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Italian Pages 336 [326] Year 2007
In un mondo senza cielo
In un mondo senza cielo Antologia della poesia palestinese A cura di Francesca Maria Corrao Traduzioni di Francesca Maria Corrao, Fulvia De Luca, Simone Sibilio
Questo volume è pubblicato con il contributo di: Comune di Firenze Comune di Fiesole Regione Toscana. Progetto “Porto Franco. Toscana, terra dei popoli e delle culture” Provincia di Macerata Associazione Laboratorio Nuova Buonarroti, Firenze ARCI Nuova Associazione. Comitato territoriale di Firenze Centro Internazionale Studenti “Giorgio La Pira”, Firenze COOP. Associazione Cooperative Consumatori Distretto Tirrenico Fondazione “Ernesto Balducci”, Fiesole La Comunità Palestinese in Toscana
www.giunti.it © 2007 Giunti Editore S.p.A. Via Bolognese 165 - 50139 Firenze - Italia Piazza Virgilio 4 - 20123 Milano - Italia Prima edizione digitale: dicembre 2014
ISBN: 9788809804050
Presentazione
La felicità della diversità e la felicità del riconoscimento. Questo circolo caratterizza sempre l’esperienza vera della poesia. E costituisce il suo potere dirompente e salutare, la sua valenza profondamente politica. Nonostante la prossimità geografica, i legami storici, la forte presenza nell’ambito degli eventi internazionali, il contatto con i tanti residenti in Italia, persiste tra noi una pericolosa lontananza culturale dal mondo arabo, dovuta alla estraneità della cultura araba al nostro percorso formativo, alla povertà della nostra offerta editoriale e agli stereotipi dominanti nella comunicazione, che alimentano piuttosto sentimenti di ostilità e timore. Al di là delle nostre immagini irrigidite non viene percepita la ricchezza e la vivacità di quel mondo e anche la sostanza prossima e aperta dei suoi drammatici problemi, che invece, nella loro alterità, ci paiono spesso insolubili, legati ad una condizione esterna al nostro percorso di “modernità”. Una singolare ricchezza presenta la poesia palestinese. Una nazione di non grande popolazione ha prodotto nello spazio di un secolo una stupefacente pluralità di voci di carattere assolutamente non provinciale, tanto consapevoli della propria tradizione quanto capaci di confrontarsi con le esperienze più avanzate della letteratura contemporanea. Una poesia dove è naturalmente al centro la tragedia che ha sconvolto e sconvolge quel popolo, ma che si affranca dalle formule retoriche spesso proprie della poesia di impegno e attinge verità di esperienza, facendosi in tal modo universalmente comunicabile. Ciò che pareva diverso e lontano diviene una regione della nostra immaginazione e del nostro sentire, parola anche nostra. Questo volume è il risultato di un progetto di sostegno alla poesia palestinese e di promozione della sua conoscenza in Italia che è stato condotto dall’associazione culturale fiorentina Laboratorio Nuova Buonarroti con il sostegno determinante di soggetti istituzionali e di altre realtà associative. 5
Il progetto è nato nel 2003, in occasione della seconda edizione del Festival internazionale di poesia “Voci lontane, voci sorelle”, a partire dalla richiesta del poeta palestinese Al-Mutawakkil Ëaha, allora nostro ospite, di aiutare economicamente la Casa Palestinese della Poesia di Ramallah nella realizzazione di un’ampia antologia della poesia palestinese contemporanea. Da qui, con la partecipazione determinante dell’Assessore alla Cultura del Comune di Firenze Simone Siliani, venne l’idea di affiancare al sostegno di quella edizione (uscita poi nel 2004 a Ramallah col nostro contributo) la realizzazione in Italia di un’antologia della poesia palestinese nell’intero suo sviluppo, dal primo Novecento alle ultime generazioni. Questo è appunto il libro che ora vede la luce, frutto di un complesso lavoro di scelta, traduzione e cura di Francesca Corrao, una delle maggiori specialiste italiane di letteratura araba, e dei suoi collaboratori Fulvia De Luca e Simone Sibilio. Il volume sarà diffuso anche in Palestina per il tramite di istituzioni culturali come il Centro Culturale Khalil Sakakini e la Casa Palestinese della Poesia. Per il contributo dato, in vario modo, alla realizzazione della nostra impresa dobbiamo ringraziare, tra i molti, Atef Abu Saib, Kassim Bayatli, Roberto Cavallini, Maurizio Certini, Francesca Chiavacci, Randa Eid, Ghada Hammad, Roberta Mazzanti, Maria Luisa Moretti, Carmelo Pellicanò e Giulio Silenzi. Ma un ringraziamento particolare è dovuto a Hakam Malky e a Simone Siliani, senza i quali, semplicemente, questo libro non ci sarebbe. Vittorio Biagini Laboratorio Nuova Buonarroti, Firenze
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La poesia palestinese Francesca M. Corrao
IL CONTESTO STORICO La storia della terra più amata, come la definisce il bardo Ma|m™d Darw†sh (1942), è scritta nei versi dei suoi poeti e attraverso la loro testimonianza entra a far parte della memoria del mondo. Il ricordo di una terra martoriata e per molti lontana rimane vivo nelle poesie che evocano i luoghi cari e gli amici perduti per sempre. L’amara storia della Palestina, se giunge frammentata attraverso la difficile e contestata testimonianza degli storici, si ricompone in tutta la sua tragedia nei versi poetici. Qui rivivono tutte le ansie, le sofferenze e le tristi esperienze che nel mondo arabo hanno assunto il profilo di un dramma epocale. Come scrive il poeta A|mad Da|b™r, la poesia palestinese è un albero del “giardino dell’immaginario e della creazione poetica degli arabi”. Per meglio comprenderla è pertanto necessario fare un breve cenno alla poetica in cui si iscrive la produzione palestinese. Oltre mille e cinquecento anni di storia della poesia araba costituiscono il tessuto naturale in cui si inserisce “l’albero palestinese”. La ricchezza della produzione intellettuale di questo popolo è tale che insigni studiosi, sotto la guida del libanese I|s…n ‘Abb…s, hanno potuto compilare un’opera monumentale quale l’Enciclopedia palestinese. Tuttavia alcuni critici, come Kh…lid Sulaiman, hanno sentito l’esigenza di integrare e allargare lo spazio critico estendendo la loro indagine alle poesie scritte dai poeti “arabi” a proposito della Palestina, a partire dalla fine dell’Ottocento sino ai giorni nostri. Si consolida così una corrente letteraria di rilievo e quanto mai fertile, come testimoniano le numerose poesie apparse on line dopo l’aggressione israeliana al Libano del 13 luglio 2006. Al-Mutawakkil Ëaha, nella prefazione della raccolta Cinquant’anni di poesia palestinese: 1950-2000, afferma invece che gli eventi cruciali del 1948 e del 1967 hanno tra7
sformato la Palestina da “patria” in “idea”, e questa considerazione metodologica definisce una produzione poetica specificamente palestinese, radicalmente diversa dalla precedente. Da queste osservazioni nasce la scelta del titolo dato al presente volume. “In un mondo senza cielo” è un verso di Ma|m™d Darw†sh che chiaramente allude ad un orizzonte senza prospettive. Questa antologia vuole dimostrare che la speranza continua a vivere nella poesia palestinese. Per i lettori non esperti della storia della poesia e in generale della storia araba, si è ritenuto utile presentare i lineamenti del contesto culturale in cui si è affermata una produzione letteraria, poetica e intellettuale, tanto ricca e articolata. Così facendo si riprende la linea espositiva già diffusa in Occidente dell’antologia, raccolta dal poeta marocchino Abdellatif Laâbi (‘Abd al-La¥†f La‘…b†) e quella della poetessa palestinese Salma Khadrà alJayyusi (Salmà Khadr…’ al-ßayy™s†)1. Per individuare le prime tracce di una poesia palestinese moderna autoctona occorre citare le date di alcuni eventi storici. La produzione poetica araba in generale sino alla prima metà del Novecento ignora una netta distinzione nazionale. Le province in cui è diviso il Medio Oriente arabo sono sotto l’egida del Califfato ottomano sino alla fine della Prima Guerra Mondiale. La poesia palestinese è dunque erede della poesia araba che a partire da metà Ottocento inizia a muovere i primi passi verso il rinnovamento, sia nei temi che nella forma. Solo dopo la liberazione dell’Egitto dall’occupazione napoleonica (1805) si inizia a parlare di patria nei canti militari dell’esercito egiziano. L’idea nasce in seguito all’impatto con la cultura francese. Dopo la liberazione, una missione di studenti gui1 A. Dahbour, “La poésie palestinienne de 1900 à nos jours”, in Revue d’études palestiniennes, (63) 11 nuova serie, Parigi primavera 1977, pp. 12-42. I. ‘Abb…s, Maws™‘a filas¥†niyya, 4 voll., Hay’at al-Maws™‘a al-Filas¥†niyya, Damasco 1984; Kh.A. Sulaiman, Palestine and Modern Arab Poetry, Zed Books, Londra 1984; l’edizione di Cinquant’anni di poesia palestinese. 1950-2000, a cura di M.H. al-R†sha e M. al-S™d…n†, Palestinian Institute for National Guidance, Ramallah 2004; M. Darw†sh “Esilio-VIII” in F.M. Corrao, La mia ferita è lampada ad olio, De Angelis, Avellino 2006, pp. 109-17; A. Laâbi, Anthologie de la poésie palestinienne, Messidor, Parigi 1990; S.Kh. Al-Jayyusi, Anthology of Modern Palestinian Literature, Columbia University Press, New York 1992.
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data dallo shaykh di al-Azhar, al-Ëaht…w†2, si reca in Francia per conoscere la cultura moderna. Al rientro al-Ëaht…w† fonda una scuola di traduzione e dirige il primo giornale arabo. Lo shaykh introduce un’altra importante innovazione sul piano musicale: traduce infatti in arabo La Marsigliese e dedica inni e marce militari al sovrano e al nuovo esercito egiziano. Egli utilizza le strofe della muwashshah, dello zaºal dialettale, tipiche della poesia cantata della tradizione popolare; queste, dotate di refrain e di rima alternata, meglio si adattano al ritmo delle marce militari straniere che l’autore vuole imitare3. È interessante notare che, sulla falsariga delle canzoni nazionaliste francesi, accanto all’elogio del sovrano, al-Ëaht…w† canta per la prima volta la patria. Si avvia così la rinascita della lingua araba, la diffusione attraverso la stampa delle opere straniere e della cultura in genere, e inizia a formarsi una cultura nazionale. Al tempo della rivolta di A|mad ‘Urab† in Egitto (1881), alcuni intellettuali e poeti elaborano con maggiore consapevolezza il bisogno dell’autonomia e dell’indipendenza nazionale dalla presenza ottomana. La rivoluzione è appoggiata dalla popolazione ed è il frutto di un’importante maturazione nella coscienza degli egiziani. Ad essa partecipano numerosi intellettuali, come ‘Abd All…h al-Nad†m (1839-1912), il commediografo Ya‘q™b øan™‘ (1843-96) e il poeta Ma|m™d S…m† al-B…r™d† (1839-1904). Quest’ultimo scrive i primi versi in cui si parla di patria e di libertà dall’oppressore, e paga con l’esilio il sostegno dato alla rivoluzione con la penna e le armi4. Nelle grandi capitali della provincia siro-libanese (che includeva la Palestina) si promuove la traduzione di opere straniere, e i letterati incitano i lettori a ritrovare lo spirito originario dell’eOltre al religioso della storica moschea università del Cairo collaboravano alla redazione del primo giornale egiziano al-Waq…’i’ al-mi¡riyya (La gazzetta egiziana) fondato nel 1842, altri grandi scrittori come A|mad F…ris al-Shidy…q (1804-87), che contribuìva ad aprire la cultura araba a quella francese e a ripristinare l’uso della poesia strofica; cfr. S. Moreh, Modern Arabic Poetry, cit., pp. 14-28; I. Camera d’Afflitto, Letteratura Araba Contemporanea, cit., pp. 33-34, 42-47. Per un panorama più completo della storia moderna dei paesi arabi e della Palestina si veda M. Campanini, Storia del Medio Oriente 1798-2005, Il Mulino, Bologna 2006. 3 S. Moreh, Modern Arabic Poetry, cit., pp. 18-20. 4 F.M. Corrao, Poesia Straniera. Araba, vol. 17, La Biblioteca di Repubblica, Roma 2004, pp. 47-51, 346-49. 2
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poca d’oro della civiltà islamica. Tra i principali artefici della rinascita culturale spicca il siriano Bu¥rus al-Bust…n† (1819-83)5 traduttore dell’Iliade e fondatore della scuola nazionale (al-madrasa al-wa¥aniyya) che, assieme alle scuole missionarie americane, francesi e russe, contribuisce a formare la nuova classe intellettuale in Medio Oriente. Tra i giovani poeti che si cimentano nel recupero e nell’adattamento dei testi cristiani dal latino in arabo spicca il libanese N…¡if al-Y…z†º† (1800-71)6, anticipatore di temi e metafore nuove ispirati da sentimenti religiosi e di libertà che poi saranno ripresi dai poeti emigrati negli Stati Uniti, come il libanese ßubr…n Khal†l ßubr…n (1883-1931). Accanto a loro si ricordano ancora il siriano Far…ns†s Marr…sh (1836-73) e Khal†l Mu¥r…n (1871-1949)7. Agli inizi del Novecento, in seguito alla decisione del Congresso Sionista (1897) di stabilire un focolaio in Palestina, alcuni notabili mediorientali allertano il Sultano sul rischio di frammentazione dell’integrità territoriale, insito nella vendita dei terreni agli ebrei della diaspora. Al tempo, alcuni grandi feudatari libanesi e siriani iniziavano a vendere una parte marginale dei loro possedimenti agli ebrei, ignorando gli appelli lanciati dalle pagine 5 Bu¥rus al-Bust…n† apparteneva a una famiglia d’intellettuali libanesi – tra i cui principali esponenti si ricorda Sulaym…n (1856-1925) – protagonisti del movimento di rinascita culturale araba nel Levante, grazie alla loro opera di riscoperta del patrimonio culturale avito e di traduzione in lingua araba dei capolavori occidentali. 6 Nato nel 1800 a Kafr Sh†ma, in Libano, da una famiglia cristiana maronita, lavora come segretario del patriarca greco-ortodosso libanese e di un principe ottomano. Nel 1849 partecipa alla traduzione della Bibbia in arabo promossa dai missionari americani in Libano, per i quali lavora, insegnando nella futura Università Americana di Beirut. Ha avuto tre figli: Ibr…h†m e Khal†l, intellettuali e giornalisti, e Ward…, la prima poetessa araba di cui sono state stampate le opere. Muore a Beirut nel 1879. Al-Y…z†º† è noto anche come pedagogo, poeta erudito e filologo; ha scritto quindici libri e ha curato la prima edizione moderna del canzoniere di al-Mutanabb† (X sec.); cfr. S. Moreh, Modern Arabic Poetry, cit., pp. 30, 39-40, 90-91. 7 Assieme a Y…z†º†, traduttore del Salterio con il metro dello zaºal, traducono anche i suoi figli tra cui Khal†l al-Y…z†º† (1856-89), i poeti Khal†l Mutr…n (18711949) e Far…nsis Fath All…h Marr…sh; quest’ultimo, nato ad Aleppo nel 1836, appartiene a una famiglia d’intellettuali cristiani (la sorella Mary…na è poetessa neoclassica). Marr…sh studia medicina in Siria e a Parigi. Tornato dalla Francia cieco e malato, si stabilisce ad Aleppo, dove muore nel 1873. Tra le sue opere, “La scena dei modi d’essere” (1851), una disquisizione in versi sull’universo, la natura e l’umanità, e “Lo specchio della bella fanciulla” (1872), dove spiega le invenzioni meccaniche moderne. Cfr. S. Moreh, Modern Arabic Poetry, cit., pp. 30-31, 44-45.
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dei giornali da alcuni intellettuali. Dieci anni dopo, quando l’interesse degli ebrei per la Palestina è già più palese, i sensali che trattavano e vendevano le terre si mostravano indifferenti alle rinnovate proteste. Il problema resta per un lungo periodo di tempo un argomento importante per molti poeti: la poesia “Ai venditori del paese” del palestinese Ibr…h†m Ë™q…n (1905-41) è la più celebre del genere ed è pubblicata nei giornali locali, a Beirut e anche al Cairo8. Il Cairo, sebbene sia sotto il controllo politico e militare britannico, mantiene una relativa autonomia rispetto alla capitale ottomana e, tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo, diventa un importante punto di riferimento per intellettuali e teorici della rinascita culturale e nazionale araba. Nell’arco di cinquant’anni i giornali si moltiplicano e le scuole, sia pubbliche che private, formano una nuova generazione di artisti e lettori. Molti giornali egiziani sono fondati da scrittori di origine siro-libanese9, divulgano la produzione mediorientale e accolgono anche i versi dei poeti palestinesi. Gli intellettuali perorano la causa palestinese anticipando così il formarsi di una consapevolezza della situazione sul piano politico. Alcuni giornalisti arabi scrivono allarmati della crescente immigrazione ebraica, e il poeta libanese Ibr…h†m al-Y…z†º† (18471906) sollecita gli arabi a prendere atto di una realtà che per l’intera regione inizia a delinearsi in tutta la sua gravità. Si tratta di brevi frammenti poetici di stile neoclassico dai toni impersonali, e tuttavia appassionati.
I. Ë™q…n, “Il… b…’i‘y† ’l-bil…d” (Ai venditori del paese), in Al-A‘m…l al-shi‘riyya al-k…mila, al-Mu’assasa al-‘Arabiyya li ’l-Dir…s…t wa ’l-Nashr, Beirut 1993, p. 110. Si scriveva sull’argomento già alla fine del secolo sul giornale al-Muqta¥af (Brani scelti) dei libanesi Ya‘q™b øarr™f (1852-1927) e F…ris Nimr (1856-1951), e ai primi del Novecento sul giornale al-Man…r (Il faro), del riformatore islamico Mu|ammad Rash†d Riÿ… (1865-1935); cfr. Kh.A. Sulaiman, Palestine and Modern Arab Poetry, cit., pp. 2-6. 9 La rivista al-Muqta¥af fondata a Beirut nel 1876, è poi trasferita al Cairo nel 1881. Anche le riviste al-ßami‘a (La lega), fondata ad Alessandria dallo scrittore libanese Fara| An¥™n (1874-1922) e al-Hil…l (La mezzaluna), fondata dal libanese ßurº† Zayd…n nel 1892, contribuiscono a divulgare le opere di scrittori mediorientali e a far conoscere i classici della letteratura occidentale; cfr. M. Avino, L’Occidente nella cultura araba, Jouvence, Roma 2002, pp. 30-40; P. Viviani, Un maestro del Novecento Arabo: Fara| An¥™n, Jouvence, Roma 2004, pp. 102-103. 8
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Tra i primi a parlare in modo più diretto è il palestinese Mu|ammad I¡‘…f al-Nashashib† (1885-1948): la Palestina è per lui come una giovane donna che piange lacrime di sangue perché la stanno colonizzando10. La prima guerra mondiale vede i nazionalisti arabi schierarsi al fianco delle grandi potenze nella speranza di ottenere il sostegno necessario a emanciparsi dal Califfato ottomano. Alcuni poeti palestinesi esprimono a loro volta in versi i sentimenti di fiducia e apprezzamento per gli inglesi, i coraggiosi difensori degli arabi oppressi. Quando il contenuto della dichiarazione di Balfour11 diventa di pubblico dominio, un’amara delusione si diffonde negli spiriti più sensibili e attenti al destino dell’area; diversi poeti s’indignano per l’impegno preso dagli inglesi a sostenere la creazione del focolaio nazionale ebraico, e Ë™q…n scrive: Balfour, hai sangue di martire nel bicchiere, non vino. Per apparenza non ti ingannare sono anime le bollicine che vedi balzare 12.
All’epoca, nel mondo arabo manca ancora una sensibilità diffusa sulla questione della Palestina; il califfato ottomano si è appena dissolto e quel che resta dell’Impero è in gran parte sotto il controllo delle potenze mandatarie, se non sotto il governo diretto di una potenza straniera (come nel caso dell’Algeria). Nella seconda e terza decade del secolo scorso, la scrittrice e poetessa palestinese Mayy Ziy…da (1886-1941) anima al Cairo un salotto letterario cui partecipano gli esponenti più significativi della cultura e della politica internazionale. La Ziy…da con il sostegno di altri intellettuali e della femminista egiziana Hud… Sha‘r…w† (1879-1947) si adopera molto per sollecitare l’atten10 Kh.A. Sulaiman, Palestine and Modern Arab Poetry, cit., pp. 70-100; F.M. Corrao, Poesia Straniera. Araba, cit., pp. 342-43. 11 Secondo l’omonima dichiarazione del Ministro degli Esteri britannico sua Maestà vedeva di buon occhio l’istituzione di un focolaio ebraico e impegnava il Governo britannico a favorirne la realizzazione (2 novembre 1917), cfr. M. Campanini, Storia del Medio Oriente, cit. p. 71. 12 I. Ë™q…n, “Al-Balad al-ka’yib” (Il paese afflitto), in Al-A‘m…l al-shi‘riyya alk…mila, cit., p. 118-19.
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zione degli spiriti più sensibili a favore della causa palestinese, contro l’immigrazione ebraica13. L’intellettuale, autrice di poesie romantiche in prosa, amica di ßubr…n, lettrice di Whitman e Baudelaire, dà il suo contributo di impegno politico e sociale scrivendo sul tema del rifiuto della presenza straniera nell’amata terra e, per la prima volta, abbina il concetto di terra a quello dell’identità nazionale14. La questione diviene argomento caro a molti poeti e scrittori che ritengono, per ragioni sia religiose sia politiche, che la Palestina sia parte irrinunciabile della patria araba. Nel 1929, a Gerusalemme, un gruppo di ebrei con un atto di forza cerca di estendere l’esigua area concessa loro dalle autorità mandatarie, per pregare in prossimità del Muro del Pianto. Ne nasce un grave incidente che scuote l’opinione pubblica musulmana e ne rimane fortemente impressionata. I disordini seguiti alle manifestazioni di protesta provocano la morte di alcune per13 Poetessa, scrittrice e intellettuale, Mayy Ziy…da nasce a Nazareth nel 1886; i genitori (un giornalista libanese e una palestinese esperta di poesia) le consentono un’ottima educazione nelle scuole cattoliche francesi in Libano. La scrittrice, famosa e apprezzata anche fuori dall’Egitto, chiude il suo storico salotto letterario nel 1931, alla morte dei genitori (che ne garantivano l’onore in quanto nubile). Dopo varie traversie – è anche internata in un manicomio libanese perché ingiustamente accusata di pazzia – muore in solitudine al Cairo nel 1941. Cfr. M. Badran, Feminists, Islam, and Nation. Gender and the Making of Modern Egypt, Princeton University Press, Princeton 1995; I. Camera d’Afflitto, “La donna araba e l’emancipazione: modello importato o via islamica?”, in Donne e proprietà. Un’analisi comparata tra scienze storico-sociali, letterarie, linguistiche e figurative, a cura del Seminario di Studi Interdisciplinari sulle Donne, Istituto Universitario Orientale, Napoli 1996; Malti-Douglas F., “Dangerous Crossings. Gender and Criticism in Arabic Literary Studies”, in Borderwork: Feminist Engagements With Comparative Literature, Cornell University Press, Ithaca 1994, pp. 224-29; M. Booth, “Biography and Feminist Rhetoric in Early 20th Century Egypt: Mayy Ziyada’s Studies of Three Women’s Lives”, in Journal of Women’s History, 3, (primavera 1991), n. 2, pp. 38-64; M. Ziy…da, ‘ƒ’ishah Taym™r, Mu’assasa Nawfil, Beirut 1983; Id., B…|ithat al-Badiya, Mu’assasa Nawfil, Beirut 1980; Id., Ward… al-Y…ziº†, Mu’assasa Nawfil, Beirut 1980. M. Cooke, “Arab Women Writers”, in M.M. Badawi, Modern Arabic Literature, Cambridge University Press, Cambridge 1992, p. 447, in Qaÿ…y… al-shi‘r al-mu‘…¡ir. Ripreso da G. Canova, “Due poetesse: Fadwà Tuq…n e Salma Khadrà al-Jayyusi”, in Oriente Moderno, LIII, 1973, p. 899. 14 Mi riferisco in particolare alla poesia “‘Ayn… watan†” (Dov’è la mia patria) citata in F. Gabrieli e V. Vacca, Le più belle pagine della Letteratura Araba, Nuova Accademia, Milano 1957, pp. 336-38. Su Mayy Ziy…da si veda I. Camera d’Afflitto, Letteratura Araba Contemporanea, cit., e F.M. Corrao, Poesia Straniera. Araba, cit., pp. 52, 364-65.
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sone e la maggioranza degli incriminati, a eccezione di un ebreo, sono palestinesi. Il mondo arabo protesta contro l’ingiusta umiliazione subita dai musulmani, contro la violazione del terreno sacro, e paventa il pericolo che gli ebrei vogliano accedere all’area della Moschea della Roccia. La sola minaccia della possibile violazione del terzo luogo sacro dell’Islam, dopo la Mecca e Medina, suscita molta preoccupazione. Numerosi intellettuali scrivono sull’evento che arriva a toccare l’animo anche degli emigrati arabi in Nord America. Le rivolte si moltiplicano e toccano l’apice negli scioperi del 1936. La coscienza politica dei poeti palestinesi si esprime con fermezza contro i politici arabi che vorrebbero ricondurre la questione a più miti termini. Ab™ Salmà (‘Abd al-Kar†m al-Karm†, 1911-81) nel celebre poema “Fiamme della poesia” invita i leader arabi a rispettare e difendere i martiri che muoiono per tutelare la Palestina e ne esalta il glorioso coraggio: Alzatevi e guardate Qass…m la sua luce si leva alta sui monti mostrando al mondo i segreti dell’immortalità alzatevi e guardate Far|…n ha in fronte il segno della pietà, avanza digiuno, come leone verso la corda del martirio15.
La poesia interpreta i sentimenti di angoscia che gli scontri con i coloni suscitano nei palestinesi; alcuni letterati sono consapevoli che ai notabili locali mancano le capacità necessarie a far valere i loro diritti contro una immigrazione ebraica molto meglio strutturata e motivata a creare un insediamento sempre più stabile e definitivo. Negli anni tra le due guerre aumenta la consapevolezza del crescente pericolo e la classe intellettuale palestinese si muove per risvegliare l’attenzione dei politici arabi, anche se il momento è 15 Dei due palestinesi shaykh ‘Izz al-D†n Qass…m (1880-1935) è il più noto; di origine siriana, emigrato a Hayfa, nel 1935 assieme ad un gruppo di armati incitava alla rivolta (ºih…d) contro il mandato britannico e in uno scontro di polizia viene ucciso assieme ad altri. L’altro è lo shaykh Far|…n al-Sa‘d†. Sono citati in diverse poesie dell’epoca per il coraggio con cui hanno affrontato la morte; il poema “Lahab alqa¡†da” (Fiamma della poesia ) è del 1936; cfr. Kh.A. Sulaiman, Palestine and Modern Arab Poetry, cit., note a p. 22 e p. 30; A. Dahbour, “La poésie palestinienne de 1900 à nos jours”, cit., p. 16.
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particolarmente delicato giacché dall’Egitto all’Algeria la questione dell’indipendenza nazionale è ancora in discussione. La già difficile situazione tra i coloni e i palestinesi s’inasprisce con la Seconda Guerra Mondiale e il genocidio nazista; quest’ultimo accelera e intensifica l’immigrazione ebraica. I continui scontri richiamano nella regione volontari provenienti da altri paesi arabi; il diffuso senso di solidarietà è immortalato nei versi dei poeti arabi che associano la difesa della causa palestinese alla libertà di tutta l’area dalle forze dell’imperialismo. Alla fine del mandato britannico, con la creazione dello Stato d’Israele (1948), tra cinquecentomila e un milione di palestinesi vengono scacciati dalle case e dalla terra, e circa quattrocento villaggi sono rasi al suolo16. In ogni paese arabo i poeti piangono la disgrazia (‘…r); dall’Algeria al Kuwait si leva unanime un sentimento di dolore per la nuova e più umiliante ferita inferta alla Palestina. Con l’ascesa di Nasser al potere, la questione palestinese coinvolge l’Egitto nel conflitto contro Israele del 1956, e poi di nuovo, con l’intervento di altri Stati arabi, nel 1967. Israele avanza e occupa la Cisgiordania e la striscia di Gaza. La clamorosa disfatta degli eserciti arabi porta all’esodo di un enorme numero di palestinesi verso i paesi limitrofi. Il mondo della cultura rimane sconvolto dall’incapacità dei militari arabi. Molti poeti che sino ad allora avevano creduto nella forza delle parole dei loro leader politici prendono amaramente le distanze dalla classe dirigente e lanciano violenti atti di accusa. Il grande poeta siriano Niz…r Qabb…n† (1923-98), nel memorabile poema “Note sul quaderno del disastro”, denuncia: Amici miei, vi annuncio la morte dell’antica lingua, dei libri antichi... vi annuncio la morte delle nostre parole bucate come [una vecchia scarpa e dei vocaboli tradimento, invettiva, ingiuria. Vi annuncio la morte, la fine del pensiero che ci ha condotto alla sconfitta...17 Secondo fonti israeliane i profughi sarebbero stati circa cinquecentomila mentre per i palestinesi un milione; cfr. M. Campanini, Storia del Medio Oriente. 1798-2005, Il Mulino, Bologna 2006, p. 111. 17 G. Canova, “Note sul quaderno del disastro”, in F.M. Corrao, Poesia Straniera. Araba, cit., pp. 413-21. 16
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Anche il poeta siriano Adonis (‘Al† A|mad Isbir, 1930), in quella occasione si ribella contro la demagogia politica che ha portato il popolo palestinese verso una più atroce sofferenza, e afferma che solo un cambiamento radicale può produrre un vero rinnovamento nella vita degli arabi. Accusa inoltre i potenti di aver abbandonato la Palestina al suo destino, come il califfo di Bagdad aveva già fatto con i principi musulmani di Andalusia aggrediti dalla riconquista cristiana:
il nemico vince e loro perdono, avanza e loro indietreggiano si estende e loro si riducono sino a tornare ad una bandiera monca e ad una voce spenta, e ogni re si affanna a chiudere le proprie brecce. Quando la situazione si aggrava, l’Andalusia chiede aiuto al pio re per salvare la regione della penisola, e già era caduta in mano agli spagnoli. Lui si limita a scusarsi, porge il cordoglio dicendo che la guerra è contesa e l’accontentarsi sia la vostra pace 18. La vita nei campi profughi si riorganizza dopo il trauma iniziale e nasce un nucleo di resistenza militare che però viene espulso dalla Giordania e ripara in Libano. La presenza dei palestinesi armati nel Paese dei cedri spinge l’esercito israeliano a intervenire nel 1970. Dal 1975 per oltre dieci anni il Libano è devastato da una guerra civile che culmina con il massacro del campo dei profughi palestinesi di Sabra e Shatila (1982), dopo l’espulsione della leadership politica e militare palestinese e l’intervento “pacificatore” siriano. La solidarietà araba si concentra tutta nel sostegno materiale ai profughi; una vasta produzione intellettuale è testimone della crescente e diffusa consapevolezza di quanto sia necessario difendere la causa palestinese. Sul piano politico, entra in scena in questa nuova fase un altro protagonista, il presidente tunisino Úab†b Bourghiba che accoglie la classe politica palestinese in Tunisia. In Egitto, invece, dopo la guerra del 1973, il governo intraprende una politica di conciliazione con Israele che porta alla firma del trattato di Camp David nel 1978. Nei territori occupati esplode la Prima Intifada, e nel 1988 il Congresso palestinese in esilio chiede l’indipendenza della Palestina e Gerusalemme Est per capitale. 18 Adonis, D†w…n, D…r al-‘Awda, Beirut 1975, trad. a cura di F.M. Corrao in corso di stampa.
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Negli anni seguenti le pressioni internazionali riescono a condurre Israele e l’OLP a una dichiarazione di principio che prevede l’autonomia della fascia di Gaza e Gerico, fino agli accordi di Oslo (1993). La speranza di pace viene sistematicamente frustrata dalla violazione delle clausole da parte dei coloni ebrei che costruiscono nuovi insediamenti. Si diffonde così uno stato di disperato malcontento che, dopo la provocazione di Ariel Sharon presso la Spianata delle Moschee, porta alla Seconda Intifada (2000). La situazione da allora degenera sino a giungere agli attacchi-kamikaze contro i civili israeliani e alla costruzione del muro divisorio. La morte di Arafat nel 2004 apre la strada alla vittoria politica dei fondamentalisti di Hamas, e all’ulteriore inasprirsi dei rapporti sino alla nuova invasione del Libano nel luglio del 2006.
IL NEOCLASSICISMO ROMANTICO I versi della prima generazione dei poeti palestinesi si inscrivono nel panorama letterario dell’epoca. Sono in rima baciata secondo le regole della tradizione classica19; sono impersonali: il poeta non si esprime mai in prima persona. Egli fa tuttavia dei riferimenti alla realtà contingente. Ha già dei modelli nella poesia araba immediatamente precedente da cui mutua il tema della difesa della patria; guarda anche al romanticismo europeo conosciuto grazie alle traduzioni pubblicate nelle riviste egiziane come Apollo, da cui riprende il tema dell’eroe che sacrifica se stesso. Dalla tradizione letteraria classica araba e da quella religiosa musulmana attinge le metafore che meglio esprimono i sentimenti del dolore e del tradimento: leggiamo ad esempio i versi di Ibr…h†m Ë™q…n che paragona il tradimento degli alleati britannici con la prova di H.usayn nel martirio di Kerbela:
la coppa bevuta a Cipro è amara come quella di Kerbela 20 19 Si usa definire neoclassica la poesia araba della fine dell’Ottocento che guarda ai modelli dell’epoca classica araba (VII-X sec.) riprendendone gli schemi metrici e innovandone alcuni contenuti. 20 Il figlio di ‘Al† (il quarto califfo) e quindi il nipote del profeta ucciso a Ker-
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Accanto a lui tra i grandi poeti palestinesi di questa prima fase spiccano incontestati i nomi di Ab™ Salmà, ‘Abd al-Ra|†m Ma|m™d (1913-48), Mu¥laq ‘Abd al-Kh…liq (1901-37) e H.assan Buhayr† (1921), i cui modelli poetici preannunciano la metamorfosi della poesia palestinese21. Ë™q…n è da tutti riconosciuto come il primo cantore della moderna Palestina, nonostante abbia avuto una breve vita. Un autore neoclassico legato alle rime e ai metri della tradizione, ma anche un romantico autore di poesie d’amore che, per l’intero suo poetare, nel soffermarsi sui temi dell’attualità è pieno di passione per il dramma della sua terra. L’incalzare della battaglia politica trova corrispondenze profonde nella rivoluzione culturale che lui, per primo nella nuova generazione dei poeti palestinesi, conduce nei confronti della poesia tradizionale. Ibr…h†m Ë™q…n rompe gli schemi della poesia a rima baciata classica per cantare in strofe l’elogio dei condannati per le manifestazioni del 192922. Dalla lettura delle traduzioni di Shelley, Byron e Carlyle il poeta ha assimilato l’afflato nazionalista e l’eroico titanismo per delineare la figura del combattente patriota. Nella cultura araba questo modello si identifica nella figura del fida’i, che nella tradizione degli Ismailiti Nizari23 è chi si immola per la difesa della fede. Nei versi di Ë™q…n il fida’i appare per la prima volta nel senso bela, cfr. C. Lo Jacono, Storia del mondo islamico (VII-XVI secolo), Einaudi, Torino 2003, pp. 98-99; I. Ë™q…n, “Al-Shar†f H.usayn” (Lo sceriffo H.usayn), in Al-A‘m…l al-shi‘riya al-k…mila, cit., p. 175. 21 Mu¥laq ‘Abd al-Kh…liq, autore di una raccolta poetica, Esilio (1936) e di un’epopea intitolata Ultimo sogno pubblicata postuma, che si distingue per l’uso innovativo della rima a coppie alterne; H.assan Buhayr†, poeta più tradizionale e conservatore delle forme classiche, in uno scritto intitolato “L’autentico e l’importato in poesia” riconosce la possibilità di comporre poesie in prosa, cfr. A. Dahbour, “La poésie palestinienne de 1900 à nos jours”, cit., p. 38. 22 La poesia ricorda gli incidenti del 1929 nei pressi del Muro del Pianto; cfr. I. Ë™q…n, “al-Thulath…’ al-|amr…’”(Il martedì rosso); la poesia è suddivisa in cinque parti: la prima, che dà il titolo al componimento, le tre parti successive “La prima ora”, “La seconda ora” e “La terza ora” e infine “ I tre eroi” dedicata ai martiri palestinesi uccisi in seguito agli scontri; in Al-A‘m…l al-shi‘riyya al-k…mila, cit., p. 140-45. 23 Membri di una setta della fazione degli Ismailiti, dell’islamismo shiita che si diffonde a partire dall’XI secolo in Persia, Siria, Asia Centrale e India; i Nizari sono meglio noti sotto il nome di Assassini (gli altri musulmani li chiamavano hashsh…sh™n, “consumatori di hashish”). Erano particolarmente temuti e odiati per la ferocia e il disprezzo del pericolo che manifestavano durante le loro scorrerie.
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del martire che sacrifica se stesso per il bene della patria24. Tale figura acquisisce nuovo significato e diventa il combattente che incarna e ispira la resistenza contro l’oppressore straniero. L’eroe non mostra la sofferenza, sopporta senza lamentarsi, non ha paura di fronte alla morte, ma non sacrifica la vita invano: lo fa per difendere la libertà, e il suo gesto parla più di ogni proclama. Le poesie dedicate ai martiri rispecchiano lo schema classico dell’elegia e tuttavia si colorano di nuove tinte; in alcuni casi emergono i toni cupi dell’impegno politico che sarà sviluppato appieno dalla generazione successiva. Ad esempio per H.assan Buhayr† l’immagine dell’eroe martire della patria e della fede si estende anche alla figura dell’operaio sindacalista: [...] hanno ucciso te, non la tua libertà nel cuore del popolo25
Per Ë™q…n il senso della terra e della necessità di difenderla si carica di tensione drammatica prima che si faccia largo una vera coscienza nella classe politica circa l’instabilità della situazione palestinese. Il poeta denuncia l’ambiguo atteggiamento britannico e chiama il mondo arabo a esprimere la propria solidarietà al popolo palestinese. Il linguaggio è ardente nei versi di esaltazione nazionalista, tagliente nella denuncia politica, ma non arriva mai a soffocare lo spirito romantico, che rivela tutta la sua levità nelle liriche più intimiste. Questa generazione di poeti è cosciente di quanto accade nella società araba e dei drammi dell’epoca. Nei loro componimenti non si affrontano temi sociali, come l’arretratezza, la fame o l’ignoranza, ma è forte la consapevolezza dell’attacco inferto dalle potenze coloniali al mondo arabo. “I poeti si battono per gli ideali di libertà e democrazia” scrive Ab™ Salmà “combattono i leader incapaci, o ambigui, senza compromessi né concessioni”26. Accanto ai temi cari della patria non mancano le poesie più intimiste dove si delineano le espressioni di una visione romanI. Ë™q…n, “Y… surrat al-bil…d” (O centro del paese), del 29 agosto 1925, in AlA‘m…l al-shi‘riyya al-k…mila, cit., p. 58. 25 A. Dahbour, “La poésie palestinienne de 1900 à nos jours”, cit., p. 16. 26 Ab™ Salmà (‘Abd al-Kar†m al-Karm†), D†w…n, Mansh™r…t al-Itti|…d al-Kutt…b wa ’l-øa|afiy†n al-Filas¥iniy†n, II ed. 1981, p. 3. 24
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tica della natura: il rapporto tra l’uomo e il mondo viene mutuato dal vitale apporto dei poeti emigrati in America. Nel 1923 Mikh…‘†l Nu‘ayma (1889-1989) pubblica a Beirut al-‹irb…l (Il setaccio), un saggio critico sulla poesia e il ruolo del poeta che molto influenzerà la nuova generazione27. Lo scrittore e poeta siriano mutua in parte dalla filosofia dell’americano R.W. Emerson la propria concezione dell’uomo immerso nel creato che diviene parte del dio; e quindi profeta e artefice del cambiamento. Le opere di ßubr…n e Am†n al-Ri|…n† (1876-1940)28 fanno da riferimento a molti giovani che intendono innovare la poesia, come ad esempio ßabr… Ibr…h†m ßabr… (1920-94). È il loro un romanticismo che nella natura cerca ispirazione per guardare alla vita con rinnovata speranza ma, non sempre ottimista, è anche canto solitario e infelice29. Al-Ri|…n† è anche un aperto sostenitore della rottura degli schemi metrici tradizionali e nello stesso tempo un contestatore dei regimi oppressivi. La poetessa Fadwà Ë™q…n (19172003) è molto sensibile ai richiami di questa nuova tendenza da cui mutua temi e forme. Un esempio della sua visione esistenziale viene dai seguenti versi: Ero nel mondo errabondo quesito dalla risposta smarrita nella densa tenebra. Eri per me alba di nuova luce accesa dalla sorte dall’ignota tenebra 30.
La catastrofe (nakba) del 1948 segna una svolta nella storia e nella letteratura. Dopo la fondazione dello Stato d’Israele, si acuisce il dramma della Palestina e i poeti esprimono la rabbia e l’orgoglio di un popolo indifeso aggredito nella propria terra. La poesia neoclassica si carica dei toni drammatici del dolore per la M. Nu‘ayma, Al-‹irb…l, D…r ø…dir, Beirut 1923. A. al-Ri|…n†, poeta emigrato autore dei celebri saggi sul nazionalismo (AlQawmiyy…t del 1924) e sulla necessità di riformare la poesia e aprire al verso libero (Antum al-Shu‘ar…’, “Voi poeti”, del 1933). S.K. Al-Jayyusi, Trends and Movements in Modern Arabic Poetry, cit., pp. 86-91. 29 F.M. Corrao, Poesia Straniera. Araba, cit., pp. 53-56. 30 “Esistenza”, cfr. più avanti p. 61. 27
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perdita dei propri cari e dei luoghi amati. La rabbia e la disperazione stravolgono i temi del nazionalismo. I versi incitano con maggior vigore alla lotta contro il nemico e l’oppressore. Il poeta è il portavoce del clan, e come in epoca preislamica, non parla di sé, ma del dramma del popolo che rappresenta. Di fronte allo smarrimento la poesia acquisisce i toni e i motivi cari ai cantastorie della tradizione popolare, per ritrovare in essi i valori di una cultura la cui esistenza è sempre più incerta. Il poeta è ideologo e guardiano della memoria del popolo e la sua opera contribuisce al formarsi della coscienza nazionale. All’esodo consegue lo smembramento della compagine sociopolitica, che incide fortemente anche sulla produzione letteraria; i moti di rinascita degli anni Quaranta adesso si spengono a causa della dispersione dei letterati costretti a emigrare, e in esilio nasce una nuova generazione di intellettuali. Di quei tragici giorni ßabr… Ibr…h†m ßabr… ricorda l’illusione condivisa di un trasferimento solo provvisorio, e la generale certezza del ritorno a breve nella propria casa; il poeta evoca amareggiato la veemenza con cui agli esuli viene suggerito da ogni parte di scappare, dimenticare e di cancellare ogni ricordo31. La nuova realtà prima ancora di incidere sui giovani provoca un profondo cambiamento tra coloro che hanno già un’esperienza letteraria alle spalle. Giovani poeti come ßabr… e Fadwà Ë™q…n mettono in discussione in maniera più radicale le regole metriche tradizionali e cercano nuovi linguaggi per esprimere il disagio e l’estraniamento che vivono. La fortuna letteraria di Fadwà Ë™q…n, la più significativa poetessa palestinese, inizia dopo la morte del fratello, il poeta Ibr…h†m (1941), evento che segna profondamente la sua vita privata. Nelle sue prime raccolte poetiche, Sola coi giorni (1952) e L’ho trovata (1957) dominano la solitudine e una sofferta ricerca introspettiva. Gli eventi del 1948 travolgono la vita della poetessa che da quel momento si sente più vicina alla sofferenza della sua gente. La sua produzione subisce un importante cambiamento: il linguaggio poetico della Ë™q…n si allontana dai toni pacati della fase roman31 J.I. Jabra, “Portait de l’exilé palestinien en écrivain”, in Revue d’études palestiniennes, (63) 11 nuova serie, primavera 1977, pp. 3-11.
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tica e acquisisce gli accenti aspri della denuncia, e nei componimenti prevale il verso libero. La volontà di condannare le ingiustizie la portano a comporre la raccolta Dacci amore (1960). A partire da questa nuova fase la poesia è dominata dallo sconforto e dall’angoscia; l’estensione del disastro non ha limiti e i rifugiati, sparsi per ogni dove, mendicano un po’ di aiuto. I toni già forti del poeta Ab™ Salmà adesso diventano epici e non esitano a condannare gli arabi che hanno abbandonato il popolo palestinese a un iniquo destino. La casa adesso vive nel sogno, e protagonista delle poesie torna a essere la tenda; non è più la tenda tradizionale dei beduini dell’epoca preislamica, ma è il simbolo della sofferenza della diaspora32. Lo sconvolgimento fisico e psicologico provoca diverse reazioni: i poeti sono gli interpreti degli aspetti più tragici; il cambiamento si riflette anche sulla forma poetica e non solo sul piano dei contenuti. Alcuni continuano a scrivere seguendo le tracce della precedente poesia nazionalista accentuandone ora i toni, come i poeti Y™suf al-Khat†b (1930) e H.ar™n H.…shim Rash†d (1930); altri, invece, accolgono le nuove forme elaborate da un gruppo di giovani poeti iracheni. La poetessa Salmà Khadr…’ al-ßayy™s† (1926) è tra i primi a seguire i nuovi ritmi; abbandona lo stile della fase romantica per scegliere la poesia moderna: Ci allarmò il baccano dei lamenti poi quella triste voce persistente, “Manda aiuto a Oriente, ora i tuoi parenti sono tutti esiliati” A lungo per loro ho pianto e sofferto ho poi inviato abiti ai parenti li avevo già raccolti per i mendicanti 33.
Il dramma personale è il particolare di un quadro devastante; il lamento della poetessa si sofferma sulla descrizione degli abiti 32 Cfr. supra, nota 8. Per la poesia “D…r†” (La mia casa) si veda AA.VV., Poèmes palestiniens d’hier et d’aujourd’hui, Pontificio Istituto di Studi Arabi e d’Islamistica, Roma 2005, pp. 19-22. 33 “Senza radici”, cfr. più avanti p. 105.
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per indicare il rapido passaggio da una condizione di benessere all’indigenza. Il “baccano” fa eco al clamore della guerra; l’evento politico è un’atmosfera impalpabile, e la poetessa esprime la sensazione di sgomento accostando alcuni elementi personali (l’invio degli abiti ai parenti) e allo stesso tempo significativi della situazione generale. Poi dal piano locale passa a quello più ampio della regione, e la richiesta di aiuto allude al fenomeno della diaspora che coinvolge i paesi limitrofi.
LA RIVOLUZIONE IN POESIA E I SIMBOLI DELLA RINASCITA La generazione che si afferma dopo la catastrofe del ’48 vive due eventi fondamentali: il successo della rivoluzione egiziana del 1952 e l’esodo che costringe molti intellettuali a scrivere e ad agire in realtà culturali diverse da quella palestinese. I giovani poeti impegnati che in quegli anni maturavano la scelta di farsi portavoce dei mutamenti epocali che travagliano il mondo arabo, salutano la rivoluzione egiziana con grande entusiasmo. Il poeta impegnato si fa interprete dell’ideologia vincente, il cantore dell’arabismo si ispira al realismo socialista sovietico e si rivolge a tutti con un linguaggio chiaro e diretto, ricco di immagini semplici ed efficaci. Per alcuni invece lo sradicamento porta a una ricerca introspettiva, tesa ad approfondire la conoscenza dell’essere umano e delle civiltà per dare risposta agli interrogativi che questa nuova fase dell’esistenza pone. Sul piano della forma i vecchi metri non rispondono ai ritmi della nuova realtà: il poeta si trova così impegnato nella sperimentazione. Alcuni trovano nel verso libero, adottato dagli iracheni34, una risposta duttile che si adegua alle mutate esigenze, altri invece sperimentano la poesia in prosa. 34 L’esperienza si inaugura con uno scritto teorico sulla scelta del nuovo metro di N…zik al-Mal…’ika (1923) nella prefazione alla sua raccolta Sha©…y… wa ram…d (Schegge e ceneri, 1948); la poetessa compone in versi liberi (|urr), cioé spezza la struttura del doppio emistichio. Il metro si fonda su di un solo piede, ripetuto liberamente in ogni verso e la rima è libera. Ciò non implica l’abbandono della metrica tradizionale, ma per gli eruditi dell’Accademia della Lingua Araba queste composizioni non sono poesie. Aderiscono gli iracheni Badr Sh…kir al-Sayy…b (1926-1964), ‘Abd al-Wahh…b al-Bay…t† (1926-1998), e l’egiziano Bishr F…ris (1906-1963); cfr.
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L’ultima generazione di poeti palestinesi accoglie le innovazioni della scuola irachena sia sul piano della forma che del contenuto. Le opere di al-Sayy…b sono quelle che meglio corrispondono ai sentimenti del tempo, ma l’ispiratore del rinnovamento della poesia araba moderna è anche l’originale interprete di una nuova condizione umana. Il sentimento di perdita e di smarrimento che emerge dai versi rievoca in modo inedito l’opera di T. S. Eliot e i miti di morte e rinascita delle antiche civiltà regionali35. Le poesie di al-Sayy…b ispirano molti poeti palestinesi, e diventano un modello d’interpretazione e rappresentazione della realtà che supera i limiti dell’esperienza personale. Le figure e gli elementi delle civiltà antiche sottolineano il passaggio dal piano della quotidianità verso una dimensione diversa da quella scandita dal tempo lineare. Per quanto riguarda la forma, ricorre spesso alla ripetizione ossessiva della parola (come ne La terra desolata di Eliot). Un esempio di quanto questa formula abbia cambiato la scrittura lo troviamo nella celebre poesia “Carta d’identità” di Ma|m™d Darw†sh, presente in questa antologia. È vero che, con la ripetizione della stessa parola, al-Sayy…b applica al testo scritto una pratica distintiva della recitazione; così si rinnova in poesia un fenomeno essenzialmente orale. La singola parola evoca sentimenti di angoscia; il ripetere è, tuttavia, anche un mezzo per distaccarsi dalla sofferenza fisica, reale; in questo senso la replica ritmata della parola ricorda anche la ripetizione dello dhikr, la preghiera dei mistici musulmani. Lo stile di alSayy…b è esemplare anche per il ritmo nuovo che dona alla parola e quindi alla frase; il poeta conia allitterazioni onomatopeiche di grande efficacia che si ripetono secondo ritmi sincopati, ora lunghi talvolta brevi, in ogni caso irregolari e incostanti rispetto a quelli delle melodie tradizionali. Questa nuova scansione imita S. Khadra Jayyusi, Trends and Movements in Modern Arabic Poetry, cit., pp. 55755; K. Kheir Beik, Le mouvement moderniste de la poésie arabe contemporaine, Publications Orientalistes de France, Parigi 1978, pp. 24-26; I. Camera d'Afflitto, Letteratura araba contemporanea, cit., pp. 133-54. 35 Il poeta, grazie alla conoscenza dell’inglese, alle traduzioni diffuse dalle riviste mediorientali, e agli scritti dei poeti emigrati, rinnova i contenuti della poesia già nella prima raccolta, Fiori appassiti (1947); sperimenta poi il verso libero nel poema “Era amore?” per adottarlo definitivamente con la seconda raccolta, Leggende (1950).
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la dimensione frammentata e aritmica in cui si svolge la vita dei palestinesi. Un ultimo importante fattore innovativo, successivamente ripreso e interpretato in modo originale da Sam†| al-Q…sim (1939), è l’introduzione di elementi autobiografici, in simbiosi con gli archetipi della cultura popolare, recuperati dal poeta in funzione rigeneratrice. Al-Sayy…b, che si professa comunista, sente la necessità di denunciare le ingiustizie sociali anche attraverso le opere poetiche. La sua vita rappresenta un modello: si preoccupa della sofferenza del popolo vessato dal potere, e si assume il ruolo di infondere la speranza in un possibile cambiamento sociale, presago di nuovi percorsi di libertà. Nel corso degli anni Cinquanta le tensioni in Palestina non si placano e molti intellettuali palestinesi emigrano in Libano dove partecipano attivamente alla vita letteraria scrivendo sulle pubblicazioni di nuova creazione. In quegli anni le tendenze poetiche del realismo socialista, del simbolismo e le sperimentazioni formali sono ospitate nelle riviste poetiche libanesi ed egiziane. Nel 1953 in Libano Suhayl Idr†s fonda la rivista letteraria al-ƒd…b, che contribuisce alla diffusione della letteratura impegnata, al-…d…b al-multazim. Gran parte del supporto ideologico e immaginario di queste correnti va cercato nelle traduzioni delle opere di Majakovskij, Lorca e Neruda, e nel celebre Che cos’è la letteratura di Jean Paul Sartre. Caposcuola della letteratura impegnata è l’iracheno ‘Abd al-Wahh…b al-Bay…t†; e accanto alla sua firma figurano i nomi dei maggiori poeti della resistenza palestinese, dalla ßayy™s† a Darw†sh. Una tendenza diversa è rappresentata dagli intellettuali che aderiscono alla rivista Shi‘r, fondata nel 1957 dal poeta libanese Y™suf al-Kh…l a cui darà poi il suo contributo il siriano Adonis36. Essi considerano prioritario il coinvolgimento del poeta sul piano dell’impegno civile e nella vita culturale del proprio paese piuttosto che nell’ambito politico. L’intellettuale deve fornire il supporto ideologico e promuovere il cambiamento culturale e sociale. La rivista è però aperta ad accogliere le più diverse sperimenta36 Su Adonis e l’esperienza del gruppo Shi‘r si legga F.M. Corrao, Adonis. Nella pietra e nel vento, Mesogea, Messina 1999.
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zioni, e il giovedì la redazione si riunisce a dibattere sulle nuove tendenze. Molti, come al-Kh…l e Adonis, sono interessati allo studio sulla poesia in prosa di Suzanne Bernard37, altri alle opere di T. S. Eliot, mentre il palestinese ßabr… è affascinato dalla lettura del Ramo d’oro di Frazer, che in seguito traduce. ßabr… è un intellettuale poliedrico, pittore, critico oltre che scrittore e poeta. Formatosi prima in Palestina e poi in Inghilterra, diviene uno studioso esperto della produzione letteraria sia orientale che occidentale. Traduce molti capolavori, le opere di Shakespeare e Faulkner, e molti saggi critici. Assieme al gruppo di Shi‘r trova nella lettura di Frazer, e nel mito della fertilità e della rinascita de La terra desolata, la risposta al tanto auspicato rinnovamento. Alcuni di loro scelgono per rappresentarsi il simbolo del dio della vegetazione babilonese, Tamm™z, che ogni anno rinasce nel mese di luglio. ßabr… collabora all’elaborazione teorica di questa nuova corrente poetica, e soprattutto compone la prima opera-manifesto, Tamm™z in città (1959). Per rinnovare la poesia il gruppo di Tamm™z si propone il recupero degli elementi più originali della tradizione araba, sia classica che preislamica, e nello stesso tempo attinge al patrimonio letterario di altre civiltà. Il linguaggio simbolico permette ai suoi autori di attingere liberamente alle fonti mistiche e mitologiche dell’Oriente classico e di dare nuovo significato alle antiche figure retoriche. Gli archetipi dell’Islam tradizionale si integrano nella varietà culturale del Medio Oriente, fucina di straordinarie civiltà. Le metafore classiche sono riadattate e interpretate in chiave attuale; le difficoltà incontrate dai poeti del deserto preislamico diventano gli ostacoli dell’uomo moderno. Il deserto è allora sinonimo di solitudine e disperazione; e per i palestinesi la croce è il doloroso e umiliante fardello da portare, alleviato solo dalla speranza che offre la resurrezione del Cristo. Per ßabr…, cristiano, la figura di Gesù è familiare; il suo messaggio, tuttavia, è rielaborato dal poeta in modo particolare rispetto agli altri tammuziani, come si legge nella poesia “Dopo il Golgota”:
37 S. Bernard, Le Poème en Prose de Baudelaire jusqu’a nos Jours, Librairie Nizet, Parigi 1959.
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Ho vissuto con il Messia con lui sono morto e resuscitato (...) Dammi ombra e acqua fresca per appendere i miei ricordi alle pareti di una stanza abbandonata.
La metafora qui usata dal poeta è complessa. Afferma di aver vissuto con il Messia per indicare la sua condizione di esule; come il Messia è nato ed è morto in Palestina, perché per la sua condizione, e per la patria, è come se fosse morto; come il Cristo rinasce, e la sua vita ricomincia in forma nuova. La Palestina non è menzionata ma il ricordo della terra lontana è evocato nella stanza abbandonata. Il desiderio di chi viene dal deserto dell’esilio anelando all’ombra e all’acqua è da leggere in chiave simbolica. Infine, l’appendere i ricordi alle pareti è iperbole e atto consolatorio di chi ha perso tutto: l’esule, diversamente da chi torna da un viaggio e appende un soprabito, con sé non ha nient’altro che il ricordo. Il gruppo Tamm™z si propone anche di rielaborare la narrativa popolare. Dall’epoca abbaside torna in auge Sindb…d, uno dei protagonisti delle Mille e una notte: ora rappresenta lo spirito d’avventura dell’individuo che accoglie la nuova esigenza di ricerca del vero. Ai miti classici della tradizione islamica si affiancano quelli delle altre civiltà mediterranee; i poeti tammuziani, come prima di loro i poeti della diaspora americana (mahºar), vogliono aprire la cultura araba alle altre esperienze per recepirne i valori condivisi, come quello del mito della rinascita dopo la morte, nell’auspicio di elaborare un ideale universale capace di rispondere alla crisi del presente. Per ßabr… rielaborare i miti delle civiltà antiche serve a esprimere la speranza nella rinascita di un mondo migliore, purificato dagli orrori della guerra: Qui mi sono fermato a fare il mito e la realtà a modo mio, vivo la realtà e la violenza del mio sogno. Il mio sogno è più cosciente, nel corpo è più mordace (come il mare) di ogni verità 38. 38
“Una sequenza poetica”, cfr. più avanti p. 91.
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Il poeta si batte per la libertà della sua terra: sa che è un sogno, ma lui lo rende vivo e attuale nella rinnovata creazione del mito. La forza del sogno ha il potere di recidere le radici di una realtà di sofferenza; è tale da sovrastare la verità di un dolore immenso come il mare. La Palestina nella sua poesia è la terra del sogno e del riscatto e la terra martoriata del Signore. Le drammatiche vicissitudini della sua gente sono condivise dal poeta che, scacciato da Gerusalemme e costretto a emigrare in Iraq, vive il suo esilio in una dolorosa condizione di sradicamento fisico e spirituale: di qui la spinta a una forte astrazione simbolica. Tra i componimenti celebri si ricordano Circuito chiuso (1960) e Sole in agonia (1981). Se ßabr… rappresenta un aspetto “istituzionalizzato” dell’innovazione che fa scuola, di segno opposto, seppure della stessa generazione, è lo sperimentalismo di Tawf†q ø…’iº (1927-71). Uno dei primi e più originali autori di poemi in prosa con la raccolta Trenta poesie (1960), collabora anch’egli con il gruppo Shi‘r che gli pubblicherà un altro poema ancora più rivoluzionario, Il poema K (1965). In questo testo alla sua difficile condizione di cristiano (tra i musulmani) e palestinese (esule) aggiunge l’audacia di trattare temi erotici. Il poeta è tra i più interessanti sperimentatori delle nuove tendenze; a incoraggiare questo movimento innovatore contribuisce inoltre con la traduzione dei Quattro quartetti di T.S. Eliot39. ø…’iº non solo rinuncia all’uso dei metri classici ma ricorre alle tecniche poetiche dell’inversione e della metonimia e al linguaggio corrente. Nel 1961 fonda la rivista Úiw…r (Discorso), versione araba della rivista Encounter, è costretto però a chiuderla quando si scopre che quest’ultima è stata fondata con finanziamenti della CIA. Il senso profondo di sradicamento crea in ø…’iº un’inquietudine continua che lo porta a violare ogni tabù della poesia araba. È ironico e allo stesso tempo collerico; aggredisce ogni certezza con il dubbio, anche quando si parla della patria. È un poeta intimista e ferocemente trasgressivo, pervaso da un senso di profonda frustrazione per la sua condizione di esule. L’erotismo è prepo39 L’opera è del 1943; cfr. T.S. Eliot, La terra desolata. Quattro quartetti, trad. di A. Tonelli, Feltrinelli, Milano 1995.
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tente nella “Prima poesia” della raccolta provocatoriamente intitolata Mu‘allaqa 40, dal nome della celebre ode di epoca preislamica; il testo suscita violente polemiche e scardina lo schema della poesia d’amore. I poeti palestinesi prestano solitamente ai versi d’amore una lettura più docile; la donna amata è spesso il simbolo della Palestina. La terra è irraggiungibile come la bella, e la separazione da lei causa un dolore che porta alla follia. Gli stereotipi della poesia d’amore vengono rinnovati e rivolti alla Palestina. Darw†sh e Ab™ Salmà dedicano molte poesie all’amata terra, così come altri poeti della nuova generazione. Anche le poetesse Ë™q…n e ßayy™s† hanno svolto un ruolo importante nell’innovazione della poesia classica d’amore. Nei loro versi è forte il rifiuto del ruolo tradizionale della donna; bandiscono le immagini stereotipe che da secoli ripetono formule vuote e irreali. La donna adesso vuole dare voce a valori autentici, si ribella contro gli oppressivi schemi sociali e coraggiosamente rivendica il diritto al rispetto dei propri sentimenti. Così recita la Ë™q…n: Non scrivermi cartoline con l’essenza del ricordo e fasci di passione un deserto è tra il mio cuore e la gioia d’amore dove s’avvinghiano funi di fuoco e attorno a me serpi si avvolgono sibilando soffiano nel fiore veleno e fiamme 41.
Qui la poetessa si ribella a ogni gesto romantico, nella drammaticità del momento storico ogni ricordo passionale è vuota retorica e il suo dolore è tanto forte da non poter sopportare neanche l’umanità di parole solidali. La produzione poetica della ßayy™s†, apparsa all’inizio su riviste specializzate, si concentra nella prima raccolta Ritorno dalla fonte sognante (1960). Quest’opera composta in versi liberi è caratterizzata da toni romantici, ma anche molto critici della 40 41
Qui si traduce il primo brano intitolato “L’ultima poesia”, cfr. più avanti p. 95. “A un volto smarrito nel deserto”, cfr. più avanti p. 71.
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tradizione. Quando parla del dramma del paese prevale invece il senso di angoscia per il destino del suo popolo. La poetessa assume un ruolo attivo nel gruppo dei letterati della Resistenza, e il suo discorso poetico nel tempo si evolve verso l’impegno politico.
LA POESIA DELLA RESISTENZA Nel ventennio tra il ’48 e il ’67 accanto alle correnti poetiche che abbiamo illustrato si afferma una poesia ispirata al realismo socialista. Tra i più significativi rappresentanti spicca il nome di Mu‘†n Bs†s™ (1927-84). Poeta della rivoluzione delle masse, scrive in un linguaggio diretto ricco di slogan politici e di termini presi a prestito dal lessico dell’internazionalismo rivoluzionario. È sensibile ai bisogni degli umili e si batte per la giustizia dei popoli oppressi. In seguito all’onda emotiva della seconda sconfitta (naksa, la ricaduta) del ’67, una nuova generazione di poeti e molti tra gli intellettuali impegnati danno vita al movimento letterario chiamato ƒd…b H.az†r…n, “di Giugno”, il mese di quegli eventi. È una produzione letteraria che si inquadra nel più generale contesto della Resistenza, ƒd…b al-muq…wama, che rifiuta di cedere alla rassegnazione e continua a esprimere la vitalità di un popolo di cui si vuole negare l’esistenza. Se per molti poeti impegnati questa fase coincide con la crisi dei rapporti con il potere, per i palestinesi si aprono invece nuovi orizzonti di lotta sul piano culturale. La letteratura dell’area propone adesso modelli e contenuti originali per il rinnovamento della cultura araba. A determinare il drastico cambiamento è la gravità della situazione: in pochissimo tempo il territorio palestinese è occupato. Dopo il ’48 non c’è stato un esodo pari a quello che è seguito alla sconfitta del ’67. Tra i poeti che vivono il dramma in prima persona c’è Fadwà Ë™q…n. La poetessa sperimenta l’occupazione nella sua città, Nablus, conquistata dall’esercito israeliano. Per esprimere tutto il suo dolore, pur essendo musulmana ricorre al simbolismo cristiano, e così denuncia la situazione:
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Sulla via della passione sotto la croce del dolore Gerusalemme è fustigata: esangue per la sferza del boia. Il mondo è un cuore chiuso non vede la tragedia erra smarrito, in questa gelida indifferenza, o Signore, si è spento l’occhio del sole 42.
Nella Gerusalemme oppressa dalla violenza, la persecuzione di Cristo trasfigura in croce sanguinante; questa immagine restituisce con forza il senso del dolore e si afferma in duro contrasto con l’indifferenza del mondo nel giorno di Natale. Da allora la poetessa si dedica con maggiore passione alla causa nazionalista, si vota all’impegno politico e diventa l’icona femminile della poesia della Resistenza palestinese. A questa nuova fase appartengono le raccolte Davanti alla porta chiusa (1967) e La notte e i cavalieri (1967). L’adesione alla lotta non segna una rottura nella sua produzione poetica, ma un’evoluzione; il suo travaglio interiore si sublima nella sofferenza di un intero popolo. Contemporaneamente la poetessa lavora alla struttura formale del verso; se nelle prime liriche riecheggia lo stile romantico del fratello Ibr…h†m, adesso lo abbandona a favore del verso libero, come nel volume Sola in cima al mondo (1973), in una ricerca sperimentale ancora più audace di quella della scuola irachena. Tra gli interpreti di questa nuova fase sono Mu‘†n Bs†s™, Tawf†q ø…’iº, Sam†| al-Q…sim (1939) e Ma|m™d Darw†sh. I loro versi sono permeati d’angoscia e da un senso di profonda solitudine; sulla tragedia prevale ancora la speranza del riscatto, emerge un nuovo eroe che si fa carico di guidare la sua gente nella Resistenza. Dalla nuova tendenza poetica affiorano due esigenze particolari: rielaborare rapidamente il lutto e allargare gli orizzonti per acquisire maggiore esperienza. Sam†| al-Q…sim è tra le voci più significative della poesia della Resistenza palestinese. Nasce e studia a Nazareth; viene arrestato più volte perché militante comunista e autore di poesie rivoluzio42
“A Cristo, per Natale”, cfr. più avanti p. 67.
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narie, dopo la guerra del 1967 è allontanato dall’insegnamento. È autore di poesie e opere teatrali in cui la Palestina è una metafora per esprimere la condizione dell’umanità; a tal fine fa riferimento alla mitologia greca, all’Antico e Nuovo Testamento. Il linguaggio è tuttavia immediato e semplice, permeato dal dialetto e le espressioni tipiche del discorso parlato. Nelle sue poesie fa riferimento alla vita nei Territori occupati, alla saggezza popolare e anche a personaggi del folklore, come nella composizione qui riportata in cui ritrae la figura del saggio-stolto ßu|…43. Passa così dal piano della realtà al fantastico per meglio esprimere la condizione surreale in cui vive. Un esempio forte di questa dimensione è espresso nei seguenti versi: Avrei voluto narrarvi la storia di un usignolo morto avrei voluto narrarvi una storia... ma mi hanno tagliato le labbra!44
Sam†| al-Q…sim riesce a tradurre tutta la violenza della censura senza nominare il nemico, senza enunciare l’evento; la morte di un uccello, sinonimo di libertà, è il più eloquente atto d’accusa. Anche il tema dell’amore è affrontato dal poeta secondo una prospettiva diversa: della follia non dell’innamorato bensì della società in cui vive. Non è la malattia del “pazzo d’amore” della tradizione classica di Maºn™n e Laylà (VII sec.); qui la follia ha il sopravvento sulla realtà: Oh eterno effimero a te mi abbraccio e ti creo sulle labbra della follia danzo come usignolo nella tempesta tempesta nella febbre sulle labbra della follia e io chi sono per sopportare tanta passione? Cfr. p. 117; per ulteriori informazioni sul personaggio di ßu|… si legga Le storie di Giufà, a cura di F.M. Corrao, Sellerio, Palermo 2001. 44 “Labbra tagliate”, cfr. più avanti a p. 113. 43
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Scivola, oh piede s’incanti il tenebroso giglio nell’abisso della follia tra le schegge di questa memoria 45!
La storia dell’innamorato emarginato dal clan perché viola la legge e vive in alienazione tra le sabbie del deserto qui è riletta in chiave politica: la follia d’amore è innesto nella dimensione folle della vita nei Territori occupati: questo è il senso di usignolo nella tempesta. L’amore è tempesta che si scatena in uno stato di malessere, ossia “nella febbre della follia” (della realtà che lo circonda) che lo porta fuori dalla ragione (“al bordo”). A una fievole speranza allude la visione del giglio, fiore puro simbolo della rinascita che si ferma ai margini dell’abisso tra le schegge della memoria. In questa fase si afferma Ma|m™d Darw†sh, autore impegnato sin dai primordi della sua carriera poetica nei Territori occupati: giovane aedo dei palestinesi, si distingue grazie alla forza espressiva dei suoi versi. Dopo diversi arresti emigra in Egitto, poi a Mosca e infine si stabilisce nel 1972 in Libano; a Beirut continua la sua attività artistica e politica. Darw†sh è tra i primi a elaborare una letteratura della Resistenza, e rimane tra i più vivaci protagonisti della vita culturale libanese anche più tardi, nella fase della guerra civile (1975-85). Assieme ad altri intellettuali collabora all’edizione di riviste e giornali, è redattore capo della rivista Shu’™n filas¥†niya (Affari palestinesi), dirige il Centro Studi della Palestina, e in seguito anche la rivista letteraria al-Karmil (Il Carmelo)46. Sono anni in cui l’intelligencija palestinese esercita una grande influenza sulle scelte politiche; ma l’incanto ideologico della fase libanese dura poco e alla fine Darw†sh è tra i pochi a dar voce alla resistenza palestinese anche oltre i confini del mondo arabo47. 45 Sul poeta Qays, meglio noto come Maºn™n (folle) di Laylà, si veda F.M. Corrao, Poesia Straniera. Araba, cit., pp. 113-16; D. Amaldi, Storia della letteratura araba classica, cit., pp. 63-65; “Alfabeto della vita”, cfr. più avanti pp. 121-23. 46 Il giornale fondato a Haifa nel 1908 da Naº†b Na¡¡…r (1862-1948), che aveva denunciato gli acquisti di terre da parte dei sionisti, chiude nel 1933. Una nuova edizione è edita a Beirut da Darw†sh e, dopo un periodo di sospensione, ancora pubblicata a Ramallah. 47 F.M. Corrao, “La poesia di Mahm™d Darw†sh, la nostalgia della bellezza”, in Studi in onore di Clelia Sarnelli Cerqua, numero monografico di Studi Magrebini, Università degli studi di Napoli “L’Orientale”, n. 26, 1998-2002, pp. 69-82.
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I temi dell’amore per la propria terra e della difesa dell’identità sono elementi fondanti della sua poetica. La sua opera fonde in chiave originale la ricerca simbolista di al-Sayy…b con una visione realista essenziale, come si legge in questi versi del 1966: Dagli ulivi venne l’eco... ed io crocifisso sul fuoco! Ai corvi dico: “Non divoratemi, forse tornerò a casa, forse il cielo rompe in pioggia forse... spegne il legno ardente! Dalla croce scenderò un giorno mi vedrai... scalzo e nudo... torno!” 48.
Il paesaggio qui si riduce all’immagine degli ulivi, e il protagonista è crocifisso come il Cristo. Il poeta non parla dei suoi persecutori; li assimila ai corvi, e a loro annuncia il suo ritorno: scenderà dalla croce e la pioggia spegnerà il fuoco che ne brucia il corpo. È un’immagine che traduce una condizione di sofferente impotenza ma che non chiude la speranza al coraggio, alla determinazione di tornare, un giorno, alla propria terra e alla vita. In altri poemi la replica ossessiva delle frasi scandisce e unifica il contenuto dei versi e aggiunge enfasi al dramma narrato, come avviene in “Carta d’identità”. Gli elementi della semplice vita quotidiana assurgono a protagonisti di una tragedia che va oltre i confini della Palestina, come in questa disperata dichiarazione d’affetto per la madre: Mi manca il pane di mia madre il suo caffé la sua carezza che cresce con la mia infanzia
48 La poesia “Carta d’identità” si trova a pp. 127-31; “Una voce tra gli ulivi”, in La mia ferita è lampada ad olio, curatela e traduzione di F.M. Corrao, cit., p. 32.
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giorno dopo giorno amo la vita perché se morissi non sopporterei il pianto di mia madre 49!
Nella sua opera, come per altri esponenti della poesia impegnata e della resistenza, è sensibile l’influenza di poeti come Neruda e Majakovskji. Per quanto riguarda quest’ultimo, si segnala in particolare la rilettura che Darw†sh fa del celebre poema “Versi sul passaporto sovietico”. Il poeta sovietico è orgoglioso del proprio passaporto, e sa di essere guardato con invidia; lui appartiene a uno stato rivoluzionario che “per i mandati non ha alcun rispetto”. La situazione del palestinese è agli antipodi, è stato scacciato dalla sua terra quando ancora era sotto il dominio di una potenza mandataria. Per il passaporto dell’esule la Palestina non esiste. Per Darw†sh, come per tutto il suo popolo, il problema dell’appartenenza è cruciale: per questa ragione il passaporto è materia poetica e emblema identitario in molte poesie. È l’oggetto fisico che rappresenta la questione politica: il governo israeliano nega l’esistenza della Palestina, nega dunque l’identità del palestinese50. Nell’ambito della poesia della Resistenza si colloca la produzione di autori che dopo il 1967 sono rimasti nei Territori occupati. La poesia di questa fase matura lentamente e riesce ad affermarsi nonostante le difficoltà oggettive della censura e dell’isolamento in cui i poeti hanno vissuto per un lungo periodo. Riescono a mantenere viva la produzione creativa quegli intellettuali che sentono la responsabilità civile di testimoniare gli eventi del difficile vivere quotidiano. Scrivono pagine ricche di riflessioni politiche, ostili e indignate dal ripetersi di scene di violenza e di morte. La poesia dei Territori occupati diventa essenziale, il verso asciutto. Il poeta cerca nelle piccole cose un barlume di serenità e di pace. Tawf†q Zayy…d (1932-94) già nel 1968 scrive:
“A mia madre”, in La mia ferita è lampada ad olio, cit., p. 31. V. Majakovskji, “Versi sul passaporto sovietico” in Opere, a cura di I. Ambrogio, Editori Riuniti, Milano 1958, vol. IV, pp. 509-12. 49
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Sono un uomo semplice neanche un giorno ho imbracciato un fucile né ho serrato un grilletto mai in vita mia ho solo un po’ di musica suonata sulla piuma che disegna i miei sogni 51.
Il linguaggio è semplice, scarno; si sofferma sugli oggetti e invita a coglierne aspetti inediti. In questi versi di Zayy…d, la piuma con cui suona la musica ha un doppio valore: è immagine e suono. La ridondanza delle metafore classiche nelle poesie dei Territori è un ricordo lontano; ne dà qui di seguito un esempio G.ass…n Zaq¥…n (1951), che descrive con rigore l’essenza del lutto: Quattro sorelle da Zakariy…, sole sul colle sono vestite solo di lutto.
Il senso di solitudine delle donne, orfane o vedove, è reso assoluto dall’immagine che il poeta coglie sulla collina dove si staglia soltanto il nero delle loro figure. Mu|ammad H.amza ‹an…yim (1955) osserva con sguardo metafisico la realtà contingente. Non parla né di sangue né di morte: nella poesia “La sirena”, ogni oggetto allude a un dolore più vasto; il porto è metafora di chi è partito e la ghigliottina è il simbolo della morte diffusa: Quando il pianto si leva dai nostri smunti moli e i caffé stranieri si colorano di amara ironia il sole oscilla su ghigliottine sparse nel cielo dell’eternità in rovina.
I moli al porto riecheggiano dei lamenti di chi piange per chi è partito e ora si trova in un paese straniero. Chi è andato via è felice per essere sopravvissuto ma allo stesso tempo soffre per la 51 M. Ëaha “al-Shi‘r al-filas¥†n† al-|ad†th”, in M.H. al-R†sha e M. al-S™d…n† (a cura di), Cinquant’anni di poesia palestinese, cit., p. 15.
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lontananza. Le ghigliottine sparse indicano invece che sul luogo non restano che rovine e morte. Y™suf ‘Abd al-‘Az†z (1956), che nasce e vive nei Territori, si fa testimone di un’esistenza scarnificata, ridotta al minimo; ne “Il libro del dubbio” determina questa dimensione, in cui tutto si concentra su pochi elementi, e la descrive enfatizzando l’angoscia di una situazione che sembra immutabile: Stanotte, a casa ho trovato la solitudine indossava la mia camicia più bella beveva il mio caffè amaro fumava il mio tabacco sfogliava un mio manoscritto.
Qui la solitudine del poeta è una presenza quasi fisica e arriva alla personificazione; il poeta è pieno di sofferenza al punto da arrivare a sdoppiarsi, a costituire due persone da un solo individuo, con l’“altro” che usa e guarda le sue cose. Molti poeti registrano il dramma esistenziale con un linguaggio asciutto, diretto, in cui l’enunciazione semplice serve a sottolineare un’esistenza insopportabile, come leggiamo nella poesia “Un uomo qualunque” di al-Mutawakkil Ëaha (1958): Sono il facchino del mercato, quello che dorme nella stalla dei cavalli, il testimone e il senza voce, il demonio muto e il paese umiliato Della frusta sono carne, lacrima della morte, e specchio del dolore indurito nel cuore.
La poesia procede elencando una serie di mestieri e disgrazie, e sembra ricalcare il tono tragicomico delle pièce del teatro delle ombre. Nel tipico spettacolo popolare arabo il protagonista fa ridere semplicemente sciorinando la lista delle proprie disgrazie fisiche e disavventure; l’abilità del marionettista sta nel recitare velocemente, giocando con le parole tra assonanze e allitterazioni con un ritmo ossessivo e martellante, in modo da mettere in luce l’aspetto ridicolo e grottesco del personaggio52. Per molti poeti dei 52 In particolare mi riferisco al celebre personaggio di Ëayf al-Khay…l, protagonista del teatro delle ombre. Nelle rappresentazioni più recenti, il burattino (a volte
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Territori, il teatro comico popolare e in generale il folklore sono fonti inesauribili d’ispirazione. Si vuole mantenere viva una tradizione che testimonia la propria identità culturale anche nelle sue espressioni più semplici e diffuse. Ci sono autori, inoltre, che si dedicano al teatro per parlare di situazioni contingenti senza incorrere nei vincoli della censura. È il caso di Sam†| al-Q…sim, che scrive in versi una commedia il cui protagonista è un personaggio storico, l’oppressivo Qar…q™sh53. Il nemico appare come un prepotente che opprime senza ritegno la gente, abusando del proprio potere. Nei Territori occupati, la memoria è l’asse attorno a cui ruotano i valori affettivi e identitari; se la lontananza è l’angosciosa paura dell’esule, chi resta e non ha figli perde la possibilità di trasmettere alle future generazioni il ricordo di sé, perde la memoria. Nel “Canto della figlia” di ‹ass…n Zaq¥…n è chiaro il riferimento a un celebre verso del grande poeta Ab™ Nuw…s (IX sec.): Non ho una figlia per poterle dire figlia mia, chiamami se mi addormento ricordami che sono qui se lo dimentico mi accadde di dimenticare qui, continuamente mi capita di dimenticare 54.
Qui il poeta dichiara di non avere una figlia che possa confortarlo, come rimpiange anche Ab™ Nuw…s. Nella seconda parte enanche solo un guanto colorato) ripete frasi banali, o fa associazioni tra discorsi inconciliabili e, come il nostro Pulcinella, viene sovente picchiato. Sull’argomento si veda F.M. Corrao, Il riso il comico e la festa al Cairo nel XIII secolo, Istituto per l’Oriente C.A. Nallino, Roma 1996. 53 Un giudice e militare dell’epoca di Saladino (1169-93), di cui è prevalsa una fama negativa nell’aneddotica popolare a causa di un’opera denigratoria scritta dal poeta coevo Ibn al-Mamat†, Al-Fash™sh f† |ukm Qar…q™sh; sembra che disordini siano nati in reazione ai suoi metodi oppressivi. Il testo di Ibn al-Mamat† è tradotto da Kh.A. Sulaiman, Palestine and Modern Arab Poetry, cit., appendice 3, pp. 223-25. 54 Cfr. p. 197; per la poesia di Ab™ Nuw…s, La vergine della coppa, a cura di e trad. M. Vallaro, Istituto per l’Oriente C.A. Nallino, Roma 1992, p. 60.
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fatizza il tema della fragilità stessa del ricordare. Non avere figli, o averli deceduti, significa non lasciare tracce future. In “Cavalli neri”, il poeta torna alle radici della sua angoscia: non vuole dimenticare e ricorda gli amici d’infanzia uccisi, rievocando l’eco di un giorno di scuola: voglio che impari un canto delle elementari che porto dentro per intero senza errori tentennando a testa china e una stonatura. Per terra battono i piedini forte e i banchi picchiano i palmi aperti. Amici e bimbi della mia classe son morti in guerra resta il battito nella stanza a terra di piedini e mani agitate 55.
Chi resta deve continuare a combattere ogni giorno e imparare a vivere tra le rovine: mentre l’esule, come Darw†sh e altri, dedica l’esistenza a evocare un’immagine fisicamente e psicologicamente lontana, per il poeta rimasto nei Territori occupati è indispensabile che il ricordo sia forte e vivo. La differenza delle condizioni si percepisce nel tempo e crea sfumature diverse nella poetica. Se è possibile sublimare la violenza a distanza, questa è una rimbombante ossessione nel presente di chi vive sotto assedio.
LA POESIA AL TEMPO DELLA DIASPORA Nel corso degli anni emerge l’evidenza che lo status di esule non è, come molti avevano sperato, una condizione solo temporanea. Numerosi poeti, già noti negli anni Cinquanta e Sessanta, si disperdono nei luoghi della diaspora. I più fortunati continuano a scrivere dai paesi che li ospitano; nelle loro opere la Palestina sopravvive come un ricordo, sbiadito o nitido ma pur sempre lontano. L’eroe si batte per difendere l’identità che spesso coincide con la memoria. Così scrive ßabr…: 55 ‹. Zaq¥…n, Istidr…º al-ºabal (L’ascesa del monte), al-Mu’assasa al-‘Arabiyya li ’l-Dir…s…t wa ’l-Nashr, Beirut 1999, pp. 30-32.
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Nel deserto dell’esilio primavere s’inseguono Che ne è del nostro amore quando i nostri occhi di polvere e di gelo sono colmi? Verde Palestina terra nostra dai fiori come pizzi sulle gonne delle donne 56.
La descrizione della natura è motivo ricorrente nella poesia araba sin dall’epoca preislamica. La rappresentazione minuziosa del paesaggio eterna in una dimensione letteraria e quindi astorica i luoghi e i nomi delle piante e degli animali. In epoca classica diventa un espediente pressoché decorativo: per il poeta è l’occasione di ostentare le proprie conoscenze lessicali e scientifiche; ma vi sono anche autori, come Ab™ Tamm…m (IX sec.), che ne traggono sincera ispirazione: nei suoi versi la natura è umanizzata ed esprime le sensazioni del poeta57. Questo aspetto è ripreso nella poesia palestinese e in particolare da ßabr…, che nel poema qui tradotto, “Nel deserto dell’esilio”, recuperando il simbolismo della poesia descrittiva classica, esalta la primavera come atto di rinascita universale. Il poeta si chiede come sia possibile immaginare il verde della Palestina quando non c’è altro che la polvere delle rovine e il gelo della solitaria lontananza. Anche il viaggio, tema classico della poesia preislamica, non è più occasione di orgoglio e di vanto per le proprie prodezze e conoscenze. L’esodo dalla terra occupata conduce in lande ignote; la tenda dell’accampamento beduino è divenuta simbolo di precarietà e distingue una nuova condizione di sfollati in luoghi estranei, ostili com’erano i deserti per i poeti briganti dell’Arabia preislamica. L’esilio porta molti a vivere in realtà diverse, a volte inaccettabili: è allora che il poeta distoglie lo sguardo altrove, su un piano metafisico, come Darw†sh in questi versi scritti dopo l’esodo da Beirut: Andiamo in un paese che non è del nostro sangue, né delle nostre [ossa il castagno la roccia non è la capra del canto di montagna e le sorgenti dei [ciottoli non sono gigli. “Nel deserto dell’esilio” cfr. più avanti p. 83. F.M. Corrao, Poesia Straniera. Araba, cit., pp. 29-30, 152-56; D. Amaldi, Storia della letteratura araba classica, cit., pp. 85-86. 56 57
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Andiamo in un paese che a noi non accende un sole speciale. Le donne delle leggende ci applaudono: un mare con noi e uno per noi se vi mancano grano e acqua, mangiate il nostro amore, bevete le [nostre lacrime 58.
Il poeta ricorda i punti di riferimento che nell’esilio svaniscono: il castagno, la capra e perfino i ciottoli della sua terra, che la memoria restituisce belli e bianchi come gigli. La valigia dell’esule è povera, piena solo d’amore e lacrime. In questa fase Darw†sh riprende il percorso già calcato anni prima da Adonis nel poema “Prolegomeni alla storia dei piccoli regni” (1969). La scelta del simbolismo, la rivisitazione di epoche storiche mitizzate dell’impero arabo (come l’esperienza Andalusa), il bisogno di creare a partire dal linguaggio un nuovo umanesimo; sono tutti elementi che si trovano sia nel poema “Sirh…n beve il caffé” (1970) sia in “Undici astri” (1982). In quest’ultima opera Darw†sh usa per la prima volta la patria come realtà metastorica, attualizzando negli eventi odierni gli scenari dell’esodo medievale. Il poeta evoca la gloria di Granada e rimpiange la fine di un’epoca di tolleranza che rappresenta oggi una dolorosa utopia: la pacifica convivenza delle tre religioni monoteiste. Il pianto per la patria perduta non è inedito nella poesia classica; adesso negli esuli palestinesi rivivono i versi del principe andaluso al-Mu‘tamid ibn ‘Abb…d (1039-95) e del suo amico esule siciliano Ibn H.amd†s (1056-1133) grazie all’edizione dei loro canzonieri curata da I|s…n ‘Abb…s in vista del più generale recupero della memoria araba59. Per molti palestinesi l’amore per la terra e l’orgogliosa affermazione della propria dignità aiutano a perpetuare l’identità e a sopravvivere nell’esilio. La poesia della diaspora enfatizza il valore della lotta per il ritorno, ripercorre minuziosamente il tempo dell’infanzia, ripete in “Andiamo verso un Paese” è stata scritta dopo l’attacco israeliano in Libano del 1982, cfr. più avanti p. 133. 59 Cfr. F.M. Corrao, Poeti arabi di Sicilia, Mesogea, Messina 2002 (I ed. Mondadori); F.M. Corrao, Poesia Straniera. Araba, cit., pp. 36-38, 220-24; D. Amaldi, Storia della letteratura araba classica, cit., pp. 149-50. 58
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modo ossessivo il particolare per eternare la Palestina e condividerla con chi è rimasto nei Territori occupati. Un esempio di quanto sin qui detto lo troviamo nei seguenti versi di Mur†d alBarº™th† (1944): Le nostre tribù ritrovano l’antico splendore tende e ancora tende tende di pietra posata, pali di marmo o granito. Soffitti stuccati, carta vellutata alle pareti foto di famiglia e la Gioconda, di fronte un amuleto contro il malocchio accanto al diploma di laurea d’un figlio nella polverosa cornice dorata 60.
Accanto a Barº™th† spiccano i nomi di altri poeti dispersi in paesi del mondo arabo o in Occidente. Qui vale la pena di ricordare ‘Izz al-D†n al-Man…¡ira (1946), ‘Abd al-Rahm…n ‹an†m (1944), Kh…lid Ab™ Kh…lid (1937), Y™suf Ab™ L™z (1956), Kh…lid Darw†sh (1956), T…hir Riy…ÿ (1956), ‘Umar Shab…na (1958) e il più giovane ßih…d Hudayb (1965). Nel dramma esistenziale dell’esilio si realizza tuttavia un’importante evoluzione. Negli anni Cinquanta si scrive quasi esclusivamente del e al popolo palestinese; nell’esodo successivo alla guerra in Libano, si supera invece il carattere specifico per dar voce universale alla sofferenza dei profughi del nostro tempo, costretti a vivere in una condizione perenne di precarietà ed emarginazione. Torna il nome di Tawf†q ø…’iº; per lui l’eroe è una vittima del tempo e il poeta non ha profezie da compiere. Il rifugiato è un alienato e la sua vita è segnata dall’amarezza e dal dolore. In “Qa¡†da 14” egli ricorda la casa che ha lasciato a Tiberiade nel 1948 e narra la misera condizione di chi ha perso ogni cosa, unificando il proprio al dramma degli altri esuli: con la perdita materiale si perde il diritto all’esistenza. Il rifugiato è segnato dalla morte; anche nei momenti sereni della esistenza il ricordo degli amici e dei luoghi perduti ritorna ossessionante, come si legge nella 60
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“Le tribù”, cfr. più avanti p. 151.
poesia “Uno scambio epistolare... tra me e la morte” di ‘Izz alD†n al-Man…¡ira61. Accanto alle nuove correnti poetiche, in questi anni si afferma un importante movimento di letterati e scrittori che incide più organicamente sulla produzione araba. Un contributo fondamentale è offerto anche dai critici dell’ultima generazione, che focalizzano nuovi orizzonti interpretativi per le opere classiche e moderne. Oltre agli autori citati, ricordiamo Salmà Khadr…’ al-ßayy™s†, che dopo aver studiato e insegnato in Medio Oriente, continua la sua formazione negli Stati Uniti. Lì si dedica con passione alla ricerca, alla traduzione e alla diffusione del patrimonio letterario arabo nel mondo anglosassone. Il contributo culturale di questa intellettuale cambia di segno ma non muta l’obiettivo. La sua opera diventa emblematica dell’importanza data dai palestinesi alla cultura per rimanere vivi e non finire cancellati dalle pagine della storia. La consapevolezza del rischio è diffusa e in questo senso è significativo un verso del poema “Mezzanotte” in cui Barº™th† chiede che la sua esistenza non resti confinata per sempre alla sola carta: Devo avere una terra che non sia questa pagina!
NUOVE TENDENZE DELLO SPERIMENTALISMO Dopo una lunga assenza alcuni poeti, in seguito alla firma degli accordi di Oslo e all’insediamento dell’Autorità palestinese, sono tornati in patria; così è per Ma|m™d Darw†sh che, dopo l’esilio in Francia, torna a vivere tra Ramallah e Amman. Il poeta partecipa all’esperienza politica del primo governo inaugurato da Arafat dopo il rientro in Palestina. In quegli anni compone un’opera importante, Il letto della straniera, più vicina ai sentimenti di chi spera nella pace per i Territori occupati. Parla di un amore con la figlia del nemico, della difficile strada dell’intesa. Il sogno dura poco, riesplode l’Intifada e il poeta prende ancora la via dell’esilio verso Amman, dove tornerà a pubblicare la rivista al-Karmil. 61
Cfr. più avanti p. 165.
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Questa fase segna un’evoluzione importante nella produzione di Darw†sh, caratterizzata da un simbolismo più intenso che per certi versi lo avvicina alla scrittura dei poeti vissuti nei Territori occupati. La poesia di questo periodo sembra surreale e il poeta si muove su un piano metafisico; la patria diventa quasi un sogno. Tale metamorfosi riflette l’“odissea” – così egli definisce la propria vita – del poeta, che si identifica con l’eroe omerico. Darw†sh, che tra i moderni è stato il più attento alla rappresentazione di una realtà contingente da contrapporre al predominio fisico degli invasori, ora ricorda la patria come in sogno, la immagina come il paradiso perduto. Se nella prima fase il poeta ha usato il linguaggio semplice del lessico familiare (il candore delle lenzuola e il profumo del caffé della madre), ora intensifica il ricorso al simbolo. L’esperienza destrutturante dell’esilio lo porta a scrivere frasi spezzate per esprimere la rottura netta con il passato, con la norma e con l’abitudine. Perde il rapporto stabile con il tempo, e la storia invade lo spazio del presente. Il ricordo dell’altro grande poeta esule della tradizione araba, al-Mutanabb† (X sec.) lo accompagna in questa condizione e lo conduce in una nuova dimensione più universale, quella dell’uomo alla ricerca del sé e del senso dell’esistere62. Nell’ultima raccolta, Come il fiore di mandorlo o oltre (2005), Darw†sh parla dell’esilio e dell’identità, intercalando ai versi liberi il dialogo e la prosa. Un poema in particolare è dedicato all’altro grande letterato palestinese, Edward Said. Con lui affronta in una conversazione immaginaria il delicato tema dell’identità affermando che è in continua evoluzione e che non va cercata in un lontano passato63. I piccoli dettagli della vita dell’infanzia affiorano per ricordare che quel mondo è definitivamente scomparso; con l’espressione “non c’è posto per due in un solo letto” il poeta allude al fatto che non c’è più posto per lui nella casa occupata da altri in Palestina. I piccoli ricordi, giganti della memoria, sono alla base della vita ma la forza dell’identità è in continua evoluzione e non può sfuggire la realtà del presente. 62 F.M. Corrao, Poesia Straniera. Araba, cit., pp. 30-32, 159-71; D. Amaldi, Storia della letteratura araba classica, cit., pp. 121-23. 63 “Esilio – VIII”, in F.M. Corrao, La mia ferita è lampada ad olio, cit., pp. 10917.
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Molti poeti esuli, al ritorno in Palestina, scelgono di non affrontare i temi più strettamente politici. Alcuni, superata la prima euforia, capiscono che la realizzazione del sogno di una patria libera torna a essere un miraggio. Ibr…h†m Na¡rall…h (1954), e con lui altri intellettuali nati e vissuti a lungo in esilio, si dedicano all’insegnamento e al giornalismo (a Ramallah o altrove nei Paesi arabi), impegnando la loro creatività nel cercare di risolvere le difficoltà contingenti. Le parole però non riescono a nascondere i fatti e il poeta non può smentire la realtà, così nel descrivere la “Patria” Na¡rall…h scrive: Sotto il giogo dei nostri mattini il sole si sgretola e nel buio dei nostri passi s’incendiano corti respiri Patrie incomplete dove nient’altro appare che prigionieri di guerra64.
La speranza svanisce come il sole e le patrie si moltiplicano sulla carta per diventare prigioni a cielo aperto; e lo Stato non è neanche una realtà a tutti gli effetti. Tra la miseria e l’amarezza i poeti si impegnano a sanare un tessuto culturale disfatto, a ricostituire la trama di quella tela sfilacciata che è la vita nelle gabbie dell’assedio. Si vive in uno stato d’animo che oscilla tra la rassegnazione e l’ironia, nell’ennesimo tentativo di trovare la voglia di sopravvivere. La realtà sempre più spesso è confusa con il sogno, mondi reali e immaginari si sovrappongono come le sequenze scomposte di un film surreale. L’artista tenta di ricomporre un quadro verosimile e ammissibile, come si legge nella poesia “Il contratto” di Zak…riy… Mu|ammad (1951): Abbiamo lasciato l’albicocco ormai senza vita lì, nel giardino. 64
Cfr. p. 207.
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Ai piedi abbiamo piantato l’edera per vestirlo di verde dal tronco fino ai rami. Ed ora l’albicocco è verde anche d’inverno E questa è la sostanza del contratto: alla morte i frutti e le radici a noi basta l’inganno delle foglie 65.
L’amarezza del poeta nel constatare che la Palestina è un’illusione, è una terra che stenta a vivere come l’albero afflitto da una pianta parassita, sempreverde perché si nutre della sua linfa. Si sperimentano nuove forme di scrittura, si alternano i dialoghi alla prosa, si passa, in uno stesso verso, dall’immagine reale all’illusione, dal dialogo al monologo delirante. A volte il verso si interrompe, prende la forma del monologo dai toni allucinati per descrivere una realtà anomala, come nella poesia “Almeno” di W…lid Kh…zind…r (1950): Se scagliassi il bicchiere contro il muro se gridando svegliassi qualcuno, adesso, alle due del mattino se almeno dicessi cosa hai scritto in segreto, ieri sul pacchetto delle sigarette “Pioveva, è arrivata la primavera, e la vittima è ancora in giardino” 66.
Questi versi denunciano la dura condizione di chi è consapevole che nessuno ascolta il suo dolore, che le stagioni si susseguono ma il risveglio della primavera non annuncia la rinascita di un tempo nuovo. Nel frattempo una più giovane generazione di poeti matura nuove scritture. Il richiamo alla tradizione classica sembra scom65 66
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Cfr. p. 179. Cfr. p. 173.
parso, come anche l’attenzione verso il patrimonio popolare. Il discorso risente fortemente dell’influenza dei nuovi linguaggi, del cinema o della televisione; mentre le metafore trovano soluzioni sempre più ermetiche e surreali. Come messaggi pubblicitari, ogni verso allude a più significati. È molto difficile penetrare il senso della nuova poesia: ci si orienta attraverso i simboli delle poesie precedenti da cui sovente attingono, come ad esempio in questo componimento di Bash†r Shalash (1978) significativamente intitolato “Un giorno surreale”: Non c’è nulla sotto il cuscino. Ho sognato in bianco e nero un amico bere litri di colore e correre verso di me urlando: Disegnami... Era un luogo oscuro c’era odore d’incolmabile assenza.
In questa poesia il poeta allude ai colori di una terra che non c’è più, e ora non vede neppure nel ricordo; come in un vecchio televisore, ci sono solo il bianco e il nero; quei colori vivi nella memoria dei poeti della generazione precedente adesso svaniscono. Anche i profumi della terra e l’odore delle semplici tazze di caffé, sempre presenti nelle poesie della prima fase di Darw†sh, qui sono cancellati, e l’assenza dell’odore sottolinea la fine di ogni speranza. Perfino in sogno la memoria del poeta ha perduto quel patrimonio che prima aveva. Dalle poetesse emergono nuove forme e pittoresche visioni. F…tina al-‹urra (1974) è abituata a vivere la follia come norma, ma sa riconoscere il sogno impossibile di una vita armoniosa; anche nell’orrore del presente riesce a scorgere la bellezza, come in questi versi, significativamente intitolati “Spostamenti”: Rischio insensato, la libidine porta a baruffe da strada. È danza sulle nubi la fuga spostamenti su una piuma di colomba che svanisce.
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Una città maledetta, la voce del mare ride beffarda la luna l’acqua, l’unica a conoscere il mistero di chi annega l’onda, maestra d’improvvisazione.
Il panorama è qui impermanente: solo la fugacità regala il sogno e la speranza di potere creare nuovi orizzonti. Le immagini retoriche tradizionali, come la luna, ridono di questa realtà di cui solo l’acqua che scorre conosce il dramma, e quindi nessuno. Non resta niente, eppure bisogna improvvisare la vita sulle nubi o sulla piuma di colomba. Le prospettive non sono però esclusivamente negative e si elaborano anche nuove tendenze intimiste, come leggiamo nella poesia “Preghiera” di Duny… al-Amal Ism…‘†l (1971): Lasciami un po’ d’anima perché tu sappia quante volte mi ha ucciso, e quante volte mi ha acceso nel cuore il canto.
Emerge nella poetessa il bisogno di una nuova fase di riflessione profonda; nei suoi versi si coglie la consapevolezza che è necessario ritrovare in se stessi la forza per ricominciare. Qualcosa di concreto resiste: ostinati contro la cattiveria del tempo e contro ogni evidenza, gli intellettuali sfidano la sorte e continuano a sperare e a battersi per prospettare orizzonti migliori. Fioriscono numerose attività mirate a creare prospettive alternative ai giovani, dalla promozione di centri di studio e ricerche a riviste letterarie ma anche attività cinematografiche. Un esempio importante in questo senso è stato quello di Tawf†q Zayy…d, che ha sempre operato a favore della coesistenza pacifica sia nell’attività lavorativa e politica che in poesia. A continuare la sua opera ci sono poeti come Fay¡al Qarqat† (1954), H.usayn al-Barº™th† (1954), Mu|ammad H.ilm† al-R†sha (1958) e Nid…’ Kh™r† (1959)67, Tra le numerose riviste si ricordano Filas¥†n al-thawra (Palestina rivoluzionaria) diretta da Qarqa¥† e Ugarit diretta da al-Barº™th†. Mu|ammad Úilm† al-R†sha è responsabile editoriale di collane letterarie presso l’Istituto Palestinese di Guida 67
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solo per citare alcuni dei tanti che, con la loro immaginazione, creano nuove opportunità, favorendo la valorizzazione dei beni culturali. Più in generale si battono per rinnovare la fiducia e la speranza in una situazione difficile. La loro encomiabile opera si rivolge ostinatamente al cuore dell’essere umano per rinnovare una visione positiva della vita, nell’auspicio che questa alla fine prevalga.
Nazionale è anche redattore capo delle riviste di poesia Shu‘ar…’ (Poeti) e Aqw…s (Archi). Nid…’ Kh™r† collabora con diverse associazioni pacifiste e promuove attività culturali con intellettuali israeliani. Zayy…d infine ha ricoperto diversi incarichi nell’amministrazione civica ed è stato eletto nel parlamento israeliano.
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Note per il lettore
Le traslitterazioni adottate in questo testo per l’arabo classico sono le seguenti: tre sole coppie di vocali (a\…, i\†, u\™) le prime brevi e le altre lunghe; (w) e (y) seguite da vocale sono lunghe come la (u) e la (i) di “uovo” e “iena”. Se sono precedute dalla vocale (a) e non sono seguite da vocale allora originano i dittonghi (aw) e (ay). Quattro consonanti hanno il punto sotto e sono dette enfatiche (¡, ÿ, ¥, ©). Ha anche il punto sotto la (|) fortemente aspirata, mentre senza punto sotto indica l’aspirazione flebile. Il punto sopra la lettera (º) corrisponde al suono di “grano”, ma è più gutturale e raschiata. Una pipetta sopra la (º) indica il suono dolce di “gelato”. Il segno (‘) corrisponde al suono gutturale della lettera ‘ayn; il segno (’) indica la hamzah che riproduce un arresto nell’emissione della voce, qui è stata usata anche per sostituire la (a) dell’articolo al quando è preceduto da una vocale, come ad esempio in wa ’l-bint. Infine la tâ’ marbû¥ah non è indicata quando è finale ma se si trova in stato costrutto con un’altra parola è trascritta come una (t), come ad esempio in madrasat al-balad. Laddove è stato possibile si è scelto di semplificare usando le parole italianizzate. Si danno qui di seguito le fonti originali da cui sono state tratte le poesie tradotte: Ibr…h†m Ë™q…n Da al-A‘m…l al-shi‘riyya al-k…mila, al-Mu’assasa al‘Arabiyya li ’l-Dir…s…t wa ’l-Nashr, Amman 1993, p. 213: “Ayyuh… al-aqwiy…’” (Ai Potenti), tr. F.M. Corrao. Fadwà Ë™q…n Da al-A‘m…l al-shi‘riyya al-k…mila, al-Mu’assasa al‘Arabiyya li ’l-Dir…s…t wa ’l-Nashr, Amman 1993: – da Wa|d… ma‘a ’l-ayy…m (Sola con i giorni), p. 84: “Wuº™d” (Esistenza), tr. F.M. Corrao; – da Qa¡…’id ilà ß.H. (Poesie a G.H.), p. 358: “F† ’l- ‘ub…b” (Nei gorghi della piena), p. 360: “La|©a” (Istante), tr. F.M. Corrao; 50
– da al-Layl wa ’l-furs…n (La notte e i cavalieri), pp. 385-87: “Ilà al-Sayyid al-Mas†| f† ‘†dihi” (A Cristo, per Natale), p. 410: “Ilà ’l-waºh alladh† ÿ…‘ f† ’l-t†h” (A un volto smarrito nel deserto), p. 426: “Kaf…n† a©ill bi-|uÿnih…” (Mi basta), tr. F.M. Corrao; – da ‘Alà q†mat al-duny… wa|†dan (Da sola in cima ai giorni), pp. 482-83: “Bayna al-ºazr wa ’l-madd” (Flusso e riflusso), trad. F.M. Corrao. ßabra Ibr…h†m ßabra Da al-Maºm™‘…t al-shi‘riyya al-k…mila, Riad el-Rayyes Books, Londra 1990: – da Tamm™z f† ’l-mad†na (Tamm™z in città), p. 75: “F† Baw…d† al-nafy” (Nel deserto dell’esilio), tr. F.M. Corrao; – da al-Mad…r al-muºlaq (Circuito chiuso), p. 98: “Imra’a f† ‘…sifa” (Donna nella tempesta), pp. 150-51: “Mutaw…liya shi‘riyya” (Una sequenza poetica), pp. 164-65: “M… ba‘d alßulºula” (Dopo il Golgota), tr. F.M. Corrao. Tawf†q ø…’iº Da Mu‘allaqa, al-Mu’assasa al-Wa¥aniyya li ’l-Ëib…‘a wa ’lNashr, Beirut 1963, pp. 4-10: “L’ultima poesia” (Mu‘allaqa), tr. F.M. Corrao. Salmà al-Khaÿr…’ al-ßayy™s† Da al-‘Awda min al-nab‘ al-|…lim, Mansh™r…t D…r al-ƒd…b, Beirut 1960, pp. 50-55: “åiy…’ al-qamar” (La luce della luna), pp. 146-47: “Bil… ºudhur” (Senza radici), tr. F.M. Corrao. Mu‘†n Bs†s™ Da al-A‘m…l al-shi‘riyya al-k…mila, Beirut, D…r al-‘Awda 1979: – da D†w…n Filas¥†n f† ’l-qalb (Palestina nel cuore), 171: “alBa||…r al-‘…’id min al-shu¥’…n al-mu|talla” (Il ritorno del marinaio dalla coste occupate), tr. F. De Luca. – da Qas…’id ‘alà zuº…º al-naw…fidh (Poesie sul vetro delle finestre), p. 429: “An… wa anta wa huwa” (Io, tu e lui), trad. F.M. Corrao.
51
Tawf†q Zayy…d Da Diw…n Tawf†q Zayy…d, Beirut, D…r al-‘Awda s.d., pp. 122-24: – “Ashuddu ‘ala aydikum” (Stringo le vostre mani), trad. S. Sibilio. Sam†| al Q…sim Da al-A‘m…l al-shi‘riyya al-k…mila, al-D…r al-Wataniyya li ’l-Nashr wa ’l-Tawz†‘, Bagdad 2001, p. 129: “al-Shifa alMaq¡™¡a” (Labbra tagliate), tr. F.M. Corrao; p. 196: “Kh…timat al-niq…sh ma‘a saºº…n” (Fine di una discussione con un secondino), tr. S. Sibilio; p. 304: “Liq…’ ºayr muf…ºi’ ma‘a ßu|… almuf…ºi’” (Un incontro scontato con l’imprevedibile ßu|…), p. 306: “Tadh…kir safar” (Biglietti di viaggio), p. 364: “Abºadiyya al-‘umr” (L’alfabeto della vita), p. 377: “al-N…r al-d…’ima” (Il fuoco eterno), tr. F.M. Corrao. Ma|m™d Darw†sh Da D†w…n (vol. I), D…r al-‘Awda, Beirut 1987: – da Awr…q zayt™n (Foglie d’ulivo), pp. 73-76: “Bit…qa huwiya” (La carta d’identità), tr. F.M. Corrao. Da Ward aqall (Più rare le rose), al-Mu’assasa al-‘Arabiyya li ‘l-Dir…s…t wa ‘l-Nashr, Beirut 1987, p. 19: “Nas†r ilà balad” (Andiamo verso un Paese), tr. F.M. Corrao. Da D†w…n (vol II), D…r al-‘Awda, Beirut 1987: – da A|ad ‘ashar kawkaban (Undici astri, 1995): “F† ’lmas…’ al-akh†r ‘alà hadhihi ’l-ard” (L’ultima sera in questa terra), tr. F.M. Corrao. Da L… ta‘tadhir ‘amm… fa‘alta (Non scusarti di quel che hai fatto), Riad el-Rayyes Books, Beirut 2005, pp. 21-22: “Wa an…, wa in kuntu ’l-akh†r” (Anche s’io fossi l’ultimo), pp. 25-26: “L… ta‘tadhir ‘amm… fa‘alta” (Non scusarti di quel che hai fatto), pp. 43-44: “L… shay’ ill… ’l-ÿaw’” (Nient’altro che luce), pp. 69-70: “H…dh… huwa ’l-nisy…n” (Ecco l’oblio), tr. F.M. Corrao. Da Ka-zahratu ’l-l™z aw ab‘ad (Come fiore di mandorlo o oltre), Riad el-Rayyes Books, Beirut 2005, pp. 15-16: “Fakkir bi-ºayrik” (Pensa agli altri), pp. 17-18: “’Al-…na f† ’l-manfà” (Adesso, nell’esilio), pp. 23-24 : “’In mashayta ‘alà sh…ri‘a” (Se hai preso una strada), tr. F.M. Corrao. 52
Mur†d al-Barº™th† Da al-A’m…l al-k…mila , al-Mu’assasa al-‘Arabiyya li ’lDir…s…t wa ’l-Nashr, Amman 1997: – da Qas…’id al-ra¡†f (Poesie da marciapiede, 1980), p. 488: “Al-Qab…’il” (Le tribù), p. 542: “Qayd” (Catena), tr. F. De Luca; – da T™l al-shat…t (E ancora dispersione, 1987), p. 365: “Law” (Se), tr. F. De Luca; – da Layla maºn™na (Notte folle, 1996), pp. 43-46: “L… mushkila ladayya” (Non ho problemi), tr. F.M. Corrao. Da Munta¡if al-layl (Mezzanotte), Riad al-Rayyes Book, Beirut 2005, pp. 33-36: “Munta¡if al-layl” (Mezzanotte), tr. F.M. Corrao. ‘Izz al-D†n al-Man…¡ira Da al-A‘m…l al-shi‘riyya al-k…mila, al-Mu’assasa al‘Arabiyya li ’l-Dir…s…t wa ’l-Nashr, Beirut 1994, pp. 215-17: “Ras…’il mutab…dilah bayn† wa bayn al-mawt” (Uno scambio epistolare... tra me e la morte), tr. F.M. Corrao. Wal†d al-Kh…zind…r Da Shu’ar…’ Filas¥†n f† ni¡f qarn. 1950-2000, a cura di R†sha, Mu|ammad H.ilm† al-, e Sud…n†, Maram, 2004, p. 521: “F† ‘laqall” (Almeno), p. 527: “ al-Layl wamiÿa” (Un bagliore è la notte), p. 529: “Al-…n am…man…” (Ora, davanti a noi), trad. S. Sibilio. Zakariy… Mu|ammad Da Darbat Shams, al-Mu’assasa al-‘Arabiyya li ’l-Dir…s…t wa ’l-Nashr, Beirut 2002, pp. 84: “Safqa” (Il contratto), p. 25 “‘Ub™r” (Passaggio), pp. 47-53 “åarbat shams” (Colpo di sole), tr. F. De Luca. ‹ass…n Zaq¥…n Da Istidr…º al-ºabal (L’ascesa del monte), al-Mu’assasa al‘Arabiyya li ’l-Dir…s…t wa ’l-Nashr, Beirut 1999, pp. 7-9: “Almawtà f† ’l-|ad†qa” (I morti nel giardino), pp. 33-35: “Laysa ka’l-wa¡f”(Non è come un ritratto), p. 44: “Tarn†ma al-n…’im” (Canto del dormiente), pp. 50-51: “Tarn†ma al-ibna” (Canto 53
della figlia), p. 119: “‹r…f†k 95” (Grafico 95), tr. S. Sibilio. Da S†ra bi-’l-fa|m (Andare a carbone), al-Mu’assasa al‘Arabiyya li ’l-Dir…s…t wa ’l-Nashr, Amman 2003, pp. 61-62: “Arba‘ akhaw…t min Zakariy…” (Quattro sorelle da Zakariy…), tr. F.M. Corrao. Ibr…h†m Na¡rall…h Da Shu’ar…’ Filas¥†n f† ni¡f qarn. 1950-2000, pp. 35-36: “H.†ra” (Smarriti), p. 40: “Shu‘ar…’” (Poeti). Da Shuruf…t al-khar†f , al-Mu’assasa al-‘Arabiyya li ’lDir…s…t wa ’l-Nashr, Amman 1997, p. 166, “Wa¥an” (Patria). Da An…sh†d ‘l-¡ab…| (Canti del mattino), D…r al-Shur™q, Amman 1984: p. 94-95: “al-Yanbu‘” (La sorgente), trad. F. De Luca. Kh…lid Darw†sh Da Shu’ar…’ Filas¥†n f† ni¡f qarn. 1950-2000, pp. 126-ss: “15 qa¡†da” (Quindici poesie), trad. F. De Luca. Fay¡al Qarqat† Da Shu’ar…’ Filas¥†n f† ni¡f qarn. 1950-2000 , p. 409: “Mukht…r…t min d†w…n Bayt f† washm al-khar†f ” (Casa nel tatuaggio autunnale), trad. S. Sibilio. Y™suf ‘Abd al-‘‘Az†z Da Shu’ar…’ Filas¥†n f† ni¡f qarn. 1950-2000, p. 564: “Kit…b al-shakk” (Il libro del dubbio), trad. S. Sibilio. Y™suf Ab™ L™z Da Shu’ar…’ Filas¥†n f† ni¡f qarn. 1950-2000 , p. 547: “Shaykh™kha” (Senilità), trad. S. Sibilio. Ë…hir Riy…ÿ Da Shu’ar…’ Filas¥†n f† ni¡f qarn. 1950-2000, pp. 310-11: “Al-Ish…r…t” (Segni), trad. S. Sibilio. Mu|ammad H. amza ‹an…yim Da Shu’ar…’ Filas¥†n f† ni¡f qarn. 1950-2000, p. 458: “’Ar™s al-ba|r” (La sirena), trad. S. Sibilio. 54
Mu|ammad Úilm† al-R†sha Da Shu‘ar…’ Filas¥†n f† ’l-qarn al-‘ashr†n. Tawt†q ant™l™º†, a cura di S. R…d†, al-Mu’assasa al-‘Arabiyya li ’l-Dir…s…t wa ’lNashr, Beirut 2000, p. 533: “Nash†d al-shaw…ri‘” (L’inno delle strade), trad. S. Sibilio. Al-Mutawakkil Taha Da Al-Ram| ‘al… |…lihi (La lancia in posizione), Mansh™r…t Bayt al-Maqdis, Gerusalemme 2004: “Raºul min ‘ammat aln…s” (Un uomo qualunque), trad. F. De Luca. ‘Umar Shab…na Da Shu‘ar…’ Filas¥†n f† ’l-qarn al-‘ashr†n. Tawt†q ant™l™º†, p. 452: “Lafita ulà” (Prima insegna), trad. S. Sibilio. Zuhayr Ab™ Sh…yib Da Shu’ar…’ Filas¥†n f† ni¡f qarn, p. 199: “ßiha kh…misa” (Quinta direzione), p. 201: “Shah†d” (Martire), trad. F. De Luca. Nid… Kh™r† Da Shu’ar…’ Filas¥†n f† ni¡f qarn. 1950-2000 , p. 494: “Maw…sim al-rumm…n wa ‘l-zayt” (La stagione dell’olio e del melograno), trad. S. Sibilio. ‘Al† al ‘ƒmir† Da Shu’ar…’ Filas¥†n f† ni¡f qarn. 1950-2000 , p. 367: “‹afwa” (Torpore), trad. S. Sibilio. ßih…d Hudayb Da M… amkan khiy…natuhu wa yusamm† ’l-alam (Quel che potè il suo tradimento, e si chiama dolore), Bayt al-Shi‘r alFilas¥†n†, Ramallah e al-Mu’assasa al-‘Arabiyya li ’l-Dir…s…t wa ’l-Nashr, Beirut 1999, p. 52: “H. …ºat al-khubz ilà ’l-n…r” (68, Come il pane ha bisogno del fuoco); p. 73: “Úab†batun… al-Araq wa ummuh… al-‘Atma” (69, Insonnia nostra amata, e sua madre Oscurità), trad. F. De Luca. Duny… al-Amal Ism…‘†l Da Shu’ar…’ Filas¥†n f† ni¡f qarn. 1950-2000, p. 145: “Laysa 55
niha’iyyan” (Non è finita), p. 151: “Laysat hiya” (Non era lei), p. 152: “Raº…’” (Preghiera), trad. F. De Luca. S…mir Ab™ Haww…sh Da Shu’ar…’ Filas¥†n f† ni¡f qarn. 1950-2000, p. 217: “F† madà al-na©ra” (Lo spazio d’uno sguardo), trad. F. De Luca. F…tina al-‹urra Da Shu’ar…’ Filas¥†n f† ni¡f qarn. 1950-2000, pp. 399-400: “Tanaqqul…t” (Spostamenti), trad. S. Sibilio. Sumaya al-S™s† Da Shu’ar…’ Filas¥†n f† ni¡f qarn. 1950-2000, pp. 247-48: “Al-‘ƒrifa” (Tu che conosci), trad. S. Sibilio. Ë…riq al-Karm† Da Shu’ar…’ Filas¥†n f† ni¡f qarn. 1950-2000, p. 294: “Walad al-º™ºr…fiy…” (Il ragazzo della geografia), trad. S. Sibilio.
Bash†r Shalash Da Shu’ar…’ Filas¥†n f† ni¡f qarn. 1950-2000, p. 76: “Nah…r s™rriy…l†” (Una giornata surreale), trad. F. De Luca.
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Poesie
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Ibra@hi@m T.u@qa@n Ai Potenti
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Fadwa@ T.u@qa@n Esistenza
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Salma@ al-Khadra@’ al-G#ayyu@si@ Chiaro di luna
Chiaro di luna hai fuso la passione al filo del bagliore, hai bevuto il vino del desiderio chiaro di luna? Sì, hai conosciuto l’amore, o luna sei ricca di segreti sei la veggente attesa per dare a noi notizie. Chiaro di luna amico degli ebbri ti accordi col vino nei boccali desti la passione nei cuori confusi acquieti i luoghi disabitati si abbassa la tua luce sulle tombe e danza sui cuori degli umani cancella le pure lacrime delle vergini per destarvi lo spirito ribelle. Chiaro di luna quanti occhi hai colorato della tinta della seduzione e dell’ombra della bellezza e di quanti colpi di follia hai fatto castelli di fantasia. Chiaro di luna quale strano segreto si raccoglie nel tuo candido volto quale sospetto grido celato risuona nella tua tenera luce 101
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consumi le corde seduci la gente ne deridi le debolezze, o luna! Ne sveli i segreti, o luna! Luna! Ne risvegli la rovinosa passione latente allontani il pudore compagno di letto dei deserti o luna, quanto sei peccaminosa. Al chiarore della luna l’umanità perde il senno le vergini si liberano dai vincoli perché il deliquio penetri il cuore e dell’attesa svanisca la tensione per svelare il segreto della passione in ogni cuore un giovane impazzisce e una febbre brucia e della pena s’inebria il sangue del costato quando lo chiama la voce della luna perché il chiaro di luna è il vino della natura.
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Mah.mu@d Darwi@sh Anche se fossi l’ultimo
Anche se fossi l’ultimo troverei le parole necessarie... ogni poesia è un disegno adesso alle rondini traccerò la mappa della primavera i tigli a chi passa per la via e lapislazzuli alle donne. E io, la strada mi porterà e io la porterò in spalla finché ogni cosa non recuperi il suo volto così com’è poi il nome originario. Ogni poesia è madre alla nube cerca suo fratello vicino al pozzo d’acqua: “Figlio mio, ti darò il cambio io sono gravida...”. Ogni poesia è sogno: “Ho sognato di sognare” mi porterà e lo porterò finché non scriverò l’ultima riga sul marmo della tomba: “Mi sono addormentato... per spiccare il volo”. ... Al messia porterò scarpe invernali per camminare come ogni uomo da in cima ai monti al lago.
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Mah.mu@d Darwi@sh Nient’altro che luce
Nient’altro che luce, fermo il mio cavallo solo per cogliere una rosa rossa nel giardino di una cananea che ha sedotto il mio cavallo e si è protetta nella luce: “Non entrare e non uscire”... E io non entro e non esco. Ha detto: Mi vedi? Ho sussurrato: per saperlo mi manca lo scarto tra il viandante e il cammino, tra il cantante e i canti... Gerico si è seduta come lettera di alfabeto sul suo nome e io sono inciampato nel mio all’incrocio dei sensi... Sono quello che sarò domani fermo il mio cavallo solo per cogliere una rosa rossa nel giardino di una cananea che ha sedotto il mio cavallo, sono ripartito alla ricerca del mio luogo più in alto e più lontano e poi più in alto e più lontano, del mio tempo...
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Mah.mu@d Darwi@sh Adesso nell’esilio
Adesso nell’esilio... sono a casa. Nei sessanta anni di una vita veloce ti accendono le candeline. Gioisci con molta calma giacché una morte distratta ha perso la tua strada tra tanta folla ... e ti ha dilazionato. Una luna curiosa sorride sulle rovine come una scema, non credere che si avvicini per accoglierti, nel suo vecchio ruolo è come marzo nuovo che dà agli alberi nomi di nostalgia e ti trascura. Festeggia con i tuoi amici, infrangi la coppa nei sessanta anni non v’è domani che resta da portare sulle spalle del canto ... ma ti porterà. Dì alla vita, come a un bravo poeta conviene: Vai adagio, come le donne sicure del loro fascino, [e dell’inganno. Un canto segreto ciascuna per te ha preparato: “Eccomi per te! Come sei bello!” Vai adagio vita, fa che io ti veda con tutto quello che mi manca intorno. Quante volte vivendo ti ho dimenticata, [cercando te e me stesso e quando un tuo segreto ho colto, severa mi hai detto: [incolto! E all’assenza dì: mi sei mancata. Ed eccomi ... per portarti a termine. 147
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. Muri@d al-Bargu@thi@ Le tribù
Le nostre tribù ritrovano l’antico splendore tende e ancora tende tende di pietra posata, pali di marmo o granito. Soffitti stuccati, carta vellutata alle pareti foto di famiglia e la Gioconda, di fronte un amuleto contro il malocchio accanto al diploma di laurea d’un figlio nella polverosa cornice dorata. Tende. Una finestra a vetri che è un tranello dove le ragazze guardano tremando temendo che i piccoli le denuncino ai grandi. Si leva un vapore di tè, di soda e whisky “Il vino non lo reggo” e “Mi spiace”, “È andata bene, con la quarta moglie?” Tende e ancora tende dove le lampade rischiarano interni caldi, e libere volano mosche di parole e le porte di rame sono chiuse da catene. Le nostre tribù ritrovano l’antico splendore nel tempo della morte delle tribù.
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. Muri@d al-Bargu@thi@ Se
– Se Sisifo fosse riuscito a sollevare la roccia l’avremmo dimenticato. – Infelice Laylà7 se per davvero a Qays fosse servito il fuoco. – Che smacco per Mutanabbı@8 se Dio gli avesse accordato la nomina a governatore. – Se Lear avesse mantenuto il senno se Amleto fosse stato risoluto se Otello fosse fuggito all’inganno di Iago se Giulietta avesse sposato Romeo che ne avremmo fatto di Shakespeare? – Ah se solo, la verità avesse la forza delle dicerie!
7 Nel Kita@b al-Agha@ni (“Il libro dei Canti”), Abu al-Farag‹ al-Isfaha@nı@ (X secolo) parla di Qays Ibn Mulawwah¢, dei Banu@ ‘Udhra. Il giovane, innamorato di sua cugina Laylà, rese la ragazza oggetto della sua poesia amorosa. Ma un giorno, rivelando pubblicamente l’identità dell’amata, trasgredì una consuetudine etica della società beduina che vietava l’ostentazione dei propri sentimenti in pubblico e la dichiarazione del nome della persona amata. La dichiarazione di Qays compromise Laylà, che dovette andare in sposa a un altro uomo perché le venisse revocato l’attributo di hara@m, “cosa proibita”. E iniziò così l’esilio nel deserto di Qays che, impazzito (mag#nu@n), non smise mai di scrivere per Laylà versi di passione. 8 Al-Mutanabbı@ (IX sec.) è uno dei massimi esponenti della poesia classica araba.
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‘Izz al-Di@n [email protected] Uno scambio epistolare... tra me e la morte
Ho scritto alla morte e mi ha risposto questa settimana ho abbracciato la morte e mi ha ricambiato presso la fonte ho ucciso la morte e lei mi ha assassinato, [o ramo di palma di Gesù. Ho udito il calpestio dei loro passi per le strade di Roma, avvolti dai veli dei segreti. Rintoccava ossessionante la campana nel deserto del cuore, [ho pensato alla signora verde sul monte giallo della pazienza, [mi ha ricordato la piazza dell’orologio. La mia palpebra sinistra batteva, so che i venditori alla fine di questa notte muoiono sui marciapiedi dei viventi. Questa notte ricordo le cose più care questa notte trabocco di pena che viene dalle navi del [diluvio. Nella Roma pugnalata gli alberi della festa si risvegliano [bui. So che adesso ti struggi di nostalgia per le nozze [immaginate per le cartoline dal linguaggio storpiato e l’ombra del [periodico proibito. So che tu questa settimana andrai verso il chiosco della musica sotto il ciliegio [selvaggio. Odo il calpestio dei loro passi attorno alle tue fontane, [o Roma silenziosa. In qualcuna delle tue pallide strade sognerò la morte. La neve sugli alberi mi corteggia Alberto mi racconta la storia dell’uccello di Waq waq per consolarmi nella notte dei marciapiedi timorosi, [malfermi 167
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Wali@d al-Kha@zinda@r Almeno
Se scagliassi il bicchiere contro il muro se gridando svegliassi qualcuno, adesso, alle due del mattino se almeno dicessi cosa hai scritto in segreto, ieri sul pacchetto di sigarette “Pioveva, è arrivata la primavera, e la vittima è ancora in giardino”. Se facessi qualsiasi cosa, amico mio, arando o imbrattando di polvere perché quando siedi così sul divano in silenzio, con le mani sulle ginocchia, al tuo quarto bicchiere sento dentro di me infrangersi un vaso.
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Wali@d al-Kha@zinda@r Ora, davanti a noi
Non è questo il mattino della veglia a cui i nostri alberi si protesero ma la sera è chiara, e questo basta. Mai diremmo che le spighe e l’orizzonte si sono destati al suo arrivo. Forse andiamo sicuri su sentieri leggeri verso stagioni che rivendichiamo? Su noi presumiamo che ora risplendano mentre senza ombre incediamo nella fitta coltre scura? Non è questo un mattino salvifico ma annuncia la notte che ci attende.
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L’alba ha la musica della poesia dormirono – vegliando – tranne il corvo una porta di cemento nei vicoli serra ogni porta. Ora esce dai percorsi di rugiada e camomilla uno stormo sorvola le baionette melodia e musica si udiranno sui tetti delle case una passione apparirà nelle case saranno quattro i colori come involucri di nettare. Appare la via... e salpa la luce su palpebre dischiuse. Così trema la terra perché nasca la bufera. Il mattino ha una storia di fede. La gloria scrive la sua gloria alle finestre e ai venti. Si leva l’alba e benedetta sia questa mattina. Ho scagliato i miei sogni oltre la siepe ne sono fiorite viole passione su una lingua ardente. O trincea... dietro te sono in piedi tutti gli amanti si eleva il limite dell’infortunio. È l’attimo tra una freccia in tasca e una nella carne. Ecco, è lo scompiglio dei cuori è il plenilunio dell’eternità.
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Al-Mutawakkil T.aha Un uomo qualunque
Sono il facchino del mercato, quello che dorme nella stalla dei cavalli, il testimone e il senza voce, il demonio muto e il paese umiliato. Della frusta sono carne, lacrima della morte, e specchio del dolore indurito nel cuore. Sono il maligno dalla voce insinuante, lo scopino, la messa e l'acquaiolo della moschea. Sono il lustrascarpe e dei sarti di kufia ho l’arte, sono chi scende e chi sale. Sono il barbiere del quartiere, il pescatore di dubbi e il costruttore di archi. Sono l’artista del forno e cuocio il veleno, sono la grande porta del sogno. Sono il sognatore e l’astioso, e chi scompare al suonar delle campane. Sono l’ingenuo e l’inquieto, e il cartaio accorto e sono l’incolto che ignora intenzioni di libri ed autori. Sono il desiderio segreto nella notte del dimenticato. Sono la lama senza filo e la mala ventura. Sono il rosario rifugio del devoto e la baldoria dei giovani corrotti. Sono il santo della via e il peccato di chi si pavoneggia tronfio, sono il padrone della sabbia che dorme sulla strada, sono chi vede e chi sente, il brillio del diamante e la feccia del bicchiere e il kohl della castità e delle nozze. Sono l’eterno ritorno, la roccia che sgorga e il settimo cielo delle nubi. Di me si ricordano il magnifico signore e la stella fulgente, perché io sia scudo e bastione possente.
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E sarò ancora l’oppresso oppressore... e il custode... Sarò chi insegue e chi segue e il villano e l’artigiano. E sarò il fabbro del rame... Fino a quando Dio risolverà la vicenda, e l'affamato verrà da un affamato, gli darà l’umiliazione e il silenzio della scure, e il gelo degli sguardi e del sospiro e il ciglio lucente e consacrato.
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‘Umar Shaba@na Prima Insegna
Come fossi un’oasi ove arrivano coloro che attraversano i deserti o fossi una scala per innalzarli verso le acque o fossi una casa per chi non ha ricovero. Passano gli affaticati e lasciano gli affanni dei giorni nel mio cuore e non lasciano altro alla memoria, che le loro piaghe, le loro colpe e un pugnale nel cuore.
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‘Ali@ al-‘A@miri@ Torpore
Lei disse: ricordi quanti libri del sole lasciammo in quei [giorni sotto il cuscino, e quanti gradi di febbre scalammo lieti? Ricordi come annodammo la notte per poi scagliarla lì nel pozzo? E una volta rientrati a casa, scovammo un merlo beccare il [legno della porta? Ricordi come rincorrevamo i fine settimana, ci lanciavamo le verdi mandorle d’aprile, e ruzzolavamo giù dalla collina come scagliavamo risa alle pareti, portavamo il pane ai vicini, e dormivamo nella casa stregata? Ricordi? Ma il silenzio si distese come ombra di pietra Allora lei gridò: Ricordi? Ricordi? Perché non ti svegli dal profondo torpore? Svegliati La tomba si scosse, e si piegò come a baciarle i piedi nudi.
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G#iha@d Hudayb Come il pane ha bisogno del fuoco
1 Come il pane ha bisogno del fuoco, così io ho avuto bisogno della guerra per nascere. Ma ognuno di noi è rimasto solo. Senza famiglia. Stranieri a vagare sulla terra. E la differenza: mi sono allontanato più volte da coloro che sono scampati alla carneficina, quando lasciavano le loro case all’abbandono ed erravano sconvolti per terre pietrose come locuste colte dal vento. Ho bisogno di te ora, amore mio, per descrivere; così è svanita la nostalgia: una capra sconvolta continuava a correre nel wadi e poi, come chi sa, ha puntato le possenti corna verso la roccia. 2 La guerra non ha bisogno di noi. Già ha ricominciato a condurre chi la guida come una muta di cani da guardia continua a condurre chi la muove. Ogni volta che mi ha colto, ho cambiato colore ai drappi. Ho bestemmiato, ho lasciato il desiderio alla frenesia della guerra, e le mie dita congetturavano. È tornata la guerra. Perché non indossiamo le nostre vesti – di nuovo – e lasciamo a nudo l’errore?
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