129 45
Italian Pages 262 [756]
L’ Italiano
» A R U T A N O D O T E M « IL SECONDO REDATTO
CON
« METODO
DEL
NATURA
ordinario
»
DI
PREFAZIONI
MIGLIORINI
BRUNO Professore
DI
M. JENSEN
ARTHUR AUTORE
DIREZIONE
LA
SOTTO
di storia della lingua italiana
Facolta di Lettere e Filosofia, Universita di Firenze
GIOVANNI
NENCIONI
Professore ordinario della grammatica e della lingua
italiana, Facolta di Magistero, Universita di Firenze
ALFREDO
SCHIAFFINI
Professore ordinario di storia della lingua italiana Facolta di Lettere e Filosofia, Universita di Roma
THE
NATURE
AMSTERDAM LONDRA
© BRUSSELLE
© MILANO
PARIGI
METHOD
- COPENAGHEN
- MONACO
- STOCCOLMA
INSTITUTES
- NUOVA
© VIENNA
© HELSINKI YORK
© ZURIGO
- OSLO
COPYRIGHT
UNDER
INTERNATIONAL
WORLD
RIGHTS
RESERVED.
NATURE
METHOD
CENTRE,
COPYRIGHT
COPYRIGHT,
CONVENTION, 1962,
CHARLOTTENLUND,
BY
DENMARK.
No part of this course may be used for teaching purposes unless Method
the
permission
has
been
obtained from
The
Nature
Centre, Charlottenlund, Denmark, and no copy of
course
or any part
thereof may
be
reproduced for
any purpose whatsoever by any printing or duplicating or Photographic
or other method
without
written permission
obtained in advance from the publishers.
Det Berlingske Bogtrykkeri
THE
PREFAZIONE
IL nostro corso « English by the Nature Method » ha suscitato enorme interesse in tutta l’Europa Occidentale, sia fra i linguisti, sia tra le persone desiderose di imparare l’inglese. Gli studiosi hanno ammirato in esso una felice applicazione pratica dei principii che informano la più moderna scienza linguistica. Il gran pubblico ha apprezzato senza riserve la novità del metodo e gli eccezionali risultati che con esso si raggiungono. Dal 1945 ad oggi, più di 850.000 persone hanno imparato l’inglese col « Metodo Natura ». Un tale successo ci ha indotti a insegnare altre lingue con lo stesso procedimento. Così sono nati il corso di francese « Le Francais par la Méthode Nature », il corso di latino « Lingua Latina secundum naturae rationem explicata », ed esce ora « L’Italiano secondo il Metodo Natura ».
Questo non è un atto di fede nei destini dell'italiano; è piuttosto la concreta risposta a una esigenza fortemente sentita in tutto il mondo, e specialmente nei paesi anglosassoni, dove l’interesse per l’italiano e per l’Italia è vivo e molteplice, assai più di quanto gli italiani stessi non immaginino. L’elaborazione di questo corso ha richiesto alcuni anni di assidua fatica da parte di un gruppo di specialisti di lingua e cultura italiana, molti dei quali erano particolarmente versati anche nei problemi pratici dell’insegnamento dell’italiano agli stranieri. Tali specialisti hanno collaborato per il collaudo di ogni sua parte, compito specialmente delicato poiché si era trattato di creare un vero e proprio « romanzo » inedito entro i limiti di un vocabolario prestabilito e secondo le ferree esigenze del « Metodo Natura » per l’introduzione di voci e forme grammaticali nuove. III
PREFAZIONE
Il lavoro si è svolto sotto la costante direzione di ARTHUR M. JENSEN, il creatore del « Metodo Natura », a cui spetta dunque la piena responsabilita per la rigorosa applicazione di tale metodo nel presente corso. Cid non diminuisce in alcun modo la nostra profonda riconoscenza a tutti gli studiosi che hanno lavorato alla preparazione e al collaudo del corso, e specialmente a OLEG KOEFOED, cui si deve la stesura del detto « romanzo ».
Per la pronuncia e la trascrizione fonetica, Arthur M. Jensen ha adottato il sistema di segni stabilito dall’ « Association Phonétique Internationale » e si è fondato su « Pronuncia e grafia dell’italiano » (2a ed., Firenze 1947) di Amerindo Camilli, del quale è stata preziosa anche la diretta consulenza. Per la parte linguistica hanno fornito un sicuro fondamento le molte opere di Bruno Migliorini, e specialmente l’ultima edizione, da lui curata, del « Vocabolario della lingua italiana » di G. Cappuccini (Torino, 1958). È appena il caso di avvertire che alcune apparenti incongruenze della trascrizione sono invece frutto di un meditato esame; per esempio, non si nota l’accento se esso cade sulla penultima sillaba, e tuttavia si è indicato anche in molte parole piane per cui l’esperienza didattica assicura che, specie in certi paesi, l’allievo tende a dimenticare la norma e a dare un’accentuazione sbagliata.
Non ci resta che esporre per sommi capi i principii fondamentali del « Metodo Natura », validi per l'insegnamento dell’italiano come per quello di qualsiasi altra lingua.
Il vocabolario che l’allievo acquisisce col «Metodo Natura » consta di circa cinquemila parole, che comprendono non solo le più frequenti del lessico italiano, ma anche molti vocaboli necessari per avvicinarsi alla cultura italiana. A tal fine, ricerche originali hanno permesso di modificare e integrare i noti elenchi lessicali di T. M. Knease(« An Italian Word List from Literary Sources »), di Bruno Migliorini (« Der grundlegende Wortschatz des Italienischen »), ecc. È statisticamente provato che questi cinquemila vocaboli costituiscono all’incirca il 90-95 % di IV
PREFAZIONE
tutte le parole che si incontrano in un testo italiano di media diffcoltà: perciò il nostro corso porta l’allievo a un grado di maturità linguistica che gli consente di leggere e di comprendere da sé i testi di italiano corrente. Le parole nuove sono introdotte gradualmente, alla media di una per ogni 25-30 parole già note, e ricorrono in contesti che escludono ogni ambiguità di interpretazione: perciò il loro significato risulta chiarito dall’insieme dell’espressione e viene assimilato in modo naturale, nel tessuto di un discorso di senso compiuto. La ripetizione costante dei vocaboli in contesti sempre opportunamente variati permette all’allievo di afferrare senza sforzo l'ampiezza semantica del vocabolo,
di associazione
con altri vocaboli, il
qualsiasi apprendimento
meccanico, affidato a
le sue varie possibilità
suo colorito stilistico (è appunto per questa indispensabile ripetizione che il nostro corso consta di un testo molto più lungo e variato di quelli che solitamente si fanno leggere ai principianti). In tal modo,
si esclude
un puro sforzo mnemonico che non ha alcun riscontro nel processo con cui si impara la lingua materna. Anche le nozioni grammaticali vengono introdotte gradualmente, secondo gli stessi criteri che regolano la comparsa dei nuovi vocaboli.
Ne consegue che il nostro testo, dalla prima all’ultima pagina, « si spiega immediatamente da sé » e può così venire assimilato dagli allievi senza mai ricorrere all’intermediario della lingua materna. Anzi, chi studia col «Metodo Natura» è costretto fin dal principio a prescindere dalla sua lingua materna e si abitua a pensare direttamente in italiano, secondo schemi sempre più vasti e complessi, ma sempre genuinamente italiani. È appunto questa la novità essenziale dei nostri corsi, apparente-
mente non dissimili da altre applicazioni del metodo diretto, e che giustifica il nome di « Metodo Natura » per un procedimento che riproduce le condizioni in cui qualsiasi essere umano impara per pratica V
PREFAZIONE
la propria lingua materna (l’aspetto innaturale del nostro metodo con-
siste, se mai, nel creare tali condizioni secondo un calcolo prestabilito,
in modo da portare l’allievo a una conoscenza sistematica con un minimo sforzo e senza dispersione di energie).
L’amplissima trascrizione fonetica, semplice e precisa, elimina ogni possibilità di dubbio e permette una rapida e sicura acquisizione della pronuncia di ciascuna parola nel vivo dell’espressione compiuta.
I testi presentano la lingua dell’uso quotidiano fra le persone colte. In altri termini, pur nel rispetto di una tradizione grammaticale in cui si sostanzia il corretto uso della lingua, essi tengono conto di tendenze e correnti ormai affermatesi o comunque vivamente sentite nell’italiano contemporaneo e rispecchiano, quando ciò è oppottuno, la varietà e vivacità sintattica della lingua parlata. Noi ci auguriamo che « L’Italiano secondo il Metodo Natura » abbia lo stesso successo dei corsi che lo hanno preceduto e possa contribuire in tal modo alla sempre maggiore diffusione della cultura italiana, che è una delle pietre angolari della civiltà occidentale. GLI
VI
EDITORI
Capitolo
uno
(1)
Capitolo
LA FAMIGLIA
Teresa
un
bambino
un bambino
“
Rossi
Rossi
una bambina
bambina
una
un uomo
DI
Carlo
Rossi
è
un
uomo.
Teresa
Rossi
è
una
donna.
karlo
rossi
€
un
mwo:mo.
tere “ga
rossa.
€
una
donna.
Bruno
è un
bambino.
bru:no
e um
bambi:no.
.
DI
una
bambina.
Anche
u:na
bambi:na.
ayke
sono
Pietro
ppje:tro so:no
due
duce
.
| un uomo una
donna
e | un bambino una bambina €
Pietro
DI
è un
bambino.
Maria
pje:tro
e um
bambi:no.
mari:a
Pia
è
una
bambina.
Bruno
e | Bruno è
pica e
u:na
bambi:na.
bru:no
e | sono...
Maria
bambini.
marisa
bambi:ni.
(I)
ROSSI
_ Carlo
una donna
primo
Pia
e
sono
e ppisa so:no
DI
Bruno
e
...
Pietro
due | un (1) bambino
duce | 9°
(2) bambini
una (1) bambina due (2) bambine
bambine.
bambi ne
È
un
bambino
Pietro?
Si,
Pietro
è
un
bambino.
e
um
bambino
pje:tro?
si,
pje:tro
e
um
bambi:no.
a
Capitolo
1
Anche
Bruno
è un
bambino.
È
una
bambina
Maria?
agke
bru:no
€ um
bambi:no.
€ u:na
bambi:na
mari:a?
Sì, si,
Maria marisa
è €
Pietro? Si, Ppje:tro? st,
è : Teresa Rossi è
bambina. bambi:na.
Bruno bruino
Maria
bambi:ne
marisa e ppi:a? si,
un um
e Pia?
bambino bambi:no
Sono so:no
e Pietro e ppje:tro
bambine
È e è : Carlo Rossi è
una una
sono so:no
Si, Maria
Carlo karlo
Bruno bruno
bambini. bambi:ni.
e Pia
marisa
Rossi? rossi?
bambini bambi:ni
e e
Sono so:no
sono
bambine.
e ppisa so:no
bambi:ne.
No, no,
Carlo karlo
Rossi rossi
non non
è e DI
un
bambino;
è
un
uomo.
È
una
bambina
Teresa
um
bambi:no;
€
un
wo:mo.
e
una
bambi:na
tere:za
è una € una
bambina; bambi:na;
e una E u:na
Rossi? rossi?
No, no,
DI
Teresa fere:za
Rossi rossi
non non
DI
DI
donna.
donna.
tre = 3
bambini bine =
e bambambini
quattro = 4 Carlo e Teresa Rossi = Carlo Rossi e Teresa Rossi
Un
bambino
e
una
um
bambi:no
e una
bambina
sono
due
bambini.
Due
bambina
sono
duce
bambi:ni.
due
bambini.
bambini
e una
bambina
sono
tre
bambisni
e una
bambi:na
so:no
tre bbambi:ni.
e due e ddu:e
bambino bambi:no
bambine bambine
Bruno,
so:no
tre
bbambi:ni.
bruno,
sono
quattro
bambini.
bje:tro,
marisa
e ppisa
sosno
kwattro
bambi:ni.
so:no
una
una
Rossi, rossi,
Bruno, bruno,
Pietro, pje:tro,
la
famiglia
Rossi.
famiglia:
famiXKa
um
bambini.
e Pia
sono
aygke
tre
Maria
e Teresa e ttere:za
un
sono
Pietro,
Carlo karlo
Anche
: la famikKa
rossi.
Maria marisa Carlo
karlo
e Pia e ppt:a Rossi
rossi
e
DI
€
Capitolo
Pietro pjestro
Bruno bruno
e Pietro. e ppje:tro.
seconda
sekonda
le
fikta.
è la prima figlia, e lla prisma fikKa,
Maria marisa
figlia. Le
due
due
il 1° figlio
Bruno
bruno
Rossi rossi
Rossi
so:no marisa
fikKe
rossi
il 2° figlio
figlio
e {fikko
è figlio di Carlo e ffikKo di karlo
sono so:no
Pia è la pisa € Ua
e Pia.
la 12 figlia
di
di
Carlo
e ppi:a.
karlo
Rossi. rossi.
e Pietro, sono figli di Carlo e ppje:tro, so:no fiAKi di karlo
rossi.
I due î duce Rossi. rossi.
Anche
Pietro
bambini, bambi:ni,
Bruno bruno
agke
primo
secondo
la madre la figlia
=
il figlio i figli
=
1°
pje:tro
Il primo figlio di il pri:mo fikio di
Carlo Rossi è Bruno, il secondo figlio è Pietro. Bruno karlo rossi € bbru:no, il sekondo fikLo e ppje:tro. bru:no
2°
la figlia lefiglie
il secondo la seconda
la 22 figlia
Rossi.
il padre il figlio
il primo la prima
la madre
NI
è
Maria
figlie sono
il padre
7
I -due figli i duce fikXi
figlio. fikko.
secondo sekondo
il il
è e
figlio, fio,
è il primo e il pri:mo
Bruno bruno
Rossi è la madre. rossi e lla ma:dre.
il padre. Teresa il pa:dre. tere:za
I
Capitolo
1
e Pietro
sono figli anche
e ppje:tro so:no fkKi bini
sono
bi:ni
sono fihAi di
karlo
e ttere:za
rossi.
Carlo
Rossi.
kRarlo
di Carlo
di karlo
Le
rossi.
due
La
rossi.
la
è Maria, la seconda E mmari:a, la sekonda anche
fake
di
ayke
figlie di Carlo
fikke
di
Quanti
kwanti
quanti figli? quante figlie?
so:no
e Teresa
Rossi.
e ttere:za
rossi.
tere:za
i figli
di
i fikti di
rossi:
Carlo
le
le
sono
di Carlo
Rossi
e ppi:a, so:no
di
due
karlo
rossi?
karlo
rossi
e Pia sono e ppi:a so:no
bambine
due
Rossi?
di
sono
bambi:ne
I figli
so:no
di
Carlo
i fikKi di
karlo
Rossi sono due. Quante
sono le figlie? Anche
le figlie
rossi
so:no duce.
somo
le fikke
sono
due.
figli
e due
sono figli e figlie = figli
karlo
sono
Rossi:
figlia
Pia,
è Pia. Maria € ppisa. marisa
Teresa
di
figlia
prisma fikKa
figlia fikka
e
marisa
prima
bam-
pica e ffikta di
Maria
bambine,
bam-
i duce
Pia è
ayke
bambine,
Rossi.
karlo
Anche
rossi.
due
le
di Carlo
di
Rossi.
i due
rossi: Rossi.
e ffik4a
figlie
tere:za
e Teresa
marisa
fikake
di
Carlo
è figlia
figlie
ayke
Rossi:
di
Maria
figli
di Teresa
duce.
kwante
karlo
rossi
figlie
SALI e dduse fikie Carlo
kkarlo
Rossi?
rossi?
ha
Rossi
Carlo
Carlo
karlo
due
ayke
figli e due
figlie.
a ddu:e fikKi e dduse fikre.
sono
sosno
le fikte?
quattro
figli.
kwattro fikKi.
Rossi
rossi
ha
a
quattro
Quanti
figli
kwanti fikki figli:
kkwattro fiAKi:
Due
due
ha
a
Bruno,
bru:no,
Pietro, Maria e Pia. Quanti figli e quante figlie? Due bje:tro, marisa e ppi:a. kwanti fikti e kkwante fikte? duce
Capitolo
figlie.
e due
figli
PALI
e dduse fikte.
hanno
Carlo
e Teresa | Carlo Rossi ha...
kwanti
fikti
anno
karlo
e ttere:za | Rossi hanno ...
kwattro
anno
rossi
Carlo
quattro
hanno
Rossi
e ttere:za
karlo
rossi?
figli
Teresa
e
Carlo
Rossi?
Quanti
figli.
I
fili.
i
quattro
bambini,
Bruno,
Pietro,
Maria
e
Pia,
sono
kwattro
bambi:ni,
bruno,
pje:tro,
marisa
e pptia,
so:no
figli
di Carlo
Carlo
Rossi
è il padre
di Bruno,
di Pietro,
di Maria
karlo
rossi
e il pa:dre
di
di pje:tro,
di
fiaKI
e
di
karlo
e ddi pisa.
Pietro, pje:tro,
Maria martia
e ttere:za
ki
e ppisa.
Sono
rossi?
so:no
madre
di
Bruno,
di
ma:dre
di
bruno,
di
Chi sono ki sso:no
Bruno
bru:no
i due figli i duce fikki
di di
e Pietro. Chi sono | sono:
e ppje:tro. ki sso:no | 8°P°
e Teresa Rossi? . e ttere:za rossi?
e il pri:mo fikho,
è la seconda figlia, e lla sekonda fikta,
è il padre di Bruno?
e il pa:dre di bruno?
di Bruno?
di bruno?
bruno
e lla
mari:a
Sono sono
Maria . mari:a
Chi è il primo figlio, Bruno o Pietro? È Bruno.
e Pia.
Bruno
la
è
e di Pia. e ddi pisa.
le due figlie di Carlo . le duce fikie di karlo
Chi ki
bruno,
rossi
Carlo e Teresa Rossi?
karlo
rossi.
Rossi
tere:za
di di
Rossi.
e tfere:za
Teresa
Pia.
di
e Teresa
è
e
È Teresa
e ttere:za il fratello
il fratello
Maria marisa
e kkarlo
o Pia? 0 ppisa?
È Pia. e ppisa.
Chi ki
rossi.
e kki e la ma:dre
Rossi.
rossi.
Pietro.
di pje:tro.
i due figli
sono : le due le son 8 ° chi è ...?
bru:no 0 ppje:tro? e bbru:no, | SP) SONO ...?
È Carlo Rossi. E chi è la madre
di
e Teresa
Pietro
pje:tro
è
il fratello
e il fratello
di
di
I
Capitolo
1
Bruno. Bruno e Pietro sono fratelli. Maria è la sorella bru:no. bruno e ppje:tro so:no fratelli. marisa e Ha sorella di
Pia.
Pia
è
la
Maria
e
sorella
di
marisa.
marisa
e ppi:a so:no
pisa € lla
sorelle.
Maria
sorelle.
marisa e ppisa so:no
e Pia
sono
Pia
le sorelle
di Bruno e
le
di
sorelle
bruno
sono
Pietro.
e ppje:tro.
Bruno
e Pietro
i fratelli
di
Maria
e Pia.
bru:no
e ppje:tro so:no î fratelli
di
maria
e ppi:a.
sono
uno, una due tre quattro
Bruno,
uno
a
bbruno,
u:no 0 dduce? bruno
di Bruno? di bruno?
kwante
sorelle
a ppi:a, una
Chi
rella.
ki
è la
ha
un
fratello.
a
um fratello.
Chi
è
ki
e
Il fratello di Bruno è Pietro. il fratello di bruno e ppje:tro.
ha
Pia,
una
o due?
Pia
0 ddu:e? pisa Pia?
ha
una
so-
a
una
so-
sorella
di
e Wa
sorella
di pisa?
Quante
sorelle
ha
Pietro,
sorelle
a
ppje:tro, du:e 0 ttre?
mmarica. kwante
e
Bruno
sorelle
Maria.
: Pietro ha
o due?
Quante rella.
kwanti fratelli
a mmari:a? a ddu:e fratelli.
ha
il fratello il fratello
hanno : Maria Pia hanno
Maria.
di pisa.
kwanti fratelli
ha
di
Quanti fratelli ha Maria? Ha due fratelli. Quanti fratelli
ha : Maria ha
1= 2 = 3= 4 =
sorella
sono
e Maria
La
sorella
la
sorella
due
fratello
di
Pia
è
di pisa €
o tre?
Ha
due
a
ddu:e
e sorella.
Quanti
e ssorella.
kwanti
sorelle.
Pietro
sorelle.
pje:tro e mmari:a so:no fratello
fratelli
hanno
Maria
e Pia?
Hanno
due
fratelli.
Chi
fratelli.
anno
marisa
e ppisa?
anno
due
fratelli.
ki
sono ssono
i due fratelli di Maria e Pia? i duce fratelli di marisa e ppisa? Maria
Pietro.
Bruno
è fratello
di
ppje:tro.
bruno
e ffratello
di marisa
Sono sono
Bruno bruno
e Pia.
Anche
e ppi:a.
ayke
e e
Pie-
pje:
Capitolo I
e Pia.
è fratello
di
Maria
tro e ffratello
di
marisa
e ppi:a.
Pietro?
Bruno
e
tro
e
Bruno
bruno
e ppje:tro?
bruno
Quante
sorelle
hanno
kwante
sorelle
anno
Pietro
hanno
due
sorelle.
anno
due
sorelle.
e ppje:tro
Chi
sono
le
due
sorelle
di
Bruno
e
Pietro?
Sono
ki
sso:no
le
duce
sorelle
di
bruno
e ppje:tro?
so:no
Maria marisa
e Pia. Maria e ppisa. marisa
è sorella e ssorella
di di
Bruno bruno
Anche
Pia
e
Pietro.
ayke
bambi:ni
karlo
sorella
di
sono
fratelli
e sorelle.
pica
bambini Carlo
è
e
sono
ssorella
Bruno
di
fratelli
bruno
e
e Pietro. e ppje:tro. I
quattro
e ppje:tro. i kwattro
ssorelle.
Rossi
è il marito
di Teresa
Rossi.
Teresa
Rossi
rossi.
e il mari:to
di
rossi.
tere:za
rossi
tere:za
è la moglie di Carlo Rossi. Carlo e Teresa Rossi sono
e lla moXKe di karlo
marito
mari:to
Carlo
karlo
Carlo
karlo
Maria marisa
e moglie.
e mmoXke.
e Teresa
e ttere:za
e Teresa
e ttere:za
rossi.
Quanti
karlo
figli
kwanti fikti
Rossi?
rossi?
Rossi
rossi
Hanno
anno
e ttere:za
rossi
so:no
e quante
figlie
hanno
due
e due
figlie.
e kkwante figli
duce fikKi
sono i genitori
fikKe
e dduse fixe.
di Bruno,
so:no i dzenito:ri di
e Pia. I genitori sono il padre e ppisa. î d3enito:ri so:no il pa:dre
anno
e lla
mokke
di Carlo
di
karlo
Rossi?
rossi?
È Teresa
e ttere:za
e
Pietro,
bru:no, pje:tro,
e la madre. e lla ma:dre.
Chi è il marito di Teresa Rossi? È Carlo Rossi. Chi ki e il mari:to di tere:za rossi? e kkarlo rossi. ki è la moglie
hanno : Carlo Teresa Rossi hanno
Rossi.
rossi.
i genitori = il padre e la madre
Capitolo
1
Chi ki
sono sso:no
Teresa
Bruno bruno
Rossi.
ttere:za
e Pietro? Sono e ppje:tro? somo
Chi
rossi.
sono
ki
sso:no
di Carlo e Teresa di karlo e ttere:za i genitori sono
anche
sono
la
la
bru:no
di
figli
due
i
fikki
î due
ma:dre,
Carlo
e
e
le fikke
Rossi rossi
sono so:no
e Teresa
Rossi
Pia.
due
il pa:dre,
figlie
sono
una
so:no
fikke
due
We
rossi
Il padre,
e ddi pisa.
le
e e
le figlie
e ttere:za
e di
marisa
Carlo karlo
sono
e Teresa e ttere:za
Maria
di
di di
Sono
e ddi pje:tro. karlo
i ds5enito:ri
madre,
Carlo karlo
di Pietro.
i genitori
agke
e Pia?
marisa e ppisa?
Rossi. rossi.
di Bruno e
i dzenito:ri di
Maria
i figli î fikti
una
famiglia.
famikia. Chi
è
Carlo
ki
e kkarlo
Rossi?
È
il marito
di
Teresa
Rossi
e il
rossi?
e il mari:to
di
tere:za
rossi
e il
Bruno,
Pietro,
Maria
e Pia.
Chi
è Teresa
pje:tro,
marisa
e ppisa.
ki
e
e
la
madre
di
e
lla
ma:dre
di
padre
di
Rossi?
E
la
moglie
di
Carlo
Rossi
rossi?
€
lla
mothe
di
karlo
rossi
Bruno,
Pietro,
Maria
e Pia.
Ha
bru:no,
pje:tro,
marisa
e ppisa.
a
pa:dre
di
Sì, Bruno si, bruno
bruno,
un
fratello
um fratello
ttere:za
Bruno?
bruno?
ha un fratello. Ha fratelli Maria? Sì, Maria a fratelli mari:a? si, mart:a a um fratello.
ha due fratelli. Ha
due
sorelle Maria?
No,
Maria
non
no,
marisa
non
a
ddu:e fratelli.
a
ddu:e sorelle
marisa?
ha
due
sorelle;
ha
una
sorella
e due
a
ddu: sorelle;
a
w:na
sorella
e dduce fratelli.
fratelli.
Capitolo
ESERCIZIO
un
una
A.
il
la
i
le
Carlo Rossi è — uomo. La moglie di Carlo Rossi è — donna, Bruno è — bambino. Pia è — bambina. Chi è — padre di Maria? E chi è — madre di Maria? — genitori di Maria sono Carlo e Teresa Rossi. Maria è — sorella di Pia. Pietro è — fratello di Bruno. Bruno e Pietro
sono
—
fratelli
di Pia.
Pia
e Maria
sono
—
sorelle di Bruno.
bambino
bambina
bambini
bambine
Il fratell- di Bruno è Pietro. Carlo Rossi ha quattro figl-. Bruno, Pietro, Maria e Pia sono quattro bambin-. La sorell- di Pia è Maria. Pia e Maria sono figli- di Carlo Rossi. Bruno ha due sorell-, Pia ha due fratell-.
PAROLE: bambino, bambina, donna famiglia figlio
figlia
fratello genitori madre marito
moglie padre sorella uomo primo, -a secondo, -a è sono ha hanno uno, -a due tre
è
ha
sono
hanno
Carlo Rossi — il marito di Teresa Rossi. Carlo e Teresa Rossi — quattro figli. Bruno — un fratello e due sorelle. Pia e Maria
—
due fratelli. I fratelli di Pia —
e Pietro. Pietro —
il fratello di Bruno.
Bruno
-i -e
quattro un una il la i le anche di e
I
Capitolo
1
no
ESERCIZIO B.
non O sì
Pietro
chi? tie? uanti, -e?
I — ,
4
è un (4)
di Carlo
Rossi.
—.
Pia
bambini e —
Carlo
Teresa
è una
—.
Teresa
Rossi
i genitori sono una —. mia | Rossi.
e Teresa
Pia
Rossi
è —
hanno
di
è una Pietro
Carlo
—. è —
e Teresa
quattro —.
Pia ha
due — e una —. Carlo e Teresa Rossi sono i — di Pietro.
Carlo
Rossi
è il —
Carlo Rossi è il —
e Teresa
Rossi
è la —
di Pietro.
di Teresa Rossi e Teresa Rossi è la
— di Carlo Rossi. Carlo Rossi è un —. Pietro ha —
(2)
bambini.
Pia
il —
(1°)
sorelle.
è la —
Pietro,
(2°)
Bruno
e Pia sono —
figlia di Carlo
Rossi.
(3)
Bruno è
figlio di Carlo Rossi. Bruno è fratello — Pia. — Pietro è fratello di Pia.
ESERCIZIO C. Quanti
sono
i fratelli
di Pia?
....
Chi è il padre di Pia? .... Chi è la moglie di Carlo Rossi? .... Quante figlie hanno Carlo e Teresa Rossi? .... Chi sono le figlie di Carlo e Teresa Rossi? .... Quanti figli ha Teresa Rossi? .... Ha due sorelle Pia? .... È fratello di Bruno Pietro? .... È una bambina Maria? .... Hanno tre figlie Carlo e Teresa Rossi? ....
10
Capitolo
(2)
due
Capitolo
CITTÀ
secondo
(II)
E PAESI
e Parigi me
l’Europa
‘Francia
Roma
roma
è
DI
e
e ppari:dzi so:no
milano
agke
tfitlta.
u:na
città
d’Italia.
sono tfit\ta dd ita:lia.
l’Italia lita:lia paesi
la
è un paese. e um pale:ze. d'Europa.
paleszi desir:pa. sono
La
paesi
La la
Anche
= ayke
Francia
frantfa
Francia frantfa la
la
è
e
paese.
un
Anche | d’= di
um pale:ze. e l’Italia e Wita:lia
Germania
dzerma:nia
e
e
due città
e Roma e rro:ma
Milano mila:no
città. Parigi è una città di Francia. tfitlta. pari:d zi e u:na tfit\ta ddi frantfa. I
sono
sono | una città
Parigi
e
Milano
Anche
città.
una
sono so:no
ayke due | ’ due
=la
l'Inghilterra | un paese
Il iygilterra
| Te PASS
d'Europa.
sono pale:zi d europa.
11
Capitolo
2
italiana italiane
una due
citta citta
una due
bambina bambine
una due
citta francese citta francesi
un paese due paesi
ddita:lia: e
w:na
tfit\ta
italia:na.
Roma
e Firenze
ro:ma
una
e una città
e ffirentse città
tfit\ta ddita:lia,
e
una
roma
tfiflta
Firenze
e
e ffirentse una una
Roma
roma
due
ha
ddue
a
città
e
ffirentse
non
sono
tfit\ta
di
milioni
di
milioni
ddiygilterra:
e ucna tfit\ta sono
sono E
Roma
e
Firenze?
roma
e
ffirentse?
cose
Parigi?
Anche
un um
paese. pale:ze.
e kkose ppari:d5i? ayke
Cos'è kos e Anche ayke
città d’Inghilterra:
è una I
so:no tfit\ta.
cos’ è? kos e?
pari:dzi e u:na sono
città.
città. tfitlta.
una
non
ko:sa
sono
frantfa.
è
Firenze
Cosa
ingle:se.
Parigi
DI
e
londra
inglese.
Francia.
ddi
italiane. Londra
città
una
ma
milano
ffrantfe:zi, ma italia:ne. è
di
Milano
francese.
tfit\ta ffrantfe:ze.
dI
ma
non
italiane. pari:dzi non
duce tfit\ta
so:no
Parigi
italiane.
città
due
sono
d’Italia,
E la Francia, e la frantfa,
È e
lTItalia? UWita:lia? la Francia la frantfa
è un paese. e um pale-ze. DI
Napoli
abitanti.
‘na:poli
abitanti.
ha
a
un
um
milione
di
abitanti.
Due
milioni
di
abitanti
sono
milto:ne
di
abitanti.
due
milioni
di
abitanti
so:no
un
milione
di
abitanti
sono
um
milio:ne
di
abitanti
Anche
molti
abitanti.
molti
abitanti.
molti. molti.
Una città che u:na tfitita kke
grande.
Egrande. 12
tfit\ta
una
Parigi è pari:dzi e
due milioni = 2.000.000
italiana.
€
DI
un milione = 1.000.000
città
roma
Roma cos’ = cosa
una
una
francesi, ma
l’Italia italiano la Francia francese l’Inghilterra inglese
è
è
è
-1
d'Italia:
Roma
DI
-e
città
“
Da
Roma
ro:ma
ayke
è una
ha molti abitanti a mmolti abitanti città grande.
€ una tfitita ggrande.
Anche
ayke
so:no
è una città e w:na tfit\ta DI
Napoli,
‘na:poli,
che
ke
Capitolo II
ha un milione di abitanti, è grande.
a
um
ha
a
ma
ma
milio:ne di
soltanto
abitanti,
mille
ssoltanto
o
mille
piccola.
‘ppikkola.
© ggrande.
duemila
fraska:ti
DI
è
una
città
e
una
ha
Frascati?
Frascati
abitanti
a
ffraska:ti?
fraska:ti
sono
sono
pochi.
so:no po:ki,
Una
po:ki.
città
ha
ma
ha
una tfitlta kke
città piccola. Roma
a
e Milano
è
non
grande,
mille = duemila
Quanti
piccolo «> grande
€ ggrande,
piccola.
kwanti
diecimila
abitanti.
a ddjetfU\mi:la
abitanti.
anche diecimila
abitanti
ayke
che
non
DI
tfit\ta \ppikkola.
Mille abitanti sono pochi, ma
abitanti
ma u:na tfit\ta kke
abitanti
abitanti
mille
una città che
abitanti
o ddue\mi:la
Frascati
Ma
djetfi\mi:la abitanti
pochi
abitanti
ppo:ki
è una
abitanti
sono città grandi.
sono
e ffraska:ti
citta piccole.
lita:lia,
ssoltanto
piccolo.
Ibikkolo. piccoli,
che
ha
molti
ke
a
molti
grande. grande.
ke
milioni
a
di
abitanti,
ttfigkwanta
è
milio:ni
di
abitanti,
e um
Svizzera,
che non
la
cinque
tfigkwe La
la
ma
\gvittsera,
milioni
frantfa
paesi
di
milio:ni
Francia
e
ke
di la
nnon
e lla d3zerma:nia
grandi.
Ipikkoli, ma ppale:zi grandi.
In
im
Francia
frantfa
I
ha cinquanta,
piccolo piccola lerande
un
, piccoli piccole \ grandi
due due
paesi piccoli citta piccole
due paesi due citta
cinquanta
grandi grandi
50
ma
a ttfigkwanta, ma
abitanti, abitanti,
Germania
molti
Assisi
cinquanta
pale:ze grande.
un paese grande una città grande
ha
La
pochi
e w:na
che
paese grande. soltanto
paese
so:no tfitlta ‘ppikkole. um pale:ze
abitanti è un paese abitanti e um palese L'Italia,
Un
diecimila = 10.000
un paese piccolo una città piccola
tfit\ta \ppikkola. ro:ma e mmila:no so:no tfit\ta ggrandi. assi:zi e Frascati
1000 = 2000
è €
DI
non
non e
un
paese
um
pale:ze
sono
paesi
cinque = 5
so:no palezi in
e in
Germania
d3zerma:nia 13
Capitolo
2
quaranta
=
40
quarantacinque
= 45
ci
sono
molti
tft so:no
molti
cinque
9
ec’ =
=
70
ci
c'è un milione ci sono due
milioni
in Italia in Francia
a Roma a Parigi
milio:nt
e
abitanti,
tft so:no
in
e in
kwaranta-
Germania
ci
sono
sono
d3zerma:nia tfi so:no
Quanti
settanta
abitanti
milio:ni
ci
di
abitanti.
kwanti
abitanti
tfi so:no
a Napoli? a ‘ana:poli@ Roma
A a
Napoli c’è un ‘nna:poli tf e um
ci sono
due
milioni
milione milione di
di di
abitanti.
di
abitanti. abitanti. E
abitanti.
A a
a
Parigi,
rro:ma tft so:no duce
milio:ni
quanti
abitanti
kwanti
ci
sono?
abitanti
A
tt
so:no?
ci
sono
a ppari:dzitfi
cinque
so:no
tfiykwe
Parigi
milioni
di
abitanti.
Quanti
abitanti
milioni
di
abitanti.
kwanti
abitanti
Frascati
ha
soltanto
diecimila
abitanti.
fraska:ti
a
ssoltanto djetf{i\mi:la
abitanti.
famiglia
Rossi
famikia
rossi
sta
Italia:
italia:
è
un
italiano,
x
e
Frascati?
una
famiglia
uma
Teresa
tere:za
italia:no,
wun
e
ha
a
e
in
rossi
karlo
in
e a ppari:dzi,
DI
sta
Rossi
Carlo
ffraska:ti?
famikia
è
Rossi
DI
€
rossi
un’italiana.
Anche
Bruno
e
Pietro
sono
italiani.
un italiana.
ayke
bru:no
e ppje:tro
so:no
îtalia:ni. Pia
Bruno
e
Pietro
sono
bambini
italiani.
Maria
e
bruno
e ppje:tro
so:no
bambini
italiani.
marisa
e ppi:a
sono
bambine
italiane.
I
Rossi
sono
italiani.
Dove
so:no
bhbambi:ne
italta:ne.
î
rossi
sono
italia:ni.
dozve
sta la famiglia
sta lla famikia 14
abitanti,
quaranta-
abitanti.
italia:na.
glia Rossi
frantfa
sono
di
italiana.
la fami-
di
im
ci
milioni
la
i Rossi =
di
Francia
settanta
La
un’ = una
in
abitanti:
milioni
Itfiyrwe settanta
abitanti:
Rossi?
rossi?
La
famiglia
la famikia
Rossi
rossi
sta in Italia.
sta
în
italia.
Capitolo E
in
che
e
iy
ke
d’Italia
stanno
i
Rossi?
I
Rossi
ttfit\ta ddita:lia
stanno
i
rossi?
î
rossi
città
a Roma.
stanno sStanno
a
II
il bambino sta i bambini stanno il bambino ha i bambini hanno
Tro:ma.
So
vuo
l’Italia
eFrascati lago di Alusne
Sardegna
DI
Gli
abitanti
di
Roma
sono
romani.
Carlo
Rossi
è
un
Ki
abitanti
di
ro:ma
sono
roma:ni.
karlo
rossi
€
un
abitante
di Roma;
è un
romano.
Teresa
Rossi
abitante
di
€ un
roma:no.
tere:za
rossi
ro:ma;
N
e
è una DI
E w:na 15
Capitolo
2
romana.
Bruno
e Pietro sono
bambini
romani,
Maria
roma:na.
bru:no
e ppje:tro so:no bambi:ni
romani,
marisa e
Pia sono bambine
romane.
I romani
ppisa so:no bambi:ne roma:ne.
e
sono italiani. Anche
i roma:ni so:no italiani.
ayke
gli abitanti di Firenze, di Milano, di Napoli sono italiani.
AKi abitanti di firentse, di mila:no, di ‘na:poli so:no italiacni. Ma
gli
abitanti
ma Xk1 abitanti
di Parigi
non
sono
italiani.
di pari:dzi
non
so:no
italia:ni. pari:dzi e
una città francese, una bfitlta ffrantfe:ze,
e gli e AKi
abitanti abitanti
di Parigi di pari:dzi
e
sono so:no
francesi.
Dove
stanno
frantfe:zi.
do:ve
stanno
in
Italia.
Dove
stanno
i
in
ita:lia.
do:ve
stanno
î frantfe:zi? i frantfe:zi
in
Francia.
Gli
abitanti
di
Londra
sono
inglesi.
In
im
frantfa.
Xi
abitanti
di
londra
sono
tgglessi.
ty
che
paese
Londra
è
è
gli italiani?
Parigi
a
Xi
Londra?
DI
Gli
italiani
stanno
italiani?
Li
italiani
stanno
francesi?
I
francesi
“
stanno
Inghilterra.
Gli
28
29
lungo
DI
e nnovembre
otto:bre,
ha solo ventotto
bra:jo
a
sso:lo
ventotto
apri:le
o vventilno:ve
ppju kkorto di dzenna:jo, di martso
di
lungo
è meno
di
e mme:no luygo
di
o ventinove
Feb-
ditfembre.
feb-
giorni.
Febbraio
dzorni.
febbra:jo
e degli
di marzo
più corto di gennaio,
maddzo
di apri:le, DI
e mme:no luggo
braio
di
lungo di dicembre.
è meno
e novembre
ottobre, ventotto = ventinove
ttrenta dzorni, e il me:se
ttren\tun dzorni. maddzo
“
meno
a
altri mesi
eddeXXi altri
me:si
e
deidell
l’anno: febbraio è il più corto dei dodici mesi dell’anno.
anno:
In un mese
ci sono
quattro
in um me:se tfi sono kwattro mana
ci sono
giorni dzorni
della della
ma:na tfi so:no
32
dell anno.
febbra:jo e il pju Kkorto dei \do:ditft me:si
sette
sette
giorni.
d3zorni.
settimana? settima:na?
settimane.
E in una
setti-
settimane.
e in una
setti
si chiamano i
sette
Come
ko:me
I sette i sette
ssi
giorni dzorni
\Rja:mano della della
î sette
settimana settima:na
DI
€
Capitolo
si chiamano:
lunedi,
martedi,
‘Rja:mano:
lunedi,
marte\di,
si
giovedi, dzove\di,
mercoledi, merkole\di,
IV
veve-
Qual é il primo giorno della
nerdi, sabato e domenica.
della
dzorno
ner\di, \sa:bato e ddo\me:nika. kwal e il pri:mo
settimana? Il primo giorno è lunedì. E qual è l’ultimo? settima:na? il pri:mo dzorno e lunedi. e kkwal e ll ultimo? Il settimo e ultimo giorno della settimana è la domenica. | la domenica
Il primo
giorno
comincia
il primo
komintfa
il pri:mo dzenna:jo. il sekondo
.
.
dell’anno
il pri:mo dzorno
è il primo .
dell'anno
gennaio.
.
dzennayo.
il d
Janno
il tre marzo
marzo
dell’anno | il trentun
giorno
Il secondo
omenica
|
L’anno | il primo marzo
,
e il pri:mo
gennaio.
€llado\me:nika.
settima:na
della
il ‘settimo e \ultimo dzorno
dell anno
dzorno
è il due gennaio e il terzo è il tre gennaio. Qual è il e il duse dzenna:jo e il tertso e il tre ddzenna:jo. kwal e il
settimo lsettimo
giorno dzorno
ventesimo liceo)
venite:zimo
di luglio? di lutko?
giorno
dzorno
È il sette luglio. e il sette lulLo.
di marzo?
di martso?
È il venti
e il
venti
Qual kwal
marzo.
è il e il
E qual | venti = 20 ventesimo = 20°
martso.
e kkwal
è il trentesimo e ultimo giorno di novembre? È il trenta | trentesimo = 30°
Ew tren\te:zimo
e \ultimo dzorno di novembre?
e il trenta
novembre.
Quando
finisce
l’anno?
L’anno
finisce
novembre.
kwando
fimiffe
lanno?
lanno
finiffe
.
.
il | finisce+ .
il
comincia
trentun dicembre. Quante settimane ci sono in un anno?
tren\tun
ditfembre.
kwante
Ci sono cinquantadue tft so:no tfigkwanta\duce
i
settima:ne tfî so:no in un anno?
settimane. settima:ne.
E quanti giorni? Ci | cinquantadue e kkwanti dzorni? tfi | T 92 i
a
sono trecentosessantacinque o trecentosessantasel giorni.
so:no
.
tretfentosessanta\tfigkwe
.
o ttretfentosessanta\se:i dzorni.
.
trecento
=
300
| sessanta = 60 t
degue
ta-
36 5 °
33
4
Capitolo quattordici
novanta
=
=
90
14
Due
settimane
sono
quattordici
du:e
settima:ne
so:no
kwat\tordit{i dzorni.
novanta
giorni.
novanta
dzornt.
Tre
mesi
sono
tre mme:si so:no
Marzo,
aprile
e maggio
sono
i mesi
della
primavera.
martso,
apri:le
e mmaddzo so:no
i me:si
della
primave:ra.
La
la
primavera
primave:ra
e una
stagione.
I
e una
stadzo:ne.
gioni, e la primavera
L’anno
ha
lanno
a
quattro
e Ha prisma.
sta-
kkwattro sta-
è la prima. La seconda
dzo:ni, e lla primave:ra ’ = la
giorni.
la sekonda
delle sta-
delle
sta-
gioni è l’estate. I mesi dell’estate sono giugno, luglio e
dz0:ni e Westa:te. è me:sì
dell esta:te
so:no dzunno,
lulko
e
agosto. L’estate comincia in giugno e finisce in settembre.
agosto.
lesta:te
ottobre e novembre otto:bre e nnovembre
Settembre, settembre,
stagione
stadzo:ne
komintfa în dzunnoe ffiniffe in settembre.
dell’anno:
l’autunno.
dell'anno : lasitunno.
sono i mesi della terza so:no i messi della tertsa
L’autunno
settembre
e finisce
in dicembre.
settembre
e f{finiffe
in
lattunno
ditfembre.
comincia
komintfa
in
in
La
quarta
e ultima
la
kwarta
e ‘ultima
stagione è l’inverno. I mesi dell'inverno sono dicembre,
stadzo:ne e llimverno. i messi
dellimverno
so:no ditfembre,
gennaio e febbraio.
dzennajo e ffebbra:jo.
L’anno dura trecentosessantacinque o trecentosessantattretfentosessantaJanno du:ra tretfentosessanta‘tfigkwe o da + il = dal a+ il = al
34
sei
giorni:
dal
primo
lsei dzorni : dal pri:mo
gennaio
dszenna:jo
al
al
trentun
tren\tun
dicembre.
ditfembre.
Capitolo
stadzo:ne du:ra
una
stadzo:ne?
una
ducra
me:si
kwanti
di
marzo
al
di
martso
al
ultimi ‘ultimi
giorni d3zorni
di | da + gli = dagli di
mese
La
primavera
dura
dal
tre mme:si. la
primave:ra
du:ra
dal me:se
mesi.
tre mese messe
di giugno. di dzunno.
giugno
agli
ultimi
dura dagli dura dakhi
di settembre.
La
primavera
in
marzo,
e l’estate
comincia
in
tfa im
martso,
e llesta:te
komintfa
în dzunpo.
I Rossi î rossi
non non
komin-
luglio, lulo,
in in
agosto
e settembre
non
stanno
a Roma,
ma
ad Ostia.
agosto
e
non
stanno
a
ma
ad
ssettembre
I Rossi 3
.
rossa
stanno
|
Stanno
i
rro:ma,
ostia.
in
autunno,
in
primavera
e | in autunno
a
in
autunno,
im
primave:ra
€ | d’inverno
rro:ma
,
x
.
i
.
Ma
d’estate
stanno
a
Ostia.
I. Rossi
dd îimverno.
ma
ddesta:te
stanno
a
ostia.
î
ad Ostia dai primi
ostia
rossi
giorni di luglio agli ultimi
dai prismi dzorni di
lulKo alti
i
in primavera
stanno
di set- | da +i= dai
\ultimi di
set-
o ai primi
di ottobre.
Anche
i Benelli
stanno
tembre
o at prismi
di
ayke
i benelli
stanno
Ostia
d'estate.
a
ostia
desta:te.
otto:bre.
I Rossi
î
rossi
vanno
da
Roma
ad
Ostia
il
vanno
da
rro:ma
ad
ostia
il
primo o il due luglio e stanno prismo o il duce lukKLo e stanno
d’estate
stanno
tembre a
| ad = a
a Roma
d’inverno.
ad
| a + gli= agli
giugno.
l’anno: lanno:
tutto tutto
Roma rro:ma
a a
stanno stanno
comin-
la primave:ra
settembre.
‘ultimi di
dzuppo ali cia
L’estate lesta:te
dura
stagione
Una
stagione?
una
dura
mesi
Quanti
IV
| a+i=ai
ad Ostia tutta l’estate. ad ostia tutta lesta:te.
Anche la famiglia Benelli va ad Ostia il primo o il due | va ayke la famikia benelli va ad ostia il pri:mo 0 il duce vanno
30
Capitolo
4
dell’anno, dell'anno,
dove do:ve
mesi messì
dell’anno dellanno
Rossi
va
rossi
Ostia ostia
ad ad
e sta e sta
luglio luXKo
ad
va
stanno stanno stanno stanno
Ostia
ad
tutta tutta
ostia
non
va
ad
Ostia.
nom
va
ad
ostia.
i Benelli î benelli a Roma. a rro:ma.
anche
ayke
e i Rossi? e a rossi? La la
Gli altri Xi altri
signorina sinnori:na
lei il primo
le: il pri:mo
Gherardo Brunotti
mesi messi
E gli altri e AAt altri
l’estate. lesta:te.
Emilia emi:lia
luglio?
No;
lulko?
lei
no; led
Giuseppe Rossi
Il padre del signor Rossi, il signor Giuseppe Rossi, ha
il pa:dre
ottanta = 80 ottantadue =
82
del sin'por
rossi,
il sinlpor
Giuseppe Rossi è vecchio. Un
36
rossi
e wekkjo.
rossi,
a
anni sono molti: il signor anni so:no molti : il sin\nor
ottantadue anni. Ottantadue ottanta\du:e anni. ottanta\du:e
dzuzeppe
d5zuzeppe
un
uomo
wosmo
che ha molti anni
ke
a mmolti anni
Capitolo è vecchio.
e wekkjo.
Una
donna
che
u:na
donna
ke
sso:lo trenta\t{igkwe
Rossi
ha
moglie:
mokte: di
di
e \ddzo:vane, ma mme:no \dz0:vane di su:a
rossi
karlo
tere:za
rossi,
il
sinlpor
padre
Brunotti,
è
brunotti,
e
gerardo
N
vecchio
anche
lui,
ma
meno
vecchio
del
signor
vvekkjo
ayke
lui,
ma
mmeno
vekkjo
del
sin'nor
Giuseppe
Rossi.
Giuseppe
Rossi
ha
ottantadue
anni,
rossi.
dszuzeppe
rossi
a
ottanta'duse
anni,
dzuzeppe
Gherardo
Brunotti
ha
solo
settantatré
anni.
Carlo
gerardo
brunotti
a
sso:lo
settanta\tre
anni.
karlo
e Teresa Rossi sono e tfere:za rossi so:no
giovane
di suo
lddzo:vane di su:o solo
so:lo ma
ma
marito.
è pi E ppju en
ha
quarantadue
anni,
mari:to. lu:i
a
kkwaranta\du:e
anni, le:i
trenta‘tfigkwe.
ddzuzeppe
Teresa Rossi ttere:za rossi
DI
Lui
trentacinque.
Giuseppe
giovani, ma ‘dzo:vani, ma
Rossi
rossi
I padri
i pa:dri è più DI
e ppju
dei
genitori
dei dzenito:ri
vecchio
wekkjo
di
di
-e -e un uomo giovane una donna giovane
il pa:dre
anni.
Gherardo
signor
il
Rossi,
Teresa
kkwarantaldue
a
rossi
karlo
Il
anni.
quarantadue
ha
Rossi
Carlo
dieci venti trenta quaranta cinquanta sessanta settanta ottanta novanta cento
giovane [> vecchio
giovane di sua
Anche Carlo Rossi è giovane, ma meno
agke
è giovane. Di
mmolti anni e \ddzo:vane.
a
nnon
nom
‘dzo:vane,
anni
ha molti
non
giovane,
donna
u:na
e
10 20 30 40 50 60 70 80 90 100
a
rossi
tere:za
donna
una
è
ke
Teresa
è vecchia.
che non
donna
una
vekkja.
la
DI
anni:
donna
Una
vecchia.
a mmolti anni e vvekkja.
e wekkja.
anni:
trentacinque
solo
La
x
non
rossi
tere:za
sinpo:ra
e
non
Rossi
Teresa
signora
è vecchia.
anni
molti
ha
°
IV
sono
sono
Gherardo
gerardo
lei
vecchi,
vekki, Bru-
bru37
Capitolo -10
4
-1
il padre
è'
vecchio
i padri sono
vecchi
il figlio i figli
la primavera
una settimana
ha a
Qual
det
è il più
e il pju due
nonni
duce
nonni
vecchio
e
è
corto
giovane
38
solo
ottanta\duce
anni,
laltro
so:lo
è il più giovane e il pju \ddzo:vane la
dei
il
due
due
signor
nonni?
nonni?
dei
due
è
madre.
dei
duce
e lla ma:dre.
Il
dszuzeppe
meno
il meno
Il più
vecchio
Rossi.
E
il
Giuseppe
dei due genitori? dei du:e d3zenito:ri?
pju
rossi.
wekkjo
qual
e kkwal
La più giovane la pju \ddzo-vane
vecchio
dei
due
nonni
vekkjo
dei
due
nonni
qual è? Il meno vecchio è il signor Gherardo Brunotti. kwal e? il me:no vekkjo e il sinnor gerardo — brunotit.
ESERCIZIO
gennaio febbraio
agosto settembre ottobre novembre dicembre
l’altro
il sin\nor
sabato domenica
aprile maggio giugno luglio
anni,
dei
wekkjo
una stagione lunedì martedì mercoledì giovedì venerdì
marzo
ottantadue
settanta!tre.
dei
un anno l'autunno l'estate un giorno l'inverno un mese un numero
primo pri:mo
settantatré.
kwal PAROLE:
Il il
notti. notti.
A.
vecchio
più vecchio, -a
il più vecchio la più vecchia
meno
vecchio, -a
il meno vecchio la meno vecchia
Il signor Gherardo Brunotti è vecchio, ma il signor Giuseppe Rossi è — vecchio: il signor Gherardo Brunotti è
— — vecchio dei due nonni. Parigi è — — grande città di Francia. Parigi è — grande di Roma. Pia e Pietro
Capitolo
sono piccoli, ma Pietro è — piccolo di Pia: Pietro è — — piccolo dei due. Pia è — — piccola dei quattro bambini, Bruno è — — grande. Il Po è — lungo del Tevere,
il Po
l’Adige
è —
giovani,
ma
Rossi
Carlo
e Teresa
Carlo
del Po.
corto
italiani.
fiumi
dei
lungo
—
è —
sono
Rossi
di Teresa
giovane
è —
Anche Rossi.
è — — giovane dei due genitori.
Carlo Rossi
IV
lungo tutto
ultimo vecchio comincia dura finisce va vanno al al
agli
ESERCIZIO In un —
—,
—,
ci sono
—
—
cembre.
—, > —,> —,9
—, — è un
« Tre»
—} — è —.
dell’anno
dodici —:
3
—
}
Il —
Il — ~~ >
’
dagli
B.
gennaio,
—,
mese è I —
—
dal dai
da
—,
—,
—,
gennaio, l'— è
di-
a dodici
uno
~~ ) ?
—,
sono:
e —. Il primo mese è marzo,
Il —
è febbraio.
il —
è aprile, il — è maggio. Il — e il — sono giugno e luglio, l'— e il — sono agosto e settembre, il — e l'’— sono ottobre e novembre. Il — è dicembre. I mesi hanno — (30) o — (81) giorni. Febbraio ha — (28) o — (29) giorni. In una — ci sono — (7) giorni. I giorni della — L’anno anno
sono: —, —, —, —, —, — —
il —
ci sono —
gennaio (52)
e —
settimane
e —.
il — e —
dicembre. (365)
o —
In
un
(366)
giorni. Ci sono anche quattro —. Le quattro — dell’anno sono: la —, l'’—, l— e ?—. Una stagione — tre mesi. L’anno dura — primo gennaio — trentun dicembre.
I Rossi — ad Ostia il primo luglio e stanno ad Ostia — l'estate. — autunno, —’inverno e — primavera i Rossi stanno a Roma.
dell’ uno
sette otto nove dieci undici
dodici tredici
quattordici quindici
venti ventotto ventinove trenta trentun
trentacinque quarantadue cinquantadue settantatré ottantadue
novanta trecentoses-
santacinque
trecentosessantasei il terzo
il quarto il quinto
39
Capitolo
4
il sesto il settimo Vottavo il nono il decimo
ESERCIZIO
l'undicesimo
il dodicesimo
il ventesimo
Quanti e quali sono i mesi dell’anno? ....
il trentesimo a
Quante
ad ali altri meno più
Qual è il più corto Quanti giorni ha il Quanti giorni sono Quando comincia e
quando:
C.
|
. > e quali sono le stagioni?
....
dei dodici mesi? .... più corto dei mesi? .... tre mesi? .... quando finisce
l’anno?
Dei due nonni, chi è il più vecchio? ....
....
solo .... si? Ros esa Ter e lo Car no han i ann nti Qua di nde gra più quanti anni ha? | Qual è il più giovane dei quattro bambini? ....
40
Capitolo cinque
(5)
Capitolo quinto
(V)
STAGIONI
LE
una casa in un giardino
A Roma, i Rossi a rro:ma,i rossi
stanno stanno
famiglia famikia
Rossi rossi
ha a
Rossi
non
on
Ostia ostia
la la
gran
giardino.
gran di di
Ostia ostia
agosto
agosto
sono sono
dzardi:no.
tutti tutti e
e
I
i
i mesi i messi
settembre.
molti . molti
rossi
ssettembre. alberi. . ‘alberi.
in una casa grande, in u:na ka:sa grande,
in in
casa piccola ka:sa ‘pikkola
una una
non
ma ma
stanno
stanno
dell’anno, dellanno,
ma ma
nella
nella
loro
ad | gran = grande ad | 44434 mesi un uy
lo:ro ka:sa
solo in sso:lo in
luglio, luXdXo,
gran
nel
giardino
gran
dei
dzardi:no
Rossi
ci
dei
rossi
tfi
tutti gli . tutti XKi
.
alberi . Valberi
inin ++ illa =nel = nella
casa
Nel Non non
i dodici mesi
sono so:no
alti: . alti:
albero
alto
albero
basso
41
Capitolo
5
gli alberi più grandi : gli alberi che sono più grandi di tutti gli altri
ci: ad
Ostia
alcuni
alberi
sono
alti,
altri
sono
bassi.
E
la
alku:ni
‘alberî
so:no
alti,
altri
so:no
bassi.
e
lla ka:sa,
è alta
o bassa?
La
casa
è alta,
ma
meno
alta
degli
e alta
o
la
ka:sa
€
ma
mme:no
alta
dekki
alberi
più
del
giardino
sono
del
dszardi:no
so:no
lalbert
più
bbassa?
alti
pj4
grandi.
pju ggrandi. del
alti
del
casa.
alti
della
ka:sa.
Quando
mmessi. Rwando luglio : i Benelli
rossi,
dai
stanno
e alku:ni
so:no
ad Ostia i Rossi? ad ostia i rossi?
anche
più
agke
pju
Ci stanno tft stanno
tre tre
Ci
vanno
il
primo
vanno
ad
ostia?
Hi
vanno
il
primo
E
i Benelli,
tutta
tutta
Ci tft
primi
dai
sono
Ostia?
a Ostia? a ostia?
stanno
alcuni
ad
e ttfî stanno
vanno vanno
e
vanno
e ci stanno
lukio
alberi
AKi \alberi
Rossi,
mesi stanno me:sì stanno
alta,
gli
tutti
sin\nor
della
Quanti kwanti
Tutti
signor
alti
mesi.
loro
casa,
prismi
l’estate.
lesta:te.
e i
vanno vanno
d'estate desta:te
giorni
di
dzorni
benelli,
anche ayke
luglio
di
ai
lulbo
ai
quando
kwando
loro lo:ro
e ci ettft
primi
primi
di
di
ottobre. otto:bre.
Nel
gran
una
in
rosa
+ i = nei
42
sono
tifi sono
sono
sono
dzardi:no
gran
nel
ci
giardino anche
altri
altri
ayke
della
della
molte
fiori
fjori
molte
nel
nel
casa
ci sono
molti
molti
ka:sa tft so:no
rose.
rosge.
alberi
e
Valber® e
La
rosa
è
fiore.
Ci
la
ro:za
€ um Îfjosre.
ti
giardino?
dzardino?
Si.
si.
un
Nei
ne
giardini
dzardi:ni
Capitolo V d’Italia
ci
sono
molti
Italia, non c’è ita:lia, non tfe non
ci
non
Ci
sono
molti
tft so:no sono
fiori
molti fjo:rt
molte
tft sono
luglio
molto sole, mmolto so:le,
rose
molte
nel
ro:ze
ci
sono
poche
D'inverno
non
non
ci
tfi so:no
gli alberi
hanno
molti
lukto
tft
sono
dimverno
ALI Valberi molte molte
po:ke
anno
foglie. fo4£e.
Ma ma
nei
rose
dzardi:ni.
in
ro:ze
in
rose.
in
No,
lul£o?
Italia.
E
ita:lia.
ddimverno?
primave:ra,
hanno
e ddesta:te
d’inverno gli alberi ddimverno 4Ki ‘alberi
in
d’inverno?
e
d’estate
in
no,
primavera,
im E
luglio?
in
In
ro:ze.
molti fjo:ri.
in in
D'inverno, dimverno,
giardini.
nei
fiori.
non
e quando c’è poco sole e kkwando tfe ppo:ko so:le
dzardi:no
sono
non
dzardi:no
nel
giardino
nel
e dd esta:te.
giardino
nel
c’è solo poca erba. ttfe sso:lo po:ka erba.
e e
ci sono fiori tft so:no fjosrî
d’estate.
C'è più erba tfe ppju erba
giardino. dzardi:no.
dimverno,
ddimverno.
ke
desta:te
e
primave:ra
D'inverno,
d’inverno.
che
d’estate
primavera
nel nel
erba erba
molta molta
c’è anche tfe ayke
in
molti fjo:ri im
dita:lia tfi so:no E e
fiori
anno
non non
anche
agke
anche
agke
hanno anno
molto poco molto molta molti molte poco poca pochi poche
sole erba fiori rose sole erba fiori rose
ad =0O2 7, if
né ne
fiori né foglie.
ffjo-ri ne ffakhe. Quando kwando
ci tft
Ci
più
sono
tft sono
una foglia
sono so:no fiori
più fiori, in pju ffjo:ri, in d’estate.
pju ffjo:ri desta:te.
Però
autunno atitunno ci
sono
o 0
d'estate? ddesta:te?
fiori
pero ttfi so:no fjo:ri
anche
ayke
però = ma
43
Capitolo
5
in
autunno.
in
attunno.
C’é
molta
erba
d’inverno?
No,
d’inverno
tfe mmolta
erba
dimverno?
no,
dimverno
c'è poca erba. C'è poco sole in luglio, in Italia? No, tf e ppo:ka erba. tf e ppo:ko so:le in lukXo, in ita:lia? no,
in in
luglio lulko
L’erba
c'è molto sole in tfe mmolto so:le in
è verde,
lerba
e in
e vverde,
Italia. ita:lia.
primavera
e d’estate
e im primave:ra
anche
e ddesta:te
agke
le
le
foglie
degli
alberi
sono
verdi.
Ma
in
autunno,
nel
fokke
delki
‘alberi
so:no
verdi.
ma
in
attunno,
nel
mese
messe
di
di
novembre,
novembre,
le
foglie
degli
le foXCe
delki
alberi
non
Valberi
sono
non
so:no
verdi.
Però
l’erba
è
verde
anche
in
autunno
e
verdi.
pe'ro
erba
e
werde
ayke
in
attunno
e
d'inverno.
L’erba
è
verde
tutto
l’anno.
Il
verde
è
dd imverno.
lerba
€
vverde
tutto
lanno.
il
verde
€
il colore
il kolo:re
dell’erba
dell'erba
ed
è
anche
il kolo:re
ayke
e
ed
il colore
e d'estate.
in primavera
delle
foglie
fokke
delle
sono
I fiori non
degli
alberi
verdi.
Di
verdi.
di
altri
colori.
Ci
fiori
di
tutti
i
colori.
In
che
altri
kolo:ri.
tfi so:no fjo:ri
di
tutti
i kolo:ri.
ig
ke
stagione
stadzo:ne
verdi
verdi
in
im
che
ke
sono
sono
I
sono?
colore
le
verdi
le
verdi
primavera
primavera
e
fiori
I fjo:ri
kkolo:re so:no? sono
so:no
e ddesta:te. t fjo:ri non
deXAi \alberi im primave:ra
foglie
fokke
d'estate.
e ddesta:te.
sono
di
molti
so:no
di
molti
alberi?
degli
‘albert?
de4ki In
ig
che
ke
Sono
stagione
stadzo:ne
so:no
ci
ti
Capitolo V sono
rose
nel
giardino?
Ci
so:no ro:ze
nel
dzardi:no?
tfi so:no
sono
delle
ro:ze im
e
vesra
e ddesta:te.
vera
ci
sono
molte
rose.
Ci
sono
molte
vecra tft
so:no
molte
ro:ze.
tft
so:no
molte
ultime \ultime
d’estate.
rose
vera
Nelle
ultime
settimane
nelle
‘ultime
settima:ne
l’anno,
ma
lanno,
solo
ma
in
sso:lo
primavera
im
e
settimane
dell’autunno.
prisme
settima:ne
dell atitunno.
prima-
dalle | da + le= dalle
rose
dalle
ro:ze
setti- | a + le= alle setti degli
tutto tutto
verdi verdi e
nelle
E Verba,
è verde
tutto
e
€ vverde
tutto
primave:ra
prime
prima- | in + le = nelle
della
sono so:no
non nnon
Però pelro
verdi. verdi.
Sono so:no
alberi? lalberi?
d'estate
e
ddesta:te erba,
e
nnelle
l’anno?
Sì, è verde tutto l’anno. Però,
d’inverno,
non
Janno?
si,
ddimverno,
non
e
vverde
agke
glie
te
delle
delle
Gli ‘i
le rose hanno
le
ro:ze
anno
le
rose.
anche
agke
rose?
ro:ze? alberi ‘alberi
lanno.
D’inverno È dimverno
c'è molta erba. ife mmolta erba. Anche
tutto
le rosge. Sono
so:no
hanno anno
pero,
delle fokKe?
E
di
e ddi
verdi,
verdi,
molti molti
non c’è non ci sono non c'è erba
c’è poca erba. tf e ppo:ka erba.
delle foglie? che
ke
come
ko:me
rami. ra:mi.
Sì, hanno
si,
sono
kkolo:re so:no foglie
lle fokke Su su
delle fo-
anno
colore
le
| — © SONO Tose
le folLe dekki
so:no
kkolo:re
ke
di
dellesta:te.
maine
della
le foglie
sono
colore
che
Di
dell’estate.
mane
prima-
alle prime alle pri:me
primavera primave:ra
della della
settimane settima:ne
prima- | ci sono delle rose
in
delle
ci sono fiori
delle fok-
le
le
degli
dekKi
molti mmolti
non
foglie
fokke
alberi.
‘alberi.
rami, ra:mi,
in im
un ramo 45
Capitolo
5
ci sono dei fiori = ci sono fiori
dei fiori delle rose
primavera,
ci
sono
primave:ra,
tft so:no
sui
di
molti
dei fjo:ri.
e
ssui
ra:mi
di
molti
sono
molti
frutti
tft sono
molti
frutti
dei frutti. La
mela
e
desta:te
e
in
attunno.
la
mela
e um frutto.
la pera
è un
pesra
e um
pere
molte
frutto.
°
frutto.
e mmolte
agosto
e
e
settembre.
agosto
e
settembre.
Un un
altro altro
rossi tft so:no
è
un
frutto
frutto
di
Anche
la
pera
è
un
frutto
di
la
ayke
DI
mela
© um
DI
la pera
frutto frutto
italiano italia:no
e um
Le
è la ciliegia. Di e Natfilje:dza. di
rose
sono
rose
sono
rosse.
Molte
rose
rosge
somo
rosse.
molte
ro:ze
frutto
di
di
ciliege
sono
rosse.
rosse,
rosse,
Il giallo
il dzallo
come
le
Anche
rosse.
ciliege.
Però
molte
non
tutte
sono
gialle,
come
i
so:no
dzalle,
ko:me
1
Il verde,
il
dei
dei
e il kolo:re
molte
apke
ko:me lle tfilje:dze. pelro
è il colore
che colore ke kkolo:re
limoni.
limo:ni.
nnon
il
tutte
verde,
le
le
il
rosso,
il
giallo
sono
colori.
I
Rossi
hanno
molte
rosso,
il
dzallo
sono
kolo:ri.
i
rossi
anno
molte
rose
rosse
e
ro:sze
46
dei
ci sono
mela
tutti i fiori tutte le rose
limo:ni.
Rossi
La
le tfilje:dze? le tfilje:dze so:no
limoni.
agke
ssettembre.
le ciliege?
ro:ze so:no
Anche
mele.
sono
so:no
frutto.
dei
dzardi:no
me:le.
ssettembre.
un
giardino
nel
e molte
pesre
e
Nel
una ciliegia due ciliege
limone
°
autunno.
agosto
un
Ci
frutti.
dei
in
agosto
delle ciliege
rami
e
molte una pera
sui
d’estate
la una mela
E
ayke
lalberi tfî sono
su-+i=
fiori.
anche
ci sono
alberi
dei
rosse
molte
e mmolte
rose
ro:ze
gialle.
dzalle.
Nel
nel
giardino
dzardi:no
dei
dei
Capitolo V
Rossi
non
rossi
non tfi so:no
limo:ni. tfi so:no
frutti,
ma
limoni
no.
frutti,
ma
VWimo:ni
ci
aranci
le
stagioni.
in
tutte
le
stadzo:ni.
negli
nekki
altri pale:zi
in
tutti
i paesi
dell’Europa.
e
în
arantfi
tutti
Cosa
i pale:zi
limoni limo:ni
sono
limoni
tfi sono
limoni
dei limoni degli aranci delle mele
Ci
delletro:pa?
Si,
ma
non
si,
ma
nnon
degli alberi in primavera?
\albert im primave:ra?
ko:sa tf e ssui ra:mi dekki E ci sono
dei fjo:ri. e ttfi so:no
foglie;
anche
delle
ayke
delle fo4e;
Ai
tft so:no
ci sono
molti
so:no
molti
tft
anno
‘albert
delle fokXe
dalla
primavera all’autunno; dall’inverno alla primavera non primave:ra all atitunno; dallimverno alla primave:ra non ci sono
né
ci sono
molti
tfi so:no
foglie
ne ffakke
tft sono molti
frutti
né
ne
frutti
sugli
ffrutti suXki
sugli
in + gli = negli
Ci sono
fiori e molte foglie. Gli alberi hanno delle foglie dalla
Fjo:ri e mmolte fokke.
arancio
dell’Europa = d’Europa
dell euiro:pa.
c’è sui rami
dei fiori.
dei dei
un
arantfi.
de4ki
dell'Europa?
paesi
altri
aranci.
ayke
tutte
aranci
e dd
—
degli
anche
in
e
e ddeXKi arantfi
e di
di Sicilia
In Sicilia, ci sono în sitfi:la, tft so:no
degli
—
ma nnell'iszola di sitfi:lia
sono
e
ed altri
ro:ma
di
nell'isola
e ftfi sono
frutto. frutto.
è un e um
L’arancio l arantfo
DI
ed altri
di Roma
Ma
limo:ni.
e ci
pere
me:le, pe:re
dzardi:ni
limoni.
limo:ni,
molti
tfi so:no
mele,
giardini
nei
no.
limoni,
molti
Ci sono
Nei
po:ki
— tft so:no
sono
limoni.
pochi
ci sono
Ostia —
ostia
ci sono
alberi.
frutti suXXi \alberi.
alberi.
Ma
ma
dad esta:te
che
mesi
ci sono
V\alberi.
In
ig
d’estate
da + l = dall’ da + la = dalla
a+l=all a+la=alla
su + gli = sugli
ke mmez:si tfi so:no
47
Capitolo
5
delle pere in Italia? Ci sono in agosto e in settembre. delle pe:re in ita:lia? tft so:no in agosto e in settembre. In che stagione ci sono degli aranci in Italia? Ci sono
ig
ke stadzo:ne tft so:no deXXi arantfi in ita:lia? tfi sono
d’estate
e in autunno,
desta:te
e
e in
e in
primavera.
tm
primave:ra.
attunno,
ma
in Sicilia
ma
in
sitfi:lia
ESERCIZIO un limone
PAROLE:
anche
ayke
d’inverno
d imverno
A.
un arancio
dei limoni degli aranci
una pera
delle pere
un albero un arancio una casa
Nel giardino del signor Rossi, d’estate, ci sono —
fiori
rose gialle
e —
rose
i Rossi
nel
loro
un colore Verba un fiore
giardino?
un frutto
hanno — foglie gli alberi? Hanno — foglie dalla prima-
una ciliegia, -ge
una foglia, -ie un giardino
un limone una mela una pera un ramo una rosa il sole alto basso rosso
giallo
48
di tutti i colori. I Rossi hanno — che
In
rosse.
frutti)
da luglio
ciliege.
Hanno
(— mele, —
frutti
—
Hanno
a ottobre. —
aranci
frutti
—
hanno
mesi
I Rossi e
hanno
limoni?
—
pere e No.
anche
altri —
Quando
vera all'autunno. del
nel
al
dal
dell’
nell’
all’
dall’
dei
nei
ai
dai
degli
negli
agli
dagli
della
nella
alla
dalla
delle
nelle
alle
dalle
Capitolo
Carlo è il nome
Rossi
—
è Teresa.
signor
I nomi
—
Rossi.
Il nome
bambini
—
sono
signora | gran
Bruno
e
Pietro, e i nomi — bambine sono Pia e Maria. L’Italia è la patria — italiani. La prima stagione — anno è la primavera. L’anno dura — primo gennaio — trentun dicembre.
I Rossi di
ultimi
—
luglio
stanno
ad
Ostia
—
o —
settembre
primi primi
V
moto, ca
patti verde
“lla
giorni di | alle dal, di ottobre.
— giardino del signor Rossi ci sono molti fiori. I Rossi | dalle
hanno delle rose — ultime settimane — primavera | nel — prime settimane — estate. ossi non stanno — | negli tti tate. I Rossi t ee loro casa di Ostia tutto l’anno. — giardini di Roma | nella
ci sono pochi limoni. — isola di Capri ci sono molti limoni d’estate. Anche — altri paesi — Europa
non
in Italia, ma
come
limoni,
ci sono | sui
sugli.
in tutti.
alcuni altri che cl come
loro
ESERCIZIO B. La — dei Rossi ad Ostia è in un gran —. I Rossi non —
stanno
—
i mesi
dell’anno,
ma
nee
solo
nei
mesi
pero quando
del- | dei fiori
l’estate. Nel giardino ci sono molti —, alcuni sono più | degli aranci delle foglie I Rossi h dell più Itri dell — della casa, altri più — della casa. ossi hanno | molta erba molte — rosse e gialle e molti altri —. Nel giardino | più erba
c'è anche molta —. D'inverno, non c'è — sole. E quando
x c’è —
sole, non
x c’è molta
sole, ma — | POCA erba
erba. D'estate,
tutti i mesi
gli alberi hanno molte— verdi, ma in autunno le — degli alberi non sono verdi. I limoni non sono verdi, ma —, e le ciliege sono —. Molte rose sono gialle, — i limoni, altre
sono
ci sono la —e
rosse,
dei —.
come
le —.
Il limone
è un
—
molti
—.
Altri
rami,
—
d’estate,
sono
l'—,
la —.
49
Capitolo
5
ESERCIZIO Quanti
mesi
stanno
ad
Ostia
C.
i Rossi?
....
Tutti gli alberi sono più alti della casa? Cos'è la rosa? ....
....
Cosa sono la pera e la mela? .... C’è più erba d’estate o d’inverno? .... Di
che
Quando
colore ci sono
sono
l’erba,
i limoni,
le ciliege?
delle rose nel giardino?
....
Ci sono dei limoni in tutti i paesi dell'Europa?
50
....
....
Capitolo
sei
(6)
Capitolo
la notte
il giorno
e la notte durano
.
il dzorno
e lla notte
la notte la notte
dura dura
(VI)
E NOTTE
GIORNO
Il giorno
sesto
‘du:rano
ventiquattr’ore.
D’inverno,
venti\kwattr o:re.
dimverno,
.
.
| ventiquattr =
ventiquattro = 24
a
ventiquattr
+
meno | © °> 1 9 1 me:no
più di dodici ore, d’estate dura pju ddi ‘do:ditfi o:re, desta:te du:ra
di dodici ore. Il giorno dura più di dodici ore d’estate di\do:dit{t o:re. il dzorno du:ra pju ddi \do:ditfi o:re d esta:te
e meno di dodici ore . «, pe e mme:no di \do:ditfi o:re
d'inverno. . dimverno.
Due duce
all’anno, | all'anno : in un anno all anno,
volte volte
il giorno non è né più lungo né più corto della notte: il dzorno non € nne ppju Uuygo ne ppjukkorto della notte : dI
,
la prima
volta
è il ventun
marzo
la prisma
volta
e il
martso e la
ven\tum
e la seconda
sekonda
volta
volta
è il ventitré
settembre.
Il ventun
marzo
e il ventitré
e il
ssettembre.
il
martso
e
.
.
ventiltre
settembre ssettembre
il giorno il dzorno
dura du:ra
.
ven\tum
quanto la notte, kwanto la notte,
.
il
.
venti'tre
| ventun = 21
ventitré = 23
né piu né ne ppju nne
meno. Mme
no.
ol
Capitolo
6
c’è nel cielo,
Cosa
di giorno?
ko:sa tf e nnel tfe:lo, di dzorno? il sole.
E
di
tl so:le.
e
ddi notte,
cielo
notte,
ci sono
cielo
luna
nel tfe:lo
Di
notte,
nel
ko:sa
tfennel tfe:lo?
di
notte,
nel
=
%
minuto
minuto
mezz’ora = mezza ora
un quarto = %
nel
le stelle.
e lle stelle.
anche
ayke
Alcune
volte,
c’è
la
alku:ne
volte, tfe Ha
di giorno,
e altre
volte
non
c’è
di
e
volte
non
tle
dzorno,
ci sono
ddi notte. ma lle stelle
mezzo
nel tfe:lo tfe
dzorno, cielo?
le stelle
Ma
di notte.
di
c’è
tfe:lo tft so:no la luna nel
c’è
nel
cosa
la luna e
luna
cielo
Di giorno,
altre
di notte.
solo
tft so:no so:lo di
notte.
Un'ora
dura
sessanta
minuti
e un minuto
dura
sessanta
un o:ra
ducra
sessanta
minu:ti
e um
minu:to
du:ra
sessanta
trenta
secondi.
Trenta
secondi
sono
mezzo
minuto
e
sekondi.
trenta
sekondi
so:no
meddzo
minuto
e ttrenta
minuti
sono
mezz’ora.
Quindici
minuti
sono
un
minu:ti
so:no
meddzg o:ra.
‘kwinditfi
minu:ti
sono
wy
quarto
d’ora.
kwarto
do:ra.
Quante
ore
dura
il
giorno
il
ventun
kwante
o:re
dura
il dzorno
il
ven‘tum
marzo? Il ventun marzo, il giorno dura quanto la notte:
martso? il ven\tum martso,
dura : dura giorno
il
il dzorno du:ra
kwanto la notte :
dodici ore. E quanto dura il ventitré settembre? Anche Ido:ditfi o:re. e kkwanto du:ra il ventiltre ssettembre? ake il ventitré settembre dura quanto la notte, cioè: dodici
il ventiltre
ssettembre
du:ra
kwanto
la notte, tole: \do:ditft
Ore. O:re.
Il giorno il dzorno 92
più pju
lungo luggo
dell’anno dell'anno
è il ventun e il ven\tun
giugno. dzuppo.
Il il
Capitolo
ventun
venttun
giugno
dzunno
più lungo della notte.
il giorno è molto I
e mmolto pju
il dzorno
il
notte
la
ditfembre
ven\tun
notte
la
dicembre
è molto I
notte.
della
Ùuygo
dicembre. ditfembre.
E il giorno più corto dell’anno è il ventun e il dzorno pju kkorto dell'anno e il ven\tun Il ventun
VI
del
lunga
più
del
luyga
e mmolto piu
giorno.
dzorno.
dura
una
mezz’ora?
Una
dura
mezz'ora
Quanti
minuti
kwanti
minu:ti du:ra una meddz o:ra? una meddz o:ra du:ra
trenta
minuti.
Quanti
quarti
d’ora
ci sono
in un'ora?
trenta
minuti.
kwanti
kwarti
do:ra tfî so:no în
un o:ra?
Quattro.
Un
quarto
d’ora
dura
quindici
minuti,
e
kwattro.
ug
kwarto
do:ra
dura
‘Qkvinditfi
minu:ti,
e
un’ora
dura
sessanta
minuti.
Un
minuto
è
la
sessan-
un o:ra
ducra
sessanta
minu:ti.
um
minuto
€ lla
sessan-
tesima
parte
di
un'ora,
la
trentesima
parte
di
terzima parte
di
uno:ra,
la
tren‘te:zima
parte
di una |
una
mezz'ora e la quindicesima parte di un quarto d’ora. meddz ora e la kwindiltfe:zima parte di up kwarto do:ra.
sessantesimo =
entesimo = 30°
quindicesimo =
-esimo
undicesimo dodicesimo tredicesimo
ventesimo trentesimo quarantesimo
il sole spunta la mattina
il sole tramonta la sera
centesimo millesimo
03
Capitolo
6
La prima
la
parte del giorno
prisma parte
tima
parte
tima
parte
del
del
del
si chiama
dzorno
si
kja:ma
quando
spunta
kwando
spunta
1 \ul-
si chiama
«sera».
La
mattina,
dzorno
si kja:ma
«sera».
la
matti:na,
La mattina comincia la matti:na komintfa
il sole e dura
fino
a mezzogiorno.
La
il so:le e ddu:ra fi:no a mmeddzo\dzorno.
la
seconda parte del giorno è il pomeriggio.
Il pomeriggio
sekonda
il pomeriddzo
parte
comincia
del dzorno
e il pomeriddzo.
a mezzogiorno
kRomintfa
e dura
fino
alla
a mmeddzo!dzorno e dducra fisno
parte
l’ultima
mezzogiorno
« matti:na».
giorno
il sole spunta, e la sera, tramonta. il so:le spunta, e Ma se:ra, tramonta.
spunta tramonta
« mattina ». L’ul-
WNultima parte
La
giorno.
del
la
del dzorno.
sera,
alla secra,
€
kwando
komintfa
sesra
ke
è
quando
comincia
sera
che
finisce il pomeriggio e finisce quando comincia la notte,
finiffe
il pomeriddzo
fine = ultima
cioè: dura
principio =
notte. notte.
parte
prima
principio +
fine
E la notte e Wa notte
finisce
ffiniffe fine
go | fisne
)
(Q
un orologio 94
del
comincia
kwando
komintfa
della
sera
al printfi:pio
quando kwando
la mattina,
se:ra al prinifi:pio
della
della
della
della
finisce la sera e . fmiffe la sera e
la mattina,
al principio
la notte,
al principio
pomeriddzo
comincia . komintfa
quando
della
komintfa
dalla fine del pomeriggio
tfole: dura dalla fine
parte
I
e ffiniffe kwando
cioè:
dura
tfole : dura
dalla
dalla
mattina.
mattina.
Nella sua casa di Roma, il signor Rossi ha un grande a ug grande rossi nella su:a ka:sa di ro:ma, il sin\nor orologio.
orolo:dzo.
L’orologio
| orolo:dz0
del
signor
del sin\nor
Rossi
rossi
ha
a
due
lancette:
ddu:e lantfette:
Capitolo lunga
é la lancetta
dei
kwella
lugga
ela
lantfetta
dei
ore.
La
DI
delle
lantfetta
la
e
korta
e kkwella
delle
lancetta
la
è
corta
quella
e
minu:ti
Quella
e u:na korta.
una lugga minuti
corta.
e una
lunga
una
o:re.
la
lancetta delle ore segna le ore, quella dei minuti segna lantfetta delle o:re senna le o:re, kwella dei minu:ti senna i minuti.
i minu:ti.
Le
ore del giorno
le
o:re
del
mezzogiorno
le due
lancette dell’orologio
le
lantfette cioè:
l’una,
so:no:
lu:na,
le sei, le sette, le le scsi, le sette, le
le cinque, le tfiykwe,
Ido:ditfi sì \kja:mano meddzo\dzorno
le dodici,
sono:
le dieci, le undici e le dodici. Le ore le dje:tfi, le ‘unditfi e Ne do:ditfi. le ore
dodici si chiamano
duce
notte
e ddella
dzorno
le due, le tre, le quattro, le duce, le tre, le kwattro,
otto, le nove, otto, le move,
e della notte
o mezzanotte.
Quando
0 mmeddza\notte. kwando
sono
sulla
cifra
12, sono
dell'orolo:dz0 so:no sulla tfi:fra \do:dit{i, so:no è mezzogiorno
o mezzanotte.
Quando
cifra
lancetta
hi
la
lancetta
dei
minuti
è
la
Jantfetta
dei
minu:ti
e ssulla tfi:fra \do:ditft e la lantfetta
delle
ore
e
delle
o:re e ssulla tfi:fra se:i, so:no
DI
sulla
cifra
6,
sono
le
12
sei.
le sei.
e
la
gran giardino grande orologio
quella lunga : la lancetta lunga quella corta : lancetta corta
la
quella dei minuti la lancetta dei minuti Yuna
: l’ora
una
le due : le ore due
le tre
: le ore tre
mezzogiorno = le 12 mezzanotte le 24
=
su + la = sulla ‘tre’
è un
‘3’ è una
numero cifra
kwando
le \do:ditfi, tfole : e mmeddzo\dzorno 0 mmeddza\notte. sulla
VI
Che
ore
sono
ke
o:re
so:no
quando la lancetta dei minuti è sulla cifra 12 e quella
kwando
la lantfetta dei minu:ti e ssulla tfi:fra \do:ditfi e kkwella
delle
ore
sulla
cifra
3?
Sono
le
tre.
Che
ore
sono
delle
o:re sulla tfi:fra tre?
so:no
le
tre.
ke
ore
so:no
quando la lancetta dei minuti è sulla cifra 6 e quella kwando la lantfetta dei minu:ti e ssulla t(i:fra sesi e kkwella 90
:
Capitolo
6
delle ore è fra la cifra 3 e la cifra 4? Sono le tre e delle o:re e ffra Na tfi:fra tre e Ma tfi:fra kwattro? so:no le tre e la lancetta dei minuti è sulla cifra 6
E quando
mezzo.
mmeddzo.e kkwando la lantfetta dei minu:ti e ssulla tfi:fra seci delle la lancetta ore è fra
la cifra 3 e la cifra 4
e kkwella delle o:re e ffra lla tfi:fra kwattro e lla tfi:fra tfiykwe,
sono
le
so:no
La
prima di ——+
dopo
5,
la cifra
e
4
e quella delle ore è fra la cifra quattro
le
e mezzo.
kwattro
prima
e mmeddzo.
stagione
dell’anno
dell'anno
è la primavera.
Dopo
e lla primave:ra.
la prisma
stadzo:ne
primavera
c’è l’estate e dopo l’estate l'autunno. Prima
primave:ra tf e Îesta:te e ddo:po lesta:te dell'autunno
dell auitunno
do:po
la
latitunno.
la
pri:ma
dell’estate c’è la pri-
c’è l’estate e prima
tfe Îesta:te e ppri:ma dellesta:te
tf e Ha pri-
mavera.
E prima
della primavera?
C’è l’inverno.
mave:ra.
e ppri:ma della primave:ra?
tf e Uimverno.
Il giorno dopo mercoledì si chiama giovedì. E il giorno
il dzorno do:po
dopo lunedì
merkole\di ssi kja:ma dzove\di.
come
si chiama?
do:po
lunedi kko:me ssi kja:ma?
come
si chiama
kko:me ssi
kja:ma
il giorno
il dzorno
Si chiama
dopo
si
do:po
kja:ma
venerdì?
venerdi?
e il dzorno
martedì. martedi. Si
si
E e
chiama
kja:ma
sabato. Come si chiama il giorno prima della domenica?
\sa:bato. ko:me ssi kja:ma il dzorno prisma della do\me:nika? della domenica
Il giorno prima
il dzorno giorno
dzorno 96
della
prisma
prima
prisma
di
di
si chiama
do\me:nika si kja:ma
giovedì
come
si chiama?
dzove\di kko:me ssi kja:ma?
sabato. E il
‘sa:bato. Si
si
e il
chiama
kja:ma
Capitolo
e
il
il
giorno
ore sono
un
quarto
E
mercoledì.
merkoleldi.
Che
o:re so:no
ke
d’ora
quarto
do:ra
kwarto
dopo?
si
kja:ma
venerdi. Un
uy
do:po meddzo\dzorno?
do:ra
ug kwarto
venerdì.
mezzogiorno?
dopo
d’ora
un
e
è mezzogiorno
mezzogiorno
DI
d’ora do:ra
E mezzogiorno e mezzo. Che ora è un quarto € mmeddzo\dzorno e mmeddzo. ke o:ra € ug kwarto DI
prima
di mezzanotte?
E mezzanotte
meno
un
quarto.
prisma
di meddza\notte?
e mmeddza\notte me:no
ug
kwarto.
mezz’ora
.
e mmeddz o:ra prisma Che
mezzo.
mmeddzo.
mezzanotte
sono
le
undici
di meddzalnotte
so:no
le
‘unditfi
di
prima
a
ore sono
.
dopo
dieci minuti
ke o:re so:no dje:tfi minu:ti do:po
.
le due?
e un
è? | che ora è? = che ore sono? €?
ora o:ra
che ke
mezzogiorno meddzo\dzorno
_
E
mezzogiorno quarto
e mmeddzo\dzorno e uy
do:po meddzodzorno
E mezz'ora dopo e mméddzo:ra do:po
quarto. kwarto.
chiama
do:po?
dzorno
dopo
Si
VI
pe
e
e
mezzanotte meno un quarto
Dieci
le duce? dje:tfi
minuti dopo le due sono le due e dieci. E dieci minuti
minu:ti do:po
le duce sono
prima
delle
due
venti
minuti
dopo
l'una?
Venti
minuti
minu:ti
do:po
lu:na?
venti
minu:ti
prisma vventi
Yuna
delle
duce
sono
so:no
le duce e ddje:tfi. e ddje:t{t minu:ti le due
meno
le du:e me:no
e venti. Dieci minuti
dieci.
Che
ora
e
dopo
l'una
e
do:po
luna
E
dje:tfi. ke
o:ra
DI
€ I
dopo l’una e venti è l’una
Il usna e vventi. dje:tfi minu:ti do:po
lu:na e venti e ll u:na
e mezzo. Dieci minuti dopo l’una e mezzo sono le due emmeddzo. dje:tfi minu:ti do:po luna e mmeddzo so:no le duce meno
venti.
meno
Venti.
le due
meno
dieci
ol
Capitolo
6
Ieri
era
il 14
jeri e:sra il Domani
domani
lunedì. Uune\di.
ieri era il 14
oggi è il 15
domani
sarà
il 16
data
(quattordici)
febbraio.
Ieri
febbra:jo.
je:ri e:ra \sa:bato.
kwaMtorditfi
sarà
il
16
salra il
(sedici)
febbraio.
Vse:ditfi
E
il 15
dda:ta e? e
(quindici)
il
sabato.
doma:ni
sarà
sa\ra
è domenica. E che e ddo\me:nika. e kke
febbraio.
‘Qkwinditfi
era
Domani
febbra:jo.
Che giorno è oggi? Oggi ke ddzorno e oddzi? oddzi
è?
Oggi è domenica. oddzi e ddo\me:nika.
febbraio. febbra:jo.
è il 15 (quindici) ‘kwinditfi e il
Oggi oddzi
febbra:jo.
E
domani,
che
e ddoma:ni,
ke
giorno
sarà?
Domani
sarà
lunedì
E
che
data
ddzorno
sa'ra?
doma:ni
satra
Uunedi.
e
kke
dda:ta
sara? Sarà il 16 (sedici) febbraio. Ieri, che giorno era?
‘sesditfi
salra? sara il
febbra:jo. je:ri,
ke ddzorno
e:ra?
Ieri era sabato. E che data era? Era il 14 (quattordici)
je:ri esra \sa:bato. e kke dda:ta e:ra? e:ra i!
kwatltorditfi
febbraio.
febbra:jo.
Dove
do:ve
il bambino era i bambini erano
sarà saranno i bambini
sso.no î bambi:ni
Rossi
oggi?
rossi
oddzi?
Oggi
sono
a casa.
oddzi so:no a kka:sa.
sarà
saranno
mari:a e ppje:tro
le:rano a kka:sa agke je:ri? no, je:sri bruno,
non
erano
a casa.
non
‘e:rano
a kka:sa.
No; domani
no;
doma:ni
Domenica, do\me:nika,
08
i bambini
Erano a casa anche ieri? No, ieri Bruno, Maria e Pietro
era erano
il bambino
sono
E
domani?
Saranno
e ddoma:ni?
saranno
a casa
domani?
a kka:sa doma:ni?
Bruno, Maria e Pietro non saranno a
bruno, tutti tutti
marisa e ppje:tro non
i bambini i bambi:ni
casa.
saranno a kKa:sa.
sono a casa, so:no akka:sa,
ma gli ma Ki
altri altri
Capitolo
VI
giorni della settimana, Bruno, Maria e Pietro non sono
dzorni
a
della
settima:na, a
sono
casa:
bruno,
scuola.
Erano
a
scuola.
C’erano
tutti,
a
domani,
E
casa.
a kka:sa. e ddoma:ni,
ieri?
Si,
ieri
a
scuola?
No,
Pia
era
si, jesri
no, pisa e:ra
dove
saranno
i bambini?
Anche
dove
ssaranno
i bambi:ni?
ayke
Maria marisa
Bruno, bruno,
domani, doma:ni,
scuola
a skwo:la?
tf ‘e:rano tutti,
lesrano a skwo:la.
a
a skwo:la je:ri?
\e:rano
a kka:sa: so:no a skwo:la. erano
marisa e ppje:tro non so:no
Ma ma
a scuola. a skwo:la.
e Pietro saranno e ppje:tro saranno
la scuola
Pia no; non sarà a scuola. Lei sarà a casa, come gli ppisa no; non salra a skwo:la. lesi salra a kka:sa, ko:me KKi altri giorni.
altri dzornt. In Italia, tutti i bambini in ita:lia, tutti i bambi:ni
anni
agli
undici
o dodici
vanno
a scuola dai sei o sette
vanno
a skwo:la dai se:i 0 ssette
anni.
Pia,
anni ali \unditfi oddo:ditfi anni. pisa,
sei
anni,
ses anni,
non
va
nom
dieci anni,
ancora
va
a scuola,
che
ha
meno
di
ke
a
mme:no
di
ma
ayko:ra a skwo:la,
Pietro,
che
ha
ma ppje:tro,
ke
a
più
di
va a scuola.
Maria
e Bruno
hanno
ddje:tfi anni, va a skwo:la.
marisa
e bbru:no
anno
dodici
anni,
ma
vanno
ancora
a
Ido:ditfi anni,
ma
vvanno
ayko:ra
a skwo:la.
molti bambini, molti bambi:ni, dodici anni. Ido:ditfi anni.
ma ma
Fino fi:no
scuola.
pju ddi
Nelle
città,
nelle
tfitlta,
non nnon
tutti, tutti,
vanno vanno
a scuola a skwo:la
dopo do:po
i i
a che a kke
età elta
vanno vvanno
a scuola a skwo:la
dopo do:po
i i
Che età ha Pietro? = Quanti anni Pietro?
ha
99
Capitolo
6
dodici anni? Alcuni vanno a scuola fino all’età di quat-
Ido:ditfi anni? alku:ni
diciassette = diciott’
=
17
diciotto
diciotto =
18
tordici
e altri
vanno
fino
all’età
Itorditfi e altri fino
Però
a skwo:la fino all e\ta ddi kwat-
stanno
: a casa : sono
dopo i diciott’anni non vanno
più a scuola.
vanno
pju
della
mattina
vanno
a
scuola
i bambini?
a
kke
o:ra
della
matti:na
vanno
a
skwocla
i
otto.
Alle
otto
meno
un
quarto
otto.
alle
otto
me:no
ug
kwarto
Vanno
a scuola
vanno
alle
a skwo:la alle
bambi:ni?
sono
ancora
in
casa,
ma
alle
otto
e
un
quarto
non
so:no
ayko:ra
ig ka:sa,
ma
alle
otto
e uy
kwarto
non
sono più in casa. La domenica,
stanno
in casa tutto il
so:no pju
stanno
ig ka:sa tutto il
iy ka:sa. la do\me:nika,
giorno
i bambini?
No,
non
ci stanno
tutto
il giorno.
dzorno
i bambi:ni?
no,
non
tfi
tutto
il
al
parco
con
la
mamma.
Il
al
parko
kon
la
mamma.
il
vanno
pomeriggio
pomeriddzo
vanno
parco
è un gran giardino
parko
e ug gran fiori.
e molti
e mmolti fjo:rî.
quello quelli
parko.
stanno
con molti
erba
‘alberi,
molta
erba
ci sono
molti
bambini
al
do\me:nika, tfi sono
molti
bambi:ni
al
d3zardi:no kom molti
La
la
domenica,
gli altri giorni, ci sono solo bambini
piccoli
ma KXi altri dzorni, tfi so:no so:lo bambi:ni ‘pikkoli
stanno staranno
come
Pia, cioè: quelli che non vanno
ko:me ppisa, tfole: kwelli
oggi ci stanno domani ci staranno
Oggi,
nel
oddzi,
dzorno.
alberi, molta
I
parco. Ma
60
a skwo:la.
ora
quelli che : i bambini che quella quelle
nom
0 dditfott anni.
che
nel
al parco = nel parco
o diciott’anni.
A
Nel
il parco
diciassette
alle\ta ddi ditfas\sette
petro ddo:po i di'tfott anni
in casa
di
pomeriggio,
nel pomeriddzo,
ke nnom
vanno
ancora
a scuola.
apko:ra a skwo:la.
i quattro
bambini
non
saranno
i kwattro
bambi:ni
non
saranno
Capitolo
ma
a casa,
a kka:sa, ma
staranno fino alle sei del pomeriggio.
staranno
al parco
al parko
sei. Va
pomeriddzo.
alle sect del
fisno
va
No,
va
no,
kom marisa?
ses. va al parko
tfi
staranno?
pisa sta'ra
ayke
il bambino
starà i bambini staranno
Pia stara
Anche
staranno
ci
ci
lei tfi sta\ra fino alle
ayke
Maria?
con
al parco
starà
lei ci stara fino alle
fino alle sei? Si, anche
fino alle sei? si,
Ci
ci staranno?
a kke o:ra tfî
fino
al parko.
ora
a che
Fino
al parco.
VI
al parco
al parko
con
la
kon
la
mamma. Mamma.
Domani
doma:ni
mattina,
Bruno,
Maria
e Pietro
staranno
in
bru:no,
marisa
e ppje:tro
staranno
iy
fino
alle
matti:na,
n
casa
solo
tre ddel pomeriddzo.
mesi
messi
ma al parko.
Dai mesi
dai
sarà più
non salra ppju
di aprile o maggio
ai
me:si di apri:le 0 mmaddzo ai
o novembre
o nnovembre
di otto:bre
kwarto
tre e uy
alle
al parco.
di ottobre
in casa
Alle tre e un quarto non
tre del pomeriggio.
ty ka:sa,
starà
otto. ma ppisa stalra ig ka:sa ficno alle
ka:sa so:lo fi:no alle
in casa, ma
Pia
Ma
alle otto.
fino
Pia
va
al parco
tutti
i
pisa
va
al parko
tutti
i
giorni e ci sta tutti i giorni fino alle sei.
dzorni e tifi sta ttutti è dzorni fino
ESERCIZIO
alle sei.
A.
era erano Quando
Pia —
della mattina,
più ma
a scuola.
non
—
Quando
un cielo una cifra una data un’età una fine una lancetta la luna
una mattina una mezzanotte
sarà saranno grande,
PAROLE:
in casa
alle nove
Pietro —
un bam-
un mezzogiorno una mezz'ora un minuto una notte
61
Capitolo
6
un’ora
un orologio un parco una parte
un pomeriggio un principio un quarto d’ora
una scuola un secondo una sera una stella una volta mezzo, -a durano era erano
sarà saranno segna spunta starà
staranno tramonta sedici
diciassette diciotto
bino anno,
ma
scuola,
domani,
i bambini
anni. Dove —
non
domenica
di
bambini
—
e Maria
e Bruno
undici
e nove
nel pomeriggio?
—
a
però
—
a
Pia
a scuola.
—
di un
bambina
piccola
una
—
Pia
anni,
di sei
casa anche domani.
B.
ESERCIZIO
Quante ore — il giorno e la —? — ventiquattr'ore. Due
— all’anno, il giorno dura — la notte, —: dodici ore. Nel — c’è il sole di giorno e la — e le — di notte. Un’ora dura sessanta — e un — dura sessanta —. minuti
Quanti
dura
un
—
minuti.
Quindici
d’ora?
Un
è la quindicesima — di un quarto d’ora. La prima — del giorno si chiama —, la seconda si chiama — e la terza si chiama —. Il sole — la mattina e — la sera. La mattina dura — a mezzogiorno. Il pomeriggio dura dalla — della mattina al — della sera. Un — minuto
segna
le ore. Un
orologio
ha due —:
La
lancetta
corta
delle
ore.
—
dei minuti
le ore,
—
e
la lancetta
ventun
—
sessanta
lunga — i minuti. — della primavera c’è l'inverno e — la primavera c’è l’estate. — è il 3 febbraio; — era il 2 febbraio e — sarà il 4 febbraio. Che — è oggi? È il 3 febbraio. Pia è piccola e — va — a scuola. Bruno e
ventitré ventiquattro
quindicesima
sessantesima ancora non ... ancora
cioè
con domani
N
grande,
ma
va —
a scuola.
Che
—
ha dieci anni. Gli italiani — vanno
ha Pietro?
Pietro
— a scuola dopo i
diciott’anni.
dopo
fino a fra ieri
oggi né ... né prima di
62
C.
ESERCIZIO Quante
ore
marzo?
....
durano
la
notte
e
il
giorno
Cosa c’è nel cielo di giorno? di notte? ....
il
ventun
Capitolo
Come si chiamano le tre parti del giorno? ....
Quando comincia e quando finisce la mattina? .... Cosa segna la lancetta lunga dell’orologio? ....
Che ore sono dieci minuti dopo le due? ....
Ch
e
Che Che Che
tte? di prima minuti ti di mezzanotte? .... ore sono venti minuti prima ora è mezz'ora dopo l’una? .... ore sono un quarto d’ora prima delle due? .... . i giorno e che data è oggi? ....
Che giorno e che data era ieri? .... Che
5 sd he dat ci e che data sara domani?.... e giorno
VI
quanto
quello, “a a casa
all'anno
che ora è? | che ore sono? di giorno di notte | domani mattina
in casa
luna
le due non ... più
63
Capitolo
sette
Capitolo
(7)
settimo
(VII)
LA MATTINA
due stanze da letto
-e
-Ono
il bambino dorme | i bambini
mono
dor-
Che
ore sono?
Sono
le sette di mattina.
I bambini
sono
ke
o:re so:no?
so:no
le
i bambi:ni
so:no
sette
di
matti:na.
nei
loro
letti.
I bambini
dormono.
Però
non
dormono
net
lo:ro letti.
i bambi:ni
‘dormono.
pero
nnon
‘dormono
tutti.
Bruno
e Pietro
dormono
ancora,
Maria
dorme
tutti.
bruno
e ppje:tro
‘dormono
ayko:ra,
marisa
dorme
anche
lei,
498
/% .
ma
Pia
non
ma ppisa non
otto
di
otto
di se:ra
sera
alle
sei
.
o
dorme
più.
dorme alle
sei
Pia
pju. .
e
pisa mezzo
dorme
dorme di
.
alle sei 0 alle se:i e mmeddzo di
Quanto
dorme
Pia?
Dorme
kwanto
dorme
pisa?
dorme
dieci
ore.
dalle
dalle .
mattina.
matti:na.
Pietro,
che
ha
dje:tfi o:re. pje:tro,
ke
a
non dorme che 9 | cinque anni più di Pia, non dorme che nove ore: dalle
ore = dorme sol-
tanto 9 ore
64
ttfigkwe anni
pju ddi pisa, non
dorme
ke
nno:ve o:re: dalle
Capitolo VII dieci
alle
sette.
Bruno
e Maria
dje:tfi alle sette.
bru:no
e mmari:a non
o:re e mmeddza. e
fino
dormono
madre
dei
alle
sette
di
mattina.
la
ma:dre
dei
che ke
sette ssette
ore: ozre:
Rossi, rossi,
kon
suo mari:to
come
Maria,
sera
di
e mezzo
La
insje:me
alle
otto
mattina.
suo
so:lo fi:no
ke
di
con
alle
‘dormono
sette
la signora la sinpo:ra
fino
otto
a lletto alle dje:tfi e mmeddzo di se:ra
insieme
solo
che
alle
fino
e 'ddormono
bambini, bambi:ni,
vanno
dormono
dieci
alle
letto
Vanno a
e mezza.
ore
non
marito
sei.
va
dorme dorme
a letto
alle
undici
e dorme
va a lletto alle \unditfi e ddorme marito
Suo
sei. suso Bruno
non non
marito
dorme
dorme
fino
alle
sette,
fino
alle
sette,
e Pietro.
ko:me mmari:a, bru:no
e ppje:tro.
Dove sono i letti dei bambini? do:ve sso:no î letti dei bambi:ni?
Quelli di Bruno kwelli di bruno
e di | quelli di:i e ddi
Pietro
sono
nella
stanza
dei
due
fratelli,
quelli
di
pje:tro
so:no
nella
stantsa
dei
duce
fratelli,
kweli
di
Maria
e di Pia sono nella stanza delle due sorelle. Le
marisa
e ddi pisa so:no
nella
stantsa
delle du:e sorelle.
le
stanze
dove
stanno
stantse
i letti si chiamano
do:ve
stanze
stanno
da
î letti si
stantse
da letto.
per
i genitori
I Rossi hanno
¢
letti di
rossi
anno
tre stanze
tre
stantse
\kja:mano
da letto:
una
da letto:
letto.
| stanno : sono
u:na per i dzenito:ri
Nella stanza dei genitori non c’è
e due per i bambini.
nella
e ddu:e per î bambini.
stantsa
dei dzenito:ri non tfe
che
un
letto,
però
è molto
grande.
Nelle
stanze
dei
kke
un
letto, pero
e mmolto
grande.
nelle
stantse
dei
DI
65
Capitolo
7
bambini bambi:ni
ci sono tft so:no
dei dei
letti molto letti molto
piu piccoli di quello pju \ppikkol di kwello
dei genitori. Ma il letto di Bruno è più grande di quello dei dzenito:ri. ma il letto di bru:no e ppju ggrande di kwello di Pia, perché Bruno è più grande di pisa, perlke bbru:no e ppju ggrande
di Pia. Il letto dei di pisa. il letto dei
il padre
ci : nel letto
genitori è molto grande perché ci dormono e
e il padre e la madre = il padre e la madre
e la madre. I Rossi hanno un letto molto grande per i . . . e lla ma:dre. i rossi anno un letto molto grande per i
perke tifi \dormono
dzenito:ri e mmolto grande
genitori
pa:dre
e il
e quattro letti più piccoli per i bambini.
dzenito:ri e kkwattro letti pju\ppikkolt per i bambi:ni.
una sveglia
Nella
stanza
da letto
dei genitori
c'è un
orologio
che
nella
stantsa
da letto
dei dzenito:ri tf e un
orob:dzo
ke
alle sei di mattina
suona:
alle se:i di mattina
swo:na:
l'orologio? lorolo:dz0?
66
Suona swo:na
perché pertke
« DRRRIIIN!
«dritin! ».
». Perché
suona
— perlke sswo:na
sono le sei. Alle sei sso:no le sect. alle se:i
meno me:no
Capitolo
dieci la signora
orologio che
logio suona e sveglia la signora Rossi. Un
lo:dzo swo:na e Qvelfa la sinpo:ra
sswo:na la matti:na
chiama
una
kja:ma
Cosa ko:sa
un
e gqvelka
le
orolo:dzo
ke si
che dormono
e sveglia le persone
la mattina
suona
rossi.
loro-
alle se:i
ma
ayko:ra,
dorme
dje:tfi la sinpo:ra rossi
alle sei l’oro-
ma
ancora,
dorme
Rossi
perso:ne
ke
‘ddormono si
u:na « yvehha ». fa fa
la signora lla sinno:ra
Rossi rossi
quando kwando
suona swo:na
la la
sveglia? zvekha?
suona
la
sveglia
la
signora
Rossi
si
kwando
swona
la
xvekta
la
sinpo:ra
rossi
si altsa.
E suo marito
cosa fa? Si alza anche
e ssu:o marito ko:sa fa? si altsa
si alza alle sei. Lui non - st altsa alle ses. lui non
sveglia quella
sveglia.
gvekta. bini
bi:ni
anche agke
Alle
alle
entra
sette
sette
nella
entra
nella
bambine
i bambini? i bambi:ni?
No, no,
di
la
mattina,
di matti:na,
stanza
stantsa
bambi:ne
pisa?
e sveglia
e quella
Perché
perke
Pia
ppisa
apke
di
di
Maria.
marisa. alle
alle
alza.
lui? No,
lui non
lui? no,
lui
la
Bruno
bruno
perlke
sette
non non
hanno anno
mamma
dei
e Pietro
e sveglia
mamma
bam-
dei
e ppje:tro e
bam-
quando suona la sveglia = quando la sveglia suona non si alle 7 alle 7, prima non
alza che = si alza ma non delle 7
hanno
sve-
glia = non hanno una sveglia
quella
entra nella stanza delle entra nella stantsa delle
Perché sette
loro lo:ro
la signora Rossi si alza
non
si alza che alle sette. Hanno si altsa ke alle sette. anno
i due fratelli. Dopo, la mamma i du:e fratelli. do:po, la mamma
Pia?
le persone che = quelli che
« sveglia ».
Quando
una una
VII
non
non
non
nnon
sveglia
Qvelka
dorme
dorme
più.
pju.
anche
ayke
Pia
pica
Teresa Rossi entra nella stanza
67
Capitolo
7
alle
alle
sette
è
sette
sveglia.
e
(Una
qvelXa.
persona
[u:na
persona
Maria pero = però Maria
è sveglia). Maria però non è ancora e Qquelfa]. marisa pero nnon € apko:ra
anche neanche
E
Bruno dorme. Anche Pietro dorme. Bruno non dorme. Neanche Pietro hon dorme.
i due
fratelli?
Alle
Cos’é
una
glia?
Suona
sette.
kose
La?
una
alle
nelagke
lo:ro
non
sono
quelti
alle
solo
la
piccola
Pia.
E un
ora suona
o:ra swona
quella
~
xvehta?
so:lo
la ‘pikkola
orologio.
E cosa
e un orolo:dzo.
sveglia
quekka
e
sveglia alle sette. Quella alle sette. svegli
sveglia?
swona
dorme
sono
e
e
nnon
non
è sveglia
sette
ke
dorme
loro
sette
alle
non
Neanche
e î duce fratelli? sette.
che
la sveglia
la wekAa
dei Rossi?
dei
A
che
a
‘ddormono.
Suona
rossi?
sve-
dormono.
ke
kwelli
fa una
e kko:sa fa u:na ver-
che
quelli
pica.
kke
alle sei e sve-
swoma
alle se:i e zveX-
glia la signora Rossi. Cosa fa la signora Rossi quando ‘a la sinpo:ra rossi. ko:sa fa la sinpo:ra rossi kwando suona
la sveglia?
Si alza. E alle sette cosa
nella
stanza
bambini
E poi
cosa
swoma
nella
poi = dopo
si altsa. e
dei
stantsa
e
e
Poi
entra
nella
e ppo:t ko:sa fa? posi
entra
Maria. matita. non
sveglia quella
Perché
perlke
entra
entra
Pia
ppi:a nella
nella
dei
alle
bambi:ni
e e
68
la quella?
fa?
non
stanza
stantsa
sette
fa? Entra
ko:sa fa?
sveglia
i
fratelli.
i due
fratelh.
stanza
delle
bambine
nella
stantsa
delle
bambi:ne
Perché perlke
non nnon
sveglia Quella
dorme.
Quando
dorme.
delle
delle
vela
due
entra
kwando
bambine,
bambi:ne,
la
la
anche ayke
Pia? pica?
signora
Rossi
sinpo:rra
Pia
pisa
è
€
rossi
sveglia.
qQuessa.
Capitolo VII
mmeddzo. pe'ro la
entra
entra
la
sta
fino
letto
a
sta
Però
mezzo.
a
letto
mamma.
fino
alle
volte e
sei
e
sea
alle
sette,
quando
alle
sette,
kwando
Pia?
sola
dorme
altre
alle
fino
Dorme
mamma.
ma
o fficno
kwarto
uy
sesi e
alle
fino
dorme
o
quarto
un
e
sei
alle
fino
dorme
sé:i,
alle
wekXka
dza
e:ra
oddzi, pica
volte
altre
ma
sei,
alle
sveglia
gia
era
Pia
Oggi,
No,
Pia
non
no,
pisa
non
so:la pica?
dorme
sola;
dorme
insieme
con
sua
sorella.
Le
due
dorme
so:la;
dorme
insje:me
kon
susa
sorella.
le
duce
stanza, stantsa,
ma ma
bambine bambi:ne
dormono \dormono
nella nella
stessa stessa
non nnon
nello nello
stesso
letto:
ci sono
due
letti
nella
stanza
delle
bam-
stesso
letto : tfi so:no
duce
letti
nella
stantsa
delle
bam-
bine.
Neanche
Pietro
non
dorme
solo.
Lui
dorme
bisne.
nelagke
pje:tro
non
dorme
so:lo.
lui
dorme
non nnon
nello nello
stesso stesso
nella nella
stessa stessa
stanza stantsa
di di
Bruno, bruno,
letto. letto.
Neanche nelagre
dorme
nella
stessa
stanza
di
suo
marito.
dorme
nella
stessa
stantsa
di
su:0
marito.
la signora la sinpo:ra
ma ma
Rossi rossi
non non
dorme dorme
sola. so:la.
si sveglia
la signora
Rossi?
La
signora
Rossi
kwando
si xveXta
la sinpo:ra
rossi?
la
sinpo:ra
rossi
suona
la sveglia.
E poi
la
e ppo:i
già alle sei, quando
st quelka dza
alle sei,
kwando
swo:na
cosa
si
Pia
sveglia
fa?
Poi
ko:sa fa? poi
alza.
si altsa. pisa
si
si qvelka
quela. alle
sei
alle sei
o
entra
a letto : nel letto
suo
in
nello
+
lo
=
lui dorme nella stessa stanza di Bruno = lui e Bruno dormono nella stessa stanza
Lei lesi
Quando si sveglia
quando entra la mamma = quando la mamma
alle
0 alle
69
Capitolo
7
sei
e mezzo.
Ma
il signor
ses e mmeddzo. ma il sinlpor
Rossi
non
e ancora
sveglio
rossi
non
e ayko:ra
xvehio
lo sveglia : sve-
alle sei, la signora Rossi lo sveglia alle sette. E a che . . . alle seci, la sippo:ra rossi lo qvelka alle sette. e a kke
li Sveglia to sveglia i due fra
ora
la sveglia la
anche
loro
alle
@9ke
/o:ro
alle
glia
suo
mamma
marito
=
la
sveglia
ora
mamma la sveglia |
Quella
î
la sveglia : sveglia | la mamma? Maria la mamma? Alle
due
la
sette,
fratelli? |
duce
la
sveglia zeta
alle alle
e
due.
sveglia
mamma
quando
‘a
(1
b
bi
O
bambini)
tutte e due
(le bambine)
cinque .
Rossi rossi
zvekha
la
la
.
e kkwattro
i
sveglia quella
glio il padre, ‘o il pa:dre,
è e
Maria quando mmarisa kwando
è sveglia? € qQvelka?
bagno. bbanno.
perché
I
E cosa fa e kko:sa fa
cosa
bambini
tutta tutta
i E e
sono °
la la
Si alza si altsa
stanza stantsa
già
sve-
i bambini,
do:po
.
è
DI
ppisa e ddza zved-
Dopo
marito. mart:to.
nella nnella
poi,
e ppoi, ko:sa
Pia
perlke
i bambini .
sveglia vela
qvekka
No, non le sveglia tutte no, non le quella tutte
mamma. suo suo
la la
li
‘
mamma.
sveglia Quelfa
sveglia
E
i fratelli.
marisa,
tutti e quattro
ttfigkwe tutti
da da 70
entra
i fratelli.
Maria,
so:lo
entra
kwando
signora sinno:ra e
solo
dduce. zvekka
glia
tutti e due
Sveglia
mamma
li |
sette. sette.
le sveglia : sveglia | fa? Sveglia le due bambine? e | anmeune fa? zvekta le du:e bambi:ne? e
mamma
E Maria, a che ora . e mmari:a, a kke o:ra
mamma
la
La
fratelli?
sette. sette.
La la
sette,
alle
i |
bambini,
alle alle
la
la
sette sette
e e
svegli, è svehe
so:no zveXhi,
famiglia. famikka.
€ qvel-
Cosa ko:sa
fa fa
e va e wa
nella nnella
stanza stantsa
da da
bagno? bbanno?
Nella nella
Capitolo
bagno
Maria
da bbanno
marisa
da
stanza
stantsa
fratelli.
i duce
Maria,
si lava. prisma
si lava
mari:a,
da solo. Le bam-
Pietro. Pietro è già grande e si lava si lavano
bine
bi:ne si \la:vano
dalle
sette
alle pod
le
do:po
sso:la.
da
poi le
Dopo
sola.
da
veste
alle sette
si veste,
eddje:tfi marisa veste
sette
si veste,
Maria
e dieci
dalle
Alle
sette
e ddje:tfi. alle
sette
e dieci.
sette
Pia:
veste
pisa:
veste
bam-
da sso:lo. le
e ssi lava
e ddza ggrande
pje:tro. pje:tro
la:va
nnon
ma
pisa,
lava
non
ma
Pia,
la:va
mamma
la
si lavano si Ma:vano
le bambine le bambi:ne
lava
mamma
La
fratelli.
due
si lava
lava Pia. Dopo lava pisa. do:po
poi la mamma posi la mamma i
Prima
si lava.
VII
Pia
non
si
pisa
non
si
la stanza da bagno Maria si lava
due
bambine
si
vestono
i
bambi:ne
si
‘vestono
i duse
che
la lava,
fratelli.
fratelli. Chi
lava Pia?
È Maria?
No,
non
è Maria
ki
ava pisa?
€ mmari:a? no,
non
e mmari:a ke
lla la:va,
è la mamma.
La
mamma
lava
anche
Maria?
No,
la
mamma.
la
mamma
lava
ayke
marisa?
no,
la
e lla
mamma
non
la lava
più.
Maria
è troppo
grande:
ha
mamma
non
la lava
pji. marisa
E ttroppo
grande:
a
tredici
anni.
Itfre:ditfi anni.
Le
le
non
quelli grandi.
nog
kwelli
Rossi?
rossi?
No,
no,
grandi.
mamme
mamme
Non
non
la mamma
la mamma
lavano
Ma:vano
lava neanche
lava non
nelagke
i bambini
i
bambi:ni
si veste
piccoli,
‘pikkoli,
Pietro la signora
pje:tro
lo lava neanche
non lo lava
Maria
ne\ayke
la sippo:ra
lui. Bruno,
Uni.
bruno, 71
Capitolo li lava non li
7
lava
le lava non le lava
Maria
e Pietro
sono
troppo
grandi
tutti
e
marisa
e ppje:tro
so:no
troppo
grandi
tutti
e ttre e la
mamma
lo lava non lo lava
non
mamma
la lava non la lava
E
la
=~
non
li lava pju.
ki
e kke
la
mamma
che
le
veste.
mamma?
no,
non
€
Wa
mamma
ke
lle
veste.
da
sola
anche
Pia.
Pia
non
ayke
pisa.
pisa
non
marisa
si
veste da
veste
dI
e
veste
da sso:la e vveste
sola
da sso:la
perché
è troppo
secra, alle
perlke
A
da solo da sola
da soli da sole
sì : vanno a da soli
letto
che
a
la
e ttroppo
ora mette a
a
mette
grandi
letto.
e vanno a
Egrandi
e vvanno
sola,
da sso:la,
ma
mette
a Wetto la \pikkola
a letto KKi altri Perché
perike? letto
perlke
da
soli.
gli
altri
Ai Pia
a Îlletto da sso:h. pica
Non
bambini?
altri non
nom
non
sono
altri
sì.
Anche
ma Ai
Pietro,
altri
che
si.
ayke
pje:tro,
ke
già
so:no dza va a
letto
ha
dieci
va a
gli
Îletto
a ddje:tfi
anni,
va
a
letto
da
solo.
La
mamma
non
lo
mette
anni,
va
a
Uetto
da sso:lo.
la
mamma
non
lo
mette
a letto neanche
nelagke
lui.
luc.
a
lletto
lo sveglia sua moglie = sua moglie lo sveglia
A
che
a
kke o:ra si xvekha
si sveglia si svegliano
moglie alle sette. E i bambini
72
letto la piccola
letto gli altri bambini?
Perché?
a letto.
‘pikkola.
mette a
mamma
kke o:ra mette
li mette
da
otto,
piccola.
x
La sera, alle otto, la mamma
li
bambi:ne?
e
si veste
la mamma mette Pia a letto
le
non
veste
pisa.
weste
No,
si
Pia.
la
li lava più. Chi è che veste le bambine?
Maria
la
e
mamma?
e lla
st
tre
molte
ora
alle
si sveglia
sette.
il signor
il sin\por
e ¢ bambini
Rossi?
rossi?
Lo
lo
sveglia
quella
sua
sua
a che ora si svegliano?
a kke o:ra si ‘evellano?
Capitolo VII
si si
grandi, grandi,
li sveglia li xvekta
la mamma la mamma
va
anni. Ma
quando
sette. sette. ha
a
sso:lo tfigkwe a scuola
an\dra a skwo:la
Quando
avrà
sette
anni
Pia?
Pia
avrà
agke
lei.
lesi.
kwando
avra
ssette
anni
pisa?
pisa
avra
sette
anni
anni.
Fra
Bruno
avrà
anche
anni,
due
diciassette
anni.
Andrà
a
scuola
a
diciassette
anni
dditfas\sette
anni.
an\dra
a skwo:la
a
dditfas\sette
anni
Bruno? bru:no? anni anni
No, non no, non
andra piu a scuola. E Maria, quanti andra ppju a skwo:la. e mmari:a, kwanti
avra fra due anni? avra ffra dduce anni?
ancora
a
scuola.
Pietro
agko:ra
a skwo:la.
pje:tro
fa,
ne
aveva
solo
fa,
ne
aveva
solo ses.
sei.
ha
dieci
quattr’
anni.
Quattr’anni
a ddje:tfi anni.
kwattr anni
Andava
a
scuola
a
sei
anni
andava
a
skwo:la
a sse:i
anni
ci
andava
ancora.
Quattr’anni
fa,
pje:tro?
no,
nnon tifi
andava
ayko:ra.
kwattr ami
fa,
quando
suo
fratello
Bruno
in casa,
con
stava
bruno
andava
andava
la mamma e
sta:va iy ka:sa, kon la
mamma
con
a
a Pia.
e kkom pica.
scuola,
avrà,
a 17 anni — quando avrà 17 anni
ne
non
fratello
domani andrà
avra quindici, e andra alvra'\kkwinditfi,e andra
No,
suo
ha, va
Ne ne
Pietro?
kwando
oggi
avra
bruno
ddu:e anni,
fra
fra dduce anni.
anni
ssette
due
fra
la Pia = Pia
cinque
solo
andrà
anni,
a'\vra ssette
ma kkwando pisa
anni.
alle alle
sette anni,
avrà
Pia
sei se:i
pertke
a skwo:la
ayko:ra
pisa nom
i i
e mezzo, e e mmeddzo,e
alle alle
perché
scuola
a
ancora
va
non
Pia
sei o seo
alle alle
sveglia quella
La Pia la pica
Pietro
skwo:la, pje:tro Quanti
anni
kwanti
anni
15
avrà
15:avrà
anni
=
quattro
quattr’anni fa». no? ».
un paio di scarpe
una scarpina : una bella, piccola
scarpa
tu guardi guarda!
105
Capitolo
10
guarda! guardiamo! guardate! dietro a > davanti a
Emma
Benelli:
« Molto
belle!
Tu. non
trovi
che
sono
emma
benelli > « molto
belle!
tu
trovi
ke
sso:no
che
anche
belle,
Gino? ».
belle,
Gino
Benelli
dzi:no? ». dzi:no
nnon
risponde
benelli
risponde
ke
ayke
lui
lui
trova che sono molto belle, le scarpine bianche. Teresa
trovo trovi trova
tro:va
ke
Rossi: rossi:
« E quelle « e kkwelle
belle, le skarpi:ne
altre, altre,
Emma, emma,
più
belle!».
Emma
Benelli:
pie
bbelle!».
emma
benelli:
Rossi:
« Quelle
rossi: le
le
quel paio quelle scarpe
sso:no molto
« kwelle
scarpe
skarpe
Rossi:
« Lì,
rossi:
« li,
bianche
bjagre
sono
gialle:
dzalle:
«kwelle
a sinistra,
a ssinistra,
belle!
sso:no belle!
emma
le
Sono
le
so:no
altre? ». altre? ».
Teresa tere:za
a quel
che
ke
Benelli:
paio
belle
più
bbelle
pju
di
tutte,
fere:za
di skarpi:ne
sì!
tutte,
Teresa
di scarpine
« si, ssi!
di
vede
nnom ve:de
dove? ».
« Sì,
benelli:
non
Dove? ».
dje:tro a kkwel pa:jo
e nere ». Emma
e nnecre».
dzalle?
dietro
ancora ayko-ra
benelli,
gialle?
tere:za
Sono so:no
Benelli,
emma
«Quelle
guarda! gwarda!
« Quali « kwa:li
gialle ». Emma
dzalle ».
bjagke.
Oh!
0!
non
non
Come
kosme trovi,
trovi,
Gino? ». Gino Benelli: «Si... ». Teresa Rossi: «E tu, dzi:no? ». dzi:no benelli : «si: ... ». Zere:za rossi : « e ttt, non dici niente, nnon di:tfi niente,
io dico tu dici lui dice
perché pertke
non
dico
niente,
di:ko
niente,
... niente
tutto
Carlo Rossi:
Rarlo
106
rossi:
io?».
t:0? ». « Ma
Carlo? ». Carlo karlo? ». karlo
Teresa
fere:za
... guardo
«ma: ...
Rossi:
rossi:
«No!
«no!
Rossi: rossi:
Perché?».
perke? ».
...». Teresa Rossi:
gwardo...».
tere:za
« Non « non
« Che
rossi: «
ke
Capitolo X
Rossi:
guardi? ». Carlo
cosa
rossi: «
kko:sa guardi? ». karlo
Anche agke
Gino d3i:no
moglie,
Carlo! ». Ma
mokie,
e
karlo!».
ride
lui.
ayke
lui.
dopo,
le
ride risde Carlo
ma kkarlo
anche
e rri:de Poco
Benelli benelli
due
donne? ».
delle
quelle
donne? ».
delle
kkwelle
o
negotisio
del
skarpi:ne
le
« Guardi «gwardi
a suo marito: a ssu:o mari:to:
o
negozio
del
scarpine
le
le skarpe... ».
ma:...
Rossi ride e domanda rossi ride e ddomanda
Teresa tere:za
...».
le scarpe
...
«Ma
e dice: «Rispondi e ddi:tfe : «rispondi
a tua a ttu:a
Rossi
niente
non
rossi
risponde
non
risponde
niente
donne
si
fermano
davanti
a
un
donne
si
‘fermano
davanti
a
un
po:ko
do:po,
altro
negozio.
Quando
Teresa
ed
Emma
sono
in
altro
negottsjo.
kwando
tere:za
ed
emma
sono
in
le
due
città, si tfitita, sì
fermano \fermano
davanti davanti
volta
fermano
per
volta
sono
sono
sono
sono
paio payjo guanti
Quanti
si
si di
di
‘fermano
tutti
tutti
pure
di
pure di
di guanti di gwanti lunghi,
luygi,
per
i colori:
a a
ogni onpi
guardare
gwarda:re bianchi,
i kolo:ri : bjayki, verdi,
verdi,
di
di
rossi
rossi
negozio. negottsjo.
dei
dei
neri,
ne:ri,
Questa kwesta
guanti.
Ce
guanti.
gialli.
dzalli.
e di bruni.
e ddi bruni.
E
tfe E
ce
lì, fra
del
della
del
kolocre
della
sua
ne
borsetta,
borsetta,
un paio di guanti
ne
un guanto due guanti
un
ce ne sono di verdi : ci sono dei
e li, fra um
di verdi, c'è un paio di verdi, tf e um pasjo sua
ne
e ttfe ne
rossi e uno rossi e u:no colore
tu rispondi rispondi!
guanti verdi
di di che
ke
107
Capitolo
10
guanti é bello
vai quel paio quei guanti I
neri nesri
guanti Quanti
un po = un poco | Rossi rossi pelissimo = moito pe °
alla signora alla sinpo:ra
Benelli. benelli.
bellissimi! ». è 8 bellissimi! ».
« Cos'è «kose
Carlo
«Quel
Rossi.
karlo
mia
mica
rossi.
«kwel AAG
Carlo
Rossi
guarda,
piace
guanti
bianchi
P
Quanti
iacciono
,
è e
paio
di
risponde
borsetta», rossi
che kke
risponde
guarda,
gwarda,
‘n: bjayki
°
gwarda,
Benelli: benelli:
«Si; sono «si; so:no
bellissimo?», ‘+. bbellissimo?»,
guanti
del
gwanti
sua
susa
del
poi,
e nne:ri,
ma ppo:i,
colore
della
kolo:re
della
moXKe. prima
non
vede
quando
sua
moglie,
kwando
susa
molke,
e ppri:ma
ma
domanda domanda
moglie.
e
e neri,
quei . kwei Teresa tere:za
bianco!», dice bjayko! », di:tfe
Emma emma
paso di
borsetta », gli
karlo
di di
po’ po
un um
con kon
guarda gwarda
«Emma, «emma,
Rossi. . rossi.
alla signora . alla sinpo:ra
piace alla signora | piace molto = lasi t . che il Sio “a ppja:tfe molto
nom
ve:de
ancora una volta, gli mostra i guanti che le piacciono,
aygko:ra una
il prezzo
volta, XAt mostra
i gwanti
li vede
anche
lui.
E
allora,
anche
li vesde
ayke
lui.
e
allo:ra,
ayke
belli, belli, lire,
bellissimi! bellissimi! e non
dice
Però poi vede pelro ppo:i ve:de più
lisre, e nnon di:tfe pju
ke
lui
lle
‘pjattfono,
dice
che
sono
lui di:tfe
ke
sso:no
il prezzo: il prettso:
settemila sette\mi:la
I guanti
piacciono
molto
nniente. î gwanti
‘pjattfono
molto
niente.
al signor Rossi, ma non gli piace il prezzo: sono troppo al sinlpor rossi, ma nnon Ai pja:tfe il prettso: so:no troppo cari, quei guanti!
ka:ri, kwei gwanti !
108
i
i
Capitolo X
dice:
«Sono
belli,
si, pero
ddi:tfe: « so:no belli,
bellissimi, bellissimi,
vede
che
vvesde
ke
« No,
dice:
c'è tle
un um
Quelli kwelli
via
Condotti
negottsjo
di
visa
kondotti
di di
guanti
che
Quanti
ke
kkosta djetfitmi:la
no. no.
Ma ma
...».
Carlo
Ure... ».
karlo
lire
se Carlo sse kkarlo
«ki
rossi :
lire.
diecimila
«Chi
Rossi:
ti
lire.
non non
dice
tti di:tfe
ha a
Allora, allo:ra,
mila lire, no? \micla li:re, no?
guanti
non
sono
troppo
gwanti
NOn
so.no
troppo
nel
negozio! ».
nel negottsjo! ».
Carlo:
«Si,
karlo : «si,
se
Emma:
emma:
piacciono
se \ppjattfono
9
ddetto po:ko fa kke se tu trovi se ttu ttrovi
Teresa, ftere:za,
cari
vventi-
che quei ke kkwei
entriamo
kas:ri e sse li vwo:i,
en'\trja:mo
«li
vwoi
alla
alla
vuoi
se
comprare,
kompra:re,
Teresa
tere:za
quelli
guanti
: quei
ke
li vuoi,
«Li
e
9
il paio di guanti costa 10.000 lire = il prezzo del paio di guanti è 10.000 lire
che
non ho settemila lire? Ho detto poco fa che ho venti-
nnon o ssétte\mi:la licre?
:
ttere:za,
a
di
costa
un po’ caro molto caro
a Teresa,
negozio
un
in
sì sono cari, questi si sso:no ka:ri, kwesti
ssettelmicla
Emma, emma,
In
paio pajo
settemila
Ma ma
perché?
perlke?
distfe: «no,
un
ka:ri, no? se sono se sso:no
molto
‘pjattfono
gwanti
kkwei
ke
no?
anche agke
molto
piacciono
guanti
quei
po
Emma?». emma?».
trovi, trovi,
è caro, non e kka:ro, non °
che
um
un paio di guanti, um pasjo di gwanti,
lire per lisre per
Settemila sette\mi:la
so:no
si, pero...
cari,
po’
un
sono
...
e e
lui lui
dei guanti pure dei guanti pure
il prezzo il prettso
vede ve:de
Gino Benelli dzisno benelli
Carlo? ».
karlo? ».
li compriamo >.
li kom\prja:mo».
poco fa : pochi minuti fa
se li vuoi
: se
vuoi i guanti noi entriamo entriamo!
compra comprare compro compri compra compriamo
comprate
comprano
109
Capitolo
10
Emma:
buono migliore il migliore
emma :«
« Carlo è un buon marito, Teresa!
karlo
re di tutti re mio tuo suo
mia tua sua
di
tutti
Teresa
tere:za
mi fa molti regali = mi da molte cose
a Roma in tutta Roma
Benelli:
non
ke
benelli :
quando midà ti dà glidà le dà
...
daame dà a te daalui dà a lei
quello
che
maricti!
ti
da
ttutto
kwello
ke vuno:i!».
dice:
«Si,
c’è
miglior
«E «e
io, it:0,
vuoi! ».
marito
è
migliore
mari:to
e mmiXKo:re di
DI
di
marito
in
Roma! ».
tutta
mari:to?
A
me
Gino
ro:ma!».
che cosa sono? ke kko:sa so:no?
marito?
bwom
în
tutta
dici
dzi:no
Non non
sempre
sono so:no
che
a mme ddi:tfi sempre
ke
il
il
migliore
dei
mariti
sono
io.
E
ora
che
siamo
con
mikfo:re
dei
mari:ti
so:no
io.
e
o:ra
ke
ssja:mo
koy
a lui a Mui
Carlo dici karlo di:tfi
che ke
è il e il
migliore mikKko:re
se
vuoi,
lo
Gino,
«Ma
Emma:
°
dico
mariti! ». mari:ti!».
anche a
te! ».
a tte! ».
ayke
di:ko
lo
«ma ddzi:no, se vowvo:i,
dei dei
Ora
ride
non
solo
Carlo
Rossi,
ma
ridono
tutti.
osra
risde
non
so:lo
karlo
rossi,
ma
‘rri:dono
tuth.
Poi
Emma
posi
emma
tu
tin
e
« Allora
diciamo
che
di:tfe a ssu:o mari:to : « allo:ra
aditfa:mo
ke
a
dice
Carlo
e kkarlo
tento? ». Gino:
siete
sje:te
marito:
suo
i
i
due
duce
« Grazie,
tento? ». dzi:no : « grattsje,
110
mio
allora, allo:ra,
buon
um
emma:
noi diciamo diciamo!
tutto
e ddi:tfe :« si, mico
un
ayk t:0
ora
dà
nnon tf e mmiXKor mari:to
anch'io ...=
Ti
molti altri, e mi fa molti bei regali ». Emma: « Io trovo molti altri, e mmi fa mmolti bei rega:li ». emma :« ito tro:vo
che
che
e il mikXo--
i mariti! e
risde
miglior = migliore
ora
e um bwom mari:to, tere:za!
i
ride
E il miglio-
migliori
mariti!
miXKo:ri mari:ti!
con-
Sei
kon
sei
tu,
Ora
sono
contento.
E
si! o:ra
so:no
kontento.
e tin,
sì!
Capitolo
ora o:ra
contento, kontento,
Carlo, sei kkarlo, sexi
miXKo:ri? ».
dei duce
uno
« Sì, sì, sono contentis-
nel
Quando
i
lentrano
i
bambi:ni
‘ve:dono
cosa
bambi:ne,
volete
ko:sa
vogliamo
volecte fa:re? ». marisa 1 « ko:sa
la
zia, lla tisisa,
ma ma
«Se mari:a : «se
Maria:
negozio
negottsio
ke
da
i 1
voi voi sole».
tre
Pia:
enira:re
dice
Lucia
comprano
guanti
ggwanti
cugini
tre kkudzi:ni non nom
entrare
sta:re kwi? ». ltfisa di:tfe
che
vede:re
vott,
vokAa:mo
Vogliamo volLa:mo
qui? ».
stare
0 volKa:mo
vedere
Voi,
noi?
«Cosa
vogliamo
volete, vole:te, «Ma
da sso:le ». pisa : « ma
lo
Ikomprano
non
nom noi noi
io
lui vede loro vedono
e bbru:no \di:kono:
fare? ». Maria:
noi
Hest vwo:le
dicono:
now?
anche
vuole
Bruno
ayke
Che cosa dici tu, Lucia? ke kko:sa di:tfi tu, UWtfi:a?
noi
entra:re
entria:mo
fare? fa:re?
o
d3enito:ri
anche
« kosa fattfa:mo, no:i altri?
bambine,
entrare
Entriamo
altri?
noi
genitori e
dzovanni
gwanti,
di
i lo:ro
Giovanni
guanti,
di
facciamo,
« Cosa
lei
ttutti e kkwattro
loro
i
vedono
bambini
negottsjo
agke
quattro
negozio.
negozio
nel
e
nel negottsjo.
kwando
nel
tutti
e
e o:ra, en‘trja:mo!».
ayk iso.
entrano
E
contentissimo — molto contento
kontenttis-
«si, ssi, so:no
karlo:
entriamo! ».
ora,
E
anch’io.
simo 51100
ma ma
che non sei il migliore, nnon sect il mikAo:re, ke
uno dei due migliori? ». Carlo:
X
lo
che
ke
e
zio
tisiso e
vogliono
entrare.
InoAAono
entra:re.
due due pure
to pure
andiamo andja:mo voglio
volko
.
fa sta
fare stare
. qui : davanti a questo negozio vede vedere
voglio
vogliamo
vuole
vogliono
vuoi
volete
nel nel
entrare
entra:re 111
10
Capitolo
nel negottsjo!
Io non
iso nom
voglio
vanni:
« Hai
sentito
le mie
ad
sentisto
le mize
nel negozio!
vanni :« Poi,
voi fate fate!
alle bambine:
bambine :
posi, alle
voi andate andate!
a guardare guardare
: per
vostre
mamme,
gente! ».
sta stiamo
la nostra la vostra laloro
inostri ivostri i loro
le nostre le vostre le loro
tutto,
dzovanni:
volete!
come
«si». con
le
kon
le
a guardare
la
Andate
mentre
no:i
stjia:mo
kmwi a gewarda:re la
«Con
le
le
nostre
nostre
Prima
mamme!
mamme!
di
prisma
di
non
ci
poi,
le
vostre
mamme,
e
le
vostre
mamMme,
e ppoi,
non tft
sono solo le nostre mamme
nel negozio,
so:no
nel negottsjo, tfi so:no pu:re
so:lo le
il nostro
il nostro
nostre
papa
palpa
e il vostro! ».
e ride.
Quando
Teresa
Rossi
tere:za
rossi
kwando
mamme
e il vostro! ».
sponde
ponde
le mie le tue le sue
sorelle? ».
« Si».
qui
apke
50:00
sorelle? ». Giovanni:
stiamo
anche
sono
tutto,
a ddzo-
noi
dzente!». marisa : «kon
il nostro il vostro illoro
i miei i tuoi i suoi
Maria:
stare kwi! ». bru:no,
«fa:te ko:me vvole:te! anda:te
mentre
mamme,
vostre
voto
« Fate
a Gio-
stare qui! ». Bruno,
ci sono
pure
Ma
Giovanni
non
ri-
ma
ddzovanni
non
ris-
entrare
nel
entra:re
nel
e rrizde. vede
le tre bambine
ve:de le
tre bbambi:ne
negozio, domanda: « Dove sono i miei due bambini? ». negottsjo, domanda : « do:ve sso:no î mje:i duce bambi:ni? ».
Lucia ride e risponde: «I tuoi due bambini, zia Telutfisa ri:de e rrisponde : «i two: duce bambi:ni, ttsisa tefuori+—>nel negozio
resa, sono fuori ». La zia Teresa:
re:za, so:no fwocri ». la ttsi:a tere:za : « fwo:ri dove ?». laMtfica:
« Li, davanti
« li,
112
« Fuori dove? ». Lucia:
davanti
all’altro negozio ». « Grazie,
all'altro
Lucia! », dice
negottsio ». « grattsje, laltfi:a! », di:tfe
X
Capitolo
« Ti piacciono questi guanti,
la zia Teresa, poi domanda:
la ttsiza tere:za, posi domanda : « ti Iutfisa? ». IMtfica 1 « si, «E
Rossi:
«e
rossi:
mi
molto! ».
Teresa
\pjattfono
e Pia?
a voi, Maria
gwanti,
piacciono
mi
«Si,
Lucia:
Lucia? ».
‘pjattfono kwesti
Vi
e ppisa? vi
a vwvo:î, marisa
molto! ».
tere:za
piacciono? ». Maria
mart:a
Ipjattfono? ».
«A noi? Si, ci piacciono molto». Lucia: « Pero e Pia: e ppica: «anno? si, tft \pjattfono molto». lultfisa : « pe'ro
« kwa:li? kwelli
a te, Maria?
a tte, mmari:a?
«No,
a me
mamma
Rossi:
tfono
resa:
«non «nom
Ibjattfono
di più
questi
li»,
e mostra
« Chi
qui».
Lucia:
resga: «ki
non li compri,
ti dice
tti distfe ke
Maria
maria
loro un paio
non
quelli lì = quelli che sono lì loro
: a loro
mi dà ti dà
ci dà vi dà
gli da \ da loro
ci piac-
anno.i, pero ftfi \pjat« Allora,
se ti piac-
se tti \pjat-
questi guanti qui
qui : i che sono
zia Teresa? ». La zia Te-
kompri, ttsi:a tere:za? ».
che
«e
vi piacciono, a voi? ». ‘Teresa vi ‘pjattfono, a voi? ». tere:za
ayke
quei guanti li=i guanti che sono li
a tte? ».
dice
a noi, però
} a loro
|
« E
e mmostra lo:ro um pa:jo
anche
anoi a voi
a te? ».
pju kkwelli li», ditfe
molto
nnon i
rossi:
ayke
di pju kkwesti kwi ». lultfisa: « allo:ra,
pertke
Rossi:
anche
i rossi quelli
e allattsi:a emma,
SÌ,
ciono, perché
tfono,
più
« Sì, piacciono molto
rossi :«
ciono
di
alla zia Emma,
di guanti bruni: di gwanti bruni:
i rossi
di pju
‘ppjattfono di
alla mamma e
alla
di più
\pjattfono
piacciono
a mme
« NI;
« Sì ». Teresa
rossi? ». lltfisa : «si ». fere:za
Piacciono
rossi:
ii». tere:za
a mme \ppjattfono di pju kkwei gwanti
«Quali? Quelli rossi? ». Lucia:
Rossi:
li». Teresa
guanti
quei
di più
piacciono
a me
ame ate a lei a lui
li voglio
nnon li volto
lattsisa te-
comprare?
kompra:re?
Però
pe'ro
113
Capitolo
10
compro
non
compriamo
o
COMDprI
compra
nnon li
comprate
lui
comprano P
DLE
@
Wusi
EN
.
.
che
ha
ke
a
i:o, li
perché
no, ma:...
soldi, soldi, mi
domandi
perlke mmi
domandi
paio
di guanti
anche
un
paio
di guanti,
ma
di gwanti
Carlo
kosta
E
molto!
rossi
ri:de
altre,
altre,
insieme:
posi, Rarlo
e
soldi,
eddi:tfe
volete
Rossi: rossi:
soldi
09?
«No,
non
« no,
un
vokto
un
gelato
:«un
pure
vokXo
voglio
palpa, « Un
mo:
voglio
nom
papà,
pure
vole:te
«Molti « molti
non
dzela:to un
grazie! ».
noy
gelato? ».
un dzela:to? Carlo
».
Rossi:
«si, goratisfe! ». karlo
rossi:
anche per voi ». ayke per vot». i guanti: mille, duemila,
tremila,
rossi pa:gai gwanti : mille, dueVmi:la, tre\mi:la,
quattromila,
lire.
Sono
kwattro!mi:la, tfiygkwe'mi:la, seilmi:la, sette\mi:la lire.
so:no
cari ma
belli,
cinquemila,
i guanti,
ka:ri ma bbelli, i gwanti,
114
soldi,
e dice:
«Si,
e Uultfiza, insje:me:
« Allora ne compro « allo:ra ne kompro
a:i
ride
Poi, Carlo Rossi paga
pagare
sse
Rossi
e wot
e Lucia,
marisa
perlke
soldi ho ? Vuoi
kwanti
tue». pica:
se hai
ma
voi
quanti
tu? ». Pia:
ayke
di gwantt,
molto!
Maria
paga
papa? ». Carlo palpa? ». karlo
un
costa
karlo,
| î soldi».
no, ma...
um pa:jo
lottsiso
i
dzela:to! ». ‘karlo
ne : dei gelati
kompra
.
è
perché
Carlo,
zio
i soldi».
molti molti
gelato! ».
un gelato
.
i
i
Pia: «Hai pica: «ai
um pa:jo A
.
kompro
lo
li compra
io,
li compro
Non
non
gli piace
pagare,
Li pja:tfe paga:re,
seimila,
settemila
e il signor
Rossi
è contento.
e il sinlpor
rossi
e kkontento.
DI
molto
fare
regali
ma AKi pja:tfe molto
fa:re
rega:li
ma
gli piace
X
Capitolo
a sua moglie,
e gli piace vedere
assusa mokke, tenta. tenta.
E e
bacia suo marito ba:tfa su:o mari:to
e le
oe
dzenito:ri e lle
dove
sono
Rossi rossi
è molto, e mmolto,
molto molto
i tre
kompra
dei
cugini.
fuori
vanno
bbambi:ne]
gelati
contenta: kontenta:
e sette (i e ssette [i
vanno
E
poco
fwo:ri
dopo
do:ve sso.no î tre kkudzi:ni. e ppo:ko do:po
compra
le:i e kkon-
tutti tutti
i guanti, î gwanti,
.
tre
ayke
E quando e kkwando
bambine)
tre
ke
lei è con-
e gli dice mille grazie. e AXi di:tfe mille grattsje. ha pagato a ppaga:to
Rossi rossi
genitori
anche
e 4Li pja:tfe vedecre
la signora la sinno:ra
il signor il sinlnor
che
per
det dzela:ti per
i
i bambini.
bambi:ni.
.
per
per
il signor
il sin\por
Allora,
allo:ra,
tutti
tutti
paga a pagato
vedere | vanno fuori si mettono
mam-
mam125
11
Capitolo
Ma ma
Teresa ttere:za
Rossi
dice:
«Se
vuoi
pranzare
pranza pranzare
mina
tu vai va!
con noi, va nel bagno con Maria! ». « Sì, mammina! ». kon no:i, va nnel banno kom mari:a! ». « si, mmammi:na! ».
si lavano = lavano mani
».
mina».
le mani le loro
Maria e Pia lavano
si
Maria e Pia sono lavate
si
rossi di:tfe:
E la Pia e Maria vanno e lla pisa e mmari:a vanno
Poi,
le mani.
vano
vano
le
sala
da
ma:ni. poi,
« se vuoi
insieme insje:me
quando
kwando
nel nel
lava:te,
so:no
si
bagno e si labanno e ssi Vla:
lavate,
si sono
prandza:re
vanno
in
vanno
in
pranzo.
sa:la da pprandzo.
si lava lavarsi
Mentre
tu mostri
mani,
Teresa
Rossi
ma:ni,
tere:za
rossi
mostra!
tu mi mostri mostrami!
mostrami! mostratemi!
hai le mani sporche = le tue mani sono sporche
Pia
mentre
e Maria
vanno
nel
bagno
per
lavarsi
le
pica e mmari:a
vanno
nel
banno
per
lavarsi
le
«E
ora,
mostrami
distfe a ppje:tro :«e
o:ra,
‘mostrami
le
mani
anche
le
ma:ni
ayke
sporche
della
ma:dre,
ti lavi le mani te le lavi
Pietro
pje:tro
tul».
che dice:
sporke
mi lavo le mani me le lavo
tu! ».
madre,
a Pietro:
dice
« Ma Pietro!
le
mani
a
sua
mostra
le
mani
a
ssuza
Hai le mani
ancora più
ke ddi:tfe :« ma ppje:tro! ai le ma:ni ayko:ra pju
della
Pia!
Perché
non
ti
lavi
le
mani,
pertke
nnon
ti
lavi
le
ma:nt,
pisa! «Ma
mamma,
io
me
le
lavo
ogni
bje:tro? ». pje:tro :« ma
mmamma,
to
me
le
lavo
onpi
volte
al
giorno
te
volte
al
dzorno
te
Pietro? ». Pietro: giorno! ».
Teresa
«Quante
Rossi:
dzorno! ». fere:za
rossi:
le lavi? ». Pietro:
« Mi
« kwante
lavo
le la:vi? ». pjestro : « mi la:vo
al giorno! ». Teresa Rossi: al dzorno! ». tere:za rossi:
126
mostra
le mani
due o
le mani
duce
tre
volte
o ttre vvolte
« Ma Pietro! È troppo poco! « ma ppje:tro! e ttroppo po:ko!
XI
Capitolo
marisa se
e papà e ppalpa
le lawa ed ed
pju dditfigkwe
io ce iso tfe
giorno! ». Pietro: dzorno ! ». pjé:tro: le le
lavate lava:te
di cinque
piu
se le lava
Maria
le le
laviamo lalvja:mo
« Maria « marisa
Anche
« pje:tro!
ayke
tu
al giorno,
o sse:i volte
al
pure pu:re
è una e una
devi
ve
e vvo:i
ve
Teresa
Rossi:
tere:za
rossi:
molte
volte
bagno e lavati banno e Wlavati
le mani le ma:ni
le
mani
e
bbruno
pure:
lalva:tevi
le
mami
in im
in
sala
in sa:la in im
da
è la mamma
mamma
pranzo!».
anche ayke
tu! tu!
tutti
e
due,
tutti
e
ddue,
E
i due
fratelli
da pprandzo! ». e
î due
fratelli
bagno banno
loro, come le bambine. lo:ro, ko:me lle bambi:ne.
e nnon € lla
voi
ma:ni
lavatevi
e non
E
tu dde:vi lavarti le
pure:
insieme insje:me
al
volte
Bruno
vanno vanno
volte
molte
E
e ppo:s anda:te
molte
mani
Va va
andate
al
le
al giorno! al dzorno!
e poi
volte
le mani! ». le ma:ni!». lavarti
dzorno,
molte
bambina! bambina!
DI
tutto il giorno, tutto il dzorno,
« Pietro!
o sei volte
e si lavano e ssi \la:vano
le le
mani ma:ni
ayke
Va:va lo:ro le ma:ni,
ma
prima
ma ppri:ma
sì, era lei. Oggi Pietro si lava sempre
le mani
da solo,
si, esra lesi. oddzi pje:tro si lava
le ma:ni
da sso:lo,
e non e nnon
gliele Lele
lavano ‘lavano
mani
ci laviamo le mani ce le laviamo
vi lavate le mani ve le lavate
ti lavi lavarti
in bagno = nel bagno tu lavi lava!
tu ti lavi lavati! voi vi lavate lavatevi! lavati! lavatevi!
(Ora i due fratelli sono grandi, [o:ra i duce fratelli so:no grandi,
che lava loro le mani,
ke
anche
si lava le se le lava
sempre
più né Maria né pju nne mmari:a ne
ma Pia è ancora piccola e non sempre
ma ppisa e agko:ra \pikkola e nnon
sempre
la Ma
mamma, mamma,
si lava le mani
gli lava le mani le lava le mani lava loro le mani
gli lava le mani gliele lava
le lava le mani gliele lava
si la:va le ma:ni 127
Capitolo
11
molte
sola;
da
come
oggi,
volte,
ko:me
oddzi, AXele
da sso:la; molte
Teresa lavata
Rossi
si è
Pietro e Bruno sono lavati Pia e Maria sono lavate
kwando si
si
lavati,
vanno
i duce
fratelli
si
so:no
lava:ti,
vanno
da
dopo che si è lavata = quando si è lavata
Rossi
si è lavata
con + l’ : coll’
asciuga
la madre,
la ma:dre, pod il pa:dre. le mani,
le ma:nî,
si € llava:ta
rossi
affu:ga
poi il padre.
coll’asciugamano.
anda:re
di
acre,
pa:dre,
ttere:za
le asciuga.
Se
le
essa
se
le
affu:ga.
se
le
stanza
da
bagno
[nella
stantsa
da
bbanpo
Poi esce dal bagno,
e prima
dal banpo,
e ppri:ma
effe
in cucina,
mentre
il
in sa:la da pprandzo va
iy kutfi:na,
mentre
il
le mani
ed
mani
ed
do:po
che
ke
e asciugato
si è lavato
le
affuga:to
e
ssi e Uava:to
dal
bagno,
va
in sala
e uffi:to dal
banno,
va
in sa:la da pprandzo, do:ve sso:no
da
pranzo,
dove
sono
i bambini.
Cinque
minuti
dopo,
tutta
la
i bambi:ni.
tfiykwe
minu:ti
do:po,
tutta
la famikxha
in sala
pranzo
da
e si mette
in sa:la da pprandzo e sst
Pia
128
ke
va
dopo
è uscito
do:po
se
pranzo
da
in sala
di andare
che Teresa
essa
poi
affugama:ni].
tft so:no tre
Dopo
(Nella
= Koll'affugama:no.
ci sono tre asciugamani).
le
\a:vano
ssi
ke
i d3enito:ri
so:no
le
lavano
si
che
genitori
i
sono
bambi:ni,
i
do:po
maint: prisma
uscire esce e uscito
ayke
pranzo.
bambini,
prima
entra
anche
lo:ro in sa:la da pprandzo.
mani:
«>
mari:a).
sono
i
esce
lava
si
Dopo
un asciugamano
Maria).
fratelli
sala
in
loro
lava
due
i
Quando
si é
Carlo Rossi lavato
gliele
volte,
mette
famiglia
e
DI
e
a tavola.
a'tta-vola.
si siede
sulla
sedia
alta,
a sinistra
della
pisa si sje:de
sulla
se:dia
alta, a ssinistra
della
mamma,
mamma,
Capitolo
apke le:i, distfe a ppje:tro :
prisma di sedersi
e lla mamma,
li,
siediti
«Tu
di sedersi anche lei, dice a Pietro:
prima
e la mamma,
noi,
«E
destra! ».
a
qui! »,
sediamoci
«e nno:î, se\dja:motfi kni! »,
« tu Issjesditi li, a ddestra! ». a Bruno,
ed
essi
si
siedono
a
destra
del
di:t{e marisa a bbru:no,
ed
essi
si
\sfe:dono
a ddestra
del
Maria
dice
papà. papa.
ed ed
la porta la porta
apre a:pre
Amelia ame:lia
Allora allo:ra
pranzo.
Amelia
porta
un
gran
da pprandzo.
ame:lia
porta
uy
gram
e lo mette
in mezzo
alla
tavola.
da
signora
Teresa
dà molta
pasta
a suo marito
la
sinpo:ra
tere:za
da mmolta pasta
a ssu:o mari:to
altri. Maria
Essi
a Bruno. a bbru:no.
essi
meno
di loro,
mamma
‘mandzano
me:no
di lo:ro,
anch’esse
mangiano
un
bel piatto
pero
agkesse
‘mandzano
um
bel
oddzi
perlke
hanno
anno
molto.
ffa:me si
mandza
molto.
do:po
avere
ave:re
mamma, mamma,
ayke
fa:me
mangia
Dopo
anche
fame
si
fame
mangiato
mandza:to
e nne
più degli pju ddeXXi
mangiano Imandzano
però
oggi
e ne
mangiano
e la sua mamma
altri. marisa e lla susa
perché
si siede sì siedono
pasta
di
La
dà più ancora da ppju ayko:ra
noi ci sediamo sediamoci!
alla ‘ta:vola.
mette im meddzo
e Mo
tu ti siedi siediti!
pasta
di
pjatto
si siede sedersi
in sala in sa:la
entra entra
piatto
XI
di pasta
oggi,
di pasta oddzi,
pjatto loro,
e quando
si ha
lo:ro,
e kkwando
st
a
in mezzo
alla tavola
ne dà più ancora : dà più ancora di pasta
egli
essi
essa esse
un bel piatto : un gran piatto mangia ha mangiato
la
la
pasta
pasta
Bruno dice: « Vuoi bruno di:tfe :« vwo:i
che
ke
darmi darmi
gli
AKi ancora ayko:ra
ha
a
dato
la
dda:to
la
un po’ um po
di di
dopo avere mangiato = dopo che ha mangiato ha avere
129
Capitolo
11
pasta,
mamma?
diamo
prima
pasta,
mi dai darmi ne vuole ancora : vuole ancora della pasta
mamma?
Ho
ancora
9
«Si,
ayko:ra fa:me».
« si,
al papa sse nne vwo:le
ayko:ra
ayke
lui»,
Poi
domanda
risponde
tere:za
rossi.
posi
domanda
io devo tu devi egli deve
grazie!
«devo
ancora
darti
un
ayko:ra
Non
ho
ggrattsje! non
ddoman-
lui »,
Rossi.
darti
ma
anche
Teresa
«Devo
doman-
ancora
risponde
ti dà darti
ma
se ne vuole
al papà
dja:mo prisma
fame».
0
po’
um
molta
di
po
fame
a
suo
a ssu:o mari:to:
pasta,
di pasta,
Carlo? ».
« No,
karlo?».
« no,
oggi », risponde
mmolta fa:me oddzi »,
marito:
suo
risponde
ma-
su:o
ma-
rito. La signora Rossi prende allora il piatto di Bruno risto. la sinpo:ra rossi prende allo:ra il pjatto di bru:no per
gli dà dargli
per
darmi darti dargli darle dar loro
dargli
la pasta.
darti
la pasta.
Poi
domanda
agli
altri
bambini
poi
domanda
aXXi
altri
bambi:ni
se deve dar loro ancora un po’ di pasta:
« Devo
darvi
se dde:ve dar lo:ro aykocra um po
di pasta: « dé:vo
ancora
a voi? ».
«No,
e le due e Le due
bambine. bambi:ne.
un
po’
darvi
anche
vi dà
ayko:ra um po
di pasta
ci porta portarci
mammina! », rispondono mammi:na!l», ris\pondono
Pietro pje:tro
darci darvi dar loro
Quando
Bruno
ha
mangiato
la
sua
pasta,
Amelia
kwando
bruno
a
mmandza:to
la
su:a
pasta,
ame:lia
prende
i piatti
dar
=
dare
darvi
pulito
«sporco
prende
vanti
vanti
un pollo
i pjatti a ogni
a onpi
portarci porltarci
il il
di pasta
sporchi
sporki
persona,
perso:na,
pollo? ». pollo? ».
ayke
e mette
avvo:i?».
un
e mmette um e Teresa
e ttere:za
Rossi
rossi
grazie,
«no, ggrattsie,
piatto
pjatto
pulito
puli:to
le dice:
da-
da-
« Vuoi
ledi:tfe: « vwo:i
«Si, signora!», risponde «si, ssinpo:ra! », risponde
Ameame:-
Capitolo lia,
e un momento
con
un
bellissimo
pollo.
Prima
‘metterlo
di
è uscita
Amelia
DI
e ufficta
ame:lia
in
\ta:vola
momento
: poco
dopo
dopo
lo mette metterlo mettere
metterlo
da pprandzo do:po
sa:la
dalla
dopo
pranzo
da
sala
dalla
i piatti puliti in tavola,
Pietro
e Pia di-
î pjatti puliti in ‘ta:vola,
pje:tro e ppisa \di:-
un pezzo
di pane? », e la
avesre
messo
cono:
« Mamma,
darci
vuoi
vwoi dartf{i um pettso
« mamma,
di pa:ne? », e Ha pane.
signora
Rossi
dà
loro
un
pezzo
di
sinpo:ra
rossi
da
lo:ro um
pettso
di pa:ne.
e domanda
Rossi prende il coltello
rossi
in tavola
un
a ttutta la famiXKa.
avere messo
kono:
in sa:la da pprandzo
di metterlo
prisma
pollo.
in sala da pranzo
a tutta la famiglia.
lo mostra
kwando
entra
essa
lo mostra
Quando
entra
do:po,
bellissimo
um
essa
momento
lia, e um
kon
dopo,
XI
il koltello e ddomanda
prende
Il
mette
ha messo
il petto del pollo
signor
il sin\nor « Che
a sua moglie:
assu:a mokke : «
ke
pezzo vuoi, Teresa? Vuoi un po’ di petto? ». «Si, un ppettso vwo:i, tere:za? vwo:î um po di petto? ». « si, um po’ di petto, grazie», risponde po di petto, grattsje », risponde
marito le dà un bel pezzo di pollo
bel pettso
mari:to le da um
Suo suco
Rossi. rossi.
la signora la sinpo:ra
(il petto è la parte
e lla parte
di pollo [il petto
del pollo che piace di più a Teresa Rossi), e poi, dopo del pollo ke ppja:tfe di pju a ttere:za rossi ], e ppo:i, do:po aver
preso
un
po’
alver pre:so um po
un
pezzo
di petto
di petto
a ciascuno
anche
ayke
dei bambini.
um pettso a ttf{asku:no dei
bambi:ni.
lui, Carlo
lui,
e um
piace di più : piace più di tutti gli altri
Rossi
dà
aver
rossi
da
prende ha preso
karlo
È un
un pezzo di pane
pollo molto,
pollo
molto,
=
avere
ciascuno dei bambini = ogni bambino
131
Capitolo
11
molto
buono,
e
quando
Bruno
ha
mangiato
il
suo
molto
bwono,
e
kkwando
bruno
a
mmandza:to
il
suo
pezzo, dice: « Mamma, pettso, di:tfe: « mamma, io do col aia
al piatto, al pjatto,
me me
c’è un tf e um
bel pezzo lì in mezzo bel pettso li im meddzo
lo dai? ». Teresa lo da:i? ». tere:za x
.
.
Rossi: rossi:
« Te lo do solo « te lo do sso:lo .
4:
lo mangia
mangiarlo
se non
mi dai il pezzo
se nnom vwo:le man\dzarlo
ti do il pezzo te lo do
che non vuole quel pezzo perché non ha più fame, e ke nnom vwo:le kwel pettso perike nnon a ppjuffa:me, e
me lo dai
mangiarlo
vuole
Teresa
Rossi
ttere:za rossi
dirle
un
(a tavola)
132
lo da
allo:ra
lo
a Bruno.
da a bbru:no. mangiato
il
pollo,
chiamano
kwando
i
rossi
anno
mandza:to
il pollo,
‘kja:mano
il pollo,
Amelia! ».
per
per
donna
« Com’è
dirle:
dirle: « kome
grazie! »,
buono
bbwo:no il pollo,
ame:lia! ».
dice
Amelia,
« grattsje, grattsje! », distfe
Poi,
come
ame:lia.
poi,
ko:me
prima,
porta
in
i piatti
sporchi
e
prisma,
porta
ig kutfi:na i pjatti
sporki
e mmette um
piatto
pulito
davanti
a ciascuno
dei
Rossi.
Poi
esce
pjatto
puli:to
davanti
a ttfasku:no
dei
rossi.
pou
effe
un momento, um momento, frutta : arantfe
mandza:to
cucina
e quando e kkwando
arance
nc ia = i arancia = arancio | mangiato
han an == h hanno
allora
rossi di:tfe
hanno
la frutta= i frutti | frutta: che si mangiano
kkarlo
dice
Rossi
« Grazie,
mandarino
il palpa ». ma
Rossi
i
la
vite
Carlo
Quando
la donna
dice
Ma
il papa».
molto, molto,
e
ha
fatto
a ffatto mette
un
entra, porta un gran piatto di entra, porta uy gram pjatto di
mandarini.
Siccome
i
Rossi
hanno
e mmandari:ni.
sikko:me
î
rossi.
anno
non non
han am
piitù fame,
però È mangiano
pju ffa:me, pelro
\mmandzano
Capitolo
un
ciascuno
tfasku:no
Pia
um
bella
una
vede
pisa ve:de u:na bella
« Sì,
se non
e dice
arantfa
eddi:tfe alla
mamma:
« Che
rossi.
ai
me
ke
mamma : «
Rossi:
la dai? ». Teresa
Me
mammi:na!
bbella arantfa,
alla
arancia
mammina!
arancia,
bella
Rossi.
molto
frutta pja:tfe
la
frutto.
ai
molto
piace
frutta
La
frutto.
la da:î? ». tere:za
rossi:
vuole
mangiarla
tua
sorella,
te la
do ».
« si, se nnom vwo:le
man\dzarla
tusa
sorella,
te
la
do».
non
la sua
bella
la susa
più pie
bella
arancia.
quei kwei
non
ci sono
piatto
nel
kwando
nel pjatto
arantfa.
vogliono ‘voktono
mangia
Quando
Pietro pje:tro
che due mandarini, kke ddu:e mandari:ni,
se non se nnom
contentissima,
mangiarli Pia man‘dzarli pisa
mandarini? ». Teresa mandari:ni? ». tere:za
non tft
e Maria, e mmari:a,
Rossi: rossi:
«Si, « si,
me me
li dai, li dai,
se non li vose nnon li vo4-
gliono le tue sorelle, te li do ». Poi domanda:
Aono
Maria,
le tuse
sorelle,
volete
quei
li do». posi
mandarini? ».
mmari:a, volete kwet grazie,
te
non
ggrattsje, mammi:na,
li
non
li voXka:mo!
Pietro
bje:tro
dà gli da Ki ha
a
ultimi \ultimi
mangiato
«pisa
e Maria:
e
e
« No,
mandari:ni?». pisa e mmarisa : « nd,
mammina,
Rossi rossi
« Pia
domanda:
Pia
so:no
« Mamma, « MAMMA,
domanda: domanda :
mmandza:to
vogliamo! ».
mandarini mandari:ni anche
ayke
».
Allora allo:ra
a Pietro, a ppje:tro,
quelli,
tutta
kwelli, "tutta
Teresa tfere:za
e quando e kkwando la
la
lo la li le
dai dai dai dai
la mangia mangiarla me lo te lo se lo glielo
mangiarlo mangiarla mangiarli mangiarle
mandza
konten‘tissima,
e ppisa,
vwo:l,
la
non
marisa
Pia,
e
vuole,
la
Maria
me me me me
XI
famiglia
famikha
PAROLE: un
apparta-
mento
un’arancia un armadio un asciugamano
un bagno
una blusa i calzoni un corridoio una cucina una donna una donna di servizio un'entrata una fame la frutta una giacca un mandarino le mani i mobili un momento
le paia la pasta un petto
un pezzo
un pollo
133
Capitolo
11
una porta
un un un un
salotto servizio soprabito soprabitino
una sottana
uno specchio un tavolino un vestito chiaro Scuro caldo freddo grandissimo grigio grigio chiaro grigio scuro pulito sporco, -chi andare apre asciuga asciugato aver avere comprato dar
do dai devo devi deve si dicono . domandiamo! esce han lavato sì levano
mangiato messo si mette
si mettono passare
porta
134
esce dalla sala da pranzo e va in salotto, dove si beve
effe dalla
sa:la da pprandzo e wa în
salotto, do:ve ssi be-ve
il caffe.
il haf \fe.
A.
ESERCIZIO {
darmi
darci
darti
darvi
dargli
dar
darle
ar
|
loro
« Papà, vuoi — mille lire? », domandano Pietro e Bruno. Ma il signor Rossi non vuole — — mille lire. Allora Bruno domanda a sua madre se lei vuole — mille lire: « Mamma, vuoi — mille lire? ». Neanche Teresa Rossi vuole —
papà
se
mille
egli
lire. Ma
vuole
—
quando
mille
la Maria
lui
lire,
domanda
risponde:
al
« Si,
Mariuccia ». (metter) lo
(metter)la
(metter)li
(metter)le
Teresa Rossi guarda i guanti prima di — nella borsetta. Teresa Rossi dà due arance
alla Maria
e le dice di —
alla sua sorellina ed al suo fratellino, poi le dà ancora un’arancia e le dice che quella li, deve — lei. « Oggi, andiamo
mamma
insieme
in città;
», dice Carlo Rossi
ma
non
devi
a Bruno.
—
ancora
alla
Capitolo XI me lo (la, li, le)
ce lo (la, li, le)
te lo (la, li, le)
ve lo (la, li, le)
glielo (la, li, le)
lo (la, li, le)
... loro
dai, quella bell’arancia? ». Teresa Rossi: « No, Pia, non — — do». Pia e Pietro: « Papa, — — dai, quelle due arance? ». « Si, — — do se gli altri Pia:
« Mamma,
— —
non le vogliono ». La signora Rossi non da l’arancia alla Pia, ma il signor Rossi — dà. «Mostrami le mani,
Pietro! », dice Teresa Rossi, e Pietro — mostra. « Mostrai Benelli
ci i tuoi regali! », dicono
a Teresa
Rossi,
ed
essa — mostra —.
pranzare prepara preso si siede si siedono torna tornato uscire
uscito va! darmi darti
dargli
darci darvi dar loro dirle lavarti lavarsi
mangiarlo mangiarla mangiarli
B.
ESERCIZIO
I Rossi hanno un — di otto stanze: quattro — da —, una sala da —,
un —,
dove
il —,
la famiglia
si lava,
l—.
C’è pure una —, dove Amelia — i pasti, ed un —. Amelia è la — di — dei Rossi. Dal corridoio si entra in tutte le stanze — nella sua camera.
Per entrare in ca-
mera sua, essa — prima entrare in cucina. Nella camera di Amelia ci sono pochi —: un letto, un — per i vestiti, un tavolino,
uno —
e una
sedia.
Nell’armadio dei signori Rossi ci sono i loro —: i — e le
— del signor Rossi ed i —, le — e le bluse della signora Rossi. Carlo Rossi ha cinque — di calzoni. I suoi calzoni sono neri, bruni e —. Teresa Rossi ha nove vestiti,
tre sottane
e cinque —.
Oggi, —
è il suo compleanno,
metterlo mostrarmi mostrarle portarci sedersi lavati! lavatevi! mostrami! mostratemi! siediti! sediamoci! me lo dai me la dai me li dai te lo do te la do te li do me le lavo te le lavi se le lava ce le laviamo ve le lavate
135
Capitolo
11
gliele lava gliele lavano si è lavato si è lavata
si sono lavati si sono lavate coll’
essa si —
il suo vestito
bianco
—
fiori gialli
e rossi.
E — il sole non è molto —, essa — mette un — prima di uscire —
quando
casa. Anche
il signor Rossi — mette un —
fa —.
egli essa
essi esse gliele ciascuno le tue eccetera ecc.
ESERCIZIO
C.
Di che colore sono le cinque paia di calzoni del signor
dopo che
fuorché
Rossi?
neppure oltre a se ce ve siccome arrivederci com’ è buono! fa caldo fa freddo ha fame in cucina
Che cosa mangiano i Rossi prima della frutta, oggi? ....
gli stessi ... che
in mezzo
in tavola
a
piace di più sì, signora!
136
....
Perché non mangia molto Carlo Rossi oggi? Cosa
mette
in
tavola
mangiato la pasta?
Amelia
i Rossi
hanno
....
Che pezzo vuole Teresa Rossi? Cosa mangiano
quando
....
....
i Rossi dopo il pollo?
....
Che stanze ci sono nel loro appartamento?
....
Che mobili ci sono nella camera dei signori Rossi?
....
Perché si mette un soprabito prima di uscire la signora Rossi?
....
Capitolo
dodici
(12)
Capitolo
dodicesimo
(XII)
LA CENA
entra:re
vwol
kwalkuno
kwando
panello.
entrare
vuol
qualcuno
Quando
panello.
che ke
è? ». Poi, quando quello e? ». posi, kwando kwello
porta e domanda: «Chi porta e ddomanda : «ki
ha suonato ha risposto alla sua domanda
su:a
alla
a sswona:to a rrisposto
nell apparta-
domanda
e le ha detto
e lle a ddetto
il
suo
nome,
essa
apre
la
porta.
Però
non
sempre
il
suo
no:me,
essa
a:pre
la
porta.
pelro
nnon
sempre
lascia entrare quello che ha suonato:
entra:re
laffa
solo se è qualcuno DI
so:lo se e kkwalku:no
conoscono. Ro\noskono. sono
so:no
ke
kwello
Allora, allo:ra,
a sswona:to : lo laffa
entra:re
e che
i Rossi
e kke î rossi
kkonoffe î rossi
se il signore se il sinno:re
signora sinpo:ra
o la o lla
Rossi rossi
in
casa,
Amelia
fa
entrare
la
persona
in
ig
ka:sa,
ame:lia
fa
entrare
la
perso:na
in” sa-
sa-
lotto e va a dire che c’è il signore o la signora X (e lotto e vva a ddi:re ke tife il sinpo:re 0 Ha sinpo:ra îks [e Amelia
ame:lia
dice il nome
di:tfe il no:me
della persona),
della perso:na],
qualcuno = una persona =
vuol
vuole
risponde ha risposto
lo lascia entrare
che conosce i Rossi
ke
un campanello
allo:ra va alla
ame:lia
mento, eXAi swo:na il kampanello.
nell’appartaallora va alla
Amelia
mento, egli suona il campanello.
camkam-
Rossi c’é un rossi tfe ug
dei dei
dell’appartamento dell'appartamento
Nell’entrata nell entra:ta
che vuol
ke
wwol
vedere
conosce conoscono
il signor Rossi un signore
fa entrare la persona : dice alla persona di entrare va
a
dire=
per dire
va
dire dice ha detto
vede:re
137
Capitolo
12
se invece ... = però se ...
la signora
Rossi
o suo
marito.
Se
invece
i Rossi
non
la sinpo:ra
rossi.
0 ssuio mari:to.
se
imve:tfe î rossi
noy
conoscono kolnoskono
quello kwello
che ke
ha suonato, o se essi non a sswona:to, 0 sse essi non
sono so:no
casa,
Amelia
non
ig ka:sa,
ame:lia
in viene da ... —>
va
in...
qualcosa = una cosa
qualcuno qualcosa
egli viene
da
glia Rossi:
Aa
rossi:
calzoni.
un
un
un’altra cosa
pollo
o
pollo
volte
lo
laffa
entra:re.
molte
volte
negozio
e ha
qualcosa
negottsjo
volte
Raltso:ni. altre
qualcos'altro =
Molte
del del
latte, latte,
qualcos’altro.
0 kkwallkos altro.
paio
ha
eKki
per
di scarpe,
un
di skarpe,
um pa:jo di
qualcosa
per
a kkwalko:sa per
del del
burro, burro,
Altre
volte
altre
la fami-
a kkwalko:sa per la famiX-
um pa:jo
egli
volte
e
un
vestito,
Altre
frutta, frutta,
entrare.
vestito,
um
della della
lascia
non
un
e4£i vje:ne da
lo
del del
la
ayko:ra,
di
cucina:
la kutfi:na:
formaggio, formaddzo,
ancora,
volte
paio
quello
kwello
un um che
ke
ha suonato non conosce i Rossi, ma vuol dire qualcosa a sswona:to nog konoffe î rossi, ma wwol di:re kwalko:sa al signor Rossi al sin\nor rossi
entrare
entra:re
parlare a = dire qualcosa a
o a sua moglie. 0 a ssu:a moXke.
e gli dice
di aspettare
e Aki di:tfe di
aspetta:re
va a ddi:re ai
rossi
allora in entrata
allo:ra în
Amelia ame:lia
lo fa lo fa
nell’entrata.
Poi
essa
nellentra:ta.
pot
essa
va a dire ai Rossi che c’è qualcuno
che vuol parlare
ke ttfe kkwalku:no ke wwol parla:re
al signore o alla signora. al sinpo:re o alla sinpo:ra.
138
Allora allo:ra
Carlo Rarlo
o Teresa Rossi vanno o ttere:za rossi vanno
e fanno entrare in salotto quello che
entra:ta e ffanno
entra:re
in
salotto
kwello
ke
Capitolo
Molte
Stasera,
il
campanello
stasesra,
il
kampanello
Amelia
va
a
alle
sette
e
DI
è.
Sono
il
signor
Mario
e.
sono
i sin\por
ma:rio
ki
Gina
signora
e la
Perri
e mmeddzoe
Stasera
Perri.
Teresa
Rossi
tere:za
rossi
stasera
e lla sinpo:ra dzi:na perri.
perri
e
sette
swona
vvede:re
a
va
ame:lia
mezzo
alle
suona
chi
vedere
nell entra:ta.
‘parlano
Aki
pero,
volte,
molte.
aspetta.
nell’entrata.
parlano
gli
però,
volte,
aspetta.
XII
stasera = questa sera
ha invitato i Perri a cena perché è il suo compleanno. a imvita:to i perri a tifesna perke e il su:o kompleanno. Rossi
Teresa
rossi
tere:za
pleanno.
ple\anno. han
imvicta
swona:to,
essa
li fa
essa
entrare,
li fa
gli invitati
entrare AKî imvita:ti
In in
salotto c’é la salotto tfe Ha
«Buona « bwo:na
Gina!
sera, se:ra,
Come
in salotto
in
salotto
signora sinpo:ra
caro ka:ro
signor sin\nor
stai? ». Gina
ke
il soprabito
prende
il so\pra:bito
del signor Perri, poi fa del sin\nor perri, pou fa
della signora Perri e quello della sinpo:ra perri e kkwello entrare
prende
entra:re,
che
i Perri
ssono î perri
ke
ve:de
kom-
il suo
per sono
che
vede
ame:lia
kwando
kwalku:no
sempre
com-
il suo
per
qualcuno
sempre
Amelia
Quando
suonato,
an
invita
e torna
in
cucina.
e ttorna
iy
kutfi:na.
Rossi, rossi,
che dice ai Perri: ke dditfe ai perri:
Perri! perri!
Perri:
Teresa Rossi ha invitato i Perri.
Buona bwona
«Io
sera, se:ra,
sto bene,
Il signor Perri è
un
invitato.
cara ka:ra
grazie.
d3icna! ko:me sta:i? ». dzi:na perri : «i:o sto bbe:ne, grattsje.
sto stai sta
stiamo state stanno
E voi altri come state? ». Teresa Rossi: « Stiamo tutti e vvo:t altri Ro:me
sta:te? ». tere:za
rossi:
«stja:mo
tutti
139
Capitolo
12
E Lei, signor Perri, sta bene? ». Mario e Mea, sin\por perri, sta bbe:ne? ». ma:rio
bene, grazie. be:ne, grattsje. benissimo molto bene
Perri:
« Benissimo,
perri : « be\nissimo, « Gina » alla
grazie ». Teresa
gratisje».
signora
Perri,
« ddzi:na » alla sinpo:ra perri, Teresa e Gina si conoscono : T. conosce G. e G. conosce T. fiorentino = di Firenze
Gina
Rossi
dice
«tu»
e
tere:za
rossi
di:tfe «tu»
e
perché
esse
si conoscono
perike
esse
molto
bene.
Perri
e Teresa
Rossi
molto
be:ne. dzi:na perri
e ttere:za
rossi
tutte e due. A Firenze Gina stava tutte e ddu:e. a ffirentse dzicna stava di Teresa, di tere:za,
si
ko\noskono
sono
fiorentine
so:no fjorenti:ne
nella nella
stessa casa stessa ka:sa
e Teresa è la sua migliore amica. Il signor e tteresza e Ma susa mikko:re ami:ka. il sin\nor
Perri e Teresa
Rossi,
invece,
si conoscono
molto
meno
perri e ttere:za
rossi,
imve:tfe, sì ko\noskono
molto
me:no
bene, e perciò Teresa Rossi non dice «tu» e « Mario» be:ne, e pperltfo ttere:za rossi non di:tfe «tu» e « mma:rio»
si danno del tu = si dicono «tu»
al signor Perri, ma «Lei» al sin'por perri, ma «lle»
e «signor Perri». Le pere «ssiplpor perri ». le per-
sone che si conoscono
molto
bene
e i bambini
si danno
molto
be:ne
e i bambi:ni
si
danno
si conoscono
molto
nnon si ko\noskono
molto
so:ne
ke ssi ko\noskono
del tu, mentre
le persone
che non
del tu,
le perso:ne
ke
bene be:ne
mentre
e quelle che non si conoscono si danno e kkwelle ke nnon si ko\noskono si danno
Il signor
Perri
dà
il sinlpor perri
un mazzo di fiori
140
signora sinpo:ra
Rossi rossi
da e e
un
um
bellissimo
bellissimo
le dice: We di:tfe:
mazzo
mattso
« Auguri, «asguri,
cara ka:ra
del Lei. del lesi.
di fiori
alla
di fjo:ri alla
signora! ». sinpo:ra! ».
Capitolo oo
EE
EE
Rossi
signor
Perri!
Come
sono
sintpor perri!
ko:me
ria. Quando risa. kwando
grattsje,
belli! ». Poi
chiama
la Ma-
sso:no belli! ». posi
kja:ma
la
Maria
entra
in
marisa
entra
in
salotto, salotto,
madre
le dà
susa
ma:dre
le
di
prega
di
metterlo
il mattso
di fjo:ri e Wa pre:ga
di
‘metterlo
vaso:
e la
un
in
bel
perri
nel
mizo
venettsja:no? ».
va:zo
Prima
la
Maria
prima
la
marisa
Perri!
Buona
sera,
saluta i perri : «bwo:na se:ra, sin\por perri!
bwo:na
se:ra,
« Buona
saluta i Perri:
signor
sera,
zia Gina! », poi prende tisisa dzi:na!», posi prende
i fiori e va î fjo:ri e vva
a metterli a \mmetterlk
nel nel
veneziano.
va:zo venettsja:no. Alle
otto
meno
un
quarto
suona
di nuovo
il campa-
alle
otto
me:no
ug
kwarto
swona
di
il kampa-
nello. Amelia .
apre
ame:lia
invitati, e
la prega dice di
di:
le
mettere i fjo:ri del sin\por
veneziano? ».
vaso
mio
nel
Perri
nello.
a
« Cara Mariuccia, vuoi mettere i fiori del signor
va:zo : « ka:ra mariluttfa, vwo:î
vaso
ringraziare = dire «grazie»
da
um bel
in
-r—e-rr_rr-rr
ma-
sua
il mazzo
fiori
grazie,
perri : « mille
ringrattsja il sin\nor
rossi
————————r———_—_-—rr—
« Mille
Perri:
il signor
ringrazia
Teresa
tere:za
|!1!1D1_|1n1n.r.rrr.r.-
XII
.
di nuovo,
a:pre di nwo:vo,
poi li fa entrare e
ry
imvita:ti, po:i li fa
nwo:vo
prende
i soprabiti
prende
/
entra:re in
sabtto.
kwesta
volta
sono
volta
so:no
Emma
e
î benelli:
emma
e ddzi:no,e UWtfisa e
Anch’essi
danno
ciascuno
un
mazzo
di
ayk essi
danno
tfasku:no
um
mattso
di fjo:ri a ttere:za
e
Lucia
veneziano = di Venezia
salutare = dire «buon giorno» 0 « buona sera» a
di nuovo = ancora una volta
degli
1 Benelli:
Gino,
vaso
i so\pra:biti deXAi
in salotto./Questa .
un
e
Alberto
alberto fiori
Rossi.
rossi.
a
Teresa
14]
Capitolo
12
rossi,
la
si salutano : gli i
altri
salutano
come sta? : come
sta Lei?
6
la
Rossi,
la quale = che
gli
la
molto
li ringrazia
quale
kwa:le li riggrattsja
molto
Maria
di
metterli
in
un
la marisa
di
metterli
in
um va:zo.
Poi
i Benelli, -
. >
e i Perri
rossi
e î perri
i
benelli,
pot î
di
nuovo
e ppre:ga
di
nwo.vo
vaso.
i Rossi
.
.
e prega
.
si salutano:
« Buona
si sa\lu:tano:
« bwo:na sta? ».
sera, signora
Perri! », dice Gino
Benelli,
« come
Gina
« Bene,
Lei?».
Gino
Benelli:
e Ue:i?».
dino
benelli :
sesra, sinpo:ra perri! », di:tfe dzi:no benelli, Perri:
grazie!
E
« ko:me sta? ».
dziina perri:
« be:ne,
grattsje!
« Benissimo,
grazie!
« benissimo,
Ciao,
grattsje!
Mario! ».
«Ciao,
tfa:o,
ma:rio!».
Gino! ».
«ffa:o,
dzi:no! ».
Gino Benelli e Mario Perri si dicono « ciao », perché si azi:no benelli e mma:rìo perri st \di:kono « tfaso », perke ssi conoscono
da molti
kolnoskono
da mmolti anni,
amici.
del tu. Essi
sono
e ssi danno
del
so:no
sera»
e
serra
e ssi
altri
si
dicono
«buona
ami:tfi. Ai
altri
si
\di:kono
bwo:na
del
Lei.
del
Jesi.
entra entra
in salotto în salotto
il signor Rossi, il sin\por rossi,
tu.
essi si
danno
danno
e poi entrano i e ppo:i ‘entrano i
bambini.
Tutti
si salutano,
i bambini
danno
un
bacio
bambi:ni.
tutti
si sa\lu:tano,
i bambi:ni
danno
um
ba:tfo
agli
zii, alle
zie
e alla
alti ttsi:i, alle ttsise e alla mano mano 142
e si danno
Gli
Ora ora
un bacio
anni,
pure «zia». Alle pure « tisisa ». alle
signora
Perri,
che
essi
chia-
sippo:ra
perri,
ke
essi
‘kja:
otto otto
Amelia ame:lia
apre a:pre
la porta la porta
Capitolo
dice:
fra il salotto e la sala da pranzo e
fra il salotto
e Wa sa:la da pprandzo e ddi:tfe :
a tavola.
di mettersi
vitati
‘tta:vola.
a
mettersi
vita:ti di
«la tfe:na
è
Rossi prega i suoi inrossi. pré:ga i swo:i im-
la signora la sippo:ra
in tavola! ». Allora in \ta:vola! ». allo:ra
cena
« La
XII
Stasera a cena ci sono quattro piatti, e il primo piatto
stasera a ttfe:na tfi so:no kwattro pjatti, e il pri:mo pjatto
è una
minestra.
(La
minestra
e una
minestra.
[la
minestra
nei
piatti
e si
versa
nei
pjatti
e ssi
hanno
co-
si
gli invitati
Quando
col cucchiaio).
mangia
si versa
anno
‘Ki imvita:ti
kwando
ko-
mandza kol
kukkja:jo].
minciato
a
mangiare
la
minestra,
dicono
a
Teresa
mintfa:to
a mmandza:re
la
minestra,
‘di:kono
a
ttere:za
« È buonissima! «e bbwonissima!
— —
Chi ki
Rossi: rossi: stra?
Amelia? ». « Sì », risponde
tra?
ame:lìia? ». «st»,
la fa? », domanda
lla fa? »,
e risponde:
e rrisponde :
sai
come
Gina
domanda
la
so come
«non tua
saci ko:me lla tu:a
Perri.
d3i:na perri.
« Non
Teresa
risponde
Rossi.
tere:za
Rossi
tere:za
non
rossi
lo sa
non
lo sa
la fa».
Gina
Perri:
so kko:me lla fa». dzi:na perri: donna
fa
donna
fa lle
le minestre?
Ma
minestre?
tere:za
rossi
ri:de e ddi:tfe: « ka:ra dzi:na!
la
specialità
spetfali\ta
e
dice:
« Cara
di
Amelia;
ddi
ame:lia;
« Non
Gina!
la
: la minestra
lo : come
Amelia
fa quella minestra
«non
Teresa! ».
ma ttere:za! ».
ride
sono
« kosme
Teresa
Rossi
la
« Come
rossi.
Teresa
sono
minemines-
questa kwesta
ha fatto a ffatto
Le
minestre
le
minestre
essa
sa
farne
essa
più
sa
ffarne
pju
so sai sa
ne fa sa farne
143
12
Capitolo cento =
100
di
sono
e
cento
e sso.no
ddi tfento
molto,
molto
buone».
Poi,
tutte
molto,
molto
bwo:ne».
poi,
finisce ha finito
quando
Gina
kwando
dzi:na a ffini:to
tu dai da!
Carlo
da!
+
dammi!
=
un altro piatto : ancora un piatto
averlo, averla, ecc., averne
primo
piatto
di
il pri:mo
pjatto
di . minestra,
moglie:
« Teresa!
Dà
ancora
di:tfe a ssu:a moXke:
«tfere:sza!
da
ayko:ra
Rossi
karlo
mi
ha
tutte
finito
dice
rossi
a
un um
po’ po
di di
hai ad
più pju
minestra, mminestra,
Teresa
sua
minestra minestra
Rossi
ttere:za rossi
il
a Gina!». Teresa a ddzicna!». tere:za
Gina? Dammi dzi:na? dammi
il tuo il tuo
« Non «non
piatto!». pjatto!».
dà
un
altro
piatto
di minestra
da
un
altro
pjatto
di
E e
a Gina.
minestra
a ddzi:na.
Pietro
trova
che
la
minestra
di
Amelia
è
agke
pje:tro
trova
ke
Wa
minestra
di
ame:lia
e
molto buona,
però, dopo
averne
mmolto bwo:na, pelro, ddo:po averne a
sua
un po’, egli
mandza:to
um po, ekki
«Mamma,
dammi
di:tfe a ssuc:a ma:dre :
«mamma,
dammi
suo
« Pietro,
padre
madre:
gli
dice:
sale!
Sai
saile! saci
dice:
bene
be:ne
che
cosa
non
si dice,
il
si
sale! ».
Ma
il sa:le!».
ma
dice:
dammi
il
si di:tfe:
dammi
il
no? ». Allora
ke kko:sa si di:tfe, no? ».
Pietro
allo:ra pje:tro
« Mammina,
dammi
di:tfe :« mammi:na,
il sale, per
dammi
il sa:le, per favo:re!».
madre ma:dre
I
mangiato
ssuco pa:dre ALî di:tfe : « pje:tro, non
144
Rossi: rossi:
Anche
dice
gli da il sale glielo da
minestra,
favore! ». E sua
e ssu:a
allora glielo dà. Poi è Bruno che dice: « Mamallo:ra AKelo da. posi e bbru:no ke ddi:tfe : « mam-
ma,
per favore,
dammi
ancora
un
po’ di pane! ». Sua
ma,
per favore,
dammi
ayko:ra
um
po
di pa:ne!».
susa
Capitolo
madre madre
quando kkwando un
po’
um po di di
da da
essa essa
entra entra per
di pa:ne,
per favo:re!
minestra! minestra! «non «non
Perri, perri,
e ‘pportatfi ayko:ra um
minestra minestra
una u:na
mangiato mandza:to
gli dà del pane gliene dà dà! + ci = dacci!
po’
po
«Si», dice Gina «si», di:tfe dzi:na
sai?». saci? ».
E buonissima, e bbwolnissima, a
ho mai 0 mma:i
un
ancora
portaci
E
favore!
di pane,
ancora ayko:ra
dacci dattfi
le dice: « Amelia, le di:tfe : «ame:lia,
e e
Amelia ame:lia
chiama kja:ma
poi poi
pezzo, pettso,
un um
gliene Akene
XII
non ... mai sempre
così kolsi
buona! ». « Grazie, grazie, signora Gina! », dice Amebbwo:na! ». « grattsje, grattsje, sinpo:ra d 5i:na! », di:tfe ame:una zuppiera
lia, contentissima. lia, konten\tissima.
Essa
prende
essa
prende
la zuppiera,
nella
quale non
la tisuppje:ra, nella kwa:le
c’è più che
un pochino = molto poco
non tf e ppju kke
un pochino di minestra, e il cestino del pane. Poi esce.
um
poki:no di
Carlo karlo
minestra,
e il tfesti:no del pa:ne. poi
Rossi allora dice: « Caro signor Perri, rossi allo:ra di:tfe : « ka:ro sin'por perri,
bicchiere
bikkje:re
è
DI
vuoto!
e wwo:to!
Devo
devo
darLe
ancora
darle
ayko:ra
un
um
effe.
il Suo il suo po’
po
di
di
un
cestino
darLe = dare Lei
a
vino? ». Mario Perri: « Sì, grazie, è molto buono questo visno? ». ma:rio perri : « si, ggrattsje, e mmolto bwo:no kwesto vino! ».
Carlo
vino! ». karlo
Rossi
versa
del
vino
nel
bicchiere
del
rossi
versa
del
vi:no
nel
bikkje:re
del
un bicchiere pieno
signor Perri, e quando il bicchiere è pieno, Mario Perri
e un bicchiere vuoto
sin\nor perri,
pieno «>
e kkwando il bikkje:re
€ ppje:no, ma:rio perri
vuoto
145
Capitolo
12 dice:
« Grazie! ».
Anche
i
bicchieri
di
Gino
Benelli
ayke
i
bikkje:ri
di
d3i:no
benelh
di:tfe : « grattsje! ». beve ha bevuto
e di Alberto Rossi sono vuoti, perché essi hanno bevuto
e ddi alberto
rossi
il loro
vino,
e Carlo
Rossi
versa
del
il lo:ro vi:no,
e kkarlo
rossi
versa
del vino
loro
bicchieri.
lo:ro
so:no vwo:ti,
Quando
bikkje:ri.
perlke
sono
kwando
so:no
essi
anno
vino
bevu:to
anche
nei
ayke
nei
pieni,
anch'essi
pje:ni,
dicono:
aykessi
‘di:kono:
« Mille « mille
grazie, grattsje,
con
la
zuppiera,
di
nuovo
piena
di
kon
la ttsuppje:ra, la kmwa:le o:ra € ddi
nwowo
pje:na
di
Carlo!». karlo!». la
Poco po:ko
quale
ora
dopo do:po è
Amelia ame:lia
torna torna
minestra. Essa mette la zuppiera, poi esce una seconda
minestra.
volta
volta
essa
mette
e quando
la tisuppje:ra, poi effe u:na sekonda
torna
e kkwando
torna
ha in mano
il cestino
pieno
di
a im ma:no il tfesti:no pje:no di
pane.
Mette
anche
pa:ne.
questo
mette
in tavola, davanti
ayke
al signor
kwesto
in \ta:vola,
al sinpor
davanti
Rossi, poi torna in cucina.
rossi, posi
«Vuoi
ancora
tg kutficna.
un
po’
«vw:
ayko:ra
um po
Teresa
Rossi.
«No,
tere:za
rossi.
mangia mangiare
Perri, perri,
mi dai della minestra me ne dai
minestra, minestra,
146
torna
= «n9,
di minestra,
di
minestra,
grazie,
dzi:na? »,
Teresa »,
ggratisje, fere:za»,
che non può mangiare più ke nnom pwo mmandza:re pju «è «e
Gina? », domanda
buonissima, bbwonissima,
ma ma
risponde
Gina
risponde
d3zi:na
di due ddi du:e
se me sse mme
domanda
ne ne
piatti pjatti
di di
dai ancora, da:i ayko:ra,
Capitolo non
nom
posso
man\dzar
altro».
«se
man-
più
puoi
non
«Se
altro».
mangiar
posso
nnom pwo:i pju mmansignor sin\por
non te ne do più, cara Gina! Ma Lei, non te ne do ppju, ka:ra dzi:na! ma Wei,
giarne, dzarne,
Perri? », domanda allora Teresa Rossi, « Lei può manallo:ra tere:za rossi, «lei pwo mmanperri? », domanda ancora
un
dzarne apko:ra
um
giarne
risponde
rossi »,
Perri,
Mario
risponde
Rossi»,
perri,
ma:rio
porge il suo piatto a Teresa pord ze il su:o pjatto a ttere:za
un
ancora
dai
solo
da:i so:lo
un
um
pochino».
benelli:
« Ne
«ne
ti do della minestra te ne do
me ne te ne
gliene
posso puoi puo
ci : nel piatto
porge
: dà
vole:te
se ce ne
ma
« Ve
fere:sza:
«ve
un
ne
ne
do
quanto
do
kkwanto
Rossi
ne
dà
loro
mezzo
piatto
e
vole:te ».
rossi
ne
da
Îlo:ro um meddzo
pjatto
e
poi domanda
ne mangia mangiarne
volete
volete ». Teresa
tere:za
ne
la, ecc.,
pjatfe:re! ». ekki
Rossi, la quale ci versa rossi, la kwa:le tfi versa
Teresa:
poki:no ».
Egli
me
lo, me
«si, ggrattsje, ma sse ttfe ne
i benelli:
poe».
piacere! ».
« Sì, grazie,
po’? ». I Benelli:
agko:ra um
«kom
e ddomanda po:i ai
minestra
della
«con
poi ai Benelli:
e domanda
della minestra
».
n9?
poki:no,
signora sippo:ra
«Grazie, « gratisfe,
no? ».
pochino,
me
XII
ce ne ve ne ne ... loro
a suo marito e ai bambini se ne vogliono.
ppo:t domanda a ssu:o mari:to e at bambi:ni se nne \voAXono ancora un po’ anche loro. Carlo Rossi risponde:
« Con
grazie,
mam-
«no, geratisse,
mam-
ayko:ra um po
piacere! »,
ma
Djatfe:re! », ma ma! ». Teresa
mal».
tere:za
agke
lo:ro.
i bambini
i
karlo
dicono:
bambi:ni \di:kono:
Rossi:
rossi:
« Che
rossi
risponde : « kom
«No,
cosa dite? Non
«ke kko:sa di:te? nom
potete man-
pote:te
man-
dico dici dice
diciamo dite dicono:
147
Capitolo
12
d3a:reum
possiamo potete possono
pone = mette
non
‘possono
mand3za:re AAi altri pjatti.
ame:lia Poi
prende
i piatti
prende
i
porta
in
porta
in
sporki
e ll porta
ty
la zuppiera
e torna
con
pjatti
cucina
ug gram
pjatto
al signor al sin\nor
-a -a la specialita le specialita la citta le citta
Rossi. rossi.
Amelia.
ddi ame:lia.
ci sono
ig kutfi:na la ttsuppje:ra e ttorna kon
tfi so:no delle verdura. verdura.
questo piatto kwesto pjatto
insie:me
bellissimo bellissimo
è una e u:na
coll’arrosto
di
kollarrosto
di
vitello
nel
vitello
148
piatto
nel pjatto
dei
piselli,
delle
carote
e altra
pata:te,
dei
piselli,
delle
karo:te
e
la la
verdura verdura
si mangia
(le carote, [le karo:te,
if pjatto
ke
altra
i piselli, i piselli,
coll’arrosto, si chiama
le le
«il con-
«il kon-
in tavola Amelia
dopo
a mmesso in \ta:vola ame:lia
do:po
torno ». Il piatto che ha messo
torno ».
arrosto arrosto
delle specialità delle spetf{ali\ta
tfipolle, eHtfe:tera]si mandza Roll arrosto, sì kja:ma
1) pata 2) unaci tepolla ,, 3) piselli, 4) carote
davanti
patate,
Quando kwando
cipolle, ecc.)
alla tavola, davanti
Nel piatto c'è un nel pjatto tfe um
Insieme
delle
li
ke ppo:ne im meddzo alla \ta:vola,
di vitello. Anche di vitello. ayke di
e
sporchi
un gran piatto che pone in mezzo
arrosto
piatti.
gli altri
mandza:to um pjatto o ppju ddi mines-
kutfi:na. pot porta
un
». i bambi:ni:
mangiare
anno
tutti
Amelia
cucina.
minestra?
tutti hanno mangiato un piatto o più di mine-
kwando
tra,
di
I bambini:
possono
dzano ayko:ra, nom
stra,
minestra?».
non possiamo!», e dicono che se ne mannom possja:mo! », e \ddi:kono ke sse nne \man-
ancora,
Quando
di
e mmeddzo
pjatto
« No, mamma, « 9, mmamma,
giano
mezzo
e
piatto
un
giare
Capitolo XII
la minestra
la
minestra
€
di vitello
«arrosto
è un
un
«arrosto
di vitello
contorno ».
con
kog
kontorno».
Il signor Rossi prende un gran coltello e taglia l’arrosto.
il sin\nor rossi
koltello e ttakXa larrosto.
ug gray
prende
La prima fetta che egli taglia non è molto bella. Egli la prisma fetta ke eXAi takta non e mmolto bella. eXki la mette perciò nel proprio piatto e taglia una seconda
la mette perltfo nnel pro:prio pjatto e ttaXKa una
fetta. Quella fetta. kwella
sekonda
« Un po’ di contorno, «um po di kontorno,
è per sua moglie. e ppersuia mokke.
una fetta di arrosto
il proprio piatto = il piatto suo non di altri
Teresa? ». « Volentieri, Carlo. Dammi un po’ di patatine tere:za? ». «volentje:ri, karlo. dammi um po di patati:ne
volentieri piacere
e un po’ di piselli, per favore ». « Non vuoi cipolline? ».
patatine = piccole patate
e um po «No.
di piselli,
Oppure
«no.
oppure
sì,
si,
per favo:re».
due
o
duce
tre,
«nom vwo:i tfipolli:ne? ».
ma
0 ttre, ma
molto
mmolto
piccole,
\pikkole,
per
=
e
con
cipolline = piccole cipolle
per
favore ». Carlo Rossi mette la fetta di vitello, le pata-
favo:re ».
karlo
rossi
mette
la fetta
di vitello,
le pata-
tine, i piselli e tre cipolline sul piatto di sua moglie. fine, î piselli e ttre ttfipollicne sul pjatto di su:a moske.
su +
Poi taglia una diecina di fette di arrosto e dà dell’arrosto
una
post takha una djetf{icna di fette di arrosto e dda ddell arrosto e del contorno e ddel
«E
«e
kontorno
alla
Pia
il =
sul
diecina
=
un
po’ piu o un po’ meno
di dieci
agli invitati. aXAi
imvita:ti.
e a Bruno
alla pisa e a bbruno
Carlo Rossi quando karlo rossi kwando
che
cosa
diamo? », domanda
ke kko:sa dja:mo? »,
domanda
da diamo
solo i loro due piatti sono ancora
so:lo i lo:ro due pjatti
so:no
agko:ra 149
Capitolo da!
+
12
le =
dalle!
vuoti.
« Alla Pia?
Dalle
piselli
e un
di cipolline », dice
vwo:ti.
«alla pisa?
piselli dà + gli = dagli!
e um pa:jo
a suo marito.
um po
di patatine,
un po’ di
um po
la signora
di tfipolli:ne », di:tfe la sinpo:ra
« E a Bruno? ». « Dagli
a ssuco mari:to.
dammi! dagli! dalle! dacci!
dà
paio
dalle
un po’ di patatine,
«e
lo stesso,
a bbruno? ».« dali lo
stesso,
di
Rossi
rossi e dà e dda
loro anche due belle fette di arrosto! ». Ma la Pia dice:
loro!
Uo:ro agke
« Mammina,
« mammina,
« Bene, « bene,
kRomplelanno piselli.
belle fette
tu
sai
che
tu ssai ke
di arrosto! ». ma la pi:a di:tfe: non
mi
piacciono
nnom mi
‘pjattfono
allora », dice suo padre, allo:ra », di:tfe suso pa:dre,
compleanno piselli.
duce
Ma
della
della gli
mamma,
mamma,
ti
«siccome «sikko:me do
ti
do
i piselli! ».
i piselli! ».
oggi è il oddzi e il
dell’arrosto
ddellarrosto
senza
sentsa
altri
giorni,
ma Aki altri
sai,
devi
mangiare
dzorni,
tutto
sa:i,
dewi
mandza:re
tutto
che ti dà la mamma. ke tti da Wa mamma.
Una u:na
brava brava
quel : quello
quel kwel
bravo
dice mai: Non mi piace questo, non mi piace quello! ».
: buono
di:tfe masi : nom mi pja:tfe kwesto,
bambina bambi:na
non non
nom mi pja:tfe kwello! ».
Anche il vitello piace molto agli invitati, ed essi dicono
apke
il vitello pja:tfe molto a4Ki imvita:ti, ed essi \di:kono
a Teresa Rossi:
« Non
ho mai mangiato un arrosto così
a tteré:za rossi:
«non
9 mma:i mandza:to un arrosto kolsi
delizioso! — È molto brava Amelia! — ddelittsjo:so! — e mmolto brava ame:lia! — moglie
molte
150
sa farlo
così bene! », ecc.
sa ffarlo kolst bbe:ne!», eMtfestera.
Neanche nelapke
mia mi:a
Capitolo
Teresa
Rossi
dice grazie
tere:za
rossi
di:tfe grattsje ed
Amelia
è contentissima
È un
Teresa
Amelia
serve
ameé:lia
serve
dolce.
Amelia
lo chiama
kja:ma
lo
ame:lia
ed è un dolce fatto di panna,
ed € un doltfe fatto
di panna,
ko:se
bwo:ne.
Quando
Bruno
ha
kwando
bruno
a mmandza:to il doltfe
ALI a
messo
mmesso
nel
nel
piatto,
pjatto,
il
tertso
pjatto.
il dolce
egli
dice:
che
ke
eXAi di:tfe:
mia»,
casa
di ka:sa mi:a»,
di \ttsukkero,
ddi altre
mangiato
piatto.
di
non
nom
ayko:ra um poki:no,
posso
posso
dartene
‘dartene
prima
prisma
risponde sua madre. Ma
risponde
puoi
di
darne
darne
di
dolce = piatto dolce
di kaf'fe e
sua
madre
ssu:a ma:dre
«Mamma,
vuoi
« mamma,
voi
per favo:re? ». di
dice
di caffè e
darmene ancora un pochino, per favore? ». « Ma Bruno,
\darmene
ripete = nuovo
Dopo do:po
terzo
di zucchero,
buone.
ha
le ripe:te
ll
«doltfe
cose
gli
— ayke
le ripete
rossi
«dolce
altre
di
Rossi
tere:za
vitello, vitello,
doltfe.
e un
kwando
Anche
kontenta.
e mmolto
di di
larrosto
contenta.
detto gli invitati del suo arrosto. detto AKi imvita:ti del suo arrosto.
quel che han kwel ke an l'arrosto
è molto
quando
e kkonten\tissima
ame:lia
ed
XII
« ma bbru:no,
agli
invitati! »,
aXki imvita:ti! »,
gli ha messo nel piatto = ha messo nel suo piatto me ne dai darmene
te ne do dartene
Gina Perri dice: « Sai, Teresa,
su:a ma:dre. ma ddzi:na perri di:tfe : « Sact, tere:za,
dargliene
pwo:i \darXene
se ne
vuole
se nne vwo:le
ancora,
noi
altri
non
ab-
ayko:ra, no:i
altri
non
ab-
gliene dai dargliene
biamo ancora finito di mangiare quel che ci hai dato ».
bja:mo apko:ra finisto di mandza:re
kwel
ke tifi asi da:to ».
151
12
Capitolo
un’altra
« Bene, Bruno », dice allora Teresa Rossi, « ma « bene, bruno», di:tfe allo:ra tere:za rossi, «ma
volta, lo sai, devi volta, lo saci, de:vi
Bruno
mina,
è delizioso
do:po
aspettare! ». aspetta:re! ».
bru:no
so:no
marisa
« Mam-
dicono:
che
e Pietro
sono Maria
Dopo
unaltra
e ppje:tro ke \ddi:kono:
il «dolce
di casa
mia»
« mam-
stasera,
sai?
mi:na, € ddelittsjo:so il « doltfe di ka:sa mi:a » stasera, saci? ce ne dai darcene
Vuoi darcene ancora un po’, per favore? ». « Non posso
ve ne do darvene
darvene
vwo:i \dartfene anko:ra um po, prima
Idarvene
Rossi.
rossi.
prisma di
e î bambini
domanda
deve
de:ve
darmene dartene dargliene darcene darvene darne loro
dammi!
ne =
dammene!
dacci! + daccene!
aspettano,
loro ancora
darne
=
lo:ro
un
la
po’. Quando
agko:ra um po.
invitati
agli
ha
messo
un
pochino
nel
a
mmesso
um
poki:no
nel \pro:prio
«Ora,
vore! ». Pia vo:re!». pisa
che
ke
mammina,
mammi:na,
ne
kwando
dolce
lo:ro
nne
vogliono
\WwoXtXono
proprio
mamma e se essa
e sse
essa
essa ha
dato
ancora,
e ne
essa
a dda:to
ayko:ra,
e nne
piatto,
Pietro
pjatto,
pje:tro di:tfe
dammene
\dammene
un
dice
po’, per fa-
um
po,
per fa-
e Maria: «E noi? Daccene e mmari:a: «e nnoi? \dattfene
un um
pochino poki:no
anche a noi!». Teresa apke a nnoi!». tere:za 152
mentre
del
di nuovo:
la loro mamma
ali imvita:ti se ppja:tfe lo:ro il doltfe
di nwo:vo : «o:ra,
ne
mentre
agli invitati se piace loro il dolce
darne
posso
da:to a4Ki altri», di:tfe tere:za
aspettano,
del doltfe akAi imvita:ti
+
«nom
dato agli altri», dice Teresa
alverne
E i bambini
domanda ne da loro darne loro
di averne
per favo:re? ».
Rossi: rossi:
« Volentieri. «volentieri.
Dammi dammi
il il
Capitolo
te, poi alla Pia ».
Te ne do prima a
tuo piatto, Maria!
ne do ppri:ma a tte, poi alla pisa».
te
tu:o pjatto, marisa!
XII
Pietro: « Perché non vuoi darne prima a me? ». « Perpje:tro è « perlke nnom vwo.i darne prisma a mme? ». « perché tu sei un ragazzo! », risponde Teresa Rossi. Allora dagliene \daXAene
se vuole, se vvmo:le,
mamma, mamma,
la Maria dice: « Sai, la marisa di:tfe : «sati,
allo:ra
rossi.
tere:za
risponde
Ike ftusse:i un ragattso! »,
un um
ragazzo = bambino (grande)
dagli! + ne = dagliene!
pochino prima di darne a noi! ». Ma Carlo Rossi dice: poki:no pri:ma di darne anno:i!». ma kkarlo rossi di:tfe : « No, Teresa! Maria è una donnina, danne prima a lei «no, there:za!l marisa € una donni:na, danne prisma alles
dà! + ne = danne!
e alla Pia e poi ai ragazzi! ». Pietro: « Bene, danne prima
dammene! dagliene! daccene! danne (a)
danne prisma
e alla picae ppo:i ai ragattsi! ». pje:tro : « be:ne,
a loro, se papà lo vuole! ». E Teresa Rossi dà del dolce a loro, se ppa\pa Ho vwo:le! ». e ttere:za rossi da ddel doltfe prima
alle bambine,
prisma alle
bambi:ne,
poi
ai ragazzi.
po: ai
ragattsi.
Dopo
il dolce
Amelia
serve
la frutta.
Poi
essa
serve
do:po
il doltfe
ame:lia
serve
la frutta.
posi
essa
serve
il caffè.
il kaf\fe. Rossi.
rossi.
«Dove
«do:ve
devo
dde:vo
servirlo? »,
serlvirlo? »,
domanda
a
domanda
Teresa
a ttere:za
« Servicelo in salotto, per favore! », risponde la
«\servitfelo
in
salotto,
per favo:re! »,
risponde
signora
Rossi.
«Servimelo
in
salotto
anche
Sinno:sra
rossi.
«!servimelo
in
sabtto
ayke
Amelia! », dice Bruno. ame:lìa!», di:tfe bruno.
loro!
Amelia ame:lia
a
la
me,
a mme,
ride e domanda ri:de e ddomanda
ce lo servi servicelo! me lo servi servimelo!
alla alla 153
Capitolo
12
Pia e a Pietro: «E a voi due?». Pietro pisa e a ppje:stro: «e avvo:i duce? ». pje:stro
e Pia ridono e ppisa 'ri:dono nostra! ».
in camera
« A noi, puoi servircelo
ce lo servi servircelo
e dicono:
te lo servo servirtelo
Amelia allora dice: « Ah ame:lia allo:ra di:tfe: «a:
ve lo servo servirvelo
virtelo in salotto? A voi, Pietro e Pia, devo servirvelo Ivirfelo în salotto? a vvo:i, pje:tro e ppi:a, de:vo serlvirvelo
glielo servo servirglielo
in
servirmelo servirtelo servirglielo servircelo servirvelo servirlo (a) loro tu sai
voi sapete bere beve ha bevuto
nostra! ».
e \ddi:kono: « a nnoci, pwo:i ser\virtfelo ig ‘\ka:mera
camera?
A
iy'ka:mera?
Maria,
sì? A te, Bruno, si? a tte, bbru:no,
non
so
a mmari:a, non
dove
devo
posso posso
serser-
servirglielo.
so ddo:ve dde:vo
ser\virXelo.
Sapete cosa vi dico? Non vi servo niente, cari miei! ».
sape:te ko:sa vi di:ko? nom
niente, ka:ri mje:i!».
Ma
Teresa
Rossi
« Cara
Amelia,
oggi
ma
ttere:za
rossi di:tfe : «ka:ra
ame:lìia,
oddzi e il miso
compleanno
—
komple\anno
dice:
vi servo
allora, sai, se Bruno
è il mio
vuol bere
il caffè
— allo:ra, saci, se bbru:no vwol be:re il kaf\fe
con noi altri, kkon no:i altri,
serviglielo! » ‘servif£elo!».
Amelia: ame:lia:
a Maria e a a mmarica e a
«E «e
Pietro? ». Teresa
Rossi:
« Servilo
anche
a loro,
ppje:tro? ». fere:za
rossi:
«\servilo
ayke
a Mo:ro, se lo
vogliono! ». Pia:
se
lo
dici
« E a me?
Mamma,
perché
non
a mme?
mamma,
perike
nnon dictfi
ImoALono!». pisa : «e
Pia,
all’Amelia
di
servirmelo? ».
Teresa
Rossi:
«No,
allame:lia
di
ser!virmelo? ».
teresza
rossi:
«no, ppisa,
tu sei ancora troppo piccola per bere il caffè di sera! ».
tu ssesi agko:ra troppo ‘pikkola per be:re il kaf\fe ddi se:ra!
Quando
kwando
154
tutti
tutti
sono
so:no
in
în
salotto,
salotto,
Teresa
tere:za
Rossi
rossi
dice
».
alla
di:tfe alla
Capitolo
Maria:
« Mariuccia,
prendi
prendi
« mariuttfa,
marisa:
alla
ddallo
alla ttsi:a
emma! ».
favore,
per favo:re,
e
e
mamma. mamma.
E ora, e ora,
quando kwando
la zia lattsi:a
Maria marisa
ha preso due pezzi di zucchero.
Emma
per
lo ‘\ttsukkero,
domanda domanda
darlo?», darlo? »,
a chi devo a kki dde:vo
zucchero,
« Volentieri, « volentje:ri,
».
Emma!
zia
dallo
lo
a ppre:so duce pettsi di \ttsukkero. «a mme! », di:tfe
Pietro.
« No! »,
Teresa
Rossi:
« No,
Maria!
Adesso
altri
agli
e poi
invitati! ». Ma
altri imvita:ti! ». ma
eppoi aki
della
komplelanno
tua mamma
della tua
di noi,
anche
di no:i,
agke
mamma
se non
quando
kkwando
stasera,
stase:ra,
vuole! ». Teresa
se nnom vwo:le! ». tere:za
la Maria
vuol
marisa
vwol
la
la Maria la marisa
Gino
domanda: domanda:
Benelli:
dammi! + lo = dammelo!
daglielo
\dal4elo Rossi:
è il e il
prima
prisma
« Grazie,
rossi: « grattsje,
Gino! ». E quando essa ha preso due pezzi di zucchero,
dzi:no! ». ekkwando essa
dalla! dalle!
alla ttsisa dzi:na
dare lo zucchero a Gino Benelli, egli dice: « No, da:re lo \ttsukkero a ddzi:no benelli, elidi:ttfe: «no,
compleanno
dallo! dalli!
dallo alla zia Gina
dallo
rossi: « no, mmari:a! adesso
fere:za
\dammelo! ».
di:tfe marisa. pje:tro : «si!
«nol»,
pje:tro.
dammelo! ».
«Si!
Pietro:
Maria.
dà! + lo = dallo! dà! + la = dalla!
« A me! », dice
emma
dice
XII
a ppre:so dure pettsi di ttsukkero,
dalle! + lo = daglielo! dammelo! daglielo! daccelo! dallo (a) loro! dammelo! dammeli! dammela! dammele!
« E ora, zio Gino, lo do a voi? ». «e o:ra, ttsizo dzi:no, lo do avvo:t? ».
« Sì, ora daccelo! ».
dzi:no benelli : « si, o:ra \dattfelo! ».
Quando kwando
i bambini
han
bevuto
il loro
caffè,
Teresa
i
am
bevuto
il
kaf\fe,
tere:za
bambi:ni
Jo:ro
155
Capitolo
12
mi vuoi fare = vuoi farmi
Rossi
dice
lo posso fare = posso farlo
piacere? ». Bruno:
rossi
a
Bruno:
«Ora,
Bruno,
mi
vuoi
fare
un
di:tfe a bbru:no : « o:ra,
bruno,
mi
vou
fa:re
um
ciò
che
«Non
pjatfe:re? ». bruno:
lo
mamma.
so,
di tifo kke
MAMMA.
tu fai fa!
Rossi: « Bruno! fa quel che ti dice di fare la mamma!
PAROLE:
un’amica, -che un amico, -ci
un
arrosto
un bacio
un campanello
una carota un cestino
una cipolla una cipollina
il contorno una diecina una donnina un favore
156
se lo posso
dde:vo fa:re, allo:ra îso ti di:ko se Mo
posso
fare».
fa:re».
rossi: «bruno! fa Rkwel ke tti di:tfe di fa:re la
Bruno:
bruno:
dammi! dalle! dacci! dimmi! dille! dicci! fammi! falle! facci!
io ti dico
Di
devo
mi fai fammi! dallo! dalla! ecc. dillo! dilla! ecc. fallo! falla! ecc.
allora
« non
so,
tu dici di!
mi dici dimmi!
fare,
lo
« Bene,
papà!
«bene, palpa!
ma! ». Teresa
mal».
Rossi:
tere:za
camera
Dimmi
Carlo
karlo
».
mamma!
».
ciò che devo fare, mam-
dimmi
tfo kke dde:vo fa:re,
« Fammi
il piacere
rossi: « fammi
mam-
di andare
il pjatfe:re di anda:re
in
iy
vostra
insieme
con
gli
altri! ».
Bruno:
\Ra:mera vostra
insje:me
kon
Xi
altri! ».
bruno : « ma
«Ma
mamma, sono soltanto le nove e mezzo! ». Carlo Rossi: mmamma, so:no soltanto le no:ve e mmeddzo! ». karlo rossi: « Bruno!
Va
in camera
tua
come
« bruno!
va
ig \ka:mera tu:a ko:me
ha
detto
la mamma!
a
ddetto la
mamma!
E tu, Pia, va a letto! È già tardi ». Teresa Rossi: « Prima e ttu, ppisa, va a lletto! e ddza ttardi ». tere:za rossi: « prisma di di
andare anda:re
in camera ig ‘ka:mera
e dille di darci
vostra, vostra,
ancora
dice
Bruno
mina! », di:tfe bruno esce
effe
dal
dal
salotto
salotto
e,
po
insje:me
Amelia ame:la
siccome
di kaf\fe!». « si, mmamè
un
e, ssikko:me e um
insieme
chiama kja:ma
un po’ di caffè! ». « Sì, mam-
e ddille di dartfi ayko:ra um
mina! »,
Bruno, bruno,
col
fratello
kol fratello
bravo
ragazzo,
bravo
ragattso,
e con
le sorelle,
e kkon le
sorelle,
Capitolo XII
hanno
gli AAt
come ko:me
anno
suoi genitori. Poi, î swo:î dzenito:ri. poi,
tu,
« Fallo
sorella:
a sua
Maria! ». Maria
ad
Amelia.
vva ig kutfi:na a ddirlo ad
ame:lia.
in
cucina a
dirlo
e
ride
mari:a ri:de e
tu, mmari:a!».
di:tfe a ssu:a sorella : « fallo
va
però, pe'ro,
sono usciti tutti e quattro nel corridoio, egli sono uffi:ti tutti e kkwattro nel korrido:jo, ekLi
quando kwando dice
i
detto detto
una fetta un invitato un mazzo una minestra una patata
una patatina un piacere un piatto un pisello un ragazzo il sale un signore
una specialità
un vaso la verdura un vitello
una zuppiera bravo buonissimo
ESERCIZIO me ne
« Mamma, domanda
(dà)
caro delizioso fiorentino nuovo
A.
pieno proprio
ce ne
(dà)
te ne (dà)
ve ne
(dà)
gliene
ne
(dà)
(da)
veneziano vuoto andare aspetta aspettano
loro
non ho più pollo, — — dai ancora un po’? », Pietro.
altri », risponde
Pia e Bruno,
« Sì, — Teresa
«non
sponde anche a loro:
— —
—
do se non
Rossi.
ne vogliono
« E a noi»,
gli
domandano
dai? », E la signora Rossi ri-
« — — do se non ne vogliono gli
invitati ». Gino non ha più vino, e Carlo Rossi — versa un bicchiere.
Allora
Bruno
e Maria
dicono:
« E a noi,
Papà, — — versi un po’? », «Un po’, si», dice Carlo Rossi e — versa — un po’ meno di mezzo bicchiere.
aspettare bere bevuto chiama!
cominciato conosce conoscono si conoscono da! dare diamo di! dite fa!
157
Capitolo
12
finito invita invitato lascia mangiar mangiare mettere
parlare parlano pone porge possiamo posso possono potete prega prendi! può
puoi ringrazia ripete risposto
sa sai saluta si salutano sapete serve servo SO stal state sto taglia viene vuol averne farne mangiarne darLe darlo darmene dartene dargliene
158
danne!
dallo!
dammi!
dammelo!
dammene!
dagli!
daglielo!
dagliene!
dalle!
daglielo!
dagliene!
dacci!
daccelo!
daccene!
dà loro!
dallo loro!
danne loro!
Pietro: « Papà, c’è ancora un’arancia, —, per favore! ». Teresa Rossi: « —, Carlo! ». Pia: « Per favore, — quel mandarino, mammina! ». Pietro e Bruno: «— quelle pere, per favore, mamma! ». Carlo Rossi: « — — quello che vogliono, Teresa! ». Teresa Rossi: « Non ho più vino, Carlo, — ancora un po’, per favore! ». Bruno: « E a me? — un po’ anche a me! ». Teresa Rossi: « — mezzo bicchiere, Carlo! ». Carlo Rossi: « A chi devo dare questo pezzo di pollo? ». Teresa Rossi: « — alla Gina! ». Carlo « E alla Maria? ». Teresa
Rossi:
Rossi:
« —
quell’altro
pezzo! ». Pia e Pietro: « Non abbiamo più dolce, mamuna
«— —
ancora una fetta! ». Teresa Rossi:
mina, —
fetta soltanto, Carlo! ». Carlo Rossi: « E le due ultime fette, le do a Maria —
—,
se
le
ed a Bruno? ». Teresa Rossi:
vogliono! »
Carlo:
«Cosa
devo
« SÌ,
dare
a
Gino? ». Teresa: « — un’arancia! ». Pietro e Pia: « Mam-
ma, c'è ancora un mandarino in tavola, —, per favore! ».
Alle
sette
chi
è. Sono
Quando
e mezzo
i Perri,
i Perri
ESERCIZIO
B.
suona
e Amelia
che
entrano
il —
Teresa
Rossi
nel salotto,
va
ha
Gina
a vedere
— Perri
a cena. dice a
Capitolo
Teresa:
—,
«Sto
Teresa:
—?>.
—
Teresa!
sera,
«—
grazie. E —, signor Perri, — sta? ». Gina e Teresa — — del tu, perché sono —. Il signor Perri dà un — di fiori a Teresa e le dice: « —, — signora! ». Teresa — il signor
« Mille
Perri:
di mettere
grazie,
i fiori
Stasera
a cena
una —.
Le —
signor —
nel
ci sono sono la —
veneziano.
quattro
Quando
la —
e la porta
non
c’è
mangiato più
in cucina.
il primo
—, ’ ed
di Amelia,
Perri dice che non ha — buona.
la Maria
Perri! ». Poi —
dice Teresa.
minestra,
Poi torna
minestra
una
Amelia
con
la —
—
è
Gina
così
prende
piena
di minestra. Mette anche del pane nel —. Carlo Rossi vede che il bicchiere di Mario Perri è — e gli dice: Ancora un po’ di vino? ». Quando il suo bicchiere è —, Mario Perri dice: « Grazie! ». {
(
Tl secondo piatto è un — di —. Insieme coll’— nel piatto c'è molta —: carote, piselli, —, —. Quel piatto si chiama « — di — con — ». Il signor Rossi prende un coltello
e — l’arrosto. La prima — la mette nel — piatto, perché non è molto bella. Dopo l’arrosto, Amelia — il terzo piatto, che è un —. Anche questo piatto è una delle — di Amelia.
XII
darcene darvene darne loro servirmelo servirtelo
servirglielo
servircelo servirvelo dammi!
dagli!
dalle! dacci! da loro! dammene!
dagliene!
daccene! danne (a) loro! dimmi! dille! fallo! fammi!
portaci!
servimelo!
serviglielo!
servicelo! servilo (a) loro! sul cento
bene benissimo ciao! così
glielo
invece il mio
ESERCIZIO
C.
Cosa fa Amelia quando suona il campanello?
....
Cosa fa se la persona che ha suonato conosce i Rossi? .... E che cosa fa se quella persona non conosce i Rossi? .... 159
Capitolo
12
ne... loro perciò qualcosa qualcuno stasera
Suo volentieri buona sera! come sta? come stai? da molti anni di nuovo per favore! sto bene un pochino
160
Che cosa si dicono i Perri e la signora l l i Perri entrano nel salotto? ....
Rossi,
quando
Perché il signor Perri dice « Auguri! » a Teresa? .... Quanti
piatti ci sono
Che
cos’é
Con
che
un cosa
arrosto fa
a cena con
Amelia
stasera?
contorno? il « dolce
Quali? .... ....
di casa
mia?»
....
Capitolo tredici
(13)
Capitolo tredicesimo
(XIII)
L'INCIDENTE
(la merenda [la merenda
ha fatto merenda a ffatto merenda
nella strada, dove
dove
nnella stra:da,
ed
ed
giù
per
lo aspettano
per
aspettano
lo
e ora
Funghi
fuggi
i swo:i ami:tfi dzanni
verdi
anto:nio
va
Gianni
i suoi amici
Verdi
Antonio
del del
e la tfe:na], e o:ra va ddzu
il prandzo
fra
pomeriddzo,
è il piccolo pasto e il ‘pikkolo pasto cena),
e la
il pranzo
fra
pomeriggio,
è tornato da scuola, e ttorna:to da skwo:la,
Bruno bru:no
Oggi è il dodici maggio. oddzi e il \do:ditfi maddzo.
andare
anda:re
anto:nio :
«Hai
il
pallone,
«asi
il
pallo:ne,
No », risponde
risponde
no»,
lo! ». Bruno: « Hai lo! ». bruno : «asi non
possiamo
nom
possja:mo
anto:nio? ».
«il
pallone?
ddimentika:to
dimenticato dimentika:to
/
rr}
un pallone
‘prender-
di
il pallone? il pallo:ne?
dzoka:re al pallo:ne! ».
\s _
di prender-
al pallone! ». Antonio:
giocare
ad ad
pallone?
dimenticato
\)
al parko.
«Il
«o
antonio,
al parco.
Antonio? ».
« ho
Antonio,
aldo
e
domanda domanda
I quattro amici si salutano, poi Bruno i kwattro ami:tfi si sa\lu:tano, poi bruno Antonio:
e Aldo | strada = via
antonio:
Ma ma
allora, allora, « Ma
tu,
«ma
ttn,
Bruno, non hai un pallone anche tu? ». « Sì », risponde
bbru:no, non
Bruno, bruno,
«ma «ma
a:t um pallo:ne il mio il mito
è e
ayke
vecchio». wekkjo».
tu? ». «si», Antonio: antonio:
risponde
«Non «nom
fa fa
161
13
Capitolo
niente!
nniente! su «>
Si
può
si
pwo ddzoka:re
sst 1», ris\pondono =
anche
con
un
agke
pallone
kon
vec-
um
pallo:ne
vek-
chio ». « Vado su a prenderlo? », domanda kjo ». «va:do su a ‘pprenderlo? », domanda
giù
sì! », rispondono
sale
giocare
Bruno bru:no
va su
Bruno. bruno.
gli amici.
AAG ami:tfi.
sale nell’appartamento, suona, e quando sa:le nell appartamento, swo:na, e kkwando
lia apre,
« Si, « Si,
egli va in camera
sua per prendere
lia aspre, eXAAi va ig ‘ka:mera susa per
‘prendere
Ameame:-
il pallo-
il pallo:-
ne. Egli apre l'armadio, ma il pallone non c’è. « Dov'è ne. eAAt a:pre larma:dio, ma il pallo:ne non tfe. «dove il mio
pallone? », dice Bruno,
e lo cerca
sotto
il mi:o pallo:ne? », di:tfe bruno,
e lo tferka
sotto larma:-
dio, dio,
sopra so:pra
dice: «Lo di:tfe:«lo trovato
=
so! so!
E e
a
va giù
: che
sale
di di
nuovo nwo:vo
nella nella
non lo trova. nnon lo trova.
di nuovo. Poi di nwo-vo. poi
bambine!». bambi:ne!».
Meno me:no
strada. stra:da.
a
ttrova:to il pallo:ne
« Prendi!», «prendi! »,
dice di:tfe
ad ad
e ffende Aldo aldo
e e
lancia il pallone all’amico, il quale lo prende e vuole Uantfa il pallo:ne all ami:ko, il kwa:le lo prende e vvwo:le lanciarlo di nuovo lantfarlo di nwosvo
162
ma ma
Bruno bruno
in camera delle ty ‘ka:mera delle
di um minu:to do:po, ehAi
scende
il quale
il letto, il letto,
di un minuto dopo, egli ha trovato il pallone e scende
trova
scende
sotto sotto
«Dove può essere? », domanda « dove ppwo ‘essere? », domanda
essere
ha
l’armadio, llarma:dio,
l’arma-
a Bruno, ma a bbru:no, ma
il pallone colpisce la il pallo:ne kolpiffe la
Capitolo
martfapje:de.
e kka:de sul
porta
questa volta non
non
kkwesta volta
vanno
lo lancia ad Aldo,
troppe troppe
il parco è a pochi
il parko
li, si gioca
Mi, ssi dzo:ka
po:ko
tempo
tempo
bellissima bellissima amici
a
una
nelle nelle
automobili atto\mo:bili dalla casa
di Bruno,
dalla ka:sa di
e
bruno,
e
dopo,
Bruno
e i suoi
do:po,
bruno
e i swo:i ami:tfi ‘ve:dono u:na
per
macchina
‘makkina
=
9
un’automobile
È un’Alfa e unalfa
per
il marciapiede
strade. stra:de.
be:ne.
\fermano
una
nelle altre
molto
si fermano
ha
nella nella
bene.
automobile. atito\mo:bile.
ami:tfi st
minuti
€ a ppo:ki minu:ti
molto
pallone pallo:ne
a rro:ma e nnelle altre
si pwo.
non
a rro:ma
grandi città ci sono grandi tfittta ttfi so:no
ke
e i kwattro ami:tfi
si può. A Roma e
non
a Roma
stra:da, ma
Poco
amici
e i quattro
piccole città, si può giocare al ‘pikkole tfit\ta, si pwo ddzoka:re al
strada, ma
che
aldo,
ad
lo lantfa
ma
prende,
lo
al parko.
Nelle nelle
ma
bruno
ma
prende,
lo
al parco.
vanno
Ma
Bruno
marciapiede.
sul
e cade
porta
XIII
gwaridarla. ko:me
vedono
Romeo, rome:o,
guardarla. come
amici
«Io
«iio
questa! »,
una
e i quattro e i kwattro
ho
un
9
troppi > troppo pochi poco
pochi
tempo
minuti
:
cugino
uy
kudzi:no
dice
Gianni.
kkwestal », di:tfe dzanni.
macchina mobile
:
auto-
« No? », dicono gli altri tre. « Si! », ripete Gianni, « pri«no? », \di:kono 44% altri tre. «si! », ripe:te dzanni, « pri:ma ma
aveva aveva
un’altra unaltra
macchina, makkina,
ma ma
l’anno Uanno
scorso skorso
ha a
l’anno scorso = l’anno prima di quest'anno
163
Capitolo
13
no? »,
domanda
n0? »,
domanda
Gianni. dzanni.
se
se
viene venire
antonio.
sta
a
sta
Roma,
a
non
rro:ma,
nom
Se
venirei a prendere = venire a prenderci
dargli
bello!
giro in città». Aldo: dzi:ro in tfittta ». aldo:
: bene!
di venirci
\darki
di
Antonio:
vvole:te,
duecento
=
200
un
velnirifi a ‘pprendere «Un «un
un
andare
fino
anda:re
mos\trar-
posso
anche
doman-
posso
apke
doman-
giorno,
per
dzorno,
fare
un
per fa:re
un
Bello! ». bello! ».
ayke fa:re un dzi:ro fwo:ri di ro:ma,
fino
a Napoli
quella kwella
macchina mio cugino ‘makkina mi:o kudzi:no
in due
ore,
a ‘nna:poli in due
e da
centotrenta
Inna:poli tft so:no piu ddi dueltfento
centotrenta =
130
china
che
ke
può
fare
più
ppwo ffa:re pju
all’ora. Per all'o:ra. per
di
ddi
le vie di Roma, Je vice di ro:ma,
ki\lo:metri.
tfento\trenta
non non
Roma
a
o:re, e dda rro:ma a
chilometri.
km
si può si pwo
È una mac-
e u:na ‘makchilometri
ki\lo:metri
andare così anda:re kolst
Fuori
di
Roma,
invece,
si
può
andare
più
ppresto. fwo:ri
di
ro:ma,
imve:tfe,
si pwo
anda:re
pju
presto.
164
di
Napoli ci sono più di duecento
kina
mostrar-
giro in città? dzi:ro in tfit\ta?
=
chilometri
allora, allora,
« Possiamo anche fare un giro fuori di Roma,
no? ». Gianni: « Sì! Con no?». dzanni : «si! kog
pwo
risponde
di
doman\darki
a prendere
anto:nio : « possja:mo
può
risponde
rro:ma»,
domandargli
volete,
se
sta, tu:o kudzi:-
Roma»,
a
cugi-
tuo
sta,
gli altri tre, «ma Ki altri tre, « ma
pwo:t
«Si!
a
«sta
puoi
tfela? ». dzanni : «si!
prendere
«Sta
« A Roma! », dicono «a rro:ma!»,\di:kono
cela? ». Gianni:
prende
Antonio.
ddo:ve
«e
rome: ».
un alfa
kkompra:to
dove
«E
Romeo ».
un’Alfa
comprato
Capitolo
XIII
presto ancora ». Bruno: «Si può fare più di centocin- | centocinquanta ppresto ayko:ra ». brusno : «si pwo ffa:re pju ddi tfentotfig- | ~ 150 lo lo
quanta all’ora, fuori di città ». Antonio: « Quando lkwanta all'o:ra, fwo:ri di tfit\ta». anto:nio : «kwando facciamo, questo giro? ». Gianni:
« Devo domandarglielo
fattfa:mo, kwesto d3i:ro? ». dzanni : «devo La settimana
prima. .
.
la
pri:ma.
settima:na
Ho visto mio
o
,
ventura,
o prima
ancora,
non
so. | venturo
ventu:ra,
0 ppri:ma ayko:ra,
non
so.
:
cugino la settimana
;
doman\darXelo
.
.
vvisto mio kudzi:no la settima:na
scorsa, devo vederlo | vede
skorsa,
de:vo
domani
o dopo
«Bravo « bravo
Gianni! ». E ora, gli amici passano dzanni! ». e o:ra, KKi ami:tfi ‘passano
nr
l
scorso
velderlo
ha visto
domani, se non va a Firenze ». Bruno: | dopo domani = il n
un
+ | giorno dopo do-
doma:ni 0 ddo:po doma:ni, se nnom va a ffirentse ». bruno : | mani
all'Alfa Romeo
per attraversare la strada. Prima attra-
all alfa
ro\me:o per
versano
Aldo
Iversano
aldo
davanti davanti
attraversa:re
e Gianni,
.
poi
e ddzanni, pot
.
la stra:da. prisma attra-
vengono
Bruno
e il suo | viene
‘veggono
bruno
e il suo
.
vengono
$
i ragazzi attraversano la strada
165
Capitolo
13
amico ami:ko ridiamo ridete ridono
rido ridi ride
più
: più di 60
Antonio, anto:nio,
I ragazzi parlano, i ragatisi \parlano, che
viene
ke
vvje:ne da
non
da
basta
troppo
=
poco
è
a a
sinistra, ssinistra,
Antonio anto:nio
ridono e non vedono ‘ri:dono e nnom \ve:dono
sinistra
a sessanta
ssinistra a
ssessanta
a destra. a ddestra.
un’automobile un atito\mo:bile
chilometri
all’ora,
se
ki\lo:metri
allo:ra,
se
più.
Quando
la
vedono
e€ troppo
tardi.
L’uomo
nnom pju.
kwando
la
‘ve:dono
e
tardi.
lwo:mo
che
guida
la macchina
per
fermare
ke gowisda la
non
Bruno bruno
per
vuole
‘makkina
una
ferma:re
ttroppo fermarla,
vwo:le
macchina
una
DI
fermarla, che
‘makkina
ma
va
ke
non
può:
presto,
dieci
ma nnom pwo :
così
vva kkolsi ppresto, dje:tfi
metri non bastano, e non bastano neppure venti metri.
Aldo
e Gianni
aldo
Aldo fa un salto
1 metro = 1/1000 di un chilometro
salto
salto
\
li
una palla
166
ruota
un
salto,
dai due ragazzi. dai duce ragattsi.
anche
loro,
ma
e Ha
Bruno bruno
è troppo DI
non
solo
come
due
grandi
palle.
Se
ora
ddu:e grandi
palle.
se
o:ra i
su,
lantfa
su, ko:me
so:lo
colpisce
cadono davanti alla macchina
....
Ika:dono davanti
....
alla
‘makkina
invece di cadere davanti
ma imve:tfe di kade:re
davanti
e Ha
un un
‘makkina
i ragazzi,
kolpiffe
a
la macchina
Essa
non
tardi,
fanno fanno
colpisce.
essa
e€ ttroppo
e Antonio e anto:nio
e
a
passa
lo:ro,
kolpiffe.
ma
makkina
tardi,
me:tri. passa
ayke
lancia
Ma una
un salto, e la macchina
e ddzanni fanno
un metro um me:tro
li
fanno
venti
neppu:re
‘bastano
e nnom
‘bastano,
mestri nom
i ragattsi,
ma
li
ma lh
i ragazzi
ragattsi
alle ruote della macchina,
alle rwo:te
della
makkina,
Capitolo
XIII
l’incidente
i ragazzi
i
più
cadono
ragattsi ‘ka:dono pju
marciapiede.
martfapje:de.
a una
ventina
ventiscna
a una
la ferma
‘makkina
due
ragazzi,
e ora
viene
una
di me:tri
dai
due ragattsi,
e o:ra
vje:ne
meno
eAAi
ke vvje:ne
€ il so:lo
non
destra,
da
sinistra
viene
verso
bambi:ni : da
ddestra,
da
ssinistra
vje:ne
verso
ragattsi
molta
vvisto lintfidente.
Xi
ke
a
dicono
imve:tfe, \di:kono
molto molto
di venti
po’
due Gli
altra dzente
o un
un
due
altra gente che ha visto l’incidente.
uni dicono che l’uomo guidava ucni \diskono ke llmwo:mo gwida:va invece,
î
più
=
î
verso i
po’
ventina
i
è il solo che viene verso
Egli non
da
ragazzi molta
cade cadono
dai
î bambi:ni.
bambini:
e il
cade cadere
di metri
verso i bambini.
verso
il
la ferma
la macchina
ggui:da la
ke
lwo:mo
‘makkina
Ha
a ddestra, fra
che guida
L’uomo
la macchina e
fra
a destra,
male, gli altri, ma:le, KKi altri,
male
«>
bene
quei
che
no, non
guidava
male,
e che
ke
nno, nog guida:va
ma:le,
e kke kkwei
ragazzi
erano
andati
loro
davanti
alle
ruote
della
ragattst
\e:rano
anda:ti
Jo:ro
davanti
alle
rwo:te
della 167
Capitolo
13
non dice niente senza dir niente
macchina
senza
guardare
e Gianni,
che
Imakkina
E
e
Aldo
aldo
sentsa
né
gwarda:re
e ddzanni,
a destra
ne
a
cosa
né a
ddestra
fanno?
ne
sinistra.
a ssinistra.
Stanno
in
mezzo
stanno
im
meddzo
ke kko:sa fanno?
alla strada, fra le automobili che passano. I due ragazzi
alla stra:da, fra lle atito\mo:bili
ke \ppassano. i duce
stanno
li un
minuto,
due
minuti,
tre
minuti
senza
stanno
li um
minu:to,
due
minu:ti,
tre
mminu:ti
sentsa
dir
niente.
dir
niente.
Fra le persone che Bruno è
disteso sulla strada
viene e venuto
fra Ue persone
nio, nio,
i quali 1 kwa:li
guardie.
gwardie.
che
ke
ke
sono so:no
La prima
la pri:ma
stanno
stanno
ancora
sono
venute
verso
sso:no venu:te
verso
Bruno
e Anto-
bruno
e
ci tfi
sono sono
distesi diste:si
sulla sulla
strada, stra:da,
guardia
vede
gli altri due
gwardia
alla strada,
ayko:ra im meddzo alla stra:da,
anto:
due duce
ragazzi,
ve:de AXi altri duce
in mezzo
ragattsi
ragattsi,
e li chiama:
e lh kja:ma:
« Ragazzi! ». Ma i due amici guardano la guardia senza « ragattsi! ». ma i du:e ami:tfi \gwardano la gwardia sentsa rispondere
ris\pondere
una guardia
risponde rispondere
verso
e senza
far
e ssentsa far
i due ragazzi,
verso i du:e ragattsi,
niente.
li prende
li prende
loro verso il marciapiede,
lo:ro verso
niente.
il martfapje:de,
La
guardia
allora
va
la
gwardia
allo:ra
va
per le spalle e va con
per
le spalle
e vva kkon
mentre l’altra guardia porta
mentre
laltra
gwardia
porta
Bruno e Antonio sul marciapiede e li mette sul soprabito bru:no e anto:nio sul martfapje:de e li mette sul so\pra:bito 168
Capitolo
e ha messo
mmesso
a
e
canto
all’altro.
kanto
all altro.
In quel momento ig kwel momento
sentito
ssentisto
e
ha
e
a
l’automobile
latito\mo-bile
visto
vvisto
soprabito
sul
l’uno
ac-
so\pra:bito
distesi,
lu:no
sul
ak-
andata
è
fermarsi,
DI
fermarsi,
ke
€ ssu:a ma:dre,
anda:ta
e
a
finestra
alla
finestra
alla
la
guardia
prendere
suo
figlio
che
era
la
gwardia
‘prendere
suo
fikto
ke
e:ra
prima
lui, poi
disteso in mezzo
diste:so im meddzo
alla strada
alla stra:da
e portare
e pporta:re prisma lu:i, pot
il suo amico sul marciapiede. « Bruno! », ha gridato Teil su:o ami:ko sul martfapje:de. «bruno! », a ggrida:to te-
Figlio fikXo
resa Rossi ed è scesa giù nella strada. « Bruno! re:za rossi ed € ffe:sa dz4 nnella stra:da. «bruno!
mio! Chi ti ha fatto male? », grida la madre. « Signora », mi:o! ki tti a ffatto ma:le? », gri:da la ma:dre.« sinpo:ra », dice
l’uomo
di:tfe lwo:mo
che
ke
una spalla
che ha
È sua madre,
akkanto a bbru:no.
si dzetta
donna
si e leva:to
si sente un grido: « Aaaah! », e una e una ail», si sente ug gri:do:«
si getta accanto a Bruno.
donna
si è levato
sta:re diste:si,
‘possono
bambi:ni
kwa:le i due
stare
possono
bambini
gran
ug
€
martfapje:de.
sul
gran
E un
sul marciapiede.
i due
quale
momento
ke ppassa:va ig kwel
un wo:mo
ke
in quel momento
che passava
che un uomo
XIII
guidava,
ggwida:va,
«non
«non
ho
fermare
potuto
ferma:re
9 ppotuto
la
macchina.
Il
ragazzo
...».
Teresa
non
lo
lascia
la
‘makkina.
il
ragattso
...».
tfere:za
non
lo
laffa
una finestra
porta portare
un grido gridare gridare grida ha gridato scende e sceso
è sceso giù = sceso
è
ora guida
prima guidava
può
ha potuto
169
Capitolo su+l
13
= sull
parlare.
Essa
si getta
sull'uomo
parla:re.
essa
si dzetta sullwo:mo
e gli grida
ei
in faccia:
gri:da im fattfa :
« È Lei? E Lei che ha fatto male a mio figlio? ». L'uomo «e Iles? e Hei ke a ffatto ma:le a mmi:o fikro? ». lwo:mo non può parlare, tutto quel che può dire è: « Signora ... una faccia
ma ma
io ...». t:0...».
per
le
per
ora può
prima
poteva
Non
nom
dle
E ora € ota
spalle
e
spalle
poteva
le due le due
le
e
dicono:
We
'di:kono:
fermare
poteva
guardie gwardie
ferma:re
la
la
prendono ‘prendono
Teresa tere:za
signora,
basta!
«Basta,
«basta,
sinpo:ra,
basta!
Teresa
allora
macchina ».
‘makkina».
tere:za
allora
si getta
di nuovo
accanto
a suo
figlio.
In
quel
mo-
si dzetta
di nwowvo
akkanto a ssuco
fikLo.
ig
kwel
mo-
mento un occhio
ke ppwo ddi:re € : « sinpo:ra...
nom pwo pparla:re, tutto kwel
mento
un uomo
un wo:mo
e le domanda: e lle domanda:
mette
mette
la mano
la ma:no
sulla spalla di Teresa
sulla
spalla
di tere:za
«È Suo figlio, signora? ». Teresa «e sstio filKo, sippo:ra? ». tere:za
alza altsa
la faccia verso quello che ha parlato, senza dir niente. la fattfa verso kwello ke a pparla:to, sentsa dir niente. Ma i suoi occhi rispondono per lei. « Io sono dottore », ma iswo:i okkt ris\pondono per lesi. « iso sono dotto-re », dice l’uomo.
In quel momento
di:tfelwo:mo. ig
un dottore
apre ha aperto
170
kwel
guarda sua madre, Eguarda susa ma:dre,
momento
Bruno
apre gli occhi
e
bru:no
aspre 4ALiÎ okki
e
e poi il dottore. e ppo:i il dotto:re.
Antonio antonio
ha già a ddza
aperto gli occhi un momento fa, ma né lui né Bruno diaperto 4Ai
okki
um
momento
fa, ma nne Llu:i ne bbru:no \di:-
Capitolo cono nulla. Il dottore,
kono
il dottore,
nulla.
che si chiama
ke ssi kja:ma
Andrea
Forti, do-
nulla
=
XIII
niente
do-
an\dre:a forti,
manda a Teresa: « Dove sta, signora? ». « Sto in quella manda a ttere:za: « do:ve sta, sinpo:ra? ». «sto ig kwella casa lì! », risponde la madre. « Bene. Allora », dice il dot-
ka:sa lil», risponde tore to:re
guardie, gwardie,
alle alle
« be:ne. allo:ra », di:tfe il dot-
la ma:dre.
«se mi aiutate, «se mmi ajuta:te,
portare porta:re
possiamo possja:mo
i ragazzi su in casa della signora ». « Bene, dottore! », i ragattsi su ig ka:sa della sinpo:ra». « bene, dotto:re! », dicono le guardie. Il dottor Forti dice allora al signore
\di:kono le gwardie.
=
dottore
il dot\tor forti di:tfe allo:ra al sinpo:re
che ha messo
ke
il suo soprabito
a mmesso il su:o so\pra:bito
Lei
portiamo
il figlio
Île:i portja:mo
dottor
il fikko
della
della
sul marciapiede:
«Io
e
sul martfapje:de : «iso e
signora »,
poi
dice
sippo:ra», poi di:tfe
alle
alle
guardie: « E voi allora potete portare l’altro ragazzo ». guardie : « e vvo:i allo:ra potete porta:re laltro ragattso ». « Volentieri, « volentje:ri,
dottore », dicono le guardie; dotto:re », ‘di:kono le. guardie;
e i quattro e i kwattro
uomini portano i due bambini nell’appartamento lwo:mini
‘portano i duce
bambi:ni
nell'appartamento
dei dei
Rossi, dove mettono Bruno sopra il suo letto e Antonio
rossi,
do:ve\mmettono
bru:no
so:pra il suo
letto e
anto:nio
sopra il letto di Pietro.
so:pra il letto di pje:tro.
Le
le
guardie
gwardie
salutano
salutano
ed
ed
escono
‘eskono
dall’appartamento,
dall appartamento,
uscire esce escono
171
Capitolo
13 mentre
mentre
il
dottor
il dot\tor
esamina la sua elza:mina la susa
Forti
si
siede
accanto
a
Bruno
ed
forti
si
sje:de
akkanto
a bbru:no
ed
gamba gamba
sinistra. sinistra.
« Ahi! », dice Bruno, «a:i!», di:tfe bru:no,
« fa male! ». «fa mma:le! ». una gamba
il dottore esamina la gamba di Bruno
« Ti fa male
la gamba
«ti fa mma:le la gamba
quando
kwando
l’esamino? », domanda
Je\za:mino? »,
domanda
il dottore. «Si! », risponde Bruno, «mi fa molto male! il dotto:re. «st! », risponde bruno, « mi fa mmolto ma:le!
esaminare esamina 172
Ahi!
Basta!
Basta!
at!
basta!
basta!
Ahi! ». « Ancora
ai! ». «ayko:ra
dice il dottore. Poi, quando di:tfe il dottore. posi, kwando
un
um
momentino! »,
momenti:no! »,
ha finito di esaminare la a ffni:to di ezamina:re la
Capitolo
di di
sinistra
è rotta,
sinistra
€ rrotta,
gamba gamba
esamina
An-
ma nnon tf e altro». poi elza:mina
an-
non
ma
°
«La « la
Rossi: rossi:
dice a Teresa di:tfe a ttere:za
Bruno, bruno,
gamba gamba
altro».
c’è
Poi
XIII
tonio. Anche lui si è rotto una gamba: la gamba destra.
kwando
a ffini:to di
« Ora
esaminarli
a casa, ma
io vado
distfe : « o:ra î:0 va:do a kka:sa, ma
di minuti ». « Bene, di minu:ti ». « be:ne,
effe
forti
momentino? », momenti:no? »,
il dottore
fra una
ventina
ttorno fra u:na
ventina
torno
dottore! », dice la signora dotto:re!», di:tfe la sinpo:ra
« pote:te star so:lt um Teresa tere:za
allora allo:ra
Rossi; rossi;
« Potete star soli un
dalla stantsa.
domanda domanda
destra.
tutti e ddu:e, il dotto:re
e il dottor Forti esce dalla stanza.
e il dotltor
la gamba
tutti e due,
ha finito di esaminarli
Quando dice:
lu:i si e rrotto u:na gamba:
ayke
to:nio.
Rossi, rossi,
« vado «va:do
in salotto, e torno subito ». «Si, mammina », risponde in salotto,
e ttorno \su:bito».
« si, mmammi:na»,
risponde
Bruno.
Teresa allora va in salotto, dove c’è il telefono.
bruno.
tere:za allo:ra va in salotto,
subito
=
momento
fra un
dove ttf e il te\le:fono.
Essa deve telefonare alla madre di Antonio. È la signora essa de:ve telefona:re alla ma:dre di anto:nio. e Ma sinpo:ra Beatrice Verdi
che viene
al telefono,
e Teresa
un telefono
le dice:
ke vvje:ne al te\le:fono, e ttere:za ledi:tfe:
beatri:tfe
verdi
« Signora « sinpo:ra
Verdi ... Suo figlio Antonio è qui da noi, verdi ... suo fikto anto:nio e kkwi dda nnoii, DI
e Bruno
sono
... a letto
tutti
e
lusî e bbru:no
so:no
... a
tutti
€
in casa
nostra
... Lui
ig ka:sa
nostra
...
Wetto
da
noi
nostra
: in casa
173
Capitolo finire finisce ha finito
13
ddu:e,e
letto?
voi?
A
Metto? da wot?
Cos'è kose
non
verdi
...». beatri:tfe
Da
non
Verdi
Beatrice
e ...».
due,
lascia
la
laffa
la
finire:
«A
cosa
c’è?
finire:
«a
quest'ora?
Signora
Rossi!
a kkwesto:ra?
sinpo:ra
rossi! ko:sa tf €?
successo? ». « È successo un incidente: Antonio ssuttfesso? ». « e ssuttfesso un intfidente : anto:nio
si è rotto la gamba », dice Teresa, e comincia a raccon-
gamba», di:tfe tere:za,
si e rrotto la
« È successo poco
tare:
tempo
e kkomintfa a rrakkon-
fa, nella strada,
davanti
nella stra:da,
davanti
tasre :
«e ssuttfesso po:ko tempo fa,
a casa
nostra.
Un’automobile
...».
Ma
Beatrice
Verdi
un asito\mo:bile
...».
ma bbeatri:tfe
verdi
a kka:sa nostra. la
lascia
finire
la
laffa
finisre
e dice:
« Vengo
Lei!
subito
da
subito
da lei!
non
io saro egli sara
Prendo la macchina di mio marito e sarò lì fra dieci prendo la ‘makkina di mi:o mari:to e ssaro lh ffra ddje:tfi
L’
| >
vengo viene
non
minuti! ». « Benissimo,
minu:ti! ».
benissimo,
edd:tfe:«veygo
cara
signora!
L'aspetto! », dice
ka:rasinpo:ra!
laspetto! », di:tfe
Teresa Rossi e torna dai due ragazzi, che le domandano
tere:za
che
ke
rossi e ttorna dai duce ragattsi
ke lle
cos’yha
fatto
in
salotto.
«Ho
telefonato
kkosa
ffatto
în
sabtto.
«o
ttelefona:to
domandano alla
tua
alla tua
mamma, Antonio. Abbiamo parlato del vostro incidente; mamma, anto:nio. abbja:mo parla:to del vostro intfidente; la tua mamma
la tu:a mamma
viene
fra un
vje:ne fra um
momento
».
momento».
Poco tempo dopo, la signora Verdi entra nella camera
po:ko tempo 174
do:po, la sinpo:ra
verdi
entra
nella ‘ka:mera
Capitolo
sippo:ra
ke o essa di:tfe alla
la prisma ko:sa
bruno.
di
signora
alla
dice
essa
che
cosa
prima
La
Bruno.
di
XIII
Rossi è: « Ho telefonato a mio marito, sarà qui fra un DI
tfelefona:to a mmi:o mari:to, sara kkwi ffra um
9
e:«
rossi
momento ». Poi la signora Verdi bacia suo figlio e gli dice:
di:tfe : « rak\kontami
raccontano
e Bruno
nio! ». E Tonio
nio! ». e tto:nio e bbru:no rak\kontano signore,
sinpo:re,
e
nella
loro
ake
aldo
camera,
nella ‘ka:mera,
loro
Tonio:
e ddzanni,
raccontano
rak'kontano
alle due
lintfidente
alle duce
ke
ora
« iso e
vamo
Bruno
...».
La
Va-LM0
bruno
...».
la
aldo
erava:mo
han
visto.
tifo kke
am
visto.
dzu nnella stra:da e
signora sinno:ra
per
andare
insieme
bruno? ». to:nio:
«si,
per
anda:re
insje:me
ddzoka:re al pallo:ne.
che eravamo
erava:mo
Bruno
bruno
Antonio
al parco,
al parko,
é sceso giù quando °
e ffe:so dzu kkwando
eravamo
siamo
aspettiamo
« Aspettavate verdi : « aspettava:te
«Si,
giocare al pallone.
aspetta
Verdi:
Bruno? ». Tonio:
=
so:no pu:re
che
ciò
Tonio
pure
sono
ora
« Io e Aldo eravamo giù nella strada e aspetta-
to:nio:
ke
Toto:-
successo, ssuttfesso,
Vincidente
che
e Gianni,
Aldo
e anche
è e
ti tti
che ke
quello kwello
« Raccontami
ba:tfa suo filko e K£i
verdi
la sinpo:ra
momento». poi
aspettavamo
aspettate aspettavate
a
a
ha visto
a
vwvisto
nella strada, ma poi, siccome io non avevo
nella stra:da, ma ppo:i, sikko:mei:o non
ave:vo
il mio pallone, Bruno é salito di nuovo per prendere il mi:o pallo:ne, bruno e ssali:to di nwo:vo per ‘prendere
sale e salito
il suo ». Bruno:
ho hai
DI
«... che tu, Maria, avevi in camera
il suo ». bruno : « ...
tua,
ke tt, mmari:a, ave:vi ig ‘ka:mera tu:a,
avevo avevi
175
Capitolo
13
sai? ». La signora Verdi: « Perché non avevate il vostro sai? ». la sinpo:ra verdi : « perlke nnon aveva:te il vostro abbiamo
avevamo
avete
avevate
pallo:ne? ».
vecchio
è troppo DI
vekkio
e troppo
parlane! di cio!
: parla
laveva:mo
«non
aldo:
un
altro! ». Poi
perke, sa:i, il nostro
...».
La
signora
Verdi
...».
la
sinpo:ra
verdi
dice: « Parlane al papà, di:tfe : «parlane al palpa, un
perché, sai, il nostro
l’avevamo
« Non
pallone? ». Aldo:
domandagli do'mandalii
dice a Tonio:
«E
e gli
ride
ri:de e 4Ki
se ve ne regala se we ne rega:la
poi, cos’avete
fatto
altro! ». posi di:tfe a tio:nio : «e ppo:i, kos avecte fatto Bruno bruno
mo
abbiamo
mo...
...
col pallone? ». Tonio: « Abbiakol pallone? ». to:nio : « abbja:-
è sceso e ffe:so
quando kwando
DI
visto
abbja:mo
un’Alfa
visto
unalfa
Romeo! ».
rome:!».
La
signora
la sinpo:ra
Verdi: « Un’Alfa Romeo? E quella che vi ha ...». Tonio: verdi : «un alfa ro\me:o? e kkwella ke vvi a... ». fo:nio : « No,
no!
«no, nno!
avevo avevi aveva
avevamo avevate avevano
sono ero
ero eri era
176
era
una
Fiat!
L’Alfa
Romeo
stava
kwella
ecra una
\fisat!
lalfa
rolme:o
sta:va
accanto al marciapiede. Sai, mamma,
era una macchina
akkanto al martfapje:de. sa:î, mamma,
e:ra una
come quella dei Pignotti ». La signora ko:me kkwella dei pinpotti ». la sinpo:ra
avere
piccino
Quella
=
piccolo
‘makkina
Verdi: «Ma i verdi : «ma i
Pignotti pinpotti
hanno anno
una Lancia, no? ». Tonio: «Ora suina lantfa, no? ». tonio: «o:ra
quando
io ero
piccino
signora
Verdi:
«Quando
kkwando t:0 e:ro pittfi:no
sinpo:ra
verdi : «kwando
avevano
a\ve:vano eri
un’Alfa
Romeo ». La
un alfa
piccino?
e:ri pittfi:no?
sì, ma si, ma
ro\me:o».
la
Ah
si!
quando
a:
si!
kwando
Capitolo
stava:mo
im visa
ro:ma.
e allo:ra, ditfevi
Poi
di minu:ti.
po:i ... ».
dicevo dicevi diceva
diecina
essere e e stato
io! ». Tonio:
racconto
« Ora
Aldo:
...».
di minuti.
una
rakkonto t:0! ». tocnio:
aldo: «o:ra
« Ma no, Aldo, tu e Gianni non eravate con noi quando « ma nno, aldo, tu e ddzanni non erava:te kon no.i kwando che
di
attraversato
la
strada!
Non
so
abbja:mo
attraversato
la
stra:da!
non
so ddi ke kko:sa
Gianni
in quel
parla:vi
con
ma
so che
non
parlare
momento,
ma
sso kke nnon
parlavo parlavi parlava
parlavamo parlavate parlavano
vuole
voleva
volevo volevi voleva
volevamo volevate ‘volevano
avete visto l’incidente! ». Aldo: «Io parlavo con Gianni aveste visto lintfidente! ». aldo: «t:0 parlavo kon dzanni del
che
giro
ke
del dzi:ro
cugino, sì, ma kudzi:no, si, ma
fare
volevamo
vvoleva:mo fa:re abbiamo abbja:mo
eravamo eravate erano
momento,
kwel
ig
dzanni
kon
ero eri era
cosa
abbiamo
parlavi
stava stavamo
al al
accanto akkanto
li, a gewaridarla, una djetficna
sta:tt
sja:mo
martfapje:de.
kkwell alfa
li, li,
stati li, a guardarla,
Siamo
marciapiede.
ke
che era ke e:ra
Tonio: «Dicevo fo:nio : «ditfe:vo
Romeo ...». rolme:o ...».
quell’Alfa
che
dicevi
E allora,
in via Roma.
stavamo
XIII
visto visto
con
la macchina
kon
la
la la
di
di su:0
‘makkina
macchina, ‘makkina,
suo
e
subito e 'ssu:bito
dopo eravate distesi in mezzo alla strada ». La signora do:po erava:te diste:st im meddzo alla stra:da». la sinpo:ra Verdi:
« Aldo,
lascia
parlare
tuo
fratello!
Racconta,
verdi :
«aldo,
laffa
parla:re
tuo
fratello!
rakkonta,
Antonio! ». Antonio: « Quando anto:nio! ». anto:nio : «kwando
abbiam finito di guarabibjam fini:to di gwar-
abbiam = abbiamo
dare l'Alfa Romeo, volevamo attraversare la strada per-
da:re l alfa
ro\me:o,
voleva:mo
attraversa:re la stra:da per-
177
Capitolo
13
ché andavamo
andare
andavo andavi andava
andavamo andavate andavano
al parco, e per andare al parco si deve
avete ave:te
guardato gwarda:to
Antonio: anto:nio:
a a
veniva
venire
venivo venivi veniva
venivamo venivate venivano
ridere
ridevo
ridevi rideva
ridevamo
ridevate ridevano
sinistra ssinistra
prima prisma
di di
non nnon
«E «e
Verdi: verdi:
signora sinpo:ra
attraversare? ». attraversa:re? ».
«No ...». La signora Rossi: «n9...». la sinpo:ra rossi:
«E «e
avete attraave:te attra
versato
davanti
a
un’automobile
che
stava
accanto
al
versa:to
davanti
a
unatto\mo:bile
ke
stava
akkanto
al
marciapiede? ». martfapje:de? ». viene
La la
strada ». stra:da».
la la
attraversare attraversa:re
si de:ve
al parko, e pper anda:re al parko
andava:mo
Ike
signora, non ssippo:ra, non
Bruno: bruno:
«Sì ...». «st...»
abbiamo abbja:mo
neppure neppu:re
Antonio: antonio:
«Ma sa, «ma ssa,
sentito sentisto
che ke
veniva, weni-va,
quella
macchina! ». Teresa
Rossi:
« Non
avete
sentito
kwella
\makkina!l».
rossi:
«non
avecte
senti:to
che ke
veniva? vvenicva?
tere:za
Perché?». perilke?».
Antonio: antonio:
«Perché « perlke
ridevamo rrideva:mo
troppo! ». « Ridevate? ». Qui ride anche Pietro, e Teresa
troppo! ». « rideva:te? ».
kwi rri:de agke pje:tro, e ttere:za
Rossi gli dice: « Pietro! Come puoi ridere quando c’è rossi AAt di:tfe: « pje:tro! ko:me ppwo.i ‘risdere kwando tf € tuo fratello
ttuso fratello
«Ma «ma non
non
178
perché pperlke
con
kon
una
u:na
gamba
gamba
ridevate? ». rrideva:te? ».
so ... di qualcosa
so...
di kwalko:sa
rotta! ». Poi,
rotta! ». posi, ad
« Ridevamo «rideva:mo che
ke
ad Antonio:
raccontava
rrakkonta:va
anto:nio:
perché ... perke ... Bruno
bruno».
ma, ma,
». Pia:
pica:
Capitolo
«Che cosa raccontavi, « ke kko:sa rakkonta:vi,
Non
tavo?
ta:vo?
non
Mentre
mentre
lo so più
Bruno? », bruno?».
neppure
«Che cosa «ke kko:sa
racconrakkon-
io ».
lo so ppju nneppucre t:0 ». ragazzi
i due
ragattsi
i duce
raccontano
rak\kontano
si fermano
due
automobili
duce
atito\mo:bili si \fermano
il «loro»
incidente,
casa
dei Rossi.
intfidente,
il «lo:ro»
davanti
alla
davanti
alla ka:sa dei
rossi.
scende il signor Rossi, dall’altra il signor ffende il sin'nor rossi, dall'altra il sin'por
Dalla prima dalla prisma
Verdi. Essi sono amici, e il Rossi dice: « Tu qui, Valerio?
verdi.
Vieni
vient
XIII
essi so:no ami:tfi, e il rossi di:tfe: « tu kkwi, vale:rio? caro
piacere! ». « No,
Che
a salutarci?
il Rossi
Rossi
: il signor
amico»,
a ssaluitart{[i? ke ppjatfe:re! ». «no, kka:ro ami:ko »,
risponde Verdi, « non è un piacere questa volta ». « Non risponde verdi, «non e um pjatfe:re kwesta volta». «non «che cosa vuoi «ke kko:sa vwou
il Rossi, il rossi,
è un piacere? », domanda e um pjatfe:re? », domanda DI
dire? ». « Non lo sai? Mi ha telefonato mia moglie una
disre? ». «non
lo sai? mi
a
ttelefona:to mica moXLe u:na
mezz'ora fa per dirmi che Antonio è qui da voi. Beameddz o:ra fa pper dirmi ke anto:nio e kkwi dda vvo:i. beaDI
si è rotto una
trice dice che
DI
tristfe di:tfe ke sst € rrotto una
un
un
un’automobile
incidente,
unatito\mo:bile
intfidente,
marsi,
non
Imarsi,
non
so
...».
$0...»
gamba.
E anche
Bruno:
gamba.
e
bruno:
che
ke
non
nnon
ayke ha
potuto
fer-
a ppotu:to fer-
Rossi:
«Un
incidente?
Presto,
rossi:
«un
intfidente?
presto, 179
Capitolo
13
salgono = vanno su sale salgono
salgono
in un
momento,
entrano
vje:ni! ». i duce ami:tfi \salgono
in um
momento,
‘entrano
vieni! ».
nell’appartamento
e poi
nella
camera
dove
Bruno
e
nell appartamento
e pposi
nella
\ka:mera
do:ve
bbru:no
e
PAROLE: un’automobile un chilometro il dottor un dottore una faccia una finestra
amici
I due
Antonio
sono a
anto:nio
so:no
letto.
a letto.
una gamba un giro un grido una guardia
ESERCIZIO
un incidente una macchina
un marciapiede una merenda
un metro
-avo
-avamo
-avl
-avate
-ava
-avano
un momentino un occhio
-evo
A.
-evamo
-ivo
-ivamo
-evi
-evate
-ivi
-ivate
-eva
-evano
-iva
-lvano
una palla un pallone
ero
eravamo
eri
eravate
era
erano
una spalla una strada
Teresa Rossi, a Gianni
una ruota un salto
un telefono un tempo una ventina
piccino
scorso troppo, -a
venturo
abbiam alutate alza andato andavamo aperto aspetto aspettavamo
180
e ad Aldo:
« Dov’er— quando
è
successo l’incidente? ». Gianni e Aldo: « Er- in mezzo alla strada ». Bruno ed Antonio er- distesi sul soprabito quando Teresa è scesa nella strada. L’automobile che guard- i ragazzi era un’Alfa Romeo, come quella che av- 1 Pignotti quando Antonio er- piccino. tu
er-
piccino
i Pignotti
av-
una
Lancia,
« Ma quando no? », dice
Beatrice Verdi. « No », dice Antonio, « hanno una Lancia
ora, ma
quando
io er- piccino av- un'Alfa Romeo ».
Antonio ad Aldo: « Di che parl- con Gianni quando è successo l’incidente? ». Aldo: « Parl- con Gianni del giro che vol- fare, io, tu, Gianni e Bruno. E voi due, di che
Capitolo
rennet,
nN
SS
parl-? ». Antonio: « Di che parl-? Ma, non lo so». Teresa Rossi: « Dimmi una cosa, Bruno, quell’Alfa Romeo della quale parl- poco fa, dove st-?». Bruno: «Staccanto al marciapiede ». Beatrice Verdi ad Antonio:
« Che cosa dic- un momento
fa? ». Antonio: « Dic- che quell’Alfa Romeo av- lo stesso
colore
di quella che « Perché non
Rossi:
ven-? ».
Antonio:
« Rid-?
av- il signor avete sentito « Perché
Pignotti ». Teresa la macchina che
rid-!».
E perché? ». Antonio:
« Rid-
Teresa
Rossi:
di qualcosa
che
raccont- Bruno ».
B.
Dopo merenda, Bruno va — nella —, dove lo aspettano
i suoi amici. Antonio non ha il —, egli ha — di prenderlo. « Non possiamo — col mio — », dice Bruno, « è va — pallone nuovo
—
«Non
nell’armadio,
lo —
nella
—!»,
Egli —
a prenderlo.
poco dopo
sotto
Bruno
Antonio.
dice
nell’appartamento, il letto,
nella camera
ma
allora
e —
lo —.
non
delle bambine,
e —
il Ma
di
strada.
— al marciapiede c’è una bellissima —, è un’Alfa Romeo. Il cugino di Gianni ha una — come quella. Egli ha comprato un’Alfa Romeo l’anno —. I ragazzi vogliono domandargli
È una —
aspettavate
attraversano attraversare attraversato
avevo avevi avevamo
avevate
avevano basta bastano cade cadono cadere cerca
colpisce
ESERCIZIO
vecchio ».
XIII
di —
che può
a prendere
andare
per fare un —
molto
—:
può
in città.
fare più di
centotrenta — all’ora. Gianni dice che può domandare a
dicevo dicevi dimenticato dir disteso domandano ero eri eravamo eravate esamino esamina esaminare escono essere far
ferma fermare finire sì getta gioca giocare
grida gridato guardato guida
guidava lancia
181
Capitolo
13
si è levato parlato parlavo parlavi portiamo portano portare passa passano passava poteva potuto
prendo prendono prendere
racconto racconta! raccontavo raccontavi raccontava raccontare
regala
ridere ridevamo ridevate
suo cugino di venire la settimana —. Egli deve vederlo domani o — —.
L’uomo che — la macchina vuole fermarla, ma non può.
Aldo
e Gianni fanno un —, e la macchina
passa a un
— da loro. Ma — Bruno ed Antonio e li lancia —, come
due —. Però i ragazzi non — davanti alle — della macchina, ma fra la macchina ed il —. Aldo e Gianni
stanno in mezzo alla strada senza dir —. Bruno ed Antonio sono — sulla strada. Fra le persone che hanno visto l’— ci sono due —. Una delle — va — Aldo e Gianni, li prende per le — e va con loro verso il marciapiede. L’altra — mette Bruno ed Antonio l’uno — all’altro sul soprabito di un signore. Teresa
getta fatto
vede
accanto
ciò
dalla
a suo
—,
figlio
scende
e —:
nella
«Bruno!
strada,
Chi
si
ti ha
—? ».
rispondere rotto
si è rotto
sale
salgono è salitò
sarò scende è sceso
stavamo star siamo stati
è SUCCESSO telefonare telefonato
torno trovato
vengo vengono
182
ESERCIZIO
C.
Che cosa dice a Teresa l’uomo che guidava la macchina? .... Chi
è Andrea
Forti?
....
Che cosa dice il signor Forti a Teresa e alle due guardie? ....
Cosa fa il dottor sui letti? ....
Forti
quando
i ragazzi
sono
distesi
Capitolo
Che cosa dice alla madre Cosa
fa Teresa
Rossi
quando ha finito? ....
quando
il dottore
é uscito DI
dalla
camera?
Che cosa dice Beatrice Verdi quando Teresa le racconta ciò che è successo? .... Perché i ragazzi non hanno sentito la macchina che ve-
niva? .... Chi viene mentre dente? ....
i due ragazzi raccontano
il loro inci-
XIII
veniva venuto vieni vieni! visto volevamo dirmi
domandagli! domandargli domandarglielo
esaminarli fermarla fermarsi
guardarla
lanciarlo mostrarcela
parlane! prenderlo
raccontami! salutarci vederlo venirci a
prendere
sull’ duecento cento-
cinquanta
centotrenta accanto a ahi!
dopo domani
fra fuori di
giù
male non ... neppure nulla
presto
il quale il solo su subito verso fa male
183
Capitolo
I REGALI tolto = levato aiutare aiuta ha aiutato
ha tolto togliere
una
bella tutta
di mettere
i due
prisma
di \mettere
i du:e ragattsi
Forti
e il dot\tor forti Poi, quando pot, kwando
camicia
pulita = pulita
togliersi si è tolto si sono tolti
si è messo
184
sui
letti,
an
tolto
a
ajuta:to
i duce ami:tfi a \ttoXKersi
è
uscito
kwando
e ufficto
amici di
e i calzoni.
e i kaltso:ni.
a togliersi
anche
apke
la
Anche
sporka.
la
ayke
sporca
Rossi rossi
camicia.
la
kami:tfa. camicia
casa,
Bruno
aveva
una
di ka:sa,
bruno
aveva
uw:na kami:tfa
bianca, bella pulita. Ora, la camicia di Bruno bjayka, bella puli:ta. o:ra, la kami:tfa di bruno sporca.
rossi
Forti è uscito, la signora forti e uffi:to, la sinpo:ra
i due
Quando
Rossi
tere:za
lo:ro le skarpe
aiutato
è tutta e ttutta
camicia
di
Antonio
è
la kami:tfa
di
anto:nio
e sporka,
di
quella
di
kwella
di
di
DI
sporca,
e Antonio
si sono
tolti la camicia,
kwando
bruno
e anto:nio
si so:no
tolti
la kami:tfa,
ha dato loro due pigiama; poi ha a dda:to lo:ro duce pidza:ma; poi a
i ragazzi
a
metterseli.
Bruno
i ragattst
a \mmetterseli.
bru:no
Antonio, anto:nio,
ma
bru:no.
Bruno
giama, mentre dza:ma, mentre
ma
Bruno.
Quando
resa Rossi re:za rosst
mettersi
sui letti, Teresa
tolto loro le scarpe
il dottor il dot\tor
mme:no sporka
un pigiama due pigiama
han
ragazzi
ha
meno
un pigiama
DI BRUNO
Prima
e il dottor
(XIV)
quattordicesimo
Capitolo
(14)
quattordici
si
è messo x
si € mmesso
Te-
te-
aiutato ajuta:to
il suo
pi-
il suo pi-
che è meno grande di Bruno, ke e mme:no grande di bru:no,
Capitolo
si è messo
il pigiama
di Pietro.
È un
si e mmesso
il pidza:ma
di pje:tro.
e um po
DI
non
quando
E
fa nulla.
nnom fa nnulla.
e kkwando
entrano
camera,
lentrano spettano
\pettano
nella
nella
‘ka:mera,
nei loro
nei
Carlo
Rossi
karlo
rOSsi
trovano
ma
‘pikkolo,
ma
Verdi
verdi
e vvale:rio
‘tro:vano i duce
il
piccolo,
e Valerio
i due
letti il ritorno
lo:ro letti
po’
ragazzi
che
ragattsi
a-
ke
as-
del dottore.
« Bruno!
del dotto:re.
« bru:no!
ritorno
padri
Antonio!
Com’é
successo? »,
domandano
i due
anto:nio!
kome
ssuttfesso? »,
do\mandano
î du:e pa:dri
entrando
in camera.
entrando
i) \Ra:mera.« € ssuttfesso
i due amici
« È successo così ...», rispondono
e raccontano
kolsi ... »,
ris\pondono
per la terza volta
Quando
han
finito
di
raccontare,
suona
il
intfidente.
kwando
am
fini:to
di rakkonta:re,
swo:na
il
Forti.
È il dottor
kampanello.
e il dot\tor forti.
da
casa
da kka:sa
Rossi:
rossi:
ed egli torna ed eKKi torna Alla
alla
madre
ma:dre
« Torno
« forno
di Antonio,
di
antonio,
nulla, cara signora! nnulla, ka:ra sinpo:ra! figlio e il suo amico
SALO
e il suso ami:ko
Fra fra
Egli
ha
detto,
uscendo
eAKi
a
ddetto,
uffendo
fra
una
ventina
di
minuti»,
fra
um
ventina
di
minu:tò»,
una mezz'oretta u:na meddz oretta
dopo. do:po.
il dottor
il dot\tor un um
potranno
potranno
Forti
il ritorno
entrando entrano
ha detto, uscendo : ha detto quand’è uscito casa casa
Rossi = la dei Rossi
una
mezz'oretta
una
mezz'ora
= un po’ meno
dice:
« Non
forti di:tfe:« non
è
€
ba
a VC
weegen
Bruno
già alzarsi e camminare
possono potranno
di di
settimane settima:ne
dza alltsarsi e
di
EEE Bruno cammina
Suo su:o
paio pa:jo
: mentre
il « lo:ro »
incidente.
campanello.
tornare
il « loro »
volta
i duce ami:tfi e rrak\Rontano per la tertsa
XIV
kkamina:re
—
corre
185
Capitolo un
14
mesetto
po’ meno mese tu tuo
=
di un
un
Lei Suo
corre correre
intanto
poco
un
mesetto
potranno
correre
um po:ko ig Rasa, e ffra um
mesetto
potranno
'‘korrere e
giocare
in casa,
come
la sinpo:ra
verdi.
la signora
Verdi,
rotte
una valigia =
dottore
(con) me (con) te
sé
vedendo vede
: quando
valigetta — piccola valigia fare il medico = essere medico
un um
esamina
grazie,
grattsje,
dottore! »,
e
dice
dotto:re! », di:tfe
dei duce
medico \me:diko
ancora
e\za:mina agko:ra u:na
volta
ragattsi. posi a:pre la \pikkola
vali:dza
ke
con kon
essere medico! ». lessere \me:diko! ».
Forti, forti,
dotttor forti.
che
anche
rakkonta
ke
ayke
uno = una persona
dico. diko.
fare faro
questo,
« Quando « kwando io
kkwesto, t:0
farò
uno u:no
Bruno bruno
ha gia detto a ddza ddetto
«Quando « kwando
sarò sa'ro
grande, ggrande,
vedendo
la
valigetta
vedendo
la
validzetta
«Sa, « sa,
dottore? ddotto:re?
anch'io ayk i:o
quando sarò grande ». « Bravo! », Rwando salro ggrande ». « bra:vo! »,
Forti.
racconta
sé. se.
E ora, e o:ra,
egli dice: eAAi di:tfe:
voglio fare il medico viAKo fa:re il \me:diko
AKidi:tfe tl
gambe che
voglio
dottor dotttor
le
valigia
sempre ssempre
apre
le gambe
la piccola
ha a
Poi
volte ai suoi genitori: volte at swat genitori:
del del
ke pparla kon
volta
molte molte VIALO
intanto una
ragazzi.
gli dice il dottor
186
« Molte
il dotltor forti,
verdi,
dei due
rotte
(con)
prima».
ddzoka:re ko:me pprisma ». « molte
la sinpo:ra
medico
e fra
la signora Verdi. Il dottor Forti, intanto che parla con che =
mentre
un
lui
E il padre
e il pa:dre
una
lui una
di Antonio
di
anto:nio
allora
allora
volta
voleva
fare
il
me-
volta
voleva
faire il \me:-
è giovane, dice sempre: Io farò e\ddzo:vane, di:tfe sempre: ito farro DI
quello!
fa'rokkwello!
Ma
ma
non
nnon
sempre
sempre
si può
fare
si pwo ffa:re
Capitolo
ciò tfo
Intanto
intanto
ha
altri
gli
che
ke AKi altri
susa
la
kju:de
a ffinisto; ekKKi
sua
la
an\dre:a
dottor
il
‘parlano
valigetta
validzetta
e
oddzi basta! ». tere:za
du:e ma:dri : « per
dice
Forti
forti
alle | chiude +—apre
e ddi:tfe alle
« Per oggi basta! ». Teresa Rossi:
due madri:
medico ». ‘me:diko».
Andrea
il dottor
parlano
chiude
egli
finito;
sono so:no
e perciò oggi non e pperltfo oddzi non
si vuole, ssi vwo:le,
che kke
XIV
rossi:
« Quando
« kwando
ò er rn to | ve r pe a an im tt se a un a tornerà, dottore? ». « Tornerò fr tornera tornelra, ddotto:re? ». « torne\ra ffra u:na settimana per vedere
come
stanno
de:re ko:me
stanno
i ragazzi.
i ragattsi. .
Intanto,
intanto,
.
e
devono
‘de:vono
a letto ». «Ma a lletto». « ma
dottore », dice la signora ddotto:re», di:tfe la sinpo:ra
tonio to:nio
rimanere rrimane:re
mo.
mo.
non nom
può pwo
Abbiamo
la
siamo Sja:mo casa? ».
portare porta:re « Sì,
\makkina
Antonio anto:nio signora,
di andarsene, . di an\darsene, Quando
kwando
qua
nella
Verdi, verdi,
strada;
può
rà
«An«an
va in bagno . va im banno
non
pos- | qua : qui
e tornare a e ttorna:re a
farlo », risponde
‘ffarlo »,
« arrivederci» « arriverdertfi »
risponde
il dottor
il dottor
e se ne va. Ma prima e sse ne va. ma ppri:ma
a lavarsi le mani. ani a a lavarsi le ma:ni.
andarsene se ne va se n’é andato
il dottor Forti se n’è andato,
la signora
Verdi
il dot\tor
la sinpo:ra
verdi
forti
tornera Tn
kwa nnella stra:da; nom pos-
giù in macchina dzu im makkina
kka:sa? ». « st, ssippo:ra, pwo Forti. Poi dice forti. posi di:tfe
rimane:re °
qua; noi stiamo in via Co- | rimanere : stare kwa; no: stja:mo im visa ko:
la macchina
abbja:mo
rimanere | tornare
se ne anda:to,
187
Capitolo
14
aiuta
suo
aju:ta
a togliersi
su:o filKo
mettersi
una
il pigiama
camicia
pulita
—
pure
dal
dal
letto
letto
I due
braccio
e Ho
giù,
‘portano dzu,
uomini
di Pietro
e a
—
e i
e i
e Verdi e vverdi
nella
lo sollevano lo sol\le:vano
macchina
nnella
di Verdi.
‘makkina
di
verdi.
di Antonio
î duce \wo:mini so:no forti : i kwaranta
kili
di
nulla nulla
brattfo
e
solo,
so:lo,
più di settanta pju ddi settanta
da giovane : quando era giovane
giovane!
Iddzo:vane! ma
loro. lo:ro.
due
le
con
Quando kwando
sollevare sollevacre
e kkon le
il braccio le braccia
Ma
per per
poteva poteva
giovane, egli Idzo:vane, eKLi
braccio
forti:
di pje:tro
chili
sono so:no
sono
e a
i quaranta
non non
ù
e lo portano
Pietro
pucre di pjestro —
suoi calzoni. Poi, i signori Rossi swo:t kaltso:ni. posi, i sinpo:sri rossi
un chilo
di
a \ttokKersi il pidza:ma
Immettersi usna kami:tfa pulita —
CD
un
figlio
duce
il signor il sin\nor
Rossi era rossi e:ra
poteva
brattfa
con kon
chili, ki:li,
trenta trenta
braccia
chili. Era molto ki:h. e:ra molto
anto:nio
sollevare
poteva
forte Carlo forte karlo
un um
solleva:re Rossi rossi
da da
anche ora è forte per la sua età, e Verdi
ayke
o:ra e fforte per la susa e\ta, e vverdi
non è meno forte di lui. non e mme:no forte di lui. La
sera vengono
la sesra
‘veggono
altri amici
altri ami:tft a vvede:re
pure la famiglia Rossi —
pure la famikia Alberto,
alberto,
188
lo
zio
lo ttsizo
a vedere
rossi
Rodolfo
rodolfo
il nonno
— il e
e viene
bruno,
e vvje:ne
e la nonna,
lo zio
e Ha nonna,
lottsico
Emilia.
Tutti
hanno
Wattsisaemi:lia.
tutti
anno
e la
nonno
Bruno,
zia
Capitolo XIV per
qualcosa
kwalko:sa
per
di tutti. di tutti.
Essi essi
mondo.
del
parti
e e
Bruno bruno
k:bro.
€ | un regalo
dell'a\me:rika
nonnino!
sorride ssorri:de
contento.. kontento.
i nonni
sorridono
al loro nipote.
Essi vogliono
agke
% nonni
sor\ri:dono
al lo:ro
essi
.
.
tutti
i
loro
nipoti,
ma
a
Brunetto
vogliono
bene
a
ttutti i
lo:ro
nipo:ti,
ma
a
bbrunetto
\vokXono
anno
bene che agli bbene ke aki
molti
anno
regali
molti
rega:li
perché pertke
Bruno bbru:no
prima
di
prisma
di
|
.
|
.
dai
nonni.
sa
ki
perché!
ssa pperike!
America
ogni onpi Forse
forse
(Bruno
è nato
due
anni
Bruno sorride
e «il pri:mo»
[bruno
E nna:to due
anni
nipote : figlio del
Ì
Maria
e
marisa
e tt{tykwe
,
Chi
VAfrica.
primo»
è «il DI
.
nonni.
dai
ed egli riceve ed ekki ritfeve
altri, altri,
il mond
.
a
piu pju
in cui = nel quale
‘volSono
bene
ancora apko:ra
regalare
@nonni:no!
Anche
‘0.
© ‘a nonna
E | egli + essa = essi
«Grazie,
nipo:te.
i nonni ‘ il nonno
libro.
dell'America
grattsje,
mondo.
del
parti
bello
e il pju bbello
dell\a fri ka,
par Ja
si
nonnina! », ? dice nonni:nal», di:tfe
Grazie, ’ grattsje,
nonni
dell’Africa,
parla
si
ku
altre
ddelle
e
dei
altre
delle
e
bruno.
il rega:lo
cui
iy
libro
un
Il regalo
è il più
regalano a Bruno un bellissimo re‘ga:lano a bbru:no um bellissimo
in
libro
un
Bruno.
dei nonni
cinque .
anni
anni
1
a
prima |
prisma
o)
Pietro),
o
di pje:tro],
0
di
co
della figlia figlo io Brunetto = colo
Bruno
°
pic-
forse perché ha gli stessi begli occhi della zia Emilia, | i regali forse perlke a AKi stessi be4ki okki della ttsi:a emi:lia, bei regali gl N
a cui i nonni akkuii
« Hai « at
nonni
.
.
vogliono molto
bene.
molto
be:ne.
wotLono
visto, Pietro », dice Bruno visto, pje:tro», di:tfe bruno
i occhi begli occhi
a cui = alla quale
a suo fratello, « cosa a ssu:o fratello, « ko:sa
189
Capitolo
14
riceve ha ricevuto
su
:
parla
in
di
cui
ho
ricevuto
dalla
nonna
o
rritfevu:to
dalla
nonna
paesi
si
sporco sporcare
ti
sporcare io sporco tu sporchi egli sporca no che non sono = no, non sono
sì che sono
sono = SÌ,
tornando : quando sei tornato
mostrare
a
a =
sui
e ddal
nonno?
un
libro
sui
lo fai
pale:zi di
tutto
il mondo! ».
« me
lo faci vede:re? »,
manda
Pietro.
« Volentieri,
però
manda
pje:tro.
«volentje:ri,
petro nnon de:vi spor\karlo! »,
vati vati
non
io ho
kil».
io
che non
le mani
son pulite,
tel».
«No;
«no;
sporcarlo! »,
«se no lo spor«se nno Mo spor-
pulite! », dice Pietro.
le tue mani! ». «Si
le tue mani!l». «si kke
perché
tornando
pertke
da
ttornando
scuola,
da
skwo:la,
quelle
vuole far vedere
le mani
a sua sorella, ma
vede:re
kwelle
mani! ».
ma:ni!».
le ma:ni a ssu:a sorella,
ssom pulic-
non
ti
sei
non
ti seu
Pietro non pje:tro nom
vedere, vede:re,
‘fammele
«no
che son puli-
Fammele
vwo:le far
« No
9 Ue ma:ni pulite! », di:tfe pje:tro.
kke nnon som puli:te,
te! ».
do-
prima di dare il libro a Pietro. « Lapri:ma di da:re il li:bro a ppje:tro. «Va:
chi! ». «Ma
«ma
vedere? », do-
devi
le mani, Pietro! », dice Maria, le ma:ni, pje:tro! », di:tfe marisa,
poi gliele
ma pposi Lele
mostra.
Quando
Maria
vede
le mani
di
mostra.
kwando
marisa
ve:de
le
di suo fratello,
sporche!
Corri
sporke!
mamma!
korri
mia! mia! a
a
». Pietro
mamma! ».
190
libro
«Me
dice: « Mamma di:tfe : « mamma correre corri!
Un
il mondo! ».
lava:to. vedere
nonno?
tutto
lavato. far
dal
di
risponde Bruno risponde bruno se no : se non lavi le mani
e
Non non
lavartele
Walvartele
alza
ma:ni
suo
fratello,
ho mai visto 9 mma:i visto
mani più ma:ni pju
subito,
chiamo
\su:bito,
le spalle
pje:tro altsa le spalle
se
no
la
se nno kkja:mo
la
« Queste
ra-
dicendo:
ditfendo : « kweste
ra-
Capitolo
gazze! », però va in bagno e si lava le mani. Poi torna gattse! », pero waim banpo e ssi lava le ma:ni. po:i torna « Ora
me
e ddi:tfe a bbru:no: « o:ra
me
e dice
in camera
ig \ka:mera
libro che ti han ke
k:bro
tti
a Bruno:
lo faci vede:re,
il
ride
e gli dà
bruno
ri:de
e AAi da
nonni? ».
ragazza = bambina (grande)
il
dato i nonni? ». Bruno da:to î
an
lo fai vedere,
XIV
il libro. il li:bro. La
zia Emilia
la ttst:aemi:lia carte.
karte.
Bruno,
bru:no,
un
regala
a Bruno
rega:la
a bbru:no um
Pietro
pje:tro
bellissimo
mazzo
di
bellissimo
mattso
di
giocano
e Maria
e mmari:a ‘dzo:kano
soli o con altri bambini.
fuori
Quando
so:li 0 kkon altri bambini.
spesso
spesso
a carte,
a kkarte,
c’è il sole, essi
un
mazzo
di carte
spesso volte
: molte
una
macchina
kwando fwo:ri tf € il so:le, essi
vanno al parco, ma quando piove, essi giocano spesso vanno al parko, ma kkwando pjo:ve, essi \dzo:kano spesso a carte.
In primavera
e d’estate
a kkarte. im primave:ra
ma
d’inverno
ma
ddimverno
ma
meno
piove
pjo:ve
spesso
ma mme:no spesso Lo
zio
Alberto
lo tisiso
alberto
spesso.
Anche
spesso.
ayke
Bruno bru:no
in
in
autunno
piove,
attunno
pjove,
ddimverno.
regala
rega:la
non e una
poco,
d'inverno. a
Bruno
a bbru:no
tografica. Non è una macchina
tolgra:fika.
piove
e ddesta:te a rro:ma pjo:ve po:ko,
che
ke
a Roma
‘makkina
la vede, egli spalanca la verde, eXAi spalapra
una
u:na
macchina
‘makkina
molto cara, ma
fo-
fo-
quando
fotografica
molto ka:ra, ma kkwando
la bocca la bokka
e gli occhi, e e KKi okki, e
spalanca
: apre
191
Capitolo
14
dimentica ddi\mentika
ridendo ride
:
a che
la bocca la bokka
sua
sorella
Maria
spalagka:ta,
fi:no a kke ssu:a
sorella
marisa 4Ki di:tfe ri-
mo:do?
non
a:i ma:i visto una
quel
in
kwel
tg
‘makkina foto\gra:fika?
avere ha avuto
fare il fotografo essere fotografo vuoi volevi
volevo volevi voleva
volevamo volevate volevano
:
1) 2)
figlio del figlio o della figlia figlio del fratello o della sorella
vvisto molte! », le
non
ne
ho
nnon
ne
9 mma:i avuto u:na!».
hai una, ai una,
mai
avuto
192
« ma
« Allora,
adesso
che
ne
« allo:ra,
adesso
ke
nne
quando c’era kwando tf e:ra
volevi
fare
il medico », dice
Maria,
« Non
il dotto:re,
vole:vi
fa:re
il \me:diko », di:tfe marisa.
«non
forse fare il medico
si può
fforse fa:re il \me:diko
si pwo
tempo? »,
domanda
dello
Alberto.
zio
Bruno,
domanda
bruno,
Lo
dello ttsi:o alberto.
zio
e fotografare
e ffotografa:re
mentre
guarda
mentre
gwarda
sorride
e
stesso
il
regalo
il
rega:lo
che
ti piace
il mio
tti pja:tfe il mico
di vedere
« sono
molto
kontento
di
vede:re
ke
solo
allora,
Bruno
ma sso:lo allo:ra,
nello
e ddi:tfe al nipo:te :
contento
allo:ra,
stesso
nipote:
molto
ma
nello
al
lo ttsi:o sorride
dice
«Sono
rega:lo ».
: molto
bruno,
il dottore,
regalo ». Allora, tanto
una! ».
risponde
vuoi fare il fotografo? Prima, vwo:i fa:re il fo\to:grafo? prisma,
tempo? »,
nipote:
9
». « ma
« Sì che ne ho visto molte! », le risponde Bruno,
« st kke nne
ri-
fotografica? ».
hai mai visto una macchina
Non
dice
okki
AAi
spalagri
pertke
gli
occhi
gli
spalanchi
Perché
« Bruno!
modo?
cosi
lì, con li, kon
fino
dendo : «bruno!
in quel modo:
E rimane e rrima:ne
spalancata,
dendo:
mentre
di dire grazie. di di:re grattsje.
zio dicendo: « Grazie, zio Alberto! ttsi:o ditfendo : « grattsje, ttsi:o alberto!
bruno
Son son
abbraccia
abbrattfa
tanto, tanto,
lo
lo
tanto tanto
Capitolo
Bruno
abbraccia
XIV
lo zio
sorridendo
abbraccia
zio
contento,
sai? ». E
anche
lo
kontento,
sa:i? ». e
ayke
lo ttsi:o abbrattfa
sorridendo
sa sapeva
il suo nipotino.
il suo
nipoti:no.
L’ultimo
regalo
L\ultimo
rega:lo
Rodolfo
sapeva
rodolfo
sapeva
è
dello
E kkwello quello
kwello
zio
dello
quello che
lo ttsizo
comprato
Alberto
kompra:to
alberto
aveva
avesva
egli
ha
il nipote,
e perciò
per
il nipo:te,
e pperltfo eXKi
a
zio
ttsi:o € rodolfo.
ke
per
Lo
Rodolfo.
per
Bruno
kkompra:to per
bru:no
comprato
un bellissimo album per fotografie. Dando il suo regalo
um
bellissimo
a Bruno, a bbru:no,
album per fotogra\fi:e.
egli gli dice: «Quando eAKi KKidi:tfe : « Kwando
dando
avrai alvra:i
il suo
delle delle
un album per fotografie dando
: mentre da
hai
avrai
rega:lo
belle belle
fotografie, le metterai in quest'album. Così potrai farle fotogra\fise, le mette\ra:i ig kwest album. ko\si ppo'tra:i farle
avrai metterai potrai
avro avrai avra
potro potrai potra
193
Capitolo
14
vedere vedesre dice
a tutti i tuoi amici ». « Grazie, zio Rodolfo! », a ttutti i two:i ami:tfi ». « grattsje, ttsi:o rodblfo! »,
il ragazzo,
di:tfe il
ragattso,
« ora
sì
che
«o:ra
si kke
sono
un
fotografo!
Hai
sso:no um fo\to:grafo!
ai
visto, Maria? ». « Che cos'è? Un album per le fotografie visto, marisa? ». «ke kkose? un album per le fotogra'fie che non
hai
ancora? », domanda
ke
nnon
per
le
per
le fotogra\fize
a:i apko:ra? »,
fotografie
casa! ». Pia,
siamo siete
avete
saremo sarete
avrete
che
domanda
do
darò
marisa.
«e
album
un
avrò
quando
potrò
uscire
di
ke
avro
kRwando
potro
uffi:re
di
ha
ancora
detto
nulla:
« Quando
Ra:sa! ». pica, ke
nnon
a
ayko:ra
detto
nulla:
« kwando
io e Pietruccio
saremo
grandi,
mammina,
avremo
delle
t:0 e ppjetruttfo
sare:mo
grandi,
mammi:na,
a'vre:mo
delle
macchine
fotografiche
anche
noi?».
Teresa
Rossi:
Imakkine
foto!gra:fike
ayke
no:i? ».
tere:za
rossi:
«Quando
« kwando
sarete
più
sare:te
grandi,
pju ggrandi, forse
no: « Sai, mamma, no «sai, mamma, di
forse
« Una
ne
ne
avrete
a'vre:te
una
una
an-
ag-
sola per noi due? ». Bru-
vo:î due». pje:tro : «u:na sola per no:i due? ». bru:-
avere
ddi ave:re
una
u:na
mia ». Teresa Miia». tere:za
quando Pietro e Pia avranno l’età kwando pje:tro e ppisa avranno lelta
macchina
‘makkina
fotografica,
foto'gra:fika,
Rossi: « Darai loro rossi: «darai lo:ro
non l’avrai più tu». Bruno: non la\vra:i pju ttu». bruno: 194
album
non
ke
avremo avrete avranno
« E un
che
che voi due ». Pietro: avrò avrai avra
Maria.
~
«Si «si
io
darò
i:0 daro
la tua? la tua?
Ma ma
loro
la
Uo:ro la
allora allo:ra
che ne avrò una! ». kke nne avro una! ».
Capitolo
« Quale? ». Bruno,
Rossi:
Teresa
rossi: « kwa:le? ». bruno,
tere:za
Rossi:
rossi:
mmi dara il palpa kkwando salro ggrande! ». tere:za ti darà
« E chi ti dice che il papà
«e
kki tti di:tfe
il palpatti dalra
ke
quando sarai grande? ». Bruno: kwando salra:i grande? ». bruno : dice
la signora
Rossi
un’altra
macchina
unaltra
‘makkina
«chi
sa? ».
ridendo,
«ki
ssa? ».
« Me
la fai vedere
la macchina,
pje:tro, o:ra, domanda :
«me
la fa:i vedere
la
Bruno? ».
non
devi
Pietro,
ora, domanda:
bruno? ».
terra!
terra!
«si;
però
pero
nnon
lasciarla
dewi
se la laffi kade:re per terra,
sat? ».« ma
la lascio
io non
e prende e pprende
laffo
la
tio non
la la
kade:re
macchina. ‘makkina.
regali una macchina
rega:li usna
rompi
rompi
una
u:na
per
so kko:sa fattfo,
per
terra! », dice
per terra! », di:tfe
« Com'è bella! », dice, » kom e bbella! », di:tfe,
rompo u:na
gamba
anch'io,
ayki:o,
fotografica anche a me? ». «Se
ayke
a mme? ». « se tti
tu?»,
dice
lo zio,
una u:na
gamba gamba
per per
gamba
anche
ayke
ti dice che devi romperti tti distfe ke dde:vi \romperti
si rompe la gamba si è rotto la gamba
ti
‘makkina foto\gra:ftka
gamba
sarai sara
saremo sarete saranno
per
kade:re
e poi: « Zio Alberto, se io mi rompo una gamba
e ppo:i : « tsiso alberto, se ico mi
saro
so cosa faccio,
non
cadere
darai
daremo darete daranno
‘makkina, cadere
laf‘farla
Se la lasci cadere per terra, non
sai? ». «Ma
Pietro, pje:tro,
«Si;
daro
dara
« Lo dico io! ». « Ma», «lo di:ko to! ». « ma»,
ridendo,
rossi
di:tfe la sinpo:ra
ke
«kwella
ridendo :
grande! ». Teresa
sarò
quando
il papà
mi darà
che
« Quella
ridendo:
XIV
«ma
chi
tu? », di:tfe lo ttsizo,« ma
kki
avere una ave:re una
rompere rompe ha rotto
195
Capitolo
14
ci si rompe :
gente non non
si
...
la
rompe
mica:
sai?
piacere,
pjatfe:re, sat? più
grande,
piu
ggrande,
« Quand’é «kwand e fra
avrai
sette
anni
anni,
vedrà
‘makkina
forse».
anni,
prima
prisma
avere
di
che ke
una
alla alla
Pietro:
tu».
Rossi: rossi: « Devo
pje:tro : « devo
una
ave:re
tu».
agke
Pietro:
forse».
di
anch'io? ». « Vedrai ayk î:0? ». «veldra:i
vedere
anche
che sarò grande? ». Alberto kke ssalro ggrande? ». alberto
fra ssesi 0 ssette anni
macchina
alvra:i una
sei o sette
sette
una
kwando sara:t
ddetto:
la
te
mamma
la
sarai
quando
detto:
te l'ha
mamma
La
ko'si, pper
gambe
le
mi:ka
non tfi si rompe
Imakkina?
per
così,
le gambe
mica
ci si rompe
Non
macchina?
rompo rompi rompe
pje:tro: « Ma ... «ma... aspettare
aspetta:re
macchina
fotografica
‘makkina
foto\gra:fika
tua età tua eta
il tempo il tempo
passa passa
presto! », dice lo zio Alberto.
presto! », di:tfe lo ttsi:o alberto. Bruno
intanto
guarda
la
bru:no
intanto
gwarda
la susa
dice: « Sai dove ddi:tfe : « saci do:ve
farà
tornare
mettere
andrò
andremo
andrai andrà
196
minare
di
mina:re
di nwo:vo? ».
nuovo? ». Teresa
metterà andrete andranno
tutte le vie di Roma tutte le vice di ro:ma
macchina
fotografica
‘makkina
e
foto\gra:fika
e
mamma, mmamma,
fere:za
andrai? ». Bruno: « Andrò an\dra:i? ». bruno : «anidro
fare
tornerà
andrò, an\dro,
sua
quando kwando
potrò campotro kkam-
Rossi:
« No,
Bruno.
Dove
rossi:
«no,
bbru:no.
dove
insieme insje:me
con kon
Antonio anto:nio
per per
e farò mille fotografie! Poi mete ffa\ro mmille fotogra\fize! po:i met-
terò le più belle nel mio telro Ile pju bbelle nel mi:o
album ». Pietro e Pia: «Ci album». pje:tro e ppisa : « tfi
—_2_—_—_—__—————
andremo
anche
andre:mo
Capitolo
—PY
——
ee
—r22rr————r——"m—UuV
noi, Bruno! ». Bruno:
ayke
« No;
noi,
bruno! ». bruno :«n0;
non
con
noi».
Pietro
e
Pia:
«E
perché
forse,
ma
nnoy
kon
noi».
pje:tro
e ppica:
« e
pperike
no? ».
Bruno:
Pietro:
« No
Rossi:
« Basta,
rossi:
«basta,
mera, mera,
Bruno bruno
Pietro!
usciamo
tutti
dalla
o:ra,
uffa:mo
tutti
dalla ‘ka:
dormire dormi:re
un’oretta unoretta
o due
pje:tro! deve de:ve
cena ». Bruno:
«Ma
tfe:na ». bruno : « ma Rossi:
« L’ha
rossi:
«la
non
dice
detto
non di:tfe pju
ancora
ayko:ra chiude
un
um
prima
di
o ddu:e prisma
di
voglio
t:o nom
dormire! ». Teresa
vodko
dormi:re!».
dotto:re,
Bruno
bru:no!».
allo:ra
bruno
solo
guarda
nniente,
e kkwando
rima:ne
so:lo
guarda
po
i swo:i rega:li,
okki,
e poco
dopo
e ppo:ko do:po
di un’ora
Bruno! ». Allora
rimane
regali,
meno
un album
quando
i suoi
un’oretta = un po’
PAROLE:
e
po’
lui esce noi usciamo
tere:za
niente,
gli occhi,
kju:de LAi
ca-
io non il dottore,
ddetto il
più
Ora,
fere:za
‘pikkoli, no:i! ».
sja:mo
nnon
kke
pje:tro : «no
Teresa
noi!».
piccoli,
siamo
non
che
pikkoli».
troppo
ssje:te agko:ra
« perlke
bruno:
nnoé».
piccoli ».
troppo
ancora
ma
cinque
minuti
dopo
ma ttfigkwe minu:ti do:po dorme. dorme.
__m___
tfi andre:te
ma
siete
C'——————_—114=
e
€
Capitolo XV
esamina
parla
mentre
e\za:mina
mmentre parla
Bruno
a ffini:to,
bruno KKi
to:re,
Bruno.
Quando
la
gamba
di
bruno.
kwando
subito! ».
«Ma
cosa
momen-
«aspetta
um
momen-
devo
aspettare?
alzarmi
subito! ». Il dottor
devo
aspetta:re? Forti
al\tsarmi \su:bito \su:bito! ». il dottor
«nog
credo
che potrai
kre:do
sì, credo st, kre:do
alzarti
Io
voglio
iso
dice
gio-
vokXo
ridendo:
forti di:tfe ridendo:
subito ». Bruno:
«E
io
ke ppoltra:i al\tsarti \su:bito ». bruno : «e i:0
che potrò
alzarmi
subito,
se lo voglio! ». Il
ke ppoltro al\tsarmi \su:bito, se
dottor Forti:
« Caro
mane,
le gambe
Bruno,
dotltor forti : « ka:ro bru:no,
mame,
sen- | giovanotto vane uomo Sen-
Hai ai un
«ma kko:sa
«Non
e rrisponde:
sorri:de
« Aspetta
tisno, bru:no!».
subito
e risponde:
sorride
«Mamma! «mamma!
giovanotto! » dzovanotto! ».
volko allisarmi \su:bito! ». Bruno! »
dot-
di muovo : « allo:ra,
il dotto:re
alzarmi
Voglio
dot-
« Allora,
di nuovo:
domanda
posso al\tsarmi? ».
tito? tino,
di
alzarmi? ». Il dottore
posso
«Si, puoi alzarti, «si, pwoi al\tsarti, tito?
gamba
gli domanda
ha finito,
tore,
la
e hai
e ait le
gambe
Mo vodKo! ».
il
tu sei a letto da due setti-
tusse:ia Metto da ddu:e setti-
molto,
molto
deboli ».
molto,
molto
deboli ».
debole ++ forte
Bruno mette i piedi fuori dal letto e prova ad alzarsi, bruno mette i pje:di fwo:ri dal letto e ppro:va ad al\tsarsi, ma,
come
ma, kko:me
ha
detto
il
a
dottore,
ddetto
le
sue
il
dotto:re,
gambe
le
sono
suse
gambe
so:no
stare in piedi. stare im pje:di.
« Hai «a:i
così deboli che egli non può Rolsi \dde:boli ke eli nom pwo
[
un piede
203
Capitolo
15
troppo
deboli,
troppo
un
muscolo
aggiunge ancora
: dice
prova! non provare!
a
una penna
di
di
dottore, dottore,
il il
visto? », gli dice visto? », AAD dictfe
caro
mio!
un
aju\tarti
um
in piedi? ». im pje:di? ». troppo
po” ».
pol».
«Te «te
gambe
ancora
« asi
le
gambe
ayko:ra
alla
mamma
chiedere
devi
«Ma
\kje:dere
perché
«ma
\de:boli»,
risponde
posso
perché pertke
i
il dottor
e aggiunge:
e addzundze :
nulla,
fra
due
settimane
«ma
alla
tua
e\ta nnom fa
nnulla,
fra
ddu:e
settima:ne
sarai
più
forte
la
la
in
di
fforte
prima.
Però
di prisma.
piedi
da
oggi,
pe'ro oddzi,
solo! ». Poi
« Vediamo
penna?».
mia
penna? ».
mica
bruno.
«in taska?
la
penna
egli
nella
e:sra
nella
eXkî skrisve
Rossi,
rossi,
scrivo
nom
il medico
una
a
prova:re
a
siede
su
si
si sje:de
su
un po’ ... dove ho messo
po...
dove
9 mmesso
l’ha
in
tasca?»,
domanda
«non
la
in
taska?»,
domanda
Ah!
ce l'ho.
non
no;
è qui! ». DI
al ekkwi!
».
non tfe
lo.
valigetta
del
dottor
Forti,
e ora
validzetta
del
dottor
forti,
e o:ra
no, nno;
era
scrive
provare
«Non No,
tasca?
«In
penna
non
da sso:lo! ». posi il \me:diko
Bruno.
La
204
muscoli ‘muskoli
fa
una sé:dia e ddi:tfe : « vedjia:mo um
Bruno
Forti,
il dot\tor forti,
non
i
sta:re
età
una sedia e dice:
gli farà prendere: farà prendere a
hai ai
stare
tua
sta:re im pje:di
ricetta
posso
alla
stare
una
non
mamma
«ma
salra:i pju
il dottore scrive
alla
ppertke nnom
Vho detto: lo ddetto:
deboli », risponde
troppo
le
Devi
‘de:boli, ka:ro mico!
aiutarti
«hai
ricetta
una
ritfetta
una
ricetta
skri:vo w:na ritfetta
per
per per
Bruno.
signora
«o:ra,
sinpo:ra
figlio, e Lei
gli farà
bruno. Suo
«Ora,
per suio fikto,
e lei tdi fara
Capitolo TTo.-o-y—->z>O
Pr
oo_—_—____——_—
—
Bruno,
«a
meditfi:na? », di:tfe
bruno,
«a mme
piacciono ». « Sì, ma
credo
che questa
«una non
una
medicina
che
e una
meditfi:na
ke ppja:tfe a
piace
a
tutti
ti piacerà!
i ragazzi
che
la
Wa
ke
ttutti i ragattsi
la
stessa
cosa.
to:re di:tfe a ttutti la
stessa
ko:sa.
tutti
a
dice
le meditfi:ne
(ma non lo dice) che il dot[ma nnon lo di:tfe] ke il dot-
pensa pensa
prendono ». Bruno \prendono ». bruno tore
medicine
«si, ma kkre:do ke kkwesta ti pjatfe\ra!
‘piattfono ».
nom
———r
le
me
dice
medicina? »,
« Una
Quando
il
dottore
se
n’è
andato,
la
mamma
aiuta
kwando
il
dotto:re
se
ne
anda:to,
la
mamma
aju:ta
Bruno
ad
bruno
TrrTr_._r1r1rr,,
_—_—_———_—_————_——
o
di questa medicina ». | un cucchiaio due cucchiai di kwesta meditft:na ».
prendere tre cucchiai al giorno ipprendere tre kkuk\kja:i al dzorno
È
'—_—__
alzarsi
e
a
ad al\tsarsi e a
vestirsi,
poi
dice:
«Ora
io
vvesitirsi, posi di:tfe: «ora
iso €
e
l’Amelia
ti
aiuteremo
ad
andare
in
salotto ».
Bruno: | aiutare
Wlame:lia
ti
ajutere:mo
ad
anda:re
în
sabtto».
bruno:
voi
«No, «no,
non non «Va
Bruno
prova
sso:lo ».
bruno
Voglio volko
aiutarmi! , , aju'tarmi!
solo».
«va
bene!
bbe:ne!
Prova!»,
il primo
da sso:lo, ma ddo:po il
pri:mo
posso. Cado!». Ma sua madre posso. ka:do! ».
dice
ma ssu:a ma:dre
e ad
aiuterà
ad andarci da | aiuta! non aiutare! . ad andarifi da
provare prova:re
a stare in piedi e ad
dopo
.
prova! », dictfe
prova a stare im pje:di
da solo, ma
XV
—
la
la
signora
sinpo:ra
andare
anda:re
Rossi.
rossi.
in salotto
in
sabtto
passo egli dice:
« Non
passo eXkidi:tfe :«
cado cadi e l’Amelia lo aiutano, | ©29°
e Uame:lia
nom
a
Un passo
lo a\ju:tano,
205
Capitolo
15 ——
e
e kkolst,a
vanno
vanno
una poltrona si siede si è seduto
mette
mette
le
due
in salotto, dove Bruno
in
Quando
kwando
‘ppikkoli passi,
salotto,
egli
donne
ragattso
è °
si e
seduto
nella
ssedu:to
poltrona,
nella
poltrona,
la
mamma
la
mamma
un tavolino
accanto
a lui, e la Pia —
tavoli:no
akkanto
a Muci,e lla pia — 4Ki
un
bambi:ni
gli altri
gli domanda
a carte.
«Con
dzoka:re a kkarte.
«kon
tu non
il bambino a cui la bambina a cui
insegnare! », dice
sai giocare
te? », le domanda
fe? »,
ma
ttunnon sa:i dzoka:re a kkarte! ». «no, la
Pia,
a
cui
se vvwo:le
Bruno,
«ma
bru:no,
« ma
le domanda
a carte! ». « No,
altri
se vuole
so:no ayko:ra a skwo:la — KKi domanda
lo : a giocare a carte
tu me
lo puoi
ma ttu mme lo pwo:i
non
solo
Bruno,
ma
insenpa:re! », dictfe la pica, a kkui non
so:lo
bruno,
ma
anche Pietro e Maria han detto più di una volta:
« Un
ayke
giorno
206
e il
si siede in una poltrona.
bambini sono ancora a scuola — giocare
ragazzo
do:ve bbru:no si sje:de in u:na poltro:na.
si
eli
il
e
donne
due
le
passi,
piccoli
a
così,
pje:tro e mmari:a an ti insegneremo
dzorno
ti
giunge
perciò:
pju ddi una
a giocare
insenpere:mo « Mi
detto
dite sempre
di:te
giocare a carte, ma
non
sempre
me
siccome oggi sikko:me oddzi
soli, so:li,
Prendi
una
prendi
u:na
siediti
a
a
lo insegnate mai ». Bruno:
« Bene, « becne,
siamo sja:mo
aa-
ke mmi insenpere:te
lo
se:dia
ag-
che mi insegnerete
ddzoka:re a kkarte, ma nnom me
e
a carte! ». Essa
a ddzoka:re a kkarte! ». essa
dzundze perltfo : « mi
sedia
volta :« un
qua
e ‘ssje:diti kwa
insenpa:te ma:i ». bru:no :
te lo insegnerò io! te lo insenne'ro ivo! accanto
akkanto
a
me!».
a mme!
».
Capitolo XV
dopo
do:po
una
non non
dirmi dirmi
più pju
me».
Bruno
Bruno: «Adesso bbru:no: «adesso
mentre
pensa; poi
vwo:le
« Non
dir nulla!
Vedrai
dir
KKi distfe «non
ke
Pia
fare ». E
ma
dimmi! non dirmi!
un
po’,
um
po,
la
Pia
da me
: da sola
ma la pica da
me
ancora
un
troverò
ttrove\ro dda mme
pensa
ayko:ra um
e ppi:a pensa
dde:vo fa:re ».
ke
sso:la kwello
aspetta
che
vedrai
nulla!
devo
che
quello
sola
aspetta
ajultarla,
la pisa
gli dice:
che devo ke dde:vo
quello kkwello
aiutarla,
vuole
poi
pensa;
la Pia
meddz oretta di:tfe
da mme ». bruno
tro\varlo
fare! vokKo mentre
da
trovarlo
Voglio
fare!
dice
mezz'oretta
una
carte,
a kkarte,
dzoka:re
sorella
a a
a
giocare
sorella
e ssuca
fratelli
i swo:i
spesso
vvisto
a
ppisa
sikko:me
sua
e
fratelli
suoi
i
spesso
visto
ha
Pia
Siccome
po’, poi dice: « Ho trovato! », e getta sul tavolino davanti
davanti
po, poi di:tfe : « 0 ttrova:to! », e ddzetta sul tavoli:no a bbru:no
le sue
le suse
hai aii
migliori
milkosri
mostra
le guarda,
pot
mostra
« Ma
brava,
Bruno
le
tfiykwe karte.
bruno
carte
sorellina
e le dice:
alla su:a
sorelli:na
e Me di:tfe : « ma bbra:va,
tu questa tu kkwesta
delle
delle
della Maria!». ddella mari:a!».
guarda,
sua
alla
karte
vinto vinto
poi
carte.
cinque
a Bruno
mie.
volta! volta!
Sai
mise. sati La Pia la pisa
Le le
giocare
dzoka:re sorride sorride
tue tue
carte karte
meglio
melXo
sono so:no
di
di
ed è molto ed e mmolto
molto molto
Pietro
pje:tro
e
e
contenta kontenta
buono migliore
bene meglio
di sé. di se.
207
Capitolo
15
Un’ora
dopo,
uno:ra
quando
do:po,
la mamma
kwando
la
mamma
viene
a domandare
vje:ne
a
ddomanda:re
a
Bruno
se
vuole
stare
ancora
una
mezz'oretta
in
a
bbru:no
se
vvwo:le
sta:re
ayko:ra
u:na
meddz oretta
im
poltrona
o
poltrona
se è
stanco,
DI
0 sse
e
stayko,
la
Pia
le
la pisa
dice:
« Mammina,
le di:tfe: « mammi:na,
sai che io so giocare a carte meglio
di Pietro
e della
saii ke iso so ddzoka:re a kkarte meXKo di pje:tro e ddella
Maria? ». « Ma maria? ». «ma segnato senna:to
io? ».
Bruno? ». bruno? ».
«Ma
io? ».
«Si, «st,
e sai quante e ssatî kwante
«ti ha «ti a
volte volte
lo
so»,
risponde
non
lo
so»,
Teresa
risponde
fere:za
la Pia
ripete:
« Indovina
quante
volte
ma
Wa pisa ripe:te:
«indovi:na
kwante
volte
dice
a indovinarlo! ». « Come
a indovilnarlo! ».
la mamma,
mamma,
di:tfe la
ho 9
non
Ma
prova
iniîn-
vinto vvinto
Rossi.
rossi.
ho
vinto!
0 vvinto!
a indovinarlo? »,
faccio
«kome ffattfo a
indovi\narlo? »,
« Dimmi
quante
volte
poi addzundze : « dimmi
kwante
volte
poi
aggiunge:
avete
giocato,
allora
proverò
a
indovinare
quante
aveste
dzoka:to,
allo:ra
provelro
a
indovina:re
kwante
vinto vvinto
Bruno bruno
e quante e kkwante
volte volte
ha a
« Abbiamo « abbja:mo lora ... lo:ra ... 208
...
«ma...
Prova
provare provero
brava! », dice la mamma, bbra:va! », di:tfe la mamma,
giocato dodici volte», dzoka:to \do:ditfi volte», vediamo vedja:mo
un um
po’ ... hai at po...
volte volte
hai ai
vinto vinto
tu». tu».
dice la Pia. di:tfe la pisa.
« Al«al-
quattro kwattro
volte volte
vinto vinto
Capitolo
hai indoat indo-
non non
« No, «no,
tu e ha vinto otto volte Bruno». ju e a vvinto otto volte bruno». vinato!
Prova
ancora
una
volta! ».
« Allora,
vediamo
vina:to!
prova
ayko:ra una
volta! ».
«allo:ra,
vedja:mo
. sei
volte
tu
e
sei
volte
Bruno».
«No!
Ho
vinto
. ses
volte
tu
essed
volte
bruno».
«no!
9
vvinto
volte
«Ma «ma
allora allora
sette.
hai
aii
oggi
fatto
fatto
Ki
vince
vintfe
della
della
a vincere
a ‘vvintfere
altri
volte! ».
meno
quando
dzorni,
lui».
mamma
se
mamma
se vowo:le
altri
giorni.
bene
dekki
altri
dzorni.
con
Pietro
e
pje:tro
vincere ha vinto
Maria,
e mmari:a,
alla
domanda
alla
domanda
rimanere
ancora
rimane:re
ayko:ra um
un
po’
po
vincere vince ha vinto
in
im
stanco e chiede alla mam-
€ ttroppo
ma di aiutarlo a tornare a
degli
rispondendo
poltrona, dice che è troppo
poltro:na, di:tfe ke
Bruno
rispondendo
bru:no,
vuole
« È perché
dzo:ka kom
lui ». Bruno,
sempre
Come ko:me
bene
gioca
kwando
di Bruno! di bruno!
«e ppertke bbru:no
volte? ».
tante
e ddzo:ka me:no
giorni,
sempre
vvinto so:lo tfiykwe
volte? ».
tante
e gioca
stagko
altri
volte! ».
tu sei più brava anche tu sse:i pju bbra:va agke
stanco
è
oddzi €
Gli
a
volte ico, e bbru:no
cinque
solo
vinto
ha
e Bruno
io,
sette
XV
stapko
e kkje:de alla
mam-
letto.
ma di aju\tarlo a ttorna:re a Îletto. Per
quel giorno,
per kwel
dzorno,
Bruno
bru:no
non
nom
prova
pro:va
più ad alzarsi, ma
pju ad al\tsarsi, ma
il giorno seguente egli prova di nuovo, e questa volta il dzorno segwente eXAi pro:va di nwo:vo, e kkwesta volta
seguente : che viene dopo
209
Capitolo
15
aiutare
l’aiuto
può stare in piedi da solo, senza l’aiuto della mamma. pwo sta:re im pje:di da sse:lo, sentsa laju:to della mamma.
Ma non può andare ma nnom pwo anda:re
da solo fino da sso:lo fi:no
corridoio
chiedere
egli
korrido:jo
segue = viene dopo
deve
eXAi
Pia li segue
deve
con
pisa fi se.gwe kon seduto
ssedu:to
in
le karte
di
laju:to
le carte in mano,
poltrona,
a
l’aiuto
‘Qje:dere
di
sua
madre.
susa
e quando
ma:dre. Bruno
im ma:no, e kkwando
fratello
im poltro:na,
giocare
in salotto. Già nel in sabtto. dza nnel
e
fratello
sorella
e
è
bru:no €
cominciano
ssorella
a
kominifano
a
carte.
Giocano
fino
alle
quattro.
Alle
ddzoka:re a kkarte.
‘dzo:kano
fino
alle
kwattro.
alle
quattro,
viene
in salotto
la mamma
con
kwattro,
vje:ne
in
salotto
la mamma
kon la
«Avete
finito
di
giocare? »,
« ave:te
finisto
di
mamma, mmamma,
abbiamo abbja:mo
bambini.
« Poco?
bambi:ni.
« po:ko?
ore? ore?
Avete ave:te
bini
si
bisnîi
si
dzoka:re? »,
‘gwardano
domanda.
merenda.
«Finito?
Ma
« fint:to?
ma
giocato così poco! », rispondono dzoka:to kolsi ppo:ko! », rispondono
Sapete
sape:te
cominciato komintfa:to
guardano
domanda.
la merenda.
e
che
ke
giocate
da
di
due
ddzoka:te da ppju ddi duce
a giocare alle a ddzoka:re alle
dicono:
più
i i
«Come
e‘ddi:kono : « ko:me
due ». duce».
passa
ppassa
I bami bam-
presto
presto
il
il
tempo! Sono già le quattro? ». « Sì », dice Teresa Rossi,
tempo!
so:no dza lle kwattro? ». «si», di:tfe tere:za
«il tempo
«il tempo
210
passa
presto
passa presto
quando
kwando
si gioca.
si dzo:ka.
Adesso,
rossi,
fate
adesso, fa:te
Ma
ma
la
merenda,
la
merenda,
un
ancora
ayko:ra um
stanco ».
non
« No,
nog
«no,
«Ti «ti
a
domanda
pisa
po’? », Bruno
poe»,
bruno
« Allora
vado
Voglio
chiamarla!
kjamarla!
volto
tornare
torna:re
Bruno bruno
Prima prisma
aiuto io?». aju:to î:0? ».
« No,
risponde : «no,
a kkjama:re
fatto
« dzokja:mo
bbruno:
chiamare
fatto
« Giochiamo
Bruno:
risponde: a
va:do
». Bruno: non
—
in salotto
di venire! ». Teresa
non
—! ».
e —
dalla
di ve-
mamma,
Rossi: « Amelia,
Bruno è ancora un po’ debole, — ad andare in salotto! ».
Bruno: « No, Amelia, non —! ». Teresa Rossi: Quest’aran-
cia è per Bruno, Pia, —! ». Pietro: « No, Pia, non —! Voglio mangiarla io! ». Pietro e Pia: « Che belle arance, mamma, —
—!
—,
Hanno
per
favore! ». Maria:
già mangiato
« No,
mamma,
non
più di tre arance! ».
ESERCIZIO
B.
Quando viene il dottore, Bruno vuole alzarsi —, e mette
i —
fuori dal letto. Egli —
a —
in piedi, ma
le sue
sono ancora troppo —, ed egli non puo. Ma fra settimane i suoi — saranno molto più forti, dice
gambe due
La cerca nella sua
il dottore. Poi egli cerca la sua —. —
’
—
ma
una —
per Bruno.
Bruno
il dottore
Allora
c’è, è nella valigetta.
lì non
DI
non è contento,
le —
non
gli piacciono. Quando
il dottore
Bruno
andato,
n’è
se
va
con
la
mamma e Amelia in salotto, a piccoli —, e lì si siede in una —. La mamma mette un — accanto alla —, e Pia domanda a Bruno se vuole — a giocare — carte. Le prime
ma
Bruno,
volte —
che a — Pia. Un’oretta dopo, la mamma
per domandare a Bruno se è —. —
« —
poi comincia
an-
viene in salotto
quante volte ho
io! », le dice la Pia.
Il giorno
—,
Bruno
prova
senza l’— della mamma.
di nuovo
Però non può ancora
— — salotto da solo. Sua mamma
Pia li —
con
le carte.
a stare
Alle
in piedi
andare
allora lo aiuta, e la
quattro
viene
la mamma
con la —.
ESERCIZIO
C.
Quanti giorni sono passati dal giorno dell’incidente? .... Cos’ha detto il dottore a Bruno quindici giorni fa? ....
Perché Bruno non vuole più aspettare? ....
Cosa dice il dottore sua
gamba?
....
a Bruno quando ha esaminato la
Sì gioca
giochiamo giocate giocato sì guardano indovina! indovinare indovinato insegnate
insegnare insegnato insegnerò insegneremo insegnerete passato pensa
piacerà
potrete provare prova prova! proviamo
proverò rispondendo Scrivo scrive
e seduto si è seduto segue sta! troverò vediamo! vedremo
venire
verrà
vince vincere vinto aiutarti aiutarlo aiutarla alzarmi alzarti alzarsi
213
Capitolo
15
andarci
Perché non può stare in piedi da solo Bruno? ....
indovinarlo trovarlo vestirsi non aiutarmi! non chiamarla! non dirmi! non dir nulla!
Perché
dirgli
cerca la penna
il dottore? ....
Cosa dice il dottore quando dicine
non
gli piacciono?
Bruno
gli dice che le me-
....
Cosa fanno in salotto Bruno
e la Pia?....
non provare!
Perché vince tante volte la Pia oggi? ....
dunque
Cosa
meglio
« Sono già le quattro? »? ....
ventisei
fino in
come faccio a? da bravo da me da me solo da noi di sé ha da fare
in piedi non sai giocare
subito subito va bene! verso le due
214
dice Teresa Rossi quando
i bambini
domandano:
pe
Capitolo
sedici
(16)
Capitolo
EE
DOMANI La mattina
matti:na
la
rendo
rendo
PISA
seguente,
verso
le dieci, la Pia
entra
cor-
segwente,
verso
le dje:tfi, la pisa
entra
kor-
di
nella \ka:mera di
bruno
camera
nella
_-Y-_.————_—-__
ANDIAMO A
Bruno
Sai cosa? ». Bruno:
e ddi:tfe : « bruno! bruno!
sono
uscito
ancora
a ssa\perlo?
agko:ra uffisto
non
« Domani
oggi ». Pia:
camera,
di
correre correndo
Non
faccio a saperlo?
sat ko:sa? ». bruno: « no; ko:me ffattfo
sono
Bruno!
« Bruno!
e dice:
come
« No;
sedicesimo (XVI)
di \ka:mera, oddzi ». pisa : « doma:ni
andiamo a Pisa dalla zia Giovanna ». (La zia Giovanna
andja:mo a ppi:sa dalla ttsi:a dzovanna ». [la ttsi:a
è la
sorella
e lla sorella
di
Teresa
Rossi
e sta
a
col
marito
di
tere:za
rossi
e sta
a ppi:sakol
mari:to
e col figlio Giorgio
ekkol fikto
A Pisa?
dzordzo
Chi
è che
a ppi:ssa? ki
Pisa
di vent’anni).
Bruno:
ci va?».
«Io,
di
ventanni].
« Che
bruno:
Pia:
Bruno: bruno:
«Io, tu, «ico, th,
la la
mamma mamma
la
non
è
belWissimo!
anto:nio
non
€ mma:i sta:to a ppi:sa.
stato
a
mamma
Pisa.
Ma
lo
diceva
Ho ditfe:va
al
telefono
al telle:fono
alla
alla
:« 9 ssenti:to la mamma signora
sinno:ra
Verdi».
verdi».
...
ma...
come fai a saperlo? ». Pia: « Ho sentito la mamma
ko:me ffa:i a ssalperlo? ». pisa
cosa?
e Antonio? e antonio?
Antonio
mai
che? = che
tu, la mamma
Bellissimo!
DI
dici?
« ke ddi:tfi?
e kkettfi va? ». pisa: «iso, tu,
e Antonio ». e anto:nio».
dzovanna
che
ke
dice diceva
215
Capitolo
16
sente
sentendo
Bruno, brusno,
sentendo sentendo
molto
quello kwello
contento.
E
mmolto kontento.
prima
tro?
non... = non
mica
La
« Bello!
Bel-
e ppri:ma di:tfe soltanto :
«bello!
bel-
«E papà? E Maria? E Pie« e ppalpa? e mmari:a? e ppje:vengono
'veygono
kon
noi? ».
risponde:
« Eh?
no!
Non
possono
mica
venire
Se papà
viene
con noi deve
a
risponde:
con noi!
rro:ma?
nom
«e ? no!
nom
‘possono
kon noi! se ppalpa vvje:ne kon no:i de:ve
ogni giorno, e Pietro
omni dzorno, no?
no?
e Maria
devono
E non
si può
mica
andare
le
vakantsa,
216
a rro:ma
andare
a scuola,
« Ah sì, non pensavo alla scuola
...».
caro mio! ka:ro mico!
le gambe
vacanza,
mi
torna:re
ogni
da Pisa
gambe
per
rotto
rotto
non
la
possono ‘possono
far vacanza
per far vakantsa
crederai
mica
gamba?».
gambat».
alla skwo:la ... ». mica mi:ka
tutti tutti
La
la
rom‘rom-
im maddzo! ». bru:no : mese me:se
e mezzo di e mmeddzo di
che son contento
ke
oppi
in maggio! ». Bruno:
se faccio un se ffattfo um
nog kredelra:î mi:ka la
pensavo
Non nom
« Eh, cara mia! Anche «e, ka:ra mica! agke
mi
a Roma
e nnon st pwo mmi:ka anda:re da ppi:sa a rro:ma
Pia: « Eh, pica: « e,
persi
tornare
veni:re
a Roma
dzorno! ». bru:no:« a: si, nom
persi
mi:ka
e ppje:tro e mmari:a \de:vono anda:re a skwo:la,
giorno! ». Bruno:
fare vacanza : non andare a scuola
noi? ».
con
Non
li laffa:mo
la pica
è €
a Roma?
lasciamo
Li
Pia
dice
sorella, sorella,
soltanto:
lissimo! », poi domanda: IVissimo! », posi domanda: tro?
che gli dice sua ke Ai di:tfe susa
I
ssog
Pia
pia
di esser-
kontento di
dice
di:tfe
\esser-
sorridendo:
sorridendo:
Capitolo
« Chissà?
Molto,
molto
scontento
non
lo
sei
neppure.
« kis!sa ?
molto,
molto
skontento
non
lo se:
neppu:re.
contento kontento
quand’è
stato sta:to
Non sei non ses ma
oggi
ma
?dddzi ... ». quel
momento
entra
ig
kwel
momento
entra
pica»,
e Pia non
e ppisa non
visna perke
bito
sapete Sape:te
e
'rri:dono:
e
uscire
ig \ka:mera
la
sinpo:ra
rossi.
«avete
«ave:te
per
per
un
mentre
mentre
di
voglia
di
voAka
«>
a a
non
sapendo
e Teresa e ttere:za
parlava
al
parlava
al
che
sapendo
Rossi rossi
ke
indoindo-
telefono
andremo
Se:ra,
andre:mo
avete voglia volete
di =
non sa che dire = non sa che cosa deve dire
sapere sapendo
con
telle:fono
kon
ella ha sentito la Pia entrare in saella a ssenti:to la pi:a entra:re în sa-
di
nuovo.
dirò dilro
Perciò
dice:
« Bene!
Se
perttfo ddi:tfe : «bene! se
soltanto ssoltanto
che partiamo ke ppartja:mo
da da
lo
Ilo
Roma rro:ma
domani, subito dopo pranzo. Cosi saremo a Pisa verso doma:ni, \su:bito do:po prandzo. kolsi ssare:mo a ppi:sa verso sera,
ella = essa
settima:ne? ».
subito, non
‘su:bito,
andare anda:re
di settimane? ».
paio
um pa:jo di
ridendo, ridendo,
ufficre di nwosvo.
già vi dza wi
Rossi.
rispondono
ridono:
la signora Verdi, la sinno:ra verdi, lotto
signora
rispondono
dire. Poi si guardano ddi:re. posi si \gwardano perché
la
di:tfe ella,
ppi:sa dalla ttsi:a dzovanna
vina
scontento contento
sa?
lintfidente,
camera
in
zia Giovanna
Pisa dalla
bruno
chi
l’incidente,
successo
kwand e ssuttfesso
ella,
Pia », dice
« Bruno,
Bruno
=
...».
In
« bruno,
chissà
XVI
subito
a
cena,
e poi
potremo
fare
un
\su:bito a ttfe:na, e ppo:i potre:mo fa:re
un
tu sai Voi sapete dire dirà partire (da Roma) venire Roma)
(a
verso sera = un po’ prima di sera
217
Capitolo
16
coricarsi = andare a letto
Carlo
dziretto pri:ma di kori\kartfi ». bru:no: «la pisa di:tfe
ci viene
anche
Antonio,
tifi vjeine
agke
anto:nio,
Pisa».
a
Rossi:
Teresa
viene
con
noi
anche
lui ».
antonio
vje:ne
kon
noi
agke
lui».
ke
« Si,
rossi :« Si,
a ppi:sa ». fere:za
Antonio
Poco dopo, la signora Rossi esce dalla camera di Bruno
po:ko do:po, la sinno:ra
rossi effe dalla \ka:mera di marito.
va
a
telefonare
a
suo
e wa
a
ttelefona:re
a
ssuso mari:to.
e
«ho
un
arrivare
partire
treno
>
dice,
di:tfe,
«karluttfo»,
a
ddetto
ke
laffa
al
verdi.
detto che lascia
volentieri
Antonio
venire
con
noi
mare
dalla
Gio-
volentje:ri
anto:nio
venire
kon
noi al ma:re
dalla
dz0-
vanna ».
A
vanna ».
ka:ra!
ciò
a
tifo
Quando
kwando
«Domani,
« doma:ni,
dopo
do:po
Carlo
Rossi
kkarlo
avete
ave:te
risponde:
rossi
« Benissimo,
risponde:
pensato
di
pensato
di
«benissimo,
partire? ».
Teresa:
parti:re?».
pranzo.
Se
prenderemo
prandzo.
se pprendere:mo
il treno
che
il treno
ke
verso
le sei.
Potremo
fare
un
giretto
dopo
cena
le se:i.
potre:mo
fa:re
un
dsziretto do:po
tfe:na
dremo dre:mo
a coricarci ». Carlo: « Allora, se vuoi vado alla a kkori\kartfi». karlo : « allo:ra, se wwoi va:do alla
verso
le due arriveremo
tere:ga:
parte da Roma
pparte da rro:ma
va! + ci = vacci!
« Carluccio »,
Ha
cara!
un biglietto
bru:no
parlato con la signora Verdi.
« 0 pparla:to kon la sinpo:ra
218
dice che
Pia
«La
Bruno:
di coricarci».
giretto prima
le duce
arrivere:mo
stazione a prendere i biglietti ». Teresa:
a Pisa verso
a ppi:sa
e poi
verso an-
e ppo:i an-
« Bravo, vacci
stattsjo:ne a \pprendere i bikKetti ». tere:za : « bra:vo,
vattfi
Capitolo XVI
Io non
tu!
con te? ». Teresa:
la prendi
lia, la lasci qui a Roma o
lascio con te. Giovanna
«la
laffo non
e poi
ppo: nom
due bambini! ». Carlo:
so:li in tfitita, te
laf\farvi
micka
posso
te
città,
in
soli
lasciamo lasciate lasciano
bravissima,
donna
a u:na
lasciarvi
mica
posso
lascio lasci lascia
ha una donna bravissima,
dzovanna
te.
kon
: molte
lasciare
kon te? ». tere:za:
lia, la laffi kwi a rro:ma o la prendi
«La
tante
ame:
ko:se da ffa:re prisma di partire ». karlo:«e
tante
e
«E Ame-
di partire ». Carlo:
tante cose da fare prima
sempre
sa:î, tft son
alvro ttempo.
ke
tu! iso nog kre:do
sempre
ci son
Sai,
tempo.
avrò
che
credo
e
i
e
i
«I due bambini? ». Teresa:
« Si,
Dimenticavo
che
e aggiunge:
« Di-
duse bambi:ni! ». karlo : «i duce bambi:ni? ». tere:za:« St,
Teresina.
vecchio,
vento
terezicna.
vekkjo,
vento
due
figli
ddue
fikkî
che
ke
Rossi ride e dice:
ma
vanno
vvanno
scuola!».
a skwo:lal».
« No, Carluccio, non
ri:de e ddi:tfe:« no, kkarluttfo,
hai troppo
ma ai
non
troppo
vieni
nnom vjesni
da ffa:ree sse:i stagko.
anche
ayke
tu
al mare
tu al ma:re
per
per
Sleme
a
Se:me
a nno:i? ». karlo : «adesso?
noi? ».
Carlo:
« Adesso?
Anche
agke
ricordarsi «> dimenticare
Teresa
tere:za
diventi
vekkio,
Sai cosa?
Perché
sa:i ko:sa?
perlke
qualche
kwalke
No,
no,
diventare : cominciare ad essere
diventi vecchio,
non
da fare e sei stanco.
kke
pju
rikorda:vo
mi
nom
che
più
ricordavo
mi
Non a
ke
ri:de e addzundze:« di-
a skwo:la!». pod
\dde:vono anda:re
rossi
dimentika:vo
a scuola! ». Poi ride
andare
devono
o
sì!
« Ah,
e mmarisa». karlo : « a:, si!
pje:tro
ho
Carlo:
Maria».
e
Pietro
giorno
ddzorno
Teresa, ttere:za,
in-
in-
adesso adesso
qualche giorno alcuni giorni insieme a = sieme con
=
in-
219
Capitolo
16
po
da
fare,
ma
fra
un
mesetto,
po
da
ffa:re,
ma ffra
um
mesetto,
per
qualche
per
giorno.
kwalke
Ora
ddzorno.
no».
o:ra
andarmene
si, potro si,
poltro
Teresa:
no».
ttrop-
9
momento
kwesto
ig
ro:ma.
laffa:re
nom posso
ho trop-
In questo momento
lasciare Roma.
posso
non
an\darmene
«É
un
tere:za : «e
gran
AY
gram
peccato! Ma se non puoi non c’è nulla da fare. Allora pekka:to! ma sse nnom pwo:i non tfe nnulla da ffa:re. allo:ra compra
soltanto
quattro
biglietti:
kompra
soltanto
kwattro
bikKetti : tre pper no: e
per
il
per il
piccolo
‘pikkolo
Verdi».
Carlo:
verdi ».
giunge ridendo:
(parlando a una persona a cui Si da del tu)
resa ride tardi! ».
=
andare
Prima
bene!».
e uno Poi
u:no ag-
ad
e dice:
« Ciao,
a rrikor\darmelo! ». Carlo!
E non
Carlo:
«Va
bene!
tfaso,
quel
tornare
e nnon torna:re
Ciao,
karlo : « va bbe:ne!
ayke
te-
troppo
troppo
Teresina! ».
tereziona! ».
di
tornare
a casa,
il signor
Rossi
prisma di
torna:re
a kka:sa, kwel dzorno, il sin\nor
rossi
giorno,
Termini
per
comprare
i biglietti.
si reska alla stattsjo:ne \termini
per
kompra:re
i bikKetti.
Quando
arriva
alla
stazione,
c’è
molta
sportelli.
Egli
deve
perciò
aspet-
sportelli.
ckkt
deve
perltfo
aspert-
kwando
Carlo
Rossi
karlo
rossi
gente davanti agli dzente davanti aki
220
noi
« Proverò a ricordarmelo! ». Anche Te-
si reca alla stazione
uno sportello
per
va bbe:ne!». pot
re:za ri:de e ddi:tfe: « tfa:o, karlo!
tardi! ».
recarsi
«Va
karlo :«
dzundze ridendo : « provetro ciao! : arrivederci!
tre
tare
cinque
ta:re tfiykwe
o
sei
arriva
minuti
o sse:i minuti
alla
prima
prisma
stattsjo:ne tf e mmolta
di
di
poter
porter
comprare
kompra:re
Capitolo
piegato
gli
pjega:to
AAt
7 Rossi: rossi:
«A « a
domanda:
domanda :«
| Pisa». ppissa».
do:ve
vuwo:le
gaito:«
no? ».
no? ».
Quanto kwanto
karlo
rossi:
=
.
@a
l'impiegato col biglietto
limpje
biglietto ». Poi,
mezzo
«anda:ta
e
rritorno,
per
(15.330) ». Carlo
Rossi:
« Soltanto?
karlo
rossi:
«soltanto?
limpjegato:
fa? ».
tfento\trenta ». mi
ha
dato? ».
kklasse
mi
a
dda:to? ». limpjega:to:
L’impiegato:
di seconda
tre bbifKetti e mmeddzo di sekonda andare? ». anda:re? ».
me me
Carlo karlo
Rossi: rossi:
l’aveva mica lave:va mi:ka
Settemila seicentocinquanta Sette\mi:la seitfentotfiy\kwanta
tre- | quanto fa? =
tre- | Tanto costa?
kkwinditfi\mi:la
«fa
classe
e mezzo
favore.
quindicimila
«Fa
classe.
klasse.
«Le
(27.650)
...
ma... ho
dato | Le: a Lei
9 dda:to
In che
«In prima». «im prisma».
detto. detto.
Ma
«le
ig
andata ritorno
favore.
per
ritorno,
e
L’impiegato:
fa?».
gato: « Non &a:to: «nom
Carlo karlo
anni».
di tfiykwe
« Andata
Rossi:
centotrenta
vuole vwo:le
karlo
« Andata sola o andata e ritor« anda:ta so:la 0 anda:ta e rritor-
domanda: domanda:
Carlo
tre biglietti
anda:re? ».
pie
ttf{igkwe anni pa:ga meddzo bikketto ». port,
se a
l’impiegato limpjega:to
Carlo
SEE
di cinque anni». L’impie-
« Se ha cinque anni paga
gato:
andare? ».
‘0 oo ye « Quanti! ». L’impiegato: « kwanti? ». limpjega:to :
bambi:na
e wna
«tre,
rossi:
ke
vuole
« Tre, e una bambina
Rossi:
che
« Dove
lim-
sportello,
allo
davanti
arrisva
kwando
j bikKetti.
l’im-
sportello,
allo
davanti
arriva
Quando
i biglietti.
XVI
classe
ke kklasse L’impielimpje-
Allora fa ventiallo:ra fa vventilire. Ecco i Suoi lisre. ekko î swo:i 221
Capitolo
16
biglietti! », dice l'impiegato porgendo i biglietti a Rossi.
i bikKetti a rrossi.
bikKetti! », di:tfe l'impjega:to pordzendo
Ed ecco trentamila lire! », dice Rossi e porge
« Grazie!
« grattsje! ed ekko trenta\mi:la lisre!», di:tfe rossi e ppordze
all’impiegato
tre
all impjega:to
tre bbikKetti
«Grazie.
gato:
biglietti
ga:to: « grattsje.
da
diecimila
lire.
L’impie-
da ddjetfi\mi:la lisre.
limpje-
tretfentotfiy'kwanta
duemi:la
Lei».
a
trecentocinquanta
Duemila
Wei».
a
Carlo Rossi prende i biglietti e li mette in tasca con karlo rossi prende i bikKetti e li mette in taska kon i soldi che
i soldi
Carlo
karlo
kwando
«Ecco
dano:
dano:
durante la cena mentre si cena
fino a quando = fino al momento quando
:
«ekko
rossi.
Durante
durante
limpjega:to.
Rossi
torna
papa!»,
e
akka:sa, bruno gli
palpa! », e ALi
domandano:
dolmandano:
i biglietti? ». i bikKetti? ».
la cena
Bruno
a casa,
torna
rossi
stazione? Hai stattsjo:ne? ai
Rossi.
l'impiegato.
ke 4Li pordze
Quando
alla alla
gli porge
e dopo
e Pia
gri-
e pptca \gri:-
«Sei
stato
«se:i
sta:to
«Si, sì! », risponde «si, ssi! », risponde
cena
si parla
la tfe:na e ddo:po tfesna si parla
soltanto
soltanto
del mare, di vacanze e della zia Giovanna, fino a quan-
del ma:re, di vakantse e ddella ttsi:a dzovanna,
fi:no a kkwan-
do la signora Rossi dice a Pietro e alla Pia: « Adesso do la sinpo:ra rossi di:tfe a ppje:tro e alla pisa: «adesso di di
è ora e o:ra aggiunge aggiungono
222
due, duse,
ed ed
coricarvi, korilkarvi,
aggiungono: adidzuggono :
bambini! ». bambini! ».
« Di «di
già?», dicono i dza? », \di:kono i
«Che peccato! ». Un’ora «ke ppekka:to!». uno:ra
dopo do:po
Capitolo XVI
w_. ‘ @'——reo hpP _y Y€%_rg®—©€.ea@]('T[(
costruito
che non ha fatto mòrti, ma
case. il 18° sècolo = gli anni 1700—1799
Molto
più
grandi
che ha distrutto parécchie
fùrono
le eruzioni
della
fine
del diciottèsimo sécolo, che distrussero la piccola città
di Torre del Gréco, a una quindicina di chilometri da Napoli, il sècolo scorso = il 19° sècolo (1800 —1899)
distrùggere distrugge
distrutto distrusse distrùssero
come
pure
le
eruzioni
della
scorso e quella del millenovecentosèi
fine
del
sécolo
(1906). Ci fùrono
anche molte altre eruzioni, come quella del milleseicentotrentuno
(1631),
che distrusse
quasi
tutte le piccole
città ai pièdi del vulcano. Però l’eruzione più conosciuta è quella dell’anno settantanove dopo Cristo, che distrusse le città romane
di Pompéi,
Ercolano,
Stàbia
e una
parte della stessa Nàpoli. Era un giorno d’agosto, e nella città di Pompèi sembrava
un giorno
come
carri e di génte; un
carro
cercare da mangiare = cercare qualcosa da mangiare
camminava
presto
tutti gli altri: le vie èrano gente per
che non
e vècchi, dònne, bambini,
passeggiava éssere
piène
e gènte
in ritardo,
di che
gi6vani
qualche cane che cercava
da
mangiare. Tutti parlàvano ad alta voce, gridàvano, cantavano, ridévano
come
oggi nelle piccole città italiane.
Pompèi aveva non più di ventimila abitanti e non èra 308
Capitolo XXIII
dunque
una
grande
città. Però,
da
tutte le parti
del
mondo,
mille còse arrivàvano tutti i giorni nei nume-
rosi negòzi e nelle botteghe di Pompei». Qui Jòy interruppe Bruno
numerosi molti
—
interrompere interruppe
che diffe-
per domandargli
rènza c’èra fra un negozio e una bottega. « La differènza è spesso piccola », spiegò il giovanotto, « pòsso solo dire
èssere molto
può
che un negòzio
bottega
no. Cosi, nei grandi
Milano
e molte
altre città
di Roma,
negòzi si vende
una
mentre
grande,
quasi
Napoli,
di tutto >.
« Grazie », disse Joy, e Bruno continuò: «Come Vesuvio
Fu un’eruzione
rumore
èra
secoli
venti
dal
fu interrotta
hò detto, la vita di Pompéi quasi
Cristo
fa, in un
giorno
d’agosto.
così
forte
che
quasi
non
si sentivano
le
arrivàrono
un carro non
fuori della città molto
prima degli altri, perché nelle vie piène di gènte i carri non potévano correre. Circa duemila persone morirono quel giorno a Pompei».
Vespucci.
mila? », disse
« Duemila soltanto? », domandò
« E perché,
Bruno.
«Si,
oh
non si!
terrìbile = che fa una grandìssima paùra
aveva in testa una
cosa sola: salvarsi e salvare i suòi cari. Quelli che avé-
Dorabel
interrompe ha interrotto
terribile. Il cielo si fece tutto nero, il
grida terribili della gente. Ognuno
vano
interrompere
mi
Le
bàstano
due-
bastano! », disse
ognuno = ogni persona
Capitolo 23 nel ’45 : nel 1945
Dorabel,
« ma
... quando penso che nel quarantacinque,
a Hiroscima, ci fùrono in pòchi minuti più di settantamila
morti,
mi
di Pompéi
i duemila
che
capirà
Lèi
sembrano pòchi ».
« Ma mamma, come puòi dire una còsa così ... così ter«io trovo che duemila
Joy,
rìbile! », esclamò
in
morti
una città così piccola sono moltissimi! ». « Va bene, va
che non èccoci arrivati écco, siamo ar-
rivati
ho
detto nulla
sono
e che
dobbiamo
dove
arrivati a Pugliano,
molti».
Bruno,
pochi », disse in quel momento
vuoi.
«come
Dorabel,
cara Jòy », disse
bène,
Diciamo
o
« Molti
« èccoci intanto
la Fer-
prendere
rovia Vesuviana che ci porterà fino alla stazione della riparlare = parlare di nuòvo
seggiovìa. Scendiamo dunque, di Pompéi riparleremo più tardi ».
scéndere scende scese = è sceso
seggiolino : piccola sèdia della seggiovia
Tutti e tre scésero dal trèno e salirono in una carròzza della Vesuviana
arrivarono
che aspettava
alla stazione
lì vicino. Pòco
seggiovia.
della
Dorabel
dopo,
non
vòlle prèndere il primo seggiolino e lo lasciò a Bruno. Prese
il seguènte,
mentre
Joy
prese
il tèrzo.
Sètte
minuti dopo èrano arrivati a pòchi passi dalla cima del vulcano. Quando tutti
310
e tre
fùrono
ognuno di
fu sceso dal suo seggiolino
nuovo
riuniti,
Dòrabel
e
esclamò
Capitolo XXIII guardando
la vista magnifica:
« Hai visto,
Joy? Questa
è l’Itàlia! Ora capisco perché si dice: ‘Vedi Napoli e poi
vedere vedi!
muori!’. Com'è bello! ».
morire
muori!
Era infatti un bellissimo
lontano,
panorama:
a dèstra,
era infatti — era, è vero
il golfo di Gaeta; poi, più vicino, le isole di Pròcida e
panorama
d’Ischia, il golfo di Pozzuoli, poi il golfo di Napoli con
lontano > vicino
Nàpoli
stessa, e a sinistra Pompéi,
Sorrènto
e la bel-
lissima isola di Capri.
« Eh!
cara
signora
Vespucci»,
disse Bruno,
«i turisti
vèngono a Napoli dai più lontani paési del mondo
per
vedere
questo
panorama».
«Pompei
...
solo
« sembra
un
sogno.
America
ho
anche
noi,
vero?
In
vista
turista = persona che viàggia per vedere paési, città, ecc. per il pròprio piacere un turista due turisti
Sorrén-
to ... Capri ...», disse Joy a bassa voce,
Ci andremo
=
sentito parlare così spesso di quei luòghi ». « E Lèi non può
lasciare l’Itàlia sènza
èsserci stata»,
disse
il gio-
vanotto; poi continuò: « Se vògliono, andremo una prima volta a Pompéi Dorabel,
dremo
stasera stessa ». « Stasera? », domandò
« ma allora non vedremo
quasi
più
che
di giorno,
nulla! ». « Si, sì, ve-
perché
di notte,
in
un proiettore stasera stasera
un’altra
stessa e non
=
sera
vedere vedra
estate, Pompéi o, per èssere giusti, i più bei monumenti
di Pompei
sono
illuminati
da centinàia
di proiettori.
È magnifico! ». « Pompèi, una città del tempo
dei Ro311
Capitolo 23
mani,
illuminata
da
proiettori
venti
sècoli
è molto italiano! », disse Dòrabel, guardando la città mòrta, ma
dopo:
ciò
giù, vèrso
non dimenticata.
« E ora », domandò Jòy a Bruno quando èbbero guardato il panorama
per un quarto
d’ora,
« scendiamo
nel cra-
tere? ». « Va bene, se vuole. Prima però bisogna salire fino alla cima del vulcano. Come vede, è a due passi da alto un’altezza
dove ci troviamo ora. Siamo a un'altezza di circa millecentoquaranta
(1140)
méètri, e l’altezza del cratére è di
circa milleduecentocinquanta
(1250) metri. Ah! Dimen-
ticavo di aggiùngere », disse Bruno mentre salivano alla vietato ——> permesso
del Vesùvio il ’44 : il 1944 guida : uomo che guida i turisti, che fa vedere i monumenti, ecc.
« che è vietato scéndere nel cratère
cima del vulcano,
se non
si è accompagnati
da una guida >».
« Oh! perché è vietato? », domandò Joy, « Lei ci ha detto
poco
fa che
il Vesuvio
era
morto
quattro, no? E allora? Perché
fin dal
quaranta-
ci vuole una guida
per
scendere nel cratere? ». « Ma non è mica vietato scénci vuòle una guida = c’é bisogno di una guida
dere nel cratère da soli perché si ha paùra del Vesùvio! Nò, non per questo, ma perché si può cadere e farsi male se si scende da soli. Le guide conòscono il cratère come
la tasca le tasche
le pròprie tasche, sanno dove bisogna méttere i piédi, cosicché
312
con
loro
si può
èssere
sicuri
di non
cadere ».
Capitolo XXIII
«
Jòy », domandò
furono
arrivati
la pòvera
su
signora
e guardàrono
Vespucci
giù
nel
quando
cratère,
«è
veramente necessàrio scéndere in quel terrìbile luògo?
Vero veramente
cara
veramente infatti
Non
ti basta
mammina », rispose la figlia, tare alle mie amiche cima
al
Vesùvio
quassù? ». « Nò,
arrivata
di èssere
«non potrò
di Washington
sènza
scéndere
bene, va béne », disse Dòrabel,
mai racconstata in
che sono nel
cratere».
«Va
...».
«Ma
« scendiamo
quassù
—
= qua su
l'amica le amiche
mamma, chi ti dice che dèvi scéndere anche tu? Tu puòi rimanere quassù mentre Bruno
ed io scendiamo con la
guida ». « Nò, nò, se scendete nel cratère voi, ci scendo
anch’io. Bruno, Lei vede una guida? ». « Si, ne vedo una
che viene quassù dalla stazione della seggiovia per scéndere nel cratère con altri turisti. Forse potremo andare
con loro. Domandiamoglielo! ». La
guida
accettò,
gli altri turisti non
neanche
loro,
e così Bruno,
scéndere
quel
giorno
aveva voluto miss Jòy.
nel
Joy
cratère
dissero
e Dorabel
del
niènte
potérono
Vesùvio,
come
può pòssono poté potérono vuòle
ha
voluto
313
Capitolo 23
A.
ESERCIZIO
PAROLE:
Bruno
Ordine m torpedone m ferrovia f seggiovia f ritardo m fumo m fuoco m eruzione f Cristo m carro m bottega f differénza f sorriso m seggiolino m panorama m golfo m quindicina f turista m proiettore m altezza f guida f riunito parecchi numeroso terribile lontano sicuro picchiare rivolgersi distrùggere riparlare illuminare vietare obbedire sennò cosicché
Pia pensa al viaggio; Maria non ci pensa.
314
va a Milano;
Pietro non ci va.
Cosa c’è în quella valigia? Ci sono dei libri. Chi va da Carlo Rossi? Ci va Annibale.
Chi è da Carlo Rossi? Ci sono i Vespucci. parlo io.
Chi parla di quel viaggio? Ne
ne penso nulla.
Cosa pensi di quel libro? Non Hai delle rose? Si, ne ho sei.
Chi esce da quella casa? Ne esce Vespucci.
Chi
è che
viene
a Firenze
con
noi?
—
viene
Bruno.
Hai paura di quel cane? No, non — ho paura. Ha dei fiori? Si, —
ho di molto belli.
Chi sa che cosa — sarà in quella valigia? A che ora escono
di casa i Rossi?
—
escono
alle tre.
Che — dice tuo padre, del nostro viaggio? Sì, è vero, si poteva partire prima, non — avevo pensato.
Non
si può scendere da soli nel cratere: —
guida.
vuole una
Capitolo XXIII
E Lei, signora, che —
pensa?
Io? non —
penso niente. | circa fin da
La riva é troppo lontana, non ce la faccio ad arrivar—. | gia da infatti
| veramente
sono anche
di rosse
Bruno — alla porta prima di entrare. Quando
è entra-
—
e —
sono delle rose bianche,
—
ognuno quassù
e di gialle.
ESERCIZIO
« Oggi andiamo al Vesuvio ». Ci
to, dice, — a Dorabel: sono —
tre
modi
amici
di andarci:
prendono
B.
la
in tassì, in treno
—.
Arrivati
a
o in —.
I
settecentocin-
quanta metri, prenderanno la —.
Dal cratere del Vesuvio, oggi non sale più né — né —. L’ultima grande — del Vesuvio è stata quella del 1944.
L’eruzione che ha — Pompei è stata —. Oggi, non ci si pensa più, quando si vedono i bei monumenti di Pompei — da centinaia di —, in una notte d'estate.
ESERCIZIO
C.
Come si fa per andare da Napoli al Vesuvio? .... Come
si fa per arrivare alla cima
del Vesuvio?
....
315
Capitolo 23
Cosa esclama Dorabel quando vede il panorama Vesuvio?
....
Cosa si vede dal Vesuvio? Da
dal
chi bisogna
essere
cratere del Vesuvio?
....
accompagnati
per
scendere
....
Perché non si può scendere da soli ne] cratere? ....
316
nel
Capitolo ventiquattro (24)
POMPEI «E
allora,
signor
ristorante
DI
del
quando
Vomero,
cercava, a Capua? ». « Eh? Vespucci,
ripeté
NOTTE
Annìbale », domandò
sera stessa a Vespucci, in un
Capitolo ventiquattrèsimo (XXIV)
voltandosi
il giovanòtto,
a un
Bruno
quella
ebbero finito di cenare «ha
trovato
che
quello
quello che cercavo? », disse tratto
«le farfalle,
verso
Bruno.
le belle
«Si»,
farfalle
di
Capua, le ha trovate? ». « Ah, si, sì! le ho trovate, si, le
ho trovate », ripeté Vespucci parécchie volte, come per méglio contato
crédere lui stesso alle storielle che aveva raca Bruno.
«Meno
male! », disse
il giovanotto,
« allora domani Lei forse potrà venire con noi a Capri? ». « La ringràzio molto, ma ... non sò ancora. Forse dovrò tornare a Càpua parécchie vòlte, per ...». « Per trovare altre farfalle? », domandò
ha trovato i fiori li ha trovati ha trovato le farfalle le ha trovate meno male! = molto bene! — son contènto!
dèvo dovevo dovro
Bruno con un sorrisetto, per-
ché cominciava a non créderci più, lui, alle storiélle del bravo Vespucci. « Sì, appunto! Per trovare un altro pàio
appunto
dice Lèi
: come
di farfalle che non hò potuto trovare òggi », disse l’americano; « è un po’ difficile, sa, certe volte, trovare la far-
difficile > fàcile
317
Capitolo 24
falla che si cerca ». « Gia, gia », disse Bruno con lo stesso
già : sì
sorrisetto tra =
fra
di prima,
« cèrte farfalle
si nascondono
così
bene tra i fiori che è difficilissimo trovarle. Ma per parlare di altre cose, anche se Lei non ci può accompagnare
a Capri domani, stasera viène con noi a Pompéi, no? Sono
le nòve, è ora di lasciare questo bellissimo panorama
e
di andare a prendere il trèno per Pompèi ». « Già, non illuminare l'illuminazione
dobbiamo arrivare troppo tardi. L'illuminazione comincia alle diéci, no? ». « Appunto.
le nove e mézza = le nove e mézzo
prendere
il tréno
delle
nove
Partèndo ora possiamo e mézza,
così saremo
a
Pompei verso le dièci e un quarto ». « Allora partiamo! », disse Vespucci, e tutti e quattro uscirono dal ristorante.
Entràrono
porta : porta di una citta marino = del mare
318
in
Pompei
per
la
Porta
Marina.
Appena
Capitolo XXIV
furono entrate,
«Com’e
Joy e Dorabel si fermarono esclamando:
bello! ». Ma
Bruno
disse:
« Eh!
questo
non
appena = sùbito dopo che
è
niente, due o tre case illuminate da un paio di proiettori. E bellino, sì, ma
...», e, seguito dai Vespucci, andò su
per la via che dalla Porta Marina
va verso la grande
piazza chiamata ‘il Foro’. Li egli si fermo e disse: « Be’? Loro
che ne pensano? ». Per
avévano
che
tanto
niente,
disse
fu
davanti.
il centro
éra
Tutto
un poco
quella
il Foro,
antica,
di loro
che
spettacolo
lo
magnifico
di Pompéi
nessuno
grande
éra
illuminato
a la.
E tutti i più bei monumenti di Pompéi, sulla piazza del illuminati
da
altri
proiettori,
non
che si guarda
piazza
giorno da un centinaio di proiettori nascosti qua e
Foro,
spettàcolo : còsa
sembravano
antico
=
vècchio
a giorno : come di giorno nascondere nasconde
ha nascosto
distrutti, e si dimenticava, guardandoli, che quella città
era morta da duemila anni. Il primo a parlare fu Vespucci che esclamò: « Per Giòve! Questo
spettàcolo
è uno
unico
al mondo!
Bruno,
Léi
ha avuto un’idéa magnifica facèndoci venire a Pompei di notte! ». « Una
splèndida idèa! », disse Dorabel.
Joy
non disse niente, la bellezza dello spettàcolo che aveva
che
Le
racconti
qualcosa
su
Pompèi
unico : come non ce ne sono altri
splèndido = magnifico, bellissimo béllo
la bellezza
tale : cosi grande
davanti a sé èra tale che non poteva parlare. «Vuòle
Giòve, in latino: Iuppiter
o vuòle
io racconto vuole che io racconti
319
Capitolo 24 noi camminiamo vuole che camminiamo
che camminiamo
un pò’ senza
Bruno
poi però aggiunse:
a Dorabel,
dir niente? », domandò « Ma
forse vuole
lui racconta vuole che lui racconti
Lei, signor Vespucci ... ? ». Annibale non lo lasciò finire:
meraviglioso : di grande bellezza
« Caro Bruno, sono sicuro che mia moglie e mia figlia vogliono che Léi ci racconti di questa meravigliosa città.
-
ra,
una piètra
Vero, Dòrabel? Vero, Joy? ». « Oh, si, papa! », disse Joy, « Si, caro, stasera voglio che tu
Vespucci:
e la signora
tu lasci voglio che tu lasci
lasci parlare Bruno ». « Va bene », disse il giovanotto, e
a passi lènti : non
mentre
présto
vuòle che io racconti
camminàvano
a passi lenti per il Foro, egli si
mise a raccontare la storia di Pompei:
tu racconti egli racconti
« Pompei
avanti : prima di
primi sécoli della sua storia — i più antichi monumenti
un abitante abitare
che vi si sono trovati sono del sésto sécolo avanti Cristo —
Pompéi,
non
è sempre DI
come
quasi
stata
una
città romana.
tutte le città
italiane di quel
tempo,
fu abitata da gènte non romana.
Fu
l’anno
ottanta
diventò
avanti
Cristo
che
Nei
Pompèi
solo neluna
città romana. E un sècolo e mézzo dopo, come Loro si ricordano che ho detto, Pompei fu distrutta dal Vesuvio.
Per quindici sècoli non si parlò più di Pompeéi, e la città un canale
giacché = siccome
scoprire «> coprire
320
fu quasi dimenticata,
giacché
tutte le case
e i monu-
menti èrano coperti da parecchi metri di terra. Poi, nel sedicèsimo sècolo, furono scoperte alcune case. Succèsse
Capitolo XXIV
cosi: si stava scavando un canale che doveva passare per
il luogo dove un tèmpo c’éra stata Pompei, ed écco che
succèdere succède succèsse = è succèsso
un giorno invece della térra e delle piètre si trovò un
un muro è costruito di piétre
muro, pòi un altro, e, scavando ancora, si scoprì una casa
si scopri = fu scopèrto
intera, pòi un’altra, un’altra ancora.
una casa intera tutta una casa
Fu così che si ri-
trovò l’antica città seppellita dal Vesùvio ». « Ma
còsa
si fece?
«Si,
Si continuò
a scavare? », domandò
Joy.
=
seppellire = coprire di tèrra
ma per finire il canale, non per tògliere la tèrra che copriva ancora la città intera!
Si ricominciò
a scavare
fra le case di Pompéi solo nel millesettecentoquarantotto (1748), due sècoli più tardi, e fu solo nella prima metà
dell’Ottocento che fu scopérto il Foro dove siamo ora, coi suòi splèndidi tèmpli Fino
e altri edifici
al milleottocentosessanta
unicamente
per
trovare
(1860),
monumenti,
e monumenti. si scavò
grandi
oggètti di gran prezzo; ma da quel momento ciò a disseppellire la città strada casa, e nella parte di Pompei
quasi
edifici,
si comin-
per strada, casa per
che si chiama
‘gli scavi
un tèmpio
l’Ottocènto = il 19° sècolo (1800 — 1899)
il tempio i templi una casa, un ca-
stello, un tèmpio sono edifici
ùnico unicamente
unicamente soltanto
=
un oggétto = una cosa
disseppellire > seppellire
nuovi’ — e che bisogna vedere di giorno — quasi tutti
scavare uno scavo
gli oggètti, fuorché i più preziosi, rimàngono nel luògo
prezioso = di gran prezzo
dove vèngono trovati. Gli scavi sono oggi molto più lènti
di quelli di un tèmpo, ma si trovano cose veramente
viene trovato trovato
=
è
quelli di un tempo =
quelli di prima
321
Capitolo 24 lento lentamente
meravigliose.
Quando
dève dovere
disseppellite
dagli
si cammina
scavi
nuovi,
lentamente nelle vie quando
si entra
nelle
case, negli edifici, le piètre si méttono a vìvere, e sembra
di essere al tempo dei Romani, si pènsa quasi di dovér trovare,
in qualche
romana.
Ci
pare
stanza,
di
un
éssere
pompeiano
anche
noi
uno
della
di
città
quegli
abitanti ...».
Bruno
si fermò:
scavi di Pompéi.
« Questa,
in brève,
E ora vediamo
è la storia
degli
un pò’ che cos’era il
Fòro, in cui ci troviamo in questo momento ». « Già », disse Dorabel, « non ce l’ha ancora detto. Mi ricordo che
c'è un Foro
anche
«Ce
a Roma».
ne sono
parecchi »,
disse Bruno; « Lèi pènsa a quello che si chiama il Fòro
Romano,
vero? ». «Si.
Che
cos’érano
quei fori? ». « Il
foro di una città romana èra una grande piazza dove si un
monte
riuniva il pòpolo. Éra il cèntro della vita pùbblica
di
pòpolo : tutti gli abitanti
quella città. È lì, per esèmpio, che c’èrano i più grandi
pubblico = pòpolo
tèmpli, gli edifici pùbblici, il luògo da cui si facévano
del
fare un discorso = parlare a molte persone riunite
discorsi al pòpolo, eccètera. Il Foro
di
Pompei
èra,
fra
tutti
i fori
delle
città
d’Itàlia, di una bellezza ùnica. Lì, davanti a noi, dietro davanti al tèmpio diètro il tàmpio
322
lo splèndido
tèmpio
di Giòve,
si vede
di giorno
il Ve-
Capitolo XXIV
suvio, e all’altro lato, diétro la Curia, che èra l’edificio
pubblico in cui si riunivano quelli che governavano
la
città, si védono i Monti Lattari, di più di milletrecénto (1300) métri di altezza. È un panorama veramente mera-
molti paési sono
governati da un presidènte
IC
|
viglioso.
Su un lato del Foro, ècco il bellissimo tèmpio di Apollo, e all’altro lato due tèmpli più piccoli. Accanto al tèm-
pio
di Apollo,
ècco
le colonne
della
Basilica,
il più una colonna
grande di tutti gli edifici pompeiani.
Dopo la Basilica, la più grande costruzione di Pompei
costruzione edificio
=
era l’edificio di Eumachia, che éra il ludgo dove si comprava
e vendeva
la lana, cioè la stoffa di lana, con la
quale si facévano allora quasi tutti i vestiti.
Tutt'altro tempio
si vendeva
di Giove,
in quell’edificio
il Macèllum,
li, a déstra del
che era un mercato
co-
pèrto ». « Un mercato? Che cos’é un mercato? », domandò Dòrabel
a Bruno,
che aveva
parlato in italiano, molto
lentamente, ma sènza spiegare in inglese nessuna parola.
« Un mercato », spiegò il giovanòtto, « è un luògo, aperto o coperto, dove si vende quasi tutto. Qui, nel Macellum,
per esèmpio, si vendeva pesce, carne, verdura, ogni còsa da mangiare. Anche
l’edificio di Eumàchia
èra un mer-
Apòllo
un arròsto, per esempio, è un pezzo di carne
323
Capitolo 24
cato, dove si vendévano stoffe. Pompèi intera éra come èra una città che viveva
un gran mercato,
quasi unica-
e si comprava
mente di quello che si vendeva
nei suòi
mercati, nei negòzi, nelle botteghe.
Sree
oe
tery
IL
sree
CAMILLA
eae
un teatro antico
-are -i -iamo -i -iate -i -ino
parlare che io parli che tu parli che egli parli che noi parliamo che voi parliate
che essi parlino
voi gettate vòglio che gettiate
324
E ora, vogliono lasciare il Foro per andare in altre parti di Pompei a vedere altri edifici? ». « Si, si, il Foro è me-
ravigliosamente bello, ma non é tutto», disse Vespucci,
ed
aggiunse,
rivolgèndosi
alla
moglie
ed
alla
fi-
glia: « Voglio che gettiate almeno uno sguardo sui due
bellissimi teatri di Pompéi ». « Si », disse Bruno, « e se mi permette
di dirlo, voglio
signorina
Joy
gèttino
uno
che
la signora
sguardo,
come
Dorabel
e la
dice Léi, su
Capitolo XXIV
altri monumenti
e costruzioni di Pompéi.
Ma
se vuole,
finiremo il giro di Pompei fermàndoci un quarto d’ora
nei due teatri. Va bene? ». «Benissimo », disse Vespucci, e tutti e quattro
continuàrono
la loro
passeggiata.
Un'ora più tardi, dopo èssersi fermati a guardare l’illu-
minazione delle più belle case e di altre costruzioni di Pompéi,
Bruno
Grande.
«Come
e i suòi ‘turisti’
entràrono
sanno », disse Bruno,
nel Teatro
«il popolo
delle
città romane non poteva vivere sènza spettàcoli, spettà-
coli di teatro e altri spettàcoli come per esèmpio quelli
un gladiatore
dei gladiatori.
Il teatro più vècchio è il Teatro Grande, nel quale ci troviamo
ora. Esso poteva contenere non meno
di cin-
quemila spettatori, che avévano davanti a loro, diétro la
spettatore = persona che guarda
uno spettàcolo
grande scèna, il magnifico panorama dei Monti Lattari.
Nascosta
per
noi
ora
dalla
scèna
c’éra
la scuòla
dei
gladiatori. Gli spettàcoli di gladiatori avévano per scéna un tèrzo teatro molto più grande di questo, l’Anfiteatro ». Bruno interruppe un momento
il discorso, per andare a
guardare da vicino una pietra su cui gli era sembrato di potér léggere
delle parole latine.
Siccome
si èra sba-
gliato, tornò dai Vespucci e domandò: « E ora? vògliono 325
Capitolo 24
glio è molto piu bello del Teatro spucci.
« Molto », disse Bruno,
mi
se non
teatro? ». «Si,
nell’altro
che passiamo
sba-
Grande », disse Ve-
« ora vedranno ».
.
oh bi
Uh
A
’
wee
|
È
selle
un anfiteatro
quant'è bèllo!
com'è béllo! A
x
=
«Quant'è
| >
bello! », esclamarono DI
|
DI
i Vespucci .
dopo avere
tràrono nel Teatro Piccolo, e Bruno,
dopo averli
camminare
lasciato gli altri asclatl
per
qualche
minuto,
dopo
disse:
.
quando
en
-
averli lasciati
« Già,
questo
teatro, che si chiama il Teatro Copéèrto o l’Odèon, può darci un’idéa della bellezza dei più antichi teatri ». « Ma
non = intero distrutto
è quasi intero! Come mai non è stato distrutto, come il
come mai? =
Teatro Grande? », domandò Jòy. « Ma », rispose Bruno,
perché?
«ci sono degli edifici di Pompéi che, anche se non sono costruzione = modo di costruire
326
rimasti tutti interi, ci perméttono non solo di indovinare, | ma
l
di vedere
la costruzione.
; Dobbiamo
solo
ricordarci
Capitolo XXIV
che tutto ciò che non èra di piétra è stato distrutto dal
fuòco e dal tempo. Così l’Odéon aveva un tetto che lo copriva interamente — èra per questo che si chiamava
Teatro Coperto.
intero interamente
Poteva contenere solo mille spettatori
o poco più, e gli spettàcoli che vi si davano non èrano di quelli che piacévano a tutto il pòpolo, ma ad una piccola parte soltanto. Si davano ...». In quel momento il discor-
so di Bruno fu interrotto da un lungo suòno:
« Uuuuu!
suonare un suòno
Uuuuu! ». « Bruno! che suòno è questo? », domandàrono Dorabel
e Joy,
«è succèsso qualcòsa? ». « No, no», ri-
spose Bruno ridèndo, « questo suòno che si sènte in tutta Pompèi
vuòl
dire che
è ora di andàrsene,
perché
si
chiudono le porte. Non si vudle che dei pòveri turisti diméntichino l’ora e pàssino la nòtte in una delle case di Pompéi.
struite,
non
Anche
si
se ce ne sono
pòssono
di interamente
chiamare
albèrghi.
rico-
ricostruìre = costruire di nuòvo
Dunque,
giacché ci chiàmano, andiamo vèrso la Pòrta Marina, e torniamo Un'ora
a Napoli».
dopo,
i Vespucci
e Bruno
èrano
di ritorno
al-
l’albèrgo. L’ùltima cosa che si dissero prima di lasciarsi per
andare
a dormire
fu:
« Dunque,
domani
si va
a
Capri ». 327
Capitolo 24
ESERCIZIO
PAROLE:
egli vuole che
storiella f
sorrisetto m
illuminazione f scavo m porta f foro m spettacolo m idéa f bellezza f canale m carne f piètra f muro m l’Ottocènto m témpio m templi m pl. edificio m oggetto m popolo m discorso m monte m
colonna f costruzione esèmpio m lana f stoffa f
mercato m teatro m
gladiatore m
spettatore m pompeiano m
scèna f anfiteatro m suono m difficile bellino antico
unico splèndido meraviglioso lento
328
A.
f
(parl)iamo
io (parl)i
noi
tu (parl)i
voi (parl)iate
egli
(parl)ino
essi
(parl)i
« Che cosa vuoi che io ti (raccontare)? ». « Voglio tu mi (raccontare)
(lasciare) Pietro
il tuo ultimo viaggio ». « A che ora
Roma
alle
(camminare)
dieci ».
voglio
casa ».
« Essi
non
che tu
(lasciare)
« Chi vuole che Bruno
farfalle ».
« Vuoi
la piccola
voglio
Maria ».
che
vuole
Pia
(raccontare)
che
palla, Pietro? ». « No,
« Lui
e sua
che
sorella
(gettare) la palla nel giardino.
visto a Pisa? ». « Voglio che vi (voltare) quelle
vogliono
così presto ». Teresa
vogliono che i bambini
« Non
che voi
Roma? ». « Vogliamo
(lasciare)
volete che noi
che
la
ciò che ha
per guardare
(cercare)
che la (cercare)
noi
lo
sola in
io,
la
tua
Bruno
(ringraziare),
e
e noi
non vogliamo ».
ESERCIZIO
B.
« Torna a Capua per trovare altre farfalle? », domanda
Bruno, e Vespucci risponde:
« Sì, —, per trovare altre
Capitolo XXIV
farfalle. Certe volte, è un po’ — trovarle, perché si —
intero
prezioso marino
molto bene, sa? Sanno — bene, le farfalle ».
L’—
di Pompei
Vespucci
vanno
comincia prima
alla piazza
era il centro di Pompei uno
—
magnifico!
« Uno
e i
alle dieci di sera. Bruno chiamata
—. Il — è —
—
il —,
illuminato
al mondo!»,
che
a —:
è
esclama
Annibale, e aggiunge che Bruno ha avuto un’— magnifica facendoli venire a Pompei.
« Sì, una — —! », dice
Dorabel. Infatti, lo spettacolo è di grandissima —. Mentre camminano
la storia di Pompei. secolo, mentre
nel Foro a passi —, Bruno racconta
Pompei
si stava —
è stata —
nel sedicesimo
un canale. Un
giorno, invece
delle —, si è trovato un —, poi case —. Oggi, la terra
che — la città è stata tolta in gran parte.
pubblico
tale unicamente lentamente meravigliosamente interamente
nascondersi abitare coprire scoprire scavare
ritrovare
seppellire
ricominciare
disseppellire
riunirsi governare contenere
ricostruire
meno male appena appunto avanti come mai?
per esempio
gia
giacché
ESERCIZIO Che cos’era il Foro di Pompei?
in bréve
C.
tra
....
In che secolo comincia la storia di Pompei?
....
Perché fu dimenticata Pompei, dopo la grande eruzione?
....
? i e p m o P a at ov tr ri è si e m o C
....
329
Capitolo 24
Cos’era la Basilica di Pompei?
....
Cosa si faceva nell’edificio di Eumachia? Che
vedevano
cosa
dietro
Teatro Grande?
....
Perché
poteva
tori?
l’Odeon
la scena
solo
gli
contenere
.... spettatori
mille
spetta-
....
Che cosa sentono a un tratto Bruno e i Vespucci? Cosa vuol dire quel suono?
330
del
....
....
Capitolo venticinque
(25)
Capitolo
venticinquésimo
(XXV)
CAPRI Il giorno
dopo,
di
mattina
di accompagnare
accettato
presto, gli altri
avendo quel
Annibale
giorno,
tutti
e quattro scésero al porto diètro Castèl Nuovo, da dove partiva la nave
«E
quella
che doveva
lì? », domandò
portarli all’isola di Capri.
Joy,
mostrando
una
grossa
nave sulla quale stava salendo molta gente. « No, no»,
disse Bruno,
«quella
lì è troppo
grossa.
La
nostra
è
quella motonave che aspétta laggiù ». « Cos'è una motonave? », domandò
Jòy mentre si avvicinàvano.
« Come
una
nave
laggiù = là giù avvicinarsi
=
venire più vicino
vede, è una nave a motore. Èccoci arrivati. Saliamo? ».
allontanarsi > avvicinarsi
Tutti e quattro salirono. Una diecina di minuti più tardi,
azzurro = colore
la nave usciva dal porto e si allontanava da Napoli. Solo allora Dorabel si accorse che sul bel mare azzurro
del golfo di Napoli c’érano delle piccole onde. Appena
le èbbe viste chiamò suo marito: « Annibale! ». Vespucci, sentèndo quel grido, lasciò Bruno, che gli stava mostrando i luòghi
conosciuti
vèrso la méglie:
del golfo,
e domandò,
« Cos'è accaduto,
accorrèndo
Dora? ». « Annibale,
del mare e del cielo
accorgersi = vedere una cosa che non si é vista prima
accorgersi si accorge si accòrse = si è accorto accorrere = venire correndo accadere = succèdere
331
Capitolo 25
calmo : sénza
guarda
un’onda
il mare! », esclamò
la
signora
Vespucci.
«Il
me ne èro accòrto : | mare? Si. Lo guardo, lo guardo, ma ... non vedo niènte ». mi
ciò
accorto
èro un
motore
di
«Quelle
onde!
Come
hò
potuto
salire
su
questa
nave
senza accorgermi che il mare non èra calmo? ». « Dèvo dire che non me ne èro accòrto neppure io ». « Ma Annì-
bale, tu sai che io mi sènto male se c’è la più piccola onda!
Questa
traversata
da Nàpoli
a Capri
sarà
ter-
ribile! ». In quel momento, vedèndo il viso pallidissimo di Doraun’onda
una motonave
Bruno
bel, accorsero
che
« Mamma!
duto? », domandò
accorrere
male », le rispose Vespucci, « ha un pò’ di mal di mare ».
accorse
|
fanciulla =
ragazza
l
cl:
\.
aclo
1
fanciulla.
«Tua
ti è acca-
, e viso = faccia accorre
la
e Joy.
madre
.
« Ha il mal di mare, signora? », domandò
x
si sente
Bruno.
« Non
ancora », rispose Dòrabel, « ma sò che l’avrò fra un momento.
La
più
«Meno
male
piccola
che
ci
onda
avevo
mi dà
già
il mal
pensato
di mare».
iéri»,
disse
Bruno, « ma prima di tutto, andiamo a prua, perché qui
a poppa si è troppo vicini al motore ». « Infatti », disse Jòy,
«il fumo
del motore
ha un brutto
odore!
Quasi
quasi mi viene un pò’ di mal di mare anche a me quando lo sènto. Viéni, mammina, la poppa
332
presto, andiamo
a prua! ».
« Bène, e adèsso », disse Bruno quando non si sentì più
Capitolo XXV
l'odore del fumo, « écco una comprèssa, ed écco un bic-
chiére con un pò’ d’acqua minerale. Fra una diecina di
sarà sparito = non ci sarà più
minuti, il Suo mal di mare sarà sparito, e Léi si sen-
tira méglio di noi altri».
«Grazie, caro Bruno»,
disse
Dorabel con un sorriso, ma ancora un po’ pallida in viso,
« Léi pènsa veramente a tutto! ». E, appena èbbe preso la compressa: Tutti
risero,
«Credo fuorché
già di sentirmi un po’ meglio >». Bruno
che
disse:
« Infatti,
sono
una comprèssa
eccellènte = molto buòno
delle eccellènti comprésse ».
interamente
alla
e le comprésse, Capri,
Jòy
mamma », esclamò
« Guarda,
quell’ìsola,
madre
il suo
« guarda,
Bruno? ».
giacché ne parliamo,
mal
si vede «Si,
far dimenticare
per
di mare,
già
le onde
Capri!
infatti,
è
Non
è
Capri.
E
sa che Capri non è sempre DI
stata
una penisola appartenere
a =
un’isola? ». « Nò? Ma allora che cos’éra prima? ». « Capri
essere una parte di
apparteneva alla penìsola di Sorrento. Oggi un braccio
sorrentino = di Sorrento
di mare
di cinque
chilòmetri la separa
dalla penisola
sorrentina. Non si sa quando Capri è diventata un'isola,
si sa solamente che all’època romana lo èra già. Prima
di appartenere ai Romani, che vi costruirono splèndide ville, bagni
pùbblici,
tèmpli
e tanti altri edifici,
Capri
èra stata dei Gréci ». « Dei Grèci? », domandò Joy. « Sì,
solamente = tanto, solo
sol-
epoca = tèmpo lo èra : èra un’isola appartenere appartiene ha appartenuto villa = casa grande (in un giardino, al mare, ecc.)
i Gréci = gli abitanti della Grècia
333
Capitolo
25
dei Gréci,
che, venuti
dalla Grécia,
avévano
fatto del
golfo di Napoli e delle sue ìsole una seconda Grècia in Italia.
Poi,
alla
fine
dell’època
romana,
Capri
fu per
così dire dimenticata; i cinque chilòmetri che la sepàrano dalla penìsola sorrentina bastàrono a non farci più andare
per
quasi nessuno.
esempio,
non
Nel
milleottocentotrenta
c’érano
a Capri
che
due
(1830),
alberghi!
Oggi Capri è pièna di albèrghi. Ce ne sono, se non mi sbàglio, una cinquantina.
Tutta l’ìsola è, per così dire,
un
abitanti
albergo».
« E quanti
ci sono
nell’isola? »,
domandò Vespucci, che voleva sèmpre sapere ogni cosa press’a poco circa
=
con precisione.
« Press’a poco diecimila. Un po’ più di
seimila sono a Capri, la ‘capitale’, e circa tremila ad
Anacapri, la città alta, che védono lassù, un po’ a dèstra, dietro quegli alberi».
« Infatti, egli é tutto conténto ella é tutta contènta
ne sono sicura : . sono sicura di cio
bianche. Vedo
tutto
quel
verde
si védono
delle
case
pure che ci stiamo avvicinando », disse
Vespucci, e Dòrabel esclamò, tutta contènta: « E io non hò più il mio
mal
venuto
stavamo
perché
motore! ».
Jòy
334
fra
« Ne
sorridèndole.
di mare!
sono
a poppa,
sicura
Pòchi
Sono
sicura dietro
anch'io,
minuti
dopo,
che quel
mi
èra
terrìbile
mammina », disse
la motonave
en-
Capitolo XXV
trava
nel piccolo
« Be’, e adèsso?»,
porto
di Capri,
domandò
Joy
già pièno
quando
di turisti.
furono
scesi.
« Adèsso », rispose Bruno, « prendiamo la funicolare che
ci porterà su a Capri città e li, in Piazza Umberto
I,
Piazza Umbérto | a Capri
ci metteremo deremo sano? ». madre
un
a sedere al tavolino di un caffè e prengelato
«Bravo!
o qualche È
altra
un'’eccellènte
e la figlia, e Vespucci
cosa.
Che
idéa! »,
aggiunse:
ne pèn-
dissero
la
« Infatti, dopo
la traversata abbiamo tutti bisogno di un pò’ di calma».
, i» pr Ca a su a lm ca a lt mo o em er ov tr se sò n no , Be’ «
calmo la calma
339
Capitolo 25
Bruno
disse può darsi =
forse così
è
pièna
sempre
piccola
onda! », disse
il mare
ti sembrerà
com'è
azzurro
odor
né
motore,
c'è né
non
che
darsi, ma
di turisti ». « Può
Dorabel. tutto
quando
I é quasi
Umberto
Piazza
«la
ridéndo,
sicura
né
la più
di fumo,
« Vedrài
calmo,
sono
Dora,
cara
lo si guarda
che
da
lassù
e vedrài
dalla funicolare! »,
disse Vespucci, che aveva visto molte fotografie a colori decìdere decide decise ha deciso un’àuto = un’automobile un’auto due auto
fu sémpre Bruno :
fu ancora Bruno
di Capri, di Sorrènto, di tutto il golfo di Nàpoli.
Quando èbbero finito il gelato, Bruno e i Vespucci decìsero di prèndere
un’àuto
per
per èssere giusti, fu Bruno fare, e gli altri, come
ad Anacapri,
andare
o,
a decìdere còsa si doveva
sèmpre,
fécero
ciò che disse il
giovanòtto. Fu sémpre Bruno a decìdere che si doveva prèndere un’auto piccola, solo per loro quattro, e non un torpedone.
« È vero che i torpedoni
di Capri
sono
piccoli accanto ai grandi torpedoni di Nàpoli, ma hanno per lo più = quasi sempre
una
trentina
di posti,
e per
lo più
sono
copèrti,
di
modo che si vede poco o niénte! », aveva detto Bruno. La
strada
ma
se due torpedoni
che va
da
Capri
ad Anacapri
vi si incontrano
è eccellènte,
dèvono
andare
molto lentamente e gli autisti dévono guidare con molta urtare = colpire
336
precisione per non urtarsi, perché non c’è molto posto.
Capitolo XXV
Anche un’auto e un torpedone che si inc6ntrano su quella strada pòssono facilmente urtarsi. Però bisogna dire che gli autisti di Capri
incidénti
sono
sono molto
molto
rari.
Vespucci non lo sapeva,
Questo,
e la prima un
incontrò
salèndo,
automobile,
bravi
e che perciò
però,
la
fàcile
facilmente
gli
signora
volta che la loro
torpedone
stava
che
tornando in Piazza Umbérto I, essa gettò un vero grido
terrore = grande paùra
di terrore: « Annìbale! Autista! Si fermi! ». Ma l’autista,
caprese = abitante di Capri
un calmo
le disse sènza
caprese,
gridi
« Non
voltarsi:
in quel mòdo, signora! Fa paùra a quelli del torpedone; guardi un pò’: si sono voltati tutti da questa parte, a
sentirLa gridare! ». Anche Annibale disse a sua moglie, prendèndole Guarda
su,
la mano:
di voltarti
invece
Ecco, vedi? Il torpedone duto
niènte:
autisti conéscono
parte
dalla
è già passato
gli incidènti
di casa tua, e non si ùrtano
come
è acca-
a Capri.
tu conòsci
forse che io tornassi a Capri per paùra
rispose Dorabel,
grida! (tu) gridi! (Léi)
non gridare! (tu) non gridi! (Léi) guarda!
guardi!
a sentirLa tèndoLa
=
scusa!
scusi!
sen-
le stanze
« Léi voleva di urtare quel
«io
fermati! (tu) si fermi! (Léi)
Gli
mai con altre màcchine ».
« Scusi, signora », disse l’autista ridéndo,
mente
mare.
del
e non
sono rarissimi
la strada
torpedone? ». « Nd»,
cara Dora!
pò’ di calma,
« Un
si fermi! = vòglio che Léi si fermi!
volevo
sola-
scusi! : mi scusi!
vuòle che io torni voleva nassi
che io tor-
che Lèi non lo urtasse, ècco tutto ». « E l’autista
337
Capitolo
25
tornare
che io tornassi che tu tornassi
che egli tornasse
voleva
soltanto
che tu non
gridassi,
cara Dora»,
disse
Annibale, e poi aggiunse: « Ma èccoci arrivati ad Anacapri; non hai più bisogno di avér paùra. Scendiamo? ».
« Sì, scendiamo », disse Bruno,
« e andiamo a Villa San
Michele ». gruppo di persone = parécchie persone insiéme
Nella bellissima villa che aveva
appartenuto
al dottor
Axel Munthe, c’érano gia parecchi turisti, ma i gruppi più numerosi non érano ancora arrivati. « Lèi ha lètto il
visitare = andare
libro in cui Axel Munthe parla di Villa San Michéle? »,
in giro e guardare (città, monumenti, ecc.)
domandò
dispiacere piacere
e i giardini. « Nò, e mi dispiace moltissimo di non averlo
Bruno a Dòrabel mentre visitàvano le stanze
letto », rispose io, pènsi cdsa ho fatto = pénsi còsa hò fatto io
la madre
figlia, che hanno
di Joy;
letto, volévano
«mio
marito
e mia
che lo portassi con
me per leggerlo qui in Italia, e io, pènsi còsa ho fatto: l’hò lasciato
no»,
a Wàshington! ». « Le dirò una còsa, Bru-
disse Joy
con
un
sorrisetto,
«la mamma,
come
sempre quando partiamo in viaggio, voleva che ci ricor-
dàssimo
noi di tutto! ». « No, lo sai benissimo », disse
Dorabel,
« io volevo solamente che voi due mi aiutaste
un pochino a ricordarmi le mille còse che si dève portare con sé quando Villa San Michéle
338
si parte per un lungo
« Lo sò, lo sò, mammina », disse Jòy, vedèndo
viaggio! ». che alla
Capitolo XXV
madre
èrano dispiaciute le sue parole,
« l’hò detto solo
per ridere ». Così parlando, i quattro finirono la visita di Villa San Michéle.
Uscèndo,
nel
vestibolo
della
villa,
dispiacere dispiace è dispiaciuto visitare
una visita
Annibale
domandò alla moglie se non voleva che egli le comprasse
il libro su San
Michéle,
giacché
lo vendévano
li, in
inglese e in parécchie altre lingue. « Oh, grazie! mi farài
un gran piacere! », gli disse Dorabel. Quando Annibale èbbe pagato, Bruno
ai Vespucci
domandò
se volévano
che si andasse sùbito al Monte Solaro, il luògo più alto di Capri,
e se Vespucci
voleva
che
andassero
tutti in
che noi andàssimo che voi andaste che
seggiovia oppure se voleva che lui e Bruno, per esèmpio,
essi andassero
andassero su a piédi, mentre Joy e la madre prendévano
la seggiovia. « No, no, io sono troppo vècchio per andar su a
piédi,
caro Bruno », disse Vespucci, « io salirò su in seggiovia con Dora. Ma tu, Joy, perché non vai su a pièdi, assiéme
assième = insiéme
a Bruno? ». « Già, perché no? », disse Joy, « è una buona
idéa!
Se
anch’io
non
che
bellissima.
azzurro
così
Le
dispiace,
Bruno».
è un’eccellénte Si
idèa.
«No,
È
vede
quasi
tutta
scuro,
Ischia
e le altre
Capri,
una
nd!
Tròvo
passeggiata
il golfo,
isolette,
di
e non
un
è a
339
Capitolo 25
asep ci le qua la dal , oli Nap a o fin ere ved ér pot di o rar una trentina di chilometri ».
rano solamente
Quando arrivàrono alla seggiovia, vi trovàrono un gruppetto di turisti che, come
loro, avévano
visitato Villa
San Michéle e, dopo la visita, avévano deciso di andare sul Monte Solaro, per vedere il panorama. Bruno e Jòy
non aspettàrono e, lasciando i Vespucci, padre e madre, si allontanàrono,
camminando
l’uno accanto all’altro, e
cominciàrono
salire
il
a
verso
ristorante
del
Monte
Solaro.
fermar (si)
porto m
nave f
motonave f motore m
(tu)
onda f
traversata f
viso m fanciulla f mal di mare prua f
J poppa odore m
compréssa
f
acqua minerale f penisola f època f
villa f Gréco m precisione f 340
A.
ESERCIZIO
PAROLE:
m
« Non
ferma(ti)!
(si) fermi!
non fermar(ti)!
non
(allontanarsi)
(si) fermi!
(Lei)
da casa, Pietro! », dice sua madre.
« Si (avvicinare) ancora un po’, miss Joy », disse Bruno.
« Non ci (pensare)
più, caro
|signor
ca Vespucci », dice
« Non ne (parlare)
a Suo padre prima
Joy », disse Bruno.
« (Pensare)
esclama suo padre. « (Comprare) Dorabel », dice Bruno.
| Rossi.
di domani, miss
a ciò che fai, Bruno! »,
quel libro lì, signora
Capitolo XXV
egli voleva che io (torn) assi
noi
(torn) assimo
(torn) assi
voi
(torn) aste
essi
(torn) assero
tu
egli (torn) asse
calma f auto f trentina f
terrore
Teresa non voleva che suo figlio si (allontanare) da casa.
« Volevi tu stesso, papa, che noi (giocare) al pallone nel
giardino! ». « Chi vi ha detto che volevo
in città da (comprare)
soli? ».
mamma
non
voleva
che
tu
una borsetta così cara ». « Che cosa voleva
che (comprare) spucci
«La
che (andare)
allora? ». Bruno
si (avvicinare)
troppo
ESERCIZIO
non voleva
che i Ve-
al cratere.
B.
La — che doveva portare i quattro amici a Capri aspet-
tava al —. Era una —, cioè una nave a —. Poco dopo che i quattro furono arrivati, la nave — il porto e si — da Napoli. Allora Dorabel si —
m
caprese m gruppo m visita f isoletta f
gruppetto m
aZZurro calmo eccellènte sorrentino raro solamente facilmente avvicinarsi
accorgersi
allontanarsi accorrere accadere sparire appartenere separare decidere urtarsi visitare
dispiacere laggiù press’a poco per lo piu puo darsi assieme a
che il mare non era —,
ma che c’erano delle —, e disse: « La — da Napoli a Capri sara — ». Dorabel ha il —
di mare
appena vede un’—.
Bruno disse a Dorabel di andare verso la — della nave, perché a — il motore della nave faceva molto fumo,
341
Capitolo 25
e quel
fumo
Dorabel
una
un
aveva
—
e un po’ d’acqua
egli diede
Poi
—.
terribile
—.
Era
un’—
a
com-
pressa, perché, dieci minuti dopo, il mal di mare era —.
A Capri, i Vespucci e Bruno —
andare ad Anacapri.
di prendere un’— per
L’autista guidava
con grande —,
e perciò l’automobile non si — mai con le altre auto o con i torpedoni.
ESERCIZIO
C.
Perché
era
quando
la nave aveva lasciato il porto di Napoli?
diventata
Cosa fece Bruno
tutta
per aiutarla?
Cosa era Capri prima
pallida
in
viso
Dorabel, ....
....
di essere un'isola?
....
Cosa fece Dorabel quando la loro macchina incontrò un
torpedone che veniva da Anacapri?
....
Che cosa le rispose l’autista? .... Annibale, come voleva che si andasse su al Monte Solaro?
342
....
(26)
Capitolo ventisèi
Capitolo
andare
dalla
Solaro
al Monte
(XXVI)
SOLARO
IL MONTE Per
ventiseièsimo
centrale’
‘piazza
di Anacapri, da dove parte la seggiovia, si prènde una
viuzza = piccola via
viuzza che sale su per la montagna fra villini e casette,
montagna monte
=
villino villa
pìccola
sinistra, e che, un centinàio
voltando ora a dèstra ora a
di metri
per
dopo
diventare
l’ùltima
un
casa,
sentièro.
smette
Allora
di essere
una
comincia
la
via
parte
più bella della salita, fra pini ed altri àlberi e arbusti, sotto un sole che fa salire dalla térra, dai fiori e dalle
piante odori forti e caldi. E chi ha tèmpo lasciare qualche volta il sentiero
=
e voglia di
salire la salita
pianta : àlbero, arbusto, fiore, érba, ecc.
la spècie le specie
e di fare un giretto
per la montagna, troverà molte spécie di fiori e di piante
un pino
unarbusto
che non si trovano in nessuna altra parte d’Itàlia.
«Quant'è bèlla, Capri! », esclamò Joy quando, passate le ùltime
case, vide
quel
sentièro.
« Adèsso
capisco »,
disse, « perché si parla e si scrive tanto di quest’isola! Non credo di avér mai visto nulla di così bèllo! Quanta calma
« Questo
...
Pare
di
essere
soli
al
cièlo, questo sole, questo
mondo».
profumo
«Sì
...».
di fiori, di
un sentièro
profumo = odore che fa piacere
343
Capitolo
26
pini e di pietre calde
... E il mare,
azzurro? ». « Sì, è molto bello».
ha visto quant’é
« Bello? È una paròla
troppo débole! È meraviglioso, è splèndido, è ...». Bruno
sorrise: « È vero. Capri è una delle più belle isole del mondo ». guida : libro per turisti
Nelle guide sta scritto che per salire da Anacapri
sta scritto = é scritto
cima del Monte Solaro ci vuòle un’ora. Ma un’ora dopo
ci vuole = bisogna
avér
appena : non inte-
ramente
lasciato
seggiovia,
Annìbale
e Dorabel
alla
i due gibvani èrano appena
stazione
alla
della
arrivati a metà
strada, perché Jòy si fermava ad ogni momento, ora per cogliere un fiore che si metteva nei bèi capelli, ora per
méglio
sentire il profumo
di qualche
guardare lo splendido panorama.
minando una sédia a sdraio
pianta,
« Sa che stiamo cam-
da più di un’ora? », domandò
mente? », disse Joy,
« questa montagna
cosa dira se io La prego cosa direbbe se io La pregassi
Vesùvio!
stavo
se Lèi mi prèga io dirò se Lèi mi pregasse
« Cara
io diréi
pròprio
: appunto
sarà méglio se an-
diamo
sarèbbe méglio andassimo
344
se
dirèbbe
E
io
se La
che
pregassi
miss Jòy!
per
ora per
Bruno.
è più alta del
domandarLe
di fermarsi
un
se Lèi mi pregasse
« Vera-
che
còsa
momentino! ».
di fermarmi,
io
dirèi: ‘Ai Suòi 6rdini! ». « Va bene. Allora, fermiàmoci un
«Ma
momento».
«Qui?
Proprio
qui? ».
« Perché
nò?>».
... perché qui non c’è neanche un àlbero con un
pò’ d’ombra. Sarèbbe méglio se andàssimo fino a quel
Capitolo XXVI
pino li, non crede? Li fara certamente un po’ meno caldo ». Joy accettò, e i due giovani andàrono a sedersi sotto il pino. « Chissà còsa penseranno papà e mamma dèndoci arrivare! », disse
non ve-
Joy, e Bruno le rispose: « Già!
sapéssero
sarèbbe sarebbero
che stiamo seduti all’ombra di questo bél pino e che non
parlare parlassero
che
però
crede
Non
ci è accaduto
contènti
sarébbero
se
contenti! ».
molto
niente? ». « Sarèbbero
« Allora, su in piédi e andiamo a dirglielo, che non ci è succèsso nulla! », disse Bruno
alzàndosi
da tèrra,
e i
due giovani riprésero la loro salita, senza più fermarsi a guardare
il panorama,
sapere sapéssero dirglielo = dirlo loro (nella lingua parlata)
riprèndere :
continuare
a cogliere fiori e a sentire il
profumo delle piante. E tre quarti d’ora dopo arrivàrono alla cima del monte.
La
prima
cosa che fece Joy
fu di correre
vèrso
sua
madre, che si èra stesa su una sédia a sdraio del caffè
stèndersi = sdraiarsi
del Monte
si stènde si è steso
Solaro,
e di abbracciarla
dicèndo:
« Spèro
che tu non àbbia avuto troppa paura, mamma! ». Ma sua
madre, che sembrava tranquilla e contènta, la guardò come
se Jòy le avesse domandato
se aveva
il mal
di
mare sulla cima del Monte Solaro, e domandò ridèndo: « Paùra?
Perché
idéa! ».
«Son
mi domandi
molto
contènta,
se hò avuto mamma,
paùra?
Che
di vederti
così
avere
tu hai (che) tu àbbia
tranquillo = calmo avere avesse
345
Capitolo
26
... non
ma
tranquilla,
sono? ». « Si,
che ore
sai forse
sono ... sono le undici e mézzo ». « Ma nò, mamma, è il
tuo
orologio
che
si è fermato!
È
già
quasi
luna! ».
« L’una? Ma allora sono quasi due ore che ci siamo la-
sciati ad Anacapri!
Dovete èssere stanchi mòrti, pove-
retti! Prendete due sèdie a sdràio e riposàtevi un po’ ».
anche più = ancora più
_ pranzare! », disse Joy, stendéndosi
Bruno,
di
bisogno
abbiamo
invece
di stèndersi
accanto
su una
alla madre.
sèdia
a sdraio,
prese una sèdia e si sedétte accanto ad Annibale.
«Lo
credo bene che avete fame! », disse quest’ùltimo;
«che dirèi diresti dirèbbe diremmo direste dirèbbero
che
vero
riposarci, però credo che abbiamo anche più bisogno di
Ma sedersi si siede sì sedétte
È
mammina.
« Grazie,
appena
ne
direste,
tu
e Bruno,
di tornare
vi sarete riposati un pochino
ad
Anacapri
e di pranzare
qualche ristorante vicino alla piazza? ». « Diremmo
cèrte
volte
hai
delle
idée
veramente
in
che
meravigliose! »,
rispose Jòy bevèndo l’aranciata che aveva fatto portare suo padre. domandassi chiedessi
« Brava!
dessi di scéndere
e che mi risponderesti se ti chie-
in seggiovia
scéndere a pièdi? », domandò
assiéme
Annibale
a noi invece
chiudèndo
di
l’òc-
chio sinistro, come faceva sempre quando diceva qualcòsa di divertènte.
346
« Caro papà, ti risponderèi che anche per
Capitolo XXVI mille lire, anche per diecimila lire non scenderéi ad Ana-
capri a piedi!
Un momento
fa non mi sentivo stanca,
ma adésso mi pare a un tratto di avér fatto cénto chilometri
Joy»,
miss
« Povera
a pièdi!».
esclamò
«se Lèi mi avesse detto che èra così stanca,
Bruno,
avremmo
chièdere
chiedessi chiedessi chiedesse
chiedéssimo chiedeste chiedéssero
fatto gli ùltimi trecènto métri più lentamente! ». « Cara Jòy », disse Vespucci, tente
che mai,
«sono
a cui tutto sembrava sicuro
che
più diver-
se tu avessi
detto
a
Bruno che èri stanca, lui ti avrébbe portata in braccio fino alla cima del monte! ». Questa volta risero tutti e,
sempre ridèndo, andàrono
lista dei piatti
verso la seggiovia e scésero
ad Anacapri. Vicino alla piazza trovàrono un eccellente ristorante con una bellissima vista sul golfo, e si misero
a tàvola. « Ci porti la lista dei piatti! », disse Bruno al camerière. « Eccola, signore! », disse subito quest’ultimo dola
da un
tavolo
li vicino.
« Vediamo,
prendèn-
vediamo ... »,
tàvolo = tàvola
disse Bruno, « che ne direbbero se prendéssimo due cose
diverse invece di préndere tutti lo stesso piatto? ». « Si,
sì », rispose Joy, « prendiamo due piatti diversi! Così io potrò
assaggiare
il tuo
piatto
e tu il mio,
mamma».
« Buòna idèa, perché nò? E che còsa ci consìglia di prèn347
Capitolo 26
dere, Bruno? », disse Vespucci. « Ma ...», sorrise Bruno,
« è un po’ difficile. Non conosco i Loro gusti: non sò che còsa piace e che còsa non piace Loro ». « È molto fàcile: ci piace tutto, o quasi ». « Meno mio proprio
male, allora lascerò il
gusto decidere per noi tutti e consiglierò
Loro di prèndere come primo piatto un’aragosta una per due)
e degli scampi, séppie e trìglie ». « Bene!
benìssimo! », esclamò ordinare
portare
: dire di
(basta
Jòy,
« ma
che
còsa
sono,
tutte
queste bèlle còse? ». « Ora le ordino al camerière e pòi Glielo spiègo ».
uno scampo
una séppia
una triglia
« Dunque », disse il giovanotto un momento dopo, quando èbbe
ordinato
i piatti,
« un’aragosta
è ... vediamo
un pò’: non è un pesce, ma vive nel mare, è ... ma sa
che non è così facile spiegarlo? ». « Bè’, allora perché 348
Capitolo
non prova a fare un disegno? ». « Già, vediamo
un pò’
se ho un lapis ... sì, éccolo! E adésso, vediamo
se son
capace di disegnare un’aragosta. Non è mica così fàcile,
XXVI
èssere capace di =
sa? ». E Bruno cominciò a fare un disegno sull’ultima pa- | potere
un disegno
gina, bianca, di una guida che aveva in tasca.
disegnare
egli
quando
«Lei disegna molto bène », disse Dòrabel
ebbe finito. « Sì, adésso sappiamo cosa sono le aragoste », io st be no So « ». ? no so ie st bé disse Joy, « e le altre, che
un cane, un pesce, ecc. sono béstie; l’uòmo invece non è una béstia
bestia
line molto, molto buòne: ècco qua», rispose Bruno, e | Pestiolina disegnò uno scampo,
« lo scampo,
come
védono,
è una
un disegno
specie di aragosta, ma in piccolo ». « Infatti », disse Joy,
«rassomìglia
moltissimo
all’aragosta!
Ha
forse
lo
stesso gusto? ». « Nò, nò, il gusto è divèrso. E ora, ècco
una séppia ». o un Br to fat a ev av che o gn se di il e vid l be ra Do do Quan
un lapis
della seppia, essa esclamò, con un piccolo grido di di- | ). case che non son
sgusto:
buòne si mangiano
« Che brutta béstia! E Lèi ce la vuòl far man- | con disgusto
giare? Mai! ». «Ma mamma», disse Joy ridéndo, « non n. aay ar ‘AI AL l'hai neppure assaggiata! Come puoi dire che ti dà di
= to us sg di re da dispiacere
sgusto? ». « Mi basta averla vista! E una bestiaccia! ».
bestiàccia ==
«Non
màngia
è molto bella, è vero», disse Bruno,
mica
tutto, sa? e non la si màngia
brutta béstia
«ma non si
intera:
si
intera : non
tagliata a pézzi
|
349
Capitolo
26
mangia solo il corpo, tagliato a pezzi, non le ... le bràc-
cia. E pòi non è mica grande, è una bestiolina appena grande la grandezza
grande
così ». E Bruno
fece un altro disegno
della
séppia:
« È vero
per mo-
strare
la grandezza
che
rasso-
miglia
anche lèi a un’altra béstia della stessa spécie,
ma molto, molto più grande. Quella sì, mi dà disgusto ».
« Può dire quel che vuole, io quella ... quella còsa non la metterò mai in bocca! ». « Ma mamma, nessuno ti dice
che devi mangiarla! ». « Anche se voleste, non potreste il corpo
di un uòmo
su : ti prégo
fàrmela
mangiare! », continuò
la signora
Vespucci,
ed
allora Joy, prendèndola per la mano, disse: « Su, mam-
mina, non ne parliamo più! Adèsso Bruno ci disegnera la tèrza bestiolina che abbiamo
ordinato e della séppia
non se ne parla più, va bène? ». La signora Vespucci non disse:
rispose, e Bruno
« La quarta bestiolina
pòi mise il làpis sulla tàvola:
Se lo disegnassi pesce pesciolino
di
pesce.
Ma
«la quarta
rassomiglierébbe
è un
bél
pesciolino
a ogni
dal
...», ma
è un pesce.
altra spècie
còrpo
lungo
e di un bel colore rosso, della grandezza di... ma, lungo lungo la lunghezza
così »,
e Bruno
mostrò loro con le mani la lunghezza
della triglia, che aveva mangiato tante volte. In quel momento
350
arrivò il camerière con l’aragosta, gli
Capitolo
scampi, ecc. « Ecco, signori! Spero che tutto sia buono.
XXVI
sò che tutto è spero che tutto sia
preparati or
Gli scampi, le séppie e le triglie li hanno
ora, proprio per Loro, sono ancora caldi caldi».
« Gra-
or
ora
=
ora
ora
zie, son sicuro che ci piaceranno moltissimo », disse Vespucci, e i quattro si misero a mangiare.
ordinàrono
piatto
Capri,
di
specialità
un’altra
Dopo
il primo
e, per
finire, frutta di stagione e caffè. Quando Vespucci ébbe
di stagione = della stagione
pagato èrano le due e mezzo.
come sempre Joy.
« Cosa facciamo adèsso? », domandò
« Domandalo
E come sempre suo padre rispose:
«Io», disse il giovane,
no ».
a Bru-
« consiglieréi di riposarci
ancora un pò’, e pòi di scéndere di nuòvo a Capri, e di andare
in
giro
per
i negòzi
cui
di
Capri
è piéna.
Sono sicuro che la signora Dòrabel e miss Jòy vi troveranno molte belle cose da portare con sé in América ».
« come sèmpre Bruno ci con-
« Ècco! », disse Vespucci, siglia di fare
la migliore
delle
còse
possibili! ». « In-
possìbile : che si può fare
fatti », dissero Jòy e sua madre. Così
Bruno
Umbérto
I,
e i Vespucci présero la Via delle Botteghe e
si
verso
le
quattro,
tornati
in
Piazza
misero a guardare i mille ‘ricordi di Capri’, di tutte le
ricordarsi un ricòrdo
spècie, di tutti i prèzzi, per tutti i gusti. « Guarda, mam351
Capitolo
26
ma! », esclamò
dopo
qualche
minuto
Joy,
«che
belle
la seta è una stoffa
bluse di seta! Vorrèi tanto compràrmene
volere vorrebbe
vuoi una anche tu? ». « Eh, lo sai bène che le bluse e i
essere (se) fosse
vestiti di seta, se fossi ricca, ne comprerei chissà quan-
un uòmo che ha molti soldi è ricco
ti! », disse Dorabel
ridèndo,
una!
e le due donne
Non
ne
entràrono
nel negozio insième a Bruno. Vespucci, lui, rimase fuori. Egli non èra capace, come
la moglie e la figlia, di stare delle ore intere a guardare e provare vestiti, guanti, scarpe e altre còse, a parlare
dei prézzi, ecc. « Povero Bruno», vanotto entrò nel negozio
pensò quando
con Dòrabel
il gio-
e Joy,
« chissà
quando lo lasceranno uscire! », e si mise a guardare la
gènte che passava.
Una
mezz'ora
« Papa,
più
tu non
tardi,
sai che
i tre
uscirono
belle bluse
dal
abbiamo
negozio. comprato,
io e la mamma! », esclamò Jòy appena vide suo padre. « E sai che cos'ha
fatto Bruno? », disse Dorabel.
come potrèi saperlo, giacché sono stato sèmpre
« No,
qui? ».
« Ci ha fatto véndere le bluse e tutto ciò che abbiamo suòi amici = amici di lui ricco ricchi
392
comprato a molto meno del prèzzo che domandàvano! ». « Veramente? ». « Sì, ha detto che èra una guida e che
noi eravamo
suòi amici
e non molto
ricchi, e allora ci
Capitolo
XXVI
hanno fatto pagare molto meno degli altri! Senza Bruno,
sono certa che non sarébbe mai stato possibile, perché
=
sicuro
che tutti i turisti americani
sempre
in Italia si pensa
cèrto
sono ricchi ». « Cara signora Dorabel », disse Bruno quasi
scusàndosi, «i negòzi di ricordi fanno quasi sempre un regalino alla guida che porta dei turisti. Allora io non
ho fatto altro che far Loro regalo di quel regalino. Ecco ».
Gròtta
la
dimenticato
« abbiamo
giovane,
interrompèndo
a un tratto Joy,
« Bruno! », esclamò
il
Azzurra! ».
una gròtta marina
« Eh, no », si scusò Bruno, « non l’hò dimenticata, io, ma Sua
la
siccome
molto
stava
non
mamma
bene
sulla
motonave, son certo che non aveva voglia di salire su una
piccola
sarébbe
non
che
barca
certamente
stata
ferma come la nostra nave, e...». « No, grazie », esclamò
« Gròtta Azzurra o no, io in una barca non ci
Dorabel,
scesa!
sarèi mai
da soli con
andarci
Potete
un altro giorno, io non ci vado! ». « Ma
che papà non ha tèmpo!
Come
una barca
Annibale
mamma,
tu sai
pòsso tornare in Amè-
rica e raccontare che sono stata a Capri sènza avér visto
la Gròtta
ripeto:
«Signor
Azzurra? ». «Io
me
nella
tua
Vespucci»,
non
gròtta
ne
non
sò nulla,
mi
ci fai
disse allora Bruno,
ma
te lo
andare».
«le Sue far393
Capitolo
26
falle non potrébbero aspettare ancora un giorno? Hanno
gia aspettato
Aspettato dire? ».
quasi
duemila
duemila
anni
cosicché
...».
« Eh?
anni,
mie
farfalle?
Cosa
vuol
le
« Eh, gia: hò pensato un po’ ai posti dove vuòl
farci andare dopo Nàpoli — e Càpua, non si diméntichi! —
e mi è venuta
Allora
c'è
...».
stato
un
un’idèa. Lei si chiama
« Allora? ». «Ma,
altro
Annibale,
niente, pensavo
Annibale
all’època
dei
no?
solo che
Romani,
e
che ...».
« Basta, giovanòtto, Lèi ha vinto! », esclamò
Vespucci,
« torniamo a Napoli e Le racconterò la vera
storia del nostro
‘giro d'Italia’.
E domani torneremo
a
Capri mentre Dorabel si riposera dopo le due traversate
d’oggi. Va bene? ». « Bravo papa! », gridò Joy abbracciando suo padre. E tutti, contenti, scésero al porto e andarono
verso
la nave.
ESERCIZIO
PAROLE: viuzza f montagna f villino m casetta f sentiero m salita f pino m arbusto m 354
«Se
qualcuno
A.
(di) rei
(di)remmo
(di) resti
(di) reste
(di)rebbe
(di) rebbero
ti domandasse
se vuoi
venire,
cosa
(ri-
spondere)? ». « (Rispondere) di no! ». « E voi altri, cosa
Capitolo XXVI
(avere) risposto, se ve l’avessero domandato? ». « (Avere) risposto di no anche noi».
partire subito,
(volere)
Joy
ma suo padre non vuole. Anche Bruno e Dorabel (volere)
Annibale
stesso, ma
partire il giorno
dice che non
si
può. « Se avessimo un figlio, io e mia moglie, (rassomicredo », dice Annibale.
a suo nonno,
gliare)
« (Potere)
darmi mille lire, papa? », domanda Bruno. « (Potere), si,
ma non te le darò, perché ti ho dato diecimila lire pochi
giorni fa ». ESERCIZIO La
bella
più
parte
della
B. da
—
Anacapri
Monte
al
Solaro comincia dopo le ultime case. Il — sale fra pini, arbusti e altre —. Dai fiori sale un forte —. Joy si ferma spesso
per —
un
fiore.
Poi,
i due
giovani
su
una
sedia
a —
—
la loro
salita. Dorabel
si era
stesa
del
caffè
del
Monte Solaro, e sembrava — e contenta. « Dovete essere
stanchi », disse a Joy e Bruno, « — un poco ». Poco dopo,
scendono
ad Anacapri
e vanno
in un ristorante,
dove
Bruno domanda la — dei piatti. Egli — ai Vespucci di prendere due cose —, invece di prendere tutti e quattro
pianta f specie f
profumo
lista f tàvolo m gusto
m
m
aragosta f scampo m séppia f triglia f guida f disegno m lapis m béstia f bestiolina f disgusto m bestiaccia f sèdia (f) a sdràio corpo m grandezza f pesciolino m lunghezza f ricordo m seta f regalino m grotta f barca f tranquillo divérso capace possibile ricco certo certamente cogliere
riprendere stendersi
riposarsi assaggiare consigliare ordinare disegnare
390
Capitolo
26
rassomigliare proprio or ora su!
a sua madre, « così
« Bene », dice Joy
lo stesso piatto.
io potrò — il tuo piatto e tu il mio! ». Bruno non conosce i — dei Vespucci, ma ad essi piace tutto,
e allora
Bruno
chiama
il cameriere
e —
come
primo piatto un’—, degli —, delle — e delle —.
ESERCIZIO
C.
Perché è così bella l’ultima parte della salita del Monte Solaro? ....
Perché mettono Monte
Cosa
tanto tempo ad arrivare alla cima del
Solaro, i due giovani?
fa
Dorabel,
cima?
....
Come
fa Bruno
gosta?
....
quando
a spiegare
....
i due
giovani
ai Vespucci
arrivano
cos’é
un’ara-
Dove fa il disegno? .... A che bestia rassomiglia lo scampo?
Cosa dice Dorabel seppia? ....
356
quando
in
....
vede il disegno di una
a
Capitolo ventisètte
_-=—-—__——___——
(27)
Capitolo ventisettèsimo
(XXVII)
DÒRABEL VÌSITA NAPOLI A dire il vero, Vespucci non èra scontènto di avér raccontato a Bruno la verità sul loro viàggio. Tutto diven-
tava molto più fàcile, ora che egli non èra più obbligato a trovare ogni giorno nuove storie per spiegare i suòi viaggetti. Adèsso, anche in presènza di Bruno, i Vespucci
presènte la presènza
potévano parlare apertamente dei luoghi che Annibale
doveva vedere, e Bruno
poteva consigliarli sulle città
che dovévano visitare Jòy e sua madre. Il giorno dopo la visita di Capri ed Anacapri, Bruno e
una nùvola
Vespucci, come avevano promesso a Joy, tornarono al-
l’isola per far vedere alla fanciulla la Gròtta Azzurra. Il sole splendeva in un ciélo purissimo, sénza una sola
nùvola. Il mare èra tranquillo, e le barchette entràvano ed uscivano come pesci per la bassa apertura che è la sola
via
possibile
per
visitare
la
Gròtta.
Grotta fu per Joy uno spettàcolo
diecina di barche giràvano
della
L’interno
indimenticàbile.
senza far rumore,
Una
e ogni
puro = pulito
aprire un’apertura
l’intèrno = la parte che è dentro una còsa indimenticàbile
=
che non si può di-
menticare
un giro girare
357
27
Capitolo
tanto uno
ogni tanto = a ogni momento
degli uòmini
che remàvano
alzava un remo
e batteva con forza sull’acqua. Allora, éra come se qual-
un remo remare
cuno
avesse
acceso
un
proiettore
che
gettava
la sua
accendere accende ha acceso
luce
colpire un colpo
remo, e quel colpo faceva scaturire dall’acqua migliàia
scaturire = a un tratto
uscire
d’un
azzurro
purissimo
verso
l’acqua
battuta
dal
e migliàia di piccolìssimi soli che parévano giocare fra di
centinaio centinaia
loro come
migliaio migliaia
dal corpicino fatto tutto di luce.
essere (se) fosse (se) fossero
«Ancora!
se fossero non gocce
ancora! », gridava
d’acqua,
Joy,
ma
pesciolini
abbassando
la voce
come se temesse di far paùra a quei pesciolini. « Ora Léi,
corpo corpicino
signorina », le disse l’uòmo nella cui barca si trovàvano,
temere = aver paura (di)
la cui barca = la barca del quale una goccia
e Bruno spiegò: « Vuòle che Lèi batta sull’acqua con le mani! ». E Joy, ridèndo dal piacere, batté con la mano
sull'acqua.
Lo
spettàcolo
si ripeté
i suòi
sotto
dcchi
felici, e migliàia di goccioline di fuòco, che ora le semgoccia
bràvano
gocciolina
perle vive, scaturirono
di nuovo
giocàrono su e giù per la sua mano e Dopo
avér girato nella Gròtta
dall’acqua
e
il suo bràccio.
per qualche
minuto,
le
barchette scaturivano ad una ad una dall’intèrno della Gròtta per la stessa apertura per cui èrano entrate. La
una pèrla ad una
ad
una
una dopo l’altra
358
=
vìsita
èra
finita.
Minuti
indimenticàbili,
bei ricordi di un viaggio in Italia.
uno
dei
più
Capitolo XXVII
Dopo
avér pranzato
a Capri,
Bruno
e i due
Vespucci
ra
CITIIL:ILKdodod
tornarono a Napoli. Appena fùrono arrivati all’albergo, mpusaeucaza
il portière disse loro che la signora Vespucci èra uscita poco dopo la loro parténza e non si éra piu fatta vedere.
« E questo che cosa vuòl dire? », fece Vespucci.
« Mia
moglie è uscita stamattina e non è ancora tornata? Ma
sono
già
le cinque!
Dobbiamo
trovarla!
Bruno,
còsa un muséo
facciamo? ».
Bruno,
sempre
Bruno!
Il giovanòtto,
che
era sempre
quello a cui si chiedeva consiglio, sorrise e rispose: « Gia, che facciamo? Prima di tutto, sediàmoci un momento
pensiamo.
Bene.
E adèsso,
vediamo:
dove
può
consigliare
un
consiglio
e
essere
andata la signora Dorabel? Al porto? Non credo, e poi non si può
stare al pòrto per
facendo una lunghìssima
Anche
quasi sètte ore!
passeggiata lungo il mare,
a
un remo
visitare il porto non ci si può méttere più di tre ore. Cèrto, c'è il Musèo Nazionale, che è uno dei musèi più
ricchi del mondo.
Capirà, con tutti quegli oggetti pre-
ziosi ... Lì sì che si possono
pàssano!
Potremmo
Musèo? ». «Caro
forse
dimenticare
andare
Bruno! », esclamò
le ore
a vedere Vespucci,
se
che
è al
«se Léi
sapesse che cattivi amici di Dòrabel sono i musèi, Lèi
=
certo
certamente
nazionale = dello Stato, del paése
sì che si pòssono ...= SÌ, si possono
eo
eo
si beve il vino si bevono i vini cattivo ». «Si, papa», ri-
spose Joy, « è la mamma! ». « Infatti, è la signora Dora-
bel! », esclamò Bruno, e sènza aspettare gli altri corse è corso
verso la madre di Joy. Quando lo videro arrivare, i ra-
Capitolo
gazzi smisero subito
di saltare,
XXVII
di gridare
poi smisero
e di ridere, e quando Bruno fu accanto al gruppo alcuni cominciarono
a scappare.
« Che
cosa fate? », domandò a Dorabel,
a quelli che érano rimasti intorno
Bruno
siccome nessuno rispondeva, continuo:
E subito,
scappate!
e un momento
l’altro,
èh?
« Su, andate via!
...!». Prima
sennò
e
uno,
scappare = allontanarsi molto presto
andare via = andarsene
poi
dopo tutti quanti scapparono, ri-
tutti quanti = tutti
dèndo di nuovo e gridando come se avéssero una terribile paùra.
Dorabel abbassò la màcchina stancata!
e disse:
però che bravi bambini,
« Uff! mi hanno sono
e come
carini!
Perché li ha fatti scappare? Peccato! ». In quel momento, prima che Bruno
avesse avuto il tempo
di risp6ndere
macchina : macchina cinematografica stanco stancare
carino = bellino
peccato!
peccato!
= che
alla signora Vespucci, arrivarono anche Annibale e Joy.
Seguèndo il consiglio di Vespucci, tutti quanti tornarono allora all’albèrgo e, sedutisi nel ristorante,
ordinàrono
quattro caffè. La signora Vespucci, tutta rossa in fàccia,
sorridénte, si riposò un pò’, e poi raccontò la sua ‘storia’. Pòco Bruno,
dopo essa
che éra
èrano scesa
partiti
suo
nel vestibolo
marito,
sua
dell’albèrgo
e
figlia con
la
sedutisi : quando si fùrono seduti
persona sorridénte = persona che sorride
prima
dopo
aveva
che avesse
che èbbe,
prima che fosse
dopo che fu, èra
sua macchina ed éra uscita — per una bréve passeggiata, pensava lei. Voleva andare a Santa Lucia per cinemato361
Capitolo
27 grafare la vita del pòrto, le barche, i bambini.
Dòrabel
voleva molto bène ai bambini. Andando a Santa Lucìa, si éra fermata un pò’ prima
cinematografare
di via Nazario
dei ragazzi che dal molo
Sauro
per
saltavano
in
acqua fra le risa e le esclamazioni dei presènti. Durante esclamare un’esclamazione
accorgersi si accorge si è accorto
una
diecina
di minuti,
Dorabel
aveva
cinematografato
i ragazzi, dimenticando tutto intorno a sé, e perciò non
si éra accorta della presènza di due uòmini che si trovàvano a qualche distanza e la stàvano guardando. Essa
non sapeva, perciò, per quanto tèmpo l’avévano guardata, un
dénte
ma, a un cèrto momento,
il più giovane dei due aveva
fatto qualche passo avanti e aveva detto: « Buongiorno, avanti : vèrso Dorabel un mòlo
signora! Fotografa i bambini? Sono carini, vero? ». Dòrabel
si èra
voltata
con
una
esclamazione
di paùra.
Il
giovanòtto aveva sorriso mostrando dei denti bianchissimi,
e aveva
sono
mica
« Le
detto:
cattivo,
sa?
fàccio
Soltanto,
paùra, vedèéndo
signora? una
Non
signora
americana — perché si vede sùbito che Lèi è americana
— mi è venuta l’idèa che forse Le piacerèbbe di visitare la città. Io fàccio spesso la guida per i turisti: americani,
inglesi, tedeschi, francesi, di tutti i paési! e sono sèmpre tedesco = abitante della Germania
362
stati molto,
molto
contènti,
perché
io conosco
Nàpoli
Capitolo XXVII
méglio di tanti altri, sa? Le potrèi far vedere cèrte còse che i turisti non védono quasi mai ». Dorabel non aveva
più paùra
e, trovando
simpàtico
il
persona simpatica =
persona
piace
che
giovanotto, l'aveva lasciato parlare per qualche minuto,
diverténte divertire
sia perché la divertiva, sia perché parlava
sia...sia: forse...o forse
così presto
che essa non aveva nessuna possibilità di fermarlo per
possibile
dire
non... gran che = poco
una
parola.
Poi,
siccome
non
aveva
capito
gran
che di quel lungo discorso, gli aveva detto ridèndo, in
inglese: «Se Léi vuole che io capisca ciò che dice, Léi dève ripèterlo in inglese! ».
in ‘americano’.
bambina
e aveva
Dorabel
accettato.
io capisco
vuole che io capisca
«In inglese, bène! », aveva
detto il giovane napoletano e aveva ricominciato
discorso
una possibilita
aveva
il suo
riso come
Il giovanòtto
aveva
una detto
qualche paròla all’altro uòmo, poi lui e Dorabel si èrano allontanati.
« Ma mamma! », esclamò Joy, « séi partita così, sola, con
un uòmo ladro?
sconosciuto?
O, magari,
Non
pèggio
avevi ancora!
paùra Chissà
che còsa
fosse un poteva
farti! ». « Ma no, ma no! », disse Dorabel ridéndo, « quel
sconosciuto = non si conosce
magari anche
che
: forse
pèggio >
méglio
giovanotto non éra un ladro! Era molto onesto! Mi aveva detto prima quanto avréi dovuto pagare, e non ha voluto accettare una lira di piu ». « Davvero? », disse Vespucci,
363
Capitolo
27
avér ragione «> sbagliarsi
« allora hai ragione, è stato un giovane molto simpatico e molto onèsto ». « Un
ma
Bruno
non
napoletano?
Ma
la lasciò continuare:
...», fece Joy,
« Cara
Se Léi crede che i napoletani siano meno
miss
Jòy!
onèsti degli
altri italiani, Léi si sbaglia! Sono storie che si raccòntano
quando
uno
non
conosce
Nàpoli,
molti anni fa, c’érano a Napoli
Bruno
èbbe
finito
Joy? », esclamò Dora-
il suo
discorsetto,
avuto ragione di crédere in quel giovanòtto! quante cose mi ha fatto vedere! noioso divertènte ti: a uno
la storia storico
forse,
più ladri che in cérte
altre città. Oggi, no ». « Ecco, vedi, bel appena
perché
« hò
Se sapessi
E non di quelle cose
noiose che ti fanno sémpre vedere le guide: monumenti storici,
amico
edifici
pùbblici,
napoletano
eccétera,
mi ha
eccètera.
fatto vedere
No,
solamente
il mio
delle
cose interessanti, e tu sai che quando qualcòsa mi inteinteressante interessare
rèssa, io non mi stanco mai di guardarla ». Allora Bruno domandò
dire di! dica!
con un sorrisetto:
« E che còsa
La interéssa, signora Dorabel? Me lo dica, per piacere, non
vorrèi
farLe
« Ma caro Bruno!
vedere
anch’io
delle
còse
noiose! ».
Lei non ci ha mai fatto vedere nulla
di noioso. Anche le còse che prima non mi interessàvano,
quando 364
ne parla Lèi mi sémbrano
a un tratto interes-
Capitolo XXVII
santissime ».
Bruno,
«ma
«La
ringràzio,
Léèi non
cose che La
signora
ci ha ancora
Dorabel»,
detto quali
interèssano ». « Glielo
dico
disse
sono
le
io», fece Ve-
spucci, « Dòra si interèssa soprattutto ai vestiti, a quelli
dei negòzi e a quelli che portano le altre donne,
soprattutto = più di ogni altra còsa
... e
agli oggetti preziosi », aggiunse dopo un momento. « Non lo ascolti, Bruno!
Ciò che mi interéssa è la vita di un
paése, la gènte, non i ricòrdi storici,
ascolta! ascolti!
i monumenti nazio-
nali o che sò io». « Va bene », disse Bruno, « ma ci rac-
L’ha
conti allora dove
quel
portata
Suo
napoletano ».
portare : fare andare
« Non mi ricòrdo più i nomi dei luòghi dove siamo stati, ma
prima
di tutto
abbiamo
fatto
una
passeggiata
quasi un’ora sul grande molo del porto di Napoli».
di « Il
Molo S. Vincènzo? », domandò Bruno. « Si, credo. Il mòlo
S. = San
in sé non è
in sé : stesso
e mezzo,
interessante. È lungo quasi un chilometro
ma
abbiamo
moli
più
lunghi
in
America.
Quello che è interessante è la vita del porto: tutte le navi che éntrano ed èscono, le barche di ogni spécie che
girano
pescando.
C’èrano
anche
dei ragazzi
che facé-
pescare = prendere pesci nel mare
vano il bagno in quell’acqua spòrca, con delle risa così
gàie e felici che èra un piacere guardarli. Meno che avevo
con me
la mia màcchina,
non
male
una persona che ride é gaia
mi sarèi mai
365
Capitolo
27
perdonare sare
: scu-
perdonata carini
cérti dénti dènti dimenticarsi dimenticare
: (dei) =
con
di non
i bambini
certi
dènti
averli
italiani, con
che
quei
sémbrano
Come
capelli
perle!
neri
Dopo
sono neri
e
il porto,
siamo andati in cento altri posti di cui mi sono dimenti-
cata il nome. Abbiamo
— far rivedere = vedere di nuovo
cinematografati!
uff!
c’érano
mangiare
visto anche un mercato di pesci
di quelle bestiacce che Léi mi voleva a Capri! ».
« Delle
séppie? ».
«Si,
chis-
sà per quanti anni me le ricorderò, ora che le hò riviste in quel
mercato.
E appena
le ho
siamo
viste,
subito
andati via di lì e siamo andati a vedere un altro mercato, dove
sante! povero ricco
«>
si vendévano
E com’é
gàio
vestiti vecchi.
il popolo
Molto
interes-
Ma
quanta
di Napoli.
povera gente, però! Mi sembrava di éssere ricca a milioni, andando
in giro per quelle vie. Penso
che non me
ne
accorgeréi più se vivéssimo a Napoli per qualche anno, piacévole = che fa piacere
ma bisogna dire che in un certo modo
éra uno spettà-
colo molto interessante. Però non molto piacévole, soprattutto perché si sa che non si ha nessuna possibilità un cuore
quartière = parte di una città
di aiutare quella povera gènte. Ma è stato ancora peggio quando
la mia guida mi ha portata nei quartieri vera-
mente poveri di Napoli. Non potevo quasi andare avanti, tanto lo spettàcolo di tutta quella gènte, e soprattutto di
366
Capitolo XXVII nòrd
quei bambini, mi faceva male al cuore. Era terribile! ».
Dorabel smise di parlare. Quella passeggiata per i quar-
tieri poveri di Napoli éra la prima nùvola nel ciélo fino ad allora cosi puro del suo viaggio in Italia. dispiaceva
vederla cosi triste e le disse:
A Bruno
« Ha ragione,
signora Dorabel, ci sono ancora, a Napoli, dei quartieri triste
>
molto poveri, ma se Lei sapesse quanto ha fatto il go-
gàio
verno italiano per aiutare tutto il sud dell’Italia: Napoli,
governare il govérno di un paése
la Calabria, la Sicilia! Se Lei fosse stata in quegli stessi
quartieri prima del ’45, oggi avrébbe potuto vedere un
imménso
miglioramento
nella vita di quella gènte. È
imménso
=
dissimo
gran-
migliore un miglioramento
vero che le città del nòrd, come Milano, Torino, Venèzia, sono ancora molto più ricche di quelle del sud, ma
credi! creda!
mi creda: il nostro governo non le diméntica, e Lei déve perdonarci possiamo,
di non fare piu presto. Facciamo
« Ciò che dice mi fa un grandissimo Dorabel,
sono
e lo ripèto: i miglioramenti
«anche
se non
posso
quel che immensi ».
piacere », rispose
neppure
pensare
a ciò
che doveva èssere la vita di quella gente prima di tutti quei miglioramenti. Ma
ora, potrò almeno
poli senza che mi fàccia male
sognare Nà-
il cuòre ». « Per parlar
W
la Calàbria e la Sicilia
sognare sare a
: pen-
fare che faccia
d’altro, mamma », disse Jòy, « non ci hai ancora raccon-
367
27
Capitolo intorno intorno
: a te
tato dove
hai trovato
tutti quei ragazzi
che avevi
in-
torno arrivando all’albèrgo ». « Ah, quelli lì! », esclamò risata =
riso
tornare a parlare =parlare di nuovo
Dorabel
sere tristi quando
cose non ne pòsso più
= e troppo per me
chiédere chiède ha chièsto
con una risata,
più
« hai ragione, non bisogna
si è in Itàlia. Torniamo
piacévoli.
Dunque,
quando
és-
a parlare di
la mia
guida
mi
èbbe fatto vedere la parte pòvera di Nàpoli, io non ne
potevo più. Perciò gli hd chièsto Volevo, prima
di tornare
di tornare in albèrgo, vedere di nuòvo
qualcòsa di meno
triste, di più piacévole.
lire che gli avevo
Al porto, gli ho dato le cinquemila promesso. quel
Avrèi
voluto
simpaticissimo
dàrgliene
giovane
una lira di più. Dunque, n’è
se
egli
al porto.
ha
voluto
ma
accettare
gli hò detto mille gràzie ed
Il
andato.
non
sèi o settemila,
sole
splendeva
sèmpre
in
un cielo che non aveva la più piccola nùvola, e io sono rimasta un po’ a guardare mi son visto intorno = hò visto intorno
a me
ci fa la fotografia? = vuole fotografarci? non l’avessi mai detto! = vorrèi non averlo mai detto
368
la vita del porto. È allora
che a un tratto mi son vista intorno più di venti bam-
che
bini
gridavano
ridèndo:
‘Dica,
signora,
ci fa la
fotografia? ’. Ho provato a spiegare a quei cari bambini
che
questa
era una
non l’avessi mai aveste
visto
macchina
detto!
quelle
cinematogràfica
—
E stato mille volte pèggio.
facce
e sentito
le esclamazioni
ma Se di
Capitolo XXVII
quei ragazzi!
Lei conosce
‘ Allora
Vittorio de Sica? E la Magnani? attori
.
La
.
per
e di attrici,
.
.
:
me
:
forse Rossellini?
E
...’. E altri nomi
di
li
sconosciuti.
°
9
x
Dev’ésser
che in ogni bambino italiano c’è un attore o
sulla
vero | teatro ci sono atto-
’
ice ! un'attrice!
Che meravigliose possibilità per chi vuòl fare dei film in Italia! ». «Si»,
disse Bruno,
di un
scèna
|
ri ed attrici
. chi:
“us colùi
che
i an
«c’è solo da girare un | c’è da girare = bisogna girare
po’ per le vie di una citta e si ha subito una diecina
di bravissimi attori ed attrici. tanti bèi film
« Cos'hai
È per ciò che si fanno
in Italia >».
fatto
allora? », domandò
Joy
ridéndo,
«hai
fatto un film, tutta una stòria, lì, sul posto? ». « Quasi! », | sul posto = sùbito
rispose Dorabel,
«li ho fatti giocare,
buttarsi in acqua, nuotare
un vero
piccolo
saltare,
correre,
e mille altre còse. Hò fatto
film che mi
ha fatto dimenticare
le
369
Capitolo
27
centimetri (cm.)
macchina me,
prima.
poco
Ma
non ho pit avuto un centimetro
quando
a
visto
avevo
tristi che
1 métro (m.)= 100 | cose
saréi stata conténta
che
caro
Bruno!
son
Si
di film nella
di averLa
accanto
saltarmi
intorno
a
messi
è proprio
gridando in modo tale che ho veramente cominciato ad
avér un po’ di patra. Non sò come ho fatto a tornare all’albèrgo con la macchina. che
un film
ci vedeva
doveva
E il bello è che la gènte
èssere
tanto
abituata
a quella
re è abituato a
spècie di spettàcoli che rideva invece di aiutarmi. Ma
molto spesso
tutto è finito béne. Però, ora sono stanca! ». « Lo credo
cos.
vedere = vede
bene
PAROLE: viaggetto presènza nùvola f barchetta apertura
interno m remo m colpo m
f f
che
mammina! », esclamò
Joy.
E
di andare a lètto e di riposarsi per almeno un pàio d’ore.
f
ESERCIZIO
A.
voglio che Bruno parli
luce f
volevo che Bruno parlasse
dente m migliàio m goccia f corpicino m gocciolina f perla f
ho paura che Bruno parli avevo paura che Bruno parlasse
senza che | B
prima che {
consiglio m
370
tu sia stanca,
accompagnò la madre su in camera, e le diéde l’ordine
m
musèo m riso m molo m esclamazione
x
x
Ho
f
paura
che Bruno
non
parli
IUNO | parlasse (capire)
ciò che dico.
| Ho saputo tutto senza che tu me lo (raccontare).
Capitolo XXVII
(parlare).
Chiudiamo la porta prima che Joy
possibilità f
discorsetto
Voglio che tu (partire) prima di noi.
quartiere m cuore m govèrno m
Era partito senza che io lo (sapere). aveva
Dorabel
(urtare)
che il torpedone
paura
la loro
macchina.
L’uomo voleva che io gli (chiedere) scusa. Prima
sud m nord m
miglioramento m risata f attore
di rispondergli,
il tempo
avuto
(avere)
io
che
egli usci.
m
attrice
m
f
film m centimetro
obbligato
m
puro indimenticabile nazionale cattivo
Ho paura che Joy non (credere) a ciò che racconto.
Partirò prima che (fare) troppo caldo.
cinematografico
carino
simpatico
sconosciuto
ESERCIZIO Non
una
c’era
tornarono
Si entra
—
sola
a Capri.
nel
B. i tre amici
era
il mare
Azzurra
nella Grotta
noioso
quando
cielo,
Il sole —,
onèsto
per una
bellissimo.
molto
sola —
bassa. L’interno della Grotta è uno spettacolo —. Quando uno
uomini
degli
egli
sull'acqua, sembrano
fa
che
—
piccolissimi
I ragazzi —
in mano una
—
alza
dall'acqua
migliaia
di
battere
—
che
pesci.
intorno alla signora
——.
per
remo
un
Tutto
Vespucci,
il gruppo
—
che teneva
verso
Bruno,
storico interessante
gàio
sorridente tedesco
piacévole
triste
immenso
peggio
splendere girare
remare accendere scaturire temere saltare
scappare
stancare
371
Capitolo
27
cinematografare interessare pescare perdonare divertire rivedere aver ragione ogni tanto certo davvero avanti soprattutto via magari di cui gran che tutti quanti sia...sia ... in alto
Annibale e Joy, fra le grida e le — dei ragazzi. Quando si mise a correre verso di loro, i ragazzi comin-
Bruno ciarono
a
—.
l'avevano —
Dorabel
li
trovava
molto
—,
ma
essi
molto.
Il giovanotto che aveva mostrato Napoli a Dorabel non era un ladro, era molto —. Egli non le aveva mostrato le cose —
che si mostrano a
tutti i turisti, monumenti
—, edifici pubblici, ecc., ma solo cose —, cioè cose che —
Dorabel.
Essa
si interessava
—
alla vita dei paesi
che visitava. Quando aveva visitato la città, le era sem-
brato di essere ricca a milioni, tanto era — la gente intorno a lei. Era stato uno spettacolo molto interessante, ma non troppo —, e le faceva male al — vedere i bambini dei —
poveri di Napoli. Era una cosa molto —.
ESERCIZIO
C.
Può raccontare il giro di Joy nella Grotta Azzurra? .... Dove consiglia Bruno di andare a cercare Dorabel?
....
Può raccontare il ritorno di Dorabel all’albergo? .... Come 372
era cominciata la passeggiata di Dorabel?
....
Capitolo XXVII
Cosa disse
Joy quando
senti che sua madre era andata
in giro per Napoli con un uomo che non conosceva? Perché
era triste Dorabel
raccontando
la sua
....
passeg-
giata? ....
Che cosa le spiega Bruno? ....
Com'è finita la passeggiata di Dorabel?
....
373
Capitolo ventotto
(XXVIII)
Capitolo ventottèsimo
(28)
UNA
SERA
A SORRENTO
Il giorno dopo la visita di Nàpoli della signora Vespuc-
ci, suo marito tornò a Capua, e Dorabel, Joy e Bruno giornata = giorno | passàrono
una
giornata
tranquilla,
ma
non
noiosa,
a
riparlare di tutto quel che avévano visto fino ad allora. l'indomani
=
giorno seguènte
il
E l'indomani 9°
si decise di lasciare Napoli
e
e
e
e
LJ
I
°
per un giro .
di qualche giorno.
« Andiamo « No, rispondere
una risposta
in trèno o in torpedone? », domandò
andiamo
in macchina!
me
: non lo farèi
neanche in sogno
noi quattro»,
fu la
risposta di Annibale. « Ma ... e dove la prèndi, la màcchina? », domandò
neanche per sogno
Solo
Bruno.
sempre,
Dorabel,
esclamò:
« Vuòi
e Joy,
pronta
comprare
a tutto
co-
un’automobile,
papà? ». « Comprare? Neanche per sogno! Che còsa ne faréi dopo?
E dove
vado
a prèndere
i soldi?
No,
no,
non vòglio comprare un’automòbile, ma hò pensato che dttimo = eccel-
dev’éssere possibile noleggiarne una per qualche giorno.
scéndere
Léi Bruno, che ne pènsa? ». « È un’òttima idèa, e pènso
lente
(che)io scenda
(che)lui scenda
374
x
|
che l’albèrgo ci potrà
cui
.
aiutare. Vuòle
che scenda
a do-
Capitolo
mandare? ». «Che
Lèi scenda
giù?
E perché?
Non
XXVIII
si
può telefonare? ». « Certamente. Lo fàccio sùbito », disse Bruno,
e cinque
minuti
dopo
il portière
dell’albèrgo
aveva noleggiato una màcchina a séi posti per le ùndici.
«Lei
deve
solamente
pagare
saranno restituite quando
trentamila
lire
che
Le
Lèi riporterà la màcchina ».
« E quanto costa il noléggio della màcchina? ». « Si può pagare
come
un
tanto
al giorno
o un
tanto
al chilometro,
si vuòle. Lèi còsa preferisce? ». « Credo
mi
anche
sembra
più
giusto ». « Sì, mi
più
pare
noleggiare il noléggio
che sia
meglio pagare un tanto al chilometro; sara un’idèa mia, ma
restituire—dare di nuòvo a una persona ciò che le appartiene
sarà
: è forse
giusto
a me », disse Bruno.
In quel momento suonò il telèfono. Fu Jòy che rispose. « Papà », disse, « il portiére vuole che tu scenda giù un
po’
prima
della
dèvi firmare
partènza.
divérse
Dice
che
prima
cose per il noléggio
di partire
della mac-
china, ma non hò capito tutto ciò che mi ha detto. Sai,
è quell’impiegato
che
parla
un
pessimo
inglese,
non
io scenda tu scenda lui scenda
firmare
=
scrive-
re il proprio nome
e cognome
sotto
una léttera, ecc.
pèssimo «> ottimo
l’altro, il giovane. Quello lì è stato in Inghiltèrra e in América e parla un òttimo inglese ». « Va bène, va bène »,
disse Vespucci, « pensavo anch'io che c’èra qualcòsa da firmare. Scenderemo alle ùndici meno un quarto, cioè fra 370
Capitolo 28
un'oretta ». abbiamo la ròba
=
le cose
« Di
appena
già!»,
esclamò
Vieni ad aiutarmi,
disse Joy, e le due donne
mentre Vespucci diceva ridendo: soltanto
partiamo
«ma
allora
il tempo di méttere in una valigia la
roba necessaria per partire! « Bene, mamma»,
Dorabel,
per
uscirono,
« Ricòrdati, Dora, che
giretto
un
Joy! >».
o tre giorni!
di due
Sai bene che ti porti sempre diétro troppa roba, cara ». Alle ùndici meno un quarto, Vespucci scese giù assieme in Ordine : come deve èssere
a Bruno, e alle undici la macchina éra pronta. Annibale per
vedere
e Bruno
uscirono
«Quanti
litri di benzina
se tutto
ci sono
era
in ordine.
nel serbatoio? », do-
mandò Vespucci all’autista, « ce n’é abbastanza per tutto
fàccio a saperlo? Lèi non mi
il viàggio? ». « Éh, come
ha mica detto dove va! Se vuòl fare un viaggio di... il serbatdio per la benzina
diciamo cinque o seicènto chilometri, va bène. Nel ser-
batoio c'è abbastanza benzina per quasi seicénto chilò-
pianura > montagna
metri — per andare in pianura, però, perché se vanno
in montagna = sulle montagne
in montagna chilòmetri, vece,
che
basterà
la benzina forse neppure
sò io, parte
per
per fare cinquecènto
per cinquecènto. un
viàggio
Se Léi in-
di mille
chilò-
metri o più, allora nò! non ce n’è abbastanza, di benfare benzina = comprare benzina
376
zina. Ma puo sempre fare benzina per strada ». « Si, si, dI
“
Capitolo
XXVIII
si capisce, grazie. Ah! écco le signore, possiamo métterci
in macchina e partire ». « Che bella macchina! », esclamò
.
x
Dorabel,
«dove
..
vuoi
che
.
.
ci sediamo? ».
« È
x
béne |
che vi sediate tutte e due diétro: è più sicuro », rispose Vespucci,
?
mentre
dava
una
mància
all’autista
che
era
sedersi
(che) ci sediamo (che) vi sediate
q
uegli 8
—
quell’uòmo
venuto con la màcchina. Quegli aprì lo sportello e aiutò | sportèllo : porta Dòra e Jòy a sedersi, salutò e si allontanò, voltàndosi però ancora
un paio di volte
in érdine. Bruno domandò
per vedere
se tutto
di un’automòbile
éra
si sedètte accanto a Vespucci, quegli
un’ùltima
volta:
« Siamo
tutti
pronti?
Non
avete dimenticato nulla? Dòra, hai preso la ròba di cui
avrài bisogno? ». « Tutto dare », rispose Dorabel,
in Ordine, pensa
solo a gui-
e finalmente partirono.
finalmente = alla fine
377
28
Capitolo
Passarono accanto alla Stazione Centrale, e pochi minuti autostrada = stra-
da
solo
mobili
auto-
per
dopo
arrivarono
all’autostrada
Napoli-Castellammare.
Vespucci, che voleva provare il motore della macchina,
aumentò accelerare = aumentare la velocita
la velocità fino a cènto chilòmetri all’ora. A
quella velocità, il motore cantava contènto e quasi non si
il massimo = il più grande
avvicinàndosi
ancora,
accelerò
Vespucci
sentiva.
a poco a poco alla velocità màssima: centocinquanta al-
Vora. In quel momento, sull’autostrada c’érano poche màcchine. Davanti ai Vespucci, a un centinàio di mètri, un filare
présto
: camminare
gròsso torpedone filava a circa ottanta chilometri, mentre due altri torpedoni, che venivano da Castellammare
distare = distante
èssere
e distàvano fra loro una trentina di metri, si avvicinàfilando
vano,
sènza
davanti
loro
a ottanta
rallentare
e perciò,
all’ora.
o novanta
il torpedone
di sorpassare
decise
Vespucci rallentare «> accelerare
anche
che
aveva
che
visto
avèndo
sùbito diétro di lui non c’èrano altre màcchine, cominciò ad avvicinarsi
al mézzo
strada.
della
l’autista del più distante
Ma in quello stesso momento, gli viene incontro = viene verso lui
spostarsi =
di
an-
dare dal proprio
posto in un altro
che
gli venivano
incontro
sorpassare
il torpedone
che
dei torpedoni lui
di
perciò accelerò Vespucci,
378
vèrso
fino a cénto il mèzzo
decise
davanti
aveva
all’ora e si spostò,
della
strada.
In
anche
un
e
come
secondo,
Capitolo
Vespucci
capi che se lui e il torpedone
a filare
l'uno
incontro
all’altro
alla
XXVIII
continuavano
stessa
velocità,
senza rallentare né accelerare, si sarèbbero quasi certamente
scontrati
in
mézzo
all’autostrada
e
allora
Annibale Vespucci non avrebbe mai finito il suo libro! Accelerare, Vespucci non poteva, perché andava
massimo
della velocità.
per andare
a riméttersi
sorpassando,
Poteva
spostarsi verso
diétro
il torpedone
gia al
déstra,
che stava
solo se il torpedone accelerava.
Dorabel non aveva visto niènte, sennò avrèbbe provato a consigliare suo marito, facendogli pérdere un paio di
secondi. Vespucci,
preziosissimi
dall’acceleratore
e cominciò
a rallentare. L’autista
torpedone che gli stava davanti aveva
ciò che stava per
accadere
tolse il piède
dunque,
togliere
ieee
del
visto anche lui
còsa voleva
e capì sùbito
fare Vespucci, e per aiutarlo accelerò, lanciando a tutta suo
il
velocità
fortuna. Un
che
done x
gròsso
una
fu
Ciò
torpedone.
e il torpe-
pàio di secondi dopo, Vespucci
gli
veniva
incontro
si
x
fortuna! », disse
pò’,
e
ci
scontravamo,
solo
allora
.
èh?».
Bruno,
« Uff!»,
« ancora
fece
passàvano
ac-
no l’uno accanto all’altro
C’éra appena un metro fra le due màcchine .... « Che
si
accanto. | canto = passava-
passàvano x
vera
un
Vespucci
379
Capitolo 28
senza dir nulla, mentre riprendeva al torpedone.
esclamò:
E Joy,
papa!
una
giornata
cominciare
visto
che aveva
« Bravo
Bén
il suo posto diétro
fatto!
Porta
in questo
anche
léi,
fortuna,
sai,
tutto
modo».
« Credi? »,
domandò suo padre con un débole sorriso. « Cèrto! Non lo sapevi? ».
la penisola sorrentina
Un
quarto
dove
finiva
d’ora
dopo,
l’autostrada.
arrivàrono
« E
a
Castellammare,
adésso»,
disse
Bruno,
«lasciamo la pianura del fiume Sarno e prendiamo
la
un panorama panoramico
strada panoràmica. È lunga circa sètte chilòmetri, e la
incredibile = a cui non si crede
vista sul golfo di Napoli
è incredibilmente bèlla ».
Infatti,
di una
380
il panorama
éra
bellezza
che
non
si
Capitolo
poteva chiamare altrimenti che incredibile, e Vespucci questa volta non
ando
pit presto del necessario.
Dopo avér lasciato la strada panoramica
ed èssere pas-
sati attravèrso la cittadina di Vico Equènse, arrivàrono a Bruno:
a Meta. Fu allora che Vespucci domandò ora, dove andiamo?
diamo
prima
Continuiamo
a Sorrènto?
Perché
fino ad Amalfi,
se vogliamo
XXVIII
altra altrimenti = altro mòdo
in
passare attravèrso =
attraversare
cittadina = piccola città
« E
o an-
andare
a Sorrènto, se non mi sbaglio, bisogna voltare a déstra ». « Già, non ci pensavo », disse Bruno, « voltiamo dunque a déstra, non possiamo fare altrimenti: dobbiamo vedere
Sorrènto! ». « Certamente! », esclamò Jòy, « sarèbbe una péssima
idéa passare vicino a Sorrento
sènza
fermar-
cisi ». « Dèvo però aggiùngere », disse Bruno, « che, dato
fermàrcisi = fermarsi lì dato che = come
sic-
che da Sorrento ad Amalfi ci sono trentadùe chilometri di una strada difficilissima, se ci fermiamo qualche
ora non
potremo
continuare
a Sorrénto
Oggi, ma
saremo
obbligati a pernottarci. Non fa nulla? ». « No di cérto! », esclamò Jòy, e fu dunque
pernottare
=
di cèrto =
certo
sare la notte
pas-
deciso che si sarèbbe andati
prima a Sorrénto e che si sarèbbe continuati per Amalfi maggiore = più grande
il giorno dopo. A
Sorrènto,
la maggior
difficoltà
camere libere in qualche albèrgo:
fu
di trovare
delle
si èra in luglio, in
difficile una difficolta
381
Capitolo
28
in pièna stagione = in mézzo alla stagione
èrano occu-
pate. Finalmente, però, si trovò un albérgo che proprio
un turista turistico
occupato libero
pièna stagione turistica, e tutte le càmere
quella mattina «>
una fortuna fortunato
una
aveva
ricevuto
famiglia
francese
faceva
con
giorno
rivata
fa sapere che
un
arriverà
faceva sapere che sarebbe arrivato
non
un telegramma
potuto
far
arrivato niènte.
sapere
di ritardo.
gnori! », disse il padrone fosse
un telegramma
« Sono
sarébbe
ar-
fortunati,
si-
dell’albérgo ai Vespucci,
questo Ci
che
con cui
telegramma,
sono
dei
turisti
«se
io
non
avréi
che
ci
hanno
scritto da parecchi mesi per èssere sicuri di avér delle càmere! Loro però pòssono solamente pernottare, perché domani sera le càmere non saranno più libere ». « Già, ma
noi domani
mattina ripartiamo,
ci basta », disse Bruno, un impiegato impiegare
gironzolare = andare in giro, passeggiare
dopo di che il padrone
suo figlio, che èra impiegato le càmere
cosicché una notte
nell’albèrgo, di mostrare
dei francesi ai Vespucci
Il pomeriggio, lo passàrono
disse a
e a Bruno.
a gironzolare per le viuzze
di Sorrènto, fermàndosi a guardare i caffè, le botteghe, articolo =
còsa
pòrto porticciolo colo pòrto
= pic-
il vèermut
vino
è un
i negozi di ricòrdi, di fazzoletti ed altri artìcoli di seta.
Scésero giù al porticciolo con la sua piccolìssima spiàg-
gia, e lì présero màrono
a guardare
un
bicchierino
di vèrmut
e si fer-
i ragazzi che pescàvano dal molo.
« Cosa péscano? », domandò Joy al cameriére. «Ma... 382
XXVIII
Capitolo
chi lo sa! Non si vuòl
pescare
prènde
nulla.
lo sapranno
in mare,
si va
son
Ma
neanche loro, signorina. Se
ragazzi,
riva
dalla
qua
non
sono
Quando
gidcano.
si
stanchi di gironzolare per il porto o per la città, vanno
li a pescare, fanno il bagno, provano a fare la guida a qualche
dare
farsi
per
turista
pò’
un
Cosa
di soldi.
vuole, sono gi6vani ». E il camerière alzò le spalle sorridendo,
anche
di quando
se si rammentasse
come
lui
rammentarsi ricordarsi
di =
era giovane e passava le giornate a gironzolare per le
viuzze di Sorrènto Quando
e a pescare Joy
la sera,
venne
nel porticciolo.
domandò:
« Bè’,
che
cosa
facciamo dopo cena, Bruno? ». E Bruno ridèndo rispose:
« Cara miss Joy, non vòglio mica che Loro obbediscano
ai mièi
consigli
allora faremo se Léi
come
il contràrio
ci dice
di uscire
Lèi ci dice di rimanere
Ordini! ». « Va
se féssero
bene,
di ciò che Léi ci consiglia: in camera,
rimaniamo
in albèrgo
passiamo
scéndere
io scenda tu scenda egli scenda noi scendiamo voi scendiate
essi scéndano
e se
la serata
fuòri. Va bène? ». « Va bene ...», rispose Bruno guar-
sera
serata
=
giorno
giornata
sera
serata
dando la fanciulla con un sorrisetto che sembrava dire:
« Aspètta un pò’, cara mia! Vedremo momento! ». Pòi,
ad alta voce,
disse:
còsa dirài fra un «Io
dirèi
di ...
di andare in un ristorante che conosco, dove c’è un’òtti-
383
Capitolo 28
rimanere
rimarra
un’orchéstra
ma orchestra e dove, dopo avér cenato, potremo ballare
per un paio d’ore. Ma
siccome
abbiamo
deciso di fare
il contràrio di ciò che Le consiglio, rimarremo la serata a léggere una
e passeremo
bergo
in al-
guida.
Va
bene? ». « e tu che ne dici,
Bruno! », esclamò Vespucci,
« Bravo
Joy? Ballare o lèggere una guida turistica? Mi sembri un pò’ incèrta ...».
suo padre e Bruno
Jòy guardò per qualche momento
come se volesse saltàr su e prèn-
derli per i capelli, poi esclamò ridéndo di tutto cuore: gènte che balla incérto >
cèrto
piace
(che) piaccia
« Ha vinto ancora
Spero
però
prometto
che
una vòlta Bruno!
l’orchèstra
mi
Andiamo
piaccia,
a ballare!
altrimenti
Le
che passerà una brutta serata! ». « Stia tran-
altrimenti : sennò | quilla; un mio amico è stato a Sorrènto due mesi fa e stare
sta! (tu) stia! (Lei)
mi
ha
detto
che
l’orchéstra
cellènte », disse Bruno, come se si rammentasse anche
avér
Lèi,
avuto
signora
una
ristorante è ec-
e pòi aggiunse, un pò’ incèrto, di qualcosa:
Dòrabel,
buòna
di quel
« Spèro
altrimenti
idèa ».
«Stia
non
che balli credo
tranquillo,
di
mia
moglie balla molto bène e ballerèbbe col màssimo piacere tutta la notte! », esclamò assicurare = dire in modo cérto
384
Annibale.
assicurò Bruno che non ballava méglio
Dòrabel
rise e
di tante altre;
Capitolo XXVIII
Vespucci aggiunse che lui, invece, éra sempre stato un
pèssimo ballerino. Finalmente, vèrso le òtto, tutti uscìrono dall’albergo e andàrono Ebbero
qualche
al ristorante. tàvola libera,
difficoltà a trovare una
ma il padrone li aiutò, e finalmente potérono
ordinare
)
la cena.
Era una serata meravigliosa, come non ce ne sono molte nemmeno
a Sorrènto,
dove l’estate è così bella. Tutto
invitava ad éssere felici,
a pensare unicamente
al lato
Bruno, guardando Joy durante
bello della vita. Anche la cena, sentiva nàscere
in sé qualcòsa
nemmeno = neppure
di nuovo.
Ma
fu solo verso la fine della cena, quando l’orchèstra si
nàscere nasce nacque è nato
rimise a suonare dopo èssersi riposata un pò’, che egli
capi di voler bene a Joy. Glielo fécero capire una giòvane signora e suo marito che, appena l’orchèstra aveva cominciato
a suonare, si erano messi a ballare, dimen-
ticando tutto e tutti, soli al mondo, pièni di una felicità
felice la felicità
tranquilla e forte, una felicità sorridènte, così apertamente
innamorati
su di loro.
rispondergli,
che
tutti
gli sguardi
« Chi saranno? », pensò
Dorabel
disse,
come
degli anni della sua giovinezza:
Bruno,
si fermàvano
e come
innamorati : che si
vògliono molto bène
per
se si rammentasse
«Come
sono gidévani,
giovane la giovinezza
385
Capitolo
28
amare = volere molto bène a
e come
sono
perché
belli! ». «Sono
sono
felici, cara
belli perché
Dora»,
si amano
le rispose
suo
e
marito,
« certo anche noi eravamo belli quando avevamo la loro età ed eravamo
come
loro sposati da poco».
Joy
non
disse nulla e non avrèbbe potuto dire ciò che pensava, perché che
non pensava
ballàvano
con parole:
facévano
parte
per lèi, i due gidvani di un
sogno
che
aveva
nome Sorrènto. Joy li guardava senza parlare, e le sembrava
che
essi fossero
ristorante, solo per lèi.
venuti
li, quella
sera,
in quel
A Bruno, in quel momento, non
pensava. Poco dopo, Bruno la invitò a ballare, e così i due giovani
si trovarono poté potérono
a qualche metro
si disse che érano
dai due ballerini. Bruno
certamente
stranièri, ma
indovinare di che paése fossero. Ballàvano parlarsi, e le pòche (capelli) biondi =
di un colore chiaro
paròle
a capire da dove venivano. quel biondo
chiaro
che sentì non
La signora
non
poté
quasi sènza lo aiutàrono
èra bionda,
che si vede così raramente,
di
anche
nei paési del nord. Era alta, appena un po’ meno alta del marito. Aveva posato la testa sulla spalla di lui e aveva chiuso gli Occhi, sorridéndo tranquilla.
« Fortunati loro! », pensò Bruno, 386
e sùbito dopo
si do-
Capitolo
mandò
perché
Guardò
accadeva?
pièno
mai
aveva
pensato
così.
Che
còsa
Joy che gli sorrise, guardò
di stelle, la gènte
intorno
XXVIII
gli
il ciélo
a loro, e gli venne
l’idéa che forse, un giorno non tanto lontano, altri dirèb-
bero
di
«tu
sèi
innamorato! ».
In
quel
pensò,
Rossi»,
«Bruno
«Fortunato! ».
lui:
momento
l’orchèstra
smise di suonare, e Jòy gli disse: « Bruno, fàccia ballare
la mamma.
Sò che ne ha tanta voglia».
piacere », disse il giovanòtto,
« Certo, con
e i due tornàrono
al loro
tàvolo. Quando
Bruno
tornò
a ballare
con
Jòy,
i due
inna-
morati se n’érano andati, e Bruno provò a non pensare più al sogno che aveva fatto quella sera.
ESERCIZIO
che noi
che io (cred)a
Non
mi
(scendere)
sembra
che essi
(cred)a che
nella strada
PAROLE: giornata f noléggio m
(cred)iamo
che voi (cred)iate
che tu (cred)a che egli
A.
(fare)
freddo,
a vedere,
(cred)ano ma
posso
se
vuoi
che
farlo. Essi non
ei rr Vo i. sol da ada str la nel e) er nd ce (s noi che no io vogl
roba f benzina f serbatoio m pianura f sportello m autostrada f velocità f màssimo m acceleratore m fortuna f
387
Capitolo
28.
cittadina f difficolta f telegramma m articolo m porticciolo m vermut m serata f orchestra f ballerino m
felicità f giovinezza f padrone m risposta f ottimo pessimo màssimo panoràmico incredibile incerto maggiore libero turistico occupato fortunato
contrario innamorato biondo finalmente noleggiare restituire riportare preferire firmare accelerare filare distare sorpassare rallentare spostarsl scontrarsi pernottare gironzolare perdere
388
che anche loro
mi sembra
(credere)
che ciò che dico è vero. Non
che tu (capire)
quel che ti dico. Papà
non
vuole che voi (partire) soli.
ESERCIZIO
B.
Vespucci decise di — una macchina per qualche giorno,
e Bruno
trovò
che
era
un’—
idea.
Vespucci
doveva
solamente pagare trentamila lire, che gli sarebbero state —
quando
lui avesse
—
di partire, scesero per —
po’
prima
diverse cose. Dorabel
aveva
la macchina.
Un
messo in una valigia la — necessaria per il viaggio. Vespucci domandò all’autista se c'era — benzina nel —. Poi, quando sua moglie fu salita in macchina, Vespucci
diede una mancia all’autista, — ringraziò, e i Vespucci e Bruno partirono.
Quando
furono
arrivati
all'’—
Napoli-Castellammare,
Vespucci, per provare il —, aumentò cora, avvicinandosi
alla velocità —
quella velocità, egli decise di —
la —. Poi — della
macchina.
un torpedone
anA
che —
davanti a lui a circa ottanta all’ora. I Vespucci e Bruno decisero di — a Sorrento prima di
Capìtolo XXVIII
continuare il loro viaggio. La maggior — fu di trovare | assicurare o. o. riméttersi delle camere libere, giacché si era in piena stagione —. | rammentarsi ballare Quasi tutto era —. Finalmente, — come sempre, trova- | nàscere
amare altrimenti
rono delle camere per quella notte.
ESERCIZIO
Quanto
costa il noleggio
abbastanza attravèrso
C.
di una macchina?
....
Cosa fa Vespucci quando arriva all’autostrada? ....
nemmeno quegli l'indomani incontro in Ordine di cèrto dato che un tanto
Perché decidono di pernottare a Sorrento i quattro amici? ....
Perché era così difficile trovare delle stanze libere? ....
Che camere trovano finalmente? .... Cosa fanno, quel pomeriggio?
....
Che cosa vedono giù nel porto di Sorrento?
....
Bruno cosa consiglia di fare la sera? ....
Cosa capisce Bruno quella sera? ....
389
Capitolo ventinove
Capitolo ventinovèsimo
(29)
(XXIX)
IL MACIGNO Annibale e gli altri lasciàrono Sorrento di mattina prèsto. Era una splèndida gita = viaggio piacere
di
giornata:
faceva caldo, ma
non
tròppo, tutto sembrava prométtere una bellissima gita.
Il padrone dell’albèrgo èra uscito sulla strada per augu-
auguri augurare
rare buòn viàggio, i primi turisti cominciàvano ad arri-
vare a Sorrento. A cinque chilometri da Sorrento, la macchina prèsto = molto prèsto bèn
voltò a
déstra e cominciò a salire. Bèn prèsto, ai due lati della strada cominciàrono gli aranceti. « Oh, Bruno! », esclamò
pòssono (che) pòssano
Jòy
appena
li vide,
«non
crede
che
si pòssano com-
prare delle arance in uno di quei giardini? ». «I giararancio = di arance
albero
dini di aranci si chiàmano aranceti. Molti padroni non
accèttano sono
di véndere
alcuni
che
la frutta
lo fanno.
ai turisti, però
Possiamo
provare.
ce ne Fermià-
moci qui, vado a domandare ».
Cinque minuti un
390
aranceto
dopo, Bruno
padrone dell’aranceto.
tornava accompagnato
dal
« Vuòl cògliere qualche arància,
Capitolo XXIX
signorina? », domandò l’uòmo a Joy, che èra uscita dal-
l'automobile assiéme alla madre.
«Si, con grandissimo
piacere, se Léi me lo permette! », rispose Joy. « Vènga,
venga!
venga! », disse allora l’uòmo, « Le farò vedere dove può cògliere le più bélle ». Jòy e la madre còlsero una diecina di bellissime arance,
cogliere
pagàrono il padrone e tornàrono sulla strada. « Ne man-
èh? », disse Joy,
sùbito,
una
giamo
e senza aspettare
la risposta degli altri prese nella borsetta un coltellino N
.
yas
ve
e si mise a sbucciare un’arància per sua madre. Pòi ne
sbucciò
una
per sé e passò
il coltellino
una bùccia
sbucciare
a suo padre. | na bùccia d’arancia
« Che ne facciamo delle bucce? », domandò, « le buttiamo
sulla
strada
tagna? ».
« Aspettiamo
case », disse
un
giornale!
di essere
o aspettiamo
Annìbale,
Ce
almeno «e
n’è uno
che
non metti
intanto
lì, sul
più
sedile
in monpiù
ci siano le bucce
davanti.
in
Puòi chiacchierare = parlare per far
arrears: l’hò già letto ».
x prènderlo,
Così, a sbucciare arance, a chiacchierare sigarette,
su,
i quattro
amici
passàrono
e a fumare
una mezz'ora
passare il tempo
un giornale
da-
vanti all’aranceto. Quando si rimisero in màcchina, Bru-
no, alzando
lo sguardo,
disse:
«Ha
visto, miss
Joy,
quella nùvola che ha la forma di un cavallo che sembra
un sedile
391
Capitolo 29 rassomiglia : la nùvola rassomiglia
sui
cérrere
Monti
« Sì,
Lattari? ».
infatti
rassomiglia
o? ll va ca e Ch « ». ! co an bi o ll va ca o ns mè im un a o ri pròp l. be ra Do e ss di », o ll va ca ùn ss ne do ve n no io ? dove
« Ma
arl pa re nt me e! on gi ra hai nò, ... lì , da ar gu a, mm sì, ma una sigaretta
animale = béstia
vamo ha cambiato forma e adèsso rassomìglia piuttòsto a un grosso cane ... o a qualche altro animale. Ha una
forma nuòva ogni vòlta che la si guarda, quella nùvola ». «E
divènta
sempre
più
grande»,
Annibale,
aggiunse
« e questo non mi piace. Spéro che non si metta a pioun cavallo
piòvere pidve di rado = raramente
vere ». «A
6piòvere? », domandò
Dorabel,
credevo
«io
che in Italia, d’estate, non piovesse mai! ». « Piòve rado,
è vero»,
disse
Bruno,
«pero
succède.
di
allora,
E
cérte volte, l’acqua viene giù a fiumi ». « Bè’, speriamo
che questa vòlta non spucci,
sia che una
nùvola », disse Ve-
accelerando.
Ma la nùvola, che prima aveva la forma di un cavallo,
poi di un cane, aveva di nuòvo cambiato forma, e ora del cielo. A un tratto, una nùvola
di
polvere si alzò dalla strada, davanti alla macchina,
ed
tutto
fu
copriva la metà
la pélvere viaggiatore = persona che viaggia
392
entrò
per
i finestrini
copèrto di polvere: «Mamma
mia! »,
aperti.
In un
secondo,
i viaggiatori, i loro vestiti, i sedili. esclamò
Dorabel,
«da
dove
viene
tutta questa pdlvere? ». « È il vento che la solléva, mamma », rispose Joy. Come
per dare più forza alle parole
della ragazza, un séffio di vènto più violènto del primo sollevò un’altra nùvola di polvere, e prima che Bruno e i Vespucci avéssero avuto il tempo
di chiùdere i fine-
strini ébbero la bocca, il naso e gli òcchi pièni di pdlvere. « Chiudete quei finestrini, se non mi volete far morire! »,
esclamò Dòrabel appena poté parlare. « È già fatto », le risposero
sua figlia e Bruno.
Il vènto
intanto
soffiava
con violènza sempre maggiore, e quando i nostri amici, arrivati al punto più alto della strada fra Méta ed Amalfi, videro di nuòvo
il mare ai loro pièdi, le prime
d’acqua colpirono
la macchina.
« Cosa vi dicevo
gocce
io? »,
esclamò Vespucci, « ècco la pidggia! Lo sapevo che quel nuvolone non ci avrebbe portato fortuna. E vedrete che
queste goccioline di piòggia fra poco diventeranno
un
acquazzone come non se n’è mai visti! ». Infatti, lone
quello
bèllo
che
una
bianco,
ora
mezz'ora éra
solo
prima
éra
un
un’imménsa
nuvonùvola
grigia, che copriva quasi tutto il cièlo. I colpi di vénto si succedévano quasi sènza interruzione; nella màcchina
un
naso
un soffio soffiare violènto la violenza
punto : luògo colpire colpisce colpì
piòvere la piòggia un nuvolone = una grande nùvola
acquazzone = piòggia violènta e brève
colpire un colpo
succèdere : seguire interrompere
un’interruzione
393
Capitolo 29
che aveva i finestrini chiusi per non lasciàr entrare la
polvere faceva un caldo terrìbile; il mare, cènto mètri più giù, aveva cambiato colore ed èra ora di un azzurro scuro che si avvicinava al nero. Vespucci guidava lenta-
mente,
fermàndosi
spesso,
perché
la
piòggia
cadeva
così forte che non si vedeva niénte a una trentina di metri. Dorabel parlava senza fermarsi, rammentàndosi
tutte le vòlte che èrano partiti in gita con un tèmpo meratempàccio = brutto tèmpo
viglioso
ed èrano
tornati
un
con
« Ti ricordi quella volta che un rivolgersi si rivolge si è rivòlto un lampo
rivolta a sua figlia, ma
minciò,
more,
accompagnata
luce
violentissima
un rumore
di una
tempàccio
terribile.
acquazzone
...», co-
fu interrotta
da una
da
un
imménso
ru-
forza tale che per i quattro
viaggiatori fu come un colpo in tèsta. Vespucci fermò e per parecchi secondi non
la màcchina,
che
il rumore
della
piòggia
Poi, di nuòvo, un lampo Vespucci
e a Bruno,
che
sul tetto
si sentì altro
dell’automobile.
che fece chiùdere gli occhi a stàvano
sui sedili
davanti,
e
pòi un tuòno ancora più lungo e più violènto del primo. spaventare = fare paùra
« Annìbale!
proseguire = continuare
èra spaventata all’idèa di proseguire il viàggio con quel
Torniamo
a Sorrènto! », disse Dòrabel, che
tempàccio per una strada sconosciuta.
394
« Eh, cara Dora »,
Capitolo XXIX
le rispose suo marito,
«al punto
in cui siamo
arrivati,
è méglio proseguire, sai? Prima di tutto, un acquazzone a lungo
di tale violènza non può durare a lungo. Fra una mez-
z'ora,
un’ora
tornerà
il sole,
certo
smetterà
al màssimo,
andare
e potremo
avanti
di
tempo
piòvere,
sènza
diffiun tuòno
tuòna, è méglio
coltà. E poi, c'è un’altra còsa: quando
: molto
tuonare
non stare né tròppo vicino al mare, né tròppo in alto, perché i fùlmini colpiscono quasi sèmpre o l’acqua o i
fùlmine = lampo
punti più alti, come gli àlberi e le cime delle montagne ». «Mamma
mia! »,
Dorabel,
esclamò
mi
«tu
spavènti
con tutti questi discorsi sui fulmini! ». « Scùsami, Dora,
hai ragione, parliamo piuttosto della nostra gita. Bruno,
ci racconti qualcosa su Amalfi! ». «Si!
bravo
papà! »,
esclamò Jòy, « ma prima di cominciare, apra per favore il finestrino,
Bruno,
perché
qui fa un caldo
terribile,
e io hò voglia di fumare una sigaretta. Grazie ». « Va bène », disse Bruno,
rotto ogni momento succedévano
quasi
e cominciò
il racconto,
raccontare un racconto
inter-
dai lampi e dai tuòni, che ora si senza
interruzione,
come
prima
i
colpi di vènto. « Amalfi fu una vòlta una città ricca e
potènte ... Mi scùsino se grido, ma con questo tempaccio non si può chiacchierare tranquillamente!
... Nell’un-
potènte = fòrte scusi! (Léi) scusino! (Loro)
395
Capitolo 29
dicèsimo sécolo, Amalfi, al màssimo della sua ricchezza,
ricco la ricchezza
era una città la cui potènza èra uguale a quella di Ge-
potente la potenza
nova e Pisa. Questa potènza fu per Amalfi una grande
uguale —— diverso sfortuna fortuna
sfortuna, perché Pisa, che cèrto non poteva rimanere tran-
«>
quilla mentre la ricchezza di Amalfi aumentava,
prese
e distrusse in parte la città nel millecentotrentacinque
(1135) rapidamente presto
=
differénte =
diverso
e nel millecentotrentasètte
(1137). Da allora la
potènza di Amalfi diminuì rapidamente,
e la città, di-
ventata pòvera, non fu differente dalle altre cittadine di questa parte d’Itàlia. Sono i turisti, quei turisti che hanno fatto tanto per il nòstro paése, che hanno, si può
dire, restituito
ad Amalfi
piccola parte della sua
una
antica ricchezza. Oh! piccolìssima cérto ... Amalfi non è
più, oggi, l’uguale di Pisa o di Génova, ma non si può nemmeno
dire che sia veramente pòvera ».
E qui il racconto di Bruno fu interrotto di nuòvo, questa ondata = colpo di onda
volta
inondare = coprire d’acqua
un’ondata d’acqua per i finestrini apèrti e inondò i se-
da un
violentissimo
colpo
di vènto
che mandò
dili, i libri, i viaggiatori, tutto.
« Oh! il mio pòvero vestito! », esclamò Dorabel, « è tutto bagnato!
Come
fàccio
ora
ad
cara Dora », disse suo marito,
396
asciugarlo? ». «che
« Vedrài,
il tuo vestito te lo
Capìtolo
XXIX
asciugherà il sole appena tornerà, e in un quarto d’ora
sarà asciutto. Pènsa
piuttosto ai mièi calzoni che sono
ugualmente bagnati e che non saranno asciutti prima di stasera ». « Va bene, va béne, mi rincresce molto per te,
ma la differènza fra noi due è che tu puòi anche andare in giro per un giorno intero coi calzoni bagnati sènza che ti accada
stito bagnato
niènte, mentre
per
anche
un
io, se ho addòsso
quarto
un ve-
soltanto,
d’ora
mi
asciutto bagnato
«>
rincréscere — dispiacere
con+i=
coi
accadere
(che ti) accada
addòsso : su di me
raffreddo e dèvo stare a letto per parecchi giorni. Almeno,
chiudete
quei
finestrini,
morire! ». « Certo, mamma»,
che
ti troviamo
uno
un po’? Se préndi
se
non
disse Joy,
mi
volete
«ma non vuoi
scialle nella valigia, per
un raffreddore,
far
coprirti
la nostra gita non
sarà più un piacere ». « Grazie, cara Joy », rispose Dora-
uno scialle
raffreddarsi un raffreddore
bel, « ma diméntichi che per prèndere la valigia bisogna prima uscire dall’automobile,
e mi rincrescerèbbe molto
se tu o Bruno doveste farvi bagnare ancora una volta
da capo a piédi. La piòggia è così forte che è impossibile
il capo = la tèsta
impossibile «> possibile
uscire senza èsserne inondati. Se prendete un raffreddore anche voi ...!». « Cara signora », disse Bruno
in-
terrompèndola
mi
gentilmente,
«non
ci pénsi!
Io non
raffreddo mai. Se il signor Annìbale ferma la macchina
397
Capitolo
29
un momentino, un ginòcchio
io faccio un salto e Le porto la valigia.
Se Lèi ha uno scialle, dève métterselo! ».
Appena Bruno èbbe apèrto lo sportèllo della màcchina, fu colpito dalla piòggia che, come aveva detto Dorabel,
lo bagnò da capo a piédi. Ma non éra certo la piòggia che poteva fermare il giovanòtto, tanto più che voleva far vedere a Jòy che quel pò’ di piòggia non gli faceva fare il giro di =
andare intorno a
paùra. Dunque, con due salti fece il giro dell’automobile, prese
la valigia
e tornò
dagli
altri. Mentre
teneva
la
il gindcchio le ginòcchia
valigia sulle ginocchia,
(ri)chiùdere (ri) chiuse
e la richiuse. « E adésso », disse Vespucci, « dove la met-
Dorabel
l’aprì, prese
lo scialle
tiamo, la valigia? Potete tenerla lì diètro, Dora e Joy? Perché,
veramente,
non
possiamo
domandare
a Bruno
di uscire di nuovo! Prenderà cérto un raffreddore, anche
se dice di no ». « No, guardi, signor Annib
...», comin-
ciò Bruno, ma non finì.
Fu interrotto da un lampo violentissimo, seguito da un tuòno di una violènza tale che sembrò
volér sollevare
la màcchina e lanciarla in mare. Un fùlmine aveva col-
pito la montagna a una cinquantina di méètri dall’automobile. E un secondo e débole,
398
poi sempre
dopo, un rumore,
prima lontano
più forte, fece gridare
a Bruno:
« Avanti!
avanti!
prèsto!».
Vespucci,
sénza
pensare
a
ciò che faceva, senza domandare perché, lanciò la màc-
china a tutta velocità. Ma èbbe appena fatto una vendi colpo, in mèzzo
tina di métri che dovètte fermarla
a un fracasso tale che non si sentì neppure il grido di
Dorabel, grido di spavènto, ma anche di dolore, perché aveva battuto il capo contro il sedile davanti con una forza
tale che
per
momento
qualche
vide
non
e non
di colpo = tratto
a un
fracasso
rumo-
=
re violènto
spavènto = grande paura bàttere batte ha battuto
sentì niénte. Bruno!
« Papa!
cos'è succèsso? », gridò Joy, appena
fracasso si fu calmato. Bruno,
« Ma, non
il
so», disse Vespucci. parlare
lui, non rispose perché non poteva
calmo calmare, calmarsi
dal
dolore, avèndo urtato con violènza il ginòcchio contro la valigia. Per qualche minuto sentì altro che il rumore
nella màcchina
della piòggia
non
si
e del vènto,
e
andare
a
le déboli grida di dolore di Dorabel. Fu
di nuòvo
vedere, no?
Joy
che
disse:
« Bisognerébbe
Mi pare che ci sia qualcòsa
sulla strada,
davanti a noi, qualcòsa di grande e di nero ». « Si, disse Vespucci,
« dèvo andare a vedere da vicino. La piòggia
cade così forte che dalla macchina non si vede nulla».
E Annibale fece per uscire, ma Bruno lo fermò: « Nò, è 399
Capitolo 29 . uscire (che) io esca
méglio che èsca io. Lèi è ancora quasi interamente
a-
sciutto, mentre io sono gia così bagnato che un po’ più o
un po’ meno non fa alcuna differénza ». « Ma il suo ginocchio, Bruno? », domandò Vespucci. « Va méglio, gràcoprirsi si copra!
zie. Posso camminare ». « Ma almeno,
si copra col mio
scialle per non raffreddarsi! », disse Dorabel. « Mille gràindòsso = addosso
zie, signora Dorabel! Lèi è molto gentile, ma veramente, non farei che bagnare anche il Suo scialle, e io mi son già
preso
tant’acqua
che
indòsso
« Mi
...».
rincresce
molto di non poterLa aiutare », disse Dòrabel, pòi a un
tratto il macigno
« Annibale!
Non
hai
una
bottiglietta
di cognac nella tua valigia? ». « Sì, sì, e non è neppure nella
bere beva!
esclamò:
valigia
grande!
qui
ce l’hò
nella
mia
valigetta
nera. Ecco, Bruno, beva! Le farà bène ». « Grazie », disse
Bruno, e dopo avér bevuto, uscì dalla màcchina e andò
a vedere cosa c’éra sulla strada. Tornò un minuto dopo, e appena si fu seduto nella màc-
china esclamò: macigno
= gran-
dissima piétra
indietro > avanti
un gròsso macigno in mézzo
C’è
alla strada ». « Allora bi-
sogna tornare indiétro a Sorrento! », disse Dorabel, ma Bruno
indiètro, 400
« Impossìbile proseguire il viaggio!
proseguì:
perché
« Non
possiamo
un altro macigno
andare
né avanti né
è caduto
diètro di
noi! ». « Poveri noi! Che sfortuna! Con un macigno vanti e uno diétro, siamo
in una
Dorabel
terribile! », esclamò
da-
situazione veramente
con spavènto,
ma
Joy
le
disse sorridèndo: « Io dirèi piuttosto: Che fortuna! Pènsa che
quei
macigni
avrèbbero
potuto
caderci
addòs-
potuto farci finire in mare»,
so! ». « E avrèbbero
ag-
giunse Vespucci. « Non vedo bene la differènza », disse Bruno
ridèndo,
«la fine sarèbbe stata la stessa, nò?>».
smétterla
« Volete
di parlare
di queste
còse? », gridò
smétterla : sméttere
Dorabel, in mézzo al fracasso del tuòno e di un violen-
tissimo colpo di vento. « Va bene, va bene, Dora », disse
Annibale,
« pensiamo piuttosto a tògliere quei macigni
dalla strada!
Andiamo! ». « Mi rincresce
lo fermò Bruno, in quattro,
siamo
di dirGlielo »,
« ma credo che sia impossibile. Anche sempre
troppo
pòchi,
e neppure
la
nòstra màcchina è abbastanza potènte per spostare quei macigni ». « Ma allora chi ci tira fuori da questa terri-
tirare fuori ——> méttere dentro
bile situazione? », esclamò Dorabel, spaventata all’idea
di non potere né proseguire, né tornare indiétro. « Già, allora
...»,
cominciò
Vespucci
lentamente.
In quel momento, si sentì il rumore di un gròsso torpedone che si avvicinava, venèndo
da Amalfi.
401
Capitolo 29
PAROLE: gita f
aranceto
ESERCIZIO m
coltellino m
buccia f giornale m sedile m sigaretta f forma f cavallo m animale m polvere f viaggiatore m vento m soffio m naso m violènza f
punto m
piòggia f
nuvolone m acquazzone m
interruzione f tempo m tempaccio m lampo m tuono m fulmine m racconto
m
ricchezza f potènza f sfortuna f ondata f scialle m raffreddore m capo m ginòcchio m fracasso m dolore m spavento m bottiglietta f cognàc m macigno m situazione f
402
Dove
dopo averlo visto
dopo averli visti
l’ho visto
li ho visti
dopo averla vista
dopo averle viste
l’ho vista
le ho viste
hai
messo
salotto. Mia
senza
deve
questa
tua
Chi
io. Giacché
partire senza
ora
borsetta?
è in camera
vist—.
triglia,
di vino;
la
cugina
averla
ho trovat—
non
A.
ha
sua, non
trovato
mess—
nel
devi partire
i miei
libri?
Li
Lei non conosce i miei nipoti,
averli vist—.
l'hai assaggiat—?
sono
L’ho
vuote,
E molto
Avevo
due
chi le ha bevut—?
buona,
bottiglie Mi
basta
averle vist— per sapere che non stanno bene. Credimi,
tuo
fratello,
non
l’ho mai
dimenticat—!
Dopo
averle
lasciat— parlare un po’, le ho interrott—. Sei tu che hai i miei libri, non partirai prima Ma
di avermeli restituit—!
ieri!
io te li ho restituit—
ESERCIZIO
B.
Poco dopo aver lasciato Sorrento, si arrivò ai primi —, e Joy
disse
che voleva
—
delle
arance.
Bruno
allora
Capitolo XXIX trovare
disse che bisognava
varono
poco
e Joy
dopo,
il —
dell’aranceto.
di bellissime arance. Joy prese un — e
diecina
si mise subito
bagnato
una
a — un’arancia. Suo padre le disse di mettere le — un —
che era li, sul —
Per una mezz'ora,
in
davanti della macchina.
i quattro chiacchierarono
rette, poi si riparti.
Bruno
mostrò
a Joy
e — una
siganuvola
che aveva la — di un — che sembrava correre sui Monti
Lattari. Ma Dorabel trovò che non — certo a un cavallo. Infatti, la nuvola aveva — forma e rassomigliava — a un cane o a qualche
altro —.
A un tratto, si alzò dalla strada una nuvola di —, che
in un secondo
coprì i quattro —, i loro vestiti, tutto.
Era il — che l’aveva sollevata. Poco dopo, un — di vento ancora più — del primo sollevò un’altra nuvola di polvere, e i quattro viaggiatori ebbero la bocca, il — e gli
occhi pieni
di polvere.
Quando
più alto della strada, Vespucci Sono —,
ancora
goccioline, ma
furono
esclamò:
fra poco
violénto
potente uguale
—
e sua madre
tro-
Lo
arrivati
al —
« Ecco la —!
diventeranno
differénte
asciutto
impossibile rapidamente ugualmente
augurare sbucciare chiacchierare fumare cambiare
piòvere
richiùdere soffiare spaventare
proseguire tuonare tirare
mandare inondare rincréscere raffreddarsi calmare
bagnare piuttòsto addòsso indòsso contro
0...0 indiétro di rado
di colpo
un
vedrete! ».
403
Capitolo
29
ESERCIZIO
C.
Che tempo fa durante la gita dei Vespucci? Perché
Dorabel
voleva
videro i primi lampi?
tornare
a Sorrento,
.... quando
si
....
Cosa disse suo marito per calmarla? .... Cosa raccontò Bruno per aiutare Dorabel a non pensare al brutto tempo?
....
Com'era Amalfi nell’undicesimo secolo? .... Quando finì la sua potenza? .... Perché Dorabel ha paura di rimanere seduta nella mac-
china col vestito bagnato? ....
Cosa fece Bruno per aiutarla? .... Perché, poco dopo, la macchina si fermò di colpo? .... Cosa vide Bruno quando andò a vedere? .... Perché la macchina non poteva spostare i macigni? Che
cosa si sentì a un tratto?
....
....
1t—r_-————r—-—oror-—oor-————rc--oo-eee_-c---_-r.ro—oe-rroreeeoo@—“"
Capitolo trenta (30)
FINE Il torpedone
'/]z_—_———————12r
Capitolo trentésimo
DEL
si fermò
(XXX)
TEMPORALE
a una
ventina
di metri
appena
dal macigno. L’autista, un napoletano di una quarantina d’anni, scese per vedere
cos’éra succèsso
davanti
Bruno,
al macigno
màcchina
sentendo
con
il torpedone
che
e si incontrò
aveva
lasciato
la
avvicinarsi.
« Be’? Che si fa? », domandò Bruno quando èbbero fatto il giro del macigno.
non
« Ma
si passa », rispose
soli, noi due
non
ce la facciamo!
... bisogna
l’uòmo.
« Già,
spostarlo,
ma
come?
ce la facciamo ». « È chiaro
Questo
macigno,
non
sennò
Da
che non
si potrèbbe
provare
è chiaro capisce
: si
spo-
starlo nemmeno in venti. Forse però col torpedone ...
« Vuòl
un parapètto
».
nemmeno neanche
=
a spingerlo? ». «Si, se si potesse spin-
gerlo fino sull’orlo della strada, li dove il parapéètto è rotto per parecchi mètri, si potrébbe forse farlo cadér
giù, nel mare ». « Bravo! », esclamò Bruno, «proviamo? ». « Proviamo!
Non c’è altro da fare, mi sembra ».
L’autista tornò al volante del torpedone, mentre Bruno
il volante
405
Capitolo
volgere
=
30
voltare
volgere volge è volto avanzare = andare avanti
rimaneva
accanto
màcchina
si avvicinò
si vedévano
al macigno.
le facce
Lentamente,
alla piètra. pallide
A
tutti
la gròssa i finestrini,
dei viaggiatori.
Nessuno
parlava, tutti gli sguardi èrano vòlti vèrso quella còsa nera
in mezzo
alla strada.
Il torpedone
avanzava
sèm-
pre, l’uòmo al volante aveva gli òcchi fissi sul macigno. urtare un urto
Si sentì un urto, qualche grido di paùra, e la màcchina si fermò.
segnare un segno
Bruno
fece
spingere
segno
all’autista
il macigno,
che
l’uomo
poteva
fece
segno
cominciare
a
a Bruno
di
spostarsi e posò il piede sull’acceleratore. Per un momen-
to fu come se il motore e la piètra voléssero
provare
chi dei due èra il più forte. Poi, lentamente,
la piètra
mètro
dall’orlo
cominciò
della strada, Bruno mare. muoversi — spostarsi
dal
precipitare = cadere
volesse
fu a un
Quando
a spostarsi.
si avvicinò per vederla cadere nel
In quello stesso momento,
parapétto, più
per
qualche
muoversi,
giù nel mare,
una
ma
la piètra fu fermata
secondo poi,
cinquantina
a un
sembrò tratto,
di métri
che
non
precipitò
più in basso.
Le ruòte davanti del torpedone èrano a un mézzo metro
dal parapètto. Ancora un po’, e il torpedone, forse L’autista cercò con lo sguardo
406
Bruno
....
per ringraziarlo,
Capitolo
XXX
ma non vedèndolo accanto al parapetto pensò che fosse
tornato vèrso l’àuto, e si preparò a proseguire il viàg-
gio interrotto. Ma dovèndo passare accanto alla màcchina dei Vespucci, fu fermato da Annibale che, dopo avergli fatto segno che voleva parlargli, abbassò il finestrino e gridando con quanta voce aveva per coprire
domandò,
« Dov'è il giovanotto che èra
il fracasso del temporale:
con Lèi un momento fa? ». « Ma, non è tornato? ». « No». « Be’,
a vedere
andato
sarà
...».
«A
che? ».
vedere
« Ma, che ne sò io? ». « Bella risposta! Purché non gli sia accaduto qualcòsa! ». « E che cosa può èssergli accaduto? a chiamarlo col clàcson », disse
Ma se vuòle, proviamo l'autista, e per parecchi
rale
fu
coperto
secondi
potènte
dal
il rumore
squillo
del
temporale = vento con piòggia, tuòni, fùlmini, ecc.
del tempo-
clacson
del
torpedone.
purché = spéro che
A
po un clàcson
« Sènte qualcosa Léi? », domandò l’autista ad Annibale. « No,
niente.
Provi
ancora,
dève
rispondere,
non
può
essere lontano ». L’autista provò di nuovo, e questa volta parve a tutti e due di sentire una voce lontana che ri-
spondeva
debolmente
allo
squillo
del
clacson.
parere pare parve
I due
uòmini si guardarono, poi, senza una paròla, scésero dalle
loro macchine. « Dove vai? », domandarono Joy e Dora407
30
Capitolo
bel, osare
paùra
«>
avér
« cos'è accaduto? ». « Niénte,
niente », rispose
Ve-
spucci senza osare di guardarle, « vado a vedere ... cosa sta facendo Bruno ». « Bruno? », esclamò Joy, « perché?
dove ...». Ma Vespucci non la sentiva più, egli èra già a una diecina di métri e il temporale coprì la voce della
ragazza. Quando Vespucci e l’autista si avvicinarono al parapetto, sentirono
di
nuovo,
grido di prima: con una smòrfia
quanta
volta
più
forte,
lo
stesso
« Ohée! Ohé! ». « Ohé! », rispose l’autista
voce
aveva,
e Annibale
chiamò:
« Bruno!
È Lei? ». « Si! », rispose la voce, che veniva su dal basso.
«Ma
quaggiù = qua giù
questa
dov'è? ». «Sono
quaggiù!
Sugli
scogli! ». « Come
mai? », gridò Vespucci, e la voce rispose: « Il macigno ...
colpito ... caduto chièdere chiède chièse
chiese Annibale.
giù ... gli scògli ...».
«È
ferito? »,
« No! Non sono ferito ... fortuna
...»,
rispose di nuovo la voce, mentre il vento portava via la meta delle parole.
tirare .
una
(avere)
Capitolo XXX ESERCIZIO
L’autista
fino
del torpedone
sull’—
B.
volle provare
della strada,
perché
a —
li il —
il macigno
era rotto
per
due o tre metri. Cosicché tornò al — del torpedone, e la
grossa
macchina
cominciò
Tutti i turisti erano —
done
—
lentamente,
ad
avvicinarsi
al macigno.
verso lo stesso punto. Il torpe-
e quando
fu vicino
al macigno,
Bruno fece — all’autista che poteva cominciare a spingerlo. Qualche momento verso il mare. spucci,
«—
quando
dopo, il grosso macigno — giù,
Il fracasso del — domandò
non gli sia accaduto
L’autista provò
coprì la voce
di Ve-
era
Bruno.
all’autista
dove
niente! », esclamò
a chiamarlo
col —,
acchiappare spezzarsi
| ammazzare rèndere | impallidire stracciare | trattenere slegare | muòversi smuovere | cessare mordere | obbligare purché | quaggiù
ohé
Vespucci. che fece
e allo —
rispose una voce lontana e —. Vespucci lasciò la mac-
china senza — di guardare Joy e Dorabel. Chiamarono di nuovo, e Bruno rispose: « Sono —, fra gli —! ». Disse che per fortuna non era —. L’autista fece una —, pensando
che si era —
in un bel
—! Come facevano, ora, a — su il giovanotto? Poi andò
a prendere
due —
che aveva
Si —
su in un momento.
quali
erano
—
insieme
sul tetto del torpedone.
Però non prese le — le valige
con le
dei viaggiatori.
417
Capitolo
30
ESERCIZIO
C.
Che corde prese sul tetto l’autista del torpedone?
....
Cosa fece l’autista per rendere le corde più lunghe? .... Come
fece per essere sicuro che non
cadere le corde?
....
Cosa fece Bruno
quando
stremità della corda?
avrebbe
lasciato
l’autista gli ebbe buttato l’e-
....
Perché lo fece? .... Cosa
faceva
Vespucci
ad arrampicarsi
su?
mentre
l’autista
aiutava
Bruno
....
Perché non stava tranquillo? .... Com’erano il viso e i vestiti di Bruno quando salì su? .... Cosa disse
Joy quando vide il viso di Bruno coperto di
sangue? ....
Che cosa le rispose Bruno
per calmarla?
....
Cosa raccontò Bruno ai Vespucci del suo incidente? ....
418
Capitolo trentuno
Capitolo
(31)
(XXXI)
trentunèsimo
AMALFI il temporale,
per
In ritardo
i quattro
decisero
amici
di trattenersi ad Amalfi fino alla mattina seguènte, invece di proseguire subito verso Salerno e i Monti Picen-
tini. Trovàrono due stanze con una céèrta facilità, e dopo avér pranzato si riposàrono un pàio d’ore. Bruno, soprattutto,
aveva
un
grandissimo
bisogno
di
ripòso.
anche gli altri erano molto stanchi. Appena addormentarono,
e dormirono
un burrone con una cèrta faci-
lità =
abbastanza
facilmente
Ma | riposarsi
coricati si
il ripòso
fino alle cinque, sognan-
do strade inondate, gròssi sassi che precipitàvano dalla
montagna, tuòni e fùlmini, sàngue e ferite. Joy, soprattutto, èbbe un sogno che non finiva mai, un sogno terri-
i Monti Picentini
bile in cui essa vedeva Bruno precipitare ripetutamente | ripètere
in un burrone.
Il sogno
di Vespucci,
invece,
fu meno
ripetutamente
spiacévole: egli sognò che lo calàvano giù in un burrone
spiacévole piacévole
dove anche lui aveva visto precipitare Bruno,
calare =
e dove,
; scéndere
«> far
cènto métri più in giù, trovava il giovanòtto ancora in vita,
ma
gravemente
ferito.
Con
uno
sforzo
che
per
419
Capitolo
31
qualsiasi : ogni
qualsiasi
altra
persona
che per Vespucci
il giovanòtto
sulle
sarèbbe
stato
era ròba da bambini,
spalle;
pòi,
altri, un pò’ arrampicàndosi
un
pò’
impossibile,
ma
egli si metteva
tirato
su dagli
soltanto coi piédi, risaliva
dal burrone.
il sogno di Annibale
Né
Joy
né
Annibale
vollero
raccontare
agli
altri
ciò che avevano sognato e non vòllero neppure spiegare vivere
la ragione
del loro silènzio.
vive ha vissuto
aveva vissuto ripetutamente
chiunque = ognuno che
mattina. La sola a raccontare
Bruno
disse soltanto
che
in sogno l’incidènte della il suo sogno
a chiunque
voleva ascoltarla fu Dorabel. A sentirla, èra mille volte
420
più spaventoso di quello di Joy. Essa aveva sognato che la corda che avévano calato giù a Bruno si èra spezzata
Capitolo
XXXI
spaventoso
= ter-
ribile
e che, per farne una nuova, l’autista aveva dato l’ordine di aprire la valigia di Dorabel tutti i suòi vestiti!
e di fare una còrda di
« Capirà, caro Bruno », essa diceva,
«non éra che io non volessi fare qualsiasi cosa per salvare Lei, Lèi prima di chiunque, ma se Léi avesse visto
chiunque : qualsiasi persona
quell’uomo
manaccia — brutta mano
prèndere
nacce
sporche,
Dora,
La
mi
capisco
i miéi bei vestiti con le sue ma-
capirèbbe! ». « Cèrto, benìssimo.
Non
cérto,
sò cos’avréi
signora fatto
io,
al Suo posto! ». « Vero? E sa còsa mi ha risposto, quel-
l’uomo,
quando
gli ho domandato
se fosse veramente
necessàrio prèndere proprio i miéi vestiti? Mi ha detto di occuparmi
dei fatti miei!
Come
se il vederlo strac-
occuparsi di : interessarsi a
ciare i miei béi vestiti non fosse proprio un fatto mio,
il vederlo stracciare : vedere che stracciava
un fatto che interessava
fatto : quel che si fa
me
più di chiunque
« Cèrto, cara Dòra », disse Annìbale
sorridèndo,
altro! ». « se tu
mi interessava interessava
me
non ti occupassi dei tuòi vestiti, di che ti occuperesti? ». « Annibale! », provò a fermarlo Dorabel, ma lui continuò ridéndo:
«Son
tutte così, le donne,
caro Bruno,
un ve-
stito stracciato, per loro, è un fatto più grave di qualsiasi
altra
còsa ».
« Papà,
séi
proprio
cattivo,
òggi! », 421
Capitolo 31
prèndere uno in giro = ridere di uno
esclamò allora Joy, « lascia che la mamma sogno!
suo
quando
. Povera
stare zitto
la
parla dei suòi vestiti! ».
disse Annibale,
stàrsene zitto =
mamma,
. prendi
ci racconti il
sèémpre
in
giro
«Va bène, va bene»,
« continua, Dorabel, ti prometto
di non
prènderti più in giro, come dice Jòy! Me ne starò zitto zitto! ». Ma Dorabel èra stata offesa dalle paròle poco gentili del marito, e non vòlle più parlare del suo sogno.
Dorabel
offesa
andiamo : ti prégo | « Andiamo, Dorina! Dorùccia! Non puoi offenderti per offèndersi
tirsi offeso
= sen-
un
vi
x
cosi poco. Pénsa un po’
dovessi offéndermi
giro 422
perché
dove andremmo a
uu
;
finire se io
tutte le volte che tu mi préndi in
diméntico
i nomi
delle
persone,
il luògo
Capitolo XXXI
dove stò andando, l’ora alla quale la génte mi aspetta, o che sò io ». « Non è la stessa ròba! », fece Dorabel con
un gèsto che impediva ogni discussione, e passò a par-
impedire = rèndere impossibile
lare di Amalfi con Bruno.
Annìbale
stètte
un
nulla,
grattàndosi
molto
sicuro
momento il naso,
a guardarla
segno
di sé; pòi, scrollando
che
sènza
non
dir
stare sta
stètte
si sentiva
le spalle,
uscì dal
vestibolo dove i quattro si èrano riuniti dopo il brève ripòso. Egli sapeva bène che quando sua moglie si era ficcata in testa una
cosa,
éra inutile provare
a farle
cambiare idèa. Una discussione, ora, sarèbbe terminata
in mòdo
è inùtile = non sèrve a niente terminare = finire
molto spiacévole e per lui e per sua moglie.
« Che donna! », disse tra sé e sé, scrollando la tèsta, ma
parlare tra sé e sé =
In sé stesso,
senza voce
non sènza un certo piacere, perché i discorsi della moglie lo divertìvano, anche se lo rendévano un pò’ ner-
VOso. Quando disse
Bruno
a suo
Bruno? mi
padre:
«Sai
dove
ha
sulla deciso
strada, di
Jòy
portarci
A Ravello! ». « Ravéllo? Ravèllo? Il nome non
è nuòvo,
Vespucci. tadina
e gli altri uscirono
ma
non
mi
rammento
perché »,
« Ravéllo », spiegò allora Bruno,
di meno
di tremila
abitanti,
situata
disse
« è una cita trecènto
423
Capitolo 31
metri
d’altezza,
in uno
dei
luoghi
più
belli
d’Itàlia.
Dal giardino di due delle più bélle ville di Ravèllo — Villa Rùfolo e Villa Cimbrone — si ha una vista indimenticabile del golfo di Salerno ». « Ah! do! », esclamò Annibale conténto:
Rùfolo
diéde
al grande
ora mi ricor-
« Il giardino di Villa
tedesco
compositore
Joy quando
l’idèa di una sua Opera ». « Bravo! », disse
suo padre intelligente > stupido intelligènte l’intelligènza
èbbe
che tu fossi così
«non sapevo
finito,
Wagner
intelligènte! ». « Cara Jòy », sorrise Vespucci,
« ciò non
ha nulla a che fare con l’intelligènza. Conosco un uòmo
che ti sa dire le date di nàscita e di morte di un cen-
tinàio rendere rende
di compositori
e tante
altre còse
più
o meno
inùtili. Ma sta sicura che ciò non l’ha reso più intelli-
ha reso
gènte,
anzi, dirèi quasi che l’ha reso più stùpido ». A
quelle
paròle
tutti risero
e andàrono
a sedersi
nella
macchina. séguito : cose che si séguono ininterrotto interrotto
«>
Tornati
da Ravello,
decisero,
prima
di cenare,
di fare
una bréve visita di Amalfi. Fu un séguito quasi ininterrotto di ‘ah!’ e di ‘oh!’. La vita della cittadina sem-
brava infatti èssersi fermata parecchi sècoli fa; la sola
cosa nuòva
che un amalfitano di quel tèmpo
sarèbbe
stato molto stupito, e forse anche spaventato, di vedere
424
Capitolo XXXI
—
oltre ai vestiti, che l’avrébbero fatto ridere di gran | di gran cuòre :
cuore
—
era
la
luce
eléttrica.
Ma
a parte
molto
le
poche
|, parte : non parlando di
làmpade elèttriche che si vedévano nella via principale della città vècchia
—
le altre vie sembrava
la via principale = la via più grande
che non
avéssero luce elèttrica — quella parte della città pareva
rimasta tale quale èra molti sècoli prima.
la via principale di Amalfi
Joy
vòlle vedér
tutto:
le botteghine
nascoste
sotto
portici della via principale che attraversa la città da un
capo
all’altro;
le viuzze
così strette
che
due
persone
i
un pòrtico
da un capo all’altro = dal principio alla fine
pòssono appena appena camminarci una accanto all’altra,
e che si arràmpicano su per i fianchi del monte su cui è | fianco = lato 425
Capitolo 31 passare attravèrso = attraversare
potàbile = può bere
chesi
costruita
la città,
passando
quasi
attravèrso
le case; le strette
l’acqua potàbile della città che scorre lungo
scorrere = cérrere
viuzze in una spècie di canaletti apèrti, all’altezza del
stupire stupisce
pètto o pòco più. Questi canaletti per l’acqua potàbile
stupì ha stupito
furono fra le cose che più stupirono Dorabel Vespucci:
simile = questa
come
strano pisce
che
=
il raffreddore una malattia
«Com’é stu-
è
stupire lo stupore
possibile una
cosa
simile in piéno
ventèsimo
sècolo? », esclamò scrollando la tèsta, « veramente,
non
lo capisco. Hò visto molte còse strane in Itàlia, ma questa mi stupisce più di qualsiasi altra! Come
può bere
quest’acqua, la gente, sénza prèndere mille malattie? ». « Ma perché nò? Non c’è nessuna ragione di non berla, mi pare », disse Bruno, che lo stupore di Dòrabel diver-
tiva molto.
« Ma
non può mica èssere acqua pulita! ».
« Sì, guardi com’é pura, com’é
chiara!
È un’acqua
che
viene da una sorgènte di montagna, sa? ». « Sorgènte o nò, un’acqua che scorre in un canaletto apèrto non può una sorgènte rivolto verso
a = voltato
èssere pulita, e basta! », fece Dòrabel. minò, rivolto a Bruno:
E Annibale ter-
« Inùtile discùtere: ho provato
mille vòlte, ma non sono mai riuscito ad avér ragione, ha
detto
‘basta’, non
una discussione discutere
perché
riuscire = potere
nulla da dire. Lèi ancora non conosce Dorabel ».
(dopo avér provato)
426
quando
Dorabel
c’è più
Ma Dòrabel non aveva finito. Dopo avér camminato un
XXXI
Capitolo
po’ sénza dir nulla, essa esclamò:
« È come le mosche!
Annìbale m’aveva detto che in Italia non c’éra più una marito ha esagerato
«Suo
...!».
e invece
sola mosca,
un pò’, dicéndo che non ce n’éra più una sola», disse Bruno,
«ma
in
più
abbiamo A
non
ucciderle
mi
pare
quante,
si possa
finora,
dire
non
che
ci
è
riuscito
nessuno, per quanto io sàppia ». « Può darsi », disse Dorabel,
« ma
se i pesci
gli stessi che hò
che
visto
ci danno
in quelle
al ristorante
botteghe
bassa, copèrti di mosche, Le prometto
della
mosca
ne
d’Europa.
paési
altri
in
che
Italia
tutte
che
una
sono
città
per quanto sàppia = se è giusto quello che sò
sapere (che) io sàppia può darsi = è possibile
uccìdere = ammazzare
che nessuno riu-
scirà a fàrmeli mangiare! ». « Ma mamma », esclamò Joy,
«come puoi dire che érano copèrti di mosche?
C’érano
forse
più».
«Erano
e Bruno
le disse
due
o
tre
mosche,
ma
non
copèrti di mosche! », ripeté Dorabel, ridéndo:
«Si calmi, cara signora Dorabel, non sono gli
stessi pesci. mente
di
per
Anzi,
sono
il nostro
stati pescati
albèrgo ». « Ah,
stanòtte va
special-
bene»,
disse
stanòtte = questa nòtte specialmente per ees
per
—
eee
nessun altro
e
allora Dòrabel, e durante il rèsto della passeggiata non
il rèsto = ciò che
trovò più còse strane né stupefacènti.
stupefacènte che stupisce
Il giorno dopo, di mattina présto, i quattro dissero addio ad
Amalfi
ed
arrivàrono
pòco
dopo
a
Maiori,
dove
rimane
addio
zione
con
=
esclamaCul
ci sil
saluta lasciàndosi
427
31
Capitolo
Vespucci
fermò
la màcchina
c'è? », domandò
Dorabel,
un momento.
«un
guasto
« Che
còsa
al motore?
Non
possiamo andare avanti? ». « No, no», rispose Vespucci,
«e spero bene che il motore non àbbia guasti durante il
rèsto
Maiori,
del il
settembre
mentre
scen-
=
luògo del
i loro
viaggio!
dove,
’43,
sono
compagni
a sud di Salèrno,
un soldato
sbarcare
nostro
C’é
durante
che
qui
l’ùltima
sbarcati
i soldati
inglesi
sbarcàvano
guerra,
e altri soldati americani
ancora più a sud. Era l’otto settèmbre
siamo
a nel
americani,
a nòrd
e
sbarcàvano
... ».
dere a terra da una barca o una nave
Vespucci stètte un momento
compagno amico
a quei suòi amici e compagni che èrano caduti lì, nel
=
cadere = morire in guerra
golfo di Salèrno,
durante
sbarcare uno sbarco
che
aveva
alleati = paesi
morte!
divérsi che sono uniti in una guerra
stupore
egli
sènza parlare, ripensando
lo sbarco degli Alleati. Con ricevuto
la notizia
della
loro
Cèrto, ognuno sapeva che nessuno di quelli che
partivano per la guèrra èra sicuro di tornare in pàtria, ma
ciò non
aveva
reso
meno
triste la terribile
noti-
zia .... « Basta! non bisogna pensare a queste cose quando non
si è soli », disse Vespucci tra sé e sé, e ripartì. Un’ora traversare = attraversare
dopo, arrivàrono a Salèrno, che traversàrono sènza fer-
marsi, proseguèndo verso sud. 428
Capitolo
La
stesso
dallo
sul golfo
fino a Taranto,
portarli
doveva
automobile
in
viaggio
loro
del
giornata
térza
XXXI
nome. Taranto èra una delle antiche città romane prese
da
di
paio
un
trattenuti
si sarèbbero
Lì,
Annibale.
giorni, pòi avrebbero proseguito verso Brindisi. Siccome
spucci
aveva
fare tròppe sòste. Anzi, Ve- | fare una sòsta =
potévano
chilòmetri, non
fermarsi un pòco
avrébbero
non
che
deciso
di trecènto
pò’ più
un
ci sono
a Tàranto
da Amalfi
prima | sostare = fare una
sostato
sosta
di Potènza, dove avrèbbero pranzato. « Dopo, può darsi che avremo
riposarci. Vedremo. Annibale
di sostare un paio di volte, per
il tempo
non
Intanto, avanti! ».
aveva
raccontato
a Joy e Dorabel
—
e
Bruno neppure — che Potènza èra situata a un’altezza
di più
di ottocènto
metri,
cioè
città di
éra una
che
montagna. Joy e Dorabel fùrono dunque gradevolmente
stupite vedèndo
che
la strada,
cinquantina
a una
gradévole
piacévole
=
di
chilometri da Potènza, cominciava a salire rapidamente.
Joy,
«avevo
proprio
le montagne
italiane
da
una
céèrta
« Bèllo! », esclamò di vedere
avevamo
sempre
viste
Ravèllo non è veramente contènta,
a
voglia
tanta
vicino!
Finora
distanza,
le
perché
in montagna ». « Allora sarà
credo », disse Bruno,
« perché
dobbiamo
fare
429
Capitolo 31
una cinquantina di chilometri a più di ottocénto mètri riempire = rèn-
dere pièno
d’altezza ». « Ah! », fece Dorabel,
riémpie
delle
ha riempito
montagne
su
che
mi
« sènto già l’ària pura
riémpie
NA
i polmoni!
Potènza
x
x
dev’èssere una città molto sana, sènza tutte le malattie
che si hanno qui, nella pianura ». « Ma », rispose Bruno
ridéndo,
«non saprei dirGlielo. Può darsi che gli abi-
tanti di Potènza
siano
più
di Milano, per esèmpio, ma
sani di quelli di Roma dévo dire che non
o
ho mai
particolarmente : | sentito dire che Potènza fosse una città particolarmente più degli altri sana ». « E io sono sicura che il solo fatto di traversare
queste montagne ci farà un gran bène! », disse Dòrabel, riempiéndosi d’aria i polmoni. Bruno non provò a discùtere, e ascoltò Vespucci
430
che raccontava
l’entrata
degli
Capitolo XXXI
Alleati in Poténza, dopo lo sbarco nel golfo di Salérno. Gliel’avévano
raccontata
altri suòi
compagni
che,
as-
siéme a un gran numero di soldati inglesi e americani, èrano sbarcati nel sud dell’Italia.
Arrivàrono a Potenza vèrso le due, e avèndo tutti una
gran fame, fécero una sòsta di un pàio d’ore, per pran-
I polmoni
zare e per perméttere ad Annibale di riposarsi. Al momento
di riméttersi
mandò
a Bruno:
al volante,
«Gia,
Bruno,
egli, a un tratto, doLèi sa guidare? ». « Si,
cèrto », rispose il giovane. « Ma allora, perché non cam.
biamo
posto? ».
sa
«Gia,
stavo
appunto
per
x
appunto
|
: in que-
sto momento, prò-
domandar- | prio ora
431
Capitolo 31
Glielo », rispose Bruno, « Lèi dev’èssere stanco morto! ». «Non
esageriamo.
Sono
stanco,
ma
se Lèi
mi
avesse
risposto che non sapeva guidare avrèi potuto continuare cosa faticosa = còsa che stanca
benissimo ».
«Si,
ininterrottamente
Dunque,
ma
è molto
faticoso
°
guidare
per ore e ore, specialmente
cambiamo
posto!
Fino
a Tàranto,
quasi
d'estate.
guido
io ».
« Va bene. Grazie ». Passarono attraverso Potenza in pochi minuti, e conti-
nuarono gli Appennini la cui acqua = l’acqua delle quali
il viaggio
Sostarono
fra le montagne
degli
Appennini.
un paio di volte per bere a sorgenti la cui
acqua sembro a Dorabel particolarmente chiara e sana, un’altra volta per comprare della frutta in un giardino lungo la strada.
calare
: tramon-
tare
Così, quando il sole cominciò a calare diètro gli Appennini,
erano
ancora
a quasi
venticinque
chilometri
da
Matera, cioè a quasi cènto chilometri da Taranto. « Fermiamoci
un istante », disse Vespucci,
la carta. Dev’ésserci un modo una
statale Stato
carta
=
dello
corta. Vediamo
« e tiriamo fuori
di rèndere la strada più
un po’! Ecco, Bruno,
guardi!
Nessuno
ci impedisce di lasciare la strada statale numero
sétte,
che va da Potenza a Taranto passando per Matèra, e di préndere
432
invece questa
strada
qui che passa
a sud di
a quest'ora.
soprattutto
molti,
dopo,
voltò
a destra,
sono
chilometri
XXXI
accorciare
== rèn-
dere più corto
oltre =
la strada
statale
n° 7.
no =
Il sole intanto éra calato diètro i monti,
più di
Bruno,
Proviamo! ». E
lasciando
trenta
di oltre
il viàggio
ne pènsa? ». « Trenta
Che
chilometri.
poco
ci accorcerà
e che
Matèra
Capitolo
nùmero
e cominciava
a far nòtte. La strada che seguìvano ora i nòstri amici era molto più stretta e meno bélla della statale. Accor-
ciava forse il viaggio, sì, ma era anche molto più fati-
cosa e meno davanti
gradévole.
A un cèrto punto,
trovàndosi
a tre strade, Bruno
per un istante non
sèppe
quale dovesse scégliere, ma
poi, senza nemmeno
guar-
sapere sa sèppe = ha saputo
dare la carta, voltò a dèstra. Poco dopo, si accòrse che si éra sbagliato e che avrèbbe dovuto scégliere la strada
di mézzo.
Voltò
dunque
a sinistra appena
poté,
pen-
sando di ritrovare in quel modo la strada giusta, senza tornare indiètro. La
notte
éra
calata,
Bruno
accese
d’ora dopo si trovarono
di nuòvo
strade:
Questa
quale scégliere?
màcchina,
la carta.
accese
la
« Vediamo
i fari.
volta, Bruno elettrica
un
ècco:
...
quarto
davanti a parécchie
lampadina
pò’
Un
fermò
e tirò
siamo
la
fuori
qua.
Se 433
Capitolo
31
andiamo a destra, ritroviamo la strada giusta fra cinque
o sei chilometri ». « Meno male », disse Vespucci, e Dora esclamò:
« Lèi è pròprio sicuro? Sarèbbe una còsa spa-
ventosa dovér passare la nòtte a cercare la via giusta! ». « Ma cara Dora! », disse Vespucci, « chi ti parla di girare tutta la notte?
Fra
un paio d’ore al màssimo
saremo
a Taranto ». « Speriamo, speriamo », fece Dorabel,
tanto,
questo
viàggio
mi
sembra
terribilmente
« sol-
lungo.
Purché non finisca male ...». Annibale ritrovata la strada
: quando ébbero
ritrovato la strada
scrollò le spalle, Bruno
cese i fari più potènti e continuò.
non disse niénte, ac-
Ritrovata
la strada
che avévano perduta, proseguìrono fino a Ginosa e voltàrono vèrso sud. A dièci chilometri da Ginosa, il motore,
lentamente,
Vespucci,
si fermò.
« Che
succède? », esclamò
e Bruno, dopo èssere sceso a vedere, rispose:
« Non capisco: non c’è più benzina! ». « Eh? Che cosa? », esclamò
Vespucci,
«non
c’è più benzina?
Ma
l’autista
mi aveva assicurato che ce n’èra per almeno cinquecènto chilometri! ». « Eh, già », disse Bruno, e Dòrabel, alzando
le bràccia al cièlo, esclamò: « Lo sapevo bène che sarèbbe andato a finire così, questo viàggio! La sola còsa stupefacènte
434
è che
tutto
sia andato
così bene
fino
ad
ora».
Capitolo
« Dora,
ti prégo
inutilmente
renderci
fece Dòrabel,
offesa,
nervosi! ». «Se
del viaggio.
Ma
cid che dico
ne stò
e me
non
ae di pari mete ;
così», | la:
la prèndi
dico più nulla
« non
tutto il résto
zitta per
« non
di smétterla! », disse Annibale,
XXXI
chieder-
mi poi di aiutarti! Caro Bruno, Lèi adèsso si che avrà
bisogno di tutta la Sua intelligènza! Non aspetti che mio marito L’aiuti >. Bruno non la senti. Stava pensando
Gli
più che strano il fatto che non ci fosse più
sembrava
benzina nel serbatoio, ma
noscere
e ripensando.
la ragione
lo interessasse
benché
di quel
fatto stupefacènte,
principale ora éra di trovare della benzina. Ma
di co-
la cosa
dove?
Già, dove?
PAROLE:
ESERCIZIO
A.
Se fosse necessario, lo farei.
Se l'avessi saputo, non l’avrei fatto. Mi parli come
se non fossi tuo padre.
Mi parlava come se non fossi stato io a invitarlo.
riposo m burrone m manàcciaf fatto m discussionef
compositore m
opera f intelligènza f alleato m bene m
439
Capitolo
31
resto m ragione f morte f séguito m
amalfitano m
làmpada f botteghina f porticom fianco m canaletto m carta f malattia f stupore m
sorgente f mosca f guasto m
guerra f soldato m compagno m
sbarco m notizia f sosta f aria f silenzio m polmone m faro m lampadina f entrata f spiacévole spaventoso inùtile
intelligente
ininterrotto
Joy sarebbe stata molto triste se Bruno si — ammazzato. Se Bruno — visto l’autista ficcare le mani nella valigia di Dorabel, Dorabel
era
sua.
egli
l’avrebbe
come
se
«Se
io
non
—
crederebbero », pensa
—
capita. che
loro
L’autista
la
il
Vespucci,
valigia
rispose coi
mio
sogno,
e un
po’ dopo
a
vestiti
non
mi
pensa:
« Se l’— avuto io, il sogno di Dorabel, non l’avrei certo raccontato
a nessuno! ». «Se
Lei
Dorabel », disse Bruno,
« vedrebbe
viste
triste,
d’Italia ».
«Sarei
mamma! », disse Joy.
« Come
se
—
con
noi,
signora
una delle più belle tu
non
—
con
noi,
se — potuto dir di no! »,
esclamò Dorabel. Al ristorante, essa disse:
« Son sicura
che staremmo molto male, se — quei pesci! ».
ESERCIZIO
B.
Tutti avevano bisogno di —, e andarono a letto.
perciò subito
Joy ebbe un sogno in cui vedeva Bruno precipi-
elèttrico principale
tare — in un terribile —. Il sogno di Vespucci, invece,
stretto
fu molto meno —: egli sognò che si faceva — nel bur-
situato
potabile sìmile strano
stupefacente gradévole sano
436
rone
in cui era precipitato
Bruno
e che
poi, con
uno
sforzo che per — altra persona sarebbe stato impossibile, se lo metteva sulle spalle e — dal burrone.
Ma né lui
Capitolo
né
silenzio.
loro
del
la —
raccontare
vollero
Joy
sogni,
i loro
dissero
e non
il suo
lei, raccontava
Dorabel,
sogno a — voleva ascoltarla. A sentire lei, il suo sogno mille
era
di
—
più
volte
che
quello
potevano
aver
avuto gli altri. L’autista le aveva messo le sue — sporche nella valigia,
e le aveva
in —
detto
quando
di —
dei —
suoi!
raccontato
ebbe
Vespucci
la prese
sogno.
Promise
il suo
però a Joy di — zitto zitto. Dorabel era stata molto — dalle
parole
tinuare la —,
del
marito.
Perciò,
non
volle
e preferì parlare di Amalfi
Vespucci allora uscì dal vestibolo —
più
con-
con Bruno.
le spalle. Era —
provare a discutere con Dorabel. Ogni discussione si — sempre
in modo
poco
gradevole.
Ma
i discorsi
di sua
moglie lo — molto, anche se non lo diceva a voce alta, ma
solo
tra —
XXXI
faticoso statale
ripetutamente specialmente particolarmente inutilmente
gradevolmente
terribilmente trattenersi calare risalire offèndere
impedire
scrollare terminare
stupire scorrere discùtere
riuscire esagerare
sbarcare ripensare
traversare sostare
riempire
accorciare
scégliere
uccidere occuparsi di
prèndere in giro qualsiasi chiunque
e —.
anzi
ESERCIZIO Che cos'è Ravello? Perché dino?
è così ....
C.
....
conosciuta
Villa
Rufolo
e il suo
giar-
benché stanotte addio oltre a parte tra sé e sé di gran cuore tale quale
un gran bene
437
Capitolo 31
Quali.sono persona?
Cos'è
che
la prima
e l’ultima
data nella vita di una
....
avrebbe
più
stupito
oggi
Come sono le viuzze di Amalfi?
....
un
amalfitano
di
qualche secolo fa? ....
Come
arriva ad Amalfi l’acqua potabile?
Che cosa ne pensa Dorabel?
....
Che cosa le risponde Bruno?
....
....
Cosa racconta Vespucci quando arrivano a Maiori? ....
Che lerno?
438
cosa ....
pensa
Vespucci
guardando
il golfo
di
Sa-
(32)
Capitolo trentadùe
ARRIVA Gia,
dove
procurarsi
Capitolo
trentaduésimo
(XXXII)
LA BENZINA
della benzina,
alle nove
di sera,
procurarsi in modo
: fare
di avere
a una diecina di chilometri da una qualsiasi città? Ep-
eppure = ma, però
pure bisognava a ogni costo procurarsi quella benzina:
costare
il costo
Dorabel non avrèbbe mai accettato di fare dièci chilòmetri
a pièdi,
buona,
e
neppure,
di nòtte,
per
parte,
cèrto,
d’altra
a nessùn
còsto,
una
strada
non
non
avrebbe
di dormire
nella
troppo accettato
màcchina.
(Ciò che, poi, in quattro, non si sarébbe nemmeno
po-
tuto fare).
« Bè’, ora basta pensare! È ora di agire! », disse Bruno, e Vespucci,
profondo, cosa
disse:
se fosse stato
« Sì, sì, agire!
facciamo? ».
un’ària
che
come
così
non
trattenersi
ne
Queste
cOmica
aveva dal
che
Bisogna
ùltime
nessuno,
proprio
ridere.
svegliato
paròle,
da un
agire! le
nemmeno
nessunissima
sonno
Ma
disse
...
basta pensare! = abbiamo già pensato abbastanza agire = fare qualcosa dormire il sonno
con
Dorabel,
vòglia,
poi : d’altra parte
poté
cOmico tènte
=
diver-
pròprio =
veramente
rìdere il ridere
439
Capitolo
32
« Glielo dico subito », rispose Bruno: il più présto
possibile a Ginosa,
« Adésso io torno
la cittadina
che
ab-
biamo traversato poco fa, trovo un distributore di benun distributore di benzina
decìdere
la decisione
zina, compro
fra due
ore
cinque
o sèi litri e torno fra ... diciamo
x
e mezzo,
notte! », disse Dòrabel, di stare zitta,
forse
tre».
“vo
« Cioè
dimenticando
« e ci làscia qua, due
4
verso
mezza-
la sua decisione dònne
sole fra le
montagne, su una strada sconosciuta? Bravo! Gràzie! ». « Ma
cara signora Dorabel! », disse Bruno,
«io non Le
làscio mica sole! Il signor Annìbale rimarrà con Loro ».
« Annìbale! Che prezioso aiùto! ». « Sèi gentile, ti ringrà-
440
Capitolo XXXII
moglie,
le spalle,
scrollando
sua
Annìbale », continuo
« Caro
Vespucci.
zio », disse
ti voglio
«sai che
molto
bene, e che ti trovo molto intelligénte quando ti occupi dei tuoi libri o di roba simile; ma quando bisogna agire con
e decisione,
forza
sei completamente
tu, caro mio,
comico! ». « Va bene, va bene, non discuto. Quando
minci
a dire certe cose,
sìmile = della stessa spècie completamente interamente
=
che
fa
co-
stare zitti. Bruno!
è méglio
non ascolti la signora Vespucci e parta subito! Ora non =
si tratta di sapere se sono o no comico, ridicolo o che
ridicolo ridere
sò io, ma di procurare al più prèsto la benzina che ci
procurare = procurarsi
permetterà
buòna
di continuare
Bruno,
« Gràzie! », disse
fortuna! ».
avanti
e
e partì
a
Tutta
la
Dunque,
il viàggio.
passi ràpidi. Arrivò
a Ginosa
un
pò’ prima
cittadina dormiva. Bruno cando
il distributore
delle ùndici.
al più prèsto = al
più presto bile
possi-
a passi rapidi = prèsto
la traversò rapidamente, cerche ci doveva
di benzina
èssere.
Lo trovò alle ùltime case. Era chiuso, ma Bruno svegliò
il padrone e gli spiegò di che si trattava. Il padrone del distributore
sonno: un’idea.
si gratto un
«Aaah Lèi
...».
Poi
a camminare
gròsso bidone pièno
po’
il capo
e
sorrise per
di benzina
sbadigliando
disse:
«Mi d’ore
dal
viene con
un
un
pàio
non
ce la fa. Se io in-
un bidone
quando si ha vòglia di dormire si sbadiglia spesso ... a camminare non ce la fa = non
potrà camminare
441
Capitolo 32
vece, per esempio, Le vèrso la benzina in tre o quattro Lèi
fiaschi,
senza stancarsi.
raggiùngere : arrivare fino a
raggiùngere raggiunge
ha raggiunto canterellare = cantare a bassa voce
quasi
ore
a prènderli! ».
Cinque minuti dopo, Bruno camminava rapidamente per
le vie
pieni
silenziose
di
benzina,
di
Ginosa,
legati
portando
assieme
a
quattro
due
a
fiaschi
due.
Con
quegli otto litri, avrèbbero raggiunto Taranto sènza la minima difficoltà, anzi, avrèbbero avuto abbastanza ben-
zina per perméttersi di cercare un buòn albèrgo. Bruno sbadigliò conténto, e si mise a canterellare una canzone
che aveva sentito alla ràdio il giorno prima.
i
quei litri quegli otto litri
Ora vado
ed
ore
per
i
luògo silenzioso = luògo in cui non si sènte nessun rumore
camminare
potrà
Bruno coi sudi fiaschi
Capitolo XXXII
Era una notte silenziosa e un po’ fresca, l’ària èra an-
d’èrbe
di profumi
cora piena
aveva
e di fiori, Bruno
completamente dimenticato la sua stanchezza, i quattro
vuòti e non pesàssero invece più di òtto chili.
vato questi fiaschi! Un grosso bidone di fèrro, quello sì riprese
pesante! ». E Bruno
stato
la stanchezza
« Meno
male però », pensò tra sé e sé, « che quell’uomo ha tro-
sarebbe
stanco
leggèri leggéri, come se fossero
fiaschi gli sembràvano
che
fresco = freddo, ma non tròppo
la sua
col fèrro si fanno per esémpio le ferrovie pesante leggèro
«>
canzonetta, canterellando felice, col cuore leggéro. un’ora, quando
camminato
Aveva
un gruppo
di case che gli sembro
no ...», pensò soffermandosi, dato se eravamo
mobile,
sarèi
vide a mano
déstra
sconosciuto.
« Stra-
«se mi avéssero
doman-
soffermarsi = fermarsi per brève tempo
passati davanti a queste case in auto-
stato
pronto
a scomméttere
mille
lire
che non le avevamo mai viste! Non capisco ... no, davvero
ma
colo
non
capisco!».
lentamente,
ricordo,
E
Bruno
cercando
un
fatterello
nella
riprese
memoria
qualsiasi
tesse di riconoscere quelle case. Ma ria
non
conteneva
niente,
a
che
camminare,
qualche
pic-
gli permet-
la memòria sèrve a ricordarsi fatto fatterello
no, la sua memò-
assolutamente
niente
che
assolutamente= veramente, proprio
potesse aiutarlo. Eppure dovévano èssere passati davanti a quelle case! Sennò
... Bruno si fermò di colpo: già, 443
Capitolo
32
sennò, strada!
da Ginosa,
uscendo
come
Ma
rimaneva
assolutamente
altra
spiegazione.
pensò
Bruno,
ritornare sui propri passi = torna-
èssersi sbagliato di
a sbagliarsi?
fatto
incomprensibile,
« Dev’essere
ritornando
tratto esclamò: una strada che si biforca
aveva
doveva
stata
la
ma
ciò
Tutto
non c’èra
stanchezza »,
sui propri passi. E poi, a un
« Hò trovato! », e si fermò di colpo per
la seconda volta. Si era ricordato di essere arrivato, una mezz'ora prima,
re indietro
a un punto
scégliere scéglie ha scelto
scelto la strada di sinistra. Avrèbbe invece dovuto scé-
sémplice = che si capisce facilmente
coràggio paùra
«>
assicurarsi = guardare per éssere sicuro
pesante
444
: èssere
ed egli aveva
così semplice che Bruno non èra assolutamente sicuro di avere il coràggio di raccontarla agli altri: aveva par-
spesso della sua memoria
di fèrro!
E quello èra veramente uno sbàglio troppo stupido! Arrivato di nuòvo al punto dove la strada si biforcava,
Bruno si soffermo per assicurarsi che questa volta non si sbagliava, e che non c’éra una tèrza strada che fosse quella
di séguito = uno dopo l’altro
si biforcava,
gliere quella di dèstra! La spiegazione èra sémplice, èra
lato un po’ troppo
sbagliarsi uno sbàglio
pesare
dove la strada
giusta.
Sarèbbe
stato
completamente
ridicolo
fare lo stesso sbàglio due vòlte di séguito! Aveva anche un’altra ragione di soffermarsi: i quattro fiaschi di benzina
cominciàvano
a pesare.
« Eppure,
che
cosa
sono
Capitolo XXXII
otto
chili? », disse
tra
sé
e sé,
nulla! Coràggio, giovane romano,
miss Joy che i tuoi mùscoli
«nulla,
assolutamente
fa vedere alla gentile
di fèrro non
conòscono
la
stanchezza! ». E accelero il passo.
il passo
: i passi
Un'ora e un quarto più tardi, egli vide finalmente i fanalini posteriori di un’automobile che stava ferma al lato della strada. Non
fatti, quando
egli l’èbbe quasi raggiunta,
cese la lampadina e Bruno
poteva èssere altro che la loro. E in-
qualcuno
posteriore diètro
di
un fanalino
ac-
elèttrica nell’intèrno della macchina
vide la tèsta del bravo Vespucci,
e accanto
a
lui i capelli bruni di miss Joy. « Uff! », esclamò Bruno a bassa voce
stanchezza,
e, dimenticando
il ritardo,
il peso dei fiaschi, la sua
fece gli ultimi
passi
di corsa,
e
arrivò all’àuto rosso in faccia, ma felice: « Ecco la ben-
zina! », gridò a quelli dell’intèrno, che però non lo sentirono perché avévano chiuso i finestrini e acceso la ràdio.
Bruno allora posò i fiaschi per tèrra e batté ai finestrini: « Ohe! Eccomi tornato! Si riparte! », gridò. In quel momento
Dorabel
stava appunto
dicendo a suo marito ed
a sua figlia: « Scommetto che il vostro caro Bruno avrà trovato
un
albèrgo
e ci avrà
completamente
cati ...». Si fermò di colpo sentèndo
Bruno
scomméttere che èssere sicuro che
:
dimenti-
picchiare, 445
Capitolo
32
poi esclamò:
« Che cosa dicevo? Eccolo tornato! È davgidvane! ». « Davvero? », disse Joy con
vero un bravo un
sorriso.
«Certo! »,
rispose
sua
madre
con
fuòco,
« senza di lui, saremmo stati obbligati a pernottare tutti e tre nella màcchina! ».
Intanto Annibale aveva apérto lo sportèllo ed èra sceso
per aiutare Bruno.
di uno
degli
sportelli posteriori e disse: « Buòn giorno, Bruno!
Come
ha
fatto
presto!
Jòy
Avrà
abbassò
fatto
il vetro
tutta
la strada
di corsa,
scommetto! ». Il sorriso che accompagnò le paròle di Jòy vuotare riempire
fece
arrossire
il giovane
che
quasi
quasi
vuoto
strada il fiasco che teneva in mano.
« Ohé!
giovanotto!
Non vorrà mica che ci fermiamo
sulla
di nuòvo per strada?
Per ora, pènsi un pò’ alla benzina! Con Jòy parlerà più tardi », disse Annibale ridèndo, e Bruno, arrossèndo anspegnere
accèndere
+
spègnere spègne ha spènto anteriore posteriore
cora di più, si occupò
unicamente
della benzina.
Cinque minuti più tardi, i due erano risaliti in macchina,
Bruno aveva spènto i fanalini anteriori per accèndere «>
i fari, aveva pregato Joy di spègnere la radio, e si ripartì verso Taranto.
« Che ore sono, papa? », domando Joy dopo un momentino. « Ma ... sono le due meno dieci, se il mio orològio
446
Capitolo
... E che ore
diéci
meno
«Le due
giusto ».
cammina
XXXII
èrano quando Léi è partito, Bruno? ». « Erano ... èrano le nove o le nove e mézzo, se non mi sbaglio ». « Diciamo le nove e mèzzo, per non èssere ingiusti. E quanti chilò-
metri c’érano, dal luogo dove ci eravamo
ingiusto giusto
alla
fermati
cittadina dove Lei ha comprato la benzina? ». « Ma, una
». « Dunque, fra andata e ritorno ce n’éra
diecina, pènso una
quattr’ore
in
chilometri
Venti
ventina.
e mézzo,
quasi cinque, fa ... Ma sa che ha veramente camminato presto, Léi! ». Questa volta, il tono di Joy fece soffrire
il povero
se avesse raccontato
Certo,
gidvane.
Joy non avrebbe più riso
ma più di trenta chilometri,
dubbio
trovato
fosse sbagliato state
altre,
cambiato.
ma,
lentezza,
sua
d’altra
di strada.
ma
parte,
il tono
Le parole delle
sue
avrèbbe
il fatto che
più ridicolo
ancor
in
soffrire = dolore
avér
far soffrire male a
=
far
fatto non venti,
quelle quattro o cinque ore egli aveva
della
che
tòno : modo in cui si parla
di Joy
parole
senza
egli si
lento la lentezza senza
dubbio
certamente
=
ancor = ancora
sarèbbero
non
sarebbe
E siccome non c’è niente che fàccia soffrire
tanto un innamorato
vuol bène, Bruno
quanto il riso della ragazza a cui
non provò nemmeno a
discùtere con
Jòy, ma si occupò unicamente di guidare, per raggiùngere
al più
presto
Taranto
e un
albergo.
« È terribil-
447
Capitolo
32
mente finire col fare finire per fare, fare finalmente
«ma un bel giorno
ingiusta », disse tra sé e sé,
lèi ...».
finirà col volermi béne, come io voglio bène a
E accendéndo i fari più poténti, accelerò, deciso ad arridi mezz'ora.
in meno
vare a Taranto
A Taranto, dopo avér cercato un po’, finirono col trovare
buòne,
due stanze abbastanza
il rèsto
passàrono
dove
della notte. Avrèbbero sènza dùbbio trovato un albèrgo
migliore se non fossero arrivati così tardi: « Non ho mai visto
una
esclamato
simile! », aveva
lentezza
Dorabel,
perché il cameriere che aveva mostrato loro le camere camminava
come
se un peso imménso
sulle spalle, facendolo
soffrire ad ogni passo.
forse gli è veramente accaduto
frire », aveva
« Chissà,
qualcosa che lo fa sof-
si coricàvano,
mentre
Joy
detto
gli fosse caduto
e sua
madre si èra sentita troppo stanca per discutere. Poco dopo, si erano addormentate. Passàrono
e
la
sera
due
giorni
dell’ottavo
due
a Tàranto,
giorno
dopo
altri a Brindisi,
la
partenza
da
Napoli arrivàrono a Barletta, una città di sessantacinque-
mila proporre propone propose poiché
448
abitanti,
a nòrd
loro arrivo, Bruno siccome
di Brindisi.
propose
La
mattina
a Jòy e a Dòrabel
dopo
il
di ripo-
sarsi in riva al mare, poiché Barletta ha due belle spiag-
Capitolo
andato
sarèbbe
Annìbale
ge. Intanto,
XXXII
un’an-
a Canne,
tica città romana,
sparita, ma
òggi in parte dissepolta.
Tutti accettàrono,
e Annibale
parti canterellando
dissepolto = seppellito
dis-
una
canzonetta, mentre gli altri andavano alla spiaggia.
La sera, verso le otto, Annibale telefonò a Dorabel per dire che sarébbe stato di ritorno a Barletta al piu tardi alle nove, Aveva
e che si sarèbbe
fatto
che,
scoperta
una
subito
partiti per Napoli. fatto
da sola, avrèbbe
scoprire una scopèrta
conoscere il suo nome nel mondo intero! Che cosa fosse,
non vòlle dirlo al telefono:
non
si poteva mai
sapere
chi stava ascoltando. Anzi, per prima còsa aveva comin-
ciato col domandare nessuno
poteva
se Dorabel èra proprio sola e se
sentire
ciò
che
essa
diceva.
cominciare col fare = fare come
prima còsa
Dorabel,
un pò’ stupita, aveva risposto di nò, ma nemmeno allora
Annìbale
aveva
voluto
parlare
chiaramente.
Cosicché
quando Dorabel aveva raccontato agli altri ciò che le aveva detto il marito, essa aveva scrollato la tèsta come
per dire:
« Pover’uomo,
chissà come
andrà
a finire, se
continua così! ». Intanto,
lèi e Jòy
si èrano
messe a
fare le valige,
co-
sicché, quando Annibale entrò quasi corrèndo nella loro
càmera,
tutto èra pronto
per la partènza.
« Prèsto!
in 449
Capitolo
32.
macchina! », gridò Vespucci,
siamo
partire sùbito!».
Dorabel,
Joy e due
«ho pagato l’albèrgo, pos-
E scese giù seguito da Bruno,
facchini
che
portavano
le valige.
In un pàio di minuti, tutti furono in màcchina, e lasciàrono
Barletta.
Solamente
quando
fùrono
usciti
dalla
città, Vespucci accettò di raccontare la sua scoperta.
PAROLE: costo m sonno m distributore m decisione f bidone m ràdio f stanchezza f ferro m canzonetta f memoria f fatterèllo m spiegazione f coràggio m sbàglio m fanalino m peso m corsa f tono m dubbio m lentezza f scoperta f comico ridicolo rapido silenzioso fresco
leggeéro 450
ESERCIZIO
A.
mettere
coprire
tenere
mette
copre
tiene
ha messo
ha coperto
ha tenuto
mise
coprì
tenne
Bruno vano.
(aprire) Dorabel
il finestrino per vedere dove si trovanon
voleva
di lasciare l'automobile.
(permettere)
al giovanotto
« Se Lei si (coprire) bene, non
avrà freddo », disse Bruno.
« Meno male che ha (smet-
tere) di piovere », disse Joy. Lo scialle di Dorabel aveva
(appartenere) a sua madre. Essa se n’era (coprire) per non aver freddo. Bruno non si (trattenere) a lungo col padrone del distributore.
« Ogni
fiasco
(contenere)
due
litri,
quattro
Capitolo
basteranno dunque », disse l’uomo. Quando
ebbe pagato,
Bruno (mettere) due o tre pezzi da cento nella mano delche Bruno ci ha dimenticati! »,
(Scommettere)
l’uomo. «
« chissà perché mi volete tutti far (sof-
disse Dorabel,
(scoprire) l’auto-
frire)! ». Bruno fu felicissimo quando mobile.
ESERCIZIO Bisognava
B. Ma
a ogni — — della benzina.
come?
Bru-
no decise che era ora di —, e non di parlare. Vespucci
bisognava
disse
quando
—,
molto
un’aria
aveva
— di benzina e li avrebbe comprato saria. Dorabel
dimenticò
disse a Bruno
che
disse
al marito
la sua —
egli non
che
egli
poteva
era
certo
che
cercato un
spiegò che avrebbe
agire. Bruno
lui
anche
la benzina necesdi starsene zitta, e
lasciarle
molto
sole.
Poi
intelligente
quando si occupava di libri o di roba —, ma che sennò, era —
XXXII
pesante
incomprensibile minimo nessunissimo profondo
semplice posteriore anteriore
ingiusto dissepolto deciso completamente assolutamente procurarsi agire trattenersi da
sbadigliare raggiùngere
canterellare pesare soffermarsi proporre
scommettere riconoscere biforcarsi assicurarsi vuotare spégnere trattarsi di soffrire eppure DI
di séguito
comico.
Bruno pensò anche lui che Vespucci era un po’ —, ma non lo disse e partì a passi —. Il padrone — dal sonno quando
metterla
uscì
per
in un
dare
grosso
a Bruno
—,
la benzina.
la mise
Invece
in quattro
di
fiaschi. 451
Capitolo 32
Poco dopo, Bruno
Ginosa.
Con
camminava
contento per le vie — di
portava,
che
la benzina
avrebbero
facil-
mente — Taranto.
ESERCIZIO
C.
Cosa disse Bruno quando, tornando da Ginosa, vide delle ....
case sconosciute?
Cosa si mise allora a cercare nella memoria? ....
Qual era la spiegazione?
il coraggio
Perché non aveva
....
di raccontarlo
agli
altri? ....
....
sciato i Vespucci? stava
Cosa
ore dopo che ebbe la-
parecchie
Cosa vide finalmente
quando
Dorabel,
dicendo
E cosa disse poi, quando vide Bruno? cosa fece Bruno,
batté
quando
....
gli disse che aveva
Joy
fatto molto presto? .... Cosa
fece Annibale
quando
furono
arrivati
a Bar-
letta? .... Cosa
disse a sua
stessa?
452
....
moglie
ai
....
finestrini della macchina?
Che
Bruno
quando
telefonò
la sera
Capitolo trentatré
Capitolo trentatreésimo
(33)
(XXXIII)
una battàglia
LA SCOPERTA Quando
sentito
«Ero
Vespucci
il suo
dunque
fu
DI ANNÌBALE
arcisicuro
racconto,
che
nessuno
avrebbe
cominciò:
arrivato a Canne
verso le dièci di mat-
tina. Il sole brillava nel cielo purissimo,
faceva caldo,
Varia èra chiara. Ho lasciato l’automobile al lato della strada e sono andato in riva al fiume Ofanto, dove, duemila anni fa, ha avuto l’esèrcito di Annibale glia che per Roma
». « Ma
poco
luògo
aprì
ad
lo interruppe
di Canne
Jòy,
le porte
di
«io credevo
Joy! La mia teoria
è infatti interamente .
DI
fra
una battà-
Annibale
che tu... ». « Giusto, giustissimo, cara sulla battàglia
battàglia
e quello dei Romani,
non
papà»,
la grande
diversa
dalle teorie di tutti coloro che hanno scritto sulla questione. Però, per provare che la mia teorìa èra giusta, dovevo prima dimostrare che le loro teorìe èrano false.
Perciò, hò cominciato col recarmi sul posto dove — secondo
le loro
false teorie
luògo
la battàglia
—
di Canne.
si crede
Capisce,
che
àbbia
caro
avuto
Bruno,
un esèrcito arci-
=
-issimo
brillare = splèndere
per pòco non aprì = aprì quasi teoria : idèe su una còsa, di cui non si sa ancora se sono giuste o nò coloro che quelli che
=
questione = còsa di cui si discute provare una còsa : far vedere che è giusta dimostrare = provare falso
«>
vero
secondo le teorie = come dicono le teorie
io 453
33
Capitolo
tésto = qualsiasi cosa scritta
avevo
Cartàgine èra la patria di Annibale
sulla
scoperto, guèrra
fra
i testi
e rileggèndo
leggèndo Cartàgine
l’esèrcito
che
e Roma,
antichi di
Annibale e quello dei Romani non potévano éssersi scontrati a est dell’antica in realta verita
=
in
Canne,
dove
si vuole
che
abbia
avuto luogo la battàglia. In realtà, i due esèrciti dové-
vano èssersi scontrati nei campi a una diecina di chilòprecisamente = con precisione cid che mi mancava = cio che non avevo
==
a
a ovest,
sud-ovest
o più di
precisamente
Canne.
Ciò
a otto
che
mi
chilometri
mancava
era
unicamente di trovare una qualsiasi prova, un oggetto,
provare una prova NY
metri
liz
O = —.
la tua storia, sì o no? »,
esclamò a questo punto del racconto la moglie di Anni-
qualunque qualsiasi
insomma tutto
=
: dopo
(persona) impaziente = che non
bale, impaziènte di conoscere il séguito. « Ma scùsami!
vuòle
aspettare
che cosa ti pare che stia facéndo? », le rispose Annibale, dieci minuti
«sono
almeno
vieni
a domandarmi
che non
quando
comincio!
e tu
altro,
faccio
sai che séi
Ma
incredibile? ». « L’incredibile, se mai, sei tu, caro mio!
se mai
: sesene
può parlare
È vero che stai parlando da dièci minuti, ma sulla tua cosiddetta scopèrta ne sappiamo, ma! ». «Ma
insomma,
se mai, meno
lasci raccontare,
mi
di pri-
sì o nò?»,
esclamò allora Annibale, impazientito. « Ah! se la préndi
impaziènte impazientire
in questo modo ... », rispose Dorabel offesa, ma non fini
« Io vado a Roma » e una frase
la frase incominciata e si mise a guardare dal finestrino
incominciare cominciare
dell'automobile.
Annibale
scrollò le spalle dicèndo
tra
sé e sé: « Di nuovo la solita storia ...». Poi riprese, parlando per Bruno
e per Jòy:
cercare,
stessi
avuto
lì intorno,
cercando.
luògo la battàglia, mi son messo sénza
Stavo
già
la sòlita storia =
la storia di sèmpre riprèndere : continuare
«Quando hò trovato il posto esatto dove, secondo la mia teoria, aveva
=
sapere,
a dire
andando
il vero,
in giro
da
esatto esattamente
a
còsa
un’ora
circa, e cominciavo ad èssere un pò’ impaziènte, quando
stare
(che) (che)
io stia io stessi
455
Capitolo
33
il mio sguardo, a un tratto, si è fissato su un oggéètto benché
sebbène =
che, sebbène fosse quasi interamente copérto dalla tèrra, brillava nondimeno così chiaramente che non mi poteva
sfuggire a : non èssere visto da veloce
=
ràpido
raccattare = prèndere una còsa da tèrra
sentire un sentimento
sfuggire.
Mi
l’oggètto e me
lo son messo
sapessi
esattamente
ancora
aver fatto una
grande ho
=
Bruno,
=
in
quantunque
di solito
modo solito
nessuno.
intorno:
Mi
sono
che
io
in tasca. Sebbène còsa
scopèrta.
talvolta
fosse,
siano di sòlito molto
sicuro
spiegarLe,
Dèvo
cèrti
èro
io non
sentimenti
vaghi,
ai
di
caro quali,
io nondimeno
obbedisco ogni vòlta, benché sia incapace di darne una
vago «> esatto
malgrado decisione
guardato
allora abbassato e, veloce come un lampo, hò raccattato
quantunque
benché
sono
spiegazione ». la sua = ben-
ché avesse deciso
«Ma
insomma », esclamò
di nuòvo
Dòrabel,
malgrado
la sua decisione di non parlare al marito, « ce lo racconti,
sì o no, cos’éra quell’oggètto? ». Anche gli altri ascoltatori avévano una gran voglia di fare la stessa domanda impaziénte l’impaziènza
ad Annìbale,
sforzarsi di = fare
grande che mai, essi si èrano finora sforzati di stare zitti.
uno sfòrzo per
ma
sebbène
la loro impaziènza
Ma l’esclamazione di Dòrabel fece domandare
fosse più
anche a
loro: « Si, che cos’éra? ». « Mamma zando
456
mia!
le mani
che impaziènza! », rispose al cièlo e dimenticando
Vespucci,
per un
àttimo
aldi
Capitolo
XXXIII
tenere il volante. Lo riprese però sùbito, e fece appena
in tempo ad impedire che la màcchina andasse a finire
in un albero. Poi disse: « Mi fate saltare tutta una parte
saltare : non rac-
contare
del mio racconto, pèggio per voi! Guardate che, io, non
pèggio : è pèggio
l’hò mica saputo subito cosa fosse l’oggétto che avevo
guardate! — non dimenticate!
raccattato. Ma giacché siète così impaziéènti, ve lo dirò: era nientemeno che un antico anèllo romano, per essere
nientemeno
più esatti un anello d’òro che aveva appartenuto a uno
l’òro è giallo ed è molto prezioso
dei soldati romani che avévano preso parte alla battàglia
niénte meno
tacere =
di Canne».
lare (più)
Annìbale
tacere tace
tacque.
Dòrabel
guardava
con
la
bocca
Joy da parte sua lo guardava quasi
aperta dallo stupore, con ammirazione:
lo
non èra pòi mica tanto stùpido, suo
padre! Bruno, lui, esclamò:
« Càpperi!
Nientemeno che
un antico anèllo d’oro! E per di più, dice Léi, l’anéllo
=
non par-
tacque
ammirazione = ciò che si sènte vedèndo una còsa o
persona eccellènte
capperi! = esclamazione di stupore, di ammirazione
di un soldato romano! ». « Come ‘ dice Léi’? È un fatto! »,
esclamò
Vespucci,
e Bruno:
« Son
pronto
a créderlo,
caro signor Annibale, malgrado che ...». « Come grado
che’? », esclamò
di
nuòvo
Vespucci,
‘mal-
impazien-
tito, « Lèi crede dunque veramente che io àbbia sognato? o che non sia capace
di riconoscere un anéllo romano?
Ma scusi! per chi mi prénde? Oh! ...».
un anéllo
457
Capitolo 33
« Càlmati, papa, càlmati », disse crédere a...
crédere che ...
vero
x
Joy, mettèndo la mano x
ou.
è{ sulla spalla del padre e sforzandosi di non ridere, « cre-
diamo tutti quanti a ogni parola che ci hai detto! Spiègaci piuttosto come mai i soldati romani avévano degli
anélli d’oro ». « Va béne », disse Vespucci, « ma promettétemi = o mut er èss potér parlare
non
di
lasciarmi
parlare
senza
interrompermi ».
« Stiamo muti come pesci, papà! », esclamò Jòy, e Vespucci riprese
allora
la sua
spiegazione.
i cartaginesi ricévono gli anèlli mandati da Annibale
« Noi
sappiamo
d’òro
perché,
che dopo
portàvano
anelli
sui Romani,
Anni-
i soldati romani la sua
vittoria
bale, il quale voleva che Cartàgine sapesse quanto
458
èra
Capitolo
quella vittoria per il séguito
importante
XXXIII
della guerra,
mando in patria suo fratello con un grandissimo numero
di anelli d’òro presi ai soldati romani caduti nella bat-
tàglia di Canne ». « E uno di quegli anelli ... », cominciò Bruno.
« Appunto! », esclamò Annibale,
alle ricerche dei soldati di Annibale,
anelli, sfuggèndo e rimasto a
li, sul campo,
rimasto
Annibale
per
Romani
ai
appartenuto
« uno di quegli
fra altri oggétti
caduti
quel
giorno.
anni,
fino
al giorno
oltre duemila
Vespucci...».
interrompendolo
che
esclamò
« Bravo! »,
di nuovo,
«per
volta
una
campo : luògo della battàglia
avévano
e
vi
E
che
cercare le ricerche
io,
Dorabel,
lasci
mi
muta di ammirazione! ». « Grazie », disse Annibale, « non
nascondo
pero che sarei stato ancora
tu fossi rimasta muta
di ammirazione
più conténto
se
per qualche
se-
condo ancora, cosi da lasciarmi finire la frase che avevo
incominciato ». « Ma
do? », domandò
scusami,
di che frase stai parlan-
Dorabel molto stupita. « Stavo dicéndo
che quell’anéllo era rimasto lì, sul campo, fino al giorno in cui io ...». « Ma caro! il rèsto lo conosciamo, nò? ». «Si,
va
bene,
mia frase, non
ma
potevi
trovi? ».
lasciarmi
finire lo stesso
«Caro Annibale,
io non
la
lo stesso : anche se conoscete la fine
ti ca-
pisco! », esclamò Dorabel, offesa di nuòvo. 459
Capitolo
33
Fu Bruno che tirò fuòri i due Vespucci dalla situazione sgradévole = spiacévole
sgradévole
volta:
in
cui
si èrano
signor
« Càpperi!
ficcati,
esclamando
Lei
Vespucci:
fatto
ha
a sua
vera-
Qualunque altra per-
mente una scopèrta meravigliosa!
sona che avesse trovato quell’anèllo, se lo sarèbbe messo al dito oppure
in tasca,
e poi l’avrebbe venduto
o
tenersi «> restituire
regalato o se lo sarebbe tenuto, ma
decidere decisivo
avrebbe mai saputo quale pròva decisiva avesse avuto
in ogni modo
non
fra le mani». «Si», disse Joy, « è proprio una grandìssima
fortuna
che
quell’anéllo
l’àbbia
trovato
tu
e
nessun altro, papà! ». « Avete ragione », disse Annibale, assài =
modesto
molto
: che non
esagera parlando di sé stesso
«è
infatti una
scoperta
... assài
interessante».
« Lèi
è molto modésto, signor Annìbale! », esclamò Bruno, « la Sua scopérta non è solamente
‘assai interessante’: è la
più grande scoperta degli ùltimi vent’anni, se non più, nel campo della storia di Roma esageriamo, importante l’importanza
caro Bruno»,
«quantunque
e di Cartàgine ». « Non
disse Annibale,
arciconteénto,
io sia il primo a riconoscere l’importanza
della mia scopéèrta, d’altra parte sò che in questo campo sono state fatte altre scopèrte assài più importanti della
mia. E poi, senza èssere modèsto, Le dèvo dire che ciò impòrta
portante
460
=
è im-
che
m’impòrta
non
è tanto a
la scopérta
in
sé
stessa
Capitolo
quanto
il fatto
essa
che
mi
permette
che
di provare
le mie teorie sulla battaglia decisiva di Canne
XXXIII
sono le
sole giuste ».
« Già, » disse Joy dopo un brève silènzio, « hai ragione, ... non
papà, ma
partiti
in modo
spiegato
ci hai ancora
così
siamo
tua
La
Barletta.
da
precipitoso
perché
scopèrta, mi pare, potevi anche raccontàrcela all’albèr-
in mòdo precipitoso = senza prèndere il tèmpo di pensare
go, no? ». « Se voi non mi interrompeste ad ogni istante, ve l’avréi
da sècoli : da lungo tempo
spiegato da secoli! Spèro che ora mi lascerete parlare Ecco
in silénzio.
dunque:
appena
avevo
raccattato
il
mio anéllo e stavo per tornare all’àuto, quando hò visto, un contadino
a un centinàio di métri, un uòmo,
che stava accorrendo verso di me. Siccome
credo,
non avevo
nessunìssima voglia di raccontargli la mia scoperta, mi son voltato precipitosamente
passi
a
minare contadino
—
mi
veloci trovavo
ed hò cominciato
sul
macchina.
la
verso suo
campo,
pènso
a cam-
Ma
il
—
ha
incominciato a gridare per fermarmi: « Ohi! Lèi! Fermo!
un contadino
Ladro! », e che sò io. Avréi forse dovuto fermarmi, ma
avevo
paura
obbligarmi
che
lui,
a réndergli,
allora,
vòglio
sarebbe
dire
stato
a dargli,
capace
di
ciò che
rèndere
tulre
=
resti-
461
Capitolo 33
avevo trovato nel suo campo. Perciò, invece di fermar-
mi
ad
mi
aspettarlo,
messo
sono
a correre
verso
la
macchina con quanta forza avevo. Quando voglio, pòsso correre assài velocemente, cosicché quando ho raggiunto
la strada
sfuggire a «> inseguire
il contadino
èra
sèmpre
a una
trentina
di
ar x sl: TI: i | metri, ed ho potuto sfuggirgli. Mi sento ancora impalli-
dire
quando
penso
a ciò
che
avrèbbe
potuto
farmi,
tanto sembrava furibondo, se non fossi riuscito a sfuggirgli ».
Vespucci e i! contadino furibondo
« Meno
male
che
non
correva
cosi presto
che tutto é finito béne! », esclamo Bruno,
come
Léi
e
e Dorabel, a
questo punto, riprese a sua volta la domanda di Joy: « Si,
462
Capitolo
XXXIII
va bène, ma ciò non spièga perché abbiamo dovuto tutti e quattro lasciare Barletta così precipitosamente! Il contadino, se ho ben capito, éra a piedi, e tu in automobile,
e dunque? ». « Oh cielo! Dammi ancora un po’ di pazienza! », esclamò
Vespucci.
avuto
Dòrabel,
« Già,
furibondo:
volesse rènderlo sempre
E
un
gran
bisogno
sforzò di rimanere
calmo
strada
a Canosa
da
direzione:
Barletta
come
se davvero
ne hai
di paziènza
...».
e continuò:
pazienza impaziènza
Ma
Vespucci
« Uscèndo
di Pùglia,
hò
si
sulla
sbagliato
cosicché, invece di voltare a sinistra, cioè in
sbagliare direzione = sbagliarsi di direzione
direzione di Barletta, ho voltato a destra, proseguèndo in direzione di Canosa! mi
sono
fermato
per
Appena vedere
ho scoperto lo sbaglio
sulla
carta
se bisognava
tornare indiètro o se éra méglio proseguire fino a Canosa, e tornare a Barletta per un’altra via. Stavo dun-
que
guardando
momento,
ho
la carta, visto
quando,
un’automobile
alzando che
la tèsta
un
si avvicinava
a
gran velocita, mentre l’uomo che stava accanto all’autista sembrava farmi segno di aspettarli. Che fosse qualcuno
mandato
ad inseguirmi
dal contadino
che fosse era forse
...? ...?
=
furibondo?
Non lo sapevo, certo, ma non avevo neppure la minima voglia di aspettarli per vedere.
Così, buttata
la carta 463
33
Capitolo
sul sedile posteriore, son ripartito, allontanàndomi rapido la rapidita
la màssima
rapidità. Siccome
la mia macchina
con
era più
potènte della loro, sono riuscito a pèrderli di vista un po’ prima
di Canosa.
Mi
son
fermato
un
minuto
telefonarvi e sono ripartito. Gli altri dovévano sbagliati fatto sta che fatto è che
=
il
seguito
di strada
entrando
in Canosa,
in un’altra
direzione.
Fatto
per
èssersi
e hanno
sta che
non
pro-
li hò
più rivisti ...». « Ma...», fece per domandare Dorabel, ma
fu fermata
da Annibale,
che
continuò,
voce per impedirle di interromperlo:
alzando
la
«... non li ho più
rivisti fino ad Andria, una città a dédici chilometri da non
=
ignorare sapere
Barletta,
per la quale
avevo
deciso di tornare.
Ignòro
come mai siano riusciti a ritrovarmi, o se si son trovati per (puro) caso = senza averlo voluto
lì per
puro
caso,
ma
non
è questo DI
ciò
che
impòrta.
Importa solo che son riuscito a sfuggir loro una seconda
volta,
e che
mi
avévano
di nuovo
perduto
di vista
quando sono entrato in Barletta. E ora, vi dirò che non specialista
cosa
=
di
una
che si òc-
cupa soprattutto
credo
che
sia stato
il contadino
a mandàrmeli
diéètro,
di quella còsa
ma che si tratti di altri specialisti di Annibale, i quali
lo specialista gli specialisti
hanno
scopèrto perché
seguito fino a Canne e mi hanno
464
èro venuto
in Itàlia, mi hanno
lì, nel campo di quel contadino,
visto raccattare l’anèllo. Hanno
indovinato
—
Capitolo
chissa come —
che éra un oggetto di grandissima
im-
per loro,
e quindi anche
per le mie ricerche,
portanza
X XXIII
giacché sono specialisti della stessa questione. Ecco per-
quindi perciò
: dunque,
ché siamo partiti cosi precipitosamente da Barletta ». « Continuo a non capire », disse Dorabel, « se sono vera-
mente
specialisti di questioni storiche, altrimenti
detto
gente
come
possono
farti
te, di che
nulla, no? Anche o non
sò dove,
hai paura?
Non
se ti seguissero da qui a ...
a Roma
male!
Perché
non
ti farébbero
nessun
dunque una partènza così precipitosa? ». « Éh, cara Dòra!
tu non ci conosci! Ignòri ancora di còsa siamo capaci! ».
« Forse, ma sò che ora tu esàgeri come sempre! », esclae Annìbale
mo Dorabel,
di colpo, esclamando:
si fermò uòmini, « Chi?
stava per risponderle, quando
sono
« Eccoli!
Ma
non
sono
diavoli! ».
Dove? »,
domandò
un diàvolo
Dorabel.
rispose. Accelerando al màssimo,
Ma
Annibale
non
egli lanciò la potènte
macchina in avanti, a centocinquanta chilometri all’ora,
lo sguardo pensiéro
fisso sulla strada davanti a sé, con un solo in
tésta:
sfuggire
di
nuòvo
agli
sconosciuti
che lo inseguivano.... 465
Capitolo
33
PAROLE: battaglia f esercito m teoria f questione f testo m realta f campo m est m ovest m sud-ovest m prova f ascoltatore m frase f
sentimento m
paziènza f impazienza f anello m oro m
ammirazione f importanza f contadino m
direzione f rapidità f diavolo m caso m specialista m ricerca f
arcisicuro arcicontènto falso cosiddetto
impaziéènte solito esatto
veloce vago muto
importante sgradevole decisivo modesto
466
ESERCIZIO
A.
Benché
Sebbene
il caffè sia cattivo, Bruno lo beve.
Quantunque
Malgrado Benché
—
—
—
,
—
—
bevette.
che Vespucci
(essere)
sue idee, volle trovare altri
fosse
(pensare)
sicuro
una
della
prova.
diversamente,
io
giustezza
« Sebbene so
che
delle
tutti gli
ho
ragione
10! », diceva. Malgrado che il suo racconto (potere) sembrare
incredibile,
vero.
« Benché
Vespucci tu
disse
(provare)
a
che
nondimeno
farmi
saltare
era metà
della mia storia, io racconterò tutto! », esclamò Vespucci, quantunque
(sapere)
che
le sue
offeso Dorabel. Sebbene Dorabel
parlare
al marito,
gli chiese
della storia. « Quantunque
parole
(avere)
deciso di non
di raccontare
tu (essere)
aspettare! », le rispose il marito.
avrebbero
il séguito
impaziente,
« E io non
devi
dirò più
nulla, malgrado che (avere) una gran voglia di dirti ciò
che penso di te! ».
Capitolo XXXIII
ESERCIZIO Quando
tutto
Vespucci
arrivo a Canne,
Li,
azzurro.
duemila
luogo una
grande —
Roma.
la —
Ma
B.
anni
di Vespucci
di Canne
in un cielo
si sono
avuto
aveva
prima,
fra l'’— di Annibale
e quello
è interamente
tutte le altre. Tutti — che hanno
battaglia
il sole —
diversa da
scritto sulla —
sbagliati.
di
Ma
per
della
—
che
la sua teoria era giusta, Vespucci doveva prima — che
le teorie degli altri erano —.
E perciò, egli si era —
sul posto in cui, — le false teorie degli altri, si credeva che avesse avuto luogo la battaglia. Vespucci era arrivato
alla sua
fra Roma
idea
leggendo
i —
antichi
sulla
guerra
e Cartagine. Secondo lui, dunque, gli eserciti
non si erano
scontrati là dove
si crede:
no, in —,
si erano scontrati a una diecina di chilometri
essi
ad —, 0,
più —, a otto chilometri a sud-ovest di Canne. Gli — di Vespucci aspettavano con impazienza il seguito della
—
storia.
cercata
E Vespucci
sul posto —
raccontò
che aveva
dove, secondo
trovato
lui, aveva
la
avuto
luogo la — battaglia di Canne. La sua storia era stranissima, ma
era — vera. « — », disse Vespucci,
precipitoso furibondo precisamente esattamente
precipitosamente
velocemente brillare provare dimostrare
rileggere
inventare
ignorare
mancare preparare a impazientire incominciare
sfuggire
raccattare sforzarsi tacere
importare
avér luògo
coloro esso
qualunque
nondimeno talvolta insomma
quindi assài
se mai nientemeno secondo
malgrado sebbène
quantunque
malgrado che in ogni mòdo capperi!
« la realtà
467
Capitolo
33
è più incredibile di — storia — dagli uomini ». Dorabel, che si era molto — lentamente, tua
storia,
disse:
perché Vespucci raccontava « Ma
troppo
—, ce la racconti, la fine della
sì o no? ». «Cara
Dora»,
rispose
Vespucci,
« capisco che tu sia —, ma se non mi lasci mai terminare
le frasi che —, non potrò mai raccontarvi il resto della storia! ».
ESERCIZIO
C.
e dove ha trovato la sua ‘prova’ Vespucci?
Come
....
Cosa ha fatto quando ha visto l’anello? .... Perché era sicuro di aver fatto una grande scoperta? ....
Che cos'era, quell’anello? .... Cosa
disse Joy quando
Vespucci
ebbe
raccontato
cosa
E Bruno, cosa disse che fece impazientire Vespucci?
....
aveva trovato? ....
Come
mai c’era un anello romano
sul campo
di batta-
glia? ....
Perché
era una scoperta così importante,
Perché
Vespucci
raccattato
468
l’anello?
era
scappato
....
dal
campo
l’anello? dopo
.... aver
LA FUGA
trentaquattrèsimo
Capitolo
(34)
trentaquattro
Capitolo
DI ANNIBALE
(XXXIV)
una penna
La fuga di Annibale fu qualcòsa di assolutamente indi-
fuga = corsa ràpida per scappare
menticàbile. Per raccontarla ci sarébbe voluta la penna di un grande scrittore. Ma quantunque Bruno non fosse
da Nà-
scrittore, egli riuscì, in una lèttera che mandò
poli alla famiglia, a dare un’idea vivace di quella fan-
e della
tàstica corsa per le strade della Puglia
scrivere uno scrittore
Cam-
vivace = pieno di vita
fantastico = quasi incredibile
pània. Ecco la lèttera di Bruno: Cara mammina,
Eccoci
tornati
a Nàpoli!
Le ùltime ore —
Sembra
quasi
incredibile
pòsso dirlo sènza esagerare!
—
... sono
state le più fantàstiche di tutta la mia vita. Partiti da Barletta ièri sera vèrso le nove abbiamo fatto il tratto
da Barletta a Nàpoli sènza sostare, sènza riposarci un di
minuto, chilometri facili,
una
notte, all’ora, média
a
una
velocità
raggiungèndo orària
di quasi
média anzi,
sui
novanta
di
settanta tratti
più
chilòmetri!
Perché? Perché il caro Annibale aveva visto tre o quat-
se si fa una meta della strada a 80 km all’ora e l’altra metà a 100 km all’ora, la velocità média è di 90 km all’ora
un’ora orario
469
Capitolo
34
di séguito
tro vòlte
la stessa
grado ciò
l’idéa di
sembra
velocità per avér visto un’automobile : mal-
le
... Certo, filare tutta la notte a quella
stesse persone
nondimeno
dentro
con
màcchina
un pazzo, ma nondimeno io non credo che Annibale sia
un pazzo pazzo
veramente
pazzo da legare = cosi pazzo che si déve legarlo
hò mai vista così furibonda, lo chiama pazzo da legare
matto
= pazzo
pazzo, anche
se la gentile Dòrabel,
che non
in presènza di tutto l’albèrgo.
immaginarsi = farsi un’idéa di
Nò, il caro Annìbale non è matto; solamente, non potete
in cérti casi = certe volte
immaginarvi
quanto
vivace
sia,
in
cérti
casi,
la
sua
immaginarsi l’immaginazione
immaginazione. Ma questa è un’altra storia, da raccon-
da raccontarsi = che si dève raccon-
tarsi in un’altra léttera. Torniamo
tare
la nòtte
notturno
fuggire = pare
scap-
ora alla nostra corsa
notturna. Era già sera quando siamo fuggiti precipitosamente da Barletta, e alle nove e mézzo stavamo avvici-
nandoci a Cerignòla, una città a circa quaranta
chilò-
metri da Barletta. immediatamente = subito
Immediatamente seguire
il mio
prima di Cerignola — racconto
carta
su una
vi consiglio di di quella
parte
statale 16 : strada statale nùmero 16
d’Itàlia — la statale 16 volta a dèstra, e in quel punto
sboccare : entrare in un’altra strada
sbocca
sulla statale la strada
che
viene
da
Canosa
di
Puglia. Proprio li, Vespucci esclamò, o piuttosto gridò:
470
« Èccoli,
quei
parlava.
Ma
diàvoli! », sènza
l’abbiamo
volerci
indovinato
noi
spiegare
stessi:
di chi
non
ci
XXXIV
Capitolo
voleva tutto
un’immaginazione quello
che
il
insolitamente
brav’uomo
ci
vivace,
aveva
dopo
raccontato!
insolito SOLITO
«>
una strada diritta
una curva
Vespucci ha premuto sull’acceleratore ed ha traversato | prèmere sull’acceleratore : méttere il piéde con forza
.
va:
“x
Cerignola a una média di almeno ottanta all’ora! Meno | sull’acceleratore
male che la statale non passa per il céntro della citta, perché allora chissà che cosa sarèbbe accaduto! Infatti, il caro
Annibale
non
solo
filava
come
un
matto
sui | Matto
un matto
tratti di strada diritti, ma pigliava anche le curve sènza | pigliare = prèndere
rallentare, anzi, entrando
nelle curve,
sembrava
quasi
che accelerasse sperando forse ogni volta che ‘ gli altri’, i
nostri stri
‘i
ey ep ‘inseguitori’,
x
stessa pazzia.
non
Sbb avrebbero
osato
fare
inseguire | la | un inseguitore pazzia : ciò che fa
un pazzo
471
Capitolo
34
Dopo
avér
continuato
biamo per C. = passando per C.
traversato
a velocita
Ora, se voi guardate
la carta, vedrete
da Barletta
per Cerignola,
a Napoli
Cerignola,
ab-
di Foggia.
in direzione
nord,
verso
pazza
che, per andare
la via più diritta
è la strada 161 che passa a una
trentina di chilometri
a sud di Foggia. In quel modo,
si accòrcia la distanza
di una quindicina
Vespucci
di chilòmetri.
vato a trédici chilometri
da Cerignòla,
la statale 16 si biforca, ha proseguito
invece, arri-
al punto
dove
sènza rallentare
inaspettato
= non
verso nord, in direzione di Foggia!
meraviglia
: stu-
inaspettato, ed io l’hò guardato con meraviglia; ma lui,
aspettato
pore
non
aspettarsi una cosa
= pensare che accadra
nossignori = no, signori
cosa strana,
inaspettata
proprio
il tempo
di parlare,
sulla strada davanti a sé, ha detto: anche
Lei che io avrèi voltato
lo sguardo
fisso
« Éh? si aspettava
a sinistra!
Nossignori!
non è così stupido come credevate, il vècchio Annibale!
cosa naturale +
esattamente
lasciàndomi
Ciò èra abbastanza
:
Popposto = il con-
Come
l’altro Annibale, il grande soldato, invece di fare
la cosa
più naturale,
quella
che
il nemico
io fàccio esattamente l’opposto, la cosa meno
si aspétta, naturale,
trario
la più inaspettata! Lèi e i nòstri inseguitori si aspettà-
roba da matti = cose che fanno i
vano
matti
geniale = intelligentissimo
472
fàccio?
che io prendessi
Prèndo
la più
Lèi, e io Le rispondo:
la strada
lunga!
più
‘Roba
‘ Nossignore!
corta?
da
E io cosa
matti!’,
roba geniale!’
dirà ».
Capitolo
E così via. Roba
da matti, veramente,
anche se lui di-
e così via eccètera
XXXIV =
ceva il contràrio. E in quel momento, non ve lo nascondo,
cominciavo
a temere
anch’io
che
il nostro
bravo
Annibale fosse davvero impazzito. È stata la fine della storia che mi ha fatto cambiare
impazzire = diventàr pazzo
idéa.
la fuga di Annìbale
Intanto,
potete
immaginarvi
vava la povera Dorabel! aveva
neppure
lo stato
Pàllida come
la forza di gridare
nel
quale
si tro-
una morta, non
dalla paura;
ogni
tanto
gli òcchi
lo stato
mèzza
sdraiata sul sedile, mézza sostenuta da Jòy, poteva solo
gemere a bassa voce:
èssere, stare
sostenere = tenere su per
impedire che cada
«Ah... Ah... Ah...», aprèndo e richiudèndoli
sùbito
dopo,
con 473
Capitolo
34
un nuovo gèmito di paùra:
gèmere
un gemito
« Oh Joy, tuo padre è mat-
to... è matto da legare...», gemeva la povera donna. Joy
pericoloso sicuro
+
faceva
quel
spiegava
che
che non
aveva
che
poteva
Annibale
mai
per
guidava
avuto
macchine
perché
di giorno
nelle curve
coraggio,
fantasticamente
incidènti
bene, andare presto èra meno di giorno,
darle
e che,
le
bene,
a pensarci
pericoloso di notte che non
o in cima
si védono
venire
le
alle salite, e si è sèm-
pre in pericolo di scontrarsi con un’altra màcchina che fila in direzione un àngolo
pericoloso un pericolo annunciare (una macchina) : far sapere che viene
opposta.
: inutil-
la luce dei
fari annùncia le màcchine a più di cénto metri, cosicché
il pericolo così
via.
gèmere
di scontrarsi Dorabel
e ad
invano:
divènta
l’ascoltava
annunciare
ogni tanto le dicevo invano mente
Di notte invece,
appena
i più
qualche
più piccolo.
E
e continuava
a
molto
terribili
paròla
incidénti.
per calmarla,
Io ma
essa non mi sentiva neppure.
Così la fuga notturna di Vespucci ci ha portati fino a fantasia = immaginazione
Foggia.
La
mia
fantasia
mi
faceva
già immaginare
i
mille pericoli che sarebbero scaturiti a ogni via, a ogni mètro, ad ogni àngolo, se Vespucci fosse entrato in Fog-
gia sènza rallentare! Perché, insomma, si può filare per ore e ore su buòne
474
strade
a una
média
orària
di cènto
Capitolo
chilometri
e più, senza
tròppi
rischi, ma
attraversare
rischio = pericolo
di
a quella velocità una città di centomila abitanti è una
garlo
Annibale,
ad
sarèbbe
stato
a spie-
provato
non ho neppure
pazzia. Naturalmente,
come
parlare
i
a un
muro, e invano Jòy, che lo stato della madre aveva resa
nervosa
anche
léi, l'aveva pregato
XXXIV
con le làcrime agli
occhi di rallentare un pò’: « Ti assicuro, papa, i nostri
una lacrima
inseguitori sono a diecine di chilometri, non riusciranno mai a raggiùngerci! ». Ma il solo fatto di sentir parlare di inseguitori faceva fare a quel pazzo di Annibale l'opposto di ciò che speravamo,
e così ci siamo avvici-
nati a Foggia a centotrenta all’ora! C’era da impazzire! Temevo
ad ogni momento
di vedere
scaturire davanti
a noi un ostàcolo inaspettato, e allora ... Per fortuna, la via diritta attravèrso la città, quella che passava per
il cèntro, era sbarrata per qualche ragione che non ho potuto capire, cosicché Annìbale fu obbligato a pigliare una
via che
faceva
quasi
il giro della
ostàcolo = còsa che impedisce di passare, di continuare
sbarrare : méttere un ostàcolo per impedire di pas-
sare
città, dal lato
nord. Non èra certo una via molto sicura, ma éra però assài meno
pericolosa dell’altra.
In quel mòdo sboccati
abbiamo
di nuòvo
sulla
fatto il giro di Fòggia e siamo statale,
questa
vòlta
sulla
90.
475
Capitolo
34 Non
avévano probabilmente = sembravano avere
vedendo
Annìbale povera
più nessun
ha
premuto
Dorabel
Abbiamo metri,
avévano
così
senza
alla sua
di nuovo
si è rimessa
percorso
sempre
ostàcolo
vedere
probabilmente
corsa,
sull’acceleratore,
a gèmere
ancora
pazza
una
trentina
i nostri
perduto
più
e la
che di
mai. chilò-
inseguitori,
che
le nostre tracce.
Ma ècco che, arrivati al punto dove la statale 161 sbocca sulla
strada
90, chi abbiamo
visto
venirci
incontro
da
sinistra, dalla 161? L’avete già indovinato: quelli che più la traccia di una ruòta
temevamo
supporre = cré-
dere sènza èssere sicuro
piano
: ciò che si
pensa di fare
rischio rischiare scorciatoia
=
la
Bisogna
di
‘gli
rivedere,
supporre
che,
altri’,
vedendoci
‘gli
inseguitori?!
filare vèrso
Foggia,
dopo aver passato il punto dove la 161 lascia la statale, essi hanno indovinato il piano di Vespucci
e, invece di
inseguirci
ammazzarsi,
via più bréve da un luògo all’altro
hanno
rischiare la vita = rischiare di ammazzarsi
senza
fino
a
Foggia,
rischiando
pigliato la scorciatoia della
di
161, hanno
rischiare la vita i trentacinque
percorso
chilometri
dalla
statale 16 alla 90 e ci hanno aspettati tranquillamente ... Quando
Vespucci li ha visti arrivarci incontro, egli, con
un gèmito di béstia ferita, ha premuto pazzamente sulbalzo
=
salto
l'acceleratore,
facèndo
fare
un
balzo
in
avanti
alla
màcchina che correva già a una velocità vicina ai centoventi! Come siamo arrivati ad Avellino, non lo sò, e non
476
Capitolo
ammazzarci
senza
fatto a traversare Avellino
come abbiamo
sO nemmeno
tuna, Vespucci
a inventare
ha più provato
for-
Per
nessuno!
uccidere
e senza
non
XXXIV
nuovi
piani fantastici e geniali per far perdere le nostre tracce ‘inseguitori’,
agli
per
strada
bis, che conoscevamo
E così, allo spuntàr
Napoli
... Un
tutti
entrati
del sole, siamo
eravamo
dopo
d’ora
quarto
saliti
eravamo
7
gia e che per noi èra una scor-
ciatoia.
ed
la
statale
della
invece
sconosciuta,
Nocera,
pigliare
di
esempio
per
come
nelle
e quattro
in
quando due còse hanno lo stesso nùmero, la seconda si chiama ‘ bis’, per esèmpio 7 e 7 bis
all’albergo,
nòstre
nuove
càmere.
E ora viene il più bello — sarèbbe forse più giusto dire il più fantastico! — di tutta la faccènda. Eravamo saliti
le valige,
rossi di lacrime, quando
abbiamo
finéstre un imméènso baccano: come se fosse venuta
cari
volta
non
‘inseguitori’
gli occhi
sentito sotto le nòstre
Siamo
èra
baccano = gran rumore fatto da molte persone
andati
visto?
avévano,
rubare la nòstra màcchina.
aperto
grida, esclamazioni,
l’indovinerete
che
ancora
la fine del mondo!
alle finèstre, e cosa abbiamo
Questa
aveva
Dòrabel
e la povera
appena
avevamo
nelle nòstre càmere,
da poco
mai:
érano
suppongo,
i nostri
provato
a
supporre (io) suppongo
In ogni mòdo, l’autista che 477
Capitolo
34
era venuto che
provavano
domandato badare
parsi
di
a : occu-
a prendere ad
l’àuto
aprire
aveva
visto
gli sportèlli.
còsa diàvolo stàvano
due
Quando
facèndo,
uòmini aveva
essi gli avé-
vano risposto di badare ai fatti suòi e di non ficcare il
naso in faccènde che non lo riguardàvano. L’autista alràbbia = sentimento di chi è furibondo
lora, fuori di sé dalla rabbia,
=
alle mani
battersi
avévano
risposto,
e i tre stàvano
per venire alle mani. Éra quello il baccano che ci aveva
fatti accorrere alle finèstre. E stato il portiére a raccontàrcelo più tardi.
la scèna dalle finèstre
478
a chiamare
i due uòmini con tutti i nomi che gli venivano in tèsta, quelli naturalmente
venire
si era messo
Capitolo
Intanto, altro
impiegato
il portiere,
fuori
usciti
erano
dell’albèrgo,
appunto,
e un
pregato
i tre
e avévano
uòmini di far silènzio, perché sennò avrèbbero chiamato la polizia. « E chiamàtela pure! », ha esclamato l’autista, ancora rosso in fàccia dalla rabbia. I nostri inseguitori,
probabilmente non volèndo darsi sùbito per vinti, dopo avér rischiato la vita chissà quante vòlte nel corso della
notte, hanno
XXXIV
le guàrdie sono impiegati della polizia
pure : se volete darsi per vinto = smettere di discutere nel corso di = durante
offesa ed
preso anche loro un’aria molto
arrabbiata e hanno detto: « O che credete che ne abbia-
la rabbia arrabbiato
mo paùra, noi, della polizia? Fatela pure venire, a noi
che me ne impor-
che ce ne impòrta? ». Allora, siccome
momento
appunto
in quel
ta? = che importanza ha per me? non mi fa nulla
passava lì davanti una guàrdia, gli impiegati
dell’albèrgo l’hanno chiamata. Noi, dalle finestre del primo piano, dove èrano le nòstre stanze, sentivamo tutto ciò che si diceva in strada, per-
ché a quell’ora la città éra ancora calma e Dunque
abbiamo
sentito
i due
uòmini
silenziosa.
spiegare
alla
guàrdia che noi — èh, sì, pròprio noi! — avevamo rubato diversa roba che apparteneva loro, e che essi, dopo averci
diversa roba diverse cose
inseguiti per tutta la nòtte col rìschio di rompersi il còllo,
ripréndere (come prèndere)
avevano
solamente
provato
dalla nòstra màcchina!
a ripréndere
la loro
Gli impiegati hanno
roba
protestato
=
protestare contro = dire con fòrza che non si accétta
479
Capitolo
34
immediatamente contro quella spiegazione che metteva in
onèsto
l’onestà (f) dichiarare assicurare
dubbio l’onestà dei cliènti dell’albèrgo, e hanno dichiarato
=
che l’albèrgo non avrèbbe mai permesso che la faccènda
finisse in quel modo. tagliàr corto = accorciare un didi-
scorso o una scussione
« Già », ha detto la guàrdia, guar-
dando con attenzione i due uòmini, « anche a me questa
faccènda pare un po’ insòlita,
questura = luògo dove sta la polizia, in una città fate! non fate!
E decidèndo
di tagliàr corto:
e anche poco chiara ... ». Su!
« Avanti!
Seguitemi
tutti e tre in questura! Non mi fate pèrdere la pazièn-
za! ». «In questura? Si può sapere perché? », hanno pro-
seguite! non seguite! venite! non venite!
dubitare , hanno risposto il portière e l’altro impiegato, rientrando nell’albergo, e la guardia, che stava
per perdere la pazienza, ha esclamato
di nuovo:
« Su!
Andiamo, dico! Non mi fate aspettare! Venite! Vedranno
in questura chi ha ragione! ». E benché i nostri ‘ amici ’ sembràssero
disperato = che non spera più
disobbedire obbedire
disobbedire
«>
disperati,
e hanno
questa
seguito
vòlta
la
non
guàrdia,
hanno
osato
continuando
però a protestare ad alta voce e dichiarando che avrèbbero insegnato loro a quello lì — all’autista — a dubi-
gènte per bène gènte onèsta
480
=
tare dell’onesta di génte per bene. La guàrdia, che sem-
Capitolo
brava abituata a ‘cliènti’ di quel gènere, non li ascol-
XXXIV
genere = spècie
tava e badava solo che non scappassero.
Un pàio d’ore più tardi, hanno telefonato dalla questura per chiedere a Vespucci
se potevamo
subito là:
andar
c'èrano dei punti poco chiari nella storia che avévano i due
raccontato
uomini,
e la polizia
che noi
sperava
saremmo stati in grado di chiarirli. Vespucci ha chièsto andare noi due soli, dato che sua moglie
se potevamo
e sua figlia non avévano
visto gran che.
« Va bène >»,
gli hanno risposto, « vengano pure Loro due, ma dicano
fosse necessario far venire anche Quando guàrdia
entrino!
siamo
Sono
E
chiarire = rendere chiaro
venga! (Lei) vengano! (Loro) dica! dicano!
ci ha ricevuti una
ci ha visti ci ha detto:
aspettati! ».
siccome
« Éntrino,
Vespucci
stava
per picchiare alla porta: « No, non bùssino! non è necessario! Entrino senz'altro! ». Siamo dunque entrati senza
entri! (Lei) éntrino! (Loro)
bussare = bàttere alla pòrta per farsi aprire bussi! non bussi!
bussare e abbiamo visto fra due guàrdie i nòstri ‘ ami-
bussino! non bussino!
avér
tutto quanto tutto
ci’, che nel corso di quel pàio d’ore sembràvano perduto
gliàvano
tutta
quanta
piuttosto
acchiappati
mentre
a
la loro
due
sicurezza:
ragazzini
provàvano
a
=
loro ».
arrivati in questura,
appena
che
se mai
di tenersi pronte,
e alla signorina
alla signora
in grado di capace di
che
scappare
ora
rassomi-
fossero
stati
dopo
avér
=
sicuro la sicurezza
481
Capitolo vetro
una
34
: vetro
finèstra
di
interrogare = fare domande a
rotto un vetro.
« Si sièdano, prego! », ci ha detto l’im-
piegato della polizia, che aveva interrogato i due uomini e ora stava telefonando. Quando
ha finito, ci ha detto
con un sorriso
conténto:
« Sanno chi sono, quei due li? ». « No, è la prima volta
che li vediamo da vicino ». « Già. Hò telefonato a Roma per domandare
in questo polizia,
se li conoscévano,
momento
due
che sono
eccellènti
e mi hanno
due
cliènti! ».
vecchi «Come?
risposto
clienti Cosa?»,
della ha
esclamato Vespucci, « degli specialisti di Annibale clien-
ti della polizia?
Ciò
non
è possibile.
Dev’ésserci
uno
sbaglio! ». L’impiegato si è messo a ridere ed ha esclama chè! = no, no!
mato:
« Ma
chè! ma
chè! non
sono
specialisti di nulla
fuorché di rubare! e non solo di rubare, èh? Aspettino un momento,
vedranno
di che gènere
di roba
son ca-
paci! ». E si è rimesso a interrogare i due uòmini. Vedendo
che la loro situazione èra disperata,
e che la
cosa migliore èra di dire la verità, i due hanno raccontato tutto, chiarèndo così i punti della loro storia che la accettare la storia : crédere alla
storia
polizia non aveva voluto accettare fino a quel momento.
Ogni tanto, Vespucci, che ora capiva méglio perché èra stato inseguito con tanta ràbbia, non poteva trattenere
482
Capitolo
XXXIV
un’esclamazione di stupore e di meraviglia: « Fantastico! Caro Bruno, quella fuga ci ha salvato la vita! Abbiamo
rischiato cénto volte di romperci il collo, ma quei due li sarébbero
a sàngue
stati capaci di ucciderci
freddo | sàngue freddo: calma
É davvero
e senza che nessuno ci potesse aiutare!
una
storia incredìbile! ».
ESERCIZIO A.
Vespucci
PAROLE:
fuga f scrittore m
finîre
sentire
finîsce
sente
ha finito
ha sentito
fini
sentì
aveva
inseguivano,
(capire)
subito
che
tratto m
uomini
i due
ed era sicuro che lo avevano
lo |
(inseguire)
|
fino da Napoli. « Ciò che mi (stupire) è che non li abbia |
visti prima », disse, « Mia
moglie
non
«ma ora, bisogna (capire)
mai
le mie
(agire)
presto».
|
lettera f media f immaginazione f brav’uomo m curva f inseguitore m pazzia f meraviglia f l'opposto m stato m gemito m vetro m piano m
ragioni », disse | tracciaf
pericolo m Vespucci a Bruno, « certe volte, ciò mi (divertire); altre | fantasia f rischio m volte, invece, preferirei che mi capisse un pò’ meglio ». | làcrima f ostàcolo m E Dorabel disse: « Le spiegherò una cosa, Bruno: mio | scorciatoiaf
483
Capitolo
34
balzo m faccenda f baccano m
polizia f collo m onestà f cliente m attenzione f questura f genere m rabbia f sicurezza f
vivace fantàstico
medio orario pazzo
matto opposto notturno
diritto inaspettato naturale geniale pericoloso arrabbiato insolito
disperato
immediatamente insolitamente fantasticamente naturalmente
probabilmente pazzamente immaginarsi fuggire sboccare premere pigliare impazzire sostenere
484
marito
troppo e allora fa molti sogni su cui
(dormire)
(costruire) delle belle teorie che non han nulla a che fare
con la realtà. Mio marito (proseguire) nella vita le storie fantastiche che racconta a sé stesso in sogno. Ho provato
mille volte a parlargliene, ma non Quando
come
(arrossire)
niente.
ciò che
(sentire)
Vespucci
moglie,
dir
non
loro
ai
(sfuggire)
di
era
L’importante
sua
diceva
(preferire)
ma
ragazzo,
un
(servire) a nulla! ».
inse-
guitori.
ESERCIZIO
B.
A raccontare la — di Annibale ci sarebbe voluta la — di uno —;
Bruno
un'idea
di quella
Vespucci
—
aveva
—
riuscì però a dare alla sua famiglia —
corsa
attraverso
percorso
il —
da Barletta
di settanta
una
velocità
più
facili, egli aveva
chilometri
raggiunto
la penisola. a Napoli
all’ora.
la media
—
a
Sui — di quasi
novanta chilometri. Eppure, egli non era —, benché sua
moglie lo chiamasse — da legare. Soltanto, aveva un’— vivacissima.
Questa
era la spiegazione
della
sua corsa
—. Annibale non solo filava come un matto sui tratti —,
Capitolo
ma pigliava anche le — senza rallentare! Era sicuro che
i loro — non avrebbero osato di fare la stessa —. Bruno
lo guardava con —, ma Annibale spiegava che invece di
fare la cosa piu —, quella che gli altri si aspettavano,
esattamente
egli faceva sembrava
l’—, la cosa più —.
un'idea veramente
—. Ma
Bruno
E cio gli cominciava
a — che il povero Vespucci fosse veramente —. E Dorain uno
bel era poteva
solo —
—
terribile:
pallida
a bassa voce, —
come
una
morta,
da Joy.
XXXIV
dubitare
gemere
annunciare
sbarrare supporre rischiare badare a
riguardare protestare dichiarare rientrare
disobbedire chiarire bussare
interrogare
tagliar corto nossignore invano
bis pure e così via nel corso di
in grado di
ESERCIZIO
senz'altro tutto quanto fuori di sé
C.
Cosa diceva Dorabel mentre gemeva
di paura?
Cosa le rispondeva Joy per darle coraggio?
per bene
....
ma che
....
Perché Joy dice che è meno pericoloso guidare di notte che di giorno?
....
Cosa ne pensa Lei? ....
Perché Vespucci non poté attraversare Foggia? Quando
sono
Cosa hanno Che
cosa
era
arrivati
a Napoli?
sentito, quando successo?
....
....
sono saliti in camera?
....
....
485
Capitolo
34
Cosa aveva fatto la guardia che il portiere dell’albergo aveva chiamato?
....
Perché il portiere ha chiamato la guardia? .... Perché la polizia volle parlare a Vespucci e a Bruno? ....
486
Capitolo trentacinque
STORIA
(35)
DEI
DUE
(XXXV)
LADRI
Ecco la fine della lèttera in cui Bruno storia dei due uòmini
trentacinquesimo
Capitolo
che li avévano
raccontava
la
inseguiti fino a
Nàpoli: Noi credevamo
che i nòstri ‘amici’
ci avéssero seguiti
fin da Barletta, mentre in realtà ci avévano seguiti fino da
Tàranto!
Perché?
Come
mai?
Come
ha
detto
Ve-
una
Cassa
spucci, è una stòria fantàstica. Se
vi ricordate,
vi hò
scritto
che
eravamo
arrivati
a
Taranto nel cuore della notte dopo èsserci smarriti un paio di volte nelle vicinanze di Ginosa ed èssere rimasti
senza benzina in aperta campagna. Proprio quella stessa notte,
una
Tàranto,
barca
a motore
nel cosiddetto
si èra fermata
Mare
di
della
notte = nel mézzo della notte
smarrirsi = sba-
gliare strada
di
nelle vicinanze = vicino a
campagna citta
barchetta
al largo di = (in mare) a una certa distanza da
prima, una cassa
staccarsi : allontanarsi
Grande,
a remi se n’éra staccata. Un momento
al largo
nel cuore
e una
era stata calata in quella barchetta dalla grossa barca a motore. Nella barchetta c’erano due uòmini, un italiano e
uno
stranièro.
Lentamente,
remando
sénza
fare
il
487
Capitolo
35
uòmini
i due
rumore,
minimo
alla
avvicinati
si èrano
città addormentata, sotto il naso della polizia del porto, approdare = raggiungere la riva
Grande
tutto il Mare
ed avévano
approdato di là dal porto, sulla riva del Mare Piccolo, a nord della città.
D ‘i i
di là da = all’altro lato di
attraversato
avevano
fischiare
Appena torno
approdati, per
avevano fischiare un fìschio
uomini
si èrano
èssere
sicuri
che
nessuno
fischiato
come
per
chiamare
mente
verso
che la
li nascondeva barchetta.
nòstri inseguitori.
ed
Quei
guardati
li aveva
fatti, al loro fischio, altri due uòmini
dall’ombra
488
i due
qualcuno.
ed
E in-
si erano
staccati
scesi
rapida-
èrano due
visti,
in-
uòmini
érano
i
Capitolo
XXXV
Insieme agli altri due, essi avévano scaricato dalla bar-
chetta la cassa che vi avévano calato quelli della motoEra
nave.
una
cassa
con
legno,
di
pesante,
piuttòsto
piuttòsto pesante = un po’ pesante
intorno gròsse corde per poterla portare più facilmente. uòmini
I quattro
érano saliti col loro càrico
fino alla
càrico
porta
: ciò che
si
strada statale, che in quel punto passa lungo la spiàggia
prima di entrare in Taranto. Un’automobile stava ferma
lì vicino, con i fari spènti. Dopo èssersi di nuòvo guardati intorno per èssere sicuri che nessuno
seguiti,
li aveva
i quattro uòmini avévano fatto quasi di corsa la ventina
di metri fra la spiàggia e la macchina, cato la cassa sull’auto. Poi,
e avévano
i due della motonave
carierano
legno (m)
caricare «> scaricare
tornati alla loro barchetta ed èrano ripartiti come èrano
venuti. Gli altri due stàvano
col loro carico, quando
per ripartire anche loro,
ci avévano visti passare. Senza
una paròla, ci avévano seguiti; èrano entrati in Tàranto insiéme a noi, e ci avévano
visti fermarci davanti a un
paio di alberghi. Fino a quel momento,
nessuno
dei due
avrèbbe
po-
tuto spiegare perché ci avévano seguiti, ma allora éra nata
nella
geniale.
loro
Avèndo
mente
un’idea
che
visto dalla nostra
éra
targa
sembrata
che
loro
eravamo 489
35
Capitolo
li per li = sul mo-
mento
il contenuto della cassa nella nòstra màcchina
contenere il contenuto
trasportare portare
di Napoli, avévano fatto li per lì il piano di nascondere
:
sciàrcelo
trasportare
Così, quando
fino
ci eravamo
a Napoli. fermati
Perché?
davanti
e di la-
Vedrete.
al tèrzo
al-
bergo, dove abbiamo trovato delle càmere libere, i due
uomini si èrano fermati anche loro, a una cinquantina di métri da noi. E una mezz'ora ormai
=
ora
dopo, quando
avévano
pensato che ormài noi e tutti gli impiegati e i camerieri
dell’albèrgo dovevamo dormire, avévano aperto con una chiave una chiave
falsa
nascosto
uno
sportèllo
il contenuto
della
della
màcchina
cassa sotto
e avévano
il sedile
poste-
riore. Poi avévano richiuso lo sportello e si erano allontanati. Uno
dei due
èra partito
con
per
la màcchina,
buttar via in qualche posto fuori di città la cassa vuota, mentre che
di fronte a = davanti a
via
tenér d’òcchio = non perder di vista
nostro
l’altro
èra rimasto
sulla strada
sboccava
Da
albèrgo.
all’angolo
di guàrdia
lì, poteva
principale
tener
della
di fronte
d’òcchio
al
l’entrata
dell’albèrgo e ci avrèbbe sùbito visti se per caso fossimo usciti prima della mattina. Una
mezz'ora
pagna approdare l’appròdo
490
sparire
più tardi, quello che èra andato
a buttàr
le tracce
via la cassa,
dell’approdo
in cam-
e poi alla spiaggia
notturno,
era
a far
tornato
e
Capitolo XXXV
aveva
parcheggiato
la macchina
nella
stessa
dove
via
più i métr o cènt ma , agno comp suo il dia guar la va face
in là. Così che noi non avremmo
avuto alcùn sospéètto
vedèndo la loro màcchina. I due avévano allora stabilito di guàrdia
che quello che èra stato
riposarsi
nella
pò’
un
màcchina
andato
sarèbbe
parcheggiata,
a
e che
l’altro avrèbbe fischiato se uno di noi fosse uscito e fosse partito con la màcchina o, preso da un sospéètto, avesse cominciato
ad
esaminare
l’intèrno
dell’automobile
op-
pure la serratura.
parcheggiare un’àuto = lasciar-
la per un certo tempo in un dato luogo piu in la = piu lontano
stabilire : decidere insieme
ho un sospétto : mi pare che ci sia qualcosa che non va èsser preso
da un
sospetto = avere un sospetto
capo = colùi che dà gli ordini fare attenzione a = badare a
« Capirài », aveva detto quello dei due che èra il capo,
una màcchia
« naturalmente, aprendo lo sportéllo con la nostra chiave e caricando
la roba, ho fatto attenzione
a non
lasciar
tracce, ma non si sa mai. Un oggétto fuori posto, una piccola màcchia che non c’éra prima, ed ècco il padrone della màcchina
insospettito, e allora ... non si sa mai
cosa gli può venire in mente di fare! Dunque,
mentre
io mi ripòso, perché mi sènto piuttòsto stanco, tu fa bène
insospettire =
dar sospètto
gli viene in mente di fare = gli viene l’idèa di fare
attenzione a chi entra o ésce dall’albèrgo, e, se ti viene
il mìnimo
sospétto, fa un fischio e io vèngo
sùbito ».
I due avévano fatto come aveva stabilito il capo, e quella notte,
come
pure
i giorni
seguènti,
tutto
èra
andato
una
serratura
491
Capitolo
35
sospettare qualcòsa = insospettirsi
bene.
non
Noi
e i nostri
niénte,
sospettato
avevamo
cari ‘amici’ non avévano mai perduto le nòstre tracce,
fuorché una volta, a Brindisi, dove una mattina avevano creduto che fossimo spariti, mentre
durante
un
giretto
smarrito
—
chissà
in realtà Annibale,
come
ha
fatto!
città,
si èra
ed aveva
messo
della
vicinanze
nelle
—
un pàio d’ore a ritrovare la strada giusta.
Il più béllo è che, malgrado i due
avévano
lasciato
tutta la loro attenzione,
delle
tracce:
la
chiave
non
girava più così facilmente come prima nella serratura, sedile di diètro = sedile posteriore
e sul sedile di diétro c’éra una màcchia scura, piuttosto grande, che aveva la forma di un piède o di una scarpa!
Ma nessuno di noi aveva trovato ragione di insospettirsi, e non
avevamo
nemmeno
esaminato
con
attenzione
la
màcchia per vedere se poteva èssere stata lasciata dalla
scarpa di uno di noi! E né io né Annibale — per non notare = vedere, accorgersi
parlare
di Joy
certa màcchina nelle immediate vicinanze di = subito vicino a
e Dorabel azzurra
—
abbiamo
a due
notato
posti, sempre
che
la stessa,
era parcheggiata ogni giorno nelle immediate vicinanze
dei
nostri
divérsi
albèrghi,
lungo lo stesso marciapiède!
spesso
sulla
stessa
E naturalmente,
via
e
non ave-
vamo notato che la nòstra màcchina èra sèmpre 492
una
sorve-
Capitolo XXXV
gliata
da
l’abbiamo
appunto
sospettato
mai
non
niente
sorvegliare =
guardare con attenzione
essi erano per noi due sconosciuti in
perché
che
eravamo
degli stupidi per non accorgerci
di nulla!
dico
mi
Adesso
città sconosciute. mente
abbiamo
e non
notato
che
Suppongo
...
uòmini
dei due
uno
vera-
È stato a Barletta che quello dei due che èra di guàrdia
èssere di guàrdia = Stare di guàrdia
ha dimenticato per qualche minuto di sorvegliare l’uscita dell’albèrgo, perché stava parlando con una ragazza
che conosceva e che era in vacanza li vicino. E durante quei minuti, Annibale
è uscito, ha preso la macchina
ed è partito per Canne. la ragazza e, facèndo
L’uòmo
ha lasciato lì per lì
un fischio, si è messo a correre
verso la loro automobile, che per caso quel giorno essi
avevano
dovuto
da noi, in un’altra
I due
avévano
a un
parcheggiare
di métri
centinaio
via.
ritrovato
Annìbale
al momento
in cui
egli, scappando dal contadino, si èra gettato nella màc-
china ed era partito a tutta velocità verso Canosa. Per non
correre
il rischio
di vedérselo
davanti agli occhi, avévano a
fermarlo,
per
sparire
correre un rischio = rischiare
di nuòvo
deciso lì per lì di provare
domandargli
una
cosa
qualunque,
e
fargli raccontare nel corso della conversazione chi èra,
nel corso della conversazione : mentre si parlavano
493
Capitolo
35
dove andava
già
appena
Annibale,
sapete,
facévano
e da dove veniva, e cosi via. Invece, come
per
fermarlo,
pato.
Cosicché
vamo
scoperto
aveva
èrano
i due
ciò che
accelerato
ed
sicuri che
rimasti
èra
scap-
noi ave-
sotto
nascosto
essi avévano
che
i gesti
visto
aveva
il
nostro sedile e che ora provavamo a fuggire per tenerci la ròba noi stessi! Bella faccénda!
E adésso, sima
suppongo
impazienza:
che mi domanderete «Ma
insomma,
nascosto nella vostra macchina, vano Eh, un pacco una lèttera si scrive sulla carta
un pacco un pacchetto un pacchettino
nascosto non
ragione
proprio
ve l’avevo che
e perché
li il contenuto
detto
nemmeno
che
prima
per
noi l’abbiamo
con cosa
la màsavévano
diavolo della
avé-
cassa? ».
la semplicissima saputo
prima
di
aver sentito tutta quanta la storia che vi ho raccontato.
Nella cassa, dunque, c’èra ... carta per sigarette: cènto pacchi, e il contenuto di ciascuno èrano mille pacchettini
di carta per sigarette! Che ne dite, eh? Per quei pacchetperfettamente = benissimo
tini, sei persone avévano rischiato la vita chissà quante
Si paga la dogana quando si introdu-
volte, noi sénza saperne nulla, gli altri due conoscéndo
vino, sigarette,
perfettamente
cono in un paése
ecc.
introdurre introduce ha introdotto
494
correre.
Quella
i rischi che corrévano
carta
per sigarette
e che ci facévano
che avévano
intro-
dotto nel paése per via di mare, senza pagare la dogana,
Capitolo
il capo e il suo complice la dovévano véndere a Napoli a un tèrzo che, con l’aiùto di altri complici, introduceva
neppure
dogana
quella
carta
naturalmente
—
tabacco
dall’èstero
quello
per
fabbricava
guadagnando
vendeva
poi migliàia milioni
di sigarette
e milioni.
però, la sola cosa che ci hanno
Questa
guadagnato,
la
tabacco
quel
e con
—
pagare
sènza
e
prigione!
le sigarette,
sono
stati
chi fa
còse vietate insième a un altro
le sigarette si fanno col tabacco
l’èstero = tutti i paési diversi dall’Itàlia
volta,
quello che
parecchi
complice =
che
fabbricava le sigarette, i suòi complici, e i disonesti che rivendévano
XXXV
mesi
disonèsto onèsto
di hi |
E l’avévano ben meritato!
>
,
Ma chi non aveva meritato ciò che è accaduto dopo, èra il caro Vespucci. Calmatevi però! non è stato mandato
in prigione, benché per lui sarébbe quasi stato méglio! Vi ricordate
l’antico
lato al principio avrèbbe per
voluto
qualche
anello
della che
tempo
mia
romano
di cui vi ho
lettera?
Il caro
quell’incidènte ancora,
ma,
rimanesse
ahimè!
par-
Annibale segreto
la polizia
ha
una prigione
cosa segreta = cosa che si nasconde, che nessuno déve sapere ahimè!
mazione
=
escla-
di dolore
voluto sapér tutto, e Annìbale è stato obbligato a raccontare come e dove aveva trovato l’anèllo. E la polizia —
non
per niènte
Nazionale!
—
siamo
a Nàpoli,
la città del Musèo
si è subito insospettita ed ha chiésto ad
Annìbale di fare esaminare il suo anéllo dagli specialisti 495
Capitolo
35
Se éra veramente
antico, egli non aveva il
ha il diritto di = gli è permesso di
del musèo.
consegnare
diritto di tenérselo, ma doveva consegnarlo o piuttòsto
: dare
vénderlo al musèo. E del rèsto, ci hanno detto in quedisperato la disperazione
stura con un sorriso, vedèndo la disperazione di Annìbale,
non
se
èra
antico
non
aveva
naturalmente
nem-
meno il diritto di tenérselo, giacché l’aveva trovato nel campo
di un
che Annibale
altro. Cosicché consegnasse
la sola còsa da fare èra
immediatamente
il suo caro
anello alla polizia, che l’avrébbe a sua volta consegnato o al muséo, o al padrone del campo .... Immaginàtevi la disperazione del povero Vespucci!
Ha
provato a discùtere con la polizia, ma non c’è stato nulla
da fare: l’anello doveva mente. Ma ahimè!
èssere consegnato
immediata-
il più terrìbile non éra ancora acca-
duto .... Questo, però, ve lo racconterò un altro giorno, nella mia prossimo = seguente
prossima
lèttera. Ora sono stanco di scrivere, e i Ve-
spucci mi stanno chiamando
496
per andare a cena.
Capitolo PAROLE:
A.
ESERCIZIO
vicinanze f pl. campagna f cassa f fischio m legno m càrico m mente f targa f contenuto m chiave f guàrdia f approdo m sospetto m serratura f màcchia f carta f pacco m pacchettino m dogana f complice m
Temo che se ne sia andato. Ho paura che non sia vero.
Mi rincresce che sia partito. giusto.
fosse
se non
Mi rincrescerebbe
È stupefacente che non l’abbia raccontato. È ridicolo che non sappia chi sono. Son contento che tu venga con noi.
È strano che non gli piaccia. È una gran fortuna che tu l’abbia comprato. È una sfortuna che stia male.
A Vespucci sembrava strano che gli inseguitori (avere) ritrovato le sue tracce. Era contento,
(essere)
macchina
« che
tuna », esclamò, un
paio
di
volte!
(essere)
Però
è
però, che la sua
« Che
for-
a sfuggir
loro
loro.
della
potente
più
riuscito
stupefacente
che
(essere)
riusciti
a seguirmi per tanti chilometri ». « Già », disse
Bruno,
«e
rincrescerebbe
mi
Lei
se
riuscire ad arrivare a Napoli prima disse Dorabel,
ci (uccidere)
« temo
per
che invece
strada! ». « Eh,
XXXV
non
di loro».
di arrivare
(dovere)
«E
io»,
a Napoli
cara! », esclamò
Ve-
èstero m tabacco m prigione f
conversazione f diritto m disperazione f immediato disonesto segreto prossimo
perfettamente smarrire staccarsi
approdare fischiare
scaricare trasportare caricare
parcheggiare
stabilire insospettire sospettare
497
Capitolo
35
notare
spucci,
«mi
introdurre fabbricare
andare
piu lentamente,
sorvegliare
rincresce
anche
ma
a
me
che
non
se rallentassi
(potere)
avrei
paura
guadagnare
che ci (raggiungere). E sarebbe veramente ridicolo, dopo
meritare
tanti
rivendere
sforzi,
che
consegnare tener d’òcchio
loro! ».
« Ma
di la da
trovo »,
continuò
al largo di lì per li ahime!
di fronte a ormai
non
sarebbe
(arrivare)
una
Dorabel,
a
Napoli
prima
sfortuna
ben
«che
(ammazzare)
ci
più
di
grande, per
strada! ».
ESERCIZIO La
notte in cui Bruno
B.
e i Vespucci
si erano —
nelle
— di Ginosa ed erano rimasti senza benzina nel cuore della notte e in aperta —,
una
fermata
e una
n’era
al —
—.
uomini.
di Taranto,
Nella
barchetta
Avevano
barca
c’era
attraversato
a motore
barchetta
una
grossa
il porto
ed
si era
a remi
—
se
e due
avevano
—
sulla riva del Mare Piccolo. Lì essi avevano — per chiamare
i loro
compagni,
erano usciti dall’ombra.
giacché
pesante,
col loro —
fino alla strada. con
i fari —.
sentendo
I quattro avevano
che era —
lì vicino,
498
e questi,
I quattro
—
—,
la cassa,
ed erano
saliti
loro automobile
stava
era di —, La
il loro
avevano
—
la cassa
Capitolo XXXV
momento
e in quel
sull’auto,
la macchina
passata
era
dei Vespucci. venuta
allora
Un’idea
era
vedendo
la —
uomini.
ai due
in —
dei Vespucci,
della macchina
di Napoli
Essi,
avevano — per — fatto il piano di nascondere il — della
cassa nella macchina
Così, sarebbe stato
dei Vespucci.
— fino a Napoli, senza pericolo per i due uomini.
ESERCIZIO Cosa
avevano
avevano
e Bruno bergo?
fatto
i due lasciato
C.
uomini
quando
la macchina
i Vespucci
davanti
all’al-
....
Perché uno dei due era rimasto di guardia? .... Cosa avevano stabilito più tardi? .... Che cosa temeva il capo? .... Che tracce avevano lasciato i due uomini? Perché
egli aveva
Cosa
provato
avevano trovato
avevano
a fermare
l’anello vicino
nascosto
nella
quando
Vespucci
a Canne?
macchina
Che cosa ne dovevano fare, a Napoli?
....
....
dei
Vespuc-
.... 499
Capitolo
35
E il loro complice che cosa ne avrebbe fatto? ....
Com'è
finita la storia per i due uomini
e il loro com-
plice? ....
E per Vespucci, com’é andata a finire? ....
Cosa scrive Bruno, terminando la sua lettera e parlando della disperazione di Annibale?
200
....
Capitolo
trentasei
L’ANÈLLO Povero
Annibale!
Capitolo
(36)
trentaseièsimo
DI ANNIBALE
Se fosse stato un
lui, quel
ragazzo,
pomeriggio, avrèbbe pianto a calde lacrime. Il suo bel sogno
si èra
infranto
realtà:
dura
la
contro
d’òro che egli aveva trovato sul campo
l’anéllo
di battaglia di
Canne èra ... Ma procediamo per ordine.
un bambino che piange
piangere piange ha pianto infrangere = rompere in molti pezzi
la piétra é dura procèdere =
Annìbale, dunque, come si è visto, aveva dovuto con-
segnare il suo caro anello alla polizia, che l'aveva mandato al Musèo
(XXXVI)
Nazionale. A questo punto, se gli esperti
proseguire
ordine = modo in cui le cose si succedono
esperto = specialista
del musèo si fossero tenuti l’anello, Annibale si sarèbbe
certamente arrabbiato, avrèbbe fatto chissà quante stò-
la rabbia
rie, ma, a dire il vero, non sarèbbe stato pòi tròppo scon-
fare storie : pro-
tènto. Infatti gli esperti avrèbbero
sempre
potuto con-
fermare la sua storia, cioè che éra stato lui, Vespucci, a trovare l’anello quel tal giorno e in quel
tal luògo.
Invece, la polizia, qualche giorno dopo, gli telefonò per comunicargli
romano,
ma
la
risposta
di un’epoca
del
musèo:
molto
più
l’anèllo
recènte,
non
éra
probabil-
arrabbiarsi
testare
confermare una cosa = dire che
quella cosa é
giusta
quel tal giorno il giorno che abbiamo detto comunicare
far sapere
=
=
recente = vicino a Oggi
901
Capitolo
36
mente del diciannovèsimo, forse del diciottèsimo sécolo.
crédere crede ha creduto credette
dapprima = prima
quando
céncio = pèzzo di
l’espèrto,
stoffa (bianca) stracciato
cupo =
credètte
Annìbale
scuro
dapprima
l’impiegato
èbbe
ripetuto
prima
pàllido
gli
diventò
egli
di avér
sentito
male,
la risposta
come
un
ma del-
céncio,
poi di un color rosso cupo che fece esclamare a sua mo-
glie che èra lì vicino: « Annìbale!
Che còsa ti succède?
Ti sènti male? ». ricuperare = avere di nuovo una cosa perduta
la paròla = parlare occhiata sguardo
il
=
il turno = la volta
Annibale, per qualche secondo, fu incapace di parlare,
ma quando ebbe ricuperato la paròla, lanciò prima un’occhiata furibonda alla moglie, che —
ci poteva
far niénte,
e le rispose:
poveretta!
« Altro
—
non
che sentirsi
male! Mi stanno uccidendo! ». Poi fu il turno del pòvero impiegato, che non
che neppure faceva
lui ci poteva
altro che comunicare
far niènte, ad Annìbale
dato ciò
che avévano detto a lui. Perciò, dopo che Annibale lo ébbe chiamato per un paio di minuti con tutti i nomi che gli venivano in mente, l’impiegato perse la paziènza ed esclamò, arrabbiato: pèrdere pèrde ha perduto pèrse
per
parlarmi
« Ma
in questo
scusi, Léi chi crede di assere,
modo?
Se
Léi
non
fosse
uno
straniero, io Le farèi pagare molto caro questa offesa a
offèndere un'offesa
un pubblico ufficiale! Ho avuto con Léi anche tròppa pa-
ufficiale : impiegato dello Stato
zienza, ma ora basta! Se ha voglia di discùtere, vada a
002
Capitolo
vedere
quelli del muséo.
Buona
sera! ». E il pubblico
attaccare staccare
XXXVI «>
ufficiale attacco il ricevitore. Vespucci disse ancora qualche frase prima di accorgersi che parlava a vuòto, poi, con un géèsto di rabbia, attaccò anche
lui il ricevitore
e uscì
la
sbattèndo
di càmera
(parlare) a vuòto = per niènte
di doman-
chiacchierare una chiàcchiera
dargli Dorabel. « Vado a fare due chiacchiere con quegli
far due chiàcchiere = chiacchierare
porta.
« Dove
vai? », èbbe appena
il tempo
ignoranti del muséo! », rispose Annibale in viso,
stringendo
i pugni,
come
e sparì, cupo
se si preparasse
a
ignorante
=
persona che non sa niente
bàttersi con qualcuno. La pòvera Dòrabel alzò le mani
al cielo e andò a chièdere aiùto e consiglio a Bruno.
solare la pòvera dònna, assicuràndole che, arrivando al
consolare qualcuno = rènderlo meno triste, fargli dimenticare una sfortuna, ecc.
muséo, Annibale avrebbe ricuperato la calma che l’im-
sul sério
Ma il giovanòtto non poté far altro che provare a con-
piegato della questura gli aveva fatto pèrdere. Però, a
veramente
=
un pugno
dire il vero, non ci credeva sul sério neppure lui e continuava
a parlare
unicamente
pensava,
Più di un’ora,
per far passare
il tempo.
quella visita di Vespucci
non
poteva durare.
E invece durò tre ore ... Alle sètte di sera, la pòrta del-
l’albèrgo si apri lentamente, di Annìbale,
e Dorabel,
Joy
spinta dalla magra e Bruno,
che
mano
aspettàvano
spingere (come aggiùngere) spinge ha spinto spinse
903
Capitolo sparuto
e pàllido
36 magro
=
da
un’ora
nel
vestibolo,
e sparuta, l’ombra di Don coi mulini
a vento
videro
entrare
un’ombra
alta
Chiscidtte dopo la battàglia
....
Dòn Chisciòtte e i mulini a vènto
N°
il ritorno di Annibale
D>le labbra
gidia = felicità
Dorabel si éra preparata a saltar su e ad accogliere il
rimprovero = paròle dette a chi ha fatto qualcòsa di male
marito con un’esclamazione di gidia e magari anche con
ànsia = stato di chi è incérto e piéno di paùra
fatto passare. Vedèndo invece quell’ombra sparuta in cui
a malapena
riconosceva a malapena lo stesso uòmo che tre ore prima
con difficoltà
=
un leggéro rimprovero per le ore di ansia che le aveva
il labbro le labbra
era uscito sbattendo la porta e riempièndola
le...cheha
ma anche di ammirazione, Dorabel si senti morire sulle
preparate
—
le...cheha
preparato
004
labbra
le frasi
che
aveva
preparate
e poté
di patra,
solamente
XXXVI
Capitolo
mormorare:
« Caro, che ti è accaduto? In che stato séi?
Sei bianco come un céncio ... ».
non
Annìbale parola,
rispose,
davanti
alla moglie
rifiutare
basso,
a capo
passò
e alla figlia
senza
dir
e, rifiutando
di prèndere l’ascensore con un gèsto appena percettibile, cominciò
a salire lentamente
qualche
momento,
nel
Joy e Bruno, nessuno
sero
fermi
come
se
che
formàvano
poté muoversi,
fossero
>
accettare
percettibile = che si può vedere, sentire,
ecc.
formare
=
fare
della scala. Per
i gradini
gruppo
mormorare = dire a bassa voce
Dora,
tutti e tre rimà-
diventati
tre
statue.
Il
primo a muòversi e a ricuperare la parola fu Bruno che,
dopo una ràpida occhiata a Joy, in due salti raggiunse
una stàtua
Annibale e gli strinse con forza la mano, mormorando:
muoversi giovinezza
si poteva
non
così
vicino di = colùi che sta vicino a
di
vecchiàia.
Così
trovarvi delle donne che accettàssero di venire a stare
volévano
non
Roma
il risultato
Ma
a Roma.
disprezzare «> èssere pièno di ammirazione per
senza
in tutte le città vicine per
dei Romani
Romolo mandò
pòpolo
Un
avanti. prèsto
ben
morto
sarèbbe
donne
andare
che
presto
capì ben
« Romolo
disse Bruno,
gia»,
«Eh,
dare
i vicini
magro:
assài
fu
le pròprie
figlie
a
di
quegli
uomini che disprezzàvano. Infatti molti fra gli abitanti di Roma
èrano
stati condannati
nelle loro città a pu-
nizioni a cui èrano sfuggiti andando
appunto
a nascon-
dersi nella nuòva patria. Allora i Romani èbbero un’altra idèa. Fécero sapere ai popoli
vicini
(fra cui i Sabini,
che
stàvano
a nord
di
Roma), che Roma stava preparando un bellissimo spettàcolo
al quale
le popolazioni
vicine
èrano
invitate
assìstere a = guardare
assìstere.
folla = grande numero di persone riunite
dello spettacolo si trovò riunita una grandissima
Moltissimi
accettàrono
l’invito,
ad
e il giorno folla.
Tutti erano felici e gai; nessuno, neppure i Romani, sospettava di nulla.
segnale =
segno
Ma
ècco che Romolo
fece un segnale, e a quel segnale
un gran nùmero di soldati romani, entrati nella piazza 920
Capitolo XXXVII
un istante prima, si slanciàrono ràpidi come il fùlmine
in mézzo alla fòlla degli invitati. Ogni soldato afferrò una
di corsa.
e scappò
terra
da
la sollevò
fanciulla,
Poche fùrono le giovani donne che sfuggìrono ai soldati romani
in quel terribile giorno. Ah!
non avéssero mai
accettato l’invito ad assìstere a quello spettàcolo! Adèsso,
sarébbero quanto
certo diventate schiave dei Romani!
avrebbero
Chissà soffrire
sofférto! ».
sòffre
ha soffèrto
« Ma scusi! », esclamò Jòy, « non hanno provato a riavere
le loro figlie, i vicini dei Romani? ». « Éh, sì », rispose Bruno,
«ma
non era così facile. I Sabini,
per esèmpio,
pensarono sùbito di fare la guerra ai Romani, ma dovévano prima prepararsi.
Intanto altri popoli partirono in guerra contro i Romani, ma
furono
tutti vinti, le loro
lazione stessa trasportata
tare il numero
città distrutte,
la popo-
a Roma, dove andò ad aumen-
dei Romani.
Anche
quello era un modo
di ingrandire la citta! ». « Cosi,
dunque»,
vigliacchi riavere
dei le
Sabini
loro
altro! ». « Ma
disse
non
figlie?
scusi»,
ancora
una
osarono
In
rispose
tal
caso,
allora
volta
far
Joy,
« quei
la guérra non
Bruno,
per
ME aCco
«>
meritàvano ridéndo
di
521
Capitolo
37
una leggénda leggendario
adoperava
che
‘vigliacchi’
quel
popolo così antico e di un fatto leggendàrio,
un
che forse
«io non ho detto che non
accaduto,
non era nemmeno
di
parlando
Joy
osàrono. Anzi il re dei Sabini, Tazio, fu l’ùnico di tutti come
andò
:
come si è svòlta
Ecco come andò:
che riuscì a entrare in Roma.
la faccénda
Per difèndere la loro città,
difèndere difènde ha difeso
sul Colle Capitolino, un forte, cioè un luògo difeso da
mura
altissime e da un
teneva il Campidoglio,
i Romani avévano costruito,
di soldati.
numero
gran
si chiamava
come appunto
simo, e si mise a cercare in che mòdo
sarèbbe
comandante
entrarci.
che
=
capo di un forte,
di una nave da guèrra, ecc.
dante
gli
forte
del
anelli
dalle
allora
Apprese
aveva
gioièlli
e altri
(come
quella ragazza
se avesse nascondersi sl nasconde sì nascose
aperto
ai Sabini
Tarpea
accettò, e una
soldati
in un
gli avrèbbe
bòsco
notte
vicino,
Tarpèa,
Tàzio
potuto
il comanamava
che
e d’argènto
d’oro
e le promise
spie
sue
figlia,
una
qualsiasi altra còsa al mondo. promettere méttere)
quel
forte, teneva Roma. Questo, il re sabino lo capì benis-
spia = persona che pròva a conoscere i pro-
gétti del nemico
Chi
più
che
aspettò una
sera
tutti i gioièlli che voleva
del Campidoglio.
la porta Tàzio
si nascose
aspettando
coi suòi
il segnale
che
fatto sapere che la via èra lìbera. Venne
il segnale, e i Sabini entràrono nel fòrte. Tàzio aveva promesso 922
a Tarpèa
che ogni
soldato
le avrèbbe
dato
Capitolo XXXVII
il braccialetto
d’oro che aveva
invece
egli,
popolo,
il suo
tradito
sinistro. Ma,
disprezzare il disprézzo
aveva
scagliare = lanciare
che
romana
per la giovane
di disprèzzo
pieno
al braccio
darle
di
il
pro-
prio braccialetto, glielo scagliò nel viso, e Tarpéa cadde
braccialetto
passando
sabini,
tutti gli altri soldati
a tèrra. Allora
un
davanti a Tarpéa, le scagliàrono addòsso, con parole di scherno, i loro gròssi e pesanti braccialetti. Così Tarpéa, che
di
un
mùcchio
che
giustamente gèmme
e quelle
quell’oro
sotto
e mori
meritava
la punizione
ricevètte
d’oro,
gioielli
per
patria
la
tradito
aveva
che
essa amava più di tutto. E quella nòtte morì pure suo il comandante
padre,
del forte, che
fu ucciso mentre
fine
del Campidòglio
della
ancora
storia
una
di
volta,
avrébbe
Roma
le
un mùcchio
gioièlli
di
gèmma = piètra preziosa
cercava di difénderlo.... La presa
scherno = disprèzzo
come
cose
si
dovuto città
svòlsero
segnare
libera.
la
Invece,
cercare di = provare a
un segno segnare
diversamente.
Accadde infatti che, quando la mattina segueénte soldati romani
e
soldati
sabini
cominciarono
a
combattere
disperatamente nelle vie di Roma, le dònne sabine, che
avévano
mariti
fra gli uni
e fratèlli e padri
fra gli
altri, per fermare il combattimento présero i loro bambini
sulle
bràccia
e corsero
a méttersi
fra
i combat-
combattere un combattimento un combatténte = uno che combatte
923
Capitolo
37
tènti. Non potèndo continuare in quel modo, il combatti-
mento
arma i
| e armi
pace
guerra
tradire
un
traditore
una traditrice
cessò, e i combattènti
e deci-
le armi
depòsero
sero di fare la pace. I] corpo di Tarpèa, la traditrice, fu gettato giù dal Campidòglio, nel luògo chiamato quel
seguénti,
Rupe
‘la
giorno
i traditori
E
Tarpèa’.
della
pàtria
anche
vénnero
da
secoli
nei
scaraventati
giù dalla Rupe Tarpèa.
le dònne
sabine férmano
il combattimento
Ecco dunque la leggénda delle origini di Roma. La pace fra Sabini e Romani, così importante per Roma, una
rupe
riunirsi una
St
riunione
:
;
appunto qui, nel luogo chiamato
.
il luògo
dove
il popolo
—
.
il Comìzio, paròla che
in latino significa riunione. Il Comizio
allora, 924
x
si fece
èra dunque,
di Roma
gia
èra chiamato
Capitolo XXXVII
prendere una deci-
a riunirsi ogni volta che si doveva sione importante.
Ma
questa
principio
in
giacche
—
valle
é
Foro
il
intorno —
situato in una valle, fra i colli che vediamo
questa valle éra, durante tutta la stagione delle piogge, una palude. Le acque che scendévano dai colli e quelle
da numerose
che sgorgavano
sorgènti sul luògo stesso,
non potévano scorrere tutte vèrso il Tévere, ma rimané-
« Non
scavare
potévano
acque?
Non
Dorabel,
esclamò
città! »,
asciutto
una
e
in mézzo
a una
le. rispose:
« No,
palude
Bruno
Perciò
certo, non è affatto sano, anzi è molto malsano!
i Romani rendere
prima
fécero appunto ciò che Léi propone: meno
cloaca
Massima
e
ùmida
la valle del Foro,
di Roma,
passa
che
sgorgare = scaturire con forza
proporre
(come
supporre)
Cloaca
che fu chiamata
appunto
la
malsano sano
nostri
piedi! ».
« Una
cloaca?
Che
cos'è? », domandò
Dorabel.
« Bè’, la
prima Cloaca Màssima èra un sémplice canale, ma più tardi, le cloache
sotto tèrra, come
fùrono
dei canali
scavati
Oggi, e che permettévano
interamente
alle acque 929
Capitolo 37
di scorrere verso il Tévere. ricoprire = coprire
e si puo
fu ricopérta,
Anche
ancora
la Cloaca Massima
vedere
il punto
in cui
sbocca nel Tévere, al lato del Ponte Palatino. Quando,
con
la costruzione
della
cloaca,
fu resa meno
malsana l’antica palude, il Fòro poté veramente diventare non
solo il cèntro
di Roma,
gli affari pubblici della città, ma Ue
fl, ly
un ponte affare = faccènda
le popolazioni
si discutévano
anche
il luogo dove
delle città vicine venivano
per véndere
e comprare, cioè un vero mercato. E adesso, per non star sempre fermi nello stesso posto,
vediamo un po’ i monumenti, dei monumenti
che sono
o più esattamente i résti
stati dissepolti nel Foro ».
E Bruno, seguito dai Vespucci,
Foro spiegando ciò che vedévano
926
dove
si mise a girare per il
intorno a loro.
Capitolo
ESERCIZIO
A.
PAROLE:
Voglio che tu lo faccia.
avvenimento
leggènda f
che esca!
Chiedete che vengano!
presa f figlioletto colle m
Bisogna badare che non scappi.
dio m
potere
culla f
impedire che egli (sapere)
cosa é
dobbiamo
aspettarci
che lei (venire) essa li (seguire).
con loro, non Non
vorra
potremo mica
che
impedire io
che
(stare)
m
Delta J one f
Se chiedono
essi ci (capire).
hi
ZO
a telefonare ai suoi amici. Non
che
nee
Legga e f
accaduto. Baderò io che essa non (uscire) da sola. Spero
(provare)
m
schiava f
Si aspettava che lo facessi io.
che egli non
m
dei m pl. gemelli m pl. schiavo m
Spero che tu gli scriva.
Devi assolutamente
m
f
origine
Non voleva dire cosa fosse. Impedisci
XXXVII
.
qui
tutto il giorno? No, ma vorrei che lo (fare) lui, allora!
Va bene, spero che non (dire) di no.
POIZIoNI hidi
f
vecchtala J ‘cino folla ri
] vigliacco m forte m
spia f
comandante
m
braccialetto
m
gioiello
B.
ESERCIZIO
disprézzo
Ecco di nuovo un esercizio un po’ diverso dagli altri. Questa
volta, Lei
altro modo.
Così,
deve
provare
invece
a dire
di dire:
m
certe
« Però
cose
Bruno
in un
non
lo
scherno m
gemma
m
f
combattimento m combattènte m
527
Capitolo
37
arma f armi fpl. pace f
traditore m traditrice f
rupe f riunione f amore m mucchio m comizio m valle f palude f cloaca f ponte m affare m preciso crudele famoso coraggioso reale libero vicino
leggendario umido
malsano diversamente giustamente fondare succeédere a forzare narrare
sapeva », si può
di dire:
invece dire:
« E adesso,
ora,
« E che
Bruno
«Ma
dire:
cosa
che
cosa
non
«Ho
sapeva », e
facciamo? », si può
facciamo? ».
Provi dunque a dire in un altro modo « Non lo sapeva neanche
lo
le frasi seguenti:
Bruno ».
comprato un’automobile ».
« Pietro getta la palla a suo fratello ». « Non abbiamo visto niente ».
« Egli si è tolto la camicia ». « Mi son rivolto a un medico ».
« Qua e la si vedevano degli alberi ». « Che cosa ti ha mostrato? ».
« Ci siamo
coricati sull’erba ».
« Era sdraiato sulla sabbia ». « Ciò durò un istante ».
svolgersi
innamorarsi
partecipare deporre punire
appréndere
beffarsi disprezzare condannare assistere riavere adoperare
028
ESERCIZIO Cosa fece Amulio,
C.
il fratello del re Numitore? ....
Che cosa accadde alla Vestale Rea Silvia?.... Che cosa decise di fare Amulio Romolo
e Remo?.....
dei figli di Rea Silvia,
Capitolo
E come
XXXVII
diféndere tradire Come fini Amulio?.... scagliare combattere Cosa decisero di fare Romolo e Remo invece di accettare | significare sgorgare ricoprire il potere che dava loro Numitore?.... Come
ando invece?....
accadde che Romolo
uccise suo fratello?....
anzitutto
ben inteso
Quali furono i primi abitanti di Roma?.....
Che cosa racconta la leggenda sui Romani e le fanciulle
sabine?
....
E cosa racconta la leggenda
di Tarpea?....
929
Capitolo
trentotto
IL FORO il ròstro di una nave romana
(XXXVIII)
trentottésimo
Capitolo
(38)
ROMANO
« Abbiamo visto », disse Bruno proseguèndo la visita del
Foro, « che il luògo nel quale ci troviamo è il Comìzio, dove
si riuniva
pùbblici.
il pòpolo
Questa
per
decidere
piazza, nei primi
tèmpi,
degli
affari
èra bèn più
grande di quella che ci rimane Oggi, e che è il Comizio dell’época degli imperatori. Infatti questi ùltimi goveruna tribuna
il suo parere = ciò che ne pensava
navano
da soli, senza quasi mai
domandare
al pòpolo
il suo parere. E pòi, la popolazione di Roma aumentava
così
rapidamente
bastò
più
che
bèn
per le riunioni
présto
questo
del popolo,
luògo
cosicché
non si do-
vette trasferirle fuori della città, in un nuòvo Comizio. il Foro propria-
Fra
il vero Foro
c’éra un altro monumento
mente detto =
che oratore
—
persona che fa un discorso
a.C. = avanti Cristo
930
il Comìzio
antico
si chiamava
e il Foro pubblico
‘i Rostri’.
Era,
antichi, una spécie di tribuna parlàvano al pòpolo di Roma. questo
nome
dopo
che,
nel
propriamente
detto
assài interessante,
fin
dai
tèmpi
più
dalla quale gli oratori Tale tribuna aveva preso
trecentotrentòtto
a.C.,
vi
Capitolo
XXXVIII
erano stati posti i ròstri delle navi da guerra di Anzio,
È dai Rostri che il famoso
una città vinta da Roma.
dere
con
il potere
delle armi.
la fòrza
dai Ròstri antichi
oratori fecero
aveva
che
Catilina,
contro
forti discorsi
due
romano
al pòpolo
fece
Cicerone
oratore
dei suòi
voluto
prèn-
E molti
altri
dei discorsi di gran-
dissima importanza per la storia di Roma. Ricordiàmoci antico non esisteva nulla di veramente
che nel mondo
giornali,
ai moderni
simile
parlare
non
per
mente della ràdio e della televisione! pùbblici
bisognava
conoscere
farli
natural-
non
aveva
neppure
un
al popolo
diretta-
governo
nel senso
dérno della paròla, con un capo che si chiama Ministro
o Presidente.
dei re, ma
furono
avévano
primi
sécoli,
il cinquecentodiéci
Tarquinio,
il crudéle posto
verso
Nei
fu scacciato
elétti, pure
dal
mo-
Primo
aveva
a.C. l’ùltimo
suo
due
consoli,
che
c’era,
però, una grande differènza: i cònsoli èrano elètti per un anno soltanto. Passato l’anno, il pòpolo aveva il diritto che
fosse
punito
un
moderno antico
«>>
cònsole
che,
direttamente : da una persona all’altra
il sénso di una paròla = ciò che vuòl dire quella paròla
re,
Al
su per giù gli stessi poteri dei re. Ma
di chièdere
esiste = c’è
avuto
dal pòpolo.
pòpolo,
la televisione
Perciò gli affari
mente, se si voleva che il popolo vi partecipasse.
Roma
Cicerone, in latino : Cicero
scacciare = mandàr via con la forza
elèggere (come lèggere) = scégliere fra parécchie persone
su per giù = circa
secondo
ool
Capitolo 38 lui =
esso
lui, avesse mal governato.
Cosicché,
e Roma
del pòpolo
nelle mani
era veramente
in realtà, il potere
era di-
ventata una repubblica ».
«Ma
ciò è davvero
moderno! », esclamò
Joy,
e Bruno
dovette di nuovo spiegare: « Sì e no. Perché quando dico ‘il popolo’,
non
di
parlo
quello
e in America, noi chiamiamo
senza
alcùn
potere.
in
Europa
il pòpolo di un paése. La
maggior parte degli abitanti di Roma
tempo
oggi,
che
Roma
rimase per lungo
fu
governata
dal
Senato ...». « Il Senato? », esclamò Dorabel interrompèndolo, « come una chièsa
negli Stati Uniti? ». « Be’, si, un pò’ come in América », disse Bruno
ridèndo,
rassomigliare la rassomiglianza
stata assài più grande
membro di... = persona che appartiéne a...o fa parte di...
tutto,
i mèmbri
«ma
credo
che la differénza
della rassomiglianza!
Prima
sia
di
del Senato, i senatori, non èrano eletti
dal pòpolo: quei senatori, infatti, èerano semplicemente i capi dei grandi gruppi di persone che i Romani chiamà-
repubblicano = della repubblica
vano ‘famiglie’. All’època repubblicana, ce n’èrano trecénto, poi seicento. Ed ècco appunto l’edificio in cui si ri-
univa il Senato, la Cùria. È uno dei pòchi edifici del Fòro antico l’antichità
che non fùrono distrutti, perché dopo l’antichità fu trasformato
932
in chièsa. Entriamo? ». « Cèrto », esclamarono
Capitolo XXXVII
i Vespucci,
ed entràrono nella Curia
insiéme
a Bruno.
Quando si ritrovarono sul Comizio, Bruno disse: « Quel-
lo lì è V’arco di Settimio
Sevèro.
Loro
sanno
cérto
cosa servivano gli archi del Foro Romano ». « Ma
a
...2»,
rispose Dorabel, «a passarci sotto, nd? E poi, a Parigi, c'è sotto la tomba
dato », disse Bruno,
del soldato sconosciuto ». « Quel
sol-
« si chiama milite ignòto, che vuòl
una tomba
dire lo stesso con parole più alte. Un milite è un soldato, e ignoto vuòl dire sconosciuto.
A Roma, però, non
c’érano tombe di militi ignòti sotto gli archi, quella è un’iA Roma
déa moderna, dei nostri tempi.
si innalzàvano
innalzare costruire
degli archi per gli imperatori che avévano vinto qualche grande
battaglia.
Sull’arco
si raccontavano
propri disegni di piétra, che si chiamano
in veri
e
=
vero e pròprio = vero
bassorilièvi,
le scéne più importanti della vita dell’imperatore, delle sue battàglie più grandi, delle sue più importanti vit-
torie, ecc. Ma gli archi del Foro Romano, cioè quelli di
Settimio Severo, di Augusto — òggi sparito — e di Tito, come
pure
quello
fuori, al lato del Colossèo, sarci
sotto’,
come
diceva
po’
che
si trova
un
servivano
appunto
a ‘pas-
di Costantino,
Léi,
signora
Dorabel,
ma
in
rari casi soltanto. Come Loro sanno, Roma fu quasi sèm-
il Colossèo
933
Capitolo 38 generale —
pre in guerra. Quando dunque un grande generale aveva
cito
vinto
capo di un esérconsiderare importante = pensare che é importante
nazione
=
popolo
condurre (come introdurre)
che
battaglia
una
il Senato
molto
considerava
importante per la nazione, i senatori per ricompensarlo
gli
il
concedévano
‘trionfo’,
cosiddetto
che
cio
gli
stessa i suòi esér-
dava il diritto di condurre in Roma citi vittoriosi.
cammino
= via
Un trionfo èra uno spettàcolo imménso, faceva accorrere lungo il cammino
il popolo di Roma.
Provino
un cortèo che
del trionfatore tutto
un pò’ a immaginarsi
trionfo! Il cortèo entrava in Roma
un
per la Porta Trion-
fale, che di sòlito èra chiusa. In tèsta al cortèo venivano in tésta a = al principio di
tutti i senatori seguiti da soldati che suonàvano le trom-
Poi,
trasportati
sui carri
schiavi, venivano
gli oggétti
preziosi
Se il paése vinto
èra un paése
venivano
nuòvi
be trionfali.
animali
o portati
tòlti al nemico.
lontano,
o interessanti
dagli
allora
per
spesso
i Romani:
leoni, tigri, elefanti, giraffe, o che sò io. Poi seguivano,
a piedi naturalmente e in catene, i più importanti pri-
gionièri nemici. Talvòlta, fra i prigionièri c’éra qualche grande generale o un re, ma ciò non rendeva cèrto molto
più
leggere
morte.
le
catene!
Niènte
poteva
salvarlo
dalla
Capitolo XXXVIII
Poi,
tirato
da
quattro
cavalli
bianchissimi,
veniva
il
carro del trionfatore. La sua toga — che era il vestito
proprio dei Romani — éra rossa con ricami d’oro. Nella mano
e sulla fronte
egli portava
rami
di alloro,
che
anche ai nostri tempi sono il segno del trionfo, e uno schiavo gli teneva sopra il capo un ramo di alloro fatto
di oro puro ... Ma affinché egli non credesse di èssere
diventato un dio, lo stesso schiavo gli ripeteva all’orécchio: ‘Guàrdati indiétro. Ricordati che sèi un uòmo ...’. Dopo
il carro
del
trionfatore
venivano
i soldati,
che
cantàvano inni di vittoria. E tutto quell’imméènso cortèo passava sotto gli archi di trionfo prima di salire al tempio
di Giove sul Campidoglio, cioè al principale tèmpio di Roma ».
Segui un bréve silenzio: i Vespucci e Bruno provavano ad immaginarsi il cortèo del trionfatore, con le sue trom-
un orécchio
belva = grande animale pericoloso
be, i leoni, le tigri e le altre belve, i prigionièri in catene,
con tutta la folla dei Romani
toria, gridava, rideva Pòi Bruno
che cantava
inni di vit-
....
si rimise a camminare
fra i monumenti
del
Foro, e dopo avér mostrato ai Vespucci la Basilica Giùlia e la Basilica Emilia, si fermò
sotto le colonne del 039
Capitolo 38
il tèmpio di Saturno
tempio il Rubicone
bruciare = essere distrutto dal fuòco
remòto
= lontano
di
Saturno,
ai
pièdi
del
Colle
Capitolino.
«Questo qui è uno dei più antichi tèmpli di Roma, co-
struito
nel
quattrocentonovantasètte,
pòi
bruciato
e
ricostruito parécchie volte. Era qui, nel tempio di Saturno, che fin dai tempi più remoti si trovava il Tesoro
denaro = soldi
dello Stato, cioè l’òro, l’argento, il denaro e gli oggetti
di gran valore = che costa molto
preziosi
Giulio Césare, in
Saturno,
varcare = passare (un fiume)
nato
parte di un paése
936
valore
appartenènti
allo
Stato,
al
pòpolo romano. È qui, davanti alle pòrte del tèmpio di
latino : Iulius Caesar
provincia =
e di gran
che troviamo
a Roma
dopo
Césare,
avér
Césare,
tor-
soldati
quel
cioè Giùlio
varcato
coi suòi
famoso Rubicone, il fiume che segnava la frontiera del-
la provincia da lui governata. Per rimanere
al potere,
Capitolo
XXXVIII
egli aveva bisogno di denaro, e il denaro èra là; ma il tribuno
Metello,
che
stava
di guàrdia,
lo fermò,
ram-
mentàndogli che, secondo le leggi, il Tesoro apparteneva lui, anche se lo stesso popolo l’aveva
al popolo e non a
fatto dittatore. Césare, impaziènte,
‘Non è
gli rispose:
questo il momento di parlare di leggi! Oggi pàrlano le armi:
apri! ’. Ma
Metéllo,
invece
di lasciarlo
passare,
tribuno = ufficiale romano elèt-
to dal pòpolo
le leggi dìcono ciò che dèvono o non dèvono fare gli abitanti di un paése dittatore = capo della nazione, il quale aveva tutti i poteri
coprì col proprio corpo la porta del tèmpio.
Césare e il tribuno Metéllo
Césare
allora
prese
una
di quelle
decisioni
che
càm-
biano la storia delle nazioni. Per capirne il sènso, dobbiamo rammentarci
che la legge puniva in modo
seve-
937
Capitolo 38 severo =
duro
rissimo
chi
alzar
osato
avesse
la mano
contro
un
tri-
buno. Ma Césare non poteva lasciarsi fermare né da un
tribuno, né da chiunque altro si trovasse sul suo cam-
mino, e perciò egli disse a Metello: sapere sappi!
‘Apri, o ti uccido!
E sappi che mi sarébbe ancòr più facile farlo che dirlo! ’
Il tribuno allora si spostò e gli apri le porte del tesoro pubblico ...».
Poco
dopo,
arrivati al lato opposto
davanti
del Foro,
al tempio di Césare, i quattro si fermarono di nuovo e Bruno
stava
Dorabel, l’ammirazione ammirare
niente:
per
continuare,
che per un pàio « E
io
che
di minuti
ammiravo
esclamò la brava donna,
quando
tanto
fu
interrotto
aveva
non
Giùlio
da
detto
Césare! »,
« e invece, Lei ci racconta che
éra semplicemente un ladro. Non pòsso créderci! ». « Ma infatti non
lo èra neppure! », le rispose Bruno,
ogni mòdo,
non
era un sémplice
ladro. Fu
«o
in
grande
in
tutto ciò che fece, nel bene come nel male, e Lèi può tranquillamente continuare ad ammirarlo
».
« Ah? vor-
soggiùngere aggiùngere
rei créderLe, ma ...», disse Dòrabel, e soggiunse:
provarsi a = provare di
ogni modo mi ci proverò ». « Grazie », disse il giovanotto
« In
ridendo, e continuò dal punto in cui èra stato interrotto: «Il tèmpio
038
di Saturno
ci ha fatto rivivere una
scena
Capitolo
davanti
il tempio
della vita di Césare,
XXXVIII
ai cui résti ci
troviamo ora ci fara rivivere le sue ultime ore. Facciamo
ancora
Ed
passo
qualche
all’entrata
èccoci
della
entrata : pòrta
Règia, l’edificio dove allora stava Césare. Riportiàmoci con
l'immaginazione
del
alla mattina
quindici
marzo
dell’anno quarantaquattro a. C. Césare, che poco tempo prima
èra stato
nominato
dittatore
a vita,
e a cui il
Senato, secondo certi storici romani, stava per conferire — se non il nome — almeno i poteri di un re, Césare si preparava
ad uscire
per
recarsi
appunto
stòrico = uòmo che scrive libri di storia
conferire = concèdere, dare
I
al Senato.
senatori quel giorno si riunivano nella cosiddetta Curia
di Pompéo, a circa mézzo chilometro dal luògo dove ora
siamo
noi, li dove
oggi c’è la chièsa di Sant’Andréa
della Valle. Infatti, il Senato non si riuniva sempre nella Curia del Foro. Césare però non si decideva a muoversi. Quel
potènte
dittatore,
quell’uomo
che comandava
su
un imménso impero, credeva ai sogni, come quasi tutti
i Romani.
E quella notte sua moglie Calpùrnia
aveva
comandare governare
:
l’Impèro romano èra l’Itàlia e tutti. i paési governati da Roma
sognato che il tetto della Règia èra caduto e che Césare le éra stato ucciso fra le braccia.
Ma uno dei suòi migliori amici — quanto male hanno fatto, nella stòria, i cosiddetti migliori amici dei grandi 039
Capitolo 38
uomini!
essere
—
fra
Bruto,
lo stesso
che mezz’ora
a colpirlo,
i primi
gli
dopo
domando
doveva
che
cosa
avrebbero detto i sudi nemici se avéssero saputo che il padrone di Roma, per occuparsi degli affari dello Stato,
aspettava che sua moglie facesse un bel sogno. Césare avviarsi
=
méttersi in cam-
mino
si decise allora a lasciare la casa e si avviò
verso il luògo di riunione del Senato. Per strada —
alcuni
Curia di Pompéo, assassinare cidere
con Bruto
: uc-
avvertire di = raccontare
rivelare = raccontare ciò che era segreto
storici latini dicono
qualche momento
davanti
alla
prima che Césare
fosse assassinato — un altro amico del dittatore (ma uno
vero questa volta), avendo scopèrto ciò che si preparava
contro di lui, gli diede una lèttera, in cui lo avvertiva del pericolo e gli rivelava i nomi delle persone che avrèbbero cercato di assassinarlo....
Ma Césare, non sapèndo quanto fosse importante quella lettera, la mise fra le altre còse che portava con sé e
proseguì il suo cammino vérso la morte. Appena fu encircondare = méttersi intorno a
trato nella Cùria di Pompèo,
venne circondato dai ne-
mici, che lo colpirono con le armi che avévano nascoste
nelle toghe. Césare provò a diféndersi, ma quando vide che anche Bruto alzava il bràccio per colpirlo, si lasciò uccidere
040
senza
più
resìstere,
esclamando:
‘Anche
tu,
Capitolo
Bruto, Gli
figlio
mio!’.
Cosi
volévano
assassini
mori
gettare
il grande il corpo
XXXVIII
Césare di
nel | un assassino =
Césare
colui che assassina
l’assassinio di Césare
Tevere,
ma
il popolo
non
lo permise.
Anzi,
essi dovét-
= trovare un
.
,
méttersi al riparo
tero fuggire, e méttersi al riparo dal furore del popolo | luògo sicuro
in un tèmpio Césare
del Campidoglio.
èra uscito
Qualche
di casa, quattro
il suo corpo alla Regia
ora dopo
che
furore = rabbia
schiavi riportàvano
....
Grande fu il furore di Roma alla notizia dell’assassinio.
assassinare |
Così grande che, il giorno dopo, il pòpolo fece un immènso rògo, e su quel rògo bruciò il corpo del dittatore ucciso. Da
quel giorno
Césare fu considerato
come
un
541
Capitolo 38
tèmpio
quel
un
dopo
dio, e poco
tèmpio,
che vediamo
li e davanti
dio,
di Césare
il tempio
al quale
siamo
passati poco fa, fu costruito sul luògo stesso del rògo ». qualche
Per
pensando destino di uno = ciò che dève suc-
cèdergli
minuto,
giorno
a quel
destino di Roma
tutti e quattro
così
rimàsero
remòto
(e con lèi del mondo)
in
cui,
zitti, ri-
forse,
il
èra stato cam-
biato. Poi, guardando l’orològio, Bruno esclamò: « Ahi! si
fa tardi! Abbiamo appena il tempo di vedere il tèmpio di Vèsta
e la casa
darsene. Ma
potremo
delle Vestali,
che Léi ce ne àbbia già par-
Dorabel. E poi, sénza aspettare la
risposta di Bruno, aggiunse: delle file
an-
continuare un’altra volta ».
«Le Vestali? Mi sembra lato, nò? », domandò
e poi bisognerà
« Non èrano quelle donne
vestite di bianco che stàvano sedute in prima fila al Colossèo? ». Bruno brava
Dorabel
e Vespucci sorrìsero, ciò che offese la che,
rossa
in viso,
esclamò:
« Eh!
caro
mio, io non sono mica come Léi che ha lètto tanti libri
su Roma, pòsso anche sbagliarmi io! Però questa non mi pare una buona ragione perché Léi si bèffi di me come se fossi un’ignorante! ». « Mi
scusi, cara signora
Dora-
bel! », disse Bruno, « Lèi ha detto una cosa giustissima. Era
042
solo il Suo
modo
di dirlo che ci è sembrato
tanto
Capitolo XXXVIII
diverténte.
le Vestali
Ma
èrano
bén
più
di sémplici
dònne vestite di bianco che avévano diritto ai migliori posti nel Colosséo e in altri luoghi.
Le Vestali èrano sèi vérgini, sèi giovani donne o piuttosto fanciulle, scelte in età fra i sèi e i diéci anni, e che
per trent'anni dovévano rimanere al servizio della dèa
vérgine = giòvane donna non sposata
il dio la déa
Vesta. Passati questi trent'anni, esse avévano il diritto di sposarsi, se lo volévano, sennò rimanévano fra le altre
Vestali ci pare
per oggi,
servirle. molto
I doveri pòchi
delle sèi Vestali
èrano,
In
primo
e semplicissimi.
luogo, esse dovévano badare che il fuòco che giorno e
dovere = cid si déve fare
che
in primo luògo = anzitutto
notte ardeva nel tèmpio di Vésta non si spegnesse mai.
inoltre = oltre a ciò
Inoltre, esse dovevano custodire diversi oggetti prezio-
un custòde
sìssimi, a cui èra legato il destino stesso di Roma, i quali
custodire finire)
sèmpre chiusa e in cui nessuno fuorché le Vestali aveva
ardènte àrdere arde è arso arse
il diritto di entrare. Doveri sémplici, ma sfortunata la
sfortuna sfortunato
si trovàvano in una spècie di stanza segreta del tempio,
Vestale
che lasciava spégnersi
lasciava
vincere
dall'amore!
il fuòco
Il destino
(come
della déa o si della
sciagurata
terrièra dèa alla fatta ssa prome la a enev mant non che
prométtere una promessa
bile. Un cortèo la conduceva fino a un luògo fuòri di
Roma. Li, essa scendeva in una piccolissima cèlla scavata
célla = cameretta
543
Capitolo
38
contenénte = che | sotto terra e contenènte contiène
vino,
del
Appena
la
làmpada
e una
dell’acqua,
un lètto, un pò’ di pane, ardéènte.
l’entrata
sciagurata èra entrata nella cèlla, chiudévano
e la Vestale fame e
èra
a morire
condannata
lentamente
di sete ...».
MR
\E
mil)F É& EE
una Vestale
orrìbile =
terribile
di
>
DE
i
nella cèlla della mòrte
« È orribile! », esclamò
Jòy,
« ma come
mai quelle fan-
ciulle
farsi
Vestali?».
« Èh!»,
Bruno,
accettavano
« prima
di
di tutto, èrano
rispose
così giédvani che vera-
mente non érano loro a decìdere, ma decidévano
i loro
genitori, e di solito le séi Vestali si trovàvano facilmente, perché
i diritti che avévano
ben di più dei loro doveri.
544
èrano
tanti che pesàvano
Capitolo
Pènsi un pò’: avévano, come ha detto la Sua mamma,
XXXVIII
i
migliori posti a ogni spettacolo, a tutti i giochi pùbblici; | giocare se lo in-
avévano il potere di perdonare un condannato
il gioco
contràvano per caso sul loro cammino; i cònsoli stessi le lasciàvano passare per prime se le incontràvano; chiun-
offesa èra severamente
que faceva loro la minima
pu-
— lto nito; se morìvano mentre èrano al servizio di Vèsta èrano | S©Po seppellito °
sepolte dentro le mura di Roma — còsa a cui pochissimi
dentro leSas mura
fuori di
di
avévano diritto.
Tanti diritti,
e una vita che potévano condurre solo le
più ricche
e potènti
a spiegare
perché
donne
molte
di Roma,
fanciulle
tutto
romane
ciò basta consideràs-
sero come una fortuna di èssere elètte Vestali, e perché d’altra parte, in oltre diéci sècoli, diciotto Vestali sola-
mente avéssero arrischiato la propria vita per l’amore
arrischiare n
di un uomo ». « Dicidtto avrei
cosa
solamente fatto
Dorabel,
mormorò
...»,
io, se fossi stata una
« chissà
Vestale? ». « Tu,
cara? », esclamò suo marito ridèéndo, « ma probabilmente tu
non
disse:
saresti
« Oh!
mai
perché
stata
nò?
scelta!».
Mi
sarèbbe
E
Dorabel,
pròprio
offesa,
piaciuto,
sai? Ma tu, come tutti gli uòmini, non ne capisci nulla!
545
Capitolo
38
Bruno!
Torniamo
in giro
a casa, sono stanca di andare
fra queste piètre! ».
vuòle, cara signora », disse il giovanòtto,
«Come
Domani,
basta.
Oggi
forse,
visiteremo
il
« per
Colosséo
e
poi ... ma, non sò ancora, vedremo ».
|
E i quattro lasciarono il Foro Romano.
ESERCIZIO A.
PAROLE:
imperatore m parere m
ridere
prendere
rispondere
oratore m
ride
prende
risponde
rise
prese
rispose
ha riso
ha preso
ha risposto
tribuna f
rostro m televisione f senso m
ministro m console m
repubblica f senato m
furono
Quando
rassomiglianza f | il giorno membro m senatore m antichità f
chiesa f arco m tomba f milite m bassoriliévo m generale m nazione f trionfo m cortèo m cammino m trionfatore m tromba f leone m
046
tornati
seguente
della città. Durante
a Roma,
avrebbero
Bruno
(decidere)
(riprendere)
la visita al Foro,
Bruno
la
che
visita
raccontò
come era stato (uccidere) Cesare. Quando Vespucci domando a Dorabel se aveva finito di interromperlo, essa (prendere)
un’aria
molto
(offendere)
e non
(rispon-
dere). Bruno racconto che i due ladri avevano (nascondere)
non
la roba
sotto il sedile della macchina.
(rispondere) », disse Annibale,
« Dorabel
« dev’essersi addor-
mentata ». « Miss Joy », domandò Bruno, « perché non si
Capitolo XXXVIII rrThR_7Z7Z7zZZZZZZZ_Z__—t
to
)}1,>vypyppr
°—"‘—"="=—=—="
ZYVXYYY*Y_
servizio m
dovere m
cella f gioco m
trionfale modérno
repubblicano ignoto vittorioso
remoto severo
947
Capitolo
38
contenente
Come
si chiama
‘cio che rimane’
sfortunato
Come
si chiama
una
appartenente sciagurato orribile propriamente
cosa
scacciare
A che cosa servivano
innalzare considerare
Che cos'era la Curia? ....
rammentare
nominare
soggiùngere provarsi a
conferire decidersi avviarsi comandare
assassinare avvertire rivelare
Perché Cosa
non
degli archi di trionfo
....
In quali casi i generali romani avevano il diritto di condurre i loro eserciti in Roma
stessa?
....
A che cosa serviva il tempio di Saturno? .... Cosa narra la storia di Cesare e del tribuno Metello? .... Cos’aveva
sognato
Cosa
inoltre
Senato? ....
affinché
Come
su per giu
C.
i Rostri? ....
i bassorilievi
raccontavano
di Roma?
Calpurnia
la notte prima
dell’assas-
sinio di Cesare? .... disse
Bruto
fu assassinato
a
Cesare
per
farlo
andare
Cesare? ....
Che cosa fece il popolo del corpo di Cesare? ....
948
....
fu distrutta?
circondare resistere ardere custodire
mantenere
che stupisce?
ESERCIZIO
esistere
ricompensare concèdere condurre bruciare varcare
....
Come si dice ‘salire su coi piedi e con le mani’?
direttamente trasferire
elèggere
di una cosa?
al
trentanovésimo
Capitolo
(39)
trentanove
Capitolo
(XXIX)
IL COLOSSEO Il
giorno
dopo
andavano una
visita
al Colossèo,
léttera
invece
la
alla mia
di méttere
lei conosce
Foro
Romano,
Jòy disse a Bruno: migliore
l’indirizzo
già, vorrèi
vanti alla casa
al
amica,
del
dirle che
in cui abitò
mentre
« Hò
scritto
a Washington,
nòstro
albèrgo,
che
seduta
da-
le scrivo
il famoso
e
tal dei tali, in
via tale, nùmero tale. Non potrèbbe aiutarmi? Lèi dève
‘tal dei tali’ si dice di una persona qualsiasi e sconosciuta, invece del nome
conoscere un paio di indirizzi di questo gènere, no? >». « Di codesto gènere, nò, e non ne conosce nessuno, per-
ché non esistévano », rispose Bruno sorridèndo. non
esistévano? », domandò
già, cara
Joy,
moderno
di indirizzi,
interamente
non
Joy
esistévano. con
sconosciuto
molto
Tutto
vie, numeri,
léttere,
a
come
trovare
una
facévano
piani,
« Eh,
sistema ecc.,
éra
nell’época romana ».
« Ma allora », esclamò Joy, sempre si faceva
« Come
stupita.
il nostro
codesto = questo
persona
ad
arrivare
più stupita, « come in
una
a
citta?
E
le
destinazione? ».
la destinazione é il luògo dove si déve arrivare
alla
di un viàggio
fine
049
Capitolo
39
é la posta che fa|
«Gia»,
a destinazione
posta,
arrivare |
le lettere zi
n
disse
se
x
Bruno,
poni
POSTE VAT
non
c’érano
indirizzi? ».
LI
« guardi
che
°
*_.2
bd
la posta,
cara
« Bè’ », ~
signora
la
Roma
a
le
rispose 3
Dorabel,
è
cil
un servizio dei giorni nostri. Se non mi sbaglio, il pri-
mo francobollo modérno del
un francobollo
Introd urTe ae
funzionava
«come
Dorabel,
sècolo
scorso,
è di un po’ prima
e prima
di quella
postale
sistema
vero
data
della metà non
pubblico.
si può
in-
Ma
parlare
di un
somma,
anche se una spécie di servizio postale funzio-
nava assai prima
dell’introduzione dei francobolli, cio
che importa e che i Romani non conoscévano altro che un servizio postale dello Stato, che serviva unicamente
a portare a destinazione nei più remoti centri dell’im-
menso Impero romano le lèttere del govèrno. Quel servizio
postale
c'èra
bisogno
funzionava
di
benissimo,
indirizzi,
dato
che
ma,
lo ripéto,
non
un
ser-
non
èra
vizio pubblico ». « Va bene, va bène, lasciamo
pi
Re
«ma
come
si faceva
nelle
altre
grandi
a trovare
città?
Lèi
la posta », disse Dorabel, una
ci ha
persona
e
a Roma
raccontato
che
la
desli | Roma imperiale aveva quasi un milione di abitanti. Ora dico io, ci déve pure essere stato un modo di ritrovarli, nò? Le vie almeno dovévano avere un nome, mi pare ».
550
Capitolo
«Eh,
no»,
rispose
Bruno,
« moltìssime
vie
di
XXXIX
Roma
non avévano affatto nome. Erano semplicemente file di case, di case senza numero.
E perciò, nell’antica Roma,
trovare una persona non conosciuta èra spesso un affare
molto complicato. Un Romano
stava non nella tal casa | S©mplice
della via tale, ma vicino al tale monumento,
pio, o al tal luògo dei
casi,
conosciuto.
il nome
di
una
nome,
per esempio
la ‘Via Lata’,
essa
ne
parte
aveva
uno,
quella via. Le pòche vie
indicava solo dove conduceva un vero
se
nel senso
——>
per esém-
E nella maggior
via,
che avévano
complicato
indicare
mostrare
=
come
moderno,
ecc., érano
la ‘Via Nova’,
lunghìssime, cosicché, anche lì, trovare una persona era un affare assài complicato. Bisognava dire, per esempio, che
un
mento,
nella
o al tale
grande
principio,
alla
immaginarsi
l'indirizzo posso
gènere,
meta,
quanto
di
chi
darGliene
senza
via. Lèi può seduta
tale via,
tale stava
e vecchio
albero,
alla
fine
tale
fosse
complicato,
a
stava uno,
ma
della
sarà
dire alla sua amica
‘ad Colossum’,
ey
oe
cioè vicino
al
Possono
spesso,
spiegare
indirizzo
della casa né
il numero x
un
oppure
via.
Dunque,
Roma!
monu-
al tale
vicino
vuole,
se di
il nome
quel
della
che le sta scrivèndo x
al Colòsso.
Era
o = cosa . | coloss
così | imménsa
dol
Capitolo 39
che i Romani un colosso colossale
Roma
abitidine = cosa che si fa di sòlito servirsi di = adoperare
vicino
‘Colòsso’,
dell’Impèro alla famosa
che
si
chiamàvano stàtua
trovava
il quartière
di
colossale di Nerone,
davanti
all’Anfiteatro
il
Fla-
vio. E così forte era l’abitùdine di servirsi di ‘indirizzi’
di quel gènere quasi
venti
che l’immènso
sècoli,
Anfiteatro Flavio, dopo a chiamarsi
continua
‘il Colosseéo’,
cioè l’anfiteatro che si trova vicino al Colòsso ». « Veramente! », esclamò Dorabel, « e io che credevo che
i
fòssero
ridèndo,
Bruno
l’Euròpa europèo il fondamento
Romani
« non
così
intelligènti! ».
avévano
« Bè'»,
disse
indirizzi, è vero, ma
ci
hanno lasciato un sistema di leggi che è rimasto fino =
ciò su cui qualcòsa è fondato
ad ora il fondamento stesso del modèrno stato europeo.
soggetto = ciò di cui si parla
cambiar soggétto, facciamo la visita del Colosséo, giac-
Ciò mi pare più importante di un indirizzo. E ora, per
ché parlando ci siamo arrivati ». Dopo avér spiegato ai Vespucci come il Colossèo, comin-
ciato nel settandadue dopo Cristo, fosse stato costruito
in meno
di tre anni da un vero esercito di prigionièri
di guérra condannati ad èssere schiavi, Bruno raccontò
artificiale > naturale
202
che quell’edificio —
veramente
costruito
stesso
aveva
sul
fatto
luògo scavare
un
colossale —
dove
lago
l’imperatore
artificiale
èra stato Nerone
nell’imménso
XXXIX
Capitolo della
parco .
.
ficio », disse
sua
‘Casa
.
.
d’òro’. x
il giovanòtto,
« Le
fondamenta
x
x
èssere
« dèvono
state
.
ancora
li, a provarci
il gènio
dei
costruttori
la parte più bassa su cui ripòsa tutto
in- | pedificio
credibilmente bèn fatte, giacché oggi, dopo venti sécoli, sono
=
dell’edi- | le fondamenta
genio = grandissima intelligènza
ro- | costruttore = colùi
che
costruisce
mani ».
il Colossèo al tèmpo dei Romani
« Quanto pesa il Colosséo? », chiése a un tratto Dorabel.
«Eh?
o pit stu t° | da to di or al sb e, an év gi il e ss di Quanto pesa?»,
una tale domanda, Lo.
geye
« mah
sbalordire
... e chi lo sa? Qualche cen- | finire)
.
tinàio di migliaia di tonnellate, suppongo ». « E quanto
è una tonnellata? ». « Una Ma
sbalordito = mol-
tonnellata
= ma mah
(come
[ma:]
sono mille chili.
Le ripeto che a dire il vero ignòro
assolutamente
593
39
Capitolo ignorare
quanto
pesi, perché ‘igno‘non
rare’ = sapere’
quanto pesi il Colossèo. Ci sarà stato certamente qual-
cuno che si è divertito a calcolarlo partendo dalla granio non credo di averlo mai letto
dezza dell’edificio, ma
il pubblico
=
la
gente che guarda uno spettacolo in un teatro e simili
autore
=
scrittore
losso
di piètre.
come
stava
E adèsso
seduto
domandò
Jòy quando
fùrono
nel
stare,
entrati.
co-
po’
un
Flàvio ».
Colosséo? »,
cinquan-
« Circa
gli autori modèrni,
« secondo
tamila », rispose Bruno,
questo
nell’Anfiteatro
ci potévano
spettatori
im-
e vediamo
entriamo
il pùbblico
«Quanti
lavoro
costruire
anni,
parecchi
e che durò
mènso,
un
è stato
libro. In ogni modo
in nessun
e
più di ottantamila secondo cérti autori antichi. Gli spetun gradino
tatori stàvano tre
vano
seduti
‘piani’,
sui gradini di piètra che formà-
ciascuno
di
parécchie
Al
file.
térzo
piano stàvano sedute le dònne ». « Che còsa? Le dònne stàvano sedute a parte? », esclamo Dorabel quasi offesa. « Già », disse Bruno, al disopra di = pit in alto di
al disopra
sedute
schiavi,
degli
che
« stàvano
fuorché
di tutti gli altri spettatori avévano
non
avuto
biglietti
per
i
gradini e che perciò stavano in pièdi su un terrazzo al peggiore migliore
«>
inferiore
=
basso
004
disopra del terzo piano ». « Ma
bel più
con
posti?
indignazione, Erano
«le
considerate
allora », continuò
donne come
un
avévano pubblico
Dora-
i peggiori inferiore
Capitolo
agli uomini? ». « Be’, sì, mi dispiace
di dirlo », rispose
Bruno,
indignazione;
«e capisco benissimo
Lei deve
la Sua
ricordarsi che le dònne
sono
XX XIX
ma
considerate
superiori agli uomini — e solo fino a un cérto punto! | superiore + inferiore —
da pochissimo
tèmpo
solamente,
sécolo
da qualche
tutt'al più ». « E io allora sono felice di appartenere a | tutt'al più = al massimo
quest’época! », esclamò Dòrabel, e Joy, per ritornare al | ritornare = tornare
Colossèo,
domandò
a Bruno:
« Ma
da
chi èrano
(parlando)
occu-
pati gli altri posti? Quanto costàvano i biglietti? Dove si compravano? ».
WU
ZZ
ve
= BAI il terrazzo di una casa
il Colossèo
000
Capitolo 39 dividere (come riin = fare dere)
«Eh!
come
va presto Lèi! », fece Bruno
parti
fàccio in tempo
a risponderLe!
categoria = grup-
prima
Gli altri posti, dunque,
po di cose che appartengono a un altro gruppo più grande
domanda.
ridèndo,
Cominciamo
«non
dalla Sua
cioè i gradini
dei due primi piani, èrano divisi in due categorie, una per piano. La categoria superiore, cioè i gradini del primo
é riservato a = puo solo servire a
piano,
compreéndere :
che comprendeva
cittadino romano stranièro
vata agli altri cittadini romani. Al disotto dei tre piani
contenere
al disotto al disopra
«>
si cammina sul suolo
sedile = ogni còsa fatta per sedersi personàggio : uòmo di grande importanza nella vita pubblica gratùito = che non còsta nulla
offrire (come aprire) = regalare, dare offre
ha offéèrto offri
popolare = amato dal pòpolo ingrèsso = entrata distribuire = dare
a parécchie persone
906
éra
di gradini
riservata
di marmo,
La
categoria
inferiore,
i gradini del secondo piano, èra riser-
c’éra
suòlo ricopèrto
ai ricchi.
un
terrazzo
di marmo,
stàvano
chiamato
dove,
il ‘pòdio’,
col
su sedili ugualmente
l’imperatore,
naturalmente,
con
le
Vestali, i senatori e gli altri alti personaggi dello Stato.
Erano bèn inteso i posti migliori. E ora, veniamo
alla
importante ricordarsi
gratuiti, alti
e venivano
personaggi
popolari.
che
storia
dei
biglietti!
che a Roma
Anzitutto,
gli spettàcoli
è
èrano
offerti al pòpolo dallo Stato e da in
quel
I biglietti d’ingrésso,
modo
volévano
dunque,
non
réndersi
costàvano
nulla ed èrano distribuiti al pòpolo gratuitamente, servendo
unicamente
pubblico.
Ma
a méttere
per i due
un
pò’
piani superiori
d’ordine non
fra
il
ci voleva
biglietto, e il pùbblico di quei posti lì arrivava all’anfi-
Capitolo
teatro
fino
dalla
sera
precedente,
notte che cominciasse
aspettando
lo spettacolo,
tutta
mangiando
la
XXXIX
precedènte
inventare un’invenzione
Oggi ci lascia piéni di ammirazione. Lo spettàcolo
aveva
luogo
nella cosiddetta
aréna,
che
si trovava a quattro métri al disotto del pòdio. E sotto l’arèna c’éra poi, come in un teatro modèrno, una quand07
Capitolo
39
una quantità di = | tità di ròba:
molto
in cui si tenévano
le gabbie
c’érano
le
béstie che sarèbbero state uccise durante lo spettàcolo, le
màcchine
che
in
spettàcoli
cèrti
nell’arèna
salire in un àttimo
servivano
un mùcchio
a
far
di còse di-
verse, delle vere ‘vie’ per le quali le béstie èrano mandate su, un sistema di canali che permettévano, in certi
spettàcoli, di inondare in pòchi minuti tutta l’arena, e
I gladiatori
mestière = lavoro
,
che si fa per gua-
| vivevano
dagnare sòldi
tràvano militare = nello
che
ave! = ti saluto
i
|
venivano
in carri
.
e
Cesare - Impera-
nell’anfiteatro
Prima
di cominciare
Ordine
militare,
il
dalla
numerose
| quelli
che
porte,
esaminate
ciàvano,
per
le
dell’arèna.
morire
armi,
durare
ore
un
gladiatore
Quando
e i combattimenti
stato
en-
riservato. in
passavano
‘Ave, Césare!
di
fila,
Poi
veni-
incomin-
accompagnati
e di altri strumenti
era
i
si voltavano verso di
ti salùtano!’.
e ore
Essi
dove
essi facévano,
dèstra e dicévano:
dal suono delle trombe
Quando
a loro
i combattimenti,
per
scuòla,
mestiére.
dall’ingrèsso
il giro
stanno
loro i
loro
davanti al posto dell’imperatore,
vano
di fila = sènza
i
imparavano
lui, alzàvano la mano
interruzione
c’érano
per una delle quali entràvano i gladiatori.
una gabbia
stesso modo soldati
all’arèna
E intorno
così via.
gravemente
....
ferito
o
non si sentiva piu la forza di combàttere, egli si lasciava
098
Capitolo
e alzava
sull’aréna
cadere
sinistra, perché
non
lo facéssero
la mano | perché =
il pubblico
vèrso
uccidere.
pregando che
Se l’impera- | vincitore = colùi
tore non èra presènte, il vincitore, normalmente, se
stesso
lui
deva
uccidere
doveva
lasciàr
o
XXXIX
che ha vinto
deci- | normalmente = di sòlito
vivere
l’avversàrio caduto. Ma se allo spettàcolo assisteva l’imperatore, éra lui che decideva.
prima
il parere del pùbblico,
Spesso, egli domandava
soprattutto delle Vestali,
e queste allora, se il gladiatore vinto aveva combattuto
bene, spesso
decidévano
di risparmiarlo
alto il pollice dèstro gridando:
peratore,
di solito, seguiva
in
un pòllice risparmiare + non
‘Màndalo via! ?. E l’im-
il pubblico,
alzando .
x
wy
‘131:
e alzàvano
Tm
anche | non compativa = non
peccato
fosse
x
os
trovava
pùbal uto piaci èra non vinto il e invec Se lui il pollice.
peccat
che
per
blico, questo, che non compativa mai i déboli, abbassava
il pollice gridando: ‘ Uccidilo! ’, e il vincitore gli ficcava Varma nella gola ».
« Brrr! », esclamò Joy, « quei Romani non mi piacciono! Ma
il vincitore,
rispose Bruno,
ricompènsa
almeno,
« e come!
èra
ricompensato? ».
L'imperatore
«Sì», la gola
gli offriva come
ricompensare i x
un piatto d’argènto pièno di pèzzi d’òro e
una
di oggetti preziosi, e spesso, se il gladiatore era un pri-
Ma bisogna
it aggiungere,
purtr
libero
la libertà. | la libertà
gioniéro di guèrra o uno schiavo, gli dava ; oppo,
ricompensa
x
che talvolta quegli
.
urtròppo
dispiace
: mi
599
Capitolo 39 abituato
a =
che
ha l’abitùdine di
uòmini èrano abituati al sangue, alla morte e all’esistèn-
esistènza = vita
za che
liberare = rènder libero
liberati,
nuòvo,
menàvano
nelle
ritornavano
al
loro
scuòle.
loro
mestière,
Così
che,
appena
vendendosi
di
per èssere spesso uccisi in uno degli spettàcoli
seguènti ...».
combattimento di gladiatori
« Basta! », esclamò
« usciamo!
Non
vòglio
sentìr parlare di questa ròba!
Ne hò abbastanza
antichi Romani! ». « Va bene»,
disse Bruno,
dunque
Che
il Colossèo e andiamo
eccellènte
uscirono.
060
Dorabel,
idea! », dissero
più
degli
« lasciamo
a San Piètro ». « Bravo!
i tre Vespucci,
e tutti
Capitolo
XXXIX
PAROLE:
ESERCIZIO
Non c’è ragione perché Non
ho mai saputo
sistema m destinazione f posta f francobollo m introduzione f colòsso m abitùdine f soggètto m il fondamento m le fondamenta l.
A.
lo faccia.
(o creduto) che fosse morto.
Non c’è niente che possa aiutarlo. Non
ho mai sentito dire che fosse pazzo.
Non è che non voglia farlo. Non
ste m
costruttore m tonnellata f lavoro m
era che non osasse dirlo.
Non mi piace l’idea che ci abbia visti. Ignoro
«Ignoro
(= non so) quanto pesi il Colosseo.
quanti
letta », disse (sapere)
pubblico m
chilometri
«Non
Bruno.
tutto »,
ci (essere)
disse
mai
ho
Dorabel,
«e
da
qui
autore m indignazione f
cittadino m categoria f a Bar- | pòdio m marmo m
Lei | personàggio m
creduto
che
non
nessuna |
c’è
ragione perché Lei (sapere) che distanza c’è fra Taranto | e Barletta ». « Non mi piace l’idea che Joy non (venire) | con noi», succeda
disse Vespucci, qualche
«non
cosa, ma
era che Annibale
(avere)
non paura
è che
(temere)
che le |
si sa mai ». Infatti, non che accadesse
ingrèsso m berem mangiare m metallo m tèssera f arèna f quantità f gàbbia f mestiere m
| strumento m vincitore m un inci- | avversàrio m
pollice m dente, ma non si sentiva tranquillo. Dorabel non aveva | gola f ricompènsa f
mai sentito dire che si (potere) visitare Pompei di notte, | libertà f
e non
avrebbe
mai
creduto
che
(essere)
così bello.
esistènza f suolo m
961
Capitolo 39
ESERCIZIO
B.
postale imperiale complicato
Qual è il contrario di:
europèo
E salito su al terzo piano.
peggiore
Mi hai dato troppo vino.
superiore gratùito popolare
L’anno scorso siamo stati a Pisa.
estèrno intèrno
Aldo chiuse rapidamente
colossale
artificiale
inferiore
precedente singolo
munito militare
gratuitamente
Pietro ha le mani sporche.
la porta.
Torna indietro! sei troppo debole per riuscire. I vestiti di Bruno
erano bagnati.
normalmente funzionare indicare servirsi di
Sono contento che sia arrivato.
ritornare
Nessuno
comprèndere
Si alzò, sì vestì molto presto e uscì di casa.
sbalordire calcolare dividere
offrire distribuire numerare riservare
risparmiare compatire
L’entrata del teatro è qua.
Mio nonno è morto a Roma. vendeva
i libri di quell’autore.
Quell'uomo
si ricorda
Perché
smetti
non
tutto.
di cantare?
liberare menare codesto
purtroppo
al disopra di
sempre
ESERCIZIO
C.
al disotto di
Dove è stato
tal dei tali
Dove stavano seduti gli spettatori del Colosseo? ....
tutt'al più
Dove
062
stavano
costruito
sedute
il Colosseo? ....
le
donne?
....
Capitolo
Che
cosa volevano
dire
i numeri
sulle
tessere
che
XXXIX
si
distribuivano al pubblico del Colosseo? ....
Che cosa c’era sotto l’arena del Colosseo? ....
Che
cosa facevano
combattimenti?
Che
di cominciare
i
....
succedeva
cosa
i gladiatori prima
quando
un
gladiatore
era
stato
vinto? ....
Come vinto
era un
ricompensato combattimento?
un
gladiatore
quando
aveva
....
063
quaranta
Capitolo
Capitolo
(40)
SAN
PIETRO
quarantèsimo
(XL)
E IL VATICANO
Mentre andavano a San Piètro — Vespucci aveva chiésto
di andarci a piédi, lungo il Tévere — Bruno
raccontò
la storia dei primi cristiani.
« Come sanno certamente », disse, «i primi cristiani di un
incèndio
Roma non fùrono perseguitati per la loro fede. La reli-
cristiano = chi crede in Cristo
gione di Cristo non
èra considerata
fede = ciò in cui si crede
Stato.
i cristiani
religione =
fede
ridicoli ai Romani, che non capìvano affatto l’immènsa
spirituale = pensièro
del
Da
principio,
pericolosa
sembràrono
per lo
piuttosto
forza spirituale della nuòva religione.
Ma nel sessantaquattro dopo Cristo, un terribile incéndio distrusse una grandissima frequènte raro
lavoro
un'impresa completamente impossibile.
Ora Sisto V fece venire un suo giovane amico, Doménico Fontana, e gli diéde tutto il danaro necessàrio per
danaro
=
denaro
vincere le difficoltà dell'impresa. Sembrava infatti impossibile che il capo della Chiésa cristiana non dovesse
riuscire a ripetere ciò che quindici sècoli prima avévano
ripétere : rifare
fatto i Romani. Quelli, anzi, avévano fatto anche di più,
giacché
avévano
trasportato
l’obelisco dall’Africa
fino
a Roma prima di poterlo drizzare nel luogo dove allora
giaceva. Ma bisogna ricordarsi che i sècoli che èrano tra-
scorsi dalla fine dell’Impèro romano all’època del Rinascimento,
quell’època
che vide
Raffaéllo,
Leonardo
da
drizzare = métter dritto trascorrere passare
=
gènio = uomo geniale
Vinci, Michelàngelo e tanti altri gènii, èrano stati sècoli
il gènio i gènii
di grande ignoranza.
ignorare l'ignoranza
569
Capitolo mézzo
a
aiuta cosa
fune
40 ciò che
=
=
qual-
far
corda
necessari:
dunque,
immense
travi, gròssi pèzzi di fèrro, migliàia di metri
delle più gròsse funi. Tutta Roma ne parlava, e non par-
=
créscere
i mézzi
a riunire
cominciò
Fontana,
aumentare
lava d’altro, e perfino
interessarsi
l’interèsse
attendere (come prèndere) — aspettare
sceva
altri paési
d’Euròpa
cre-
Così
tra-
del Fontana.
l'impresa
per
l’interèsse
negli
scOrsero parécchie settimane, e finalmente venne il giorno tanto atteso.
Fontana si gettò ai piedi del papa e gli chiése la benedizione. Sisto V gli diede la benedizione, ma che se il suo tentativo
ugualmente
una
fare
un
trave
tentativo
tana
avrebbe
Dopo
quelle
parole
nessun rischio,
molto
molto,
pagato
gravi,
Fontana
aggiunse Fon-
non
riusciva,
caro
il suo
errore.
non
volle
correre
e quando i suòi numerosi cavalli, le travi,
= provare una còsa
a fare
le funi e i novecènto operài che dovévano ripètere l’im-
operàio
chi la-
presa degli schiavi romani fùrono riuniti in Piazza San
vora
con
=
le
mani
Piètro, si racconta che egli diede a tutti gli spettatori presenti l’ordine assoluto di non fare il minimo rumore, (2)
ZI a)1 9,
N
Gin
OI
7
affinché
gli operài. stato
il papa da la
benedizione a Fontana
ogni
Chi
impiccato
suo
avesse
fosse sùbito
detto
sul luògo
una
stesso
sola dai
sentito
paròla soldati
da
tutti
sarèbbe del
papa.
Il lavoro incominciò. In una delle sale dei Musèi Vaticani si vede come
970
ordine
Fontana
trionfò di tutte le difficoltà.
Capitolo XL A meta
strada,
pero,
ci fu un momento
in cui sembro
che l’obelisco, fermàtosi in aria, dovesse ricadere giù ....
l’obelisco viène drizzato
Allora
un
un marinaio
dà acqua alle | il calore = il caldo
in mézzo al silénzio generale: ‘ Acqua! funi!’. Il povero
le funi
fuoco per causa del calore, grido
stavano per prender .
che
vedendo
di Sanremo,
marinaio
marinaio
fu subito
afferrato dai sol-
dati della polizia papale, che si preparàrono
generale = di tutti
ad impic- | Papale = del papa
carlo. Ma Fontana diède ordine di buttare acqua sulle funi, che si accorciàrono rapidamente,
lisco.
piazza,
Poco
dopo
trionfante.
esso
E
si trovò
tirando su l’obe-
drizzato
il marinàio,
invece
in mezzo
della
alla
morte
571
Capitolo 40
ricevette
attesa,
la benedizione
il quale
V,
Sisto
di
decise che Sanrèmo, la città del marinàio, sarèbbe stata
che manda
alla basìlica di San
è Sanremo
òggi,
ancor
lei. Così,
anche
ricompensata
tutti i rami
Piétro
di
palma con cui essa è ornata la Doménica delle Palme ».
si soffermò, pòi invitò gli altri a entrare nella
Bruno una palma ornare = render bèllo
basilica.
Appena
entrata,
« È fantàstico
= tutti i cristiani che accèttano co-
si fermò,
...», mormorò
Dorabel aggiunse: la Chièsa cattolica
Jòy
« Ricco? », disse
sènza
potér
quando
poté
dir nulla. parlare.
E
« Quanto dev’éssere ricco, il papa! ». sorridendo,
Bruno
«no,
cara
signora
me capo il papa
Dorabel. Cèrto, la Chiésa cattolica è ricca, è vero, ma la
regnare = governare (parlando di un re)
potenza
vasto = grande
imperatori su vaste tèrre, e in cui le famiglie dei papi
del papa
è tutta
spirituale,
almeno
ai nostri
témpi. Ci fu un témpo, sì, in cui i papi regnàrono come
—
i Farnese,
i Medici,
più conosciute —
i Borgia, per prèndere
èrano
ricche
e potènti.
Ma
solo le bisogna
imporre = fare accettare
ricordarsi che in quei tempi difficili la forza spirituale
volere la volontà
della Chièsa non sémpre impediva ai grandi — re, gene-
lottare = bàttere
com-
disporre di (come supporre) = ave-
r
i
972
potér
servirsi
rali, imperatori — papa,
di volér imporre la loro volontà al
e quegli perciò
doveva
lottare
con
tutti i mézzi
di cui disponeva — anche con le armi — per difèndere
Capitolo XL
la propria indipendènza spirituale. Oggi, invece, il Vati-
indipendènza libertà
cano stesso non é piu altro che un minuscolo stato che
minùscolo = piccolissimo
potremo vedere tutto intero dalla cima della cupola di
=
San Piétro. E uno stato molto recènte: nel 1929 lo Stato
italiano ha firmato con la Chiésa un accordo secondo il quale veniva fondato e riconosciuto lo Stato della Città
del Vaticano. Il papa, òggi, è assolutamente indipendente da ogni altro Stato ed è allo stesso tèmpo Città del Vaticano
Bruno
aveva
e della
Chièsa
cattolica ».
detto tutto ciò sottovoce,
finito, i quattro
proseguìrono
capo della
e quando
la visita di San
èbbe
sottovoce = bassa voce
a
Piétro.
Quando l’ébbero terminata, passàrono di nuòvo davanti
alla meravigliosa ‘Pietà’ di Michelàngelo, e pòi présero una carrozzélla. Mentre tornàvano verso il cèntro, Bruno
raccontò ai sudi amici la vita del più grande génio del Rinascimento:
Michelangelo.
una carrozzélla
973
Capitolo 40
PAROLE: cristiano m
fede f religione f incèndio m strettezza f mancanza f acquedotto m cristianèésimo m persecuzione f crudeltà f màrtire m apostolo m maestro m croce f chiesetta f circo m obelisco m martirio m papa m altare m architetto m cupola f fondo m impresa f Rinascimento m ignoranza f mézzo m trave f fune f interèsse m benedizione f tentativo m operàio m marinàio m calore m volontà f palma f
indipendènza f accordo
974
m
ESERCIZIO
A.
aggiungere
togliere
spegnere
leggere
aggiunge
toglie
spegne
legge
aggiunse
tolse
spense
lesse
ha aggiunto
ha tolto
ha spento
ha letto
I Vespucci erano stati (accogliere) dai Rossi come vecchi
amici. Bruno
(scegliere)
Poi si (volgere) di
(cogliere)
un bel fiore e lo diede a Joy.
verso la madre e disse:
un
fiore anche
per
Lei,
« Mi permette
signora? ». L’in-
cendio del 64 dopo Cristo fu (spegnere) soltanto quando
ebbe
(distruggere)
(spegnere) tesse
una gran parte della città. Anzi, si
da solo perché non c’era più nulla che po-
bruciare.
Anche
non si (spegnere)
oggi,
un
così
facilmente. Il Senato
grande
incendio
(eleggere)
sare console, poi dittatore. Colui che (raggiungere) potere
così assoluto diventa
pericoloso
Ce-
un
per la nazione:
ma sfortunato chi gli (togliere) o prova a togliergli quel
potere!
Talvolta
che lo hanno cadere.
però si (leggere)
(spingere)
che coloro appunto
al potere si uniscono per farlo
XL
Capitolo
a dire
Provi
in un
ESERCIZIO
B.
altro modo
le frasi
seguenti
cam-
biando quante piu parole puo:
veramente
cristiano attuale dritto assoluto
impossibile!
tranquilla.
È una bestia molto
generale papale trionfante cattòlico
Se la corda si spezza, ti ammazzi! è stato capace di acchiapparlo
Non
nemmeno
lui.
vasto
Il sole calò dietro i monti. Oltre
diecimila
furono
soldati
uccisi
quella
in
notte
spaventosa.
Sarà senza dubbio un magnifico spettacolo.
È un ottimo caffè, che per di più ha un gusto interamente diverso da quello di tutti gli altri. Lo
sbaglio
che
fatto,
hai
l'avrebbe fatto anche
qualunque
Cosa fece Nerone quando di aver
fatto
specialista
C.
Perché erano frequenti gli incendi
accusava
altro
lui.
ESERCIZIO
a Roma?
....
gli fu detto che il popolo lo
incendiare
f
frequènte
Che magnifico panorama!
Sembra
causa f basilica f opera f carrozzella spirituale
Roma?
....
minùscolo indipendéènte perseguitare misurare
esasperare accusare incendiare trionfare ordinare apparire crocifiggere organizzare martirizzare erigere crollare lavorare compire glacere porre drizzare trascorrere créscere attèndere impiccare ornare regnare imporre lottare
970
Capitolo 40 disporre addirittura
sottovoce
fino a che .. non
per causa di
Chi disse la frase:
« Quo
Signore? », e quando?
vadis,
domine? », « Dove
....
Dove si crede che sia la tomba di San Pietro?
Perché
Michelàngelo
rifiutò
mezzo a Piazza San Pietro?
di drizzare
....
l’obelisco
cadde?
in
....
Come fece a drizzare l’obelisco Domenico Fontana?
Cosa gridò il marinaio
vai,
di Sanremo
....
e che cosa gli ac-
....
Come fu ricompensato
dal papa, dopo?
....
Che accordo fu firmato nel ’29 fra lo Stato italiano e la Chiesa?
976
....
Capitolo
quarantuno
(41)
VITA
MICHELANGELO
DI
« Michelangelo », cominciò
Capitolo
Bruno,
« nacque
nel
quarantunèsimo
1475 a
Caprese, una cittadina prèsso Firènze, dove suo padre,
Lodovico
di Lionardo
Buonarròti
Simoni, èra podestà.
A sei anni, Michelangelo pérse la madre, e forse, chissà,
ciò fu una delle càuse della solitùdine spirituale nella quale egli trascorse tutta la vita. Quando
podestà = capo del govèrno di una citta
perdere pérde pèrso/perduto pèrse/perdètte/ perdé
fu messo a scuola, il ragazzo non s’interessò ad
zii, che
spesso
quella sua passione. Ma
padre
un pittore
solitùdine = stato di chi è solo
altro che al disegno, attiràndosi i rimpròveri del padre e degli
(XLI)
finalmente
lo picchiàvano
per
duramente
èra appunto una passione, e il
dovette
cèdere.
Così
a trédici
anni
perché
vi imparasse
l’arte del disegno
resistere
e
della pittura. La pittura però non interessava veramente
Michelàngelo,
che lasciò il Ghirlandàio
passione = grande amore, sentimento fortissimo cèdere «>
Michelàngelo fu mandato dal grande pittore Doménico Ghirlandàio,
attirarsi = tirare verso di sé
ed entrò nella
pittura = ciò che fa il pittore scultura = arte di fare stàtue, bassoriliévi e òpere simili
scuòla di scultura che Bertòldo, allièvo del grande scul-
allièvo = colùi che
tore Donatèllo, teneva nei giardini di Lorènzo de’ Mè-
de’ = dei
impara
977
Capitolo
41
l’arte un artista
dici, signore di Firénze
protettore = amico che aiùta
Una
cultura la vita artistica e spirituale di un pòpolo
tèsta di fàuno, piacque
umano mo
periodo tempo
=
=
dell’uò-
parte;
prodotto = opera spirituale lo spirito
delle
prime
del
òpere
delle arti.
protettore
e grande
giovanissimo
tanto a Lorènzo
una
artista,
che egli volle
tenere Michelàngelo nel suo palazzo. Così, di colpo, Michelàngelo
diventava
un artista riconosciuto
stesso del Rinascimento,
fra uòmini
nel cuòre
nel cèntro artistico dell’Itàlia,
per cui la cultura dell’antica Grécia
èra il
più alto prodotto dell’intelligèénza umana. In quel primo
periodo
della sua vita di artista, Michelàngelo
fu uno
scultore grèco, cioè di spirito gréco. Intanto a Firénze, nel 1490, un frate domenicano di trenla tésta del Fauno
la paura, il freddo,
ecc. fanno tremare
tasette anni, il famoso
Geròlamo
Savonaròla,
cominciò
a tuonare contro quei servitori della Chièsa che dimenticàvano i loro doveri di capi spirituali. Savonaròla sollevò
con le sue parole forti passioni, facendo tremare di ter-
rore tutta Firenze. Come molti altri, il fratèllo maggiore di Michelàngelo,
Lionardo,
si fece frate domenicano.
Fu quello un periodo assài difficile nella vita dell’artista.
Le idée sul Cristo e sulla repùbblica cristiana che Savonarola, da Firènze, voleva estèndere a tutto il mondo, un
frate
domenicano
attirare = piacere, interessare
978
attiràvano il giovane e nello stesso tèmpo
lo facévano
tremare.
uno
Perché
infatti quel
gènio,
cèrto
dei più
XLI
Capitolo
grandi che abbia conosciuto la nostra cultura, fu strazia-
straziare = soffrire
far
to tutta la vita da una continua lotta intérna fra la sua
continuo
non
volonta artistica e morale e una dolorosa incapacita di
lottare la lotta
préndere Molto
ai pericoli.
di andare incontro
una decisione,
spesso, poco dopo
avér commesso
un atto vile o
che gli pareva tale, egli ritrovava la forza morale di tornare sui propri passi e di far dimenticare, per il coràggio
di cui allora
faceva
mostra,
la debolezza
della
quale
interrotto
morale tuale
= spiri-
il dolore doloroso
incapace
l'incapacità agire un atto
egli stesso aveva la più dolorosa vergogna.
vile «> coraggioso
Uno di quegli atti di debolezza e di viltà, egli lo com-
far mostra mostrare
mise nel
1494, fuggèndo
da Firènze,
pièno
di terrore.
Fuggi prima a Venézia, che èra già allora, da parecchi
=
di
débole la debolezza
sècoli, una repùbblica indipendente.
vergogna = sentimento di chi ha commesso un atto basso o vile
Arrivato a Venèzia, Michelangelo ritrova però la calma
vile la viltà
e da lì passa
dello spirito,
a Bologna,
dove
trascorre
l’invèrno leggèndo le òpere dei grandi poéti e scrittori del Trecènto:
Dante, Petrarca, Boccàccio. Nella prima-
vera del 1495, passa qualche mese a Firènze, ma non si
Dante e Petrarca sono poéti italiani
il poéta i poéti il
Trecénto
=
quattordicésimo
il
sécolo (1300— 1399)
làscia riprendere dalle lotte e dalle passioni dei fiorentini. Anzi, proségue per Roma,
Savonaròla del
1498),
e li, fino alla morte del
(che viene impiccato e bruciato nel màggio egli
è più
che
mai
soltanto
uno
scultore
979
Capitolo
41
la passione
appassionato di bellezza. L’anno stesso in cui il terribile
puro
frate fa bruciare libri, gioielli e opere d’arte nella sua
eseguire (come fi-
disperata
(un’opera)
Michelàngelo
appassionato la purezza
nire) = fare
ricerca
sono
assoluta
purezza
dello
spirito,
eseguisce tre sculture, che rappresèntano i.
.
la scultura e la pit-
tura
di una
l’arte, | tutte e tre degli antichi dei gréci.
ma sono anche l’òpera stessa
Savonaròla
Quando
Savonaròla
e condannato non
pronuncia
è finalmente
al rògo, una
vinto dai suoi nemici
Michelangelo
parola
non
per difènderlo.
fa un Ma
gèsto, la pro-
triste
fonda tristezza che egli deve avér sentito allo spetta-
gioventù :
colo di tanta crudeltà, di tanta debolezza e viltà davanti
scolpire (come
al male, si ritrova tutta nella ‘Pietà’, la prima
(una scultura)
òpera della sua gioventù, che egli scolpì alla fine di quel
la tristezza giovinezza
finire)
=
fare
perìodo. Essa fu terminata infatti nel 1501.
580
grande
Capitolo XLI
Eccolo
lascerà
un
e da
passione
lanciato
un
più
nel
spirito
Povero
Michelangelo!
Povero
di
gènio
torrènte
del
méèzzo
istante
potènza
una
sovrumana! che
e di pace.
di ripòso
dalla
tormentato
non
Egli
gli
è il
tormentare soffrire
=
far
sovrumano
=
al
disopra di ciò che è umano
torrente = fiume di montagna
prigionièro, lo schiavo del pròprio gènio. Il lavoro è per lui una passione che lo rènde già vècchio a quarant'anni. cade
ammalato = che ha una malattia
gravemente ammalato una quindicina di volte. È allora
cadere ammalato = diventare ammalato
diméntica
Michelangelo
di mangiare,
di dormire,
che scolpisce il suo meraviglioso ‘Dàvid’, che Loro cèrto
CONOSCONO ».
« Sì, si», disse Joy, «lo conosco, pur sènza averlo mai visto.
pur = pure
E quello che si trova a Firénze, no? ». « Giusto »,
rispose Bruno,
« ed écco la storia del ‘David’:
C’era allora a Firénze, diétro la chiésa di Santa Maria del Fiore, un
prima,
uno
immeénso
scultore
blocco
di marmo.
sconosciuto
aveva
pirci dentro una statua per il Duomo; cominciata
l’Opera,
aveva
incapacita di eseguirla,
dovuto
Quarant’anni
provato
a scol-
ma, appena
ricondscere
la
in-
un
blòcco
di marmo
duòmo = chièsa principale
sua
e nessuno aveva avuto il corag-
gio né la volontà di continuare l’impresa. Michelangelo vide sùbito le meravigliose possibilità che offriva al suo
genio quel blocco, che sembrava
caduto
li dal cièlo, e 981
41
Capitolo
si mise al lavoro. Tre anni dopo, il ‘David’ criticare
=
re non buòno
trova-
sempre,
Come
che pensarono
delle persone
ci fùrono
éra finito. I
di dovér criticare l’òpera. Fra quelle éra Pièro Soderini, il capo « Il
della
naso »,
Signoria, disse
cioè
Soderini
del a
governo
di
Michelangelo,
Firénze. «non
vi
sembra che il naso sia un po’ troppo grosso? ». Micheuna scala
far finta di (fare) = fare come se si (facesse)
langelo
rispose,
sali sulla
po’ di polvere di marmo,
scala
mucchio
in mano
un
e fece finta di lavorare per
cadér
giù
la polvere
della polvere
che
di marmo.
èra caduta
Quando
il
giù gli sembrò
sufficiènte, egli domandò a Soderini che gliene pareva.
Michelàngelo e Pièro Soderini
082
con
qualche témpo a cambiar la forma del naso del ‘David’, lasciando
è sufficiènte basta
non
XLI
Capitolo
« Adèsso sì che mi piace! », rispose il gonfalonière, « gli
giù, sorridèndo
scese
vita! ». Michelangelo
dato
avete
gonfalonière = capo della Signoria
in silénzio.
Nel
maggio
del
1504,
secondo
langelo, il colòsso di marmo
al Palazzo giorni,
della
se non
Signoria.
mi sbaglio.
sioni che agitàvano
il desiderio
fu trasportato dal Duomo
durò
Il traspòrto
E così ciéche érano
i fiorentini
notte bisognò méttere
di Miche-
a quel
delle guàrdie
tèmpo
quattro le pas-
che
di
per impedire
che
la stàtua fosse distrutta a colpi di piètra. Eppure
una
notte, essa fu colpita da parecchi
il desidério volere
=
il
trasportare
il trasporto
un cièco = persona che non
vede
agitare = muòve-
re con forza
sassi. Tale éra quel
popolo tormentato. E li, a Firènze, che Michelangelo
e Leonardo
da Vinci
diventàrono per qualche tèmpo, se non pròprio nemici, per
lo
all'uno
meno
Il
rivali.
gonfalonière
e all’altro di fare un affresco nel Palazzo
Consiglio,
della
Signoria.
ordinato
aveva
per la Sala Firénze,
del
spetta-
trice come sempre appassionata, fu divisa in due campi,
uno
per
Leonardo,
l’altro
per
Michelàngelo.
Ma
affresco = pittura eseguita su un muro
consiglio : spècie di senato
lo spettatore la spettatrice
dei
due gènii rivali non vinse né l’uno né l’altro. Leonardo, che cercava sempre mézzi artistici nuòvi, volle provare
una
nuova
tecnica
dell’affresco,
e
riuscì
soltanto
a
tecnica = mòdo di
eseguire una
còsa
083
Capitolo
41
rovinare = di-
rovinare la propria Opera, che nel ’550 gia non esisteva
struggere
proa dall o ziat stra , ciso inde èrno l’et , elo ang hel Mic più. | nece i550 (cinqu tocinquanta)
=
1550 etérno = che È, che dura sémpre
il
indeciso
MI
fermezza (f) = decisione inquieto calmo
mai
arrivò
Non
deciso
+—>
pria incapacità di seguire con fermezza la via scelta, non oo , cominciò neppure l’affresco che gli avevano ordinato. .
ge
.
disegni.
i
che
altro
fare
a
.
Questa
sua. Ne . Ne terribile indecisione, questa debolezza di uno spirito uu. i . ; as . inquièéto che si voleva forte, che odiava la viltà, fu
odiare amare | letèrno martirio dello scultore, che dovétte abbando-
abbandonare
lasciare
grandioso
magnifico
=
nare
=
versi
scrive
scrived
più
grandiose
.
felice
da gigante
di piètra
e
i
pure,
che i papi
vòllero da lui nel campo della pittura e dell’architettura. dei
non
fu
felice
dei versi
lasciato
ci ha
poeta
oye
-
.
.
x
Michelangelo,
anche di una profonda, infelice
imprese
i
solo poté finire le opere,
No, poèta
le sue
,
un architetto un
tutte
e siccome ge
fu
anche
bellezza,
di grande
disperata tristezza
ma
...».
« Perché era così infelice? », domandò Joy, « aveva dun-
que tanti nemici? ». « No», rispose Bruno, « o piuttòsto
suo
un gigante
più
cuore
nemico un
aveva
nel
sciava
sostare
nella
aveva
anche
in
di
attirarsi
bisogno
084
grande
quasi
ne hanno
come
sì, ne aveva
sé,
éra
lui
torrente
di
ricerca
stesso. fuòco
della
purtròppo, difficoltà
tutti i gènii, ma
che
Quel che
bellezza
un
vero
il
gigante lo
la-
assoluta,
ed
non
e
rovinàvano
pròprio le
sue
i
XLI
Capitolo
imprese.
col non
il cui
II e per
Giulio
papa
gli ordinò
che
monumento
è forse
doloroso
più
L’esèmpio
far niènte.
subito pieno di ardore, fece dei disegni
Michelangelo,
=
avér fidùcia crédere
far tutto, finiva spesso
potendo
far tutto da sé, e non
sémpre
voleva
fidùcia in nessuno,
aveva
Non
gli ordinò : gli ordinò
di fare
ardore = passione ardènte
che accésero la passione artistica del papa. Era un’impresa
sovrumana,
con
di marmo,
un’opera
lo mandò
una
a Carrara,
allora quasi tutto il più bel marmo
montagna
di dimensioni
stàtue
di quaranta
più
colossali. Il papa
gigantesca,
da dove veniva
un gigante gigantesco
dimensione grandezza
=
d'Italia, e Miche-
làngelo vi rimase per mesi, pièno di fidùcia nelle pròprie forze, a scégliere i blocchi di marmo,
chi di cui avrébbe sovrumano,
avuto
bisogno!
appassionato,
montagna
in riva
ciéco.
al mare,
tutti i bloc-
Il suo
Un
ardore
èra
vide
una
giorno
e gli venne
di
colpo
la
voglia di scolpirla tutta intera, di farne un colòsso che
i marinài avrèbbero visto da lontano Tornato
Roma,
a
si
ma la sua abitùdine
non
èrano
dei
potènti
d’accordo {
i
nemici,
mise
al
....
lavoro
con
di criticare duramente
con fra
lui
i quali
gli
aveva
l’architetto
entusiasmo,
entusiasmo = ardore, passione
quelli che
attirato
già del .
papa,
è d’accòrdo con = e dello stesso
parere di
oy
Bramante, amico di Raffaéllo. Giulio II, spirito inquiéto,
980
Capitolo
41
agitato da mille progéètti, abbandonò mento
Michelangelo
che
doveva
quello del monu-
fare, e decise
invece
di ricostruire la basilica di San Pietro, per farne una chièsa di dimensioni mai viste. Michelàngelo, che aveva
che possedeva
per far venire
a
spendere) (come
speso
tutto il denaro
possedere =
Roma
i blòcchi di marmo
scrìvere
dovevano
na scritto
al papa una lèttera pièna di rimpròveri, provò a parlar-
prendere
avere
scrive
aiutarlo,
rimase
di Carrara solo,
senza
e gli operài che denaro.
Scrisse
gli, ma il papa rifiutò di vederlo, anzi lo fece scacciare dal Vaticano.
NOUULIZI7AZZA
un’impalcatura
Michelàngelo
Allora Michelangelo parte, o piuttosto fugge da Roma, e làscia il suo rivale padrone
086
della situazione.
Il papa
Capitolo
gli da l’érdine
di tornare,
Ma,
tornato
e
alla fine,
Poi,
andarsene
dève
a Roma,
rifiuta
i confini del paése
sultano.
dal
in Turchia,
e di andàrsene
Michelangelo
di varcare
pensa per un momento
obbedisce.
ma
confine tiera
—
sultano = Turchia
XLI
fron-
re della
sùbito
dopo a Bologna, dove è obbligato a fare una stàtua di bronzo
di
tutto della ad
Giulio tecnica
impararla,
a
II.
del bronzo, provare
Ignorava
Michelangelo!
Povero
e dopo
un
anno
sénza
e riprovare
speso
successo,
riusci finalmente a eseguire la statua che gli éra stata
ordinata ... per vederla distrutta quattr’anni piu tardi,
la Turchia
il bronzo è un metallo rosso-giallo
sènza senza
succèsso
riuscire
la volta di una sala
dai nemici di Giulio II! Dopo Bologna, di nuovo Roma, e una nuova idea gigantesca di Giùlio II: coprire con un affresco tutta la volta
della Cappélla Sistina! E Michelangelo, che ignora tutto della tecnica dell’affresco, si accinge ad eseguire l’òpera sovrumana, proprio nel momento
in cui il giovane Raf-
faèllo cominciava, col più grande succèsso, a dipingere gli splèndidi affreschi delle Stanze del Vaticano.
Di nuòvo,
il caràttere di Michelàngelo
ficoltà. Bramante,
tura:
Michelàngelo
di non
crèa mille dif-
potérsene
accingersi
pararsi
=
pre-
carattere = cid che, spiritualmen-
te, rende una per-
il suo rivale, gli fa fare un’impalca-
dichiara
cappélla = parte di una chiésa
sona divèrsa altre creare
=
dalle
fare
servire
e ne fa costruire un’altra. Il papa fa venire da Firenze 087
Capitolo
41
due pittori, specialisti dell’affresco, per aiutarlo: un bel fovibeodo rendere
rinchiùdersi = chiùdersi in un
Luogo per essere
Solo
giorno,
irritato
Michelangelo,
modo
dal
di lavorare
dei
due artisti, fa buttar giù tutto ciò che essi hanno dipin-
to, si rinchiude
nella Cappella,
nessuno
si fa nemmeno
e non
non lascia piu entrare vedere
a casa.
I due
pittori tornano a Firénze, piéni di rabbia e di vergogna, un
nemico
una nemica
e lanciano E
i più duri rimproveri
is.
la solitudine,
quella
contro
x
sua
etèrna
Michelangelo. .
nemica
—
o forse
bisognerebbe dire amica? perché egli non fa nulla per combatterla, anzi fa di tutto per attiràrsela — lo separa di nuovo
dal mondo.
wi pi
O
ses are
“ieise if A uii n
cst,
|i"in Hi
(Li
Ubi My
ie’ Vi
î
|
Ì,
oy it eittne1
fr
si a N ay i
‘il Diluvio’
088
3
|
Pmt tiie hah
XLI
Capitolo
non
È un lavoro mano:
più
ma
sovrumano,
inu-
veramente
a sera,
per quattr’anni, egli dipinge da mattina
inumano umano
= non
lottando con mille difficoltà. Appena ha finito la scena del ‘Dilùvio’, écco che l’umidità comincia a rovinarla ...
ùmido l’umidità
Michelangelo vuòle abbandonare tutto, ma il papa glielo vieta.
finalmente,
Quando,
o più
è terminata,
l’òpera
vietare «> perméttere
esattamente quando il papa, minacciando di far buttàr
minacciare di : dire di volere
giù dall’impalcatura l’artista, lo costringe a dichiarare
costringere bligare
finito
il lavoro,
Michelangelo
è ormài
méèzzo
e
ciéco,
il suo corpo porterà per sempre l’impronta dello sforzo
inumano
da lui compiuto
mèzzo
=
impronta cia
=
ob-
a metà =
trac-
per dipingere la vòlta della
Sistina ...>.
«Povero
Michelangelo
di tristezza.
«Si,
disse Dorabel
aggiunse:
«Ma
Joy con un sospiro
...», disse
pòvero,
povero
grande
artista
...»,
con un sospiro ancora più profondo,
perché
aveva
un
caràttere
così
sospiro = movimento che fa alzare ed abbassare
il pètto
ed
diffi-
cile? ». « Éh, chi lo sa? », rispose Bruno, « sarà nato così,
nò?
Uno
nasce
col caràttere
di un
vile,
un
altro
col
eroe
=
uòmo
caràttere di un eròe, un tèrzo con quello di un santo».
grandissimo ràggio
« NO, no », esclamò Dorabel, « ci déve èssere una spiega-
santo : uòmo molto buòno
di
co-
zione più giusta, più complèta! Ognuno di noi porta in ia nz fa in L' a. vit a su la del ni an i im pr dei ta sé l'impron
infànzia = i primi anni della vita
589
Capitolo adulto
=
41 che non
è più un bambino
è come DI
l’impalcatura
l’uomo
su cui si costruìsce
to ». « Può darsi », disse Bruno,
adul-
« l’infànzia di Michelan-
scultore poèta = scultore che è anche poéta
gelo, infatti, non fu felice, l'abbiamo
il perché = la spiegazione
troppo, rimane ben poco dei versi che scrisse nella sua
tenerezza amore
=
PAROLE: podestà m solitùdine f passione f pittore m arte f pittura f scultura f allievo m scultore m protettore m artista m fauno m cultura f prodotto m periodo m spirito m frate m servitore m lotta f incapacità f atto m
mostra f debolezza f vergogna f viltà f poéta m purezza f tristezza f torrente m Signoria f blocco m
990
visto. Oggi, pur-
gioventù lo scultore poèta, perché egli stesso li bruciò quasi tutti. Essi forse ci avrebbero
aiutato a trovare il
perché del caràttere di Michelàngelo ». « Ma no », proseguì Dorabel,
«non ha mai amato
dica, Bruuna donna,
quel poveretto? È così duro, vivere senza la tenerezza di una
donna! ». «La
tenerezza
di una
donna
... Léi
non sa quanto Michelangelo soffrì di non essere amato! Ma
questa
è un’altra storia. Ora
siamo
arrivati all’al-
bèrgo, bisogna pranzare. Però dopo pranzo, se vògliono, potremo
continuare a parlare di Michelàngelo ». « Cèr-
to! », esclamàrono mangiare.
tutti e tre i Vespucci,
e andàrono
a
Capitolo
ESERCIZIO Mi sembra
A.
che faccia freddo.
Mi pare che stia piovendo. Credo che si possa fare.
Penso che sia meglio partire. Ignoro come l’abbia fatto. Ti sembra
che Pietro l’(avere)
detto?
Ignoravo che tuo padre lo (sapere).
Pare che non lo (sapere)
nemmeno
lui.
Credevano tutti che (venire) anche lui.
duomo m gonfaloniére m desidèrio m architettura f trasporto m rivale m affresco m spettatrice f confine m tecnica f fermezza f indecisione f gigante m
verso m fiducia f impalcatura f ardore m dimensione f
santo m entusiasmo m
sultano m
gioventù f
Penso che Giovanni (stare) bene.
bronzo m
Pareva che la pioggia non (dovere) mai finire. Ignoro chi (essere) stato colui che Vha fatto. Pensavo anch’io che egli (potere) venire.
Sembrava proprio che egli non (vedere) nulla. Credi che (venire) anche Pietro?
ESERCIZIO
XLI
B.
Provi a spiegare in italiano, con delle frasi intere, cosa
vogliono dire le parole seguenti:
un temporale, uno stupido, un guaio, un distributore di
succèsso m volta f cappella f caràttere m dilùvio m umidità f impronta f sospiro m erode m infanzia f tenerezza f artistico umano domenicano greco continuo morale doloroso
vile appassionato
991
Capitolo
41
sovrumano
ammalato sufficiente cieco eterno indeciso
inquieto grandioso infelice
gigantesco inumano
completo
adulto duramente attirare
cèdere
tremare
estèndere eseguire rappresentare scolpire tormentare straziare criticare
far finta di
agitare
rovinare odiare abbandonare
spendere accingersi dipingere creare
irritare
rinchiùdersi
costringere possedere
minacciare
992
manaccia,
benzina,
una
questura,
un capo,
una
alleati,
degli
Da
quali
lotte
C.
Savonarola?
interne
la
scorciatoia.
ESERCIZIO Chi era e cosa voleva
baccano,
un
fu
sempre
....
tormentato
Miche
langelo? ....
Qual è la storia del ‘David’ di Michelangelo? .... Cosa si racconta del gonfaloniere Soderini quando vide
il ‘David’? .... Perché
fu necessario
‘David’
quando
mettere
lo si trasportò
delle guardie dal
Duomo
davanti
al
al Palazzo
della Signoria? .... In che
modo
furono
rivali
a Firenze,
Michelangelo
Leonardo da Vinci? .... Cosa andò a fare Michelangelo a Carrara?
....
e
Capitolo
quarantadùe
VITA Dopo
DI
chièsa
MICHELANGELO
(FINE)
decìsero
di andare
i quattro
pranzo,
di San
quarantaduésimo
Capitolo
(42)
Piétro
di Michelàngelo.
amici
in Vincoli,
E mentre
per
alla
il ‘Mose’
vedere
Bruno
ci si recàvano,
(XLII)
finì
di raccontare la vita dell’artista. « Lèi, cara signora Dorabel, mi ha domandato se Miche-
làngelo avesse mai conosciuto la tenerezza di una dònna. Sì, una sola vòlta, a un’età più che matura
quell’època conobbe
una
aveva cèrta
sessant'anni), pace.
Nel
il suo
1535,
fece
(giacché a
povero
età matura = età di chi è adulto
cuore
la conoscénza
di una delle dònne più intelligènti e più colte di quel tèmpo, Vittoria Colonna. Essa aveva allora quarantatré
anni. Suo marito èra morto dièci anni prima; la védova,
conoscere conosce conobbe
la cultura colto
védova = dònna che ha perduto il marito
che lo aveva molto amato, si èra ritirata prima a Roma, poi nell’isola d’Ischia, e lì aveva in bellissimi vèrsi, che èrano
lètti
cantato
il suo
e ammirati
amore in tutta
l'ammirazione ammirare
l’Itàlia. Essa conobbe tutti i grandi poeti, i grandi artisti e i grandi scrittori italiani del tempo. L’anno prima di 593
Capitolo 42 rinnovamento = atto del réndere
nuovo
la religione religioso
conoscere Michelangelo, essa éra stata presa dall’ondata religioso che passava per l’Itàlia. Ben
di rinnovamento
prèsto, fece parte di un
piccolo
gruppo
di persone
di
grande altezza morale, le quali speràvano che la Chièsa dividere
la divisione
ritrovasse tutta la purezza
di spirito
per
del
impedire
la
divisione
dei primi
mondo
in
tèmpi
due
o più
e Michelangelo
fu un
chiése cristiane.
L’amicizia fra Vittoria Colonna
un amico lVamicizia
sentimento
la tenerezza tenero
religioso
tènero, profondo,
fra due
dirèi quasi un sentimento
spiriti tormentati,
e durò
fino
morte di Vittoria, nel 1547. Essi si riunivano
alla
ogni do-
ménica nella piccola chièsa di San Silvèstro, dove discu-
tévano soggetti religiosi. una monaca
Vittoria Colonna lasciò Roma nel 1541 per rinchiùdersi in un convento dubbi
trattenersi
parlare con
con
DE 594
Ma
spesso
unicamente
Tre anni prima
a Viterbo, presa da mille
dei suoi faceva
sogni
il viàggio
per trattenersi
di morire,
di rinnovamento da
Vitèrbo
col suo caro
essa tornò a Roma,
a
amico. al con-
vento di Sant'Anna, dove Michelangelo andava a vederla. La
Vittòria Colonna
sulla giustezza
religioso. Roma,
di monache
sua
mòrte
fu
per
l’artista
un
colpo
terrìbile.
Eppure fu durante gli anni della sua amicizia per Vit-
Capitolo
toria
che
Colonna
amo
Michelangelo
con
XLII
la passione
più ardènte una donna di cui non conosciamo
il nome,
che lo faceva soffrire crudelmente e che mai non l’amò. Tale
tutto ciò dalle poesie di Michelangelo.
Sappiamo
èra dunque l’ànima appassionata di quell’uòmo che non
poesìa = arte e opera del poèta anima «>
corpo
poteva vivere, si dirèbbe, se non col cuore straziato. A
quel
periodo
appartèngono
molte
delle
sue
òpere
più bélle: l’affresco del ‘Giudìzio Universale’ nella Cap-
pèlla
Sistina,
gli affreschi
della
Cappélla
Paolina,
la
tomba di Giùlio II. Michelangelo dipinse il ‘Giudìzio Universale’ fra il ’536 e il 541, appunto
universale = di tutti gli uòmini
Uniil Giudizio versale : atto con cui Cristo separerà, alla fine del mondo, i giusti dal rèsto degli uòmini
durante i primi anni della sua ami-
cizia con Vittoria Colonna. È un’òpera gigantesca, unica al mondo, di cui si potrebbe parlare per ore e ore, ma che faremo méglio ad andare a vedere domani mattina. La Cappella Sistina fa parte dei Musèi Vaticani e per-
ciò è chiusa nel pomeriggio. Mentre dipingeva il ‘Giudizio’, il vecchio pittore cadde
dall’impalcatura e si fece una grave ferita alla gamba.
Gran nemico dei médici, egli si rinchiuse nella propria casa per soffrire da solo. Ma, per sua fortuna, venne a vederlo
un
amico
suo
fiorentino,
médico
di valore
e
595
Capitolo
42
uomo guarire finire)
(come
un médico guarisce gli ammalati al sòlito =
di
molto
colto, il quale,
solo, rifiutò di andàrsene
e non lo lasciò se non dopo
averlo guarito.
Un'altra volta, il papa si recò come al sòlito nella Cappélla Sistina a vedere
solito
completamente
trovandolo
procedévano i lavori, ac-
come
compagnato da un alto personàggio del Vaticano, Biàgio da
Cesena.
domandò cui
nudo vestito
severe,
molto
èrano
l’affresco,
ne pensava.
che cosa
a Biagio
idèe morali
ammirato
Paolo
E Biagio,
dichiarò
che,
III
le se-
:
condo lui, il rappresentare tanti corpi nudi in un luògo
«>
sacro éra una còsa immorale e altamente riprensibile! ».
luògo sacro chièsa immorale morale
avér
Dopo
riprensibile = che merita rimprovero umanita = gli uomini
tutti
scandalo = atto contro le abitudini morali
« Che cosa? », esclamò Dòrabel, « dire immorale e riprensibile Ma
una
delle
più
belle
è uno scandalo! ». «Lo
d’Itàlia cominciava grande
severità morale
sevèro la severità
mento.
Perché
in
dell’umanita?
d’arte
sarèbbe oggi, certo », disse
Bruno ridèndo divertito, « ma in quel periodo della storia
corrénte = movimento dell’acqua in un fiume, per esèmpio
per niènte — nessùn mòdo
Opere
già a disegnarsi quella corrente di che segnò la fine del Rinasci-
il Rinascimento,
di libertà spirituale,
pur non
appunto, essèndo
èra un’època
per niènte
im-
morale nel nostro senso della paròla. Però, gia al tempo motivo
=
ragione
per = per càusa di
096
di Michelangelo,
per molti
spiriti severi,
cioè l’arte religiosa, éra spesso motivo
l’arte sacra,
di scàndalo, per
Capitolo
XLII
la nudità più grèca che cristiana dei soggétti rappre- | nudo
la nudità
sentati ».
soggètto
: ciò che
si dipinge,
ecc.
scrive,
MV un serpènte
« E il papa, che ne disse di quel Biàgio? », domandò | persona ritratto =di pittura una Dorabel. « Il papa », rispose Bruno, « èra un uòmo troppo
intelligèénte
colto
e troppo
èssere
per
d’accordo
che la rappresènta
con
Biagio, e gliene diede la pròva poco dopo. Infatti Michelàngelo, che aveva sentito le dure paròle di Biàgio, fece il
suo
ritratto
nell’Inferno,
con
nel un
‘Giudizio gran
nel mèzzo di un monte
Universale’
serpénte
intorno
e
lo
mise
alle gambe,
di diavoli!
l’Infèrno
Biàgio, appena èbbe visto il suo ritratto in un tal luògo,
597
Capitolo 42
il papa
Ma
corse dal papa a lagnarsi di Michelangelo.
si mise a ridere e gli rispose: ‘Perché vieni a lagnarti Volevi
da me?
ma il Paradiso nel Purgatorio, sela Chiésa condo cattòlica, le anime punite rimangono tempo certo un prima di andare in Paradiso il protettore proteggere
ti mettesse
che
in Paradiso?
Capisco,
Se ancora
ti avesse
che cosa vuoi che ci faccia? in Purgatorio,
messo
avrei
salvare la tua anima, ma potere:
da li, lo sai béne,
maginarsi
la ràbbia
Michelàngelo
e non
potuto
fare
all’Inférno
Ma
permetteva
per
io non ho nessùn
nessuno
di Biagio!
qualcòsa
è mai
uscito’.
Im-
proteggeva
il papa
che
lo si offendesse.
Certo, lo faceva spesso lui stesso, ma
questa è un’altra
storia ». Mentre Bruno raccontava, èrano arrivati a San Piétro in Vincoli, ed entràrono nella chièsa per vedere il ‘Mosè’, quanto = ciò che
che è tutto quanto rimane del monumento
più volte = parécchie volte
dopo anni di lavoro più volte interrotto e mai terminato.
Della montagna Vidéa
di marmo,
gigantesca
di
delle quaranta
Michelangelo
a Giùlio II
stàtue, del-
rimasero
alla
sua
morte il solo ‘Mose’ e un paio di statue eseguite da altri scultori, che egli stesso aveva pagati.
Quando
furono usciti dalla chièsa, Bruno
disse:
« Già,
l’infelice scultore èbbe la possibilità di terminare soltanto poche opere!
598
I suòi più vasti lavori sono òpere
Capitolo
di pittura e di architettura:
gli affreschi della Sistina
e la stupènda cùpola di San Piètro». « Già, è vero»,
disse Joy,
Sapévano
chelàngelo.
veramente
Mi-
quella,
far tutto, quegli arti-
sti del Rinascimento? ». « Tutto forse no, se si esclude
Leonardo,
che fu veramente
un gènio
universale.
Ma
è vero che mai, né prima né dopo, l’umanità ha conosciuto una tale profusione di artisti che, in tutti i campi
dell’arte, creàrono un così gran nùmero
di capolavori,
di òpere immortali. Se Lèi si ricorda, anche Raffaéllo, per
fare solo un
esèmpio
stupéndo = che stupisce e lascia pièno di ammirazione
fatto anche
«ha
XLII
dei più conosciuti,
aveva
preso
esclùdere = tere a parte
mét-
gènio universale che sa far tutto
:
profusione = grande quantità
capolavoro = òpera di màssima importanza e di màssimo stico
valore
immortale
arti-
=
che
non può morire
parte alla costruzione di San Piètro, e possiamo èssere
sicuri che, se non fosse morto così giovane, ci avrèbbe dato anche lui capolavori in altri campi dell’arte.
Ma dicevo dunque che Michelangelo ricevètte dal papa l’incàrico
di terminare
la costruzione
San Pietro, e specialmente
della basilica
di
di edificare la cupola. Mi-
chelàngelo accettò l’incàrico come un dovere sacro im-
postogli da Dio e non volle mai accettare nessun pagamento per quel lavoro. Mille difficoltà sérsero sul suo cammino, difficoltà dovute all’impresa stessa e difficoltà che facévano sorgere dappertutto i suòi nemici e rivali.
incàrico edificare
costruire
imporre
supporre)
=
érdine =
(come
sorgere (come aggiùngere) = apparire dappertutto = da per tutto (in tutti i luòghi)
599
Capitolo protèggere
lèggere)
42 (come
protègge ha protètto protèsse eseguire
l'esecuzione impuro puro
>
Ma
i papi, anzitutto Pàolo
tessero
IV, lo prol’esecuzione
spesso
imponendogli
pur
sempre,
III e pòi Pàolo
di òpere gigantesche.
Ma
questa
volta,
almeno,
poteva
lagnarsi:
poteva
essere
nulla
La
dura
severita
piu
li non
la morale
c’era
che
soggetto
poteva
severa
non
impuro,
non
allo
scandalo.
gridare
facesse
non
più
trovare
nulla
ci
di ri-
prensibile nell’ultima opera di Michelangelo. Quel capopregare una preghiera
lavoro
l’artista
fu, per
vecchio,
ormai
una
preghièra
più ancora che un’opera d’arte ... ».
« Fu la sua ultima opera? », domandò Joy. « SÌ e no», rispose Bruno,
« èbbe pure il tempo, prima di morire, di
fare i disegni per la piazza del Campidoglio
con i tre
che
la piazza
palazzi;
però
poté
non
terminare
altro
stessa e la scala. I palazzi fùrono compiuti nel diciassettèsimo secolo. Fece anche la chiésa di Santa Maria
il modéllo di una chiésa
Angeli,
a Firenze,
perché
fu
ma
interamente
di
essa
rifatta
non nel
eseguì pure i disegni e un modello
gantesca
Chiesa
dei Fiorentini
ci rimane ’700.
degli
niènte
Michelangelo
in piètra di una gi-
a Roma,
un’opera
stu-
penda secondo gli artisti del tempo che videro i disegni
e il modéllo. 600
Ma
nemmeno
di questa
sua
opera
Mi-
Capitolo
XLII
chelangelo vide l’esecuzione. I soldi vennero a mancare
niénte,
fin dai primi lavori, e òggi non ce ne rimane ....
| ti
nemmeno i disegni
=
i}
kl Lod
‘ .:
=
Zan;
f.
i. —_— -
7 Ire
fiBern
ft ni i
3
4
VU
Tui g CONTI ic
MP +
nit
ara ?
-
la piazza del Campidòglio
E finalmente, un giorno di febbraio del 1564, la morte,
a novant’anni, venne a liberare quell’anima tormentata
da un corpo
che sempre
piu le pesava.
Quell’uomo,
cui i re, i papi, i grandi della terra parlavano
cui amavano
trattenersi a lungo
del suo tèmpo,
principe,
col cap-
e col più gran rispétto, quell’uòmo
pello in mano
e che dappertutto
l’ùltimo
dei
grandi
a
con
i più colti personaggi fu ricevuto
génii
del
come
rispetto = ammirazione
a
[ NS un cappéllo
un
Rinascimento,
principe = uòmo di grande potènza
601
Capitolo
42
mori solo come aveva vissuto. La sua ultima preghiéra
fu di potér
tornare,
morto,
nella
sua amata
Firenze.
E li ripòsa òggi, nella basilica di Santa Croce ...».
PAROLE: conoscènza f védova f rinnovamento m
divisione f amicizia f convento m monaca f poesia f ànima f giudizio m morale f
umanità scàndalo corrente severita
ESERCIZIO
f
f
m f
A.
correre
rompere
piacere
corre
rompe
piace
ha corso
ha rotto
corse
ruppe
è piaciuto i piacque
« ho (correre)
« Uff! », esclamò Vespucci,
il più presto
nudita f ritratto m Inférno m serpènte m Paradiso m
che potevo per fare in tempo ». A Joy non (piacere) | l l : l che egli fosse così rosso in faccia. Suo padre capì, e
motivo m
disse:
Purgatorio m profusione f capolavoro m incàrico m pagamento m esecuzione f preghièra f modéllo m cappéllo m 602
« Mi
l
(dispiacere)
di
non
Però ...». Bruno lo (interrompere)
essere
più
giovane.
e disse: « Ma caro
signor Vespucci, Lei (correre) quasi più presto di me! ». . « Caro Bruno », disse sorridendo Vespucci, « mi è sempre
(piacere)
sentirmi dire delle cose gradevoli, ma
so di
Capìtolo XLII
che parlo. Quando
Lei mi ha (interrompere),
io stavo
per dire che quando
ero giovane, non mi raggiungeva
nessuno ». « Scusami
se ti (interrompere)
di nuovo»,
disse Dorabel, « ma se non saliamo, il treno parte senza di noi! ». E tutti e quattro salirono sul treno, che (percorrere) la distanza da Roma a Firenze in tre ore esatte.
ESERCIZIO
B.
Il Colosseo è un’immensa costruzione. Mi perdoni se Le dico che mi rincresce di non poter proseguire fino a Roma.
di rado, dato che ci sono
maturo colto
religioso tènero
universale nudo sacro immorale
riprensibile stupèndo
immortale impuro crudelmente altamente ritirarsi ammirare trattenersi
Dica le frasi seguenti in un altro modo:
Lo vedo
rispètto m principe m
pressa
poco
mille
guarire lagnarsi protèggere escludere edificare
sorgere dappertutto per niènte
chilometri di distanza fra le nostre due città.
Cos'è accaduto?
—
C’é che un
grosso
sasso
è caduto
giù dalla montagna. Si voltò di colpo, e vide un uomo
Benché
la notte
fosse
molto
che scappava.
certo
scura,
egli
era
—
Non
saprei
di
averlo riconosciuto.
Come
si chiama
esattamente,
quell’animale?
te lo dirò la prossima
dirlo
volta.
603
Capitolo
42
ESERCIZIO ....
Chi fu Vittoria Colonna? Cosa
fece
Cosa
si racconta
Universale’?
dipingeva
di Biagio
da
il ‘Diluvio’?
Qual
Perché
cadendo ....
‘Giudizio
.... Biagio andò da lui
....
è il capolavoro
Michelangelo
pagamento
e del
Cesena
Che cosa gli rispose il papa quando a lagnarsi?
ferito
si fu
quando
Michelangelo
dall’impalcatura mentre
C.
di Michelangelo
non
per la cupola
volle di San
mai
architetto?
accettare
Pietro?
....
nessun
....
Quale altra grande opera di architettura ci ha lasciato Michelangelo?
604
....
quarantatreèsimo
Capitolo
(43)
quarantatré
Capitolo
(XLIII)
FIRENZE Una mattina, qualche giorno dopo la visita a San Pietro e al Vaticano, Vespucci dichiaro: « Domani proseguiamo
per il nord! Firenze
accompagnerà
e da li a Venézia, mio
conto
Lei, Bruno,
per
l’'Itàlia
mentre
e Joy
io giro un devo
dove
centrale,
Dora
un ràpido
a
po’ per
per conto mio da solo
delle
fare
=
indagini sul passaggio di Annibale. Siamo d’accordo? ».
indàgini che
« Va
passare il passàggio
bene»,
rispose Bruno,
« per
quanto
sono d’accordo ». « Anche noi », dissero
mi
=
riguarda,
ricer-
Joy e sua madre.
Cosi fu deciso che sarebbero partiti il giorno dopo, col
primo rapido per Firenze. Da Firénze, Vespucci sarebbe tornato
indietro fino al lago Trasiméno,
seguire
verso
nord,
andando,
come
prima
aveva
di pro-
detto,
alla
ricerca di nuove tracce del passaggio del suo caro Annibale.
Infatti, anche
se gli esperti
non
avévano
potuto
convincere definitivamente Vespucci che il famoso anel-
lo éra recente, tuttavia esso non si poteva più conside-
il lago Trasimèno definitivamente = in modo deci-
sivo
tuttavia : malgrado ciò
rare come una traccia sicura.
605
Capitolo 43
Partirono
dunque
alle diéci e cinquanta,
e in tre ore
esatte il rapido percorse i trecentosédici chilometri da Roma
a Firenze
e li porto
nella
bella
capitale
della
Toscana.
Usciti
dalla
Stazione
Centrale,
présero
un
tassi e
si
fécero condurre all’albérgo. « Per favore, vada piano! », disse Bruno
la Toscana
all’autista,
signori », e aggiunse:
e Piazza
della
partito politico = gruppo di gente che ha le stesse idée sul modo di governare il paése
delle
rispose:
ùltime
vie
partito
vogliono,
per
favore»,
rispose
lasciò la piazza della stazione.
prima
dell’albèrgo èra
Neri, e Joy domandò a Bruno: Un
«Come
« Passiamo per Piazza del Duomo
Signoria? ». «Si,
Bruno, e la màcchina
Una
che
politico? ». « Bè’,
via
de’
« Chi sono quei ‘Nèri’? guardi », rispose
Bruno,
« i Nèri o Nori érano una famiglia fiorentina, ma c’éra pure, a Firènze, un partito chiamato ‘i Neri’, come ce
n’èra uno chiamato ‘i Bianchi ’. Tutti e due, poi, facévano fare parte di : appartenere a
parte del partito dei Guelfi, come
acca =
Ghibellini ». « Fermo!
‘h’
non... un’acca non... niente
=
(perché ‘h’ non si pronuncia in italiano)
scoppiare dal ride-
re = ridere a un tratto con forza
606
capisco
un’acca!
pure di quello dei
fermo! >», esclamò
Chi èrano
Joy,
«non
ci
quei partiti di cui parla?
Quando? In che periodo? ». « Ahi! Ahi! Non l’avessi mai
detto! », fece Bruno,
con
una
smòrfia
che fece scoppiare tutti dal ridere.
di disperazione
«Gia»,
disse Joy,
Capitolo XLII
«ma
intanto
fare:
Lei
Lei l’ha detto,
deve
spiegarci
chi
e ormài
non
èrano
quei
c’è nulla
da
... Garibal-
dini e ... quegli altri». « Non Garibaldini, ma Ghibel-
lini: Guelfi e Ghibellini ». « Come si scrive Ghibellini? ». « Si scrive come si pronuncia: ‘gi’, ‘acca’, ‘i’, ‘bi’, ‘e’, ‘doppia élle’, ‘i’, ‘enne’, ‘i’. È sémplice, nò? ». « Già, mi scusi.
A propòsito, si chiama dopo
la ‘u’? Mi
‘vi’ o ‘vu’, la léttera che viene
sembra
di avér
sentito
tutt’e due
le
a propòsito = giacché ne parliamo ‘v’ è una
lèttera
forme ». « E infatti, c'è chi dice ‘vi’ e c’è chi dice ‘vu’. Io personalmente
preferisco
la forma
‘vu’ ». « Grazie,
personalmente per conto mio
:
e ... giacché ci siamo, mi fa un favore? ». « Cèrto! ». « È una domanda un po’ stùpida, lo sò, ma ...». « Andiamo! Non si vergognerà mica di farmi una domanda a me,
nò?».
«Ecco,
volevo
chièderLe
di dirmi
la vergogna vergognarsi
tutto
l’alfabèto italiano. Vorrèi èssere proprio sicura di non sbagliarmi.
Joy!
Non
Le dispiace? ». « Ma
È veramente
dunque,
una
richièsta
l’alfabéto italiano:
‘gi’, ‘acca’, ‘i. Qui
viene
s’immagini,
modestissima.
cara
s'immòàgini! = nd,
nò, affatto!
Eccolo
‘a’, ‘bi’, ‘ci’, ‘di’, ‘e’, ‘èffe’,
una
lèttera che Oggi non
si
adòpera quasi più, ma che si è adoperata fino al princìpio di questo sècolo: la ‘i lunga’. Pòi viène la ‘cappa’, una
lèttera
che
non
si adòpera
quasi
mai
nemmeno
607
Capitolo a
—_
b=
c=
43
quella, fuorché in parole come ‘chilometro’, che si scrive
‘2°
‘bi’ ‘ci’
di solito
= ‘di’
‘km’.
Poi
vèngono
‘élle’,
‘émme’,
‘enne’,
e = ‘e’ f = ‘èffe’
‘pi’, ‘cu’, ‘èrre’, ‘èsse’, ‘ti’, ‘u’, ‘vu’. Pòi vèngono
h= i=
tere
—_
= k = 1= m = n= o = p=
= r= s= t =
u
—_
= = = = =
‘gl
‘acca ‘i’
‘i lunga ‘cappa’ ‘elle’ ‘émme’ ‘énne’ ‘0’
tre lètquasi
(e
italiano
in
raramente
molto
in parole straniere)
sempre
‘vu dop-
che si chiamano
pia’, ‘ics’ e ‘ipsilon’. L’ultima lettera finalmente si chia-
‘pi’
‘zeta’. E ora siamo arrivati, écco l’Arno ed ècco il
ma
‘cu ‘érre’ ‘esse’ ‘ti’ ¢
adoperate
‘ò’,
,
nòstro albèrgo ». « E i Ghibellini? », domandò Jòy. « Non
‘u’
‘vu’ ‘vu doppia’ ‘ics’ ‘ipsilon’ ‘zeta’
li hò dimenticati », rispose Bruno.
Da =
IN).
ae
San
Por dag g My ilito TT at a
un
Sa jo
um
8
i
IL i auerafm
tome
Bf
TETI
sep
ted
I
i
_—
iL:I
oH
n
th sit
ie
| | Phe i
if
Veri
ma
A etTN Tm n) ml oan | generale bagagli = valige
Dòrabel,
« hanno
condurre conduce ha condotto condusse
piace, invece di recarci subito all’albèrgo. Vèngano me
di faccia a = di fronte a
degli
una gondola
un
momentino ». E
Scalzi,
hanno
Bruno
di fàccia
alla
senza
dubbio
Bruno
speciali
le loro gondole
tare i bagagli dei cliènti. Così possiamo
«Loro 620
degli albèrghi », spiegò
a Joy
e
traspor-
per
fare ciò che ci
le condusse
sul
con ponte
stazione.
indovinato », disse
Bruno,
Capitolo
XLIV
« che questo è il Canal Grande. Come védono ...» — il
cavare da = tirare fuòri da
giovanotto
cavò
pianta = una città
«il Canàl
Grande
dalla tasca una attravèrsa
pianta
tutta
di Venezia
la città,
—
carta
di
disegnan-
do come due mani che si stringono. Largo una cinquantina
di
esso
è traversato
métri,
lungo
da
tro? », esclamàrono
«ma
oltre
più
tre
quattro
c'è una
di servizi di gondola
chilometri
dozzina
riva all’altra
solo sul Canàl Grande
quat-
« Sì », rispose Bruno,
che non fanno
da una
e mézzo,
ponti ». « Soltanto
le due dònne.
ai ponti
tare la génte
di
di traghetti,
cioè
del Canale.
Ma
che ci sono così pòchi ponti. Il
cioè fino alla fine del Quattrocènto
—
èrano di
legno ed oggi sono quasi tutti di piétra >». dunque
vero », domandò
Jòy,
= circa dédici
è
sono collegate da quasi quattrocènto ponti, che un tèm-
«E
dozzina
altro che traspor-
resto delle cènto e più isolette che compongono la città
po —
una
«che
Venèzia
comporre porre) —
(come fare
collegare = unire
il Quattrocènto
=
il quindicèsimo sécolo (1400— 1499)
è co-
struita su cènto isolette? ». « Sì, è vero», rispose Bruno, «ma naturalmente non fùrono popolate tutte quante fin
dal
principio».
domandò
«Quando
Dorabel,
fondata
per fissare la fondazione
è una data puramente
andare in
ad
abitare
Venezia? »,
« lo si sa? ». « Bè’ », fece Bruno,
si è messi d’accordo
451, ma
è stata
popolare =
«ci
all’anno
tradizionale. In realtà,
ci si
è messi
=
gente si è messa
la
tradizionale — fondato sulla tradizione
621
Capitolo 44
bensì =
ma
Venèzia non fu mai fondata, bensì popolata a poco a
poco durante la seconda metà del quinto sècolo, e non si sa neppure in fondo = dopo tutto
primo
con precisione
governo».
«Ma
quando
in fondo»,
essa ebbe
continuò
il suo
Dorabel,
che sembrava avere una di quelle giornate in cui nessuna spiegazione,
contènta, 622
per quanto
fosse precisa, la lasciava
«in fondo, come mai quella gènte ha avuto
Capitolo
. insomma, dire:
non
èra
più
scégliere
sémplice
qualche
XLIV
voglio grande
isola dove non si dovéssero fare tutti questi ponti, questi
canali e che sò io? ». x «Certo,
x certo»,
rispose
di
g r a n c u ò r e 8
n x ° | schiètto = apérto ‘e . - | (parlando di un carattere, di un schiétto, ma sconosciuto, li
Bruno
e un altro riso ugualmente
ridèndo
fece voltare. « Mi scusino! », disse colui che aveva riso,
riso, ecc.)
623
44
Capitolo
intenzione =
(di
desiderio qualcòsa)
disturbare
rompere, dire
veduta
fare
: inter-
impe-
=
vista
comprensibile = che si può capire
«non
avevo
l’intenzione
di disturbare
la Loro
discus-
sione. Mi èro soffermato per ammirare la veduta che si ha dal ponte, e così hò sentito la Sua domanda, signora.
... così
Mi
è sembrata
così
ma
nello
tempo
stesso
così divertente
—
almeno
per
tratte-
che non hò potuto
si capisce —
noi veneziani,
e comprensibile,
giusta
nermi dal rìdere. Le chiedo scusa! ». « Ma s’immagini! », rispose Joy per sé e per la madre,
«siamo
che
l’occasione
questo
conoscénza
città
cicerone =
con
proprio
troppo spedire (come finire) — mandare
incidènte un
abitante
subito
gentile,
ci àbbia
dopo
dato di
questa
il nostro
signorina », disse
fare da cicerone = fare il cicerone
arrivo».
l’uòmo,
« Léi
«ma
è
allora,
giacché indovino che i Loro bagagli sono già spediti ale di far Loro
da cicerone.
A meno che Léi ...», aggiunse, volgèndosi
verso Bruno
con un sorriso interrogativo.
prego! », rispose il giovane,
interrogare interrogativo
di far
meravigliosa
l’albèrgo, mi permetta di accompagnarLe
guida
felicissime
« No, no, La
« è vero che mi preparavo
a fare da cicerone alle signore, ma preferisco mille vòlte cèdere una cosa uno = lasciàrgliela
a
cederLe turista
il posto, giacché anch’io.
Ho
in fondo, a Venèzia,
letto qualche
libro
sulla
sono un Sua
città
e ci sono stato un pàio di volte, ma non avevo né l’intenzione
624
né la possibilità
di raccontare
altro che
ciò che
Capitolo
conoscono
tutti».
se Lei
« Allora,
(2
fece
...»,
permette
XLIV
l’uomo, terminando la frase con un sorriso, e soggiunse
con un inchino:
che mi presenti:
« È méglio
Giovanni
Manin, direttore di uno dei musèi di Venezia, e per òggi Loro cicerone ». Le due donne e Bruno si presentàrono co-
anche loro, e dopo tutti quei discorsi il loro nuòvo
noscénte disse: « Risponderò dunque io alla domanda della signora. Lèi
si stupiva che i primi abitanti di Venèzia avéssero scelto appunto questo gruppo
di isole, povere, minùscole, iso-
late dal rèsto del mondo.
appunto
tutte queste
Ebbène,
sénza dùbbio
un
inchino
direttore : capo
conoscènte = per-
sona che si conosce
isolare
: staccare
ebbéne
=
be’
la grandezza, il coraggio, la vilta sono qualita
fùrono
qualità che decìsero i primi abi-
tanti di Venezia a trasportarci le loro case. Se le isolette
della Laguna Veneta fossero state collegate con la terraferma,
noi probabilmente
ad ammirare
questo
Infatti, Loro
dévono
ci troveremmo
òggi non
panorama ricordarsi
ùnico
qui
nella
se-
conda metà del quinto sècolo, l’Itàlia fu invasa parécchie
di guerrieri
volte da gènti incolte e feroci, da pòpoli che
tutto
bruciàvano,
loro cammino.
invàsero
più
distruggévano,
Quei barbari —
di una
vòlta
uccidévano
così fùrono
quasi
tutto
sul
chiamati
il nòrd
terraferma
costruire
Al posto delle due chiése fu innalzata l’attuale basilica,
piano = disegno che mostra come è costruito un edifi-
secondo i piani di un architetto grèco che, come
artisti di quel
mente
neanche
tanti
cio
E natural-
anonimo = di cui non si sa il nome
l’aspetto della piazza èra lo stesso di
aspètto di una cosa = modo in cui si presenta alla vista
tempo,
è rimasto DI
Oggi. Su per giù dove ci troviamo
anònimo.
in questo momento,
cioè un pò’ ad òvest del Campanile, scorreva, attravèrso
un prato verde, un rio —
così si chiàmano
i canali di
Venèzia — che segnava il limite della città e si gettava nel
sono
Canal
Grande,
i Giardinetti
nel medésimo
che
Loro
punto
hanno
dove
visto
oggi
un prato limite
=
confine
ci
passandoci
davanti in vaporetto.
Dove
ora sorge la Torre dell’Orològio,
al tempo
della
chiésa primitiva c’éra un bellissimo àlbero, al cui tronco
un
tronco
637
Capitolo
45
legava le mule chi veniva dalla citta; di fronte, sull’altra
riva del rio, c’éra la vècchia chiésa di San Geminiano ». « Che
chièsa?
rispose
dov’é? », domandò
sorridéndo:
«Non
c’è
Dorabel,
più.
Una
e Manin
prima
le
volta,
quando la piazza diventò troppo modesta per la sempre
una mula
piu potente Repubblica, il doge Ziani fece riempire di tèrra
il rio che
traversava
la piazza
e fece
demolire
la chiésa di San Geminiano, ricostruèndola però all’estreoccidentale di òvest
=
mità occidentale della nuòva piazza. Molti sècoli dopo, Napoleone, volendo ingrandire il Palazzo Reale, la fece
demolire di nuovo. Ma
E così oggi non esiste più.
al nostro patrono,
torniamo
ab-
Come
San Marco.
biàm visto, il suo corpo era stato sepolto nella primitiva basilica,
e
li
rimase
fino
alla
meta
dell’undicèsimo
secolo, quando si decise di innalzare la basilica attuale. sorpresa = còsa inaspettata
Fu
allora che i veneziani
ebbero
una
sgradévole
sor-
presa: ci si accorse che, durante i sècoli trascorsi dall’arin particolare — particolarmente
rivo
reliquia = ciò che
grande incendio del 976, ogni tràccia della reliquia èra
rimane di un santo
(corpo, vestiti,
ecc.)
sparita.
stato introvàbile = che non si può trovare
638
della
salma
Nessuno
sepolto
a Venezia,
sapeva
il Santo!
più
e in particolare
dove
Si cercò,
dopo
esattamente
si cercò;
ma
la reliquia di San Marco rimase introvabile.
il
fosse
invano:
Capitolo XLV
Si decise allora, dice la tradizione, che il doge e tutto il pòpolo sarèbbero
processione = corteo
andati in processione alla basilica,
per implorare il Cielo di rivelare ai veneziani il luògo dove èra nascosta la preziosa reliquia. E il venticinque giùgno 1094, mentre la processione avanzava lentamen-
te, solennemente
per la basilica, una
luce abbagliante
scaturi da una colonna vicina all’altare di San Giovanni e per il foro aperto dalla luce si mostrò una mano
per
tutta
la
chiésa,
recando
gran
solliévo
veneziani, che l’otto ottobre, con la màssima
nascosero
di nuovo
la reliquia
ai
solennità,
ciali. Tutti e quattro giuràrono di mantenere segreto il
così
della sepoltura.
bene
che
E questo
il luògo
fu
grave
abbagliante = che rènde cièco foro = apertura
recare =
portare
recàr sollièvo a = riconfortare
sotto l’altàr maggiore.
Erano presenti solo il dòge e altri tre personaggi uffi-
luògo
=
soave si
portava al dito un anéllo d’oro. Un profumo sparse
che
solénne
segreto lo custodirono
dimenticato
una
seconda
Joy,
«e
non
Manin,
«fu
ufficiale = dello
Stato, pùbblico
giurare = fare una promessa davanti a Dio
segreto
segreta
=
còsa
volta! ». «Povero l'hanno
San più
Marco! », esclamò ritrovato? ».
«Si,
ridèndo si»,
disse
ritrovato nel 1811 in una tomba sotto l’altàr maggiore,
con qualche moneta lastra
che
portava
d’oro, un anèllo d’oro puro e una la
data
dell’òtto
ottobre
1094 >».
una
lastra
639
Capitolo 45
disse Joy, un
sacco
reliquia
«la
ha
mi
Lèi
male,
«Meno
basilica
mi sarèbbe
riconfortata! »,
veramente
di San
sembrata
Marco
vuòta ».
priva
della
« A me
sua
sembra
àbbia dato un sacco di fastidi
sacco : grande
anzitutto che San Marco
fastidio = còsa
ai
sturba
« Sarèbbe stato più sémplice se fosse rimasto ad Ales-
quantità
sgradévole che di-
pòveri
Dorabel,
esclamò
veneziani! »,
aggiunse:
e
sandria ».
rendere un servizio a = fare qualche cosa che sia buona per
servizi
che,
la
secondo
Léi diméntica i grandi
«ma
« Già », le rispose Manin,
tradizione
popolare,
reso
ha
alla Repubblica e alla città il suo patròno ». « No, non li diméntico,
per
la sémplice
ragione
e Manin
nulla », disse Dorabel,
che
non
con un inchino:
ne
so
« Cara
signora, Lèi ha perfettamente ragione, e la colpa è mia: avrei dovuto raccontarLe, per esèmpio, come San Marco
salvò la città da una terrìbile tempèsta, o come impedì che la facciata della sua basilica fosse demolita per lo meno
Ordine levare
: tògliere
impronta = forma che, per esèmpio, un oggétto làscia nella sàbbia ùmida tramontare
il tramonto
Manin
permette
Prima
a riméttere tutte al loro
parti di un mosàico?
pazzi! ». «Si
ridèndo,
disordine!
fanno
«i
calmi,
mosàici
e Dorabel do-
cara
non
È un compito
signora! », disse
si staccano
mica
di levarli, si prende un’impronta
di rimétterli
esattamente
al posto
in
che
primitivo.
Ma ora, basta coi restàuri. Adèsso entriamo nella chièsa, ché sennò non faremo in témpo a visitarla prima del tramonto. E al tramonto, purtròppo, San Marco si chiude ».
E tutti e quattro entràrono nella basìlica. Quando èbbero
648
Capitolo XLV
che sia venuto
terminato la visita, Manin disse: « Temo
il momento di separarci, per Oggi; mi aspèttano a casa.
Ma
prima, vorrei raccontar Loro la storia dei quattro
cavalli di bronzo, quelli che védono lassù, sopra l’arcata
maggiore
opera
Sono
basilica.
della
di
scultore
uno
un’arcata
grèco del quarto sécolo a. C., secondo alcuni dello stesso Lisippo,
uno
dei più
grandi
Grécia.
artisti dell’antica
Quando i veneziani e i loro alleati conquistàrono Costan-
sportati
da loro tra-
cavalli fùrono
tinòpoli nel 1204, i quattro
Lisippo, in grèco: Lysippos
conquistare = prèndere con le armi
a Venézia, con un grandissimo numero di altre
opere d’arte. Nel 1250 vénnero collocati nel luogo attuale, dove
rimàsero
ladrone’,
come
il ‘gran
fino al 1798. In quell’anno
Napoleone
veneziani
dai
chiamato
fu
collocare = méttere
ladrone =
ladro rai
Bonaparte, li trovò così belli che dopo avér vinto Venèzia se li portò
con sé a
e lì, a sua volta, li
Parigi,
fece collocare sull’arco di trionfo che si tròva nel cortile
del Louvre.
d’Austria
l’imperatore
quando
restituirli vittoria
I cavalli rimàsero
Francesco
al 1815,
fino
I decise
di
a Venèzia, che gli èra stata concéssa dopo la definitiva
degli
nei piani dell’imperatore, amici
a Parigi
i veneziani;
ma
alleati
su
Napoleone.
quel gèsto doveva
si sbagliava:
dopo
l'Àustria
Francesco I, in tedesco: Franz I concèdere succedere)
(come — dare
Forse,
réndergli
gèsto : atto
più di mlt 649
Capitolo 45 fésta = spettacolo gaio e solénne
anni di indipendènza, come avrèbbero potuto amare uno straniero
séguito = coloro che accompàgnano un alto personàggio conclùdere (come ridere) — finire
che
si diceva
loro
padrone?
Fu
organizzata
una splèndida fèsta, alla quale dovévano assistere Fran-
cesco I, la sua famiglia, il suo séguito e tutti i nobili veneziani. Ma i cannoni salutàrono invano, invano suonò
l’orchèstra
militare,
suonàrono
invano
le campane:
i
quattro cavalli di bronzo fùrono rimessi a posto davanti
a una piazza vuòta. L’imperatore e il suo séguito assi-
stettero soli allo spettàcolo ...». un
cannone
« Già », concluse
Dòrabel,
e nessuno
sèppe
mai
còsa
aveva voluto dire con quella paròla, perché Manìn, dopo un brève silénzio, vedendo che Dòrabel non continuava,
PAROLE: un santo m
il Santo m tempesta f evangelista m sepoltura f venerazione f veliéro m salma f compito m sepolcro m egiziano m custode m messèr m sgomento m carità f pagano m cesta f vimine m
650
disse:
« Bè’,
e adésso,
diciàmoci
arrivederci
e buona
notte! ». « Buona notte! e mille grazie! », risposero Joy e Dorabel,
e Bruno
domandò:
« Ci vediamo
domani? ».
« Con piacere, se ne hanno voglia », disse Manin, e dopo
essersi messi d’accordo sull’ora i quattro si separàrono.
Capitolo XLV
A.
ESERCIZIO
Mi domandò: Mi domandò
ha fatto a uscire? ».
« Come come
maiàle m patrono m aspetto m campanile m
avessi fatto a uscire.
prato m riom
Perché è venuto? Non lo so.
limite m torre f
Non so perché sia venuto.
Gli avevo chiesto: chiesto
Gli avevo
tronco m
aiutarmi? ».
« Può
se potesse
aiutarmi.
Dopo aver domandato al marito se (volere) aggiungere qualcosa,
se
(potere)
(essere) cosa
dargli
venuto
(mangiare)
(stare)
uscì. Bruno
Dorabel
facendo
mille
lire.
chiesto
Non
si sapeva
I Vespucci
quell’uomo. il pescatore.
il ragazzo.
aveva
Non
Non
al padre
perché
domandarono
si vedeva
si sa quando
partiti gli abitanti di questo paese. Ci avevano
che
cosa
(essere)
chiesto
se (potere) aiutarli. Vespucci si stava domandando come
mai i Romani
(avere) costruito quell’edificio.
mula f sorpresa f reliquia f processione f foro m sollievo m solennità f segreto m moneta f sacco m fastidio m lastra f colpa f uragano m elemento m navicella f vela f identità f miràcolo m bùio m santuàrio m mattino m
distruzione f terremoto m caduta f
ESERCIZIO Faccia
delle frasi che abbiano
B. il medesimo
senso
delle
frasi seguenti: Non ho mai trovato coraggioso tuo cugino, e benché non
loggetta f base f libreria f vittima f danno m galantuomo m campana f ricostruzione f
rifacimento m
651.
45
Capitolo
azione f climam
restàuro
m
cendo
di essere ingiusto di-
credo
dubiti che sia onesto, non
che non lo trovo intelligente.
decorazione f mosàico m disordine m impronta f
atroce
tramonto m
sua stessa vita. Era affranto, temeva di non poter accet-
festa f
tare
ladrone m
arcata f
cannone m esàusto
degno soave favorevole anonimo
occidentale introvàbile solenne
Il ragazzo
era assai triste, gli sembrava
che il destino
anche
il senso della
dell'amico avesse cambiato
la
proposta
di
Pietro.
Non
si sentiva
in
grado
di stare insieme a quella gente così gaia. Narra la leggenda che quella medesima sera il poveretto, esausto,
privo
di forze,
approdò
nell’isola.
Era
un
sito bellissimo, ed egli si accinse a passare la notte sulla
abbagliante
spiaggia. A un tratto, vide che nella sabbia c’erano delle
inconcepibile implacabile
impronte
ufficiale
bùio
atterrito
di piedi umani.
Ciò lo costrinse
allora a ri-
prendere il cammino, benché sì reggesse appena in piedi.
impari
scatenato fosco
fragile
venerabile
gonfio
eroico salvo drammatico solido lieve
Qual
allegro
zia?
circostante
delicato sistematico colorato definitivo
652
ESERCIZIO è la leggenda
dell’arrivo di San
Marco
a Vene-
....
E cosa narra rono
C.
la leggenda
a Venezia
la salma
dei due mercanti di San
Marco?
che porta-
....
Capitolo XLV
Come scomparve, e come fu ritrovata nel 1094, la salma di San Marco? Cosa
narra
la
.... leggenda
infinitamente sorprendere
riconfortare
del
terribile
temporale
1340? ....
Quando e come crollo il vecchio campanile?
....
del
sgomentare rapire tardare spaurire penetrare investigare concepire molestare
venerare demolire recare giurare danneggiare accostare
affrontare ridare squarciare abbagliare travòlgere imbarcarsi proferire navigare scorgere placare ricondurre logorare scuòtere accasciarsi reggersi limitare levare
conquistare
esprimere collocare concludere medésimo ché a bordo privo di
653
Capitolo quarantaséi
Capitolo quarantaseiésimo
(46)
LA
(XLVI)
SERENISSIMA
La mattina seguente, dopo i soliti saluti, Manin e i tre amici lasciarono l’albèrgo e si avviàrono lungo la Riva degli Schiavoni vèrso la Piazzetta.
la Piazzetta
« Guàrdino
quelle
due
colonne! », disse Manin,
soffer-
mandosi all’angolo del Palazzo Ducale, « al tèmpo della
654
Capitolo
Serenissima mente,
i condannati
impiccati
« Brrr! », fece
la
cos’
che
«ma
general-
Piazzetta ».
della
le colonne
li, fra
Joy,
venivano,
a morte
Serenissima? ».
« Era il nome che si dava alla Repùbblica Veneta, o più esattamente formato
alla
dal doge
Signoria, e dai più
cioè
al Consiglio
alti personaggi
di Stato della
Re-
pùbblica. La Serenìssima Signorìa esistètte fin dai primi del Duecénto
e rimase
per parecchi
sècoli il simbolo
della più alta saggezza nel governare una nazione.
Bè’, per tornare alle nòstre colonne,
ce ne sono altre
due di triste fama nella storia di Venèzia. Sono le due
XLVI
sereno = calmo, tranquillo ‘serenissimo’ : nome che si dava
ai principi regnantie ai dogi
consiglio : riunione dei capi del govèrno
il Duecénto = il tredicésimo sécolo (1200—1299) simbolo = segno che rappresènta un’idèa > saggezza
pazzia
fama = ciò che si dice di còsa o persona
colonne rosse della Lòggia del Palazzo Ducale, sul lato volto verso la Piazzetta. Era di lassù, dall’arcata fra le
due colonne, che, al tempo della Serenissima, si leggé-
vano
le condanne
a morte
che venivano
fra le due colonne della Piazzetta.
poi eseguite
E adésso,
entriamo
nel cortile del Palazzo ».
« Non sò se Loro hanno notato », disse Manin dopo avér trovato un posto dove il flusso dei turisti non impedisse
di conversare tranquillamente, «non sò se hanno notato la differènza
non
solo
di forma,
ma
anche
che esiste fra il Palazzo Ducale di Venèzia
di spirito,
la Loggia e le due colonne
rosse
condannare una condanna
flusso = movimento dell’acqua in un fiume, canale, ecc.
conversare parlare
=
e quelli di
655
Capitolo 46
certo
visto
qualche
ma
e Gènova,
Milano
visitato
ancora
hanno
dei
fotografia
Sò che non
Genova.
città come Firénze, Siena, Milano,
grandi
avranno
o
palazzi
castelli di quelle città ». «Si ...», disse Joy, mentre si sforzarsi di : fare | sforzava
sforzo per
di trovare
la differènza
una fortezza = un forte atto a = bén fatto
per
656
di cui par-
lava Manin.
il cortile del
paragonare = méttere accanto due còse per notare le differènze
di spirito
Palazzo
« Provi un po’ », aggiunse allora Manin,
«a paragonare,
per
di Firènze
esèmpio,
il Palazzo
della
Signorìa
al
oe Palazzo Ducale. Quello di Firénze è chiuso vérso l’estèr.
x
vu.
.
.
no, insomma e una specie di fortezza atta a protèggere
Capitolo
XLVI
quelli che vi governavano la citta, a difenderli contro gli possibili
assalti sempre
dei loro
o di partiti
cittadini
assalto : azione militare
nemici. Nulla di simile nella facciata del Palazzo Ducale!
Qui tutto è simbolo di forza serena, di sicura potènza: la loggia estèrna, le grandi finèstre, la leggerezza della costruzione
che non
ha nulla di rassomigliante
a una
leggéro la leggerezza rassomigliare rassomigliante
fortezza. Solo nei primìssimi tèmpi della sua stòria, infatti, Venèzia conobbe quelle tràgiche lotte intèrne tra che insanguinàrono
fazioni nemiche
la vita delle altre
repùbbliche d’Itàlia. Guèlfi e Ghibellini, per i veneziani, mai
non
fùrono
976,
il popolo
altro
insorse
che
nomi.
contro
Solo
una
la tirannia
volta,
di un
nel
doge,
e pochi anni dopo, sotto il doge Mèmmo, per la prima e unica volta nella storia di Venézia, una di due fazioni
rivali si rivolse ai nemici della Repubblica per invitarli
tragico = doloroso
fazione = partito insorgere (come aggiùngere) = prendere le armi contro un govèrno
tirannia = no
duro
che
concède popolo
governon
libertà al
rivali = che combattono
si
a conquistarla.
Si può dire che, dal 1032, data della prima costituzione
di Venèzia, la Repubblica conobbe solo quelle discordie
discordia
scuro
gere un pòpolo bèn guidato.
giungere a = raggiungere
Ma per raggiùngere una tale stabilità, per difendere la
stabilità = qualita di ciò che è fermo
continuità
e sicuro
prodìgio = miràcolo
Serenissima,
i veneziani
realizzàrono
veri e pròpri prodigi di arte politica. Fra un momento visiteremo
particolare = punto speciale
della
le sale del Palazzo,
e racconterò
Loro
con
più particolari come èra organizzato il govèrno di Venezia. Ma prima, mi proverò a spiegàr Loro con quali
artificio : mòdo molto complicato
artifici
dominare = governare
dei nuòvi
dirigere = guidare dirige ha dirétto
particolari.
1268
i veneziani riuscirono a impedire che l’elezione
dògi
fosse
Il sistema
i nòbili
dominata
e dirétta
che finalmente
veneziani,
a cui
da
interèssi
inventàrono
apparteneva
nel
il potere,
durò per sètte sècoli, fino alla caduta della Repùbblica. Alla morte del vècchio doge, il cosiddetto Maggior Conradunare riunire
658
=
sìglio, che riuniva tutti i nobili, si radunava nella gran
Capitolo XLVI
sala.
Dopo
aver
fatto
uscire
tutti
quelli
che
avévano
meno di trent’anni, si contavano i mèmbri rimasti presenti e si preparava
e trenta
d’argento
un
certo numero
di palle vuote
vuote.
d’oro, anch’esse
palle
Tutte
insiéme, le palle èrano tante quanti érano i membri del Maggior Consiglio presenti nella sala. Nelle palle d’oro si inseriva
un foglietto
l'iscrizione:
che portava
contare = calcolare il nùmero di
‘elet-
foglietto = piccolo pèzzo di carta inserire nire) — dentro
(come fiméttere
tore’. Intanto, il più giovane consiglière èra uscito sulla
iscrizione : ciò che
piazza, aveva fermato il primo ragazzo che gli èra pas-
elettore =
elégge
sato davanti, e l'aveva condotto nella gran sala. Le
palle
venivano
allora
messe
in un
cappéllo
e scritto
o in
chi
consiglière = membro del Consiglio
un’urna, e ogni mèmbro riceveva dal ragazzo una delle palle. I trenta che in quel modo tori? rimanévano
Nello
stesso mòdo
èrano nominati
nella sala, mentre
di prima,
nove. Quei nove rimanévano
‘elet-
gli altri uscìvano.
i trenta
èrano
ridotti a
soli, rinchiusi nella sala,
un’urna
ridurre
=
far
ventare piu pic-
di-
colo
fino a che non avéssero scelto quaranta nuòvi ‘elettori’,
ciascuno
dei quali doveva
ottenere
almeno
sétte voti,
ottenere
ricévere
=
ossia èsser nominato da almeno sètte dei nove mèmbri presènti. I quaranta a loro vòlta èrano ridotti a dodici nuòvi ‘elettori’ dalla sorte, cioè col sistema delle palle
dalla sorte = per caso, non per vo-
lontà dell’uòmo
d’oro e d’argènto. Quei dédici ne scegliévano venticin659
Capitolo 46
que che dovévano
nòve voti ciascuno,
ottenere almeno
e i venticinque èrano ridotti dalla sorte a nove. Ancora una volta, i nove elettori ne scegliévano quarantacinque,
che la sorte riduceva a ùndici. E gli ùndici, finalmente, elettore elettorale
scegliévano un consiglio elettorale di quarantùn
dovévano
bri, che «Mamma
il nuovo
eleggere
doge ».
i tre ascoltatori,
mia! », esclamàrono
mem-
« come
facévano a non sbagliarsi con un sistèma così fantastirègola : ciò che
dice come
si déve
fare una cosa
complicato? ». «Per
camente
quello
c’èrano
le réègole
«ma
Loro mi daranno ragione
se dico che con un sistema
elettorale così complicato
scritte », rispose Manin,
era umanamente impossibile méttersi d’accordo sull’eleun fòglio piegato
zione di un doge. Per di più, sempre per maggior sicu-
rezza, èra stato deciso che il Consiglio Elettorale avrébi cattòlici vanno in chièsa tutte le doméniche per sentire la Messa segretàrio = chi scrive le lèttere e le decisioni di un Consiglio, di un magistrato, ecc. candidato
vuòl
=
èssere
chi
elètto
candidato al dogado = chi vuòl èssere elètto dòge
be scelto il nuòvo alla Messa
assistito
dello
Spirito
Santo,
dopo avér
i quarantuno
si riunivano e scegliévano tre presidènti e due segretari.
Ogni
elettore
dogado
scriveva
su un pezzetto
foglietti
venivano
il nome
del
suo
candidato
al
di carta, pòi questi quarantùn
piegati
e deposti
nell’urna.
Allora
i due segretari li tiràvano fuòri ad uno ad uno, prima
leggévano 660
dòge nel modo seguente:
ad alta voce i nomi
dei candidati proposti
Capitolo
e poi
ripiegavano
i fogli
e li rimettévano
XLVI
nell’urna.
Finalmente, ne tiravano fuori uno solo, quello del primo candidato al dogado. Se questi si trovava fra i presenti, usciva dalla sala, e
gli elettori èrano
invitati a esprimere
Gli uni lo accusàvano,
nione.
Finalmente,
il candidato
opi-
la propria
gli altri lo difendévano.
èra chiamato
questi = quest’uòmo
l'opinione parere
=
il
nella sala e in-
vitato a sua volta a rispondere alle divèrse accuse, dopo
accusare un’accusa
detta. Se
di che si procedeva all’elezione propriamente
il candidato proposto otteneva venticinque voti éra considerato
al pòpolo
elétto e lo si presentava
riunito
in
Piazza San Marco. Nei primi tempi la presentazione era accompagnata
dalla
se vi piacerà’.
Più
mandare zioni
frase:
‘Questo
dodge,
è il vostro
tardi, lo si presentò
sènza
più do-
il parere del popolo. E ora, basta con le ele-
e la politica,
andiamo
a visitare
presentare la presentazione
le stanze
e le
politica = arte di governare uno stato
sale del Palazzo ». Dopo èsser saliti su per la cosiddetta Scala dei Giganti, i quattro
entràrono
nella prima
delle sale. Jòy
scorse
subito, sotto un bellissimo orològio, un’iscrizione latina che si vòlle provare a leggere. Non riuscendo a capirne il senso, domandò a Manin:
« Che cosa vuòl dire questa
661
Capitolo 46 un
di
onore
in
Qualcòsa
iscrizione?
«No»,
doge?».
rispose Manin, « non in onore di un doge, ma della giutradurre
=
tra-
importante
è forse la più
iscrizione
Questa
stizia.
di
una da re sporta lingua in un’altra
tutta Venezia. Ora Gliela traduco. Si rivòlge ai giùdici
inchiésta
della Repubblica e dice: ‘Prima di tutto, fate un’inchie-
indagine
attènto : fattocon attenzione
giudìzio = deci-
sione di un giùdice
+43
carita = amore
verso gli altri
giudicare = dare
un
6
giudizio
sentènza =
dare il vostro
| Sta esatta e attènta, per potér giustizia
con
prove vere e giuste. Non
senza
nessuno
giudicate nessuno
sulla base va
;
:
Nea
.
.
condannate
Non
e carità.
giudizio
di soli sospétti, ma prima dimostrate la sua colpa, poi .
x
x
proferite la vostra sentenza
ae
con carità, e non
fate ad
giudizio
altri ciò che non
volete sia fatto a voi’. Come
Crete = rivol-
questa
iscrizione,
dirétta
perché
ricordàssero
ai giùdici
il pròprio
della
dovere
vede,
Serenissima
ogni
vòlta
che
entràvano in questa sala, potrèbbe stare tuttora in lèttere d’oro sulla facciata di tutti i tribunali del mondo ». un tribunale
...»,
«Strano
.
disse
x
Dorabel
dopo
un
A
O
silènzio,
bréve
«mi sembra che quest’ideale di giustizia con carità non
vada d’accordo con ciò che ho lètto sulle terribili prigioni occasione = possi-
bilità
riparare : rèndere
più liève
662
di Venézia,
sulla
crudeltà
inumana
con
cui
vi
èrano trattati i prigioniéri ». « Ah! cara signora », esclamò .
Manin, Lo.
«come
sono conténto x5
sione di riparare un po’
che Léi mi dia l’occa-
del male che hanno
fatto alla
Capitolo XLVI
Serenissima
della
fama
certi autori
del sècolo
scorso!
È vero che la giustizia della Repubblica era sevèra, ma non
crudéle
èra
se la
paragoniamo
lo poteva
giusta per quanto
ad
ed
altre,
éra
èssere la giustizia di quel
tempo. Per esèmpio, èra dovere del dòge tenersi sempre informato del numero di prigionièri rinchiusi nelle pri-
informare di = far sapere
gioni del Palazzo e di badare che ognuno di loro fosse
tenersi informato di : fare in mòdo di conoscere
condotto davanti a un giùdice entro un mese dal giorno in cui èra stato arrestato. Lèi dirà che un mese è molto,
ma deve anche pensare a chissà quanti innocenti venivano arrestati altrove ogni giorno a quel témpo,
tati
in
prigione
sènza
mai
comparire
davanti
e get-
a
un
arrestare = prèndere per méttere in prigione innocénte = che non ha fatto nulla di male altrove
luòghi
=
in altri
comparire apparire
tribunale!
Perfino
entro = non dopo
il Consiglio
dei Dièci, che si è attirato l’òdio
Odio >
= amore
di tanta gente, éra in realtà un prodigio di giustizia, a paragone
di altri tribunali
di allora.
Non
parliamo
poi della terrìbile Inquisizione, che fece condannare
uccidere in modo inchiesta, giudizio
su
crudéle migliàia di innocènti,
sémplice
che di giudizio
accusa non aveva
anònima,
dopo
paragonare il paragone
e
sénza un
altro che il nome.
Il Consiglio dei Dièci — vedremo fra poco la sala dove Si riuniva —
fu istituito nel 1310 per occuparsi di un
istituire (come
finire)
=
fondare
663
Capitolo 46
gravissimo
affare:
un
gran
numero
di veneziani
avé-
vano deciso di insorgere contro il govèrno, di uccìdere
il doge
e di méttere
al suo
posto
uno
dei
loro.
La
svelare = rivelare
cospirazione fu svelata da uno dei mèmbri, e il govèrno
misura : mézzo, azione
prese tutte le misure
arrestare
scisse. Dopo l’arrèsto dei principali colpévoli fu istituito
colpévole +
un consiglio di diéci membri, scelti con la massima cura
l’arrèsto
innocénte
cura = attenzione
dal
Maggior
necessàrie per impedire
veneràbili
i più
fra
Consiglio
che riu-
cittadini.
sciogliere >
Nei primi tempi il Consiglio dei Dieci fu sciòlto, ogni
sciogliere sciòglie
volta, dopo che aveva compiuto
riunire
ha sciòlto
stato istituito unicamente
ingiustizia > giustìzia
pace
utile inutile
tro
permanente = che dura sempre
utilissimo
il suo dovere, essendo
‘per difendere la libertà e la
dei cittadini della Repùbblica
l’ingiustizia’.
Ma
nel
strumento
1335,
e protèggerli
essendosi
di giustizia, fu reso
rivelato
con-
un
permanente.
Ecco come funzionava. Abbiamo
visto che
i consiglièri érano
veneràbili cittadini. Nessuna
scelti fra i più
famiglia poteva
dare più
di un consiglière, affinché nessuna fazione potesse dominare il Consiglio,
e i membri venivano scelti per un
anno solamente, né potévano èssere rielètti. Non ricevéparente = mémbro della stessa famiglia
664
vano alcùn pagamento,
e dovévano
lasciare la sala del
Consiglio se l’accusato èra loro parènte. Alla fine dell’an-
XLVI
Capitolo
rientrava
no, il consigliére
vita
nella
Era
privata.
un
gravissimo delitto da parte di un consiglière accettare un qualsiasi regalo.
fra di loro tre Capi che servivano
I Diéci scegliévano per un mese,
il quale èra loro vietato andare
durante
privato > pùbblico delitto = atto contro la legge
frequentare = visitare ripetutamente
in giro per la città e frequentare negozi o altri locali
locale = sala, luogo pubblico
pubblici in cui si recasse l’aristocrazia. Il primo giorno
l'aristocrazia = i nòbili
del loro mese di servizio, i tre Capi dovévano presentare
Signoria
alla
lista
una
dei
prigionieri
detenuti
nelle
detenere
=
in prigione
tenere
prigioni dello Stato su Ordine dei Diéci; essi dovévano consigliare
pure
loro necessari
quei
miglioramenti
che
sembràvano
delle prigioni,
nell’organizzazione
e per
di più dovévano dare gli ordini necessari per affrettare i procèssi in corso. Essi dovevano
comunicare
ai Dièci
affrettare = accelerare
un procésso finisce con la senténza in corso = cominciato e non ancora finito
i procèssi
che non
fossero
terminati
nel mese
prece-
denunce,
spesso,
venivano
poste
nelle
cosiddette
DENCLICE SETTE COMI HIAESTIZI ET'AITIZIOL COMUATESDIZUI BELL PRE CCOIRUKONO VO! | È RSOR OR LO QUE ORAVATEO Dongs ATA &
|
Le
ITA
dénte.
ONNA]
gli arrèsti eseguiti dai precedènti Capi, e indicàr loro
‘bocche del leone’, una delle quali si trova ancora nella
una bocca del leone
parete della sala dove si riunivano i Diéci. Ma ogni de-
denùncia
=
sa contro una persona
nuncia, e soprattutto le denunce anonime, era esaminata
parete = una casa
muro
accu-
di
con la massima cura, e si prendévano tutte le misure per
665
Capitolo
46
la denùncia denunciare
denunciati per òdio da un ne-
non arrestare innocènti
delitti
come
considerate
false érano
mico. Le denunce
e il loro autore veniva punito.
Durante
il procèsso,
generalmente
che
si svolgeva
al
buio, gli accusati avévano il diritto di far chiamare qualdifèndere la difesa
siasi
persona
Quando messa
poi
che èra
ai voti,
necessaria
fosse
proferita
una
e se otteneva
alla
loro
difesa.
condanna,
essa
veniva
solo
cinque
voti
o meno,
l’accusato èra rimesso in libertà. Ma anche se la sentènza
otteneva
dei voti, i giùdici
dovevano
votare = dare il
votare quattro vòlte prima che la condanna
fosse con-
pensàbile = che si può pensare
siderata definitiva. Come védono, tutte le misure pensà-
proprio voto
più
della metà
èrano prese perché
bili a quel tempo
solo i colpévoli
fossero condannati. E le prigioni! Quanto male si è scritto sulle prigioni del
Palazzo Ducale!
Anche
dall’immaginazione
qui, la realtà èra bèn divérsa
degli autori.
Ché
in realtà a quel
tempo la Serenissima era ammirata da tutte le nazioni,
da tutti gli uòmini
colti, per la giustizia
umana
con
cui trattava i suòi prigionièri. Pènsino per esèmpio che
fin dal 1443, cioè in pièna Inquisizione, il Maggior Consìglio decise di méttere
666
gratuitamente
al servizio degli
Capitolo
accusati
al quale
avvocato,
un
pòveri
un
sècolo
più
LANÎ i
| 2 SS ===
N \ \ Lg
avvocato = chi di-
fénde
gli accusati
in tribunale
tardi fu aggiunto un secondo avvocato.
LLY
XLVI
4
x
una cèlla nelle prigioni del Palazzo Ducale
E vero
che Venèzia,
del tempo,
adoperava
come
tutto
la tortura
il rèsto per
dell’Euròpa
ottenere
la con-
fessione degli accusati, ma in quale altro paése, in quale altra nazione di quell’época il tribunale aveva
al prò-
prio servizio un médico incaricato di esaminare i detenuti e di far sapere al Consiglio se èrano in grado di
tortura = sistema di tormentare gli accusati
la confessione = il dichiararsi col-
pevole
incaricare = un incàrico
dare
ospedale = luògo in cui si guarisco-
sopportare la tortura? E in quante altre città c’era, fin
no gli ammalati
dalla metà del sedicèsimo sècolo, un ospedale per i pri-
pulito la pulizia
gionièri ammalati? Aggiùngano a ciò che la pulizia delle
viveri = mangiare
cèlle e la quantita di vino e di altri viveri fornita ai
fornire = dare
prigioniéri erano controllate con cura.
controllare = esaminare
ròba
da
667
Capitolo 46
era parti-
No, non si vènga a dirmi che la Serenissima colarmente crudéle! anticipo > ritardo
In altre cose pure, la Repubblica Veneta fu in anticipo
flòtta = gruppo di navi appartenènti a un medésimo stato un mercante
per
di parecchi sécoli sul résto dell’Euròpa. Prendiamo
esempio la flotta mercantile: ogni anno, sèi vaste flotte, ciascuna di cinquecénto velièri, salpàvano vèrso il Mar
mercantile
salpare = partire
Nero,
Costantinopoli
l’Egitto Tutti
e l’Africa quei
primavera,
velièri
e la Grècia,
del
Nord,
èrano
i pòrti
l’Olanda
proprietà
si comunicava
Siria,
e l’Inghiltèrra.
dello
il numero
della
Stato.
Ogni
delle navi pronte
a partire, dopo di che esse venivano noleggiate da mercapitano = capo di una
nave
canti
a comandare capitale = sòldi e
altre còse di valore studiare = derare per rare
consiimpa-
che
e capitani,
una
dovévano
nave
provare
mercantile
di èssere
e di possedere
atti
un
capitale sufficiènte. Su ogni nave ci doveva èssere posto
per sèi giovani
nòbili, che
in quel
mòdo
imparàvano
l’arte di navigare e studiàvano il commèrcio internazio-
commercio = arte di véndere e comprare
nale.
internazionale = fra le nazioni
Tutte le navi mercantili di Venézia èrano costruite se-
condo passeggèro =
modèélli fissi e si potévano
trasformare
in navi
viaggiatore
da guerra. A bordo ogni uòmo, marinàio o passeggéro,
assalire = fare un assalto contro
èra armato e doveva difèndere la nave se veniva assalita. Quando la nave salpava per qualche pòrto lontano,
668
XLVI
Capitolo
il capitano sapeva
inoltre che in ogni parte del mondo
c’erano stazioni marittime della Repubblica in cui egli potuto
avrebbe
eventuali
rapidamente
riparare
danni
il mare marittimo
eventuale = può accadere
che
arrecati alla sua nave, dato che tutte le parti delle navi
arrecare un danno — fare un danno
veneziane érano fatte su piani idèntici.
idèntico =
Le condizioni di vita a bordo èrano controllate con cura,
le condizioni vita : il mòdo cul si vive
ed èra severamente
proibito caricare sulla nave più di
uguale di in
proibire = vietare
un certo peso màssimo. Ogni nave aveva la sua orchestra. Nel il nome
1476 fu fondata
un’organizzazione,
che porto
di San Niccolò, patrono dei marinài, destinata
a soccorrere
i marinài
della
marina
mercantile.
Essa
destinato serve a
a
: che
soccorrere
=
marina
flòtta
tare
=
aiu-
fu il modéllo secondo cui vénnero organizzate, in tempi
moderni, tutte le istituzioni dello stesso gènere ». Manin
si fermò ridèndo. Aveva
zione per un quarto
istituzione
ganizzazione
=
or-
parlato sènza interru-
d’ora, e si èra accorto a un tratto
che Bruno e le due dònne lo guardàvano divertiti, come
se assistéssero a uno spettàcolo. «Ora
basta! », esclamò
il veneziano,
sono l’avvocato di un innocènte
«si
direbbe
che
accusato di un delitto
che non ha mai commesso, mentre invece stò parlando di una città amata e ammirata nel mondo
intero! Avanti!
Il rèsto del Palazzo ci aspétta ».
669
Capitolo 46
ébbero finito la visita e furono di nuovo usciti
Quando
sulla Piazza, il granturco (1)
dava
Joy èbbe l’idèa di farsi fotografare mentre ai piccioni
del granturco
di San
Marco.
un chicco di granturco (2)
Jòy e i piccioni
cinepresa = màc-
Cat
nemato-
Mentre
Bruno
macchina disse:
e Dòrabel
la fotografàvano,
uno
con la
fotogràfica, l’altra con la cinepresa, Manin
« Sanno
che
questi
piccioni
sono
per
così dire
un'istituzione pubblica? Già la Repubblica li manteneva apr
paga
a spese del governo,
furono comune
=
govèr-
no di una città
x
nuovo
mantenuti a spese
e dopo
da persone
del Comune.
un brève
private, Ogni
nr
periodo
òggi vivono
giorno,
x
alle nove
mattina e alle due del pomeriggio, il Comune
670
in cui
di di
fa spàr-
.
Capitolo
per i piccioni di
di granturco
gere una certa quantita
« Bella cosa per il commercio
Piazza San Marco».
XLVI
del
granturco! », disse Bruno ridendo. « Sénza dubbio », disse
Manin,
e soggiunse:
Dicono
che
«E
sa cosa
avvicinarsi la fine, volano
luogo
lontano
conosciuto
tradizione! », esclamò
i veneziani? sèntono
Marco
di San
i piccioni
quando
dicono
via e vanno
a morire
solo da loro».
«Che
volare = m uover-
gentile
chicchi
gli ùltimi
dando
Joy,
in un
ai
piccioni che le stàvano sulle spalle. Pòi tutti e quattro
tornàrono qualche
all’albèrgo,
prima
a pranzare
di andare
in
ristorante della città vècchia.
« Mi dica, per favore », domandò
Dorabel mentre cam-
minavano lungo la Riva degli Schiavoni, « come fanno i veneziani a trovare un indirizzo, coi nùmeri
fantastica-
mente alti che hanno le loro case? ». « Ah! l’ha notato? »,
rispose Manin, « infatti è un sistema differènte da quello che si usa in altre città. Fatto sta che Venèzia è divisa | usare = adoperare
in sei cosiddetti Riva
degli
‘sestièri’.. San
Schiavoni
Sestiere la numerazione .
.
nel
Marco
secondo.
è continua, .
E
è nel primo, siccome
la
in ogni
invece di ricominwe
gee
Clare da capo ad ogni calle, si hanno degli indirizzi come,
oo
da capo = di nuovo, dal principio una calle = una
stretta via vene-
ber esempio, ‘San Marco 4360’ o ‘Santa Croce 2113’. Tre | ziana
671
Capitolo
46
dei sestieri hanno più di cinquemila numeri!
Visola
usa
al
in fondo
ségue il sistema
la numerazione
Canale di San Marco, in uso = che si |
laggiù,
védono
che
di Sant’Elena,
Solo nel-
in uso nelle città di terraferma, coi numeri pari a dèstra
2, 4, 6,8 sono nù- | e i nùmeri dispari a sinistra, ricominciando da capo ad
meri pari
.
3, 5, 7, 9 sono nù-
meri dìspari
ogni via e calle. Be’, èccoci arrivati; ora, a questo punto,
io dico Loro arrivederci e ...».
« Nd! come? perché? »,
lo interruppero Joy e Dorabel.
imporre = obbli- | « Ma scùsino, non vorrei mica imporre Loro la mia pre-
gare
a sopportare
senza tutto il santo giorno! Finirèbbero col mandarmi al diàvolo! ». «Ma
s’immòàgini! », esclamò
Joy col suo
più gentile sorriso, «Lei è una persona preziosissima! Dove
Manin, siéme
Lèi adèsso aspetta un momentino a Bruno,
a lavarci a condizione che
= se
Ospite = invitato
un
ristorante,
bene,
mentre
po’,
come
ci
a
solo
ma
672
andiamo
tutti
eravamo
messi
condizione
che
su.
wey
quaggiù
as-
andiamo
su
quanti
in
d’accòrdo ».
siano
Loro
Ny
un « Va
òspiti a
miei! ». « Ma ...», cominciò Dorabel. « È una condizione
èssere un tiranno
io e la mamma
e poi
assoluta! », la interruppe la tirannìa
No, caro signor
un cicerone simile?
troveremmo
Manin,
invitati
da
me,
o io me
.
x
‘3°
x
ranno! », disse
ne
di
accéttano
«o Loro
vado!>». .
ti-
«Che x
Joy ridéndo, e Dòrabel decise: « Va béne,
Capitolo
per questa volta ci arrendiamo. fra
cinque
gnora!
minuti».
abbiamo
«Non
Faccia con comodo!
Vieni, Joy! mica
XLVI
Torniamo | arréndersi= dichiararsi vinto
fretta,
Noi intanto fumiamo
si-
una | con comodo :
senza affrettarsi
sigaretta e facciamo quattro passi davanti all’albergo ».
Le due donne salirono in camera, e un quarto d’ora più tardi tutti e quattro
se ne andarono
a pranzare.
simbolo m saggezza f fama f loggia f d
ESERCIZIO A.
condanna J
finire
sentire
vendere
finisco
sento
vendo
finisci
senti
vendi
finisce
sente
vende
finiamo
sentiamo
vendiamo
finite
sentite
vendete
finiscono
sentono
vendono
« Papà, quando
PAROLE:
(partire), tu e Bruno? », domandò
fortezza f assalto m leggerezza f fazione f tirannia f discordia f millènnio m continuità f rapporto m civiltà f ambasciatore m stabilità f prodigio m particolare m artificio m foglietto m iscrizione f elettore m Joy. | consigliere m voto m
« (Partire) martedì mattina », rispose Annibale. « Prima | urna f sorte f di (partire) però, (stabilire) la data del nostro ritorno », | règola f messa f aggiunse Bruno. « (Temere) di non sapere esattamente | segretàrio m
673
Capitolo
46
candidato m dogado m pezzetto m foglio m opinione f difesa f accusa f presentazione f politica f sentènza f inchièsta f tribunale m
Odio m paragone m cospirazione f inquisizione f
misura
f
arresto m ingiustizia f parente m delitto m locale m aristocrazia f organizzazione f procèsso
m
denùncia f parete f cura f avvocato m tortura f confessione f ospedale m pulizia f viveri m pl. anticipo m proprieta f flotta f capitano m capitale m comméèrcio m passeggero m condizione f marina f 674
quando
potremo
tornare », disse Vespucci.
« Non
(cre-
dere) di poter tornare prima di sabato? », domando Joy. «
(Sentire) un po’», disse Dorabel,
« quando avrete fi-
nito il vostro lavoro? ». « Ma », rispose Vespucci, « Bruno
(credere) pire)
che avremo finito venerdì. Io, però, non
come faccia a crederlo ». « Non
(ca-
(capire)? », disse
Bruno, « allora dovrei forse spiegarlo di nuovo? ». « Be’, guarda, papà », disse Joy, « (sentire) che tu (preferire) non
promettere
niente
...».
«E
poi,
non
a
(servire)
niente chiedere a tuo padre di fare promesse », la inter-
ruppe la madre. che
se papà
« Ma io », disse Joy, « volevo solo dire
e Bruno
sabato e (preferire)
non
(credere)
di poter
tornare
essere liberi, per noi altre non
fa
nulla ». « Già, sono sempre le donne che aspettano e gli uomini che si (divertire) », concluse Dorabel. gli uomini
(preferire)
« No, ma
essere liberi piuttosto che schia-
vi! », disse Vespucci ridendo, e tutti e quattro uscirono
dall’albergo.
Capitolo
XLVI
A.AS eee NZ LAN
ESERCIZIO
B.
istituzione f
Provi a spiegare con frasi intere cosa vogliono
dire le
parole seguenti:
granturco m piccione m
cinepresa f spesa f
un
la pittura, la scultura, un torrente,
un rimprovero,
cieco, la città eterna, l’infanzia, un capolavoro, un par-
tito politico, la costituzione di un paese.
comune m chicco m uso m sestiere m numerazione calle f (m) Ospite m tiranno m comodo m sereno
f
atto rassomigliante
ESERCIZIO Che cos'era la Serenissima?
tragico unico
C.
opposto luminoso
....
Cosa si faceva fra le due colonne rosse della Loggia del
Palazzo Ducale?
....
Che differenza c’è fra il Palazzo Ducale
e
di Venezia
il Palazzo della Signoria di Firenze, e come si può spiegare?
....
Perché per tanti secoli la Serenissima fu ammirata tutti i popoli?
....
Come fu istituito il Consiglio dei Dieci?
A cosa servivano le ‘bocche del leone’?
A
spese
Marco?
di ....
da
chi
sono
mantenuti
....
....
i piccioni
di
San
elettorale attento innocente colpévole utile permanente privato pensabile mercantile internazionale marittimo eventuale idèntico destinato pari dispari esclusivamente conversare sforzarsi paragonare insorgere
giùngere
675
Capitolo 46
dominare dirigere radunare contare
inserire ridurre ottenere
piegare ripiegare tradurre trattare riparare
giudicare informare
arrestare comparire istituire svelare
sciogliere rieleggere frequentare detenere affrettare denunciare
votare incaricare fornire controllare salpare studiare assalire arrecare proibire usare
arréndersi soccorrere volare ossia questi entro altrove
676
Cosa fanno, secondo la leggenda, i piccioni di San Marco quando sentono di essere vicini a morire?
Conosce
Lei leggende
altre città?
....
popolari
....
simili di altri paesi
o
quarantasette
Capitolo
(47)
Capitolo
quarantasettesimo
(XLVII)
ADDIO, VENEZIA! Bruno, Dòrabel e Joy si tratténnero a Venezia per più giorno
Il penùltimo
settimana.
di una
immediatamente
prima dell’ùltimo
a malin-
e così tutti e quattro lasciàrono —
Annibale,
anche
arrivò
a malincuore > volentiéri
cuore — la Regina dell’Adriàtico per recarsi a Milano,
da dove
proseguire
dovévano
vèrso
di stelle, la luna pièna
accarezzata le case
manto una
del
d’un
cielo
un
in
leggèro.
da un vento Grande
Canal
era stata
d’argento.
meravigliosa
Tutta
Venezia
visione
cosparso
cupo
I palazzi,
di fiaba
i ponti da
ricoperti
sembrava piuttosto
in
un
e un
sogno,
che
un
incantévole = che fa sognare per la sua bellezza
cosparso di = pèrto di
co-
accarezzare = passare la mano
appena
sulla laguna
parévano
trascorso
le Alpi.
azzurro
splendeva
soggiorno= tempo luògo
L’ùltima serata del loro soggiorno veneziano incantevole:
penùltimo =
una
con tenerezza su
vestito = manto ricco e solènne che
copre tutta la persona
visione
=
spettàcolo
scèna,
fiaba = racconto meraviglioso
città vera, di piètra e di mattoni. Manin,
quella
sera,
aveva
proposto
a tutti quanti
di
fare una gita in gondola per i canali, con una di quelle serenate il cui ricordo ha sempre fatto sognare i turisti.
un
mattone
677
Capitolo
47
E
anche
Bruno,
adésso,
seduto
nello
scompartimento
del trèno che li portava verso Milano, sognava la serenata di quella sera indimenticabile
i
....
ca
prin
una serenata a Venèzia
una zattera
La
gondola
èra venuta
a prènderli
all’albergo
verso
le nove, e li aveva condotti per rii e canali fino a un punto musicista = chi
al di là del
di altre gondole
ponte
di Rialto
dove
una
diecina
èrano già riunite intorno a una
zat-
stru-
tera. Su quella zattera si trovava un’orchestra di cinque
cantante (m e f) =: chi canta
musicisti e due cantanti. Si aspettàvano ancora le gon-
suona uno mento
dole di due alberghi. 678
XLVII
Capitolo
èrano
Finalmente
arrivate
diéci
e alle
quelle,
anche
meno un quarto il capo dei musicisti aveva fatto segno
di cominciare. L’orchéstra
si era messa
a suonare una
nota
mentre
rematori
vano
canzone
veneziana,
a sospingere
cominciato
scintillanti
di luci, trascinando
due
la zàttera nella
I lampioncini
dole càriche di turisti.
sua
L’acqua
scorreva
lungo
acque
scia le gon-
che illuminàvano
la zàttera si riflettévano nello spècchio canale.
sulle
avé-
i fianchi
tranquillo
del
delle imbar-
cazioni con un liève fruscìo che sembrava accompagnare
la musica
un lampioncino nòto
=
conosciuto
sospingere (come aggiùngere) —
fare andare avanti trascinare tirare
càrico
pieno
=
=
caricato,
imbarcazione barca
frusclo = leggeéero
=
rumore
dell’orchestra.
E quando il cantante, poco dopo, aveva intonato un’altra
nota canzone italiana, una giovane voce di donna, calda, carezzevole,
lo aveva
della cantante
era Joy
accompagnato.
Non
éra
la voce
che gli stava accanto sulla zàttera. No,
che, come
quel pomeriggio
a Santa
Lucia,
si
era messa a cantare improvvisamente, perché la musica,
lo scintillio delle stelle, il chiaro di luna, tutta quella visione
sogno
quasi
irreale,
irresistibile
di
avévano
esprimere
suscitato
in
in lèi un
qualche
modo
bi-
la
felicità di cui èra pièno il suo cuore.
Quando aveva finito, da tutte le gondole che seguivano
la scia di una barca
= métintonare tersi a cantare carezzévole = che accarezza, soave
improvvisamente = aun tratto scintillante lo scintillio chiaro
: luce
irreale reale
in testa
tendersi si tènde si è teso
ruzzolare
=
cade-
re girando su sé stesso
pendio = lato ripido di una montagna
lento «>
teso
è niènte », rispose la
sùbito
in
creduto di scorgere una sèrpe proprio
piédi,
dove
« avevo
stavo per
una sèrpe =
un serpénte
méttere il piède, ho avuto paùra, e...». Joy si inter-
ruppe:
«E
Ti
papà?
sèi
« No,
papa?».
male,
fatto
ma ... cadèndo ho strappato la cordicélla della bùssola
strappare = stracciare
e ora non la ritrovo più ». « Che cosa, la cordicella? ». « Nò, la bùssola ».
« Ahi! », esclamò
cio! ». « È colpa
«questo
Bruno,
mia»,
disse
Joy,
sì che
«sono
è un
pastic-
proprio
una
stupida. E ora cosa facciamo? ». « No, non è colpa Sua, « quella cordi-
Jòy », le disse il giovane con premura,
cèlla era troppo sottile, era poco più grossa di un filo.
Se
fosse
stata
più
grossa
capitato. Evidentemente,
questo
siamo
guaio
in una
un filo
non
sarèbbe
situazione spia-
cévole, ma non è una tragédia: se scendiamo
con pre-
sottile gròsso capitare = succèdere
evidènte = chiaro tràgico una tragèdia
715
Capitolo
49
immancabilmente = sicuramente, certamente
ruzzolare giù, incontreremo immancabilmente
nazionale. Dunque, ànimo!
bastoni, ma _
RE LT
un
bastone
Joy
e il padre
obbedìrono.
opporsi = éssere contràrio a
decisioni.
opporsi si oppone
sciénza poco tranquilla,
si è opposto essere ansioso di = desiderare molto di
puntiamo
bene i
èra deciso
a non
pièdi in terra, e avanti! ».
contrariare Bruno
scontento
la strada
Sarébbe stato ùtile avér dei
giacché non ne abbiamo
contrariare =
rèndere
non
a
attenzione
facèndo
il pendio,
lungo
cauzione
Vespucci
e a non opporsi a nessuna
In fondo,
Vespucci
si sentiva
ed èra ansioso
delle sue
sèmpre
la co-
di farsi perdo-
nare. Qualche metro più giù, egli si fermò annunciando: « Sapete
che
abbiamo
avuto
una
fortuna
fantàstica
a
cadere lassù invece che in questo punto? ». « Perché? », domandò
Bruno,
« c'è un
burrone?
Non
mi
rammento
di averne visto uno, salèndo ». « Bè’, un vero abisso
=
profondo
burrone
un
abisso,
tratto
proprio
nO»,
rispose
ripidissimo,
quasi
verticale.
immancabilmente
qua, avremmo no, una linea verticale
e allora
«Gia»,
...».
che rischiavamo
« Non
Se
«ma
fossimo
è un caduti
tirato giù anche Bru-
disse il giovane,
«allora
si
di non cavàrcela più! ». « Brrr! », fece
Jòy con un brìvido miràcoli! ».
Vespucci,
burrone,
di orrore, esageriamo »,
« comìncio disse
a crédere ai
Bruno,
«non
è
proprio un miracolo, ma sènza dùbbio è stata una vera 716
Capitolo
fortuna. Una molto
cavata
«Che
più
caduta in questo punto qui éra un affare
grave,
e probabilmente
solo con delle màcchie
Jòy.
esclamò
ce la saremmo
sui vestiti ».
si accusò
Annìbale
non
più
abbiamo
non
che
però
nòia
la
di nuòvo:
bùssola! », « Sono
«Cosa
facciamo? ». Da
un pèzzo
aveva
nòia : cosa sgradévole
un
idiota! Vi ho messi in un bel pasticcio! ». Poi domandò:
XLIX
idiota = stùpido da un pèzzo = molto tempo
rinunciato
da
a prendere qualsiasi decisione, e aspettava soltanto gli
rinunciare a = abbandonare l’idèa di
Ordini di Bruno.
cautéla = precau-
« Non ci rèsta che seguire con cautéla
l’orlo di questa spécie di burrone,
camminando
zione
adagio
adàgio
= piano,
lentamente
adàgio, e continuare la discesa dirétta appena sarà possìbile, non Le pare? », rispose il giovane. Non ci fùrono protestare
proteste. Vespucci dichiarò anzi, volèndo fare un com-
una protésta complimento parole con sottolineano bélle qualita una persona
plimento a Bruno, che èra la sola còsa ragionévole che si poteva fare in una A
un
tratto,
di nuovo
Joy
rischiando
situazione simile.
si fermò
di
colpo
un’altra
di travòlgere il povero
volta,
Annibale,
ed esclamò, puntando il dito vèrso il basso: « Guardate laggiù, la strada! ». Attravèrso vole basse che pesàvano punto
dove
tre videro
si trovàvano,
la strada
uno squarcio
= cui si le di
squàrcio = apertura fatta squarciando
delle nù-
sulla vallata, pròprio sotto il a trecènto
métri
appena,
che èra la loro salvezza!
Impos-
i salvare la salvezza
717
Capitolo 49
sibile descrivere la gidia dei tre alpinisti. Era come se si fossero liberati di un gròsso peso che fino a pochi istanti
impediva
prima
loro
Essi si sorrisero attravèrso
di respirare il velo
opaco
liberamente. che ancora li
separava e si soffermàrono per méglio godere la mera-
vigliosa sorpresa. Un minuto prima, avévano bèn pòca speranza notte.
dere
di
trovare
Adesso,
sempre
la
strada
invece,
in linea
prima
si
trattava
retta
fino
che
calasse
soltanto
al punto
di
la
scén-
in cui,
ai
piedi del pendio, éra apparsa loro la strada. Insomma, erano
salvi.
Quella
notte
avrebbero
dormito
nei
loro
letti, non all’ària apèrta, in alta montagna! Arrivarono no
a Cesana
... credéttero
un
di sera.
po’ prima
di èssere arrivati
O
a Cesana.
almePerché
quando si misero a cercare il loro albèrgo, scoprirono con stupore che la cittadina in cui si trovàvano non èra affatto Cesana, e che non èra nemmeno una cittadina, ma solo
montanaro = chi abita in montagna
un
piccolo
Lo
domandàrono
paése
di montagna! un
montanaro
èrano
dunque?
incontrato
strada,
e quegli spiegò che si trovàvano
un’ora
di cammino
I tre si guardàrono
718
a
Dove
sulla
a Boussòn,
a
a sud-èst di Cesana. stupefatti,
e Bruno
disse:
« Sarèi
Capitolo
curioso
di
sapere
a Bousson
invece
come di
mai
abbiam
fatto
molto naturale! », disse Vespucci,
finire
« Curiosità
a Cesana! ».
tornare
a
« ma devo confessare
che per me quest’affare rimane un mistero ». « Già. . .», mormorò per
Bruno, pòi aggiunse, parlando più per sé che
gli altri:
so. Ho
« però,
forse
trovato! », esclamò
non
è poi Dl
a un
ridere, e battèndosi la mano
a
tanto
tratto,
misterio-
scoppiando
XLIX
curioso = che ha voglia di sapere, di conoscere cose nuove curioso la curiosita
mistèro = cosa che non si può spiegare un mistèro misterioso
a
sulla fronte.
« Diàvolo,
Vespucci.
« Che còsa ha trovato? », domandò
hò trovato la spiegazione del mistèro! », rispose Bruno,
e spiegò, dopo avér chiésto la carta a Vespucci:
« Ecco,
guàrdino
qua,
un
pò’.
Noi
eravamo
probabilmente
a
sud-òvest di Cesana, quando ci ha raggiunti la nébbia. Credendo
che
fosse più distante,
Cesana
ho
proposto
(il segno * ìndica il punto dove la nébbia raggiunse i tre)
di scéndere in linea rètta, come appunto abbiamo fatto. Ma siccome eravamo già arrivati qua », e Bruno puntò di nuovo la strada
col dito nazionale
sulla che
carta,
« scendèndo
abbiamo
intravista
giù,
non
è
attraverso
intravedere
scorgere
poco
=
chiaramente
lo squàrcio della nùvola, ma la strada che va da Cesana
a Boussòn. E siccome scende anche quella, non ci siamo resi conto del nostro sbaglio arrivati a casa. Non
prima
di...
non
essere
c’è dunque nulla di misterioso in
719
Capitolo
49
tutto
quest’affare,
cinque
chilometri».
di altri
passeggiatina
una
c’è solo
Le
« E ciò non
basta? », esclamò
Vespucci, « io trovo che ci siàm messi in un bel pasticcio! Meno ansioso
nervoso
=
male
che Dora
è rimasta
a Torino,
perché
sarébbe stata terribilmente ansiosa non vedéndoci nare. E ci avrèbbe certamente detto che eravamo stupidi.
avrèbbe
E non
cluse Annibale. màrgine
orlo
=
soggiunse,
tutto! », con-
mentre
risalivano
gazione,
« A dire il vero, adésso che conosciamo
non
riesco
a capire
come
mai
la spie-
abbiamo
fatto
a confondere le due strade: questa qui non rassomiglia
affatto alla nazionale! È molto più stretta, meno bèn rin-
=
rinforzare
E Bruno
torto, dopo
degli
verso nord, dopo èssersi riposati un po’ sul màrgine della strada:
confondere = prèndere una cosa per un’altra
avuto
tor-
réndere più forte polvere
polveroso
forzata ai lati e molto concluse
Annibale,
più polverosa ». « Come
« saremmo
stati
vede »,
veramente
degni
del nome che ci avrèbbe dato mia moglie ». « Bè’, non esageriamo », disse Bruno,
« degni
tutt’al più di èssere
chiamati distratti ».
Così discorrèndo, arrivàrono finalmente a Cesana, troestenuato
=
esàusto
ristorare forza
=
vàrono ridare
e salirono
in càmera,
estenuati
ma conténti. Dopo èssersi ristorati con un bel bagno ed èssersi
720
il loro albèrgo
cambiati
di vestito,
i tre
scésero
nel
ristorante
Capitolo
dell’albèrgo,
per
mangiare
qualcòsa
dopo
la
XLIX
faticosa
escursione. Erano ormai le dièci e non c’éra più nessuno;
si accomodàrono in un àngolo tranquillo e per ingannare
accomodarsi sedersi con comodo
l'appetito, mentre
tre
appetito = vòglia di mangiare
ho
il vérmut i vermut
vermut.
Dopo
dimenticato
aspettavano
un
pò’,
in camera
la cena, ordinàrono
Vespucci
disse:
le sigarette.
«Ah,
Torno
gia,
subito».
=
E
si alzò per uscire. Bruno e Jòy si scambiàrono un ràpido sguardo. « Finalmente! », diceva
diceva
quello
cameriére
quello
della
di Bruno.
ragazza.
annunciò:
«Il
Ma
signor
« Comincia
in quel
Vespucci
tu
...»,
momento
un
al teléfono.
urgènte = che chiède immediata risposta, ràpido
Chiamata urgente da Torino! ». « Da Torino? », domandò
Vespucci,
qualcòsa? ». E uscì preci-
« che sia accaduto
pitosamente.
Presi
da
un
presentimento
angoscioso,
presentimento = sentimento che si ha di un prossimo avvenimento angoscioso = molto ansioso
Bruno e Jòy tàcquero, osando appena guardarsi, mentre Vespucci telefonava.
sconvòlgere = produrre un grave turbamento
Annibale tornò nel salone tutto sconvolto, livido in fac-
livido = con il volto di colore scu-
cia. Sembrava
che in quei minuti
fosse invecchiato
di
dièci anni: « Partiamo immediatamente per Torino. Fate i vostri sacchi, prèndere
balbettò
io pago
la màcchina ».
Jòy,
che
il conto « Ma
l’aspètto
dell’albèrgo
papà,
sconvòlto
cos'è
e vado
ro, simile al verde
invecchiare = diventàr vécchio
a
accaduto? »,
del padre
aveva
aspètto = volto
121
Capitolo 49
fatto impallidire. « Presto, non far domande supérflue! »,
disse Vespucci invece di rispondere. Ma Jòy, alzàndosi con un gèmito, afferrò il padre per il bràccio, e lo supsupplicare = pregare con forza
plico di dirle che còsa èra accaduto:
« È ... la...
la
mamma? », domandò la pòvera fanciulla con un filo di formulare = pronunciare, dire
svincolarsi = liberarsi aspro = duro
macché affatto
= no,
voce, evitando di formulare una domanda precisa. « Eh? la mamma?
provando
che c’entra la mamma! », rispose Vespucci
a svincolarsi, pòi esclamò, con un tòno aspro
e nervoso al quale Joy non èra abituata: « Macché mamma! Lèi sta benone, come sèmpre! ». « Ma allora ...?2,
domandò Joy, respirando con sollievo, ma più stupefatta mollare = lasciare andare
che mai. « Allora ti ripèto di mollare il mio bràccio e di
sbrigarsi = fare in fretta
sbrigarti, non abbiamo un istante da pèrdere! Fila! », e Vespucci, riuscèndo finalmente a svincolarsi, uscì quasi
di corsa dal salone.
nervoso un nèrvo
singhiozzare = la con piàngere gola scòssa da brèvi colpi violènti
Jòy
rimase
immobile,
incapace
suoi
nèrvi,
già
tesi,
molto
di dire una
sembràvano
parola.
sul punto
I
di
spezzarsi. Se avesse provato a parlare, sarèbbe scoppiata
a singhiozzare. Anche Bruno lo sentì, e perciò esclamò
ridèndo:
« Giacché
non
è accaduto DI
nulla
alla signora
Dòrabel, possiamo, mi sembra, aspettare con una cèrta calma che Suo padre ci dica di che si tratta, e intanto 722
Capitolo
dobbiamo rassegnarci a eseguire i suòi Ordini. Mostriamogli che quando si tratta di sbrigarsi, non ci batte nes-
suno! Avanti! ». E i due giovani, dimenticando un momento il tono aspro di Vespucci, la misteriosa chiamata
telefonica, il loro nervosismo, camere.
Dièci minuti
dopo,
fatti i sacchi
e pagato
vedeva a più di cènto metri. Nonostante ciò, Vespucci le pericolose curve di
partì a velocità folle, prendendo
montagna a più di quaranta chilòmetri all’ora. Era mille
Vespucci
che
quella
sembrava
strette, lo sguardo
guidava
fisso, ogni
nèrvo
con
teso
le
masceélle
al màssimo,
ansante, copèrto di sudore, livido da far paùra. Bruno, coi nèrvi tesi al pari di quelli di Vespucci, seduto alla dèstra dell’insensato guidatore, si teneva pronto ad
afferrare il volante o la léva del freno se si fosse pre-
di ànsia.
bàttere : vincere
il nervosismo
:
stato di chi è nerVoso
una lunga, lunghissima
I due giovani avevano
una
mascella
antinébbia = contro la nébbia
folle = pazzo
Ge .
TTT
. 3: la léva del freno
ansare = respirare con sforzo sudore = acqua di cui il corpo si bagna per effétto del caldo, di uno sfòrZO, ecc. al pari di = tanto quanto insensato = che ha perduto la ragione
sentato un ostàcolo inatteso.
Passò in quel mòdo
accettare con pòco piacere di
e Napoli:
fra Barletta
notte
pazzo,
a =
il
do, ma anche tenèndo accesi i fari antinébbia non ci si
pèggio
rassegnarsi
còrsero su nelle pròprie
conto, i tre partirono. Fuori la nébbia si stava dileguan-
volte
XLIX
ora pièna
già un paio di volte
trattenuto il respiro, mentre Vespucci lanciava la màc-
723
Capitolo
49
china
in qualche
Vespucci
non
curva
aveva
particolarmente
ancora
E
pericolosa.
spiegato perché
si fossero
slanciati in quella corsa fòlle. A un tratto, sbarrando gli
Occhi, con un riso che — per il contrasto col suo aspetto 1: il pedale della
frizione
2: il pedale del freno
il bianco eil nero
fanno un contrasto
di un momento prima — sembrò ancora più folle e fece | trasalire i due giovani, Vespucci si raddrizzò tutto, pre-
trasalire = tur-
métte sul pedale del freno e su quello della frizione, e
mente per paura
dàndosi dei pugni in tésta con la mano che non teneva
barsi improvvisa-
raddrizzare =
méttere dritto di | il volante, esclamò: « Imbecille! Idiòta! ». =
colpo
imbecille
= ha
pugno
dato col pugno
Bruno
x
.
x
e Joy si guardarono
.
x9
stupefatti e un po’
ae
ansiosi,
pòi guardàrono Vespucci. Questi, fermata la màcchina, spènto il motore e tirata la leva del freno, si voltò verso
,
a
un punto
interrogativo
124
di loro, e si mise a ridere più di prima. I due giovani
continuavano
a guardarlo
vano punti interrogativi.
con cèrti òcchi che sembra-
Capitolo
ESERCIZIO
A.
È una delle più belle navi che abbia mai visto. Era il più bel viaggio che avessero fatto.
sa
|
|
È la più bella chiesa che io (conoscere).
XLIX
PAROLE:
portataf
pasticcio m oceano M nebbione m cordata f precauzione f
nòdo m
Egli è l’uomo più intelligente che ci (essere).
coda
È il ragazzo più allegro che (avere) mai conosciuto.
pra
È il prezzo più alto che io (potere) pagare.
cordicella J
Era la cosa più stupida che tu (sapere) fare.
rragedia 7
sa 4: | Siete le persone più gentili che (venire) in casa nostra.
abisso m idiata m
È il meglio che tu (potere)
cautéla COUTOSta. f
fare.
È il peggio che noi (potere) decidere. È il massimo che essi (potere) chiedere.
ESERCIZIO
B.
Ecco ancora qualche esempio di formazione di parole:
intelligente — l’intelligenza rinnovare — un rinnovamento
f m
complimento m
squàrcio m salvezza f
montanaro m
curiosità f mistéro m passeggiatina f margine m appetito m chiamata f presentimento m conto m
nervo m
nervosismo m
ascoltare — un ascoltatore
mascélla f sudore m guidatore m leva f freno m
sentire — un sentimento
pedale m
inseguire — un inseguitore
contrasto m
729
Capitolo 49 frizione f pugno m denso superfluo irrigidito lento sottile ansioso verticale
adagio
curioso misterioso
importare — l’importanza
una colpa — colpevole
intenso — l’intensità
vicino — la vicinanza
spedire — una spedizione
scritto — uno scrittore
un genio — geniale
crudele — la crudeltà
E ora, a Lei il compito di formare parole nuove: impaziente — l’ ........
giurare — un ........
estenuato
indipendente — l’ ........
turbare — il ........
angoscioso
prudente — la ........
povero — la ........
solenne — la ........
ignorare — l’ ........
tradire — un ........
sperare — la ........
lontano — la ........
una persona —
spedire — uno ........
un elettore —
protetto — un ........
pescare — un ........
intuire — l’........
la morte —
polveroso
urgente
livido aspro telefonico antinébbia folle insensato imbecille
dileguarsi
stentare lamentarsi
cavarsela scivolare prestare téndersi puntare ruzzolare strappare contrariare opporsi rinunciare descrivere intravedere confondere
rinforzare ristorare accomodarsi invecchiare
726
ESERCIZIO
........ ........
........
C.
Perché Bruno propose di mettersi in cordata?
Perché Bruno prestò i suoi guanti a Joy? Come accadde che Joy travolse suo padre?
....
.... ....
Capitolo
XLIX
Cosa successe quando Vespucci fu travolto da Joy?
.... | supplicare formulare Che cosa propose allora di fare Bruno? .... svincolare mollare Come mai i tre arrivarono a Bousson invece di tornare | sbrigarsi singhiozzare a Cesana? .... rassegnarsi ansare Che cosa accadde all’albergo nel momento in cui Ve- | trasalire raddrizzare spucci stava per salire in camera a prendere le siga- | benone stare fresco rette? .... all’aperto evidentemente Che cosa successe nei dieci minuti che seguirono? .... | immancabilmente Come fini la folle corsa di Vespucci? .... da un pèzzo al pari di
127
Capitolo
cinquanta
Capitolo
(50)
NON
QUEL «Lo
ripéto»,
«sono
un
TUTTO
CHE disse
idiòta!
di Dorabel,
che mi
E BENE
FINISCE
Vespucci
Figuratevi
(L)
cinquantésimo
BENE
quando
che
telefonava
si
quella
fu
calmato,
chiamata
per confessarmi
éra
di non
essere riuscita a trovare la mia preziosa valigetta nera. Diceva
di averla
cercata
come
una
giorno, ma senza successo. Dèvo
esitazione = indecisione
affidare = dare a una persona in cui
si ha fidùcia
matta
per tutto il
dirvi che, non osando
portàrmela diéètro quassù in montagna, prima di partire — e non senza esitazione — l’avevo affidata a Dòrabel.
Perciò quando essa mi ha telefonato per dirmi che la valigetta èra scomparsa,
avesse
dato
un
pugno
è stato come
sulla
testa.
se qualcuno
Ho
visto
rosso,
mi
o
più esattamente non hò visto più nulla, perché è stato come se avessi pèrso la ragione. Quando fulmineo = rapido
come un fùlmine
| in me, ho deciso di agire in modo fulmineo, di precipitarmi
Ecco
728
sono ritornato
Torino
e di
il motivo
della
a
lanciarmi
nostra
sulle
parténza
tracce
dei
ladri.
precipitosa
da
Capitolo
Cesana
e del tono
un po’ aspro
in cui ti ho
L
parlato,
povera Joy. Ma credi, éro proprio fuori di me! ». « Va bene, ma ...», disse Bruno sempre sénza comprèndere. « Perché
mi
sono
fermato
ridèéndo
e
mi
sono
dato
dell’imbecille? Eh! perché tutt’a un tratto mi sono rammentato
che, all’ùltimo
momento,
avevo
messo
ligetta in fondo al mio sacco da montagna.
aveva
telefonato
dimenticato.
ficare
Dora,
Adésso
se non
mi
io me
ne
ero
però, scusàtemi
sbaglio
la va-
Quando
mi
completamente
tanto, voglio veri-
di nuòvo.
Esco
un
momen-
dimenticarsi di = dimenticare verificare
=
ve-
dere se una cosa è vera
to ...».
Pochi istanti dopo, Vespucci tornò, interamente rassere-
nato: « Sì, è sèmpre nel sacco. Possiamo
con calma », « Uff!
farài
della
sul sedile
casciò
più
di
meno
queste
a Torino,
un bel bagno
fu di prèndere e di dormire
mentre
dédici
stàvano
«spéro «No,
Vespucci,
la prima
e si ac-
no,
ci
puoi
stare
còsa
che
fécero
caldo, di andare
colazione,
non
che
e ripartì.
e ùnica
ore di fila. La
facèndo
andare avanti
sospirò Joy
màcchina,
sorprese! ».
sicura », rispose ridéndo Arrivati
male»,
rasserenare = rèndere di nuovo sereno
a lètto
mattina
seguente,
Vespucci
ricevétte
due léttere. Una, confidenziale, da un genovese che egli
genovese Gènova
= di
729
Capitolo
50
aveva
già
conosciuto
si interessava
di Annìbale.
L’altra
della
amico
da un
lui,
come
e che,
a Washington
famiglia. Il genovese éra la sola persona
di cui Vespucci
avesse
la piu completa fidùcia, e arrivando in Italia gli aveva scritto confidenzialmente per sapere se poteva mostrar-
gli il suo lavoro su Annibale. Quel signore scriveva ora
che l’avrèbbe campagna : l’insième dei combattimenti di una guèrra con
discrezione
senza parlarne altri
=
ad
lètto
col più grande
le cam-
interésse:
pagne di Annìbale in Itàlia èrano una questione che lo
aveva
sempre
appassionato.
Perciò
avrebbe
esaminato
l’opera di Vespucci con la màssima discrezione: Vespuc-
stare
tranquillo,
ché
nessuno
di
all’infuori
all’infuòri di = fuorché
ci poteva
avere conoscènza di = conoscere
lui ne avrèbbe avuto conoscènza.
altrettanto
La lèttera dell'amico dei Vespucci non èra altrettanto
to quanto
=
tan-
l’altro
piacevole,
èra
anzi
fratello di Dòrabel,
assài Ted —
triste.
Egli
scriveva
già ammalato,
che
benché
il
non
gravemente, prima della loro partènza dall’Amèrica — peggiorare = diventare peggiore, stare pèggio
era peggiorato
tutt’a un tratto nel corso delle ùltime
settimane e i médici salute.
temévano
seriamente
per la sua
« Mi dispiace, caro Annibale », scriveva l’amico,
«di guastare le vòstre vacanze, ma
son sicuro che mi
capirài. Preferisco rivolgermi a te piuttòsto che scrivere 730
Capitolo
direttamente
a Dora.
Vedi
di prepararla
alla notizia. In ogni modo,
con
cautela
L
vedi di : cerca di
visto lo stato di debolezza
estrèéma in cui si trova ora Ted, fareste bène a tornare
a Washington proverereste
al più présto possibile. SO che mi rim-
E la fine di Ted non è
a tempo.
arrivati
essere
di non
sémpre
più, purtròppo, una possibilità,
ma una triste probabilità ...». Reprimèndo
ogni
segno
Vespucci
si slanciò
genovese
che
gli
mille
argomenti
della
sùbito aveva
faceva accettando
sua
in
un
scritto
dolorosa
lungo e
una
tale
sull’onore
volubilità
non tardò a insospettirsi e gli domandò
«Che
cosa stai cercando
di nascondermi?
l’altra
lèttera
dato
che
ti ha
lettera? », domandò
Vespucci
sorpresa,
discorso
di lèggere la sua Opera. con
il rimpròvero rimproverare
Parlava che
gli
di
Dorabel
a bruciapelo:
Di chi èra
il portière? ». allo scòpo
che
sul
reprimere (come esprimere) = impedire con fòrza, nascondere
« L’altra
di guadagnar
argomento
=
soggetto
parlare
con
volu-
bilita = parlare cambiando spesso argomento
a bruciapelo = subitamente, sénza dare il tempo di prepararsi
scopo
=
un’azione
meta
di
témpo, fingèndo di non potér cambiare argomento così a un tratto,
« ah, già!
l’altra lèttera,
già, già!
ragione tu, il portiére mi ha dato anche tera».
moglie
«Non
far
lo
in tòno reciso,
stupido,
Annibale»,
« voglio sapere
Sì, hai
un’altra letgli
disse
la
di chi é quella
reciso = bréve e deciso
lèttera e qual è la notizia che provi a nascondermi». 731
Capitolo
50
« Ma, cara Dora », rispose il pòvero Vespucci, cercando adatto a =
béne per
che va
«non tento di nascon-
le parole adatte alla situazione,
derti nulla, ti assicuro. Questa lèttera è di Fred, che da
notizie
di tuo
male,
Ted.
Ecco
afferràndolo
Dorabel
esclamò disgrazia = incidènte
fratello
tutto».
per
« Annibale »,
il braccio,
«tu
mi
nascondi qualcòsa! È accaduta una disgrazia? Ted ...». « Nò, nò, càlmati, Ted non è ... vòglio dire ... insom-
il sudore sudare
ma
nel frattempo = nel tempo fra allora ed ora
insistènza = il ripetuto domandare
discreto : con cautèla =
sudava
freddo. In fondo, la lèt-
tera èra stata scritta più di una settimana prima, e nel frattempo
sgràzia.
benissimo
poteva
Finalmente,
davanti
essere
accaduta
all’insistenza
tirò fuori la lèttera di Fred e gliela pòrse:
tanto = comunque
seccato
...». Il brav’uomo
irritato
piantarsi : mettersi
una
di-
di Dorabel, « Ecco qui,
leggi tu stessa, tanto non serve a nulla cercare di dirti discreto ». E, seccato
le cOse in modo
di avér
ceduto
come sempre alla moglie, andò a piantarsi davanti alla finéstra, facèndo strada.
finta di interessarsi a qualcosa nella
In realtà,
aspettava
nervosamente
la reazione
della moglie. attèndere l'attesa
L’attesa non fu lunga: Dòra si mise a singhiozzare. Essa voleva molto bène al fratéllo.
Joy l’abbracciò commòssa,
accarezzare una carezza
provando, con carezze e buòne paròle, a placare i suòi
singhiozzare un singhiozzo
singhiozzi.
732
Più
che
le carezze della
figlia fu però
la
Capitolo
L
passivita del marito che fece cessare il pianto di Dora- | passivita = il non reagire
bel. Svincolàndosi dal tènero abbràccio di Joy, essa si | °° .
x
e
.
x‘
pa
e
I
“
per
debo-
a
1
piàngere t
.
voltò vèrso Annibale e gli disse, piéna di indignazione: | © "°° DI
DI
DI
e
en
°
.
il
+
°
°
abbracciare
« Ma fa dunque qualche còsa! Hai pèrso la paròla? Scri- | U7 aPbraccio
un telegramma
e ar af gr le te | ar st n no ma , di vu e ch lo el vi, telégrafa, telèfona, fa qu li a guardarmi come ... come un ... come uno stùpido, ecco! Insomma,
bisogna che torniamo, o almeno che io
torni in América
immediatamente,
ta-men-te! ». « Si, si, Dora,
Torniamo
tutti
insieéme,
capisci? im-me-dia-
cérto, ti capisco
naturalmente,
benissimo.
soltanto
...».
« Che cosa? C'è forse qualcòsa di più importante della vita e della mòrte di mio fratèllo? Già, tu non hai mai
visto di buon occhio la mia famiglia ». « Nd, non si tratta di còse più o meno seccato,
« pensavo
importanti », disse Vespucci un pò’ soltanto che forse ...». Ma
Dorabel
non lo lasciò finire. Con una foga di cui non la si sa- | la: Dòrabel rèbbe creduta capace, afferrò il telèfono, chiamò il por-
;
tiere e gli domando
Ce
e
.
in italiano, sénza
volta, e sénza nemmeno
.
esitare una
un’esitazione
sola | esitare
una paròla d’inglese, qual éra il
modo più rapido per raggiùngere Nuova York. Qualche istante più tardi, il portière la chiamava per farle sapere
che il modo più pratico era il rapido fino a Milano, e da
un aéreo
733
Capitolo
50
lì ’aéreo per Nuova York. quattro
posti sul primo
« Va bène, ci procuri sùbito
rapido
tre posti
per Milano e
nel primo aéreo in partènza per Nuova York », gli disse sfidare che = scomméttere che
Dorabel.
tocca a me agire = sono sempre io che dévo agire
ci avresti pensato, tu! Tocca sempre a me agire nei mo-
crìtico = difficile, pericoloso disporre (come porre) = preparare
a
Poi, rivolgéndosi al marito:
«Sfido
che non
menti critici! », esclamò. « E adèsso, non perdiamo tèmpo, facciamo
sùbito le valige, per èssere pronti ». « Va
bène », disse Vespucci, e si dispose ad andàrsene in càmera per eseguire ]’6rdine della méglie. Ma non aveva
ancora
girato
la maniglia
della porta
che
il telèfono
squillava di nuovo. Era il portière, il quale annunciava
una maniglia
lo squillo squillare
che tutti i posti negli aérei di quel giorno e dell’indomani érano gia prenotati. Se voleva, si potévano prenotare tre posti sull’aéreo di giovedì sera, via Madrid. « È sicuro di avér fatto tutto il possibile per trovare posti sugli aèrei che pàrtono
costùi
=
quegli
stasera
dei
o domani? », do-
mandò Dorabel al portière. « Sissignora », rispose costui,
«ho provato in tutti i modi, ma non c’éra nulla da fare. Un posto per una persona sola si potrèbbe sempre avere disdire
se qualcuno disdice la prenotazione all’ùltimo momento,
praticamente = quasi interamente
ma tre posti sul medésimo aèreo è praticamente impossi-
prenotare
bile ». « Va bène, se non c’è altro da fare, ci prenoti tre 134
Capitolo
posti per dopodomani ». « Farò
il necessàrio.
E quando
desiderano lasciare Torino, i signori? ». « Al più prèsto
possibile ». « Bè’, che prèndano
se Loro
pàrtono
giovedì
un trèno nella giornata
sera
L
dopodomani = il giorno dopo domani
basta
di dopodomani.
Penserò io a fissare Loro quattro posti sul ràpido delle 14.00 che arriva a Milano alle 15.40. Per fortuna, l’aero-
14.00 = (ore) quattordici
stazione è pròprio all’uscita della stazione ferroviària ». « Béne, fàccia come vuòle, purché partiamo per l’Amè-
sentì
più presto
che
Dorabel
possibile,
aveva
Vespucci
=
dizione che
a con-
quanto prima pos-
rica quanto prima possibile ». Quando
purché
deciso
dapprima
di
partire
al
al più sibile = prèsto possìbile
esitò qualche
istante sulla sòglia della camera, poi si decise e disse: « Fàccio un salto in città, torno fra pòco! », e uscì in fretta e fùria, come
cagna. Quando
se avesse avuto
il diàvolo alle cal-
tornò, non si poté cavargli una parola
sulla ragione di quella sua fretta così improvvisa. Andò
in fretta e fùria = precipitosamente
il calcagno = la parte posteriore del piède il calcagno le calcagna
in giro per tutto il rèsto della giornata con un sorrisetto ambiguo,
che in qualsiasi altra occasione avrèbbe reso
ambiguo incèrto
=
Dorabel furibonda. Lo stesso Vespucci — bisogna con-
fessarlo —
èra un pò’ stupito e della pròpria condotta
e, più ancora, della inattesa passività della moglie. Ma fatto sta che Dorabel èra molto legata al fratéllo, e la
739
Capitolo
50
minacciare = prométtere un male a una persona per spaventarla
notizia della fine che lo minacciava éra stata per lèi un
prematuro = che avviène tròppo
gica e prematura
prèsto
un’automòbile automobilistico
=
così come pure
come
affètto = sentimento affettuoso
colpo terribile. Non aveva altri fratélli, e la morte tràdei genitori
in un incidènte automo-
bilistico li aveva lasciati soli al mondo, loro due, con una
zia già anziana per unica parente. Perciò il fratéllo era diventato per Dora una spècie di padre, così come lei aveva sempre avuto per il suo caro Ted quasi l’affètto di una vera mamma. Fu
solo
il giorno
della
partènza,
al momento
in cui
scésero nel vestìbolo per recarsi alla stazione, che i tre bizzarro strano
=
molto
Vespucci.
grasso «> magro folti
èbbero la spiegazione della bizzarra condotta tenuta da
: numerosi
Vespucci
entrò nel vestibolo,
un
si-
gnore alto, grasso, piuttosto anziano, ma con folti capelli
nerissimi, voce stentorea =
Appena
con un pàio d’òcchi che sembravano
gettàr
potentissima
fulmini e con una voce stentorea si alzò di colpo e gli si
agilità = leggerezza e rapidità nei movimenti
slanciò contro con un’agilità che non si sarèbbe sospettata.
vibrare = tremare
vibrare i vetri delle finèstre del vestibolo
insospettato spettato
èchi insospettati, « carissimo amico! Mi permetta di ab-
: ina-
« Caro amico! », esclamò il bizzarro personàggio, facèndo
bracciarLa! ». E, sotto personale = gli impiegati
tutti
lo sguardo
attònito
e destando
degli
altri
tre e del personale dell’albèrgo, afferrò Vespucci per le spalle, se lo tirò sul pètto e gli diede un forte abbraccio.
136
Capitolo
L
Rinaldini abbraccia Vespucci
« Care signore! », disse il personaggio quando Vespucci si fu liberato
dal
suo
abbraccio,
Leone Rinaldini, di Genova.
alcuni anni fa
«care
signore,
Ho conosciuto
a Washington,
io sono
Suo marito
signora, e da allora sono
stato sempre in relazione con lui ... perché anch’io, mo-
destamente,
mi òccupo
di Annibale
il Cartaginese
...
Suo marito, signora, mi ha fatto l’onore di chiamarmi a
Torino
e di
affidarmi
il suo
manoscritto.
uscito da me l’altro ièri, io mi sono immérso
Appena
è
nella let-
tura di quel meraviglioso tèsto e non mi sono nemmeno
èssere in relazione con = scrivere, telefonare, ecc., a manoscritto = testo scritto a mano
l’altro iéri = il giorno prima di iéri
immèrgersi
darsi interamente a
in =
léggere
la lettura
737
Capitolo 50
accorto delle ore che passàvano!
giornata
e la notte, e anche
Ci ho passato tutta la
tutta la giornata
di ieri,
studiandolo fino a tardi, ed ora éccomi qui. Sapendo che stamani = stamattina
Loro partivano stamani, dovevo
vevo
dire
anche
a Léi,
dire a Suo marito, do-
signora,
che
questo è
il più
grande giorno della mia vita, il giorno in cui mi è stato dato di scoprire un gènio di primissimo congratularsi con — essere felice del bene che accade ad altri
gratulazioni,
congratulo!
signora!
E anche
con
Léi,
ordine! signorina,
Conmi
Lèi può èsser fièra di Suo padre! ».
E Leone Rinaldini continuava a discòrrere con volubi-
lità, scuotèndo i folti capelli neri, buttàndosi avanti e indiétro, di qua, di là, con una leggerezza che sembrava sfidare > obbedire
sfidare le leggi della natura. Seguì i Vespucci e Bruno fuori dell’albèrgo, sempre parlando con entusiasmo del
manoscritto, li seguì nel tassì, li seguì alla stazione fino al tréno, e si fermò solamente per esclamare con voce
stentorea:
« Diàvolo! Vèngo a Milano con Loro! Fàccio
un salto a comprare il biglietto e torno sùbito! », e sparì in un baleno. ironìa = il parlare con un tòno per cui le paròle hanno un valore opposto al loro sénso pròprio
138
« Chi è quel personàggio così discreto? », domandò Dòrabel con un tòno
tréno.
«Eh
pièno
... discreto?
di ironia, mentre
Cosa
vuòi
salivano
sul
dire? », domandò
Capitolo
L
Vespucci con una ceérta esitazione. « Voglio dire che non ho mai visto nessuno fare mostra di una così ammirabile
ammiràbile — degno di ammirazione
discrezione. Se è tanto colto quanto è gròsso mi congratulo anch’io con te: con un tale protettore, farài strada,
ne sono cérta! ». Si èra intanto sentito il fischio del capostazione, e il treno
si éra messo in moto lungo esclamò
Rinaldini! »,
il marciapiede.
Vespucci,
« Il signor fermare
«bisogna
capostazione = capo della stazione
il
trèno! Il mio manoscritto! La mia òpera! », e si accasciò
sul sedile con un singhiozzo in gola. Ma paùra fosse
éra
stata
capace
prematura:
l’agilità
egli
di Rinaldini.
non
la sua sùbita
sapeva
Questi
di cosa
aveva
rag-
giunto di corsa l’ùltima vettura del ràpido prima che lasciasse la stazione, con un gèsto fulmineo aveva aperto
lo sportèllo, ed èra saltato sul treno. personaggio
spalan-
cando la porta dello scompartimento occupato
dai Ve-
« Eccomi! », esclamò
spucci e da Bruno,
il singolare
« ancora
un pò’ e quasi non ce la
facevo. Meno male che da giovane sono stato campione
d’Itàlia nel salto in alto e nei quattrocènto
a ostàcoli.
E ancor òggi, fàccio un po’ di tènnis tutte le mattine per
singolare > comune
campione = chi è superiore ad altri nel corsa, nella salto, nel tènnis, ecc. quattrocènto a
ostàcoli = corsa di 400 métri con ostàcoli
non pèrdere l’agilità ». E Rinaldini riprese il filo del suo 739
Capitolo
50
ironia irònico
discorso, senza accorgersi dei sorrisetti ironici di Dora-
èbbro : fuòri di sé per il piacere
bel. Annìbale
cullare = addormentare (come si bambino del fa nella culla)
e pieno di ammirazione.
appisolarsi
dormentarsi
ad-
intanto, èbbro di felicità, ascoltava muto
lata dal flusso
Ben présto però, Dòrabel, cul-
delle paròle
di Rinaldini,
appoggiò
la
tésta contro lo schienale del sedile e si appisolò. Bruno
non
volle
lasciarsi
sfuggire
quell’ùltima
occasione
di
parlare da solo a solo con Joy, e si alzò facèndole segno di seguirlo nel corridoio. lo schienale di un sedile
di soprassalto = subitamente
Erano
ormài
nel corridéio
da più
di un
quarto
d’ora
quando Dorabel si svegliò di soprassalto. Non vedendo più
né
la figlia né
Bruno,
uscì
dallo
scompartimento
per cercarli. Quando vide la fanciulla sorridènte a fianco
di Bruno, capì che il giovanòtto ormài le aveva fatto la sua brava
dichiarazione
col risultato
che si aspettava.
Dorabel esitò un istante, e poi si avvicinò ai due giovani
dicèndo
leggermente
loro in tono
irònico:
non avete perso tempo mentre dormivo! testare non mente.
a nulla, parliamo
servirébbe
Lèi, Bruno,
vuòl
bene
a mia
« Vedo
che
Dato che proun pò’ seria-
figlia, e tu, Joy,
vuoi bène a Bruno. Benìssimo. E poi? ». « Come poi? », domandò
benìssimo, 740
Joy confusa,
« che cosa vuoi dire? ». « Lo sai
e la mia domanda
èra piuttosto per Bruno
Capitolo
che per te. Suppongo, a mia
figlia che vudle
L
caro Bruno, che Léi abbia detto sposarla ». « Si, naturalmente»,
rispose il gidvane un pò’ confuso anche lui, perché non si aspettava
una
tale domanda
a bruciapelo.
« Dunque, Lei vuole sposare mia figlia. Congratulazioni! E adèsso », continuò Dorabel in tono molto serio, « vor-
rei sapere di che cosa vivranno Léi e mia figlia. Léi, se non sbàglio, per ora non fa nulla, e non mi pare nem-
se non sbàglio = se non mi sbaglio
meno che stia per méttersi a fare qualche cosa ...». « Già ... ecco ... vede», cominciò il giovanòtto,
« è vero che
io ancora non fàccio nulla, però non tutti hanno già un
lavoro a vent'anni. Ma ci sono due cose che Léi non sa. La prima è che Jòy ed io ci siamo soltanto promessi di sposarci, cioè ci sposeremo
lavoro che ci permetta
appunto
di vivere
quando
io avrò un
tutti e due. Fino ad
allora, saremo solo due fidanzati come ce ne sono dap-
fidanzarsi = méttersi di sarsi
prospo-
pertutto. La seconda cosa che Léi non sa è che io sono
studènte e che stò appunto
studiando legge all’univer-
sità di Roma. Appena avrò terminato gli studi, cioè fra quattro anni, con le relazioni che ha mio padre nel mon-
studènte = colùi che studia
relazione
=
rap-
porto di affari o di amicizia
do degli affari spèro di trovare un buòn posto. Se dun-
que
Joy
vuole
aspettare
quattro
o cinque
anni
...». 741
Capitolo
50 « Aspettero quanto sara necessario, sai, mamma!
», escla-
mo la fanciulla, e il gidvane le sorrise felice. « Be’, in tal caso », concluse Dorabel,
« per il momento
io non ho piu nulla da dire. Léi sa béne di non éssermi antipàtico >
simpatico
affatto antipàtico, nuovo,
questa
e mio marito ... bè’, mi congràtulo di
volta
sènza
bracci? ». Fu Bruno suocera = madre del marito o della moglie
ironia.
Permette
che
L’ab-
invece che abbraccio la sua futura
suòcera. Arrivati a Milano, si avviàrono all’aerostazione, che èra
(albèrgo) diurno = apérto solo di giorno, e dove non si può passare la nòtte
proprio
all’uscita
della
Stazione
Centrale.
Volévano
andare subito all’aeroporto, dove c’éra un albèrgo diurno in cui avrèbbero potuto lavarsi e riposarsi, e dove c’èra un
ristorante
in cui potévano
cenare
prima
di salire
sull’aéreo. Dorabel
sperava
che
ora,
finalmente,
Rinaldini
li a-
vrèbbe lasciati in pace. Macché! Rinaldini, con gran gidia di Vespucci, decise di accompagnarli fino all’aeropòrto. Dorabel era ormai troppo stanca per protestare, e capì un aeropòrto
che
comunque
sarèbbe
stato
inùtile.
All’aeropòrto, mentre Joy e Dorabel andàvano all’albèr-
go diurno,
Vespucci
conversazione.
142
Non
e Rinaldini
continuàrono
la interrùppero
nemmeno
la loro durante
Capitolo
L
la cena, né dopo cena, fino al momento della parténza. Vespucci, ébbro dei complimenti che l’altro non si stan-
cava di versargli insieme col vino, non si controllava più, parlava e parlava sènza sòsta, tanto che Bruno
qui fra poco
«Scommetto
che questo
lui Annibale
il Cartaginese! ».
Mancava
un
quarto
d’ora
alla
e già
Rinaldini si
lante li avrébbe chiamati fra un momento.
batte la mano sulla fronte ed esclamò: po’ che distrazione la mia!
importante
« Ma guardi un
Stavo per dimenticarmi
per Lei!
Mentre
leggevo
sognava pubblicare subito almeno
la Sua
i risultati principali
delle Sue ricerche, non solo per preparare
avvenimento
la
un altoparlante distratto la distrazione dimenticarsi dimenticare
=
io mi sono detto che bi-
geniale òpera, caro Vespucci,
al grande
molti
l’altopar-
ad uscire, perché
viaggiatori si preparàvano
còsa più
di éssere
crede
partènza,
pensò:
della
pubblicazione
pubblicare = rèndere pùbblico
il pùbblico
completa
della Sua opera, ma anche per evitare che altri, non si
altri = un’altra persona
sa mai, pùbblichi come cosa propria qualcuna delle Sue scoperte! Le confèsso che per non pèrdere tempo io ho preparato
una
trentina
di
pàgine
che
raccolgono
il
raccògliere = riunire
méglio delle Sue ricerche e che si potrèbbero pubblicare
prèsto, anche sùbito, se Lèi è d’accòrdo! ».
143
Capitolo
50
emozione
=
di chi
stato
è commòsso
Vespucci
non
éra
capace
di
parlare
per
l’emozione.
Riuscì solo a dire di sì con un cenno del capo, e Rinal-
econòmico denari
=
di
dini proseguì
dopo
un problema,
vede, anche
problema
teva un dollaro due dollari
econòmico.
... non
starmi
un attimo
di esitazione:
« C’è solo
se fortunatamente
è solo un
Pensavo
dico regalarmi,
(sia bèn
chiaro,
dunque
per
che
carità!
prestarmi)
se Léi
ma
... mille
po-
solo predollari,
o
seicentocinquantamila lire se Le fa più comodo, io avréi beninteso = inteso rèndere tuìre
bèn
= resti-
potuto far pubblicare sùbito queste pàgine, e poi, beninteso, Le
avrei
reso
immediatamente
tutta
la somma ».
il suo sguardo
E Rinaldini fissò su Vespucci
di fuoco.
Annibale tirò Rinaldini in disparte, mentre Bruno
ab-
bracciava Dòrabel e Jòy, tirò fuòri in silènzio il libretto degli assegni, ne riempì uno, lo staccò e lo diéde com-
mosso
a Rinaldini senza dire una
paròla. Rinaldini
lo
prese sènza guardarlo, se lo mise in tasca con un gèsto
da gran signore, strinse la mano mano
a Dorabel
e abbracciò
commòsso
Annibale.
Pòi
a Joy facendole tanti auguri, baciò la e restò in silénzio a fianco di Bruno,
il quale guardava commòsso i Vespucci che si incamminavano vèrso l’aèreo. Pòchi minuti dopo, questo si staccava
744
da
terra e
si alzava
verso
il ciélo.
Capitolo
Bruno
senti
nel
cuore
un
dolore
quando
avrèbbe riveduto Joy?
qualche
anno,
sé, e anche
e allora
sconosciuto.
Sarébbe
di Jòy,
dei sentimenti
forse trascorso
assolutamente
... Éra
Chissa
sicuro
di
ma
nel suo
ànimo
Bruno
aveva
intera-
c’éra l’ombra di un dubbio.
Assorto mente
in questi dimenticato
tristi pensieri, la
presènza
di Rinaldini,
che
éra
rimasto accanto a lui. Fu come risvegliato da un sogno
quando
sentì alle sue spalle una
diceva:
« Leone
Rinaldini,
questa
E sènza fare stòrie! ». Bruno,
voce
sconosciuta
che
vòlta vièni con noi.
attònito, si voltò, e vide
L
Capitolo 50
due signori vestiti di scuro che si accingévano a portar via un Rinaldini pallido e a capo chino, il quale sem-
brava avér perduto interamente la paròla. « Ma Loro, scùsino, che cosa vogliono? », esclamò il gioattenzione : curiosita, stupore
polizidtto = impiegato della polizia
vanòtto facèndo un passo verso il gruppo.
« Vorremmo
allontanarci
attenzione »,
dall’aeroporto
senza
destare
disse uno dei due poliziòtti, e spiegò, accennando
a Ri-
naldini: « È più di un mese che gli corriamo diétro attrasuòcero = padre
del marito o della moglie
PAROLE: esitazione f discrezione f probabilità f argomento m volubilità f scopo m disgrazia f frattempo m insistènza f attesa f carezza f singhiozzo m passività f pianto m abbraccio m aereo m maniglia f prenotazione f aerostazione f furia f calcagno m affétto m
146
vèrso mézza Italia cercando di prènderlo! Stasera questo qui dorme in prigione ». « Un momento! », esclamò Bru-
no, « allora, se Loro sono della polizia, guardino un po’ che questo signore si è anche fatto dare un assegno di seicentocinquantamila
deve
avere
ancora
lire dal mio
sudcero.
futuro
Lo
in tasca ».
« Ma guarda un po’», disse il poliziotto e, mettèndo la
mano
nella
tasca
di Rinaldini,
ne
tirò
fuori
proprio
l'assegno di Annìbale Vespucci. Vi diéde uno sguardo, rise, e poi disse:
l'avevo
mai
« Scusi, sa, ma
io un nome
sentito ». Il giovanòtto
guardò
simile non
l’assegno
anche lui, pòi guardò Rinaldini e scoppiò in una risata: « Tanta fatica per un pèzzo di carta! ».
Infatti, l'assegno èra firmato: ‘Annibale il Cartaginese’.
Capitolo
ESERCIZIO
agilità f personale m relazione f
A.
manoscritto m
Esercizio di ripetizione generale: «Che
Joy
mandare)
(parere)
al
alla mamma,
(dire)
(avere)
cos’
« Le
giovanotto.
impossibile
ho
Bruno? », (do-
mi
che
(dire)
(sba-
si (essere)
padre
Suo
che
gliare) di strada ancora una volta. Ma non mi (parere)
(essere)
(essere)
(sembrare)
discutere ». « Ma (essere)
(convincere).
interamente
che essa
che
(essere)
Lei, Bruno,
(succedere)
a
mio
utile
E non mi
continuare
che cosa
(supporre)
padre? ».
«Non
a
che
(sapere)
dirlo, ma forse gli (essere) soltanto (accadere)
ciò che
gli (accadere) così spesso: cioè che, (distrarre) com’ (essere), ha (dimenticare)
l'orologio, e così, non
che ore (essere), e (convincere) tempo,
(essere)
(rimanere)
(sapere)
di avere ancora molto
a discutere
con
un
amico
o (stare) (studiare) qualche iscrizione antica nel Foro ». « Già, una volta,
a Washington,
(avere)
(discutere) per
ore con un signore che (conoscere) solo di nome, mentre noi a casa l’(aspettare) per (mettersi) a tavola. La mamma (essere) bene! ».
L
(rimanere) molto scontenta ». « La (capire)
lettura f congratulazione f ironìa f capostazione m campione m schienale m dichiarazione f studéente m
universita f suocera f aeroporto m altoparlante m distrazione f emozione f dollaro m
somma f
libretto m
poliziotto m
suocero m fulmineo genovese reciso adatto discreto seccato
ferroviario improvviso
ambiguo prematuro
automobilistico bizzarro grasso folto stentoreo insospettato ammirabile singolare ironico
747
Capitolo
50
ebbro serio antipatico diurno economico beninteso affidare verificare rasserenare appassionare peggiorare rimproverare reprimere sudare piantarsi telegrafare
ESERCIZIO
Scriva una pagina su una persona interessante che Lei conosce.
ESERCIZIO Che
aveva
detto
Dorabel
telefonato a Cesana?
toccare
naldini e l’amico dei Vespucci?
prenotare disdire
nelle loro lettere il genovese
vibrare immergersi congratularsi
....
Come
....
appoggiare appisolarsi
dell’albergo?
fidanzarsi
pubblicare raccogliere risvegliare all’infuòri di
era Leone Rinaldini?
Ri-
....
Perché Dorabel era così disperata?
Che cosa fu deciso di fare?
cullare
gli aveva
....
Cosa aveva deciso allora Annibale? cosa scrivevano
quando
....
Che
disporre squillare
C.
al marito
esitare
sfidare
B.
....
Cosa raccontò Rinaldini a Dorabel e Joy nel vestibolo ....
Cosa disse Dorabel giovanotto?
a Bruno
dopo
la dichiarazione
del
....
....
altrettanto
Che cosa le rispose Bruno?
costùi
Cosa raccontò Rinaldini a Vespucci per farsi dare l’as-
modestamente l’altro ieri stamani fare strada
segno di 650.000 lire? ....
a bruciapelo dopodomani
di soprassalto
748
Come finì poi per Rinaldini questa storia? .... Che cosa pensa, Lei, della fine di questa storia?
....