L' Italiano Secondo Il Metodo Natura

L' Italiano secondo il Metodo Natura, redatto sotto la direzione di Arthur M. Jensen, autore del Metodo Natura. Out

129 45

Italian Pages 262 [756]

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Frontespizio
Prefazione
Capitolo 1
Capitolo 2
Capitolo 3
Capitolo 4
Capitolo 5
Capitolo 6
Capitolo 7
Capitolo 8
Capitolo 9
Capitolo 10
Capitolo 11
Capitolo 12
Capitolo 13
Capitolo 14
Capitolo 15
Capitolo 16
Capitolo 17
Capitolo 18
Capitolo 19
Capitolo 20
Capitolo 21
Capitolo 22
Capitolo 23
Capitolo 24
Capitolo 25
Capitolo 26
Capitolo 27
Capitolo 28
Capitolo 29
Capitolo 30
Capitolo 31
Capitolo 32
Capitolo 33
Capitolo 34
Capitolo 35
Capitolo 36
Capitolo 37
Capitolo 38
Capitolo 39
Capitolo 40
Capitolo 41
Capitolo 42
Capitolo 43
Capitolo 44
Capitolo 45
Capitolo 46
Capitolo 47
Capitolo 48
Capitolo 49
Capitolo 50
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L' Italiano Secondo Il Metodo Natura

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L’ Italiano

» A R U T A N O D O T E M « IL SECONDO REDATTO

CON

« METODO

DEL

NATURA

ordinario

»

DI

PREFAZIONI

MIGLIORINI

BRUNO Professore

DI

M. JENSEN

ARTHUR AUTORE

DIREZIONE

LA

SOTTO

di storia della lingua italiana

Facolta di Lettere e Filosofia, Universita di Firenze

GIOVANNI

NENCIONI

Professore ordinario della grammatica e della lingua

italiana, Facolta di Magistero, Universita di Firenze

ALFREDO

SCHIAFFINI

Professore ordinario di storia della lingua italiana Facolta di Lettere e Filosofia, Universita di Roma

THE

NATURE

AMSTERDAM LONDRA

© BRUSSELLE

© MILANO

PARIGI

METHOD

- COPENAGHEN

- MONACO

- STOCCOLMA

INSTITUTES

- NUOVA

© VIENNA

© HELSINKI YORK

© ZURIGO

- OSLO

COPYRIGHT

UNDER

INTERNATIONAL

WORLD

RIGHTS

RESERVED.

NATURE

METHOD

CENTRE,

COPYRIGHT

COPYRIGHT,

CONVENTION, 1962,

CHARLOTTENLUND,

BY

DENMARK.

No part of this course may be used for teaching purposes unless Method

the

permission

has

been

obtained from

The

Nature

Centre, Charlottenlund, Denmark, and no copy of

course

or any part

thereof may

be

reproduced for

any purpose whatsoever by any printing or duplicating or Photographic

or other method

without

written permission

obtained in advance from the publishers.

Det Berlingske Bogtrykkeri

THE

PREFAZIONE

IL nostro corso « English by the Nature Method » ha suscitato enorme interesse in tutta l’Europa Occidentale, sia fra i linguisti, sia tra le persone desiderose di imparare l’inglese. Gli studiosi hanno ammirato in esso una felice applicazione pratica dei principii che informano la più moderna scienza linguistica. Il gran pubblico ha apprezzato senza riserve la novità del metodo e gli eccezionali risultati che con esso si raggiungono. Dal 1945 ad oggi, più di 850.000 persone hanno imparato l’inglese col « Metodo Natura ». Un tale successo ci ha indotti a insegnare altre lingue con lo stesso procedimento. Così sono nati il corso di francese « Le Francais par la Méthode Nature », il corso di latino « Lingua Latina secundum naturae rationem explicata », ed esce ora « L’Italiano secondo il Metodo Natura ».

Questo non è un atto di fede nei destini dell'italiano; è piuttosto la concreta risposta a una esigenza fortemente sentita in tutto il mondo, e specialmente nei paesi anglosassoni, dove l’interesse per l’italiano e per l’Italia è vivo e molteplice, assai più di quanto gli italiani stessi non immaginino. L’elaborazione di questo corso ha richiesto alcuni anni di assidua fatica da parte di un gruppo di specialisti di lingua e cultura italiana, molti dei quali erano particolarmente versati anche nei problemi pratici dell’insegnamento dell’italiano agli stranieri. Tali specialisti hanno collaborato per il collaudo di ogni sua parte, compito specialmente delicato poiché si era trattato di creare un vero e proprio « romanzo » inedito entro i limiti di un vocabolario prestabilito e secondo le ferree esigenze del « Metodo Natura » per l’introduzione di voci e forme grammaticali nuove. III

PREFAZIONE

Il lavoro si è svolto sotto la costante direzione di ARTHUR M. JENSEN, il creatore del « Metodo Natura », a cui spetta dunque la piena responsabilita per la rigorosa applicazione di tale metodo nel presente corso. Cid non diminuisce in alcun modo la nostra profonda riconoscenza a tutti gli studiosi che hanno lavorato alla preparazione e al collaudo del corso, e specialmente a OLEG KOEFOED, cui si deve la stesura del detto « romanzo ».

Per la pronuncia e la trascrizione fonetica, Arthur M. Jensen ha adottato il sistema di segni stabilito dall’ « Association Phonétique Internationale » e si è fondato su « Pronuncia e grafia dell’italiano » (2a ed., Firenze 1947) di Amerindo Camilli, del quale è stata preziosa anche la diretta consulenza. Per la parte linguistica hanno fornito un sicuro fondamento le molte opere di Bruno Migliorini, e specialmente l’ultima edizione, da lui curata, del « Vocabolario della lingua italiana » di G. Cappuccini (Torino, 1958). È appena il caso di avvertire che alcune apparenti incongruenze della trascrizione sono invece frutto di un meditato esame; per esempio, non si nota l’accento se esso cade sulla penultima sillaba, e tuttavia si è indicato anche in molte parole piane per cui l’esperienza didattica assicura che, specie in certi paesi, l’allievo tende a dimenticare la norma e a dare un’accentuazione sbagliata.

Non ci resta che esporre per sommi capi i principii fondamentali del « Metodo Natura », validi per l'insegnamento dell’italiano come per quello di qualsiasi altra lingua.

Il vocabolario che l’allievo acquisisce col «Metodo Natura » consta di circa cinquemila parole, che comprendono non solo le più frequenti del lessico italiano, ma anche molti vocaboli necessari per avvicinarsi alla cultura italiana. A tal fine, ricerche originali hanno permesso di modificare e integrare i noti elenchi lessicali di T. M. Knease(« An Italian Word List from Literary Sources »), di Bruno Migliorini (« Der grundlegende Wortschatz des Italienischen »), ecc. È statisticamente provato che questi cinquemila vocaboli costituiscono all’incirca il 90-95 % di IV

PREFAZIONE

tutte le parole che si incontrano in un testo italiano di media diffcoltà: perciò il nostro corso porta l’allievo a un grado di maturità linguistica che gli consente di leggere e di comprendere da sé i testi di italiano corrente. Le parole nuove sono introdotte gradualmente, alla media di una per ogni 25-30 parole già note, e ricorrono in contesti che escludono ogni ambiguità di interpretazione: perciò il loro significato risulta chiarito dall’insieme dell’espressione e viene assimilato in modo naturale, nel tessuto di un discorso di senso compiuto. La ripetizione costante dei vocaboli in contesti sempre opportunamente variati permette all’allievo di afferrare senza sforzo l'ampiezza semantica del vocabolo,

di associazione

con altri vocaboli, il

qualsiasi apprendimento

meccanico, affidato a

le sue varie possibilità

suo colorito stilistico (è appunto per questa indispensabile ripetizione che il nostro corso consta di un testo molto più lungo e variato di quelli che solitamente si fanno leggere ai principianti). In tal modo,

si esclude

un puro sforzo mnemonico che non ha alcun riscontro nel processo con cui si impara la lingua materna. Anche le nozioni grammaticali vengono introdotte gradualmente, secondo gli stessi criteri che regolano la comparsa dei nuovi vocaboli.

Ne consegue che il nostro testo, dalla prima all’ultima pagina, « si spiega immediatamente da sé » e può così venire assimilato dagli allievi senza mai ricorrere all’intermediario della lingua materna. Anzi, chi studia col «Metodo Natura» è costretto fin dal principio a prescindere dalla sua lingua materna e si abitua a pensare direttamente in italiano, secondo schemi sempre più vasti e complessi, ma sempre genuinamente italiani. È appunto questa la novità essenziale dei nostri corsi, apparente-

mente non dissimili da altre applicazioni del metodo diretto, e che giustifica il nome di « Metodo Natura » per un procedimento che riproduce le condizioni in cui qualsiasi essere umano impara per pratica V

PREFAZIONE

la propria lingua materna (l’aspetto innaturale del nostro metodo con-

siste, se mai, nel creare tali condizioni secondo un calcolo prestabilito,

in modo da portare l’allievo a una conoscenza sistematica con un minimo sforzo e senza dispersione di energie).

L’amplissima trascrizione fonetica, semplice e precisa, elimina ogni possibilità di dubbio e permette una rapida e sicura acquisizione della pronuncia di ciascuna parola nel vivo dell’espressione compiuta.

I testi presentano la lingua dell’uso quotidiano fra le persone colte. In altri termini, pur nel rispetto di una tradizione grammaticale in cui si sostanzia il corretto uso della lingua, essi tengono conto di tendenze e correnti ormai affermatesi o comunque vivamente sentite nell’italiano contemporaneo e rispecchiano, quando ciò è oppottuno, la varietà e vivacità sintattica della lingua parlata. Noi ci auguriamo che « L’Italiano secondo il Metodo Natura » abbia lo stesso successo dei corsi che lo hanno preceduto e possa contribuire in tal modo alla sempre maggiore diffusione della cultura italiana, che è una delle pietre angolari della civiltà occidentale. GLI

VI

EDITORI

Capitolo

uno

(1)

Capitolo

LA FAMIGLIA

Teresa

un

bambino

un bambino



Rossi

Rossi

una bambina

bambina

una

un uomo

DI

Carlo

Rossi

è

un

uomo.

Teresa

Rossi

è

una

donna.

karlo

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un

mwo:mo.

tere “ga

rossa.



una

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Bruno

è un

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bru:no

e um

bambi:no.

.

DI

una

bambina.

Anche

u:na

bambi:na.

ayke

sono

Pietro

ppje:tro so:no

due

duce

.

| un uomo una

donna

e | un bambino una bambina €

Pietro

DI

è un

bambino.

Maria

pje:tro

e um

bambi:no.

mari:a

Pia

è

una

bambina.

Bruno

e | Bruno è

pica e

u:na

bambi:na.

bru:no

e | sono...

Maria

bambini.

marisa

bambi:ni.

(I)

ROSSI

_ Carlo

una donna

primo

Pia

e

sono

e ppisa so:no

DI

Bruno

e

...

Pietro

due | un (1) bambino

duce | 9°

(2) bambini

una (1) bambina due (2) bambine

bambine.

bambi ne

È

un

bambino

Pietro?

Si,

Pietro

è

un

bambino.

e

um

bambino

pje:tro?

si,

pje:tro

e

um

bambi:no.

a

Capitolo

1

Anche

Bruno

è un

bambino.

È

una

bambina

Maria?

agke

bru:no

€ um

bambi:no.

€ u:na

bambi:na

mari:a?

Sì, si,

Maria marisa

è €

Pietro? Si, Ppje:tro? st,

è : Teresa Rossi è

bambina. bambi:na.

Bruno bruino

Maria

bambi:ne

marisa e ppi:a? si,

un um

e Pia?

bambino bambi:no

Sono so:no

e Pietro e ppje:tro

bambine

È e è : Carlo Rossi è

una una

sono so:no

Si, Maria

Carlo karlo

Bruno bruno

bambini. bambi:ni.

e Pia

marisa

Rossi? rossi?

bambini bambi:ni

e e

Sono so:no

sono

bambine.

e ppisa so:no

bambi:ne.

No, no,

Carlo karlo

Rossi rossi

non non

è e DI

un

bambino;

è

un

uomo.

È

una

bambina

Teresa

um

bambi:no;



un

wo:mo.

e

una

bambi:na

tere:za

è una € una

bambina; bambi:na;

e una E u:na

Rossi? rossi?

No, no,

DI

Teresa fere:za

Rossi rossi

non non

DI

DI

donna.

donna.

tre = 3

bambini bine =

e bambambini

quattro = 4 Carlo e Teresa Rossi = Carlo Rossi e Teresa Rossi

Un

bambino

e

una

um

bambi:no

e una

bambina

sono

due

bambini.

Due

bambina

sono

duce

bambi:ni.

due

bambini.

bambini

e una

bambina

sono

tre

bambisni

e una

bambi:na

so:no

tre bbambi:ni.

e due e ddu:e

bambino bambi:no

bambine bambine

Bruno,

so:no

tre

bbambi:ni.

bruno,

sono

quattro

bambini.

bje:tro,

marisa

e ppisa

sosno

kwattro

bambi:ni.

so:no

una

una

Rossi, rossi,

Bruno, bruno,

Pietro, pje:tro,

la

famiglia

Rossi.

famiglia:

famiXKa

um

bambini.

e Pia

sono

aygke

tre

Maria

e Teresa e ttere:za

un

sono

Pietro,

Carlo karlo

Anche

: la famikKa

rossi.

Maria marisa Carlo

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e Pia e ppt:a Rossi

rossi

e

DI



Capitolo

Pietro pjestro

Bruno bruno

e Pietro. e ppje:tro.

seconda

sekonda

le

fikta.

è la prima figlia, e lla prisma fikKa,

Maria marisa

figlia. Le

due

due

il 1° figlio

Bruno

bruno

Rossi rossi

Rossi

so:no marisa

fikKe

rossi

il 2° figlio

figlio

e {fikko

è figlio di Carlo e ffikKo di karlo

sono so:no

Pia è la pisa € Ua

e Pia.

la 12 figlia

di

di

Carlo

e ppi:a.

karlo

Rossi. rossi.

e Pietro, sono figli di Carlo e ppje:tro, so:no fiAKi di karlo

rossi.

I due î duce Rossi. rossi.

Anche

Pietro

bambini, bambi:ni,

Bruno bruno

agke

primo

secondo

la madre la figlia

=

il figlio i figli

=



pje:tro

Il primo figlio di il pri:mo fikio di

Carlo Rossi è Bruno, il secondo figlio è Pietro. Bruno karlo rossi € bbru:no, il sekondo fikLo e ppje:tro. bru:no



la figlia lefiglie

il secondo la seconda

la 22 figlia

Rossi.

il padre il figlio

il primo la prima

la madre

NI

è

Maria

figlie sono

il padre

7

I -due figli i duce fikXi

figlio. fikko.

secondo sekondo

il il

è e

figlio, fio,

è il primo e il pri:mo

Bruno bruno

Rossi è la madre. rossi e lla ma:dre.

il padre. Teresa il pa:dre. tere:za

I

Capitolo

1

e Pietro

sono figli anche

e ppje:tro so:no fkKi bini

sono

bi:ni

sono fihAi di

karlo

e ttere:za

rossi.

Carlo

Rossi.

kRarlo

di Carlo

di karlo

Le

rossi.

due

La

rossi.

la

è Maria, la seconda E mmari:a, la sekonda anche

fake

di

ayke

figlie di Carlo

fikke

di

Quanti

kwanti

quanti figli? quante figlie?

so:no

e Teresa

Rossi.

e ttere:za

rossi.

tere:za

i figli

di

i fikti di

rossi:

Carlo

le

le

sono

di Carlo

Rossi

e ppi:a, so:no

di

due

karlo

rossi?

karlo

rossi

e Pia sono e ppi:a so:no

bambine

due

Rossi?

di

sono

bambi:ne

I figli

so:no

di

Carlo

i fikKi di

karlo

Rossi sono due. Quante

sono le figlie? Anche

le figlie

rossi

so:no duce.

somo

le fikke

sono

due.

figli

e due

sono figli e figlie = figli

karlo

sono

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figlia

Pia,

è Pia. Maria € ppisa. marisa

Teresa

di

figlia

prisma fikKa

figlia fikka

e

marisa

prima

bam-

pica e ffikta di

Maria

bambine,

bam-

i duce

Pia è

ayke

bambine,

Rossi.

karlo

Anche

rossi.

due

le

di Carlo

di

Rossi.

i due

rossi: Rossi.

e ffik4a

figlie

tere:za

e Teresa

marisa

fikake

di

Carlo

è figlia

figlie

ayke

Rossi:

di

Maria

figli

di Teresa

duce.

kwante

karlo

rossi

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SALI e dduse fikie Carlo

kkarlo

Rossi?

rossi?

ha

Rossi

Carlo

Carlo

karlo

due

ayke

figli e due

figlie.

a ddu:e fikKi e dduse fikre.

sono

sosno

le fikte?

quattro

figli.

kwattro fikKi.

Rossi

rossi

ha

a

quattro

Quanti

figli

kwanti fikki figli:

kkwattro fiAKi:

Due

due

ha

a

Bruno,

bru:no,

Pietro, Maria e Pia. Quanti figli e quante figlie? Due bje:tro, marisa e ppi:a. kwanti fikti e kkwante fikte? duce

Capitolo

figlie.

e due

figli

PALI

e dduse fikte.

hanno

Carlo

e Teresa | Carlo Rossi ha...

kwanti

fikti

anno

karlo

e ttere:za | Rossi hanno ...

kwattro

anno

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Carlo

quattro

hanno

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e ttere:za

karlo

rossi?

figli

Teresa

e

Carlo

Rossi?

Quanti

figli.

I

fili.

i

quattro

bambini,

Bruno,

Pietro,

Maria

e

Pia,

sono

kwattro

bambi:ni,

bruno,

pje:tro,

marisa

e pptia,

so:no

figli

di Carlo

Carlo

Rossi

è il padre

di Bruno,

di Pietro,

di Maria

karlo

rossi

e il pa:dre

di

di pje:tro,

di

fiaKI

e

di

karlo

e ddi pisa.

Pietro, pje:tro,

Maria martia

e ttere:za

ki

e ppisa.

Sono

rossi?

so:no

madre

di

Bruno,

di

ma:dre

di

bruno,

di

Chi sono ki sso:no

Bruno

bru:no

i due figli i duce fikki

di di

e Pietro. Chi sono | sono:

e ppje:tro. ki sso:no | 8°P°

e Teresa Rossi? . e ttere:za rossi?

e il pri:mo fikho,

è la seconda figlia, e lla sekonda fikta,

è il padre di Bruno?

e il pa:dre di bruno?

di Bruno?

di bruno?

bruno

e lla

mari:a

Sono sono

Maria . mari:a

Chi è il primo figlio, Bruno o Pietro? È Bruno.

e Pia.

Bruno

la

è

e di Pia. e ddi pisa.

le due figlie di Carlo . le duce fikie di karlo

Chi ki

bruno,

rossi

Carlo e Teresa Rossi?

karlo

rossi.

Rossi

tere:za

di di

Rossi.

e tfere:za

Teresa

Pia.

di

e Teresa

è

e

È Teresa

e ttere:za il fratello

il fratello

Maria marisa

e kkarlo

o Pia? 0 ppisa?

È Pia. e ppisa.

Chi ki

rossi.

e kki e la ma:dre

Rossi.

rossi.

Pietro.

di pje:tro.

i due figli

sono : le due le son 8 ° chi è ...?

bru:no 0 ppje:tro? e bbru:no, | SP) SONO ...?

È Carlo Rossi. E chi è la madre

di

e Teresa

Pietro

pje:tro

è

il fratello

e il fratello

di

di

I

Capitolo

1

Bruno. Bruno e Pietro sono fratelli. Maria è la sorella bru:no. bruno e ppje:tro so:no fratelli. marisa e Ha sorella di

Pia.

Pia

è

la

Maria

e

sorella

di

marisa.

marisa

e ppi:a so:no

pisa € lla

sorelle.

Maria

sorelle.

marisa e ppisa so:no

e Pia

sono

Pia

le sorelle

di Bruno e

le

di

sorelle

bruno

sono

Pietro.

e ppje:tro.

Bruno

e Pietro

i fratelli

di

Maria

e Pia.

bru:no

e ppje:tro so:no î fratelli

di

maria

e ppi:a.

sono

uno, una due tre quattro

Bruno,

uno

a

bbruno,

u:no 0 dduce? bruno

di Bruno? di bruno?

kwante

sorelle

a ppi:a, una

Chi

rella.

ki

è la

ha

un

fratello.

a

um fratello.

Chi

è

ki

e

Il fratello di Bruno è Pietro. il fratello di bruno e ppje:tro.

ha

Pia,

una

o due?

Pia

0 ddu:e? pisa Pia?

ha

una

so-

a

una

so-

sorella

di

e Wa

sorella

di pisa?

Quante

sorelle

ha

Pietro,

sorelle

a

ppje:tro, du:e 0 ttre?

mmarica. kwante

e

Bruno

sorelle

Maria.

: Pietro ha

o due?

Quante rella.

kwanti fratelli

a mmari:a? a ddu:e fratelli.

ha

il fratello il fratello

hanno : Maria Pia hanno

Maria.

di pisa.

kwanti fratelli

ha

di

Quanti fratelli ha Maria? Ha due fratelli. Quanti fratelli

ha : Maria ha

1= 2 = 3= 4 =

sorella

sono

e Maria

La

sorella

la

sorella

due

fratello

di

Pia

è

di pisa €

o tre?

Ha

due

a

ddu:e

e sorella.

Quanti

e ssorella.

kwanti

sorelle.

Pietro

sorelle.

pje:tro e mmari:a so:no fratello

fratelli

hanno

Maria

e Pia?

Hanno

due

fratelli.

Chi

fratelli.

anno

marisa

e ppisa?

anno

due

fratelli.

ki

sono ssono

i due fratelli di Maria e Pia? i duce fratelli di marisa e ppisa? Maria

Pietro.

Bruno

è fratello

di

ppje:tro.

bruno

e ffratello

di marisa

Sono sono

Bruno bruno

e Pia.

Anche

e ppi:a.

ayke

e e

Pie-

pje:

Capitolo I

e Pia.

è fratello

di

Maria

tro e ffratello

di

marisa

e ppi:a.

Pietro?

Bruno

e

tro

e

Bruno

bruno

e ppje:tro?

bruno

Quante

sorelle

hanno

kwante

sorelle

anno

Pietro

hanno

due

sorelle.

anno

due

sorelle.

e ppje:tro

Chi

sono

le

due

sorelle

di

Bruno

e

Pietro?

Sono

ki

sso:no

le

duce

sorelle

di

bruno

e ppje:tro?

so:no

Maria marisa

e Pia. Maria e ppisa. marisa

è sorella e ssorella

di di

Bruno bruno

Anche

Pia

e

Pietro.

ayke

bambi:ni

karlo

sorella

di

sono

fratelli

e sorelle.

pica

bambini Carlo

è

e

sono

ssorella

Bruno

di

fratelli

bruno

e

e Pietro. e ppje:tro. I

quattro

e ppje:tro. i kwattro

ssorelle.

Rossi

è il marito

di Teresa

Rossi.

Teresa

Rossi

rossi.

e il mari:to

di

rossi.

tere:za

rossi

tere:za

è la moglie di Carlo Rossi. Carlo e Teresa Rossi sono

e lla moXKe di karlo

marito

mari:to

Carlo

karlo

Carlo

karlo

Maria marisa

e moglie.

e mmoXke.

e Teresa

e ttere:za

e Teresa

e ttere:za

rossi.

Quanti

karlo

figli

kwanti fikti

Rossi?

rossi?

Rossi

rossi

Hanno

anno

e ttere:za

rossi

so:no

e quante

figlie

hanno

due

e due

figlie.

e kkwante figli

duce fikKi

sono i genitori

fikKe

e dduse fixe.

di Bruno,

so:no i dzenito:ri di

e Pia. I genitori sono il padre e ppisa. î d3enito:ri so:no il pa:dre

anno

e lla

mokke

di Carlo

di

karlo

Rossi?

rossi?

È Teresa

e ttere:za

e

Pietro,

bru:no, pje:tro,

e la madre. e lla ma:dre.

Chi è il marito di Teresa Rossi? È Carlo Rossi. Chi ki e il mari:to di tere:za rossi? e kkarlo rossi. ki è la moglie

hanno : Carlo Teresa Rossi hanno

Rossi.

rossi.

i genitori = il padre e la madre

Capitolo

1

Chi ki

sono sso:no

Teresa

Bruno bruno

Rossi.

ttere:za

e Pietro? Sono e ppje:tro? somo

Chi

rossi.

sono

ki

sso:no

di Carlo e Teresa di karlo e ttere:za i genitori sono

anche

sono

la

la

bru:no

di

figli

due

i

fikki

î due

ma:dre,

Carlo

e

e

le fikke

Rossi rossi

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e Teresa

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Pia.

due

il pa:dre,

figlie

sono

una

so:no

fikke

due

We

rossi

Il padre,

e ddi pisa.

le

e e

le figlie

e ttere:za

e di

marisa

Carlo karlo

sono

e Teresa e ttere:za

Maria

di

di di

Sono

e ddi pje:tro. karlo

i ds5enito:ri

madre,

Carlo karlo

di Pietro.

i genitori

agke

e Pia?

marisa e ppisa?

Rossi. rossi.

di Bruno e

i dzenito:ri di

Maria

i figli î fikti

una

famiglia.

famikia. Chi

è

Carlo

ki

e kkarlo

Rossi?

È

il marito

di

Teresa

Rossi

e il

rossi?

e il mari:to

di

tere:za

rossi

e il

Bruno,

Pietro,

Maria

e Pia.

Chi

è Teresa

pje:tro,

marisa

e ppisa.

ki

e

e

la

madre

di

e

lla

ma:dre

di

padre

di

Rossi?

E

la

moglie

di

Carlo

Rossi

rossi?



lla

mothe

di

karlo

rossi

Bruno,

Pietro,

Maria

e Pia.

Ha

bru:no,

pje:tro,

marisa

e ppisa.

a

pa:dre

di

Sì, Bruno si, bruno

bruno,

un

fratello

um fratello

ttere:za

Bruno?

bruno?

ha un fratello. Ha fratelli Maria? Sì, Maria a fratelli mari:a? si, mart:a a um fratello.

ha due fratelli. Ha

due

sorelle Maria?

No,

Maria

non

no,

marisa

non

a

ddu:e fratelli.

a

ddu:e sorelle

marisa?

ha

due

sorelle;

ha

una

sorella

e due

a

ddu: sorelle;

a

w:na

sorella

e dduce fratelli.

fratelli.

Capitolo

ESERCIZIO

un

una

A.

il

la

i

le

Carlo Rossi è — uomo. La moglie di Carlo Rossi è — donna, Bruno è — bambino. Pia è — bambina. Chi è — padre di Maria? E chi è — madre di Maria? — genitori di Maria sono Carlo e Teresa Rossi. Maria è — sorella di Pia. Pietro è — fratello di Bruno. Bruno e Pietro

sono



fratelli

di Pia.

Pia

e Maria

sono



sorelle di Bruno.

bambino

bambina

bambini

bambine

Il fratell- di Bruno è Pietro. Carlo Rossi ha quattro figl-. Bruno, Pietro, Maria e Pia sono quattro bambin-. La sorell- di Pia è Maria. Pia e Maria sono figli- di Carlo Rossi. Bruno ha due sorell-, Pia ha due fratell-.

PAROLE: bambino, bambina, donna famiglia figlio

figlia

fratello genitori madre marito

moglie padre sorella uomo primo, -a secondo, -a è sono ha hanno uno, -a due tre

è

ha

sono

hanno

Carlo Rossi — il marito di Teresa Rossi. Carlo e Teresa Rossi — quattro figli. Bruno — un fratello e due sorelle. Pia e Maria



due fratelli. I fratelli di Pia —

e Pietro. Pietro —

il fratello di Bruno.

Bruno

-i -e

quattro un una il la i le anche di e

I

Capitolo

1

no

ESERCIZIO B.

non O sì

Pietro

chi? tie? uanti, -e?

I — ,

4

è un (4)

di Carlo

Rossi.

—.

Pia

bambini e —

Carlo

Teresa

è una

—.

Teresa

Rossi

i genitori sono una —. mia | Rossi.

e Teresa

Pia

Rossi

è —

hanno

di

è una Pietro

Carlo

—. è —

e Teresa

quattro —.

Pia ha

due — e una —. Carlo e Teresa Rossi sono i — di Pietro.

Carlo

Rossi

è il —

Carlo Rossi è il —

e Teresa

Rossi

è la —

di Pietro.

di Teresa Rossi e Teresa Rossi è la

— di Carlo Rossi. Carlo Rossi è un —. Pietro ha —

(2)

bambini.

Pia

il —

(1°)

sorelle.

è la —

Pietro,

(2°)

Bruno

e Pia sono —

figlia di Carlo

Rossi.

(3)

Bruno è

figlio di Carlo Rossi. Bruno è fratello — Pia. — Pietro è fratello di Pia.

ESERCIZIO C. Quanti

sono

i fratelli

di Pia?

....

Chi è il padre di Pia? .... Chi è la moglie di Carlo Rossi? .... Quante figlie hanno Carlo e Teresa Rossi? .... Chi sono le figlie di Carlo e Teresa Rossi? .... Quanti figli ha Teresa Rossi? .... Ha due sorelle Pia? .... È fratello di Bruno Pietro? .... È una bambina Maria? .... Hanno tre figlie Carlo e Teresa Rossi? ....

10

Capitolo

(2)

due

Capitolo

CITTÀ

secondo

(II)

E PAESI

e Parigi me

l’Europa

‘Francia

Roma

roma

è

DI

e

e ppari:dzi so:no

milano

agke

tfitlta.

u:na

città

d’Italia.

sono tfit\ta dd ita:lia.

l’Italia lita:lia paesi

la

è un paese. e um pale:ze. d'Europa.

paleszi desir:pa. sono

La

paesi

La la

Anche

= ayke

Francia

frantfa

Francia frantfa la

la

è

e

paese.

un

Anche | d’= di

um pale:ze. e l’Italia e Wita:lia

Germania

dzerma:nia

e

e

due città

e Roma e rro:ma

Milano mila:no

città. Parigi è una città di Francia. tfitlta. pari:d zi e u:na tfit\ta ddi frantfa. I

sono

sono | una città

Parigi

e

Milano

Anche

città.

una

sono so:no

ayke due | ’ due

=la

l'Inghilterra | un paese

Il iygilterra

| Te PASS

d'Europa.

sono pale:zi d europa.

11

Capitolo

2

italiana italiane

una due

citta citta

una due

bambina bambine

una due

citta francese citta francesi

un paese due paesi

ddita:lia: e

w:na

tfit\ta

italia:na.

Roma

e Firenze

ro:ma

una

e una città

e ffirentse città

tfit\ta ddita:lia,

e

una

roma

tfiflta

Firenze

e

e ffirentse una una

Roma

roma

due

ha

ddue

a

città

e

ffirentse

non

sono

tfit\ta

di

milioni

di

milioni

ddiygilterra:

e ucna tfit\ta sono

sono E

Roma

e

Firenze?

roma

e

ffirentse?

cose

Parigi?

Anche

un um

paese. pale:ze.

e kkose ppari:d5i? ayke

Cos'è kos e Anche ayke

città d’Inghilterra:

è una I

so:no tfit\ta.

cos’ è? kos e?

pari:dzi e u:na sono

città.

città. tfitlta.

una

non

ko:sa

sono

frantfa.

è

Firenze

Cosa

ingle:se.

Parigi

DI

e

londra

inglese.

Francia.

ddi

italiane. Londra

città

una

ma

milano

ffrantfe:zi, ma italia:ne. è

di

Milano

francese.

tfit\ta ffrantfe:ze.

dI

ma

non

italiane. pari:dzi non

duce tfit\ta

so:no

Parigi

italiane.

città

due

sono

d’Italia,

E la Francia, e la frantfa,

È e

lTItalia? UWita:lia? la Francia la frantfa

è un paese. e um pale-ze. DI

Napoli

abitanti.

‘na:poli

abitanti.

ha

a

un

um

milione

di

abitanti.

Due

milioni

di

abitanti

sono

milto:ne

di

abitanti.

due

milioni

di

abitanti

so:no

un

milione

di

abitanti

sono

um

milio:ne

di

abitanti

Anche

molti

abitanti.

molti

abitanti.

molti. molti.

Una città che u:na tfitita kke

grande.

Egrande. 12

tfit\ta

una

Parigi è pari:dzi e

due milioni = 2.000.000

italiana.



DI

un milione = 1.000.000

città

roma

Roma cos’ = cosa

una

una

francesi, ma

l’Italia italiano la Francia francese l’Inghilterra inglese

è

è

è

-1

d'Italia:

Roma

DI

-e

città



Da

Roma

ro:ma

ayke

è una

ha molti abitanti a mmolti abitanti città grande.

€ una tfitita ggrande.

Anche

ayke

so:no

è una città e w:na tfit\ta DI

Napoli,

‘na:poli,

che

ke

Capitolo II

ha un milione di abitanti, è grande.

a

um

ha

a

ma

ma

milio:ne di

soltanto

abitanti,

mille

ssoltanto

o

mille

piccola.

‘ppikkola.

© ggrande.

duemila

fraska:ti

DI

è

una

città

e

una

ha

Frascati?

Frascati

abitanti

a

ffraska:ti?

fraska:ti

sono

sono

pochi.

so:no po:ki,

Una

po:ki.

città

ha

ma

ha

una tfitlta kke

città piccola. Roma

a

e Milano

è

non

grande,

mille = duemila

Quanti

piccolo «> grande

€ ggrande,

piccola.

kwanti

diecimila

abitanti.

a ddjetfU\mi:la

abitanti.

anche diecimila

abitanti

ayke

che

non

DI

tfit\ta \ppikkola.

Mille abitanti sono pochi, ma

abitanti

ma u:na tfit\ta kke

abitanti

abitanti

mille

una città che

abitanti

o ddue\mi:la

Frascati

Ma

djetfi\mi:la abitanti

pochi

abitanti

ppo:ki

è una

abitanti

sono città grandi.

sono

e ffraska:ti

citta piccole.

lita:lia,

ssoltanto

piccolo.

Ibikkolo. piccoli,

che

ha

molti

ke

a

molti

grande. grande.

ke

milioni

a

di

abitanti,

ttfigkwanta

è

milio:ni

di

abitanti,

e um

Svizzera,

che non

la

cinque

tfigkwe La

la

ma

\gvittsera,

milioni

frantfa

paesi

di

milio:ni

Francia

e

ke

di la

nnon

e lla d3zerma:nia

grandi.

Ipikkoli, ma ppale:zi grandi.

In

im

Francia

frantfa

I

ha cinquanta,

piccolo piccola lerande

un

, piccoli piccole \ grandi

due due

paesi piccoli citta piccole

due paesi due citta

cinquanta

grandi grandi

50

ma

a ttfigkwanta, ma

abitanti, abitanti,

Germania

molti

Assisi

cinquanta

pale:ze grande.

un paese grande una città grande

ha

La

pochi

e w:na

che

paese grande. soltanto

paese

so:no tfitlta ‘ppikkole. um pale:ze

abitanti è un paese abitanti e um palese L'Italia,

Un

diecimila = 10.000

un paese piccolo una città piccola

tfit\ta \ppikkola. ro:ma e mmila:no so:no tfit\ta ggrandi. assi:zi e Frascati

1000 = 2000

è €

DI

non

non e

un

paese

um

pale:ze

sono

paesi

cinque = 5

so:no palezi in

e in

Germania

d3zerma:nia 13

Capitolo

2

quaranta

=

40

quarantacinque

= 45

ci

sono

molti

tft so:no

molti

cinque

9

ec’ =

=

70

ci

c'è un milione ci sono due

milioni

in Italia in Francia

a Roma a Parigi

milio:nt

e

abitanti,

tft so:no

in

e in

kwaranta-

Germania

ci

sono

sono

d3zerma:nia tfi so:no

Quanti

settanta

abitanti

milio:ni

ci

di

abitanti.

kwanti

abitanti

tfi so:no

a Napoli? a ‘ana:poli@ Roma

A a

Napoli c’è un ‘nna:poli tf e um

ci sono

due

milioni

milione milione di

di di

abitanti.

di

abitanti. abitanti. E

abitanti.

A a

a

Parigi,

rro:ma tft so:no duce

milio:ni

quanti

abitanti

kwanti

ci

sono?

abitanti

A

tt

so:no?

ci

sono

a ppari:dzitfi

cinque

so:no

tfiykwe

Parigi

milioni

di

abitanti.

Quanti

abitanti

milioni

di

abitanti.

kwanti

abitanti

Frascati

ha

soltanto

diecimila

abitanti.

fraska:ti

a

ssoltanto djetf{i\mi:la

abitanti.

famiglia

Rossi

famikia

rossi

sta

Italia:

italia:

è

un

italiano,

x

e

Frascati?

una

famiglia

uma

Teresa

tere:za

italia:no,

wun

e

ha

a

e

in

rossi

karlo

in

e a ppari:dzi,

DI

sta

Rossi

Carlo

ffraska:ti?

famikia

è

Rossi

DI



rossi

un’italiana.

Anche

Bruno

e

Pietro

sono

italiani.

un italiana.

ayke

bru:no

e ppje:tro

so:no

îtalia:ni. Pia

Bruno

e

Pietro

sono

bambini

italiani.

Maria

e

bruno

e ppje:tro

so:no

bambini

italiani.

marisa

e ppi:a

sono

bambine

italiane.

I

Rossi

sono

italiani.

Dove

so:no

bhbambi:ne

italta:ne.

î

rossi

sono

italia:ni.

dozve

sta la famiglia

sta lla famikia 14

abitanti,

quaranta-

abitanti.

italia:na.

glia Rossi

frantfa

sono

di

italiana.

la fami-

di

im

ci

milioni

la

i Rossi =

di

Francia

settanta

La

un’ = una

in

abitanti:

milioni

Itfiyrwe settanta

abitanti:

Rossi?

rossi?

La

famiglia

la famikia

Rossi

rossi

sta in Italia.

sta

în

italia.

Capitolo E

in

che

e

iy

ke

d’Italia

stanno

i

Rossi?

I

Rossi

ttfit\ta ddita:lia

stanno

i

rossi?

î

rossi

città

a Roma.

stanno sStanno

a

II

il bambino sta i bambini stanno il bambino ha i bambini hanno

Tro:ma.

So

vuo

l’Italia

eFrascati lago di Alusne

Sardegna

DI

Gli

abitanti

di

Roma

sono

romani.

Carlo

Rossi

è

un

Ki

abitanti

di

ro:ma

sono

roma:ni.

karlo

rossi



un

abitante

di Roma;

è un

romano.

Teresa

Rossi

abitante

di

€ un

roma:no.

tere:za

rossi

ro:ma;

N

e

è una DI

E w:na 15

Capitolo

2

romana.

Bruno

e Pietro sono

bambini

romani,

Maria

roma:na.

bru:no

e ppje:tro so:no bambi:ni

romani,

marisa e

Pia sono bambine

romane.

I romani

ppisa so:no bambi:ne roma:ne.

e

sono italiani. Anche

i roma:ni so:no italiani.

ayke

gli abitanti di Firenze, di Milano, di Napoli sono italiani.

AKi abitanti di firentse, di mila:no, di ‘na:poli so:no italiacni. Ma

gli

abitanti

ma Xk1 abitanti

di Parigi

non

sono

italiani.

di pari:dzi

non

so:no

italia:ni. pari:dzi e

una città francese, una bfitlta ffrantfe:ze,

e gli e AKi

abitanti abitanti

di Parigi di pari:dzi

e

sono so:no

francesi.

Dove

stanno

frantfe:zi.

do:ve

stanno

in

Italia.

Dove

stanno

i

in

ita:lia.

do:ve

stanno

î frantfe:zi? i frantfe:zi

in

Francia.

Gli

abitanti

di

Londra

sono

inglesi.

In

im

frantfa.

Xi

abitanti

di

londra

sono

tgglessi.

ty

che

paese

Londra

è

è

gli italiani?

Parigi

a

Xi

Londra?

DI

Gli

italiani

stanno

italiani?

Li

italiani

stanno

francesi?

I

francesi



stanno

Inghilterra.

Gli

28

29

lungo

DI

e nnovembre

otto:bre,

ha solo ventotto

bra:jo

a

sso:lo

ventotto

apri:le

o vventilno:ve

ppju kkorto di dzenna:jo, di martso

di

lungo

è meno

di

e mme:no luygo

di

o ventinove

Feb-

ditfembre.

feb-

giorni.

Febbraio

dzorni.

febbra:jo

e degli

di marzo

più corto di gennaio,

maddzo

di apri:le, DI

e mme:no luggo

braio

di

lungo di dicembre.

è meno

e novembre

ottobre, ventotto = ventinove

ttrenta dzorni, e il me:se

ttren\tun dzorni. maddzo



meno

a

altri mesi

eddeXXi altri

me:si

e

deidell

l’anno: febbraio è il più corto dei dodici mesi dell’anno.

anno:

In un mese

ci sono

quattro

in um me:se tfi sono kwattro mana

ci sono

giorni dzorni

della della

ma:na tfi so:no

32

dell anno.

febbra:jo e il pju Kkorto dei \do:ditft me:si

sette

sette

giorni.

d3zorni.

settimana? settima:na?

settimane.

E in una

setti-

settimane.

e in una

setti

si chiamano i

sette

Come

ko:me

I sette i sette

ssi

giorni dzorni

\Rja:mano della della

î sette

settimana settima:na

DI



Capitolo

si chiamano:

lunedi,

martedi,

‘Rja:mano:

lunedi,

marte\di,

si

giovedi, dzove\di,

mercoledi, merkole\di,

IV

veve-

Qual é il primo giorno della

nerdi, sabato e domenica.

della

dzorno

ner\di, \sa:bato e ddo\me:nika. kwal e il pri:mo

settimana? Il primo giorno è lunedì. E qual è l’ultimo? settima:na? il pri:mo dzorno e lunedi. e kkwal e ll ultimo? Il settimo e ultimo giorno della settimana è la domenica. | la domenica

Il primo

giorno

comincia

il primo

komintfa

il pri:mo dzenna:jo. il sekondo

.

.

dell’anno

il pri:mo dzorno

è il primo .

dell'anno

gennaio.

.

dzennayo.

il d

Janno

il tre marzo

marzo

dell’anno | il trentun

giorno

Il secondo

omenica

|

L’anno | il primo marzo

,

e il pri:mo

gennaio.

€llado\me:nika.

settima:na

della

il ‘settimo e \ultimo dzorno

dell anno

dzorno

è il due gennaio e il terzo è il tre gennaio. Qual è il e il duse dzenna:jo e il tertso e il tre ddzenna:jo. kwal e il

settimo lsettimo

giorno dzorno

ventesimo liceo)

venite:zimo

di luglio? di lutko?

giorno

dzorno

È il sette luglio. e il sette lulLo.

di marzo?

di martso?

È il venti

e il

venti

Qual kwal

marzo.

è il e il

E qual | venti = 20 ventesimo = 20°

martso.

e kkwal

è il trentesimo e ultimo giorno di novembre? È il trenta | trentesimo = 30°

Ew tren\te:zimo

e \ultimo dzorno di novembre?

e il trenta

novembre.

Quando

finisce

l’anno?

L’anno

finisce

novembre.

kwando

fimiffe

lanno?

lanno

finiffe

.

.

il | finisce+ .

il

comincia

trentun dicembre. Quante settimane ci sono in un anno?

tren\tun

ditfembre.

kwante

Ci sono cinquantadue tft so:no tfigkwanta\duce

i

settima:ne tfî so:no in un anno?

settimane. settima:ne.

E quanti giorni? Ci | cinquantadue e kkwanti dzorni? tfi | T 92 i

a

sono trecentosessantacinque o trecentosessantasel giorni.

so:no

.

tretfentosessanta\tfigkwe

.

o ttretfentosessanta\se:i dzorni.

.

trecento

=

300

| sessanta = 60 t

degue

ta-

36 5 °

33

4

Capitolo quattordici

novanta

=

=

90

14

Due

settimane

sono

quattordici

du:e

settima:ne

so:no

kwat\tordit{i dzorni.

novanta

giorni.

novanta

dzornt.

Tre

mesi

sono

tre mme:si so:no

Marzo,

aprile

e maggio

sono

i mesi

della

primavera.

martso,

apri:le

e mmaddzo so:no

i me:si

della

primave:ra.

La

la

primavera

primave:ra

e una

stagione.

I

e una

stadzo:ne.

gioni, e la primavera

L’anno

ha

lanno

a

quattro

e Ha prisma.

sta-

kkwattro sta-

è la prima. La seconda

dzo:ni, e lla primave:ra ’ = la

giorni.

la sekonda

delle sta-

delle

sta-

gioni è l’estate. I mesi dell’estate sono giugno, luglio e

dz0:ni e Westa:te. è me:sì

dell esta:te

so:no dzunno,

lulko

e

agosto. L’estate comincia in giugno e finisce in settembre.

agosto.

lesta:te

ottobre e novembre otto:bre e nnovembre

Settembre, settembre,

stagione

stadzo:ne

komintfa în dzunnoe ffiniffe in settembre.

dell’anno:

l’autunno.

dell'anno : lasitunno.

sono i mesi della terza so:no i messi della tertsa

L’autunno

settembre

e finisce

in dicembre.

settembre

e f{finiffe

in

lattunno

ditfembre.

comincia

komintfa

in

in

La

quarta

e ultima

la

kwarta

e ‘ultima

stagione è l’inverno. I mesi dell'inverno sono dicembre,

stadzo:ne e llimverno. i messi

dellimverno

so:no ditfembre,

gennaio e febbraio.

dzennajo e ffebbra:jo.

L’anno dura trecentosessantacinque o trecentosessantattretfentosessantaJanno du:ra tretfentosessanta‘tfigkwe o da + il = dal a+ il = al

34

sei

giorni:

dal

primo

lsei dzorni : dal pri:mo

gennaio

dszenna:jo

al

al

trentun

tren\tun

dicembre.

ditfembre.

Capitolo

stadzo:ne du:ra

una

stadzo:ne?

una

ducra

me:si

kwanti

di

marzo

al

di

martso

al

ultimi ‘ultimi

giorni d3zorni

di | da + gli = dagli di

mese

La

primavera

dura

dal

tre mme:si. la

primave:ra

du:ra

dal me:se

mesi.

tre mese messe

di giugno. di dzunno.

giugno

agli

ultimi

dura dagli dura dakhi

di settembre.

La

primavera

in

marzo,

e l’estate

comincia

in

tfa im

martso,

e llesta:te

komintfa

în dzunpo.

I Rossi î rossi

non non

komin-

luglio, lulo,

in in

agosto

e settembre

non

stanno

a Roma,

ma

ad Ostia.

agosto

e

non

stanno

a

ma

ad

ssettembre

I Rossi 3

.

rossa

stanno

|

Stanno

i

rro:ma,

ostia.

in

autunno,

in

primavera

e | in autunno

a

in

autunno,

im

primave:ra

€ | d’inverno

rro:ma

,

x

.

i

.

Ma

d’estate

stanno

a

Ostia.

I. Rossi

dd îimverno.

ma

ddesta:te

stanno

a

ostia.

î

ad Ostia dai primi

ostia

rossi

giorni di luglio agli ultimi

dai prismi dzorni di

lulKo alti

i

in primavera

stanno

di set- | da +i= dai

\ultimi di

set-

o ai primi

di ottobre.

Anche

i Benelli

stanno

tembre

o at prismi

di

ayke

i benelli

stanno

Ostia

d'estate.

a

ostia

desta:te.

otto:bre.

I Rossi

î

rossi

vanno

da

Roma

ad

Ostia

il

vanno

da

rro:ma

ad

ostia

il

primo o il due luglio e stanno prismo o il duce lukKLo e stanno

d’estate

stanno

tembre a

| ad = a

a Roma

d’inverno.

ad

| a + gli= agli

giugno.

l’anno: lanno:

tutto tutto

Roma rro:ma

a a

stanno stanno

comin-

la primave:ra

settembre.

‘ultimi di

dzuppo ali cia

L’estate lesta:te

dura

stagione

Una

stagione?

una

dura

mesi

Quanti

IV

| a+i=ai

ad Ostia tutta l’estate. ad ostia tutta lesta:te.

Anche la famiglia Benelli va ad Ostia il primo o il due | va ayke la famikia benelli va ad ostia il pri:mo 0 il duce vanno

30

Capitolo

4

dell’anno, dell'anno,

dove do:ve

mesi messì

dell’anno dellanno

Rossi

va

rossi

Ostia ostia

ad ad

e sta e sta

luglio luXKo

ad

va

stanno stanno stanno stanno

Ostia

ad

tutta tutta

ostia

non

va

ad

Ostia.

nom

va

ad

ostia.

i Benelli î benelli a Roma. a rro:ma.

anche

ayke

e i Rossi? e a rossi? La la

Gli altri Xi altri

signorina sinnori:na

lei il primo

le: il pri:mo

Gherardo Brunotti

mesi messi

E gli altri e AAt altri

l’estate. lesta:te.

Emilia emi:lia

luglio?

No;

lulko?

lei

no; led

Giuseppe Rossi

Il padre del signor Rossi, il signor Giuseppe Rossi, ha

il pa:dre

ottanta = 80 ottantadue =

82

del sin'por

rossi,

il sinlpor

Giuseppe Rossi è vecchio. Un

36

rossi

e wekkjo.

rossi,

a

anni sono molti: il signor anni so:no molti : il sin\nor

ottantadue anni. Ottantadue ottanta\du:e anni. ottanta\du:e

dzuzeppe

d5zuzeppe

un

uomo

wosmo

che ha molti anni

ke

a mmolti anni

Capitolo è vecchio.

e wekkjo.

Una

donna

che

u:na

donna

ke

sso:lo trenta\t{igkwe

Rossi

ha

moglie:

mokte: di

di

e \ddzo:vane, ma mme:no \dz0:vane di su:a

rossi

karlo

tere:za

rossi,

il

sinlpor

padre

Brunotti,

è

brunotti,

e

gerardo

N

vecchio

anche

lui,

ma

meno

vecchio

del

signor

vvekkjo

ayke

lui,

ma

mmeno

vekkjo

del

sin'nor

Giuseppe

Rossi.

Giuseppe

Rossi

ha

ottantadue

anni,

rossi.

dszuzeppe

rossi

a

ottanta'duse

anni,

dzuzeppe

Gherardo

Brunotti

ha

solo

settantatré

anni.

Carlo

gerardo

brunotti

a

sso:lo

settanta\tre

anni.

karlo

e Teresa Rossi sono e tfere:za rossi so:no

giovane

di suo

lddzo:vane di su:o solo

so:lo ma

ma

marito.

è pi E ppju en

ha

quarantadue

anni,

mari:to. lu:i

a

kkwaranta\du:e

anni, le:i

trenta‘tfigkwe.

ddzuzeppe

Teresa Rossi ttere:za rossi

DI

Lui

trentacinque.

Giuseppe

giovani, ma ‘dzo:vani, ma

Rossi

rossi

I padri

i pa:dri è più DI

e ppju

dei

genitori

dei dzenito:ri

vecchio

wekkjo

di

di

-e -e un uomo giovane una donna giovane

il pa:dre

anni.

Gherardo

signor

il

Rossi,

Teresa

kkwarantaldue

a

rossi

karlo

Il

anni.

quarantadue

ha

Rossi

Carlo

dieci venti trenta quaranta cinquanta sessanta settanta ottanta novanta cento

giovane [> vecchio

giovane di sua

Anche Carlo Rossi è giovane, ma meno

agke

è giovane. Di

mmolti anni e \ddzo:vane.

a

nnon

nom

‘dzo:vane,

anni

ha molti

non

giovane,

donna

u:na

e

10 20 30 40 50 60 70 80 90 100

a

rossi

tere:za

donna

una

è

ke

Teresa

è vecchia.

che non

donna

una

vekkja.

la

DI

anni:

donna

Una

vecchia.

a mmolti anni e vvekkja.

e wekkja.

anni:

trentacinque

solo

La

x

non

rossi

tere:za

sinpo:ra

e

non

Rossi

Teresa

signora

è vecchia.

anni

molti

ha

°

IV

sono

sono

Gherardo

gerardo

lei

vecchi,

vekki, Bru-

bru37

Capitolo -10

4

-1

il padre

è'

vecchio

i padri sono

vecchi

il figlio i figli

la primavera

una settimana

ha a

Qual

det

è il più

e il pju due

nonni

duce

nonni

vecchio

e

è

corto

giovane

38

solo

ottanta\duce

anni,

laltro

so:lo

è il più giovane e il pju \ddzo:vane la

dei

il

due

due

signor

nonni?

nonni?

dei

due

è

madre.

dei

duce

e lla ma:dre.

Il

dszuzeppe

meno

il meno

Il più

vecchio

Rossi.

E

il

Giuseppe

dei due genitori? dei du:e d3zenito:ri?

pju

rossi.

wekkjo

qual

e kkwal

La più giovane la pju \ddzo-vane

vecchio

dei

due

nonni

vekkjo

dei

due

nonni

qual è? Il meno vecchio è il signor Gherardo Brunotti. kwal e? il me:no vekkjo e il sinnor gerardo — brunotit.

ESERCIZIO

gennaio febbraio

agosto settembre ottobre novembre dicembre

l’altro

il sin\nor

sabato domenica

aprile maggio giugno luglio

anni,

dei

wekkjo

una stagione lunedì martedì mercoledì giovedì venerdì

marzo

ottantadue

settanta!tre.

dei

un anno l'autunno l'estate un giorno l'inverno un mese un numero

primo pri:mo

settantatré.

kwal PAROLE:

Il il

notti. notti.

A.

vecchio

più vecchio, -a

il più vecchio la più vecchia

meno

vecchio, -a

il meno vecchio la meno vecchia

Il signor Gherardo Brunotti è vecchio, ma il signor Giuseppe Rossi è — vecchio: il signor Gherardo Brunotti è

— — vecchio dei due nonni. Parigi è — — grande città di Francia. Parigi è — grande di Roma. Pia e Pietro

Capitolo

sono piccoli, ma Pietro è — piccolo di Pia: Pietro è — — piccolo dei due. Pia è — — piccola dei quattro bambini, Bruno è — — grande. Il Po è — lungo del Tevere,

il Po

l’Adige

è —

giovani,

ma

Rossi

Carlo

e Teresa

Carlo

del Po.

corto

italiani.

fiumi

dei

lungo



è —

sono

Rossi

di Teresa

giovane

è —

Anche Rossi.

è — — giovane dei due genitori.

Carlo Rossi

IV

lungo tutto

ultimo vecchio comincia dura finisce va vanno al al

agli

ESERCIZIO In un —

—,

—,

ci sono





cembre.

—, > —,> —,9

—, — è un

« Tre»

—} — è —.

dell’anno

dodici —:

3



}

Il —

Il — ~~ >



dagli

B.

gennaio,

—,

mese è I —



dal dai

da

—,

—,

—,

gennaio, l'— è

di-

a dodici

uno

~~ ) ?

—,

sono:

e —. Il primo mese è marzo,

Il —

è febbraio.

il —

è aprile, il — è maggio. Il — e il — sono giugno e luglio, l'— e il — sono agosto e settembre, il — e l'’— sono ottobre e novembre. Il — è dicembre. I mesi hanno — (30) o — (81) giorni. Febbraio ha — (28) o — (29) giorni. In una — ci sono — (7) giorni. I giorni della — L’anno anno

sono: —, —, —, —, —, — —

il —

ci sono —

gennaio (52)

e —

settimane

e —.

il — e —

dicembre. (365)

o —

In

un

(366)

giorni. Ci sono anche quattro —. Le quattro — dell’anno sono: la —, l'’—, l— e ?—. Una stagione — tre mesi. L’anno dura — primo gennaio — trentun dicembre.

I Rossi — ad Ostia il primo luglio e stanno ad Ostia — l'estate. — autunno, —’inverno e — primavera i Rossi stanno a Roma.

dell’ uno

sette otto nove dieci undici

dodici tredici

quattordici quindici

venti ventotto ventinove trenta trentun

trentacinque quarantadue cinquantadue settantatré ottantadue

novanta trecentoses-

santacinque

trecentosessantasei il terzo

il quarto il quinto

39

Capitolo

4

il sesto il settimo Vottavo il nono il decimo

ESERCIZIO

l'undicesimo

il dodicesimo

il ventesimo

Quanti e quali sono i mesi dell’anno? ....

il trentesimo a

Quante

ad ali altri meno più

Qual è il più corto Quanti giorni ha il Quanti giorni sono Quando comincia e

quando:

C.

|

. > e quali sono le stagioni?

....

dei dodici mesi? .... più corto dei mesi? .... tre mesi? .... quando finisce

l’anno?

Dei due nonni, chi è il più vecchio? ....

....

solo .... si? Ros esa Ter e lo Car no han i ann nti Qua di nde gra più quanti anni ha? | Qual è il più giovane dei quattro bambini? ....

40

Capitolo cinque

(5)

Capitolo quinto

(V)

STAGIONI

LE

una casa in un giardino

A Roma, i Rossi a rro:ma,i rossi

stanno stanno

famiglia famikia

Rossi rossi

ha a

Rossi

non

on

Ostia ostia

la la

gran

giardino.

gran di di

Ostia ostia

agosto

agosto

sono sono

dzardi:no.

tutti tutti e

e

I

i

i mesi i messi

settembre.

molti . molti

rossi

ssettembre. alberi. . ‘alberi.

in una casa grande, in u:na ka:sa grande,

in in

casa piccola ka:sa ‘pikkola

una una

non

ma ma

stanno

stanno

dell’anno, dellanno,

ma ma

nella

nella

loro

ad | gran = grande ad | 44434 mesi un uy

lo:ro ka:sa

solo in sso:lo in

luglio, luXdXo,

gran

nel

giardino

gran

dei

dzardi:no

Rossi

ci

dei

rossi

tfi

tutti gli . tutti XKi

.

alberi . Valberi

inin ++ illa =nel = nella

casa

Nel Non non

i dodici mesi

sono so:no

alti: . alti:

albero

alto

albero

basso

41

Capitolo

5

gli alberi più grandi : gli alberi che sono più grandi di tutti gli altri

ci: ad

Ostia

alcuni

alberi

sono

alti,

altri

sono

bassi.

E

la

alku:ni

‘alberî

so:no

alti,

altri

so:no

bassi.

e

lla ka:sa,

è alta

o bassa?

La

casa

è alta,

ma

meno

alta

degli

e alta

o

la

ka:sa



ma

mme:no

alta

dekki

alberi

più

del

giardino

sono

del

dszardi:no

so:no

lalbert

più

bbassa?

alti

pj4

grandi.

pju ggrandi. del

alti

del

casa.

alti

della

ka:sa.

Quando

mmessi. Rwando luglio : i Benelli

rossi,

dai

stanno

e alku:ni

so:no

ad Ostia i Rossi? ad ostia i rossi?

anche

più

agke

pju

Ci stanno tft stanno

tre tre

Ci

vanno

il

primo

vanno

ad

ostia?

Hi

vanno

il

primo

E

i Benelli,

tutta

tutta

Ci tft

primi

dai

sono

Ostia?

a Ostia? a ostia?

stanno

alcuni

ad

e ttfî stanno

vanno vanno

e

vanno

e ci stanno

lukio

alberi

AKi \alberi

Rossi,

mesi stanno me:sì stanno

alta,

gli

tutti

sin\nor

della

Quanti kwanti

Tutti

signor

alti

mesi.

loro

casa,

prismi

l’estate.

lesta:te.

e i

vanno vanno

d'estate desta:te

giorni

di

dzorni

benelli,

anche ayke

luglio

di

ai

lulbo

ai

quando

kwando

loro lo:ro

e ci ettft

primi

primi

di

di

ottobre. otto:bre.

Nel

gran

una

in

rosa

+ i = nei

42

sono

tifi sono

sono

sono

dzardi:no

gran

nel

ci

giardino anche

altri

altri

ayke

della

della

molte

fiori

fjori

molte

nel

nel

casa

ci sono

molti

molti

ka:sa tft so:no

rose.

rosge.

alberi

e

Valber® e

La

rosa

è

fiore.

Ci

la

ro:za

€ um Îfjosre.

ti

giardino?

dzardino?

Si.

si.

un

Nei

ne

giardini

dzardi:ni

Capitolo V d’Italia

ci

sono

molti

Italia, non c’è ita:lia, non tfe non

ci

non

Ci

sono

molti

tft so:no sono

fiori

molti fjo:rt

molte

tft sono

luglio

molto sole, mmolto so:le,

rose

molte

nel

ro:ze

ci

sono

poche

D'inverno

non

non

ci

tfi so:no

gli alberi

hanno

molti

lukto

tft

sono

dimverno

ALI Valberi molte molte

po:ke

anno

foglie. fo4£e.

Ma ma

nei

rose

dzardi:ni.

in

ro:ze

in

rose.

in

No,

lul£o?

Italia.

E

ita:lia.

ddimverno?

primave:ra,

hanno

e ddesta:te

d’inverno gli alberi ddimverno 4Ki ‘alberi

in

d’inverno?

e

d’estate

in

no,

primavera,

im E

luglio?

in

In

ro:ze.

molti fjo:ri.

in in

D'inverno, dimverno,

giardini.

nei

fiori.

non

e quando c’è poco sole e kkwando tfe ppo:ko so:le

dzardi:no

sono

non

dzardi:no

nel

giardino

nel

e dd esta:te.

giardino

nel

c’è solo poca erba. ttfe sso:lo po:ka erba.

e e

ci sono fiori tft so:no fjosrî

d’estate.

C'è più erba tfe ppju erba

giardino. dzardi:no.

dimverno,

ddimverno.

ke

desta:te

e

primave:ra

D'inverno,

d’inverno.

che

d’estate

primavera

nel nel

erba erba

molta molta

c’è anche tfe ayke

in

molti fjo:ri im

dita:lia tfi so:no E e

fiori

anno

non non

anche

agke

anche

agke

hanno anno

molto poco molto molta molti molte poco poca pochi poche

sole erba fiori rose sole erba fiori rose

ad =0O2 7, if

né ne

fiori né foglie.

ffjo-ri ne ffakhe. Quando kwando

ci tft

Ci

più

sono

tft sono

una foglia

sono so:no fiori

più fiori, in pju ffjo:ri, in d’estate.

pju ffjo:ri desta:te.

Però

autunno atitunno ci

sono

o 0

d'estate? ddesta:te?

fiori

pero ttfi so:no fjo:ri

anche

ayke

però = ma

43

Capitolo

5

in

autunno.

in

attunno.

C’é

molta

erba

d’inverno?

No,

d’inverno

tfe mmolta

erba

dimverno?

no,

dimverno

c'è poca erba. C'è poco sole in luglio, in Italia? No, tf e ppo:ka erba. tf e ppo:ko so:le in lukXo, in ita:lia? no,

in in

luglio lulko

L’erba

c'è molto sole in tfe mmolto so:le in

è verde,

lerba

e in

e vverde,

Italia. ita:lia.

primavera

e d’estate

e im primave:ra

anche

e ddesta:te

agke

le

le

foglie

degli

alberi

sono

verdi.

Ma

in

autunno,

nel

fokke

delki

‘alberi

so:no

verdi.

ma

in

attunno,

nel

mese

messe

di

di

novembre,

novembre,

le

foglie

degli

le foXCe

delki

alberi

non

Valberi

sono

non

so:no

verdi.

Però

l’erba

è

verde

anche

in

autunno

e

verdi.

pe'ro

erba

e

werde

ayke

in

attunno

e

d'inverno.

L’erba

è

verde

tutto

l’anno.

Il

verde

è

dd imverno.

lerba



vverde

tutto

lanno.

il

verde



il colore

il kolo:re

dell’erba

dell'erba

ed

è

anche

il kolo:re

ayke

e

ed

il colore

e d'estate.

in primavera

delle

foglie

fokke

delle

sono

I fiori non

degli

alberi

verdi.

Di

verdi.

di

altri

colori.

Ci

fiori

di

tutti

i

colori.

In

che

altri

kolo:ri.

tfi so:no fjo:ri

di

tutti

i kolo:ri.

ig

ke

stagione

stadzo:ne

verdi

verdi

in

im

che

ke

sono

sono

I

sono?

colore

le

verdi

le

verdi

primavera

primavera

e

fiori

I fjo:ri

kkolo:re so:no? sono

so:no

e ddesta:te. t fjo:ri non

deXAi \alberi im primave:ra

foglie

fokke

d'estate.

e ddesta:te.

sono

di

molti

so:no

di

molti

alberi?

degli

‘albert?

de4ki In

ig

che

ke

Sono

stagione

stadzo:ne

so:no

ci

ti

Capitolo V sono

rose

nel

giardino?

Ci

so:no ro:ze

nel

dzardi:no?

tfi so:no

sono

delle

ro:ze im

e

vesra

e ddesta:te.

vera

ci

sono

molte

rose.

Ci

sono

molte

vecra tft

so:no

molte

ro:ze.

tft

so:no

molte

ultime \ultime

d’estate.

rose

vera

Nelle

ultime

settimane

nelle

‘ultime

settima:ne

l’anno,

ma

lanno,

solo

ma

in

sso:lo

primavera

im

e

settimane

dell’autunno.

prisme

settima:ne

dell atitunno.

prima-

dalle | da + le= dalle

rose

dalle

ro:ze

setti- | a + le= alle setti degli

tutto tutto

verdi verdi e

nelle

E Verba,

è verde

tutto

e

€ vverde

tutto

primave:ra

prime

prima- | in + le = nelle

della

sono so:no

non nnon

Però pelro

verdi. verdi.

Sono so:no

alberi? lalberi?

d'estate

e

ddesta:te erba,

e

nnelle

l’anno?

Sì, è verde tutto l’anno. Però,

d’inverno,

non

Janno?

si,

ddimverno,

non

e

vverde

agke

glie

te

delle

delle

Gli ‘i

le rose hanno

le

ro:ze

anno

le

rose.

anche

agke

rose?

ro:ze? alberi ‘alberi

lanno.

D’inverno È dimverno

c'è molta erba. ife mmolta erba. Anche

tutto

le rosge. Sono

so:no

hanno anno

pero,

delle fokKe?

E

di

e ddi

verdi,

verdi,

molti molti

non c’è non ci sono non c'è erba

c’è poca erba. tf e ppo:ka erba.

delle foglie? che

ke

come

ko:me

rami. ra:mi.

Sì, hanno

si,

sono

kkolo:re so:no foglie

lle fokke Su su

delle fo-

anno

colore

le

| — © SONO Tose

le folLe dekki

so:no

kkolo:re

ke

di

dellesta:te.

maine

della

le foglie

sono

colore

che

Di

dell’estate.

mane

prima-

alle prime alle pri:me

primavera primave:ra

della della

settimane settima:ne

prima- | ci sono delle rose

in

delle

ci sono fiori

delle fok-

le

le

degli

dekKi

molti mmolti

non

foglie

fokke

alberi.

‘alberi.

rami, ra:mi,

in im

un ramo 45

Capitolo

5

ci sono dei fiori = ci sono fiori

dei fiori delle rose

primavera,

ci

sono

primave:ra,

tft so:no

sui

di

molti

dei fjo:ri.

e

ssui

ra:mi

di

molti

sono

molti

frutti

tft sono

molti

frutti

dei frutti. La

mela

e

desta:te

e

in

attunno.

la

mela

e um frutto.

la pera

è un

pesra

e um

pere

molte

frutto.

°

frutto.

e mmolte

agosto

e

e

settembre.

agosto

e

settembre.

Un un

altro altro

rossi tft so:no

è

un

frutto

frutto

di

Anche

la

pera

è

un

frutto

di

la

ayke

DI

mela

© um

DI

la pera

frutto frutto

italiano italia:no

e um

Le

è la ciliegia. Di e Natfilje:dza. di

rose

sono

rose

sono

rosse.

Molte

rose

rosge

somo

rosse.

molte

ro:ze

frutto

di

di

ciliege

sono

rosse.

rosse,

rosse,

Il giallo

il dzallo

come

le

Anche

rosse.

ciliege.

Però

molte

non

tutte

sono

gialle,

come

i

so:no

dzalle,

ko:me

1

Il verde,

il

dei

dei

e il kolo:re

molte

apke

ko:me lle tfilje:dze. pelro

è il colore

che colore ke kkolo:re

limoni.

limo:ni.

nnon

il

tutte

verde,

le

le

il

rosso,

il

giallo

sono

colori.

I

Rossi

hanno

molte

rosso,

il

dzallo

sono

kolo:ri.

i

rossi

anno

molte

rose

rosse

e

ro:sze

46

dei

ci sono

mela

tutti i fiori tutte le rose

limo:ni.

Rossi

La

le tfilje:dze? le tfilje:dze so:no

limoni.

agke

ssettembre.

le ciliege?

ro:ze so:no

Anche

mele.

sono

so:no

frutto.

dei

dzardi:no

me:le.

ssettembre.

un

giardino

nel

e molte

pesre

e

Nel

una ciliegia due ciliege

limone

°

autunno.

agosto

un

Ci

frutti.

dei

in

agosto

delle ciliege

rami

e

molte una pera

sui

d’estate

la una mela

E

ayke

lalberi tfî sono

su-+i=

fiori.

anche

ci sono

alberi

dei

rosse

molte

e mmolte

rose

ro:ze

gialle.

dzalle.

Nel

nel

giardino

dzardi:no

dei

dei

Capitolo V

Rossi

non

rossi

non tfi so:no

limo:ni. tfi so:no

frutti,

ma

limoni

no.

frutti,

ma

VWimo:ni

ci

aranci

le

stagioni.

in

tutte

le

stadzo:ni.

negli

nekki

altri pale:zi

in

tutti

i paesi

dell’Europa.

e

în

arantfi

tutti

Cosa

i pale:zi

limoni limo:ni

sono

limoni

tfi sono

limoni

dei limoni degli aranci delle mele

Ci

delletro:pa?

Si,

ma

non

si,

ma

nnon

degli alberi in primavera?

\albert im primave:ra?

ko:sa tf e ssui ra:mi dekki E ci sono

dei fjo:ri. e ttfi so:no

foglie;

anche

delle

ayke

delle fo4e;

Ai

tft so:no

ci sono

molti

so:no

molti

tft

anno

‘albert

delle fokXe

dalla

primavera all’autunno; dall’inverno alla primavera non primave:ra all atitunno; dallimverno alla primave:ra non ci sono



ci sono

molti

tfi so:no

foglie

ne ffakke

tft sono molti

frutti



ne

frutti

sugli

ffrutti suXki

sugli

in + gli = negli

Ci sono

fiori e molte foglie. Gli alberi hanno delle foglie dalla

Fjo:ri e mmolte fokke.

arancio

dell’Europa = d’Europa

dell euiro:pa.

c’è sui rami

dei fiori.

dei dei

un

arantfi.

de4ki

dell'Europa?

paesi

altri

aranci.

ayke

tutte

aranci

e dd



degli

anche

in

e

e ddeXKi arantfi

e di

di Sicilia

In Sicilia, ci sono în sitfi:la, tft so:no

degli



ma nnell'iszola di sitfi:lia

sono

e

ed altri

ro:ma

di

nell'isola

e ftfi sono

frutto. frutto.

è un e um

L’arancio l arantfo

DI

ed altri

di Roma

Ma

limo:ni.

e ci

pere

me:le, pe:re

dzardi:ni

limoni.

limo:ni,

molti

tfi so:no

mele,

giardini

nei

no.

limoni,

molti

Ci sono

Nei

po:ki

— tft so:no

sono

limoni.

pochi

ci sono

Ostia —

ostia

ci sono

alberi.

frutti suXXi \alberi.

alberi.

Ma

ma

dad esta:te

che

mesi

ci sono

V\alberi.

In

ig

d’estate

da + l = dall’ da + la = dalla

a+l=all a+la=alla

su + gli = sugli

ke mmez:si tfi so:no

47

Capitolo

5

delle pere in Italia? Ci sono in agosto e in settembre. delle pe:re in ita:lia? tft so:no in agosto e in settembre. In che stagione ci sono degli aranci in Italia? Ci sono

ig

ke stadzo:ne tft so:no deXXi arantfi in ita:lia? tfi sono

d’estate

e in autunno,

desta:te

e

e in

e in

primavera.

tm

primave:ra.

attunno,

ma

in Sicilia

ma

in

sitfi:lia

ESERCIZIO un limone

PAROLE:

anche

ayke

d’inverno

d imverno

A.

un arancio

dei limoni degli aranci

una pera

delle pere

un albero un arancio una casa

Nel giardino del signor Rossi, d’estate, ci sono —

fiori

rose gialle

e —

rose

i Rossi

nel

loro

un colore Verba un fiore

giardino?

un frutto

hanno — foglie gli alberi? Hanno — foglie dalla prima-

una ciliegia, -ge

una foglia, -ie un giardino

un limone una mela una pera un ramo una rosa il sole alto basso rosso

giallo

48

di tutti i colori. I Rossi hanno — che

In

rosse.

frutti)

da luglio

ciliege.

Hanno

(— mele, —

frutti



Hanno

a ottobre. —

aranci

frutti



hanno

mesi

I Rossi e

hanno

limoni?



pere e No.

anche

altri —

Quando

vera all'autunno. del

nel

al

dal

dell’

nell’

all’

dall’

dei

nei

ai

dai

degli

negli

agli

dagli

della

nella

alla

dalla

delle

nelle

alle

dalle

Capitolo

Carlo è il nome

Rossi



è Teresa.

signor

I nomi



Rossi.

Il nome

bambini



sono

signora | gran

Bruno

e

Pietro, e i nomi — bambine sono Pia e Maria. L’Italia è la patria — italiani. La prima stagione — anno è la primavera. L’anno dura — primo gennaio — trentun dicembre.

I Rossi di

ultimi



luglio

stanno

ad

Ostia



o —

settembre

primi primi

V

moto, ca

patti verde

“lla

giorni di | alle dal, di ottobre.

— giardino del signor Rossi ci sono molti fiori. I Rossi | dalle

hanno delle rose — ultime settimane — primavera | nel — prime settimane — estate. ossi non stanno — | negli tti tate. I Rossi t ee loro casa di Ostia tutto l’anno. — giardini di Roma | nella

ci sono pochi limoni. — isola di Capri ci sono molti limoni d’estate. Anche — altri paesi — Europa

non

in Italia, ma

come

limoni,

ci sono | sui

sugli.

in tutti.

alcuni altri che cl come

loro

ESERCIZIO B. La — dei Rossi ad Ostia è in un gran —. I Rossi non —

stanno



i mesi

dell’anno,

ma

nee

solo

nei

mesi

pero quando

del- | dei fiori

l’estate. Nel giardino ci sono molti —, alcuni sono più | degli aranci delle foglie I Rossi h dell più Itri dell — della casa, altri più — della casa. ossi hanno | molta erba molte — rosse e gialle e molti altri —. Nel giardino | più erba

c'è anche molta —. D'inverno, non c'è — sole. E quando

x c’è —

sole, non

x c’è molta

sole, ma — | POCA erba

erba. D'estate,

tutti i mesi

gli alberi hanno molte— verdi, ma in autunno le — degli alberi non sono verdi. I limoni non sono verdi, ma —, e le ciliege sono —. Molte rose sono gialle, — i limoni, altre

sono

ci sono la —e

rosse,

dei —.

come

le —.

Il limone

è un



molti

—.

Altri

rami,



d’estate,

sono

l'—,

la —.

49

Capitolo

5

ESERCIZIO Quanti

mesi

stanno

ad

Ostia

C.

i Rossi?

....

Tutti gli alberi sono più alti della casa? Cos'è la rosa? ....

....

Cosa sono la pera e la mela? .... C’è più erba d’estate o d’inverno? .... Di

che

Quando

colore ci sono

sono

l’erba,

i limoni,

le ciliege?

delle rose nel giardino?

....

Ci sono dei limoni in tutti i paesi dell'Europa?

50

....

....

Capitolo

sei

(6)

Capitolo

la notte

il giorno

e la notte durano

.

il dzorno

e lla notte

la notte la notte

dura dura

(VI)

E NOTTE

GIORNO

Il giorno

sesto

‘du:rano

ventiquattr’ore.

D’inverno,

venti\kwattr o:re.

dimverno,

.

.

| ventiquattr =

ventiquattro = 24

a

ventiquattr

+

meno | © °> 1 9 1 me:no

più di dodici ore, d’estate dura pju ddi ‘do:ditfi o:re, desta:te du:ra

di dodici ore. Il giorno dura più di dodici ore d’estate di\do:dit{t o:re. il dzorno du:ra pju ddi \do:ditfi o:re d esta:te

e meno di dodici ore . «, pe e mme:no di \do:ditfi o:re

d'inverno. . dimverno.

Due duce

all’anno, | all'anno : in un anno all anno,

volte volte

il giorno non è né più lungo né più corto della notte: il dzorno non € nne ppju Uuygo ne ppjukkorto della notte : dI

,

la prima

volta

è il ventun

marzo

la prisma

volta

e il

martso e la

ven\tum

e la seconda

sekonda

volta

volta

è il ventitré

settembre.

Il ventun

marzo

e il ventitré

e il

ssettembre.

il

martso

e

.

.

ventiltre

settembre ssettembre

il giorno il dzorno

dura du:ra

.

ven\tum

quanto la notte, kwanto la notte,

.

il

.

venti'tre

| ventun = 21

ventitré = 23

né piu né ne ppju nne

meno. Mme

no.

ol

Capitolo

6

c’è nel cielo,

Cosa

di giorno?

ko:sa tf e nnel tfe:lo, di dzorno? il sole.

E

di

tl so:le.

e

ddi notte,

cielo

notte,

ci sono

cielo

luna

nel tfe:lo

Di

notte,

nel

ko:sa

tfennel tfe:lo?

di

notte,

nel

=

%

minuto

minuto

mezz’ora = mezza ora

un quarto = %

nel

le stelle.

e lle stelle.

anche

ayke

Alcune

volte,

c’è

la

alku:ne

volte, tfe Ha

di giorno,

e altre

volte

non

c’è

di

e

volte

non

tle

dzorno,

ci sono

ddi notte. ma lle stelle

mezzo

nel tfe:lo tfe

dzorno, cielo?

le stelle

Ma

di notte.

di

c’è

tfe:lo tft so:no la luna nel

c’è

nel

cosa

la luna e

luna

cielo

Di giorno,

altre

di notte.

solo

tft so:no so:lo di

notte.

Un'ora

dura

sessanta

minuti

e un minuto

dura

sessanta

un o:ra

ducra

sessanta

minu:ti

e um

minu:to

du:ra

sessanta

trenta

secondi.

Trenta

secondi

sono

mezzo

minuto

e

sekondi.

trenta

sekondi

so:no

meddzo

minuto

e ttrenta

minuti

sono

mezz’ora.

Quindici

minuti

sono

un

minu:ti

so:no

meddzg o:ra.

‘kwinditfi

minu:ti

sono

wy

quarto

d’ora.

kwarto

do:ra.

Quante

ore

dura

il

giorno

il

ventun

kwante

o:re

dura

il dzorno

il

ven‘tum

marzo? Il ventun marzo, il giorno dura quanto la notte:

martso? il ven\tum martso,

dura : dura giorno

il

il dzorno du:ra

kwanto la notte :

dodici ore. E quanto dura il ventitré settembre? Anche Ido:ditfi o:re. e kkwanto du:ra il ventiltre ssettembre? ake il ventitré settembre dura quanto la notte, cioè: dodici

il ventiltre

ssettembre

du:ra

kwanto

la notte, tole: \do:ditft

Ore. O:re.

Il giorno il dzorno 92

più pju

lungo luggo

dell’anno dell'anno

è il ventun e il ven\tun

giugno. dzuppo.

Il il

Capitolo

ventun

venttun

giugno

dzunno

più lungo della notte.

il giorno è molto I

e mmolto pju

il dzorno

il

notte

la

ditfembre

ven\tun

notte

la

dicembre

è molto I

notte.

della

Ùuygo

dicembre. ditfembre.

E il giorno più corto dell’anno è il ventun e il dzorno pju kkorto dell'anno e il ven\tun Il ventun

VI

del

lunga

più

del

luyga

e mmolto piu

giorno.

dzorno.

dura

una

mezz’ora?

Una

dura

mezz'ora

Quanti

minuti

kwanti

minu:ti du:ra una meddz o:ra? una meddz o:ra du:ra

trenta

minuti.

Quanti

quarti

d’ora

ci sono

in un'ora?

trenta

minuti.

kwanti

kwarti

do:ra tfî so:no în

un o:ra?

Quattro.

Un

quarto

d’ora

dura

quindici

minuti,

e

kwattro.

ug

kwarto

do:ra

dura

‘Qkvinditfi

minu:ti,

e

un’ora

dura

sessanta

minuti.

Un

minuto

è

la

sessan-

un o:ra

ducra

sessanta

minu:ti.

um

minuto

€ lla

sessan-

tesima

parte

di

un'ora,

la

trentesima

parte

di

terzima parte

di

uno:ra,

la

tren‘te:zima

parte

di una |

una

mezz'ora e la quindicesima parte di un quarto d’ora. meddz ora e la kwindiltfe:zima parte di up kwarto do:ra.

sessantesimo =

entesimo = 30°

quindicesimo =

-esimo

undicesimo dodicesimo tredicesimo

ventesimo trentesimo quarantesimo

il sole spunta la mattina

il sole tramonta la sera

centesimo millesimo

03

Capitolo

6

La prima

la

parte del giorno

prisma parte

tima

parte

tima

parte

del

del

del

si chiama

dzorno

si

kja:ma

quando

spunta

kwando

spunta

1 \ul-

si chiama

«sera».

La

mattina,

dzorno

si kja:ma

«sera».

la

matti:na,

La mattina comincia la matti:na komintfa

il sole e dura

fino

a mezzogiorno.

La

il so:le e ddu:ra fi:no a mmeddzo\dzorno.

la

seconda parte del giorno è il pomeriggio.

Il pomeriggio

sekonda

il pomeriddzo

parte

comincia

del dzorno

e il pomeriddzo.

a mezzogiorno

kRomintfa

e dura

fino

alla

a mmeddzo!dzorno e dducra fisno

parte

l’ultima

mezzogiorno

« matti:na».

giorno

il sole spunta, e la sera, tramonta. il so:le spunta, e Ma se:ra, tramonta.

spunta tramonta

« mattina ». L’ul-

WNultima parte

La

giorno.

del

la

del dzorno.

sera,

alla secra,



kwando

komintfa

sesra

ke

è

quando

comincia

sera

che

finisce il pomeriggio e finisce quando comincia la notte,

finiffe

il pomeriddzo

fine = ultima

cioè: dura

principio =

notte. notte.

parte

prima

principio +

fine

E la notte e Wa notte

finisce

ffiniffe fine

go | fisne

)

(Q

un orologio 94

del

comincia

kwando

komintfa

della

sera

al printfi:pio

quando kwando

la mattina,

se:ra al prinifi:pio

della

della

della

della

finisce la sera e . fmiffe la sera e

la mattina,

al principio

la notte,

al principio

pomeriddzo

comincia . komintfa

quando

della

komintfa

dalla fine del pomeriggio

tfole: dura dalla fine

parte

I

e ffiniffe kwando

cioè:

dura

tfole : dura

dalla

dalla

mattina.

mattina.

Nella sua casa di Roma, il signor Rossi ha un grande a ug grande rossi nella su:a ka:sa di ro:ma, il sin\nor orologio.

orolo:dzo.

L’orologio

| orolo:dz0

del

signor

del sin\nor

Rossi

rossi

ha

a

due

lancette:

ddu:e lantfette:

Capitolo lunga

é la lancetta

dei

kwella

lugga

ela

lantfetta

dei

ore.

La

DI

delle

lantfetta

la

e

korta

e kkwella

delle

lancetta

la

è

corta

quella

e

minu:ti

Quella

e u:na korta.

una lugga minuti

corta.

e una

lunga

una

o:re.

la

lancetta delle ore segna le ore, quella dei minuti segna lantfetta delle o:re senna le o:re, kwella dei minu:ti senna i minuti.

i minu:ti.

Le

ore del giorno

le

o:re

del

mezzogiorno

le due

lancette dell’orologio

le

lantfette cioè:

l’una,

so:no:

lu:na,

le sei, le sette, le le scsi, le sette, le

le cinque, le tfiykwe,

Ido:ditfi sì \kja:mano meddzo\dzorno

le dodici,

sono:

le dieci, le undici e le dodici. Le ore le dje:tfi, le ‘unditfi e Ne do:ditfi. le ore

dodici si chiamano

duce

notte

e ddella

dzorno

le due, le tre, le quattro, le duce, le tre, le kwattro,

otto, le nove, otto, le move,

e della notte

o mezzanotte.

Quando

0 mmeddza\notte. kwando

sono

sulla

cifra

12, sono

dell'orolo:dz0 so:no sulla tfi:fra \do:dit{i, so:no è mezzogiorno

o mezzanotte.

Quando

cifra

lancetta

hi

la

lancetta

dei

minuti

è

la

Jantfetta

dei

minu:ti

e ssulla tfi:fra \do:ditft e la lantfetta

delle

ore

e

delle

o:re e ssulla tfi:fra se:i, so:no

DI

sulla

cifra

6,

sono

le

12

sei.

le sei.

e

la

gran giardino grande orologio

quella lunga : la lancetta lunga quella corta : lancetta corta

la

quella dei minuti la lancetta dei minuti Yuna

: l’ora

una

le due : le ore due

le tre

: le ore tre

mezzogiorno = le 12 mezzanotte le 24

=

su + la = sulla ‘tre’

è un

‘3’ è una

numero cifra

kwando

le \do:ditfi, tfole : e mmeddzo\dzorno 0 mmeddza\notte. sulla

VI

Che

ore

sono

ke

o:re

so:no

quando la lancetta dei minuti è sulla cifra 12 e quella

kwando

la lantfetta dei minu:ti e ssulla tfi:fra \do:ditfi e kkwella

delle

ore

sulla

cifra

3?

Sono

le

tre.

Che

ore

sono

delle

o:re sulla tfi:fra tre?

so:no

le

tre.

ke

ore

so:no

quando la lancetta dei minuti è sulla cifra 6 e quella kwando la lantfetta dei minu:ti e ssulla t(i:fra sesi e kkwella 90

:

Capitolo

6

delle ore è fra la cifra 3 e la cifra 4? Sono le tre e delle o:re e ffra Na tfi:fra tre e Ma tfi:fra kwattro? so:no le tre e la lancetta dei minuti è sulla cifra 6

E quando

mezzo.

mmeddzo.e kkwando la lantfetta dei minu:ti e ssulla tfi:fra seci delle la lancetta ore è fra

la cifra 3 e la cifra 4

e kkwella delle o:re e ffra lla tfi:fra kwattro e lla tfi:fra tfiykwe,

sono

le

so:no

La

prima di ——+

dopo

5,

la cifra

e

4

e quella delle ore è fra la cifra quattro

le

e mezzo.

kwattro

prima

e mmeddzo.

stagione

dell’anno

dell'anno

è la primavera.

Dopo

e lla primave:ra.

la prisma

stadzo:ne

primavera

c’è l’estate e dopo l’estate l'autunno. Prima

primave:ra tf e Îesta:te e ddo:po lesta:te dell'autunno

dell auitunno

do:po

la

latitunno.

la

pri:ma

dell’estate c’è la pri-

c’è l’estate e prima

tfe Îesta:te e ppri:ma dellesta:te

tf e Ha pri-

mavera.

E prima

della primavera?

C’è l’inverno.

mave:ra.

e ppri:ma della primave:ra?

tf e Uimverno.

Il giorno dopo mercoledì si chiama giovedì. E il giorno

il dzorno do:po

dopo lunedì

merkole\di ssi kja:ma dzove\di.

come

si chiama?

do:po

lunedi kko:me ssi kja:ma?

come

si chiama

kko:me ssi

kja:ma

il giorno

il dzorno

Si chiama

dopo

si

do:po

kja:ma

venerdì?

venerdi?

e il dzorno

martedì. martedi. Si

si

E e

chiama

kja:ma

sabato. Come si chiama il giorno prima della domenica?

\sa:bato. ko:me ssi kja:ma il dzorno prisma della do\me:nika? della domenica

Il giorno prima

il dzorno giorno

dzorno 96

della

prisma

prima

prisma

di

di

si chiama

do\me:nika si kja:ma

giovedì

come

si chiama?

dzove\di kko:me ssi kja:ma?

sabato. E il

‘sa:bato. Si

si

e il

chiama

kja:ma

Capitolo

e

il

il

giorno

ore sono

un

quarto

E

mercoledì.

merkoleldi.

Che

o:re so:no

ke

d’ora

quarto

do:ra

kwarto

dopo?

si

kja:ma

venerdi. Un

uy

do:po meddzo\dzorno?

do:ra

ug kwarto

venerdì.

mezzogiorno?

dopo

d’ora

un

e

è mezzogiorno

mezzogiorno

DI

d’ora do:ra

E mezzogiorno e mezzo. Che ora è un quarto € mmeddzo\dzorno e mmeddzo. ke o:ra € ug kwarto DI

prima

di mezzanotte?

E mezzanotte

meno

un

quarto.

prisma

di meddza\notte?

e mmeddza\notte me:no

ug

kwarto.

mezz’ora

.

e mmeddz o:ra prisma Che

mezzo.

mmeddzo.

mezzanotte

sono

le

undici

di meddzalnotte

so:no

le

‘unditfi

di

prima

a

ore sono

.

dopo

dieci minuti

ke o:re so:no dje:tfi minu:ti do:po

.

le due?

e un

è? | che ora è? = che ore sono? €?

ora o:ra

che ke

mezzogiorno meddzo\dzorno

_

E

mezzogiorno quarto

e mmeddzo\dzorno e uy

do:po meddzodzorno

E mezz'ora dopo e mméddzo:ra do:po

quarto. kwarto.

chiama

do:po?

dzorno

dopo

Si

VI

pe

e

e

mezzanotte meno un quarto

Dieci

le duce? dje:tfi

minuti dopo le due sono le due e dieci. E dieci minuti

minu:ti do:po

le duce sono

prima

delle

due

venti

minuti

dopo

l'una?

Venti

minuti

minu:ti

do:po

lu:na?

venti

minu:ti

prisma vventi

Yuna

delle

duce

sono

so:no

le duce e ddje:tfi. e ddje:t{t minu:ti le due

meno

le du:e me:no

e venti. Dieci minuti

dieci.

Che

ora

e

dopo

l'una

e

do:po

luna

E

dje:tfi. ke

o:ra

DI

€ I

dopo l’una e venti è l’una

Il usna e vventi. dje:tfi minu:ti do:po

lu:na e venti e ll u:na

e mezzo. Dieci minuti dopo l’una e mezzo sono le due emmeddzo. dje:tfi minu:ti do:po luna e mmeddzo so:no le duce meno

venti.

meno

Venti.

le due

meno

dieci

ol

Capitolo

6

Ieri

era

il 14

jeri e:sra il Domani

domani

lunedì. Uune\di.

ieri era il 14

oggi è il 15

domani

sarà

il 16

data

(quattordici)

febbraio.

Ieri

febbra:jo.

je:ri e:ra \sa:bato.

kwaMtorditfi

sarà

il

16

salra il

(sedici)

febbraio.

Vse:ditfi

E

il 15

dda:ta e? e

(quindici)

il

sabato.

doma:ni

sarà

sa\ra

è domenica. E che e ddo\me:nika. e kke

febbraio.

‘Qkwinditfi

era

Domani

febbra:jo.

Che giorno è oggi? Oggi ke ddzorno e oddzi? oddzi

è?

Oggi è domenica. oddzi e ddo\me:nika.

febbraio. febbra:jo.

è il 15 (quindici) ‘kwinditfi e il

Oggi oddzi

febbra:jo.

E

domani,

che

e ddoma:ni,

ke

giorno

sarà?

Domani

sarà

lunedì

E

che

data

ddzorno

sa'ra?

doma:ni

satra

Uunedi.

e

kke

dda:ta

sara? Sarà il 16 (sedici) febbraio. Ieri, che giorno era?

‘sesditfi

salra? sara il

febbra:jo. je:ri,

ke ddzorno

e:ra?

Ieri era sabato. E che data era? Era il 14 (quattordici)

je:ri esra \sa:bato. e kke dda:ta e:ra? e:ra i!

kwatltorditfi

febbraio.

febbra:jo.

Dove

do:ve

il bambino era i bambini erano

sarà saranno i bambini

sso.no î bambi:ni

Rossi

oggi?

rossi

oddzi?

Oggi

sono

a casa.

oddzi so:no a kka:sa.

sarà

saranno

mari:a e ppje:tro

le:rano a kka:sa agke je:ri? no, je:sri bruno,

non

erano

a casa.

non

‘e:rano

a kka:sa.

No; domani

no;

doma:ni

Domenica, do\me:nika,

08

i bambini

Erano a casa anche ieri? No, ieri Bruno, Maria e Pietro

era erano

il bambino

sono

E

domani?

Saranno

e ddoma:ni?

saranno

a casa

domani?

a kka:sa doma:ni?

Bruno, Maria e Pietro non saranno a

bruno, tutti tutti

marisa e ppje:tro non

i bambini i bambi:ni

casa.

saranno a kKa:sa.

sono a casa, so:no akka:sa,

ma gli ma Ki

altri altri

Capitolo

VI

giorni della settimana, Bruno, Maria e Pietro non sono

dzorni

a

della

settima:na, a

sono

casa:

bruno,

scuola.

Erano

a

scuola.

C’erano

tutti,

a

domani,

E

casa.

a kka:sa. e ddoma:ni,

ieri?

Si,

ieri

a

scuola?

No,

Pia

era

si, jesri

no, pisa e:ra

dove

saranno

i bambini?

Anche

dove

ssaranno

i bambi:ni?

ayke

Maria marisa

Bruno, bruno,

domani, doma:ni,

scuola

a skwo:la?

tf ‘e:rano tutti,

lesrano a skwo:la.

a

a skwo:la je:ri?

\e:rano

a kka:sa: so:no a skwo:la. erano

marisa e ppje:tro non so:no

Ma ma

a scuola. a skwo:la.

e Pietro saranno e ppje:tro saranno

la scuola

Pia no; non sarà a scuola. Lei sarà a casa, come gli ppisa no; non salra a skwo:la. lesi salra a kka:sa, ko:me KKi altri giorni.

altri dzornt. In Italia, tutti i bambini in ita:lia, tutti i bambi:ni

anni

agli

undici

o dodici

vanno

a scuola dai sei o sette

vanno

a skwo:la dai se:i 0 ssette

anni.

Pia,

anni ali \unditfi oddo:ditfi anni. pisa,

sei

anni,

ses anni,

non

va

nom

dieci anni,

ancora

va

a scuola,

che

ha

meno

di

ke

a

mme:no

di

ma

ayko:ra a skwo:la,

Pietro,

che

ha

ma ppje:tro,

ke

a

più

di

va a scuola.

Maria

e Bruno

hanno

ddje:tfi anni, va a skwo:la.

marisa

e bbru:no

anno

dodici

anni,

ma

vanno

ancora

a

Ido:ditfi anni,

ma

vvanno

ayko:ra

a skwo:la.

molti bambini, molti bambi:ni, dodici anni. Ido:ditfi anni.

ma ma

Fino fi:no

scuola.

pju ddi

Nelle

città,

nelle

tfitlta,

non nnon

tutti, tutti,

vanno vanno

a scuola a skwo:la

dopo do:po

i i

a che a kke

età elta

vanno vvanno

a scuola a skwo:la

dopo do:po

i i

Che età ha Pietro? = Quanti anni Pietro?

ha

99

Capitolo

6

dodici anni? Alcuni vanno a scuola fino all’età di quat-

Ido:ditfi anni? alku:ni

diciassette = diciott’

=

17

diciotto

diciotto =

18

tordici

e altri

vanno

fino

all’età

Itorditfi e altri fino

Però

a skwo:la fino all e\ta ddi kwat-

stanno

: a casa : sono

dopo i diciott’anni non vanno

più a scuola.

vanno

pju

della

mattina

vanno

a

scuola

i bambini?

a

kke

o:ra

della

matti:na

vanno

a

skwocla

i

otto.

Alle

otto

meno

un

quarto

otto.

alle

otto

me:no

ug

kwarto

Vanno

a scuola

vanno

alle

a skwo:la alle

bambi:ni?

sono

ancora

in

casa,

ma

alle

otto

e

un

quarto

non

so:no

ayko:ra

ig ka:sa,

ma

alle

otto

e uy

kwarto

non

sono più in casa. La domenica,

stanno

in casa tutto il

so:no pju

stanno

ig ka:sa tutto il

iy ka:sa. la do\me:nika,

giorno

i bambini?

No,

non

ci stanno

tutto

il giorno.

dzorno

i bambi:ni?

no,

non

tfi

tutto

il

al

parco

con

la

mamma.

Il

al

parko

kon

la

mamma.

il

vanno

pomeriggio

pomeriddzo

vanno

parco

è un gran giardino

parko

e ug gran fiori.

e molti

e mmolti fjo:rî.

quello quelli

parko.

stanno

con molti

erba

‘alberi,

molta

erba

ci sono

molti

bambini

al

do\me:nika, tfi sono

molti

bambi:ni

al

d3zardi:no kom molti

La

la

domenica,

gli altri giorni, ci sono solo bambini

piccoli

ma KXi altri dzorni, tfi so:no so:lo bambi:ni ‘pikkoli

stanno staranno

come

Pia, cioè: quelli che non vanno

ko:me ppisa, tfole: kwelli

oggi ci stanno domani ci staranno

Oggi,

nel

oddzi,

dzorno.

alberi, molta

I

parco. Ma

60

a skwo:la.

ora

quelli che : i bambini che quella quelle

nom

0 dditfott anni.

che

nel

al parco = nel parco

o diciott’anni.

A

Nel

il parco

diciassette

alle\ta ddi ditfas\sette

petro ddo:po i di'tfott anni

in casa

di

pomeriggio,

nel pomeriddzo,

ke nnom

vanno

ancora

a scuola.

apko:ra a skwo:la.

i quattro

bambini

non

saranno

i kwattro

bambi:ni

non

saranno

Capitolo

ma

a casa,

a kka:sa, ma

staranno fino alle sei del pomeriggio.

staranno

al parco

al parko

sei. Va

pomeriddzo.

alle sect del

fisno

va

No,

va

no,

kom marisa?

ses. va al parko

tfi

staranno?

pisa sta'ra

ayke

il bambino

starà i bambini staranno

Pia stara

Anche

staranno

ci

ci

lei tfi sta\ra fino alle

ayke

Maria?

con

al parco

starà

lei ci stara fino alle

fino alle sei? Si, anche

fino alle sei? si,

Ci

ci staranno?

a kke o:ra tfî

fino

al parko.

ora

a che

Fino

al parco.

VI

al parco

al parko

con

la

kon

la

mamma. Mamma.

Domani

doma:ni

mattina,

Bruno,

Maria

e Pietro

staranno

in

bru:no,

marisa

e ppje:tro

staranno

iy

fino

alle

matti:na,

n

casa

solo

tre ddel pomeriddzo.

mesi

messi

ma al parko.

Dai mesi

dai

sarà più

non salra ppju

di aprile o maggio

ai

me:si di apri:le 0 mmaddzo ai

o novembre

o nnovembre

di otto:bre

kwarto

tre e uy

alle

al parco.

di ottobre

in casa

Alle tre e un quarto non

tre del pomeriggio.

ty ka:sa,

starà

otto. ma ppisa stalra ig ka:sa ficno alle

ka:sa so:lo fi:no alle

in casa, ma

Pia

Ma

alle otto.

fino

Pia

va

al parco

tutti

i

pisa

va

al parko

tutti

i

giorni e ci sta tutti i giorni fino alle sei.

dzorni e tifi sta ttutti è dzorni fino

ESERCIZIO

alle sei.

A.

era erano Quando

Pia —

della mattina,

più ma

a scuola.

non



Quando

un cielo una cifra una data un’età una fine una lancetta la luna

una mattina una mezzanotte

sarà saranno grande,

PAROLE:

in casa

alle nove

Pietro —

un bam-

un mezzogiorno una mezz'ora un minuto una notte

61

Capitolo

6

un’ora

un orologio un parco una parte

un pomeriggio un principio un quarto d’ora

una scuola un secondo una sera una stella una volta mezzo, -a durano era erano

sarà saranno segna spunta starà

staranno tramonta sedici

diciassette diciotto

bino anno,

ma

scuola,

domani,

i bambini

anni. Dove —

non

domenica

di

bambini



e Maria

e Bruno

undici

e nove

nel pomeriggio?



a

però



a

Pia

a scuola.



di un

bambina

piccola

una



Pia

anni,

di sei

casa anche domani.

B.

ESERCIZIO

Quante ore — il giorno e la —? — ventiquattr'ore. Due

— all’anno, il giorno dura — la notte, —: dodici ore. Nel — c’è il sole di giorno e la — e le — di notte. Un’ora dura sessanta — e un — dura sessanta —. minuti

Quanti

dura

un



minuti.

Quindici

d’ora?

Un

è la quindicesima — di un quarto d’ora. La prima — del giorno si chiama —, la seconda si chiama — e la terza si chiama —. Il sole — la mattina e — la sera. La mattina dura — a mezzogiorno. Il pomeriggio dura dalla — della mattina al — della sera. Un — minuto

segna

le ore. Un

orologio

ha due —:

La

lancetta

corta

delle

ore.



dei minuti

le ore,



e

la lancetta

ventun



sessanta

lunga — i minuti. — della primavera c’è l'inverno e — la primavera c’è l’estate. — è il 3 febbraio; — era il 2 febbraio e — sarà il 4 febbraio. Che — è oggi? È il 3 febbraio. Pia è piccola e — va — a scuola. Bruno e

ventitré ventiquattro

quindicesima

sessantesima ancora non ... ancora

cioè

con domani

N

grande,

ma

va —

a scuola.

Che



ha dieci anni. Gli italiani — vanno

ha Pietro?

Pietro

— a scuola dopo i

diciott’anni.

dopo

fino a fra ieri

oggi né ... né prima di

62

C.

ESERCIZIO Quante

ore

marzo?

....

durano

la

notte

e

il

giorno

Cosa c’è nel cielo di giorno? di notte? ....

il

ventun

Capitolo

Come si chiamano le tre parti del giorno? ....

Quando comincia e quando finisce la mattina? .... Cosa segna la lancetta lunga dell’orologio? ....

Che ore sono dieci minuti dopo le due? ....

Ch

e

Che Che Che

tte? di prima minuti ti di mezzanotte? .... ore sono venti minuti prima ora è mezz'ora dopo l’una? .... ore sono un quarto d’ora prima delle due? .... . i giorno e che data è oggi? ....

Che giorno e che data era ieri? .... Che

5 sd he dat ci e che data sara domani?.... e giorno

VI

quanto

quello, “a a casa

all'anno

che ora è? | che ore sono? di giorno di notte | domani mattina

in casa

luna

le due non ... più

63

Capitolo

sette

Capitolo

(7)

settimo

(VII)

LA MATTINA

due stanze da letto

-e

-Ono

il bambino dorme | i bambini

mono

dor-

Che

ore sono?

Sono

le sette di mattina.

I bambini

sono

ke

o:re so:no?

so:no

le

i bambi:ni

so:no

sette

di

matti:na.

nei

loro

letti.

I bambini

dormono.

Però

non

dormono

net

lo:ro letti.

i bambi:ni

‘dormono.

pero

nnon

‘dormono

tutti.

Bruno

e Pietro

dormono

ancora,

Maria

dorme

tutti.

bruno

e ppje:tro

‘dormono

ayko:ra,

marisa

dorme

anche

lei,

498

/% .

ma

Pia

non

ma ppisa non

otto

di

otto

di se:ra

sera

alle

sei

.

o

dorme

più.

dorme alle

sei

Pia

pju. .

e

pisa mezzo

dorme

dorme di

.

alle sei 0 alle se:i e mmeddzo di

Quanto

dorme

Pia?

Dorme

kwanto

dorme

pisa?

dorme

dieci

ore.

dalle

dalle .

mattina.

matti:na.

Pietro,

che

ha

dje:tfi o:re. pje:tro,

ke

a

non dorme che 9 | cinque anni più di Pia, non dorme che nove ore: dalle

ore = dorme sol-

tanto 9 ore

64

ttfigkwe anni

pju ddi pisa, non

dorme

ke

nno:ve o:re: dalle

Capitolo VII dieci

alle

sette.

Bruno

e Maria

dje:tfi alle sette.

bru:no

e mmari:a non

o:re e mmeddza. e

fino

dormono

madre

dei

alle

sette

di

mattina.

la

ma:dre

dei

che ke

sette ssette

ore: ozre:

Rossi, rossi,

kon

suo mari:to

come

Maria,

sera

di

e mezzo

La

insje:me

alle

otto

mattina.

suo

so:lo fi:no

ke

di

con

alle

‘dormono

sette

la signora la sinpo:ra

fino

otto

a lletto alle dje:tfi e mmeddzo di se:ra

insieme

solo

che

alle

fino

e 'ddormono

bambini, bambi:ni,

vanno

dormono

dieci

alle

letto

Vanno a

e mezza.

ore

non

marito

sei.

va

dorme dorme

a letto

alle

undici

e dorme

va a lletto alle \unditfi e ddorme marito

Suo

sei. suso Bruno

non non

marito

dorme

dorme

fino

alle

sette,

fino

alle

sette,

e Pietro.

ko:me mmari:a, bru:no

e ppje:tro.

Dove sono i letti dei bambini? do:ve sso:no î letti dei bambi:ni?

Quelli di Bruno kwelli di bruno

e di | quelli di:i e ddi

Pietro

sono

nella

stanza

dei

due

fratelli,

quelli

di

pje:tro

so:no

nella

stantsa

dei

duce

fratelli,

kweli

di

Maria

e di Pia sono nella stanza delle due sorelle. Le

marisa

e ddi pisa so:no

nella

stantsa

delle du:e sorelle.

le

stanze

dove

stanno

stantse

i letti si chiamano

do:ve

stanze

stanno

da

î letti si

stantse

da letto.

per

i genitori

I Rossi hanno

¢

letti di

rossi

anno

tre stanze

tre

stantse

\kja:mano

da letto:

una

da letto:

letto.

| stanno : sono

u:na per i dzenito:ri

Nella stanza dei genitori non c’è

e due per i bambini.

nella

e ddu:e per î bambini.

stantsa

dei dzenito:ri non tfe

che

un

letto,

però

è molto

grande.

Nelle

stanze

dei

kke

un

letto, pero

e mmolto

grande.

nelle

stantse

dei

DI

65

Capitolo

7

bambini bambi:ni

ci sono tft so:no

dei dei

letti molto letti molto

piu piccoli di quello pju \ppikkol di kwello

dei genitori. Ma il letto di Bruno è più grande di quello dei dzenito:ri. ma il letto di bru:no e ppju ggrande di kwello di Pia, perché Bruno è più grande di pisa, perlke bbru:no e ppju ggrande

di Pia. Il letto dei di pisa. il letto dei

il padre

ci : nel letto

genitori è molto grande perché ci dormono e

e il padre e la madre = il padre e la madre

e la madre. I Rossi hanno un letto molto grande per i . . . e lla ma:dre. i rossi anno un letto molto grande per i

perke tifi \dormono

dzenito:ri e mmolto grande

genitori

pa:dre

e il

e quattro letti più piccoli per i bambini.

dzenito:ri e kkwattro letti pju\ppikkolt per i bambi:ni.

una sveglia

Nella

stanza

da letto

dei genitori

c'è un

orologio

che

nella

stantsa

da letto

dei dzenito:ri tf e un

orob:dzo

ke

alle sei di mattina

suona:

alle se:i di mattina

swo:na:

l'orologio? lorolo:dz0?

66

Suona swo:na

perché pertke

« DRRRIIIN!

«dritin! ».

». Perché

suona

— perlke sswo:na

sono le sei. Alle sei sso:no le sect. alle se:i

meno me:no

Capitolo

dieci la signora

orologio che

logio suona e sveglia la signora Rossi. Un

lo:dzo swo:na e Qvelfa la sinpo:ra

sswo:na la matti:na

chiama

una

kja:ma

Cosa ko:sa

un

e gqvelka

le

orolo:dzo

ke si

che dormono

e sveglia le persone

la mattina

suona

rossi.

loro-

alle se:i

ma

ayko:ra,

dorme

dje:tfi la sinpo:ra rossi

alle sei l’oro-

ma

ancora,

dorme

Rossi

perso:ne

ke

‘ddormono si

u:na « yvehha ». fa fa

la signora lla sinno:ra

Rossi rossi

quando kwando

suona swo:na

la la

sveglia? zvekha?

suona

la

sveglia

la

signora

Rossi

si

kwando

swona

la

xvekta

la

sinpo:ra

rossi

si altsa.

E suo marito

cosa fa? Si alza anche

e ssu:o marito ko:sa fa? si altsa

si alza alle sei. Lui non - st altsa alle ses. lui non

sveglia quella

sveglia.

gvekta. bini

bi:ni

anche agke

Alle

alle

entra

sette

sette

nella

entra

nella

bambine

i bambini? i bambi:ni?

No, no,

di

la

mattina,

di matti:na,

stanza

stantsa

bambi:ne

pisa?

e sveglia

e quella

Perché

perke

Pia

ppisa

apke

di

di

Maria.

marisa. alle

alle

alza.

lui? No,

lui non

lui? no,

lui

la

Bruno

bruno

perlke

sette

non non

hanno anno

mamma

dei

e Pietro

e sveglia

mamma

bam-

dei

e ppje:tro e

bam-

quando suona la sveglia = quando la sveglia suona non si alle 7 alle 7, prima non

alza che = si alza ma non delle 7

hanno

sve-

glia = non hanno una sveglia

quella

entra nella stanza delle entra nella stantsa delle

Perché sette

loro lo:ro

la signora Rossi si alza

non

si alza che alle sette. Hanno si altsa ke alle sette. anno

i due fratelli. Dopo, la mamma i du:e fratelli. do:po, la mamma

Pia?

le persone che = quelli che

« sveglia ».

Quando

una una

VII

non

non

non

nnon

sveglia

Qvelka

dorme

dorme

più.

pju.

anche

ayke

Pia

pica

Teresa Rossi entra nella stanza

67

Capitolo

7

alle

alle

sette

è

sette

sveglia.

e

(Una

qvelXa.

persona

[u:na

persona

Maria pero = però Maria

è sveglia). Maria però non è ancora e Qquelfa]. marisa pero nnon € apko:ra

anche neanche

E

Bruno dorme. Anche Pietro dorme. Bruno non dorme. Neanche Pietro hon dorme.

i due

fratelli?

Alle

Cos’é

una

glia?

Suona

sette.

kose

La?

una

alle

nelagke

lo:ro

non

sono

quelti

alle

solo

la

piccola

Pia.

E un

ora suona

o:ra swona

quella

~

xvehta?

so:lo

la ‘pikkola

orologio.

E cosa

e un orolo:dzo.

sveglia

quekka

e

sveglia alle sette. Quella alle sette. svegli

sveglia?

swona

dorme

sono

e

e

nnon

non

è sveglia

sette

ke

dorme

loro

sette

alle

non

Neanche

e î duce fratelli? sette.

che

la sveglia

la wekAa

dei Rossi?

dei

A

che

a

‘ddormono.

Suona

rossi?

sve-

dormono.

ke

kwelli

fa una

e kko:sa fa u:na ver-

che

quelli

pica.

kke

alle sei e sve-

swoma

alle se:i e zveX-

glia la signora Rossi. Cosa fa la signora Rossi quando ‘a la sinpo:ra rossi. ko:sa fa la sinpo:ra rossi kwando suona

la sveglia?

Si alza. E alle sette cosa

nella

stanza

bambini

E poi

cosa

swoma

nella

poi = dopo

si altsa. e

dei

stantsa

e

e

Poi

entra

nella

e ppo:t ko:sa fa? posi

entra

Maria. matita. non

sveglia quella

Perché

perlke

entra

entra

Pia

ppi:a nella

nella

dei

alle

bambi:ni

e e

68

la quella?

fa?

non

stanza

stantsa

sette

fa? Entra

ko:sa fa?

sveglia

i

fratelli.

i due

fratelh.

stanza

delle

bambine

nella

stantsa

delle

bambi:ne

Perché perlke

non nnon

sveglia Quella

dorme.

Quando

dorme.

delle

delle

vela

due

entra

kwando

bambine,

bambi:ne,

la

la

anche ayke

Pia? pica?

signora

Rossi

sinpo:rra

Pia

pisa

è



rossi

sveglia.

qQuessa.

Capitolo VII

mmeddzo. pe'ro la

entra

entra

la

sta

fino

letto

a

sta

Però

mezzo.

a

letto

mamma.

fino

alle

volte e

sei

e

sea

alle

sette,

quando

alle

sette,

kwando

Pia?

sola

dorme

altre

alle

fino

Dorme

mamma.

ma

o fficno

kwarto

uy

sesi e

alle

fino

dorme

o

quarto

un

e

sei

alle

fino

dorme

sé:i,

alle

wekXka

dza

e:ra

oddzi, pica

volte

altre

ma

sei,

alle

sveglia

gia

era

Pia

Oggi,

No,

Pia

non

no,

pisa

non

so:la pica?

dorme

sola;

dorme

insieme

con

sua

sorella.

Le

due

dorme

so:la;

dorme

insje:me

kon

susa

sorella.

le

duce

stanza, stantsa,

ma ma

bambine bambi:ne

dormono \dormono

nella nella

stessa stessa

non nnon

nello nello

stesso

letto:

ci sono

due

letti

nella

stanza

delle

bam-

stesso

letto : tfi so:no

duce

letti

nella

stantsa

delle

bam-

bine.

Neanche

Pietro

non

dorme

solo.

Lui

dorme

bisne.

nelagke

pje:tro

non

dorme

so:lo.

lui

dorme

non nnon

nello nello

stesso stesso

nella nella

stessa stessa

stanza stantsa

di di

Bruno, bruno,

letto. letto.

Neanche nelagre

dorme

nella

stessa

stanza

di

suo

marito.

dorme

nella

stessa

stantsa

di

su:0

marito.

la signora la sinpo:ra

ma ma

Rossi rossi

non non

dorme dorme

sola. so:la.

si sveglia

la signora

Rossi?

La

signora

Rossi

kwando

si xveXta

la sinpo:ra

rossi?

la

sinpo:ra

rossi

suona

la sveglia.

E poi

la

e ppo:i

già alle sei, quando

st quelka dza

alle sei,

kwando

swo:na

cosa

si

Pia

sveglia

fa?

Poi

ko:sa fa? poi

alza.

si altsa. pisa

si

si qvelka

quela. alle

sei

alle sei

o

entra

a letto : nel letto

suo

in

nello

+

lo

=

lui dorme nella stessa stanza di Bruno = lui e Bruno dormono nella stessa stanza

Lei lesi

Quando si sveglia

quando entra la mamma = quando la mamma

alle

0 alle

69

Capitolo

7

sei

e mezzo.

Ma

il signor

ses e mmeddzo. ma il sinlpor

Rossi

non

e ancora

sveglio

rossi

non

e ayko:ra

xvehio

lo sveglia : sve-

alle sei, la signora Rossi lo sveglia alle sette. E a che . . . alle seci, la sippo:ra rossi lo qvelka alle sette. e a kke

li Sveglia to sveglia i due fra

ora

la sveglia la

anche

loro

alle

@9ke

/o:ro

alle

glia

suo

mamma

marito

=

la

sveglia

ora

mamma la sveglia |

Quella

î

la sveglia : sveglia | la mamma? Maria la mamma? Alle

due

la

sette,

fratelli? |

duce

la

sveglia zeta

alle alle

e

due.

sveglia

mamma

quando

‘a

(1

b

bi

O

bambini)

tutte e due

(le bambine)

cinque .

Rossi rossi

zvekha

la

la

.

e kkwattro

i

sveglia quella

glio il padre, ‘o il pa:dre,

è e

Maria quando mmarisa kwando

è sveglia? € qQvelka?

bagno. bbanno.

perché

I

E cosa fa e kko:sa fa

cosa

bambini

tutta tutta

i E e

sono °

la la

Si alza si altsa

stanza stantsa

già

sve-

i bambini,

do:po

.

è

DI

ppisa e ddza zved-

Dopo

marito. mart:to.

nella nnella

poi,

e ppoi, ko:sa

Pia

perlke

i bambini .

sveglia vela

qvekka

No, non le sveglia tutte no, non le quella tutte

mamma. suo suo

la la

li



mamma.

sveglia Quelfa

sveglia

E

i fratelli.

marisa,

tutti e quattro

ttfigkwe tutti

da da 70

entra

i fratelli.

Maria,

so:lo

entra

kwando

signora sinno:ra e

solo

dduce. zvekka

glia

tutti e due

Sveglia

mamma

li |

sette. sette.

le sveglia : sveglia | fa? Sveglia le due bambine? e | anmeune fa? zvekta le du:e bambi:ne? e

mamma

E Maria, a che ora . e mmari:a, a kke o:ra

mamma

la

La

fratelli?

sette. sette.

La la

sette,

alle

i |

bambini,

alle alle

la

la

sette sette

e e

svegli, è svehe

so:no zveXhi,

famiglia. famikka.

€ qvel-

Cosa ko:sa

fa fa

e va e wa

nella nnella

stanza stantsa

da da

bagno? bbanno?

Nella nella

Capitolo

bagno

Maria

da bbanno

marisa

da

stanza

stantsa

fratelli.

i duce

Maria,

si lava. prisma

si lava

mari:a,

da solo. Le bam-

Pietro. Pietro è già grande e si lava si lavano

bine

bi:ne si \la:vano

dalle

sette

alle pod

le

do:po

sso:la.

da

poi le

Dopo

sola.

da

veste

alle sette

si veste,

eddje:tfi marisa veste

sette

si veste,

Maria

e dieci

dalle

Alle

sette

e ddje:tfi. alle

sette

e dieci.

sette

Pia:

veste

pisa:

veste

bam-

da sso:lo. le

e ssi lava

e ddza ggrande

pje:tro. pje:tro

la:va

nnon

ma

pisa,

lava

non

ma

Pia,

la:va

mamma

la

si lavano si Ma:vano

le bambine le bambi:ne

lava

mamma

La

fratelli.

due

si lava

lava Pia. Dopo lava pisa. do:po

poi la mamma posi la mamma i

Prima

si lava.

VII

Pia

non

si

pisa

non

si

la stanza da bagno Maria si lava

due

bambine

si

vestono

i

bambi:ne

si

‘vestono

i duse

che

la lava,

fratelli.

fratelli. Chi

lava Pia?

È Maria?

No,

non

è Maria

ki

ava pisa?

€ mmari:a? no,

non

e mmari:a ke

lla la:va,

è la mamma.

La

mamma

lava

anche

Maria?

No,

la

mamma.

la

mamma

lava

ayke

marisa?

no,

la

e lla

mamma

non

la lava

più.

Maria

è troppo

grande:

ha

mamma

non

la lava

pji. marisa

E ttroppo

grande:

a

tredici

anni.

Itfre:ditfi anni.

Le

le

non

quelli grandi.

nog

kwelli

Rossi?

rossi?

No,

no,

grandi.

mamme

mamme

Non

non

la mamma

la mamma

lavano

Ma:vano

lava neanche

lava non

nelagke

i bambini

i

bambi:ni

si veste

piccoli,

‘pikkoli,

Pietro la signora

pje:tro

lo lava neanche

non lo lava

Maria

ne\ayke

la sippo:ra

lui. Bruno,

Uni.

bruno, 71

Capitolo li lava non li

7

lava

le lava non le lava

Maria

e Pietro

sono

troppo

grandi

tutti

e

marisa

e ppje:tro

so:no

troppo

grandi

tutti

e ttre e la

mamma

lo lava non lo lava

non

mamma

la lava non la lava

E

la

=~

non

li lava pju.

ki

e kke

la

mamma

che

le

veste.

mamma?

no,

non



Wa

mamma

ke

lle

veste.

da

sola

anche

Pia.

Pia

non

ayke

pisa.

pisa

non

marisa

si

veste da

veste

dI

e

veste

da sso:la e vveste

sola

da sso:la

perché

è troppo

secra, alle

perlke

A

da solo da sola

da soli da sole

sì : vanno a da soli

letto

che

a

la

e ttroppo

ora mette a

a

mette

grandi

letto.

e vanno a

Egrandi

e vvanno

sola,

da sso:la,

ma

mette

a Wetto la \pikkola

a letto KKi altri Perché

perike? letto

perlke

da

soli.

gli

altri

Ai Pia

a Îlletto da sso:h. pica

Non

bambini?

altri non

nom

non

sono

altri

sì.

Anche

ma Ai

Pietro,

altri

che

si.

ayke

pje:tro,

ke

già

so:no dza va a

letto

ha

dieci

va a

gli

Îletto

a ddje:tfi

anni,

va

a

letto

da

solo.

La

mamma

non

lo

mette

anni,

va

a

Uetto

da sso:lo.

la

mamma

non

lo

mette

a letto neanche

nelagke

lui.

luc.

a

lletto

lo sveglia sua moglie = sua moglie lo sveglia

A

che

a

kke o:ra si xvekha

si sveglia si svegliano

moglie alle sette. E i bambini

72

letto la piccola

letto gli altri bambini?

Perché?

a letto.

‘pikkola.

mette a

mamma

kke o:ra mette

li mette

da

otto,

piccola.

x

La sera, alle otto, la mamma

li

bambi:ne?

e

si veste

la mamma mette Pia a letto

le

non

veste

pisa.

weste

No,

si

Pia.

la

li lava più. Chi è che veste le bambine?

Maria

la

e

mamma?

e lla

st

tre

molte

ora

alle

si sveglia

sette.

il signor

il sin\por

e ¢ bambini

Rossi?

rossi?

Lo

lo

sveglia

quella

sua

sua

a che ora si svegliano?

a kke o:ra si ‘evellano?

Capitolo VII

si si

grandi, grandi,

li sveglia li xvekta

la mamma la mamma

va

anni. Ma

quando

sette. sette. ha

a

sso:lo tfigkwe a scuola

an\dra a skwo:la

Quando

avrà

sette

anni

Pia?

Pia

avrà

agke

lei.

lesi.

kwando

avra

ssette

anni

pisa?

pisa

avra

sette

anni

anni.

Fra

Bruno

avrà

anche

anni,

due

diciassette

anni.

Andrà

a

scuola

a

diciassette

anni

dditfas\sette

anni.

an\dra

a skwo:la

a

dditfas\sette

anni

Bruno? bru:no? anni anni

No, non no, non

andra piu a scuola. E Maria, quanti andra ppju a skwo:la. e mmari:a, kwanti

avra fra due anni? avra ffra dduce anni?

ancora

a

scuola.

Pietro

agko:ra

a skwo:la.

pje:tro

fa,

ne

aveva

solo

fa,

ne

aveva

solo ses.

sei.

ha

dieci

quattr’

anni.

Quattr’anni

a ddje:tfi anni.

kwattr anni

Andava

a

scuola

a

sei

anni

andava

a

skwo:la

a sse:i

anni

ci

andava

ancora.

Quattr’anni

fa,

pje:tro?

no,

nnon tifi

andava

ayko:ra.

kwattr ami

fa,

quando

suo

fratello

Bruno

in casa,

con

stava

bruno

andava

andava

la mamma e

sta:va iy ka:sa, kon la

mamma

con

a

a Pia.

e kkom pica.

scuola,

avrà,

a 17 anni — quando avrà 17 anni

ne

non

fratello

domani andrà

avra quindici, e andra alvra'\kkwinditfi,e andra

No,

suo

ha, va

Ne ne

Pietro?

kwando

oggi

avra

bruno

ddu:e anni,

fra

fra dduce anni.

anni

ssette

due

fra

la Pia = Pia

cinque

solo

andrà

anni,

a'\vra ssette

ma kkwando pisa

anni.

alle alle

sette anni,

avrà

Pia

sei se:i

pertke

a skwo:la

ayko:ra

pisa nom

i i

e mezzo, e e mmeddzo,e

alle alle

perché

scuola

a

ancora

va

non

Pia

sei o seo

alle alle

sveglia quella

La Pia la pica

Pietro

skwo:la, pje:tro Quanti

anni

kwanti

anni

15

avrà

15:avrà

anni

=

quattro

quattr’anni fa». no? ».

un paio di scarpe

una scarpina : una bella, piccola

scarpa

tu guardi guarda!

105

Capitolo

10

guarda! guardiamo! guardate! dietro a > davanti a

Emma

Benelli:

« Molto

belle!

Tu. non

trovi

che

sono

emma

benelli > « molto

belle!

tu

trovi

ke

sso:no

che

anche

belle,

Gino? ».

belle,

Gino

Benelli

dzi:no? ». dzi:no

nnon

risponde

benelli

risponde

ke

ayke

lui

lui

trova che sono molto belle, le scarpine bianche. Teresa

trovo trovi trova

tro:va

ke

Rossi: rossi:

« E quelle « e kkwelle

belle, le skarpi:ne

altre, altre,

Emma, emma,

più

belle!».

Emma

Benelli:

pie

bbelle!».

emma

benelli:

Rossi:

« Quelle

rossi: le

le

quel paio quelle scarpe

sso:no molto

« kwelle

scarpe

skarpe

Rossi:

« Lì,

rossi:

« li,

bianche

bjagre

sono

gialle:

dzalle:

«kwelle

a sinistra,

a ssinistra,

belle!

sso:no belle!

emma

le

Sono

le

so:no

altre? ». altre? ».

Teresa tere:za

a quel

che

ke

Benelli:

paio

belle

più

bbelle

pju

di

tutte,

fere:za

di skarpi:ne

sì!

tutte,

Teresa

di scarpine

« si, ssi!

di

vede

nnom ve:de

dove? ».

« Sì,

benelli:

non

Dove? ».

dje:tro a kkwel pa:jo

e nere ». Emma

e nnecre».

dzalle?

dietro

ancora ayko-ra

benelli,

gialle?

tere:za

Sono so:no

Benelli,

emma

«Quelle

guarda! gwarda!

« Quali « kwa:li

gialle ». Emma

dzalle ».

bjagke.

Oh!

0!

non

non

Come

kosme trovi,

trovi,

Gino? ». Gino Benelli: «Si... ». Teresa Rossi: «E tu, dzi:no? ». dzi:no benelli : «si: ... ». Zere:za rossi : « e ttt, non dici niente, nnon di:tfi niente,

io dico tu dici lui dice

perché pertke

non

dico

niente,

di:ko

niente,

... niente

tutto

Carlo Rossi:

Rarlo

106

rossi:

io?».

t:0? ». « Ma

Carlo? ». Carlo karlo? ». karlo

Teresa

fere:za

... guardo

«ma: ...

Rossi:

rossi:

«No!

«no!

Rossi: rossi:

Perché?».

perke? ».

...». Teresa Rossi:

gwardo...».

tere:za

« Non « non

« Che

rossi: «

ke

Capitolo X

Rossi:

guardi? ». Carlo

cosa

rossi: «

kko:sa guardi? ». karlo

Anche agke

Gino d3i:no

moglie,

Carlo! ». Ma

mokie,

e

karlo!».

ride

lui.

ayke

lui.

dopo,

le

ride risde Carlo

ma kkarlo

anche

e rri:de Poco

Benelli benelli

due

donne? ».

delle

quelle

donne? ».

delle

kkwelle

o

negotisio

del

skarpi:ne

le

« Guardi «gwardi

a suo marito: a ssu:o mari:to:

o

negozio

del

scarpine

le

le skarpe... ».

ma:...

Rossi ride e domanda rossi ride e ddomanda

Teresa tere:za

...».

le scarpe

...

«Ma

e dice: «Rispondi e ddi:tfe : «rispondi

a tua a ttu:a

Rossi

niente

non

rossi

risponde

non

risponde

niente

donne

si

fermano

davanti

a

un

donne

si

‘fermano

davanti

a

un

po:ko

do:po,

altro

negozio.

Quando

Teresa

ed

Emma

sono

in

altro

negottsjo.

kwando

tere:za

ed

emma

sono

in

le

due

città, si tfitita, sì

fermano \fermano

davanti davanti

volta

fermano

per

volta

sono

sono

sono

sono

paio payjo guanti

Quanti

si

si di

di

‘fermano

tutti

tutti

pure

di

pure di

di guanti di gwanti lunghi,

luygi,

per

i colori:

a a

ogni onpi

guardare

gwarda:re bianchi,

i kolo:ri : bjayki, verdi,

verdi,

di

di

rossi

rossi

negozio. negottsjo.

dei

dei

neri,

ne:ri,

Questa kwesta

guanti.

Ce

guanti.

gialli.

dzalli.

e di bruni.

e ddi bruni.

E

tfe E

ce

lì, fra

del

della

del

kolocre

della

sua

ne

borsetta,

borsetta,

un paio di guanti

ne

un guanto due guanti

un

ce ne sono di verdi : ci sono dei

e li, fra um

di verdi, c'è un paio di verdi, tf e um pasjo sua

ne

e ttfe ne

rossi e uno rossi e u:no colore

tu rispondi rispondi!

guanti verdi

di di che

ke

107

Capitolo

10

guanti é bello

vai quel paio quei guanti I

neri nesri

guanti Quanti

un po = un poco | Rossi rossi pelissimo = moito pe °

alla signora alla sinpo:ra

Benelli. benelli.

bellissimi! ». è 8 bellissimi! ».

« Cos'è «kose

Carlo

«Quel

Rossi.

karlo

mia

mica

rossi.

«kwel AAG

Carlo

Rossi

guarda,

piace

guanti

bianchi

P

Quanti

iacciono

,

è e

paio

di

risponde

borsetta», rossi

che kke

risponde

guarda,

gwarda,

‘n: bjayki

°

gwarda,

Benelli: benelli:

«Si; sono «si; so:no

bellissimo?», ‘+. bbellissimo?»,

guanti

del

gwanti

sua

susa

del

poi,

e nne:ri,

ma ppo:i,

colore

della

kolo:re

della

moXKe. prima

non

vede

quando

sua

moglie,

kwando

susa

molke,

e ppri:ma

ma

domanda domanda

moglie.

e

e neri,

quei . kwei Teresa tere:za

bianco!», dice bjayko! », di:tfe

Emma emma

paso di

borsetta », gli

karlo

di di

po’ po

un um

con kon

guarda gwarda

«Emma, «emma,

Rossi. . rossi.

alla signora . alla sinpo:ra

piace alla signora | piace molto = lasi t . che il Sio “a ppja:tfe molto

nom

ve:de

ancora una volta, gli mostra i guanti che le piacciono,

aygko:ra una

il prezzo

volta, XAt mostra

i gwanti

li vede

anche

lui.

E

allora,

anche

li vesde

ayke

lui.

e

allo:ra,

ayke

belli, belli, lire,

bellissimi! bellissimi! e non

dice

Però poi vede pelro ppo:i ve:de più

lisre, e nnon di:tfe pju

ke

lui

lle

‘pjattfono,

dice

che

sono

lui di:tfe

ke

sso:no

il prezzo: il prettso:

settemila sette\mi:la

I guanti

piacciono

molto

nniente. î gwanti

‘pjattfono

molto

niente.

al signor Rossi, ma non gli piace il prezzo: sono troppo al sinlpor rossi, ma nnon Ai pja:tfe il prettso: so:no troppo cari, quei guanti!

ka:ri, kwei gwanti !

108

i

i

Capitolo X

dice:

«Sono

belli,

si, pero

ddi:tfe: « so:no belli,

bellissimi, bellissimi,

vede

che

vvesde

ke

« No,

dice:

c'è tle

un um

Quelli kwelli

via

Condotti

negottsjo

di

visa

kondotti

di di

guanti

che

Quanti

ke

kkosta djetfitmi:la

no. no.

Ma ma

...».

Carlo

Ure... ».

karlo

lire

se Carlo sse kkarlo

«ki

rossi :

lire.

diecimila

«Chi

Rossi:

ti

lire.

non non

dice

tti di:tfe

ha a

Allora, allo:ra,

mila lire, no? \micla li:re, no?

guanti

non

sono

troppo

gwanti

NOn

so.no

troppo

nel

negozio! ».

nel negottsjo! ».

Carlo:

«Si,

karlo : «si,

se

Emma:

emma:

piacciono

se \ppjattfono

9

ddetto po:ko fa kke se tu trovi se ttu ttrovi

Teresa, ftere:za,

cari

vventi-

che quei ke kkwei

entriamo

kas:ri e sse li vwo:i,

en'\trja:mo

«li

vwoi

alla

alla

vuoi

se

comprare,

kompra:re,

Teresa

tere:za

quelli

guanti

: quei

ke

li vuoi,

«Li

e

9

il paio di guanti costa 10.000 lire = il prezzo del paio di guanti è 10.000 lire

che

non ho settemila lire? Ho detto poco fa che ho venti-

nnon o ssétte\mi:la licre?

:

ttere:za,

a

di

costa

un po’ caro molto caro

a Teresa,

negozio

un

in

sì sono cari, questi si sso:no ka:ri, kwesti

ssettelmicla

Emma, emma,

In

paio pajo

settemila

Ma ma

perché?

perlke?

distfe: «no,

un

ka:ri, no? se sono se sso:no

molto

‘pjattfono

gwanti

kkwei

ke

no?

anche agke

molto

piacciono

guanti

quei

po

Emma?». emma?».

trovi, trovi,

è caro, non e kka:ro, non °

che

um

un paio di guanti, um pasjo di gwanti,

lire per lisre per

Settemila sette\mi:la

so:no

si, pero...

cari,

po’

un

sono

...

e e

lui lui

dei guanti pure dei guanti pure

il prezzo il prettso

vede ve:de

Gino Benelli dzisno benelli

Carlo? ».

karlo? ».

li compriamo >.

li kom\prja:mo».

poco fa : pochi minuti fa

se li vuoi

: se

vuoi i guanti noi entriamo entriamo!

compra comprare compro compri compra compriamo

comprate

comprano

109

Capitolo

10

Emma:

buono migliore il migliore

emma :«

« Carlo è un buon marito, Teresa!

karlo

re di tutti re mio tuo suo

mia tua sua

di

tutti

Teresa

tere:za

mi fa molti regali = mi da molte cose

a Roma in tutta Roma

Benelli:

non

ke

benelli :

quando midà ti dà glidà le dà

...

daame dà a te daalui dà a lei

quello

che

maricti!

ti

da

ttutto

kwello

ke vuno:i!».

dice:

«Si,

c’è

miglior

«E «e

io, it:0,

vuoi! ».

marito

è

migliore

mari:to

e mmiXKo:re di

DI

di

marito

in

Roma! ».

tutta

mari:to?

A

me

Gino

ro:ma!».

che cosa sono? ke kko:sa so:no?

marito?

bwom

în

tutta

dici

dzi:no

Non non

sempre

sono so:no

che

a mme ddi:tfi sempre

ke

il

il

migliore

dei

mariti

sono

io.

E

ora

che

siamo

con

mikfo:re

dei

mari:ti

so:no

io.

e

o:ra

ke

ssja:mo

koy

a lui a Mui

Carlo dici karlo di:tfi

che ke

è il e il

migliore mikKko:re

se

vuoi,

lo

Gino,

«Ma

Emma:

°

dico

mariti! ». mari:ti!».

anche a

te! ».

a tte! ».

ayke

di:ko

lo

«ma ddzi:no, se vowvo:i,

dei dei

Ora

ride

non

solo

Carlo

Rossi,

ma

ridono

tutti.

osra

risde

non

so:lo

karlo

rossi,

ma

‘rri:dono

tuth.

Poi

Emma

posi

emma

tu

tin

e

« Allora

diciamo

che

di:tfe a ssu:o mari:to : « allo:ra

aditfa:mo

ke

a

dice

Carlo

e kkarlo

tento? ». Gino:

siete

sje:te

marito:

suo

i

i

due

duce

« Grazie,

tento? ». dzi:no : « grattsje,

110

mio

allora, allo:ra,

buon

um

emma:

noi diciamo diciamo!

tutto

e ddi:tfe :« si, mico

un

ayk t:0

ora



nnon tf e mmiXKor mari:to

anch'io ...=

Ti

molti altri, e mi fa molti bei regali ». Emma: « Io trovo molti altri, e mmi fa mmolti bei rega:li ». emma :« ito tro:vo

che

che

e il mikXo--

i mariti! e

risde

miglior = migliore

ora

e um bwom mari:to, tere:za!

i

ride

E il miglio-

migliori

mariti!

miXKo:ri mari:ti!

con-

Sei

kon

sei

tu,

Ora

sono

contento.

E

si! o:ra

so:no

kontento.

e tin,

sì!

Capitolo

ora o:ra

contento, kontento,

Carlo, sei kkarlo, sexi

miXKo:ri? ».

dei duce

uno

« Sì, sì, sono contentis-

nel

Quando

i

lentrano

i

bambi:ni

‘ve:dono

cosa

bambi:ne,

volete

ko:sa

vogliamo

volecte fa:re? ». marisa 1 « ko:sa

la

zia, lla tisisa,

ma ma

«Se mari:a : «se

Maria:

negozio

negottsio

ke

da

i 1

voi voi sole».

tre

Pia:

enira:re

dice

Lucia

comprano

guanti

ggwanti

cugini

tre kkudzi:ni non nom

entrare

sta:re kwi? ». ltfisa di:tfe

che

vede:re

vott,

vokAa:mo

Vogliamo volLa:mo

qui? ».

stare

0 volKa:mo

vedere

Voi,

noi?

«Cosa

vogliamo

volete, vole:te, «Ma

da sso:le ». pisa : « ma

lo

Ikomprano

non

nom noi noi

io

lui vede loro vedono

e bbru:no \di:kono:

fare? ». Maria:

noi

Hest vwo:le

dicono:

now?

anche

vuole

Bruno

ayke

Che cosa dici tu, Lucia? ke kko:sa di:tfi tu, UWtfi:a?

noi

entra:re

entria:mo

fare? fa:re?

o

d3enito:ri

anche

« kosa fattfa:mo, no:i altri?

bambine,

entrare

Entriamo

altri?

noi

genitori e

dzovanni

gwanti,

di

i lo:ro

Giovanni

guanti,

di

facciamo,

« Cosa

lei

ttutti e kkwattro

loro

i

vedono

bambini

negottsjo

agke

quattro

negozio.

negozio

nel

e

nel negottsjo.

kwando

nel

tutti

e

e o:ra, en‘trja:mo!».

ayk iso.

entrano

E

contentissimo — molto contento

kontenttis-

«si, ssi, so:no

karlo:

entriamo! ».

ora,

E

anch’io.

simo 51100

ma ma

che non sei il migliore, nnon sect il mikAo:re, ke

uno dei due migliori? ». Carlo:

X

lo

che

ke

e

zio

tisiso e

vogliono

entrare.

InoAAono

entra:re.

due due pure

to pure

andiamo andja:mo voglio

volko

.

fa sta

fare stare

. qui : davanti a questo negozio vede vedere

voglio

vogliamo

vuole

vogliono

vuoi

volete

nel nel

entrare

entra:re 111

10

Capitolo

nel negottsjo!

Io non

iso nom

voglio

vanni:

« Hai

sentito

le mie

ad

sentisto

le mize

nel negozio!

vanni :« Poi,

voi fate fate!

alle bambine:

bambine :

posi, alle

voi andate andate!

a guardare guardare

: per

vostre

mamme,

gente! ».

sta stiamo

la nostra la vostra laloro

inostri ivostri i loro

le nostre le vostre le loro

tutto,

dzovanni:

volete!

come

«si». con

le

kon

le

a guardare

la

Andate

mentre

no:i

stjia:mo

kmwi a gewarda:re la

«Con

le

le

nostre

nostre

Prima

mamme!

mamme!

di

prisma

di

non

ci

poi,

le

vostre

mamme,

e

le

vostre

mamMme,

e ppoi,

non tft

sono solo le nostre mamme

nel negozio,

so:no

nel negottsjo, tfi so:no pu:re

so:lo le

il nostro

il nostro

nostre

papa

palpa

e il vostro! ».

e ride.

Quando

Teresa

Rossi

tere:za

rossi

kwando

mamme

e il vostro! ».

sponde

ponde

le mie le tue le sue

sorelle? ».

« Si».

qui

apke

50:00

sorelle? ». Giovanni:

stiamo

anche

sono

tutto,

a ddzo-

noi

dzente!». marisa : «kon

il nostro il vostro illoro

i miei i tuoi i suoi

Maria:

stare kwi! ». bru:no,

«fa:te ko:me vvole:te! anda:te

mentre

mamme,

vostre

voto

« Fate

a Gio-

stare qui! ». Bruno,

ci sono

pure

Ma

Giovanni

non

ri-

ma

ddzovanni

non

ris-

entrare

nel

entra:re

nel

e rrizde. vede

le tre bambine

ve:de le

tre bbambi:ne

negozio, domanda: « Dove sono i miei due bambini? ». negottsjo, domanda : « do:ve sso:no î mje:i duce bambi:ni? ».

Lucia ride e risponde: «I tuoi due bambini, zia Telutfisa ri:de e rrisponde : «i two: duce bambi:ni, ttsisa tefuori+—>nel negozio

resa, sono fuori ». La zia Teresa:

re:za, so:no fwocri ». la ttsi:a tere:za : « fwo:ri dove ?». laMtfica:

« Li, davanti

« li,

112

« Fuori dove? ». Lucia:

davanti

all’altro negozio ». « Grazie,

all'altro

Lucia! », dice

negottsio ». « grattsje, laltfi:a! », di:tfe

X

Capitolo

« Ti piacciono questi guanti,

la zia Teresa, poi domanda:

la ttsiza tere:za, posi domanda : « ti Iutfisa? ». IMtfica 1 « si, «E

Rossi:

«e

rossi:

mi

molto! ».

Teresa

\pjattfono

e Pia?

a voi, Maria

gwanti,

piacciono

mi

«Si,

Lucia:

Lucia? ».

‘pjattfono kwesti

Vi

e ppisa? vi

a vwvo:î, marisa

molto! ».

tere:za

piacciono? ». Maria

mart:a

Ipjattfono? ».

«A noi? Si, ci piacciono molto». Lucia: « Pero e Pia: e ppica: «anno? si, tft \pjattfono molto». lultfisa : « pe'ro

« kwa:li? kwelli

a te, Maria?

a tte, mmari:a?

«No,

a me

mamma

Rossi:

tfono

resa:

«non «nom

Ibjattfono

di più

questi

li»,

e mostra

« Chi

qui».

Lucia:

resga: «ki

non li compri,

ti dice

tti distfe ke

Maria

maria

loro un paio

non

quelli lì = quelli che sono lì loro

: a loro

mi dà ti dà

ci dà vi dà

gli da \ da loro

ci piac-

anno.i, pero ftfi \pjat« Allora,

se ti piac-

se tti \pjat-

questi guanti qui

qui : i che sono

zia Teresa? ». La zia Te-

kompri, ttsi:a tere:za? ».

che

«e

vi piacciono, a voi? ». ‘Teresa vi ‘pjattfono, a voi? ». tere:za

ayke

quei guanti li=i guanti che sono li

a tte? ».

dice

a noi, però

} a loro

|

« E

e mmostra lo:ro um pa:jo

anche

anoi a voi

a te? ».

pju kkwelli li», ditfe

molto

nnon i

rossi:

ayke

di pju kkwesti kwi ». lultfisa: « allo:ra,

pertke

Rossi:

anche

i rossi quelli

e allattsi:a emma,

SÌ,

ciono, perché

tfono,

più

« Sì, piacciono molto

rossi :«

ciono

di

alla zia Emma,

di guanti bruni: di gwanti bruni:

i rossi

di pju

‘ppjattfono di

alla mamma e

alla

di più

\pjattfono

piacciono

a mme

« NI;

« Sì ». Teresa

rossi? ». lltfisa : «si ». fere:za

Piacciono

rossi:

ii». tere:za

a mme \ppjattfono di pju kkwei gwanti

«Quali? Quelli rossi? ». Lucia:

Rossi:

li». Teresa

guanti

quei

di più

piacciono

a me

ame ate a lei a lui

li voglio

nnon li volto

lattsisa te-

comprare?

kompra:re?

Però

pe'ro

113

Capitolo

10

compro

non

compriamo

o

COMDprI

compra

nnon li

comprate

lui

comprano P

DLE

@

Wusi

EN

.

.

che

ha

ke

a

i:o, li

perché

no, ma:...

soldi, soldi, mi

domandi

perlke mmi

domandi

paio

di guanti

anche

un

paio

di guanti,

ma

di gwanti

Carlo

kosta

E

molto!

rossi

ri:de

altre,

altre,

insieme:

posi, Rarlo

e

soldi,

eddi:tfe

volete

Rossi: rossi:

soldi

09?

«No,

non

« no,

un

vokto

un

gelato

:«un

pure

vokXo

voglio

palpa, « Un

mo:

voglio

nom

papà,

pure

vole:te

«Molti « molti

non

dzela:to un

grazie! ».

noy

gelato? ».

un dzela:to? Carlo

».

Rossi:

«si, goratisfe! ». karlo

rossi:

anche per voi ». ayke per vot». i guanti: mille, duemila,

tremila,

rossi pa:gai gwanti : mille, dueVmi:la, tre\mi:la,

quattromila,

lire.

Sono

kwattro!mi:la, tfiygkwe'mi:la, seilmi:la, sette\mi:la lire.

so:no

cari ma

belli,

cinquemila,

i guanti,

ka:ri ma bbelli, i gwanti,

114

soldi,

e dice:

«Si,

e Uultfiza, insje:me:

« Allora ne compro « allo:ra ne kompro

a:i

ride

Poi, Carlo Rossi paga

pagare

sse

Rossi

e wot

e Lucia,

marisa

perlke

soldi ho ? Vuoi

kwanti

tue». pica:

se hai

ma

voi

quanti

tu? ». Pia:

ayke

di gwantt,

molto!

Maria

paga

papa? ». Carlo palpa? ». karlo

un

costa

karlo,

| î soldi».

no, ma...

um pa:jo

lottsiso

i

dzela:to! ». ‘karlo

ne : dei gelati

kompra

.

è

perché

Carlo,

zio

i soldi».

molti molti

gelato! ».

un gelato

.

i

i

Pia: «Hai pica: «ai

um pa:jo A

.

kompro

lo

li compra

io,

li compro

Non

non

gli piace

pagare,

Li pja:tfe paga:re,

seimila,

settemila

e il signor

Rossi

è contento.

e il sinlpor

rossi

e kkontento.

DI

molto

fare

regali

ma AKi pja:tfe molto

fa:re

rega:li

ma

gli piace

X

Capitolo

a sua moglie,

e gli piace vedere

assusa mokke, tenta. tenta.

E e

bacia suo marito ba:tfa su:o mari:to

e le

oe

dzenito:ri e lle

dove

sono

Rossi rossi

è molto, e mmolto,

molto molto

i tre

kompra

dei

cugini.

fuori

vanno

bbambi:ne]

gelati

contenta: kontenta:

e sette (i e ssette [i

vanno

E

poco

fwo:ri

dopo

do:ve sso.no î tre kkudzi:ni. e ppo:ko do:po

compra

le:i e kkon-

tutti tutti

i guanti, î gwanti,

.

tre

ayke

E quando e kkwando

bambine)

tre

ke

lei è con-

e gli dice mille grazie. e AXi di:tfe mille grattsje. ha pagato a ppaga:to

Rossi rossi

genitori

anche

e 4Li pja:tfe vedecre

la signora la sinno:ra

il signor il sinlnor

che

per

det dzela:ti per

i

i bambini.

bambi:ni.

.

per

per

il signor

il sin\por

Allora,

allo:ra,

tutti

tutti

paga a pagato

vedere | vanno fuori si mettono

mam-

mam125

11

Capitolo

Ma ma

Teresa ttere:za

Rossi

dice:

«Se

vuoi

pranzare

pranza pranzare

mina

tu vai va!

con noi, va nel bagno con Maria! ». « Sì, mammina! ». kon no:i, va nnel banno kom mari:a! ». « si, mmammi:na! ».

si lavano = lavano mani

».

mina».

le mani le loro

Maria e Pia lavano

si

Maria e Pia sono lavate

si

rossi di:tfe:

E la Pia e Maria vanno e lla pisa e mmari:a vanno

Poi,

le mani.

vano

vano

le

sala

da

ma:ni. poi,

« se vuoi

insieme insje:me

quando

kwando

nel nel

lava:te,

so:no

si

bagno e si labanno e ssi Vla:

lavate,

si sono

prandza:re

vanno

in

vanno

in

pranzo.

sa:la da pprandzo.

si lava lavarsi

Mentre

tu mostri

mani,

Teresa

Rossi

ma:ni,

tere:za

rossi

mostra!

tu mi mostri mostrami!

mostrami! mostratemi!

hai le mani sporche = le tue mani sono sporche

Pia

mentre

e Maria

vanno

nel

bagno

per

lavarsi

le

pica e mmari:a

vanno

nel

banno

per

lavarsi

le

«E

ora,

mostrami

distfe a ppje:tro :«e

o:ra,

‘mostrami

le

mani

anche

le

ma:ni

ayke

sporche

della

ma:dre,

ti lavi le mani te le lavi

Pietro

pje:tro

tul».

che dice:

sporke

mi lavo le mani me le lavo

tu! ».

madre,

a Pietro:

dice

« Ma Pietro!

le

mani

a

sua

mostra

le

mani

a

ssuza

Hai le mani

ancora più

ke ddi:tfe :« ma ppje:tro! ai le ma:ni ayko:ra pju

della

Pia!

Perché

non

ti

lavi

le

mani,

pertke

nnon

ti

lavi

le

ma:nt,

pisa! «Ma

mamma,

io

me

le

lavo

ogni

bje:tro? ». pje:tro :« ma

mmamma,

to

me

le

lavo

onpi

volte

al

giorno

te

volte

al

dzorno

te

Pietro? ». Pietro: giorno! ».

Teresa

«Quante

Rossi:

dzorno! ». fere:za

rossi:

le lavi? ». Pietro:

« Mi

« kwante

lavo

le la:vi? ». pjestro : « mi la:vo

al giorno! ». Teresa Rossi: al dzorno! ». tere:za rossi:

126

mostra

le mani

due o

le mani

duce

tre

volte

o ttre vvolte

« Ma Pietro! È troppo poco! « ma ppje:tro! e ttroppo po:ko!

XI

Capitolo

marisa se

e papà e ppalpa

le lawa ed ed

pju dditfigkwe

io ce iso tfe

giorno! ». Pietro: dzorno ! ». pjé:tro: le le

lavate lava:te

di cinque

piu

se le lava

Maria

le le

laviamo lalvja:mo

« Maria « marisa

Anche

« pje:tro!

ayke

tu

al giorno,

o sse:i volte

al

pure pu:re

è una e una

devi

ve

e vvo:i

ve

Teresa

Rossi:

tere:za

rossi:

molte

volte

bagno e lavati banno e Wlavati

le mani le ma:ni

le

mani

e

bbruno

pure:

lalva:tevi

le

mami

in im

in

sala

in sa:la in im

da

è la mamma

mamma

pranzo!».

anche ayke

tu! tu!

tutti

e

due,

tutti

e

ddue,

E

i due

fratelli

da pprandzo! ». e

î due

fratelli

bagno banno

loro, come le bambine. lo:ro, ko:me lle bambi:ne.

e nnon € lla

voi

ma:ni

lavatevi

e non

E

tu dde:vi lavarti le

pure:

insieme insje:me

al

volte

Bruno

vanno vanno

volte

molte

E

e ppo:s anda:te

molte

mani

Va va

andate

al

le

al giorno! al dzorno!

e poi

volte

le mani! ». le ma:ni!». lavarti

dzorno,

molte

bambina! bambina!

DI

tutto il giorno, tutto il dzorno,

« Pietro!

o sei volte

e si lavano e ssi \la:vano

le le

mani ma:ni

ayke

Va:va lo:ro le ma:ni,

ma

prima

ma ppri:ma

sì, era lei. Oggi Pietro si lava sempre

le mani

da solo,

si, esra lesi. oddzi pje:tro si lava

le ma:ni

da sso:lo,

e non e nnon

gliele Lele

lavano ‘lavano

mani

ci laviamo le mani ce le laviamo

vi lavate le mani ve le lavate

ti lavi lavarti

in bagno = nel bagno tu lavi lava!

tu ti lavi lavati! voi vi lavate lavatevi! lavati! lavatevi!

(Ora i due fratelli sono grandi, [o:ra i duce fratelli so:no grandi,

che lava loro le mani,

ke

anche

si lava le se le lava

sempre

più né Maria né pju nne mmari:a ne

ma Pia è ancora piccola e non sempre

ma ppisa e agko:ra \pikkola e nnon

sempre

la Ma

mamma, mamma,

si lava le mani

gli lava le mani le lava le mani lava loro le mani

gli lava le mani gliele lava

le lava le mani gliele lava

si la:va le ma:ni 127

Capitolo

11

molte

sola;

da

come

oggi,

volte,

ko:me

oddzi, AXele

da sso:la; molte

Teresa lavata

Rossi

si è

Pietro e Bruno sono lavati Pia e Maria sono lavate

kwando si

si

lavati,

vanno

i duce

fratelli

si

so:no

lava:ti,

vanno

da

dopo che si è lavata = quando si è lavata

Rossi

si è lavata

con + l’ : coll’

asciuga

la madre,

la ma:dre, pod il pa:dre. le mani,

le ma:nî,

si € llava:ta

rossi

affu:ga

poi il padre.

coll’asciugamano.

anda:re

di

acre,

pa:dre,

ttere:za

le asciuga.

Se

le

essa

se

le

affu:ga.

se

le

stanza

da

bagno

[nella

stantsa

da

bbanpo

Poi esce dal bagno,

e prima

dal banpo,

e ppri:ma

effe

in cucina,

mentre

il

in sa:la da pprandzo va

iy kutfi:na,

mentre

il

le mani

ed

mani

ed

do:po

che

ke

e asciugato

si è lavato

le

affuga:to

e

ssi e Uava:to

dal

bagno,

va

in sala

e uffi:to dal

banno,

va

in sa:la da pprandzo, do:ve sso:no

da

pranzo,

dove

sono

i bambini.

Cinque

minuti

dopo,

tutta

la

i bambi:ni.

tfiykwe

minu:ti

do:po,

tutta

la famikxha

in sala

pranzo

da

e si mette

in sa:la da pprandzo e sst

Pia

128

ke

va

dopo

è uscito

do:po

se

pranzo

da

in sala

di andare

che Teresa

essa

poi

affugama:ni].

tft so:no tre

Dopo

(Nella

= Koll'affugama:no.

ci sono tre asciugamani).

le

\a:vano

ssi

ke

i d3enito:ri

so:no

le

lavano

si

che

genitori

i

sono

bambi:ni,

i

do:po

maint: prisma

uscire esce e uscito

ayke

pranzo.

bambini,

prima

entra

anche

lo:ro in sa:la da pprandzo.

mani:

«>

mari:a).

sono

i

esce

lava

si

Dopo

un asciugamano

Maria).

fratelli

sala

in

loro

lava

due

i

Quando

si é

Carlo Rossi lavato

gliele

volte,

mette

famiglia

e

DI

e

a tavola.

a'tta-vola.

si siede

sulla

sedia

alta,

a sinistra

della

pisa si sje:de

sulla

se:dia

alta, a ssinistra

della

mamma,

mamma,

Capitolo

apke le:i, distfe a ppje:tro :

prisma di sedersi

e lla mamma,

li,

siediti

«Tu

di sedersi anche lei, dice a Pietro:

prima

e la mamma,

noi,

«E

destra! ».

a

qui! »,

sediamoci

«e nno:î, se\dja:motfi kni! »,

« tu Issjesditi li, a ddestra! ». a Bruno,

ed

essi

si

siedono

a

destra

del

di:t{e marisa a bbru:no,

ed

essi

si

\sfe:dono

a ddestra

del

Maria

dice

papà. papa.

ed ed

la porta la porta

apre a:pre

Amelia ame:lia

Allora allo:ra

pranzo.

Amelia

porta

un

gran

da pprandzo.

ame:lia

porta

uy

gram

e lo mette

in mezzo

alla

tavola.

da

signora

Teresa

dà molta

pasta

a suo marito

la

sinpo:ra

tere:za

da mmolta pasta

a ssu:o mari:to

altri. Maria

Essi

a Bruno. a bbru:no.

essi

meno

di loro,

mamma

‘mandzano

me:no

di lo:ro,

anch’esse

mangiano

un

bel piatto

pero

agkesse

‘mandzano

um

bel

oddzi

perlke

hanno

anno

molto.

ffa:me si

mandza

molto.

do:po

avere

ave:re

mamma, mamma,

ayke

fa:me

mangia

Dopo

anche

fame

si

fame

mangiato

mandza:to

e nne

più degli pju ddeXXi

mangiano Imandzano

però

oggi

e ne

mangiano

e la sua mamma

altri. marisa e lla susa

perché

si siede sì siedono

pasta

di

La

dà più ancora da ppju ayko:ra

noi ci sediamo sediamoci!

alla ‘ta:vola.

mette im meddzo

e Mo

tu ti siedi siediti!

pasta

di

pjatto

si siede sedersi

in sala in sa:la

entra entra

piatto

XI

di pasta

oggi,

di pasta oddzi,

pjatto loro,

e quando

si ha

lo:ro,

e kkwando

st

a

in mezzo

alla tavola

ne dà più ancora : dà più ancora di pasta

egli

essi

essa esse

un bel piatto : un gran piatto mangia ha mangiato

la

la

pasta

pasta

Bruno dice: « Vuoi bruno di:tfe :« vwo:i

che

ke

darmi darmi

gli

AKi ancora ayko:ra

ha

a

dato

la

dda:to

la

un po’ um po

di di

dopo avere mangiato = dopo che ha mangiato ha avere

129

Capitolo

11

pasta,

mamma?

diamo

prima

pasta,

mi dai darmi ne vuole ancora : vuole ancora della pasta

mamma?

Ho

ancora

9

«Si,

ayko:ra fa:me».

« si,

al papa sse nne vwo:le

ayko:ra

ayke

lui»,

Poi

domanda

risponde

tere:za

rossi.

posi

domanda

io devo tu devi egli deve

grazie!

«devo

ancora

darti

un

ayko:ra

Non

ho

ggrattsje! non

ddoman-

lui »,

Rossi.

darti

ma

anche

Teresa

«Devo

doman-

ancora

risponde

ti dà darti

ma

se ne vuole

al papà

dja:mo prisma

fame».

0

po’

um

molta

di

po

fame

a

suo

a ssu:o mari:to:

pasta,

di pasta,

Carlo? ».

« No,

karlo?».

« no,

oggi », risponde

mmolta fa:me oddzi »,

marito:

suo

risponde

ma-

su:o

ma-

rito. La signora Rossi prende allora il piatto di Bruno risto. la sinpo:ra rossi prende allo:ra il pjatto di bru:no per

gli dà dargli

per

darmi darti dargli darle dar loro

dargli

la pasta.

darti

la pasta.

Poi

domanda

agli

altri

bambini

poi

domanda

aXXi

altri

bambi:ni

se deve dar loro ancora un po’ di pasta:

« Devo

darvi

se dde:ve dar lo:ro aykocra um po

di pasta: « dé:vo

ancora

a voi? ».

«No,

e le due e Le due

bambine. bambi:ne.

un

po’

darvi

anche

vi dà

ayko:ra um po

di pasta

ci porta portarci

mammina! », rispondono mammi:na!l», ris\pondono

Pietro pje:tro

darci darvi dar loro

Quando

Bruno

ha

mangiato

la

sua

pasta,

Amelia

kwando

bruno

a

mmandza:to

la

su:a

pasta,

ame:lia

prende

i piatti

dar

=

dare

darvi

pulito

«sporco

prende

vanti

vanti

un pollo

i pjatti a ogni

a onpi

portarci porltarci

il il

di pasta

sporchi

sporki

persona,

perso:na,

pollo? ». pollo? ».

ayke

e mette

avvo:i?».

un

e mmette um e Teresa

e ttere:za

Rossi

rossi

grazie,

«no, ggrattsie,

piatto

pjatto

pulito

puli:to

le dice:

da-

da-

« Vuoi

ledi:tfe: « vwo:i

«Si, signora!», risponde «si, ssinpo:ra! », risponde

Ameame:-

Capitolo lia,

e un momento

con

un

bellissimo

pollo.

Prima

‘metterlo

di

è uscita

Amelia

DI

e ufficta

ame:lia

in

\ta:vola

momento

: poco

dopo

dopo

lo mette metterlo mettere

metterlo

da pprandzo do:po

sa:la

dalla

dopo

pranzo

da

sala

dalla

i piatti puliti in tavola,

Pietro

e Pia di-

î pjatti puliti in ‘ta:vola,

pje:tro e ppisa \di:-

un pezzo

di pane? », e la

avesre

messo

cono:

« Mamma,

darci

vuoi

vwoi dartf{i um pettso

« mamma,

di pa:ne? », e Ha pane.

signora

Rossi



loro

un

pezzo

di

sinpo:ra

rossi

da

lo:ro um

pettso

di pa:ne.

e domanda

Rossi prende il coltello

rossi

in tavola

un

a ttutta la famiXKa.

avere messo

kono:

in sa:la da pprandzo

di metterlo

prisma

pollo.

in sala da pranzo

a tutta la famiglia.

lo mostra

kwando

entra

essa

lo mostra

Quando

entra

do:po,

bellissimo

um

essa

momento

lia, e um

kon

dopo,

XI

il koltello e ddomanda

prende

Il

mette

ha messo

il petto del pollo

signor

il sin\nor « Che

a sua moglie:

assu:a mokke : «

ke

pezzo vuoi, Teresa? Vuoi un po’ di petto? ». «Si, un ppettso vwo:i, tere:za? vwo:î um po di petto? ». « si, um po’ di petto, grazie», risponde po di petto, grattsje », risponde

marito le dà un bel pezzo di pollo

bel pettso

mari:to le da um

Suo suco

Rossi. rossi.

la signora la sinpo:ra

(il petto è la parte

e lla parte

di pollo [il petto

del pollo che piace di più a Teresa Rossi), e poi, dopo del pollo ke ppja:tfe di pju a ttere:za rossi ], e ppo:i, do:po aver

preso

un

po’

alver pre:so um po

un

pezzo

di petto

di petto

a ciascuno

anche

ayke

dei bambini.

um pettso a ttf{asku:no dei

bambi:ni.

lui, Carlo

lui,

e um

piace di più : piace più di tutti gli altri

Rossi



aver

rossi

da

prende ha preso

karlo

È un

un pezzo di pane

pollo molto,

pollo

molto,

=

avere

ciascuno dei bambini = ogni bambino

131

Capitolo

11

molto

buono,

e

quando

Bruno

ha

mangiato

il

suo

molto

bwono,

e

kkwando

bruno

a

mmandza:to

il

suo

pezzo, dice: « Mamma, pettso, di:tfe: « mamma, io do col aia

al piatto, al pjatto,

me me

c’è un tf e um

bel pezzo lì in mezzo bel pettso li im meddzo

lo dai? ». Teresa lo da:i? ». tere:za x

.

.

Rossi: rossi:

« Te lo do solo « te lo do sso:lo .

4:

lo mangia

mangiarlo

se non

mi dai il pezzo

se nnom vwo:le man\dzarlo

ti do il pezzo te lo do

che non vuole quel pezzo perché non ha più fame, e ke nnom vwo:le kwel pettso perike nnon a ppjuffa:me, e

me lo dai

mangiarlo

vuole

Teresa

Rossi

ttere:za rossi

dirle

un

(a tavola)

132

lo da

allo:ra

lo

a Bruno.

da a bbru:no. mangiato

il

pollo,

chiamano

kwando

i

rossi

anno

mandza:to

il pollo,

‘kja:mano

il pollo,

Amelia! ».

per

per

donna

« Com’è

dirle:

dirle: « kome

grazie! »,

buono

bbwo:no il pollo,

ame:lia! ».

dice

Amelia,

« grattsje, grattsje! », distfe

Poi,

come

ame:lia.

poi,

ko:me

prima,

porta

in

i piatti

sporchi

e

prisma,

porta

ig kutfi:na i pjatti

sporki

e mmette um

piatto

pulito

davanti

a ciascuno

dei

Rossi.

Poi

esce

pjatto

puli:to

davanti

a ttfasku:no

dei

rossi.

pou

effe

un momento, um momento, frutta : arantfe

mandza:to

cucina

e quando e kkwando

arance

nc ia = i arancia = arancio | mangiato

han an == h hanno

allora

rossi di:tfe

hanno

la frutta= i frutti | frutta: che si mangiano

kkarlo

dice

Rossi

« Grazie,

mandarino

il palpa ». ma

Rossi

i

la

vite

Carlo

Quando

la donna

dice

Ma

il papa».

molto, molto,

e

ha

fatto

a ffatto mette

un

entra, porta un gran piatto di entra, porta uy gram pjatto di

mandarini.

Siccome

i

Rossi

hanno

e mmandari:ni.

sikko:me

î

rossi.

anno

non non

han am

piitù fame,

però È mangiano

pju ffa:me, pelro

\mmandzano

Capitolo

un

ciascuno

tfasku:no

Pia

um

bella

una

vede

pisa ve:de u:na bella

« Sì,

se non

e dice

arantfa

eddi:tfe alla

mamma:

« Che

rossi.

ai

me

ke

mamma : «

Rossi:

la dai? ». Teresa

Me

mammi:na!

bbella arantfa,

alla

arancia

mammina!

arancia,

bella

Rossi.

molto

frutta pja:tfe

la

frutto.

ai

molto

piace

frutta

La

frutto.

la da:î? ». tere:za

rossi:

vuole

mangiarla

tua

sorella,

te la

do ».

« si, se nnom vwo:le

man\dzarla

tusa

sorella,

te

la

do».

non

la sua

bella

la susa

più pie

bella

arancia.

quei kwei

non

ci sono

piatto

nel

kwando

nel pjatto

arantfa.

vogliono ‘voktono

mangia

Quando

Pietro pje:tro

che due mandarini, kke ddu:e mandari:ni,

se non se nnom

contentissima,

mangiarli Pia man‘dzarli pisa

mandarini? ». Teresa mandari:ni? ». tere:za

non tft

e Maria, e mmari:a,

Rossi: rossi:

«Si, « si,

me me

li dai, li dai,

se non li vose nnon li vo4-

gliono le tue sorelle, te li do ». Poi domanda:

Aono

Maria,

le tuse

sorelle,

volete

quei

li do». posi

mandarini? ».

mmari:a, volete kwet grazie,

te

non

ggrattsje, mammi:na,

li

non

li voXka:mo!

Pietro

bje:tro

dà gli da Ki ha

a

ultimi \ultimi

mangiato

«pisa

e Maria:

e

e

« No,

mandari:ni?». pisa e mmarisa : « nd,

mammina,

Rossi rossi

« Pia

domanda:

Pia

so:no

« Mamma, « MAMMA,

domanda: domanda :

mmandza:to

vogliamo! ».

mandarini mandari:ni anche

ayke

».

Allora allo:ra

a Pietro, a ppje:tro,

quelli,

tutta

kwelli, "tutta

Teresa tfere:za

e quando e kkwando la

la

lo la li le

dai dai dai dai

la mangia mangiarla me lo te lo se lo glielo

mangiarlo mangiarla mangiarli mangiarle

mandza

konten‘tissima,

e ppisa,

vwo:l,

la

non

marisa

Pia,

e

vuole,

la

Maria

me me me me

XI

famiglia

famikha

PAROLE: un

apparta-

mento

un’arancia un armadio un asciugamano

un bagno

una blusa i calzoni un corridoio una cucina una donna una donna di servizio un'entrata una fame la frutta una giacca un mandarino le mani i mobili un momento

le paia la pasta un petto

un pezzo

un pollo

133

Capitolo

11

una porta

un un un un

salotto servizio soprabito soprabitino

una sottana

uno specchio un tavolino un vestito chiaro Scuro caldo freddo grandissimo grigio grigio chiaro grigio scuro pulito sporco, -chi andare apre asciuga asciugato aver avere comprato dar

do dai devo devi deve si dicono . domandiamo! esce han lavato sì levano

mangiato messo si mette

si mettono passare

porta

134

esce dalla sala da pranzo e va in salotto, dove si beve

effe dalla

sa:la da pprandzo e wa în

salotto, do:ve ssi be-ve

il caffe.

il haf \fe.

A.

ESERCIZIO {

darmi

darci

darti

darvi

dargli

dar

darle

ar

|

loro

« Papà, vuoi — mille lire? », domandano Pietro e Bruno. Ma il signor Rossi non vuole — — mille lire. Allora Bruno domanda a sua madre se lei vuole — mille lire: « Mamma, vuoi — mille lire? ». Neanche Teresa Rossi vuole —

papà

se

mille

egli

lire. Ma

vuole



quando

mille

la Maria

lui

lire,

domanda

risponde:

al

« Si,

Mariuccia ». (metter) lo

(metter)la

(metter)li

(metter)le

Teresa Rossi guarda i guanti prima di — nella borsetta. Teresa Rossi dà due arance

alla Maria

e le dice di —

alla sua sorellina ed al suo fratellino, poi le dà ancora un’arancia e le dice che quella li, deve — lei. « Oggi, andiamo

mamma

insieme

in città;

», dice Carlo Rossi

ma

non

devi

a Bruno.



ancora

alla

Capitolo XI me lo (la, li, le)

ce lo (la, li, le)

te lo (la, li, le)

ve lo (la, li, le)

glielo (la, li, le)

lo (la, li, le)

... loro

dai, quella bell’arancia? ». Teresa Rossi: « No, Pia, non — — do». Pia e Pietro: « Papa, — — dai, quelle due arance? ». « Si, — — do se gli altri Pia:

« Mamma,

— —

non le vogliono ». La signora Rossi non da l’arancia alla Pia, ma il signor Rossi — dà. «Mostrami le mani,

Pietro! », dice Teresa Rossi, e Pietro — mostra. « Mostrai Benelli

ci i tuoi regali! », dicono

a Teresa

Rossi,

ed

essa — mostra —.

pranzare prepara preso si siede si siedono torna tornato uscire

uscito va! darmi darti

dargli

darci darvi dar loro dirle lavarti lavarsi

mangiarlo mangiarla mangiarli

B.

ESERCIZIO

I Rossi hanno un — di otto stanze: quattro — da —, una sala da —,

un —,

dove

il —,

la famiglia

si lava,

l—.

C’è pure una —, dove Amelia — i pasti, ed un —. Amelia è la — di — dei Rossi. Dal corridoio si entra in tutte le stanze — nella sua camera.

Per entrare in ca-

mera sua, essa — prima entrare in cucina. Nella camera di Amelia ci sono pochi —: un letto, un — per i vestiti, un tavolino,

uno —

e una

sedia.

Nell’armadio dei signori Rossi ci sono i loro —: i — e le

— del signor Rossi ed i —, le — e le bluse della signora Rossi. Carlo Rossi ha cinque — di calzoni. I suoi calzoni sono neri, bruni e —. Teresa Rossi ha nove vestiti,

tre sottane

e cinque —.

Oggi, —

è il suo compleanno,

metterlo mostrarmi mostrarle portarci sedersi lavati! lavatevi! mostrami! mostratemi! siediti! sediamoci! me lo dai me la dai me li dai te lo do te la do te li do me le lavo te le lavi se le lava ce le laviamo ve le lavate

135

Capitolo

11

gliele lava gliele lavano si è lavato si è lavata

si sono lavati si sono lavate coll’

essa si —

il suo vestito

bianco



fiori gialli

e rossi.

E — il sole non è molto —, essa — mette un — prima di uscire —

quando

casa. Anche

il signor Rossi — mette un —

fa —.

egli essa

essi esse gliele ciascuno le tue eccetera ecc.

ESERCIZIO

C.

Di che colore sono le cinque paia di calzoni del signor

dopo che

fuorché

Rossi?

neppure oltre a se ce ve siccome arrivederci com’ è buono! fa caldo fa freddo ha fame in cucina

Che cosa mangiano i Rossi prima della frutta, oggi? ....

gli stessi ... che

in mezzo

in tavola

a

piace di più sì, signora!

136

....

Perché non mangia molto Carlo Rossi oggi? Cosa

mette

in

tavola

mangiato la pasta?

Amelia

i Rossi

hanno

....

Che pezzo vuole Teresa Rossi? Cosa mangiano

quando

....

....

i Rossi dopo il pollo?

....

Che stanze ci sono nel loro appartamento?

....

Che mobili ci sono nella camera dei signori Rossi?

....

Perché si mette un soprabito prima di uscire la signora Rossi?

....

Capitolo

dodici

(12)

Capitolo

dodicesimo

(XII)

LA CENA

entra:re

vwol

kwalkuno

kwando

panello.

entrare

vuol

qualcuno

Quando

panello.

che ke

è? ». Poi, quando quello e? ». posi, kwando kwello

porta e domanda: «Chi porta e ddomanda : «ki

ha suonato ha risposto alla sua domanda

su:a

alla

a sswona:to a rrisposto

nell apparta-

domanda

e le ha detto

e lle a ddetto

il

suo

nome,

essa

apre

la

porta.

Però

non

sempre

il

suo

no:me,

essa

a:pre

la

porta.

pelro

nnon

sempre

lascia entrare quello che ha suonato:

entra:re

laffa

solo se è qualcuno DI

so:lo se e kkwalku:no

conoscono. Ro\noskono. sono

so:no

ke

kwello

Allora, allo:ra,

a sswona:to : lo laffa

entra:re

e che

i Rossi

e kke î rossi

kkonoffe î rossi

se il signore se il sinno:re

signora sinpo:ra

o la o lla

Rossi rossi

in

casa,

Amelia

fa

entrare

la

persona

in

ig

ka:sa,

ame:lia

fa

entrare

la

perso:na

in” sa-

sa-

lotto e va a dire che c’è il signore o la signora X (e lotto e vva a ddi:re ke tife il sinpo:re 0 Ha sinpo:ra îks [e Amelia

ame:lia

dice il nome

di:tfe il no:me

della persona),

della perso:na],

qualcuno = una persona =

vuol

vuole

risponde ha risposto

lo lascia entrare

che conosce i Rossi

ke

un campanello

allo:ra va alla

ame:lia

mento, eXAi swo:na il kampanello.

nell’appartaallora va alla

Amelia

mento, egli suona il campanello.

camkam-

Rossi c’é un rossi tfe ug

dei dei

dell’appartamento dell'appartamento

Nell’entrata nell entra:ta

che vuol

ke

wwol

vedere

conosce conoscono

il signor Rossi un signore

fa entrare la persona : dice alla persona di entrare va

a

dire=

per dire

va

dire dice ha detto

vede:re

137

Capitolo

12

se invece ... = però se ...

la signora

Rossi

o suo

marito.

Se

invece

i Rossi

non

la sinpo:ra

rossi.

0 ssuio mari:to.

se

imve:tfe î rossi

noy

conoscono kolnoskono

quello kwello

che ke

ha suonato, o se essi non a sswona:to, 0 sse essi non

sono so:no

casa,

Amelia

non

ig ka:sa,

ame:lia

in viene da ... —>

va

in...

qualcosa = una cosa

qualcuno qualcosa

egli viene

da

glia Rossi:

Aa

rossi:

calzoni.

un

un

un’altra cosa

pollo

o

pollo

volte

lo

laffa

entra:re.

molte

volte

negozio

e ha

qualcosa

negottsjo

volte

Raltso:ni. altre

qualcos'altro =

Molte

del del

latte, latte,

qualcos’altro.

0 kkwallkos altro.

paio

ha

eKki

per

di scarpe,

un

di skarpe,

um pa:jo di

qualcosa

per

a kkwalko:sa per

del del

burro, burro,

Altre

volte

altre

la fami-

a kkwalko:sa per la famiX-

um pa:jo

egli

volte

e

un

vestito,

Altre

frutta, frutta,

entrare.

vestito,

um

della della

lascia

non

un

e4£i vje:ne da

lo

del del

la

ayko:ra,

di

cucina:

la kutfi:na:

formaggio, formaddzo,

ancora,

volte

paio

quello

kwello

un um che

ke

ha suonato non conosce i Rossi, ma vuol dire qualcosa a sswona:to nog konoffe î rossi, ma wwol di:re kwalko:sa al signor Rossi al sin\nor rossi

entrare

entra:re

parlare a = dire qualcosa a

o a sua moglie. 0 a ssu:a moXke.

e gli dice

di aspettare

e Aki di:tfe di

aspetta:re

va a ddi:re ai

rossi

allora in entrata

allo:ra în

Amelia ame:lia

lo fa lo fa

nell’entrata.

Poi

essa

nellentra:ta.

pot

essa

va a dire ai Rossi che c’è qualcuno

che vuol parlare

ke ttfe kkwalku:no ke wwol parla:re

al signore o alla signora. al sinpo:re o alla sinpo:ra.

138

Allora allo:ra

Carlo Rarlo

o Teresa Rossi vanno o ttere:za rossi vanno

e fanno entrare in salotto quello che

entra:ta e ffanno

entra:re

in

salotto

kwello

ke

Capitolo

Molte

Stasera,

il

campanello

stasesra,

il

kampanello

Amelia

va

a

alle

sette

e

DI

è.

Sono

il

signor

Mario

e.

sono

i sin\por

ma:rio

ki

Gina

signora

e la

Perri

e mmeddzoe

Stasera

Perri.

Teresa

Rossi

tere:za

rossi

stasera

e lla sinpo:ra dzi:na perri.

perri

e

sette

swona

vvede:re

a

va

ame:lia

mezzo

alle

suona

chi

vedere

nell entra:ta.

‘parlano

Aki

pero,

volte,

molte.

aspetta.

nell’entrata.

parlano

gli

però,

volte,

aspetta.

XII

stasera = questa sera

ha invitato i Perri a cena perché è il suo compleanno. a imvita:to i perri a tifesna perke e il su:o kompleanno. Rossi

Teresa

rossi

tere:za

pleanno.

ple\anno. han

imvicta

swona:to,

essa

li fa

essa

entrare,

li fa

gli invitati

entrare AKî imvita:ti

In in

salotto c’é la salotto tfe Ha

«Buona « bwo:na

Gina!

sera, se:ra,

Come

in salotto

in

salotto

signora sinpo:ra

caro ka:ro

signor sin\nor

stai? ». Gina

ke

il soprabito

prende

il so\pra:bito

del signor Perri, poi fa del sin\nor perri, pou fa

della signora Perri e quello della sinpo:ra perri e kkwello entrare

prende

entra:re,

che

i Perri

ssono î perri

ke

ve:de

kom-

il suo

per sono

che

vede

ame:lia

kwando

kwalku:no

sempre

com-

il suo

per

qualcuno

sempre

Amelia

Quando

suonato,

an

invita

e torna

in

cucina.

e ttorna

iy

kutfi:na.

Rossi, rossi,

che dice ai Perri: ke dditfe ai perri:

Perri! perri!

Perri:

Teresa Rossi ha invitato i Perri.

Buona bwona

«Io

sera, se:ra,

sto bene,

Il signor Perri è

un

invitato.

cara ka:ra

grazie.

d3icna! ko:me sta:i? ». dzi:na perri : «i:o sto bbe:ne, grattsje.

sto stai sta

stiamo state stanno

E voi altri come state? ». Teresa Rossi: « Stiamo tutti e vvo:t altri Ro:me

sta:te? ». tere:za

rossi:

«stja:mo

tutti

139

Capitolo

12

E Lei, signor Perri, sta bene? ». Mario e Mea, sin\por perri, sta bbe:ne? ». ma:rio

bene, grazie. be:ne, grattsje. benissimo molto bene

Perri:

« Benissimo,

perri : « be\nissimo, « Gina » alla

grazie ». Teresa

gratisje».

signora

Perri,

« ddzi:na » alla sinpo:ra perri, Teresa e Gina si conoscono : T. conosce G. e G. conosce T. fiorentino = di Firenze

Gina

Rossi

dice

«tu»

e

tere:za

rossi

di:tfe «tu»

e

perché

esse

si conoscono

perike

esse

molto

bene.

Perri

e Teresa

Rossi

molto

be:ne. dzi:na perri

e ttere:za

rossi

tutte e due. A Firenze Gina stava tutte e ddu:e. a ffirentse dzicna stava di Teresa, di tere:za,

si

ko\noskono

sono

fiorentine

so:no fjorenti:ne

nella nella

stessa casa stessa ka:sa

e Teresa è la sua migliore amica. Il signor e tteresza e Ma susa mikko:re ami:ka. il sin\nor

Perri e Teresa

Rossi,

invece,

si conoscono

molto

meno

perri e ttere:za

rossi,

imve:tfe, sì ko\noskono

molto

me:no

bene, e perciò Teresa Rossi non dice «tu» e « Mario» be:ne, e pperltfo ttere:za rossi non di:tfe «tu» e « mma:rio»

si danno del tu = si dicono «tu»

al signor Perri, ma «Lei» al sin'por perri, ma «lle»

e «signor Perri». Le pere «ssiplpor perri ». le per-

sone che si conoscono

molto

bene

e i bambini

si danno

molto

be:ne

e i bambi:ni

si

danno

si conoscono

molto

nnon si ko\noskono

molto

so:ne

ke ssi ko\noskono

del tu, mentre

le persone

che non

del tu,

le perso:ne

ke

bene be:ne

mentre

e quelle che non si conoscono si danno e kkwelle ke nnon si ko\noskono si danno

Il signor

Perri



il sinlpor perri

un mazzo di fiori

140

signora sinpo:ra

Rossi rossi

da e e

un

um

bellissimo

bellissimo

le dice: We di:tfe:

mazzo

mattso

« Auguri, «asguri,

cara ka:ra

del Lei. del lesi.

di fiori

alla

di fjo:ri alla

signora! ». sinpo:ra! ».

Capitolo oo

EE

EE

Rossi

signor

Perri!

Come

sono

sintpor perri!

ko:me

ria. Quando risa. kwando

grattsje,

belli! ». Poi

chiama

la Ma-

sso:no belli! ». posi

kja:ma

la

Maria

entra

in

marisa

entra

in

salotto, salotto,

madre

le dà

susa

ma:dre

le

di

prega

di

metterlo

il mattso

di fjo:ri e Wa pre:ga

di

‘metterlo

vaso:

e la

un

in

bel

perri

nel

mizo

venettsja:no? ».

va:zo

Prima

la

Maria

prima

la

marisa

Perri!

Buona

sera,

saluta i perri : «bwo:na se:ra, sin\por perri!

bwo:na

se:ra,

« Buona

saluta i Perri:

signor

sera,

zia Gina! », poi prende tisisa dzi:na!», posi prende

i fiori e va î fjo:ri e vva

a metterli a \mmetterlk

nel nel

veneziano.

va:zo venettsja:no. Alle

otto

meno

un

quarto

suona

di nuovo

il campa-

alle

otto

me:no

ug

kwarto

swona

di

il kampa-

nello. Amelia .

apre

ame:lia

invitati, e

la prega dice di

di:

le

mettere i fjo:ri del sin\por

veneziano? ».

vaso

mio

nel

Perri

nello.

a

« Cara Mariuccia, vuoi mettere i fiori del signor

va:zo : « ka:ra mariluttfa, vwo:î

vaso

ringraziare = dire «grazie»

da

um bel

in

-r—e-rr_rr-rr

ma-

sua

il mazzo

fiori

grazie,

perri : « mille

ringrattsja il sin\nor

rossi

————————r———_—_-—rr—

« Mille

Perri:

il signor

ringrazia

Teresa

tere:za

|!1!1D1_|1n1n.r.rrr.r.-

XII

.

di nuovo,

a:pre di nwo:vo,

poi li fa entrare e

ry

imvita:ti, po:i li fa

nwo:vo

prende

i soprabiti

prende

/

entra:re in

sabtto.

kwesta

volta

sono

volta

so:no

Emma

e

î benelli:

emma

e ddzi:no,e UWtfisa e

Anch’essi

danno

ciascuno

un

mazzo

di

ayk essi

danno

tfasku:no

um

mattso

di fjo:ri a ttere:za

e

Lucia

veneziano = di Venezia

salutare = dire «buon giorno» 0 « buona sera» a

di nuovo = ancora una volta

degli

1 Benelli:

Gino,

vaso

i so\pra:biti deXAi

in salotto./Questa .

un

e

Alberto

alberto fiori

Rossi.

rossi.

a

Teresa

14]

Capitolo

12

rossi,

la

si salutano : gli i

altri

salutano

come sta? : come

sta Lei?

6

la

Rossi,

la quale = che

gli

la

molto

li ringrazia

quale

kwa:le li riggrattsja

molto

Maria

di

metterli

in

un

la marisa

di

metterli

in

um va:zo.

Poi

i Benelli, -

. >

e i Perri

rossi

e î perri

i

benelli,

pot î

di

nuovo

e ppre:ga

di

nwo.vo

vaso.

i Rossi

.

.

e prega

.

si salutano:

« Buona

si sa\lu:tano:

« bwo:na sta? ».

sera, signora

Perri! », dice Gino

Benelli,

« come

Gina

« Bene,

Lei?».

Gino

Benelli:

e Ue:i?».

dino

benelli :

sesra, sinpo:ra perri! », di:tfe dzi:no benelli, Perri:

grazie!

E

« ko:me sta? ».

dziina perri:

« be:ne,

grattsje!

« Benissimo,

grazie!

« benissimo,

Ciao,

grattsje!

Mario! ».

«Ciao,

tfa:o,

ma:rio!».

Gino! ».

«ffa:o,

dzi:no! ».

Gino Benelli e Mario Perri si dicono « ciao », perché si azi:no benelli e mma:rìo perri st \di:kono « tfaso », perke ssi conoscono

da molti

kolnoskono

da mmolti anni,

amici.

del tu. Essi

sono

e ssi danno

del

so:no

sera»

e

serra

e ssi

altri

si

dicono

«buona

ami:tfi. Ai

altri

si

\di:kono

bwo:na

del

Lei.

del

Jesi.

entra entra

in salotto în salotto

il signor Rossi, il sin\por rossi,

tu.

essi si

danno

danno

e poi entrano i e ppo:i ‘entrano i

bambini.

Tutti

si salutano,

i bambini

danno

un

bacio

bambi:ni.

tutti

si sa\lu:tano,

i bambi:ni

danno

um

ba:tfo

agli

zii, alle

zie

e alla

alti ttsi:i, alle ttsise e alla mano mano 142

e si danno

Gli

Ora ora

un bacio

anni,

pure «zia». Alle pure « tisisa ». alle

signora

Perri,

che

essi

chia-

sippo:ra

perri,

ke

essi

‘kja:

otto otto

Amelia ame:lia

apre a:pre

la porta la porta

Capitolo

dice:

fra il salotto e la sala da pranzo e

fra il salotto

e Wa sa:la da pprandzo e ddi:tfe :

a tavola.

di mettersi

vitati

‘tta:vola.

a

mettersi

vita:ti di

«la tfe:na

è

Rossi prega i suoi inrossi. pré:ga i swo:i im-

la signora la sippo:ra

in tavola! ». Allora in \ta:vola! ». allo:ra

cena

« La

XII

Stasera a cena ci sono quattro piatti, e il primo piatto

stasera a ttfe:na tfi so:no kwattro pjatti, e il pri:mo pjatto

è una

minestra.

(La

minestra

e una

minestra.

[la

minestra

nei

piatti

e si

versa

nei

pjatti

e ssi

hanno

co-

si

gli invitati

Quando

col cucchiaio).

mangia

si versa

anno

‘Ki imvita:ti

kwando

ko-

mandza kol

kukkja:jo].

minciato

a

mangiare

la

minestra,

dicono

a

Teresa

mintfa:to

a mmandza:re

la

minestra,

‘di:kono

a

ttere:za

« È buonissima! «e bbwonissima!

— —

Chi ki

Rossi: rossi: stra?

Amelia? ». « Sì », risponde

tra?

ame:lìia? ». «st»,

la fa? », domanda

lla fa? »,

e risponde:

e rrisponde :

sai

come

Gina

domanda

la

so come

«non tua

saci ko:me lla tu:a

Perri.

d3i:na perri.

« Non

Teresa

risponde

Rossi.

tere:za

Rossi

tere:za

non

rossi

lo sa

non

lo sa

la fa».

Gina

Perri:

so kko:me lla fa». dzi:na perri: donna

fa

donna

fa lle

le minestre?

Ma

minestre?

tere:za

rossi

ri:de e ddi:tfe: « ka:ra dzi:na!

la

specialità

spetfali\ta

e

dice:

« Cara

di

Amelia;

ddi

ame:lia;

« Non

Gina!

la

: la minestra

lo : come

Amelia

fa quella minestra

«non

Teresa! ».

ma ttere:za! ».

ride

sono

« kosme

Teresa

Rossi

la

« Come

rossi.

Teresa

sono

minemines-

questa kwesta

ha fatto a ffatto

Le

minestre

le

minestre

essa

sa

farne

essa

più

sa

ffarne

pju

so sai sa

ne fa sa farne

143

12

Capitolo cento =

100

di

sono

e

cento

e sso.no

ddi tfento

molto,

molto

buone».

Poi,

tutte

molto,

molto

bwo:ne».

poi,

finisce ha finito

quando

Gina

kwando

dzi:na a ffini:to

tu dai da!

Carlo

da!

+

dammi!

=

un altro piatto : ancora un piatto

averlo, averla, ecc., averne

primo

piatto

di

il pri:mo

pjatto

di . minestra,

moglie:

« Teresa!



ancora

di:tfe a ssu:a moXke:

«tfere:sza!

da

ayko:ra

Rossi

karlo

mi

ha

tutte

finito

dice

rossi

a

un um

po’ po

di di

hai ad

più pju

minestra, mminestra,

Teresa

sua

minestra minestra

Rossi

ttere:za rossi

il

a Gina!». Teresa a ddzicna!». tere:za

Gina? Dammi dzi:na? dammi

il tuo il tuo

« Non «non

piatto!». pjatto!».



un

altro

piatto

di minestra

da

un

altro

pjatto

di

E e

a Gina.

minestra

a ddzi:na.

Pietro

trova

che

la

minestra

di

Amelia

è

agke

pje:tro

trova

ke

Wa

minestra

di

ame:lia

e

molto buona,

però, dopo

averne

mmolto bwo:na, pelro, ddo:po averne a

sua

un po’, egli

mandza:to

um po, ekki

«Mamma,

dammi

di:tfe a ssuc:a ma:dre :

«mamma,

dammi

suo

« Pietro,

padre

madre:

gli

dice:

sale!

Sai

saile! saci

dice:

bene

be:ne

che

cosa

non

si dice,

il

si

sale! ».

Ma

il sa:le!».

ma

dice:

dammi

il

si di:tfe:

dammi

il

no? ». Allora

ke kko:sa si di:tfe, no? ».

Pietro

allo:ra pje:tro

« Mammina,

dammi

di:tfe :« mammi:na,

il sale, per

dammi

il sa:le, per favo:re!».

madre ma:dre

I

mangiato

ssuco pa:dre ALî di:tfe : « pje:tro, non

144

Rossi: rossi:

Anche

dice

gli da il sale glielo da

minestra,

favore! ». E sua

e ssu:a

allora glielo dà. Poi è Bruno che dice: « Mamallo:ra AKelo da. posi e bbru:no ke ddi:tfe : « mam-

ma,

per favore,

dammi

ancora

un

po’ di pane! ». Sua

ma,

per favore,

dammi

ayko:ra

um

po

di pa:ne!».

susa

Capitolo

madre madre

quando kkwando un

po’

um po di di

da da

essa essa

entra entra per

di pa:ne,

per favo:re!

minestra! minestra! «non «non

Perri, perri,

e ‘pportatfi ayko:ra um

minestra minestra

una u:na

mangiato mandza:to

gli dà del pane gliene dà dà! + ci = dacci!

po’

po

«Si», dice Gina «si», di:tfe dzi:na

sai?». saci? ».

E buonissima, e bbwolnissima, a

ho mai 0 mma:i

un

ancora

portaci

E

favore!

di pane,

ancora ayko:ra

dacci dattfi

le dice: « Amelia, le di:tfe : «ame:lia,

e e

Amelia ame:lia

chiama kja:ma

poi poi

pezzo, pettso,

un um

gliene Akene

XII

non ... mai sempre

così kolsi

buona! ». « Grazie, grazie, signora Gina! », dice Amebbwo:na! ». « grattsje, grattsje, sinpo:ra d 5i:na! », di:tfe ame:una zuppiera

lia, contentissima. lia, konten\tissima.

Essa

prende

essa

prende

la zuppiera,

nella

quale non

la tisuppje:ra, nella kwa:le

c’è più che

un pochino = molto poco

non tf e ppju kke

un pochino di minestra, e il cestino del pane. Poi esce.

um

poki:no di

Carlo karlo

minestra,

e il tfesti:no del pa:ne. poi

Rossi allora dice: « Caro signor Perri, rossi allo:ra di:tfe : « ka:ro sin'por perri,

bicchiere

bikkje:re

è

DI

vuoto!

e wwo:to!

Devo

devo

darLe

ancora

darle

ayko:ra

un

um

effe.

il Suo il suo po’

po

di

di

un

cestino

darLe = dare Lei

a

vino? ». Mario Perri: « Sì, grazie, è molto buono questo visno? ». ma:rio perri : « si, ggrattsje, e mmolto bwo:no kwesto vino! ».

Carlo

vino! ». karlo

Rossi

versa

del

vino

nel

bicchiere

del

rossi

versa

del

vi:no

nel

bikkje:re

del

un bicchiere pieno

signor Perri, e quando il bicchiere è pieno, Mario Perri

e un bicchiere vuoto

sin\nor perri,

pieno «>

e kkwando il bikkje:re

€ ppje:no, ma:rio perri

vuoto

145

Capitolo

12 dice:

« Grazie! ».

Anche

i

bicchieri

di

Gino

Benelli

ayke

i

bikkje:ri

di

d3i:no

benelh

di:tfe : « grattsje! ». beve ha bevuto

e di Alberto Rossi sono vuoti, perché essi hanno bevuto

e ddi alberto

rossi

il loro

vino,

e Carlo

Rossi

versa

del

il lo:ro vi:no,

e kkarlo

rossi

versa

del vino

loro

bicchieri.

lo:ro

so:no vwo:ti,

Quando

bikkje:ri.

perlke

sono

kwando

so:no

essi

anno

vino

bevu:to

anche

nei

ayke

nei

pieni,

anch'essi

pje:ni,

dicono:

aykessi

‘di:kono:

« Mille « mille

grazie, grattsje,

con

la

zuppiera,

di

nuovo

piena

di

kon

la ttsuppje:ra, la kmwa:le o:ra € ddi

nwowo

pje:na

di

Carlo!». karlo!». la

Poco po:ko

quale

ora

dopo do:po è

Amelia ame:lia

torna torna

minestra. Essa mette la zuppiera, poi esce una seconda

minestra.

volta

volta

essa

mette

e quando

la tisuppje:ra, poi effe u:na sekonda

torna

e kkwando

torna

ha in mano

il cestino

pieno

di

a im ma:no il tfesti:no pje:no di

pane.

Mette

anche

pa:ne.

questo

mette

in tavola, davanti

ayke

al signor

kwesto

in \ta:vola,

al sinpor

davanti

Rossi, poi torna in cucina.

rossi, posi

«Vuoi

ancora

tg kutficna.

un

po’

«vw:

ayko:ra

um po

Teresa

Rossi.

«No,

tere:za

rossi.

mangia mangiare

Perri, perri,

mi dai della minestra me ne dai

minestra, minestra,

146

torna

= «n9,

di minestra,

di

minestra,

grazie,

dzi:na? »,

Teresa »,

ggratisje, fere:za»,

che non può mangiare più ke nnom pwo mmandza:re pju «è «e

Gina? », domanda

buonissima, bbwonissima,

ma ma

risponde

Gina

risponde

d3zi:na

di due ddi du:e

se me sse mme

domanda

ne ne

piatti pjatti

di di

dai ancora, da:i ayko:ra,

Capitolo non

nom

posso

man\dzar

altro».

«se

man-

più

puoi

non

«Se

altro».

mangiar

posso

nnom pwo:i pju mmansignor sin\por

non te ne do più, cara Gina! Ma Lei, non te ne do ppju, ka:ra dzi:na! ma Wei,

giarne, dzarne,

Perri? », domanda allora Teresa Rossi, « Lei può manallo:ra tere:za rossi, «lei pwo mmanperri? », domanda ancora

un

dzarne apko:ra

um

giarne

risponde

rossi »,

Perri,

Mario

risponde

Rossi»,

perri,

ma:rio

porge il suo piatto a Teresa pord ze il su:o pjatto a ttere:za

un

ancora

dai

solo

da:i so:lo

un

um

pochino».

benelli:

« Ne

«ne

ti do della minestra te ne do

me ne te ne

gliene

posso puoi puo

ci : nel piatto

porge

: dà

vole:te

se ce ne

ma

« Ve

fere:sza:

«ve

un

ne

ne

do

quanto

do

kkwanto

Rossi

ne



loro

mezzo

piatto

e

vole:te ».

rossi

ne

da

Îlo:ro um meddzo

pjatto

e

poi domanda

ne mangia mangiarne

volete

volete ». Teresa

tere:za

ne

la, ecc.,

pjatfe:re! ». ekki

Rossi, la quale ci versa rossi, la kwa:le tfi versa

Teresa:

poki:no ».

Egli

me

lo, me

«si, ggrattsje, ma sse ttfe ne

i benelli:

poe».

piacere! ».

« Sì, grazie,

po’? ». I Benelli:

agko:ra um

«kom

e ddomanda po:i ai

minestra

della

«con

poi ai Benelli:

e domanda

della minestra

».

n9?

poki:no,

signora sippo:ra

«Grazie, « gratisfe,

no? ».

pochino,

me

XII

ce ne ve ne ne ... loro

a suo marito e ai bambini se ne vogliono.

ppo:t domanda a ssu:o mari:to e at bambi:ni se nne \voAXono ancora un po’ anche loro. Carlo Rossi risponde:

« Con

grazie,

mam-

«no, geratisse,

mam-

ayko:ra um po

piacere! »,

ma

Djatfe:re! », ma ma! ». Teresa

mal».

tere:za

agke

lo:ro.

i bambini

i

karlo

dicono:

bambi:ni \di:kono:

Rossi:

rossi:

« Che

rossi

risponde : « kom

«No,

cosa dite? Non

«ke kko:sa di:te? nom

potete man-

pote:te

man-

dico dici dice

diciamo dite dicono:

147

Capitolo

12

d3a:reum

possiamo potete possono

pone = mette

non

‘possono

mand3za:re AAi altri pjatti.

ame:lia Poi

prende

i piatti

prende

i

porta

in

porta

in

sporki

e ll porta

ty

la zuppiera

e torna

con

pjatti

cucina

ug gram

pjatto

al signor al sin\nor

-a -a la specialita le specialita la citta le citta

Rossi. rossi.

Amelia.

ddi ame:lia.

ci sono

ig kutfi:na la ttsuppje:ra e ttorna kon

tfi so:no delle verdura. verdura.

questo piatto kwesto pjatto

insie:me

bellissimo bellissimo

è una e u:na

coll’arrosto

di

kollarrosto

di

vitello

nel

vitello

148

piatto

nel pjatto

dei

piselli,

delle

carote

e altra

pata:te,

dei

piselli,

delle

karo:te

e

la la

verdura verdura

si mangia

(le carote, [le karo:te,

if pjatto

ke

altra

i piselli, i piselli,

coll’arrosto, si chiama

le le

«il con-

«il kon-

in tavola Amelia

dopo

a mmesso in \ta:vola ame:lia

do:po

torno ». Il piatto che ha messo

torno ».

arrosto arrosto

delle specialità delle spetf{ali\ta

tfipolle, eHtfe:tera]si mandza Roll arrosto, sì kja:ma

1) pata 2) unaci tepolla ,, 3) piselli, 4) carote

davanti

patate,

Quando kwando

cipolle, ecc.)

alla tavola, davanti

Nel piatto c'è un nel pjatto tfe um

Insieme

delle

li

ke ppo:ne im meddzo alla \ta:vola,

di vitello. Anche di vitello. ayke di

e

sporchi

un gran piatto che pone in mezzo

arrosto

piatti.

gli altri

mandza:to um pjatto o ppju ddi mines-

kutfi:na. pot porta

un

». i bambi:ni:

mangiare

anno

tutti

Amelia

cucina.

minestra?

tutti hanno mangiato un piatto o più di mine-

kwando

tra,

di

I bambini:

possono

dzano ayko:ra, nom

stra,

minestra?».

non possiamo!», e dicono che se ne mannom possja:mo! », e \ddi:kono ke sse nne \man-

ancora,

Quando

di

e mmeddzo

pjatto

« No, mamma, « 9, mmamma,

giano

mezzo

e

piatto

un

giare

Capitolo XII

la minestra

la

minestra



di vitello

«arrosto

è un

un

«arrosto

di vitello

contorno ».

con

kog

kontorno».

Il signor Rossi prende un gran coltello e taglia l’arrosto.

il sin\nor rossi

koltello e ttakXa larrosto.

ug gray

prende

La prima fetta che egli taglia non è molto bella. Egli la prisma fetta ke eXAi takta non e mmolto bella. eXki la mette perciò nel proprio piatto e taglia una seconda

la mette perltfo nnel pro:prio pjatto e ttaXKa una

fetta. Quella fetta. kwella

sekonda

« Un po’ di contorno, «um po di kontorno,

è per sua moglie. e ppersuia mokke.

una fetta di arrosto

il proprio piatto = il piatto suo non di altri

Teresa? ». « Volentieri, Carlo. Dammi un po’ di patatine tere:za? ». «volentje:ri, karlo. dammi um po di patati:ne

volentieri piacere

e un po’ di piselli, per favore ». « Non vuoi cipolline? ».

patatine = piccole patate

e um po «No.

di piselli,

Oppure

«no.

oppure

sì,

si,

per favo:re».

due

o

duce

tre,

«nom vwo:i tfipolli:ne? ».

ma

0 ttre, ma

molto

mmolto

piccole,

\pikkole,

per

=

e

con

cipolline = piccole cipolle

per

favore ». Carlo Rossi mette la fetta di vitello, le pata-

favo:re ».

karlo

rossi

mette

la fetta

di vitello,

le pata-

tine, i piselli e tre cipolline sul piatto di sua moglie. fine, î piselli e ttre ttfipollicne sul pjatto di su:a moske.

su +

Poi taglia una diecina di fette di arrosto e dà dell’arrosto

una

post takha una djetf{icna di fette di arrosto e dda ddell arrosto e del contorno e ddel

«E

«e

kontorno

alla

Pia

il =

sul

diecina

=

un

po’ piu o un po’ meno

di dieci

agli invitati. aXAi

imvita:ti.

e a Bruno

alla pisa e a bbruno

Carlo Rossi quando karlo rossi kwando

che

cosa

diamo? », domanda

ke kko:sa dja:mo? »,

domanda

da diamo

solo i loro due piatti sono ancora

so:lo i lo:ro due pjatti

so:no

agko:ra 149

Capitolo da!

+

12

le =

dalle!

vuoti.

« Alla Pia?

Dalle

piselli

e un

di cipolline », dice

vwo:ti.

«alla pisa?

piselli dà + gli = dagli!

e um pa:jo

a suo marito.

um po

di patatine,

un po’ di

um po

la signora

di tfipolli:ne », di:tfe la sinpo:ra

« E a Bruno? ». « Dagli

a ssuco mari:to.

dammi! dagli! dalle! dacci!



paio

dalle

un po’ di patatine,

«e

lo stesso,

a bbruno? ».« dali lo

stesso,

di

Rossi

rossi e dà e dda

loro anche due belle fette di arrosto! ». Ma la Pia dice:

loro!

Uo:ro agke

« Mammina,

« mammina,

« Bene, « bene,

kRomplelanno piselli.

belle fette

tu

sai

che

tu ssai ke

di arrosto! ». ma la pi:a di:tfe: non

mi

piacciono

nnom mi

‘pjattfono

allora », dice suo padre, allo:ra », di:tfe suso pa:dre,

compleanno piselli.

duce

Ma

della

della gli

mamma,

mamma,

ti

«siccome «sikko:me do

ti

do

i piselli! ».

i piselli! ».

oggi è il oddzi e il

dell’arrosto

ddellarrosto

senza

sentsa

altri

giorni,

ma Aki altri

sai,

devi

mangiare

dzorni,

tutto

sa:i,

dewi

mandza:re

tutto

che ti dà la mamma. ke tti da Wa mamma.

Una u:na

brava brava

quel : quello

quel kwel

bravo

dice mai: Non mi piace questo, non mi piace quello! ».

: buono

di:tfe masi : nom mi pja:tfe kwesto,

bambina bambi:na

non non

nom mi pja:tfe kwello! ».

Anche il vitello piace molto agli invitati, ed essi dicono

apke

il vitello pja:tfe molto a4Ki imvita:ti, ed essi \di:kono

a Teresa Rossi:

« Non

ho mai mangiato un arrosto così

a tteré:za rossi:

«non

9 mma:i mandza:to un arrosto kolsi

delizioso! — È molto brava Amelia! — ddelittsjo:so! — e mmolto brava ame:lia! — moglie

molte

150

sa farlo

così bene! », ecc.

sa ffarlo kolst bbe:ne!», eMtfestera.

Neanche nelapke

mia mi:a

Capitolo

Teresa

Rossi

dice grazie

tere:za

rossi

di:tfe grattsje ed

Amelia

è contentissima

È un

Teresa

Amelia

serve

ameé:lia

serve

dolce.

Amelia

lo chiama

kja:ma

lo

ame:lia

ed è un dolce fatto di panna,

ed € un doltfe fatto

di panna,

ko:se

bwo:ne.

Quando

Bruno

ha

kwando

bruno

a mmandza:to il doltfe

ALI a

messo

mmesso

nel

nel

piatto,

pjatto,

il

tertso

pjatto.

il dolce

egli

dice:

che

ke

eXAi di:tfe:

mia»,

casa

di ka:sa mi:a»,

di \ttsukkero,

ddi altre

mangiato

piatto.

di

non

nom

ayko:ra um poki:no,

posso

posso

dartene

‘dartene

prima

prisma

risponde sua madre. Ma

risponde

puoi

di

darne

darne

di

dolce = piatto dolce

di kaf'fe e

sua

madre

ssu:a ma:dre

«Mamma,

vuoi

« mamma,

voi

per favo:re? ». di

dice

di caffè e

darmene ancora un pochino, per favore? ». « Ma Bruno,

\darmene

ripete = nuovo

Dopo do:po

terzo

di zucchero,

buone.

ha

le ripe:te

ll

«doltfe

cose

gli

— ayke

le ripete

rossi

«dolce

altre

di

Rossi

tere:za

vitello, vitello,

doltfe.

e un

kwando

Anche

kontenta.

e mmolto

di di

larrosto

contenta.

detto gli invitati del suo arrosto. detto AKi imvita:ti del suo arrosto.

quel che han kwel ke an l'arrosto

è molto

quando

e kkonten\tissima

ame:lia

ed

XII

« ma bbru:no,

agli

invitati! »,

aXki imvita:ti! »,

gli ha messo nel piatto = ha messo nel suo piatto me ne dai darmene

te ne do dartene

Gina Perri dice: « Sai, Teresa,

su:a ma:dre. ma ddzi:na perri di:tfe : « Sact, tere:za,

dargliene

pwo:i \darXene

se ne

vuole

se nne vwo:le

ancora,

noi

altri

non

ab-

ayko:ra, no:i

altri

non

ab-

gliene dai dargliene

biamo ancora finito di mangiare quel che ci hai dato ».

bja:mo apko:ra finisto di mandza:re

kwel

ke tifi asi da:to ».

151

12

Capitolo

un’altra

« Bene, Bruno », dice allora Teresa Rossi, « ma « bene, bruno», di:tfe allo:ra tere:za rossi, «ma

volta, lo sai, devi volta, lo saci, de:vi

Bruno

mina,

è delizioso

do:po

aspettare! ». aspetta:re! ».

bru:no

so:no

marisa

« Mam-

dicono:

che

e Pietro

sono Maria

Dopo

unaltra

e ppje:tro ke \ddi:kono:

il «dolce

di casa

mia»

« mam-

stasera,

sai?

mi:na, € ddelittsjo:so il « doltfe di ka:sa mi:a » stasera, saci? ce ne dai darcene

Vuoi darcene ancora un po’, per favore? ». « Non posso

ve ne do darvene

darvene

vwo:i \dartfene anko:ra um po, prima

Idarvene

Rossi.

rossi.

prisma di

e î bambini

domanda

deve

de:ve

darmene dartene dargliene darcene darvene darne loro

dammi!

ne =

dammene!

dacci! + daccene!

aspettano,

loro ancora

darne

=

lo:ro

un

la

po’. Quando

agko:ra um po.

invitati

agli

ha

messo

un

pochino

nel

a

mmesso

um

poki:no

nel \pro:prio

«Ora,

vore! ». Pia vo:re!». pisa

che

ke

mammina,

mammi:na,

ne

kwando

dolce

lo:ro

nne

vogliono

\WwoXtXono

proprio

mamma e se essa

e sse

essa

essa ha

dato

ancora,

e ne

essa

a dda:to

ayko:ra,

e nne

piatto,

Pietro

pjatto,

pje:tro di:tfe

dammene

\dammene

un

dice

po’, per fa-

um

po,

per fa-

e Maria: «E noi? Daccene e mmari:a: «e nnoi? \dattfene

un um

pochino poki:no

anche a noi!». Teresa apke a nnoi!». tere:za 152

mentre

del

di nuovo:

la loro mamma

ali imvita:ti se ppja:tfe lo:ro il doltfe

di nwo:vo : «o:ra,

ne

mentre

agli invitati se piace loro il dolce

darne

posso

da:to a4Ki altri», di:tfe tere:za

aspettano,

del doltfe akAi imvita:ti

+

«nom

dato agli altri», dice Teresa

alverne

E i bambini

domanda ne da loro darne loro

di averne

per favo:re? ».

Rossi: rossi:

« Volentieri. «volentieri.

Dammi dammi

il il

Capitolo

te, poi alla Pia ».

Te ne do prima a

tuo piatto, Maria!

ne do ppri:ma a tte, poi alla pisa».

te

tu:o pjatto, marisa!

XII

Pietro: « Perché non vuoi darne prima a me? ». « Perpje:tro è « perlke nnom vwo.i darne prisma a mme? ». « perché tu sei un ragazzo! », risponde Teresa Rossi. Allora dagliene \daXAene

se vuole, se vvmo:le,

mamma, mamma,

la Maria dice: « Sai, la marisa di:tfe : «sati,

allo:ra

rossi.

tere:za

risponde

Ike ftusse:i un ragattso! »,

un um

ragazzo = bambino (grande)

dagli! + ne = dagliene!

pochino prima di darne a noi! ». Ma Carlo Rossi dice: poki:no pri:ma di darne anno:i!». ma kkarlo rossi di:tfe : « No, Teresa! Maria è una donnina, danne prima a lei «no, there:za!l marisa € una donni:na, danne prisma alles

dà! + ne = danne!

e alla Pia e poi ai ragazzi! ». Pietro: « Bene, danne prima

dammene! dagliene! daccene! danne (a)

danne prisma

e alla picae ppo:i ai ragattsi! ». pje:tro : « be:ne,

a loro, se papà lo vuole! ». E Teresa Rossi dà del dolce a loro, se ppa\pa Ho vwo:le! ». e ttere:za rossi da ddel doltfe prima

alle bambine,

prisma alle

bambi:ne,

poi

ai ragazzi.

po: ai

ragattsi.

Dopo

il dolce

Amelia

serve

la frutta.

Poi

essa

serve

do:po

il doltfe

ame:lia

serve

la frutta.

posi

essa

serve

il caffè.

il kaf\fe. Rossi.

rossi.

«Dove

«do:ve

devo

dde:vo

servirlo? »,

serlvirlo? »,

domanda

a

domanda

Teresa

a ttere:za

« Servicelo in salotto, per favore! », risponde la

«\servitfelo

in

salotto,

per favo:re! »,

risponde

signora

Rossi.

«Servimelo

in

salotto

anche

Sinno:sra

rossi.

«!servimelo

in

sabtto

ayke

Amelia! », dice Bruno. ame:lìa!», di:tfe bruno.

loro!

Amelia ame:lia

a

la

me,

a mme,

ride e domanda ri:de e ddomanda

ce lo servi servicelo! me lo servi servimelo!

alla alla 153

Capitolo

12

Pia e a Pietro: «E a voi due?». Pietro pisa e a ppje:stro: «e avvo:i duce? ». pje:stro

e Pia ridono e ppisa 'ri:dono nostra! ».

in camera

« A noi, puoi servircelo

ce lo servi servircelo

e dicono:

te lo servo servirtelo

Amelia allora dice: « Ah ame:lia allo:ra di:tfe: «a:

ve lo servo servirvelo

virtelo in salotto? A voi, Pietro e Pia, devo servirvelo Ivirfelo în salotto? a vvo:i, pje:tro e ppi:a, de:vo serlvirvelo

glielo servo servirglielo

in

servirmelo servirtelo servirglielo servircelo servirvelo servirlo (a) loro tu sai

voi sapete bere beve ha bevuto

nostra! ».

e \ddi:kono: « a nnoci, pwo:i ser\virtfelo ig ‘\ka:mera

camera?

A

iy'ka:mera?

Maria,

sì? A te, Bruno, si? a tte, bbru:no,

non

so

a mmari:a, non

dove

devo

posso posso

serser-

servirglielo.

so ddo:ve dde:vo

ser\virXelo.

Sapete cosa vi dico? Non vi servo niente, cari miei! ».

sape:te ko:sa vi di:ko? nom

niente, ka:ri mje:i!».

Ma

Teresa

Rossi

« Cara

Amelia,

oggi

ma

ttere:za

rossi di:tfe : «ka:ra

ame:lìia,

oddzi e il miso

compleanno



komple\anno

dice:

vi servo

allora, sai, se Bruno

è il mio

vuol bere

il caffè

— allo:ra, saci, se bbru:no vwol be:re il kaf\fe

con noi altri, kkon no:i altri,

serviglielo! » ‘servif£elo!».

Amelia: ame:lia:

a Maria e a a mmarica e a

«E «e

Pietro? ». Teresa

Rossi:

« Servilo

anche

a loro,

ppje:tro? ». fere:za

rossi:

«\servilo

ayke

a Mo:ro, se lo

vogliono! ». Pia:

se

lo

dici

« E a me?

Mamma,

perché

non

a mme?

mamma,

perike

nnon dictfi

ImoALono!». pisa : «e

Pia,

all’Amelia

di

servirmelo? ».

Teresa

Rossi:

«No,

allame:lia

di

ser!virmelo? ».

teresza

rossi:

«no, ppisa,

tu sei ancora troppo piccola per bere il caffè di sera! ».

tu ssesi agko:ra troppo ‘pikkola per be:re il kaf\fe ddi se:ra!

Quando

kwando

154

tutti

tutti

sono

so:no

in

în

salotto,

salotto,

Teresa

tere:za

Rossi

rossi

dice

».

alla

di:tfe alla

Capitolo

Maria:

« Mariuccia,

prendi

prendi

« mariuttfa,

marisa:

alla

ddallo

alla ttsi:a

emma! ».

favore,

per favo:re,

e

e

mamma. mamma.

E ora, e ora,

quando kwando

la zia lattsi:a

Maria marisa

ha preso due pezzi di zucchero.

Emma

per

lo ‘\ttsukkero,

domanda domanda

darlo?», darlo? »,

a chi devo a kki dde:vo

zucchero,

« Volentieri, « volentje:ri,

».

Emma!

zia

dallo

lo

a ppre:so duce pettsi di \ttsukkero. «a mme! », di:tfe

Pietro.

« No! »,

Teresa

Rossi:

« No,

Maria!

Adesso

altri

agli

e poi

invitati! ». Ma

altri imvita:ti! ». ma

eppoi aki

della

komplelanno

tua mamma

della tua

di noi,

anche

di no:i,

agke

mamma

se non

quando

kkwando

stasera,

stase:ra,

vuole! ». Teresa

se nnom vwo:le! ». tere:za

la Maria

vuol

marisa

vwol

la

la Maria la marisa

Gino

domanda: domanda:

Benelli:

dammi! + lo = dammelo!

daglielo

\dal4elo Rossi:

è il e il

prima

prisma

« Grazie,

rossi: « grattsje,

Gino! ». E quando essa ha preso due pezzi di zucchero,

dzi:no! ». ekkwando essa

dalla! dalle!

alla ttsisa dzi:na

dare lo zucchero a Gino Benelli, egli dice: « No, da:re lo \ttsukkero a ddzi:no benelli, elidi:ttfe: «no,

compleanno

dallo! dalli!

dallo alla zia Gina

dallo

rossi: « no, mmari:a! adesso

fere:za

\dammelo! ».

di:tfe marisa. pje:tro : «si!

«nol»,

pje:tro.

dammelo! ».

«Si!

Pietro:

Maria.

dà! + lo = dallo! dà! + la = dalla!

« A me! », dice

emma

dice

XII

a ppre:so dure pettsi di ttsukkero,

dalle! + lo = daglielo! dammelo! daglielo! daccelo! dallo (a) loro! dammelo! dammeli! dammela! dammele!

« E ora, zio Gino, lo do a voi? ». «e o:ra, ttsizo dzi:no, lo do avvo:t? ».

« Sì, ora daccelo! ».

dzi:no benelli : « si, o:ra \dattfelo! ».

Quando kwando

i bambini

han

bevuto

il loro

caffè,

Teresa

i

am

bevuto

il

kaf\fe,

tere:za

bambi:ni

Jo:ro

155

Capitolo

12

mi vuoi fare = vuoi farmi

Rossi

dice

lo posso fare = posso farlo

piacere? ». Bruno:

rossi

a

Bruno:

«Ora,

Bruno,

mi

vuoi

fare

un

di:tfe a bbru:no : « o:ra,

bruno,

mi

vou

fa:re

um

ciò

che

«Non

pjatfe:re? ». bruno:

lo

mamma.

so,

di tifo kke

MAMMA.

tu fai fa!

Rossi: « Bruno! fa quel che ti dice di fare la mamma!

PAROLE:

un’amica, -che un amico, -ci

un

arrosto

un bacio

un campanello

una carota un cestino

una cipolla una cipollina

il contorno una diecina una donnina un favore

156

se lo posso

dde:vo fa:re, allo:ra îso ti di:ko se Mo

posso

fare».

fa:re».

rossi: «bruno! fa Rkwel ke tti di:tfe di fa:re la

Bruno:

bruno:

dammi! dalle! dacci! dimmi! dille! dicci! fammi! falle! facci!

io ti dico

Di

devo

mi fai fammi! dallo! dalla! ecc. dillo! dilla! ecc. fallo! falla! ecc.

allora

« non

so,

tu dici di!

mi dici dimmi!

fare,

lo

« Bene,

papà!

«bene, palpa!

ma! ». Teresa

mal».

Rossi:

tere:za

camera

Dimmi

Carlo

karlo

».

mamma!

».

ciò che devo fare, mam-

dimmi

tfo kke dde:vo fa:re,

« Fammi

il piacere

rossi: « fammi

mam-

di andare

il pjatfe:re di anda:re

in

iy

vostra

insieme

con

gli

altri! ».

Bruno:

\Ra:mera vostra

insje:me

kon

Xi

altri! ».

bruno : « ma

«Ma

mamma, sono soltanto le nove e mezzo! ». Carlo Rossi: mmamma, so:no soltanto le no:ve e mmeddzo! ». karlo rossi: « Bruno!

Va

in camera

tua

come

« bruno!

va

ig \ka:mera tu:a ko:me

ha

detto

la mamma!

a

ddetto la

mamma!

E tu, Pia, va a letto! È già tardi ». Teresa Rossi: « Prima e ttu, ppisa, va a lletto! e ddza ttardi ». tere:za rossi: « prisma di di

andare anda:re

in camera ig ‘ka:mera

e dille di darci

vostra, vostra,

ancora

dice

Bruno

mina! », di:tfe bruno esce

effe

dal

dal

salotto

salotto

e,

po

insje:me

Amelia ame:la

siccome

di kaf\fe!». « si, mmamè

un

e, ssikko:me e um

insieme

chiama kja:ma

un po’ di caffè! ». « Sì, mam-

e ddille di dartfi ayko:ra um

mina! »,

Bruno, bruno,

col

fratello

kol fratello

bravo

ragazzo,

bravo

ragattso,

e con

le sorelle,

e kkon le

sorelle,

Capitolo XII

hanno

gli AAt

come ko:me

anno

suoi genitori. Poi, î swo:î dzenito:ri. poi,

tu,

« Fallo

sorella:

a sua

Maria! ». Maria

ad

Amelia.

vva ig kutfi:na a ddirlo ad

ame:lia.

in

cucina a

dirlo

e

ride

mari:a ri:de e

tu, mmari:a!».

di:tfe a ssu:a sorella : « fallo

va

però, pe'ro,

sono usciti tutti e quattro nel corridoio, egli sono uffi:ti tutti e kkwattro nel korrido:jo, ekLi

quando kwando dice

i

detto detto

una fetta un invitato un mazzo una minestra una patata

una patatina un piacere un piatto un pisello un ragazzo il sale un signore

una specialità

un vaso la verdura un vitello

una zuppiera bravo buonissimo

ESERCIZIO me ne

« Mamma, domanda

(dà)

caro delizioso fiorentino nuovo

A.

pieno proprio

ce ne

(dà)

te ne (dà)

ve ne

(dà)

gliene

ne

(dà)

(da)

veneziano vuoto andare aspetta aspettano

loro

non ho più pollo, — — dai ancora un po’? », Pietro.

altri », risponde

Pia e Bruno,

« Sì, — Teresa

«non

sponde anche a loro:

— —



do se non

Rossi.

ne vogliono

« E a noi»,

gli

domandano

dai? », E la signora Rossi ri-

« — — do se non ne vogliono gli

invitati ». Gino non ha più vino, e Carlo Rossi — versa un bicchiere.

Allora

Bruno

e Maria

dicono:

« E a noi,

Papà, — — versi un po’? », «Un po’, si», dice Carlo Rossi e — versa — un po’ meno di mezzo bicchiere.

aspettare bere bevuto chiama!

cominciato conosce conoscono si conoscono da! dare diamo di! dite fa!

157

Capitolo

12

finito invita invitato lascia mangiar mangiare mettere

parlare parlano pone porge possiamo posso possono potete prega prendi! può

puoi ringrazia ripete risposto

sa sai saluta si salutano sapete serve servo SO stal state sto taglia viene vuol averne farne mangiarne darLe darlo darmene dartene dargliene

158

danne!

dallo!

dammi!

dammelo!

dammene!

dagli!

daglielo!

dagliene!

dalle!

daglielo!

dagliene!

dacci!

daccelo!

daccene!

dà loro!

dallo loro!

danne loro!

Pietro: « Papà, c’è ancora un’arancia, —, per favore! ». Teresa Rossi: « —, Carlo! ». Pia: « Per favore, — quel mandarino, mammina! ». Pietro e Bruno: «— quelle pere, per favore, mamma! ». Carlo Rossi: « — — quello che vogliono, Teresa! ». Teresa Rossi: « Non ho più vino, Carlo, — ancora un po’, per favore! ». Bruno: « E a me? — un po’ anche a me! ». Teresa Rossi: « — mezzo bicchiere, Carlo! ». Carlo Rossi: « A chi devo dare questo pezzo di pollo? ». Teresa Rossi: « — alla Gina! ». Carlo « E alla Maria? ». Teresa

Rossi:

Rossi:

« —

quell’altro

pezzo! ». Pia e Pietro: « Non abbiamo più dolce, mamuna

«— —

ancora una fetta! ». Teresa Rossi:

mina, —

fetta soltanto, Carlo! ». Carlo Rossi: « E le due ultime fette, le do a Maria —

—,

se

le

ed a Bruno? ». Teresa Rossi:

vogliono! »

Carlo:

«Cosa

devo

« SÌ,

dare

a

Gino? ». Teresa: « — un’arancia! ». Pietro e Pia: « Mam-

ma, c'è ancora un mandarino in tavola, —, per favore! ».

Alle

sette

chi

è. Sono

Quando

e mezzo

i Perri,

i Perri

ESERCIZIO

B.

suona

e Amelia

che

entrano

il —

Teresa

Rossi

nel salotto,

va

ha

Gina

a vedere

— Perri

a cena. dice a

Capitolo

Teresa:

—,

«Sto

Teresa:

—?>.



Teresa!

sera,

«—

grazie. E —, signor Perri, — sta? ». Gina e Teresa — — del tu, perché sono —. Il signor Perri dà un — di fiori a Teresa e le dice: « —, — signora! ». Teresa — il signor

« Mille

Perri:

di mettere

grazie,

i fiori

Stasera

a cena

una —.

Le —

signor —

nel

ci sono sono la —

veneziano.

quattro

Quando

la —

e la porta

non

c’è

mangiato più

in cucina.

il primo

—, ’ ed

di Amelia,

Perri dice che non ha — buona.

la Maria

Perri! ». Poi —

dice Teresa.

minestra,

Poi torna

minestra

una

Amelia

con

la —



è

Gina

così

prende

piena

di minestra. Mette anche del pane nel —. Carlo Rossi vede che il bicchiere di Mario Perri è — e gli dice: Ancora un po’ di vino? ». Quando il suo bicchiere è —, Mario Perri dice: « Grazie! ». {

(

Tl secondo piatto è un — di —. Insieme coll’— nel piatto c'è molta —: carote, piselli, —, —. Quel piatto si chiama « — di — con — ». Il signor Rossi prende un coltello

e — l’arrosto. La prima — la mette nel — piatto, perché non è molto bella. Dopo l’arrosto, Amelia — il terzo piatto, che è un —. Anche questo piatto è una delle — di Amelia.

XII

darcene darvene darne loro servirmelo servirtelo

servirglielo

servircelo servirvelo dammi!

dagli!

dalle! dacci! da loro! dammene!

dagliene!

daccene! danne (a) loro! dimmi! dille! fallo! fammi!

portaci!

servimelo!

serviglielo!

servicelo! servilo (a) loro! sul cento

bene benissimo ciao! così

glielo

invece il mio

ESERCIZIO

C.

Cosa fa Amelia quando suona il campanello?

....

Cosa fa se la persona che ha suonato conosce i Rossi? .... E che cosa fa se quella persona non conosce i Rossi? .... 159

Capitolo

12

ne... loro perciò qualcosa qualcuno stasera

Suo volentieri buona sera! come sta? come stai? da molti anni di nuovo per favore! sto bene un pochino

160

Che cosa si dicono i Perri e la signora l l i Perri entrano nel salotto? ....

Rossi,

quando

Perché il signor Perri dice « Auguri! » a Teresa? .... Quanti

piatti ci sono

Che

cos’é

Con

che

un cosa

arrosto fa

a cena con

Amelia

stasera?

contorno? il « dolce

Quali? .... ....

di casa

mia?»

....

Capitolo tredici

(13)

Capitolo tredicesimo

(XIII)

L'INCIDENTE

(la merenda [la merenda

ha fatto merenda a ffatto merenda

nella strada, dove

dove

nnella stra:da,

ed

ed

giù

per

lo aspettano

per

aspettano

lo

e ora

Funghi

fuggi

i swo:i ami:tfi dzanni

verdi

anto:nio

va

Gianni

i suoi amici

Verdi

Antonio

del del

e la tfe:na], e o:ra va ddzu

il prandzo

fra

pomeriddzo,

è il piccolo pasto e il ‘pikkolo pasto cena),

e la

il pranzo

fra

pomeriggio,

è tornato da scuola, e ttorna:to da skwo:la,

Bruno bru:no

Oggi è il dodici maggio. oddzi e il \do:ditfi maddzo.

andare

anda:re

anto:nio :

«Hai

il

pallone,

«asi

il

pallo:ne,

No », risponde

risponde

no»,

lo! ». Bruno: « Hai lo! ». bruno : «asi non

possiamo

nom

possja:mo

anto:nio? ».

«il

pallone?

ddimentika:to

dimenticato dimentika:to

/

rr}

un pallone

‘prender-

di

il pallone? il pallo:ne?

dzoka:re al pallo:ne! ».

\s _

di prender-

al pallone! ». Antonio:

giocare

ad ad

pallone?

dimenticato

\)

al parko.

«Il

«o

antonio,

al parco.

Antonio? ».

« ho

Antonio,

aldo

e

domanda domanda

I quattro amici si salutano, poi Bruno i kwattro ami:tfi si sa\lu:tano, poi bruno Antonio:

e Aldo | strada = via

antonio:

Ma ma

allora, allora, « Ma

tu,

«ma

ttn,

Bruno, non hai un pallone anche tu? ». « Sì », risponde

bbru:no, non

Bruno, bruno,

«ma «ma

a:t um pallo:ne il mio il mito

è e

ayke

vecchio». wekkjo».

tu? ». «si», Antonio: antonio:

risponde

«Non «nom

fa fa

161

13

Capitolo

niente!

nniente! su «>

Si

può

si

pwo ddzoka:re

sst 1», ris\pondono =

anche

con

un

agke

pallone

kon

vec-

um

pallo:ne

vek-

chio ». « Vado su a prenderlo? », domanda kjo ». «va:do su a ‘pprenderlo? », domanda

giù

sì! », rispondono

sale

giocare

Bruno bru:no

va su

Bruno. bruno.

gli amici.

AAG ami:tfi.

sale nell’appartamento, suona, e quando sa:le nell appartamento, swo:na, e kkwando

lia apre,

« Si, « Si,

egli va in camera

sua per prendere

lia aspre, eXAAi va ig ‘ka:mera susa per

‘prendere

Ameame:-

il pallo-

il pallo:-

ne. Egli apre l'armadio, ma il pallone non c’è. « Dov'è ne. eAAt a:pre larma:dio, ma il pallo:ne non tfe. «dove il mio

pallone? », dice Bruno,

e lo cerca

sotto

il mi:o pallo:ne? », di:tfe bruno,

e lo tferka

sotto larma:-

dio, dio,

sopra so:pra

dice: «Lo di:tfe:«lo trovato

=

so! so!

E e

a

va giù

: che

sale

di di

nuovo nwo:vo

nella nella

non lo trova. nnon lo trova.

di nuovo. Poi di nwo-vo. poi

bambine!». bambi:ne!».

Meno me:no

strada. stra:da.

a

ttrova:to il pallo:ne

« Prendi!», «prendi! »,

dice di:tfe

ad ad

e ffende Aldo aldo

e e

lancia il pallone all’amico, il quale lo prende e vuole Uantfa il pallo:ne all ami:ko, il kwa:le lo prende e vvwo:le lanciarlo di nuovo lantfarlo di nwosvo

162

ma ma

Bruno bruno

in camera delle ty ‘ka:mera delle

di um minu:to do:po, ehAi

scende

il quale

il letto, il letto,

di un minuto dopo, egli ha trovato il pallone e scende

trova

scende

sotto sotto

«Dove può essere? », domanda « dove ppwo ‘essere? », domanda

essere

ha

l’armadio, llarma:dio,

l’arma-

a Bruno, ma a bbru:no, ma

il pallone colpisce la il pallo:ne kolpiffe la

Capitolo

martfapje:de.

e kka:de sul

porta

questa volta non

non

kkwesta volta

vanno

lo lancia ad Aldo,

troppe troppe

il parco è a pochi

il parko

li, si gioca

Mi, ssi dzo:ka

po:ko

tempo

tempo

bellissima bellissima amici

a

una

nelle nelle

automobili atto\mo:bili dalla casa

di Bruno,

dalla ka:sa di

e

bruno,

e

dopo,

Bruno

e i suoi

do:po,

bruno

e i swo:i ami:tfi ‘ve:dono u:na

per

macchina

‘makkina

=

9

un’automobile

È un’Alfa e unalfa

per

il marciapiede

strade. stra:de.

be:ne.

\fermano

una

nelle altre

molto

si fermano

ha

nella nella

bene.

automobile. atito\mo:bile.

ami:tfi st

minuti

€ a ppo:ki minu:ti

molto

pallone pallo:ne

a rro:ma e nnelle altre

si pwo.

non

a rro:ma

grandi città ci sono grandi tfittta ttfi so:no

ke

e i kwattro ami:tfi

si può. A Roma e

non

a Roma

stra:da, ma

Poco

amici

e i quattro

piccole città, si può giocare al ‘pikkole tfit\ta, si pwo ddzoka:re al

strada, ma

che

aldo,

ad

lo lantfa

ma

prende,

lo

al parko.

Nelle nelle

ma

bruno

ma

prende,

lo

al parco.

vanno

Ma

Bruno

marciapiede.

sul

e cade

porta

XIII

gwaridarla. ko:me

vedono

Romeo, rome:o,

guardarla. come

amici

«Io

«iio

questa! »,

una

e i quattro e i kwattro

ho

un

9

troppi > troppo pochi poco

pochi

tempo

minuti

:

cugino

uy

kudzi:no

dice

Gianni.

kkwestal », di:tfe dzanni.

macchina mobile

:

auto-

« No? », dicono gli altri tre. « Si! », ripete Gianni, « pri«no? », \di:kono 44% altri tre. «si! », ripe:te dzanni, « pri:ma ma

aveva aveva

un’altra unaltra

macchina, makkina,

ma ma

l’anno Uanno

scorso skorso

ha a

l’anno scorso = l’anno prima di quest'anno

163

Capitolo

13

no? »,

domanda

n0? »,

domanda

Gianni. dzanni.

se

se

viene venire

antonio.

sta

a

sta

Roma,

a

non

rro:ma,

nom

Se

venirei a prendere = venire a prenderci

dargli

bello!

giro in città». Aldo: dzi:ro in tfittta ». aldo:

: bene!

di venirci

\darki

di

Antonio:

vvole:te,

duecento

=

200

un

velnirifi a ‘pprendere «Un «un

un

andare

fino

anda:re

mos\trar-

posso

anche

doman-

posso

apke

doman-

giorno,

per

dzorno,

fare

un

per fa:re

un

Bello! ». bello! ».

ayke fa:re un dzi:ro fwo:ri di ro:ma,

fino

a Napoli

quella kwella

macchina mio cugino ‘makkina mi:o kudzi:no

in due

ore,

a ‘nna:poli in due

e da

centotrenta

Inna:poli tft so:no piu ddi dueltfento

centotrenta =

130

china

che

ke

può

fare

più

ppwo ffa:re pju

all’ora. Per all'o:ra. per

di

ddi

le vie di Roma, Je vice di ro:ma,

ki\lo:metri.

tfento\trenta

non non

Roma

a

o:re, e dda rro:ma a

chilometri.

km

si può si pwo

È una mac-

e u:na ‘makchilometri

ki\lo:metri

andare così anda:re kolst

Fuori

di

Roma,

invece,

si

può

andare

più

ppresto. fwo:ri

di

ro:ma,

imve:tfe,

si pwo

anda:re

pju

presto.

164

di

Napoli ci sono più di duecento

kina

mostrar-

giro in città? dzi:ro in tfit\ta?

=

chilometri

allora, allora,

« Possiamo anche fare un giro fuori di Roma,

no? ». Gianni: « Sì! Con no?». dzanni : «si! kog

pwo

risponde

di

doman\darki

a prendere

anto:nio : « possja:mo

può

risponde

rro:ma»,

domandargli

volete,

se

sta, tu:o kudzi:-

Roma»,

a

cugi-

tuo

sta,

gli altri tre, «ma Ki altri tre, « ma

pwo:t

«Si!

a

«sta

puoi

tfela? ». dzanni : «si!

prendere

«Sta

« A Roma! », dicono «a rro:ma!»,\di:kono

cela? ». Gianni:

prende

Antonio.

ddo:ve

«e

rome: ».

un alfa

kkompra:to

dove

«E

Romeo ».

un’Alfa

comprato

Capitolo

XIII

presto ancora ». Bruno: «Si può fare più di centocin- | centocinquanta ppresto ayko:ra ». brusno : «si pwo ffa:re pju ddi tfentotfig- | ~ 150 lo lo

quanta all’ora, fuori di città ». Antonio: « Quando lkwanta all'o:ra, fwo:ri di tfit\ta». anto:nio : «kwando facciamo, questo giro? ». Gianni:

« Devo domandarglielo

fattfa:mo, kwesto d3i:ro? ». dzanni : «devo La settimana

prima. .

.

la

pri:ma.

settima:na

Ho visto mio

o

,

ventura,

o prima

ancora,

non

so. | venturo

ventu:ra,

0 ppri:ma ayko:ra,

non

so.

:

cugino la settimana

;

doman\darXelo

.

.

vvisto mio kudzi:no la settima:na

scorsa, devo vederlo | vede

skorsa,

de:vo

domani

o dopo

«Bravo « bravo

Gianni! ». E ora, gli amici passano dzanni! ». e o:ra, KKi ami:tfi ‘passano

nr

l

scorso

velderlo

ha visto

domani, se non va a Firenze ». Bruno: | dopo domani = il n

un

+ | giorno dopo do-

doma:ni 0 ddo:po doma:ni, se nnom va a ffirentse ». bruno : | mani

all'Alfa Romeo

per attraversare la strada. Prima attra-

all alfa

ro\me:o per

versano

Aldo

Iversano

aldo

davanti davanti

attraversa:re

e Gianni,

.

poi

e ddzanni, pot

.

la stra:da. prisma attra-

vengono

Bruno

e il suo | viene

‘veggono

bruno

e il suo

.

vengono

$

i ragazzi attraversano la strada

165

Capitolo

13

amico ami:ko ridiamo ridete ridono

rido ridi ride

più

: più di 60

Antonio, anto:nio,

I ragazzi parlano, i ragatisi \parlano, che

viene

ke

vvje:ne da

non

da

basta

troppo

=

poco

è

a a

sinistra, ssinistra,

Antonio anto:nio

ridono e non vedono ‘ri:dono e nnom \ve:dono

sinistra

a sessanta

ssinistra a

ssessanta

a destra. a ddestra.

un’automobile un atito\mo:bile

chilometri

all’ora,

se

ki\lo:metri

allo:ra,

se

più.

Quando

la

vedono

e€ troppo

tardi.

L’uomo

nnom pju.

kwando

la

‘ve:dono

e

tardi.

lwo:mo

che

guida

la macchina

per

fermare

ke gowisda la

non

Bruno bruno

per

vuole

‘makkina

una

ferma:re

ttroppo fermarla,

vwo:le

macchina

una

DI

fermarla, che

‘makkina

ma

va

ke

non

può:

presto,

dieci

ma nnom pwo :

così

vva kkolsi ppresto, dje:tfi

metri non bastano, e non bastano neppure venti metri.

Aldo

e Gianni

aldo

Aldo fa un salto

1 metro = 1/1000 di un chilometro

salto

salto

\

li

una palla

166

ruota

un

salto,

dai due ragazzi. dai duce ragattsi.

anche

loro,

ma

e Ha

Bruno bruno

è troppo DI

non

solo

come

due

grandi

palle.

Se

ora

ddu:e grandi

palle.

se

o:ra i

su,

lantfa

su, ko:me

so:lo

colpisce

cadono davanti alla macchina

....

Ika:dono davanti

....

alla

‘makkina

invece di cadere davanti

ma imve:tfe di kade:re

davanti

e Ha

un un

‘makkina

i ragazzi,

kolpiffe

a

la macchina

Essa

non

tardi,

fanno fanno

colpisce.

essa

e€ ttroppo

e Antonio e anto:nio

e

a

passa

lo:ro,

kolpiffe.

ma

makkina

tardi,

me:tri. passa

ayke

lancia

Ma una

un salto, e la macchina

e ddzanni fanno

un metro um me:tro

li

fanno

venti

neppu:re

‘bastano

e nnom

‘bastano,

mestri nom

i ragattsi,

ma

li

ma lh

i ragazzi

ragattsi

alle ruote della macchina,

alle rwo:te

della

makkina,

Capitolo

XIII

l’incidente

i ragazzi

i

più

cadono

ragattsi ‘ka:dono pju

marciapiede.

martfapje:de.

a una

ventina

ventiscna

a una

la ferma

‘makkina

due

ragazzi,

e ora

viene

una

di me:tri

dai

due ragattsi,

e o:ra

vje:ne

meno

eAAi

ke vvje:ne

€ il so:lo

non

destra,

da

sinistra

viene

verso

bambi:ni : da

ddestra,

da

ssinistra

vje:ne

verso

ragattsi

molta

vvisto lintfidente.

Xi

ke

a

dicono

imve:tfe, \di:kono

molto molto

di venti

po’

due Gli

altra dzente

o un

un

due

altra gente che ha visto l’incidente.

uni dicono che l’uomo guidava ucni \diskono ke llmwo:mo gwida:va invece,

î

più

=

î

verso i

po’

ventina

i

è il solo che viene verso

Egli non

da

ragazzi molta

cade cadono

dai

î bambi:ni.

bambini:

e il

cade cadere

di metri

verso i bambini.

verso

il

la ferma

la macchina

ggui:da la

ke

lwo:mo

‘makkina

Ha

a ddestra, fra

che guida

L’uomo

la macchina e

fra

a destra,

male, gli altri, ma:le, KKi altri,

male

«>

bene

quei

che

no, non

guidava

male,

e che

ke

nno, nog guida:va

ma:le,

e kke kkwei

ragazzi

erano

andati

loro

davanti

alle

ruote

della

ragattst

\e:rano

anda:ti

Jo:ro

davanti

alle

rwo:te

della 167

Capitolo

13

non dice niente senza dir niente

macchina

senza

guardare

e Gianni,

che

Imakkina

E

e

Aldo

aldo

sentsa



gwarda:re

e ddzanni,

a destra

ne

a

cosa

né a

ddestra

fanno?

ne

sinistra.

a ssinistra.

Stanno

in

mezzo

stanno

im

meddzo

ke kko:sa fanno?

alla strada, fra le automobili che passano. I due ragazzi

alla stra:da, fra lle atito\mo:bili

ke \ppassano. i duce

stanno

li un

minuto,

due

minuti,

tre

minuti

senza

stanno

li um

minu:to,

due

minu:ti,

tre

mminu:ti

sentsa

dir

niente.

dir

niente.

Fra le persone che Bruno è

disteso sulla strada

viene e venuto

fra Ue persone

nio, nio,

i quali 1 kwa:li

guardie.

gwardie.

che

ke

ke

sono so:no

La prima

la pri:ma

stanno

stanno

ancora

sono

venute

verso

sso:no venu:te

verso

Bruno

e Anto-

bruno

e

ci tfi

sono sono

distesi diste:si

sulla sulla

strada, stra:da,

guardia

vede

gli altri due

gwardia

alla strada,

ayko:ra im meddzo alla stra:da,

anto:

due duce

ragazzi,

ve:de AXi altri duce

in mezzo

ragattsi

ragattsi,

e li chiama:

e lh kja:ma:

« Ragazzi! ». Ma i due amici guardano la guardia senza « ragattsi! ». ma i du:e ami:tfi \gwardano la gwardia sentsa rispondere

ris\pondere

una guardia

risponde rispondere

verso

e senza

far

e ssentsa far

i due ragazzi,

verso i du:e ragattsi,

niente.

li prende

li prende

loro verso il marciapiede,

lo:ro verso

niente.

il martfapje:de,

La

guardia

allora

va

la

gwardia

allo:ra

va

per le spalle e va con

per

le spalle

e vva kkon

mentre l’altra guardia porta

mentre

laltra

gwardia

porta

Bruno e Antonio sul marciapiede e li mette sul soprabito bru:no e anto:nio sul martfapje:de e li mette sul so\pra:bito 168

Capitolo

e ha messo

mmesso

a

e

canto

all’altro.

kanto

all altro.

In quel momento ig kwel momento

sentito

ssentisto

e

ha

e

a

l’automobile

latito\mo-bile

visto

vvisto

soprabito

sul

l’uno

ac-

so\pra:bito

distesi,

lu:no

sul

ak-

andata

è

fermarsi,

DI

fermarsi,

ke

€ ssu:a ma:dre,

anda:ta

e

a

finestra

alla

finestra

alla

la

guardia

prendere

suo

figlio

che

era

la

gwardia

‘prendere

suo

fikto

ke

e:ra

prima

lui, poi

disteso in mezzo

diste:so im meddzo

alla strada

alla stra:da

e portare

e pporta:re prisma lu:i, pot

il suo amico sul marciapiede. « Bruno! », ha gridato Teil su:o ami:ko sul martfapje:de. «bruno! », a ggrida:to te-

Figlio fikXo

resa Rossi ed è scesa giù nella strada. « Bruno! re:za rossi ed € ffe:sa dz4 nnella stra:da. «bruno!

mio! Chi ti ha fatto male? », grida la madre. « Signora », mi:o! ki tti a ffatto ma:le? », gri:da la ma:dre.« sinpo:ra », dice

l’uomo

di:tfe lwo:mo

che

ke

una spalla

che ha

È sua madre,

akkanto a bbru:no.

si dzetta

donna

si e leva:to

si sente un grido: « Aaaah! », e una e una ail», si sente ug gri:do:«

si getta accanto a Bruno.

donna

si è levato

sta:re diste:si,

‘possono

bambi:ni

kwa:le i due

stare

possono

bambini

gran

ug



martfapje:de.

sul

gran

E un

sul marciapiede.

i due

quale

momento

ke ppassa:va ig kwel

un wo:mo

ke

in quel momento

che passava

che un uomo

XIII

guidava,

ggwida:va,

«non

«non

ho

fermare

potuto

ferma:re

9 ppotuto

la

macchina.

Il

ragazzo

...».

Teresa

non

lo

lascia

la

‘makkina.

il

ragattso

...».

tfere:za

non

lo

laffa

una finestra

porta portare

un grido gridare gridare grida ha gridato scende e sceso

è sceso giù = sceso

è

ora guida

prima guidava

può

ha potuto

169

Capitolo su+l

13

= sull

parlare.

Essa

si getta

sull'uomo

parla:re.

essa

si dzetta sullwo:mo

e gli grida

ei

in faccia:

gri:da im fattfa :

« È Lei? E Lei che ha fatto male a mio figlio? ». L'uomo «e Iles? e Hei ke a ffatto ma:le a mmi:o fikro? ». lwo:mo non può parlare, tutto quel che può dire è: « Signora ... una faccia

ma ma

io ...». t:0...».

per

le

per

ora può

prima

poteva

Non

nom

dle

E ora € ota

spalle

e

spalle

poteva

le due le due

le

e

dicono:

We

'di:kono:

fermare

poteva

guardie gwardie

ferma:re

la

la

prendono ‘prendono

Teresa tere:za

signora,

basta!

«Basta,

«basta,

sinpo:ra,

basta!

Teresa

allora

macchina ».

‘makkina».

tere:za

allora

si getta

di nuovo

accanto

a suo

figlio.

In

quel

mo-

si dzetta

di nwowvo

akkanto a ssuco

fikLo.

ig

kwel

mo-

mento un occhio

ke ppwo ddi:re € : « sinpo:ra...

nom pwo pparla:re, tutto kwel

mento

un uomo

un wo:mo

e le domanda: e lle domanda:

mette

mette

la mano

la ma:no

sulla spalla di Teresa

sulla

spalla

di tere:za

«È Suo figlio, signora? ». Teresa «e sstio filKo, sippo:ra? ». tere:za

alza altsa

la faccia verso quello che ha parlato, senza dir niente. la fattfa verso kwello ke a pparla:to, sentsa dir niente. Ma i suoi occhi rispondono per lei. « Io sono dottore », ma iswo:i okkt ris\pondono per lesi. « iso sono dotto-re », dice l’uomo.

In quel momento

di:tfelwo:mo. ig

un dottore

apre ha aperto

170

kwel

guarda sua madre, Eguarda susa ma:dre,

momento

Bruno

apre gli occhi

e

bru:no

aspre 4ALiÎ okki

e

e poi il dottore. e ppo:i il dotto:re.

Antonio antonio

ha già a ddza

aperto gli occhi un momento fa, ma né lui né Bruno diaperto 4Ai

okki

um

momento

fa, ma nne Llu:i ne bbru:no \di:-

Capitolo cono nulla. Il dottore,

kono

il dottore,

nulla.

che si chiama

ke ssi kja:ma

Andrea

Forti, do-

nulla

=

XIII

niente

do-

an\dre:a forti,

manda a Teresa: « Dove sta, signora? ». « Sto in quella manda a ttere:za: « do:ve sta, sinpo:ra? ». «sto ig kwella casa lì! », risponde la madre. « Bene. Allora », dice il dot-

ka:sa lil», risponde tore to:re

guardie, gwardie,

alle alle

« be:ne. allo:ra », di:tfe il dot-

la ma:dre.

«se mi aiutate, «se mmi ajuta:te,

portare porta:re

possiamo possja:mo

i ragazzi su in casa della signora ». « Bene, dottore! », i ragattsi su ig ka:sa della sinpo:ra». « bene, dotto:re! », dicono le guardie. Il dottor Forti dice allora al signore

\di:kono le gwardie.

=

dottore

il dot\tor forti di:tfe allo:ra al sinpo:re

che ha messo

ke

il suo soprabito

a mmesso il su:o so\pra:bito

Lei

portiamo

il figlio

Île:i portja:mo

dottor

il fikko

della

della

sul marciapiede:

«Io

e

sul martfapje:de : «iso e

signora »,

poi

dice

sippo:ra», poi di:tfe

alle

alle

guardie: « E voi allora potete portare l’altro ragazzo ». guardie : « e vvo:i allo:ra potete porta:re laltro ragattso ». « Volentieri, « volentje:ri,

dottore », dicono le guardie; dotto:re », ‘di:kono le. guardie;

e i quattro e i kwattro

uomini portano i due bambini nell’appartamento lwo:mini

‘portano i duce

bambi:ni

nell'appartamento

dei dei

Rossi, dove mettono Bruno sopra il suo letto e Antonio

rossi,

do:ve\mmettono

bru:no

so:pra il suo

letto e

anto:nio

sopra il letto di Pietro.

so:pra il letto di pje:tro.

Le

le

guardie

gwardie

salutano

salutano

ed

ed

escono

‘eskono

dall’appartamento,

dall appartamento,

uscire esce escono

171

Capitolo

13 mentre

mentre

il

dottor

il dot\tor

esamina la sua elza:mina la susa

Forti

si

siede

accanto

a

Bruno

ed

forti

si

sje:de

akkanto

a bbru:no

ed

gamba gamba

sinistra. sinistra.

« Ahi! », dice Bruno, «a:i!», di:tfe bru:no,

« fa male! ». «fa mma:le! ». una gamba

il dottore esamina la gamba di Bruno

« Ti fa male

la gamba

«ti fa mma:le la gamba

quando

kwando

l’esamino? », domanda

Je\za:mino? »,

domanda

il dottore. «Si! », risponde Bruno, «mi fa molto male! il dotto:re. «st! », risponde bruno, « mi fa mmolto ma:le!

esaminare esamina 172

Ahi!

Basta!

Basta!

at!

basta!

basta!

Ahi! ». « Ancora

ai! ». «ayko:ra

dice il dottore. Poi, quando di:tfe il dottore. posi, kwando

un

um

momentino! »,

momenti:no! »,

ha finito di esaminare la a ffni:to di ezamina:re la

Capitolo

di di

sinistra

è rotta,

sinistra

€ rrotta,

gamba gamba

esamina

An-

ma nnon tf e altro». poi elza:mina

an-

non

ma

°

«La « la

Rossi: rossi:

dice a Teresa di:tfe a ttere:za

Bruno, bruno,

gamba gamba

altro».

c’è

Poi

XIII

tonio. Anche lui si è rotto una gamba: la gamba destra.

kwando

a ffini:to di

« Ora

esaminarli

a casa, ma

io vado

distfe : « o:ra î:0 va:do a kka:sa, ma

di minuti ». « Bene, di minu:ti ». « be:ne,

effe

forti

momentino? », momenti:no? »,

il dottore

fra una

ventina

ttorno fra u:na

ventina

torno

dottore! », dice la signora dotto:re!», di:tfe la sinpo:ra

« pote:te star so:lt um Teresa tere:za

allora allo:ra

Rossi; rossi;

« Potete star soli un

dalla stantsa.

domanda domanda

destra.

tutti e ddu:e, il dotto:re

e il dottor Forti esce dalla stanza.

e il dotltor

la gamba

tutti e due,

ha finito di esaminarli

Quando dice:

lu:i si e rrotto u:na gamba:

ayke

to:nio.

Rossi, rossi,

« vado «va:do

in salotto, e torno subito ». «Si, mammina », risponde in salotto,

e ttorno \su:bito».

« si, mmammi:na»,

risponde

Bruno.

Teresa allora va in salotto, dove c’è il telefono.

bruno.

tere:za allo:ra va in salotto,

subito

=

momento

fra un

dove ttf e il te\le:fono.

Essa deve telefonare alla madre di Antonio. È la signora essa de:ve telefona:re alla ma:dre di anto:nio. e Ma sinpo:ra Beatrice Verdi

che viene

al telefono,

e Teresa

un telefono

le dice:

ke vvje:ne al te\le:fono, e ttere:za ledi:tfe:

beatri:tfe

verdi

« Signora « sinpo:ra

Verdi ... Suo figlio Antonio è qui da noi, verdi ... suo fikto anto:nio e kkwi dda nnoii, DI

e Bruno

sono

... a letto

tutti

e

lusî e bbru:no

so:no

... a

tutti



in casa

nostra

... Lui

ig ka:sa

nostra

...

Wetto

da

noi

nostra

: in casa

173

Capitolo finire finisce ha finito

13

ddu:e,e

letto?

voi?

A

Metto? da wot?

Cos'è kose

non

verdi

...». beatri:tfe

Da

non

Verdi

Beatrice

e ...».

due,

lascia

la

laffa

la

finire:

«A

cosa

c’è?

finire:

«a

quest'ora?

Signora

Rossi!

a kkwesto:ra?

sinpo:ra

rossi! ko:sa tf €?

successo? ». « È successo un incidente: Antonio ssuttfesso? ». « e ssuttfesso un intfidente : anto:nio

si è rotto la gamba », dice Teresa, e comincia a raccon-

gamba», di:tfe tere:za,

si e rrotto la

« È successo poco

tare:

tempo

e kkomintfa a rrakkon-

fa, nella strada,

davanti

nella stra:da,

davanti

tasre :

«e ssuttfesso po:ko tempo fa,

a casa

nostra.

Un’automobile

...».

Ma

Beatrice

Verdi

un asito\mo:bile

...».

ma bbeatri:tfe

verdi

a kka:sa nostra. la

lascia

finire

la

laffa

finisre

e dice:

« Vengo

Lei!

subito

da

subito

da lei!

non

io saro egli sara

Prendo la macchina di mio marito e sarò lì fra dieci prendo la ‘makkina di mi:o mari:to e ssaro lh ffra ddje:tfi

L’

| >

vengo viene

non

minuti! ». « Benissimo,

minu:ti! ».

benissimo,

edd:tfe:«veygo

cara

signora!

L'aspetto! », dice

ka:rasinpo:ra!

laspetto! », di:tfe

Teresa Rossi e torna dai due ragazzi, che le domandano

tere:za

che

ke

rossi e ttorna dai duce ragattsi

ke lle

cos’yha

fatto

in

salotto.

«Ho

telefonato

kkosa

ffatto

în

sabtto.

«o

ttelefona:to

domandano alla

tua

alla tua

mamma, Antonio. Abbiamo parlato del vostro incidente; mamma, anto:nio. abbja:mo parla:to del vostro intfidente; la tua mamma

la tu:a mamma

viene

fra un

vje:ne fra um

momento

».

momento».

Poco tempo dopo, la signora Verdi entra nella camera

po:ko tempo 174

do:po, la sinpo:ra

verdi

entra

nella ‘ka:mera

Capitolo

sippo:ra

ke o essa di:tfe alla

la prisma ko:sa

bruno.

di

signora

alla

dice

essa

che

cosa

prima

La

Bruno.

di

XIII

Rossi è: « Ho telefonato a mio marito, sarà qui fra un DI

tfelefona:to a mmi:o mari:to, sara kkwi ffra um

9

e:«

rossi

momento ». Poi la signora Verdi bacia suo figlio e gli dice:

di:tfe : « rak\kontami

raccontano

e Bruno

nio! ». E Tonio

nio! ». e tto:nio e bbru:no rak\kontano signore,

sinpo:re,

e

nella

loro

ake

aldo

camera,

nella ‘ka:mera,

loro

Tonio:

e ddzanni,

raccontano

rak'kontano

alle due

lintfidente

alle duce

ke

ora

« iso e

vamo

Bruno

...».

La

Va-LM0

bruno

...».

la

aldo

erava:mo

han

visto.

tifo kke

am

visto.

dzu nnella stra:da e

signora sinno:ra

per

andare

insieme

bruno? ». to:nio:

«si,

per

anda:re

insje:me

ddzoka:re al pallo:ne.

che eravamo

erava:mo

Bruno

bruno

Antonio

al parco,

al parko,

é sceso giù quando °

e ffe:so dzu kkwando

eravamo

siamo

aspettiamo

« Aspettavate verdi : « aspettava:te

«Si,

giocare al pallone.

aspetta

Verdi:

Bruno? ». Tonio:

=

so:no pu:re

che

ciò

Tonio

pure

sono

ora

« Io e Aldo eravamo giù nella strada e aspetta-

to:nio:

ke

Toto:-

successo, ssuttfesso,

Vincidente

che

e Gianni,

Aldo

e anche

è e

ti tti

che ke

quello kwello

« Raccontami

ba:tfa suo filko e K£i

verdi

la sinpo:ra

momento». poi

aspettavamo

aspettate aspettavate

a

a

ha visto

a

vwvisto

nella strada, ma poi, siccome io non avevo

nella stra:da, ma ppo:i, sikko:mei:o non

ave:vo

il mio pallone, Bruno é salito di nuovo per prendere il mi:o pallo:ne, bruno e ssali:to di nwo:vo per ‘prendere

sale e salito

il suo ». Bruno:

ho hai

DI

«... che tu, Maria, avevi in camera

il suo ». bruno : « ...

tua,

ke tt, mmari:a, ave:vi ig ‘ka:mera tu:a,

avevo avevi

175

Capitolo

13

sai? ». La signora Verdi: « Perché non avevate il vostro sai? ». la sinpo:ra verdi : « perlke nnon aveva:te il vostro abbiamo

avevamo

avete

avevate

pallo:ne? ».

vecchio

è troppo DI

vekkio

e troppo

parlane! di cio!

: parla

laveva:mo

«non

aldo:

un

altro! ». Poi

perke, sa:i, il nostro

...».

La

signora

Verdi

...».

la

sinpo:ra

verdi

dice: « Parlane al papà, di:tfe : «parlane al palpa, un

perché, sai, il nostro

l’avevamo

« Non

pallone? ». Aldo:

domandagli do'mandalii

dice a Tonio:

«E

e gli

ride

ri:de e 4Ki

se ve ne regala se we ne rega:la

poi, cos’avete

fatto

altro! ». posi di:tfe a tio:nio : «e ppo:i, kos avecte fatto Bruno bruno

mo

abbiamo

mo...

...

col pallone? ». Tonio: « Abbiakol pallone? ». to:nio : « abbja:-

è sceso e ffe:so

quando kwando

DI

visto

abbja:mo

un’Alfa

visto

unalfa

Romeo! ».

rome:!».

La

signora

la sinpo:ra

Verdi: « Un’Alfa Romeo? E quella che vi ha ...». Tonio: verdi : «un alfa ro\me:o? e kkwella ke vvi a... ». fo:nio : « No,

no!

«no, nno!

avevo avevi aveva

avevamo avevate avevano

sono ero

ero eri era

176

era

una

Fiat!

L’Alfa

Romeo

stava

kwella

ecra una

\fisat!

lalfa

rolme:o

sta:va

accanto al marciapiede. Sai, mamma,

era una macchina

akkanto al martfapje:de. sa:î, mamma,

e:ra una

come quella dei Pignotti ». La signora ko:me kkwella dei pinpotti ». la sinpo:ra

avere

piccino

Quella

=

piccolo

‘makkina

Verdi: «Ma i verdi : «ma i

Pignotti pinpotti

hanno anno

una Lancia, no? ». Tonio: «Ora suina lantfa, no? ». tonio: «o:ra

quando

io ero

piccino

signora

Verdi:

«Quando

kkwando t:0 e:ro pittfi:no

sinpo:ra

verdi : «kwando

avevano

a\ve:vano eri

un’Alfa

Romeo ». La

un alfa

piccino?

e:ri pittfi:no?

sì, ma si, ma

ro\me:o».

la

Ah

si!

quando

a:

si!

kwando

Capitolo

stava:mo

im visa

ro:ma.

e allo:ra, ditfevi

Poi

di minu:ti.

po:i ... ».

dicevo dicevi diceva

diecina

essere e e stato

io! ». Tonio:

racconto

« Ora

Aldo:

...».

di minuti.

una

rakkonto t:0! ». tocnio:

aldo: «o:ra

« Ma no, Aldo, tu e Gianni non eravate con noi quando « ma nno, aldo, tu e ddzanni non erava:te kon no.i kwando che

di

attraversato

la

strada!

Non

so

abbja:mo

attraversato

la

stra:da!

non

so ddi ke kko:sa

Gianni

in quel

parla:vi

con

ma

so che

non

parlare

momento,

ma

sso kke nnon

parlavo parlavi parlava

parlavamo parlavate parlavano

vuole

voleva

volevo volevi voleva

volevamo volevate ‘volevano

avete visto l’incidente! ». Aldo: «Io parlavo con Gianni aveste visto lintfidente! ». aldo: «t:0 parlavo kon dzanni del

che

giro

ke

del dzi:ro

cugino, sì, ma kudzi:no, si, ma

fare

volevamo

vvoleva:mo fa:re abbiamo abbja:mo

eravamo eravate erano

momento,

kwel

ig

dzanni

kon

ero eri era

cosa

abbiamo

parlavi

stava stavamo

al al

accanto akkanto

li, a gewaridarla, una djetficna

sta:tt

sja:mo

martfapje:de.

kkwell alfa

li, li,

stati li, a guardarla,

Siamo

marciapiede.

ke

che era ke e:ra

Tonio: «Dicevo fo:nio : «ditfe:vo

Romeo ...». rolme:o ...».

quell’Alfa

che

dicevi

E allora,

in via Roma.

stavamo

XIII

visto visto

con

la macchina

kon

la

la la

di

di su:0

‘makkina

macchina, ‘makkina,

suo

e

subito e 'ssu:bito

dopo eravate distesi in mezzo alla strada ». La signora do:po erava:te diste:st im meddzo alla stra:da». la sinpo:ra Verdi:

« Aldo,

lascia

parlare

tuo

fratello!

Racconta,

verdi :

«aldo,

laffa

parla:re

tuo

fratello!

rakkonta,

Antonio! ». Antonio: « Quando anto:nio! ». anto:nio : «kwando

abbiam finito di guarabibjam fini:to di gwar-

abbiam = abbiamo

dare l'Alfa Romeo, volevamo attraversare la strada per-

da:re l alfa

ro\me:o,

voleva:mo

attraversa:re la stra:da per-

177

Capitolo

13

ché andavamo

andare

andavo andavi andava

andavamo andavate andavano

al parco, e per andare al parco si deve

avete ave:te

guardato gwarda:to

Antonio: anto:nio:

a a

veniva

venire

venivo venivi veniva

venivamo venivate venivano

ridere

ridevo

ridevi rideva

ridevamo

ridevate ridevano

sinistra ssinistra

prima prisma

di di

non nnon

«E «e

Verdi: verdi:

signora sinpo:ra

attraversare? ». attraversa:re? ».

«No ...». La signora Rossi: «n9...». la sinpo:ra rossi:

«E «e

avete attraave:te attra

versato

davanti

a

un’automobile

che

stava

accanto

al

versa:to

davanti

a

unatto\mo:bile

ke

stava

akkanto

al

marciapiede? ». martfapje:de? ». viene

La la

strada ». stra:da».

la la

attraversare attraversa:re

si de:ve

al parko, e pper anda:re al parko

andava:mo

Ike

signora, non ssippo:ra, non

Bruno: bruno:

«Sì ...». «st...»

abbiamo abbja:mo

neppure neppu:re

Antonio: antonio:

«Ma sa, «ma ssa,

sentito sentisto

che ke

veniva, weni-va,

quella

macchina! ». Teresa

Rossi:

« Non

avete

sentito

kwella

\makkina!l».

rossi:

«non

avecte

senti:to

che ke

veniva? vvenicva?

tere:za

Perché?». perilke?».

Antonio: antonio:

«Perché « perlke

ridevamo rrideva:mo

troppo! ». « Ridevate? ». Qui ride anche Pietro, e Teresa

troppo! ». « rideva:te? ».

kwi rri:de agke pje:tro, e ttere:za

Rossi gli dice: « Pietro! Come puoi ridere quando c’è rossi AAt di:tfe: « pje:tro! ko:me ppwo.i ‘risdere kwando tf € tuo fratello

ttuso fratello

«Ma «ma non

non

178

perché pperlke

con

kon

una

u:na

gamba

gamba

ridevate? ». rrideva:te? ».

so ... di qualcosa

so...

di kwalko:sa

rotta! ». Poi,

rotta! ». posi, ad

« Ridevamo «rideva:mo che

ke

ad Antonio:

raccontava

rrakkonta:va

anto:nio:

perché ... perke ... Bruno

bruno».

ma, ma,

». Pia:

pica:

Capitolo

«Che cosa raccontavi, « ke kko:sa rakkonta:vi,

Non

tavo?

ta:vo?

non

Mentre

mentre

lo so più

Bruno? », bruno?».

neppure

«Che cosa «ke kko:sa

racconrakkon-

io ».

lo so ppju nneppucre t:0 ». ragazzi

i due

ragattsi

i duce

raccontano

rak\kontano

si fermano

due

automobili

duce

atito\mo:bili si \fermano

il «loro»

incidente,

casa

dei Rossi.

intfidente,

il «lo:ro»

davanti

alla

davanti

alla ka:sa dei

rossi.

scende il signor Rossi, dall’altra il signor ffende il sin'nor rossi, dall'altra il sin'por

Dalla prima dalla prisma

Verdi. Essi sono amici, e il Rossi dice: « Tu qui, Valerio?

verdi.

Vieni

vient

XIII

essi so:no ami:tfi, e il rossi di:tfe: « tu kkwi, vale:rio? caro

piacere! ». « No,

Che

a salutarci?

il Rossi

Rossi

: il signor

amico»,

a ssaluitart{[i? ke ppjatfe:re! ». «no, kka:ro ami:ko »,

risponde Verdi, « non è un piacere questa volta ». « Non risponde verdi, «non e um pjatfe:re kwesta volta». «non «che cosa vuoi «ke kko:sa vwou

il Rossi, il rossi,

è un piacere? », domanda e um pjatfe:re? », domanda DI

dire? ». « Non lo sai? Mi ha telefonato mia moglie una

disre? ». «non

lo sai? mi

a

ttelefona:to mica moXLe u:na

mezz'ora fa per dirmi che Antonio è qui da voi. Beameddz o:ra fa pper dirmi ke anto:nio e kkwi dda vvo:i. beaDI

si è rotto una

trice dice che

DI

tristfe di:tfe ke sst € rrotto una

un

un

un’automobile

incidente,

unatito\mo:bile

intfidente,

marsi,

non

Imarsi,

non

so

...».

$0...»

gamba.

E anche

Bruno:

gamba.

e

bruno:

che

ke

non

nnon

ayke ha

potuto

fer-

a ppotu:to fer-

Rossi:

«Un

incidente?

Presto,

rossi:

«un

intfidente?

presto, 179

Capitolo

13

salgono = vanno su sale salgono

salgono

in un

momento,

entrano

vje:ni! ». i duce ami:tfi \salgono

in um

momento,

‘entrano

vieni! ».

nell’appartamento

e poi

nella

camera

dove

Bruno

e

nell appartamento

e pposi

nella

\ka:mera

do:ve

bbru:no

e

PAROLE: un’automobile un chilometro il dottor un dottore una faccia una finestra

amici

I due

Antonio

sono a

anto:nio

so:no

letto.

a letto.

una gamba un giro un grido una guardia

ESERCIZIO

un incidente una macchina

un marciapiede una merenda

un metro

-avo

-avamo

-avl

-avate

-ava

-avano

un momentino un occhio

-evo

A.

-evamo

-ivo

-ivamo

-evi

-evate

-ivi

-ivate

-eva

-evano

-iva

-lvano

una palla un pallone

ero

eravamo

eri

eravate

era

erano

una spalla una strada

Teresa Rossi, a Gianni

una ruota un salto

un telefono un tempo una ventina

piccino

scorso troppo, -a

venturo

abbiam alutate alza andato andavamo aperto aspetto aspettavamo

180

e ad Aldo:

« Dov’er— quando

è

successo l’incidente? ». Gianni e Aldo: « Er- in mezzo alla strada ». Bruno ed Antonio er- distesi sul soprabito quando Teresa è scesa nella strada. L’automobile che guard- i ragazzi era un’Alfa Romeo, come quella che av- 1 Pignotti quando Antonio er- piccino. tu

er-

piccino

i Pignotti

av-

una

Lancia,

« Ma quando no? », dice

Beatrice Verdi. « No », dice Antonio, « hanno una Lancia

ora, ma

quando

io er- piccino av- un'Alfa Romeo ».

Antonio ad Aldo: « Di che parl- con Gianni quando è successo l’incidente? ». Aldo: « Parl- con Gianni del giro che vol- fare, io, tu, Gianni e Bruno. E voi due, di che

Capitolo

rennet,

nN

SS

parl-? ». Antonio: « Di che parl-? Ma, non lo so». Teresa Rossi: « Dimmi una cosa, Bruno, quell’Alfa Romeo della quale parl- poco fa, dove st-?». Bruno: «Staccanto al marciapiede ». Beatrice Verdi ad Antonio:

« Che cosa dic- un momento

fa? ». Antonio: « Dic- che quell’Alfa Romeo av- lo stesso

colore

di quella che « Perché non

Rossi:

ven-? ».

Antonio:

« Rid-?

av- il signor avete sentito « Perché

Pignotti ». Teresa la macchina che

rid-!».

E perché? ». Antonio:

« Rid-

Teresa

Rossi:

di qualcosa

che

raccont- Bruno ».

B.

Dopo merenda, Bruno va — nella —, dove lo aspettano

i suoi amici. Antonio non ha il —, egli ha — di prenderlo. « Non possiamo — col mio — », dice Bruno, « è va — pallone nuovo



«Non

nell’armadio,

lo —

nella

—!»,

Egli —

a prenderlo.

poco dopo

sotto

Bruno

Antonio.

dice

nell’appartamento, il letto,

nella camera

ma

allora

e —

lo —.

non

delle bambine,

e —

il Ma

di

strada.

— al marciapiede c’è una bellissima —, è un’Alfa Romeo. Il cugino di Gianni ha una — come quella. Egli ha comprato un’Alfa Romeo l’anno —. I ragazzi vogliono domandargli

È una —

aspettavate

attraversano attraversare attraversato

avevo avevi avevamo

avevate

avevano basta bastano cade cadono cadere cerca

colpisce

ESERCIZIO

vecchio ».

XIII

di —

che può

a prendere

andare

per fare un —

molto

—:

può

in città.

fare più di

centotrenta — all’ora. Gianni dice che può domandare a

dicevo dicevi dimenticato dir disteso domandano ero eri eravamo eravate esamino esamina esaminare escono essere far

ferma fermare finire sì getta gioca giocare

grida gridato guardato guida

guidava lancia

181

Capitolo

13

si è levato parlato parlavo parlavi portiamo portano portare passa passano passava poteva potuto

prendo prendono prendere

racconto racconta! raccontavo raccontavi raccontava raccontare

regala

ridere ridevamo ridevate

suo cugino di venire la settimana —. Egli deve vederlo domani o — —.

L’uomo che — la macchina vuole fermarla, ma non può.

Aldo

e Gianni fanno un —, e la macchina

passa a un

— da loro. Ma — Bruno ed Antonio e li lancia —, come

due —. Però i ragazzi non — davanti alle — della macchina, ma fra la macchina ed il —. Aldo e Gianni

stanno in mezzo alla strada senza dir —. Bruno ed Antonio sono — sulla strada. Fra le persone che hanno visto l’— ci sono due —. Una delle — va — Aldo e Gianni, li prende per le — e va con loro verso il marciapiede. L’altra — mette Bruno ed Antonio l’uno — all’altro sul soprabito di un signore. Teresa

getta fatto

vede

accanto

ciò

dalla

a suo

—,

figlio

scende

e —:

nella

«Bruno!

strada,

Chi

si

ti ha

—? ».

rispondere rotto

si è rotto

sale

salgono è salitò

sarò scende è sceso

stavamo star siamo stati

è SUCCESSO telefonare telefonato

torno trovato

vengo vengono

182

ESERCIZIO

C.

Che cosa dice a Teresa l’uomo che guidava la macchina? .... Chi

è Andrea

Forti?

....

Che cosa dice il signor Forti a Teresa e alle due guardie? ....

Cosa fa il dottor sui letti? ....

Forti

quando

i ragazzi

sono

distesi

Capitolo

Che cosa dice alla madre Cosa

fa Teresa

Rossi

quando ha finito? ....

quando

il dottore

é uscito DI

dalla

camera?

Che cosa dice Beatrice Verdi quando Teresa le racconta ciò che è successo? .... Perché i ragazzi non hanno sentito la macchina che ve-

niva? .... Chi viene mentre dente? ....

i due ragazzi raccontano

il loro inci-

XIII

veniva venuto vieni vieni! visto volevamo dirmi

domandagli! domandargli domandarglielo

esaminarli fermarla fermarsi

guardarla

lanciarlo mostrarcela

parlane! prenderlo

raccontami! salutarci vederlo venirci a

prendere

sull’ duecento cento-

cinquanta

centotrenta accanto a ahi!

dopo domani

fra fuori di

giù

male non ... neppure nulla

presto

il quale il solo su subito verso fa male

183

Capitolo

I REGALI tolto = levato aiutare aiuta ha aiutato

ha tolto togliere

una

bella tutta

di mettere

i due

prisma

di \mettere

i du:e ragattsi

Forti

e il dot\tor forti Poi, quando pot, kwando

camicia

pulita = pulita

togliersi si è tolto si sono tolti

si è messo

184

sui

letti,

an

tolto

a

ajuta:to

i duce ami:tfi a \ttoXKersi

è

uscito

kwando

e ufficto

amici di

e i calzoni.

e i kaltso:ni.

a togliersi

anche

apke

la

Anche

sporka.

la

ayke

sporca

Rossi rossi

camicia.

la

kami:tfa. camicia

casa,

Bruno

aveva

una

di ka:sa,

bruno

aveva

uw:na kami:tfa

bianca, bella pulita. Ora, la camicia di Bruno bjayka, bella puli:ta. o:ra, la kami:tfa di bruno sporca.

rossi

Forti è uscito, la signora forti e uffi:to, la sinpo:ra

i due

Quando

Rossi

tere:za

lo:ro le skarpe

aiutato

è tutta e ttutta

camicia

di

Antonio

è

la kami:tfa

di

anto:nio

e sporka,

di

quella

di

kwella

di

di

DI

sporca,

e Antonio

si sono

tolti la camicia,

kwando

bruno

e anto:nio

si so:no

tolti

la kami:tfa,

ha dato loro due pigiama; poi ha a dda:to lo:ro duce pidza:ma; poi a

i ragazzi

a

metterseli.

Bruno

i ragattst

a \mmetterseli.

bru:no

Antonio, anto:nio,

ma

bru:no.

Bruno

giama, mentre dza:ma, mentre

ma

Bruno.

Quando

resa Rossi re:za rosst

mettersi

sui letti, Teresa

tolto loro le scarpe

il dottor il dot\tor

mme:no sporka

un pigiama due pigiama

han

ragazzi

ha

meno

un pigiama

DI BRUNO

Prima

e il dottor

(XIV)

quattordicesimo

Capitolo

(14)

quattordici

si

è messo x

si € mmesso

Te-

te-

aiutato ajuta:to

il suo

pi-

il suo pi-

che è meno grande di Bruno, ke e mme:no grande di bru:no,

Capitolo

si è messo

il pigiama

di Pietro.

È un

si e mmesso

il pidza:ma

di pje:tro.

e um po

DI

non

quando

E

fa nulla.

nnom fa nnulla.

e kkwando

entrano

camera,

lentrano spettano

\pettano

nella

nella

‘ka:mera,

nei loro

nei

Carlo

Rossi

karlo

rOSsi

trovano

ma

‘pikkolo,

ma

Verdi

verdi

e vvale:rio

‘tro:vano i duce

il

piccolo,

e Valerio

i due

letti il ritorno

lo:ro letti

po’

ragazzi

che

ragattsi

a-

ke

as-

del dottore.

« Bruno!

del dotto:re.

« bru:no!

ritorno

padri

Antonio!

Com’é

successo? »,

domandano

i due

anto:nio!

kome

ssuttfesso? »,

do\mandano

î du:e pa:dri

entrando

in camera.

entrando

i) \Ra:mera.« € ssuttfesso

i due amici

« È successo così ...», rispondono

e raccontano

kolsi ... »,

ris\pondono

per la terza volta

Quando

han

finito

di

raccontare,

suona

il

intfidente.

kwando

am

fini:to

di rakkonta:re,

swo:na

il

Forti.

È il dottor

kampanello.

e il dot\tor forti.

da

casa

da kka:sa

Rossi:

rossi:

ed egli torna ed eKKi torna Alla

alla

madre

ma:dre

« Torno

« forno

di Antonio,

di

antonio,

nulla, cara signora! nnulla, ka:ra sinpo:ra! figlio e il suo amico

SALO

e il suso ami:ko

Fra fra

Egli

ha

detto,

uscendo

eAKi

a

ddetto,

uffendo

fra

una

ventina

di

minuti»,

fra

um

ventina

di

minu:tò»,

una mezz'oretta u:na meddz oretta

dopo. do:po.

il dottor

il dot\tor un um

potranno

potranno

Forti

il ritorno

entrando entrano

ha detto, uscendo : ha detto quand’è uscito casa casa

Rossi = la dei Rossi

una

mezz'oretta

una

mezz'ora

= un po’ meno

dice:

« Non

forti di:tfe:« non

è



ba

a VC

weegen

Bruno

già alzarsi e camminare

possono potranno

di di

settimane settima:ne

dza alltsarsi e

di

EEE Bruno cammina

Suo su:o

paio pa:jo

: mentre

il « lo:ro »

incidente.

campanello.

tornare

il « loro »

volta

i duce ami:tfi e rrak\Rontano per la tertsa

XIV

kkamina:re



corre

185

Capitolo un

14

mesetto

po’ meno mese tu tuo

=

di un

un

Lei Suo

corre correre

intanto

poco

un

mesetto

potranno

correre

um po:ko ig Rasa, e ffra um

mesetto

potranno

'‘korrere e

giocare

in casa,

come

la sinpo:ra

verdi.

la signora

Verdi,

rotte

una valigia =

dottore

(con) me (con) te



vedendo vede

: quando

valigetta — piccola valigia fare il medico = essere medico

un um

esamina

grazie,

grattsje,

dottore! »,

e

dice

dotto:re! », di:tfe

dei duce

medico \me:diko

ancora

e\za:mina agko:ra u:na

volta

ragattsi. posi a:pre la \pikkola

vali:dza

ke

con kon

essere medico! ». lessere \me:diko! ».

Forti, forti,

dotttor forti.

che

anche

rakkonta

ke

ayke

uno = una persona

dico. diko.

fare faro

questo,

« Quando « kwando io

kkwesto, t:0

farò

uno u:no

Bruno bruno

ha gia detto a ddza ddetto

«Quando « kwando

sarò sa'ro

grande, ggrande,

vedendo

la

valigetta

vedendo

la

validzetta

«Sa, « sa,

dottore? ddotto:re?

anch'io ayk i:o

quando sarò grande ». « Bravo! », Rwando salro ggrande ». « bra:vo! »,

Forti.

racconta

sé. se.

E ora, e o:ra,

egli dice: eAAi di:tfe:

voglio fare il medico viAKo fa:re il \me:diko

AKidi:tfe tl

gambe che

voglio

dottor dotttor

le

valigia

sempre ssempre

apre

le gambe

la piccola

ha a

Poi

volte ai suoi genitori: volte at swat genitori:

del del

ke pparla kon

volta

molte molte VIALO

intanto una

ragazzi.

gli dice il dottor

186

« Molte

il dotltor forti,

verdi,

dei due

rotte

(con)

prima».

ddzoka:re ko:me pprisma ». « molte

la sinpo:ra

medico

e fra

la signora Verdi. Il dottor Forti, intanto che parla con che =

mentre

un

lui

E il padre

e il pa:dre

una

lui una

di Antonio

di

anto:nio

allora

allora

volta

voleva

fare

il

me-

volta

voleva

faire il \me:-

è giovane, dice sempre: Io farò e\ddzo:vane, di:tfe sempre: ito farro DI

quello!

fa'rokkwello!

Ma

ma

non

nnon

sempre

sempre

si può

fare

si pwo ffa:re

Capitolo

ciò tfo

Intanto

intanto

ha

altri

gli

che

ke AKi altri

susa

la

kju:de

a ffinisto; ekKKi

sua

la

an\dre:a

dottor

il

‘parlano

valigetta

validzetta

e

oddzi basta! ». tere:za

du:e ma:dri : « per

dice

Forti

forti

alle | chiude +—apre

e ddi:tfe alle

« Per oggi basta! ». Teresa Rossi:

due madri:

medico ». ‘me:diko».

Andrea

il dottor

parlano

chiude

egli

finito;

sono so:no

e perciò oggi non e pperltfo oddzi non

si vuole, ssi vwo:le,

che kke

XIV

rossi:

« Quando

« kwando

ò er rn to | ve r pe a an im tt se a un a tornerà, dottore? ». « Tornerò fr tornera tornelra, ddotto:re? ». « torne\ra ffra u:na settimana per vedere

come

stanno

de:re ko:me

stanno

i ragazzi.

i ragattsi. .

Intanto,

intanto,

.

e

devono

‘de:vono

a letto ». «Ma a lletto». « ma

dottore », dice la signora ddotto:re», di:tfe la sinpo:ra

tonio to:nio

rimanere rrimane:re

mo.

mo.

non nom

può pwo

Abbiamo

la

siamo Sja:mo casa? ».

portare porta:re « Sì,

\makkina

Antonio anto:nio signora,

di andarsene, . di an\darsene, Quando

kwando

qua

nella

Verdi, verdi,

strada;

può



«An«an

va in bagno . va im banno

non

pos- | qua : qui

e tornare a e ttorna:re a

farlo », risponde

‘ffarlo »,

« arrivederci» « arriverdertfi »

risponde

il dottor

il dottor

e se ne va. Ma prima e sse ne va. ma ppri:ma

a lavarsi le mani. ani a a lavarsi le ma:ni.

andarsene se ne va se n’é andato

il dottor Forti se n’è andato,

la signora

Verdi

il dot\tor

la sinpo:ra

verdi

forti

tornera Tn

kwa nnella stra:da; nom pos-

giù in macchina dzu im makkina

kka:sa? ». « st, ssippo:ra, pwo Forti. Poi dice forti. posi di:tfe

rimane:re °

qua; noi stiamo in via Co- | rimanere : stare kwa; no: stja:mo im visa ko:

la macchina

abbja:mo

rimanere | tornare

se ne anda:to,

187

Capitolo

14

aiuta

suo

aju:ta

a togliersi

su:o filKo

mettersi

una

il pigiama

camicia

pulita



pure

dal

dal

letto

letto

I due

braccio

e Ho

giù,

‘portano dzu,

uomini

di Pietro

e a



e i

e i

e Verdi e vverdi

nella

lo sollevano lo sol\le:vano

macchina

nnella

di Verdi.

‘makkina

di

verdi.

di Antonio

î duce \wo:mini so:no forti : i kwaranta

kili

di

nulla nulla

brattfo

e

solo,

so:lo,

più di settanta pju ddi settanta

da giovane : quando era giovane

giovane!

Iddzo:vane! ma

loro. lo:ro.

due

le

con

Quando kwando

sollevare sollevacre

e kkon le

il braccio le braccia

Ma

per per

poteva poteva

giovane, egli Idzo:vane, eKLi

braccio

forti:

di pje:tro

chili

sono so:no

sono

e a

i quaranta

non non

ù

e lo portano

Pietro

pucre di pjestro —

suoi calzoni. Poi, i signori Rossi swo:t kaltso:ni. posi, i sinpo:sri rossi

un chilo

di

a \ttokKersi il pidza:ma

Immettersi usna kami:tfa pulita —

CD

un

figlio

duce

il signor il sin\nor

Rossi era rossi e:ra

poteva

brattfa

con kon

chili, ki:li,

trenta trenta

braccia

chili. Era molto ki:h. e:ra molto

anto:nio

sollevare

poteva

forte Carlo forte karlo

un um

solleva:re Rossi rossi

da da

anche ora è forte per la sua età, e Verdi

ayke

o:ra e fforte per la susa e\ta, e vverdi

non è meno forte di lui. non e mme:no forte di lui. La

sera vengono

la sesra

‘veggono

altri amici

altri ami:tft a vvede:re

pure la famiglia Rossi —

pure la famikia Alberto,

alberto,

188

lo

zio

lo ttsizo

a vedere

rossi

Rodolfo

rodolfo

il nonno

— il e

e viene

bruno,

e vvje:ne

e la nonna,

lo zio

e Ha nonna,

lottsico

Emilia.

Tutti

hanno

Wattsisaemi:lia.

tutti

anno

e la

nonno

Bruno,

zia

Capitolo XIV per

qualcosa

kwalko:sa

per

di tutti. di tutti.

Essi essi

mondo.

del

parti

e e

Bruno bruno

k:bro.

€ | un regalo

dell'a\me:rika

nonnino!

sorride ssorri:de

contento.. kontento.

i nonni

sorridono

al loro nipote.

Essi vogliono

agke

% nonni

sor\ri:dono

al lo:ro

essi

.

.

tutti

i

loro

nipoti,

ma

a

Brunetto

vogliono

bene

a

ttutti i

lo:ro

nipo:ti,

ma

a

bbrunetto

\vokXono

anno

bene che agli bbene ke aki

molti

anno

regali

molti

rega:li

perché pertke

Bruno bbru:no

prima

di

prisma

di

|

.

|

.

dai

nonni.

sa

ki

perché!

ssa pperike!

America

ogni onpi Forse

forse

(Bruno

è nato

due

anni

Bruno sorride

e «il pri:mo»

[bruno

E nna:to due

anni

nipote : figlio del

Ì

Maria

e

marisa

e tt{tykwe

,

Chi

VAfrica.

primo»

è «il DI

.

nonni.

dai

ed egli riceve ed ekki ritfeve

altri, altri,

il mond

.

a

piu pju

in cui = nel quale

‘volSono

bene

ancora apko:ra

regalare

@nonni:no!

Anche

‘0.

© ‘a nonna

E | egli + essa = essi

«Grazie,

nipo:te.

i nonni ‘ il nonno

libro.

dell'America

grattsje,

mondo.

del

parti

bello

e il pju bbello

dell\a fri ka,

par Ja

si

nonnina! », ? dice nonni:nal», di:tfe

Grazie, ’ grattsje,

nonni

dell’Africa,

parla

si

ku

altre

ddelle

e

dei

altre

delle

e

bruno.

il rega:lo

cui

iy

libro

un

Il regalo

è il più

regalano a Bruno un bellissimo re‘ga:lano a bbru:no um bellissimo

in

libro

un

Bruno.

dei nonni

cinque .

anni

anni

1

a

prima |

prisma

o)

Pietro),

o

di pje:tro],

0

di

co

della figlia figlo io Brunetto = colo

Bruno

°

pic-

forse perché ha gli stessi begli occhi della zia Emilia, | i regali forse perlke a AKi stessi be4ki okki della ttsi:a emi:lia, bei regali gl N

a cui i nonni akkuii

« Hai « at

nonni

.

.

vogliono molto

bene.

molto

be:ne.

wotLono

visto, Pietro », dice Bruno visto, pje:tro», di:tfe bruno

i occhi begli occhi

a cui = alla quale

a suo fratello, « cosa a ssu:o fratello, « ko:sa

189

Capitolo

14

riceve ha ricevuto

su

:

parla

in

di

cui

ho

ricevuto

dalla

nonna

o

rritfevu:to

dalla

nonna

paesi

si

sporco sporcare

ti

sporcare io sporco tu sporchi egli sporca no che non sono = no, non sono

sì che sono

sono = SÌ,

tornando : quando sei tornato

mostrare

a

a =

sui

e ddal

nonno?

un

libro

sui

lo fai

pale:zi di

tutto

il mondo! ».

« me

lo faci vede:re? »,

manda

Pietro.

« Volentieri,

però

manda

pje:tro.

«volentje:ri,

petro nnon de:vi spor\karlo! »,

vati vati

non

io ho

kil».

io

che non

le mani

son pulite,

tel».

«No;

«no;

sporcarlo! »,

«se no lo spor«se nno Mo spor-

pulite! », dice Pietro.

le tue mani! ». «Si

le tue mani!l». «si kke

perché

tornando

pertke

da

ttornando

scuola,

da

skwo:la,

quelle

vuole far vedere

le mani

a sua sorella, ma

vede:re

kwelle

mani! ».

ma:ni!».

le ma:ni a ssu:a sorella,

ssom pulic-

non

ti

sei

non

ti seu

Pietro non pje:tro nom

vedere, vede:re,

‘fammele

«no

che son puli-

Fammele

vwo:le far

« No

9 Ue ma:ni pulite! », di:tfe pje:tro.

kke nnon som puli:te,

te! ».

do-

prima di dare il libro a Pietro. « Lapri:ma di da:re il li:bro a ppje:tro. «Va:

chi! ». «Ma

«ma

vedere? », do-

devi

le mani, Pietro! », dice Maria, le ma:ni, pje:tro! », di:tfe marisa,

poi gliele

ma pposi Lele

mostra.

Quando

Maria

vede

le mani

di

mostra.

kwando

marisa

ve:de

le

di suo fratello,

sporche!

Corri

sporke!

mamma!

korri

mia! mia! a

a

». Pietro

mamma! ».

190

libro

«Me

dice: « Mamma di:tfe : « mamma correre corri!

Un

il mondo! ».

lava:to. vedere

nonno?

tutto

lavato. far

dal

di

risponde Bruno risponde bruno se no : se non lavi le mani

e

Non non

lavartele

Walvartele

alza

ma:ni

suo

fratello,

ho mai visto 9 mma:i visto

mani più ma:ni pju

subito,

chiamo

\su:bito,

le spalle

pje:tro altsa le spalle

se

no

la

se nno kkja:mo

la

« Queste

ra-

dicendo:

ditfendo : « kweste

ra-

Capitolo

gazze! », però va in bagno e si lava le mani. Poi torna gattse! », pero waim banpo e ssi lava le ma:ni. po:i torna « Ora

me

e ddi:tfe a bbru:no: « o:ra

me

e dice

in camera

ig \ka:mera

libro che ti han ke

k:bro

tti

a Bruno:

lo faci vede:re,

il

ride

e gli dà

bruno

ri:de

e AAi da

nonni? ».

ragazza = bambina (grande)

il

dato i nonni? ». Bruno da:to î

an

lo fai vedere,

XIV

il libro. il li:bro. La

zia Emilia

la ttst:aemi:lia carte.

karte.

Bruno,

bru:no,

un

regala

a Bruno

rega:la

a bbru:no um

Pietro

pje:tro

bellissimo

mazzo

di

bellissimo

mattso

di

giocano

e Maria

e mmari:a ‘dzo:kano

soli o con altri bambini.

fuori

Quando

so:li 0 kkon altri bambini.

spesso

spesso

a carte,

a kkarte,

c’è il sole, essi

un

mazzo

di carte

spesso volte

: molte

una

macchina

kwando fwo:ri tf € il so:le, essi

vanno al parco, ma quando piove, essi giocano spesso vanno al parko, ma kkwando pjo:ve, essi \dzo:kano spesso a carte.

In primavera

e d’estate

a kkarte. im primave:ra

ma

d’inverno

ma

ddimverno

ma

meno

piove

pjo:ve

spesso

ma mme:no spesso Lo

zio

Alberto

lo tisiso

alberto

spesso.

Anche

spesso.

ayke

Bruno bru:no

in

in

autunno

piove,

attunno

pjove,

ddimverno.

regala

rega:la

non e una

poco,

d'inverno. a

Bruno

a bbru:no

tografica. Non è una macchina

tolgra:fika.

piove

e ddesta:te a rro:ma pjo:ve po:ko,

che

ke

a Roma

‘makkina

la vede, egli spalanca la verde, eXAi spalapra

una

u:na

macchina

‘makkina

molto cara, ma

fo-

fo-

quando

fotografica

molto ka:ra, ma kkwando

la bocca la bokka

e gli occhi, e e KKi okki, e

spalanca

: apre

191

Capitolo

14

dimentica ddi\mentika

ridendo ride

:

a che

la bocca la bokka

sua

sorella

Maria

spalagka:ta,

fi:no a kke ssu:a

sorella

marisa 4Ki di:tfe ri-

mo:do?

non

a:i ma:i visto una

quel

in

kwel

tg

‘makkina foto\gra:fika?

avere ha avuto

fare il fotografo essere fotografo vuoi volevi

volevo volevi voleva

volevamo volevate volevano

:

1) 2)

figlio del figlio o della figlia figlio del fratello o della sorella

vvisto molte! », le

non

ne

ho

nnon

ne

9 mma:i avuto u:na!».

hai una, ai una,

mai

avuto

192

« ma

« Allora,

adesso

che

ne

« allo:ra,

adesso

ke

nne

quando c’era kwando tf e:ra

volevi

fare

il medico », dice

Maria,

« Non

il dotto:re,

vole:vi

fa:re

il \me:diko », di:tfe marisa.

«non

forse fare il medico

si può

fforse fa:re il \me:diko

si pwo

tempo? »,

domanda

dello

Alberto.

zio

Bruno,

domanda

bruno,

Lo

dello ttsi:o alberto.

zio

e fotografare

e ffotografa:re

mentre

guarda

mentre

gwarda

sorride

e

stesso

il

regalo

il

rega:lo

che

ti piace

il mio

tti pja:tfe il mico

di vedere

« sono

molto

kontento

di

vede:re

ke

solo

allora,

Bruno

ma sso:lo allo:ra,

nello

e ddi:tfe al nipo:te :

contento

allo:ra,

stesso

nipote:

molto

ma

nello

al

lo ttsi:o sorride

dice

«Sono

rega:lo ».

: molto

bruno,

il dottore,

regalo ». Allora, tanto

una! ».

risponde

vuoi fare il fotografo? Prima, vwo:i fa:re il fo\to:grafo? prisma,

tempo? »,

nipote:

9

». « ma

« Sì che ne ho visto molte! », le risponde Bruno,

« st kke nne

ri-

fotografica? ».

hai mai visto una macchina

Non

dice

okki

AAi

spalagri

pertke

gli

occhi

gli

spalanchi

Perché

« Bruno!

modo?

cosi

lì, con li, kon

fino

dendo : «bruno!

in quel modo:

E rimane e rrima:ne

spalancata,

dendo:

mentre

di dire grazie. di di:re grattsje.

zio dicendo: « Grazie, zio Alberto! ttsi:o ditfendo : « grattsje, ttsi:o alberto!

bruno

Son son

abbraccia

abbrattfa

tanto, tanto,

lo

lo

tanto tanto

Capitolo

Bruno

abbraccia

XIV

lo zio

sorridendo

abbraccia

zio

contento,

sai? ». E

anche

lo

kontento,

sa:i? ». e

ayke

lo ttsi:o abbrattfa

sorridendo

sa sapeva

il suo nipotino.

il suo

nipoti:no.

L’ultimo

regalo

L\ultimo

rega:lo

Rodolfo

sapeva

rodolfo

sapeva

è

dello

E kkwello quello

kwello

zio

dello

quello che

lo ttsizo

comprato

Alberto

kompra:to

alberto

aveva

avesva

egli

ha

il nipote,

e perciò

per

il nipo:te,

e pperltfo eXKi

a

zio

ttsi:o € rodolfo.

ke

per

Lo

Rodolfo.

per

Bruno

kkompra:to per

bru:no

comprato

un bellissimo album per fotografie. Dando il suo regalo

um

bellissimo

a Bruno, a bbru:no,

album per fotogra\fi:e.

egli gli dice: «Quando eAKi KKidi:tfe : « Kwando

dando

avrai alvra:i

il suo

delle delle

un album per fotografie dando

: mentre da

hai

avrai

rega:lo

belle belle

fotografie, le metterai in quest'album. Così potrai farle fotogra\fise, le mette\ra:i ig kwest album. ko\si ppo'tra:i farle

avrai metterai potrai

avro avrai avra

potro potrai potra

193

Capitolo

14

vedere vedesre dice

a tutti i tuoi amici ». « Grazie, zio Rodolfo! », a ttutti i two:i ami:tfi ». « grattsje, ttsi:o rodblfo! »,

il ragazzo,

di:tfe il

ragattso,

« ora



che

«o:ra

si kke

sono

un

fotografo!

Hai

sso:no um fo\to:grafo!

ai

visto, Maria? ». « Che cos'è? Un album per le fotografie visto, marisa? ». «ke kkose? un album per le fotogra'fie che non

hai

ancora? », domanda

ke

nnon

per

le

per

le fotogra\fize

a:i apko:ra? »,

fotografie

casa! ». Pia,

siamo siete

avete

saremo sarete

avrete

che

domanda

do

darò

marisa.

«e

album

un

avrò

quando

potrò

uscire

di

ke

avro

kRwando

potro

uffi:re

di

ha

ancora

detto

nulla:

« Quando

Ra:sa! ». pica, ke

nnon

a

ayko:ra

detto

nulla:

« kwando

io e Pietruccio

saremo

grandi,

mammina,

avremo

delle

t:0 e ppjetruttfo

sare:mo

grandi,

mammi:na,

a'vre:mo

delle

macchine

fotografiche

anche

noi?».

Teresa

Rossi:

Imakkine

foto!gra:fike

ayke

no:i? ».

tere:za

rossi:

«Quando

« kwando

sarete

più

sare:te

grandi,

pju ggrandi, forse

no: « Sai, mamma, no «sai, mamma, di

forse

« Una

ne

ne

avrete

a'vre:te

una

una

an-

ag-

sola per noi due? ». Bru-

vo:î due». pje:tro : «u:na sola per no:i due? ». bru:-

avere

ddi ave:re

una

u:na

mia ». Teresa Miia». tere:za

quando Pietro e Pia avranno l’età kwando pje:tro e ppisa avranno lelta

macchina

‘makkina

fotografica,

foto'gra:fika,

Rossi: « Darai loro rossi: «darai lo:ro

non l’avrai più tu». Bruno: non la\vra:i pju ttu». bruno: 194

album

non

ke

avremo avrete avranno

« E un

che

che voi due ». Pietro: avrò avrai avra

Maria.

~

«Si «si

io

darò

i:0 daro

la tua? la tua?

Ma ma

loro

la

Uo:ro la

allora allo:ra

che ne avrò una! ». kke nne avro una! ».

Capitolo

« Quale? ». Bruno,

Rossi:

Teresa

rossi: « kwa:le? ». bruno,

tere:za

Rossi:

rossi:

mmi dara il palpa kkwando salro ggrande! ». tere:za ti darà

« E chi ti dice che il papà

«e

kki tti di:tfe

il palpatti dalra

ke

quando sarai grande? ». Bruno: kwando salra:i grande? ». bruno : dice

la signora

Rossi

un’altra

macchina

unaltra

‘makkina

«chi

sa? ».

ridendo,

«ki

ssa? ».

« Me

la fai vedere

la macchina,

pje:tro, o:ra, domanda :

«me

la fa:i vedere

la

Bruno? ».

non

devi

Pietro,

ora, domanda:

bruno? ».

terra!

terra!

«si;

però

pero

nnon

lasciarla

dewi

se la laffi kade:re per terra,

sat? ».« ma

la lascio

io non

e prende e pprende

laffo

la

tio non

la la

kade:re

macchina. ‘makkina.

regali una macchina

rega:li usna

rompi

rompi

una

u:na

per

so kko:sa fattfo,

per

terra! », dice

per terra! », di:tfe

« Com'è bella! », dice, » kom e bbella! », di:tfe,

rompo u:na

gamba

anch'io,

ayki:o,

fotografica anche a me? ». «Se

ayke

a mme? ». « se tti

tu?»,

dice

lo zio,

una u:na

gamba gamba

per per

gamba

anche

ayke

ti dice che devi romperti tti distfe ke dde:vi \romperti

si rompe la gamba si è rotto la gamba

ti

‘makkina foto\gra:ftka

gamba

sarai sara

saremo sarete saranno

per

kade:re

e poi: « Zio Alberto, se io mi rompo una gamba

e ppo:i : « tsiso alberto, se ico mi

saro

so cosa faccio,

non

cadere

darai

daremo darete daranno

‘makkina, cadere

laf‘farla

Se la lasci cadere per terra, non

sai? ». «Ma

Pietro, pje:tro,

«Si;

daro

dara

« Lo dico io! ». « Ma», «lo di:ko to! ». « ma»,

ridendo,

rossi

di:tfe la sinpo:ra

ke

«kwella

ridendo :

grande! ». Teresa

sarò

quando

il papà

mi darà

che

« Quella

ridendo:

XIV

«ma

chi

tu? », di:tfe lo ttsizo,« ma

kki

avere una ave:re una

rompere rompe ha rotto

195

Capitolo

14

ci si rompe :

gente non non

si

...

la

rompe

mica:

sai?

piacere,

pjatfe:re, sat? più

grande,

piu

ggrande,

« Quand’é «kwand e fra

avrai

sette

anni

anni,

vedrà

‘makkina

forse».

anni,

prima

prisma

avere

di

che ke

una

alla alla

Pietro:

tu».

Rossi: rossi: « Devo

pje:tro : « devo

una

ave:re

tu».

agke

Pietro:

forse».

di

anch'io? ». « Vedrai ayk î:0? ». «veldra:i

vedere

anche

che sarò grande? ». Alberto kke ssalro ggrande? ». alberto

fra ssesi 0 ssette anni

macchina

alvra:i una

sei o sette

sette

una

kwando sara:t

ddetto:

la

te

mamma

la

sarai

quando

detto:

te l'ha

mamma

La

ko'si, pper

gambe

le

mi:ka

non tfi si rompe

Imakkina?

per

così,

le gambe

mica

ci si rompe

Non

macchina?

rompo rompi rompe

pje:tro: « Ma ... «ma... aspettare

aspetta:re

macchina

fotografica

‘makkina

foto\gra:fika

tua età tua eta

il tempo il tempo

passa passa

presto! », dice lo zio Alberto.

presto! », di:tfe lo ttsi:o alberto. Bruno

intanto

guarda

la

bru:no

intanto

gwarda

la susa

dice: « Sai dove ddi:tfe : « saci do:ve

farà

tornare

mettere

andrò

andremo

andrai andrà

196

minare

di

mina:re

di nwo:vo? ».

nuovo? ». Teresa

metterà andrete andranno

tutte le vie di Roma tutte le vice di ro:ma

macchina

fotografica

‘makkina

e

foto\gra:fika

e

mamma, mmamma,

fere:za

andrai? ». Bruno: « Andrò an\dra:i? ». bruno : «anidro

fare

tornerà

andrò, an\dro,

sua

quando kwando

potrò campotro kkam-

Rossi:

« No,

Bruno.

Dove

rossi:

«no,

bbru:no.

dove

insieme insje:me

con kon

Antonio anto:nio

per per

e farò mille fotografie! Poi mete ffa\ro mmille fotogra\fize! po:i met-

terò le più belle nel mio telro Ile pju bbelle nel mi:o

album ». Pietro e Pia: «Ci album». pje:tro e ppisa : « tfi

—_2_—_—_—__—————

andremo

anche

andre:mo

Capitolo

—PY

——

ee

—r22rr————r——"m—UuV

noi, Bruno! ». Bruno:

ayke

« No;

noi,

bruno! ». bruno :«n0;

non

con

noi».

Pietro

e

Pia:

«E

perché

forse,

ma

nnoy

kon

noi».

pje:tro

e ppica:

« e

pperike

no? ».

Bruno:

Pietro:

« No

Rossi:

« Basta,

rossi:

«basta,

mera, mera,

Bruno bruno

Pietro!

usciamo

tutti

dalla

o:ra,

uffa:mo

tutti

dalla ‘ka:

dormire dormi:re

un’oretta unoretta

o due

pje:tro! deve de:ve

cena ». Bruno:

«Ma

tfe:na ». bruno : « ma Rossi:

« L’ha

rossi:

«la

non

dice

detto

non di:tfe pju

ancora

ayko:ra chiude

un

um

prima

di

o ddu:e prisma

di

voglio

t:o nom

dormire! ». Teresa

vodko

dormi:re!».

dotto:re,

Bruno

bru:no!».

allo:ra

bruno

solo

guarda

nniente,

e kkwando

rima:ne

so:lo

guarda

po

i swo:i rega:li,

okki,

e poco

dopo

e ppo:ko do:po

di un’ora

Bruno! ». Allora

rimane

regali,

meno

un album

quando

i suoi

un’oretta = un po’

PAROLE:

e

po’

lui esce noi usciamo

tere:za

niente,

gli occhi,

kju:de LAi

ca-

io non il dottore,

ddetto il

più

Ora,

fere:za

‘pikkoli, no:i! ».

sja:mo

nnon

kke

pje:tro : «no

Teresa

noi!».

piccoli,

siamo

non

che

pikkoli».

troppo

ssje:te agko:ra

« perlke

bruno:

nnoé».

piccoli ».

troppo

ancora

ma

cinque

minuti

dopo

ma ttfigkwe minu:ti do:po dorme. dorme.

__m___

tfi andre:te

ma

siete

C'——————_—114=

e



Capitolo XV

esamina

parla

mentre

e\za:mina

mmentre parla

Bruno

a ffini:to,

bruno KKi

to:re,

Bruno.

Quando

la

gamba

di

bruno.

kwando

subito! ».

«Ma

cosa

momen-

«aspetta

um

momen-

devo

aspettare?

alzarmi

subito! ». Il dottor

devo

aspetta:re? Forti

al\tsarmi \su:bito \su:bito! ». il dottor

«nog

credo

che potrai

kre:do

sì, credo st, kre:do

alzarti

Io

voglio

iso

dice

gio-

vokXo

ridendo:

forti di:tfe ridendo:

subito ». Bruno:

«E

io

ke ppoltra:i al\tsarti \su:bito ». bruno : «e i:0

che potrò

alzarmi

subito,

se lo voglio! ». Il

ke ppoltro al\tsarmi \su:bito, se

dottor Forti:

« Caro

mane,

le gambe

Bruno,

dotltor forti : « ka:ro bru:no,

mame,

sen- | giovanotto vane uomo Sen-

Hai ai un

«ma kko:sa

«Non

e rrisponde:

sorri:de

« Aspetta

tisno, bru:no!».

subito

e risponde:

sorride

«Mamma! «mamma!

giovanotto! » dzovanotto! ».

volko allisarmi \su:bito! ». Bruno! »

dot-

di muovo : « allo:ra,

il dotto:re

alzarmi

Voglio

dot-

« Allora,

di nuovo:

domanda

posso al\tsarmi? ».

tito? tino,

di

alzarmi? ». Il dottore

posso

«Si, puoi alzarti, «si, pwoi al\tsarti, tito?

gamba

gli domanda

ha finito,

tore,

la

e hai

e ait le

gambe

Mo vodKo! ».

il

tu sei a letto da due setti-

tusse:ia Metto da ddu:e setti-

molto,

molto

deboli ».

molto,

molto

deboli ».

debole ++ forte

Bruno mette i piedi fuori dal letto e prova ad alzarsi, bruno mette i pje:di fwo:ri dal letto e ppro:va ad al\tsarsi, ma,

come

ma, kko:me

ha

detto

il

a

dottore,

ddetto

le

sue

il

dotto:re,

gambe

le

sono

suse

gambe

so:no

stare in piedi. stare im pje:di.

« Hai «a:i

così deboli che egli non può Rolsi \dde:boli ke eli nom pwo

[

un piede

203

Capitolo

15

troppo

deboli,

troppo

un

muscolo

aggiunge ancora

: dice

prova! non provare!

a

una penna

di

di

dottore, dottore,

il il

visto? », gli dice visto? », AAD dictfe

caro

mio!

un

aju\tarti

um

in piedi? ». im pje:di? ». troppo

po” ».

pol».

«Te «te

gambe

ancora

« asi

le

gambe

ayko:ra

alla

mamma

chiedere

devi

«Ma

\kje:dere

perché

«ma

\de:boli»,

risponde

posso

perché pertke

i

il dottor

e aggiunge:

e addzundze :

nulla,

fra

due

settimane

«ma

alla

tua

e\ta nnom fa

nnulla,

fra

ddu:e

settima:ne

sarai

più

forte

la

la

in

di

fforte

prima.

Però

di prisma.

piedi

da

oggi,

pe'ro oddzi,

solo! ». Poi

« Vediamo

penna?».

mia

penna? ».

mica

bruno.

«in taska?

la

penna

egli

nella

e:sra

nella

eXkî skrisve

Rossi,

rossi,

scrivo

nom

il medico

una

a

prova:re

a

siede

su

si

si sje:de

su

un po’ ... dove ho messo

po...

dove

9 mmesso

l’ha

in

tasca?»,

domanda

«non

la

in

taska?»,

domanda

Ah!

ce l'ho.

non

no;

è qui! ». DI

al ekkwi!

».

non tfe

lo.

valigetta

del

dottor

Forti,

e ora

validzetta

del

dottor

forti,

e o:ra

no, nno;

era

scrive

provare

«Non No,

tasca?

«In

penna

non

da sso:lo! ». posi il \me:diko

Bruno.

La

204

muscoli ‘muskoli

fa

una sé:dia e ddi:tfe : « vedjia:mo um

Bruno

Forti,

il dot\tor forti,

non

i

sta:re

età

una sedia e dice:

gli farà prendere: farà prendere a

hai ai

stare

tua

sta:re im pje:di

ricetta

posso

alla

stare

una

non

mamma

«ma

salra:i pju

il dottore scrive

alla

ppertke nnom

Vho detto: lo ddetto:

deboli », risponde

troppo

le

Devi

‘de:boli, ka:ro mico!

aiutarti

«hai

ricetta

una

ritfetta

una

ricetta

skri:vo w:na ritfetta

per

per per

Bruno.

signora

«o:ra,

sinpo:ra

figlio, e Lei

gli farà

bruno. Suo

«Ora,

per suio fikto,

e lei tdi fara

Capitolo TTo.-o-y—->z>O

Pr

oo_—_—____——_—



Bruno,

«a

meditfi:na? », di:tfe

bruno,

«a mme

piacciono ». « Sì, ma

credo

che questa

«una non

una

medicina

che

e una

meditfi:na

ke ppja:tfe a

piace

a

tutti

ti piacerà!

i ragazzi

che

la

Wa

ke

ttutti i ragattsi

la

stessa

cosa.

to:re di:tfe a ttutti la

stessa

ko:sa.

tutti

a

dice

le meditfi:ne

(ma non lo dice) che il dot[ma nnon lo di:tfe] ke il dot-

pensa pensa

prendono ». Bruno \prendono ». bruno tore

medicine

«si, ma kkre:do ke kkwesta ti pjatfe\ra!

‘piattfono ».

nom

———r

le

me

dice

medicina? »,

« Una

Quando

il

dottore

se

n’è

andato,

la

mamma

aiuta

kwando

il

dotto:re

se

ne

anda:to,

la

mamma

aju:ta

Bruno

ad

bruno

TrrTr_._r1r1rr,,

_—_—_———_—_————_——

o

di questa medicina ». | un cucchiaio due cucchiai di kwesta meditft:na ».

prendere tre cucchiai al giorno ipprendere tre kkuk\kja:i al dzorno

È

'—_—__

alzarsi

e

a

ad al\tsarsi e a

vestirsi,

poi

dice:

«Ora

io

vvesitirsi, posi di:tfe: «ora

iso €

e

l’Amelia

ti

aiuteremo

ad

andare

in

salotto ».

Bruno: | aiutare

Wlame:lia

ti

ajutere:mo

ad

anda:re

în

sabtto».

bruno:

voi

«No, «no,

non non «Va

Bruno

prova

sso:lo ».

bruno

Voglio volko

aiutarmi! , , aju'tarmi!

solo».

«va

bene!

bbe:ne!

Prova!»,

il primo

da sso:lo, ma ddo:po il

pri:mo

posso. Cado!». Ma sua madre posso. ka:do! ».

dice

ma ssu:a ma:dre

e ad

aiuterà

ad andarci da | aiuta! non aiutare! . ad andarifi da

provare prova:re

a stare in piedi e ad

dopo

.

prova! », dictfe

prova a stare im pje:di

da solo, ma

XV



la

la

signora

sinpo:ra

andare

anda:re

Rossi.

rossi.

in salotto

in

sabtto

passo egli dice:

« Non

passo eXkidi:tfe :«

cado cadi e l’Amelia lo aiutano, | ©29°

e Uame:lia

nom

a

Un passo

lo a\ju:tano,

205

Capitolo

15 ——

e

e kkolst,a

vanno

vanno

una poltrona si siede si è seduto

mette

mette

le

due

in salotto, dove Bruno

in

Quando

kwando

‘ppikkoli passi,

salotto,

egli

donne

ragattso

è °

si e

seduto

nella

ssedu:to

poltrona,

nella

poltrona,

la

mamma

la

mamma

un tavolino

accanto

a lui, e la Pia —

tavoli:no

akkanto

a Muci,e lla pia — 4Ki

un

bambi:ni

gli altri

gli domanda

a carte.

«Con

dzoka:re a kkarte.

«kon

tu non

il bambino a cui la bambina a cui

insegnare! », dice

sai giocare

te? », le domanda

fe? »,

ma

ttunnon sa:i dzoka:re a kkarte! ». «no, la

Pia,

a

cui

se vvwo:le

Bruno,

«ma

bru:no,

« ma

le domanda

a carte! ». « No,

altri

se vuole

so:no ayko:ra a skwo:la — KKi domanda

lo : a giocare a carte

tu me

lo puoi

ma ttu mme lo pwo:i

non

solo

Bruno,

ma

insenpa:re! », dictfe la pica, a kkui non

so:lo

bruno,

ma

anche Pietro e Maria han detto più di una volta:

« Un

ayke

giorno

206

e il

si siede in una poltrona.

bambini sono ancora a scuola — giocare

ragazzo

do:ve bbru:no si sje:de in u:na poltro:na.

si

eli

il

e

donne

due

le

passi,

piccoli

a

così,

pje:tro e mmari:a an ti insegneremo

dzorno

ti

giunge

perciò:

pju ddi una

a giocare

insenpere:mo « Mi

detto

dite sempre

di:te

giocare a carte, ma

non

sempre

me

siccome oggi sikko:me oddzi

soli, so:li,

Prendi

una

prendi

u:na

siediti

a

a

lo insegnate mai ». Bruno:

« Bene, « becne,

siamo sja:mo

aa-

ke mmi insenpere:te

lo

se:dia

ag-

che mi insegnerete

ddzoka:re a kkarte, ma nnom me

e

a carte! ». Essa

a ddzoka:re a kkarte! ». essa

dzundze perltfo : « mi

sedia

volta :« un

qua

e ‘ssje:diti kwa

insenpa:te ma:i ». bru:no :

te lo insegnerò io! te lo insenne'ro ivo! accanto

akkanto

a

me!».

a mme!

».

Capitolo XV

dopo

do:po

una

non non

dirmi dirmi

più pju

me».

Bruno

Bruno: «Adesso bbru:no: «adesso

mentre

pensa; poi

vwo:le

« Non

dir nulla!

Vedrai

dir

KKi distfe «non

ke

Pia

fare ». E

ma

dimmi! non dirmi!

un

po’,

um

po,

la

Pia

da me

: da sola

ma la pica da

me

ancora

un

troverò

ttrove\ro dda mme

pensa

ayko:ra um

e ppi:a pensa

dde:vo fa:re ».

ke

sso:la kwello

aspetta

che

vedrai

nulla!

devo

che

quello

sola

aspetta

ajultarla,

la pisa

gli dice:

che devo ke dde:vo

quello kkwello

aiutarla,

vuole

poi

pensa;

la Pia

meddz oretta di:tfe

da mme ». bruno

tro\varlo

fare! vokKo mentre

da

trovarlo

Voglio

fare!

dice

mezz'oretta

una

carte,

a kkarte,

dzoka:re

sorella

a a

a

giocare

sorella

e ssuca

fratelli

i swo:i

spesso

vvisto

a

ppisa

sikko:me

sua

e

fratelli

suoi

i

spesso

visto

ha

Pia

Siccome

po’, poi dice: « Ho trovato! », e getta sul tavolino davanti

davanti

po, poi di:tfe : « 0 ttrova:to! », e ddzetta sul tavoli:no a bbru:no

le sue

le suse

hai aii

migliori

milkosri

mostra

le guarda,

pot

mostra

« Ma

brava,

Bruno

le

tfiykwe karte.

bruno

carte

sorellina

e le dice:

alla su:a

sorelli:na

e Me di:tfe : « ma bbra:va,

tu questa tu kkwesta

delle

delle

della Maria!». ddella mari:a!».

guarda,

sua

alla

karte

vinto vinto

poi

carte.

cinque

a Bruno

mie.

volta! volta!

Sai

mise. sati La Pia la pisa

Le le

giocare

dzoka:re sorride sorride

tue tue

carte karte

meglio

melXo

sono so:no

di

di

ed è molto ed e mmolto

molto molto

Pietro

pje:tro

e

e

contenta kontenta

buono migliore

bene meglio

di sé. di se.

207

Capitolo

15

Un’ora

dopo,

uno:ra

quando

do:po,

la mamma

kwando

la

mamma

viene

a domandare

vje:ne

a

ddomanda:re

a

Bruno

se

vuole

stare

ancora

una

mezz'oretta

in

a

bbru:no

se

vvwo:le

sta:re

ayko:ra

u:na

meddz oretta

im

poltrona

o

poltrona

se è

stanco,

DI

0 sse

e

stayko,

la

Pia

le

la pisa

dice:

« Mammina,

le di:tfe: « mammi:na,

sai che io so giocare a carte meglio

di Pietro

e della

saii ke iso so ddzoka:re a kkarte meXKo di pje:tro e ddella

Maria? ». « Ma maria? ». «ma segnato senna:to

io? ».

Bruno? ». bruno? ».

«Ma

io? ».

«Si, «st,

e sai quante e ssatî kwante

«ti ha «ti a

volte volte

lo

so»,

risponde

non

lo

so»,

Teresa

risponde

fere:za

la Pia

ripete:

« Indovina

quante

volte

ma

Wa pisa ripe:te:

«indovi:na

kwante

volte

dice

a indovinarlo! ». « Come

a indovilnarlo! ».

la mamma,

mamma,

di:tfe la

ho 9

non

Ma

prova

iniîn-

vinto vvinto

Rossi.

rossi.

ho

vinto!

0 vvinto!

a indovinarlo? »,

faccio

«kome ffattfo a

indovi\narlo? »,

« Dimmi

quante

volte

poi addzundze : « dimmi

kwante

volte

poi

aggiunge:

avete

giocato,

allora

proverò

a

indovinare

quante

aveste

dzoka:to,

allo:ra

provelro

a

indovina:re

kwante

vinto vvinto

Bruno bruno

e quante e kkwante

volte volte

ha a

« Abbiamo « abbja:mo lora ... lo:ra ... 208

...

«ma...

Prova

provare provero

brava! », dice la mamma, bbra:va! », di:tfe la mamma,

giocato dodici volte», dzoka:to \do:ditfi volte», vediamo vedja:mo

un um

po’ ... hai at po...

volte volte

hai ai

vinto vinto

tu». tu».

dice la Pia. di:tfe la pisa.

« Al«al-

quattro kwattro

volte volte

vinto vinto

Capitolo

hai indoat indo-

non non

« No, «no,

tu e ha vinto otto volte Bruno». ju e a vvinto otto volte bruno». vinato!

Prova

ancora

una

volta! ».

« Allora,

vediamo

vina:to!

prova

ayko:ra una

volta! ».

«allo:ra,

vedja:mo

. sei

volte

tu

e

sei

volte

Bruno».

«No!

Ho

vinto

. ses

volte

tu

essed

volte

bruno».

«no!

9

vvinto

volte

«Ma «ma

allora allora

sette.

hai

aii

oggi

fatto

fatto

Ki

vince

vintfe

della

della

a vincere

a ‘vvintfere

altri

volte! ».

meno

quando

dzorni,

lui».

mamma

se

mamma

se vowo:le

altri

giorni.

bene

dekki

altri

dzorni.

con

Pietro

e

pje:tro

vincere ha vinto

Maria,

e mmari:a,

alla

domanda

alla

domanda

rimanere

ancora

rimane:re

ayko:ra um

un

po’

po

vincere vince ha vinto

in

im

stanco e chiede alla mam-

€ ttroppo

ma di aiutarlo a tornare a

degli

rispondendo

poltrona, dice che è troppo

poltro:na, di:tfe ke

Bruno

rispondendo

bru:no,

vuole

« È perché

dzo:ka kom

lui ». Bruno,

sempre

Come ko:me

bene

gioca

kwando

di Bruno! di bruno!

«e ppertke bbru:no

volte? ».

tante

e ddzo:ka me:no

giorni,

sempre

vvinto so:lo tfiykwe

volte? ».

tante

e gioca

stagko

altri

volte! ».

tu sei più brava anche tu sse:i pju bbra:va agke

stanco

è

oddzi €

Gli

a

volte ico, e bbru:no

cinque

solo

vinto

ha

e Bruno

io,

sette

XV

stapko

e kkje:de alla

mam-

letto.

ma di aju\tarlo a ttorna:re a Îletto. Per

quel giorno,

per kwel

dzorno,

Bruno

bru:no

non

nom

prova

pro:va

più ad alzarsi, ma

pju ad al\tsarsi, ma

il giorno seguente egli prova di nuovo, e questa volta il dzorno segwente eXAi pro:va di nwo:vo, e kkwesta volta

seguente : che viene dopo

209

Capitolo

15

aiutare

l’aiuto

può stare in piedi da solo, senza l’aiuto della mamma. pwo sta:re im pje:di da sse:lo, sentsa laju:to della mamma.

Ma non può andare ma nnom pwo anda:re

da solo fino da sso:lo fi:no

corridoio

chiedere

egli

korrido:jo

segue = viene dopo

deve

eXAi

Pia li segue

deve

con

pisa fi se.gwe kon seduto

ssedu:to

in

le karte

di

laju:to

le carte in mano,

poltrona,

a

l’aiuto

‘Qje:dere

di

sua

madre.

susa

e quando

ma:dre. Bruno

im ma:no, e kkwando

fratello

im poltro:na,

giocare

in salotto. Già nel in sabtto. dza nnel

e

fratello

sorella

e

è

bru:no €

cominciano

ssorella

a

kominifano

a

carte.

Giocano

fino

alle

quattro.

Alle

ddzoka:re a kkarte.

‘dzo:kano

fino

alle

kwattro.

alle

quattro,

viene

in salotto

la mamma

con

kwattro,

vje:ne

in

salotto

la mamma

kon la

«Avete

finito

di

giocare? »,

« ave:te

finisto

di

mamma, mmamma,

abbiamo abbja:mo

bambini.

« Poco?

bambi:ni.

« po:ko?

ore? ore?

Avete ave:te

bini

si

bisnîi

si

dzoka:re? »,

‘gwardano

domanda.

merenda.

«Finito?

Ma

« fint:to?

ma

giocato così poco! », rispondono dzoka:to kolsi ppo:ko! », rispondono

Sapete

sape:te

cominciato komintfa:to

guardano

domanda.

la merenda.

e

che

ke

giocate

da

di

due

ddzoka:te da ppju ddi duce

a giocare alle a ddzoka:re alle

dicono:

più

i i

«Come

e‘ddi:kono : « ko:me

due ». duce».

passa

ppassa

I bami bam-

presto

presto

il

il

tempo! Sono già le quattro? ». « Sì », dice Teresa Rossi,

tempo!

so:no dza lle kwattro? ». «si», di:tfe tere:za

«il tempo

«il tempo

210

passa

presto

passa presto

quando

kwando

si gioca.

si dzo:ka.

Adesso,

rossi,

fate

adesso, fa:te

Ma

ma

la

merenda,

la

merenda,

un

ancora

ayko:ra um

stanco ».

non

« No,

nog

«no,

«Ti «ti

a

domanda

pisa

po’? », Bruno

poe»,

bruno

« Allora

vado

Voglio

chiamarla!

kjamarla!

volto

tornare

torna:re

Bruno bruno

Prima prisma

aiuto io?». aju:to î:0? ».

« No,

risponde : «no,

a kkjama:re

fatto

« dzokja:mo

bbruno:

chiamare

fatto

« Giochiamo

Bruno:

risponde: a

va:do

». Bruno: non



in salotto

di venire! ». Teresa

non

—! ».

e —

dalla

di ve-

mamma,

Rossi: « Amelia,

Bruno è ancora un po’ debole, — ad andare in salotto! ».

Bruno: « No, Amelia, non —! ». Teresa Rossi: Quest’aran-

cia è per Bruno, Pia, —! ». Pietro: « No, Pia, non —! Voglio mangiarla io! ». Pietro e Pia: « Che belle arance, mamma, —

—!

—,

Hanno

per

favore! ». Maria:

già mangiato

« No,

mamma,

non

più di tre arance! ».

ESERCIZIO

B.

Quando viene il dottore, Bruno vuole alzarsi —, e mette

i —

fuori dal letto. Egli —

a —

in piedi, ma

le sue

sono ancora troppo —, ed egli non puo. Ma fra settimane i suoi — saranno molto più forti, dice

gambe due

La cerca nella sua

il dottore. Poi egli cerca la sua —. —





ma

una —

per Bruno.

Bruno

il dottore

Allora

c’è, è nella valigetta.

lì non

DI

non è contento,

le —

non

gli piacciono. Quando

il dottore

Bruno

andato,

n’è

se

va

con

la

mamma e Amelia in salotto, a piccoli —, e lì si siede in una —. La mamma mette un — accanto alla —, e Pia domanda a Bruno se vuole — a giocare — carte. Le prime

ma

Bruno,

volte —

che a — Pia. Un’oretta dopo, la mamma

per domandare a Bruno se è —. —

« —

poi comincia

an-

viene in salotto

quante volte ho

io! », le dice la Pia.

Il giorno

—,

Bruno

prova

senza l’— della mamma.

di nuovo

Però non può ancora

— — salotto da solo. Sua mamma

Pia li —

con

le carte.

a stare

Alle

in piedi

andare

allora lo aiuta, e la

quattro

viene

la mamma

con la —.

ESERCIZIO

C.

Quanti giorni sono passati dal giorno dell’incidente? .... Cos’ha detto il dottore a Bruno quindici giorni fa? ....

Perché Bruno non vuole più aspettare? ....

Cosa dice il dottore sua

gamba?

....

a Bruno quando ha esaminato la

Sì gioca

giochiamo giocate giocato sì guardano indovina! indovinare indovinato insegnate

insegnare insegnato insegnerò insegneremo insegnerete passato pensa

piacerà

potrete provare prova prova! proviamo

proverò rispondendo Scrivo scrive

e seduto si è seduto segue sta! troverò vediamo! vedremo

venire

verrà

vince vincere vinto aiutarti aiutarlo aiutarla alzarmi alzarti alzarsi

213

Capitolo

15

andarci

Perché non può stare in piedi da solo Bruno? ....

indovinarlo trovarlo vestirsi non aiutarmi! non chiamarla! non dirmi! non dir nulla!

Perché

dirgli

cerca la penna

il dottore? ....

Cosa dice il dottore quando dicine

non

gli piacciono?

Bruno

gli dice che le me-

....

Cosa fanno in salotto Bruno

e la Pia?....

non provare!

Perché vince tante volte la Pia oggi? ....

dunque

Cosa

meglio

« Sono già le quattro? »? ....

ventisei

fino in

come faccio a? da bravo da me da me solo da noi di sé ha da fare

in piedi non sai giocare

subito subito va bene! verso le due

214

dice Teresa Rossi quando

i bambini

domandano:

pe

Capitolo

sedici

(16)

Capitolo

EE

DOMANI La mattina

matti:na

la

rendo

rendo

PISA

seguente,

verso

le dieci, la Pia

entra

cor-

segwente,

verso

le dje:tfi, la pisa

entra

kor-

di

nella \ka:mera di

bruno

camera

nella

_-Y-_.————_—-__

ANDIAMO A

Bruno

Sai cosa? ». Bruno:

e ddi:tfe : « bruno! bruno!

sono

uscito

ancora

a ssa\perlo?

agko:ra uffisto

non

« Domani

oggi ». Pia:

camera,

di

correre correndo

Non

faccio a saperlo?

sat ko:sa? ». bruno: « no; ko:me ffattfo

sono

Bruno!

« Bruno!

e dice:

come

« No;

sedicesimo (XVI)

di \ka:mera, oddzi ». pisa : « doma:ni

andiamo a Pisa dalla zia Giovanna ». (La zia Giovanna

andja:mo a ppi:sa dalla ttsi:a dzovanna ». [la ttsi:a

è la

sorella

e lla sorella

di

Teresa

Rossi

e sta

a

col

marito

di

tere:za

rossi

e sta

a ppi:sakol

mari:to

e col figlio Giorgio

ekkol fikto

A Pisa?

dzordzo

Chi

è che

a ppi:ssa? ki

Pisa

di vent’anni).

Bruno:

ci va?».

«Io,

di

ventanni].

« Che

bruno:

Pia:

Bruno: bruno:

«Io, tu, «ico, th,

la la

mamma mamma

la

non

è

belWissimo!

anto:nio

non

€ mma:i sta:to a ppi:sa.

stato

a

mamma

Pisa.

Ma

lo

diceva

Ho ditfe:va

al

telefono

al telle:fono

alla

alla

:« 9 ssenti:to la mamma signora

sinno:ra

Verdi».

verdi».

...

ma...

come fai a saperlo? ». Pia: « Ho sentito la mamma

ko:me ffa:i a ssalperlo? ». pisa

cosa?

e Antonio? e antonio?

Antonio

mai

che? = che

tu, la mamma

Bellissimo!

DI

dici?

« ke ddi:tfi?

e kkettfi va? ». pisa: «iso, tu,

e Antonio ». e anto:nio».

dzovanna

che

ke

dice diceva

215

Capitolo

16

sente

sentendo

Bruno, brusno,

sentendo sentendo

molto

quello kwello

contento.

E

mmolto kontento.

prima

tro?

non... = non

mica

La

« Bello!

Bel-

e ppri:ma di:tfe soltanto :

«bello!

bel-

«E papà? E Maria? E Pie« e ppalpa? e mmari:a? e ppje:vengono

'veygono

kon

noi? ».

risponde:

« Eh?

no!

Non

possono

mica

venire

Se papà

viene

con noi deve

a

risponde:

con noi!

rro:ma?

nom

«e ? no!

nom

‘possono

kon noi! se ppalpa vvje:ne kon no:i de:ve

ogni giorno, e Pietro

omni dzorno, no?

no?

e Maria

devono

E non

si può

mica

andare

le

vakantsa,

216

a rro:ma

andare

a scuola,

« Ah sì, non pensavo alla scuola

...».

caro mio! ka:ro mico!

le gambe

vacanza,

mi

torna:re

ogni

da Pisa

gambe

per

rotto

rotto

non

la

possono ‘possono

far vacanza

per far vakantsa

crederai

mica

gamba?».

gambat».

alla skwo:la ... ». mica mi:ka

tutti tutti

La

la

rom‘rom-

im maddzo! ». bru:no : mese me:se

e mezzo di e mmeddzo di

che son contento

ke

oppi

in maggio! ». Bruno:

se faccio un se ffattfo um

nog kredelra:î mi:ka la

pensavo

Non nom

« Eh, cara mia! Anche «e, ka:ra mica! agke

mi

a Roma

e nnon st pwo mmi:ka anda:re da ppi:sa a rro:ma

Pia: « Eh, pica: « e,

persi

tornare

veni:re

a Roma

dzorno! ». bru:no:« a: si, nom

persi

mi:ka

e ppje:tro e mmari:a \de:vono anda:re a skwo:la,

giorno! ». Bruno:

fare vacanza : non andare a scuola

noi? ».

con

Non

li laffa:mo

la pica

è €

a Roma?

lasciamo

Li

Pia

dice

sorella, sorella,

soltanto:

lissimo! », poi domanda: IVissimo! », posi domanda: tro?

che gli dice sua ke Ai di:tfe susa

I

ssog

Pia

pia

di esser-

kontento di

dice

di:tfe

\esser-

sorridendo:

sorridendo:

Capitolo

« Chissà?

Molto,

molto

scontento

non

lo

sei

neppure.

« kis!sa ?

molto,

molto

skontento

non

lo se:

neppu:re.

contento kontento

quand’è

stato sta:to

Non sei non ses ma

oggi

ma

?dddzi ... ». quel

momento

entra

ig

kwel

momento

entra

pica»,

e Pia non

e ppisa non

visna perke

bito

sapete Sape:te

e

'rri:dono:

e

uscire

ig \ka:mera

la

sinpo:ra

rossi.

«avete

«ave:te

per

per

un

mentre

mentre

di

voglia

di

voAka

«>

a a

non

sapendo

e Teresa e ttere:za

parlava

al

parlava

al

che

sapendo

Rossi rossi

ke

indoindo-

telefono

andremo

Se:ra,

andre:mo

avete voglia volete

di =

non sa che dire = non sa che cosa deve dire

sapere sapendo

con

telle:fono

kon

ella ha sentito la Pia entrare in saella a ssenti:to la pi:a entra:re în sa-

di

nuovo.

dirò dilro

Perciò

dice:

« Bene!

Se

perttfo ddi:tfe : «bene! se

soltanto ssoltanto

che partiamo ke ppartja:mo

da da

lo

Ilo

Roma rro:ma

domani, subito dopo pranzo. Cosi saremo a Pisa verso doma:ni, \su:bito do:po prandzo. kolsi ssare:mo a ppi:sa verso sera,

ella = essa

settima:ne? ».

subito, non

‘su:bito,

andare anda:re

di settimane? ».

paio

um pa:jo di

ridendo, ridendo,

ufficre di nwosvo.

già vi dza wi

Rossi.

rispondono

ridono:

la signora Verdi, la sinno:ra verdi, lotto

signora

rispondono

dire. Poi si guardano ddi:re. posi si \gwardano perché

la

di:tfe ella,

ppi:sa dalla ttsi:a dzovanna

vina

scontento contento

sa?

lintfidente,

camera

in

zia Giovanna

Pisa dalla

bruno

chi

l’incidente,

successo

kwand e ssuttfesso

ella,

Pia », dice

« Bruno,

Bruno

=

...».

In

« bruno,

chissà

XVI

subito

a

cena,

e poi

potremo

fare

un

\su:bito a ttfe:na, e ppo:i potre:mo fa:re

un

tu sai Voi sapete dire dirà partire (da Roma) venire Roma)

(a

verso sera = un po’ prima di sera

217

Capitolo

16

coricarsi = andare a letto

Carlo

dziretto pri:ma di kori\kartfi ». bru:no: «la pisa di:tfe

ci viene

anche

Antonio,

tifi vjeine

agke

anto:nio,

Pisa».

a

Rossi:

Teresa

viene

con

noi

anche

lui ».

antonio

vje:ne

kon

noi

agke

lui».

ke

« Si,

rossi :« Si,

a ppi:sa ». fere:za

Antonio

Poco dopo, la signora Rossi esce dalla camera di Bruno

po:ko do:po, la sinno:ra

rossi effe dalla \ka:mera di marito.

va

a

telefonare

a

suo

e wa

a

ttelefona:re

a

ssuso mari:to.

e

«ho

un

arrivare

partire

treno

>

dice,

di:tfe,

«karluttfo»,

a

ddetto

ke

laffa

al

verdi.

detto che lascia

volentieri

Antonio

venire

con

noi

mare

dalla

Gio-

volentje:ri

anto:nio

venire

kon

noi al ma:re

dalla

dz0-

vanna ».

A

vanna ».

ka:ra!

ciò

a

tifo

Quando

kwando

«Domani,

« doma:ni,

dopo

do:po

Carlo

Rossi

kkarlo

avete

ave:te

risponde:

rossi

« Benissimo,

risponde:

pensato

di

pensato

di

«benissimo,

partire? ».

Teresa:

parti:re?».

pranzo.

Se

prenderemo

prandzo.

se pprendere:mo

il treno

che

il treno

ke

verso

le sei.

Potremo

fare

un

giretto

dopo

cena

le se:i.

potre:mo

fa:re

un

dsziretto do:po

tfe:na

dremo dre:mo

a coricarci ». Carlo: « Allora, se vuoi vado alla a kkori\kartfi». karlo : « allo:ra, se wwoi va:do alla

verso

le due arriveremo

tere:ga:

parte da Roma

pparte da rro:ma

va! + ci = vacci!

« Carluccio »,

Ha

cara!

un biglietto

bru:no

parlato con la signora Verdi.

« 0 pparla:to kon la sinpo:ra

218

dice che

Pia

«La

Bruno:

di coricarci».

giretto prima

le duce

arrivere:mo

stazione a prendere i biglietti ». Teresa:

a Pisa verso

a ppi:sa

e poi

verso an-

e ppo:i an-

« Bravo, vacci

stattsjo:ne a \pprendere i bikKetti ». tere:za : « bra:vo,

vattfi

Capitolo XVI

Io non

tu!

con te? ». Teresa:

la prendi

lia, la lasci qui a Roma o

lascio con te. Giovanna

«la

laffo non

e poi

ppo: nom

due bambini! ». Carlo:

so:li in tfitita, te

laf\farvi

micka

posso

te

città,

in

soli

lasciamo lasciate lasciano

bravissima,

donna

a u:na

lasciarvi

mica

posso

lascio lasci lascia

ha una donna bravissima,

dzovanna

te.

kon

: molte

lasciare

kon te? ». tere:za:

lia, la laffi kwi a rro:ma o la prendi

«La

tante

ame:

ko:se da ffa:re prisma di partire ». karlo:«e

tante

e

«E Ame-

di partire ». Carlo:

tante cose da fare prima

sempre

sa:î, tft son

alvro ttempo.

ke

tu! iso nog kre:do

sempre

ci son

Sai,

tempo.

avrò

che

credo

e

i

e

i

«I due bambini? ». Teresa:

« Si,

Dimenticavo

che

e aggiunge:

« Di-

duse bambi:ni! ». karlo : «i duce bambi:ni? ». tere:za:« St,

Teresina.

vecchio,

vento

terezicna.

vekkjo,

vento

due

figli

ddue

fikkî

che

ke

Rossi ride e dice:

ma

vanno

vvanno

scuola!».

a skwo:lal».

« No, Carluccio, non

ri:de e ddi:tfe:« no, kkarluttfo,

hai troppo

ma ai

non

troppo

vieni

nnom vjesni

da ffa:ree sse:i stagko.

anche

ayke

tu

al mare

tu al ma:re

per

per

Sleme

a

Se:me

a nno:i? ». karlo : «adesso?

noi? ».

Carlo:

« Adesso?

Anche

agke

ricordarsi «> dimenticare

Teresa

tere:za

diventi

vekkio,

Sai cosa?

Perché

sa:i ko:sa?

perlke

qualche

kwalke

No,

no,

diventare : cominciare ad essere

diventi vecchio,

non

da fare e sei stanco.

kke

pju

rikorda:vo

mi

nom

che

più

ricordavo

mi

Non a

ke

ri:de e addzundze:« di-

a skwo:la!». pod

\dde:vono anda:re

rossi

dimentika:vo

a scuola! ». Poi ride

andare

devono

o

sì!

« Ah,

e mmarisa». karlo : « a:, si!

pje:tro

ho

Carlo:

Maria».

e

Pietro

giorno

ddzorno

Teresa, ttere:za,

in-

in-

adesso adesso

qualche giorno alcuni giorni insieme a = sieme con

=

in-

219

Capitolo

16

po

da

fare,

ma

fra

un

mesetto,

po

da

ffa:re,

ma ffra

um

mesetto,

per

qualche

per

giorno.

kwalke

Ora

ddzorno.

no».

o:ra

andarmene

si, potro si,

poltro

Teresa:

no».

ttrop-

9

momento

kwesto

ig

ro:ma.

laffa:re

nom posso

ho trop-

In questo momento

lasciare Roma.

posso

non

an\darmene

«É

un

tere:za : «e

gran

AY

gram

peccato! Ma se non puoi non c’è nulla da fare. Allora pekka:to! ma sse nnom pwo:i non tfe nnulla da ffa:re. allo:ra compra

soltanto

quattro

biglietti:

kompra

soltanto

kwattro

bikKetti : tre pper no: e

per

il

per il

piccolo

‘pikkolo

Verdi».

Carlo:

verdi ».

giunge ridendo:

(parlando a una persona a cui Si da del tu)

resa ride tardi! ».

=

andare

Prima

bene!».

e uno Poi

u:no ag-

ad

e dice:

« Ciao,

a rrikor\darmelo! ». Carlo!

E non

Carlo:

«Va

bene!

tfaso,

quel

tornare

e nnon torna:re

Ciao,

karlo : « va bbe:ne!

ayke

te-

troppo

troppo

Teresina! ».

tereziona! ».

di

tornare

a casa,

il signor

Rossi

prisma di

torna:re

a kka:sa, kwel dzorno, il sin\nor

rossi

giorno,

Termini

per

comprare

i biglietti.

si reska alla stattsjo:ne \termini

per

kompra:re

i bikKetti.

Quando

arriva

alla

stazione,

c’è

molta

sportelli.

Egli

deve

perciò

aspet-

sportelli.

ckkt

deve

perltfo

aspert-

kwando

Carlo

Rossi

karlo

rossi

gente davanti agli dzente davanti aki

220

noi

« Proverò a ricordarmelo! ». Anche Te-

si reca alla stazione

uno sportello

per

va bbe:ne!». pot

re:za ri:de e ddi:tfe: « tfa:o, karlo!

tardi! ».

recarsi

«Va

karlo :«

dzundze ridendo : « provetro ciao! : arrivederci!

tre

tare

cinque

ta:re tfiykwe

o

sei

arriva

minuti

o sse:i minuti

alla

prima

prisma

stattsjo:ne tf e mmolta

di

di

poter

porter

comprare

kompra:re

Capitolo

piegato

gli

pjega:to

AAt

7 Rossi: rossi:

«A « a

domanda:

domanda :«

| Pisa». ppissa».

do:ve

vuwo:le

gaito:«

no? ».

no? ».

Quanto kwanto

karlo

rossi:

=

.

@a

l'impiegato col biglietto

limpje

biglietto ». Poi,

mezzo

«anda:ta

e

rritorno,

per

(15.330) ». Carlo

Rossi:

« Soltanto?

karlo

rossi:

«soltanto?

limpjegato:

fa? ».

tfento\trenta ». mi

ha

dato? ».

kklasse

mi

a

dda:to? ». limpjega:to:

L’impiegato:

di seconda

tre bbifKetti e mmeddzo di sekonda andare? ». anda:re? ».

me me

Carlo karlo

Rossi: rossi:

l’aveva mica lave:va mi:ka

Settemila seicentocinquanta Sette\mi:la seitfentotfiy\kwanta

tre- | quanto fa? =

tre- | Tanto costa?

kkwinditfi\mi:la

«fa

classe

e mezzo

favore.

quindicimila

«Fa

classe.

klasse.

«Le

(27.650)

...

ma... ho

dato | Le: a Lei

9 dda:to

In che

«In prima». «im prisma».

detto. detto.

Ma

«le

ig

andata ritorno

favore.

per

ritorno,

e

L’impiegato:

fa?».

gato: « Non &a:to: «nom

Carlo karlo

anni».

di tfiykwe

« Andata

Rossi:

centotrenta

vuole vwo:le

karlo

« Andata sola o andata e ritor« anda:ta so:la 0 anda:ta e rritor-

domanda: domanda:

Carlo

tre biglietti

anda:re? ».

pie

ttf{igkwe anni pa:ga meddzo bikketto ». port,

se a

l’impiegato limpjega:to

Carlo

SEE

di cinque anni». L’impie-

« Se ha cinque anni paga

gato:

andare? ».

‘0 oo ye « Quanti! ». L’impiegato: « kwanti? ». limpjega:to :

bambi:na

e wna

«tre,

rossi:

ke

vuole

« Tre, e una bambina

Rossi:

che

« Dove

lim-

sportello,

allo

davanti

arrisva

kwando

j bikKetti.

l’im-

sportello,

allo

davanti

arriva

Quando

i biglietti.

XVI

classe

ke kklasse L’impielimpje-

Allora fa ventiallo:ra fa vventilire. Ecco i Suoi lisre. ekko î swo:i 221

Capitolo

16

biglietti! », dice l'impiegato porgendo i biglietti a Rossi.

i bikKetti a rrossi.

bikKetti! », di:tfe l'impjega:to pordzendo

Ed ecco trentamila lire! », dice Rossi e porge

« Grazie!

« grattsje! ed ekko trenta\mi:la lisre!», di:tfe rossi e ppordze

all’impiegato

tre

all impjega:to

tre bbikKetti

«Grazie.

gato:

biglietti

ga:to: « grattsje.

da

diecimila

lire.

L’impie-

da ddjetfi\mi:la lisre.

limpje-

tretfentotfiy'kwanta

duemi:la

Lei».

a

trecentocinquanta

Duemila

Wei».

a

Carlo Rossi prende i biglietti e li mette in tasca con karlo rossi prende i bikKetti e li mette in taska kon i soldi che

i soldi

Carlo

karlo

kwando

«Ecco

dano:

dano:

durante la cena mentre si cena

fino a quando = fino al momento quando

:

«ekko

rossi.

Durante

durante

limpjega:to.

Rossi

torna

papa!»,

e

akka:sa, bruno gli

palpa! », e ALi

domandano:

dolmandano:

i biglietti? ». i bikKetti? ».

la cena

Bruno

a casa,

torna

rossi

stazione? Hai stattsjo:ne? ai

Rossi.

l'impiegato.

ke 4Li pordze

Quando

alla alla

gli porge

e dopo

e Pia

gri-

e pptca \gri:-

«Sei

stato

«se:i

sta:to

«Si, sì! », risponde «si, ssi! », risponde

cena

si parla

la tfe:na e ddo:po tfesna si parla

soltanto

soltanto

del mare, di vacanze e della zia Giovanna, fino a quan-

del ma:re, di vakantse e ddella ttsi:a dzovanna,

fi:no a kkwan-

do la signora Rossi dice a Pietro e alla Pia: « Adesso do la sinpo:ra rossi di:tfe a ppje:tro e alla pisa: «adesso di di

è ora e o:ra aggiunge aggiungono

222

due, duse,

ed ed

coricarvi, korilkarvi,

aggiungono: adidzuggono :

bambini! ». bambini! ».

« Di «di

già?», dicono i dza? », \di:kono i

«Che peccato! ». Un’ora «ke ppekka:to!». uno:ra

dopo do:po

Capitolo XVI

w_. ‘ @'——reo hpP _y Y€%_rg®—©€.ea@]('T[(

costruito

che non ha fatto mòrti, ma

case. il 18° sècolo = gli anni 1700—1799

Molto

più

grandi

che ha distrutto parécchie

fùrono

le eruzioni

della

fine

del diciottèsimo sécolo, che distrussero la piccola città

di Torre del Gréco, a una quindicina di chilometri da Napoli, il sècolo scorso = il 19° sècolo (1800 —1899)

distrùggere distrugge

distrutto distrusse distrùssero

come

pure

le

eruzioni

della

scorso e quella del millenovecentosèi

fine

del

sécolo

(1906). Ci fùrono

anche molte altre eruzioni, come quella del milleseicentotrentuno

(1631),

che distrusse

quasi

tutte le piccole

città ai pièdi del vulcano. Però l’eruzione più conosciuta è quella dell’anno settantanove dopo Cristo, che distrusse le città romane

di Pompéi,

Ercolano,

Stàbia

e una

parte della stessa Nàpoli. Era un giorno d’agosto, e nella città di Pompèi sembrava

un giorno

come

carri e di génte; un

carro

cercare da mangiare = cercare qualcosa da mangiare

camminava

presto

tutti gli altri: le vie èrano gente per

che non

e vècchi, dònne, bambini,

passeggiava éssere

piène

e gènte

in ritardo,

di che

gi6vani

qualche cane che cercava

da

mangiare. Tutti parlàvano ad alta voce, gridàvano, cantavano, ridévano

come

oggi nelle piccole città italiane.

Pompèi aveva non più di ventimila abitanti e non èra 308

Capitolo XXIII

dunque

una

grande

città. Però,

da

tutte le parti

del

mondo,

mille còse arrivàvano tutti i giorni nei nume-

rosi negòzi e nelle botteghe di Pompei». Qui Jòy interruppe Bruno

numerosi molti



interrompere interruppe

che diffe-

per domandargli

rènza c’èra fra un negozio e una bottega. « La differènza è spesso piccola », spiegò il giovanotto, « pòsso solo dire

èssere molto

può

che un negòzio

bottega

no. Cosi, nei grandi

Milano

e molte

altre città

di Roma,

negòzi si vende

una

mentre

grande,

quasi

Napoli,

di tutto >.

« Grazie », disse Joy, e Bruno continuò: «Come Vesuvio

Fu un’eruzione

rumore

èra

secoli

venti

dal

fu interrotta

hò detto, la vita di Pompéi quasi

Cristo

fa, in un

giorno

d’agosto.

così

forte

che

quasi

non

si sentivano

le

arrivàrono

un carro non

fuori della città molto

prima degli altri, perché nelle vie piène di gènte i carri non potévano correre. Circa duemila persone morirono quel giorno a Pompei».

Vespucci.

mila? », disse

« Duemila soltanto? », domandò

« E perché,

Bruno.

«Si,

oh

non si!

terrìbile = che fa una grandìssima paùra

aveva in testa una

cosa sola: salvarsi e salvare i suòi cari. Quelli che avé-

Dorabel

interrompe ha interrotto

terribile. Il cielo si fece tutto nero, il

grida terribili della gente. Ognuno

vano

interrompere

mi

Le

bàstano

due-

bastano! », disse

ognuno = ogni persona

Capitolo 23 nel ’45 : nel 1945

Dorabel,

« ma

... quando penso che nel quarantacinque,

a Hiroscima, ci fùrono in pòchi minuti più di settantamila

morti,

mi

di Pompéi

i duemila

che

capirà

Lèi

sembrano pòchi ».

« Ma mamma, come puòi dire una còsa così ... così ter«io trovo che duemila

Joy,

rìbile! », esclamò

in

morti

una città così piccola sono moltissimi! ». « Va bene, va

che non èccoci arrivati écco, siamo ar-

rivati

ho

detto nulla

sono

e che

dobbiamo

dove

arrivati a Pugliano,

molti».

Bruno,

pochi », disse in quel momento

vuoi.

«come

Dorabel,

cara Jòy », disse

bène,

Diciamo

o

« Molti

« èccoci intanto

la Fer-

prendere

rovia Vesuviana che ci porterà fino alla stazione della riparlare = parlare di nuòvo

seggiovìa. Scendiamo dunque, di Pompéi riparleremo più tardi ».

scéndere scende scese = è sceso

seggiolino : piccola sèdia della seggiovia

Tutti e tre scésero dal trèno e salirono in una carròzza della Vesuviana

arrivarono

che aspettava

alla stazione

lì vicino. Pòco

seggiovia.

della

Dorabel

dopo,

non

vòlle prèndere il primo seggiolino e lo lasciò a Bruno. Prese

il seguènte,

mentre

Joy

prese

il tèrzo.

Sètte

minuti dopo èrano arrivati a pòchi passi dalla cima del vulcano. Quando tutti

310

e tre

fùrono

ognuno di

fu sceso dal suo seggiolino

nuovo

riuniti,

Dòrabel

e

esclamò

Capitolo XXIII guardando

la vista magnifica:

« Hai visto,

Joy? Questa

è l’Itàlia! Ora capisco perché si dice: ‘Vedi Napoli e poi

vedere vedi!

muori!’. Com'è bello! ».

morire

muori!

Era infatti un bellissimo

lontano,

panorama:

a dèstra,

era infatti — era, è vero

il golfo di Gaeta; poi, più vicino, le isole di Pròcida e

panorama

d’Ischia, il golfo di Pozzuoli, poi il golfo di Napoli con

lontano > vicino

Nàpoli

stessa, e a sinistra Pompéi,

Sorrènto

e la bel-

lissima isola di Capri.

« Eh!

cara

signora

Vespucci»,

disse Bruno,

«i turisti

vèngono a Napoli dai più lontani paési del mondo

per

vedere

questo

panorama».

«Pompei

...

solo

« sembra

un

sogno.

America

ho

anche

noi,

vero?

In

vista

turista = persona che viàggia per vedere paési, città, ecc. per il pròprio piacere un turista due turisti

Sorrén-

to ... Capri ...», disse Joy a bassa voce,

Ci andremo

=

sentito parlare così spesso di quei luòghi ». « E Lèi non può

lasciare l’Itàlia sènza

èsserci stata»,

disse

il gio-

vanotto; poi continuò: « Se vògliono, andremo una prima volta a Pompéi Dorabel,

dremo

stasera stessa ». « Stasera? », domandò

« ma allora non vedremo

quasi

più

che

di giorno,

nulla! ». « Si, sì, ve-

perché

di notte,

in

un proiettore stasera stasera

un’altra

stessa e non

=

sera

vedere vedra

estate, Pompéi o, per èssere giusti, i più bei monumenti

di Pompei

sono

illuminati

da centinàia

di proiettori.

È magnifico! ». « Pompèi, una città del tempo

dei Ro311

Capitolo 23

mani,

illuminata

da

proiettori

venti

sècoli

è molto italiano! », disse Dòrabel, guardando la città mòrta, ma

dopo:

ciò

giù, vèrso

non dimenticata.

« E ora », domandò Jòy a Bruno quando èbbero guardato il panorama

per un quarto

d’ora,

« scendiamo

nel cra-

tere? ». « Va bene, se vuole. Prima però bisogna salire fino alla cima del vulcano. Come vede, è a due passi da alto un’altezza

dove ci troviamo ora. Siamo a un'altezza di circa millecentoquaranta

(1140)

méètri, e l’altezza del cratére è di

circa milleduecentocinquanta

(1250) metri. Ah! Dimen-

ticavo di aggiùngere », disse Bruno mentre salivano alla vietato ——> permesso

del Vesùvio il ’44 : il 1944 guida : uomo che guida i turisti, che fa vedere i monumenti, ecc.

« che è vietato scéndere nel cratère

cima del vulcano,

se non

si è accompagnati

da una guida >».

« Oh! perché è vietato? », domandò Joy, « Lei ci ha detto

poco

fa che

il Vesuvio

era

morto

quattro, no? E allora? Perché

fin dal

quaranta-

ci vuole una guida

per

scendere nel cratere? ». « Ma non è mica vietato scénci vuòle una guida = c’é bisogno di una guida

dere nel cratère da soli perché si ha paùra del Vesùvio! Nò, non per questo, ma perché si può cadere e farsi male se si scende da soli. Le guide conòscono il cratère come

la tasca le tasche

le pròprie tasche, sanno dove bisogna méttere i piédi, cosicché

312

con

loro

si può

èssere

sicuri

di non

cadere ».

Capitolo XXIII

«

Jòy », domandò

furono

arrivati

la pòvera

su

signora

e guardàrono

Vespucci

giù

nel

quando

cratère,

«è

veramente necessàrio scéndere in quel terrìbile luògo?

Vero veramente

cara

veramente infatti

Non

ti basta

mammina », rispose la figlia, tare alle mie amiche cima

al

Vesùvio

quassù? ». « Nò,

arrivata

di èssere

«non potrò

di Washington

sènza

scéndere

bene, va béne », disse Dòrabel,

mai racconstata in

che sono nel

cratere».

«Va

...».

«Ma

« scendiamo

quassù



= qua su

l'amica le amiche

mamma, chi ti dice che dèvi scéndere anche tu? Tu puòi rimanere quassù mentre Bruno

ed io scendiamo con la

guida ». « Nò, nò, se scendete nel cratère voi, ci scendo

anch’io. Bruno, Lei vede una guida? ». « Si, ne vedo una

che viene quassù dalla stazione della seggiovia per scéndere nel cratère con altri turisti. Forse potremo andare

con loro. Domandiamoglielo! ». La

guida

accettò,

gli altri turisti non

neanche

loro,

e così Bruno,

scéndere

quel

giorno

aveva voluto miss Jòy.

nel

Joy

cratère

dissero

e Dorabel

del

niènte

potérono

Vesùvio,

come

può pòssono poté potérono vuòle

ha

voluto

313

Capitolo 23

A.

ESERCIZIO

PAROLE:

Bruno

Ordine m torpedone m ferrovia f seggiovia f ritardo m fumo m fuoco m eruzione f Cristo m carro m bottega f differénza f sorriso m seggiolino m panorama m golfo m quindicina f turista m proiettore m altezza f guida f riunito parecchi numeroso terribile lontano sicuro picchiare rivolgersi distrùggere riparlare illuminare vietare obbedire sennò cosicché

Pia pensa al viaggio; Maria non ci pensa.

314

va a Milano;

Pietro non ci va.

Cosa c’è în quella valigia? Ci sono dei libri. Chi va da Carlo Rossi? Ci va Annibale.

Chi è da Carlo Rossi? Ci sono i Vespucci. parlo io.

Chi parla di quel viaggio? Ne

ne penso nulla.

Cosa pensi di quel libro? Non Hai delle rose? Si, ne ho sei.

Chi esce da quella casa? Ne esce Vespucci.

Chi

è che

viene

a Firenze

con

noi?



viene

Bruno.

Hai paura di quel cane? No, non — ho paura. Ha dei fiori? Si, —

ho di molto belli.

Chi sa che cosa — sarà in quella valigia? A che ora escono

di casa i Rossi?



escono

alle tre.

Che — dice tuo padre, del nostro viaggio? Sì, è vero, si poteva partire prima, non — avevo pensato.

Non

si può scendere da soli nel cratere: —

guida.

vuole una

Capitolo XXIII

E Lei, signora, che —

pensa?

Io? non —

penso niente. | circa fin da

La riva é troppo lontana, non ce la faccio ad arrivar—. | gia da infatti

| veramente

sono anche

di rosse

Bruno — alla porta prima di entrare. Quando

è entra-



e —

sono delle rose bianche,



ognuno quassù

e di gialle.

ESERCIZIO

« Oggi andiamo al Vesuvio ». Ci

to, dice, — a Dorabel: sono —

tre

modi

amici

di andarci:

prendono

B.

la

in tassì, in treno

—.

Arrivati

a

o in —.

I

settecentocin-

quanta metri, prenderanno la —.

Dal cratere del Vesuvio, oggi non sale più né — né —. L’ultima grande — del Vesuvio è stata quella del 1944.

L’eruzione che ha — Pompei è stata —. Oggi, non ci si pensa più, quando si vedono i bei monumenti di Pompei — da centinaia di —, in una notte d'estate.

ESERCIZIO

C.

Come si fa per andare da Napoli al Vesuvio? .... Come

si fa per arrivare alla cima

del Vesuvio?

....

315

Capitolo 23

Cosa esclama Dorabel quando vede il panorama Vesuvio?

....

Cosa si vede dal Vesuvio? Da

dal

chi bisogna

essere

cratere del Vesuvio?

....

accompagnati

per

scendere

....

Perché non si può scendere da soli ne] cratere? ....

316

nel

Capitolo ventiquattro (24)

POMPEI «E

allora,

signor

ristorante

DI

del

quando

Vomero,

cercava, a Capua? ». « Eh? Vespucci,

ripeté

NOTTE

Annìbale », domandò

sera stessa a Vespucci, in un

Capitolo ventiquattrèsimo (XXIV)

voltandosi

il giovanòtto,

a un

Bruno

quella

ebbero finito di cenare «ha

trovato

che

quello

quello che cercavo? », disse tratto

«le farfalle,

verso

Bruno.

le belle

«Si»,

farfalle

di

Capua, le ha trovate? ». « Ah, si, sì! le ho trovate, si, le

ho trovate », ripeté Vespucci parécchie volte, come per méglio contato

crédere lui stesso alle storielle che aveva raca Bruno.

«Meno

male! », disse

il giovanotto,

« allora domani Lei forse potrà venire con noi a Capri? ». « La ringràzio molto, ma ... non sò ancora. Forse dovrò tornare a Càpua parécchie vòlte, per ...». « Per trovare altre farfalle? », domandò

ha trovato i fiori li ha trovati ha trovato le farfalle le ha trovate meno male! = molto bene! — son contènto!

dèvo dovevo dovro

Bruno con un sorrisetto, per-

ché cominciava a non créderci più, lui, alle storiélle del bravo Vespucci. « Sì, appunto! Per trovare un altro pàio

appunto

dice Lèi

: come

di farfalle che non hò potuto trovare òggi », disse l’americano; « è un po’ difficile, sa, certe volte, trovare la far-

difficile > fàcile

317

Capitolo 24

falla che si cerca ». « Gia, gia », disse Bruno con lo stesso

già : sì

sorrisetto tra =

fra

di prima,

« cèrte farfalle

si nascondono

così

bene tra i fiori che è difficilissimo trovarle. Ma per parlare di altre cose, anche se Lei non ci può accompagnare

a Capri domani, stasera viène con noi a Pompéi, no? Sono

le nòve, è ora di lasciare questo bellissimo panorama

e

di andare a prendere il trèno per Pompèi ». « Già, non illuminare l'illuminazione

dobbiamo arrivare troppo tardi. L'illuminazione comincia alle diéci, no? ». « Appunto.

le nove e mézza = le nove e mézzo

prendere

il tréno

delle

nove

Partèndo ora possiamo e mézza,

così saremo

a

Pompei verso le dièci e un quarto ». « Allora partiamo! », disse Vespucci, e tutti e quattro uscirono dal ristorante.

Entràrono

porta : porta di una citta marino = del mare

318

in

Pompei

per

la

Porta

Marina.

Appena

Capitolo XXIV

furono entrate,

«Com’e

Joy e Dorabel si fermarono esclamando:

bello! ». Ma

Bruno

disse:

« Eh!

questo

non

appena = sùbito dopo che

è

niente, due o tre case illuminate da un paio di proiettori. E bellino, sì, ma

...», e, seguito dai Vespucci, andò su

per la via che dalla Porta Marina

va verso la grande

piazza chiamata ‘il Foro’. Li egli si fermo e disse: « Be’? Loro

che ne pensano? ». Per

avévano

che

tanto

niente,

disse

fu

davanti.

il centro

éra

Tutto

un poco

quella

il Foro,

antica,

di loro

che

spettacolo

lo

magnifico

di Pompéi

nessuno

grande

éra

illuminato

a la.

E tutti i più bei monumenti di Pompéi, sulla piazza del illuminati

da

altri

proiettori,

non

che si guarda

piazza

giorno da un centinaio di proiettori nascosti qua e

Foro,

spettàcolo : còsa

sembravano

antico

=

vècchio

a giorno : come di giorno nascondere nasconde

ha nascosto

distrutti, e si dimenticava, guardandoli, che quella città

era morta da duemila anni. Il primo a parlare fu Vespucci che esclamò: « Per Giòve! Questo

spettàcolo

è uno

unico

al mondo!

Bruno,

Léi

ha avuto un’idéa magnifica facèndoci venire a Pompei di notte! ». « Una

splèndida idèa! », disse Dorabel.

Joy

non disse niente, la bellezza dello spettàcolo che aveva

che

Le

racconti

qualcosa

su

Pompèi

unico : come non ce ne sono altri

splèndido = magnifico, bellissimo béllo

la bellezza

tale : cosi grande

davanti a sé èra tale che non poteva parlare. «Vuòle

Giòve, in latino: Iuppiter

o vuòle

io racconto vuole che io racconti

319

Capitolo 24 noi camminiamo vuole che camminiamo

che camminiamo

un pò’ senza

Bruno

poi però aggiunse:

a Dorabel,

dir niente? », domandò « Ma

forse vuole

lui racconta vuole che lui racconti

Lei, signor Vespucci ... ? ». Annibale non lo lasciò finire:

meraviglioso : di grande bellezza

« Caro Bruno, sono sicuro che mia moglie e mia figlia vogliono che Léi ci racconti di questa meravigliosa città.

-

ra,

una piètra

Vero, Dòrabel? Vero, Joy? ». « Oh, si, papa! », disse Joy, « Si, caro, stasera voglio che tu

Vespucci:

e la signora

tu lasci voglio che tu lasci

lasci parlare Bruno ». « Va bene », disse il giovanotto, e

a passi lènti : non

mentre

présto

vuòle che io racconti

camminàvano

a passi lenti per il Foro, egli si

mise a raccontare la storia di Pompei:

tu racconti egli racconti

« Pompei

avanti : prima di

primi sécoli della sua storia — i più antichi monumenti

un abitante abitare

che vi si sono trovati sono del sésto sécolo avanti Cristo —

Pompéi,

non

è sempre DI

come

quasi

stata

una

città romana.

tutte le città

italiane di quel

tempo,

fu abitata da gènte non romana.

Fu

l’anno

ottanta

diventò

avanti

Cristo

che

Nei

Pompèi

solo neluna

città romana. E un sècolo e mézzo dopo, come Loro si ricordano che ho detto, Pompei fu distrutta dal Vesuvio.

Per quindici sècoli non si parlò più di Pompeéi, e la città un canale

giacché = siccome

scoprire «> coprire

320

fu quasi dimenticata,

giacché

tutte le case

e i monu-

menti èrano coperti da parecchi metri di terra. Poi, nel sedicèsimo sècolo, furono scoperte alcune case. Succèsse

Capitolo XXIV

cosi: si stava scavando un canale che doveva passare per

il luogo dove un tèmpo c’éra stata Pompei, ed écco che

succèdere succède succèsse = è succèsso

un giorno invece della térra e delle piètre si trovò un

un muro è costruito di piétre

muro, pòi un altro, e, scavando ancora, si scoprì una casa

si scopri = fu scopèrto

intera, pòi un’altra, un’altra ancora.

una casa intera tutta una casa

Fu così che si ri-

trovò l’antica città seppellita dal Vesùvio ». « Ma

còsa

si fece?

«Si,

Si continuò

a scavare? », domandò

Joy.

=

seppellire = coprire di tèrra

ma per finire il canale, non per tògliere la tèrra che copriva ancora la città intera!

Si ricominciò

a scavare

fra le case di Pompéi solo nel millesettecentoquarantotto (1748), due sècoli più tardi, e fu solo nella prima metà

dell’Ottocento che fu scopérto il Foro dove siamo ora, coi suòi splèndidi tèmpli Fino

e altri edifici

al milleottocentosessanta

unicamente

per

trovare

(1860),

monumenti,

e monumenti. si scavò

grandi

oggètti di gran prezzo; ma da quel momento ciò a disseppellire la città strada casa, e nella parte di Pompei

quasi

edifici,

si comin-

per strada, casa per

che si chiama

‘gli scavi

un tèmpio

l’Ottocènto = il 19° sècolo (1800 — 1899)

il tempio i templi una casa, un ca-

stello, un tèmpio sono edifici

ùnico unicamente

unicamente soltanto

=

un oggétto = una cosa

disseppellire > seppellire

nuovi’ — e che bisogna vedere di giorno — quasi tutti

scavare uno scavo

gli oggètti, fuorché i più preziosi, rimàngono nel luògo

prezioso = di gran prezzo

dove vèngono trovati. Gli scavi sono oggi molto più lènti

di quelli di un tèmpo, ma si trovano cose veramente

viene trovato trovato

=

è

quelli di un tempo =

quelli di prima

321

Capitolo 24 lento lentamente

meravigliose.

Quando

dève dovere

disseppellite

dagli

si cammina

scavi

nuovi,

lentamente nelle vie quando

si entra

nelle

case, negli edifici, le piètre si méttono a vìvere, e sembra

di essere al tempo dei Romani, si pènsa quasi di dovér trovare,

in qualche

romana.

Ci

pare

stanza,

di

un

éssere

pompeiano

anche

noi

uno

della

di

città

quegli

abitanti ...».

Bruno

si fermò:

scavi di Pompéi.

« Questa,

in brève,

E ora vediamo

è la storia

degli

un pò’ che cos’era il

Fòro, in cui ci troviamo in questo momento ». « Già », disse Dorabel, « non ce l’ha ancora detto. Mi ricordo che

c'è un Foro

anche

«Ce

a Roma».

ne sono

parecchi »,

disse Bruno; « Lèi pènsa a quello che si chiama il Fòro

Romano,

vero? ». «Si.

Che

cos’érano

quei fori? ». « Il

foro di una città romana èra una grande piazza dove si un

monte

riuniva il pòpolo. Éra il cèntro della vita pùbblica

di

pòpolo : tutti gli abitanti

quella città. È lì, per esèmpio, che c’èrano i più grandi

pubblico = pòpolo

tèmpli, gli edifici pùbblici, il luògo da cui si facévano

del

fare un discorso = parlare a molte persone riunite

discorsi al pòpolo, eccètera. Il Foro

di

Pompei

èra,

fra

tutti

i fori

delle

città

d’Itàlia, di una bellezza ùnica. Lì, davanti a noi, dietro davanti al tèmpio diètro il tàmpio

322

lo splèndido

tèmpio

di Giòve,

si vede

di giorno

il Ve-

Capitolo XXIV

suvio, e all’altro lato, diétro la Curia, che èra l’edificio

pubblico in cui si riunivano quelli che governavano

la

città, si védono i Monti Lattari, di più di milletrecénto (1300) métri di altezza. È un panorama veramente mera-

molti paési sono

governati da un presidènte

IC

|

viglioso.

Su un lato del Foro, ècco il bellissimo tèmpio di Apollo, e all’altro lato due tèmpli più piccoli. Accanto al tèm-

pio

di Apollo,

ècco

le colonne

della

Basilica,

il più una colonna

grande di tutti gli edifici pompeiani.

Dopo la Basilica, la più grande costruzione di Pompei

costruzione edificio

=

era l’edificio di Eumachia, che éra il ludgo dove si comprava

e vendeva

la lana, cioè la stoffa di lana, con la

quale si facévano allora quasi tutti i vestiti.

Tutt'altro tempio

si vendeva

di Giove,

in quell’edificio

il Macèllum,

li, a déstra del

che era un mercato

co-

pèrto ». « Un mercato? Che cos’é un mercato? », domandò Dòrabel

a Bruno,

che aveva

parlato in italiano, molto

lentamente, ma sènza spiegare in inglese nessuna parola.

« Un mercato », spiegò il giovanòtto, « è un luògo, aperto o coperto, dove si vende quasi tutto. Qui, nel Macellum,

per esèmpio, si vendeva pesce, carne, verdura, ogni còsa da mangiare. Anche

l’edificio di Eumàchia

èra un mer-

Apòllo

un arròsto, per esempio, è un pezzo di carne

323

Capitolo 24

cato, dove si vendévano stoffe. Pompèi intera éra come èra una città che viveva

un gran mercato,

quasi unica-

e si comprava

mente di quello che si vendeva

nei suòi

mercati, nei negòzi, nelle botteghe.

Sree

oe

tery

IL

sree

CAMILLA

eae

un teatro antico

-are -i -iamo -i -iate -i -ino

parlare che io parli che tu parli che egli parli che noi parliamo che voi parliate

che essi parlino

voi gettate vòglio che gettiate

324

E ora, vogliono lasciare il Foro per andare in altre parti di Pompei a vedere altri edifici? ». « Si, si, il Foro è me-

ravigliosamente bello, ma non é tutto», disse Vespucci,

ed

aggiunse,

rivolgèndosi

alla

moglie

ed

alla

fi-

glia: « Voglio che gettiate almeno uno sguardo sui due

bellissimi teatri di Pompéi ». « Si », disse Bruno, « e se mi permette

di dirlo, voglio

signorina

Joy

gèttino

uno

che

la signora

sguardo,

come

Dorabel

e la

dice Léi, su

Capitolo XXIV

altri monumenti

e costruzioni di Pompéi.

Ma

se vuole,

finiremo il giro di Pompei fermàndoci un quarto d’ora

nei due teatri. Va bene? ». «Benissimo », disse Vespucci, e tutti e quattro

continuàrono

la loro

passeggiata.

Un'ora più tardi, dopo èssersi fermati a guardare l’illu-

minazione delle più belle case e di altre costruzioni di Pompéi,

Bruno

Grande.

«Come

e i suòi ‘turisti’

entràrono

sanno », disse Bruno,

nel Teatro

«il popolo

delle

città romane non poteva vivere sènza spettàcoli, spettà-

coli di teatro e altri spettàcoli come per esèmpio quelli

un gladiatore

dei gladiatori.

Il teatro più vècchio è il Teatro Grande, nel quale ci troviamo

ora. Esso poteva contenere non meno

di cin-

quemila spettatori, che avévano davanti a loro, diétro la

spettatore = persona che guarda

uno spettàcolo

grande scèna, il magnifico panorama dei Monti Lattari.

Nascosta

per

noi

ora

dalla

scèna

c’éra

la scuòla

dei

gladiatori. Gli spettàcoli di gladiatori avévano per scéna un tèrzo teatro molto più grande di questo, l’Anfiteatro ». Bruno interruppe un momento

il discorso, per andare a

guardare da vicino una pietra su cui gli era sembrato di potér léggere

delle parole latine.

Siccome

si èra sba-

gliato, tornò dai Vespucci e domandò: « E ora? vògliono 325

Capitolo 24

glio è molto piu bello del Teatro spucci.

« Molto », disse Bruno,

mi

se non

teatro? ». «Si,

nell’altro

che passiamo

sba-

Grande », disse Ve-

« ora vedranno ».

.

oh bi

Uh

A



wee

|

È

selle

un anfiteatro

quant'è bèllo!

com'è béllo! A

x

=

«Quant'è

| >

bello! », esclamarono DI

|

DI

i Vespucci .

dopo avere

tràrono nel Teatro Piccolo, e Bruno,

dopo averli

camminare

lasciato gli altri asclatl

per

qualche

minuto,

dopo

disse:

.

quando

en

-

averli lasciati

« Già,

questo

teatro, che si chiama il Teatro Copéèrto o l’Odèon, può darci un’idéa della bellezza dei più antichi teatri ». « Ma

non = intero distrutto

è quasi intero! Come mai non è stato distrutto, come il

come mai? =

Teatro Grande? », domandò Jòy. « Ma », rispose Bruno,

perché?

«ci sono degli edifici di Pompéi che, anche se non sono costruzione = modo di costruire

326

rimasti tutti interi, ci perméttono non solo di indovinare, | ma

l

di vedere

la costruzione.

; Dobbiamo

solo

ricordarci

Capitolo XXIV

che tutto ciò che non èra di piétra è stato distrutto dal

fuòco e dal tempo. Così l’Odéon aveva un tetto che lo copriva interamente — èra per questo che si chiamava

Teatro Coperto.

intero interamente

Poteva contenere solo mille spettatori

o poco più, e gli spettàcoli che vi si davano non èrano di quelli che piacévano a tutto il pòpolo, ma ad una piccola parte soltanto. Si davano ...». In quel momento il discor-

so di Bruno fu interrotto da un lungo suòno:

« Uuuuu!

suonare un suòno

Uuuuu! ». « Bruno! che suòno è questo? », domandàrono Dorabel

e Joy,

«è succèsso qualcòsa? ». « No, no», ri-

spose Bruno ridèndo, « questo suòno che si sènte in tutta Pompèi

vuòl

dire che

è ora di andàrsene,

perché

si

chiudono le porte. Non si vudle che dei pòveri turisti diméntichino l’ora e pàssino la nòtte in una delle case di Pompéi.

struite,

non

Anche

si

se ce ne sono

pòssono

di interamente

chiamare

albèrghi.

rico-

ricostruìre = costruire di nuòvo

Dunque,

giacché ci chiàmano, andiamo vèrso la Pòrta Marina, e torniamo Un'ora

a Napoli».

dopo,

i Vespucci

e Bruno

èrano

di ritorno

al-

l’albèrgo. L’ùltima cosa che si dissero prima di lasciarsi per

andare

a dormire

fu:

« Dunque,

domani

si va

a

Capri ». 327

Capitolo 24

ESERCIZIO

PAROLE:

egli vuole che

storiella f

sorrisetto m

illuminazione f scavo m porta f foro m spettacolo m idéa f bellezza f canale m carne f piètra f muro m l’Ottocènto m témpio m templi m pl. edificio m oggetto m popolo m discorso m monte m

colonna f costruzione esèmpio m lana f stoffa f

mercato m teatro m

gladiatore m

spettatore m pompeiano m

scèna f anfiteatro m suono m difficile bellino antico

unico splèndido meraviglioso lento

328

A.

f

(parl)iamo

io (parl)i

noi

tu (parl)i

voi (parl)iate

egli

(parl)ino

essi

(parl)i

« Che cosa vuoi che io ti (raccontare)? ». « Voglio tu mi (raccontare)

(lasciare) Pietro

il tuo ultimo viaggio ». « A che ora

Roma

alle

(camminare)

dieci ».

voglio

casa ».

« Essi

non

che tu

(lasciare)

« Chi vuole che Bruno

farfalle ».

« Vuoi

la piccola

voglio

Maria ».

che

vuole

Pia

(raccontare)

che

palla, Pietro? ». « No,

« Lui

e sua

che

sorella

(gettare) la palla nel giardino.

visto a Pisa? ». « Voglio che vi (voltare) quelle

vogliono

così presto ». Teresa

vogliono che i bambini

« Non

che voi

Roma? ». « Vogliamo

(lasciare)

volete che noi

che

la

ciò che ha

per guardare

(cercare)

che la (cercare)

noi

lo

sola in

io,

la

tua

Bruno

(ringraziare),

e

e noi

non vogliamo ».

ESERCIZIO

B.

« Torna a Capua per trovare altre farfalle? », domanda

Bruno, e Vespucci risponde:

« Sì, —, per trovare altre

Capitolo XXIV

farfalle. Certe volte, è un po’ — trovarle, perché si —

intero

prezioso marino

molto bene, sa? Sanno — bene, le farfalle ».

L’—

di Pompei

Vespucci

vanno

comincia prima

alla piazza

era il centro di Pompei uno



magnifico!

« Uno

e i

alle dieci di sera. Bruno chiamata

—. Il — è —



il —,

illuminato

al mondo!»,

che

a —:

è

esclama

Annibale, e aggiunge che Bruno ha avuto un’— magnifica facendoli venire a Pompei.

« Sì, una — —! », dice

Dorabel. Infatti, lo spettacolo è di grandissima —. Mentre camminano

la storia di Pompei. secolo, mentre

nel Foro a passi —, Bruno racconta

Pompei

si stava —

è stata —

nel sedicesimo

un canale. Un

giorno, invece

delle —, si è trovato un —, poi case —. Oggi, la terra

che — la città è stata tolta in gran parte.

pubblico

tale unicamente lentamente meravigliosamente interamente

nascondersi abitare coprire scoprire scavare

ritrovare

seppellire

ricominciare

disseppellire

riunirsi governare contenere

ricostruire

meno male appena appunto avanti come mai?

per esempio

gia

giacché

ESERCIZIO Che cos’era il Foro di Pompei?

in bréve

C.

tra

....

In che secolo comincia la storia di Pompei?

....

Perché fu dimenticata Pompei, dopo la grande eruzione?

....

? i e p m o P a at ov tr ri è si e m o C

....

329

Capitolo 24

Cos’era la Basilica di Pompei?

....

Cosa si faceva nell’edificio di Eumachia? Che

vedevano

cosa

dietro

Teatro Grande?

....

Perché

poteva

tori?

l’Odeon

la scena

solo

gli

contenere

.... spettatori

mille

spetta-

....

Che cosa sentono a un tratto Bruno e i Vespucci? Cosa vuol dire quel suono?

330

del

....

....

Capitolo venticinque

(25)

Capitolo

venticinquésimo

(XXV)

CAPRI Il giorno

dopo,

di

mattina

di accompagnare

accettato

presto, gli altri

avendo quel

Annibale

giorno,

tutti

e quattro scésero al porto diètro Castèl Nuovo, da dove partiva la nave

«E

quella

che doveva

lì? », domandò

portarli all’isola di Capri.

Joy,

mostrando

una

grossa

nave sulla quale stava salendo molta gente. « No, no»,

disse Bruno,

«quella

lì è troppo

grossa.

La

nostra

è

quella motonave che aspétta laggiù ». « Cos'è una motonave? », domandò

Jòy mentre si avvicinàvano.

« Come

una

nave

laggiù = là giù avvicinarsi

=

venire più vicino

vede, è una nave a motore. Èccoci arrivati. Saliamo? ».

allontanarsi > avvicinarsi

Tutti e quattro salirono. Una diecina di minuti più tardi,

azzurro = colore

la nave usciva dal porto e si allontanava da Napoli. Solo allora Dorabel si accorse che sul bel mare azzurro

del golfo di Napoli c’érano delle piccole onde. Appena

le èbbe viste chiamò suo marito: « Annibale! ». Vespucci, sentèndo quel grido, lasciò Bruno, che gli stava mostrando i luòghi

conosciuti

vèrso la méglie:

del golfo,

e domandò,

« Cos'è accaduto,

accorrèndo

Dora? ». « Annibale,

del mare e del cielo

accorgersi = vedere una cosa che non si é vista prima

accorgersi si accorge si accòrse = si è accorto accorrere = venire correndo accadere = succèdere

331

Capitolo 25

calmo : sénza

guarda

un’onda

il mare! », esclamò

la

signora

Vespucci.

«Il

me ne èro accòrto : | mare? Si. Lo guardo, lo guardo, ma ... non vedo niènte ». mi

ciò

accorto

èro un

motore

di

«Quelle

onde!

Come



potuto

salire

su

questa

nave

senza accorgermi che il mare non èra calmo? ». « Dèvo dire che non me ne èro accòrto neppure io ». « Ma Annì-

bale, tu sai che io mi sènto male se c’è la più piccola onda!

Questa

traversata

da Nàpoli

a Capri

sarà

ter-

ribile! ». In quel momento, vedèndo il viso pallidissimo di Doraun’onda

una motonave

Bruno

bel, accorsero

che

« Mamma!

duto? », domandò

accorrere

male », le rispose Vespucci, « ha un pò’ di mal di mare ».

accorse

|

fanciulla =

ragazza

l

cl:

\.

aclo

1

fanciulla.

«Tua

ti è acca-

, e viso = faccia accorre

la

e Joy.

madre

.

« Ha il mal di mare, signora? », domandò

x

si sente

Bruno.

« Non

ancora », rispose Dòrabel, « ma sò che l’avrò fra un momento.

La

più

«Meno

male

piccola

che

ci

onda

avevo

mi dà

già

il mal

pensato

di mare».

iéri»,

disse

Bruno, « ma prima di tutto, andiamo a prua, perché qui

a poppa si è troppo vicini al motore ». « Infatti », disse Jòy,

«il fumo

del motore

ha un brutto

odore!

Quasi

quasi mi viene un pò’ di mal di mare anche a me quando lo sènto. Viéni, mammina, la poppa

332

presto, andiamo

a prua! ».

« Bène, e adèsso », disse Bruno quando non si sentì più

Capitolo XXV

l'odore del fumo, « écco una comprèssa, ed écco un bic-

chiére con un pò’ d’acqua minerale. Fra una diecina di

sarà sparito = non ci sarà più

minuti, il Suo mal di mare sarà sparito, e Léi si sen-

tira méglio di noi altri».

«Grazie, caro Bruno»,

disse

Dorabel con un sorriso, ma ancora un po’ pallida in viso,

« Léi pènsa veramente a tutto! ». E, appena èbbe preso la compressa: Tutti

risero,

«Credo fuorché

già di sentirmi un po’ meglio >». Bruno

che

disse:

« Infatti,

sono

una comprèssa

eccellènte = molto buòno

delle eccellènti comprésse ».

interamente

alla

e le comprésse, Capri,

Jòy

mamma », esclamò

« Guarda,

quell’ìsola,

madre

il suo

« guarda,

Bruno? ».

giacché ne parliamo,

mal

si vede «Si,

far dimenticare

per

di mare,

già

le onde

Capri!

infatti,

è

Non

è

Capri.

E

sa che Capri non è sempre DI

stata

una penisola appartenere

a =

un’isola? ». « Nò? Ma allora che cos’éra prima? ». « Capri

essere una parte di

apparteneva alla penìsola di Sorrento. Oggi un braccio

sorrentino = di Sorrento

di mare

di cinque

chilòmetri la separa

dalla penisola

sorrentina. Non si sa quando Capri è diventata un'isola,

si sa solamente che all’època romana lo èra già. Prima

di appartenere ai Romani, che vi costruirono splèndide ville, bagni

pùbblici,

tèmpli

e tanti altri edifici,

Capri

èra stata dei Gréci ». « Dei Grèci? », domandò Joy. « Sì,

solamente = tanto, solo

sol-

epoca = tèmpo lo èra : èra un’isola appartenere appartiene ha appartenuto villa = casa grande (in un giardino, al mare, ecc.)

i Gréci = gli abitanti della Grècia

333

Capitolo

25

dei Gréci,

che, venuti

dalla Grécia,

avévano

fatto del

golfo di Napoli e delle sue ìsole una seconda Grècia in Italia.

Poi,

alla

fine

dell’època

romana,

Capri

fu per

così dire dimenticata; i cinque chilòmetri che la sepàrano dalla penìsola sorrentina bastàrono a non farci più andare

per

quasi nessuno.

esempio,

non

Nel

milleottocentotrenta

c’érano

a Capri

che

due

(1830),

alberghi!

Oggi Capri è pièna di albèrghi. Ce ne sono, se non mi sbàglio, una cinquantina.

Tutta l’ìsola è, per così dire,

un

abitanti

albergo».

« E quanti

ci sono

nell’isola? »,

domandò Vespucci, che voleva sèmpre sapere ogni cosa press’a poco circa

=

con precisione.

« Press’a poco diecimila. Un po’ più di

seimila sono a Capri, la ‘capitale’, e circa tremila ad

Anacapri, la città alta, che védono lassù, un po’ a dèstra, dietro quegli alberi».

« Infatti, egli é tutto conténto ella é tutta contènta

ne sono sicura : . sono sicura di cio

bianche. Vedo

tutto

quel

verde

si védono

delle

case

pure che ci stiamo avvicinando », disse

Vespucci, e Dòrabel esclamò, tutta contènta: « E io non hò più il mio

mal

venuto

stavamo

perché

motore! ».

Jòy

334

fra

« Ne

sorridèndole.

di mare!

sono

a poppa,

sicura

Pòchi

Sono

sicura dietro

anch'io,

minuti

dopo,

che quel

mi

èra

terrìbile

mammina », disse

la motonave

en-

Capitolo XXV

trava

nel piccolo

« Be’, e adèsso?»,

porto

di Capri,

domandò

Joy

già pièno

quando

di turisti.

furono

scesi.

« Adèsso », rispose Bruno, « prendiamo la funicolare che

ci porterà su a Capri città e li, in Piazza Umberto

I,

Piazza Umbérto | a Capri

ci metteremo deremo sano? ». madre

un

a sedere al tavolino di un caffè e prengelato

«Bravo!

o qualche È

altra

un'’eccellènte

e la figlia, e Vespucci

cosa.

Che

idéa! »,

aggiunse:

ne pèn-

dissero

la

« Infatti, dopo

la traversata abbiamo tutti bisogno di un pò’ di calma».

, i» pr Ca a su a lm ca a lt mo o em er ov tr se sò n no , Be’ «

calmo la calma

339

Capitolo 25

Bruno

disse può darsi =

forse così

è

pièna

sempre

piccola

onda! », disse

il mare

ti sembrerà

com'è

azzurro

odor



motore,

c'è né

non

che

darsi, ma

di turisti ». « Può

Dorabel. tutto

quando

I é quasi

Umberto

Piazza

«la

ridéndo,

sicura



la più

di fumo,

« Vedrài

calmo,

sono

Dora,

cara

lo si guarda

che

da

lassù

e vedrài

dalla funicolare! »,

disse Vespucci, che aveva visto molte fotografie a colori decìdere decide decise ha deciso un’àuto = un’automobile un’auto due auto

fu sémpre Bruno :

fu ancora Bruno

di Capri, di Sorrènto, di tutto il golfo di Nàpoli.

Quando èbbero finito il gelato, Bruno e i Vespucci decìsero di prèndere

un’àuto

per

per èssere giusti, fu Bruno fare, e gli altri, come

ad Anacapri,

andare

o,

a decìdere còsa si doveva

sèmpre,

fécero

ciò che disse il

giovanòtto. Fu sémpre Bruno a decìdere che si doveva prèndere un’auto piccola, solo per loro quattro, e non un torpedone.

« È vero che i torpedoni

di Capri

sono

piccoli accanto ai grandi torpedoni di Nàpoli, ma hanno per lo più = quasi sempre

una

trentina

di posti,

e per

lo più

sono

copèrti,

di

modo che si vede poco o niénte! », aveva detto Bruno. La

strada

ma

se due torpedoni

che va

da

Capri

ad Anacapri

vi si incontrano

è eccellènte,

dèvono

andare

molto lentamente e gli autisti dévono guidare con molta urtare = colpire

336

precisione per non urtarsi, perché non c’è molto posto.

Capitolo XXV

Anche un’auto e un torpedone che si inc6ntrano su quella strada pòssono facilmente urtarsi. Però bisogna dire che gli autisti di Capri

incidénti

sono

sono molto

molto

rari.

Vespucci non lo sapeva,

Questo,

e la prima un

incontrò

salèndo,

automobile,

bravi

e che perciò

però,

la

fàcile

facilmente

gli

signora

volta che la loro

torpedone

stava

che

tornando in Piazza Umbérto I, essa gettò un vero grido

terrore = grande paùra

di terrore: « Annìbale! Autista! Si fermi! ». Ma l’autista,

caprese = abitante di Capri

un calmo

le disse sènza

caprese,

gridi

« Non

voltarsi:

in quel mòdo, signora! Fa paùra a quelli del torpedone; guardi un pò’: si sono voltati tutti da questa parte, a

sentirLa gridare! ». Anche Annibale disse a sua moglie, prendèndole Guarda

su,

la mano:

di voltarti

invece

Ecco, vedi? Il torpedone duto

niènte:

autisti conéscono

parte

dalla

è già passato

gli incidènti

di casa tua, e non si ùrtano

come

è acca-

a Capri.

tu conòsci

forse che io tornassi a Capri per paùra

rispose Dorabel,

grida! (tu) gridi! (Léi)

non gridare! (tu) non gridi! (Léi) guarda!

guardi!

a sentirLa tèndoLa

=

scusa!

scusi!

sen-

le stanze

« Léi voleva di urtare quel

«io

fermati! (tu) si fermi! (Léi)

Gli

mai con altre màcchine ».

« Scusi, signora », disse l’autista ridéndo,

mente

mare.

del

e non

sono rarissimi

la strada

torpedone? ». « Nd»,

cara Dora!

pò’ di calma,

« Un

si fermi! = vòglio che Léi si fermi!

volevo

sola-

scusi! : mi scusi!

vuòle che io torni voleva nassi

che io tor-

che Lèi non lo urtasse, ècco tutto ». « E l’autista

337

Capitolo

25

tornare

che io tornassi che tu tornassi

che egli tornasse

voleva

soltanto

che tu non

gridassi,

cara Dora»,

disse

Annibale, e poi aggiunse: « Ma èccoci arrivati ad Anacapri; non hai più bisogno di avér paùra. Scendiamo? ».

« Sì, scendiamo », disse Bruno,

« e andiamo a Villa San

Michele ». gruppo di persone = parécchie persone insiéme

Nella bellissima villa che aveva

appartenuto

al dottor

Axel Munthe, c’érano gia parecchi turisti, ma i gruppi più numerosi non érano ancora arrivati. « Lèi ha lètto il

visitare = andare

libro in cui Axel Munthe parla di Villa San Michéle? »,

in giro e guardare (città, monumenti, ecc.)

domandò

dispiacere piacere

e i giardini. « Nò, e mi dispiace moltissimo di non averlo

Bruno a Dòrabel mentre visitàvano le stanze

letto », rispose io, pènsi cdsa ho fatto = pénsi còsa hò fatto io

la madre

figlia, che hanno

di Joy;

letto, volévano

«mio

marito

e mia

che lo portassi con

me per leggerlo qui in Italia, e io, pènsi còsa ho fatto: l’hò lasciato

no»,

a Wàshington! ». « Le dirò una còsa, Bru-

disse Joy

con

un

sorrisetto,

«la mamma,

come

sempre quando partiamo in viaggio, voleva che ci ricor-

dàssimo

noi di tutto! ». « No, lo sai benissimo », disse

Dorabel,

« io volevo solamente che voi due mi aiutaste

un pochino a ricordarmi le mille còse che si dève portare con sé quando Villa San Michéle

338

si parte per un lungo

« Lo sò, lo sò, mammina », disse Jòy, vedèndo

viaggio! ». che alla

Capitolo XXV

madre

èrano dispiaciute le sue parole,

« l’hò detto solo

per ridere ». Così parlando, i quattro finirono la visita di Villa San Michéle.

Uscèndo,

nel

vestibolo

della

villa,

dispiacere dispiace è dispiaciuto visitare

una visita

Annibale

domandò alla moglie se non voleva che egli le comprasse

il libro su San

Michéle,

giacché

lo vendévano

li, in

inglese e in parécchie altre lingue. « Oh, grazie! mi farài

un gran piacere! », gli disse Dorabel. Quando Annibale èbbe pagato, Bruno

ai Vespucci

domandò

se volévano

che si andasse sùbito al Monte Solaro, il luògo più alto di Capri,

e se Vespucci

voleva

che

andassero

tutti in

che noi andàssimo che voi andaste che

seggiovia oppure se voleva che lui e Bruno, per esèmpio,

essi andassero

andassero su a piédi, mentre Joy e la madre prendévano

la seggiovia. « No, no, io sono troppo vècchio per andar su a

piédi,

caro Bruno », disse Vespucci, « io salirò su in seggiovia con Dora. Ma tu, Joy, perché non vai su a pièdi, assiéme

assième = insiéme

a Bruno? ». « Già, perché no? », disse Joy, « è una buona

idéa!

Se

anch’io

non

che

bellissima.

azzurro

così

Le

dispiace,

Bruno».

è un’eccellénte Si

idèa.

«No,

È

vede

quasi

tutta

scuro,

Ischia

e le altre

Capri,

una

nd!

Tròvo

passeggiata

il golfo,

isolette,

di

e non

un

è a

339

Capitolo 25

asep ci le qua la dal , oli Nap a o fin ere ved ér pot di o rar una trentina di chilometri ».

rano solamente

Quando arrivàrono alla seggiovia, vi trovàrono un gruppetto di turisti che, come

loro, avévano

visitato Villa

San Michéle e, dopo la visita, avévano deciso di andare sul Monte Solaro, per vedere il panorama. Bruno e Jòy

non aspettàrono e, lasciando i Vespucci, padre e madre, si allontanàrono,

camminando

l’uno accanto all’altro, e

cominciàrono

salire

il

a

verso

ristorante

del

Monte

Solaro.

fermar (si)

porto m

nave f

motonave f motore m

(tu)

onda f

traversata f

viso m fanciulla f mal di mare prua f

J poppa odore m

compréssa

f

acqua minerale f penisola f època f

villa f Gréco m precisione f 340

A.

ESERCIZIO

PAROLE:

m

« Non

ferma(ti)!

(si) fermi!

non fermar(ti)!

non

(allontanarsi)

(si) fermi!

(Lei)

da casa, Pietro! », dice sua madre.

« Si (avvicinare) ancora un po’, miss Joy », disse Bruno.

« Non ci (pensare)

più, caro

|signor

ca Vespucci », dice

« Non ne (parlare)

a Suo padre prima

Joy », disse Bruno.

« (Pensare)

esclama suo padre. « (Comprare) Dorabel », dice Bruno.

| Rossi.

di domani, miss

a ciò che fai, Bruno! »,

quel libro lì, signora

Capitolo XXV

egli voleva che io (torn) assi

noi

(torn) assimo

(torn) assi

voi

(torn) aste

essi

(torn) assero

tu

egli (torn) asse

calma f auto f trentina f

terrore

Teresa non voleva che suo figlio si (allontanare) da casa.

« Volevi tu stesso, papa, che noi (giocare) al pallone nel

giardino! ». « Chi vi ha detto che volevo

in città da (comprare)

soli? ».

mamma

non

voleva

che

tu

una borsetta così cara ». « Che cosa voleva

che (comprare) spucci

«La

che (andare)

allora? ». Bruno

si (avvicinare)

troppo

ESERCIZIO

non voleva

che i Ve-

al cratere.

B.

La — che doveva portare i quattro amici a Capri aspet-

tava al —. Era una —, cioè una nave a —. Poco dopo che i quattro furono arrivati, la nave — il porto e si — da Napoli. Allora Dorabel si —

m

caprese m gruppo m visita f isoletta f

gruppetto m

aZZurro calmo eccellènte sorrentino raro solamente facilmente avvicinarsi

accorgersi

allontanarsi accorrere accadere sparire appartenere separare decidere urtarsi visitare

dispiacere laggiù press’a poco per lo piu puo darsi assieme a

che il mare non era —,

ma che c’erano delle —, e disse: « La — da Napoli a Capri sara — ». Dorabel ha il —

di mare

appena vede un’—.

Bruno disse a Dorabel di andare verso la — della nave, perché a — il motore della nave faceva molto fumo,

341

Capitolo 25

e quel

fumo

Dorabel

una

un

aveva



e un po’ d’acqua

egli diede

Poi

—.

terribile

—.

Era

un’—

a

com-

pressa, perché, dieci minuti dopo, il mal di mare era —.

A Capri, i Vespucci e Bruno —

andare ad Anacapri.

di prendere un’— per

L’autista guidava

con grande —,

e perciò l’automobile non si — mai con le altre auto o con i torpedoni.

ESERCIZIO

C.

Perché

era

quando

la nave aveva lasciato il porto di Napoli?

diventata

Cosa fece Bruno

tutta

per aiutarla?

Cosa era Capri prima

pallida

in

viso

Dorabel, ....

....

di essere un'isola?

....

Cosa fece Dorabel quando la loro macchina incontrò un

torpedone che veniva da Anacapri?

....

Che cosa le rispose l’autista? .... Annibale, come voleva che si andasse su al Monte Solaro?

342

....

(26)

Capitolo ventisèi

Capitolo

andare

dalla

Solaro

al Monte

(XXVI)

SOLARO

IL MONTE Per

ventiseièsimo

centrale’

‘piazza

di Anacapri, da dove parte la seggiovia, si prènde una

viuzza = piccola via

viuzza che sale su per la montagna fra villini e casette,

montagna monte

=

villino villa

pìccola

sinistra, e che, un centinàio

voltando ora a dèstra ora a

di metri

per

dopo

diventare

l’ùltima

un

casa,

sentièro.

smette

Allora

di essere

una

comincia

la

via

parte

più bella della salita, fra pini ed altri àlberi e arbusti, sotto un sole che fa salire dalla térra, dai fiori e dalle

piante odori forti e caldi. E chi ha tèmpo lasciare qualche volta il sentiero

=

e voglia di

salire la salita

pianta : àlbero, arbusto, fiore, érba, ecc.

la spècie le specie

e di fare un giretto

per la montagna, troverà molte spécie di fiori e di piante

un pino

unarbusto

che non si trovano in nessuna altra parte d’Itàlia.

«Quant'è bèlla, Capri! », esclamò Joy quando, passate le ùltime

case, vide

quel

sentièro.

« Adèsso

capisco »,

disse, « perché si parla e si scrive tanto di quest’isola! Non credo di avér mai visto nulla di così bèllo! Quanta calma

« Questo

...

Pare

di

essere

soli

al

cièlo, questo sole, questo

mondo».

profumo

«Sì

...».

di fiori, di

un sentièro

profumo = odore che fa piacere

343

Capitolo

26

pini e di pietre calde

... E il mare,

azzurro? ». « Sì, è molto bello».

ha visto quant’é

« Bello? È una paròla

troppo débole! È meraviglioso, è splèndido, è ...». Bruno

sorrise: « È vero. Capri è una delle più belle isole del mondo ». guida : libro per turisti

Nelle guide sta scritto che per salire da Anacapri

sta scritto = é scritto

cima del Monte Solaro ci vuòle un’ora. Ma un’ora dopo

ci vuole = bisogna

avér

appena : non inte-

ramente

lasciato

seggiovia,

Annìbale

e Dorabel

alla

i due gibvani èrano appena

stazione

alla

della

arrivati a metà

strada, perché Jòy si fermava ad ogni momento, ora per cogliere un fiore che si metteva nei bèi capelli, ora per

méglio

sentire il profumo

di qualche

guardare lo splendido panorama.

minando una sédia a sdraio

pianta,

« Sa che stiamo cam-

da più di un’ora? », domandò

mente? », disse Joy,

« questa montagna

cosa dira se io La prego cosa direbbe se io La pregassi

Vesùvio!

stavo

se Lèi mi prèga io dirò se Lèi mi pregasse

« Cara

io diréi

pròprio

: appunto

sarà méglio se an-

diamo

sarèbbe méglio andassimo

344

se

dirèbbe

E

io

se La

che

pregassi

miss Jòy!

per

ora per

Bruno.

è più alta del

domandarLe

di fermarsi

un

se Lèi mi pregasse

« Vera-

che

còsa

momentino! ».

di fermarmi,

io

dirèi: ‘Ai Suòi 6rdini! ». « Va bene. Allora, fermiàmoci un

«Ma

momento».

«Qui?

Proprio

qui? ».

« Perché

nò?>».

... perché qui non c’è neanche un àlbero con un

pò’ d’ombra. Sarèbbe méglio se andàssimo fino a quel

Capitolo XXVI

pino li, non crede? Li fara certamente un po’ meno caldo ». Joy accettò, e i due giovani andàrono a sedersi sotto il pino. « Chissà còsa penseranno papà e mamma dèndoci arrivare! », disse

non ve-

Joy, e Bruno le rispose: « Già!

sapéssero

sarèbbe sarebbero

che stiamo seduti all’ombra di questo bél pino e che non

parlare parlassero

che

però

crede

Non

ci è accaduto

contènti

sarébbero

se

contenti! ».

molto

niente? ». « Sarèbbero

« Allora, su in piédi e andiamo a dirglielo, che non ci è succèsso nulla! », disse Bruno

alzàndosi

da tèrra,

e i

due giovani riprésero la loro salita, senza più fermarsi a guardare

il panorama,

sapere sapéssero dirglielo = dirlo loro (nella lingua parlata)

riprèndere :

continuare

a cogliere fiori e a sentire il

profumo delle piante. E tre quarti d’ora dopo arrivàrono alla cima del monte.

La

prima

cosa che fece Joy

fu di correre

vèrso

sua

madre, che si èra stesa su una sédia a sdraio del caffè

stèndersi = sdraiarsi

del Monte

si stènde si è steso

Solaro,

e di abbracciarla

dicèndo:

« Spèro

che tu non àbbia avuto troppa paura, mamma! ». Ma sua

madre, che sembrava tranquilla e contènta, la guardò come

se Jòy le avesse domandato

se aveva

il mal

di

mare sulla cima del Monte Solaro, e domandò ridèndo: « Paùra?

Perché

idéa! ».

«Son

mi domandi

molto

contènta,

se hò avuto mamma,

paùra?

Che

di vederti

così

avere

tu hai (che) tu àbbia

tranquillo = calmo avere avesse

345

Capitolo

26

... non

ma

tranquilla,

sono? ». « Si,

che ore

sai forse

sono ... sono le undici e mézzo ». « Ma nò, mamma, è il

tuo

orologio

che

si è fermato!

È

già

quasi

luna! ».

« L’una? Ma allora sono quasi due ore che ci siamo la-

sciati ad Anacapri!

Dovete èssere stanchi mòrti, pove-

retti! Prendete due sèdie a sdràio e riposàtevi un po’ ».

anche più = ancora più

_ pranzare! », disse Joy, stendéndosi

Bruno,

di

bisogno

abbiamo

invece

di stèndersi

accanto

su una

alla madre.

sèdia

a sdraio,

prese una sèdia e si sedétte accanto ad Annibale.

«Lo

credo bene che avete fame! », disse quest’ùltimo;

«che dirèi diresti dirèbbe diremmo direste dirèbbero

che

vero

riposarci, però credo che abbiamo anche più bisogno di

Ma sedersi si siede sì sedétte

È

mammina.

« Grazie,

appena

ne

direste,

tu

e Bruno,

di tornare

vi sarete riposati un pochino

ad

Anacapri

e di pranzare

qualche ristorante vicino alla piazza? ». « Diremmo

cèrte

volte

hai

delle

idée

veramente

in

che

meravigliose! »,

rispose Jòy bevèndo l’aranciata che aveva fatto portare suo padre. domandassi chiedessi

« Brava!

dessi di scéndere

e che mi risponderesti se ti chie-

in seggiovia

scéndere a pièdi? », domandò

assiéme

Annibale

a noi invece

chiudèndo

di

l’òc-

chio sinistro, come faceva sempre quando diceva qualcòsa di divertènte.

346

« Caro papà, ti risponderèi che anche per

Capitolo XXVI mille lire, anche per diecimila lire non scenderéi ad Ana-

capri a piedi!

Un momento

fa non mi sentivo stanca,

ma adésso mi pare a un tratto di avér fatto cénto chilometri

Joy»,

miss

« Povera

a pièdi!».

esclamò

«se Lèi mi avesse detto che èra così stanca,

Bruno,

avremmo

chièdere

chiedessi chiedessi chiedesse

chiedéssimo chiedeste chiedéssero

fatto gli ùltimi trecènto métri più lentamente! ». « Cara Jòy », disse Vespucci, tente

che mai,

«sono

a cui tutto sembrava sicuro

che

più diver-

se tu avessi

detto

a

Bruno che èri stanca, lui ti avrébbe portata in braccio fino alla cima del monte! ». Questa volta risero tutti e,

sempre ridèndo, andàrono

lista dei piatti

verso la seggiovia e scésero

ad Anacapri. Vicino alla piazza trovàrono un eccellente ristorante con una bellissima vista sul golfo, e si misero

a tàvola. « Ci porti la lista dei piatti! », disse Bruno al camerière. « Eccola, signore! », disse subito quest’ultimo dola

da un

tavolo

li vicino.

« Vediamo,

prendèn-

vediamo ... »,

tàvolo = tàvola

disse Bruno, « che ne direbbero se prendéssimo due cose

diverse invece di préndere tutti lo stesso piatto? ». « Si,

sì », rispose Joy, « prendiamo due piatti diversi! Così io potrò

assaggiare

il tuo

piatto

e tu il mio,

mamma».

« Buòna idèa, perché nò? E che còsa ci consìglia di prèn347

Capitolo 26

dere, Bruno? », disse Vespucci. « Ma ...», sorrise Bruno,

« è un po’ difficile. Non conosco i Loro gusti: non sò che còsa piace e che còsa non piace Loro ». « È molto fàcile: ci piace tutto, o quasi ». « Meno mio proprio

male, allora lascerò il

gusto decidere per noi tutti e consiglierò

Loro di prèndere come primo piatto un’aragosta una per due)

e degli scampi, séppie e trìglie ». « Bene!

benìssimo! », esclamò ordinare

portare

: dire di

(basta

Jòy,

« ma

che

còsa

sono,

tutte

queste bèlle còse? ». « Ora le ordino al camerière e pòi Glielo spiègo ».

uno scampo

una séppia

una triglia

« Dunque », disse il giovanotto un momento dopo, quando èbbe

ordinato

i piatti,

« un’aragosta

è ... vediamo

un pò’: non è un pesce, ma vive nel mare, è ... ma sa

che non è così facile spiegarlo? ». « Bè’, allora perché 348

Capitolo

non prova a fare un disegno? ». « Già, vediamo

un pò’

se ho un lapis ... sì, éccolo! E adésso, vediamo

se son

capace di disegnare un’aragosta. Non è mica così fàcile,

XXVI

èssere capace di =

sa? ». E Bruno cominciò a fare un disegno sull’ultima pa- | potere

un disegno

gina, bianca, di una guida che aveva in tasca.

disegnare

egli

quando

«Lei disegna molto bène », disse Dòrabel

ebbe finito. « Sì, adésso sappiamo cosa sono le aragoste », io st be no So « ». ? no so ie st bé disse Joy, « e le altre, che

un cane, un pesce, ecc. sono béstie; l’uòmo invece non è una béstia

bestia

line molto, molto buòne: ècco qua», rispose Bruno, e | Pestiolina disegnò uno scampo,

« lo scampo,

come

védono,

è una

un disegno

specie di aragosta, ma in piccolo ». « Infatti », disse Joy,

«rassomìglia

moltissimo

all’aragosta!

Ha

forse

lo

stesso gusto? ». « Nò, nò, il gusto è divèrso. E ora, ècco

una séppia ». o un Br to fat a ev av che o gn se di il e vid l be ra Do do Quan

un lapis

della seppia, essa esclamò, con un piccolo grido di di- | ). case che non son

sgusto:

buòne si mangiano

« Che brutta béstia! E Lèi ce la vuòl far man- | con disgusto

giare? Mai! ». «Ma mamma», disse Joy ridéndo, « non n. aay ar ‘AI AL l'hai neppure assaggiata! Come puoi dire che ti dà di

= to us sg di re da dispiacere

sgusto? ». « Mi basta averla vista! E una bestiaccia! ».

bestiàccia ==

«Non

màngia

è molto bella, è vero», disse Bruno,

mica

tutto, sa? e non la si màngia

brutta béstia

«ma non si

intera:

si

intera : non

tagliata a pézzi

|

349

Capitolo

26

mangia solo il corpo, tagliato a pezzi, non le ... le bràc-

cia. E pòi non è mica grande, è una bestiolina appena grande la grandezza

grande

così ». E Bruno

fece un altro disegno

della

séppia:

« È vero

per mo-

strare

la grandezza

che

rasso-

miglia

anche lèi a un’altra béstia della stessa spécie,

ma molto, molto più grande. Quella sì, mi dà disgusto ».

« Può dire quel che vuole, io quella ... quella còsa non la metterò mai in bocca! ». « Ma mamma, nessuno ti dice

che devi mangiarla! ». « Anche se voleste, non potreste il corpo

di un uòmo

su : ti prégo

fàrmela

mangiare! », continuò

la signora

Vespucci,

ed

allora Joy, prendèndola per la mano, disse: « Su, mam-

mina, non ne parliamo più! Adèsso Bruno ci disegnera la tèrza bestiolina che abbiamo

ordinato e della séppia

non se ne parla più, va bène? ». La signora Vespucci non disse:

rispose, e Bruno

« La quarta bestiolina

pòi mise il làpis sulla tàvola:

Se lo disegnassi pesce pesciolino

di

pesce.

Ma

«la quarta

rassomiglierébbe

è un

bél

pesciolino

a ogni

dal

...», ma

è un pesce.

altra spècie

còrpo

lungo

e di un bel colore rosso, della grandezza di... ma, lungo lungo la lunghezza

così »,

e Bruno

mostrò loro con le mani la lunghezza

della triglia, che aveva mangiato tante volte. In quel momento

350

arrivò il camerière con l’aragosta, gli

Capitolo

scampi, ecc. « Ecco, signori! Spero che tutto sia buono.

XXVI

sò che tutto è spero che tutto sia

preparati or

Gli scampi, le séppie e le triglie li hanno

ora, proprio per Loro, sono ancora caldi caldi».

« Gra-

or

ora

=

ora

ora

zie, son sicuro che ci piaceranno moltissimo », disse Vespucci, e i quattro si misero a mangiare.

ordinàrono

piatto

Capri,

di

specialità

un’altra

Dopo

il primo

e, per

finire, frutta di stagione e caffè. Quando Vespucci ébbe

di stagione = della stagione

pagato èrano le due e mezzo.

come sempre Joy.

« Cosa facciamo adèsso? », domandò

« Domandalo

E come sempre suo padre rispose:

«Io», disse il giovane,

no ».

a Bru-

« consiglieréi di riposarci

ancora un pò’, e pòi di scéndere di nuòvo a Capri, e di andare

in

giro

per

i negòzi

cui

di

Capri

è piéna.

Sono sicuro che la signora Dòrabel e miss Jòy vi troveranno molte belle cose da portare con sé in América ».

« come sèmpre Bruno ci con-

« Ècco! », disse Vespucci, siglia di fare

la migliore

delle

còse

possibili! ». « In-

possìbile : che si può fare

fatti », dissero Jòy e sua madre. Così

Bruno

Umbérto

I,

e i Vespucci présero la Via delle Botteghe e

si

verso

le

quattro,

tornati

in

Piazza

misero a guardare i mille ‘ricordi di Capri’, di tutte le

ricordarsi un ricòrdo

spècie, di tutti i prèzzi, per tutti i gusti. « Guarda, mam351

Capitolo

26

ma! », esclamò

dopo

qualche

minuto

Joy,

«che

belle

la seta è una stoffa

bluse di seta! Vorrèi tanto compràrmene

volere vorrebbe

vuoi una anche tu? ». « Eh, lo sai bène che le bluse e i

essere (se) fosse

vestiti di seta, se fossi ricca, ne comprerei chissà quan-

un uòmo che ha molti soldi è ricco

ti! », disse Dorabel

ridèndo,

una!

e le due donne

Non

ne

entràrono

nel negozio insième a Bruno. Vespucci, lui, rimase fuori. Egli non èra capace, come

la moglie e la figlia, di stare delle ore intere a guardare e provare vestiti, guanti, scarpe e altre còse, a parlare

dei prézzi, ecc. « Povero Bruno», vanotto entrò nel negozio

pensò quando

con Dòrabel

il gio-

e Joy,

« chissà

quando lo lasceranno uscire! », e si mise a guardare la

gènte che passava.

Una

mezz'ora

« Papa,

più

tu non

tardi,

sai che

i tre

uscirono

belle bluse

dal

abbiamo

negozio. comprato,

io e la mamma! », esclamò Jòy appena vide suo padre. « E sai che cos'ha

fatto Bruno? », disse Dorabel.

come potrèi saperlo, giacché sono stato sèmpre

« No,

qui? ».

« Ci ha fatto véndere le bluse e tutto ciò che abbiamo suòi amici = amici di lui ricco ricchi

392

comprato a molto meno del prèzzo che domandàvano! ». « Veramente? ». « Sì, ha detto che èra una guida e che

noi eravamo

suòi amici

e non molto

ricchi, e allora ci

Capitolo

XXVI

hanno fatto pagare molto meno degli altri! Senza Bruno,

sono certa che non sarébbe mai stato possibile, perché

=

sicuro

che tutti i turisti americani

sempre

in Italia si pensa

cèrto

sono ricchi ». « Cara signora Dorabel », disse Bruno quasi

scusàndosi, «i negòzi di ricordi fanno quasi sempre un regalino alla guida che porta dei turisti. Allora io non

ho fatto altro che far Loro regalo di quel regalino. Ecco ».

Gròtta

la

dimenticato

« abbiamo

giovane,

interrompèndo

a un tratto Joy,

« Bruno! », esclamò

il

Azzurra! ».

una gròtta marina

« Eh, no », si scusò Bruno, « non l’hò dimenticata, io, ma Sua

la

siccome

molto

stava

non

mamma

bene

sulla

motonave, son certo che non aveva voglia di salire su una

piccola

sarébbe

non

che

barca

certamente

stata

ferma come la nostra nave, e...». « No, grazie », esclamò

« Gròtta Azzurra o no, io in una barca non ci

Dorabel,

scesa!

sarèi mai

da soli con

andarci

Potete

un altro giorno, io non ci vado! ». « Ma

che papà non ha tèmpo!

Come

una barca

Annibale

mamma,

tu sai

pòsso tornare in Amè-

rica e raccontare che sono stata a Capri sènza avér visto

la Gròtta

ripeto:

«Signor

Azzurra? ». «Io

me

nella

tua

Vespucci»,

non

gròtta

ne

non

sò nulla,

mi

ci fai

disse allora Bruno,

ma

te lo

andare».

«le Sue far393

Capitolo

26

falle non potrébbero aspettare ancora un giorno? Hanno

gia aspettato

Aspettato dire? ».

quasi

duemila

duemila

anni

cosicché

...».

« Eh?

anni,

mie

farfalle?

Cosa

vuol

le

« Eh, gia: hò pensato un po’ ai posti dove vuòl

farci andare dopo Nàpoli — e Càpua, non si diméntichi! —

e mi è venuta

Allora

c'è

...».

stato

un

un’idèa. Lei si chiama

« Allora? ». «Ma,

altro

Annibale,

niente, pensavo

Annibale

all’època

dei

no?

solo che

Romani,

e

che ...».

« Basta, giovanòtto, Lèi ha vinto! », esclamò

Vespucci,

« torniamo a Napoli e Le racconterò la vera

storia del nostro

‘giro d'Italia’.

E domani torneremo

a

Capri mentre Dorabel si riposera dopo le due traversate

d’oggi. Va bene? ». « Bravo papa! », gridò Joy abbracciando suo padre. E tutti, contenti, scésero al porto e andarono

verso

la nave.

ESERCIZIO

PAROLE: viuzza f montagna f villino m casetta f sentiero m salita f pino m arbusto m 354

«Se

qualcuno

A.

(di) rei

(di)remmo

(di) resti

(di) reste

(di)rebbe

(di) rebbero

ti domandasse

se vuoi

venire,

cosa

(ri-

spondere)? ». « (Rispondere) di no! ». « E voi altri, cosa

Capitolo XXVI

(avere) risposto, se ve l’avessero domandato? ». « (Avere) risposto di no anche noi».

partire subito,

(volere)

Joy

ma suo padre non vuole. Anche Bruno e Dorabel (volere)

Annibale

stesso, ma

partire il giorno

dice che non

si

può. « Se avessimo un figlio, io e mia moglie, (rassomicredo », dice Annibale.

a suo nonno,

gliare)

« (Potere)

darmi mille lire, papa? », domanda Bruno. « (Potere), si,

ma non te le darò, perché ti ho dato diecimila lire pochi

giorni fa ». ESERCIZIO La

bella

più

parte

della

B. da



Anacapri

Monte

al

Solaro comincia dopo le ultime case. Il — sale fra pini, arbusti e altre —. Dai fiori sale un forte —. Joy si ferma spesso

per —

un

fiore.

Poi,

i due

giovani

su

una

sedia

a —



la loro

salita. Dorabel

si era

stesa

del

caffè

del

Monte Solaro, e sembrava — e contenta. « Dovete essere

stanchi », disse a Joy e Bruno, « — un poco ». Poco dopo,

scendono

ad Anacapri

e vanno

in un ristorante,

dove

Bruno domanda la — dei piatti. Egli — ai Vespucci di prendere due cose —, invece di prendere tutti e quattro

pianta f specie f

profumo

lista f tàvolo m gusto

m

m

aragosta f scampo m séppia f triglia f guida f disegno m lapis m béstia f bestiolina f disgusto m bestiaccia f sèdia (f) a sdràio corpo m grandezza f pesciolino m lunghezza f ricordo m seta f regalino m grotta f barca f tranquillo divérso capace possibile ricco certo certamente cogliere

riprendere stendersi

riposarsi assaggiare consigliare ordinare disegnare

390

Capitolo

26

rassomigliare proprio or ora su!

a sua madre, « così

« Bene », dice Joy

lo stesso piatto.

io potrò — il tuo piatto e tu il mio! ». Bruno non conosce i — dei Vespucci, ma ad essi piace tutto,

e allora

Bruno

chiama

il cameriere

e —

come

primo piatto un’—, degli —, delle — e delle —.

ESERCIZIO

C.

Perché è così bella l’ultima parte della salita del Monte Solaro? ....

Perché mettono Monte

Cosa

tanto tempo ad arrivare alla cima del

Solaro, i due giovani?

fa

Dorabel,

cima?

....

Come

fa Bruno

gosta?

....

quando

a spiegare

....

i due

giovani

ai Vespucci

arrivano

cos’é

un’ara-

Dove fa il disegno? .... A che bestia rassomiglia lo scampo?

Cosa dice Dorabel seppia? ....

356

quando

in

....

vede il disegno di una

a

Capitolo ventisètte

_-=—-—__——___——

(27)

Capitolo ventisettèsimo

(XXVII)

DÒRABEL VÌSITA NAPOLI A dire il vero, Vespucci non èra scontènto di avér raccontato a Bruno la verità sul loro viàggio. Tutto diven-

tava molto più fàcile, ora che egli non èra più obbligato a trovare ogni giorno nuove storie per spiegare i suòi viaggetti. Adèsso, anche in presènza di Bruno, i Vespucci

presènte la presènza

potévano parlare apertamente dei luoghi che Annibale

doveva vedere, e Bruno

poteva consigliarli sulle città

che dovévano visitare Jòy e sua madre. Il giorno dopo la visita di Capri ed Anacapri, Bruno e

una nùvola

Vespucci, come avevano promesso a Joy, tornarono al-

l’isola per far vedere alla fanciulla la Gròtta Azzurra. Il sole splendeva in un ciélo purissimo, sénza una sola

nùvola. Il mare èra tranquillo, e le barchette entràvano ed uscivano come pesci per la bassa apertura che è la sola

via

possibile

per

visitare

la

Gròtta.

Grotta fu per Joy uno spettàcolo

diecina di barche giràvano

della

L’interno

indimenticàbile.

senza far rumore,

Una

e ogni

puro = pulito

aprire un’apertura

l’intèrno = la parte che è dentro una còsa indimenticàbile

=

che non si può di-

menticare

un giro girare

357

27

Capitolo

tanto uno

ogni tanto = a ogni momento

degli uòmini

che remàvano

alzava un remo

e batteva con forza sull’acqua. Allora, éra come se qual-

un remo remare

cuno

avesse

acceso

un

proiettore

che

gettava

la sua

accendere accende ha acceso

luce

colpire un colpo

remo, e quel colpo faceva scaturire dall’acqua migliàia

scaturire = a un tratto

uscire

d’un

azzurro

purissimo

verso

l’acqua

battuta

dal

e migliàia di piccolìssimi soli che parévano giocare fra di

centinaio centinaia

loro come

migliaio migliaia

dal corpicino fatto tutto di luce.

essere (se) fosse (se) fossero

«Ancora!

se fossero non gocce

ancora! », gridava

d’acqua,

Joy,

ma

pesciolini

abbassando

la voce

come se temesse di far paùra a quei pesciolini. « Ora Léi,

corpo corpicino

signorina », le disse l’uòmo nella cui barca si trovàvano,

temere = aver paura (di)

la cui barca = la barca del quale una goccia

e Bruno spiegò: « Vuòle che Lèi batta sull’acqua con le mani! ». E Joy, ridèndo dal piacere, batté con la mano

sull'acqua.

Lo

spettàcolo

si ripeté

i suòi

sotto

dcchi

felici, e migliàia di goccioline di fuòco, che ora le semgoccia

bràvano

gocciolina

perle vive, scaturirono

di nuovo

giocàrono su e giù per la sua mano e Dopo

avér girato nella Gròtta

dall’acqua

e

il suo bràccio.

per qualche

minuto,

le

barchette scaturivano ad una ad una dall’intèrno della Gròtta per la stessa apertura per cui èrano entrate. La

una pèrla ad una

ad

una

una dopo l’altra

358

=

vìsita

èra

finita.

Minuti

indimenticàbili,

bei ricordi di un viaggio in Italia.

uno

dei

più

Capitolo XXVII

Dopo

avér pranzato

a Capri,

Bruno

e i due

Vespucci

ra

CITIIL:ILKdodod

tornarono a Napoli. Appena fùrono arrivati all’albergo, mpusaeucaza

il portière disse loro che la signora Vespucci èra uscita poco dopo la loro parténza e non si éra piu fatta vedere.

« E questo che cosa vuòl dire? », fece Vespucci.

« Mia

moglie è uscita stamattina e non è ancora tornata? Ma

sono

già

le cinque!

Dobbiamo

trovarla!

Bruno,

còsa un muséo

facciamo? ».

Bruno,

sempre

Bruno!

Il giovanòtto,

che

era sempre

quello a cui si chiedeva consiglio, sorrise e rispose: « Gia, che facciamo? Prima di tutto, sediàmoci un momento

pensiamo.

Bene.

E adèsso,

vediamo:

dove

può

consigliare

un

consiglio

e

essere

andata la signora Dorabel? Al porto? Non credo, e poi non si può

stare al pòrto per

facendo una lunghìssima

Anche

quasi sètte ore!

passeggiata lungo il mare,

a

un remo

visitare il porto non ci si può méttere più di tre ore. Cèrto, c'è il Musèo Nazionale, che è uno dei musèi più

ricchi del mondo.

Capirà, con tutti quegli oggetti pre-

ziosi ... Lì sì che si possono

pàssano!

Potremmo

Musèo? ». «Caro

forse

dimenticare

andare

Bruno! », esclamò

le ore

a vedere Vespucci,

se

che

è al

«se Léi

sapesse che cattivi amici di Dòrabel sono i musèi, Lèi

=

certo

certamente

nazionale = dello Stato, del paése

sì che si pòssono ...= SÌ, si possono

eo

eo

si beve il vino si bevono i vini cattivo ». «Si, papa», ri-

spose Joy, « è la mamma! ». « Infatti, è la signora Dora-

bel! », esclamò Bruno, e sènza aspettare gli altri corse è corso

verso la madre di Joy. Quando lo videro arrivare, i ra-

Capitolo

gazzi smisero subito

di saltare,

XXVII

di gridare

poi smisero

e di ridere, e quando Bruno fu accanto al gruppo alcuni cominciarono

a scappare.

« Che

cosa fate? », domandò a Dorabel,

a quelli che érano rimasti intorno

Bruno

siccome nessuno rispondeva, continuo:

E subito,

scappate!

e un momento

l’altro,

èh?

« Su, andate via!

...!». Prima

sennò

e

uno,

scappare = allontanarsi molto presto

andare via = andarsene

poi

dopo tutti quanti scapparono, ri-

tutti quanti = tutti

dèndo di nuovo e gridando come se avéssero una terribile paùra.

Dorabel abbassò la màcchina stancata!

e disse:

però che bravi bambini,

« Uff! mi hanno sono

e come

carini!

Perché li ha fatti scappare? Peccato! ». In quel momento, prima che Bruno

avesse avuto il tempo

di risp6ndere

macchina : macchina cinematografica stanco stancare

carino = bellino

peccato!

peccato!

= che

alla signora Vespucci, arrivarono anche Annibale e Joy.

Seguèndo il consiglio di Vespucci, tutti quanti tornarono allora all’albèrgo e, sedutisi nel ristorante,

ordinàrono

quattro caffè. La signora Vespucci, tutta rossa in fàccia,

sorridénte, si riposò un pò’, e poi raccontò la sua ‘storia’. Pòco Bruno,

dopo essa

che éra

èrano scesa

partiti

suo

nel vestibolo

marito,

sua

dell’albèrgo

e

figlia con

la

sedutisi : quando si fùrono seduti

persona sorridénte = persona che sorride

prima

dopo

aveva

che avesse

che èbbe,

prima che fosse

dopo che fu, èra

sua macchina ed éra uscita — per una bréve passeggiata, pensava lei. Voleva andare a Santa Lucia per cinemato361

Capitolo

27 grafare la vita del pòrto, le barche, i bambini.

Dòrabel

voleva molto bène ai bambini. Andando a Santa Lucìa, si éra fermata un pò’ prima

cinematografare

di via Nazario

dei ragazzi che dal molo

Sauro

per

saltavano

in

acqua fra le risa e le esclamazioni dei presènti. Durante esclamare un’esclamazione

accorgersi si accorge si è accorto

una

diecina

di minuti,

Dorabel

aveva

cinematografato

i ragazzi, dimenticando tutto intorno a sé, e perciò non

si éra accorta della presènza di due uòmini che si trovàvano a qualche distanza e la stàvano guardando. Essa

non sapeva, perciò, per quanto tèmpo l’avévano guardata, un

dénte

ma, a un cèrto momento,

il più giovane dei due aveva

fatto qualche passo avanti e aveva detto: « Buongiorno, avanti : vèrso Dorabel un mòlo

signora! Fotografa i bambini? Sono carini, vero? ». Dòrabel

si èra

voltata

con

una

esclamazione

di paùra.

Il

giovanòtto aveva sorriso mostrando dei denti bianchissimi,

e aveva

sono

mica

« Le

detto:

cattivo,

sa?

fàccio

Soltanto,

paùra, vedèéndo

signora? una

Non

signora

americana — perché si vede sùbito che Lèi è americana

— mi è venuta l’idèa che forse Le piacerèbbe di visitare la città. Io fàccio spesso la guida per i turisti: americani,

inglesi, tedeschi, francesi, di tutti i paési! e sono sèmpre tedesco = abitante della Germania

362

stati molto,

molto

contènti,

perché

io conosco

Nàpoli

Capitolo XXVII

méglio di tanti altri, sa? Le potrèi far vedere cèrte còse che i turisti non védono quasi mai ». Dorabel non aveva

più paùra

e, trovando

simpàtico

il

persona simpatica =

persona

piace

che

giovanotto, l'aveva lasciato parlare per qualche minuto,

diverténte divertire

sia perché la divertiva, sia perché parlava

sia...sia: forse...o forse

così presto

che essa non aveva nessuna possibilità di fermarlo per

possibile

dire

non... gran che = poco

una

parola.

Poi,

siccome

non

aveva

capito

gran

che di quel lungo discorso, gli aveva detto ridèndo, in

inglese: «Se Léi vuole che io capisca ciò che dice, Léi dève ripèterlo in inglese! ».

in ‘americano’.

bambina

e aveva

Dorabel

accettato.

io capisco

vuole che io capisca

«In inglese, bène! », aveva

detto il giovane napoletano e aveva ricominciato

discorso

una possibilita

aveva

il suo

riso come

Il giovanòtto

aveva

una detto

qualche paròla all’altro uòmo, poi lui e Dorabel si èrano allontanati.

« Ma mamma! », esclamò Joy, « séi partita così, sola, con

un uòmo ladro?

sconosciuto?

O, magari,

Non

pèggio

avevi ancora!

paùra Chissà

che còsa

fosse un poteva

farti! ». « Ma no, ma no! », disse Dorabel ridéndo, « quel

sconosciuto = non si conosce

magari anche

che

: forse

pèggio >

méglio

giovanotto non éra un ladro! Era molto onesto! Mi aveva detto prima quanto avréi dovuto pagare, e non ha voluto accettare una lira di piu ». « Davvero? », disse Vespucci,

363

Capitolo

27

avér ragione «> sbagliarsi

« allora hai ragione, è stato un giovane molto simpatico e molto onèsto ». « Un

ma

Bruno

non

napoletano?

Ma

la lasciò continuare:

...», fece Joy,

« Cara

Se Léi crede che i napoletani siano meno

miss

Jòy!

onèsti degli

altri italiani, Léi si sbaglia! Sono storie che si raccòntano

quando

uno

non

conosce

Nàpoli,

molti anni fa, c’érano a Napoli

Bruno

èbbe

finito

Joy? », esclamò Dora-

il suo

discorsetto,

avuto ragione di crédere in quel giovanòtto! quante cose mi ha fatto vedere! noioso divertènte ti: a uno

la storia storico

forse,

più ladri che in cérte

altre città. Oggi, no ». « Ecco, vedi, bel appena

perché

« hò

Se sapessi

E non di quelle cose

noiose che ti fanno sémpre vedere le guide: monumenti storici,

amico

edifici

pùbblici,

napoletano

eccétera,

mi ha

eccètera.

fatto vedere

No,

solamente

il mio

delle

cose interessanti, e tu sai che quando qualcòsa mi inteinteressante interessare

rèssa, io non mi stanco mai di guardarla ». Allora Bruno domandò

dire di! dica!

con un sorrisetto:

« E che còsa

La interéssa, signora Dorabel? Me lo dica, per piacere, non

vorrèi

farLe

« Ma caro Bruno!

vedere

anch’io

delle

còse

noiose! ».

Lei non ci ha mai fatto vedere nulla

di noioso. Anche le còse che prima non mi interessàvano,

quando 364

ne parla Lèi mi sémbrano

a un tratto interes-

Capitolo XXVII

santissime ».

Bruno,

«ma

«La

ringràzio,

Léèi non

cose che La

signora

ci ha ancora

Dorabel»,

detto quali

interèssano ». « Glielo

dico

disse

sono

le

io», fece Ve-

spucci, « Dòra si interèssa soprattutto ai vestiti, a quelli

dei negòzi e a quelli che portano le altre donne,

soprattutto = più di ogni altra còsa

... e

agli oggetti preziosi », aggiunse dopo un momento. « Non lo ascolti, Bruno!

Ciò che mi interéssa è la vita di un

paése, la gènte, non i ricòrdi storici,

ascolta! ascolti!

i monumenti nazio-

nali o che sò io». « Va bene », disse Bruno, « ma ci rac-

L’ha

conti allora dove

quel

portata

Suo

napoletano ».

portare : fare andare

« Non mi ricòrdo più i nomi dei luòghi dove siamo stati, ma

prima

di tutto

abbiamo

fatto

una

passeggiata

quasi un’ora sul grande molo del porto di Napoli».

di « Il

Molo S. Vincènzo? », domandò Bruno. « Si, credo. Il mòlo

S. = San

in sé non è

in sé : stesso

e mezzo,

interessante. È lungo quasi un chilometro

ma

abbiamo

moli

più

lunghi

in

America.

Quello che è interessante è la vita del porto: tutte le navi che éntrano ed èscono, le barche di ogni spécie che

girano

pescando.

C’èrano

anche

dei ragazzi

che facé-

pescare = prendere pesci nel mare

vano il bagno in quell’acqua spòrca, con delle risa così

gàie e felici che èra un piacere guardarli. Meno che avevo

con me

la mia màcchina,

non

male

una persona che ride é gaia

mi sarèi mai

365

Capitolo

27

perdonare sare

: scu-

perdonata carini

cérti dénti dènti dimenticarsi dimenticare

: (dei) =

con

di non

i bambini

certi

dènti

averli

italiani, con

che

quei

sémbrano

Come

capelli

perle!

neri

Dopo

sono neri

e

il porto,

siamo andati in cento altri posti di cui mi sono dimenti-

cata il nome. Abbiamo

— far rivedere = vedere di nuovo

cinematografati!

uff!

c’érano

mangiare

visto anche un mercato di pesci

di quelle bestiacce che Léi mi voleva a Capri! ».

« Delle

séppie? ».

«Si,

chis-

sà per quanti anni me le ricorderò, ora che le hò riviste in quel

mercato.

E appena

le ho

siamo

viste,

subito

andati via di lì e siamo andati a vedere un altro mercato, dove

sante! povero ricco

«>

si vendévano

E com’é

gàio

vestiti vecchi.

il popolo

Molto

interes-

Ma

quanta

di Napoli.

povera gente, però! Mi sembrava di éssere ricca a milioni, andando

in giro per quelle vie. Penso

che non me

ne

accorgeréi più se vivéssimo a Napoli per qualche anno, piacévole = che fa piacere

ma bisogna dire che in un certo modo

éra uno spettà-

colo molto interessante. Però non molto piacévole, soprattutto perché si sa che non si ha nessuna possibilità un cuore

quartière = parte di una città

di aiutare quella povera gènte. Ma è stato ancora peggio quando

la mia guida mi ha portata nei quartieri vera-

mente poveri di Napoli. Non potevo quasi andare avanti, tanto lo spettàcolo di tutta quella gènte, e soprattutto di

366

Capitolo XXVII nòrd

quei bambini, mi faceva male al cuore. Era terribile! ».

Dorabel smise di parlare. Quella passeggiata per i quar-

tieri poveri di Napoli éra la prima nùvola nel ciélo fino ad allora cosi puro del suo viaggio in Italia. dispiaceva

vederla cosi triste e le disse:

A Bruno

« Ha ragione,

signora Dorabel, ci sono ancora, a Napoli, dei quartieri triste

>

molto poveri, ma se Lei sapesse quanto ha fatto il go-

gàio

verno italiano per aiutare tutto il sud dell’Italia: Napoli,

governare il govérno di un paése

la Calabria, la Sicilia! Se Lei fosse stata in quegli stessi

quartieri prima del ’45, oggi avrébbe potuto vedere un

imménso

miglioramento

nella vita di quella gènte. È

imménso

=

dissimo

gran-

migliore un miglioramento

vero che le città del nòrd, come Milano, Torino, Venèzia, sono ancora molto più ricche di quelle del sud, ma

credi! creda!

mi creda: il nostro governo non le diméntica, e Lei déve perdonarci possiamo,

di non fare piu presto. Facciamo

« Ciò che dice mi fa un grandissimo Dorabel,

sono

e lo ripèto: i miglioramenti

«anche

se non

posso

quel che immensi ».

piacere », rispose

neppure

pensare

a ciò

che doveva èssere la vita di quella gente prima di tutti quei miglioramenti. Ma

ora, potrò almeno

poli senza che mi fàccia male

sognare Nà-

il cuòre ». « Per parlar

W

la Calàbria e la Sicilia

sognare sare a

: pen-

fare che faccia

d’altro, mamma », disse Jòy, « non ci hai ancora raccon-

367

27

Capitolo intorno intorno

: a te

tato dove

hai trovato

tutti quei ragazzi

che avevi

in-

torno arrivando all’albèrgo ». « Ah, quelli lì! », esclamò risata =

riso

tornare a parlare =parlare di nuovo

Dorabel

sere tristi quando

cose non ne pòsso più

= e troppo per me

chiédere chiède ha chièsto

con una risata,

più

« hai ragione, non bisogna

si è in Itàlia. Torniamo

piacévoli.

Dunque,

quando

és-

a parlare di

la mia

guida

mi

èbbe fatto vedere la parte pòvera di Nàpoli, io non ne

potevo più. Perciò gli hd chièsto Volevo, prima

di tornare

di tornare in albèrgo, vedere di nuòvo

qualcòsa di meno

triste, di più piacévole.

lire che gli avevo

Al porto, gli ho dato le cinquemila promesso. quel

Avrèi

voluto

simpaticissimo

dàrgliene

giovane

una lira di più. Dunque, n’è

se

egli

al porto.

ha

voluto

ma

accettare

gli hò detto mille gràzie ed

Il

andato.

non

sèi o settemila,

sole

splendeva

sèmpre

in

un cielo che non aveva la più piccola nùvola, e io sono rimasta un po’ a guardare mi son visto intorno = hò visto intorno

a me

ci fa la fotografia? = vuole fotografarci? non l’avessi mai detto! = vorrèi non averlo mai detto

368

la vita del porto. È allora

che a un tratto mi son vista intorno più di venti bam-

che

bini

gridavano

ridèndo:

‘Dica,

signora,

ci fa la

fotografia? ’. Ho provato a spiegare a quei cari bambini

che

questa

era una

non l’avessi mai aveste

visto

macchina

detto!

quelle

cinematogràfica



E stato mille volte pèggio.

facce

e sentito

le esclamazioni

ma Se di

Capitolo XXVII

quei ragazzi!

Lei conosce

‘ Allora

Vittorio de Sica? E la Magnani? attori

.

La

.

per

e di attrici,

.

.

:

me

:

forse Rossellini?

E

...’. E altri nomi

di

li

sconosciuti.

°

9

x

Dev’ésser

che in ogni bambino italiano c’è un attore o

sulla

vero | teatro ci sono atto-



ice ! un'attrice!

Che meravigliose possibilità per chi vuòl fare dei film in Italia! ». «Si»,

disse Bruno,

di un

scèna

|

ri ed attrici

. chi:

“us colùi

che

i an

«c’è solo da girare un | c’è da girare = bisogna girare

po’ per le vie di una citta e si ha subito una diecina

di bravissimi attori ed attrici. tanti bèi film

« Cos'hai

È per ciò che si fanno

in Italia >».

fatto

allora? », domandò

Joy

ridéndo,

«hai

fatto un film, tutta una stòria, lì, sul posto? ». « Quasi! », | sul posto = sùbito

rispose Dorabel,

«li ho fatti giocare,

buttarsi in acqua, nuotare

un vero

piccolo

saltare,

correre,

e mille altre còse. Hò fatto

film che mi

ha fatto dimenticare

le

369

Capitolo

27

centimetri (cm.)

macchina me,

prima.

poco

Ma

non ho pit avuto un centimetro

quando

a

visto

avevo

tristi che

1 métro (m.)= 100 | cose

saréi stata conténta

che

caro

Bruno!

son

Si

di film nella

di averLa

accanto

saltarmi

intorno

a

messi

è proprio

gridando in modo tale che ho veramente cominciato ad

avér un po’ di patra. Non sò come ho fatto a tornare all’albèrgo con la macchina. che

un film

ci vedeva

doveva

E il bello è che la gènte

èssere

tanto

abituata

a quella

re è abituato a

spècie di spettàcoli che rideva invece di aiutarmi. Ma

molto spesso

tutto è finito béne. Però, ora sono stanca! ». « Lo credo

cos.

vedere = vede

bene

PAROLE: viaggetto presènza nùvola f barchetta apertura

interno m remo m colpo m

f f

che

mammina! », esclamò

Joy.

E

di andare a lètto e di riposarsi per almeno un pàio d’ore.

f

ESERCIZIO

A.

voglio che Bruno parli

luce f

volevo che Bruno parlasse

dente m migliàio m goccia f corpicino m gocciolina f perla f

ho paura che Bruno parli avevo paura che Bruno parlasse

senza che | B

prima che {

consiglio m

370

tu sia stanca,

accompagnò la madre su in camera, e le diéde l’ordine

m

musèo m riso m molo m esclamazione

x

x

Ho

f

paura

che Bruno

non

parli

IUNO | parlasse (capire)

ciò che dico.

| Ho saputo tutto senza che tu me lo (raccontare).

Capitolo XXVII

(parlare).

Chiudiamo la porta prima che Joy

possibilità f

discorsetto

Voglio che tu (partire) prima di noi.

quartiere m cuore m govèrno m

Era partito senza che io lo (sapere). aveva

Dorabel

(urtare)

che il torpedone

paura

la loro

macchina.

L’uomo voleva che io gli (chiedere) scusa. Prima

sud m nord m

miglioramento m risata f attore

di rispondergli,

il tempo

avuto

(avere)

io

che

egli usci.

m

attrice

m

f

film m centimetro

obbligato

m

puro indimenticabile nazionale cattivo

Ho paura che Joy non (credere) a ciò che racconto.

Partirò prima che (fare) troppo caldo.

cinematografico

carino

simpatico

sconosciuto

ESERCIZIO Non

una

c’era

tornarono

Si entra



sola

a Capri.

nel

B. i tre amici

era

il mare

Azzurra

nella Grotta

noioso

quando

cielo,

Il sole —,

onèsto

per una

bellissimo.

molto

sola —

bassa. L’interno della Grotta è uno spettacolo —. Quando uno

uomini

degli

egli

sull'acqua, sembrano

fa

che



piccolissimi

I ragazzi —

in mano una



alza

dall'acqua

migliaia

di

battere



che

pesci.

intorno alla signora

——.

per

remo

un

Tutto

Vespucci,

il gruppo



che teneva

verso

Bruno,

storico interessante

gàio

sorridente tedesco

piacévole

triste

immenso

peggio

splendere girare

remare accendere scaturire temere saltare

scappare

stancare

371

Capitolo

27

cinematografare interessare pescare perdonare divertire rivedere aver ragione ogni tanto certo davvero avanti soprattutto via magari di cui gran che tutti quanti sia...sia ... in alto

Annibale e Joy, fra le grida e le — dei ragazzi. Quando si mise a correre verso di loro, i ragazzi comin-

Bruno ciarono

a

—.

l'avevano —

Dorabel

li

trovava

molto

—,

ma

essi

molto.

Il giovanotto che aveva mostrato Napoli a Dorabel non era un ladro, era molto —. Egli non le aveva mostrato le cose —

che si mostrano a

tutti i turisti, monumenti

—, edifici pubblici, ecc., ma solo cose —, cioè cose che —

Dorabel.

Essa

si interessava



alla vita dei paesi

che visitava. Quando aveva visitato la città, le era sem-

brato di essere ricca a milioni, tanto era — la gente intorno a lei. Era stato uno spettacolo molto interessante, ma non troppo —, e le faceva male al — vedere i bambini dei —

poveri di Napoli. Era una cosa molto —.

ESERCIZIO

C.

Può raccontare il giro di Joy nella Grotta Azzurra? .... Dove consiglia Bruno di andare a cercare Dorabel?

....

Può raccontare il ritorno di Dorabel all’albergo? .... Come 372

era cominciata la passeggiata di Dorabel?

....

Capitolo XXVII

Cosa disse

Joy quando

senti che sua madre era andata

in giro per Napoli con un uomo che non conosceva? Perché

era triste Dorabel

raccontando

la sua

....

passeg-

giata? ....

Che cosa le spiega Bruno? ....

Com'è finita la passeggiata di Dorabel?

....

373

Capitolo ventotto

(XXVIII)

Capitolo ventottèsimo

(28)

UNA

SERA

A SORRENTO

Il giorno dopo la visita di Nàpoli della signora Vespuc-

ci, suo marito tornò a Capua, e Dorabel, Joy e Bruno giornata = giorno | passàrono

una

giornata

tranquilla,

ma

non

noiosa,

a

riparlare di tutto quel che avévano visto fino ad allora. l'indomani

=

giorno seguènte

il

E l'indomani 9°

si decise di lasciare Napoli

e

e

e

e

LJ

I

°

per un giro .

di qualche giorno.

« Andiamo « No, rispondere

una risposta

in trèno o in torpedone? », domandò

andiamo

in macchina!

me

: non lo farèi

neanche in sogno

noi quattro»,

fu la

risposta di Annibale. « Ma ... e dove la prèndi, la màcchina? », domandò

neanche per sogno

Solo

Bruno.

sempre,

Dorabel,

esclamò:

« Vuòi

e Joy,

pronta

comprare

a tutto

co-

un’automobile,

papà? ». « Comprare? Neanche per sogno! Che còsa ne faréi dopo?

E dove

vado

a prèndere

i soldi?

No,

no,

non vòglio comprare un’automòbile, ma hò pensato che dttimo = eccel-

dev’éssere possibile noleggiarne una per qualche giorno.

scéndere

Léi Bruno, che ne pènsa? ». « È un’òttima idèa, e pènso

lente

(che)io scenda

(che)lui scenda

374

x

|

che l’albèrgo ci potrà

cui

.

aiutare. Vuòle

che scenda

a do-

Capitolo

mandare? ». «Che

Lèi scenda

giù?

E perché?

Non

XXVIII

si

può telefonare? ». « Certamente. Lo fàccio sùbito », disse Bruno,

e cinque

minuti

dopo

il portière

dell’albèrgo

aveva noleggiato una màcchina a séi posti per le ùndici.

«Lei

deve

solamente

pagare

saranno restituite quando

trentamila

lire

che

Le

Lèi riporterà la màcchina ».

« E quanto costa il noléggio della màcchina? ». « Si può pagare

come

un

tanto

al giorno

o un

tanto

al chilometro,

si vuòle. Lèi còsa preferisce? ». « Credo

mi

anche

sembra

più

giusto ». « Sì, mi

più

pare

noleggiare il noléggio

che sia

meglio pagare un tanto al chilometro; sara un’idèa mia, ma

restituire—dare di nuòvo a una persona ciò che le appartiene

sarà

: è forse

giusto

a me », disse Bruno.

In quel momento suonò il telèfono. Fu Jòy che rispose. « Papà », disse, « il portiére vuole che tu scenda giù un

po’

prima

della

dèvi firmare

partènza.

divérse

Dice

che

prima

cose per il noléggio

di partire

della mac-

china, ma non hò capito tutto ciò che mi ha detto. Sai,

è quell’impiegato

che

parla

un

pessimo

inglese,

non

io scenda tu scenda lui scenda

firmare

=

scrive-

re il proprio nome

e cognome

sotto

una léttera, ecc.

pèssimo «> ottimo

l’altro, il giovane. Quello lì è stato in Inghiltèrra e in América e parla un òttimo inglese ». « Va bène, va bène »,

disse Vespucci, « pensavo anch'io che c’èra qualcòsa da firmare. Scenderemo alle ùndici meno un quarto, cioè fra 370

Capitolo 28

un'oretta ». abbiamo la ròba

=

le cose

« Di

appena

già!»,

esclamò

Vieni ad aiutarmi,

disse Joy, e le due donne

mentre Vespucci diceva ridendo: soltanto

partiamo

«ma

allora

il tempo di méttere in una valigia la

roba necessaria per partire! « Bene, mamma»,

Dorabel,

per

uscirono,

« Ricòrdati, Dora, che

giretto

un

Joy! >».

o tre giorni!

di due

Sai bene che ti porti sempre diétro troppa roba, cara ». Alle ùndici meno un quarto, Vespucci scese giù assieme in Ordine : come deve èssere

a Bruno, e alle undici la macchina éra pronta. Annibale per

vedere

e Bruno

uscirono

«Quanti

litri di benzina

se tutto

ci sono

era

in ordine.

nel serbatoio? », do-

mandò Vespucci all’autista, « ce n’é abbastanza per tutto

fàccio a saperlo? Lèi non mi

il viàggio? ». « Éh, come

ha mica detto dove va! Se vuòl fare un viaggio di... il serbatdio per la benzina

diciamo cinque o seicènto chilometri, va bène. Nel ser-

batoio c'è abbastanza benzina per quasi seicénto chilò-

pianura > montagna

metri — per andare in pianura, però, perché se vanno

in montagna = sulle montagne

in montagna chilòmetri, vece,

che

basterà

la benzina forse neppure

sò io, parte

per

per fare cinquecènto

per cinquecènto. un

viàggio

Se Léi in-

di mille

chilò-

metri o più, allora nò! non ce n’è abbastanza, di benfare benzina = comprare benzina

376

zina. Ma puo sempre fare benzina per strada ». « Si, si, dI



Capitolo

XXVIII

si capisce, grazie. Ah! écco le signore, possiamo métterci

in macchina e partire ». « Che bella macchina! », esclamò

.

x

Dorabel,

«dove

..

vuoi

che

.

.

ci sediamo? ».

« È

x

béne |

che vi sediate tutte e due diétro: è più sicuro », rispose Vespucci,

?

mentre

dava

una

mància

all’autista

che

era

sedersi

(che) ci sediamo (che) vi sediate

q

uegli 8



quell’uòmo

venuto con la màcchina. Quegli aprì lo sportello e aiutò | sportèllo : porta Dòra e Jòy a sedersi, salutò e si allontanò, voltàndosi però ancora

un paio di volte

in érdine. Bruno domandò

per vedere

se tutto

di un’automòbile

éra

si sedètte accanto a Vespucci, quegli

un’ùltima

volta:

« Siamo

tutti

pronti?

Non

avete dimenticato nulla? Dòra, hai preso la ròba di cui

avrài bisogno? ». « Tutto dare », rispose Dorabel,

in Ordine, pensa

solo a gui-

e finalmente partirono.

finalmente = alla fine

377

28

Capitolo

Passarono accanto alla Stazione Centrale, e pochi minuti autostrada = stra-

da

solo

mobili

auto-

per

dopo

arrivarono

all’autostrada

Napoli-Castellammare.

Vespucci, che voleva provare il motore della macchina,

aumentò accelerare = aumentare la velocita

la velocità fino a cènto chilòmetri all’ora. A

quella velocità, il motore cantava contènto e quasi non si

il massimo = il più grande

avvicinàndosi

ancora,

accelerò

Vespucci

sentiva.

a poco a poco alla velocità màssima: centocinquanta al-

Vora. In quel momento, sull’autostrada c’érano poche màcchine. Davanti ai Vespucci, a un centinàio di mètri, un filare

présto

: camminare

gròsso torpedone filava a circa ottanta chilometri, mentre due altri torpedoni, che venivano da Castellammare

distare = distante

èssere

e distàvano fra loro una trentina di metri, si avvicinàfilando

vano,

sènza

davanti

loro

a ottanta

rallentare

e perciò,

all’ora.

o novanta

il torpedone

di sorpassare

decise

Vespucci rallentare «> accelerare

anche

che

aveva

che

visto

avèndo

sùbito diétro di lui non c’èrano altre màcchine, cominciò ad avvicinarsi

al mézzo

strada.

della

l’autista del più distante

Ma in quello stesso momento, gli viene incontro = viene verso lui

spostarsi =

di

an-

dare dal proprio

posto in un altro

che

gli venivano

incontro

sorpassare

il torpedone

che

dei torpedoni lui

di

perciò accelerò Vespucci,

378

vèrso

fino a cénto il mèzzo

decise

davanti

aveva

all’ora e si spostò,

della

strada.

In

anche

un

e

come

secondo,

Capitolo

Vespucci

capi che se lui e il torpedone

a filare

l'uno

incontro

all’altro

alla

XXVIII

continuavano

stessa

velocità,

senza rallentare né accelerare, si sarèbbero quasi certamente

scontrati

in

mézzo

all’autostrada

e

allora

Annibale Vespucci non avrebbe mai finito il suo libro! Accelerare, Vespucci non poteva, perché andava

massimo

della velocità.

per andare

a riméttersi

sorpassando,

Poteva

spostarsi verso

diétro

il torpedone

gia al

déstra,

che stava

solo se il torpedone accelerava.

Dorabel non aveva visto niènte, sennò avrèbbe provato a consigliare suo marito, facendogli pérdere un paio di

secondi. Vespucci,

preziosissimi

dall’acceleratore

e cominciò

a rallentare. L’autista

torpedone che gli stava davanti aveva

ciò che stava per

accadere

tolse il piède

dunque,

togliere

ieee

del

visto anche lui

còsa voleva

e capì sùbito

fare Vespucci, e per aiutarlo accelerò, lanciando a tutta suo

il

velocità

fortuna. Un

che

done x

gròsso

una

fu

Ciò

torpedone.

e il torpe-

pàio di secondi dopo, Vespucci

gli

veniva

incontro

si

x

fortuna! », disse

pò’,

e

ci

scontravamo,

solo

allora

.

èh?».

Bruno,

« Uff!»,

« ancora

fece

passàvano

ac-

no l’uno accanto all’altro

C’éra appena un metro fra le due màcchine .... « Che

si

accanto. | canto = passava-

passàvano x

vera

un

Vespucci

379

Capitolo 28

senza dir nulla, mentre riprendeva al torpedone.

esclamò:

E Joy,

papa!

una

giornata

cominciare

visto

che aveva

« Bravo

Bén

il suo posto diétro

fatto!

Porta

in questo

anche

léi,

fortuna,

sai,

tutto

modo».

« Credi? »,

domandò suo padre con un débole sorriso. « Cèrto! Non lo sapevi? ».

la penisola sorrentina

Un

quarto

dove

finiva

d’ora

dopo,

l’autostrada.

arrivàrono

« E

a

Castellammare,

adésso»,

disse

Bruno,

«lasciamo la pianura del fiume Sarno e prendiamo

la

un panorama panoramico

strada panoràmica. È lunga circa sètte chilòmetri, e la

incredibile = a cui non si crede

vista sul golfo di Napoli

è incredibilmente bèlla ».

Infatti,

di una

380

il panorama

éra

bellezza

che

non

si

Capitolo

poteva chiamare altrimenti che incredibile, e Vespucci questa volta non

ando

pit presto del necessario.

Dopo avér lasciato la strada panoramica

ed èssere pas-

sati attravèrso la cittadina di Vico Equènse, arrivàrono a Bruno:

a Meta. Fu allora che Vespucci domandò ora, dove andiamo?

diamo

prima

Continuiamo

a Sorrènto?

Perché

fino ad Amalfi,

se vogliamo

XXVIII

altra altrimenti = altro mòdo

in

passare attravèrso =

attraversare

cittadina = piccola città

« E

o an-

andare

a Sorrènto, se non mi sbaglio, bisogna voltare a déstra ». « Già, non ci pensavo », disse Bruno, « voltiamo dunque a déstra, non possiamo fare altrimenti: dobbiamo vedere

Sorrènto! ». « Certamente! », esclamò Jòy, « sarèbbe una péssima

idéa passare vicino a Sorrento

sènza

fermar-

cisi ». « Dèvo però aggiùngere », disse Bruno, « che, dato

fermàrcisi = fermarsi lì dato che = come

sic-

che da Sorrento ad Amalfi ci sono trentadùe chilometri di una strada difficilissima, se ci fermiamo qualche

ora non

potremo

continuare

a Sorrénto

Oggi, ma

saremo

obbligati a pernottarci. Non fa nulla? ». « No di cérto! », esclamò Jòy, e fu dunque

pernottare

=

di cèrto =

certo

sare la notte

pas-

deciso che si sarèbbe andati

prima a Sorrénto e che si sarèbbe continuati per Amalfi maggiore = più grande

il giorno dopo. A

Sorrènto,

la maggior

difficoltà

camere libere in qualche albèrgo:

fu

di trovare

delle

si èra in luglio, in

difficile una difficolta

381

Capitolo

28

in pièna stagione = in mézzo alla stagione

èrano occu-

pate. Finalmente, però, si trovò un albérgo che proprio

un turista turistico

occupato libero

pièna stagione turistica, e tutte le càmere

quella mattina «>

una fortuna fortunato

una

aveva

ricevuto

famiglia

francese

faceva

con

giorno

rivata

fa sapere che

un

arriverà

faceva sapere che sarebbe arrivato

non

un telegramma

potuto

far

arrivato niènte.

sapere

di ritardo.

gnori! », disse il padrone fosse

un telegramma

« Sono

sarébbe

ar-

fortunati,

si-

dell’albérgo ai Vespucci,

questo Ci

che

con cui

telegramma,

sono

dei

turisti

«se

io

non

avréi

che

ci

hanno

scritto da parecchi mesi per èssere sicuri di avér delle càmere! Loro però pòssono solamente pernottare, perché domani sera le càmere non saranno più libere ». « Già, ma

noi domani

mattina ripartiamo,

ci basta », disse Bruno, un impiegato impiegare

gironzolare = andare in giro, passeggiare

dopo di che il padrone

suo figlio, che èra impiegato le càmere

cosicché una notte

nell’albèrgo, di mostrare

dei francesi ai Vespucci

Il pomeriggio, lo passàrono

disse a

e a Bruno.

a gironzolare per le viuzze

di Sorrènto, fermàndosi a guardare i caffè, le botteghe, articolo =

còsa

pòrto porticciolo colo pòrto

= pic-

il vèermut

vino

è un

i negozi di ricòrdi, di fazzoletti ed altri artìcoli di seta.

Scésero giù al porticciolo con la sua piccolìssima spiàg-

gia, e lì présero màrono

a guardare

un

bicchierino

di vèrmut

e si fer-

i ragazzi che pescàvano dal molo.

« Cosa péscano? », domandò Joy al cameriére. «Ma... 382

XXVIII

Capitolo

chi lo sa! Non si vuòl

pescare

prènde

nulla.

lo sapranno

in mare,

si va

son

Ma

neanche loro, signorina. Se

ragazzi,

riva

dalla

qua

non

sono

Quando

gidcano.

si

stanchi di gironzolare per il porto o per la città, vanno

li a pescare, fanno il bagno, provano a fare la guida a qualche

dare

farsi

per

turista

pò’

un

Cosa

di soldi.

vuole, sono gi6vani ». E il camerière alzò le spalle sorridendo,

anche

di quando

se si rammentasse

come

lui

rammentarsi ricordarsi

di =

era giovane e passava le giornate a gironzolare per le

viuzze di Sorrènto Quando

e a pescare Joy

la sera,

venne

nel porticciolo.

domandò:

« Bè’,

che

cosa

facciamo dopo cena, Bruno? ». E Bruno ridèndo rispose:

« Cara miss Joy, non vòglio mica che Loro obbediscano

ai mièi

consigli

allora faremo se Léi

come

il contràrio

ci dice

di uscire

Lèi ci dice di rimanere

Ordini! ». « Va

se féssero

bene,

di ciò che Léi ci consiglia: in camera,

rimaniamo

in albèrgo

passiamo

scéndere

io scenda tu scenda egli scenda noi scendiamo voi scendiate

essi scéndano

e se

la serata

fuòri. Va bène? ». « Va bene ...», rispose Bruno guar-

sera

serata

=

giorno

giornata

sera

serata

dando la fanciulla con un sorrisetto che sembrava dire:

« Aspètta un pò’, cara mia! Vedremo momento! ». Pòi,

ad alta voce,

disse:

còsa dirài fra un «Io

dirèi

di ...

di andare in un ristorante che conosco, dove c’è un’òtti-

383

Capitolo 28

rimanere

rimarra

un’orchéstra

ma orchestra e dove, dopo avér cenato, potremo ballare

per un paio d’ore. Ma

siccome

abbiamo

deciso di fare

il contràrio di ciò che Le consiglio, rimarremo la serata a léggere una

e passeremo

bergo

in al-

guida.

Va

bene? ». « e tu che ne dici,

Bruno! », esclamò Vespucci,

« Bravo

Joy? Ballare o lèggere una guida turistica? Mi sembri un pò’ incèrta ...».

suo padre e Bruno

Jòy guardò per qualche momento

come se volesse saltàr su e prèn-

derli per i capelli, poi esclamò ridéndo di tutto cuore: gènte che balla incérto >

cèrto

piace

(che) piaccia

« Ha vinto ancora

Spero

però

prometto

che

una vòlta Bruno!

l’orchèstra

mi

Andiamo

piaccia,

a ballare!

altrimenti

Le

che passerà una brutta serata! ». « Stia tran-

altrimenti : sennò | quilla; un mio amico è stato a Sorrènto due mesi fa e stare

sta! (tu) stia! (Lei)

mi

ha

detto

che

l’orchéstra

cellènte », disse Bruno, come se si rammentasse anche

avér

Lèi,

avuto

signora

una

ristorante è ec-

e pòi aggiunse, un pò’ incèrto, di qualcosa:

Dòrabel,

buòna

di quel

« Spèro

altrimenti

idèa ».

«Stia

non

che balli credo

tranquillo,

di

mia

moglie balla molto bène e ballerèbbe col màssimo piacere tutta la notte! », esclamò assicurare = dire in modo cérto

384

Annibale.

assicurò Bruno che non ballava méglio

Dòrabel

rise e

di tante altre;

Capitolo XXVIII

Vespucci aggiunse che lui, invece, éra sempre stato un

pèssimo ballerino. Finalmente, vèrso le òtto, tutti uscìrono dall’albergo e andàrono Ebbero

qualche

al ristorante. tàvola libera,

difficoltà a trovare una

ma il padrone li aiutò, e finalmente potérono

ordinare

)

la cena.

Era una serata meravigliosa, come non ce ne sono molte nemmeno

a Sorrènto,

dove l’estate è così bella. Tutto

invitava ad éssere felici,

a pensare unicamente

al lato

Bruno, guardando Joy durante

bello della vita. Anche la cena, sentiva nàscere

in sé qualcòsa

nemmeno = neppure

di nuovo.

Ma

fu solo verso la fine della cena, quando l’orchèstra si

nàscere nasce nacque è nato

rimise a suonare dopo èssersi riposata un pò’, che egli

capi di voler bene a Joy. Glielo fécero capire una giòvane signora e suo marito che, appena l’orchèstra aveva cominciato

a suonare, si erano messi a ballare, dimen-

ticando tutto e tutti, soli al mondo, pièni di una felicità

felice la felicità

tranquilla e forte, una felicità sorridènte, così apertamente

innamorati

su di loro.

rispondergli,

che

tutti

gli sguardi

« Chi saranno? », pensò

Dorabel

disse,

come

degli anni della sua giovinezza:

Bruno,

si fermàvano

e come

innamorati : che si

vògliono molto bène

per

se si rammentasse

«Come

sono gidévani,

giovane la giovinezza

385

Capitolo

28

amare = volere molto bène a

e come

sono

perché

belli! ». «Sono

sono

felici, cara

belli perché

Dora»,

si amano

le rispose

suo

e

marito,

« certo anche noi eravamo belli quando avevamo la loro età ed eravamo

come

loro sposati da poco».

Joy

non

disse nulla e non avrèbbe potuto dire ciò che pensava, perché che

non pensava

ballàvano

con parole:

facévano

parte

per lèi, i due gidvani di un

sogno

che

aveva

nome Sorrènto. Joy li guardava senza parlare, e le sembrava

che

essi fossero

ristorante, solo per lèi.

venuti

li, quella

sera,

in quel

A Bruno, in quel momento, non

pensava. Poco dopo, Bruno la invitò a ballare, e così i due giovani

si trovarono poté potérono

a qualche metro

si disse che érano

dai due ballerini. Bruno

certamente

stranièri, ma

indovinare di che paése fossero. Ballàvano parlarsi, e le pòche (capelli) biondi =

di un colore chiaro

paròle

a capire da dove venivano. quel biondo

chiaro

che sentì non

La signora

non

poté

quasi sènza lo aiutàrono

èra bionda,

che si vede così raramente,

di

anche

nei paési del nord. Era alta, appena un po’ meno alta del marito. Aveva posato la testa sulla spalla di lui e aveva chiuso gli Occhi, sorridéndo tranquilla.

« Fortunati loro! », pensò Bruno, 386

e sùbito dopo

si do-

Capitolo

mandò

perché

Guardò

accadeva?

pièno

mai

aveva

pensato

così.

Che

còsa

Joy che gli sorrise, guardò

di stelle, la gènte

intorno

XXVIII

gli

il ciélo

a loro, e gli venne

l’idéa che forse, un giorno non tanto lontano, altri dirèb-

bero

di

«tu

sèi

innamorato! ».

In

quel

pensò,

Rossi»,

«Bruno

«Fortunato! ».

lui:

momento

l’orchèstra

smise di suonare, e Jòy gli disse: « Bruno, fàccia ballare

la mamma.

Sò che ne ha tanta voglia».

piacere », disse il giovanòtto,

« Certo, con

e i due tornàrono

al loro

tàvolo. Quando

Bruno

tornò

a ballare

con

Jòy,

i due

inna-

morati se n’érano andati, e Bruno provò a non pensare più al sogno che aveva fatto quella sera.

ESERCIZIO

che noi

che io (cred)a

Non

mi

(scendere)

sembra

che essi

(cred)a che

nella strada

PAROLE: giornata f noléggio m

(cred)iamo

che voi (cred)iate

che tu (cred)a che egli

A.

(fare)

freddo,

a vedere,

(cred)ano ma

posso

se

vuoi

che

farlo. Essi non

ei rr Vo i. sol da ada str la nel e) er nd ce (s noi che no io vogl

roba f benzina f serbatoio m pianura f sportello m autostrada f velocità f màssimo m acceleratore m fortuna f

387

Capitolo

28.

cittadina f difficolta f telegramma m articolo m porticciolo m vermut m serata f orchestra f ballerino m

felicità f giovinezza f padrone m risposta f ottimo pessimo màssimo panoràmico incredibile incerto maggiore libero turistico occupato fortunato

contrario innamorato biondo finalmente noleggiare restituire riportare preferire firmare accelerare filare distare sorpassare rallentare spostarsl scontrarsi pernottare gironzolare perdere

388

che anche loro

mi sembra

(credere)

che ciò che dico è vero. Non

che tu (capire)

quel che ti dico. Papà

non

vuole che voi (partire) soli.

ESERCIZIO

B.

Vespucci decise di — una macchina per qualche giorno,

e Bruno

trovò

che

era

un’—

idea.

Vespucci

doveva

solamente pagare trentamila lire, che gli sarebbero state —

quando

lui avesse



di partire, scesero per —

po’

prima

diverse cose. Dorabel

aveva

la macchina.

Un

messo in una valigia la — necessaria per il viaggio. Vespucci domandò all’autista se c'era — benzina nel —. Poi, quando sua moglie fu salita in macchina, Vespucci

diede una mancia all’autista, — ringraziò, e i Vespucci e Bruno partirono.

Quando

furono

arrivati

all'’—

Napoli-Castellammare,

Vespucci, per provare il —, aumentò cora, avvicinandosi

alla velocità —

quella velocità, egli decise di —

la —. Poi — della

macchina.

un torpedone

anA

che —

davanti a lui a circa ottanta all’ora. I Vespucci e Bruno decisero di — a Sorrento prima di

Capìtolo XXVIII

continuare il loro viaggio. La maggior — fu di trovare | assicurare o. o. riméttersi delle camere libere, giacché si era in piena stagione —. | rammentarsi ballare Quasi tutto era —. Finalmente, — come sempre, trova- | nàscere

amare altrimenti

rono delle camere per quella notte.

ESERCIZIO

Quanto

costa il noleggio

abbastanza attravèrso

C.

di una macchina?

....

Cosa fa Vespucci quando arriva all’autostrada? ....

nemmeno quegli l'indomani incontro in Ordine di cèrto dato che un tanto

Perché decidono di pernottare a Sorrento i quattro amici? ....

Perché era così difficile trovare delle stanze libere? ....

Che camere trovano finalmente? .... Cosa fanno, quel pomeriggio?

....

Che cosa vedono giù nel porto di Sorrento?

....

Bruno cosa consiglia di fare la sera? ....

Cosa capisce Bruno quella sera? ....

389

Capitolo ventinove

Capitolo ventinovèsimo

(29)

(XXIX)

IL MACIGNO Annibale e gli altri lasciàrono Sorrento di mattina prèsto. Era una splèndida gita = viaggio piacere

di

giornata:

faceva caldo, ma

non

tròppo, tutto sembrava prométtere una bellissima gita.

Il padrone dell’albèrgo èra uscito sulla strada per augu-

auguri augurare

rare buòn viàggio, i primi turisti cominciàvano ad arri-

vare a Sorrento. A cinque chilometri da Sorrento, la macchina prèsto = molto prèsto bèn

voltò a

déstra e cominciò a salire. Bèn prèsto, ai due lati della strada cominciàrono gli aranceti. « Oh, Bruno! », esclamò

pòssono (che) pòssano

Jòy

appena

li vide,

«non

crede

che

si pòssano com-

prare delle arance in uno di quei giardini? ». «I giararancio = di arance

albero

dini di aranci si chiàmano aranceti. Molti padroni non

accèttano sono

di véndere

alcuni

che

la frutta

lo fanno.

ai turisti, però

Possiamo

provare.

ce ne Fermià-

moci qui, vado a domandare ».

Cinque minuti un

390

aranceto

dopo, Bruno

padrone dell’aranceto.

tornava accompagnato

dal

« Vuòl cògliere qualche arància,

Capitolo XXIX

signorina? », domandò l’uòmo a Joy, che èra uscita dal-

l'automobile assiéme alla madre.

«Si, con grandissimo

piacere, se Léi me lo permette! », rispose Joy. « Vènga,

venga!

venga! », disse allora l’uòmo, « Le farò vedere dove può cògliere le più bélle ». Jòy e la madre còlsero una diecina di bellissime arance,

cogliere

pagàrono il padrone e tornàrono sulla strada. « Ne man-

èh? », disse Joy,

sùbito,

una

giamo

e senza aspettare

la risposta degli altri prese nella borsetta un coltellino N

.

yas

ve

e si mise a sbucciare un’arància per sua madre. Pòi ne

sbucciò

una

per sé e passò

il coltellino

una bùccia

sbucciare

a suo padre. | na bùccia d’arancia

« Che ne facciamo delle bucce? », domandò, « le buttiamo

sulla

strada

tagna? ».

« Aspettiamo

case », disse

un

giornale!

di essere

o aspettiamo

Annìbale,

Ce

almeno «e

n’è uno

che

non metti

intanto

lì, sul

più

sedile

in monpiù

ci siano le bucce

davanti.

in

Puòi chiacchierare = parlare per far

arrears: l’hò già letto ».

x prènderlo,

Così, a sbucciare arance, a chiacchierare sigarette,

su,

i quattro

amici

passàrono

e a fumare

una mezz'ora

passare il tempo

un giornale

da-

vanti all’aranceto. Quando si rimisero in màcchina, Bru-

no, alzando

lo sguardo,

disse:

«Ha

visto, miss

Joy,

quella nùvola che ha la forma di un cavallo che sembra

un sedile

391

Capitolo 29 rassomiglia : la nùvola rassomiglia

sui

cérrere

Monti

« Sì,

Lattari? ».

infatti

rassomiglia

o? ll va ca e Ch « ». ! co an bi o ll va ca o ns mè im un a o ri pròp l. be ra Do e ss di », o ll va ca ùn ss ne do ve n no io ? dove

« Ma

arl pa re nt me e! on gi ra hai nò, ... lì , da ar gu a, mm sì, ma una sigaretta

animale = béstia

vamo ha cambiato forma e adèsso rassomìglia piuttòsto a un grosso cane ... o a qualche altro animale. Ha una

forma nuòva ogni vòlta che la si guarda, quella nùvola ». «E

divènta

sempre

più

grande»,

Annibale,

aggiunse

« e questo non mi piace. Spéro che non si metta a pioun cavallo

piòvere pidve di rado = raramente

vere ». «A

6piòvere? », domandò

Dorabel,

credevo

«io

che in Italia, d’estate, non piovesse mai! ». « Piòve rado,

è vero»,

disse

Bruno,

«pero

succède.

di

allora,

E

cérte volte, l’acqua viene giù a fiumi ». « Bè’, speriamo

che questa vòlta non spucci,

sia che una

nùvola », disse Ve-

accelerando.

Ma la nùvola, che prima aveva la forma di un cavallo,

poi di un cane, aveva di nuòvo cambiato forma, e ora del cielo. A un tratto, una nùvola

di

polvere si alzò dalla strada, davanti alla macchina,

ed

tutto

fu

copriva la metà

la pélvere viaggiatore = persona che viaggia

392

entrò

per

i finestrini

copèrto di polvere: «Mamma

mia! »,

aperti.

In un

secondo,

i viaggiatori, i loro vestiti, i sedili. esclamò

Dorabel,

«da

dove

viene

tutta questa pdlvere? ». « È il vento che la solléva, mamma », rispose Joy. Come

per dare più forza alle parole

della ragazza, un séffio di vènto più violènto del primo sollevò un’altra nùvola di polvere, e prima che Bruno e i Vespucci avéssero avuto il tempo

di chiùdere i fine-

strini ébbero la bocca, il naso e gli òcchi pièni di pdlvere. « Chiudete quei finestrini, se non mi volete far morire! »,

esclamò Dòrabel appena poté parlare. « È già fatto », le risposero

sua figlia e Bruno.

Il vènto

intanto

soffiava

con violènza sempre maggiore, e quando i nostri amici, arrivati al punto più alto della strada fra Méta ed Amalfi, videro di nuòvo

il mare ai loro pièdi, le prime

d’acqua colpirono

la macchina.

« Cosa vi dicevo

gocce

io? »,

esclamò Vespucci, « ècco la pidggia! Lo sapevo che quel nuvolone non ci avrebbe portato fortuna. E vedrete che

queste goccioline di piòggia fra poco diventeranno

un

acquazzone come non se n’è mai visti! ». Infatti, lone

quello

bèllo

che

una

bianco,

ora

mezz'ora éra

solo

prima

éra

un

un’imménsa

nuvonùvola

grigia, che copriva quasi tutto il cièlo. I colpi di vénto si succedévano quasi sènza interruzione; nella màcchina

un

naso

un soffio soffiare violènto la violenza

punto : luògo colpire colpisce colpì

piòvere la piòggia un nuvolone = una grande nùvola

acquazzone = piòggia violènta e brève

colpire un colpo

succèdere : seguire interrompere

un’interruzione

393

Capitolo 29

che aveva i finestrini chiusi per non lasciàr entrare la

polvere faceva un caldo terrìbile; il mare, cènto mètri più giù, aveva cambiato colore ed èra ora di un azzurro scuro che si avvicinava al nero. Vespucci guidava lenta-

mente,

fermàndosi

spesso,

perché

la

piòggia

cadeva

così forte che non si vedeva niénte a una trentina di metri. Dorabel parlava senza fermarsi, rammentàndosi

tutte le vòlte che èrano partiti in gita con un tèmpo meratempàccio = brutto tèmpo

viglioso

ed èrano

tornati

un

con

« Ti ricordi quella volta che un rivolgersi si rivolge si è rivòlto un lampo

rivolta a sua figlia, ma

minciò,

more,

accompagnata

luce

violentissima

un rumore

di una

tempàccio

terribile.

acquazzone

...», co-

fu interrotta

da una

da

un

imménso

ru-

forza tale che per i quattro

viaggiatori fu come un colpo in tèsta. Vespucci fermò e per parecchi secondi non

la màcchina,

che

il rumore

della

piòggia

Poi, di nuòvo, un lampo Vespucci

e a Bruno,

che

sul tetto

si sentì altro

dell’automobile.

che fece chiùdere gli occhi a stàvano

sui sedili

davanti,

e

pòi un tuòno ancora più lungo e più violènto del primo. spaventare = fare paùra

« Annìbale!

proseguire = continuare

èra spaventata all’idèa di proseguire il viàggio con quel

Torniamo

a Sorrènto! », disse Dòrabel, che

tempàccio per una strada sconosciuta.

394

« Eh, cara Dora »,

Capitolo XXIX

le rispose suo marito,

«al punto

in cui siamo

arrivati,

è méglio proseguire, sai? Prima di tutto, un acquazzone a lungo

di tale violènza non può durare a lungo. Fra una mez-

z'ora,

un’ora

tornerà

il sole,

certo

smetterà

al màssimo,

andare

e potremo

avanti

di

tempo

piòvere,

sènza

diffiun tuòno

tuòna, è méglio

coltà. E poi, c'è un’altra còsa: quando

: molto

tuonare

non stare né tròppo vicino al mare, né tròppo in alto, perché i fùlmini colpiscono quasi sèmpre o l’acqua o i

fùlmine = lampo

punti più alti, come gli àlberi e le cime delle montagne ». «Mamma

mia! »,

Dorabel,

esclamò

mi

«tu

spavènti

con tutti questi discorsi sui fulmini! ». « Scùsami, Dora,

hai ragione, parliamo piuttosto della nostra gita. Bruno,

ci racconti qualcosa su Amalfi! ». «Si!

bravo

papà! »,

esclamò Jòy, « ma prima di cominciare, apra per favore il finestrino,

Bruno,

perché

qui fa un caldo

terribile,

e io hò voglia di fumare una sigaretta. Grazie ». « Va bène », disse Bruno,

rotto ogni momento succedévano

quasi

e cominciò

il racconto,

raccontare un racconto

inter-

dai lampi e dai tuòni, che ora si senza

interruzione,

come

prima

i

colpi di vènto. « Amalfi fu una vòlta una città ricca e

potènte ... Mi scùsino se grido, ma con questo tempaccio non si può chiacchierare tranquillamente!

... Nell’un-

potènte = fòrte scusi! (Léi) scusino! (Loro)

395

Capitolo 29

dicèsimo sécolo, Amalfi, al màssimo della sua ricchezza,

ricco la ricchezza

era una città la cui potènza èra uguale a quella di Ge-

potente la potenza

nova e Pisa. Questa potènza fu per Amalfi una grande

uguale —— diverso sfortuna fortuna

sfortuna, perché Pisa, che cèrto non poteva rimanere tran-

«>

quilla mentre la ricchezza di Amalfi aumentava,

prese

e distrusse in parte la città nel millecentotrentacinque

(1135) rapidamente presto

=

differénte =

diverso

e nel millecentotrentasètte

(1137). Da allora la

potènza di Amalfi diminuì rapidamente,

e la città, di-

ventata pòvera, non fu differente dalle altre cittadine di questa parte d’Itàlia. Sono i turisti, quei turisti che hanno fatto tanto per il nòstro paése, che hanno, si può

dire, restituito

ad Amalfi

piccola parte della sua

una

antica ricchezza. Oh! piccolìssima cérto ... Amalfi non è

più, oggi, l’uguale di Pisa o di Génova, ma non si può nemmeno

dire che sia veramente pòvera ».

E qui il racconto di Bruno fu interrotto di nuòvo, questa ondata = colpo di onda

volta

inondare = coprire d’acqua

un’ondata d’acqua per i finestrini apèrti e inondò i se-

da un

violentissimo

colpo

di vènto

che mandò

dili, i libri, i viaggiatori, tutto.

« Oh! il mio pòvero vestito! », esclamò Dorabel, « è tutto bagnato!

Come

fàccio

ora

ad

cara Dora », disse suo marito,

396

asciugarlo? ». «che

« Vedrài,

il tuo vestito te lo

Capìtolo

XXIX

asciugherà il sole appena tornerà, e in un quarto d’ora

sarà asciutto. Pènsa

piuttosto ai mièi calzoni che sono

ugualmente bagnati e che non saranno asciutti prima di stasera ». « Va bene, va béne, mi rincresce molto per te,

ma la differènza fra noi due è che tu puòi anche andare in giro per un giorno intero coi calzoni bagnati sènza che ti accada

stito bagnato

niènte, mentre

per

anche

un

io, se ho addòsso

quarto

un ve-

soltanto,

d’ora

mi

asciutto bagnato

«>

rincréscere — dispiacere

con+i=

coi

accadere

(che ti) accada

addòsso : su di me

raffreddo e dèvo stare a letto per parecchi giorni. Almeno,

chiudete

quei

finestrini,

morire! ». « Certo, mamma»,

che

ti troviamo

uno

un po’? Se préndi

se

non

disse Joy,

mi

volete

«ma non vuoi

scialle nella valigia, per

un raffreddore,

far

coprirti

la nostra gita non

sarà più un piacere ». « Grazie, cara Joy », rispose Dora-

uno scialle

raffreddarsi un raffreddore

bel, « ma diméntichi che per prèndere la valigia bisogna prima uscire dall’automobile,

e mi rincrescerèbbe molto

se tu o Bruno doveste farvi bagnare ancora una volta

da capo a piédi. La piòggia è così forte che è impossibile

il capo = la tèsta

impossibile «> possibile

uscire senza èsserne inondati. Se prendete un raffreddore anche voi ...!». « Cara signora », disse Bruno

in-

terrompèndola

mi

gentilmente,

«non

ci pénsi!

Io non

raffreddo mai. Se il signor Annìbale ferma la macchina

397

Capitolo

29

un momentino, un ginòcchio

io faccio un salto e Le porto la valigia.

Se Lèi ha uno scialle, dève métterselo! ».

Appena Bruno èbbe apèrto lo sportèllo della màcchina, fu colpito dalla piòggia che, come aveva detto Dorabel,

lo bagnò da capo a piédi. Ma non éra certo la piòggia che poteva fermare il giovanòtto, tanto più che voleva far vedere a Jòy che quel pò’ di piòggia non gli faceva fare il giro di =

andare intorno a

paùra. Dunque, con due salti fece il giro dell’automobile, prese

la valigia

e tornò

dagli

altri. Mentre

teneva

la

il gindcchio le ginòcchia

valigia sulle ginocchia,

(ri)chiùdere (ri) chiuse

e la richiuse. « E adésso », disse Vespucci, « dove la met-

Dorabel

l’aprì, prese

lo scialle

tiamo, la valigia? Potete tenerla lì diètro, Dora e Joy? Perché,

veramente,

non

possiamo

domandare

a Bruno

di uscire di nuovo! Prenderà cérto un raffreddore, anche

se dice di no ». « No, guardi, signor Annib

...», comin-

ciò Bruno, ma non finì.

Fu interrotto da un lampo violentissimo, seguito da un tuòno di una violènza tale che sembrò

volér sollevare

la màcchina e lanciarla in mare. Un fùlmine aveva col-

pito la montagna a una cinquantina di méètri dall’automobile. E un secondo e débole,

398

poi sempre

dopo, un rumore,

prima lontano

più forte, fece gridare

a Bruno:

« Avanti!

avanti!

prèsto!».

Vespucci,

sénza

pensare

a

ciò che faceva, senza domandare perché, lanciò la màc-

china a tutta velocità. Ma èbbe appena fatto una vendi colpo, in mèzzo

tina di métri che dovètte fermarla

a un fracasso tale che non si sentì neppure il grido di

Dorabel, grido di spavènto, ma anche di dolore, perché aveva battuto il capo contro il sedile davanti con una forza

tale che

per

momento

qualche

vide

non

e non

di colpo = tratto

a un

fracasso

rumo-

=

re violènto

spavènto = grande paura bàttere batte ha battuto

sentì niénte. Bruno!

« Papa!

cos'è succèsso? », gridò Joy, appena

fracasso si fu calmato. Bruno,

« Ma, non

il

so», disse Vespucci. parlare

lui, non rispose perché non poteva

calmo calmare, calmarsi

dal

dolore, avèndo urtato con violènza il ginòcchio contro la valigia. Per qualche minuto sentì altro che il rumore

nella màcchina

della piòggia

non

si

e del vènto,

e

andare

a

le déboli grida di dolore di Dorabel. Fu

di nuòvo

vedere, no?

Joy

che

disse:

« Bisognerébbe

Mi pare che ci sia qualcòsa

sulla strada,

davanti a noi, qualcòsa di grande e di nero ». « Si, disse Vespucci,

« dèvo andare a vedere da vicino. La piòggia

cade così forte che dalla macchina non si vede nulla».

E Annibale fece per uscire, ma Bruno lo fermò: « Nò, è 399

Capitolo 29 . uscire (che) io esca

méglio che èsca io. Lèi è ancora quasi interamente

a-

sciutto, mentre io sono gia così bagnato che un po’ più o

un po’ meno non fa alcuna differénza ». « Ma il suo ginocchio, Bruno? », domandò Vespucci. « Va méglio, gràcoprirsi si copra!

zie. Posso camminare ». « Ma almeno,

si copra col mio

scialle per non raffreddarsi! », disse Dorabel. « Mille gràindòsso = addosso

zie, signora Dorabel! Lèi è molto gentile, ma veramente, non farei che bagnare anche il Suo scialle, e io mi son già

preso

tant’acqua

che

indòsso

« Mi

...».

rincresce

molto di non poterLa aiutare », disse Dòrabel, pòi a un

tratto il macigno

« Annibale!

Non

hai

una

bottiglietta

di cognac nella tua valigia? ». « Sì, sì, e non è neppure nella

bere beva!

esclamò:

valigia

grande!

qui

ce l’hò

nella

mia

valigetta

nera. Ecco, Bruno, beva! Le farà bène ». « Grazie », disse

Bruno, e dopo avér bevuto, uscì dalla màcchina e andò

a vedere cosa c’éra sulla strada. Tornò un minuto dopo, e appena si fu seduto nella màc-

china esclamò: macigno

= gran-

dissima piétra

indietro > avanti

un gròsso macigno in mézzo

C’è

alla strada ». « Allora bi-

sogna tornare indiétro a Sorrento! », disse Dorabel, ma Bruno

indiètro, 400

« Impossìbile proseguire il viaggio!

proseguì:

perché

« Non

possiamo

un altro macigno

andare

né avanti né

è caduto

diètro di

noi! ». « Poveri noi! Che sfortuna! Con un macigno vanti e uno diétro, siamo

in una

Dorabel

terribile! », esclamò

da-

situazione veramente

con spavènto,

ma

Joy

le

disse sorridèndo: « Io dirèi piuttosto: Che fortuna! Pènsa che

quei

macigni

avrèbbero

potuto

caderci

addòs-

potuto farci finire in mare»,

so! ». « E avrèbbero

ag-

giunse Vespucci. « Non vedo bene la differènza », disse Bruno

ridèndo,

«la fine sarèbbe stata la stessa, nò?>».

smétterla

« Volete

di parlare

di queste

còse? », gridò

smétterla : sméttere

Dorabel, in mézzo al fracasso del tuòno e di un violen-

tissimo colpo di vento. « Va bene, va bene, Dora », disse

Annibale,

« pensiamo piuttosto a tògliere quei macigni

dalla strada!

Andiamo! ». « Mi rincresce

lo fermò Bruno, in quattro,

siamo

di dirGlielo »,

« ma credo che sia impossibile. Anche sempre

troppo

pòchi,

e neppure

la

nòstra màcchina è abbastanza potènte per spostare quei macigni ». « Ma allora chi ci tira fuori da questa terri-

tirare fuori ——> méttere dentro

bile situazione? », esclamò Dorabel, spaventata all’idea

di non potere né proseguire, né tornare indiétro. « Già, allora

...»,

cominciò

Vespucci

lentamente.

In quel momento, si sentì il rumore di un gròsso torpedone che si avvicinava, venèndo

da Amalfi.

401

Capitolo 29

PAROLE: gita f

aranceto

ESERCIZIO m

coltellino m

buccia f giornale m sedile m sigaretta f forma f cavallo m animale m polvere f viaggiatore m vento m soffio m naso m violènza f

punto m

piòggia f

nuvolone m acquazzone m

interruzione f tempo m tempaccio m lampo m tuono m fulmine m racconto

m

ricchezza f potènza f sfortuna f ondata f scialle m raffreddore m capo m ginòcchio m fracasso m dolore m spavento m bottiglietta f cognàc m macigno m situazione f

402

Dove

dopo averlo visto

dopo averli visti

l’ho visto

li ho visti

dopo averla vista

dopo averle viste

l’ho vista

le ho viste

hai

messo

salotto. Mia

senza

deve

questa

tua

Chi

io. Giacché

partire senza

ora

borsetta?

è in camera

vist—.

triglia,

di vino;

la

cugina

averla

ho trovat—

non

A.

ha

sua, non

trovato

mess—

nel

devi partire

i miei

libri?

Li

Lei non conosce i miei nipoti,

averli vist—.

l'hai assaggiat—?

sono

L’ho

vuote,

E molto

Avevo

due

chi le ha bevut—?

buona,

bottiglie Mi

basta

averle vist— per sapere che non stanno bene. Credimi,

tuo

fratello,

non

l’ho mai

dimenticat—!

Dopo

averle

lasciat— parlare un po’, le ho interrott—. Sei tu che hai i miei libri, non partirai prima Ma

di avermeli restituit—!

ieri!

io te li ho restituit—

ESERCIZIO

B.

Poco dopo aver lasciato Sorrento, si arrivò ai primi —, e Joy

disse

che voleva



delle

arance.

Bruno

allora

Capitolo XXIX trovare

disse che bisognava

varono

poco

e Joy

dopo,

il —

dell’aranceto.

di bellissime arance. Joy prese un — e

diecina

si mise subito

bagnato

una

a — un’arancia. Suo padre le disse di mettere le — un —

che era li, sul —

Per una mezz'ora,

in

davanti della macchina.

i quattro chiacchierarono

rette, poi si riparti.

Bruno

mostrò

a Joy

e — una

siganuvola

che aveva la — di un — che sembrava correre sui Monti

Lattari. Ma Dorabel trovò che non — certo a un cavallo. Infatti, la nuvola aveva — forma e rassomigliava — a un cane o a qualche

altro —.

A un tratto, si alzò dalla strada una nuvola di —, che

in un secondo

coprì i quattro —, i loro vestiti, tutto.

Era il — che l’aveva sollevata. Poco dopo, un — di vento ancora più — del primo sollevò un’altra nuvola di polvere, e i quattro viaggiatori ebbero la bocca, il — e gli

occhi pieni

di polvere.

Quando

più alto della strada, Vespucci Sono —,

ancora

goccioline, ma

furono

esclamò:

fra poco

violénto

potente uguale



e sua madre

tro-

Lo

arrivati

al —

« Ecco la —!

diventeranno

differénte

asciutto

impossibile rapidamente ugualmente

augurare sbucciare chiacchierare fumare cambiare

piòvere

richiùdere soffiare spaventare

proseguire tuonare tirare

mandare inondare rincréscere raffreddarsi calmare

bagnare piuttòsto addòsso indòsso contro

0...0 indiétro di rado

di colpo

un

vedrete! ».

403

Capitolo

29

ESERCIZIO

C.

Che tempo fa durante la gita dei Vespucci? Perché

Dorabel

voleva

videro i primi lampi?

tornare

a Sorrento,

.... quando

si

....

Cosa disse suo marito per calmarla? .... Cosa raccontò Bruno per aiutare Dorabel a non pensare al brutto tempo?

....

Com'era Amalfi nell’undicesimo secolo? .... Quando finì la sua potenza? .... Perché Dorabel ha paura di rimanere seduta nella mac-

china col vestito bagnato? ....

Cosa fece Bruno per aiutarla? .... Perché, poco dopo, la macchina si fermò di colpo? .... Cosa vide Bruno quando andò a vedere? .... Perché la macchina non poteva spostare i macigni? Che

cosa si sentì a un tratto?

....

....

1t—r_-————r—-—oror-—oor-————rc--oo-eee_-c---_-r.ro—oe-rroreeeoo@—“"

Capitolo trenta (30)

FINE Il torpedone

'/]z_—_———————12r

Capitolo trentésimo

DEL

si fermò

(XXX)

TEMPORALE

a una

ventina

di metri

appena

dal macigno. L’autista, un napoletano di una quarantina d’anni, scese per vedere

cos’éra succèsso

davanti

Bruno,

al macigno

màcchina

sentendo

con

il torpedone

che

e si incontrò

aveva

lasciato

la

avvicinarsi.

« Be’? Che si fa? », domandò Bruno quando èbbero fatto il giro del macigno.

non

« Ma

si passa », rispose

soli, noi due

non

ce la facciamo!

... bisogna

l’uòmo.

« Già,

spostarlo,

ma

come?

ce la facciamo ». « È chiaro

Questo

macigno,

non

sennò

Da

che non

si potrèbbe

provare

è chiaro capisce

: si

spo-

starlo nemmeno in venti. Forse però col torpedone ...

« Vuòl

un parapètto

».

nemmeno neanche

=

a spingerlo? ». «Si, se si potesse spin-

gerlo fino sull’orlo della strada, li dove il parapéètto è rotto per parecchi mètri, si potrébbe forse farlo cadér

giù, nel mare ». « Bravo! », esclamò Bruno, «proviamo? ». « Proviamo!

Non c’è altro da fare, mi sembra ».

L’autista tornò al volante del torpedone, mentre Bruno

il volante

405

Capitolo

volgere

=

30

voltare

volgere volge è volto avanzare = andare avanti

rimaneva

accanto

màcchina

si avvicinò

si vedévano

al macigno.

le facce

Lentamente,

alla piètra. pallide

A

tutti

la gròssa i finestrini,

dei viaggiatori.

Nessuno

parlava, tutti gli sguardi èrano vòlti vèrso quella còsa nera

in mezzo

alla strada.

Il torpedone

avanzava

sèm-

pre, l’uòmo al volante aveva gli òcchi fissi sul macigno. urtare un urto

Si sentì un urto, qualche grido di paùra, e la màcchina si fermò.

segnare un segno

Bruno

fece

spingere

segno

all’autista

il macigno,

che

l’uomo

poteva

fece

segno

cominciare

a

a Bruno

di

spostarsi e posò il piede sull’acceleratore. Per un momen-

to fu come se il motore e la piètra voléssero

provare

chi dei due èra il più forte. Poi, lentamente,

la piètra

mètro

dall’orlo

cominciò

della strada, Bruno mare. muoversi — spostarsi

dal

precipitare = cadere

volesse

fu a un

Quando

a spostarsi.

si avvicinò per vederla cadere nel

In quello stesso momento,

parapétto, più

per

qualche

muoversi,

giù nel mare,

una

ma

la piètra fu fermata

secondo poi,

cinquantina

a un

sembrò tratto,

di métri

che

non

precipitò

più in basso.

Le ruòte davanti del torpedone èrano a un mézzo metro

dal parapètto. Ancora un po’, e il torpedone, forse L’autista cercò con lo sguardo

406

Bruno

....

per ringraziarlo,

Capitolo

XXX

ma non vedèndolo accanto al parapetto pensò che fosse

tornato vèrso l’àuto, e si preparò a proseguire il viàg-

gio interrotto. Ma dovèndo passare accanto alla màcchina dei Vespucci, fu fermato da Annibale che, dopo avergli fatto segno che voleva parlargli, abbassò il finestrino e gridando con quanta voce aveva per coprire

domandò,

« Dov'è il giovanotto che èra

il fracasso del temporale:

con Lèi un momento fa? ». « Ma, non è tornato? ». « No». « Be’,

a vedere

andato

sarà

...».

«A

che? ».

vedere

« Ma, che ne sò io? ». « Bella risposta! Purché non gli sia accaduto qualcòsa! ». « E che cosa può èssergli accaduto? a chiamarlo col clàcson », disse

Ma se vuòle, proviamo l'autista, e per parecchi

rale

fu

coperto

secondi

potènte

dal

il rumore

squillo

del

temporale = vento con piòggia, tuòni, fùlmini, ecc.

del tempo-

clacson

del

torpedone.

purché = spéro che

A

po un clàcson

« Sènte qualcosa Léi? », domandò l’autista ad Annibale. « No,

niente.

Provi

ancora,

dève

rispondere,

non

può

essere lontano ». L’autista provò di nuovo, e questa volta parve a tutti e due di sentire una voce lontana che ri-

spondeva

debolmente

allo

squillo

del

clacson.

parere pare parve

I due

uòmini si guardarono, poi, senza una paròla, scésero dalle

loro macchine. « Dove vai? », domandarono Joy e Dora407

30

Capitolo

bel, osare

paùra

«>

avér

« cos'è accaduto? ». « Niénte,

niente », rispose

Ve-

spucci senza osare di guardarle, « vado a vedere ... cosa sta facendo Bruno ». « Bruno? », esclamò Joy, « perché?

dove ...». Ma Vespucci non la sentiva più, egli èra già a una diecina di métri e il temporale coprì la voce della

ragazza. Quando Vespucci e l’autista si avvicinarono al parapetto, sentirono

di

nuovo,

grido di prima: con una smòrfia

quanta

volta

più

forte,

lo

stesso

« Ohée! Ohé! ». « Ohé! », rispose l’autista

voce

aveva,

e Annibale

chiamò:

« Bruno!

È Lei? ». « Si! », rispose la voce, che veniva su dal basso.

«Ma

quaggiù = qua giù

questa

dov'è? ». «Sono

quaggiù!

Sugli

scogli! ». « Come

mai? », gridò Vespucci, e la voce rispose: « Il macigno ...

colpito ... caduto chièdere chiède chièse

chiese Annibale.

giù ... gli scògli ...».

«È

ferito? »,

« No! Non sono ferito ... fortuna

...»,

rispose di nuovo la voce, mentre il vento portava via la meta delle parole.

tirare .

una

(avere)

Capitolo XXX ESERCIZIO

L’autista

fino

del torpedone

sull’—

B.

volle provare

della strada,

perché

a —

li il —

il macigno

era rotto

per

due o tre metri. Cosicché tornò al — del torpedone, e la

grossa

macchina

cominciò

Tutti i turisti erano —

done



lentamente,

ad

avvicinarsi

al macigno.

verso lo stesso punto. Il torpe-

e quando

fu vicino

al macigno,

Bruno fece — all’autista che poteva cominciare a spingerlo. Qualche momento verso il mare. spucci,

«—

quando

dopo, il grosso macigno — giù,

Il fracasso del — domandò

non gli sia accaduto

L’autista provò

coprì la voce

di Ve-

era

Bruno.

all’autista

dove

niente! », esclamò

a chiamarlo

col —,

acchiappare spezzarsi

| ammazzare rèndere | impallidire stracciare | trattenere slegare | muòversi smuovere | cessare mordere | obbligare purché | quaggiù

ohé

Vespucci. che fece

e allo —

rispose una voce lontana e —. Vespucci lasciò la mac-

china senza — di guardare Joy e Dorabel. Chiamarono di nuovo, e Bruno rispose: « Sono —, fra gli —! ». Disse che per fortuna non era —. L’autista fece una —, pensando

che si era —

in un bel

—! Come facevano, ora, a — su il giovanotto? Poi andò

a prendere

due —

che aveva

Si —

su in un momento.

quali

erano



insieme

sul tetto del torpedone.

Però non prese le — le valige

con le

dei viaggiatori.

417

Capitolo

30

ESERCIZIO

C.

Che corde prese sul tetto l’autista del torpedone?

....

Cosa fece l’autista per rendere le corde più lunghe? .... Come

fece per essere sicuro che non

cadere le corde?

....

Cosa fece Bruno

quando

stremità della corda?

avrebbe

lasciato

l’autista gli ebbe buttato l’e-

....

Perché lo fece? .... Cosa

faceva

Vespucci

ad arrampicarsi

su?

mentre

l’autista

aiutava

Bruno

....

Perché non stava tranquillo? .... Com’erano il viso e i vestiti di Bruno quando salì su? .... Cosa disse

Joy quando vide il viso di Bruno coperto di

sangue? ....

Che cosa le rispose Bruno

per calmarla?

....

Cosa raccontò Bruno ai Vespucci del suo incidente? ....

418

Capitolo trentuno

Capitolo

(31)

(XXXI)

trentunèsimo

AMALFI il temporale,

per

In ritardo

i quattro

decisero

amici

di trattenersi ad Amalfi fino alla mattina seguènte, invece di proseguire subito verso Salerno e i Monti Picen-

tini. Trovàrono due stanze con una céèrta facilità, e dopo avér pranzato si riposàrono un pàio d’ore. Bruno, soprattutto,

aveva

un

grandissimo

bisogno

di

ripòso.

anche gli altri erano molto stanchi. Appena addormentarono,

e dormirono

un burrone con una cèrta faci-

lità =

abbastanza

facilmente

Ma | riposarsi

coricati si

il ripòso

fino alle cinque, sognan-

do strade inondate, gròssi sassi che precipitàvano dalla

montagna, tuòni e fùlmini, sàngue e ferite. Joy, soprattutto, èbbe un sogno che non finiva mai, un sogno terri-

i Monti Picentini

bile in cui essa vedeva Bruno precipitare ripetutamente | ripètere

in un burrone.

Il sogno

di Vespucci,

invece,

fu meno

ripetutamente

spiacévole: egli sognò che lo calàvano giù in un burrone

spiacévole piacévole

dove anche lui aveva visto precipitare Bruno,

calare =

e dove,

; scéndere

«> far

cènto métri più in giù, trovava il giovanòtto ancora in vita,

ma

gravemente

ferito.

Con

uno

sforzo

che

per

419

Capitolo

31

qualsiasi : ogni

qualsiasi

altra

persona

che per Vespucci

il giovanòtto

sulle

sarèbbe

stato

era ròba da bambini,

spalle;

pòi,

altri, un pò’ arrampicàndosi

un

pò’

impossibile,

ma

egli si metteva

tirato

su dagli

soltanto coi piédi, risaliva

dal burrone.

il sogno di Annibale



Joy



Annibale

vollero

raccontare

agli

altri

ciò che avevano sognato e non vòllero neppure spiegare vivere

la ragione

del loro silènzio.

vive ha vissuto

aveva vissuto ripetutamente

chiunque = ognuno che

mattina. La sola a raccontare

Bruno

disse soltanto

che

in sogno l’incidènte della il suo sogno

a chiunque

voleva ascoltarla fu Dorabel. A sentirla, èra mille volte

420

più spaventoso di quello di Joy. Essa aveva sognato che la corda che avévano calato giù a Bruno si èra spezzata

Capitolo

XXXI

spaventoso

= ter-

ribile

e che, per farne una nuova, l’autista aveva dato l’ordine di aprire la valigia di Dorabel tutti i suòi vestiti!

e di fare una còrda di

« Capirà, caro Bruno », essa diceva,

«non éra che io non volessi fare qualsiasi cosa per salvare Lei, Lèi prima di chiunque, ma se Léi avesse visto

chiunque : qualsiasi persona

quell’uomo

manaccia — brutta mano

prèndere

nacce

sporche,

Dora,

La

mi

capisco

i miéi bei vestiti con le sue ma-

capirèbbe! ». « Cèrto, benìssimo.

Non

cérto,

sò cos’avréi

signora fatto

io,

al Suo posto! ». « Vero? E sa còsa mi ha risposto, quel-

l’uomo,

quando

gli ho domandato

se fosse veramente

necessàrio prèndere proprio i miéi vestiti? Mi ha detto di occuparmi

dei fatti miei!

Come

se il vederlo strac-

occuparsi di : interessarsi a

ciare i miei béi vestiti non fosse proprio un fatto mio,

il vederlo stracciare : vedere che stracciava

un fatto che interessava

fatto : quel che si fa

me

più di chiunque

« Cèrto, cara Dòra », disse Annìbale

sorridèndo,

altro! ». « se tu

mi interessava interessava

me

non ti occupassi dei tuòi vestiti, di che ti occuperesti? ». « Annibale! », provò a fermarlo Dorabel, ma lui continuò ridéndo:

«Son

tutte così, le donne,

caro Bruno,

un ve-

stito stracciato, per loro, è un fatto più grave di qualsiasi

altra

còsa ».

« Papà,

séi

proprio

cattivo,

òggi! », 421

Capitolo 31

prèndere uno in giro = ridere di uno

esclamò allora Joy, « lascia che la mamma sogno!

suo

quando

. Povera

stare zitto

la

parla dei suòi vestiti! ».

disse Annibale,

stàrsene zitto =

mamma,

. prendi

ci racconti il

sèémpre

in

giro

«Va bène, va bene»,

« continua, Dorabel, ti prometto

di non

prènderti più in giro, come dice Jòy! Me ne starò zitto zitto! ». Ma Dorabel èra stata offesa dalle paròle poco gentili del marito, e non vòlle più parlare del suo sogno.

Dorabel

offesa

andiamo : ti prégo | « Andiamo, Dorina! Dorùccia! Non puoi offenderti per offèndersi

tirsi offeso

= sen-

un

vi

x

cosi poco. Pénsa un po’

dovessi offéndermi

giro 422

perché

dove andremmo a

uu

;

finire se io

tutte le volte che tu mi préndi in

diméntico

i nomi

delle

persone,

il luògo

Capitolo XXXI

dove stò andando, l’ora alla quale la génte mi aspetta, o che sò io ». « Non è la stessa ròba! », fece Dorabel con

un gèsto che impediva ogni discussione, e passò a par-

impedire = rèndere impossibile

lare di Amalfi con Bruno.

Annìbale

stètte

un

nulla,

grattàndosi

molto

sicuro

momento il naso,

a guardarla

segno

di sé; pòi, scrollando

che

sènza

non

dir

stare sta

stètte

si sentiva

le spalle,

uscì dal

vestibolo dove i quattro si èrano riuniti dopo il brève ripòso. Egli sapeva bène che quando sua moglie si era ficcata in testa una

cosa,

éra inutile provare

a farle

cambiare idèa. Una discussione, ora, sarèbbe terminata

in mòdo

è inùtile = non sèrve a niente terminare = finire

molto spiacévole e per lui e per sua moglie.

« Che donna! », disse tra sé e sé, scrollando la tèsta, ma

parlare tra sé e sé =

In sé stesso,

senza voce

non sènza un certo piacere, perché i discorsi della moglie lo divertìvano, anche se lo rendévano un pò’ ner-

VOso. Quando disse

Bruno

a suo

Bruno? mi

padre:

«Sai

dove

ha

sulla deciso

strada, di

Jòy

portarci

A Ravello! ». « Ravéllo? Ravèllo? Il nome non

è nuòvo,

Vespucci. tadina

e gli altri uscirono

ma

non

mi

rammento

perché »,

« Ravéllo », spiegò allora Bruno,

di meno

di tremila

abitanti,

situata

disse

« è una cita trecènto

423

Capitolo 31

metri

d’altezza,

in uno

dei

luoghi

più

belli

d’Itàlia.

Dal giardino di due delle più bélle ville di Ravèllo — Villa Rùfolo e Villa Cimbrone — si ha una vista indimenticabile del golfo di Salerno ». « Ah! do! », esclamò Annibale conténto:

Rùfolo

diéde

al grande

ora mi ricor-

« Il giardino di Villa

tedesco

compositore

Joy quando

l’idèa di una sua Opera ». « Bravo! », disse

suo padre intelligente > stupido intelligènte l’intelligènza

èbbe

che tu fossi così

«non sapevo

finito,

Wagner

intelligènte! ». « Cara Jòy », sorrise Vespucci,

« ciò non

ha nulla a che fare con l’intelligènza. Conosco un uòmo

che ti sa dire le date di nàscita e di morte di un cen-

tinàio rendere rende

di compositori

e tante

altre còse

più

o meno

inùtili. Ma sta sicura che ciò non l’ha reso più intelli-

ha reso

gènte,

anzi, dirèi quasi che l’ha reso più stùpido ». A

quelle

paròle

tutti risero

e andàrono

a sedersi

nella

macchina. séguito : cose che si séguono ininterrotto interrotto

«>

Tornati

da Ravello,

decisero,

prima

di cenare,

di fare

una bréve visita di Amalfi. Fu un séguito quasi ininterrotto di ‘ah!’ e di ‘oh!’. La vita della cittadina sem-

brava infatti èssersi fermata parecchi sècoli fa; la sola

cosa nuòva

che un amalfitano di quel tèmpo

sarèbbe

stato molto stupito, e forse anche spaventato, di vedere

424

Capitolo XXXI



oltre ai vestiti, che l’avrébbero fatto ridere di gran | di gran cuòre :

cuore



era

la

luce

eléttrica.

Ma

a parte

molto

le

poche

|, parte : non parlando di

làmpade elèttriche che si vedévano nella via principale della città vècchia



le altre vie sembrava

la via principale = la via più grande

che non

avéssero luce elèttrica — quella parte della città pareva

rimasta tale quale èra molti sècoli prima.

la via principale di Amalfi

Joy

vòlle vedér

tutto:

le botteghine

nascoste

sotto

portici della via principale che attraversa la città da un

capo

all’altro;

le viuzze

così strette

che

due

persone

i

un pòrtico

da un capo all’altro = dal principio alla fine

pòssono appena appena camminarci una accanto all’altra,

e che si arràmpicano su per i fianchi del monte su cui è | fianco = lato 425

Capitolo 31 passare attravèrso = attraversare

potàbile = può bere

chesi

costruita

la città,

passando

quasi

attravèrso

le case; le strette

l’acqua potàbile della città che scorre lungo

scorrere = cérrere

viuzze in una spècie di canaletti apèrti, all’altezza del

stupire stupisce

pètto o pòco più. Questi canaletti per l’acqua potàbile

stupì ha stupito

furono fra le cose che più stupirono Dorabel Vespucci:

simile = questa

come

strano pisce

che

=

il raffreddore una malattia

«Com’é stu-

è

stupire lo stupore

possibile una

cosa

simile in piéno

ventèsimo

sècolo? », esclamò scrollando la tèsta, « veramente,

non

lo capisco. Hò visto molte còse strane in Itàlia, ma questa mi stupisce più di qualsiasi altra! Come

può bere

quest’acqua, la gente, sénza prèndere mille malattie? ». « Ma perché nò? Non c’è nessuna ragione di non berla, mi pare », disse Bruno, che lo stupore di Dòrabel diver-

tiva molto.

« Ma

non può mica èssere acqua pulita! ».

« Sì, guardi com’é pura, com’é

chiara!

È un’acqua

che

viene da una sorgènte di montagna, sa? ». « Sorgènte o nò, un’acqua che scorre in un canaletto apèrto non può una sorgènte rivolto verso

a = voltato

èssere pulita, e basta! », fece Dòrabel. minò, rivolto a Bruno:

E Annibale ter-

« Inùtile discùtere: ho provato

mille vòlte, ma non sono mai riuscito ad avér ragione, ha

detto

‘basta’, non

una discussione discutere

perché

riuscire = potere

nulla da dire. Lèi ancora non conosce Dorabel ».

(dopo avér provato)

426

quando

Dorabel

c’è più

Ma Dòrabel non aveva finito. Dopo avér camminato un

XXXI

Capitolo

po’ sénza dir nulla, essa esclamò:

« È come le mosche!

Annìbale m’aveva detto che in Italia non c’éra più una marito ha esagerato

«Suo

...!».

e invece

sola mosca,

un pò’, dicéndo che non ce n’éra più una sola», disse Bruno,

«ma

in

più

abbiamo A

non

ucciderle

mi

pare

quante,

si possa

finora,

dire

non

che

ci

è

riuscito

nessuno, per quanto io sàppia ». « Può darsi », disse Dorabel,

« ma

se i pesci

gli stessi che hò

che

visto

ci danno

in quelle

al ristorante

botteghe

bassa, copèrti di mosche, Le prometto

della

mosca

ne

d’Europa.

paési

altri

in

che

Italia

tutte

che

una

sono

città

per quanto sàppia = se è giusto quello che sò

sapere (che) io sàppia può darsi = è possibile

uccìdere = ammazzare

che nessuno riu-

scirà a fàrmeli mangiare! ». « Ma mamma », esclamò Joy,

«come puoi dire che érano copèrti di mosche?

C’érano

forse

più».

«Erano

e Bruno

le disse

due

o

tre

mosche,

ma

non

copèrti di mosche! », ripeté Dorabel, ridéndo:

«Si calmi, cara signora Dorabel, non sono gli

stessi pesci. mente

di

per

Anzi,

sono

il nostro

stati pescati

albèrgo ». « Ah,

stanòtte va

special-

bene»,

disse

stanòtte = questa nòtte specialmente per ees

per



eee

nessun altro

e

allora Dòrabel, e durante il rèsto della passeggiata non

il rèsto = ciò che

trovò più còse strane né stupefacènti.

stupefacènte che stupisce

Il giorno dopo, di mattina présto, i quattro dissero addio ad

Amalfi

ed

arrivàrono

pòco

dopo

a

Maiori,

dove

rimane

addio

zione

con

=

esclamaCul

ci sil

saluta lasciàndosi

427

31

Capitolo

Vespucci

fermò

la màcchina

c'è? », domandò

Dorabel,

un momento.

«un

guasto

« Che

còsa

al motore?

Non

possiamo andare avanti? ». « No, no», rispose Vespucci,

«e spero bene che il motore non àbbia guasti durante il

rèsto

Maiori,

del il

settembre

mentre

scen-

=

luògo del

i loro

viaggio!

dove,

’43,

sono

compagni

a sud di Salèrno,

un soldato

sbarcare

nostro

C’é

durante

che

qui

l’ùltima

sbarcati

i soldati

inglesi

sbarcàvano

guerra,

e altri soldati americani

ancora più a sud. Era l’otto settèmbre

siamo

a nel

americani,

a nòrd

e

sbarcàvano

... ».

dere a terra da una barca o una nave

Vespucci stètte un momento

compagno amico

a quei suòi amici e compagni che èrano caduti lì, nel

=

cadere = morire in guerra

golfo di Salèrno,

durante

sbarcare uno sbarco

che

aveva

alleati = paesi

morte!

divérsi che sono uniti in una guerra

stupore

egli

sènza parlare, ripensando

lo sbarco degli Alleati. Con ricevuto

la notizia

della

loro

Cèrto, ognuno sapeva che nessuno di quelli che

partivano per la guèrra èra sicuro di tornare in pàtria, ma

ciò non

aveva

reso

meno

triste la terribile

noti-

zia .... « Basta! non bisogna pensare a queste cose quando non

si è soli », disse Vespucci tra sé e sé, e ripartì. Un’ora traversare = attraversare

dopo, arrivàrono a Salèrno, che traversàrono sènza fer-

marsi, proseguèndo verso sud. 428

Capitolo

La

stesso

dallo

sul golfo

fino a Taranto,

portarli

doveva

automobile

in

viaggio

loro

del

giornata

térza

XXXI

nome. Taranto èra una delle antiche città romane prese

da

di

paio

un

trattenuti

si sarèbbero

Lì,

Annibale.

giorni, pòi avrebbero proseguito verso Brindisi. Siccome

spucci

aveva

fare tròppe sòste. Anzi, Ve- | fare una sòsta =

potévano

chilòmetri, non

fermarsi un pòco

avrébbero

non

che

deciso

di trecènto

pò’ più

un

ci sono

a Tàranto

da Amalfi

prima | sostare = fare una

sostato

sosta

di Potènza, dove avrèbbero pranzato. « Dopo, può darsi che avremo

riposarci. Vedremo. Annibale

di sostare un paio di volte, per

il tempo

non

Intanto, avanti! ».

aveva

raccontato

a Joy e Dorabel



e

Bruno neppure — che Potènza èra situata a un’altezza

di più

di ottocènto

metri,

cioè

città di

éra una

che

montagna. Joy e Dorabel fùrono dunque gradevolmente

stupite vedèndo

che

la strada,

cinquantina

a una

gradévole

piacévole

=

di

chilometri da Potènza, cominciava a salire rapidamente.

Joy,

«avevo

proprio

le montagne

italiane

da

una

céèrta

« Bèllo! », esclamò di vedere

avevamo

sempre

viste

Ravèllo non è veramente contènta,

a

voglia

tanta

vicino!

Finora

distanza,

le

perché

in montagna ». « Allora sarà

credo », disse Bruno,

« perché

dobbiamo

fare

429

Capitolo 31

una cinquantina di chilometri a più di ottocénto mètri riempire = rèn-

dere pièno

d’altezza ». « Ah! », fece Dorabel,

riémpie

delle

ha riempito

montagne

su

che

mi

« sènto già l’ària pura

riémpie

NA

i polmoni!

Potènza

x

x

dev’èssere una città molto sana, sènza tutte le malattie

che si hanno qui, nella pianura ». « Ma », rispose Bruno

ridéndo,

«non saprei dirGlielo. Può darsi che gli abi-

tanti di Potènza

siano

più

di Milano, per esèmpio, ma

sani di quelli di Roma dévo dire che non

o

ho mai

particolarmente : | sentito dire che Potènza fosse una città particolarmente più degli altri sana ». « E io sono sicura che il solo fatto di traversare

queste montagne ci farà un gran bène! », disse Dòrabel, riempiéndosi d’aria i polmoni. Bruno non provò a discùtere, e ascoltò Vespucci

430

che raccontava

l’entrata

degli

Capitolo XXXI

Alleati in Poténza, dopo lo sbarco nel golfo di Salérno. Gliel’avévano

raccontata

altri suòi

compagni

che,

as-

siéme a un gran numero di soldati inglesi e americani, èrano sbarcati nel sud dell’Italia.

Arrivàrono a Potenza vèrso le due, e avèndo tutti una

gran fame, fécero una sòsta di un pàio d’ore, per pran-

I polmoni

zare e per perméttere ad Annibale di riposarsi. Al momento

di riméttersi

mandò

a Bruno:

al volante,

«Gia,

Bruno,

egli, a un tratto, doLèi sa guidare? ». « Si,

cèrto », rispose il giovane. « Ma allora, perché non cam.

biamo

posto? ».

sa

«Gia,

stavo

appunto

per

x

appunto

|

: in que-

sto momento, prò-

domandar- | prio ora

431

Capitolo 31

Glielo », rispose Bruno, « Lèi dev’èssere stanco morto! ». «Non

esageriamo.

Sono

stanco,

ma

se Lèi

mi

avesse

risposto che non sapeva guidare avrèi potuto continuare cosa faticosa = còsa che stanca

benissimo ».

«Si,

ininterrottamente

Dunque,

ma

è molto

faticoso

°

guidare

per ore e ore, specialmente

cambiamo

posto!

Fino

a Tàranto,

quasi

d'estate.

guido

io ».

« Va bene. Grazie ». Passarono attraverso Potenza in pochi minuti, e conti-

nuarono gli Appennini la cui acqua = l’acqua delle quali

il viaggio

Sostarono

fra le montagne

degli

Appennini.

un paio di volte per bere a sorgenti la cui

acqua sembro a Dorabel particolarmente chiara e sana, un’altra volta per comprare della frutta in un giardino lungo la strada.

calare

: tramon-

tare

Così, quando il sole cominciò a calare diètro gli Appennini,

erano

ancora

a quasi

venticinque

chilometri

da

Matera, cioè a quasi cènto chilometri da Taranto. « Fermiamoci

un istante », disse Vespucci,

la carta. Dev’ésserci un modo una

statale Stato

carta

=

dello

corta. Vediamo

« e tiriamo fuori

di rèndere la strada più

un po’! Ecco, Bruno,

guardi!

Nessuno

ci impedisce di lasciare la strada statale numero

sétte,

che va da Potenza a Taranto passando per Matèra, e di préndere

432

invece questa

strada

qui che passa

a sud di

a quest'ora.

soprattutto

molti,

dopo,

voltò

a destra,

sono

chilometri

XXXI

accorciare

== rèn-

dere più corto

oltre =

la strada

statale

n° 7.

no =

Il sole intanto éra calato diètro i monti,

più di

Bruno,

Proviamo! ». E

lasciando

trenta

di oltre

il viàggio

ne pènsa? ». « Trenta

Che

chilometri.

poco

ci accorcerà

e che

Matèra

Capitolo

nùmero

e cominciava

a far nòtte. La strada che seguìvano ora i nòstri amici era molto più stretta e meno bélla della statale. Accor-

ciava forse il viaggio, sì, ma era anche molto più fati-

cosa e meno davanti

gradévole.

A un cèrto punto,

trovàndosi

a tre strade, Bruno

per un istante non

sèppe

quale dovesse scégliere, ma

poi, senza nemmeno

guar-

sapere sa sèppe = ha saputo

dare la carta, voltò a dèstra. Poco dopo, si accòrse che si éra sbagliato e che avrèbbe dovuto scégliere la strada

di mézzo.

Voltò

dunque

a sinistra appena

poté,

pen-

sando di ritrovare in quel modo la strada giusta, senza tornare indiètro. La

notte

éra

calata,

Bruno

accese

d’ora dopo si trovarono

di nuòvo

strade:

Questa

quale scégliere?

màcchina,

la carta.

accese

la

« Vediamo

i fari.

volta, Bruno elettrica

un

ècco:

...

quarto

davanti a parécchie

lampadina

pò’

Un

fermò

e tirò

siamo

la

fuori

qua.

Se 433

Capitolo

31

andiamo a destra, ritroviamo la strada giusta fra cinque

o sei chilometri ». « Meno male », disse Vespucci, e Dora esclamò:

« Lèi è pròprio sicuro? Sarèbbe una còsa spa-

ventosa dovér passare la nòtte a cercare la via giusta! ». « Ma cara Dora! », disse Vespucci, « chi ti parla di girare tutta la notte?

Fra

un paio d’ore al màssimo

saremo

a Taranto ». « Speriamo, speriamo », fece Dorabel,

tanto,

questo

viàggio

mi

sembra

terribilmente

« sol-

lungo.

Purché non finisca male ...». Annibale ritrovata la strada

: quando ébbero

ritrovato la strada

scrollò le spalle, Bruno

cese i fari più potènti e continuò.

non disse niénte, ac-

Ritrovata

la strada

che avévano perduta, proseguìrono fino a Ginosa e voltàrono vèrso sud. A dièci chilometri da Ginosa, il motore,

lentamente,

Vespucci,

si fermò.

« Che

succède? », esclamò

e Bruno, dopo èssere sceso a vedere, rispose:

« Non capisco: non c’è più benzina! ». « Eh? Che cosa? », esclamò

Vespucci,

«non

c’è più benzina?

Ma

l’autista

mi aveva assicurato che ce n’èra per almeno cinquecènto chilometri! ». « Eh, già », disse Bruno, e Dòrabel, alzando

le bràccia al cièlo, esclamò: « Lo sapevo bène che sarèbbe andato a finire così, questo viàggio! La sola còsa stupefacènte

434

è che

tutto

sia andato

così bene

fino

ad

ora».

Capitolo

« Dora,

ti prégo

inutilmente

renderci

fece Dòrabel,

offesa,

nervosi! ». «Se

del viaggio.

Ma

cid che dico

ne stò

e me

non

ae di pari mete ;

così», | la:

la prèndi

dico più nulla

« non

tutto il résto

zitta per

« non

di smétterla! », disse Annibale,

XXXI

chieder-

mi poi di aiutarti! Caro Bruno, Lèi adèsso si che avrà

bisogno di tutta la Sua intelligènza! Non aspetti che mio marito L’aiuti >. Bruno non la senti. Stava pensando

Gli

più che strano il fatto che non ci fosse più

sembrava

benzina nel serbatoio, ma

noscere

e ripensando.

la ragione

lo interessasse

benché

di quel

fatto stupefacènte,

principale ora éra di trovare della benzina. Ma

di co-

la cosa

dove?

Già, dove?

PAROLE:

ESERCIZIO

A.

Se fosse necessario, lo farei.

Se l'avessi saputo, non l’avrei fatto. Mi parli come

se non fossi tuo padre.

Mi parlava come se non fossi stato io a invitarlo.

riposo m burrone m manàcciaf fatto m discussionef

compositore m

opera f intelligènza f alleato m bene m

439

Capitolo

31

resto m ragione f morte f séguito m

amalfitano m

làmpada f botteghina f porticom fianco m canaletto m carta f malattia f stupore m

sorgente f mosca f guasto m

guerra f soldato m compagno m

sbarco m notizia f sosta f aria f silenzio m polmone m faro m lampadina f entrata f spiacévole spaventoso inùtile

intelligente

ininterrotto

Joy sarebbe stata molto triste se Bruno si — ammazzato. Se Bruno — visto l’autista ficcare le mani nella valigia di Dorabel, Dorabel

era

sua.

egli

l’avrebbe

come

se

«Se

io

non



crederebbero », pensa



capita. che

loro

L’autista

la

il

Vespucci,

valigia

rispose coi

mio

sogno,

e un

po’ dopo

a

vestiti

non

mi

pensa:

« Se l’— avuto io, il sogno di Dorabel, non l’avrei certo raccontato

a nessuno! ». «Se

Lei

Dorabel », disse Bruno,

« vedrebbe

viste

triste,

d’Italia ».

«Sarei

mamma! », disse Joy.

« Come

se



con

noi,

signora

una delle più belle tu

non



con

noi,

se — potuto dir di no! »,

esclamò Dorabel. Al ristorante, essa disse:

« Son sicura

che staremmo molto male, se — quei pesci! ».

ESERCIZIO

B.

Tutti avevano bisogno di —, e andarono a letto.

perciò subito

Joy ebbe un sogno in cui vedeva Bruno precipi-

elèttrico principale

tare — in un terribile —. Il sogno di Vespucci, invece,

stretto

fu molto meno —: egli sognò che si faceva — nel bur-

situato

potabile sìmile strano

stupefacente gradévole sano

436

rone

in cui era precipitato

Bruno

e che

poi, con

uno

sforzo che per — altra persona sarebbe stato impossibile, se lo metteva sulle spalle e — dal burrone.

Ma né lui

Capitolo



silenzio.

loro

del

la —

raccontare

vollero

Joy

sogni,

i loro

dissero

e non

il suo

lei, raccontava

Dorabel,

sogno a — voleva ascoltarla. A sentire lei, il suo sogno mille

era

di



più

volte

che

quello

potevano

aver

avuto gli altri. L’autista le aveva messo le sue — sporche nella valigia,

e le aveva

in —

detto

quando

di —

dei —

suoi!

raccontato

ebbe

Vespucci

la prese

sogno.

Promise

il suo

però a Joy di — zitto zitto. Dorabel era stata molto — dalle

parole

tinuare la —,

del

marito.

Perciò,

non

volle

e preferì parlare di Amalfi

Vespucci allora uscì dal vestibolo —

più

con-

con Bruno.

le spalle. Era —

provare a discutere con Dorabel. Ogni discussione si — sempre

in modo

poco

gradevole.

Ma

i discorsi

di sua

moglie lo — molto, anche se non lo diceva a voce alta, ma

solo

tra —

XXXI

faticoso statale

ripetutamente specialmente particolarmente inutilmente

gradevolmente

terribilmente trattenersi calare risalire offèndere

impedire

scrollare terminare

stupire scorrere discùtere

riuscire esagerare

sbarcare ripensare

traversare sostare

riempire

accorciare

scégliere

uccidere occuparsi di

prèndere in giro qualsiasi chiunque

e —.

anzi

ESERCIZIO Che cos'è Ravello? Perché dino?

è così ....

C.

....

conosciuta

Villa

Rufolo

e il suo

giar-

benché stanotte addio oltre a parte tra sé e sé di gran cuore tale quale

un gran bene

437

Capitolo 31

Quali.sono persona?

Cos'è

che

la prima

e l’ultima

data nella vita di una

....

avrebbe

più

stupito

oggi

Come sono le viuzze di Amalfi?

....

un

amalfitano

di

qualche secolo fa? ....

Come

arriva ad Amalfi l’acqua potabile?

Che cosa ne pensa Dorabel?

....

Che cosa le risponde Bruno?

....

....

Cosa racconta Vespucci quando arrivano a Maiori? ....

Che lerno?

438

cosa ....

pensa

Vespucci

guardando

il golfo

di

Sa-

(32)

Capitolo trentadùe

ARRIVA Gia,

dove

procurarsi

Capitolo

trentaduésimo

(XXXII)

LA BENZINA

della benzina,

alle nove

di sera,

procurarsi in modo

: fare

di avere

a una diecina di chilometri da una qualsiasi città? Ep-

eppure = ma, però

pure bisognava a ogni costo procurarsi quella benzina:

costare

il costo

Dorabel non avrèbbe mai accettato di fare dièci chilòmetri

a pièdi,

buona,

e

neppure,

di nòtte,

per

parte,

cèrto,

d’altra

a nessùn

còsto,

una

strada

non

non

avrebbe

di dormire

nella

troppo accettato

màcchina.

(Ciò che, poi, in quattro, non si sarébbe nemmeno

po-

tuto fare).

« Bè’, ora basta pensare! È ora di agire! », disse Bruno, e Vespucci,

profondo, cosa

disse:

se fosse stato

« Sì, sì, agire!

facciamo? ».

un’ària

che

come

così

non

trattenersi

ne

Queste

cOmica

aveva dal

che

Bisogna

ùltime

nessuno,

proprio

ridere.

svegliato

paròle,

da un

agire! le

nemmeno

nessunissima

sonno

Ma

disse

...

basta pensare! = abbiamo già pensato abbastanza agire = fare qualcosa dormire il sonno

con

Dorabel,

vòglia,

poi : d’altra parte

poté

cOmico tènte

=

diver-

pròprio =

veramente

rìdere il ridere

439

Capitolo

32

« Glielo dico subito », rispose Bruno: il più présto

possibile a Ginosa,

« Adésso io torno

la cittadina

che

ab-

biamo traversato poco fa, trovo un distributore di benun distributore di benzina

decìdere

la decisione

zina, compro

fra due

ore

cinque

o sèi litri e torno fra ... diciamo

x

e mezzo,

notte! », disse Dòrabel, di stare zitta,

forse

tre».

“vo

« Cioè

dimenticando

« e ci làscia qua, due

4

verso

mezza-

la sua decisione dònne

sole fra le

montagne, su una strada sconosciuta? Bravo! Gràzie! ». « Ma

cara signora Dorabel! », disse Bruno,

«io non Le

làscio mica sole! Il signor Annìbale rimarrà con Loro ».

« Annìbale! Che prezioso aiùto! ». « Sèi gentile, ti ringrà-

440

Capitolo XXXII

moglie,

le spalle,

scrollando

sua

Annìbale », continuo

« Caro

Vespucci.

zio », disse

ti voglio

«sai che

molto

bene, e che ti trovo molto intelligénte quando ti occupi dei tuoi libri o di roba simile; ma quando bisogna agire con

e decisione,

forza

sei completamente

tu, caro mio,

comico! ». « Va bene, va bene, non discuto. Quando

minci

a dire certe cose,

sìmile = della stessa spècie completamente interamente

=

che

fa

co-

stare zitti. Bruno!

è méglio

non ascolti la signora Vespucci e parta subito! Ora non =

si tratta di sapere se sono o no comico, ridicolo o che

ridicolo ridere

sò io, ma di procurare al più prèsto la benzina che ci

procurare = procurarsi

permetterà

buòna

di continuare

Bruno,

« Gràzie! », disse

fortuna! ».

avanti

e

e partì

a

Tutta

la

Dunque,

il viàggio.

passi ràpidi. Arrivò

a Ginosa

un

pò’ prima

cittadina dormiva. Bruno cando

il distributore

delle ùndici.

al più prèsto = al

più presto bile

possi-

a passi rapidi = prèsto

la traversò rapidamente, cerche ci doveva

di benzina

èssere.

Lo trovò alle ùltime case. Era chiuso, ma Bruno svegliò

il padrone e gli spiegò di che si trattava. Il padrone del distributore

sonno: un’idea.

si gratto un

«Aaah Lèi

...».

Poi

a camminare

gròsso bidone pièno

po’

il capo

e

sorrise per

di benzina

sbadigliando

disse:

«Mi d’ore

dal

viene con

un

un

pàio

non

ce la fa. Se io in-

un bidone

quando si ha vòglia di dormire si sbadiglia spesso ... a camminare non ce la fa = non

potrà camminare

441

Capitolo 32

vece, per esempio, Le vèrso la benzina in tre o quattro Lèi

fiaschi,

senza stancarsi.

raggiùngere : arrivare fino a

raggiùngere raggiunge

ha raggiunto canterellare = cantare a bassa voce

quasi

ore

a prènderli! ».

Cinque minuti dopo, Bruno camminava rapidamente per

le vie

pieni

silenziose

di

benzina,

di

Ginosa,

legati

portando

assieme

a

quattro

due

a

fiaschi

due.

Con

quegli otto litri, avrèbbero raggiunto Taranto sènza la minima difficoltà, anzi, avrèbbero avuto abbastanza ben-

zina per perméttersi di cercare un buòn albèrgo. Bruno sbadigliò conténto, e si mise a canterellare una canzone

che aveva sentito alla ràdio il giorno prima.

i

quei litri quegli otto litri

Ora vado

ed

ore

per

i

luògo silenzioso = luògo in cui non si sènte nessun rumore

camminare

potrà

Bruno coi sudi fiaschi

Capitolo XXXII

Era una notte silenziosa e un po’ fresca, l’ària èra an-

d’èrbe

di profumi

cora piena

aveva

e di fiori, Bruno

completamente dimenticato la sua stanchezza, i quattro

vuòti e non pesàssero invece più di òtto chili.

vato questi fiaschi! Un grosso bidone di fèrro, quello sì riprese

pesante! ». E Bruno

stato

la stanchezza

« Meno

male però », pensò tra sé e sé, « che quell’uomo ha tro-

sarebbe

stanco

leggèri leggéri, come se fossero

fiaschi gli sembràvano

che

fresco = freddo, ma non tròppo

la sua

col fèrro si fanno per esémpio le ferrovie pesante leggèro

«>

canzonetta, canterellando felice, col cuore leggéro. un’ora, quando

camminato

Aveva

un gruppo

di case che gli sembro

no ...», pensò soffermandosi, dato se eravamo

mobile,

sarèi

vide a mano

déstra

sconosciuto.

« Stra-

«se mi avéssero

doman-

soffermarsi = fermarsi per brève tempo

passati davanti a queste case in auto-

stato

pronto

a scomméttere

mille

lire

che non le avevamo mai viste! Non capisco ... no, davvero

ma

colo

non

capisco!».

lentamente,

ricordo,

E

Bruno

cercando

un

fatterello

nella

riprese

memoria

qualsiasi

tesse di riconoscere quelle case. Ma ria

non

conteneva

niente,

a

che

camminare,

qualche

pic-

gli permet-

la memòria sèrve a ricordarsi fatto fatterello

no, la sua memò-

assolutamente

niente

che

assolutamente= veramente, proprio

potesse aiutarlo. Eppure dovévano èssere passati davanti a quelle case! Sennò

... Bruno si fermò di colpo: già, 443

Capitolo

32

sennò, strada!

da Ginosa,

uscendo

come

Ma

rimaneva

assolutamente

altra

spiegazione.

pensò

Bruno,

ritornare sui propri passi = torna-

èssersi sbagliato di

a sbagliarsi?

fatto

incomprensibile,

« Dev’essere

ritornando

tratto esclamò: una strada che si biforca

aveva

doveva

stata

la

ma

ciò

Tutto

non c’èra

stanchezza »,

sui propri passi. E poi, a un

« Hò trovato! », e si fermò di colpo per

la seconda volta. Si era ricordato di essere arrivato, una mezz'ora prima,

re indietro

a un punto

scégliere scéglie ha scelto

scelto la strada di sinistra. Avrèbbe invece dovuto scé-

sémplice = che si capisce facilmente

coràggio paùra

«>

assicurarsi = guardare per éssere sicuro

pesante

444

: èssere

ed egli aveva

così semplice che Bruno non èra assolutamente sicuro di avere il coràggio di raccontarla agli altri: aveva par-

spesso della sua memoria

di fèrro!

E quello èra veramente uno sbàglio troppo stupido! Arrivato di nuòvo al punto dove la strada si biforcava,

Bruno si soffermo per assicurarsi che questa volta non si sbagliava, e che non c’éra una tèrza strada che fosse quella

di séguito = uno dopo l’altro

si biforcava,

gliere quella di dèstra! La spiegazione èra sémplice, èra

lato un po’ troppo

sbagliarsi uno sbàglio

pesare

dove la strada

giusta.

Sarèbbe

stato

completamente

ridicolo

fare lo stesso sbàglio due vòlte di séguito! Aveva anche un’altra ragione di soffermarsi: i quattro fiaschi di benzina

cominciàvano

a pesare.

« Eppure,

che

cosa

sono

Capitolo XXXII

otto

chili? », disse

tra



e sé,

nulla! Coràggio, giovane romano,

miss Joy che i tuoi mùscoli

«nulla,

assolutamente

fa vedere alla gentile

di fèrro non

conòscono

la

stanchezza! ». E accelero il passo.

il passo

: i passi

Un'ora e un quarto più tardi, egli vide finalmente i fanalini posteriori di un’automobile che stava ferma al lato della strada. Non

fatti, quando

egli l’èbbe quasi raggiunta,

cese la lampadina e Bruno

poteva èssere altro che la loro. E in-

qualcuno

posteriore diètro

di

un fanalino

ac-

elèttrica nell’intèrno della macchina

vide la tèsta del bravo Vespucci,

e accanto

a

lui i capelli bruni di miss Joy. « Uff! », esclamò Bruno a bassa voce

stanchezza,

e, dimenticando

il ritardo,

il peso dei fiaschi, la sua

fece gli ultimi

passi

di corsa,

e

arrivò all’àuto rosso in faccia, ma felice: « Ecco la ben-

zina! », gridò a quelli dell’intèrno, che però non lo sentirono perché avévano chiuso i finestrini e acceso la ràdio.

Bruno allora posò i fiaschi per tèrra e batté ai finestrini: « Ohe! Eccomi tornato! Si riparte! », gridò. In quel momento

Dorabel

stava appunto

dicendo a suo marito ed

a sua figlia: « Scommetto che il vostro caro Bruno avrà trovato

un

albèrgo

e ci avrà

completamente

cati ...». Si fermò di colpo sentèndo

Bruno

scomméttere che èssere sicuro che

:

dimenti-

picchiare, 445

Capitolo

32

poi esclamò:

« Che cosa dicevo? Eccolo tornato! È davgidvane! ». « Davvero? », disse Joy con

vero un bravo un

sorriso.

«Certo! »,

rispose

sua

madre

con

fuòco,

« senza di lui, saremmo stati obbligati a pernottare tutti e tre nella màcchina! ».

Intanto Annibale aveva apérto lo sportèllo ed èra sceso

per aiutare Bruno.

di uno

degli

sportelli posteriori e disse: « Buòn giorno, Bruno!

Come

ha

fatto

presto!

Jòy

Avrà

abbassò

fatto

il vetro

tutta

la strada

di corsa,

scommetto! ». Il sorriso che accompagnò le paròle di Jòy vuotare riempire

fece

arrossire

il giovane

che

quasi

quasi

vuoto

strada il fiasco che teneva in mano.

« Ohé!

giovanotto!

Non vorrà mica che ci fermiamo

sulla

di nuòvo per strada?

Per ora, pènsi un pò’ alla benzina! Con Jòy parlerà più tardi », disse Annibale ridèndo, e Bruno, arrossèndo anspegnere

accèndere

+

spègnere spègne ha spènto anteriore posteriore

cora di più, si occupò

unicamente

della benzina.

Cinque minuti più tardi, i due erano risaliti in macchina,

Bruno aveva spènto i fanalini anteriori per accèndere «>

i fari, aveva pregato Joy di spègnere la radio, e si ripartì verso Taranto.

« Che ore sono, papa? », domando Joy dopo un momentino. « Ma ... sono le due meno dieci, se il mio orològio

446

Capitolo

... E che ore

diéci

meno

«Le due

giusto ».

cammina

XXXII

èrano quando Léi è partito, Bruno? ». « Erano ... èrano le nove o le nove e mézzo, se non mi sbaglio ». « Diciamo le nove e mèzzo, per non èssere ingiusti. E quanti chilò-

metri c’érano, dal luogo dove ci eravamo

ingiusto giusto

alla

fermati

cittadina dove Lei ha comprato la benzina? ». « Ma, una

». « Dunque, fra andata e ritorno ce n’éra

diecina, pènso una

quattr’ore

in

chilometri

Venti

ventina.

e mézzo,

quasi cinque, fa ... Ma sa che ha veramente camminato presto, Léi! ». Questa volta, il tono di Joy fece soffrire

il povero

se avesse raccontato

Certo,

gidvane.

Joy non avrebbe più riso

ma più di trenta chilometri,

dubbio

trovato

fosse sbagliato state

altre,

cambiato.

ma,

lentezza,

sua

d’altra

di strada.

ma

parte,

il tono

Le parole delle

sue

avrèbbe

il fatto che

più ridicolo

ancor

in

soffrire = dolore

avér

far soffrire male a

=

far

fatto non venti,

quelle quattro o cinque ore egli aveva

della

che

tòno : modo in cui si parla

di Joy

parole

senza

egli si

lento la lentezza senza

dubbio

certamente

=

ancor = ancora

sarèbbero

non

sarebbe

E siccome non c’è niente che fàccia soffrire

tanto un innamorato

vuol bène, Bruno

quanto il riso della ragazza a cui

non provò nemmeno a

discùtere con

Jòy, ma si occupò unicamente di guidare, per raggiùngere

al più

presto

Taranto

e un

albergo.

« È terribil-

447

Capitolo

32

mente finire col fare finire per fare, fare finalmente

«ma un bel giorno

ingiusta », disse tra sé e sé,

lèi ...».

finirà col volermi béne, come io voglio bène a

E accendéndo i fari più poténti, accelerò, deciso ad arridi mezz'ora.

in meno

vare a Taranto

A Taranto, dopo avér cercato un po’, finirono col trovare

buòne,

due stanze abbastanza

il rèsto

passàrono

dove

della notte. Avrèbbero sènza dùbbio trovato un albèrgo

migliore se non fossero arrivati così tardi: « Non ho mai visto

una

esclamato

simile! », aveva

lentezza

Dorabel,

perché il cameriere che aveva mostrato loro le camere camminava

come

se un peso imménso

sulle spalle, facendolo

soffrire ad ogni passo.

forse gli è veramente accaduto

frire », aveva

« Chissà,

qualcosa che lo fa sof-

si coricàvano,

mentre

Joy

detto

gli fosse caduto

e sua

madre si èra sentita troppo stanca per discutere. Poco dopo, si erano addormentate. Passàrono

e

la

sera

due

giorni

dell’ottavo

due

a Tàranto,

giorno

dopo

altri a Brindisi,

la

partenza

da

Napoli arrivàrono a Barletta, una città di sessantacinque-

mila proporre propone propose poiché

448

abitanti,

a nòrd

loro arrivo, Bruno siccome

di Brindisi.

propose

La

mattina

a Jòy e a Dòrabel

dopo

il

di ripo-

sarsi in riva al mare, poiché Barletta ha due belle spiag-

Capitolo

andato

sarèbbe

Annìbale

ge. Intanto,

XXXII

un’an-

a Canne,

tica città romana,

sparita, ma

òggi in parte dissepolta.

Tutti accettàrono,

e Annibale

parti canterellando

dissepolto = seppellito

dis-

una

canzonetta, mentre gli altri andavano alla spiaggia.

La sera, verso le otto, Annibale telefonò a Dorabel per dire che sarébbe stato di ritorno a Barletta al piu tardi alle nove, Aveva

e che si sarèbbe

fatto

che,

scoperta

una

subito

partiti per Napoli. fatto

da sola, avrèbbe

scoprire una scopèrta

conoscere il suo nome nel mondo intero! Che cosa fosse,

non vòlle dirlo al telefono:

non

si poteva mai

sapere

chi stava ascoltando. Anzi, per prima còsa aveva comin-

ciato col domandare nessuno

poteva

se Dorabel èra proprio sola e se

sentire

ciò

che

essa

diceva.

cominciare col fare = fare come

prima còsa

Dorabel,

un pò’ stupita, aveva risposto di nò, ma nemmeno allora

Annìbale

aveva

voluto

parlare

chiaramente.

Cosicché

quando Dorabel aveva raccontato agli altri ciò che le aveva detto il marito, essa aveva scrollato la tèsta come

per dire:

« Pover’uomo,

chissà come

andrà

a finire, se

continua così! ». Intanto,

lèi e Jòy

si èrano

messe a

fare le valige,

co-

sicché, quando Annibale entrò quasi corrèndo nella loro

càmera,

tutto èra pronto

per la partènza.

« Prèsto!

in 449

Capitolo

32.

macchina! », gridò Vespucci,

siamo

partire sùbito!».

Dorabel,

Joy e due

«ho pagato l’albèrgo, pos-

E scese giù seguito da Bruno,

facchini

che

portavano

le valige.

In un pàio di minuti, tutti furono in màcchina, e lasciàrono

Barletta.

Solamente

quando

fùrono

usciti

dalla

città, Vespucci accettò di raccontare la sua scoperta.

PAROLE: costo m sonno m distributore m decisione f bidone m ràdio f stanchezza f ferro m canzonetta f memoria f fatterèllo m spiegazione f coràggio m sbàglio m fanalino m peso m corsa f tono m dubbio m lentezza f scoperta f comico ridicolo rapido silenzioso fresco

leggeéro 450

ESERCIZIO

A.

mettere

coprire

tenere

mette

copre

tiene

ha messo

ha coperto

ha tenuto

mise

coprì

tenne

Bruno vano.

(aprire) Dorabel

il finestrino per vedere dove si trovanon

voleva

di lasciare l'automobile.

(permettere)

al giovanotto

« Se Lei si (coprire) bene, non

avrà freddo », disse Bruno.

« Meno male che ha (smet-

tere) di piovere », disse Joy. Lo scialle di Dorabel aveva

(appartenere) a sua madre. Essa se n’era (coprire) per non aver freddo. Bruno non si (trattenere) a lungo col padrone del distributore.

« Ogni

fiasco

(contenere)

due

litri,

quattro

Capitolo

basteranno dunque », disse l’uomo. Quando

ebbe pagato,

Bruno (mettere) due o tre pezzi da cento nella mano delche Bruno ci ha dimenticati! »,

(Scommettere)

l’uomo. «

« chissà perché mi volete tutti far (sof-

disse Dorabel,

(scoprire) l’auto-

frire)! ». Bruno fu felicissimo quando mobile.

ESERCIZIO Bisognava

B. Ma

a ogni — — della benzina.

come?

Bru-

no decise che era ora di —, e non di parlare. Vespucci

bisognava

disse

quando

—,

molto

un’aria

aveva

— di benzina e li avrebbe comprato saria. Dorabel

dimenticò

disse a Bruno

che

disse

al marito

la sua —

egli non

che

egli

poteva

era

certo

che

cercato un

spiegò che avrebbe

agire. Bruno

lui

anche

la benzina necesdi starsene zitta, e

lasciarle

molto

sole.

Poi

intelligente

quando si occupava di libri o di roba —, ma che sennò, era —

XXXII

pesante

incomprensibile minimo nessunissimo profondo

semplice posteriore anteriore

ingiusto dissepolto deciso completamente assolutamente procurarsi agire trattenersi da

sbadigliare raggiùngere

canterellare pesare soffermarsi proporre

scommettere riconoscere biforcarsi assicurarsi vuotare spégnere trattarsi di soffrire eppure DI

di séguito

comico.

Bruno pensò anche lui che Vespucci era un po’ —, ma non lo disse e partì a passi —. Il padrone — dal sonno quando

metterla

uscì

per

in un

dare

grosso

a Bruno

—,

la benzina.

la mise

Invece

in quattro

di

fiaschi. 451

Capitolo 32

Poco dopo, Bruno

Ginosa.

Con

camminava

contento per le vie — di

portava,

che

la benzina

avrebbero

facil-

mente — Taranto.

ESERCIZIO

C.

Cosa disse Bruno quando, tornando da Ginosa, vide delle ....

case sconosciute?

Cosa si mise allora a cercare nella memoria? ....

Qual era la spiegazione?

il coraggio

Perché non aveva

....

di raccontarlo

agli

altri? ....

....

sciato i Vespucci? stava

Cosa

ore dopo che ebbe la-

parecchie

Cosa vide finalmente

quando

Dorabel,

dicendo

E cosa disse poi, quando vide Bruno? cosa fece Bruno,

batté

quando

....

gli disse che aveva

Joy

fatto molto presto? .... Cosa

fece Annibale

quando

furono

arrivati

a Bar-

letta? .... Cosa

disse a sua

stessa?

452

....

moglie

ai

....

finestrini della macchina?

Che

Bruno

quando

telefonò

la sera

Capitolo trentatré

Capitolo trentatreésimo

(33)

(XXXIII)

una battàglia

LA SCOPERTA Quando

sentito

«Ero

Vespucci

il suo

dunque

fu

DI ANNÌBALE

arcisicuro

racconto,

che

nessuno

avrebbe

cominciò:

arrivato a Canne

verso le dièci di mat-

tina. Il sole brillava nel cielo purissimo,

faceva caldo,

Varia èra chiara. Ho lasciato l’automobile al lato della strada e sono andato in riva al fiume Ofanto, dove, duemila anni fa, ha avuto l’esèrcito di Annibale glia che per Roma

». « Ma

poco

luògo

aprì

ad

lo interruppe

di Canne

Jòy,

le porte

di

«io credevo

Joy! La mia teoria

è infatti interamente .

DI

fra

una battà-

Annibale

che tu... ». « Giusto, giustissimo, cara sulla battàglia

battàglia

e quello dei Romani,

non

papà»,

la grande

diversa

dalle teorie di tutti coloro che hanno scritto sulla questione. Però, per provare che la mia teorìa èra giusta, dovevo prima dimostrare che le loro teorìe èrano false.

Perciò, hò cominciato col recarmi sul posto dove — secondo

le loro

false teorie

luògo

la battàglia



di Canne.

si crede

Capisce,

che

àbbia

caro

avuto

Bruno,

un esèrcito arci-

=

-issimo

brillare = splèndere

per pòco non aprì = aprì quasi teoria : idèe su una còsa, di cui non si sa ancora se sono giuste o nò coloro che quelli che

=

questione = còsa di cui si discute provare una còsa : far vedere che è giusta dimostrare = provare falso

«>

vero

secondo le teorie = come dicono le teorie

io 453

33

Capitolo

tésto = qualsiasi cosa scritta

avevo

Cartàgine èra la patria di Annibale

sulla

scoperto, guèrra

fra

i testi

e rileggèndo

leggèndo Cartàgine

l’esèrcito

che

e Roma,

antichi di

Annibale e quello dei Romani non potévano éssersi scontrati a est dell’antica in realta verita

=

in

Canne,

dove

si vuole

che

abbia

avuto luogo la battàglia. In realtà, i due esèrciti dové-

vano èssersi scontrati nei campi a una diecina di chilòprecisamente = con precisione cid che mi mancava = cio che non avevo

==

a

a ovest,

sud-ovest

o più di

precisamente

Canne.

Ciò

a otto

che

mi

chilometri

mancava

era

unicamente di trovare una qualsiasi prova, un oggetto,

provare una prova NY

metri

liz

O = —.

la tua storia, sì o no? »,

esclamò a questo punto del racconto la moglie di Anni-

qualunque qualsiasi

insomma tutto

=

: dopo

(persona) impaziente = che non

bale, impaziènte di conoscere il séguito. « Ma scùsami!

vuòle

aspettare

che cosa ti pare che stia facéndo? », le rispose Annibale, dieci minuti

«sono

almeno

vieni

a domandarmi

che non

quando

comincio!

e tu

altro,

faccio

sai che séi

Ma

incredibile? ». « L’incredibile, se mai, sei tu, caro mio!

se mai

: sesene

può parlare

È vero che stai parlando da dièci minuti, ma sulla tua cosiddetta scopèrta ne sappiamo, ma! ». «Ma

insomma,

se mai, meno

lasci raccontare,

mi

di pri-

sì o nò?»,

esclamò allora Annibale, impazientito. « Ah! se la préndi

impaziènte impazientire

in questo modo ... », rispose Dorabel offesa, ma non fini

« Io vado a Roma » e una frase

la frase incominciata e si mise a guardare dal finestrino

incominciare cominciare

dell'automobile.

Annibale

scrollò le spalle dicèndo

tra

sé e sé: « Di nuovo la solita storia ...». Poi riprese, parlando per Bruno

e per Jòy:

cercare,

stessi

avuto

lì intorno,

cercando.

luògo la battàglia, mi son messo sénza

Stavo

già

la sòlita storia =

la storia di sèmpre riprèndere : continuare

«Quando hò trovato il posto esatto dove, secondo la mia teoria, aveva

=

sapere,

a dire

andando

il vero,

in giro

da

esatto esattamente

a

còsa

un’ora

circa, e cominciavo ad èssere un pò’ impaziènte, quando

stare

(che) (che)

io stia io stessi

455

Capitolo

33

il mio sguardo, a un tratto, si è fissato su un oggéètto benché

sebbène =

che, sebbène fosse quasi interamente copérto dalla tèrra, brillava nondimeno così chiaramente che non mi poteva

sfuggire a : non èssere visto da veloce

=

ràpido

raccattare = prèndere una còsa da tèrra

sentire un sentimento

sfuggire.

Mi

l’oggètto e me

lo son messo

sapessi

esattamente

ancora

aver fatto una

grande ho

=

Bruno,

=

in

quantunque

di solito

modo solito

nessuno.

intorno:

Mi

sono

che

io

in tasca. Sebbène còsa

scopèrta.

talvolta

fosse,

siano di sòlito molto

sicuro

spiegarLe,

Dèvo

cèrti

èro

io non

sentimenti

vaghi,

ai

di

caro quali,

io nondimeno

obbedisco ogni vòlta, benché sia incapace di darne una

vago «> esatto

malgrado decisione

guardato

allora abbassato e, veloce come un lampo, hò raccattato

quantunque

benché

sono

spiegazione ». la sua = ben-

ché avesse deciso

«Ma

insomma », esclamò

di nuòvo

Dòrabel,

malgrado

la sua decisione di non parlare al marito, « ce lo racconti,

sì o no, cos’éra quell’oggètto? ». Anche gli altri ascoltatori avévano una gran voglia di fare la stessa domanda impaziénte l’impaziènza

ad Annìbale,

sforzarsi di = fare

grande che mai, essi si èrano finora sforzati di stare zitti.

uno sfòrzo per

ma

sebbène

la loro impaziènza

Ma l’esclamazione di Dòrabel fece domandare

fosse più

anche a

loro: « Si, che cos’éra? ». « Mamma zando

456

mia!

le mani

che impaziènza! », rispose al cièlo e dimenticando

Vespucci,

per un

àttimo

aldi

Capitolo

XXXIII

tenere il volante. Lo riprese però sùbito, e fece appena

in tempo ad impedire che la màcchina andasse a finire

in un albero. Poi disse: « Mi fate saltare tutta una parte

saltare : non rac-

contare

del mio racconto, pèggio per voi! Guardate che, io, non

pèggio : è pèggio

l’hò mica saputo subito cosa fosse l’oggétto che avevo

guardate! — non dimenticate!

raccattato. Ma giacché siète così impaziéènti, ve lo dirò: era nientemeno che un antico anèllo romano, per essere

nientemeno

più esatti un anello d’òro che aveva appartenuto a uno

l’òro è giallo ed è molto prezioso

dei soldati romani che avévano preso parte alla battàglia

niénte meno

tacere =

di Canne».

lare (più)

Annìbale

tacere tace

tacque.

Dòrabel

guardava

con

la

bocca

Joy da parte sua lo guardava quasi

aperta dallo stupore, con ammirazione:

lo

non èra pòi mica tanto stùpido, suo

padre! Bruno, lui, esclamò:

« Càpperi!

Nientemeno che

un antico anèllo d’oro! E per di più, dice Léi, l’anéllo

=

non par-

tacque

ammirazione = ciò che si sènte vedèndo una còsa o

persona eccellènte

capperi! = esclamazione di stupore, di ammirazione

di un soldato romano! ». « Come ‘ dice Léi’? È un fatto! »,

esclamò

Vespucci,

e Bruno:

« Son

pronto

a créderlo,

caro signor Annibale, malgrado che ...». « Come grado

che’? », esclamò

di

nuòvo

Vespucci,

‘mal-

impazien-

tito, « Lèi crede dunque veramente che io àbbia sognato? o che non sia capace

di riconoscere un anéllo romano?

Ma scusi! per chi mi prénde? Oh! ...».

un anéllo

457

Capitolo 33

« Càlmati, papa, càlmati », disse crédere a...

crédere che ...

vero

x

Joy, mettèndo la mano x

ou.

è{ sulla spalla del padre e sforzandosi di non ridere, « cre-

diamo tutti quanti a ogni parola che ci hai detto! Spiègaci piuttosto come mai i soldati romani avévano degli

anélli d’oro ». « Va béne », disse Vespucci, « ma promettétemi = o mut er èss potér parlare

non

di

lasciarmi

parlare

senza

interrompermi ».

« Stiamo muti come pesci, papà! », esclamò Jòy, e Vespucci riprese

allora

la sua

spiegazione.

i cartaginesi ricévono gli anèlli mandati da Annibale

« Noi

sappiamo

d’òro

perché,

che dopo

portàvano

anelli

sui Romani,

Anni-

i soldati romani la sua

vittoria

bale, il quale voleva che Cartàgine sapesse quanto

458

èra

Capitolo

quella vittoria per il séguito

importante

XXXIII

della guerra,

mando in patria suo fratello con un grandissimo numero

di anelli d’òro presi ai soldati romani caduti nella bat-

tàglia di Canne ». « E uno di quegli anelli ... », cominciò Bruno.

« Appunto! », esclamò Annibale,

alle ricerche dei soldati di Annibale,

anelli, sfuggèndo e rimasto a

li, sul campo,

rimasto

Annibale

per

Romani

ai

appartenuto

« uno di quegli

fra altri oggétti

caduti

quel

giorno.

anni,

fino

al giorno

oltre duemila

Vespucci...».

interrompendolo

che

esclamò

« Bravo! »,

di nuovo,

«per

volta

una

campo : luògo della battàglia

avévano

e

vi

E

che

cercare le ricerche

io,

Dorabel,

lasci

mi

muta di ammirazione! ». « Grazie », disse Annibale, « non

nascondo

pero che sarei stato ancora

tu fossi rimasta muta

di ammirazione

più conténto

se

per qualche

se-

condo ancora, cosi da lasciarmi finire la frase che avevo

incominciato ». « Ma

do? », domandò

scusami,

di che frase stai parlan-

Dorabel molto stupita. « Stavo dicéndo

che quell’anéllo era rimasto lì, sul campo, fino al giorno in cui io ...». « Ma caro! il rèsto lo conosciamo, nò? ». «Si,

va

bene,

mia frase, non

ma

potevi

trovi? ».

lasciarmi

finire lo stesso

«Caro Annibale,

io non

la

lo stesso : anche se conoscete la fine

ti ca-

pisco! », esclamò Dorabel, offesa di nuòvo. 459

Capitolo

33

Fu Bruno che tirò fuòri i due Vespucci dalla situazione sgradévole = spiacévole

sgradévole

volta:

in

cui

si èrano

signor

« Càpperi!

ficcati,

esclamando

Lei

Vespucci:

fatto

ha

a sua

vera-

Qualunque altra per-

mente una scopèrta meravigliosa!

sona che avesse trovato quell’anèllo, se lo sarèbbe messo al dito oppure

in tasca,

e poi l’avrebbe venduto

o

tenersi «> restituire

regalato o se lo sarebbe tenuto, ma

decidere decisivo

avrebbe mai saputo quale pròva decisiva avesse avuto

in ogni modo

non

fra le mani». «Si», disse Joy, « è proprio una grandìssima

fortuna

che

quell’anéllo

l’àbbia

trovato

tu

e

nessun altro, papà! ». « Avete ragione », disse Annibale, assài =

modesto

molto

: che non

esagera parlando di sé stesso

«è

infatti una

scoperta

... assài

interessante».

« Lèi

è molto modésto, signor Annìbale! », esclamò Bruno, « la Sua scopérta non è solamente

‘assai interessante’: è la

più grande scoperta degli ùltimi vent’anni, se non più, nel campo della storia di Roma esageriamo, importante l’importanza

caro Bruno»,

«quantunque

e di Cartàgine ». « Non

disse Annibale,

arciconteénto,

io sia il primo a riconoscere l’importanza

della mia scopéèrta, d’altra parte sò che in questo campo sono state fatte altre scopèrte assài più importanti della

mia. E poi, senza èssere modèsto, Le dèvo dire che ciò impòrta

portante

460

=

è im-

che

m’impòrta

non

è tanto a

la scopérta

in



stessa

Capitolo

quanto

il fatto

essa

che

mi

permette

che

di provare

le mie teorie sulla battaglia decisiva di Canne

XXXIII

sono le

sole giuste ».

« Già, » disse Joy dopo un brève silènzio, « hai ragione, ... non

papà, ma

partiti

in modo

spiegato

ci hai ancora

così

siamo

tua

La

Barletta.

da

precipitoso

perché

scopèrta, mi pare, potevi anche raccontàrcela all’albèr-

in mòdo precipitoso = senza prèndere il tèmpo di pensare

go, no? ». « Se voi non mi interrompeste ad ogni istante, ve l’avréi

da sècoli : da lungo tempo

spiegato da secoli! Spèro che ora mi lascerete parlare Ecco

in silénzio.

dunque:

appena

avevo

raccattato

il

mio anéllo e stavo per tornare all’àuto, quando hò visto, un contadino

a un centinàio di métri, un uòmo,

che stava accorrendo verso di me. Siccome

credo,

non avevo

nessunìssima voglia di raccontargli la mia scoperta, mi son voltato precipitosamente

passi

a

minare contadino



mi

veloci trovavo

ed hò cominciato

sul

macchina.

la

verso suo

campo,

pènso

a cam-

Ma

il



ha

incominciato a gridare per fermarmi: « Ohi! Lèi! Fermo!

un contadino

Ladro! », e che sò io. Avréi forse dovuto fermarmi, ma

avevo

paura

obbligarmi

che

lui,

a réndergli,

allora,

vòglio

sarebbe

dire

stato

a dargli,

capace

di

ciò che

rèndere

tulre

=

resti-

461

Capitolo 33

avevo trovato nel suo campo. Perciò, invece di fermar-

mi

ad

mi

aspettarlo,

messo

sono

a correre

verso

la

macchina con quanta forza avevo. Quando voglio, pòsso correre assài velocemente, cosicché quando ho raggiunto

la strada

sfuggire a «> inseguire

il contadino

èra

sèmpre

a una

trentina

di

ar x sl: TI: i | metri, ed ho potuto sfuggirgli. Mi sento ancora impalli-

dire

quando

penso

a ciò

che

avrèbbe

potuto

farmi,

tanto sembrava furibondo, se non fossi riuscito a sfuggirgli ».

Vespucci e i! contadino furibondo

« Meno

male

che

non

correva

cosi presto

che tutto é finito béne! », esclamo Bruno,

come

Léi

e

e Dorabel, a

questo punto, riprese a sua volta la domanda di Joy: « Si,

462

Capitolo

XXXIII

va bène, ma ciò non spièga perché abbiamo dovuto tutti e quattro lasciare Barletta così precipitosamente! Il contadino, se ho ben capito, éra a piedi, e tu in automobile,

e dunque? ». « Oh cielo! Dammi ancora un po’ di pazienza! », esclamò

Vespucci.

avuto

Dòrabel,

« Già,

furibondo:

volesse rènderlo sempre

E

un

gran

bisogno

sforzò di rimanere

calmo

strada

a Canosa

da

direzione:

Barletta

come

se davvero

ne hai

di paziènza

...».

e continuò:

pazienza impaziènza

Ma

Vespucci

« Uscèndo

di Pùglia,



si

sulla

sbagliato

cosicché, invece di voltare a sinistra, cioè in

sbagliare direzione = sbagliarsi di direzione

direzione di Barletta, ho voltato a destra, proseguèndo in direzione di Canosa! mi

sono

fermato

per

Appena vedere

ho scoperto lo sbaglio

sulla

carta

se bisognava

tornare indiètro o se éra méglio proseguire fino a Canosa, e tornare a Barletta per un’altra via. Stavo dun-

que

guardando

momento,

ho

la carta, visto

quando,

un’automobile

alzando che

la tèsta

un

si avvicinava

a

gran velocita, mentre l’uomo che stava accanto all’autista sembrava farmi segno di aspettarli. Che fosse qualcuno

mandato

ad inseguirmi

dal contadino

che fosse era forse

...? ...?

=

furibondo?

Non lo sapevo, certo, ma non avevo neppure la minima voglia di aspettarli per vedere.

Così, buttata

la carta 463

33

Capitolo

sul sedile posteriore, son ripartito, allontanàndomi rapido la rapidita

la màssima

rapidità. Siccome

la mia macchina

con

era più

potènte della loro, sono riuscito a pèrderli di vista un po’ prima

di Canosa.

Mi

son

fermato

un

minuto

telefonarvi e sono ripartito. Gli altri dovévano sbagliati fatto sta che fatto è che

=

il

seguito

di strada

entrando

in Canosa,

in un’altra

direzione.

Fatto

per

èssersi

e hanno

sta che

non

pro-

li hò

più rivisti ...». « Ma...», fece per domandare Dorabel, ma

fu fermata

da Annibale,

che

continuò,

voce per impedirle di interromperlo:

alzando

la

«... non li ho più

rivisti fino ad Andria, una città a dédici chilometri da non

=

ignorare sapere

Barletta,

per la quale

avevo

deciso di tornare.

Ignòro

come mai siano riusciti a ritrovarmi, o se si son trovati per (puro) caso = senza averlo voluto

lì per

puro

caso,

ma

non

è questo DI

ciò

che

impòrta.

Importa solo che son riuscito a sfuggir loro una seconda

volta,

e che

mi

avévano

di nuovo

perduto

di vista

quando sono entrato in Barletta. E ora, vi dirò che non specialista

cosa

=

di

una

che si òc-

cupa soprattutto

credo

che

sia stato

il contadino

a mandàrmeli

diéètro,

di quella còsa

ma che si tratti di altri specialisti di Annibale, i quali

lo specialista gli specialisti

hanno

scopèrto perché

seguito fino a Canne e mi hanno

464

èro venuto

in Itàlia, mi hanno

lì, nel campo di quel contadino,

visto raccattare l’anèllo. Hanno

indovinato



Capitolo

chissa come —

che éra un oggetto di grandissima

im-

per loro,

e quindi anche

per le mie ricerche,

portanza

X XXIII

giacché sono specialisti della stessa questione. Ecco per-

quindi perciò

: dunque,

ché siamo partiti cosi precipitosamente da Barletta ». « Continuo a non capire », disse Dorabel, « se sono vera-

mente

specialisti di questioni storiche, altrimenti

detto

gente

come

possono

farti

te, di che

nulla, no? Anche o non

sò dove,

hai paura?

Non

se ti seguissero da qui a ...

a Roma

male!

Perché

non

ti farébbero

nessun

dunque una partènza così precipitosa? ». « Éh, cara Dòra!

tu non ci conosci! Ignòri ancora di còsa siamo capaci! ».

« Forse, ma sò che ora tu esàgeri come sempre! », esclae Annìbale

mo Dorabel,

di colpo, esclamando:

si fermò uòmini, « Chi?

stava per risponderle, quando

sono

« Eccoli!

Ma

non

sono

diavoli! ».

Dove? »,

domandò

un diàvolo

Dorabel.

rispose. Accelerando al màssimo,

Ma

Annibale

non

egli lanciò la potènte

macchina in avanti, a centocinquanta chilometri all’ora,

lo sguardo pensiéro

fisso sulla strada davanti a sé, con un solo in

tésta:

sfuggire

di

nuòvo

agli

sconosciuti

che lo inseguivano.... 465

Capitolo

33

PAROLE: battaglia f esercito m teoria f questione f testo m realta f campo m est m ovest m sud-ovest m prova f ascoltatore m frase f

sentimento m

paziènza f impazienza f anello m oro m

ammirazione f importanza f contadino m

direzione f rapidità f diavolo m caso m specialista m ricerca f

arcisicuro arcicontènto falso cosiddetto

impaziéènte solito esatto

veloce vago muto

importante sgradevole decisivo modesto

466

ESERCIZIO

A.

Benché

Sebbene

il caffè sia cattivo, Bruno lo beve.

Quantunque

Malgrado Benché







,





bevette.

che Vespucci

(essere)

sue idee, volle trovare altri

fosse

(pensare)

sicuro

una

della

prova.

diversamente,

io

giustezza

« Sebbene so

che

delle

tutti gli

ho

ragione

10! », diceva. Malgrado che il suo racconto (potere) sembrare

incredibile,

vero.

« Benché

Vespucci tu

disse

(provare)

a

che

nondimeno

farmi

saltare

era metà

della mia storia, io racconterò tutto! », esclamò Vespucci, quantunque

(sapere)

che

le sue

offeso Dorabel. Sebbene Dorabel

parlare

al marito,

gli chiese

della storia. « Quantunque

parole

(avere)

deciso di non

di raccontare

tu (essere)

aspettare! », le rispose il marito.

avrebbero

il séguito

impaziente,

« E io non

devi

dirò più

nulla, malgrado che (avere) una gran voglia di dirti ciò

che penso di te! ».

Capitolo XXXIII

ESERCIZIO Quando

tutto

Vespucci

arrivo a Canne,

Li,

azzurro.

duemila

luogo una

grande —

Roma.

la —

Ma

B.

anni

di Vespucci

di Canne

in un cielo

si sono

avuto

aveva

prima,

fra l'’— di Annibale

e quello

è interamente

tutte le altre. Tutti — che hanno

battaglia

il sole —

diversa da

scritto sulla —

sbagliati.

di

Ma

per

della



che

la sua teoria era giusta, Vespucci doveva prima — che

le teorie degli altri erano —.

E perciò, egli si era —

sul posto in cui, — le false teorie degli altri, si credeva che avesse avuto luogo la battaglia. Vespucci era arrivato

alla sua

fra Roma

idea

leggendo

i —

antichi

sulla

guerra

e Cartagine. Secondo lui, dunque, gli eserciti

non si erano

scontrati là dove

si crede:

no, in —,

si erano scontrati a una diecina di chilometri

essi

ad —, 0,

più —, a otto chilometri a sud-ovest di Canne. Gli — di Vespucci aspettavano con impazienza il seguito della



storia.

cercata

E Vespucci

sul posto —

raccontò

che aveva

dove, secondo

trovato

lui, aveva

la

avuto

luogo la — battaglia di Canne. La sua storia era stranissima, ma

era — vera. « — », disse Vespucci,

precipitoso furibondo precisamente esattamente

precipitosamente

velocemente brillare provare dimostrare

rileggere

inventare

ignorare

mancare preparare a impazientire incominciare

sfuggire

raccattare sforzarsi tacere

importare

avér luògo

coloro esso

qualunque

nondimeno talvolta insomma

quindi assài

se mai nientemeno secondo

malgrado sebbène

quantunque

malgrado che in ogni mòdo capperi!

« la realtà

467

Capitolo

33

è più incredibile di — storia — dagli uomini ». Dorabel, che si era molto — lentamente, tua

storia,

disse:

perché Vespucci raccontava « Ma

troppo

—, ce la racconti, la fine della

sì o no? ». «Cara

Dora»,

rispose

Vespucci,

« capisco che tu sia —, ma se non mi lasci mai terminare

le frasi che —, non potrò mai raccontarvi il resto della storia! ».

ESERCIZIO

C.

e dove ha trovato la sua ‘prova’ Vespucci?

Come

....

Cosa ha fatto quando ha visto l’anello? .... Perché era sicuro di aver fatto una grande scoperta? ....

Che cos'era, quell’anello? .... Cosa

disse Joy quando

Vespucci

ebbe

raccontato

cosa

E Bruno, cosa disse che fece impazientire Vespucci?

....

aveva trovato? ....

Come

mai c’era un anello romano

sul campo

di batta-

glia? ....

Perché

era una scoperta così importante,

Perché

Vespucci

raccattato

468

l’anello?

era

scappato

....

dal

campo

l’anello? dopo

.... aver

LA FUGA

trentaquattrèsimo

Capitolo

(34)

trentaquattro

Capitolo

DI ANNIBALE

(XXXIV)

una penna

La fuga di Annibale fu qualcòsa di assolutamente indi-

fuga = corsa ràpida per scappare

menticàbile. Per raccontarla ci sarébbe voluta la penna di un grande scrittore. Ma quantunque Bruno non fosse

da Nà-

scrittore, egli riuscì, in una lèttera che mandò

poli alla famiglia, a dare un’idea vivace di quella fan-

e della

tàstica corsa per le strade della Puglia

scrivere uno scrittore

Cam-

vivace = pieno di vita

fantastico = quasi incredibile

pània. Ecco la lèttera di Bruno: Cara mammina,

Eccoci

tornati

a Nàpoli!

Le ùltime ore —

Sembra

quasi

incredibile

pòsso dirlo sènza esagerare!



... sono

state le più fantàstiche di tutta la mia vita. Partiti da Barletta ièri sera vèrso le nove abbiamo fatto il tratto

da Barletta a Nàpoli sènza sostare, sènza riposarci un di

minuto, chilometri facili,

una

notte, all’ora, média

a

una

velocità

raggiungèndo orària

di quasi

média anzi,

sui

novanta

di

settanta tratti

più

chilòmetri!

Perché? Perché il caro Annibale aveva visto tre o quat-

se si fa una meta della strada a 80 km all’ora e l’altra metà a 100 km all’ora, la velocità média è di 90 km all’ora

un’ora orario

469

Capitolo

34

di séguito

tro vòlte

la stessa

grado ciò

l’idéa di

sembra

velocità per avér visto un’automobile : mal-

le

... Certo, filare tutta la notte a quella

stesse persone

nondimeno

dentro

con

màcchina

un pazzo, ma nondimeno io non credo che Annibale sia

un pazzo pazzo

veramente

pazzo da legare = cosi pazzo che si déve legarlo

hò mai vista così furibonda, lo chiama pazzo da legare

matto

= pazzo

pazzo, anche

se la gentile Dòrabel,

che non

in presènza di tutto l’albèrgo.

immaginarsi = farsi un’idéa di

Nò, il caro Annìbale non è matto; solamente, non potete

in cérti casi = certe volte

immaginarvi

quanto

vivace

sia,

in

cérti

casi,

la

sua

immaginarsi l’immaginazione

immaginazione. Ma questa è un’altra storia, da raccon-

da raccontarsi = che si dève raccon-

tarsi in un’altra léttera. Torniamo

tare

la nòtte

notturno

fuggire = pare

scap-

ora alla nostra corsa

notturna. Era già sera quando siamo fuggiti precipitosamente da Barletta, e alle nove e mézzo stavamo avvici-

nandoci a Cerignòla, una città a circa quaranta

chilò-

metri da Barletta. immediatamente = subito

Immediatamente seguire

il mio

prima di Cerignola — racconto

carta

su una

vi consiglio di di quella

parte

statale 16 : strada statale nùmero 16

d’Itàlia — la statale 16 volta a dèstra, e in quel punto

sboccare : entrare in un’altra strada

sbocca

sulla statale la strada

che

viene

da

Canosa

di

Puglia. Proprio li, Vespucci esclamò, o piuttosto gridò:

470

« Èccoli,

quei

parlava.

Ma

diàvoli! », sènza

l’abbiamo

volerci

indovinato

noi

spiegare

stessi:

di chi

non

ci

XXXIV

Capitolo

voleva tutto

un’immaginazione quello

che

il

insolitamente

brav’uomo

ci

vivace,

aveva

dopo

raccontato!

insolito SOLITO

«>

una strada diritta

una curva

Vespucci ha premuto sull’acceleratore ed ha traversato | prèmere sull’acceleratore : méttere il piéde con forza

.

va:

“x

Cerignola a una média di almeno ottanta all’ora! Meno | sull’acceleratore

male che la statale non passa per il céntro della citta, perché allora chissà che cosa sarèbbe accaduto! Infatti, il caro

Annibale

non

solo

filava

come

un

matto

sui | Matto

un matto

tratti di strada diritti, ma pigliava anche le curve sènza | pigliare = prèndere

rallentare, anzi, entrando

nelle curve,

sembrava

quasi

che accelerasse sperando forse ogni volta che ‘ gli altri’, i

nostri stri

‘i

ey ep ‘inseguitori’,

x

stessa pazzia.

non

Sbb avrebbero

osato

fare

inseguire | la | un inseguitore pazzia : ciò che fa

un pazzo

471

Capitolo

34

Dopo

avér

continuato

biamo per C. = passando per C.

traversato

a velocita

Ora, se voi guardate

la carta, vedrete

da Barletta

per Cerignola,

a Napoli

Cerignola,

ab-

di Foggia.

in direzione

nord,

verso

pazza

che, per andare

la via più diritta

è la strada 161 che passa a una

trentina di chilometri

a sud di Foggia. In quel modo,

si accòrcia la distanza

di una quindicina

Vespucci

di chilòmetri.

vato a trédici chilometri

da Cerignòla,

la statale 16 si biforca, ha proseguito

invece, arri-

al punto

dove

sènza rallentare

inaspettato

= non

verso nord, in direzione di Foggia!

meraviglia

: stu-

inaspettato, ed io l’hò guardato con meraviglia; ma lui,

aspettato

pore

non

aspettarsi una cosa

= pensare che accadra

nossignori = no, signori

cosa strana,

inaspettata

proprio

il tempo

di parlare,

sulla strada davanti a sé, ha detto: anche

Lei che io avrèi voltato

lo sguardo

fisso

« Éh? si aspettava

a sinistra!

Nossignori!

non è così stupido come credevate, il vècchio Annibale!

cosa naturale +

esattamente

lasciàndomi

Ciò èra abbastanza

:

Popposto = il con-

Come

l’altro Annibale, il grande soldato, invece di fare

la cosa

più naturale,

quella

che

il nemico

io fàccio esattamente l’opposto, la cosa meno

si aspétta, naturale,

trario

la più inaspettata! Lèi e i nòstri inseguitori si aspettà-

roba da matti = cose che fanno i

vano

matti

geniale = intelligentissimo

472

fàccio?

che io prendessi

Prèndo

la più

Lèi, e io Le rispondo:

la strada

lunga!

più

‘Roba

‘ Nossignore!

corta?

da

E io cosa

matti!’,

roba geniale!’

dirà ».

Capitolo

E così via. Roba

da matti, veramente,

anche se lui di-

e così via eccètera

XXXIV =

ceva il contràrio. E in quel momento, non ve lo nascondo,

cominciavo

a temere

anch’io

che

il nostro

bravo

Annibale fosse davvero impazzito. È stata la fine della storia che mi ha fatto cambiare

impazzire = diventàr pazzo

idéa.

la fuga di Annìbale

Intanto,

potete

immaginarvi

vava la povera Dorabel! aveva

neppure

lo stato

Pàllida come

la forza di gridare

nel

quale

si tro-

una morta, non

dalla paura;

ogni

tanto

gli òcchi

lo stato

mèzza

sdraiata sul sedile, mézza sostenuta da Jòy, poteva solo

gemere a bassa voce:

èssere, stare

sostenere = tenere su per

impedire che cada

«Ah... Ah... Ah...», aprèndo e richiudèndoli

sùbito

dopo,

con 473

Capitolo

34

un nuovo gèmito di paùra:

gèmere

un gemito

« Oh Joy, tuo padre è mat-

to... è matto da legare...», gemeva la povera donna. Joy

pericoloso sicuro

+

faceva

quel

spiegava

che

che non

aveva

che

poteva

Annibale

mai

per

guidava

avuto

macchine

perché

di giorno

nelle curve

coraggio,

fantasticamente

incidènti

bene, andare presto èra meno di giorno,

darle

e che,

le

bene,

a pensarci

pericoloso di notte che non

o in cima

si védono

venire

le

alle salite, e si è sèm-

pre in pericolo di scontrarsi con un’altra màcchina che fila in direzione un àngolo

pericoloso un pericolo annunciare (una macchina) : far sapere che viene

opposta.

: inutil-

la luce dei

fari annùncia le màcchine a più di cénto metri, cosicché

il pericolo così

via.

gèmere

di scontrarsi Dorabel

e ad

invano:

divènta

l’ascoltava

annunciare

ogni tanto le dicevo invano mente

Di notte invece,

appena

i più

qualche

più piccolo.

E

e continuava

a

molto

terribili

paròla

incidénti.

per calmarla,

Io ma

essa non mi sentiva neppure.

Così la fuga notturna di Vespucci ci ha portati fino a fantasia = immaginazione

Foggia.

La

mia

fantasia

mi

faceva

già immaginare

i

mille pericoli che sarebbero scaturiti a ogni via, a ogni mètro, ad ogni àngolo, se Vespucci fosse entrato in Fog-

gia sènza rallentare! Perché, insomma, si può filare per ore e ore su buòne

474

strade

a una

média

orària

di cènto

Capitolo

chilometri

e più, senza

tròppi

rischi, ma

attraversare

rischio = pericolo

di

a quella velocità una città di centomila abitanti è una

garlo

Annibale,

ad

sarèbbe

stato

a spie-

provato

non ho neppure

pazzia. Naturalmente,

come

parlare

i

a un

muro, e invano Jòy, che lo stato della madre aveva resa

nervosa

anche

léi, l'aveva pregato

XXXIV

con le làcrime agli

occhi di rallentare un pò’: « Ti assicuro, papa, i nostri

una lacrima

inseguitori sono a diecine di chilometri, non riusciranno mai a raggiùngerci! ». Ma il solo fatto di sentir parlare di inseguitori faceva fare a quel pazzo di Annibale l'opposto di ciò che speravamo,

e così ci siamo avvici-

nati a Foggia a centotrenta all’ora! C’era da impazzire! Temevo

ad ogni momento

di vedere

scaturire davanti

a noi un ostàcolo inaspettato, e allora ... Per fortuna, la via diritta attravèrso la città, quella che passava per

il cèntro, era sbarrata per qualche ragione che non ho potuto capire, cosicché Annìbale fu obbligato a pigliare una

via che

faceva

quasi

il giro della

ostàcolo = còsa che impedisce di passare, di continuare

sbarrare : méttere un ostàcolo per impedire di pas-

sare

città, dal lato

nord. Non èra certo una via molto sicura, ma éra però assài meno

pericolosa dell’altra.

In quel mòdo sboccati

abbiamo

di nuòvo

sulla

fatto il giro di Fòggia e siamo statale,

questa

vòlta

sulla

90.

475

Capitolo

34 Non

avévano probabilmente = sembravano avere

vedendo

Annìbale povera

più nessun

ha

premuto

Dorabel

Abbiamo metri,

avévano

così

senza

alla sua

di nuovo

si è rimessa

percorso

sempre

ostàcolo

vedere

probabilmente

corsa,

sull’acceleratore,

a gèmere

ancora

pazza

una

trentina

i nostri

perduto

più

e la

che di

mai. chilò-

inseguitori,

che

le nostre tracce.

Ma ècco che, arrivati al punto dove la statale 161 sbocca sulla

strada

90, chi abbiamo

visto

venirci

incontro

da

sinistra, dalla 161? L’avete già indovinato: quelli che più la traccia di una ruòta

temevamo

supporre = cré-

dere sènza èssere sicuro

piano

: ciò che si

pensa di fare

rischio rischiare scorciatoia

=

la

Bisogna

di

‘gli

rivedere,

supporre

che,

altri’,

vedendoci

‘gli

inseguitori?!

filare vèrso

Foggia,

dopo aver passato il punto dove la 161 lascia la statale, essi hanno indovinato il piano di Vespucci

e, invece di

inseguirci

ammazzarsi,

via più bréve da un luògo all’altro

hanno

rischiare la vita = rischiare di ammazzarsi

senza

fino

a

Foggia,

rischiando

pigliato la scorciatoia della

di

161, hanno

rischiare la vita i trentacinque

percorso

chilometri

dalla

statale 16 alla 90 e ci hanno aspettati tranquillamente ... Quando

Vespucci li ha visti arrivarci incontro, egli, con

un gèmito di béstia ferita, ha premuto pazzamente sulbalzo

=

salto

l'acceleratore,

facèndo

fare

un

balzo

in

avanti

alla

màcchina che correva già a una velocità vicina ai centoventi! Come siamo arrivati ad Avellino, non lo sò, e non

476

Capitolo

ammazzarci

senza

fatto a traversare Avellino

come abbiamo

sO nemmeno

tuna, Vespucci

a inventare

ha più provato

for-

Per

nessuno!

uccidere

e senza

non

XXXIV

nuovi

piani fantastici e geniali per far perdere le nostre tracce ‘inseguitori’,

agli

per

strada

bis, che conoscevamo

E così, allo spuntàr

Napoli

... Un

tutti

entrati

del sole, siamo

eravamo

dopo

d’ora

quarto

saliti

eravamo

7

gia e che per noi èra una scor-

ciatoia.

ed

la

statale

della

invece

sconosciuta,

Nocera,

pigliare

di

esempio

per

come

nelle

e quattro

in

quando due còse hanno lo stesso nùmero, la seconda si chiama ‘ bis’, per esèmpio 7 e 7 bis

all’albergo,

nòstre

nuove

càmere.

E ora viene il più bello — sarèbbe forse più giusto dire il più fantastico! — di tutta la faccènda. Eravamo saliti

le valige,

rossi di lacrime, quando

abbiamo

finéstre un imméènso baccano: come se fosse venuta

cari

volta

non

‘inseguitori’

gli occhi

sentito sotto le nòstre

Siamo

èra

baccano = gran rumore fatto da molte persone

andati

visto?

avévano,

rubare la nòstra màcchina.

aperto

grida, esclamazioni,

l’indovinerete

che

ancora

la fine del mondo!

alle finèstre, e cosa abbiamo

Questa

aveva

Dòrabel

e la povera

appena

avevamo

nelle nòstre càmere,

da poco

mai:

érano

suppongo,

i nostri

provato

a

supporre (io) suppongo

In ogni mòdo, l’autista che 477

Capitolo

34

era venuto che

provavano

domandato badare

parsi

di

a : occu-

a prendere ad

l’àuto

aprire

aveva

visto

gli sportèlli.

còsa diàvolo stàvano

due

Quando

facèndo,

uòmini aveva

essi gli avé-

vano risposto di badare ai fatti suòi e di non ficcare il

naso in faccènde che non lo riguardàvano. L’autista alràbbia = sentimento di chi è furibondo

lora, fuori di sé dalla rabbia,

=

alle mani

battersi

avévano

risposto,

e i tre stàvano

per venire alle mani. Éra quello il baccano che ci aveva

fatti accorrere alle finèstre. E stato il portiére a raccontàrcelo più tardi.

la scèna dalle finèstre

478

a chiamare

i due uòmini con tutti i nomi che gli venivano in tèsta, quelli naturalmente

venire

si era messo

Capitolo

Intanto, altro

impiegato

il portiere,

fuori

usciti

erano

dell’albèrgo,

appunto,

e un

pregato

i tre

e avévano

uòmini di far silènzio, perché sennò avrèbbero chiamato la polizia. « E chiamàtela pure! », ha esclamato l’autista, ancora rosso in fàccia dalla rabbia. I nostri inseguitori,

probabilmente non volèndo darsi sùbito per vinti, dopo avér rischiato la vita chissà quante vòlte nel corso della

notte, hanno

XXXIV

le guàrdie sono impiegati della polizia

pure : se volete darsi per vinto = smettere di discutere nel corso di = durante

offesa ed

preso anche loro un’aria molto

arrabbiata e hanno detto: « O che credete che ne abbia-

la rabbia arrabbiato

mo paùra, noi, della polizia? Fatela pure venire, a noi

che me ne impor-

che ce ne impòrta? ». Allora, siccome

momento

appunto

in quel

ta? = che importanza ha per me? non mi fa nulla

passava lì davanti una guàrdia, gli impiegati

dell’albèrgo l’hanno chiamata. Noi, dalle finestre del primo piano, dove èrano le nòstre stanze, sentivamo tutto ciò che si diceva in strada, per-

ché a quell’ora la città éra ancora calma e Dunque

abbiamo

sentito

i due

uòmini

silenziosa.

spiegare

alla

guàrdia che noi — èh, sì, pròprio noi! — avevamo rubato diversa roba che apparteneva loro, e che essi, dopo averci

diversa roba diverse cose

inseguiti per tutta la nòtte col rìschio di rompersi il còllo,

ripréndere (come prèndere)

avevano

solamente

provato

dalla nòstra màcchina!

a ripréndere

la loro

Gli impiegati hanno

roba

protestato

=

protestare contro = dire con fòrza che non si accétta

479

Capitolo

34

immediatamente contro quella spiegazione che metteva in

onèsto

l’onestà (f) dichiarare assicurare

dubbio l’onestà dei cliènti dell’albèrgo, e hanno dichiarato

=

che l’albèrgo non avrèbbe mai permesso che la faccènda

finisse in quel modo. tagliàr corto = accorciare un didi-

scorso o una scussione

« Già », ha detto la guàrdia, guar-

dando con attenzione i due uòmini, « anche a me questa

faccènda pare un po’ insòlita,

questura = luògo dove sta la polizia, in una città fate! non fate!

E decidèndo

di tagliàr corto:

e anche poco chiara ... ». Su!

« Avanti!

Seguitemi

tutti e tre in questura! Non mi fate pèrdere la pazièn-

za! ». «In questura? Si può sapere perché? », hanno pro-

seguite! non seguite! venite! non venite!

dubitare , hanno risposto il portière e l’altro impiegato, rientrando nell’albergo, e la guardia, che stava

per perdere la pazienza, ha esclamato

di nuovo:

« Su!

Andiamo, dico! Non mi fate aspettare! Venite! Vedranno

in questura chi ha ragione! ». E benché i nostri ‘ amici ’ sembràssero

disperato = che non spera più

disobbedire obbedire

disobbedire

«>

disperati,

e hanno

questa

seguito

vòlta

la

non

guàrdia,

hanno

osato

continuando

però a protestare ad alta voce e dichiarando che avrèbbero insegnato loro a quello lì — all’autista — a dubi-

gènte per bène gènte onèsta

480

=

tare dell’onesta di génte per bene. La guàrdia, che sem-

Capitolo

brava abituata a ‘cliènti’ di quel gènere, non li ascol-

XXXIV

genere = spècie

tava e badava solo che non scappassero.

Un pàio d’ore più tardi, hanno telefonato dalla questura per chiedere a Vespucci

se potevamo

subito là:

andar

c'èrano dei punti poco chiari nella storia che avévano i due

raccontato

uomini,

e la polizia

che noi

sperava

saremmo stati in grado di chiarirli. Vespucci ha chièsto andare noi due soli, dato che sua moglie

se potevamo

e sua figlia non avévano

visto gran che.

« Va bène >»,

gli hanno risposto, « vengano pure Loro due, ma dicano

fosse necessario far venire anche Quando guàrdia

entrino!

siamo

Sono

E

chiarire = rendere chiaro

venga! (Lei) vengano! (Loro) dica! dicano!

ci ha ricevuti una

ci ha visti ci ha detto:

aspettati! ».

siccome

« Éntrino,

Vespucci

stava

per picchiare alla porta: « No, non bùssino! non è necessario! Entrino senz'altro! ». Siamo dunque entrati senza

entri! (Lei) éntrino! (Loro)

bussare = bàttere alla pòrta per farsi aprire bussi! non bussi!

bussare e abbiamo visto fra due guàrdie i nòstri ‘ ami-

bussino! non bussino!

avér

tutto quanto tutto

ci’, che nel corso di quel pàio d’ore sembràvano perduto

gliàvano

tutta

quanta

piuttosto

acchiappati

mentre

a

la loro

due

sicurezza:

ragazzini

provàvano

a

=

loro ».

arrivati in questura,

appena

che

se mai

di tenersi pronte,

e alla signorina

alla signora

in grado di capace di

che

scappare

ora

rassomi-

fossero

stati

dopo

avér

=

sicuro la sicurezza

481

Capitolo vetro

una

34

: vetro

finèstra

di

interrogare = fare domande a

rotto un vetro.

« Si sièdano, prego! », ci ha detto l’im-

piegato della polizia, che aveva interrogato i due uomini e ora stava telefonando. Quando

ha finito, ci ha detto

con un sorriso

conténto:

« Sanno chi sono, quei due li? ». « No, è la prima volta

che li vediamo da vicino ». « Già. Hò telefonato a Roma per domandare

in questo polizia,

se li conoscévano,

momento

due

che sono

eccellènti

e mi hanno

due

cliènti! ».

vecchi «Come?

risposto

clienti Cosa?»,

della ha

esclamato Vespucci, « degli specialisti di Annibale clien-

ti della polizia?

Ciò

non

è possibile.

Dev’ésserci

uno

sbaglio! ». L’impiegato si è messo a ridere ed ha esclama chè! = no, no!

mato:

« Ma

chè! ma

chè! non

sono

specialisti di nulla

fuorché di rubare! e non solo di rubare, èh? Aspettino un momento,

vedranno

di che gènere

di roba

son ca-

paci! ». E si è rimesso a interrogare i due uòmini. Vedendo

che la loro situazione èra disperata,

e che la

cosa migliore èra di dire la verità, i due hanno raccontato tutto, chiarèndo così i punti della loro storia che la accettare la storia : crédere alla

storia

polizia non aveva voluto accettare fino a quel momento.

Ogni tanto, Vespucci, che ora capiva méglio perché èra stato inseguito con tanta ràbbia, non poteva trattenere

482

Capitolo

XXXIV

un’esclamazione di stupore e di meraviglia: « Fantastico! Caro Bruno, quella fuga ci ha salvato la vita! Abbiamo

rischiato cénto volte di romperci il collo, ma quei due li sarébbero

a sàngue

stati capaci di ucciderci

freddo | sàngue freddo: calma

É davvero

e senza che nessuno ci potesse aiutare!

una

storia incredìbile! ».

ESERCIZIO A.

Vespucci

PAROLE:

fuga f scrittore m

finîre

sentire

finîsce

sente

ha finito

ha sentito

fini

sentì

aveva

inseguivano,

(capire)

subito

che

tratto m

uomini

i due

ed era sicuro che lo avevano

lo |

(inseguire)

|

fino da Napoli. « Ciò che mi (stupire) è che non li abbia |

visti prima », disse, « Mia

moglie

non

«ma ora, bisogna (capire)

mai

le mie

(agire)

presto».

|

lettera f media f immaginazione f brav’uomo m curva f inseguitore m pazzia f meraviglia f l'opposto m stato m gemito m vetro m piano m

ragioni », disse | tracciaf

pericolo m Vespucci a Bruno, « certe volte, ciò mi (divertire); altre | fantasia f rischio m volte, invece, preferirei che mi capisse un pò’ meglio ». | làcrima f ostàcolo m E Dorabel disse: « Le spiegherò una cosa, Bruno: mio | scorciatoiaf

483

Capitolo

34

balzo m faccenda f baccano m

polizia f collo m onestà f cliente m attenzione f questura f genere m rabbia f sicurezza f

vivace fantàstico

medio orario pazzo

matto opposto notturno

diritto inaspettato naturale geniale pericoloso arrabbiato insolito

disperato

immediatamente insolitamente fantasticamente naturalmente

probabilmente pazzamente immaginarsi fuggire sboccare premere pigliare impazzire sostenere

484

marito

troppo e allora fa molti sogni su cui

(dormire)

(costruire) delle belle teorie che non han nulla a che fare

con la realtà. Mio marito (proseguire) nella vita le storie fantastiche che racconta a sé stesso in sogno. Ho provato

mille volte a parlargliene, ma non Quando

come

(arrossire)

niente.

ciò che

(sentire)

Vespucci

moglie,

dir

non

loro

ai

(sfuggire)

di

era

L’importante

sua

diceva

(preferire)

ma

ragazzo,

un

(servire) a nulla! ».

inse-

guitori.

ESERCIZIO

B.

A raccontare la — di Annibale ci sarebbe voluta la — di uno —;

Bruno

un'idea

di quella

Vespucci



aveva



riuscì però a dare alla sua famiglia —

corsa

attraverso

percorso

il —

da Barletta

di settanta

una

velocità

più

facili, egli aveva

chilometri

raggiunto

la penisola. a Napoli

all’ora.

la media



a

Sui — di quasi

novanta chilometri. Eppure, egli non era —, benché sua

moglie lo chiamasse — da legare. Soltanto, aveva un’— vivacissima.

Questa

era la spiegazione

della

sua corsa

—. Annibale non solo filava come un matto sui tratti —,

Capitolo

ma pigliava anche le — senza rallentare! Era sicuro che

i loro — non avrebbero osato di fare la stessa —. Bruno

lo guardava con —, ma Annibale spiegava che invece di

fare la cosa piu —, quella che gli altri si aspettavano,

esattamente

egli faceva sembrava

l’—, la cosa più —.

un'idea veramente

—. Ma

Bruno

E cio gli cominciava

a — che il povero Vespucci fosse veramente —. E Dorain uno

bel era poteva

solo —



terribile:

pallida

a bassa voce, —

come

una

morta,

da Joy.

XXXIV

dubitare

gemere

annunciare

sbarrare supporre rischiare badare a

riguardare protestare dichiarare rientrare

disobbedire chiarire bussare

interrogare

tagliar corto nossignore invano

bis pure e così via nel corso di

in grado di

ESERCIZIO

senz'altro tutto quanto fuori di sé

C.

Cosa diceva Dorabel mentre gemeva

di paura?

Cosa le rispondeva Joy per darle coraggio?

per bene

....

ma che

....

Perché Joy dice che è meno pericoloso guidare di notte che di giorno?

....

Cosa ne pensa Lei? ....

Perché Vespucci non poté attraversare Foggia? Quando

sono

Cosa hanno Che

cosa

era

arrivati

a Napoli?

sentito, quando successo?

....

....

sono saliti in camera?

....

....

485

Capitolo

34

Cosa aveva fatto la guardia che il portiere dell’albergo aveva chiamato?

....

Perché il portiere ha chiamato la guardia? .... Perché la polizia volle parlare a Vespucci e a Bruno? ....

486

Capitolo trentacinque

STORIA

(35)

DEI

DUE

(XXXV)

LADRI

Ecco la fine della lèttera in cui Bruno storia dei due uòmini

trentacinquesimo

Capitolo

che li avévano

raccontava

la

inseguiti fino a

Nàpoli: Noi credevamo

che i nòstri ‘amici’

ci avéssero seguiti

fin da Barletta, mentre in realtà ci avévano seguiti fino da

Tàranto!

Perché?

Come

mai?

Come

ha

detto

Ve-

una

Cassa

spucci, è una stòria fantàstica. Se

vi ricordate,

vi hò

scritto

che

eravamo

arrivati

a

Taranto nel cuore della notte dopo èsserci smarriti un paio di volte nelle vicinanze di Ginosa ed èssere rimasti

senza benzina in aperta campagna. Proprio quella stessa notte,

una

Tàranto,

barca

a motore

nel cosiddetto

si èra fermata

Mare

di

della

notte = nel mézzo della notte

smarrirsi = sba-

gliare strada

di

nelle vicinanze = vicino a

campagna citta

barchetta

al largo di = (in mare) a una certa distanza da

prima, una cassa

staccarsi : allontanarsi

Grande,

a remi se n’éra staccata. Un momento

al largo

nel cuore

e una

era stata calata in quella barchetta dalla grossa barca a motore. Nella barchetta c’erano due uòmini, un italiano e

uno

stranièro.

Lentamente,

remando

sénza

fare

il

487

Capitolo

35

uòmini

i due

rumore,

minimo

alla

avvicinati

si èrano

città addormentata, sotto il naso della polizia del porto, approdare = raggiungere la riva

Grande

tutto il Mare

ed avévano

approdato di là dal porto, sulla riva del Mare Piccolo, a nord della città.

D ‘i i

di là da = all’altro lato di

attraversato

avevano

fischiare

Appena torno

approdati, per

avevano fischiare un fìschio

uomini

si èrano

èssere

sicuri

che

nessuno

fischiato

come

per

chiamare

mente

verso

che la

li nascondeva barchetta.

nòstri inseguitori.

ed

Quei

guardati

li aveva

fatti, al loro fischio, altri due uòmini

dall’ombra

488

i due

qualcuno.

ed

E in-

si erano

staccati

scesi

rapida-

èrano due

visti,

in-

uòmini

érano

i

Capitolo

XXXV

Insieme agli altri due, essi avévano scaricato dalla bar-

chetta la cassa che vi avévano calato quelli della motoEra

nave.

una

cassa

con

legno,

di

pesante,

piuttòsto

piuttòsto pesante = un po’ pesante

intorno gròsse corde per poterla portare più facilmente. uòmini

I quattro

érano saliti col loro càrico

fino alla

càrico

porta

: ciò che

si

strada statale, che in quel punto passa lungo la spiàggia

prima di entrare in Taranto. Un’automobile stava ferma

lì vicino, con i fari spènti. Dopo èssersi di nuòvo guardati intorno per èssere sicuri che nessuno

seguiti,

li aveva

i quattro uòmini avévano fatto quasi di corsa la ventina

di metri fra la spiàggia e la macchina, cato la cassa sull’auto. Poi,

e avévano

i due della motonave

carierano

legno (m)

caricare «> scaricare

tornati alla loro barchetta ed èrano ripartiti come èrano

venuti. Gli altri due stàvano

col loro carico, quando

per ripartire anche loro,

ci avévano visti passare. Senza

una paròla, ci avévano seguiti; èrano entrati in Tàranto insiéme a noi, e ci avévano

visti fermarci davanti a un

paio di alberghi. Fino a quel momento,

nessuno

dei due

avrèbbe

po-

tuto spiegare perché ci avévano seguiti, ma allora éra nata

nella

geniale.

loro

Avèndo

mente

un’idea

che

visto dalla nostra

éra

targa

sembrata

che

loro

eravamo 489

35

Capitolo

li per li = sul mo-

mento

il contenuto della cassa nella nòstra màcchina

contenere il contenuto

trasportare portare

di Napoli, avévano fatto li per lì il piano di nascondere

:

sciàrcelo

trasportare

Così, quando

fino

ci eravamo

a Napoli. fermati

Perché?

davanti

e di la-

Vedrete.

al tèrzo

al-

bergo, dove abbiamo trovato delle càmere libere, i due

uomini si èrano fermati anche loro, a una cinquantina di métri da noi. E una mezz'ora ormai

=

ora

dopo, quando

avévano

pensato che ormài noi e tutti gli impiegati e i camerieri

dell’albèrgo dovevamo dormire, avévano aperto con una chiave una chiave

falsa

nascosto

uno

sportèllo

il contenuto

della

della

màcchina

cassa sotto

e avévano

il sedile

poste-

riore. Poi avévano richiuso lo sportello e si erano allontanati. Uno

dei due

èra partito

con

per

la màcchina,

buttar via in qualche posto fuori di città la cassa vuota, mentre che

di fronte a = davanti a

via

tenér d’òcchio = non perder di vista

nostro

l’altro

èra rimasto

sulla strada

sboccava

Da

albèrgo.

all’angolo

di guàrdia

lì, poteva

principale

tener

della

di fronte

d’òcchio

al

l’entrata

dell’albèrgo e ci avrèbbe sùbito visti se per caso fossimo usciti prima della mattina. Una

mezz'ora

pagna approdare l’appròdo

490

sparire

più tardi, quello che èra andato

a buttàr

le tracce

via la cassa,

dell’approdo

in cam-

e poi alla spiaggia

notturno,

era

a far

tornato

e

Capitolo XXXV

aveva

parcheggiato

la macchina

nella

stessa

dove

via

più i métr o cènt ma , agno comp suo il dia guar la va face

in là. Così che noi non avremmo

avuto alcùn sospéètto

vedèndo la loro màcchina. I due avévano allora stabilito di guàrdia

che quello che èra stato

riposarsi

nella

pò’

un

màcchina

andato

sarèbbe

parcheggiata,

a

e che

l’altro avrèbbe fischiato se uno di noi fosse uscito e fosse partito con la màcchina o, preso da un sospéètto, avesse cominciato

ad

esaminare

l’intèrno

dell’automobile

op-

pure la serratura.

parcheggiare un’àuto = lasciar-

la per un certo tempo in un dato luogo piu in la = piu lontano

stabilire : decidere insieme

ho un sospétto : mi pare che ci sia qualcosa che non va èsser preso

da un

sospetto = avere un sospetto

capo = colùi che dà gli ordini fare attenzione a = badare a

« Capirài », aveva detto quello dei due che èra il capo,

una màcchia

« naturalmente, aprendo lo sportéllo con la nostra chiave e caricando

la roba, ho fatto attenzione

a non

lasciar

tracce, ma non si sa mai. Un oggétto fuori posto, una piccola màcchia che non c’éra prima, ed ècco il padrone della màcchina

insospettito, e allora ... non si sa mai

cosa gli può venire in mente di fare! Dunque,

mentre

io mi ripòso, perché mi sènto piuttòsto stanco, tu fa bène

insospettire =

dar sospètto

gli viene in mente di fare = gli viene l’idèa di fare

attenzione a chi entra o ésce dall’albèrgo, e, se ti viene

il mìnimo

sospétto, fa un fischio e io vèngo

sùbito ».

I due avévano fatto come aveva stabilito il capo, e quella notte,

come

pure

i giorni

seguènti,

tutto

èra

andato

una

serratura

491

Capitolo

35

sospettare qualcòsa = insospettirsi

bene.

non

Noi

e i nostri

niénte,

sospettato

avevamo

cari ‘amici’ non avévano mai perduto le nòstre tracce,

fuorché una volta, a Brindisi, dove una mattina avevano creduto che fossimo spariti, mentre

durante

un

giretto

smarrito



chissà

in realtà Annibale,

come

ha

fatto!

città,

si èra

ed aveva

messo

della

vicinanze

nelle



un pàio d’ore a ritrovare la strada giusta.

Il più béllo è che, malgrado i due

avévano

lasciato

tutta la loro attenzione,

delle

tracce:

la

chiave

non

girava più così facilmente come prima nella serratura, sedile di diètro = sedile posteriore

e sul sedile di diétro c’éra una màcchia scura, piuttosto grande, che aveva la forma di un piède o di una scarpa!

Ma nessuno di noi aveva trovato ragione di insospettirsi, e non

avevamo

nemmeno

esaminato

con

attenzione

la

màcchia per vedere se poteva èssere stata lasciata dalla

scarpa di uno di noi! E né io né Annibale — per non notare = vedere, accorgersi

parlare

di Joy

certa màcchina nelle immediate vicinanze di = subito vicino a

e Dorabel azzurra



abbiamo

a due

notato

posti, sempre

che

la stessa,

era parcheggiata ogni giorno nelle immediate vicinanze

dei

nostri

divérsi

albèrghi,

lungo lo stesso marciapiède!

spesso

sulla

stessa

E naturalmente,

via

e

non ave-

vamo notato che la nòstra màcchina èra sèmpre 492

una

sorve-

Capitolo XXXV

gliata

da

l’abbiamo

appunto

sospettato

mai

non

niente

sorvegliare =

guardare con attenzione

essi erano per noi due sconosciuti in

perché

che

eravamo

degli stupidi per non accorgerci

di nulla!

dico

mi

Adesso

città sconosciute. mente

abbiamo

e non

notato

che

Suppongo

...

uòmini

dei due

uno

vera-

È stato a Barletta che quello dei due che èra di guàrdia

èssere di guàrdia = Stare di guàrdia

ha dimenticato per qualche minuto di sorvegliare l’uscita dell’albèrgo, perché stava parlando con una ragazza

che conosceva e che era in vacanza li vicino. E durante quei minuti, Annibale

è uscito, ha preso la macchina

ed è partito per Canne. la ragazza e, facèndo

L’uòmo

ha lasciato lì per lì

un fischio, si è messo a correre

verso la loro automobile, che per caso quel giorno essi

avevano

dovuto

da noi, in un’altra

I due

avévano

a un

parcheggiare

di métri

centinaio

via.

ritrovato

Annìbale

al momento

in cui

egli, scappando dal contadino, si èra gettato nella màc-

china ed era partito a tutta velocità verso Canosa. Per non

correre

il rischio

di vedérselo

davanti agli occhi, avévano a

fermarlo,

per

sparire

correre un rischio = rischiare

di nuòvo

deciso lì per lì di provare

domandargli

una

cosa

qualunque,

e

fargli raccontare nel corso della conversazione chi èra,

nel corso della conversazione : mentre si parlavano

493

Capitolo

35

dove andava

già

appena

Annibale,

sapete,

facévano

e da dove veniva, e cosi via. Invece, come

per

fermarlo,

pato.

Cosicché

vamo

scoperto

aveva

èrano

i due

ciò che

accelerato

ed

sicuri che

rimasti

èra

scap-

noi ave-

sotto

nascosto

essi avévano

che

i gesti

visto

aveva

il

nostro sedile e che ora provavamo a fuggire per tenerci la ròba noi stessi! Bella faccénda!

E adésso, sima

suppongo

impazienza:

che mi domanderete «Ma

insomma,

nascosto nella vostra macchina, vano Eh, un pacco una lèttera si scrive sulla carta

un pacco un pacchetto un pacchettino

nascosto non

ragione

proprio

ve l’avevo che

e perché

li il contenuto

detto

nemmeno

che

prima

per

noi l’abbiamo

con cosa

la màsavévano

diavolo della

avé-

cassa? ».

la semplicissima saputo

prima

di

aver sentito tutta quanta la storia che vi ho raccontato.

Nella cassa, dunque, c’èra ... carta per sigarette: cènto pacchi, e il contenuto di ciascuno èrano mille pacchettini

di carta per sigarette! Che ne dite, eh? Per quei pacchetperfettamente = benissimo

tini, sei persone avévano rischiato la vita chissà quante

Si paga la dogana quando si introdu-

volte, noi sénza saperne nulla, gli altri due conoscéndo

vino, sigarette,

perfettamente

cono in un paése

ecc.

introdurre introduce ha introdotto

494

correre.

Quella

i rischi che corrévano

carta

per sigarette

e che ci facévano

che avévano

intro-

dotto nel paése per via di mare, senza pagare la dogana,

Capitolo

il capo e il suo complice la dovévano véndere a Napoli a un tèrzo che, con l’aiùto di altri complici, introduceva

neppure

dogana

quella

carta

naturalmente



tabacco

dall’èstero

quello

per

fabbricava

guadagnando

vendeva

poi migliàia milioni

di sigarette

e milioni.

però, la sola cosa che ci hanno

Questa

guadagnato,

la

tabacco

quel

e con



pagare

sènza

e

prigione!

le sigarette,

sono

stati

chi fa

còse vietate insième a un altro

le sigarette si fanno col tabacco

l’èstero = tutti i paési diversi dall’Itàlia

volta,

quello che

parecchi

complice =

che

fabbricava le sigarette, i suòi complici, e i disonesti che rivendévano

XXXV

mesi

disonèsto onèsto

di hi |

E l’avévano ben meritato!

>

,

Ma chi non aveva meritato ciò che è accaduto dopo, èra il caro Vespucci. Calmatevi però! non è stato mandato

in prigione, benché per lui sarébbe quasi stato méglio! Vi ricordate

l’antico

lato al principio avrèbbe per

voluto

qualche

anello

della che

tempo

mia

romano

di cui vi ho

lettera?

Il caro

quell’incidènte ancora,

ma,

rimanesse

ahimè!

par-

Annibale segreto

la polizia

ha

una prigione

cosa segreta = cosa che si nasconde, che nessuno déve sapere ahimè!

mazione

=

escla-

di dolore

voluto sapér tutto, e Annìbale è stato obbligato a raccontare come e dove aveva trovato l’anèllo. E la polizia —

non

per niènte

Nazionale!



siamo

a Nàpoli,

la città del Musèo

si è subito insospettita ed ha chiésto ad

Annìbale di fare esaminare il suo anéllo dagli specialisti 495

Capitolo

35

Se éra veramente

antico, egli non aveva il

ha il diritto di = gli è permesso di

del musèo.

consegnare

diritto di tenérselo, ma doveva consegnarlo o piuttòsto

: dare

vénderlo al musèo. E del rèsto, ci hanno detto in quedisperato la disperazione

stura con un sorriso, vedèndo la disperazione di Annìbale,

non

se

èra

antico

non

aveva

naturalmente

nem-

meno il diritto di tenérselo, giacché l’aveva trovato nel campo

di un

che Annibale

altro. Cosicché consegnasse

la sola còsa da fare èra

immediatamente

il suo caro

anello alla polizia, che l’avrébbe a sua volta consegnato o al muséo, o al padrone del campo .... Immaginàtevi la disperazione del povero Vespucci!

Ha

provato a discùtere con la polizia, ma non c’è stato nulla

da fare: l’anello doveva mente. Ma ahimè!

èssere consegnato

immediata-

il più terrìbile non éra ancora acca-

duto .... Questo, però, ve lo racconterò un altro giorno, nella mia prossimo = seguente

prossima

lèttera. Ora sono stanco di scrivere, e i Ve-

spucci mi stanno chiamando

496

per andare a cena.

Capitolo PAROLE:

A.

ESERCIZIO

vicinanze f pl. campagna f cassa f fischio m legno m càrico m mente f targa f contenuto m chiave f guàrdia f approdo m sospetto m serratura f màcchia f carta f pacco m pacchettino m dogana f complice m

Temo che se ne sia andato. Ho paura che non sia vero.

Mi rincresce che sia partito. giusto.

fosse

se non

Mi rincrescerebbe

È stupefacente che non l’abbia raccontato. È ridicolo che non sappia chi sono. Son contento che tu venga con noi.

È strano che non gli piaccia. È una gran fortuna che tu l’abbia comprato. È una sfortuna che stia male.

A Vespucci sembrava strano che gli inseguitori (avere) ritrovato le sue tracce. Era contento,

(essere)

macchina

« che

tuna », esclamò, un

paio

di

volte!

(essere)

Però

è

però, che la sua

« Che

for-

a sfuggir

loro

loro.

della

potente

più

riuscito

stupefacente

che

(essere)

riusciti

a seguirmi per tanti chilometri ». « Già », disse

Bruno,

«e

rincrescerebbe

mi

Lei

se

riuscire ad arrivare a Napoli prima disse Dorabel,

ci (uccidere)

« temo

per

che invece

strada! ». « Eh,

XXXV

non

di loro».

di arrivare

(dovere)

«E

io»,

a Napoli

cara! », esclamò

Ve-

èstero m tabacco m prigione f

conversazione f diritto m disperazione f immediato disonesto segreto prossimo

perfettamente smarrire staccarsi

approdare fischiare

scaricare trasportare caricare

parcheggiare

stabilire insospettire sospettare

497

Capitolo

35

notare

spucci,

«mi

introdurre fabbricare

andare

piu lentamente,

sorvegliare

rincresce

anche

ma

a

me

che

non

se rallentassi

(potere)

avrei

paura

guadagnare

che ci (raggiungere). E sarebbe veramente ridicolo, dopo

meritare

tanti

rivendere

sforzi,

che

consegnare tener d’òcchio

loro! ».

« Ma

di la da

trovo »,

continuò

al largo di lì per li ahime!

di fronte a ormai

non

sarebbe

(arrivare)

una

Dorabel,

a

Napoli

prima

sfortuna

ben

«che

(ammazzare)

ci

più

di

grande, per

strada! ».

ESERCIZIO La

notte in cui Bruno

B.

e i Vespucci

si erano —

nelle

— di Ginosa ed erano rimasti senza benzina nel cuore della notte e in aperta —,

una

fermata

e una

n’era

al —

—.

uomini.

di Taranto,

Nella

barchetta

Avevano

barca

c’era

attraversato

a motore

barchetta

una

grossa

il porto

ed

si era

a remi



se

e due

avevano



sulla riva del Mare Piccolo. Lì essi avevano — per chiamare

i loro

compagni,

erano usciti dall’ombra.

giacché

pesante,

col loro —

fino alla strada. con

i fari —.

sentendo

I quattro avevano

che era —

lì vicino,

498

e questi,

I quattro



—,

la cassa,

ed erano

saliti

loro automobile

stava

era di —, La

il loro

avevano



la cassa

Capitolo XXXV

momento

e in quel

sull’auto,

la macchina

passata

era

dei Vespucci. venuta

allora

Un’idea

era

vedendo

la —

uomini.

ai due

in —

dei Vespucci,

della macchina

di Napoli

Essi,

avevano — per — fatto il piano di nascondere il — della

cassa nella macchina

Così, sarebbe stato

dei Vespucci.

— fino a Napoli, senza pericolo per i due uomini.

ESERCIZIO Cosa

avevano

avevano

e Bruno bergo?

fatto

i due lasciato

C.

uomini

quando

la macchina

i Vespucci

davanti

all’al-

....

Perché uno dei due era rimasto di guardia? .... Cosa avevano stabilito più tardi? .... Che cosa temeva il capo? .... Che tracce avevano lasciato i due uomini? Perché

egli aveva

Cosa

provato

avevano trovato

avevano

a fermare

l’anello vicino

nascosto

nella

quando

Vespucci

a Canne?

macchina

Che cosa ne dovevano fare, a Napoli?

....

....

dei

Vespuc-

.... 499

Capitolo

35

E il loro complice che cosa ne avrebbe fatto? ....

Com'è

finita la storia per i due uomini

e il loro com-

plice? ....

E per Vespucci, com’é andata a finire? ....

Cosa scrive Bruno, terminando la sua lettera e parlando della disperazione di Annibale?

200

....

Capitolo

trentasei

L’ANÈLLO Povero

Annibale!

Capitolo

(36)

trentaseièsimo

DI ANNIBALE

Se fosse stato un

lui, quel

ragazzo,

pomeriggio, avrèbbe pianto a calde lacrime. Il suo bel sogno

si èra

infranto

realtà:

dura

la

contro

d’òro che egli aveva trovato sul campo

l’anéllo

di battaglia di

Canne èra ... Ma procediamo per ordine.

un bambino che piange

piangere piange ha pianto infrangere = rompere in molti pezzi

la piétra é dura procèdere =

Annìbale, dunque, come si è visto, aveva dovuto con-

segnare il suo caro anello alla polizia, che l'aveva mandato al Musèo

(XXXVI)

Nazionale. A questo punto, se gli esperti

proseguire

ordine = modo in cui le cose si succedono

esperto = specialista

del musèo si fossero tenuti l’anello, Annibale si sarèbbe

certamente arrabbiato, avrèbbe fatto chissà quante stò-

la rabbia

rie, ma, a dire il vero, non sarèbbe stato pòi tròppo scon-

fare storie : pro-

tènto. Infatti gli esperti avrèbbero

sempre

potuto con-

fermare la sua storia, cioè che éra stato lui, Vespucci, a trovare l’anello quel tal giorno e in quel

tal luògo.

Invece, la polizia, qualche giorno dopo, gli telefonò per comunicargli

romano,

ma

la

risposta

di un’epoca

del

musèo:

molto

più

l’anèllo

recènte,

non

éra

probabil-

arrabbiarsi

testare

confermare una cosa = dire che

quella cosa é

giusta

quel tal giorno il giorno che abbiamo detto comunicare

far sapere

=

=

recente = vicino a Oggi

901

Capitolo

36

mente del diciannovèsimo, forse del diciottèsimo sécolo.

crédere crede ha creduto credette

dapprima = prima

quando

céncio = pèzzo di

l’espèrto,

stoffa (bianca) stracciato

cupo =

credètte

Annìbale

scuro

dapprima

l’impiegato

èbbe

ripetuto

prima

pàllido

gli

diventò

egli

di avér

sentito

male,

la risposta

come

un

ma del-

céncio,

poi di un color rosso cupo che fece esclamare a sua mo-

glie che èra lì vicino: « Annìbale!

Che còsa ti succède?

Ti sènti male? ». ricuperare = avere di nuovo una cosa perduta

la paròla = parlare occhiata sguardo

il

=

il turno = la volta

Annibale, per qualche secondo, fu incapace di parlare,

ma quando ebbe ricuperato la paròla, lanciò prima un’occhiata furibonda alla moglie, che —

ci poteva

far niénte,

e le rispose:

poveretta!

« Altro



non

che sentirsi

male! Mi stanno uccidendo! ». Poi fu il turno del pòvero impiegato, che non

che neppure faceva

lui ci poteva

altro che comunicare

far niènte, ad Annìbale

dato ciò

che avévano detto a lui. Perciò, dopo che Annibale lo ébbe chiamato per un paio di minuti con tutti i nomi che gli venivano in mente, l’impiegato perse la paziènza ed esclamò, arrabbiato: pèrdere pèrde ha perduto pèrse

per

parlarmi

« Ma

in questo

scusi, Léi chi crede di assere,

modo?

Se

Léi

non

fosse

uno

straniero, io Le farèi pagare molto caro questa offesa a

offèndere un'offesa

un pubblico ufficiale! Ho avuto con Léi anche tròppa pa-

ufficiale : impiegato dello Stato

zienza, ma ora basta! Se ha voglia di discùtere, vada a

002

Capitolo

vedere

quelli del muséo.

Buona

sera! ». E il pubblico

attaccare staccare

XXXVI «>

ufficiale attacco il ricevitore. Vespucci disse ancora qualche frase prima di accorgersi che parlava a vuòto, poi, con un géèsto di rabbia, attaccò anche

lui il ricevitore

e uscì

la

sbattèndo

di càmera

(parlare) a vuòto = per niènte

di doman-

chiacchierare una chiàcchiera

dargli Dorabel. « Vado a fare due chiacchiere con quegli

far due chiàcchiere = chiacchierare

porta.

« Dove

vai? », èbbe appena

il tempo

ignoranti del muséo! », rispose Annibale in viso,

stringendo

i pugni,

come

e sparì, cupo

se si preparasse

a

ignorante

=

persona che non sa niente

bàttersi con qualcuno. La pòvera Dòrabel alzò le mani

al cielo e andò a chièdere aiùto e consiglio a Bruno.

solare la pòvera dònna, assicuràndole che, arrivando al

consolare qualcuno = rènderlo meno triste, fargli dimenticare una sfortuna, ecc.

muséo, Annibale avrebbe ricuperato la calma che l’im-

sul sério

Ma il giovanòtto non poté far altro che provare a con-

piegato della questura gli aveva fatto pèrdere. Però, a

veramente

=

un pugno

dire il vero, non ci credeva sul sério neppure lui e continuava

a parlare

unicamente

pensava,

Più di un’ora,

per far passare

il tempo.

quella visita di Vespucci

non

poteva durare.

E invece durò tre ore ... Alle sètte di sera, la pòrta del-

l’albèrgo si apri lentamente, di Annìbale,

e Dorabel,

Joy

spinta dalla magra e Bruno,

che

mano

aspettàvano

spingere (come aggiùngere) spinge ha spinto spinse

903

Capitolo sparuto

e pàllido

36 magro

=

da

un’ora

nel

vestibolo,

e sparuta, l’ombra di Don coi mulini

a vento

videro

entrare

un’ombra

alta

Chiscidtte dopo la battàglia

....

Dòn Chisciòtte e i mulini a vènto



il ritorno di Annibale

D>le labbra

gidia = felicità

Dorabel si éra preparata a saltar su e ad accogliere il

rimprovero = paròle dette a chi ha fatto qualcòsa di male

marito con un’esclamazione di gidia e magari anche con

ànsia = stato di chi è incérto e piéno di paùra

fatto passare. Vedèndo invece quell’ombra sparuta in cui

a malapena

riconosceva a malapena lo stesso uòmo che tre ore prima

con difficoltà

=

un leggéro rimprovero per le ore di ansia che le aveva

il labbro le labbra

era uscito sbattendo la porta e riempièndola

le...cheha

ma anche di ammirazione, Dorabel si senti morire sulle

preparate



le...cheha

preparato

004

labbra

le frasi

che

aveva

preparate

e poté

di patra,

solamente

XXXVI

Capitolo

mormorare:

« Caro, che ti è accaduto? In che stato séi?

Sei bianco come un céncio ... ».

non

Annìbale parola,

rispose,

davanti

alla moglie

rifiutare

basso,

a capo

passò

e alla figlia

senza

dir

e, rifiutando

di prèndere l’ascensore con un gèsto appena percettibile, cominciò

a salire lentamente

qualche

momento,

nel

Joy e Bruno, nessuno

sero

fermi

come

se

che

formàvano

poté muoversi,

fossero

>

accettare

percettibile = che si può vedere, sentire,

ecc.

formare

=

fare

della scala. Per

i gradini

gruppo

mormorare = dire a bassa voce

Dora,

tutti e tre rimà-

diventati

tre

statue.

Il

primo a muòversi e a ricuperare la parola fu Bruno che,

dopo una ràpida occhiata a Joy, in due salti raggiunse

una stàtua

Annibale e gli strinse con forza la mano, mormorando:

muoversi giovinezza

si poteva

non

così

vicino di = colùi che sta vicino a

di

vecchiàia.

Così

trovarvi delle donne che accettàssero di venire a stare

volévano

non

Roma

il risultato

Ma

a Roma.

disprezzare «> èssere pièno di ammirazione per

senza

in tutte le città vicine per

dei Romani

Romolo mandò

pòpolo

Un

avanti. prèsto

ben

morto

sarèbbe

donne

andare

che

presto

capì ben

« Romolo

disse Bruno,

gia»,

«Eh,

dare

i vicini

magro:

assài

fu

le pròprie

figlie

a

di

quegli

uomini che disprezzàvano. Infatti molti fra gli abitanti di Roma

èrano

stati condannati

nelle loro città a pu-

nizioni a cui èrano sfuggiti andando

appunto

a nascon-

dersi nella nuòva patria. Allora i Romani èbbero un’altra idèa. Fécero sapere ai popoli

vicini

(fra cui i Sabini,

che

stàvano

a nord

di

Roma), che Roma stava preparando un bellissimo spettàcolo

al quale

le popolazioni

vicine

èrano

invitate

assìstere a = guardare

assìstere.

folla = grande numero di persone riunite

dello spettacolo si trovò riunita una grandissima

Moltissimi

accettàrono

l’invito,

ad

e il giorno folla.

Tutti erano felici e gai; nessuno, neppure i Romani, sospettava di nulla.

segnale =

segno

Ma

ècco che Romolo

fece un segnale, e a quel segnale

un gran nùmero di soldati romani, entrati nella piazza 920

Capitolo XXXVII

un istante prima, si slanciàrono ràpidi come il fùlmine

in mézzo alla fòlla degli invitati. Ogni soldato afferrò una

di corsa.

e scappò

terra

da

la sollevò

fanciulla,

Poche fùrono le giovani donne che sfuggìrono ai soldati romani

in quel terribile giorno. Ah!

non avéssero mai

accettato l’invito ad assìstere a quello spettàcolo! Adèsso,

sarébbero quanto

certo diventate schiave dei Romani!

avrebbero

Chissà soffrire

sofférto! ».

sòffre

ha soffèrto

« Ma scusi! », esclamò Jòy, « non hanno provato a riavere

le loro figlie, i vicini dei Romani? ». « Éh, sì », rispose Bruno,

«ma

non era così facile. I Sabini,

per esèmpio,

pensarono sùbito di fare la guerra ai Romani, ma dovévano prima prepararsi.

Intanto altri popoli partirono in guerra contro i Romani, ma

furono

tutti vinti, le loro

lazione stessa trasportata

tare il numero

città distrutte,

la popo-

a Roma, dove andò ad aumen-

dei Romani.

Anche

quello era un modo

di ingrandire la citta! ». « Cosi,

dunque»,

vigliacchi riavere

dei le

Sabini

loro

altro! ». « Ma

disse

non

figlie?

scusi»,

ancora

una

osarono

In

rispose

tal

caso,

allora

volta

far

Joy,

« quei

la guérra non

Bruno,

per

ME aCco

«>

meritàvano ridéndo

di

521

Capitolo

37

una leggénda leggendario

adoperava

che

‘vigliacchi’

quel

popolo così antico e di un fatto leggendàrio,

un

che forse

«io non ho detto che non

accaduto,

non era nemmeno

di

parlando

Joy

osàrono. Anzi il re dei Sabini, Tazio, fu l’ùnico di tutti come

andò

:

come si è svòlta

Ecco come andò:

che riuscì a entrare in Roma.

la faccénda

Per difèndere la loro città,

difèndere difènde ha difeso

sul Colle Capitolino, un forte, cioè un luògo difeso da

mura

altissime e da un

teneva il Campidoglio,

i Romani avévano costruito,

di soldati.

numero

gran

si chiamava

come appunto

simo, e si mise a cercare in che mòdo

sarèbbe

comandante

entrarci.

che

=

capo di un forte,

di una nave da guèrra, ecc.

dante

gli

forte

del

anelli

dalle

allora

Apprese

aveva

gioièlli

e altri

(come

quella ragazza

se avesse nascondersi sl nasconde sì nascose

aperto

ai Sabini

Tarpea

accettò, e una

soldati

in un

gli avrèbbe

bòsco

notte

vicino,

Tarpèa,

Tàzio

potuto

il comanamava

che

e d’argènto

d’oro

e le promise

spie

sue

figlia,

una

qualsiasi altra còsa al mondo. promettere méttere)

quel

forte, teneva Roma. Questo, il re sabino lo capì benis-

spia = persona che pròva a conoscere i pro-

gétti del nemico

Chi

più

che

aspettò una

sera

tutti i gioièlli che voleva

del Campidoglio.

la porta Tàzio

si nascose

aspettando

coi suòi

il segnale

che

fatto sapere che la via èra lìbera. Venne

il segnale, e i Sabini entràrono nel fòrte. Tàzio aveva promesso 922

a Tarpèa

che ogni

soldato

le avrèbbe

dato

Capitolo XXXVII

il braccialetto

d’oro che aveva

invece

egli,

popolo,

il suo

tradito

sinistro. Ma,

disprezzare il disprézzo

aveva

scagliare = lanciare

che

romana

per la giovane

di disprèzzo

pieno

al braccio

darle

di

il

pro-

prio braccialetto, glielo scagliò nel viso, e Tarpéa cadde

braccialetto

passando

sabini,

tutti gli altri soldati

a tèrra. Allora

un

davanti a Tarpéa, le scagliàrono addòsso, con parole di scherno, i loro gròssi e pesanti braccialetti. Così Tarpéa, che

di

un

mùcchio

che

giustamente gèmme

e quelle

quell’oro

sotto

e mori

meritava

la punizione

ricevètte

d’oro,

gioielli

per

patria

la

tradito

aveva

che

essa amava più di tutto. E quella nòtte morì pure suo il comandante

padre,

del forte, che

fu ucciso mentre

fine

del Campidòglio

della

ancora

storia

una

di

volta,

avrébbe

Roma

le

un mùcchio

gioièlli

di

gèmma = piètra preziosa

cercava di difénderlo.... La presa

scherno = disprèzzo

come

cose

si

dovuto città

svòlsero

segnare

libera.

la

Invece,

cercare di = provare a

un segno segnare

diversamente.

Accadde infatti che, quando la mattina segueénte soldati romani

e

soldati

sabini

cominciarono

a

combattere

disperatamente nelle vie di Roma, le dònne sabine, che

avévano

mariti

fra gli uni

e fratèlli e padri

fra gli

altri, per fermare il combattimento présero i loro bambini

sulle

bràccia

e corsero

a méttersi

fra

i combat-

combattere un combattimento un combatténte = uno che combatte

923

Capitolo

37

tènti. Non potèndo continuare in quel modo, il combatti-

mento

arma i

| e armi

pace

guerra

tradire

un

traditore

una traditrice

cessò, e i combattènti

e deci-

le armi

depòsero

sero di fare la pace. I] corpo di Tarpèa, la traditrice, fu gettato giù dal Campidòglio, nel luògo chiamato quel

seguénti,

Rupe

‘la

giorno

i traditori

E

Tarpèa’.

della

pàtria

anche

vénnero

da

secoli

nei

scaraventati

giù dalla Rupe Tarpèa.

le dònne

sabine férmano

il combattimento

Ecco dunque la leggénda delle origini di Roma. La pace fra Sabini e Romani, così importante per Roma, una

rupe

riunirsi una

St

riunione

:

;

appunto qui, nel luogo chiamato

.

il luògo

dove

il popolo



.

il Comìzio, paròla che

in latino significa riunione. Il Comizio

allora, 924

x

si fece

èra dunque,

di Roma

gia

èra chiamato

Capitolo XXXVII

prendere una deci-

a riunirsi ogni volta che si doveva sione importante.

Ma

questa

principio

in

giacche



valle

é

Foro

il

intorno —

situato in una valle, fra i colli che vediamo

questa valle éra, durante tutta la stagione delle piogge, una palude. Le acque che scendévano dai colli e quelle

da numerose

che sgorgavano

sorgènti sul luògo stesso,

non potévano scorrere tutte vèrso il Tévere, ma rimané-

« Non

scavare

potévano

acque?

Non

Dorabel,

esclamò

città! »,

asciutto

una

e

in mézzo

a una

le. rispose:

« No,

palude

Bruno

Perciò

certo, non è affatto sano, anzi è molto malsano!

i Romani rendere

prima

fécero appunto ciò che Léi propone: meno

cloaca

Massima

e

ùmida

la valle del Foro,

di Roma,

passa

che

sgorgare = scaturire con forza

proporre

(come

supporre)

Cloaca

che fu chiamata

appunto

la

malsano sano

nostri

piedi! ».

« Una

cloaca?

Che

cos'è? », domandò

Dorabel.

« Bè’, la

prima Cloaca Màssima èra un sémplice canale, ma più tardi, le cloache

sotto tèrra, come

fùrono

dei canali

scavati

Oggi, e che permettévano

interamente

alle acque 929

Capitolo 37

di scorrere verso il Tévere. ricoprire = coprire

e si puo

fu ricopérta,

Anche

ancora

la Cloaca Massima

vedere

il punto

in cui

sbocca nel Tévere, al lato del Ponte Palatino. Quando,

con

la costruzione

della

cloaca,

fu resa meno

malsana l’antica palude, il Fòro poté veramente diventare non

solo il cèntro

di Roma,

gli affari pubblici della città, ma Ue

fl, ly

un ponte affare = faccènda

le popolazioni

si discutévano

anche

il luogo dove

delle città vicine venivano

per véndere

e comprare, cioè un vero mercato. E adesso, per non star sempre fermi nello stesso posto,

vediamo un po’ i monumenti, dei monumenti

che sono

o più esattamente i résti

stati dissepolti nel Foro ».

E Bruno, seguito dai Vespucci,

Foro spiegando ciò che vedévano

926

dove

si mise a girare per il

intorno a loro.

Capitolo

ESERCIZIO

A.

PAROLE:

Voglio che tu lo faccia.

avvenimento

leggènda f

che esca!

Chiedete che vengano!

presa f figlioletto colle m

Bisogna badare che non scappi.

dio m

potere

culla f

impedire che egli (sapere)

cosa é

dobbiamo

aspettarci

che lei (venire) essa li (seguire).

con loro, non Non

vorra

potremo mica

che

impedire io

che

(stare)

m

Delta J one f

Se chiedono

essi ci (capire).

hi

ZO

a telefonare ai suoi amici. Non

che

nee

Legga e f

accaduto. Baderò io che essa non (uscire) da sola. Spero

(provare)

m

schiava f

Si aspettava che lo facessi io.

che egli non

m

dei m pl. gemelli m pl. schiavo m

Spero che tu gli scriva.

Devi assolutamente

m

f

origine

Non voleva dire cosa fosse. Impedisci

XXXVII

.

qui

tutto il giorno? No, ma vorrei che lo (fare) lui, allora!

Va bene, spero che non (dire) di no.

POIZIoNI hidi

f

vecchtala J ‘cino folla ri

] vigliacco m forte m

spia f

comandante

m

braccialetto

m

gioiello

B.

ESERCIZIO

disprézzo

Ecco di nuovo un esercizio un po’ diverso dagli altri. Questa

volta, Lei

altro modo.

Così,

deve

provare

invece

a dire

di dire:

m

certe

« Però

cose

Bruno

in un

non

lo

scherno m

gemma

m

f

combattimento m combattènte m

527

Capitolo

37

arma f armi fpl. pace f

traditore m traditrice f

rupe f riunione f amore m mucchio m comizio m valle f palude f cloaca f ponte m affare m preciso crudele famoso coraggioso reale libero vicino

leggendario umido

malsano diversamente giustamente fondare succeédere a forzare narrare

sapeva », si può

di dire:

invece dire:

« E adesso,

ora,

« E che

Bruno

«Ma

dire:

cosa

che

cosa

non

«Ho

sapeva », e

facciamo? », si può

facciamo? ».

Provi dunque a dire in un altro modo « Non lo sapeva neanche

lo

le frasi seguenti:

Bruno ».

comprato un’automobile ».

« Pietro getta la palla a suo fratello ». « Non abbiamo visto niente ».

« Egli si è tolto la camicia ». « Mi son rivolto a un medico ».

« Qua e la si vedevano degli alberi ». « Che cosa ti ha mostrato? ».

« Ci siamo

coricati sull’erba ».

« Era sdraiato sulla sabbia ». « Ciò durò un istante ».

svolgersi

innamorarsi

partecipare deporre punire

appréndere

beffarsi disprezzare condannare assistere riavere adoperare

028

ESERCIZIO Cosa fece Amulio,

C.

il fratello del re Numitore? ....

Che cosa accadde alla Vestale Rea Silvia?.... Che cosa decise di fare Amulio Romolo

e Remo?.....

dei figli di Rea Silvia,

Capitolo

E come

XXXVII

diféndere tradire Come fini Amulio?.... scagliare combattere Cosa decisero di fare Romolo e Remo invece di accettare | significare sgorgare ricoprire il potere che dava loro Numitore?.... Come

ando invece?....

accadde che Romolo

uccise suo fratello?....

anzitutto

ben inteso

Quali furono i primi abitanti di Roma?.....

Che cosa racconta la leggenda sui Romani e le fanciulle

sabine?

....

E cosa racconta la leggenda

di Tarpea?....

929

Capitolo

trentotto

IL FORO il ròstro di una nave romana

(XXXVIII)

trentottésimo

Capitolo

(38)

ROMANO

« Abbiamo visto », disse Bruno proseguèndo la visita del

Foro, « che il luògo nel quale ci troviamo è il Comìzio, dove

si riuniva

pùbblici.

il pòpolo

Questa

per

decidere

piazza, nei primi

tèmpi,

degli

affari

èra bèn più

grande di quella che ci rimane Oggi, e che è il Comizio dell’época degli imperatori. Infatti questi ùltimi goveruna tribuna

il suo parere = ciò che ne pensava

navano

da soli, senza quasi mai

domandare

al pòpolo

il suo parere. E pòi, la popolazione di Roma aumentava

così

rapidamente

bastò

più

che

bèn

per le riunioni

présto

questo

del popolo,

luògo

cosicché

non si do-

vette trasferirle fuori della città, in un nuòvo Comizio. il Foro propria-

Fra

il vero Foro

c’éra un altro monumento

mente detto =

che oratore



persona che fa un discorso

a.C. = avanti Cristo

930

il Comìzio

antico

si chiamava

e il Foro pubblico

‘i Rostri’.

Era,

antichi, una spécie di tribuna parlàvano al pòpolo di Roma. questo

nome

dopo

che,

nel

propriamente

detto

assài interessante,

fin

dai

tèmpi

più

dalla quale gli oratori Tale tribuna aveva preso

trecentotrentòtto

a.C.,

vi

Capitolo

XXXVIII

erano stati posti i ròstri delle navi da guerra di Anzio,

È dai Rostri che il famoso

una città vinta da Roma.

dere

con

il potere

delle armi.

la fòrza

dai Ròstri antichi

oratori fecero

aveva

che

Catilina,

contro

forti discorsi

due

romano

al pòpolo

fece

Cicerone

oratore

dei suòi

voluto

prèn-

E molti

altri

dei discorsi di gran-

dissima importanza per la storia di Roma. Ricordiàmoci antico non esisteva nulla di veramente

che nel mondo

giornali,

ai moderni

simile

parlare

non

per

mente della ràdio e della televisione! pùbblici

bisognava

conoscere

farli

natural-

non

aveva

neppure

un

al popolo

diretta-

governo

nel senso

dérno della paròla, con un capo che si chiama Ministro

o Presidente.

dei re, ma

furono

avévano

primi

sécoli,

il cinquecentodiéci

Tarquinio,

il crudéle posto

verso

Nei

fu scacciato

elétti, pure

dal

mo-

Primo

aveva

a.C. l’ùltimo

suo

due

consoli,

che

c’era,

però, una grande differènza: i cònsoli èrano elètti per un anno soltanto. Passato l’anno, il pòpolo aveva il diritto che

fosse

punito

un

moderno antico

«>>

cònsole

che,

direttamente : da una persona all’altra

il sénso di una paròla = ciò che vuòl dire quella paròla

re,

Al

su per giù gli stessi poteri dei re. Ma

di chièdere

esiste = c’è

avuto

dal pòpolo.

pòpolo,

la televisione

Perciò gli affari

mente, se si voleva che il popolo vi partecipasse.

Roma

Cicerone, in latino : Cicero

scacciare = mandàr via con la forza

elèggere (come lèggere) = scégliere fra parécchie persone

su per giù = circa

secondo

ool

Capitolo 38 lui =

esso

lui, avesse mal governato.

Cosicché,

e Roma

del pòpolo

nelle mani

era veramente

in realtà, il potere

era di-

ventata una repubblica ».

«Ma

ciò è davvero

moderno! », esclamò

Joy,

e Bruno

dovette di nuovo spiegare: « Sì e no. Perché quando dico ‘il popolo’,

non

di

parlo

quello

e in America, noi chiamiamo

senza

alcùn

potere.

in

Europa

il pòpolo di un paése. La

maggior parte degli abitanti di Roma

tempo

oggi,

che

Roma

rimase per lungo

fu

governata

dal

Senato ...». « Il Senato? », esclamò Dorabel interrompèndolo, « come una chièsa

negli Stati Uniti? ». « Be’, si, un pò’ come in América », disse Bruno

ridèndo,

rassomigliare la rassomiglianza

stata assài più grande

membro di... = persona che appartiéne a...o fa parte di...

tutto,

i mèmbri

«ma

credo

che la differénza

della rassomiglianza!

Prima

sia

di

del Senato, i senatori, non èrano eletti

dal pòpolo: quei senatori, infatti, èerano semplicemente i capi dei grandi gruppi di persone che i Romani chiamà-

repubblicano = della repubblica

vano ‘famiglie’. All’època repubblicana, ce n’èrano trecénto, poi seicento. Ed ècco appunto l’edificio in cui si ri-

univa il Senato, la Cùria. È uno dei pòchi edifici del Fòro antico l’antichità

che non fùrono distrutti, perché dopo l’antichità fu trasformato

932

in chièsa. Entriamo? ». « Cèrto », esclamarono

Capitolo XXXVII

i Vespucci,

ed entràrono nella Curia

insiéme

a Bruno.

Quando si ritrovarono sul Comizio, Bruno disse: « Quel-

lo lì è V’arco di Settimio

Sevèro.

Loro

sanno

cérto

cosa servivano gli archi del Foro Romano ». « Ma

a

...2»,

rispose Dorabel, «a passarci sotto, nd? E poi, a Parigi, c'è sotto la tomba

dato », disse Bruno,

del soldato sconosciuto ». « Quel

sol-

« si chiama milite ignòto, che vuòl

una tomba

dire lo stesso con parole più alte. Un milite è un soldato, e ignoto vuòl dire sconosciuto.

A Roma, però, non

c’érano tombe di militi ignòti sotto gli archi, quella è un’iA Roma

déa moderna, dei nostri tempi.

si innalzàvano

innalzare costruire

degli archi per gli imperatori che avévano vinto qualche grande

battaglia.

Sull’arco

si raccontavano

propri disegni di piétra, che si chiamano

in veri

e

=

vero e pròprio = vero

bassorilièvi,

le scéne più importanti della vita dell’imperatore, delle sue battàglie più grandi, delle sue più importanti vit-

torie, ecc. Ma gli archi del Foro Romano, cioè quelli di

Settimio Severo, di Augusto — òggi sparito — e di Tito, come

pure

quello

fuori, al lato del Colossèo, sarci

sotto’,

come

diceva

po’

che

si trova

un

servivano

appunto

a ‘pas-

di Costantino,

Léi,

signora

Dorabel,

ma

in

rari casi soltanto. Come Loro sanno, Roma fu quasi sèm-

il Colossèo

933

Capitolo 38 generale —

pre in guerra. Quando dunque un grande generale aveva

cito

vinto

capo di un esérconsiderare importante = pensare che é importante

nazione

=

popolo

condurre (come introdurre)

che

battaglia

una

il Senato

molto

considerava

importante per la nazione, i senatori per ricompensarlo

gli

il

concedévano

‘trionfo’,

cosiddetto

che

cio

gli

stessa i suòi esér-

dava il diritto di condurre in Roma citi vittoriosi.

cammino

= via

Un trionfo èra uno spettàcolo imménso, faceva accorrere lungo il cammino

il popolo di Roma.

Provino

un cortèo che

del trionfatore tutto

un pò’ a immaginarsi

trionfo! Il cortèo entrava in Roma

un

per la Porta Trion-

fale, che di sòlito èra chiusa. In tèsta al cortèo venivano in tésta a = al principio di

tutti i senatori seguiti da soldati che suonàvano le trom-

Poi,

trasportati

sui carri

schiavi, venivano

gli oggétti

preziosi

Se il paése vinto

èra un paése

venivano

nuòvi

be trionfali.

animali

o portati

tòlti al nemico.

lontano,

o interessanti

dagli

allora

per

spesso

i Romani:

leoni, tigri, elefanti, giraffe, o che sò io. Poi seguivano,

a piedi naturalmente e in catene, i più importanti pri-

gionièri nemici. Talvòlta, fra i prigionièri c’éra qualche grande generale o un re, ma ciò non rendeva cèrto molto

più

leggere

morte.

le

catene!

Niènte

poteva

salvarlo

dalla

Capitolo XXXVIII

Poi,

tirato

da

quattro

cavalli

bianchissimi,

veniva

il

carro del trionfatore. La sua toga — che era il vestito

proprio dei Romani — éra rossa con ricami d’oro. Nella mano

e sulla fronte

egli portava

rami

di alloro,

che

anche ai nostri tempi sono il segno del trionfo, e uno schiavo gli teneva sopra il capo un ramo di alloro fatto

di oro puro ... Ma affinché egli non credesse di èssere

diventato un dio, lo stesso schiavo gli ripeteva all’orécchio: ‘Guàrdati indiétro. Ricordati che sèi un uòmo ...’. Dopo

il carro

del

trionfatore

venivano

i soldati,

che

cantàvano inni di vittoria. E tutto quell’imméènso cortèo passava sotto gli archi di trionfo prima di salire al tempio

di Giove sul Campidoglio, cioè al principale tèmpio di Roma ».

Segui un bréve silenzio: i Vespucci e Bruno provavano ad immaginarsi il cortèo del trionfatore, con le sue trom-

un orécchio

belva = grande animale pericoloso

be, i leoni, le tigri e le altre belve, i prigionièri in catene,

con tutta la folla dei Romani

toria, gridava, rideva Pòi Bruno

che cantava

inni di vit-

....

si rimise a camminare

fra i monumenti

del

Foro, e dopo avér mostrato ai Vespucci la Basilica Giùlia e la Basilica Emilia, si fermò

sotto le colonne del 039

Capitolo 38

il tèmpio di Saturno

tempio il Rubicone

bruciare = essere distrutto dal fuòco

remòto

= lontano

di

Saturno,

ai

pièdi

del

Colle

Capitolino.

«Questo qui è uno dei più antichi tèmpli di Roma, co-

struito

nel

quattrocentonovantasètte,

pòi

bruciato

e

ricostruito parécchie volte. Era qui, nel tempio di Saturno, che fin dai tempi più remoti si trovava il Tesoro

denaro = soldi

dello Stato, cioè l’òro, l’argento, il denaro e gli oggetti

di gran valore = che costa molto

preziosi

Giulio Césare, in

Saturno,

varcare = passare (un fiume)

nato

parte di un paése

936

valore

appartenènti

allo

Stato,

al

pòpolo romano. È qui, davanti alle pòrte del tèmpio di

latino : Iulius Caesar

provincia =

e di gran

che troviamo

a Roma

dopo

Césare,

avér

Césare,

tor-

soldati

quel

cioè Giùlio

varcato

coi suòi

famoso Rubicone, il fiume che segnava la frontiera del-

la provincia da lui governata. Per rimanere

al potere,

Capitolo

XXXVIII

egli aveva bisogno di denaro, e il denaro èra là; ma il tribuno

Metello,

che

stava

di guàrdia,

lo fermò,

ram-

mentàndogli che, secondo le leggi, il Tesoro apparteneva lui, anche se lo stesso popolo l’aveva

al popolo e non a

fatto dittatore. Césare, impaziènte,

‘Non è

gli rispose:

questo il momento di parlare di leggi! Oggi pàrlano le armi:

apri! ’. Ma

Metéllo,

invece

di lasciarlo

passare,

tribuno = ufficiale romano elèt-

to dal pòpolo

le leggi dìcono ciò che dèvono o non dèvono fare gli abitanti di un paése dittatore = capo della nazione, il quale aveva tutti i poteri

coprì col proprio corpo la porta del tèmpio.

Césare e il tribuno Metéllo

Césare

allora

prese

una

di quelle

decisioni

che

càm-

biano la storia delle nazioni. Per capirne il sènso, dobbiamo rammentarci

che la legge puniva in modo

seve-

937

Capitolo 38 severo =

duro

rissimo

chi

alzar

osato

avesse

la mano

contro

un

tri-

buno. Ma Césare non poteva lasciarsi fermare né da un

tribuno, né da chiunque altro si trovasse sul suo cam-

mino, e perciò egli disse a Metello: sapere sappi!

‘Apri, o ti uccido!

E sappi che mi sarébbe ancòr più facile farlo che dirlo! ’

Il tribuno allora si spostò e gli apri le porte del tesoro pubblico ...».

Poco

dopo,

arrivati al lato opposto

davanti

del Foro,

al tempio di Césare, i quattro si fermarono di nuovo e Bruno

stava

Dorabel, l’ammirazione ammirare

niente:

per

continuare,

che per un pàio « E

io

che

di minuti

ammiravo

esclamò la brava donna,

quando

tanto

fu

interrotto

aveva

non

Giùlio

da

detto

Césare! »,

« e invece, Lei ci racconta che

éra semplicemente un ladro. Non pòsso créderci! ». « Ma infatti non

lo èra neppure! », le rispose Bruno,

ogni mòdo,

non

era un sémplice

ladro. Fu

«o

in

grande

in

tutto ciò che fece, nel bene come nel male, e Lèi può tranquillamente continuare ad ammirarlo

».

« Ah? vor-

soggiùngere aggiùngere

rei créderLe, ma ...», disse Dòrabel, e soggiunse:

provarsi a = provare di

ogni modo mi ci proverò ». « Grazie », disse il giovanotto

« In

ridendo, e continuò dal punto in cui èra stato interrotto: «Il tèmpio

038

di Saturno

ci ha fatto rivivere una

scena

Capitolo

davanti

il tempio

della vita di Césare,

XXXVIII

ai cui résti ci

troviamo ora ci fara rivivere le sue ultime ore. Facciamo

ancora

Ed

passo

qualche

all’entrata

èccoci

della

entrata : pòrta

Règia, l’edificio dove allora stava Césare. Riportiàmoci con

l'immaginazione

del

alla mattina

quindici

marzo

dell’anno quarantaquattro a. C. Césare, che poco tempo prima

èra stato

nominato

dittatore

a vita,

e a cui il

Senato, secondo certi storici romani, stava per conferire — se non il nome — almeno i poteri di un re, Césare si preparava

ad uscire

per

recarsi

appunto

stòrico = uòmo che scrive libri di storia

conferire = concèdere, dare

I

al Senato.

senatori quel giorno si riunivano nella cosiddetta Curia

di Pompéo, a circa mézzo chilometro dal luògo dove ora

siamo

noi, li dove

oggi c’è la chièsa di Sant’Andréa

della Valle. Infatti, il Senato non si riuniva sempre nella Curia del Foro. Césare però non si decideva a muoversi. Quel

potènte

dittatore,

quell’uomo

che comandava

su

un imménso impero, credeva ai sogni, come quasi tutti

i Romani.

E quella notte sua moglie Calpùrnia

aveva

comandare governare

:

l’Impèro romano èra l’Itàlia e tutti. i paési governati da Roma

sognato che il tetto della Règia èra caduto e che Césare le éra stato ucciso fra le braccia.

Ma uno dei suòi migliori amici — quanto male hanno fatto, nella stòria, i cosiddetti migliori amici dei grandi 039

Capitolo 38

uomini!

essere



fra

Bruto,

lo stesso

che mezz’ora

a colpirlo,

i primi

gli

dopo

domando

doveva

che

cosa

avrebbero detto i sudi nemici se avéssero saputo che il padrone di Roma, per occuparsi degli affari dello Stato,

aspettava che sua moglie facesse un bel sogno. Césare avviarsi

=

méttersi in cam-

mino

si decise allora a lasciare la casa e si avviò

verso il luògo di riunione del Senato. Per strada —

alcuni

Curia di Pompéo, assassinare cidere

con Bruto

: uc-

avvertire di = raccontare

rivelare = raccontare ciò che era segreto

storici latini dicono

qualche momento

davanti

alla

prima che Césare

fosse assassinato — un altro amico del dittatore (ma uno

vero questa volta), avendo scopèrto ciò che si preparava

contro di lui, gli diede una lèttera, in cui lo avvertiva del pericolo e gli rivelava i nomi delle persone che avrèbbero cercato di assassinarlo....

Ma Césare, non sapèndo quanto fosse importante quella lettera, la mise fra le altre còse che portava con sé e

proseguì il suo cammino vérso la morte. Appena fu encircondare = méttersi intorno a

trato nella Cùria di Pompèo,

venne circondato dai ne-

mici, che lo colpirono con le armi che avévano nascoste

nelle toghe. Césare provò a diféndersi, ma quando vide che anche Bruto alzava il bràccio per colpirlo, si lasciò uccidere

040

senza

più

resìstere,

esclamando:

‘Anche

tu,

Capitolo

Bruto, Gli

figlio

mio!’.

Cosi

volévano

assassini

mori

gettare

il grande il corpo

XXXVIII

Césare di

nel | un assassino =

Césare

colui che assassina

l’assassinio di Césare

Tevere,

ma

il popolo

non

lo permise.

Anzi,

essi dovét-

= trovare un

.

,

méttersi al riparo

tero fuggire, e méttersi al riparo dal furore del popolo | luògo sicuro

in un tèmpio Césare

del Campidoglio.

èra uscito

Qualche

di casa, quattro

il suo corpo alla Regia

ora dopo

che

furore = rabbia

schiavi riportàvano

....

Grande fu il furore di Roma alla notizia dell’assassinio.

assassinare |

Così grande che, il giorno dopo, il pòpolo fece un immènso rògo, e su quel rògo bruciò il corpo del dittatore ucciso. Da

quel giorno

Césare fu considerato

come

un

541

Capitolo 38

tèmpio

quel

un

dopo

dio, e poco

tèmpio,

che vediamo

li e davanti

dio,

di Césare

il tempio

al quale

siamo

passati poco fa, fu costruito sul luògo stesso del rògo ». qualche

Per

pensando destino di uno = ciò che dève suc-

cèdergli

minuto,

giorno

a quel

destino di Roma

tutti e quattro

così

rimàsero

remòto

(e con lèi del mondo)

in

cui,

zitti, ri-

forse,

il

èra stato cam-

biato. Poi, guardando l’orològio, Bruno esclamò: « Ahi! si

fa tardi! Abbiamo appena il tempo di vedere il tèmpio di Vèsta

e la casa

darsene. Ma

potremo

delle Vestali,

che Léi ce ne àbbia già par-

Dorabel. E poi, sénza aspettare la

risposta di Bruno, aggiunse: delle file

an-

continuare un’altra volta ».

«Le Vestali? Mi sembra lato, nò? », domandò

e poi bisognerà

« Non èrano quelle donne

vestite di bianco che stàvano sedute in prima fila al Colossèo? ». Bruno brava

Dorabel

e Vespucci sorrìsero, ciò che offese la che,

rossa

in viso,

esclamò:

« Eh!

caro

mio, io non sono mica come Léi che ha lètto tanti libri

su Roma, pòsso anche sbagliarmi io! Però questa non mi pare una buona ragione perché Léi si bèffi di me come se fossi un’ignorante! ». « Mi

scusi, cara signora

Dora-

bel! », disse Bruno, « Lèi ha detto una cosa giustissima. Era

042

solo il Suo

modo

di dirlo che ci è sembrato

tanto

Capitolo XXXVIII

diverténte.

le Vestali

Ma

èrano

bén

più

di sémplici

dònne vestite di bianco che avévano diritto ai migliori posti nel Colosséo e in altri luoghi.

Le Vestali èrano sèi vérgini, sèi giovani donne o piuttosto fanciulle, scelte in età fra i sèi e i diéci anni, e che

per trent'anni dovévano rimanere al servizio della dèa

vérgine = giòvane donna non sposata

il dio la déa

Vesta. Passati questi trent'anni, esse avévano il diritto di sposarsi, se lo volévano, sennò rimanévano fra le altre

Vestali ci pare

per oggi,

servirle. molto

I doveri pòchi

delle sèi Vestali

èrano,

In

primo

e semplicissimi.

luogo, esse dovévano badare che il fuòco che giorno e

dovere = cid si déve fare

che

in primo luògo = anzitutto

notte ardeva nel tèmpio di Vésta non si spegnesse mai.

inoltre = oltre a ciò

Inoltre, esse dovevano custodire diversi oggetti prezio-

un custòde

sìssimi, a cui èra legato il destino stesso di Roma, i quali

custodire finire)

sèmpre chiusa e in cui nessuno fuorché le Vestali aveva

ardènte àrdere arde è arso arse

il diritto di entrare. Doveri sémplici, ma sfortunata la

sfortuna sfortunato

si trovàvano in una spècie di stanza segreta del tempio,

Vestale

che lasciava spégnersi

lasciava

vincere

dall'amore!

il fuòco

Il destino

(come

della déa o si della

sciagurata

terrièra dèa alla fatta ssa prome la a enev mant non che

prométtere una promessa

bile. Un cortèo la conduceva fino a un luògo fuòri di

Roma. Li, essa scendeva in una piccolissima cèlla scavata

célla = cameretta

543

Capitolo

38

contenénte = che | sotto terra e contenènte contiène

vino,

del

Appena

la

làmpada

e una

dell’acqua,

un lètto, un pò’ di pane, ardéènte.

l’entrata

sciagurata èra entrata nella cèlla, chiudévano

e la Vestale fame e

èra

a morire

condannata

lentamente

di sete ...».

MR

\E

mil)F É& EE

una Vestale

orrìbile =

terribile

di

>

DE

i

nella cèlla della mòrte

« È orribile! », esclamò

Jòy,

« ma come

mai quelle fan-

ciulle

farsi

Vestali?».

« Èh!»,

Bruno,

accettavano

« prima

di

di tutto, èrano

rispose

così giédvani che vera-

mente non érano loro a decìdere, ma decidévano

i loro

genitori, e di solito le séi Vestali si trovàvano facilmente, perché

i diritti che avévano

ben di più dei loro doveri.

544

èrano

tanti che pesàvano

Capitolo

Pènsi un pò’: avévano, come ha detto la Sua mamma,

XXXVIII

i

migliori posti a ogni spettacolo, a tutti i giochi pùbblici; | giocare se lo in-

avévano il potere di perdonare un condannato

il gioco

contràvano per caso sul loro cammino; i cònsoli stessi le lasciàvano passare per prime se le incontràvano; chiun-

offesa èra severamente

que faceva loro la minima

pu-

— lto nito; se morìvano mentre èrano al servizio di Vèsta èrano | S©Po seppellito °

sepolte dentro le mura di Roma — còsa a cui pochissimi

dentro leSas mura

fuori di

di

avévano diritto.

Tanti diritti,

e una vita che potévano condurre solo le

più ricche

e potènti

a spiegare

perché

donne

molte

di Roma,

fanciulle

tutto

romane

ciò basta consideràs-

sero come una fortuna di èssere elètte Vestali, e perché d’altra parte, in oltre diéci sècoli, diciotto Vestali sola-

mente avéssero arrischiato la propria vita per l’amore

arrischiare n

di un uomo ». « Dicidtto avrei

cosa

solamente fatto

Dorabel,

mormorò

...»,

io, se fossi stata una

« chissà

Vestale? ». « Tu,

cara? », esclamò suo marito ridèéndo, « ma probabilmente tu

non

disse:

saresti

« Oh!

mai

perché

stata

nò?

scelta!».

Mi

sarèbbe

E

Dorabel,

pròprio

offesa,

piaciuto,

sai? Ma tu, come tutti gli uòmini, non ne capisci nulla!

545

Capitolo

38

Bruno!

Torniamo

in giro

a casa, sono stanca di andare

fra queste piètre! ».

vuòle, cara signora », disse il giovanòtto,

«Come

Domani,

basta.

Oggi

forse,

visiteremo

il

« per

Colosséo

e

poi ... ma, non sò ancora, vedremo ».

|

E i quattro lasciarono il Foro Romano.

ESERCIZIO A.

PAROLE:

imperatore m parere m

ridere

prendere

rispondere

oratore m

ride

prende

risponde

rise

prese

rispose

ha riso

ha preso

ha risposto

tribuna f

rostro m televisione f senso m

ministro m console m

repubblica f senato m

furono

Quando

rassomiglianza f | il giorno membro m senatore m antichità f

chiesa f arco m tomba f milite m bassoriliévo m generale m nazione f trionfo m cortèo m cammino m trionfatore m tromba f leone m

046

tornati

seguente

della città. Durante

a Roma,

avrebbero

Bruno

(decidere)

(riprendere)

la visita al Foro,

Bruno

la

che

visita

raccontò

come era stato (uccidere) Cesare. Quando Vespucci domando a Dorabel se aveva finito di interromperlo, essa (prendere)

un’aria

molto

(offendere)

e non

(rispon-

dere). Bruno racconto che i due ladri avevano (nascondere)

non

la roba

sotto il sedile della macchina.

(rispondere) », disse Annibale,

« Dorabel

« dev’essersi addor-

mentata ». « Miss Joy », domandò Bruno, « perché non si

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servizio m

dovere m

cella f gioco m

trionfale modérno

repubblicano ignoto vittorioso

remoto severo

947

Capitolo

38

contenente

Come

si chiama

‘cio che rimane’

sfortunato

Come

si chiama

una

appartenente sciagurato orribile propriamente

cosa

scacciare

A che cosa servivano

innalzare considerare

Che cos'era la Curia? ....

rammentare

nominare

soggiùngere provarsi a

conferire decidersi avviarsi comandare

assassinare avvertire rivelare

Perché Cosa

non

degli archi di trionfo

....

In quali casi i generali romani avevano il diritto di condurre i loro eserciti in Roma

stessa?

....

A che cosa serviva il tempio di Saturno? .... Cosa narra la storia di Cesare e del tribuno Metello? .... Cos’aveva

sognato

Cosa

inoltre

Senato? ....

affinché

Come

su per giu

C.

i Rostri? ....

i bassorilievi

raccontavano

di Roma?

Calpurnia

la notte prima

dell’assas-

sinio di Cesare? .... disse

Bruto

fu assassinato

a

Cesare

per

farlo

andare

Cesare? ....

Che cosa fece il popolo del corpo di Cesare? ....

948

....

fu distrutta?

circondare resistere ardere custodire

mantenere

che stupisce?

ESERCIZIO

esistere

ricompensare concèdere condurre bruciare varcare

....

Come si dice ‘salire su coi piedi e con le mani’?

direttamente trasferire

elèggere

di una cosa?

al

trentanovésimo

Capitolo

(39)

trentanove

Capitolo

(XXIX)

IL COLOSSEO Il

giorno

dopo

andavano una

visita

al Colossèo,

léttera

invece

la

alla mia

di méttere

lei conosce

Foro

Romano,

Jòy disse a Bruno: migliore

l’indirizzo

già, vorrèi

vanti alla casa

al

amica,

del

dirle che

in cui abitò

mentre

« Hò

scritto

a Washington,

nòstro

albèrgo,

che

seduta

da-

le scrivo

il famoso

e

tal dei tali, in

via tale, nùmero tale. Non potrèbbe aiutarmi? Lèi dève

‘tal dei tali’ si dice di una persona qualsiasi e sconosciuta, invece del nome

conoscere un paio di indirizzi di questo gènere, no? >». « Di codesto gènere, nò, e non ne conosce nessuno, per-

ché non esistévano », rispose Bruno sorridèndo. non

esistévano? », domandò

già, cara

Joy,

moderno

di indirizzi,

interamente

non

Joy

esistévano. con

sconosciuto

molto

Tutto

vie, numeri,

léttere,

a

come

trovare

una

facévano

piani,

« Eh,

sistema ecc.,

éra

nell’época romana ».

« Ma allora », esclamò Joy, sempre si faceva

« Come

stupita.

il nostro

codesto = questo

persona

ad

arrivare

più stupita, « come in

una

a

citta?

E

le

destinazione? ».

la destinazione é il luògo dove si déve arrivare

alla

di un viàggio

fine

049

Capitolo

39

é la posta che fa|

«Gia»,

a destinazione

posta,

arrivare |

le lettere zi

n

disse

se

x

Bruno,

poni

POSTE VAT

non

c’érano

indirizzi? ».

LI

« guardi

che

°

*_.2

bd

la posta,

cara

« Bè’ », ~

signora

la

Roma

a

le

rispose 3

Dorabel,

è

cil

un servizio dei giorni nostri. Se non mi sbaglio, il pri-

mo francobollo modérno del

un francobollo

Introd urTe ae

funzionava

«come

Dorabel,

sècolo

scorso,

è di un po’ prima

e prima

di quella

postale

sistema

vero

data

della metà non

pubblico.

si può

in-

Ma

parlare

di un

somma,

anche se una spécie di servizio postale funzio-

nava assai prima

dell’introduzione dei francobolli, cio

che importa e che i Romani non conoscévano altro che un servizio postale dello Stato, che serviva unicamente

a portare a destinazione nei più remoti centri dell’im-

menso Impero romano le lèttere del govèrno. Quel servizio

postale

c'èra

bisogno

funzionava

di

benissimo,

indirizzi,

dato

che

ma,

lo ripéto,

non

un

ser-

non

èra

vizio pubblico ». « Va bene, va bène, lasciamo

pi

Re

«ma

come

si faceva

nelle

altre

grandi

a trovare

città?

Lèi

la posta », disse Dorabel, una

ci ha

persona

e

a Roma

raccontato

che

la

desli | Roma imperiale aveva quasi un milione di abitanti. Ora dico io, ci déve pure essere stato un modo di ritrovarli, nò? Le vie almeno dovévano avere un nome, mi pare ».

550

Capitolo

«Eh,

no»,

rispose

Bruno,

« moltìssime

vie

di

XXXIX

Roma

non avévano affatto nome. Erano semplicemente file di case, di case senza numero.

E perciò, nell’antica Roma,

trovare una persona non conosciuta èra spesso un affare

molto complicato. Un Romano

stava non nella tal casa | S©mplice

della via tale, ma vicino al tale monumento,

pio, o al tal luògo dei

casi,

conosciuto.

il nome

di

una

nome,

per esempio

la ‘Via Lata’,

essa

ne

parte

aveva

uno,

quella via. Le pòche vie

indicava solo dove conduceva un vero

se

nel senso

——>

per esém-

E nella maggior

via,

che avévano

complicato

indicare

mostrare

=

come

moderno,

ecc., érano

la ‘Via Nova’,

lunghìssime, cosicché, anche lì, trovare una persona era un affare assài complicato. Bisognava dire, per esempio, che

un

mento,

nella

o al tale

grande

principio,

alla

immaginarsi

l'indirizzo posso

gènere,

meta,

quanto

di

chi

darGliene

senza

via. Lèi può seduta

tale via,

tale stava

e vecchio

albero,

alla

fine

tale

fosse

complicato,

a

stava uno,

ma

della

sarà

dire alla sua amica

‘ad Colossum’,

ey

oe

cioè vicino

al

Possono

spesso,

spiegare

indirizzo

della casa né

il numero x

un

oppure

via.

Dunque,

Roma!

monu-

al tale

vicino

vuole,

se di

il nome

quel

della

che le sta scrivèndo x

al Colòsso.

Era

o = cosa . | coloss

così | imménsa

dol

Capitolo 39

che i Romani un colosso colossale

Roma

abitidine = cosa che si fa di sòlito servirsi di = adoperare

vicino

‘Colòsso’,

dell’Impèro alla famosa

che

si

chiamàvano stàtua

trovava

il quartière

di

colossale di Nerone,

davanti

all’Anfiteatro

il

Fla-

vio. E così forte era l’abitùdine di servirsi di ‘indirizzi’

di quel gènere quasi

venti

che l’immènso

sècoli,

Anfiteatro Flavio, dopo a chiamarsi

continua

‘il Colosseéo’,

cioè l’anfiteatro che si trova vicino al Colòsso ». « Veramente! », esclamò Dorabel, « e io che credevo che

i

fòssero

ridèndo,

Bruno

l’Euròpa europèo il fondamento

Romani

« non

così

intelligènti! ».

avévano

« Bè'»,

disse

indirizzi, è vero, ma

ci

hanno lasciato un sistema di leggi che è rimasto fino =

ciò su cui qualcòsa è fondato

ad ora il fondamento stesso del modèrno stato europeo.

soggetto = ciò di cui si parla

cambiar soggétto, facciamo la visita del Colosséo, giac-

Ciò mi pare più importante di un indirizzo. E ora, per

ché parlando ci siamo arrivati ». Dopo avér spiegato ai Vespucci come il Colossèo, comin-

ciato nel settandadue dopo Cristo, fosse stato costruito

in meno

di tre anni da un vero esercito di prigionièri

di guérra condannati ad èssere schiavi, Bruno raccontò

artificiale > naturale

202

che quell’edificio —

veramente

costruito

stesso

aveva

sul

fatto

luògo scavare

un

colossale —

dove

lago

l’imperatore

artificiale

èra stato Nerone

nell’imménso

XXXIX

Capitolo della

parco .

.

ficio », disse

sua

‘Casa

.

.

d’òro’. x

il giovanòtto,

« Le

fondamenta

x

x

èssere

« dèvono

state

.

ancora

li, a provarci

il gènio

dei

costruttori

la parte più bassa su cui ripòsa tutto

in- | pedificio

credibilmente bèn fatte, giacché oggi, dopo venti sécoli, sono

=

dell’edi- | le fondamenta

genio = grandissima intelligènza

ro- | costruttore = colùi

che

costruisce

mani ».

il Colossèo al tèmpo dei Romani

« Quanto pesa il Colosséo? », chiése a un tratto Dorabel.

«Eh?

o pit stu t° | da to di or al sb e, an év gi il e ss di Quanto pesa?»,

una tale domanda, Lo.

geye

« mah

sbalordire

... e chi lo sa? Qualche cen- | finire)

.

tinàio di migliaia di tonnellate, suppongo ». « E quanto

è una tonnellata? ». « Una Ma

sbalordito = mol-

tonnellata

= ma mah

(come

[ma:]

sono mille chili.

Le ripeto che a dire il vero ignòro

assolutamente

593

39

Capitolo ignorare

quanto

pesi, perché ‘igno‘non

rare’ = sapere’

quanto pesi il Colossèo. Ci sarà stato certamente qual-

cuno che si è divertito a calcolarlo partendo dalla granio non credo di averlo mai letto

dezza dell’edificio, ma

il pubblico

=

la

gente che guarda uno spettacolo in un teatro e simili

autore

=

scrittore

losso

di piètre.

come

stava

E adèsso

seduto

domandò

Jòy quando

fùrono

nel

stare,

entrati.

co-

po’

un

Flàvio ».

Colosséo? »,

cinquan-

« Circa

gli autori modèrni,

« secondo

tamila », rispose Bruno,

questo

nell’Anfiteatro

ci potévano

spettatori

im-

e vediamo

entriamo

il pùbblico

«Quanti

lavoro

costruire

anni,

parecchi

e che durò

mènso,

un

è stato

libro. In ogni modo

in nessun

e

più di ottantamila secondo cérti autori antichi. Gli spetun gradino

tatori stàvano tre

vano

seduti

‘piani’,

sui gradini di piètra che formà-

ciascuno

di

parécchie

Al

file.

térzo

piano stàvano sedute le dònne ». « Che còsa? Le dònne stàvano sedute a parte? », esclamo Dorabel quasi offesa. « Già », disse Bruno, al disopra di = pit in alto di

al disopra

sedute

schiavi,

degli

che

« stàvano

fuorché

di tutti gli altri spettatori avévano

non

avuto

biglietti

per

i

gradini e che perciò stavano in pièdi su un terrazzo al peggiore migliore

«>

inferiore

=

basso

004

disopra del terzo piano ». « Ma

bel più

con

posti?

indignazione, Erano

«le

considerate

allora », continuò

donne come

un

avévano pubblico

Dora-

i peggiori inferiore

Capitolo

agli uomini? ». « Be’, sì, mi dispiace

di dirlo », rispose

Bruno,

indignazione;

«e capisco benissimo

Lei deve

la Sua

ricordarsi che le dònne

sono

XX XIX

ma

considerate

superiori agli uomini — e solo fino a un cérto punto! | superiore + inferiore —

da pochissimo

tèmpo

solamente,

sécolo

da qualche

tutt'al più ». « E io allora sono felice di appartenere a | tutt'al più = al massimo

quest’época! », esclamò Dòrabel, e Joy, per ritornare al | ritornare = tornare

Colossèo,

domandò

a Bruno:

« Ma

da

chi èrano

(parlando)

occu-

pati gli altri posti? Quanto costàvano i biglietti? Dove si compravano? ».

WU

ZZ

ve

= BAI il terrazzo di una casa

il Colossèo

000

Capitolo 39 dividere (come riin = fare dere)

«Eh!

come

va presto Lèi! », fece Bruno

parti

fàccio in tempo

a risponderLe!

categoria = grup-

prima

Gli altri posti, dunque,

po di cose che appartengono a un altro gruppo più grande

domanda.

ridèndo,

Cominciamo

«non

dalla Sua

cioè i gradini

dei due primi piani, èrano divisi in due categorie, una per piano. La categoria superiore, cioè i gradini del primo

é riservato a = puo solo servire a

piano,

compreéndere :

che comprendeva

cittadino romano stranièro

vata agli altri cittadini romani. Al disotto dei tre piani

contenere

al disotto al disopra

«>

si cammina sul suolo

sedile = ogni còsa fatta per sedersi personàggio : uòmo di grande importanza nella vita pubblica gratùito = che non còsta nulla

offrire (come aprire) = regalare, dare offre

ha offéèrto offri

popolare = amato dal pòpolo ingrèsso = entrata distribuire = dare

a parécchie persone

906

éra

di gradini

riservata

di marmo,

La

categoria

inferiore,

i gradini del secondo piano, èra riser-

c’éra

suòlo ricopèrto

ai ricchi.

un

terrazzo

di marmo,

stàvano

chiamato

dove,

il ‘pòdio’,

col

su sedili ugualmente

l’imperatore,

naturalmente,

con

le

Vestali, i senatori e gli altri alti personaggi dello Stato.

Erano bèn inteso i posti migliori. E ora, veniamo

alla

importante ricordarsi

gratuiti, alti

e venivano

personaggi

popolari.

che

storia

dei

biglietti!

che a Roma

Anzitutto,

gli spettàcoli

è

èrano

offerti al pòpolo dallo Stato e da in

quel

I biglietti d’ingrésso,

modo

volévano

dunque,

non

réndersi

costàvano

nulla ed èrano distribuiti al pòpolo gratuitamente, servendo

unicamente

pubblico.

Ma

a méttere

per i due

un

pò’

piani superiori

d’ordine non

fra

il

ci voleva

biglietto, e il pùbblico di quei posti lì arrivava all’anfi-

Capitolo

teatro

fino

dalla

sera

precedente,

notte che cominciasse

aspettando

lo spettacolo,

tutta

mangiando

la

XXXIX

precedènte

inventare un’invenzione

Oggi ci lascia piéni di ammirazione. Lo spettàcolo

aveva

luogo

nella cosiddetta

aréna,

che

si trovava a quattro métri al disotto del pòdio. E sotto l’arèna c’éra poi, come in un teatro modèrno, una quand07

Capitolo

39

una quantità di = | tità di ròba:

molto

in cui si tenévano

le gabbie

c’érano

le

béstie che sarèbbero state uccise durante lo spettàcolo, le

màcchine

che

in

spettàcoli

cèrti

nell’arèna

salire in un àttimo

servivano

un mùcchio

a

far

di còse di-

verse, delle vere ‘vie’ per le quali le béstie èrano mandate su, un sistema di canali che permettévano, in certi

spettàcoli, di inondare in pòchi minuti tutta l’arena, e

I gladiatori

mestière = lavoro

,

che si fa per gua-

| vivevano

dagnare sòldi

tràvano militare = nello

che

ave! = ti saluto

i

|

venivano

in carri

.

e

Cesare - Impera-

nell’anfiteatro

Prima

di cominciare

Ordine

militare,

il

dalla

numerose

| quelli

che

porte,

esaminate

ciàvano,

per

le

dell’arèna.

morire

armi,

durare

ore

un

gladiatore

Quando

e i combattimenti

stato

en-

riservato. in

passavano

‘Ave, Césare!

di

fila,

Poi

veni-

incomin-

accompagnati

e di altri strumenti

era

i

si voltavano verso di

ti salùtano!’.

e ore

Essi

dove

essi facévano,

dèstra e dicévano:

dal suono delle trombe

Quando

a loro

i combattimenti,

per

scuòla,

mestiére.

dall’ingrèsso

il giro

stanno

loro i

loro

davanti al posto dell’imperatore,

vano

di fila = sènza

i

imparavano

lui, alzàvano la mano

interruzione

c’érano

per una delle quali entràvano i gladiatori.

una gabbia

stesso modo soldati

all’arèna

E intorno

così via.

gravemente

....

ferito

o

non si sentiva piu la forza di combàttere, egli si lasciava

098

Capitolo

e alzava

sull’aréna

cadere

sinistra, perché

non

lo facéssero

la mano | perché =

il pubblico

vèrso

uccidere.

pregando che

Se l’impera- | vincitore = colùi

tore non èra presènte, il vincitore, normalmente, se

stesso

lui

deva

uccidere

doveva

lasciàr

o

XXXIX

che ha vinto

deci- | normalmente = di sòlito

vivere

l’avversàrio caduto. Ma se allo spettàcolo assisteva l’imperatore, éra lui che decideva.

prima

il parere del pùbblico,

Spesso, egli domandava

soprattutto delle Vestali,

e queste allora, se il gladiatore vinto aveva combattuto

bene, spesso

decidévano

di risparmiarlo

alto il pollice dèstro gridando:

peratore,

di solito, seguiva

in

un pòllice risparmiare + non

‘Màndalo via! ?. E l’im-

il pubblico,

alzando .

x

wy

‘131:

e alzàvano

Tm

anche | non compativa = non

peccato

fosse

x

os

trovava

pùbal uto piaci èra non vinto il e invec Se lui il pollice.

peccat

che

per

blico, questo, che non compativa mai i déboli, abbassava

il pollice gridando: ‘ Uccidilo! ’, e il vincitore gli ficcava Varma nella gola ».

« Brrr! », esclamò Joy, « quei Romani non mi piacciono! Ma

il vincitore,

rispose Bruno,

ricompènsa

almeno,

« e come!

èra

ricompensato? ».

L'imperatore

«Sì», la gola

gli offriva come

ricompensare i x

un piatto d’argènto pièno di pèzzi d’òro e

una

di oggetti preziosi, e spesso, se il gladiatore era un pri-

Ma bisogna

it aggiungere,

purtr

libero

la libertà. | la libertà

gioniéro di guèrra o uno schiavo, gli dava ; oppo,

ricompensa

x

che talvolta quegli

.

urtròppo

dispiace

: mi

599

Capitolo 39 abituato

a =

che

ha l’abitùdine di

uòmini èrano abituati al sangue, alla morte e all’esistèn-

esistènza = vita

za che

liberare = rènder libero

liberati,

nuòvo,

menàvano

nelle

ritornavano

al

loro

scuòle.

loro

mestière,

Così

che,

appena

vendendosi

di

per èssere spesso uccisi in uno degli spettàcoli

seguènti ...».

combattimento di gladiatori

« Basta! », esclamò

« usciamo!

Non

vòglio

sentìr parlare di questa ròba!

Ne hò abbastanza

antichi Romani! ». « Va bene»,

disse Bruno,

dunque

Che

il Colossèo e andiamo

eccellènte

uscirono.

060

Dorabel,

idea! », dissero

più

degli

« lasciamo

a San Piètro ». « Bravo!

i tre Vespucci,

e tutti

Capitolo

XXXIX

PAROLE:

ESERCIZIO

Non c’è ragione perché Non

ho mai saputo

sistema m destinazione f posta f francobollo m introduzione f colòsso m abitùdine f soggètto m il fondamento m le fondamenta l.

A.

lo faccia.

(o creduto) che fosse morto.

Non c’è niente che possa aiutarlo. Non

ho mai sentito dire che fosse pazzo.

Non è che non voglia farlo. Non

ste m

costruttore m tonnellata f lavoro m

era che non osasse dirlo.

Non mi piace l’idea che ci abbia visti. Ignoro

«Ignoro

(= non so) quanto pesi il Colosseo.

quanti

letta », disse (sapere)

pubblico m

chilometri

«Non

Bruno.

tutto »,

ci (essere)

disse

mai

ho

Dorabel,

«e

da

qui

autore m indignazione f

cittadino m categoria f a Bar- | pòdio m marmo m

Lei | personàggio m

creduto

che

non

nessuna |

c’è

ragione perché Lei (sapere) che distanza c’è fra Taranto | e Barletta ». « Non mi piace l’idea che Joy non (venire) | con noi», succeda

disse Vespucci, qualche

«non

cosa, ma

era che Annibale

(avere)

non paura

è che

(temere)

che le |

si sa mai ». Infatti, non che accadesse

ingrèsso m berem mangiare m metallo m tèssera f arèna f quantità f gàbbia f mestiere m

| strumento m vincitore m un inci- | avversàrio m

pollice m dente, ma non si sentiva tranquillo. Dorabel non aveva | gola f ricompènsa f

mai sentito dire che si (potere) visitare Pompei di notte, | libertà f

e non

avrebbe

mai

creduto

che

(essere)

così bello.

esistènza f suolo m

961

Capitolo 39

ESERCIZIO

B.

postale imperiale complicato

Qual è il contrario di:

europèo

E salito su al terzo piano.

peggiore

Mi hai dato troppo vino.

superiore gratùito popolare

L’anno scorso siamo stati a Pisa.

estèrno intèrno

Aldo chiuse rapidamente

colossale

artificiale

inferiore

precedente singolo

munito militare

gratuitamente

Pietro ha le mani sporche.

la porta.

Torna indietro! sei troppo debole per riuscire. I vestiti di Bruno

erano bagnati.

normalmente funzionare indicare servirsi di

Sono contento che sia arrivato.

ritornare

Nessuno

comprèndere

Si alzò, sì vestì molto presto e uscì di casa.

sbalordire calcolare dividere

offrire distribuire numerare riservare

risparmiare compatire

L’entrata del teatro è qua.

Mio nonno è morto a Roma. vendeva

i libri di quell’autore.

Quell'uomo

si ricorda

Perché

smetti

non

tutto.

di cantare?

liberare menare codesto

purtroppo

al disopra di

sempre

ESERCIZIO

C.

al disotto di

Dove è stato

tal dei tali

Dove stavano seduti gli spettatori del Colosseo? ....

tutt'al più

Dove

062

stavano

costruito

sedute

il Colosseo? ....

le

donne?

....

Capitolo

Che

cosa volevano

dire

i numeri

sulle

tessere

che

XXXIX

si

distribuivano al pubblico del Colosseo? ....

Che cosa c’era sotto l’arena del Colosseo? ....

Che

cosa facevano

combattimenti?

Che

di cominciare

i

....

succedeva

cosa

i gladiatori prima

quando

un

gladiatore

era

stato

vinto? ....

Come vinto

era un

ricompensato combattimento?

un

gladiatore

quando

aveva

....

063

quaranta

Capitolo

Capitolo

(40)

SAN

PIETRO

quarantèsimo

(XL)

E IL VATICANO

Mentre andavano a San Piètro — Vespucci aveva chiésto

di andarci a piédi, lungo il Tévere — Bruno

raccontò

la storia dei primi cristiani.

« Come sanno certamente », disse, «i primi cristiani di un

incèndio

Roma non fùrono perseguitati per la loro fede. La reli-

cristiano = chi crede in Cristo

gione di Cristo non

èra considerata

fede = ciò in cui si crede

Stato.

i cristiani

religione =

fede

ridicoli ai Romani, che non capìvano affatto l’immènsa

spirituale = pensièro

del

Da

principio,

pericolosa

sembràrono

per lo

piuttosto

forza spirituale della nuòva religione.

Ma nel sessantaquattro dopo Cristo, un terribile incéndio distrusse una grandissima frequènte raro

lavoro

un'impresa completamente impossibile.

Ora Sisto V fece venire un suo giovane amico, Doménico Fontana, e gli diéde tutto il danaro necessàrio per

danaro

=

denaro

vincere le difficoltà dell'impresa. Sembrava infatti impossibile che il capo della Chiésa cristiana non dovesse

riuscire a ripetere ciò che quindici sècoli prima avévano

ripétere : rifare

fatto i Romani. Quelli, anzi, avévano fatto anche di più,

giacché

avévano

trasportato

l’obelisco dall’Africa

fino

a Roma prima di poterlo drizzare nel luogo dove allora

giaceva. Ma bisogna ricordarsi che i sècoli che èrano tra-

scorsi dalla fine dell’Impèro romano all’època del Rinascimento,

quell’època

che vide

Raffaéllo,

Leonardo

da

drizzare = métter dritto trascorrere passare

=

gènio = uomo geniale

Vinci, Michelàngelo e tanti altri gènii, èrano stati sècoli

il gènio i gènii

di grande ignoranza.

ignorare l'ignoranza

569

Capitolo mézzo

a

aiuta cosa

fune

40 ciò che

=

=

qual-

far

corda

necessari:

dunque,

immense

travi, gròssi pèzzi di fèrro, migliàia di metri

delle più gròsse funi. Tutta Roma ne parlava, e non par-

=

créscere

i mézzi

a riunire

cominciò

Fontana,

aumentare

lava d’altro, e perfino

interessarsi

l’interèsse

attendere (come prèndere) — aspettare

sceva

altri paési

d’Euròpa

cre-

Così

tra-

del Fontana.

l'impresa

per

l’interèsse

negli

scOrsero parécchie settimane, e finalmente venne il giorno tanto atteso.

Fontana si gettò ai piedi del papa e gli chiése la benedizione. Sisto V gli diede la benedizione, ma che se il suo tentativo

ugualmente

una

fare

un

trave

tentativo

tana

avrebbe

Dopo

quelle

parole

nessun rischio,

molto

molto,

pagato

gravi,

Fontana

aggiunse Fon-

non

riusciva,

caro

il suo

errore.

non

volle

correre

e quando i suòi numerosi cavalli, le travi,

= provare una còsa

a fare

le funi e i novecènto operài che dovévano ripètere l’im-

operàio

chi la-

presa degli schiavi romani fùrono riuniti in Piazza San

vora

con

=

le

mani

Piètro, si racconta che egli diede a tutti gli spettatori presenti l’ordine assoluto di non fare il minimo rumore, (2)

ZI a)1 9,

N

Gin

OI

7

affinché

gli operài. stato

il papa da la

benedizione a Fontana

ogni

Chi

impiccato

suo

avesse

fosse sùbito

detto

sul luògo

una

stesso

sola dai

sentito

paròla soldati

da

tutti

sarèbbe del

papa.

Il lavoro incominciò. In una delle sale dei Musèi Vaticani si vede come

970

ordine

Fontana

trionfò di tutte le difficoltà.

Capitolo XL A meta

strada,

pero,

ci fu un momento

in cui sembro

che l’obelisco, fermàtosi in aria, dovesse ricadere giù ....

l’obelisco viène drizzato

Allora

un

un marinaio

dà acqua alle | il calore = il caldo

in mézzo al silénzio generale: ‘ Acqua! funi!’. Il povero

le funi

fuoco per causa del calore, grido

stavano per prender .

che

vedendo

di Sanremo,

marinaio

marinaio

fu subito

afferrato dai sol-

dati della polizia papale, che si preparàrono

generale = di tutti

ad impic- | Papale = del papa

carlo. Ma Fontana diède ordine di buttare acqua sulle funi, che si accorciàrono rapidamente,

lisco.

piazza,

Poco

dopo

trionfante.

esso

E

si trovò

tirando su l’obe-

drizzato

il marinàio,

invece

in mezzo

della

alla

morte

571

Capitolo 40

ricevette

attesa,

la benedizione

il quale

V,

Sisto

di

decise che Sanrèmo, la città del marinàio, sarèbbe stata

che manda

alla basìlica di San

è Sanremo

òggi,

ancor

lei. Così,

anche

ricompensata

tutti i rami

Piétro

di

palma con cui essa è ornata la Doménica delle Palme ».

si soffermò, pòi invitò gli altri a entrare nella

Bruno una palma ornare = render bèllo

basilica.

Appena

entrata,

« È fantàstico

= tutti i cristiani che accèttano co-

si fermò,

...», mormorò

Dorabel aggiunse: la Chièsa cattolica

Jòy

« Ricco? », disse

sènza

potér

quando

poté

dir nulla. parlare.

E

« Quanto dev’éssere ricco, il papa! ». sorridendo,

Bruno

«no,

cara

signora

me capo il papa

Dorabel. Cèrto, la Chiésa cattolica è ricca, è vero, ma la

regnare = governare (parlando di un re)

potenza

vasto = grande

imperatori su vaste tèrre, e in cui le famiglie dei papi

del papa

è tutta

spirituale,

almeno

ai nostri

témpi. Ci fu un témpo, sì, in cui i papi regnàrono come



i Farnese,

i Medici,

più conosciute —

i Borgia, per prèndere

èrano

ricche

e potènti.

Ma

solo le bisogna

imporre = fare accettare

ricordarsi che in quei tempi difficili la forza spirituale

volere la volontà

della Chièsa non sémpre impediva ai grandi — re, gene-

lottare = bàttere

com-

disporre di (come supporre) = ave-

r

i

972

potér

servirsi

rali, imperatori — papa,

di volér imporre la loro volontà al

e quegli perciò

doveva

lottare

con

tutti i mézzi

di cui disponeva — anche con le armi — per difèndere

Capitolo XL

la propria indipendènza spirituale. Oggi, invece, il Vati-

indipendènza libertà

cano stesso non é piu altro che un minuscolo stato che

minùscolo = piccolissimo

potremo vedere tutto intero dalla cima della cupola di

=

San Piétro. E uno stato molto recènte: nel 1929 lo Stato

italiano ha firmato con la Chiésa un accordo secondo il quale veniva fondato e riconosciuto lo Stato della Città

del Vaticano. Il papa, òggi, è assolutamente indipendente da ogni altro Stato ed è allo stesso tèmpo Città del Vaticano

Bruno

aveva

e della

Chièsa

cattolica ».

detto tutto ciò sottovoce,

finito, i quattro

proseguìrono

capo della

e quando

la visita di San

èbbe

sottovoce = bassa voce

a

Piétro.

Quando l’ébbero terminata, passàrono di nuòvo davanti

alla meravigliosa ‘Pietà’ di Michelàngelo, e pòi présero una carrozzélla. Mentre tornàvano verso il cèntro, Bruno

raccontò ai sudi amici la vita del più grande génio del Rinascimento:

Michelangelo.

una carrozzélla

973

Capitolo 40

PAROLE: cristiano m

fede f religione f incèndio m strettezza f mancanza f acquedotto m cristianèésimo m persecuzione f crudeltà f màrtire m apostolo m maestro m croce f chiesetta f circo m obelisco m martirio m papa m altare m architetto m cupola f fondo m impresa f Rinascimento m ignoranza f mézzo m trave f fune f interèsse m benedizione f tentativo m operàio m marinàio m calore m volontà f palma f

indipendènza f accordo

974

m

ESERCIZIO

A.

aggiungere

togliere

spegnere

leggere

aggiunge

toglie

spegne

legge

aggiunse

tolse

spense

lesse

ha aggiunto

ha tolto

ha spento

ha letto

I Vespucci erano stati (accogliere) dai Rossi come vecchi

amici. Bruno

(scegliere)

Poi si (volgere) di

(cogliere)

un bel fiore e lo diede a Joy.

verso la madre e disse:

un

fiore anche

per

Lei,

« Mi permette

signora? ». L’in-

cendio del 64 dopo Cristo fu (spegnere) soltanto quando

ebbe

(distruggere)

(spegnere) tesse

una gran parte della città. Anzi, si

da solo perché non c’era più nulla che po-

bruciare.

Anche

non si (spegnere)

oggi,

un

così

facilmente. Il Senato

grande

incendio

(eleggere)

sare console, poi dittatore. Colui che (raggiungere) potere

così assoluto diventa

pericoloso

Ce-

un

per la nazione:

ma sfortunato chi gli (togliere) o prova a togliergli quel

potere!

Talvolta

che lo hanno cadere.

però si (leggere)

(spingere)

che coloro appunto

al potere si uniscono per farlo

XL

Capitolo

a dire

Provi

in un

ESERCIZIO

B.

altro modo

le frasi

seguenti

cam-

biando quante piu parole puo:

veramente

cristiano attuale dritto assoluto

impossibile!

tranquilla.

È una bestia molto

generale papale trionfante cattòlico

Se la corda si spezza, ti ammazzi! è stato capace di acchiapparlo

Non

nemmeno

lui.

vasto

Il sole calò dietro i monti. Oltre

diecimila

furono

soldati

uccisi

quella

in

notte

spaventosa.

Sarà senza dubbio un magnifico spettacolo.

È un ottimo caffè, che per di più ha un gusto interamente diverso da quello di tutti gli altri. Lo

sbaglio

che

fatto,

hai

l'avrebbe fatto anche

qualunque

Cosa fece Nerone quando di aver

fatto

specialista

C.

Perché erano frequenti gli incendi

accusava

altro

lui.

ESERCIZIO

a Roma?

....

gli fu detto che il popolo lo

incendiare

f

frequènte

Che magnifico panorama!

Sembra

causa f basilica f opera f carrozzella spirituale

Roma?

....

minùscolo indipendéènte perseguitare misurare

esasperare accusare incendiare trionfare ordinare apparire crocifiggere organizzare martirizzare erigere crollare lavorare compire glacere porre drizzare trascorrere créscere attèndere impiccare ornare regnare imporre lottare

970

Capitolo 40 disporre addirittura

sottovoce

fino a che .. non

per causa di

Chi disse la frase:

« Quo

Signore? », e quando?

vadis,

domine? », « Dove

....

Dove si crede che sia la tomba di San Pietro?

Perché

Michelàngelo

rifiutò

mezzo a Piazza San Pietro?

di drizzare

....

l’obelisco

cadde?

in

....

Come fece a drizzare l’obelisco Domenico Fontana?

Cosa gridò il marinaio

vai,

di Sanremo

....

e che cosa gli ac-

....

Come fu ricompensato

dal papa, dopo?

....

Che accordo fu firmato nel ’29 fra lo Stato italiano e la Chiesa?

976

....

Capitolo

quarantuno

(41)

VITA

MICHELANGELO

DI

« Michelangelo », cominciò

Capitolo

Bruno,

« nacque

nel

quarantunèsimo

1475 a

Caprese, una cittadina prèsso Firènze, dove suo padre,

Lodovico

di Lionardo

Buonarròti

Simoni, èra podestà.

A sei anni, Michelangelo pérse la madre, e forse, chissà,

ciò fu una delle càuse della solitùdine spirituale nella quale egli trascorse tutta la vita. Quando

podestà = capo del govèrno di una citta

perdere pérde pèrso/perduto pèrse/perdètte/ perdé

fu messo a scuola, il ragazzo non s’interessò ad

zii, che

spesso

quella sua passione. Ma

padre

un pittore

solitùdine = stato di chi è solo

altro che al disegno, attiràndosi i rimpròveri del padre e degli

(XLI)

finalmente

lo picchiàvano

per

duramente

èra appunto una passione, e il

dovette

cèdere.

Così

a trédici

anni

perché

vi imparasse

l’arte del disegno

resistere

e

della pittura. La pittura però non interessava veramente

Michelàngelo,

che lasciò il Ghirlandàio

passione = grande amore, sentimento fortissimo cèdere «>

Michelàngelo fu mandato dal grande pittore Doménico Ghirlandàio,

attirarsi = tirare verso di sé

ed entrò nella

pittura = ciò che fa il pittore scultura = arte di fare stàtue, bassoriliévi e òpere simili

scuòla di scultura che Bertòldo, allièvo del grande scul-

allièvo = colùi che

tore Donatèllo, teneva nei giardini di Lorènzo de’ Mè-

de’ = dei

impara

977

Capitolo

41

l’arte un artista

dici, signore di Firénze

protettore = amico che aiùta

Una

cultura la vita artistica e spirituale di un pòpolo

tèsta di fàuno, piacque

umano mo

periodo tempo

=

=

dell’uò-

parte;

prodotto = opera spirituale lo spirito

delle

prime

del

òpere

delle arti.

protettore

e grande

giovanissimo

tanto a Lorènzo

una

artista,

che egli volle

tenere Michelàngelo nel suo palazzo. Così, di colpo, Michelàngelo

diventava

un artista riconosciuto

stesso del Rinascimento,

fra uòmini

nel cuòre

nel cèntro artistico dell’Itàlia,

per cui la cultura dell’antica Grécia

èra il

più alto prodotto dell’intelligèénza umana. In quel primo

periodo

della sua vita di artista, Michelàngelo

fu uno

scultore grèco, cioè di spirito gréco. Intanto a Firénze, nel 1490, un frate domenicano di trenla tésta del Fauno

la paura, il freddo,

ecc. fanno tremare

tasette anni, il famoso

Geròlamo

Savonaròla,

cominciò

a tuonare contro quei servitori della Chièsa che dimenticàvano i loro doveri di capi spirituali. Savonaròla sollevò

con le sue parole forti passioni, facendo tremare di ter-

rore tutta Firenze. Come molti altri, il fratèllo maggiore di Michelàngelo,

Lionardo,

si fece frate domenicano.

Fu quello un periodo assài difficile nella vita dell’artista.

Le idée sul Cristo e sulla repùbblica cristiana che Savonarola, da Firènze, voleva estèndere a tutto il mondo, un

frate

domenicano

attirare = piacere, interessare

978

attiràvano il giovane e nello stesso tèmpo

lo facévano

tremare.

uno

Perché

infatti quel

gènio,

cèrto

dei più

XLI

Capitolo

grandi che abbia conosciuto la nostra cultura, fu strazia-

straziare = soffrire

far

to tutta la vita da una continua lotta intérna fra la sua

continuo

non

volonta artistica e morale e una dolorosa incapacita di

lottare la lotta

préndere Molto

ai pericoli.

di andare incontro

una decisione,

spesso, poco dopo

avér commesso

un atto vile o

che gli pareva tale, egli ritrovava la forza morale di tornare sui propri passi e di far dimenticare, per il coràggio

di cui allora

faceva

mostra,

la debolezza

della

quale

interrotto

morale tuale

= spiri-

il dolore doloroso

incapace

l'incapacità agire un atto

egli stesso aveva la più dolorosa vergogna.

vile «> coraggioso

Uno di quegli atti di debolezza e di viltà, egli lo com-

far mostra mostrare

mise nel

1494, fuggèndo

da Firènze,

pièno

di terrore.

Fuggi prima a Venézia, che èra già allora, da parecchi

=

di

débole la debolezza

sècoli, una repùbblica indipendente.

vergogna = sentimento di chi ha commesso un atto basso o vile

Arrivato a Venèzia, Michelangelo ritrova però la calma

vile la viltà

e da lì passa

dello spirito,

a Bologna,

dove

trascorre

l’invèrno leggèndo le òpere dei grandi poéti e scrittori del Trecènto:

Dante, Petrarca, Boccàccio. Nella prima-

vera del 1495, passa qualche mese a Firènze, ma non si

Dante e Petrarca sono poéti italiani

il poéta i poéti il

Trecénto

=

quattordicésimo

il

sécolo (1300— 1399)

làscia riprendere dalle lotte e dalle passioni dei fiorentini. Anzi, proségue per Roma,

Savonaròla del

1498),

e li, fino alla morte del

(che viene impiccato e bruciato nel màggio egli

è più

che

mai

soltanto

uno

scultore

979

Capitolo

41

la passione

appassionato di bellezza. L’anno stesso in cui il terribile

puro

frate fa bruciare libri, gioielli e opere d’arte nella sua

eseguire (come fi-

disperata

(un’opera)

Michelàngelo

appassionato la purezza

nire) = fare

ricerca

sono

assoluta

purezza

dello

spirito,

eseguisce tre sculture, che rappresèntano i.

.

la scultura e la pit-

tura

di una

l’arte, | tutte e tre degli antichi dei gréci.

ma sono anche l’òpera stessa

Savonaròla

Quando

Savonaròla

e condannato non

pronuncia

è finalmente

al rògo, una

vinto dai suoi nemici

Michelangelo

parola

non

per difènderlo.

fa un Ma

gèsto, la pro-

triste

fonda tristezza che egli deve avér sentito allo spetta-

gioventù :

colo di tanta crudeltà, di tanta debolezza e viltà davanti

scolpire (come

al male, si ritrova tutta nella ‘Pietà’, la prima

(una scultura)

òpera della sua gioventù, che egli scolpì alla fine di quel

la tristezza giovinezza

finire)

=

fare

perìodo. Essa fu terminata infatti nel 1501.

580

grande

Capitolo XLI

Eccolo

lascerà

un

e da

passione

lanciato

un

più

nel

spirito

Povero

Michelangelo!

Povero

di

gènio

torrènte

del

méèzzo

istante

potènza

una

sovrumana! che

e di pace.

di ripòso

dalla

tormentato

non

Egli

gli

è il

tormentare soffrire

=

far

sovrumano

=

al

disopra di ciò che è umano

torrente = fiume di montagna

prigionièro, lo schiavo del pròprio gènio. Il lavoro è per lui una passione che lo rènde già vècchio a quarant'anni. cade

ammalato = che ha una malattia

gravemente ammalato una quindicina di volte. È allora

cadere ammalato = diventare ammalato

diméntica

Michelangelo

di mangiare,

di dormire,

che scolpisce il suo meraviglioso ‘Dàvid’, che Loro cèrto

CONOSCONO ».

« Sì, si», disse Joy, «lo conosco, pur sènza averlo mai visto.

pur = pure

E quello che si trova a Firénze, no? ». « Giusto »,

rispose Bruno,

« ed écco la storia del ‘David’:

C’era allora a Firénze, diétro la chiésa di Santa Maria del Fiore, un

prima,

uno

immeénso

scultore

blocco

di marmo.

sconosciuto

aveva

pirci dentro una statua per il Duomo; cominciata

l’Opera,

aveva

incapacita di eseguirla,

dovuto

Quarant’anni

provato

a scol-

ma, appena

ricondscere

la

in-

un

blòcco

di marmo

duòmo = chièsa principale

sua

e nessuno aveva avuto il corag-

gio né la volontà di continuare l’impresa. Michelangelo vide sùbito le meravigliose possibilità che offriva al suo

genio quel blocco, che sembrava

caduto

li dal cièlo, e 981

41

Capitolo

si mise al lavoro. Tre anni dopo, il ‘David’ criticare

=

re non buòno

trova-

sempre,

Come

che pensarono

delle persone

ci fùrono

éra finito. I

di dovér criticare l’òpera. Fra quelle éra Pièro Soderini, il capo « Il

della

naso »,

Signoria, disse

cioè

Soderini

del a

governo

di

Michelangelo,

Firénze. «non

vi

sembra che il naso sia un po’ troppo grosso? ». Micheuna scala

far finta di (fare) = fare come se si (facesse)

langelo

rispose,

sali sulla

po’ di polvere di marmo,

scala

mucchio

in mano

un

e fece finta di lavorare per

cadér

giù

la polvere

della polvere

che

di marmo.

èra caduta

Quando

il

giù gli sembrò

sufficiènte, egli domandò a Soderini che gliene pareva.

Michelàngelo e Pièro Soderini

082

con

qualche témpo a cambiar la forma del naso del ‘David’, lasciando

è sufficiènte basta

non

XLI

Capitolo

« Adèsso sì che mi piace! », rispose il gonfalonière, « gli

giù, sorridèndo

scese

vita! ». Michelangelo

dato

avete

gonfalonière = capo della Signoria

in silénzio.

Nel

maggio

del

1504,

secondo

langelo, il colòsso di marmo

al Palazzo giorni,

della

se non

Signoria.

mi sbaglio.

sioni che agitàvano

il desiderio

fu trasportato dal Duomo

durò

Il traspòrto

E così ciéche érano

i fiorentini

notte bisognò méttere

di Miche-

a quel

delle guàrdie

tèmpo

quattro le pas-

che

di

per impedire

che

la stàtua fosse distrutta a colpi di piètra. Eppure

una

notte, essa fu colpita da parecchi

il desidério volere

=

il

trasportare

il trasporto

un cièco = persona che non

vede

agitare = muòve-

re con forza

sassi. Tale éra quel

popolo tormentato. E li, a Firènze, che Michelangelo

e Leonardo

da Vinci

diventàrono per qualche tèmpo, se non pròprio nemici, per

lo

all'uno

meno

Il

rivali.

gonfalonière

e all’altro di fare un affresco nel Palazzo

Consiglio,

della

Signoria.

ordinato

aveva

per la Sala Firénze,

del

spetta-

trice come sempre appassionata, fu divisa in due campi,

uno

per

Leonardo,

l’altro

per

Michelàngelo.

Ma

affresco = pittura eseguita su un muro

consiglio : spècie di senato

lo spettatore la spettatrice

dei

due gènii rivali non vinse né l’uno né l’altro. Leonardo, che cercava sempre mézzi artistici nuòvi, volle provare

una

nuova

tecnica

dell’affresco,

e

riuscì

soltanto

a

tecnica = mòdo di

eseguire una

còsa

083

Capitolo

41

rovinare = di-

rovinare la propria Opera, che nel ’550 gia non esisteva

struggere

proa dall o ziat stra , ciso inde èrno l’et , elo ang hel Mic più. | nece i550 (cinqu tocinquanta)

=

1550 etérno = che È, che dura sémpre

il

indeciso

MI

fermezza (f) = decisione inquieto calmo

mai

arrivò

Non

deciso

+—>

pria incapacità di seguire con fermezza la via scelta, non oo , cominciò neppure l’affresco che gli avevano ordinato. .

ge

.

disegni.

i

che

altro

fare

a

.

Questa

sua. Ne . Ne terribile indecisione, questa debolezza di uno spirito uu. i . ; as . inquièéto che si voleva forte, che odiava la viltà, fu

odiare amare | letèrno martirio dello scultore, che dovétte abbando-

abbandonare

lasciare

grandioso

magnifico

=

nare

=

versi

scrive

scrived

più

grandiose

.

felice

da gigante

di piètra

e

i

pure,

che i papi

vòllero da lui nel campo della pittura e dell’architettura. dei

non

fu

felice

dei versi

lasciato

ci ha

poeta

oye

-

.

.

x

Michelangelo,

anche di una profonda, infelice

imprese

i

solo poté finire le opere,

No, poèta

le sue

,

un architetto un

tutte

e siccome ge

fu

anche

bellezza,

di grande

disperata tristezza

ma

...».

« Perché era così infelice? », domandò Joy, « aveva dun-

que tanti nemici? ». « No», rispose Bruno, « o piuttòsto

suo

un gigante

più

cuore

nemico un

aveva

nel

sciava

sostare

nella

aveva

anche

in

di

attirarsi

bisogno

084

grande

quasi

ne hanno

come

sì, ne aveva

sé,

éra

lui

torrente

di

ricerca

stesso. fuòco

della

purtròppo, difficoltà

tutti i gènii, ma

che

Quel che

bellezza

un

vero

il

gigante lo

la-

assoluta,

ed

non

e

rovinàvano

pròprio le

sue

i

XLI

Capitolo

imprese.

col non

il cui

II e per

Giulio

papa

gli ordinò

che

monumento

è forse

doloroso

più

L’esèmpio

far niènte.

subito pieno di ardore, fece dei disegni

Michelangelo,

=

avér fidùcia crédere

far tutto, finiva spesso

potendo

far tutto da sé, e non

sémpre

voleva

fidùcia in nessuno,

aveva

Non

gli ordinò : gli ordinò

di fare

ardore = passione ardènte

che accésero la passione artistica del papa. Era un’impresa

sovrumana,

con

di marmo,

un’opera

lo mandò

una

a Carrara,

allora quasi tutto il più bel marmo

montagna

di dimensioni

stàtue

di quaranta

più

colossali. Il papa

gigantesca,

da dove veniva

un gigante gigantesco

dimensione grandezza

=

d'Italia, e Miche-

làngelo vi rimase per mesi, pièno di fidùcia nelle pròprie forze, a scégliere i blocchi di marmo,

chi di cui avrébbe sovrumano,

avuto

bisogno!

appassionato,

montagna

in riva

ciéco.

al mare,

tutti i bloc-

Il suo

Un

ardore

èra

vide

una

giorno

e gli venne

di

colpo

la

voglia di scolpirla tutta intera, di farne un colòsso che

i marinài avrèbbero visto da lontano Tornato

Roma,

a

si

ma la sua abitùdine

non

èrano

dei

potènti

d’accordo {

i

nemici,

mise

al

....

lavoro

con

di criticare duramente

con fra

lui

i quali

gli

aveva

l’architetto

entusiasmo,

entusiasmo = ardore, passione

quelli che

attirato

già del .

papa,

è d’accòrdo con = e dello stesso

parere di

oy

Bramante, amico di Raffaéllo. Giulio II, spirito inquiéto,

980

Capitolo

41

agitato da mille progéètti, abbandonò mento

Michelangelo

che

doveva

quello del monu-

fare, e decise

invece

di ricostruire la basilica di San Pietro, per farne una chièsa di dimensioni mai viste. Michelàngelo, che aveva

che possedeva

per far venire

a

spendere) (come

speso

tutto il denaro

possedere =

Roma

i blòcchi di marmo

scrìvere

dovevano

na scritto

al papa una lèttera pièna di rimpròveri, provò a parlar-

prendere

avere

scrive

aiutarlo,

rimase

di Carrara solo,

senza

e gli operài che denaro.

Scrisse

gli, ma il papa rifiutò di vederlo, anzi lo fece scacciare dal Vaticano.

NOUULIZI7AZZA

un’impalcatura

Michelàngelo

Allora Michelangelo parte, o piuttosto fugge da Roma, e làscia il suo rivale padrone

086

della situazione.

Il papa

Capitolo

gli da l’érdine

di tornare,

Ma,

tornato

e

alla fine,

Poi,

andarsene

dève

a Roma,

rifiuta

i confini del paése

sultano.

dal

in Turchia,

e di andàrsene

Michelangelo

di varcare

pensa per un momento

obbedisce.

ma

confine tiera



sultano = Turchia

XLI

fron-

re della

sùbito

dopo a Bologna, dove è obbligato a fare una stàtua di bronzo

di

tutto della ad

Giulio tecnica

impararla,

a

II.

del bronzo, provare

Ignorava

Michelangelo!

Povero

e dopo

un

anno

sénza

e riprovare

speso

successo,

riusci finalmente a eseguire la statua che gli éra stata

ordinata ... per vederla distrutta quattr’anni piu tardi,

la Turchia

il bronzo è un metallo rosso-giallo

sènza senza

succèsso

riuscire

la volta di una sala

dai nemici di Giulio II! Dopo Bologna, di nuovo Roma, e una nuova idea gigantesca di Giùlio II: coprire con un affresco tutta la volta

della Cappélla Sistina! E Michelangelo, che ignora tutto della tecnica dell’affresco, si accinge ad eseguire l’òpera sovrumana, proprio nel momento

in cui il giovane Raf-

faèllo cominciava, col più grande succèsso, a dipingere gli splèndidi affreschi delle Stanze del Vaticano.

Di nuòvo,

il caràttere di Michelàngelo

ficoltà. Bramante,

tura:

Michelàngelo

di non

crèa mille dif-

potérsene

accingersi

pararsi

=

pre-

carattere = cid che, spiritualmen-

te, rende una per-

il suo rivale, gli fa fare un’impalca-

dichiara

cappélla = parte di una chiésa

sona divèrsa altre creare

=

dalle

fare

servire

e ne fa costruire un’altra. Il papa fa venire da Firenze 087

Capitolo

41

due pittori, specialisti dell’affresco, per aiutarlo: un bel fovibeodo rendere

rinchiùdersi = chiùdersi in un

Luogo per essere

Solo

giorno,

irritato

Michelangelo,

modo

dal

di lavorare

dei

due artisti, fa buttar giù tutto ciò che essi hanno dipin-

to, si rinchiude

nella Cappella,

nessuno

si fa nemmeno

e non

non lascia piu entrare vedere

a casa.

I due

pittori tornano a Firénze, piéni di rabbia e di vergogna, un

nemico

una nemica

e lanciano E

i più duri rimproveri

is.

la solitudine,

quella

contro

x

sua

etèrna

Michelangelo. .

nemica



o forse

bisognerebbe dire amica? perché egli non fa nulla per combatterla, anzi fa di tutto per attiràrsela — lo separa di nuovo

dal mondo.

wi pi

O

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“ieise if A uii n

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Ubi My

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Ì,

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‘il Diluvio’

088

3

|

Pmt tiie hah

XLI

Capitolo

non

È un lavoro mano:

più

ma

sovrumano,

inu-

veramente

a sera,

per quattr’anni, egli dipinge da mattina

inumano umano

= non

lottando con mille difficoltà. Appena ha finito la scena del ‘Dilùvio’, écco che l’umidità comincia a rovinarla ...

ùmido l’umidità

Michelangelo vuòle abbandonare tutto, ma il papa glielo vieta.

finalmente,

Quando,

o più

è terminata,

l’òpera

vietare «> perméttere

esattamente quando il papa, minacciando di far buttàr

minacciare di : dire di volere

giù dall’impalcatura l’artista, lo costringe a dichiarare

costringere bligare

finito

il lavoro,

Michelangelo

è ormài

méèzzo

e

ciéco,

il suo corpo porterà per sempre l’impronta dello sforzo

inumano

da lui compiuto

mèzzo

=

impronta cia

=

ob-

a metà =

trac-

per dipingere la vòlta della

Sistina ...>.

«Povero

Michelangelo

di tristezza.

«Si,

disse Dorabel

aggiunse:

«Ma

Joy con un sospiro

...», disse

pòvero,

povero

grande

artista

...»,

con un sospiro ancora più profondo,

perché

aveva

un

caràttere

così

sospiro = movimento che fa alzare ed abbassare

il pètto

ed

diffi-

cile? ». « Éh, chi lo sa? », rispose Bruno, « sarà nato così,

nò?

Uno

nasce

col caràttere

di un

vile,

un

altro

col

eroe

=

uòmo

caràttere di un eròe, un tèrzo con quello di un santo».

grandissimo ràggio

« NO, no », esclamò Dorabel, « ci déve èssere una spiega-

santo : uòmo molto buòno

di

co-

zione più giusta, più complèta! Ognuno di noi porta in ia nz fa in L' a. vit a su la del ni an i im pr dei ta sé l'impron

infànzia = i primi anni della vita

589

Capitolo adulto

=

41 che non

è più un bambino

è come DI

l’impalcatura

l’uomo

su cui si costruìsce

to ». « Può darsi », disse Bruno,

adul-

« l’infànzia di Michelan-

scultore poèta = scultore che è anche poéta

gelo, infatti, non fu felice, l'abbiamo

il perché = la spiegazione

troppo, rimane ben poco dei versi che scrisse nella sua

tenerezza amore

=

PAROLE: podestà m solitùdine f passione f pittore m arte f pittura f scultura f allievo m scultore m protettore m artista m fauno m cultura f prodotto m periodo m spirito m frate m servitore m lotta f incapacità f atto m

mostra f debolezza f vergogna f viltà f poéta m purezza f tristezza f torrente m Signoria f blocco m

990

visto. Oggi, pur-

gioventù lo scultore poèta, perché egli stesso li bruciò quasi tutti. Essi forse ci avrebbero

aiutato a trovare il

perché del caràttere di Michelàngelo ». « Ma no », proseguì Dorabel,

«non ha mai amato

dica, Bruuna donna,

quel poveretto? È così duro, vivere senza la tenerezza di una

donna! ». «La

tenerezza

di una

donna

... Léi

non sa quanto Michelangelo soffrì di non essere amato! Ma

questa

è un’altra storia. Ora

siamo

arrivati all’al-

bèrgo, bisogna pranzare. Però dopo pranzo, se vògliono, potremo

continuare a parlare di Michelàngelo ». « Cèr-

to! », esclamàrono mangiare.

tutti e tre i Vespucci,

e andàrono

a

Capitolo

ESERCIZIO Mi sembra

A.

che faccia freddo.

Mi pare che stia piovendo. Credo che si possa fare.

Penso che sia meglio partire. Ignoro come l’abbia fatto. Ti sembra

che Pietro l’(avere)

detto?

Ignoravo che tuo padre lo (sapere).

Pare che non lo (sapere)

nemmeno

lui.

Credevano tutti che (venire) anche lui.

duomo m gonfaloniére m desidèrio m architettura f trasporto m rivale m affresco m spettatrice f confine m tecnica f fermezza f indecisione f gigante m

verso m fiducia f impalcatura f ardore m dimensione f

santo m entusiasmo m

sultano m

gioventù f

Penso che Giovanni (stare) bene.

bronzo m

Pareva che la pioggia non (dovere) mai finire. Ignoro chi (essere) stato colui che Vha fatto. Pensavo anch’io che egli (potere) venire.

Sembrava proprio che egli non (vedere) nulla. Credi che (venire) anche Pietro?

ESERCIZIO

XLI

B.

Provi a spiegare in italiano, con delle frasi intere, cosa

vogliono dire le parole seguenti:

un temporale, uno stupido, un guaio, un distributore di

succèsso m volta f cappella f caràttere m dilùvio m umidità f impronta f sospiro m erode m infanzia f tenerezza f artistico umano domenicano greco continuo morale doloroso

vile appassionato

991

Capitolo

41

sovrumano

ammalato sufficiente cieco eterno indeciso

inquieto grandioso infelice

gigantesco inumano

completo

adulto duramente attirare

cèdere

tremare

estèndere eseguire rappresentare scolpire tormentare straziare criticare

far finta di

agitare

rovinare odiare abbandonare

spendere accingersi dipingere creare

irritare

rinchiùdersi

costringere possedere

minacciare

992

manaccia,

benzina,

una

questura,

un capo,

una

alleati,

degli

Da

quali

lotte

C.

Savonarola?

interne

la

scorciatoia.

ESERCIZIO Chi era e cosa voleva

baccano,

un

fu

sempre

....

tormentato

Miche

langelo? ....

Qual è la storia del ‘David’ di Michelangelo? .... Cosa si racconta del gonfaloniere Soderini quando vide

il ‘David’? .... Perché

fu necessario

‘David’

quando

mettere

lo si trasportò

delle guardie dal

Duomo

davanti

al

al Palazzo

della Signoria? .... In che

modo

furono

rivali

a Firenze,

Michelangelo

Leonardo da Vinci? .... Cosa andò a fare Michelangelo a Carrara?

....

e

Capitolo

quarantadùe

VITA Dopo

DI

chièsa

MICHELANGELO

(FINE)

decìsero

di andare

i quattro

pranzo,

di San

quarantaduésimo

Capitolo

(42)

Piétro

di Michelàngelo.

amici

in Vincoli,

E mentre

per

alla

il ‘Mose’

vedere

Bruno

ci si recàvano,

(XLII)

finì

di raccontare la vita dell’artista. « Lèi, cara signora Dorabel, mi ha domandato se Miche-

làngelo avesse mai conosciuto la tenerezza di una dònna. Sì, una sola vòlta, a un’età più che matura

quell’època conobbe

una

aveva cèrta

sessant'anni), pace.

Nel

il suo

1535,

fece

(giacché a

povero

età matura = età di chi è adulto

cuore

la conoscénza

di una delle dònne più intelligènti e più colte di quel tèmpo, Vittoria Colonna. Essa aveva allora quarantatré

anni. Suo marito èra morto dièci anni prima; la védova,

conoscere conosce conobbe

la cultura colto

védova = dònna che ha perduto il marito

che lo aveva molto amato, si èra ritirata prima a Roma, poi nell’isola d’Ischia, e lì aveva in bellissimi vèrsi, che èrano

lètti

cantato

il suo

e ammirati

amore in tutta

l'ammirazione ammirare

l’Itàlia. Essa conobbe tutti i grandi poeti, i grandi artisti e i grandi scrittori italiani del tempo. L’anno prima di 593

Capitolo 42 rinnovamento = atto del réndere

nuovo

la religione religioso

conoscere Michelangelo, essa éra stata presa dall’ondata religioso che passava per l’Itàlia. Ben

di rinnovamento

prèsto, fece parte di un

piccolo

gruppo

di persone

di

grande altezza morale, le quali speràvano che la Chièsa dividere

la divisione

ritrovasse tutta la purezza

di spirito

per

del

impedire

la

divisione

dei primi

mondo

in

tèmpi

due

o più

e Michelangelo

fu un

chiése cristiane.

L’amicizia fra Vittoria Colonna

un amico lVamicizia

sentimento

la tenerezza tenero

religioso

tènero, profondo,

fra due

dirèi quasi un sentimento

spiriti tormentati,

e durò

fino

morte di Vittoria, nel 1547. Essi si riunivano

alla

ogni do-

ménica nella piccola chièsa di San Silvèstro, dove discu-

tévano soggetti religiosi. una monaca

Vittoria Colonna lasciò Roma nel 1541 per rinchiùdersi in un convento dubbi

trattenersi

parlare con

con

DE 594

Ma

spesso

unicamente

Tre anni prima

a Viterbo, presa da mille

dei suoi faceva

sogni

il viàggio

per trattenersi

di morire,

di rinnovamento da

Vitèrbo

col suo caro

essa tornò a Roma,

a

amico. al con-

vento di Sant'Anna, dove Michelangelo andava a vederla. La

Vittòria Colonna

sulla giustezza

religioso. Roma,

di monache

sua

mòrte

fu

per

l’artista

un

colpo

terrìbile.

Eppure fu durante gli anni della sua amicizia per Vit-

Capitolo

toria

che

Colonna

amo

Michelangelo

con

XLII

la passione

più ardènte una donna di cui non conosciamo

il nome,

che lo faceva soffrire crudelmente e che mai non l’amò. Tale

tutto ciò dalle poesie di Michelangelo.

Sappiamo

èra dunque l’ànima appassionata di quell’uòmo che non

poesìa = arte e opera del poèta anima «>

corpo

poteva vivere, si dirèbbe, se non col cuore straziato. A

quel

periodo

appartèngono

molte

delle

sue

òpere

più bélle: l’affresco del ‘Giudìzio Universale’ nella Cap-

pèlla

Sistina,

gli affreschi

della

Cappélla

Paolina,

la

tomba di Giùlio II. Michelangelo dipinse il ‘Giudìzio Universale’ fra il ’536 e il 541, appunto

universale = di tutti gli uòmini

Uniil Giudizio versale : atto con cui Cristo separerà, alla fine del mondo, i giusti dal rèsto degli uòmini

durante i primi anni della sua ami-

cizia con Vittoria Colonna. È un’òpera gigantesca, unica al mondo, di cui si potrebbe parlare per ore e ore, ma che faremo méglio ad andare a vedere domani mattina. La Cappella Sistina fa parte dei Musèi Vaticani e per-

ciò è chiusa nel pomeriggio. Mentre dipingeva il ‘Giudizio’, il vecchio pittore cadde

dall’impalcatura e si fece una grave ferita alla gamba.

Gran nemico dei médici, egli si rinchiuse nella propria casa per soffrire da solo. Ma, per sua fortuna, venne a vederlo

un

amico

suo

fiorentino,

médico

di valore

e

595

Capitolo

42

uomo guarire finire)

(come

un médico guarisce gli ammalati al sòlito =

di

molto

colto, il quale,

solo, rifiutò di andàrsene

e non lo lasciò se non dopo

averlo guarito.

Un'altra volta, il papa si recò come al sòlito nella Cappélla Sistina a vedere

solito

completamente

trovandolo

procedévano i lavori, ac-

come

compagnato da un alto personàggio del Vaticano, Biàgio da

Cesena.

domandò cui

nudo vestito

severe,

molto

èrano

l’affresco,

ne pensava.

che cosa

a Biagio

idèe morali

ammirato

Paolo

E Biagio,

dichiarò

che,

III

le se-

:

condo lui, il rappresentare tanti corpi nudi in un luògo

«>

sacro éra una còsa immorale e altamente riprensibile! ».

luògo sacro chièsa immorale morale

avér

Dopo

riprensibile = che merita rimprovero umanita = gli uomini

tutti

scandalo = atto contro le abitudini morali

« Che cosa? », esclamò Dòrabel, « dire immorale e riprensibile Ma

una

delle

più

belle

è uno scandalo! ». «Lo

d’Itàlia cominciava grande

severità morale

sevèro la severità

mento.

Perché

in

dell’umanita?

d’arte

sarèbbe oggi, certo », disse

Bruno ridèndo divertito, « ma in quel periodo della storia

corrénte = movimento dell’acqua in un fiume, per esèmpio

per niènte — nessùn mòdo

Opere

già a disegnarsi quella corrente di che segnò la fine del Rinasci-

il Rinascimento,

di libertà spirituale,

pur non

appunto, essèndo

èra un’època

per niènte

im-

morale nel nostro senso della paròla. Però, gia al tempo motivo

=

ragione

per = per càusa di

096

di Michelangelo,

per molti

spiriti severi,

cioè l’arte religiosa, éra spesso motivo

l’arte sacra,

di scàndalo, per

Capitolo

XLII

la nudità più grèca che cristiana dei soggétti rappre- | nudo

la nudità

sentati ».

soggètto

: ciò che

si dipinge,

ecc.

scrive,

MV un serpènte

« E il papa, che ne disse di quel Biàgio? », domandò | persona ritratto =di pittura una Dorabel. « Il papa », rispose Bruno, « èra un uòmo troppo

intelligèénte

colto

e troppo

èssere

per

d’accordo

che la rappresènta

con

Biagio, e gliene diede la pròva poco dopo. Infatti Michelàngelo, che aveva sentito le dure paròle di Biàgio, fece il

suo

ritratto

nell’Inferno,

con

nel un

‘Giudizio gran

nel mèzzo di un monte

Universale’

serpénte

intorno

e

lo

mise

alle gambe,

di diavoli!

l’Infèrno

Biàgio, appena èbbe visto il suo ritratto in un tal luògo,

597

Capitolo 42

il papa

Ma

corse dal papa a lagnarsi di Michelangelo.

si mise a ridere e gli rispose: ‘Perché vieni a lagnarti Volevi

da me?

ma il Paradiso nel Purgatorio, sela Chiésa condo cattòlica, le anime punite rimangono tempo certo un prima di andare in Paradiso il protettore proteggere

ti mettesse

che

in Paradiso?

Capisco,

Se ancora

ti avesse

che cosa vuoi che ci faccia? in Purgatorio,

messo

avrei

salvare la tua anima, ma potere:

da li, lo sai béne,

maginarsi

la ràbbia

Michelàngelo

e non

potuto

fare

all’Inférno

Ma

permetteva

per

io non ho nessùn

nessuno

di Biagio!

qualcòsa

è mai

uscito’.

Im-

proteggeva

il papa

che

lo si offendesse.

Certo, lo faceva spesso lui stesso, ma

questa è un’altra

storia ». Mentre Bruno raccontava, èrano arrivati a San Piétro in Vincoli, ed entràrono nella chièsa per vedere il ‘Mosè’, quanto = ciò che

che è tutto quanto rimane del monumento

più volte = parécchie volte

dopo anni di lavoro più volte interrotto e mai terminato.

Della montagna Vidéa

di marmo,

gigantesca

di

delle quaranta

Michelangelo

a Giùlio II

stàtue, del-

rimasero

alla

sua

morte il solo ‘Mose’ e un paio di statue eseguite da altri scultori, che egli stesso aveva pagati.

Quando

furono usciti dalla chièsa, Bruno

disse:

« Già,

l’infelice scultore èbbe la possibilità di terminare soltanto poche opere!

598

I suòi più vasti lavori sono òpere

Capitolo

di pittura e di architettura:

gli affreschi della Sistina

e la stupènda cùpola di San Piètro». « Già, è vero»,

disse Joy,

Sapévano

chelàngelo.

veramente

Mi-

quella,

far tutto, quegli arti-

sti del Rinascimento? ». « Tutto forse no, se si esclude

Leonardo,

che fu veramente

un gènio

universale.

Ma

è vero che mai, né prima né dopo, l’umanità ha conosciuto una tale profusione di artisti che, in tutti i campi

dell’arte, creàrono un così gran nùmero

di capolavori,

di òpere immortali. Se Lèi si ricorda, anche Raffaéllo, per

fare solo un

esèmpio

stupéndo = che stupisce e lascia pièno di ammirazione

fatto anche

«ha

XLII

dei più conosciuti,

aveva

preso

esclùdere = tere a parte

mét-

gènio universale che sa far tutto

:

profusione = grande quantità

capolavoro = òpera di màssima importanza e di màssimo stico

valore

immortale

arti-

=

che

non può morire

parte alla costruzione di San Piètro, e possiamo èssere

sicuri che, se non fosse morto così giovane, ci avrèbbe dato anche lui capolavori in altri campi dell’arte.

Ma dicevo dunque che Michelangelo ricevètte dal papa l’incàrico

di terminare

la costruzione

San Pietro, e specialmente

della basilica

di

di edificare la cupola. Mi-

chelàngelo accettò l’incàrico come un dovere sacro im-

postogli da Dio e non volle mai accettare nessun pagamento per quel lavoro. Mille difficoltà sérsero sul suo cammino, difficoltà dovute all’impresa stessa e difficoltà che facévano sorgere dappertutto i suòi nemici e rivali.

incàrico edificare

costruire

imporre

supporre)

=

érdine =

(come

sorgere (come aggiùngere) = apparire dappertutto = da per tutto (in tutti i luòghi)

599

Capitolo protèggere

lèggere)

42 (come

protègge ha protètto protèsse eseguire

l'esecuzione impuro puro

>

Ma

i papi, anzitutto Pàolo

tessero

IV, lo prol’esecuzione

spesso

imponendogli

pur

sempre,

III e pòi Pàolo

di òpere gigantesche.

Ma

questa

volta,

almeno,

poteva

lagnarsi:

poteva

essere

nulla

La

dura

severita

piu

li non

la morale

c’era

che

soggetto

poteva

severa

non

impuro,

non

allo

scandalo.

gridare

facesse

non

più

trovare

nulla

ci

di ri-

prensibile nell’ultima opera di Michelangelo. Quel capopregare una preghiera

lavoro

l’artista

fu, per

vecchio,

ormai

una

preghièra

più ancora che un’opera d’arte ... ».

« Fu la sua ultima opera? », domandò Joy. « SÌ e no», rispose Bruno,

« èbbe pure il tempo, prima di morire, di

fare i disegni per la piazza del Campidoglio

con i tre

che

la piazza

palazzi;

però

poté

non

terminare

altro

stessa e la scala. I palazzi fùrono compiuti nel diciassettèsimo secolo. Fece anche la chiésa di Santa Maria

il modéllo di una chiésa

Angeli,

a Firenze,

perché

fu

ma

interamente

di

essa

rifatta

non nel

eseguì pure i disegni e un modello

gantesca

Chiesa

dei Fiorentini

ci rimane ’700.

degli

niènte

Michelangelo

in piètra di una gi-

a Roma,

un’opera

stu-

penda secondo gli artisti del tempo che videro i disegni

e il modéllo. 600

Ma

nemmeno

di questa

sua

opera

Mi-

Capitolo

XLII

chelangelo vide l’esecuzione. I soldi vennero a mancare

niénte,

fin dai primi lavori, e òggi non ce ne rimane ....

| ti

nemmeno i disegni

=

i}

kl Lod

‘ .:

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Zan;

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i. —_— -

7 Ire

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3

4

VU

Tui g CONTI ic

MP +

nit

ara ?

-

la piazza del Campidòglio

E finalmente, un giorno di febbraio del 1564, la morte,

a novant’anni, venne a liberare quell’anima tormentata

da un corpo

che sempre

piu le pesava.

Quell’uomo,

cui i re, i papi, i grandi della terra parlavano

cui amavano

trattenersi a lungo

del suo tèmpo,

principe,

col cap-

e col più gran rispétto, quell’uòmo

pello in mano

e che dappertutto

l’ùltimo

dei

grandi

a

con

i più colti personaggi fu ricevuto

génii

del

come

rispetto = ammirazione

a

[ NS un cappéllo

un

Rinascimento,

principe = uòmo di grande potènza

601

Capitolo

42

mori solo come aveva vissuto. La sua ultima preghiéra

fu di potér

tornare,

morto,

nella

sua amata

Firenze.

E li ripòsa òggi, nella basilica di Santa Croce ...».

PAROLE: conoscènza f védova f rinnovamento m

divisione f amicizia f convento m monaca f poesia f ànima f giudizio m morale f

umanità scàndalo corrente severita

ESERCIZIO

f

f

m f

A.

correre

rompere

piacere

corre

rompe

piace

ha corso

ha rotto

corse

ruppe

è piaciuto i piacque

« ho (correre)

« Uff! », esclamò Vespucci,

il più presto

nudita f ritratto m Inférno m serpènte m Paradiso m

che potevo per fare in tempo ». A Joy non (piacere) | l l : l che egli fosse così rosso in faccia. Suo padre capì, e

motivo m

disse:

Purgatorio m profusione f capolavoro m incàrico m pagamento m esecuzione f preghièra f modéllo m cappéllo m 602

« Mi

l

(dispiacere)

di

non

Però ...». Bruno lo (interrompere)

essere

più

giovane.

e disse: « Ma caro

signor Vespucci, Lei (correre) quasi più presto di me! ». . « Caro Bruno », disse sorridendo Vespucci, « mi è sempre

(piacere)

sentirmi dire delle cose gradevoli, ma

so di

Capìtolo XLII

che parlo. Quando

Lei mi ha (interrompere),

io stavo

per dire che quando

ero giovane, non mi raggiungeva

nessuno ». « Scusami

se ti (interrompere)

di nuovo»,

disse Dorabel, « ma se non saliamo, il treno parte senza di noi! ». E tutti e quattro salirono sul treno, che (percorrere) la distanza da Roma a Firenze in tre ore esatte.

ESERCIZIO

B.

Il Colosseo è un’immensa costruzione. Mi perdoni se Le dico che mi rincresce di non poter proseguire fino a Roma.

di rado, dato che ci sono

maturo colto

religioso tènero

universale nudo sacro immorale

riprensibile stupèndo

immortale impuro crudelmente altamente ritirarsi ammirare trattenersi

Dica le frasi seguenti in un altro modo:

Lo vedo

rispètto m principe m

pressa

poco

mille

guarire lagnarsi protèggere escludere edificare

sorgere dappertutto per niènte

chilometri di distanza fra le nostre due città.

Cos'è accaduto?



C’é che un

grosso

sasso

è caduto

giù dalla montagna. Si voltò di colpo, e vide un uomo

Benché

la notte

fosse

molto

che scappava.

certo

scura,

egli

era



Non

saprei

di

averlo riconosciuto.

Come

si chiama

esattamente,

quell’animale?

te lo dirò la prossima

dirlo

volta.

603

Capitolo

42

ESERCIZIO ....

Chi fu Vittoria Colonna? Cosa

fece

Cosa

si racconta

Universale’?

dipingeva

di Biagio

da

il ‘Diluvio’?

Qual

Perché

cadendo ....

‘Giudizio

.... Biagio andò da lui

....

è il capolavoro

Michelangelo

pagamento

e del

Cesena

Che cosa gli rispose il papa quando a lagnarsi?

ferito

si fu

quando

Michelangelo

dall’impalcatura mentre

C.

di Michelangelo

non

per la cupola

volle di San

mai

architetto?

accettare

Pietro?

....

nessun

....

Quale altra grande opera di architettura ci ha lasciato Michelangelo?

604

....

quarantatreèsimo

Capitolo

(43)

quarantatré

Capitolo

(XLIII)

FIRENZE Una mattina, qualche giorno dopo la visita a San Pietro e al Vaticano, Vespucci dichiaro: « Domani proseguiamo

per il nord! Firenze

accompagnerà

e da li a Venézia, mio

conto

Lei, Bruno,

per

l’'Itàlia

mentre

e Joy

io giro un devo

dove

centrale,

Dora

un ràpido

a

po’ per

per conto mio da solo

delle

fare

=

indagini sul passaggio di Annibale. Siamo d’accordo? ».

indàgini che

« Va

passare il passàggio

bene»,

rispose Bruno,

« per

quanto

sono d’accordo ». « Anche noi », dissero

mi

=

riguarda,

ricer-

Joy e sua madre.

Cosi fu deciso che sarebbero partiti il giorno dopo, col

primo rapido per Firenze. Da Firénze, Vespucci sarebbe tornato

indietro fino al lago Trasiméno,

seguire

verso

nord,

andando,

come

prima

aveva

di pro-

detto,

alla

ricerca di nuove tracce del passaggio del suo caro Annibale.

Infatti, anche

se gli esperti

non

avévano

potuto

convincere definitivamente Vespucci che il famoso anel-

lo éra recente, tuttavia esso non si poteva più conside-

il lago Trasimèno definitivamente = in modo deci-

sivo

tuttavia : malgrado ciò

rare come una traccia sicura.

605

Capitolo 43

Partirono

dunque

alle diéci e cinquanta,

e in tre ore

esatte il rapido percorse i trecentosédici chilometri da Roma

a Firenze

e li porto

nella

bella

capitale

della

Toscana.

Usciti

dalla

Stazione

Centrale,

présero

un

tassi e

si

fécero condurre all’albérgo. « Per favore, vada piano! », disse Bruno

la Toscana

all’autista,

signori », e aggiunse:

e Piazza

della

partito politico = gruppo di gente che ha le stesse idée sul modo di governare il paése

delle

rispose:

ùltime

vie

partito

vogliono,

per

favore»,

rispose

lasciò la piazza della stazione.

prima

dell’albèrgo èra

Neri, e Joy domandò a Bruno: Un

«Come

« Passiamo per Piazza del Duomo

Signoria? ». «Si,

Bruno, e la màcchina

Una

che

politico? ». « Bè’,

via

de’

« Chi sono quei ‘Nèri’? guardi », rispose

Bruno,

« i Nèri o Nori érano una famiglia fiorentina, ma c’éra pure, a Firènze, un partito chiamato ‘i Neri’, come ce

n’èra uno chiamato ‘i Bianchi ’. Tutti e due, poi, facévano fare parte di : appartenere a

parte del partito dei Guelfi, come

acca =

Ghibellini ». « Fermo!

‘h’

non... un’acca non... niente

=

(perché ‘h’ non si pronuncia in italiano)

scoppiare dal ride-

re = ridere a un tratto con forza

606

capisco

un’acca!

pure di quello dei

fermo! >», esclamò

Chi èrano

Joy,

«non

ci

quei partiti di cui parla?

Quando? In che periodo? ». « Ahi! Ahi! Non l’avessi mai

detto! », fece Bruno,

con

una

smòrfia

che fece scoppiare tutti dal ridere.

di disperazione

«Gia»,

disse Joy,

Capitolo XLII

«ma

intanto

fare:

Lei

Lei l’ha detto,

deve

spiegarci

chi

e ormài

non

èrano

quei

c’è nulla

da

... Garibal-

dini e ... quegli altri». « Non Garibaldini, ma Ghibel-

lini: Guelfi e Ghibellini ». « Come si scrive Ghibellini? ». « Si scrive come si pronuncia: ‘gi’, ‘acca’, ‘i’, ‘bi’, ‘e’, ‘doppia élle’, ‘i’, ‘enne’, ‘i’. È sémplice, nò? ». « Già, mi scusi.

A propòsito, si chiama dopo

la ‘u’? Mi

‘vi’ o ‘vu’, la léttera che viene

sembra

di avér

sentito

tutt’e due

le

a propòsito = giacché ne parliamo ‘v’ è una

lèttera

forme ». « E infatti, c'è chi dice ‘vi’ e c’è chi dice ‘vu’. Io personalmente

preferisco

la forma

‘vu’ ». « Grazie,

personalmente per conto mio

:

e ... giacché ci siamo, mi fa un favore? ». « Cèrto! ». « È una domanda un po’ stùpida, lo sò, ma ...». « Andiamo! Non si vergognerà mica di farmi una domanda a me,

nò?».

«Ecco,

volevo

chièderLe

di dirmi

la vergogna vergognarsi

tutto

l’alfabèto italiano. Vorrèi èssere proprio sicura di non sbagliarmi.

Joy!

Non

Le dispiace? ». « Ma

È veramente

dunque,

una

richièsta

l’alfabéto italiano:

‘gi’, ‘acca’, ‘i. Qui

viene

s’immagini,

modestissima.

cara

s'immòàgini! = nd,

nò, affatto!

Eccolo

‘a’, ‘bi’, ‘ci’, ‘di’, ‘e’, ‘èffe’,

una

lèttera che Oggi non

si

adòpera quasi più, ma che si è adoperata fino al princìpio di questo sècolo: la ‘i lunga’. Pòi viène la ‘cappa’, una

lèttera

che

non

si adòpera

quasi

mai

nemmeno

607

Capitolo a

—_

b=

c=

43

quella, fuorché in parole come ‘chilometro’, che si scrive

‘2°

‘bi’ ‘ci’

di solito

= ‘di’

‘km’.

Poi

vèngono

‘élle’,

‘émme’,

‘enne’,

e = ‘e’ f = ‘èffe’

‘pi’, ‘cu’, ‘èrre’, ‘èsse’, ‘ti’, ‘u’, ‘vu’. Pòi vèngono

h= i=

tere

—_

= k = 1= m = n= o = p=

= r= s= t =

u

—_

= = = = =

‘gl

‘acca ‘i’

‘i lunga ‘cappa’ ‘elle’ ‘émme’ ‘énne’ ‘0’

tre lètquasi

(e

italiano

in

raramente

molto

in parole straniere)

sempre

‘vu dop-

che si chiamano

pia’, ‘ics’ e ‘ipsilon’. L’ultima lettera finalmente si chia-

‘pi’

‘zeta’. E ora siamo arrivati, écco l’Arno ed ècco il

ma

‘cu ‘érre’ ‘esse’ ‘ti’ ¢

adoperate

‘ò’,

,

nòstro albèrgo ». « E i Ghibellini? », domandò Jòy. « Non

‘u’

‘vu’ ‘vu doppia’ ‘ics’ ‘ipsilon’ ‘zeta’

li hò dimenticati », rispose Bruno.

Da =

IN).

ae

San

Por dag g My ilito TT at a

un

Sa jo

um

8

i

IL i auerafm

tome

Bf

TETI

sep

ted

I

i

_—

iL:I

oH

n

th sit

ie

| | Phe i

if

Veri

ma

A etTN Tm n) ml oan | generale bagagli = valige

Dòrabel,

« hanno

condurre conduce ha condotto condusse

piace, invece di recarci subito all’albèrgo. Vèngano me

di faccia a = di fronte a

degli

una gondola

un

momentino ». E

Scalzi,

hanno

Bruno

di fàccia

alla

senza

dubbio

Bruno

speciali

le loro gondole

tare i bagagli dei cliènti. Così possiamo

«Loro 620

degli albèrghi », spiegò

a Joy

e

traspor-

per

fare ciò che ci

le condusse

sul

con ponte

stazione.

indovinato », disse

Bruno,

Capitolo

XLIV

« che questo è il Canal Grande. Come védono ...» — il

cavare da = tirare fuòri da

giovanotto

cavò

pianta = una città

«il Canàl

Grande

dalla tasca una attravèrsa

pianta

tutta

di Venezia

la città,



carta

di

disegnan-

do come due mani che si stringono. Largo una cinquantina

di

esso

è traversato

métri,

lungo

da

tro? », esclamàrono

«ma

oltre

più

tre

quattro

c'è una

di servizi di gondola

chilometri

dozzina

riva all’altra

solo sul Canàl Grande

quat-

« Sì », rispose Bruno,

che non fanno

da una

e mézzo,

ponti ». « Soltanto

le due dònne.

ai ponti

tare la génte

di

di traghetti,

cioè

del Canale.

Ma

che ci sono così pòchi ponti. Il

cioè fino alla fine del Quattrocènto



èrano di

legno ed oggi sono quasi tutti di piétra >». dunque

vero », domandò

Jòy,

= circa dédici

è

sono collegate da quasi quattrocènto ponti, che un tèm-

«E

dozzina

altro che traspor-

resto delle cènto e più isolette che compongono la città

po —

una

«che

Venèzia

comporre porre) —

(come fare

collegare = unire

il Quattrocènto

=

il quindicèsimo sécolo (1400— 1499)

è co-

struita su cènto isolette? ». « Sì, è vero», rispose Bruno, «ma naturalmente non fùrono popolate tutte quante fin

dal

principio».

domandò

«Quando

Dorabel,

fondata

per fissare la fondazione

è una data puramente

andare in

ad

abitare

Venezia? »,

« lo si sa? ». « Bè’ », fece Bruno,

si è messi d’accordo

451, ma

è stata

popolare =

«ci

all’anno

tradizionale. In realtà,

ci si

è messi

=

gente si è messa

la

tradizionale — fondato sulla tradizione

621

Capitolo 44

bensì =

ma

Venèzia non fu mai fondata, bensì popolata a poco a

poco durante la seconda metà del quinto sècolo, e non si sa neppure in fondo = dopo tutto

primo

con precisione

governo».

«Ma

quando

in fondo»,

essa ebbe

continuò

il suo

Dorabel,

che sembrava avere una di quelle giornate in cui nessuna spiegazione,

contènta, 622

per quanto

fosse precisa, la lasciava

«in fondo, come mai quella gènte ha avuto

Capitolo

. insomma, dire:

non

èra

più

scégliere

sémplice

qualche

XLIV

voglio grande

isola dove non si dovéssero fare tutti questi ponti, questi

canali e che sò io? ». x «Certo,

x certo»,

rispose

di

g r a n c u ò r e 8

n x ° | schiètto = apérto ‘e . - | (parlando di un carattere, di un schiétto, ma sconosciuto, li

Bruno

e un altro riso ugualmente

ridèndo

fece voltare. « Mi scusino! », disse colui che aveva riso,

riso, ecc.)

623

44

Capitolo

intenzione =

(di

desiderio qualcòsa)

disturbare

rompere, dire

veduta

fare

: inter-

impe-

=

vista

comprensibile = che si può capire

«non

avevo

l’intenzione

di disturbare

la Loro

discus-

sione. Mi èro soffermato per ammirare la veduta che si ha dal ponte, e così hò sentito la Sua domanda, signora.

... così

Mi

è sembrata

così

ma

nello

tempo

stesso

così divertente



almeno

per

tratte-

che non hò potuto

si capisce —

noi veneziani,

e comprensibile,

giusta

nermi dal rìdere. Le chiedo scusa! ». « Ma s’immagini! », rispose Joy per sé e per la madre,

«siamo

che

l’occasione

questo

conoscénza

città

cicerone =

con

proprio

troppo spedire (come finire) — mandare

incidènte un

abitante

subito

gentile,

ci àbbia

dopo

dato di

questa

il nostro

signorina », disse

fare da cicerone = fare il cicerone

arrivo».

l’uòmo,

« Léi

«ma

è

allora,

giacché indovino che i Loro bagagli sono già spediti ale di far Loro

da cicerone.

A meno che Léi ...», aggiunse, volgèndosi

verso Bruno

con un sorriso interrogativo.

prego! », rispose il giovane,

interrogare interrogativo

di far

meravigliosa

l’albèrgo, mi permetta di accompagnarLe

guida

felicissime

« No, no, La

« è vero che mi preparavo

a fare da cicerone alle signore, ma preferisco mille vòlte cèdere una cosa uno = lasciàrgliela

a

cederLe turista

il posto, giacché anch’io.

Ho

in fondo, a Venèzia,

letto qualche

libro

sulla

sono un Sua

città

e ci sono stato un pàio di volte, ma non avevo né l’intenzione

624

né la possibilità

di raccontare

altro che

ciò che

Capitolo

conoscono

tutti».

se Lei

« Allora,

(2

fece

...»,

permette

XLIV

l’uomo, terminando la frase con un sorriso, e soggiunse

con un inchino:

che mi presenti:

« È méglio

Giovanni

Manin, direttore di uno dei musèi di Venezia, e per òggi Loro cicerone ». Le due donne e Bruno si presentàrono co-

anche loro, e dopo tutti quei discorsi il loro nuòvo

noscénte disse: « Risponderò dunque io alla domanda della signora. Lèi

si stupiva che i primi abitanti di Venèzia avéssero scelto appunto questo gruppo

di isole, povere, minùscole, iso-

late dal rèsto del mondo.

appunto

tutte queste

Ebbène,

sénza dùbbio

un

inchino

direttore : capo

conoscènte = per-

sona che si conosce

isolare

: staccare

ebbéne

=

be’

la grandezza, il coraggio, la vilta sono qualita

fùrono

qualità che decìsero i primi abi-

tanti di Venezia a trasportarci le loro case. Se le isolette

della Laguna Veneta fossero state collegate con la terraferma,

noi probabilmente

ad ammirare

questo

Infatti, Loro

dévono

ci troveremmo

òggi non

panorama ricordarsi

ùnico

qui

nella

se-

conda metà del quinto sècolo, l’Itàlia fu invasa parécchie

di guerrieri

volte da gènti incolte e feroci, da pòpoli che

tutto

bruciàvano,

loro cammino.

invàsero

più

distruggévano,

Quei barbari —

di una

vòlta

uccidévano

così fùrono

quasi

tutto

sul

chiamati

il nòrd

terraferma

costruire

Al posto delle due chiése fu innalzata l’attuale basilica,

piano = disegno che mostra come è costruito un edifi-

secondo i piani di un architetto grèco che, come

artisti di quel

mente

neanche

tanti

cio

E natural-

anonimo = di cui non si sa il nome

l’aspetto della piazza èra lo stesso di

aspètto di una cosa = modo in cui si presenta alla vista

tempo,

è rimasto DI

Oggi. Su per giù dove ci troviamo

anònimo.

in questo momento,

cioè un pò’ ad òvest del Campanile, scorreva, attravèrso

un prato verde, un rio —

così si chiàmano

i canali di

Venèzia — che segnava il limite della città e si gettava nel

sono

Canal

Grande,

i Giardinetti

nel medésimo

che

Loro

punto

hanno

dove

visto

oggi

un prato limite

=

confine

ci

passandoci

davanti in vaporetto.

Dove

ora sorge la Torre dell’Orològio,

al tempo

della

chiésa primitiva c’éra un bellissimo àlbero, al cui tronco

un

tronco

637

Capitolo

45

legava le mule chi veniva dalla citta; di fronte, sull’altra

riva del rio, c’éra la vècchia chiésa di San Geminiano ». « Che

chièsa?

rispose

dov’é? », domandò

sorridéndo:

«Non

c’è

Dorabel,

più.

Una

e Manin

prima

le

volta,

quando la piazza diventò troppo modesta per la sempre

una mula

piu potente Repubblica, il doge Ziani fece riempire di tèrra

il rio che

traversava

la piazza

e fece

demolire

la chiésa di San Geminiano, ricostruèndola però all’estreoccidentale di òvest

=

mità occidentale della nuòva piazza. Molti sècoli dopo, Napoleone, volendo ingrandire il Palazzo Reale, la fece

demolire di nuovo. Ma

E così oggi non esiste più.

al nostro patrono,

torniamo

ab-

Come

San Marco.

biàm visto, il suo corpo era stato sepolto nella primitiva basilica,

e

li

rimase

fino

alla

meta

dell’undicèsimo

secolo, quando si decise di innalzare la basilica attuale. sorpresa = còsa inaspettata

Fu

allora che i veneziani

ebbero

una

sgradévole

sor-

presa: ci si accorse che, durante i sècoli trascorsi dall’arin particolare — particolarmente

rivo

reliquia = ciò che

grande incendio del 976, ogni tràccia della reliquia èra

rimane di un santo

(corpo, vestiti,

ecc.)

sparita.

stato introvàbile = che non si può trovare

638

della

salma

Nessuno

sepolto

a Venezia,

sapeva

il Santo!

più

e in particolare

dove

Si cercò,

dopo

esattamente

si cercò;

ma

la reliquia di San Marco rimase introvabile.

il

fosse

invano:

Capitolo XLV

Si decise allora, dice la tradizione, che il doge e tutto il pòpolo sarèbbero

processione = corteo

andati in processione alla basilica,

per implorare il Cielo di rivelare ai veneziani il luògo dove èra nascosta la preziosa reliquia. E il venticinque giùgno 1094, mentre la processione avanzava lentamen-

te, solennemente

per la basilica, una

luce abbagliante

scaturi da una colonna vicina all’altare di San Giovanni e per il foro aperto dalla luce si mostrò una mano

per

tutta

la

chiésa,

recando

gran

solliévo

veneziani, che l’otto ottobre, con la màssima

nascosero

di nuovo

la reliquia

ai

solennità,

ciali. Tutti e quattro giuràrono di mantenere segreto il

così

della sepoltura.

bene

che

E questo

il luògo

fu

grave

abbagliante = che rènde cièco foro = apertura

recare =

portare

recàr sollièvo a = riconfortare

sotto l’altàr maggiore.

Erano presenti solo il dòge e altri tre personaggi uffi-

luògo

=

soave si

portava al dito un anéllo d’oro. Un profumo sparse

che

solénne

segreto lo custodirono

dimenticato

una

seconda

Joy,

«e

non

Manin,

«fu

ufficiale = dello

Stato, pùbblico

giurare = fare una promessa davanti a Dio

segreto

segreta

=

còsa

volta! ». «Povero l'hanno

San più

Marco! », esclamò ritrovato? ».

«Si,

ridèndo si»,

disse

ritrovato nel 1811 in una tomba sotto l’altàr maggiore,

con qualche moneta lastra

che

portava

d’oro, un anèllo d’oro puro e una la

data

dell’òtto

ottobre

1094 >».

una

lastra

639

Capitolo 45

disse Joy, un

sacco

reliquia

«la

ha

mi

Lèi

male,

«Meno

basilica

mi sarèbbe

riconfortata! »,

veramente

di San

sembrata

Marco

vuòta ».

priva

della

« A me

sua

sembra

àbbia dato un sacco di fastidi

sacco : grande

anzitutto che San Marco

fastidio = còsa

ai

sturba

« Sarèbbe stato più sémplice se fosse rimasto ad Ales-

quantità

sgradévole che di-

pòveri

Dorabel,

esclamò

veneziani! »,

aggiunse:

e

sandria ».

rendere un servizio a = fare qualche cosa che sia buona per

servizi

che,

la

secondo

Léi diméntica i grandi

«ma

« Già », le rispose Manin,

tradizione

popolare,

reso

ha

alla Repubblica e alla città il suo patròno ». « No, non li diméntico,

per

la sémplice

ragione

e Manin

nulla », disse Dorabel,

che

non

con un inchino:

ne

so

« Cara

signora, Lèi ha perfettamente ragione, e la colpa è mia: avrei dovuto raccontarLe, per esèmpio, come San Marco

salvò la città da una terrìbile tempèsta, o come impedì che la facciata della sua basilica fosse demolita per lo meno

Ordine levare

: tògliere

impronta = forma che, per esèmpio, un oggétto làscia nella sàbbia ùmida tramontare

il tramonto

Manin

permette

Prima

a riméttere tutte al loro

parti di un mosàico?

pazzi! ». «Si

ridèndo,

disordine!

fanno

«i

calmi,

mosàici

e Dorabel do-

cara

non

È un compito

signora! », disse

si staccano

mica

di levarli, si prende un’impronta

di rimétterli

esattamente

al posto

in

che

primitivo.

Ma ora, basta coi restàuri. Adèsso entriamo nella chièsa, ché sennò non faremo in témpo a visitarla prima del tramonto. E al tramonto, purtròppo, San Marco si chiude ».

E tutti e quattro entràrono nella basìlica. Quando èbbero

648

Capitolo XLV

che sia venuto

terminato la visita, Manin disse: « Temo

il momento di separarci, per Oggi; mi aspèttano a casa.

Ma

prima, vorrei raccontar Loro la storia dei quattro

cavalli di bronzo, quelli che védono lassù, sopra l’arcata

maggiore

opera

Sono

basilica.

della

di

scultore

uno

un’arcata

grèco del quarto sécolo a. C., secondo alcuni dello stesso Lisippo,

uno

dei più

grandi

Grécia.

artisti dell’antica

Quando i veneziani e i loro alleati conquistàrono Costan-

sportati

da loro tra-

cavalli fùrono

tinòpoli nel 1204, i quattro

Lisippo, in grèco: Lysippos

conquistare = prèndere con le armi

a Venézia, con un grandissimo numero di altre

opere d’arte. Nel 1250 vénnero collocati nel luogo attuale, dove

rimàsero

ladrone’,

come

il ‘gran

fino al 1798. In quell’anno

Napoleone

veneziani

dai

chiamato

fu

collocare = méttere

ladrone =

ladro rai

Bonaparte, li trovò così belli che dopo avér vinto Venèzia se li portò

con sé a

e lì, a sua volta, li

Parigi,

fece collocare sull’arco di trionfo che si tròva nel cortile

del Louvre.

d’Austria

l’imperatore

quando

restituirli vittoria

I cavalli rimàsero

Francesco

al 1815,

fino

I decise

di

a Venèzia, che gli èra stata concéssa dopo la definitiva

degli

nei piani dell’imperatore, amici

a Parigi

i veneziani;

ma

alleati

su

Napoleone.

quel gèsto doveva

si sbagliava:

dopo

l'Àustria

Francesco I, in tedesco: Franz I concèdere succedere)

(come — dare

Forse,

réndergli

gèsto : atto

più di mlt 649

Capitolo 45 fésta = spettacolo gaio e solénne

anni di indipendènza, come avrèbbero potuto amare uno straniero

séguito = coloro che accompàgnano un alto personàggio conclùdere (come ridere) — finire

che

si diceva

loro

padrone?

Fu

organizzata

una splèndida fèsta, alla quale dovévano assistere Fran-

cesco I, la sua famiglia, il suo séguito e tutti i nobili veneziani. Ma i cannoni salutàrono invano, invano suonò

l’orchèstra

militare,

suonàrono

invano

le campane:

i

quattro cavalli di bronzo fùrono rimessi a posto davanti

a una piazza vuòta. L’imperatore e il suo séguito assi-

stettero soli allo spettàcolo ...». un

cannone

« Già », concluse

Dòrabel,

e nessuno

sèppe

mai

còsa

aveva voluto dire con quella paròla, perché Manìn, dopo un brève silénzio, vedendo che Dòrabel non continuava,

PAROLE: un santo m

il Santo m tempesta f evangelista m sepoltura f venerazione f veliéro m salma f compito m sepolcro m egiziano m custode m messèr m sgomento m carità f pagano m cesta f vimine m

650

disse:

« Bè’,

e adésso,

diciàmoci

arrivederci

e buona

notte! ». « Buona notte! e mille grazie! », risposero Joy e Dorabel,

e Bruno

domandò:

« Ci vediamo

domani? ».

« Con piacere, se ne hanno voglia », disse Manin, e dopo

essersi messi d’accordo sull’ora i quattro si separàrono.

Capitolo XLV

A.

ESERCIZIO

Mi domandò: Mi domandò

ha fatto a uscire? ».

« Come come

maiàle m patrono m aspetto m campanile m

avessi fatto a uscire.

prato m riom

Perché è venuto? Non lo so.

limite m torre f

Non so perché sia venuto.

Gli avevo chiesto: chiesto

Gli avevo

tronco m

aiutarmi? ».

« Può

se potesse

aiutarmi.

Dopo aver domandato al marito se (volere) aggiungere qualcosa,

se

(potere)

(essere) cosa

dargli

venuto

(mangiare)

(stare)

uscì. Bruno

Dorabel

facendo

mille

lire.

chiesto

Non

si sapeva

I Vespucci

quell’uomo. il pescatore.

il ragazzo.

aveva

Non

Non

al padre

perché

domandarono

si vedeva

si sa quando

partiti gli abitanti di questo paese. Ci avevano

che

cosa

(essere)

chiesto

se (potere) aiutarli. Vespucci si stava domandando come

mai i Romani

(avere) costruito quell’edificio.

mula f sorpresa f reliquia f processione f foro m sollievo m solennità f segreto m moneta f sacco m fastidio m lastra f colpa f uragano m elemento m navicella f vela f identità f miràcolo m bùio m santuàrio m mattino m

distruzione f terremoto m caduta f

ESERCIZIO Faccia

delle frasi che abbiano

B. il medesimo

senso

delle

frasi seguenti: Non ho mai trovato coraggioso tuo cugino, e benché non

loggetta f base f libreria f vittima f danno m galantuomo m campana f ricostruzione f

rifacimento m

651.

45

Capitolo

azione f climam

restàuro

m

cendo

di essere ingiusto di-

credo

dubiti che sia onesto, non

che non lo trovo intelligente.

decorazione f mosàico m disordine m impronta f

atroce

tramonto m

sua stessa vita. Era affranto, temeva di non poter accet-

festa f

tare

ladrone m

arcata f

cannone m esàusto

degno soave favorevole anonimo

occidentale introvàbile solenne

Il ragazzo

era assai triste, gli sembrava

che il destino

anche

il senso della

dell'amico avesse cambiato

la

proposta

di

Pietro.

Non

si sentiva

in

grado

di stare insieme a quella gente così gaia. Narra la leggenda che quella medesima sera il poveretto, esausto,

privo

di forze,

approdò

nell’isola.

Era

un

sito bellissimo, ed egli si accinse a passare la notte sulla

abbagliante

spiaggia. A un tratto, vide che nella sabbia c’erano delle

inconcepibile implacabile

impronte

ufficiale

bùio

atterrito

di piedi umani.

Ciò lo costrinse

allora a ri-

prendere il cammino, benché sì reggesse appena in piedi.

impari

scatenato fosco

fragile

venerabile

gonfio

eroico salvo drammatico solido lieve

Qual

allegro

zia?

circostante

delicato sistematico colorato definitivo

652

ESERCIZIO è la leggenda

dell’arrivo di San

Marco

a Vene-

....

E cosa narra rono

C.

la leggenda

a Venezia

la salma

dei due mercanti di San

Marco?

che porta-

....

Capitolo XLV

Come scomparve, e come fu ritrovata nel 1094, la salma di San Marco? Cosa

narra

la

.... leggenda

infinitamente sorprendere

riconfortare

del

terribile

temporale

1340? ....

Quando e come crollo il vecchio campanile?

....

del

sgomentare rapire tardare spaurire penetrare investigare concepire molestare

venerare demolire recare giurare danneggiare accostare

affrontare ridare squarciare abbagliare travòlgere imbarcarsi proferire navigare scorgere placare ricondurre logorare scuòtere accasciarsi reggersi limitare levare

conquistare

esprimere collocare concludere medésimo ché a bordo privo di

653

Capitolo quarantaséi

Capitolo quarantaseiésimo

(46)

LA

(XLVI)

SERENISSIMA

La mattina seguente, dopo i soliti saluti, Manin e i tre amici lasciarono l’albèrgo e si avviàrono lungo la Riva degli Schiavoni vèrso la Piazzetta.

la Piazzetta

« Guàrdino

quelle

due

colonne! », disse Manin,

soffer-

mandosi all’angolo del Palazzo Ducale, « al tèmpo della

654

Capitolo

Serenissima mente,

i condannati

impiccati

« Brrr! », fece

la

cos’

che

«ma

general-

Piazzetta ».

della

le colonne

li, fra

Joy,

venivano,

a morte

Serenissima? ».

« Era il nome che si dava alla Repùbblica Veneta, o più esattamente formato

alla

dal doge

Signoria, e dai più

cioè

al Consiglio

alti personaggi

di Stato della

Re-

pùbblica. La Serenìssima Signorìa esistètte fin dai primi del Duecénto

e rimase

per parecchi

sècoli il simbolo

della più alta saggezza nel governare una nazione.

Bè’, per tornare alle nòstre colonne,

ce ne sono altre

due di triste fama nella storia di Venèzia. Sono le due

XLVI

sereno = calmo, tranquillo ‘serenissimo’ : nome che si dava

ai principi regnantie ai dogi

consiglio : riunione dei capi del govèrno

il Duecénto = il tredicésimo sécolo (1200—1299) simbolo = segno che rappresènta un’idèa > saggezza

pazzia

fama = ciò che si dice di còsa o persona

colonne rosse della Lòggia del Palazzo Ducale, sul lato volto verso la Piazzetta. Era di lassù, dall’arcata fra le

due colonne, che, al tempo della Serenissima, si leggé-

vano

le condanne

a morte

che venivano

fra le due colonne della Piazzetta.

poi eseguite

E adésso,

entriamo

nel cortile del Palazzo ».

« Non sò se Loro hanno notato », disse Manin dopo avér trovato un posto dove il flusso dei turisti non impedisse

di conversare tranquillamente, «non sò se hanno notato la differènza

non

solo

di forma,

ma

anche

che esiste fra il Palazzo Ducale di Venèzia

di spirito,

la Loggia e le due colonne

rosse

condannare una condanna

flusso = movimento dell’acqua in un fiume, canale, ecc.

conversare parlare

=

e quelli di

655

Capitolo 46

certo

visto

qualche

ma

e Gènova,

Milano

visitato

ancora

hanno

dei

fotografia

Sò che non

Genova.

città come Firénze, Siena, Milano,

grandi

avranno

o

palazzi

castelli di quelle città ». «Si ...», disse Joy, mentre si sforzarsi di : fare | sforzava

sforzo per

di trovare

la differènza

una fortezza = un forte atto a = bén fatto

per

656

di cui par-

lava Manin.

il cortile del

paragonare = méttere accanto due còse per notare le differènze

di spirito

Palazzo

« Provi un po’ », aggiunse allora Manin,

«a paragonare,

per

di Firènze

esèmpio,

il Palazzo

della

Signorìa

al

oe Palazzo Ducale. Quello di Firénze è chiuso vérso l’estèr.

x

vu.

.

.

no, insomma e una specie di fortezza atta a protèggere

Capitolo

XLVI

quelli che vi governavano la citta, a difenderli contro gli possibili

assalti sempre

dei loro

o di partiti

cittadini

assalto : azione militare

nemici. Nulla di simile nella facciata del Palazzo Ducale!

Qui tutto è simbolo di forza serena, di sicura potènza: la loggia estèrna, le grandi finèstre, la leggerezza della costruzione

che non

ha nulla di rassomigliante

a una

leggéro la leggerezza rassomigliare rassomigliante

fortezza. Solo nei primìssimi tèmpi della sua stòria, infatti, Venèzia conobbe quelle tràgiche lotte intèrne tra che insanguinàrono

fazioni nemiche

la vita delle altre

repùbbliche d’Itàlia. Guèlfi e Ghibellini, per i veneziani, mai

non

fùrono

976,

il popolo

altro

insorse

che

nomi.

contro

Solo

una

la tirannia

volta,

di un

nel

doge,

e pochi anni dopo, sotto il doge Mèmmo, per la prima e unica volta nella storia di Venézia, una di due fazioni

rivali si rivolse ai nemici della Repubblica per invitarli

tragico = doloroso

fazione = partito insorgere (come aggiùngere) = prendere le armi contro un govèrno

tirannia = no

duro

che

concède popolo

governon

libertà al

rivali = che combattono

si

a conquistarla.

Si può dire che, dal 1032, data della prima costituzione

di Venèzia, la Repubblica conobbe solo quelle discordie

discordia

scuro

gere un pòpolo bèn guidato.

giungere a = raggiungere

Ma per raggiùngere una tale stabilità, per difendere la

stabilità = qualita di ciò che è fermo

continuità

e sicuro

prodìgio = miràcolo

Serenissima,

i veneziani

realizzàrono

veri e pròpri prodigi di arte politica. Fra un momento visiteremo

particolare = punto speciale

della

le sale del Palazzo,

e racconterò

Loro

con

più particolari come èra organizzato il govèrno di Venezia. Ma prima, mi proverò a spiegàr Loro con quali

artificio : mòdo molto complicato

artifici

dominare = governare

dei nuòvi

dirigere = guidare dirige ha dirétto

particolari.

1268

i veneziani riuscirono a impedire che l’elezione

dògi

fosse

Il sistema

i nòbili

dominata

e dirétta

che finalmente

veneziani,

a cui

da

interèssi

inventàrono

apparteneva

nel

il potere,

durò per sètte sècoli, fino alla caduta della Repùbblica. Alla morte del vècchio doge, il cosiddetto Maggior Conradunare riunire

658

=

sìglio, che riuniva tutti i nobili, si radunava nella gran

Capitolo XLVI

sala.

Dopo

aver

fatto

uscire

tutti

quelli

che

avévano

meno di trent’anni, si contavano i mèmbri rimasti presenti e si preparava

e trenta

d’argento

un

certo numero

di palle vuote

vuote.

d’oro, anch’esse

palle

Tutte

insiéme, le palle èrano tante quanti érano i membri del Maggior Consiglio presenti nella sala. Nelle palle d’oro si inseriva

un foglietto

l'iscrizione:

che portava

contare = calcolare il nùmero di

‘elet-

foglietto = piccolo pèzzo di carta inserire nire) — dentro

(come fiméttere

tore’. Intanto, il più giovane consiglière èra uscito sulla

iscrizione : ciò che

piazza, aveva fermato il primo ragazzo che gli èra pas-

elettore =

elégge

sato davanti, e l'aveva condotto nella gran sala. Le

palle

venivano

allora

messe

in un

cappéllo

e scritto

o in

chi

consiglière = membro del Consiglio

un’urna, e ogni mèmbro riceveva dal ragazzo una delle palle. I trenta che in quel modo tori? rimanévano

Nello

stesso mòdo

èrano nominati

nella sala, mentre

di prima,

nove. Quei nove rimanévano

‘elet-

gli altri uscìvano.

i trenta

èrano

ridotti a

soli, rinchiusi nella sala,

un’urna

ridurre

=

far

ventare piu pic-

di-

colo

fino a che non avéssero scelto quaranta nuòvi ‘elettori’,

ciascuno

dei quali doveva

ottenere

almeno

sétte voti,

ottenere

ricévere

=

ossia èsser nominato da almeno sètte dei nove mèmbri presènti. I quaranta a loro vòlta èrano ridotti a dodici nuòvi ‘elettori’ dalla sorte, cioè col sistema delle palle

dalla sorte = per caso, non per vo-

lontà dell’uòmo

d’oro e d’argènto. Quei dédici ne scegliévano venticin659

Capitolo 46

que che dovévano

nòve voti ciascuno,

ottenere almeno

e i venticinque èrano ridotti dalla sorte a nove. Ancora una volta, i nove elettori ne scegliévano quarantacinque,

che la sorte riduceva a ùndici. E gli ùndici, finalmente, elettore elettorale

scegliévano un consiglio elettorale di quarantùn

dovévano

bri, che «Mamma

il nuovo

eleggere

doge ».

i tre ascoltatori,

mia! », esclamàrono

mem-

« come

facévano a non sbagliarsi con un sistèma così fantastirègola : ciò che

dice come

si déve

fare una cosa

complicato? ». «Per

camente

quello

c’èrano

le réègole

«ma

Loro mi daranno ragione

se dico che con un sistema

elettorale così complicato

scritte », rispose Manin,

era umanamente impossibile méttersi d’accordo sull’eleun fòglio piegato

zione di un doge. Per di più, sempre per maggior sicu-

rezza, èra stato deciso che il Consiglio Elettorale avrébi cattòlici vanno in chièsa tutte le doméniche per sentire la Messa segretàrio = chi scrive le lèttere e le decisioni di un Consiglio, di un magistrato, ecc. candidato

vuòl

=

èssere

chi

elètto

candidato al dogado = chi vuòl èssere elètto dòge

be scelto il nuòvo alla Messa

assistito

dello

Spirito

Santo,

dopo avér

i quarantuno

si riunivano e scegliévano tre presidènti e due segretari.

Ogni

elettore

dogado

scriveva

su un pezzetto

foglietti

venivano

il nome

del

suo

candidato

al

di carta, pòi questi quarantùn

piegati

e deposti

nell’urna.

Allora

i due segretari li tiràvano fuòri ad uno ad uno, prima

leggévano 660

dòge nel modo seguente:

ad alta voce i nomi

dei candidati proposti

Capitolo

e poi

ripiegavano

i fogli

e li rimettévano

XLVI

nell’urna.

Finalmente, ne tiravano fuori uno solo, quello del primo candidato al dogado. Se questi si trovava fra i presenti, usciva dalla sala, e

gli elettori èrano

invitati a esprimere

Gli uni lo accusàvano,

nione.

Finalmente,

il candidato

opi-

la propria

gli altri lo difendévano.

èra chiamato

questi = quest’uòmo

l'opinione parere

=

il

nella sala e in-

vitato a sua volta a rispondere alle divèrse accuse, dopo

accusare un’accusa

detta. Se

di che si procedeva all’elezione propriamente

il candidato proposto otteneva venticinque voti éra considerato

al pòpolo

elétto e lo si presentava

riunito

in

Piazza San Marco. Nei primi tempi la presentazione era accompagnata

dalla

se vi piacerà’.

Più

mandare zioni

frase:

‘Questo

dodge,

è il vostro

tardi, lo si presentò

sènza

più do-

il parere del popolo. E ora, basta con le ele-

e la politica,

andiamo

a visitare

presentare la presentazione

le stanze

e le

politica = arte di governare uno stato

sale del Palazzo ». Dopo èsser saliti su per la cosiddetta Scala dei Giganti, i quattro

entràrono

nella prima

delle sale. Jòy

scorse

subito, sotto un bellissimo orològio, un’iscrizione latina che si vòlle provare a leggere. Non riuscendo a capirne il senso, domandò a Manin:

« Che cosa vuòl dire questa

661

Capitolo 46 un

di

onore

in

Qualcòsa

iscrizione?

«No»,

doge?».

rispose Manin, « non in onore di un doge, ma della giutradurre

=

tra-

importante

è forse la più

iscrizione

Questa

stizia.

di

una da re sporta lingua in un’altra

tutta Venezia. Ora Gliela traduco. Si rivòlge ai giùdici

inchiésta

della Repubblica e dice: ‘Prima di tutto, fate un’inchie-

indagine

attènto : fattocon attenzione

giudìzio = deci-

sione di un giùdice

+43

carita = amore

verso gli altri

giudicare = dare

un

6

giudizio

sentènza =

dare il vostro

| Sta esatta e attènta, per potér giustizia

con

prove vere e giuste. Non

senza

nessuno

giudicate nessuno

sulla base va

;

:

Nea

.

.

condannate

Non

e carità.

giudizio

di soli sospétti, ma prima dimostrate la sua colpa, poi .

x

x

proferite la vostra sentenza

ae

con carità, e non

fate ad

giudizio

altri ciò che non

volete sia fatto a voi’. Come

Crete = rivol-

questa

iscrizione,

dirétta

perché

ricordàssero

ai giùdici

il pròprio

della

dovere

vede,

Serenissima

ogni

vòlta

che

entràvano in questa sala, potrèbbe stare tuttora in lèttere d’oro sulla facciata di tutti i tribunali del mondo ». un tribunale

...»,

«Strano

.

disse

x

Dorabel

dopo

un

A

O

silènzio,

bréve

«mi sembra che quest’ideale di giustizia con carità non

vada d’accordo con ciò che ho lètto sulle terribili prigioni occasione = possi-

bilità

riparare : rèndere

più liève

662

di Venézia,

sulla

crudeltà

inumana

con

cui

vi

èrano trattati i prigioniéri ». « Ah! cara signora », esclamò .

Manin, Lo.

«come

sono conténto x5

sione di riparare un po’

che Léi mi dia l’occa-

del male che hanno

fatto alla

Capitolo XLVI

Serenissima

della

fama

certi autori

del sècolo

scorso!

È vero che la giustizia della Repubblica era sevèra, ma non

crudéle

èra

se la

paragoniamo

lo poteva

giusta per quanto

ad

ed

altre,

éra

èssere la giustizia di quel

tempo. Per esèmpio, èra dovere del dòge tenersi sempre informato del numero di prigionièri rinchiusi nelle pri-

informare di = far sapere

gioni del Palazzo e di badare che ognuno di loro fosse

tenersi informato di : fare in mòdo di conoscere

condotto davanti a un giùdice entro un mese dal giorno in cui èra stato arrestato. Lèi dirà che un mese è molto,

ma deve anche pensare a chissà quanti innocenti venivano arrestati altrove ogni giorno a quel témpo,

tati

in

prigione

sènza

mai

comparire

davanti

e get-

a

un

arrestare = prèndere per méttere in prigione innocénte = che non ha fatto nulla di male altrove

luòghi

=

in altri

comparire apparire

tribunale!

Perfino

entro = non dopo

il Consiglio

dei Dièci, che si è attirato l’òdio

Odio >

= amore

di tanta gente, éra in realtà un prodigio di giustizia, a paragone

di altri tribunali

di allora.

Non

parliamo

poi della terrìbile Inquisizione, che fece condannare

uccidere in modo inchiesta, giudizio

su

crudéle migliàia di innocènti,

sémplice

che di giudizio

accusa non aveva

anònima,

dopo

paragonare il paragone

e

sénza un

altro che il nome.

Il Consiglio dei Dièci — vedremo fra poco la sala dove Si riuniva —

fu istituito nel 1310 per occuparsi di un

istituire (come

finire)

=

fondare

663

Capitolo 46

gravissimo

affare:

un

gran

numero

di veneziani

avé-

vano deciso di insorgere contro il govèrno, di uccìdere

il doge

e di méttere

al suo

posto

uno

dei

loro.

La

svelare = rivelare

cospirazione fu svelata da uno dei mèmbri, e il govèrno

misura : mézzo, azione

prese tutte le misure

arrestare

scisse. Dopo l’arrèsto dei principali colpévoli fu istituito

colpévole +

un consiglio di diéci membri, scelti con la massima cura

l’arrèsto

innocénte

cura = attenzione

dal

Maggior

necessàrie per impedire

veneràbili

i più

fra

Consiglio

che riu-

cittadini.

sciogliere >

Nei primi tempi il Consiglio dei Dieci fu sciòlto, ogni

sciogliere sciòglie

volta, dopo che aveva compiuto

riunire

ha sciòlto

stato istituito unicamente

ingiustizia > giustìzia

pace

utile inutile

tro

permanente = che dura sempre

utilissimo

il suo dovere, essendo

‘per difendere la libertà e la

dei cittadini della Repùbblica

l’ingiustizia’.

Ma

nel

strumento

1335,

e protèggerli

essendosi

di giustizia, fu reso

rivelato

con-

un

permanente.

Ecco come funzionava. Abbiamo

visto che

i consiglièri érano

veneràbili cittadini. Nessuna

scelti fra i più

famiglia poteva

dare più

di un consiglière, affinché nessuna fazione potesse dominare il Consiglio,

e i membri venivano scelti per un

anno solamente, né potévano èssere rielètti. Non ricevéparente = mémbro della stessa famiglia

664

vano alcùn pagamento,

e dovévano

lasciare la sala del

Consiglio se l’accusato èra loro parènte. Alla fine dell’an-

XLVI

Capitolo

rientrava

no, il consigliére

vita

nella

Era

privata.

un

gravissimo delitto da parte di un consiglière accettare un qualsiasi regalo.

fra di loro tre Capi che servivano

I Diéci scegliévano per un mese,

il quale èra loro vietato andare

durante

privato > pùbblico delitto = atto contro la legge

frequentare = visitare ripetutamente

in giro per la città e frequentare negozi o altri locali

locale = sala, luogo pubblico

pubblici in cui si recasse l’aristocrazia. Il primo giorno

l'aristocrazia = i nòbili

del loro mese di servizio, i tre Capi dovévano presentare

Signoria

alla

lista

una

dei

prigionieri

detenuti

nelle

detenere

=

in prigione

tenere

prigioni dello Stato su Ordine dei Diéci; essi dovévano consigliare

pure

loro necessari

quei

miglioramenti

che

sembràvano

delle prigioni,

nell’organizzazione

e per

di più dovévano dare gli ordini necessari per affrettare i procèssi in corso. Essi dovevano

comunicare

ai Dièci

affrettare = accelerare

un procésso finisce con la senténza in corso = cominciato e non ancora finito

i procèssi

che non

fossero

terminati

nel mese

prece-

denunce,

spesso,

venivano

poste

nelle

cosiddette

DENCLICE SETTE COMI HIAESTIZI ET'AITIZIOL COMUATESDIZUI BELL PRE CCOIRUKONO VO! | È RSOR OR LO QUE ORAVATEO Dongs ATA &

|

Le

ITA

dénte.

ONNA]

gli arrèsti eseguiti dai precedènti Capi, e indicàr loro

‘bocche del leone’, una delle quali si trova ancora nella

una bocca del leone

parete della sala dove si riunivano i Diéci. Ma ogni de-

denùncia

=

sa contro una persona

nuncia, e soprattutto le denunce anonime, era esaminata

parete = una casa

muro

accu-

di

con la massima cura, e si prendévano tutte le misure per

665

Capitolo

46

la denùncia denunciare

denunciati per òdio da un ne-

non arrestare innocènti

delitti

come

considerate

false érano

mico. Le denunce

e il loro autore veniva punito.

Durante

il procèsso,

generalmente

che

si svolgeva

al

buio, gli accusati avévano il diritto di far chiamare qualdifèndere la difesa

siasi

persona

Quando messa

poi

che èra

ai voti,

necessaria

fosse

proferita

una

e se otteneva

alla

loro

difesa.

condanna,

essa

veniva

solo

cinque

voti

o meno,

l’accusato èra rimesso in libertà. Ma anche se la sentènza

otteneva

dei voti, i giùdici

dovevano

votare = dare il

votare quattro vòlte prima che la condanna

fosse con-

pensàbile = che si può pensare

siderata definitiva. Come védono, tutte le misure pensà-

proprio voto

più

della metà

èrano prese perché

bili a quel tempo

solo i colpévoli

fossero condannati. E le prigioni! Quanto male si è scritto sulle prigioni del

Palazzo Ducale!

Anche

dall’immaginazione

qui, la realtà èra bèn divérsa

degli autori.

Ché

in realtà a quel

tempo la Serenissima era ammirata da tutte le nazioni,

da tutti gli uòmini

colti, per la giustizia

umana

con

cui trattava i suòi prigionièri. Pènsino per esèmpio che

fin dal 1443, cioè in pièna Inquisizione, il Maggior Consìglio decise di méttere

666

gratuitamente

al servizio degli

Capitolo

accusati

al quale

avvocato,

un

pòveri

un

sècolo

più

LANÎ i

| 2 SS ===

N \ \ Lg

avvocato = chi di-

fénde

gli accusati

in tribunale

tardi fu aggiunto un secondo avvocato.

LLY

XLVI

4

x

una cèlla nelle prigioni del Palazzo Ducale

E vero

che Venèzia,

del tempo,

adoperava

come

tutto

la tortura

il rèsto per

dell’Euròpa

ottenere

la con-

fessione degli accusati, ma in quale altro paése, in quale altra nazione di quell’época il tribunale aveva

al prò-

prio servizio un médico incaricato di esaminare i detenuti e di far sapere al Consiglio se èrano in grado di

tortura = sistema di tormentare gli accusati

la confessione = il dichiararsi col-

pevole

incaricare = un incàrico

dare

ospedale = luògo in cui si guarisco-

sopportare la tortura? E in quante altre città c’era, fin

no gli ammalati

dalla metà del sedicèsimo sècolo, un ospedale per i pri-

pulito la pulizia

gionièri ammalati? Aggiùngano a ciò che la pulizia delle

viveri = mangiare

cèlle e la quantita di vino e di altri viveri fornita ai

fornire = dare

prigioniéri erano controllate con cura.

controllare = esaminare

ròba

da

667

Capitolo 46

era parti-

No, non si vènga a dirmi che la Serenissima colarmente crudéle! anticipo > ritardo

In altre cose pure, la Repubblica Veneta fu in anticipo

flòtta = gruppo di navi appartenènti a un medésimo stato un mercante

per

di parecchi sécoli sul résto dell’Euròpa. Prendiamo

esempio la flotta mercantile: ogni anno, sèi vaste flotte, ciascuna di cinquecénto velièri, salpàvano vèrso il Mar

mercantile

salpare = partire

Nero,

Costantinopoli

l’Egitto Tutti

e l’Africa quei

primavera,

velièri

e la Grècia,

del

Nord,

èrano

i pòrti

l’Olanda

proprietà

si comunicava

Siria,

e l’Inghiltèrra.

dello

il numero

della

Stato.

Ogni

delle navi pronte

a partire, dopo di che esse venivano noleggiate da mercapitano = capo di una

nave

canti

a comandare capitale = sòldi e

altre còse di valore studiare = derare per rare

consiimpa-

che

e capitani,

una

dovévano

nave

provare

mercantile

di èssere

e di possedere

atti

un

capitale sufficiènte. Su ogni nave ci doveva èssere posto

per sèi giovani

nòbili, che

in quel

mòdo

imparàvano

l’arte di navigare e studiàvano il commèrcio internazio-

commercio = arte di véndere e comprare

nale.

internazionale = fra le nazioni

Tutte le navi mercantili di Venézia èrano costruite se-

condo passeggèro =

modèélli fissi e si potévano

trasformare

in navi

viaggiatore

da guerra. A bordo ogni uòmo, marinàio o passeggéro,

assalire = fare un assalto contro

èra armato e doveva difèndere la nave se veniva assalita. Quando la nave salpava per qualche pòrto lontano,

668

XLVI

Capitolo

il capitano sapeva

inoltre che in ogni parte del mondo

c’erano stazioni marittime della Repubblica in cui egli potuto

avrebbe

eventuali

rapidamente

riparare

danni

il mare marittimo

eventuale = può accadere

che

arrecati alla sua nave, dato che tutte le parti delle navi

arrecare un danno — fare un danno

veneziane érano fatte su piani idèntici.

idèntico =

Le condizioni di vita a bordo èrano controllate con cura,

le condizioni vita : il mòdo cul si vive

ed èra severamente

proibito caricare sulla nave più di

uguale di in

proibire = vietare

un certo peso màssimo. Ogni nave aveva la sua orchestra. Nel il nome

1476 fu fondata

un’organizzazione,

che porto

di San Niccolò, patrono dei marinài, destinata

a soccorrere

i marinài

della

marina

mercantile.

Essa

destinato serve a

a

: che

soccorrere

=

marina

flòtta

tare

=

aiu-

fu il modéllo secondo cui vénnero organizzate, in tempi

moderni, tutte le istituzioni dello stesso gènere ». Manin

si fermò ridèndo. Aveva

zione per un quarto

istituzione

ganizzazione

=

or-

parlato sènza interru-

d’ora, e si èra accorto a un tratto

che Bruno e le due dònne lo guardàvano divertiti, come

se assistéssero a uno spettàcolo. «Ora

basta! », esclamò

il veneziano,

sono l’avvocato di un innocènte

«si

direbbe

che

accusato di un delitto

che non ha mai commesso, mentre invece stò parlando di una città amata e ammirata nel mondo

intero! Avanti!

Il rèsto del Palazzo ci aspétta ».

669

Capitolo 46

ébbero finito la visita e furono di nuovo usciti

Quando

sulla Piazza, il granturco (1)

dava

Joy èbbe l’idèa di farsi fotografare mentre ai piccioni

del granturco

di San

Marco.

un chicco di granturco (2)

Jòy e i piccioni

cinepresa = màc-

Cat

nemato-

Mentre

Bruno

macchina disse:

e Dòrabel

la fotografàvano,

uno

con la

fotogràfica, l’altra con la cinepresa, Manin

« Sanno

che

questi

piccioni

sono

per

così dire

un'istituzione pubblica? Già la Repubblica li manteneva apr

paga

a spese del governo,

furono comune

=

govèr-

no di una città

x

nuovo

mantenuti a spese

e dopo

da persone

del Comune.

un brève

private, Ogni

nr

periodo

òggi vivono

giorno,

x

alle nove

mattina e alle due del pomeriggio, il Comune

670

in cui

di di

fa spàr-

.

Capitolo

per i piccioni di

di granturco

gere una certa quantita

« Bella cosa per il commercio

Piazza San Marco».

XLVI

del

granturco! », disse Bruno ridendo. « Sénza dubbio », disse

Manin,

e soggiunse:

Dicono

che

«E

sa cosa

avvicinarsi la fine, volano

luogo

lontano

conosciuto

tradizione! », esclamò

i veneziani? sèntono

Marco

di San

i piccioni

quando

dicono

via e vanno

a morire

solo da loro».

«Che

volare = m uover-

gentile

chicchi

gli ùltimi

dando

Joy,

in un

ai

piccioni che le stàvano sulle spalle. Pòi tutti e quattro

tornàrono qualche

all’albèrgo,

prima

a pranzare

di andare

in

ristorante della città vècchia.

« Mi dica, per favore », domandò

Dorabel mentre cam-

minavano lungo la Riva degli Schiavoni, « come fanno i veneziani a trovare un indirizzo, coi nùmeri

fantastica-

mente alti che hanno le loro case? ». « Ah! l’ha notato? »,

rispose Manin, « infatti è un sistema differènte da quello che si usa in altre città. Fatto sta che Venèzia è divisa | usare = adoperare

in sei cosiddetti Riva

degli

‘sestièri’.. San

Schiavoni

Sestiere la numerazione .

.

nel

Marco

secondo.

è continua, .

E

è nel primo, siccome

la

in ogni

invece di ricominwe

gee

Clare da capo ad ogni calle, si hanno degli indirizzi come,

oo

da capo = di nuovo, dal principio una calle = una

stretta via vene-

ber esempio, ‘San Marco 4360’ o ‘Santa Croce 2113’. Tre | ziana

671

Capitolo

46

dei sestieri hanno più di cinquemila numeri!

Visola

usa

al

in fondo

ségue il sistema

la numerazione

Canale di San Marco, in uso = che si |

laggiù,

védono

che

di Sant’Elena,

Solo nel-

in uso nelle città di terraferma, coi numeri pari a dèstra

2, 4, 6,8 sono nù- | e i nùmeri dispari a sinistra, ricominciando da capo ad

meri pari

.

3, 5, 7, 9 sono nù-

meri dìspari

ogni via e calle. Be’, èccoci arrivati; ora, a questo punto,

io dico Loro arrivederci e ...».

« Nd! come? perché? »,

lo interruppero Joy e Dorabel.

imporre = obbli- | « Ma scùsino, non vorrei mica imporre Loro la mia pre-

gare

a sopportare

senza tutto il santo giorno! Finirèbbero col mandarmi al diàvolo! ». «Ma

s’immòàgini! », esclamò

Joy col suo

più gentile sorriso, «Lei è una persona preziosissima! Dove

Manin, siéme

Lèi adèsso aspetta un momentino a Bruno,

a lavarci a condizione che

= se

Ospite = invitato

un

ristorante,

bene,

mentre

po’,

come

ci

a

solo

ma

672

andiamo

tutti

eravamo

messi

condizione

che

su.

wey

quaggiù

as-

andiamo

su

quanti

in

d’accòrdo ».

siano

Loro

Ny

un « Va

òspiti a

miei! ». « Ma ...», cominciò Dorabel. « È una condizione

èssere un tiranno

io e la mamma

e poi

assoluta! », la interruppe la tirannìa

No, caro signor

un cicerone simile?

troveremmo

Manin,

invitati

da

me,

o io me

.

x

‘3°

x

ranno! », disse

ne

di

accéttano

«o Loro

vado!>». .

ti-

«Che x

Joy ridéndo, e Dòrabel decise: « Va béne,

Capitolo

per questa volta ci arrendiamo. fra

cinque

gnora!

minuti».

abbiamo

«Non

Faccia con comodo!

Vieni, Joy! mica

XLVI

Torniamo | arréndersi= dichiararsi vinto

fretta,

Noi intanto fumiamo

si-

una | con comodo :

senza affrettarsi

sigaretta e facciamo quattro passi davanti all’albergo ».

Le due donne salirono in camera, e un quarto d’ora più tardi tutti e quattro

se ne andarono

a pranzare.

simbolo m saggezza f fama f loggia f d

ESERCIZIO A.

condanna J

finire

sentire

vendere

finisco

sento

vendo

finisci

senti

vendi

finisce

sente

vende

finiamo

sentiamo

vendiamo

finite

sentite

vendete

finiscono

sentono

vendono

« Papà, quando

PAROLE:

(partire), tu e Bruno? », domandò

fortezza f assalto m leggerezza f fazione f tirannia f discordia f millènnio m continuità f rapporto m civiltà f ambasciatore m stabilità f prodigio m particolare m artificio m foglietto m iscrizione f elettore m Joy. | consigliere m voto m

« (Partire) martedì mattina », rispose Annibale. « Prima | urna f sorte f di (partire) però, (stabilire) la data del nostro ritorno », | règola f messa f aggiunse Bruno. « (Temere) di non sapere esattamente | segretàrio m

673

Capitolo

46

candidato m dogado m pezzetto m foglio m opinione f difesa f accusa f presentazione f politica f sentènza f inchièsta f tribunale m

Odio m paragone m cospirazione f inquisizione f

misura

f

arresto m ingiustizia f parente m delitto m locale m aristocrazia f organizzazione f procèsso

m

denùncia f parete f cura f avvocato m tortura f confessione f ospedale m pulizia f viveri m pl. anticipo m proprieta f flotta f capitano m capitale m comméèrcio m passeggero m condizione f marina f 674

quando

potremo

tornare », disse Vespucci.

« Non

(cre-

dere) di poter tornare prima di sabato? », domando Joy. «

(Sentire) un po’», disse Dorabel,

« quando avrete fi-

nito il vostro lavoro? ». « Ma », rispose Vespucci, « Bruno

(credere) pire)

che avremo finito venerdì. Io, però, non

come faccia a crederlo ». « Non

(ca-

(capire)? », disse

Bruno, « allora dovrei forse spiegarlo di nuovo? ». « Be’, guarda, papà », disse Joy, « (sentire) che tu (preferire) non

promettere

niente

...».

«E

poi,

non

a

(servire)

niente chiedere a tuo padre di fare promesse », la inter-

ruppe la madre. che

se papà

« Ma io », disse Joy, « volevo solo dire

e Bruno

sabato e (preferire)

non

(credere)

di poter

tornare

essere liberi, per noi altre non

fa

nulla ». « Già, sono sempre le donne che aspettano e gli uomini che si (divertire) », concluse Dorabel. gli uomini

(preferire)

« No, ma

essere liberi piuttosto che schia-

vi! », disse Vespucci ridendo, e tutti e quattro uscirono

dall’albergo.

Capitolo

XLVI

A.AS eee NZ LAN

ESERCIZIO

B.

istituzione f

Provi a spiegare con frasi intere cosa vogliono

dire le

parole seguenti:

granturco m piccione m

cinepresa f spesa f

un

la pittura, la scultura, un torrente,

un rimprovero,

cieco, la città eterna, l’infanzia, un capolavoro, un par-

tito politico, la costituzione di un paese.

comune m chicco m uso m sestiere m numerazione calle f (m) Ospite m tiranno m comodo m sereno

f

atto rassomigliante

ESERCIZIO Che cos'era la Serenissima?

tragico unico

C.

opposto luminoso

....

Cosa si faceva fra le due colonne rosse della Loggia del

Palazzo Ducale?

....

Che differenza c’è fra il Palazzo Ducale

e

di Venezia

il Palazzo della Signoria di Firenze, e come si può spiegare?

....

Perché per tanti secoli la Serenissima fu ammirata tutti i popoli?

....

Come fu istituito il Consiglio dei Dieci?

A cosa servivano le ‘bocche del leone’?

A

spese

Marco?

di ....

da

chi

sono

mantenuti

....

....

i piccioni

di

San

elettorale attento innocente colpévole utile permanente privato pensabile mercantile internazionale marittimo eventuale idèntico destinato pari dispari esclusivamente conversare sforzarsi paragonare insorgere

giùngere

675

Capitolo 46

dominare dirigere radunare contare

inserire ridurre ottenere

piegare ripiegare tradurre trattare riparare

giudicare informare

arrestare comparire istituire svelare

sciogliere rieleggere frequentare detenere affrettare denunciare

votare incaricare fornire controllare salpare studiare assalire arrecare proibire usare

arréndersi soccorrere volare ossia questi entro altrove

676

Cosa fanno, secondo la leggenda, i piccioni di San Marco quando sentono di essere vicini a morire?

Conosce

Lei leggende

altre città?

....

popolari

....

simili di altri paesi

o

quarantasette

Capitolo

(47)

Capitolo

quarantasettesimo

(XLVII)

ADDIO, VENEZIA! Bruno, Dòrabel e Joy si tratténnero a Venezia per più giorno

Il penùltimo

settimana.

di una

immediatamente

prima dell’ùltimo

a malin-

e così tutti e quattro lasciàrono —

Annibale,

anche

arrivò

a malincuore > volentiéri

cuore — la Regina dell’Adriàtico per recarsi a Milano,

da dove

proseguire

dovévano

vèrso

di stelle, la luna pièna

accarezzata le case

manto una

del

d’un

cielo

un

in

leggèro.

da un vento Grande

Canal

era stata

d’argento.

meravigliosa

Tutta

Venezia

visione

cosparso

cupo

I palazzi,

di fiaba

i ponti da

ricoperti

sembrava piuttosto

in

un

e un

sogno,

che

un

incantévole = che fa sognare per la sua bellezza

cosparso di = pèrto di

co-

accarezzare = passare la mano

appena

sulla laguna

parévano

trascorso

le Alpi.

azzurro

splendeva

soggiorno= tempo luògo

L’ùltima serata del loro soggiorno veneziano incantevole:

penùltimo =

una

con tenerezza su

vestito = manto ricco e solènne che

copre tutta la persona

visione

=

spettàcolo

scèna,

fiaba = racconto meraviglioso

città vera, di piètra e di mattoni. Manin,

quella

sera,

aveva

proposto

a tutti quanti

di

fare una gita in gondola per i canali, con una di quelle serenate il cui ricordo ha sempre fatto sognare i turisti.

un

mattone

677

Capitolo

47

E

anche

Bruno,

adésso,

seduto

nello

scompartimento

del trèno che li portava verso Milano, sognava la serenata di quella sera indimenticabile

i

....

ca

prin

una serenata a Venèzia

una zattera

La

gondola

èra venuta

a prènderli

all’albergo

verso

le nove, e li aveva condotti per rii e canali fino a un punto musicista = chi

al di là del

di altre gondole

ponte

di Rialto

dove

una

diecina

èrano già riunite intorno a una

zat-

stru-

tera. Su quella zattera si trovava un’orchestra di cinque

cantante (m e f) =: chi canta

musicisti e due cantanti. Si aspettàvano ancora le gon-

suona uno mento

dole di due alberghi. 678

XLVII

Capitolo

èrano

Finalmente

arrivate

diéci

e alle

quelle,

anche

meno un quarto il capo dei musicisti aveva fatto segno

di cominciare. L’orchéstra

si era messa

a suonare una

nota

mentre

rematori

vano

canzone

veneziana,

a sospingere

cominciato

scintillanti

di luci, trascinando

due

la zàttera nella

I lampioncini

dole càriche di turisti.

sua

L’acqua

scorreva

lungo

acque

scia le gon-

che illuminàvano

la zàttera si riflettévano nello spècchio canale.

sulle

avé-

i fianchi

tranquillo

del

delle imbar-

cazioni con un liève fruscìo che sembrava accompagnare

la musica

un lampioncino nòto

=

conosciuto

sospingere (come aggiùngere) —

fare andare avanti trascinare tirare

càrico

pieno

=

=

caricato,

imbarcazione barca

frusclo = leggeéero

=

rumore

dell’orchestra.

E quando il cantante, poco dopo, aveva intonato un’altra

nota canzone italiana, una giovane voce di donna, calda, carezzevole,

lo aveva

della cantante

era Joy

accompagnato.

Non

éra

la voce

che gli stava accanto sulla zàttera. No,

che, come

quel pomeriggio

a Santa

Lucia,

si

era messa a cantare improvvisamente, perché la musica,

lo scintillio delle stelle, il chiaro di luna, tutta quella visione

sogno

quasi

irreale,

irresistibile

di

avévano

esprimere

suscitato

in

in lèi un

qualche

modo

bi-

la

felicità di cui èra pièno il suo cuore.

Quando aveva finito, da tutte le gondole che seguivano

la scia di una barca

= métintonare tersi a cantare carezzévole = che accarezza, soave

improvvisamente = aun tratto scintillante lo scintillio chiaro

: luce

irreale reale

in testa

tendersi si tènde si è teso

ruzzolare

=

cade-

re girando su sé stesso

pendio = lato ripido di una montagna

lento «>

teso

è niènte », rispose la

sùbito

in

creduto di scorgere una sèrpe proprio

piédi,

dove

« avevo

stavo per

una sèrpe =

un serpénte

méttere il piède, ho avuto paùra, e...». Joy si inter-

ruppe:

«E

Ti

papà?

sèi

« No,

papa?».

male,

fatto

ma ... cadèndo ho strappato la cordicélla della bùssola

strappare = stracciare

e ora non la ritrovo più ». « Che cosa, la cordicella? ». « Nò, la bùssola ».

« Ahi! », esclamò

cio! ». « È colpa

«questo

Bruno,

mia»,

disse

Joy,

sì che

«sono

è un

pastic-

proprio

una

stupida. E ora cosa facciamo? ». « No, non è colpa Sua, « quella cordi-

Jòy », le disse il giovane con premura,

cèlla era troppo sottile, era poco più grossa di un filo.

Se

fosse

stata

più

grossa

capitato. Evidentemente,

questo

siamo

guaio

in una

un filo

non

sarèbbe

situazione spia-

cévole, ma non è una tragédia: se scendiamo

con pre-

sottile gròsso capitare = succèdere

evidènte = chiaro tràgico una tragèdia

715

Capitolo

49

immancabilmente = sicuramente, certamente

ruzzolare giù, incontreremo immancabilmente

nazionale. Dunque, ànimo!

bastoni, ma _

RE LT

un

bastone

Joy

e il padre

obbedìrono.

opporsi = éssere contràrio a

decisioni.

opporsi si oppone

sciénza poco tranquilla,

si è opposto essere ansioso di = desiderare molto di

puntiamo

bene i

èra deciso

a non

pièdi in terra, e avanti! ».

contrariare Bruno

scontento

la strada

Sarébbe stato ùtile avér dei

giacché non ne abbiamo

contrariare =

rèndere

non

a

attenzione

facèndo

il pendio,

lungo

cauzione

Vespucci

e a non opporsi a nessuna

In fondo,

Vespucci

si sentiva

ed èra ansioso

delle sue

sèmpre

la co-

di farsi perdo-

nare. Qualche metro più giù, egli si fermò annunciando: « Sapete

che

abbiamo

avuto

una

fortuna

fantàstica

a

cadere lassù invece che in questo punto? ». « Perché? », domandò

Bruno,

« c'è un

burrone?

Non

mi

rammento

di averne visto uno, salèndo ». « Bè’, un vero abisso

=

profondo

burrone

un

abisso,

tratto

proprio

nO»,

rispose

ripidissimo,

quasi

verticale.

immancabilmente

qua, avremmo no, una linea verticale

e allora

«Gia»,

...».

che rischiavamo

« Non

Se

«ma

fossimo

è un caduti

tirato giù anche Bru-

disse il giovane,

«allora

si

di non cavàrcela più! ». « Brrr! », fece

Jòy con un brìvido miràcoli! ».

Vespucci,

burrone,

di orrore, esageriamo »,

« comìncio disse

a crédere ai

Bruno,

«non

è

proprio un miracolo, ma sènza dùbbio è stata una vera 716

Capitolo

fortuna. Una molto

cavata

«Che

più

caduta in questo punto qui éra un affare

grave,

e probabilmente

solo con delle màcchie

Jòy.

esclamò

ce la saremmo

sui vestiti ».

si accusò

Annìbale

non

più

abbiamo

non

che

però

nòia

la

di nuòvo:

bùssola! », « Sono

«Cosa

facciamo? ». Da

un pèzzo

aveva

nòia : cosa sgradévole

un

idiota! Vi ho messi in un bel pasticcio! ». Poi domandò:

XLIX

idiota = stùpido da un pèzzo = molto tempo

rinunciato

da

a prendere qualsiasi decisione, e aspettava soltanto gli

rinunciare a = abbandonare l’idèa di

Ordini di Bruno.

cautéla = precau-

« Non ci rèsta che seguire con cautéla

l’orlo di questa spécie di burrone,

camminando

zione

adagio

adàgio

= piano,

lentamente

adàgio, e continuare la discesa dirétta appena sarà possìbile, non Le pare? », rispose il giovane. Non ci fùrono protestare

proteste. Vespucci dichiarò anzi, volèndo fare un com-

una protésta complimento parole con sottolineano bélle qualita una persona

plimento a Bruno, che èra la sola còsa ragionévole che si poteva fare in una A

un

tratto,

di nuovo

Joy

rischiando

situazione simile.

si fermò

di

colpo

un’altra

di travòlgere il povero

volta,

Annibale,

ed esclamò, puntando il dito vèrso il basso: « Guardate laggiù, la strada! ». Attravèrso vole basse che pesàvano punto

dove

tre videro

si trovàvano,

la strada

uno squarcio

= cui si le di

squàrcio = apertura fatta squarciando

delle nù-

sulla vallata, pròprio sotto il a trecènto

métri

appena,

che èra la loro salvezza!

Impos-

i salvare la salvezza

717

Capitolo 49

sibile descrivere la gidia dei tre alpinisti. Era come se si fossero liberati di un gròsso peso che fino a pochi istanti

impediva

prima

loro

Essi si sorrisero attravèrso

di respirare il velo

opaco

liberamente. che ancora li

separava e si soffermàrono per méglio godere la mera-

vigliosa sorpresa. Un minuto prima, avévano bèn pòca speranza notte.

dere

di

trovare

Adesso,

sempre

la

strada

invece,

in linea

prima

si

trattava

retta

fino

che

calasse

soltanto

al punto

di

la

scén-

in cui,

ai

piedi del pendio, éra apparsa loro la strada. Insomma, erano

salvi.

Quella

notte

avrebbero

dormito

nei

loro

letti, non all’ària apèrta, in alta montagna! Arrivarono no

a Cesana

... credéttero

un

di sera.

po’ prima

di èssere arrivati

O

a Cesana.

almePerché

quando si misero a cercare il loro albèrgo, scoprirono con stupore che la cittadina in cui si trovàvano non èra affatto Cesana, e che non èra nemmeno una cittadina, ma solo

montanaro = chi abita in montagna

un

piccolo

Lo

domandàrono

paése

di montagna! un

montanaro

èrano

dunque?

incontrato

strada,

e quegli spiegò che si trovàvano

un’ora

di cammino

I tre si guardàrono

718

a

Dove

sulla

a Boussòn,

a

a sud-èst di Cesana. stupefatti,

e Bruno

disse:

« Sarèi

Capitolo

curioso

di

sapere

a Bousson

invece

come di

mai

abbiam

fatto

molto naturale! », disse Vespucci,

finire

« Curiosità

a Cesana! ».

tornare

a

« ma devo confessare

che per me quest’affare rimane un mistero ». « Già. . .», mormorò per

Bruno, pòi aggiunse, parlando più per sé che

gli altri:

so. Ho

« però,

forse

trovato! », esclamò

non

è poi Dl

a un

ridere, e battèndosi la mano

a

tanto

tratto,

misterio-

scoppiando

XLIX

curioso = che ha voglia di sapere, di conoscere cose nuove curioso la curiosita

mistèro = cosa che non si può spiegare un mistèro misterioso

a

sulla fronte.

« Diàvolo,

Vespucci.

« Che còsa ha trovato? », domandò

hò trovato la spiegazione del mistèro! », rispose Bruno,

e spiegò, dopo avér chiésto la carta a Vespucci:

« Ecco,

guàrdino

qua,

un

pò’.

Noi

eravamo

probabilmente

a

sud-òvest di Cesana, quando ci ha raggiunti la nébbia. Credendo

che

fosse più distante,

Cesana

ho

proposto

(il segno * ìndica il punto dove la nébbia raggiunse i tre)

di scéndere in linea rètta, come appunto abbiamo fatto. Ma siccome eravamo già arrivati qua », e Bruno puntò di nuovo la strada

col dito nazionale

sulla che

carta,

« scendèndo

abbiamo

intravista

giù,

non

è

attraverso

intravedere

scorgere

poco

=

chiaramente

lo squàrcio della nùvola, ma la strada che va da Cesana

a Boussòn. E siccome scende anche quella, non ci siamo resi conto del nostro sbaglio arrivati a casa. Non

prima

di...

non

essere

c’è dunque nulla di misterioso in

719

Capitolo

49

tutto

quest’affare,

cinque

chilometri».

di altri

passeggiatina

una

c’è solo

Le

« E ciò non

basta? », esclamò

Vespucci, « io trovo che ci siàm messi in un bel pasticcio! Meno ansioso

nervoso

=

male

che Dora

è rimasta

a Torino,

perché

sarébbe stata terribilmente ansiosa non vedéndoci nare. E ci avrèbbe certamente detto che eravamo stupidi.

avrèbbe

E non

cluse Annibale. màrgine

orlo

=

soggiunse,

tutto! », con-

mentre

risalivano

gazione,

« A dire il vero, adésso che conosciamo

non

riesco

a capire

come

mai

la spie-

abbiamo

fatto

a confondere le due strade: questa qui non rassomiglia

affatto alla nazionale! È molto più stretta, meno bèn rin-

=

rinforzare

E Bruno

torto, dopo

degli

verso nord, dopo èssersi riposati un po’ sul màrgine della strada:

confondere = prèndere una cosa per un’altra

avuto

tor-

réndere più forte polvere

polveroso

forzata ai lati e molto concluse

Annibale,

più polverosa ». « Come

« saremmo

stati

vede »,

veramente

degni

del nome che ci avrèbbe dato mia moglie ». « Bè’, non esageriamo », disse Bruno,

« degni

tutt’al più di èssere

chiamati distratti ».

Così discorrèndo, arrivàrono finalmente a Cesana, troestenuato

=

esàusto

ristorare forza

=

vàrono ridare

e salirono

in càmera,

estenuati

ma conténti. Dopo èssersi ristorati con un bel bagno ed èssersi

720

il loro albèrgo

cambiati

di vestito,

i tre

scésero

nel

ristorante

Capitolo

dell’albèrgo,

per

mangiare

qualcòsa

dopo

la

XLIX

faticosa

escursione. Erano ormai le dièci e non c’éra più nessuno;

si accomodàrono in un àngolo tranquillo e per ingannare

accomodarsi sedersi con comodo

l'appetito, mentre

tre

appetito = vòglia di mangiare

ho

il vérmut i vermut

vermut.

Dopo

dimenticato

aspettavano

un

pò’,

in camera

la cena, ordinàrono

Vespucci

disse:

le sigarette.

«Ah,

Torno

gia,

subito».

=

E

si alzò per uscire. Bruno e Jòy si scambiàrono un ràpido sguardo. « Finalmente! », diceva

diceva

quello

cameriére

quello

della

di Bruno.

ragazza.

annunciò:

«Il

Ma

signor

« Comincia

in quel

Vespucci

tu

...»,

momento

un

al teléfono.

urgènte = che chiède immediata risposta, ràpido

Chiamata urgente da Torino! ». « Da Torino? », domandò

Vespucci,

qualcòsa? ». E uscì preci-

« che sia accaduto

pitosamente.

Presi

da

un

presentimento

angoscioso,

presentimento = sentimento che si ha di un prossimo avvenimento angoscioso = molto ansioso

Bruno e Jòy tàcquero, osando appena guardarsi, mentre Vespucci telefonava.

sconvòlgere = produrre un grave turbamento

Annibale tornò nel salone tutto sconvolto, livido in fac-

livido = con il volto di colore scu-

cia. Sembrava

che in quei minuti

fosse invecchiato

di

dièci anni: « Partiamo immediatamente per Torino. Fate i vostri sacchi, prèndere

balbettò

io pago

la màcchina ».

Jòy,

che

il conto « Ma

l’aspètto

dell’albèrgo

papà,

sconvòlto

cos'è

e vado

ro, simile al verde

invecchiare = diventàr vécchio

a

accaduto? »,

del padre

aveva

aspètto = volto

121

Capitolo 49

fatto impallidire. « Presto, non far domande supérflue! »,

disse Vespucci invece di rispondere. Ma Jòy, alzàndosi con un gèmito, afferrò il padre per il bràccio, e lo supsupplicare = pregare con forza

plico di dirle che còsa èra accaduto:

« È ... la...

la

mamma? », domandò la pòvera fanciulla con un filo di formulare = pronunciare, dire

svincolarsi = liberarsi aspro = duro

macché affatto

= no,

voce, evitando di formulare una domanda precisa. « Eh? la mamma?

provando

che c’entra la mamma! », rispose Vespucci

a svincolarsi, pòi esclamò, con un tòno aspro

e nervoso al quale Joy non èra abituata: « Macché mamma! Lèi sta benone, come sèmpre! ». « Ma allora ...?2,

domandò Joy, respirando con sollievo, ma più stupefatta mollare = lasciare andare

che mai. « Allora ti ripèto di mollare il mio bràccio e di

sbrigarsi = fare in fretta

sbrigarti, non abbiamo un istante da pèrdere! Fila! », e Vespucci, riuscèndo finalmente a svincolarsi, uscì quasi

di corsa dal salone.

nervoso un nèrvo

singhiozzare = la con piàngere gola scòssa da brèvi colpi violènti

Jòy

rimase

immobile,

incapace

suoi

nèrvi,

già

tesi,

molto

di dire una

sembràvano

parola.

sul punto

I

di

spezzarsi. Se avesse provato a parlare, sarèbbe scoppiata

a singhiozzare. Anche Bruno lo sentì, e perciò esclamò

ridèndo:

« Giacché

non

è accaduto DI

nulla

alla signora

Dòrabel, possiamo, mi sembra, aspettare con una cèrta calma che Suo padre ci dica di che si tratta, e intanto 722

Capitolo

dobbiamo rassegnarci a eseguire i suòi Ordini. Mostriamogli che quando si tratta di sbrigarsi, non ci batte nes-

suno! Avanti! ». E i due giovani, dimenticando un momento il tono aspro di Vespucci, la misteriosa chiamata

telefonica, il loro nervosismo, camere.

Dièci minuti

dopo,

fatti i sacchi

e pagato

vedeva a più di cènto metri. Nonostante ciò, Vespucci le pericolose curve di

partì a velocità folle, prendendo

montagna a più di quaranta chilòmetri all’ora. Era mille

Vespucci

che

quella

sembrava

strette, lo sguardo

guidava

fisso, ogni

nèrvo

con

teso

le

masceélle

al màssimo,

ansante, copèrto di sudore, livido da far paùra. Bruno, coi nèrvi tesi al pari di quelli di Vespucci, seduto alla dèstra dell’insensato guidatore, si teneva pronto ad

afferrare il volante o la léva del freno se si fosse pre-

di ànsia.

bàttere : vincere

il nervosismo

:

stato di chi è nerVoso

una lunga, lunghissima

I due giovani avevano

una

mascella

antinébbia = contro la nébbia

folle = pazzo

Ge .

TTT

. 3: la léva del freno

ansare = respirare con sforzo sudore = acqua di cui il corpo si bagna per effétto del caldo, di uno sfòrZO, ecc. al pari di = tanto quanto insensato = che ha perduto la ragione

sentato un ostàcolo inatteso.

Passò in quel mòdo

accettare con pòco piacere di

e Napoli:

fra Barletta

notte

pazzo,

a =

il

do, ma anche tenèndo accesi i fari antinébbia non ci si

pèggio

rassegnarsi

còrsero su nelle pròprie

conto, i tre partirono. Fuori la nébbia si stava dileguan-

volte

XLIX

ora pièna

già un paio di volte

trattenuto il respiro, mentre Vespucci lanciava la màc-

723

Capitolo

49

china

in qualche

Vespucci

non

curva

aveva

particolarmente

ancora

E

pericolosa.

spiegato perché

si fossero

slanciati in quella corsa fòlle. A un tratto, sbarrando gli

Occhi, con un riso che — per il contrasto col suo aspetto 1: il pedale della

frizione

2: il pedale del freno

il bianco eil nero

fanno un contrasto

di un momento prima — sembrò ancora più folle e fece | trasalire i due giovani, Vespucci si raddrizzò tutto, pre-

trasalire = tur-

métte sul pedale del freno e su quello della frizione, e

mente per paura

dàndosi dei pugni in tésta con la mano che non teneva

barsi improvvisa-

raddrizzare =

méttere dritto di | il volante, esclamò: « Imbecille! Idiòta! ». =

colpo

imbecille

= ha

pugno

dato col pugno

Bruno

x

.

x

e Joy si guardarono

.

x9

stupefatti e un po’

ae

ansiosi,

pòi guardàrono Vespucci. Questi, fermata la màcchina, spènto il motore e tirata la leva del freno, si voltò verso

,

a

un punto

interrogativo

124

di loro, e si mise a ridere più di prima. I due giovani

continuavano

a guardarlo

vano punti interrogativi.

con cèrti òcchi che sembra-

Capitolo

ESERCIZIO

A.

È una delle più belle navi che abbia mai visto. Era il più bel viaggio che avessero fatto.

sa

|

|

È la più bella chiesa che io (conoscere).

XLIX

PAROLE:

portataf

pasticcio m oceano M nebbione m cordata f precauzione f

nòdo m

Egli è l’uomo più intelligente che ci (essere).

coda

È il ragazzo più allegro che (avere) mai conosciuto.

pra

È il prezzo più alto che io (potere) pagare.

cordicella J

Era la cosa più stupida che tu (sapere) fare.

rragedia 7

sa 4: | Siete le persone più gentili che (venire) in casa nostra.

abisso m idiata m

È il meglio che tu (potere)

cautéla COUTOSta. f

fare.

È il peggio che noi (potere) decidere. È il massimo che essi (potere) chiedere.

ESERCIZIO

B.

Ecco ancora qualche esempio di formazione di parole:

intelligente — l’intelligenza rinnovare — un rinnovamento

f m

complimento m

squàrcio m salvezza f

montanaro m

curiosità f mistéro m passeggiatina f margine m appetito m chiamata f presentimento m conto m

nervo m

nervosismo m

ascoltare — un ascoltatore

mascélla f sudore m guidatore m leva f freno m

sentire — un sentimento

pedale m

inseguire — un inseguitore

contrasto m

729

Capitolo 49 frizione f pugno m denso superfluo irrigidito lento sottile ansioso verticale

adagio

curioso misterioso

importare — l’importanza

una colpa — colpevole

intenso — l’intensità

vicino — la vicinanza

spedire — una spedizione

scritto — uno scrittore

un genio — geniale

crudele — la crudeltà

E ora, a Lei il compito di formare parole nuove: impaziente — l’ ........

giurare — un ........

estenuato

indipendente — l’ ........

turbare — il ........

angoscioso

prudente — la ........

povero — la ........

solenne — la ........

ignorare — l’ ........

tradire — un ........

sperare — la ........

lontano — la ........

una persona —

spedire — uno ........

un elettore —

protetto — un ........

pescare — un ........

intuire — l’........

la morte —

polveroso

urgente

livido aspro telefonico antinébbia folle insensato imbecille

dileguarsi

stentare lamentarsi

cavarsela scivolare prestare téndersi puntare ruzzolare strappare contrariare opporsi rinunciare descrivere intravedere confondere

rinforzare ristorare accomodarsi invecchiare

726

ESERCIZIO

........ ........

........

C.

Perché Bruno propose di mettersi in cordata?

Perché Bruno prestò i suoi guanti a Joy? Come accadde che Joy travolse suo padre?

....

.... ....

Capitolo

XLIX

Cosa successe quando Vespucci fu travolto da Joy?

.... | supplicare formulare Che cosa propose allora di fare Bruno? .... svincolare mollare Come mai i tre arrivarono a Bousson invece di tornare | sbrigarsi singhiozzare a Cesana? .... rassegnarsi ansare Che cosa accadde all’albergo nel momento in cui Ve- | trasalire raddrizzare spucci stava per salire in camera a prendere le siga- | benone stare fresco rette? .... all’aperto evidentemente Che cosa successe nei dieci minuti che seguirono? .... | immancabilmente Come fini la folle corsa di Vespucci? .... da un pèzzo al pari di

127

Capitolo

cinquanta

Capitolo

(50)

NON

QUEL «Lo

ripéto»,

«sono

un

TUTTO

CHE disse

idiòta!

di Dorabel,

che mi

E BENE

FINISCE

Vespucci

Figuratevi

(L)

cinquantésimo

BENE

quando

che

telefonava

si

quella

fu

calmato,

chiamata

per confessarmi

éra

di non

essere riuscita a trovare la mia preziosa valigetta nera. Diceva

di averla

cercata

come

una

giorno, ma senza successo. Dèvo

esitazione = indecisione

affidare = dare a una persona in cui

si ha fidùcia

matta

per tutto il

dirvi che, non osando

portàrmela diéètro quassù in montagna, prima di partire — e non senza esitazione — l’avevo affidata a Dòrabel.

Perciò quando essa mi ha telefonato per dirmi che la valigetta èra scomparsa,

avesse

dato

un

pugno

è stato come

sulla

testa.

se qualcuno

Ho

visto

rosso,

mi

o

più esattamente non hò visto più nulla, perché è stato come se avessi pèrso la ragione. Quando fulmineo = rapido

come un fùlmine

| in me, ho deciso di agire in modo fulmineo, di precipitarmi

Ecco

728

sono ritornato

Torino

e di

il motivo

della

a

lanciarmi

nostra

sulle

parténza

tracce

dei

ladri.

precipitosa

da

Capitolo

Cesana

e del tono

un po’ aspro

in cui ti ho

L

parlato,

povera Joy. Ma credi, éro proprio fuori di me! ». « Va bene, ma ...», disse Bruno sempre sénza comprèndere. « Perché

mi

sono

fermato

ridèéndo

e

mi

sono

dato

dell’imbecille? Eh! perché tutt’a un tratto mi sono rammentato

che, all’ùltimo

momento,

avevo

messo

ligetta in fondo al mio sacco da montagna.

aveva

telefonato

dimenticato.

ficare

Dora,

Adésso

se non

mi

io me

ne

ero

però, scusàtemi

sbaglio

la va-

Quando

mi

completamente

tanto, voglio veri-

di nuòvo.

Esco

un

momen-

dimenticarsi di = dimenticare verificare

=

ve-

dere se una cosa è vera

to ...».

Pochi istanti dopo, Vespucci tornò, interamente rassere-

nato: « Sì, è sèmpre nel sacco. Possiamo

con calma », « Uff!

farài

della

sul sedile

casciò

più

di

meno

queste

a Torino,

un bel bagno

fu di prèndere e di dormire

mentre

dédici

stàvano

«spéro «No,

Vespucci,

la prima

e si ac-

no,

ci

puoi

stare

còsa

che

fécero

caldo, di andare

colazione,

non

che

e ripartì.

e ùnica

ore di fila. La

facèndo

andare avanti

sospirò Joy

màcchina,

sorprese! ».

sicura », rispose ridéndo Arrivati

male»,

rasserenare = rèndere di nuovo sereno

a lètto

mattina

seguente,

Vespucci

ricevétte

due léttere. Una, confidenziale, da un genovese che egli

genovese Gènova

= di

729

Capitolo

50

aveva

già

conosciuto

si interessava

di Annìbale.

L’altra

della

amico

da un

lui,

come

e che,

a Washington

famiglia. Il genovese éra la sola persona

di cui Vespucci

avesse

la piu completa fidùcia, e arrivando in Italia gli aveva scritto confidenzialmente per sapere se poteva mostrar-

gli il suo lavoro su Annibale. Quel signore scriveva ora

che l’avrèbbe campagna : l’insième dei combattimenti di una guèrra con

discrezione

senza parlarne altri

=

ad

lètto

col più grande

le cam-

interésse:

pagne di Annìbale in Itàlia èrano una questione che lo

aveva

sempre

appassionato.

Perciò

avrebbe

esaminato

l’opera di Vespucci con la màssima discrezione: Vespuc-

stare

tranquillo,

ché

nessuno

di

all’infuori

all’infuòri di = fuorché

ci poteva

avere conoscènza di = conoscere

lui ne avrèbbe avuto conoscènza.

altrettanto

La lèttera dell'amico dei Vespucci non èra altrettanto

to quanto

=

tan-

l’altro

piacevole,

èra

anzi

fratello di Dòrabel,

assài Ted —

triste.

Egli

scriveva

già ammalato,

che

benché

il

non

gravemente, prima della loro partènza dall’Amèrica — peggiorare = diventare peggiore, stare pèggio

era peggiorato

tutt’a un tratto nel corso delle ùltime

settimane e i médici salute.

temévano

seriamente

per la sua

« Mi dispiace, caro Annibale », scriveva l’amico,

«di guastare le vòstre vacanze, ma

son sicuro che mi

capirài. Preferisco rivolgermi a te piuttòsto che scrivere 730

Capitolo

direttamente

a Dora.

Vedi

di prepararla

alla notizia. In ogni modo,

con

cautela

L

vedi di : cerca di

visto lo stato di debolezza

estrèéma in cui si trova ora Ted, fareste bène a tornare

a Washington proverereste

al più présto possibile. SO che mi rim-

E la fine di Ted non è

a tempo.

arrivati

essere

di non

sémpre

più, purtròppo, una possibilità,

ma una triste probabilità ...». Reprimèndo

ogni

segno

Vespucci

si slanciò

genovese

che

gli

mille

argomenti

della

sùbito aveva

faceva accettando

sua

in

un

scritto

dolorosa

lungo e

una

tale

sull’onore

volubilità

non tardò a insospettirsi e gli domandò

«Che

cosa stai cercando

di nascondermi?

l’altra

lèttera

dato

che

ti ha

lettera? », domandò

Vespucci

sorpresa,

discorso

di lèggere la sua Opera. con

il rimpròvero rimproverare

Parlava che

gli

di

Dorabel

a bruciapelo:

Di chi èra

il portière? ». allo scòpo

che

sul

reprimere (come esprimere) = impedire con fòrza, nascondere

« L’altra

di guadagnar

argomento

=

soggetto

parlare

con

volu-

bilita = parlare cambiando spesso argomento

a bruciapelo = subitamente, sénza dare il tempo di prepararsi

scopo

=

un’azione

meta

di

témpo, fingèndo di non potér cambiare argomento così a un tratto,

« ah, già!

l’altra lèttera,

già, già!

ragione tu, il portiére mi ha dato anche tera».

moglie

«Non

far

lo

in tòno reciso,

stupido,

Annibale»,

« voglio sapere

Sì, hai

un’altra letgli

disse

la

di chi é quella

reciso = bréve e deciso

lèttera e qual è la notizia che provi a nascondermi». 731

Capitolo

50

« Ma, cara Dora », rispose il pòvero Vespucci, cercando adatto a =

béne per

che va

«non tento di nascon-

le parole adatte alla situazione,

derti nulla, ti assicuro. Questa lèttera è di Fred, che da

notizie

di tuo

male,

Ted.

Ecco

afferràndolo

Dorabel

esclamò disgrazia = incidènte

fratello

tutto».

per

« Annibale »,

il braccio,

«tu

mi

nascondi qualcòsa! È accaduta una disgrazia? Ted ...». « Nò, nò, càlmati, Ted non è ... vòglio dire ... insom-

il sudore sudare

ma

nel frattempo = nel tempo fra allora ed ora

insistènza = il ripetuto domandare

discreto : con cautèla =

sudava

freddo. In fondo, la lèt-

tera èra stata scritta più di una settimana prima, e nel frattempo

sgràzia.

benissimo

poteva

Finalmente,

davanti

essere

accaduta

all’insistenza

tirò fuori la lèttera di Fred e gliela pòrse:

tanto = comunque

seccato

...». Il brav’uomo

irritato

piantarsi : mettersi

una

di-

di Dorabel, « Ecco qui,

leggi tu stessa, tanto non serve a nulla cercare di dirti discreto ». E, seccato

le cOse in modo

di avér

ceduto

come sempre alla moglie, andò a piantarsi davanti alla finéstra, facèndo strada.

finta di interessarsi a qualcosa nella

In realtà,

aspettava

nervosamente

la reazione

della moglie. attèndere l'attesa

L’attesa non fu lunga: Dòra si mise a singhiozzare. Essa voleva molto bène al fratéllo.

Joy l’abbracciò commòssa,

accarezzare una carezza

provando, con carezze e buòne paròle, a placare i suòi

singhiozzare un singhiozzo

singhiozzi.

732

Più

che

le carezze della

figlia fu però

la

Capitolo

L

passivita del marito che fece cessare il pianto di Dora- | passivita = il non reagire

bel. Svincolàndosi dal tènero abbràccio di Joy, essa si | °° .

x

e

.

x‘

pa

e

I



per

debo-

a

1

piàngere t

.

voltò vèrso Annibale e gli disse, piéna di indignazione: | © "°° DI

DI

DI

e

en

°

.

il

+

°

°

abbracciare

« Ma fa dunque qualche còsa! Hai pèrso la paròla? Scri- | U7 aPbraccio

un telegramma

e ar af gr le te | ar st n no ma , di vu e ch lo el vi, telégrafa, telèfona, fa qu li a guardarmi come ... come un ... come uno stùpido, ecco! Insomma,

bisogna che torniamo, o almeno che io

torni in América

immediatamente,

ta-men-te! ». « Si, si, Dora,

Torniamo

tutti

insieéme,

capisci? im-me-dia-

cérto, ti capisco

naturalmente,

benissimo.

soltanto

...».

« Che cosa? C'è forse qualcòsa di più importante della vita e della mòrte di mio fratèllo? Già, tu non hai mai

visto di buon occhio la mia famiglia ». « Nd, non si tratta di còse più o meno seccato,

« pensavo

importanti », disse Vespucci un pò’ soltanto che forse ...». Ma

Dorabel

non lo lasciò finire. Con una foga di cui non la si sa- | la: Dòrabel rèbbe creduta capace, afferrò il telèfono, chiamò il por-

;

tiere e gli domando

Ce

e

.

in italiano, sénza

volta, e sénza nemmeno

.

esitare una

un’esitazione

sola | esitare

una paròla d’inglese, qual éra il

modo più rapido per raggiùngere Nuova York. Qualche istante più tardi, il portière la chiamava per farle sapere

che il modo più pratico era il rapido fino a Milano, e da

un aéreo

733

Capitolo

50

lì ’aéreo per Nuova York. quattro

posti sul primo

« Va bène, ci procuri sùbito

rapido

tre posti

per Milano e

nel primo aéreo in partènza per Nuova York », gli disse sfidare che = scomméttere che

Dorabel.

tocca a me agire = sono sempre io che dévo agire

ci avresti pensato, tu! Tocca sempre a me agire nei mo-

crìtico = difficile, pericoloso disporre (come porre) = preparare

a

Poi, rivolgéndosi al marito:

«Sfido

che non

menti critici! », esclamò. « E adèsso, non perdiamo tèmpo, facciamo

sùbito le valige, per èssere pronti ». « Va

bène », disse Vespucci, e si dispose ad andàrsene in càmera per eseguire ]’6rdine della méglie. Ma non aveva

ancora

girato

la maniglia

della porta

che

il telèfono

squillava di nuovo. Era il portière, il quale annunciava

una maniglia

lo squillo squillare

che tutti i posti negli aérei di quel giorno e dell’indomani érano gia prenotati. Se voleva, si potévano prenotare tre posti sull’aéreo di giovedì sera, via Madrid. « È sicuro di avér fatto tutto il possibile per trovare posti sugli aèrei che pàrtono

costùi

=

quegli

stasera

dei

o domani? », do-

mandò Dorabel al portière. « Sissignora », rispose costui,

«ho provato in tutti i modi, ma non c’éra nulla da fare. Un posto per una persona sola si potrèbbe sempre avere disdire

se qualcuno disdice la prenotazione all’ùltimo momento,

praticamente = quasi interamente

ma tre posti sul medésimo aèreo è praticamente impossi-

prenotare

bile ». « Va bène, se non c’è altro da fare, ci prenoti tre 134

Capitolo

posti per dopodomani ». « Farò

il necessàrio.

E quando

desiderano lasciare Torino, i signori? ». « Al più prèsto

possibile ». « Bè’, che prèndano

se Loro

pàrtono

giovedì

un trèno nella giornata

sera

L

dopodomani = il giorno dopo domani

basta

di dopodomani.

Penserò io a fissare Loro quattro posti sul ràpido delle 14.00 che arriva a Milano alle 15.40. Per fortuna, l’aero-

14.00 = (ore) quattordici

stazione è pròprio all’uscita della stazione ferroviària ». « Béne, fàccia come vuòle, purché partiamo per l’Amè-

sentì

più presto

che

Dorabel

possibile,

aveva

Vespucci

=

dizione che

a con-

quanto prima pos-

rica quanto prima possibile ». Quando

purché

deciso

dapprima

di

partire

al

al più sibile = prèsto possìbile

esitò qualche

istante sulla sòglia della camera, poi si decise e disse: « Fàccio un salto in città, torno fra pòco! », e uscì in fretta e fùria, come

cagna. Quando

se avesse avuto

il diàvolo alle cal-

tornò, non si poté cavargli una parola

sulla ragione di quella sua fretta così improvvisa. Andò

in fretta e fùria = precipitosamente

il calcagno = la parte posteriore del piède il calcagno le calcagna

in giro per tutto il rèsto della giornata con un sorrisetto ambiguo,

che in qualsiasi altra occasione avrèbbe reso

ambiguo incèrto

=

Dorabel furibonda. Lo stesso Vespucci — bisogna con-

fessarlo —

èra un pò’ stupito e della pròpria condotta

e, più ancora, della inattesa passività della moglie. Ma fatto sta che Dorabel èra molto legata al fratéllo, e la

739

Capitolo

50

minacciare = prométtere un male a una persona per spaventarla

notizia della fine che lo minacciava éra stata per lèi un

prematuro = che avviène tròppo

gica e prematura

prèsto

un’automòbile automobilistico

=

così come pure

come

affètto = sentimento affettuoso

colpo terribile. Non aveva altri fratélli, e la morte tràdei genitori

in un incidènte automo-

bilistico li aveva lasciati soli al mondo, loro due, con una

zia già anziana per unica parente. Perciò il fratéllo era diventato per Dora una spècie di padre, così come lei aveva sempre avuto per il suo caro Ted quasi l’affètto di una vera mamma. Fu

solo

il giorno

della

partènza,

al momento

in cui

scésero nel vestìbolo per recarsi alla stazione, che i tre bizzarro strano

=

molto

Vespucci.

grasso «> magro folti

èbbero la spiegazione della bizzarra condotta tenuta da

: numerosi

Vespucci

entrò nel vestibolo,

un

si-

gnore alto, grasso, piuttosto anziano, ma con folti capelli

nerissimi, voce stentorea =

Appena

con un pàio d’òcchi che sembravano

gettàr

potentissima

fulmini e con una voce stentorea si alzò di colpo e gli si

agilità = leggerezza e rapidità nei movimenti

slanciò contro con un’agilità che non si sarèbbe sospettata.

vibrare = tremare

vibrare i vetri delle finèstre del vestibolo

insospettato spettato

èchi insospettati, « carissimo amico! Mi permetta di ab-

: ina-

« Caro amico! », esclamò il bizzarro personàggio, facèndo

bracciarLa! ». E, sotto personale = gli impiegati

tutti

lo sguardo

attònito

e destando

degli

altri

tre e del personale dell’albèrgo, afferrò Vespucci per le spalle, se lo tirò sul pètto e gli diede un forte abbraccio.

136

Capitolo

L

Rinaldini abbraccia Vespucci

« Care signore! », disse il personaggio quando Vespucci si fu liberato

dal

suo

abbraccio,

Leone Rinaldini, di Genova.

alcuni anni fa

«care

signore,

Ho conosciuto

a Washington,

io sono

Suo marito

signora, e da allora sono

stato sempre in relazione con lui ... perché anch’io, mo-

destamente,

mi òccupo

di Annibale

il Cartaginese

...

Suo marito, signora, mi ha fatto l’onore di chiamarmi a

Torino

e di

affidarmi

il suo

manoscritto.

uscito da me l’altro ièri, io mi sono immérso

Appena

è

nella let-

tura di quel meraviglioso tèsto e non mi sono nemmeno

èssere in relazione con = scrivere, telefonare, ecc., a manoscritto = testo scritto a mano

l’altro iéri = il giorno prima di iéri

immèrgersi

darsi interamente a

in =

léggere

la lettura

737

Capitolo 50

accorto delle ore che passàvano!

giornata

e la notte, e anche

Ci ho passato tutta la

tutta la giornata

di ieri,

studiandolo fino a tardi, ed ora éccomi qui. Sapendo che stamani = stamattina

Loro partivano stamani, dovevo

vevo

dire

anche

a Léi,

dire a Suo marito, do-

signora,

che

questo è

il più

grande giorno della mia vita, il giorno in cui mi è stato dato di scoprire un gènio di primissimo congratularsi con — essere felice del bene che accade ad altri

gratulazioni,

congratulo!

signora!

E anche

con

Léi,

ordine! signorina,

Conmi

Lèi può èsser fièra di Suo padre! ».

E Leone Rinaldini continuava a discòrrere con volubi-

lità, scuotèndo i folti capelli neri, buttàndosi avanti e indiétro, di qua, di là, con una leggerezza che sembrava sfidare > obbedire

sfidare le leggi della natura. Seguì i Vespucci e Bruno fuori dell’albèrgo, sempre parlando con entusiasmo del

manoscritto, li seguì nel tassì, li seguì alla stazione fino al tréno, e si fermò solamente per esclamare con voce

stentorea:

« Diàvolo! Vèngo a Milano con Loro! Fàccio

un salto a comprare il biglietto e torno sùbito! », e sparì in un baleno. ironìa = il parlare con un tòno per cui le paròle hanno un valore opposto al loro sénso pròprio

138

« Chi è quel personàggio così discreto? », domandò Dòrabel con un tòno

tréno.

«Eh

pièno

... discreto?

di ironia, mentre

Cosa

vuòi

salivano

sul

dire? », domandò

Capitolo

L

Vespucci con una ceérta esitazione. « Voglio dire che non ho mai visto nessuno fare mostra di una così ammirabile

ammiràbile — degno di ammirazione

discrezione. Se è tanto colto quanto è gròsso mi congratulo anch’io con te: con un tale protettore, farài strada,

ne sono cérta! ». Si èra intanto sentito il fischio del capostazione, e il treno

si éra messo in moto lungo esclamò

Rinaldini! »,

il marciapiede.

Vespucci,

« Il signor fermare

«bisogna

capostazione = capo della stazione

il

trèno! Il mio manoscritto! La mia òpera! », e si accasciò

sul sedile con un singhiozzo in gola. Ma paùra fosse

éra

stata

capace

prematura:

l’agilità

egli

di Rinaldini.

non

la sua sùbita

sapeva

Questi

di cosa

aveva

rag-

giunto di corsa l’ùltima vettura del ràpido prima che lasciasse la stazione, con un gèsto fulmineo aveva aperto

lo sportèllo, ed èra saltato sul treno. personaggio

spalan-

cando la porta dello scompartimento occupato

dai Ve-

« Eccomi! », esclamò

spucci e da Bruno,

il singolare

« ancora

un pò’ e quasi non ce la

facevo. Meno male che da giovane sono stato campione

d’Itàlia nel salto in alto e nei quattrocènto

a ostàcoli.

E ancor òggi, fàccio un po’ di tènnis tutte le mattine per

singolare > comune

campione = chi è superiore ad altri nel corsa, nella salto, nel tènnis, ecc. quattrocènto a

ostàcoli = corsa di 400 métri con ostàcoli

non pèrdere l’agilità ». E Rinaldini riprese il filo del suo 739

Capitolo

50

ironia irònico

discorso, senza accorgersi dei sorrisetti ironici di Dora-

èbbro : fuòri di sé per il piacere

bel. Annìbale

cullare = addormentare (come si bambino del fa nella culla)

e pieno di ammirazione.

appisolarsi

dormentarsi

ad-

intanto, èbbro di felicità, ascoltava muto

lata dal flusso

Ben présto però, Dòrabel, cul-

delle paròle

di Rinaldini,

appoggiò

la

tésta contro lo schienale del sedile e si appisolò. Bruno

non

volle

lasciarsi

sfuggire

quell’ùltima

occasione

di

parlare da solo a solo con Joy, e si alzò facèndole segno di seguirlo nel corridoio. lo schienale di un sedile

di soprassalto = subitamente

Erano

ormài

nel corridéio

da più

di un

quarto

d’ora

quando Dorabel si svegliò di soprassalto. Non vedendo più



la figlia né

Bruno,

uscì

dallo

scompartimento

per cercarli. Quando vide la fanciulla sorridènte a fianco

di Bruno, capì che il giovanòtto ormài le aveva fatto la sua brava

dichiarazione

col risultato

che si aspettava.

Dorabel esitò un istante, e poi si avvicinò ai due giovani

dicèndo

leggermente

loro in tono

irònico:

non avete perso tempo mentre dormivo! testare non mente.

a nulla, parliamo

servirébbe

Lèi, Bruno,

vuòl

bene

a mia

« Vedo

che

Dato che proun pò’ seria-

figlia, e tu, Joy,

vuoi bène a Bruno. Benìssimo. E poi? ». « Come poi? », domandò

benìssimo, 740

Joy confusa,

« che cosa vuoi dire? ». « Lo sai

e la mia domanda

èra piuttosto per Bruno

Capitolo

che per te. Suppongo, a mia

figlia che vudle

L

caro Bruno, che Léi abbia detto sposarla ». « Si, naturalmente»,

rispose il gidvane un pò’ confuso anche lui, perché non si aspettava

una

tale domanda

a bruciapelo.

« Dunque, Lei vuole sposare mia figlia. Congratulazioni! E adèsso », continuò Dorabel in tono molto serio, « vor-

rei sapere di che cosa vivranno Léi e mia figlia. Léi, se non sbàglio, per ora non fa nulla, e non mi pare nem-

se non sbàglio = se non mi sbaglio

meno che stia per méttersi a fare qualche cosa ...». « Già ... ecco ... vede», cominciò il giovanòtto,

« è vero che

io ancora non fàccio nulla, però non tutti hanno già un

lavoro a vent'anni. Ma ci sono due cose che Léi non sa. La prima è che Jòy ed io ci siamo soltanto promessi di sposarci, cioè ci sposeremo

lavoro che ci permetta

appunto

di vivere

quando

io avrò un

tutti e due. Fino ad

allora, saremo solo due fidanzati come ce ne sono dap-

fidanzarsi = méttersi di sarsi

prospo-

pertutto. La seconda cosa che Léi non sa è che io sono

studènte e che stò appunto

studiando legge all’univer-

sità di Roma. Appena avrò terminato gli studi, cioè fra quattro anni, con le relazioni che ha mio padre nel mon-

studènte = colùi che studia

relazione

=

rap-

porto di affari o di amicizia

do degli affari spèro di trovare un buòn posto. Se dun-

que

Joy

vuole

aspettare

quattro

o cinque

anni

...». 741

Capitolo

50 « Aspettero quanto sara necessario, sai, mamma!

», escla-

mo la fanciulla, e il gidvane le sorrise felice. « Be’, in tal caso », concluse Dorabel,

« per il momento

io non ho piu nulla da dire. Léi sa béne di non éssermi antipàtico >

simpatico

affatto antipàtico, nuovo,

questa

e mio marito ... bè’, mi congràtulo di

volta

sènza

bracci? ». Fu Bruno suocera = madre del marito o della moglie

ironia.

Permette

che

L’ab-

invece che abbraccio la sua futura

suòcera. Arrivati a Milano, si avviàrono all’aerostazione, che èra

(albèrgo) diurno = apérto solo di giorno, e dove non si può passare la nòtte

proprio

all’uscita

della

Stazione

Centrale.

Volévano

andare subito all’aeroporto, dove c’éra un albèrgo diurno in cui avrèbbero potuto lavarsi e riposarsi, e dove c’èra un

ristorante

in cui potévano

cenare

prima

di salire

sull’aéreo. Dorabel

sperava

che

ora,

finalmente,

Rinaldini

li a-

vrèbbe lasciati in pace. Macché! Rinaldini, con gran gidia di Vespucci, decise di accompagnarli fino all’aeropòrto. Dorabel era ormai troppo stanca per protestare, e capì un aeropòrto

che

comunque

sarèbbe

stato

inùtile.

All’aeropòrto, mentre Joy e Dorabel andàvano all’albèr-

go diurno,

Vespucci

conversazione.

142

Non

e Rinaldini

continuàrono

la interrùppero

nemmeno

la loro durante

Capitolo

L

la cena, né dopo cena, fino al momento della parténza. Vespucci, ébbro dei complimenti che l’altro non si stan-

cava di versargli insieme col vino, non si controllava più, parlava e parlava sènza sòsta, tanto che Bruno

qui fra poco

«Scommetto

che questo

lui Annibale

il Cartaginese! ».

Mancava

un

quarto

d’ora

alla

e già

Rinaldini si

lante li avrébbe chiamati fra un momento.

batte la mano sulla fronte ed esclamò: po’ che distrazione la mia!

importante

« Ma guardi un

Stavo per dimenticarmi

per Lei!

Mentre

leggevo

sognava pubblicare subito almeno

la Sua

i risultati principali

delle Sue ricerche, non solo per preparare

avvenimento

la

un altoparlante distratto la distrazione dimenticarsi dimenticare

=

io mi sono detto che bi-

geniale òpera, caro Vespucci,

al grande

molti

l’altopar-

ad uscire, perché

viaggiatori si preparàvano

còsa più

di éssere

crede

partènza,

pensò:

della

pubblicazione

pubblicare = rèndere pùbblico

il pùbblico

completa

della Sua opera, ma anche per evitare che altri, non si

altri = un’altra persona

sa mai, pùbblichi come cosa propria qualcuna delle Sue scoperte! Le confèsso che per non pèrdere tempo io ho preparato

una

trentina

di

pàgine

che

raccolgono

il

raccògliere = riunire

méglio delle Sue ricerche e che si potrèbbero pubblicare

prèsto, anche sùbito, se Lèi è d’accòrdo! ».

143

Capitolo

50

emozione

=

di chi

stato

è commòsso

Vespucci

non

éra

capace

di

parlare

per

l’emozione.

Riuscì solo a dire di sì con un cenno del capo, e Rinal-

econòmico denari

=

di

dini proseguì

dopo

un problema,

vede, anche

problema

teva un dollaro due dollari

econòmico.

... non

starmi

un attimo

di esitazione:

« C’è solo

se fortunatamente

è solo un

Pensavo

dico regalarmi,

(sia bèn

chiaro,

dunque

per

che

carità!

prestarmi)

se Léi

ma

... mille

po-

solo predollari,

o

seicentocinquantamila lire se Le fa più comodo, io avréi beninteso = inteso rèndere tuìre

bèn

= resti-

potuto far pubblicare sùbito queste pàgine, e poi, beninteso, Le

avrei

reso

immediatamente

tutta

la somma ».

il suo sguardo

E Rinaldini fissò su Vespucci

di fuoco.

Annibale tirò Rinaldini in disparte, mentre Bruno

ab-

bracciava Dòrabel e Jòy, tirò fuòri in silènzio il libretto degli assegni, ne riempì uno, lo staccò e lo diéde com-

mosso

a Rinaldini senza dire una

paròla. Rinaldini

lo

prese sènza guardarlo, se lo mise in tasca con un gèsto

da gran signore, strinse la mano mano

a Dorabel

e abbracciò

commòsso

Annibale.

Pòi

a Joy facendole tanti auguri, baciò la e restò in silénzio a fianco di Bruno,

il quale guardava commòsso i Vespucci che si incamminavano vèrso l’aèreo. Pòchi minuti dopo, questo si staccava

744

da

terra e

si alzava

verso

il ciélo.

Capitolo

Bruno

senti

nel

cuore

un

dolore

quando

avrèbbe riveduto Joy?

qualche

anno,

sé, e anche

e allora

sconosciuto.

Sarébbe

di Jòy,

dei sentimenti

forse trascorso

assolutamente

... Éra

Chissa

sicuro

di

ma

nel suo

ànimo

Bruno

aveva

intera-

c’éra l’ombra di un dubbio.

Assorto mente

in questi dimenticato

tristi pensieri, la

presènza

di Rinaldini,

che

éra

rimasto accanto a lui. Fu come risvegliato da un sogno

quando

sentì alle sue spalle una

diceva:

« Leone

Rinaldini,

questa

E sènza fare stòrie! ». Bruno,

voce

sconosciuta

che

vòlta vièni con noi.

attònito, si voltò, e vide

L

Capitolo 50

due signori vestiti di scuro che si accingévano a portar via un Rinaldini pallido e a capo chino, il quale sem-

brava avér perduto interamente la paròla. « Ma Loro, scùsino, che cosa vogliono? », esclamò il gioattenzione : curiosita, stupore

polizidtto = impiegato della polizia

vanòtto facèndo un passo verso il gruppo.

« Vorremmo

allontanarci

attenzione »,

dall’aeroporto

senza

destare

disse uno dei due poliziòtti, e spiegò, accennando

a Ri-

naldini: « È più di un mese che gli corriamo diétro attrasuòcero = padre

del marito o della moglie

PAROLE: esitazione f discrezione f probabilità f argomento m volubilità f scopo m disgrazia f frattempo m insistènza f attesa f carezza f singhiozzo m passività f pianto m abbraccio m aereo m maniglia f prenotazione f aerostazione f furia f calcagno m affétto m

146

vèrso mézza Italia cercando di prènderlo! Stasera questo qui dorme in prigione ». « Un momento! », esclamò Bru-

no, « allora, se Loro sono della polizia, guardino un po’ che questo signore si è anche fatto dare un assegno di seicentocinquantamila

deve

avere

ancora

lire dal mio

sudcero.

futuro

Lo

in tasca ».

« Ma guarda un po’», disse il poliziotto e, mettèndo la

mano

nella

tasca

di Rinaldini,

ne

tirò

fuori

proprio

l'assegno di Annìbale Vespucci. Vi diéde uno sguardo, rise, e poi disse:

l'avevo

mai

« Scusi, sa, ma

io un nome

sentito ». Il giovanòtto

guardò

simile non

l’assegno

anche lui, pòi guardò Rinaldini e scoppiò in una risata: « Tanta fatica per un pèzzo di carta! ».

Infatti, l'assegno èra firmato: ‘Annibale il Cartaginese’.

Capitolo

ESERCIZIO

agilità f personale m relazione f

A.

manoscritto m

Esercizio di ripetizione generale: «Che

Joy

mandare)

(parere)

al

alla mamma,

(dire)

(avere)

cos’

« Le

giovanotto.

impossibile

ho

Bruno? », (do-

mi

che

(dire)

(sba-

si (essere)

padre

Suo

che

gliare) di strada ancora una volta. Ma non mi (parere)

(essere)

(essere)

(sembrare)

discutere ». « Ma (essere)

(convincere).

interamente

che essa

che

(essere)

Lei, Bruno,

(succedere)

a

mio

utile

E non mi

continuare

che cosa

(supporre)

padre? ».

«Non

a

che

(sapere)

dirlo, ma forse gli (essere) soltanto (accadere)

ciò che

gli (accadere) così spesso: cioè che, (distrarre) com’ (essere), ha (dimenticare)

l'orologio, e così, non

che ore (essere), e (convincere) tempo,

(essere)

(rimanere)

(sapere)

di avere ancora molto

a discutere

con

un

amico

o (stare) (studiare) qualche iscrizione antica nel Foro ». « Già, una volta,

a Washington,

(avere)

(discutere) per

ore con un signore che (conoscere) solo di nome, mentre noi a casa l’(aspettare) per (mettersi) a tavola. La mamma (essere) bene! ».

L

(rimanere) molto scontenta ». « La (capire)

lettura f congratulazione f ironìa f capostazione m campione m schienale m dichiarazione f studéente m

universita f suocera f aeroporto m altoparlante m distrazione f emozione f dollaro m

somma f

libretto m

poliziotto m

suocero m fulmineo genovese reciso adatto discreto seccato

ferroviario improvviso

ambiguo prematuro

automobilistico bizzarro grasso folto stentoreo insospettato ammirabile singolare ironico

747

Capitolo

50

ebbro serio antipatico diurno economico beninteso affidare verificare rasserenare appassionare peggiorare rimproverare reprimere sudare piantarsi telegrafare

ESERCIZIO

Scriva una pagina su una persona interessante che Lei conosce.

ESERCIZIO Che

aveva

detto

Dorabel

telefonato a Cesana?

toccare

naldini e l’amico dei Vespucci?

prenotare disdire

nelle loro lettere il genovese

vibrare immergersi congratularsi

....

Come

....

appoggiare appisolarsi

dell’albergo?

fidanzarsi

pubblicare raccogliere risvegliare all’infuòri di

era Leone Rinaldini?

Ri-

....

Perché Dorabel era così disperata?

Che cosa fu deciso di fare?

cullare

gli aveva

....

Cosa aveva deciso allora Annibale? cosa scrivevano

quando

....

Che

disporre squillare

C.

al marito

esitare

sfidare

B.

....

Cosa raccontò Rinaldini a Dorabel e Joy nel vestibolo ....

Cosa disse Dorabel giovanotto?

a Bruno

dopo

la dichiarazione

del

....

....

altrettanto

Che cosa le rispose Bruno?

costùi

Cosa raccontò Rinaldini a Vespucci per farsi dare l’as-

modestamente l’altro ieri stamani fare strada

segno di 650.000 lire? ....

a bruciapelo dopodomani

di soprassalto

748

Come finì poi per Rinaldini questa storia? .... Che cosa pensa, Lei, della fine di questa storia?

....