogni parte dell’impero118. Artigiani, artisti e vari specialisti stranieri sarebbero giunti nelle capitali assire, oltre che in seguito alle deportazioni, anche di propria iniziativa, spinti forse da motivazioni personali o economiche119. Un esempio potrebbe essere costituito dalla presenza, menzionata nelle fonti, di scribi egiziani e di indovini e medici egiziani e kushiti alla corte assira120. Una dinamica simile si può proporre per gli artigiani di Dilmun giunti nella capitale con i loro strumenti da lavoro e con manufatti in bronzo, secondo quanto testimoniato in un’iscrizione di Sennacherib121. È possibile ipotizzare una certa autonomia decisionale anche per i carpentieri fenici e le squadre di marinai fenici e ciprioti giunti in Assiria per costruire e governare le navi che sarebbero servite a Sennacherib per attaccare l’Elam122. Sappiamo della presenza di artigiani e botteghe straniere nelle capitali assire grazie a testi quali le Nimrud Wine Lists: ad esempio troviamo qui la menzione di un certo Zakuru, forse un orafo, il cui nome attesta un’origine dalle provincie occidentali dell’impero123. Un altro esempio a tale proposito è dato da un contratto circa un prestito di argento da Ninive datato al 711 a.C., il quale menziona un artigiano che lavora il rame assieme ad un fabbro dal nome arameo124. Similmente, numerosi archivi privati da Assur hanno restituito evidenza della presenza di artigiani stranieri, tra cui orafi e conciatori125. Un’interessante testimonianza è offerta

dall’ambiente SW1 di Forte Shalmaneser, al cui interno è stata rinvenuta una gran quantità di avori fenici e siriani, contestualmente a due liste riportanti nomi di artigiani di origine levantina126: P. Fiorina ha proposto di mettere in relazione la testimonianza con l’ambiente SW37, interpretato come una bottega per l’assemblaggio e la riparazione degli avori, e di vedere nei personaggi elencati gli artigiani che lavoravano nella bottega127. A questo proposito si ricorda che, secondo alcuni studiosi, gli avori siriani e fenici rinvenuti a Nimrud potrebbero essere stati prodotti da artigiani di provenienza occidentale giunti nella capitale a seguito delle deportazioni128. Abbiamo, inoltre, notizia dai testi di artisti e artigiani non assiri giunti nella capitale per espressa richiesta del sovrano: ad esempio una lettera del capo-coppiere di Sargon II testimonia la richiesta da parte del re di un fabbricante di asce da Damasco129. Molti degli artigiani e degli specialisti stranieri giunti nelle capitali a causa delle deportazioni venivano plausibilmente impiegati per produrre opere secondo lo “stile assiro”, come è noto ad esempio per la costruzione della nuova capitale di Sargon II, per le cui mura furono impiegate squadre specializzate di artigiani provenienti dalle province occidentali dell’impero130. In maniera simile un mattone da Forte Shalmaneser risalente al regno di Shalmaneser III e recante alcuni segni in alfabeto aramaico, probabilmente interpretabili come mason’s marks, costituisce una delle prime testimonianze

 O 1979, 54-58; S 2005b, 261; G 2009, 160-161. Si pensi ad esempio alla “Stele del Banchetto” di Ashurnasirpal II, dove il sovrano afferma di aver spostato nella capitale Nimrud i popoli dei regni conquistati: ‹‹The captured people from the lands my hands had conquered, that is belonging to the lands of Suḫi, the city [……] rabi, Zamua to its whole extent, the land of Bit-zamani and of Kirrure, the city of Sirqu which is a crossing point of the River Eufrates and a moltitude of Laqueans of the Hittite country and of Lubarna the Hattinean I took and settled in it.›› (W 1952, 30, righe 33-36). Circa l’impiego di tali popolazioni come manodopera per la costruzione del palazzo di Ashurnasirpal II si veda il commento al testo di D.J. Wiseman (W 1952, 28, 36, nota 34). 119   Z 1983, 260-261. Al riguardo si veda anche G 2009, 161-162. 120  Z 1983, 260. Lo Studioso ritiene poco plausibili le ipotesi che spiegano la presenza di questi individui presso la corte assira in qualità di prigionieri di guerra o come personale inviato in qualità di dono dal faraone stesso. 121  Z 1983, 260. L’altra ipotesi che è stata presentata al riguardo è che tale squadra di artigiani sia stata inviata dal paese di Dilmun al re di Assiria in qualità di tributo. Sull’argomento si veda anche D 1988, 102. 122   Z 1983, 261. Al contrario, B. Oded riconduce l’arrivo di questi carpentieri e marinai ad una deportazione forzosa (O 1979, 56-57). 123  K W 1972, 65; O 1979, 102. Circa l’utilizzo dell’onomastica per la determinazione dalla componente etnica si veda ad esempio O 1979, 11-16. 124  G 2009, 162. 125  G 2009, 162. Per un panoramica delle fonti scritte che

attestano la presenza, nelle capitali assire, di orafi e fabbri giunti in seguito alle deportazioni si veda inoltre O 1979, 101-102. 126   L’ambiente SW1 di Forte Shalmaneser a Nimrud ha infatti restituito un ostrakon (ND 6231) riportante due liste, scritte in alfabeto aramaico, di nomi fenici e israeliti (S 1954; A 1958; O ,O 2001, 219). Risulta interessante come, al contrario dei personaggi nominati, gli scribi delle due liste (una su ciascun lato del coccio) non sembrino invece essere né fenici né israeliti (S 1954, 144-145). La ripetizione di nomi uguali all’interno dei due elenchi, nei quali i personaggi sono menzionati con il nome proprio e il patronimico, ha permesso a W.F. Albright di ipotizzare, almeno per alcuni di essi, l’esistenza di legami di parentela (A 1958, 34). 127  F 2009, 29, 36-37. Una situazione analoga è ipotizzabile per l’ambiente SW7, dove sono stati portati alla luce moltissimi avori (principalmente di produzione siriana) e una tavoletta riportante un elenco di nomi di artigiani di origine fenicia (F 2009, 34). 128   B 1957, 52; M 1969, 545; M , H 1974, 38-39; S 2005b, 261. A proposito si veda anche O 1979, 55, 102. 129  G 2009, 163-164. 130  G 2009, 162. Nello specifico, sappiamo che ad ogni squadra, proveniente da una provincia specifica, era stata assegnata una porzione diversa di mura (P 1987, 266267; G 2009, 162). A questo proposito J.N. Postgate ipotizza come nei diversi gruppi fossero molto probabilmente inseriti anche lavoratori assiri, i quali svolgevano in questo modo il servizio di corvée (acc. ilku) dovuto dai cittadini assiri allo stato (P 1987, 267; sull’ilku si veda P 1987, 262).

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Produzione e circolazione dei beni di lusso in età neo-assira

di un’iconografia e uno stile assiri – delle “anomalie” che impediscono di attribuirne la produzione ad artigiani locali. Ad esempio, l’errore individuabile nella riproduzione della veste di Ashurnasirpal II in uno dei rilievi della sala del trono del Palazzo NordOvest sarebbe attribuibile all’esecuzione da parte di un artista proveniente dalle provincie dell’impero136. Un altro caso interessante è offerto dallo studio di D. Collon su una coppia di bracciali provenienti dalla Tomba Reale II di Nimrud137 (Fig. 5.6). Questi presentano un’iconografia tipicamente assira ma con alcuni elementi “errati” che difficilmente sarebbero spiegabili all’interno di un prodotto assiro vero e proprio. Tipicamente assira è infatti la teoria di geni inginocchiati separati da una rosetta a circondare il medaglione centrale, così come all’apparenza il disegno del medaglione centrale. Questo rappresenta due figure maschili affrontate, da identificare probabilmente con il sovrano assiro e il principe ereditario, separate da un disco alato e dal busto di una divinità con un braccio alzato racchiuso in un motivo circolare raggiato138. Gli elementi di “deviazione” dall’iconografia assira vengono individuati nella rappresentazione del sole alato e soprattutto nel rapporto reciproco dei singoli elementi139. Il disco solare viene rappresentato schematicamente tramite la sovrapposizione a croce delle code di quattro uccelli, modalità di rappresentazione che, se si trova simile su alcuni avori da Nimrud e su diversi sigilli da Karkemish databili all’VIII secolo a.C., risulta tuttavia singolare all’interno dell’iconografia assira. In secondo luogo, il sovrano e il principe ereditario vengono sì rappresentati nell’atto probabilmente di venerare la divinità racchiusa nel cerchio raggiato, al di sotto del disco solare alato, ma questa, anziché essere raffigurata in alto, è posta in basso, tra le due figure, all’altezza dei piedi dei personaggi. La Studiosa ne deduce che questa coppia di bracciali sia il prodotto di orafi non assiri a Nimrud140. Gli artigiani stranieri giunti nelle capitali assire, inoltre, potevano essere responsabili di opere e oggetti fabbricati secondo una tradizione “regionale” diversa

Fig. 5.6 - Bracciale IM 105704 dalla Tomba Reale II di Nimrud (C 2008a, pl. IId).

dell’impiego di maestranze occidentali in Assiria per la costruzione di un edificio palatino131. È stato evidenziato come l’organizzazione e la gestione dei manovali stranieri deportati nelle capitali assire fosse inserita, in maniera analoga ai dipendenti palatini, all’interno della gerarchia militare132. Similmente nelle botteghe artigianali legate al palazzo – per la produzione ad esempio di avori o oggetti in metallo – venivano impiegati anche artigiani stranieri i quali sarebbero stati in grado, sotto la supervisione di maestranze assire, di fabbricare oggetti in stile assiro133. In particolare per quanto riguarda la produzione di manufatti in metallo, J.E. Curtis mette in luce il possibile apporto di artigiani non assiri all’interno delle botteghe palatine, la cui presenza è plausibilmente spiegabile con la pratica delle deportazioni forzose134. L’Autore evidenzia come in questo caso sia problematico identificare un oggetto come l’opera di un artigiano assiro oppure di un individuo di diversa provenienza: tale operazione risulterebbe anzi poco utile, considerando che il prodotto finale è comunque caratterizzato da uno stile assiro, a prescindere dalla connotazione etnica dell’artigiano135. Per quanto riguarda una possibile produzione “assirizzante” da parte di artigiani non assiri, alcuni oggetti rinvenuti nelle capitali presentano – all’interno

 B 1914, pl. 11; R 1979a, 27.  C 2010. Si tratta dei bracciali IM 105704 e IM 105705 (H ,S 2000, 234, pic. 31; C 2008a, 112, pl. IIb-d; H 2016, 20, pl. 72c). 138  C 2010, 159-160. La divinità potrebbe essere identificata con Ashur o Shamash (C 2010, 161). 139  C 2010, 161. 140   Entrando maggiormente nello specifico, l’Autrice si domanda se ‹‹(…) could they have been part of the political “dowry” of one of the Levantine “queens” in whose tomb the bracelets were found? (…)Were the jewelers unaware of the strict conventions governing Assyrian art? Or were they expressing their resentment and independence by embedding in their work a small and inauspicious message of revolt? Was anyone else aware of the message carried by the design of the Pair 3 bracelets? Did noone notice the implied blasphemy in this miniature depiction?›› (C 2010, 161). 136 137

 O ,O 2001, 217.  P 1987, 260. La stessa direzione tecnica dei lavori di ingegneria per la costruzione di palazzi, opere militari, canali e acquedotti era svolta da personale inserito nei quadri dell’esercito. 133  G 2009, 162. 134  C 1988, 84; C 2013, 134. 135   ‹‹(…) I am unable to distinguish any of their products from those of local craftsmen (…). The answer must be, then, that these foreign smiths were rapidly assimilated into the Assyrian industry and produced works to Assyrian specifications and in the Assyrian style. It seems possible that they brought with them to Assyria new techniques, but if so these cannot now be recognized.›› (C 2013, 134). 131 132

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dalla propria: ad esempio abbiamo testimonianza negli Annali di Sennacherib della costruzione di una flotta di navi eseguita secondo la tradizione fenicia da manodopera anatolica, ma il cui equipaggio era composto da marinai fenici e ciprioti141. In alcuni casi tuttavia a tali artigiani stranieri poteva anche essere richiesto di costruire manufatti secondo la tradizione della propria regione di provenienza142: il comandante della flotta assira, Bel-Ibni, richiese a Sennacherib l’invio presso il Golfo Persico di manodopera fenicia per l’assemblaggio di navi che devono essere fatte alla maniera fenicia143. Una simile ipotesi è stata riproposta ancora recentemente anche per quanto riguarda la produzione degli avori siriani rinvenuti nelle capitali assire144. Per quanto riguarda invece la questione degli artigiani itineranti, l’esistenza di una tale realtà sociale è ancora dibattuta. Essa sembra poter essere ipotizzata in relazione soprattutto a specifiche professioni, quali ad esempio quella del vasaio o del fabbro, in maniera analoga a quanto accadeva fino a pochi decenni fa sia in Europa che nel Vicino Oriente145. Nello specifico J.N. Postgate ha proposto che l’appellativo Šelappayu che compare nelle Nimrud Wine Lists e reca una connotazione sia etnica che professionale – J.V. Kinnier Wilson lo mette in relazione con gruppi provenienti dall’area del Ponto legati alla lavorazione dei metalli146 – possa riferirsi a fabbri itineranti147. L’esistenza di una classe di fabbri itineranti è stata ipotizzata anche sulla base del rinvenimento, in alcune delle capitali assire, di stampi di piccole dimensioni funzionali alla produzione di oggetti di ornamento personale148. Tuttavia, secondo alcuni

autori non è possibile parlare di artigiani itineranti nella società vicino-orientale pre-classica, mancando evidenze di tipo testuale o materiale che testimonino tale pratica149. Che la piccola brocca di Nimrud sia stata prodotta in una delle capitali assire da parte di una bottega assira che riprende elementi “stranieri” o da parte di una bottega straniera che crea una composizione “assira” in linea generale, ma con elementi appartenenti a tradizioni diverse o che, ancora, sia stata prodotta da artigiani itineranti, è difficile da stabilire. Tuttavia, nella sostanza le diverse ipotesi risultano tutte parimenti valide nel momento in cui si consideri un oggetto, quale il manufatto qui studiato, che presenti una mescolanza di forma, iconografie e stili assiri e non assiri. La possibilità della produzione della brocca in un laboratorio palatino assiro, forse nella stessa Nimrud, sarebbe in grado di spiegare in maniera soddisfacente l’accostamento di elementi riferibili a tradizioni artigianali diverse, inseriti all’interno di un lessico figurativo di origine e/o ispirazione assira. Risulta interessante allora evidenziare come sia proprio nelle capitali dell’impero, secondo quanto è testimoniato dalle fonti testuali e archeologiche, che è possibile rintracciare, all’interno di un milieu produttivo essenzialmente assiro, la compresenza di artigiani provenienti da regioni diverse del Vicino Oriente150. 5.3 D Sulla base delle considerazioni esposte sinora, una produzione della brocca in Assiria sembra più verosimile di una sua realizzazione in una provincia o in uno dei regni limitrofi. Tuttavia, dal momento che non è possibile escludere in modo definitivo questa seconda possibilità, è utile indagare i canali tramite i quali la brocca potrebbe aver raggiunto Nimrud qualora fosse stata prodotta altrove. Con questo proposito, si potrà allora delineare un breve quadro generale circa le diverse modalità di circolazione dei beni di lusso all’interno dell’Impero assiro, per comprendere come iconografie, soggetti e stili fossero veicolati dagli oggetti e come la ricezione

141  O 1979, 56-57; Z 1983, 261; G 2009, 162. 142  G 2009, 162. 143  Z 1983, 261; G 2009, 162. 144   S 2005b, 261. Circa tale possibilità evidenziata da parte di precedenti studiosi si vedano: B 1957, 52; M 1969, 545; M ,H 1974, 38-39. Sulla relazione tra le testimonianze della presenza a Forte Shalmaneser di artigiani fenici e una produzione in loco degli avori si veda F 2009, 29, 34, 36-37. Per una trattazione maggiormente dettagliata si veda quanto esposto poco prima in questo testo e in particolare le note 126-128. 145  P 1987, 268; C 2013, 134. 146  K W 1972, 98-100. 147   P 1987, 268. Lo Studioso pone l’accento sulle possibili competenze – in associazione alla lavorazione dei metalli – di tipo magico-cultuale che gli individui appartenenti a questa “tribù” avrebbero posseduto (P 1987, 268269). Egli, infatti, paragona l’appellativo Šelappayu contenuto nei testi neo-assiri con quello della “tribù” dei moderni Ṣlubba, un gruppo etnico che, fino all’inizio dell’età contemporanea, si spostava nell’area del deserto siriano ed era famoso tra i beduini per la conoscenza della lavorazione dei metalli, dell’astrologia e della medicina. Se tale analogia fosse valida, sarebbe spiegabile la menzione, in un testo di età neo-assira, di un Šelappayu in relazione ai rituali di fondazione dell’Esagila. 148  C 2013, 134.

149  Z 1983, 258. In particolare l’Autore fa riferimento alle nuove modalità di organizzazione e produzione nate nell’area occidentale del Vicino Oriente a seguito del collasso dei regni del Tardo Bronzo. Egli evidenzia come l’ipotizzare il movimento di artigiani itineranti indipendenti che si spostino sul territorio e il mettere in relazione questo ipotetico fenomeno con l’introduzione delle nuove tecnologie (ad esempio la lavorazione del ferro) non sia sostenibile sulla base di un numero sufficiente di prove. 150   Le fonti scritte testimoniano anche di deportazioni di artigiani verso altre aree dell’impero: tuttavia la maggior parte delle attestazioni registra lo spostamento di manodopera e personale specializzato nelle capitali assire (O 1979, 27-32).

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Produzione e circolazione dei beni di lusso in età neo-assira

e assimilazione di modelli allogeni fosse legata non solo al trasferimento degli artigiani, ma anche alla circolazione dei loro prodotti.

senza dubbio per ricchezza e importanza il tesoro dei palazzi reali, comprendente tra le altre cose mobilio pregiato e le donne della casa reale. Il bottino acquisito in seguito a una battaglia veniva in parte suddiviso sul luogo tra gli ufficiali e i governatori di provincia che vi avevano preso parte, come risarcimento per le spese sostenute, mentre gli oggetti più significativi venivano in genere trasportati nelle capitali assire e qui dedicati alle divinità all’interno dei templi155. Parte del bottino veniva inoltre suddivisa tra i membri della famiglia reale156. Sempre all’interno di un contesto di tipo militare si possono ancora citare le donazioni – più o meno volontarie – fatte a titolo preventivo dai sovrani stranieri in occasione del passaggio delle truppe assire nel loro territorio. Le merci consegnate in queste occasioni erano di tipo eterogeneo e potevano comprendere sia beni di lusso che di sussistenza. Relativamente ricorrente, inoltre, è la menzione delle figlie (o parenti) dei sovrani e dei nobili locali offerte in sposa e accompagnate da ricche doti157. Il tributo veniva richiesto agli stati “vassalli” dell’impero, vale a dire a quegli stati che non erano stati incorporati all’interno delle provincie (con relativo sistema di tassazione), e aveva una cadenza regolare. Le fonti designano tale pratica con il termine accadico maddattu158. Oggetto del tributo poteva essere una grande varietà di merci, dal valore più o meno alto: metalli pregiati quali oro e argento,

Il contesto politico-militare In primo luogo lo spostamento di oggetti – in particolare dei beni di lusso – poteva svolgersi all’interno di un contesto eminentemente “politico”, come bottino, tributo, dono o, infine, come parte di una dote. Per quanto riguarda in particolare le prime tre modalità, esse sono menzionate dalle iscrizioni reali e dai testi amministrativi151. Un’importante fonte di acquisizione di oggetti, materie prime e beni di consumo era rappresentata senza dubbio dai bottini di guerra, designati dalle fonti con il termine accadico šallatu. La parola si riferisce ad oggetti o persone ottenuti in modo coercitivo in seguito a una conquista militare152. A tal proposito abbiamo numerose fonti sia testuali, costituite in particolare dagli annali e da iscrizioni reali di varia natura153, sia iconografiche, tra le quali le più importanti sono senza dubbio rappresentate dagli ortostati decorati a rilievo154. Il bottino poteva essere costituito da animali (cavalli, buoi, pecore, capre) e da prigionieri di guerra, tra cui anche personale specializzato, come da singoli oggetti depredati all’interno delle città conquistate, tra i quali spiccava

 Z 1984, 237-238. Nelle iscrizioni reali vengono, infatti, descritti in modo più o meno dettagliato i bottini conquistati, i doni fatti dai paesi stranieri al re assiro e i tributi regolari. A questi si può aggiungere una quarta categoria, costituita dai beni offerti in loco in modo preventivo di fronte alla presenza dell’esercito assiro; a questo proposito la terminologia utilizzata nei testi assiri è varia, oscillando dalla definizione di contribuzione volontaria (nāmartu o tāmartu, cioè “dono”) alla riscossione obbligatoria (biltu o maddattu, cioè “tributo”). I testi amministrativi contengono, invece, gli elenchi dei tributi regolari e dei doni fatti dai sovrani stranieri al re assiro in modo formalmente volontario. Questi testi descrivono, inoltre, i beni elargiti dal sovrano assiro a terze persone e forniscono alcune informazioni sul commercio, sia quello condotto dall’amministrazione sia quello portato avanti da privati. È da notare, infine, che i testi amministrativi riportano le quantità reali dei beni registrati, a differenza delle iscrizioni reali che forniscono tendenzialmente numeri tondi o li omettono del tutto (Z 1984, 244). 152  Z 1984, 237; F 2014a, 93. 153   Si può menzionare a titolo di esempio la descrizione, contenuta in una lettera indirizzata da Sargon II al dio Ashur, dei bottini acquisiti nel corso della sua ottava campagna militare, in particolare in seguito alla vittoria contro il re Urzana a Muṣasir (L 1927 II, 94-98, nos. 172-173; Z 1984, 238-239; F 2014a, 93). È interessante segnalare a questo proposito il fatto che nella lunga e precisa descrizione degli oggetti lavorati moltissimi siano intenzionalmente definiti da nomi non assiri (Z 1984, 239). 154   Un esempio è costituito dalla raffigurazione, nella stanza 13 del Palazzo di Khorsabad, della presa e del saccheggio del tempio di Haldi a Muṣaṣir (A 1986, 255-256, pl. 133).

 G 2009, 167-168. Tra gli oggetti più densi di significato che ci si premuniva di portare via vi erano le immagini delle divinità dei paesi conquistati e le immagini rappresentanti i sovrani sconfitti. Per quanto riguarda le prime l’obiettivo era quello di “confermare” l’abbandono della propria “casa” da parte della divinità tutelare del paese conquistato, evento che di fatto si era già verificato con la sconfitta stessa. Per quanto riguarda le seconde, esse potevano essere cambiate di sede oppure distrutte (G 2009, 169-170). 156   Ad esempio abbiamo testimonianza dei doni fatti da Sennacherib al figlio Esarhaddon dal bottino di Bit-Amukani in Caldea, tra cui figurano bracciali, una corona e un anello da braccio in oro (G 2009, 168). 157   Z 1984, 239-241. Ad esempio Ashurnasirpal II ricevette da Bit-Zamani: «(…) forty chariots equipped with the trappings of men and horses, 460 horses broken to the yoke, two talents of silver, two talents of gold, 100 talents of lead, 200 talents of copper, 300 talents of copper, 300 talents of iron, 1000 vessels of copper, 2000 pans of copper, bowls and caldrons of copper, 1000 brightly colored garments (of wool) and linen garments, tables of SHA-wood, couches made of ivory and overlaid with gold, the treasures of his palace, 2000 head of cattle, 5000 sheep, his sister with her rich dowry, the daughters of his nobles with their rich dowries (...)» (L 1926 I, 181, no. 501). Sui beni offerti da Bit-Zamani si veda anche G 1991, 211, A.0.101.1. 158  G 2009, 164-165. Sulla differenza tra il termine biltu o maddattu (“tributo”) e nāmartu o tāmartu (“dono”), usati in modo non sempre univoco nelle iscrizioni reali e nei testi amministrativi, si veda Z 1984, 241-242. Sulle modalità di amministrazione dell’impero si veda anche L 2009, 824-825, 828-829.

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animali (cavalli, pecore, asini, buoi), generi alimentari come pesce od olio, e tessuti159. L’argento veniva in genere consegnato sotto forma di lingotti dal peso standard (una mina) oppure anche sotto forma di coppe (acc. kappu) le cui dimensioni e peso avevano anch’essi una misura standardizzata, probabilmente una mina, e che i testi designano proprio con il termine kappi maddatte, ossia “coppe del tributo”160. Alcuni paesi tributari potevano consegnare articoli specifici caratteristici della propria area: è noto, ad esempio, che dall’Arabia venivano inviati mirra e incenso, mentre dalle regioni costiere occidentali pesce e papiro. Tuttavia, in linea di massima tutti i paesi “vassalli” inviavano le stesse tipologie di merci: metalli preziosi, cavalli, capi di bestiame e tessuti161. È noto, ad esempio, che Ashurnasirpal II ricevette nel suo primo anno di regno un tributo dai Mushki, un’entità politica localizzata in area centroanatolica e legata nelle fonti datate al regno di Sargon II alla figura di re Mita162, consistente in vasi di rame, bovini, pecore e vino; i medesimi beni furono consegnati nello stesso anno come tributo anche dal regno di Kutmuhi163. Gli articoli più preziosi che facevano parte dei tributi venivano portati nella capitale assira da personaggi eminenti in qualità di emissari (acc. ṣērāni) e la loro presentazione al sovrano assiro avveniva secondo modalità codificate dal protocollo durante una cerimonia a cadenza annuale164. Le fonti ci informano, inoltre, di come i tributi consegnati al

sovrano venissero in seguito ridistribuiti ai familiari, agli ufficiali e ai funzionari della corte165. I cosiddetti “doni d’udienza”, indicati nelle fonti con il termine nāmartu o tāmartu, erano i doni che venivano fatti al sovrano assiro in maniera sporadica e non regolare, da parte di paesi situati oltre confini dell’impero ma legati da rapporti politici o economici più o meno forti con il sovrano assiro166. In numerosi casi la tipologia di articoli era la medesima dei tributi, includendo però per lo più merci pregiate, come argento, tessuti in lino, pecore e buoi, vino, mentre venivano in genere esclusi dai doni gli articoli di basso valore come lana, asini, muli e pesce167. L’oro, sotto forma di oggetti lavorati, veniva in genere offerto come dono d’udienza168: a questo proposito è stato osservato come il termine nāmartu venga utilizzato dalle fonti proprio in associazione agli oggetti più preziosi offerti in dono al sovrano169. Una testimonianza interessante è offerta, ad esempio, dalla descrizione degli oggetti donati a Shalmaneser III nell’857 a.C. dallo stato di Patina: a differenza del tributo corrisposto nello stesso anno, costituito da un talento in argento, due talenti in lana tinta con la porpora e cento tronchi di legno di cedro, i doni offerti erano costituti da tre talenti d’oro, cento talenti d’argento, trecento talenti di bronzo, trecento talenti di ferro, venti talenti in lana tinta con la porpora, mille coppe in bronzo, mille vesti di lino colorate, cinquecento buoi, cinquemila pecore e infine una figlia del re di Patina offerta con la sua dote in sposa al sovrano assiro170. È da supporre che la presentazione dei “doni d’udienza” al sovrano avvenisse secondo le medesime forme ritualizzate della consegna dei tributi. Come i tributi, inoltre, anche i doni venivano ridistribuiti dal sovrano a familiari171 e sottoposti.

 G 2009, 165.  Z 1984, 236-237, 243; G 2009, 165. 161  G 2009, 165-166. 162   In generale, l’equivalenza tra il “Mita dei Mushki” menzionato nei testi di Sargon II (721-705 a.C.) e il re Mida delle successive fonti greche è largamente accettata, sebbene sia stato recentemente rilevato come questo fosse un nome dinastico, attribuito nel tempo ad almeno tre diversi personaggi (B -E 2008). L’identificazione dell’etnico “Mushki” con i Frigi rimane, invece, più controversa. È possibile, infatti, che tale termine non indicasse inizialmente l’area della Frigia propria, vale a dire l’Anatolia centro-occidentale ad ovest del corso del fiume Kızılırmak (l’antico Halys), quanto piuttosto l’Anatolia centro-orientale e i siti racchiusi dal corso di quel fiume. Il consolidamento del dominio frigio in Anatolia centrale e i tentativi di espansione, soprattutto nella seconda metà dell’VIII secolo a.C., verso sud-est – come testimoniato dai testi dell’epoca di Sargon II – portarono verosimilmente all’utilizzo del termine “Mushki” per indicare il regno dei Frigi nel suo complesso. Per una sintesi sull’argomento: M 1988, 177-180; D V 2011a, 19, nota 1.2. 163  L 1926 I, 143-144, no. 442. 164   Testimonianze a questo proposito sono offerte dalle fonti scritte, che menzionano uno specifico “carro per tributi”, nonché dai rilievi che decorano i grandi cortili dei palazzi che introducono alla sala del trono (G 2009, 166): si pensi, ad esempio, ai rilievi del cortile VIII del Palazzo di Sargon II a Khorsabad (A 1986, 237-238, pls. 19, 24-25). La posizione di questi rilievi fa supporre che la cerimonia di presentazione dei tributi avvenisse proprio in questi luoghi (R 1979b, 338-339). 159 160

  Tra gli oggetti menzionati dalle fonti vi sono argento, tessuti pregiati e pesce sotto sale. È probabile che la ridistribuzione dei tributi annuali costituisse una delle maggiori fonti di entrata per ufficiali e funzionari di palazzo (G 2009, 166-167). Sull’argomento si veda inoltre M 2004, 48-49. 166  Z 1984, 241; G 2009, 164-165. È noto dalle fonti, ad esempio, che il re di Dilmun inviò doni a Sargon II e a Sennacherib e Gige re di Lidia ad Ashurbanipal (Z 1984, 241; G 2009, 165). 167   G 2009, 165. Circa la differenza degli oggetti consegnati come dono o tributo secondo quanto riportato dai testi amministrativi assiri si veda anche Z 1984, 236, 242244. A questo proposito è interessante ricordare come invece un bene di sussistenza come l’orzo non sia menzionato dalle fonti neo-assire né tra i doni né tra i tributi (Z 1984, 236). 168  Z 1984, 243; G 2009, 165. 169  G 2009, 166. 170  T 1975, 37; G 2009, 166. 171   Sappiamo dalle fonti che tra le donne della famiglia reale la regina era l’unica ad avere diritto a una parte dei “doni d’udienza”, così come aveva il privilegio di poter ricevere i dignitari stranieri, come testimonia il caso di Naquia, regina consorte di Sennacherib e madre di Esarhaddon (M 2004, 48-50). Al contrario il principe ereditario aveva diritto a ricevere solo una parte dei tributi (M 2004, 50). Circa i “doni d’udienza” da parte dei 165

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Produzione e circolazione dei beni di lusso in età neo-assira

una coppa di fattura levantina sulla quale è iscritto il nome di Yabâ (Fig. 5.7)176. Lo stile e il soggetto della decorazione interna, che raffigura una scena di ambientazione nilotica, e i confronti individuati sembrano indicare una datazione significativamente più alta e suggeriscono che la coppa possa essere stata tramandata all’interno della famiglia anche in ragione del suo valore di “antichità”177. Bottini, tributi, “doni d’udienza” e le doti che accompagnavano le principesse straniere rappresentavano le modalità, all’interno di un quadro eminentemente politico, con cui gli oggetti dalla periferia arrivavano al centro. Ma vi erano altre vie simili per cui gli oggetti potevano diffondersi per via opposta, dal centro alla periferia. In primo luogo vi erano quei doni che rappresentavano un segno di stima da parte del sovrano nei confronti dei propri ufficiali, governatori di provincia o membri della corte e che potevano consistere in gioielli, vestiti o armi. Tra gli oggetti più comuni vi erano i bracciali d’argento, i quali talvolta potevano essere arricchiti da intarsi in pietre semi-preziose, oro e avorio. Inoltre, bracciali d’argento, vesti e tessuti pregiati (in lino o lana tinta con la porpora) venivano regalati agli emissari dei paesi stranieri in cambio dei “doni d’udienza” o dei tributi che questi avevano portato al re assiro178. Ad esempio, sappiamo dalle fonti che gli ambasciatori provenienti da Urartu ricevettero in dono scarpe, vesti, sciarpe, torques e “coppe-tributo” in argento, mentre gli uomini di una delegazione da Tabal ebbero anelli in oro179. A questo proposito A.C. Gunter osserva come sia plausibile che i doni per gli stranieri che recavano i tributi – trattandosi di una pratica annuale – fossero prodotti ad hoc da botteghe assire della capitale. Tuttavia, la menzione di “coppe-tributo” tra i doni destinati agli ambasciatori testimonia evidentemente come tali doni potessero essere “riciclati” dai tributi stessi o dal bottino. Pertanto, secondo la Studiosa, questa pratica potrebbe essere un indizio di come gli oggetti donati agli stranieri non fossero necessariamente connotati da un caratteristico stile assiro, ma fossero scelti evidentemente utilizzando altri criteri, come quello della preziosità del materiale180. Una terza classe di personaggi destinatari di simili

Fig. 5.7 - Disegno della coppa d’oro recante il nome di Yabâ, rinvenuta nella Tomba Reale II (W 2010, Abb. 2).

L’ultima modalità con la quale oggetti provenienti dalla periferia dell’impero potevano giungere presso le capitali assire è costituita dalla dote che accompagnava tutte le principesse o nobili straniere che si recavano presso la corte assira172. Ad esempio R.M. Boehmer ipotizza che proprio la brocca in oro dal Sarcofago 2 possa essere arrivata in Assiria come parte della dote di una principessa scita173. Lo Studioso, infatti, ritiene che le ossa di uno degli individui femminili rinvenuti nel Sarcofago 3, da attribuire secondo le analisi antropologiche a una donna dai tratti caucasici174, possano essere identificate con una principessa scita che sarebbe forse andata in sposa ad Esarhaddon in seguito al matrimonio di una figlia del re assiro con Bartatua re degli Sciti. In maniera simile S. Dalley ipotizza che Atalyā, regina di Sargon II, e Yabâ, regina di Tiglathpileser III, potessero essere principesse del Regno di Giuda e che diversi oggetti rinvenuti nella Tomba II potessero esservi giunti in quanto parte della dote delle due donne175. Particolare interesse ha suscitato sovrani assiri alle proprie regine abbiamo testimonianza anche per Atalyā, regina di Sargon II, (S 2012, 106, 242, 276) e per Liballi-sharrat, regina di Ashurbanipal (S 2012, 137). 172   Circa la pratica dei matrimoni diplomatici presso la corte assira si veda, ad esempio, M 2004, 47. 173  B 2001, 60. 174  S ,K 1998, 114, individuo III 3 D. 175  D 2008, 171-172, 174-175. Secondo la Studiosa, inoltre, Yabâ, regina Tiglath-Pileser III (744-727 a.C.), sarebbe da identificare con Banitu, regina di Shalmaneser V (726-722 a.C.) – il cui nome è iscritto su una coppa d’oro e su un contenitore per cosmetici in elettro rinvenuti all’interno della stessa tomba – essendo il nome ebraico Yabâ corrispondente all’accadico Banitu (D 2008, 171). Sui nomi e sull’origine delle regine sepolte nella Tomba II si vedano inoltre: D 1998; D 2004,

394-396. 176  H ,S 2000, 253, pic. 48, IM 105697; A -R 2008, 136, 138, no. 19; C 2008a, 115, pl. III; H 2014, 125-126, fig. 3.13; H 2016, 15, pls. 35e, 39a-c. D. Wicke ha proposto per l’oggetto una produzione nel sud del Levante fortemente influenzata dalla tradizione artistica egiziana (W 2010). Non è tuttavia da escludere l’area del Delta del Nilo come possibile centro di produzione caratterizzato dalla compresenza di artigiani fenici e locali (A 2014, 116). 177   L’oggetto è da datarsi verosimilmente al X secolo a.C. (W 2010, 136-137, 140-141). 178  Z 1984, 244; G 2009, 171-172. 179  G 2009, 172, nota 114. 180  G 2009, 174.

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doni da parte del sovrano assiro era rappresentata dagli ostaggi stranieri ospitati presso la corte assira. Sappiamo dalle fonti che a questi personaggi venivano accordati determinati privilegi: ad esempio potevano essere ammessi alla presenza del sovrano, anche se non gli era permesso guardarlo in viso. Una posizione simile agli ostaggi era ricoperta dai familiari, in particolare dai figli, dei sovrani di paesi legati in modo più o meno stretto all’Impero assiro, che spesso venivano inviati presso la corte assira per essere educati; una volta ritornati al proprio paese avrebbero portato con sé le usanze e la cultura assira181.

testimoniano, per la loro eterogeneità e per la datazione tarda dei loro contesti di rinvenimento (rispettivamente fine dell’età neo-assira ed età postassira), un’acquisizione degli avori attraverso canali non ufficiali, che avrebbero sfruttato la debolezza del potere centrale prima e la fine dell’impero poi per ottenere gli oggetti185. Il commercio veniva condotto sia da persone etnicamente assire sia non assire, e non era certamente esclusivamente riservato ai mercanti fenici, anche se questi ebbero un ruolo predominante nei traffici con l’Occidente, in modo particolare nell’esportazione di alcuni prodotti artigianali caratteristici186. Circa le modalità di diffusione delle merci fenicie e il commercio all’interno dell’area vicino-orientale, M. Liverani riassume efficacemente la questione con queste parole: ‹‹Mentre prodotti “orientalizzanti” si diffondevano nel Mediterraneo per tramiti eminentemente commerciali, analoghi prodotti si diffondevano anche verso Oriente, in particolare verso l’Assiria. (…) Sui modi della diffusione sembra esserci una netta differenza: i contesti palatini dei ritrovamenti, e la documentazione testuale relativa alle forniture di tributo, mostrano che la diffusione dei prodotti fenici verso est avvenne soprattutto nel quadro della pressione fiscale assira, e del conseguente drenaggio economico. Nello stesso quadro, artigiani di Tiro e di Sidone lavorarono a Nimrud per costruire o decorare la nuova capitale di Assurnasirpal II.››187. Sul commercio fenicio, e su Tiro in particolare, una fonte importante è costituita dal già citato passo del libro di Ezechiele. Per quanto riguarda le importazioni, si comprende dal brano come dall’immediato entroterra della costa siro-palestinese venissero importati i prodotti agricoli, forniti dai regni di Giuda, Israele e Damasco; dalle aree dell’alto Eufrate e dell’Arabia settentrionale provenissero animali e lana; dalla Grecia, dall’Anatolia, dall’alta Mesopotamia, dall’Assiria, da Edom e dall’Arabia venissero importati prodotti artigianali, quali utensili in bronzo, tessuti, finimenti e ferro lavorato, e schiavi; dal Mediterraneo occidentale giungessero i metalli non lavorati; dall’Arabia meridionale le spezie e le pietre preziose (Ezechiele 27: 12-25)188. Le esportazioni della città erano invece incentrate prevalentemente sui prodotti lavorati. In generale, risulta che la gran parte dei commerci di Tiro coinvolgesse la terraferma più che l’ambito marittimo

Il contesto economico-commerciale Lo spostamento di oggetti poteva altresì avvenire all’interno di un quadro economico-commerciale. Il commercio è documentato in modo sporadico presso le fonti testuali a nostra disposizione, costituite in particolare dalla corrispondenza e dai documenti amministrativi assiri e dal celebre passo biblico di Ezechiele 27, che descrive il commercio di Tiro. Nel complesso, le fonti documentano l’esistenza di due sistemi distinti e complementari che coesistevano: un sistema “politico”, descritto in precedenza, nel quale rientravano varie forme di tributi e doni e che veicolava beni di lusso finiti e beni di consumo di valore variabile; e un sistema di tipo prettamente commerciale, gestito sia da mercanti privati sia da rami dell’amministrazione palatina assira, che si occupava di veicolare materie prime (ma non oro e argento), beni di sussistenza e merci di vario valore182. Relativamente all’esistenza di queste due modalità principali di spostamento, è importante sottolineare come gli oggetti preziosi – categoria a cui appartiene la brocca di Nimrud – fossero con ogni probabilità assenti dalla rete commerciale e il loro scambio fosse preferibilmente condotto all’interno di un quadro politico-ideologico. Un esempio a questo proposito è fornito dagli avori lavorati, i quali con ogni probabilità non circolavano liberamente, ma erano sottoposti a monopolio da parte dei sovrani assiri, come testimonia la massiccia e quasi esclusiva presenza degli avori nei magazzini dei palazzi di Nimrud183. Il caso degli avori rinvenuti ad Arslan Tash, all’interno di un palazzo provinciale, evidenzia la possibilità che tali oggetti fossero anche donati dal sovrano ai propri ufficiali o funzionari nell’ambito di una redistribuzione del bottino e dei tributi acquisiti dai paesi sottomessi184. Al contrario i gruppi stilisticamente eterogenei di avori rinvenuti a Til Barsip e nelle Town Wall Houses di Nimrud

 F 2014a, 146-150.   P 1979; G 2009, 155; L 2009, 702704. Tra i prodotti più tipici commerciati dai Fenici spiccano gli oggetti in metallo lavorato e le stoffe ricamate o tinte la cui menzione si conserva nell’Iliade (Iliad. VI, 288-292; XXIII, 740745). Sul cambiamento delle dinamiche commerciali tra il Tardo Bronzo e la prima parte dell’età del Ferro nel Vicino Oriente: L 2003. 187  L 2009, 704. 188  L 2009, 704-706. 185 186

 G 2009, 172-173.   Z 1984, 244-246. Sull’esistenza di questi due sistemi in età neo-assira si veda anche R 2003, 35-36. 183  H ,M 2003. 184  F 2014a, 151-153. 181 182

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Produzione e circolazione dei beni di lusso in età neo-assira

e avesse per oggetto sia beni di sussistenza che beni di lusso. Tra le informazioni di maggiore interesse vi sono quelle sugli oggetti in bronzo provenienti dall’Anatolia centrale e dalle coste dell’Asia minore (Tubal, Meshek e Yawan)189. Un’altra fonte importante è costituita dal trattato tra Esarhaddon e Ba’al re di Tiro, un testo che regola la politica commerciale marittima della città, elencando i porti presso i quali le navi tirie avevano il permesso di attraccare e commerciare190. Una situazione simile viene delineata da un documento precedente, risalente al regno di Tiglath-pileser III: nella lettera viene concesso alla città di Sidone di tagliare e vendere il legno dall’immediato entroterra, con il divieto però di venderlo ai palestinesi e agli egiziani191. È noto dalle fonti che forme di commercio clandestino erano diffuse soprattutto presso le frontiere dell’impero, come testimonia, ad esempio, una lettera diretta a Sargon II da un suo ufficiale nella regione di Kumme. Il testo descrive, infatti, come alcuni acquistassero oggetti di lusso di fattura assira a Nimrud per poi rivenderli alla gente di Kumme, i quali a loro volta li rivendevano in Urartu, da dove le merci venivano ancora portate nelle regioni di frontiera dell’impero192. 5.4 U ’I

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Fig. 5.8 - Frammento di ceramica di età neo-babilonese da Nippur su quale è inciso un disegno forse utilizzato come modello (G 1995, fig. 2).

all’interno di un contesto culturale più ampio, nel quale le etichette etnico-nazionali sono difficilmente utilizzabili. La circolazione di beni e lo spostamento degli artigiani all’interno dei confini del Vicino Oriente antico – in maniera più o meno volontaria – sono i due fattori determinanti che contribuiscono alla diffusione di iconografie e stili: tale fenomeno ha portato nella storia del Vicino Oriente antico all’elaborazione di prodotti nuovi, caratterizzati dalla compresenza di iconografie e stili eterogenei diffusi su vaste aree. In particolare tale processo è ravvisabile negli oggetti di lusso e, tra questi, in quelli caratterizzati da una compresenza di materiali differenti: questo elemento avrebbe fatto sì che artigiani dalle specializzazioni tecniche diverse interagissero tra loro195. La circolazione di motivi iconografici potrebbe essere stata favorita anche dall’utilizzo, da parte delle botteghe, di modelli, plasmati in terracotta o incisi su vari supporti, secondo quanto è testimoniato dai ritrovamenti archeologici (Fig. 5.8). È possibile inoltre che gli artigiani facessero ricorso a raccolte contenenti le immagini-base del repertorio iconografico196. Con l’Impero neo-assiro viene a formarsi dal punto di vista artistico una “koiné” iconograficostilistica che interessa soprattutto i prodotti dell’arte suntuaria ed è rappresentata in particolare dalle produzioni delle botteghe fenicie. A.C. Gunter parla di un ‹‹Assyrianized world››: ‹‹Together with deportations, the movement and reception of objects fashioned in traditionally regionally based

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Diffusione di iconografie e formazione di un’arte “transnazionale” È stata messa recentemente in evidenza la problematicità dell’inserire la produzione degli oggetti – in particolare quelli di lusso – all’interno di un contesto politico ed etnico dai contorni precisi193. C. Suter osserva, ad esempio, a proposito degli avori lavorati: ‹‹(…) the ethnicity of individual ivory carvers need not have affected their work, and workshops in different states need not exhibit each a distinct local style. In contrast to locally made pottery, terracotta or bone objects, luxury goods were geared at an internationally oriented elite.››194. Un gruppo etnico, infatti, non necessariamente produce uno stile artistico proprio, chiaramente definibile e indipendente rispetto agli altri gruppi con cui è in contatto: la produzione artistica è spesso il risultato di influssi culturali diversi che danno luogo a opere necessariamente eterogenee. La produzione degli oggetti di lusso sarebbe dunque da inserire

 G 1995, 1540, 1543.   L’uso di modelli, ipotizzabile in particolare per la creazione di opere di grandi dimensioni, quali ad esempio i rilievi monumentali, era finalizzato ad assicurare un’omogenea resa stilistica dei diversi elementi nonostante la realizzazione fosse affidata alla mano di più esecutori. A questo proposito, è possibile supporre che venissero anche impiegate delle griglie per la creazione del disegno di base, in maniera analoga a quanto è testimoniato in Egitto (G 1995, 1541). Circa l’esistenza di repertori di immagini preconfezionati a disposizione degli artigiani si veda inoltre, a proposito della coppe “fenicie”, M 1985b, 71. 195 196

 Z 1984, 245.  Z 1984, 245-246; L 2009, 708, 711-712. 191  Z 1984, 246. 192  G 2009, 155. 193  G 2009, 82-83, 91-95; S 2010, 997-998; F 2014a, 36-38. Sull’argomento si veda, inoltre, M 1995, 456-457. 194  S 2010, 997. 189 190

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styles effectively reconfigured cultural space and re-mapped cultural boundaries throughout much of southwest Asia, further dissolving links between craft traditions and geographically defined or localized production centers.››197. Nel contesto dell’Impero assiro, “universale” e multietnico, il movimento di oggetti e persone, attraverso le deportazioni, le emigrazioni, i bottini e i tributi ridistribuiti dal sovrano assiro a ufficiali, funzionari e familiari, e gli scambi più prettamente commerciali, fanno sì che si sviluppi un linguaggio artistico comune, nel quale è complicato riconoscere la regione di provenienza dei singoli elementi compositivi. Questa situazione di grande mobilità di beni e di individui, conduce, inoltre, alla formazione di una classe dominante caratterizzata da un’identità multiculturale, trasversale alle diverse entità politico-territoriali. Tale processo si realizza da un lato attraverso l’adozione di costumi e abitudini assiri, dall’altro tramite l’acquisizione di oggetti di lusso di diverso stile che vanno a comporre una sorta di “repertorio condiviso” 198.

intesi anche come altamente funzionali e che non necessariamente le dimensioni, il materiale o la tecnica influivano sulla loro efficacia201. A.K. Thomason suggerisce, pertanto, di sostituire l’utilizzo dei termini “arte maggiore” e “arte minore” con le definizioni di “arte portatile” o “arte non portatile”: ‹‹The definition of portable implies that one person could carry the work of art over potentially great distances. Furthermore, portable implies that a work of art did not necessarily have a single, fixed resting place.››202. L’alto livello tecnico e artistico di molti degli oggetti appartenenti alla cosiddetta “arte minore” è stato considerato una caratteristica peculiare dell’arte vicino-orientale e assume particolare rilevanza soprattutto se posta a confronto con la scarsità di opere d’“arte maggiore”. A partire dagli anni ‘80 del secolo scorso, gli studi nell’ambito dell’archeologia e della storia dell’arte del Vicino Oriente antico hanno iniziato a riconsiderare il valore degli oggetti d’“arte minore”, interpretandoli come veicoli di comunicazione capaci di trasmettere messaggi e significati, e a studiare il contesto storico-sociale di produzione e fruizione e il rapporto con la cosiddetta “arte maggiore”203. C. Uehlinger ha posto l’accento sulla funzione delle immagini204, in particolare quelle dell’“arte minore”, come mezzi di comunicazione di massa e ha evidenziato l’importanza degli oggetti per lo studio dei rapporti tra culture all’interno del Vicino Oriente antico205. Secondo lo Studioso sarebbe la funzione stessa di tali manufatti come mezzi di scambio a farne un soggetto privilegiato per l’analisi dei contatti inter-culturali. Utilizzabili largamente come strumenti di propaganda, possono allo stesso tempo testimoniare in maniera più diretta credenze e valori più popolari e non ufficiali. La mobilità degli artigiani e dei prodotti lungo le vie commerciali interregionali, lo spostamento di merci e persone fa sì che gli oggetti d’“arte minore” siano più aperti rispetto alle opere dell’arte monumentale agli stimoli esterni e contribuiscano in maniera determinante alla diffusione di iconografie e patrimoni figurativo-stilistici alieni206.

Il ruolo dell’“arte minore” Nella storia dell’arte del Vicino Oriente antico in genere ci si riferisce all’“arte maggiore” o “monumentale” per indicare le opere di grandi dimensioni scolpite in pietra, mentre il termine “arte minore” viene utilizzato per quelle opere d’arte trasportabili e di piccole dimensioni199. Rispetto alle prime, le seconde presupporrebbero un impatto visivo ed emotivo meno significativo. I termini di “arte minore” e “arte maggiore” costituiscono, tuttavia, un concetto moderno tipicamente occidentale, assente invece nel Vicino Oriente antico200. Nel mondo mesopotamico non esisteva, infatti, una distinzione tra un oggetto puramente bello e un oggetto utile, quanto piuttosto una distinzione tra oggetti qualitativamente superiori e inferiori. Il loro valore era misurato, oltre che in base alla qualità tecnica, sulla capacità di sollecitare una risposta nell’osservatore e, pertanto, di veicolare e trasmettere efficacemente un messaggio. Da ciò deriva che gli oggetti considerati di maggior pregio erano

  T 2014, 137-138. Circa lo studio dei manufatti vicino-orientali da un punto di vista essenzialmente esteticoartistico si veda anche D P 2009, 135-136. 202  T 2014, 150. 203  T 2014, 144-149. 204  U 2000. Si tratta dell’introduzione al volume che raccoglie gli atti del convegno internazionale “Images as mass media and sources for the cultural and religious history of the Eastern Mediterranean and the Near East (Ist Millenium BCE)”, tenutosi presso l’Università di Friburgo nel 1997. 205   Se da una parte, infatti, vi sono categorie di manufatti che rimangono di uso esclusivo delle élites, come gli avori e gli oggetti in metallo prezioso, dall’altra vi è comunque un ricco campionario di oggetti più largamente diffusi, come i sigilli e gli amuleti. La stessa creazione nella prima metà del I millennio a.C. di un mercato ampio e articolato contribuisce alla diffusione di tali oggetti su grande scala (U 2000, XV-XXI). 206  U 2000, XXV. 201

 G 2009, 180. Circa la formazione di una “koinè” artistica si vedano anche: M 2011, 81; M 2014, 697699. Sull’uso del termine all’interno di un quadro prettamente economico si veda, in particolare per il Levante, S 2014, 680-681. 198  G 2014, 98, 100. 199   La distinzione tra opere d’arte “maggiore” e “minore” nasce nella cultura occidentale solo con il tardo Rinascimento (D P 2014, 117). Per una breve trattazione della storia di questo concetto nella cultura occidentale si veda inoltre T 2014, 135-137. 200  T 2014, 134. Si noti che nella cultura vicino-orientale non vi è una parola per “arte”: l’accadico ṣalmu (in genere tradotto con “immagine”) è forse uno dei termini che più vi si avvicinano, rappresentando un manufatto che tende a riprodurre qualcosa di reale o di immaginario (T 2014, 137). 197

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Produzione e circolazione dei beni di lusso in età neo-assira

l’attribuzione degli avori a gruppi regionali su base stilistica non vi è nessun dato certo di partenza: se infatti per la pittura del Rinascimento si parte da opere di cui si conosce con sicurezza l’autore, e da quelle si estrapolano precisi criteri stilistici che vengono utilizzati per identificare lavori privi di firma, questo metodo risulta inapplicabile all’arte del Vicino Oriente antico e in particolare agli avori. Infatti, non è possibile legare con certezza nessun gruppo a una determinata regione di produzione se non attraverso l’esame stilistico. La comparazione di alcuni gruppi di avori con i rilievi dell’arte monumentale, che porta a riconoscere i centri nei quali sono stati rinvenuti gli ortostati come luoghi di produzione degli avori, non risulta un metodo valido agli occhi dell’Autrice. Infatti, gli stessi rilievi presentano nel medesimo sito una forte eterogeneità stilistica, mentre vi sono somiglianze tra opere provenienti da centri diversi, anche lontani fra loro: gli ortostati dunque, non potendo essere legati in modo univoco a singole città, condurrebbero invece verso l’identificazione di uno stile regionale212. Una simile considerazione viene fatta anche da C. Suter: la Studiosa, tuttavia, basa la sua critica circa i confronti tra arte monumentale e avori sul fatto che sarebbero stati gli avori stessi, almeno in alcuni casi, l’origine delle caratteristiche tematico-stilistiche dei rilievi213. Recentemente, si è iniziato a vedere, infatti, la relazione tra “arte minore” e “arte maggiore” come un rapporto di tipo circolare, secondo il quale le due categorie si influenzerebbero reciprocamente214. In secondo luogo, M.H. Feldman propone una disamina critica del concetto di workshop. A seguito dell’analisi delle fonti in nostro possesso per la conoscenza dei meccanismi di produzione degli avori, ossia di tutti quegli aspetti del processo produttivo che vanno dall’acquisizione della materia prima, ai metodi di lavorazione e all’organizzazione delle botteghe, la Studiosa conclude affermando che la scarsità delle fonti al riguardo non permette di legare con sicurezza un gruppo stilistico di avori a una precisa area di produzione e di conseguenza, a una bottega215. Infine, l’Autrice pone in risalto l’estrema eterogeneità stilistica che caratterizza gli avori sia nel loro

Gli avori lavorati A questo proposito, offre un interessante confronto la teoria avanzata da M.H. Feldman circa l’esistenza, per gli avori lavorati dell’età del Ferro, di uno stile comune ad una vasta area. L’Autrice mette in luce, infatti, l’impossibilità di associare a singoli gruppi stilistici una precisa collocazione geografica207 e propone invece di parlare di una produzione individuabile all’interno di una macroarea, che lei definisce “greater Levant”208. M.H. Feldman mette dunque in discussione la linea metodologica impiegata fino ad ora per lo studio degli avori, secondo la quale sarebbe possibile far corrispondere ad uno stile preciso una determinata area geografica di produzione209. Tale linea di studio ha prodotto una classificazione del materiale secondo stili regionali assimilabili a entità etnico-politiche (avori di stile fenicio, nord-siriano, sud-siriano o intermedio, e assiro) (Fig. 5.9), per poi proseguire sulla stessa linea metodologica tentando di identificare, per determinati gruppi di avori, una produzione da parte di una precisa città, equiparando lo stile di un singolo centro al o ai workshops che sarebbero stati presenti nella città stessa. L’Autrice fonda la propria critica a tale metodo su tre argomentazioni. Anzitutto contesta l’applicazione del metodo attribuzionistico, derivato da quello morelliano210. Per quanto riguarda il Vicino Oriente antico, infatti, l’assenza di documentazione circa singole personalità artistiche ha portato ad attribuire un particolare stile artigianale non all’individuo bensì a una bottega nel suo complesso211. A differenza della pittura rinascimentale italiana, tuttavia, per   Già C. Suter ha messo in discussione l’attribuzione di gruppi di avori definiti su base stilistica a un determinato centro politico (S 2010, 994-995). 208  F 2014a, 11-41. 209   Per un riassunto critico di tali studi: D P 2009, 136-141; S 2010, 994-995; D P 2014, 117-118; F 2014a, 13-18. Inoltre, tra gli interventi più recenti: H 2000; W 2005; H , L 2009, 53-68; M 2009; H , L 2013, 113-120. Recentemente è stato proposto per la suddivisione tecnico-stilistica degli avori (in particolare quelli appartenenti alla tradizione siriana o sudsiriana), l’impiego di un metodo statistico computerizzato. Questo si basa sull’utilizzo di un algoritmo elaborato tramite la combinazione di dati di tipo descrittivo (che comprendono sia caratteri stilistici che iconografici) con dati di tipo antropometrico (G et alii 2014). 210  F 2014a, 18-26. 211   Un’eccezione è costituita dal lavoro di E. Scigliuzzo: la Studiosa, dopo aver unito il gruppo di avori conosciuto come Wig and Wing Group con altri gruppi provenienti da diversi contesti (il Palmette Group dal Palazzo Bruciato, diversi esempi di paraocchi e maschere frontali per cavalli da Forte Shalmaneser e dal Palazzo Bruciato, alcuni set di avori dal Palazzo NordOvest a Nimrud, il Pointed Ear Group da Forte Shalmaneser) attribuendoli tutti alla produzione di un singolo workshop, che denomina Wig and Wing Workshop (S 2005a, 563577), giunge a ricondurre determinate serie di avori a singole mani (S 2005a, 577-578). 207

 F 2014a, 25-26.  S 2010, 994. Un’ipotesi analoga viene formulata anche da I. Winter per quanto riguarda il rapporto tra gli avori di produzione nord-siriana e i rilievi di Tell Halaf (W 1989b). 214  D P 2014, 117; T 2014, 148. 215   F 2014a, 26-29. ‹‹(…) without a firm basis for understanding the organization of ivory production on either a spatial or a social level (which encompasses questions of acquiring/distributing the material, commissioning works, economic dependencies, apprenticeships and training mechanics, and artisan mobility), it is practically impossible to link an unanchored style-group to any specific geographic coordinates.›› (F 2014a, 29). 212 213

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Fig. 5.9.a - Avorio di tradizione sud-siriana, Crown and Scale Group, Nimrud, Palazzo Nord-Ovest, Pozzo AJ, IM 79536 (H , L 2009, pl. 87, n. 266); b - Paraocchi in avorio di tradizione fenicia, Classic Phoenician Group 2, Nimrud, Palazzo Nord-Ovest, Pozzo NN, ND 2244 (H ,L 2009, pl.112, n. 359); c - Pisside in avorio di tradizione nord-siriana, Flame and Frond Group, Nimrud, Palazzo Nord-Ovest, Pozzo AJ, IM 79514 (H ,L 2009, pl. 43, n. 233); d - Avorio di tradizione assira, Nimrud, Palazzo Nord-Ovest, Pozzo 4, ND 378 (H ,L 2009, pl. 115, n. 375).

complesso sia all’interno dei singoli gruppi216. A questo proposito riprende la proposta avanzata in precedenza da C. Suter, la quale considerava la difficoltà di assegnare a delimitati gruppi stilistici singoli avori come una testimonianza della mancanza di precisi confini etnico-culturali all’interno dell’area del Levante217. La Studiosa suggerisce, infatti, che

nella medesima bottega fossero prodotte opere di stili diversi, a prescindere dalla localizzazione geografica della bottega stessa o dell’identificazione etnica dei suoi artigiani218. Non sarebbe quindi possibile, osserva M.H. Feldman, collegare gruppi stilistici a specifiche aree di produzione a causa del continuo dialogo di botteghe tra loro e del reciproco scambio di stili fra diverse botteghe dell’area della Siria settentrionale e del Levante219.

 F 2014a, 31-38.   La Studiosa fa riferimento in particolare alla produzione del lotto di avori rinvenuti a Samaria, capitale del Regno di Israele, ed evidenzia come la forte eterogeneità etnica propria di questo regno renda possibile attribuire la produzione degli stessi indifferentemente ad artigiani aramei, israeliti o fenici (S 2010, 997-998). L’Autrice pone in evidenza la gran quantità di influenze multi-culturali proprie della produzione degli avori lavorati, influenze che si dispiegherebbero non solo in senso sincronico, toccando diversi paesi dell’area vicino-orientale ed egiziana, ma anche in senso diacronico, riprendendo diversi tratti dell’arte suntuaria del Tardo Bronzo. Tra i problemi maggiori, secondo C. Suter, vi è prima di tutto l’impossibilità di stabilire una precisa data di produzione. Come tutti gli oggetti preziosi di piccole dimensioni, infatti, gli avori possono essere tramandati per generazioni, e il contesto di rinvenimento permette solo di stabilire un terminus ante quem. In molti casi, inoltre, il luogo di ritrovamento non coincide con il luogo di fabbricazione, essendo gli avori una di quelle classi di materiali mobili – date le dimensioni ridotte – e costituendo uno degli oggetti preferenziali inclusi tra i tributi, i doni e i bottini, come è testimoniato ad esempio dal caso degli avori da Nimrud. Inoltre, i confronti stilistici con i rilievi monumentali – che hanno interessato in particolare gli stati neo-ittiti della Siria nord-occidentale – sono 216 217

poco utili per determinare possibili officine di produzione, in quanto sarebbero stati gli stessi rilievi, almeno in alcuni casi, a riprendere lo stile e i soggetti degli avori. Infine, la difficoltà nell’assegnare gruppi di avori definiti sulla base dello stile ad un preciso centro politico e, quindi, ad una bottega lì situata, è motivata anche dal silenzio delle fonti scritte (S 2010, 994995, 999). 218  S 2010, 997-999. 219   ‹‹The combination of the ivories’ graduated stylistic variation, extreme mobility, wide geographic distribution, and lack of historical and archaeological evidence for modes and mechanisms of artistic production problematizes connections between specific works and places of manufacture. The extreme heterogeneity of stylistics traits, despite a remarkable homogeneity in subject matter, appears to argue against a model of large workshops operating in only a few locations. (…) I suggest that such variation provides essential evidence for understanding these ivories from the perspective of networked practices rather than as a mosaic of bounded independent workshops.›› (F 2014a, 31). Questa “mobilità di stili” sarebbe testimoniata, oltre che dagli avori, anche da altre classi di oggetti, tra cui le coppe cosiddette “fenicie”, le conchiglie intagliate e i contenitori

232

Produzione e circolazione dei beni di lusso in età neo-assira

La produzione sarebbe quindi il risultato di molteplici interazioni e scambi tra botteghe artigiane220: la fusione delle diverse tradizioni locali avrebbe avuto come risultato la creazione di uno stile sincretistico fortemente omogeneo, in cui i diversi apporti locali, uniti insieme, sarebbero difficilmente distinguibili gli uni dagli altri. L’origine di una tale produzione sarebbe da ricercarsi non nel particolare delle singole entità etnico-politiche o città bensì, a livello più generale, all’interno della cultura comune all’area del Levante221.

centro-occidentale all’Iran occidentale225. Vasi decorati da una protome di leone sono menzionati nelle fonti assire a partire dal regno di Sargon II, dove compaiono sia tra le forme impiegate nel corso di banchetti e di rituali, sia tra gli oggetti inviati al sovrano come dono o tributo226. Situle e bicchieri di questo tipo trovano, inoltre, testimonianza negli ortostati scolpiti nel Palazzo di Sargon a Khorsabad. Nei rilievi delle stanze 2 e 7, che raffigurano momenti della vita di corte connessi a banchetti celebrati in seguito alle campagne militari condotte dal sovrano e al termine di una battuta di caccia regale, tali oggetti costituiscono gli elementi principali dei set vascolari rappresentati227 (Fig. 5.11). Essi sono altresì ritratti con i loro portatori nelle sfilate di dignitari assiri e tributari stranieri che decorano la facciata n, la facciata L e la stanza 6228. Tra i gruppi di stranieri raffigurati in quest’ultima stanza, uno di quelli che recano questi manufatti sembra potersi indicare come frigio229. È stato proposto, infatti, che questa

I vasi con terminazione zoomorfa Si è detto che nell’Impero assiro si diffondono l’utilizzo e l’ostentazione di oggetti di lusso che entrano a far parte di un repertorio comune: questi, infatti, non sono connotati in senso strettamente etnico o regionale e sono piuttosto funzionali a porre in evidenza l’appartenenza del proprietario a un’élite aristocratica “transnazionale”. È a questo repertorio che A.C. Gunter riconduce, ad esempio, i vasi modellati in forma di protomi animali, solitamente di leone o d’ariete222. Tipici per il fatto di essere abbelliti da una decorazione plastica che ne occupa la porzione inferiore e riproduce il muso dell’animale, essi possono essere ricondotti a diverse forme vascolari e assolvere, pertanto, diverse funzioni223. A questa categoria di manufatti, i cui più celebri esemplari in metallo sono stati rinvenuti all’interno del Tumulo MM di Gordion224 (Fig. 5.10), vanno riferiti diversi rinvenimenti, perlopiù in terracotta, sia all’interno del territorio assiro, sia al di fuori di questo, in un’area che si estende dall’Anatolia

  G 2009, 119-120. Per quelli provenienti dall’Assiria o da siti che subirono una forte influenza assira: C 2000, 195-201, nos. 1-20, figs. 1-25; C 2009, 31, n. 40, tav. 7. Alcuni esemplari di fattura o imitazione orientale provengono, inoltre, dall’Egeo e dal Mediterraneo. A questo riguardo si vedano, ad esempio, quelli rinvenuti a Samos, in Grecia (Y 1981, 123; C 1994, 17; C 2000, 201; E 2008, 183-184). Sulle attestazioni materiali e iconografiche dei vasi con terminazione zoomorfa nel Vicino Oriente e oltre, si vedano inoltre: W 1956; M 1998, 151-155; C 2000, 194-195; 201-204; E 2008, 181-186. 226  D 1985, 328-334. Nell’unico caso in cui viene esplicitato il materiale, il vaso è in argento. Sulla menzione di questi oggetti nelle Nimrud Wine Lists si veda D ,P 1984, 246247, 253-255, nos. 135, 144. 227   Stanza 2: A 1986, 248-249, pls. 120-121, 123; stanza 7: A 1986, 247-248, pls. 88-89. Sul valore riconosciuto a questi manufatti e sul loro significato simbolico è utile riportare quanto affermato da S. Ebbinghaus a proposito delle scene di banchetto menzionate: «Accordingly, each feast is likely to have highlighted a different aspect of Sargon’s kingship, with lionheaded vessels felt to be appropriate for both.» (E 2008, 185). Il caso della stanza 2 è poi particolarmente interessante: il fatto che situle e bicchieri zoomorfi siano rappresentati in associazione alle vittorie militari del sovrano, può forse implicitamente intendere che essi fossero giunti in Assiria come bottino. In particolare, la presenza di protomi leonine poste a decorare gli scudi sui muri del tempio di Haldi (stanza 13: A 1986, pl. 133), potrebbe forse costituire un riferimento alla vittoria e al bottino riportato da Muṣaṣir e suggerire una provenienza urartea per questi manufatti (Y 1981, 123; S 1995, 180, 182). 228   Facciata n (cortile VIII): A 1986, 235-236, pl. 16, fig. 44; facciata L (cortile I): A 1986, 236-237, pls. 43, 47, 55, fig. 63; stanza 6: A 1986, 240-242, pl. 66, fig. 85. 229   L’identificazione è fondata sulla presenza di una fibula di tipo frigio (tipo XII,7) sull’abito di uno dei personaggi (A 1986, pl. 69; M 1988, 179; M 1998, 150152). Per una trattazione generale sulle fibule frigie si vedano: M 1967; Y 1981, 239-249. È da segnalare tuttavia, che la figura che indossa la fibula non reca vasi zoomorfi, bensì un sacco appoggiato sulla spalla destra. 225

in steatite attribuiti in genere alla produzione nord-siriana (F 2014a, 31-34). 220   Una simile posizione è espressa anche da S. Di Paolo, la quale osserva: ‹‹(…) the similarity of themes and styles over a wide range of ivories (…) makes one think that the artisans were autonomous even though in close contact (a fact which would have favoured the circulation of artistic experience), rather than grouped into highly structured, closed bodies in competition with each other.›› (D P 2009, 142-143). 221  F 2014a, 38-41. 222   G 2014, 100. É da segnalare l’esistenza anche di esemplari decorati da protomi di altri animali, ad esempio di antilope e di toro (C 2000, 195, 201-203). Sugli antecedenti databili dall’età del Bronzo alla prima età del Ferro e sul loro utilizzo: Z 1987; C 2000, 193-194; E 2008, 186-187; M 2013. 223   A seconda dello sviluppo del corpo e della presenza/assenza di anse essi possono essere classificati come coppe, bicchieri e situle. 224  Y 1958, 229-231; Y 1981, 121-122, MM 45-46 pls. 62C-F, 63A-E; T , Ö 1992, 142-143, 214, nos. 121-122. Il Tumulo MM è oggi datato al 740 a.C. circa (S , V 2011, 166; S 2012, 57, table 5.1). Per una sintesi sul dibattito sorto recentemente in merito alla datazione dei livelli dell’età del Ferro del sito di Gordion si rimanda al Capitolo 2, Paragrafo 1.

233

I. Bucci e F. Giusto

Fig. 5.10 - Situle zoomorfe in bronzo dal Tumulo MM di Gordion, acquerelli di Piet De Jong (Y

raffigurazione possa riferirsi a un evento reale, vale a dire al versamento di un tributo da parte del re Mita dei Mushki nel 709 a.C. come testimoniato dalle fonti230. Poiché è possibile che gli esemplari rinvenuti a Gordion siano stati prodotti in Assiria o più in generale in un’area “assirizzata”, forse in Siria settentrionale231, questo dato sembrerebbe suggerire che i Frigi portavano in dono al re assiro oggetti che essi stessi erano soliti importare232. Tale pratica s’inserirebbe in una consuetudine, già delineata da O.W. Muscarella, secondo la quale al sovrano assiro, così come in seguito a quello achemenide, tributari e portatori di doni recavano ciò che egli riteneva appropriato e si aspettava di ricevere233. È stato così recentemente proposto che i vasi zoomorfi, diffusi nel Vicino Oriente a partire dall’età del Bronzo, entrarono

1958, 228-229).

a far parte durante l’età del Ferro degli oggetti di scambio e dono standard in un clima dominato dalla cultura assira di corte234. Sulla base di quanto brevemente illustrato, i vasi in metallo con terminazione in forma di protome leonina costituiscono un utile osservatorio per indagare le dinamiche di diffusione di alcune categorie di manufatti di lusso e ben si prestano a confronti con l’oggetto di questo studio. È utile ricordare che per la brocca in oro da Nirmrud gli unici confronti in metallo e gli esempi morfologicamente più affini provengono dall’Anatolia centrale, in particolare da Gordion; numerosi paralleli, più o meno stringenti dal punto di vista morfologico, si individuano inoltre all’interno del panorama ceramico vicino-orientale dell’età del Ferro. In Assiria, invece, sulla base dei dati oggi disponibili, si conoscono solamente alcuni recipienti con versatoio laterale che non costituiscono confronti puntuali235. I vasi in forma di protome di leone, menzionati poco sopra, offrono allora interessanti spunti di riflessione, dal momento che in area assira, dove pure essi sono attestati a livello iconografico e testuale, non sono stati materialmente rinvenuti236. Sembra possibile, pertanto, ipotizzare che la brocca rinvenuta a Nimrud facesse parte dello stesso repertorio di oggetti di lusso e rispondesse così a simili dinamiche di diffusione, come già affermato da A.C. Gunter: «(…) in the late eighth century, the distinctive vessel types or “sets” that comprised elite drinking equipment – including bowls, animal-headed vessels, and side-spouted jugs – were distributed over an area extending from Italy to western Iran and produced in more than one medium, thus reflecting the popularity of this elite custom.»237. Nel caso del

230   M 1988, 179; M 1998, 151. Sfortunatamente, i testi non contribuiscono a una più precisa identificazione della scena, mancando ogni riferimento ai beni effettivamente consegnati al sovrano assiro (L 1927 II, 21-22, 36-37, nos. 42-43, 71). Rapporti con i Mushki sono testimoniati in modo sporadico a partire dal regno di Tiglathpileser I (L 1926 I, 74, 93, 101, nos. 221, 276, 318; L 2009, 871) fino al VII secolo a.C. Il periodo più documentato, tuttavia, è quello relativo al regno di Sargon II e legato alla figura di Mita. Quest’ultimo è ricordato nelle fonti datate agli anni 718-710 a.C. per le sue alleanze internazionali in funzione anti-assira e i tentativi di espansione a sud-est, tramite la conquista di alcune fortezze in Que (L 1927 II, 7-8, nos. 16-18). In seguito a una serie di aggressioni condotte con successo dal governatore assiro di Que in territorio frigio, Mita si risolse infine a mandare emissari di pace e doni al sovrano assiro (B -E 2008, 17-19, table 7). 231  S 1974, 191; S 1993, 553; M 1998, 152153; E 2008, 182. Non tutti gli studiosi concordano sul fatto che le due situle zoomorfe rinvenute nel Tumulo MM siano state prodotte al di fuori della Frigia e la questione resta discussa (C 2000, 201). Vi è accordo, tuttavia, nel riconoscere nella forma di questi prodotti un’influenza esterna all’area frigia (Y 1981, 122; T ,Ö 1992, 25). 232   È però necessario ricordare che per il loro elevato significato ideologico e propagandistico tali raffigurazioni non riproducono necessariamente eventi reali (R 1979b). Nello specifico sulla scena dalla stanza 6 si vedano inoltre: M 1998, 155-156; E 2008, 185-186. 233  M 1998, 155-156.

 E 2008, 188; G 2009, 121-122.   I vasi menzionati mancano, infatti, del filtro interno al versatoio. Essi provengono da Assur e sono datati tra la fine dell’età assira e l’età post-assira. Su questi recipienti si veda il Capitolo 2, Paragrafo 1 236   S 1995, 182. I rinvenimenti, infatti, consistono perlopiù in esemplari in ceramica decorati da protomi d’ariete (su questi si veda C 1988, 89-90). Costituisce un’eccezione un vaso frammentario in terracotta con protome leonina proveniente da Assur (C 2000, 199, no. 15, fig. 21). 237  G 2009, 121-122. 234 235

234

Produzione e circolazione dei beni di lusso in età neo-assira

Fig. 5.11 - Ortostato a rilievo dalla stanza 2 del Palazzo di Sargon II a Khorsabad. Disegno di E. Flandin (A dettaglio).

vaso da Nimrud, tuttavia, è verosimile immaginare un percorso inverso rispetto alle situle rinvenute a Gordion: sembra infatti più ragionevole credere che la forma della brocca fosse estranea o, in ogni caso, poco rappresentata nel repertorio vascolare neoassiro e che per essa sia da ricercare un’ispirazione esterna.

1986, pl. 123

o meno lontane dal territorio fenicio e dall’area del Levante in generale: Assiria, Iran, Grecia, Cipro ed Etruria240. Se da una parte è stato affermato che la scarsa conoscenza archeologica del territorio fenicio vero e proprio, dovuta in gran parte all’impossibilità di effettuare scavi estensivi nella regione, impedisce di comprendere se la produzione di queste coppe sia da collocarsi effettivamente nell’area, dall’altra bisogna riconoscere che nessuno degli scavi nei principali insediamenti fenici nel Mediterraneo ha restituito testimonianze di questa produzione. Partendo da questa situazione problematica, sono state avanzate diverse ipotesi circa la localizzazione della produzione delle coppe “fenicie”. Queste potrebbero essere state prodotte in territorio fenicio e da qui aver raggiunto le diverse destinazioni attraverso il commercio o le altre modalità di spostamento degli oggetti, quali la pratica del bottino e del dono. Tuttavia, come anticipato, non vi è alcun ritrovamento archeologico o testuale che permetta di avvalorare tale ipotesi. In alternativa, le coppe potrebbero essere state realizzate da artigiani itineranti in luoghi e in tempi diversi, un’ipotesi supportata dalla grande mobilità documentata per questo periodo, o da artigiani locali nei luoghi in cui sono state rinvenute. Infine, è possibile ipotizzare che esse fossero prodotte in una singola area e che da questa si diffondessero di luogo in luogo attraverso scambi ripetuti nel tempo241. Le coppe “fenicie” erano legate prevalentemente al

Le coppe “fenicie” Diverse categorie di oggetti che recano, sovente mescolandoli tra loro, soggetti e stili egiziani, fenici, nord-siriani e assiri viaggiano attraverso tutto l’impero, dal Levante all’Assiria fino in Iran, in parallelo al movimento degli artigiani e dei mercanti fenici. Iconografie, stili e tecniche di produzione e decorazione nord-siriani, fenici ed egiziani si diffondono nelle diverse aree dell’impero e vengono riprodotti, imitati e adattati dagli artigiani locali che fanno propri modelli di provenienza esterna238. Uno degli esempi più caratteristici è costituito dalle coppe cosiddette “fenicie”239. L’eterogeneità di soggetti e stili ravvisabili nella decorazione, la prevalenza di temi incentrati sulla caccia e sulla guerra, nonché le frequenti raffigurazioni di teorie di animali, costituiscono un buon parallelo con la brocca da Nimrud. Tra gli aspetti più discussi circa queste coppe vi è la questione del loro luogo di produzione. Nessun esempio è stato rinvenuto, infatti, in quella che dovrebbe essere l’originaria area di produzione; al contrario, gli esemplari noti provengono da aree più

  Sui contesti di rinvenimento delle coppe: M 1985b, 7586. Un numero esiguo di reperti proviene, inoltre, dall’Anatolia. Tra questi, si ricorda una coppa rinvenuta all’interno del “Great Tumulus” di Ankara, scavato dalla Middle East Technical University (A ,B 1982, pl. XXIXa; M 1985b, 161, An1). 241   Per una sintesi sul dibattito in merito al luogo di produzione delle coppe si veda V 2010, 24-25. 240

 G 2014, 98.  M 1985b; M 1988; M 2000, 148-150; M 2007; V 2010; O 2014a. In particolare sulle Nimrud Bowls si vedano inoltre: B 1974; O 2009.

238 239

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I. Bucci e F. Giusto

consumo di vino in contesti cerimoniali e rituali ed erano anch’esse parte di quel repertorio di oggetti di lusso distintivi delle élites di cui si è fatta menzione. Il fatto che venissero utilizzate estensivamente come oggetti di scambio in contesti economico-commerciali ma soprattutto politico-diplomatici, pone l’accento sul legame tra la loro funzione e il loro apparato decorativo, secondo quanto proposto recentemente da F. Onnis242. La scelta delle iconografie, dei soggetti e dello stile delle coppe “fenicie” prodotte nell’età del Ferro sarebbe forse riconducibile a una cosciente ripresa dei motivi decorativi dello Stile Internazionale caratteristico degli oggetti di lusso del Tardo Bronzo, tra i quali anche coppe, finalizzati allo scambio diplomatico di doni243. Tipica dello Stile Internazionale è l’assenza di precisi riferimenti al contesto storicoculturale, effetto ottenuto tramite la mescolanza di soggetti, iconografie e stili di diversa provenienza all’interno di un’unica opera, in modo che risulta difficile – e avrebbe probabilmente poco significato – ricondurre i vari elementi a singole culture di provenienza o a precisi avvenimenti storici244. Questa “spersonalizzazione” sarebbe funzionale all’utilizzo degli oggetti nel contesto degli scambi diplomatici e risponderebbe alla necessità di adattarli al background culturale e al gusto dei loro diversi destinatari245. Le coppe “fenicie” dell’età del Ferro rivelano scelte decorative simili, caratterizzate da un’intenzionale indeterminatezza che permette loro di mediare tra mondi differenti246. Il risultato ottenuto è, infatti, ancora una volta adatto allo scambio tra diverse entità politiche e culturali, riflettendo non tanto una specifica produzione artistica regionale, quanto una cultura “transnazionale” e condivisa. Un caso particolare all’interno di questa categoria di oggetti è costituito dalla cosiddetta Arjan bowl (Fig.

5.12). Si tratta di una coppa in bronzo rinvenuta in una tomba elamita presso Arjan. Il contesto della tomba viene datato tra la seconda metà del VII e la metà del VI secolo a.C.247, così come la produzione della coppa248. Questa reca un’iscrizione presso l’orlo che recita “Kidin-hutran figlio di Kurluš”, incisa anche su altri tre oggetti provenienti dalla stessa tomba249. È stato recentemente rilevato che le epigrafi potrebbero essere state apposte in un secondo momento su manufatti cronologicamente più antichi, sulla base di considerazioni stilistiche ed epigrafiche. È possibile pertanto che, come nel caso della già menzionata coppa di Yabâ ritrovata nella Tomba II di Nimrud, si possa parlare di oggetti trasmessi all’interno della famiglia250. La decorazione è incisa sulla superficie interna della coppa ed è suddivisa in cinque registri, che accolgono tematiche e soggetti diversi, spesso accostati all’interno della stessa banda. Tra questi è possibile riconoscere scene di argomento militare e venatorio, un banchetto, immagini di vita quotidiana, momenti dell’apparizione in pubblico del sovrano e una teoria di leoni alternati a tori. I registri figurati sono separati da fasce decorate da motivi a guilloche o a treccia, mentre il centro è occupato da un motivo a rosetta251. L’apparato decorativo della coppa è caratterizzato da una mescolanza di soggetti ed elementi iconografici afferenti a tradizioni diverse, in particolare a quella assira, egiziana ed elamita. Il carattere eclettico della decorazione, nella varietà dei temi e delle iconografie rappresentati così come nei dettagli stilistici, e l’utilizzo di alcune convenzioni caratteristiche permettono di classificare l’oggetto come produzione fenicia252. Inoltre, la grande quantità di elementi propri dell’arte assira e, viceversa, la scarsità di elementi di tradizione egiziana ha portato Y. Majidzadeh a ipotizzare che l’artigiano fosse entrato più profondamente in contatto con la prima piuttosto che con la seconda, come è consueto invece per la maggioranza delle coppe “fenicie”. La coppa costituirebbe così la testimonianza di una produzione fenicia “assirizzante” (anziché “egittizzante”) da attribuire ad artigiani non assiri che vivevano in Assiria o che avevano lavorato per un certo tempo in questa regione253.

 O 2014a, 177-178.  O 2009, 148-149; O 2014a, 177; O 2014b. Circa lo Stile Internazionale e lo scambio di doni nel Tardo Bronzo si veda F 2006, 30-58, 105-114, 145-156. La ripresa di elementi stilistici propri del Tardo Bronzo, con la loro caratteristica mescolanza di stili e di motivi riconducibili a sfere culturali diverse (egizia, mesopotamica, cananea, ittita, micenea), viene ipotizzata anche per gli avori dell’età del Ferro, ad esempio, da C. Suter (S 2010, 994; S 2011) e da M.H. Feldman (F 2014a, 64-78). Secondo C. Suter, in particolare, la ripresa di iconografie precedenti sarebbe interpretabile, nel caso degli avori levantini, come un mezzo per affermare il prestigio dell’istituzione regale all’interno di una società in cui si stanno affermando il commercio privato e la nuova oligarchia mercantile: ‹‹By adopting imagery of heroized kings of the past for objects that served primarly as status symbol, the Levantine elite of the Iron Age constructed a fictitious continuity over the shift from the palace-centered system of the Late Bronze Age to the new order of their own time with the goal of legitimizing their status, as well as the new order.›› (S 2011, 235). 244  F 2006, 59-71. 245  F 2006, 159-175. 246   Per una sintesi sul concetto di “boundary objects” applicato alle coppe “fenicie”: V 2010, 32. 242 243

 Á

-M 2010, 272-273. Sulla tomba si vedano, inoltre: 1985; S 2005. 248   La maggioranza dei manufatti di pregio dalla tomba è verosimilmente da datare intorno al 600 a.C. (Á -M 2010, 273). Il termine cronologico più alto ipotizzabile per la coppa è il 650 a.C. ca. (Á -M 2010, 123). 249  M 1992, 131; Á -M 2010, 272. 250   Á -M 2010, 272-273. Le considerazioni di natura epigrafica farebbero propendere, infatti, per una datazione intorno alla metà del VI secolo a.C. 251   Per un’analisi dettagliata dell’apparato decorativo della coppa e del suo significato: Á -M 2004; Á -M 2010, 122-143. 252  M 1992, 131, 138-139, 141. 253  M 1992, 142. 247

A

236

Produzione e circolazione dei beni di lusso in età neo-assira

Fig. 5.12 - Arjan bowl. Disegno di R. Vatandust (M

È interessante rilevare, inoltre, che le dimensioni di questo manufatto (diametro 43,5 cm) lo distanziano dalle normali coppe “fenicie”, le quali hanno nella maggioranza dei casi un diametro compreso tra i 15 e i 20 cm254. Questa caratteristica limitava le possibilità di utilizzo della coppa come vaso potorio255 a vantaggio della leggibilità della sua decorazione. Per le dimensioni inusuali e la complessità della sua decorazione articolata in cinque registri, essa potrebbe essere stata concepita con lo scopo principale di rappresentare un ciclo narrativo completo, incentrato sull’esaltazione della figura del sovrano, da interpretare nel suo complesso non solo in chiave ideologica e propagandistica ma anche cosmologica256.

1992, fig. 1).

produzione esterna. Le diverse testimonianze circa lo spostamento di artigiani e personale specializzato all’interno dell’impero – sia dalle provincie alle capitali e viceversa, sia da provincia a provincia – mettono in luce la possibilità di un’interazione tra artisti locali e stranieri. La circolazione degli oggetti di lusso appartenenti alla cosiddetta “arte minore” all’interno di un contesto eminentemente politico, dominato dalla figura del sovrano e dalla corte assira, costituisce un altro fattore importante per la diffusione di modelli iconografici differenti e per la creazione di prodotti artistici caratterizzati da un alto grado di eclettismo. La compresenza di modelli appartenenti a diversi patrimoni culturali spiegherebbe allora, nella brocca da Nimrud, la molteplicità di fonti d’ispirazione all’interno di un apparato decorativo essenzialmente assiro nei soggetti raffigurati così come nello stile.Una molteplicità di fonti d’ispirazione è percepibile in generale nei prodotti dell’arte suntuaria – soprattutto in alcune categorie di oggetti come gli avori lavorati, i vasi con terminazione zoomorfa, e le coppe levantine – che vengono a formare, nella realtà imperiale neoassira, un repertorio comune di pertinenza delle élites e si configurano come prodotti di un’arte di corte “transnazionale”. La brocca da Nimrud sembra così inserirsi proprio all’interno di questo repertorio, con cui condivide molteplici elementi: l’origine eterogenea dell’apparato decorativo e della forma, la preziosità del materiale, i temi e la simbologia, riconducibili in molti casi all’esaltazione della figura del sovrano, l’utilizzo legato al consumo di vino in contesti cerimoniali, la produzione, probabilmente da parte di una bottega palatina, e, infine, il contesto di rinvenimento.

Considerazioni conclusive La trattazione della realtà delle botteghe artigianali e delle modalità di produzione e circolazione degli oggetti di lusso in età neo-assira – in particolare degli avori lavorati e della toreutica – ha permesso di porre in evidenza come il manufatto oggetto di questo studio sia da inserire all’interno di un contesto di produzione legato al palazzo. Alla luce dei dati esaminati sembra verosimile che la brocca in oro sia stata fabbricata in una delle capitali assire, forse nella stessa Nimrud, anche se non è possibile escludere con sicurezza una

 M 1992, 141; Á -M 2010, 124.   Le coppe documentate a livello iconografico hanno infatti piccole dimensioni e sono tenute sul palmo della mano o in equilibrio sulla punta delle dita (Á -M 2010, 124). 256  Á -M 2004; Á -M 2010, 122-124, 140-143. 254 255

237

I. Bucci e F. Giusto

Abstract valuable media, throughout the Assyrian Empire and beyond. The exchange of precious items took place in a political context for the most part, mainly as booty, tributes, gifts, and dowries. These practices represent the ways in which objects travelled from the periphery of the empire to the centre, but objects could travel also in the opposite direction, from centre to periphery. The circulation of goods could also have occurred in an economic-commercial context, although it must be stressed that luxury items such as the Nimrud jug were probably absent from the normal commercial network. A relevant example of such luxury items is provided by carved ivories, which are found almost exclusively in royal palaces.

The analyses of form and iconography performed on the Nimrud jug investigate whether or not the production of the vessel can be attributed to a specific area. The shape, though it has numerous parallels in Near Eastern pottery assemblages, is very similar to Phrygian types, but the decoration presents elements of mixed origin. Some of the details included in the predominantly Assyrian themes and style refer to other areas, especially to Urartu. In order to understand the dynamics behind the creation and acquisition of such an object, different types of luxury artefacts are analysed in this study. The concept of workshop is examined, concentrating on the debate that it has raised in archaeological and art historical studies of the ancient Near East. The archaeological sources for the identification of workshops and the organization of craftsmen are analysed, with a focus on luxury items production, such as metal working and ivory carving. Dynamics pertaining to the relationship between artisans and consumers are also illustrated; the possibility of artisan dependence on palaces and temples and the existence of autonomous workshops are discussed as well. With respect to the Nimrud jug, it is most likely to have been produced in an atelier working for the royal palace. Two possibilities are outlined for the area of production of the vessel: the jug may have been made in Assyria, or in a province or a neighbouring region, such as Urartu or Phrygia. In the former case, the Nimrud jug would be the creation of an Assyrian workshop able to mix different iconographies and styles. In the latter case, it would be a provincial product combining typical Assyrian elements with some local ones. Neither circumstance, however, necessarily determines the provenance of the craftsmen. Ancient written sources attest to the movement of artisans within the Assyrian Empire, not only from the centre to the provinces and vice-versa, but also between different provinces. Additionally, the possibility of itinerant craftsmen must be added to this picture. The most likely case is that the jug was produced in an assyrian capital, probably at Nimrud itself. Nevertheless, it is impossible to establish whether the vessel is the work of an atelier employing Assyrians, foreigners, both Assyrians and foreigners, or itinerant craftsmen. These different hypotheses lead to the same conclusion: the Nimrud jug is an object whose shape, subjects, and iconography represent a mixture of Assyrian and non-Assyrian elements.

In the wide and multi-ethnic Assyrian Empire, the transfer of people and objects through deportations, booty, tributes, gifts, and dowries, in conjunction with purely commercial exchanges, led to the development of a common stylistic language. This language contributed to the formation of a transnational identity of the ruling class, a process accomplished by the promotion of acculturation and homogenization throughout the empire. This is evidenced by the distribution of distinctive luxury products, such as specific types of vessels and drinking equipment, which became part of a “shared repertoire”. A pertinent example is offered by the so-called “Phoenician” bowls. The heterogeneity of their styles and subjects, and their thematic focus on mainly hunting, warfare, and animal processions provide strong parallels to the Nimrud jug. In addition, the style of the Iron Age “Phoenician” bowls could have been a conscious revival of the artistic trend called International Style, which dates back to the Late Bronze Age. Similarly, the theories recently advanced about ivories produced during the Iron Age offers interesting suggestions for the existence of a style common to a large area. The production of ivories would have been the result of multiple interactions and exchanges between workshops; the merging of different traditions would have created a strongly homogeneous, syncretistic style in which the different local contributions could not be isolated from one another. Such objects, therefore, must not be ascribed to a specific ethno-political entity or city-state, but to a style common to the “Greater Levant”. This is the result of the circulation of objects, craftsmen, and models, the latter of which were used as references for decorative motifs and patterns but also adapted and re-combined into original compositions. Finally, this study addresses the contribution of the “minor art” or “portable art” to the creation of a new common stylistic language. Compared to “major art”, portable artworks were transported and traded,

Given the impossibility of identifying a precise centre of production, this study presents a brief overview of different manners of transferring luxury goods in order to understand how iconography, subjects, and styles could have travelled together with their

238

Produzione e circolazione dei beni di lusso in età neo-assira

and they were more influenced by different styles and iconographies. In light of all these considerations, it is possible to propose that the Nimrud jug, probably created in a

workshop operating in Assyria, possibly in Nimrud itself, belongs to the repertoire of luxury goods produced in the renewed “International Style” of the Iron Age.

239

CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE A

C

,I

B

,E E

F

,F

G

,M

M

e

Q

maggiori somiglianze morfologiche si individuano, tuttavia, con i materiali ceramici. Tra questi, una variante in particolare abbina corpo globulare, collo cilindrico, bordo svasato e ansa che supera di poco il livello del bordo (il Tipo 3 descritto da G.K. Sams) e include i confronti più stringenti da Gordion e da Alişar Höyük (Figg. 2.19-2.20, 2.24-2.25) che, sulla base della nuova revisione cronologica del sito di Gordion, sembrano potersi circoscrivere tra la prima metà del IX e la prima metà dell’VIII secolo a.C. L’analisi delle caratteristiche morfologiche e la conseguente ricerca dei confronti più stringenti suggeriscono d’individuare nell’area centroanatolica una possibile fonte di ispirazione4, se non di produzione5, per questa particolare forma. Qualora si considerino gli esempi frigi come modello per l’officina che ha realizzato la brocca di Nimrud, la datazione dell’oggetto potrebbe essere compresa all’interno del range cronologico coperto da questi recipienti (prima metà del IX - prima metà dell’VIII secolo a.C). Tale datazione, inoltre, si accorda con le informazioni note sui rapporti tra i Frigi (“Mushki”) e l’Assiria, che sembrano risalire almeno al tempo di Ashurnasirpal II, come si può dedurre dalle fonti scritte relative al regno di questo sovrano6 e forse da un rilievo del Palazzo Sud-Ovest di Nimrud7 (Fig. 4.2). Il modello formale degli esempi ceramici e bronzei da Gordion e da Alişar Höyük concorrerebbe così a stabilire un terminus ad o post quem (la prima metà del IX secolo a.C.) per la fabbricazione della brocca in oro. Per quanto riguarda l’analisi iconografica e stilistica delle bande decorative della brocca di Nimrud8, molti degli elementi iconografici sia delle bande figurate

Lo studio della brocca IM 115618 (Tavv. I-VIII) è stato condotto attraverso un’analisi dettagliata delle sue caratteristiche formali, tecniche, funzionali e decorative, con l’intento di mettere in luce il maggior numero possibile di informazioni e formulare così alcune ipotesi interpretative riguardanti la cronologia, il possibile utilizzo e l’area di produzione del manufatto1. Questo processo ha condotto a conclusioni non sempre univoche, la cui ricomposizione viene posta come obiettivo primario di queste considerazioni. Dal punto di vista morfologico2, la forma della strainer-spouted jug sembra essere assente in Assiria: i pochi confronti ceramici rinvenuti, infatti, non possono essere considerati puntuali. Essa è invece relativamente frequente e testimoniata in diverse varianti all’esterno dell’Assiria, perlopiù tra i manufatti in ceramica. Il Levante restituisce diversi esempi che coprono quasi interamente l’arco cronologico dell’età del Ferro: nessuno dei reperti presi in considerazione, tuttavia, sembra costituire un confronto puntuale. Anche nell’isola di Cipro si rintracciano interessanti confronti formali; qui si trovano numerosi recipienti in ceramica, datati tra il 1050 e l’850 a.C. circa, che presentano una buona somiglianza con la brocca in oro. In area anatolica la forma è presente in diverse tipologie, diffuse dal IX secolo a.C. sino almeno al VI secolo a.C. È tuttavia dall’area centrale dell’altopiano che provengono i manufatti più affini alla brocca di Nimrud3. Quest’area, che nel IX secolo a.C. vede la nascita del Regno dei Frigi, ha restituito numerose testimonianze, provenienti soprattutto dalla capitale Gordion. Gli esemplari in metallo ritrovati all’interno dei tumuli funerari del sito (Fig. 2.17) e i frammenti riconducibili alla stessa morfologia portati alla luce ad Ankara sono gli unici finora conosciuti. Le

  Come del resto già ipotizzato da D. Stronach: ‹‹(…) it is possible to infer that Assyrian goldsmiths chose to borrow (and to then transform) the original Phrygian model.›› (S 1995, 186). 5   Recentemente M.M Hussein sembra propendere per un’origine frigia della brocca (H 2016, 34, 38, 122). 6   Nel primo anno di regno di Ashurnasirpal II, i Frigi (“Mushki”) compaiono tra i popoli che versarono un tributo (L 1926 I, 143-144, no. 442). Su questo argomento si vedano il Capitolo 4, Paragrafo 1 e il Capitolo 5, Paragrafo 3. 7  A 2010, 7-8. 8   Per un’esposizione dettagliata dei confronti individuati e della loro cronologia si rimanda al Capitolo 3. 4

  Gli argomenti affrontati in questa sede sono stati dettagliatamente analizzati all’interno dei singoli capitoli di questo lavoro, a cui si rimanda per eventuali approfondimenti e indicazioni bibliografiche. 2   Per un’esposizione dettagliata dei confronti individuati e della loro cronologia si rimanda al Capitolo 2, Paragrafo 1. 3   Come già osservato da D. Stronach (S 1995, 185-186), M.S. Damerji (D 1998, 11), R.M. Boehmer (B 2001, 58), D. Collon (C 2008a, 117) e J.E. Curtis (C 2008b, 253). 1

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A. Cellerino, I. Bucci, E. Foietta, F. Giusto, M. Mortarini e E. Quirico

che di quelle geometriche sembrano appartenere a un lessico iconografico comune a molte aree del Vicino Oriente. Emblematici a tal proposito sono i capridi cacciati da arcieri, le palmette e alcuni elementi geometrici quali la guilloche e l’embricatura. L’analisi diacronica di questi elementi testimonia, infatti, una memoria iconografica condivisa che perdura, almeno nelle sue linee guida, e soprattutto in alcune componenti simboliche, immutata nel corso dei secoli: la guilloche, infatti, rappresentava simbolicamente l’acqua e l’embricatura veniva impiegata per caratterizzare un ambiente montuoso o collinare. L’analisi stilistica e iconografica di dettaglio, a cui si rimanda per gli approfondimenti, ha permesso di individuare alcuni indicatori cronologici e di area. Si ricordi, tuttavia, che proprio per sua stessa natura, questo tipo di analisi raramente può fornire risposte definitive a questioni di cronologia e produzione: i dati sono complessi da interpretare e spesso ricchi di numerose variabili. Valutando per primi i possibili indizi cronologici, i carri sono sicuramente l’elemento più significativo. Questi, rappresentati numerose volte nella banda (c) (Fig. 3.47; Tav. VIII) nelle scene di caccia e di guerra, mostrano infatti confronti puntuali con i carri rappresentati sulle Porte di Balawat di Ashurnasirpal II e soprattutto con quelli raffigurati sulle Porte di Shalmaneser III (Fig. 3.33). Inoltre, le proporzioni del carro paiono essere caratteristiche di un periodo antecedente al regno di Sargon II, momento in cui questi veicoli iniziano a essere rappresentati di dimensioni maggiori a seguito, probabilmente, di una variazione delle tecniche militari. Altri confronti interessanti con bronzi urartei e con oggetti in metallo dal mercato antiquario sembrano indicare un medesimo orizzonte di datazione. Ulteriori indicatori di cronologia rilevati dall’analisi iconografica sono il personaggio a piedi che regge una mazza e la rappresentazione della città che, sebbene in modo meno chiaro, sembrano anch’essi delineare una cronologia coerente con quella proposta per il carro. Per quanto riguarda l’area di provenienza i confronti migliori dal punto di vista stilistico sembrano provenire quasi integralmente dall’area propriamente assira, sebbene paralleli interessanti per alcuni singoli elementi si riscontrino anche su alcuni bronzi urartei e su oggetti in bronzo e argento dall’Iran occidentale. All’area assira sembra rinviare la concatenazione di scene della banda centrale (c) in cui compaiono immagini di caccia e guerra. L’associazione tra la caccia, in particolare a tori e leoni, ma anche a cervi, struzzi e onagri, e la guerra è attestata frequentemente nelle fonti di carattere annalistico fin dai primi sovrani di epoca neoassira. Essa, raffigurata raramente, è rappresentata in modo chiaro su alcuni rilievi della sala del trono di Ashurnasirpal II (B18-B20) (Fig. 3.49) e nelle fasce delle Porte di Balawat di Ashurnasirpal II ma, in

questo caso, mai nella stessa banda. Un’associazione simile si riscontra anche su una situla di possibile fattura assira, proveniente dal mercato antiquario iraniano che presenta una banda inferiore decorata con una caccia ai capridi e una superiore con una scena di battaglia con carri davanti ad una città (Tav. X). Non si conoscono, inoltre, rappresentazioni in cui compaiano al contempo cacce agli stessi animali della banda (c), ossia struzzo, onagro e leone, tantomeno seguite da una scena di battaglia. Un’eccezione è costituita da un sigillo medio-assiro con un eroe nudo che caccia uno struzzo, un leone e una gazzella (Fig. 3.48). Per quanto riguarda uno dei due obiettivi di questo lavoro, ossia la definizione di una datazione per la brocca aurea, i dati desumibili dall’analisi della forma e della decorazione sembrano essere coerenti tra loro. I recipienti più affini rinvenuti a Gordion, indicano una datazione tra l’ultimo quarto del IX secolo a.C. (per i materiali dall’area della Cittadella) e il primo quarto dell’VIII secolo a.C. (per i recipienti dal Tumulo K-III). Allo stesso modo, il quadro che si viene a delineare dallo studio dell’apparto decorativo suggerisce una datazione compresa tra la fine del IX secolo a.C. e la prima metà dell’VIII secolo a.C. A questi dati si aggiunge un’importante informazione fornita dal contesto di ritrovamento. La brocca faceva parte del corredo funerario di una giovane donna deposta nel Sarcofago 2 che, rinvenuto nell’anticamera della Tomba Reale III, conteneva anche altri oggetti preziosi come il sigillo aureo di Hamâ (IM 115644), regina di Shalmaneser IV (782773 a.C.) (Tav. IX). Questo sigillo, appartenente ad una MÍ.É.GAL fino al momento della scoperta sconosciuta, fornisce un indizio per l’identificazione della donna inumata e costituisce conseguentemente un ulteriore indicatore cronologico per la datazione degli oggetti che componevano il suo corredo, che necessariamente dovevano essere stati prodotti prima della sua scomparsa. Se i dati sembrano essere coerenti per l’ambito cronologico, essi appaiono più problematici per l’individuazione dell’area di produzione della brocca in oro. Riguardo a tale questione è stato possibile formulare due ipotesi. La prima propone una produzione della brocca al di fuori dell’Assiria e dunque postula un suo arrivo alla corte di Nimrud tramite canali ben attestati nel Vicino Oriente nel I millennio a.C., quali doni, tributi, doti e bottini. Tale supposizione, supportata anche dalla preziosità del vaso e dal suo chiaro ruolo di indicatore di status, non renderebbe il manufatto un caso isolato. Ricordiamo infatti che anche altri oggetti provenienti dalle Tombe delle Regine sembrano mostrare un’origine esterna: tra questi si possono menzionare la coppa in oro dalla Tomba II (IM 105697; Fig. 5.7), la cui decorazione

242

Considerazioni conclusive

egittizzante ha suggerito un’origine sud-levantina o egiziana9, o la corona dalla Tomba III (IM 115619; Fig. 4.4), rinvenuta nello stesso sarcofago della brocca, che R.M. Boehmer10 ritiene provenire dalla Siria occidentale o dalla Cilicia orientale. Il primo possibile indicatore di una produzione non propriamente assira si rintraccia nel peculiare aspetto morfologico della brocca. Come precedentemente illustrato, infatti, questa forma sembra essere estranea al repertorio vascolare assiro. Dall’inizio dell’età del Ferro essa è invece diffusa nel Vicino Oriente in numerosi siti dell’Anatolia e del Levante, a Cipro e in area egea (Figg. 2.33-2.34), dove è attestata in varianti tipologiche e periodi diversi. Nonostante l’ampia diffusione, i recipienti più affini alla brocca da Nimrud sono stati individuati in area frigia (Gordion e Alişar Hӧyük), dove si registra una significativa concentrazione di reperti caratterizzati dalla forma in analisi in un arco cronologico relativamente ristretto (prima metà del IX - prima metà dell’VIII secolo a.C.). Dalla Frigia, più precisamente dai tumuli di Gordion e Ankara, provengono, inoltre, gli unici confronti in metallo ad ora noti. Dall’interpretazione dei dati emersi dall’analisi decorativa, solo alcuni elementi di minore importanza possono suggerire l’ipotesi di una produzione esterna all’Assiria. Questi sono i motivi decorativi non figurati (la guilloche e l’embricatura), alcuni elementi figurati (palmette, arcieri, capridi e cervidi) e alcune tematiche specifiche, quali le scene di caccia rappresentate sui registri (a) e (d), ampiamente attestati in area vicino-orientale nel corso del I millennio a.C. Elementi che però, si ricorda, fanno parte di un lessico diffuso, formatosi nelle sue componenti essenziali già nel corso della cosiddetta Età Internazionale della tarda età del Bronzo. Dal punto di vista stilistico sono stati individuati, inoltre, confronti in parte convincenti nell’apparato decorativo di oggetti in metallo provenienti da Urartu e dall’Iran occidentale. Alcuni territori di questi stati entrarono progressivamente nella sfera di influenza politico-militare assira a seguito delle campagne dei sovrani assiri e, allo stesso tempo, interi regni divennero “stati vassalli” subendo in alcuni casi una forte influenza artistica e culturale. Per quanto concerne la fascia (c), si osserva la presenza di un’iconografia, composta da un leone che atterra una figura (animale o più probabilmente umana), la cui origine e diffusione risultano caratteristiche di un’area esterna all’Assiria.

L’iconografia del leone che atterra il nemico, le cui attestazioni più significative si riscontrano su alcune coppe levantine (Tav. XV), è infatti di probabile derivazione egiziana. Data la sua unicità all’interno del repertorio iconografico della brocca, nei restanti elementi piuttosto uniforme e afferente a un lessico propriamente assiro, risulta difficile ritenere questa scelta iconografica determinante per stabilire l’origine dell’oggetto. Il motivo può essere stato infatti veicolato da oggetti di produzione levantina o direttamente attraverso artigiani di origine occidentale operanti in area assira. Si deve, inoltre, sottolineare che la scena sembra costituire una variante rispetto all’iconografia tipica, essendo il nemico trattenuto dal leone per la parte inferiore del corpo e non per il capo (Fig. 3.37.a; cfr. Tav. XV). Grazie ai dati iconografico-stilistici, si potrebbe forse proporre Urartu come possibile area di origine della brocca. In questo caso si tratterebbe di una produzione locale fortemente ispirata da modelli artistici assiri. Nel contesto dell’Impero neoassiro, “universale” e multietnico, il movimento di oggetti e persone attraverso deportazioni, bottini, tributi e doni, assieme agli scambi più prettamente commerciali, permise lo sviluppo di un linguaggio artistico comune, influenzato dal repertorio assiro, in ragione del ruolo politico preminente esercitato dall’Assiria sulle aree limitrofe. Un’attribuzione all’area urartea sembrerebbe postulabile in base all’individuazione di alcuni interessanti confronti per i singoli elementi iconografici e stilistici, quali ad esempio i capridi, il leone e il carro. Quest’ipotesi lascia, tuttavia, irrisolta la questione della forma, non essendo stati individuati confronti morfologici nei repertori vascolari dell’area propriamente urartea. Pertanto, si ritiene maggiormente probabile una produzione riconducibile all’area frigia, pensata per soddisfare il gusto di un destinatario assiro, secondo una dinamica già proposta da O.W. Muscarella per le situle bronzee a testa di ariete e leone rinvenute a Gordion11 (Fig. 5.10-5.11). Questo spiegherebbe il ricorso a un repertorio iconografico “assirizzante” per la decorazione della brocca e giustificherebbe d’altro canto la scelta di una forma attualmente sconosciuta in area assira. La seconda ipotesi, supportata da un maggior numero di dati, suggerisce per contro una produzione della brocca attribuibile a una bottega interna all’Assiria12. Le principali conferme di questa ricostruzione provengono in particolare dai dati desunti dall’analisi della decorazione. Stilisticamente gli elementi rappresentati sembrano appartenere a

  D. Wicke ipotizza per l’oggetto una produzione in area sudlevantina (W 2010). J. Aruz, invece, riconosce come probabile luogo di produzione l’Egitto (area del Delta) e una bottega in cui operavano sia artigiani egizi che fenici (A 2014, 115-116). 10  B 2006. 9

 M 1998, 156.   L’ipotesi di una produzione della brocca in Assiria è già stata sostenuta da D. Stronach (S 1995, 186) e M.M. Hussein (H 2014, 130) che ha però recentemente rivisto la sua ipotesi (vedi nota 5). 11

12

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A. Cellerino, I. Bucci, E. Foietta, F. Giusto, M. Mortarini e E. Quirico

medesimi atelier, creando, all’interno di un lessico comune, manufatti “eclettici” volti a soddisfare il gusto della committenza di corte. A un contesto simile fa riferimento D. Collon analizzando alcuni bracciali provenienti dalla Tomba II, in cui il dio Ashur viene erroneamente posto al di sotto dei piedi del sovrano anziché sopra il suo capo (Fig. 5.6). Il valore della brocca, testimoniato dalla preziosità del materiale, dalla raffinatezza tecnica, dall’originalità della forma rispetto al repertorio vascolare assiro, dalla simbologia veicolata dall’apparato decorativo, nonché dalla funzione probabilmente legata al consumo cerimoniale di vino, come ipotizzato da D. Stronach per analogia con gli esempi da Gordion16, porta a indicare per la sua creazione una bottega di alto livello operante in ambito palatino.

un milieu artistico propriamente assiro, trovando confronti convincenti con oggetti della prima età neo-assira. Questa considerazione è valida sia per gli elementi figurati delle bande (a) e (d) sia per gli elementi figurati della banda (c), tra cui si citano ad esempio gli arcieri, i carri, il fante e i personaggi decapitati, che trovano paralleli precisi nelle bande bronzee delle Porte di Balawat, nei rilievi dei palazzi neo-assiri e nei manufatti d’“arte minore”13. Una simile considerazione si può proporre anche per gli elementi geometrici. Si ricordi, ad esempio, la somiglianza stilistica tra la guilloche sulla brocca aurea e quella che circonda la scena devozionale sul sigillo di Hamâ, anch’esso in oro, proveniente dal Sarcofago 2 (Tav. IX). Nonostante l’origine semitica occidentale ipotizzata per la MÍ.É.GAL in base al suo nome, sul sigillo non sono riscontrabili, infatti, chiare caratteristiche iconografiche o stilistiche che rimandino all’area levantina. Inoltre, i principali confronti per la concatenazione di scene di caccia e guerra, che costituiscono il nucleo narrativo della banda (c), si individuano nel mondo assiro quali mezzi di esaltazione della figura del sovrano. In maniera simile la compresenza delle due protomi di dragone e di leone che caratterizzano l’ansa si collega simbolicamente alla titolatura regale (“fiero dragone” e “come un leone”)14 e sembra specifica, per l’utilizzo di entrambi i titoli, solo di due sovrani: Ashurnasirpal II e Shalmaneser III. La stessa eterogeneità, soprattutto stilistica, dei confronti individuati esterni all’area assira potrebbe comunque essere letta come un elemento a favore di una produzione interna. In un repertorio artistico complesso quale quello assiro del I millennio a.C. è possibile ipotizzare la convergenza di diverse tradizioni nella produzione e diffusione di oggetti di lusso foggiati da parte degli artigiani assiri. La forma della brocca, originaria probabilmente dell’area frigia, potrebbe essere stata quindi adottata e riprodotta in Assiria senza troppe difficoltà. La mancanza di altri esemplari assiri identici o similari potrebbe dipendere dalla preziosità dell’oggetto. La compresenza di elementi apparentemente così vari di forma, iconografia e stile porterebbe a proporre come luogo di produzione della brocca una bottega palatina assira, in base alle datazioni suggerite, forse situata nella stessa Nimrud. Nelle capitali, infatti, confluirono artigiani provenienti da regioni diverse sia volontariamente, forse a motivo della forza attrattiva, culturale o economica, esercitata da queste città, sia come conseguenza delle deportazioni, divenute sistematiche a partire dalla seconda metà dall’VIII secolo a.C.15. Artigiani stranieri avrebbero potuto dunque lavorare al fianco di quelli assiri nei

In conclusione, sebbene alcuni dubbi permangano e non tutte le questioni abbiano trovato risposta, si ritiene più plausibile per la brocca una produzione interna all’Assiria rispetto a una fabbricazione esterna dell’oggetto e a un suo arrivo a Nimrud come dote, tributo, dono o bottino. È inoltre probabile che l’oggetto sia stato prodotto “a più mani” all’interno di un workshop in cui artigiani di diversa origine potevano collaborare per la creazione di oggetti complessi che rispondevano ai raffinati gusti della corte assira. Le caratteristiche della brocca e, in particolare, della sua decorazione, consentono infine di formulare alcune ipotesi sul suo possibile destinatario. Le principali tematiche rappresentate, segnatamente le scene di caccia e di guerra, talora collegate come nella banda (c), permettono di ipotizzare una produzione per un membro maschile della corte. Le scene di caccia al leone, allo struzzo e all’onagro, oltre alla loro correlazione con scene di battaglia, in base ai confronti artistici e alle iscrizioni assire di tipo annalistico, sembrano indicare un preciso intento di esaltazione del sovrano17. Alla regalità rimandano ugualmente le protomi di dragone e di leone dell’ansa, come pure numerosi elementi decorativi secondari, quali adesempio la guilloche, le palmette e i capridi. Questi ultimi possono essere interpretati come raffigurazione simbolica della fertilità e costituire, pertanto, un riferimento implicito alla ricchezza del territorio assiro, garantita dalla positiva attività del sovrano, secondo una regola comune agli apparati decorativi assiri. A questo proposito, I.J. Winter parla di una “retorica dell’abbondanza”18, che non coinvolgeva solo le arti maggiori ma molti degli oggetti appartenenti alla corte. Inoltre, la raffigurazione del cane, del cervo e del leone nelle   S 1995, 185-186. Su questo argomento si veda il Capitolo 2, Paragrafo 3. 17   Per un approfondimento su tali temi si vedano le trattazioni dei singoli elementi nel Capitolo 3. 18  W 2003. 16

  Su questo argomento si veda il Capitolo 5, Paragrafo 4. 14  K 2013, 322, 332. 15   Sulle modalità con cui gli artigiani stranieri potevano raggiungere le capitali assire si veda il Capitolo 5, Paragrafo 2. 13

244

Considerazioni conclusive

bande figurate conferisce all’oggetto un forte valore apotropaico. A fronte di questa connessione tra il significato simbolico della decorazione della brocca e il sovrano, si deve rilevare comunque che non è stato possibile riconoscere un personaggio dalle evidenti caratteristiche reali in nessuna delle bande figurate e, in particolare, su nessuno dei carri della banda (c). Si potrebbe comunque supporre che l’oggetto fosse destinato originariamente a un importante personaggio maschile della famiglia reale. Come si è detto, il Sarcofago 2 conteneva il corpo di una giovane donna che diversi elementi del corredo hanno portato a riconoscere come Hamâ, MÍ.É.GAL di Shalmaneser IV. La presenza della brocca fra gli oggetti di corredo può comunque essere giustificata ipotizzando un dono o un passaggio per via

famigliare dal proprietario originario alla regina. Il trasferimento potrebbe essere avvenuto durante la vita della sovrana, per poi diventare parte del corredo funebre (Fig. 1.11), oppure al momento della sua morte quale pregiato dono funerario. Non si dimentichi inoltre che l’oggetto avrebbe potuto essere stato inserito all’interno della deposizione anche in qualità di offerta per gli dei inferi o essere stato utilizzato durante i rituali di sepoltura. Secondo questa ricostruzione, la brocca di Nimrud sarebbe dunque necessariamente antecedente alla morte di Hamâ, che costituisce quindi un terminus ante quem per la sua produzione, confermando gli indizi morfologici e stilistico-iconografici individuati in questo studio.

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CONCLUDING REMARKS

Phrygians) are, in fact, mentioned among the peoples who offered tribute to the Assyrian king, and they may be portrayed in a relief from the South-West Palace in Nimrud also dated to Ashurnasirpal II (Fig. 4.2). As for the iconographic and stylistic analysis of the decorative bands, the elements of both the figurative and geometric bands belong to an artistic language common to many areas of the ancient Near East in the Iron Age. The representations of palmettes, wild goats hunted by archers, and of non-figurative elements such as the guilloche and the scales pattern are emblematic. The diachronic recurrence of these subjects in the Near Eastern repertoires attests to a shared iconographic memory that survives, at least in its guidelines and symbolic components, unchanged over the centuries. Within this iconographic tradition, for instance, the guilloche motif symbolically represents water, and the scales pattern indicates a mountainous or a hilly landscape. The stylistic and iconographic analysis of the details makes possible to identify some useful indicators of the date and area of production of the Nimrud jug. The chariots depicted on the jug are definitely the most indicative element of a possible date. Represented several times in band (c) (Fig. 3.47; Tav. VIII), in warlike as well in hunting scenes, they are very similar to those represented on the Balawat Gates of Ashurnasirpal II, and, even more so, to the ones on the Balawat Gates of Shalmaneser III (Fig. 3.33). The vehicle proportions appear to be characteristic of a period preceding the reign of Sargon II, when chariots are represented bigger probably as a result of a change in military techniques. Further interesting comparisons with Urartian bronzes and other metal objects from the antiquities market seem to indicate the same time span. The depictions of the city and the standing man holding a mace are additional date indicators which, though less clearly, seem to outline a time span similar to the one proposed for the chariots. The best iconographic parallels for the decoration of the Nimrud jug come almost entirely from Assyrian tradition. Similarly, the concatenation of battle and hunting scenes in band (c) seems to point to an Assyrian origin. This association is attested in Assyrian royal annals from the first Neo-Assyrian kings, but it is rarely depicted. It is represented only on some reliefs in the throne room of the North-West

The study of the Nimrud gold jug (IM 115618) (Tavv. I-VIII) has been conducted through a detailed analysis of its shape, production techniques, function, and decoration. Such comprehensive analysis aimed to achieve a better understanding of this object and to formulate hypotheses concerning its dating and area of production. Strainer-spouted jugs (or, more precisely, sidespouted sieve jugs) seem to be absent from the Assyrian homeland: the few ceramic parallels from Assur do not share enough comparable features with the Nimrud jug. Strainer-spouted jugs are instead relatively common outside Assyria, mostly in pottery assemblages. The Levantine coast offers numerous examples, which show a high heterogeneity in form and date between 1200 BC and 600 BC. None of the findings taken into account, however, seem specifically comparable to the Nimrud jug. Finally, interesting parallels were found in Cyprus, dating between 1050 BC and 850 BC. In Anatolia, where strainer-spouted jugs are produced during the Iron Age from the 9th century BC onward, the most similar examples to the Nimrud jug come from the central plateau. This area, where the Phrygian Kingdom arose in the 9th century BC, offers many comparisons to the jug, which mainly come from the capital Gordion. The vessels discovered in the royal burial mounds of Gordion (Fig. 2.17) and the fragments from some tumuli in Ankara are the only metal examples known so far. However, better parallels are identified in the pottery assemblages. As described by G.K. Sams, Type 3 jugs have a globular body, a cylindrical neck, a flared rim, and a handle which slightly exceeds the level of the mouth and provide the most convincing comparisons to the Nimrud jug (Figg. 2.19-2.20, 2.24-2.25). Vessels of this type come from Gordion and Alişar Höyük, and, on the basis of the new chronology of Gordion, they can be dated between the first half of the 9th century BC and the first half of the 8th century BC. If the Phrygian jugs are the most plausible models, then the dating for the jug can be included within the chronological range of the Phrygian vessels, namely the first half of the 9th century BC to the first half of the 8th century BC. According to written sources, Central Anatolia maintained relations with Assyria at least since the reign of Ashurnasirpal II. Mushki (i.e.

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Concluding remarks

Palace at Nimrud (nos. B18-B20) (Fig. 3.49) and on the bands of the Balawat Gates of Ashurnasirpal II. In the latter, however, the two subjects are never shown together in the same band. A similar association is also represented on a bucket often quoted in this work (Tav. X): the lower band is engraved with a wild goat hunt, while the upper band depicts a battle scene with chariots set in front of a city. According to U. Seidl, the bucket, which came from the Iranian antiquities market, is possibly of Assyrian craftsmanship. No representation of hunting is known, however, in which the ostrich, onager, and lion simultaneously appear together as in band (c). The only exception is a Middle Assyrian seal which shows a naked hero hunting an ostrich, a lion, and a gazelle (Fig. 3.48); in this case, the gazelle takes the place of the onager on the Nimrud jug. In summary, iconographic and stylistic analysis suggests a date between the 9th century BC and the first half of the 8th century BC, a chronological range also confirmed by the analysis of form. As already stated, the best comparisons to the Nimrud jug from Central Anatolian plateau can be dated between the first half of the 9th century BC and the first half of the 8th century BC. More precisely, the most similar examples coming from Gordion are dated between the last quarter of the 9th century BC (vessels from the Citadel Mound) and the first quarter of the 8th century BC (vessels from Tumulus K-III). The data acquired through the study of Nimrud jug can be combined with the historical information given back by the find-spot. Tomb III was built for Mullissu-mukannishat-Ninua, MÍ.É.GAL of Ashurnasirpal II (883-859 BC) and Shalmaneser III (858-824 BC), but it was plundered and re-used for later burials. The dated objects discovered in the three bronze coffins found in the antechamber range from the reign of Adad-nirari III (810-783 BC) to that of Tiglath-pileser III (744-727 BC). A gold seal (IM 115644) inscribed with the name of Hamâ (Tav. IX), queen of Shalmaneser IV (782-773 BC) was found in the same coffin as the jug (Coffin 2). Therefore, the seal aids in identifying the female skeleton buried and is an additional clue for the dating of the other funerary goods recovered in Coffin 2.

there are the gold bowl from Tomb II (IM 105697) (Fig. 5.7), probably produced in Egypt or in Southern Levant, and the crown from the same coffin as the jug (IM 115619), thought by Rainer M. Boehmer to come from Western Syria or Eastern Cilicia (Fig. 4.4). The primary indicator of a non-Assyrian production area is the peculiar shape of the Nimrud jug. As previously explained, its form seems to be unknown in Assyrian pottery. In other areas of the Near East, however, the strainer-spouted jug shape has been widespread since the Early Iron Age (Figg. 2.332.34). The best comparisons for the Nimrud jug have been identified in Central Anatolia, where the metal and pottery examples are concentrated in a relatively short time span (first half of the 9th century BC to the first half of the 8th century BC). The only known metal strainer-spouted jugs also come from Phrygia, specifically from Gordion and Ankara. Regarding the interpretation of the data obtained from the analysis of iconography and style, only some decorative elements of minor importance suggest a non-Assyrian production area. The geometrical and ornamental motifs (guilloche, scales pattern, and palmettes) and some narrative subjects, such as the hunting scenes with archers shooting at wild goats and deers on bands (a) and (d), are widespread in the ancient Near Eastern art of the 1st millennium BC. They are part of a common repertoire whose essential components were already formed in the so-called International Period in the Late Bronze Age. From a stylistic perspective, quite convincing parallels to the aforementioned decorative elements have been identified outside the core of the Assyrian territory on metal artefacts from the Urartian Kingdom and from other areas of Western Iran. These territories experienced a significant Assyrian influence in their artistic production. From a thematic perspective, only one subject in band (c) was found whose origin and diffusion could be characteristic of an area outside Assyria: the scene composed of a lion standing above a human figure (or, less likely, above another animal). The iconography of a lion dominating a human victim appears, for instance, on some Levantine bowls (Tav. XV) and it probably has an Egyptian origin. The peculiarity of this subject within the iconographic repertoire of the Nimrud jug (which, in the other elements, is rather uniform and related to the Assyrian lexicon) makes it difficult to consider the subject a decisive clue in establishing a foreign production area for the vessel. The presence of this theme could be explained by the arrival of objects or artisans of Western origin in Assyria, although the representation on the Nimrud jug seems to differ from the usual iconography, because the lion leans its paws on the lower part of the victim’s body instead of on the victim’s head (Fig. 3.37.a; cfr. Tav. XV).

Although the data for the chronology appears to be consistent, the identification of a possible production area of the jug is problematic. Two different hypotheses were formulated: the external production hypothesis and the internal production hypothesis. The first one proposes that the Nimrud jug could have been produced outside of the Assyrian homeland. Thus, the jug could have arrived at the Nimrud court through one of the usual channels for luxury goods: gifts, tributes, dowries or booty. This hypothesis is supported by the preciousness of the vessel and its value as a status symbol. Other luxury goods discovered in the Nimrud Royal Tombs seem to have originated outside of Assyria. Among these objects

Several parallels to individual iconographic and stylistic elements of the decoration were found

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A. Cellerino, I. Bucci, E. Foietta, F. Giusto, M. Mortarini e E. Quirico

within the Urartian artistic repertoire. In this case, the Nimrud jug could be viewed as a local Urartian product strongly inspired by Assyrian models. During the Neo-Assyrian period, the movement of objects and people through deportations, tributes, gifts, and booty, as well as through commercial exchanges, lead to the development of a common artistic language. This language was strongly influenced by the Assyrian artistic repertoire, mainly due to the dominant political role that Assyria had over neighbouring regions. This hypothesis, however, does not take into account the shape of the jug, which seems to be absent in Urartu, while the best parallels come from Central Anatolia; therefore, the Nimrud jug could have been also created in a Phrygian workshop and decorated with an “assyrianizing” artistic lexicon, in order to suit the taste of an Assyrian customer. A similar dynamic has already been proposed by O.W. Muscarella for other types of luxury items, such as lion-headed vessels (Figg. 5.10-5.11). The internal production hypothesis, supported by more data than the first one, suggests that the Nimrud jug could have been produced in Assyria. As previously mentioned, the decoration of the Nimrud jug is predominantly Assyrian in style, iconography, and themes. These three features have convincing comparisons in the artistic repertoire of the early NeoAssyrian period, exhibited by the figurative elements on bands (a), (c), and (d): the standing and kneeling archers, the chariots, the standing soldier, and the beheaded enemies. The figurative elements have precise parallels in the bronze bands of the Balawat Gates, in the reliefs of the Neo-Assyrian palaces, and in the so-called “minor arts”. Geometric elements are strongly Assyrian as well. For example, the stylistic similarity between the guilloche on the Nimrud jug and the one that surrounds the scene on the gold seal of the queen Hamâ, which was found in the same coffin as the jug (Tav. IX), attests to the use of a decorative pattern in proper Assyrian style. Additionally, the main parallels to band (c), particularly the combination of hunting and warlike subjects, are found in both the Assyrian artistic repertoire and written sources with the purpose of exalting the king. Similarly, the dragon and lion heads adorning the Nimrud jug handle attachments can be connected to particular Assyrian royal titles: “fierce dragon” and “as a lion”. The presence of both titles seems characteristic of only two kings: Ashurnasirpal II and Shalmaneser III. A good comparison for the dragon was identified in a spoon decorated with a snake-dragon head, which was found in Well AJ in the North-West Palace (Fig. 3.44.c). In the capital cities of the Neo-Assyrian Empire, craftsmen from different regions of the Near East came voluntarily, perhaps for cultural or economic reasons, or as a result of the deportations that frequently followed military conquests. Foreign artisans could thus work in workshops alongside Assyrian ones, creating complex and heterogeneous products

characterized by a lexicon common to the Empire and designed to satisfy the tastes of different court commissions. In a similar context, Dominique Collon refers to some “assyrianizing” bracelets from Tomb II, in which the god Ashur is wrongly placed below the feet of the king instead of above his head, possibly due to the misunderstanding of the craftsman (Fig. 5.6). The material, the technical craftsmanship, the originality of the shape in comparison to the Assyrian repertoire, and the royal symbolism conveyed by the decoration and function (perhaps linked to the ritual consumption of wine) suggest that the Nimrud jug was produced in a high-level workshop associated with the royal palace in which artisans of different provenance could work closely together. The themes represented on the jug, particularly the hunting and war scenes, suggest that the vessel could have originally been produced for a male member of the Assyrian court. Based on artistic comparisons and annalistic inscriptions, the hunting scenes with lions, ostrichs, and onagers, the correlated battle scenes depicted on band (c), and the lion and dragon protomes seem to glorify the Assyrian king. Similarly, several secondary decorative elements such as guilloche, palmettes, and wild goats can be interpreted as a symbolic representation of fertility guaranteed by the positive action of the Assyrian king, according to a common convention of Assyrian art and to the “rhetoric of abundance” as defined by Irene J. Winter. These decorative elements, along with the depictions of dogs, deer, and lions, also grant the Nimrud jug a strong apotropaic value. Despite the connection between the Assyrian king and the symbolic meaning of the jug decoration, it was not possible to identify a figure represented with royal attributes in any of the decorative bands. Anyway, the vessel may have originally been meant for a male member of the royal family. Although iconography and style suggest that a male individual owned the jug, the context of the vessel’s discovery provides conflicting information. Based on the anthropological study, Coffin 2 contains a female skeleton. The presence of the gold seal belonging to queen Hamâ in Coffin 2 has led to conclude that the deceased woman is the MÍ.É.GAL of Shalmaneser IV. The presence of the Nimrud jug in her coffin can be a gift from the original owner to the queen or a heirloom. The transfer may have occurred during her life, with the jug becoming part of her grave goods (Fig. 1.11), or at the time of her death, as a valuable funerary gift. Additionally, the vessel could have been placed in the coffin as an offering to the Netherworld gods. If the skeleton inside Coffin 2 could be a primary burial, the Nimrud jug would predate the death of Hamâ, the MÍ.É.GAL of Shalmaneser IV who lived in the first half of the 8th century BC. This confirms the dating proposed by the analyses of form, iconography, and style.

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TAVOLE

Tav. I

Brocca IM 115618 in oro da Nimrud (D

281

1998, 24, Abb. 49).

Tav. II

Brocca IM 115618 in oro da Nimrud (D

282

1998, 25, Abb. 50).

Tav. III

Brocca IM 115618 in oro da Nimrud (D

283

1998, 26, Abb. 51).

Tav. IV

Brocca IM 115618 in oro da Nimrud: banda (d) (D

284

1998, 27, Abb. 52).

Tav. V

Brocca IM 115618 in oro da Nimrud: banda (c) (D

285

1998, 25, Abb. 48).

Tav. VI

Brocca IM 115618 in oro da Nimrud: banda (c) (http://www.baghdadmuseum.org/secret_s/pages/358.htm; http://www.baghdadmuseum.org/secret_s/pages/281.htm).

286

Tav. VII

Brocca IM 115618 in oro da Nimrud: suddivisione in bande (D

287

1998, 24, Abb. 49).

Tav. VIII

Brocca IM 115618 in oro da Nimrud: disegno delle bande (elaborazione grafica di C. Fossati).

288

Tav. IX

Sigillo di Hamâ, MÍ.É.GAL di Shalmaneser IV (http://www.baghdadmuseum.org/secret_s/pages/416.htm; http://www.baghdadmuseum.org/secret_s/pages/417.htm).

289

Tav. X

Situla assira o “assirizzante” da una collezione privata (Teheran) (S

290

1985, Taf. 24, 25).

Tav. XI

Vaso in argento rinvenuto probabilmente in Iran (C

291

1964, Abb. 54).

Tav. XII

Situla da Chamzi Mumah (M

292

1985a, 44, fig. 1).

Tav. XIII

Scudo urarteo con scena di battaglia (S

293

2004, 102, Abb. 74).

Tav. XIV

Decorazioni degli abiti sui rilievi di Ashurnasirpal II (C

294

1971, pls. XIc, XIIa, XIIIc-e).

Tav. XV

Coppa dalla Tomba Regolini-Galassi di Cerveteri (M

295

1985b, 293, E6).

Tav. XVI

Scudo bronzeo di Ishpuini e Menua (S

296

2004, 85, Abb. 48).